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Italian Pages 156 Year 2011
panda123
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PIERRE DUKAN
LA DIETA DUKAN Traduzione di Paola Reverso Sperling & Kupfer
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A Sacha e Maya, a Maya e Sacha, i miei figli, per la seconda vita che mi hanno regalato in cambio di quella che io ho donato loro. A Christine, mia moglie, senza la quale questo dono sarebbe stato impensabile. A Sylvia e Maurice, che parlano ancora attraverso la mia voce.
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Indice Premessa Un incontro decisivo o l’uomo che voleva solo la carne Nascita del regime in 4 fasi La dieta Dukan I principi teorici della dieta Dukan Nozioni basilari di nutrizione La triade G-L-P: Glucidi - Lipidi - Proteine Le proteine pure Il motore della dieta Dukan La dieta Dukan in pratica La fase di attacco: il regime delle proteine pure Promemoria per il regime di attacco La fase di crociera: il regime delle proteine + verdure Promemoria per il regime di crociera Il regime di consolidamento del peso raggiunto: l’indispensabile fase di transizione Promemoria per il regime di consolidamento La stabilizzazione definitiva Promemoria per il regime di stabilizzazione defnitiva Personalizzazione e monitoraggio I due principali agenti per il successo e la tutela del programma Dukan Ricette e menu per il regime di attacco e il regime di crociera Ricette per il regime di attacco: le proteine pure Ricette per il regime di crociera: proteine + verdure Menu per una settimana nella fase di attacco con le proteine pure Menu per una settimana di proteine pure alternate a proteine pure + verdure L’obesità grave Un’importante premessa: attenti al 29 Misure di rinforzo eccezionali La dieta Dukan dall’infanzia alla menopausa Movimento: il catalizzatore obbligatorio per dimagrire Pratica quotidiana del programma APPSO, attività fisica prescritta con ricetta medica Un’ottima attività fisica: camminare Come camminare nelle quattro fasi del regime Il miglior modo di camminare I quattro movimenti chiave del programma per quattro cedimenti di un corpo che dimagrisce Precauzioni d’uso e controindicazioni Chi deve, chi può e chi non può seguire il mio metodo? Indice delle ricette
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Premessa Un incontro decisivo o l’uomo che voleva solo la carne La mia prima esperienza con l’obesità risale a quando, ancora alle prime armi, ero medico generico nel quartiere parigino di Montparnasse e nel frattempo mi stavo specializzando a Garches, presso un servizio di neurologia per bambini paraplegici. A quell’epoca, fra i miei pazienti, c’era un editore obeso, un uomo allegro, intelligente e colto: soffriva di attacchi acuti di asma che avevo curato più volte. Un giorno venne nel mio studio e, dopo essersi sistemato con fatica in una poltrona inglese che cigolava sotto il suo peso, mi sorprese dicendo: «Dottore, mi sono sempre trovato bene con le sue cure, mi fido di lei e oggi sono qui per chiederle di farmi dimagrire». Allora in materia di nutrizione e obesità non sapevo nulla di più di quanto mi era stato insegnato all’università, il che si riassumeva nella formulazione di regimi ipocalorici con pasti in miniatura in tutto simili a quelli normali per tipologia di alimenti, ma costituiti da porzioni lillipuziane che facevano inorridire e scappare gli obesi a gambe levate, loro che erano abituati a godersi la vita e respingevano l’idea di dover misurare ciò che li rendeva felici. Rifiutai quindi in modo poco convincente, spiegando che non conoscevo a fondo quella scienza. «Di quale scienza parla? Mi sono rivolto a tutti gli specialisti di Parigi, tutti gli ‘affamatori’ sulla piazza. Da quando ero adolescente ho già perso da solo più di 300 chili, e li ho ripresi tutti. Devo ammettere che non sono mai stato seriamente motivato e che mia moglie mi ha fatto involontariamente il grande torto di continuare ad amarmi malgrado la mia mole. Oggi, però, mi basta alzare gli occhi per avere l’affanno, non trovo più vestiti che mi vadano bene e, a dirla tutta, comincio a temere seriamente per la mia salute.» Per concludere, aggiunse un’ultima frase che bastò, da sola, a dare una svolta decisiva alla mia vita professionale: «Mi faccia seguire la dieta che preferisce, mi tolga tutti gli alimenti che vuole, qualunque cosa, ma non la carne, perché mi piace troppo». In modo quasi automatico, spinto anche dal desiderio di soddisfare le sue aspettative, risposi senza esitazione: «Bene! Visto che la carne le piace tanto, domani mattina venga da me a digiuno a pesarsi, e per cinque giorni mangi solo carne. Eviti le varietà più grasse, il maiale, l’agnello e anche i tagli più grassi come la costata di manzo. La cucini solo alla griglia, beva il più possibile e torni qui fra cinque giorni a pesarsi di nuovo». «D’accordo, accetto la scommessa», mi disse il paziente. Cinque giorni dopo ritornò. Aveva perso quasi 5 chili. Io non credevo ai miei occhi e nemmeno lui. Ero un po’ preoccupato, ma lui era in splendida forma, più allegro del solito e diceva di avere ritrovato il benessere, di non russare più e, allontanando le mie perplessità, aggiunse: «Ho intenzione di continuare su questa strada perché mi sento al massimo: funziona e sono soddisfatto». Uscì così dallo studio pronto ad affrontare un secondo ciclo di cinque giorni di sola carne, con la promessa di sottoporsi a un esame del sangue e delle urine. Quando tornò aveva perso altri due chili e, all’apice della gioia, mi mise sotto il naso gli esiti degli esami che rivelavano valori perfettamente nella norma: niente zuccheri, niente colesterolo e neppure acido urico. Nel frattempo mi ero documentato sulle caratteristiche nutrizionali delle carni, interessandomi in modo particolare della grande famiglia delle proteine. Così, quando lui tornò cinque giorni dopo, sempre in gran forma e alleggerito di un altro chilo e mezzo, gli proposi di aggiungere il pesce e i frutti di mare, cosa che lui accettò di buon grado perché aveva praticamente esaurito la varietà di carni consentite. Quando, al termine dei primi venti giorni, la bilancia confermò la perdita dei primi 10 chili, il paziente fece un secondo esame del sangue che diede gli stessi incoraggianti esiti del primo. Giocando il tutto per tutto, aggiunsi le ultime categorie di proteine che avevo ancora a
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disposizione, latticini, pollame e uova, ma, per essere più tranquillo, gli dissi di aumentare la dose di liquidi fino a 3 litri d’acqua al giorno. Poiché stava iniziando a stancarsi dei soliti cibi, accettò di aggiungere alla dieta le verdure, la cui assenza prolungata cominciava a preoccuparmi. Tornò cinque giorni dopo senza aver perso neppure un grammo. Lo trovò un motivo valido per chiedere di tornare al suo regime preferito e a tutte le categorie di proteine che aveva imparato a gustare e di cui apprezzava soprattutto la mancanza totale di limiti. Glielo concessi, a condizione che alternasse questo regime con periodi di cinque giorni in cui consumava anche verdure, prendendo come pretesto il rischio di una carenza di vitamine alla quale lui non credeva, ma che accettò, riconoscendo che la mancanza di fibre gli aveva rallentato il transito intestinale. È nato così il mio regime di proteine alternate e il mio interesse per l’obesità e per tutti i problemi di sovrappeso, che spostarono il centro dei miei studi e della mia vita professionale. Ho sperimentato con pazienza questo regime dietetico, ho continuato a migliorarlo e a perfezionarlo in base alla mia esperienza diretta e ne ho ricavato un programma che oggi reputo il più adatto alla sensibile psicologia delle persone sovrappeso e il più efficace fra i regimi dimagranti basati sugli alimenti. Tuttavia, ho dovuto constatare con delusione che gli effetti delle diete dimagranti, anche se efficaci e seguite alla lettera, non resistono nel tempo. In mancanza di una reale stabilizzazione del peso, i risultati raggiunti svanivano, nel migliore dei casi in una deriva lenta e silenziosa, nel peggiore in una ripresa massiccia dei chili perduti che in genere si associava a una crisi affettiva, a delusioni, a esperienze stressanti o ad altre difficoltà. È stato proprio con lo scopo di fronteggiare questa guerra persa dalla stragrande maggioranza delle persone che dimagriscono che ho pensato di elaborare un regime di consolidamento del peso raggiunto, un’arma di difesa contro il recupero dei chili persi, recupero che provoca dapprima scoraggiamento e poi senso di rabbia verso se stessi, fino all’abbandono totale della dieta e l’inevitabile ripresa delle vecchie abitudini. Questa fase di protezione, mirata a reintrodurre in modo graduale gli elementi di base di un’alimentazione accettabile, è stata pensata per contenere il forte spirito di rivincita che scatta nell’organismo quando viene privato delle sue riserve. Per coprire questo periodo e rendere tollerabile la fase di transito, ho stabilito per il regime una durata precisa, proporzionale alla perdita di peso e facile da calcolare: dieci giorni per ogni chilo perso. Tuttavia, superata con successo la prova del consolidamento, il ritorno progressivo alle vecchie abitudini, la reazione del metabolismo e, soprattutto, l’inevitabile urgenza di compensare problemi e ansie attraverso i grassi, i dolci e in generale grandi quantitativi di cibo, riuscivano ancora a contrastare in modo insidioso questo strumento di difesa. Ho dovuto allora ricorrere a una misura che è stato difficile far accettare, una regola che osa assumere la qualifica di «definitiva», l’ostacolo insopportabile che tutti i grassi, i pletorici, i piccoli e i grandi obesi o le persone semplicemente in sovrappeso detestano e rifiutano a priori, perché dura nel tempo e va contro i loro impulsi e il sacro orrore che hanno della regola. Inaccettabile, a meno che questa regola da osservare per il resto della vita e garante di una stabilità autentica non comporti di seguire un regime particolare per un solo giorno alla settimana, un giorno prestabilito, non intercambiabile, non discutibile nel contenuto e sorprendente nei risultati. Solo allora raggiunsi la terra promessa, il successo vero e duraturo basato sulla combinazione di quattro regimi successivi e di intensità decrescente, che il tempo e l’esperienza mi avevano portato a collegare l’uno all’altro, per farne un percorso chiaro e che non consente trasgressione. Un breve regime di attacco, severo ma molto efficace, seguito da un regime di crociera che alterna momenti duri a pause, sostenuto da una fase di consolidamento di durata
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proporzionale al peso perso. Infine, per stabilizzare definitivamente il peso conquistato con tanto sforzo, una misura di mantenimento circoscritta ma efficace: un solo giorno alla settimana di redenzione alimentare per mantenere in equilibrio il resto della settimana, a condizione di portarselo sempre appresso come un cane da guardia, per il resto della vita. In questo modo ho ottenuto i primi risultati davvero duraturi. Quello che avevo da offrire non era un semplice pesce, ma un corso di pesca, un programma globale che permetteva alle persone in sovrappeso di diventare autonome, di dimagrire rapidamente e di mantenere, da sole e in modo duraturo, il peso raggiunto. Ho dedicato vent’anni a perfezionare, attraverso la mia esperienza e per un pubblico limitato, questo utile strumento, un programma articolato in quattro regimi che ora propongo, con questo libro, a un pubblico più ampio. Il programma si rivolge a coloro che hanno provato di tutto, che sono dimagriti più volte – spesso troppe – e che cercano prima di ogni cosa la garanzia che il loro sforzo li porterà ovviamente a dimagrire, ma soprattutto a mantenere il risultato delle loro fatiche e a vivere in modo sereno, con il corpo che desiderano e al quale hanno diritto. Ho scritto questo libro per loro, nella speranza che un giorno facciano propria la soluzione che propongo. Ma è a coloro che si sono affidati alle mie parole e alle mie regole, a chi ha reso interessante la mia professione, ai miei pazienti in carne e ossa, giovani e anziani, uomini e donne, e soprattutto al primo di loro, il mio editore obeso, che dedico questo libro e questo metodo.
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Nascita del regime in 4 fasi La dieta Dukan Sono trascorsi venticinque anni dall’incontro fatale con il paziente che ha cambiato il corso della mia vita. Da allora mi sono dedicato alla nutrizione e ho aiutato persone grasse e meno grasse a dimagrire e a stabilizzare il loro peso. Come tutti i miei colleghi medici, mi sono formato alla scuola francese e cartesiana della misura e dell’equilibrio, del calcolo delle calorie e delle diete ipocaloriche, dove tutto è permesso ma in quantità moderate. Dal momento in cui sono passato alla pratica, questa bella costruzione teorica, fondata sulla speranza illusoria che fosse possibile deprogrammare la persona obesa e le sue stravaganze di gola per farne un funzionario scrupoloso del conteggio delle calorie, è sfumata. Quello che so e che pratico oggi è il frutto di un contatto diretto e quotidiano con persone in carne e ossa, uomini ma più spesso donne, che desiderano soddisfare la gola e il bisogno di cibo. Ho capito ben presto che le persone in sovrappeso non sono grasse per caso, che il loro amore per la tavola e l’apparente disinvoltura con cui si rapportano al cibo nascondono un bisogno di gratificarsi mangiando e che questo bisogno è tanto più impellente in quanto si innesta su meccanismi di sopravvivenza arcaici e viscerali. Mi fu chiaro che sarebbe stato impossibile far dimagrire in modo definitivo una persona in sovrappeso fornendole semplicemente dei consigli, per quanto sensati e fondati su ottime argomentazioni scientifiche, due condizioni davanti alle quali il soggetto non ha altra scelta se non quella di sottomettersi alla regola o di aggirarla. L’unica cosa che desidera la persona in sovrappeso decisa a dimagrire, la sola che chiede al terapeuta o a un metodo è di evitare di dover affrontare da sola la punizione inflitta a ogni essere che lotta deliberatamente contro l’istinto della sopravvivenza. Quello che invece cerca è il sostegno di una volontà esterna alla propria, qualcuno che decida per lei e che cammini davanti a lei, e fornisca delle regole, sempre regole e ancora regole, perché ciò che detesta più di ogni altra cosa e che non sa fare è decidere da sola il giorno, l’ora e le modalità della propria rinuncia. La persona in sovrappeso confessa senza vergogna – perché dovrebbe averne? – la propria debolezza, come una forma di immaturità nella gestione del suo peso. Ho conosciuto donne e uomini grassi di ogni tipo, di diversa estrazione sociale, persone semplici e persone importanti, dirigenti, banchieri e anche uomini politici, persone intelligenti e brillanti. Ma tutti, quando si sedevano davanti a me, dichiaravano di essere incredibilmente deboli davanti al cibo, comportandosi come fanno i bambini golosi. Evidentemente molti di loro nel segreto della prima infanzia hanno trovato una valvola di sfogo nel cibo, un luogo dove scaricare l’eccesso di tensioni, l’accumulo di delusioni e di stress. Nessuna ricetta razionale, logica o responsabile resiste, o quantomeno resiste a lungo, alla pressione di questo arcaico meccanismo di difesa. Mentre la mia convinzione si rafforzava, ho assistito in trent’anni di carriera alla nascita di una moltitudine di diete che hanno fatto cronaca e contrassegnato un’epoca. Dall’inizio degli anni Cinquanta ne ho contate 210. Alcune di queste sono state divulgate da libri diventati grandi bestseller con milioni di copie vendute in tutto il mondo: la dieta Atkins, la Scarsdale, la Montignac e la Weight Watchers. Esempi emblematici che mi hanno fatto comprendere come la persona in sovrappeso accolga a braccia aperte questi testi che si basano su severe regole, compresa la dieta drastica e soprattutto pericolosa della celebre Clinica Mayo, autentica assurdità nutrizionale con le sue venti uova alla settimana, ma che, trent’anni dopo la sua nascita, continua a circolare nonostante il disconoscimento unanime da parte di tutti i nutrizionisti del mondo.
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L’analisi di queste diete e delle ragioni del loro incredibile successo, la pratica e l’ascolto quotidiano delle persone obese, la possibilità di osservare la loro determinazione in precisi momenti della vita e la grande facilità con cui si scoraggiano se non vedono risultati rapidi e proporzionati allo sforzo, mi hanno convinto di questo: La persona in sovrappeso che vuole dimagrire ha bisogno di un regime che decolli in fretta e che dia rapidamente i primi frutti per mantenere salda e rinforzare la motivazione; ha bisogno inoltre di obiettivi precisi da raggiungere, fissati da una persona che stabilisca regole e definisca una serie di tappe attraverso le quali possa confrontare gli sforzi fatti con le aspettative di successo. La maggior parte delle diete entusiasmanti che hanno raggiunto grande popolarità nel passato recente possedevano questo effetto di stimolo e garantivano i risultati promessi. Sfortunatamente le regole, il percorso e le tappe indicati si esaurivano con la lettura del libro e lasciavano la persona certamente dimagrita, ma di nuovo priva di punti di riferimento e in balìa delle sue tentazioni: dal momento che le stesse cause producono gli stessi effetti, il problema si ripresentava ciclicamente. Queste diete, anche le più originali e ingegnose nella fase di attacco, si rivelavano incredibilmente lacunose dopo il raggiungimento dell’obiettivo. Abbandonavano i loro adepti con i soliti consigli ispirati a buon senso, moderazione ed equilibrio, consigli che la persona prima in sovrappeso non avrebbe mai avuto la capacità di seguire. Nessuna di queste diete famose è mai riuscita a trovare il modo di offrire, nella fase che segue il dimagrimento, un programma che accompagni e fornisca regole e riferimenti precisi, semplici ed efficaci quanto quelli che garantiscono il successo nella fase di attacco. La persona in sovrappeso dimagrita e vittoriosa sa per istinto di non saper mantenere da sola e senza un inquadramento il risultato dei suoi sforzi. Sa anche che, abbandonata a se stessa, recupererà i chili persi, dapprima lentamente e poi più in fretta, con lo stesso estremismo che le aveva permesso di dimagrire. La persona in sovrappeso che è appena dimagrita con un metodo prescritto ha bisogno di conservare un richiamo di questa presenza simbolica, della guida che l’ha accompagnata e diretta durante il dimagrimento. Ha bisogno di una regola semplice, precisa, efficace e che non generi troppe frustrazioni per poter essere seguita per sempre. Non soddisfatto dalla maggioranza delle grandi diete di moda che si accontentano di un risultato sorprendente ma senza futuro, cosciente dell’inefficacia dei regimi ipocalorici e delle raccomandazioni al buon senso che, nonostante i ripetuti fallimenti, si basano sull’illusione di trasformare il giocatore d’azzardo in un ragioniere, ho deciso di mettere a punto un mio regime dimagrante: il regime delle proteine alternate che presento in questo libro e che anni di pratica mi inducono a considerare il più efficace e il meglio tollerato dei regimi alimentari odierni. A costo di apparire immodesto, ritengo che il metodo che sto per illustrare sia un valido contributo per combattere il grave problema dell’obesità. Questo metodo, nelle sue due prime fasi finalizzate al dimagrimento, prevede due tipi di regime che funzionano come un motore a due tempi, con un periodo di attacco e di conquista, a base di proteine pure, immediatamente seguito da un periodo basato sul consumo di proteine associate a verdure, un tempo di recupero che permette al corpo di adattarsi alla perdita di peso. Nel tempo, considerata l’estrema facilità con cui i miei pazienti si rilassavano una volta raggiunto l’obiettivo e ritornavano sugli stessi errori in assenza di regole e di schemi precisi, questo regime si è trasformato a poco a poco in un programma globale di dimagrimento. Il programma rispetta la particolare psicologia della persona in sovrappeso e integra le condizioni indispensabili alla riuscita di qualunque dieta dimagrante che abbiamo appena esaminato e che qui riassumo: offre alla persona in sovrappeso che vuole dimagrire un insieme
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di regole precise, un percorso guidato con tappe e obiettivi che non lasciano spazio a interpretazioni personali o a trasgressioni. Escludendo il digiuno e la dieta a base di proteine in polvere, il mio programma è, fra tutti i regimi a base di alimenti naturali che ho avuto l’occasione di sperimentare, quello che oggi mi sembra garantire i risultati migliori. La perdita di peso iniziale è sufficientemente significativa e rapida da fare decollare il regime e da rinforzare la motivazione in modo duraturo. È un regime poco frustrante, che non prevede di pesare i cibi e di calcolarne le calorie. Inoltre consente di consumare in piena libertà un certo numero di alimenti comuni. È un programma di dimagrimento globale che va accettato o rifiutato nel suo complesso. Si compone di 4 fasi: La fase di attacco Una fase di attacco basata sul «regime delle proteine pure» che permette una partenza efficace e altrettanto rapida quanto il digiuno o il regime a base di proteine in polvere, ma senza gli stessi inconvenienti. La fase di crociera Una fase di crociera basata sul «regime delle proteine alternate», vale a dire un’alternanza di giorni a base di proteine e giorni a base di proteine e verdure, che permette di raggiungere in una sola tappa e senza interruzioni il peso desiderato. La fase di consolidamento Un regime di consolidamento del peso raggiunto, che ha lo scopo di prevenire il fenomeno del rimbalzo. Tale fenomeno tende a verificarsi dopo una rapida perdita di peso, esponendo l’organismo al rischio di riprendere con estrema facilità i chili persi. È un periodo di grande vulnerabilità, la cui durata è pari a 10 giorni per ogni chilogrammo di peso perso. La fase di stabilizzazione definitiva Ultima e importante fase, la stabilizzazione definitiva del peso basata su tre misure di semplice sicurezza, poco restrittive e indispensabili al mantenimento del peso raggiunto: un giorno fisso alla settimana di regime d’attacco, da seguire tutti i giovedì per il resto della vita, l’abbandono dell’ascensore e tre cucchiai di crusca d’avena, costituiscono tre regole rigorose e non discutibili, ma sufficientemente specifiche ed efficaci da poter essere accettate per un periodo così lungo.
I principi teorici della dieta Dukan Prima di vedere il metodo nei dettagli, di spiegarne le modalità di funzionamento attraverso il menu e di illustrare le ragioni della sua efficacia, trovo opportuno presentare brevemente al lettore la strutturazione in quattro fasi nella sua globalità e chiarire in primo luogo a chi si rivolge e quali sono le possibili controindicazioni. Il regime che propongo non solo è il più sicuro ed efficace fra quelli oggi in uso. È un programma completo più ambizioso, un sistema di regole articolato in quattro fasi e basato su restrizioni decrescenti che si prende cura della persona in sovrappeso fin dal primo giorno di dieta per non abbandonarla più. Uno dei principali meriti del programma è il suo valore didattico: l’obeso può imparare a conoscere sul campo e sul proprio corpo l’importanza di ogni gruppo di alimenti secondo il loro ordine di integrazione nell’alimentazione, a partire da quelli vitali per poi passare agli alimenti indispensabili, agli essenziali, a quelli importanti e infine ai superflui. L’obiettivo è di fornire un sistema di regole accurate, perfettamente coerenti fra loro e sufficientemente precise e direttive, che guidino la persona, evitandole continui sforzi di volontà che lentamente ne comprometterebbero la determinazione. Queste regole si riuniscono in quattro regimi consecutivi: i primi due costituiscono la fase di
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dimagrimento propriamente detta; i due successivi coincidono con la fase di consolidamento del peso raggiunto e la sua definitiva stabilizzazione. La fase di attacco: il regime delle proteine pure È il periodo della conquista, quello in cui chi inizia una dieta è particolarmente motivato e cerca un regime valido e che dia risultati rapidi, che risponda alle sue aspettative e permetta di affrontare in modo efficace il sovrappeso, anche a costo di notevoli sacrifici. Questo regime iniziale è basato sulle «proteine pure», in quanto ha l’obiettivo teorico di limitare l’alimentazione a uno solo dei tre principi nutritivi: le proteine. Per il momento, a parte l’albume d’uovo, non si conosce un altro alimento che sia costituito esclusivamente da proteine. Questo regime seleziona e riunisce un certo numero di alimenti contenenti la massima percentuale possibile di proteine: alcune varietà di carne, di pesce, di frutti di mare, di pollame, di uova e di latticini a basso contenuto di grassi. Rispetto a tutte le diete ipocaloriche, la fase di attacco è un’autentica macchina da guerra, un bulldozer davanti al quale, se lo si segue alla lettera, crolla ogni resistenza da parte dell’organismo. È di gran lunga il più efficace e rapido fra i regimi non pericolosi a base di alimenti, e rivela tutta la sua forza nei casi più difficili, in particolare quelli della donna in premenopausa soggetta a ritenzione idrica e a meteorismi o della donna in menopausa conclamata, nel periodo critico di inizio della terapia ormonale. È estremamente valido anche per tutti i soggetti giudicati resistenti per aver seguito e abbandonato troppe diete o trattamenti aggressivi. La fase di crociera: il regime delle proteine alternate Come indica il nome, questa fase si basa sull’alternanza ripetitiva di due regimi legati l’uno all’altro, quello delle proteine pure seguito dallo stesso regime con l’aggiunta di verdure crude e cotte. Ogni ciclo di questa alternanza funziona come le fasi di iniezione e combustione di un motore a due tempi che brucia calorie. L’alternanza dei regimi Entrambi i regimi offrono la stessa totale libertà circa le dosi. Permettono di consumare «a volontà» i cibi autorizzati, a qualunque ora del giorno, nelle porzioni e secondo gli abbinamenti che ciascuno preferisce. Offrono quindi piena libertà, consentono di neutralizzare la fame mangiando e di compensare la voglia di varietà gratificandosi con la quantità. A seconda del peso da perdere, del numero di diete che si sono già seguite in precedenza, dell’età e della motivazione personale, il ritmo di alternanza di questi due regimi va stabilito in funzione di norme precise che saranno illustrate più avanti. La fase di crociera deve essere seguita senza interruzioni fino al raggiungimento del peso desiderato. Benché le esperienze negative del passato abbiano condizionato l’obeso, il regime delle proteine alternate resta uno dei meno sensibili agli effetti immunizzanti indotti da precedenti dimagrimenti. La fase di consolidamento del peso raggiunto: 10 giorni per ogni chilo perso Superata la fase di conquista, segue una fase «pacificatrice». Il suo scopo è di inserire nell’alimentazione una serie di alimenti necessari a evitare il classico effetto di rimbalzo, quello che in genere porta al recupero del peso perso. Durante la fase di dimagrimento e in modo sempre più intenso a mano a mano che il regime prosegue, l’organismo tenta di opporre resistenza. Reagisce al saccheggio delle sue riserve riducendo progressivamente il dispendio energetico e, soprattutto, intensificando il più possibile la resa e l’assimilazione di tutti gli alimenti consumati. La persona prima in sovrappeso si ritrova seduta su un vulcano e in possesso di un corpo che
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aspetta solo il momento più opportuno per ripristinare le riserve perdute. Un pasto abbondante che avrebbe avuto conseguenze modeste prima dell’inizio della dieta, provocherà, a fine dieta, pesanti effetti. Per questo motivo, l’inizio del regime di consolidamento punta su alimenti più ricchi e gratificanti, la cui varietà e quantità saranno però limitate per raggiungere senza rischi il ritorno alla quiete del metabolismo, esasperato dalla perdita di peso. Saranno quindi introdotte due fette di pane, una porzione di frutta e una di formaggio al giorno, due porzioni di farinacei la settimana e, soprattutto, due pasti della festa settimanali. La funzione di questa prima fase di consolidamento è quindi di evitare quel rimbalzo esplosivo che è una delle cause più immediate e frequenti del fallimento delle diete dimagranti. A questo punto è indispensabile introdurre alimenti importanti come il pane, la frutta, il formaggio e certi farinacei e inserire piatti o alimenti superflui ma molto piacevoli. Occorre però che tale integrazione avvenga secondo un preciso ordine e un sistema di regole accurate per evitare sbandate. Questo è il ruolo del primo baluardo di protezione contro il recupero del peso perso. La sua durata si calcola in base alla rilevanza di tale peso: corrisponde a 10 giorni per ogni chilo perso. La fase di stabilizzazione finale e prolungata Dopo avere perso peso ed evitato l’effetto rimbalzo con l’aiuto di un sistema rassicurante di regole e di limitazioni accettate, la persona prima in sovrappeso, per quanto sia entusiasta, sa per istinto che la sua vittoria è fragile e che, senza un inquadramento, prima o poi – e più spesso prima che poi – sarà abbandonata ai suoi vecchi demoni. D’altra parte sa anche che non potrà mai raggiungere l’equilibrio e la moderazione alimentare che la maggior parte dei nutrizionisti, a ragione, consiglia di adottare per mantenere il peso raggiunto. In questa quarta fase vengono proposte tre regole essenziali: una giornata settimanale del regime di attacco iniziale, quello delle proteine pure, l’arma più efficace e costrittiva, tutti i giovedì, per il resto della vita; l’abbandono dell’ascensore; 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno. Malgrado questo possa sembrare paradossale, la persona prima in sovrappeso che è riuscita a raggiungere il peso desiderato non solo è capace di accettare queste regole, ma è cosciente di averne bisogno ed è lei stessa a cercarle. Si tratta di regole precise, semplici e circoscritte nel tempo, tanto indiscutibili quanto efficaci, che danno subito dei risultati tangibili permettendo di mangiare normalmente negli altri sei giorni della settimana senza recuperare peso. Il programma Dukan in sintesi Fase di attacco: le proteine pure Durata media: 5 giorni Fase di crociera: le proteine alternate Durata media: una settimana per ogni chilo da perdere Fase di consolidamento del peso raggiunto Durata media: 10 giorni per ogni chilo perso Fase di stabilizzazione definitiva Giovedì di proteine pure + l’abbandono dell’ascensore + 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno
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Nozioni basilari di nutrizione La triade G-L-P: Glucidi - Lipidi - Proteine L’alimentazione, quella dell’uomo quanto quella degli animali, prevede un numero incredibile di alimenti commestibili, tutti costituiti da tre principi nutrizionali: glucidi, lipidi e protidi. Ogni alimento prende il gusto, la struttura, il suo valore nutrizionale dalla particolare associazione di questi tre nutrienti. Differenza qualitativa delle calorie Un tempo i nutrizionisti davano importanza esclusivamente al valore calorico degli alimenti e dei pasti e formulavano regimi dietetici dimagranti fondati unicamente sul conteggio delle calorie: questo approccio è stato causa di fallimenti per lungo tempo inspiegabili. Oramai sono in molti ad aver abbandonato tale visione puramente quantitativa, per concentrarsi maggiormente sull’origine delle calorie, sulla natura del principio alimentare che le fornisce e sull’insieme delle sostanze nutritive che compongono il bolo alimentare. Oggi è stato dimostrato che le 100 calorie fornite dall’assunzione dello zucchero bianco, dall’olio o dal pesce non vengono metabolizzate dall’organismo allo stesso modo, e che il bilancio finale delle stesse in seguito all’assimilazione varia molto a seconda della loro origine. Quanto all’ora in cui le calorie si assumono, oggi è ormai opinione comune che le calorie ingerite la mattina vengano bruciate più facilmente di quelle ingerite a mezzogiorno e soprattutto la sera. Indipendentemente dalla sua struttura, che si adatta al profilo specifico della persona in sovrappeso, l’efficacia del programma e dei quattro regimi che lo compongono si basa su una selezione molto attenta delle sostanze nutritive che entrano nella composizione degli alimenti proposti, e in particolare sull’estrema importanza attribuita alle proteine, tanto nella fase di attacco quanto in quella di stabilizzazione prolungata. È quindi indispensabile, soprattutto per coloro che non conoscono bene questo campo di studi, confrontare i tre principi nutrizionali per chiarire meglio le modalità di azione del programma e ottimizzare la perdita di peso. I glucidi o carboidrati Questa categoria di alimenti, molto vasta e in genere molto apprezzata, ha sempre fornito all’uomo, in qualunque luogo, epoca e cultura, oltre il 50% dell’apporto energetico complessivo. Per millenni, fatta eccezione per la frutta e il miele, gli unici glucidi consumati dall’uomo erano quelli che oggi vengono chiamati zuccheri complessi ad assimilazione lenta: cereali, farinacei, legumi eccetera. La loro particolarità è di essere assorbiti in modo progressivo, di alzare moderatamente il livello glicemico e di evitare in tal modo i cali di insulina, di cui oggi si conoscono tutte le conseguenze negative per la salute e soprattutto per l’aumento di peso. La scoperta della tecnica di estrazione dello zucchero bianco dalla canna da zucchero e, poi, su scala più ampia, dalla barbabietola, ha modificato profondamente l’alimentazione umana, introducendo una quantità sempre crescente di alimenti zuccherati e di glucidi ad assimilazione rapida. Carburante alimentare per eccellenza, i glucidi sono molto utili agli sportivi, a chi svolge lavori pesanti e agli adolescenti. Ma non sono altrettanto necessari alla maggior parte degli individui sedentari, sempre più numerosi nella nostra società. Lo zucchero bianco e i suoi derivati, dolciumi e caramelle sono carboidrati allo stato puro, molto ricchi e ad assimilazione ultrarapida. I farinacei, anche quelli non zuccherati, sono altrettanto ricchi di glucidi. Sono: il pane, soprattutto quello bianco, i crackers, i biscotti, i cereali, la pasta, le patate e i legumi (piselli, lenticchie, fagioli eccetera).
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I frutti più ricchi di glucidi sono la banana, le ciliegie e l’uva. Lo stesso vale per il vino, tutti gli alcolici e i dolciumi, combinazione gustosa di farina, zucchero e, soprattutto, grassi. I glucidi forniscono solo 4 calorie per grammo, ma il loro consumo è abitualmente considerevole e pertanto il loro apporto calorico risulta elevato. Essendo inoltre perfettamente assimilabili, la loro resa energetica è ancora più rilevante. Inoltre i farinacei vengono digeriti lentamente e producono fermentazioni e gas, causa di meteorismi fastidiosi e antiestetici. La maggior parte degli alimenti a base di glucidi, sia i farinacei sia i dolci, sono molto apprezzati per il loro sapore. Se questa affinità per il gusto dolce è in parte innata, quasi tutti gli psicologi sono d’accordo nel considerarla il risultato di un lungo condizionamento che, sin dall’infanzia, attribuisce all’alimento dolce un ruolo gratificante e la funzione di ricompensa. I glucidi, infine, sono quasi sempre venduti a prezzi contenuti, caratteristica che li porta a essere presenti su tutte le tavole, dalle più ricche alle più modeste. In conclusione, i glucidi sono alimenti ricchi, onnipresenti e molto apprezzati per il loro sapore gratificante, specie i dolciumi, che talvolta vengono consumati in modo incontrollato. Sotto il profilo metabolico, stimolano la secrezione di insulina, responsabile della produzione e dell’accumulo di grassi. Per tutti questi motivi, sono alimenti dai quali chi ha predisposizione a ingrassare ha dovuto a lungo stare alla larga. Questa diffidenza oggi è ormai rivolta ai grassi, che rappresentano, a ragione, i principali nemici della persona in sovrappeso. Non è però un motivo sufficiente per abbassare la guardia nei confronti dei glucidi, soprattutto nella fase di attacco, che deve essere la più rapida ed efficace possibile. Ecco perché il mio programma esclude completamente i glucidi nella fase di attacco. Durante il periodo di crociera e fino al raggiungimento del peso desiderato, permette unicamente l’assunzione di verdure con un bassissimo tenore di zuccheri. I glucidi riappaiono solo durante il periodo di consolidamento, per poi essere consumati in completa libertà, sei giorni su sette, soltanto nella fase di stabilizzazione definitiva. I lipidi I lipidi sono il nemico per eccellenza di chi vuole dimagrire poiché rappresentano, per ogni specie vivente, la forma più concentrata di accumulo dell’energia in eccesso. Consumare grassi equivale praticamente a nutrirsi con ciò che cerchiamo di eliminare. Dalla comparsa della dieta Atkins, che ha spalancato le porte ai grassi facendo la guerra ai glucidi, molti altri regimi dietetici hanno adottato questa stessa linea. Purtroppo si è rivelato un grave errore per due ragioni: il pericoloso aumento del tasso di colesterolo e di trigliceridi che qualcuno ha pagato con la vita e una maggiore disinvoltura nel consumo dei grassi, che impedivano per sempre la stabilizzazione del peso. Le maggiori fonti di lipidi sono due: i grassi animali e quelli vegetali. Il grasso animale, che si trova allo stato pressoché puro nel lardo e nello strutto, è contenuto in alta percentuale in alcuni salumi, nelle salsicce, in salamelle, pâté eccetera. Ma anche altri animali possono fornirli. Il montone, l’agnello e il pollame come l’oca e l’anatra ne sono ricchi. La carne di manzo è molto meno grassa, soprattutto nei pezzi che si cucinano alla griglia, mentre costata e lombata hanno parti di grasso evidenti. Il cavallo, al contrario, è una carne magra. Il burro è un lipide praticamente puro. La panna fresca, anche se caratterizzata da un maggiore contenuto di acqua, è comunque molto grassa, e ha un tenore di lipidi che si avvicina all’80%. Fra i pesci esistono cinque grandi fonti di grasso che si riconoscono facilmente per la loro consistenza morbida e per la pelle di colore azzurro: la sardina, il tonno, il salmone, lo sgombro e l’aringa. È importante precisare che questi cinque pesci, per quanto grassi siano, non lo sono comunque più di una bistecca di manzo. Inoltre il grasso contenuto nelle carni di questi pesci
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provenienti dai mari freddi è molto ricco di acidi grassi omega 3, che risultano essere preziosi nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. I lipidi vegetali sono rappresentati essenzialmente dal grande gruppo degli oli e dalla famiglia delle piante oleifere. L’olio ha un contenuto di grasso maggiore del burro. E se alcuni oli come quello di oliva, l’extravergine o l’olio di girasole spremuto a freddo possiedono importanti qualità nutrizionali e svolgono un’azione comprovata di protezione sul cuore e sui vasi sanguigni, in generale tutti gli oli hanno lo stesso apporto calorico e sono da eliminare completamente nel corso dei regimi dimagranti, da evitare durante i regimi di consolidamento e da tenere sotto controllo nel corso della stabilizzazione finale. Quanto alle piante oleifere, arachidi, noci, nocciole, pistacchi eccetera, sono alimenti che si mangiucchiano quasi automaticamente in occasione dell’aperitivo e che, se associati a una bevanda alcolica, incrementano fortemente l’apporto calorico del pasto. Per chi tenta di dimagrire, i lipidi rappresentano un pericolo. • In primo luogo sono gli alimenti in assoluto più calorici: 9 calorie al grammo, vale a dire più del doppio rispetto ai glucidi e alle proteine, che ne forniscono solo 4 per grammo. • Raramente si consumano da soli. L’olio, il burro, la panna fresca richiamano il pane, i farinacei, le salse, dando luogo a una combinazione che incrementa in modo considerevole l’apporto calorico complessivo. • I grassi vengono assimilati un po’ più lentamente degli zuccheri semplici, ma assai più velocemente delle proteine, e la loro resa calorica aumenta in proporzione. • Questi alimenti non saziano in modo soddisfacente e sgranocchiarli, contrariamente a quanto accade facendo spuntini proteici, non riduce la quantità di cibo assunta durante il pasto successivo e non ne posticipa l’orario. • Infine, i lipidi di origine animale, quali burro, salumi e insaccati e formaggi grassi, rappresentano una potenziale minaccia per il cuore. Per questo motivo, non possono in alcun caso, contrariamente a quanto previsto dalla dieta Atkins e dai regimi dietetici che vi si sono ispirati, essere consumati in completa libertà. I protidi I protidi rappresentano il terzo principio nutritivo universale. Formano un vasto gruppo di prodotti azotati fra i quali si distingue la classe delle proteine, le molecole più lunghe che rientrano nella composizione degli esseri viventi. Gli alimenti più ricchi di proteine provengono tutti dal regno animale, e la loro fonte più nobile è la carne. Fra tutte, quella di cavallo ne contiene la percentuale maggiore. Il manzo è più grasso, ma alcuni tagli magri ne sono altrettanto ricchi. Le carni di montone e di agnello presentano più venature di grasso e questi accumuli, che ne attenuano la colorazione, ne riducono il tenore proteico. Infine, la carne di maiale, ancora più grassa, non è così ricca di proteine da poter rientrare nel gruppo ristretto degli alimenti essenzialmente proteici. Le frattaglie sono molto ricche di proteine nonché povere di grassi e glucidi, a eccezione del fegato, che contiene una modesta dose di zuccheri. Il pollame, escluse l’oca e l’anatra di allevamento, offre una carne relativamente magra, soprattutto il tacchino e alcuni tagli del pollo. I pesci, in particolare i pesci bianchi molto magri come la sogliola, la razza, il merluzzo e il nasello, sono una miniera di proteine di elevato valore. I pesci dei mari freddi come salmone, tonno, sardina e sgombro hanno una carne più grassa, con un tenore proteico leggermente più ridotto; sono comunque ottime fonti di proteine, delizie per il palato ed eccezionali protettori del sistema cardiovascolare (per la ricchezza di acidi grassi omega 3).
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I crostacei e i molluschi sono alimenti magri e privi di glucidi, quindi ricchi di proteine. I crostacei vengono solitamente sconsigliati per il loro contenuto di colesterolo, ma questo si concentra nel corallo della testa dell’animale e non nella polpa; ciò permette di consumare senza timore gamberetti, granchi e altri frutti di mare, a patto che se ne scarti il corallo. L’uovo è una fonte di proteine interessante. Il tuorlo contiene lipidi e una quantità di colesterolo sufficiente a sconsigliarne l’abuso in caso di predisposizione all’ipercolesterolemia e alle malattie cardiovascolari. In compenso, l’albume rappresenta la forma più pura e completa di proteine fino a oggi conosciuta, al punto da essere presa come proteina di riferimento utile per classificare tutte le altre. Le proteine vegetali sono contenute in gran parte nei cereali e nelle leguminose, ma sono troppo ricche di glucidi per essere introdotte in un regime la cui efficacia si basa sulla purezza delle proteine. Inoltre, a eccezione della soia, le proteine vegetali possiedono un valore biologico modesto e sono prive di alcuni amminoacidi indispensabili, cosa che ne impedisce l’impiego esclusivo prolungato. Come deve comportarsi un vegetariano? Dipende dal tipo di regime che segue. Se si limita a eliminare la carne rossa, e utilizza altre fonti animali come il pesce, i frutti di mare, le uova e i latticini, si sarà assicurato un apporto proteico più che sufficiente. Se elimina gli alimenti che comportano l’abbattimento di qualsiasi animale, diventa più difficile seguire il mio programma, perché l’apporto proteico sarà basato essenzialmente sulle uova e i latticini. Questo tipo di alimentazione può essere valido, ma non è sufficiente se si desidera perdere peso. Infine, se viene seguito un regime vegano (basato sull’esclusione totale di alimenti di origine animale), diventa molto difficile seguire questo programma, dal momento che le proteine vegetali sono incomplete (perché non contengono tutti gli amminoacidi essenziali): è necessario abbinare in ogni pasto i cereali con i legumi per avere un apporto equilibrato di amminoacidi essenziali. Solo così l’organismo umano riesce a costruire le proteine indispensabili al suo corretto funzionamento. L’uomo è un cacciatore carnivoro È importante sapere che l’uomo si è evoluto dalla condizione di animale adottando una dieta carnivora. I suoi antenati, simili alle odierne scimmie antropomorfe, erano essenzialmente vegetariani anche se, occasionalmente, alcuni non esitavano a dare la caccia ad altri animali per nutrirsene. Una volta diventato cacciatore collettivo, e quindi consumatore di carne, l’uomo ha acquisito le facoltà puramente umane. Il suo organismo ha un complesso sistema digerente ed escretore che gli permette un consumo molto abbondante di carne e pesce. Siamo strutturati per consumare carne, pesce, pollame, a livello sia metabolico sia psicologico. Certamente è possibile vivere senza nutrirsi di carne, ma non è fisiologico e può essere nocivo perché il nostro organismo funziona correttamente solo quando gli forniamo il nutrimento necessario. Tutto questo può sembrare banale, ma è fondamentale capire che la finalità di un organismo è quella di adeguare l’apporto di cibo al suo fabbisogno nutrizionale. Digestione, dispendio calorico e sazietà La digestione delle proteine, fra quelle di tutte le categorie alimentari, è la più lunga e laboriosa. Per la loro completa disgregazione e la successiva assimilazione sono necessarie più di tre ore. Il motivo è semplice. Le loro molecole sono formate da lunghe catene di amminoacidi, legati chimicamente tra loro, che richiedono una lunga masticazione combinata a un’impegnativa azione meccanica all’interno dello stomaco e, soprattutto, all’attacco congiunto dei succhi gastrici, della bile e pancreatici. Questo lungo lavoro per estrarre calorie ha un costo elevato per l’organismo. Si calcola infatti che per ottenere 100 calorie da un alimento proteico se ne consumano circa 30. Per fare un utile confronto, se l’azione dinamica specifica delle proteine è pari al 30%, quella dei lipidi è pari
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al 12% e quella dei glucidi al 7%. Ne consegue che, quando una persona che vuol dimagrire consuma carne, pesce o yogurt magro, il semplice fatto di digerirli e assimilarli comporta per lei un lavoro, una perdita di calorie che riduce l’apporto energetico del pasto stesso. Questa caratteristica è dunque particolarmente vantaggiosa. Torneremo sull’argomento in modo più dettagliato quando spiegheremo le modalità di azione del regime a base di proteine pure. Infine, la lentezza di questa digestione e dell’assimilazione ritarda lo svuotamento gastrico e aumenta la sensazione di sazietà. L’unico nutriente vitale e indispensabile a ogni pasto Fra i tre nutrienti universali, soltanto le proteine sono indispensabili alla nostra esistenza. I glucidi sono i meno necessari, in quanto l’organismo umano è capace di produrre autonomamente il glucosio, cioè lo zucchero, a partire da carne e grassi. È ciò che accade quando, in mancanza di determinati alimenti oppure perché siamo a dieta, attingiamo alle nostre riserve di grasso per trasformarle in glucosio, indispensabile al funzionamento dei muscoli e del cervello. Lo stesso vale per i lipidi, che l’obeso è abilissimo nel fabbricare e depositare partendo dagli zuccheri e dai grassi in eccesso. Al contrario, il nostro organismo non dispone di mezzi metabolici per la sintesi delle proteine. Il semplice fatto di vivere, di garantire il mantenimento dell’apparato muscolare, il rinnovamento dei globuli rossi, la cicatrizzazione delle ferite, la crescita dei capelli e il funzionamento della memoria, tutte queste operazioni vitali necessitano di proteine, nella quantità quotidiana minima di un grammo per chilo di peso corporeo. Se tale apporto è insufficiente, l’organismo si trova costretto ad attingere alle proprie riserve: i muscoli, la pelle e persino le ossa. Questo è quanto accade quando si seguono diete sconsiderate come il digiuno a base di sola acqua o il regime di Beverly Hills, fondato sull’esclusiva assunzione di frutti esotici, che ha spopolato tra le dive di Hollywood le quali, dopo averlo scrupolosamente applicato, hanno perso parte del loro fascino. Da poco si sta affermando in Europa un nuovo regime alimentare, proveniente dagli Stati Uniti e denominato «detox». In base a esso, per disintossicare l’organismo è previsto solo il consumo di frutta e verdura. Poiché è scientificamente dimostrato che dopo 8 ore trascorse senza aver assunto proteine di buona qualità l’organismo deve necessariamente attingere alla sua riserva muscolare, un regime di questo tipo è da evitare. Chi desidera dimagrire deve essere consapevole che una dieta, per quanto restrittiva, non deve mai fornire meno di un grammo di proteine per chilo di peso corporeo al giorno, e soprattutto che questo apporto va distribuito in modo uniforme nei tre pasti. Una colazione insufficiente al mattino, un pranzo costituito da uno snack dolce o da una barretta al cioccolato e una cena composta da una pizza e da un frutto sono pasti carenti in proteine e rappresentano pericolosi presupposti per far avvizzire la pelle e deteriorare la struttura generale del proprio corpo. Il modesto valore calorico delle proteine Un grammo di proteine fornisce solo quattro calorie, cioè la metà di quelle apportate dai grassi e la stessa quantità apportata dagli zuccheri. Tuttavia vi è una differenza sostanziale: gli alimenti più ricchi di proteine non ne contengono una concentrazione tanto elevata quanto quella dei glucidi nello zucchero o quella dei lipidi nell’olio e nel burro. Tutte le carni, i pesci e le altre proteine alimentari forniscono solo il 50% di proteine assimilabili, mentre il resto è costituito da scorie o da tessuto inutilizzabile. Una fetta di tacchino o una bistecca di manzo da 100 grammi non forniscono più di 200 calorie, e se, come abbiamo visto, consideriamo che l’organismo spende il 30% del valore calorico, equivalente nella fattispecie a 60 calorie, semplicemente per assimilarle, non restano che 140 calorie di questi cibi saporiti e
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sazianti: l’equivalente di un semplice cucchiaio di olio che giudichiamo così inoffensivo e che aggiungiamo a qualche foglia di insalata. Questa semplice constatazione basta da sola per farci comprendere il valore di un regime dietetico che osa proporre, per un periodo limitato, solamente proteine. Due inconvenienti delle proteine • Alimenti costosi: il costo degli alimenti proteici è relativamente elevato: la carne, il pesce e i frutti di mare possono gravare su un bilancio modesto. Le uova, il pollame e le frattaglie sono più abbordabili, ma rientrano comunque nella categoria degli alimenti più cari. Fortunatamente, da qualche decennio l’arrivo sul mercato di latticini a ridotto contenuto di grassi ha permesso di fornire proteine di qualità eccellente a prezzi che consentono di compensare l’alto costo del pasto proteico. • Alimenti ricchi di scorie: al contrario della maggior parte degli altri alimenti, i cibi proteici non vengono disgregati completamente e, al termine della demolizione, lasciano nell’organismo una certa quantità di scorie, come l’acido urico, che devono essere eliminate. Pertanto un consumo elevato di questi alimenti dovrebbe incrementare la presenza di scorie nell’organismo e provocare disturbi a chi è sensibile o predisposto. In realtà l’organismo umano, e in modo particolare i reni, dispongono di alcuni meccanismi di eliminazione che si fanno perfettamente carico di questo compito, ma per portarlo a termine necessitano di una maggiore quantità di acqua. I reni filtrano il sangue eliminando l’acido urico solo a condizione che si aumenti il consumo di acqua. Ho avuto modo di esaminare una sessantina di casi di soggetti predisposti alla gotta o che hanno sofferto di calcoli di acido urico e che malgrado ciò hanno seguito un regime altamente proteico, accettando di associarvi un consumo quotidiano di 3 litri di acqua. Chi seguiva una terapia di protezione l’ha mantenuta, mentre gli altri ne sono stati esonerati. Nessuno di loro ha registrato aumenti del tasso di acido urico durante la dieta. In un terzo dei casi è addirittura diminuito. Quando si intraprende una dieta altamente proteica è quindi indispensabile bere molto, soprattutto durante le fasi che prevedono il consumo esclusivo di alimenti proteici. Molti miei colleghi ritengono che un elevato apporto di proteine possa affaticare i reni, fino a comprometterne le funzioni. Fra loro c’è anche chi afferma che una dose di acqua pari a 1 litro e mezzo al giorno sia eccessiva. Per quanto mi riguarda, in tanti anni di professione e di sperimentazione del mio programma alimentare non ho mai avuto problemi, perché ho sempre consigliato ai miei pazienti di assumere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Ho avuto anche trenta casi di pazienti con un solo rene che seguendo il mio metodo hanno perso peso senza accusare disturbi renali. Coloro che seguono con attenzione e determinazione il mio metodo raggiungono sempre buoni risultati senza alcuna conseguenza collaterale. In conclusione A questo punto è necessario riassumere alcuni principi fondamentali che un buon regime dimagrante deve rispettare: • Il grande nemico di chi si appresta ad affrontare una dieta dimagrante sono senza dubbio i grassi, sia animali sia vegetali. Senza considerare il grasso contenuto nella carne e nel pesce, il solo conteggio dell’olio delle salse e delle fritture, del burro e della panna con cui si preparano i contorni e dei grassi dei formaggi e dei salumi, è sufficiente ad attribuire ai lipidi il primato dell’apporto calorico. Una dieta efficace e coerente deve quindi iniziare con la riduzione o l’eliminazione degli alimenti che ne sono ricchi. Non si può perdere massa grassa introducendo altro grasso! • Occorre inoltre sapere che i grassi animali sono le uniche sostanze che forniscono colesterolo e trigliceridi. In caso di predisposizione al rischio cardiovascolare e all’ipercolesterolemia vanno
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ridotti in modo significativo. • L’altro nemico di chi vuole dimagrire sono gli zuccheri semplici. Non gli zuccheri ad assimilazione lenta dei cereali integrali e delle leguminose, bensì gli zuccheri ad assimilazione rapida, lo zucchero da tavola che viene assimilato in modo praticamente immediato e la cui sola presenza facilita il passaggio e l’assorbimento del resto. Il suo sapore dolce e gratificante può far dimenticare la sua elevata concentrazione calorica. • Le proteine hanno un apporto calorico modesto: 4 calorie per grammo. • Gli alimenti più ricchi di proteine come la carne e il pesce possiedono un tessuto connettivo molto resistente alla digestione e alla successiva assimilazione. Il dispendio energetico dovuto a questa prerogativa delle proteine è una vera e propria manna per la persona grassa a dieta, che per definizione è una grande assimilatrice di calorie e ama qualunque cibo. • La disgregazione delle proteine nel corso della digestione ha un costo calorico. Tale dispendio si deduce dall’apporto energetico e permette un risparmio supplementare del 30%, superiore a quello di tutti gli altri alimenti. • È bene evitare di intraprendere diete che prevedono meno di 60-80 grammi giornalieri di proteine pure per evitare il rischio di indebolire i muscoli e di far avvizzire la pelle. • Non bisogna temere l’acido urico, scoria naturale delle proteine, che può essere eliminato totalmente con l’assunzione quotidiana di 1 litro e mezzo di acqua. • Ricordarsi che più l’assimilazione di un alimento è lenta, più tardi ricompare la fame. • I cibi zuccherati sono quelli che si assimilano nel modo più rapido e completo, seguiti dai grassi e solo dopo dalle proteine. Chi è costantemente tormentato dalla fame tragga le debite conclusioni.
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Le proteine pure Il motore della dieta Dukan Prima di procedere, vorrei spiegare il motivo che mi ha indotto a dare a questo regime alimentare il mio nome. Nel 2000 avevo chiamato lo stesso programma «Protal», in riferimento alle due fasi alternate, quella delle proteine e quella delle proteine + verdure. Con il trascorrere degli anni, il mio pubblico mi ha fatto l’onore di associare questo regime al mio nome. Oggi esistono alcuni siti di «dukaniani» che confermano l’affetto del mio pubblico e, anche se mia figlia Maya, così gelosa di suo padre, non apprezza, mi fanno molto piacere. Come abbiamo visto, il programma Dukan prevede quattro step alimentari successivi che hanno l’obiettivo di condurre la persona grassa verso il peso stabilito e mantenerlo. I quattro regimi in successione, di efficacia decrescente, sono concepiti per portare rispettivamente a un obiettivo specifico: • Il primo, un inizio lampo e una perdita di peso intensa e stimolante. • Il secondo, un dimagrimento regolare che porti subito al peso desiderato: il Giusto Peso per ognuno. • Il terzo, un consolidamento del peso appena raggiunto e ancora instabile, della durata di 10 giorni per ogni chilo perso. • Il quarto, una stabilizzazione definitiva al prezzo di tre semplici regole, concrete, dettagliate, molto efficaci ma non negoziabili e da seguire per il resto della vita: il giovedì a base di proteine, l’abbandono dell’ascensore e 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno. Ciascuno di questi quattro regimi ha una modalità d’azione e una missione particolare da svolgere, ma tutti e quattro traggono forza ed efficacia decrescente dall’impiego delle proteine pure: solo pure nella fase di attacco, alternate nella fase di crociera, equilibrate in quella di consolidamento e infine settimanali nella stabilizzazione definitiva. Con questo regime applicato senza riserve, da seguire per un periodo che può variare, a seconda dei casi, da 2 a 7 giorni, la fase di attacco decolla con grande efficacia creando un effetto sorpresa. Lo stesso regime, utilizzato in alternanza, conferisce ritmo e potenza alla fase delle proteine alternate, che porta in una sola tappa al raggiungimento del peso desiderato. Impiegato in modo puntuale, costituisce poi il baluardo della fase di consolidamento, periodo di transizione fra la perdita di peso e il ritorno a un’alimentazione normale. È sempre lo stesso regime, infine, che un solo giorno la settimana ma per il resto della vita consente di stabilizzare in modo definitivo il peso raggiunto, permettendo, in cambio di questo sforzo circoscritto, di vivere nutrendosi senza sensi di colpa e senza particolari sacrifici gli altri sei giorni della settimana. Se il regime delle proteine pure (si tratta in totale di 78 alimenti) è il motore del programma e dei suoi quattro regimi integrati, prima di passare alla pratica sarà bene descrivere la sua particolare modalità d’azione e spiegarne l’incredibile efficacia per poterlo utilizzare al meglio. UN REGIME DI SOLE PROTEINE PURE Dove si trovano le proteine pure? Le proteine formano la trama della materia vivente, sia animale sia vegetale, e quindi si trovano nella maggior parte degli alimenti conosciuti. Il regime proteico, però, per sviluppare la sua particolare modalità d’azione e tutte le sue potenzialità, deve essere composto da alimenti che si avvicinino il più possibile alla purezza proteica. In pratica, a parte l’albume d’uovo, nessun altro alimento possiede questa purezza. I vegetali, per quanto siano proteici, sono sempre troppo ricchi di glucidi: è il caso di cereali, farinacei e legumi, compresa la soia, che è nota per la qualità delle sue proteine ma è troppo
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grassa e ricca di glucidi. Questo rende tutti i vegetali non utilizzabili per il momento. Lo stesso vale per alcuni alimenti di origine animale, più proteici rispetto ai vegetali, ma troppo grassi. È il caso della carne di maiale, di montone e di agnello, di alcuni tipi di pollame come l’oca e l’anatra e di molti tagli di manzo e vitello. Esiste tuttavia un certo numero di alimenti che, pur non raggiungendo l’assoluta purezza proteica, vi si avvicinano, e che pertanto saranno i protagonisti del programma. Si tratta di: • Il cavallo fatta eccezione per il petto. • Il manzo, a eccezione della lombata, la costata e tutti i tagli da brasato e bollito. • Il vitello da cucinare alla griglia. • Il pollame, escluse oca e anatra. • Tutti i pesci, compreso quello azzurro, il cui grasso, noto protettore del cuore e delle arterie, lo rende accettabile. • I crostacei e i molluschi. • Le uova: la purezza proteica dell’albume è intaccata dal modesto tenore di grassi del tuorlo. • Il tofu e il seitan, alimenti a base di proteine vegetali ottenute a partire dalla soia e dal frumento. • I latticini magri, molto ricchi di proteine e a ridotto contenuto di grassi. Contengono tuttavia una piccola quantità di lattosio, lo zucchero naturalmente presente nel latte. Il loro modesto tenore glucidico, che peraltro conferisce a questi alimenti un sapore appagante, permette comunque di inserirli fra i cibi essenzialmente proteici che rappresentano la forza d’urto del programma. Come agiscono le proteine? La purezza delle proteine riduce il loro apporto calorico Tutte le specie animali si nutrono di alimenti composti da un insieme dei soli tre principi nutrizionali conosciuti: le proteine, i lipidi e i glucidi. Per ogni specie, tuttavia, esiste una proporzione ideale e specifica di queste tre sostanze. Per l’uomo tale proporzione è schematicamente di 5-3-2, cioè 5 parti di glucidi, 3 di lipidi e 2 di proteine: una composizione molto simile a quella del latte materno. Quando la composizione del bolo alimentare rispetta questa regola aurea specifica, le calorie sono assimilate nell’intestino tenue con la massima efficacia e la loro resa è tale da facilitare l’accumulo di peso. Al contrario, è sufficiente modificare questa proporzione ottimale per intervenire sull’assorbimento delle calorie e ridurre, in tal modo, la resa degli alimenti. Teoricamente, la modifica più radicale che si possa concepire, quella in grado di ridurre al massimo l’assorbimento delle calorie, consisterebbe nel limitare l’alimentazione al consumo di un solo principio alimentare. In pratica, benché questo sia già stato tentato negli Stati Uniti con i glucidi (la dieta di Beverly Hills si basava esclusivamente sul consumo di frutti esotici) e con i grassi (la dieta eschimese), l’alimentazione limitata ai soli zuccheri o ai soli grassi è difficile da realizzare e comporta una serie di conseguenze negative per la saute. L’eccesso di zuccheri potrebbe favorire l’insorgere del diabete, mentre l’eccesso di grassi, oltre a provocare un inevitabile senso di nausea, costituirebbe un rischio significativo per l’apparato cardiovascolare. Inoltre, l’assenza di proteine indispensabili alla vita obbligherebbe l’organismo a prelevarle dalle proprie riserve muscolari. L’alimentazione limitata a un solo principio nutrizionale è dunque pensabile solo per le proteine, soluzione accettabile sotto l’aspetto del gusto, che evita il rischio di depositi di grassi nelle arterie e ovviamente esclude il rischio di carenza proteica. Quando si instaura una dieta limitata esclusivamente agli alimenti proteici, l’apparato assimilatore compie un enorme lavoro per elaborare un bolo alimentare per il quale non è
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programmato, e non riesce pertanto a sfruttarne pienamente il contenuto calorico. Si trova nella situazione di un motore a due tempi di uno scooter o di una barca concepito per funzionare con una miscela di benzina e olio. Se si tentasse di usare benzina pura, dopo vari scoppi iniziali, si spegnerebbe non potendo utilizzare il carburante. Allo stesso modo, quando il nostro organismo viene alimentato con cibi ad alto contenuto proteico, si limita ad attingere le proteine indispensabili al buon mantenimento degli organi (muscoli, globuli, pelle, capelli, unghie) e utilizza male e poco il resto delle calorie fornite. L’assimilazione delle proteine comporta un notevole dispendio calorico Per comprendere la seconda caratteristica delle proteine che contribuisce all’efficacia del mio regime alimentare, è necessario soffermarsi sul concetto di ADS o azione dinamica specifica degli alimenti. L’ADS rappresenta lo sforzo o il dispendio energetico che l’organismo deve affrontare per disgregare un alimento fino a ridurlo allo stato di molecola semplice, la sola forma sotto la quale esso può entrare nel sangue. Questo implica un lavoro la cui rilevanza varia in base alla consistenza e alla struttura molecolare dell’alimento stesso. Se consumate 100 calorie di zucchero da tavola, glucide rapido per eccellenza composto da molecole semplici e poco aggregate, lo assimilate rapidamente: questo lavoro di assorbimento costa all’organismo appena 7 calorie. Il che significa che restano ben 93 calorie da utilizzare. L’ADS dei carboidrati è quindi del 7%. Quando consumate 100 calorie di burro o di olio, l’assimilazione è un po’ più laboriosa, e il lavoro vi costa 12 calorie, lasciando a disposizione dell’organismo solo 88 calorie. L’ADS dei lipidi raggiunge allora il 12%. Infine, per assimilare 100 calorie di proteine pure, albume d’uovo, pesce magro o formaggio fresco magro (quark), il dispendio energetico è enorme, perché le proteine sono composte da un aggregato di lunghissime catene di molecole i cui anelli di base, gli amminoacidi, sono saldamente legati fra di loro, il che richiede un lavoro molto più impegnativo. Il dispendio calorico per il semplice assorbimento è di 30 calorie: all’organismo restano solo 70 calorie, vale a dire che le proteine hanno un’ADS del 30%. L’assimilazione delle proteine, un vero e proprio lavoro interno, comporta un dispendio calorico e parallelamente un aumento della temperatura corporea. È questa la ragione per cui dopo un pasto ricco di proteine si sconsiglia di fare il bagno in acqua fredda: la differenza di temperatura potrebbe infatti causare una congestione. Questa caratteristica delle proteine è fastidiosa per i bagnanti che hanno fretta di tuffarsi, ma rappresenta una benedizione per la persona grassa, specialista nell’arte di assimilare calorie. Quella che metterà in atto sarà un’economia indolore, che le permetterà di nutrirsi in modo appagante senza essere per questo punita. Ipotizzando che nel corso di una giornata si siano consumate 1.500 calorie, dopo la digestione all’organismo ne restano solo 1.000. Questo è uno dei punti chiave del programma Dukan e una delle ragioni strutturali della sua efficacia. Ma non è tutto... Le proteine pure riducono l’appetito L’ingestione di alimenti zuccherati o grassi, facili da digerire e assimilare, genera un senso di sazietà momentaneo, che viene presto sopraffatto dal ritorno della fame. Studi recenti hanno dimostrato che sgranocchiare spuntini a base di cibi dolci o grassi non ritarda la comparsa della fame, né induce a ridurre le quantità di cibo che si ingeriscono nel pasto seguente. Al contrario, fare spuntini a base di alimenti proteici aiuta a rimandare l’orario del pasto successivo e a ridurne le quantità. Inoltre, il consumo esclusivo di alimenti proteici comporta la produzione di corpi chetonici, potenti spezzafame naturali responsabili di una sensazione durevole di sazietà. Dopo due o tre giorni di alimentazione di sole proteine pure, la fame scompare del tutto e il programma Dukan può essere seguito tranquillamente, evitando il pericolo numero uno di chi è a dieta: la fame.
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Le proteine pure aiutano a combattere l’edema e la ritenzione idrica Alcuni regimi o tipi di alimentazione sono noti per essere «idrofili», poiché favoriscono la ritenzione idrica e i gonfiori che ne sono la conseguenza immediata. È quanto accade per esempio con i regimi prevalentemente vegetali, ricchi di frutta, verdura e sali minerali. Viceversa, l’alimentazione a base di proteine è tendenzialmente «idrofuga», in quanto facilita la diuresi e l’eliminazione di acqua dai tessuti, aspetto fondamentale nel periodo premestruale e in quello della premenopausa. Il regime di attacco, composto esclusivamente di proteine il più possibile pure, è, fra tutti, il più efficace contro la ritenzione idrica. Questa caratteristica rappresenta un vantaggio significativo per la donna. Quando un uomo ingrassa, la causa risiede in genere in un’alimentazione eccessiva e nel conseguente accumulo di surplus calorico sotto forma di grasso. Nella donna, invece, il meccanismo di aumento del peso è spesso più complesso e si associa a una ritenzione dei liquidi che frena e riduce l’efficacia delle diete. In alcune fasi del ciclo mestruale, nei quattro o cinque giorni che precedono le mestruazioni, ma anche in particolari periodi della vita, come la pubertà, caratterizzata da cicli irregolari, una interminabile premenopausa o qualsiasi momento in cui si verificano squilibri ormonali, le donne, soprattutto se sovrappeso, iniziano a trattenere acqua e a sentirsi gonfie, hanno il viso tumefatto al risveglio, avvertono le gambe appesantite, le caviglie e le dita delle mani ingrossate. La ritenzione è accompagnata da un aumento di peso solitamente reversibile, ma che può diventare cronico. Accade poi che queste donne, per ritrovare la linea ed evitare di ingrassare, si mettano a dieta e si accorgano con sorpresa che i piccoli accorgimenti che in passato erano efficaci ora non danno più alcun effetto. In tutti questi casi, che non sono poi così rari, le proteine pure, come si trovano riunite nel regime di attacco, svolgono un’azione decisiva e immediata. Nel giro di alcuni giorni, se non di alcune ore, i tessuti pieni di acqua si asciugano dando una sensazione di benessere e di leggerezza che ha un riscontro anche sulla bilancia e che rinforza la motivazione. Le proteine pure aumentano la resistenza dell’organismo Si tratta di una proprietà ben nota ai nutrizionisti e constatata da sempre anche dai profani. Prima che la tubercolosi fosse curata con gli antibiotici, la terapia classica di questa malattia era la sovralimentazione con un aumento notevole della proporzione di cibi proteici. A Berck, nel Nord della Francia, si costringevano persino gli adolescenti a bere il sangue animale. Oggi gli allenatori consigliano un’alimentazione a elevato tenore proteico agli sportivi, che sollecitano particolarmente il loro organismo. I medici utilizzano lo stesso principio per aumentare la resistenza alle infezioni, per la cura delle anemie o per accelerare la cicatrizzazione delle ferite. Dal nostro punto di vista si tratta di un ulteriore vantaggio, perché qualsiasi tipo di dimagrimento indebolisce sempre un po’ l’organismo. Personalmente ho notato che il periodo iniziale del programma, composto esclusivamente di proteine pure, è il più stimolante. Alcuni pazienti mi hanno persino segnalato che questa fase ha prodotto su di loro un effetto euforizzante, sia sul piano fisico sia su quello mentale, e questo già a partire dal termine della seconda giornata. Le proteine pure permettono di dimagrire senza perdere massa muscolare e mantenendo tonica la pelle Questa constatazione non ha nulla di sorprendente se pensiamo che la pelle, il suo tessuto elastico così come l’insieme dei muscoli del corpo sono costituiti essenzialmente da proteine. Un regime troppo povero di proteine obbligherebbe l’organismo a utilizzare quelle dei muscoli e della pelle, compromettendone l’elasticità, senza parlare della fragilità delle ossa, già a rischio nella donna in menopausa.
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L’insieme di questi effetti produce un invecchiamento dei tessuti, della pelle, dei capelli e dell’aspetto in generale, un fenomeno evidente a tutti e che pertanto può bastare a far interrompere la dieta. Al contrario, un regime ricco di proteine e, a maggior ragione, composto esclusivamente di proteine come quello previsto nella prima fase del mio programma, non ha motivo di attingere alle riserve proteiche dell’organismo perché ne fornisce in modo abbondante. Con questi presupposti, il dimagrimento, per quanto sia rapido, non compromette il tono muscolare né la luminosità della pelle. Questa particolarità del programma Dukan può apparire di secondaria importanza alle donne giovani, muscolose e con la pelle tonica, ma diventa fondamentale per chi si avvicina alla menopausa o ha la sfortuna di avere una muscolatura ridotta o soprattutto una pelle sottile e delicata. In effetti capita spesso di vedere donne che curano la linea tenendo come unico punto di riferimento la bilancia. Il peso non può e non deve giocare questo ruolo esclusivo: la luminosità della pelle, la consistenza dei tessuti e la tonicità generale del corpo sono parametri altrettanto importanti che incidono sull’aspetto di una donna. QUESTO REGIME DEVE ESSERE RICCO DI ACQUA La funzione dell’acqua è spesso sottovalutata e controversa, visto che circolano pareri e studi contrastanti in merito a questo argomento. Il problema dell’acqua non è un semplice concetto di marketing dietetico. È una questione di primaria importanza che, nonostante l’insistenza da parte di stampa, medici e commercianti di acque minerali, e malgrado quanto ci suggerisce il semplice buon senso, non è stata ancora chiaramente compresa dalla gente e, ciò che più conta, dalle persone a dieta. Per ridurre le riserve di grassi può sembrare sufficiente limitarsi a bruciare calorie, ma la combustione, per quanto necessaria, non basta. Per dimagrire bisogna bruciare, ma anche eliminare. Che cosa pensereste di un bucato o di una stoviglia lavata ma non risciacquata? Lo stesso vale per il dimagrimento, e su questo argomento occorre essere molto chiari. Una dieta che non sia accompagnata da una quantità sufficiente di acqua è una cattiva dieta, non solo perché poco efficace, ma in quanto comporta l’accumulo di scorie nocive. L’acqua purifica e migliora i risultati della dieta È noto a tutti che più si beve più si urina e più i reni hanno la possibilità di eliminare le scorie provenienti dagli alimenti bruciati. L’acqua è quindi il migliore fra i diuretici naturali. Sono tuttavia poche le persone che bevono a sufficienza. Le mille sollecitazioni della vita quotidiana tendono a ritardare la sensazione naturale di sete fino a farcela dimenticare. Con il passare dei giorni e dei mesi, la sete scompare e perde la sua funzione di segnalare la disidratazione dei tessuti. Molte donne, avendo la vescica più piccola e sensibile di quella maschile, esitano a bere per evitare frequenti visite in bagno, interruzioni durante il lavoro o bisogni pressanti in viaggio, o ancora perché rifiutano le toilette pubbliche. Ciò che può essere accettabile in condizioni normali non lo è più quando si segue una dieta dimagrante, e fra tutte le possibili motivazioni che si possono elencare, ne esiste una che finisce sempre per convincere tutti: cercare di dimagrire senza bere non ha solo un effetto tossico sull’organismo, ma può persino ridurre o bloccare del tutto la perdita di peso, vanificando gli sforzi compiuti. Per quale motivo? Perché il motore umano che consuma grassi durante una dieta funziona come qualsiasi motore a combustione: l’energia bruciata produce calore e scorie. Se queste scorie non vengono eliminate regolarmente dai reni, il loro accumulo finisce, presto o tardi, per interrompere la combustione e impedire la perdita di peso, anche se si segue la dieta alla lettera. Nel motore di un’auto con il tubo di scappamento otturato si verificherebbe lo stesso processo, così come accade al fuoco di un camino che non viene ripulito dalla cenere:
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sotto l’accumulo delle scorie finirebbe per soffocare e spegnersi. Gli eccessi alimentari della persona grassa e l’assommarsi di trattamenti inadeguati e di regimi squilibrati o contraddittori finiscono per impigrire i reni. La persona obesa, più di ogni altra, ha bisogno di grandi quantità di acqua per rimettere in funzione l’apparato escretore. Inizialmente l’operazione può sembrare spiacevole e fastidiosa, soprattutto in inverno, ma, insistendo, si trasforma in una normale abitudine e, rinforzata dalla piacevole sensazione di ripulirsi internamente e di dimagrire meglio, finisce per diventare un bisogno. Acqua e proteine pure esercitano una potente azione sulla cellulite Questa proprietà riguarda solo le donne, perché la cellulite è un processo infiammatorio dei tessuti molli o del tessuto connettivo (di sostegno) associato a un deposito di grasso che si accumula e resta depositato, a causa degli ormoni, nei punti più tipicamente femminili: le cosce, i fianchi e le ginocchia. Nei confronti di questo problema la dieta è spesso impotente e ho constatato di persona che il regime delle proteine pure, associato alla riduzione del sale e al consumo di molta acqua poco mineralizzata, e quindi con residuo fisso basso, permetteva di ottenere una perdita di peso più armoniosa e una riduzione modesta ma reale in corrispondenza delle zone difficili, come le cosiddette culotte de cheval e l’interno delle ginocchia. Se confrontata con altre diete seguite da una stessa paziente in momenti diversi della vita, questa combinazione è quella che offre, a parità di peso perso, la migliore riduzione globale della circonferenza del bacino e delle cosce. Questi risultati sono dovuti all’effetto idrofugo delle proteine e alla filtrazione intensa da parte dei reni, sollecitata dal massiccio apporto di acqua. L’acqua penetra in tutti i tessuti, compresa la cellulite. Vi entra pura e ne esce salata e carica di scorie. A questa azione di dissalazione e spurgo si aggiunge il potente effetto di combustione delle proteine pure: il tutto concorre a un’azione certamente modesta e parziale, ma rara, che distingue il programma Dukan dalla maggior parte delle altre diete, che non hanno alcun effetto specifico sulla cellulite. In quali momenti bisogna bere acqua? Fra le numerose credenze tramandate dal passato, ma ancora vive nell’inconscio collettivo, vi è l’idea che sia preferibile bere lontano dai pasti per evitare che gli alimenti inglobino l’acqua. Questa convinzione non solo è priva di fondamento fisiologico, ma in molti casi funziona da controindicazione. Non bere durante i pasti, nel momento in cui cioè si ha sete e sarebbe più facile e piacevole farlo, comporta il rischio di reprimere la sete stessa e di farci dimenticare, sommersi dalle attività quotidiane, di bere per il resto della giornata. Durante il programma Dukan, soprattutto nella fase di attacco, è indispensabile, salvo casi eccezionali di ritenzione idrica di origine ormonale o di insufficienza renale, bere circa 1 litro e mezzo di acqua al giorno, possibilmente minerale, ma anche in qualunque altra forma di liquido: tè, caffè o tisana. Una tazza di tè a colazione, un bicchiere abbondante di acqua nel corso della mattinata, altri due bicchieri a pranzo, un caffè a fine pasto, un bicchiere nel pomeriggio e due bicchieri a cena consentono facilmente di arrivare a 2 litri. Molti pazienti mi hanno detto che, per bere malgrado la mancanza di sete, hanno preso l’abitudine poco elegante, ma a quanto pare efficace, di bere direttamente dalla bottiglia. Quale acqua bere? • Le acque più adatte per il periodo di attacco, puramente proteico, sono le acque poco mineralizzate, leggermente diuretiche e lassative. • Per combattere la cellulite vanno scelte esclusivamente acque povere di sodio. • Chi ha l’abitudine di bere l’acqua del rubinetto può continuare a farlo. L’importante è berne in quantità sufficiente per risvegliare i reni, aspetto più importante della particolare composizione dell’acqua stessa. • Lo stesso discorso vale anche per gli infusi e le tisane, come verbena, tiglio o menta, ideali per
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chi ama il rituale del tè o in generale preferisce assumere le bevande calde, specie in inverno. • Le bibite gassate light, purché scelte fra quelle che non contengono succo di frutta, possono essere tranquillamente consumate. Ho anzi preso l’abitudine di includerle nelle diete dimagranti per diversi motivi. Innanzitutto permettono di raggiungere facilmente i 2 litri di liquidi consigliati. Inoltre, hanno un contenuto di zuccheri e calorie praticamente nullo: circa una caloria per bicchiere, l’equivalente di una sola arachide per una bottiglia formato famiglia. Infine, e soprattutto, perché una bevanda come la cola light, così come quella tradizionale, è una miscela sapiente di sapori intensi, il cui uso permette di ridurre il desiderio di dolci. Molti pazienti mi hanno confermato di essere stati aiutati nella dieta proprio dal consumo gratificante di queste bibite. Un’unica eccezione va fatta per la dieta del bambino e dell’adolescente. L’esperienza dimostra che, a queste età, la sostituzione con un «falso zucchero» riduce di poco la richiesta di cibi dolci. Inoltre il consumo illimitato del dolce può creare l’abitudine di bere senza che ci sia effettiva sete, ma per il solo piacere, abitudine che può predisporre a future dipendenze più preoccupanti. L’acqua «sazia» in modo naturale Nel linguaggio corrente siamo soliti associare la sensazione di vuoto allo stomaco con quella di fame, il che non è del tutto falso. L’acqua bevuta durante i pasti e mescolata agli alimenti aumenta il volume totale del bolo alimentare e provoca la distensione dello stomaco e una sensazione di pienezza: il preludio dell’appagamento e della sazietà. Ragione ulteriore per bere a tavola, ma l’esperienza dimostra che il semplice fatto di tenersi occupati bevendo e la gestualità di portare alla bocca un bicchiere funzionano anche lontano dai pasti, per esempio nella fascia oraria più pericolosa della giornata, quella fra le 17 e le 20. Un bel bicchiere di una qualunque bevanda è sufficiente in molti casi a moderare il desiderio di cibo. Oggi, nelle zone più ricche e sviluppate del Pianeta, è comparso un nuovo tipo di fame: la fame che l’occidentale si autoimpone quando viene stimolato dalla varietà infinita di alimenti a sua disposizione. Sorprende constatare che mentre vi sono individui, istituzioni e laboratori farmaceutici che sognano di scoprire lo spezzafame ideale ed efficace, esiste una maggioranza di persone interessate al problema di moderare l’appetito che sottovaluta l’utilità, e pertanto non si serve, di un mezzo tanto semplice, puro e sicuro quanto l’acqua. QUESTO REGIME È POVERO DI SALE Il sale è un elemento indispensabile alla vita ed è presente in percentuale diversa in tutti gli alimenti. Il sale che si aggiunge è dunque superfluo, serve solo per migliorare il sapore dei piatti e stuzzicare l’appetito, e troppo spesso si utilizza per semplice abitudine e non effettiva necessità. Un regime iposodico non presenta alcun rischio Si può e si dovrebbe adottare per tutta la vita un regime iposodico. Le persone affette da cardiopatia, ipertensione e insufficienza renale vivono costantemente con un regime povero di sale senza accusarne la carenza. Una certa precauzione va però osservata nel caso dei soggetti costituzionalmente ipotesi, che hanno la pressione bassa. Un regime troppo povero di sale, soprattutto se associato a un elevato consumo di acqua, può aumentare la filtrazione del sangue, ridurne il volume e abbassare ulteriormente la pressione arteriosa, con conseguente sensazione di affaticamento e di vertigine quando ci si alza troppo in fretta. È meglio che queste persone si limitino a non salare troppo ed evitino possibilmente di esagerare con il consumo di acqua, che non dovrebbe superare il litro e mezzo al giorno. Un’alimentazione ricca di sale trattiene e porta all’accumulo di acqua nei tessuti Nei Paesi caldi si distribuiscono regolarmente bustine di sale agli operai per evitare che si
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disidratino sotto il sole. Nella donna, soprattutto se sotto terapia ormonale, nel periodo premestruale o in premenopausa, oppure ancora in gravidanza, diverse parti del corpo possono diventare spugnose e trattenere quantità impressionanti di acqua. In queste donne il mio regime, idrofugo per eccellenza, raggiunge la sua piena efficacia se si riduce al minimo la quantità di sale assorbito. Con questa misura, simile a quella che viene imposta a chi segue terapie al cortisone, l’acqua bevuta transiterà più rapidamente attraverso l’organismo. A tal proposito, vi sono spesso persone che si lamentano di prendere 1 o persino 2 chili in una sola sera dopo una trasgressione alimentare importante. Accade persino che un tale aumento di peso non sia giustificato da un reale strappo alla regola. Se si esamina la composizione del pasto incriminato, non si ritrova mai la quantità di cibo necessaria all’aumento di 2 chili, cioè 18.000 calorie, impossibili da ingerire in un così breve intervallo di tempo. La causa sta piuttosto nella combinazione di un pasto troppo ricco di sale e di alcolici: sale e alcol concorrono entrambi a rallentare il transito dell’acqua ingerita. Non bisogna mai dimenticare che 1 litro di acqua pesa 1 chilo e che 9 grammi di sale bastano per far sì che si depositi 1 litro di acqua nei tessuti per un giorno o due. Detto questo, se, durante la dieta, un motivo imperioso vi impone una cena di lavoro o in famiglia che vi obbliga a fare alcune deroghe rispetto alle regole, evitate di salare troppo i cibi, di bere troppo e, soprattutto, di pesarvi la mattina dopo, perché un aumento di peso significativo e ingiustificato rischia di scoraggiarvi e di compromettere la vostra determinazione. Aspettate uno o due giorni e intensificate il regime, assumete acqua poco mineralizzata e limitate il sale: tre misure sufficienti per ritrovare la condizione precedente. Il sale stuzzica l’appetito, la sua limitazione lo calma Si tratta di una constatazione ovvia. I piatti salati stimolano la salivazione e l’acidità gastrica, con l’effetto di aumentare l’appetito. Al contrario, i piatti poco salati stimolano meno le secrezioni digestive e non influiscono sull’appetito. Sfortunatamente l’assenza di sale placa anche la sete: chi segue la mia dieta deve imporsi un’elevata quantità di liquidi fin dai primi giorni così da stimolare il bisogno di acqua e il ritorno della sete naturale. In conclusione Il regime delle proteine pure, regime iniziale e motore principale delle quattro fasi integrate che compongono il programma Dukan, non è un regime come gli altri. È l’unico che utilizza una sola famiglia di sostanze nutritive e una categoria ben definita di alimenti con il massimo tenore proteico. In questa prima fase, così come nel corso dell’intero programma, ogni riferimento alle calorie e al loro conteggio diventa superfluo. Consumarne poche o tante incide minimamente sui risultati: ciò che conta è limitarsi a questa categoria di alimenti. Inoltre, nelle due prime fasi, sebbene siano quelle dimagranti, è consentito mangiare molto, ossia mangiare a scopo preventivo, prima ancora del sopraggiungere della fame, quando questa, divenuta incontrollabile, non si accontenterà più delle proteine autorizzate, ma porterà la persona a dieta a sentirsi attratta da alimenti per lei gratificanti, connotati da una forte carica emotiva, ma di scarso valore nutritivo: cibi dolci e grassi, ricchi e destabilizzanti. L’efficacia del programma Dukan è quindi interamente legata alla scelta degli alimenti: è sorprendente quando l’alimentazione si limita a questa categoria, ma risulta fortemente rallentata e ricondotta alla triste regola del conteggio delle calorie se essa sfugge alle regole. Seguendo questa dieta non dovrete quantificare le calorie, ma solo considerare le categorie degli alimenti. Non avrete bisogno di contare, ma dovrete soltanto preoccuparvi di non
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oltrepassare i limiti indicati. In caso di trasgressione, non sarete più liberi di mangiare a volontà e dovrete ritornare a contare le calorie. È quindi un regime alimentare che non può essere seguito se non alla lettera. Risponde alla grande legge del tutto o niente, che spiega non solo la sua efficacia a livello metabolico, ma anche il suo straordinario impatto psicologico sulla persona in sovrappeso, che agisce secondo la medesima legge degli estremi. Tipicamente portato agli eccessi, tanto ascetico nello sforzo quanto sfrenato nell’abbandono, l’individuo grasso trova in questo regime un cammino pensato apposta per lui in tutte e quattro le tappe del programma. Le affinità tra profilo psicologico e struttura del regime creano un incontro di cui il profano forse fatica a comprendere l’importanza ma che da un punto di vista pratico si rivela decisivo. Questo adattamento reciproco agevola l’adesione al regime: non solo facilita il dimagrimento, ma assume la sua piena efficacia nella fase della stabilizzazione finale, quando tutto si basa su un solo giorno di dieta proteica alla settimana: un giorno di riscatto, un’azione d’urto puntuale ed efficace che, solamente sotto questa forma, viene accettata di buon grado da tutti coloro che lottano da sempre contro la predisposizione a ingrassare.
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La dieta Dukan in pratica Siete arrivati al momento decisivo dell’attuazione pratica del programma Dukan. Ormai conoscete tutto quanto è necessario per comprendere la modalità di azione dei quattro regimi alimentari che lo compongono. Nella parte introduttiva ho accennato al fatto che non si è grassi per caso, e che l’aumento di peso che vi riguarda e che oggi desiderate ridurre è una parte di voi stessi che rifiutate, ma che al contempo è manifestazione della vostra natura, della vostra psicologia e, quindi, della vostra identità. È un riflesso sia del vostro patrimonio genetico e della tendenza famigliare, sia della vostra storia, così come del funzionamento del vostro metabolismo, del vostro carattere, dell’affettività e delle emozioni; è anche il riflesso di un modo particolare di utilizzare il piacere procurato dagli alimenti per attutire i piccoli e i grandi dispiaceri della vita. Questa precisazione serve per farvi comprendere che la questione non è così semplice come sembra, e spiega per quale motivo tante persone come voi, e forse anche voi stessi in passato, hanno fallito, e perché tante diete si sono rivelate inutili. La lotta contro una forza potente e arcaica come il bisogno di mangiare, un istinto quasi animalesco, profondo e incontrollabile, che spazza via tutti gli argomenti della ragione, non può evidentemente basarsi su un semplice apprendistato razionale alla nutrizione, per quanto intelligente sia, e sull’appello all’autocontrollo da parte della persona sovrappeso. Per riuscire a opporsi alla violenza dell’istinto, occorre combattere sul suo terreno e utilizzare mezzi, linguaggi e argomenti altrettanto istintivi. Il desiderio di piacere e di stare bene, la paura della malattia, il bisogno di appartenenza al gruppo e di conformarsi ai criteri dell’ambiente sono indubbiamente baluardi istintivi in grado di motivare e di mobilitare la persona sovrappeso, ma si indeboliscono al primo traguardo, non appena l’immagine migliora, i vestiti smettono di tirare e l’affanno sulle scale si attenua. Perché un regime, o meglio un programma globale, abbia qualche possibilità di essere adottato e seguito dalla persona grassa, deve far leva su un’altra molla istintiva, l’autorità. Un piano dimagrante deve essere formulato da un’autorità esterna, da una volontà che si sostituisce alla propria e che si esprime con regole precise, non soggette a interpretazioni personali e non discutibili, e soprattutto sotto una forma accettabile per tutto il periodo per cui si intende mantenere i risultati. Ho basato il programma Dukan sull’efficacia straordinaria delle proteine alternate e nel tempo l’ho adeguato al particolare profilo psicologico della persona grassa, ideando un sistema di compiti precisi che incanala e utilizza la sua natura eccessiva e appassionata, il suo eroismo e le sue infatuazioni iniziali, e che supplisce alla sua incostanza nello sforzo. Con il tempo ho capito poi che un regime unico non poteva bastare da solo a svolgere un compito tanto complesso, e quindi ho elaborato un programma globale e coerente nel quale si succedono quattro regimi che hanno lo scopo di non lasciare sola, neppure un istante, la persona a dieta davanti alla tentazione e al rischio di sconfitta. Di recente ho compreso infine che un regime dimagrante non è sufficiente se non viene associato all’attività fisica: anche la più semplice e naturale, se praticata costantemente, garantisce risultati migliori e più duraturi. In una società dove la sedentarietà è parte integrante del modello economico diffuso, il semplice consiglio di «usare il buon senso» non poteva certamente bastare. Così ho deciso di integrare l’attività fisica nel mio programma, scegliendo la camminata (è un argomento su cui mi soffermerò in un paragrafo dedicato) e prescrivendola ai miei pazienti come si fa con un farmaco.
La fase di attacco: il regime delle proteine pure
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Indipendentemente dalle sue modalità, dalla durata e dalle singole indicazioni, il programma Dukan inizia sempre con il regime delle proteine pure, un regime assai particolare che utilizzo per creare uno scatto psicologico e un effetto di sorpresa metabolica; questa sinergia dà come risultato un primo calo di peso decisivo. Passerò ora a esaminare in dettaglio gli alimenti che vi accompagneranno in questo primo periodo, fornendovi anche qualche consiglio utile per facilitare la scelta. Quanto deve durare questa prima tappa d’urto per svolgere in pieno la sua funzione di attacco? A questa domanda fondamentale non esiste una risposta standard. La durata va infatti adattata al singolo caso. Dipende soprattutto da quanto peso è necessario perdere, ma anche dall’età, dal numero delle diete seguite in precedenza, dalla forza della motivazione e dalle affinità individuali per gli alimenti proteici. Vi fornirò anche delle indicazioni estremamente precise sui risultati che potrete aspettarvi da questo regime di attacco e che, naturalmente, dipenderanno dalla fedele adesione al regime e dalla giusta scelta della sua durata. Vi segnalerò infine le diverse reazioni che si possono manifestare durante questo periodo iniziale. Gli alimenti permessi Durante questo periodo, la cui durata può variare da 1 a 10 giorni, avrete diritto a nutrirvi con le nove categorie di alimenti elencate di seguito. All’interno di queste categorie potrete consumare tutti gli alimenti che preferite, senza alcun limite di quantità e a qualunque ora della giornata. Inoltre sarete liberi di combinare questi alimenti fra di loro. Potrete scegliere quelli che vi piacciono escludendo gli altri e, addirittura, servirvi di una sola categoria di alimenti nello stesso pasto o nel corso dell’intera giornata. Ciò che conta è attenersi a questo elenco ben definito, consapevoli del fatto che lo prescrivo da tempo e che niente è stato lasciato al caso. Sappiate inoltre che la minima trasgressione, per quanto ininfluente possa sembrarvi, avrà lo stesso effetto della puntura di un ago su un palloncino. Uno scarto apparentemente innocuo è infatti sufficiente a farvi perdere il beneficio della preziosa libertà di mangiare senza alcun limite. Una minima trasgressione in termini di qualità andrà a discapito della quantità e sarete tenuti, per il resto della giornata, a praticare il fastidioso conteggio delle calorie e a mangiare ponendovi delle restrizioni. Riassumendo, la regola è semplice e non discutibile: tutto quello che è indicato nella seguente lista è per voi, totalmente per voi; quello che non si trova nell’elenco no, anzi, per il momento dimenticatevene, sapendo che in un futuro prossimo avrete di nuovo accesso a tutti gli alimenti. Prima categoria: le carni magre Per carni magre intendo tre varietà di carne: il manzo, il vitello e, se vi piace, il cavallo. • Il manzo: sono permesse tutte le parti magre che possono essere cucinate arrosto o alla griglia, soprattutto la fesa, il filetto, il controfiletto, il falso filetto (girello) e i pezzi più pregiati, evitando categoricamente costata e lombata, entrambe troppo grasse. • Il vitello: le parti consigliate sono la fesa, i tagli più magri da cucinare e il fegato (se non avete problemi di colesterolo). La costata è permessa, a patto che scartiate lo strato di grasso che la circonda. • Il cavallo: se ne possono consumare tutte le parti, escluso il petto. La carne di cavallo è sana e molto magra. Se vi piace, mangiatela senza alcun timore, preferibilmente durante il pasto del mezzogiorno, perché è molto tonificante e, se consumata a tarda ora, potrebbe disturbare il sonno. • Il maiale e l’agnello non rientrano tra gli alimenti permessi in questo regime di attacco, che deve essere il più puro ed efficace possibile. Preparate queste carni come preferite, ma evitate di aggiungere grassi: niente burro, olio e
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panna, anche se scremata. Per migliorare il sapore dei cibi grigliati, versate qualche goccia di olio nel tegame e asciugatelo con carta assorbente da cucina. La cottura suggerita è quella alla griglia, ma queste carni possono essere anche cotte al forno o con il girarrosto, preparate al cartoccio oppure bollite. Per il grado di cottura regolatevi pure in base al vostro gusto personale, ma è utile sapere che la cottura sgrassa progressivamente la carne e l’avvicina all’ideale della proteina pura su cui si basa questo regime. La bistecca macinata cruda è concessa, ma per il carpaccio o le preparazioni alla tartara non deve essere aggiunto olio. La carne trita macinata e sotto forma di hamburger è consigliabile a chi si stanca facilmente della banale bistecca e desidera prepararsi delle polpette amalgamate con un uovo, erbe aromatiche, capperi e poi cotte al forno. Attenzione! Tritate solo bistecche magre, evitando i tagli più grassi. Vi ricordo ancora una volta che le quantità sono illimitate. Seconda categoria: le frattaglie In questa categoria sono permessi soltanto il fegato e la lingua: fegato di vitello, di manzo o di pollame. La lingua di vitello e di agnello è concessa senza restrizioni perché poco grassa; se invece preferite quella di manzo, consumate solo la metà anteriore, in particolare la punta, che è la zona più magra, ed evitate la parte posteriore, che è troppo grassa. II fegato, grazie al suo elevato tenore vitaminico, è estremamente utile nel corso di una dieta dimagrante, tuttavia il suo consumo va purtroppo ridotto a causa dell’elevato contenuto di colesterolo, che ne fa un alimento da evitare per i soggetti a rischio cardiovascolare. Terza categoria: il pesce Per questa categoria di alimenti non è previsto alcun limite né restrizione. Sono permessi tutti i pesci: grassi e magri, bianchi e azzurri, freschi, surgelati e conservati al naturale senza olio, affumicati ed essiccati. • Sono autorizzati tutti i pesci grassi e azzurri, in particolare sardine, sgombri, tonni e salmoni. • Sono permessi tutti i pesci dalle carni bianche e magre come sogliola, merluzzo, nasello, orata, triglia, branzino, razza, trota, rana pescatrice e molti altri. • Il pesce affumicato è concesso, soprattutto il salmone, che, benché grasso, non lo è più di una bistecca con il 10% di grassi. Potete consumare anche trota affumicata, anguilla e aringa. • Il pesce in scatola, molto utile per un pasto veloce o per uno spuntino, è concesso se è conservato al naturale, come tonno, salmone e sgombro. • Il surimi, preparazione di origine giapponese a base di pesce molto magro e aromatizzata con pasta di granchio, è accettabile. Sapendo che si tratta di un alimento ricostituito, molti miei pazienti e lettori sono un po’ prevenuti nei confronti di questo prodotto. Tuttavia, dopo aver conosciuto il metodo di lavorazione, vi posso assicurare che è un cibo di buona qualità preparato con pesci di piccola taglia freschissimi. Contiene una piccola percentuale di amidi e pochissimi lipidi. Ha poi il pregio di essere facile da trasportare e di uso molto pratico. Non necessita di alcuna preparazione o cottura e può essere consumato a qualunque ora della giornata. Il pesce deve essere cucinato senza aggiunta di grassi, ma bagnato con succo di limone e insaporito con erbe aromatiche, oppure cotto al forno e farcito con aromi e limone, cucinato in brodo ristretto, o ancor meglio al vapore o al cartoccio, per conservare intatto il succo di cottura. Quarta categoria: i frutti di mare Questo gruppo di alimenti comprende tutti i crostacei e i molluschi. • Gamberetti grigi e rosa, gamberi, granchio, granseola, astice, aragosta e scampi, ostriche,
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cozze, tartufi di mare e capesante. Si tratta di cibi che andrebbero consumati più spesso di quanto non si faccia abitualmente: consentono di variare l’alimentazione e rendono più piacevole la dieta. Inoltre possiedono un notevole potere saziante. Quinta categoria: il pollame e le carni bianche • Il pollame può essere consumato tutto, tranne quello a becco piatto come oca e anatra, ma a condizione di eliminare la pelle. Attenzione! Se la cottura viene fatta con la pelle, questa deve essere rimossa subito prima del consumo affinché la carne si mantenga morbida. • Il pollo è la varietà più comune e più pratica per chi segue il regime delle proteine pure. Si possono consumare tutte le parti, tranne quella esterna dell’ala, che è troppo grassa e da cui non si riesce a eliminare la pelle. Bisogna sapere tuttavia che, fra le varie parti del pollo, esiste una netta differenza per il contenuto di grassi: la parte più magra è il petto, poi viene la coscia e infine l’ala. Il pollo va inoltre scelto il più giovane possibile. • Sono consentiti anche il tacchino in tutte le sue forme, come la fettina in padella o la coscia arrosto al forno e farcita con l’aglio, la tacchinella, la faraona, il piccione, la quaglia, ma anche la selvaggina come il fagiano, la pernice e l’anatra selvatica, che è magra. • Il coniglio è una carne magra che si può consumare arrosto. Sesta categoria: gli affettati a basso contenuto di grasso Da alcuni anni sono reperibili in commercio prosciutti light di maiale e arrosti di tacchino o di pollo leggermente affumicati. Il loro tenore di grassi varia fra il 4 e il 2%, ed è quindi molto inferiore a quello della carne e del pesce più magri. Per questo sono permessi e persino consigliati, anche per la vasta reperibilità e la facilità di impiego. Potete consumare anche la bresaola, magra e saporita. Presentati in buste già affettati, puliti e privi di scarti, sono facilmente trasportabili e possono rappresentare il pranzo ideale di mezzogiorno. Inoltre, se non si avvicinano al tradizionale prosciutto di salumeria per il sapore, dal punto di vista nutrizionale sono del tutto simili. Sono invece vietati gli altri salumi, gli zamponi, i prosciutti crudi, cotti e affumicati. Settima categoria: le uova Le uova possono essere consumate sode, alla coque, all’occhio di bue, come omelette o strapazzate in una padella antiaderente, cioè senza aggiunta di olio né di burro. Per renderle più appetibili e meno monotone, si possono aggiungere gamberetti o scampi, oppure polpa di granchio. Si può anche preparare un’omelette con cipolle tritate o con qualche punta di asparago per aromatizzarla. In un regime alimentare in cui i cibi consentiti possono essere consumati senza limiti di quantità, le uova pongono due problemi, legati rispettivamente al tenore di colesterolo e alla loro tolleranza. Le uova sono effettivamente ricche di colesterolo e il loro consumo eccessivo è sconsigliato ai soggetti con un tasso di colesterolo nel sangue superiore alla norma. In questi casi è opportuno limitare il consumo a 3-4 tuorli la settimana, mentre l’albume, proteina pura per eccellenza, può essere utilizzato senza alcuna restrizione. È possibile anche preparare le omelette e le uova strapazzate utilizzando 2 albumi per 1 solo tuorlo. Per quanto riguarda l’intolleranza alle uova, esiste un’autentica allergia al tuorlo, ma è molto rara e perfettamente nota a chi ne soffre. Assai più diffusa è la difficoltà di digerire le uova che spesso, e a torto, viene attribuita a problemi di fegato. A parte il caso ovvio delle uova di cattiva qualità e non abbastanza fresche, ciò che il fegato non tollera non è l’uovo in sé, ma il burro cotto con il quale viene preparato. Se non soffrite di una vera allergia e se le cucinate senza aggiungere grassi, potete mangiare senza alcun rischio 1 o 2 uova al giorno, per la breve durata di questo regime di attacco.
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Ottava categoria: le proteine vegetali Da una decina d’anni a questa parte, la carne incontra sempre meno favore tra i consumatori, specialmente da parte delle donne. Per questa ragione, ho ampliato la categoria delle proteine, includendo quelle vegetali, nel tentativo di ovviare a tale disaffezione. La maggior parte di queste proteine vegetali provengono dall’Asia e si stanno affermando in Occidente sull’onda di una vera e propria passione per l’alimentazione e la ristorazione giapponese. Le proteine vegetali sono ricavate a partire dalla soia e dal grano. Ho elencato di seguito 7 alimenti molto ricchi in proteine e poveri di grassi. Ma solo i primi due, il tofu e il seitan, hanno una percentuale di proteine tale, rispetto a quella di lipidi e glucidi, che permette di consumarli a volontà, come gli alimenti delle categorie precedenti. Gli altri 5 alimenti (tempeh, bistecche di soia e burger vegetali, proteine di soia testurizzate, latte e yogurt di soia) sono molto interessanti, ma li riservo ai lettori vegetariani che non consumano né carne né pesce. Per i non vegetariani, questi 5 alimenti sono da inserire fra quelli tollerati, il cui consumo è vincolato da limiti di quantità e di frequenza di assunzione. 1. Il tofu. È semplice e facile da preparare frullando i fagioli di soia (precedentemente messi a macerare nell’acqua) per ricavarne del latte di soia che poi viene cagliato. Si ottiene così il tofu compatto, che ha la consistenza di un formaggio fresco. Per ottenere il tofu morbido, basta aggiungere un coagulante chiamato nigari (una polvere a base di cloruro di magnesio) e scaldarlo. Troverete i dettagli di queste due preparazioni in un’infinità di siti Internet dedicati alla cucina. Per chi non ha tempo di prepararlo in casa, il tofu è venduto ormai in tutti i canali della grande distribuzione e nei negozi di alimentazione biologica. Come già detto, si presenta sotto due forme: morbido e compatto. • Il tofu morbido. È una base culinaria che ha la consistenza di un budino o di uno yogurt. È venduto confezionato e a temperatura ambiente, ma è preferibile conservarlo in frigo fino a 3-4 giorni. Si usa soprattutto per preparazioni di dessert, dolci da forno e torte salate realizzate con la crusca d’avena. Trova grande utilizzo nella preparazione di salse che sostituiscono la maionese o la panna fresca. La sua consistenza permette di frullarlo per preparare una crema vegetale. • Il tofu compatto. È la versione classica, e ha la consistenza di un formaggio fresco compatto. È impiegato in numerose ricette. Si consuma sbriciolato, grattugiato, a cubetti o sottoforma di purea e si presta a ogni tipo di piatto, dall’antipasto al dessert. Al naturale è privo di sapore, ma assorbe quello degli alimenti che accompagna. Si sposa molto bene con l’erba cipollina, la salsa di soia e le spezie dolci. Utilizzatelo a cubetti nelle insalate miste, o nelle torte salate di verdure realizzate con la crusca d’avena. Guadagna in sapore se marinato in qualsiasi salsa per alcune ore prima di cuocerlo. Perché assorba meglio il sapore della marinata, svuotatelo bene della sua acqua premendolo tra due assi o due piatti su cui avrete appoggiato un peso. Il tofu compatto si conserva come la mozzarella, in frigo e nell’acqua, da cambiare ogni 2 giorni fino a un massimo di 10 giorni. Il tofu sta prendendo piede in Occidente, un po’ come il surimi, ed è uno degli alimenti che privilegio nel mio programma. Ormai potete trovarne in commercio molte varianti: alle erbe, al curry, o nella versione affumicata. E preparazioni come il tofu alla provenzale, all’aglio e alle erbe aromatiche, al curry e papavero o allo zafferano. Si trova anche sottoforma di polpette, di salsicce vegetali, in piatti stufati e come ripieno di ravioli, tutti di ottima qualità e dal sapore sorprendente. Ma attenzione! Tutti questi piatti e preparazioni non sono stati cucinati in funzione dei nostri «codici dietetici», pertanto dovete controllare attentamente le informazioni nutrizionali riportate sulla confezione per evitare quelli il cui tenore di sostanze grasse supera l’8%. 2. Il seitan. Il seitan o «carne vegetale» è l’equivalente del tofu, ma non è prodotto a partire
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dalla soia, bensì dalle proteine del grano tenero. La sua struttura resistente ricorda quella della carne, cosa che permette di utilizzarlo sottoforma di stufati, spezzatini o bolliti e di prepararlo anche come spiedino o in fricassea. Lo si trova al naturale o aromatizzato, nei negozi di alimentazione biologica o etnica. La sua preparazione casalinga è semplice, economica e può rivelarsi divertente. Si procede lavando la farina di grano dopo averla messa in un sacchetto di tessuto al fine di eliminarne l’amido e conservarne solamente il glutine. Quest’ultimo viene poi bollito in una pentola d’acqua e aromi. Se avete fretta, acquistatelo già pronto, ma approfittate di questo risparmio di tempo per cucinarlo come preferite. Il seitan ha cominciato la sua «carriera» nel contesto del biologico e a uso e consumo dei vegetariani, ma è un alimento che si presta anche per un pubblico più ampio, specie fra coloro che cercano di dimagrire allargando la loro scelta alimentare. Ovviamente mi riferisco soprattutto a chi segue il mio programma, le cui prime due fasi prevedono un ampio utilizzo di alimenti altamente proteici ma poveri di grassi. Sul piano nutrizionale, il seitan è un alimento estremamente ricco in proteine (il 25%), poco calorico (110 calorie per 100 grammi), contiene pochissimi glucidi e lipidi ed è privo di colesterolo e di purine. Il seitan si conserva per 3-4 giorni in frigo (nel suo sugo) e per mesi in congelatore (è possibile farne della «carne» vegetale tritata). Per cucinarlo, cuocetelo coperto ed esclusivamente a fuoco lento per evitare che si indurisca. Se cotto in padella diventa ancora più morbido. E per una migliore consistenza e un sapore più intenso, evitate di farne fette troppo spesse. Prima di passarlo in padella potete marinarlo in un mix di salsa di soia, erbe aromatiche, spezie e aglio. Oppure lasciate che le fette assorbano la vostra salsa preferita e servite con o senza verdure, a seconda di quello che «prescrive» la vostra giornata (proteine pure o proteine + verdure). In questa sede non è possibile passare in rassegna la grande varietà di ricette che si possono realizzare con il seitan. Vi segnalo però le più apprezzate dalle pazienti che si dilettano ai fornelli e che mi mandano regolarmente i frutti della loro inventiva: • Scaloppina di seitan impanata con crusca d’avena • Spiedini di seitan marinato • Seitan alle verdure • Trio di verdure alla nizzarda (melanzana, pomodoro e zucchine) farcite con seitan • Gulasch di seitan • Seitan alla senape • Zucca farcita alla soia • Spezzatino di soia • Filetto di seitan all’arancia (da consumare in fase di consolidamento) • Polpette alla giardiniera 3. Il tempeh. È un altro alimento derivato dalla soia. Originario dell’Indonesia, è ottenuto dalla fermentazione dei suoi fagioli. Il tempeh ha una consistenza compatta e un sapore naturale di nocciole e funghi, è ricco di proteine, ha un basso tenore di grassi ed è privo di colesterolo. Pertanto è un alimento ottimo per i vegetariani. Attenzione! Il tenore di carboidrati del tempeh ne limita l’utilizzo nell’ambito del mio regime: rientra nella categoria degli alimenti tollerati e pertanto non può essere consumato senza limiti. 4. Bistecche di soia e burger vegetali. Sono un’alternativa vegetale alla carne, utile essenzialmente ai vegetariani che non consumano proteine animali. Di solito chi ama la carne non gradisce questi prodotti e non li mangerebbe se non sotto tortura, ma i vegetariani li apprezzano e, utilizzandoli spesso, sanno prepararli al meglio. È indispensabile leggere le etichette, perché il tenore di grassi può variare di poco o addirittura
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raddoppiare da una marca all’altra (soprattutto per alcune di quelle reperibili nei negozi di alimentazione biologica). Nella grande distribuzione il prodotto di riferimento è il burger Sojasun, il cui il tenore di grassi è pari all’8%, cioè vicino a quello di una bistecca di macelleria privata del grasso. 5. Le proteine di soia testurizzate. Sono preparate a partire da farina di soia sgrassata. La farina è mescolata con l’acqua e scaldata sotto pressione. Il composto viene poi seccato e frammentato in granuli o in grossi pezzi. Le proteine di soia testurizzate comportano numerosi vantaggi. Contengono il doppio di proteine della carne bovina, sono poco caloriche e prive di colesterolo. Si conservano a lungo, sono a buon mercato e facili da cucinare. La loro consistenza simile a quella della carne permette di impiegarle nelle stesse preparazioni che prevedono l’utilizzo di proteine animali. Infine, anche se queste proteine, proposte in granuli o in pezzi, sono concepite per essere idratate e cucinate, allo stato grezzo hanno una consistenza croccante e un vago sapore di arachide che consentono di consumarle come snack, un bel vantaggio in un regime in cui scarseggiano gli alimenti da sgranocchiare. Attenzione! Come per il tempeh, il tenore in carboidrati delle proteine di soia impedisce di consumarle senza limiti: nell’ambito del mio metodo vanno considerate alla stregua degli altri alimenti tollerati. 6. Il latte di soia. È una bevanda priva di lattosio, ricca di proteine vegetali, poco calorica, povera di lipidi, calcio, vitamina D e priva di colesterolo. Può diventare un latte di sostituzione per chi non utilizza il latte vaccino, i vegetariani, gli intolleranti al lattosio, chi non ama il sapore del latte di mucca o deve tenere a bada il colesterolo. Può essere bevuto al naturale o aromatizzato, oppure essere impiegato nella composizione di tutte le salse che utilizzano il latte, come la besciamella o la salsa olandese. Si conserva in frigo per 5-7 giorni. Attenzione! Nell’ambito del mio regime non rientra tra gli alimenti da consumare a volontà, ma nella quantità di due bicchieri al giorno, nella versione al naturale e in sostituzione del latte vaccino scremato. 7. Lo yogurt di soia. Prodotto a partire dal latte di soia, ne presenta le stesse caratteristiche. Offre un’alternativa a tutti coloro che sono allergici o intolleranti al lattosio o ai latticini e ai vegani. Sul piano calorico e nutrizionale differisce di poco dallo yogurt di latte scremato, con un tenore medio, a seconda delle marche, del 2% di sostanze grasse, ma è privo di colesterolo. Così come il latte scremato, lo yogurt di soia, nell’ambito del mio regime, non è concesso «a volontà», ma entro i limiti di due vasetti al giorno, scelti ovviamente nella versione al naturale. Nona categoria: i latticini magri (yogurt e formaggi a ridotto contenuto di grassi) In questa categoria rientrano gli yogurt magri allo 0,1% di grassi e i formaggi a ridotto contenuto di lipidi, come fiocchi di latte o ricotta magra (4-5% di grassi). Poiché la trasformazione del latte in formaggio causa l’eliminazione del lattosio, l’unico zucchero presente nel latte, i latticini magri non contengono che proteine e sono dunque alimenti preziosi in questo regime di attacco che ricerca la purezza proteica. Da alcuni anni è comparsa sul mercato una nuova generazione di yogurt magri addolciti con aspartame e aromatizzati oppure arricchiti con polpa di frutta. Mentre l’aspartame e gli aromi sono ingredienti con un bassissimo valore calorico, la frutta introduce una piccola quantità di glucidi indesiderabili. Per fare chiarezza, esistono tre tipi di yogurt a ridottissimo contenuto di grassi (0,1%): quelli bianchi, quelli aromatizzati (per esempio alla vaniglia) e gli yogurt magri con l’aggiunta di frutta. • Quelli bianchi e quelli aromatizzati possono essere consumati in tutta tranquillità e senza
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alcuna restrizione. • Gli yogurt magri alla frutta sono consentiti, purché non si superi la quantità di due al giorno. Tuttavia, chi desidera far decollare rapidamente la dieta, dovrà evitarli del tutto. Decima categoria: 1 litro e mezzo di liquidi al giorno Al contrario degli alimenti appartenenti alle altre 9 categorie, che sono facoltativi e la cui scelta dipende dalla vostra volontà, l’acqua è obbligatoria. Come ho già detto, a costo di essere ripetitivo, l’apporto di liquidi è indispensabile e non discutibile. Senza un intenso drenaggio, il dimagrimento, anche se portato avanti in modo corretto, si arresterà, perché le scorie prodotte dalla combustione dei grassi si accumuleranno fino a spegnerne il fuoco. Si può bere qualunque tipo di acqua, in particolare le acque di sorgente lievemente diuretiche. Per questo regime evitate però quelle troppo ricche di sali minerali. Se non siete amanti dell’acqua naturale, bevete tranquillamente quella frizzante: il gas e le bollicine non hanno alcun effetto sulla dieta, solo i sali sono da evitare. Inoltre, se non gradite le bevande fredde, sappiate che il caffè, il tè e qualunque altro infuso o tisana sono assimilabili all’acqua e perciò utili per raggiungere il litro e mezzo obbligatorio. Le bevande light, come per esempio la cola, forniscono circa 1 caloria a bicchiere e pertanto sono permesse in tutte le fasi del programma Dukan. I nutrizionisti sono divisi sulla questione di queste bibite dolcificate con aspartame. Alcuni pensano che il loro effetto illusorio sia compensato dall’organismo, altri che il loro consumo risvegli il bisogno di zuccheri. Per quanto mi riguarda, ho imparato attraverso la pratica che l’astinenza, anche se prolungata, non fa mai scomparire del tutto il piacere per il gusto dolce e il bisogno di zucchero. Non vedo pertanto alcun motivo per negarvi questo sapore privo di calorie. D’altra parte ho constatato che l’utilizzo di queste bibite facilita enormemente il rispetto del regime e che il loro sapore dolce e l’aroma intenso, il colore e le bollicine, nonché la connotazione «festosa», concorrono a farne bevande gratificanti che agiscono intensamente sui sensi, appagando la voglia «di qualcosa di diverso» tanto frequente in chi è a dieta. Passiamo ora a un argomento controverso, quello che ha per oggetto l’aspartame, sostanza di sintesi dall’alto potere dolcificante. Alcuni esperti ritengono che l’assunzione di prodotti contenenti aspartame possa essere responsabile dell’insorgenza di varie patologie, alcune delle quali molto gravi. A mio parere il problema non sussiste. Negli ultimi venticinque anni questo edulcorante è stato utilizzato da miliardi di individui in tutto il mondo senza che siano mai stati segnalati problemi, effetti collaterali o, peggio, casi di cancro. Né è stata scientificamente dimostrata una precisa correlazione tra l’assunzione di aspartame e la sua presunta tossicità per l’organismo umano. Non vedo pertanto alcuna ragione per eliminare questa sostanza quando si è a dieta e si è particolarmente attratti dai sapori dolci. Non è certo privando i pazienti di questo sapore che il loro bisogno di zucchero sparirà. Inoltre, tale privazione rischia di generare una frustrazione inutile e pericolosa. Undicesima categoria: 1 cucchiaio e mezzo di crusca d’avena Inizialmente il mio programma non includeva nelle due prime fasi propriamente dimagranti alcun alimento a base di carboidrati. Questa assenza non impediva alla dieta di funzionare, ma numerose persone sentivano il bisogno di assumere glucidi. Ho scoperto la crusca d’avena nel corso di un congresso di cardiologia in America, dove veniva illustrata la sua azione benefica sul colesterolo e sulla glicemia. Una mattina ho fatto un esperimento culinario per mia figlia Maya improvvisando una crêpe preparata con crusca d’avena, uova e formaggio fresco magro. Poiché mia figlia ha dimostrato di gradire la proposta, ho pensato di introdurla nel programma e nei miei libri, riscontrando lo stesso apprezzamento da parte dei pazienti.
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Di conseguenza la crusca d’avena ha trovato un posto di rilievo nel mio metodo. Essa rappresenta il solo carboidrato concesso nella fase di attacco. Perché? Innanzitutto sul piano clinico ho subito constatato un miglioramento dei risultati, una maggior facilità nel rispettare le regole, un’attenuazione dell’appetito, e quindi una risposta positiva a livello psicologico. Ho cercato di comprendere la modalità d’azione della crusca d’avena e ho fatto alcune ricerche. La crusca d’avena è l’involucro esterno del chicco, che lo avvolge e lo protegge. Si ricava per estrazione. È ricca di fibre solubili, contiene proteine e carboidrati a lento assorbimento, per la presenza delle fibre che rallentano il passaggio attraverso la mucosa intestinale. Queste fibre possiedono due proprietà fisiche che valorizzano l’uso della crusca d’avena in ambito dietetico: • Un elevato potere di assorbimento, superiore a 20 volte il suo volume di acqua. Questo significa che la crusca d’avena nello stomaco si gonfia e occupando spazio dà velocemente un senso di sazietà. • La sua elevata viscosità aiuta a proteggere la mucosa intestinale e rallenta l’assorbimento dei glucidi e dei lipidi così come dei sali minerali. Appagamento a livello psicologico e diminuzione dell’apporto calorico fanno della crusca d’avena un prezioso alleato nella mia battaglia contro il sovrappeso. Inoltre la sua presenza consente di assumere a volontà gli oltre 100 alimenti permessi già nella fase di crociera (78 proteine e 28 verdure). Ho studiato personalmente il meccanismo d’azione delle fibre d’avena constatando che contribuiscono a tenere sotto controllo l’apporto calorico e quello dei sali minerali. Tuttavia non tutte le varietà di crusca d’avena presenti sul mercato hanno le stesse caratteristiche: la loro efficacia dipende dal metodo di lavorazione. I primi Paesi produttori di crusca d’avena sono Canada e Finlandia. Ho avuto occasione di lavorare con agronomi finlandesi, grazie ai quali ho compreso che vi sono due parametri di fabbricazione cruciali: la macinazione e la setacciatura. Una macinazione troppo fine distrugge le fibre e annulla i loro benefici. Del resto, una macinazione grossolana fa perdere viscosità alle fibre. Una setacciatura insufficiente non permette di estrapolare totalmente la farina; al contrario, se è eccessiva, la fibra risulta troppo grezza. Con gli stessi agronomi ho condotto anche uno studio sul contenuto di sali minerali e ho stabilito un indice di efficacia integrando la macinazione e la setacciatura, e ho analizzato i benefici per l’organismo umano. La macinazione ottimale è quella che produce delle particelle di taglia media (+), ossia la M2bis. Per quanto riguarda la setacciatura, la fase migliore è quella al sesto passaggio (B6), che assicura un contenuto ottimale di glucidi a rapido assorbimento. Questi due indici assemblati compongono l’indice globale M2bis-B6. La maggior parte dei produttori, specialmente gli anglosassoni, commercializzano la crusca d’avena per il solo uso culinario, come il porridge, che è un piatto nazionale. Preferiscono la crusca di macinazione più fine e non tengono in considerazione la setacciatura, ma valorizzano solo la consistenza e la dolcezza, privandosi così dei benefici delle fibre. Attualmente sto divulgando i risultati delle mie ricerche e collaboro con produttori e distributori internazionali nel tentativo di portarli tutti all’indice globale M2bis-B6, la cui produzione è un po’ più costosa, ma è più interessante a livello nutrizionale. Nella fase di attacco prescrivo la crusca d’avena nella dose di 1 cucchiaio e mezzo al giorno. Consiglio di assumerla sotto forma di crêpe salata o eventualmente dolcificata con l’aspartame nel seguente modo: mettete 1 cucchiaio e mezzo di crusca d’avena in una ciotola, aggiungete 1 cucchiaio e mezzo di formaggio fresco magro oppure di yogurt e 1 albume, oppure 1 uovo intero (se non avete problemi di ipercolesterolemia). Aggiungete eventualmente una piccola
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quantità di aspartame, oppure salate a piacere. Mescolate omogeneamente e cuocete le crêpe due minuti per parte in una padella antiaderente leggermente oliata. Si conservano in frigorifero per circa una settimana, avvolte nella pellicola da cucina per evitare che si asciughino eccessivamente. Se preferite, possono anche essere congelate. Conserveranno il loro sapore, la consistenza e i principi nutritivi. La maggior parte dei miei pazienti consumano queste crêpe al mattino, a colazione. In questo modo arrivano tranquillamente fino all’ora di pranzo, senza il desiderio di mangiare altro. Altri le utilizzano ai pasti principali, con salmone affumicato o con carne di manzo. Altri invece le assumono come spuntino pomeridiano, quando sopravviene un senso di fame irresistibile. Oppure dopo cena, per calmare un improvviso bisogno di cibo con qualcosa di appagante. Se vi interessano altre ricette a base di crusca d’avena, ne troverete diverse su Internet inserendo nel motore di ricerca «ricette crusca d’avena» o «ricette Dukan». Ve ne sono molte con cui preparare crêpe, muffin, pane alle spezie, basi per pizza e pane a base di crusca d’avena. Tenete presente che questa crêpe alla crusca può aiutare nei casi di bulimia. Benché la bulimia sia una patologia psichiatrica, quindi non di mia competenza, è possibile che un lettore affetto da bulimia legga il mio libro e possa trarne un beneficio, preparandosi tutte le crêpe che desidera ed evitando così le crisi bulimiche e l’eccessivo apporto calorico. Senza essere bulimico, ognuno di noi può attraversare crisi simili che potrebbero compromettere i risultati ottenuti. In questi casi non comuni è possibile aumentare per un giorno o due, e solo per un giorno o due, il consumo di crusca d’avena e arrivare fino a 3 crêpe al giorno. I complementi • Il latte scremato, fresco o in polvere, è consentito e può migliorare il sapore e la consistenza del tè e del caffè, ed essere impiegato per la preparazione di salse, creme, flan e altro. • Lo zucchero è vietato, ma potete usare senza alcuna limitazione l’aspartame, l’edulcorante di sintesi più conosciuto e più utilizzato al mondo. • L’aceto, le erbe aromatiche come il timo, l’aglio, il prezzemolo, la cipolla, lo scalogno e il cipollotto sono consentiti e raccomandati, così come tutte le spezie. Il loro utilizzo arricchisce il sapore degli alimenti e ne accresce il «valore sensoriale», rendendoli più sazianti. Tenete presente che le spezie non sono semplicemente degli aromi che consentono di insaporire i cibi senza aumentarne l’apporto calorico, ma facilitano la perdita di peso. Alcune, come la vaniglia e la cannella, con il loro sapore rassicurante e caldo, appagano il palato senza bisogno di ricorrere allo zucchero. Altre, come il coriandolo, il curry, la curcuma e i chiodi di garofano, contribuiscono a ridurre l’uso del sale senza rinunciare al gusto, e sono particolarmente consigliate per le donne che soffrono di ritenzione idrica. • Cetriolini sottaceto e cipolla sono concessi se impiegati in minime dosi come condimento, ma esulano dal quadro del regime delle proteine pure se vengono utilizzati come verdure di contorno. • Si può utilizzare il succo di limone per aromatizzare il pesce e i frutti di mare, ma non lo si può consumare come spremuta o limonata, neppure senza zucchero, perché si tratta di un frutto contenente zuccheri, per quanto acidulo, e non compatibile con la fase di attacco e quella di crociera. • Il sale e la senape sono concessi, ma il loro utilizzo deve essere moderato, soprattutto per chi tende a trattenere i liquidi, fatto che si verifica spesso nelle adolescenti con un ciclo mestruale irregolare e nelle donne in premenopausa o nella fase iniziale della terapia ormonale sostitutiva. Per chi proprio non può farne a meno, vi sono in commercio sali dietetici
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caratterizzati da un basso tenore di sodio. • Il ketchup comune non è consentito perché contiene zuccheri e sali, ma esistono salse di pomodoro di ottima qualità prive di quel retrogusto dolciastro che spesso altera il gusto delle carni. • Le gomme da masticare meritano un discorso approfondito. Per me sono un elemento di primo piano nella lotta al sovrappeso. In particolare nelle due prime fasi del mio programma, la fase di attacco e quella di crociera. Non sono un consumatore di gomme perché non mi piace masticarle in pubblico, ma tendo a consumarle quando sono troppo stressato. I dentisti denominano bruxismo l’affezione notturna che consiste nel digrignare e stringere i denti. Nella maggior parte dei casi il paziente non è cosciente del disturbo e quindi, se non viene riconosciuto, può portare all’erosione dello smalto dentale e a consumare la corona dei denti fino a comprometterne la stabilità. In questo contesto la gomma da masticare, alleviando lo stress, può contribuire a migliorare tale disturbo. Inoltre, una bocca occupata a masticare una gomma non può masticare altro, e questa è la mia teoria della «bocca occupata». Esistono gomme da masticare senza zucchero semplicemente deliziose. I gusti sono assortiti ed estremamente appetibili. Numerosi studi scientifici rivolgono l’interesse alla gomma da masticare per la lotta al sovrappeso. Non basta tuttavia la scritta «senza zucchero» riportata sulla confezione a garantire che le gomme siano compatibili con il regime delle proteine pure: devono infatti essere dolcificate esclusivamente con aspartame e non, come accade per la maggior parte di esse, con altre sostanze il cui assorbimento è simile a quello del saccarosio (lo zucchero da tavola). I dolcificanti, o edulcoranti artificiali, hanno un potere dolcificante di circa 100 volte superiore al saccarosio e non stimolano la produzione di insulina, che oltre a regolare il metabolismo del glucosio influenza anche quello dei lipidi. Scegliete le gomme da masticare in base al loro gusto, ma privilegiate quelle il cui sapore dura più a lungo. • Gli oli sono tutti vietati. Se alcuni, come l’olio di oliva, hanno il pregio di recare beneficio alla salute del cuore e delle arterie, restano comunque degli oli e dei lipidi puri, che non possono trovare posto in un regime a base di proteine pure. Si può invece utilizzare l’olio di vaselina per condire a freddo, ma mai e nel modo più assoluto per cuocere. Usatelo in piccole quantità e allungato con acqua gassata, che lo rende più leggero e riduce anche il potere lubrificante che rischierebbe di accelerare in modo eccessivo il transito intestinale. Al di fuori di questi complementi e delle undici grandi categorie che abbiamo descritto, non vi è consentito utilizzare NIENT’ALTRO. Tutto il resto, tutto ciò che non è espressamente menzionato nell’elenco, è vietato per il periodo relativamente breve del regime di attacco. Concentratevi su tutto ciò che è permesso e dimenticate il resto. Variate la vostra alimentazione, consumate questi cibi a volontà, in modo ordinato o disordinato, e non dimenticate mai che gli alimenti permessi e presenti nell’elenco si possono consumare in modo totalmente illimitato. Qualche consiglio generale Mangiate ogni volta che ne sentite il desiderio Non dimenticate che il segreto di questo regime consiste nel mangiare molto e prima ancora che sopraggiunga la fame, per evitare di cedere alla tentazione di consumare un alimento escluso dall’elenco. Non saltate mai un pasto
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È un errore tanto ingenuo quanto grave, che rischia di compromettere progressivamente l’esito della dieta. L’economia realizzata con un pasto non solo verrà compensata con un consumo maggiore al pasto successivo, ma sarà totalmente vanificata: l’organismo trarrà il massimo profitto da ciò che riceve in seguito al digiuno ed estrarrà fino all’ultima caloria. Inoltre, la fame repressa tende a spostarsi sugli alimenti più gratificanti, obbligando a una maggiore resistenza che, se viene sollecitata troppo frequentemente, può a sua volta minare anche la motivazione più seria. Bevete sempre durante i pasti Per qualche strano motivo, è diffusa una credenza che risale agli anni Settanta secondo la quale non bisogna bere durante i pasti. Questa norma, innocua per i comuni mortali, può rivelarsi nociva per chi segue una dieta, soprattutto se basata sulle proteine pure. Evitare di bere quando si mangia comporta infatti il rischio di dimenticarsene del tutto. Inoltre, i liquidi ingeriti mangiando aumentano il volume del contenuto gastrico e producono una sensazione di sazietà e di appagamento. Infine, l’acqua diluisce gli alimenti, rallenta la loro assimilazione e aumenta la durata del senso di sazietà. Tenete a portata di mano gli alimenti necessari alla vostra dieta Dovete avere sempre a portata di mano o nel frigorifero un’ampia scelta di alimenti appartenenti alle nove categorie che ormai conoscete. Ricordate che la maggior parte dei cibi proteici necessitano di una preparazione e, diversamente da glucidi e lipidi, si conservano meno e non si trovano con la stessa facilità dei biscotti o del cioccolato nelle dispense. Prima di consumare un alimento, verificate che sia incluso nella lista Durante la prima settimana portate l’elenco sempre con voi. È molto semplice e si riassume in tre righe: carni magre e frattaglie, pesce e frutti di mare, pollame, affettati light e uova, latticini magri e acqua. La prima colazione La prima colazione è spesso oggetto di molti interrogativi perché, contrariamente agli anglosassoni, la maggior parte di noi non è abituata a consumare alimenti proteici a inizio giornata. Tuttavia questo pasto non esula dalla logica delle proteine pure. Per esempio, potete bere un caffè o un tè, amaro o dolcificato con aspartame, liscio o macchiato con latte scremato, e accompagnarlo a un latticino, un uovo alla coque, una fetta di tacchino o di prosciutto magro. Sotto il profilo nutrizionale, è un pasto assai più soddisfacente di una brioche o di una tazza di corn flakes e risulta anche più saziante ed energetico. La prima colazione è il momento ideale per consumare le vostre crêpe alla crusca d’avena. Se non avete tempo per prepararle potete consumare la crusca d’avena con il latte. Oppure, se desiderate ottenere una crema più densa, utilizzate lo yogurt naturale magro. Attenzione! Durante la fase di attacco non è possibile superare la dose di 1 cucchiaio e mezzo di crusca d’avena al giorno per evitare di interferire con la modalità specifica di azione delle proteine pure. Al ristorante È una delle situazioni in cui il regime delle proteine pure è più facile da seguire. Dopo un antipasto con, per esempio, del pesce affumicato oppure un piatto di frutti di mare, la scelta è ampia: potete ordinare una bistecca di manzo, un controfiletto alla griglia, una costata di vitello, un pesce o del pollame, avendo cura di specificare che non vengano usati grassi in cottura. Le tentazioni pericolose arrivano dopo il piatto principale, per chi ama i dolci o i formaggi stagionati e rischia di essere tentato. La migliore strategia difensiva consiste nel ricorrere a un primo caffè, a cui ne può seguire un altro se la conversazione prosegue. Alcuni ristoranti propongono anche latticini magri. In mancanza di questi, tenete in ufficio o a portata di mano per quando uscirete dal locale degli yogurt al naturale o aromatizzato, che vi
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permetteranno di chiudere il pasto con un dessert fresco e vellutato. Durata del regime di attacco Una scelta decisiva Questa è una delle decisioni più importanti del mio programma, perché l’attacco rapido con le proteine pure dà il primo impulso, la molla e l’impronta su cui si articoleranno gli altri tre regimi fino alla stabilizzazione definitiva. Inoltre, le proteine sono alimenti la cui forte densità tiene occupato a lungo l’apparato digerente, creando una sensazione di sazietà. E, cosa altrettanto importante, la loro degradazione metabolica produce i chetoni, ritenuti responsabili della sensazione di appagamento. Queste due caratteristiche permettono alle proteine pure di contrastare i comportamenti compulsivi e di riportare ordine nelle abitudini alimentari non equilibrate. Infine, per la sua grande efficacia, questo regime produce risultati immediati e importanti che rendono il paziente euforico e ne rinforzano la volontà. Quella di affrontare con successo questa prima tappa e perciò di riuscire a definire con precisione la durata ottimale che le viene assegnata. La durata media del regime di attacco è di 5 giorni È il tempo che permette al regime di produrre i risultati migliori senza sviluppare resistenza metabolica né stancare chi lo pratica. È anche la durata di attacco più opportuna per le perdite di peso che si verificano più frequentemente, comprese di solito fra 10 e 20 chili. Al termine del capitolo vedremo i risultati in numeri che ci si può aspettare da una dieta scrupolosamente seguita. Per obiettivi meno ambiziosi e inferiori ai 10 chili La soluzione migliore è un attacco di 3 giorni, che consente di passare senza sforzo alla fase delle proteine alternate. Per perdite di peso inferiori ai 5 chili Se si cerca di evitare una partenza troppo rapida, un solo giorno può essere sufficiente. Questo primo giorno ha un effetto di rottura che coglie di sorpresa l’organismo e permette una perdita di peso sorprendente e che stimola a intraprendere la dieta. Per casi di obesità più grave In casi molto particolari, quando la perdita di peso desiderata supera i 20 chili, la motivazione è molto forte o si sono precedentemente tentate numerose diete con ricadute, questa fase può, previo consiglio medico, essere portata a 7 giorni o addirittura a 10, a condizione esplicita di bere più che abbondantemente. Reazioni dell’organismo nel corso del regime delle proteine pure L’effetto sorpresa e il bisogno di adattamento a una nuova alimentazione Il primo giorno del regime di attacco è un giorno di adattamento e di lotta. Naturalmente la porta è aperta a molte categorie di alimenti consueti e gustosi, ma resta chiusa per altri cibi che in genere chi è in sovrappeso è abituato a consumare senza alcuna restrizione. Il mezzo migliore per ovviare alla sensazione di limitazione che può sopraffare i meno motivati consiste nell’approfittare a pieno delle possibilità di questo regime che, per la prima volta, permette di mangiare «a volontà» alimenti ricchi e preziosi come la carne di manzo, di vitello e di pesce compresi il salmone affumicato, il tonno in scatola, l’aringa, il surimi, le ostriche e gli scampi, le uova strapazzate, la vasta gamma di latticini e di prosciutti con pochi grassi, fino ad arrivare ai budini a base di latte scremato. Il primo giorno, mangiate in abbondanza. Compensate la qualità che manca con la quantità. Ma, soprattutto, fate in modo di avere sempre a portata di mano «tutti» gli alimenti indispensabili e concessi, che non devono mancare in dispensa e nel frigo. Inoltre, bevendo di più, avrete la sensazione di essere «occupati» e soddisfatti più in fretta.
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Urinerete molto perché, non essendo abituati a bere tanto, i reni saranno costretti a eliminare il liquido. Il drenaggio asciuga i tessuti delle donne dove tende ad accumularsi l’acqua, vale a dire le cosce, le gambe e le caviglie, così come le dita delle mani che si gonfiano bloccando gli anelli, e anche il viso. Già la mattina successiva al primo giorno di attacco, salendo sulla bilancia sarete sorpresi dai risultati. Pesatevi molto spesso, soprattutto nei primi 3 giorni. Di ora in ora, possono esserci novità. Mantenete poi l’abitudine di pesarvi tutti i giorni della vostra vita perché, se la bilancia è la nemica di chi ingrassa, è anche l’amica e la giusta ricompensa di chi dimagrisce: ogni perdita di peso, per quanto minima, sarà il vostro stimolo più grande. Nei primi 2 giorni potreste accusare un lieve affaticamento e constatare una minore resistenza agli sforzi prolungati. È il periodo di sorpresa, in cui il corpo brucia senza calcolare né opporre resistenza. Non è quindi il momento migliore per imporgli un forte dispendio di energie. Durante questo periodo, evitate gli esercizi intensi, gli sport competitivi e soprattutto lo sci in alta quota. Non abbandonate invece la ginnastica, lo jogging e il nuoto, se siete soliti praticarli. Inserite almeno 20 minuti di camminata al giorno, che è una parte integrante del mio programma. Come vedrete nel capitolo dedicato all’argomento, i 20 minuti non vi sono semplicemente consigliati, ma prescritti, e quindi non sono negoziabili! A partire dal terzo giorno, il senso di stanchezza scompare, lasciando il posto a una sensazione di euforia e di dinamismo che rinforza ulteriormente i segnali incoraggianti della bilancia. L’alito un po’ pesante e la sensazione di secchezza in bocca Non si tratta di sintomi specifici del regime delle proteine, ma di reazioni che accompagnano qualunque dieta dimagrante, e che in questo caso si manifestano in modo più evidente di quanto accada con altre diete più graduali. Significa che state dimagrendo, e quindi sono segnali incoraggianti. Per attenuarli, bevete di più. Dopo il quarto giorno compare la stitichezza Sarà più marcata nei soggetti predisposti e in chi non beve abbastanza. Per gli altri, il transito intestinale viene leggermente rallentato, anche se non è il caso di parlare di vera e propria stitichezza. In realtà si tratta di una riduzione sensibile delle scorie, perché gli alimenti proteici contengono poche fibre, mentre gli alimenti che ne forniscono di più, come frutta e verdura, non sono ancora permessi. Se questo rallentamento vi preoccupa, acquistate della crusca di frumento in scaglie e aggiungetene 1 cucchiaio alla crusca d’avena con cui preparate la vostra crêpe, oppure mescolatela ai latticini magri concessi. Se questo accorgimento non fosse sufficiente, prendete 1 cucchiaio di olio di vaselina al termine del pasto principale. E, soprattutto, bevete tutta l’acqua prevista perché, oltre a far urinare, idrata e ammorbidisce le feci, migliora la peristalsi e facilita il transito intestinale. Tuttavia, vi sono casi in cui la stipsi diventa ostinata e quindi occorre assumere alcuni provvedimenti. Il vostro farmacista vi aiuterà a trovare un rimedio naturale a base di fibre e frutta, come le prugne, per risolvere il problema. Se il disturbo persiste, rivolgetevi al vostro medico curante. Evitate invece di assumere lassativi di vostra iniziativa, perché possono irritare la mucosa intestinale e causare assuefazione. La fame scompare dopo il terzo giorno La scomparsa sorprendente della fame è legata alla maggiore produzione dei famosi chetoni, i più potenti spezzafame naturali. In chi non ama la carne e il pesce in modo particolare, poi, sopraggiunge presto la noia: la monotonia ha un effetto interessante sull’appetito. La fame violenta e compulsiva scompare del tutto, e la quantità di proteine assunte, importantissima i primi giorni, viene poi spontaneamente ridotta.
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È necessario assumere vitamine? Personalmente lo consiglio, ma non è obbligatorio per un periodo compreso tra i 3 e i 5 giorni. Al contrario, se quella che si desidera conseguire è una riduzione di peso importante e la fase di attacco copre un periodo più lungo, è utile associare una dose quotidiana di integratori multivitaminici, evitando le dosi troppo elevate o apporti multipli il cui accumulo può rivelarsi tossico. In pratica è spesso preferibile e più utile consumare alimenti molto ricchi di vitamine e cucinarsi una fetta di fegato di vitello due volte la settimana o assumere 1 cucchiaio di lievito di birra in polvere tutte le mattine. Appena le verdure saranno autorizzate, potrete prepararvi insalate miste a base di lattuga, peperone crudo, pomodoro, carote e indivia. Quali risultati ci si può attendere da questo regime di attacco? Fattori generali di resistenza o di facilitazione La perdita di peso provocata dal regime delle proteine pure è la maggiore che si possa sperare di raggiungere, in un periodo così breve, con una dieta alimentare ed è analoga a quella che si può ottenere con le proteine in polvere o con il digiuno completo, ma è priva degli stessi inconvenienti. Tuttavia, essa dipende dalla rilevanza del peso di partenza. Il corpo di un obeso che supera i 100 chili smaltirà più facilmente i primi chili rispetto a quello di una donna giovane, già snella, che cerca di eliminare minimi accumuli di grasso prima delle vacanze. Sulla perdita di peso incide anche l’effetto di immunizzazione indotto dal numero delle diete seguite in precedenza, così come l’età e, per quanto riguarda le donne, il verificarsi dei grandi cambiamenti ormonali che hanno luogo con la pubertà, il puerperio, l’assunzione di contraccettivi orali e, soprattutto, la premenopausa e le irregolarità transitorie del ciclo, oltre alle terapie sostitutive ormonali prolungate. Per un attacco di 5 giorni a base di proteine pure In questo caso, che è quello più frequente ed efficace, la perdita di peso abituale varia fra 2 e 3 chili. Nel migliore dei casi può raggiungere anche i 4-5 chili, come accade ad alcuni obesi gravi, soprattutto uomini attivi. Nel peggiore, può invece limitarsi a un solo chilogrammo, come capita alle donne in menopausa all’inizio della terapia ormonale, che provoca ritenzione idrica ed edemi. È importante sapere che nei 3-4 giorni che precedono l’inizio del ciclo mestruale il corpo della donna trattiene acqua. Tale ritenzione riduce l’eliminazione delle scorie, spegne a monte la combustione dei grassi e di conseguenza limita momentaneamente l’efficacia del regime bloccando la riduzione di peso. Sarà quindi bene comprendere che la perdita di peso non è interrotta, ma solo camuffata e differita dalla ritenzione idrica, e riapparirà a partire dal secondo o dal terzo giorno dall’inizio del ciclo. Se questo fenomeno non è interpretato correttamente, può scoraggiare le donne che, giustamente, non si sentono ricompensate dei loro sforzi, e indurle ad abbandonare il regime. Pertanto è necessario aspettare la fine delle mestruazioni, perché, con l’eliminazione dell’acqua, la bassa marea dopo l’alta marea premestruale, non è raro vedere la bilancia muoversi vertiginosamente e scendere di 2 chili in una sola notte passata ad alzarsi per urinare. Quando il periodo di attacco non supera i 3 giorni In questi casi la perdita di peso prevista è di 1-2,5 chili. Per un attacco di una sola giornata Grazie all’«effetto sorpresa», che nel primo giorno è massimo, la perdita di peso normalmente raggiunta è pari a 1 chilo.
Promemoria per il regime di attacco
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Durante questo periodo, la cui durata può variare da 1 a 10 giorni a seconda dei casi, potete utilizzare le undici categorie di alimenti che vi ho illustrato, incluse le bevande, i condimenti e gli aromi. All’interno di queste undici categorie potete consumare gli alimenti che vi piacciono, senza nessuna limitazione, a qualunque ora della giornata. Avete anche la libertà di associare gli alimenti delle diverse categorie. La regola è dunque semplice e non negoziabile: tutti gli alimenti non inseriti nell’elenco non possono essere consumati in questa prima fase. Saranno introdotti nelle fasi successive. 1. Le carni magre: vitello, manzo (a eccezione della costata e della lombata) e cavallo, cotte senza grassi aggiunti. 2. Le frattaglie: fegato, rognone e lingua di vitello e di bue (la punta). 3. Tutti i pesci: grassi, magri, bianchi, azzurri, cotti o crudi. 4. Tutti i frutti di mare (molluschi e crostacei). 5. Tutti i volatili (eccetto l’oca e l’anatra) senza pelle. 6. Prosciutto magro, tacchino, pollo e maiale magri. 7. Le uova. 8. Il tofu e il seitan. 9. I latticini a basso apporto di grassi. 10. 1 litro e mezzo di acqua a basso apporto di sodio. 11. Le crêpe alla crusca d’avena oppure un cucchiaio e mezzo di crusca d’avena con latte o yogurt. 12. Venti minuti di camminata al giorno (obbligatoria). 13. Caffè, tè, tisane, aceto, aromi, erbe aromatiche, spezie, sottaceti (cetrioli), succo di limone (non come bevanda), sale e senape (con moderazione). Non potete assumere nulla oltre agli alimenti inclusi nella lista. Tutto quello che non è stato elencato non può essere consumato durante la fase di attacco. Concentratevi sugli alimenti permessi ed evitate tutto il resto. Cercate di variare la vostra alimentazione utilizzando gli alimenti presenti nell’elenco ed esercitando la vostra fantasia in cucina.
La fase di crociera: il regime delle proteine + verdure Eccovi ormai lanciati nella vostra impresa, pronti per affrontare il regime di crociera, che vi condurrà in un’unica tappa fino al peso desiderato. Questa fase è composta da due regimi collegati fra loro: il regime delle proteine + verdure e il regime delle proteine pure, che si alterneranno fino al raggiungimento del peso stabilito. Dopo aver descritto nei dettagli il regime delle proteine pure, vediamo ora quello delle proteine + verdure. Anche adesso, come per il periodo di attacco, il ritmo di alternanza dei due regimi non è fisso e universale, ma va adattato alle diverse situazioni e ai singoli casi, secondo le modalità che verranno illustrate in questo capitolo. Per molto tempo, il modello che ho suggerito più di frequente era quello che prevede 5 giorni con verdure seguiti da 5 giorni di proteine pure (5/5). In seguito, in particolare per chi intendeva raggiungere perdite di peso superiori ai 10 chili, ho modificato il regime di crociera consigliando di alternare giornalmente il regime delle proteine pure con quello delle proteine + verdure (1/1). Le mie statistiche personali mi hanno dimostrato che al termine del primo mese le perdite di peso dei due gruppi comparati erano identiche e questo era perfettamente comprensibile, poiché allo scadere dei 30 giorni ciascun gruppo aveva effettuato 15 giorni di proteine e 15 giorni di proteine + verdure. Era più facile per i pazienti seguire il modello 1/1 rispetto al 5/5.
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Ho constatato, incontrando i miei lettori o leggendo le loro lettere, che la maggior parte di loro aveva sempre scelto soluzioni più radicali, come per esempio dai 7 ai 10 giorni della fase di attacco e il modello 5/5 della fase di crociera. Questo conferma una delle mie osservazioni: se una persona in sovrappeso decide di seguire per lungo tempo un regime ipocalorico, ha bisogno di regole, concrete e non negoziabili, per riuscire a fronteggiare positivamente i momenti di crisi e di fragilità psicologica. Quindi vi chiedo di avere fiducia in me e di seguire il regime meno radicale del modello 1/1. Alla fine del regime di attacco, strettamente proteico, soprattutto se è durato 5 giorni, si inizia ad avvertire fortemente la mancanza di una categoria di alimenti: gli ortaggi verdi e le verdure crude. È il momento giusto per introdurli nell’alimentazione. A scanso di equivoci, ricordo che tutto quello che era permesso nel regime delle proteine pure è ancora concesso, con la stessa libertà di quantità, orari e abbinamenti. Non fate l’errore, commesso da qualcuno, di nutrirvi solo di verdure eliminando le proteine. Verdure consentite e verdure vietate Ormai, oltre agli alimenti proteici, avete diritto a tutte le verdure crude e cotte, senza alcun limite di quantità, orari e abbinamenti. Via libera quindi a pomodori, cetrioli, radicchio, spinaci, asparagi, porri, fagiolini, cavoli, funghi, sedano, finocchi, tutte le insalate compresa l’indivia, bietole, melanzane, zucchine, peperoni e anche le carote e le barbabietole, a patto, queste ultime, di non consumarle a tutti i pasti. Sono vietati gli alimenti ricchi di amidi, quali patate, riso, mais, piselli freschi e secchi, ceci, fave, lenticchie e fagioli. Non dimentichiamo l’avocado, che non è una verdura ma un frutto, una pianta oleifera molto grassa, che potreste essere tentati di consumare. Il carciofo e la scorzonera, a metà fra gli ortaggi e i farinacei, sono ugualmente da evitare. Come preparare le verdure? Le verdure crude Per tutti coloro che amano le verdure crude, è consigliabile mangiarle fresche e senza cuocerle, per evitare la perdita di gran parte delle vitamine. Il problema del condimento. Anche se può sembrarvi un dettaglio, il condimento rappresenta uno dei problemi maggiori di una dietetica dimagrante. Per molti, infatti, insalate e verdure crude costituiscono la base di un’alimentazione dietetica, poco calorica e ricca di fibre e vitamine. Questo è assolutamente vero, ma non bisogna dimenticare che la salsa di accompagnamento infierisce non poco su questi ottimi presupposti. Per fare un esempio semplice, in una insalatiera di medie dimensioni con due cespi di lattuga o di indivia e due cucchiai di olio, ci sono 20 calorie di insalata e 280 calorie di olio, presenza insidiosa, che spiega il fallimento di tante diete a base di insalate miste di cui ci si dimentica di calcolare il valore calorico del condimento. Bisogna anche fare chiarezza sull’olio di oliva. Anche se questo prodotto ottimo e simbolo della civiltà mediterranea è riconosciuto universalmente per la sua funzione protettiva sull’apparato cardiovascolare, non è comunque meno calorico degli altri oli sul mercato. Per tutti questi motivi, nel corso dell’intera fase dimagrante del programma, è fondamentale evitare di preparare le verdure crude con un condimento che contenga un qualunque olio da tavola. Vinaigrette preparata con olio di vaselina È la migliore soluzione per sostituire il normale condimento, a patto di non soffrire di diarrea cronica. L’olio di vaselina presenta due grandi vantaggi: non contiene calorie e, in quanto ottimo lubrificante, facilita il transito intestinale. Qualunque cosa sentirete dire riguardo a questo prodotto, non tenetene conto, perché il suo impiego, anche prolungato, non comporta alcuna
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controindicazione. L’unico inconveniente riguarda il dosaggio che, se eccessivo, causa il rischio di leggere perdite che possono macchiare la biancheria intima. Per evitare questo tipo di inconveniente e alleggerire la consistenza dell’olio, un po’ più denso di quello da tavola, preparate una salsa vinaigrette in questo modo: • 1 cucchiaio di senape; • 5 cucchiai di aceto balsamico; • 1 cucchiaio di acqua minerale frizzante; • 1 cucchiaino di olio di vaselina; • Se lo gradite, aggiungete aglio e basilico a piacere. L’acqua frizzante facilita l’emulsione dell’olio di vaselina. L’aceto balsamico è particolarmente aromatico. Se non dovesse piacervi, potete sostituirlo con 4 cucchiai di aceto di vino, lampone oppure Sherry o 3 cucchiai di aceto forte. È bene sapere che l’aceto è un condimento che può giocare un ruolo molto importante nel corso delle diete dimagranti. Oggi sappiamo che l’uomo percepisce quattro sapori universali: dolce, salato, amaro e agro. L’aceto è uno dei pochi ingredienti dell’alimentazione umana che permette di provare la preziosa e rara sensazione dell’aspro. Studi recenti hanno dimostrato del resto l’importanza delle sensazioni orali e della quantità e della varietà dei sapori, che riescono ad attivare il senso di appagamento e di sazietà. Per esempio, alcune spezie dal sapore intenso, come i chiodi di garofano, lo zenzero, l’anice stellato e il cardamomo, permettono di accumulare sensazioni forti e penetranti che hanno la capacità di aumentare l’attività dell’ipotalamo, centro cerebrale in grado di quantificarle e attivare la sensazione di sazietà. È molto importante usare, se possibile all’inizio del pasto, l’intera gamma di queste spezie e, se non le si ama, cercare di abituarsi al loro aroma. Salsa con un latticino magro In alternativa al condimento a base di olio di vaselina, potete preparare una salsa saporita e naturale con un latticino magro. Scegliete per esempio uno yogurt al naturale a base di latte parzialmente scremato, con poche calorie. Aggiungete 1 cucchiaio raso di senape, sbattete il tutto con cura e fate montare il composto, come per preparare una maionese, fino a renderlo omogeneo e consistente. Versate poi qualche goccia di aceto e unite sale, pepe ed erbe aromatiche a piacere. Le verdure cotte È il momento di usare fagiolini, spinaci, porri, cavoli di qualunque varietà, funghi, indivia, finocchi e sedano. Queste verdure possono essere stufate in acqua, bollite o, meglio ancora, cotte a vapore per conservare il più possibile le vitamine che contengono. Si possono anche preparare al forno sfruttando il sugo di cottura della carne o del pesce, come il classico branzino con finocchi, l’orata al pomodoro o il cavolo farcito con carne di manzo. Una valida alternativa è la cottura al cartoccio, che permette di coniugare il sapore nel rispetto del valore nutrizionale. Il pesce, e soprattutto il salmone, conserva la sua morbidezza quando viene cucinato al cartoccio su un letto di porri o, per esempio, un trito di melanzane. L’introduzione delle verdure dopo il periodo di attacco delle proteine porta freschezza e varietà nell’alimentazione e rende la dieta più facile da seguire e più gratificante. È una pratica agevole da seguire, quella di iniziare il pasto con un’insalata ben condita, ricca di colori e di sapori, mentre la sera, e in inverno, incominciare con una minestra per poi passare a un piatto di carne o di pesce cotti con verdure profumate e aromatizzate. Quantità consentita di verdure
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In linea di massima, non ci sono restrizioni. Si consiglia tuttavia di non superare i limiti del buon senso solo per il gusto di riempirsi. Ho pazienti che sono soliti accomodarsi davanti a piatti enormi di insalata mista e masticare senza avere neppure fame, come farebbero con una gomma da masticare. Guardatevi da questa tentazione: le verdure non sono inoffensive. Mangiatene fino a sazietà, ma non sforzatevi. Questo non cambia il principio di assoluta libertà quantitativa al centro del mio programma: qualunque sia la quantità ingerita, la perdita di peso continuerà, ma con un ritmo meno sostenuto e, di conseguenza, meno incoraggiante. A questo proposito è bene conoscere una reazione che si verifica di frequente nel passaggio dal regime di attacco con sole proteine al regime migliorato con l’introduzione delle verdure. Molto spesso il dimagrimento è fulmineo nella prima fase e poi, con l’introduzione delle verdure, si rallenta: la bilancia smette di scendere e minaccia anche una leggera ripresa. Non preoccupatevi, non siete sulla cattiva strada. Ma che cosa sta succedendo? Nella fase di attacco, l’alimentazione limitata ai soli cibi proteici produce un potente effetto idrofugo che non solo fa diminuire le riserve di grasso, ma elimina una grande quantità di acqua che da tempo ristagnava nell’organismo. Questa sinergia giustifica la massiccia perdita che la bilancia registra. Non appena alle proteine si aggiungono le verdure, l’acqua, eliminata artificiosamente, torna e spiega l’improvviso e incomprensibile ristagno, e il peso sembra rimanere stabile. La perdita reale di peso, quella legata ai grassi, continua, benché ridotta dall’introduzione delle verdure, ma viene camuffata dal ritorno dell’acqua. Portando pazienza, alla ripresa del regime delle proteine pure, riprenderà l’eliminazione dell’acqua ed evidenzierà il peso realmente perso. Sappiate tuttavia che in questo periodo di regimi alternati, che continuerà fino al raggiungimento del peso stabilito, il vero motore della dieta e il responsabile della sua efficacia è sempre la fase delle proteine senza verdure. Non allarmatevi quindi nel constatare che il peso si riduce per gradi, diminuendo con le proteine pure e ristagnando con la reintroduzione nel regime dietetico delle verdure. Il ritmo dell’alternanza Il regime delle proteine alternate, beneficiando dello slancio e della rapidità acquisiti con il regime di attacco, ha la funzione di portarvi fino al peso desiderato. Occuperà quindi la parte maggiore del percorso strettamente dimagrante del programma. L’aggiunta alternata delle verdure riduce notevolmente l’impatto delle proteine pure e conferisce all’insieme di questo secondo regime un ritmo sincopato, sia nell’organizzazione dei pasti sia dal punto di vista dei risultati ottenuti. Nel corso delle settimane la perdita di peso si verificherà nei periodi delle proteine pure, durante i quali l’organismo non ha mezzi per resistere alla forza del regime, ma ogni volta che ricompariranno le verdure il corpo riprenderà il controllo della situazione e farà resistenza. Questa alternanza di pause e accelerazioni non è altro che una serie di conquiste seguite dal riposo, che condurrà comunque e in modo alternato all’obiettivo. Quale ritmo dovrà seguire il regime alternato? Ripeto brevemente quanto ho già accennato: • Il ritmo più efficace nel breve periodo è di 5/5, ovvero 5 giorni di regime di proteine pure seguiti da 5 giorni di proteine associate a verdure. Anche se non rappresenta l’opzione più facile, dà risultati rapidi e incoraggianti. Tuttavia può stancare, con i rischi che questo implica. • Un’altra soluzione è la cadenza 1/1, ovvero 1 giorno di proteine pure e 1 giorno di proteine associate a verdure. Questa soluzione darà risultati meno rapidi nel breve periodo, ma in 20 giorni avrà recuperato il suo ritardo e sarà più facile da seguire nel lungo termine. • Esiste una terza via, ideale in caso di sovrappeso minimo: la cadenza 2/5, che associa quindi 2
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giorni la settimana di proteine pure (lunedì e giovedì) a 5 giorni di proteine + verdure. • Una variante di 2/5 è 2/0, cioè 2 giorni di proteine pure la settimana (lunedì e giovedì) e 5 giorni normali, senza un particolare regime, ma anche senza particolari eccessi. Si tratta del regime e della cadenza più adatti alle donne con cellulite, spesso molto magre nella parte superiore del corpo, busto, petto e viso, ma con fianchi e cosce abbondanti. Questo regime, tanto più se associato a una terapia locale (mesoterapia) e all’assunzione di Centella Asiatica nelle giuste dosi, permette di ottenere i migliori risultati locali risparmiando il più possibile la parte superiore del corpo. La crusca d’avena Nel corso della fase di crociera, la crusca d’avena deve essere utilizzata nella dose di 2 cucchiai al giorno, preparata e consumata così come indicato nella fase di attacco. L’attività fisica In questa fase prescrivo ai miei pazienti 30 minuti di camminata al giorno. Nei momenti di arresto del peso passate a 60 minuti per 4 giorni, solo per rompere questo circolo vizioso. Quale perdita di peso ci si può aspettare? Se il sovrappeso è importante, dell’ordine di 20 chili o più, è difficile stimare la perdita settimanale, ma l’esperienza dimostra che la perdita media si aggira intorno a 1 chilo ogni 7 giorni. Nella prima metà del regime, la perdita è in generale superiore al chilo, prossima al chilo e mezzo, all’inizio. Questo permette di perdere i primi 10 chili in poco meno di 2 mesi. Trascorso questo periodo, la curva ponderale si modifica progressivamente a causa di un processo metabolico di difesa che descriverò in modo dettagliato quando parlerò del regime di consolidamento, la terza fase del programma. Per un po’ di tempo la curva si arresta intorno al chilo per settimana, poi scende sotto la barriera psicologica del chilo, con alcuni periodi di stallo come capita per esempio alle donne durante la sindrome premestruale. A questo proposito, occorre sapere che mentre l’organismo accetta la perdita dei primi chili senza opporre troppa resistenza, reagisce maggiormente quando il saccheggio delle sue riserve si fa più minaccioso. In teoria sarebbe questo il momento di rinforzare ulteriormente il regime. Nella pratica, tuttavia, si verifica spesso il contrario. Anche la volontà più ferrea talvolta finisce per incrinarsi, le tentazioni a lungo respinte si fanno più insistenti. Ma la vera minaccia è un’altra. La perdita dei primi 10 chili porta un significativo miglioramento delle condizioni generali, si recuperano forma e agilità, l’affanno scompare, i complimenti ci lusingano e proviamo la soddisfazione di indossare di nuovo gli abiti che andavano stretti. L’insieme di questi fattori e la tentazione di fare la classica eccezione alla regola fanno sì che la determinazione forte e sincera dell’inizio lasci il posto a cedimenti seguiti da riprese drastiche. La situazione caotica e sincopata che ne deriva diventa presto minacciosa. È in queste condizioni che la persona grassa, fino a quel momento vittoriosa, rischia di adagiarsi sugli allori, di bloccarsi e di abbandonare la scommessa. A metà percorso, nelle acque pericolose della noia e della soddisfazione che accomunano tutte le diete dimagranti prolungate, un obeso su due cade in trappola e crolla. In un caso del genere, vi sono tre possibili modalità di procedere: • Abbandonare la dieta e sprofondare compiaciuti in un atteggiamento di rivincita cedendo alla fame compulsiva, ma con una profonda sensazione di fallimento che porta a riacquistare rapidamente peso e, peggio, a superare quello iniziale. • Riprendersi e, dopo aver preso fiato, tornare fedelmente al regime di partenza e resistere fino al raggiungimento dell’obiettivo fissato. • Sentirsi incapaci di andare oltre, ma fare il possibile per non vanificare gli sforzi fatti e, di conseguenza, interrompere la fase dimagrante del programma passando direttamente a quella
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di consolidamento, molto più diversificata e dalla durata precisa (10 giorni per ogni chilo perso). A questa seguirà il regime di stabilizzazione definitiva, all’insegna della spontaneità alimentare, con un unico giorno alla settimana di richiamo al regime delle proteine pure. Quanto deve durare il regime di crociera? Il regime di crociera rappresenta il nucleo nevralgico della fase di dimagrimento e vi deve condurre al vostro obiettivo, il Giusto Peso. Questa seconda fase, dopo il decollo rapido del regime di attacco, deve portare in una sola tappa fino al peso desiderato e stabilito all’inizio. Se si considera il caso di un’obesità vera con un sovrappeso di 20 chili, si può sperare, se non sussistono difficoltà particolari, di ottenere tale perdita in 20 settimane di regime alternato, cioè in poco meno di 5 mesi. Esistono anche casi più difficili, quali quelli in cui intervengono i seguenti fattori: • Cause di natura psicologica, una volontà debole e una motivazione incostante. • Cause fisiologiche e una predisposizione all’obesità. • Ragioni storiche, per un passato costellato di fallimenti e di esperienze con molteplici regimi scelti con poca consapevolezza o abbandonati prima del termine. • I grandi cambiamenti ormonali che si verificano nella vita di una donna, quali la prepubertà, quando il ciclo è ancora irregolare, la gravidanza e, soprattutto, la premenopausa e la menopausa conclamata, e in modo particolare quando vengono adottate terapie sostitutive ormonali aggressive. In tutti questi casi, la perdita di peso subisce un rallentamento e richiede degli accorgimenti particolari. Tuttavia, anche in questi casi difficili, il regime iniziale si rivela efficace. Tutte le resistenze e le inibizioni latenti sono superate con una riduzione generale di 4-5 chili. A partire da questo momento, i vecchi demoni possono risorgere e rallentare il ritmo. • In poco meno di un mese il soggetto predisposto al sovrappeso passerà sotto la soglia del chilo la settimana, per mantenere un ritmo accettabile di 3 chili al mese per 2-3 mesi; se sommiamo questi risultati alla perdita di peso iniziale, il dimagrimento complessivo sarà di circa 15 chili. A questo punto la riduzione di peso mensile diminuisce ulteriormente e scende fino a 2-1,5 chili. La domanda sorge allora spontanea: il gioco vale la candela? Il più delle volte la risposta è no. Salvo in casi particolari in cui vi sia una prescrizione categorica di perdita di peso, come in presenza di diabete, di artrosi grave e inoperabile o di una forte motivazione personale, è preferibile non insistere per non compromettere i risultati conseguiti, accettare il beneficio acquisito, consolidarlo e attendere giorni migliori, affinché l’organismo abbia il tempo di raggiungere lo scopo inizialmente fissato. Bilancio dell’operazione: 15 chili persi in 4 mesi di regime alternato. • Il soggetto poco motivato e con volontà debole è penalizzato. Anche lui perderà i suoi primi 45 chili, ma subito sarà messo alla prova dalle tentazioni e dai momenti di cedimento. Nel migliore dei casi, se è aiutato e sostenuto da chi lo circonda, e soprattutto dal medico, è possibile sperare in una perdita complementare di 5 chili in cinque settimane per passare subito alla fase di consolidamento e successivamente a quella di stabilizzazione definitiva. Quest’ultima gli imporrà comunque un giorno la settimana, e per tutta la vita, di regime con proteine pure, da accettare in modo categorico e senza riserve fin dall’inizio. In caso contrario è meglio rinunciare del tutto a intraprendere il programma. Bilancio dell’operazione: 10 chili in 2 mesi e mezzo di regime alternato. • Chi ha subito l’effetto immunizzante di diete, scelte o seguite male, trova qui la soluzione migliore. Ancora una volta il regime di attacco passa come un bulldozer che vince qualunque resistenza. Anche lui beneficerà della perdita dei primi 5 chili in tre settimane, ma potrà, se segue con scrupolo le indicazioni del programma e dei suoi quattro regimi integrati, continuare
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a dimagrire ininterrottamente e perdere 20 chili in 6 mesi di regime alternato. Poca è la differenza rispetto ai casi più facili, perché l’immunizzazione ai regimi precedenti influisce solo nelle fasi delle proteine associate alle verdure e non in quelle delle proteine pure. A tal proposito è bene sapere che il programma Dukan, a differenza di altre diete, può essere ripreso in un secondo tempo rivelandosi comunque efficace, perché questa resistenza all’immunizzazione tiene duro davanti all’impatto delle proteine alternate. • La donna che attraversa la premenopausa e la menopausa conclamata affronta un periodo in cui è a rischio di sovrappeso, specialmente se in precedenza aveva già accumulato qualche chilo in eccesso. Durante questa fase, che può talvolta durare una decina d’anni (mediamente dall’età di 42 anni fino a quella di 52), è sottoposta a periodi di forti sbalzi ormonali. Sebbene il suo caso sia il più complesso, questa paziente si rivela paradossalmente anche la più determinata e motivata a riuscire con successo nell’impresa e a seguire il regime per tutta la sua durata. Per queste donne la resistenza al regime è tale che anche i primi chili, persi senza colpo ferire da tutte le altre categorie, possono rivelarsi difficili da eliminare. Nella fattispecie è obbligatorio, ancor prima di intraprendere il programma, riportare ordine nella situazione ormonale. Questo compito spetta al ginecologo o al medico di base, ma la paziente deve sapere che l’aumento di peso causato dalla menopausa non è una fatalità e che, se la menopausa è effettivamente un periodo difficile, può essere attraversata con l’aiuto di un’attenta strategia difensiva che non dura più di 6 mesi o un anno. L’inserimento della terapia ormonale, se ben condotta partendo da dosaggi leggeri per raggiungere a poco a poco la dose ottimale, è spesso il mezzo migliore per riuscire a perdere peso in modo efficace. Bilancio delle operazioni: senza regolazione ormonale da parte dello specialista, la perdita di 20 chili può durare un anno, e sembrare lunga, ma esistono donne che ce la fanno. Con l’aiuto mirato di uno specialista, la scelta di ormoni naturali e l’impiego, talvolta necessario, di prodotti che facilitano l’eliminazione degli edemi irriducibili, si possono perdere gli stessi 20 chili in 6 o 7 mesi di regime alternato.
Promemoria per il regime di crociera Mantenere tutti gli alimenti permessi nel regime di attacco e aggiungere queste verdure: pomodori, cetrioli, radicchio, spinaci, asparagi, porri, fagiolini, cavoli, funghi, sedano, finocchi, tutte le insalate compresa l’indivia, bietole, melanzane, zucchine, peperoni e anche carote e barbabietole, ma a condizione di non consumarle a tutti i pasti. Le verdure elencate possono essere consumate crude o cotte, senza limiti di quantità, di orario e di abbinamenti. Nel corso della fase di crociera, alternare periodi di proteine con verdure a periodi di proteine pure fino al raggiungimento del peso stabilito. Attenzione! Se seguendo il mio programma arrivate a questo punto e avete ottenuto il Giusto Peso, congratulazioni! Sappiate che vi trovate alla soglia di un punto decisivo che vi garantirà il Giusto Peso nel lungo termine. Sulla base delle mie statistiche devo comunicarvi che: • Il 50% dei lettori che raggiungono questo obiettivo si sentono guariti. Dimenticano che restano ancora due fasi da seguire, le sole che assicurano la conservazione di questo peso nel tempo. Tutti questi soggetti impazienti, senza nessuna eccezione, riacquistano i chili persi, oppure si trovano in una fase caotica che può terminare solo con il fallimento. Eccovi avvisati! • L’altro 50% non si ferma e mi segue nella terza fase di consolidamento.
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L’85% arriva alla meta e ottiene un peso consolidato. È meglio, ma non è ancora sufficiente. Solo coloro che entrano nella quarta e ultima fase di stabilizzazione definitiva e la seguono raggiungono l’unico obiettivo valido: «guarire dal sovrappeso». Spero di tutto cuore che voi proseguiate il cammino intrapreso, raggiungendo la meta della nostra impresa comune, altrimenti avrò fatto quello che è sempre stato fatto negli ultimi sessant’anni: vi avrò portato con me nel deserto abbandonandovi alle porte dell’oasi.
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Il regime di consolidamento del peso raggiunto: l’indispensabile fase di transizione Eccovi arrivati al peso ideale, o al peso fissato all’inizio del programma, o al «peso di rassegnazione» accettato come ripiego o come vittoria parziale, nella consapevolezza che l’investimento per continuare è troppo costoso e rischia di far crollare l’intero edificio. Ormai i tempi delle pesanti restrizioni sono finiti, e finalmente potete procedere su un terreno piano. Avete sottoposto il vostro organismo e voi stessi a uno sforzo prolungato e siete stati ricompensati, ma ora c’è un grave pericolo che vi minaccia: il trionfalismo. Il peso che avete raggiunto in realtà non vi appartiene ancora. Siete nella stessa situazione di un viaggiatore il cui treno entra in stazione per una breve sosta, in una città sconosciuta, e vi sentite di casa, anche se non siete mai stati prima in quel posto. Nulla di più avventato: il treno potrebbe ripartire con voi da un momento all’altro. Se decideste davvero di restare, dovreste trasportare le vostre valigie, trovare casa, un lavoro e degli amici. Lo stesso vale per il peso che avete raggiunto: sarà davvero vostro quando vi ci sarete abituati e avrete fatto un minimo sforzo per conservarlo. Abbandonate quindi l’illusione di esservi finalmente liberati dei vostri problemi di peso e di poter riprendere fin da ora le vecchie abitudini. Sarebbe catastrofico, perché le stesse cause producono gli stessi effetti e vi ritrovereste presto con il peso di partenza. Del resto, non potreste continuare all’infinito il tipo di alimentazione di assalto che avete appena adottato. Chi potrebbe accettarlo? Il sovrappeso che vi aveva indotti a seguire questo regime, soprattutto se era notevole, o peggio recidivo, non era sicuramente casuale. Che fosse dato da una predisposizione famigliare o semplicemente acquisito, questa informazione è ormai memorizzata nel vostro computer, sul vostro disco rigido e non si cancellerà più. Dovete quindi trovare, per il futuro, un mezzo, il meno limitante possibile, da inserire per sempre nel vostro stile di vita per lottare contro questa tendenza e non ingrassare più. Il mezzo in questione esiste ed è oggetto della quarta fase del programma e del suo regime di stabilizzazione finale. Voi, tuttavia, non ci siete ancora arrivati, perché il vostro organismo è reduce dalle restrizioni del regime intrapreso nei mesi passati. Siete sempre candidati all’aumento ponderale, e questa tendenza a ingrassare è ora amplificata dalle reazioni di difesa dell’organismo scatenate dal saccheggio delle sue riserve. Dovete cominciare a fare pace con il vostro corpo, che non aspetta altro che avere l’occasione per ricostituire le proprie riserve. Il raggiungimento di questo equilibrio è l’obiettivo della fase di consolidamento del peso perso che qui vi propongo e che, alla fine, vi condurrà alla meta sognata da tutti coloro che vogliono dimagrire: la stabilizzazione definitiva con una semplice astuzia, una giornata di sicurezza alla settimana, che sarà il tema della quarta e ultima fase del programma Dukan. Per essere in grado di seguire la fase di stabilizzazione che sto per proporvi, è bene comprendere il motivo per cui attualmente siete troppo vulnerabili e perché il vostro corpo è troppo esasperato e troppo sensibile al fenomeno del rimbalzo per poter passare subito alla fase finale. Dopo questa breve ma utile spiegazione teorica, vedremo nei particolari come mettere in pratica la fase di consolidamento, quali nuovi alimenti introdurre e per quanto tempo. Il fenomeno del rimbalzo Quando un organismo perde parecchi chili sotto l’effetto di una dieta efficace, compaiono diverse reazioni che concorrono a fargli recuperare lo stesso peso. Come mai? Per capire che cosa succede, è necessario comprendere che cosa rappresenta la formazione di grassi di riserva per un organismo normale. L’accumulo di grassi, quando si segue un’alimentazione che apporta più calorie di quante se ne
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consumano, è un mezzo semplice per risparmiare un surplus di calorie che non sono utilizzabili al momento, ma che è comunque importante conservare per potersene servire successivamente, qualora le fonti alimentari dovessero esaurirsi. Questo è il mezzo più semplice inventato dalla natura per immagazzinare energia nella forma più concentrata che si conosca nel regno animale (1 grammo di grassi sviluppa 9 calorie). Nell’epoca moderna, in un mondo in cui gli alimenti sono facilmente accessibili, occorre interrogarsi sulla ragion d’essere di tali meccanismi. Ancora una volta, è opportuno ricordarsi che la nostra struttura biologica non è stata concepita per il mondo attuale, ma è nata in un’epoca in cui l’accesso agli alimenti era occasionale, casuale e rappresentava la ricompensa di un’attività intensa, se non di un combattimento spietato. Il possesso di questi grassi oggi considerati imbarazzanti deve aver rappresentato, per i primi uomini, un prezioso strumento di sopravvivenza. Vale a dire che un organismo, la cui programmazione biologica si è evoluta ben poco dalle origini a oggi, attribuisce sempre la stessa importanza ai grassi, che considera rassicuranti e preziosi, e reagisce ancora con una certa preoccupazione al loro saccheggio. Un organismo che dimagrisce corre il rischio di trovarsi completamente sprovvisto davanti al minimo incidente di percorso alimentare. Ecco perché, se si sentirà biologicamente minacciato, reagirà. E tutte le sue reazioni saranno finalizzate a un solo e unico obiettivo: riconquistare il più rapidamente possibile i grassi persi. Per fare ciò, il vostro corpo dispone di tre mezzi estremamente efficaci: • Il primo mezzo consiste nell’attivare e acuire la sensazione di fame, responsabile del desiderio nei confronti del cibo; tale reazione sarà tanto più forte quanto più il regime è stato frustrante. Sul piano biologico e istintivo, la maggiore frustrazione alimentare è quella scatenata dai pasti sostitutivi in polvere, causa, nelle diete troppo rigide e prolungate, di reazioni bulimiche e comportamenti compulsivi. • Il secondo mezzo adottato dall’organismo consiste nel ridurre il dispendio energetico. Quando il salario di un lavoratore diminuisce, la sua prima reazione è di risparmiare. Un comportamento simile è quello che viene messo in atto a livello biologico. Ecco perché, durante le diete dimagranti, sono molti i pazienti che si lamentano di diventare freddolosi: è la conseguenza della riduzione delle «spese di riscaldamento». Lo stesso discorso vale per l’affaticamento, sensazione che ha lo scopo di evitarci sforzi inutili. Tutte le attività intense diventano faticose, ogni gesto si compie al rallentatore. La memoria e il lavoro intellettuale, grandi consumatori d’energia, ne risentono ugualmente. Allo stesso modo il bisogno di riposo e di sonno, fonti di recupero energetico, si fa più urgente. I capelli e le unghie crescono più lentamente. In pratica, nel corso di un dimagrimento prolungato, l’organismo, per adattarsi, entra in letargo. • Infine, la terza reazione, la più efficace e la più pericolosa sia per chi tenta di dimagrire sia per chi tenta di stabilizzare il peso raggiunto, consiste nell’assimilare appieno le calorie alimentari e trarne il massimo profitto. La persona che normalmente assume 100 calorie da un innocente panino al latte, al termine della dieta arriverà a prenderne 120-130. Ogni alimento sarà passato al setaccio e cederà tutta la sua essenza. Questo aumento dell’assorbimento delle calorie acquisite dagli alimenti avviene nell’intestino tenue, l’interfaccia fra l’ambiente esterno e il sangue. Aumento dell’appetito, riduzione di ogni forma di dispendio e assimilazione massima delle calorie operano in modo sinergico per trasformare la persona dimagrita in un’autentica spugna per le calorie. È il momento in cui in genere il paziente, soddisfatto dei risultati ottenuti, si illude di poter
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finalmente abbassare la guardia e cedere alle vecchie abitudini: è la causa più naturale e frequente del recupero del peso perso. È quindi al termine di una dieta efficace, quando si raggiunge il peso desiderato, che sarà importante essere prudenti. Questo periodo è detto di rimbalzo perché, come una palla che tocca il suolo, il peso tende a rimbalzare. Quanto dura il periodo di rimbalzo? Al momento non si conoscono mezzi naturali né terapeutici per contrastare il fenomeno del rimbalzo. Il modo migliore per tutelarsi consiste innanzitutto nel conoscerne la durata per rispondere con una strategia alimentare appropriata, da portare avanti per tutto il lasso di tempo necessario. Ho osservato a lungo e con pazienza questa reazione metabolica su un numero significativo di pazienti e sono giunto alla conclusione che il periodo ad alto rischio di recupero ponderale dura circa 10 giorni per chilo perso, cioè 30 giorni per 3 chili, 100 giorni per 10 chili. Attribuisco grande importanza a questa regola perché, ancora una volta, è la vaghezza o l’assenza di informazioni a rappresentare il rischio maggiore per qualsiasi persona che ha appena terminato una dieta. Conoscere il pericolo e la sua durata aiuta notevolmente il paziente ad attraversare il periodo di transizione e ad accettare meglio quell’ulteriore sforzo indispensabile per neutralizzare il rimbalzo. Il semplice trascorrere del tempo senza trasgressioni eccessive permetterà al suo organismo reattivo, conservatore e sempre in allerta, di abbassare la guardia. Alla fine del tunnel lo aspettano un mare calmo e il mio programma di stabilizzazione definitiva, con le sue tre semplici misure concrete e indolori, tra le quali rientra il già citato giovedì delle proteine pure. Nel frattempo dovrà seguire un nuovo regime, un regime di apertura ma non dimagrante. Non è certo ancora un regime libero da ogni vincolo, ma costituisce piuttosto una sorta di libertà vigilata per dominare le reazioni eccessive dell’organismo e impedire il rimbalzo del peso. Come scegliere il peso «stabilizzabile»? È difficile entrare nella fase di stabilizzazione, soprattutto se, per quanto disposti a qualunque sacrificio pur di non riprendere mai più il peso perso, non si ha un obiettivo ponderale preciso, quello di un peso gratificante e che si possa mantenere nel tempo. Ritengo questo aspetto estremamente importante, perché ho assistito troppo spesso a fallimenti causati principalmente da una scelta irrealistica del peso ideale. Esistono molte formule teoriche che tentano di definire il peso ideale in funzione della statura, dell’età, del sesso e dell’ossatura di una persona. Tutte queste formule sono applicabili in teoria, ma tendo a diffidarne, perché riguardano soggetti statistici che non esistono nella realtà. Esse non prendono in considerazione una caratteristica dell’obeso per nulla trascurabile, vale a dire la sua predisposizione a ingrassare. Preferisco pertanto sostituire a quella di peso teorico la nozione più valida di peso stabilizzabile, perché non è detto che coincidano. Il metodo migliore per calcolare il peso stabilizzabile consiste nel domandare alla persona stessa di definire il peso che le risulta più facile raggiungere e a partire dal quale si sente «bene nella propria pelle». Questa richiesta ha due scopi. Innanzitutto gli obesi o le persone fortemente in sovrappeso hanno modo di constatare che vi sono livelli di peso nei quali dimagriscono facilmente, altri in cui diventa più difficile e altri ancora in cui, qualunque sia il regime intrapreso, il peso resta misteriosamente fermo. A partire dalla loro esperienza nasce il concetto di «stallo», che è difficile da superare. Tentare di stabilizzare il peso a questo livello non avrebbe senso, perché lo sforzo necessario a
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raggiungerlo è sproporzionato rispetto al risultato ottenuto. Nell’ipotesi in cui questo peso fosse raggiunto, per mantenerlo sarebbero necessari troppi sforzi, insopportabili per un lungo periodo. Inoltre, nei casi di sovrappeso cronico, do molta più importanza all’aspetto del benessere che non al valore simbolico di una cifra astratta e considerata normale. La persona predisposta al sovrappeso non può essere considerata alla stregua di tutti gli altri. Questa osservazione non ha un significato peggiorativo, ma sottintende semplicemente che non si deve consigliare a qualcuno un peso di stabilizzazione inadeguato alla sua natura. Ciò di cui ha bisogno è di vivere con un peso in cui si sente a proprio agio. E mantenerlo rappresenta già una prodezza. L’obeso, infine, deve tenere conto del peso massimo e di quello minimo toccati nel corso delle grandi variazioni ponderali del suo fisico. Il peso massimo raggiunto, a prescindere dalla lunghezza del periodo, è rimasto registrato per sempre nel suo organismo. Facciamo un esempio concreto: immaginate una donna alta 1,60 metri, che per un solo giorno della sua vita abbia pesato 100 chili. Per lei è impossibile sperare di stabilizzarsi a 52 chili come potrebbero suggerirle le tabelle teoriche. La memoria biologica del suo organismo conserverà il ricordo di quel peso massimo e non lo cancellerà mai più. Proporle di raggiungere e mantenere i 70 chili sembra, sulla carta, assai più sensato, a patto però che la donna in questione si senta già a suo agio con questo peso. Vi è poi un altro luogo comune di cui conviene sbarazzarsi. La maggior parte degli obesi e dei meno grassi immaginano di potersi stabilizzare con più facilità a un certo peso se perdono qualche chilo in più rispetto a quelli previsti, in modo tale da avere un margine di sicurezza che dia loro il tempo di adattarsi. Voler raggiungere, per esempio, i 60 chili per poi stabilizzarsi a 70 è più che sbagliato: è una colpa, perché uno sforzo di volontà così spropositato verrà meno nel momento di iniziare la fase di stabilizzazione. Inoltre, non dimentichiamo che più si tenta di diminuire il peso di un organismo, più questo sarà reattivo e tenderà a rimbalzare verso l’alto. In conclusione, è necessario scegliere con cura un peso stabilizzabile sufficientemente elevato perché lo si possa raggiungere senza perdersi per strada, ma abbastanza basso da essere gratificante e dare un senso di benessere tale da sentirsi motivati a mantenerlo. Si tratta di quello che definisco «il Giusto Peso»: un parametro differente dall’IMC (Indice di Massa Corporea), che a mio parere non può essere utilizzato per determinare un peso individuale e fissare un obiettivo strategico. Come si determina il Giusto Peso? Questo peso è per definizione individuale. Per essere adeguato ed efficace deve tener conto del sesso e dell’età differenziando dal punto di vista morfologico l’uomo dalla donna, e, soprattutto, le diverse esigenze di dimagrimento tra l’uno e l’altra. Lo stesso vale per l’età: ogni decade deve aumentare il peso di equilibrio di 800 grammi per la donna e di 1.200 grammi per l’uomo. Inoltre le possibilità di raggiungere un determinato peso a 20 o a 50 anni sono diverse. Ma in questa ricerca del Giusto Peso bisogna anche tener conto del fattore ereditario. Di conseguenza, non è possibile chiedere a una donna proveniente da una famiglia di obesi di raggiungere lo stesso peso di una donna proveniente da una famiglia di costituzione magra. Ma, soprattutto, è assolutamente indispensabile considerare la storia di sovrappeso di un individuo, il momento cruciale di inizio della sua sregolatezza, l’infanzia, l’adolescenza, la prima pillola contraccettiva, la gravidanza, la premenopausa, uno stress maggiore, una cura farmacologica o una depressione. Ogni caso è a sé stante e deve essere valutato prima di stabilire l’obiettivo finale. È poi importante tener conto di quella che io definisco «apertura ponderale», cioè lo
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scarto tra il peso minimo rilevato dopo i 20 anni e quello massimo raggiunto durante le gravidanze. Questa apertura conferma quanto risulta nella memoria biologica del corpo, dalla quale non può essere cancellato. Inoltre una serie di regimi dietetici che non hanno prodotto risultati e altri regimi dai quali il corpo non si rimetterà mai del tutto hanno portato a situazioni di disagio, sia fisico sia psicologico. Il più conosciuto tra questi regimi è quello dei pasti sostitutivi in bustina o in polvere, così lontani dalla natura umana. L’uomo non è programmato per nutrirsi di polveri. Può farlo per un tempo estremamente limitato, ma soprattutto, se dimagrisce nutrendosi di queste polveri, può sviluppare una reazione di tipo contrario che lo renderà purtroppo resistente ad altri metodi naturali. Il digiuno basato sulla sola assunzione di acqua porterà invece a una riduzione della massa muscolare, perché l’organismo deve ricavare dal tessuto muscolare le proteine necessarie per la sua sopravvivenza. Tuttavia il digiuno è più naturale dei pasti sostitutivi in polvere: basti pensare a un predatore che in mancanza di prede è costretto a digiunare per qualche giorno. Come si è visto, esistono numerosi parametri che intervengono nel calcolo del Giusto Peso la cui conoscenza è indispensabile per stabilire un percorso da seguire. Vi consiglio di consultare il mio sito: www.dietadukan.it. Online troverete un questionario gratuito con diciassette domande. Compilatelo e otterrete immediatamente il calcolo del vostro Giusto Peso. Saprete allora esattamente come comportarvi. Pratica quotidiana del regime di transizione Siete giunti alla fine del regime delle proteine alternate e sulla bilancia avete visto comparire per la prima volta la cifra fatidica, il vostro Giusto Peso, quello che all’inizio di questo percorso avevate sperato di ottenere. Come molte persone prima di voi, presi dall’entusiasmo, avreste la tentazione di continuare il regime di proteine alternate per garantirvi un margine di sicurezza. Non fatelo, ormai il dado è tratto, avete voluto questo peso, lo avete raggiunto, e ora dovete raccogliere tutte le vostre energie per tentare di mantenerlo. Non è una pura formalità, perché nei primi 3 mesi successivi al raggiungimento del peso desiderato si verifica un fallimento su due. Durata del regime di transizione la durata del regime di transizione va calcolata in funzione del peso smaltito, e cioè sulla base di 10 giorni per ogni chilo perso. Se avete appena perso 20 chili, sarà necessario quindi seguirlo 20 volte per 10 giorni, ovvero per 200 giorni, cioè 6 mesi e 20 giorni; per 10 chili persi saranno necessari 100 giorni. Chiunque può calcolare facilmente su questa base il tempo esatto che lo separa dalla stabilizzazione definitiva. Vi darò perciò fin da ora il regime di stabilizzazione? No, come ho già detto in questo momento siete troppo vulnerabili: assomigliate a un sub che risale dalle profondità e deve rispettare la fase di decompressione. È questa la funzione del regime che invece vi illustrerò. Per tutta la durata della fase di consolidamento del peso, seguirete dunque nel modo più fedele possibile il regime che vi presento ora, nel quale potrete consumare a piacere i seguenti alimenti. Le proteine e le verdure Finora, e per tutta la durata del regime di crociera, vi siete alimentati alternando periodi di sole proteine a periodi di proteine + verdure. Conoscete dunque bene queste due categorie di alimenti. Ormai l’alternanza non serve più, proteine e verdure sono a vostra completa disposizione, le potete consumare associate e sempre a volontà. Proteine e verdure costituiscono lo zoccolo duro e irriducibile sul quale baserete la fase di consolidamento che ora ci interessa, alla quale farà seguito quella di stabilizzazione definitiva.
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Queste due categorie alimentari di fondamentale importanza potranno essere consumate per il resto della vostra vita, senza alcun limite di quantità, all’ora che vorrete e nelle dosi e negli abbinamenti preferiti. Si tratta di alimenti che ormai conoscete bene, ma ve li ricordo brevemente per evitare ogni malinteso. Per avere informazioni più dettagliate, troverete l’elenco completo nei capitoli dedicati al regime d’attacco e a quello delle proteine alternate. Gli alimenti sono i seguenti: • le carni magre, i tagli meno grassi di manzo, il vitello e il cavallo; le frattaglie; • il pesce e i frutti di mare; • il pollame (escluse l’oca e l’anatra) senza pelle; • le uova; • il tofu e il seitan; • i latticini magri; • 1 litro e mezzo abbondante di acqua; • le verdure cotte e crude. A partire da questa base ormai nota, il vostro consolidamento prevede di integrare nuovi alimenti che migliorano la vita quotidiana e che potete introdurre fin da subito nelle proporzioni e nelle quantità illustrate di seguito. Una porzione di frutta al giorno Parliamo ora della frutta, considerata l’emblema dell’alimentazione sana. Ciò è in parte vero, in quanto si tratta di un prodotto assolutamente naturale e privo di sostanze tossiche. È inoltre un’ottima fonte di vitamina C e di carotene. Queste due proprietà, sebbene importanti, sono esaltate eccessivamente da due preoccupazioni recenti della civiltà occidentale: il desiderio di un ritorno incondizionato al naturale e la fiducia nelle virtù magiche delle vitamine. In realtà tutto quello che è naturale non è necessariamente benefico, e le vitamine non sono tanto indispensabili quanto farebbe intendere una moda importata dagli Stati Uniti. In effetti la frutta è l’unico alimento naturale che contiene quelli che i diabetologi definiscono zuccheri ad assimilazione rapida. Tutti gli altri alimenti che ce li forniscono sono concepiti ed elaborati dall’uomo. Il miele, per esempio, è una secrezione animale, una specie di latte di crescita destinato solo alle larve: noi lo sottraiamo alle api e ce ne appropriamo per il solo piacere del palato. Lo zucchero raffinato, quello bianco, non esiste in natura. È un alimento artificiale estratto industrialmente dalla canna da zucchero o chimicamente dalla barbabietola. La stessa frutta selvatica è un alimento che per la sua non facile reperibilità per molto tempo è rimasto un semplice ornamento per la tavola. Solamente la sua coltivazione intensiva e selettiva ci dà oggi l’illusione che sia banale procurarsela. La maggior parte della frutta molto dolce, infine, come la banana e il mango, è importata da luoghi lontani ed esotici, ed è stata introdotta in tempi relativamente recenti nella nostra alimentazione grazie ai progressi dei mezzi di trasporto. Questo spiega probabilmente le allergie talvolta gravi, in alcuni casi mortali, scatenate da alcuni frutti esotici (kiwi e arachidi). In realtà, la frutta non è il prototipo dell’alimento sano e naturale. Consumata in quantità, può rivelarsi persino pericolosa, in particolare nel diabetico e nella persona in sovrappeso, abituata a mangiucchiarla senza regole. Nella quantità di un frutto al giorno tutta la frutta è permessa, a eccezione di banane, uva, ciliegie e frutta secca (noci, nocciole, arachidi, mandorle, pistacchi e anacardi). La giusta porzione corrisponde a un frutto nel caso di mela, pera, arancia, pompelmo, pesca, prugna o pesca noce. Per la frutta di dimensioni maggiori o minori, ci si regola nel modo abituale: una coppa di fragole o di lamponi, una fetta di melone, una bella fetta di anguria, due kiwi, due albicocche, un mango piccolo o mezzo mango medio.
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Potete mangiarne una razione al giorno, e non a pasto. In ogni caso, potendo scegliere, nell’elenco che segue ho indicato in ordine decrescente la frutta migliore per il consolidamento del peso: la priorità va alla mela che, molto ricca di pectina, è particolarmente benefica per la linea, seguono le fragole e i lamponi per il basso valore calorico, dotate inoltre del merito di gratificare anche la vista, il melone e l’anguria per l’elevato tenore di acqua e per il basso valore energetico, a condizione di non superare la quantità consigliata, il pompelmo, e infine il kiwi, la pesca, la pera, la pesca noce e il mango. Due fette di pane integrale al giorno Se avete predisposizione al sovrappeso, prendete l’abitudine di evitare il pane bianco. È un alimento snaturato a causa della sua lavorazione, impastato con una farina il cui grano è stato separato artificialmente dall’involucro, la crusca. Se questa separazione facilita notevolmente la produzione delle farine industriali, il pane bianco che ne deriva è un alimento eccessivamente raffinato, artefatto e di rapidissima assimilazione. Il pane integrale, il cui gusto è comunque gradevole, contiene una proporzione naturale di crusca. E quest’ultima è un alleato di prim’ordine. La sua struttura vegetale, il suo involucro fibroso è sufficientemente solido da resistere agli attacchi della vostra digestione. Per questo motivo accelera il transito intestinale e crea nel colon uno schermo di protezione tra la parete intestinale e le scorie che possono concentrarsi in questa zona. Attenzione! Non fate confusione tra la crusca di grano e quella di avena: la crusca di grano del pane integrale è una fibra insolubile, mentre quella di avena è solubile, quindi tende a gonfiarsi nello stomaco e a dilatarlo fino al raggiungimento del senso di sazietà. Inoltre trattiene nell’intestino una parte dei glucidi, dei lipidi e dei sali minerali assunti con il cibo e di conseguenza riduce l’apporto calorico. Per il momento, siete ancora sottoposti a stretta sorveglianza, perché la minima trasgressione può portarvi al fallimento, ma al termine della fase di consolidamento non dovrete più temere il pane, che potrete consumare normalmente, alla sola condizione che si tratti di pane integrale o, meglio ancora, di pane arricchito con crusca. Se vi piace il pane a colazione, potete imburrare leggermente le due fette di pane integrale concesse con un burro a ridotto tenore di grassi. Oppure potete mangiare questa dose di pane quando vi è più gradito, a mezzogiorno, per un panino con carne fredda o prosciutto, o di sera con il formaggio, che è il prossimo alimento da aggiungere alla vostra lista. Una porzione di formaggio al giorno Di quale formaggio si tratta e in quali quantità è concesso? Per il momento avete diritto a tutti i formaggi a pasta cotta, mentre sono da evitare i formaggi fermentati e grassi. Per la quantità, vi consiglio una dose di 40 grammi. Non amo particolarmente pesare gli alimenti, ma ci troviamo in un periodo di transizione destinato a concludersi in fretta: 40 grammi rappresentano una porzione standard, adatta alla maggior parte degli appetiti moderati. Scegliete il pasto che preferite, mezzogiorno o sera, ma assumete questa porzione in un unico pasto. Che dire dei formaggi stagionati? Autentiche opere d’arte del gusto, non sono del tutto proibiti, ma abbiate pazienza: nel capitolo sui pasti della festa, troverete una piacevole sorpresa. Due porzioni di cibi amidacei la settimana Gli alimenti reintrodotti che abbiamo elencato sopra possono essere assunti quotidianamente. L’assunzione dei cibi amidacei e dei pasti della festa sarà invece settimanale. Più precisamente, per quanto riguarda queste due tipologie di alimenti, la fase di consolidamento andrà divisa in due parti. Dopo aver calcolato la sua durata sulla base di 10 giorni per chilo perso, dividete questa fase in due parti uguali. Nella prima avrete diritto a una porzione di cibi amidacei alla settimana, nella seconda a due porzioni: questo eviterà un inserimento troppo rapido di cibi ricchi di zuccheri. Vediamoli ora nei dettagli.
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Il termine amidaceo, ossia cibo ricco di carboidrati complessi, si riferisce ai tuberi come la patata, agli amidi come il pane e la pasta, e ai cereali come il riso o il mais. Tuttavia per noi, in questa fase di consolidamento in cui la prudenza è la regola, i farinacei non sono tutti uguali. Ve li propongo di seguito in ordine di interesse decrescente. • Le paste alimentari contengono gli amidi più adatti al nostro scopo: sono infatti prodotti con grano duro, la cui struttura vegetale è molto più resistente rispetto a quella del grano tenero. Questa resistenza alla scomposizione rallenta la digestione e l’assorbimento degli zuccheri. Inoltre, la pasta è un alimento apprezzato da tutti e raramente associato all’idea di dieta, il che gratifica l’obeso che è reduce da un lungo periodo di restrizioni. Infine, e soprattutto, la pasta è un alimento consistente e saziante. Il suo unico limite è legato alla preparazione, che in genere prevede l’uso di burro, di olio o di panna e di formaggio: questo ne raddoppia il valore calorico. Mangiate pure la pasta: una porzione corretta equivale a circa 220 grammi, ma evitate di aggiungervi grassi usando piuttosto una salsa di pomodoro fresco con cipolla e aromi. Se avete fretta, potete ripiegare sulla passata o la polpa di pomodoro a pezzettini in scatola. Quanto al formaggio, mettete una spruzzata di parmigiano, non troppo pesante e dal gusto corposo. • Il cuscus, la polenta, il bulgur e i chicchi di grano interi sono permessi nella dose di 200 grammi, due volte alla settimana. Anche se in generale questi alimenti sono meno diffusi e utilizzati, derivano anch’essi dal grano duro e per questo godono delle stesse proprietà della pasta. Il cuscus è sovente considerato un alimento lungo e complesso da preparare, perciò consumato esclusivamente al ristorante. Non privatevi inutilmente di un cibo così prezioso e utile al consolidamento del peso. Per prepararlo in modo rapido, mettete la semola precotta in un recipiente non metallico e aggiungete dell’acqua, a cui avrete unito un dado, fino a coprirla di un centimetro abbondante. Lasciate che i granelli si gonfino per 5 minuti. Mettete il tutto nel microonde per 1 minuto, quindi sfornate i granelli e schiacciate gli eventuali grumi con una forchetta. Rimettete nel microonde per un altro minuto e il gioco è fatto. Non aggiungete grassi, basta il dado. Sono concessi anche la polenta, il grano duro in chicchi e il bulgur libanese, da consumare in quantità e preparazioni simili. • Le lenticchie sono un’altra ottima fonte di amido, perché contengono zuccheri che in natura sono assimilati più lentamente. Purtroppo richiedono lunghi tempi di preparazione, non sono apprezzate da tutti e, peggio ancora, talvolta sono mal tollerate perché possono provocare meteorismo. Per chi le ama e le tollera, sono un ottimo alimento di consolidamento, estremamente saziante. La porzione concessa, in questa fase, è pari a 220 grammi. Anche in questo caso, per cucinarle evitate i grassi, e utilizzate piuttosto pomodoro, cipolla e aromi. Le altre leguminose meritano la stessa attenzione e sono permesse in uguali quantità e con una preparazione sempre priva di grassi. I fagioli, i piselli secchi e i ceci appartengono a questa famiglia, che incontra in genere poco favore perché si tratta di alimenti ancor meno tollerati delle lenticchie. Sono però ottimi sotto il profilo nutrizionale. • Il riso e le patate sono concessi ma, come potete constatare, si trovano in fondo all’elenco dei cibi amidacei, e vanno quindi assunti solo occasionalmente, dando la preferenza agli alimenti che li precedono. Il riso va consumato di preferenza integrale, a meno che non vi troviate al ristorante giapponese o cinese, e senza l’utilizzo di grassi, scegliendo le varietà più saporite come il Basmati, il riso selvatico o il riso integrale, di lenta assimilazione grazie alle fibre. La porzione concessa è pari a 125 grammi per il riso bianco, e a 220 grammi per quello integrale pesato cotto. Le patate devono essere cucinate con la buccia o cotte in un cartoccio di carta di alluminio e senza aggiunta di grassi. Le patate fritte o, peggio ancora, le patatine confezionate sono fra i pochi alimenti che vi consiglio di eliminare completamente non solo perché
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trasudano olio e calorie, ma anche perché si tratta di cibi pericolosi sul piano della prevenzione delle malattie cardiovascolari e del cancro. Le altre carni Finora avevate diritto alle parti magre del manzo e del vitello e a quasi tutti i tagli di cavallo. Adesso potete aggiungere il cosciotto d’agnello, l’arrosto di maiale e il prosciutto cotto, senza limiti di quantità e quando preferite, una o due volte la settimana. • Il cosciotto è la parte più magra dell’agnello. Scartate però accuratamente la prima fetta, lo strato esterno, per due importanti ragioni. La prima è che il grasso che circonda il cosciotto non si stacca facilmente e lascia sempre un residuo che incide inevitabilmente sull’apporto di grassi e calorie che ingerite. Inoltre, perché un grosso cosciotto di parecchi chili sia ben cotto all’interno, è necessario che la temperatura sia molto elevata: a questi livelli di calore, il grasso carbonizza e diventa cancerogeno. Se vi piacciono le parti ben cotte, prendete la seconda fetta, perché è più sicura. • L’arrosto di maiale è un altro alimento concesso perché, assieme al prosciutto, è la parte più magra dell’animale, ma solo a condizione di scegliere il filetto e non la lombata, che contiene esattamente il doppio delle calorie. Tenetelo a mente. • Il prosciutto cotto. Ormai non dovete più limitarvi ai prosciutti light. Potete gustare liberamente questo alimento saporito, comodo da trasportare e da consumare anche come snack, a qualunque ora della giornata, avendo tuttavia cura di scartare il grasso che circonda il muscolo. Evitate anche il prosciutto crudo tradizionale, che per il momento non è ancora consentito. Ecco quindi le categorie alimentari che costituiscono la piattaforma del vostro regime di transizione. A rischio di ripetermi, vi ricordo che non si tratta di un regime alimentare definitivo, e tanto meno dimagrante. È un regime sano ed equilibrato, che ha l’unica funzione di aiutarvi ad attraversare un periodo tumultuoso nel quale il corpo, scombussolato dalla recente perdita di peso, tenta con ogni mezzo possibile di riprenderlo. Dieci giorni per ogni chilo perso sono il tempo necessario affinché il corpo metabolizzi questa perdita, si rassicuri e accetti il nuovo peso che tentate di imporgli. Al termine di questa fase, tornerete alla spontaneità alimentare 6 giorni su 7. È una prospettiva che dovrebbe darvi il coraggio e la pazienza necessari per arrivarci con successo. In ogni caso, sapete qual è la vostra meta e quanto tempo vi occorrerà per raggiungerla. Ma non è tutto. Per completare questo regime di transizione, devo ancora darvi due notizie importanti: una buona e una necessaria. Cominciamo da quella buona. Due pasti «della festa» alla settimana Come già indicato per i cibi amidacei, nella prima metà della fase di consolidamento avrete diritto a un pasto «della festa» una volta alla settimana, per passare a due nella seconda metà. Per chiarire, vi faccio un esempio: avete perso 10 chili, quindi la vostra fase di consolidamento durerà 100 giorni. Dividete questi 100 giorni in due parti uguali di 50 giorni. Nei primi 50 avrete diritto di assumere un cibo amidaceo e un pasto della festa una volta alla settimana. Nei successivi 50 giorni potrete concedervi due cibi amidacei e due pasti della festa alla settimana. Insisto sul termine «pasto», perché spesso, e benché io lo specifichi espressamente, molti pazienti interpretano erroneamente questa indicazione, estendendo la regola dei due pasti a due intere giornate. In che cosa consiste un pasto della festa? Un pasto della festa sostituisce, in pratica, uno qualsiasi dei tre pasti principali della giornata, ma il mio consiglio è di scegliere la cena, per avere il tempo di gustarlo e per evitare che si sovrapponga a impegni di lavoro, con il rischio di dover rinunciare a qualche piacere. In occasione di questi due pasti sarete liberi di consumare qualunque tipo di alimento, e soprattutto quelli che vi sono mancati di più nel lungo periodo del dimagrimento.
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Vi sono tuttavia due regole da rispettare: non servitevi mai due volte della stessa portata e fate in modo che a un pasto della festa non ne segua immediatamente un altro. È concesso tutto: un primo, un secondo, un dessert o un formaggio, un aperitivo, un bicchiere di vino, il tutto in buona quantità, ma una volta sola. Questi pasti vanno poi distanziati il più possibile. Date al vostro corpo il tempo di riprendersi. Se, per esempio, avete scelto il martedì a mezzogiorno per godervi il primo pasto della festa, evitate di fare il bis il martedì sera. Lasciate almeno l’intervallo di un pasto fra questi due momenti piacevoli, approfittando magari del fine settimana e delle cene fuori casa. Per chi sogna una grigliata di maiale, un risotto, una porzione di lasagne o un qualunque altro piatto sostanzioso, è il momento di approfittarne. Per chi aspetta da tempo di concludere con un vero dessert, una fetta di torta al cioccolato o un gelato, eccovi accontentati. Per chi ama il buon vino, lo champagne o l’aperitivo, via libera. Potete accettare finalmente, prima una e poi due volte alla settimana, i numerosi inviti che rimandate da tempo. Molti, arrivati a questo punto e ormai abituati al nuovo modo di alimentarsi, temono il ritorno ai vecchi sapori ed esitano a concedersi queste libertà a tavola. State tranquilli, i pasti della festa sono stati inclusi in modo coscienzioso. Fanno parte di un tutto che li integra e li compensa per mantenere, in modo corretto, l’equilibrio generale. Questi pasti non sono semplici proposte, ma vere e proprie regole che dovete seguire alla lettera. Il programma Dukan è un programma globale: eliminarne una parte significherebbe correre il rischio di ridurne l’efficacia. Vi è infatti un aspetto non materiale dell’alimentazione che non va affatto sottovalutato: il piacere. Nutrirsi non significa solo ingerire le calorie necessarie alla sopravvivenza, ma è molto di più: significa provare piacere. Questo piacere biologico, questa ricompensa vitale che vi sono stati preclusi nella fase del dimagrimento, adesso potete reintegrarli. Poiché parliamo del piacere del palato, approfitto per darvi un consiglio prezioso e fondamentale per la stabilizzazione definitiva. Vi raccomando di non sottovalutarne l’importanza. Quando mangiate, specie se si tratta di cibi ricchi e saporiti, pensate a ciò che mangiate, concentratevi su quello che avete in bocca e su ogni minima sensazione che questo cibo vi procura. Numerosi studi condotti da diversi nutrizionisti tendono oggi a dimostrare il ruolo fondamentale delle sensazioni orali nell’elaborazione del senso di sazietà. Tutte le sensazioni gustative delle mucose della lingua, tutti i movimenti dovuti alla masticazione e al deglutire sono percepiti e analizzati dall’ipotalamo, il centro cerebrale responsabile della fame e della sazietà. L’accumulo di queste sensazioni innalza il livello sensoriale che porta il senso di appagamento. Mangiate lentamente concentrandovi su ciò che avete in bocca. Evitate di consumare alimenti calorici davanti alla tv o mentre leggete, perché così facendo si dimezza l’intensità delle sensazioni che raggiungono il cervello. I nutrizionisti spiegano in questo modo il dilagare dell’obesità infantile così diffusa negli Stati Uniti, dove i bambini mangiucchiano tutto il giorno davanti al televisore per poi arrivare, una volta adulti, a nutrirsi in ogni momento della giornata. Approfittate quindi senza riserve di questi due momenti piacevoli, con la certezza che non vi costeranno nulla. Ricordate però che ci sono due condizioni. • La prima è di importanza capitale. Questo momento di ritrovata libertà alimentare ha dei limiti temporali ben precisi: per ora è circoscritto solo a uno e poi a due pasti. Non rispettare questi limiti può indurvi a uscire dal percorso tracciato. È un pericolo che non va sottovalutato. Se, per esempio, avete deciso di scegliere il martedì sera per il primo pasto della festa, è il mercoledì mattina che si gioca il futuro della vostra stabilizzazione. Dopo aver aperto una porta, avrete la forza di richiuderla, o sarete fra quelli che, al risveglio e presi dall’entusiasmo, non
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riescono a trattenersi dallo spalmare sul pane un abbondante strato di marmellata? Questi due pasti della festa sono brevi schiarite nel grigiore alimentare, pensate per aiutarvi a resistere finché il vostro corpo accetterà il nuovo peso. Sono parte integrante del regime di transizione che ho studiato, integrando ogni alimento che era possibile concedervi. Superare questi limiti comporterebbe il rischio di far tremare l’edificio che avete costruito con tanta pazienza. • La seconda condizione riguarda la corretta comprensione di questi due appuntamenti. Il pasto della festa è destinato ad assicurarvi una certa dose di piacere alimentare, ma non vi consente certo una rivincita. Chi prende questa concessione come un pretesto per abbuffarsi, non ne ha chiaro il fine e rischia di maltrattare il suo organismo. Lo scopo di questi due pasti è di ridarvi un certo equilibrio. Mangiare fino alla nausea o bere fino a ubriacarsi sarebbero comportamenti squilibrati. Anche se il giorno successivo ritornerete, come previsto, alla piattaforma di consolidamento, questo ritmo sincopato comprometterebbe le possibilità di raggiungere un’effettiva stabilizzazione del peso. Quindi, se volete un consiglio, mangiate ciò che desiderate, servitevi dosi abbondanti, ma evitate di consumare due volte lo stesso piatto. Comportatevi a casa vostra o dagli amici come fareste al ristorante, dove è inusuale chiedere il bis. Un giorno di proteine pure alla settimana: il giovedì Ora siete in possesso di tutte le informazioni necessarie per affrontare il regime di consolidamento. Ormai sapete che cosa mangiare in questo periodo di tempo, facile da calcolare e necessario al corpo per accettare il nuovo peso. Manca però ancora un elemento chiave, indispensabile per la sicurezza della fase di stabilizzazione. Un’alimentazione variata, completa dei due pasti della festa, non è sufficiente da sola a garantire il perfetto controllo sul peso in un periodo così reattivo. Per questo motivo ho aggiunto, come misura di sicurezza, un giorno alla settimana di proteine pure, di cui avete già verificato la grande efficacia. Come ormai ben sapete, in questo giorno avete diritto agli alimenti ricchi di proteine. Vi ricordo le grandi categorie: le carni magre, tutti i pesci e i frutti di mare, il pollame senza pelle, le uova, gli affettati light, il tofu e il seitan, i latticini magri e i circa 2 litri di acqua. Ancora una volta queste categorie di proteine alimentari possono essere consumate senza limiti, quando volete e negli abbinamenti che preferite. La giornata di proteine pure è sia il motore sia la cintura di sicurezza del regime di consolidamento. È l’unico momento della settimana che pone dei limiti, ma è il prezzo da pagare per tenere sotto controllo la situazione, fino a quando la tempesta non si sarà placata. Anche in questo caso, il prezzo non è negoziabile. Attenetevi rigorosamente alle regole previste per questa giornata, altrimenti non iniziatela nemmeno, perché sarebbe fatica sprecata. Inoltre, rispettate il più possibile la scelta del giovedì come giorno delle proteine pure. La cadenza settimanale è uno dei motivi della sua efficacia. Se per un qualche motivo professionale o sociale si tratta di una giornata incompatibile con una simile alimentazione, scegliete il mercoledì o il venerdì e non abbandonatelo più. Se una volta, eccezionalmente, vi trovate nell’impossibilità di seguire il regime il giovedì, fatelo il mercoledì o il venerdì, ma la settimana successiva tornate al giovedì. Non prendete però l’abitudine alle deroghe. Non dimenticate la vostra predisposizione all’obesità. Non è certo per fare un piacere a me che seguite questa giornata di proteine, ma per contrastare la vostra natura di obesi e la vostra estrema facilità a ingrassare. Non scordatelo: siete i soli interessati al buon funzionamento di queste precauzioni. Se vi trovate in vacanza o in viaggio, mantenete l’impegno. Se siete in luoghi in cui è difficile reperire o preparare alimenti proteici, potete ricorrere alle proteine in polvere. Di questo argomento parlerò più avanti. È un mezzo semplice ma puntuale per rispettare il vostro appuntamento settimanale.
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La crusca d’avena Nella fase di consolidamento deve essere mantenuta la dose di 2 cucchiai da minestra di crusca d’avena. Questi vanno ad aggiungersi alle due fette di pane consentite, e se siete abituati a consumare la vostra crusca per colazione, tenete il pane per la sera associandolo magari al formaggio. L’attività fisica Nella fase di consolidamento potete tornare a 25 minuti di camminata quotidiana. Si tratta del minimo obbligatorio, ma se ci avete preso gusto e avete del tempo in più potete approfittarne. Camminare è la più redditizia delle attività sia sul piano delle calorie consumate – se diventa un’abitudine praticata con costanza – sia su quello del benessere. Infatti l’attività più naturale e umana è quella che provoca un elevato innalzamento dei livelli di serotonina e di endorfina, i due mediatori chimici alla base del piacere, dell’armonia e dell’approccio biologico alla felicità. Se soffrite di stress o siete irritati per qualche ragione, se vi sentite depressi, mentalmente affaticati, se vi è stato fatto del male, se vi sentite abbandonati o soli, andate a camminare, nutritevi di ciò che vedete intorno a voi e che incontrate, e vi assicuro che tornerete in uno stato migliore rispetto a quando siete partiti. Una fase da non trascurare Siete giunti al termine della descrizione del regime di consolidamento del peso. Per concludere, ci sono quattro argomenti che desidero affrontare, che vi metteranno in guardia dal pericolo di trascurare questa fase fondamentale del programma. Una tappa indispensabile In questa terza fase del programma Dukan, non potrete più contare sullo stimolo e l’incoraggiamento dato dalla progressiva perdita di peso. Potreste essere portati a chiedervi quale sia la ragion d’essere di questo regime intermedio, nel quale non siete ancora né del tutto liberi, né sottoposti a grandi restrizioni, e sentirvi tentati di allentare la sorveglianza o, almeno, di fare qualche strappo alla regola. Non fatelo: se trascurerete questa tappa di consolidamento, tutti i chili persi con tanta fatica torneranno in fretta. Sarete anzi fortunati se non ne aggiungerete qualcuno in più. La progressiva resistenza al regime Oltre alla sensazione di frustrazione e fallimento causata dal recupero del peso perso, esiste un altro pericolo ancor più carico di conseguenze per chi segue numerose diete senza portarne a termine nemmeno una: la resistenza al regime. Chi dimagrisce e ingrassa più volte diventa sempre più «immune» al dimagrimento. Questo significa che, dopo ogni fallimento, sarà ancora più difficile perdere di nuovo peso. L’organismo manterrà una specie di memoria dei regimi alimentari subiti e farà sempre più resistenza ai nuovi tentativi. Ogni fallimento apre la porta a un nuovo fallimento. Se avete già tentato invano un certo numero di diete, non aspettatevi di dimagrire con la stessa rapidità di chi lo fa per la prima volta, anche se, come ho già detto, le due prime fasi di questo programma sono il nucleo del regime che causa le minori resistenze e che combatte nel modo più efficace l’effetto delle immunizzazioni precedenti. La memoria dei primati raggiunti Ogni volta che il corpo ingrassa e raggiunge un nuovo record ponderale, i meccanismi di regolazione che governano la vostra fisiologia registrano il ricordo di questo peso massimo: è l’obiettivo che il vostro corpo cercherà senza sosta di raggiungere. Dimagrire equivale a nutrirsi di grassi e di colesterolo Questa è forse la conseguenza più grave legata al dimagrimento: ogni volta che si perde peso, l’organismo subisce un’aggressione di cui pochi sono consapevoli. A ogni tentativo di dimagrimento, consumate i grassi di riserva, e quando perdete 10 o 20 chili è un po’ come consumare 10 o 20 chili di burro o di strutto.
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Nel corso del dimagrimento, nel sangue, e quindi nelle arterie, circola una grande quantità di colesterolo e di trigliceridi. A ogni contrazione del cuore, questo sangue ricco di grassi tossici inonda le arterie e si deposita sulle loro pareti. Dimagrire è di grande utilità per il benessere psichico e fisico, e il rischio rappresentato dalla circolazione di questi grassi è di gran lunga compensato dai vantaggi che ne trarrete. Siate tuttavia molto cauti nell’intraprendere una dieta dopo l’altra, specie se si tratta di regimi velleitari che sospettate non vi daranno alcuna possibilità di stabilizzarvi. Chi prova invano a dimagrire una o due volte all’anno, si ritrova nella medesima situazione di una persona con il colesterolo alto. Non si tratta di un tentativo di intimidazione, ma di mettervi in guardia contro un pericolo reale e poco conosciuto, sia dai pazienti sia da molti medici. Per tutti questi motivi, voi che avete avuto la possibilità di dimagrire, fate la cosa più logica: consolidate il peso che vi è caro e, al momento opportuno, passate alla stabilizzazione definitiva.
Promemoria per il regime di consolidamento La durata del regime di transizione si calcola in funzione del peso perso, sulla base di 10 giorni della nuova dieta per ogni chilo perso. Se avete perso 20 chili, dovrete quindi seguirlo 20 volte per 10 giorni, cioè 200 giorni, vale a dire 6 mesi e 20 giorni; per 10 chili serviranno 100 giorni. Su questa base ognuno potrà calcolare facilmente il tempo esatto che lo separa dalla stabilizzazione defnitiva. Per tutta la durata della fase di consolidamento del peso, dovrete portare avanti il più fedelmente possibile il seguente regime con i relativi cibi permessi: • gli alimenti proteici del regime di attacco; • le verdure del regime di crociera; • 1 porzione di frutta al giorno, tranne banane, uva e ciliegie; • 2 fette di pane integrale al giorno; • 40 grammi di formaggio stagionato; • 2 porzioni di amidi alla settimana; • cosciotto d’agnello e arrosto di maiale (filetto); • 2 cucchiai di crusca d’avena. • Dovrete inoltre fare almeno 25 minuti di camminata al giorno. E per coronare il tutto: • 2 pasti della festa alla settimana. Ma come regola imperativa: • 1 giorno di proteine (regime d’attacco) alla settimana, non inter cambiabile e non discutibile.
La stabilizzazione definitiva Per chi ha intrapreso il mio programma e lo ha seguito finora, facciamo il punto della situazione. Il regime di attacco vi ha permesso un esordio fulmineo e incoraggiante, il regime di crociera vi ha condotti al peso stabilito e avete terminato la fase di consolidamento, calcolata sulla base di 10 giorni per ogni chilo perso. A questo punto non solo avete eliminato il sovrappeso, ma avete anche attraversato senza inconvenienti il periodo in cui il corpo dimagrito tenta con ogni mezzo di recuperare i chili persi. Il vostro Giusto Peso, che avevate ottenuto, l’avete ormai consolidato. Questo significa che il vostro corpo non è più sulla difensiva. Ha progressivamente ridotto quella reattività estrema che moltiplicava il profitto ottenuto da qualsiasi alimento. Avete ritrovato finalmente il vostro metabolismo di base, che resta tuttavia incline al sovrappeso, poiché ha registrato tutti gli eccessi ponderali precedenti.
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Dal momento che le stesse cause producono gli stessi effetti, a partire da ora avete elevate probabilità di recuperare il peso perso, se non adottate nel vostro stile di vita un certo numero di precauzioni che mirano ad arginare questo rischio. Tuttavia, e qui sta il pericolo, non si tratta più di affrontare un periodo circoscritto attenendosi a regole, vincoli e limiti, ma più semplicemente di gestire il corso normale della vita che reclama i suoi diritti. La misura che dovete adottare in questo programma di stabilizzazione definitiva dovrà integrarsi nelle vostre abitudini per sempre. Pertanto, non sarebbe pensabile imporvi dei limiti gravosi che non potreste rispettare. Inoltre, fino a oggi siete stati guidati da un sistema preciso di regole. Eravate nella morsa di una scommessa o di una sfida che lasciavano poco spazio all’improvvisazione. Ormai state invece per abbandonare la navigazione a vista e prendere il largo, con il rischio di incontrare tempeste e naufragare. Pertanto vi servono nuove regole che siano semplici da seguire, concrete e non troppo restrittive, perché possiate farle vostre per sempre. A questo scopo e per spezzare la fatalità del recupero del peso che affligge l’obeso dopo una dieta, la stabilizzazione definitiva offre, in cambio di quattro misure semplici e poco frustranti, la ritrovata spontaneità alimentare e l’abbandono delle restrizioni che scoraggiano i pazienti. La prima di queste misure è semplice: basta adottare la base alimentare della fase di consolidamento come piattaforma di sicurezza. Tutte le proteine e le verdure a volontà, la frutta, due fette di pane integrale, 40 grammi di formaggio, due porzioni di amidi e due pasti della festa. Questi alimenti costituiscono una base sana, ricca e sufficientemente varia per creare un programma valido. Servitevene come riparo e rifugio nei momenti di crisi o di ripresa del peso. La seconda misura, che già conoscete perché l’avete incontrata nella fase di consolidamento, è il giovedì delle proteine. La terza è un patto tra me e voi, in base al quale vi impegnate a rinunciare all’ascensore e a camminare per 20 minuti al giorno. E l’ultima è semplicemente un trucco, quello di conservare per sempre l’abitudine di assumere 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno. A mio parere queste misure rappresentano ciò che di meno doloroso si può chiedere a un obeso in cambio di una vita alimentare normale 6 giorni su 7. L’esperienza professionale mi porta a pensare che non esista obeso sensato che rifiuti questo accordo. Inoltre, associando tali misure, la stabilizzazione definitiva beneficia di un’arma supplementare, un asso nella manica decisivo: la forza dell’insegnamento che il programma stesso svolge lungo il cammino per perdere e consolidare il peso perso. Per me, che ho messo a punto e attuo questo regime tutti i giorni con i miei pazienti, è chiaro che una persona grassa o obesa, che ha perso 5, 10, 15, 20 o 30 chili, ha acquisito, attraversando le quattro fasi successive dei diversi regimi alimentari, una conoscenza profonda e istintiva del valore degli alimenti che possono aiutarla a dimagrire e a stabilizzare il peso: ha conquistato delle abitudini che non perderà mai più. Iniziando con il regime delle proteine pure, avrà scoperto il potere di questi alimenti vitali quando sono assunti in modo da escludere gli altri due principi nutrizionali. Ormai sa che questi cibi rappresentano un’arma per dimagrire di estrema validità, alla quale potrà ricorrere per il resto della vita. Nel corso del regime delle proteine alternate, avrà imparato che l’aggiunta delle verdure frena il ritmo del dimagrimento, ma anche che questi alimenti vegetali indispensabili non impediscono di dimagrire a condizione che siano preparati senza l’aggiunta di grassi, i principali nemici ormai smascherati. Passando poi alla fase di consolidamento, avrà introdotto progressivamente gli alimenti necessari come il pane, la frutta, il formaggio e alcuni cibi amidacei e, grazie ai pasti della festa,
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avrà ritrovato il superfluo e il piacere senza colpevolizzazione. Così facendo, con il trascorrere dei giorni, avrà integrato nella mente e nel corpo una gerarchia di valori imparando a classificare gli alimenti. È questa costruzione a fasi successive, che passa progressivamente dal cibo vitale a quello superfluo, come pure l’apprendimento istintivo che si viene a sviluppare, a fare di questo programma il regime dimagrante più didattico che esista e che, insieme con le altre misure di stabilizzazione definitiva, apre la porta a un risultato in passato mai raggiunto e nemmeno cercato: la perdita di peso definitiva. Il giovedì proteico Perché il giovedì? Nel periodo della mia vita in cui ho messo insieme i diversi elementi di quello che sarebbe diventato il programma che avete tra le mani, ho sentito l’esigenza di introdurre, nella fase di stabilizzazione del peso raggiunto, un ultimo legame tra me e il paziente, che lo aiuti a ricordare la battaglia intrapresa insieme. In effetti è stata una paziente a farmi riflettere. Una paziente soddisfatta di aver perso parecchi chili senza troppa fatica ma che temeva un ritorno alla «vita normale» e avrebbe voluto non abbandonare completamente il regime d’attacco, che le poteva essere utile come «correttore degli eccessi» quando le capitava di farne. Per accettarlo nel modo migliore aveva trovato un’argomentazione semplice e intelligente: «Non è che un solo giorno alla settimana!» L’idea era buona, così decisi di lì a poco di sperimentarla prescrivendola in maniera formale sulle mie ricette: «Osservare, settimanalmente, un giorno di regime a base di proteine pure». Ho constatato che questa regola veniva rispettata diligentemente per un certo periodo, per poi essere lentamente persa di vista e infine del tutto abbandonata. Così ho deciso di fissare tassativamente il giorno, imponendo arbitrariamente il giovedì. Da allora, e come per magia, tutto è improvvisamente cambiato. I pazienti seguivano la regola e la mantenevano, semplicemente perché non erano loro ad averla determinata: per le persone in sovrappeso non vi è nulla di più difficile di dover scegliere da sole il momento in cui affrontare la prova. Una paziente mi ha chiesto come mai dovesse essere proprio il giovedì e non un altro giorno, e io le ho risposto che il giovedì è «il giorno G». Ovviamente era solo una battuta di spirito, ma esprime appieno il carattere imposto e non negoziabile di questa giornata di riscatto, la cui funzione fondamentale di diga di contenimento per gli abusi della settimana è troppo importante per essere lasciata alla discrezione di chi deve seguirla. Particolarità del giovedì proteico: in che cosa questo giorno di proteine pure differisce dagli altri giorni proteici? Durante la fase di attacco, all’inizio del vostro regime dietetico, vi avevo già descritto nei particolari i 78 alimenti che lo compongono. Vi siete serviti di questi cibi a base di proteine pure nei primi giorni per accelerare i risultati; poi li avete mantenuti integrando a fasi alterne le verdure nel periodo di crociera; in quello di consolidamento ve ne siete serviti per un giorno alla settimana, al fine di controbilanciare l’introduzione di un elevato numero di alimenti. Ma finora eravate protetti da un sistema di regole precise che lasciava poco spazio all’iniziativa e all’errore. A partire da adesso, vi esibirete senza rete. Ormai siete liberi di alimentarvi normalmente 6 giorni su 7, e questo giovedì proteico resta l’ultima e unica diga capace di contenere la vostra tendenza a ingrassare. Questa giornata di proteine dovrà quindi essere rispettata fedelmente, perché anche una sola trasgressione o un minimo errore, alterandone l’efficacia, minaccerebbe la solidità dell’intero edificio. Gli alimenti che compongono il regime del giovedì non hanno tutti la stessa purezza proteica. In questa giornata così preziosa di stabilizzazione definitiva, è bene selezionare e utilizzare
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esclusivamente gli alimenti proteici più puri che, associati fra loro, permetteranno di ottenere il risultato più esplosivo. Si devono limitare o evitare quelli che contengono una certa quantità di lipidi e glucidi, il cui consumo comprometterebbe l’impatto di questa giornata. Pratica del giovedì proteico: la scelta degli alimenti • Le carni magre. Sapete già che le carni di maiale e agnello sono troppo grasse per essere incluse fra le proteine pure. Fra quelle che erano autorizzate, la priorità va data alla carne di cavallo. È forse la più sana e la più magra che si possa acquistare dal macellaio, anche se purtroppo viene sempre meno utilizzata. Segue a breve distanza la carne di vitello, i cui tagli da cucinare alla griglia rientrano nel gruppo delle carni magre. La fesa è il pezzo più adatto al giovedì proteico. L’arrosto è concesso, a condizione di essere ben cotto. La costata è più grassa, andrà quindi consumata gli altri giorni della settimana. Il manzo fornisce una carne il cui tenore di lipidi varia molto a seconda del taglio. Oltre al grasso bollito, la costata e la lombata sono le parti più grasse e non rientrano nella cerchia delle proteine pure. La bistecca e il filetto sono forse i pezzi più magri di questo animale. Tutte queste parti possono essere tranquillamente utilizzate il giovedì. Viceversa, il controfiletto, il muscolo e il lombo, leggermente più grassi e consentiti negli altri giorni della settimana, il giovedì vanno evitati. Ricordate che il manzo deve essere ben cotto, perché la cottura elimina parte dei grassi senza alterare la qualità delle proteine. •Il pesce e i frutti di mare. Parlando del regime delle proteine pure standard, vi avevo permesso tutti i pesci, dai più magri ai più grassi. Ho incluso anche questi ultimi perché il pesce azzurro dei mari freddi (salmone, sardina, sgombro e tonno) è un alimento prezioso, dotato di uno straordinario potere di protezione del cuore e delle arterie, il cui tenore di grassi non supera quello di un controfiletto. Tuttavia, se il loro tenore di grassi è accettabile nella fase di regime continuato, non lo è più indistintamente quando il giovedì proteico rappresenta l’unica diga di contenimento. Se consumate il salmone, non superate i 200 grammi a pasto se si tratta di pesce fresco, e i 150 grammi se è affumicato. Come alternativa, in questa giornata il pesce bianco è il vostro migliore alleato. Oltre alle preparazioni classiche (bollito, al cartoccio, al forno, alla griglia o in padella), una ricetta semplice e originale consiste nel consumarlo crudo. La cernia, la rana pescatrice, l’orata e il merluzzo sono ideali per questa preparazione. Fateli marinare per qualche minuto nel limone tagliati a pezzi sottili o a cubetti, aggiungete sale, pepe ed erbe aromatiche: avrete un antipasto originale, fresco e molto saporito. Il rombo, la triglia e la razza sono i pesci bianchi più grassi, ma lo sono infinitamente meno del pezzo di carne più magro. Potete quindi consumare il pesce bianco senza alcuna preoccupazione. Il granchio, i gamberetti, le cozze, le ostriche e le capesante sono ancora più magri del pesce spinato. Un piatto di frutti di mare può essere un’ottima risorsa e togliervi dall’imbarazzo se, un giovedì, siete costretti ad accettare un invito inatteso al ristorante. Se amate i frutti di mare e ne mangiate grandi quantità, evitate le ostriche più grasse: le varietà da preferire sono le Fines de Claire e le Belon. Conditele con molto limone per profumarle, ma non bevete il succo. •Il pollame e la carne bianca. Fatta eccezione per oca e anatra, il pollame, se consumato senza pelle, è una delle basi migliori per il regime proteico. Tuttavia, il giovedì occorre rispettare alcune condizioni. Per quanto riguarda il pollo, oltre alla pelle, occorre evitare le ali, la parte alta della coscia e il boccone del prete (codrione), da riservare agli altri giorni della settimana. Il restante pollame è autorizzato senza limitazioni. Il tacchino e la faraona sono i più magri in
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assoluto: mangiateli liberamente. Fra le carni bianche non dimenticate il coniglio, che rappresenta un’ottima fonte di proteine pure. Quaglie e piccioni consentono di diversificare il menu e portano aria di festa nel giovedì proteico. Ciascuno di questi animali da cortile si presta a essere preparato in diversi modi. Il pollo è ottimo cucinato arrosto, al forno e allo spiedo. Il giovedì, date la preferenza allo spiedo e abbiate cura di toglierlo subito dal piatto di portata perché non si impregni del suo sugo. Tacchino, tacchinella e faraona si cucinano al forno, innaffiati con acqua e limone per eliminare i grassi. Il giovedì, quaglie e piccioni vanno cotti allo spiedo piuttosto che in pentola. Quanto al coniglio, in questo giorno evitate di condirlo con la senape, come era invece consigliato per il regime di attacco; potete sempre usare una salsa a base di formaggio magro o erbe aromatiche. •Le uova.L’albume è, fra tutti, l’alimento più ricco di proteine. L’albume è tuttavia solo una parte dell’uovo: il tuorlo, destinato alla crescita del pulcino, contiene molti grassi complessi, fra cui il più noto è il colesterolo. Il loro insieme costituisce un tutto equilibrato utilizzabile anche il giovedì. Tuttavia, per chi incontra difficoltà a stabilizzarsi, oppure nei casi in cui la settimana è stata particolarmente rilassata e il giovedì proteico deve fornire un impatto più efficace, sconsiglio di abusare delle uova. Se non volete privarvene, consumate senza limiti solo l’albume. Un’altra soluzione consiste nel preparare le omelette o le uova strapazzate utilizzando un solo tuorlo e due albumi e, se avete una fame da lupi, aggiungete del latte scremato in polvere. Ricordate però che tutte queste precauzioni sarebbero inutili e annullerebbero i vostri sforzi se doveste cucinare le uova con il burro o l’olio. Procuratevi una padella antiaderente di buona marca, e versate sul fondo qualche goccia di acqua prima di cucinare le uova. •I latticini magri. I formaggi freschi e gli yogurt magri hanno il grande vantaggio di essere poveri di grassi. Ma che cosa rimane allora in questi alimenti, che di anno in anno incontrano sempre più il favore del mercato? Rimangono le proteine del latte, le stesse che si utilizzano nella produzione delle proteine in polvere, ma anche moderate quantità di lattosio, uno zucchero che, per quanto ci riguarda, fa la parte dell’intruso. In un regime dimagrante destinato a essere seguito per cinque giorni consecutivi e poi ripreso in alternanza per settimane o mesi, l’esperienza dimostra che la presenza del lattosio non compromette gli effetti della dieta a base di proteine pure e che i latticini magri, unici alimenti freschi e cremosi concessi, possono essere consumati senza limiti, o perlomeno senza superare la quantità giornaliera di 700/800 grammi. Al contrario, in un regime di stabilizzazione definitiva adottato per un solo giorno alla settimana, occorre selezionare gli alimenti in modo ancor più rigoroso per limitare l’apporto di lattosio. Se si confronta la composizione dello yogurt al naturale magro con quella del formaggio fresco magro, si apprende che, a parità di apporto calorico, il formaggio fresco magro fornisce più proteine e meno lattosio dello yogurt. Pertanto, il giovedì, chi è solito consumare i latticini magri dovrà privilegiare i formaggi freschi, per ritornare allo yogurt gli altri 6 giorni della settimana. •L’acqua. Anche in questo caso è opportuno modificare le regole adottate nella fase delle proteine pure. Utilizzato per dimagrire, 1 litro e mezzo di acqua al giorno mi sembra il mezzo migliore per purificare un organismo che brucia grassi. Nel giovedì di stabilizzazione è meglio forzare la dose e passare a 2 litri. Questa misura ha l’effetto di una vera inondazione dell’intestino tenue e ne riduce l’acidità. Diluendo ancor di più gli alimenti, ne riduce l’assorbimento e, come ulteriore vantaggio, accelera il transito intestinale.
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Il lavaggio intensivo associato alla massima concentrazione di proteine produce un’onda d’urto che ha lo scopo non solo di paralizzare la funzione di assimilazione nella giornata di giovedì, ma di prolungare questo effetto per i 2 o 3 giorni successivi, in modo tale da realizzare una media accettabile con gli altri 3 giorni della settimana, quando l’assimilazione è massima. •Il sale. Il sale è un alimento indispensabile alla vita. Il nostro organismo è immerso in una sorta di mare interno (sangue e linfa) la cui concentrazione di sale è simile a quella degli oceani. Il sale è tuttavia nemico di chi, soprattutto donna, cerca di dimagrire, perché, se assorbito in quantità eccessive, rischia di fissare l’acqua e di infiltrarsi nei tessuti già carichi di grassi. Un regime dimagrante privo di sale, tuttavia, porta alla riduzione della pressione arteriosa e, se seguito a lungo, rischia di causare affaticamento. Per questo motivo, nelle fasi di dimagrimento e di consolidamento, il mio programma non impone che una minima riduzione di sale, mentre il giovedì di stabilizzazione la regola sarà più severa: questa giornata dovrà essere infatti il più possibile povera di sale. La limitazione di una sola giornata isolata non è sufficiente a far abbassare la pressione, ma basta per permettere che l’acqua ingerita attraversi rapidamente l’organismo e lo depuri. La depurazione dei tessuti interessa in modo particolare le donne soggette a forti squilibri ormonali che, in certi periodi del ciclo, provocano massiccia ritenzione idrica. Per gli stessi motivi, il giovedì bisogna limitare anche il consumo di senape, mentre aceto, pepe, erbe aromatiche e spezie saranno un utile espediente per compensare tale mancanza. Le proteine in polvere Finora, quando parlavo di proteine, mi riferivo esclusivamente ad alimenti naturali. A parte l’albume, però, nessuno degli alimenti finora considerati era, nel vero senso del termine, costituito da proteine pure. Tutte le nostre attenzioni erano rivolte ai cibi che si avvicinavano il più possibile alla purezza teorica. Tuttavia, ormai da alcuni anni, l’industria alimentare ci propone delle proteine in polvere che si avvicinano, senza raggiungerla, alla purezza desiderata. Se in teoria questi preparati in bustina possono invogliarci, nella pratica presentano alcuni svantaggi che è necessario conoscere prima di optare eventualmente per il loro consumo. Vantaggi e svantaggi delle proteine in polvere •I vantaggi. Da un punto di vista teorico il vantaggio delle proteine in polvere è rappresentato dalla loro purezza. Se tale vantaggio è stato a lungo messo in evidenza dai laboratori che le hanno commercializzate, dal punto di vista pratico tale aspetto non sembra essere così significativo. Nelle prime due fasi del mio programma e fino al raggiungimento del Giusto Peso, la purezza assoluta di queste polveri non dà risultati diversi, né in termini di durata né di perdita di peso, rispetto a quelli garantiti dal consumo dei normali alimenti proteici. Al contrario, nella fase di stabilizzazione definitiva, quando il regime si limita a una sola giornata alla settimana, il loro utilizzo può avere un senso, perché potenzia il risultato del giovedì proteico, ma anche in questo caso il loro consumo è ben lontano dall’essere indispensabile. Va però detto che la presentazione in polvere offre il vantaggio di non sporcare, e di rendere questo prodotto facile da trasportare e da utilizzare in qualunque situazione. Si tratta di un effettivo vantaggio per tutti coloro che hanno una vita professionale intensa o irregolare, e che non possono sedersi sempre a tavola alle normali ore dei pasti. • Gli svantaggi. Il principale inconveniente delle proteine in polvere è dato dal fatto che si tratta di alimenti artificiali. In condizioni di vita normale, l’essere umano non è un animale biologicamente programmato per nutrirsi di cibo in polvere. I nostri organi sensoriali, visivi, tattili, olfattivi e gustativi, così come i centri cerebrali che controllano la sazietà e il piacere orale, ci inducono spontaneamente a nutrirci di alimenti che hanno un aspetto, un gusto, un odore e una consistenza particolari. Alimenti semplicemente umani! E quando dico «umano», non si tratta di una parola campata per aria o con una qualche accezione intellettuale, filosofica
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o morale, ma da prendere alla lettera. Colgo l’occasione per esporvi brevemente l’analisi delle cause che provocano attualmente il problema del sovrappeso sulla base di quanto ho potuto verificare in trent’anni di esperienza e di pratica sul campo. Come forse tutti sanno, si ingrassa per il troppo mangiare e per il poco movimento. Ma che cosa significa? Siamo esposti a una più che mai abbondante offerta di alimenti e, al contempo, tendiamo alla sedentarietà. Perché allora quaranta milioni di francesi sfuggono al sovrappeso mentre gli altri venti cadono in trappola? Sappiamo come si ingrassa, ma la cosa fondamentale è scoprirne il perché. Perché un terzo dei francesi mangia troppo, non fa abbastanza movimento e ingrassa anche se non vorrebbe? Probabilmente quello che vi dirò vi sorprenderà, ma è quanto ho modo di constatare ogni giorno con ogni paziente che si rivolge a me. Venti milioni di francesi ingrassano perché non riescono ad adattarsi allo stile di vita moderno. Uno stile di vita rapido, ricco e comodo ma che non offre più a questo terzo della popolazione la giusta dose di piacere di vivere, di felicità e di appagamento. Momentanea o di vecchia data, congiunturale o strutturale, questa carenza di piacere autentico danneggia la qualità della vita di venti milioni di persone, che trovano nel cibo una via di fuga di estrema efficacia. Ed è proprio perché sono insoddisfatti e non si adattano allo stile di vita moderno che perdono il valore delle cose naturali, dell’istinto e dell’umano. Ed eccoci tornati a queste polveri che ci propongono di fare un passo in più verso l’artificiale in un campo fondamentalmente istintivo e investito di una delle più forti cariche emotive: l’alimentazione. Una polvere bianca, anche se edulcorata e aromatizzata, non produce stimoli capaci di eccitarci. Nutrirsi è sì ingerire una certa quantità di energia e di nutrienti, ma è soprattutto, e sempre più, il bisogno di compensare lo stress della vita moderna, concedersi un piacere fondamentale dato dalla soddisfazione degli organi sensoriali e degli istinti. Tutti i nutrizionisti sanno che le cure prolungate a base di proteine in polvere causano, alla lunga e per reazione, inevitabili attacchi di bulimia, manifestazioni di massima instabilità che escludono ogni speranza di stabilizzazione. Per questo motivo, semplice ma fondamentale, un’alimentazione del genere non può e non deve che essere occasionale. Mi limito qui ad accennare agli altri inconvenienti, per informare tutti i neofiti persuasi dalla pubblicità che propone un dimagrimento molto facile. È la verità, ma sappiate che a queste condizioni il recupero ponderale sarà ancora più veloce senza raggiungere mai il Giusto Peso. • Il primo inconveniente è il prezzo. Dimagrire con delle bustine può essere molto oneroso. • Il secondo inconveniente riguarda la loro purezza e qualità. Bisogna evitare le proteine vegetali spesso incomplete e limitarsi ad assumere quelle del latte o del bianco d’uovo. Inoltre, non vanno confuse le proteine pure con i pasti sostitutivi, la cui ripartizione di proteine, lipidi e glucidi è simile a quella di un qualunque pasto tradizionale, senza però il piacere di mangiare. • Il terzo inconveniente è la loro totale mancanza di fibre, che può provocare una stipsi ostinata. In conclusione, se usate per un tempo prolungato, le proteine in polvere presentano un numero considerevole di inconvenienti, anche seri. Se assunte in modo circoscritto e occasionale possono rivelarsi utili, in sostituzione di un pasto eccessivamente calorico, nei casi in cui non ci sia tempo per mangiare o magari al posto del panino «al volo». Rinunciare all’ascensore Questa regola è parte integrante del mio programma di stabilizzazione. Tutti, soprattutto coloro che hanno perso molti chili, e sanno quanto gli sia costata questa impresa, devono accogliere questo semplicissimo consiglio, quello di non usare più l’ascensore. In un periodo in cui si vendono stepper e altri attrezzi costosi, in cui il costo degli abbonamenti alle palestre grava sul nostro budget, perché non considerare le scale come l’opportunità di fare un piccolo esercizio
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gratuito da includere nelle attività giornaliere? Viene consigliato un po’ su tutte le riviste di fare le scale a piedi, e anch’io ho preso l’abitudine di prescriverlo sulle mie ricette, constatando che è molto efficace. Salire o scendere le scale è un’attività che sollecita la contrazione dei muscoli e consente di consumare in poco tempo parecchie calorie. Inoltre, permette al cuore della persona sedentaria di cambiare regolarmente il suo ritmo e svolge un’azione di prevenzione contro l’infarto. Ma questa regola, oltre a rappresentare un espediente efficace per bruciare calorie, ha un senso più profondo. Permette di verificare più volte al giorno la propria determinazione a non ingrassare più. Ai piedi di una scala, o davanti alla porta di un ascensore, ogni candidato alla stabilizzazione si ritrova simbolicamente di fronte a una scelta che gli permette di misurare la sua determinazione. Affrontare la rampa e salire con entusiasmo è una scelta semplice, utile, logica, una sorta di conferma che il mio lettore ha fiducia nel programma. Scegliere l’ascensore con il pretesto della fretta o di una borsa troppo pesante è l’inizio della rinuncia che sta avendo la meglio. Un programma di stabilizzazione dove non si accetta di fare questo piccolo investimento è destinato al fallimento. Optate quindi per le scale. 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno, per tutta la vita Ho già lungamente parlato della crusca d’avena: credo di aver detto tutto, ma aggiungerò un’esperienza fatta sul campo. Ho riscontrato che le pazienti, le lettrici e le utenti del mio sito che ottenevano migliori risultati in tempi prolungati e una stabilizzazione di lunga durata erano coloro che utilizzavano regolarmente la crusca d’avena, e in particolare le crêpe, che assumevano nella dose di due al giorno: una la mattina e una a metà pomeriggio. Credo che oltre ai suoi effetti nutrizionali sulla perdita di peso e sul senso di sazietà, la crusca d’avena, così come l’abbandono dell’ascensore e il giovedì a base di proteine pure, siano delle sentinelle di protezione che vegliano su di voi, assicurandovi che siete sempre in gara e che avete in mano gli strumenti necessari per fronteggiare il pericolo. In pratica, dovete semplicemente integrare i 3 cucchiai nel vostro quotidiano. Niente vi impedisce di assumerne 4 se ne avete voglia o ne sentite il bisogno. Piccola precauzione di utilizzo Nella misura in cui la crusca d’avena è un alimento che rallenta l’assorbimento dei nutrienti, mi sono chiesto: se agisce positivamente contro la stipsi, può avere un’azione simile sulle vitamine e su alcuni farmaci? La risposta è affermativa. Ma l’effetto è minimo, sia sulle vitamine sia sui farmaci. E fino alla dose di 3 cucchiai, non c’è nulla da temere. Alcuni pazienti hanno superato questa quantità: in tal caso è consigliabile aggiungere un supplemento multivitaminico o, nel caso si prendano farmaci, è opportuno attendere un’ora dall’assunzione della crusca (ripeto, solo quando si superano i 3 cucchiai al giorno).
Promemoria per il regime di stabilizzazione definitiva 1. Ritornare a un’alimentazione normale 6 giorni su 7, tenendo come base e piattaforma di sicurezza gli alimenti del consolidamento. 2. Fare tesoro degli insegnamenti e delle abitudini acquisite nelle diverse fasi del programma. 3. Mantenere per tutta la vita la giornata sentinella del giovedì a base di proteine pure. 4. Vivere come se gli ascensori non esistessero. 5. Assumere 3 cucchiai al giorno di crusca d’avena per tutta la vita. Dimenticare una di queste 5 misure rischia di indebolire il proprio controllo sul peso. Trascurarle tutte equivale a recuperare, a medio termine, tutti i chili persi.
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Personalizzazione e monitoraggio I due principali agenti per il successo e la tutela del programma Dukan Il capitolo che segue è il frutto di quanto ho avuto modo di apprendere nel corso degli ultimi due anni. Intendo infatti tenere informati il più possibile i lettori sulle ricerche e gli sviluppi riguardanti il mio programma. Ho scritto la prima versione di questo libro, dedicata al pubblico francese, nel 2000. Quest’opera ha avuto un destino che auguro a ogni autore che ritenga di avere un messaggio da trasmettere. Era il mio diciottesimo libro, ed è stata un’avventura folle. Je ne sais pas maigrir (Non riesco a dimagrire) è diventato nel giro di qualche anno un libro di riferimento, un libro che ha tracciato da solo la sua strada rendendomi orgoglioso e pieno di gioia. Apparso timidamente sul mercato, ha subìto nel primo anno la sorte di tutti quei testi non sponsorizzati dagli organi di comunicazione e dalla stampa: la minaccia di vendere poco e di finire ben presto nel dimenticatoio. È stato nel secondo e terzo anno che ha trovato il suo pubblico e lo ha conquistato. È accaduto in seguito un fenomeno raro, che né io né il mio editore abbiamo del tutto compreso: le sue vendite sono salite alle stelle, e ha raggiunto livelli raramente toccati da uno scrittore francese, piazzandosi nelle classifiche, alla fine del 2007, subito dopo Harry Potter. I forum Il merito di tale successo è dovuto all’entusiasmo delle sue lettrici che, avendone tratto beneficio, hanno iniziato un passaparola e hanno dato l’impulso decisivo alla diffusione del libro parlandone su Internet. Nel giro di quattro anni sono stati creati 144 siti, forum e blog da persone anonime e volontari, donne principalmente, che sono diventate le effettive insegnanti del mio metodo senza conoscermi. Il primo gruppo fu il mitico «Le figlie di maggio» sul forum di aufeminin.com di cui ignoravo l’esistenza, finché una paziente venuta per un consulto me ne parlò. Immaginate la mia curiosità verso quanto stava accadendo. Era un po’ un’innovazione in quel periodo. Tutto era iniziato con la testimonianza di una donna sergente maggiore piena di energia e di un’incredibile gentilezza. Sopranos, questo era il suo pseudonimo, aveva perso 30 chili leggendo il libro che avete tra le mani ed era così contenta che la sua gioia e la sua empatia divennero contagiose. Israella era una giovane israeliana, una ragazza dolce e mamma di due piccole principesse per le quali aveva deciso di dimagrire. C’erano anche Eve, Vahinée, Maritchou e tante altre delle quali non ricordo più i nomi. Due anni dopo il forum, sommerso da troppe utenti e persone che davano la loro testimonianza, è esploso ed è stato trasferito su siti prestigiosi come Doctissimo, Seniorplanet, Supertoinette eccetera. Successivamente alcune donne ingegnose e probabilmente con una certa padronanza tecnica crearono il loro portale e fiorirono i Dukanos, le Dukanettes, le Figlie del dottor Dukan, la Dudufamily, le Duduches… e poi blog dai quali ricevo regolarmente affettuose testimonianze di fiducia. Un successo internazionale Parallelamente il programma si è aperto verso altri Paesi e culture. I diritti del libro sono stati acquistati da editori stranieri: inglesi, coreani, thailandesi, spagnoli, brasiliani, polacchi e, ovviamente, italiani. Lo stesso successo francese del metodo che avevo creato e messo in pratica artigianalmente per i miei pazienti e poi per un più largo pubblico di lettori si stava propagando attraverso forum e stampa in altre culture così diverse come quella brasiliana e quella coreana. Ho ricevuto, dopo alcune presentazioni all’estero, numerose lettere di utenti, giornalisti e medici che mi testimoniavano la loro simpatia e mi comunicavano i risultati ottenuti seguendo il mio metodo. Tutti dicevano che, sebbene fosse francese, non sembrava straniero. Gli oltre 100 alimenti che, compongono le due fasi dimagranti sono universali, perché interamente presi dal patrimonio alimentare umano. Le 78 proteine e le 28 verdure costituiscono la base dell’alimentazione umana, così come la conosceva in origine chi cacciava
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proteine e raccoglieva verdure. Non conosco Paese al mondo che non consumi tali alimenti. In più la dicitura «a volontà» che li accompagna risponde a un istinto naturale di ogni essere vivente. Quando il bisogno si fa sentire, è necessario bere o mangiare finché non si ha più sete o fame; si tratta cioè di tornare all’equilibrio biologico. Questo bisogno è più forte se raddoppiato da una voglia o esigenza di tipo psichico o affettivo. È proprio il conteggio delle calorie, l’autolimitazione di fronte all’alimento offerto e che ci induce in tentazione, a essere contro natura e fonte di frustrazione. UNA BREVE DIGRESSIONE SULLE DIETE IPOCALORICHE Oggi, dopo più di trent’anni di pratica quotidiana di nutrizione applicata al trattamento del sovrappeso e dell’obesità, sono convinto che uno dei motivi di fallimento nella lotta contro il sovrappeso in tutto il mondo sia l’ostinazione a voler adottare un regime a basse calorie (ipocalorico) e a volerlo perpetuare. Se in teoria questo regime è il più logico tra quelli esistenti, in pratica è uno dei peggiori. Perché? Perché non tiene minimamente conto della mentalità di colui che ingrassa. Sembra che il conteggio esatto delle calorie tenga in considerazione solo la razionalità e la fredda logica delle cifre, ma ignori tutto ciò che riguarda la parte emotiva, il piacere e il bisogno di compensazione sensoriale che risulta essere la ragione dell’aumento di peso. Il regime ipocalorico vi dice che mangiate troppo o che mangiate male. Questa affermazione è vera, ma non spiega la ragione del vostro comportamento. E aggiunge che ingrassate perché assumete troppe calorie: se le riducete, dimagrirete. I medici che adottano tale metodo dicono: «Vi prescrivo un regime da 1.800 o da 1.500, da 1.200, da 900 o addirittura da 600 calorie, contate le calorie dei vostri alimenti e non superate questa cifra». Questa taratura, che poco si addice a un essere umano, è in vigore dal 1947, prima data in cui ne ho trovato un caso in letteratura. Mangiare di tutto ma in piccole quantità e vivere la giornata misurando ogni alimento senza superare il totale permesso di calorie: questa prescrizione si trova esattamente all’opposto di quanto succede nella testa di una donna o di un uomo che tende a ingrassare. Se gli fosse stato possibile seguire una simile prescrizione o fare simili conti, una persona grassa oppure obesa non sarebbe mai diventata quello che è. Se alcune persone seguendo un regime ipocalorico perdono peso è perché hanno una motivazione fuori del comune e accettano di modificare anche il carattere, mentre perdono peso. Ma cosa succede nell’eventualità che venga raggiunto il peso desiderato? Si può chiedere a una persona che è ingrassata perché ha sempre mangiato di dimagrire senza pretendere che diventi un conta-calorie? Nella mia esperienza ho avuto a che fare con uomini e donne che vivono la loro vita alimentare sulla modalità del «tutto o niente», del «non sto bene se non agli estremi» o «non conosco limiti». Per quanto riguarda il peso, questi esseri emotivi confidano con candore che sono in grado di passare dal regime più severo all’abbandono più totale senza sapere bene perché. Per mantenere il regime ipocalorico, che è controproducente e contro natura, i loro fautori si nascondono dietro la parola «equilibrio»: mangiate in modo equilibrato. Ma se una persona fosse in grado di mangiare in modo equilibrato non sarebbe mai diventata grassa. Pensate che esista in tutto l’Occidente una sola donna che voglia diventare grassa oppure obesa? Io in più di trent’anni non ne ho incontrate. Se una donna diventa obesa è perché non dispone degli strumenti giusti per resistere al cibo che impone al suo corpo. Chiedere quindi a una donna di questo tipo di non superare le 900 calorie al giorno significa non tenere conto della sua sofferenza e del suo smarrimento. Il regime ipocalorico compie 64 anni quest’anno. Viene insegnato ovunque, e puntualmente fallisce, ma coloro che lo utilizzano non vogliono rendersi conto della sua inutilità. Inoltre per definizione questa prescrizione di ridurre e contare le calorie distrugge ogni speranza di stabilizzazione del peso perso. Il solo caso in cui il regime ipocalorico non è controproducente è il sistema Weight Watchers,
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che tramite una serie di punti prescrive il conteggio alimentare. Tuttavia, nel caso Weight Watchers, non è stata la dieta a essere innovativa ed efficace, quanto piuttosto il sistema delle riunioni, che fu la vera rivoluzione di quel tempo, facendo sì che questo programma riuscisse effettivamente a limitare l’aumento del sovrappeso nel mondo. Tuttavia il regime delle basse calorie senza un effettivo consolidamento è destinato quasi certamente al fallimento. D’altronde tutti i regimi, inclusi quelli dei pasti sostitutivi in polvere, ma per altri motivi, andranno a scomparire perché oggi gli utenti possiedono i mezzi per informarsi e far conoscere la loro esperienza attraverso siti, forum, blog, social network. Spero che sarà proprio la spinta di uomini e donne che seguono un diverso regime dietetico a far scomparire quelli del passato. Il fenomeno bulgaro A partire da questi presupposti si è verificato quello che io chiamo il «fenomeno bulgaro». Una casa editrice bulgara ha acquisito i diritti dell’opera. Non avendo molti mezzi per promuovere il libro, lo ha presentato al suo pubblico senza artifici. Ancora una volta il primo anno sono state vendute poche copie. L’editore stava per abbandonarlo, quando il libro, fedele al suo metodo di divulgazione abituale, il passaparola, ha iniziato la sua ascesa nelle vendite. E in pochi mesi è diventato l’opera più letta nel Paese. Così, il primo quotidiano di Sofia mi ha chiesto di ricevere la sua redattrice a Parigi, e ha pubblicato un eccezionale articolo di cinque pagine che ha acceso la miccia. Eccomi al centro di un fuoco d’artificio che ancora oggi non riesco a spiegarmi, ma che registra uno dei momenti più importanti della mia carriera. La Bulgaria (e anche la Polonia, dove il mio libro è un superbestseller) conta ben 9 milioni di lettori che impazziscono per il mio metodo. Al di là dell’aneddoto, per quanto suggestivo sia, ho iniziato a pensare che questo metodo non mi appartiene più. Mi ha superato ed è diventato di proprietà di tutte quelle donne e quegli uomini che ne avevano bisogno per dimagrire. Ho avuto la possibilità di crearlo, ma doveva vivere la sua vita, aveva un avvenire davanti e tutta la buona volontà e i mezzi per facilitarne la diffusione erano ben accetti. LA PERSONALIZZAZIONE: UNA VIA D’ACCESSO ALLE RAGIONI MIRATE DEL SOVRAPPESO, UN RISVOLTO DECISIVO 20 milioni di casi diversi Ci sono 20 milioni di persone in sovrappeso in Francia, e tra queste figurano anche alcune centinaia di nutrizionisti (in Italia, secondo i dati Istat 2010, vi sono 16 milioni di persone in sovrappeso e oltre 5 milioni di obesi). Nella proporzione di questo rapporto risiede la trappola attuale della lotta contro il sovrappeso. Si è parlato e riparlato di queste cifre e del loro progredire, ma non è stato fatto nulla di concreto, nessuna azione particolare, nessuna breccia è stata aperta in questo edificio di sofferenza e malessere. Cercando il modo di amplificare l’azione prodotta dal libro e dal suo metodo, mi è venuta un’idea folle. Questa idea si basa sul fatto evidente che per quanto siano forti la motivazione e il coinvolgimento dei miei lettori, la mia azione si rivela spesso più efficace se ho modo di rapportarmi direttamente con il singolo paziente. Dico «spesso» perché ho ricevuto testimonianze di lettori che hanno avuto come unico riferimento il libro. Ma mi sembra chiaro che conoscere personalmente l’autore del metodo possa aiutare a ridurre la sofferenza del corridore solitario e permettere di affrontare le fasi di consolidamento e stabilizzazione con maggiore energia e motivazione. La ragione è semplice: tutti ingrassiamo in un modo o nell’altro, ossia ciascuno lo fa a suo modo e per ragioni diverse. Quindi, anche se è possibile dimagrire con un metodo generico, è meglio considerare le motivazioni individuali dei singoli pazienti. In effetti, è più facile dimagrire tenendo conto delle proprie caratteristiche che seguendo un metodo standardizzato. Ci sono dati evidenti che è bene continuare a ripetere. Un’idea folle, quella di una principessa Oltre a questa logica evidente l’idea di cui parlo prese corpo nel momento in cui una mia paziente, una principessa kuwaitiana, tanto ricca e bella quanto obesa e capricciosa, mi confessò che aveva sempre avuto nella vita ciò che desiderava, ma un solo ostacolo offuscava il
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suo orizzonte, e per spiegarsi utilizzò questa frase straordinaria: «Pagando ho sempre ottenuto ciò che volevo, ma non ho trovato un mercenario che potesse fare la dieta al posto mio!» Un giorno vedendomi annotare qualcosa sulla sua scheda, mi chiese perché scrivessi tutto quello che mi diceva durante i nostri incontri. Le risposi che ogni caso era unico e diverso, e il fatto di conoscere bene la personalità della paziente che avevo di fronte mi permetteva di utilizzare ciò che sapevo di lei per aiutarla a dimagrire, e soprattutto per sapere cosa modificare nel suo modo di vivere, nelle sue abitudini e nel suo comportamento, per evitare di riprendere peso. «D’accordo, ma desidererei avere quegli appunti, perché mi riguardano.» Poi, dopo aver riflettuto un attimo, aggiunse: «Potete fare meglio: prendete tutti gli appunti necessari e fate un libro su di me, interamente su di me e sul mio caso. Chiedete il prezzo che volete, sapete che non è un problema». Al di là del guadagno, il progetto mi interessava, perché mi permetteva di prendere in considerazione una vecchia idea folle che covavo da tempo: trovare il modo di scrivere un libro unico e personale in cui il lettore si potesse rispecchiare. Uno studio completo e personalizzato sul sovrappeso, in cui il lettore potesse riflettere sul suo peso, sul suo corpo, gli alimenti che era solito consumare, le sue emozioni. Aggiornare le cause del sovrappeso per aggiornare quei dati e rettificarli. E infine, adattare il mio programma di dimagrimento al caso specifico e aiutare il singolo lettore a dimagrire e a evitare di riprendere i chili persi. Mi sono applicato per capire le ragioni per le quali ognuno utilizza l’alimento a suo modo, e ho scoperto parecchio sulla parte sommersa dell’iceberg. Quella dove l’alimento perde la funzione nutritiva primaria per fornire un nutrimento infinitamente più prezioso: l’apporto di piacere o l’annullamento del dispiacere. Ed è in questo aspetto che ciascuno differisce in modo sostanziale. Nel giro di 3 mesi avevo già la bozza del suo libro, ma questo progetto mi occupava troppo tempo e cominciò a scoraggiarmi. Le feci avere una cinquantina di pagine scusandomi per averne mandate così poche. Quando la rividi qualche mese più tardi era felice e mi annunciò, con mia sorpresa, che era dimagrita e che quelle osservazioni su di lei avevano influenzato positivamente alcuni suoi comportamenti e abitudini scorretti, e di conseguenza il suo modo di mangiare e il suo peso. Era ancora lontana dall’obiettivo finale, ma aveva assistito alla stupefacente sparizione di alcuni chili senza capirne la ragione e ciò dava a quelle pagine un valore quasi magico. Mi chiese di continuare il libro, e le promisi di provarci. Fu ciò che feci: non più su sua richiesta, ma aprendo questo progetto «principesco» a tutti coloro che ne avessero avuto bisogno. Dalla principessa all’informatica Per realizzare questo progetto mi sono rivolto all’informatica, alle nuove tecnologie e all’intelligenza artificiale. Inoltre ho riunito, intorno a questa avventura appassionante ma un po’ folle, altri medici, tutti gli amici specialisti ed esperti che operano nel campo dei disturbi alimentari. Insieme e, animati da autentico spirito di squadra, abbiamo preso in esame migliaia di casi trattati, abbiamo analizzato ed estrapolato tutti i parametri possibili responsabili dell’aumento di peso. Ci siamo basati su 27.000 pagine di dati, informazioni raccolte in tutte le università e i centri di ricerca dedicati al sovrappeso. Gli informatici ci hanno chiesto di strutturare un questionario, uno schema per estrapolare i dati individuali, organizzati per argomenti, partendo dall’età e dal sesso per arrivare fino all’immagine che ognuno aveva di se stesso, passando per i gusti, le abitudini alimentari, la vita affettiva e professionale. Le risposte ottenute permettevano di capire le ragioni individuali di ogni aumento di peso e di classificarle in base al grado di responsabilità. In questo modo sono riuscito a fare una diagnosi individuale del sovrappeso elaborando una
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soluzione specifica. Il tutto sotto forma di dossier personale redatto, impaginato e stampato come un vero e proprio libro, ma rivolto a un solo lettore e dedicato a un unico argomento: il suo personale sovrappeso. Un giorno il responsabile del progetto ci convocò per fare la prima dimostrazione pratica. Fu una mia amica a compilare il primo questionario e di conseguenza ad attivare il programma al computer che analizzò i dati per tutta una notte. Il giorno dopo fummo sorpresi di vedere stampato il primo «Libro del mio peso», il libro di Aliza, che rimase affascinata e interdetta. Successivamente presentai i siti: www.livredemonpoids.com in Francia, www.librodemipeso.com in Spagna e www.myweightbook.com negli Stati Uniti. La prima utente che ha ricevuto la sua copia personale online si chiamava Christiane, una giovane informatica in sovrappeso. Lei possiede il primo libro personalizzato nella storia dell’editoria. Le avevo fatto una dedica personale e da allora siamo in contatto e abbiamo lavorato spesso insieme. Dall’aprile 2004 qualunque persona con problemi di peso poteva, dopo aver risposto alle 154 domande presenti sul sito, ricevere entro 10 giorni e direttamente a casa uno studio personalizzato di 250-350 pagine, secondo la gravità del caso. Nel testo erano esplorate e analizzate tutte le cause del suo sovrappeso, e a partire da questo studio veniva proposta la strategia personalizzata e più adeguata per perdere peso in modo rapido e senza eccessive frustrazioni, ottenendo così risultati duraturi con il minor sforzo possibile. Eravamo fieri di aver creato il primo libro «a lettore unico». Un libro che abbandonava la versione tradizionale per un nuovo modo di scrivere indirizzato al singolo individuo su un tema specifico: il suo sovrappeso. Avevamo iniziato con questo tema perché era quello che conoscevamo meglio. I risultati ottenuti Dopo l’uscita del programma nel 2005 abbiamo deciso di verificare l’impatto del libro personalizzato sui primi 10.000 iscritti seguiti con cadenza semestrale. Le ultime statistiche a 18-24 mesi hanno mostrato ottimi risultati in termini di perdita di peso, simili a quelli ottenuti con i migliori regimi seguiti in condizioni di buona salute e sotto controllo medico. Ma è allo stadio altamente strategico del dopo-dimagrimento e nella stabilizzazione del peso perso che i risultati conseguiti differiscono in modo importante da tutto ciò che si trova attualmente sul mercato. I risultati su due anni mostrano che il peso ottenuto è stabile nel 63% dei casi raccolti, contro un tradizionale 5% di riuscita e il 95% di fallimenti. Abbiamo imputato questo successo al fatto che un lettore che riceve un’analisi del suo peso effettuata da un gruppo di professionisti e nella quale si ritrova in ogni pagina, in ogni argomento, in ogni consiglio e in ogni ricetta (culinaria), comprende molto chiaramente i suoi punti deboli ma anche quelli forti. Il lettore dovrà correggere alcuni comportamenti errati, ma disporrà degli strumenti necessari per farlo. Riceve una mappa che lo condurrà verso il suo Giusto Peso, tenendo conto dei suoi punti di forza e dei suoi limiti, della sua personalità, della sua infanzia e della sua attitudine a rasserenarsi con il cibo. Questo successo l’attribuiamo alla complessità degli strumenti utilizzati per ottenere qualcosa di così semplice come un libro scritto per voi. Quale noto professionista avrebbe tempo sufficiente per porre 154 domande specifiche? E chi avrebbe anche tempo di analizzare le risposte per capire il singolo caso? Chi può avere l’attitudine a formulare con il giusto tono e la necessaria motivazione una diagnosi così approfondita?
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Quale tipografo stamperebbe una simile opera in un unico esemplare recapitandolo direttamente al domicilio della persona che lo ha ordinato? Noi abbiamo fatto tutto questo stimolati dalla passione e dal piacere di creare una cosa nuova ed efficiente in un mondo in cui tutto sembra essere già stato detto su questo tema. Abbiamo potuto realizzarla, senza i mezzi finanziari e senza appoggiarci alle amministrazioni competenti nel timore che potessero fossilizzare un nuovo progetto, perché siamo tutti volontari appassionati: 32 medici, 4 ingegneri, un web designer, grafici, responsabili di comunicazione e molte persone di buona volontà. La personalizzazione, il suo costo e la sua diffusione «Il libro del mio peso» aveva un costo troppo elevato. La stampa di un unico testo, le spese di spedizione, il costo annuale del sito e il rimborso degli investimenti imponevano un prezzo minimo di 59 euro, che era comunque poco rispetto ai benefici per il lettore, ma era elevato per alcune persone che desideravano ordinarlo. Oggi l’ammortamento degli investimenti iniziali è stato raggiunto e sono partiti i finanziamenti. Di conseguenza è stato possibile diffondere il libro per un costo inferiore di circa la metà rispetto al prezzo iniziale. Questa è stata per noi una grande vittoria, ma riteniamo di poterci ancora migliorare. Durante la Settimana della lotta al sovrappeso abbiamo distribuito 10.000 copie gratuite e proveremo a ricominciare questa operazione sotto l’egida della Comunità Europea e del ministero della Salute. IL MANTENIMENTO PERSONALIZZATO: UN INCARICO INDIVIDUALE, UN’ASSISTENZA COMPETENTE E RASSICURANTE, REGOLE CHIARE E PRECISE OGNI MATTINA E RISULTATI DA ANALIZZARE OGNI SERA
Tra il 2004 e il 2008 le statistiche mondiali sul sovrappeso si sono considerevolmente aggravate. L’India e la Cina hanno apportato il loro contributo dopo aver scoperto il modo di vivere occidentale. In Francia come in Italia sono in continuo aumento i casi di obesità, soprattutto infantile e adolescenziale. Disponendo attualmente di questo metodo, ho ritenuto necessario aggiungere altri mezzi per potenziarne i benefici e contrastare in modo più efficace la tendenza all’obesità, peraltro favorita da un ambiente che appare essere indifferente al problema. In effetti, i rappresentanti delle istituzioni e alcuni esponenti della categoria medica sembrano da molto tempo fossilizzati, continuando a ripetere che basta mangiare meno per non ingrassare, muoversi di più e consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. Ogni anno si affronta il discorso di tassare la pubblicità sugli snack e le merendine nelle ore di maggior ascolto da parte del pubblico infantile e di vietare i modelli che promuovono fisici eccessivamente magri. Niente di più. Nel frattempo, nel mondo, un brevetto depositato su due ha lo scopo di ridurre ulteriormente lo sforzo fisico e far risparmiare tempo su una qualche operazione normalmente svolta dall’uomo. Un modo dichiarato di far ingrassare riducendo il dispendio calorico e aumentando lo stress indotto dalla velocità della vita e la compressione del tempo. Parallelamente vengono lanciate continuamente sul mercato nuove linee di snack sempre più appetibili e dalle confezioni invitanti, proposte con messaggi pubblicitari accattivanti e ingannevoli, che mostrano magari testimonial rigorosamente esili, e tutto per vendere grassi e zuccheri a rapido assorbimento di cui conosciamo bene l’effetto ingrassante. Intanto, ogni anno, solo in Francia muoiono dalle 35.000 alle 40.000 persone – e in Italia l’incidenza di mortalità è analoga – a causa delle complicanze legate al sovrappeso, come il diabete mellito tipo II, i disturbi cardiovascolari, le neoplasie, e in particolare il cancro al seno. BISOGNAVA REAGIRE, FARE MEGLIO E DI PIÙ! I tentativi americani Numerose ricerche internazionali hanno dimostrato che una delle armi più efficaci nella lotta al
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sovrappeso consiste nell’essere costantemente seguiti da un professionista. A questa condizione, i risultati ottenuti sembrano essere decisamente migliori, sia per quanto riguarda la perdita di peso, sia per la sua stabilizzazione a medio termine. L’unico problema è reclutare tra milioni di nutrizionisti quelli disponibili ad accettare un simile impegno. D’altra parte, numerosi siti sono stati creati per proporre un piano di dimagrimento attraverso una dieta e un programma di attività fisica. Come presidente di un’associazione internazionale nella lotta al sovrappeso, sono stato invitato negli Stati Uniti per studiare le loro specifiche problematiche. Gli americani, infatti, a dispetto dei loro mezzi, presentano un tasso di obesità superiore a quello degli altri Paesi. Incontrando i miei colleghi d’oltreoceano ho avuto la possibilità di confrontarmi con problemi infinitamente più gravi di quelli a cui ero abituato in Francia, nonostante il proverbiale consumo da parte dei miei connazionali di maionese, salse, formaggi e fegato d’oca. Con i medici americani ho visitato i più importanti siti di dimagrimento online, alcuni dei quali erano stati realizzati grazie al loro aiuto. Su questi siti molto accurati si legge che il metodo proposto è personalizzato, interattivo e garantito da professionisti. In realtà non è così: manca infatti sia di personalizzazione sia di interattività. I siti in questione si limitano a fornire parti di un metodo standardizzato, una sorta di libro con immagini, suoni e video. Certamente questi siti contano su mezzi economici colossali, perché sono quotati in borsa e hanno la possibilità di inviare ogni giorno ai loro iscritti informazioni, ricette e schede di esercizi fisici, ma nulla che tenga conto della loro individualità. Per esempio: un uomo e una donna che si iscrivono nello stesso giorno riceveranno gli stessi consigli, nonostante la loro differenza di età, di peso, di sesso e le loro differenti necessità alimentari. Internet, grazie alla sua diffusione e interattività, poteva offrire una speranza, una effettiva promessa di sostegno destinata a fare la differenza. Una sfida mondiale che avrebbe potuto contrastare l’inesorabile aumento della tendenza al sovrappeso. Ma la promessa non è stata mantenuta per la semplice ragione che questa offerta standardizzata non sembrava deludere gli utenti americani, il cui bisogno di regole era tale da far sì che si accontentassero di questi surrogati. La messa in atto Tornando in Francia ho capito che il futuro della lotta contro il sovrappeso doveva passare per quel mezzo di comunicazione incredibile che è Internet. L’ho compreso perché avevo già acquisito una certa esperienza in termini di servizi personalizzati creando il «Libro del mio peso» e decisi di metterla al servizio del supporto online. Sentivo che potevo portare un aiuto diretto, proprio di chi interagisce con il paziente di persona e sottintende questo messaggio: « Tu sai chi sono, io so chi sei e quello di cui hai bisogno per arrivare al tuo obiettivo nel tempo più breve e con la minima frustrazione». Mi sono quindi lanciato con entusiasmo in questa nuova sfida. Partivo con la convinzione che se ci fossi riuscito, avrei trovato un metodo in grado di combattere l’epidemia di sovrappeso. Per questo motivo ho chiesto ai miei amici, i 32 medici e gli informatici che mi avevano accompagnato nella creazione del «Libro del mio peso», di rimettersi all’opera. Il progetto appassionava tutti, inclusi i nuovi arrivati, americani e canadesi, che si sono entusiasmati per questa nuova avventura. Avevamo acquisito un’esperienza unica al mondo creando il primo libro personalizzato, ma il problema del supporto personalizzato online era diverso. Non si trattava più soltanto di identificare nei minimi dettagli la personalità ponderale dell’interessato, ma era necessario
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seguire questa persona quotidianamente, giorno dopo giorno, chilo dopo chilo. Era necessario adattarsi alla sua mappa, al modo in cui l’avrebbe seguita nella giungla delle sue tentazioni, dei suoi spostamenti, dei suoi viaggi, dei suoi pasti di lavoro, del suo stress, delle sue debolezze così come nei suoi slanci motivazionali. Oltre a tutto questo, era necessario accompagnarlo durante gli inevitabili momenti di crisi dovuti a un arresto della perdita di peso, che avrebbe incontrato anche se avesse seguito scrupolosamente la dieta proposta. L’obiettivo: una persona alla volta, un giorno dopo l’altro dal primo all’ultimo Avevo dunque un obiettivo molto ambizioso, perché desideravo che questo controllo fosse non solo quotidiano, ma anche interattivo. Se mi fossi basato su una comunicazione a senso unico, se avessi dato al mio paziente solo una serie di regole o di informazioni generali, anche se di buona qualità, avrei ottenuto gli stessi risultati dei miei colleghi americani. Desideravo, invece, realizzare un servizio in cui il mio paziente mi fornisse quotidianamente i risultati raggiunti dopo aver messo in pratica i miei consigli, affinché potessi programmare il regime alimentare per il giorno successivo. Per questo motivo abbiamo ripreso il vecchio metodo di lavoro basato sul brainstorming, accoppiando medici e informatici. Con gli esperti di intelligenza artificiale americani siamo arrivati a brevettare un nuovo metodo di comunicazione: il canale EARQ – E-mail AndataRitorno Quotidiana. Questo metodo permette di inviare ogni mattina al nostro interlocutore i nostri consigli e consente a lui/lei di mandarci i risultati raggiunti ogni sera in modo molto rapido e completo, indispensabile per programmare i consigli per il giorno successivo. L’adattamento alle 4 fasi del programma Questo supporto quotidiano interattivo prende per mano il paziente dal primo giorno della fase di attacco per non abbandonarlo più. Giorno dopo giorno, e-mail dopo e-mail, il monitoraggio progredisce lungo la fase di crociera fino al raggiungimento del Giusto Peso. Ma non basta, poiché chi si ferma a questo punto senza seguire le due fasi successive finisce con il riprendere tutti i chili persi. Di conseguenza ci deve essere un controllo continuo nella fase di consolidamento, per tutti i 10 giorni per chilo perso. Il controllo prosegue nella quarta fase, quella della stabilizzazione definitiva. Questa fase, spesso ignorata, non deve cessare, poiché non si guarisce mai totalmente da un eccesso ponderale, in quanto le cellule adipose conservano una specie di «memoria del sovrappeso» a cui tendono sempre. So che a nessuno piace il termine «definitivo» quando si parla di una dieta. Inoltre, per proporre un servizio che possa durare per sempre, è necessario che sia gratuito o che abbia al limite un costo simbolico. Di conseguenza è necessario che le indicazioni fornite siano discrete ma attente, semplici ma vigili e adeguate a qualsiasi emergenza e necessità. Chi dimagrisce non può ignorare che esistono anche momenti difficili in cui si cerca gratificazione nel cibo. La maggior parte delle persone che riacquistano peso nella fase di stabilizzazione definitiva sono quelle che hanno una naturale predisposizione a utilizzare gli alimenti come strumenti consolatori e a compensare le frustrazioni della vita con i piaceri del palato. Il coaching dal volto umano È in questi difficili momenti che si ha più che mai bisogno di una presenza rassicurante e di direttive da seguire. Il coaching dal volto umano è quindi particolarmente indicato in questi casi. Il suo scopo è associare rigore ed empatia, evitare di drammatizzare e di colpevolizzare perché il giudizio conduce alla sconfitta. È certamente indispensabile disporre di strumenti di controllo sull’evoluzione del peso: il rispetto del giovedì proteico, della camminata, l’abbandono delle scale e l’assunzione regolare di 3 cucchiai di crusca d’avena al giorno.
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Ma la missione principale è fare fronte al recupero del peso. Reagire in maniera efficace al primo chilo riacquistato e prima che s’inneschi lo scoraggiamento. Dare risposte adeguate in base all’importanza dei chili recuperati. Sapendo che le difficoltà della vita hanno tutte una fine, bisogna mantenere un’immagine positiva e un’autostima indispensabili per proseguire il progetto. Per questo servono l’empatia e le parole per trasmetterle. La chat in diretta un’ora al giorno Per dare a questo coaching un volto umano, ho pensato che avrebbe potuto essere il mio. Ho deciso quindi di essere presente un’ora al giorno in diretta su una chat. Un’ora nella quale rispondo personalmente alle domande che si pongono i miei pazienti. Nove volte su dieci conoscono già le risposte, ma è porre la domanda che è importante, essere ascoltati, sentire una presenza che serva da spalla per evitare di andare alla deriva e di tornare alle vecchie abitudini. È il compito di una volontà esterna, che assicura il mantenimento della giusta rotta senza essere troppo rigida. Se si ha voglia di cioccolato, c’è un abisso tra il vietare di toccare la tavoletta aperta sul tavolo e dovervi rinunciare perché non ce n’è in casa. È la differenza tra un divieto che si può aggirare e un obbligo per necessità. Il coaching dal volto umano instaura con abilità questa necessità esteriore che libera dall’autocostrizione, da questa scelta che è difficile da imporsi e che si accetta meglio se imposta da un’altra persona. Una scelta che evita la lacerazione e l’eccessivo consumo di energia e di motivazione. È questo il ruolo che io incarno per seguire tutte le persone che, aggredite dalla vita, perdono fiducia. La potenza distruttiva dello stress e delle emozioni negative mina l’immensa soddisfazione di aver ritrovato il proprio peso. Quando si ha la possibilità di percorrere un «lungo fiume tranquillo» il peso rimane sotto controllo senza difficoltà. Ma se sopravvengono una rottura, un abbandono o un tradimento, un licenziamento o un diverbio, un dolore, una malattia, una sconfitta, il senso di solitudine, una gravidanza rifiutata o che non arriva, una depressione, l’ago della bilancia comincia a oscillare dalla parte sbagliata. Ogni mattina sento il rumore della bilancia che scricchiola e dell’ago che va nella direzione opposta. Sento che queste persone hanno bisogno di me, della mia esperienza e dei miei semplici consigli, e sono soddisfatto e fiero di tentare di trovare la risposta che possa evitare ai miei pazienti di affogare nelle loro difficoltà. La stagnazione, prima causa d’insuccesso di una dieta C’è nella mia dieta, come in qualunque tipo di lotta, un momento difficile nel quale il rischio di sconfitta è maggiore, ed è quello che accade nella fase due, la fase di crociera. L’attacco, breve e intenso, ha trovato un corpo che si è lasciato sorprendere e ha perso senza effettiva resistenza dei «chili facili» e dei liquidi. La fase successiva trova invece un corpo combattivo e deciso a difendere le sue riserve. È in questa fase che si combattono le lotte più difficili, e la vittoria è incerta. «Perdo 800 grammi, ne riprendo 600 il giorno dopo, tutto va e ritorna e mi dispero: cosa devo fare, dottore?» Sono questi i momenti a rischio, in cui gli sforzi non sono ricompensati, che i miei pazienti chiamano «le fasi di stagnazione». I motivi della stagnazione Le cause sono numerose e differenti. Ci sono uomini e donne che fanno errori nella loro dieta senza saperlo o che hanno dimenticato di precisarlo nel resoconto che deve pervenirci ogni sera. Altre donne rispettano le regole, ma tendono alla ritenzione idrica e si gonfiano. Alcune hanno mangiato troppo salato la sera prima o hanno bevuto un bicchiere di vino e hanno dimenticato di comunicarcelo. Poi ci sono quelle che assumono antinfiammatori per un dolore reumatico, antidepressivi o,
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peggio ancora, neurolettici. Ci sono anche quelle che hanno fatto parecchie diete, hanno perso e ripreso così tanti chili che il loro metabolismo sembra essere imperturbabile e il loro corpo fa resistenza ai nuovi regimi alimentari. Ci sono donne che ingrassano poco ma perdono peso in maniera insufficiente. Ci sono donne in premenopausa, il momento della vita in cui è più facile ingrassare, e i cui squilibri metabolici portano ritenzione idrica. C’è anche la menopausa conclamata, in particolare quella trattata con terapia ormonale sostitutiva, iniziata troppo precocemente, con dosaggi elevati o seguita in modo sbagliato. Infine, c’è il nemico numero uno, vale a dire i problemi alla tiroide, che si verificano sempre più spesso e che bisogna diagnosticare in fretta per evitare il fallimento della dieta. Vedete bene quanti motivi possono sommarsi e rallentare o bloccare una perdita di peso. Ed è in questo momento di stagnazione che il coaching personalizzato trova la sua ragione di esistere. Permette di individuare la causa del blocco, di trovare una spiegazione, di farla accettare, di indicare una data entro cui la stagnazione avrà fine, un termine di tempo che dia la possibilità di aspettare e di seguire tutti i consigli necessari per far ripartire il dimagrimento. Tornare in fase d’attacco per qualche giorno, aumentare o ridurre le bevande, evitare momentaneamente gli alimenti troppo salati, muoversi di più, inserire 20, 30, 40, 50, 60 minuti di camminata, combattere la stipsi con olio di vaselina o radice di rabarbaro, effettuare una serie di addominali, assumere un drenante, aumentare la quantità di crusca d’avena… Durante la stagnazione, l’esasperante fase della stagnazione, bisogna accettare serenamente il trascorrere del tempo. Ma in questi momenti difficili, in cui il corpo è sulla difensiva, è opportuno capire che non ingrassare è già un successo, poiché al minimo rilassamento, al minimo segno di debolezza, il corpo si prenderà la rivincita e l’aumento di peso sarà moltiplicato. «Fate una giornata di proteine pure come nella fase di attacco e datemi domani, dopo esservi pesati, delle buone notizie!» Ecco ciò che una persona bloccata nel dubbio e tormentata dalle tentazioni aspetta: una promessa, una tappa, una speranza, una presenza e un tono che la rassicuri. Una volta passata la fase della stagnazione, com’è bello il sorriso di una donna che vi ringrazia, di chi, quando non ci sperava più, vede scendere l’ago della bilancia di una tacca! A questo servizio di coaching ho dato il mio nome: Dietadukan.it. In Francia il servizio è attivo dall’aprile 2008… e ne sono fiero. Mi porta la stessa gioia che mi danno i consulti in studio. È più misterioso, perché non conosco il viso di coloro con cui parlo, ma ciò lascia più spazio all’immaginazione. Questo servizio ha festeggiato i due anni e i suoi risultati mostrano chiaramente che l’idea di fondo era buona. Quasi 40.000 iscritti compilano ogni sera il loro resoconto giornaliero e ricevono il mattino dopo le nuove regole. Il 75% di loro partecipa in diretta alla chat a cui ho il piacere di dare vita ogni giorno per un’ora. Nel corso di questi 60 minuti prendo per mano questa comunità composta in maggioranza da donne che spesso soffrono e cercano qualcuno che dia loro una linea direttiva e non le abbandoni durante la prova. La maggior parte di loro ha cominciato leggendo il libro che avete in mano. Si sono sentite pronte a lanciarsi da sole in questa avventura a tappe e sono partite con la mappa molto precisa proposta dal metodo. Alcune, più fragili di altre o più resistenti al programma per aver abusato di regimi ipocalorici, hanno sentito il bisogno di essere inquadrate e hanno integrato questo servizio di assistenza. Per la maggior parte sono donne che hanno lottato invano per anni contro il sovrappeso. Non ci credevano più, ma non avevano smesso di desiderarlo. Sono ipersensibili e vulnerabili sul piano emotivo e affettivo. Trovano nel cibo un appagamento, una fonte di piacere, un senso di sicurezza e un modo di farsi «semplicemente del bene». Queste donne desiderano ardentemente perdere peso, ma non hanno la forza di abbandonare questo sostegno e di
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affrontare direttamente la difficoltà quotidiana. Si conoscono, sanno di non essere così ardite per sopportare da sole la rigidità di un piano di dimagrimento, ma sanno che potranno seguire perfettamente delle regole, se queste arrivano da un professionista credibile, da un’autorità esterna. Nell’ottica del sostegno, dell’emulazione, dell’empatia, è nato un forum creato da volontari, da anonimi, da donne che, avendolo saputo da altre persone, divengono loro stessi dei relatori, degli insegnanti, e ne traggono profitto perché aiutando gli altri aiutano loro stessi e consolidano la loro conoscenza e le loro motivazioni. Nell’ottica della diffusione su più larga scala del metodo che io ritengo essere il più efficace fra quelli attualmente proposti, ho concordato con la casa editrice e con i responsabili del sito di assistenza di accogliere i lettori del libro come amici e di concedere loro delle condizioni di accesso ultrapreferenziali indicando il codice privilegiato SPERLING. RIPOSTE, l’associazione internazionale che presiedo e che ha inaugurato in Francia la prima Settimana di lotta al sovrappeso nel giugno 2008, si propone per il futuro, come è stato fatto in Germania e Brasile, di chiedere agli organi sanitari di assicurare una parte dei loro finanziamenti a questo scopo. In tal caso il servizio reso passerà come un servizio di prevenzione del diabete e beneficerà di un costo modico e non lucrativo. Lo spero di tutto cuore e sto incontrando attualmente i principali organi sanitari internazionali poiché il costo finanziario e soprattutto le sofferenze generate dal sovrappeso, che prende sempre più terreno, necessitano di un ritorno urgente del corpo medico sul campo. Il sovrappeso è un problema dei medici I medici generici, scoraggiati dagli scarsi risultati, persi di fronte al proliferare di regimi ipocalorici, oberati da richieste di assistenza che sottraggono loro parecchio tempo, posti di fronte a sconfitte e recidive quasi sistematiche dei loro tentativi, hanno incrociato le braccia davanti al problema del sovrappeso. Molti di loro, poi, faticano ancora a considerare l’aumento di peso come una malattia vera e propria, mentre è una perdita di peso importante a inquietarli di più. Un gran numero di medici considera la richiesta di dimagrimento piuttosto ingiustificata e sovente vicina al futile. Se questo può essere vero, ogni caso di obesità inizia con un leggero sovrappeso e non è certo consigliabile aspettare che ci siano complicazioni per intervenire. La nostra associazione RIPOSTE sta operando per sensibilizzare i medici generici francesi, che possono creare una vera linea di difesa contro il sovrappeso. Hanno le risorse e le competenze necessarie per farlo, e il loro contributo non lascerà campo libero a chi sottovaluta il problema, a quanti, promettendo miracoli, commercializzano soluzioni senza senso, portano ad accumulare sconfitte e creano resistenze che hanno come inevitabile conseguenza la ripresa del peso. Questi non professionisti trovano nella disperazione di certi uomini e donne terreno fertile all’adesione a vane promesse commerciali. Ciò li dissuade dall’optare per altre soluzioni e per un aiuto concreto da parte di esperti. Tale resistenza gioca un ruolo importante nella sconfitta della lotta al sovrappeso. La settimana scorsa ho ricevuto personalmente una newsletter che mi proponeva di perdere 6 chili in 28 giorni – perché 28 giorni? – senza sapere nemmeno il mio sesso, la mia età e ancor meno il mio peso, ma assicurandomi una percentuale di successo del 92%. Più preoccupante la newsletter di un allenatore sportivo che assicurava la guarigione da un diabete che non avevo nel 100% dei casi, e prometteva di guarirmi con la stessa percentuale di successo dal tasso elevato di colesterolo di cui non soffrivo. Tali pratiche sono pericolose non tanto perché vendono sogni, ma perché nel loro essere
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seducenti e superpromettenti prendono il posto di soluzioni meno idilliache, ma che si rivelerebbero di gran lunga più utili nel medio e lungo termine. Voi, lettori e lettrici, siate dunque vigili. Perdere peso non è semplice e guarire dal sovrappeso è qualcosa che richiede conoscenza, esperienza, empatia e, ne sono convinto, un’autentica competenza e molta serietà. La lotta contro il sovrappeso deve essere seguita dai medici. Attendiamo con impazienza che siano forniti loro gli strumenti per agire.
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Ricette e menu per il regime di attacco e il regime di crociera Il regime delle proteine pure, che rappresenta il punto forte della parte propriamente dimagrante del mio programma e del giovedì di stabilizzazione, ormai vi sarà familiare. Se lo avete già intrapreso, vi sarete resi conto di quanto sia semplice ed efficace. La semplicità, che consiste nell’indicare in modo puntuale gli alimenti da consumare, costituisce uno dei suoi migliori assi nella manica. Tuttavia, questo regime ha anche il suo tallone di Achille: diversi pazienti rischiano infatti, per mancanza di tempo o di fantasia, di limitarsi a una scelta troppo ridotta di alimenti, e finiscono per nutrirsi in modo ripetitivo e noioso, e cioè sempre a base di bistecche, surimi, prosciutto magro, uova sode e yogurt magri. Indubbiamente questa soluzione è compatibile con i principi del regime, che permette di alimentarsi liberamente a patto di attingere all’elenco dei cibi concessi, ma, alla lunga, tale limitazione può risultare monotona e gravosa dando a torto l’impressione che questa dieta manchi di varietà. È invece d’obbligo, soprattutto per chi deve perdere molti chili, fare qualche sforzo per rendere la dieta non solo accettabile, ma anche appetitosa e attraente. Nella mia esperienza professionale ho potuto constatare che, di fronte allo stesso elenco di alimenti, alcune donne si dimostravano più fantasiose di altre e riuscivano a immaginare combinazioni audaci, preparazioni e ricette creative che rendevano gradevole la dieta. Così ho iniziato a prendere nota di queste ricette per proporle ad altre donne a corto di tempo e creatività, mettendo insieme un piccolo patrimonio di idee al servizio di tutti coloro che si apprestavano a iniziare il mio programma. Queste ricette utilizzano esclusivamente gli ingredienti contenuti nell’elenco del regime di attacco di sole proteine, e in seguito nell’elenco del regime di crociera a base di proteine e verdure. Le ricette che propongo sono solo dei suggerimenti e non esauriscono la vena creativa di alcune donne che riescono a innovare e diversificare ogni giorno la dieta. Se qualcuno di voi rientra nella cerchia sempre più ristretta di chi la sa lunga ai fornelli, lo ringrazio fin da ora se vorrà inviarmi nuove ricette che non mancherò di pubblicare nelle prossime edizioni di questo libro. Il fine ultimo di questa raccolta è permettere a chi è a dieta di tenere duro per tutto il tempo necessario e di migliorare la qualità e la presentazione dei pasti.
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Ricette per il regime di attacco: le proteine pure LE SALSE La grande maggioranza delle salse normalmente utilizzate in cucina è preparata con grassi, olio, burro o panna, i principali nemici di chi intende dimagrire: ingredienti totalmente esclusi dalle due prime fasi strettamente dimagranti. Il problema posto durante lo svolgimento del mio programma e specialmente nelle due prime fasi è quindi quello di trovare leganti e salse che possano accompagnare alimenti così nobili e preziosi come la carne, il pesce, le uova o il pollame. Per sostituire questi grassi, abbiamo a disposizione l’olio di vaselina, la polvere di guar e la maizena. • L’olio di vaselina. Come abbiamo già visto, si tratta di un olio minerale che attraversa l’apparato digerente senza essere assorbito, e senza quindi passare nel sangue. Per questo motivo, non cede neppure una caloria all’organismo, ma lubrifica l’intestino, contrastando così la stitichezza che può comparire seguendo questo regime. Un inconveniente è legato alla sua consistenza, più densa di quella dell’olio vegetale: basta però aggiungere acqua frizzante per facilitarne l’emulsione. Un secondo inconveniente è rappresentato dalle perdite sgradevoli che un consumo eccessivo può causare; per ovviare a questo problema, è sufficiente ridurre le dosi e miscelarlo con gli altri ingredienti delle salse. Attenzione! L’olio di vaselina non deve essere cotto. • La polvere di guar. Questo ingrediente vegetale poco conosciuto è venduto sotto forma di polvere in farmacia. Praticamente privo di calorie, ha un naturale potere gelificante, che permette di addensare le salse dando loro una consistenza gradevole che ricorda quella dei grassi. Ne bastano dosi minime (1/4 di cucchiaino per 150 ml di liquido) e l’effetto addensante si ottiene con il calore. • La maizena. Questo ingrediente simile alla tapioca è utile in cucina per il suo importante potere legante e addensante. Si tratta di un glucide, ma non ha controindicazioni poiché si usa in quantità minime (un cucchiaino per 125 ml di salsa). Anche la maizena permette di ottenere salse cremose come la besciamella senza aggiunta di grassi. Prima dell’uso, va diluita in un po’ di liquido freddo – acqua, latte o brodo –, per poi essere incorporata al composto caldo. Anche in questo caso l’effetto addensante si ottiene con la cottura. • Dadi per brodo senza grassi (di carne, pollo, pesce e verdure). Sono prodotti molto utili nella preparazione di alcune salse: non solo possono sostituire l’olio nella vinaigrette grazie al loro potere legante e addensante, ma se miscelati alla cipolla tritata e dorata, accompagnano la cottura della carne e del pesce senza apportare grassi. A partire da questi ingredienti vi propongo alcune ricette di salse di base. Salsa vinaigrette Condimento di base, si può utilizzare nella fase di crociera per rendere più appetibili insalate e verdure crude. Si può preparare in modi diversi adattandolo così ai gusti di tutti. • Vinaigrette con olio di vaselina. Per ottenere una vinaigrette dal sapore gustoso, bisogna emulsionare l’olio di vaselina con acqua frizzante e abbondare con l’aceto e la senape. Per le proporzioni, prendete un vasetto di vetro e riempitelo in questo modo: mettete sul fondo 1 cucchiaio di senape. Aggiungete 5 cucchiai di aceto balsamico, versate 1 cucchiaio di acqua frizzante o naturale e aggiungete il vostro cucchiaino da caffè di olio di vaselina. Se amate l’aglio, fatene cadere uno spicchio da marinare sul fondo e fate lo stesso con 7-8 foglie di basilico fresco o surgelato. Mescolate bene. • Vinaigrette con brodo vegetale. Diluite un dado per brodo vegetale senza grassi in 2 cucchiai di acqua calda, aggiungete 1 cucchiaino raso di maizena, 2 cucchiai di aceto e 1 cucchiaio di senape.
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Salsa maionese • Maionese classica con olio di vaselina. Mettete in una ciotola 1 tuorlo con sale e pepe e 1 cucchiaino di aceto. Stemperate lentamente per amalgamare il composto. Aggiungete, sempre mescolando, l’olio di vaselina goccia a goccia. Quando la salsa inizia ad addensarsi, se necessario, regolate il condimento. • Maionese verde. Si procede come per la ricetta classica e si aggiungono cerfoglio ed erba cipollina. • Maionese senza olio. Fate rassodare 1 uovo, quindi schiacciatelo con una forchetta e unite 50 g di formaggio fresco a ridotto contenuto di grassi. Aggiungete erbe aromatiche, salate e pepate. Salsa bernese dietetica Prendete dello scalogno, del dragoncello, dell’aceto e 2 uova. In una casseruola in cui avrete versato l’aceto fate cuocere lo scalogno finemente tritato. Aggiungete il dragoncello, intero o tritato a piacere. Lasciate intiepidire l’aceto e versatelo sui 2 tuorli, sbattendo bene come per una maionese. Aggiungete quindi 2 cucchiaini di olio di vaselina, salate e pepate. Scaldate a bagnomaria e servite con carne fredda o calda. Salsa ravigotta Mescolate 1 uovo sodo, 3 cetriolini sottaceto di medie dimensioni, 1 piccola cipolla cruda e 1 mazzetto di erbe aromatiche. Mescolate il tutto in una ciotola assieme a 2 yogurt bianchi allo 0,1 % di grassi, 1/2 cucchiaino di senape e il sale. Questa salsa si utilizza come accompagnamento a pesce, uova sode, carni e verdure. Salsa bianca Prendete 2 uova, 1 yogurt magro al naturale e 1/2 tazza di latte scremato. Fate intiepidire il latte, quindi salate e pepate. Versate il composto sui tuorli sbattendo bene, e aggiungete lo yogurt. Infine scaldate il tutto a bagnomaria. Per accompagnare il pesce, si può aggiungere un cetriolino tritato. Salsa gribiche Per 4 persone. Dopo aver rassodato 1 uovo, passatelo al mixer. Aggiungete 2 cucchiaini di senape, 1 cucchiaio di aceto, 1 cucchiaino di olio di vaselina già emulsionato con acqua frizzante. Unite 1 cucchiaio di yogurt magro al naturale sbattuto, sale, pepe, prezzemolo e cetriolini tritati. Questa salsa si presta ad accompagnare il bollito, le carni fredde e in particolare la lingua. Salsa verde Prendete 25 g di ciascuna delle seguenti erbe fresche: acetosella o crescione a scelta, prezzemolo, dragoncello, erba cipollina, foglie di sedano, menta e scalogno giovane. Tritate le erbe con la mezzaluna molto finemente, e aggiungete poi lo scalogno. Tagliate a pezzetti 3 uova sode intere e mettetele nel mixer. Unite 4 yogurt magri al naturale, aceto, sale e pepe, le erbe e lo scalogno. Passate il tutto al mixer e trasferite il composto in frigorifero. La salsa verde è un ottimo accompagnamento alla carne di manzo bollita, calda o fredda. Salsa al pomodoro Per 4 persone. Fate appassire 1 cipolla tritata in una padella antiaderente, quindi aggiungete 68 pomodori freschi senza pelle né semi, oppure, se avete fretta, 300 ml di passata di pomodoro. Salate e pepate. Coprite e fate cuocere a fuoco dolce per circa 20 minuti. Lasciate raffreddare e passate al mixer. Profumate con menta fresca, basilico e dragoncello. Questa salsa è indicata per i piatti di pesce e verdure. Salsa alle erbe aromatiche
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Per 4 persone. Sciogliete 1 dado magro di carne, di pesce o vegetale in 1/2 bicchiere di acqua tiepida e unite, mescolando, 1 cucchiaino di maizena. Versate il tutto in una casseruola e fate addensare sul fuoco mentre continuate a mescolare. Togliete dal fuoco e incorporate, amalgamando bene, 200 g di formaggio fresco magro, erbe aromatiche, sale e pepe. Usate questa salsa come accompagnamento sia per il pesce sia per la carne. Salsa del cacciatore Per 4 persone. Fate cuocere 2 scalogni tagliati sottili in 3 cucchiai di aceto e 2 cucchiai di acqua, tenendo coperto circa 10 minuti. Scoprite e lasciate ridurre per 5 minuti. Togliete dal fuoco, aggiungete 1 tuorlo sbattuto e 2 cucchiai di formaggio fresco magro. Salate e pepate. Aggiungete un rametto di dragoncello tritato, e infine riscaldate a bagnomaria per far addensare la salsa. Si utilizza con piatti di pesce e di carne. Salsa olandese Per 4 persone. In una casseruola a bagnomaria, sbattete con la frusta 1 tuorlo, 1 cucchiaino di senape e 2 cucchiai di succo di limone. Fate scaldare per alcuni minuti a fuoco dolce per far addensare la salsa. Aggiungete quindi, un po’ alla volta e continuando a sbattere, 50 ml di latte scremato caldo. Fate addensare a bagnomaria e tenete in caldo fino al momento di servire. Questa salsa accompagna tradizionalmente il pesce bianco, ma è ottima anche con gli asparagi, i fagiolini e gli spinaci. Salsa besciamella Stemperate a freddo 1/4 di litro di latte scremato e 1 cucchiaio di maizena, poi aggiungete 1 dado magro di carne. Lasciate cuocere per qualche minuto a fuoco lento affinché la salsa si addensi. Aggiungete sale, pepe o noce moscata a piacere. È il condimento perfetto per tutte le verdure gratinate, e in particolare per l’indivia al prosciutto. Salsa al rafano Mescolate circa 100 g di formaggio fresco magro con 1 cucchiaino di rafano grattugiato, sale e pepe, finché il composto non diventa soffice. Accompagna perfettamente il pesce cotto al vapore, al cartoccio o al microonde. Ma è ottima anche con le carni bianche. Salsa divina Mettete in una casseruola 2 tuorli, 1 cucchiaio di senape, 150 g di formaggio fresco magro, 1 cucchiaino di maizena, sale e pepe. Portate lentamente il tutto a ebollizione. Togliete dal fuoco, aggiungete 1 mazzetto di erbe tritate e del succo di limone. Accompagna carni e pesce caldi. Va servita calda o tiepida. Salsa tartara al formaggio fresco magro Ingredienti: 150 g di formaggio fresco magro, 1 uovo sodo, 4 filetti d’acciuga, 1 scalogno, 1 cucchiaio di capperi, 1 cetriolo, sale, pepe, prezzemolo tritato. Pulite lo scalogno e tritatelo finemente. Passate nel mixer le acciughe, i capperi, il cetriolo e l’uovo sodo. Mescolate infine tutti gli ingredienti. LE CARNI Ricette a base di manzo Arrosto di manzo Prendete un pezzo di controfiletto (o di filetto), e mettetelo in forno già caldo. Aggiungete il sale solo a fine cottura per evitare che la carne diventi secca. Fare cuocere 15 minuti a
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temperatura elevata per ogni 500 g di carne. Avanzi freddi di manzo Serviteli con una delle salse proposte nel paragrafo precedente. Spiedini di filetto di manzo Tagliate a pezzi 400 g di filetto di manzo, aromatizzateli con timo e alloro e infilateli sugli spiedini alternandoli con fettine di cipolla e altre verdure. Nella fase di attacco del regime delle proteine pure, potete inserire fettine di pomodoro e peperone senza però mangiarle: hanno una funzione decorativa e danno un aroma piacevole alla carne. Hamburger alla tartara Prendete 200 g di carne macinata e incorporatevi a uno a uno tutti gli ingredienti della salsa tartara (vedi ricetta a p. 183), mescolate fino a ottenere un composto omogeneo. Bistecca al pepe Prendete una bella bistecca e fatela cuocere in una padella antiaderente. A fine cottura, ricopritela con pepe macinato grossolanamente. A parte, fate intiepidire 1/2 vasetto di yogurt magro al naturale, aggiungete 1 cucchiaino di olio di vaselina, pepate e versate la metà del composto ottenuto sulla bistecca ancora calda. Lasciate riposare a fuoco spento, mescolate poi il resto della salsa e versatelo sulla bistecca. Bollito di manzo Fate cuocere un pezzo di manzo molto magro (1,5 kg circa) in 1 litro e mezzo di acqua aromatizzata con timo, alloro e una cipolla. Salate e pepate. Lasciate cuocere per 75 minuti, quindi servite la carne tiepida, tagliata a dadini e accompagnata con salsa ravigotta (vedi ricetta a p. 180) e cetriolini sottaceto. Terminata la fase di attacco, quando ricompaiono le verdure nella fase di alternanza, potete aggiungere un porro nel brodo. Servite il manzo con la salsa al pomodoro (vedi ricetta a p. 181). Arrosto di manzo macinato (10-12 fette) Ingredienti: 1,2 kg di manzo macinato, 4 uova, sale, pepe, 1 cipolla tritata e 3 cucchiai di formaggio a ridotto contenuto di grassi. Sbattete 2 uova, la cipolla tritata, il formaggio, il sale e il pepe e mescolate con cura il composto alla carne. Ungete e infarinate una pirofila e adagiatevi metà del preparato. Fate rassodare 2 uova e tagliatele a fette e disponetele in fila sul composto. Coprite il tutto con la seconda metà del preparato. Scaldate il forno a 180 °C e fate cuocere per circa 60 minuti. È un piatto che si gusta freddo o caldo, accompagnato da salsa al rafano, salsa verde o salsa al pomodoro (vedi ricetta al paragrafo precedente). Ricette a base di vitello Spezzatino di vitello Prendete 1,5 kg di carne magra di vitello, tagliatela a pezzetti e cuocetela come nella ricetta del bollito di manzo (vedi p. 185). A parte, fate riscaldare una tazza abbondante di latte scremato con del timo. Salate, pepate e versate il latte tiepido su 3 tuorli crudi mescolando bene. Aggiungete ancora sale, pepe e versate questa salsa sulla carne di vitello. Scaldate senza portare a ebollizione. Scaloppina di vitello Preparate in una padella antiaderente un letto di cipolle bagnate con un po’ di acqua in cui avete sciolto un dado magro. Lasciate cuocere a fuoco dolce fino a quando le cipolle iniziano a dorare. Adagiate la scaloppina sul fondo di cipolle e lasciate cuocere circa 10 minuti su ogni lato. A fine cottura, togliete le cipolle e passate la carne a fuoco vivo nel sugo rimasto. Servite
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con una scorza di limone. Costata di vitello in padella La preparazione è identica alla precedente ma, a fine cottura, versate 2 cucchiai di acqua sulla carne e il fondo di cipolle e lasciate cuocere il tutto in padella per un altro minuto. Servite la costata con cetriolini tagliati a rondelle. Cassetta di vitello (Da preparare il giorno prima.) Ingredienti: 500 g di prosciutto tritato privato del grasso e della cotenna, 100 g di carne di vitello macinata, 4 uova sbattute, 1 cucchiaio di bacche di pepe rosa macinate, sale e pepe (5 grani). Mescolate le bacche macinate, il sale, il pepe e le uova sbattute. Aggiungete la carne e il prosciutto e amalgamate bene. Ungete con una goccia di olio uno stampo e infarinatelo. Stendete poi il preparato. Mettete in forno ventilato a 160 °C per 75 minuti o cuocete a bagnomaria. Qualche ricetta per gli amanti delle frattaglie Fegato di vitello in padella all’aceto di vino Preparate un fondo di cipolle in una padella antiaderente, e fate cuocere a fuoco lento finché non iniziano a dorare. Adagiate sulle cipolle il fegato di vitello e fate cuocere per 10 minuti da ogni lato. A fine cottura, eliminate le cipolle e scottate la carne a fuoco vivo, cospargendola con il sugo di cottura e con un poco di aceto di vino. Lingua di manzo in salsa ravigotta Eliminate completamente il grasso da una lingua di manzo e ponetela in 1 litro e mezzo di acqua con timo, alloro e 1 cipolla. Salate e pepate. Fate cuocere per 75 minuti, poi servitela tiepida, tagliate a fette e guarnite con salsa ravigotta (vedi ricetta a p. 180) e cetriolini. Consumate solo la parte anteriore della lingua: non dimenticate che è più magra quanto più si avvicina alla punta. Spiedini di cuore e rognone Tagliate a pezzi 400 g di un misto, in parti uguali, di rognone e cuore di vitello o di agnello, aromatizzateli con timo e alloro e infilateli sugli spiedini con fette di cipolla. Nella fase di attacco del regime, potete inserire anche fettine di pomodoro e di peperone, ma senza consumarle: servono solo per decorare il piatto e insaporirlo. IL POLLAME E IL CONIGLIO Pollo al dragoncello Sfregate 1 pollo con aglio e dragoncello, poi tritate il dragoncello e mettetelo nella pancia del pollo. Salate e pepate. Fate cuocere allo spiedo o al forno. Evitate di mangiare la pelle e l’estremità delle ali. Soufflé di pollo Tagliate a pezzi 1 petto di pollo e aggiungete sale, pepe ed erbe aromatiche. Fate scaldare una tazzina di latte scremato e versatela su 2 tuorli crudi. Mescolate il tutto al pollo. Montate a neve i 2 albumi e incorporateli al composto senza battere troppo (il soufflé gonfierà meglio). Mettete il soufflé in forno a temperatura media per almeno 30 minuti. Terrina di pollo al dragoncello Ingredienti: 1 pollo da circa 1,5 kg, 2 carote, 2 pomodori, 1 porro, cipolla, sedano, 1 rametto di dragoncello, 1 albume, 1 cucchiaino di bacche di pepe rosa, sale e pepe. Lavate il pollo e tagliatelo a pezzi. Mondate le verdure (carote, porro, cipolla, sedano), lavatele e tagliatele. Mettetele in una casseruola con 1 litro di acqua e portate a ebollizione. Aggiungete il pollo, salate e pepate, schiumate e lasciate bollire a fuoco lento per 60 minuti.
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Togliete il pollo dalla casseruola, sgocciolatelo e tagliate la polpa a fette sottili. Eliminate i semi dei pomodori e tagliateli a dadini. Mettete le fette di pollo in uno stampo con il pomodoro a dadini e le foglie di dragoncello. Portate a ebollizione il brodo e fatelo ridurre a 25 cl circa. Con una forchetta montate a neve l’albume, aggiungetelo al brodo e fate bollire per 1 minuto. Lasciate intiepidire, versate quindi sul pollo e cospargete con le bacche di pepe rosa. Trasferite la terrina su un piatto e mettete in frigorifero per servirlo freddo. Questo piatto va preparato, preferibilmente, il giorno prima. Bollito della fattoria Per 8 persone. Ingredienti: 1 pollo da 1,5 kg, 400 g di vitello, 1 coniglio da 1 kg, 200 g di prosciutto senza grasso, ossa di vitello, timo, alloro, pepe rosa in grani, sale, pepe e aceto di vino. Tagliate a pezzi il prosciutto, il pollo, il coniglio e il vitello. Mescolate tra loro le carni e mettete in una terrina. Salate un poco e pepate, aggiungete timo, alloro e 5 grani di pepe rosa. Coprite il tutto con due parti di acqua e una di aceto. Aggiungete le ossa di vitello per ottenere una buona gelatina. Coprite con il coperchio e mettete in forno a 200 °C per 180 minuti. Da gustare freddo. Coniglio alla senape Cospargete di senape un lombo di coniglio, insaporitelo con timo in polvere e arrotolatevi intorno un foglio di alluminio. Fate cuocere in forno caldo per 60 minuti e poi toglietelo dall’involucro. Mescolate 1 cucchiaio di olio di vaselina con 1/2 vasetto di yogurt al naturale magro, emulsionate bene il tutto e aggiungete sale e pepe. Versate questa salsa sul coniglio, che si unirà alla senape seccata dalla cottura. Servite con fette di cetriolini dopo aver fatto scaldare nel forno per qualche istante. IL PESCE Sogliola al naturale cotta al vapore Prendete una sogliola di dimensioni medie già pulita. Lavatela e asciugatela con cura. Ponetela fra due piatti e appoggiate il tutto sopra una casseruola riempita per tre quarti di acqua in ebollizione. La sogliola cuoce a puntino in 15 minuti. Aggiungete limone, sale, pepe e prezzemolo tritato. Nasello in salsa bianca Fate bollire un nasello in un brodo vegetale. Servitelo con salsa bianca e prezzemolo tritato (vedi ricetta a p. 180). Nasello in conchiglia Se volete un piatto freddo, prendete degli avanzi di nasello, aggiungete della maionese (vedi ricetta a p. 179) e presentate il tutto nelle conchiglie delle capesante. Decorate con uova sode tagliate a spicchi. Se desiderate un piatto caldo, mettete nelle conchiglie gli avanzi di nasello con una salsa bianca decorata con prezzemolo e fate scaldare. Per un pasto veloce, potete semplicemente servire gli avanzi di pesce con una vinaigrette. Orata reale Squamate una bella orata e raschiate accuratamente 1 kg di cozze. Lavate l’orata e mettetela in un recipiente da forno, con una cipolla tagliata a rondelle. A parte, disponete le cozze in una casseruola e fatele saltare sul fuoco per aprirle. Raccogliete il brodo di cottura delle cozze, aggiungete un poco di limone, passate il composto al setaccio molto fine e versate sull’orata. Pepate, mettete in forno e lasciate cuocere per 45 minuti. Aggiungete poi le cozze sgusciate, salate e scaldate continuando a bagnare il preparato. Orata alla griglia
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Prendete una piccola orata, squamatela, lavatela e asciugatela accuratamente. Cuocetela al grill o al forno dopo averla guarnita con una piccola farcitura di erbe aromatiche, dragoncello, cipolla tritata e averla pepata. L’orata è cotta quando la pelle apparirà ben dorata (45 minuti circa). Salate a fine cottura. Salmone al cartoccio Scegliete un bel trancio di salmone. Mettetelo in un foglio di carta di alluminio, insaporitelo con aneto, bagnate con succo di limone, salate e pepate. Aggiungete per aromatizzare qualche rondella di cipolla e 1 porro a pezzi, da eliminare dopo la cottura. Chiudete l’involucro di alluminio e passate in forno caldo per non più di 10 minuti, o anche meno in base ai gusti, per conservare la consistenza morbida e la cremosità del succo. Salmone grigliato da una sola parte Scegliete un bel trancio con la pelle. Mettetelo in forno appena sotto il grill, su una piastra rivestita con un foglio di carta di alluminio, con la pelle rivolta verso la fonte di calore precedentemente coperta di sale grosso. Fate cuocere fino a che il sale si impregna del succo e la pelle diventa scura e si abbrustolisce. A questo punto, la metà del trancio vicino alla pelle è cotta, soda e di color arancio, mentre l’altra metà, appena tiepida, resta rosata e morbida. Togliete il trancio dal forno, eliminate il sale, giratelo sulla sua pelle e servite. Per una riuscita ottimale, il trancio deve presentarsi ben cotto, caldo e gocciolante vicino alla pelle, tiepido e rosato in superficie. Salmone crudo marinato Lasciate per una notte un bel trancio o, meglio ancora, mezzo salmone crudo in una marinata preparata con limone, aneto, erbe aromatiche, sale e pepe verde. Tagliate a fette sottili, decorate con aneto e servite. Salmone crudo alla giapponese È il modo più pratico e rapido per preparare il pesce. Tagliate, in senso trasversale, un trancio di salmone a fette di medio spessore. Disponetele in tondo su un piatto e versatevi sopra della salsa di soia. Servite subito. Salmone alla tartara Prendete 150-200 g di salmone tagliato a pezzettini e aggiungete a uno a uno gli ingredienti della salsa tartara (vedi ricetta a p. 183). Mescolate fino a ottenere un composto omogeneo. Pâté di pescatrice (Da preparare 2 giorni prima.) Ingredienti: 1 kg di rana pescatrice ben pulita, 8 uova, 1 cucchiaino di sale fine, pepe, 140 g di concentrato di pomodoro, 1 bustina di brodo di pesce in polvere, 2 litri di acqua e 1 bicchiere di aceto di vino. 2 giorni prima: fate bollire l’acqua con il preparato per il brodo e, al momento di aggiungere il pesce, versate l’aceto. Dopo la cottura, lasciate raffreddare un po’ ed eliminate la lisca. Ricavate i filetti dal pesce, mentre il resto va tagliato in pezzi di media grandezza. Lasciate tutta la notte al fresco. Il giorno prima: mettete le uova nel mixer con sale e pepe. Aggiungete il concentrato di pomodoro e mescolate. In un’insalatiera, unite il preparato con i pezzi di pesce (senza i filetti). Ungete e infarinate uno stampo lungo 26 centimetri e sistematevi la metà del composto. Disponete sopra i 2 filetti e coprite con la seconda metà. Preriscaldate il forno ventilato a 160 °C e fate cuocere da 45 a 60 minuti (a bagnomaria se avete un forno normale). Lasciate raffreddare e mettete in frigorifero per tutta la notte.
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I FRUTTI DI MARE: CONCHIGLIE E CROSTACEI Cozze alla marinara Scegliete cozze molto fresche, pesanti e di taglia media, perfettamente raschiate e lavate cambiando più volte l’acqua. Mettetele in una casseruola con 1 bicchiere di acqua e 2 cucchiai di aceto, cipolla affettata, prezzemolo tritato, timo, alloro, un po’ di aglio e di pepe. Mettete la casseruola sul fuoco vivo e fate saltare le cozze per aprirle. Non appena si schiudono, sono cotte. Trasferitele subito in un piatto con il loro sugo. Salate solo a fine cottura. Tortini di cozze Ingredienti: 3 uova, 2 kg di cozze, vino bianco secco per la cottura, prezzemolo, sale, pepe e 1 cucchiaio di formaggio fresco magro. Fate aprire le cozze in una casseruola a fuoco vivo con il vino bianco. Quando saranno cotte, sgocciolate e tiepide, unite le uova sbattute, 1 cucchiaio di formaggio fresco magro mescolato a prezzemolo, sale e pepe. Mettete negli stampini e passate in forno a temperatura moderata. Granchio farcito Acquistate un grosso granchio vivo. Immergetelo in brodo vegetale in ebollizione e cuocete per circa 20 minuti in base alle dimensioni. Apritelo e mettete da parte la polpa. Preparate una maionese (vedi ricetta a p.179) e unitela alla polpa di granchio. Servite il composto nelle conchiglie delle capesante e decorate con rondelle di uova sode. Per la presentazione, potete aggiungere anche delle fettine di pomodoro e una foglia di insalata, che potrete consumare a partire dalla fase di crociera. Cassetta di granchio (Da preparare il giorno prima.) Ingredienti: 2 scatole di granchio al naturale (165 g netti), 4 uova, 5 bacche di pepe rosa, 2 cucchiai di latte scremato e 300 g di formaggio fresco magro. Dopo aver aperto entrambe le confezioni, lasciate sgocciolare il granchio, eliminate le piccole cartilagini e, se necessario, asciugate la polpa con un canovaccio. Passate al mixer le uova con il formaggio fresco magro, il latte e le bacche di pepe. Unite il granchio e mescolate bene il tutto. Versate il composto in una pirofila che avrete leggermente oliato e infarinato. Preriscaldate il forno ventilato a 160 °C e fate cuocere per 60-75 minuti circa, oppure cuocete a bagnomaria. Capesante gratinate Ingredienti: 4 capesante, 1,5 kg di cozze, 100 g di gamberetti, 2 uova, scalogno, prezzemolo, aceto, sale e pepe. Cuocete le capesante sul fuoco vivo per farle aprire, poi staccatele dalla conchiglia. Eliminate la parte scura e conservate solo il bianco e il corallo. Lavatele per eliminare eventuali tracce di sabbia e fatele cuocere per 15 minuti in una casseruola con 1 litro di acqua calda e 3 cucchiai di aceto. Nel frattempo, fate cuocere le cozze a fuoco vivo fino alla completa apertura, rassodate 2 uova e schiacciatele grossolanamente, tritate lo scalogno e il prezzemolo. Mescolate il tutto e aggiungete le cozze sgusciate e i gamberetti. Tagliate la polpa delle capesante a dadi piuttosto grandi e aggiungetela a questo composto. Ammorbidite con il succo delle cozze per ottenere una consistenza cremosa. Salate, pepate e rimettete il tutto nelle conchiglie dopo averle accuratamente lavate. Mettete in forno per 20 minuti le conchiglie farcite e decoratele con il corallo. Scampi con maionese Lavate accuratamente 1,5 kg di scampi. Immergeteli nel brodo vegetale come per il granchio (vedi ricetta a p. 194). Lasciateli raffreddare nell’acqua di cottura e serviteli con maionese (vedi ricetta a p.179). Piatto di frutti di mare
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Le ostriche si gustano con poco succo di limone o di aceto allo scalogno. Componete un piacevole piatto da portata mettendo insieme cozze, vongole e gamberetti serviti su un letto di ghiaccio pestato e alghe brune. LE UOVA Sono un’ottima risorsa nella fase di attacco. Vi consiglio di tenere sempre un paio di uova sode in frigorifero. Uovo alla coque o bazzotto Con 3 minuti di cottura si prepara l’uovo alla coque, con 4 minuti si cucina l’uovo bazzotto, con l’albume rappreso e il tuorlo semiliquido. Uova strapazzate Mettete un po’ di latte scremato in un piccola casseruola. Prendete 3 uova e sbattetele. Salate, pepate e versatele nel latte, e continuate a mescolare durante la cottura, che deve essere breve: le uova devono rimanere morbide. Per questo motivo, c’è chi preferisce cuocerle a bagnomaria. Potete arricchire questo piatto aggiungendo gamberetti a pezzi o fegatini di pollo e, con l’introduzione delle verdure nella fase di crociera, anche punte di asparagi. Nei giorni di festa, queste uova così semplici meritano delle scaglie di tartufo o 1 cucchiaio di caviale. Uova ripiene di gamberetti Sono un gradevole antipasto per un regime che ne prevede pochi. Fate rassodare le uova e lasciatele raffreddare. Tagliatele a metà, estraete i tuorli e schiacciateli, unendo qualche gamberetto tritato finemente. Aggiungete un po’ di maionese (vedi ricetta a p. 179), riempite gli albumi con il composto ottenuto e guarnite con i gamberetti rimasti. Flan di uova Ingredienti: 5 uova, 375 ml di latte scremato caldo, una stecca di vaniglia fresca (ben ammorbidita), 10 ml di essenza di vaniglia, noce moscata in polvere e una noce moscata da grattugiare. Sbattete le uova in una grande terrina. Fate scaldare, senza portarlo a ebollizione, il latte con la stecca di vaniglia tagliata in due, dopo averne scartato l’interno. Eliminate la vaniglia e versate lentamente il latte caldo sulle uova, aggiungete qualche goccia di essenza di vaniglia e 2 cucchiaini di noce moscata in polvere. Versate il tutto in uno stampo per budino o in stampini monodose. Completate grattugiando sopra la noce moscata. Passate in forno ventilato (160 °C) o in forno normale a bagnomaria. Il tempo di cottura varia a seconda del tipo di forno. Isola galleggiante Rompete 4 uova e separate i tuorli dagli albumi, poi montate gli albumi a neve in una terrina. Fate bollire 1 litro e mezzo di latte scremato con una piccola stecca di vaniglia. Con il mestolo raccogliete una parte dei bianchi, fatene delle palline e lasciatele cadere nel latte ancora caldo. Quando queste sfere saranno gonfie, giratele, raccoglietele con la schiumarola e lasciatele sgocciolare su un piatto. Sbattete i tuorli, versate il resto del latte mescolando con energia e rimettete il recipiente sul fuoco basso, senza smettere di girare. Appena la crema inizia ad addensarsi, toglietela subito dal fuoco per evitare che impazzisca e dolcificate con aspartame in polvere. Mettete delicatamente gli isolotti galleggianti sulla crema. Servite il dessert fresco. Latte di gallina Mettete 1 tuorlo in una ciotola e stemperatelo con un po’ di aspartame e 1 cucchiaino di acqua di fiori di arancio. Sbattete fino a rendere il tutto perfettamente omogeneo. Aggiungete poi un bel bicchiere di latte scremato caldo per schiarire il composto avendo cura di rimestare lentamente per evitare che il tuorlo impazzisca.
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Aspic di uova al prosciutto in gelatina Preparate delle uova bazzotte (4 minuti di bollitura) e altrettante mezze fette di prosciutto magro. Fate ammollare un foglio di gelatina in acqua fredda per circa 1-2 minuti, quindi strizzatelo e fatelo scaldare per liquefarlo con pepe, sale e una goccia di cognac. Avvolgete le uova ancora calde nelle mezze fette di prosciutto e disponetele in uno stampino. Versate la gelatina ancora liquida e lasciate raffreddare. Crema al caffè Ingredienti: 600 ml di latte scremato, 1 cucchiaino di estratto di caffè (o di caffè solubile), 3 uova, 3 cucchiai di dolcificante sintetico in polvere. Portate a ebollizione il latte con l’estratto di caffè. Sbattete le uova con il dolcificante e incorporatele al latte macchiato mescolando in modo energico con una frusta. Versate il composto all’interno di 4 piccoli stampi e fate cuocere in forno a bagnomaria per 20 minuti a 140 °C. Servite la crema fredda.
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Ricette per il regime di crociera: proteine + verdure RICETTE DI SOLI ORTAGGI Cavolfiore in salsa bianca Prendete 1 cavolfiore bianco e tagliatelo in cimette. Lavatele con cura e fatele cuocere in una grande pentola di acqua salata. Preparate una salsa bianca (vedi ricetta a p. 180) e versatela sul cavolfiore perfettamente sgocciolato. Servite con uova sode tagliate a metà. Soufflé di cavolfiore Fate cuocere il cavolfiore come per la ricetta precedente e scolatelo bene. Preparate una salsa bianca (vedi ricetta a p. 180) aggiungendo alla preparazione altri 2 tuorli. A parte, montate a neve i 2 bianchi rimanenti e incorporateli delicatamente nella salsa. Mettete il cavolfiore tagliato in uno stampo per soufflé, aggiungete la salsa e fate cuocere in forno per 20 minuti. Fricassea di champignon Preparate, in una padella antiaderente, un letto di cipolle e fatele imbiondire con 1 dado da brodo di pollo sciolto in acqua finché non saranno dorate. Aggiungete poi i funghi tagliati a fettine spesse e fateli ridurre lentamente, senza coperchio, per rendere morbida la polpa. Aggiungete aglio, prezzemolo, sale e pepe e servite come contorno caldo per carne o pollame. Champignon ripieni Scegliete dei funghi grandi. Staccate i gambi e lavateli. Tritate i gambi con aglio e prezzemolo, aggiungete sale, pepe e qualche cucchiaino di latte scremato. Fate cuocere questo ripieno nel forno molto caldo o in una padella antiaderente. Riempite le cappelle dei funghi con la farcia già cotta e fate cuocere in forno molto caldo. A fine cottura, versate qualche goccia di olio di vaselina su ogni fungo. Spinaci in salsa bianca Lavate con cura le foglie degli spinaci e fatele cuocere in una pentola di acqua bollente salata per 5 minuti. Scolatele bene pressandole con la schiumarola per eliminare l’acqua e trasferitele in una pirofila. Versatevi sopra della salsa bianca (vedi ricetta a p. 180) e infornate. Servite con uova sode tagliate a metà o come accompagnamento per carne e pollame. Finocchio Il finocchio è una verdura molto particolare per il sapore di anice e il grande valore nutrizionale perché ricco di preziosi antiossidanti. Potete prepararlo in insalata, tagliato crudo a fette trasversali e condito con la vinaigrette (vedi ricetta a p. 178). Se preferite, potete bollirlo in acqua per ammorbidirne le fibre resistenti. Diventa così molto saziante, ottimo se condito con succo di limone e aromatizzato con prezzemolo. Da servire a temperatura ambiente oppure tiepido. Fagiolini verdi Alimento ideale per chi è a dieta, i fagiolini sono fra le verdure meno caloriche e più ricche di pectina, sostanza che contribuisce attivamente a dare senso di sazietà. Tuttavia, sono spesso snobbati da chi segue diete dimagranti, perché la cottura a vapore di solito consigliata, il colore spento e il loro sapore neutro sono poco allettanti. Se li consumate in insalata, oltre alla salsa vinaigrette, ricordate di aggiungere cipolla tritata e prezzemolo, e di mischiarli ad altre verdure più colorate come pomodori e peperoni crudi. Come contorno a carne e pollame, potete presentarli conditi con salsa bianca (vedi ricetta a p. 180). Pomodori con ricotta e basilico Prendete una vaschetta di ricotta magra. Fatela sgocciolare per mezza giornata a temperatura ambiente per far ridurre e solidificare il caglio. Tagliate un pomodoro a rondelle e disponetele con cura su un piatto. Tagliate a fettine spesse la ricotta e disponetela sulle rondelle di pomodoro. Decorate con qualche foglia di basilico,
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salate, pepate e condite con una vinaigrette. Indivia in insalata L’indivia è un alimento di grande interesse soprattutto per chi, a dieta, non ha il tempo di cucinare a mezzogiorno e può consumare anche fuori casa questa verdura, poco calorica e comoda da trasportare. Ha poi un lieve sapore amarognolo e una consistenza fresca e croccante che la rendono molto gradevole. Ecco perché, a fronte di tanti vantaggi, possiamo preparare, solo in questo caso, una salsa che deroga alle regole e accetta un ingrediente estraneo al nostro elenco e pericoloso per la dieta: il gorgonzola. Questa salsa si prepara miscelando il contenuto di una vaschetta di formaggio fresco magro con una noce di gorgonzola, scelta nella parte più scura e consistente della sua pasta, e 1 cucchiaio di aceto di vino. Per rassicurarvi, sappiate che questa dose di gorgonzola non contiene più grassi di un’oliva nera. «Parigi val bene una messa», diceva Enrico IV, e una bella insalata di indivia con il gorgonzola val bene un’oliva nera. Cetrioli caldi e freddi Per la preparazione a caldo: sbucciate, lavate e tagliate i cetrioli. Fateli cuocere per 10 minuti in acqua bollente in cui avrete versato 1/2 bicchiere di aceto e un po’ di sale. Scolateli e serviteli con la salsa bianca (vedi ricetta a p. 180). In insalata: tagliate i cetrioli a rondelle e lasciate spurgare la loro acqua per circa 60 minuti. Serviteli con vinaigrette (vedi ricetta a p. 178) e qualche fetta di cipolla. Indivia brasata Lavate l’indivia e fatela a cuocere al vapore. In una padella antiaderente preparate un fondo di salsa con un dado di carne magro sciolto in acqua. Aggiungete qualche fetta di cipolla e fate imbiondire. Fate saltare quindi rapidamente l’indivia in padella dopo averla asciugata bene. Servitela tiepida con il suo sugo di cottura. Accompagna perfettamente la carne bianca di vitello o di tacchino. Indivia gratinata Lavate i cespi di indivia e fateli cuocere al vapore. Scolateli, disponeteli in una teglia da forno, salate e coprite con una salsa bianca (vedi ricetta a p. 180). Sbattete 1 uovo e versatelo sul tutto. Mettete in forno e fate dorare. Asparagi con salsa mousseline Preparate degli asparagi sani e sodi. Grattateli ed eliminate con cura tutti i filamenti. Bolliteli in acqua per 20-25 minuti. Nel frattempo preparate la maionese (vedi ricetta a p. 179). Montate a neve 1 albume e, sempre frullando, unitelo alla maionese. Quando il composto sarà omogeneo, aggiungete qualche goccia di aceto di lamponi per allungare la preparazione. Servite gli asparagi tiepidi e coperti con la salsa mousseline. Minestra miracolosa Questa minestra è una variante della ricetta classica e si basa sugli studi recenti di ricercatori che hanno dimostrato l’azione dimagrante, su un lungo periodo, della minestra con verdure in pezzi. Che cosa contiene questa zuppa? Si prepara con i seguenti ingredienti: 4 spicchi di aglio, 6 grosse cipolle, 1-2 scatole di pomodori pelati, 1 grossa testa di cavolo, 6 carote, 2 peperoni verdi, 1 sedano verde, 3 litri di acqua, 3 dadi di carne senza grassi e 3 di pollo. Mondate e tagliate tutte le verdure in pezzi grossi o medi, mettetele in una grande pentola e coprite con acqua. Fate bollire per 10 minuti, poi abbassate la fiamma e proseguite la cottura finché le verdure si saranno ammorbidite. Questa minestra sazia molto e la presenza dei pezzi non frullati nel brodo spiega la ragione della sua efficacia dimagrante. Le parti solide e quelle liquide transitano nel tubo digerente a
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velocità diverse. Le parti solide rimangono nello stomaco fino alla loro completa disgregazione, lo dilatano e generano un senso di sazietà di tipo meccanico. Il brodo, liquido, attraversa più rapidamente lo stomaco fino a raggiungere l’intestino tenue, dove i suoi elementi nutritivi stimolano i recettori delle pareti intestinali, dando luogo a un senso di sazietà di tipo chimico. Sazietà meccanica per distensione dello stomaco e sazietà metabolica dell’intestino tenue uniscono i loro effetti: riducono la fame rapidamente, in modo efficace e durevole. Questa minestra è particolarmente consigliata alle persone che rientrano a casa dal lavoro affamate a causa di un pranzo scarso o addirittura assente, e non riescono a fare a meno di mangiucchiare «alimenti insidiosi», tanto gratificanti quanto calorici e nocivi per la dieta. Un piatto caldo di questa minestra placa gli attacchi di fame e aiuta ad aspettare che arrivi l’ora di cena. Minestra di zucca Prendete 1/4 di zucca, eliminate la scorza e tagliatela a pezzi grossi. Metteteli in una casseruola, coprite con acqua e aggiungete un dado di carne magro. Cuocete per 20-30 minuti. A fine cottura, salate e pepate, e unite 100 g di formaggio fresco magro. Passate al mixer rapidamente, per non perdere il piacere di sentire sciogliere in bocca alcuni pezzetti di zucca. Crema vellutata di zucchine Mondate, lavate e tagliate a pezzi grossi 4 zucchine grandi, 1 grossa cipolla, 1 carota e 1 rapa. Mettete i pezzi in una casseruola con 1 dado di carne magro e coprite con acqua. Fate cuocere 20-30 minuti, poi passate il tutto velocemente al mixer fino a ottenere una crema omogenea, morbida e vellutata. Consumate ben calda. RICETTE A BASE DI ORTAGGI, CARNE E PESCE
Insalata dei re del mare (salmone affumicato, gamberetti rosa, granchio, surimi, polpo, aringa, uova di salmone e di lompo) Preparate una lattuga tagliata a pezzi e aggiungete il salmone affumicato a fettine, una manciata di gamberetti sgusciati, della polpa di granchio, 2 bastoncini di surimi a fette, dei pezzi di polpo e di aringa affumicata. Salate, pepate, condite con salsa vinaigrette (vedi ricetta a p. 178) e decorate con le uova di salmone e di lompo. Insalata mista Unite una lattuga tagliata a pezzi e 2 pomodori a fette. Aggiungete quindi 1 uovo sodo a spicchi, 1 petto di pollo lessato e sbriciolato e dadini di prosciutto magro. Condite con salsa vinaigrette (vedi ricetta a p. 178). Vitello all’indivia In un tegame preparate un fondo di cipolle con 1 dado di pollo sciolto in acqua e fate imbiondire a fuoco lento. Sistematevi sopra una scaloppina o un altro pezzo di vitello magro e fate dorare il tutto. Aggiungete l’indivia precedentemente scottata a fuoco vivo. Aggiungete sale e pepe e fate cuocere a fuoco lento per 60 minuti abbondanti. Servite caldo e riponete in frigorifero gli eventuali avanzi, per consumarli freddi con una salsa leggera a piacere oppure riscaldati. Pollo ai funghi Procedete come per la ricetta precedente, utilizzando, al posto del vitello, pezzi di pollo e un fegatino, e al posto dell’indivia dei funghi. Dopo la cottura, schiacciate il fegatino con la forchetta nel sugo di cottura rimasto. Scaloppina di vitello ai funghi In una padella antiaderente preparate un fondo di cipolle a fette, unite 1 dado di pollo sciolto in acqua e fate imbiondire a fuoco lento. Disponete quindi sopra questo fondo saporito un pezzo
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di vitello magro e fatelo dorare. Cuocete i funghi per 15 minuti in un recipiente con il coperchio. Quando avranno rilasciato tutto il loro succo, riducete il liquido a fuoco vivo per qualche istante e versate il tutto sulla carne. Coniglio con cipolle e pomodori In un tegame preparate un fondo di cipolle, unitevi 1 dado di pollo sciolto in acqua e fate imbiondire a fuoco lento. Prendete qualche pezzo di coniglio e disponetelo sopra il sugo di cottura. Aggiungete dei pomodori tagliati in quattro, 1 spicchio di aglio, sale, pepe e fate cuocere la carne nel sugo ottenuto. A fine cottura, decorate con prezzemolo tritato e servite. Cavolo farcito Fate scottare per qualche istante in acqua bollente un grosso cavolo e scolatelo. Eliminate le coste esterne e create nel cavolo una cavità che verrà in seguito riempita. Preparate il ripieno con 300 g di carne macinata di manzo, cipolle, prezzemolo, sale e pepe. Mettete il composto in una padella antiaderente e fate cuocere qualche istante aggiungendo 2 o 3 cucchiai di passata di pomodoro. Trasferite il ripieno all’interno del cavolo, coprite con le foglie più grandi e fermate il tutto con lo spago da cucina. Mettete il cavolo a brasare in un tegame, girandolo in tutti i sensi. Continuate la cottura a fuoco moderato con il coperchio. Pollo alla Marengo In una padella antiaderente preparate un fondo di cipolle, unite 1 dado di pollo sciolto in acqua e fate imbiondire a fuoco dolce. Aggiungete qualche pomodoro tagliato a pezzi, timo, pepe e sale. Disponete i pezzi di pollo su questo tappeto morbido e profumato, poi coprite e lasciate cuocere con 1/2 bicchiere di acqua. Circa 30 minuti prima della fine della cottura, aggiungete dei funghi ben lavati e tagliati a pezzi. Riducete l’eccesso di liquido facendo cuocere a fuoco vivo per qualche istante senza coperchio. Indivia al prosciutto Lavate l’indivia e fate cuocere al vapore. Dopo la cottura, avvolgete ogni cespo in una fetta di prosciutto privato del grasso. Preparate una besciamella (vedi ricetta a p. 183). Adagiate poi i cespi uno accanto all’altro in una pirofila. Coprite con la besciamella, distribuendola anche negli interstizi. Fate dorare e gratinare nel forno ben caldo.
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Menu per una settimana nella fase di attacco con le proteine pure L’asterisco (*) indica le ricette riportate nei paragrafi precedenti
Colazione PER TUTTA LA SETTIMANA Caffè o tè con aspartame + a scelta: 1 o 2 yogurt magri o 200 g di formaggio fresco magro + a scelta: 1 fetta di tacchino, di pollo o di prosciutto magro o 1 uovo alla coque o 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Spuntino di metà mattina (facoltativo) 1 yogurt o 100 g di formaggio fresco magro Spuntino di metà pomeriggio (facoltativo) 1 yogurt o 1 fetta di tacchino o entrambi LUNEDÌ Pranzo Uova sode con maionese Hamburger alla tartara* 2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro Cena 1 pugno di gamberetti con maionese Soufflé di pollo* 1 budino di latte scremato o 1 yogurt MARTEDÌ Pranzo Insalata di manzo in salsa vinaigrette Salmone crudo alla giapponese* Cena 2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro Granchio farcito* Vitello in salsa bianca 1 budino di latte scremato o 1 yogurt MERCOLEDÌ Pranzo 1 porzione di surimi 1 coscia di pollo 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Cena Fegatini saltati Coniglio alla senape* Isola galleggiante* o 200 g di formaggio fresco magro GIOVEDÌ Pranzo 1 fetta di salmone affumicato Costata di vitello in padella* Crema al caffè* Cena Salmone crudo marinato* Cozze alla marinara* 1 budino di latte scremato o 1 yogurt VENERDÌ
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Pranzo 4 fette di bresaola 1/2 galletto arrosto 2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro Cena Aspic di uova al prosciutto in gelatina* Granchio farcito* Isola galleggiante* o 2 yogurt SABATO Pranzo Uova ripiene di gamberetti* Trancio di pesce spada in padella 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Cena Salmone crudo marinato* Lingua di manzo in salsa ravigotta* Crema al caffè* DOMENICA Pranzo Granchio farcito* Vitello in salsa bianca Isola galleggiante* Cena Insalata di manzo in salsa vinaigrette Salmone grigliato da una sola parte* Crema al caffè*
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Menu per una settimana di proteine pure alternate a proteine pure + verdure Per tutta la settimana per la colazione e gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio si veda quanto indicato nella settimana precedente. LUNEDÌ Pranzo Uova ripiene di gamberetti* Trancio di pesce spada in padella 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Cena Salmone crudo marinato* Lingua di manzo in salsa ravigotta* Crema al caffè* MARTEDÌ Pranzo Insalata di indivia con gamberetti e surimi Fegato di vitello in padella all’aceto di vino* con spinaci 2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro Cena 1 fetta di salmone affumicato Pomodori ripieni 1 budino di latte scremato o 1 yogurt MERCOLEDÌ Pranzo Aspic di uova al prosciutto in gelatina* Insalata con fegatini di pollo 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Cena Pomodori con ricotta e basilico* Orata reale* con purea di carote Isola galleggiante* o 200 g di formaggio fresco magro GIOVEDÌ Pranzo Insalata mista con tonno al naturale Uova strapazzate* con gamberetti Crema al caffè* Cena Minestra di zucchine e carote Pollo al dragoncello* con funghi saltati 1 yogurt o 1 budino di latte scremato VENERDÌ Pranzo 4 fette di bresaola Indivia al prosciutto* con salsa besciamella 2 yogurt o 200 g di formaggio fresco magro Cena Insalata di spinaci e funghi Salmone grigliato con spinaci Isola galleggiante* o 2 yogurt
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SABATO Pranzo 1 fetta di terrina di pollo al dragoncello* Insalata dei re del mare* 1 budino di latte scremato o 1 crêpe di crusca d’avena Cena Granchio farcito* Pesce spada in padella con finocchi al vapore Crema al caffè* DOMENICA Pranzo Insalata di manzo in salsa vinaigrette Cavolo farcito* Isola galleggiante* Cena Pomodori con ricotta e basilico* Pâté di pescatrice* Crema al caffè*
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L’obesità grave Il programma che vi ho presentato si rivolge a tutti coloro che soffrono di un eccesso di peso ribelle, una popolazione variegata nella quale rientrano casi molto differenti ma che, schematicamente, possono essere suddivisi in tre grandi categorie di sovrappeso di importanza diversa. Dal semplice sovrappeso all’obesità grave Le obesità contingenti Si tratta di persone che non hanno predisposizione all’obesità e il cui peso è sempre stato normale e stabile, ma che, per una ragione precisa e facile da identificare, hanno iniziato a ingrassare. Questi casi di sovrappeso contingente sono in genere legati a una brusca riduzione dell’attività fisica. È quanto può accadere per esempio alla donna reduce da una gravidanza, specie la prima, nel corso della quale la naturale euforia, unita a un calo di attività, ha provocato un insolito aumento del peso. È anche il caso delle gravidanze difficili, che hanno richiesto una lunga degenza a letto o, peggio ancora, delle gravidanze assistite con terapia ormonale (terapie per la sterilità). In questa categoria rientrano anche le persone immobilizzate in seguito a un incidente e che mangiano per combattere la noia. E ancora, i soggetti che soffrono di reumatismi e di asma e vengono trattati con il cortisone, i cui effetti sul peso sono ben noti. Le obesità per predisposizione Rientrano in questa categoria uomini e donne dotati di una particolare propensione ad accumulare peso e a ingrassare. Che sia un «marchio di nascita» o una tendenza acquisita attraverso la cattiva alimentazione nella prima infanzia, il risultato è lo stesso: questi uomini e queste donne tendono a ingrassare e traggono sempre un profitto eccessivo dalla loro alimentazione. Tale tendenza varia tuttavia parecchio da persona a persona. Più spesso, nel 90% dei casi, la predisposizione è modesta e il profitto alimentare, benché eccessivo, si può gestire. In questa categoria alcune persone, sufficientemente volenterose e motivate, riescono, grazie a una vita attiva e a un’alimentazione ben scelta, a frenare o anche a tenere sotto controllo l’aumento di peso. A costoro il mio programma garantisce una vera sicurezza, poiché li libera per sempre dalla legittima paura che covano. Aiuta anche ad attraversare gli inevitabili periodi critici in cui la semplice buona volontà non basta più. Altre persone, caratterizzate da una simile predisposizione, ma che conducono una vita sedentaria o sono incapaci di controllare l’alimentazione, assistono inermi al continuo progredire del peso. Per loro il mio programma è ideale. Anche se presentano un profitto alimentare elevato, la combinazione del giovedì proteico e del consumo regolare di crusca d’avena neutralizza perfettamente questo handicap. La loro mancanza di volontà o di organizzazione alimentare trova, in questo giorno semieroico, l’occasione sognata per gestirsi con uno sforzo minimo, una sorta di redenzione settimanale. L’obesità grave È una predisposizione molto marcata di tipo famigliare, che comporta aumenti massicci che deformano il corpo. Si tratta di una forma di obesità molto diffusa negli Stati Uniti, ma relativamente rara in Europa. In questi obesi il profitto alimentare raggiunge livelli sorprendenti anche per gli stessi medici che li seguono. Tutti i nutrizionisti hanno, nella loro clientela, alcuni di questi casi estremi, che sembrano nutrirsi di aria e sfidare le leggi più elementari della fisica.
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Ho conosciuto pazienti che si pesavano la sera prima di andare a dormire e che, la mattina ancor prima di urinare, scoprivano di essere aumentati di qualche etto. Questi casi esistono e sconcertano i medici che se ne occupano, ma fortunatamente sono rari. Più spesso, la forte predisposizione genera un’obesità autentica. In questa categoria di obesi costituzionali rientrano coloro che hanno già provato la maggior parte delle diete, che quasi sempre sono riusciti a dimagrire ma che poi hanno ripreso i chili persi. Per loro, la quarta fase del programma è un valido mezzo per la stabilizzazione, ma rischia di rivelarsi insufficiente nei casi più ostinati. È per questo motivo che, nel capitolo dedicato a loro, propongo una serie di misure complementari finalizzate a rinforzare la stabilizzazione. Tuttavia, fedele alla decisione presa fin dall’inizio, non intendo inserire tali misure fra le restrizioni alimentari da rispettare. Quanto ho dichiarato nelle prime pagine del libro resta valido per tutti, anche per chi sfrutta al massimo le calorie: dopo una dieta efficace, l’alimentazione di stabilizzazione deve essere normale 6 giorni su 7. Le tre precauzioni che seguono sono rivolte a chi presenta un’estrema tendenza all’obesità o è affetto da obesità massiccia, ribelle e deformante. Probabilmente queste precauzioni incontreranno anche l’interesse di tutti coloro che, senza essere obesi, hanno già un «passato ponderale» e sono alla ricerca di una soluzione efficace.
Un’importante premessa: attenti al 29 Oggi si sa che tutti noi possediamo alla nascita un bagaglio genetico composto da adipociti, le cellule incaricate di fabbricare e immagazzinare il grasso. Nel tempo il numero di queste cellule è fisso e non cambia. È interessante sapere che se questo numero è fisso, varia però per ogni individuo, e quelli che ne posseggono di più hanno di conseguenza una maggiore predisposizione a ingrassare. La donna dispone geneticamente di un numero più elevato di adipociti rispetto all’uomo, perché la presenza del tessuto adiposo gioca un ruolo cruciale non solo nell’espressione della sua femminilità, ma soprattutto per consentirle di affrontare la maternità. Una donna che non dispone del 10% di riserve di grasso potrebbe non avere più l’ovulazione, e anche qualora riuscisse ad avere una gravidanza non disporrà delle riserve energetiche necessarie per portarla a termine. Una volta determinato alla nascita, il numero di questi adipociti resta relativamente invariato per tutta la vita… salvo in particolari momenti chiave, sui quali desidero attirare la vostra attenzione. Quando un uomo o una donna mangiano troppo o male e ingrassano, i loro adipociti si riempiono di lipidi e quindi aumentano di volume. Se l’aumento di peso persiste, i loro adipociti si ipertrofizzano e raggiungono il limite della loro elasticità. In questo momento critico ogni nuovo aumento di peso è un avvenimento eccezionale che sconvolge l’avvenire e compromette la possibilità futura di perdere peso. L’adipocita, non potendo più contenere lipidi, si divide in altri due adipociti. Questa semplice divisione duplica bruscamente la capacità di produrre e immagazzinare il grasso. A partire da questo momento la tendenza a ingrassare si aggrava, e diventa più facile ingrassare e più difficile dimagrire. Cercando di dimagrire si può ridurre la dimensione degli adipociti, ma non si può più fare in modo che due cellule ritornino a essere una cellula singola. Questa informazione è chiara ai nutrizionisti, ma non ai pazienti, ed è importante renderla nota, specie a coloro il cui aumento di peso è moderato. È importante infatti che non superino questo punto di non ritorno, a partire dal quale la lotta diventa più difficile, in un contesto altrettanto ostile. Nel momento in cui gli adipociti si dividono, il semplice sovrappeso comportamentale diventa metabolico, con la certezza che nulla sarà più come prima. Non fornisco queste informazioni per spaventare o colpevolizzare gli obesi, ma per
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far sapere loro che dimagriranno meno facilmente e in maniera meno duratura di prima. Posso assicurare loro che conoscendo tali limiti, il mio metodo può fornire gli strumenti giusti per vincere le loro resistenze. Detto questo, per coloro che sono «a rischio» bisogna localizzare in maniera semplice e concreta il momento in cui il peso raggiunge un punto cruciale da cui è difficile tornare indietro, per evitare di arrivare a quel punto. Per questo motivo ho lavorato sulle decine di migliaia di pazienti che mi hanno chiesto un consulto nel corso della mia vita di nutrizionista. Prendendo in considerazione un determinato parametro, ossia il periodo nel quale si presentava la maggiore resistenza al regime dietetico e alla perdita di peso, ho potuto elaborare delle statistiche che mi hanno permesso di localizzare questo fatidico momento, e intervenire di conseguenza: dall’IMC 28 per entrare nell’IMC 29. Innanzitutto occorre chiarire che cos’è l’IMC e come calcolarlo. L’IMC, o indice di massa corporea, si calcola dividendo il proprio peso per il quadrato della propria altezza. Poniamo per esempio che pesiate 70 kg x 1,60 m. Il quadrato della vostra altezza (1,60 x 1,60) è 2,56. Non vi resta che dividere il vostro peso per il quadrato dell’altezza, e otterrete l’IMC desiderato. 70 : 2,56 = 27,34. Questo IMC non è ancora a 29, ma vi si avvicina. Bastano 4 chili in più per arrivare a 28,90, e cioè molto vicino al fatidico 29. La cosa importante è fare di tutto per non arrivarci. Se non lo conoscete già, calcolate il vostro IMC: non c’è nulla di più semplice. A partire da questa informazione, seguite l’evolversi di tale parametro. Quando vi avvicinerete all’IMC 27, siate particolarmente vigili e tenete presente che i vostri adipociti sono già al limite. Se arrivate a 28, reagite: i vostri adipociti sono giunti a saturazione e minacciano in ogni momento di dividersi, cosa che complicherà la gestione e il controllo del vostro peso. Eccovi informati e avvertiti. Vi chiedo di trasmettere questo messaggio ai vostri bambini e ai vostri amici, nella speranza che il mio libro contribuisca a divulgare queste preziose informazioni.
Misure di rinforzo eccezionali Prima misura eccezionale: l’impiego del freddo nel controllo del peso Nel descrivervi questo programma, abbiamo affrontato il vostro problema di peso con la dieta e la crusca d’avena, che crea una dispersione calorica intestinale. Abbiamo poi aperto un’altra porta, quella del consumo calorico attraverso l’attività fisica, dando priorità al camminare, l’attività umana per eccellenza. Oggi, sempre con l’obiettivo di aumentare il dispendio energetico dell’organismo, apriamo un’ultima porta, un altro modo inedito di bruciare calorie, uno strumento estremamente originale, poco conosciuto e che reputo molto importante: l’aumento del consumo energetico per la termoregolazione, ossia il mantenimento della temperatura corporea. Prendiamo l’esempio di un uomo alto 1,70 m e di 70 kg, che svolge una professione semiattiva. In condizioni di vita normale, questa persona consuma ogni giorno una media di 2.400 calorie. Cerchiamo di saperne di più e tentiamo di capire come e in quali attività egli consuma queste calorie. • 300 calorie servono ogni giorno per garantire il funzionamento degli organi e le funzioni vitali (l’attività del cuore, del cervello, del fegato, dei reni eccetera). Questo dispendio è molto modesto e dimostra quanto i nostri organi si siano adattati alla sopravvivenza. Non è dunque in questo campo che si può obbligare l’organismo a consumare di più. • 700 calorie servono a garantire la vita di relazione, vale a dire l’attività motoria e l’esercizio fisico. È un dispendio che è facile aumentare. Per lungo tempo ho fatto l’errore, peraltro diffuso, di limitarmi a consigliare di muoversi, e ciò permetteva al paziente di prendere coscienza di questa necessità, ma non serviva a nulla. Poi, nel corso della mia guerra quotidiana
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contro il sovrappeso, ho capito il ruolo essenziale di questa attività fisica nella perdita di peso, e più ancora nella sua stabilizzazione a lungo termine. Ho quindi introdotto la camminata nei fondamenti di base del mio metodo. Ormai non «consiglio» più di camminare, ma lo «prescrivo nella ricetta», con la stessa solennità e la stessa convinzione con la quale prescriverei un farmaco. Il camminare, che distinguo da tutte le altre attività fisiche, è la base del genere umano ed è scritto nei nostri geni e in quelli della nostra specie. • 1.400 calorie, vale a dire ben oltre la metà del dispendio complessivo, servono a mantenere la temperatura corporea intorno ai 37 °C, temperatura indispensabile per la sopravvivenza. È in questo campo che abbiamo la possibilità, e quindi l’intenzione, di aumentare il dispendio. A questo scopo basta comprendere l’idea che il freddo può essere un alleato dell’obeso. Ormai, l’uomo ha definitivamente vinto la sua guerra contro il freddo ricorrendo a un’ampia serie di protezioni esterne (riscaldamento e abbigliamento) di cui oggi tende spesso ad abusare. L’impossibilità di adattarsi al freddo in mancanza di tali misure obbliga il corpo, quando vi è costretto, a gestire il mantenimento della temperatura interna in modo particolarmente dispendioso. Per facilitare la stabilizzazione ponderale dei grandi obesi, è possibile sfruttare questa difficoltà di adattamento al freddo e il relativo dispendio energetico. L’osservazione dimostra che l’occidentale medio si protegge troppo dal freddo e che l’obeso, circondato da uno strato di grasso isolante, lo fa ancor più degli altri. La tecnica che propongo al grande obeso mira a incrementare il dispendio calorico per aumentare la temperatura corporea. Si tratta di una serie di misure semplici, vincolanti e non alimentari, ma estremamente utili e che insegneranno a servirsi del freddo per agevolare la stabilizzazione del peso. Prima di tutto, dovete sapere che per non morire un organismo umano deve mantenere la temperatura del suo corpo sopra i 35 °C. E non si tratta di una raccomandazione, ma di un’urgenza vitale prioritaria assoluta. Mangiare freddo ogni volta che è possibile Quando mettete in bocca un alimento molto caldo, ne assimilate le calorie, ma assimilate anche, senza saperlo, il calore, equivalente a un supplemento di calorie che concorre al mantenimento della temperatura corporea intorno a 37 °C. Una bistecca calda è quindi più calorica della stessa bistecca fredda. Perciò, nel momento in cui viene assorbita e per un breve istante, l’organismo cessa di bruciare le proprie calorie per servirsi del calore fisico contenuto in questo alimento. Al contrario, quando si consuma un alimento freddo, l’organismo non può utilizzarlo e lasciarlo passare nel sangue senza averlo prima portato alla temperatura interna del corpo. Questa operazione comporta non solo un maggiore consumo di calorie, ma contribuisce a rallentare la digestione e l’assimilazione, e di conseguenza il ritorno troppo rapido della sensazione di fame. Ovviamente, il mio consiglio non è di consumare sistematicamente pasti freddi, ma di optare, ogni volta che vi sarà possibile scegliere fra un piatto caldo e uno freddo, per quello freddo. Bere freddo Se mangiare freddo non è sempre facile né piacevole, bere freddo è invece una pratica semplice da seguire, peraltro adottata da parecchie persone. Per l’obeso recalcitrante, questa operazione semplice, e per molti gradevole, può rivelarsi estremamente utile. In effetti, chi conserva l’acqua in frigorifero e ne beve 2 litri alla temperatura di 4 °C, prima o poi li eliminerà con l’urina a 37 °C. Per innalzare di 33 °C la temperatura di questi 2 litri d’acqua, l’organismo dovrà bruciare 60 calorie. Una volta diventata abitudine, nel corso di un anno questa operazione gli permetterà di bruciare senza sforzo circa 22.000 calorie, cioè poco più di 2,5 chilogrammi per anno: una buona occasione per tutti i grandi obesi la cui stabilizzazione è così spesso ardua. Al contrario, una tazza di tè fumante addolcita con un edulcorante sintetico non apporta alcuna
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caloria alimentare, ma fornisce una dose di calore intrinseco che si trasforma in calorie latenti di cui pochi immaginano l’esistenza. Succhiare del ghiaccio L’effetto ricercato sarà ancora più netto se si sfrutta il ghiaccio conservato alla temperatura di –10 °C. Sulla base di questo principio, suggerisco ai miei pazienti di preparare dei ghiaccioli addolciti con aspartame e aromatizzati alla vaniglia o alla menta e, nella stagione più calda, di succhiarne cinque o sei al giorno: questo espediente consentirà loro di consumare, senza alcuno sforzo, circa 60 calorie al giorno. Dimagrire lavandosi Fate un semplice esperimento: entrate nella doccia con un termometro in mano. Lasciate scorrere l’acqua aumentando progressivamente la temperatura fino a 25 °C. A che cosa si può paragonare la temperatura di quest’acqua? A quella di un bagno in mare che in estate si considera piacevole. Restare sotto l’acqua a questa temperatura per 2 minuti costringe l’organismo a spendere circa 100 calorie semplicemente per opporsi al raffreddamento corporeo: è l’equivalente calorico di una camminata di 3 chilometri. Le docce rinfrescanti efficaci danno un effetto migliore se il getto di acqua si concentra sulle zone del corpo più irrorate dal sangue caldo: le ascelle, l’inguine, il collo e il petto, dove il sangue circola in grosse arterie calde e superficiali che facilitano la dispersione del calore. Evitate invece di bagnare i capelli e la schiena con l’acqua fredda, perché è tanto inutile quanto sgradevole. I più freddolosi possono beneficiare di questa misura utile al dispendio calorico bagnando le parti meno sensibili del corpo: le cosce, le gambe e i piedi. Evitare gli ambienti troppo caldi La persona obesa deve sapere che, in inverno, mantenere in casa una temperatura ambiente di 25 °C potenzia la sua predisposizione a ingrassare. Per tutti coloro che tengono alla linea, abbassare la temperatura ambiente di 3 °C, scendendo da 25 a 22 °C, obbliga il corpo a bruciare 100 calorie in più al giorno, l’equivalente di 20 minuti di corsa. Coprirsi meno Questa misura ricalca la precedente, ma chiaramente è anche possibile combinare gli effetti di entrambe. In inverno, e talvolta anche in autunno, più per abitudine che per reale necessità, si è soliti tirare fuori dall’armadio intere collezioni di maglioni e biancheria pesante. La notte sono molti coloro che sovrappongono più coperte, non tanto per un reale bisogno di calore, quanto per il piacere di sentirsi avvolti. Eliminate, a scelta, una di queste tre protezioni: la biancheria intima sintetica, il maglione o la coperta supplementare. Questo unico accorgimento è sufficiente a sbarazzarvi di 100 calorie al giorno. Inoltre, la persona predisposta all’obesità deve sapere che non è opportuno indossare abiti troppo aderenti. Il corpo vestito suda sempre un po’ e questa traspirazione, che rinfresca e abbassa la temperatura del corpo, deve essere favorita con abiti i più ampi possibile. In conclusione Per fare il bilancio energetico di queste tre misure, basta sommare il dispendio calorico che comportano per comprendere l’effetto del freddo nel facilitare le stabilizzazioni difficili. Bere 2 litri di acqua a 10 °C richiede al corpo, per non raffreddarsi Succhiare 6 ghiaccioli senza zucchero fa bruciare
60 calorie 60 calorie
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Una doccia di 2 minuti a 25 °C fa bruciare 100 Abbassare di 3 °C la temperatura ambiente abituale fa bruciare Eliminare la biancheria sintetica, il maglione o una coperta richiede Totale
calorie 100 calorie 100 calorie 420 calorie
La lettura della tabella precedente dimostra in modo chiaro e semplice l’efficacia di queste misure. Il lettore che dubita della loro affidabilità deve comprendere che mi baso su dati fisiologici e assolutamente logici. Chi può dubitare che mantenere un organismo alla temperatura costante di 37 °C abbia un costo calorico, e che questo costo vari in funzione della temperatura ambiente e del contatto con il freddo? Chiunque sa per esperienza che, in una casa in cui porte e finestre sono male isolate, le spese di riscaldamento aumentano in modo significativo. Il nostro corpo si basa sullo stesso principio, cosa che ci autorizza a utilizzare il dispendio energetico per modificare la natura eccessivamente economa dell’obeso. In conclusione, se il raffreddamento non è un’arma sufficiente a garantire il dimagrimento di un obeso, può essere molto utile ai fini di una stabilizzazione difficile in cui a volte basta poco per invertire la tendenza. Queste modeste ma regolari calorie, bruciate grazie al freddo, possono rappresentare quell’aiuto che porta al successo. Infine, vi è un argomento che supera di gran lunga tutti gli altri: la messa in pratica di questa tecnica. Coloro che sono abbastanza lucidi per comprendere l’importanza e la resistenza della loro obesità, che seguono con grande scrupolo il mio programma di stabilizzazione definitivo e, malgrado tutto, vedono che l’ago della bilancia esita a fermarsi sul peso desiderato, sono invitati allora a provare per qualche settimana e senza esitazione gli effetti del raffreddamento. Dopo una breve esperienza, non sarà più necessario che sia qualcun altro a convincerli. Per coloro la cui resistenza alla perdita di peso è meno forte, questa tecnica non è indispensabile. Possono comunque ricorrervi in modo occasionale, in coincidenza di periodi particolarmente a rischio (vacanze, feste eccetera), o scegliere uno o due di questi accorgimenti che procurano loro minor disagio. Infine, affrontare il freddo può essere un esercizio utile a tutti coloro che hanno desiderio di rafforzare la loro volontà. Imparare a vincere il freddo può aiutare a vincere anche una certa debolezza nei confronti dell’alimentazione. Per concludere dirò che il calore e il comfort sono degli emollienti, mentre il freddo dinamizza, stimola lo sforzo muscolare e intellettuale e potenzia il funzionamento della tiroide. Ho conosciuto persone tristi che sotto una doccia un po’ più fredda hanno iniziato a cantare. Seconda misura eccezionale: pratica dell’attività fisica con uno scopo Molti teorici del dimagrimento consigliano di mangiare un po’ di tutto in piccole quantità e di aumentare parallelamente il dispendio calorico attraverso l’attività fisica. Queste raccomandazioni, per quanto logiche e razionali, non trovano conferma nella pratica. Secondo l’associazione americana dei professionisti specializzati in obesità, il 12% delle persone sottoposte a dieta dimagrante perde effettivamente peso, e solo il 2% riesce a stabilizzarlo. Mai praticare sport nelle fasi di dimagrimento intenso Nel periodo del regime di attacco e fino a quando si ricerca il dimagrimento rapido, sconsiglio di praticare qualunque sport o attività fisica intensa ai miei pazienti affetti da grande obesità. Chiedo però loro di camminare. Questo per tre motivi. • Il primo è che lo sforzo di volontà imposto da una dieta dimagrante efficace è già una prova in sé. Chiedere uno sforzo supplementare rischia solo di far crollare l’intero edificio. • Il secondo motivo deriva dal fatto che l’obeso che dimagrisce molto si affatica e ha bisogno di
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riposo e di un buon sonno ristoratore. Al di fuori dell’attività di camminare, qualunque sforzo fisico rischia di accrescere il senso di affaticamento e di compromettere la determinazione. • Il terzo motivo è che l’obeso, per definizione, è troppo pesante per la sua costituzione, e imporgli un esercizio fisico a cui non è abituato è semplicemente pericoloso. Inoltre, chiedergli di praticare un’attività sportiva significa anche non considerare il timore di esibire il proprio corpo in pubblico. Tre attività minime di rinforzo Se l’attività fisica intensa è da escludersi nella fase di dimagrimento, diventa preziosa nella fase di stabilizzazione, a dimagrimento avvenuto, sia per contenere il recupero del peso sia per rassodare i muscoli rilassati e tendere la pelle poco tonica. L’esperienza dimostra tuttavia che la pratica di un’attività fisica regolare è un impegno troppo grande per l’obeso, considerata la sua avversione per il movimento e per lo sforzo fisico, avversione che ha la sua parte di responsabilità nell’origine del sovrappeso. In ogni caso, all’obeso grave dimagrito che fatica a stabilizzare definitivamente il peso raggiunto impongo di associare il mio programma di base alle tre regole elementari seguenti, che tutti possono mettere in atto, anche i più refrattari a qualunque sforzo fisico. • Rinunciare all’ascensore. Ho già indicato questa regola illustrando la fase di stabilizzazione definitiva. È indirizzata a tutti i candidati alla stabilizzazione, e in particolar modo all’obeso che è riuscito a raggiungere il suo obiettivo, ma sa di essere più vulnerabile di una normale persona in sovrappeso. Può prendersi il proprio tempo, può fermarsi lungo le scale per recuperare fiato, può fare ciò che vuole tra il primo e il sesto piano, ma deve impegnarsi ad arrivare in fondo. Lo ripeto, ogni obeso che dimagrisce è un individuo molto forte, infinitamente più forte di una persona di peso normale: vivere con 120 chili o 150 chili che gravitano costantemente sulle gambe è un esercizio permanente, quasi uno sport. Quindi, quando sarà dimagrito, gli restano una massa muscolare e una forza che gli consentono di fare facilmente qualche piano. • Stare il più possibile in piedi. In tutte le occasioni in cui non è indispensabile stare seduti o coricati, state in piedi. Per sfruttare in pieno la sua efficacia, la posizione eretta deve essere tale che il peso del corpo sia distribuito su entrambi i piedi. Deve evitare di gravare solo su una parte del corpo, perché in tal caso il carico non sarebbe sulla muscolatura ma sui legamenti, la cui tensione passiva non consuma alcuna caloria. Non trascurate questa regola all’apparenza insignificante. La posizione eretta comporta la contrazione statica dei muscoli più grandi del corpo: glutei, quadricipiti e tibiali. Stare eretti, ben piantati sui piedi e con il bacino orizzontale è un’attività che, se diventa abituale, consuma una quantità non trascurabile di energia. • Camminare con uno scopo. L’occasione è buona per tornare ancora una volta sulla camminata. Ne conoscete già l’importanza nella lotta al sovrappeso. Io la prescrivo per 20 minuti al giorno durante la fase di attacco e per 30 minuti durante la fase di crociera, arrivando a 60 minuti per 4 giorni per spezzare i momenti di stagnazione. Raccomando poi di ritornare a 25 minuti durante il consolidamento e di assestarsi a un minimo di 20 minuti al giorno nel corso della stabilizzazione definitiva. Ma per l’obeso vittorioso questi 20 minuti non sono sufficienti: oltre all’attività fisica fine a se stessa, deve aggiungere altro movimento legato a uno scopo. Rientrate a casa dal lavoro a piedi, fate shopping, fate visita ai vicini a piedi e imparerete a muovervi di più. L’obeso vittorioso, in fase di stabilizzazione, deve imparare nuovamente a usare il corpo, che considerava un carico impossibile da trasportare e un ostacolo alla sua libertà. Abbandonare l’obesità non è una scelta magica, ma una rieducazione che va accettata prima nella mente e che deve essere desiderata, è un lavoro su di sé che produce soddisfazioni tali da giustificare qualche piccolo sacrificio. Seguire 1 giorno di proteine pure alla settimana, assumere 3 cucchiai
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di crusca d’avena, abituarsi al freddo, stare in piedi, camminare quando è necessario e dimenticare l’ascensore, rappresentano per l’obeso grave in fase di stabilizzazione una serie di sacrifici minimi se messi in rapporto al beneficio immenso di ritrovare la libertà, la dignità e la normalità. Rinforzo psicologico della stabilizzazione: tre cambiamenti del comportamento alimentare Mangiare lentamente e masticare in modo completo gli alimenti Oggi esistono ragioni scientifiche per affermare che mangiare troppo in fretta fa ingrassare. Una ricerca inglese ha studiato, filmandole a loro insaputa, due gruppi di donne, uno formato da donne obese e l’altro da donne di peso normale. È emerso che queste ultime masticavano due volte più a lungo di quelle obese, raggiungevano più rapidamente il senso di sazietà e avvertivano un minore bisogno di amidi e di zuccheri nelle ore successive al pasto. Ci sono due tipi di sazietà: la sazietà meccanica, dovuta al riempimento dello stomaco, e la sazietà vera e propria, che sopraggiunge quando, dopo la digestione, gli alimenti entrano nel sangue e poi arrivano al cervello. Coloro che mangiano troppo in fretta non possono contare sulla dilatazione dello stomaco per placare la loro avidità. L’ingestione di enormi quantità di cibo spiega la sonnolenza e il gonfiore che spesso si presentano a fine pasto, a riprova che si è superata la misura. Al contrario, la persona che mangia e mastica lentamente si concede il tempo di percepire che calorie e nutrimento raggiungono il cervello per attivare il senso di appagamento. A metà pasto, si sente già soddisfatta e rifiuta il formaggio e il dessert. Comprendo bene che non si può invertire completamente questa abitudine così radicata e so anche quanto sia esasperante pranzare in compagnia di «tartarughe da tavola» quando si ha una fame da lupo. Tuttavia, l’obeso grave che fatica a stabilizzare il peso non deve sottovalutare l’importanza di questa regola. Dovrebbe invece accettare l’idea che una precauzione tanto semplice può aiutarlo molto. Inoltre, lo sforzo di volontà necessario per ridurre la velocità di ingestione del cibo è molto più modesto di quanto sembri. Lo sforzo di attenzione volontaria dura solo qualche giorno per poi trasformarsi in automatismo e, alla lunga, in abitudine. Ne è un esempio il caso di un mio paziente indiano, ex obeso, guarito e stabilizzato dal guru di un ashram della provincia di New Delhi che, come unica terapia, gli ha fatto questa raccomandazione: «A ogni pasto mangi e mastichi come è abituato a fare, ma nel momento in cui sta per inghiottire il boccone, lo riporti con la lingua nella parte anteriore della bocca e lo mastichi una seconda volta. Nell’arco di due anni, ritroverà un peso normale». Bere abbondantemente durante i pasti Secondo una regola di origine incerta ma radicata nell’inconscio collettivo, chi intende dimagrire non dovrebbe bere durante i pasti. Questo luogo comune non è solo assurdo e infondato, ma contrario alla verità. Bere mentre si mangia fa bene all’obeso per tre motivi. • L’acqua agisce come fattore di riempimento che, miscelandosi con gli alimenti, distende lo stomaco e procura una sensazione di pienezza e di sazietà. Una spugna imbevuta di liquidi occupa più spazio di una spugna asciutta. • Bere mangiando consente anche di interrompere momentaneamente l’assorbimento degli alimenti solidi. Questa pausa, associata al lavaggio delle papille, rallenta il ritmo del pasto lasciando ai messaggeri chimici della sazietà il tempo di entrare in circolo nel sangue e di arrivare al cervello, placando così la fame. • Infine l’acqua fredda, o semplicemente fresca, abbassa la temperatura complessiva degli alimenti contenuti nello stomaco, alimenti che dovranno essere nuovamente riscaldati per penetrare nel sangue: vale a dire calorie e tempo supplementari guadagnati.
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In pratica, per ottenere il massimo profitto bevendo, conviene consumare acqua fredda: l’equivalente di un grosso bicchiere prima del pasto, un altro da sorseggiare nel corso del pasto, e un ultimo bicchiere prima di alzarsi da tavola. Mai fare il bis Nel corso del regime di consolidamento, che intercorre tra la fase di dimagrimento propriamente detta e quella di stabilizzazione definitiva, il programma prevede l’introduzione di un certo numero di alimenti necessari e di due pasti della festa accompagnati da una raccomandazione di buon senso: «Mai fare il bis». I grandi obesi con difficoltà di stabilizzazione hanno tutto l’interesse ad adottare questa regola, che i magri costituzionali praticano spontaneamente. Servitevi in abbondanza sapendo che non ci sarà un secondo giro: mangerete con più appetito e saprete concedervi il tempo necessario. Quando avrete la tentazione di servirvi una seconda porzione dello stesso piatto, sappiate che state per valicare una frontiera pericolosa. Ritirate il piatto e concentratevi sulla portata successiva. In conclusione Nulla è più semplice di bere ai pasti, masticare più a lungo concentrandosi sulle sensazioni procurate dagli alimenti ed evitare di consumare due volte consecutive la stessa portata. Semplice ma efficace, perché queste misure si prendono a tavola, nello stesso luogo in cui si manifestano i comportamenti alimentari a rischio che hanno la loro parte di responsabilità nell’obesità iniziale. Quando queste misure sono integrate nella quotidianità, riducono gradualmente le pulsioni disordinate dell’obeso grave. Uniti alle altre misure eccezionali di rinforzo, cioè l’adattamento al freddo e l’attività fisica praticata con uno scopo, destinate all’obeso che è stato finora refrattario alla stabilizzazione durevole, questi accorgimenti impongono un sistema di regole poco costrittive, ma di grande efficacia pratica. L’obeso grave deve essere consapevole che non potrà mai sperare in una stabilizzazione definitiva senza mettere in gioco una parte di se stesso, quella parte che lo condanna all’instabilità e al fallimento a causa di comportamenti e abitudini scorretti. Le regole qui proposte fungono da paletti sulla via della stabilizzazione e confermano in ogni momento l’importanza e la persistenza di una grande sfida: vivere piacevolmente, mangiando per sempre come chiunque altro, 6 giorni su 7.
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La dieta Dukan dall’infanzia alla menopausa Il principio su cui si basa il mio programma è la constatazione che oggi è molto difficile raggiungere e mantenere, senza un particolare metodo, un peso normale. Mentre scrivo queste parole, le fabbriche e i laboratori dei maggiori gruppi dell’industria agroalimentare, i professionisti del marketing e gli psicologi, esperti di motivazioni profonde e dei comportamenti umani, lavorano nell’ombra per elaborare intere gamme di prodotti da mangiare le cui forme, i colori, gli argomenti e le tecniche di diffusione sono così sofisticati che resistere diventa una vera sfida. Parallelamente, in altri luoghi, ricercatori e tecnici altrettanto esperti si applicano per scoprire e promuovere processi e prodotti innovativi che riducano il movimento della macchina umana. È così che dall’avvento della macchina a vapore, tutti i prodotti come l’automobile, l’elettricità, il telefono, la lavatrice, i fazzoletti e i pannolini usa e getta, il telecomando, fino alla comparsa dello spazzolino da denti elettrico, vengono presentati come innovazioni che ci alleviano o che ci privano, a seconda del punto di vista, di un’enorme serie di gesti e del dispendio calorico che deriverebbe dal compierli. Tutto questo per dire che ogni essere umano che vive nella società dei consumi, fatta eccezione per i pochi lavoratori di fatica e gli sportivi professionisti, troverà grandi difficoltà a regolarizzare il proprio peso, mentre, per ragioni di prevenzione sanitaria e imperativi culturali ed estetici, ingrassare è diventato socialmente disdicevole. Ho messo a punto questo programma per affrontare la deriva strutturale delle società moderne e fornire un piano che possa adattarsi a tutte le sfaccettature di questa nuova malattia della civiltà. Finora ho parlato del regime in forma generale, per facilitare la comprensione della sua struttura, inserendo solo i parametri di durata e di peso da perdere. Adesso vedremo come questo strumento si possa adattare ed essere utilizzato in funzione delle diverse età e di particolari momenti dell’esistenza. La dieta Dukan adattata all’infanzia La coalizione tra sollecitazione alimentare e riduzione dell’attività fisica ha ripercussioni importanti sul bambino. In una sola generazione, sono arrivati i programmi televisivi, i giochi elettronici e il computer, che hanno inchiodato i più piccoli davanti agli schermi, e parallelamente sono comparsi sul mercato barrette energetiche, dolcetti, merendine, biscotti, creme al cioccolato con i loro stimoli gustativi e pubblicitari irresistibili. La sempre maggiore diffusione dell’obesità negli Stati Uniti è iniziata nei primi anni Sessanta, diffondendosi nella popolazione infantile. I bambini grassi di ieri sono diventati gli obesi di oggi: gli USA ne detengono il primato mondiale. In Europa i pediatri tentano con ogni mezzo di opporsi a questa invasione culturale, mentre fast food, pizze da asporto, gelati, bibite, barrette di cioccolato, pop corn e corn flakes, uniti all’«immobilizzazione elettronica», fanno alzare progressivamente il tasso dell’obesità infantile. Per quanto riguarda il sovrappeso nel bambino, è bene distinguere l’approccio preventivo relativo ai bambini a rischio, che manifestano molto precocemente e per predisposizione famigliare una tendenza a ingrassare, dall’approccio curativo che interessa i soggetti obesi di costituzione. Non si deve dimenticare che, nel particolare settore del sovrappeso infantile, l’approccio preventivo è di gran lunga il più interessante e il più efficace, perché il bambino diventato grasso incontrerà difficoltà a gestire il proprio peso per tutta la vita. Quindi, occorre sempre tentare di prevenire, con un atteggiamento deciso e informato, l’aumento del peso che porterà l’adulto a sostenere una battaglia interminabile e frustrante. Il bambino a rischio Si tratta in genere di un bambino goloso e poco attivo, figlio di genitori in sovrappeso, che
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manifesta precocemente un forte appetito e la tendenza a ingrassare. A questa età non è il caso di intraprendere una dieta, e ancor meno un regime così strutturato come il mio. Ma è comunque opportuno suggerire delle linee guida alla madre che non sa come arginare questa tendenza. Si tratta di poche e semplici regole. Bisogna: • evitare di acquistare e introdurre in casa qualunque alimento dolce, fatta eccezione per quelli addolciti con aspartame; • eliminare patatine, snack fritti e frutta secca oleosa (arachidi, pistacchi eccetera); • ridurre di metà o di due terzi il contenuto di grassi (olio, burro, panna) delle salse e delle preparazioni. Con queste tre misure elementari, ma molto efficaci sul lungo termine, i pericoli maggiori possono essere arginati. Queste misure non sono però discutibili, perché ne va della salute, tanto fisica quanto psichica, del bambino. Una madre accorta dovrà allora evitare di tenere in casa ogni sorta di caramelle, dolcetti, tortine, cioccolato, creme da spalmare o gelati, e riservare questi alimenti alle occasioni di festa o di premio. Oggi esiste inoltre una grande varietà di prodotti sostitutivi: marmellate senza zucchero, gomme da masticare dietetiche, latticini aromatizzati, cioccolatini con poco zucchero, budini senza zucchero e con pochi grassi, gelati allo yogurt eccetera. La madre del bambino a rischio dovrà poi fare appello a tutta la sua creatività per ridurre il tenore di grassi dei condimenti: burro aggiunto alla pasta, salse che accompagnano carne, pesce e pollame (vedi ricette e salse consigliate a p. 177 e seguenti). Il bambino obeso • Prima dei 10 anni, davanti a un accenno di sovrappeso, occorre adottare una strategia dolce il cui obiettivo sarà stabilizzare il peso e smaltire con la crescita i pochi chili di troppo. Per questo occorre iniziare con un periodo di 3 mesi nel corso dei quali saranno adottate le tre misure appena illustrate, volte a riequilibrare gli zuccheri e i grassi nell’alimentazione del bambino. Se malgrado queste prime precauzioni il peso continuerà ad aumentare, si passa alla terza fase della mia dieta, quella del consolidamento del peso, con i due pasti della festa, senza però adottare il giovedì proteico che, a questa età, risulta troppo aggressivo. • Dopo i 10 anni, in presenza di un’obesità costituzionale, si può ormai tentare di ridurre il sovrappeso con un metodo dolce. Questa strategia si articola come quella precedentemente illustrata: si inizia cioè con la terza fase di consolidamento, sostituendo al giovedì delle proteine pure una giornata di proteine con verdure. L’obiettivo è di perdere peso senza tuttavia imporre un approccio frustrante al bambino, sapendo che la futura crescita sarà una grande risorsa che gli permetterà di allungarsi diluendo il suo sovrappeso. La dieta Dukan adattata all’adolescenza Normalmente per il maschio l’adolescenza è il periodo della vita in cui il rischio di sovrappeso si riduce al massimo, un periodo di crescita e di attività intensa nel quale il forte dispendio energetico neutralizza ogni possibile aumento di peso. Questa fase è vissuta diversamente dalle ragazze, che attraversano un periodo di instabilità ormonale, testimoniata dal ciclo irregolare e da un aumento di peso che si localizza tipicamente su cosce, fianchi e ginocchia. Questo periodo tormentato è spesso accompagnato da un’ipersensibilità emotiva e da un forte desiderio di dimagrire, che si manifesta in modo netto. La ragazza adolescente a rischio • In caso di semplice tendenza a ingrassare in un contesto di ciclo irregolare con sindrome premestruale marcata, conviene rivolgersi al medico per valutare lo sviluppo osseo e quanto tempo manca alla conclusione della crescita.
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• Se la crescita non si è ancora conclusa, la fase di consolidamento è quella più adatta alla situazione e generalmente è sufficiente a ostacolare una tendenza moderata al sovrappeso, a condizione di essere praticata integralmente, senza tralasciare il giovedì delle proteine pure. • Se la crescita è terminata o se la fase di consolidamento non è sufficiente a controllare la tendenza a ingrassare, si passa alla seconda fase del mio programma, la fase di crociera, adattandola al periodo vulnerabile dell’adolescenza. Mentre per l’adulto questa fase è composta da un’alternanza di proteine pure e di proteine + verdure, per l’adolescente si svilupperà solo con proteine + verdure senza alternanza. • Se l’aumento ponderale si aggrava, a partire dall’età di 17 anni si passa alla fase di crociera integrale, praticata al ritmo di alternanza 1/1, cioè con una giornata di proteine pure seguita da una giornata di proteine + verdure, fino al raggiungimento del Giusto Peso, fissato tenendo conto dell’età dell’adolescente e cercando di stabilire un parametro corretto, non mirando a un peso ideale scelto arbitrariamente dalla ragazza. Quest’ultimo, privo di fondamento o troppo lontano da raggiungere, rischia di indurre eccessive economie energetiche nell’organismo e di spingere l’adolescente ad adottare un’alimentazione troppo restrittiva. L’adolescente obesa Superati i 16 anni, in caso di obesità dichiarata, in presenza di un ciclo regolare e in assenza di gravi disturbi del comportamento alimentare bulimico o compulsivo, è auspicabile utilizzare il programma seguendone il corso normale. Si inizierà quindi con una fase d’attacco da 3 a 5 giorni per poi passare alla fase di crociera, con un’alternanza di 1 giorno di proteine pure seguito da 1 giorno di proteine + verdure. Nella ragazza adolescente, è ancor più importante stabilizzare il peso ottenuto con il regime di consolidamento, e infine passare al regime di stabilizzazione definitiva con il giovedì di proteine pure, l’abbandono dell’ascensore e l’assunzione della crusca d’avena, per una durata tanto più prolungata quanto maggiore è l’entità del dimagrimento, e nel caso in cui esista un sospetto di obesità famigliare. La dieta Dukan per la donna che assume la pillola contraccettiva L’avvento delle minipillole a basso dosaggio ormonale ha ridotto notevolmente il rischio di aumento di peso causato dal dosaggio elevato delle pillole anticoncezionali di prima generazione. In ogni caso, qualunque sia il dosaggio, i primi mesi di assunzione della pillola contraccettiva rappresentano un momento a rischio per l’aumento di peso, spesso difficile da riassorbire per le donne che non hanno mai avuto occasione di controllare l’alimentazione. Questa tendenza si manifesta soprattutto nella fase iniziale della terapia per poi ridursi progressivamente nell’arco di 3-4 mesi, un periodo breve nel quale è bene prendere qualche precauzione. Prevenzione Nel caso di una tendenza personale o famigliare al sovrappeso o se si assume una pillola ad alto dosaggio, una misura semplice ed efficace consiste nell’affidarsi al regime di stabilizzazione definitiva, con il suo giovedì di proteine pure, l’abbandono dell’ascensore e i cucchiai di crusca d’avena. Qualora questi accorgimenti non fossero sufficienti, vi invito a passare al regime di consolidamento, con il giovedì delle proteine pure. In caso di aumento di peso • Per un aumento di peso moderato, iniziare con un regime di crociera, con l’alternanza 1/1 (1 giorno di sole proteine seguito da 1 giorno di proteine + verdure) fino al recupero del peso iniziale, senza dimenticare di passare alla fase di consolidamento della durata di 10 giorni per ogni chilo perso, e poi alla stabilizzazione definitiva, per almeno 4 mesi, in modo tale da non recuperare i chili smaltiti. • Per un aumento notevole, adottare il programma completo mantenendo per 12 mesi il
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giovedì delle proteine pure. La dieta Dukan e la gravidanza L’aumento ideale in gravidanza (peso finale prima del parto) è compreso fra gli 8 e i 12 chili a seconda della statura, dell’età e del numero di gravidanze precedenti. Nelle donne con predisposizione all’obesità, l’aumento di peso può in realtà rivelarsi di gran lunga superiore. Queste diverse eventualità sono tutte facilmente controllabili grazie alle molteplici sfaccettature e angolature di approccio del mio programma. Durante la gravidanza • Sorveglianza e semplice prevenzione. Per le donne a rischio di aumento di peso perché già ingrassate molto nel corso di gravidanze precedenti, o per le donne con una storia di diabete personale o famigliare, o semplicemente per coloro che desiderano mantenere la linea, la migliore strategia preventiva consiste nell’intraprendere, appena possibile e per tutta la gravidanza, la fase di consolidamento del programma, apportando tre modifiche alla versione «tradizionale»: – consumare due porzioni di frutta al giorno anziché una; – utilizzare latte e latticini (yogurt e formaggi freschi magri) parzialmente scremati; – eliminare il giovedì delle proteine pure. • Sovrappeso preesistente. È il caso di una donna già in sovrappeso nel momento in cui inizia la gravidanza. In questi casi preoccupanti in cui l’eccesso di peso preesistente può aggravarsi in modo significativo, la soluzione migliore è il regime di consolidamento potenziato dall’eliminazione degli amidi e dei due pasti della festa, con il mantenimento del giovedì proteico. In caso di vera e propria obesità, quando si presenta un rischio importante di complicazioni per la madre o per il feto durante la gravidanza o il parto, si può ricorrere, soprattutto all’inizio della gravidanza, alla fase di crociera, ma solo con il consenso del medico curante e sotto la sua sorveglianza. In queste situazioni molto particolari, occorre valutare attentamente e mettere sulla bilancia i benefici e i danni di un regime tanto attivo per la madre e per il feto. Dopo la gravidanza Si tratta di una situazione classica in cui vi è un residuo di sovrappeso più o meno importante che occorre ridurre per tornare al peso abituale. La donna deve sapere tuttavia che non è sempre facile né consigliabile ritornare sistematicamente al peso precedente la gravidanza, vale a dire mantenere per sempre il peso da ragazza. Tenendo conto della mia esperienza professionale, ho preso l’abitudine di applicare una regola personale per calcolare l’evoluzione auspicabile del peso in funzione dell’età e del numero di gravidanze affrontate. Rispetto al peso da ragazza (20 anni), considero che fra i 20 e i 50 anni l’aumento medio di peso sia intorno a 1 chilo per ogni dieci anni di età e pari a 2 chili per ogni gravidanza. Quindi, una donna che pesava 50 chili a 20 anni, arriverà a 54 chili a 25 anni dopo due gravidanze, a 55 chili a 30 anni, a 56 chili a 40 anni e infine a 57 chili a 50 anni. • In caso di allattamento. Qualunque sia l’aumento di peso, sarebbe sbagliato intraprendere un regime troppo sostenuto in questo periodo, perché potrebbe avere ripercussioni sulla crescita del neonato. L’atteggiamento che raccomando è simile a quello consigliato per una gravidanza normale, rappresentato dal regime di consolidamento e alleggerito in tre punti: – consumare due frutti, anziché uno soltanto; – consumare latte e latticini parzialmente scremati anziché totalmente scremati; – eliminare il giovedì a base di proteine pure. • In mancanza di allattamento. Il calo ponderale può iniziare a partire dal ritorno a casa. Se l’aumento di peso è stato normale, lasciando un eccesso di 5-7 chili dopo una settimana dal
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parto, si può tornare al peso abituale con il regime di crociera, con l’alternanza 1/1, cioè 1 giorno di proteine pure seguito da 1 giorno di proteine + verdure. Il regime deve essere portato avanti, senza interruzioni, fino al raggiungimento del peso stabilito, senza dimenticare di passare alla fase di consolidamento di 10 giorni per ogni chilo perso e poi alla stabilizzazione definitiva con le sue tre misure: il giovedì di proteine pure + scale + crusca d’avena per almeno 4 mesi. In caso di aumento anomalo, tra i 10 e i 20 chili in più 7 giorni dopo il parto, è necessario seguire il programma nella sua interezza, con un decollo rapido grazie ai 5 giorni di proteine pure della fase di attacco, seguito dalla fase di crociera, dal regime di consolidamento e infine da una stabilizzazione definitiva di lunga durata, con le sue tre misure non negoziabili: giovedì di proteine pure + scale + crusca d’avena, da seguire per un minimo di 12 mesi, che aumenteranno per i soggetti predisposti con un passato ponderale tormentato. La dieta Dukan in premenopausa e menopausa I pericoli della menopausa La premenopausa e i 6 primi mesi della menopausa conclamata rappresentano una fase ormonale di elevato pericolo, il periodo della vita della donna in cui è più frequente l’aumento di peso. Sotto l’effetto combinato dell’età, della riduzione della massa muscolare e di una frequente diminuzione dell’attività tiroidea, il dispendio calorico dell’organismo diminuisce progressivamente. Parallelamente, le ovaie cessano di secernere uno dei loro due ormoni, il progesterone, creando uno squilibrio che provoca irregolarità nel ciclo con ritardi o mancanza di mestruazioni. Per compensare questo aspetto si utilizza solitamente il progesterone sostitutivo, per lo più di sintesi. L’insieme di questi tre fattori causa un aumento di peso che non risponde più alle normali misure di controllo alimentare che la maggior parte delle donne si impone per mantenere la linea. Siamo in piena premenopausa. Quando l’attività delle ovaie cessa completamente, interrompendo così la produzione di estrogeni o follicolina, compaiono le vampate di calore che testimoniano questa mancanza. Siamo allora in menopausa conclamata e l’aumento di peso si accentua a causa del rinforzo della terapia di sostituzione, che ormai associa progesterone ed estrogeni. La tendenza a ingrassare prosegue fino al completo adattamento alla terapia per poi scomparire nel giro di alcuni mesi. Il bilancio ponderale di questa traversata difficile, che può durare da 2 a 5 anni, è un aumento di peso che oscilla statisticamente fra 3 e 5 chili a seconda della terapia sostitutiva utilizzata e del modo più o meno graduale di instaurarla, ma in donne non informate e con particolare predisposizione può raggiungere anche i 10 addirittura i 20 chili. Gli ormoni vegetali, un’alternativa rivoluzionaria per le donne a rischio Le numerose polemiche suscitate dagli effetti collaterali legati al trattamento ormonale sostitutivo hanno scoraggiato l’utilizzo di questo tipo di ormoni. Per dare una risposta adeguata a certi tipi di menopausa problematici, con forti vampate di calore e un aumento di peso preoccupante, di recente è stata introdotta una nuova terapia, a base di sostanze esclusivamente vegetali, di cui vale la pena parlare in questa sede. Queste sostanze vegetali e naturali sono costituite da molecole la cui struttura è molto vicina a quella degli ormoni femminili, che riescono in parte a sostituire. Le molecole vegetali, meno attive degli ormoni femminili, hanno dimostrato un’azione protettiva contro le vampate di calore. Ma al di là delle vampate, sembra che l’uso regolare dei fitoestrogeni della soia, se impiegati in
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dosi sufficienti, permetta di evitare, soprattutto nelle donne già in sovrappeso o con predisposizione a ingrassare, l’aumento di peso ineluttabile in questa fase della vita femminile. Vi è però un limite. I fitoestrogeni, essendo molto meno attivi degli ormoni ovarici endogeni (prodotti dalle ovaie nella donna in età fertile), nei dosaggi attualmente proposti sotto forma di integratori si rivelano insufficienti per contrastare la tendenza all’aumento di peso. Se osserviamo quanto accade in Giappone, Paese in cui la soia è largamente consumata, l’assunzione quotidiana e regolare di 200 g di tofu spiega l’assenza di vampate di calore nella donna giapponese e la stabilizzazione del suo peso dalla premenopausa alla menopausa. 200 g di tofu rappresentano una dose quotidiana di 100 mg di isoflavoni di soia, la cui assunzione abituale sembra contribuire positivamente nella lotta contro il sovrappeso. Tutti gli autori che hanno studiato le proprietà nutrizionali degli alimenti a base di soia insistono sul fatto che la sua azione protettiva su alcune manifestazioni della menopausa, come le vampate di calore o l’invecchiamento della pelle, si manifesta rapidamente, mentre l’azione di prevenzione sul cancro al seno, l’osteoporosi e l’aumento ponderale richiede un’assunzione prolungata, il che riesce a spiegare la straordinaria immunità della donna asiatica, che è una forte consumatrice di soia. Consiglio dunque alle donne giovani di consumare soia in modo regolare. Non i germogli, che sono privi di azione, ma i semi stessi o, meglio ancora, il latte di soia e il tofu. Misure preventive • Menopausa semplice. Quando non esiste un trascorso di aumento ponderale anomalo o di diete dimagranti fallite, ma l’unica preoccupazione è quella di prevenire l’aumento di peso, è consigliabile, fin dai primi ritardi o irregolarità della premenopausa, adottare la fase 4 del mio programma, l’alimentazione e le abitudini della stabilizzazione definitiva con il giovedì di proteine pure, l’abbandono dell’ascensore e i cucchiai di crusca d’avena che, nella maggior parte dei casi, bastano ad arginare la normale progressione di peso. Questa misura difensiva va adottata rigorosamente per l’intera durata del periodo solitamente caotico della premenopausa e fino al perfetto adattamento alla menopausa conclamata, soprattutto durante l’inserimento della terapia ormonale sostitutiva, momento per eccellenza in cui il controllo del peso è a rischio. • Menopausa a rischio. È il caso di molte donne che hanno sempre avuto difficoltà a mantenere un peso corretto, e hanno tentato, da sole o con l’aiuto di un medico, di contenere la loro tendenza a ingrassare. Queste donne temono giustamente lo scompenso normale legato alle prime manifestazioni della menopausa. A loro, se la funzione preventiva rappresentata dalla fase di stabilizzazione si rivela insufficiente, consiglio di passare alla fase di consolidamento, con la sua base di proteine + verdure, la frutta, la porzione di pane integrale e di formaggio, le due porzioni di amidi alla settimana, i due pasti della festa e la forza motrice costituita dal giovedì di proteine pure. In certi momenti critici della premenopausa, quando si verificano ritardi o assenze prolungate del mestruo – periodi caratterizzati da ritenzione idrica e gonfiori diffusi, gambe pesanti, ventre gonfio, dita che si dilatano, mal di testa – o nel corso dei primi tre fatidici mesi di inserimento della terapia ormonale di sostituzione, è indispensabile passare alla fase di crociera alternando 1 giorno di proteine pure a 1 giorno di proteine + verdure per tutto il periodo di forte minaccia di aumento di peso. Aumento di peso • Aumento di peso recente. In mancanza di precauzioni e con un aumento di peso recente o in fase di stabilizzazione, ma poco minaccioso, si raccomanda di iniziare con 3 giorni della fase di attacco, di proseguire con la fase di crociera nell’alternanza di 1 giorno di proteine pure seguito da 1 giorno di proteine + verdure e, appena ritrovato il peso corretto, di passare alla fase di stabilizzazione definitiva, che va prolungata fino al perfetto adattamento alla terapia ormonale
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di sostituzione, cioè almeno per 6 mesi. • Aumento di peso avvenuto nel passato. Su un terreno predisposto, nella donna già in sovrappeso oppure obesa, l’aumento può essere esplosivo e impedire per un certo periodo ogni tentativo di terapia ormonale sostitutiva. O, peggio, se questa è già stata avviata e l’esplosione ponderale si è già verificata, si impone la fase di attacco in tutto il suo rigore, iniziando con 5 giorni di proteine pure o anche 7, se i danni sono importanti. Si passa quindi alla fase di crociera nell’alternanza 5/5, ovvero 5 giorni di proteine pure seguiti da 5 giorni di proteine + verdure oppure nella versione 1/1 (1 giorno di proteine pure alternato a 1 giorno di proteine + verdure) se l’aumento di peso è meno importante o vi è una maggiore attitudine a perdere peso. Una volta raggiunto il peso desiderato, si passa alla fase di consolidamento e la si prosegue per tutto il tempo imposto dalla regola dei 10 giorni per ogni chilo perso. Infine si continua con la fase di stabilizzazione, che va mantenuta per tutta la vita. Il programma e la disintossicazione dal tabacco Disintossicazione dal tabacco e aumento di peso Sono molti i fumatori e le fumatrici che esitano a smettere di fumare per il timore giustificato di un conseguente aumento di peso. A parecchi capita anche di smettere con successo ma, dopo essere ingrassati, di riprendere a fumare nella speranza che l’aumento di peso sia reversibile. Si sbagliano e, così facendo, non solo perdono il beneficio della loro impresa, ma accumulano anche tossine dannose. È bene sapere che la tendenza a ingrassare in seguito all’abbandono del tabacco è la conseguenza di due fattori complessi. Il primo è un bisogno di soddisfazione orale che spinge l’ex fumatore a ricercare sensazioni diverse ma dello stesso tipo: odori, sapori e gesti che i pediatri e gli psicanalisti definiscono sensazioni orali, in riferimento allo stadio orale dei primi momenti di vita del bambino, descritto in modo magistrale da Freud e dai suoi successori. Da questo bisogno di compensazione nasce l’urgenza di mettere in bocca qualcosa e di mangiucchiare fuori pasto ogni tipo di cibo dal sapore gradevole e intenso, con un aumento dell’apporto calorico. A questo bisogno sensoriale e all’apporto calorico che ne deriva, si aggiunge un ulteriore accumulo di tutte le calorie che la nicotina permetteva di consumare. L’unione di questi due fattori, sensoriale e metabolico, causa un aumento di peso medio di 4 chili, che può raggiungere anche i 10-15 chili nei soggetti predisposti e nei grandi fumatori con forte dipendenza. Il peso accumulato durante la disintossicazione dal fumo è un peso che non scompare automaticamente se si riprende a fumare. È indispensabile pertanto tutelare l’immenso vantaggio che deriva dall’abbandono della dipendenza a una droga tanto pericolosa come il tabacco. Occorre ricordare che il rischio di aumento di peso legato all’abbandono del fumo interessa un periodo circoscritto di 6 mesi, e che pertanto anche lo sforzo necessario per contrastarlo è limitato nel tempo. Superata questa fase, il blocco del metabolismo sparisce, l’esigenza di compensazione si attenua e il controllo del peso diventa più facile. Prevenzione del sovrappeso per un fumatore di peso normale È il caso semplice del fumatore che non presenta predisposizione personale o famigliare al sovrappeso, con un peso normale e che non ha mai seguito una dieta dimagrante. Per il piccolo fumatore, che non supera le 10 sigarette al giorno o non aspira il fumo, la soluzione migliore è l’adozione della fase di stabilizzazione finale, con il suo giovedì di proteine pure e i suoi cucchiai di crusca d’avena per un periodo di 6 mesi. Il grande fumatore, che supera le 20 sigarette al giorno, dovrà invece ricorrere alla fase di consolidamento per i primi 4 mesi, per passare alla fase di stabilizzazione definitiva nei 4 mesi successivi.
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Prevenzione per un fumatore con predisposizione al sovrappeso Se si teme l’aumento di peso nel grande fumatore che presenta altri fattori di rischio (diabete, insufficienza respiratoria o cardiaca), il consiglio è di iniziare a smettere di fumare seguendo il regime di crociera nell’alternanza 1/1, cioè 1 giorno di proteine pure seguito da 1 giorno di proteine + verdure nel primo mese, quando il rischio di aumento è massimo. Si può poi passare alla fase per il consolidamento del peso raggiunto per 5 mesi, seguita dalla fase di stabilizzazione definitiva per un tempo minimo di 6 mesi. Disintossicazione dal fumo di un obeso In questo caso il rischio è massimo e l’aumento supplementare di peso rischia di aggravare un’obesità già preoccupante. La situazione è difficile, perché l’obesità preesistente testimonia la presenza di un terreno altamente favorevole al sovrappeso che ha resistito all’azione compensatoria, e quindi generalmente protettrice, di un forte consumo di tabacco. Bisogna quindi attendersi un’esplosione del metabolismo e una necessità raddoppiata di mangiare. Nonostante questo, i benefici sono direttamente proporzionali alle difficoltà, perché l’abbandono del tabacco unito alla diminuzione di peso portano a liberare l’organismo da un doppio rischio cardiovascolare e di cancro al polmone. Questo compito arduo necessita non solo di una motivazione molto forte, ma anche di un inquadramento da parte di un medico che garantisca inoltre assistenza psicologica. Spesso quest’ultimo decide di prescrivere dei sedativi o anche degli antidepressivi per attenuare lo choc prodotto dall’abbandono di due abitudini comportamentali importanti. In casi del genere prescrivo il programma nella sua versione più rigorosa, iniziando con una fase di attacco della durata di 5-7 giorni, seguita da una fase di crociera nell’alternanza 1/1, cioè 1 giorno di proteine pure seguito da 1 giorno di proteine + verdure. Segue poi la fase di consolidamento, per una durata di 10 giorni per ogni chilo perso, per finire con l’ultima fase del programma, la stabilizzazione definitiva con le sue tre misure di prevenzione: il giovedì di proteine, l’abbandono dell’ascensore, i 3 cucchiai di crusca d’avena da mantenere per il resto della vita. Cura dell’aumento di peso conseguente a una disintossicazione già realizzata Qui il danno è già stato fatto e non si è potuto evitarlo in tempo utile. Si tratta di un sovrappeso residuo nel fumatore che è riuscito a disintossicarsi e nel quale è necessario scoraggiare ogni tentazione di riprendere a fumare. Il caso è simile a quello di un’obesità classica e va affrontato con il programma nella sua versione più efficace. Una fase di attacco di 5 giorni di proteine pure seguita da una fase di crociera che alterna 1 giorno di proteine pure e 1 giorno di proteine + verdure, la successiva fase di consolidamento della durata di 10 giorni per chilo perso, e infine la stabilizzazione definitiva e le sue tre misure di prevenzione: il giovedì di proteine, l’abbandono dell’ascensore e la crusca d’avena da mantenere per una durata minima di 8 mesi o per tutta la vita, se il sovrappeso iniziale era importante (più di 15 chili) e se si consumavano più di 20 sigarette al giorno.
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Movimento: il catalizzatore obbligatorio per dimagrire Cara lettrice, caro lettore, se volete davvero dimagrire, se volete davvero non ingrassare più, dovete assolutamente cambiare il vostro punto di vista relativo all’attività fisica. Il libro che avete in mano è la storia del mio percorso di medico. Nel 1970 ho creato le basi del mio programma. All’epoca in cui dimagrire era l’unica cosa che contava, ho proposto un regime d’attacco basato su 78 alimenti ricchi in proteine, una dieta dai risultati incredibili ma effimeri. Ben presto ho aggiunto le 28 verdure per farne un regime di crociera più stabile: l’insieme degli alimenti prescritti componeva la base del metodo, i famosi 100 alimenti. Negli anni Ottanta ho incluso il consolidamento, per preservare i risultati raggiunti ritornando alla libertà alimentare. Negli anni Novanta ho integrato la parte più innovativa: la stabilizzazione definitiva del peso per cementare i risultati sul lungo termine. Nel 2000 ho ritenuto che il programma fosse completo, e ho pensato che fosse giunto il momento di divulgarlo ai miei lettori e ai miei colleghi medici, senza immaginare il successo che avrebbe ottenuto. Oggi il libro che state leggendo conta 1.200.000 lettori. È citato su molti siti, forum e blog ed è stato tradotto in molti Paesi, ha sollevato grande entusiasmo e parecchi uomini e donne mi hanno fatto l’onore di appropriarsi di questo metodo, che ormai non mi appartiene più. Insomma, lo dico sinceramente, questo libro è più vostro che mio. Tanti volontari e anonimi hanno trasmesso ad altri il significato del mio messaggio e mi sento molto responsabile verso i lettori. Ecco perché ho chiesto al mio editore di darmi spazio: avevo qualcosa di essenziale da dire e da scrivere. È il motivo di questo capitolo, il cui scopo è fornire gli strumenti per raddoppiare l’efficacia e la durata dei risultati del mio programma. Dalla prima uscita di quest’opera sono passati dieci anni e nel frattempo i danni provocati dal ritmo di questa società hanno superato i benefici che ha prodotto. Uno di questi danni, il sovrappeso, mi sembra un chiaro indicatore di quanto sia difficile adattarsi al mondo di oggi. Un mondo che ci porta a vivere in maniera ricca e stimolante, ma a discapito di istintività e naturalezza. Questo mondo è stato creato da noi, è il nostro, un mondo al quale siamo abituati e del quale non potremmo più fare a meno, ma è comunque un mondo che provoca danni. E voi che mi state leggendo siete la testimonianza vivente di questo male perché utilizzate il cibo per «farvi del bene». In dieci anni il progredire del sovrappeso è accelerato. Non sto semplicemente dicendo che ogni anno c’è qualche persona in più in sovrappeso, ma che la progressione accelera e che l’avanzata del sovrappeso è sempre crescente. Questo significa non solo che non facciamo delle buone scelte, ma che facciamo quelle peggiori. È quindi necessario trovare una soluzione sufficiente a rafforzare la convinzione e a creare un consenso che permetta di raggruppare le esperienze, gli strumenti e i finanziamenti indispensabili per lottare contro questo problema sociale che l’Organizzazione mondiale della sanità ha collocato al sesto posto nella lista delle patologie più diffuse nei Paesi industrializzati. E questa è la ragion d’essere di questo capitolo. I limiti di un solo regime In questo libro i miei lettori hanno imparato a conoscere le quattro fasi, la progressione e lo svolgimento dell’intero percorso, i 100 alimenti, di cui 78 proteici e 28 verdure, ai quali si aggiunge la crusca d’avena. Chi legge sa anche che oggi 1.200.000 persone hanno acquistato l’opera che ha in mano. Il mio editore sostiene che un libro venduto è letto in media da tre persone, il che significa che circa 3.600.000 uomini e donne hanno letto questo libro. Non conosco la percentuale di coloro che dopo averlo acquistato hanno seguito il regime proposto. Né la percentuale di coloro che, avendolo seguito, hanno raggiunto il loro Giusto Peso. Inoltre, mi piacerebbe conoscere la percentuale di coloro che, dopo aver raggiunto il loro Giusto Peso, l’hanno stabilizzato proteggendolo dalle difficoltà della vita. Ma ci sono due cose di
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cui sono sicuro e che posso garantirvi. Innanzitutto, non conosco nessuno che abbia seguito scrupolosamente questo regime e non sia dimagrito. Può esserci una risposta diversa in funzione del sesso, dell’età, del tempo trascorso dall’accumulo dei chili di troppo o del numero di diete precedentemente seguite. Cambierà quindi la velocità, ma non il risultato finale. So anche che vi è una percentuale di persone, che non sono in grado di quantificare, ma significativa, che ha utilizzato il mio programma e l’ha stabilizzato a lungo termine, cioè oltre i 3 anni: è quanto ho dedotto dalle testimonianze di lettori che me lo confermano con messaggi di ringraziamento e di affettuosa simpatia. Inoltre, ricevo lettere e e-mail da parte di persone che, dopo essere dimagrite, aver seguito la fase di consolidamento ed essere entrate nella fase di stabilizzazione definitiva, hanno resistito per un certo periodo e poi si sono smarrite, riacquistando una parte dei chili persi. Perché? Perché arrivati alla stabilizzazione finale, la fase strategica del mio programma, hanno avuto un tracollo? Queste cause di sconfitta le conosco bene, perché le incontro anche durante i miei consulti. Le ho analizzate e ho fatto la seguente lista: • Alcuni non hanno la giusta motivazione o semplicemente la voglia di iniziare la lettura del libro per poi passare all’azione. Il libro è su una scrivania e attende il fantomatico clic. • Altri l’hanno letto e hanno iniziato il programma, ma si sono arresi lungo la strada perché privi della motivazione e dell’energia sufficienti per raggiungere il loro Giusto Peso. • Altri, arrivati a una certa età o in coincidenza di momenti critici – premenopausa e menopausa –, hanno dovuto affrontare resistenze fisiologiche, ormonali, tiroidee o ovariche, oppure hanno attraversato una depressione che ha portato all’assunzione di farmaci che hanno favorito l’aumento di peso. Tutti questi presupposti causano periodi di stagnazione più o meno lunghi che, se non sono adeguatamente controllati, conducono a una rinuncia o all’abbandono del programma dietetico. • Vi sono anche coloro che hanno seguito troppe diete senza ottenere risultati o senza riuscire a stabilizzarli, regimi inefficaci o seguiti in modo scorretto, troppo restrittivi, troppo faticosi, o poco regolari, che portano a perdere e riacquistare peso come uno yo-yo: si tratta di cattivi regimi. • Vi sono poi coloro che a causa di fattori ereditari o genetici tendono ad avere scarsi risultati. Per tutte queste persone la lotta è più difficile e le resistenze dell’organismo a dimagrire sono più forti. • Infine, vi sono i più numerosi, quelli che sulla strada del dimagrimento si trovano a dover affrontare grosse difficoltà. Una delusione sentimentale, un dolore, un divorzio, un tradimento, un problema professionale e tanti altri avvenimenti dolorosi; sono pochi coloro che resistono alla tempesta poiché sono persone vulnerabili al sovrappeso. Per loro l’alimento rappresenta una «via di fuga» acquisita fin dalla prima infanzia, una difesa naturale contro lo stress, il dispiacere e l’insicurezza. È per questi casi difficili, questi profili a rischio, che il mio metodo da solo si rivela poco efficace. È per loro che sono arrivato ad aprire un secondo fronte per combattere il mio vecchio nemico: il sovrappeso, che si insinua appena ne ha la possibilità diventando sempre più forte! Nei capitoli precedenti vi ho presentato il regime così come l’ho impostato anno dopo anno, dapprima solo per i miei pazienti, poi per i miei lettori, pensando che quella pubblicata nel 2000 sarebbe stata la versione definitiva. Non avrei mai immaginato di incontrare tanti lettori che sarebbero poi diventati degli amici o dei fautori eccezionali del mio metodo. Grazie alle loro domande, suggerimenti, annotazioni e richieste, ho sviluppato numerosi punti, alcuni dei quali essenziali. La mia chat quotidiana su Internet è diventata il punto d’incontro più importante, perché mi dà la possibilità di verificare in tempo reale la risposta di coloro che hanno utilizzato il mio metodo vivendolo nel quotidiano, e mi permette di migliorarlo regolarmente.
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Prima di entrare nel cuore del capitolo, vorrei stilare un bilancio di ciò che fino a quest’anno ha costituito l’anima del mio metodo, il versante alimentare, la dieta. Con un’analisi a posteriori degli ultimi 10 anni, ecco come ha attraversato il tempo, come si è completato e come è attualmente percepito da chi lo utilizza. Il suo successo si basa sull’insieme di 10 punti più 1. 1. L’efficacia delle proteine. 2. La velocità di partenza della fase di attacco. 3. La totale libertà sulla quantità che permette di evitare la frustrazione cocente causata dalla fame. 4. La semplicità delle regole: oltre 100 alimenti, di cui 78 proteine e 28 di origine vegetale. 5. La struttura in 4 fasi, dalla più severa alla più dolce, ognuna con la sua funzione, le sue alternanze, i suoi paletti, i suoi fondamenti. 6. La sua forma didattica che insegna a dimagrire riuscendo a farlo. È l’ordine di introduzione degli alimenti che scrive nella memoria del nostro corpo l’ordine di importanza. Tutto inizia con gli alimenti vitali (le proteine), seguiti da quelli essenziali (le verdure), i necessari (la frutta), quelli importanti (il pane integrale), quelli utili (gli amidacei), la ricompensa (il formaggio) e il piacere (il pasto della festa). 7. La stabilizzazione e l’estrema importanza data a questa fase spesso dimenticata e sottovalutata e la cui assenza è forse all’origine del fallimento nella lotta contro il sovrappeso. Si tratta di due fasi su quattro (consolidamento e stabilizzazione definitiva), l’ultima delle quali si protrae per il resto della vita: l’obiettivo non è solo dimagrire, ma «guarire» dal sovrappeso. 8. L’approccio umano, grazie alla gestione del piacere e del dispiacere, l’empatia e il sostegno attivo che agisce sulla motivazione. A questo metodo mancano tre elementi per farne una vera macchina da guerra da lanciare nella battaglia al sovrappeso e che blocchi in velocità la sua importante progressione. 1. L’approccio personalizzato. È un punto importante per iniziare un programma di dimagrimento, perché per colui che dimagrisce è la garanzia di non essere solo ad affrontarlo. Personalizzare significa assumere un «capocantiere» che ha gli strumenti per analizzare la situazione, verificare gli alimenti assunti dal paziente e valutare i suoi punti di debolezza e di forza. E alla luce di questa analisi, elaborare un piano d’azione adattato alla sua personalità, che si rivelerà molto più efficace. Ma soprattutto significa sapere come aiutarlo a cambiare correggendo le sue debolezze e potenziando le sue risorse per evitare che dopo il dimagrimento ritorni alla situazione responsabile del sovrappeso. 2. Il controllo quotidiano. È il mezzo più semplice ed efficace per attenuare le difficoltà di un regime e la frustrazione che ne deriva. Essere seguiti, ricevere delle regole precise e delle direttive da qualcuno che fa le veci di un’autorità e che dà fiducia, permette di essere più forti nel combattere le tentazioni e fare quindi le scelte migliori. Essere seguiti implica essere consapevoli delle proprie deviazioni di regime, delle proprie difficoltà, dei dubbi, delle cadute. Essere seguiti significa non essere soli quando si entra nella fase più pericolosa della dieta, l’inevitabile momento in cui il peso smette di scendere senza alcuna ragione apparente. Si tratta di un momento vissuto come un’ingiustizia, che semina il dubbio e può far disperare. Il ruolo del capocantiere è di spiegare che questo passaggio è inevitabile, di rassicurare e di fornire i mezzi per superare questo punto di stagnazione. Insomma, per tutti coloro che seguono un regime, approccio personalizzato significa sentire a fianco una presenza costante, pronta a confortarli, a sdrammatizzare, ma anche a dire no in maniera ferma, qualcuno che al di là di tutto aiuta a riprendere fiducia quando si è ormai demotivati, così come a perpetuare il successo quando lo si raggiunge. Questo è quanto è stato realizzato grazie al coaching su Internet. 3. Infine, l’oggetto di questo capitolo, forse il più importante di tutti gli altri: l’attività fisica. L’attività fisica: l’alleato del regime per combattere il sovrappeso
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Anche se ho sempre saputo che l’attività fisica è fondamentale per una vita sana e nel controllo del peso, devo riconoscere che appartengo a una generazione per la quale muoversi era così naturale che non ho mai pensato fosse necessario soffermarsi troppo su questo aspetto. Quando ero bambino l’AIDS non esisteva e il cancro era un modo misterioso di morire. Lo spettro dell’epoca era la paralisi. Tutte le mamme vivevano nell’angoscia della poliomielite e della sedia a rotelle. Mia mamma, che condivideva la stessa inquietudine, ha avuto il buon senso di insegnarmi quanto fosse importante muovere il corpo. Camminare, correre, nuotare, danzare, saltare di gioia, cantare a pieni polmoni sono scritti nella mia memoria affettiva come gli ingredienti naturali della vita. Quando ero studente ho fatto la mia prima sostituzione da medico a Montparnasse, un quartiere di Parigi vivace e variopinto in cui mi capitava di effettuare la maggior parte delle visite in edifici senza ascensore, cosa che mi portava a salire ogni giorno le scale allegramente. Muovermi ha sempre fatto parte della mia natura e della mia cultura. Proprio per questo motivo, ho fatto fatica a capire come l’inattività e la resistenza a fare sforzi potessero essere un ostacolo a una perdita di peso rapida, efficace, duratura e poco frustrante. Questa presa di coscienza è avvenuta per caso, mentre mi trovavo in fila in un’agenzia di viaggi dove tre impiegati rispondevano alle domande dei clienti. Tutti e tre erano seduti su comode sedie con le ruote e ciò permetteva loro di spostarsi senza alzarsi. Due di loro sembravano divertirsi a spingersi da una parte all’altra per diversi metri come avrebbe fatto un paraplegico sulla sedia a rotelle. Il terzo si alzava sistematicamente. Coincidenza o ragione termodinamica, quest’ultimo era il solo ad avere un fisico asciutto: gli altri due, nonostante la giovane età, erano grassi e già panciuti. Da quel giorno questa scena banale di vita quotidiana ha cambiato il mio approccio nella lotta al sovrappeso. Ho capito in maniera repentina quanto fosse diventato cruciale includere l’attività fisica nel mio programma. E non sotto forma di una semplice raccomandazione, ma in modo assertivo, inserendo questa prescrizione come parte integrante del regime. Mi dicevo che se io, un praticante agguerrito che aveva consacrato la sua vita professionale alla lotta al sovrappeso, non avevo preso pienamente coscienza di quanto il corpo fosse stato dimenticato, potevo solo immaginare quanto il mio lettore l’avesse sottovalutato. Se è vero che in teoria ognuno di noi sa che muoversi fa bruciare calorie, tale conoscenza è puramente intellettuale e non rompe la scorza dura della convinzione istintiva. In effetti ciascuno lo sa, ma nessuno ci crede davvero, o almeno non ci crede abbastanza da mettere il movimento sullo stesso piano della dieta. Va bene controllare gli alimenti, privarsi di qualcosa, digiunare o addirittura vomitare... Ma camminare, nuotare, ballare sono attività sottovalutate. Pertanto, non mi sono più limitato a consigliare, come avevo sempre fatto, di praticare attività fisica, ma ho iniziato a prescriverla come un farmaco! In principio, inizio con il chiedere: «Pratica un’attività fisica?» E non ottengo che risposte vaghe ed evasive: «Cammino un po’ come fanno tutti», oppure: «Con dei bambini si è obbligati a muoversi». Ma quando spingo oltre le domande, si rileva una linea di demarcazione netta tra i due tipi di attività fisica: l’attività utile, cioè lo sforzo e lo spostamento necessari per la realizzazione di un obiettivo nella pratica quotidiana, e il «muoversi per muoversi», dettato dall’imperativo culturale del restare belli, sodi, senza cellulite e in buona salute, un must colpevolizzante che spinge a iscriversi in una palestra prendendo magari l’ascensore al posto delle scale per arrivarci. Un paradosso, se si pensa che molti pagano per fare step, che non è altro che salire e scendere da uno scalino! La questione dell’attività fisica solleva un problema culturale, perché il nostro modello economico fondato sul progresso e sulla tecnologia esalta l’annullamento dello sforzo. Difficile dare importanza alle attività utili svolte quotidianamente quando la metà dei brevetti inventati e depositati nel mondo riguarda procedimenti e oggetti destinati a ridurre lo sforzo e a guadagnare tempo, i due fattori che per eccellenza causano sovrappeso e stress.
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Inoltre camminare è un’azione naturale quasi come respirare, talmente connaturata alla natura umana che ci sfugge il suo valore «terapeutico» e ancor più dimagrante. Infine i medici non conducono i loro sforzi verso quest’asse perché non lo reputano abbastanza sofisticato o tecnico, e quando parlo dei medici includo me stesso. Per molti anni mi sono limitato a dare buoni consigli, soprattutto a proposito della camminata, ma senza rischiare il ridicolo prescrivendola formalmente! Pensavo che non si poteva chiedere consulto a un medico con tanto di laurea ed esperienza, oltre che specialista in nutrizione, per farsi prescrivere di camminare o muoversi. Avevo torto! Date queste premesse, tenterò ora di portarvi a comprendere il passo decisivo che ci introduce al concetto di «movimento primordiale», l’APPSO (Activité Physique Prescrite Sur Ordonnance), attività fisica prescritta con ricetta medica. Vorrei a questo scopo riportare due semplici domande a cui risponderò senza ambiguità: • L’attività fisica fa dimagrire? • L’attività fisica è indispensabile per stabilizzare il peso dopo essere dimagriti? La risposta è sì, in maniera totale, a entrambe le risposte. Passiamo ora alla pratica. 1. L’attività fisica fa dimagrire Quando chiudete gli occhi e poi li riaprite, questo semplice battito di ciglia vi fa bruciare energia. Poca, naturalmente, ma si tratta sempre di energia. Succede lo stesso quando vi ricordate qualcosa. E ne bruciate di più quando pensate e riflettete, ancora di più quando tentate di risolvere un problema, sempre di più quando sollevate un braccio, e il doppio quando sollevate entrambe le braccia. Alzatevi in piedi: eleverete il vostro livello di combustione calorica, poiché vi obbligate a contrarre i tre maggiori gruppi muscolari dell’organismo, addominali, glutei e quadricipiti. Tutto ciò che fate ha un costo calorico. Siete d’accordo con me? Allora spingiamoci oltre. Superate la porta di casa vostra. Supponiamo che abitiate al quarto piano. Evitando l’ascensore vi ritroverete per strada avendo bruciato 6 calorie. Avete dimenticato la chiave, risalite le scale facendo quattro gradini per volta perché avete fretta: ne brucerete altre 14 più altre 6 per ridiscendere. Ecco 26 calorie andate in fumo. Andiamo avanti. Sono le 13. Avete lavorato 4 ore seduti davanti al computer. Avete vissuto: ossia respirato, sentito battere il vostro cuore, fluire il vostro sangue. Il semplice fatto di mantenervi in vita, di nutrirvi per proteggere la vostra struttura, vi costa una caloria al minuto. In più, in queste 4 ore, avete effettuato i vostri compiti professionali e qualche movimento di gambe e braccia: ecco bruciate 15 calorie supplementari. Vi sentite le gambe contratte e avete bisogno di alzarvi e camminare, quindi uscite. Con vostro grande stupore vi chiedo di camminare per un’ora! So che non è semplice. E poi, perché mai camminare quando è possibile non farlo? E, soprattutto, si tratta di un’ora sottratta alla vostra vita professionale. Immaginiamo che voi accettiate. In un’ora, se camminate senza affannarvi e nemmeno senza trascinarvi, avrete bruciato 300 calorie. In totale, dal momento in cui avete aperto la porta di casa, avete smaltito 340 calorie! Forse per voi si tratta solo di semplici numeri, e infatti è così. Ma se aveste vissuto in un altro mondo, quello primitivo, quello di chi cacciava e raccoglieva, un mondo di difficoltà a contatto diretto con la natura, sarebbe andata diversamente. In un passato dove il cibo si doveva catturare, cacciare utilizzando la propria energia e il proprio corpo, questi 60 minuti di semplice passeggiata avrebbero comportato il rischio di sprecare inutilmente riserve preziose, strategiche, vitali. Un rischio limitato se fosse rimasto circoscritto a poche occasioni, ma molto importante se vi fosse venuta l’idea di farlo tutti i giorni. Ecco spiegata l’importanza incredibile dell’attività fisica nella gestione delle riserve di energia dell’essere umano. Queste riserve sono esattamente quelle che voi cercate di perdere e che gli
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uomini primitivi consideravano la loro fonte di sopravvivenza. Ora dovrebbe esservi più chiaro perché è così difficile dimagrire e come l’attività fisica può contribuire a questo scopo. Torniamo a noi. Se state leggendo questo libro è probabilmente perché appartenete a quella metà della popolazione adulta che è in sovrappeso. Se questo è il vostro caso, ogni chilo di grasso – che avete accumulato sui vostri fianchi e sulle vostre gambe se siete un tipo ginoide, o sulla pancia e sul busto se siete un tipo androide –, ogni chilo che odiate immagazzina più di 8.000 calorie. Questo significa scientificamente che vi basta camminare 1 ora al giorno per 26 giorni al mese (vi abbuono le domeniche) per far sparire questo chilo. Ecco la dimostrazione: 300 calorie x 26 giorni fanno circa 8.000 calorie, cioè 1 chilo del vostro grasso. E questo, senza cambiare nulla nella vostra alimentazione. Quest’ora di camminata potrebbe da sola risolvere il vostro problema di peso, farvi perdere 12 chili in un anno. Troppo bello per essere vero! Sento già le obiezioni: Chi dispone di un’ora al giorno per 26 giorni al mese? Come conciliare il tempo di una tale attività con una vita professionale impegnativa? E con le varie incombenze quotidiane, i bambini, la fatica, la pigrizia? Tutto ciò è vero, concordo pienamente con voi e non è certamente quello che vi chiedo di fare. Se l’attività fisica deve scendere in campo nella lotta contro il sovrappeso, non faremo lo stesso errore commesso con la dieta, cioè quello di conferirle l’esclusività della lotta. Ciò che tento di fare in questo nuovo capitolo è di gettare una luce sulla potenza dello sforzo fisico, una forza che è sempre stata alla nostra portata. O, per meglio dire, una forza che è dentro di noi! Perché allora non abbiamo utilizzato prima questa immensa risorsa? Perché tutto quello che era stato detto o insegnato relativamente ai benefici dell’attività fisica era sbagliato o distorto. È più spiacevole o difficile muoversi che seguire una dieta? La risposta è no! Ma a condizione di essere ben convinti della sua efficacia, e sembra che fino a oggi, per la maggioranza di medici e pazienti, solo il regime alimentare e la restrizione siano i garanti di un’azione dimagrante, e che l’attività fisica serva semplicemente a proteggere la massa muscolare e a mantenere tonico il corpo. È per questa ragione che ho deciso di esprimere il mio punto di vista in merito. Come molti colleghi ho costruito un metodo sulla base di un regime alimentare. Ed è in ragione del suo successo che desidero inserire quello che considero il secondo motore! Perché dimagrire, anche per coloro che ci riescono perfettamente, ha un costo a livello psicologico. Affrontare se stessi è dura, è un’esperienza che arricchisce, un successo non privo di senso, che porta alla valorizzazione di sé, a ritrovare la stima di se stessi. Ma è anche un impegno e una lotta che necessita di una preparazione, un inquadramento, una struttura d’appoggio, un metodo affidabile e sicuro, un’attenzione e un controllo costanti. Una lotta contro se stessi, ma anche contro gli altri, contro coloro che vorrebbero provarci ma che non hanno ancora sentito il clic e sull’appoggio dei quali non possiamo contare, i fautori del fantomatico «strappo alla regola»… Una lotta anche contro la cultura attuale che valorizza il consumo, contro i produttori di alimenti ipercalorici, ricchi di grassi e zuccheri, contro i pubblicitari che trovano le parole e le immagini che «uccidono» nel vero senso della parola! In più, se il mio metodo ha trovato tanti sostenitori che avendone beneficiato lo difendono e lo promuovono, è mio dovere sfoderare quella che io considero la seconda arma nella lotta al sovrappeso. E la propongo soprattutto a coloro che, in un momento di difficoltà o di particolare vulnerabilità, non hanno l’energia o il coraggio sufficienti per entrare in lotta contro se stessi, per dimagrire sapendo quanto la perdita di peso, così a lungo desiderata, sarebbe per loro moralmente e fisicamente utile. Ho quindi deciso di far conoscere quello che da qualche anno mi è sembrato il punto debole o mancante nella lotta contro il sovrappeso, la consapevolezza dell’efficacia non relativa ma assoluta dell’attività e dello sforzo fisico. Andate oltre la sterile teoria che legittima lo sforzo
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fisico e confermate la sua importanza nella pratica. Sembra che questa difficoltà ad agire sia emblematica della società in cui viviamo e che promuove principi contraddittori. Da una parte si è diffusa una cultura che si «oppone al movimento», con tutti gli strumenti possibili e immaginabili creati per evitare ogni inutile sforzo, fino allo spazzolino da denti elettrico! Il modello economico della nostra società promette ogni tecnologia orientata alla comodità e alla riduzione della fatica fisica. Il progresso in tutti i suoi campi ha da tempo alleggerito il lavoro e gli sforzi inutili, e sconfina ogni giorno in gesti e movimenti espressivi propri dell’uomo. Dall’altra, si impone una cultura «del movimento»: dello sport, della salute, dell’antietà e delle palestre con un ritorno paradossale alla meccanica per produrre attrezzature sportive che aiutano a muoversi. Tra i due estremi esistono, come vedrete, tutti i tipi di attività che eliminano la contraddizione. 2. L’attività fisica interviene nella gestione del piacere e del dispiacere Chiedo ora ai lettori di seguirmi in un territorio sorprendente, fin nelle viscere della vita, là dove si radicano le vostre ragioni di vivere e di sopravvivere. Ci spingeremo apparentemente lontano dal problema del sovrappeso, ma in pratica arriveremo al suo cuore pulsante. Seguitemi e non ve ne pentirete. Se siete in sovrappeso, sapete probabilmente che non è stata la fame a farvi ingrassare. Oggi sono pochi coloro che hanno realmente fame. Si ingrassa perché si mangia oltre i propri bisogni biologici. La donna che mangia troppo maledicendo il suo sovrappeso non cerca il nutrimento. Mangia perché è spinta da un bisogno che supera la paura di ingrassare. «È più forte di me», mi dice. Che cosa cerca allora? Ciò che tenta di fare maldestramente, e spesso senza saperlo, è di produrre piacere con ciò che ha in mano per compensare ciò che non riesce a trovare in quantità sufficiente nel suo quotidiano. Oppure per neutralizzare una sofferenza o un eccesso di stress che offusca il suo orizzonte. È quasi sempre così che si ingrassa. La difficoltà sta nel fatto che per dimagrire bisogna percorrere questa strada al contrario. Non significa soltanto smettere di compensare con l’alimento mancanze ben diverse da quelle alimentari, ma privarsi di qualcosa, perdere la propria spontaneità alimentare, provocare insomma del dispiacere e produrre frustrazione, l’esatto contrario di ciò che si cercava nel cibo. Come è possibile quindi dimagrire, e farlo soprattutto in maniera duratura, andando incontro a ciò che si cerca in maniera confusa, trovare mangiando questo piacere che è il motore della vita e che è talmente vitale ed essenziale da far sacrificare la propria linea, la propria bellezza, la propria seduzione e persino la propria salute? Come potrà una donna che ogni giorno ha cercato il piacere mangiando superare il problema seguendo un regime dimagrante? È questa contraddizione che spiega perché dimagrire è così difficile e riprendere peso così facile. Tuttavia è possibile, una strada c’è, solo che non viene intrapresa o la si affronta nel modo sbagliato. Questo percorso di cui vi parlo è stretto tra due voragini: da una parte non far nulla e soffrire, dall’altra far male e fallire! Il percorso di cresta, quello che permette di dimagrire e di non riprendere peso, è ciò che io chiamo «guarire dal sovrappeso». Per scoprirlo apriamo insieme il capitolo del «motore della vita». Circa alla quinta settimana di gravidanza, nel ventre della futura mamma, nel fragile embrione che era l’uovo fecondato, appare un centro cerebrale che emette la prima pulsazione di vita autonoma, pulsazione che non si spegnerà fino al momento della morte. Che cosa sarebbe la pulsazione di vita? Si tratta di un programma e di un’energia scritti in ogni essere vivente, un’evidenza che s’impone senza che ci sia bisogno di volerlo né di esserne consapevoli. Chiamiamo questo centro «il centro pulsante della vita». Quando emette questa pulsazione, noi abbiamo una forte voglia di vivere, di intraprendere tutte le azioni e tutti i comportamenti che proteggono e incoraggiano la vita. Bere, mangiare, dormire, riprodursi, giocare, far funzionare il
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proprio corpo, mettersi al sicuro, trovare il posto migliore in cui stare secondo le proprie attitudini. Ogni specie vivente possiede un metodo particolare che assicura la sopravvivenza. Tutti noi abbiamo il nostro, ed è scritto nell’evoluzione e nei nostri geni per aiutarci a sopravvivere con il resto dell’umanità. Se seguiamo spontaneamente e naturalmente questo metodo, miglioreremo le nostre possibilità di sopravvivere e saremo ricompensati da quella sensazione appagante che chiamiamo piacere. Questo spiega perché bere quando il corpo è disidratato o mangiare quando le cellule dell’organismo sono a corto di carburante produce piacere. Tutto ciò che facilita la sopravvivenza genera piacere, e tutto ciò che la contrasta provoca dispiacere. Tutto ciò che noi facciamo, lo facciamo per avere piacere ed evitare il dispiacere. Ma non è tutto: c’è qualcosa di infinitamente più sorprendente, direi quasi di importanza capitale, e vi invito a seguirmi perché questa informazione vi servirà a gestire meglio la vostra vita. Assieme alla sensazione appagante del piacere naviga, invisibile, un altro viaggiatore, un nutrimento altrettanto vitale. Questo passeggero clandestino ha un ruolo fondamentale, la missione di raggiungere il centro pulsante della vita per ricaricarlo in energia, per rinforzarlo e mantenere la sua emissione vitale. Per riassumere, questo centro pulsante alimenta la voglia e il bisogno di vivere. La vita che ne deriva si traduce in azioni e comportamenti volti a ottenere piacere. E accompagnando la sensazione di piacere, il nutrimento vitale ritorna verso il centro pulsante. È un fenomeno circolare, come se ne vedono in qualsiasi manifestazione vitale, ma questa è situata più in alto nella gerarchia della gestione della vita. Questo nutrimento neurologico, sovente confuso con la sensazione del piacere, ha infatti un’importanza notevole. Stranamente questa sostanza vitale non ha, a quanto ne so, un nome. Così l’ho battezzata «soddisfità», per integrare nello stesso termine le due nozioni di soddisfazione e vitalità. Vi domanderete il perché di un discorso così lungo per legittimare l’attività fisica nella lotta contro il sovrappeso. Dapprima per farvi capire che l’atto di nutrirsi, apparentemente banale e facile da soddisfare, resta fondamentale per la nostra sopravvivenza, come bere e respirare, e di conseguenza è una delle fonti migliori di «soddisfità». È facile comprendere che di fronte a un quotidiano difficile, non sufficientemente gratificante, assillante, frenetico e stressante, molte persone, di entrambi i sessi, non riescono a ottenere abbastanza «soddisfità», senza la quale il centro pulsante della vita rallenta e la qualità della vita si impoverisce. Quando si raggiunge quel limite, il «pulsare» si esaurisce, la voglia di vivere si spegne e poi cessa per entrare in quella che oggi è diventata così frequente ai nostri occhi: la depressione, intesa come «scarsa partecipazione alla vita». E in questa ricerca, spesso inconscia e talvolta urgente, il mezzo più rapido e semplice, sempre a portata di mano, è il mangiare. Mangiare, mettere in bocca, ingerire, ingurgitare per nutrirsi e servirsene per avere un appagamento, qualcosa di rassicurante e piacevole che spesso confondiamo con la sensazione di piacere. Di tutti i comportamenti che scatenano emozioni positive, il più intenso e carico di emozioni è sicuramente quello di assumere alimenti gradevoli. L’atto del mangiare è, sul piano della ripercussione neurologica e della produzione di piacere, paragonabile per intensità a un orgasmo, ma ha il vantaggio di durare molto di più. Ciò spiega perché è così facile ingrassare in un ambiente frustrante e così difficile dimagrire evitando il ricorso all’alimento, primo fornitore di soddisfazione e gratificazione al servizio della vita. Volete sapere un aneddoto sorprendente? Si tratta di un’esperienza fatta più volte in tutti i laboratori di fisiologia animale. Consiste nel mettere in una gabbia un topo pesato che vive la sua vita e si nutre attraverso una mangiatoia sempre piena. Il topo mangia quando ha fame e si ferma quando è sazio. Se si mette una pinza sulla punta della sua coda, che non provoca dolore ma che rappresenta uno strascico imbarazzante, in sei settimane il topo sarà obeso. Compensa,
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si protegge da questo dispiacere, opponendogli un piacere, crea del positivo per neutralizzare il negativo. Ritorniamo all’attività fisica e al suo ruolo nella gestione del piacere e della soddisfazione. Se ho affrontato questo lungo discorso è perché oggi l’attività fisica è totalmente disprezzata. È diventata per la maggioranza di noi una fatica, un dovere, un lavoro da evitare. Il suo nome suscita un unico pensiero: sforzo. Invece, per chiunque voglia dimagrire è proprio l’inverso, l’attività fisica può e deve diventare il primo e più potente degli alleati. Se coloro che ingrassano mangiano troppo, pur non ignorando che questo li fa ingrassare, è solo per avere la soddisfazione senza la quale il loro «motore di vita» può spegnersi. Solitamente sono donne e uomini che hanno una predisposizione particolare a compensare gli stati emotivi con l’assunzione di alimenti. Queste persone, più di altre, hanno interesse a trovare nell’attività fisica l’elemento che possa equilibrare la loro relazione con il piacere e il dispiacere. Quello che vi chiedo è di fare lo sforzo mentale per modificare il vostro punto di vista sull’attività fisica. L’esercizio fisico, così semplice e naturale, è il solo elemento che può dare un contributo decisivo nella lotta al sovrappeso. Fidatevi di me, non lo rimpiangerete. Vediamo ora come l’attività fisica può aiutarvi in maniera fondamentale innanzitutto a dimagrire, poi a conservare in modo duraturo il vostro Giusto Peso e infine a «guarire dal sovrappeso». 1. L’attività fisica aumenta in maniera potente l’efficacia della dieta Per ridurre progressivamente il volume e il peso di un recipiente o di una vasca con fontana, avete due possibilità: potete ridurre il liquido versato, e quindi il riempimento, oppure aumentare lo svuotamento. Fareste lo stesso per ridurre le scorte di un’azienda, scegliendo tra acquistare meno o vendere di più. Per dimagrire il principio è lo stesso, perché disponete di due mezzi di uguale importanza: ridurre gli apporti calorici – mangiate meno o in modo meno elaborato – oppure aumentare i consumi – vi muovete di più e bruciate di più. L’ideale è associare i due metodi, ma muovendovi di più dimagrirete di più anche senza cambiare l’alimentazione. 2. L’attività fisica riduce la frustrazione della dieta Più vi muovete e bruciate calorie, meno vi dovrete limitare, e meno soffrirete. È importante che iniziate a pensare che esiste un principio di conversione tra l’alimento e l’attività fisica e a ragionare in base a questo collegamento diretto. Uno dei miei pazienti, un artista per il quale assaporare un buon vino rappresentava una delle gioie della vita, mi diceva: «Dottore, la sua dieta mi va bene, ma mi serve un bicchiere di vino tutte le sere». Gli ho risposto che se ci teneva tanto doveva pagarlo! E visto che non capiva, gli ho spiegato: «Il prezzo è di 20 minuti. Beva il suo bicchiere di vino e dopo pranzo o dopo cena faccia una camminata di 20 minuti: sarà come non averlo mai bevuto. L’avrà neutralizzato, praticamente annientato». E poiché mi aveva in parte nascosto la verità e in realtà quest’uomo consumava tre bicchieri e non uno, ha adattato la soluzione consigliata alla quantità bevuta, moltiplicando per tre i minuti di attività. Così, oltre al piacere immenso che gli procurava questo prezioso nettare, ne ha scoperto un altro del quale è diventato altrettanto appassionato e dipendente, la camminata e poi la corsa! È dimagrito e ha stabilizzato il peso perso. Non è più venuto a trovarmi, ma trattandosi di un uomo pubblico, ho modo di constatare, quando partecipa a una trasmissione televisiva, che mostra con orgoglio la sua silhouette. 3. L’attività fisica genera piacere Un’attività muscolare sufficiente a scaldare i muscoli sviluppa una dose di endorfine, alcuni mediatori chimici responsabili della sensazione di piacere, prodotti nel sistema nervoso centrale. Per produrne a sufficienza serve un minimo riscaldamento muscolare, ma quando le endorfine si legano ai rispettivi recettori cellulari e inviano il segnale all’interno della cellula, il movimento inizia a generare piacere, il sovrappeso non è più un problema e il paziente, grazie
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all’attività fisica, prende gusto a perdere chili! Una delle mie pazienti mi ha fatto notare che non si è mai innamorata di una dieta, ma che nei confronti dell’attività fisica è diventata, per usare la sua stessa espressione, «dipendente». In questo caso sono sicuro che non avrà più alcuna difficoltà a conservare il peso raggiunto. Perché, ed è un motto che si può applicare a qualunque cosa, ma soprattutto a ciò che riguarda l’aumento e la diminuzione di peso: «Lasciate tutto quello che fate senza piacere, interrompete tutto quello che fate con dispiacere». 4. L’attività fisica, contrariamente alla dieta, permette di dimagrire senza sviluppare resistenza Tocchiamo ora uno dei punti critici nella lotta al sovrappeso. Ormai sappiamo che più diete si seguono, più si diventa resistenti alle diete stesse e si fa fatica a dimagrire. La nostra specie è nata in un tempo in cui bisognava combattere per conquistarsi il cibo. Il grasso di riserva era la miglior garanzia di sopravvivenza e siamo stati programmati per resistere al dispendio di calorie e per conservare le nostre riserve di grassi. Oggi viviamo nell’abbondanza, ma i nostri geni e il modo in cui siamo stati programmati non sono cambiati di una virgola, il nostro corpo è sempre visceralmente attaccato al tessuto adiposo di riserva. Quindi ogni dimagrimento è vissuto dall’organismo come un furto e un pericolo contro il quale siamo programmati per resistere. Come fa il nostro corpo a resistere? Dispone di due mezzi: il primo è spendere meno, vivere in economia, il secondo è approfittare completamente degli alimenti consumati sfruttandoli al meglio. Quindi, più diete seguite, più il vostro corpo imparerà a resistere. Questa resistenza si traduce in un rallentamento del dimagrimento, e più lenta è la perdita di peso, maggiori sono le probabilità di scoraggiamento, di abbandono e di sconfitta. È in questo momento che si presenta la situazione più pericolosa per chi è a dieta, la fase di stagnazione, un periodo in cui la dieta, anche se seguita alla lettera, non dà luogo a nessuna perdita di peso. Se non c’è nulla di più soddisfacente e gratificante della perdita di peso, non c’è nulla di più scoraggiante di uno sforzo che non porta i risultati sperati. Questa stagnazione di peso non meritata e duratura è responsabile dei più alti tassi di abbandono e sconfitta. Tuttavia, se il vostro corpo sa ben adattarsi alla riduzione degli apporti calorici e alle diete, non ha i mezzi per resistere al consumo calorico occasionale dato dallo sforzo fisico. Non è programmato a questo scopo. Potete bruciare 350 calorie correndo a velocità moderata per un’ora tutti i giorni per mesi e perdere costantemente la stessa quantità di calorie. Ma se riducete di 350 calorie la vostra alimentazione, in qualche settimana il vostro corpo si adatterà e non dimagrirete più: bisognerà passare a 500 calorie in meno o abbandonare il sistema di conteggio delle calorie. Associare dieta e consumo mediante sforzo fisico diventa il miglior mezzo per evitare gli effetti disastrosi di resistenza alle diete successive. 5. L’attività fisica permette di dimagrire in modo «tonico» Anche nelle persone in sovrappeso la cui pelle è tesa per il grasso sottostante, una muscolatura ben allenata rinforza questa apparenza visiva di tonicità. A parità di peso, un corpo allenato e muscoloso appare più giovane, più tonico, più bello. Un corpo simile diventa un «abitacolo» piacevole del quale si può essere fieri sia nei confronti degli altri sia di se stessi. 6. L’attività fisica è indispensabile per la stabilizzazione a lungo termine Muoversi permette di dipendere meno dalla restrizione alimentare, che a lungo termine è frustrante. Camminare per 20 minuti vi permette per esempio di neutralizzare un bicchiere di vino o tre quadretti di cioccolato. Neutralizzare significa che tutto si dissolve, come se non l’aveste mai messo in bocca. Ognuno sa che lo sforzo necessario per dimagrire è sopportabile se limitato nel tempo, puntuale e circoscritto. Quando il Giusto Peso viene raggiunto, è ora di
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passare al consolidamento e alla stabilizzazione, che apre la dieta a nuovi alimenti rendendola più spontanea e meno inquadrata. Sappiamo per esperienza che le incognite della vita, le difficoltà, lo stress possono sconvolgere dei percorsi già tracciati: in questi momenti critici il cibo diventa la cosa più gratificante. Mantenere l’abitudine di un’attività fisica sufficiente, oltre alle calorie consumate e al piacere che ne deriva, permette di seguire un’alimentazione più varia, di mangiare di più e in maniera più gratificante. L’attività permette di compensare dei passi falsi, dei momenti di follia, dei cedimenti, di bruciarli «nel fuoco dell’azione», di attenuarne l’importanza e il conseguente senso di colpa. In più, l’attività fisica permette di mantenere un ritmo, di conservare un certo spirito, una fierezza di se stessi e del proprio corpo che proteggono dalla deriva. E, soprattutto, grazie alla quantità di endorfine che libera su grande scala nei soggetti coinvolti, l’attività fisica, attraverso il piacere neurologico che crea, riduce il bisogno sempre neurologico di cercare rifugio nel piacere artificiale «prodotto» mangiando. Il caso di donne depresse che desiderano ardentemente dimagrire è illuminante. Nel breve termine riescono a seguire una dieta, a condizione che sia perfettamente strutturata e che la motivazione sia sufficiente. Ma non è possibile prolungare questo sforzo, soprattutto quando il risultato è raggiunto. Mentre è in atto lo stato depressivo, queste pazienti «insufficientemente felici» tornano in modo meccanico a un’alimentazione gratificante, il loro antidoto all’infelicità. Per loro, e ancor più per le non depresse, provare piacere muovendosi e bruciando calorie rappresenta la miglior protezione del peso perso. 7. L’attività fisica permette di superare i momenti di stagnazione Mi occupo di alimentazione da più di trent’anni. Ho visto più generazioni di uomini e donne alle prese con i chili di troppo. Indubbiamente vi sono sempre più persone in sovrappeso, ma ho osservato soprattutto che la proporzione delle pazienti che classifico come casi difficili e resistenti alle diete aumenta più velocemente dei casi semplici. Chi sono queste donne? Principalmente si tratta di soggetti con più di 40 anni e che rientrano in una o più di queste categorie: • Ci sono donne per le quali il sovrappeso è una storia vecchia. Io le adoro quando, sedute di fronte a me nel mio studio, mi dicono accennando un sorriso complice: «Dottore, devo confessarle che ho già seguito qualsiasi dieta!» • Ci sono donne che hanno una forte ereditarietà famigliare, madri che vengono da me con uno dei loro figli già in sovrappeso e che hanno a loro volta una madre, un padre, degli zii o delle zie in sovrappeso e sovente diabetici. • Ci sono poi persone molto pesanti, obese, per le quali il sovrappeso è talmente elevato che la guarigione totale è impossibile da raggiungere. Sembra sorprendente, ma non sono loro quelle più mortificate dal sovrappeso. Le trovo meno accanite delle «quasi perfette» che lottano disperatamente per qualche chilo di troppo che le tortura. • Ci sono infine, e sono le più numerose, le grandi sedentarie che vivono il mondo nella sua modernità, in un tempo compresso dove il correre, l’accumularsi degli impegni e la fatica le rendono allergiche a ogni sforzo supplementare. Ci sono donne, diventate resistenti alle diete, che quando decidono di seguirne una nuova sanno di essere vulnerabili. Si lanciano a capofitto nell’impresa e perdono molto rapidamente i primi chili, soprattutto in presenza di un sovrappeso importante. Lentamente l’organismo inizia a fare resistenza, il dimagrimento rallenta e arriva il giorno in cui la perdita di peso si interrompe. È l’inizio della famosa fase di stagnazione ad alto rischio. La dieta viene seguita sempre scrupolosamente, ma la bilancia resta immobile. Il pericolo in questi casi è che la motivazione si indebolisca, la tentazione riaffiori e si ceda ai piccoli sgarri alimentando la stagnazione. Così un gran numero di queste «stagnanti» si arrendono, si perdono
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nell’irregolarità e presto o tardi abbandonano l’obiettivo. In questi casi bisogna accertarsi che non ci sia un disordine ormonale, nessuna insufficienza tiroidea che possa ostacolare anche le migliori diete e non ci sia una forma di ritenzione idrica preoccupante. Se la ricerca è negativa, non bisogna abbandonare la dieta ma rafforzarla. In situazioni del genere, in cui il rischio di abbandono è elevato, il ruolo dell’attività fisica diventa cruciale. Un organismo resistente, che riduce i suoi consumi energetici e che soprattutto trae il massimo da tutti gli alimenti, può bloccare il dimagrimento per un tempo sufficiente da portare alla sconfitta. Ma se in questa situazione di blocco, dove le forze presenti si equilibrano come i due piatti di una bilancia, si interviene con una dose di attività fisica prescritta da una ricetta, si provoca un effetto di rottura di tale equilibrio. La resistenza dell’organismo cede, l’ago della bilancia si sposta, la partita è vinta, il peso diminuisce, il morale risale, l’adesione al programma si rafforza, il circolo vizioso diventa un circolo virtuoso! Certo, è vero che per le donne e gli uomini più ostinati proseguire la dieta avrebbe finito per produrre i suoi effetti, ma a costo di grandi rischi, perché è difficile prevedere la durata di una fase di stagnazione. In questi casi e per ridurre un’attesa che richiede una fortissima motivazione, prescrivo quella che chiamo «un’operazione pugno di ferro», un intervento d’urto che si svolge in un lasso di tempo piuttosto breve: • Tornare a 4 giorni di proteine pure senza interruzione. • Bere 2 litri d’acqua al giorno poco mineralizzata. • Mangiare meno salato possibile. • Andare a dormire il più presto possibile: il sonno anticipato fa recuperare molto di più di quello posticipato. • Aggiungere un drenante vegetale all’acqua per contrastare un’eventuale ritenzione idrica. • E dopo tutto questo, camminare 60 minuti al giorno per 4 giorni. Questi sei elementi costituiscono il mio programma choc contro la stagnazione. E di solito è la camminata che fa la differenza. Così, se un giorno vi ritrovate a un punto morto, non dimenticate questa prescrizione e sappiate che in corso di dimagrimento è normale e praticamente inevitabile attraversare una fase del genere. Ciò che importa è uscirne, e l’attività fisica serve a questo scopo. Permettendo di dimagrire di più e meglio, più velocemente, in maniera più sana e piacevole, l’attività fisica contribuisce notevolmente alla realizzazione di un progetto personale e al conseguimento di un successo. E indubbiamente il successo è l’anticamera dell’appagamento e della realizzazione di sé, uno dei piaceri e delle gratificazioni più legati all’autostima e alla felicità. Constatando nel quotidiano l’efficacia di un’attività fisica semplice ma prescritta in modo puntuale e preciso, ho deciso di introdurre nel programma d’azione e in questo libro un nuovo strumento: l’APPSO, l’attività fisica prescritta con ricetta medica. Dopo la prima pubblicazione in Francia di questa dieta, 10 anni fa, alla luce delle reazioni suscitate, delle sue numerose adesioni, di tutte le lettere ricevute, del sostegno di molte persone e dei volontari che l’hanno divulgata, pensavo che il metodo che avevo messo a punto pezzo per pezzo avesse raggiunto la sua forma definitiva, potesse prendere il largo e diventare progressivamente un riferimento nella lotta contro il sovrappeso. Non era ancora nulla: oggi ho dovuto constatare che questo protocollo sullo sforzo fisico non è solo un’aggiunta, un miglioramento marginale, ma è un innesto che ne cambia radicalmente la natura e i risultati. Il metodo è ormai una tenaglia destinata a stritolare il sovrappeso, un’arma che penetra attraverso le paludi della stagnazione. Se le donne e gli uomini che tentano di dimagrire conoscessero veramente la portata, il ruolo essenziale e indispensabile dell’attività fisica per la
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perdita di peso, sono persuaso che vi si accosterebbero con meno riluttanza. Da quando prescrivo l’attività fisica come se fosse un farmaco, con la sua posologia, e ne dimostro l’utilità, comparando gli effetti del programma da solo e quelli del programma associato all’attività fisica, constato che i più recalcitranti, i più resistenti alle diete, vi aderiscono pienamente: non solo rimangono stupiti dai risultati, ma affermano che non credevano di poterli davvero raggiungere, pur avendo sempre saputo che fare movimento li avrebbe aiutati. È in questa differenza tra il sapere e il credere che sta l’interesse della prescrizione medica. Vi chiedo di cambiare il vostro punto di vista sull’attività fisica; si tratta di un’arma incredibile e della quale non mi sono mai veramente servito. Posso e ho il dovere di garantirvi che se seguite il mio programma in 4 fasi, dalla fase d’attacco alla stabilizzazione definitiva, e il mio programma di attività fisica prescritta con «ricetta», otterrete il vostro Giusto Peso e lo conserverete qualunque sia il vostro grado di resistenza alle diete. Non avrete soltanto perso peso, sarete guariti dal sovrappeso, e da parte mia potrò considerarvi usciti dalle statistiche del sovrappeso.
Pratica quotidiana del programma APPSO, attività fisica prescritta con ricetta medica Se l’incitazione a muoversi finora è sempre risultata poco efficace, il motivo è che nessuno ci crede, né i medici che prescrivono cure dimagranti né i pazienti che le seguono. Finora ci si è sempre limitati a dare consigli di buon senso: «Provate a muovervi un po’ di più, prendetevi del tempo, fate esercizio fisico». Questi consigli non hanno alcuna speranza di essere seguiti, perché il primo a non crederci è colui che li formula. Anche se i consumi calorici e l’attività fisica ben fatta dimostrano l’evidenza, il modello economico e il modo di vivere che ha preso piede nella nostra società è più orientato verso la commercializzazione di macchine che aiutano l’uomo ed eliminano lo sforzo. È per questo che sono più di 50 anni che si lotta contro il sovrappeso e ci si indigna contro la sua progressione. Oggi in numerosi Paesi più della metà della popolazione è in sovrappeso, e l’Europa si avvicina lentamente a questo dato. Di fronte a tale evoluzione sorge spontanea una domanda: bisogna accettare che la nostra società evolva verso un modello di sovrappeso? Si mangia troppo per compensare lo stridore del mondo attuale? Oppure dobbiamo rifiutare l’obesità avendone gli strumenti? Credo che la nostra società, senza porsi consapevolmente la domanda, stia semplicemente tollerando il sovrappeso. Le istituzioni mettono in guardia contro la sovrabbondanza alimentare e la sedentarietà, ma nulla viene effettivamente fatto per contrastarle. La mia posizione la conoscete bene, perché il libro che state leggendo si propone di risolvere il problema. Non sarete quindi sorpresi dal fatto che io cerchi di migliorare il metodo al quale ho consacrato tutta la mia energia dal giorno in cui sono stato messo su questa strada da un paziente obeso. E nell’attività fisica vedo l’elemento strategico che può, associato alla mia dieta, rivelarsi lo strumento che permette di scegliere il destino del proprio corpo, della propria immagine e di rifiutare di entrare nel pianeta dei grassi. È il motivo per il quale vi chiedo di abbandonare il concetto vago di muoversi di più e di mangiare meno che, associato a quello delle cinque porzioni di frutta e di verdura al giorno, offre un alibi a non fare nulla. Se volete veramente dimagrire con il massimo dei risultati e la minima frustrazione, seguite le regole sull’attività fisica che ho integrato alle 4 fasi del mio programma. La scusa della mancanza di tempo, che è quella indicata più spesso per evitare o aggirare l’attività fisica concentrandosi solo sulla dieta, è pessima. L’esperienza dimostra che le donne e gli uomini che vogliono dimagrire si impongono cure e trattamenti estetici molto più costrittivi del movimento. Inoltre è importante capire il ruolo cruciale che gioca l’attività fisica nel dimagrimento: non è una semplice aggiunta alla dieta, ma insieme con essa crea una coalizione che raddoppia le possibilità di perdere peso, sul breve, medio e ancora di più sul lungo termine.
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Un’ottima attività fisica: camminare Se ci fosse stata una sola attività da prescrivere sarebbe stata la camminata. Perché? 1. Camminare è la più naturale fra tutte le attività umane. Per gli antropologi l’uomo è diventato tale e ha abbandonato il suo stato di scimmia raddrizzandosi sui due arti inferiori e camminando. Da questo momento decisivo tutte le sue attività sono state profondamente modificate, i suoi spostamenti, il suo modo di difendersi e quello di cacciare. L’uso delle mani libere ha interagito con il suo cervello per renderlo più evoluto, aprendo la strada all’intelligenza, alla coscienza, al linguaggio e alla cultura. Questo indica quanto il camminare è insito nel nostro cervello, nei nostri comportamenti primordiali. Nella società moderna il camminare è diventato contemporaneamente una perdita di tempo e una mancata occasione di guadagno per i produttori di attrezzi ginnici, e nel contesto economico attuale un’attività da evitare, da svalutare. Perché camminare quando si dispone di scale mobili, ascensori, biciclette, moto, auto, monopattini elettrici? Ma è la camminata che ho scelto come mia migliore alleata nella lotta al sovrappeso, perché camminare è qualcosa di innato nella nostra umanità. Vera celebrazione delle origini, camminare, scritto nella nostra natura e nei nostri geni, è uno degli strumenti più efficaci per lottare contro l’artificialità del nostro modo di vivere. Ci obbliga a restare umani, a utilizzare il nostro corpo per spostarci e ci ricompensa con la produzione di endorfine che testimoniano il piacere procurato accontentando il nostro corpo. Così camminando ci si fa del bene e progressivamente si finisce con il prenderci gusto e per sentirne il bisogno. 2. Camminare è la più semplice fra tutte le attività fisiche. Ogni uomo, quando è un embrione nel ventre della madre, riproduce in maniera accelerata la lunga evoluzione del mondo animale, dal pesce ai mammiferi, alle scimmie. Dopo la nascita impara prima a reggersi in piedi e poi a camminare. Dai suoi primi passi il bambino sembra dire ai genitori: Sono come voi. A partire da questo momento per l’uomo camminare è come respirare, la cosa più semplice del mondo: basta mettere un piede davanti all’altro e continuare. Questa naturalezza è fondamentale, perché riduce considerevolmente la sensazione di sforzo: camminare è talmente semplice e automatico che permette di svolgere contemporaneamente qualunque altra attività. Camminando si può pensare, organizzare la propria giornata, comunicare, parlare con chi cammina accanto a noi o telefonare. La vita non si ferma quando si cammina. 3. Camminare è l’attività meno faticosa e può essere praticata da tutti. È possibile camminare per ore senza stancarsi, perché lo sforzo è distribuito uniformemente sul tessuto muscolare e articolare. Per fare un’escursione occorre avere scarpe adeguate, ma per camminare quotidianamente allo scopo di ottimizzare il dimagrimento non servono scarpe speciali: vanno bene tutte, comprese quelle con i tacchi. In questo modo, la camminata non fa sudare e può essere praticata in qualsiasi momento e con qualunque abbigliamento. Non serve nessuna tenuta sportiva, e dopo non sarà necessario fare una doccia né un cambio d’abiti. 4. Camminare è l’attività umana che muove simultaneamente il maggior numero di muscoli. È difficile capacitarsi della complessità di questa azione così naturale e spontanea. Ci sono voluti investimenti colossali nel campo della cibernetica per analizzarla e riprodurla sui robot e risolvere alcuni handicap motori. I muscoli più impegnati nella camminata sono i più grandi consumatori di calorie. I più coinvolti sono: • I quadricipiti, che occupano la parte anteriore della coscia e sono i più grandi muscoli del corpo. Sono loro che alzano e spingono la coscia e la gamba in avanti.
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• Gli ischio-tibiali, che formano la regione posteriore della coscia e flettono indietro gli arti inferiori. • I posteriori, muscoli molto potenti e voluminosi, che hanno la funzione di portare il movimento del passo indietro. L’ipotrofia diffusa di queste masse muscolari mette in luce l’insufficiente utilizzo di tali muscoli e della loro funzione primaria: camminare. • Gli addominali, che partecipano attivamente all’azione di camminare, contraendosi a ogni passo in avanti. • I gemelli: i muscoli del polpaccio, meno grossi e più affusolati. Sono i più sollecitati nel passo. I muscoli secondari: • Gli stabilizzatori del bacino. Formano una corona muscolare che circonda il bacino per consentire il mantenimento della posizione eretta. Abduttori, adduttori, addominali e spinali. • I tibiali anteriori, simmetrici ai muscoli del polpaccio. Sono muscoli molto sollecitati quando camminiamo. Sollevano il piede per evitare che inciampi e sfreghi il suolo camminando. • I muscoli delle braccia e delle spalle, che partecipano meno degli altri nella camminata semplice ma possono essere altamente sollecitati in uno sport come il nordic walking, tecnica di camminata sportiva praticata utilizzando appositi bastoni. La sollecitazione simultanea di tanti muscoli «ghiotti» di calorie spiega il grande dispendio energetico provocato da questa attività fisica. 5. Camminare è l’attività fisica che ha più effetti dimagranti. Può sorprendere, ma camminare fa bruciare tante calorie quante se ne consumano con il tennis e altri sport. Questa ottimizzazione dei consumi è dovuta al fatto che si tratta di un’attività fluida e ininterrotta, mentre durante una partita di tennis vi sono numerosi arresti di gioco e tempi di attesa del ritorno della palla. Inoltre l’attività di camminare può integrarsi perfettamente nel quotidiano ed essere intrapresa sempre, in un momento di inattività o per occupare un tempo morto, in qualunque situazione e a qualunque ora del giorno e della notte. E quindi in luoghi molto più accessibili di una pista di pattinaggio o di un campo di calcio. 6. Camminare è l’attività più utile in fase di stabilizzazione definitiva. È la sola attività che, oltre a risultare efficace durante il dimagrimento, può essere inclusa tra le nuove abitudini da conservare nel corso della fase di consolidamento e rivelarsi ancora più proficua sul lungo termine, nel periodo della stabilizzazione definitiva. Per tutti i motivi già elencati – è facile, semplice, naturale, sana e priva di controindicazioni – camminare è l’attività che si accetta più facilmente di praticare con regolarità poiché, lo ripeto, è naturale quanto respirare! 7. Camminare è la sola attività fisica che può essere praticata senza rischi per gli obesi. E questo con risultati e un’efficacia proporzionali al sovrappeso, e soprattutto senza rischiare lesioni articolari o problemi cardiovascolari. Non bisogna dimenticare che il peso di un obeso o di una persona in sovrappeso rappresenta un carico. Portare 15 chili di troppo può essere considerato come uno sport in sé, ma a condizione di spostarsi camminando. È il contrario di quanto succede nelle attività fisiche come il nuoto o il ciclismo, dove il peso è notevolmente alleggerito. Più si è pesanti, più si ha interesse a camminare. 8. Infine, camminare è l’attività che protegge di più dall’invecchiamento. L’atto di camminare, intimamente integrato con la natura umana, non viene subìto dal corpo, ma effettuato. Camminando sollecitate in modo ottimale gli apparati più importanti dell’organismo: circolatorio, respiratorio, osseo, ormonale, muscolare, cerebrale. In mancanza di tale attività tutte queste funzioni sono meno stimolate e il corpo invecchia più velocemente. Così, camminare 30 minuti al giorno, oltre a facilitare il dimagrimento e la stabilizzazione del peso, permette di vivere più a lungo e meglio. Inoltre, camminare ha effetti positivi sulla salute mentale, perché è l’attività fisica che induce la più alta secrezione di mediatori chimici del
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cervello. È il caso delle endorfine, mediatori cerebrali del piacere, e della serotonina, l’ormone della felicità, la cui carenza rappresenta una delle cause della depressione.
Come camminare nelle quattro fasi del regime Avrete capito leggendo le pagine precedenti perché vi incito a camminare e a preservare questa attività naturale senza la quale sacrifichereste parte della vostra umanità e perdereste l’occasione di provare piacere. In un regime alimentare la camminata deve essere associata alla dieta tenendo conto delle peculiarità e della funzione specifica di ciascuna fase. Nella fase di attacco, la cui durata varia da 2 a 7 giorni, fino a un massimo di 10 giorni in alcuni casi, camminare è praticamente la sola attività possibile, che permette di massimizzare i risultati senza affaticare eccessivamente l’organismo e senza aumentare la fame. Lo scopo della fase d’attacco è di partire in fretta e ottenere una perdita di peso sufficientemente importante da rafforzare la motivazione. In tale contesto prescrivo la camminata per 20 minuti al giorno. Salvo abitudini pregresse ed esigenze particolari, non è raccomandato farne di più o di meno. In generale 2 giorni di proteine pure portano una perdita media da 800 g a 1 kg, che arriva a 1,2 associando la camminata. Per le persone obese, soprattutto se hanno anche ginocchia o caviglie fragili, consiglio di frammentare questa camminata in due fasi da 10 minuti ciascuna. La missione della fase di crociera è di proseguire la perdita di peso malgrado il corpo, sorpreso dalla fase di attacco, tenti di resistere. Per contrastare questa tendenza prescrivo la camminata nella «dose» di 30 minuti al giorno. Nel corso di questa fase camminare è indispensabile. Potrebbe far freddo, il tempo potrebbe mancarvi: non fatevi scalfire e andate a camminare; posso assicurarvi che il beneficio supererà alla lunga le vostre migliori aspettative. Nel corso di questa fase, inevitabilmente, arriverà un momento in cui, pur seguendo la medesima dieta, la perdita di peso si ridurrà fino ad arrestarsi: è quella che abbiamo definito «stagnazione». Per chi ha bisogno di ricevere un messaggio rassicurante dalla sua bilancia, una conferma che rafforzi la motivazione e annulli la frustrazione, questa interruzione fa sorgere dubbi, o addirittura destabilizza e può anche portare all’abbandono e alla sconfitta. In caso di stagnazione non meritata e non giustificata da una ragione perfettamente identificata come una forte ritenzione idrica, un’insufficienza tiroidea, uno squilibrio ormonale o un’abituale assunzione di farmaci che possono contribuire all’aumento di peso (come per esempio cortisone e antidepressivi), conviene passare da 30 a 60 minuti di camminata al giorno per 4 giorni consecutivi. È possibile frammentare quest’ora di attività fisica in due fasi da 30 minuti. Durante il consolidamento, lo scopo è di passare a una fase di transizione tra la dieta vera e propria e la non-dieta. Alcuni aspettano questo momento con impazienza, ma i più numerosi sono coloro che temono la reintroduzione di alimenti che potrebbero compromettere il peso acquisito. Sono sempre stupito quando questi uomini e queste donne, che in passato sono stati mangiatori disordinati, mi chiedono perché mai dovrebbero uscire dal quadro rassicurante delle proteine e delle verdure, che comportava restrizioni, ma metteva al riparo dalle tentazioni. La mia risposta è che bisogna trovare la propria spontaneità a tavola e diventare adulti dal punto di vista alimentare. In fase di consolidamento prescrivo la camminata nella «dose» di 25 minuti al giorno non negoziabili. È un periodo molto importante, al termine del quale non solo l’obiettivo «peso» sarà raggiunto, ma anche consolidato. Qui camminare è di primaria importanza: fatelo. La funzione della fase di stabilizzazione è quella di riprendere la propria vita quotidiana senza mai più ingrassare. Questo «mai più» impone una prescrizione minima ma definitiva. Se la parola «definitiva» vi sembra inquietante, posso assicurarvi che chiunque sottovaluti la sua
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predisposizione a ingrassare, all’origine del sovrappeso iniziale, ritornerà al punto di partenza. Dimagrire non modifica il corpo che è dimagrito. Per difendere il peso conquistato bisogna volerlo, accettare il regime di consolidamento come base alimentare di sicurezza, un insieme di rimedi che assicurano un’alimentazione sana, frugale, ma sicura. A partire da questa base la fase che segue è all’insegna della spontaneità alimentare, a eccezione di tre misure di sicurezza e di «non ritorno». Le conoscete già, ma è meglio ricordarle: il giovedì proteico, l’abbandono degli ascensori e i 3 cucchiai di crusca d’avena. E in questa fase, che considero da tempo la più importante, prescrivo 20 minuti al giorno di camminata. È molto poco, è la soglia minima al di sotto della quale perdiamo la nostra umanità, con conseguenze indirette ma gravissime, che minacciano il raggiungimento della felicità e dell’appagamento. 1. in fase d’attacco, 20 minuti di camminata al giorno. 2. in fase di crociera, 30 minuti di camminata al giorno. 3. Se la fase di stagnazione dura più di 7 giorni, passate a 60 minuti al giorno per 4 giorni. 4. in fase di consolidamento, 25 minuti di camminata al giorno. 5. in fase di stabilizzazione defnitiva, mantenete assolutamente 20 minuti di camminata al giorno.
Il miglior modo di camminare La camminata che prescrivo in associazione con la mia dieta e per ottimizzarne i risultati non è né un’attività specializzata come il nordic walking né una passeggiata finalizzata allo shopping. È una camminata a passo sostenuto, come quella che ognuno di voi terrebbe se dovesse passare in posta prima di andare al lavoro e non avesse tempo da perdere. Né più né meno. Inoltre, la camminata può essere ottimizzata in base ai propri orari e associandovi alcuni accorgimenti. La camminata digestiva Camminare appena dopo i pasti aumenta del 30% il consumo calorico. Se nella mezz’ora successiva al pasto vi alzate per camminare, non solo brucerete le calorie necessarie a svolgere questa attività fisica, ma nello stesso tempo aumenterete l’effetto termico della digestione e il calore prodotto dall’organismo, che ridurrà il valore calorico del pasto. Inoltre, se il pasto era abbondante, come per esempio un pranzo festivo o «consolatorio», il consumo sarà più elevato. Avete uno strumento, un piccolo strumento, che vi permette di riparare le vostre eventuali abbuffate a tavola nel corso della dieta. La camminata «posteriore» Non si tratta di spostarsi all’indietro, ma di utilizzare il «tempo posteriore» del passo per aumentare il vostro consumo calorico e rafforzare i muscoli obliqui. Chiunque cammini normalmente guarda davanti a sé cercando istintivamente l’appoggio in avanti: è il «tempo anteriore» del passo. Il piede è lanciato e la coscia lo segue mentre l’altra gamba resta passivamente indietro. Questo movimento «in avanti» sollecita soprattutto i famosi quadricipiti, i muscoli anteriori della coscia, i gruppi muscolari più grandi di tutto il corpo. Sollecita anche gli addominali e il tibiale anteriore, che si contrae a ogni passo per evitare che il piede sfreghi il suolo. Per migliorare la camminata, per ottimizzarne il consumo calorico e tonificare i muscoli spesso dimenticati, bisogna far lavorare i muscoli che gestiscono il «tempo posteriore» del passo. Quando il piede termina il suo passo in avanti, torna alla posizione verticale, la supera passivamente per poi sollevarsi da terra: è questo il momento che dovete trasformare in un «tempo attivo». Arrivati a questo punto, invece di lasciar risalire il piede verso l’alto come un bilanciere, mantenetelo al suolo con una contrazione dei gemelli e dei muscoli posteriori della coscia. In questo modo raddoppiate il consumo calorico raddoppiando i muscoli coinvolti, perché sollecitate contemporaneamente sia la parte
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anteriore sia quella posteriore del corpo. Camminate stando dritti È un complemento meraviglioso, che giova a tutte le età. Vi sarete certamente sentiti dire di stare dritti quando eravate bambini: sarà uno dei vostri ricordi dell’età scolare. Dimenticatelo, perché non si tratta di un esercizio, ma di un modo di essere nella vita. Che cosa significa in realtà stare dritti? Significa semplicemente avere la testa allineata con il busto e il collo ben tirato, le spalle sciolte indietro e verso il basso. Per le ragazze e le adolescenti camminare mantenendo questa postura conferisce raffinatezza, eleganza naturale e classe. Inutile dire che questi attributi rari sono molto seducenti e valorizzanti. Senza contare che stare dritti, se non se ne ha l’abitudine, fa consumare più energia, perché questa postura mette in moto una serie infinita di muscoli. Per una donna o un uomo che hanno raggiunto i 50 anni stare dritti e mantenere un atteggiamento eretto mentre si cammina ringiovanisce. Come? Fate una prova molto semplice: guardatevi intorno. Uno dei primi segni di invecchiamento dopo le rughe, i capelli grigi, il cedimento della parte bassa del viso, è lo stare ricurvi in avanti con il collo incassato. Personalmente penso che stare curvi invecchi molto di più il fisico di quanto non lo faccia il sovrappeso. Allora dimagrite seguendo la dieta e camminando, ma adottate questo portamento elegante, che è molto più raro dell’essere magri. Basta aprire il busto spingendo le spalle verso l’esterno e in basso e sollevando la testa in alto per allungare il collo.
I quattro movimenti chiave del programma per quattro cedimenti di un corpo che dimagrisce Troppa scelta uccide la scelta Quando il progetto di dimagrire prende corpo nella mente di una persona in sovrappeso, chi investe in questo progetto abbandona un estremo per un altro. La persona obesa sa bene che il clic che la fa scattare ha una durata limitata e cerca di assecondarla e rinforzarla. È per questa ragione che numerosi sedentari cercano degli strumenti magici per accelerare i loro consumi calorici. E trovano un’infinità di movimenti, molte proposte la cui ampia possibilità di scelta rischia di paralizzarli. Nel corso della mia esperienza professionale nella lotta al sovrappeso, ho sviluppato, in accordo con la mia natura e il mio carattere, una predilezione per un inquadramento direttivo dei miei pazienti. Non per il piacere di esercitare un’autorità – preferisco senza dubbio la vicinanza affettiva e il sostegno psicologico – ma perché sono convinto che regole semplici, concrete, prive di ambiguità, affidabili e direttive facilitino il rispetto delle indicazioni. È per questo motivo che ho selezionato quattro movimenti precisi, che sono i più idonei per fronteggiare due preoccupazioni: la perdita di peso dovuta al consumo energetico dei più importanti gruppi muscolari e l’intensità del loro consumo calorico. E questo per rispondere alle esigenze dei pazienti la cui perdita di peso porta un cedimento del tessuto sottocutaneo nelle quattro zone in cui la pelle soffre maggiormente: ventre, braccia, glutei e cosce. Le quattro zone di cedimento del tessuto sottocutaneo nel paziente che perde peso Ventre rilassato e sporgente Braccia flaccide Glutei molli Cosce rilassate Le quattro zone vulnerabili di un corpo che dimagrisce Quando si perdono più di 8 chili di peso, inizia una sorta di gara di velocità tra il grasso che si elimina e la pelle che si ritrae. In effetti il grasso si scioglie molto velocemente e la pelle ne risente: l’involucro, cioè la pelle stessa, non è abbastanza retrattile rispetto al suo contenuto. E
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questa difficoltà di adeguamento si nota ancora di più nelle zone in cui la pelle è più fine o più sollecitata. Esistono quattro parti in corrispondenza delle quali le donne accusano una particolare perdita di elasticità e un eccesso di pelle. • Il ventre rilassato e sporgente. Quando dimagrite la perdita di peso e di tessuto adiposo interessa allo stesso modo sia l’esterno sia l’interno, vale a dire lo strato di grasso appoggiato sui muscoli addominali (il tessuto adiposo sottocutaneo) e il grasso interno che circonda i visceri. Quando il grasso interno si scioglie, i muscoli si trovano meno tesi e il ventre appare rilassato e sporgente. E quando il grasso esterno si scioglie la pelle è meno soda. Dopo il dimagrimento la pelle si ritrae, ma così lentamente che servono 6 mesi per raggiungere la sua migliore tonicità. Dopo di che non si può sperare in un miglioramento, ma non ha senso tentare nulla di radicale prima. Quanto all’aspetto gonfio dell’addome, questo è dovuto al rilassamento della parete muscolare. Per tonificarlo e ritrovare un ventre piatto e muscoloso bisogna lavorare con i classici esercizi per gli addominali. Ne esiste un numero infinito, troppi per chi è poco informato. Ho creato il mio, ne propongo uno: è sufficiente, ma deve essere praticato tutti i giorni. • La parte posteriore delle braccia. Sono essenzialmente le donne in sovrappeso, con un accumulo di tessuto adiposo anche nelle braccia, che perdendo peso si lamentano del loro rilassamento. Dopo il dimagrimento, le braccia sono meno voluminose ma la pelle non ha seguito questa riduzione e la parte posteriore del braccio appare molle. Anche in questo caso utilizzo un unico movimento per semplificare e rendere più chiara la regola. • I glutei molli e rilassati. I glutei delle donne sono abitati per metà dai grandi muscoli portanti e per metà da uno spesso cuscino di grasso. La persona sedentaria presenta un’atrofia dei muscoli posteriori, e quando dimagrisce perde velocemente il suo cuscino adiposo. Si ritrova così con i glutei molli e rilassati, che le fanno perdere parte del suo sex appeal. In questi casi così frequenti raccomando un movimento completo, unico ma sufficiente. • Le cosce rilassate. Questo rilassamento riguarda soprattutto le donne con aspetto ginoide che ingrassano nella parte inferiore del corpo, cioè fianchi, cosce e ginocchia. Quando la perdita di peso è importante, le cosce dimagrite sono meno sode e il loro rivestimento cutaneo meno disteso. Anche qui prescrivo un solo movimento capace di sviluppare i quadricipiti e tonificare in profondità il profilo della coscia. 1. Lo speciale dieta Dukan Questo movimento è il mio coltellino svizzero, un esercizio che ho creato dapprima per me stesso e che pratico da vent’anni. Lo prescrivo da più di tre anni ai miei pazienti e un gran numero di loro l’ha ormai adottato. Lo considero un esercizio universale perché presenta il miglior rapporto tra efficacia, facilità d’esecuzione e numero di gruppi muscolari coinvolti. Oltre alla camminata, se non vi resta tempo che per un solo esercizio, vi chiedo di optare per questo. Perché? Perché è semplice da eseguire e facile da integrare nella vita quotidiana. Breve e rapido, si esegue a letto, una volta al mattino al risveglio, una volta la sera prima di addormentarsi. Come già detto, oltre a essere estremamente efficace, permette di sollecitare un gran numero di gruppi muscolari: addominali, cosce e braccia. Eccolo. Nel vostro letto, al risveglio o dopo colazione, mettete un cuscino cilindrico e uno tradizionale per creare un piano inclinato confortevole. Allungatevi e appoggiate la schiena su questo piano inclinato. Piegate le ginocchia in flessione e tenete le braccia tese fino a toccare le ginocchia nel modo che vi è più comodo, prendendole da sotto oppure dalla parte interna o esterna. Da questa posizione semiallungata raddrizzate il busto fino a raggiungere la posizione verticale con la sola forza degli addominali, senza aiutarvi con le braccia. Poi scendete fino a toccare il piano inclinato formato dai cuscini. Provate a effettuare 15 movimenti senza ricorrere all’aiuto delle
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braccia. Una volta eseguite queste 15 flessioni, ripartite da zero sollevandovi non più con gli addominali ma con le braccia. Raddrizzate il busto fino alla posizione verticale utilizzando esclusivamente i bicipiti, la cui forza è molto inferiore a quella degli addominali. Provate a effettuarne 15, per un totale di 30 esercizi solo al mattino: sarà un bell’inizio di giornata. La sera, quando vi coricate, fate esattamente la stessa serie, e così avrete eseguito 60 movimenti e acquisito dal primo giorno una base iniziale di tonicità della parete addominale e dei bicipiti. Questo doppio movimento, che coinvolge anche i muscoli delle cosce, non dura più di 1 minuto per «sessione» (mattino e sera), per un totale di 2 minuti. Ogni giorno provate a fare un po’ meglio, un movimento in più con gli addominali e un altro con le braccia, sia al mattino sia alla sera, e quindi 31+31 il secondo giorno, 32+32 il terzo giorno e 36+36 alla fine della prima settimana. L’obiettivo è arrivare a 70+70 alla fine del primo mese per farne poi 100 al mattino e 100 alla sera. Quando ci sarete arrivati, i 200 esercizi non occuperanno più di 3 minuti del vostro tempo. Arrivati a questo punto vi accorgerete che grazie a questo esercizio poco tecnico ma di grande efficacia il vostro ventre, che consideravate molle e gonfio, sarà diventato tonico e piatto. 2. Lo speciale muscoli posteriori Questo movimento è un altro esercizio che io stesso eseguo quotidianamente subito dopo il primo, sempre nel mio letto, al risveglio e prima di coricarmi: ne è il complemento logico. È incredibilmente efficace, perché eseguendolo per un po’ di tempo, ogni mattina e ogni sera, mi sono accorto dei suoi effetti immediati: i glutei, la parte posteriore e anteriore delle cosce si riscaldano velocemente, in modo intenso, e li sento tonificarsi. In più, per quanto mi riguarda, è come un gioco, perché come vedrete dà la stessa sensazione che procura il trampolino. Infine, come il primo esercizio, non mette in movimento solo i muscoli posteriori, ma anche i muscoli della parte anteriore delle cosce, gli ischiotibiali, e i muscoli della parte posteriore delle braccia. Vediamolo: cominciate con il togliere i cuscini, il movimento si pratica in posizione orizzontale. Allungatevi sulla schiena e mettete le braccia tese lungo il corpo. Piegate le ginocchia portando i talloni verso i glutei e mantenendo i piedi appoggiati al materasso. Da questa posizione, appoggiandovi sulle braccia tese e sui piedi e i muscoli posteriori della coscia, fate un ponte sollevando i glutei verso l’alto finché busto e gambe saranno allineati su una perfetta retta inclinata. Raggiunto l’allineamento scendete rapidamente fino a rimbalzare sul materasso e ripartite per ritrovare di nuovo l’allineamento del ponte. Questo è l’effetto trampolino che facilita un poco il movimento e vi permette di eseguirne fino a sentire il calore e la tonicità invadere la zona posteriore delle braccia, dei glutei e delle cosce posteriori. Un grande esercizio! Anche in questo caso, cominciate con 30 movimenti e fate lo stesso la sera prima di coricarvi. Saranno 60 movimenti al giorno e impiegherete circa 1 minuto e mezzo perché si concatenano molto velocemente. Nel caso in cui non arrivaste a eseguire questi 30 movimenti, significherebbe che avete bacino e glutei molto pesanti, e soprattutto una base muscolare insufficiente o atrofizzata dalla sedentarietà. In questo caso non preoccupatevi, riducete il numero dei movimenti e sappiate che questi muscoli hanno una straordinaria capacità di adattamento: ci arriverete con il tempo. Cercate però di non scendere sotto i 10 al mattino e altrettanti la sera, perché la vostra difficoltà prova che ne avete una reale necessità. Poi, come per l’esercizio precedente, provate ad aggiungere un movimento in più ogni giorno per arrivare ai 100 al mattino e 100 alla sera. A questo stadio avrete ritrovato un busto e un bacino affinati dalla perdita di peso e tonificati da questi due esercizi eccezionali. 3. Lo speciale cosce Questo movimento presenta un duplice interesse. Il primo è quello di consumare più calorie possibile sollecitando uno dei maggiori gruppi muscolari dell’organismo, il quadricipite, che come dice il suo nome è composto da quattro fasce muscolari. Il secondo è quello di intervenire
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in uno dei terreni più spesso attaccati dalla cellulite e dove la perdita di peso e il conseguente rilassamento possono rendere questa cellulite molle, che è il suo peggior destino. L’obiettivo di questo movimento è bruciare calorie e allo stesso tempo occupare con un muscolo sodo il posto lasciato dal grasso perso. Esistono numerosi esercizi mirati a far lavorare i muscoli delle cosce: questo è il più semplice ed efficace e soddisfa la mia ricerca di un unico movimento. Per praticarlo mettetevi in posizione eretta, possibilmente davanti a uno specchio, con i piedi leggermente divaricati per assicurare l’equilibrio e appoggiatevi con le mani a un tavolo o un lavabo. Scendete lentamente flettendo le ginocchia fino a che i glutei toccano i talloni. Poi risalite e tornate alla posizione di partenza. Questo movimento è impegnativo, ma estremamente performante. La modalità di esecuzione dipende per definizione dal vostro peso, dalla sua localizzazione e dal vostro allenamento. Se siete molto pesanti – più di 100 chili – farete fatica a farne anche uno solo. In questo caso abbozzate il movimento senza completarlo, fate quello che potete: la progressione vi servirà a testare la vostra perdita di peso e la sua ripercussione sulle vostre prestazioni fisiche. Con il passare dei giorni e delle settimane dimagrendo e impegnandovi arriverà il momento in cui potrete effettuare il movimento integrale. Ben presto raggiungerete l’obiettivo di una persona con un semplice sovrappeso: la serie di 15, che indicherà che non siete più molto lontani dal vostro Giusto Peso. Se siete in lieve sovrappeso e siete riusciti già dal primo giorno a effettuare almeno un movimento, arriverete a 15 ripetizioni in due giorni aggiungendone una in più ogni volta che sarà possibile e impedendovi di tornare indietro: lasciate recuperare un po’ i muscoli e ritrovate il livello di prestazione iniziale. Quando avrete raggiunto la prima serie da 15, puntate ai 30, ma senza fretta: una ripetizione in più alla settimana va benissimo. Arrivati a 30, sarete in possesso di un piccolo tesoro: cosce sode e tornite e otto piccoli «mostri», quattro per quadricipite, che trascorreranno il loro tempo a bruciare calorie lungo l’arco della giornata e della notte. Ne approfitto per darvi una buona notizia sui vostri muscoli. Quando eseguite un esercizio fisico, la contrazione muscolare brucia il suo carburante calorico, e questo lo sapete già. Ma ciò che probabilmente ignorate è che quando l’esercizio è finito, il muscolo continua a consumare calorie: certo, molte meno di quante ne bruci durante lo sforzo, ma senza interruzione, giorno e notte, per 72 ore, poi si esaurisce. Da qui l’importanza di concatenare gli esercizi l’uno all’altro; l’ideale è muoversi tutti i giorni. 4. Lo speciale braccia molli Il braccio femminile è un indicatore molto preciso della storia del sovrappeso, dello spessore e della qualità della pelle e della morfologia di una donna. Esiste una simmetria nella ripartizione della cellulite sulle cosce e sulle braccia. La maggior parte delle donne che ha cellulite sulle cosce, presenta anche un abbondante tessuto adiposo nelle braccia. Quando queste donne dimagriscono, lo fanno più facilmente nelle braccia che nelle gambe e questo spiega perché spesso le braccia perdono di tono e si rilassano, dando luogo a un disagio per le pazienti. Ci sono poche soluzioni a questo problema frequente, le creme sono inefficaci e la chirurgia non è indicata perché lascia troppe cicatrici. Anche per le braccia esiste una scelta infinita di esercizi. Ho optato per un solo movimento perché, come ho già detto, tutto ciò che è troppo complicato crea disaffezione e rende le regole meno efficaci. Questo esercizio è il mio preferito perché è semplice, globale e proficuo quando la lassità del sottocutaneo non è troppo marcata, e in ogni caso non è mai inutile. L’esercizio che ho scelto ha anche il vantaggio di far lavorare nello stesso tempo due muscoli antagonisti, i bicipiti sulla parte anteriore del braccio e i tricipiti su quella posteriore, al fine di creare una muscolatura tonica dell’arto superiore e rassodare il sottocutaneo. Mettetevi in piedi, con una bottiglia d’acqua da 1 litro e mezzo nella mano o un manubrio dello
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stesso peso. Cominciate il movimento, il braccio lungo il corpo, teso verso il pavimento. Flettete quindi l’avambraccio per portare la bottiglia a contatto con la spalla. Stendete il braccio per tornare alla posizione verticale di partenza e poi superarla: sempre con braccio teso salite il più in alto possibile indietro, fino a raggiungere la posizione orizzontale o anche superarla. La prima parte del movimento contrae i bicipiti, la seconda i tricipiti, l’insieme tonifica e accresce la massa muscolare del braccio e distende la cute e il sottocutaneo. Questo movimento completo deve essere effettuato 15 volte per ottenere un aumento della massa muscolare sufficiente per mettere il sottocutaneo e la cute in tensione. Provate a raggiungere il limite delle vostre possibilità e se vi sentite pronti ad andare oltre, fatelo: un muscolo si ipertrofizza solo nella sollecitazione massima. Quando avrete praticato questi 15 movimenti ogni giorno per una settimana, provate a passare a 20, poi, di settimana in settimana, a 25 per arrivare a 30 alla fine del primo mese. In seguito sarete voi a porvi degli obiettivi, ma sarete certi di aver ritrovato un braccio più tonico e muscoloso. Ricordate che una pelle distesa per un dimagrimento ha bisogno di 6 mesi per effettuare il suo lavoro completo di contrazione. Passato questo tempo, non aspettatevi più alcun miglioramento spontaneo. Quindi, per questi quattro esercizi la parola d’ordine è: aumentare la massa muscolare, tonificare il sottocutaneo e aspettare la sua completa contrazione.
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Precauzioni d’uso e controindicazioni Chi deve, chi può e chi non può seguire il mio metodo? Cari lettori, quando aprite una scatola di medicinali, trovate il consueto foglietto illustrativo che, oltre a informarvi sulle modalità d’uso e sulla posologia del prodotto, mette in guardia sugli eventuali effetti indesiderati e le precauzioni d’impiego. Si tratta esattamente di quello che intendo proporvi in questo breve capitolo. Innanzitutto, è opportuno che ribadisca che il mio metodo non è il frutto di un’intuizione momentanea. Al contrario, l’ho messo a punto con pazienza, senza affidarmi ad alcun preconcetto ma con il solo criterio di ottenere un risultato migliore rispetto a ciò che già esisteva. Per meglio comprendere il mio modo di procedere, dovete sapere che nel corso dei miei studi ho ricevuto una formazione filosofica, di cui ho mantenuto la curiosità e lo spirito critico. È con questo stesso spirito che mi sono accostato al problema del sovrappeso, secondo un punto di vista che non fosse quello meramente energetico e materiale del grasso in eccesso. Mi sono subito reso conto che quello del sovrappeso non era tanto un problema di nutrimento, quanto di comportamento e di categorie alimentari. Per me era più importante sapere perché si portava alla bocca una certa cosa, piuttosto che analizzarne la natura. Nel corso di questi anni ho capito che se i problemi di sovrappeso continuavano a resistere ai medicinali più efficaci nonché a quelli più aggressivi, ai regimi dietetici, alle campagne lanciate dallo Stato e dagli organismi sanitari, per non parlare poi delle varie operazioni commerciali sostenute dai meccanismi pubblicitari e dal marketing internazionale, era perché dietro a una «massa grassa» da eliminare si nascondeva qualcosa di più profondo, di più fondamentale e solenne, qualcosa che doveva necessariamente essere parte integrante dei meccanismi stessi della natura umana. A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi dove voglio andare a parare, visto che quello che ai miei lettori fondamentalmente interessa è sbarazzarsi di questa famigerata «massa grassa»! Ebbene, voglio condurvi su un altro livello di osservazione e di analisi del problema del sovrappeso, ovvero la fase in cui si elabora il piacere di vivere, e ancor più la voglia di vivere. Ecco perché vi dico che se siete ingrassati, e avete accumulato tutto quel grasso, è perché, malgrado questo peso in più vi faccia soffrire, non avete mai smesso di mangiare troppo, e per giunta male. E non posso impedirmi di pensare che lo abbiate fatto al fine di neutralizzare una qualche altra forma di sofferenza, ancor più intensa di quella provocata dal fatto di ingrassare. Penso sinceramente che sia proprio questa la vera causa del sovrappeso nel mondo odierno, e che sarà possibile trovare risposte e soluzioni soltanto a quel livello. Se avete seguito il mio ragionamento, vi sarete sicuramente già chiesti quale sia tale sofferenza, una sofferenza che dev’essere necessariamente superiore a quella rappresentata dal sovrappeso stesso. Non mi considero la persona più adatta a trattare un argomento di una simile importanza e complessità, ma tanto per darvi un’idea, senza cadere nel semplicismo, mi limiterò a dire che ritengo che tra ciò che siamo, la natura umana originaria, così com’è iscritta nei nostri geni, e la cultura odierna, nonché tra lo stile di vita dei nostri antenati e quello attuale, ci sia un gap inaudito, una rottura che comporta un’enorme difficoltà d’adattamento, che è proprio all’origine della nostra sofferenza. Ecco perché un adulto su due, almeno per quanto riguarda le statistiche europee, mangia troppo o male, e di conseguenza ingrassa: così facendo riesce a neutralizzare questo nuovo genere di sofferenza. Forse qualcuno dei lettori sarà sorpreso dalla descrizione di tale sofferenza, di cui potrebbe non essere affatto consapevole. Probabilmente molti si sono abituati a questo malessere, talmente condiviso e radicato nelle nostre abitudini che non riusciamo neppure più a percepirlo. Ecco perché vi propongo di osservarlo più da vicino.
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Quando un essere umano incontra difficoltà crescenti a creare un rapporto di coppia stabile e a realizzarsi attraverso una relazione complementare con il proprio partner; quando un gran numero di genitori cresce i propri figli nell’ambito di famiglie divise; quando gli stessi adulti sono dei «bambini invecchiati» e allo sbando; quando per un crescente numero di persone diventa sempre più difficile affermarsi attraverso il lavoro; quando l’habitat cittadino umano si misura in «metri quadri»; quando il corpo, e le relative funzioni d’equilibrio, sono completamente trascurati, e l’attività fisica viene rimpiazzata da robot che prendono il nostro posto nelle attività e nei gesti quotidiani; quando lo spettacolo e il godimento della Natura e degli animali cui siamo visceralmente legati sono sacrificati a favore della tecnologia e della realtà virtuale; quando il bisogno universale di svago e di attività ludiche si riduce, per la maggior parte dei casi, alla presenza intrusiva della tv nel nostro quotidiano; quando in definitiva la Bellezza, il Sacro e la Spiritualità cedono il passo all’utilitarismo, al materialismo e al consumo; quando tutte queste fonti, semplici e naturali, di crescita, di piacere e di godimento della vita svaniscono, un gran numero di esseri umani, in modo del tutto inconsapevole, sperimenta una grande sofferenza a livello di vita istintiva ed emozionale. L’uomo, mantenendosi inconsapevole dei primordiali meccanismi di sopravvivenza, pur di non annegare si aggrappa quindi a tutto ciò che gli galleggia intorno. A questo punto avrete capito che l’alimentazione volta all’autogratificazione, il semplice mettersi in bocca qualcosa quale meccanismo di compensazione, rappresenta oggi come oggi il salvagente più facile su cui mettere mano. È stato interrogando scrupolosamente i miei pazienti, e analizzando insieme le origini e le ragioni del loro problema di sovrappeso, che mi sono reso conto che l’elemento fondamentale nella comprensione delle loro problematiche non era la quantità di calorie ingerite, ma lo stile di vita, il comportamento. Di conseguenza, la scelta delle proteine quale motore del mio regime è dettata in primo luogo non da ragioni biologiche o metaboliche, e ancor meno caloriche, ma principalmente comportamentali. Mi spiego meglio. L’aspetto interessante delle proteine, a mio parere, è che consentono una perdita di peso rapida e incoraggiante: tale efficacia genera piacere e rafforza la motivazione. Ed è proprio tale stato di gratificazione e mobilitazione che induce pratiche che a loro volta facilitano la perdita di peso. Non bisogna inoltre dimenticare che le proteine implicano una digestione e un’assimilazione lunga, e di conseguenza sono assai nutrienti. Ciò evita l’insorgere della fame e della frustrazione, e rinforza la motivazione necessaria a non abbandonare il regime. Il fatto che le proteine siano idrofughe, contrastino la ritenzione idrica e facilitino il drenaggio del corpo, e il suo rapido sgonfiamento, genera piacere e, di nuovo, rinforza la motivazione. Il mio metodo, in ogni suo aspetto, è volto alla ricerca e allo stimolo del piacere di dimagrire, e si sforza di aggirare o evitare il dispiacere e la frustrazione che possono essere causati dalla dieta stessa, poiché l’obiettivo è di incentivare al massimo i comportamenti che danno luogo al dimagrimento. Il mio metodo è caratterizzato dalla rapidità e dall’efficacia che si sperimentano nella prima fase, dall’assenza della fame legata al quantitativo illimitato dei cibi concessi, dalla struttura in quattro fasi, ben definita e coordinata, dalla piacevolezza derivante dalla gran varietà di ricette disponibili, dalle virtù della crusca d’avena, dal suo sapore e dalla sua consistenza, dall’attività fisica incentrata sul camminare, dal coaching appositamente ideato, quotidiano e interattivo, di cui si può fruire su Internet, da un’autorità medica esterna che dà regole precise, dalla priorità accordata alla stabilizzazione del peso ottenuto, dal calcolo del Giusto Peso su basi scientifiche, tramite cui si fissa oggettivamente un obiettivo ben preciso, dalla facilità di determinare la durata della fase di consolidamento in modo assolutamente semplice, sulla base di 10 giorni per ogni chilo perso, dai due pasti della festa alla settimana, dalle tre semplici misure, concrete
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e indolori, che assicurano la stabilizzazione a vita del peso ottenuto: il giovedì proteico, l’abbandono dell’ascensore e i 3 cucchiai di crusca d’avena. Sono tutti elementi che finiscono per radicarsi nei comportamenti quotidiani, vengono vissuti come benefici e possono quindi trasformarsi in modo facile in abitudini. È questo che spiega il successo del mio metodo tra i pazienti che non avevano ottenuto nessun risultato basandosi unicamente sul calcolo delle calorie e sull’analisi degli alimenti. Come ho spesso ribadito, mi aspetto moltissimo da questo metodo. Nel realizzarlo, non avrei mai immaginato che avrebbe ottenuto un così alto numero di adesioni. Col senno di poi, posso constatare che è proprio sviluppando tali comportamenti facilitanti che gli utenti di questo sistema finiscono per aderirvi, si impegnano e ottengono risultati migliori che in precedenza. Come beneficiare del mio metodo evitando i rischi legati alla dieta Non dimentichiamo che il sovrappeso, l’obesità e il diabete a essi correlato sono direttamente responsabili di 50.000 decessi in Francia (in Italia la situazione è analoga). Quando si considerano gli effetti secondari di un programma di dimagrimento, quindi, occorre sempre rapportarli ai vantaggi primari, cioè la sopravvivenza. Ormai il mio metodo ha 35 anni, e da circa 10 si è diffuso e viene utilizzato in una trentina di Paesi diversi, dando spontaneamente origine a una comunità che vanta attualmente dai 10 ai 15 milioni di persone, distribuiti in tutto il pianeta. Nel corso di questo lunghissimo periodo, durante il quale ho potuto approfittare della sperimentazione di un tale numero di utenti, ho ricevuto moltissimi messaggi di ringraziamento e testimonianze di successo, sia a breve sia a medio e lungo termine. In compenso, nello stesso lasso di tempo – un terzo di secolo – non mi sono mai imbattuto in nessun incidente di percorso, in nessun genere di effetto nocivo, e non è mai capitato che qualcuno dei miei pazienti se ne sia lamentato. Al massimo, possono esserci effetti secondari minori, ma non si sono mai constatati effetti primari. Tuttavia, visto e considerato che il mio metodo sta ampliando il suo campo d’azione, e che un numero crescente di persone in sovrappeso continua e continuerà a servirsene, dovendo constatare che non potrò essere a disposizione di tutti quanti per rispondere alle varie domande che potrebbero sorgere, vorrei assicurarmi che nessuno di loro rischi di sbagliarsi nell’interpretazione delle mie indicazioni. La prima raccomandazione che faccio a qualsiasi lettore che intende intraprendere la mia dieta con l’intenzione di perdere più di 7 chili, è di tenere informato in modo continuativo il medico curante delle sue intenzioni, e ancor meglio di chiederne l’avallo e l’aiuto. In che modo? Se è un buon medico di base, con ogni probabilità sarà oberato di lavoro e potrebbe non avere il tempo di occuparsi personalmente del vostro dimagrimento e del relativo monitoraggio. Tuttavia, potrà seguirvi dal punto di vista medico: poiché vi conosce bene, è la persona più adatta a segnalarvi eventuali controindicazioni che una perdita di peso comporterebbe per il vostro stato di salute. Può inoltre sconsigliarvi di dimagrire nel caso il vostro peso sia medicalmente normale. Se deciderà di assistervi durante l’applicazione della mia dieta, innanzitutto vi prescriverà degli esami di routine, che consentiranno di evidenziare un’eventuale dislipidemia (eccesso di colesterolo «buono», l’HDL, o «cattivo», l’LDL, o di trigliceridi), la presenza di diabete o di una situazione prediabetica (situazione che vedrete presto migliorare, come accade praticamente ogni volta che si riducono i grassi e gli zuccheri). Quando si comincia una dieta ricca di proteine, è utile verificare che non sia presente una qualche insufficienza renale, iniziale o conclamata. È il caso di reni «pigri», affaticati o malati. Per avere un quadro preciso della funzionalità renale basta misurare, tramite il prelievo del sangue, i valori della creatinina e la sua velocità di eliminazione attraverso il tasso di urea. In presenza di un’insufficienza renale grave, occorre evitare le diete iperproteiche, in modo da non sovraccaricare i reni, che hanno il compito di eliminare le scorie delle proteine. Se i reni sono solamente affaticati, è sufficiente bere un litro
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e mezzo di acqua al giorno, limitare il consumo di sale ed evitare l’alcol e i farmaci molto aggressivi per i reni. Se i vostri reni sono semplicemente «pigri», invece, basta bere abbondantemente. Infine, le analisi di routine permettono di testare il funzionamento della tiroide ed evidenziare eventuali problemi di ipotiroidismo, attraverso il dosaggio di tre ormoni, TSH, T4 e T3. Sottoporsi alle analisi prima di iniziare la dieta vi eviterà di lottare contro un corpo che si rifiuterà di dimagrire, resistendo anche al regime più efficace. Sono esami che chiedo sempre ai pazienti che incontro di persona, e che raccomando fermamente ai miei lettori. Infatti, la scoperta di uno squilibrio biologico rilevante impone sicuramente la sorveglianza medica, oltre a rinforzare la determinazione di chi ne prende coscienza, giacché la perdita di peso riequilibra questo genere di disturbi. Tutto ciò che dovete sapere per gestire le vostre vulnerabilità prima di applicare il mio metodo Chiunque sia in sovrappeso, soprattutto se in modo importante e da molto tempo, e abbia superato i 45 anni, avrà buone possibilità di presentare le tipiche manifestazioni clinicobiologiche che ne derivano. Per perdere questo tipo di sovrappeso, radicato e spesso resistente, sarà dunque necessario un intervento prolungato. Ma allora, come dimagrire con le migliori possibilità di porre un qualche rimedio ai tipici marker biologici del sovrappeso, se non addirittura farli scomparire? Come evitare qualsiasi rischio di carenze di sorta? E infine, come attenuare o evitare gli effetti secondari o indesiderabili della dieta? 1. Se manifestate una vulnerabilità rispetto ai lipidi, una predisposizione al colesterolo o semplicemente ne temete l’insorgere, fate attenzione a non confondere carni magre e grasse. Non dimenticate che nel mio metodo la carne di maiale e d’agnello è vietata, e che manzo e vitello sono autorizzati a condizione di evitare lombata e costata di manzo, che hanno parti di grasso evidenti. Inoltre, benché il diritto a nutrirsi senza restrizioni di carni rosse non grasse sia mantenuto, nel vostro caso consiglierei di privilegiare il pesce, specie salmone, sardine, sgombro e tonno, i cui grassi contribuiscono alla «pulizia» delle arterie. Potete servirvi liberamente anche dei crostacei, evitando però il corallo dell’animale, come la testa dei gamberetti e la parte scura e il collare delle capesante. Peraltro, se avete problemi di colesterolo, non dimenticate di eliminare la pelle del pollame, di evitare le frattaglie e di limitare il consumo di uova a 3-4 tuorli a settimana, anche se l’albume potrà essere consumato a volontà (per esempio, con omelette di solo albume, o preparate con 1 solo tuorlo e 2, 3 o 4 albumi se avete fame). Grazie a precauzioni del genere, avrete notevoli possibilità di migliorare i vostri valori. 2. Se presentate una vulnerabilità agli zuccheri, vale a dire una semplice predisposizione famigliare al diabete, un diabete iniziale o conclamato, dimagrire non potrà che farvi bene, ma dovrete rispettare le seguenti regole: • Se soffrite di diabete di tipo 1, vale a dire se siete trattati con insulina, dovrete informare non solo il vostro medico ma anche un diabetologo specializzato. Infatti, nel vostro caso il rischio non sarebbe più quello di iperglicemia, ma di ipoglicemia momentanea, che potrebbe causare grave malessere. La mia dieta potrà esservi utile a condizione che siate costantemente seguiti dal diabetologo, così che possa adattare il vostro bisogno d’insulina alle diverse fasi del dimagrimento. Il miglior modo di non correre rischi, nel caso di dieta dimagrante di un diabetico insulino-dipendente, è di consumare 3 crêpe di crusca d’avena, una la mattina a colazione, una a pranzo e una alla sera. La crusca d’avena rallenta l’assorbimento troppo veloce degli zuccheri e dei carboidrati, evitando quindi picchi d’insulina da cui potrebbero derivare stati di ipoglicemia. Questo accorgimento non vi guarirà, ma avrete bisogno di meno insulina, perciò starete meglio. • Se soffrite di diabete di tipo 2, che non richiede l’assunzione di insulina, il mio metodo, in cui si associano la perdita di peso e l’esercizio fisico, non comporterà nessun problema. Sarà
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comunque indispensabile parlarne al vostro medico, perché il diabete è una malattia che deve essere mantenuta imperativamente sotto controllo. Nel vostro caso, puntate soprattutto sul pesce, alternando giornate di proteine pure e di proteine e verdure, e consumate 2 crêpe di crusca d’avena al giorno, una al mattino e una alla sera, per il piacere, per il suo effetto nutriente e per facilitare il controllo dello stato diabetico. In breve tempo vedrete ridursi i valori della glicemia al mattino, come potrete constatare sin dalla prima settimana! • Se vi trovate solo in una condizione prediabetica, o se avete sofferto di una manifestazione di diabete gestazionale nel corso di una o più gravidanze, o se avete semplicemente una predisposizione ereditaria, ovvero un congiunto diretto che ne ha sofferto o che ne soffre, il mio metodo è proprio ciò che vi serve! Parlatene al vostro medico e seguitelo il più possibile, perché in tal modo finirete concretamente per interrompere il percorso che potrebbe concludersi con l’insorgere del diabete. 3. Se manifestate una vulnerabilità a livello renale, occorre prendere qualche precauzione. Cosa s’intende per vulnerabilità o insufficienza renale? I reni sono gli organi attraverso cui il nostro organismo si purifica. Filtrano continuamente il sangue al fine di eliminare le scorie. Come nel caso di qualsiasi altro organo, esistono reni geneticamente più efficienti di altri, reni che sono stati danneggiati da malattie, calcoli o infezioni. Inoltre, per quanto riguarda le donne, i reni possono essere limitati nella loro efficienza da una sensibilità elevata all’attività degli ormoni ovarici, alle gravidanze, alla premenopausa e alla ritenzione idrica. Esistono anche malattie gravi dei reni che possono metterne a rischio il funzionamento: sono le insufficienze renali. • Se soffrite di un’insufficienza renale grave, che potrebbe implicare persino l’obbligo di dialisi regolari, è chiaro che nessuna dieta è particolarmente indicata, soprattutto quelle ricche di proteine, giacché il loro metabolismo produce scorie che i reni potrebbero eliminare solo con molta fatica. In generale, questi casi sono chiaramente identificati e seguiti a livello ospedaliero. La presenza di un sovrappeso considerevole, o di un’obesità pericolosa, dovrà essere trattata a livello medico, sotto la responsabilità e sulla base delle decisioni di un nefrologo. Sconsiglio fermamente a chiunque soffra di insufficienza renale di sottoporsi alla mia dieta sulla base di una decisione autonoma. • Potreste invece presentare un’insufficienza renale più leggera, senza alcuna manifestazione clinica, ma identificabile in base agli esami biologici e ai marker renali, come l’urea, la creatinina e il tasso di filtrazione glomerulare. Quando i valori non rientrano nella norma, prima di seguire la dieta sarà necessario chiedere l’avallo del medico curante, che ne valuterà le eventuali conseguenze e seguirà l’andamento dei valori attraverso analisi ripetute nel tempo. Inoltre, terrà conto dei rischi del sovrappeso e di quelli dell’accumulo di scorie. • Per finire, ci sono reni semplicemente pigri, o non sufficientemente drenati, e ciò si manifesta attraverso una marcata tendenza alla ritenzione idrica. In casi del genere è fondamentale bere a sufficienza, così da facilitare la capacità di filtrazione renale, senza peraltro superare il litro e mezzo al giorno, quantità oltre la quale si potrebbe produrre un’ulteriore ritenzione. È altresì importante ridurre il consumo di sale, oltre che degli alimenti ricchi di scorie, come i salumi, le conserve, i cibi preconfezionati e l’alcol. Anche in tutti questi casi di pigrizia renale, sarà opportuno chiedere consiglio al medico curante, che si preoccuperà di verificare la funzione renale e controllarne le fluttuazioni nel corso della dieta. Diete e carenze Qualsiasi regime dimagrante, indipendentemente da come sia formulato, produce delle insufficienze nell’apporto di micronutrienti, e quindi deficit che possono, in qualche raro caso, generare una carenza. Vale la pena ricordare che oggigiorno tali carenze sono rarissime. Per esempio, si è scoperto che i marinai di lungo corso, privati di verdure fresche per un periodo superiore ai sei mesi, sviluppavano una carenza di vitamina C (nota come scorbuto), carenza reversibile con la reintroduzione di ortaggi verdi. Da quando mi occupo di nutrizione, ho
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incontrato casi di deficit vitaminici, ma mai vere e proprie carenze. Il mio progetto alimentare comincia con una fase d’attacco basata sul consumo esclusivo di 78 alimenti proteici magri. Questa fase dura abitualmente tra i 2 e i 7 giorni, in base al numero dei chili da perdere, il che equivale a una media di 4 giorni per una persona che deve sbarazzarsi di 10 chili. In soli 4 giorni, non si corre nessun rischio di deficit, e ancor meno di carenza. Con l’inizio della fase di crociera vengono aggiunte 28 verdure, utilizzate alternativamente fino all’ottenimento del Giusto Peso. Vediamo quali sono i rischi di carenza nel corso di queste due prime fasi su cui si concentra la perdita di peso. Infatti, a partire dalla terza fase di consolidamento, sono presenti tutte le categorie alimentari, quindi il rischio di deficit è da escludersi nel modo più assoluto. Le prime carenze di cui preoccuparsi nel corso di una dieta dimagrante sono quelle relative a un apporto insufficiente di proteine. Esistono infatti diete scriteriate, come quella di Beverly Hills, per fare un esempio, che si basa soltanto sulla frutta esotica. Dal momento che il corpo umano non è in grado di sintetizzare le proteine e ne ha bisogno ogni otto ore, la sua reazione immediata, a partire dalla nona ora, è di andare ad attingerle nei muscoli o nella pelle. Ciò comporta un indebolimento a livello muscolare, perdita di luminosità della pelle, dei capelli e delle unghie e un impoverimento del patrimonio minerale osseo, che accresce il rischio di osteoporosi. Poiché il mio programma alimentare consente libero accesso a tutte le proteine, è probabilmente quello che comporta il minor rischio di questo genere di carenze, giacché ne autorizza il consumo «a volontà». Per quanto concerne le vitamine, possono essere distinte in due famiglie: la prima è quella delle vitamine veicolate dal grasso degli alimenti, ovvero le cosiddette vitamine liposolubili: la A, la D e la E. Per quanto riguarda invece quelle solubili in acqua, sono contenute principalmente in frutta e verdura, e definite idrosolubili. Scegliendo bene tra i 100 alimenti ammessi dalla mia dieta, è relativamente facile evitare qualsiasi deficit vitaminico. Le vitamine liposolubili La vitamina A è reperibile soprattutto nel fegato del pollame e del vitello, nelle uova, nei pesci grassi come le sardine, il salmone, il tonno e lo sgombro. Tuttavia, l’apporto principale è rappresentato più spesso dal suo precursore, il betacarotene, presente in abbondanza in alcune verdure, sul cui consumo la mia dieta non pone alcun limite: spinaci, prezzemolo, carote, fagiolini o indivia. La vitamina D è sintetizzata principalmente dalla pelle, in virtù dell’esposizione alla luce solare. La sua migliore fonte alimentare, a parte il classico olio di fegato di merluzzo – oggi abbandonato –, è il salmone, l’alimento più consumato dalla maggioranza dei miei pazienti e lettori, seguito dalle sardine, dalle uova, dalle aringhe e, in misura minore, dai funghi. Durante l’inverno gran parte della popolazione ne è carente. Se questo è il vostro caso, potrete riscontrarlo con le analisi che vi avrà consigliato il medico e, eventualmente, farvi prescrivere un integratore. La vitamina E è veicolata dai grassi, e in particolare gli oli, ma la si trova anche nelle fibre dei cereali. Nel corso delle due prime fasi, quella d’attacco e quella di crociera, il suo apporto è garantito dal consumo di crusca d’avena, cacao (compreso quello magro), uova e fegato, nonché carne, pollame e pesce. Le vitamine idrosolubili Il gruppo delle vitamine B. Fatta eccezione per la vitamina B12, le vitamine di questo gruppo sono distribuite un po’ dappertutto nei 100 alimenti inclusi nel mio regime, e in particolare nella crusca d’avena, ma anche e soprattutto – e in grandissima quantità – nel lievito di birra, che vi consiglio di continuare a consumare per tutta la vostra vita. Per quanto concerne la vitamina B12, è una vitamina rara e importante, la cui carenza può comportare anemie gravi, soprattutto nei casi, estremamente frequenti, di cattiva assimilazione
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del ferro da parte delle donne. Nella mia dieta tale rischio non sussiste, in virtù dell’abbondanza di ferro e vitamina B12, entrambi presenti in tutti gli alimenti di origine animale: carni, pollame e pesce. I vegetariani possono reperirla in quantità nettamente inferiori nelle uova e nei latticini, mentre i vegani dovranno imperativamente fare ricorso a un supplemento farmacologico, onde evitare il rischio concreto di carenza, se non di deficit. La vitamina C viene erroneamente considerata d’appannaggio della frutta, non presente nelle prime due fasi della mia dieta. Ciò non è corretto, perché la si trova anche in quasi tutte le verdure: sebbene nella maggior parte dei casi sia presente in quantità minore rispetto alla frutta, in altri il suo tenore può essere di gran lunga superiore. Basti pensare ai peperoni o ai cavoli (che ne vantano una quantità due volte superiore a quella dell’arancia), o con una concentrazione minore ai pomodori e ai fagiolini. Ma il campione della vitamina C è il prezzemolo, seguito sul podio dal kiwi. Il rischio di deficit di micronutrienti Il ferro è un microelemento di cui le donne sono molto spesso carenti, soprattutto nel caso di mestruazioni abbondanti o troppo ravvicinate. Per quanto riguarda la mia dieta, tale rischio non sussiste poiché gli alimenti di origine animale, come la carne, il pollame e il pesce, ne sono i migliori fornitori. Anche il selenio è presente in abbondanza nei prodotti di origine animale: carne, pesce, pollame, frutti di mare e in particolare le ostriche, che detengono il record di migliore fornitore di questo minerale. Lo zinco è molto ben rappresentato dai prodotti di origine animale, come carne, latte, uova; ma ancora una volta a farla da padrone sono le ostriche, nonché i frutti di mare più comuni. Il problema del sale Nel mio programma alimentare sconsiglio di eccedere con il consumo di sale. Fra i 100 cibi consentiti nelle fasi di attacco e di crociera, soltanto il salmone affumicato, gli affettati magri e la bresaola sono salati industrialmente. A chi soffre di ipertensione arteriosa suggerisco di privilegiare il salmone marinato e di ridurre il consumo di bresaola, acquistandola al banco piuttosto che preconfezionata. Le fibre Da un secolo a questa parte, l’apporto di fibre nella nostra dieta è diminuito in modo considerevole a causa della raffinazione delle farine e del ridotto consumo di alimenti che ne sono ricchi. Durante il periodo di dimagrimento del mio programma (fase di attacco e fase di crociera), l’apporto di fibre è rappresentato soltanto dalle verdure e pertanto diventa insufficiente, ma per ovviare al problema basterà introdurre la crusca d’avena, ricchissima di fibre. Per concludere questa breve disamina degli eventuali rischi di carenze in chi si sottopone alla mia dieta, è chiaro che per evitare qualsiasi deficit di micronutrienti è importante mangiare fino a sazietà, poiché al di fuori di un apporto calorico minimo sarebbe impossibile evitare una qualche forma di insufficienza. Ecco perché devo ricordarvi ancora una volta che, nella mia dieta, l’apporto calorico non è limitato: volerlo ridurre per ottenere risultati migliori avrebbe soltanto un interesse limitato. La limitazione delle calorie è da riservare ai soli periodi di stagnazione. Il rischio di carenze di micronutrienti è presente anche in caso di obesità, giacché il maggior quantitativo di peso da smaltire prolunga inevitabilmente le due prime fasi di dimagrimento. In questi due casi consiglio di associare alla dieta complessi multivitaminici che escludono di fatto e immediatamente qualsiasi pericolo di deficit, e ciò fino all’ottenimento del Giusto Peso. Risposte alle critiche e alle reazioni suscitate dal mio metodo e dal suo successo Colgo l’occasione per replicare qui, così da disinnescare le critiche e chiarire qualsiasi dubbio, di modo che non possano interferire nell’applicazione della vostra dieta.
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A partire dal momento in cui il mio metodo ha acquisito, grazie al suo pubblico, lo status sorprendente di fenomeno sociale, la stampa – sempre avida di polemiche – si è messa alla ricerca di oppositori che potessero contestarne la validità. È stato così che alcuni medici, nutrizionisti che conosco da decenni e che non avevano mai trovato niente da obiettare sul mio metodo, almeno finché non ha cominciato a intaccare i loro interessi, si sono pronunciati in diverso modo, alcuni per esprimere le proprie riserve, altri per attaccarlo. Viviamo in condizioni di libertà e democrazia, e so bene che non appena si modifica l’ordine delle cose, innovando e riuscendo a intervenire sullo status quo, si sollevano immediatamente le lamentele di persone a cui, per i motivi più disparati, tale ordine faceva comodo. Persone che hanno tutto il diritto di difendere i propri interessi e la propria posizione. Sono queste le regole del gioco, le conosco bene, e dopotutto hanno caratterizzato da sempre la storia della scienza. Se si trattasse semplicemente di attacchi rivolti alla mia persona, eviterei di rispondere, ma mettono in discussione una causa e una missione a cui mi sono dedicato per tutta la mia esistenza, e su cui fanno affidamento milioni di persone. Conosco bene la loro sofferenza, e posso immaginare il loro smarrimento se non replicassi. Di certo, libertà e diritto d’espressione sono valori innegabili, ma nel caso di medici che hanno prestato il giuramento professionale è opportuno sapersi porre al di sopra delle reazioni personali, così da privilegiare l’interesse dei malati e dei sofferenti di cui ci si è assunta la responsabilità; e ciò indipendentemente dal proprio ego, dagli interessi privati e dalla volontà più accanita di difendere il proprio orticello. Tale responsabilità impone di essere imparziali nella prescrizione delle terapie, scegliendo tra quelle che si ha l’abitudine di dispensare e quelle innovative che potrebbero in qualche modo essere in contrasto con le prime. Le critiche che mi sono state mosse provengono da due fronti: da un lato, i fautori delle diete ipocaloriche e del conteggio delle calorie; dall’altro, il mondo della psicoterapia. La risposta globale al dogma dei regimi ipocalorici paralizza ogni tentativo di innovazione nella lotta al sovrappeso La maggior parte dei nutrizionisti fa riferimento al principio delle basse calorie, il solo che veniva dispensato in facoltà all’epoca in cui ci siamo formati tutti quanti. La teoria delle diete a ridotto apporto calorico è nata all’indomani dell’ultima guerra, in un periodo in cui l’epidemia di sovrappeso cui assistiamo oggi non esisteva ancora. Prima della guerra i casi di obesità erano rari, attribuibili perlopiù a problemi ormonali, e in misura minore al sovrappeso, allora considerato esclusivamente dal punto di vista della civetteria femminile. Fu subito dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale che si manifestarono i primi problemi di sovrappeso, legati all’irrompere del consumo e dell’abbondanza dopo sei anni di guerra e di privazioni. Fu in quell’epoca che nacque la medicina nutrizionale, e i medici che la concepirono non avevano nessun riferimento, nessuna esperienza concreta, cosicché, tanto per darsi conferme e nel tentativo di imporsi, vollero farne non solo una vera scienza, ma una scienza dura, che prendeva come riferimento la fisica e la chimica, allora trionfanti. Ecco quali furono le origini della famosa «equazione energetica del sovrappeso», che applicava all’uomo il modello della macchina, nonché le leggi della termodinamica. Tale equazione affermava che ingrassare significa immettere nel corpo più calorie di quelle che si consumano. Apparentemente inattaccabile, in quanto matematicamente ineccepibile, si trattava di un metodo grandioso per sfondare porte aperte. Secondo le logiche conseguenze di questa teoria, occorreva mangiare meno, continuando a mangiare di tutto. Ne scaturirono cinque regimi, uno basato su un apporto di 1.800 calorie per una persona che si calcolava ne consumasse 2.000; un secondo con un limite di 1.500 calorie, un terzo con un limite di 1.200, per scendere poi a 900, e persino a 600, nei casi più resistenti. Una tale teoria, che equipara l’uomo a una macchina, può essere considerata accettabile per un
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neonato che non può mangiare altro che quello che sua madre gli mette in bocca, o per un detenuto la cui alimentazione è gestita unicamente dai carcerieri, o ancora per un animale da laboratorio, chiuso in una gabbia e alimentato meccanicamente. Questi soggetti sono obbligati ad accettare il numero di calorie prefissate e fornite da chi prende le decisioni al loro posto; quindi, se consumano più calorie di quelle che ricevono, dimagriranno. Ma passando al caso di un uomo o una donna che sono liberi di alimentarsi come preferiscono, e che presumibilmente mangeranno per compensare lo stress, l’insoddisfazione o la mancanza di realizzazione nella vita, chi può garantire che accetteranno di attenersi al quantitativo totale di calorie che è stato loro raccomandato? Prestar fede alla teoria del ridotto apporto calorico significa immaginare che l’uomo reagirà con la stessa docilità di una macchina, o di un computer. Significa dimenticare che quella stessa persona è un essere vivente in carne e ossa, che vive una dimensione emotiva e affettiva e che, nel caso di emozioni stridenti, metterà immediatamente in secondo piano il conteggio delle calorie. Dobbiamo considerare che da un lato calcolare il quantitativo calorico di ciò che mangiamo non è affatto semplice, e che dall’altro è ancor meno semplice dover limitare le quantità così da poter mangiare un po’ di tutto. Chi riesce ad accontentarsi di un quadratino di cioccolato? Una delle mie pazienti mi spiegava che, una volta aperta una tavoletta, era come se quella dannata cioccolata continuasse a chiamarla finché non l’aveva finita. Tutti gli animali superiori, e in particolar modo i mammiferi – categoria di cui facciamo parte – non sono programmati per poter smettere di mangiare quando lo desiderano. Quella del ridotto apporto calorico è una teoria meramente termodinamica, costruita su basi inconsistenti, e che ha potuto essere mantenuta artificialmente in funzione fin tanto che la popolazione mondiale in sovrappeso restava limitata. Ma a partire dagli anni Novanta dello scorso secolo, il numero delle persone in sovrappeso si è bruscamente innalzato, e il monopolio imposto dal calcolo delle calorie ha lasciato campo libero a questa espansione, procurando un danno considerevole alla lotta contro il sovrappeso. Dal 1950 il regime delle calorie, modello nutrizionale accademico, ha continuato a regnare come un signore implacabile e geloso custode della propria autorità. Di conseguenza, ha sbarrato la strada a qualsiasi forma di evoluzione o d’innovazione. Imporre una terapia ufficiale poco efficace, e una linea di difesa di cui l’invasore può farsi facilmente beffe, significa lasciar prosperare la malattia, permetterle di concretizzarsi lentamente fino a giungere allo stadio delle patologie, e cioè consentire che grassi e obesi affondino nella palude dei problemi cardiovascolari, del diabete, dell’ipertensione, prendendosi il rischio di vedere un obeso diabetico e iperteso che finisce per morire a causa del sovrappeso. Tutto ciò ha una definizione legale ben precisa: «omissione di soccorso». Nel momento in cui scrivo ho avuto la fortuna inaudita di proporre un metodo che una comunità internazionale di 13 milioni di lettori ha adottato con entusiasmo, alimentandone la diffusione. In questo nostro mondo individualista e poco solidale, un tale raggruppamento di individui disinteressati e volenterosi merita rispetto, e non può essere frutto del caso. Milioni di persone, che si sono sentite per lungo tempo spaventate e impotenti, hanno finalmente trovato una via d’uscita, se ne sono appropriate e non vogliono esserne private. Li fronteggia un gruppo di inflessibili fautori del vecchio dogma, che difendono il loro territorio, consentendo che il sovrappeso continui a mietere le sue vittime. Questi oppositori sono medici o scienziati. Sono stati plasmati in modo da saper leggere le statistiche, e di fronte al fallimento di un metodo, dovrebbero trarne le conseguenze. Ci sono inoltre nutrizionisti che ricevono i pazienti in cerca di aiuto, e constatano, o vogliono constatare, di non poter far niente, finendo persino per scrivere dei libri che spiegano che i regimi non funzionano. Peraltro, sono stati i primi ad assistere al consolidarsi progressivo del mio metodo, e alla sua crescita inarrestabile degli ultimi 10 anni. Non possono occultare lo slancio suscitato da tale metodo nei pazienti, e come mi hanno detto in privato, sanno per giunta che si tratta con ogni probabilità di uno dei
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più naturali che esistano, sia riguardo agli alimenti autorizzati sia per quanto concerne i comportamenti che induce. I sostenitori del non-regime A questo punto, sempre analizzando l’attuale stato della lotta contro il sovrappeso, vorrei parlarvi di una corrente di pensiero originale, sorprendente e provocatoria, che propone nientemeno di lottare contro il sovrappeso rinunciando a qualsiasi forma di dieta. È una teoria di origine anglosassone, che è stata adottata in Francia da alcuni praticanti prossimi alla psichiatria, e particolarmente alla psicanalisi. Tale movimento, che si presenta come inoffensivo e alternativo, è estremamente distruttivo, giacché accetta tacitamente l’evoluzione della specie umana verso una tipologia grassa. Significa rispondere al problema del sovrappeso con la pura e semplice rassegnazione, abbassando le braccia di fronte al nemico, offrendogli le chiavi del fortino assediato; è un movimento che ha il merito della franchezza e della chiarezza ma che, se non fosse rivolto a un pubblico ancora assai ristretto, potrebbe arrecare gravissimi danni alla lotta contro il sovrappeso. In Francia, i suoi membri sono rappresentati da un’associazione denominata GROS, acronimo di Gruppo di Riflessione sull’Obesità e il Sovrappeso. Alla sua guida ci sono il dottor Apfeldorfer, psichiatra, e il dottor Zermati, medico sportivo d’orientamento psicologico. Le idee sostenute da questa associazione non sono peraltro una novità, giacché sono state coniate negli Stati Uniti, sull’onda del freudismo, vale a dire nello stesso Paese in cui il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, non appena sbarcato a New York, e a fronte dell’accoglienza trionfale a lui riservata, ebbe a dire in confidenza: «Se solo sapessero che gli porto la peste!» Un secolo dopo, le sue previsioni si sono dimostrate valide. Che cosa affermano, fondamentalmente, i GROS? Secondo i fondatori, sovrappeso e obesità sarebbero causati proprio dal ricorso alle diete. Si ingrasserebbe cioè perché, dopo aver seguito un regime e aver ripreso peso con tanto di «sovrappiù», si procederebbe progressivamente fino all’obesità. Dal canto suo, il dottor Zermati si definisce allergico persino al termine stesso «dieta», insiste sul fatto che «i regimi alimentari non funzionano» e per dimostrarlo fa ricorso alle statistiche, secondo cui il 95% delle persone che hanno seguito una dieta e sono dimagrite hanno poi ripreso i chili perduti. Entrambi questi medici ritengono che qualsiasi regime, soprattutto se rigido ed efficace, rappresenti un trauma capace di generare gravi disturbi del comportamento alimentare. Il dottor Apfeldorfer è psichiatra e nutrizionista, ed è abituato a ricevere pazienti che soffrono di disturbi del comportamento alimentare di carattere psichiatrico, e che fin dall’adolescenza, se non addirittura dall’infanzia, manifestano anoressia e bulimia. Forte dell’esperienza di queste patologie ben specifiche, rivolge all’attuale fenomeno del sovrappeso uno sguardo disperato. Così facendo, non fa altro che scambiare le particolari patologie di cui si occupa con il quadro generale. Di certo in Francia sono presenti numerosissimi casi di disturbi del comportamento alimentare, persone che patiscono grandi sofferenze e sono estremamente vulnerabili, per le quali una dieta, e ancor più una dieta restrittiva, non rappresenterebbe in alcun modo una soluzione; tali problematiche rientrano infatti nel campo della psicoterapia e della terapia degli stati umorali. Ma di certo non possiamo dire che in Francia ci siano 20 milioni di persone afflitte da questo genere di disturbi! Saranno al massimo qualche centinaio, o qualche migliaio. I portavoce del GROS non tengono conto di tale profonda differenza, e fanno indiscriminatamente lo stesso discorso a tutte le persone in sovrappeso. E cosa suggeriscono quindi ai 20 milioni di francesi in sovrappeso oppure obesi? Innanzitutto di accettare la loro condizione, e volendo cambiarla, d’affrontare l’obesità con un proposito che ha più a che vedere con la magia che con la realtà: il ritorno alle sensazioni e ai comportamenti alimentari dell’uomo primitivo. «Dimenticate le diete, e concentratevi sulle sensazioni procurate dalla fame: mangiate soltanto in presenza di tale segnale, e smettete una volta sopraggiunta la
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sazietà.» In pratica, dovremmo nutrirci sulla base della freschezza dei riflessi degli uomini primitivi, che erano ben integrati nella Natura. Insomma, signori Zermati e Apfeldorfer, in che mondo vivete? Non vi siete resi conto che queste sensazioni e messaggi arcaici del corpo non fanno più parte di questo mondo? Nel corso della mia lunga esperienza medica, penso di avere incontrato decine di migliaia di persone in sovrappeso, uomini e donne ingrassati a causa della loro relazione con l’alimento, del modo in cui si servono del potere e delle caratteristiche sensoriali dei cibi, così da adattarsi alle avversità della vita, in qualsiasi forma si manifestino. Ma non ho mai incontrato nessuno che avesse conservato traccia di quei meccanismi arcaici a cui fate riferimento, che aspettasse il segnale della fame prima di cominciare a mangiare e smettesse non appena sazio. Tutto ciò esisteva quando l’uomo viveva in una cornice naturale, circondato da proteine su quattro zampe, ancora vive e vegete, in grado di difendersi e di correre, e da vegetali che altri animali (in particolare gli uccelli) sapevano cogliere meglio di lui. Tutto quel magnifico equilibrio andò in pezzi a cominciare da circa 10.000 anni fa, con i primi allevatori e agricoltori, e successivamente con il progressivo avvento dell’abbondanza, e le recenti metamorfosi scaturite da tale evoluzione: consumismo, pubblicità, istigazione al consumo. Viviamo in un mondo in cui l’istinto è battuto in breccia. Ho dei colleghi ostetrici che mi raccontano preoccupati di un gran numero di madri che non sanno nemmeno più tenere il loro neonato tra le braccia. E poi, oggi come oggi, chi mangia perché ha fame? Nei Paesi ricchi, quando s’ingrassa, è molto più facile che ci si nutra in abbondanza per tranquillizzarsi e mitigare la sofferenza, non per vera fame, e una volta cominciato ci si ferma solo quando si è trovata la calma, il che può richiedere un bel po’ di tempo. Signori, ascoltate piuttosto le testimonianze di chi si alza la notte e prima di rimettersi a letto fruga nel frigorifero! In due diverse occasioni mi sono trovato nello stesso studio televisivo in cui erano ospiti il dottor Zermati e il dottor Apfeldorfer, e immancabilmente li ho sentiti dire al pubblico che le persone in sovrappeso non solo potevano, ma dovevano mangiare cioccolato, o qualsiasi altro dolce o cibo di cui avessero voglia, tutte le volte che ne avevano voglia. Le loro istruzioni hanno per lo meno il merito di essere chiare: non bisogna privarsi di niente, perché la privazione è «tossica, frustrante e controproducente». E per teorizzare la loro posizione, costoro si servono di un termine concettuale che significa tutto e niente: la Restrizione Cognitiva. Per farla breve, implica che chiunque non si fidi soltanto dei propri istinti e della saggezza innata del corpo, e cominci a ispezionare le etichette degli alimenti e a lasciarsi influenzare dalle informazioni nutrizionali messe a disposizione dalla scienza, si «castra» volontariamente e coscientemente, in modo «cognitivo». In sostanza, rivolgere consapevolmente, intellettualmente e volontariamente il proprio pensiero all’alimentazione perturberebbe i nostri comportamenti innati di mammiferi, finendo per farci ingrassare. Ricevo pazienti in sovrappeso da quarant’anni, e credo di aver compreso la psicologia legata alle loro problematiche alimentari. Viviamo tutti immersi in un mondo forgiato dalla sua matrice economica. Certo, questo nuovo stile di vita è ricco, stimolante, porta agli estremi la velocità e il funzionamento delle decine di miliardi di neuroni in nostro possesso, ma tutto ciò ha un prezzo, e il prezzo che paghiamo sono le soddisfazioni fondamentali, profonde e naturali, che barattiamo con soddisfazioni superficiali, effimere e di mera origine consumistica. Trascuriamo le modalità più semplici e naturali attraverso cui l’uomo può realizzarsi, per ingozzarci di cose insignificanti. Non dobbiamo dimenticare che in noi esistono connessioni programmate per l’ottenimento del piacere, comportamenti iscritti nel nostro patrimonio genetico e volti a procurarci la gioia e la voglia di vivere. Quando le fonti principali di contentezza e felicità vengono a mancare, s’instaura una sete di soddisfazione in tutto e per tutto simile alla sete ordinaria, ovvero un bisogno naturale che si serve delle procedure biologiche di emergenza così da essere colmato in qualsiasi forma possibile. È in tali condizioni
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che l’alimento si trasforma in un valore-rifugio elementare, poco costoso, concreto, e che attraverso la lunga evoluzione della vita e delle specie si è caricato del più intenso potere gratificante conosciuto. Ecco come si può spiegare perché in Francia un adulto su due sia in sovrappeso, mentre negli Stati Uniti (Paese in cui il modello economico è più selvaggio, e i consumi e la pubblicità più efficaci) il rapporto arrivi addirittura a due adulti su tre. Giunti a questo punto, dobbiamo davvero metterci a disfare e rifare il mondo? O ancora accettare la sofferenza del sovrappeso e la deriva verso una mutazione culturale che trasformerà la specie umana in specie adiposa? Un giorno, una delle mie pazienti mi ha detto: «Dottore, sono vedova, in pensione, e i miei figli vivono lontano; la sera, quando torno a casa, mi sento sola ed è come se avessi freddo. Allora mi siedo a tavola e mangio, mangio finché quel freddo non si attenua, finché non sento la mia vita riscaldarsi un po’, e soltanto allora posso andare a dormire con la sensazione di aver avuto la mia razione di felicità. Dottore, se lei entra in una stanza fredda, immagino che si diriga d’istinto verso un radiatore; ebbene, è la stessa cosa che faccio io quando non mi sento sufficientemente felice, e sono sicura di non essere l’unica a reagire in questo modo». In conclusione, chiedo un momento di riflessione obiettiva a chiunque partecipi alla lotta contro il sovrappeso, sia che appartenga all’establishment conservatore, con il suo oltraggioso e inumano calcolo delle calorie, sia che tragga ispirazione da una qualche teoria psicologica. Ho avuto la fortuna di poter provocare una scintilla, grazie a cui mi sono trovato circondato da molta speranza. Vi propongo di unirvi ai miei sforzi, ho bisogno di tutti voi! In fondo, che cosa rappresentano i 13 milioni di persone che si sono raggruppati attorno al mio polo di opposizione, quando nel mondo ci sono ancora 1 miliardo e 300 milioni di individui che potrebbero entrare a far parte di questo circolo virtuoso? Nel 2011 il mio metodo sarà pubblicato negli Stati Uniti, in Cina, in Russia, nel mondo arabo e infine anche in Brasile. In ognuno di questi Paesi entrerà in funzione un sito Internet, in tutto e per tutto simile a quello già operante in Inghilterra e in tutti i Paesi anglofoni, nonché in Spagna, in Italia e in America Latina. È evidente che non ci sono abbastanza nutrizionisti per far fronte all’epidemia di sovrappeso che sta dilagando nel mondo. Internet e un coaching personalizzato, quotidiano e interattivo sono gli strumenti che devono diventare il futuro di questa lotta. Non mi rassegnerò mai ad accettare un’umanità di «grassi», perché non si tratterebbe di un progresso, ma di un segno di decadenza. Non è necessario mettersi a contare le calorie, né screditare i regimi alimentari e affidarsi a un’autoregolamentazione fisiologica ormai scomparsa. Dobbiamo batterci e convincere i nostri pazienti in sovrappeso ad accettare una nuova stampella, ad abbandonare la trasformazione dell’alimento in tranquillante, così da trovare il vero rimedio al deperimento del piacere e della soddisfazione personale. Propongo a tutti i miei lettori e a tutti i miei pazienti, ovunque siano, di realizzarsi in un progetto di vita, sicuramente difficile, ma che contribuirà a far ritrovare loro identità, bellezza, potenziale di seduzione, benessere, leggerezza, salute, fiducia in sé e autostima. Si tratta di un bel po’ di fattori rari e preziosi, grazie a cui potranno finalmente realizzarsi, invece di sprofondare nella palude dolorosa del sovrappeso. La posizione della politica e delle amministrazioni sanitarie di fronte al sovrappeso Negli ultimi dieci anni, in tutti i grandi Paesi del mondo il problema del sovrappeso ha assunto le dimensioni di un’epidemia, con costi ormai insostenibili a livello sia umano sia economico. Ovunque i politici, alla ricerca di un’economia di gestione e dell’interesse pubblico, stanno affrontando la questione per comprendere l’emergenza e reagire. Non essendo medici né esperti in questo campo, incaricano le proprie amministrazioni di istruirli in merito; le amministrazioni, a loro volta, nominano degli esperti, che vengono scelti all’interno dell’establishment tra le fila degli inflessibili sostenitori dell’equilibrio e dei regimi a ridotto contenuto calorico. Ciò fa nascere un conflitto di interessi che impedisce loro di avere una
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visione imparziale del problema. Da sessant’anni, infatti, questi esperti difendono invariabilmente le stesse conclusioni a tutela dello status quo e, nonostante l’enormità del problema, continuano a prendere le parti dell’equilibrio e del pacifismo davanti a un nemico che uccide più della strada e del tabacco messi insieme. Quando si decide di imbracciare le armi per combattere una piaga tanto manifesta come quella del sovrappeso e dell’obesità, è bene sapere che non si potranno mai escludere tutti i rischi o gli inconvenienti, ma occorre misurare tali rischi in relazione ai benefici attesi. Non dimentichiamolo: si stima che 50.000 casi di morte siano direttamente legati al sovrappeso!
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Indice delle ricette LE SALSE Salsa alle erbe aromatiche Salsa al pomodoro Salsa al rafano Salsa bernese dietetica Salsa besciamella Salsa bianca Salsa del cacciatore Salsa divina Salsa gribiche Salsa maionese Maionese classica con olio di vaselina Maionese senza olio Maionese verde Salsa olandese Salsa ravigotta Salsa tartara al formaggio fresco magro Salsa verde Salsa vinaigrette Vinaigrette con brodo vegetale Vinaigrette con olio di vaselina LE CARNI Arrosto di manzo Arrosto di manzo macinato (10-12 fette) Avanzi freddi di manzo Bistecca al pepe Bollito di manzo Cassetta di vitello Costata di vitello in padella Fegato di vitello in padella all’aceto di vino Hamburger alla tartara Lingua di manzo in salsa ravigotta Scaloppina di vitello Scaloppina di vitello ai funghi Spezzatino di vitello Spiedini di cuore e rognone Spiedini di filetto di manzo Vitello all’indivia IL POLLAME E IL CONIGLIO Bollito della fattoria Coniglio alla senape Coniglio con cipolle e pomodori Pollo ai funghi Pollo al dragoncello Pollo alla Marengo Soufflé di pollo Terrina di pollo al dragoncello IL PESCE
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Insalata dei re del mare Nasello in conchiglia Nasello in salsa bianca Orata alla griglia Orata reale Pâté di pescatrice Salmone al cartoccio Salmone alla tartara Salmone crudo alla giapponese Salmone crudo marinato Salmone grigliato da una sola parte Sogliola al naturale cotta al vapore I FRUTTI DI MARE: CONCHIGLIE E CROSTACEI Capesante gratinate Cassetta di granchio Cozze alla marinara Granchio farcito Piatto di frutti di mare Scampi con maionese Tortini di cozze LE UOVA Aspic di uova al prosciutto in gelatina Crema al caffè Flan di uova Isola galleggiante Latte di gallina Uovo alla coque o bazzotto Uova ripiene di gamberetti Uova strapazzate GLI ORTAGGI Asparagi con salsa mousseline Cavolfiore in salsa bianca Cavolo farcito Cetrioli caldi e freddi Champignon ripieni Crema vellutata di zucchine Fagiolini verdi Finocchio Fricassea di champignon Indivia al prosciutto Indivia brasata Indivia gratinata Indivia in insalata Insalata mista Minestra di zucca Minestra miracolosa Pomodori con ricotta e basilico Soufflé di cavolfiore Spinaci in salsa bianca
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