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Italian Pages 553 Year 2006
Piano
dell'opera:
STORIA D'ITALIA Voi. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Voi. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Voi. I l i 1600-1789 STORIA D'ITALIA Voi. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Voi. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Voi. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Voi. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Voi. V i l i 1936-1943 STORIA D'ITALIA Voi. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Voi. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Voi. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Voi. XII 1993-1997
MONTANELLI
CERVI
STORIA D'ITALIA 1993 1997 INDRO MONTANELLI i MARIO CERVI
L'ITALIA DI BERLUSCONI Dal1993 al1995
INDRO MONTANELLI
MARIO CERVI
L'ITALIA DELL'ULIVO Dal T995 a! 1997
STORIA D'ITALIA Voi. X I I EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli - Mario Cervi
LItalia di Berlusconi © 1995 R.C.S. Rizzoli Libri & Grandi Opere S.p.A., Milano © 2001 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Mario Cervi
l'Atalia dell'Ulivo © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.l., Milano
Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Direttore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948
Tutti i diritti di copyright sono riservati
L
a bufera di Tangentopoli spazzò vìa un sistema politico che sembrava eterno. Chi avrebbe mai pensato che la DC si dissolvesse in piccole formazioni? Che il PCI riuscisse a sopravvivere a prezzo di una scissione e cambiando nome ? E che dire di PSI, di PSDI, di PRI e di PLI? Tutti volevano che le cose cambiassero: dovevano finire i tempi del compromesso, del trasformismo, dei mille accomodamenti e degli accordi sottobanco. Il Palazzo era alle corde, un'intera classe politica era delegittimata, il Paese reclamava a gran voce il «nuovo», pur non sapendo bene cosa potesse essere. In questo clima arroventato, il governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi rassegnò le dimissioni il 13 gennaio 1994 e tre giorni dopo il Presidente Oscar Luigi Scalfaro sciolse le Camere: si andava al voto con il «maggioritario», sebbene riveduto e corretto all'italiana. E proprio allora maturò quel clima di violenta intolleranza che ancora oggi fa del nostro sistema politico un bipolarismo imperfetto: il centrosinistra era sicuro di vincere, ma non aveva fatto i conti con Berlusconi che, dopo aver già sdoganato la destra di Fini, stabilì un alleanza con la Lega di Bossi e con il CCD formato da ex democristiani. Fin dall'inizio della campagna elettorale nessuno dei due schieramenti legittimò l'altro: la dialettica politica si ridusse ai soli insulti. Inoltre, i due poli erano profondamente divisi al loro interno. Il 27 e il 28 marzo si votò; vinse Berlusconi, che formò un governo che durò soltanto fino al 22 dicembre, quando Bossi abbandonò la maggioranza. Il centrodestra voleva tornare subito alle urne, ma Scalfaro affidò a Lamberto Dìni, già ministro del Tesoro di Berlusconi, il compito di formare un governo di «tecnici» che rimase in carica sino all'11 gennaio 1996. Nel frattempo Romano Prodi aveva assunto la guida del centrosinistra raccogliendolo sotto l'insegna dell'Ulivo. Si votò il 21 aprile e «il professore» bolognese
vinse, ben presto amareggiato dall'azione politica di Fausto Bertinotti - leader di Rifondazione comunista - che, il 9 ottobre, provocò la crisi del Governo Prodi. E qui s'interrompe questa «Storia d'Italia», perché, come scrisse Montanelli salutando i suoi lettori, «il congedo l'ho preso negli ultimi tempi dalla stessa Italia, un Paese che non mi appartiene più e a cui sento di non più appartenere». Quel che segue è ormai cronaca.
INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più g r a n d e giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fondatore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tornato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), L'Italia del Novecento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), Lltalia del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). MARIO CERVI è nato a C r e m a (Cremona) nel 1921. Laureato in legge, ufficiale di fanteria d u r a n t e il secondo conflitto mondiale, per molti anni è stato inviato speciale del «Corriere della Sera», articolista e inviato del «Giornale» e della «Voce». E stato d i r e t t o r e del «Giornale» dal 1997 al 2001. Tra le sue opere ricordiamo Storia della guerra di Grecia (1965; ed. BUR 2001), Mussolini - Album di una vita (Rizzoli 1992), / vent'anni del «Giornale» di Montanelli (con Gian Galeazzo Biazzi Vergani, Rizzoli 1994).
Indro Montanelli - Mario Cervi
L'ITALIA DI BERLUSCONI (1993-1995)
AVVERTENZA
Ed eccoci giunti, Cervi ed io, al capolinea della nostra Storia dell'Italia c o n t e m p o r a n e a . E non aggiungo un «finalmente!» per non macchiarmi d'ipocrisia. Questo lavoro ci è costato molta fatica perché più un panorama storico è ravvicinato nel tempo, e più è difficile distinguerne le linee maestre da quelle marginali che rischiano sempre di renderne dispersiva, la ricostruzione. Però la fatica ci è stata largamente compensata dal piacere di raccontare cose ed avvenimenti non derivati da testimonianze altrui, ma da noi stessi vissuti nella nostra qualità di cronisti. Sia Cervi che io possiamo avanzare qualche titolo alla credibilità perché né io né lui abbiamo militato, dalla Liberazione in poi, sotto qualche bandiera partitica. Questo non ha impedito né a lui né a me di avere le nostre idee politiche, genericamente liberali, e quindi sempre in contrasto con quelle dominanti, che per tre decenni sono state, specie nei ranghi della cosiddetta Intellighenzia, quelle di una Sinistra aggressiva e intollerante, ed ora lo sono di una Destra altrettanto aggressiva e intollerante. E quindi facile prevedere che i nostri libri, e specialmente quest'ultimo, siano poco apprezzati sia dall'una che dall'altra. Non ci dispiace. Anzi ce l'auguriamo: sarebbe la riprova della nostra imparzialità. Per non incrinarla, abbiamo omesso, nel presente volume, il capitolo che personalmente ci riguardava: il nostro distacco dal giornale da noi fondato - il Giornale -, quando l'editore Berlusconi, avendo deciso di entrare in politica, pretese di farne - com'era suo diritto, ma non nostro dovere - un organo del suo movimento. Sebbene questo episodio contribuisca a connotare Berlusconi, che di questo libro è un po' il protagonista, noi abbiamo preferito ignorar5
lo perché la parte lesa è sempre la meno qualificata a rendere testimonianza. Diamo un addio al lettore di queste nostre sinossi storiche con la coscienza di averlo servito onestamente. Se poi fossimo riusciti anche ad appassionamelo, od almeno ad interessacelo, ce ne sentiremmo più gratificati di lui. I. M.
CAPITOLO PRIMO
«IO N O N C I STO»
N e l l ' a u t u n n o del 1993, m e n t r e il pool di «mani pulite» continuava a l a v o r a r e di lena p e r scovare p r o t a g o n i s t i e c o m p r i m a r i della g r a n d e abbuffata t a n g e n t i z i a , i l g o v e r n o d i Carlo Azeglio C i a m p i si avvicinava al capolinea. I professori c h e l'ex g o v e r n a t o r e della Banca d'Italia aveva assemblato p e r t r a g h e t t a r e l'Italia dalla Prima alla Seconda Repubblica n o n avevano d e m e r i t a t o . I n realtà tutti professori n o n eran o , i ministri di Ciampi. Diversamente da quello che sarebbe stato g u i d a t o da L a m b e r t o Dini - la tecnocrazia bancaria ha avuto un r u o l o di p r i m o p i a n o nelle recenti vicende politiche italiane - e c h e a v r e b b e a v u t o un c a r a t t e r e esclusivam e n t e tecnico-burocratico, il g o v e r n o di Ciampi era u n a miscela tecnico-politica. Da Giuliano Amato, che l'aveva preced u t o a Palazzo Chigi e che aveva d a t o senza d u b b i o un imp u l s o decisivo al c a m b i a m e n t o di m e n t a l i t à nei palazzi r o m a n i , Ciampi aveva ereditato alcuni sopravvissuti della vecchia dirigenza: a cominciare dai democristiani doc G a e t a n o M a n c i n o e Rosa Russo J e r v o l i n o , dai socialisti Fabio Fabbri e G i n o G i u g n i , dal liberale Raffaele Costa. Lo stesso C a p o dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, veniva c o n s i d e r a t o - p e r l'anagrafe, p e r il t e m p e r a m e n t o , e p e r u n a concezione della vita pubblica che privilegiava la centralità del P a r l a m e n t o un fautore tiepido, o a d d i r i t t u r a un s u p e r v i s o r e r i l u t t a n t e della svolta. Ma, quali che fossero le r e s i d u e nostalgie e resistenze, la politica italiana e r a o r m a i proiettata verso il futuro. Il Paese aveva u n a n u o v a legge e l e t t o r a l e , c h e associava il sistema maggioritario - con il quale sarebbe stato espresso il 75 p e r 7
cento dei p a r l a m e n t a r i - al p r o p o r z i o n a l e , valido p e r il r e stante 25 p e r cento. C a m e r a e Senato c o n t i n u a v a n o a lavor a r e , forse lavoravano c o n u n a assiduità mai conosciuta in passato: nello sforzo disperato e vano di scrollarsi di dosso il fango della c o r r u z i o n e e di n o n essere considerati - n o n o stante i c e n t o c i n q u a n t a inquisiti di Montecitorio e di Palazzo M a d a m a - d e l e g i t t i m a t i senza s p e r a n z a di riscatto. Ma l'opinione pubblica aveva p r o n u n c i a t o il suo verdetto, e n o n e r a disposta a cambiarlo: t a n t o che, q u a n d o il 23 settembre 1993 la C a m e r a n e g ò , in un soprassalto di egoismo c o r p o rativo, l'arresto dell'ex m i n i s t r o della Sanità Francesco De L o r e n z o - che la m a g i s t r a t u r a indicava c o m e u n o dei p i ù avidi e i m p u d e n t i tangentocrati, e che p u r t r o p p o aveva occ u p a t o la sua p o l t r o n a perfino nel g o v e r n o A m a t o - Scalfaro fu costretto a e s p r i m e r e p u b b l i c a m e n t e la sua i n d i g n a zione: r i v e l a n d o che d o p o quella decisione a r r o g a n t e - in tutto e p e r tutto d e g n a dell'altra che aveva n e g a t o l'autorizzazione a p r o c e d e r e c o n t r o Craxi, e che aveva a m p u t a t o di q u a t t r o m i n i s t r i , t r e p r o g r e s s i s t i e un v e r d e , l'equipe di C i a m p i subito d o p o il g i u r a m e n t o al Q u i r i n a l e - e r a stato sul p u n t o di dimettersi: c o n s i d e r a n d o la decisione stessa come un intollerabile segno della «rottura fra la g e n t e e il Parl a m e n t o » . S'era a s t e n u t o d a l l ' a r r i v a r e a t a n t o solo p e r c h é n o n e r a n o stati c o m p l e t a t i - m a n c a n d o la definizione dei nuovi collegi - gli s t r u m e n t i indispensabili p e r i n d i r e senza i n d u g i o le elezioni. Alle quali e r a c o m u n q u e c h i a r o che si s a r e b b e al p i ù p r e s t o arrivati, n o n o s t a n t e l'opposizione di schieramenti i m p o r t a n t i . Il maggiore ed autentico spartiacque tra chi le elezioni le voleva presto e chi preferiva r i m a n d a r l e era r a p p r e s e n t a t o , c o m e s e m p r e avviene, dall'esito che p e r o g n i p a r t i t o si p r e a n n u n c i a v a . Ostili ad u n a prova molto ravvicinata e r a n o d u n q u e , et pour cause, gli a p p a r t e n e n t i al vecchio q u a d r i p a r tito, e in p r i m o luogo democristiani e socialisti, investiti con veemenza dalla bufera di Tangentopoli; favorevoli ad essa il P D S , la Lega, Rifondazione comunista. Il p r i m o lambito ma 8
ad
n o n investito dall'ondata di discredito che sulla partitocrazia italiana s'era abbattuta. La seconda in p i e n o , a n c h e se effim e r o , rigoglio. Infine Rifondazione incurante, anzi quasi luciferinamente orgogliosa della catastrofe che aveva spazzato via il c o m u n i s m o dall'Europa, o p p o n e v a la sua testarda coerenza a quelli che definiva i c e d i m e n t i del P D S , e così raccoglieva sotto le sue b a n d i e r e i p u r i e d u r i dell'ex pei. I risultati delle amministrative parziali di g i u g n o avevano in effetti p r e m i a t o la L e g a a Milano (sindaco F o r m e n t i ni), la sinistra a T o r i n o e a C a t a n i a (sindaci Castellani e Bianco): con il p a r a d o s s o d ' u n ballottaggio che, sia a Torino sia a Catania, aveva opposto i candidati della sinistra m o d e rata ai candidati sostenuti da Rifondazione. L'impressione e r a d u n q u e che, nello sfascio i m m a n e del c e n t r o , la m a g g i o r a n z a degli italiani g u a r d a s s e a sinistra: e che inoltre il Paese si stesse spaccando in blocchi c o n t r a p p o sti. U n ' i m p r e s s i o n e senza d u b b i o rafforzata dal sistema m a g g i o r i t a r i o a d u e t u r n i che vigeva nei g r a n d i c o m u n i , e c h e n e l ballottaggio c o s t r i n g e v a gli elettori a scegliere t r a d u e soli n o m i e tra d u e sole opzioni ideologiche: il che aveva p e r conseguenza la frantumazione degli elettori centristi, u n a p a r t e dei quali optava p e r la destra, u n ' a l t r a p e r la sinistra. O a d d i r i t t u r a - c o m e nei già citati casi di T o r i n o e di C a t a n i a - si t r o v a v a n o nella necessità di scegliere tra d u e u o m i n i e n t r a m b i di sinistra. Le indicazioni di g i u g n o v e n n e r o ribadite nel t a r d o aut u n n o , q u a n d o u n altro molto i m p o r t a n t e c a m p i o n e elettorale i m p e g n ò tra l'altro, p e r la n o m i n a dei sindaci, R o m a , N a p o l i , P a l e r m o , G e n o v a , Venezia, Trieste. I n n e s s u n a d i queste città - t r a n n e Venezia - la Lega poteva c o n t a r e su un consenso p a r a g o n a b i l e a quello che aveva in L o m b a r d i a : e in quella del centro-sud era inesistente. Ma a rimpiazzare la Lega sul versante di destra - dove tutti gli osservatori la collocavano, allora - c'era nell'Italia c e n t r o m e r i d i o n a l e il Mov i m e n t o sociale italiano: in r a p i d a crescita p e r a l m e n o d u e ragioni. La p r i m a e r a che, escluso d u r a n t e d e c e n n i dal p o 9
tere, n o n p o r t a v a - fosse m e r i t o suo o delle circostanze - il m a r c h i o della c o r r u z i o n e , c o n t r o la quale si e r a anzi battuto: v e d e n d o rintuzzate le sue d e n u n c e , nel n o m e dell'antifascismo, dai partiti del c o s i d d e t t o «arco costituzionale». La seconda e r a che, nello sfaldamento del c e n t r o e in particolare della D C , gli elettori si vedevano costretti, volenti o nolenti, a rafforzare le ali. Al n o r d i «moderati» p o t e v a n o accasarsi nella Lega: al s u d , q u a n d o veniva la r e s a dei conti, n o n r e s t a v a l o r o a l t r o c h e il rifugio missino, a n c h e se a m o l t i sgradito. Le a m m i n i s t r a t i v e d e l 21 n o v e m b r e e d e l 5 d i c e m b r e c o n f e r m a r o n o n e l s e g r e t a r i o del P D S Achille O c c h e t t o l a convinzione d'aver realizzato, con il c a m b i a m e n t o di n o m e del suo p a r t i t o e con la ribadita accettazione dell'economia di m e r c a t o e dei p r i n c i p i liberaldemocratici, u n a m a n o v r a trionfale. Gli uomini da lui designati avevano vinto a Roma, dove il Verde Francesco Rutelli se la vedeva con il segretario del M S I Gianfranco Fini; avevano vinto a Napoli, dove il funzionario di p a r t i t o A n t o n i o Bassolino aveva sconfitto la nip o t e del Duce Alessandra Mussolini; avevano vinto a G e n o va con il magistrato A d r i a n o Sansa, a Venezia con il filosofo Massimo Cacciari, a Trieste c o n l'industriale d e l caffè Ricc a r d o Illy. A P a l e r m o n o n c'era n e m m e n o stato b i s o g n o d'arrivare al ballottaggio, p e r c h é il leader della Rete, Leoluca O r l a n d o , aveva conquistato a valanga la m a g g i o r a n z a assoluta nel p r i m o t u r n o . Sembrava che u n a p a r t e cospicua del ceto m e d i o si fidass e o r m a i del P D S e dei suoi alleati. L a c a d u t a d e l m u r o d i Berlino aveva s o t t e r r a t o il c o m u n i s m o , ma p a r e v a p r o p r i o che Occhetto avesse b r i l l a n t e m e n t e p o r t a t o in salvo se stesso, il suo a p p a r a t o e b u o n a p a r t e delle sue t r u p p e . All'estremo o p p o s t o a n c h e Gianfranco Fini aveva eccellenti motivi p e r r a l l e g r a r s i . A R o m a aveva p e r s o il d u e l l o c o n Rutelli, ma il M S I s'era affermato c o m e il partito più forte. Lo stesso a N a p o l i . I t e m p i in cui il M S I , identificato con il neofascismo, ringhiava nella sua gabbia politica s e m b r a v a n o remoti, 10
gli appelli all'arco costituzionale anacronistici. Il centro, che aveva d o m i n a t o la vita politica italiana p e r quasi mezzo secolo, e r a in q u e l m o m e n t o p o c o p i ù che un fantasma, e le brave p e r s o n e m a n d a t e allo sbaraglio in suo n o m e a R o m a e a Napoli (l'ex prefetto C a r m e l o Caruso e lo scrittore Massimo C a p r a r a ) ne e r a n o uscite c o n le ossa r o t t e . Si capiva c h e la politica italiana, s m a r r i t o il g r a n d e c o n t e n i t o r e d e mocristiano, doveva t r o v a r e nuovi equilibri e n u o v i a p p r o di. Le a m m i n i s t r a t i v e avevano p e r s u a s o O c c h e t t o - ed e r a u n a persuasione ragionevole - c h e la m a g g i o r a n z a del futuro potesse essere di centrosinistra, ed avere la sua trave p o r tante nel PDS. Alle elezioni d u n q u e , e presto. Le ultime sortite dei p a r l a m e n t a r i a rischio p e r r i t a r d a r e l'appello alle u r n e ebbero c o m e c a m p o di battaglia l'approvazione della Finanziaria: c o m e al solito t o r m e n t a t a e contestata, p e r c h é e r a severa - e tuttavia p r o b a b i l m e n t e m e n o di q u a n t o sarebbe stato necessario - e i m p o n e v a tagli alle spese p e r 27 mila miliardi: con il solito n o d o delle pensioni, con la solita m i r i a d e d ' e m e n d a m e n t i (erano inizialmente 2500), con le solite ripercussioni negative delle l u n g a g g i n i p a r l a m e n t a r i sulle quotazioni della lira. Ma, sia p u r e a fatica, la Finanziaria fu c o n d o t t a in p o r t o e n t r o i t e m p i dovuti, ossia senza r i c o r r e r e all'esercizio provvisorio: e u n a p r o v v i d e n ziale discesa dei tassi d'interesse, internazionali e interni, ridusse di 7500 miliardi il loro o n e r e p e r il debito pubblico. Di altre d u e questioni i m p o r t a n t i il g o v e r n o C i a m p i d o vette occuparsi, a d e n t r a m b e d a n d o u n a soluzione a d e g u a ta o no che fosse. Anzitutto \a.par condicio: ossia le n o r m e che si voleva consentissero ad ogni c a n d i d a t o e ad ogni schieram e n t o di p a r t e c i p a r e alle elezioni in u n a s i t u a z i o n e il p i ù possibile vicina all'ideale e irraggiungibile eguaglianza. L'espressione par condicio (pari c o n d i z i o n e , in latino, ma è superfluo t r a d u r r e ) n o n e r a a n c o r a in voga: si parlava di disciplina delle c a m p a g n e elettorali, ma la sostanza r i m a n e v a la stessa. F u r o n o fissati con puntigliosità burocratica i t e m p i e i m o d i d'accesso alle televisioni nel mese p r e c e d e n t e l'ele11
zione. Le emittenti che avessero trasgredito le regole sarebb e r o state s o t t o p o s t e a p e s a n t i p e n e p e c u n i a r i e , e n e i casi p i ù gravi a n c h e alla r e v o c a della c o n c e s s i o n e . E r a i n o l t r e stabilito c h e u n c a n d i d a t o n o n p o t e s s e d e s t i n a r e alla sua c a m p a g n a elettorale u n a cifra s u p e r i o r e a cento milioni all'incirca, e potesse essere dichiarato d e c a d u t o se avesse oltrepassato il tetto. La legge aveva difetti evidenti. Anzitutto limitava le restrizioni ai t r e n t a giorni p r e c e d e n t i l'elezione, lasciando scoperto l'altro t e m p o che trascorresse da q u a n d o le C a m e r e e r a n o state sciolte. Inoltre minacciava m u l t e salate o la revoca della concessione alle emittenti indisciplinate, senza t e n e r c o n t o della possibilità, p e r le p i ù ricche, d'aff r o n t a r e senza b a t t e r ciglio le p e n e p e c u n i a r i e ; e senza ten e r conto del fatto c h e l'iter amministrativo p e r a p p r o d a r e alla revoca richiedeva a l c u n e settimane, e d u n q u e lasciava i n d e n n i le e m i t t e n t i fino alle elezioni e o l t r e . Ha rilevato Carlo C h i m e n t i - capo di gabinetto del ministro Paolo Barile nel g o v e r n o C i a m p i - che sarebbe bastato poco p e r r e n d e r e più efficace la legge: sarebbe cioè bastato r e n d e r e o p e r a n t e la par condicio d a l g i o r n o di s c i o g l i m e n t o d e l Parlamento, e ammettere interventi d'urgenza, con immediata disattivazione degli impianti, p e r le emittenti colte in fallo. La riforma d e l l ' i m m u n i t à p a r l a m e n t a r e - e siamo alla sec o n d a questione - r i s p o n d e v a a u n a richiesta p r e s s a n t e dei cittadini. L e p r o c e d u r e cui e r a s o t t o p o s t a o g n i iniziativa giudiziaria c h e r i g u a r d a s s e d e p u t a t i o s e n a t o r i , e l ' i m p u d e n z a con cui il P a r l a m e n t o aveva i m p e d i t o , e c o n t i n u a v a ad i m p e d i r e , che la legge facesse il suo corso, n o n e r a n o più tollerate. Se in passato aveva fatto da s c u d o alla p r e p o t e n z a dei sovrani, l ' i m m u n i t à p a r l a m e n t a r e e r a d i v e n t a t a il rifugio di lestofanti m a t r i c o l a t i : e s'è visto c o m e il P r e s i d e n t e Scalfaro avesse d e n u n c i a t o , c o n u n a e s t e r n a z i o n e c h e suscitò scalpore, l'uso p e r v e r s o che d e l l ' i m m u n i t à veniva fatto. Il d i s e g n o di legge che modificava l ' i m m u n i t à esigeva, t r a t t a n d o s i d i m a t e r i a costituzionale, u n a d o p p i a l e t t u r a p a r l a m e n t a r e : e fece la spola tra C a m e r a e Senato dall'apri12
le all'ottobre del 1993. La m o n t a g n a delle deliberazioni p a r torì, se n o n p r o p r i o un topolino, qualcosa che p e r le d i m e n sioni gli somigliava. Si stabilì che i magistrati potessero, senza c h i e d e r e autorizzazioni, p r o c e d e r e a perizie, all'ascolto di testimoni, a n c h e a l l ' i n t e r r o g a t o r i o d e l p a r l a m e n t a r e inquisito: m a che dovessero a n c o r a chiederla, l'autorizzazion e , p e r le perquisizioni o p e r le intercettazioni telefoniche e «ambientali»; il che dava all'intero p r o v v e d i m e n t o u n a conn o t a z i o n e g r o t t e s c a , p e r c h é u n ' i n t e r c e t t a z i o n e telefonica c h e sia d i p u b b l i c o d o m i n i o n o n h a p i ù r a g i o n e d ' e s s e r e . Arroccato a difesa dei suoi privilegi, il P a r l a m e n t o malfamato e in agonia reiterò il rifiuto o p p o s t o all'arresto di De Lor e n z o n e g a n d o le m a n e t t e a n c h e p e r il d e p u t a t o socialista n a p o l e t a n o Di D o n a t o . T u t t o questo fu r i t e n u t o - e in larga m i s u r a e r a - un p r o t e r v o tentativo di s o t t r a r r e i colpevoli eccellenti d e l l ' i m m a n e m a n g e r i a nazionale alle sanzioni che i c o m u n i cittadini d o v e v a n o invece subire. Poiché l'opinione pubblica è volubile, e influenzata dagli avvenimenti dell'ultima ora, sarebbe alcuni mesi d o p o avvenuto che De Lor e n z o fosse c o m p i a n t o - e gli i n q u i r e n t i accusati di disumanità - in q u a n t o lo si teneva in galera b e n c h é le sue traversie l'avessero fiaccato m o r a l m e n t e e, in m a n i e r a appariscente e patetica, fisicamente. P r o p r i o a Oscar Luigi Scalfaro, l ' u o m o c h e aveva senza t r e g u a affermato l a c e n t r a l i t à d e l P a r l a m e n t o m a c h e n e aveva o r a a d i s p o s i z i o n e u n o s v u o t a t o di p r e s t i g i o e c o n i mesi contati, spettava il c o m p i t o di colmare il vuoto i m m e n s o a p e r t o s i n e l l e istituzioni: a l m e n o d i c o l m a r l o i n p a r t e , p e r evitare che la m a g i s t r a t u r a , su cui gli italiani riversavano tutte le loro scarse riserve di rispetto e di civismo, Io occupasse p e r intero. S'era p e n s a t o che al picconatore Cossiga fosse succeduto, il 25 m a g g i o 1992, un C a p o dello Stato dallo stile notarile: ma s'era p e n s a t o a torto. Le circostanze tumultuose non tolleravano notai al Quirinale. La s u p r e m a carica della Repubblica aveva s e m p r e avuto - n o n foss'altro c h e p e r la stabilità e la d u r a t a - c o n t e n u t i di p o t e r e m o l t o 13
superiori al suo teorico r u o l o di garanzia e di r a p p r e s e n t a n za. Q u e i c o n t e n u t i f u r o n o , con Scalfaro, enfatizzati e i r r o bustiti dall'emergenza. Il taglianastri della satira politica diventava arbitro. Si deve s u p p o r r e che Scalfaro abbia affrontato questa sit u a z i o n e i n u n o stato d ' a n i m o l a c e r a t o . D a u n a p a r t e gli spiaceva senza d u b b i o che l'istituzione in cui aveva riposto il massimo della sua fiducia e delle sue speranze, il Parlamento, fosse nell'ultima incarnazione così mal ridotta. Da un'alt r a deve aver solleticato il suo orgoglio di notabile ossequiato ma s e m p r e t e n u t o un p o ' in disparte dai «cavalli di razza» democristiani l'idea di assolvere un compito storico: e di d o verlo assolvere p r o p r i o p e r c h é gli altri avevano fallito. Sottoposto a sollecitazioni d'ogni g e n e r e , n o n s e m p r e discrete, Scalfaro compiva miracoli d'equilibrismo p e r essere i m p a r ziale. Lodava il pool milanese di Borrelli e Di Pietro ma a m moniva la m a g i s t r a t u r a a n o n eccedere in m e t o d i inquisitori; deplorava con solenne s d e g n o le r u b e r i e dei politici susseguitisi sulla scena della P r i m a Repubblica, ma esortava a n o n fare d ' o g n i e r b a u n fascio. Gli veniva d a i p i ù r i c o n o sciuta u n a correttezza p e r s o n a l e che lo distingueva da t r o p pi suoi c o m p a g n i di partito. In tanti ringraziavano il cielo, e la M a d o n n a di cui Scalfaro era tanto devoto, p e r aver evitato all'Italia che salisse sul colle più alto un Forlani o un Andreotti - fu lì lì p e r accadere - e n t r a m b i incappati poi in seri incidenti giudiziari. P r o p r i o m e n t r e i l P r e s i d e n t e della R e p u b b l i c a p o n e v a d e l i c a t a m e n t e m a n o - in d u p l i c e f u n z i o n e di b e c c h i n o e d'ostetrico - alle p r o c e d u r e istituzionali che a v r e b b e r o seppellito la P r i m a R e p u b b l i c a e fatto n a s c e r e la S e c o n d a , un sasso cui q u a l c u n o volle d a r e le d i m e n s i o n i d ' u n m a c i g n o s'abbattè sulle vetrate del Quirinale. Q u e l sasso aveva n o m e S I S D E , la b r a n c a dei servizi segreti c h e si o c c u p a della sicurezza i n t e r n a . I servizi segreti h a n n o , n o n ne d u b i t i a m o , anche dei meriti segreti: ma nella vita palese della Repubblica h a n n o r a p p r e s e n t a t o u n a zavorra, o u n a c a n c r e n a , rimasta 14
tale attraverso i molti cambi di sigla e i molti avvicendamenti d'ufficiali e funzionari. La principale funzione dei servizi segreti è stata p e r d e c e n n i quella di legittimare, con i loro c o m p o r t a m e n t i , ogni voce di golpe: e di convalidare, con fug h e di d o c u m e n t i e «rivelazioni» di testimoni o p r e s u n t i tali, i sospetti sulle deviazioni dei servizi stessi, e sul loro coinvolg i m e n t o in m a n o v r e piduiste, stragi, attentati e q u a n t ' a l t r o di destabilizzante si p u ò i m m a g i n a r e . Q u a n d o v e n n e , tra la fine del '92 e gli inizi del ' 9 3 , l'ora della verità, si scoprì che alla base di q u e s t o feuilleton fantasioso n o n e r a n o né p u t schisti assatanati né abili emissari della C I A né infiltrati del K G B né killers spietati. E r a n o , in totale e perfetta sintonia con la realtà italiana, dei ladri. Il S I S D E - fermo r e s t a n d o che u n a p a r t e di coloro che vi lavoravano e vi lavorano sono i m m u ni da colpe - e r a un tipico e n t e italiano g r e m i t o di raccom a n d a t i e di mariuoli (per usare l'espressione con cui Craxi definì Mario Chiesa). N e s s u n o p u ò p r e t e n d e r e che i servizi segreti d o c u m e n t i n o alla lira, con p r e c i s i o n e contabile, le loro spese: destinate - a l m e n o d o v r e b b e r o esserlo - a n c h e a p a g a r e informatori. Ma le molte decine di miliardi «riservati», ossia svincolati da ogni r e n d i c o n t ò , di cui il S I S D E poteva d i s p o r r e , finivano i n larga p a r t e n o n nelle tasche degli i n f o r m a t o r i ma in quelle degli informati: ossia dei funzion a r i che al S I S D E facevano il bello e il cattivo t e m p o . Poiché questi funzionari n o n e r a n o egoisti e avevano b u o n c u o r e , e r o g a v a n o miliardi p e r a r r e d a r e - con il pretesto di provved e r e alla sicurezza - gli a p p a r t a m e n t i di personalità politiche. Q u e s t o m a r c i u m e era affiorato, abbastanza casualmente, q u a n d o u n magistrato r o m a n o che indagava sulle c o m p r a vendite immobiliari degli enti pubblici e sui loro risvolti tangentizi aveva scoperto conti correnti p e r 14 miliardi intestati a cinque funzionari del S I S D E : i quali s'erano giustificati spieg a n d o che le s o m m e a p p a r t e n e v a n o ai servizi, e che i loro n o m i r a p p r e s e n t a v a n o soltanto u n a c o p e r t u r a . Q u e s t o primo magistrato s'accontentò della spiegazione, p u r o r d i n a n 15
do che i 14 miliardi rientrassero nelle casse ufficiali dei servizi: spiegazione che invece n o n p a r v e c o n v i n c e n t e , q u a l c h e mese d o p o , al suo collega della P r o c u r a di R o m a L e o n a r d o Frisani. M e n t r e i n d a g a v a sul fallimento d ' u n a a g e n z i a d i viaggi, Frisani aveva scoperto che ne e r a n o p r o p r i e t a r i d u e dei cinque funzionari già sentiti p e r i conti in banca. Frisani o r d i n ò l'arresto dell'ex d i r e t t o r e a m m i n i s t r a t i v o d e l S I S D E , Maurizio Broccoletti, c h e fu seguito in c a r c e r e da A n t o n i o Galati, Michele Finocchi, G e r a r d o Di Pasquale e Rosa Maria Sorrentino. La tesi che i funzionari avevano da principio sostenuto, e che il direttore d e l , S I S D E , prefetto Riccardo Malpica, aveva avallato - ossia c h e i conti c o r r e n t i p e r s o n a l i d e i funzionari «coprissero» fondi riservati del S I S D E - aveva subito, c a m m i n facendo, modificazioni: qualche incriminato aveva a m m e s s o che quei quattrini e r a n o p r o p r i o suoi; ma n o n avevano origine illecita. E r a n o il frutto di regalie miliardarie che il S I S D E aveva elargito ai suoi più validi dirigenti e agenti, a c o m p e n s o d'operazioni eccezionali: operazioni al cui confronto quelle della C I A e del Mossad israeliano dovevano essere, se si b a d a all'entità dei compensi, roba da apprendisti. llaffaire S I S D E , b e n c h é molto grave, era rimasto nella sua fase iniziale in un a m b i t o b u r o c r a t i c o : da d o v e sconfinò c l a m o r o s a m e n t e n e l l ' a m b i t o politico q u a n d o Broccoletti - d a p p r i m a i n c a r c e r a t o , p o i rilasciato, e in un t e m p o successivo latitante fino a q u a n d o fu catturato nel rifugio dorato di M o n t e c a r l o - rese « s p o n t a n e a m e n t e » , a fine o t t o b r e del 1993, u n a dichiarazione. Lo 007 di m a n o lesta a m m i s e in sostanza che la tesi già da lui sostenuta secondo cui i miliardi rintracciati dalla m a g i s t r a t u r a a p p a r t e n e v a n o al S I S D E e r a stata predisposta in accordi «a livello di vertice»: il dirett o r e Malpica aveva cioè e l a b o r a t o quella v e r s i o n e d'intesa c o n il m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o Nicola M a n c i n o , il P r e s i d e n t e del Consiglio Giuliano Amato, il C a p o dello Stato Oscar Luigi Scalfaro. S a r e b b e stato p a t t u i t o che, restituite le s o m m e i n d e b i t a m e n t e percepite, la vicenda dovesse essere considerata chiusa. U n a classica combine di Palazzo aggravata da u n a 16
successiva rivelazione secondo cui, p e r antica c o n s u e t u d i n e , il S I S D E aveva p e r a n n i d e s t i n a t o u n c e n t i n a i o di milioni al m e s e al ministro d e l l ' I n t e r n o in carica, Scalfaro c o m p r e s o . C o n la sola eccezione di A m i n t o r e Fanfani: il che coinvolgeva nelle disinvolture dei servizi anche Gava e Scotti. Le accuse dei funzionari e r a n o , p e r q u a n t o r i g u a r d a v a le p r e s u n t e elargizioni ai politici, tutte da verificare: anzitutto p e r c h é venivano dagli imputati, ossia da fonti interessate ad aggiustare, p e r scopi difensivi, la verità; poi p e r c h é n o n e r a chiaro se i milioni ai ministri fossero stati dati p e r fini istituzionali - b i s o g n a p u r c o n c e d e r e al m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o d ' u n g r a n d e Paese q u a l c h e discrezionalità, s e m p r e c h e sia nell'interesse g e n e r a l e - o p e r altri, m e n o giustificabili fini. Ma p e r Scalfaro, che fondava la sua autorevolezza p r o p r i o sull'essere s e m p r e rimasto estraneo al fango della P r i m a Repubblica in g e n e r a l e , e a quello democristiano in particolare, quelle insinuazioni furono intollerabili. Gli schieramenti e i polemisti ostili avevano senza i n d u g i o p r e s o pretesto da queste accuse p e r c h i e d e r e r u m o r o s a m e n t e che la Giustizia agisse c o n t r o di lui, o a d d i r i t t u r a che egli desse le dimissioni. N o n p o t e v a n o bastargli le attestazioni di solidarietà e di fiducia che sùbito gli a r r i v a r o n o dai presidenti delle C a m e re Spadolini e Napolitano, da Ciampi, da p e r s o n a g g i del calibro di L e o Valiani e N o r b e r t o B o b b i o . Esigeva u n a p r o n u n c i a della m a g i s t r a t u r a che dissipasse le o m b r e , e lo fece s a p e r e il 29 o t t o b r e 1993 con d u e irate n o t e del Q u i r i n a l e . Nella p r i m a si diceva c h e «la p r e s i d e n z a della R e p u b b l i c a a t t e n d e fino a t a r d a sera u n a forte precisazione della magis t r a t u r a sulla vicenda». Nella s e c o n d a Scalfaro, visto che la forte precisazione e r a mancata, faceva s a p e r e tramite il suo ufficio s t a m p a d'essere vittima d ' u n tentativo di destabilizzazione delle istituzioni e ribadiva, c o n «assoluta serenità e consapevolezza», d ' a v e r e «col massimo scrupolo» applicato s e m p r e e soltanto la legge. Concludeva stigmatizzando «un ignobile sistema c h e a r r e c a g r a v e d a n n o alla civile convivenza e allo Stato democratico». 17
Il P r o c u r a t o r e capo di R o m a , Vittorio Mele, cui Scalfaro s'era appellato con tanta enfasi, m e d i t ò quasi ventiquattr'ore p r i m a di esprimersi: e n o n volle farlo senza aver ascoltato Riccardo Malpica. D o p o d i c h é dichiarò che «le circostanze riferite da u n funzionario del S I S D E r i g u a r d a n o u n periodo successivo a quello in cui il P r e s i d e n t e della Repubblica è stato m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o » e p e r t a n t o «è da e s c l u d e r e o g n i forma di coinvolgimento del p r e s i d e n t e nella gestione dei f o n d i riservati». «Si p r e c i s a inoltre» aveva p r o s e g u i t o Mele che in quel m o m e n t o n o n sapeva ancora, a l m e n o ufficialmente, dei cento milioni mensili versati, s e c o n d o il cassiere del S I S D E A n t o n i o Calati, ai ministri d e l l ' I n t e r n o «che l'attuale m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o Nicola M a n c i n o n o n risulta m e n z i o n a t o tra coloro che a v r e b b e r o utilizzato o consentito l'uso distorto dei fondi segreti del servizio». Ma ci sarebbe voluto un tono e un tempismo ben più risoluto da parte della P r o c u r a r o m a n a p e r a r g i n a r e la p i e n a di voci e indiscrezioni malevole. Galati aveva alluso all'amicizia t r a l'architetto Adolfo Salabè, cui il S I S D E aveva commissionato lavori d ' u n a certa entità, e la figlia del P r e s i d e n t e M a r i a n n a Scalfaro: di rincalzo arrivò, p r o p r i o in quella concitata fine d ' o t t o b r e , il s e t t i m a n a l e Epoca c o n u n a i s t a n t a n e a c h e rip r e n d e v a l ' a r c h i t e t t o i n s i e m e a M a r i a n n a Scalfaro, in via del B a b u i n o a R o m a . Di p e r sé sola la foto, r i g u a r d a n t e un i n n o c e n t e shopping di M a r i a n n a in c o m p a g n i a d ' u n amico, n o n aveva nulla di c o m p r o m e t t e n t e . Ma in un Paese intossicato dai sospetti e affamato di rivelazioni e di t o r b i d e connessioni le fu a t t r i b u i t o il valore d ' u n d o c u m e n t o , e d ' u n indizio. Uestablishment della Repubblica faceva q u a d r a t o a t t o r n o al C a p o dello Stato, ma i suoi avversari e r a n o scatenati. Se Occhetto manteneva un atteggiamento riservato - anche p e r c h é sapeva che u n a p r o c e d u r a d'impeachement c o n t r o il Presidente avrebbe provocato un l u n g o rinvio della scadenza elettorale - il M S I e la L e g a s p a r a v a n o sul Quirinale bordate di grosso calibro. Bossi, che le elezioni le voleva presto, 18
avvertiva che d o p o di esse Scalfaro doveva a n d a r s e n e , Fini chiedeva che, c o m e ex ministro d e l l ' I n t e r n o , Scalfaro fosse ascoltato dalla commissione p a r l a m e n t a r e p e r i servizi, Ferr a r a e Sgarbi t u o n a v a n o dai teleschermi della Fininvest. La giornata del 3 n o v e m b r e - q u a n d o Mele decise di t r a t t e n e r e in P r o c u r a i fascicoli del S I S D E e di n o n trasferirli al T r i b u n a le d e i m i n i s t r i - fu c o n v u l s a nelle sale e n e i c o r r i d o i della politica r o m a n a . Le agenzie di s t a m p a rovesciavano sul Quirinale e su Montecitorio - dove era in corso u n a votazione s c a m p o l i s e m p r e p i ù i n q u i e t a n t i delle confessioni - s t r u mentali e artefatte fin che si vuole, ma rese nelle d o v u t e forme - degli spioni. Q u e s t o t o r m e n t o e r a t r o p p o a n c h e p e r la s o p p o r t a z i o n e cristiana di Scalfaro, c h e p r e s e d o p o le 8 di sera, m e n t r e i notiziari televisivi di m a g g i o r e ascolto stavano p e r c o n c l u d e r s i , la d e c i s i o n e di r i v o l g e r e al Paese un messaggio trasmesso a reti unificate, ossia da t u t t e le emittenti in c o n t e m p o r a n e a . Q u e s t ' u s o del mezzo televisivo n o n e r a inconsueto: ma veniva riservato alle occasioni celebrative: come, a p p u n t o , il messaggio di fine a n n o del C a p o dello Stato. Quegli interventi e r a n o previsti e - p e r u s a r e a n c o r a il l i n g u a g g i o degli a d d e t t i ai lavori - inseriti nei palinsesti. C h e in questa circostanza d o v e t t e r o invece essere rivoluzionati. B r u n o Vespa, che dei m a r c h i n g e g n i televisivi è un esperto, ha n a r r a t o nel suo libro II cambio il convulso svolgersi di questa vicenda: con la mobilitazione d ' u r g e n z a di D e m e t r i o Volcic, d i r e t t o r e d e l T g l , c h e a sua volta allertò G i o v a n n i Garofalo, r e s p o n s a b i l e della s t r u t t u r a tecnico-informativa della R A I presso il Quirinale: e con l'accorrere nella sede della R A I in viale Mazzini del d i r e t t o r e g e n e r a l e G i a n n i Locatelli. In u n a affannosa corsa c o n t r o il t e m p o , gli u o m i n i della R A I r i u s c i r o n o a m e t t e r e a p u n t o o g n i cosa p r i m a delle 22. A quell'ora, h a scritto Vespa, « R A I 1 sta t r a s m e t t e n d o u n a p a r t i t a del Cagliari in c o p p a Uefa e R A I 2 un bel film della serie Perry Mason q u a n d o sulla p a r t e bassa del teleschermo c o m p a r e quello che in gergo si chiama s e r p e n t o n e : u n a stri19
scia r i p e t u t a in cui si a n n u n c i a che alle 22,15 il P r e s i d e n t e della R e p u b b l i c a r i v o l g e r à un m e s s a g g i o agli italiani. Alle 22,15 in effetti i p r o g r a m m i v e n g o n o interrotti... Solo che sugli s c h e r m i n o n c o m p a r e il volto p a t e r n o e accigliato di O s c a r Luigi Scalfaro, ma u n a bella s i g n o r a c h e dice che il s e d e r i n o di suo figlio con quei p a n n o l i n i in offerta speciale è così asciutto che più n o n si p o t r e b b e . D o p o i p a n n o l i n i il caffè. D o p o il caffè l'auto economica... I n s o m m a , n o v e interminabili m i n u t i di pubblicità... C h e succede? Succede che nei cavi che p o r t a n o dalle t e l e c a m e r e piazzate nello studio di Scalfaro ai trasmettitori della R A I (che a loro volta d e b b o no passare a Fininvest e Telemontecarlo immagini e sonoro del messaggio) t r a n s i t a n o le i m m a g i n i ma n o n il s o n o r o di Scalfaro». C o n il ricorso a espedienti d ' e m e r g e n z a il guasto fu s u p e r a t o , e alle 22,30 il C a p o dello Stato riuscì a d a r e avvio al suo discorso: d u r i s s i m o fin dalle p r i m e frasi: « U n a constatazione: p r i m a si è tentato con le b o m b e (il riferimento e r a agli attentati di R o m a , Firenze, Milano tra la p r i m a vera e l ' a u t u n n o N.d.A.), o r a con il più vergognoso e ignobile degli scandali... A q u e s t o giuoco al massacro io n o n ci sto. Io sento il d o v e r e di n o n starci e di d a r e l'allarme. N o n ci sto n o n p e r d i f e n d e r e la mia p e r s o n a , che p u ò uscire di scena o g n i m o m e n t o , m a p e r t u t e l a r e , c o n tutti gli o r g a n i dello Stato, l'istituto costituzionale della P r e s i d e n z a della Repubblica... I l t e m p o c h e m a n c a p e r l e elezioni n o n p u ò consumarsi nel cuocere a fuoco lento, con le p e r s o n e che le r a p p r e s e n t a n o , le istituzioni dello Stato». Scalfaro a g g i u n geva c h e n o n e r a a s s o l u t a m e n t e sua i n t e n z i o n e , p e r i l rispetto che p o r t a v a ai risultati r e f e r e n d a r i , di a l l o n t a n a r e le elezioni politiche. Aveva p r e s o l ' i m p e g n o di i n d i r l e , e l'avrebbe o n o r a t o «nonostante le pressioni che si manifestano da p i ù parti, con varia a r r o g a n z a e con diversi a n c h e se o p posti i n t e n d i m e n t i , e t r o p p e volte con forme rozze e volgari, fino al p u n t o di configurare reato». Scalfaro ribadiva infine che «mio d o v e r e p r i m a r i o è di n o n darla vinta a chi lavora allo sfascio». 20
La risposta del C a p o dello Stato all'assedio di chi lo accusava e r a stata forte, a n c h e se q u a l c u n o avrebbe preferito un più diretto riferimento, e u n a p e r e n t o r i a smentita, alle insinuazioni sull'uso dei fondi «riservati». Ma la r i d d a di pettegolezzi e di trasgressioni del ridicolo segreto istruttorio n o n si f e r m a r o n o p e r questo: con la Lega che assumeva un r u o lo di capofila nell'aggressione al Quirinale, e che dai d e m o cristiani veniva a sua volta attaccata p e r l'uso e l'abuso di «sciacallaggio politico». C o m u n q u e il decreto di scioglimento delle C a m e r e , firmato da Scalfaro il 16 g e n n a i o 1994, relegava il caso S I S D E t r a i r e t r o s c e n a della politica, piuttosto c h e tra i t e m i di b r u c i a n t e attualità: a n c h e se i fuochi della polemica r i a v v a m p e r a n n o a intermittenza, accesi dalle solite fughe giudiziarie, e dai soliti scoop dei settimanali. I politici, b e n c h é chiamati incessantemente in causa, erano in effetti usciti dallo scandalo: che proseguì il suo itinerario fino al processo a carico delle «barbe fìnte» (in realtà tra gli i m p u t a t i c ' e r a n o delle d o n n e , n o n b a r b u t e ) d u r a t o d a l 26 aprile al 21 d i c e m b r e 1994: processo del quale sintetizziamo lo svolgimento e l'epilogo anticipando il corso c r o n o logico degli avvenimenti che in questo libro sono raccontati. Al di là d e l r a c c o n t o di r u b e r i e colossali il d i b a t t i m e n t o fu u n o spaccato i m p r e s s i o n a n t e e d i v e r t e n t e insieme di malab u r o c r a z i a , di i n v a d e n z a d e i politici e di a r r o g a n z a dei b o i a r d i . I p r o t a g o n i s t i s e m b r a v a n o assortiti p e r u n a p a r o dia della serie filmistica di J a m e s B o n d . Malpica, l'uomo che diresse il S I S D E dal 1987 al 1 9 9 1 , e che il Ministero dell'Int e r n o considerava u n a delle sue c o l o n n e , e r a s o p r a n n o m i n a t o il «cinese» p e r gli occhi obliqui a fessura e il fisico atticciato. Indivisibile da lui e o n n i p o t e n t e era, negli uffici dei servizi, la s e g r e t a r i a M a t i l d e M a r t u c c i , u n a c i n q u a n t e n n e p e r n u l l a a t t r a e n t e d i G i n e s t r a degli Schiavoni, nel b e n e v e n t a n o , c h e aveva i n z e p p a t o il S I S D E di s u e c o n t e r r a n e e . C o n un c a n d o r e r a s e n t a n t e l ' i m p u d e n z a la Martucci a m m i se, q u a n d o i giudici l ' i n t e r r o g a r o n o , d'aver prelevato decine di milioni al mese, p e r ò l a v o r a n d o sodo (questa scusan21
te, d'aver cioè dedicato molto t e m p o al servizio, era a d d o t t a a n c h e da altri i m p u t a t i p e r spiegare i loro e m o l u m e n t i far a o n i c i ) . Q u a n d o la s i g n o r a e r a all'estero in missione la scortava u n a segretaria della segretaria, con mansioni di dam a d i c o m p a g n i a . U n a volta e r a a n d a t a i n A r g e n t i n a p e r ché le p r e m e v a di conoscere un attore di laggiù, p r o t a g o n i sta d ' u n a telenovela che l'appassionava. Scrupolosa, s'era fatto p a g a r e dal S I S D E , disse, solo il costo dei biglietti, i m m a giniamo n o n in classe turistica. Al soggiorno aveva provved u t o lei, noblesse oblige. N e g ò tuttavia che la chiamassero «la zarina», e che al S I S D E si facesse la fila p e r avere u n suo bacetto confidenziale, s e g n o p r e z i o s o di favore p r e s s o la segretaria, e d u n q u e a n c h e presso il «cinese». Il S I S D E , q u e s t o pesce che puzzava dalla testa, t a n t o ben e o d o r a n t e n o n era n e m m e n o nel resto del suo corpaccion e . Gli aspiranti allo spionaggio e r a n o infatti arruolati grazie a concorsi in confronto ai quali le n o m i n e alle c a t t e d r e u n i v e r s i t a r i e s o n o un m o d e l l o di limpidezza. N i p o t i o p a r e n t i di politici, prefetti, magistrati, generali, ambasciatori rivelavano tutti u n ' a t t i t u d i n e s t r a o r d i n a r i a p e r e n t r a r e i n quel Paradiso d o r a t o . A chi avesse qualcosa da ridire veniva cortesemente chiarito che b u o n sangue n o n mente, e che l ' a t t i n g e r e le r e c l u t e da famiglie già «nel giro», o m a g a r i (questa la tecnica della zarina) dalla località d'origine di chi già fosse nella stanza dei b o t t o n i , assicurava o t t i m i esiti. Quali fossero in realtà gli esiti fu attestato dallo sconcertante processo: cui altri s e g u i r a n n o n o n solo p e r gli inevitabili appelli, e p e r gli altri altrettanto inevitabili ricorsi in Cassazione, ma p e r c h é d e v o n o a n c o r a essere giudicati i favoreggiatori di m i n o r calibro. La sentenza r o m a n a fu severa nei r i g u a r d i di chi era stato trovato in possesso di conti miliardari: a Broccoletti, Finocchi, Di Pasquale, Calati, furono inflitte p e n e tra i 9 e i 6 a n n i . Esclusa l'associazione a delinq u e r e , se la cavarono con 3 a n n i e 3 mesi (per il solo abuso d'ufficio) Malpica, che il Pm voleva c o n d a n n a t o a 12 anni, e c o n 2 a n n i e 2 mesi la z a r i n a . P r i m a la Sanità, q u i n d i il 22
e d o p o il S I S D E v e r r à la G u a r d i a di F i n a n z a : d o v u n q u e il bisturi affondi, l'amministrazione italiana rivela le sue c a n c r e n e , così c o m e le aveva rivelate e avrebbe continuato a rivelarle il m o n d o politico inquisito dalla m a g i s t r a t u r a ; e p e r c h i u d e r e in bruttezza, la m a g i s t r a t u r a stessa. Attorno al Quirinale, che la Giustizia riconobbe i m m u n e da ogni responsabilità, t o r n ò invece la quiete. Per fortuna: le novità e gli sconvolgimenti politici si sarebbero succeduti, n e i d u e a n n i successivi, c o n tale r a p i n o s a violenza che u n vuoto o un avvicendamento avventuroso al vertice dello Stato a v r e b b e p r o d o t t o c o n s e g u e n z e d e v a s t a n t i . Si p o t e v a in molti m o d i e p e r m o l t e r a g i o n i d i s s e n t i r e d a O s c a r Luigi Scalfaro, dal suo stile, da alcuni suoi interventi e provvedim e n t i . Ma è stato u n a via di mezzo t u t t o s o m m a t o rassicur a n t e tra il lassismo benevolo di Giovanni L e o n e , t r o p p o distratto da p r o b l e m i e ambizioni di famiglia, e le picconature estrose del Cossiga seconda m a n i e r a . Liberissimo r e s t a n d o - e nei capitoli successivi ci sforzeremo di d a r n e al lettore gli elementi - il giudizio sulle sue scelte, e sul suo essere - o come molti c r e d o n o sul suo n o n essere super partes. SISDE,
CAPITOLO
SECONDO
IL FATTORE B
Prima che il Presidente Scalfaro sciogliesse, a m e t à gennaio del 1994, le C a m e r e , e fissasse la data del 27 e 28 m a r z o p e r le elezioni politiche, un inedito protagonista si e r a avventato, con il suo piglio spavaldo, sulla scena pubblica italiana. L'uomo n u o v o - c h e tale doveva essere c o n s i d e r a t o p e r la politica, essendo invece già vastissima la sua notorietà in altri c a m p i - e r a Silvio B e r l u s c o n i : p r o p r i e t a r i o di un c o m plesso d'aziende in cui lavoravano decine di migliaia di dip e n d e n t i , e m o n o p o l i s t a p r i v a t o della televisione - c o n le sue tre reti nazionali - a fronte del m o n o p o l i o di Stato della R A I , anch'essa c o n tre reti: e p e r di più p r e s i d e n t e del Milan, u n a s q u a d r a di calcio c h e sotto la sua g e s t i o n e aveva m i e t u t o n u m e r o s i successi. N o n è facile stabilire con precisione q u a n d o la tentazione della politica fatta in p r i m a persona sia divenuta, p e r Berlusconi, irresistibile. La covava sic u r a m e n t e d a t e m p o , c o n v i n t o c o m ' e r a c h e u n a classe d i professionisti del p o t e r e cavillosi e p e r d i t e m p o dovesse ormai sloggiare dal Palazzo, le cui p o r t e e r a n o già da qualche t e m p o s b a r r a t e , p e r motivi giudiziari, al s u o p r o t e t t o r e e amico di vecchia data Bettino Craxi. L'insofferenza d i B e r l u s c o n i p e r l e m a n o v r e c h e a n c h e d u r a n t e il g o v e r n o C i a m p i i partiti e le c o r r e n t i in a g o n i a a v e v a n o i n t e s s u t o a R o m a e r a stata a c c r e s c i u t a dall'esito delle amministrative di g i u g n o del 1993: dalle quali era e m e r s o con solare evidenza un d a t o , ossia la migliore capacità e le migliori possibilità della sinistra d ' a p p r o f i t t a r e dei m e c c a n i s m i m a g g i o r i t a r i . Per q u e s t a t e n d e n z a dell'elettor a t o s'era ingigantito in Berlusconi il t i m o r e d ' u n a c o n q u i 24
sta del p o t e r e da p a r t e di quelli che egli chiamava - ostent a n d o diffidenza, o piuttosto incredulità, verso la svolta di Occhetto e verso la nascita del Partito d e m o c r a t i c o della sin i s t r a - i c o m u n i s t i . Ad un g o v e r n o c h e avesse nel P D S la sua trave p o r t a n t e Berlusconi si diceva ostile p e r motivi di g e n e r a l e interesse. U n a m a g g i o r a n z a di quel tipo gli p a r e va illiberale, nel senso politico e a n c o r più in senso economico: tale cioè da p o r r e pastoie alla vitalità p r o d u t t i v a del Paese e al fiorire d e l l e iniziative i m p r e n d i t o r i a l i . Molti p e r ò r i t e n e v a n o , con fondati a r g o m e n t i , c h e l e a p p r e n s i o n i p e r l a s o r t e d e l l e s u e attività s o v e r c h i a s s e r o d i p a r e c chio, in Berlusconi, quelle p e r il b e n e della collettività. Esisteva un r o b u s t o p a r t i t o trasversale a n t i b e r l u s c o n i a n o c h e aveva il suo r e f e r e n t e politico in O c c h e t t o e il suo referente giornalistico in E u g e n i o Scalfari, d i r e t t o r e di Repubblica. La polemica c o n t r o l'eccessiva c o n c e n t r a z i o n e di p o t e r e televisivo n e l l e m a n i del C a v a l i e r e - n o n c h é c o n t r o i m o d i disinvolti c o n cui a quella c o n c e n t r a z i o n e si e r a arrivati era accanita. Berlusconi sapeva q u a n t o la sopravvivenza delle sue emittenti dipendesse - essendo l'etere un b e n e p u b b l i c o - da c o n c e s s i o n i g o v e r n a t i v e , e q u a n t o il b u o n f u n z i o n a m e n t o delle s u e a z i e n d e d i p e n d e s s e d a i c r e d i t i p e r migliaia di miliardi che le b a n c h e - a n c h e p u b b l i c h e gli a v e v a n o c o n c e s s o . S a r e b b e r o b a s t a t i a l c u n i p r o v v e d i m e n t i «mirati» (e gli era p a r s o di v e d e r n e le allarmanti avvisaglie) p e r s t r a n g o l a r e il suo i m p e r o , e t a r p a r e le ali ad o g n i sua ambizione: e le p r o s p e t t i v e elettorali e r a n o tali da r e n d e r e questi p r o v v e d i m e n t i n o n solo possibili m a p r o b a bili. I p i ù fidati e p a c a t i consiglieri del C a v a l i e r e , F e d e l e C o n f a l o n i e r i e G i a n n i L e t t a , p e n s a v a n o c h e a q u e s t e minacce lo stato m a g g i o r e di S e g r a t e dovesse far fronte c o n m e t o d i t r a d i z i o n a l i : ossia g a r a n t e n d o s i , c o n p a z i e n t i m a n o v r e di c o r r i d o i o , consensi o a l m e n o n e u t r a l i t à b e n e v o l e in s c h i e r a m e n t i e ambienti dai quali potesse d e r i v a r e l'acutizzarsi o l ' a t t e n u a r s i d e l l a lotta c o n t r o la F i n i n v e s t . Ma B e r l u s c o n i si stava o r i e n t a n d o in m o d o d i v e r s o . Aspirava 25
ad essere politicamente così solido da n o n d o v e r t r a t t a r e : o da p o t e r l o fare da posizioni di forza. I biografi di Berlusconi - il cui n u m e r o sta già s u p e r a n do quello dei biografi di De G a s p e r i o di Togliatti - s o n o c o n c o r d i nel r i t e n e r e che l'abbozzo del p r o g e t t o politico in s e g u i t o e t i c h e t t a t o c o m e Forza Italia sia stato s u g g e r i t o a Berlusconi da Giuliano Urbani, d o c e n t e di scienza della p o litica alla Bocconi di Milano. Q u e s t o professore d'ispirazione liberaldemocratica - u n a classica «testa d'uovo» accademica, p e r il l i n g u a g g i o e p e r u n a certa aria schifiltosetta aveva i n t u i t o sùbito c h e la legge e l e t t o r a l e in g e s t a z i o n e - detta da alcuni mattarellum p e r c h é il democristiano Mattarella ne era stato il p r o m o t o r e , e da altri il M i n o t a u r o p e r ché abbinava in m a n i e r a un p o ' bislacca il sistema maggioritario a quello p r o p o r z i o n a l e - offriva g r a n d i o p p o r t u n i t à a chi ne sapesse utilizzare al meglio i congegni. I n s o m m a , se i m o d e r a t i si m e t t e v a n o d ' i m p e g n o , il successo delle sinistre n o n era scontato p e r niente. Il 22 g i u g n o 1993 U r b a n i espose la sua tesi a Gianni Agnelli, che ascoltò c o m e s e m p r e con a t t e n z i o n e , e c o m e s e m p r e n o n si sbilanciò, l i m i t a n d o s i a d o m a n d a r g l i : «Ne ha parlato con Berlusconi?». L'occasione di seguire il consiglio implicito v e n n e p r i m a che g i u g n o finisse. Il 30 del mese U r b a n i si t r a t t e n n e a l c u n e o r e a villa San Martino ad Arcore. Le idee che espose e r a n o di sicuro, a l m e n o in p a r t e , idee che il Cavaliere già rimuginava. Sta di fatto che a distanza d ' u n paio di giorni Berlusconi, il cui din a m i s m o sconfina nella frenesia, convocò G i a n n i Pilo, n o n a n c o r a q u a r a n t e n n e d i r e t t o r e del marketing editoriale in casa Fininvest. Pilo doveva accertare al più presto quali fossero i «sogni» degli italiani: il che fu fatto t r a m i t e d u e istituti specializzati in s o n d a g g i d ' o p i n i o n e . Le conclusioni cui la ricerca a p p r o d ò furono queste: gli italiani avevano sfiducia nel q u a d r o politico; desideravano un voto anticipato; prefer i v a n o che la classe d i r i g e n t e fosse c o m p o s t a da p e r s o n e n o n coinvolte in p r e c e d e n z a nella vita pubblica; n o n sapev a n o b e n e quali fossero le c o n s e g u e n z e della n u o v a legge 26
elettorale. Q u a l c h e settimana più tardi Pilo ebbe un istituto demoscopico tutto suo m e n t r e Marcello Dell'Utri p r e s i d e n te di Publitalia - ossia c a p o b r a n c o di quei pubblicitari Fininvest c h e m u o v o n o all'attacco d e i loro obbiettivi c o m e l u p i affamati - gettava le f o n d a m e n t a d ' u n a s t r u t t u r a organizzativa su scala nazionale. A fine estate Berlusconi, che Letta e Confalonieri avevano supplicato di ripensarci, s'era invece rafforzato nella p e r suasione che la sua e n t r a t a in politica fosse necessaria. L'unico d u b b i o e r a sul r u o l o che egli avrebbe avuto in q u e s t a azione. U n m i n i m o d i p r u d e n z a avrebbe d o v u t o i n d u r l o a d agire p e r interposta p e r s o n a . Il t e m p e r a m e n t o lo voleva invece alla g u i d a del g r a n d e esercito m o d e r a t o che si p r o p o neva di creare. U n a sera di fine settembre Berlusconi a n d ò a cena da Gianni Agnelli, nella sua villa sulla collina torinese. I protagonisti dell'incontro n o n ne h a n n o raccontato lo svolgimento: e il dialogato d ' u n libro su Berlusconi - 1994 Colpo grosso di Corrias, Gramellini, Maltese - ha senza d u b bio il d o n o della verosimiglianza, ma sull'autenticità n o n si p u ò p r o p r i o g i u r a r e . Di certo il Cavaliere a n n u n c i ò che la politica e r a il suo n u o v o mestiere, e Agnelli n o n gli o p p o s e un no, anzi sottintese un sì. Mesi d o p o la sostanza del p e n siero di Agnelli fu riassunta in u n a frase piuttosto cinica: «Se Berlusconi vince, a v r a n n o vitato gli i m p r e n d i t o r i . Se p e r d e , avrà p e r s o lui solo». Berlusconi sondava, a l t e r n a n d o gli incitamenti agli allettamenti, i potenziali parlners della g r a n d e coalizione in fieri: la Lega, i pattisti di Mario Segni, il segretario del P P I Martinazzoli. Quest'ultimo, frastornato dai n u m e r i di Pilo e dalle elucubrazioni di U r b a n i , aveva bocciato le avances di Berlusconi sentenziando gelidamente che «non si fa politica con il pallottoliere». Martinazzoli, t e m p o r e g g i a t o r e sottile n o n tar a n t o l a t o dalla voglia di p o t e r e , e r a a distanze siderali, p e r i n d o l e e p e r f o r m a z i o n e , dal Cavaliere: sul cui c a m m i n o aveva posto - e con lui tutta la sinistra democristiana - ogni possibile ostacolo. Bossi era r a p p r e s e n t a t o nella trattativa 27
da Maroni, e già allora, p r o b a b i l m e n t e , l'atteggiamento dell'emissario n o n coincideva con quello del segretario. Q u a n to a Segni, ecco c o m e egli stesso ha ricostruito quella fase incerta nel libro autobiografico La rivoluzione interrotta. «Per molte settimane Berlusconi cerca di convincermi ad a p p o g giarlo. Per m o l t e s e t t i m a n e io cerco di esercitare, privatam e n t e e pubblicamente, u n a pressione psicologica e politica p e r c h é n o n scenda in c a m p o . N o n so se abbia mai pensato a c o n v i n c e r m i , n o n o s t a n t e la mia n o t a cocciutaggine s a r d a . In certi m o m e n t i io ho coltivato l'illusione che recedesse dal suo p r o p o s i t o . N o n mi e r o reso c o n t o che la sua decisione era stata presa da molti mesi. Avevo sottovalutato la sua determinazione e l ' e n o r m e fiducia in se stesso. In u n a di quelle telefonate mi disse a un certo p u n t o : " H o capito u n a cosa, e siccome io n o n mi sbaglio mai...". Si corresse immediat a m e n t e , q u a n d o glielo feci osservare, ma questa osservazione riflette un dato vero del suo carattere.» Berlusconi gettava esche a Martinazzoli, o n e s t o sopravvissuto del r e g i m e consociativo, e al «signor Tentenna» Mario Segni. Ma aveva in serbo un alleato che era ben più affidabile e malleabile p e r c h é aveva un disperato bisogno d'uscire d a l g h e t t o in cui lui e i suoi e r a n o rimasti chiusi p e r d e c e n n i ; e d u n q u e gli p r e m e v a d'affiancarsi a B e r l u s c o n i a l m e n o q u a n t o a Berlusconi p r e m e v a di cattivarselo. Quell'alleato e r a un q u a r a n t a d u e n n e di bell'aspetto e d'intellig e n z a p r o n t a , Gianfranco Fini, s e g r e t a r i o del M o v i m e n t o sociale italiano. Nel pomeriggio del 23 n o v e m b r e 1993 Berlusconi t e n n e u n a conferenza s t a m p a in un i p e r m e r c a t o di Casalecchio sul Reno. Si era nell'intermezzo tra il p r i m o turno e il ballottaggio delle amministrative parziali d ' a u t u n n o . Il Cavaliere e n u n c i ò , rivolgendosi alla c i n q u a n t i n a di giornalisti presenti, cose sensate e piuttosto ovvie. Ma - c o m e di f r e q u e n t e gli s u c c e d e - si s c o p e r s e q u a n d o , v e n u t o il m o m e n t o delle d o m a n d e , fu chiesto a b r u c i a p e l o chi preferisse, tra Fini e Rutelli, c o m e sindaco di Roma. Gli sarebbe stato agevole e l u d e r e il t r a b o c c h e t t o r i c o r d a n d o c h e a R o m a 28
lui n o n votava, e che d u n q u e n o n gli toccava di p r o n u n c i a r si. Scelse invece la soluzione più rischiosa. «Io voterei Fini» dichiarò risoluto. Spiegherà successivamente che «nella mia i n g e n u i t à di i m p r e n d i t o r e n o n avvezzo ai sofismi della politica n o n mi e r o reso conto di q u a n t a intossicazione ideologica affliggesse ancora l'Italia». Ma era stato i n g e n u o m e n o di q u a n t o p r e t e n d e s s e di far c r e d e r e . Si abbatté su di lui, p e r quell'esternazione provocatoria, un u r a g a n o polemico, che gli p a r v e in quel m o m e n t o , p r o b a b i l m e n t e , u n a disgrazia: e che invece, s e c o n d o la logica dei De Filippo e r a g i o n a n d o con il s e n n o di poi, fu u n a fort u n a ; p e r c h é la p r e f e r e n z a di Berlusconi p e r un c a n d i d a t o che avrebbe o t t e n u t o nella capitale, il 5 d i c e m b r e , poco m e n o della m e t à dei voti, f u p r e s e n t a t a d a u n a p r o p a g a n d a maldestra c o m e l'adesione al fascismo e al nazismo, l'approvazione dell'Olocausto e della strage d ' e b r e i alle Fosse Ardeatine, l'aspirazione alla dittatura. L'Espresso lo raffigurò in camicia n e r a e fez, il manifesto lo qualificò in un titolo a tutta pagina «Il Cavaliere nero». Q u e s t a scomposta c a m p a g n a gli consentì di presentarsi qualche g i o r n o d o p o , nella sede rom a n a della s t a m p a estera, in veste di p e r s e g u i t a t o : aiutato ad esserlo dall'accanimento con cui i c o r r i s p o n d e n t i stranieri, sull'onda dei corali a n a t e m i , e d i m e n t i c a n d o - sia p e r lui sia p e r Fini - l'anagrafe, lo associavano n o n solo al v e n t e n nio, ma agli o b b r o b r i di Salò. Il Cavaliere ribatté con degli infuriati «vergogna!» alle accuse di fascismo che g r a n d i n a v a n o su di lui: ma forse, m e n t r e ostentava s d e g n o , capiva che la s m o d a t a colpevolizzazione era q u a n t o di meglio p o tesse capitargli p e r convincere i m o d e r a t i d'Italia che tirava aria di stalinismo, e che a sinistra nulla era stato dimenticato e nulla era stato i m p a r a t o . Pilo gli aveva già fatto sapere, n e l l ' i m m i n e n z a del ballottaggio (5 d i c e m b r e 1993), che le c i n q u e città p i ù i m p o r t a n t i in cui si doveva rivotare sarebb e r o state a p p a n n a g g i o della sinistra (come in effetti furono). Bisognava c o r r e r e ai ripari, con qualsiasi mezzo, in vista delle elezioni politiche sicuramente vicine. 29
Forza Italia, il m o v i m e n t o di Berlusconi, e r a già nata, e contava 800 club a n o v e m b r e , 1200 a d i c e m b r e , col t e m p o sarebbero diventati quindicimila. Era u n o strano partito, quello che il Cavaliere aveva messo in piedi, o piuttosto era u n ' a z i e n d a p e r far politica, con i suoi q u a d r i , le sue tecniche di r e c l u t a m e n t o - si trattasse di trovare i p r o p a g a n d i s t i o di trovare i candidati alla C a m e r a e al Senato - i suoi sofisticati sistemi pubblicitari, il suo sfruttamento intensivo della televisione. N o n esistevano, in Forza Italia, r e g o l e d e m o c r a t i che p e r la scelta dei d i r i g e n t i . Il lider maximo e r a senza discussione Silvio Berlusconi, e da lui venivano designati i responsabili dei vari settori e i c o l l a b o r a t o r i . Fin d a l p r i m o m o m e n t o fu chiaro che Forza Italia, partito allo stato gassoso, esisteva in q u a n t o Berlusconi l'aveva voluta e il suo imp e r o e c o n o m i c o la sponsorizzava. Per la p r i m a volta nella storia m o d e r n a d ' u n Paese i m p o r t a n t e u n o s c h i e r a m e n t o politico destinato ad avere g r a n d e consenso e u n a forte influenza sugli avvenimenti nasceva c o m e un p r o d o t t o i n d u striale, e veniva lanciato con u n a seria e metodica operazione di marketing. L'ideologia berlusconiana (un insieme di liberalismo economico, di efficientismo aziendale, di p o p u l i smo ottimista, di a n t i c o m u n i s m o viscerale) n o n e r a davvero innovatrice: si p u ò dire che tutti i m o v i m e n t i dell'area m o d e r a t a predicassero più o m e n o le stesse cose. Molto diverso e r a invece il d i n a m i s m o c o n cui q u e s t o m e s s a g g i o veniva diffuso p e r o g n i d o v e ; e risultava, nel collasso dei vecchi partiti (tranne il P C I diventato P D S ) e nella caduta dei vecchi potenti, un messaggio molto convincente. Il p r i m o , decisivo passo, Berlusconi l'aveva fatto: e r a in politica, con l'entusiasmo del neofita, la profusione di mezzi del tycoon, e l ' a r r o g a n z a di chi si ritiene - c o n f o r t a t o dalla sua p e r s o n a l e e s p e r i e n z a - p r e s s o c h é infallibile. Restava a Berlusconi un s e c o n d o n o d o da sciogliere: chi sarebbe stato, p e r Forza Italia e p e r gli alleati che a n d a v a raccogliendo, il c a n d i d a t o a Palazzo Chigi? Sulle caratteristiche d e l l ' u o m o c h e m e g l i o a v r e b b e s a p u t o i n t e r p r e t a r e e soddisfare le 30
aspettative degli italiani, ossia gestire e r i f o r m a r e lo Stato, Berlusconi n o n aveva dubbi. L'uomo di cui l'Italia aveva bis o g n o e r a lui. I n c u o r suo n o n chiedeva che d i r i s p o n d e r e alla c h i a m a t a . Ma a n c o r a lo frenava q u a l c h e r e s i d u a p e r plessità. Giuocatore d'azzardo, ma giuocatore astuto, si r e n deva conto - p u r sottovalutandole - delle sue vulnerabilità. Confalonieri e Letta gli avevano ripetuto, usque ad nauseavi, che e s p o n e n d o s i in p r i m a p e r s o n a avrebbe calamitato sulla Fininvest le offensive degli avversari politici: ed evocato i fantasmi - a c o m i n c i a r e da quello, gigantesco, di B e t t i n o Craxi - di tutti coloro che nella P r i m a Repubblica avevano a c c o m p a g n a t o e agevolato la sua irresistibile ascesa. Un int o p p o , o un r e c u p e r o di consapevolezza, o l'emergere d ' u n p e r s o n a g g i o credibile cui Forza Italia n o n potesse n e g a r e il suo a p p o g g i o , a v r e b b e r o forse p o t u t o f e r m a r e Berlusconi: c h e fu lì lì p e r d o v e r s i defilare d u r a n t e t r e g i o r n i (24-26 g e n n a i o 1994) che molto incisero sui futuri sviluppi politici. Scalfaro, lo si è a c c e n n a t o , aveva già sciolto, il 16 g e n naio, le C a m e r e , e d u e giorni d o p o Mino Martinazzoli aveva d a t o veste ufficiale al decesso della DC e alla nascita del P P I . Mario Segni lavorava sodo, intanto, p e r f o r m a r e il primo nucleo d ' u n Polo liberaldemocratico che, p u r escludendo il M S I , si ponesse in netta antitesi allo s c h i e r a m e n t o di sinistra. L'iniziativa di Segni, cui aveva collaborato Rocco Butt i g l i e n e ( B e r l u s c o n i n e e r a invece infastidito, sia p e r u n a istintiva allergia al dubbioso Segni, sia p e r c h é gli sottraeva la g u i d a del c a m b i a m e n t o ) ebbe a m e t à di quel g e n n a i o fatale il n o m e di Patto p e r l'Italia. Era un abbozzo di rassemblement: cui occorreva, p e r esserlo in forma compiuta, l'apporto di forze consistenti. Ma dove trovarle? L'abbraccio di Forza Italia sarebbe stato c o m u n q u e soffocante. C o n le sue p r o poste d ' u n limite costituzionale alla pressione fiscale, e a n che d ' u n suo abbassamento - oltre che con la p r o m e s s a d ' u n milione di posti di lavoro - il Cavaliere s o p r a v a n z a v a o g n i potenziale alleato e ogni c o n c o r r e n t e in efficacia demagogica. U n a sterzata di Segni verso Berlusconi esigeva preventi31
v a m e n t e un a c c o r d o t r a il s u o Patto, il P P I e la L e g a : solo un'aggregazione di quelle dimensioni e r a in g r a d o di accorparsi la s t r a o r d i n a r i a organizzazione di Forza Italia bilanc i a n d o n e la strapotenza, e senza lasciarsene fagocitare. A quel p u n t o Segni si trovò - c o m e sarebbe poi successo a n c h e a Berlusconi - di fronte al fattore B: e qui la B sta p e r Bossi, n o n p e r B e r l u s c o n i . T r a Segni e il senatur m a n c a v a ogni feeling u m o r a l e o ideologico. Il compito, cortese, freddo figlio d ' u n P r e s i d e n t e della Repubblica faticava a intendersi con lo sguaiato t r i b u n o di Cassano M a g n a g o . «Io voglio riformare lo Stato, n o n distruggerlo» aveva s e m p r e dichiarato Segni, in opposizione alle tre Italie di Miglio, allora profeta della Lega e m u g u g n a n t e maestro di U m b e r t o Bossi. Nella cornice sacrale di Pontida Bossi aveva a r r i n g a t o , ai p r i m i dell'anno, i suoi fedeli, con un discorso (parole di Segni) «durissimo nella p r i m a p a r t e , conciliante nella seconda». Il Bossi della seconda p a r t e lanciò a Segni cenni d'intesa: e Segni ne fu allettato, s p e r a n d o di p r e n d e r e più piccioni con u n a fava. «Darei vita a u n a forte area liberaldemocratica, cancellerei l'incubo secessionista, spezzerei l'asse di destra che si sta c r e a n d o , eviterei con ogni probabilità l'entrata in c a m p o di Berlusconi, che la giustifica con la necessità di a g g r e g a r e l'area dei m o d e r a t i italiani.» Martinazzoli e r a c o n t r a r i o , d i m o s t r a n d o nella circostanza b u o n fiuto, a che Segni intavolasse un negoziato con la Lega, favorevole e r a invece B u t t i g l i o n e . Così il 24 g e n n a i o 1994 le delegazioni del Patto e della Lega s'incontrarono, e la loro composizione, vista nell'ottica di alcuni mesi d o p o , attesta di p e r sé sola con q u a n t a fretta abbiano c a m m i n a t o da allora in avanti gli avvenimenti politici, e q u a n t i siano stati i giri di valzer. C o n Segni e r a n o u n suo stretto c o l l a b o r a t o r e , G i u s e p p e Bicocchi, Buttiglione, il professor T r e m o n t i e l'«opinionista» Saverio Vertone: con M a r o n i - che guidava la delegazione del Carroccio - e r a n o l'esperto e c o n o m i c o Vito G n u t t i e il d e p u t a t o torinese G i u s e p p e Valditara. Bossi s'era t e n u t o in disparte e questo avrebbe d o v u t o insospettire Segni, poi rim32
p r o v e r a t o , infatti, per la sua scarsa cautela. Ma ììsenatur aveva un b u o n a r g o m e n t o p e r giustificare l'assenza: s'era sposato da p o c h i g i o r n i c o n la sua « c o m p a g n a » , e i festeggiam e n t i d u r a v a n o a n c o r a , in famiglia e nella tribù degli intimi. Per n o n p r e s t a r e il fianco a critiche Segni, nei cui uffici e r a stata p r e p a r a t a u n a bozza d e l d o c u m e n t o c o n g i u n t o , aveva a p e r t o il d o c u m e n t o stesso c o n u n a citazione della C a r t a costituzionale: «La Repubblica italiana è u n a e indivisibile»: e il t e r m i n e «federalismo» n o n c o m p a r i v a mai. Le d u e p a r t i s ' i m p e g n a v a n o in sostanza ad affrontare insieme le elezioni. R i m a n e v a i m p r e g i u d i c a t a la q u e s t i o n e - ed e r a grossa - del simbolo c o m u n e che la coalizione avrebbe adottato. Ma a n e s s u n o p a r v e che l'ostacolo fosse insormontabile. Per M a r o n i - che n o n è, c o m e fu verificato in seguito, un l e t t o r e m o l t o a t t e n t o - e p e r i suoi a c c o m p a g n a t o r i , q u e l p e z z o d i c a r t a a n d a v a b e n e . Bossi, t e n u t o a l c o r r e n t e d i q u a n t o le delegazioni facevano, d o m a n d ò soltanto u n a corr e z i o n e c h e e r a u n a p r e c i s a z i o n e : la f u t u r a legislatura sarebbe stata costituente. Segni aderì. Alle tre del p o m e r i g g i o l'alleanza fu a n n u n c i a t a solennem e n t e in via del N a z a r e n o a R o m a - dov'era la sede dei pattisti - ai r a p p r e s e n t a n t i dei mezzi d'informazione. Su Segni si rovesciò u n a valanga di consensi p e r la s p l e n d i d a o p e r a zione, insieme alle docce fredde di Martinazzoli e di Mattarella. Ai giornalisti, Segni aveva d e t t o senza mezzi t e r m i n i che, firmata quell'intesa, di Berlusconi c o m e leader politico n o n c'era p i ù bisogno. Ma q u a n d o il Cavaliere volle sincerarsi, telefonando a Maroni, dell'esattezza di questa diagnosi, il vice-Bossi fu p r u d e n t e : «Aspetta un p a i o di giorni». L'attesa fu molto m e n o lunga. L'indomani delle solenni partecipazioni di queste nozze politiche u n o dei promessi sposi era già in fuga. Così Mario Segni ha raccontato, con sobria amarezza, il colpo di scena: «Con u n a serie di dichiarazioni successive, Bossi mette in discussione l'accordo. A sera è diventato "carta straccia". Mi si offre b e n e v o l m e n t e di acceder e a l l ' a g g r e g a z i o n e g u i d a t a dalla L e g a , c h e o r m a i sta p e r 33
stringere l'accordo con Forza Italia. È chiaro che n o n mi sog n o n e m m e n o d i accettare. Q u a n d o Martinazzoli arriva d a Brescia alla stazione di R o m a dichiara che Bossi gli ha risolto i problemi. Nello stesso p o m e r i g g i o Berlusconi a n n u n c i a ufficialmente la sua e n t r a t a n e l l ' a g o n e politico. La sera si svolge il Consiglio nazionale della Lega. Verso le 21 mi telefona Saverio Vertone. "Nel consiglio nazionale della Lega si s t a n n o s c a n n a n d o " mi dice. "Alcuni amici da là d e n t r o vogliono farle s a p e r e che u n a sua telefonata a Bossi p o t r e b b e sbloccare la situazione." Ma n o n i n t e n d o telefonare a nessuno... N o n mi sono mai curato di a p p u r a r e i retroscena di quella convulsa giornata, che Bossi ha a un certo p u n t o d e scritto c o m e u n a t r a p p o l a tesa a p p o s t a p e r d i s t r u g g e r m i » . Bossi s e m b r a v a infatti p i ù che soddisfatto del naufragio: e p r o r u p p e , p e r spiegare alla sua m a n i e r a allusiva il senso di ciò che era accaduto, in un g r i d o roco: «Mai con la D O : nella DC - intesa c o m e c a t e g o r i a ideologica - i n c l u d e n d o evid e n t e m e n t e sia Segni «lumacone bavoso democristiano» sia Martinazzoli. Se Martinazzoli, che aveva avversato l'intesa Segni-Maroni, e r a c o n t e n t o p e r il suo fallimento, Berlusconi ne e r a addirittura estasiato: a n c h e se gli obblighi di scena gl'imponevano di simulare la desolazione di chi, riluttante e schivo, è costretto dalla fatalità a t r a n g u g i a r e l ' a m a r o calice dell'imp e g n o politico. La sera del 26 gennaio (1994) convocò a casa sua, la villa Belvedere di Macherio, u n a fidata t r o u p e televisiva p e r la registrazione del messaggio «interventista» la cui cassetta sarebbe stata poi distribuita a tutte le reti, quelle pubbliche e quelle della Fininvest. Berlusconi e r a stanco, al t e r m i n e d ' u n a p e s a n t e giornata. I suoi assistenti s ' i m p e g n a r o n o , ha n a r r a t o B r u n o Vespa, resocontista attendibile, in u n a d i s p u t a tecnica: conveniva m o s t r a r e il Cavaliere così c o m ' e r a , ossia affaticato e tirato, facendo della Televisione verità; o p p u r e conveniva inceronarlo e p r e s e n t a r l o tirato a lucido c o m e i degustatori di whisky p r e g i a t o negli spot? Prevalse la s e c o n d a o p z i o n e , cal34
d e g g i a t a d a i «pubblicitari»: e l'obbiettivo della t e l e c a m e r a v e n n e avvolto, c o n vecchio m a sicuro e s p e d i e n t e , i n u n a leggera calza di seta, così che le r u g h e fossero a t t e n u a t e . Il discorso che Berlusconi p r o n u n c i ò d u r ò nove minuti. All'inizio fece r i f e r i m e n t o , c o n t o n o c o m m o s s o , all'Italia. «E il Paese che a m o . Q u i ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti.» P e r c h é scendeva in c a m p o ? «Perché n o n voglio vivere in un Paese illiberale, g o v e r n a t o da forze i m m a t u r e e da u o m i n i legati a un passato fallimentare.» Spiegò c h e si sarebbe dimesso da tutti i suoi incarichi societari, e a n n u n ciò la creazione di un Polo delle libertà da o p p o r r e alla sinistra: capace di a t t r a r r e a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole, m o d e r n o . Evocò il fantasma d e l c o m u n i s m o , i cui orfani e nostalgici, disse, «non sono soltanto i m p r e p a r a t i al g o v e r n o del Paese. P o r t a n o con sé a n c h e un retaggio ideologico che stride con le esigenze di u n ' a m m i n i s t r a z i o n e p u b blica liberale in politica e liberista in economia». N e g ò autenticità alla svolta socialdemocratica degli ex comunisti, asserì c h e «vorrebbero t r a s f o r m a r e il Paese in u n a piazza urlante che grida, che inveisce, che c o n d a n n a » . Concluse p r o m e t t e n d o che, se avesse vinto, sarebbe finita u n a politica «di chiacchiere i n c o m p r e n s i b i l i , di s t u p i d e baruffe e di politicanti senza mestiere» e avrebbe p r e s o l'avvio «un n u o v o miracolo italiano». Il d a d o era tratto.
CAPITOLO
TERZO
L'UOMO N U O V O
Chi era, e da dove veniva, l'uomo che aveva scalato le vette della ricchezza, e che si apprestava a scalare quelle della p o litica? Di lui è stato detto e scritto tutto, e il contrario di tutto. Personaggio c o n t r o v e r s o se mai ce n'è stato u n o , si p r e stava e si presta, secondo il gusto e le simpatie di chi sceneggia le sue gesta, a ruoli opposti. P u ò essere descritto c o m e l'animoso p o r t a b a n d i e r a del n u o v o o c o m e il cinico e torbido r e s t a u r a t o r e di vecchi interessi e vecchi intrallazzi: c o m e l'antagonista delle lottizzazioni e dei c o m p r o m e s s i c h e car a t t e r i z z a r o n o la P r i m a Repubblica, o c o m e l'affarista che essendosi in quelle lottizzazioni e in q u e i c o m p r o m e s s i ingrassato, voleva c o n t i n u a r e ad ingrassarsi facendola da pad r o n e nel Palazzo della Seconda Repubblica. La sua a r r a m picata, che nelle g r a n d i linee sembrava ricalcare i modelli di altri self mode men, aveva a n c h e a v u t o caratteristiche m o l t o peculiari: p e r la genialità delle iniziative, p e r le connessioni con la politica e con i politici, p e r le o m b r e di b a l z a c h i a n a spregiudicatezza da cui ogni fase delle folgoranti conquiste era stata oscurata, p e r il d u b b i o s e m p r e aleggiante che l'imm e n s o i m p e r o economico e i m p r e n d i t o r i a l e fosse tanto imp o n e n t e , con le sue l u m i n a r i e televisive, q u a n t o fragile. C e r t o : la vita di Berlusconi - quella a l m e n o che già o r a siamo in g r a d o di raccontare - p u ò essere scritta in versioni opposte, e così infatti la si è scritta: con un prevalere di biografie negative. La vita di u n o Stawiski di fine secolo e fine millennio - Serge A l e x a n d r e Stawiski fu il protagonista d'una m e m o r a b i l e affaire nella Francia tra le d u e g u e r r e - o p p u r e la vita dell'industriale più creativo e più versatile degli 36
ultimi d e c e n n i . Così versatile da p o t e r d i v e n t a r e d ' i n c a n t o capo partito e Presidente del Consiglio. P r o p r i o le anomalie di questa figura - i suoi nemici c o r r e g g e r a n n o in «figuro» del nostro t e m p o rischia d ' i n d u r r e in e r r o r e chi si occupi di lui. I politologi, abituati a osservare e dissezionare soggetti prevedibili p u r q u a n d o p a r l i n o il linguaggio criptico di un Moro o di un De Mita, si t r o v a n o in imbarazzo e p r e n d o n o abbagli clamorosi se c a p i t a n o sotto la loro lente d'osservazione c r e a t u r e che, in confronto ai politici tradizionali, sono strane c o m e E.T. Lo si era constatato all'apparire di Bossi, e della sua Lega. Il l o m b a r d o naif usciva, con la sua genuinità e la sua grossolanità, dagli schemi: e fu bollato c o m e barbar o , incolto, r e a z i o n a r i o , a n t i p a t r i o t t i c o . Qualifiche che in b u o n a p a r t e meritava. Ma che n o n avrebbero d o v u t o far dim e n t i c a r e la s u g g e s t i o n e , e i c o n t e n u t i di novità, d e l suo m o v i m e n t o . Q u a n d o le teste d ' u o v o c o m i n c i a v a n o ad abituarsi a Bossi, ai suoi voltafaccia, al suo linguaggio, Bossi cominciò a sua volta, e con lui la Lega, a declinare: diventando s e m p r e m e n o g e n u i n o e s e m p r e più «gigione». U n ' a n a loga difficoltà n o n d'accettazione - che n o n è scontata, anzi è dai più e con ottimi motivi rifiutata - ma di c o m p r e n s i o n e razionale del f e n o m e n o B e r l u s c o n i h a i m p r o n t a t o l'attegg i a m e n t o iniziale di molti politici e di g r a n p a r t e dell'intellighenzia. Il Cavaliere è stato sottovalutato, c a r i c a t u r a t o , d e m o n i z z a t o con leggerezza e p r e s u n z i o n e i n s i e m e snobistiche e autolesionistiche. Gli atteggiamenti cui egli indulgeva - a n c h e con f r e d d o calcolo - favorivano q u e s t e i n t e r p r e t a zioni riduttive: che risultarono, alla prova dei fatti, sbagliate di grosso. Ci sforzeremo perciò, in questo riepilogo biografico del Berlusconi pre-politico, di accantonare le passioni e le tensioni da cui invece il Berlusconi politico è avvolto. Seg u i r e m o la sua traversata n o n del d e s e r t o inospitale - alla De Gaulle - ma d ' u n accogliente E l d o r a d o p a d a n o , allin e a n d o q u a n t o più è possibile fatti: senza i g n o r a r e voci e retroscena, ma senza darli p e r certi, q u a n d o certi n o n sono. Berlusconi nasce a Milano, q u a r t i e r e di p o r t a Garibaldi, 37
il 29 s e t t e m b r e 1936 (segno zodiacale Bilancia che secondo un'astrologa significa simpatia, adattabilità, talento). D o p o di lui v e r r a n n o i fratelli Maria Antonietta e Paolo. G r a n brava g e n t e i Berlusconi, timorati di Dio, onesti, p r o p r i o lomb a r d i di s t a m p o tradizionale. II p a d r e Luigi è funzionario della piccola ma solida b a n c a Rasini, a p r o p r i e t à familiare, u n a boutique del c r e d i t o , c o m e la definisce q u a l c u n o : è un funzionario che si distingue p e r l'esemplare scrupolo d'esecutore, ma s e m b r a n e g a t o ai g r a n d i disegni finanziari. Forse Silvio ha ereditato il suo d i n a m i s m o a u d a c e della m a d r e Rosa, che in gioventù aveva lavorato alla Pirelli c o m e segretaria e che, messa su famiglia, s'era a d a t t a t a , in t e m p i c h e n o n v e d e v a n o di b u o n occhio le d o n n e in carriera, ad essere u n a casalinga fra le tante. Silvio cresce in quell'ambiente di piccola e dignitosa borghesia b e n p e n s a n t e , con zie e cugini s u o r e e p r e t i , s t u d i a dai salesiani, s e m p r e p r i m o della classe, infine consegue la l a u r e a in g i u r i s p r u d e n z a con u n a tesi, m o l t o elogiata, e a n c h e p r e m i a t a , su «Il c o n t r a t t o di pubblicità p e r inserzione». Dove si vede c o m e fosse forte la vocazione del giovanotto p e r l'attività che lo i m p e g n e r à d u r a n t e tutta la vita: v e n d e r e . V e n d e r e case, o spot televisivi o, da ultimo, politica. M e n t r e seguiva gli studi con ottimo profitto, Silvio dava a vedere che occorreva b e n altro, p e r a p p a g a r e la sua voglia s t r a r i p a n t e di m e t t e r s i in m o s t r a , di e m e r g e r e e di g u a d a g n a r e . Era un attore nato e un cantante confidenziale, come si diceva un t e m p o , i n t o n a t o e gradevole. Aveva a n i m a t o le festicciole dei bambini e quelle dei ragazzetti. U n a delle sue d o t i m a g g i o r i e r a il sapersi a d a t t a r e a l l ' a m b i e n t e , il s a p e r p i a c e r e a coloro c h e frequentava. N o n p e r n i e n t e , a v e n d o u n a n a t u r a di sano g a u d e n t e , e u n a altrettanto sana p r o p e n s i o n e p e r le belle ragazze, aveva intenerito a tal p u n t o i salesiani, con il suo zelo di c r e d e n t e , da vedersi a s s e g n a r e u n a medaglia d'oro al valor teologico. In altri secoli sarebbe p r o b a b i l m e n t e d i v e n t a t o , senza a l c u n a r i n u n c i a ai p i a c e r i della c a r n e , c a r d i n a l e , o a d d i r i t t u r a Papa. Esiste u n a p u b 38
blicistica sterminata sulla b r a v u r a del Berlusconi chansonnier (la sua specialità e r a il r e p e r t o r i o francese, T i n o Rossi, Gilb e r t B é c a u d , Yves M o n t a n d ) , sulle sue esibizioni nel complesso dei C i n q u e diavoli (diventati obtorto collo i Q u a t t r o moschettieri p e r la defezione d ' u n diavolo), sui suoi ingaggi c o m e a n i m a t o r e a b o r d o di navi da crociera. Aveva un n o me d'arte che era a n c h e un nom de piume, Pier Paolo Rizzoli, e se ne serviva sia p e r le sue parentesi eroderistiche sia p e r firmare qualche recensioncina teatrale sul Corriere della Sera. Era ferma in lui fin d'allora la convinzione di saper fare tutto (dal risotto a un saggio su T o m m a s o Moro), e di saperlo fare m e g l i o d i c h i u n q u e a l t r o : c o n v i n z i o n e n o n d e l t u t t o infondata. Ha scritto Biagi che, d i v e n u t o Sua Emittenza, se solo fosse stato provvisto delle indispensabili tette a v r e b b e fatto a n c h e l'annunciatrice o la soubrette. Gli e r a c o m p a g n o di tournées musicali Fedele Confalonieri, o t t i m o pianista e amico d'infanzia: c h e d o p o un tentativo n o n felice di m e t tersi in p r o p r i o , diventerà il suo inseparabile collaboratore, il Sancho Panza sensato e paziente d ' u n Don Chisciotte senza p a u r a ma con qualche macchia: c o m u n q u e capace, il Don Chisciotte, di scegliersi b e n e , e n o n d i s i n t e r e s s a t a m e n t e , i mulini a v e n t o c o n t r o cui g a l o p p a r e , lancia in resta. E qui basterà a c c e n n a r e a u n ' a l t r a caratteristica del futuro Cavaliere. Volubile - c o m e tanti - negli a m o r i , è stato invece piuttosto costante negli affetti e nelle amicizie, s o p r a t t u t t o in quelle di più p r o f o n d a r a d i c e e di più antica data: semp r e a v v e r t e n d o il bisogno d ' a v e r e a t t o r n o a sé u n a schiera di p e r s o n e fidate, di yesmen. Berlusconi il trascinatore è un capoclan: lo r i m a r r à anche in politica. Il Cavaliere ha a v u t o d u e m a t r i m o n i e c i n q u e figli. La p r i m a moglie, Carla Elvira Dall'Oglio, di q u a t t r o a n n i più g i o v a n e di lui, l'aveva - s e c o n d o q u a n t o afferma u n o dei suoi biografi, Paolo M a d r o n - a b b o r d a t a p e r strada, m e n t r e aspettava l'autobus. Da lei gli sono nati Marina, la p r i m o g e nita, e poi Pier Silvio (Dudi in famiglia) di r e c e n t e inserito ai vertici della Fininvest. L'unione finì, con un atto di sepa39
r a z i o n e c o n s e n s u a l e seguita dal divorzio, nel 1985: alla signora, che fu d o p o d'allora d ' u n a riservatezza esemplare, e che ha m a n t e n u t o b u o n i r a p p o r t i con l'ex m a r i t o , fu assegnata u n a liquidazione d'alcuni miliardi in contanti, azioni, immobili. Allorché v e n n e sancita ufficialmente la r o t t u r a di questo m a t r i m o n i o Berlusconi e r a già legato a Veronica Lario, u n a bella attrice n o n ancora t r e n t e n n e che aveva avuto q u a l c h e p a r t i c i n a in r a p p r e s e n t a z i o n i teatrali, sceneggiati televisivi, film: e che, d i v e n u t a la signora Berlusconi, mise da p a r t e o g n i a s p i r a z i o n e alle glorie della ribalta o dello s c h e r m o e si rincantucciò n e l l ' o m b r a del r u g g e n t e c o m p a g n o . Al quale diede tre figli, Barbara, Eleonora e Luigi. Dalla filosofia di vita del Cavaliere esulava il concetto dei matrim o n i e delle u n i o n i di c o n v e n i e n z a , negoziati e realizzati p e r consolidare alleanze e c o n o m i c h e e coalizioni finanziarie. Il parvenu è rimasto in questo fedele alle origini, e ai suoi più genuini appetiti. I p r i m i , decisivi passi della m a r c i a verso l ' e m p i r e o d e i p o t e n t i Silvio Berlusconi li ha c o m p i u t i nell'edilizia. P r i m a con dei c o n d o m i n i in via Alciati (a Milano, ovviamente), poi a B r u g h e r i o , n e l l ' e s t r e m a p e r i f e r i a della m e t r o p o l i , un q u a r t i e r e che fu la p r o v a generale di Milano 2, il suo capolavoro di costruttore: infine Milano 3, con un c o n t o r n o d'acquisti e di vendite d a p p e r t u t t o . Tra gli acquisti ultimi, cinq u e ville in S a r d e g n a p e r c h é ciascuno dei figli potesse poss e d e r n e u n a , u n a volta r a g g i u n t a l'età giusta. P r e f e r i a m o n o n impegolarci nel p r o b l e m a dei finanziamenti che l'infrenabile giovanotto a n d a v a rastrellando, sul c o m e li ottenesse, e su quali itinerari tortuosi - a n c h e attraverso b a n c h e straniere - essi seguissero. Va p r e m e s s o che Berlusconi n o n era u n p a l a z z i n a r o qualsiasi, u n o d i quelli, esemplificava lui, «che improvvisa il cantiere, costruisce u n o stabile, ma n o n p e n s a n e m m e n o al marciapiede». Aveva idee che nella pal u d e della s p e c u l a z i o n e edilizia italiana p o t e v a n o essere c o n s i d e r a t e avveniristiche. Q u e s t o r i c o n o s c i m e n t o n o n significa che nelle sue sfrenate s t r a t e g i e il c o s t r u t t o r e r a m 40
p a n t e prescindesse dalla bassa cucina degli affari immobiliari: alimentati spesso e volentieri - s t a r e m m o p e r d i r e semp r e - da scambi di favori, pressioni, mazzette, c o n n i v e n z e con il p o t e r e politico e a m m i n i s t r a t i v o locale o n a z i o n a l e . Per Milano 2 fu ad esempio o t t e n u t o (essendo stato insediato in quella stessa area l'ospedale San Raffaele) che le rotte a e r e e p e r gli attcrraggi e i decolli a e da Linate (il vicinissimo a e r o p o r t o ) venissero modificate: così da evitare il sorvolo d e l l ' i n s e d i a m e n t o . Al t e m p o Giorgio Bocca si pose, p e r q u a n t o r i g u a r d a v a B e r l u s c o n i , u n a serie d ' i n t e r r o g a t i v i : «Milano è la città in cui un certo Berlusconi di 34 a n n i costruisce Milano 2, cioè m e t t e su un c a n t i e r e che costa 500 milioni al g i o r n o . Chi glieli ha dati? N o n si sa. Chi gli dà i permessi di costruzione e dirotta gli aerei dal suo quartiere? Q u e s t o lo si sa a n c h e se si i g n o r a il resto. C o m e è possibile che un giovanotto di 34 a n n i c o m e questo Berlusconi abbia un j e t p e r s o n a l e con cui r a g g i u n g e nei Caraibi la sua barca che sarebbe poi u n a nave oceanografica?». Le inquietudini di Bocca sono gli elementi della leggenda - sia positiva che negativa - di Beidusconi: p e r c h é l'italiano qualsiasi pensa che un giovanotto qualsiasi tanto qualsiasi n o n dev'essere se ha il j e t personale e lo yacht. Né smentisce questo s e n t i m e n t o d ' a m m i r a z i o n e , m a g a r i riluttante, la v i c e n d a dell'acquisto, da p a r t e di Berlusconi, della villa di San M a r t i n o ad Arcore: già p r o p r i e t à del ricchissimo m a r chese Camillo Casati S t a m p a , che peccava di voyeurismo e che aveva ucciso a R o m a nel 1970 la bella e giovane moglie, e l'amante di lei, p e r u n a forma distorta di gelosia: a m m e t teva il t r a d i m e n t o , ma n o n che la moglie s'innamorasse del partner occasionale. Legale del m a r c h e s e e r a un p e r s o n a g gio che con Berlusconi avrebbe poi fatto strada a n c h e in politica: Cesare Previti. Si vuole che l'avvocato avesse influito nel c o n v i n c e r e la figlia di p r i m o letto del m a r c h e s e , A n n a M a r i a , a c e d e r e p e r u n a s o m m a r e l a t i v a m e n t e esigua la s p l e n d i d a residenza cui sarebbe toccato in sorte d'esser fam o s a q u a n t o B o t t e g h e O s c u r e o piazza d e l Gesù. Nelle 41
c o m p r a v e n d i t e B e r l u s c o n i e r a allora imbattibile. N o n azz a r d i a m o giudizi alla l e g g e r a sulla loro correttezza. Sta di fatto che alla fine degli a n n i Settanta il milanese Silvio e r a un ricco signore. Altri nella sua situazione, visto che l'edilizia era caduta in u n a fase di stanca, avrebbe tirato i r e m i in barca. N o n lui che nella sua Milano ci stava stretto (e faticava a collocare a p p a r t a m e n t i e ville) e che p e n s ò allora di cambiar barca. Nel 1978 Berlusconi fece un passo che in quel m o m e n t o r i t e n n e furbo e che era invece falso: e n t r ò nella loggia P2, c o n la tessera 1816 in d a t a 26 g e n n a i o . Su q u e s t ' i n g r e s s o nella massoneria deviata a b b i a m o d u e versioni n o n discord a n t i , u n a d i Licio Gelli u n a dello stesso B e r l u s c o n i . H a spiegato il Venerabile: «Berlusconi? Ha fatto la n o r m a l e iniziazione a Roma. C r e d o lo abbia p r e s e n t a t o il professor Fabrizio Trecca. C'era a n c h e il G r a n Maestro G i o r d a n o G a m berini in r a p p r e s e n t a n z a del G r a n d e O r i e n t e d'Italia e il direttore delle Partecipazioni statali Giovanni Fanelli. Dopo di che l'ho visto r a r a m e n t e , giusto un paio di volte il t e m p o di b e r e insieme un caffè all'Excelsior. Siccome aveva tanti soldi, noi della P2 p e n s a v a m o fosse in società con Agnelli e che agisse al posto suo p e r c h é l'avvocato era un pavido...». Versione Berlusconi: «Mi sono iscritto alla P2 nei p r i m i mesi del 1978, su invito di Licio Gelli che conoscevo da circa sei mesi e che avevo visto solo d u e volte. Ero convinto che la Loggia fosse p a r t e del G r a n d e O r i e n t e d'Italia. N o n ho mai versato contributi... Fu Roberto Gervaso, mio amico, a p r e s e n t a r m i a Gelli... D o p o l'iscrizione mi d i m e n t i c a i a d d i r i t t u r a della massoneria». Su q u e s t ' u l t i m a affermazione si p u ò essere scettici, p e r ché nell'inner cìrcle del Cavaliere gli affiliati alla P2 f u r o n o s e m p r e , d o p o d'allora, p r e s e n t i in b u o n n u m e r o e con n o tevole influenza. Berlusconi n o n dimenticò la P2, e i piduisti n o n lo d i m e n t i c a r o n o . Le pezze d ' a p p o g g i o a questa affermazione sono tante, e robuste: senza che si d e b b a arrivare alle conclusioni e s t r e m e di chi associa il Cavaliere ad ogni 42
intrigo e ad ogni p r o g e t t o di Gelli; incluso il suo Piano di rinascita democratica, da alcuni considerato la prefigurazione dell'«ideologia» di Forza Italia. Ma Berlusconi n o n aveva n e s s u n a intenzione, in quegli anni, di mettersi in politica: o se l'aveva - il suo e g o spazia in o g n i t e r r i t o r i o - la t e n e v a p e r sé. S e m m a i inseguiva t r a g u a r d i più consoni alla sua attività di u o m o d'affari, come la presidenza della Cassa di ris p a r m i o delle p r o v i n c i e l o m b a r d e , l a p i ù i m p o r t a n t e del m o n d o . U n a c o n f e r m a a q u e s t o t e n t a t i v o di scalata v e r r à a n n i d o p o da B e n i a m i n o Andreatta, che fu ministro del Tesoro nel 1980: « Q u a n d o ero ministro del Tesoro Silvio Berlusconi, più o m e n o nel p e r i o d o in cui aveva quasi concluso il ciclo edilizio e n o n aveva ancora iniziato quello televisivo, u n a mattina v e n n e da me - in p a n t a l o n i grigi e neri e giacca n e r a , c o m e i b a n c h i e r i di Dallas - p e r a u t o c a n d i d a r s i alla presidenza della Cariplo. Q u a n d o gli feci p r e s e n t e che forse c'era qualche incompatibilità p e r la possibilità della banca di c o n c e d e r e crediti edilizi, il futuro patron della Fininvest mi precisò p r o n t a m e n t e c h e a v r e b b e lasciato tutti i suoi interessi nel s e t t o r e al fratello Paolo, l ' o n n i p r e s e n t e s e c o n d o , già allora s e m p r e p r o n t o . A quel p u n t o n o n p o t e v o fare a m e n o di osservare che così si veniva a realizzare un interessante e s e m p i o di i m p r e s a domestica. Berlusconi n o n g r a d ì molto e p e r tutta risposta cominciò a tessermi le lodi di Bettino Craxi». Già, Craxi. A u n o c o m e Berlusconi, che p e r crearsi assic u r a z i o n i e c o n t r o a s s i c u r a z i o n i di p o t e r e e d ' i n t r i g o s'era iscritto alla P2, n o n e r a concesso d ' i g n o r a r e la politica: quella municipale, dove s'era insinuato p e r avere le licenze che servono a un c o s t r u t t o r e , e quella nazionale senza la quale era impossibile - nel vuoto legislativo e nell'inerzia b u r o c r a tica del Paese - coltivare e realizzare un p r o g e t t o a u d a c e fino alla t e m e r a r i e t à : il p r o g e t t o di fare v e r a c o n c o r r e n z a , con u n a televisione p r i v a t a , alla R A I . P r o b a b i l m e n t e l'idea b e r l u s c o n i a n a n o n era, all'inizio, così ambiziosa. A Berlusconi, a n i m a l e affaristico dal fiuto prodigioso, p r e m e v a so43
p r a t t u t t o , q u a n d o si b u t t ò nell'etere, di sfruttare le g r a n d i potenzialità commerciali e pubblicitarie d ' u n settore che lo Stato - o p e r meglio d i r e i partiti - gestivano con statica e arida spocchia, indifferenti ai risultati economici: tanto pagava Pantalone. A loro interessava di p o t e r utilizzare la R A I c o m e s t r u m e n t o d'informazione lottizzata, e c o m e contenitore p e r le assunzioni dei loro «clienti», si trattasse di dirigenti o si trattasse di giornalisti. I politici disposti ad aiutare Berlusconi nella sua scalata d o v e v a n o essere trovati o tra i frondisti o tra i r a m p a n t i . Per questo Berlusconi s'era, a un certo m o m e n t o , orientato verso la sinistra democristiana di M a r c o r a e Bassetti. Q u a n d o p e r ò , nell'estate del 1976 Bettino C r a x i p r e s e in p u g n o il p a r t i t o socialista B e r l u s c o n i , che sa di latino, p o t è dire:«£cee homo». Craxi aveva u n a p o sizione d'assoluto rilievo a R o m a , e un suo clan i m p e r v e r sante a Milano: così p r o t e r v o , m o n d a n a m e n t e esibizionista, cialtrone e antipatico c h e q u a l c u n o p a r a g o n e r à p o i la sua alla satrapia dei Ceausescu in R o m a n i a . Il leader socialista, che si rivolgeva alle folle dei suoi comizi con i t o n i del p o pulismo n e n n i a n o , aveva o c c u p a t o a Milano, con p a r e n t i e amici, o g n i possibile posto. N e l l ' i m p r e n d i t o r i a i suoi amici e r a n o Silvio Berlusconi e Salvatore Ligresti: c h e p o t e v a n o d i v e n t a r e c o n c o r r e n t i , a v e n d o e n t r a m b i fatto f o r t u n a nell'edilizia. S e n o n c h é a un certo p u n t o Berlusconi scelse altre strade. F r e q u e n t a n d o la corte di re Bettino, Berlusconi t r a n g u giò più d ' u n boccone a m a r o . Lui abituato a p r i m e g g i a r e , e a c o m a n d a r e , d o v e v a t o l l e r a r e i m o d i b r u s c h i di C r a x i e l'arroganza di riflesso dei suoi collaboratori e adulatori. Per riuscire, B e r l u s c o n i è tuttavia disposto a t u t t o , p e r f i n o ad essere umile. Questi d u e bauscia - p e r usare un t e r m i n e dialettale milanese - che p a r e v a n o destinati a scontrarsi, s'intesero invece alla perfezione: a n c h e p e r c h é e r a n o bauscia di stile diverso. Craxi deciso a farsi obbedire (perfino nei suoi sorrisi c'era qualcosa di minaccioso), Berlusconi ansioso di p i a c e r e , con quella sua e s p r e s s i o n e u n p o ' fauta d ' e t e r n o 44
c a n t a n t e confidenziale. E n t r a m b i allergici alle obbiezioni, e indifferenti ai consigli. Tra i d u e il più allergico e il più indifferente era forse Berlusconi: ma Io lasciava v e d e r e m e n o . Ci asteniamo, p e r m a n c a n z a di pezze d ' a p p o g g i o , dall'insistere sulle ipotesi, da tanti avanzate, di legami più p r o p r i a m e n t e affaristici tra Berlusconi e Craxi, e su tangibili segni d i r i c o n o s c e n z a che l'attuale esule d i H a m m a m e t a v r e b b e avuto dal Cavaliere, in cambio d e l l ' i n c o n d i z i o n a t o a p p o g gio al Cavaliere stesso garantito: n o n si rivela nulla di misterioso o s s e r v a n d o c h e q u e l l ' a p p o g g i o c o s t a n t e e p o t e n t e è equivalso p e r il Cavaliere, se vogliamo quantificarlo, a un cospicuo n u m e r o di miliardi. La scalata di Berlusconi all'etere fu all'inizio timida, o poco convinta. La fortezza R A I s e m b r a v a inattaccabile: le sue m u r a massicce e r a n o state consolidate, nel 1973, dal n u o v o Codice postale che aveva messo tra le braccia o n n i c o m p r e n sive di m a m m a R A I anche la televisione via cavo. U n a m i n u scola breccia a p e r t a nel m o n o p o l i o , u n a n n o d o p o , dalla Corte costituzionale era così poco incisiva da p a r e r e piuttosto u n a scalfittura. La Consulta aveva stabilito che fosse lecito installare r i p e t i t o r i p e r c a p t a r e e d i f f o n d e r e e m i t t e n t i e s t e r e ( M o n t e c a r l o , Svizzera, C a p o d i s t r i a , la francese Ant e n n e 2) e che il cavo fosse libero. Ma la novità rivoluzionaria s o p r a g g i u n s e con la sentenza 202 del luglio '76, che riconosceva il diritto delle televisioni private a trasmettere «in ambito locale». La R A I n o n e r a più p a d r o n a assoluta dell'etere: infatti già nel 1978 le emittenti locali e r a n o quasi cinq u e c e n t o . Il significato autentico del t e r m i n e «ambito locale» fu d i b a t t u t o con asprezza. C'era chi, v o l e n d o d a r e m a n forte alla R A I , lo riduceva a un raggio di alcuni chilometri, e c'era chi lo voleva assai a m p i o . Fu alla fine c o n v e n u t o - n o n c o n c o r d e m e n t e - che «locale» equivalesse a regionale. B e r l u s c o n i era d a t e m p o e n t r a t o nella p r o p r i e t à d ' u n a sonnecchiante Telemilano, che doveva t r a s m e t t e r e via cavo e che lo fece servendo i residenti di Milano 2 (le sinergie son o state s e m p r e u n o dei pallini d e l Cavaliere). Poco p i ù 45
d ' u n a l l e t t a n t e optional p e r chi s'era c o m p r a t a la casa n e l quartiere modello di Berlusconi. Ma q u a n d o la Consulta squarciò l'etere Berlusconi capì che quel varco apriva p r o spettive affascinanti. Telemilano, che p r o c e d e v a a passettini stentati, p r e s e la corsa. Nell'agosto del 1979 Berlusconi ann u n c i ò ai suoi p r o d u t t o r i di pubblicità, e ai l o r o clienti, il colpo grosso: e r a stato a r r u o l a t o Mike B o n g i o r n o , c h e d a allora in poi fu la calamita e il simbolo della televisione berlusconiana. Il p r e s e n t a t o r e italo-americano, robot ripetitivo ma infallibile del quiz e della televendita, era alla RAI un p r o feta d ' i m m e n s o successo ma - l a m e n t a v a - s o t t o v a l u t a t o , t r a t t a t o un p o ' con la p u z z a sotto il n a s o da chi aveva velleità intellettuali, e o l t r e t u t t o s o t t o p a g a t o . In Berlusconi il profeta trovò il suo p r o d i g o Allah. N o n si sarebbero mai più lasciati. N o n tutti gli scippi d e l Cavaliere i n d a n n o della R A I a v r a n n o e g u a l e successo. C o n P i p p o B a u d o l'intesa d u r ò poco, con Raffaella C a r r à n o n molto. Ma l'irruzione del Cavaliere in un u n i v e r s o televisivo che d o r m i v a il s o n n o dell'ingiusto fu u n a b o m b a : c o m e la sua i r r u z i o n e nell'universo calcistico. Il Cavaliere voleva c o m p r a r e il meglio, a qualsiasi prezzo. I c o m p e n s i s ' i m p e n n a r o n o : e s ' i m p e n n a r o n o i costi p e r la R A I , che fino ad allora s'era p o t u t a p e r m e t t e r e il lusso di ingaggiare a basso prezzo i p e r s o n a g g i diventati «divi» (e «dive») grazie all'effetto d'ingigantimento, della p o p o larità e della b r a v u r a , che il piccolo s c h e r m o d e t e r m i n a v a . La R A I dava la celebrità, ma poteva toglierla: e d u n q u e ammoniva le sue star ad accontentarsi di (relativamente) pochi soldi, dato che p o t e v a n o fare a s s e g n a m e n t o su vantaggi collaterali e n o r m i : serate, presentazioni, m a g a r i film. Ne aveva i n t e r p r e t a t o q u a l c u n o , ahilui!, p e r f i n o Mike B o n g i o r n o . C o n la sua c a m p a g n a acquisti Berlusconi distrusse un sistema. Il sottobosco dello spettacolo gliene deve essere i m m e n samente grato. Sciantosette la cui sorte sarebbe stata, in altri t e m p i , quella di r e c i t a r e in varietà di provincia, p r e t e s e r o contratti che E l e o n o r a D u s e n o n aveva mai osato s o g n a r e , 46
comici d ' a v a n s p e t t a c o l o i n a l b e r a r o n o p r e t e s e c h e a Salvo R a n d o n e n o n e r a n o mai passate p e r la testa. Ma a n c h e p e r un altro e più i m p o r t a n t e aspetto il ciclone Berlusconi fu sconvolgente. N e s s u n o p u ò negargli la capacità di c a p t a r e e a p p a g a r e i gusti della «ggente», p e r stare al gergo di S a n d r o Curzi e di Funari. Ma la «ggente», diciamolo con franchezza, n o n vuole m e r c e culturale di p r i ma qualità: quel tanto o quel poco che i mezzi di comunicazione r i e s c o n o a p r o p i n a r g l i e n e d e v ' e s s e r e infiltrato t r a i quiz, i casi familiari s t r a p p a s o r r i s i o s t r a p p a l a c r i m e , il var i e t à , le c a n z o n i di S a n r e m o , il s e n s a z i o n a l i s m o g r a n g u i gnolesco, le risse o r c h e s t r a t e . F i n c h é ebbe il m o n o p o l i o la R A I , i n t r a n s i g e n t e nella soggezione politica, p o t è fare qualche concessione alla cultura: o c o m u n q u e a p r o g r a m m i realizzati senza l'ossessione dell'audience. Q u e s t e concessioni il Cavaliere, con la sua Tv commerciale, n o n le aveva in m e n te: e la R A I dovette misurarle col contagocce, p e r n o n essere sopraffatta. Il livello dei p r o g r a m m i si è abbassato e involg a r i t o , i n n o m e del p o p o l o i t a l i a n o . N o n è t u t t a colpa d i Berlusconi. Un f e n o m e n o analogo d e t e r i o r e r à i quotidiani, inclusi i migliori: r e n d e n d o l i in larga m i s u r a succubi della televisione p e g g i o r e . Al suo e s o r d i o n e l l ' i m p r e n d i t o r i a televisiva B e r l u s c o n i n o n aveva a l c u n a p r o p e n s i o n e p e r i notiziari giornalistici. Li riteneva costosi e - p e r u n o c o m e lui che stava a g g r a p p a to a Craxi, ma n o n poteva trascurare, nella sua navigazione senza la bussola di n o r m e precise, altri agganci politici - anche rischiosi. Telemilano era diventata Canale 5: u n ' e m i t t e n t e che ormai svettava sulle altre private ma che n o n p e r questo poteva n u t r i r e ambizioni - o piuttosto i n d u r r e sospetti - di m o nopolio. Il giro di boa avvenne nei primi a n n i Ottanta. Edilio Rusconi, che nel settore della presse du coeur aveva il colosso Gente, rivale del rizzoliano Oggi, e che nel settore dei settimanali p e t t e g o l i p o t e v a c o n t a r e su Eva Express, aveva i n t u i t o p e r t e m p o le p o t e n z i a l i t à della televisione. S'era 47
mosso con p r u d e n z a e sagacia p r i m a inserendosi nell'ambito locale, poi v a r a n d o Italia 1 c h e d i v e n n e o p e r a t i v a il 3 g e n n a i o del 1982. I risultati economici n o n furono disastrosi, ma Rusconi verificò presto, inoltrandosi su quel t e r r e n o , q u a n t o i m p e g n o - organizzativo e finanziario - esso richiedesse. Aveva in m e n t e u n a televisione c h e a p p o g g i a s s e le sue pubblicazioni, e rischiava di trovarsi alle p r e s e con un Moloch che, se l'impresa falliva, le a v r e b b e divorate. S'era a t t e n u t o allo stesso criterio p r u d e n t e q u a n d o e r a stata ventilata u n a sua p a r t e c i p a z i o n e all'acquisto del Corriere della Sera, che e r a pericolante. «Io sono un pesce sano cui viene p r o p o s t o di m a n g i a r e un pesce molto più grosso, e marcio» aveva sentenziato, così s p i e g a n d o i motivi del rifiuto. Lo impauriva a n c h e la corsa al rialzo che Berlusconi aveva ingaggiato sul m e r c a t o della fiction televisiva. Sta di fatto che intavolò trattative con Rete 4, l'emittente della M o n d a d o r i che e r a n a t a quasi c o n t e m p o r a n e a m e n t e alla sua, e c h e aveva propositi di g r a n d e z z a p r o p o r z i o n a t i al prestigio e alla storia gloriosa della casa editrice. C o m ' è nello stile degli aristocratici, la M o n d a d o r i n o n aveva fretta. Berlusconi si fece vivo, con u n o dei suoi caratteristici blitz, offrendo a Rusconi, s u l l ' u n g h i a , t r e n t a d u e m i l i a r d i . A m e n o d i u n a n n o dalla nascita, Italia 1 era sua. Sul c o m e e dove il Cavaliere abbia p o t u t o r e p e r i r e quel mucchio di miliardi si è molto discettato, e si c o n t i n u e r à a discettare. Chi p e n s a a m a n o v r e bancarie di favore, e a complessi e n o n limpidi giri valutari, contin u e r à a p e n s a r l o . A noi basta d ' a v e r a c c e n n a t o ai ventilati r e t r o s c e n a d ' u n a o p e r a z i o n e t a n t o f u l m i n e a q u a n t o sorp r e n d e n t e : m a u n p o ' m e n o s o r p r e n d e n t e s e s i p e n s a che ne è stato artefice chi s c i o r i n e r à quasi v e n t i m i l i a r d i «in bianco», svalutati finché si vuole (e si sospetta ve ne fossero altri «in nero»), p e r assicurare il calciatore Lentini al Milan. Persa Italia 1, la M o n d a d o r i stava p e r p e r d e r e n o n solo Rete 4, ma se stessa. Il suo n e t w o r k e r a o r m a i un vaso di coccio stretto tra la R A I e Berlusconi. Q u a l c h e vistoso e r r o r e nell'acquisto di p r o g r a m m i contribuì senza d u b b i o al disa48
stro: gli incursori del Cavaliere avevano invece b u o n naso, oltre che m a n d a t i senza limiti di spesa. Dallas e r a p a s s a t a p e r u n b u o n n u m e r o d i p u n t a t e sulla R A I senza suscitare particolare interesse, e Canale 5 ne fece un successo travolg e n t e . Per c e n t o t r e n t a c i n q u e m i l i a r d i (valgono a n c h e i n questo caso gli interrogativi suscitati dall'acquisizione di Italia 1) Rete 4 fu conquistata dal Cavaliere: che in q u e i mesi s ' i m p a d r o n ì - a c o m p l e t a m e n t o di quest'offensiva travolg e n t e - del settimanale Tv Sorrisi e Canzoni. Dai m u r i degli studi e degli uffici fino alle pagine del periodico che n a r r a va le m e m o r a b i l i gesta di cavalieri e d a m e d e l video, la realtà televisiva gli a p p a r t e n e v a . Nel 1983 il m o n o p o l i o privato di Berlusconi era evidente, ma pochi avvertirono il pericolo. Tanti t i r a r o n o invece un sospiro di sollievo p e r c h é la M o n d a d o r i e r a salva. V i n c e n z o Vita, r e s p o n s a b i l e del P D S p e r l'informazione, ha detto (ricaviamo la citazione dal libro di Paolo M a d r o n sul Cavaliere): « Q u a n d o Berlusconi prese Rete 4 n o n ci fu la consapevolezza di ciò che stava diventand o . Anzi la sinistra, n o n afferrandone la portata, banalizzò il f e n o m e n o e finì p e r sposare in loto u n a pregiudiziale difesa della Tv pubblica». P r o p r i o questa miopia b e n i n t e n z i o n a t a ispirò l'atteggiam e n t o di chi - ci m e t t i a m o nel n u m e r o - si o p p o s e allora a u n a c a m p a g n a contro il Cavaliere e a q u a n t i p e r combatterlo, glorificavano la R A I : i m p r e s a ingrata negli a n n i in cui u n a classe politica che forse n o n aveva tutti i demeriti di cui viene o r a caricata, ma che era corrotta e dilapidatrice, si affacciava g i o r n o e sera dai teleschermi R A I , rivendicando il diritto d ' u s a r n e a suo p i a c i m e n t o ; e g r e m i v a gli organici della televisione pubblica di r a c c o m a n d a t i politici tra i quali n o n m a n c a v a n o , i n t e n d i a m o c i , professionisti eccellenti. Ma il p u n t o n o n è q u e s t o . Il p u n t o è c h e Berlusconi p o t è atteggiarsi a d i f e n s o r e d e i diritti dei singoli cittadini c o n t r o la p r o t e r v i a d e l r e g i m e . Si librava nell'illegalità, o a l m e n o in un vuoto legale e istituzionale, ma rivendicava un principio più alto delle n o r m e , la libertà. 49
S a p p i a m o c h e u n s a n t o n e l P a r a d i s o del p o t e r e l'aveva a n c h e lui, e che santo: Bettino Craxi, d i v e n u t o a m e t à degli a n n i O t t a n t a Presidente del Consiglio, e capace d'interventi e d'arbitri impensabili in altri. Il 16 ottobre 1984 i p r e t o r i di R o m a , Torino e Pescara o r d i n a r o n o l'oscuramento delle ret i Fininvest. L a c l a m o r o s a m i s u r a , d e b i t a m e n t e m o t i v a t a , aveva inequivocabili risvolti politici, e autorizzò più d ' u n o a p e n s a r e - nella g i u n g l a delle leggi, o dell'assenza di leggi, con un corollario di cavilli a n o n finire - che i p r e t o r i fossero p r e v e n u t i , o faziosi. Craxi, r e d u c e da un viaggio a L o n d r a , convocò f u l m i n e a m e n t e il Consiglio dei ministri e dispose p e r d e c r e t o la riaccensione delle e m i t t e n t i a b b u i a t e . S e n o n c h é il 28 n o v e m b r e il decreto fu bocciato dalla C a m e ra. Altro o s c u r a m e n t o , a l t r o d e c r e t o , e la C a m e r a q u e s t a volta d i e d e la luce v e r d e . Si m o r m o r ò c h e De Mita avesse o t t e n u t o , in cambio del salvataggio di Berlusconi, un m a g gior controllo della R A I , e i missini di Giorgio A l m i r a n t e un q u a l c h e spazio nell'informazione televisiva. Solo nel 1990, c o n la legge M a m m ì (così c h i a m a t a dal n o m e del m i n i s t r o r e p u b b l i c a n o delle Poste c h e ne p o r t a v a la responsabilità) u n a r e g o l a m e n t a z i o n e si sostituì al Far West dell'etere. Prop r i o sulla M a m m ì le c o r r e n t i d e m o c r i s t i a n e e r a n o arrivate ai ferri corti. La sinistra - che n o n ne voleva s a p e r e - votò p e r disciplina di p a r t i t o in favore della legge, ma ritirò dal governo, p r e s i e d u t o da A n d r e o t t i - che era alla sesta incarnazione c o m e Presidente del Consiglio - i suoi cinque ministri: Martinazzoli (Difesa), Misasi (Mezzogiorno), Fracanzani (Partecipazioni statali), Mattarella (Istruzione), M a n n i n o (Agricoltura). N o n è un caso che d u e dei dissidenti d'allora, Martinazzoli e Mattarella, si siano p o i ritrovati in p r i m a lin e a a c o m b a t t e r e c o n t r o il C a v a l i e r e e n t r a t o in politica, m e n t r e M a n n i n o è finito in galera p e r sospetto di mafia. Ancora u n a volta Berlusconi piagnucolò, in assoluta malafede, p e r le r i n u n c e terribili che la M a m m ì gli i m p o n e v a . Se voleva c o n s e r v a r e le sue tre reti i m p o r t a n t i doveva liberarsi sia del Giornale (lo passò al fratello Paolo) sia di Telepiù (cessio50
ne q u e s t a contestata) p e r le sue modalità, in sede giudiziaria. Per la M a m m ì , c o m e era accaduto p e r Italia 1 e Rete 4, gli avversari del Cavaliere t a r d a r o n o ad accorgersi che aveva vinto lui. Giornalisti cui n e s s u n o p u ò a d d e b i t a r e peccati di filoberlusconismo, c o m e E u g e n i o Scalfari, c o m m e n t a r o no positivamente la n u o v a legislazione. Q u e s t a i m p r e v i d e n za ha u n a spiegazione ovvia: le conseguenze a b e r r a n t i della M a m m ì e b b e r o p i e n a evidenza solo q u a n d o il Cavaliere div e n n e capopartito. Ci a s t e n i a m o dal s e g u i r e passo passo l ' e s p a n s i o n e dell'impero berlusconiano - Standa, assicurazioni, reti televisive all'estero - e il parallelo i n g i g a n t i m e n t o d e i suoi debiti verso le b a n c h e , tale da metterlo, secondo economisti autorevoli, alla m e r c é delle b a n c h e stesse. Ci soffermeremo p i ù avanti sulle inchieste che h a n n o collegato e s p o n e n t i di primissimo p i a n o dello stato m a g g i o r e di Arcore alla mafia, al riciclaggio di d e n a r o s p o r c o e altro. L'uomo suscita, p e r il suo e s s e r e eccessivo, s e n t i m e n t i eccessivi. Q u a l c u n o , a cominciare da lui, c r e d e v e r a m e n t e che sia l'«unto del Signore», altri lo v e d e implicato in g r a n p a r t e delle n e f a n d e z z e d'Italia. Meglio stare al sodo: e alla guerriglia tra Berlusconi e la P r o c u r a di Milano della quale ci o c c u p e r e m o , con la necessaria ampiezza. Tuttavia un capitolo del r o m a n z o di questo g i o v a n e p o v e r o - o q u a s i p o v e r o - c h e e n t r a n e l club esclusivo degli ultfaricchi esige un qualche m a g g i o r e i n d u gio: è il capitolo r i g u a r d a n t e la conquista della M o n d a d o r i . S'è visto che nelle sorti della casa editrice Berlusconi aveva avuto u n a p a r t e di p r i m o p i a n o con l'acquisto di Rete 4. L ' o p e r a z i o n e aveva salvato il colosso di S e g r a t e dal crollo. Era, rimesso in sesto, un colosso che faceva gola. Su di esso s'erano a p p u n t a t i gli s g u a r d i concupiscenti di Berlusconi e di Carlo De Benedetti, d u e u o m i n i antitetici p e r i casi della vita m a a n c h e p e r f o r m a z i o n e , p e r i n d o l e , p e r c o m p o r t a menti. L'ingegner De Benedetti e r a tanto riservato e freddo q u a n t o Berlusconi era estroverso e i n t e m p e r a n t e : un finanziere, appassionato di m a n o v r e borsistiche, giuocatore tena51
ce ma n o n s e m p r e vincente sulla i m m e n s a scacchiera delle transazioni internazionali, stratega controverso delle g u e r r e p e r accaparrarsi m a g g i o r a n z e e m i n o r a n z e . Q u e s t e g u e r r e sono c o m b a t t u t e di solito da coalizioni, le a r m a t e di cui ogni alleato d i s p o n e si c h i a m a n o pacchetti d'azioni. N o n ci invischieremo nei distinguo - che p u r e condizion a r o n o la vicenda M o n d a d o r i - tra azioni o r d i n a r i e e azioni privilegiate, tra assemblee o r d i n a r i e e assemblee s t r a o r d i n a r i e . Basterà dire che la famiglia M o n d a d o r i e r a lacerata, e c h e l'oscillare di a l c u n i dei suoi c o m p o n e n t i t r a l ' u n o e l'altro competitore, nella lotta p e r il controllo della casa editrice, creò incertezza e d e t e r m i n ò colpi di scena. Nel 1988 p a r v e che Berlusconi avesse p e r s o la partita, nel 1990 semb r ò che l'avesse vinta, ma così n o n era. L'uomo di Arcore e l ' u o m o di Ivrea - De Benedetti era l'azionista di riferimento della Olivetti - mobilitarono falangi d'avvocati e si scagliarono vicendevoli e i n n u m e r e v o l i frecciate sotto forma d'azioni g i u d i z i a r i e . «Il risultato» ha o s s e r v a t o Paolo M a d r o n - «è che l a M o n d a d o r i diventa u n caso nazionale t a n t o p i ù a p passionante q u a n t o più aggrovigliato e incapace di t r o v a r e un b a n d o l o » . Berlusconi s'insediava a Segrate, q u a n d o un p r o v v e d i m e n t o della m a g i s t r a t u r a gli dava r a g i o n e (s'affrettava a m a n d a r e fiori alle impiegate, un tocco da charmeur) e doveva sloggiare q u a n d o u n altro p r o v v e d i m e n t o gli dava torto. Gli industriali tifavano p e r l'uno o p e r l'altro schieram e n t o , tifavano i q u o t i d i a n i e i p e r i o d i c i - la Repubblica e EEspresso, che avevano in De B e n e d e t t i il loro e d i t o r e , erano con E u g e n i o Scalfari al suo fianco - tifavano infine i p a r titi. Il Cavaliere aveva la simpatia dei democristiani m o d e rati e dei socialisti, flagellati dal q u o t i d i a n o di Scalfari, De Benedetti aveva la simpatia dei comunisti. Ci si appellò, p e r u n a m e d i a z i o n e , a G i u s e p p e C i a r r a p i c o , s u l t a n o delle acq u e minerali, che s'installò a Milano p e r trovare un t e r r e n o d'intesa t r a l ' I n g e g n e r e e il Cavaliere: e l'intesa fu trovata - forse più p e r la logica delle cose che p e r l'abilità del sensale in u n a spartizione salomonica. De B e n e d e t t i r i n u n c i a v a al 52
suo p r o g e t t o , ossia alla fusione tra la M o n d a d o r i e il g r u p p o . Repubblica-Espresso: ma di questo g r u p p o manteneva la p r o p r i e t à . La M o n d a d o r i , con Panorama, Epoca e le altre sue pubblicazioni, e r a invece del Cavaliere. B e r l u s c o n i , rassegnatosi ad a b b i n a r e l'informazione all'intrattenimento, aveva i suoi telegiornali - l'uno affidato al c a m p i o n e di b r a v u r a e d'equilibrismo Enrico M e n t a n a , un s e c o n d o p o s t o nelle m a n i di Emilio Fede a d o r a n t e fino al grottesco, un terzo d a t o a Paolo Liguori che fu in gioventù il c o n t e s t a t o r e sessantottino «Straccio» e adesso sventola la b a n d i e r a di Forza Italia - q u a n d o Yancien regime fece crac e i p o t e n t i C r a x i , A n d r e o t t i e Forlani i m b o c c a r o n o , c o n t a n t i altri, lo scivolo c h e p o r t a v a d r i t t o alle aule d e i T r i b u n a l i . B e r l u s c o n i n o n si stanca di r i p e t e r e che il suo i n g r e s s o in politica è stato d e t e r m i n a t o dalla volontà d'evitare all'Italia u n r e g i m e «comunista»: a l l u d e n d o , con q u e s t ' a p p e l l a t i v o , n o n a Bertinotti e Cossutta - cui calza a p e n n e l l o - ma al P D S e a c h i u n q u e gli si sia alleato e gli si allei. La politica - e la n a t u r a u m a n a - sono complesse, e n o n vogliamo escludere c h e u n a s p i n t a ideologica d i q u e s t o tipo abbia influito sul Cavaliere, cui la vicinanza di Craxi avrebbe d o v u t o p i u t t o sto ispirare t e n d e n z e progressiste, se n o n altro di facciata: e c o m u n q u e l o n t a n e dai furori d ' u n a destra esasperata. D o b b i a m o tuttavia p r e n d e r e i n considerazione, p e r n o n s e m b r a r e c a n d i d i fino alla d a b b e n a g g i n e , altri fattori. A quel p u n t o Graxi n o n r a p p r e s e n t a v a più nulla - anche se lo r a p p r e s e n t a v a con inesausta g r i n t a - ; della D C e r a sopravvissuta al diluvio solo la sinistra, che del Cavaliere era nemica giurata; M a m m ì aveva lasciato il c a m p o e con lui i funzionari ministeriali che alla legge sulle televisioni avevano dato u n a s t r u t t u r a tecnica t r o v a n d o poi rifugio e lauti c o m p e n s i in Fininvest; le elezioni c o m u n a l i lasciavano p r e s a g i r e u n a vittoria della sinistra. E la sinistra, che p e r bocca di Occhetto parlava di «gioiosa macchina da guerra» in vista delle p o litiche, n o n nascondeva i propositi punitivi - e in q u a l c u n o vendicativi - c h e covava c o n t r o B e r l u s c o n i . La Fininvest 53
schiacciata dai debiti - p e r alleggerire i quali e r a stato chiam a t o al suo capezzale di azienda malata lo specialista della lesina Tato - e r a esposta a u n collasso finanziario e a temibili r a p p r e s a g l i e politiche. Senza voler p e n s a r m a l e a tutti i costi, bisogna p u r t e n e r conto di questi elementi - già se n'è accennato - nel valutare le mosse di Berlusconi c o m e u o m o n u o v o della politica, c o m e c a n d i d a t o , c o m e P r e s i d e n t e d e l Consiglio, d o p o il passaggio del suo Rubicone.
CAPITOLO
QUARTO
LA DESTRA «SDOGANATA»
Alla sfida di Berlusconi g r a n p a r t e del m o n d o politico, e degli a m b i e n t i intellettuali, reagì con un misto di fastidio e di disprezzo. I toni enfatici del Messia che annunciava un n u o vo miracolo italiano - esentasse o quasi - e legittimavano insofferenze e obbiezioni. Ma si preferì insistere sull'inconsistenza ideologica e sulla fatuità spettacolare del personaggio piuttosto che esaminare l'essenza delle sue p r o p o s t e o piuttosto delle sue promesse, e le possibilità che esse avevano d'esercitare un p o t e n t e richiamo sull'elettorato. Il Cavaliere veniva sbrigativamente liquidato c o m e «uomo di plastica», «faccia di gomma», «Re fustino», «ragazzo coccodè», profeta d ' u n «peronismo elettronico» che faceva leva sulla p e g g i o r e subcultura italiana. Questa offensiva che n o n si curava d ' o p p o r re a r g o m e n t i e suggestioni più validi e più allettanti a quelli di Berlusconi, ma preferiva r i d u r l o a simbolo della m e d i o crità i m p e r v e r s a n t e , peccava di p r e s u n z i o n e : p e r c h é distingueva gli informati e i p r e p a r a t i dalla plebe che, plagiata da imbonitori televisivi, era p r o n t a a consegnarsi all'imbonitore m a s s i m o , a p p u n t o Silvio. C o n u n ' o p e r a z i o n e perfetta n e l suo a u t o l e s i o n i s m o elettorale, gli avversari del Cavaliere spiegarono che i gusti e le simpatie dei molti milioni d'italiani incollati al televisore e r a n o spregevoli, e il loro quoziente d'intelligenza infimo. Segni affettava indifferenza verso le impostazioni del Cavaliere: «Può darsi che la pensi come m e , ma n o n conosco le s u e idee p e r c h é mi i n t e r e s s a n o poco». D'Alema a n d a v a giù d u r o : «Berlusconi è mal consigliato dai suoi d o t t o r S t r a n a m o r e di provincia. Meglio che stia fermo, tanto p r e n d e r e b b e pochi voti. N o n siamo mica in Brasile». 55
Gli stessi c h e i m p u t a v a n o a Berlusconi di voler c o n q u i s t a r e il p o p o l i n o u s a n d o il s e m p l i c i s m o d e m a g o g i c o d e i suoi slogans e la p o t e n z a u b r i a c a n t e delle sue televisioni, agg i u n g e v a n o d u n q u e che il p o p o l i n o n o n si sarebbe lasciato i n f i n o c c h i a r e . N o n è c h e lo d i c e s s e r o s o l t a n t o : ne e r a n o convinti. La tesi v e n n e confortata da q u a l c h e s o n d a g g i o del g e n n a i o 1994. Il C I R M - citato c o n gioia d a l T g 3 - d a v a a Forza Italia il 6 p e r c e n t o d e i c o n s e n s i . W a l t e r V e l t r o n i c o m m e n t ò c h e , i n b a s e a i criteri A u d i t e l , e r a u n r i s u l t a t o «da seconda serata», e Rosy Bindi p r o n o s t i c ò un tre a u n o in favore della L e g a , se avesse d u e l l a t o c o n il C a v a l i e r e . M a r t i n a z z o l i , c h e t u t t a v i a avvertiva u n ' i n q u i e t u d i n e a n n u n c i a n t e sfracelli, bocciava B e r l u s c o n i . « H a u n p e n s i e r o imbecille.» Indifferente allo scetticismo degli osservatori più qualificati, B e r l u s c o n i p e r s e g u i v a i n t a n t o la sua o p e r a z i o n e seg u e n d o d u e direttrici: da u n a p a r t e metteva a p u n t o , con la sua metodicità e il suo perfezionismo ossessivi, l'organizzazione di Forza Italia, dall'altra cercava alleati. Poteva sperare di trovarli in t r e aree politiche (ove si escludano i radicali - o riformisti - del bizzarro Pannella, del resto p r o n t i ad affiancarglisi): gli ex d e m o c r i s t i a n i (Segni, Martinazzoli e compagnia); la Lega; il Movimento sociale italiano. Ci siamo già o c c u p a t i dell'intesa S e g n i - M a r o n i , e della sua quasi i m m e d i a t a d e n u n c i a d a p a r t e d i U m b e r t o Bossi: dal che e r a stata o l t r e m o d o agevolata l'entrata in c a m p o di Berlusconi. S'è visto che se il patto Segni-Maroni n o n fosse stato r i p u d i a t o da Bossi, l'avrebbe p r o b a b i l m e n t e r i p u d i a t o , p r e s t o o tardi, Martinazzoli il cui n e o n a t o - o rinato - Partito p o p o l a r e italiano aveva avuto il suo battesimo ufficiale all'Eur il 18 g e n n a i o (1994). L'infante ebbe sùbito, c o m e accadeva nei r o m a n z i alla Zévaco o alla Carolina Invernizio, un gemello nemico, il C e n t r o cristiano democratico. Stessa data di nascita, destini diversi. I d i a d o c h i d e l l ' i m p e r o d e m o cristiano si moltiplicavano, d a n d o evidenza e forma di p a r tito alle c o r r e n t i che all'ombra dello scudo crociato avevano 56
s e m p r e rissato, t r o v a n d o u n c o m u n e d e n o m i n a t o r e nella gestione del p o t e r e : finché il p o t e r e c'era stato. I tre moschettieri della f r o n d a a n t i m a r t i n a z z o l i a n a raccolta nel C e n t r o cristiano d e m o c r a t i c o - p i ù u n a m o s c h e t t e r à c h e p e r l'eleganza i n a p p u n t a b i l e p u ò b e n essere definita un Aramis in gonnella - e r a n o Pier F e r d i n a n d o Casini, C l e m e n t e Mastella, Francesco D'Onofrio, O m b r e t t a Fumagalli Carulli. Q u e s t i f o n d a t o r i d ' u n p a r t i t o i n e d i t o e r a n o tutti, in realtà, dei discendenti: Casini veniva dai forlaniani, Mastella dai demitiani, D'Onofrio dai cossighiani, O m b r e t t a dagli a n d r e o t t i a n i . Li aveva u n i t i la p r e o c c u p a z i o n e p e r la linea c h e Martinazzoli c o m e s e g r e t a r i o della D C seguiva, e gliene avevano a p e r t a m e n t e parlato nel d i c e m b r e del 1993. E r a n o convinti che l'avvocato di Brescia lavorasse «per un g o v e r n o Prodi o un Ciampi bis aperti a sinistra»: ipotesi che r i p u d i a v a n o . La l a c e r a z i o n e e r a p r o f o n d a , e fu i n v o c a t o , p e r sanarla, l'intervento di Cossiga che, s t a n d o a u n a testim o n i a n z a di Casini, a n d ò a t r o v a r e Martinazzoli a Brescia per proporgli di guidare uno schieramento moderato da o p p o r r e al cartello d e i p r o g r e s s i s t i . «Al r i t o r n o ci dice di aver ascoltato m o l t e belle p a r o l e ma di aver constatato c h e la differenza c h e ci s e p a r a è incolmabile.» Filosofo q u a n t o Buttiglione, e p r o b a b i l m e n t e filosofo p i ù autentico di Buttiglione, Martinazzoli o s s e r v e r à c h e «la r o t t u r a si c o n s u m a p i ù p e r la forza degli eventi che p e r u n a decisione meditata c o n serenità e fermezza»: a g g i u n g e n d o poi, con p r a g m a t i smo l o m b a r d o : «In ogni caso è Berlusconi il d e m i u r g o della scissione. N o n ci fosse la sua zattera p r o n t a a raccogliere i naufraghi, n e s s u n o si b u t t e r e b b e dalla nave». Ma la zattera e r a a d i s p o s i z i o n e , e così i c a t t o m o d e r a t i (come q u a l c u n o volle chiamarli in antitesi ai cattocomunisti) v a r a r o n o la loro formazione. Q u e s t ' a n n e s s i o n e d ' u n a s c h e g g i a della d e f u n t a D C e r a p e r a l t r o poca cosa p e r il Cavaliere: il grosso nucleo residuo delle t r u p p e d e m o c r i s t i a n e r i m a n e v a agli o r d i n i di Martinazzoli, che gratificava Berlusconi d ' u n a istintiva e ironica 57
a n t i p a t i a . O c c o r r e v a n o b e n altre a r m i p e r f r o n t e g g i a r e l a gioiosa macchina da g u e r r a di Akel Occhetto. E r a n o peraltro, quelle disponibili, a r m i a d o p p i o taglio, difficili da imp u g n a r e . Lo e r a la L e g a , p e r gli u m o r i concorrenziali e la scontrosità turbolenta del suo leader U m b e r t o Bossi. Lo era il Movimento sociale italiano p e r la patina fascistoide c h e da decenni l'avvolgeva, p e r gli impulsi nostalgici che alitavano, a n c h e con scioccanti manifestazioni esteriori, in molti dei suoi militanti, p e r lo statalismo di fondo, p e r il meridionalis m o . L a r i p u l s a d ' o g n i a v v i c i n a m e n t o a l M S I e r a stata u n a costante - spesso venata d'ipocrisia - della vita pubblica italiana. L'infrangere q u e s t o p a t t o , che s e c o n d o i p u r i s t i dell'antifascismo e r a scritto nella Carta costituzionale, garantiva a chi avesse osato farlo un assedio p o l e m i c o di p r i m a grandezza. Su quell'ostacolo era m a l a m e n t e inciampato, nel 1960, F e r n a n d o T a m b r o n i . Ma Berlusconi n o n aveva scamp o : quelli e r a n o gli unici alleati possibili, e doveva assicurarseli. A ogni costo. Fu chiaro già all'inizio che Bossi s a r e b b e stato p e r Berlusconi un c o m p a g n o di strada da incubo. C o n d a n n a t i a stare insieme p e r vincere le elezioni, i d u e c a m m i n a v a n o di c o n s e r v a m a s e m p r e c o n l a m a n o alla pistola, c o m e certi ceffi da w e s t e r n . Della s u a i n s o f f e r e n z a p e r il C a v a l i e r e , Bossi n o n faceva certo mistero. Q u e l figurino in blazer blu o d o p p i o p e t t o scuro gli stava sullo stomaco p e r motivi u m a n i e p e r motivi politici. Berlusconi e r a un «arrivato», il miliard a r i o che q u a n d o apriva bocca n o n m a n c a v a mai di vantare il suo essersi fatto da sé. L'opposto, da q u e s t o p u n t o di vista, d ' u n senatur che p r i m a d ' a p p r o d a r e alla politica n o n aveva mai concluso g r a n che d i b u o n o , e d e r a r i m a s t o u n i r r e g o l a r e della società, incapace d'adattarsi a ritmi o r d i n a ti. Ma Bossi aveva un ideale autentico, il federalismo, e sentiva c h e i virtuosi ideali di B e r l u s c o n i e r a n o , a p a r a g o n e del suo, improvvisati e o p p o r t u n i s t i c i . P e r ò sfondavano. Il Cavaliere p r e s t a t o alla politica e r a balzato al p r o s c e n i o come p r o t a g o n i s t a , e i s o n d a g g i a t t e s t a v a n o , in successione 58
s p i e t a t a , c h e Forza Italia falciava l'erba sui p r a t i n o r d i s t i della Lega. Un calcolo t e r r a t e r r a aveva convinto Bossi che Forza Italia e r a indispensabile p e r assicurargli u n a p r e s e n z a massiccia in P a r l a m e n t o , e che la Fininvest e r a necessaria p e r la p r o p a g a n d a elettorale: ma la sua innata diffidenza lo metteva in g u a r d i a c o n t r o lo s t r a p o t e r e del p o t e n z i a l e alleato. Buttatosi nell'arena nazionale - e forse era stato un i r r e p a rabile e r r o r e - Bossi doveva o r m a i adattarsi ai giuochetti di quella politique politicienne c o n t r o cui s'era battuto. Un itiner a r i o , o un Calvario, c h e lo i n d u r r à ad a p p o g g i a r e - lui il lumbard - quel g o v e r n o dei tecnici di L a m b e r t o Dini c h e è stato la q u i n t e s s e n z a della b u r o c r a z i a e d e l l ' a c c a d e m i s m o r o m a n o c e n t r i c o . Il sì al m a t r i m o n i o d e l C a r r o c c i o col Biscione fu, si p u ò b e n e i m m a g i n a r l o , sofferto: v e n n e p r o n u n ciato il 5 febbraio (1994), in occasione del congresso leghista, dal palco del Palacongressi bolognese. «All'alleanza» disse Bossi «chiediamo di e s p r i m e r e un m e c c a n i s m o e u n a fig u r a g a r a n t i della m e d i a z i o n e t r a N o r d e S u d . E q u e s t a funzione noi la individuiamo in Forza Italia e in Silvio Berlusconi.» Ma il patto fu c o r r e d a t o da tre solenni «mai!». «Noi siamo quelli che c o n t i n u a n o la lotta di liberazione fatta dai p a r t i g i a n i traditi dalla partitocrazia. Il N o r d è antifascista, mai al g o v e r n o c o n la porcilaia fascista, mai c o n i n i p o t i n i del Duce. Mai!» La platea che a Bologna acclamava Bossi festeggiò con assai m a g g i o r calore il professor Gianfranco Miglio, o r m a i a p p a r t a t o e quasi e m a r g i n a t o , c h e in f u t u r o si accoderà a Berlusconi ma che intanto gli assestava u n a batt u t a al vetriolo: «Berlusconi? Va b e n i s s i m o . Ai cafoni d e l S u d piacerà tanto questo riccone che sa far t i n t i n n a r e c o m e n e s s u n o i suoi soldi, g u a d a g n a t i n o n i m p o r t a come». L o zoccolo d u r o della Lega n o n poteva soffrire Berlusconi, ma ancor m e n o poteva soffrire le sinistre. Walter Vitali, sindaco pidiessino di Bologna e r a stato accolto, q u a n d o aveva p o r tato il suo saluto ai lumbard, da insulti il più e d u c a t o dei quali e r a «comunista di merda». L'intesa contrattuale tra Berlu59
sconi e Bossi p r e v e d e v a che nelle aree dove il Carroccio e r a forte la m a g g i o r a n z a dei candidati c o m u n i fosse scelta tra le file della L e g a (il c h e a v v e n n e ) . Bossi s'illudeva c h e « u n a volta in P a r l a m e n t o quelli là, i berluscones, raccattati col sistema dei provini, finiranno p e r seguirci c o m e cagnolini». Profezia sballata, al p a r i di tante altre del senatur. La destra, che p e r d e c e n n i e r a stata bollata c o m e neofascista - p e r alcuni aspetti lo e r a - e che c o m e tale aveva subito la g h e t t i z z a z i o n e politica e c u l t u r a l e , r a p p r e s e n t a v a u n ' a l t r a i n d i s p e n s a b i l e r u o t a p e r il c a r r o - c h e n o n e r a il C a r r o c c i o - su cui B e r l u s c o n i s p e r a v a di c e l e b r a r e il suo trionfo. Segretario del M S I era Gianfranco Fini, n a t o a Bolog n a il 3 g e n n a i o 1952 (in quello stesso g i o r n o , nel 1925, Mussolini aveva trasformato il r e g i m e fascista in dittatura). Un emiliano che, c o n t r a v v e n e n d o alle tipologie consolidate, è controllato, calcolatore, capace di p e s a r e le p a r o l e : t a n t o da far sospettare che alcune affermazioni i m p r u d e n t i - come la qualifica, attribuita a Mussolini, di più g r a n d e statista italiano del secolo - siano state da lui fatte d e l i b e r a t a m e n t e , a scopi interni di partito. La sua p r i m a matrice ideologica Fini l'aveva ricevuta in famiglia. Il n o m e , G i a n f r a n c o , gli e r a stato d a t o a r i c o r d o d ' u n p a r e n t e «disperso» (il c o r p o n o n fu mai ritrovato) d u r a n t e la m a t t a n z a che in E m i l i a - R o m a g n a seguì la Liberazione. A Bologna aveva frequentato gli ambienti di e s t r e m a destra, e c o n t i n u ò a frequentarli a R o m a q u a n d o il p a d r e , funzionario d ' u n a c o m p a g n i a petrolifera, vi si trasferì. Era un «dottorino» a n o m a l o t r a i b o r g a t a r i missini, abituati a subire il carisma piuttosto becero di T e o d o r o B u o n t e m p o , detto er pecora p e r la capigliatura lanosa. Fini ne p r e se e ne diede a n c h e lui, nel furoreggiare d ' u n a rissa p e r e n ne - che p e r i «neri» aveva a volte il carattere dell'accerchiam e n t o - tra destra e sinistra. S'era presto messo in luce, nelle sezioni missine, fino ad essere p r e s o in simpatia da Giorgio Almirante, capo del p a r t i t o p e r u n a q u a r a n t i n a d ' a n n i : e p r o p r i o Almirante lo designò a suo successore. La poltro60
na di Fini, fu insidiata da Pino Rauti, leader del neofascismo populista e intransigente, che p e r qualche t e m p o riuscì p e r fino a soppiantarlo. Ma fu u n a breve parentesi. Nel 1991 Fini e r a di n u o v o saldo in sella, c o m e segretario. In sella, p e r intenderci, ad un partito malridotto e senza g r a n d i prospettive. Il rilancio v e n n e dal crollo del consociativismo antifascista che aveva s e m p r e t e n u t o il M S I in un cono d ' o m b r a semilegale: e v e n n e a n c h e da un lento processo di defascistizzazione del M S I che Fini avviò e che fu agevolato dai riconoscimenti elargitigli, in quel p e r i o d o , dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Fini n o n e r a un innovatore. Si staccava con fatica dal solco nostalgico, e si a d a t t a v a c o n t r o v o g l i a al n u o v o sistema elettorale. Fu infatti un avversario risoluto del passaggio dal p r o p o r z i o n a l e al maggioritario: un e r r o r e vistoso, che tuttavia gli costò assai m e n o di q u a n t o si sarebbe p o t u t o temer e . A n c h e l'idea d ' u n rassemblement di d e s t r a , c h e t r o v e r à realizzazione in Alleanza n a z i o n a l e , n o n fu farina del s u o sacco. L'aveva lanciata il professor D o m e n i c o Fisichella, l'aveva avallata G i u s e p p e Tatarella ( u n missino m o d e r a t o di s t a m p o d o r o t e o ) , l'aveva poi p r o p a g a n d a t a , su llltalìa settimanale, Marcello Veneziani, intellettuale di d e s t r a refrattario ad ortodossie partitiche. Veneziani p e n s a v a a u n ' i n t e s a t r a il M S I e la L e g a . Se q u e s t o s e m e n o n d i e d e frutti, o ne d i e d e di tosco, l'altro di Alleanza nazionale, cui Fini aveva d a p p r i m a riservato u n a circospetta neutralità, fece in seguito molta strada, c o m e s a p p i a m o . Convertito all'audace diseg n o , Fini profetizzò «una g r a n d e alleanza n a z i o n a l e n o n ideologica, priva di qualsiasi nostalgia restauratrice, a p e r t a alla società civile, in sintonia con i g r a n d i valori della cultura occidentale». Nel tessere la sua tela elettorale, Berlusconi si p r e m u r ò d ' e s p r i m e r e a Fini - con cui in p r e c e d e n z a n o n aveva avuto r a p p o r t i diretti - la sua p r e o c c u p a z i o n e p e r u n a possibile vittoria delle sinistre. Il M o v i m e n t o sociale italiano in fase di m u t a z i o n e era anch'esso in ansia, p e r la situazione rischiosa 61
di c h i u n q u e corresse da solitario, e p e r un i n c o m b e n t e eccessivo a n c o r a g g i o al p r o f o n d o s u d del p a r t i t o . « I n c o n t r a i Berlusconi ad Arcore» ha raccontato Fini «e n a c q u e l'ipotesi d ' u n cartello nazionale c o m p r e n d e n t e Forza Italia, Alleanza nazionale e la Lega N o r d . Ma Bossi si oppose... I suoi attacchi nei nostri confronti e r a n o così d u r i che un giorno a n d a i a trovarlo p e r chiedergliene ragione. Sul veto a un'alleanza g e n e r a l e Bossi fu i r r e m o v i b i l e , e lì si manifestò la g r a n d e capacità di B e r l u s c o n i di fare da c e r n i e r a t r a i d u e movim e n t i che si trovavano molto lontani tra loro.» N a c q u e a q u e l p u n t o il ménage à trois in cui B e r l u s c o n i era un m a r i t o p r o n t o a dividersi tra u n a moglie e u n ' a m a n te: a n c h e se n o n è b e n chiaro a chi, tra Bossi e Fini, toccasse la p a r t e della moglie e a chi quella dell'amante. Forza Italia fu l'anello di c o n g i u n z i o n e tra il Polo delle libertà - a n o r d e il Polo del b u o n g o v e r n o nel c e n t r o s u d . Era u n a coalizione m a l e assortita: ma e r a a n c h e l'unica, a d e s t r a , c h e in q u e l m o m e n t o avesse probabilità di vittoria. Per paradosso, p r o p r i o il sistema maggioritario che a Fini n o n piaceva costrinse Berlusconi a c h i e d e r n e e o t t e n e r n e l ' a p p o g g i o , «sdoganando» la destra e i m m e t t e n d o l a n o n solo nel circuito politico ma a n c h e in quello governativo. Affiorarono poi nella m a n o v r a - p e r il suo p r a g m a t i s m o s t r u m e n t a l e - aspetti strani, al limite del grottesco. Berlusconi doveva r i n u n c i a r e ad ogni collegamento con Fini in tutto il n o r d , in Toscana e nelle M a r c h e : ne derivò che in quelle a r e e Alleanza nazionale c o r r e s s e isolata, d i s p u t a n d o voti al Polo delle libertà. Per di p i ù Pannella si c a n d i d e r à d e p u t a t o , a R o m a , c o n t r o Fini. Ci voleva altro, tuttavia, p e r scoraggiare un elettorato m o d e r a t o che si trovava di fronte a un pasticciaccio, ma anche a u n a realtà di solare evidenza: il c e n t r o d e s t r a aveva un vero leader; che n o n si p r o p o n e v a u n i c a m e n t e di vincere, si p r o p o n e v a di g o v e r n a r e , in p r i m a p e r s o n a . Fini p o t e v a dirsi un m i r a c o l a t o della televisione. Aveva tutte le qualità che occorrevano, alla testa d ' u n partito c o m e il suo, p e r c o n q u i s t a r e p o p o l a r i t à e cattivarsi simpatie. I n 62
tanto era giovane: il che r a p p r e s e n t a v a u n a rivoluzione cop e r n i c a n a in un M S I che e r a stato retto a l u n g o dallo stesso segretario, A l m i r a n t e , capace e simpatico ma d a t a t o , e che e r a visto c o m e u n ' a g g r e g a z i o n e d ' a r t e r i o s c l e r o t i c i r e d u c i della Repubblica sociale e di giovinastri violenti e incolti. Poi Fini ha un linguaggio che è politico ma comprensibile, e un c o m p o r t a m e n t o , davanti alle telecamere, che d e n o t a e n e r gia, calma, razionalità. Il suo sorriso n o n è precisamente caloroso - basta il Cavaliere, al r i g u a r d o - qualche r a r o scatto u m o r a l e fa sospettare, sotto i m o d i da abatino, pulsioni represse. Ma è meglio, alla distanza, del messianico Berlusconi, meglio dell'emotivo O c c h e t t o . Destituito il quale d o v r à e n t r a r e in scena, con l'autorità d ' u n c a p o , Massimo D'Ale ma p e r c h é Fini abbia, sul piccolo schermo, un avversario all'altezza della sua freddezza. Ad Achille Occhetto molto p u ò essere r i m p r o v e r a t o , ma n o n la freddezza. Si c o m m u o v e , si a r r a b b i a sul serio - n o n p e r esigenze di copione - c e d e con facilità all'entusiasmo e alla d e p r e s s i o n e . D o p o che O c c h e t t o fu sconfìtto nelle elezioni politiche d e l m a r z o 1994 - e p o i nelle « e u r o p e e » di g i u g n o - ci si avventò su di lui con un accanimento assai simile alla ferocia. Lo fece soprattutto la sinistra, che n o n aveva digerito gli smacchi, ed esigeva un c a p r o espiatorio. «Occ h e t t o è l ' u o m o c h e tutti v o r r e b b e r o a v e r e c o m e n e m i c o della p o r t a accanto» fu d e t t o . Martinazzoli, i m p r e s s i o n a t o dai m e l o d r a m m a t i c i slanci occhettiani l'aveva trafitto, c o m e f a u n e n t o m o l o g o , c o n u n a definizione c r u d e l e : « S e m b r a un librettista verdiano». Michele Serra gli d e d i c h e r à un epig r a m m a : «Ho visto Occhetto, fiero e convinto / che ripeteva ho vinto, ho vinto!». Q u e s t a velenosa valutazione del person a g g i o n o n gli r e n d e giustizia. M e n t r e si a p p r o s s i m a v a la p r o v a decisiva di fine m a r z o 1994, O c c h e t t o e r a alla testa d ' u n partito forte: l'unico, tra quelli che avevano d o m i n a t o la scena nel d o p o g u e r r a , ancora in g r a d o di tenerla da p r o tagonista. Aveva a v u t o il c o r a g g i o di c a m b i a r e un n o m e e un simbolo che p e r milioni d'italiani e r a n o stati oggetto di 63
culto, aveva affrontato lo scisma di Rifondazione, aveva subito e in qualche m o d o s u p e r a t o , alla sua m a n i e r a enfatica, volubile e un p o ' p i a g n o n a , le implicazioni in Tangentopoli, aveva vinto le a m m i n i s t r a t i v e in quasi t u t t e le g r a n d i città. Perfino l'abilità con cui aveva salvaguardato il P D S dalle peggiori c o n s e g u e n z e della pulizia giudiziaria è diventata, nell'ottica dei critici, un difetto. E scritto in 1994 - Colpo grosso: «Era riuscito a s c a m p a r e al processo al r e g i m e , n o n o s t a n t e l ' e v i d e n t e c o r r e i t à del suo p a r t i t o , n o n foss'altro c h e p e r o m e s s a o p p o s i z i o n e . E n e l sottrarsi allo s g u a r d o m a l i g n o della g e n t e , finalmente posato sui capi politici, Achille Occ h e t t o è stato d a v v e r o un c a m p i o n e . P e r s o n a g g i o sferico, u o m o che rotola e scivola via, senza lasciare i m m a g i n i alle quali attaccare un ricordo». L'uomo che con notevole abilità m a n o v r i e r a aveva p o r t a to il P C I fin sotto le f r o n d e r a s s i c u r a n t i della Q u e r c i a p o t è p i ù tardi d i r e , p e t r o l i n i a n a m e n t e , che a lui l'avevano rovinato le «comunali» del 1993. T r o p p i successi, p e r le sinistre. U n ' o n d a t a che a molti - e a n c h e a lui - p a r v e irresistibile. Il «centro», p e n s a r o n o in tanti, e r a stato u n a c r e a t u r a del passato, adesso il d u e l l o v e r o e r a t r a progressisti e d e s t r e : e a Roma, Napoli, Torino, Genova, P a l e r m o s'era visto da quale p a r t e p e n d e s s e la bilancia, q u a n d o al d u e l l o si a r r i v a v a . M e n t r e Berlusconi metteva insieme la sua triplice a r m a t a , nella coalizione progressista di Occhetto e n t r a r o n o i cristiano sociali di E r m a n n o C o r r i e r i , e s t r e m a frangia cattocomunista dell'ex D C , e i borghesi elitari di Alleanza democratica. A D , la formazione di F e r d i n a n d o A d o r n a t o , del m a g i s t r a t o Ayala, del sindaco di R o m a Rutelli, era stata creata p e r convogliare verso lo s c h i e r a m e n t o progressista il ceto m e d i o ill u m i n a t o , e capace di resistere alla grezza suggestione berIusconiana. C o n il P D S , con i cristiano sociali, con Alleanza democratica, con la Rete, e inoltre con i Verdi di Mattioli e con i resti socialisti di O t t a v i a n o Del T u r c o veniva allestito un c o n t e n i t o r e in g r a d o di accogliere c h i u n q u e , t r a n n e l'estrema destra da u n a p a r t e e Rifondazione dall'altra. 64
Lo schema, teoricamente perfetto, zoppicava e fallì. Fallì, in p r i m o l u o g o , p e r c h é il P D S , nello sforzo d'accattivarsi quanti più m o d e r a t i possibile, forma le coalizioni, anzi ne è la forza d o m i n a n t e , ma si vede costretto a indicare u o m i n i n o n suoi c h e le g u i d i n o . Veniva fatto il n o m e di C i a m p i - degnissima p e r s o n a , ma la q u i n t e s s e n z a dell'aristocrazia b a n c a r i a e della b o r g h e s i a salottiera - c o m e c a n d i d a t o dei progressisti a Palazzo Chigi: e in s u b o r d i n e il n o m e del p r o fessor Spaventa, inglese nei m o d i e nei contatti pubblici come a p o c h i inglesi riesce d'essere. L'elettore progressista in p o t e n z a sapeva p e r quale s c h i e r a m e n t o avrebbe votato, ma n o n p e r quale capo del g o v e r n o , e questa nel maggioritario è u n a debolezza. In s e c o n d o l u o g o lo s c h e m a zoppicava e fallì p e r c h é la b o r g h e s i a intellettuale « i m p e g n a t a » e r a già a p p a n n a g g i o del P D S , e p e r c h é l'antico c e n t r o mercantile e c o n s e r v a t o r e , c h e in b u o n a p a r t e e r a accorso sotto le b a n d i e r e della L e g a , o r a si riconosceva p r e v a l e n t e m e n t e in Berlusconi. Il Cavaliere aveva afferrato un concetto insieme semplice e difficile da assimilare: q u a n d o si formino d u e p o li c o n t r a p p o s t i il centro, che è l'area più affollata dell'elettor a t o , s i dissolve c o m e s c h i e r a m e n t o a u t o n o m o m a d e c i d e ancora. Là dove va il c e n t r o è la vittoria. Le amministrative di g i u g n o e di n o v e m b r e avevano contribuito, con i loro risultati s o r p r e n d e n t i , a c o n f o n d e r e le i d e e : c h e a v r e b b e r o presto riacquistato chiarezza. In quei mesi di gennaio e febbraio del 1994 la differenza t r a lo stato d ' a n i m o di B e r l u s c o n i e quello d ' O c c h e t t o e r a che Berlusconi faceva l'ottimista, Occhetto lo era. Mai s'era visto, nella storia di Paesi la cui vita politica sia fondata sui partiti, il successo d ' u n a f o r m a z i o n e raccogliticcia c r e a t a e m a n d a t a allo sbaraglio nell'imminenza del voto, e la sconfìtta d ' u n a coalizione, i m p e r n i a t a sul p i ù solido e organizzato d e i partiti italiani, c h e p o c h i mesi p r i m a aveva d i m o s t r a t o di d o m i n a r e le piazze e le u r n e . Ma restava, a frenare i p r e m a t u r i entusiasmi progressisti, u n dato del p a n o r a m a politico italiano consolidato al p u n t o da a p p a r i r e pressoché im65
mutabile: la sinistra p u ò contare all'incirca sul 40 p e r cento dei voti, il centro, il c e n t r o d e s t r a e la destra sul restante 60 p e r cento. Di regola nelle o r e della verità il centro p e n d e a destra, n o n a sinistra. Solo un malessere sociale di entità sismica p o t e v a a l t e r a r e questi m e c c a n i s m i . Poiché p e r o g n i cosa c'è u n a p r i m a volta, O c c h e t t o n o n aveva t u t t i i torti q u a n d o pronosticava che la p r i m a volta d ' u n a sinistra vincente insieme al centro fosse a p o r t a t a di m a n o . Il p r o b l e m a informazione, che era p i ù esplicitamente il p r o b l e m a dello s t r a p o t e r e televisivo di Berlusconi, aleggiò insistente su quella vigilia e l e t t o r a l e : ma aleggiò m e n o di q u a n t o , con il s e n n o di poi, si p o t r e b b e s u p p o r r e . O piuttosto r i m a s e n e l l ' a m b i t o degli a r g o m e n t i p r o p a g a n d i s t i c i , e n o n fu messo sul t a p p e t o c o m e pregiudiziale la cui soluzione condizionasse il n o r m a l e svolgimento del voto. L ' a r r o g a n z a d i Sua E m i t t e n z a , l ' a n o m a l i a d ' u n g r a n d e i m p r e n d i t o r e della comunicazione che entrava in politica, i rischi c h e d a u n a vittoria del Cavaliere s a r e b b e r o derivati p e r il pluralismo e p e r la libertà, furono temi ricorrenti nel r e p e r t o r i o polemico della c a m p a g n a . Ma considerati - al di là delle e n u n c i a z i o n i verbali - m e n o decisivi di q u a n t o sia a c c a d u t o un a n n o d o p o p e r la par condicio, l'antitrust, lo scorporo della Fininvest. Delle «regole», e d ' u n a loro precisa d e t e r m i n a z i o n e , ci si p r e o c c u p a v a sì, ma senza d r a m m a tizzare. N e s s u n o , a sinistra, avanzò allora con p e r e n t o r i e t à l'esigenza d ' u n a riforma del sistema televisivo prima c h e si andasse alle u r n e , anzi: i progressisti avevano chiesto che le u r n e fossero a p e r t e al più presto. Q u e s t a n o n c u r a n z a - che e r a a n c h e i m p r e v i d e n z a - ha alcune ovvie spiegazioni. La p r i m a è che i progressisti avevano la certezza di vincere: e s e n t e n d o il vento in p o p p a , tem e v a n o che con il trascorrere del t e m p o il vento stesso cambiasse direzione. Poi consideravano amica la RAI dei «professori», capace d u n q u e di fare da efficace antidoto agli eccessi della Fininvest: e di farlo s o m m a n d o s i ai toni d ' u n a g r a n d e s t a m p a n o n i n d u l g e n t e verso B e r l u s c o n i . Infine, d o p o l a 66
vittoria p r o s s i m a v e n t u r a s a r e b b e stato facile far v a r a r e riforme di loro g r a d i m e n t o da u n a C a m e r a e da un Senato riconosciuti c o m e legittimi, anziché dalla C a m e r a e dal Senato che T a n g e n t o p o l i aveva consegnato al libro n e r o della storia. Così B e r l u s c o n i m a r c i ò verso il 27 m a r z o alla testa del suo i m p e r o televisivo - a n c h e se f o r m a l m e n t e ne aveva c e d u t o le r e d i n i a Fedele Confalonieri - e p o t è strillare al linciaggio q u a n d o i progressisti, p r o s t r a t i e incattiviti dalla sconfitta, invocarono un limite al suo s p a d r o n e g g i a r e nell'etere. L'irruzione d i B e r l u s c o n i n e l l ' a r e n a politica d e t e r m i n ò d u r a n t e la c a m p a g n a e l e t t o r a l e p e r le politiche del 27-28 m a r z o u n f e n o m e n o singolare, che d u r ò n o n solo q u a n d o Berlusconi fu a Palazzo Chigi, ma a n c h e d o p o che ne fu defenestrato: gli avversari a n c o r più che gli amici e gli alleati 10 d e s i g n a r o n o p r i m ' a t t o r e della recita politica. Il Cavaliere d i v e n n e la p i e t r a di p a r a g o n e d ' o g n i valutazione. O si e r a con lui o si era c o n t r o di lui, esisteva un protagonista e m a n cavano gli antagonisti. Perfino la demonizzazione di Berlusconi contribuiva a innalzare il suo piedestallo. Le p r o p o s t e d e i progressisti, c a u t e e s e n s a t e , s o m i g l i a v a n o t r o p p o al b u o n s e n s o parolaio della vecchia classe politica. Ha osservato Gianni Staterà: «Gli sforzi di Visco, Spaventa e Cavazzuti p e r m e t t e r e a p u n t o un p r o g r a m m a dei progressisti si esauriscono nella generica asserzione dell'esigenza di c o n i u g a r e 11 m e r c a t o con la solidarietà, il r i s a n a m e n t o del bilancio dello Stato con la salvaguardia del Welfare Stale, la semplificazione (non r i d u z i o n e ) delle tasse con un q u a l c h e sostegno alle famiglie... Le issues mobilitanti d i v e n t a n o quelle di Forza Italia. Per pasticciate che siano, le p r o p o s t e di Berlusconi s o n o , c o m u n q u e , le sole sul t a p p e t o , o a l m e n o così s o n o percepite, e i progressisti si b u t t a n o a testa bassa nel contestarle, demolirle, irriderle, senza riuscire a far capire la p r e senza di possibili alternative». Berlusconi, il politico senza esperienza autoproclamatosi leader d ' u n m o v i m e n t o senza storia e senza v e r a ideologia 67
g i g a n t e g g i a v a a n c h e grazie alla z e l a n t e ed efficace a z i o n e dei suoi avversari. Era, nel b e n e e nel male, al centro del dibattito: che a lui e quasi solo a lui si riferiva a n c h e q u a n d o n o n c'era (non c'era quasi mai, a l m e n o in televisione, p e r ché temeva e con r a g i o n e visto il suo t e m p e r a m e n t o , le improvvisazioni, le contestazioni maliziose, la dialettica sperim e n t a t a di q u a l c h e c o n t r a d d i t t o r e : preferiva i messaggi oracolari). L ' o m b r a di B e r l u s c o n i p l a n a v a su t u t t o , il s u o f a n t a s m a e r a evocato senza t r e g u a . L a m a g i s t r a t u r a d a v a u n a m a n o , o a d d i r i t t u r a d u e , p e r t e n e r e il Cavaliere sotto la luce dei riflettori. In quell'inizio del 1994 le vicende politic h e d i B e r l u s c o n i c o m i n c i a r o n o a d intrecciarsi f i t t a m e n t e con quelle giudiziarie: e c o n t i n u e r a n n o ad intrecciarsi, d o po d'allora, in u n a matassa o r m a i inestricabile.
CAPITOLO Q U I N T O
LA GRANDE P U R G A
C h i aveva s u p p o s t o c h e l'azione d e l pool di «mani pulite», d e t e r m i n a n t e p e r la c a d u t a della P r i m a R e p u b b l i c a , fosse i n i n f l u e n t e p e r i destini della S e c o n d a , e r a stato p e s s i m o profeta: e lo si vide p r e s t o . La vita d e i p o p o l i e degli Stati n o n a m m e t t e c e s u r e n e t t e t r a i suoi vari p e r i o d i n e p p u r e q u a n d o , tra u n o e l'altro, si sia abbattuta p e r separarli la lama della ghigliottina. I Talleyrand n o n m a n c a n o mai. In Italia la «rivoluzione» era stata attuata p e r via giudiziaria, con le p r o c e d u r e e s t e n u a n t i della n o r m a l i t à : il che aveva d a t o largo spazio a riciclaggi d ' o g n i g e n e r e e consentiva, sotto il s e g n o del c a m b i a m e n t o , q u o t i d i a n i trionfi del «continuismo». Quasi tutti i protagonisti e m e r g e n t i o superstiti - t r a n n e , tra gli i m p o r t a n t i , il solo Bossi - a v e v a n o a s c e n d e n z e e a v e v a n o a v u t o a d e r e n z e nel r e g i m e travolto d a T a n g e n t o poli. Q u e s t a c o n s i d e r a z i o n e vale con p a r t i c o l a r e e v i d e n z a p e r i leaders che r i p r o p o n e v a n o la dirigenza, le idee, qualche volta i simboli di partiti ufficialmente defunti: c o m e il P D S e il P P I . Ma vale anche p e r la n e o n a t a Forza Italia e p e r il suo capo Silvio Berlusconi. Nella politica militante Berlusconi ci si era messo, lo sappiamo, da pochissimo: ma con la politica fiancheggiatrice aveva avuto - a n c h e q u e s t o lo s a p p i a m o l u n g a e attiva c o n s u e t u d i n e . Il suo p a s s a t o di g r a n d e imp r e n d i t o r e amico dei potenti, e di un p o t e n t e in particolare, lo sollevava da ogni diretta responsabilità p e r i guasti p e r p e trati dai P a r l a m e n t i e dai g o v e r n i italiani d u r a n t e d e c e n n i : ma lo inseriva a p i e n o titolo nel contesto di favori e di c o r r u zione che aveva caratterizzato la Prima Repubblica. In situazione a n a l o g a si t r o v a v a n o altri g r u p p i finanziari o i n d u 69
striali, e il pool milanese ne dava p u n t u a l e c o n f e r m a . Ma il solo Berlusconi aveva scelto di d a r e la scalata al p o t e r e politico. C o n ciò stesso ogni indagine, inchiesta e p r o v v e d i m e n to giudiziario che lo r i g u a r d a s s e esorbitava dall'ambito dei Palazzacci e d i v e n t a v a un «caso», e a volte u n o s c a n d a l o , squisitamente politico. Dal giorno in cui Berlusconi ha deciso di r o m p e r e gli i n d u g i e di c a m b i a r mestiere, c o n v e r t e n dosi a quello di c a p o p o p o l o , fino al m o m e n t o in cui queste pagine v a n n o in stampa, l'intreccio perverso e indissolubile tra vicende politiche e vicende giudiziarie ha pesato sulla vita pubblica italiana, complicandola e inquinandola. In principio fu Mario Chiesa, che nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, alias Baggina, faceva il bello e il cattivo temp o , e che fu colto in flagrante m e n t r e intascava u n a m i n i mazzetta: mini, a l m e n o se raffrontata ad altre che via via sar e b b e r o v e n u t e in luce. D o p o Chiesa la p i e n a di T a n g e n t o poli fu i n a r r e s t a b i l e e, p e r la p a r t i t o c r a z i a e g e m o n e d ' u n t e m p o , distruttrice. Il g r u p p o di magistrati che nella Procura m i l a n e s e agiva sotto la g u i d a di Francesco Saverio Borrelli, e c h e aveva in A n t o n i o Di Pietro la sua star (reso tale dai riflettori dei mezzi d'informazione) p r o c e d e v a c o m e un rullo c o m p r e s s o r e : schiacciando sul suo c a m m i n o p e r s o n a g gi che a l u n g o avevano g o d u t o di u n a sostanziale impunità, e che reagivano secondo la loro indole più o m e n o bellicosa. Tutti p e r ò l a m e n t a v a n o la c r u d e z z a inquisitoria c o n cui Di Pietro - cuor di poliziotto in toga di magistrato - conduceva le sue indagini: e lasciavano i n t e n d e r e che la scarcerazione degli arrestati d i p e n d e v a dalla loro disponibilità a confessar e , e a coinvolgere altri corrotti e c o r r u t t o r i . Questi appelli al g a r a n t i s m o n o n trovavano alcuna eco nell'opinione p u b blica: che assisteva invece compiaciuta, p l a u d e n t e e i r r i d e n te al crollo di notabili di p a r t i t o e di boiardi di Stato. Il pool sembrava, visto dall'esterno, u n a formazione molt o solida. Perse u n p e z z o , m a e r a u n pezzo m i n o r e e n o n coeso, q u a n d o Tiziana Parenti detta Titti la Rossa (per il colore dei capelli, n o n certo p e r le p r e f e r e n z e politiche) se ne 70
staccò, l a m e n t a n d o u n a t t e g g i a m e n t o r i g u a r d o s o verso l a sinistra che t r o p p o contrastava, s e c o n d o lei, con la severità delle inchieste avviate in altre direzioni. Tiziana Parenti a p p r o d ò poi ai lidi di Forza Italia, p r e s e n t a n d o s i c a n d i d a t a e v e n e n d o eletta nelle sue file: il che autorizzò maliziose letture della sua ribellione. Ma il n u c l e o forte della s q u a d r a di B o r r e l l i n o n m o s t r a v a i n c r i n a t u r e . E r a n o t o c h e i P m del pool avevano o r i e n t a m e n t i ideologici - in senso lato - diversi: e che m e n t r e Borrelli stesso, e il suo vice D'Ambrosio e il sostituto G h e r a r d o Colombo e r a n o grosso modo associati alla sinistra, Di Pietro e Davigo e r a n o dei m o d e r a t i . Al di là di queste diversità - del resto tutt'altro che n e t t e - i magistrati della P r o c u r a d i Milano trovavano u n c o m u n e d e n o m i n a t o re sia nella leale i n t r a n s i g e n z a con cui affrontavano le inchieste c h e t u t t e i n s i e m e e r a n o u n colossale p r o c e s s o alla classe politica detronizzata, sia nella certezza che la pulizia p u b b l i c a fosse p i ù i m p o r t a n t e dei sofismi legali. E q u e s t a un'ottica che c o m p o r t a dei rischi: p r i m o fra tutti quello che l ' i n q u i r e n t e , s e n t e n d o s i investito d ' u n a missione in difesa della società, ignori o minimizzi diritti individuali. Il pericolo era d u n q u e reale, e n o n vogliamo escludere - nel groviglio delle i n t e r p r e t a z i o n i d o t t e - c h e in alcuni m o m e n t i q u a l c h e argine sia stato s u p e r a t o . Va tuttavia a g g i u n t o che la condotta «disinvolta» r i m p r o v e r a t a al pool rimase s e m p r e molto al di q u a e al disotto di ciò che la m a g g i o r a n z a schiacciante dei cittadini a v r e b b e p r e t e s o . R i t e n i a m o c h e -alpool d e b b a essere accreditato, t r a i tanti, a n c h e il m e r i t o d ' a v e r d a t o soddisfazione alla voglia - c h e il Paese c o r a l m e n t e e s p r i m e v a - di p u n i r e d u r a m e n t e i colpevoli della p a n t a gruelica abbuffata senza sostituire la vendetta alla giustizia, e in un ambito di sostanziale correttezza. Le valutazioni c h e i politici d a v a n o della g r a n d e p u r g a erano strumentali, e d u n q u e non di rado contraddittorie. Venivano o s a n n a t i c o m e salutari gli avvisi di g a r a n z i a c h e fioccavano sugli schieramenti avversari: e invece attribuiti a c o n g i u r e , o a m a l a n i m o , o a e r r o r i , o a spiacevole confusio71
ne t r a responsabilità p e r s o n a l i e r e s p o n s a b i l i t à di p a r t i t o , gli avvisi di garanzia ricevuti in p r o p r i o . Q u e s t ' a t t e g g i a m e n to fu m a r c a t o , p e r motivi diversi ma coincidenti, nel PDS e nella Lega. Nel PDS p e r c h é aveva s e m p r e r i v e n d i c a t o u n a sua diversità e s u p e r i o r i t à m o r a l e rispetto ai «forchettoni» democristiani e ai socialisti gaudenti; nella Lega p e r c h é n o n poteva a m m e t t e r e , p e n a u n a rovinosa p e r d i t a d ' i m m a g i n e , d'essersi c o m p o r t a t a , lei portatrice del n u o v o , come i contagiati d a l vecchio. Per d i f e n d e r s i , C r a x i aveva c h i a m a t o in causa - p e r colpe recenti o p e r colpe m e n o recenti - il PCI e il PDS: Occhetto aveva alternato, r e s p i n g e n d o o minimizzando i coinvolgimenti, le mozioni degli affetti allo sdegno. Trascinato dalla sua emotività, Occhetto fu senza d u b b i o t r o p po declamatorio. La diagnosi migliore, sui c o m p o r t a m e n t i del PCI, l'aveva data con profetico anticipo Berlinguer: «Occ o r r e a m m e t t e r e che ci distinguiamo dagli altri n o n p e r c h é n o n siamo ricorsi a finanziamenti d e p r e c a b i l i , ma p e r c h é nel ricorrervi il disinteresse dei nostri è stato assoluto». Osservava P i e r o M e l o g r a n i c h e il PCI aveva p r o v v i d a m e n t e creato, p e r i suoi fini, «una rete di a m m i n i s t r a t o r i straordinari composta da funzionari di secondo piano, p r o p r i o allo scopo di p r o t e g g e r la segreteria nazionale, gli a m m i n i s t r a tori o r d i n a r i e q u i n d i il partito stesso dagli scandali e dalle eventuali i n d a g i n i della m a g i s t r a t u r a » . P r i m o G r e g a n t i , il « c o m p a g n o G» rimasto stoicamente in cella senza d i r e u n a sola p a r o l a c h e c o m p r o m e t t e s s e il PDS è il p i ù famoso t r a questi capri espiatori. Lo stesso O c c h e t t o , nel suo libro-intervista II sentimento e la ragione ha d e t t o cose a s s e n n a t e su Tangentopoli: « Q u a n d o in un sistema democratico fondato sull'equilibrio dei poteri, il p o t e r e legislativo e quello esecutivo sono p r o f o n d a m e n t e colpiti ed in crisi... è chiaro che il p o t e r e giudiziario a s s u m e p a t o l o g i c a m e n t e u n a funzione oggettivamente s u p e r i o r e a quella sua n a t u r a l e . E quel che è avvenuto, ed io in quel p e r i o d o ho più volte paventato che quel processo reale n o n si limitasse a m e t t e r in luce la q u e stione m o r a l e ma trascendesse in un eccesso di giustiziali72
smo». N o n a b b i a m o elementi certi p e r affermare che qualche magistrato abbia peccato d ' i n d u l g e n z a verso la sinistra, così c o m e n o n abbiamo elementi certi p e r stabilire di q u a n t i peccati d ' i n d u l g e n z a verso lestofanti democristiani e socialisti possano essersi macchiati altri magistrati. Ma è sicuro che le t r a s g r e s s i o n i c o m u n i s t e e pidiessine e r a n o m e n o facilm e n t e individuabili dal p u n t o di vista p e n a l e , e in generale più difendibili dal p u n t o di vista morale. A n c h e Bossi scivolò m a l a m e n t e p e r la «mancia» di 200 milioni che Carlo Sama, u n o dei g r a n d i elemosinieri di Tangentopoli, aveva mollato al tesoriere della Lega, Alessandro Patelli. I b a l b e t t a m e n t i difensivi di Patelli f u r o n o i n s i e m e penosi e ridicoli, e le sparate tonitruanti di Bossi - che si scagliò, con il suo linguaggio da curva sud, c o n t r o Di Pietro f u r o n o t u t t o t r a n n e c h e c o n v i n c e n t i . M a c h i u n q u e avesse un m i n i m o d'accortezza capì che lo sporadico accattonaggio leghista aveva u n a p a r e n t e l a lontana - p e r dimensioni e p e r circostanze - con la straordinaria macchina tangentizia messa a p u n t o dagli esperti della partitocrazia nazionale: e m o strata agli italiani in ogni sua singola vite, rondella e m a n o pola dalle r i p r e s e televisive del processo C u s a n i c h ' e r a cominciato davanti al T r i b u n a l e di Milano il 28 o t t o b r e 1993 ( u n a sorta di marcia su R o m a , a n c h e questa); e che o p p o s e - o p i u t t o s t o sottopose - al pubblico m i n i s t e r o A n t o n i o Di Pietro la Nomenklatura della P r i m a Repubblica. I m p u t a t o e r a Sergio Cusani, u n o sfingeo yuppie cui l'Enim o n t , ossia la colossale holding derivata dalla catastrofica fusione t r a E N I e Montedison, aveva affidato mansioni d'elargitore di tangenti. Secondo l'accusa Cusani aveva agito nello stesso t e m p o c o m e g e s t o r e d e i r a p p o r t i t r a E n i m o n t e i partiti e c o m e emissario del P S I , e di Bettino Craxi in particolare. 175 miliardi e r a n o stati e r o g a t i , c o n t r i b u e n d o allo sfascio del colosso petrolchimico. I 123 politici coinvolti nell'inchiesta - tra loro q u a t t r o ex segretari di partito e un seg r e t a r i o a n c o r a in carica, U m b e r t o Bossi - e r a n o formalm e n t e solo dei testimoni. In b u o n a sostanza sovrastavano di 73
molto - p e r responsabilità e n o t o r i e t à - il m a n e g g i o n e Cusani. Gli italiani videro in processione, nell'aula del Tribunale milanese, alcuni potenti della P r i m a Repubblica, fustigati da A n t o n i o Di Pietro: che fu il m a t t a t o r e di questa tragicommedia giudiziaria, e piacque i m m e n s a m e n t e sia p e r le sue qualità sia p e r i suoi difetti. C o m e Pm Di Pietro era rozzo, popolaresco, diretto, efficace. Le sue inflessioni dialettali molisane, il suo ricorso frequente a m o d i gergali, il suo altalenare tra la b o n o m i a di chi conosce le debolezze u m a n e e il terzo g r a d o psicologico m a n d a v a n o in solluchero i milioni di p e r s o n e che seguivano le c r o n a c h e televisive. C o n lui la giustizia n o n e r a più un r e m o t o s a n t u a r i o o r n a t o di scritte in latinorum: e r a u n a verifica di bilanci fraudolenti e di r u berie, illustrata con parole alla b u o n a , ma rafforzata da pezze d ' a p p o g g i o scritte sul computer. Un mix s o r p r e n d e n t e , e a suo m o d o affascinante, di semplicità c o n t a d i n a e di sofisticazione elettronica. A Di Pietro s'opponeva, c o m e difensore di Cusani, l'avvocato Giuliano Spazzali, che poteva v a n t a r e un passato di ribelle di sinistra, e che con la sua barbetta da p a d r e nobile e c o n il s u o a r g o m e n t a r e e l e g a n t e faceva da c o n t r a p p u n t o ai «ci azzecca» d e l P m . A r b i t r a v a la c o n t e s a - ma, lo ripetiamo, Cusani n o n e r a che un c o m p r i m a r i o della recita p r o c e s s u a l e - G i u s e p p e T a r a n t o l a , un P r e s i d e n t e del T r i b u n a l e c o r r e t t o e paziente fino alla soavità: a n c h e se il piglio i r r u e n t e di Antonio Di Pietro riuscì qualche volta a i n n e r v o s i r l o . L e t e s t i m o n i a n z e dei b o i a r d i f u r o n o fondamentali, ma i n t e r e s s a r o n o poco la g r a n d e platea televisiva: s o p r a t t u t t o se i boiardi avevano la flemma cardinalizia dell'ex p r e s i d e n t e della M o n t e d i s o n G i u s e p p e G a r o f a n o . L a gente aspettava al varco i politici, e tra loro soprattutto u n o , Bettino Craxi, che n o n t r a d ì né le attese dei suoi detrattori né quelle dei suoi pochi residui fedeli: fu battagliero, dialettico, sfrontato. Un Franti - ricordate il «cattivo» di Cuore? che suscitava perfino a m m i r a z i o n e . Craxi ribadì le sue n o t e tesi, p e r q u a n t o t e m e r a r i e p o t e s s e r o a p p a r i r e . Per s é n o n aveva p r e s o nulla e lucrato nulla. Se il suo partito aveva in74
cassato s o m m e indebite - e se lui c o m e segretario aveva consentito che le incassasse - se ne doveva d a r colpa a un sistema a d u l t e r a t o . Così avevan fatto tutti, c o m u n q u e . Il problema era politico, n o n giudiziario. Se Craxi s u p e r ò le forche c a u d i n e alla sua m a n i e r a p r o terva, A r n a l d o Forlani n e uscì d i s t r u t t o . N o n t a n t o p e r l e incerte negazioni e le imbarazzate reticenze con cui rispondeva alle contestazioni («è v e n u t o qui a dirci " n u n lu saccio, n u n lu vedo"» irrise Di Pietro nella requisitoria) q u a n t o p e r l'aria spaurita con cui sedette sul banco dei testimoni. Ness u n a i m m a g i n e del processo Cusani è rimasta impressa negli occhi e nella m e n t e degli italiani più di quella di Forlani pallido, balbettante, quasi t r e m a n t e , con d u e g r u m i di bava agli angoli della bocca. La t e l e c a m e r a è c r u d e l e , fruga nell'espressione, e così fruga anche nell'intimo. L'innocuo Forlani, provinciale i m m e r s o in un p o t e r e p e r il quale n o n aveva m a i v e r a m e n t e lottato - e s s e n d o la lotta e s t r a n e a al suo lessico e al suo t e m p e r a m e n t o - era stato ridotto in pezzi da un altro provinciale, Antonio Di Pietro. Le miserie della Prima R e p u b b l i c a f u r o n o messe a n u d o da Di P i e t r o , e dalle telecamere p i ù spietate di lui: la requisitoria elettronica che Di Pietro p r o n u n c i ò , con t a n t o di m a x i s c h e r m o in aula, nella s e c o n d a m e t à d ' a p r i l e del 1994 fu utile, anzi necessaria p e r inseguire i vorticosi giri di miliardi che il processo aveva rivelato (e d ' u n a sessantina n o n si capì b e n e d o v e fossero a n d a t i a finire): ma il q u a d r o g e n e r a l e e r a stato fissato da t e m p o . La c o n d a n n a di Sergio Cusani a otto a n n i di reclusione - prevista, e da alcuni r i t e n u t a t r o p p o m i t e - fu lo scontato corollario della straordinaria r a p p r e s e n t a z i o n e . T o r n i a m o a B e r l u s c o n i : c h e e b b e u n a p r i m a avvisaglia dei guai che l'attendevano q u a n d o n e l l ' a u t u n n o del 1993 il sostituto P r o c u r a t o r e r o m a n o Maria C o r d o v a chiese l'arresto di Carlo De Benedetti, di Gianni Letta e di A d r i a n o Galliani (sodale e socio del Cavaliere, sia negli affari sia nel Milan) p e r p r e s u n t e illegalità nella fornitura di materiali elettronici al Ministero delle Poste e nell'attribuzione delle fre75
q u e n z e televisive. I d u e stretti c o l l a b o r a t o r i di B e r l u s c o n i evitarono il carcere: n o n così Davide Giacalone (ex braccio d e s t r o dell'ex m i n i s t r o delle Poste O s c a r M a m m ì ) che alla q u e s t i o n e delle f r e q u e n z e si e r a a s s i d u a m e n t e d e d i c a t o e che, sistematole, e r a t r a s m i g r a t o dall'alveo burocratico statale a compiti di consulenza (eccellentemente pagati) p e r la Fininvest. C o m u n q u e questa p r i m a iniziativa, p u r estranea al pool milanese, n o n p r o m e t t e v a nulla di b u o n o . L'8 febbraio 1994, Paolo Berlusconi fu accusato di aver p a g a t o tangenti. Al fratello (e p r e s t a n o m e abituale) del Cavaliere e r a n o contestate le modalità d ' u n a vendita d ' i m m o bili, r i s a l e n t e a u n a d e c i n a d ' a n n i p r i m a , alla Cassa di ris p a r m i o delle p r o v i n c i e l o m b a r d e . Per q u e l l ' o p e r a z i o n e Paolo Berlusconi aveva p a g a t o , secondo gli inquirenti, u n a t a n g e n t e di novecento milioni: che e r a stata invece, sosteneva l'indagato - cui furono subito concessi gli arresti domiciliari - l'importo d ' u n a n o r m a l e e c o r r e t t a m e d i a z i o n e . N e gazione p e r e n t o r i a seguita da parziali ammissioni. L'infortunio del fratello e r a grave, p e r il Cavaliere catapultatosi in politica: egli sostenne - data la distanza di tempo d a l fatto - c h e il r i g o r e della m a g i s t r a t u r a d i p e n d e v a p r o p r i o dal suo n u o v o i m p e g n o , e dalla v o l o n t à d'ostacolarlo. Le sue p r o t e s t e - «c'è un d i s e g n o illiberale c o n t r o di noi» - s'alternavano ad espressioni di fiducia nei giudici. Le seconde tuttavia s e m p r e più sfumate e condizionate, le prime s e m p r e più vivaci. La convinzione d'essere oggetto d ' u n assedio n o n e r a d e c l a m a t o r i a . Un m a g i s t r a t o specialista in reati fiscali, M a r g h e r i t a T a d d e i , passava da t e m p o al setaccio i bilanci della Fininvest, nei cui uffici la G u a r d i a di Fin a n z a aveva o r m a i m e s s o l e t e n d e ; Aldo B r a n c h e r , u o m o del Biscione, e r a nei guai p e r sospette t a n g e n t i al ministro della Sanità Francesco De L o r e n z o e p e r mazzette ai politici di Grugliasco, d o v ' e r a sorto il c e n t r o commerciale Le G r u ; A d r i a n o Galliani, a n c o r a lui, era nel m i r i n o p e r c h é - sosteneva la P r o c u r a di Torino - aveva versato s o m m e «in nero» p e r il trasferimento dal Torino al Milan del giuocatore Gigi 76
L e n t i n i . In conclusione tre P r o c u r e - Milano, T o r i n o , Roma - e r a n o all'opera p e r scovare gli illeciti della Fininvest: che d i e d e l'impressione di giuocare d'anticipo - ma Enrico M e n t a n a h a g i u r a t o d ' a v e r soltanto diffuso u n a notizia d i cui e r a v e n u t o in possesso - il 9 m a r z o 1994: quel g i o r n o il T g 5 c o m u n i c ò a milioni d'italiani che il pool di «mani pulite» voleva l'arresto di Marcello Dell'Utri e di altri cinque indiziati p e r falso in bilancio. Marcello Dell'Utri, amministratore delegato di Publitalia, veniva al terzo posto - d o p o Silvio B e r l u s c o n i e Fedele Confalonieri - nella g e r a r c h i a del Biscione. L'informazione e r a vera, e n o n poteva venire che dal colabrodo degli uffici giudiziari: la sua p r e m a t u r a diffusione giovò in definitiva a Dell'Utri, p e r c h é bloccò la richiesta del pool d'incarcerarlo: ma fu u n a breve t r e g u a . U n a sett i m a n a p r i m a delle elezioni - fissate, lo si r i c o r d e r à , p e r il 27 e 28 m a r z o 1994 - v e n n e r o dalla Sicilia indiscrezioni e voci su contatti affaristici t r a lo stesso Marcello Dell'Utri e ambienti mafiosi. Era t r o p p o p e r Berlusconi che, p r e s a carta e p e n n a , scrisse u n a «lettera a p e r t a al P r e s i d e n t e Oscar Luigi Scalfaro» in cui d e n u n c i a v a il «complotto a tre stadi» o r d i t o a suo d a n n o con un assiduo ricorso alla «cultura del sospetto». I l 2 1 m a r z o A u g u s t o Minzolini, c r o n i s t a p a r l a m e n t a r e della Stampa conosciuto p e r la sua abilità nel c a p t a r e dichiarazioni e indiscrezioni, i n c o n t r ò nel Transatlantico di Montecitorio l'ex magistrato e d e p u t a t o pidiessino Luciano Viol a n t e , p r e s i d e n t e della c o m m i s s i o n e antimafia. U o m o d i ghiaccio, Violante - cui come magistrato e r a n o state addebitate faziosità patenti - aveva conservato stretti r a p p o r t i con gli ex colleghi: s o p r a t t u t t o , c o m ' è logico, con quelli di sinistra. Minzolini riferì, c o m e dette testualmente da Violante a p r o p o s i t o del «caso» Dell'Utri, queste frasi: «La verità è che Dell'Utri è iscritto sul registro degli i n d a g a t i della P r o c u r a di Catania, n o n di quella di Caltanissetta. E n o n si tratta di pentiti questa volta. C'è un Pm di lì, si c h i a m a M a r i n o , che sta c o n d u c e n d o u n ' i n d a g i n e di mafia su un traffico d ' a r m i e 77
s t u p e f a c e n t i . E l'inchiesta si basa n o n su d i c h i a r a z i o n i di pentiti, ma a q u a n t o p a r e su intercettazioni ambientali. La cosa poteva venire fuori già in queste settimane, ma il capo d e l l a P r o c u r a ha voluto c h e t u t t o fosse r i n v i a t o a d o p o le elezioni». Q u e s t e confidenze che p r o p a l a v a n o segreti d'ufficio (la P r o c u r a di C a t a n i a n o n s m e n t ì ) d i e d e r o al Polo u n ' o c c a s i o n e d ' o r o p e r d i c h i a r a r s i (ancora) o g g e t t o d ' u n a cospirazione. F u r o n o pretese, ed o t t e n u t e , le dimissioni dall'antimafia di Violante: che p e r a l t r o sosteneva di n o n aver detto ciò che gli era stato messo in bocca, ed aveva querelato Minzolini, fermissimo a sua volta nel r i b a d i r e la g e n u i nità dei virgolettati. Lasciata la p o l t r o n a dell'antimafia, Violante sarà p r e s t o risarcito con u n a vicepresidenza della Camera. L'ultima b o r d a t a giudiziaria a n t i b e r l u s c o n i a n a echeggiò fragorosamente l'antivigilia del voto. Maria Grazia O m b o n i , giovane Pm applicato alla P r o c u r a di Palmi - da dove il Proc u r a t o r e capo Cordova, poi passato a Napoli, aveva scatenato un'offensiva c o n t r o le logge segrete, a c q u i s e n d o elenchi di massoni d'ogni p a r t e della penisola - sguinzagliò carabinieri e agenti nelle sedi di Forza Italia p e r avere gli elenchi dei presidenti dei clubs, e sapere se tra essi vi fossero massoni. U n a m i s u r a inusitata, attuata in forma appariscente, che farà esclamare al Cavaliere: «Mi vergogno di un Paese così». Gli d i e d e u n a m a n o , nell'occasione, il P r e s i d e n t e della Repubblica. «I magistrati» disse Scalfaro «non d e b b o n o b a d a r e ai t e m p i della loro attività ma n o n d e b b o n o essere fuori dai tempi... Se si p e n s a che vi siano p e r s o n e implicate diventa diffìcile c a p i r e c h e p e r u n n u m e r o di, p o n i a m o , c e n t o o d u e c e n t o indagati si d e b b a c h i e d e r e dati su diecimila persone.» Per la verità questa successione d'infortuni era stata p e r Berlusconi, almeno stando ai sondaggi, u n a Provvidenza. Gli italiani, s e n z a fare t r o p p a differenza tra c o r r u z i o n e e c o n c u s s i o n e , r i t e n e v a n o c h e la Fininvest avesse sganciato mazzette p e r c h é tutti sganciavano; e r i t e n e v a n o inoltre che n o n fosse serio i n c a p o n i r s i su Forza Italia - u l t i m a v e n u t a 78
sul c a m p o di battaglia politico, e v e n u t a da M i l a n o - p e r scoprire quale influenza e quali a d e r e n z e avesse la mafia nei partiti e sui partiti. Il macht tra Berlusconi e la m a g i s t r a t u r a era, con q u e s t e mosse, a p p e n a agli inizi: proseguirà, alterno, p e r tutta la d u rata degli avvenimenti di cui ci occupiamo in questo libro, e ne r e g i s t r e r e m o via via le fasi. I n t a n t o c o n v e r r à d e d i c a r e qualche pagina alle sorti d ' u n personaggio che T a n g e n t o p o li ha risparmiato, nessuna scorrettezza essendo emersa a suo carico p e r il maneggio di fondi pubblici: sia che davvero n o n avesse nulla di cui r i m p r o v e r a r s i , sia che p u r a v e n d o l o gli fosse riuscito di n o n lasciare i m p r o n t e ; il che, s e c o n d o u n a convinzione diffusa, gli si addiceva perfettamente. Il p e r s o n a g g i o è, l'avete forse i n t u i t o , Giulio A n d r e o t t i , sette volte Presidente del Consiglio, i n n u m e r e v o l i volte min i s t r o , s e n a t o r e a vita: s o t t r a t t o al fango di T a n g e n t o p o l i , ma solo p e r essere i m m e r s o nel veleno delle complicità mafiose. Era trascorsa solo u n a manciata di mesi dall'epoca in cui A n d r e o t t i e r a u n a vedette indiscussa della politica, della saggistica storica, d e l l ' u m o r i s m o , del presenzialismo m o n d a n o , delle partecipazioni s t r a o r d i n a r i e a trasmissioni televisive - i suoi imitatori a v e v a n o s t r a o r d i n a r i o successo - e p e r s i n o a film. Era un chiacchierato in servizio p e r m a n e n t e : p e r talune amicizie deplorevoli - come quella con S i n d o n a -, p e r la fama equivoca c h e avvolse, fino al 12 m a r z o 1992 q u a n d o fu a m m a z z a t o , il suo l u o g o t e n e n t e in Sicilia Salvo Lima, p e r l'esercito di scheletri che si sussurrava custodisse n e i suoi a r m a d i . L a l u n g a p e r m a n e n z a a l M i n i s t e r o della Difesa gli aveva consentito di p e n e t r a r e i misteri dei servizi segreti, e di conoscerne i capi. I n s o m m a , A n d r e o t t i e r a p e r alcuni u n a simpatica canaglia, p e r altri u n a canaglia antipatica, p e r n e s s u n o u n a m a m m o l e t t a della vita pubblica. S'era a n c h e i n s i n u a t o che il giornalista Mino Pecorelli, che p u b blicava il settimanale Op (Osservatore politico), assassinato a R o m a il 20 m a r z o 1979, si apprestasse a rivelare qualcosa di c o m p r o m e t t e n t e su Andreotti: tanto che amici e a m m i r a t o r i 79
sbrigativi dello stesso A n d r e o t t i a v r e b b e r o p e n s a t o di farlo c o n t e n t o togliendo di mezzo Pecorelli. Fra le tante identità di cui q u e s t ' u o m o proteiforme poteva essere rivestito u n a sembrava assai poco credibile: quella del mafioso stabilmente e o r g a n i c a m e n t e legato alla criminalità organizzata, ai suoi riti, alle sue esigenze, ai suoi tenebrosi crimini. Midentikit del mafioso professionale n o n gli si addiceva p e r c h é Andreotti era un politico affermato, p o t e n te, sicuro delle sue clientele r o m a n e e ciociare, b e n p r i m a d ' a v e r e a g g a n c i c o n l ' a m b i e n t e siciliano. L ' i m m a g i n e d e l q u e s t u a n t e in cerca di favori che s'inchina a un Totò Riina o a un B o n t a d e n o n coincideva con la sua. Inoltre A n d r e o t t i è (diversamente da siciliani doc c o m e Lima o c o m e Mannino) un p r o d o t t o dell'Azione cattolica e delle sacrestie r o m a n e . Ci si poteva b e n figurare che avesse, tramite la sua c o r r e n t e , contatti con la mafia: n o n è schifiltoso, ha ricevuto con tutti gli onori Amin Dada, il dittatore d e l l ' U g a n d a di cui si diceva che fosse cannibale. Ma l'affiliazione in solenne e d o v u t a forma a «Cosa nostra» pareva t r o p p o . E p p u r e il P r o c u r a t o r e capo di P a l e r m o Giancarlo Caselli chiese al Senato nel m a r z o del '93 l'autorizzazione a p r o c e d e r e c o n t r o A n d r e o t t i p e r concorso in associazione mafiosa. Caselli è un intelligente e coraggioso magistrato p i e m o n t e se: coraggioso al p u n t o di c h i e d e r e l'incarico di P r o c u r a t o r e c a p o a P a l e r m o . U n p o s t o d i p r i m a linea, c h e c o m p o r t a un'esistenza professionale difficile - in un Palazzo di Giustizia n o n a caso s o p r a n n o m i n a t o "palazzo dei veleni" - e il rischio q u o t i d i a n o della vita. Q u e s t e eccezionali qualità s'acc o m p a g n a n o in Caselli a un tocco di vanità, a u n a concezione sacrale dei suoi compiti e alla tentazione di v e d e r e u n ' a g gressione in ogni legittima critica. Se ne ebbe la prova q u a n do Italia settimanale, periodico eretico di destra a scarsa diffusione, d i r e t t o d a l l ' i n n o c u o e i m p r e v e d i b i l e Marcello Veneziani, pubblicò i n o m i di p e r s o n a g g i da bocciare. Caselli e r a nel n u m e r o e t u o n ò : «Siamo all'olio di ricino, alle liste di proscrizione». Esagerato. 80
D o p o qualche esitazione, A n d r e o t t i stesso d o m a n d ò che l ' a u t o r i z z a z i o n e a p r o c e d e r e c o n t r o di lui fosse concessa. Quella p r i m a ipotesi di r e a t o indicava nel s e n a t o r e a vita il referente r o m a n o della mafia, in pratica un autorevole coll a b o r a t o r e e s t e r n o : incaricato d ' a g g i u s t a r e nella capitale, tramite le sue amicizie (e in particolare quella con il famigerato Presidente della p r i m a sezione p e n a l e della Cassazione C o r r a d o Carnevale) i processi c o n t r o boss e manovali delle eosche. C a m m i n facendo l ' i m p u t a z i o n e cambiò: n o n p i ù il concorso in associazione mafiosa, ma l'associazione mafiosa tout court. A n d r e o t t i diventava un pezzo da novanta a p i e n o titolo. Il che consentiva tra l'altro alla m a g i s t r a t u r a p a l e r m i t a n a di tenersi il processo: se si fosse trattato di referente rom a n o d e l e g a t o ad utilizzare i suoi p o t e r i governativi in fa-, vore della mafia, anziché di mafioso autentico, la c o m p e t e n za sarebbe passata alla m a g i s t r a t u r a della capitale, e forse al Tribunale dei ministri. Caselli e i suoi sostituti s'impegnaron o d u n q u e i n u n a riscrittura radicale delle v i c e n d e politic h e italiane n e l l ' u l t i m o m e z z o secolo. T u t t o c a m b i a v a se l ' u o m o che del p o t e r e e r a stato il simbolo e il c a r d i n e veniva trasferito dall'albo dei politici a quello dei criminali c o m u n i . N o n e r a sufficiente l'accertamento di o m b r e c o m p o r t a m e n tali gravi nei trascorsi di Andreotti: p e r c h é di quelle o m b r e t u t t i e r a n o a c o n o s c e n z a . Bastava c h i e d e r e in g i r o , senza svolgere alcuna particolare ricerca, p e r a v e r n e conferma. Ci voleva la dimostrazione di gesti mafiosi costituenti reato. Per o t t e n e r e questo scopo fu c r e a t a u n a task force giudiziaria e di polizia che, sul m e t r o della legge italiana, era colossale. I cronisti, che ai detti dei Procuratori si a b b e v e r a n o , registravano con fervore laudativo che tre magistrati a tempo p i e n o e decine di carabinieri e poliziotti s'erano messi al lavoro p e r trovare p r o v e c o n t r o A n d r e o t t i (nessuno in Italia si chiede mai q u a n t o un'inchiesta siffatta costi al c o n t r i b u e n te e se ne valga la p e n a ) . Fu d a t a la caccia p e r m a r e e p e r t e r r a a un vassoio d ' a r g e n t o fantasma che A n d r e o t t i avrebbe regalato tanti a n n i or sono a u n a figlia degli esattori Sal81
vo c h e si sposava: vassoio c h e p o t e v a essere tutt'al p i ù un e l e m e n t o d i c o n t o r n o , n e s s u n o e s s e n d o stato ucciso c o n quell'oggetto. La p r e s e n z a d ' u n mafioso, nipote del p a r r o c o d o n Pernice, all'inaugurazione d ' u n a n u o v a chiesa r o m a n a cui Andreotti e r a i n t e r v e n u t o , fu r i t e n u t a un essenziale elem e n t o a c c u s a t o r i o . L'intercettazione a m b i e n t a l e disposta nell'ufficio di C o r r a d o C a r n e v a l e e d u r a t a un a n n o , rivelò che il giudice a m m a z z a s e n t e n z e dava del cretino a Giovanni Falcone. Su A n d r e o t t i nulla. Ma le carte dell'intercettazione a n d a r o n o anch'esse a d i m p i n g u a r e l e n o v a n t a m i l a p a g i n e dei fascicoli. I n s o m m a , come a m m i s e con la consueta onestà il senator e p i d i e s s i n o G i o v a n n i Pellegrino, P r e s i d e n t e della C o m missione stragi, gli e l e m e n t i d'accusa r i m a s e r o alla fin fine gli stessi che il P a r l a m e n t o aveva d o v u t o e s a m i n a r e p e r conc e d e r e l'autorizzazione a p r o c e d e r e , e che allo stesso Pellegrino erano parsi tutt'altro che a prova di bomba. Perno dell'accusa restavano le dichiarazioni di d u e pentiti, Francesco M a r i n o M a n n o i a e Balduccio Di Maggio. Secondo q u e st'ultimo Andreotti, in un g i o r n o imprecisato d ' u n a n n o imprecisato, aveva visto e baciato Totò Riina nella casa dell'es a t t o r e I g n a z i o Salvo, c h e e r a agli a r r e s t i domiciliari. Per collocare t e m p o r a l m e n t e l'incontro e il bacio rimasti nel vago, gli i n q u i r e n t i si a r r o v e l l a r o n o sui viaggi di A n d r e o t t i in Siciliane finalmente s c o p r i r o n o c h e essendovi a n d a t o il 20 s e t t e m b r e 1987 p e r u n a festa d e m o c r i s t i a n a dell'Amicizia, era r i e n t r a t o in albergo a fine m a t t i n a t a e poi aveva conged a t o , fino al p o m e r i g g i o inoltrato, la scorta. Ergo, in quelle o r e Giulio e Totò avevano fraternizzato, scambiandosi p r o messe e g i u r a m e n t i mafiosi. L'associazione mafiosa è un reato o n n i c o m p r e n s i v o e generico, c h e p u ò p r e s c i n d e r e da fatti concreti, e p e r questo piace molto a chi vuole s t r u m e n t i n o n ortodossi p e r troncare i tentacoli della piovra. Piacciono e g u a l m e n t e a noi le mis u r e che c o n s e n t o n o di incastrare i mafiosi, a n c h e q u a n d o r i c o r d a n o un p o ' quelle del prefetto Mori: ma h a n n o , quel82
le m i s u r e , u n ' e l e v a t a dose di discrezionalità e p o s s o n o diventare, p e r l'accusato, u n a sorta di «legge dei sospetti» della Rivoluzione francese. Per d i m o s t r a r e d ' a v e r c o m b a t t u t o la mafia A n d r e o t t i ha r i c o r d a t o che n e l l ' i n v e r n o '90-91 un d e c r e t o voluto da lui e dal ministro della Giustizia Martelli bloccò - e ci fu chi eccepì sulla legittimità del p r o v v e d i m e n to - le scarcerazioni di alcuni boss decise da C a r n e v a l e p e r d e c o r r e n z a dei t e r m i n i . A q u e s t o rilievo si r i s p o n d e c h e il v e r o mafioso, p r o p r i o p e r n o n d e s t a r e sospetti, d e v e fare dello zelo antimafioso. Ma se A n d r e o t t i avesse invece e m a n a t o un d e c r e t o p e r s c a r c e r a r e i boss si s a r e b b e a m a g g i o r r a g i o n e affermato che era colluso con la mafia. I quintali di d o c u m e n t i che la P r o c u r a ha accumulato sono stati vagliati ai p r i m i del 1995 dal giudice p e r le indagini p r e l i m i n a r i d i P a l e r m o d o t t o r Gristina, c h e h a r i t e n u t o c o m p e t e n t e il Tribunale della sua città e valide le motivazioni della P r o c u r a . Siamo certi che Gristina abbia d e l i b e r a t o con p i e n a convinzione: ma va aggiunto che la sua situazione era sgradevole. U n a «bocciatura» dell'inchiesta gli sarebbe valsa i sospetti di tutti i mafiologi d'Italia, e l'inimicizia p e r e n n e di G i a n c a r l o Caselli e d e i suoi. Il rinvio a giudizio avrebbe invece o t t e n u t o il plauso generale, e d a t o soddisfazione ai colleghi della Procura. Un milione di p e r s o n e dotat e d i b u o n senso, p o s t e d i fronte a d u n identico d i l e m m a , avrebbero deciso c o m e Gristina ha deciso: p a s s a n d o la patata bollente al T r i b u n a l e . L'apertura del processo è stata fissata p e r il 26 s e t t e m b r e 1995: e il dibattimento, senza d u b bio l u n g o , si svolgerà n e i mesi che s e g u i r a n n o l'uscita di q u e s t o libro. S a r e m o m o l t o lieti se dal d i b a t t i m e n t o risulterà che tanta fatica investigativa n o n è servita solo a provare ciò c h e già si sapeva, ossia c h e A n d r e o t t i è un tipo da p r e n d e r e con le molle, ma precisi suoi interventi (in precise occasioni e con precise conferme) p e r modificare processi e aiutare i mafiosi. Il processo di p r i m o g r a d o d u r e r à , è stato previsto, un paio d'anni. Poi mesi e mesi p e r la motivazione della s e n t e n z a , il ricorso in A p p e l l o , infine la Cassazione, 83
chissà q u a n d o ; A n d r e o t t i s'è p r e s e n t a t o c o m e i m p u t a t o , nell'aula b u n k e r dell'Ucciardone a 76 a n n i . Q u a n t i d o v r à camp a r n e , a n c o r a , p e r s a p e r e se la Giustizia del suo Paese lo c o n d a n n a o lo assolve d e f i n i t i v a m e n t e ? Gli a u g u r i a m o di farcela. Nell'attesa n o n ci p r o n u n c i a m o : limitandoci a r i c o r d a r e un'affaire r e m o t a che con quella A n d r e o t t i ha avuto qualche p u n t o di contatto: lo scandalo Montesi. Nei p r i m i anni Cinq u a n t a Piero Piccioni - n o t o musicista e figlio dell'allora min i s t r o degli Esteri Attilio - il q u e s t o r e di R o m a F r a n c e s c o Saverio Polito e il «faccendiere» U g o M o n t a g n a f u r o n o incriminati p e r omicidio colposo: al Piccioni si a d d e b i t a v a la r e s p o n s a b i l i t à della m o r t e d ' u n a r a g a z z a r o m a n a , W i l m a Montesi, che secondo l'accusa era stata colta da m a l o r e d u r a n t e un'orgia in u n a casina di caccia di Capocotta, sul litorale r o m a n o : gli altri d u e l'avevano a i u t a t o ad occultare il crimine. Per a n n i il «caso Montesi» o c c u p ò le p r i m e p a g i n e dei quotidiani, e sconvolse la vita politica. La « m o n u m e n t a le» istruttoria fu c o n d o t t a d a l giudice Raffaele S e p e , diven u t o così p o p o l a r e che all'elezione del Presidente della Repubblica (fu Giovanni Gronchi) nel 1954 alcuni p a r l a m e n tari infilarono n e l l ' u r n a la s c h e d a con il n o m e a p p u n t o di Sepe. Questi c o n d e n s ò la «monumentale» istruttoria in u n a a l t r e t t a n t o « m o n u m e n t a l e » s e n t e n z a di rinvio a g i u d i z i o : c h e valse ad illustrare c e r t o s g r a d e v o l e sottobosco politico-burocratico e affaristico dell'Italia a n n i C i n q u a n t a , ma n o n a p r o v a r e la colpevolezza di Piero Piccioni e degli altri. Il processo fu celebrato davanti al T r i b u n a l e di Venezia. Su richiesta dello stesso Pm il T r i b u n a l e assolse gli imputati p e r n o n aver commesso il fatto (è b e n e r i c o r d a r e che esisteva a n c o r a l'assoluzione p e r insufficienza d i p r o v e ) . Q u e i «monumenti» e r a n o aria fritta: n o n e r a stato n e m m e no dimostrato che Piero Piccioni avesse mai visto in vita sua, m a g a r i al bar, Wilma Montesi.
CAPITOLO SESTO
IN PRINCIPIO FU IL LITIGIO
Le voci della ragione r i s u o n a v a n o s e m p r e più flebili a m a n o a m a n o c h e ci si avvicinava all'epilogo della c a m p a g n a elettorale. Per votare, gli italiani avrebbero avuto a disposizione d u e i n t e r i g i o r n i , d a t a la c o i n c i d e n z a del 27 m a r z o con la Pasqua ebraica i cui precetti i m p e d i v a n o ai praticanti o g n i attività che n o n fosse di carattere religioso. Per n o n mortificare la c o m u n i t à israelitica, e p e r n o n affrontare le complicazioni derivanti da u n o spostamento della data, il g o v e r n o C i a m p i deliberò di p r o l u n g a r e l ' a p e r t u r a dei seggi. Risuonavano flebili, le voci della r a g i o n e , p e r c h é la polemica aveva assunto toni da scontro epocale, e ogni schieram e n t o a n n u n c i a v a apocalittiche c o n s e g u e n z e n e l caso c h e avesse vinto lo s c h i e r a m e n t o avverso. A p r e d i c a r e la sensatezza n o n u r l a n t e e r a n o g a l a n t u o m i n i c o m e Segni e Martinazzoli, cui tutto si poteva c h i e d e r e t r a n n e un i m p a t t o carismatico travolgente. Gli alleati di Berlusconi erario riusciti, lo si è già accennato, a strappargli un n u m e r o di c a n d i d a t u re spropositato, in r a p p o r t o ai prevedibili consensi: questa considerazione valeva p e r Fini, ma a n c o r p i ù p e r la L e g a e p e r il C e n t r o cristiano d e m o c r a t i c o . Bossi gridava che solo u n a p r e v a l e n z a del C a r r o c c i o a l l ' i n t e r n o del Polo delle lib e r t à avrebbe s a l v a g u a r d a t o la d e m o c r a z i a , e parlava d ' u n Winchester - i m p u g n a t o da lui, ovviamente - «con d u e pallottole, u n a p e r i nemici, u n a p e r i falsi amici». Ma il duello maggiore, e risolutivo, era tra Forza Italia e il P D S , tra Berlusconi c h e a c c e n n a v a a un c u p o avvento del c o m u n i s m o in veste aggiornata, se Occhetto avesse vinto, e Occhetto che si rifiutava di c o n s i d e r a r e quella del Polo «una destra n o r m a 85
le» e c h e p r o n o s t i c a v a involuzioni a u t o r i t a r i e ove u n a d e stra così a n o m a l a e inquietante avesse trionfato. Per rassicurare gli a m b i e n t i finanziari italiani e i n t e r n a zionali, e la c o m u n i t à occidentale, il leader del P D S s'era p r e sentato in atteggiamento che più borghese n o n poteva essere ai gentlemen con b o m b e t t a e ombrello della City londinese, e ai generali della N A T O . P u r di c a t t u r a r e lo sfuggente «centro» Occhetto andava a Canossa, inginocchiandosi nelle cattedrali del «capitalismo» e deU'«imperiaIismo». Ma n o n bastò di fronte a l l ' i r r u e n z a a m m a l i a n t e del Cavaliere e alle sue promesse, riecheggiate da un a p p a r a t o televisivo i m p o n e n te. I sondaggi avevano voltato le spalle ai progressisti d o p o averli p e r qualche t e m p o illusi: Pilo, che pronosticava a Forza Italia a d d i r i t t u r a il 37 p e r cento, era la longa manus d e m o scopica del Cavaliere, d u n q u e poco attendibile (e lo si vide presto). Ma il C I R M dava u n r e s p o n s o che, m e n o fantasioso, era e g u a l m e n t e positivo p e r Forza Italia, 28 p e r cento. N o n p o t e v a essere p e r c i ò u n O c c h e t t o dal m o r a l e alle stelle quello che la sera di v e n e r d ì 23 m a r z o sostenne il braccio di f e r r o televisivo con B e r l u s c o n i su C a n a l e 5: a r b i t r o e q u a n i m e - soprattutto se si p e n s a a l l ' a p p a r t e n e n z a di quella rete televisiva - il giovanotto mitragliatrice Enrico Mentana. Dieci milioni di italiani assistettero al duello, e n o n si divertirono p i ù che tanto. Gli a r g o m e n t i che furono sfoderati e r a n o risaputissimi, gli affondo efficaci n o n furono molti né da u n a p a r t e né dall'altra, u n o del mestiere c o m e B r u n o Vespa ne trasse la sensazione d ' u n sostanziale pari e patta. Ma u n s o n d a g g i o riservato del C I R M , citato dallo stesso Vespa, a p p r o d ò a conclusioni un p o ' diverse: «Si è indebolita l'imm a g i n e di Occhetto e dei progressisti, a n c h e se n o n si è consolidata quella di Berlusconi. Gli elettori p r o p e n s i al p a r e g gio d a n n o un giudizio n e g a t i v o di e n t r a m b i i c o n t e n d e n t i p e r cui, p a r a d o s s a l m e n t e e m a r g i n a l m e n t e , si sono rafforzati Lega N o r d e popolari. A questi ultimi, in particolare, torn e r e b b e r o molti c o n s e n s i d i d o n n e e a n z i a n i c h e h a n n o s e m p r e votato D C » . I bookmakers c o n t i n u a v a n o a i n d i c a r e 86
Berlusconi c o m e g r a n d e favorito n o n o s t a n t e i venti di g u e r ra che infuriavano t r a i suoi alleati fino agli sgoccioli della c a m p a g n a elettorale. A Bologna, dove Almirante n o n era mai riuscito a p a r l a r e in piazza, e q u a n d o ci aveva p r o v a t o e r a d o v u t a intervenire la polizia con i lagrimogeni, Fini aveva fatto il p i e n o n e , in piazza Maggiore. Ma nella stessa Bol o g n a Bossi aveva r i b a d i t o i suoi ossessivi «mai», e M a r o n i e r a stato m e n o i r r u e n t e m a s e possibile a n c o r p i ù reciso: «Non ci s i e d e r e m o mai allo stesso tavolo con Fini, in queste elezioni a v r e m o il g r a n d e piacere di d e c r e t a r e la m o r t e della D C e d e l MSI». «Findus» Fini s'era l i b e r a t o d i q u e s t i a n n u n c i f u n e b r i con u n a b a t t u t a : «Io ho i n u m e r i , e un tipo c o m e Bossi al massimo p u ò fare il premier a Gallarate». Lo spoglio delle schede d i e d e alla destra la vittoria, n o n u n trionfo: m a quella vittoria c h e e r a stata gonfiata dalla legge elettorale maggioritaria p a r v e un trionfo p e r la ventata di delusione, d'avvilimento, di recriminazioni, d'autocritica che p e r c o r s e il c a m p o progressista. La valenza millenaristica che era stata data al giudizio delle u r n e - e che r a m m e n t a v a la passionalità e gli eccessi d e l 18 a p r i l e 1948, q u a n d o la v a l a n g a d e m o c r i s t i a n a aveva travolto il F r o n t e p o p o l a r e - avvalorò l'impressione che gli sconfitti n o n avessero p e r s o u n a battaglia, ma la m a d r e di t u t t e le g u e r r e . A Forza Italia c o n s i d e r a t a c o m e s c h i e r a m e n t o a u t o n o m o e r a a n d a t o i l 2 1 p e r c e n t o dei c o n s e n s i , u n p o ' p i ù d i q u a n t o avesse o t t e n u t o il P D S , c o n il suo a p p a r a t o organizzativo e con le sue p r o f o n d e radici. Era un miracolo, se si p e n s a che un «non partito» n e o n a t o , improvvisato, p r i v o di p r e s e n z e capillari - che n o n fossero di carattere aziendale - sul territorio e r a riuscito a s u p e r a r e ogni rivale. Ma Berlusconi, che e r a stato u n p o ' illuso dalle profezie c o m p u t e r i z z a t e , n o n s e m b r ò entusiasta. Più che la p e r c e n t u a l e o t t e n u t a dovette soddisfarlo la constatazione che il suo m o v i m e n t o e r a p e n e t r a t o p r o f o n d a m e n t e in o g n i settore e in o g n i fascia della società italiana. Al n o r d , in particolare, aveva saccheggiato la Lega e si e r a affermato in tradizionali roccheforti della si87
nistra, a l c u n e d o t a t e d ' u n alto valore simbolico: p r i m e t r a t u t t e Mirafiori, c u o r e o p e r a i o della F I A T , e Sesto San Giovanni, l'ex Stalingrado d'Italia. In Sicilia la Rete e r a uscita malconcia dalle u r n e . Palermo - dove Leoluca O r l a n d o era stato eletto s i n d a c o con il 70 p e r c e n t o dei voti - le aveva voltato le spalle: t a n t o da i n d u r r e lo stesso O r l a n d o a sentenziare che i voti della città, in massima p a r t e apprezzabili e onesti finché a n d a v a n o a lui, avevano o r m a i puzza di mafia. La sinistra aveva p e r a l t r o t e n u t o b e n e nelle regioni che t r a d i z i o n a l m e n t e le e r a n o fedeli: e che fedeli r i m a s e r o . Il 20,4 p e r c e n t o del P D S - con u n a r i m o n t a sensibile rispetto alle «politiche» del '92 - poteva essere c o n s i d e r a t o un ottimo risultato, e O c c h e t t o si sarebbe m e r i t a t e le c o n g r a t u l a zioni p e r aver fatto svettare, nel disastro democristiano e socialista, la sua Q u e r c i a : n o n il P D S era crollato, e n e m m e n o Rifondazione comunista, che anzi aveva fatto q u a l c h e p r o gresso. La disfatta portava le etichette dei fiancheggiatori di sinistra, incapaci d ' a t t r a r r e gli elettori centristi. Tuttavia Occ h e t t o fu subissato di critiche e - c o m e egli stesso osservò con a m a r e z z a - il suo totodimissioni d i v e n n e da q u e l m o m e n t o in poi u n o dei passatempi preferiti del Palazzo e della s t a m p a . Il tallone n o n solo d'Achille ma dell'intera sinistra fu p r o b a b i l m e n t e un eccesso di q u e r u l a e stizzosa autocommiserazione. I partiti m i n o r i furono d u r a m e n t e penalizzati - ma n o n era u n a sorpresa - dal maggioritario. Alla C a m e r a , ad esempio, il Partito p o p o l a r e e il Patto p e r l'Italia di Mariotto Segni, alleati, o t t e n n e r o 46 d e p u t a t i - grazie s o p r a t t u t t o alla q u o t a p r o p o r z i o n a l e del 20 p e r cento che la legge m a n t e n e va - con 6 milioni di voti. A Segni toccò a d d i r i t t u r a l'umiliazione d'essere battuto, nel suo collegio di Sassari, da un cand i d a t o sconosciuto: e v e n n e r i p e s c a t o grazie a p p u n t o alla q u o t a p r o p o r z i o n a l e . Il P a r l a m e n t o del 27 e 28 m a r z o risultò essere u n ' i m m a g i n e d e f o r m a t a d e l Paese - nel m a g gioritario succede s e m p r e - e nello stesso t e m p o u n ' i m m a g i n e confusa. P r e n d i a m o i dati della C a m e r a : Forza Italia
con il suo 21 p e r cento ebbe 97 deputati, la L e g a con il suo 8 p e r c e n t o 122 (più del P D S che con il 20,4 p e r cento ebbe 115 d e p u t a t i ) , Alleanza nazionale con il 13,5 p e r cento 109 d e p u t a t i , il C e n t r o cristiano d e m o c r a t i c o , 32 c o n il 3 p e r cento. Q u e s t e anomalie vistose derivavano dal meccanismo delle c a n d i d a t u r e che Forza Italia aveva elargito agli alleati. P r o p r i o su questo p u n t o d i v a m p e r à poi la polemica di Berlusconi c o n t r o Bossi e il suo «tradimento»: il Cavaliere n o n si s t a n c h e r à di r i c o r d a r e che nel collegio di M i l a n o - c e n t r o Bossi e r a stato eletto con 14 mila voti leghisti e 27 mila di Forza Italia: inclusi, in questi ultimi, i voti d e i familiari di Berlusconi. Il c e n t r o d e s t r a - che includeva la Lega - poteva c o n t a r e alla C a m e r a su u n a m a g g i o r a n z a a m p i a , 366 seggi su 630: gli mancava invece qualche unità p e r avere in Senato la m a g g i o r a n z a assoluta di 158 seggi. A Palazzo M a d a m a la situazione e r a resa ancor più fluida dalla presenza dei senatori a vita - alcuni tra loro molto anziani e valetudinari il cui sì o il cui no p o t e v a c o n d i z i o n a r e , p e r la sostanziale parità tra gli schieramenti, ogni votazione. L a legge m a g g i o r i t a r i a s p u r i a e l a b o r a t a con diffidenza malcelata dal d e m o c r i s t i a n o M a t t a r e l l a n o n d i e d e , a l suo d e b u t t o , n e s s u n o degli esiti che i fautori di questa p r o f o n d a riforma avevano indicato. N o n nacque u n a m a g g i o r a n z a sicura, o m o g e n e a , solidale: n o n furono evitati i rituali defatig a t o r i delle consultazioni, p a t r i m o n i o - da n e s s u n o r i m p i a n t o - della Prima Repubblica; n o n si s e p p e subito chi fosse il premier; n o n si e b b e un g o v e r n o in t e m p i brevissimi. L'unica c o n s e g u e n z a i m m e d i a t a del voto fu d o v u t a all'iniziativa d ' u n singolo leader, lo stanco Mino Martinazzoli che a n n u n c i ò a t a m b u r battente le dimissioni e il proposito, p r e sto attuato e altrettanto presto revocato, di t o r n a r e alla p r o fessione d'avvocato. Evitò perfino di farsi v e d e r e a Roma. Il P P I fu affidato a u n a gestione collegiale - con la supervisione di Rosa Russo J e r v o l i n o - in attesa del congresso da t e n e r e in luglio. In principio fu il litigio (e a n c h e alla fine). Berlusconi p o 89
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tra successivamente invocare molte a t t e n u a n t i p e r i m e d i o cri risultati del suo governo: ma n o n i colpi di testa e le parole grosse di U m b e r t o Bossi, d ' u n a coerenza cristallina nell'essere, nelle sue m a t t a n e , s e m p r e uguale a se stesso. Mentre a t t o r n o a Berlusconi r i s u o n a v a n o i latrati d ' a p p e t i t o di aspiranti ministri, e alle p o r t e dei suoi clubs facevano la coda gli italiani p r o n t i ad accorrere in aiuto del vincitore - Tiziana P a r e n t i a m m o n i v a infatti sulla necessità di verificare le credenziali degli aspiranti forzisti, in particolare nelle regioni d o v e i m p e r v e r s a la criminalità organizzata - Bossi p r e sentava le sue richieste e p o n e v a i suoi steccati. La Lega rivendicava la Presidenza del Consiglio, e c o m u n q u e si o p p o neva a che l'avesse Silvio Berlusconi. Q u e l l a di Bossi semb r a v a un'escalation p o l e m i c a senza possibilità di r i t o r n o . «Che n o n possa fare il premier u n o c o m e lui, con tutti gli interessi che h a , gliel'ho già d e t t o . D i s t r u g g e r e b b e il Paese! O r a d o v r e b b e avere il p u d o r e di capirlo, di farsi da parte.» «Sappia il Paese che il g o v e r n o alla fine l'avrà. Il mazzo l'abb i a m o i n m a n o noi. L a v e r a Forza politica c h e p u ò p r e d i s p o r r e la Seconda Repubblica si chiama Lega. Chiaro? N o n B e r l u s c o n i , n o n Alleanza n a z i o n a l e , t u t t e improvvisazioni e s t e m p o r a n e e . L'accordo (con Forza Italia N.d.A.) e r a solo elettorale, e l'abbiamo fatto p e r segarlo. Dietro di lui ci sono i Craxi e gli Andreotti.» In u n a intervista la giornalista Letizia Moizzi registrò i sinonimi, d e g n i della fantasia d ' u n cavalier M a r i n o , c h e il senatur sapeva t r o v a r e p e r d e s i g n a r e Berlusconi. Il Berluscoso, il Berluscone («che fa solo teatrino»), il Berluscaz («la sua è u n a macchina di cartapesta»), il Berluskaiser. La strana coppia ebbe in casa di Fedele Confalonieri un incontro che n o n d i e d e frutti, n o n a l m e n o a b r e ve scadenza. C o n u n a tecnica c h e gli è solita, e c h e M a r i o Segni aveva d o l o r o s a m e n t e s p e r i m e n t a t a sulla p r o p r i a pelle, Bossi teneva il Cavaliere in p e r e n n e fibrillazione. Venne in linea di m a s s i m a fissato un loro vertice, e Bossi o t t e n n e che si svolgesse, il p r i m o d ' a p r i l e , n o n ad A r c o r e ma nella sede della Lega. S e n o n c h é q u a n d o Berlusconi arrivò all'ap90
p u n t a m e n t o ci trovò Maroni, Speroni, Formentini. Di Bossi n e m m e n o l'ombra. I luogotenenti d e l l ' U m b e r t o a c c e n n a r o no in quell'occasione all'eventualità d ' u n a p r o c e d u r a a tapp e , p e r a r r i v a r e a l g o v e r n o d i legislatura: p r i m a u n a soluzione-ponte, con un g o v e r n o di breve d u r a t a che si p r o p o nesse a n c h e c o m p i t i c o s t i t u e n t i , ossia d e l i n e a s s e , p e r p o i s o t t o p o r l o a l P a r l a m e n t o , u n assetto f e d e r a l e dello Stato; q u i n d i il g o v e r n o di l u n g o corso. Era un'ipotesi che il Cavaliere scartò con fastidio, p r o s p e t t a n d o un d i l e m m a sul quale avrebbe b a t t u t o e ribattuto a n c h e d o p o la sua estromissione da Palazzo Chigi: o veniva formato un g o v e r n o politico che fosse l'espressione del Polo di centrodestra, o p p u r e e r a m e glio t o r n a r e alle u r n e . Lo schieramento di m a g g i o r a n z a - che Berlusconi avrebbe voluto c o m p a t t o c o m e la falange m a c e d o n e , ma che ricordava piuttosto l'Armata B r a n c a l e o n e - affrontò con sufficiente intesa la battaglia p e r le presidenze delle C a m e r e , e la vinse. Nella Prima Repubblica era invalsa la civile consuet u d i n e - a l m e n o quella - che alla g u i d a d ' u n o dei d u e r a m i del P a r l a m e n t o a n d a s s e u n e s p o n e n t e d e l l ' o p p o s i z i o n e , e che a n a l o g o equilibrio vi fosse nell'assegnare le p r e s i d e n z e delle commissioni p a r l a m e n t a r i : un sistema di c o n t r a p p e s i che, se limitato al p o t e r e legislativo, n o n aveva le caratteristiche d e t e r i o r i d e l consociativismo ma quelle positive del r e c i p r o c o c o n t r o l l o . Infatti la p r e s i d e n z a di M o n t e c i t o r i o e r a toccata negli ultimi d e c e n n i ai comunisti I n g r a o e Nilde lotti, e al pidiessino - e già notabile comunista - Giorgio Napolitano. N e s s u n o dei tre aveva d e m e r i t a t o , o si e r a distinto p e r faziosità: m e n o di tutti Napolitano, che n o n stonerebbe n e l consiglio d ' a m m i n i s t r a z i o n e dei Lloyds l o n d i n e s i . Si capì subito che, p r o p r i o in n o m e della lotta al consociativismo, Forza Italia, la Lega e Alleanza nazionale volevano fare Yen plein delle cariche p a r l a m e n t a r i . Silvio Berlusconi pareva disposto ad u s a r e un r i g u a r d o a G i o v a n n i S p a d o l i n i , che con dignità aveva t e n u t o la presidenza del Senato e che, a g g r e d i t o da un t u m o r e , aveva d a v a n t i a sé p o c h i mesi di 91
vita (morì infatti nell'agosto successivo). Ma a t t o r n o al Cavaliere c'era chi, c o n la sua s m a n i a di p r e v a r i c a r e , riusciva a farlo s e m b r a r e sentimentale e sensibile. Berlusconi s'era reso conto di q u a n t o fosse a rischio la p r o v a del Senato, p e r la m a n c a n z a dei n u m e r i : e preferiva evitarla con un gesto che oltretutto avrebbe suscitato vaste simpatie. Ma i cortigiani e gli alleati s ' i m p u n t a r o n o : le d u e Presidenze dovevano esser del c e n t r o d e s t r a a n c h e se rimasero al palo sia Speroni, che ambiva a quella del Senato, sia B i o n d i che ambiva a quella della C a m e r a . Il n o m e del c a n d i d a t o p e r la p o l t r o n a di Palazzo M a d a m a v e n n e da Forza Italia, e fu il n o m e di Carlo Scognamiglio: u n liberale c i n q u a n t e n n e già simpatizzante di Segni e coinvolto nei contatti e colloqui che avevano portato all'effimero accordo tra Segni e Maroni; ma poi convertito a Forza Italia. N a t o a Varese ma discendente da u n a ricca famiglia d ' a r m a t o r i liguri, «Carlino» S c o g n a m i g l i o ha studiato alla Bocconi e s'è presto affermato c o m e professore ( t a n t o d a d i v e n t a r e r e t t o r e d e l l ' U n i v e r s i t à r o m a n a Luiss) n o n c h é c o m e manager d i lusso: v i c e p r e s i d e n t e della S T E T , p r e s i d e n t e e risanatore, negli a n n i di tempesta, della Rizzoli-Corriere della Sera, p r e s i d e n t e dell'Acqua marcia. Unica vera pecca, nel suo brillante curriculum, un libro a q u a t t r o m a n i con Gianni De Michelis. Un bell'uomo, con la sua barbetta c u r a t a e il suo ciuffo pepe-sale, e un u o m o di successo a n c h e nella scelta di mogli e c o m p a g n e : tutte a p p a r t e n e n t i alle g r a n d i famiglie d e l l ' i m p r e n d i t o r i a italiana. La possibile attribuzione a Scognamiglio - che n o n sbaglia mai un salotto e n o n sbaglia u n a c a n d i d a t u r a , e che è p r e s i d e n t e di p r o fessione - della s e c o n d a carica dello Stato suscitò dissensi, ma n o n sorpresa: p e r i suoi p r e c e d e n t i , p e r la sua esperienza, p e r la sua c o m p e t e n z a di c a t t e d r a t i c o lo si s u p p o n e v a a d e g u a t o al compito, e in definitiva n o n ha tradito le attese. Il n o m e del c a n d i d a t o p e r la p o l t r o n a di Montecitorio fu imposto da U m b e r t o Bossi: che a n c o r a u n a volta causò sensazione p e r c h é estrasse dalla manica quello di I r e n e Pivetti, t r e n t u n e n n e pasionaria del Carroccio. Era u n a designazione 92
a dir poco audace. Ci fu chi p a r l ò di provocazione: p e r l'età della designata, p e r le sue convinzioni di cattolica integralista, p e r il suo t e m p e r a m e n t o grintoso. Il m e n o a d a t t o all'op e r a d i mediazione che u n a p r e s i d e n z a p a r l a m e n t a r e comp o r t a . Il n o m e - che significa p a c e - n o n s'addice m o l t o a q u e s t a m i n u t a g u e r r i e r a , e l ' a p p a r e n z a , p e r q u a n t o l a rig u a r d a , i n g a n n a . La sua personcina fragile - e graziosa anche se il volto da furetto p o c o s'accorda c o n i c a n o n i della bellezza classica - è fatta di fil di ferro. Milanese, laureata in lettere, nipote di Aldo Gabrielli del cui dizionario ha c u r a t o le e d i z i o n i p o s t u m e , i g e n i t o r i d e d i t i ad attività teatrali e u n a sorella attrice e d o p p i a t r i c e , la Pivetti n o n e r a u n a leghista della p r i m a ora: ma buttatasi in politica ci aveva messo t u t t o il s u o i m p e g n o . La si riteneva vicina alle posizioni di m o n s i g n o r Lefebvre e nemica dell'arcivescovo di Milano, cardinal Martini, noto per i suoi atteggiamenti «aperti». Era sospettata di covare pregiudizi antisemiti. U n a sua dichiarazione s e c o n d o la q u a l e Mussolini aveva fatto qualcosa di b u o n o p e r le d o n n e le attirerà l'accusa d'avere nostalgie fasciste, e gli attacchi delle femministe. N o n esiterà, già Presid e n t e della C a m e r a , a visitare la Vandea n o n c o m e turista, ma p e r attestare a m m i r a z i o n e verso i cattolici c h e si batterono c o n t r o le milizie della r i v o l u z i o n e francese, e f u r o n o massacrati. Nella sua storia p e r s o n a l e c'era stato un matrim o n i o p r e s t o a n d a t o i n pezzi. I l p e r s o n a g g i o e r a d u n q u e controverso p r o p r i o p e r la sua inflessibile e discutibile coerenza. E p p u r e quella di Bossi n o n fu u n a cantonata. La ragazza n o n si sarebbe lasciata i m p a u r i r e dalla responsabilità che p e r volontà del senatur le toccava: e, u n a volta issata sulla più alta p o l t r o n a di Montecitorio, n o n a v r e b b e esitato a bacchettare il senatur stesso, con evidente sconcerto di lui. La p r i m a vera sfida t r a m a g g i o r a n z a e o p p o s i z i o n e avv e n n e d u n q u e il 16 aprile, nelle a u l e di M o n t e c i t o r i o e di Palazzo M a d a m a . La Pivetti passò senza a l c u n a difficoltà: i n u m e r i e r a n o a b b o n d a n t e m e n t e in suo favore. Per la presidenza del Senato si ebbe un «braccio di ferro» dall'esito in93
certissimo tra Spadolini e Scognamiglio. Il r e g o l a m e n t o di Palazzo M a d a m a p r e v e d e tra l'altro che, in caso di parità, la presidenza vada al senatore più anziano, che nel caso specifico e r a Spadolini. All'epilogo della votazione decisiva semb r ò p e r un m o m e n t o che p r o p r i o la parità fosse stata sancita dalle schede, i progressisti esplosero in un l u n g o a p p l a u so, l'infallibile gaffeur Occhetto n o n s e p p e frenare la sua int e m p e s t i v a e infantile e s u l t a n z a , S p a d o l i n i s'illuse p e r un m o m e n t o di p o t e r c o n t i n u a r e a vivere, e p i ù s e r e n a m e n t e m o r i r e , c o m e Presidente del Senato. Per un voto - fu determ i n a n t e l'assenza di Carlo Bo c h e a v r e b b e votato p e r Spadolini e che e r a indisposto - prevalse Scognamiglio: 162 a 1 6 1 . N o n v ' e r a stata i r r e g o l a r i t à a l c u n a : ma il Pòlo b e r l u sconiano aveva commesso un peccato d ' a r r o g a n z a , e umiliato G i o v a n n i S p a d o l i n i c h e p e r s t a t u r a m o r a l e e c u l t u r a l e stava un p a l m o al d i s o p r a della m e d i a dei politici. Le passioni e i risentimenti ne furono rinfocolati. A suggello del risultato il leghista E r m i n i o Boso, la cui caratteristica precip u a n o n è l'eleganza - né fisica, né intellettuale - i n s i n u ò che Spadolini nelle ultime o r e di p e r m a n e n z a a Palazzo Mad a m a avesse «sistemato la posizione giuridica dei suoi p i ù fedeli pretoriani». Era lotta senza q u a r t i e r e : e sema, fair play. L o s i vide p o c h i g i o r n i d o p o , p e r l a r i c o r r e n z a d e l 2 5 aprile. L'anniversario n o n e r a t o n d o - e r a n o trascorsi q u a r a n t a n o v e a n n i dalla L i b e r a z i o n e - e in u n a s i t u a z i o n e di n o r m a l i t à s a r e b b e passato con celebrazioni e c e r i m o n i e di routine. Alla tentazione di farne u n ' a r m a polemica c o n t r o la n u o v a maggioranza, descritta e a n c h e caricaturata c o m e un assemblaggio di forze antidemocratiche e fasciste (o parafasciste) i progressisti n o n s e p p e r o resistere. Per quel q u a r a n t a n o v e s i m o f u r o n o organizzati a Milano - c o n a p p o r t i di manifestanti d ' o g n i p a r t e d'Italia - un corteo e un comizio m u l t i t u d i n a r i : c h e tali r i m a s e r o n o n o s t a n t e la pioggia. Si p a r l ò di Liberazione: ma il linguaggio degli striscioni e dei cartelli, i m m e r s i in u n a m a r e a di b a n d i e r e rosse, p a r l ò sop r a t t u t t o d'antiberlusconismo. Le scritte e r a n o inequivoca94
bili: «Nessuna riconciliazione, n e s s u n a pacificazione, antifascismo c o n t r o il p a d r o n e » . «Se il vento fischiava o r a fìschierà a n c o r a p i ù forte.» «Resistenza e Costituzione p e r la scuola di tutti c o n t r o la berlusclonazione di massa.» «Con la destra ci facciamo le pippe.» U m b e r t o Bossi, cui m a n c a n o a l c u n e qualità i m p o r t a n t i ma di sicuro n o n il coraggio, volle aggregarsi con un g r u p p o dei suoi al corteo. Ne fu i m p e d i t o da u n a m a r e a di scalmanati che u r l a n d o «vergogna, vergogna» e «fuori, fuori» fiondavano m o n e t i n e . D o v e t t e a c c o r r e r e , p e r proteggerlo, un consistente s c h i e r a m e n t o di carabinieri e poliziotti. L'intento politico della celebrazione e r a l a m p a n te, e a n c o r p i ù l a m p a n t e risultò p e r l'atmosfera in cui si svolse: c h e privilegiava il p r e s e n t e , c o n i suoi conflitti, rispetto alla rimeditazione del passato. Quest'insistenza partigiana - in tutte le accezioni del t e r m i n e - fu un e r r o r e politico e propagandistico. La pretestuosità della colossale comm e m o r a z i o n e saltava agli occhi. A n c o r p i ù grave e r a che i manifestanti, d e m o n i z z a n d o la m a g g i o r a n z a uscita dalle urn e , associassero implicitamente al fascismo u n a b u o n a m e t à degli italiani. (Sintomi di salutare resipiscenza e di saggezza v e r r a n n o d o p o , q u a n d o le sinistre c a p i r a n n o che gli italiani d i c e n t r o d e b b o n o essere convinti dalla m o d e r a z i o n e , n o n i m p a u r i t i dal fanatismo.) Le elezioni e r a n o state un mese p r i m a e a n c o r a Scalfaro n o n aveva d a t o l'incarico p e r l a f o r m a z i o n e del g o v e r n o . Q u e s t a attesa era stata d e t e r m i n a t a in p a r t e da a d e m p i m e n ti costituzionali - c o m e a p p u n t o la n o m i n a d e i p r e s i d e n t i delle C a m e r e - in p a r t e dai contrasti esistenti nel Polo delle libertà, dove Bossi aveva tergiversato, p u n t a n d o su Maroni, p r i m a d'accettare Berlusconi c o m e premier; in p a r t e infine da perplessità dello stesso Scalfaro cui n o n a n d a v a m o l t o a genio la personalità del Cavaliere, e a n c o r m e n o il suo essere c o n t e m p o r a n e a m e n t e leader politico, g r a n d e i m p r e n d i tore e signore dell'etere. La diffidenza era senza d u b b i o reciproca. Berlusconi aveva tuttavia affettato, nella p a u s a di riflessione successiva al voto, il massimo rispetto p e r il Qui95
rinaie: c o m p o r t a m e n t o questo che trova spiegazione nel desiderio che la sua investitura fosse senza o m b r e . S e m m a i le frecciate c o n t r o Scalfaro - r e s e p i ù a c u m i n a t e dal «pasticciaccio» del S I S D E - v e n n e r o in quella fase dagli alleati d i Forza Italia. M a r o n i sosteneva di n o n sentirsi g a r a n t i t o da quel C a p o dello Stato, il portavoce di Fini Francesco Storace definiva a s s u r d o «che l'ultimo Presidente della Prima Repubblica sia a n c h e il p r i m o della Seconda». Il 27 aprile 1994 il C a p o dello Stato, sentiti tutti coloro che la Costituzione, il protocollo, la c o n s u e t u d i n e g l ' i m p o n e v a n o di sentire, d i e d e via libera al Cavaliere p e r c h é a p prontasse la sua «squadra». Veni, vidi, vici poteva dire a quel p u n t o Silvio Berlusconi. Carlo Azeglio Ciampi aveva esaurito la sua difficile missione, assolta con e s e m p l a r e p r o b i t à e senso dello Stato, e con risultati economici in complesso p o sitivi. Palazzo Chigi aspettava o r a un inquilino molto diverso dai tanti, dai t r o p p i - u n a c i n q u a n t i n a - c h e t r a q u e g l i ori e quei velluti avevano soggiornato d u r a n t e la Prima Rep u b b l i c a . Q u e s t a s e c o n d a p o t e v a p a r e r e , nel s u o o r g a n i g r a m m a d i vertice, l a R e p u b b l i c a del n o r d c h e U m b e r t o Bossi v a g h e g g i a v a . U n n o v a r e s e a l Q u i r i n a l e , u n l o m b a r do-ligure a Palazzo M a d a m a , d u e milanesi a Montecitorio e a Palazzo Chigi.
CAPITOLO
SETTIMO
LA SQUADRA D E L CAVALIERE
A Berlusconi sarebbe senza d u b b i o piaciuto d'organizzare il suo esecutivo allo stesso m o d o in cui gli allenatori del Milan scelgono gli u n d i c i giuocatori da schierare in c a m p o , e gli altri da relegare in p a n c h i n a . Ma s'accorse presto che tra la politica e il calcio le differenze sono sensibili, s o p r a t t u t t o se il mister d e v e m e t t e r e i n s i e m e u n a n a z i o n a l e a t t i n g e n d o a vari clubs, e a c c o n t e n t a n d o n e i dirigenti. Fosse stato p e r lui, avrebbe p r o b a b i l m e n t e traslocato nei ministeri lo stato m a g giore di Forza Italia: n e s s u n o avrebbe «remato contro». Doveva invece fare i conti con i ruggiti di Bossi, con gli appetiti di Fini e degli alleati m i n o r i , e infine con le alchimie che la sua p e r s o n a l e situazione suggeriva. U n a , la p i ù ovvia, rig u a r d a v a l ' a r r u o l a m e n t o di A n t o n i o Di P i e t r o nell'equipe ministeriale. Il magistrato in cui l'Italia si riconosceva, e cui riconosceva o g n i virtù, e r a in q u e l m o m e n t o c a n d i d a t o a t u t t o : veniva r i t e n u t o i d o n e o ad o c c u p a r e ogni p o l t r o n a e ogni cattedra. Era indicato, volta a volta, come possibile Pres i d e n t e del Consiglio, o m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o , o m i n i s t r o della Giustizia, o c a p o della polizia, o professore di diritto nelle più antiche università. Dal n o v e r o di queste designazioni e r a n o esclusi solo il Quirinale - p e r la d u r a t a settennale del m a n d a t o di Scalfaro - e il p a p a t o , p e r qualche i m p e d i m e n t o m a t r i m o n i a l e . L'idea d ' a c c a p a r r a r s i Di Pietro e r a p e r il Cavaliere m o l t o a l l e t t a n t e : gli a v r e b b e assicurato un'eccellente c o p e r t u r a m o r a l e , e in senso lato giudiziaria; e a v r e b b e messo a tacere chi gli rinfacciava a t t e g g i a m e n t i di preconcetta e interessata ostilità verso la magistratura. N o n vogliamo essere maliziosi s u p p o n e n d o che l'offerta 97
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di Berlusconi sia stata p e r Di Pietro tentatrice. L'uomo è ambizioso. La sua «ideologia», i n d i s c u t i b i l m e n t e m o d e r a t a , coincideva e coincide l a r g a m e n t e con quella di Forza Italia. Ma tra la tentazione e l'accettazione si innalzava, invalicabile, la b a r r i e r a delle inchieste e degli avvisi di garanzia a carico della Fininvest, e di Berlusconi in p r i m a p e r s o n a . Di Pietro era, nell'immagine p o p o l a r e , b e n altra cosa che Tiziana Parenti: e n o n poteva con decenza abdicare, nel p i ù meschino d e i m o d i , al suo r u o l o di fustigatore dei c o r r o t t i . Il 30 aprile 1994 Borrelli e i suoi sostituti a n n u n c i a r o n o ufficialm e n t e che n e s s u n o di loro e r a disponibile p e r posti governativi. Il no e r a generico: ma tutti c a p i r o n o che r i g u a r d a v a Di Pietro, e in s u b o r d i n e il suo collega Davigo. Per il resto il «mercato delle vacche», c o m e si usava definirlo nella preced e n t e stagione politica, c o n t i n u ò s e c o n d o schemi che p u r t r o p p o n o n solo a quella stagione a p p a r t e n e v a n o , evidentem e n t e . Berlusconi doveva vedersela con i suoi, con gli alleati, e anche con il C a p o dello Stato: che aveva a l m e n o tre m o tivi di perplessità e d'intervento. Il p r i m o derivava dalle dimensioni e dalle caratteristiche dell'impero economico che Berlusconi aveva creato, e d u n q u e dal rischio che esigenze e scelte aziendali si s o v r a p p o nessero a esigenze e interessi generali; il s e c o n d o derivava dal sicuro ingresso nel g o v e r n o dei ministri di Alleanza nazionale, a torto o a ragione considerata u n a lontana ma n o n del tutto rinsavita e r e d e del fascismo, i cui «geni» si temeva le rimanessero in c o r p o ; il terzo derivava dalla presenza nell'esecutivo d ' u n m o v i m e n t o , c o m e la Lega, che aveva avuto nella sua breve storia fasi di radicalismo secessionista, e che chiedeva il Ministero d e l l ' I n t e r n o . Ossia il ministero cui sono affidati, attraverso i prefetti e le forze d e l l ' o r d i n e , sia la sicurezza dei cittadini sia la presenza e l'autorità dello Stato; e che s o v r i n t e n d e ai «fascicoli» dai servizi segreti diligentem e n t e raccolti, e r i g u a r d a n t i c h i u n q u e abbia avuto e abbia nella vita pubblica u n a qualche influenza. Per il p r i m o p u n to Berlusconi corse ai ripari n o m i n a n d o tre «garanti» - An98
tonio La Pergola, Giorgio Crisci, Agostino G a m b i n o - incaricati di elaborare n o r m e che evitassero ogni contaminazione tra interesse privato e interesse pubblico: ma n o n per q u e s t o gli o p p o s i t o r i si p l a c a r o n o . Fu obbiettato c h e i «garanti» n o n p o t e v a n o esser considerati tali p e r il loro cursus honorum, e che c o m u n q u e un loro eventuale p r o g e t t o sarebbe d i v e n t a t o o p e r a t i v o a distanza di t e m p o , d o p o un laborioso p e r c o r s o p a r l a m e n t a r e . Q u a n t o agli altri d u e p u n t i , molto d i p e n d e v a dai dosaggi nell'assegnazione dei dicasteri. M e n t r e altri avvenimenti calamitavano l'attenzione degli italiani - il 29 aprile Giovanni Paolo II era c a d u t o in b a g n o e si e r a f r a t t u r a t o il collo del f e m o r e d e s t r o , il 1 m a g g i o Ayrton S e n n a aveva p e r s o la vita sul circuito automobilistico di I m o l a - le trattative in cui e r a n o i m p e g n a t i i partiti e il C a p o dello Stato p r o c e d e v a n o t o r t u o s a m e n t e . «Peggio del p e n t a p a r t i t o » aveva c o m m e n t a t o Alfredo Biondi. A Berlusconi premier, Bossi s'era p e r il m o m e n t o rassegnato. Ma n o n rinunciava al Ministero d e l l ' I n t e r n o p e r la Lega e a p r o p o siti federalisti di cui B e r l u s c o n i a v r e b b e v o l e n t i e r i fatto a m e n o . Nella sua ultima autobiografia (Tutta la verità), dover o s a m e n t e autenticata dallo «storico» della Lega Daniele Vimercati, Bossi ha attribuito al Cavaliere queste battute: «Caro il mio U m b e r t o n e , lascia p e r d e r e le chiacchiere sul feder a l i s m o e s u l l ' a n t i t r u s t . C h i se ne frega di 'ste fregnacce? Noi ci m e t t i a m o d'accordo, facciamo fuori Fini, e il p o t e r e , tutto il p o t e r e , è nostro p e r vent'anni. Ma ci pensi?» «A me» a v r e b b e r e p l i c a t o il c a r o U m b e r t o n e « q u a n d o si p a r l a di v e n t e n n i o viene l'orticaria, e poi s c o m m e t t o che hai detto la stessa cosa a Fini, sei il solito doppiogiochista.» 0
B a r c a m e n a n d o s i t r a i doppiogiochismi incrociati, gli assalti alle p o l t r o n e delle ultime leve politiche e le incursioni di r e d u c i carichi di cicatrici della Prima Repubblica, Scalfaro dovette t r a n g u g i a r e alcuni grossi rospi: n o n più digeribili di quelli che in epoca successiva avrebbe suggerito p e r il menu del Cavaliere. M a r o n i al Viminale fu del n u m e r o . Ma un r o s p o Scalfaro lo rifiutò senza possibilità d ' a p p e l l o : Ce99
sare Previti n o n poteva essere ministro della Giustizia. C o n la sfrontatezza che lo distingue, Berlusconi aveva fatto il n o me d ' u n o dei suoi avvocati di fiducia - e del più chiacchierato tra loro - p e r u n a p o l t r o n a che è s e m p r e i m p o r t a n t e , negli equilibri di g o v e r n o : ma che lo era cento volte di più se sul Presidente del Consiglio g r a n d i n a v a n o inchieste della m a g i s t r a t u r a . A Scalfaro fu attribuita u n a frase p e r e n t o r i a : «Devo insistere: p e r motivi di o p p o r t u n i t à , quel n o m e n o n p u ò andare». E n o n a n d ò . Il Guardasigilli fu Alfredo Biondi, penalista di b u o n n o m e e acceso sostenitore - quasi tutti i penalisti lo sono - di principi garantisti. Previti fu dirottato alla Difesa, che era un bel p r e m i o di consolazione, e sfoggiò il suo g h i g n o inquietante nelle cerimonie militari. Il 10 maggio 1994 Berlusconi sciolse - c o m e usa d i r e in gergo protocollare - la riserva, e p r e s e n t ò a Scalfaro la lista d e i 25 ministri: u n i c a d o n n a A d r i a n a Poli B o r t o n e di Alleanza nazionale, professoressa pugliese di lettere, titolare del Ministero dell'Agricoltura soppresso con un referendum e miracolosamente risorto sotto altro n o m e in un batter d'occhio, grazie alla fervida fantasia dei burocrati che t e m e v a n o di r i m a n e r e orfani delle loro scrivanie e delle loro i n d e n nità. Il Cavaliere aveva d u e vice: il leghista M a r o n i - da Scalfaro accettato senza e n t u s i a s m o - a l l ' I n t e r n o , e l'espon e n t e di Alleanza nazionale G i u s e p p e Tatarella alle Poste e Telecomunicazioni. Un ministero, quest'ultimo, tradizionalm e n t e ambito dai politici p e r i m a n e g g i clientelari che cons e n t e (con le a s s u n z i o n i e i t r a s f e r i m e n t i dei d i p e n d e n t i ) , m a che aveva acquistato c r e s c e n t e rilievo p e r c h é a m m i n i stra l'«etere», ossia le f r e q u e n z e televisive. I d u e vicepresidenti e r a n o diversi q u a n t o più n o n si sarebbe p o t u t o immaginare. Giovane - n o n aveva ancora q u a r a n t a n n i - il varesino Maroni, sodale tranquillo del sulfureo senatur. U n a laurea in giurisprudenza, impieghi piuttosto grigi come bancario o c o m e c o n s u l e n t e legale, a p p a s s i o n a t o di jazz e, c o m e Clinton, lieto d'esibirsi in qualche band d'amici. Maroni, piacesse o no, era un p r o d o t t o della «rivoluzione» leghista. Ta100
tarella, quasi sessantenne, era già un p a r l a m e n t a r e di l u n g o corso (fu d e p u t a t o del M S I - D N p e r la p r i m a volta nel 1979 a Bari). Avvocato, originario di Cerignola, fortemente radicato nella sua r e g i o n e e nel suo capoluogo in particolare, Tatarella a p p a r t i e n e alla antica scuola della politica m e r i d i o nale. I c e d i m e n t i di Berlusconi all'aziendalismo f u r o n o , nella c o m p o s i z i o n e del g o v e r n o , d ' u n a e v i d e n z a solare. T u t t o s o m m a t o comprensibile e r a che avesse voluto accanto a sé, c o m e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, G i a n n i Letta, esperto f r e q u e n t a t o r e dei palazzi r o m a n i e i m p a r e g giabile nell'avvolgere di diplomatiche morbidezze le grossolanità b e r l u s c o n i a n e . Ma l'attribuzione a Giuliano F e r r a r a del ministero p e r i R a p p o r t i con il P a r l a m e n t o aveva sapore di provocazione. Ferrara, che sugli avversari politici del Cavaliere aveva rovesciato c o n t u m e l i e d u r a n t e le sue trasmissioni televisive, è un polemista molto dotato e molto aggressivo. I suoi t o n i da mazziere - mai r i n n e g a t i nel passaggio dal c o m u n i s m o al craxismo e dal craxismo a Forza Italia possono essere con qualche sforzo tollerati nei dibattiti: div e n t a n o invece un i n g o m b r o se si t r a t t a di tessere accordi t r a le istituzioni. L ' u o m o sbagliato al p o s t o sbagliato, p e r a m o r di Fininvest. Giuliano Urbani, il professore che - l'abb i a m o visto - p o r t a v a la responsabilità d'essere stato iniziatore del m o v i m e n t o berlusconiano, o t t e n n e il Ministero della Funzione pubblica. II meglio di sé - lo scriviamo senza ironia - Berlusconi lo d i e d e nello schierare il c e n t r o c a m p o economico. Al Tesoro a n d ò L a m b e r t o Dini, toscano di sessantatré anni, un lungo tirocinio negli Stati Uniti come alto funzionario del Fondo m o n e t a r i o i n t e r n a z i o n a l e , poi d i r e t t o r e g e n e r a l e della Banca d'Italia. Q u a n d o Carlo Azeglio Ciampi aveva rinunciato, ass u m e n d o la Presidenza del Consiglio, al posto di governatore dell'istituto d'emissione, Dini pareva il candidato «fisiologico» alla successione. Gli era stato invece preferito Antonio Fazio, e questo aveva provocato, si diceva, del «freddo» tra Ciampi e 101
Dini. Il titolare del Tesoro era noto per i suoi principi «monetaristi», ossia p e r il rigore con cui affermava l'ortodossia economica c o n t r o le u t o p i e e fantasie p o p u l i s t e . Per di p i ù si muoveva p e r f e t t a m e n t e a suo agio tra i potentati politici ed economici americani. La moglie Donatella, ricchissima p e r l'eredità lasciatale dal p r i m o marito Renzo Zingone, ha imp o r t a n t i p r o p r i e t à : n o n p e r ò i n Italia c o m e Berlusconi, h a ironizzato q u a l c u n o , ma in Costarica; il che r e n d e assai più improbabili, p e r Dini, i conflitti d'interesse. Un esperto autentico. C o m e del resto Giulio Tremoliti, ministro delle Fin a n z e : un valtellinese q u a r a n t a s e t t e n n e che insegna Diritto tributario all'Università di Pavia e che aveva idee chiare - altra cosa è averle, altra realizzarle - su u n a riforma capace di r e n d e r e più semplice e più equo il sistema fiscale italiano, paradiso degli evasori e inferno degli onesti. T r e m o n t i aveva avuto un seggio a Montecitorio nelle liste dei «pattisti» di Segni: ma con svelto tempismo era uscito dal Patto, insieme ad Alberto Michelini, e si era allineato con Forza Italia. Dalla Lega veniva il ministro delle Finanze senatore Giancarlo Pagliarini, c i n q u a n t a d u e n n e , milanese, specialista in revisioni contabili (e sa il cielo q u a n t o i bilanci pubblici italiani abbiano bisogno d'attente revisioni), presidente dell'associazione che riunisce gli addetti a questo settore professionale. C o m e mastino della spesa Pagliarini era, se possibile, ancor più feroce di Dini. Fu flagellato come simpatizzante della dittatura q u a n d o , con l ' i m p r u d e n z a tipica dei novizi, osò sos t e n e r e che l a p r e v i d e n z a volontaria e r a u n o dei m o d i p e r riassestare i conti dell'iNPS e citò, a conforto della sua tesi, il p r e c e d e n t e del Cile di Pinochet. Questa era la troika economica. Alla quale v a n n o aggiunti il Ministero d e l l ' I n d u s t r i a , d e l C o m m e r c i o e dell'Artigianato e il Ministero del C o m mercio estero, p a r e n t i poveri dei tre più blasonati. L'Industria toccò a un i m p r e n d i t o r e b r e s c i a n o , Vito G n u t t i , cinq u a n t a c i n q u e n n e , d e p u t a t o della Lega, che suggeriva p e r la ripresa dell'Italia la ricetta n o n inedita «lavorare, lavorare, lavorare»; il Commercio con l'estero toccò al bolognese Gior102
gio Bernini, sessantasei anni, professore di Diritto c o m m e r ciale ed e s p e r t o di arbitrati, d e p u t a t o di Forza Italia. La rip a r t i z i o n e degli incarichi p r e s e n t ò u n a stranezza: A n t o n i o Martino, liberale, d e p u t a t o di Forza Italia, figlio di G a e t a n o che, anche lui liberale, era stato tra i n u m e r o s i «padri» della C o m u n i t à e u r o p e a , ebbe u n a poltrona di prestigio (gli Esteri) ma n o n , c o m e tutti pronosticavano, u n o dei g r a n d i ministeri economici. E p p u r e p r o p r i o a u n o di quei posti sembrava lo destinassero la sua p r e p a r a z i o n e accademica (docente di Storia e Politica monetaria) e i suoi interventi c o m e saggista e pubblicista. Fu sacrificato - un sacrificio di lusso, intendiamoci - agli equilibri della coalizione di maggioranza. Dove si vede q u a n t o il n u o v o somigliasse al vecchio. Un c e n n o a p a r t e va d e d i c a t o in q u e s t a r a s s e g n a - inc o m p l e t a p e r e v i t a r e che d i v e n g a tediosa - a q u e i politici che con t e r m i n e riassuntivo s o n o stati definiti i «riciclati»: p r i m i tra tutti gli ex democristiani che via via a n d r a n n o ad infoltire - p o r t a n d o v i la loro esperienza, le loro virtù d'amm o r t i z z a t o r i , i loro vizi trasformistici - g r a n p a r t e degli s c h i e r a m e n t i . D e m o c r i s t i a n i doc e r a n o F r a n c e s c o D ' O n o frio, s a l e r n i t a n o , m i n i s t r o della Pubblica istruzione, e Clem e n t e Mastella, d a C e p p a l o n i n e l b e n e v e n t a n o , m i n i s t r o del Lavoro: e n t r a m b i affiliati al C e n t r o cristiano democratico. Dal serbatoio dello s c u d o crociato veniva a n c h e Publio Fiori, r o m a n o , ministro dei Trasporti, d e p u t a t o della DC p e r più legislature, poi espulso dal partito p e r indisciplina e inserito nelle liste di Alleanza n a z i o n a l e . Nel 1977 Fiori e r a stato gambizzato da brigatisti rossi. Il liberale Raffaele Costa, ministro della Sanità, aveva tra i v e t e r a n i della politica u n a posizione particolare: p e r c h é n o n gli si poteva addebit a r e n e s s u n a a b i u r a , p e r c h é della P r i m a Repubblica aveva t e n a c e m e n t e d e n u n c i a t o gli abusi e gli sprechi, p e r c h é nel suo collegio d i M o n d o v ì p o t e v a c o n t a r e s u u n e l e t t o r a t o granitico - a l m e n o fino al m o m e n t o in cui scriviamo - e infine p e r c h é era stato titolare di dicasteri sia con Amato (anche allora Sanità) sia con Ciampi (Trasporti). 103
P r i m a che i ministri giurassero, Scalfaro - con iniziativa e s t r a n e a ad ogni c o n s u e t u d i n e protocollare e perciò carica di significato - inviò a Berlusconi u n a lettera che p o n e v a alla sua azione di g o v e r n o alcuni precisi limiti. 1) Per l'estero «piena fedeltà alle alleanze, alla politica di u n i t à e u r o p e a , alla politica di pace»; 2) p e r l'interno, n e s s u n a posizione p o litica «in contrasto con i principi di libertà e di legalità, n o n c h é c o n il p r i n c i p i o dell'Italia u n a e indivisibile»; 3) p e r la politica sociale, p i e n o r i s p e t t o del p r i n c i p i o di solidarietà, con particolare a t t e n z i o n e alle attese di lavoro dei giovani. N u l l a in q u e s t e r i g h e d e l Q u i r i n a l e c o n t r a d d i c e v a i p u n t i p r o g r a m m a t i c i anticipati dal Polo delle libertà: ma il fatto stesso che Scalfaro avesse sentito - d i v e r s a m e n t e da q u a n t o e r a avvenuto con Amato e con C i a m p i - il bisogno di richiam a r e Berlusconi ai doveri dell'ortodossia costituzionale era p r o v a delle sue perplessità. Berlusconi accettò con umiltà la bacchettata, e replicò d a n d o assicurazioni: «Su tutte le q u e stioni o g g e t t o della sua lettera ho i n t e n z i o n e di e s e r c i t a r e senza riserve il p o t e r e e le responsabilità di c o o r d i n a m e n t o c h e la Costituzione mi assegna». I sorrisi radiosi di B e r l u sconi e di alcuni ministri n o n furono sufficienti p e r scioglier e , nella cerimonia del g i u r a m e n t o al Quirinale, il gelo p r o vocato dalla m a r m o r e a impenetrabilità del p a d r o n e di casa. D u r a n t e d e c e n n i le crisi di g o v e r n o italiane avevano avuto - p e r la loro frequenza, p e r l'astrusità cavillosa delle loro motivazioni, e p e r la loro sostanziale inutilità - scarsa rison a n z a all'estero. In fin dei conti le fàcce che r u o t a v a n o nella giostra governativa e r a n o s u p p e r g i ù le stesse, i p r o g r a m m i d ' o g n i n u o v o g o v e r n o somigliavano c o m e gocce d ' a c q u a a quelli del p r e c e d e n t e (ed e r a n o votati ad a n a l o g a infausta sorte), le coalizioni facevano i m m a n c a b i l m e n t e p e r n o sulla Democrazia cristiana. L'esecutivo di Berlusconi destò invece un interesse che era sì notevole, ma p u r t r o p p o negativo. C'era d a aspettarselo: m a delle d u e caratteristiche che r e n d e v a n o sospetta l'equipe b e r l u s c o n i a n a fu sottolineata c o n particolare insistenza, dai politici e dai mezzi d'informazio104
ne stranieri, la più appariscente e la m e n o sostanziosa: ossia il pericolo che la democrazia italiana fosse minacciata da conati fascisti. Rimase invece piuttosto in o m b r a la vera insidia, ossia la coesistenza nella stessa p e r s o n a - ed e r a un unicum nelle democrazie occidentali - del p o t e r e politico e d ' u n g r a n d e p o t e r e economico associato a un s e m i m o n o p o l i o televisivo. L'allarme p e r l'ipotetico risorgere del fascismo e r a a l i m e n t a t o in Italia, e dall'Italia e s p o r t a t o . Rosy B i n d i avvertiva c h e l'Italia «rischia di r e s t a r e isolata c o m e l'unico Paese con un partito neofascista al governo». Più autorevolm e n t e N o r b e r t o Bobbio sentenziava: «L'Italia è stata fatta ma gli italiani n o . Il fascismo sta r i t o r n a n d o . Il p a r t i t o di B e r l u s c o n i si identifica nello s p o r t , n o n nella cultura». In Francia il socialista Michel R o c a r d si dichiarò t u r b a t o dalla presenza nel g o v e r n o italiano di u o m i n i della destra nostalgica, e lo stesso Presidente M i t t e r r a n d gli fece eco. Il Parlam e n t o e u r o p e o di Strasburgo a p p r o v ò di strettissima misura - 189 sì e 188 no - u n a m o z i o n e voluta dal g r u p p o socialista che, sia p u r e in t e r m i n i sfumati, esprimeva ansia p e r le sorti della democrazia in Italia. Q u a l c u n o - si trattasse d'err o r e o di deliberata manipolazione del testo - volle r e n d e r e la m o z i o n e p i ù severa di q u a n t o già fosse: nella t r a d u z i o n e italiana si lesse che i p a r l a m e n t a r i e u r o p e i e r a n o p r e o c c u pati p e r q u a n t o accadeva in Italia «dopo gli o r r o r i del fascismo e del nazismo». La frase e r a posticcia. «E vero» precisò J e a n - P i e r r e Cot, p r e s i d e n t e del g r u p p o eurosocialista «che n o n c'è base legale p e r c o n t e s t a r e i m i n i s t r i fascisti, c o m e p e r ò n o n c'era p e r c o n t r a s t a r e l'ascesa al p o t e r e di Hitler.» Il parallelo tra Hitler e Berlusconi (o tra Hitler e Fini) era a dir poco forzato, ma a tanti p a r v e azzeccato. Il socialista Elio Di R u p o , v i c e - p r i m o m i n i s t r o b e l g a e figlio d ' i m m i g r a t i abruzzesi, rifiutò di stringere la m a n o al ministro Tatarella in visita a Bruxelles: imitato, nel rifiuto d'ogni contatto con e s p o n e n t i d'Alleanza nazionale, da ministri norvegesi. Dichiarazioni d u r e furono p r o n u n c i a t e in Israele dal sottosegretario agli Esteri Yossi Beilin, che a c c o m u n ò nella sua ri105
p r o v a z i o n e i neofascisti nostalgici di Alleanza n a z i o n a l e é l'antisemita I r e n e Pivetti (il ministro degli Esteri Peres a m m o r b i d ì p o i , fin quasi ad a n n u l l a r l a , la p r e s a di posizione del suo vice). Se in Italia c'era stato chi aveva p r o m o s s o i comitati Bo.Bi. (boicottiamo il Biscione), nell'ambito i n t e r n a zionale v e n n e lanciata l'idea, sprofondata nel ridicolo che le si addiceva, d ' u n e m b a r g o degli spaghetti p e r p u n i r e l'Italia traviata. Per dissipare la n u b e di sospetto che avvolgeva il suo gov e r n o , Berlusconi faceva molto a s s e g n a m e n t o sulla visita del p r e s i d e n t e a m e r i c a n o Clinton: c h e e r a atteso in E u r o p a ai p r i m i di g i u g n o p e r c o m m e m o r a r e il c i n q u a n t e n a r i o dello sbarco in N o r m a n d i a e che fece t a p p a a R o m a , dove vide il Papa ( t r a t t a r o n o il t e m a controverso dell'aborto, senza riuscire ad avvicinare le loro posizioni), Scalfaro, e quel che più i m p o r t a v a il Cavaliere. I rotocalchi p r e s t a r o n o a t t e n z i o n e quasi esclusivamente ai c o m p o r t a m e n t i di Hillary Clinton e di Veronica Berlusconi che, uscita controvoglia d a l l ' o m b r a in cui preferisce r i m a n e r e assolse, bellissima e distratta, le sue i n c o m b e n z e ài first lady. Ma gli occhi dei politici e r a n o p u n t a t i su C l i n t o n , e su ciò c h e a v r e b b e d e t t o . T u t t o somm a t o il P r e s i d e n t e degli Stati Uniti d i e d e a B e r l u s c o n i , in u n a conferenza s t a m p a c o n g i u n t a , la sua b e n e d i z i o n e : con q u a l c h e cortese riserva. «La p r i m a cosa che il P r i m o ministro mi ha detto» questa la risposta ad u n a d o m a n d a «è che il suo g o v e r n o da cima a f o n d o è in m o d o inequivocabile i m p e g n a t o i n senso d e m o c r a t i c o : i n s e c o n d o l u o g o n e l m o n d o in cui viviamo - n o n solo in Italia ma in Polonia, in Argentina e in ogni altro Paese - ci sono molti partiti politici che affondano le loro radici in un passato m e n o democratico e trovo che il tipo di approccio n o n solo più utile, ma l'unico ragionevole oggi, è di giudicare tutti i governi in base a quello c h e f a n n o e a quello c h e d i c o n o da q u a n d o s o n o in carica.» E a un'altra d o m a n d a : «Valuteremo le p e r s o n e n o n solo in base a criteri economici ma in base alla fedeltà ai diritti u m a n i , al riconoscimento del diritto degli altri a parla106
r e , al r i s p e t t o p e r il processo d e m o c r a t i c o elettorale... Lei mi c h i e d e q u a l e sarà il r u o l o d e l neofascismo. Q u e s t o dip e n d e da quello c h e succederà n o n solo in Italia ma a n c h e in altri Paesi. N e s s u n a nazione, dico nessuna nazione, è imm u n e d a p e r s o n e c h e s i c a n d i d a n o f a c e n d o affermazioni e s t r e m e , c e r c a n d o d i g i u o c a r e sulle frustrazioni e c o n o m i che e su quelle morali e sociali». P r o b a b i l m e n t e l'allarme fascismo, amplificato ed esasperato, giovò a Berlusconi anziché nuocergli: lo si constatò alle e u r o p e e del 12 giugno. Alla gente stavano a c u o r e altri p r o b l e m i : e le lezioni p r o v e n i e n t i d a l l ' e s t e r o risvegliarono in molti l'insofferenza verso chi pareva p r o n t o a consentire che l'Italia fosse umiliata p u r di colpire il nemico politico («non abbiamo bisogno di maestri» era sbottato Scalfaro d o p o il voto censorio di Strasburgo). Analoga insofferenza provocavano del resto le dichiarazioni di q u a n t i - c o m e lo scrittore Vincenzo Consolo, che s'era i m p e g n a t o a lasciare Milano dopo ch'era caduta in m a n i leghiste, o come U m b e r t o Eco che a n n u n c i a v a l'espatrio a Sarajevo d o p o l ' i n s e d i a m e n t o del Cavaliere a Palazzo Chigi - r i n n e g a v a n o l'ingrata Patria: g u a r d a n d o s i bene, tuttavia, dal lasciarla davvero. A suggello di q u e s t a disgressione sui r i v e r b e r i i n t e r n i e internazionali dell'avvento di Berlusconi - che ha un poco s u p e r a t o l'ordine cronologico degli avvenimenti - c o n v e r r à a g g i u n g e r e qualche rilievo. N o n c r e d i a m o ad u n a possibile r e s u r r e z i o n e del fascismo in Italia, così c o m e n o n c r e d i a m o ad u n a possibile r e s u r r e z i o n e del c o m u n i s m o . Il fascismo, ideologia d e g e n e r e a p p a r t e n e n t e a u n b e n d e l i m i t a t o p e r i o d o della storia e u r o p e a , è m o r t o mezzo secolo fa insieme ai suoi duci; il c o m u n i s m o è anch'esso m o r t o da alcuni a n n i b e n c h é in alcuni Paesi - e n e l p i ù p o p o l o s o del m o n d o , la Cina - si finga che sia ancora vivo, e b e n c h é in Italia Cossutta e Bertinotti a b b i a n o p r e t e s o di rifondarlo i n v o c a n d o ad esempio di b u o n g o v e r n o il b r o n t o s a u r o Fidél Castro. Il Mov i m e n t o sociale italiano aveva le s u e radici nel fascismo - p e r la precisione nel fascismo di Salò - e alcuni estremisti 107
passati ad Alleanza nazionale (ma ancor più quelli dei g r u p puscoli bradi) covano di sicuro aneliti squadristici. Ma sono un'infima minoranza. Q u a n d o Berlusconi, p r o p r i o d u r a n t e la visita di C l i n t o n , s o s t e n n e che i s o n d a g g i d e m o s c o p i c i - n o n li dimentica mai - attribuivano alla d e s t r a e s t r e m a e violenta solo lo 0,4 p e r cento dei consensi, n o n si distaccava molto dalla realtà. Allo stesso m o d o vi sono covi di deliranti estremisti di sinistra, ed è certo che u n a frangia dei militanti di Rifondazione, o m a g a r i dello stesso PDS, ha a n c o r a in m e n t e utopie collettivistiche ed egualitarie. Ma a p p u n t o di frange si tratta. Il p r o s p e t t a r e ritorni delle squadracce in camicia n e r a è fuorviarne così c o m e il p r o s p e t t a r e un revival del «socialismo reale», delle sue polizie s e g r e t e , della sua langue de bois. C o n m o l t o b u o n s e n s o , ma con u n a q u a l c h e malizia, C l i n t o n aveva r i c o r d a t o c h e nei p i ù «occidentali» tra i Paesi ex satelliti di Mosca, in particolare l ' U n g h e r i a e la Polonia, sono al g o v e r n o ex comunisti che in p r i m a p e r s o n a militarono nel partito e vi ricoprirono incarichi, e che p u r e n e s s u n o contesta, q u a n d o visitano capitali estere c h i e d e n d o l ' a g g r e g a z i o n e alla c o m u n i t à d e m o c r a t i c a . E giusto n o n contestarli. Q u e i successori del c o m u n i s m o - che fu odiato in Polonia e in U n g h e r i a c o m e il fascismo n o n fu odiato in Italia se n o n nella v e r s i o n e «repubblichina» - v e n g o n o in O c c i d e n t e a c h i e d e r e l'ingresso n e l l ' U n i o n e e u r o p e a , smaniosi di condividerne le gioie e le p e n e consumistiche e m e r cantili. Più pentiti e m e n o pericolosi di così n o n p o t r e b b e r o essere. Viviamo in un contesto e u r o p e o - e m o n d i a l e - che p e r nazioni delle dimensioni, dell'importanza e della collocazione della nostra n o n c o n s e n t o n o né riesumazioni della dittat u r a n e r a né - c o m e Berlusconi va v a n e g g i a n d o - affermazioni d ' u n r e g i m e comunista. Detto questo, n o n m a n c h e r e m o d i r i l e v a r e , n e l corso della n o s t r a n a r r a z i o n e , che u n c e n t r o d e s t r a d i tipo b e r l u s c o n i a n o p u ò c o m p i e r e , p r o p r i o p e r il suo p o p u l i s m o facile, p e r il suo miracolismo avventato, p e r la sua a r r o g a n z a talecratica e m i l i a r d a r i a , p e r la 108
g r o s s o l a n i t à d i alcuni suoi u o m i n i , sopraffazioni che n o n r i u s c i r a n n o c o m u n q u e ad a n n u l l a r e le r e g o l e e gli i n g r a naggi della democrazia, ma possono distorcerli: regole e ing r a n a g g i p e r altro verso e con tecniche m o r b i d e condizionati - da chi aveva l'aria di rispettarli scrupolosamente - d u r a n t e la l u n g a stagione partitocratica della Prima Repubblica. Ma quella stagione, riconosciamolo, ha lasciato in e r e dità al Paese, i n s i e m e a t a n t o fango e a t a n t e i p o c r i t e d e vianze, l'essenza della libertà. Ci piacerebbe che la reciproca accusa «comunista!» «fascista!» c o n cui i furbi e gli intolleranti p r e t e n d o n o di c h i u d e r e ogni civile confronto e di zittire gli avversari fosse bandita, o r a più che mai, dal r e p e r t o rio polemico. P u t r o p p o sappiamo che n o n lo sarà.
CAPITOLO
OTTAVO
ARRIVA IL LEADER MASSIMO
Era un Berlusconi baldanzoso quello che l u n e d ì 16 maggio 1994 p r e s e n t ò al Senato - ossia all'assemblea dove era aleatorio il c o n s e g u i m e n t o della fiducia - il p r o g r a m m a del gov e r n o . N o n vale la p e n a d ' i n d u g i a r e sulle rituali dichiarazioni d ' e u r o p e i s m o e di fedeltà alle alleanze. I passaggi rilevanti e r a n o altri: a n z i t u t t o quello in cui il n e o P r e s i d e n t e del Consiglio spiegò quali iniziative s a r e b b e r o state p r e s e nei p r i m i cento giorni della sua gestione. E r a n o , p e r lo più, iniziative r i g u a r d a n t i l'occupazione, in vista dell'ambizioso t r a g u a r d o d ' u n milione di posti di lavoro in d u e a n n i - d u e a n n i e mezzo. Il g o v e r n o si p r o p o n e v a di: a) r i d u r r e gli o n e ri contributivi p e r le imprese che procedessero ad assunzioni; b) liberalizzare le assunzioni stesse, c o n s e n t e n d o in particolare che le imprese con m e n o di quindici d i p e n d e n t i ingaggiassero d i r e t t a m e n t e i loro operai, senza passare attraverso gli uffici di collocamento: c) incentivare i contratti di f o r m a z i o n e lavoro, favorire il « t e m p o d e t e r m i n a t o » (ossia assunzioni di d u r a t a prestabilita) e il part-time; d) rivedere le n o r m a t i v e sugli appalti pubblici, c o n s e n t e n d o la ripresa di questa essenziale branca produttiva d o p o che gli abusi affiorati con T a n g e n t o p o l i l'avevano di fatto bloccata. I n o l t r e Berlusconi p r o m e t t e v a di d a r e un impulso risoluto alle privatizzazioni, cominciando da I N A , S T E T , E N E L , E N I , e di esentare dalle tasse i redditi fino a dieci milioni «per r i s p o n d e r e alle attese di milioni di cittadini in età di pensione». Sul t e m a spinoso del conflitto d'interessi, Berlusconi fu piuttosto reticente, e i n d u l g e n t e verso se stesso. Premise, in sostanza, che di maggiori cautele n o n c'era bisogno p e r c h é 110
in Italia «è e v i d e n t e un forte sistema di g a r a n z i e e di controlli: il ruolo del C a p o dello Stato..., quello dell'autorità antitrust, del g a r a n t e p e r l'editoria, della m a g i s t r a t u r a o r d i n a ria e amministrativa, il carattere collegiale del Consiglio dei ministri e delle sue p r o c e d u r e decisionali e n a t u r a l m e n t e lo specialissimo ruolo dell'opposizione p a r l a m e n t a r e » . P r o p r i o p e r u n eccesso d i s c r u p o l o , d u n q u e , e r a stata d a lui desig n a t a la t r o i k a d e i saggi, c h e a v r e b b e r o c o n s e g n a t o a sett e m b r e le loro p r o p o s t e . «Tutto è possibile in t e m a di g a r a n zia e di controlli» disse il Cavaliere «tranne u n a cosa: stabilire che un i m p r e n d i t o r e n o n d e t i e n e gii stessi diritti politici di o g n i altro c i t t a d i n o . N o n c'è nulla, nella costituzione e nel sistema legale di questa Repubblica democratica e liberale, che getti il b e n c h é m i n i m o d u b b i o sulla legittimità della f o r m a z i o n e di q u e s t o g o v e r n o e dell'incarico di p r e s i e derlo conferitomi dal C a p o dello Stato.» Le o p p o s i z i o n i r o v e s c i a r o n o sulle tesi b e r l u s c o n i a n e un'alluvione di critiche in p a r t e occasionali, ma in parte molto serie: sottolineando con v e e m e n z a l'inconciliabilità tra il Berlusconi politico e il Berlusconi i m p r e n d i t o r e , n o n c h é tra il suo p o t e r e televisivo e un fisiologico equilibrio dell'informazione. M e n o accesa fu la d i s p u t a sul p r o g r a m m a economico, del quale veniva piuttosto contestato l'eccesso di ottimismo: p e r c h é il p r o g r a m m a s'adeguava abbastanza a direttive da molti esperti (anche progressisti) condivise. Berlusconi ereditava da Ciampi u n a situazione dell'economia e della finanza pubblica che aveva luci e o m b r e , ma che senza d u b bio attestava la c o n v e r s i o n e dal criterio della spesa facile q u a n d o n o n dilapidatrice che aveva caratterizzato la Prima Repubblica a u n a volontà di r i s a n a m e n t o . L'inflazione e r a imbrigliata, al 4 p e r c e n t o , il fabbisogno del settore statale e r a passato n e l l ' a n n o p r e c e d e n t e dal 10,6 al 9,8 p e r c e n t o del Pil (Prodotto i n t e r n o lordo). Un dollaro valeva 1589 lire e un m a r c o tedesco 969. D u r a v a n o l'allarme disoccupazione (11,4 p e r cento) e il crollo degli investimenti ( m e n o 11 p e r cento, con un picco del m e n o 16 p e r cento nelle o p e r e p u b 111
bliche). Il r e d d i t o effettivo delle famiglie s'era r i d o t t o del 5 p e r cento, e dell'I,2 p e r cento il Pil del Paese, con u n a ricad u t a negativa sui c o n s u m i . P a u r o s a la situazione dell'iNPS, che denunciava un buco variamente valutato secondo le fonti - è stupefacente l'elasticità di questi calcoli - ma n o n inferiore ai ventimila e forse superiore ai trentamila miliardi. Il g o v e r n o fu p r o m o s s o sia a Palazzo M a d a m a sia a Montecitorio. Il voto della C a m e r a filò via liscio, p e r l'abbondante vantaggio di cui la m a g g i o r a n z a d i s p o n e v a . In S e n a t o il Polo fu costretto a servirsi, p e r n o n p e r d e r e la battaglia, di disertori degli altrui schieramenti. Q u a t t r o senatori del P P I , Grillo, Zanoletti, C u s u m a n o e Cecchi Gori lasciarono l'aula al m o m e n t o del voto: il c h e abbassò il quorum a 158 voti e d i e d e via l i b e r a alla fiducia (159 sì, 153 n o ) . II P P I p u n ì i q u a t t r o transfughi con la sospensione. Spadolini e Taviani si e r a n o astenuti: il c h e , l'abbiamo a c c e n n a t o , equivale in Sen a t o a un voto c o n t r a r i o . Forza Italia poteva così p r o c e d e r e sotto favorevoli auspici verso un n u o v o e ravvicinato a p p u n t a m e n t o elettorale: le e u r o p e e del 12 g i u g n o . Prima che vi si arrivasse la cronaca registrò u n a serie di n o tizie che e r a n o o il seguito di vicende stagionate e dal decorso lento - c o m e sono infallibilmente quelle giudiziarie - o il segnale d'avvio di n u o v i t o r m e n t o n i . Il 19 m a g g i o A n t o n i o Di Pietro o r d i n ò l'arresto d ' u n a ventina di p e r s o n e - tra loro dieci a p p a r t e n e n t i alla G u a r d i a di F i n a n z a - p e r c o r r u zione. Un altro v e r m i n a i o di mazzette, d'accertamenti fiscali di c o m o d o , di favori illeciti e r a p o r t a t o allo s c o p e r t o dal pool milanese: che scavando s c a v a n d o si s a r e b b e i m b a t t u t o u n a volta di più in Silvio Berlusconi. D ' a l t r o g e n e r e , m a a n c h ' e s s o fastidioso p e r chi n e e r a protagonista, fu un i n c i d e n t e - i n d i r e t t a m e n t e collegato al «caso» S I S D E - in cui i n c a p p ò O s c a r Luigi Scalfaro. S a b a t o 28 maggio egli aveva assistito, in piazza della Loggia a Brescia, alla c o m m e m o r a z i o n e della strage di v e n t ' a n n i p r i m a (otto i morti, un centinaio i feriti). Per accoglierlo un g r u p 112
po d ' a u t o n o m i e di militanti di Rifondazione comunista aveva p r e p a r a t o scritte contestatrici: «Né servi né p a d r o n i - no al r e g i m e Berlusconi» e «Via il g a r a n t e dei fascisti». Scalfaro, che in simili frangenti n o n si smarrisce, afferrò il microfono e a m m o n ì t r a i c l a m o r i : «La verità è un d i r i t t o s a c r o s a n t o c h e d e v e essere difeso a o g n i costo. Deve essere difesa a n che di fronte a quelli che, in questa piazza, n o n la vogliono. Il fascismo è stato la negazione della libertà e della verità e ci sono a n c o r a quelli che s e g u o n o questa strada». Applausi, mescolati p e r ò a molti fischi. T r a polizia e manifestanti div a m p a r o n o tafferugli, con qualche contuso. N o n e r a finita: p e r c h é l'indomani su Repubblica E u g e n i o Scalfari, con l'aria di d i f e n d e r e il quasi o m o n i m o del Q u i r i n a l e dagli attacchi della s t a m p a b e r l u s c o n i a n a , a c c e n n ò al fatto c h e «il C a p o dello Stato viene r i p e t u t a m e n t e n o m i n a t o in u n ' a u l a di giustizia d o v e si c e l e b r a il p r o c e s s o c o n t r o i p e c u l a t o r i d e l SISDE».. Scalfaro, c h e q u e l g i o r n o e r a a O r o p a , r i b a t t é con p r o n t e z z a e asprezza cossighiane: «Vale più u n o che accusa delle r i p e t u t e smentite dei magistrati? E v i d e n t e m e n t e sì, vale di p i ù q u e l l ' u n o . Ma io sfido c h i u n q u e a d i m o s t r a r e c h e chi è stato ministro d e l l ' I n t e r n o , e n o n solo io, ha speso u n a lira fuori dai fini istituzionali». Il 31 m a g g i o R o m a n o P r o d i d i e d e le dimissioni dalla Presidenza dellÌRi, alla quale e r a t o r n a t o un a n n o p r i m a , e subito il suo e s e m p i o fu seguito dall'intero consiglio d ' a m ministrazione. Il ministro del Tesoro Dini accettò la r i n u n cia di Prodi d o p o un invito, n o n si sa q u a n t o convinto, a rim a n e r e . Il c o m m e n t o di Berlusconi fu gelido, e tale da n o n lasciar d u b b i sui suoi sentimenti. «Prodi ritiene di aver fatto quello p e r cui è stato chiamato all'lRl. E q u i n d i un suo p r o b l e m a personale.» P r o d i sarà sostituito, d o p o s e t t i m a n e di contrattazioni, dall'ex a m m i n i s t r a t o r e d e l e g a t o della S T E T , Michele Tedeschi, che e r a stato il braccio d e s t r o di F r a n c o Nobili, p r e s i d e n t e dell'lRi n e l l ' i n t e r r e g n o t r a le gestioni di Prodi. U n a designazione che somigliava molto a u n a restaurazione. 113
C o m e Prodi a n c h e il Cavaliere - forte del consenso otten u t o nell'assemblea della Confindustria - aveva un problem a , c h e n o n e r a s o l t a n t o p e r s o n a l e . S e c o n d o lui i mezzi d'informazione lo trattavano male. Erano animati da prec o n c e t t a ostilità, e p r o p e n s i a enfatizzare ciò c h e p o t e s s e d a n n e g g i a r l o , e a m i n i m i z z a r e ciò che potesse giovargli. Il che valeva p e r i quotidiani - dove in effetti il fronte dei diffidenti o perplessi nei suoi r i g u a r d i s u p e r a v a di parecchio il fronte dei benevoli - ma valeva s o p r a t t u t t o p e r la R A I , il cui i m p a t t o sulla pubblica o p i n i o n e e r a gigantesco (Berlusconi a m m e t t e v a invece, b o n t à sua, di n o n potersi p r o p r i o lagnare di d u e telegiornali Fininvest, Rete 4 e Italia 1, e n e m m e no della r u b r i c a d'aggressioni verbali di Vittorio Sgarbi su Canale 5). Il 7 g i u g n o Berlusconi convocò i giornalisti a Palazzo Chigi p e r e s p r i m e r e loro le sue amarezze: «E a n o m a lo» disse «che in un Paese d e m o c r a t i c o esista un servizio pubblico che va c o n t r o la m a g g i o r a n z a di governo». C o m e sovente gli succede, il Cavaliere aveva t r o p p o t r a d i t o i suoi riposti p e n s i e r i . L'idea c h e l ' i n f o r m a z i o n e pubblica d e b b a essere in sintonia con il g o v e r n o , o c o m u n q u e con il p o t e r e , e r a stata d o g m a d u r a n t e l a P r i m a Repubblica: nella q u a l e tuttavia il p o t e r e e r a f r a n t u m a t o , e in q u a l c h e m i s u r a n e u tralizzato, p e r effetto della «proporzionale» e dei c o n t r a p pesi c h e n e c o n s e g u i v a n o . Forse senza r e n d e r s e n e c o n t o , Berlusconi spacciava p e r n u o v o il p e g g i o r a m e n t o d e l vecchio. La sua frase p r e l u d e v a in t e r m i n i allusivi ma d'inequivoca interpretazione al siluramento del consiglio d ' a m m i n i s t r a z i o n e della R A I e dei d i r e t t o r i dei t e l e g i o r n a l i : e s'aggiungeva a u n o stillicidio d'insinuazioni e lagnanze c o n t r o i mass media. L'opposizione r e a g ì alla sortita con u n c o r o d ' a n a t e m i , c h i a m a n d o i «democratici» a raccolta, e d e n u n c i a n d o al Paese l ' i m m i n e n t e attacco alla libertà. I «mezzibusti» della R A I - inclusi i più popolari - scesero in piazza p e r rivendicare la loro i n d i p e n d e n z a , gli abbonati v e n n e r o sollecitati ad «alzare la voce» p e r d i f e n d e r e , con la televisione di Stato, a n c h e 114
il diritto a un'informazione pluralista. Q u e s t a c a m p a g n a era nei suoi c o n t e n u t i - e in un Paese dove il capo dell'esecutivo e r a a n c h e p r o p r i e t a r i o delle maggiori reti private - del tutto legittima, b e n i n t e n z i o n a t a e lodevole. I cittadini avevano il d i r i t t o - e il d o v e r e - d'associarvisi. I d u b b i e le i r o n i e espressi a n c h e da chi n o n e r a un fan di Berlusconi t r a e v a n o invece motivo dallo slancio barricadiero - mai in p r e c e d e n za m a n i f e s t a t o - di c o n d u t t o r i e giornalisti c h e il piccolo s c h e r m o aveva reso famosi: essendo n o t o a n c h e ai sassi che la RAT tripartita - D C , P S I , P C I - assumeva in base a implacabili criteri lottizzatori. N o n vi si entrava, e n o n vi si faceva carr i e r a , senza u n o sponsor politico ( B r u n o Vespa aveva usato con sincerità d i s a r m a n t e l'espressione «azionista di riferimento» p e r la D C ) . Ai desideri dei rispettivi sponsor - precipitati poi nella fogna di T a n g e n t o p o l i - i mezzibusti e i busti interi s'erano a d e g u a t i con stoica s o p p o r t a z i o n e , soffrendo in silenzio e t e n e n d o sotto s t r e t t o c o n t r o l l o o g n i fremito d ' a u t o n o m i a politica e professionale. Lo stato di servizio di alcuni esagitati manifestanti n o n e r a d u n q u e immacolato, e il l o r o s u b i t a n e o r e c u p e r o della capacità e della voglia di p r o t e s t a r e f u p e r molti n o n c o n v i n c e n t e . I n u n o sforzo d i conciliazione il p r e s i d e n t e della RAI Claudio D e m a t t è a m m i se: «Sì, ci sono state faziosità». Analoga ammissione n o n venne da Berlusconi, p e r q u a n t o r i g u a r d a v a la Fininvest. M e n t r e scatenava l'offensiva c o n t r o la RAI dei «professori» il g o v e r n o i m p e g n a v a le p r i m e scaramucce con la magistratura, e in particolare - svanite le speranze d'accaparrars e n e q u a l c h e e s p o n e n t e - con il pool di «mani pulite». Da H o n g Kong, d o v ' e r a volato p e r le sue inchieste, Antonio Di Pietro aveva e s p r e s s o u n p a r e r e d e c i s a m e n t e c o n t r a r i o a l «colpo di spugna» di cui si vociferava. Il ministro della Giustizia Biondi n o n si lasciò sfuggire l'occasione di far polemica e con u n a b a t t u t a sui giudici «che v a n n o a n c h e in trasferta a fare dei proclami». T r a queste schermaglie arrivò p e r m a g g i o r a n z a e o p p o sizione l'esame delle e u r o p e e : e fu e v i d e n t e c h e la l u n a di 115
miele tra Berlusconi e l'elettorato n o n e r a finita, anzi viveva il suo m o m e n t o p i ù a p p a s s i o n a t o . Alle e u r o p e e si vota con un criterio p r o p o r z i o n a l e p u r o , senza meccanismi o p r e m i maggioritari. Messe da p a r t e le alleanze, i partiti si misurav a n o l'uno c o n t r o l'altro. Forza Italia risultò essere di varie l u n g h e z z e - e con un p r o g r e s s o s o r p r e n d e n t e rispetto alle «politiche» di fine m a r z o - il p r i m o p a r t i t o italiano: ebbe il 30,6 p e r cento, poco m e n o di q u a n t o (32,9) avesse o t t e n u t o cinque a n n i p r i m a la Democrazia cristiana. Il P D S (19,1) arr e t r ò ma di poco. Alleanza nazionale fu il terzo partito con il 12,5 p e r c e n t o , e il P P I s o r p r e n d e n t e m e n t e il q u a r t o con il 10 p e r cento (male invece Segni attestato sul 3,3 p e r cento). La Lega e Rifondazione comunista stavano apparigliate un p o ' al disopra del 6 p e r cento. I risultati rafforzavano Berlusconi, confortavano i p o p o l a r i , e tutto s o m m a t o a p p a g a v a no le attese di Alleanza n a z i o n a l e e di R i f o n d a z i o n e . D u e partiti - tra quelli che s'erano salvati - c o n t a v a n o invece i lividi: il P D S e la Lega. Cifre alla m a n o , Bossi stava senza p a r a g o n e p e g g i o di O c c h e t t o . Le «politiche» gli a v e v a n o assicurato 180 p a r l a m e n t a r i sui mille di C a m e r a e Senato, il 18 p e r c e n t o , e la verifica p r o p o r z i o n a l e riduceva o r a ad un terzo, in t e r m i n i di consenso, quella ricca dote. Tra i seguaci del senatur - da cui s'era distaccato il p r o f e s s o r Miglio - s e r p e g g i a v a n o i d u b b i e affioravano critiche. Ma Bossi n o n e r a u o m o che si abbattesse p e r così p o c o . La folla di diecimila p e r s o n e c h e egli a r r i n g ò il 19 g i u g n o 1994 nella fatidica P o n t i d a aveva smarrito un p o ' d'ottimismo, ma n o n il fervore dei credenti. Bossi snobbò il verdetto del 6 p e r cento («contano i fatti, signori, i centottanta parlamentari»), delineò l'azione parallela d ' u n a Lega di lotta, i n d i p e n d e n t i s t a , e d ' u n a lega di gov e r n o , leale nella collaborazione c o n Berlusconi («ma n o n gli p o r t e r ò la valigia»). C o m e r a p p r e s e n t a n t e degli «indipendentisti» (la Rifondazione di Bossi, si disse) era indicato Erminio Boso, peso massimo del leghismo p r i m o r d i a l e . «La Lega g o v e r n e r à c i n q u e anni» vaticinava Bossi: ma nel con116
t e m p o dichiarava che «la Fininvest è peggio della RAI». E a chi gli chiedeva quale fosse stato l ' e r r o r e che aveva p o r t a t o al d e l u d e n t e r e s p o n s o elettorale replicava c u p o : «L'errore di n o n avere C a n a l e 5, Rete 4, Italia 1 e di n o n essere miliardari». Bossi, istintivo, aveva b e n p i a n t a t o in testa il concetto che il Cavaliere, se lo si fosse lasciato fare, avrebbe divorato la Lega un boccone d o p o l'altro. La sorte dell'alleanza tra Forza Italia e la Lega e r a scritta in questa diagnosi del senatur. Il resto sarebbe v e n u t o da sé. Bossi s ' a g g r a p p a v a allo zoccolo d u r o della Lega, a n c h e in quei frangenti fedele, invece lo zoccolo d u r o del P D S faceva m a n c a r e il suo solido sostegno sotto i piedi di Achille Occ h e t t o . C ' e r a ansia di c a m b i a m e n t o tra i militanti della Q u e r c i a : c a m b i a m e n t o che p e r molti tra loro significava il definitivo a b b a n d o n o delle d u r e z z e e dei dogmatismi ereditati dal P C I , e p e r molti altri il r i t o r n o a u n a f o r m a - p a r t i t o m e n o emotiva e altalenante di quella cui Occhetto aveva dato la sua i m p r o n t a . Nella t e r r a di n e s s u n o c h e s e p a r a v a le d u e concezioni, «baffo» Achille - così l o n t a n o p e r i n d o l e e p e r vicende personali dal terribile «baffone» - si trovò isolato. Poteva fare a s s e g n a m e n t o su dirigenti che lo a m a v a n o e 10 stimavano, ma n o n su u n o schieramento deciso a battersi allo s t r e m o p e r lui. Fosse stato un t e m p o r e g g i a t o r e astuto a v r e b b e d e m a n d a t o il giudizio sulla sua s e g r e t e r i a ad un congresso lontano. A l m e n o questo r i g u a r d o gli era d o v u t o . 11 limitato smacco delle «europee» v e n n e invece visto - da lui e dai suoi nemici i n t e r n i - in chiave catastrofica. Abdicò senza lottare e solo a posteriori illustrò le ragioni che avrebb e r o d o v u t o i n d u r l o alla lotta. Disse all'intervistatrice Teresa Bartoli, in II sentimento e la ragione: «Se il 12 g i u g n o i risultati elettorali avessero d a t o l'appiglio p e r resistere - a n c h e se mi si deve spiegare che differenza c'è tra il 20 e il 19 p e r cento in u n a c a m p a g n a elettorale fatta senza u n o spot e senza un manifesto, in un clima da p a r t i t o u n i c o visto che sui m u r i d e l l e città si v e d e v a n o solo i colori di Forza Italia avrei resistito a n c h e d o p o le e u r o p e e . N o n perché... volessi 117
fare il segretario a vita bensì p e r c h é r i t e n e v o fosse n o n un diritto ma un dovere arrivare al congresso, c o m p i e r e il camm i n o politico che mi e r o prefisso, uscirne segretario p e r poi avviare il ricambio... n o n consideravo scandaloso il fatto che l ' u o m o della svolta fosse eletto s e g r e t a r i o al s e c o n d o C o n gresso del P D S , p a r t i t o che aveva c o n t r i b u i t o a f o n d a r e . In fondo in fondo, a b e n vedere, forse me l'ero a n c h e meritato... unico tra i segretari dai g r a n d i partiti della P r i m a Repubblica, e r o uscito i n d e n n e dal cataclisma che aveva distrutto quel sistema m u o v e n d o m i sulla s t r a d a del r i n n o v a m e n t o e t r a g h e t t a n d o il p a r t i t o s a n o e salvo sulle s p o n d e della Seconda Repubblica». Nulla da obbiettare. Ma p r o p r i o Occhetto in un impulso di dignità - e anche di rabbia - r u p p e gli indugi scrivendo il 13 giugno u n ' a m a r a lettera di dimissioni. N o n era stata tanto la sconfitta elettorale - discutibile - a dettargliela: e r a stata piuttosto la sensazione che Massimo D'Alema, p e r cui aveva un'antipatia incontenibile, gli alitasse sul collo, smanioso di superarlo e di eliminarlo dalla corsa. Il congedo dalla guida del PDS n o n fu sereno né pacificatore. Ai «cari compagni» Occhetto disse che l'inquietante vittoria della d e s t r a n o n consentiva «né esitazioni né incertezze p e r la g u i d a del partito. C o m e sapete» precisò sferzante «già all'indomani delle politiche è stato posto da alcune parti, a dire il vero esterne al partito, il p r o b l e m a delle mie dimissioni. Debbo dire con franchezza che n o n ho condiviso le ragioni in base alle quali si arg o m e n t a v a p e r questa ipotesi... P u r r i t e n e n d o che sia stato un grave e r r o r e politico cercare in ogni m o d o di indebolire l'immagine, p r o p r i o nel m o m e n t o più vivo dello scontro, del segretario del P D S , oggi sento che il mio dovere è un altro...». S g o m b r a t o subito il c a m p o dalle c a n d i d a t u r e fantasiose del sindaco di Bologna Walter Vitali e del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, fu chiaro che p e r la segreteria del P D S si sarebbe assistito a un duello tra Massimo D'Alema e Walter Veltroni: d u e vite vissute p e r il c o m u n i s m o e p e r il postc o m u n i s m o , ma in m o d o molto diverso. Massimo D'Alema 118
( d o p o «baffone» e «baffo» era la volta di «baffino») ha molte qualità, n o n p e r ò quella d'ispirare, di p r i m o acchito, la simp a t i a . T r o p p o f r e d d o , t r o p p o c o n t r o l l a t o , t r o p p o sicuro. Q u a r a n t a c i n q u e anni, r o m a n o , ha la politica e il partito nel sangue. Il p a d r e era un dirigente del P C I , il ragazzino Massimo aveva avuto l'onore d'essere p r e s e n t a t o , come «pioniere» m o d e l l o , a P a l m i r o Togliatti, da s t u d e n t e e r a stato un contestatore assai vivace ed aveva a n c h e lanciato - lo ha confessato egli stesso - q u a l c h e bottiglia Molotov. T r a il '76 e l'80 aveva guidato la Federazione giovanile comunista, a cavallo tra gli a n n i O t t a n t a e gli a n n i Novanta era stato dirett o r e dell'Unità. Il suo collegio e l e t t o r a l e e r a a Gallipoli in Puglia - vi è stato eletto d e p u t a t o p e r tre legislature - e questo lo ha m e s s o in c o n t a t t o con Rocco B u t t i g l i o n e , che di Gallipoli è originario, e vi ha m a n t e n u t o forti legami. D'Alema è un p e r s o n a g g i o che ispira sentimenti recisi, o piace o n o n piace: e da questo d i p e n d e ogni ulteriore giudizio. La sua impassibilità togliattiana e la sua s t u d i a t a p r o prietà di linguaggio sono, p e r chi n o n gii vuol b e n e , durezza e ipocrisia di agit-prop. E asciutto, a suo m o d o elegante: ma i vignettisti h a n n o fatto festa, p e r le ispirazioni caricaturali offerte dai suoi curati barbigi e dagli spigoli del suo volto. P u ò r i c o r d a r e , nel fisico, un asceta o un inquisitore ma a n c h e un p a r r u c c h i e r e p e r signora o un g u a r d i a n o di m u seo, o un impiegato di p o m p e funebri. Ecco c o m e lo crocefisse Giampaolo Pansa, che p u r e gli e r a ideologicamente vicino: «Gerarchetto intelligente, intollerante, saccente, s u p p o n e n t e , gelido, a t t e n t o a n o n scomporsi mai, u n giovane s u g h e r o b e n piazzato nelle acque m o r t e del centro del partito» (il P C I , s'intende). Il r i t r a t t o d e f o r m a n t e d ' u n trinariciuto di lusso: ritratto che poteva calzare a pennello, a voler essere dissacratori, a n c h e al giovane Enrico Berlinguer. Si obbietterà che in Berlinguer c'era b e n altra t e m p e r i e m o r a le e u n a b e n p i ù alta visione politica. Ma n o n s a p p i a m o q u a n t o i n t e n s a sia la t e m p e r i e m o r a l e di D'Alema, p e r il semplice motivo che n o n lascia trasparire nulla. 119
Togliatti e B e r l i n g u e r sono stati e sono i modelli di D'Alema sia p e r il c o m p o r t a m e n t o personale sia p e r la strategia politica. Nessuna concessione all'emotività, e un a d a t t a m e n to p r u d e n t e ai cambiamenti. C o m e Berlinguer, D'Alema subisce e razionalizza il n u o v o fingendo d ' a v e r l o fortissimam e n t e voluto. U n a volta accertati il decesso del P C I e la nascita del P D S , nessuno p u ò essere più zelante di D'Alema nello scordare il passato e nel d a r e connotazioni rigorose e logiche al sopravvenuto p r e s e n t e . Le sue amicizie e le sue inimicizie sono politiche. N o n ha slanci r o m a n t i c i , n o n culla nostalgie, n o n è i m b a r a z z a t o da s o v r a s t r u t t u r e c u l t u r a l i . Q u e l che conta è salvaguardare il partito, e ciò che al partito si aggrega. Un Occhetto p u ò avere ritorni di fiamma vet e r o m a r x i s t i , nei m o m e n t i in cui va alla ricerca del t e m p o p e r d u t o . D'Alema n o . I sogni d e v o n o stare a impolverarsi nel cassetto, insieme al Capitale di Carlo Marx. Si capisce b e n e , da tutto questo, p e r c h é Occhetto l'ondivago, nella cui azione politica s'avvertiva un tocco di gener o s o d i l e t t a n t i s m o , n o n p o t e s s e soffrire D'Alema e avesse u n a g r a n voglia d ' i n s e d i a r e , c o m e suo successore, Walter Veltroni che - r o m a n o anche lui, e di sette anni più giovane di D'Alema - aveva fatto il suo diligente tirocinio e conquistato i suoi galloni nel P C I . Ma senza mai acquisire il tratto e p a t i r e le c h i u s u r e ottuse d ' u n funzionario di tipo tradizionale, a n c o r m e n o d ' u n a g i t - p r o p . Tutt'altra, i n t a n t o , e r a la radice familiare. Il p a d r e Vittorio, giornalista, e r a stato radiocronista e direttore del p r i m o telegiornale della R A I . Aveva a n c h e collaborato a sceneggiature di film, e scritto i testi delle riviste di R e n a t o Rascel. «Doveva essere in gamba» dice Walter Veltroni che tuttavia n o n lo conobbe. Morì q u a n do aveva un a n n o . E p p u r e qualcosa gli restò degli interessi p a t e r n i . Walter s'era specializzato nello studio delle c o m u nicazioni di massa: avrebbe voluto essere regista cinematografico, a n c h e negli a n n i b u i del c o n f o r m i s m o c o m u n i s t a preferiva occuparsi di Hitchcock piuttosto c h e di B r e z n e v (l'Unità da lui diretta ha l'impronta di questo gusto da cine120
filo e da intellettuale), ha stabilito r a p p o r t i eccellenti con il m o n d o dell'informazione e della cultura, dove comunisti e c o m p a g n i d i s t r a d a a v e v a n o p e r t r a d i z i o n e u n a posizione m a g a r i n o n egemonica come q u a l c u n o sostiene, ma di sicuro p r e m i n e n t e . Il P C I contrasse con lui un grosso debito di g r a t i t u d i n e p e r 1'«occupazione» di RAI 3, il cui telegiornale fu affidato all'intelligente e fazioso S a n d r o Curzi: che ne fece un pulpito propagandistico di straordinaria efficacia, ma a n c h e u n e s e m p i o d i g i o r n a l i s m o televisivo «rivoluzionario», in confronto alle tisane soporifere o d i v a g a t o n e delle a l t r e reti. C o m e tutti gli a u t e n t i c i intellettuali di sinistra, Veltroni a d o r a v a l'America e i suoi miti - si c h i a m a s s e r o Roosevelt, o K e n n e d y , o il w e s t e r n , o H o l l y w o o d - a n c h e q u a n d o diceva d ' a m a r e I ' U R S S e le pellicole c u b a n e e bulgare. Faceva il suo d o v e r e di dirigente con il t o n o di chi p e n sasse ad altro. È legato d'amicizia a D'Alema, le mogli e i figli sono intimi. Ma divide i d u e u n ' i d e a generale della politica c h e B r u n o Vespa ha sintetizzato in q u e s t a f o r m u l a : « M e n t r e D'Alema g u a r d a v a alla società con gli occhi del partito, Veltroni si sforzava di g u a r d a r e al partito con gli occhi della società». Forse p e r questo i loro sguardi suscitano sensazioni o p p o s t e . D'Alema i n d a g a su di te, Veltroni vuol capirti. E il b r a v o figliolo della p o r t a accanto con un tocco di Forrest G u m p : quello a cui piace a n d a r e al c i n e m a e ric o r d a r e la divina Greta Garbo. U n o di cui il negoziante dell'angolo dice: «La politica si sa è u n a b r u t t a bestia, ma lui si salva». La faccia simpatica di Veltroni a n d r e b b e a m e r a v i glia p e r u n o spettacolo televisivo, è d e l g e n e r e Frizzi o G e r r y Scotti, fa t e n e r e z z a . E spiegabile c h e ai militanti di p a r t i t o con la fronte s e m p r e a g g r o t t a t a q u e s t o g i o v a n o t t o p a r e s s e t r o p p o frivolo, così c o m e D'Alema p a r e v a t r o p p o serioso ai simpatizzanti pidiessini più estroversi. Era stato stabilito c h e l'elezione del n u o v o segretario in Consiglio nazionale fosse p r e c e d u t a dalla consultazione di circa diecimila dirigenti centrali o periferici del P D S . II risultato p r e m i ò Veltroni: il 42 p e r cento aveva votato in suo fa121
vore, il 37 p e r cento in favore di D'Alema. Ma era un p a r e re n o n vincolante. L'ultima parola spettava, c o m e da statuto, al p a r l a m e n t i n o del partito, che si r i u n ì il 30 g i u g n o nell ' a u d i t o r i u m della Fiera di Roma. I d u e aspiranti alla segreteria i l l u s t r a r o n o le loro tesi, nelle quali un n o n iniziato avrebbe cercato invano - ma era di regola accaduto sia nelle assemblee comuniste sia in quelle democristiane - divergenze n e t t a m e n t e percepibili. Ci voleva orecchio allenato p e r identificarle. Ma a volerle r i d u r r e in soldoni, Veltroni intendeva b a t t e r e gli avversari sul loro t e r r e n o : «Vinceremo solo se s a r e m o più m o d e r n i della destra», D'Alema insistette invece sui pericoli che sarebbero stati provocati da u n a p e r d i ta d'identità del P D S , da un c e d i m e n t o all'illusione che «se si a p p a n n a questa identità sarà più facile c o n v e r g e r e al centro». Il v e r d e t t o dei fax che da federazioni e sezioni l o n t a n e e r a n o stati inviati alle Botteghe Oscure fu rovesciato dai voti del Consiglio nazionale: 249 p e r D'Alema (il quorum era di 226), 173 p e r Veltroni. I vertici del P D S si riconoscevano in D'Alema assai p i ù di q u a n t o si riconoscessero in Veltroni: b e n c h é Veltroni p o t e s s e farsi forte d e l l ' i n v e s t i t u r a di O c chetto. Lo sconfitto ostentò un fair play impeccabile. Del resto l'anagrafe gli consente attese n o n ansiose, e molte possibili rivincite.
CAPITOLO NONO
IL « D E C R E T O SALVALADRI»
L'estate del 1994 fu r o v e n t e in Italia su tutti i fronti, a com i n c i a r e da quello m e t e o r o l o g i c o : ma l'eccezionalità della situazione n o n stava nella calura o p p r i m e n t e , stava piuttosto nelle convulsioni economiche, politiche, giudiziarie dalle quali furono contrassegnati mesi di n o r m a d e p u t a t i al relax vacanziero. Il g o v e r n o , che aveva esordito alla bersagliera in Borsa facendovi registrare consistenti rialzi, e r a già in difficoltà al finire della p r i m a v e r a . La g i o r n a t a del 20 giug n o m e r i t ò la qualifica di «lunedì nero» borsistico p e r c h é le q u o t a z i o n i e r a n o scese d e l 4,19 p e r c e n t o , e la lira aveva perso t e r r e n o . I ministri finanziari stavano m e t t e n d o a p u n to la solita m a n o v r i n a (cinquemila miliardi aggiuntivi da rac i m o l a r e p e r la s e c o n d a m e t à d e l l ' a n n o ) e la solita m a n o v r o n a (dai 40 ai 50 mila miliardi p e r il 1995). L'economia reale mostrava sintomi vigorosi di ripresa e in alcuni settori galoppava: ma l'economia pubblica e r a s e m p r e al lumicino. Già era evidente che Berlusconi n o n riusciva a t r a d u r r e rap i d a m e n t e in c o n c r e t e m i s u r e e realizzazioni i suoi declamati propositi. N o n era colpa esclusiva del Cavaliere e del g o v e r n o . U n a s e n t e n z a della C o r t e costituzionale, che riconosceva a 350 mila interessati il diritto alla seconda p e n s i o n e , aveva scaricato sulle casse pubbliche un o n e r e improvviso di t r e n t a m i la miliardi. Il leghista Pagliarini aveva definito «tasse della Consulta» questi blitz devastanti della C o r t e nel settore della spesa: blitz c o n t r o i quali si era a suo t e m p o scagliato G u i d o Carli. P r o p r i o u n a n o r m a di quella C o s t i t u z i o n e c h e i sup r e m i giudici d e b b o n o tutelare d i s p o n e che p e r ogni spesa 123
sia prevista u n a corrispettiva e n t r a t a . Regola c h e vale p e r tutti (ma la si è r i p e t u t a m e n t e aggirata con i più vari e truffaldini espedienti) e che p e r ò s e m b r a n o n r i g u a r d i la Corte. Cosicché si a b b a t t o n o sui conti dello Stato mazzate che a volte a m m o n t a n o a qualche migliaio di miliardi, a volte a qualc h e d e c i n a di migliaia. Alle critiche i giudici costituzionali r i s p o n d o n o rifugiandosi nella sacralità delle leggi, e della loro osservanza. R a g i o n a m e n t o impeccabile, applicato tuttavia con mentalità burocratica e formalistica. C o n u n ' a l t r a sua sentenza la Corte aveva deliberato, nel n o m e dell'eguaglianza t r a i cittadini, c h e i d i p e n d e n t i pubblici d o v e s s e r o v e d e r calcolata nella l i q u i d a z i o n e , al p a r i dei privati, l'ind e n n i t à d i c o n t i n g e n z a (che invece e r a p e r l o r o esclusa). Bellissima cosa, l'eguaglianza. S e n o n c h é i massimi giudici s'erano dimenticati di d i s p o r r e , nel c o n t e m p o , c h e i d i p e n d e n t i pubblici p o s s a n o c o m e i privati essere messi in cassa integrazione, o licenziati; e che le loro «aziende», se gravate da p e r s o n a l e e s u b e r a n t e , p o s s a n o fallire, e r i d u r l i alla disoccupazione. A Berlusconi toccava i n s o m m a q u a l c h e colpo basso: ma anziché dedicarsi a t e m p o p i e n o alle questioni e c o n o m i c h e (che p o i a v r e b b e r o d o v u t o essere la sua specialità e la sua m e r i t o r i a ossessione) svariava v e r s o a l t r e q u e s t i o n i delle quali s'è già fatto c e n n o : l'assetto della RAI e la Giustizia. La RAI e r a l'avversaria della Fininvest, e la d e t e n t r i c e d ' u n p o t e r e d ' i n f o r m a z i o n e n o n c o n t r o l l a t o dal g o v e r n o ; l a magis t r a t u r a stava i n d a g a n d o sia sulla Fininvest in g e n e r a l e , sia su Silvio e Paolo Berlusconi in particolare. La cautela, e p o t r e m m o a g g i u n g e r e a n c h e il d e c o r o , avrebbero d o v u t o consigliare a Berlusconi di inoltrarsi il m e n o possibile su questi t e r r e n i . Vi si avventò invece con rapacità. L'assedio alla RAI era in corso dal m o m e n t o in cui il Cavaliere aveva messo p i e d e a Palazzo Chigi. Sarebbe u n o s p r e co di p a r o l e e di t e m p o i n d u g i a r e sulle m e l i n e p r e t e s t u o s e che m a s c h e r a r o n o questa volontà d'occupazione. I n b u o n a sostanza il g o v e r n o s u b o r d i n a v a un suo «decreto salvaRai», 124
ossia un'iniezione di miliardi nelle casse dell'emittente p u b blica, alla d e c a d e n z a del consiglio d'amministrazione e a un p r o f o n d o r i o r d i n o - leggi s u d d i t a n z a - dell'azienda. A fine g i u g n o i «professori» messi al vertice della RAI da Ciampi, e il d i r e t t o r e g e n e r a l e G i a n n i Locatelli, p r e s e n t a r o n o le dimissioni c o n s t a t a n d o «che n o n sussistono più le condizioni p e r p r o s e g u i r e nel p r o p r i o m a n d a t o » . I professori - Claudio D e m a t t è , Paolo M u r i a l d i , Tullio Gregory, Elvira Sellerio, Feliciano B e n v e n u t i - rivendicavano un bilancio molto positivo della loro gestione: ridotto di 1367 unità lo s p r o p o sitato organico; recisi i «legami i m p r o p r i » (geniale eufemismo) con i partiti; r i d i m e n s i o n a t o g r a n d e m e n t e il deficit. Il «colpo di mano» governativo fu d e p l o r a t o da un arco molto vasto dell'opinione pubblica. C o n t r o t e n d e n z a a n d ò S a n d r o Curzi, che era già passato a dirigere l'eretica Telemontecarlo, e che aveva consigliato senza mezzi t e r m i n i ai «professori» di «tornare alle loro cattedre». Onesti e benintenzionati, i «professori» avevano tuttavia - più che la p r o p e n s i o n e p e r la sinistra loro rinfacciata - un handicap che in senso g e n e rale p u ò b e n i s s i m o d i v e n t a r e u n v a n t a g g i o , m a che, nelle specifiche circostanze, tale n o n e r a di certo. Disistimavano, o c o m u n q u e n o n a m a v a n o la televisione ( p r o p r i o p e r q u e sto il professionista C u r z i voleva c h e se ne a n d a s s e r o ) : ed e r a n o p r o p e n s i a v e d e r n e le finalità, e il p r o d o t t o , in un'ottica intellettuale, elitaria, etica assai l o n t a n a dalle turbolenze e dalle grossolanità dell\ audience. Si deve tuttavia riconoscere che i «professori» avevano avuto la m a n o felice nel d e signare i direttori dei telegiornali e in particolare u n o , Dem e t r i o Volcic, messo a c a p o del T g l c h e è l'indiscussa corazzata dell'informazione RAI, e r a un giornalista d'alto livello e, tra i g r a n d i n o m i , u n o dei pochissimi che n o n potevano essere associati a s c h i e r a m e n t i politici o a conventicole aziendali. Spazzati via i «professori», la scelta del n u o v o C d a tornava ai presidenti delle C a m e r e che p e r ò , lo s a p p i a m o , e r a n o nel f r a t t e m p o cambiati. Il P a r l a m e n t o della P r i m a R e p u b 125
blica viveva di equilibri, di c o n t r a p p e s i , s o v e n t e a n c h e di c o m p r o m e s s i consociativi. Ai n o m i dei «professori» d u e persone esperte e p e r b e n e c o m e Spadolini e Napolitano e r a n o arrivate d o p o un attento dosaggio dei p r ò e dei c o n t r o . Carlo Scognamiglio e I r e n e Pivetti - a n c h e loro p e r b e n e , e alieni e n t r a m b i da sopraffazioni sfacciate - a p p a r i v a n o tuttavia, a l m e n o in quella fase politica, schierati e prevedibili. La cinq u i n a che espressero fu ritenuta, da larga p a r t e degli osservatori, di basso profilo. N o n n o m i cui fossero u n a n i m e m e n te riconosciuti prestigio e autorevolezza, ma piuttosto n o m i cui i d u e P r e s i d e n t i t r i b u t a v a n o p e r s o n a l e fiducia. Letizia Brichetto Moratti e r a legata d'amicizia a Scognamiglio, oltre che a Berlusconi; il professor Franco Cardini, medievalista e p o l e m i s t a di t a l e n t o , c o n s e r v a t o r e , a m m i r a t o r e della rivolta v a n d e a n a , era gradito a I r e n e Pivetti; E n n i o Presutti, p r e s i d e n t e dell'Assolombarda, già dirigente dell'iBM, già socio di Raul Gardini, e r a amico di Romiti e amico di Fedele Confalonieri; M a u r o Miccio era un e s p e r t o della c o m u n i cazione, e veniva considerato molto vicino al p r e s i d e n t e della Confìndustria Abete; Alfio Marchini, giovane i n g e g n e r e e c o s t r u t t o r e r o m a n o cui il fisico avrebbe consentito d'essere un i n t e r p r e t e di Beautiful, e r a accreditato di a p e r t u r e a sinistra e q u a l c u n o aveva parlato di lui come d ' u n «palazzinaro rosso». Nel g r u p p o dignitoso ma senza fulgori spiccava Letizia Moratti, divenuta p r e s i d e n t e . Spiccava anzitutto p e r c h é segnava, d o p o i l t r a g u a r d o toccato d a I r e n e Pivetti, u n ' a l t r a t a p p a delle conquiste femminili nella vita pubblica. Q u a r a n tacinque anni, snella, elegante, i lineamenti del viso marcati ma n o n sgradevoli, la signora Moratti e r a n a t a b e n e e s'era sposata, se possibile, a n c o r meglio. I suoi e r a n o broker assicurativi a Genova da oltre un secolo, e avevano accumulato u n ' i n g e n t e fortuna. D o p o u n p r e c e d e n t e m a t r i m o n i o fallito, G i a n m a r c o Moratti - figlio del petroliere Angelo che e r a stato un l e g g e n d a r i o p r e s i d e n t e dell'Inter, s q u a d r a di calcio rivale d e l Milan - si e r a u n i t o a Letizia B r i c h e t t o che n o n 126
aveva nulla della miliardaria oziosa e frivola: anzi aveva fatto s t u d i seri e un tirocinio a l t r e t t a n t o serio - a n c h e nei Lloyds di L o n d r a - in c a m p o assicurativo; e s'era i m p e g n a ta negli affari di famiglia. U n a d o n n a - m a n a g e r , senza d u b bio. I M o r a t t i a v e v a n o un'attività di l a v o r o i n t e n s a , e un hobby cui va tributata a m m i r a z i o n e : e r a n o sostenitori fervidi - n o n solo con aiuti finanziari, che s a r e b b e r o stati p e r loro la cosa p i ù facile, ma a n c h e con d e d i z i o n e p e r s o n a l e - di V i n c e n z o Muccioli e della sua c r e a t u r a , San P a t r i g n a n o . Nella c o m u n i t à t r a s c o r r e v a n o spesso e volentieri - m e n t r e altri m i l i a r d a r i s c i a m a v a n o verso le l o r o «barche», le l o r o ville, e i casino della Costa Azzurra - i fine settimana. Q u i r i t e n i a m o necessaria u n a d i g r e s s i o n e . V i n c e n z o Muccioli è m o r t o in mezzo ai suoi ragazzi, stroncato da un male oscuro, il 19 settembre 1995. È doveroso che la nostra n a r r a z i o n e gli dedichi, essendosi i m b a t t u t a nel suo n o m e , a l c u n e r i g h e . Su San P a t r i g n a n o si s o n o a d d e n s a t e m o l t e critiche, spesso provenienti da chi aveva dato vita, con criteri diversi, a iniziative a n a l o g h e . N o n s e m p r e e r a n o estranee ad esse le piccole invidie c o n c o r r e n z i a l i , a m m a n t a t e d'alti contenuti. Episodi inquietanti - perfino un assassinio - h a n no coinvolto Muccioli in vicende giudiziarie gravi, e le sue simpatie politiche di destra h a n n o favorito le immancabili e a n c h e ignobili dietrologie a sfondo golpistico. La magistrat u r a di Rimini lo ha perseguito, con u n a costanza che somigliava molto all'accanimento, fino all'ultima a m a r a stagione della sua vita: e n o n gli ha dato requie n e m m e n o d o p o che s'era spento, esigendo u n ' i n d a g i n e che escludesse ogni r a p p o r t o tra i t o r m e n t i processuali di Muccioli e l'infermità che lo ha p o r t a t o alla tomba. Muccioli, lo scrive chi gli è stato amico, aveva tanti difetti e alcune colpe. San Patrignano è, probabilmente, u n a strutt u r a t r o p p o g r a n d e e t r o p p o repressiva (e così repressiva p e r c h é così g r a n d e ) . I metodi di Muccioli (generoso, autoritario, magari manesco, insofferente d ' i m p e d i m e n t i burocratici o cavillosi) potevano essere contestati con solidi a r g o m e n 127
ti. Ma sullo sfondo delle offensive che egli dovette subire stavano soprattutto d u e risentimenti. Il p r i m o era quello degli statalisti, amanti della socialità irreggimentata e pagata con i quattrini dei contribuenti, cui dava fastidio questa comunità i m p o n e n t e , a u t o n o m a , impermeabile ai controlli politici. Per di più Muccioli era, c o m e i m p r e n d i t o r e , efficiente: il che faceva o r r o r e a q u a n t i r i t e n g o n o accettabile un o r g a n i s m o pubblico solo se ha i conti in p r o f o n d o rosso e spreca risorse. I l s e c o n d o r i s e n t i m e n t o e r a quello d ' u n a m a g i s t r a t u r a che n o n riusciva a d a c c e t t a r e l'esistenza d i u n a c o m u n i t à d'infelici in cui vigeva la legge di Muccioli. Vogliamo m e t t e re da p a r t e , in queste considerazioni, ogni sospetto di deliberata volontà persecutoria dei giudici. Il p r o b l e m a è un alt r o : il p r o b l e m a è c h e i codici sono u n o s t r u m e n t o i n a d e guato p e r affrontare l'universo t r e m e n d o della droga. Riconosciamo che r a g i o n a n d o così si p u ò imboccare u n a b r u t t a china, e a m m e t t e r e arbitri e brutalità d'ogni g e n e r e . Ma nelle tesi di chi si scagliava c o n t r o Muccioli era possibile cogliere u n a contraddizione p a t e n t e . Muccioli era da c o n d a n n a r e p e r c h é n o n riconosceva al tossicomane le libertà d'azione e di reazione che sono diritto d'ogni cittadino: e i drogati sono, a p i e n o titolo, cittadini c o m e gli altri. Ma poi q u a n d o il d r o g a t o ruba, scippa, picchia i familiari, perfino assassina, si insiste sul fatto che n o n lui, ma la d r o g a ha r u b a t o , scippato, p e r c o s s o , assassinato. Muccioli si a d e g u a v a a q u e s t a realtà. Gigante b u o n o , lottava contro la d r o g a a n c h e se, p e r riuscirci, doveva l o t t a r e c o n i d r o g a t i : p o c o c u r a n d o s i , e p r o b a b i l m e n t e eccedeva in questo, del codice penale. Adesso che lui n o n c'è p i ù , San P a t r i g n a n o fa gola a tanti aspiranti soccorritori, salvatori, eredi. Se n o n o s t a n t e questo riuscirà a salvarsi, nella sua identità, v o r r à d i r e c h e Vincenzo Muccioli, santo laico, ha fatto il p r i m o miracolo. T o r n i a m o a Letizia Moratti che, b u t t a n d o s i n e l l ' a v v e n t u r a della R A I , accettò u n a scommessa t e m e r a r i a e da tanti riten u t a s u p e r i o r e alla sua esperienza nel c a m p o dell'informa128
z i o n e : a n c o r p i ù t e m e r a r i a p e r c h é nella p o l e m i c a p r ò e c o n t r o Berlusconi che lacerava l'Italia o g n i decisione e gesto di chi a Berlusconi dovesse la sua carica - ed e r a il caso del C d a d i Saxa R u b r a , b e n c h é f o r m a l m e n t e i l g o v e r n o n o n avesse a v u t o p a r t e nella sua n o m i n a - si caricava p e r molti di significati sinistri. Berlusconi aveva c o m m e s s o un e r r o r e i m m e n s o p r e n d e n d o di m i r a la RAI p r i m a di m e t t e r m a n o ad altri e più u r g e n t i p r o b l e m i . Il n u o v o C d a lo agg r a v ò p r o c e d e n d o i n u n b r e v e v o l g e r e d i t e m p o a d avvic e n d a m e n t i direzionali, e sacrificando tra gli altri p r o p r i o l'irreprensibile e prezioso Volcic. I telegiornali della RAI fur o n o affidati ad altri giornalisti, validi finché si vuole ma n o n migliori dei loro predecessori; e v e n n e r o avvertite correzioni di t o n o e d ' i m p o s t a z i o n e , in senso filoberlusconiano, del T g l e del T g 2 . Q u e s t o a d e g u a m e n t o alla linea di Forza Italia n o n fu clam o r o s o , a l m e n o n o n q u a n t o p r e t e n d e v a n o I ' U S I G R A I - ossia il sindacato dei giornalisti RAI - e l'opposizione più intransigente: s t a n d o alle cui diagnosi pareva che la RAI adottasse a destra l'assetto televisivo della Bulgaria comunista, o di Cuba. S e m m a i queste caratteristiche le aveva il T g 4 di Emilio Fede. Ma a n c h e se il «prodotto» R A I aveva m a n t e n u t o u n a sua d i g n i t à - in caso c o n t r a r i o n o n si capisce c o m e m a i i mezzibusti in agitazione si prestassero a leggere, r e n d e n d o sene corresponsabili, notiziari adulterati - il pericolo potenziale era grave. Se il pluralismo sopravviveva a n c h e alla R A I n o n se ne doveva r e n d e r grazie a Berlusconi, ma agli anticorpi che nella società e nell'informazione riuscivano ad agire, c o n t r a s t a n d o la voglia d i l a g a n t e di «normalizzazione». La p o v e r a signora Moratti dovette a volte subire attacchi eccessivi. S'era lasciata scappare u n a frase secondo la quale la R A I e r a « c o m p l e m e n t a r e alla Fininvest»: i n t e n d e n d o con q u e s t o d i r e che ciascuno d e i d u e poli televisivi aveva u n r u o l o specifico, e che l'uno integrava l'altro. Le sue p a r o l e furono lette c o m e il r i c o n o s c i m e n t o d ' u n a s u b o r d i n a z i o n e della televisione pubblica a quella privata, «qui si t e n t a di 129
affossare la RAI» si l a m e n t ò I ' U S I G R A I con il p i a g n o n i s m o che lo distingue. Al coro dei dissenzienti si univa con grinta Bossi, senza che lo preoccupasse l'implicita sconfessione di I r e ne Pivetti. «Adesso» diceva il senatur «Berlusconi c o n t r o l l a sei reti Tv, tre sue e tre se le è date insieme ai suoi alleati del fez e del l'ex fez. H a n n o dato il T g 3 ai comunisti p e r tenerseli buoni.» C o n l i n g u a g g i o c i r c o s p e t t o e g e n e r i c o , c o m ' è nel suo stile, Scalfaro a m m o n i v a a n c h e lui sui pericoli dell'omogeneizzazione televisiva: «Non si p u ò p r e s c i n d e r e dalla libertà di p o t e r d i r e t u t t o ciò che si p e n s a e q u i n d i dalla indispensabilità della par condicio di ascolto». Le b u r r a s c h e e b u r r a s c h e t t e r i g u a r d a n t i la RAI d u r a r o n o incessanti finché d u r ò il g o v e r n o del Cavaliere. La Moratti e i suoi consiglieri r i t e n n e r o di p o t e r r i s p o n d e r e a queste critiche, m e n o d ' u n a n n o d o p o , con i fatti: ossia p r e s e n t a n d o un bilancio della RAI in attivo p e r qualche decina di miliardi, tanto che l'aiuto dello Stato - il famoso decreto salvaRai su cui tanto ci si e r a arrovellati - risultava o r m a i superfluo. Secondo il C d a m o rattiano la RAI risanata aveva distanziato la Fininvest sul piano d e i p r o g r a m m i , sul p i a n o dell'audience, sul p i a n o d e l p r e s t i g i o : m a a q u e l p u n t o B e r l u s c o n i n o n e r a p i ù Presid e n t e del Consiglio; la Lega - ossia la Pivetti - gli e r a diventata nemica. P u r con quel C d a la RAI n o n poteva più essere b e r l u s c o n i a n a : m a con quel C d a n o n p o t e v a n e m m e n o essere - t r a n n e RAI 3, che aveva licenza d ' e v a d e r e - antiberlusconiana. Ai p r i m i di luglio del 1994 il ministro della Giustizia Biondi m i s e a p u n t o un d e c r e t o l e g g e c h e limitava la possibilità d ' o r d i n a r e l'arresto degli inquisiti p e r reati che n o n destassero particolare allarme sociale (lo destavano invece, secondo il testo, la criminalità organizzata, il t e r r o r i s m o , l'eversione, il sequestro di p e r s o n a , il traffico di stupefacenti): ed era a p p u n t o stupefacente che in un'Italia ancora battuta dalle inchieste di Tangentopoli la c o r r u z i o n e e la concussione n o n fossero incluse tra le violazioni di legge contro cui si 130
dovesse p r o c e d e r e con a c c e n t u a t o rigore. C o n il provvedim e n t o che Biondi aveva elaborato un i m p u t a t o poteva essere t e n u t o in carcere solo se il rischio di fuga e r a effettivo e o g n i altra m i s u r a a p p a r i v a i n a d e g u a t a . Veniva inoltre a m pliata la possibilità del p a t t e g g i a m e n t o . Lo si chiamasse come si voleva, il d e c r e t o del g o v e r n o avrebbe p r o d o t t o - come le d e p l o r a t e e ripetute amnistie del passato - l'effetto di decongestionare sì le prigioni, ma p r i v a n d o d'ogni efficacia d e t e r r e n t e la p e n a , o l'attesa della p e n a . S u l l ' o p p o r t u n i t à d ' u n «tutti a casa» che restituiva alla società migliaia di cattivi soggetti si p o t e v a e si doveva discutere. Il t e m a e r a stato d i b a t t u t o a l u n g o t r a i g a r a n t i s t i e i pietisti da u n a p a r t e - c h e s o t t o l i n e a v a n o le condizioni di vita a volte i n d e c e n t i nelle carceri, e il g r a n n u m e r o di d e t e n u t i in attesa di giudizio - e dall'altra i sostenitori della legge e dell'ordine: i quali rilevavano c h e l'Italia, con i suoi 50 mila d e t e n u t i circa, e r a nella m e d i a e u r o p e a , e molto al disotto dei livelli statunitensi (un milione di d e t e n u t i p e r u n a popolazione q u a t t r o volte m a g g i o r e della n o s t r a ) ; e c h e le statistiche italiane c o m p u t a v a n o t r a i n o n giudicati a n c h e chi fosse stato cond a n n a t o in p r i m o g r a d o e in a p p e l l o , e aspettasse la p r o n u n c i a della Cassazione. Certo, le carceri e r a n o insufficienti, p e r c h é u n a certa cultura avversa p e r motivi di principio alla loro stessa esistenza, e le lentezze burocratiche, avevano i m p e d i t o che ne fossero costruite di n u o v e e di b e n attrezzate, t e n e n d o c o n t r o t r a l'altro della p r e s e n z a massiccia di tossicomani e di immigrati e x t r a c o m u n i t a r i . La divisione tra i m o r b i d i e i d u r i - in t e m a di carceri aveva s t o r i c a m e n t e coinciso c o n la divisione t r a sinistra e destra. In conformità all'idea che il crimine fosse u n a conseg u e n z a della società capitalistica, e delle s u e n e q u i z i e , gli apostoli dei d e t e n u t i (i vari Dario Fo e Franca R a m e di «soccorso rosso», Tiziana Maiolo q u a n d ' e r a al manifesto, i sessantottini) a v e v a n o m e s s o sotto accusa il p o t e r e r e p r e s s i v o : m e n t r e i «moderati» l a m e n t a v a n o , al contrario, che vi fosse t r o p p a indulgenza, che la p e n a n o n fosse espiata, che i p r o 131
fessionisti del c r i m i n e t o r n a s s e r o p r e s t o in libertà, p r o n t i a ricominciare. Per u n o dei tanti paradossi che la vita pubblica ci ha di r e c e n t e offerto, con il d e c r e t o Biondi i ruoli tradizionali venivano invertiti. E r a la sinistra che si atteggiava a «forcaiola», e r a n o i m o d e r a t i c h e c o n ciglio u m i d o si chin a v a n o sulle p e n e dei d e t e n u t i . N o n si p u ò affermare che Biondi avesse posto sul tavolo un p r o b l e m a inesistente. Ma l'aveva posto in circostanze che più sospette n o n p o t e v a n o essere. M e n t r e alcune e m e r g e n ze nazionali - quella e c o n o m i c a , ad e s e m p i o , o q u e l l a rig u a r d a n t e l'incontrollato diluvio dell'immigrazione clandestina - i m p o n e v a n o m i s u r e r a p i d e , che p u r e in alcune occasioni m a n c a r o n o , la questione della custodia cautelare poteva b e n a s p e t t a r e q u a l c h e m e s e , così c o m e la q u e s t i o n e del cosiddetto 41 bis (l'articolo di legge c h e p r e v e d e v a u n a reclusione p a r t i c o l a r m e n t e severa p e r i boss mafiosi). La si volle invece a f f r o n t a r e c o n fulmineità n a p o l e o n i c a , e c o n lo s t r u m e n t o eccezionale del d e c r e t o legge contrassegnato da u n a qualifica d ' u r g e n z a . Q u e s t ' a l z a t a d ' i n g e g n o , così sorp r e n d e n t e nel t o r p o r e estivo, fu subito messa in r a p p o r t o - c o m e poteva n o n esserlo? - con la minaccia d ' a r r e s t o che i n c o m b e v a su Paolo Berlusconi e su altre p e r s o n e in vario m o d o legate alla Fininvest; n o n c h é con il t e m p o r a l e giudiziario addensatosi su Silvio Berlusconi. A fine luglio, q u a n do c o n t r o Paolo Berlusconi sarà emesso un m a n d a t o di cattura, l'Europeo attribuirà al professor Miglio questa dichiarazione (dallo stesso Miglio poi smentita, c o m e è c o n s u e t u d i ne di molti intervistati): «Silvio mi ha d e t t o c h e il d e c r e t o Biondi era necessario p e r salvare lui stesso e i suoi amici». R e d u c e da u n a r i u n i o n e a Napoli del cosiddetto G7 (l'org a n i s m o c h e riunisce i capi di Stato e di g o v e r n o dei sette Paesi p i ù industrializzati dell'Occidente), r i u n i o n e che e r a stata un successo p e r il g o v e r n o e p e r la città, B e r l u s c o n i p o r t ò in Consiglio d e i ministri quello c h e fu battezzato «il d e c r e t o salvaladri», frammischiato ad altri p r o v v e d i m e n t i . C o n un m i n i m o di saggezza Berlusconi e Biondi a v r e b b e r o 132
d o v u t o t e n e r p r e s e n t e ciò che e r a capitato q u a n d o Giovanni C o n s o , m i n i s t r o della Giustizia di A m a t o e di C i a m p i , aveva p r e s e n t a t o un p i a n o p e r u n a p i ù sollecita uscita giudiziaria da T a n g e n t o p o l i : p i a n o che, v i t u p e r a t o c o m e «colp o d i s p u g n a » , p r o v o c ò u n m o t o i m p o n e n t e d i rivolta dei cittadini. Forse B i o n d i faceva a s s e g n a m e n t o , a t o r t o , sulle finalità a p p a r e n t e m e n t e u m a n i t a r i e del suo «salvaladri»: ma sbagliò. In Consiglio dei ministri le cose filarono piuttosto lisce. Ebbe qualcosa da obbiettare Costa (non e r a meglio utilizzare un disegno di legge?) ed ebbe qualcosa da obbiettare Altero Matteoli di Alleanza nazionale, ministro dell'Ambiente: cui pareva stravagante che un m a r i t o violento potesse essere a r r e s t a t o , e un m a l v e r s a t o r e pubblico n o . (Matteoli sarà messo in croce q u a n d o , occupandosi di faccende del suo dicastero, a c c e n n e r à allo s m a n t e l l a m e n t o delle carceri speciali dell'Asinara e di Pianosa, e della restituzione di quelle isole al t u r i s m o o all'ecologia: gli si r i m p r o v e r e r à di voler rip o r t a r e nella penisola i pezzi da n o v a n t a mafiosi, i g n o r a n d o che la dismissione delle d u e s u p e r c a r c e r i e r a già stata delib e r a t a e a p p r o v a t a dai p r e c e d e n t i governi). Maroni, che com e r e s p o n s a b i l e d e l l ' I n t e r n o aveva u n i n t e r e s s e specifico p e r il p r o b l e m a e p e r i suoi riflessi sull'ordine pubblico, n o n aprì bocca. La gente pensava all'incontro di calcio tra le nazionali d'Italia e di B u l g a r i a a N e w York (a Borrelli fu p o i attribuito u n c o m m e n t o sferzante: « H a n n o approfittato d i u n a partita di pallone p e r fare il decreto»). I ministri a p p r o v a r o n o all'unanimità, l ' i n d o m a n i il C a p o dello Stato firmò, le p o r t e delle prigioni si s p a l a n c a r o n o p e r lasciar uscire un migliaio di d e t e n u t i oscuri - sui quattromila circa previsti e alcuni «eccellenti», c o m e lady Poggiolini, l'ex ministro della Sanità De L o r e n z o , il socialista Di D o n a t o . Fu chiesto che il ministro Biondi riferisse, in Senato, sui motivi del decreto e della sua u r g e n z a : B i o n d i rifiutò, r i s e r v a n d o s i di d a r e spiegazioni q u a n d o del d e c r e t o fosse stata discussa la conversione in legge. 133
La sera del 14 luglio, a n n i v e r s a r i o della p r e s a della Bastiglia, il Di Pietro che si p r e s e n t ò ai teleoperatori e ai cronisti convocati e in ansiosa attesa p a r e v a r e d u c e - p e r il volto segnato dalla fatica, p e r gli occhi velati di pianto, p e r l'abito gualcito, p e r la camicia a p e r t a sul collo, p e r la voce rotta dall'aver p a r t e c i p a t o all'assalto. A n o m e d e l l ' i n t e r o pool Di Pietro lesse un comunicato a m a r o e d u r o : «Fino ad oggi abbiamo pensato che il nostro lavoro potesse servire a r i d u r r e l'illegalità nella società convinti che la necessità di far osservare la legge nei confronti di tutti fosse g e n e r a l m e n t e condivisa. L'odierno d e c r e t o legge a n o s t r o giudizio n o n consente più di affrontare efficacemente i delitti su cui abbiamo finora investigato. Infatti p e r s o n e r a g g i u n t e da schiaccianti p r o v e in o r d i n e a gravi fatti di c o r r u z i o n e n o n p o t r a n n o essere associate al carcere n e p p u r e p e r evitare che c o n t i n u i n o a d e l i n q u e r e e a t r a m a r e p e r i m p e d i r e la scoperta dei p r e cedenti misfatti, perfino c o m p r a n d o gli u o m i n i a cui avevamo affidato le indagini nei loro confronti. Q u a n d o la legge, p e r le evidenti disparità di t r a t t a m e n t o , contrasta con i sent i m e n t i di giustizia e di equità, diviene m o l t o difficile c o m p i e r e il p r o p r i o d o v e r e senza sentirsi s t r u m e n t o di ingiustizia. A b b i a m o p e r t a n t o i n f o r m a t o il P r o c u r a t o r e della Repubblica della nostra d e t e r m i n a z i o n e a c h i e d e r e al più p r e sto l'assegnazione ad altro e diverso incarico nel cui espletam e n t o n o n sia stridente il contrasto tra ciò che la coscienza avverte e ciò che la legge impone». Il d o c u m e n t o e r a firmato dallo stesso Di Pietro e dai suoi colleghi Piercamillo Davigo, G h e r a r d o Colombo, Francesco Greco. Le reazioni furono corali, ed eccitate - in qualche caso fino alla violenza. Manifestazioni di piazza, con incidenti, attestarono l'indignazione popolare; a Genova i magistrati della P r o c u r a r i n u n c i a r o n o alle «deleghe», ossia alle l o r o specifiche mansioni; Fini p r e s e le distanze dall'iniziativa del g o v e r n o ; Costa r e c r i m i n ò con un «l'avevo detto»; D'Alema si chiese se alla g u i d a del Paese ci fosse un esecutivo serio o un comitato di magliari; il CSM a p p r o v ò u n a m o z i o n e di cen134
sui a p e r il decreto, e in replica Scalfaro fu costretto a un intervento con cui precisò che «il CSM n o n p u ò formulare giudizi politici sull'attività di altri o r g a n i dello Stato». (Il Procur a t o r e g e n e r a l e di Milano Catelani lesinò la sua solidarietà al pool o s s e r v a n d o che «non ci sono insostituibili».) Per p o che o r e p a r v e che la L e g a fosse a fianco del g o v e r n o : Bossi dichiarò c h e i giudici p o t e v a n o p u r e a n d a r s e n e , M a r o n i definì il d e c r e t o «ingiusto ma necessario». Ma p r e s t o lo stesso M a r o n i si dissociò con u n a rivelazione sconcertante: «Il testo del d e c r e t o Biondi n o n c o r r i s p o n d e ai contenuti a p p r o vati in Consiglio dei ministri. Il Viminale avrebbe gravi difficoltà a g a r a n t i r e l ' o r d i n e p u b b l i c o . R i m e t t o alla L e g a il mio m a n d a t o » . Era di sicuro irrituale che le dimissioni d ' u n ministro fossero p r e s e n t a t e al suo partito e n o n al Presidente del Consiglio: ma questo r i g u a r d a v a un galateo c o m p o r t a m e n t a l e un p o ' desueto. La disinvoltura di tutti i ministri e r a u n a caratteristica del g o v e r n o Berlusconi, e la sua p r e tesa che il solo Giuliano F e r r a r a potesse rilasciare dichiarazioni in n o m e dell'esecutivo e r a c a d u t a nel vuoto, e nel ridicolo. La sostanza e r a che Berlusconi e Biondi dovevano vedersela da soli c o n t r o un fronte p o d e r o s o di avversari e di critici. Il Cavaliere intimò i n u t i l m e n t e a M a r o n i di fare a m m e n d a delle sue insinuazioni, e accennò a un aut aut («O il d e c r e t o passa o si va a casa»). Cullò inoltre il p r o p o s i t o di rivolgere al Paese - m e n t r e Vittorio Sgarbi n o n si peritava di c h i a m a r e assassini i magistrati delle P r o c u r e - un messaggio a reti unificate. Ne fu dissuaso dai consigli delle colombe di Forza Italia e da un p e r e n t o r i o altolà di Bossi: il quale r e spingeva p e r a l t r o le dimissioni di M a r o n i ed escludeva l'eventualità d ' u n a crisi di g o v e r n o , a p i ù r i p r e s e minacciata da Berlusconi. Il 19 luglio segnò la C a p o r e t t o del Cavaliere e d e l Guardasigilli, a sua volta d i m i s s i o n a r i o p e r fìnta. In base ad un accordo la commissione Affari costituzionali della C a m e r a bocciò il decreto, n e g a n d o g l i i requisiti d ' u r g e n za c h e Biondi affermava, e il Consiglio dei ministri decise di p r e s e n t a r e un n o r m a l e disegno di legge in cui fossero rece135
piti, c o n le o p p o r t u n e modifiche, i c o n t e n u t i del d e c r e t o . M a r o n i il distratto se la cavò senza eccessivo d a n n o , lì pool s'era p r e s a la sua rivincita c o n t r o Alfredo B i o n d i , r e o t r a l'altro d'avere irriso i magistrati delle P r o c u r e con u n a battuta al vetriolo. «Studia ragazzo mio» dice un p a d r e al figlio universitario «o finirai a fare il Pubblico ministero.» U m b e r t o Bossi racconterà poi a suo m o d o , nel già citato volume Tutta la verità, questa vicenda. «Biondi» ecco il passo che ci interessa «organizza u n a g h e r m i n e l l a c o n t r o i ministri della Lega. P r e p a r a un p r i m o testo, accettabile, che viene passato all'esame dei tecnici leghisti e dell'ufficio legislativo del Viminale. Sembra tutto a posto. Ma alla r i u n i o n e di gabinetto, Biondi si p r e s e n t a con un testo cambiato. M a r o n i chiede: "Siamo sicuri che n o n ci sono c a m b i a m e n t i i m p o r tanti? N o n è che d o m a n i escono tutti i ladri della Prima Repubblica?". "Ma no, figurati" è la risposta. E M a r o n i si fida. U n ' i n g e n u i t à ? C e r t a m e n t e sì, e lo stesso R o b e r t o l'ha a m messo.» La ricostruzione di Bossi è verosimile. Sarebbe p e r a l t r o p i ù persuasiva se l'accompagnasse u n a puntualizzazione precisa delle varianti surrettiziamente i n t r o d o t t e - sec o n d o Bossi - nel testo. U n a b r u t t a p a g i n a di vita italiana, p e r il m i n i s t r o il cui g a r a n t i s m o coincise s m a c c a t a m e n t e con i g u a i g i u d i z i a r i della famiglia Berlusconi, e p e r i ministri disattenti. P u r d o po lo smacco b r u c i a n t e il Cavaliere n o n d i e d e t r e g u a alla guerriglia c o n t r o i giudici, e il 26 luglio disse, p a r l a n d o ad u n a convenzione nazionale del C e n t r o cristiano democratico: «I magistrati d e v o n o fare solo il loro mestiere, senza int e r f e r e n z e . Se vogliono g o v e r n a r e il Paese, d e c i d e r e delle sue leggi, assumersi le responsabilità di guida della sua economia, allora d e v o n o o t t e n e r e il m a n d a t o del p o p o l o sovrano». L'indomani di questo discorso veniva emesso un n u o v o o r d i n e di custodia cautelare c o n t r o Paolo Berlusconi, i m p u tato di concorso in c o r r u z i o n e p e r u n a mazzetta di 330 milioni a militari della G u a r d i a di Finanza. Il 29 luglio il fratello del Cavaliere si costituì, e subito - c o m e in febbraio - ot136
t e n n e gli arresti domiciliari. Q u e l giorno stesso Silvio Berlusconi a n n u n c i ò un blind trust p e r i suoi beni, ossia il congelam e n t o d'ogni diritto p r o p r i e t a r i o sulla Fininvest. Resta d a s p e n d e r e q u a l c h e c o n s i d e r a z i o n e s u l l ' a n n u n ciato e n o n attuato Aventino del pool di «mani pulite». Borrelli e i suoi a v e v a n o mille ragioni p e r d e p l o r a r e un attegg i a m e n t o del ministro Biondi - e di Silvio Berlusconi - che puzzava l o n t a n o un miglio di m a l a n i m o interessato: e che, se p e r avventura fosse stato ispirato da motivi genuini, n o n avrebbe p o t u t o trovare peggiori circostanze p e r manifestarsi. Il famoso e famigerato conflitto d'interessi era stato visto come il sottinteso della lotta alle P r o c u r e : la cui azione contro i corrotti trovava un'adesione pressoché u n a n i m e nell'op i n i o n e p u b b l i c a . I m a g i s t r a t i d e l pool s a p e v a n o di p o t e r c o n t a r e sulla difesa appassionata dei cittadini, sull'appoggio dei mezzi d ' i n f o r m a z i o n e - della s t a m p a in p a r t i c o l a r e - e quel che più conta sulla tutela invalicabile del C S M : ai cui uffici s a r e b b e a p p r o d a t a o g n i d e n u n c i a e o g n i l a g n a n z a . Il pool aveva il diritto e il d o v e r e di p r o c e d e r e inflessibilmente nella pulizia delle fogne di Tangentopoli: n o n gli occorrevan o , p e r farlo, né speciali autorizzazioni né particolari agevolazioni che n o n fossero di c a r a t t e r e organizzativo. Ciò c h e un p o ' stupiva e a volte irritava, nel c o m p o r t a m e n t o del pool di Milano c o m e nel c o m p o r t a m e n t o della P r o c u r a di Palerm o , e r a la voglia di p r o t a g o n i s m o , un certo compiacimento esibizionistico, il gusto dei gesti clamorosi e delle interviste a getto c o n t i n u o , u n p e r e n n e g r i d a r e alla c o n g i u r a . A b e n g u a r d a r e c'era e s e m p r e più ci sarebbe stato, nelle tecniche d ' e s t e r n a z i o n e del pool e di Berlusconi, un c e r t o parallelis m o . A v r e m m o p r e f e r i t o c h e Borrelli, Di P i e t r o e gli altri u o m i n i della P r o c u r a m i l a n e s e fossero stati più silenziosi: l ' a v r e m m o preferito, a g g i u n g i a m o , c o m e cittadini; p e r c h é c o m e giornalisti d o b b i a m o coprirci il capo di c e n e r e e riconoscere che la nostra categoria ha contribuito sì a rafforzare il pool, ma ne ha a n c h e sollecitato la vanità e la loquacità. C h e sono sentimenti e difetti veniali: più gravi tuttavia se ri137
g u a r d a n o i magistrati. La r a p p r e s e n t a z i o n e epica d ' u n a sfida tra il b e n e e il male, nella quale il maldestro Biondi era il male e Borrelli fieramente a cavallo il b e n e , superava o piuttosto travisava i c o n t o r n i d'avvenimenti complessi. Lo si vide nei successivi itinerari u m a n i e professionali di A n t o n i o Di Pietro. Le prese di posizione del pool potevano destare inquietud i n e a n c h e p e r motivi di fondo. I magistrati sono tenuti ad applicare le leggi. Il farlo c o m p o r t a sicuramente, p e r tutti i giudici di tutto il m o n d o , frustrazioni e velleità di ribellione, t r o p p o s t r i d e n t e e s s e n d o a volte il c o n t r a s t o tra le r a g i o n i dell'equità e la lettera delle n o r m e . Ma i giudici n o n sono autorizzati a s u p e r a r e il confine che separa la funzione legislativa da quella giudiziaria: q u a n d o i c o s i d d e t t i « p r e t o r i rossi» si a r r o g a r o n o q u e s t a facoltà, a d a t t a n d o la legge alla loro ideologia, c o m m i s e r o un abuso. E certo che con «mani pulite» i m a g i s t r a t i h a n n o svolto, lo si è r i p e t u t o fino alla noia, un compito di supplenza, nel vuoto o nel discredito di altre istituzioni. Con il loro p r o c l a m a Di Pietro e gli altri ufficializzavano p l a t e a l m e n t e questo concetto, stabilendo che se le n o r m e di legge n o n e r a n o di loro g r a d i m e n t o , essi pot e v a n o , c o m e giudici, rifiutarsi d ' o n o r a r l e . P u r d o v e n d o s i r i c o n o s c e r e che nel caso c o n c r e t o il pool e r a v a l i d a m e n t e motivato, si deve a g g i u n g e r e che la sua implicita tesi scardina la divisione dei poteri: così c o m e t a r p a ogni possibilità di critica la tesi - sostenuta dalle P r o c u r e che si b a t t o n o contro la criminalità organizzata - secondo cui un d u b b i o sulle loro iniziative diventa complicità con la mafia, o con la ' n d r a n gheta, o con la c a m o r r a . I magistrati d e v o n o fare i magistrati: a n c h e p e r c h é i ministri passano - lo si è p o t u t o constatare p r o p r i o p e r Biondi - e i magistrati restano.
CAPITOLO DECIMO
L'ESERCITO DI P R O D I
Il c o n g r e s s o del Partito p o p o l a r e , t e n u t o a fine luglio del 1994 nell'hotel Ergile di R o m a , fu un r e g o l a m e n t o di conti p i ù che u n c h i a r i m e n t o delle strategie f u t u r e . E r e d e della Democrazia cristiana - e assai m e n o riluttante a riconoscersi tale di q u a n t o lo fossero il P D S n e i c o n f r o n t i d e l P C I , e Alleanza nazionale nei confronti del Movimento sociale - il P P I aveva u n a rispettabile base elettorale e u n a r a p p r e s e n t a n z a p a r l a m e n t a r e ridotta a 33 d e p u t a t i e 31 senatori: colpa del maggioritario, o del semimaggioritario, che aveva p r e m i a t o f o r t e m e n t e la L e g a e c r u d e l m e n t e penalizzato il «centro», cui restava solo la nostalgia d ' u n p l u r i d e c e n n a l e r u o l o d'asse p o r t a n t e della politica italiana. In piccolo, il P P I t e n d e v a c o m u n q u e a m i m a r e le c o n s u e t u d i n i e i vizi della n o n comp i a n t a D C : e r a diviso tra u n a d e s t r a e u n a sinistra, c o n u n g r u p p o di collaudati notabili e di benintenzionati mediatori a far da traìt d'union. La DC era stata la scuderia partitica d o ve più a b b o n d a v a n o i cavalli di razza, i mezzosangue e i r o n zini, volta a volta utilizzati p e r u n a infinità di cariche e d'incombenze. Da quell'allevamento e r a uscito il grosso dei governi e dei boiardi di Stato. Ma T a n g e n t o p o l i aveva inibito di c o r r e r e a molti di loro, e a n c h e alcuni d e i rimasti e r a n o a z z o p p a t i . Martinazzoli, che e r a senza macchia, aveva o p t a t o p e r u n a t e m p o r a n e a p a u s a di riflessione; Ciriaco De Mita tesseva le sue t r a m e ma n o n si esponeva; Nicola Mancino, disposto al volo verso la segreteria, aveva le ali i m p i o m b a t e dal processo del S I S D E . I p o p o l a r i e r a n o caratterizzati, assai p i ù di q u a n t o lo fosse la Democrazia cristiana d ' u n t e m p o , dalla p r o p e n s i o n e a sini139
stra: a n c h e p e r c h é u n a p a r t e dei «moderati» era confluita nel C e n t r o cristiano democratico e un'altra, p r o b a b i l m e n t e la m a g g i o r e , e r a confluita in Forza Italia. Di sinistra, c o n m o l t o juicio, e r a n o sia Martinazzoli sia M a n c i n o sia Mattarella; di sinistra (senza juicio a d e t t a dei loro avversari) eran o Rosy Bindi e l'ex p r e s i d e n t e delle A G L I G i o v a n n i Bianchi. I l p e r s o n a g g i o e m e r g e n t e del P P I , Rocco B u t t i g l i o n e , n o n stava di sicuro a sinistra: ma p e r s e g u i v a un i t i n e r a r i o politico così t o r t u o s o e a c c i d e n t a t o c h e i leaders degli altri partiti p e r d e v a n o la bussola, nel tentativo di seguirlo. I suoi amici di «corrente», a c o m i n c i a r e dal ciellino R o b e r t o Form i g o n i , fingevano d ' a v e r n e p e n e t r a t o le i n t e n z i o n i , e di condividerle, ma a volte le loro espressioni e le loro p a r o l e tradivano lo s m a r r i m e n t o . Il Congresso fu infuocato, in alcuni m o m e n t i t u m u l t u o so, perfino con qualche scontro fisico da tifoseria calcistica. T r a m o n t a t a , p e r la s e g r e t e r i a , la c a n d i d a t u r a di Bianchi - t r o p p o m a r c a t a in senso progressista - la sinistra a d o t t ò come suo c a m p i o n e l'ex ministro d e l l ' I n t e r n o Mancino, che n o n era precisamente u n a novità p e r le scene pubbliche: gli si o p p o s e Buttiglione, il cui miglior atout consisteva nell'essere stato estraneo - p e r fatti determinati, o p e r connessioni indirette, o p e r silenzi e omissioni - alle abbuffate tangentizie e agli scempi lottizzatori e clientelari della vecchia D C . Per la g e n e r a l i t à degli italiani B u t t i g l i o n e e r a stato fino a pochi mesi p r i m a u n o sconosciuto: famosa era invece la sorella Angela, pacificante volto casalingo del T g l ; tanto che, q u a n d o la s t a m p a aveva cominciato ad occuparsi di lui, era stata coniata - r i e c h e g g i a n d o il titolo d ' u n film di L u c h i n o Visconti - la battuta «Rocco e la sua sorella». All'Ergife Buttiglione vinse n o n a m a n i basse, ma n e t t a m e n t e : il 56,1 dei delegati votò p e r lui. L'assemblea aveva posto al segretario un unico limite, ma i m p o r t a n t e : ossia l'impegno a n o n stringere alleanze né con la destra né con Rifondazione c o m u n i sta. Buttiglione aveva tuttavia sottolineato che il n u o v o sistema elettorale n o n consentiva più u n a centralità n e u t r a , e 140
che p e r il P P I sarebbe stato o p p o r t u n o allearsi con gli schier a m e n t i assieme ai quali fosse t r o v a t a u n a c o n v e r g e n z a di programmi. Le p a g i n e dei quotidiani furono i n o n d a t e da biografie di questo inedito protagonista dei giuochi di Palazzo: e furono biografie che, nella loro misurata benevolenza, tradivano se n o n i m b a r a z z o a l m e n o u n a forte incertezza. Messo sulla r a m p a di lancio, Buttiglione dava l'impressione di p o t e r ent r a r e in qualsiasi orbita. C i n q u a n t a s e t t e n n e , era come Angela un d e m o c r i s t i a n o doc, anzi e r a qualcosa di p i ù e di m e glio: un f r e q u e n t a t o r e e forse un amico di G i o v a n n i Paolo IL II p a d r e , funzionario di polizia, e r a considerato a Gallipoli - lo ha r i c o r d a t o lo stesso Buttiglione - «una specie di Maigret e ogni tanto tornava a casa tutto ammaccato». Rocco scelse tutt'altra strada e le sue a m m a c c a t u r e f u r o n o soltanto accademiche e politiche. Si laureò in filosofia ed e n t r ò nell'intellettualità cattolica, c o n q u i s t a n d o la stima di d o n Francesco Ricci - cui dovette la p r e s e n t a z i o n e all'arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla - e di d o n Giussani, il fondatore di C o m u n i o n e e Liberazione. Infatti a Buttiglione toccò, tra incarichi universitari e convegni filosofici, anche d'essere responsabile del Sabato, il settimanale del m o v i m e n t o ciellin o . D i v e r s a m e n t e dal suo sodale F o r m i g o n i , c h e assicura d'essere casto ma ha u n a taglia atletica da attore, Buttiglione - sposato, u n a figlia - è nell'aspetto d ' u n a clericalità così p e r f e t t a da s e m b r a r e finta. Somiglia a u n o di q u e i fratacchioni che nella pittura sacra del Rinascimento sono disposti a coro del santo protagonista p e r farne meglio risaltare, nella loro goffa carnalità, l'ascesi. Si e s p r i m e con sommessa voce da confessionale, t e n e n d o il c a p o c h i n o ma di t a n t o in tanto v o l g e n d o gli occhi al cielo. Accade che in quest'attegg i a m e n t o da cappuccino q u e s t u a n t e faccia affermazioni recise: a t t e n u a t e tuttavia da un vago p r o f u m o d'incenso. Poiché n o n si sapeva dove volesse a n d a r e a p a r a r e , Buttiglione fu lodato da sinistra e da destra, p u r tra qualche frecciata velenosa (ci fu chi sostenne che il suo n o m e e r a scritto 141
sul libro p a g a del Cavaliere): e avviò contatti in o g n i d i r e zione. Destarono particolare attenzione quelli con Massimo D'Alema, avvenuti convivialmente a Gallipoli, dove e n t r a m bi e r a n o di casa. Ma le a p e r t u r e ai progressisti e r a n o bilanciate da a p e r t u r e alla maggioranza. Buttiglione doveva avere in testa fin d'allora u n o scenario che gli avvenimenti successivi h a n n o m e g l i o d e l i n e a t o e c h e p u ò essere così riassunto: il P P I doveva avere come ultimo obbiettivo un'alleanza con il Polo delle libertà; ma n o n poteva arrivarci in u n a situazione d'inferiorità t r o p p o palese, e di m i n i m o p o t e r e c o n t r a t t u a l e . Per c o r r e g g e r e q u e s t o squilibrio e r a necessario che, p r i m a dell'abbraccio, fosse assestato a Forza Italia qualche sgambetto. E n o n poteva essercene u n o migliore d ' u n a crisi di g o v e r n o che rivelasse a B e r l u s c o n i - incline ad un ottimismo sconsiderato - q u a n t o fosse fragile la sua coalizione, e q u a n t o fosse indispensabile l ' a p p o r t o di personale politico a d d e s t r a t o e smaliziato: quello a p p u n t o che il P P I era in g r a d o d'offrire. Il che, equivaleva alla realizzazione d ' u n Polo delle libertà che somigliasse tanto alla DC (De Mita, p u r alla l u n g a d i s s e n z i e n t e d a l l ' i m p o s t a z i o n e b u t t i glioniana, aveva sentenziato che «il n u o v o è m o r t o e risorge il centro»). La m a n o v r a esigeva u n a coincidenza d'intenti, e d'atteggiamenti, tra l'«esterno» alla m a g g i o r a n z a (Buttiglione) che si p r o p o n e v a di sfasciarla p e r poi entrarci, e l'«interno» (Bossi), che le infliggeva picconate q u o t i d i a n e e si p r o p o n e v a di sfasciarla p e r uscirne, ossia p e r sottrarsi alla morsa di Forza Italia. La n o t t e del 10 agosto, san L o r e n z o , c a d o n o le stelle. LT1 agosto del 1994 ne n a c q u e invece u n a n u o v a nel firmam e n t o politico italiano: o p i u t t o s t o r i n a c q u e ma, s e c o n d o pronostico, s p l e n d e n t e c o m e n o n era mai stata. La stella era R o m a n o Prodi, che uscì d a l l ' o m b r a alla sua m a n i e r a circospetta: m a chi doveva i n t e n d e r e , intese. «Non h o a n c o r a detto» dichiarò da un paesino d e l l ' A p p e n n i n o emiliano d o ve t r a s c o r r e v a un p e r i o d o di vacanze nella vecchia casa di famiglia «che i n t e n d o scendere in c a m p o in p r i m a p e r s o n a . 142
Adesso che ho le m a n i libere a v e n d o t e r m i n a t o il mio m a n d a t o all'iRi ci sto tuttavia s e r i a m e n t e p e n s a n d o , a n c h e p e r ché lo i m p o n e la gravità della situazione. Io dico che m a n c a il governo.» L'ultima frase bollava d ' i n a d e g u a t e z z a sia Berlusconi sia i suoi ministri. Il rilievo di questa presa di posizione, senza d u b b i o p r e c e d u t a da accordi o a l m e n o da segnali di via libera, sta in u n a considerazione molto semplice: essendo in vigore un sistema grosso modo maggioritario, ed essendo incontestata la leadership di Silvio Berlusconi sul v e r s a n t e di c e n t r o d e s t r a , P r o d i n o n poteva autolimitarsi c a n d i d a n d o s i alla leadership del c e n t r o . Se leadership d o v e v a essere n o n p o t e v a c h e rig u a r d a r e l'intero fronte progressista, poggiato sulla p o d e rosa base del P D S : ai cui vertici si fece spreco dì riservatezza, a n c h e p e r c h é n o n m a n c a v a n o le perplessità. Ma p e r D'Alema, P r o d i e r a q u a n t o di meglio l'antiberlusconismo potesse d e s i d e r a r e p e r far breccia al centro. Un professore, un cattolico, un fautore del m e r c a t o , un emiliano gioviale, un gal a n t u o m o . Ancora giovane - è nato nel 1939 a Reggio Emilia - Prodi aveva già alle spalle un l u n g o tirocinio di «boiardo di Stato» e di tecnico prestato alla politica. S'era laureato a Bologna in economia e in scienze politiche, e aveva poi int r a p r e s o , c o m e docente d'Economia, la carriera accademica cui n o n ha mai r i n u n c i a t o . Si dice che gli s t u d e n t i s e m p r e folti alle s u e lezioni lo a d o r i n o p e r la b o n o m i a del t r a t t o , p e r l'assoluta assenza i n lui d ' o g n i p r o s o p o p e a b a r o n a l e , p e r la chiarezza e la semplicità divulgativa dell'esposizione. N o n s t e n t i a m o a c r e d e r l o . Ne è p r o v a felicemente vivente - stando a u n ' a b b o n d a n t e e rugiadosa pubblicistica - la m o glie Flavia F r a n z o n i che era u n a sua studentessa, che inseg n a a n c h e lei, e che gli ha d a t o d u e figli maschi. Per la verità la signora Flavia contesta questa versione dei fatti: «Tutti scrivono che sono stata u n a s t u d e n t e s s a di R o m a n o » ha detto in u n a delle sue r a r e interviste «ma n o n è vero. Ci siamo messi assieme q u a n d o io a n d a v o a n c o r a al liceo a Reggio Emilia, e d o p o n o n ho mai dato esami con lui». 143
Cattolico d e l filone solidaristico e sociale, P r o d i aveva trovato ovvie consonanze nella sinistra democristiana: dove militava il suo «maestro» N i n o A n d r e a t t a ; t a n t o collerico e turbolento il «maestro» q u a n t o pacioso e mite è il discepolo. Fu u n o dei giovani o m e n o giovani - Forlani li aveva definiti «la b a n d a dei quattro», ma e r a n o di più - che svolgevano p e r B e n i g n o Zaccagnini un lavoro di studio e d'elaborazione sociale, economica, politica. Nella «banda» e r a n o Martinazzoli, Granelli, T i n a Anselmi, L e o p o l d o Elia. Dalla n o t o r i e t à locale P r o d i passò p e r la p r i m a volta a quella nazionale in u n a circostanza tragica, e p e r motivi cur i o s i . A l d o M o r o ( m a r z o - a p r i l e 1978) e r a p r i g i o n i e r o dei brigatisti rossi, e ogni mezzo, compresi i più stravaganti, era messo in o p e r a p e r s c o p r i r n e il rifugio. Il 2 aprile si svolse in casa del professor Alberto Calò, nella c a m p a g n a bolognese, u n a s e d u t a m e d i a n i c a , cui e r a p r e s e n t e tra gli altri Rom a n o Prodi. Dall'esperimento e m e r s e r o alcune parole comp i u t e e intelligibili: tra esse Gradoli e Bolsena. Poiché Gradoli è il n o m e d ' u n a località del viterbese, e il lago di Bolsena n o n ne dista molto, se ne d e d u s s e che lì potesse trovarsi la «prigione» del p r e s i d e n t e d e m o c r i s t i a n o . S a p p i a m o c h e invece un covo delle BR era in via Gradoli, a Roma. «La singolare notizia del risultato della s e d u t a spiritica» ha scritto Gino Pallotta nelle sue Cronache. dell'Italia repubblicana «venne segnalata da Prodi al capo dell'ufficio s t a m p a e consigliere di Zaccagnini (che all'epoca e r a s e g r e t a r i o della n e , N.d.A.) U m b e r t o Cavina; e questi, c o m e faceva p e r ogni com u n i c a z i o n e r i g u a r d a n t e la v i c e n d a M o r o , i n f o r m ò a sua volta le autorità. In seguito si s e p p e che la signora Eleonora M o r o aveva fatto p r e s e n t e a un funzionario di polizia che a R o m a esisteva a p p u n t o u n a strada che si chiamava Gradoli, ma la risposta fu che tale via n o n esisteva.» L'esperienza g o v e r n a t i v a di P r o d i - effimero m i n i s t r o dell'Industria, n o n ancora q u a r a n t e n n e , con Andreotti - lasciò scarsa traccia. Si dice che q u a l c u n o gli avesse scritto al m i n i s t e r o e c h e la l e t t e r a fosse stata restituita al m i t t e n t e 144
p e r c h é il destinatario risultava sconosciuto. La sua vera inv e s t i t u r a p u b b l i c a il p r o f e s s o r e l'ebbe q u a n d o Ciriaco De Mita f o r t e m e n t e lo volle - 1982 - a c a p o d e l l ' I R I ; ossia del m a g g i o r e tra i «conglomerati» pubblici. Tutti r i g o r o s a m e n t e lottizzati c o m e o g n i altra cosa o p e r s o n a c h e allo Stato e - d u n q u e ai partiti - facesse c a p o . L ' I R I e r a t a r g a t o D C allo stesso m o d o in cui I ' E N I e r a t a r g a t o P S I e I ' E F I M P S D I . A H ' I R I v e n i v a n o i m p u t a t i inefficienza, s p r e c o , assistenzialismo, clientelismo. Sui risultati di questa sua p r i m a gestione - d u rata fino al 1987 e da lui definita «il mio Vietnam» - e della s e c o n d a - dal 1993 al 1994 - s'è m o l t o discusso e m o l t o si c o n t i n u e r à a discutere. P r o d i ascrive a suo m e r i t o u n ' o p e r a difficile ma valida di riassetto e di r i s a n a m e n t o dei bilanci, i suoi avversari sostengono che le diminuzioni del deficit der i v a r o n o in massima p a r t e dalle v e n d i t e . Vi f u r o n o g r a n d i operazioni che egli condusse a c o m p i m e n t o (la cessione dell'Alfa R o m e o alla F I A T ) O che gli furono i m p e d i t e : tra queste ultime la cessione del gigante a g r o a l i m e n t a r e S M E , valutato 497 miliardi, alla Buitoni controllata da Carlo De B e n e d e t ti. La vicenda - che risale al 1985 - è un e s e m p i o p e r f e t t o della d i s i n v o l t u r a con cui gli «affari» dello Stato v e n i v a n o asserviti a criteri politici (o di g r e p p i a politica). La v e n d i t a della S M E p a r e v a v a n t a g g i o s a p e r e n t r a m b i i c o n t r a e n t i . C I R I a v r e b b e messo u n p o ' d ' o r d i n e in u n caos p r o d u t t i v o p e r cui lo Stato fabbricava p a n e t t o n i e iscatolava i p o m o d o r i pelati; e avrebbe inoltre un p o ' i m p i n g u a t o le sue casse p e r e n n e m e n t e a secco. De B e n e d e t t i , t r a m i t e la B u i t o n i , avrebbe creato le p r e m e s s e p e r c o m p e t e r e con i giganti eur o p e i del settore a l i m e n t a r e . Il 29 aprile il c o n t r a t t o fu firm a t o : mancava solo il sì del g o v e r n o . Craxi, in quel m o m e n t o P r e s i d e n t e del Consiglio, aveva p e r De Benedetti u n a consolidata antipatia, reciprocata con fervore dall'ingegnere che lo considerava «pericoloso p e r la democrazia». Da Palazzo Chigi arrivò l'avvertimento che l'operazione n o n sarebbe stata a p p r o v a t a p e r c h é quello agroalimentare era un settore strategico, e p e r c h é la gara n o n e r a 145
stata a p e r t a a p i ù c o n c o r r e n t i . De B e n e d e t t i , forte dell'acc o r d o firmato, si rivolse alla Giustizia: e disse pubblicamente che gli e r a n o state chieste tangenti, da lui negate. Gli diede m a n forte il direttore del Popolo Giovanni Galloni, secondo cui «l'affare S M E n o n viene c o n c l u s o p e r c h é è l'unico g r a n d e affare senza tangenti». Altri a d d e b i t ò a Prodi la colpa d'aver c o n d o t t o la trattativa in accordo con il suo sponsor De Mita e senza il beneplacito di Craxi. Sta di fatto che nell'agosto del 1 9 8 6 il Tribunale di R o m a d i e d e torto a De Ben e d e t t i , e di riflesso a P r o d i : c h e d o v e t t e c h i n a r e la testa. N o n fu che u n a delle sue tante amarezze. Un'altra gli v e n n e dalla mainrnìse di Cuccia, il p a d r i n o - p a d r o n e di M e d i o b a n ca, sulla Banca commerciale italiana e sul Credito italiano. D ' u n itinerario così complesso sono state date valutazioni diverse, e mal conciliabili tra loro. Gli osservatori n o n b e n e voli r i m p r o v e r a n o a P r o d i un eccesso di morbidezza diplomatica e l'indulgenza verso le m e g a l o m a n i e di Raul G a r d i ni, di cui era amico. Nelle notazioni del suo p u n g e n t e diario Come si manda in rovina un Paese Sergio Ricossa n o n è stato t e n e r o c o n i l p r o f e s s o r e e m i l i a n o . Per i l 1 9 9 3 h a scritto: «Ciampi riaffida T I R I a Prodi, in sostituzione dell'incarcerato Franco Nobili, e Prodi si fa t r a m u t a r e da C i a m p i un debito a breve, verso le b a n c h e , di 1 0 . 0 0 0 miliardi in u n debito a l u n g a di pari i m p o r t o e m e n o o n e r o s o verso la Cassa d e p o siti e prestiti (Tesoro) con la garanzia dello Stato. C h e bello indebitarsi con la g a r a n z i a dello Stato. L ' I R I già lo fece nel 1 9 8 1 a favore della Finsider, lo rifece nel 1 9 8 5 insieme a E N I e d E F I M . N o n bastò a salvare Finsider ed E F I M . I n alternativa ci s o n o i fondi di d o t a z i o n e , concessi dallo Stato g r a t u i t a m e n t e . Se n o n sbaglio è d a l 1 9 7 4 c h e T I R I n o n p a g a dividendi». Il gestore d ' u n carrozzone c o m e T I R I n o n p u ò essere imm u n e da c e n s u r e : la più seria delle quali è forse l'aver accettato l'incarico e i n t r a p r e s o un tentativo di r i s t r u t t u r a z i o n e bonificatrice s u p e r i o r e ad ogni capacità u m a n a . Ma un p u n to n o n è contestato - p r o v e alla m a n o - da alcuno. Issato co146
sì a l u n g o al vertice d ' u n g i g a n t e i n d u s t r i a l e dai c o n g e g n i elefantiaci e i n q u i n a t i , ossia m e s s o nella situazione ideale p e r elargire ed elargirsi favori, P r o d i n o n c a d d e in n e s s u n peccato n o n diciamo tangentizio, m a n e m m e n o d i privilegio. Nella m o r c h i a che ha sporcato le m a n i del suo successore Nobili - inquisito e p e r breve t e m p o arrestato - n o n ha messo n e p p u r e u n ' u n g h i a . L'«affare» S M E è fallito, l'abbiamo visto, s o p r a t t u t t o p e r c h é n o n s'era p r o v v e d u t o a lubrificarne gli i n g r a n a g g i con un c o n g r u o n u m e r o di miliardi. Prodi se n'è a n d a t o u n a p r i m a volta p e r incompatibilità con il C A F (ossia con la t r i m u r t i Craxi-Andreotti-Forlani) e u n a sec o n d a in previsione dell'incompatibilità con il Cavaliere. Da questo a farne un santo o un sempliciotto che si aggirava nelle stanze del p o t e r e senza s a p e r e cosa vi avvenisse (questa è l'immagine di Prodi che qualche suo t r o p p o zelante sostenitore p r e t e n d e d'avallare) ne passa. N o n si sta alla testa del massimo colosso industriale pubblico senza fare p o litica in senso lato, e senza accettare c o m p r o m e s s i (e subire frustrazioni). Pensate alla posizione di P r o d i che c o m e p r e sidente dell'lRi, azionista unico della R A I , e r a «proprietario» della RAI stessa: senza tuttavia aver voce in capitolo p e r la sua gestione, e senza p o t e r intervenire nel m a n e g g i o lottizzato dell'informazione. Ha raccontato B r u n o Vespa: «Quando nell'82 R o m a n o P r o d i fu chiamato p e r la p r i m a volta alla p r e s i d e n z a d e l l ' l R i , gli telefonai p e r invitarlo a u n a trasmissione c h e c o n d u c e v o in q u e l p e r i o d o , Ping pong. Parl a m m o della t r a s m i s s i o n e m a p a r l a m m o s o p r a t t u t t o della RAI. E rimasi molto colpito dall'angoscia e dallo s d e g n o con i quali l'azionista unico della mia azienda viveva l'impotenza di n o n p o t e r m e t t e r e il naso nelle scelte e perfino nei bilanci del colosso di viale Mazzini». Un colosso schiavo d e i partiti. A q u e l t o r m e n t o P r o d i resistette sette a n n i . Si sostiene che resistette p e r c h é a volte cedette. N o n ha di sicuro il piglio del decisionista, e a più d ' u n a c c o m o d a m e n t o si è adattato a n c h e lui, p e r quieto vivere. Mai p e r ò , che si sappia, ha t e n t e n n a t o sui principi, sulle idee, sull'onestà. 147
D o p o la valanga referendaria del 18 aprile 1993 Scalfaro n o n aveva pensato in p r i m a istanza, p e r l'incarico di formare un g o v e r n o che succedesse a quello di Giuliano Amato, a C i a m p i : aveva p e n s a t o a P r o d i , n o n a n c o r a r e s t i t u i t o alla presidenza deli'iRi (la n o m i n a avverrà il 15 maggio). Mario Segni, che del referendum p e r la riforma elettorale e r a stato l'indiscusso artefice, riteneva in cuor suo di meritare l'inves t i t u r a a Palazzo Chigi. S a p e v a tuttavia che la D C , a n c o r a partito di m a g g i o r a n z a relativa, gli si sarebbe messa c o n t r o p e r c h é lo riteneva un transfuga. Ebbe p e r a l t r o segnali positivi dal P D S , dalla Lega, dai repubblicani, e le sue s p e r a n z e ne furono alimentate. Possiamo i m m a g i n a r e , da quest'antefatto, che Segni n o n sia stato p r o p r i o deliziato da u n a p r o posta che Prodi gli fece la d o m e n i c a successiva a quella resa m e m o r a b i l e dalla trionfale v a l a n g a di sì p e r il m a g g i o r i t a rio. L a s c i a m o l o r a c c o n t a r e allo stesso Segni: «Alle t r e del p o m e r i g g i o mi telefona R o m a n o Prodi dal treno che lo porta a R o m a . Scalfaro l'ha convocato p e r dargli l'incarico. Imm a g i n o che la sua designazione sia stata fatta da Martinazzoli, e a l c u n e indiscrezioni dei giorni successivi me lo conf e r m e r a n n o . Mi c h i e d e di fare il vicepresidente del Consiglio. La telefonata è spesso i n t e r r o t t a dalle gallerie, e a un c e r t o p u n t o ci lasciamo in attesa c h e lui v e n g a a casa mia d o p o il colloquio con il C a p o dello Stato. Q u a n d o arriva da me verso le sette ha p o c o da a g g i u n g e r e . La telefonata di Scalfaro l'ha r a g g i u n t o m e n t r e c o r r e v a in bicicletta, e si è precipitato sul " p e n d o l i n o " insieme a un amico che è ancora in tuta. Deve r i p r e n d e r e l ' u l t i m o t r e n o p e r B o l o g n a , e abbiamo pochi minuti p e r parlarci. Mi conferma il t o n o del colloquio con Scalfaro che gli chiede di fare un tentativo difficilissimo. L'unica s p e r a n z a di successo è r a p p r e s e n t a t a , a giudizio di Scalfaro, dal mio ingresso come vicepresidente e m i n i s t r o p e r le R i f o r m e istituzionali». Segni e r a p r o b a b i l m e n t e un p o ' amareggiato, e a n c h e poco persuaso. Disse di n o . T r a l'altro lui avrebbe voluto che il g o v e r n o in fieri d o vesse soltanto p o r t a r e a t e r m i n e la r i f o r m a istituzionale, 148
q u i n d i dimettersi: la DC pensava invece a un g o v e r n o senza scadenze prestabilite. A spiegazione del suo rifiuto Segni ha sostenuto che n o n si sentiva di trascinare il m o v i m e n t o refer e n d a r i o in u n ' i m p r e s a governativa aleatoria. C o n il suo n o me t r a m o n t ò anche quello di Prodi, l'incarico toccò a Ciampi che avrebbe voluto a n c h e lui Segni nel g o v e r n o (ma n o n si parlava più di vicepresidenza). Altro no. A b b i a m o i n d u g i a t o su q u e s t a vicenda l a r g a m e n t e s u p e rata dagli avvenimenti p e r sottolineare d u e p u n t i . Il p r i m o è che Mariotto Segni, p r i m a di p e r d e r e l'autobus governativo p e r c h é U m b e r t o Bossi aveva m a n d a t o in pezzi il suo acc o r d o con Maroni, ne aveva p e r s o un altro, in sostanza, p e r le sue tenaci diffidenze verso la m a d r e m a t r i g n a DC (e p r o prio un u o m o della DC vedeva in Prodi) e un p o ' a n c h e p e r le sue ambizioni. Il secondo è che Oscar Luigi Scalfaro individuava già allora in P r o d i un personaggio e m e r g e n t e e tras b o r d a b i l e dalla P r i m a alla S e c o n d a R e p u b b l i c a . L a designazione di Prodi come leader del rassemblement. di centrosinistra, opposto al centrodestra d ' u n Berlusconi verso il quale ha più d ' u n motivo di sospetto, troverà u n o Scalfaro n o n solo consenziente, ma in cuor suo p l a u d e n t e : a n c h e se la carica istituzionale gli i m p e d i v a di m a n i f e s t a r e questi sentimenti. L'investitura di Prodi c o m e candidato alla g u i d a d ' u n g o v e r n o «progressista», la nascita dell'Ulivo (simbolo del m o v i m e n t o di P r o d i ) da affiancare (o s o v r a p p o r r e ) alla Q u e r c i a pidiessina, il tour in p u l l m a n delle c e n t o città verr a n n o d a l febbraio del 1995 in p o i . Ma già nella s e c o n d a metà di agosto del 1994 il p r o g e t t o Prodi era nelle sue grandi linee d e l i n e a t o . La ricetta di P r o d i p e r d a r e all'Italia la stabilità e la ripresa economica n o n aveva nulla di miracolistico, ma era comprensibile fino all'ovvietà, e i m p r o n t a t a alla ragionevolezza. Liberismo economico con u n o Stato «leggero», arbitro e n o n p r o p r i e t a r i o ; solidarietà, ma ispirata al modello tedesco, n o n al modello d i l a p i d a t o r e dell'Irpinia; p r o g r a m m i c o n c r e t i : « n o n p r o m e t t e r ò n u l l a c h e n o n sia fondato su ipotesi serie, vogliamo il certo n o n l'impossibile». 149
D u e g i o r n i d o p o l'ingresso d i P r o d i n e l l ' a r e n a politica v e n n e (13 agosto 1994) la breve pace di Arcore: ossia un incontro n o t t u r n o nella villa (proseguito la mattina d o p o ) tra U m b e r t o Bossi e Berlusconi: i n c o n t r o caratterizzato - stando alla d o c u m e n t a z i o n e televisiva e fotografica - da u n a sbracata cordialità da c o m p a g n o n i : con m a n a t e sulle spalle t r a i d u e , in m a n i c h e di camicia. «Il suo (di B e r l u s c o n i N.d.A.) solito vizio, la t e n d e n z a ad abbracciare» c o m m e n terà poi acido il senatur «un gesto che n o n mi è mai piaciuto. Io preferisco le strette di m a n o , possibilmente energiche.» Bossi aveva d o r m i t o ad Arcore, ed essendoci arrivato senza bagaglio, e r a stato d o t a t o d ' u n pigiama dal p r e m u r o s o Cavaliere. Berlusconi s'illuse, ancora u n a volta, di a m m a n s i r e Bossi, e di p o r r e t e r m i n e alla guerriglia con cui la L e g a lo t o r m e n t a v a . S a p p i a m o che fallì nel tentativo: e p e r lui, impareggiabile nel s e d u r r e gli avversari, fu u n o smacco cocente. Di q u e l tète à lète, e di altri che s e g u i r o n o in S a r d e g n a a distanza di pochi giorni, abbiamo u n a testimonianza sicuram e n t e p a r t i g i a n a , m a d i p r i m a m a n o , nel già citato libro Tutta la verità di U m b e r t o Bossi. C h e sia p r o p r i o tutta la verità n o n l o g i u r e r e m m o . N e s s u n o dei d u e i n t e r l o c u t o r i f i g u r e r à mai tra gli e s e m p i insigni di sincerità e di coerenza. Ma a l m e n o un tocco pettegolo sa d'autentico. S t a n d o al racconto di Bossi, Berlusconi lo r a m p o g n ò d o l c e m e n t e p e r le sue i n t e m p e r a n z e . «Si ferma d a v a n t i allo specchio, osserva con attenzione la sua i m m a g i n e riflessa passandosi la m a n o sul volto. Poi mi s q u a d r a e m o r m o r a : " G u a r d a qui come mi hai ridotto. Q u a n t e r u g h e , quanti capelli in m e n o . E ho p u re messo su pancetta, sette chili in pochi mesi".» «E un e r r o r e p a r l a r e di pace» ha scritto Bossi «quello che a b b i a m o discusso d u r a n t e quella n o t t e e q u e l m a t t i n o , a quattr'occhi, o r a posso rivelarlo, era un patto p e r la prosecuzione dell'intesa di g o v e r n o d o p o il t e r m i n e garantito dei sei mesi. U n a p r o s p e t t i v a nella q u a l e , lo s a p e v o b e n e , lui n o n c r e d e v a affatto: in r e a l t à cercava solo il m o m e n t o p i ù o p p o r t u n o p e r spaccare la Lega e p o r t a r e il Paese ad un vo150
to che nelle sue intenzioni l'avrebbe incoronato Re d'Italia.» Per ottenerlo, Berlusconi era anche disposto, secondo Bossi, a g a r a n t i r g l i la s e g r e t e r i a d ' u n p a r t i t o u n i c o d e r i v a n t e dalla fusione della Lega e di Forza Italia. Lo p r o m i s e col fiatone d u r a n t e lo jogging. La diffidenza di Bossi, e il suo timore che il Cavaliere meditasse, c o n c e d e n d o g l i molto sul m o m e n t o , d i fagocitarlo i n u n s e c o n d o t e m p o e r a n o p i ù che c o m p r e n s i b i l i . M e n o c o n v i n c e n t e è la tesi c h e B e r l u s c o n i volesse far deflagrare il g o v e r n o , e Bossi compattarlo. I fatti n o n accreditano questa versione: e i lamenti di Bossi p e r c h é Berlusconi e r a sordo ai g r a n d i temi del federalismo riescono poco persuasivi se si pensa che il p r o g e t t o federalista a p p r o n t a t o dal m i n i s t r o S p e r o n i a p p r o d e r à i n Consiglio dei ministri il g i o r n o stesso in cui il g o v e r n o Berlusconi tirerà le cuoia. Bossi aveva l'incubo delle elezioni a breve t e r m i n e , lo s t r u m e n t o con cui t e m e v a c h e B e r l u s c o n i volesse fargli la festa. Lo ripetè al r i t o r n o da un p e r i o d o di vacanze in Sard e g n a , il 31 agosto: «Berlusconi ha chiesto questa mattina a Scalfaro, lo so da fonte sicura, di a n d a r e a elezioni anticipate». Ma il Quirinale si p r e m u r ò d'avvertire che nessuna p r o spettiva d ' i n t e r r u z i o n e p r e m a t u r a incombeva sulla legislatura, Berlusconi disse di n o n voler « p e r d e r e t e m p o a smentire sciocchezze» e Fini p a r l ò di « c o m p o r t a m e n t o puerile» del senatur. La lira soffriva p e r questi battibecchi, e le sue scivolate si susseguivano. Il r u g g e n t e U m b e r t o aveva messo a r u m o r e l'Italia, in quell'agitato agosto, con u n a rivelazione che, fosse v e n u t a da qualcun altro, avrebbe oscurato tutti i fantasmi golpistici dei vari De L o r e n z o e c o m p a g n i a . A suo d i r e nel 1987 trecentomila u o m i n i a r m a t i e r a n o p r o n t i , nelle valli bergamasche, a s c a t e n a r e u n a rivolta, forse u n a g u e r r a civile: «La Lega ha bloccato un n u o v o t e r r o r i s m o convogliando in senso d e m o c r a t i c o spinte i n d i p e n d e n t i s t e . Avrebbe p o t u t o infiammarsi tutto il nord». Fioccarono le solite interrogazioni p a r l a m e n t a r i , si accesero polemiche. Gli organismi preposti alla sicurezza dello Stato s p i e g a r o n o che di quella minaccio-
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sa mobilitazione n e s s u n o aveva mai avuto s e n t o r e , qualcuno rilevò che le valli b e r g a m a s c h e n o n ospitavano n e m m e no 300 mila abitanti inclusi i neonati, e d u n q u e la cifra buttata lì da Bossi e r a q u a n t o m e n o gonfiata. Messo in un angolo, Bossi se la p r e s e - gli accade sovente e ha perfino stilato u n a lista di dieci cronisti cui la Lega doveva inibire l'accesso ad o g n i i n f o r m a z i o n e - con i giornalisti che a v e v a n o male raccolto o male i n t e r p r e t a t o le sue d i c h i a r a z i o n i . Però sul t e m a dei valligiani furibondi è t o r n a t o , p r o p r i o nel suo lib r o più volte citato, r a c c o n t a n d o d ' u n a manifestazione che Forza Italia aveva organizzato a fine 1994 a Ponte di Legno, dove lui e r a in vacanza i n v e r n a l e , p e r rinfacciargli d'avere p r o v o c a t o la c a d u t a del g o v e r n o Berlusconi. «Tutto finì in u n a misera fiaccolata a r e n a t a s i nella piazzetta c e n t r a l e del p a e s e d o v e s p r o l o q u i a v a il solito Meluzzi. N o n so c o m e i m o n t a n a r i dei paesi circostanti s e p p e r o della r i u n i o n e e cal a r o n o all'improvviso a valle c o n intenzioni che s a r e b b e r o risultate decisamente indigeste p e r i r a m p a n t i di Forza Italia. Per evitare il contatto li attirai nel p a r c o del castello dei C a p a r i n i , dove e r o ospite, i m p r o v v i s a n d o u n o s p u n t i n o a base di p a n e t t o n e e vin brulé e i m p e g n a n d o l i in un comizio di oltre d u e o r e a dieci g r a d i sotto zero p e r i m p e d i r e che si rovesciassero verso la piazza del paese.» T o r n i a m o a fine estate d e l 1994. I g u e r r i g l i e r i al vin b r u l é della Val B r e m b a n a o della Val Seriana, folklore bossiano, e r a n o di là da venire. N o n loro a p p a r i v a n o temibili, m a p i u t t o s t o u n c o n t e s t o politico, g i u d i z i a r i o , e c o n o m i c o s e m p r e più precario.
CAPITOLO UNDICESIMO
A D D I O ALLA T O G A
Il 3 s e t t e m b r e 1994 A n t o n i o Di Pietro p r e s e la p a r o l a , a C e r n o b b i o , r i v o l g e n d o s i a u n a platea che più qualificata e selezionata n o n avrebbe p o t u t o essere. S e d e v a n o davanti a lui molti tra i più i m p o r t a n t i i m p r e n d i t o r i ed economisti italiani, il Presidente del Senato Carlo Scognamiglio, sette ministri del g o v e r n o in carica, sette ministri del g o v e r n o p r e c e d e n t e . L'occasione dell'incontro e r a un «seminario» sulla situazione italiana. Di Pietro, lo sappiamo, aveva detto no (e si p u ò s u p p o r r e fosse stato un no sofferto) alla p r o p o s t a di Berlusconi d ' u n incarico ministeriale. Ma la toga gli a n d a v a o r m a i p i u t t o s t o stretta. Esisteva u n divario e n o r m e tra l a qualifica «burocratica» del Pm più famoso d'Italia (era u n o dei tanti e p e r Io più oscuri sostituti p r o c u r a t o r i iscritti nei ruoli della m a g i s t r a t u r a ) e la sua p e r s o n a l e autorevolezza. Tutti i sondaggi gli d a v a n o un indice di p o p o l a r i t à di g r a n l u n g a s u p e r i o r e a quello d'ogni altro personaggio pubblico, compresi Scalfaro e Berlusconi. Di questo Di Pietro, scarpe grosse e cervello fino, si r e n d e v a p e r f e t t a m e n t e conto. I p o tenti riuniti a C e r n o b b i o e r a n o al suo confronto - nel r a p p o r t o con l'opinione pubblica - impotenti. Infatti n o n chied e v a n o altro che d ' a p p l a u d i r l o , qualsiasi cosa dicesse, e di m e n d i c a r e da lui un c e n n o di benevolenza: a n c h e se le holding e le c o n g l o m e r a t e che a q u a l c u n o dei presenti facevano capo e r a n o state p r o p r i o dal pool di «mani pulite», e dallo stesso Di Pietro, inquisite con tenacia. Di Pietro riassunse, nel suo peculiare linguaggio oscillante tra l'enfasi populista e il burocratese dei vei'bali di polizia, u n a via d'uscita da T a n g e n t o p o l i che n o n equivalesse al te153
m u t o e d e p r e c a t o «colpo di s p u g n a » . Il p r o g e t t o n o n e r a frutto d ' u n a elaborazione u n i c a m e n t e sua: l'aveva a p p r o n tato l ' i n t e r o pool e si dice c h e p o r t a s s e in p a r t i c o l a r m o d o l'impronta di Piercamillo Davigo, d o t t o r sottile del g r u p p o . I magistrati di «mani pulite» avevano a d d i r i t t u r a concretato, in u n a bozza di d i s e g n o di legge con tanto di articoli, la loro idea. Il q u o t i d i a n o La Voce anticipò il testo, poi discusso in un convegno (14 settembre) all'Università statale di Milano d o v e Di Pietro c h i a m ò a raccolta i cittadini p e r c h é t r o vassero il m o d o di conciliare il benessere c o n la moralità: e a m m o n ì che l'Italia sarebbe stata e s p u g n a t a , c o m e S a g u n t o , se i politici si fossero persi nel loro battibeccare p e r d i t e m p o m e n t r e il nemico era alle p o r t e . L'idea e r a semplice, un uovo di C o l o m b o (così definibile a n c h e p e r la p r e s e n z a n e l pool di G h e r a r d o C o l o m b o ) : e poggiava sul t r a s f e r i m e n t o a T a n g e n t o p o l i d e l c o n c e t t o di pentitismo; ossia d ' u n «premio» p e r chi collaborasse alle inchieste («premio» che aveva magnificamente funzionato nella lotta al t e r r o r i s m o e in quella alla mafia) e d ' u n aggravam e n t o delle p e n e p e r chi ostacolasse la giustizia. La formula e r a d u n q u e : i n d u l g e n z a p e r chi confessa, a c c e n t u a t a severità p e r chi si ostina a n e g a r e e c o m u n q u e n o n facilita le indagini. A b e n pensarci questo è stato il principio ispiratore di tutta l'azione del pool: principio contestato dai garantisti, c h e lo assimilavano a u n a sorta di ricatto e, q u a n d o fosse rafforzato dal carcere, a u n a dissimulata e m o d e r n a t o r t u r a . Secondo il pool doveva sparire, p e r il funzionario pubblico r e o d'aver incassato mazzette, e p e r il privato r e o d'averle date, la distinzione tra c o r r u z i o n e e concussione, ossia tra chi aveva p r e s o ciò che gli veniva offerto, e chi aveva invece preteso d'essere p a g a t o minacciando d'infierire sulla persona o s u l l ' a z i e n d a messi n e l m i r i n o : d i s t i n z i o n e c h e aveva consentito ai trasgressori e ai loro avvocati d ' i m p e g n a r s i in quel g e n e r e di dispute cavillose che fanno la felicità dei del i n q u e n t i e la d i s p e r a z i o n e degli onesti. Se un d i p e n d e n t e pubblico intascava quattrini p e r n o n fare il suo dovere, p o 154
co i m p o r t a v a - questo il senso della riforma - di quali mezzi si fosse servito p e r ottenerli. Li aveva presi, e basta. I reati dei funzionari c o n t r o la pubblica a m m i n i s t r a z i o n e dovevano essere p u n i t i - si trattasse di c o r r u z i o n e o si trattasse di concussione - con la reclusione da q u a t t r o a dodici a n n i . La p e n a a n d a v a da tre a otto anni p e r il privato che c o r r o m p e va, l'avesse fatto s p o n t a n e a m e n t e o p e r c h é c o s t r e t t o . Ma c h i u n q u e e n t r o sei mesi d a l l ' e n t r a t a in vigore della n u o v a normativa confessasse e restituisse il maltolto avrebbe evitato il carcere: concessione valida - u n a volta e n t r a t a in vigore la legge - a n c h e p e r chi e n t r o tre mesi dall'aver commesso il reato ne informasse s p o n t a n e a m e n t e l'autorità (a p a t t o che l'autorità n o n l'avesse già iscritto nel registro degli i n d a g a ti). I colpevoli sarebbero stati c o m u n q u e allontanati da ogni pubblico Ufficio. Era infine prevista l'estensione del patteggiamento. La sortita di Antonio Di Pietro - cui i presenti a C e r n o b bio avevano riservato entusiastici, ma n o n si sa q u a n t o convinti, b a t t i m a n i - d i e d e l'avvio al solito t i r o i n c r o c i a t o di consensi incondizionati, consensi con riserva, critiche. Mar o n i la disse «interessante, giusta ed equa», Rocco Buttigliene osservò che «è p u r o b u o n senso», d ' a c c o r d o N a p o l i t a n o p e r il PDS e i sindacalisti Cofferati e D'Antoni, Scognamiglio r i t e n n e che il p i a n o del pool potesse rilanciare quei settori economici che p r o p r i o le inchieste su T a n g e n t o p o l i avevano portati ad u n a semiparalisi. Sostanzialmente contrario il min i s t r o della Giustizia Biondi: c h e espresse a p p r e z z a m e n t o p e r la volontà di collaborazione d i m o s t r a t a dal pool ma rivendicò al g o v e r n o e al P a r l a m e n t o il diritto e il d o v e r e di p r e n d e r e iniziative legislative. Sulla stessa l u n g h e z z a d'onda Pier F e r d i n a n d o Casini: «Questa strada p o r t a alla definitiva alterazione di ruoli e di poteri». Aspre le d u e Tiziane di Forza Italia, la Maiolo, Presidente della commissione Giustizia («la p r o p o s t a è illegittima e s c o r r e t t a , s c o p i a z z a t u r a di quella del governo»), e la Parenti («non è accettabile che tutto sia finito p e r c h é così h a n n o deciso i giudici»). Le obbie155
zioni d i c a r a t t e r e costituzionale a v e v a n o senza d u b b i o u n f o n d a m e n t o . L'emergenza di Tangentopoli aveva fatto sì che i giudici di «mani pulite» i n v a d e s s e r o - t r a u n o scrosciare d'applausi - l'ambito di altri poteri, o a l m e n o soppiantasser o q u e i p o t e r i n e l l ' o p i n i o n e pubblica. Q u a l c u n o rilevava - c o m e s'era rilevato p e r il pentitismo antiterroristico e antimafioso - che lo Stato incitava alla delazione. Il che è vero, ma n o n impressionava più che tanto i cittadini, cui stavano a c u o r e i risultati: che p e r il brigatismo rosso e p e r la mafia e r a n o venuti, e copiosi. La d i s p u t a - che è u n a d i s p u t a p e r e n n e - tra chi privilegia il g a r a n t i s m o e chi privilegia l'efficacia inquisitiva e punitiva n o n deve far d i m e n t i c a r e - p e r q u a n t o c o n c e r n e la p r o p o s t a del pool - u n a verità a n o s t r o avviso indiscutibile: la classe politica p e r s e allora - o forse volle p e r d e r e , p e r ragioni che è facile sospettare - un'occasione unica. L'avallo del pool milanese era il solo che potesse far p a s s a r e - senza le p r o t e s t e che avevano c o n t r a s s e g n a t o le iniziative di Conso e di Biondi - u n a scorciatoia p e r Tangentopoli. Lo schema di Di Pietro e dei suoi colleghi poteva essere modificato e migliorato, n o n doveva essere snobbato. U n P a r l a m e n t o a p p e n a a p p e n a p e n s o s o degli interessi del Paese, e n o n di interessi suoi o di preoccupazioni d'altro gen e r e , si sarebbe a g g r a p p a t o a quello schema p e r varare misure che e r a n o necessarie: ma sulle quali - se le p r e s e n t a v a q u a l c u n o che n o n fosse Di Pietro - gravava inevitabilmente il d u b b i o che ci si p r o p o n e s s e di scagionare i malversatori di r e g i m e , i b o i a r d i profittatori, i f u n z i o n a r i in v e n d i t a . I m messo nello sterile labirinto dei d i s t i n g u o e d e i «sì, ma» il p r o g e t t o a n d ò a d a r r i c c h i r e l o s m i s u r a t o m a g a z z i n o delle idee mai realizzate. Personaggio centrale, o r m a i , della vita pubblica italiana, A n t o n i o D i Pietro h a p e r c o r s o d o p o d'allora u n i t i n e r a r i o u m a n o e professionale m o l t o vario e m o l t o v a r i a m e n t e valutato. Per o m o g e n e i t à della n a r r a z i o n e - che se si attenesse s t r e t t a m e n t e alla cronologia dei fatti d o v r e b b e essere p u n teggiata di c o n t i n u o dagli episodi della Di Pietro story - p r e 156
feriamo insistere in questo filone biografico a l m e n o fino al m o m e n t o in cui Di Pietro a b b a n d o n e r à la magistratura: così a n t i c i p a n d o di mesi altri i m p o r t a n t i avvenimenti. Seguendo Di P i e t r o s e g u i r e m o a n c h e i «casi» c h e alla sua attività e r a n o connessi: p r i m o tra tutti il «caso Berlusconi». Agli inizi di settembre del 1994 avevamo d u n q u e lasciato Di Pietro in veste di aspirante legislatore, d o p o p o c h e settim a n e lo r i t r o v i a m o in veste di scrittore (tutto questo senza che trascurasse le sue inchieste: ma l ' u o m o ha u n a capacità di lavoro e d'applicazione fuori dal c o m u n e ) . Per i tipi d ' u n piccolo editore bergamasco usciva un suo c o m m e n t a r i o alla Costituzione. P r i m a che il volume vedesse la luce il Corriere della Sera, che con il pool di «mani pulite» i n t r a t t e n n e senza d u b b i o u n r a p p o r t o privilegiato, n e aveva reso pubblica u n a frase significativa: «Il g o v e r n o n o n p u ò p r e t e n d e r e c h e l'informazione pubblica si u n i f o r m i alla sua politica senza diritto di critica ( u n ' a m a r a esperienza in tal senso l'abbiamo fatta ai t e m p i del Minculpop)». Q u e s t e parole avevano tutta l'aria d'essere rivolte a Berlusconi, che lamentava l'atteggiam e n t o , ostile nei suoi r i g u a r d i , di g r a n p a r t e della stampa. Forza Italia insorse p e r quella che veniva considerata un'indebita intromissione del magistrato fattosi saggista: e Di Pietro fu costretto a smentire l'autenticità della frase. Il Corriere controsmentì, p r e c i s a n d o che l'affermazione attribuita a Di Pietro c o m p a r i v a nella p a g i n a 99 delle bozze firmate dall'autore. Nel testo m a n d a t o nelle librerie l'accenno all'insofferenza del p o t e r e verso un'informazione libera, appesantito dal r i f e r i m e n t o al M i n c u l p o p , e r a s p a r i t o . C o n q u e s t ' e sordio c o m e a u t o r e , Di Pietro avviò un'attività di pubblicista che s a r e b b e poi d i v e n t a t a p e r lui p r e m i n e n t e . Nel diluvio dei suoi saggi e d e i suoi articoli p o r t a v a le c a r a t t e r i s t i c h e u m a n e e culturali che gli sono p r o p r i e : è didascalico, vuole volgarizzare i n d u l g e n d o ai m o d i proverbiali e al luogo com u n e , si attiene ai s u g g e r i m e n t i del b u o n senso. I detti e gli scritti di «Tonino» furono chiosati e lodati molto al di là del ragionevole. T u t t o ciò che gli a p p a r t e n e v a e r a in q u e l m o 157
m e n t o rivestito di c o n t e n u t i epocali, e considerato verità assoluta. I mezzi d ' i n f o r m a z i o n e a l i m e n t a r o n o di c o n t i n u o , per quanto li riguardava, questa tendenza dell'opinione pubblica. Così p a s s a r o n o c o m e fatti m i n o r i l'arresto a fine settembre 1994 di Antonio Gava, indicato c o m e «il massimo referente politico dei clan camorristici», e le incriminazioni, nell'ambito di T a n g e n t o p o l i , di «stilisti» dell'alta m o d a tra i più famosi. Dilagò invece sulle p r i m e pagine dei quotidiani la notizia dell'iscrizione di Antonio Di Pietro nel registro degli i n d a g a t i della P r o c u r a di Brescia. Quell'iscrizione e r a u n a formalità: le accuse di s c o r r e t t e z z a mosse a Di P i e t r o dal c o n d a n n a t o Sergio C u s a n i e r a n o c a m p a t e in aria, e infatti c a d d e r o p r e s t o . Il fascicolo e r a finito a Brescia p e r c h é n e s s u n magistrato p u ò essere giudicato nella stessa sede in cui svolge la sua attività. Un incidente di nessun rilievo, che n o n a p p a n n ò n e m m e n o lievemente il prestigio di Di Pietro, anzi. Le riserve che sul suo conto venivano avanzate da p o chi t e m e r a r i giornalisti o da colleghi di grosso calibro n o n trovavano eco, o se la trovavano era un'eco ostile. Il Pg della Cassazione Vittorio Sgroj, forse p e n s a n d o a Di Pietro, forse p e n s a n d o a B o r r e l l i , aveva m a n i f e s t a t o l ' i m p r e s s i o n e «che qualche magistrato abbia acquisito u n ' i m m u n i t à discip l i n a r e grazie alle g r a n d i b e n e m e r e n z e o t t e n u t e » . Giulio Catelani, P r o c u r a t o r e generale di Milano e d u n q u e teoricam e n t e abilitato a controllare l'operato del pool di «mani p u lite», insisterà: «Non c r e d o all'esistenza di s a n t u a r i e umilm e n t e sostengo che si p u ò sbagliare». Lo stesso Italo Ghitti, eletto al C S M d o p o essere stato a l u n g o , c o m e giudice p e r le i n d a g i n i p r e l i m i n a r i , i n r a p p o r t i d i stretta c o l l a b o r a z i o n e con 'A pool milanese, aveva osservato: «Ci sono Pm che rifiut a n o di ascoltare a p i e d e libero un i n d a g a t o p e r sentirlo poi in carcere». La tensione tra il pool e il g o v e r n o n o n aveva tregua. L'incubo (o il sogno) italiano era r a p p r e s e n t a t o in quel m o m e n to da un pezzo di carta di cui si discuteva dalla mattina alla sera, in ogni sede politica e in ogni bar. Il pezzo di carta era 158
il possibile avviso di garanzia a Silvio Berlusconi p e r colpe t a n g e n t i z i e o p e r frodi fiscali o p e r trasgressioni a m m i n i strative c o m m e s s e dalla Fininvest. Le m a g a g n e di Paolo Berlusconi e r a n o servite d a p u n t o d ' a p p o g g i o p e r arrivare a Silvio. Il Guardasigilli Biondi aveva spiegato, m e t t e n d o le mani avanti, che un avviso di garanzia n o n avrebbe p e r nulla imposto a Berlusconi di dimettersi: sul versante o p p o s t o altri ricordava che, q u a n d ' e r a deflagrata Tangentopoli, i più avevano chiesto a g r a n voce che c h i u n q u e ne fosse toccato lasciasse la scena politica. C o n u n a assennatezza in lui rara, Bossi s'era limitato a osservare: «Bisogna v e d e r e che avviso di garanzia è»: facendo implicita differenza tra le varie possibili ipotesi di reato. Il 5 ottobre (1994) il P r o c u r a t o r e capo di Milano, Borrelli, rilasciò al Corriere della Sera u n ' a m p i a intervista. Era imp r u d e n t e che u n m a g i s t r a t o d i q u e l r a n g o , i m m e r s o i n quell'atmosfera i n c a n d e s c e n t e , si lasciasse intervistare. Imp r u d e n t i s s i m o e r a che gli scappassero allusioni e affermazioni clamorose. Borrelli spiegò poi che era stato i n d o t t o a uscire dal silenzio p e r l'accanimento della c a m p a g n a di insinuazioni cui Wpool veniva assoggettato. Tra le altre cose Borrelli tacciò a sua volta d ' i m p r u d e n z a Biondi, p e r episodi legati all'attività d'avvocato del ministro, e a n n u n c i ò che l'inchiesta su Telepiù si stava o r m a i avvicinando a «livelli finanziali e politici molto elevati». Si r i t e n n e che questa frase n o n a m m e t t e s s e equivoci: e r a p r o n t o l'avviso di garanzia p e r il Cavaliere. La faccenda di Telepiù n o n era tale da scioccare i cittadini. La legge M a m m ì i m p o n e v a alla Fininvest di tenere solo tre televisioni, e poiché Telepiù n o n poteva r i e n t r a r e nel n u m e r o la sua p r o p r i e t à - rimasta nella sostanza a Berlusconi - era stata fìttiziamente ripartita tra alcuni p r e s t a n o me, tutti amici o famigli del Cavaliere. La fattispecie - c o m e si dice in gergo curialesco - era leggera, ma 1'«avviso» sarebbe stato pesante. M e n t r e la Borsa p e r d e v a in un solo g i o r n o il 3 p e r cento Biondi si p r e s e n t ò dimissionario (era o r m a i un'abitudine) al 159
Consiglio dei ministri, che lo indusse a r e c e d e r e confermandogli piena fiducia. Berlusconi ribadì che «i poteri dello Stato d e v o n o t o r n a r e nei loro ambiti». «La L e g a n o n attacca i giudici ma siamo d ' a c c o r d o con il g o v e r n o » disse sibillino U m b e r t o Bossi. Borrelli rettificò a mezza bocca, senza conv i n z i o n e , a l c u n i passi dell'intervista e in p a r t i c o l a r e disse c h e n e s s u n avviso di g a r a n z i a e r a già p r o n t o , a carico di Berlusconi; il g o v e r n o , che si sentiva attaccato (e n o n aveva tutti i torti), contrattaccò con u n a mossa aggressiva, eccessiva e maldestra. A Scalfaro (come Presidente del CSM) fu inviata u n a lettera a p p r o v a t a all'unanimità dal g o v e r n o stesso (inclusi p e r t a n t o i ministri leghisti) che segnalava l'intervista di Borrelli: qualificata di «diffamatoria e intimidatoria» c o n «deplorevoli insinuazioni n e i confronti nel m i n i s t r o Biondi». Il g o v e r n o chiedeva che si verificasse se «attraverso q u e sti abusi a mezzo s t a m p a p e r scopi politici, n o n si ravvisi la volontà di i m p e d i r e il legittimo svolgimento dell'attività del g o v e r n o p a r l a m e n t a r e in carica». Veniva cioè richiamato all'attenzione di Scalfaro l'articolo 289 del Codice p e n a l e che punisce con gravi p e n e «chiunque c o m m e t t a un fatto diretto ad i m p e d i r e al Presidente della Repubblica o al g o v e r n o l'esercizio delle a t t r i b u z i o n i e delle p r e r o g a t i v e conferite dalla legge». La lettera - o l'esposto-denuncia c o m e si p r e ferì c h i a m a r l a c o n t e r m i n o l o g i a a m b i g u a - fu a t t e n u a t a in successive dichiarazioni di ministri: ma r i m a n e v a u n a tòpica a r r o g a n t e , e c o m u n q u e lasciò il t e m p o che trovava. Scalfaro la trasmise al CSM, e il CSM in un b a t t e r d'occhio la archiviò p e r manifesta infondatezza; n o n senza che i magistrati delle P r o c u r e di tutta Italia esprimessero la loro solidarietà a Borrelli e l ' o p i n i o n e pubblica a n t i b e r l u s c o n i a n a si mobilitasse u n a volta di più, con dimostrazioni un p o ' d o v u n q u e , e un corteo di diecimila p e r s o n e a Milano. Di Pietro aveva m a n t e n u t o d u r a n t e la p o l e m i c a u n a p o s i z i o n e defilata: o com u n q u e n o n così visibile c o m ' e r a nelle sue abitudini. La «toghenovela» offriva agli italiani, quasi q u o t i d i a n a m e n t e , n u o v e , a p p a s s i o n a n t i p u n t a t e . Biondi n o n s'era ac160
q u e t a t o d o p o che dal Consiglio dei ministri gli e r a stata confermata p i e n a fiducia, ed aveva escogitato u n ' e n n e s i m a incursione c o n t r o «mani pulite». Dal ministero furono inviati a Milano, p e r un'inchiesta sui c o m p o r t a m e n t i dei pool, quatt r o ispettori: Vincenzo N a r d i - che guidava la spedizione Evelina C a n a l e , M a r i n a Maletti, O s c a r Kovelechi. B i o n d i spiegò che l'iniziativa era stata provocata da un certo n u m e ro di ricorsi e segnalazioni a carico di Borrelli e dei suoi sostituti: ricorsi p r o v e n i e n t i in massima p a r t e da p e r s o n a g g i implicati in T a n g e n t o p o l i , e d a i loro difensori. Q u a n d o si s e p p e degli ispettori m o n t ò t r a l a g e n t e u n a n u o v a o n d a t a d ' e m o z i o n e , e di r i p r o v a z i o n e p e r la volontà sopraffattoria del g o v e r n o . Fu ricordato che in tanti uffici giudiziari italiani allignavano n e g l i g e n z a o p e g g i o , senza c h e il m i n i s t e r o avesse la curiosità di ficcarci il naso: e che invece l'interesse ministeriale s'era a p p u n t a t o , vedi caso, p r o p r i o sul g r u p p o di magistrati che più e meglio aveva o p e r a t o p e r risanare il Paese. Forse Biondi aveva commesso a n c h e un e r r o r e tecnico, m a n d a n d o in missione i suoi 007 (come piacque di definirli), di sicuro aveva commesso un m a d o r n a l e e r r o r e politico. Gli «ispettori» ( u n a ventina), di cui il Guardasigilli dispone, sono tutti magistrati. Il risultato dei loro accertamenti finisce, tramite il ministero, alla commissione disciplinare del CSM e poi ai plenum del CSM stesso. L'esito del braccio di ferro tra Biondi e il pool era segnato in p a r t e n z a . La pretesa di far le pulci a «mani pulite» era velleitaria e sterile. I mezzi d'informazione furono, con pochissime eccezioni, in favore del pool, e gli «ispettori» v e n n e r o presentati, con q u a l c h e accentuazione caricaturale, c o m e sicari del ministro. Venne da molti adottata, p e r loro, la qualifica riduttiva di funzion a r i , quasi c h e n o n fossero a n c h ' e s s i m a g i s t r a t i . Per u n giuoco delle p a r t i che è c o m p r e n s i b i l e ma n o n g r a d e v o l e i «funzionari» t o r n e r a n n o ad essere giudici q u a n d o , concluso il loro lavoro, p r e s e n t e r a n n o u n a relazione p i e n a m e n t e assolutoria p e r il pool: e s a r a n n o intemerati e ammirevoli giudici il g i o r n o in cui il successore di B i o n d i c o m e m i n i s t r o 161
della Giustizia, l'alto magistrato in p e n s i o n e Filippo Mancuso, p r e t e n d e r à di riispezionare la P r o c u r a di Milano e a d d e biterà ai p r e c e d e n t i ispettori se n o n negligenza, a l m e n o ind u l g e n z a eccessiva. L'ira di Mancuso, formalista della vecchia scuola, cultore del cavillo elevato alla d i g n i t à di s u p r e m a e s p r e s s i o n e del diritto, deriverà dall'atteggiamento che Borrelli e i suoi avevano assunto verso l'ispezione d e l l ' a u t u n n o 1994: atteggiam e n t o che - a f f e r m e r à M a n c u s o mesi d o p o , q u a n d o Dini avrà sostituito Berlusconi c o m e P r e s i d e n t e del Consiglio aveva le caratteristiche dell'intimidazione. E r a avvenuto, in b r e v e , questo. Richiesto dagli ispettori di p r e s e n t a r e docum e n t i e fornire informazioni, Borrelli aveva inviato a Scalfaro - a n c h e questa volta c o m e Presidente del CSM - u n a lettera in cui chiedeva con estrema urgenza, un p o ' provocator i a m e n t e , delucidazioni su questi p u n t i : q u a n t e informazioni sulle inchieste in corso potevano essere fornite agli ispettori?; e r a a m m e s s o c h e gli ispettori esorbitassero dai t e m i delle i n d a g i n i ? ; gli ispettori a v e v a n o il d i r i t t o di ascoltare «ufficiali di Polizia giudiziaria», ossia poliziotti e carabinieri?; se la P r o c u r a di Milano avesse constatato, nel corso dell'ispezione, a n o m a l i e p e n a l m e n t e rilevanti o un v i r t u a l e conflitto d'interessi, a v r e b b e a v u t o il d i r i t t o o il d o v e r e di p r o m u o v e r e l'iscrizione al registro degli indagati delle eventuali notizie di reato? L'ultimo i n t e r r o g a t i v o significava, in b u o n a sostanza, questo: stiano attenti gli ispettori p e r c h é se violano la legge p r o v v e d e r e m o noi, m a g i s t r a t i d e l pool, a metterli sotto accusa. Prima di r i s p o n d e r e alle d o m a n d e degli ispettori Borrelli e i suoi d i e d e r o loro l e t t u r a del conten u t o di q u e s t a lettera, c o n u n a sola eccezione: A n t o n i o Di P i e t r o c h e invece c o l l a b o r ò senza riserve. ( U n a p o s i z i o n e analoga a quella del pool milanese fu assunta a Palermo, dove e r a n o stati sguinzagliati altri ispettori, dal P r o c u r a t o r e Caselli, p r o p e n s o a n c h e lui a i n q u i s i r e gli i n q u i r e n t i . ) Di Pietro, mite con gli ispettori, n o n r i n u n c i a v a tuttavia a inc r o c i a r e il f e r r o con B i o n d i . L a m e n t ò p u b b l i c a m e n t e d u 162
r a n t e u n ' u d i e n z a del p r o c e s s o sulle discariche - c h i e d e r à cinque mesi di reclusione p e r Paolo Berlusconi - che alcuni d e t e n u t i fossero stati contattati p e r diffamare, con rivelazioni false, i magistrati di «mani pulite». «Nessuno si p r e s e n t a più a d e n u n c i a r e reati» disse Di Pietro. Il r i t m o delle rivelazioni e delle reazioni era o r m a i convulso. S e c o n d o u n ' i n d i s c r e z i o n e del Corriere della Sera, T i ziana Parenti, ascoltata dagli ispettori ministeriali m a n d a t i a M i l a n o , aveva a t t r i b u i t o a G e r a r d o D ' A m b r o s i o , il vice di Borrelli, il p r o p o s i t o di n o n implicare nelle inchieste espon e n t i del PDS. Il pool replicò q u e r e l a n d o sia Tiziana Parenti sia il q u o t i d i a n o : che p e r nulla intimorito uscì il 22 n o v e m b r e 1994 r i p o r t a n d o con la massima evidenza, in p r i m a pagina, la notizia d ' u n avviso di g a r a n z i a a Silvio B e r l u s c o n i p e r concorso in corruzione. Il Cavaliere presiedeva quel g i o r n o a N a p o l i , c o m e p a d r o n e d i casa, u n a C o n f e r e n z a dell'ONU sulla criminalità organizzata. Lo scoop del Corriere relegò in secondo p i a n o i c o n t e n u t i d e l l ' i m p o n e n t e assise: e p o r t ò alla ribalta le vicende giudiziarie di Berlusconi, e l'avviso di g a r a n z i a finalmente p i o m b a t o su di lui, d o p o t a n t a suspense. Berlusconi veniva ufficialmente i n d a g a t o p e r mazzette alla G u a r d i a di F i n a n z a p a g a t e allo scopo d ' e v i t a r e controlli fiscali alla M o n d a d o r i , alle assicurazioni Mediolan u m e a V i d e o t i m e : Paolo B e r l u s c o n i e Salvatore Sciascia, che nella Fininvest sovrintendeva alla p a r t e fiscale, avevano già a m m e s s o a l c u n e responsabilità, m a l ' i n d a g i n e p u n t a v a - lo si è accennato - più in alto. Il Cavaliere veniva coinvolto c o m e «il soggetto c h e di fatto controllava le attività delle società del g r u p p o Fininvest». L'avviso di garanzia, lo sapp i a m o , era atteso e dai nemici di Berlusconi invocato: inatteso fu, invece, il m o d o in cui gli italiani ne v e n n e r o a conoscenza. La divulgazione giornalistica, p r i m a che l'interessato avesse ricevuto u n a notificazione formale, era a b n o r m e : e la scelta della data in cui formalizzare l'atto d'accusa a p p a riva molto discutibile. Venne avviata la solita inutile inchiesta sulla «fuga» di notizie, i carabinieri p e r q u i s i r o n o la sede 163
del Corriere della Sera, la Borsa c e d e t t e quasi il 3 p e r c e n t o m e n t r e il m a r c o volava a 1036 lire e il dollaro a 1614. Ger a r d o D'Ambrosio si sforzò di dissipare i sospetti d ' u n a volontà vessatoria del pool verso Berlusconi. L'«avviso» era stato e m a n a t o m e n t r e il Presidente del Consiglio assolveva un i m p o r t a n t e c o m p i t o ufficiale: m a d o p o q u e l l ' i m p e g n o , osservò D'Ambrosio, ne sarebbero s o p r a g g i u n t i altri. C o m e a d i r e che n o n c i sarebbe mai stato u n m o m e n t o n e u t r o , p e r agire. Q u a n t o alla «bomba» del Corriere, D'Ambrosio spiegò senza spiegare. «Noi abbiamo iscritto il n o m e subito d o p o la fine dell'orario degli impiegati, alle 14 di ieri, e alle 8 di sera c'era già chi sapeva tutto.» Q u e s t e circostanze a v r e b b e r o d o v u t o r e n d e r e molto facile l'individuazione del colpevole o dei colpevoli: che invece mai sono stati scoperti. Q u e s t a stranezza fu rilevata a n c h e da Scalfaro c h e q u a l c h e g i o r n o d o p o , in u n a r i u n i o n e del CSM, c o m m e n t e r à : «Ci p o s s o n o essere m o m e n t i in cui o c c o r r e s t a r e a t t e n t i che un a t t o di giustizia n o n finisca p e r avere delle ripercussioni i n t e r n e e internazionali che n o n sono volute. N o n serve a n e s s u n o la c o n d a n n a generica della stampa. E possibile che o g n i volta ci si lamenti?». Ai magistrati Scalfaro suggerì - voce nel deserto - m e n o interviste e m e n o esibizioni televisive. Q u a n t o a Berlusconi, la risposta all'avviso di garanzia fu insieme altezzosa e s t r a p p a c u o r e . Il Cavaliere affidò la sua amarezza a un messaggio videoregistrato di sette minuti, diffuso da tutte le reti, e a u n a serie di dichiarazioni. Disse che n o n aveva nessuna intenzione di dimettersi («chi è stato eletto dal popolo è l'unto del Signore»), che n o n aveva mai corrotto n e s s u n o , che gli italiani avevano assistito «a un episodio di abuso e di strumentalizzazione infami della giustizia penale, di accanimento inquisitorio dei giudici che fanno politica». Il Cavaliere, bravissimo nel farsi nemici, o nel fare infuriare quelli che già aveva, n o n r i s p a r m i ò un a c c e n n o a Scalfaro, dal quale esigeva, p e r c h é correggesse queste distorsioni, «un i m p e g n o rigoroso e senza t e n t e n n a m e n t i né ambiguità». C o m e a dire che q u e l l ' i m p e g n o era fino allora m a n 164
cato. N o n m a n c ò la mozione degli affetti: «Lo giuro sui miei cinque figli: io di quelle cose n o n ne ho mai saputo niente». A dargli u n a m a n o - e u n o smacco al pool di Milano - interv e n n e la p r i m a sezione penale della Corte di Cassazione, che trasferì a Brescia il processo c o n t r o il g e n e r a l e Cerciello e i militari mazzettisti della Guardia di Finanza. Alla Cassazione s'era rivolto il difensore di Cerciello, avvocato Taormina, secondo cui la presenza, nella G D F milanese, sia dei corrotti sia di chi doveva accertarne le colpe, creava un'incompatibilità a m b i e n t a l e intollerabile. Alla m a g i s t r a t u r a milanese veniva sottratta, dalla S u p r e m a Corte, n o n l'indagine ma lo svolgim e n t o del processo: tanto che Berlusconi, d o p o u n a l u n g a serie di rinvìi, a n d ò il 13 d i c e m b r e (anche qui a l t e r i a m o la cronologia dei fatti p e r salvare la coerenza degli avvenimenti) a d e p o r r e p r o p r i o da Borrelli e dai suoi colleghi: ribadendo con a p p a r e n t e sicurezza, trascorse sette o r e negli uffici della Procura, che «contro di me c'è un t e o r e m a senza p r o ve». Fra Berlusconi e i tre che l'interrogavano - Borrelli, Colombo e Davigo - il dialogo assunse in più d ' u n m o m e n t o toni aspri. D o p o aver r i b a d i t o la sua estraneità alle mazzette - l'intera responsabilità veniva scaricata sul fratello e su altri dirigenti Fininvest - il Cavaliere riaffacciò il fantasma della congiura «rossa». « Q u a n d o un g r u p p o subisce 126 accessi in pochi mesi, e le indagini che lo r i g u a r d a n o escono dalla normalità, lei c r e d e che possa avere l'opinione che si stia svolg e n d o u n ' o p e r a di giustizia e basta?... Vi r e n d e t e conto del d a n n o che avete fatto a m e , all'Italia? A Napoli c ' e r a n o 70 ministri, 140 delegazioni, u n o dei p u n t i che si discuteva, essendo io p r e s i d e n t e della conferenza, era la corruzione, e io h o r i c e v u t o q u e s t o avviso, o l t r e t u t t o con u n a violazione e n o r m e di segreto istruttorio... Forse la vostra professione e tutto quello che avete visto in questi a n n i vi ha p o r t a t o a perdere i contatti con la realtà.» «Io n o n c r e d o che siamo tenuti a d a r e delle risposte. L'iscrizione nel registro delle notizie di reato è il p r e s u p p o s t o p e r p o t e r svolgere delle indagini» ribatté un Borrelli di ghiaccio. 165
Per il t r a s f e r i m e n t o a Brescia del p r o c e s s o , la sinistra iscrisse i m m e d i a t a m e n t e A r n a l d o Valente, che in Cassazione presiedeva la p r i m a sezione p e n a l e , nell'albo dei «cattivi». Si volle frugare a n c h e nei suoi legami familiari: poiché un figlio, E d o a r d o , è m a g g i o r e della G u a r d i a di F i n a n z a (ma a Napoli) ci fu chi lo collegò al generale Cerciello. Venne inoltre ricordato che nel 1990 Valente, allora p r e s i d e n t e della I Sezione civile della C o r t e d'Appello di R o m a , aveva firmato un l o d o a r b i t r a l e che i n t e r v e n i v a nella querelle tra Berlusconi e De Benedetti p e r il possesso della M o n d a d o r i : l o d o che si p r e t e n d e abbia favorito il Cavaliere. E l e n a Pacioni p a r l ò , a n o m e dell'Associazione nazionale magistrati, di «decisione molto grave», Massimo D'Alema si limitò a sottolineare «una curiosa concatenazione di avvenimenti». Gli stessi vertici sindacali della m a g i s t r a t u r a s e m b r a v a n o d a r e p e r scontato che i magistrati di Brescia n o n avrebbero saputo fare giustizia. Amareggiato, Valente si dimise e poi, come tanti altri personaggi in cui ci siamo imbattuti, dismise le dimissioni. Aveva d i c h i a r a t o , a n n u n c i a n d o l ' a b b a n d o n o , d i n o n p o t e r più far p a r t e «d'una m a g i s t r a t u r a della quale mi è ora diffìcile se n o n impossibile c o m p r e n d e r e alcune spinte e t e n d e n z e , tanto valorizzate da u n a p a r t e c o n s o n a n t e della s t a m p a » . Valente l a m e n t a v a «aggressioni i n i m m a g i n a b i l i , brutali, inaudite». I lai e le dimissioni di Valente e r a n o stati accolti nel migliore dei casi con totale indifferenza, nel peggiore con disprezzo, d a l l ' o p i n i o n e pubblica: che invece ebbe un v e r o choc dalle voci, s e m p r e p i ù insistenti, d ' u n a rin u n c i a alla toga di A n t o n i o Di Pietro, e dalla c o n f e r m a che le voci stesse ebbero nel volgere di pochissimi giorni. D ' u n Di Pietro risoluto a cambiar mestiere s'era insistentem e n t e parlato d u r a n t e la sua requisitoria telematica al p r o cesso p e r la m a x i t a n g e n t e E n i m o n t (140 miliardi): ossia p e r il r a p p o r t o t o r b i d o tra la famiglia Ferruzzi e il sistema dei partiti. Incalzato dai giornalisti che volevano sapere qualcosa sulle sue intenzioni Di Pietro aveva risposto: «Io p e n s o a 166
lavorare» e infatti chiese il rinvio a giudizio di diciotto imp u t a t i . Ma il 6 d i c e m b r e l'Italia i n t e r a s e p p e che il Pm p i ù a m a t o aveva a n n u n c i a t o al suo capo Borrelli, con u n a lettera, il p r o p o s i t o irrevocabile di a n d a r s e n e . Un coro di comm e n t i furibondi, e di accuse v e e m e n t i ai «poteri forti» che avevano indotto Di Pietro all'abdicazione, si levò da tutto il Paese. L'Associazione n a z i o n a l e magistrati disse che la d e mocrazia era a rischio, in termini quasi analoghi si espresse Massimo D'Alema, vi furono sit-in e manifestazioni in cui la frase r i c o r r e n t e e r a «ci ha lasciati soli». La folla r a d u n a t a davanti al Palazzo di giustizia milanese osannava la P r o c u r a e inveiva c o n t r o il g o v e r n o . Vi furono episodi d'intolleranza contro il d e p u t a t o Pilo di Forza Italia e c o n t r o il riformatore Taradash. Il Paese si sentiva orfano, e a c o m p e n s a r e il lutto p e r la p e r d i t a di Di Pietro n o n bastava l ' a n n u n c i o , d a t o da Borrelli, della sua rinuncia a c o n c o r r e r e p e r la carica di Primo Presidente della Corte d'Appello di Firenze: sarebbe rimasto a Milano, p e r n o n d a r t r e g u a ai t a n g e n t o c r a t i . L'int e r p r e t a z i o n e del gesto di Di Pietro era p r e s s o c h é univoca: gli era stato reso impossibile, con u n a serie di attacchi orditi dal Polo delle libertà, lo svolgimento s e r e n o della sua attività. Il Cavaliere affermò che l'uscita di Di Pietro dalla mag i s t r a t u r a lasciava l ' a m a r o in bocca, ma n e s s u n o gli d i e d e c r e d i t o . Nella foga delle d e p r e c a z i o n i - e delle s u p p l i c h e perché Di Pietro tornasse sulla sua decisione - e r a stata fatta poca attenzione al c o n t e n u t o della lettera di dimissioni: o piuttosto la si e r a adattata, con più d ' u n a forzatura, al Leitmotiv del g o v e r n o aggressore e di un Di Pietro sconfìtto dalle forze del male, individuate senza possibilità di dubbio. La dichiarazione di resa firmata da Di Pietro e r a in realtà p i ù articolata e sottile di q u a n t o si p r e t e n d e s s e . La trascriviamo o m e t t e n d o soltanto le formule di cortesia finali. Carissimo signor P r o c u r a t o r e , in questi a n n i , c o m e lei mi ha insegnato, ho lavorato nel m o d o più obbiettivo possibile, senza alcun fine politico ma 167
a n c h e senza g u a r d a r e mai in faccia a n e s s u n o . N o n ho mai p e r s e g u i t o finalità diverse da quelle di giustizia, n e p p u r e q u a n d o , c o m e a C e r n o b b i o , mi sono p e r m e s s o di segnalare la necessità, p e r la pacificazione sociale, di trovare p e r tempo u n a soluzione giudiziaria equa. E p p u r e da più parti, specie in questi ultimi t e m p i , i miei d o v e r i di m a g i s t r a t o v e n g o n o interpretati, mio m a l g r a d o , s e m p r e più c o m e u n a c o m p e t i z i o n e p e r s o n a l e . Mi riferisco ad e s e m p i o (ma n o n solo) alle i n n u m e r e v o l i manifestazioni di piazza che - siano esse p r ò o c o n t r o il pool - h a n n o o r m a i e s a s p e r a t a m e n t e p e r s o n a l i z z a t o il m i o r u o l o a tal p u n t o c h e o g n i d o v e r o s a attività giudiziaria da me posta in essere viene letta in chiave di contrapposizione a qualcosa o a q u a l c u n o . Sento parlare, o r m a i , di tifoserie politiche c o n cui v e n g o n o accolte questa o quella decisione giurisdizionale, tanto che ultimam e n t e l'operato della m a g i s t r a t u r a è stato a d d i r i t t u r a qualificato c o m e u n a «sorta di metafora giudiziaria della lottizzazione». Mi sento usato, utilizzato, tirato p e r le m a n i c h e , sbattuto ogni g i o r n o in p r i m a pagina sia da chi vuole c o n t r a p p o r m i ai «suoi» nemici, sia da chi vuole così a c c r e d i t a r e un inesis t e n t e fine politico in ciò c h e sono le m i e n o r m a l i attività. Tutte queste distorsioni interpretative del mio agire, da me n o n volute, s t a n n o a l i m e n t a n d o u n o s c o n t r o nel Paese, i n p r e s e n z a del quale stento a ritrovare il significato p r o f o n d o del mio r u o l o di magistrato, p e r cui ho prestato g i u r a m e n to. Sento p e r t a n t o il d o v e r e , c o m e u o m o e c o m e cittadino, di fare qualcosa p e r r i p o r t a r e serenità e fiducia nelle istituzioni. L'unica cosa che riesco ad i m m a g i n a r e (e che è nelle m i e possibilità) è quella di s p e r s o n a l i z z a r e l'inchiesta di «mani pulite», nella speranza che senza di me le passioni che la mia p e r s o n a p u ò aver i n v o l o n t a r i a m e n t e acceso i n t o r n o alla n o r m a l e dialettica processuale si plachino. Lascio q u i n d i l'ordine giudiziario senza alcuna polemica, in p u n t a di p i e d i , q u a l e u l t i m o spirito di servizio, con la m o r t e nel c u o r e e senza alcuna prospettiva p e r il mio futu168
ro, ma con la speranza che il mio gesto possa in qualche m o do contribuire a ristabilire serenità. U n a bella lettera. N o n scritta di getto, tuttavia, ma pesata in ogni sua singola frase e in ogni sua singola parola. Vi si coglie - solo c h e se ne abbia voglia - il p r o p o s i t o di n o n a d dossare la responsabilità delle dimissioni ad u n a sola p a r t e ma di attribuirla i m p a r z i a l m e n t e a c h i u n q u e , strumentalizzando p e r fini politici l'azione del pool, ne avesse t u r b a t o la serenità. Gli a c c e n n i alle «manifestazioni di piazza» e alle «tifoserie» e r a n o r i g o r o s a m e n t e r i p a r t i t i t r a i d u e schieramenti: semmai, a voler essere pignoli, con u n a sottolineatura negativa dell'interessata enfasi progressista in favore del pool in g e n e r a l e e di A n t o n i o Di Pietro in p a r t i c o l a r e . P r o prio p e r la sua polivalenza la lettera si prestava alle più svariate interpretazioni. Secondo le m e n o partigiane Di Pietro - elevato p e r le magie della sorte, p e r il fervore mitizzante dei mezzi d'informazione, p e r un i m p e t o passionale dell'opinione pubblica - alla statura di p e r s o n a g g i o dalla risonanza nazionale e internazionale, voleva liberarsi dei condizion a m e n t i d ' u n a toga che lo costringeva ad essere in politica a t e m p o p i e n o senza fare il politico, a d i l a g a r e sui g i o r n a l i senza fare il giornalista, a mobilitare le folle senza p o t e r l e a r r i n g a r e , a d e t t a r e indirizzi di g o v e r n o senza g o v e r n a r e . N e s s u n o s u p p o n e v a c h e d a v v e r o i n t e n d e s s e autoesiliarsi a M o n t e n e r o di Bisaccia e dedicarsi al suo t r a t t o r e rosso. Per il futuro, n o n aveva che da scegliere. I n s i e m e a q u e s t e c o n s i d e r a z i o n i g e n e r i c h e affioravano ipotesi d ' a l t r o g e n e r e , a l c u n e i n q u i e t a n t i . Si diceva che Di Pietro n o n avesse condiviso alcuni p r o v v e d i m e n t i del pool contro Berlusconi - ad esempio l'«avviso» d u r a n t e la conferenza di Napoli, e peggio a n c o r a la fuga di notizie sull'«avviso» stesso - e che la vita all'interno della P r o c u r a milanese, gli fosse stata resa piuttosto difficile. Ma in questo n o n c'era nulla di i n f a m a n t e . D'altro t o n o e d'altro c o n t e n u t o e r a n o invece le voci, riecheggiate da qualche libello, sulle frequen169
tazioni poco raccomandabili di Antonio Di Pietro; sulla sua a p p a r t e n e n z a alla cricca del chiacchierato ex sindaco Pillitteri; sulla sua amicizia p e r il capo dei vigili u r b a n i di Milan o , E l e u t e r i o Rea, già f u n z i o n a r i o di polizia i n s i e m e a Di Pietro e patito, si m o r m o r a v a , del giuoco d'azzardo; su p r e stiti da Di Pietro chiesti e a lui fatti in m a n i e r a disinvolta, e altro a n c o r a . Questi sussurri n o n uscivano d a l l ' a m b i t o dei b e n e informati; u n p o ' p e r c h é a p p u n t o d i s u s s u r r i calunniosi s e m b r a v a si trattasse; un p o ' p e r c h é ogni critica a Di Pietro veniva valutata nell'ottica del magistrato i n t e g e r r i m o che i corrotti vogliono infangare (ed è n o n solo possibile e probabile, ma certo che p e r questo i corrotti si siano dati da fare); un p o ' p e r c h é o g n i critica a Di Pietro d i v e n t a v a un boomerang p e r chi criticava, e i mezzi d'informazione ne erano b e n consci. Il l i q u a m e p i ù a m m o r b a n t e del caso Di Piet r o si r i v e r s e r à sulle p r i m e p a g i n e e sui t e l e g i o r n a l i nella p r i m a v e r a del 1995. Q u a n d o il Pm più a m a t o si dimise, del p u z z o p r o s s i m o v e n t u r o l'opinione pubblica n o n aveva alc u n sentore. Ce ne o c c u p e r e m o più avanti, p u r t r o p p o . Ma già qui possiamo affermare che Di Pietro è stato la vittima di un g r a n d e equivoco. Un protagonista cui la toga del P u b blico ministero con estri da poliziotto a n d a v a alla perfezione: ma cui a n d a v a t r o p p o larga la veste, da altri imposta, di S o m m o S a c e r d o t e della moralità. Ce ne dispiace p e r lui e ancor più p e r noi.
CAPITOLO DODICESIMO
«ARRIVA LO STATO - U C C I D I IL P E N S I O N A T O »
Il g o v e r n o Berlusconi e r a atteso - da molti con a r m i cariche e p u n t a t e - al passaggio critico della legge finanziaria p e r il 1995: legge tra i cui articoli si annidava la b o m b a pensionistica, ossia il p r o g e t t o d ' u n a riforma previdenziale che, p e r q u a n t o ineluttabile, avrebbe inciso negativamente sui r e d d i ti di milioni d'italiani. La Finanziaria di Berlusconi s'ispirava a criteri di r i s a n a m e n t o dei disastrati conti pubblici: sulla scia, lo si è accennato, di q u a n t o avevano fatto, d o p o decenni di sregolatezza amministrativa, A m a t o e C i a m p i . Berlusconi a n n u n c i a v a a n c h e un p i a n o ambizioso, da a b b i n a r e a quello p e r il m i l i o n e di n u o v i posti di lavoro: ossia il r a g g i u n g i m e n t o d ' u n consistente «avanzo primario» nel bilancio dello Stato (in parole povere, un «attivo» qualora n o n si fosse t e n u t o conto d e l l ' o n e r e r a p p r e s e n t a t o dagli interessi sul debito pubblico) e d ' u n a stabilizzazione del r a p p o r t o tra debito e P r o d o t t o i n t e r n o l o r d o . A p o c o s a r e b b e r o servite c o m u n q u e le r i c o r r e n t i e b e n n o t e m a n o v r e p e r t a p p a r e i buchi che via via s'andavano f o r m a n d o se n o n si fosse ovviato alla v o r a g i n e pensionistica. Nei p r i m i n o v e mesi del '94 I ' I N P S aveva fatto r e g i s t r a r e u n deficit di 4 3 mila miliardi: «in linea con le previsioni» si faceva n o t a r e al vertice dell'ente. Ma previsioni ulteriori p o r t a v a n o alla conclusione che, con le regole esistenti, nel 2005 o g n i lavoratore avrebbe d o vuto destinare la metà del suo salario o stipendio al m a n t e n i m e n t o dei pensionati: r e s t a n d o incluse nell'altro cinquanta p e r cento le spese p e r il funzionamento dello Stato. N o n tanto destava allarme l'entità delle pensioni, che anzi e r a n o in m a s s i m a p a r t e m o d e s t e , e a volte scandalosa171
m e n t e basse, q u a n t o il loro n u m e r o e la loro d u r a t a . Dalle statistiche risultava che le pensioni di vecchiaia erogate dalI ' I N P S e r a n o 6 milioni e mezzo, e il 70 p e r cento n o n arrivava al milione mensile; le pensioni d'invalidità e r a n o 4 milioni, e il 90 p e r cento stava al disotto del milione (ma si calcolava che nel totale degli invalidi ve ne fosse a l m e n o un terzo di «falsi», con u n ' i n c i d e n z a massiccia della frode in alcune regioni). C o m e tutto ciò che in Italia attiene al pubblico, il sistema pensionistico aveva p e r caratteristiche essenziali il disordine e i larghi varchi aperti al privilegio e agli abusi. L'età in cui si r a g g i u n g e la p e n s i o n e è in Italia m i n o r e che nella massima p a r t e dei Paesi «avanzati». Per di più è in vigore l'istituto d e l Tfr ( T r a t t a m e n t o di fine r a p p o r t o , alias l i q u i d a z i o n e ) sconosciuto o abolito altrove. In c o m p e n s o le t r a t t e n u t e sulla b u s t a p a g a e r a n o e sono tra le p i ù alte del m o n d o . Ma il m a g g i o r e e p e g g i o r e scandalo pensionistico stava nella disparità tra i d i p e n d e n t i pubblici e i d i p e n d e n t i privati. Ess e n d o a d d e t t i all'elaborazione di n o r m e su cui i governi e i P a r l a m e n t i via via succedentisi passavano lo spolverino, gli alti p a p a v e r i ministeriali le avevano confezionate su m i s u r a p e r l'esercito burocratico. Cosicché si ebbero le pensioni-baby di insegnanti q u a r a n t e n n i , l'importo della p e n s i o n e rispetto all'ultimo stipendio fu p e r gli statali p a r t i c o l a r m e n t e favorevole. Le m i s u r e p i ù i n i q u e , bislacche e o n e r o s e p a s s a v a n o alla C a m e r a e al Senato - spesso nelle commissioni - grazie alle f a m i g e r a t e «leggine», c o n s i d e r a t e dai cittadini e d a i mezzi d'informazione di poca i m p o r t a n z a e perciò n o n d e g n a t e n e m m e n o d ' u n centesimo dell'attenzione concessa ai memorabili detti e scritti di Mario C a p a n n a . Del resto il Parl a m e n t o s'era posto sfacciatamente all'avanguardia, in q u e s t ' i m p e r v e r s a r e di c o r p o r a t i v i s m o p r e v i d e n z i a l e , con i benefici elargiti a d e p u t a t i e senatori: al cui t r a t t a m e n t o p e n sionistico bastava a n c h e un solo g i o r n o d ' u n a sola legislatura - in p r e c e d e n z a la legislatura doveva essere a l m e n o arrivata a m e t à c a m m i n o , ma questa limitazione parve crudele 172
p e r avere la pensione. L'indulgenza degli eletti verso se stess i e r a stata p a g a t a con i n d u l g e n z e m e n o a p p a r i s c e n t i m a , p e r il n u m e r o dei beneficati, finanziariamente d i r o m p e n t i , verso gli elettori. Ai gridi d'allarme e alle invocazioni di rig o r e ogni settore politico s'era associato con g r a n d e slancio, ma di solito r i n v i a n d o i p r o v v e d i m e n t i davvero incisivi. Le c o r p o r a z i o n i e r a n o a n c h ' e s s e p r o n t i s s i m e ai sacrifici, p u r ché toccassero ad altri. Gli incitamenti dei «moderati» a u s a r e la scure p o t e v a n o essere tacciati d ' e g o i s m o , p e r c h é nelle file d e i «moderati» stava sicuramente il grosso degli alti redditi, e degli evasori fiscali. Ma la risposta d'obbligo delle sinistre a c h i u n q u e volesse r i p o r t a r e o r d i n e nella spesa sociale («se facciamo pagare le tasse ai ricchi i soldi si trovano») e r a insieme d e m a g o gica e velleitaria. Paesi molto meglio gestiti dell'Italia, e con un a p p a r a t o fiscale efficiente, h a n n o anch'essi l'incubo p e n sionistico: e poi il far p a g a r e le tasse agli evasori p u ò derivar e u n i c a m e n t e d a u n a r i f o r m a «rivoluzionaria» d e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e finanziaria e dello Stato: r i f o r m a c h e r i c h i e d e p a r e c c h i o t e m p o , e c h e passa n e c e s s a r i a m e n t e a t t r a v e r s o u n a pulizia dei «corpi separati» pubblici. N e s s u n a legge italiana c o m p o r t a l'evasione fiscale, anzi le tasse s o n o schiaccianti, con aliquote superiori a quelle francesi o tedesche; e le p e n e p e r gli evasori in teoria t r e m e n d e . Ma le mandibole del fìsco t r i t u r a n o i cittadini a r e d d i t o fisso, e r i s p a r m i a n o gli altri. L'evasione d i p e n d e in massima p a r t e da i n a d e g u a tezza o c o r r u z i o n e di chi d o v r e b b e accertarla. I s p i r a t o r e del p r o g e t t o di riforma pensionistica inserito nella Finanziaria fu il m i n i s t r o d e l T e s o r o L a m b e r t o Dini: cui v e n n e r o i m m e d i a t a m e n t e attribuite, dai sindacati e dalla sinistra in g e n e r a l e , le connotazioni fosche e p a u r o s e del falco, o del corvo. Il suo p i a n o si basava su questi p u n t i : 1) L'età p e r il p e n s i o n a m e n t o di vecchiaia sarebbe a u m e n t a t a di un a n n o ogni 18 mesi, fino ad arrivare a r e g i m e , nel D u e mila, c o n 65 a n n i p e r gli u o m i n i e 60 p e r le d o n n e , e c o n q u a r a n t ' a n n i di contributi obbligatori anziché 35; 2) chi vo173
lesse a n d a r e in p e n s i o n e anticipatamente, rispetto ai termini indicati (65 e 60 anni) v e d r e b b e l ' a m m o n t a r e della p e n sione d e c u r t a t o d ' u n 3 p e r cento p e r ogni a n n o d'anticipo; 3) s a r e b b e r o state abolite o ridotte le pensioni di reversibilità (spettanti cioè al coniuge superstite) se questi avesse god u t o d ' u n r e d d i t o s u p e r i o r e ad un livello fissato p e r legge; 4) l ' a m m o n t a r e della p e n s i o n e s a r e b b e stato p e r c e n t u a l m e n t e inferiore, ìispetto allo stipendio (ad esempio n o n più l'80 p e r cento, ma il 70 p e r cento dello stipendio stesso; 5) n i e n t e p i ù pensioni-baby, e parificazione g r a d u a l e del trattam e n t o pensionistico p e r i d i p e n d e n t i pubblici e p e r i d i p e n denti privati; 6) incentivazione delle p e n s i o n i integrative, i cui o n e r i sarebbero stati sopportati sia dai lavoratori sia dai datori di lavoro. L e indicazioni c o n t e n u t e nel p r o g e t t o Dini t r o v a r o n o consensi negli ambienti imprenditoriali e tra gli economisti (incluso R o m a n o P r o d i ) , e u r t a r o n o c o n t r o l ' i m m e d i a t a e a s p r a opposizione dei sindacati e della loro «base». Gianni Agnelli e r a p e r u n ' a z i o n e g o v e r n a t i v a risoluta: «La m a n o vra è insufficiente. Il p a r a c a d u t e è la Finanziaria. Se n o n si a p r e succede che, c o m e dico io, spatasciamo». Ma i segretari delle g r a n d i confederazioni sindacali bollavano la m a n o vra (27 s e t t e m b r e 1994) c o m e «inaccettabile, iniqua, inefficace» p e r c h é colpiva le fasce più deboli della popolazione e n o n sarebbe servita né a p r o m u o v e r e la ripresa economica (peraltro già in atto) né ad i n c r e m e n t a r e l'occupazione. Berlusconi, che sull'esempio r e m o t o e d'alto r a n g o di Franklin Delano Roosevelt intratteneva con Livio Zanetti, al G r l , delle conversazioni confidenziali «al caminetto» (poi t r o n c a t e p e r le c o m p r e n s i b i l i p r o t e s t e d e l l ' o p p o s i z i o n e ) a l t e r n a v a , nei suoi interventi, la p e r e n t o r i e t à del c h i r u r g o ai toni suadenti del comunicatore. Di u n a assoluta coerenza m o n e t a r i stica e r a invece Dini. «Sulle pensioni sarà» dichiarava «linea d u r a . E antisociale p r o m e t t e r e p r e s t a z i o n i impossibili. Le decisioni sulla m a n o v r a spettano al governo e n o n sono negoziabili con i sindacati. Pensioni comprese.» Per il m o m e n 174
to Bossi qualificava la «Finanziaria» c o m e «un b u o n d o c u m e n t o » e n o n p o n e v a alcun altolà. Lo p o n e v a invece, con avvertimenti generici ma di agevole i n t e r p r e t a z i o n e Oscar Luigi Scalfaro. Dal Quirinale s'era fatto sapere che le riforme strutturali - e la riforma pensionistica era del n u m e r o n o n dovevano r i e n t r a r e nella Finanziaria, ma essere discusse s e p a r a t a m e n t e : e che u n a riforma i cui effetti si sarebbero riverberati sulla quasi totalità degli italiani n o n poteva essere v a r a t a senza u n ' a m p i a c o n s u l t a z i o n e del g o v e r n o c o n i partiti - inclusi quelli d'opposizione - e con i sindacati. B e r l u s c o n i e r a in u n a situazione singolare. Avvertiva il r u m o r e g g i a r e minaccioso della piazza e i toni d r a m m a t i c i e allarmistici di un'abile m a n o v r a p r o p a g a n d i s t i c a di sinistra che pronosticava ai pensionati lo smantellamento della p r e videnza e dello Stato sociale, e la fame. Il Cavaliere sapeva, o avrebbe d o v u t o sapere, che quest'accanimento era solo in p a r t e rivolto alla sostanza della F i n a n z i a r i a : in p a r t e p r e p o n d e r a n t e a p p a r t e n e v a a u n a m a n o v r a politica articolata nella quale e r a riservato un r u o l o essenziale sia al malcontento legittimo di chi temeva d'essere colpito, sia alla furia piazzaiola di chi vedeva n e l l ' u o m o di Arcore il simbolo e la sintesi delle nequizie capitalistiche e consumistiche, sia agli uzzoli ribellistici di U m b e r t o Bossi. N o n c'era p r o v v e d i m e n to di matrice berlusconiana che potesse essere accettato p e r il vizio d'origine p r i m a ancora che p e r i c o n t e n u t i - dall'opposizione di sinistra, dai sindacati confederali, dalle avang u a r d i e militanti delle fabbriche e delle università: dove infatti d i v a m p a v a n o manifestazioni s p o n t a n e e , e scioperi improvvisi. M a d ' a l t r o c a n t o Berlusconi e r a t e n u t o , p e r o n o r di firma e di p r o g r a m m a , a n o n i n c o r r e r e nei c e d i m e n t i c o m p r o m i s s o r i cui i governi della P r i m a Repubblica erazro abituati. Da lui si voleva che agisse, e che agisse con d e t e r minazione. Glielo chiedevano, con particolare insistenza, gli ambienti nazionali e internazionali che avevano salutato con favore la sua conquista del p o t e r e ; e che già avevano subito delusioni cocenti p e r suoi o n d e g g i a m e n t i , e p e r la p r e d i l e 175
zione che egli aveva riservato ai p r o b l e m i «aziendali» o personali - la R A I , la polemica con la m a g i s t r a t u r a - a scapito dei g r a n d i problemi nazionali. In definitiva Berlusconi s'era messo - o era stato messo - nell'ingrata condizione di p e r d e r e la faccia e di rischiare u n a crisi di g o v e r n o qualsiasi cosa facesse. Gli si r i m p r o v e r a v a c o n t e m p o r a n e a m e n t e d'esser e u n o spietato n e m i c o della p o v e r a g e n t e e d ' e s s e r e u n molle «pentito» del rigore. Il suo essersi infilato in un cui de sac politico era avvertito dai suoi amici e a n c o r più dai suoi avversari. Il g o v e r n o Berlusconi e n t r ò in agonia q u a n d o p o se sul tavolo u n a legge che n o n era in g r a d o di i m p o r r e ma a cui n o n poteva n e m m e n o r i n u n c i a r e . Era inevitabile che p r e s t o Bossi tornasse al cecchinaggio, a n c h e se i suoi ministri - p u n t u a l m e n t e smentiti dal loro c a p o - d i c e v a n o sì a tutti i p r o v v e d i m e n t i p r e s e n t a t i dal Cavaliere. La stagione l u m i n o s a d i Silvio B e r l u s c o n i e r a d u r a t a l o spazio d ' u n a estate. A fine s e t t e m b r e la Finanziaria del g o v e r n o Berlusconi era p r o n t a p e r la presentazione in P a r l a m e n t o . Il t e m p o utile p e r la firma che Scalfaro doveva a p p o r r e al d o c u m e n t o scadeva l'ultimo giorno del mese - lo stesso in cui fu ufficializzato il decesso del M S I , trasbordato in Alleanza nazionale e la scadenza fu o n o r a t a . Il Cavaliere ribadiva che con le sue m i s u r e il g o v e r n o aveva «colpito le illusioni, d a n d o la certezza al futuro delle pensioni». Ma n e m m e n o il C a p o dello Stato e r a d ' a c c o r d o c o n lui, sia p e r la f o r m a sia p e r la sostanza. Per la forma, in particolare, Scalfaro lamentava che il testo della Finanziaria, un m a l l o p p o di q u a t t r o c e n t o pagin e , gli fosse stato p r e s e n t a t o dal sottosegretario Letta solo un q u a r t o d'ora p r i m a che scattasse la m a n n a i a dell'«esercizio provvisorio». In quel m o d o , spiegò Scalfaro in un'adirata lettera al P r e s i d e n t e della C a m e r a I r e n e Pivetti, gli e r a stato di fatto sottratto «l'esercizio del p o t e r e di controllo di legittimità». II C a p o dello Stato a g g i u n g e v a d ' a v e r u g u a l m e n t e sottoscritto la F i n a n z i a r i a p e r evitare r i p e r c u s s i o n i negative sulle Borse e sui Mercati «che n o n h a n n o a n c o r a 176
smaltito i gravi effetti delle disastrose sortite c o n s u m a t e nei mesi estivi». Per la sostanza, lo s a p p i a m o , Scalfaro e r a contrario all'inserimento in quel testo della riforma pensionistica. Berlusconi replicò che Amato e Ciampi s'erano c o m p o r tati in m o d o analogo, p e r q u a n t o concerneva l ' a p p r o d o della Finanziaria al Quirinale: e sulla veridicità di quest'assunto s'accese u n a polemica nella quale i n t e r v e n n e r o le opposizioni p e r sostenere che il Cavaliere stava t e n t a n d o d ' e s p r o p r i a r e sia il Quirinale sia il P a r l a m e n t o delle loro prerogative. Ma il b a r o m e t r o politico volgeva al peggio, l o g o r a n d o la lira, b e n c h é l ' e c o n o m i a reale inanellasse u n p r i m a t o d o p o l'altro: con i m p e n n a t e r o b u s t e degli ordinativi e del fatturato, in special m o d o p e r le a z i e n d e e s p o r t a t r i c i , beneficate dal d e p r e z z a m e n t o della lira. I sindacati e r a n o sul p i e d e di g u e r r a , a Berlusconi fu recapitata u n a torta - e il gesto e r a ironico - c o m e d o n o delle « n o n n e e delle zie a r r a b b i a t e » ; che e r a n o poi le pensionate su cui pesava l'assillo dei tagli ai loro modestissimi redditi (veri o falsi che fossero, quei tagli). Per il 14 ottobre era stato p r o c l a m a t o u n o sciopero generale che m a n d ò a manifestare nelle piazze di tutta Italia, sec o n d o valutazioni attendibili, cinque milioni di p e r s o n e : e si trattava, fu a n n u n c i a t o , solo della p r i m a d ' u n a serie di massicce manifestazioni. Bersaglio delle invettive, degli striscioni, dei cartelli fu in p r i m a p e r s o n a Silvio Berlusconi - qualche volta affiancato al «boia» Dini - che era in visita ufficiale a Mosca. «Le cifre sono quelle: né u n o né dieci scioperi generali possono cambiarle» c o m m e n t ò il Cavaliere. C'era un fondo di verità nella sua dichiarazione, che dato il m o m e n to p a r v e tuttavia provocatoria: e che egli stesso si p r e m u r ò nei fatti, di smentire. La querelle pensionistica o c c u p a v a la ribalta, i n s i e m e ai pasticciacci giudiziari, e gii altri a v v e n i m e n t i - a m e n o che r i g u a r d a s s e r o gli straripanti «divi» della televisione - riman e v a n o in o m b r a . Si fece poco caso alla n o m i n a dei «commissari» italiani n e l l ' U n i o n e e u r o p e a , l'ottimo e c o n o m i s t a Mario Monti e la radicale E m m a Bonino, e al gratuito sgar177
bo che, p e r l'occasione, subì il g a l a n t u o m o Giorgio Napolitano. In verità Berlusconi era favorevole alla designazione, p e r Bruxelles, di questo postcomunista in d o p p i o p e t t o . Era c a d u t a - p e r fortuna - la c a n d i d a t u r a all'incarico del leghista Francesco Speroni: e il g o v e r n o italiano aveva già in via ufficiosa i n f o r m a t o le a u t o r i t à c o m u n i t a r i e della scelta di N a p o l i t a n o . I n t e r v e n n e r o , a p o r r e i loro veti, sia il «falco» di Forza Italia Cesare Previti, sia il solito guastafeste Pannella, che sponsorizzava con accanimento la B o n i n o , e che ebbe partita vinta. Un episodio di cui si parlò abbastanza perché a p p a r t e n e v a alla lotta politica interna: dell'estero n o n ci si c u r a v a né nel Palazzo né dei mezzi d ' i n f o r m a z i o n e , e il contenzioso tra l'Italia da u n a p a r t e , la Slovenia e la Croazia dall'altra p e r il t r a t t a m e n t o dei c o n n a z i o n a l i r e s i d e n t i in quelle n e o n a t e R e p u b b l i c h e i n d i p e n d e n t i si sviluppava, o avviluppava, tra la g e n e r a l e indifferenza. La catastrofica alluvione che tra il 6 e il 9 n o v e m b r e si abb a t t é sul P i e m o n t e (più colpita d ' o g n i altra la provincia di Alessandria) fece d i m e n t i c a r e p e r q u a l c h e g i o r n o le colpe del g o v e r n o Berlusconi, ma n o n le colpe dei governi italiani in generale, e della burocrazia centrale e locale. Il grave bilancio dei morti - 65 - e dei d a n n i materiali valutabili in alc u n e migliaia di miliardi fu attribuito a n c h e all'imprevidenza di sindaci e prefetti, che n o n avevano dato sufficiente credito agli allarmi sul m a l t e m p o . La m a g i s t r a t u r a avviò p r o cedimenti contro gli amministratori locali e i funzionari che - si sosteneva - n o n avevano agito con la necessaria t e m p e stività (la predica dei magistrati veniva, bisogna p u r e osservarlo, da un pulpito poco qualificato, p e r c h é in t e m a di rap i d i t à e di tempestività la Giustizia italiana è al disotto di ogni sospetto). Si capì presto, c o m u n q u e , che sarebbe stato difficile cavare dall'inchiesta qualcosa di concreto e soprattutto di utile p e r il futuro. I segnali ministeriali d'allerta p e r possibili d e v a s t a n t i effetti delle p i o g g e s o n o , si disse, così n u m e r o s i e ripetuti, e così f r e q u e n t e m e n t e eccessivi, che alla periferia quasi n o n ci si faceva più caso. Prefetti e sindaci 178
sanno che li m e t t e r a n n o alla graticola se n o n d i f f o n d e r a n n o l'allarme: e che li m e t t e r a n n o alla graticola a n c h e se o r d i n e r a n n o sgomberi inutili. Nel disastro p i e m o n t e s e s'innestarono quegli episodi di m a l c o s t u m e - p e r la ripartizione degli aiuti e p e r gli appalti - che costituiscono l'accessorio patrio delle calamità. In alcune occasioni i risarcimenti t a r d e r a n n o o s a r a n n o inadegtiati, commercianti la cui azienda era stata messa in ginocchio a r r i v e r a n n o al suicidio. Se c ' e r a n o stati ritardi, disse Scalfaro, lo Stato doveva chiedere scusa. L alluvione delle contestazioni mosse alla F i n a n z i a r i a si affiancava a quella del P i e m o n t e , c o n t r i b u e n d o a d a r e dell'Italia u n ' i m m a g i n e desolata: smentita nella vita quotidiana d a l l ' i m p e r t e r r i t a vocazione a l l ' o d i a t o - a m a t o c o n s u m i s m o . L'8 n o v e m b r e L a m b e r t o Dini fu costretto ad a m m e t t e r e che il suo sforzo p e r o t t e n e r e l'assenso dei sindacati alle n o r m e pensionistiche era fallito. «Mi dispiace sinceramente» disse «ma n o n posso dire di n o n averci p r o v a t o . C'è stata poca disponibilità, i sindacati h a n n o voluto i g n o r a r e u n a cosa semplicissima, quasi banale: che fra poco t e m p o il sistema n o n sarà n e m m e n o in g r a d o di p a g a r e le pensioni.» Dini si rivolgeva ai sindacati e all'opposizione, ma avrebbe o r m a i dovuto p r e n d e r s e l a con gli alleati della L e g a . Bossi si stava allin e a n d o a Scalfaro nella richiesta che la riforma pensionistica fosse e s t r a p o l a t a dalla F i n a n z i a r i a , e v a l u t a t a a p a r t e . «Sulle pensioni» ringhiava il sena-tur «il g o v e r n o ci ha tradito, n o n sono state rispettate le scelte del Consiglio dei ministri. La Finanziaria era molto diversa da quella che è stata poi presentata.» C h e le cose stessero p r o p r i o così n e s s u n o , t r a n n e q u a l c h e leghista di sicura fede, s a r e b b e disposto a garantirlo. Ma Bossi cavalcava, più o m e n o s c o p e r t a m e n t e , la t i g r e della crisi, e o g n i a r g o m e n t o gli riusciva b u o n o : compresi quelli cattivi. In un crescendo di t u r b o l e n z a sociale si arrivò al 12 novembre, q u a n d o affluirono a Roma, organizzati dalle confederazioni sindacali, un milione e mezzo di lavoratori e p e n sionati che ascoltarono in piazza San Giovanni, al circo Mas179
simo e in piazza del P o p o l o i discorsi dei s e g r e t a r i Sergio D'Antoni, Sergio Cofferati e Pietro Larizza. I cartelli issati s u l l ' i m p o n e n t e m a r e a di gente n o n lasciavano dubbi sul significato dell'adunata: che era un forte segnale d'opposizione alla riforma pensionistica, ma era soprattutto un g u a n t o di sfida al g o v e r n o , e a chi lo guidava. «Berlusconi col naso l u n g o da Pinocchio»; «Aiuta lo Stato uccidi il pensionato»; «Berlusconi facci il miracolo: sparisci»; «Per un n u o v o miracolo italiano v o g l i a m o B e r l u s c o n i con la z a p p a in m a n o » ; «Abbiamo un sogno nel c u o r e : Berlusconi a San Vittore». Il T g 3 e Telemontecarlo d e d i c a r o n o ai comizi e ai cortei dirette di o r e . «Bisogna lavorare n o n scioperare» insisteva il Cavaliere s e m p r e m e n o ascoltato. L o stesso p r e s i d e n t e della C o n f i n d u s t r i a Luigi Abete e s p r i m e v a p r e o c c u p a z i o n e p e r l'infierire dello scontro, e auspicava un civile confronto tra le parti. La Finanziaria p r o c e d e v a z o p p i c a n d o alla C a m e r a , tra i voti di fiducia e l'approvazione di sostanziali e m e n d a m e n t i che la Lega p r e s e n t a v a , e che l'opposizione ufficiale e r a b e n lieta di avallare. Nel segno dell'Ulivo - a n c h e se n o n e r a ancora s p u n t a t o - R o m a n o Prodi incitava, con saggezza piuttosto ovvia, a «riformare con rigore le pensioni senza rin u n c i a r e alla difesa dei deboli». Dini n o n d e m o r d e v a : «Vorrei sapere se chi sciopera sa effettivamente perché... Mi stupisce che oltre ai pensionati siano p r o n t i a scioperare i giovani, visto che la riforma p r o t e g g e p r o p r i o loro e garantisce le loro pensioni future». In parallelo a quella dei sindacati, p r e n d e v a l'aire infatti u n a p r o t e s t a s t u d e n t e s c a i n n e s c a t a d a a u m e n t i delle tasse universitarie - in alcune sedi gli o n e r i p e r gli iscritti e r a n o stati triplicati - che gli Atenei a v e v a n o d e l i b e r a t o f a c e n d o uso d e l l ' a u t o n o m i a loro concessa. Decine di migliaia di ragazzi sfilarono r u m o r o s a m e n t e in varie città, a c c o m u n a n d o nel rifiuto gli aggravi p e r lo studio e la Finanziaria, e m u n e n d o le loro richieste di u n a spiccata connotazione di sinistra. Gli «autonomi» d a v a n o l ' i m p r o n t a - secondo tradizione - alle parole d ' o r d i n e e ai cori. Risuonò il canto di Ban180
diera rossa, insieme allo slogan «el pueblo unido jamds sera vencido». Le «okkupazioni» degli istituti d e t e r m i n a r o n o i soliti d a n n e g g i a m e n t i e in q u a l c h e caso a n c h e vandalismi, il cui costo sarebbe stato scaricato sui contribuenti. T r a la fine di n o v e m b r e e i p r i m i giorni di d i c e m b r e il Cavaliere dovette m e t t e r e nel conto delle p e r d i t e a n c h e la vittoria del risorto Mino Martinazzoli, sostenuto da u n a coalizione di centrosinistra, p e r la carica di sindaco di Brescia e la sentenza della Corte costituzionale che c o n d a n n a v a c o m e «incoerente, irragionevole e inidonea» l'assegnazione di tre reti nazionali televisive alla Fininvest d i s p o n e n d o di conseguenza che entro la fine del 1995 dovesse essere posto r i m e d i o a quell'anomalia. Settimane amarissime p e r Berlusconi: e n o n servir o n o certo a riconfortarlo le contromanifestazioni che Forza Italia aveva inscenato, e che p a r v e r o flebili conati rispetto alle mobilitazioni di folla sindacali e studentesche. A fine n o v e m b r e , d o p o u n a m a r a t o n a n e g o z i a l e con i sindacati, Berlusconi volse in ritirata a c c e t t a n d o lo stralcio della r i f o r m a pensionistica dalla Finanziaria, e alcuni correttivi dolcificanti della Finanziaria stessa. La risistemazione dell'assetto pensionistico veniva rinviata a fine g i u g n o del ' 9 5 : e n t r o quella d a t a d o v e v a essere a p p r o v a t a u n a legge o r g a n i c a . Il F o n d o m o n e t a r i o i n t e r n a z i o n a l e «bocciò» lo stralcio, c h e a m p u t a v a la F i n a n z i a r i a del suo capitolo p i ù consistente. Se il Cavaliere s'illudeva d ' a v e r così s u p e r a t o , a p r e z z o d ' u n umiliante r i p i e g a m e n t o , lo scoglio m a g g i o r e frapposto alla n a v i g a z i o n e del suo g o v e r n o , e di p o t e r da q u e l m o m e n t o i n poi g o d e r e d ' u n p e r i o d o d i t r e g u a , sbagliava d i grosso. Bossi aveva a d d e n t a t o la p r e d a e n o n era disposto a mollarla. Un t u o n o a n n u n c i a r n e la t e m p e s t a si fece sentire con l'istituzione alla C a m e r a (14 n o v e m b r e ) d ' u n a commissione speciale, quella che sarà la commissione N a p o l i t a n o , p e r l'esame delle p r o p o s t e di legge in m a t e r i a di r i o r d i n o del sistema televisivo. Q u e s t a n u o v a commissione esautorava in pratica la commissione c u l t u r a p r e s i e d u t a dal vocife-
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r a n t e Vittorio Sgarbi. La L e g a si affiancò alla sinistra, tra i clamori dei d e p u t a t i di Forza Italia e di Alleanza nazionale, e con scambi d'insulti. La m a g g i o r a n z a (si fa p e r dire) p r e tese le dimissioni di I r e n e Pivetti che alla Commissione speciale aveva dato il suo beneplacito. Ma la p o l t r o n a che vacillava era un'altra: p r o p r i o quella di Berlusconi. Nel p o m e r i g g i o di quel 14 n o v e m b r e 1994 Bossi, Buttiglione e D'Alema t e n n e r o un i n c o n t r o d u r a n t e il q u a l e fu concertata (e subito d o p o resa nota) la decisione di sfiduciare il g o v e r n o . La reazione di Berlusconi fu d ' u n a p r o n t e z z a c h e m a l celava lo sconforto. In u n a lettera alla P r e s i d e n z a della C a m e r a egli chiese u n a verifica p a r l a m e n t a r e u r g e n t e «sulle scelte e sugli o r i e n t a m e n t i dei diversi g r u p p i di m a g gioranza e di opposizione». Era il riconoscimento implicito dello stato c o m a t o s o in cui versava il g o v e r n o . Per scaramanzia p i ù che p e r convinzione Berlusconi ripetè, d o p o u n i n c o n t r o con Scalfaro, che u n a crisi di g o v e r n o e r a «lontanissima». A giro di posta - ma di u n a posta efficiente, n o n di quella italiana - gli p r e c i p i t a r o n o a d d o s s o il 17 n o v e m b r e t r e m o z i o n i d i sfiducia, u n a d e l P D S , u n a della L e g a e d e i popolari di Buttiglione, u n a di Rifondazione comunista. B e r t i n o t t i , o r g o g l i o s a m e n t e solitario, n o n s'era a c c o r d a t o c o n gli altri p i c c o n a t o r i del g o v e r n o , limitandosi a sincronizzare il m o m e n t o della sortita con gli attacchi del P D S e del C e n t r o . C o n c e r t a t a insieme a tavolino e r a invece la strategia di D'Alema, di B u t t i g l i o n e , e di Bossi. I t r e s p a r a v a n o c o n t r o Berlusconi prefiggendosi obbiettivi assai diversi, ma p e r s e g u e n d o l i a t t r a v e r s o u n c o m u n e passaggio: l a c a d u t a del Cavaliere. N e s s u n a n o r m a costituzionale italiana prevede che i demolitori d ' u n g o v e r n o abbiano l'obbligo - c o m e avviene in G e r m a n i a - di p r e s e n t a r e u n a n u o v a m a g g i o r a n za e un n u o v o c o n c o r d e p r o g r a m m a . Le e s t e n u a n t i e scoraggianti crisi al buio sono state la regola, a n c h e q u a n d o la centralità della DC in o g n i coalizione avrebbe d o v u t o facilitare un ricambio agevole. Il p r o b l e m a del m o m e n t o e r a abbattere Berlusconi: al resto si sarebbe p e n s a t o d o p o . 182
Sul lavorio c h e p r e c e d e t t e q u e s t o 25 luglio - nel q u a l e Bossi ha avuto, si parva licet, il ruolo di Dino G r a n d i a Palazzo Venezia - abbiamo u n a testimonianza diretta del senatur, nel suo ultimo libro: «Ricordo il p r i m o incontro della l u n g a serie che p r e c e d e t t e la caduta di Berlusconi. Ci v e d e m m o a casa mia, alla periferia di Roma, un posto che a quell'ora di sera, d ' i n v e r n o , è t e t r o e c u p o c o m e t u t t e le p e r i f e r i e . La mia casa è molto m o d e s t a , r o b a da o p e r a i , n i e n t e a che ved e r e con le ville e i palazzi berlusconiani. E r a v a m o a t t o r n o al tavolo, Buttiglione, D'Alema e io. A un certo p u n t o chiesi: avete fame? La risposta fu un sì p i u t t o s t o t i m i d o : a v e v a n o c a p i t o c h e i n quella casa n o n c'era d a a s p e t t a r s i u n a g r a n cena. O l t r e t u t t o n o n si vedeva l ' o m b r a di u n a colf, o di un c u o c o . A n d a i in cucina, aprii il frigorifero, e ci trovai u n a confezione di p a n c a r r é , a l c u n e scatole di s a r d i n e e t r e o q u a t t r o lattine di b i r r a e Coca-Cola. Piazzai tutto sul tavolo, aprii lo scatolame e cominciai a m e t t e r e insieme qualcosa di simile a dei t r a m e z z i n i . M e n t r e mi d a v o da fare, vidi c h e D'Alema mi g u a r d a v a con occhi divertiti. "Adesso ho capito che siete p o p o l a r i c o m e noi" disse a d d e n t a n d o il tramezzin o . Io alzai la lattina p e r un brindisi. In quel m o m e n t o , p e r contrasto, mi passarono davanti agli occhi i bicchieri di cristallo di B o e m i a d e l l ' u o m o c h e voleva c o m p r a r s i lo Stato». Ecco la crisi spiegata nella p r o s a deamicisiana di Bossi - o del suo ghost writer Daniele Vimercati - alla g e n t e di Pontida: i sandwich p o p o l a n i c o n t r o i risotti delicati di Michele, il cuoco di Arcore. La versione gastronomica d ' u n duello p o litico.
CAPITOLO TREDICESIMO
LA CADUTA
La p r i m a risposta alle t r e mozioni di sfiducia Silvio Berlusconi n o n la d i e d e in P a r l a m e n t o ma, com 'è nella sua vocazione, dai teleschermi. Un messaggio registrato d e n u n c i ò al Paese (19 d i c e m b r e 1994) il «sopruso» p e r p e t r a t o nei confronti dei cittadini che il 27 e 28 m a r z o gli avevano d a t o la maggioranza p a r l a m e n t a r e , e l'iniquità della crisi in atto. «Il m a n d a t o elettorale di Bossi» disse «è carta straccia. L'uomo che ha tradito il Polo ha u n a personalità doppia, tripla, quad r u p l a . » C h i a m ò a n c h e i suoi fedeli a «sfilare in silenzio». Buttiglione si scagliò c o n t r o l'iniziativa del Cavaliere, definita u n a «prova di g u e r r a civile»: e a g g i u n s e che «questo gov e r n o è crollato da solo, adesso serve un p e r i o d o di t r e g u a , un esecutivo tecnico-politico». L'uso che il Cavaliere faceva della televisione c o m e cassa di r i s o n a n z a delle sue polemiche d e t e r m i n ò un appello dell'opposizione - inclusa o r m a i la Lega - al g a r a n t e dell'editoria Santaniello p e r c h é intervenisse. Il dibattito sulle mozioni di sfiducia cominciò alla C a m e ra il 21 dicembre: in r i t a r d o p e r c h é I r e n e Pivetti s'era d a p p r i m a opposta ad u n a ripresa televisiva parziale che avrebbe privilegiato gli interventi di rilievo, e in particolare quello del Presidente del Consiglio. Si trattò p e r trovare u n a sol u z i o n e : c h e consistette nella t r a s m i s s i o n e i n t e g r a l e , sulla t e r z a r e t e R A I , della discussione. Il discorso di B e r l u s c o n i ebbe un solo, vero interlocutore: l'odiato senatur. Questi veniva incolpato di r a p i n a elettorale, d'aver m i n a t o con le sue b u g i e , le s u e c h i a c c h i e r e , le sue sortite c o n t r a d d i t t o r i e ed e r r a t i c h e il prestigio internazionale dell'Italia, d'aver sabo184
tato irresponsabilmente il g o v e r n o nel quale sedevano i suoi ministri, associati alle deliberazioni collettive. Bossi replicò con p a r i asprezza a s s u m e n d o s i il m e r i t o di far finire «qui, oggi» la Prima Repubblica, della quale Berlusconi era il pericoloso e p i g o n o , il d e g n o - e d u n q u e i n d e g n o - continuatore. «Questa n o n è e n o n sarà mai più la C a m e r a dei Fasci e delle Corporazioni» r u g g ì Bossi. «Onorevole P r e s i d e n t e , lo Stato n o n è lei e d o p o di lei n o n c'è il diluvio. Le chiedo con che diritti lei batta i p u g n i sul tavolo d i c h i a r a n d o la sua insostituibilità. C o n che diritti lei p r e t e n d a d ' i n t e r p r e t a r e p e r s o n a l m e n t e l a C o s t i t u z i o n e t u t t o r a i n atto. O n o r e v o l e P r e s i d e n t e , lei n o n è l ' u o m o della Provvidenza, tutt'altro!» «Macché P r i m a Repubblica» ritorse Fini, che c o m e debater p a r l a m e n t a r e era, p e r m o r d e n t e e ironia, u n a s p a n n a sopra gli altri «qui si è c o n s u m a t a soltanto la fine della Lega.» Rincarò la dose s o s t e n e n d o - con evidente allusione ai suoi inc o n t r i con il leader leghista - c h e se il Bossi delle giravolte p u b b l i c h e e r a i n f r e q u e n t a b i l e , il Bossi p r i v a t o e r a a n c o r p e g g i o . A c o n c l u s i o n e di q u e s t o scambio dì piacevolezze Berlusconi, senza aspettare u n a p r o n u n c i a del P a r l a m e n t o , p r e s e n t ò a Scalfaro (22 dicembre) le dimissioni del g o v e r n o che secondo prassi restava in carica p e r l'ordinaria a m m i n i strazione. Lo stesso giorno v e n n e in piena luce la p r o f o n d a divisione esistente tra d u e - o m a g a r i tre - fazioni all'interno della Lega: da u n a p a r t e i bossiani ultras, che senza perplessità ass e c o n d a v a n o il loro capo nella battaglia a n t i b e r l u s c o n i a n a : dall'altra u n a n u t r i t a p a t t u g l i a di p a r l a m e n t a r i che al giro di valzer della crisi e r a n o stati ostili, e che o r m a i riconoscevano nel Polo delle libertà il loro fisiologico a p p r o d o politico. In mezzo - ma p r o p e n s i ad associarsi ai berlusconiani - i posapiano che avevano sofferto l'accentuazione rissosa data da Bossi alla convivenza nel Polo, che cercavano disperatam e n t e un c o m p r o m e s s o , e c h e a v e v a n o il loro u o m o r a p presentativo nel ministro d e l l ' I n t e r n o Roberto M a r o n i : cui la crisi sottraeva la prestigiosa p o l t r o n a del Viminale. Maro185
ni n o n si rassegnava al divorzio da Berlusconi, cui lo univa o l t r e t u t t o , c o m e tastierista del complesso The Capric Horns with the Srveet Soul Sisters, la passione musicale: e a un c e r t o p u n t o si trovò ad essere l'esitante p o r t a b a n d i e r a del frondis m o leghista. E t e r n o secondo, M a r o n i aveva d o v u t o molto p e n a r e p e r le virate improvvise e brutali impostegli dagli estri bossiani. S'era visto stracciare il p a t t o con Segni, aveva d o v u t o rilasciare u n a confessione d'ingenuità e di superficialità p e r far c r e d e r e - in obbedienza a Bossi - di n o n aver letto il decreto Biondi sulla carcerazione preventiva p r i m a d ' a p p r o v a r l o . C o m e gli altri ministri leghisti e r a rimasto stretto, nelle riunioni di Palazzo Chigi, tra l'incudine di Berlusconi e il m a r tello dell'assente ma i n c o m b e n t e Bossi. Miglio se n ' e r a a n d a t o dalla L e g a s b a t t e n d o la p o r t a , se n ' e r a a n d a t o - anzi era stato espulso - a n c h e Franco Rocchetta della Liga veneta. Alcuni dei fuggiaschi, c o m e Luigi N e g r i e Marcello Staglieno, e r a n o con tutta evidenza irrecuperabili. M a r o n i ondeggiava. Del Carroccio aveva vissuto e g o d u t o l'avventura, a Bossi e r a legato da v e r o affetto. E p p u r e n e i g i o r n i della crisi M a r o n i si spinse molto in là con la frase «se la nave L e ga va verso gli scogli, p r e n d i a m o noi il timone». Del timoniere, M a r o n i n o n aveva la stoffa. E n e m m e n o del dissidente, c o m e si vide a l l o r c h é , in t e m p i successivi, t o r n ò c o n umiltà all'ovile. I n t a n t o p e r ò U m b e r t o Bossi stava p e r d e n do un terzo dei suoi d e p u t a t i e senatori. «Sembrò che la Lega fosse un castello invaso dalle termiti» ha scritto con fantasiosa metafora il senatur. «Vedevo int o r n o a me le gallerie delle termiti, mi r e n d e v o conto che il m o v i m e n t o rischiava d i finire i n briciole. F u r o n o g i o r n i d r a m m a t i c i : il t r a d i m e n t o di q u e s t a g e n t e rischiava di toglierci l'energia necessaria p e r abbattere l'avversario. Passai nottate a fare calcoli su calcoli, a valutare quanti u o m i n i mi s a r e b b e r o m a n c a t i al m o m e n t o della conta. Ostentavo sicurezza, ma le d i m e n s i o n i del t r a d i m e n t o si facevano più all a r m a n t i di g i o r n o in g i o r n o . Alla fine r i u s c i m m o a t e n e r e 186
q u a n t o bastava, ma l'esodo fu c o m u n q u e impressionante.» Nel grottesco italiano il s u p e r t r a d i t o r e - che tale e r a Bossi p e r il Cavaliere - gridava al t r a d i m e n t o . I voltafaccia e r a n o , n e l Palazzo, la m e r c e di m a g g i o r c o n s u m o : e Bossi, c h e a t u t t o p u ò a s p i r a r e t r a n n e c h e a d essere c a m p i o n e d i coerenza, ha voluto bollare con u n a citazione, nel suo libro, l'ab i u r a del berlusconizzato Staglieno, r i p o r t a n d o n e u n a p r e c e d e n t e dichiarazione di fede leghista all'Espresso: «I leghisti sono tutt'altra cosa che gli yuppie della Fininvest o i Aghetti di Canale 5 - Italia 1 - Rete 4. O il t r u p p o n e di Forza Italia. E poi questo minacciare acquisti a n o s t r o d a n n o puzza p r o p r i o di vecchia DC o P S I . Il Cavaliere c o n f o n d e i partiti e il P a r l a m e n t o con il suo Milan». Citazione perfida: e un invito a nozze p e r chi, tra i nemici di Bossi, va a spulciare tra i suoi torrenziali detti p e s c a n d o v i o g n i sorta di a u t o s m e n t i t e . La Lega e r a d u n q u e a m p u t a t a e piagata: ma viva q u a n t o bastava p e r r e n d e r l a temibile, e forte q u a n t o bastava p e r r e n d e r la appetibile. La crisi e r a al buio: c o m e le peggiori della Prima R e p u b blica, e peggio di quelle p e r c h é allora si sapeva a l m e n o che u n a f u t u r a m a g g i o r a n z a , p e r q u a n t o rafforzata, a v r e b b e a v u t o p e r p e r n o la D C , e p e r c o r r e d o i tradizionali alleati dello s c u d o crociato. Il Paese si trovava invece di fronte a u n a situazione inedita: p r o p r i o la situazione che il sistema maggioritario - o t e n d e n z i a l m e n t e maggioritario - avrebbe d o v u t o scongiurare. N o n esisteva più la vecchia m a g g i o r a n za, e n o n era alle viste u n a m a g g i o r a n z a nuova. Rassegnando il m a n d a t o al Quirinale senza a t t e n d e r e un voto del Parlam e n t o - un gesto impulsivo e alla resa dei conti inconsulto Berlusconi aveva complicato la crisi n e l l ' i n g e n u o i n t e n t o di semplificarla a suo favore. Rilevò Sergio R o m a n o : «La m o zione di sfiducia firmata da Bossi e da Buttiglione ha avuto lo straordinario effetto di p r o v a r e c h e alle C a m e r e esistono, o r m a i , soltanto m i n o r a n z e e opposizioni, t u t t e a l t r e t t a n t o i m p o t e n t i e i n a d a t t e a g o v e r n a r e il Paese... B e r l u s c o n i ha i n t e r r o t t o il dibattito p a r l a m e n t a r e . . . nella s p e r a n z a di m e 187
glio precostituirsi il diritto a essere designato, in p r i m a batt u t a , p e r la formazione d e l n u o v o g o v e r n o . . . Peccato. A v r e m m o avuto un vero dibattito e u n a votazione finale nello stile di trasparenza democratica che tutti a parole dicono di voler i n s t a u r a r e , e che pochi di fatto s e m b r a n o p r o n t i a rispettare... Abbiamo invece, come in occasione della caduta del governo Ciampi, un dibattito abortito da cui n o n e m e r g o n o indicazioni decisive». II g o v e r n o Berlusconi s'era tanto avvoltolato, nei suoi e s t r e m i rantoli, in b e g h e e insulti, che quasi nessuno lo rimpianse, a l m e n o quale era stato. La più autorevole stampa estera gli dedicò epicedi impietosi. Il Financial Times scrisse: «Di solito q u a n d o un g o v e r n o crolla crea quella instabilità che tanto d a n n e g g i a gli investitori. Ma la coalizione g u i d a t a da Silvio Berlusconi è stata così disastrosa che ogni prospettiva di c a m b i a m e n t o viene automatic a m e n t e g i u d i c a t a positiva». E il Washington Post: «La fine del c i n q u a n t a d u e s i m o g o v e r n o italiano d e l d o p o g u e r r a è stata causata dalle stesse forze che gli h a n n o dato vita: corr u z i o n e , instabilità fiscale, scontento g e n e r a l e , lotte intestine tra partiti e fazioni». L e critiche d e i q u o t i d i a n i s t r a n i e r i n o n facevano u n a grinza, p e r q u a n t o r i g u a r d a v a il g o v e r n o nel suo complesso. S e m m a i si poteva a d d e b i t a r e ai c o m m e n t a t o r i un certo m a r a m a l d e g g i a r e sul c a d u t o Berlusconi, e un eccesso d'indulgenza n o n verso il P D S - oppositore istituzionale e leale ma verso Bossi e B u t t i g l i o n e : i quali, ciascuno p e r un suo vero o supposto t o r n a c o n t o , avevano dato il colpo di grazia alla maggioranza. Sette mesi e dodici giorni s a r e b b e r o stati un b a n c o di p r o v a t r o p p o breve anche p e r un Cavour e un Giolitti: a m a g g i o r r a g i o n e lo furono p e r Berlusconi, che a quegli statisti n o n p u ò essere avvicinato s e n o n d a Emilio Fede. Ma v e n n e r o in b u o n a p a r t e spesi male, e accrescendo anziché d i s s i p a n d o la c o n v i n z i o n e c h e il Berlusconi Presid e n t e d e l Consiglio n o n avesse divorziato - n o n o s t a n t e il blind trust e le commissioni di «saggi» - dal B e r l u s c o n i imp r e n d i t o r e e re dell'etere. In molti la c a d u t a del Cavaliere 188
suscitò u n ' a c r e soddisfazione. In molti altri lasciò amarezza e r i m p i a n t o p e r un sogno che n o n era stato soltanto suo, ma di milioni d'italiani. Le consultazioni furono avviate da Scalfaro secondo i rituali d'obbligo: ma si vide subito che i metodi consueti e r a n o inadeguati p e r affrontare e s u p e r a r e la crisi. N o n tanto erano in giuoco p r o b l e m i di s c h i e r a m e n t o o d ' i m p o s t a z i o n e ideologica q u a n t o d u e diverse concezioni degli equilibri politici, a d d i r i t t u r a d u e diverse interpretazioni del dettato costituzionale. La tesi di Berlusconi era, in riassunto, questa: il popolo italiano aveva, con le elezioni di marzo, espresso u n a m a g g i o r a n z a e a p p r o v a t o un p r o g r a m m a di g o v e r n o , e l'aveva fatto nello spirito del «maggioritario», ossia d ' u n sistema che mira a designare senza ambiguità un g o v e r n o , e un governo di legislatura. I consensi andati ai candidati della Lega, essendo quei candidati presentati da u n a coalizione, erano anche consensi a u n a linea politica: che gli eletti - eletti anche, anzi prevalentemente, sottolineava Berlusconi, con i voti delle altre forze del Polo - dovevano rispettare. Se q u e l l ' i m p e g n o veniva disatteso la presenza p a r l a m e n t a r e leghista diventava abusiva, il frutto d ' u n o scippo. D u e sole a l t e r n a t i v e e r a n o d u n q u e possibili, secondo Berlusconi e secondo Fini: o si andava a un Berlusconi bis che r i p r e n d e s s e il c a m m i n o interrotto e onorasse il responso del 27 e 28 marzo, o si ridava la p a r o l a ai cittadini p e r c h é si p r o n u n c i a s s e r o sul c o m p o r t a m e n t o di Bossi. O g n i altra soluzione sarebbe stata - il termine v e n n e in voga p r o p r i o allora - un «ribaltone», ossia u n o stravolgimento artificioso e surrettizio della volontà popolare. Si sosteneva i n s o m m a che il «maggioritario» avesse dato sostanza diversa a talune n o r m e costituzionali. Il precetto sec o n d o cui ogni p a r l a m e n t a r e n o n deve considerarsi legato a posizioni precostituite, ma risponde di ciò che fa u n i c a m e n t e ai suoi elettori, assumeva significato diverso se quel candidato n o n aveva «suoi» elettori, ma elettori d ' u n a coalizione, al cui i n t e r n o n o n e r a lecito far distinzione tra i voti a n d a t i a un partito e quelli andati a un altro. 189
Bossi e la sinistra n o n e r a n o p e r n i e n t e d ' a c c o r d o . Ma quel che più contava è che n o n era d'accordo n e m m e n o Scalfaro, cui spettava d ' o r i e n t a r e la crisi. Il C a p o dello Stato espresse senza ambiguità il suo p e n s i e r o nel messaggio televisivo che a fine a n n o indirizzò - a reti unificate - agli italiani. Fu un messaggio composito: p e r u n a p a r t e b o n a r i a m e n te e quasi p a t e r n a m e n t e a m m o n i t o r e nei r i g u a r d i di Berlusconi, p e r u n ' a l t r a i m p r o n t a t o alla solennità d ' u n a lezione di diritto costituzionale. «Qui è necessaria» disse il Presidente della Repubblica «la b u o n a volontà e la collaborazione di tutti. Lo dico con affetto al Presidente del Consiglio nel p r e sentargli gli a u g u r i . Lo dico r i s p e t t a n d o la sua posizione e a n c h e la ferita che ha avuto con la r o t t u r a della m a g g i o r a n za. Siamo chiamati e n t r a m b i a questo richiamo di questa n o stra Patria. Forse siamo chiamati a g r a n d i rinunzie, forse a cercare m o m e n t i di tregua, forse a qualche sacrificio.» Il Cavaliere e r a esortato a facilitare, con un «passo indietro», la pacificazione degli animi. Alla m o z i o n e degli affetti Scalfaro abbinò tuttavia un ric h i a m o alle r e g o l e , c h e e r a n o le r e g o l e s q u i s i t a m e n t e formali della M a g n a C h a r t a italiana, e poco avevano da spartire con le regole sostanziali cui Berlusconi e i suoi si richiam a v a n o con insistenza. La sua bussola, osservò Scalfaro, e r a la Costituzione. Essa gli i m p o n e v a di r i s p e t t a r e il voto d e l 27 e 28 m a r z o , ma gli i m p o n e v a a n c h e d ' a t t e n e r s i alla volontà del P a r l a m e n t o . «Ho constatato» disse «la m a g g i o r a n za di p a r e r i , al Senato e alla C a m e r a , contrari a elezioni immediate: e ho il d o v e r e costituzionale di e s a m i n a r e se esistono le condizioni p e r costituire il governo.» La riluttanza a sciogliere il P a r l a m e n t o derivava, sottolineò Scalfaro, a n c h e d a l l ' i n c o m b e r e di p r o b l e m i finanziari e d a l l ' u r g e n z a di riforme istituzionali. T r a le altre quella r i g u a r d a n t e la par condicio in materia di p r o p a g a n d a elettorale. Berlusconi n o n poteva c o n s i d e r a r e delegittimato u n P a r l a m e n t o che aveva tutti gli indispensabili requisiti p e r svolgere la sua attività. «Se u n a m a g g i o r a n z a n o n c'è p i ù e se ne forma u n ' a l t r a è 190
u n fatto c o r r e t t o dal p u n t o d i vista costituzionale, n o n u n caso patologico.» L'essenza della p o l e m i c a sul «ribaltone», c h e ossessivam e n t e si trascinerà p e r mesi, e r a tutta in queste p r i m e p r e se di posizione: e n e s s u n o sui d u e fronti - m e n c h e m e n o Scalfaro - si discosterà dalle sue tesi iniziali. B e r l u s c o n i si dichiarava disposto al «passo indietro» che con m a n o di ferro in g u a n t o di velluto gli e r a stato chiesto, ma a p r e c i s e c o n d i z i o n i . «Solo nell'ipotesi d ' u n g o v e r n o e l e t t o r a l e p o t r e m m o accettare u n altro premier, m a nostro.» P r e v e d e v a inoltre che «i nostri nemici ci p r o v e r a n n o a fare un ribaltone m a s c h e r a t o da g o v e r n o del Presidente» e p r o m e t t e v a di l o t t a r e allo s t r e m o p e r c h é i malvagi n o n p r e v a l e s s e r o . A suggello delle s u e p r e s e di p o s i z i o n e il Cavaliere p o n e v a u n a profezia t e m e r a r i a : «Resterò fino al Duemila». Scalfaro aveva circoscritto con paletti molto precisi l'ambito della sua discrezionalità: n e s s u n o s t r a v o l g i m e n t o del voto p o p o l a r e , n e s s u n a violazione delle n o r m e costituzionali e delle p r e r o gative c h e esse a s s e g n a n o al P a r l a m e n t o . Pareva la q u a d r a t u r a del circolo, p e r c h é il voto p o p o l a r e aveva d a t o la magg i o r a n z a a Berlusconi, e in P a r l a m e n t o esisteva o r m a i u n a m a g g i o r a n z a antiberlusconiana. Su questi e l e m e n t i l ' u o m o del Q u i r i n a l e cominciò a tessere u n a t r a m a sottile, senza lasciarsi intimidire da chi, c o m e Fini, gli r i m p r o v e r a v a di n o n essere super partes c o m e la sua carica imponeva, ma di comp o r t a r s i da leader d ' u n o schieramento. Un l u n g o , gelido i n c o n t r o tra Scalfaro e B e r l u s c o n i acc e n t u ò le divergenze anziché a t t e n u a r l e . Al Cavaliere fu detto esplicitamente che un suo rinvio alle C a m e r e era i m p e n sabile, p e r c h é p r o p r i o lui aveva p r e s e n t a t o le dimissioni senza aspettare che le C a m e r e stesse gli concedessero o n e g a s s e r o la fiducia. I n s o m m a , se n ' e r a a n d a t o di testa sua, evitando il giudizio p a r l a m e n t a r e : che senso aveva chiederlo ora, fatta la frittata? Cominciavano a circolare i n o m i dei possibili inquilini di Palazzo Chigi. Di Cossiga si parlava solo p e r r i t e n e r l o indesiderabile, t r a n n e che nelle file di Allean191
za nazionale. P r o d i stava da s e m p r e nel c u o r e di Scalfaro, ma n o n garbava a Forza Italia il cui consenso e r a - d a t e le p r e m e s s e dell'operazione di Scalfaro - indispensabile. L a m b e r t o Dini e Mario M o n t i a v e v a n o migliori chances p e r c h é privi d ' u n a forte colorazione politica e p e r c h é e r a n o ritenuti d ' a r e a m o d e r a t a . Ma Bossi bocciava Dini («è un ragioniere») e affacciava la c a n d i d a t u r a di I r e n e Pivetti, p r e s t o scartata. La lira intanto a n d a v a a rotoli. F u m a t a bianca il 13 g e n n a i o 1995. Dini ricevette l'incarico di f o r m a r e il g o v e r n o . Ma Scalfaro l'aveva avvertito: il g o v e r n o n u m e r o d u e della B a n c a d ' I t a l i a d o v e v a e s s e r e - d i v e r s a m e n t e dal g o v e r n o n u m e r o u n o , C i a m p i - veram e n t e n e u t r a l e , incolore, tecnico. Il Quirinale n o n avrebbe tollerato u n r i m p a s t o m a s c h e r a t o , ossia u n g o v e r n o Berlusconi senza Berlusconi. Vana fu p e r t a n t o la lotta del Cavaliere p e r ottenere la conferma di quattro suoi ministri: T r e m o n ti, Martino, D'Onofrio, Fisichella. Dini fece affannosamente la spola tra il Quirinale e Palazzo Chigi - dove Berlusconi era p r o n t o al trasloco - p e r c o m p o r r e q u e s t ' e n n e s i m o dissidio. Scalfaro rimase irremovibile, la richiesta fu respinta. Il gov e r n o n o n fu tecnico-politico, come avrebbe voluto Buttigliene, ma burocratico-tecnico. Agli I n t e r n i Antonio Brancaccio, già p r i m o P r e s i d e n t e della Cassazione, agli Esteri S u s a n n a Agnelli, alla Giustizia un altro ex magistrato, Filippo Mancuso, già Procuratore generale della Corte d'Appello di Roma. Un g e n e r a l e , D o m e n i c o C o r c i o n e , alla Difesa. P e r sé Dini aveva conservato il Tesoro, designando alle Finanze il professor Augusto Fantozzi, il cui c o g n o m e avrebbe provocato facili facezie (Fantozzi è il più noto e più comico personaggio di Paolo Villaggio), e al bilancio Rainer Masera. La conferma di Dini e le n o m i n e p e r i dicasteri economici p i a c q u e r o alla Borsa, che ebbe u n ' i m p e n n a t a . Nell'equipe di Dini facevano la p a r t e del leone i docenti della Sapienza, l'Università di Roma, cui e r a n o a n d a t e sei p o l t r o n e . Nessun o dei designati e r a ideologicamente caratterizzato, t r a n n e A d r i a n o Ossicini, titolare del dicastero della Famiglia, che 192
aveva un passato di militanza nella sinistra cattolica (un cattocomunista, nel gergo politico) e che era amico di A n d r e o t ti: e n e s s u n o aveva un'esperienza ministeriale, t r a n n e il titolare dei Lavori pubblici i n g e g n e r Paolo Boratta, inserito nei g o v e r n i A m a t o e C i a m p i . Da rilevare a n c o r a che Agostino G a m b i n o , m a n d a t o alle Poste - p o l t r o n a , lo sottolineiamo u n a volta di più, delicatissima p e r c h é ne d i p e n d e il sistema televisivo - e r a u n o dei tre «saggi» cui Berlusconi aveva dat o l'incarico d i s c i n d e r e , con l a p r o p o s t a d ' u n a a d e g u a t a n o r m a t i v a , la sua posizione i m p r e n d i t o r i a l e dalla sua posizione politica. L'apoliticità del g o v e r n o p u ò s e m b r a r e cont r a d d e t t a d a l l ' a s s e g n a z i o n e della F a r n e s i n a a S u s a n n a Agnelli la cui fede r e p u b b l i c a n a e r a d'antica data. Ma l'imm a g i n e della signora e r a caratterizzata b e n più dal c o g n o me di famiglia e dal censo che da adesioni partitiche. Nel discorso d'investitura Dini - cui mai sarebbe stato assegnato un p r e m i o p e r la bellezza o un attestato d'eccellenz a n e l l ' a r t e o r a t o r i a , m a c h e e s p o n e v a c o n c e t t i semplici, p r a t i c i , facili - d i c h i a r ò d'essersi p o s t o q u a t t r o obbiettivi: realizzati i quali avrebbe d a t o le dimissioni. Le avrebbe date, specificò, a n c h e se l ' a d e m p i m e n t o dei compiti c h e assegnava al suo g o v e r n o avesse incontrato ostacoli i n s o r m o n t a bili. I p u n t i p r o g r a m m a t i c i e r a n o : 1) l ' a p p r o v a z i o n e della legge e l e t t o r a l e r e g i o n a l e ; 2) u n a par condicio a g g i o r n a t a - che sostituisse quella già obsoleta di C i a m p i - in m a t e r i a elettorale; 3) il varo della m a n o v r a finanziaria che c o m p o r tava m a g g i o r i e n t r a t e p e r ventimila miliardi; 4) la riforma pensionistica, da votare in P a r l a m e n t o - c o m e previsto dagli accordi che Berlusconi e Dini avevano p r e s o con i sindacati - e n t r o la fine di g i u g n o . Il dibattito fu, p e r alcuni suoi toni, u n a replica di quello sulla sfiducia a Berlusconi: questi l a m e n t ò il delinearsi d ' u n a «situazione eversiva» e giurò che mai p i ù avrebbe governato insieme a Bossi; il senatur ribatté p a r a g o n a n d o Berlusconi a Goebbels; Fini disse che «il Q u i rinale ha fatto di tutto p e r darci un g o v e r n o il più l o n t a n o possibile dalla volontà p o p o l a r e » . I tecnici di Dini passaro193
no l'esame della C a m e r a con 302 sì - il fronte progressista 270 astenuti - il Polo delle libertà e del b u o n g o v e r n o -, infine i 39 no di Rifondazione comunista. Il voto fu bissato senza apprezzabili varianti in Senato. «Avevamo u n a g r a n voglia di dire sì» c o m m e n t ò poi Berlusconi. Dini, l'ammazzapensionati, era stato p r o m o s s o dal centrosinistra e trattato invece con diffidenza dallo schieramento che l'aveva voluto protagonista. Solo u n a fra le tante singolarità che la cronaca politica stava riservando agli italiani. Scalfaro aveva completato u n ' o p e r a z i o n e d'alta strategia politica. Il g o v e r n o Dini r i s p o n d e v a a tutti i requisiti da lui voluti. Berlusconi - lo sconfitto - si trovava in difficoltà nel p a r l a r e di «ribaltone» m e n t r e a Palazzo Chigi stava un suo uomo; e l'eteiogenea maggioranza parlamentare - una m a g g i o r a n z a «negativa», n o n «positiva» - che a Dini aveva dato il suo a p p o g g i o si trovava con le m a n i legate. Se avanzava qualche pretesa sgradita al Quirinale, u n a minaccia di scioglimento delle C a m e r e bastava p e r m e t t e r l a i n riga. Q u a n t o al Cavaliere, gli m a n c a v a n o i n u m e r i p e r i m p o r r e a Scalfaro u n a posizione p i u t t o s t o che u n ' a l t r a . I suoi strilli s'infrangevano c o n t r o l'impassibilità altera del C a p o dello Stato. Per q u a n t o logorata dalle diserzioni, la Lega aveva senatori e d e p u t a t i a sufficienza - «e glieli a b b i a m o dati noi!» singhiozzava il Cavaliere - p e r sostenere il g o v e r n o dei tecnici. Bossi, m e n t r e benediceva Dini, a n n u n c i a v a che «se n o n passa il federalismo siamo p r o n t i alla marcia su Arcore». I sofisti che in tutti gli schieramenti s ' a n n i d a n o disputar o n o a l u n g o , d o p o d'allora, sulla qualifica che al g o v e r n o Dini d o v e v a essere d a t a . Era u n g o v e r n o del P r e s i d e n t e ? Era un g o v e r n o a t e r m i n e ? Era un g o v e r n o p r e e l e t t o r a l e ? O e r a le tre cose insieme? N o n e r a un g o v e r n o d e l Presid e n t e , ma del P a r l a m e n t o , precisò Scalfaro: se fosse stato del P r e s i d e n t e a v r e b b e a v u t o u n ' a l t r a g u i d a ( c o m e a d i r e che Dini n o n era il suo p r e d i l e t t o , e che se fosse d i p e s o da lui avrebbe optato piuttosto p e r un Prodi). E n o n era n e m m e n o , s e m p r e secondo Scalfaro, un g o v e r n o a t e r m i n e o un 194
g o v e r n o preelettorale: n o n era a t e r m i n e p e r c h é la Costituzione n o n p r e v e d e questo tipo d'esecutivo. I governi nascono p e r libera volontà del P a r l a m e n t o , e p e r la stessa libera volontà m u o i o n o . Dal che discendeva che n o n poteva n e m m e n o essere un governo preelettorale. Le elezioni ci sarebb e r o state q u a n d o il P a r l a m e n t o n o n fosse più stato in grado d ' e s p r i m e r e u n a m a g g i o r a n z a e un g o v e r n o , e il C a p o dello Stato, constatata questa impossibilità, avesse p r o c e d u to al suo scioglimento. Q u e s t a logica m a n d a v a su t u t t e le furie B e r l u s c o n i . Il quale obbiettava a n z i t u t t o che in P a r l a m e n t o n o n esisteva u n a m a g g i o r a n z a a sostegno d ' u n g o v e r n o e d ' u n p r o g r a m ma, ma solo u n a m a g g i o r a n z a c o n t r o di lui: e che la t r e g u a dei tecnici - in realtà u n a s o s p e n s i o n e della d e m o c r a z i a d o v e v a a v e r e d u r a t a limitata, n o n p r o l u n g a r s i p e r a l c u n i mesi. Per il Cavaliere s a r e b b e r o state o p p o r t u n e elezioni a m a r z o , p e r l'esattezza il 26: e se p r o p r i o si voleva allungare la p a u s a , a g i u g n o . A q u e s t o p u n t o vi fu t r a il C a p o dello Stato e l'ex P r e s i d e n t e del Consiglio u n o sgradevole scambio d'insinuazioni, ciascuno dei d u e accusando l'altro d'essere u n b u g i a r d o . O g g e t t o della desolante disputa e r a p r o p r i o la d a t a delle elezioni. S e c o n d o Berlusconi, in u n o dei colloqui al Q u i r i n a l e d u r a n t e la crisi di g o v e r n o , Scalfaro aveva p r o m e s s o c h e le elezioni s a r e b b e r o state c e l e b r a t e presto e, sfogliando un calendario, s'era soffermato con l'indice su u n a possibile data, l'I 1 g i u g n o 1995. I R A di Scalfaro: «Non c'è m a i stato alcun i m p e g n o c o n B e r l u s c o n i p e r u n voto anticipato. Di elezioni n o n parlo, me lo vieta la Costituzione». Il Cavaliere p e r ò n o n d e m o r d e v a . Chiamava a testim o n e dell'affidamento di Scalfaro il sottosegretario Gianni Letta, che l'aveva a c c o m p a g n a t o al Quirinale. E Letta confermava parola p e r p a r o l a la versione di Berlusconi, ma la sua imparzialità d'osservatore era con b u o n i motivi contestata. (Per la verità anche A r m a n d o Cossutta sostenne temp o d o p o d'aver avuto dal Q u i r i n a l e a n a l o g o affidamento.) Il Cavaliere r i c o r d a v a i n o l t r e c h e il C a p o dello Stato n o n 195
s'era trincerato dietro le motivazioni costituzionali invocate in quel m o m e n t o q u a n d o s'era trattato di abbreviare la vita della p r e c e d e n t e legislatura e del governo Ciampi, p e r indire le «politiche» del 27 e 28 m a r z o . La sfida t r a Scalfaro e Berlusconi aveva l ' a n d a m e n t o convulso d ' u n western politico. Solo che, tra i d u e l l a n t i , u n o e r a d i s a r c i o n a t o - Berlusconi - l'altro saldamente a cavallo.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
L'ULIVO DELLA D I S C O R D I A
Il febbraio del 1995 fu di tempesta p e r i d u e partiti che, sia p u r e v e n u t i d a matrici molto l o n t a n e tra loro, meglio r a p p r e s e n t a v a n o il n e g l e t t o «centro»: la L e g a e il P P I . Il congresso del Carroccio, t e n u t o al Palatrussardi di Milano nella p r i m a m e t à del mese, sanzionò dissidenze già formalizzate, ed espulsioni già decretate. Bossi vi arrivò da vincitore: sepp u r e , secondo i più, vincitore come Pirro. Tale era la sua sicurezza d'avere in p u g n o l'assemblea che trasgredì ogni regola di protocollo e di cortesia d i s e r t a n d o , lui segretario, la giornata d ' a p e r t u r a , lasciata agli sfoghi dei c o m p r i m a r i . Urla, insulti, e qualche isolata scazzottatura fecero da cornice a u n a b r e v e a p p a r i z i o n e d i M a r o n i : c h e poi s e n e a n d ò giur a n d o di voler lasciare p e r s e m p r e la politica. I n t e r v e n n e a n c h e I r e n e Pivetti, che aveva dichiarato di n o n voler p a r t e c i p a r e «per r i s p e t t o del r u o l o istituzionale c h e ricopro» ma che poi ci aveva ripensato, tra le proteste di Forza Italia e dei suoi alleati. Bossi fu i n s i e m e elegiaco e aggressivo. «Siamo q u i p e r p i a n g e r e sui nostri dolori» disse, subito a g g i u n g e n d o : «Ma solo p e r oggi. Chi vuole uscire (dalla Lega N.d.A.) lo faccia subito p e r c h é da d o m a n i c a u t e r i z z e r e m o le ferite e r i p r e n d e r e m o la marcia». Infierì con s t e n t o r e e invettive sui t r a n sfughi e ostentò le stupefacenti certezze di s e m p r e . D o p o il d i m a g r i m e n t o , gridò, la Lega era più robusta che mai: su di essa s a r e b b e stato i m m a n c a b i l m e n t e f o n d a t o il t e r z o polo della politica italiana. Verso Dini il senatur fu benevolo, p r o m u o v e n d o l o da «ragioniere» a «liberale b u o n o , liberale vero»: finalmente, d o p o le m e n z o g n e di B e r l u s c o n i «un bel 197
g o v e r n o tecnico, senza politici». Successivamente Bossi articolerà p i ù p a r t i c o l a r e g g i a t a m e n t e il suo giudizio su Dini: «So b e n e che n o n è un u o m o n u o v o . Ne conosco le frequentazioni di Palazzo, la c o n s u e t u d i n e con Craxi e Andreotti, la p r o v e n i e n z a dalla B a n c a d'Italia c h e n o n è i m m u n e dalle colpe del passato. Ma si tratta di un u o m o c o m p e t e n t e e c'è la concreta possibilità che, circondandosi di altri c o m p e t e n ti, p o n g a r i m e d i o ai disastri del c i n q u a n t e n n i o democristiano e del semestre berlusconiano. S i c u r a m e n t e con l'incarico a Dini la Lega ha o t t e n u t o quello che si p r o p o n e v a ; ha fatto alzare dalla p o l t r o n a l ' u o m o dei miracoli mancati e ha posto le p r e m e s s e p e r evitare la b a n c a r o t t a statale e p e r avviare u n a serie di riforme d e m o c r a t i c h e essenziali». L ' a p p a r e n t e m e g a l o m a n i a di Bossi poggiava su un convincimento che n o n e r a c a m p a t o in aria: quello che la forza della Lega, b e n c h é ridotta, bastasse ad assicurarle un peso decisivo nella c o m p o s i z i o n e delle alleanze. P r o p r i o p e r rispetto a questo r u o l o , Bossi n o n si sbilanciava m a i «organic a m e n t e » d a u n a p a r t e p i u t t o s t o c h e dall'altra. S p a r a v a a zero c o n t r o B e r l u s c o n i senza associarsi a D'Alema e senza mettersi tra i cespugli da cui la Quercia (e poi l'Ulivo) sarebb e r o stati attorniati. I suoi p r o c l a m i di solitudine - a volte rinnegati ma p r e s t o riconfermati - p o t e v a n o s e m b r a r e diss e n n a t i , e tali in molti li r i t e n e m m o , ma a v e v a n o u n a loro risposta logica. La stessa che il Cavaliere aveva s p e r i m e n t a to tra i t o r m e n t i del suo Calvario governativo. A Bossi p r e meva soprattutto che fosse allontanato l'incubo delle elezioni a b r e v e t e r m i n e , i n v o c a t e senza t r e g u a da B e r l u s c o n i . Nella d e t e r m i n a z i o n e a i m p e d i r e che il Cavaliere potesse ric o n d u r r e subito gli italiani alle u r n e , Bossi e r a alleato di Scalfaro, che reiterava gli a m m o n i m e n t i all'irrequieta Forza Italia. Il 24 febbraio il Quirinale gelò Berlusconi con un com u n i c a t o : di fronte al ripetersi di dichiarazioni «pretestuose e costituzionalmente infondate» Scalfaro riaffermava tre p u n t i a suo avviso inconfutabili: 1) le elezioni regionali d o vevano essere t e n u t e e n t r o il 30 aprile (il che contraddiceva 198
la tesi di Berlusconi secondo il quale sarebbe stato o p p o r t u no a b b i n a r e le «politiche» e le «regionali», f a c e n d o n e un unico pacchetto); 2) allo scioglimento delle C a m e r e si poteva p r o c e d e r e «solo q u a n d o ne r i c o r r a n o le c o n d i z i o n i essenziali», e il c o m p i t o di verificarle spettava al C a p o dello Stato; 3) il g o v e r n o in carica «è legittimato dalla fiducia del P a r l a m e n t o » , e d u n q u e Dini doveva r e s t a r e fino a q u a n d o alla C a m e r a e al Senato fosse esistita u n a m a g g i o r a n z a c h e lo sostenesse. Si capisce che, s t a n d o così le cose, Bossi fosse o r m a i scalfariano a p r o v a di b o m b a . I n u t i l m e n t e il Cavaliere gli rinfacciava i suoi trascorsi («Dopo la vittoria alle elezioni del 27 marzo» sosteneva Berlusconi «in u n a r i u n i o n e fu p r o p r i o Bossi a c h i e d e r e di r i m u o v e r e il C a p o dello Stato, ma io mi s o n o o p p o s t o con forza»): ci voleva b e n altro p e r m e t t e r e in imbarazzo l ' U m b e r t o che arricchì la sua sceneggiata congressuale con la p r e s e n t a z i o n e delle dimissioni da segretario, respinte all'istante dai delegati. Nel P P I in cerca d'identità, la c a n d i d a t u r a di P r o d i a leader d e l rassemblement di c e n t r o s i n i s t r a e r a deflagrata c o m e un quintale di tritolo. È vero che Prodi, s c e n d e n d o in camp o , aveva p r o m e s s o di n o n essere mai un «suddito» del P D S e di n o n appiattirsi su D'Alema: ma p e r Buttiglione, segretario d ' u n partito che e r a disposto a lasciarlo in carica p u r ché n o n facesse quel che aveva intenzione di fare, la sortita del professore di Bologna e r a c o m u n q u e stata u n o schiaffo. Lo si era t e n u t o fuori dai contatti e dagli accordi che avevano p r e c e d u t o l'autoinvestitura, fortemente voluta dalla sinistra del P P I , e con particolare d e t e r m i n a z i o n e dal vulcanico A n d r e a t t a . Rocco da Gallipoli era nell'ingrata situazione di d o v e r avallare u n a mossa fatta a sua i n s a p u t a , e d u n q u e contro di lui: o di o p p o r s i ad essa, affrontando le prospettive d ' u n a scissione. Gli a v v e r s a r i d e l s e g r e t a r i o a v e v a n o b u o n g i u o c o n e l s o s t e n e r e c h e e r a p i u t t o s t o difficile a d e guarsi alla sua linea, in q u a n t o e r a u n a linea p e n d o l a r e , e indecifrabile: a l m e n o s t a n d o alle dichiarazioni p u b b l i c h e e n o n alle confidenze carpitegli da microfoni nascosti m e n t r e 199
in attesa d ' u n dibattito televisivo scambiava q u a t t r o chiacchiere con il portavoce di Forza Italia Antonio Tajani; confid e n z e dalle quali e m e r g e v a c o n chiarezza che Buttiglione aveva c o m e fine ultimo l'ingresso nella coalizione berlusconiana. U n a silloge dei detti buttiglioniani era a n c h e un campionario di contraddizioni. «Fini è un collettore di inquietudini pericolose.» (28 n o v e m b r e '94.) «Governare con il P D S ? In q u e s t o m o m e n t o è la s o l u z i o n e p i ù d e s i d e r a b i l e p e r il Paese.» (18 d i c e m b r e '94.) «L'ingovernabilità del Parlamento è figlia in larga p a r t e del fallito p r o g e t t o di Berlusconi.» (21 d i c e m b r e '94.) «Golpe il g o v e r n o del Presidente? Il vero golpe lo fa Berlusconi invocando le elezioni sùbito.» (25 dic e m b r e '94.) «Berlusconi è geniale nel v e n d e r e la sua m e r c e ma questo n o n vuol dire che la sua m e r c e sia b u o n a . Quello di B e r l u s c o n i è un m o d o d e m a g o g i c o e t e r r o r i s t i c o di far politica, inaccettabile in un Paese civile.» (5 g e n n a i o '95.) «La p r o p o s t a di Segni p e r un'alleanza con la sinistra è possibile e forse a d d i r i t t u r a probabile.» (23 g e n n a i o '95.) «Il n o stro i n t e r l o c u t o r e privilegiato è Forza Italia. E la d e s t r a fascista n o n esiste più, quella di oggi è democratica.» Tutto e il contrario di tutto. L'altra ala d e l P P I , p r o p r i o p e r c h é n o n aveva a n a l o g h e perplessità sullo schieramento cui a d e r i r e , vantava u n a b e n maggiore coerenza, con qualche stranezza: ad esempio il confluire nella fazione a n t i b u t t i g l i o n i a n a e i m p l i c i t a m e n t e fìlopidiessina di u o m i n i c o m e G e r a r d o Bianco, o a n c o r più c o m e il v e t e r a n o Emilio C o l o m b o , che della DC «diga anticomunista» e r a n o stati e s p o n e n t i di spicco. La sinistra d e m o cristiana, che rivendicava l'onestà individuale e il disinteresse politico dei suoi dirigenti - veniva spesso e volentieri ric o r d a t o che cinque ministri ad essa ispirati si e r a n o dimessi p e r n o n a p p r o v a r e la legge M a m m ì - aveva tuttavia un peccato originale: se n o n p r o p r i o alla sua nascita, a l m e n o alla sua crescita, alla sua esistenza e alle sue affermazioni avevano d a t o un c o n t r i b u t o d e t e r m i n a n t e il p e t r o l i e r e di Stato Enrico Mattei, e le regalie che egli elargiva con generosità a 200
tutti i settori politici: privilegiando tuttavia in misura sostanziosa la c o r r e n t e democristiana di Base. Ad ogni c o m m e m o razione di Mattei, Mino Martinazzoli e Luigi Granelli e r a n o stati p r o d i g h i di lodi p e r lo s c o m p a r s o , d a l l ' i n t e r a sinistra r i c o r d a t o c o m e un cavaliere dell'ideale p e r la sua battaglia c o n t r o le sette sorelle del monopolio petrolifero internazionale. Mattei e r a stato, in quest'ottica, il coraggioso italiano c h e aveva lottato c o n t r o le m u l t i n a z i o n a l i avide, e teso la m a n o al m o n d o arabo. C'era m o l t o di vero in questi riconoscimenti c h e facevan o d i Mattei u n e r o e positivo. Essi t r a s c u r a v a n o tuttavia - ed è singolare c h e lo t r a s c u r a s s e r o in u n ' I t a l i a squassata da o n d a t e di giustizialismo a n t i t a n g e n t i - il fatto che delle t a n g e n t i Mattei e r a stato un p r i m a t i s t a , il foraggiatore d e i partiti e dei politici, il c o r r u t t o r e massimo (incorruttibile in p r o p r i o ) . M e n t r e si dava la caccia, ed e r a sacrosanto che la si desse, ai «fondi neri» delle maggiori i m p r e s e , tenuti di riserva p e r lubrificare gli i n g r a n a g g i della politica, p a r e v a venisse dimenticato che sui «fondi neri» della r e n d i t a metanifera Mattei aveva costruito il suo i m m e n s o p o t e r e . Avveniva cioè che i più ferventi apostoli, nelle schegge della defunta D C , di «mani pulite», fossero gli eredi politici di «mani sporche». Di questa rimozione del passato si avrà la p r o v a l a m p a n te q u a n d o un sostituto P r o c u r a t o r e di Pavia, Vincenzo Calia, r i p o r t e r à all'attualità la t r a g e d i a di B a s c a p è (in quella località s'infranse l'aereo del p r e s i d e n t e dell'ENi) e farà ries u m a r e i resti di Mattei nella speranza di trovarvi tracce d'esplosivo; col che sarebbe stata avvalorata l'ipotesi della b o m ba a b o r d o , e a n n u l l a t a l'ipotesi d e l l ' i n c i d e n t e . L'inchiesta era ripartita, d o p o u n s o n n o p l u r i d e c e n n a l e , p e r l e rivelazioni del p e n t i t o a tutto c a m p o T o m m a s o Buscetta: secondo il quale la piovra petrolifera m o n d i a l e aveva incaricato Cosa nostra a m e r i c a n a di assassinare Mattei, e Cosa n o s t r a a m e ricana aveva passato l'incombenza a Cosa nostra siciliana. Il Male c o n t r o il B e n e . E p p u r e un pool di «mani pulite» ante 201
luterani avrebbe avuto parecchio lavoro se si fosse i m p e g n a to a spulciare i conti d e l l ' E N i . Ma la m e m o r i a di Mattei e r a purificata da d u e elementi: l'antiamericanismo - che è cons i d e r a t o di solito un titolo di m e r i t o - e l'aver c r e a t o , p e r c o r r o m p e r e , «fondi neri» di d e n a r o pubblico anziché «fondi neri» di d e n a r o privato. Resta da a g g i u n g e r e , sull'argomento, u n a considerazione che riecheggia quelle da noi fatte in p r e c e d e n t i libri. L'attribuire la fine di Mattei al sabotaggio consente ghiotti e illimitati scenari sensazionalistici. Ma nulla p r o v a che così siano a n d a t e le cose, t r a n n e un e l e m e n t o : esisteva u n m o v e n t e p e r u c c i d e r e Mattei, anzi esistevano moventi a iosa. Il p e r s o n a g g i o dava fastidio a tanti, in Italia e fuori d'Italia. Trovati in a b b o n d a n z a i moventi validi, si è voluto da essi risalire a un n o n d i m o s t r a t o crimine. C h e n o n siamo i n g r a d o , i n t e n d i a m o c i , d i e s c l u d e r e c o n certezza. D o b b i a m o a t t e n e r c i alle probabilità e al b u o n s e n s o . A n o stro avviso la versione dell'incidente spiega in m a n i e r a persuasiva la catastrofe d ' u n a e r e o c h e si a b b a t t é al suolo, in condizioni m e t e o r o l o g i c h e proibitive, nella fase critica dell'atterraggio: versione accreditata da minuziose indagini t e c n i c h e e g i u d i z i a r i e . U n a b o m b a a t e m p o che e s p l o d e qualche decina di secondi p r i m a che il viaggio finisca - anzi doveva finire a Roma, e fu d u r a n t e il volo p r o l u n g a t o fino a M i l a n o , c o m e h a d e t t o a u n o degli a u t o r i d i q u e s t o libro u n o dei più stretti collaboratori di Mattei - è t r o p p o tempista. La nostra è u n ' o p i n i o n e : ed è u n ' o p i n i o n e i m p o p o l a r e , p e r c h é sfata n o n la l e g g e n d a della vita di Mattei - che r e sterà, con le sue t a n t e luci e con le sue o m b r e , nella storia italiana di questo secolo - ma la leggenda della sua m o r t e . Il P P I era d u n q u e in subbuglio p e r quello che, n o n o s t a n te la c o n t r a d d i z i o n e in t e r m i n i , possiamo c h i a m a r e l'Ulivo della discordia. Prodi aveva esordito con dichiarazioni che al suo simbolo a r b o r e o s'adattavano p e r f e t t a m e n t e : «Basta Fort Apache, la politica degli insulti sta u c c i d e n d o la nostra moneta» (Scalfaro e r a d ' a c c o r d o : «Basta schiamazzi» p r e d i cava, forse riferendosi all'insistenza di Berlusconi nel chie202
d e r e un voto ravvicinato e nel d e n u n c i a r e l'esistenza d ' u n pericolo «comunista»). A chi gli r i m p r o v e r a v a d ' e s s e r e un p o s a p i a n o senza grinta, il professore replicava con pacatezza e ironia: «Non ho la stoffa dello sprinter. Però c o m e fondista e m a r a t o n e t a , p u r n o n essendo u n t o da chicchessia (il richiamo p u n g e n t e e r a all'espressione con cui Berlusconi s'era d e t t o , c o m e eletto dal p o p o l o , " u n t o del Signore" N.d.A.) me la cavo piuttosto b e n e , e l'assiduo a l l e n a m e n t o mi consente (anche q u e s t a u n ' a l l u s i o n e al linguaggio del Cavaliere? N.d.A.) q u a l c h e b u o n t r a t t o di corsa veloce. Ci vuol alt r o p u r t r o p p o che u n o sprint p e r r i m e t t e r e l'Italia i n linea di g a l l e g g i a m e n t o » . La c o m m i s t i o n e delle d u e m e t a f o r e l'atletica e la navale - n o n e r a delle più felici, ma sul concetto di f o n d o n o n e r a n o possibili d u b b i . M a r a t o n e t a P r o d i si d i m o s t r ò senz'altro, nel suo successivo giro delle cento città, r a g g i u n t e in p u l l m a n . «Chi va con Prodi è fuori dal partito» litaniava Buttiglione, e i n t a n t o dava al Cavaliere le ultime p u n z e c c h i a t u r e prima di s p o s a r n e le sorti politiche. «Non sono io a essere ond e g g i a n t e , ma è Berlusconi c h e un g i o r n o dice di voler lasciare lavorare Dini e il g i o r n o d o p o sferra un attacco a Scalfaro. E poi sono t r o p p i i suoi conflitti di interesse.» La m a n o v r a finanziaria e r a al vaglio del S e n a t o m e n t r e il m a r c o tedesco si issava a q u o t a 1200. Gianni Agnelli aveva a n n u n ciato p u b b l i c a m e n t e che l'avrebbe votata, così c o m e lo schier a m e n t o progressista: in Forza Italia era un battibeccare incessante di colombe e di falchi. Per l'occasione prevalsero i falchi, il Polo si p r o n u n c i ò c o n t r o i p r o v v e d i m e n t i finanziari a p p r o v a t i da un P r e s i d e n t e d e l Consiglio - e m i n i s t r o d e l T e s o r o - c h e al T e s o r o s o v r i n t e n d e v a a n c h e n e l g o v e r n o Berlusconi. La bocciatura aveva u n a motivazione politica, il che n o n significa che fosse p o l i t i c a m e n t e azzeccata. Berlusconi s'era trovato di fronte a u n a scelta spinosa. Se diceva sì a Dini si affiancava, in r i t a r d o , ai progressisti, se diceva no veniva accusato di n o n avere a c u o r e gli interessi del Paese e di voler affondare la lira. Il voto c o n t r a r i o a u n a m a n o v r a 203
che già il g o v e r n o Berlusconi aveva previsto fu spiegato aff e r m a n d o c h e quella m a n o v r a n o n serviva a n u l l a , e c h e avrebbe u l t e r i o r m e n t e torchiato gli italiani senza d a r e risultati: e il formarsi in P a r l a m e n t o d ' u n a m a g g i o r a n z a «progressista» favorevole alla m a n o v r a , e d u n q u e a Dini, offrì a Berlusconi un e n n e s i m o s p u n t o p e r sostenere che il «ribaltone» n e g a t o da Scalfaro e r a u n a realtà. L'8 m a r z o - il g i o r n o successivo al voto c o n cui Palazzo M a d a m a p r o m o s s e la m a n o v r a , seguito a breve distanza da M o n t e c i t o r i o - B u t t i g l i o n e r u p p e gli i n d u g i e a n n u n c i ò il suo p r o p o s i t o di allearsi a Forza Italia e ad Alleanza nazionale p e r le elezioni regionali. Alla p r o v o c a z i o n e della sinistra del P P I - di p r o v o c a z i o n e bisogna p a r l a r e p e r la scelta d ' u n c a n d i d a t o P r e s i d e n t e d e l Consiglio, P r o d i , a v v e n u t a all'insaputa del segretario del p a r t i t o - Buttiglione r i s p o n d e v a c o n u n a p r o v o c a z i o n e p e g g i o r e . L'adesione a l Polo - quale che fosse in astratto la sua ragionevolezza e o p p o r tunità - c o n t r a d d i c e v a u n a deliberazione del Consiglio nazionale che escludeva ogni alleanza sia con la destra sia con Rifondazione c o m u n i s t a . C o n u n a delle sue b a t t u t e intellig e n t i Martinazzoli disse di B u t t i g l i o n e : «Invece di fare il c e n t r o lo distrugge». Le successive vicende del P P I lasciano s u p p o r r e che Buttiglione, cui sarebbe insensato n e g a r e n o tevoli sottigliezze filosofiche, basò la sua s t r a t e g i a su d u e p r e m e s s e e r r a t e . Riteneva d'aver con sé gli organismi deliberativi del partito, e riteneva d'avere con sé la m a g g i o r a n za dell'elettorato. N o n e r a così. Il test del p a r t i t o si ebbe già IT 1 m a r z o , in u n a r i u n i o n e del Consiglio nazionale che sconfìsse p e r p o chissimi voti - si trattò d ' u n a sostanziale parità - la linea di Buttiglione. Questi aveva dichiarato che, se l'assemblea gli si fosse dichiarata contraria, avrebbe d a t o le dimissioni. Poi ci r i p e n s ò e si p r o c l a m ò in carica a tutti gli effetti sostenendo che e r a stato proibito di votare ad alcuni consiglieri a lui favorevoli, e c h e l'esito della v o t a z i o n e e r a stato p e r t a n t o a d u l t e r a t o , e di proposito, da Bianchi, il p r e s i d e n t e del par204
tito. P r e s e così l'avvio u n a t e l e n o v e l a m i s e r e v o l e , e t u t t o s o m m a t o n o n molto a p p a s s i o n a n t e . I probiviri d i e d e r o ragione a Buttiglione che espulse dal P P I c h i u n q u e gli si o p p o nesse, il Consiglio nazionale riconvocato - abusivamente sec o n d o lui - gli d i e d e torto ed elesse un altro segretario nella p e r s o n a di G e r a r d o Bianco, i d u e segretari si d i s p u t a r o n o il n o m e , il simbolo e le p r o p r i e t à del partito, sistemandosi da s e p a r a t i in casa - c o n i l o r o seguaci - nella storica s e d e di piazza del Gesù, che era stata il q u a r t i e r generale della politica italiana e che diventava un ballatoio di c o m a r i rissanti. La controversia finì davanti ai Tribunali con u n a serie infinita di batti e ribatti. Finché i d u e t r o n c o n i litiganti dell'ex D C t r o v a r o n o , a d i s t a n z a d ' o l t r e d u e mesi, nella c o r n i c e m o n d a n a di C a n n e s , un accordo: a Bianco il n o m e (Partito p o p o l a r e italiano), a Buttiglione il simbolo dello scudo crociato. Ma Buttiglione s'illudeva a n c h e sulla composizione e sulle t e n d e n z e dell'elettorato ex democristiano. Al P P I mancava il mastice unificatore che la g e r a r c h i a ecclesiastica, c o n le sue p r o n u n c e , aveva garantito alla D C . Il Papa taceva, poco interessato - tale a l m e n o s e m b r a v a - alle sorti d e l disfatto g r a n d e p a r t i t o dei cattolici: un p a r t i t o la cui sorte ripeteva quella toccata in Polonia alla sua Solidarnosc. I vescovi italiani e r a n o divisi, e a n c h e se i d o c u m e n t i delle loro assemblee avevano u n ' i m p r o n t a m o d e r a t a n o n e r a lecito leggervi un a p p o g g i o a Buttiglione. Alcuni cardinali e vescovi - Ruini, O d d i - e r a n o c o n t r o o g n i a d e s i o n e dei cattolici allo s c h i e r a m e n t o progressista, parecchi altri - come l'arcivescovo M a r t i n i a Milano, o c o m e p i ù s c o p e r t a m e n t e il vescovo d ' I v r e a Bettazzi, p r o n t o a intervenire su ogni questione n o n solo m o r a l e ma politica - d a v a n o la n e t t a i m p r e s s i o n e di p r e f e r i r e P r o d i (e con lui D'Alema) a Berlusconi. Le p r e s e di posizione dei vertici ecclesiastici conservatori di R o m a influivano s u l l ' e l e t t o r a t o assai m e n o del c l e r o p e r i f e r i c o , o dell'Azione cattolica, ostile al Polo. Al di là di q u e s t e sull'influenza della Chiesa c o n t a p e r ò 205
un'altra e risolutiva notazione. Dell'eredità democristiana il P P I e r a riuscito a t e n e r s i , tra i militanti e t r a gli elettori, la fetta più i m p e g n a t a e più «sociale». Le d u e fazioni del Partito p o p o l a r e n o n smettevano un m o m e n t o di richiamarsi all ' i n s e g n a m e n t o e all'esempio d e g a s p e r i a n o , ma la ricostruzione della DC interclassista e «liberale» e r a i m p r e s a t r o p p o al d i s o p r a delle possibilità c o n t i n g e n t i e delle capacità di Buttiglione: votato a u n a missione impossibile. Gli avversari di Buttiglione invocavano a n c h e loro la m e m o r i a di De Gasperi: ma in b u o n a sostanza si rifacevano a d o n Dossetti, al giullare di Dio La Pira, perfino a Giovanni Gronchi, piuttosto che a De Gasperi o al suo ministro di polizia Sceiba. I simpatizzanti p e r il P P I a p p a r t e n e v a n o p r e v a l e n t e m e n te, lo si è a c c e n n a t o , alla s e c o n d a fazione. I d e m o c r i s t i a n i tiepidi, pragmatici, scarsamente sensibili o indifferenti ai valori religiosi, che nello scudo crociato avevano visto p e r quasi mezzo secolo u n a valida difesa contro il pericolo c o m u n i sta anziché un simbolo di fede, e r a n o già trasmigrati altrove. Cosa restava al P P I di consistente e di solido? La militanza dei cattolici «sociali», statalisti, diffidenti verso l'economia di m e r c a t o , a g g r a p p a t i a u n a p a r o l a s o l e n n e e suggestiva, solidarietà, c o n t r o la cui vaghezza e inconsistenza il saggista Sergio Ricossa s'è scagliato in un pamphlet: I pericoli della Solidarietà. Ossia la costruzione d ' u n a Italia e d ' u n m o n d o p i ù giusti, r e d e n t i dall'obbrobrioso c o n s u m i s m o berlusconiano, chini a lenire i disagi e le sofferenze dei deboli e degli o p pressi. La d o t t r i n a della Chiesa - anzi l'insegnamento evangelico - tradotti in p r o g r a m m a politico: c o m e a p p u n t o e r a negli intenti di d o n Dossetti e di Giorgio La Pira. Rosy Bindi dava di questi intenti u n a versione g u e r r i e r a : e tacciava di clericofascisti i b u t t i g l i o n i a n i . Né Rosy B i n d i né Rocco Buttiglione h a n n o il d o n o magico della simpatia: ma l a ^ a sionaria. e il suo schieramento e r a n o in sintonia con il p o t e n ziale e l e t t o r a t o del P P I assai p i ù del filosofo. Lo si verifico presto. C o n la sua quieta operosità da contabile Dini lavorava so206
do p e r assolvere, u n o d o p o l'altro, i q u a t t r o p u n t i d'obbligo del suo p r o g r a m m a . Affrontò anzitutto i tre più semplici, lasciando in coda la spinosa riforma pensionistica. Della man o v r a e c o n o m i c a s'è d e t t o . L'assenso p r o g r e s s i s t a aveva spianato la strada p e r la sua a p p r o v a z i o n e : fermo r e s t a n d o che sull'utilità e sulla sufficienza dei contenuti che essa ebbe si p u ò polemizzare all'infinito senza costrutto, m a n c a n d o la possibilità di verificare ciò che in assenza della m a n o v r a sarebbe accaduto. Vennero poi la data delle «regionali», da ten e r e con u n a n u o v a legge, e la nuova par condicio: che Scalfaro, scontento della regolamentazione a p p r o v a t a da Ciampi, aveva posto c o m e condizione essenziale della d e m o c r a zia («lo Stato che stesse a g u a r d a r e firmerebbe il diritto del più forte, del più violento, di chi d i s p o n e di maggiori mezzi a o p p r i m e r e il più debole»), e che d o p o d'allora n o n s'era stancato di esigere. I d u e p r o v v e d i m e n t i venivano così legati. Il Quirinale n o n voleva che si votasse senza un accettabile equilibrio nella p r o p a g a n d a . C o n il t e r m i n e latino par condicio. Mìa par condicio veniva attribuito un carattere generale, ma le circostanze in cui era varata ne facevano in concreto u n a legge antiberlusconiana: il Cavaliere, infaticabile nella protesta, gridò: «Qui n o n c'è democrazia». N o n fu u n a b u o n a legge (anzi decreto-legge, solo a distanza di mesi conv e r t i t o in legge): o p i u t t o s t o fu u n a legge q u a l e la p o t e v a c o n c e p i r e un sinedrio di professori e di b u r o c r a t i - questa e r a la caratteristica d e l g o v e r n o - nella cui p r o s p e t t i v a le c a m p a g n e elettorali sono un succedersi di clamori molesti, e q u a n t o più se ne abbassano i decibel tanto meglio è. Fu così sancito il p a s s a g g i o da c a m p a g n e elettorali d e b o r d a n t i - e c o m e sappiamo foraggiate da finanziamenti illeciti - a c a m p a g n e c o n la m u s e r u o l a e i p a r a o c c h i , nelle quali perfino gli ammiccamenti dei c o n d u t t o r i di dibattiti o di telegiornali e r a n o sottoposti a controllo. Le n o r m e sulla par condicio, che r i g u a r d a v a sostanzialmente la televisione, sancivano il totale divieto di spot propagandistici nei t r e n t a giorni p r e c e d e n t i il voto, e il totale divieto di s o n d a g g i nei 207
v e n t i g i o r n i p r e c e d e n t i . E r a i n o l t r e p r o i b i t a l a pubblicità elettorale ingannevole, e questo s e m b r ò , p i ù che un e r r o r e , u n ' u t o p i a : p e r c h é la pubblicità e la p r o p a g a n d a elettorali sono p e r l o r o stessa n a t u r a i n g a n n e v o l i , e n e s s u n politico sarebbe a n c o r a vivo se vigesse la p e n a di m o r t e p e r chi p r o m e t t e ciò che sa di n o n p o t e r m a n t e n e r e , e racconta b u g i e r i g u a r d a n t i se stesso, il suo partito, il suo p r o g r a m m a . Le sanzioni e r a n o , p e r i trasgressori, severe: e affidate al g a r a n t e p e r l'editoria S a n t a n i e l l o , u n b r a v ' u o m o c h e n o n brilla p e r polso fermo, e che è stato messo in croce p e r essere i n t e r v e n u t o a u n a manifestazione d ' a p p o g g i o a Prodi. Il g a r a n t e , rilevata u n ' i n f r a z i o n e , a v r e b b e p o t u t o i m p o r r e a chi ne fosse colpevole di porvi r i p a r o - ristabilendo a p p u n to la par condicio - e n t r o q u a t t r o giorni. Al colpevole e r a n o lasciate q u a r a n t o t t ' o r e di t e m p o p e r r i c o r r e r e al T r i b u n a l e amministrativo regionale. Q u i n d i il g a r a n t e avrebbe p o t u t o c o m m i n a r e p e s a n t i m u l t e , e l ' o s c u r a m e n t o fino a quindici giorni della rete televisiva colta in fallo. Quest'insieme di restrizioni n o n piacque quasi a n e s s u n o : n e m m e n o al g a r a n t e che lo definì «oggettivamente ingestibile» p e r l ' e n o r m e m o le dei controlli richiesti, e p e r il contenzioso che ne poteva d e r i v a r e (nella c a m p a g n a p e r le r e g i o n a l i i militari della G u a r d i a di Finanza corsero da u n a televisione all'altra e da u n a stazione r a d i o f o n i c a all'altra p e r farsi c o n s e g n a r e l e «cassette» dei p r o g r a m m i ) , ha par condicio e r a difettosa al p u n t o che ai suoi p r i m i vagiti si vaticinò, con il solito latinetto, d ' u n a par condicio bis. N o n migliori furono gli auspici sotto i quali si p r o c e d e t t e all'elaborazione della legge elettorale regionale: un ennesim o m o s t r o alla cui nascita c o n t r i b u i r o n o d u e d o t t o r i Frankenstein d ' o p p o s t a collocazione politica: il progressista Diego Masi e G i u s e p p e Tatarella di Alleanza nazionale (donde il n o m i g n o l o tatarellum). S e c o n d o la legge i Consigli r e gionali, e i loro p r e s i d e n t i , s a r e b b e r o stati espressi con un sistema a un solo t u r n o p e r I'80 p e r cento p r o p o r z i o n a l e e p e r il 20 p e r c e n t o m a g g i o r i t a r i o : c o r r e d a t o , il sistema, di 208
appositi m a r c h i n g e g n i che consentissero m a g g i o r a n z e stabili. N o n vogliamo a d d e n t r a r c i u l t e r i o r m e n t e nei m e a n d r i di questa normativa p e r n o n disorientare p r i m a noi stessi e poi il lettore. La legge era piuttosto pasticciata: un inconveniente serio p e r i cittadini, ma il m i n o r e degli inconvenienti in confronto a quello r a p p r e s e n t a t o dalla molteplicità dei sistemi con cui gli italiani e r a n o chiamati a votare. Per le «europee» vigeva la p r o p o r z i o n a l e classica. Per le «politiche» vigeva u n a miscela di m a g g i o r i t a r i o - 75 p e r cento - e p r o p o r z i o n a l e - 25 p e r cento - distillata da Mattarella e altri, e p e r q u e s t o battezzata, lo sapete, mattarellum. Per le c o m u n a l i nei centri con p i ù di 15 mila abitanti e p e r le provinciali vigeva un sistema a d o p p i o t u r n o - alla francese p e r intenderci - con successivo ballottaggio se n e s s u n o dei candidati aveva r a g g i u n t o al p r i m o t u r n o il 50 p e r cento dei voti (più u n o ) . Per le c o m u n a l i nei centri c o n m e n o di 15 mila abitanti vigeva il maggioritario secco a un t u r n o . Altre varianti e r a n o state i n t r o d o t t e nelle leggi elettorali delle Regioni a s t a t u t o speciale. Infine c ' e r a n o i referendum. Un e n i g m i s t a che si fosse m e s s o d ' i m p e g n o p e r s o t t o p o r r e a p r o v e d ' e s t r e m a difficoltà gli italiani n o n avrebbe p o t u t o a p p r o d a r e a niente di meglio (o di peggio). Scovato questo tesoro di legge, le «regionali» - r i g u a r d a n t i le sole q u i n d i c i Regioni a statuto o r d i n a r i o - f u r o n o fissate p e r d o m e n i c a 23 aprile 1995. Dagli ultras del resistenzialismo si l e v a r o n o dissensi p e r c h é la vicinanza della data a quella del 25 aprile poteva distogliere l'attenzione degli italiani da un anniversario solenne: ma Dini n o n cambiò idea. Alle «regionali» fu a g g r e g a t o un massiccio p a c c h e t t o di elezioni provinciali, e u n altro m e n o c o n s i s t e n t e p a c c h e t t o d i c o m u n a l i : i l c h e moltiplicò le s c h e d e , i sistemi, in definitiva la confusione. Gli artefici delle n o r m e elettorali ce l'avevano messa t u t t a p e r scoraggiare gli italiani d a l l ' a n d a r e alle u r n e .
CAPITOLO QUINDICESIMO
U N A V I T T O R I A PER U N O
La m a r a t o n a elettorale di p r i m a v e r a ebbe un p r o l o g o , il 9 aprile 1995, a Padova: dove si doveva eleggere un d e p u t a t o che sostituisse alla C a m e r a la radicale E m m a Bonino, inviata a Bruxelles dal g o v e r n o Berlusconi, insieme all'economista Mario Monti, p e r o c c u p a r e i d u e posti di commissario dell'Unione e u r o p e a che spettavano all'Italia. Abbiamo raccontato, in un capitolo p r e c e d e n t e , le vicende un p o ' avvilenti di questa designazione che era stata pretesa da Pannella, e che aveva c o m p o r t a t o il sacrificio di Giorgio Napolitano cui quell'incarico si addiceva a meraviglia. Dirottata la B o n i n o verso l'Unione e u r o p e a , il c e n t r o d e s t r a doveva trovare un candid a t o da o p p o r r e , a Padova, a quello progressista: e il candidato n o n poteva essere, a quel p u n t o , che un «riformatore» pannelliano. II compito d ' e r e d i t a r e - se gli riusciva - il seggio lasciato v u o t o toccò a G i o v a n n i N e g r i , giovane «colonnello» di Pannella che s'era tra l'altro messo in luce - e p e r tanti e r a u n a luce livida - con la sua polemica c o n t r o gli antiabortisti. Nel c u o r e d e l Veneto b i a n c o e c r e d e n t e il Polo delle libertà s ' i m p e g n ò nella g a r a issando, con N e g r i , u n a b a n d i e r a trasgressiva e, p e r i b e n p e n s a n t i cattolici, esecrabile. Ai progressisti n o n parve vero di p o t e r c o n t a r e sull'aiuto s p o n t a n e o che veniva loro offerto: e «ci marciarono» affidandosi addirittura a Giovanni Saonara, frequentatore di sacrestie e prediletto dalla curia e da u n a g r a n p a r t e del clero, se n o n da tutti. Già boy scout, e p r e s i d e n t e p e r nove a n n i dell'Azione cattolica diocesana (la p i ù grossa d'Italia) S a o n a r a era il n u m e r o d u e delle A C L I regionali: u n pedigree d'ortodossia cattolica che n o n avrebbe p o t u t o essere migliore. Ci sa210
r e b b e voluto u n miracolo p e r rovesciare u n pronostico che appariva ovvio, ma p e r i miracoli Saonara era meglio attrezzato di N e g r i . Infatti il progressista sui generis vinse a m a n i basse, il 57 p e r cento dei voti contro il 43 a Negri. L'infortunio di Berlusconi era derivato anche da un marc h i a n o - s e p p u r obbligato - e r r o r e di p e r s o n a . Ma q u e s t a spiegazione - che v e n n e subito avanzata p e r togliere o g n i valore indicativo al test, da Fini snobbato c o m e «un incidente di percorso» - n o n era esauriente. In fin dei conti E m m a Bonino s'era affermata il 27 e 28 m a r z o 1994 in quello stesso collegio, p u r a v e n d o le stigmate negative - negative, sia c h i a r o , p e r o t t e n e r e i consensi d ' u n e l e t t o r a t o «bianco» che e r a n o state causa dell'insuccesso di Negri. C'era qualcosa di p i ù , un c a m b i a m e n t o d ' u m o r i e d ' a t m o s f e r a , sottolineato dalla peculiarità d ' u n a elezione solitaria: e i sondaggisti di Arcore e b b e r o il torto di n o n t e n e r n e il d o v u t o conto, s c r u t a n d o le loro sfere di cristallo p e r le r e g i o n a l i del 23 aprile. Stava a v v e n e n d o , a l m e n o a livello locale, un fenomeno c h e le a m m i n i s t r a t i v e , di p o c o successive, a v r e b b e r o messo in evidenza: la figura e la storia p e r s o n a l e dei candidati diventavano i m p o r t a n t i - e in alcuni casi decisivi - d o v u n q u e l'esito d ' u n d u e l l o fosse i n c e r t o : p i ù i m p o r t a n t i , a volte, dello s c h i e r a m e n t o che li aveva espressi. Poiché p o chissimi e r a n o o r m a i intimoriti dai comunisti che m a n g i a n o i bambini, e dai fascisti che h a n n o a p o r t a t a di m a n o l'olio di ricino e il m a n g a n e l l o , nel t r a m o n t o delle ideologie - e nella loro a m b i g u a sovrapposizione - l'etichetta politica doveva essere rafforzata da u n a p a t e n t e individuale di b u o n s e n s o e di allergia ai colpi di testa. N a u f r a g a t a nella d e l u s i o n e la speranza dei cambiamenti prodigiosi, tornava in quella fetta dell'elettorato che decide, in u n o scontro a d u e , la vittoria, u n a g r a n voglia di normalità m a g a r i grigia ma rassicurante. Un p o ' il m o d e l l o di L a m b e r t o Dini, e della sua s q u a d r a senza fuoriclasse ma a n c h e senza teste matte (poi si vide che a n c h e i n u n a formazione d i b u r o c r a t i p o t e v a a n n i d a r s i u n guastatore, ma le eccezioni c o n f e r m a n o la regola). 211
D'Alema, abituato alle analisi togliattiane dalle quali esula ogni slancio emotivo, s'era reso conto p r i m a e meglio d'altri degli u m o r i che si diffondevano, p e r u s a r e un t e r m i n e caro a Cossiga, t r a la g e n t e : e con flessibilità a n c h ' e s s a togliattiana si dedicò a l l ' a r r u o l a m e n t o di democristiani in servizio attivo, o della riserva, o delle t r u p p e fiancheggiatrici, che fossero presentabili e utilizzabili a sinistra. Se il massimo e s e m p l a r e di questa m e r c e che a n d a v a a r u b a era R o m a n o Prodi - cui v e n n e affiancato nel t a n d e m dell'Ulivo il pidiessino amabile Walter Veltroni - tanti altri e s e m p l a r i m i n o r i s'affacciavano sulla scena politica, e sulla scena elettorale. C o m u n q u e si schierassero, gli eredi della DC p o t e v a n o port a r e a r g o m e n t i n o n s e m p r e convincenti, m a n e m m e n o inconsistenti, a sostegno della loro scelta. Chi optava p e r il Polo delle libertà si rifaceva alla p l u r i d e c e n n a l e crociata anticomunista dei cattolici, incoraggiata e b e n e d e t t a da più papi. Chi o p t a v a p e r il fronte p r o g r e s s i s t a si r i c h i a m a v a alle radici p o p o l a r i della D C , al suo essere un p a r t i t o di c e n t r o che g u a r d a v a a sinistra, alla p r e s e n z a di partigiani cattolici nella Resistenza, all'arco costituzionale, al fermo altolà che Alcide De G a s p e r i aveva o p p o s t o , lui così r i s p e t t o s o della gerarchia, a Pio X I I : il quale, p e r scongiurare il pericolo che i cavalli d e i cosacchi rossi si a b b e v e r a s s e r o alle f o n t a n e di piazza San Pietro, voleva che in vista delle amministrative di R o m a del 1952 fosse formata u n a coalizione antimarxista in cui trovasse posto a n c h e il M o v i m e n t o sociale italiano. Come vuole u n a vecchia regola, nella storia della DC poteva essere trovato tutto e il contrario di tutto: e De Gasperi veniva invocato a sostegno di tesi o p p o s t e . Il che del resto e r a già p u n t u a l m e n t e a c c a d u t o , lo si è visto, nella p o l e m i c a t r a le d u e ali del P P I . In c o n c r e t o il ricorso al serbatoio d e m o c r i s t i a n o , o p i ù g e n e r i c a m e n t e cattolico, aveva motivazioni di bassa cucina politica. N o n o s t a n t e i suoi i n n u m e r e v o l i peccati, a l m e n o da u n o la dirigenza politica democristiana e r a stata i m m u n e : l ' a u t o r i t a r i s m o che n e g a la libertà agli avversari. U n a 212
p o l e m i c a artificiosa p r e t e n d e che la P r i m a R e p u b b l i c a sia stata p e r e n n e m e n t e a l l ' o m b r a d ' u n q u a l c h e golpe, e che la politica di q u e l l u n g o p e r i o d o fosse tracciata da putschisti gallonati, da biechi mestatori dei servizi segreti, da massoni deviati o a d d i r i t t u r a dalla mafia, t r a m i t e il suo affiliato eccellente Giulio .Andreotti. N o n queste della l e g g e n d a n e r a ma b e n altre - e n o n diciamo più lievi - sono state le colpe di quella dirigenza. Negli italiani sedimentava p e r ò la sensazione c h e il c e n t r o cattolico - p u r c h é r a p p r e s e n t a t o da u o m i n i senza macchie tangentizie - fosse u n a garanzia d'equilibrio. I n o l t r e i pezzi recuperabili della m a c c h i n a d e m o cristiana - un t e m p o a n c h ' e s s a s o m m e s s a m e n t e gioiosa e o r m a i d i s i n t e g r a t a - a v e v a n o dalla l o r o u n a c o n o s c e n z a d e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e e delle m a n o v r e di p a l a z z o p a r i se n o n s u p e r i o r e a quella del P D S . Si arrivò così, p e r le presid e n z e regionali, al p a r a d o s s o - che poi lo era fino a un certo p u n t o , se ci si ragionava sopra - di ex democristiani che d o v e v a n o v e d e r s e l a , i n singoiar t e n z o n e , c o n altri e x d e mocristiani. Di particolare risonanza i casi del Lazio - Piero Badaloni c o n t r o A l b e r t o Michelini - e della L o m b a r d i a - R o b e r t o Formigoni c o n t r o Diego Masi. La sfida di R o m a e r a «intestina» p e r d u e motivi: n o n solo c o n t r a p p o n e v a d u e d e m o c r i stiani, m a c o n t r a p p o n e v a d u e mezzibusti i n q u o t a D C alla RAI - e n t r a m b i d'ineccepibile distinzione e compostezza - la cui notorietà da nuli'altro derivava che dall'assidua p r e s e n za sul piccolo s c h e r m o . Il piglio n o n p a r t i c o l a r m e n t e incisivo di Badaloni e Michelini fece p a r l a r e di «duello all'ultimo esangue». Il p a r a d o s s o di Milano e di R o m a - d u e cattolici tra loro accapigliantisi - si ripetè p u n t u a l m e n t e altrove. In Liguria Giancarlo Mori c o n t r o Sergio Magliola; in Abruzzo Antonio Falconio c o n t r o Piergiorgio L a n d i n i ; nelle M a r c h e l'ex magistrato cattolico Vito D'Ambrosio c o n t r o il segretario regionale del P P I Stefano Bastianoni; in Puglia il professor Luigi F e r r a r a Mirenzi c o n t r o il professor Salvatore Di Staso; in Calabria D o n a t o Verardi c o n t r o G i u s e p p e Nisticò.
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La televisione p o t e v a c r e a r e i c a n d i d a t i (facevano testo in p r o p o s i t o i n o m i di B a d a l o n i e Micheiini) : e tuttavia il suo i m p a t t o p r o p a g a n d i s t i c o fu - p r o p r i o p e r effetto della par condicio che a t t e n u ò le diseguaglianze ma mortificò alquanto la vivacità del dibattito - b e n più t e n u e che in p r e c e d e n t i occasioni. I pronostici assegnavano al c e n t r o d e s t r a la m a g g i o r a n z a delle quindici regioni - restavano escluse le cinque a statuto speciale - in cui si sarebbe votato. Era d e t e r m i n a n t e , in q u e sta diagnosi, il fatto che la Lega e Rifondazione c o m u n i s t a n o n fossero i m p e g n a t e da un p a t t o d'alleanza su scala nazionale con lo schieramento di centrosinistra. La m a n c a n z a del loro a p p o r t o e r a ininfluente là d o v e - c o m e nelle a r e e t r a d i z i o n a l m e n t e e i r r e m o v i b i l m e n t e «rosse» dell'EmiliaR o m a g n a , della Toscana, dell'Umbria - il P D S bastava da solo a fare il risultato. Altrove la corsa isolata di Bertinotti e di Bossi poteva sancire l'insuccesso degli antiberlusconiani. Le esegesi degli esperti n o n p o t e r o n o avere u n a r a p i d a conferma nelle proiezioni e poi nei dati ufficiali p e r c h é lo spoglio avrebbe avuto inizio solo l ' i n d o m a n i della consultazione, il 24 aprile: ma la ebbero dagli exit-polis (ossia dalle indicazioni di voto o t t e n u t e i n t e r r o g a n d o gli elettori all'uscita dai seggi) s e c o n d o i quali il Polo delle libertà aveva fatto sua la m a g g i o r a n z a delle regioni, e Forza Italia era il p r i m o partito italiano. Avevano sbagliato gli esperti e - più gravemente avevano sbagliato gli exit-polis. Nel volgere di ventiquattr'ore i quotidiani a n n u n c i a r o n o p r i m a la vittoria del Polo delle libertà, poi la vittoria del centrosinistra. Alcuni duelli rimasero incerti fino all'ultimo, incertissimo quello del Lazio, risolto da u n a manciata di schede. Il Polo si aggiudicò solo sei regioni, a n c h e se tra esse e r a n o le tre p i ù i m p o r t a n t i d'Italia dal p u n t o di vista economico a n c o r più che dal p u n t o di vista d e m o g r a f i c o : L o m b a r d i a , P i e m o n t e , Veneto; e inoltre C a m p a n i a , Puglia, Calabria. Le altre nove al centrosinistra, con le prevedibili roccheforti ex comuniste diventate pidiessine (Emilia-Romagna, Toscana, U m b r i a ) , ma a n c h e con il 214
Lazio, la Liguria, le Marche, l'Abruzzo, la Basilicata e il piccolo Molise. Piuttosto consistente fu l'astensione, patologic a m e n t e alto il n u m e r o delle schede nulle: derivanti senza d u b b i o dal pasticcio d ' u n a elezione che a l l ' i n c o n v e n i e n t e d'essere multipla assommava quello d ' u n a bizzarra diversità di regole. La sconfitta ai p u n t i che il centrodestra aveva subito nelle regionali diventò un k.o. clamoroso nei ballottaggi del 7 m a g g i o p e r le provinciali e le c o m u n a l i . Il d o p p i o t u r n o , non occorrerebbe n e m m e n o ripeterlo, eliminava l'handicap che il centrosinistra aveva p e r la riluttanza della Lega e di Rifondazione ad u n a alleanza organica. Q u a n d o i n o m i dei candidati si r i d u c e v a n o a d u e la scelta di «comunisti» e leghisti diventava ovvia. Nelle province e nei c o m u n i capoluogo il centrosinistra lasciò al Polo delle libertà le briciole. L"80 p e r c e n t o degli enti locali italiani s a r e b b e stato amministrato dalla Quercia e dai suoi cespugli. In b u o n a p a r t e questo trionfo e r a d o v u t o al meccanismo elettorale (del resto p e r un motivo analogo Berlusconi si era imposto il 27 e 28 m a r z o 1994). I dati r i g u a r d a n t i i singoli partiti e r a n o p e r Forza Italia e i suoi alleati m e n o catastrofici di q u a n t o fosse il c o m p u t o delle p o l t r o n e locali, ma anch'essi allarmanti. Il ruolo di p r i m o partito del Paese spettava, con un 25 p e r cento, al P D S . La coalizione berlusconiana, in cui e r a n o inclusi i p o p o l a r i di Buttiglione, s'era d o v u t a accontentare d ' u n p o ' più del 22 p e r cento. L'apporto del filosofo cattolico e r a stato s i c u r a m e n t e esiguo, a n c h e se n o n tanto q u a n t o il sarcastico Giuliano F e r r a r a sosteneva con la battuta «Buttiglione ci ha p o r t a t o il voto suo e dei suoi parenti». Meglio il C C D di Casini, vicino al 4 p e r c e n t o , m a l e Pannella con un misero u n o p e r cento e rotti. Alleanza nazionale - accreditata d ' u n sensibile passo avanti dalle previsioni - n o n r e g r e d ì ma n o n sfondò. Il suo 14 p e r cento - con inusuali penetrazioni al n o r d - allontanò da Berlusconi l'incubo d ' u n sorpasso che avrebbe qualificato Fini p e r la leadership del Polo: ma era t r o p p o poco perché il Polo stesso potesse insistere nella tesi secondo cui Scalfaro e la Lega l'aveva215
no scippato della sua m a g g i o r a n z a nel Paese. S o m m a t i tutti gli a d d e n d i partitici, il Polo aveva il 42 p e r cento circa. E ver o c h e m a n c a v a n o nel c o m p u t o r e g i o n i i m p o r t a n t i , t r a l e altre la Sicilia (il voto siciliano è p e r ò piuttosto imprevedibile) ma il test n o n si prestava a equivoci. Tra le d u e ali dei p o polari, B e r l u s c o n i s'era p r e s a quella i m p i o m b a t a di Buttiglione. Il 6,5 p e r cento di G e r a r d o Bianco (cui va aggiunto il 3,3 p e r cento dei pattisti di Segni) attestava che nella spartizione delle spoglie democristiane al Polo delle libertà erano rimaste poche frattaglie. B e r t i n o t t i e r a c o n t e n t o p e r c h é l a sua fetta d ' e l e t t o r a t o era cresciuta fin oltre l'8 p e r cento - alla crescita aveva sicur a m e n t e contribuito la linea m o d e r a t a di D'Alema - e Bossi e r a c o n t e n t o p e r c h é il n o r d n o n aveva a b b a n d o n a t o la Lega. Il 7 p e r cento su scala nazionale denunciava un calo, rispetto alle «politiche» del '94. Ma e r a u n a smentita alle p r e m a t u r e esequie del f e n o m e n o leghista, a n c o r a vegeto nelle aree in cui era sorto e si era affermato. Sia p u r e grazie a benevole c o n v e r g e n z e dei progressisti, la Lega aveva tra l'altro o t t e n u t o alcune presidenze provinciali i m p o r t a n t i - Berg a m o , C o m o , P o r d e n o n e , U d i n e - e il sindaco di C u n e o . L e c o n s e g u e n z e del r e s p o n s o p o p o l a r e p o s s o n o essere così sintetizzate: 1) Fu rafforzata la posizione di Scalfaro, fu rafforzata la posizione di Dini, fu rafforzata la posizione di D'Alema. Il l u n g o e stucchevole braccio di ferro con il Ouirinaie i m p e g n a t o da Berlusconi aveva trovato giustificazione nel «tradimento» di Bossi e nella creazione in Parlamento d ' u n a m a g g i o r a n z a occasionale e raccogliticcia che, si affermava, n o n r a p p r e s e n t a v a il Paese: p e r c h é il Paese aveva voluto Berlusconi. Il «ribaltone» era stato d u n q u e u n a sconfessione surrettizia della volontà p o p o l a r e . Se la maggioranza era falsa, se Scalfaro e Bossi avevano cambiato le carte in tavola a dispetto dei cittadini, era necessario restituire ai cittadini stessi il diritto d'esprimersi. Da lì la richiesta - martellata da Berlusconi - d'elezioni nel p i ù breve t e m p o possibile. Dal voto amministrativo e r a invece e m e r s o con chiarezza 216
che il Polo delle libertà era minoi-itario. Il che n o n cancellava l'anomalia della r a p p r e s e n t a n z a p o p o l a r e leghista, sicur a m e n t e eccessiva, ma toglieva f o n d a m e n t o alla tesi secondo cui, d o p o il giro di valzer di Bossi, il Cavaliere n o n aveva p i ù la m a g g i o r a n z a in P a r l a m e n t o , ma la c o n s e r v a v a nel Paese. 2) La doccia gelata delle u r n e n o n poteva che a t t e n u a r e la focosa insistenza del Polo nel c h i e d e r e «politiche» sùbito. Per o n o r di firma, Berlusconi e Fini n o n si discostarono verb a l m e n t e da quella linea. Ma il c u o r e n o n c'era p i ù , i lam e n t i p e r la m a g g i o r a n z a scippata s u o n a v a n o o r m a i vuoti e falsi. I portavoce di Forza Italia ripetevano - e n o n avevano tutti i torti - che tra u n a consultazione amministrativa e u n a consultazione politica la distanza è grossa, che la personalità di Berlusconi aveva influito m e n o di q u a n t o s a r e b b e accad u t o se si fosse votato p e r il P a r l a m e n t o , che il rassemblement del Cavaliere m a n c a v a a n c o r a delle s t r u t t u r e e della p r e senza capillare sul territorio che distingueva il P D S e i p o p o lari (e anche Alleanza nazionale). Se p e r ò il Polo avesse otten u t o ciò che i pronostici e gli exit-polis avevano e r r o n e a m e n te anticipato, la diagnosi s a r e b b e stata b e n diversa. Q u e l l o che negoziava con Scalfaro e con Dini era o r m a i un Cavaliere dimezzato, a t t o r n o al quale i «cespugli» del Polo refrattari a elezioni ravvicinate p o t e v a n o far valere il l o r o p a r e r e . Al Quirinale e a Palazzo Chigi si apriva un ventaglio a m p i o di p r o p o s t e e di soluzioni. 3) Massimo D'Alema doveva s o p r a t t u t t o g u a r d a r s i dalle tentazioni d ' u n ottimismo sconsiderato: ossia lo stato d'animo che aveva causato già alle sinistre - c o m i n c i a n d o dal fatidico 18 aprile 1948 - smacchi cocenti. Il c e n t r o d e s t r a e r a vivo, e c o m e «blocco» s u p e r a v a i progressisti senza L e g a e senza Rifondazione. L'esito delle amministrative consentiva tuttavia al leader della Q u e r c i a d ' a n d a r e senza p a t e m i ad eventuali elezioni a b r e v e : e d'accettare, e g u a l m e n t e senza Patemi, u n a p r o r o g a della legislatura fino al 1996. L'istinto gli suggeriva di sfruttare a f o n d o il b u o n m o m e n t o . Altre 217
considerazioni - gli alleati m i n o r i n o n vedevano con favore la p r o v a delle u r n e e la L e g a le v e d e v a c o m e un i n c u b o ; Prodi mancava ancora di carisma come massimo e s p o n e n t e dell'Ulivo; la fascia m o d e r a t a della coalizione progressista e r a p e r Dini - lo s p i n g e v a n o a r i t a r d a r e le «politiche». Essenziale e r a p e r lui che fossero sottolineati, nei c o m p o r t a m e n t i dei progressisti, la loro ragionevolezza n u t r i t a d'ideali e il loro p r a g m a t i s m o , il loro c r e d e r e nelle leggi dell'econ o m i a e nei valori migliori della solidarietà. D'Alema spezza ferro-, c o m ' e r a stato s o p r a n n o m i n a t o , appariva convertito al «buonismo», a u n a visione ottimistica e pacata dei r a p p o r t i sociali e della dialettica politica, ai meriti del deamicisiano G a r r o n e . Il suo G a r r o n e D'Alema l'aveva, ed era Rom a n o Prodi: cosicché, essendo stato Prodi ridotto dal Cavaliere alle d i m e n s i o n i d ' u n «dottor B a l a n z o n e » , il «buonismo» fu anche chiamato balanzonismo. Si p u ò perciò immag i n a r e q u a n t o a D'Alema sia seccata l'intolleranza recidiva d e i p a r t e c i p a n t i alle manifestazioni milanesi d e l 25 aprile - q u e s t a volta nel c i n q u a n t e n a r i o - che i g n a r i del «buonismo» e delle sue esigenze avevano espulso con le cattive dalle manifestazioni stesse gli e s p o n e n t i di Forza Italia. In questa replica a g g i o r n a t a di ciò che era accaduto un a n n o prim a , la L e g a n o n ebbe a subire ostracismi e insulti: anzi fu accolta con fervorosa cordialità tra gli aventi diritto a rivendicare i valori della Resistenza. Scalfaro esortò a un «dialogo civile» e al «rispetto p e r gli avversari», D'Alema p a r l ò di «cose b r u t t e e gravi». Di p a r e r e o p p o s t o fu U m b e r t o Bossi, che p u r e aveva s p e r i m e n t a t o sulla sua pelle l'accanimento degli estremisti, e che tranquillamente sentenziò: «Gli intolleranti sono quelli di Forza Italia. C h e p e r tutto l'anno n o n si c o m p o r t a n o d e m o c r a t i c a m e n t e . Visto che p o r t a n o avanti principi antiliberali, è fatale che ci siano reazioni del g e n e re. Sono loro che h a n n o p o r t a t o il fascismo in tutto il Paese, sono i peggiori fascisti dagli a n n i Venti a oggi. Se fossero andati sul palco, noi n o n s a r e m m o saliti». La catena di m o n t a g g i o elettorale e r a in servizio p e r m a 218
nente, e così all'indomani dei ballottaggi amministrativi ebbe avvio la battaglia p e r i dodici referendum sopravvissuti al vaglio della C o r t e costituzionale, e i n d e t t i p e r I T I g i u g n o . L'applicazione integrale della par condicio, con le sue n o r m e restrittive, a v r e b b e p o r t a t o alla c o n s e g u e n z a che solo p e r q u a t t r o giorni, dall'8 maggio all'I 1 maggio, la pubblicità e la p r o p a g a n d a elettorale si sarebbero svolte senza condizionamenti. Fino a tutto il 1 maggio era valso il silenziatore p e r le amministrative. Dal 12 maggio in poi, cominciato il mese di par condicio p e r i referendum, la dialettica degli schieramenti si sarebbe dovuta a d e g u a r e ad essa. Ma un fatto n u o v o rivoluzionò il q u a d r o propagandistico della c a m p a g n a . La Consulta, chiamata a pronunciarsi - da un ricorso dei «riformatori» pannelliani - sulla validità della n o r m a che equiparava i referendum - agli effetti della par condicio - alle altre elezioni, disse che n o n era così. I referendum facevano p a r t e p e r se stessi: di c o n s e g u e n z a e r a vietato vietare gli spot pubblicitari nei trenta giorni p r e c e d e n t i il voto. La Corte costituzionale, p r e sieduta da Antonio Baldassarre, bocciava come «incongrua, sproporzionata e irragionevole» la n o r m a r i g u a r d a n t e i referendum c o n t e n u t a nel decreto governativo sulla par condicio. Per le elezioni «normali», osservavano i giudici della Consulta, e r a giusto privilegiare la p r o p a g a n d a sulla pubblicità «al fine di p r e s e r v a r e l'elettore dalla s u g g e s t i o n e di messaggi brevi e n o n motivati». In soldoni: un g r a n d i n a r e di spot che incitassero a votare Caio o Tizio prescindeva da ogni valutazione sui p r o g r a m m i dei c a n d i d a t i , e agevolava un tipo di suggestione irrazionale e meccanica. Ma nei referendum, p r o seguiva la C o r t e costituzionale, «i messaggi t e n d o n o , p e r la stessa s t r u t t u r a binaria del quesito, a risultare semplificati, così da r e n d e r e sfumata la distinzione tra le forme della p r o p a g a n d a e le forme della pubblicità». Il che n o n significava, precisò lo stesso Baldassarre, che gli spot referendari fossero m e n o ingannevoli degli altri: significava soltanto che l'opzione e l e m e n t a r e t r a un sì e un no aveva c o m e logica conseguenza messaggi altrettanto elementari, e n o n argomentati. 219
La sentenza destò comprensibile esultanza nelle file di Forza Italia, e irritazione tra i «progressisti»: che chiesero un intervento di L a m b e r t o Dini p e r c h é bocciasse la bocciatura della Consulta. Secondo D'Alema la decisione ledeva i principi di libertà e di parità. La d i s p u t a n o n d e r i v a v a di sicuro d a l referendum sugli orari d ' a p e r t u r a dei negozi o da quello sulle t r a t t e n u t e sindacali nelle b u s t e paga. Derivava dai referendum sull'assetto televisivo, di g r a n l u n g a i più i m p o r t a n t i dal p u n t o di vista politico. C o n le sue p a g i n e t t e , la C o n s u l t a aveva restituito alla Fininvest la possibilità di usare la p o t e n t e a r m a r a p p r e sentata da tre reti televisive nazionali p e r m e t t e r e in m i n o ranza i sì che le avrebbero tarpato le ali. I c a n n o n i di Berlusconi e r a n o abilitati a s p a r a r e le loro b o r d a t e senza i t a p p i della par condicio. Ma p r i m a di r i p r e n d e r e più specificamente il discorso sui quesiti televisivi c r e d i a m o di dover a l m e n o sinteticamente illustrare l'intero blocco dei referendum, indicandoli con la loro n u m e r a z i o n e ufficiale. I referendum c o n t r a s s e g n a t i c o n i n u m e r i 1, 2, 3 e 7 rig u a r d a v a n o il sindacato. I p r i m i tre m i r a v a n o ad abolire o a t t e n u a r e i criteri secondo i quali veniva stabilita la r a p p r e sentatività dei sindacati nelle aziende o nel pubblico impiego, e la loro qualificazione a trattare con la c o n t r o p a r t e . Le n o r m e vigenti p r i v i l e g i a v a n o le g r a n d i c o n f e d e r a z i o n i o i sindacati a u t o n o m i più forti: quelli cioè che avessero firmato contratti collettivi a livello provinciale o nazionale. Dal sì sarebbe stata r i d i m e n s i o n a t a l'influenza di C G I L , C I S L e U I L - che in alcuni settori aveva carattere d ' e g e m o n i a - e sarebbe stato d a t o fiato sia alla p o l e m i c a a n t i s i n d a c a l e di chi, a destra, aveva mal tollerato le mobilitazioni di piazza c o n t r o il g o v e r n o Berlusconi e il m o d o consociativo in cui era stato trattato il n o d o delle pensioni, sia allo s p o n t a n e i s m o estremistico dei vari C O B A S . A n c o r p i ù insidioso p e r le g r a n d i confederazioni appariva il referendum n u m e r o 7, il cui scopo era l'abolizione della delega pressoché automatica con cui i d i p e n d e n t i autorizzavano i loro datori di lavoro a prelevare 220
dalla b u s t a p a g a u n a s o m m a d a d e s t i n a r e a d u n sindacato dai d i p e n d e n t i stessi indicato. Il finanziamento delle confederazioni rischiava perciò u n a sensibile contrazione: anche se m e n o sensibile di q u a n t o si potesse s u p p o r r e p e r c h é la delega ai datori di lavoro derivava sovente da accordi collettivi, n o n da u n a legge generale; e quegli accordi sarebbero rimasti c o m u n q u e validi. Il referendum n u m e r o 4 si p r o p o n e v a di i m p e d i r e che gli a p p a r t e n e n t i alla criminalità organizzata fossero obbligati dal P r o c u r a t o r e nazionale antimafia al «soggiorno cautelare» in località l o n t a n e dalla regione di residenza. La d e p o r tazione di mafiosi e camorristi aveva i n n e s t a t o il virus mafioso - s e c o n d o i p r o m o t o r i del referendum, e n o n e r a un'idea b a l z a n a - in a r e e che ne e r a n o i m m u n i , p e n a l i z z a n d o n o n i malavitosi, cui si s c h i u d e v a n o n u o v i «mercati», ma i centri in cui venivano trasferiti. I referendum n u m e r o 6 e n u m e r o 9 si riferivano alla liberalizzazione delle attività commerciali: i sì a v r e b b e r o allargato a dismisura la discrezionalità delle autorità competenti nel c o n c e d e r e o no la licenza p e r l ' a p e r t u r a d ' u n negozio (con abolizione dei «piani comunali del commercio»); e inoltre avrebbero rimosso ogni vincolo c o n c e r n e n t e gli orari dei negozi, a u t o r i z z a t i a r i m a n e r e a p e r t i in qualsiasi o r a del giorno e in qualsiasi giorno della settimana. II referendum n u m e r o 8 voleva e s t e n d e r e ai c o m u n i con più di quindicimila abitanti le n o r m e elettorali in vigore p e r gli altri. In sostanza esso p r o p o n e v a c h e a n c h e nei g r a n d i comuni si votasse in un solo giorno, e che fosse eletto sindaco il c a n d i d a t o che avesse o t t e n u t o più voti, p u r se n o n superasse la soglia del 50 p e r cento: m e n t r e con la legge esistente si a n d a v a - s e m p r e che nessun c a n d i d a t o avesse avuto più del 50 p e r cento - al ballottaggio tra i d u e candidati meglio piazzati. L'ultimo e p i ù i m p o r t a n t e «pacchetto» r e f e r e n d a r i o - quesiti n u m e r o 5, 10, 11, 12 - r i g u a r d a v a l'assetto radiotelevisivo italiano. M e n o rilevante il referendum n u m e r o 5, che 221
p r e v e d e v a la possibilità p e r i privati d ' e n t r a r e nella società che possiede la RAI, e che h a p e r azionisti T I R I (99,55 p e r cento) e la Società italiana autori ed editori (0,45 p e r cento): meno rilevante, s'è detto, p e r c h é la «privatizzazione» (proposta dalla Lega) n o n intaccava il c a r a t t e r e di servizio pubblico della R A I , n o n toglieva all'iRi la m a g g i o r a n z a , n o n stabiliva quale quota minima dovesse finire sul mercato. La vera partita si giuocava sulla sorte d e l l ' e m i t t e n z a privata, ossia, in pratica, della Fininvest. Il referendum n u m e r o 10 vietava ad un privato la possibilità d'essere titolare di più d ' u n a concessione televisiva nazionale (Berlusconi ne aveva tre); il referendum n u m e r o 11 aboliva la facoltà «d'inserire messaggi p u b blicitari d u r a n t e la trasmissione di film, e o p e r e teatrali o liriche o musicali» (e la Fininvest viveva di pubblicità); il referendum n u m e r o 12 toglieva alle imprese di pubblicità la possibilità di raccoglierla p e r tre reti televisive nazionali. Così diversi p e r i p r o p o n e n t i e p e r i temi, i dodici referendum, e r a n o a c c o m u n a t i da u n a caratteristica: m a s c h e r a v a n o come referendum abrogativi - gli unici consentiti dalla Costituzione - dei referendum che in realtà e r a n o propositivi. Dai referendum classici - sul divorzio, sull'aborto - che p o n e v a n o un d i l e m m a semplice ed evidente, b e n risolvibile con un sì o con un n o , si passava - anzi si e r a già passati, con il nucleare ad esempio, o con la p r e f e r e n z a unica o con l'adozione del m a g g i o r i t a r i o - a referendum che s o t t i n t e n d e v a n o questioni complesse, n o n riducibili a d u e sole opzioni. Q u e s t ' e s p e d i e n t e aveva c o n s e n t i t o , è v e r o , d'infliggere colpi mortali alla partitocrazia corrotta: ma p e r un altro verso poteva s c h e m a t i z z a r e al di là dell'ammissibile situazioni controverse, e s o t t r a r n e la soluzione alla sede d e p u t a t a , il Parlamento. Il t a m b u r e g g i a m e n t o della Fininvest in favore del no ai referendum televisivi fu a s s o r d a n t e , abile, e s e c o n d o i p r o gressisti terroristico in q u a n t o a n n u n c i a v a cataclismi inventati: e si valse d ' u n a mobilitazione massiccia n o n solo delle star legate al Biscione, ma a n c h e di a n o n i m i d i p e n d e n t i del 222
g r u p p o . Il g a r a n t e p e r l'editoria Santaniello t e n t ò di argin a r e q u e s t ' o n d a t a suggestiva ed emotiva stabilendo che i filmati a u t o p r o m o z i o n a l i in cui i l a v o r a t o r i della Fininvest esprimevano angoscia p e r il loro posto di lavoro e r a n o «parte i n t e g r a n t e della pubblicità p e r il no»: e che di conseguenza la Fininvest doveva t r a s m e t t e r e g r a t u i t a m e n t e tredici spot del sì, p e n a , in caso d ' i n a d e m p i e n z a , l'oscuramento. C o n t r o la decisione del g a r a n t e , la Fininvest p r e s e n t ò ricorso al T A R della L o m b a r d i a , e il T A R le d i e d e r a g i o n e . I filmati, sancì, e r a n o «dedicati alla storia dell'azienda e n o n già al diverso p r o b l e m a della sua p r o p r i e t à , e della c o n c e n t r a z i o n e delle sue reti». A sua volta S a n t a n i e l l o si rivolse al Consiglio di Stato p e r c h é smentisse il T A R che lo aveva smentito, e riconoscesse la legittimità dei cosiddetti «spot compensativi». Fu gratificato da u n a s e n t e n z a a lui favorevole, c h e tuttavia venne p r o n u n c i a t a a fine luglio, q u a n d o la c a m p a g n a p e r i referendum era o r m a i stata archiviata. M e n t r e gli i n c i t a m e n t i al sì e al no r i s u o n a v a n o in spot, tribune elettorali, dibattiti, appelli, g u a d a g n a v a t e r r e n o l'ipotesi d ' u n a intesa tra i partiti che consentisse di v a r a r e in gran fretta u n a legge in cui fossero accolti i c o n t e n u t i essenziali dei quesiti r e f e r e n d a r i sulla televisione: così che i relativi referendum ne risultassero vanificati. Le «colombe» di Forza Italia si d i c h i a r a v a n o disposte ad accettare un c o m p r o messo, e il P D S lo vedeva di b u o n occhio. Sia Walter Veltroni - che con Vittorio Dotti di Forza Italia fu p r o t a g o n i s t a del negoziato - sia Massimo D'Alema avrebbero preferito evitare i referendum cui Berlusconi aveva dato la valenza millenaristica di «giudizio di Dio». Alla commissione Napolitano a p p r o d ò u n p r o g e t t o c h e t r a c i n c i s c h i a m e n t i , false f u m a t e bianche e vere fumate grigie, n o n passò. I g r a n d i schieramenti opposti si rinfacciarono la responsabilità del fallimento: al quale aveva p e r a l t r o c o n t r i b u i t o in m i s u r a risolutiva U m b e r t o Bossi, che n o n s o p p o r t a v a intese di cui n o n fosse Protagonista, e che p r o p r i o in quei giorni aveva convocato Mantova un « p a r l a m e n t o del nord» cui avrebbe poi dovua
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t o a p p a i a r s i , p e r o p e r a d e l riabilitato M a r o n i , u n «parlam e n t o del sud»: l'uno e l'altro con scopi che nell'interpretazione del Polo (e n o n solo del Polo) e r a n o eversivi. Si trattasse di allestire dei «controparlamenti» o si trattasse di sab o t a r e i ponti tra il Polo e la Quercia, Bossi e r a implacabile nell'affermare il suo diritto di veto. D'Alema e Veltroni p r e sero atto di malavoglia del rifiuto leghista, b e n c h é avessero e n t r a m b i capito che i referendum n o n e r a n o p o p o l a r i , e che la vittoria del sì era tutt'altro che sicura. Il r e s p o n s o delle u r n e - questa volta i sondaggisti ci azz e c c a r o n o , e del resto i risultati f u r o n o noti a t a m b u r battente p e r c h é lo spoglio cominciò subito d o p o la c h i u s u r a dei seggi - convalidò i timori del P D S . Il Polo si p r e s e u n a indiscutibile rivincita, b e n c h é Berlusconi avesse ostentato la sua estraneità alla c a m p a g n a elettorale, limitandosi a un solo int e r v e n t o . L'affluenza alle u r n e s u p e r ò l a r g a m e n t e la soglia m i n i m a del 50 p e r cento richiesta: e la maggioranza dei votanti - che e r a in definitiva u n a m i n o r a n z a degli aventi diritto al voto, tutt'altro che un inedito in questo tipo di consultazioni - si p r o n u n c i ò c o n t r o lo s c h i e r a m e n t o progressista e contro i g r a n d i sindacati. Questi ultimi riuscirono a salvarsi p e r il rotto della cuffia - 50,01 p e r cento di no contro il 4 9 , 9 9 p e r c e n t o di sì - nel referendum n u m e r o 1, r i g u a r d a n t e i criteri di rappresentatività aziendale. Per il resto s u b i r o n o - a voler riecheggiare un titolo del Corriere della Sera - «uno schiaffo storico»: i sì al ridimension a m e n t o di C G I L , C I S L e U I L - incluso il quesito sulle tratten u t e in busta p a g a - f u r o n o in larga prevalenza. I sì - cinq u e in tutto, su dodici referendum - vinsero a n c h e p e r la custodia cautelare, ossia p e r l'abolizione del soggiorno obbligato, e p e r la privatizzazione della R A I . Il resto fu u n a raffica di n o . No alla modificazione della legge elettorale p e r i com u n i con più di quindicimila abitanti, no alla liberalizzazione delle licenze commerciali e dell'orario dei negozi, soprattutto no allo s m e m b r a m e n t o della Fininvest. «Ho fatto bene a fidarmi del senso di giustizia degli italiani» festeggiò dalla 224
casa di Macherio un Berlusconi r e c u p e r a t o d'incanto al suo ottimismo smargiasso. B e n c h é la varietà cromatica delle schede, il n u m e r o dei quesiti, la disparità degli a r g o m e n t i sembrassero fatti a p p o sta p e r confondere le idee di chi n o n aveva disertato i seggi, gli elettori n o n a v e v a n o votato a casaccio. I loro sì e i loro no, giusti o sbagliati che fossero, derivavano da un ragionam e n t o , e da u n a motivazione. Lo attestava l'esitazione a delegittimare totalmente il ruolo di C G I L , C I S L e U I L p u r in u n risultato che le aveva penalizzate; lo attestava la schiacciante m a g g i o r a n z a c h e s'era p r o n u n c i a t a c o n t r o la «deportazione» di mafiosi e camorristi, e la m a g g i o r a n z a esigua che aveva confermato la legge elettorale a d o p p i o t u r n o nei g r a n d i comuni. Questi t e m i e r a n o stati oggetto d ' u n vivace dibattito ma senza sottolineature d r a m m a t i c h e e grancasse pubblicitarie. Che ebbero invece carattere alluvionale, da p a r t e di Canale 5, Rete 4 e Italia 1, nella p r o p a g a n d a per il no ai referendum televisivi. Gli sconfitti del sì a c c a m p a r o n o , p e r s p i e g a r e la sconfitta, l'alibi dello s t r a p o t e r e b e r l u s c o n i a n o n e l l ' e t e r e . Non era un alibi pretestuoso. La Fininvest n o n aveva risparmiato nessun mezzo e nessun mezzuccio - incluse le concioni dei suoi telepredicatori - p e r «lavare il cervello» degli italiani. Ma c o m e già a l l ' i n d o m a n i delle politiche di m a r z o (1994), a n c h e questa volta le teste più fine e più sincere dello s c h i e r a m e n t o p r o g r e s s i s t a r i c o n o b b e r o che il Cavaliere n o n aveva vinto u n i c a m e n t e p e r m e r i t o della televisione. L'avevano a i u t a t o gli e r r o r i degli avversari. Il p r i m o dei quali consistette nell'aver fìnto di p r o p o r r e dei referendum che c o n c e r n e s s e r o il p r o b l e m a televisione nella sua globalità, ma di averli in effetti ridotti ad u n a esecuzione capitale della Fininvest. Gli elettori avrebbero sicuramente avuto un a t t e g g i a m e n t o diverso se la Fininvest e la RAI fossero state messe in causa insieme, e se alla frantumazione d ' u n m o n o polio privato senza o m b r a di d u b b i o t r o p p o p o t e n t e e invadente - soprattutto se a disposizione d ' u n leader politico - si 225
fosse a c c o m p a g n a t o il r i d i m e n s i o n a m e n t o d e l m o n o p o l i o pubblico, che aveva s e m p r e preteso con n o n m i n o r e p o t e n za ed invadenza u n a posizione di assoluto p r e d o m i n i o e che era stato asservito ai partiti - con le assunzioni e con i telegiornali lottizzati - nel più offensivo dei m o d i . Il timido referendum p e r la privatizzazione della RAI - c h e d e l resto n o n veniva dai progressisti, e che D'Alema aveva con intelligenza accettato, s u b e n d o p e r a l t r o le r a m p o g n e degli statalisti tutti d ' u n pezzo - n o n equilibrava la minaccia p o r t a t a alla Fininvest. S u u n a l t r o p u n t o l e a r g o m e n t a z i o n i d i chi aveva p r o mosso il referendum e di chi lo sosteneva a p p a r v e r o deboli. Ai gridi d'allarme dei d i p e n d e n t i Fininvest p e r il loro posto d i lavoro veniva replicato c h e n o n d o v e v a n o avere nessun t i m o r e : e che la creazione, in sostituzione del d u o p o l i o vig e n t e , d ' u n p l u r a l i s m o televisivo avrebbe anzi creato occupazione, e schiuso nuovi orizzonti all'imprenditoria dell'eter e . La tesi e r a sostenibile, e suggestiva. P e r d e v a p e r ò g r a n p a r t e della sua credibilità q u a n d o veniva r i c o r d a t o c h e al sorgere del «fenomeno» Berlusconi il p l u r a l i s m o televisivo esisteva, e n o n era affidato a dilettanti. P r i m a di finire nelle m a n i del Cavaliere, Italia 1 e r a in quelle dell'editore Rusconi, Rete 4 in quelle della M o n d a d o r i : a n c h e la Rizzoli ci aveva p r o v a t o e aveva fallito. N e s s u n o di questi s p e r i m e n t a t i colossi della comunicazione e r a riuscito a r e n d e r e economicamente sane le sue imprese televisive. Rete 4 - lo sappiamo stava a d d i r i t t u r a p e r m a n d a r e a picco la M o n d a d o r i , e l'acquisizione - da p a r t e di B e r l u s c o n i - degli altri m a g g i o r i network privati aveva trovato scarsa resistenza p r o p r i o perché il d i l e m m a era, e in m i s u r a acuta p e r Rete 4, tra lui e la bancarotta. Il che r e n d e v a m e n o convincenti le garanzie di chi g i u r a v a sulle magnifiche sorti della televisione privata d o p o lo scorporo della Fininvest. N o n m e n o discutibile e r a il referendum sulle interruzioni pubblicitarie d u r a n t e la trasmissione di film. S e m b r a v a un referendum dall'esito scontato, p e r c h é o g n i p e r s o n a di b u o n 226
senso, posta di fronte all'alternativa tra film visti nella loro integrità e continuità, e film visti a pezzi e bocconi, n o n p o teva a v e r e d u b b i . Ma il quesito - e gli italiani se ne r e s e r o conto al p u n t o da r i s p o n d e r e imprevedibilmente no - aveva implicazioni b e n più articolate. Si trattava di. v e d e r e - conti alla m a n o - quali fossero senza quel gettito pubblicitario le possibilità d'esistenza delle televisioni private. N o n p e r nulla la Costituzione vieta i referendum sui p r o v v e d i m e n t i fiscali: a n e s s u n o piace p a g a r e le tasse. Il referendum sulle i n t e r r u zioni pubblicitarie avrebbe di sicuro avuto u n a sua obbiettiva validità se a b b i n a t o a un altro in cui si fosse chiesto agli italiani di p r o n u n c i a r s i sull'abolizione del c a n o n e R A I . Berlusconi vinse i referendum, su questo n o n ci piove, anche grazie alla Fininvest c h e vi i m p e g n ò p e r i n t e r o la sua m u s c o l a t u r a p r o p a g a n d i s t i c a . Vinse p e r ò a n c h e grazie alla R A I , e ai s u o i / o n 5 che la volevano trionfante e intatta, nella sua p r e s u n t a verginità anticommerciale. Il Cavaliere aveva i n d i v i d u a t o il tallone d'Achille della strategia avversaria: il partito della R A I n o n s'accontentava di vincere, p r e t e n d e v a di stravincere. Per riuscirci infierì sulla volgarità e sulla stupidità avvilente dei p r o g r a m m i Fininvest che o t t e n e v a n o la massima audience. Questi critici che p a r l a v a n o da un pulpito elitario a v e v a n o ottime ragioni nel d e p l o r a r e l'omogeneizzazione m e d i o c r e cui i telespettatori sono soggetti. Possiamo a g g i u n g e r e che quelle ragioni le condividiamo. Però s e m b r a v a n o d i m e n t i c a r e che i p r o g r a m m i vituperati e r a n o quelli che la g e n t e gradiva, e che l'ambizione di «migliorare» il livello delle trasmissioni n o n e r a c o m p a t i b i l e c o n il consenso di massa (sola eccezione di rilievo, i p r o g r a m m i di Michele Santoro s u RAI 3 ) . Considerazione a m a r a , m a vera. L'aspirazione a d u n a T v e d u c a t i v a c h e n o n sia schiacciata dalla Tv d'evasione (il p i ù delle volte b a n a l e fino alla cretineria) p r e s u p p o n e , è triste d i r l o , u n a gestione a u t o r i t a r i a dell'etere, quello Stato etico che s'arroga il diritto di e r u d i r e il p u p o (ossia il popolo) in un m o d o piuttosto che in un altro: p e r il suo b e n e . Se la scelta è libera - e in d e m o c r a z i a 227
d e v e esserlo - n o n c'è match: il p e g g i o s ' i m p o n e . L'elettore cui viene spiegato che se segue volentieri Dallas o Beautiful o Stranamore è un poveraccio da r i c o v e r a r e al C o t t o l e n g o , si vendica nell'urna. Al risultato dei referendum sulla televisione B e r l u s c o n i - p e r bocca sua o p e r bocca di Fedele Confalonieri, presid e n t e della Fininvest - diede u n a valenza sterminata. Il giudizio di Dio - questa fu la linea b e r l u s c o n i a n a - aveva p r e miato la Fininvest, il p o p o l o aveva detto la sua: e la sentenza conferiva p i e n a legittimità al possesso di tre televisioni nazionali da p a r t e d ' u n p r i v a t o . Il vizio di far d i r e ai referendum m o l t o p i ù di q u a n t o a b b i a n o d e t t o è, lo s a p p i a m o , ric o r r e n t e . Per il nucleare, gli elettori s'erano limitati ad abolire d e t e r m i n a t e agevolazioni concesse agli e n t i locali c h e consentissero l'installazione di centrali: socialisti e Verdi tradussero tutto questo in un no radicale e definitivo all'energia d e r i v a n t e dall'atomo. Allo stesso m o d o , secondo Berlusconi, a v e v a n o a v u t o avallo, dal voto dell'I 1 g i u g n o , sia la M a m m ì , sia l'imperversare della pubblicità commerciale, sia la faziosità dei telegiornali di Fede e Liguori, sia le tante altre sfrontatezze della Fininvest. Berlusconi esagerava, così c o m e esagerava Bossi s o s t e n e n d o che i referendum n o n avev a n o cambiato nulla. La M a m m ì e r a stata colpita a m o r t e , assai p r i m a che ai referendum si arrivasse, dalla sentenza della C o r t e costituzionale in forza della q u a l e n e s s u n singolo privato poteva avere oltre il 20 p e r c e n t o delle concessioni televisive. Essendo queste concessioni dodici in tutto, la Fininvest doveva c e d e r e u n a delle sue reti (ribatteva Confalonieri che in realtà le concessioni disponibili e r a n o quindici, e che se lo Stato le avesse distribuite t u t t e , le t r e assegnate alla Fininvest n o n a v r e b b e r o s u p e r a t o la soglia massima). R e s t a v a n o i n s o m m a sul t a p p e t o i p r o b l e m i d e l l ' a n t i t r u s t , d ' u n a par condicio riveduta, e del conflitto d'interessi creato dall'essere la stessa p e r s o n a un ex Presidente del Consiglio in vena di recidiva e il titolare di un i m m e n s o p o t e r e nel sett o r e delicatissimo della c o m u n i c a z i o n e televisiva e della 228
s t a m p a . Berlusconi aveva vinto u n a battaglia, n o n la g u e r ra. Ma si sentiva p i ù forte (gli ricresceva d e n t r o la voglia di «politiche») ed e r a in g r a d o di t r a t t a r e in posizione di vantaggio m e n t r e avviava la g r a d u a l e vendita di q u o t e della Fininvest.
CAPITOLO SEDICESIMO
T U T T E LE STRADE C O N D U C O N O A BRESCIA
D o b b i a m o o r a rituffarci nel v i l u p p o di processi, inchieste, incriminazioni, testimonianze, accuse, controaccuse, p e t t e golezzi, scoop giornalistici, colpi di scena esibizionistici che ha avvolto negli ultimi mesi - sulla scia del resto di q u a n t o e r a a c c a d u t o in p r e c e d e n z a - la vita pubblica italiana. Un labirinto, o meglio a n c o r a u n a g i u n g l a in cui bisogna farsi largo con il machete, nel tentativo di sfrondare la n a r r a z i o n e dagli e l e m e n t i m a r g i n a l i , e di t e n e r s i all'essenziale. E u n a giungla nella cui p e n o m b r a o d o r o s a di p u t r e d i n e capita facilmente di s m a r r i r e l ' o r i e n t a m e n t o . Gli spiragli di luce sono rari, p e r lo p i ù ci si m u o v e in u n a semioscurità mistificatrice. La quasi totalità delle v i c e n d e di cui ci o c c u p e r e m o , affidata com'è ai t e m p i t a r t a r u g h e s c h i della Giustizia italiana, è l o n t a n a dalla conclusione. Consentiteci d u n q u e di rim a n e r e a volte nel v a g o p e r e v i t a r e le insidie alle quali è soggetto chi p r o c e d e su queste sabbie mobili. La selva selvaggia delle i m p u t a z i o n i , degli arresti, degli avvisi di garanzia, delle iscrizioni nel registro degli indagati, delle ispezioni (il t u t t o c o n i m m a n c a b i l i risvolti politici) è cresciuta rigogliosa, se vogliamo essere schematici, a t t o r n o a d u e p e r s o n a g g i : A n t o n i o Di Pietro e Silvio Berlusconi. Il riferimento ad A n t o n i o Di Pietro va esteso al pool di «mani pulite», con le sue p r o p a g g i n i - o i suoi antagonisti - in altre P r o c u r e e in altri uffici giudiziari; il riferimento a Silvio Berlusconi va esteso al fratello Paolo, ai suoi p i ù i m p o r t a n t i e stretti collaboratori, e alla colossale a z i e n d a di famiglia, la Fininvest. E vero che Di Pietro e Berlusconi e r a n o già stati a l u n g o p r o t a g o n i s t i d ' u n o s c o n t r o g i u d i z i a r i o d a n o i rico230
s t r u i t o nei capitoli p r e c e d e n t i : ma allora i r u o l i p a r e v a n o n e t t a m e n t e delineati. Da u n a p a r t e Di Pietro - e il pool milanese - i m p e g n a t i in un implacabile lavoro di scavo nei misteri tangentizi della Fininvest, dall'altra il Cavaliere che si d i f e n d e v a a t t a c c a n d o , e g r i d a v a alla c o n g i u r a . Poi, quasi c o n t e m p o r a n e a m e n t e , Silvio B e r l u s c o n i fu c o s t r e t t o a lasciare Palazzo Chigi e Di Pietro si dimise d r a m m a t i c a m e n t e dalla m a g i s t r a t u r a . Nella p r i m a v e r a del 1995 li ritroviamo, ma n o n s o n o p i ù gli stessi. N o n lo è B e r l u s c o n i , che dalla politica ha avuto l'altare e la polvere, e che lotta p e r conservare l'aureola - b e n c h é a p p a n n a t a - del leader. N o n lo è Di Pietro che, smessa la toga, n o n ha p e r ò d e posto la p e n n a , anzi. I quotidiani si sono disputati i suoi articoli, dei quali aveva i m p o r t a n z a la firma. S'è p r e s t a t o anche a far da g a r a n t e a un q u o t i d i a n o fondato da Gigi Vesigna, II Telegiornale, che ha avuto - associato a m a r a m e n t e in questo a La Voce - breve esistenza. L'Università libera di Castellanza gli ha messo a disposizione u n a cattedra, p e r lezioni c h e m a i a b b i a m o a v u t o la s o r t e d'ascoltare, ma c h e imm a g i n i a m o siano state a d e r e n t i al suo p r a g m a t i s m o senza fronzoli e senza voli. La Commissione stragi se l'è accaparr a t o c o m e c o n s u l e n t e , i n c a r i c a n d o l o a t a m b u r b a t t e n t e di e s p r i m e r e u n p a r e r e sulle i n d a g i n i c h e l a m a g i s t r a t u r a d i Bologna aveva c o n d o t t o sui crimini della «Uno bianca»: la relazione che in p o c h i giorni Di Pietro mise n e r o su bianco - lui n o n è davvero un t e m p o r e g g i a t o r e elusivo - fu esplicit a m e n t e censoria. I n questo p a n o r a m a cangiante r i m a n e v a uguale a se stesso - b e n c h é o r b a t o della sua star - il pool di «mani pulite». Borrelli, D'Ambrosio, Davigo e Colombo, con i rincalzi sopraggiunti, e r a n o più che mai risoluti a p u n i r e i corrotti e a s g o m i n a r e gli avversari. Tra questi - l'abbiamo anticipato b r e v e m e n t e in altra pagina del libro - dovettero d'improvviso a n n o v e r a r e il G u a r dasigilli del g o v e r n o Dini, Filippo Mancuso: che r i t e n n e , lo sapete, di d o v e r avviare un p r o c e d i m e n t o disciplinare contro il pool, sia p e r il m o d o in cui i suoi c o m p o n e n t i «storici» 231
- t r a n n e Di Pietro - avevano accolto gli ispettori inviati dall'allora ministro della Giustizia Biondi; sia p e r il t r a t t a m e n to che il Pm Fabio De Pasquale aveva riservato all'ex presid e n t e d e l l ' E N I Gabriele Cagliari, incarcerato e q u i n d i suicida. Borrelli, D ' A m b r o s i o , C o l o m b o e Davigo a v e v a n o , sec o n d o il m i n i s t r o , « g r a v e m e n t e violato i basilari d o v e r i di correttezza m o r a l e e di lealtà di condotta, sia p e r s o n a l e che a c a r a t t e r e funzionale, c h e i n c o m b o n o sui m a g i s t r a t i , così c o m p r o m e t t e n d o la considerazione che i medesimi d e v o n o meritare». In coerenza con questa p r e s a di posizione, Mancuso aveva disposto la n u o v a ispezione a Milano. L'iniziativa e r a d i r o m p e n t e : p e r c h é veniva n o n d a u n ministro «politico» c o m e Biondi, cui era facile attribuire u n a animosità p r e concetta verso il pool che p e r s e g u i v a Berlusconi: ma da un «tecnico» eccellente, un ex magistrato senza connessioni p o litiche, a m e n o c h e dovesse essere c o n s i d e r a t a tale la sua amicizia p e r Scalfaro. Se voleva d o r m i r e tra d u e guanciali - p e r q u a n t o si riferiva ai p r o b l e m i della Giustizia - Dini aveva di sicuro sbagliato m e t t e n d o a q u e l p o s t o M a n c u s o : c h e è un siciliano piccolo di statura e c o m e molti piccoli - basta p e n s a r e a Fanfani - puntiglioso, risentito, suscettibilissimo, p r o n t o a bacc h e t t a r e tutti, senza r i g u a r d i p e r il loro r a n g o o la loro p o p o l a r i t à . N o n c h e le s u e b a c c h e t t a t e c a d e s s e r o s e m p r e a sproposito. N e m i c o g i u r a t o della «Giustizia spettacolo» nel 1991, q u a n d ' e r a P r o c u r a t o r e generale a Roma, se l'era p r e sa con C o r r a d o Augias che nella trasmissione Telefono giallo aveva rievocato l'assassinio di Simonetta Cesaroni. «Divertim e n t o erratico, processo p a r a p e n a l e di fatto» aveva t u o n a t o Mancuso: r i n c a r a n d o q u i n d i la dose: «Una pubblica disputa con esiti spesso irrimediabili sui diritti attinenti alla libertà e all'onorabilità delle p e r s o n e e delle istituzioni. E q u e s t o ad o p e r a di servizi a s t r u t t u r a pubblica, così c h e i cittadini utenti e le dette istituzioni subiscano, in pratica, la potenziale o effettiva lesione di qualsiasi concepibile loro valore o interesse». Il m a n c u s e s e n o n è un e s e m p i o di scorrevolezza 232
letteraria: si aggroviglia in s u b o r d i n a t e e incisi, e fa sfoggio di termini desueti, con u n a spiccata predilezione p e r «vieppiù». Ma dai suoi arcaismi, dalle sue eccentricità lessicali e dalle sue contorsioni sintattiche il pensiero e m e r g e , sia p u r e a fatica. S e m p r e c o m e P r o c u r a t o r e generale Mancuso aveva stigmatizzato le intercettazioni telefoniche disposte dall'allora Alto Commissario dell'antimafia D o m e n i c o Sica: «Il funzionario» così lo declassava Mancuso «agisce con un p o t e r e che n o n gli spetta. E tuttavia p r e t e n d e di esercitarlo insistendo senza valido titolo p r e s s o gli uffici d e l Pubblico m i n i s t e r o nel n o m e di un'inesistente delegazione g e n e r a l e al r i g u a r do». Anche il «telefono verde» antimafia, istituito p e r raccogliere confidenze, spiacque a Mancuso: «E illegale, un p r o totipo esattoriale della delazione a n o n i m a , un inverosimile e inconcepibile rigurgito di rivoltante medievalità». «Mandarino» di Stato attentissimo alle forme, M a n c u s o si rifiutò d ' a n d a r e al ministero q u a n d o Giovanni Falcone vi convocò, come d i r e t t o r e generale degli Affari penali, tutti i P r o c u r a tori g e n e r a l i italiani. «Un d i r e t t o r e g e n e r a l e » s ' i n a l b e r ò «forse p u ò essere convocato, ma certo n o n p u ò convocare.» Divenuto ministro, lasciò presto i n t e n d e r e q u a n t o poco l'interessasse il Consiglio s u p e r i o r e della m a g i s t r a t u r a . « N o n crediate» dichiarò i n t e r v e n e n d o a u n a r i u n i o n e «che sia qui p e r o t t e n e r e il vostro consenso, sono v e n u t o u n a volta ma n o n v e r r ò più.» L'incursione di Antonio Di Pietro a Bologna - p e r incarico, c o m e s'è accennato, della Commissione stragi - fu da lui r i t e n u t a lesiva d e l l ' a d a m a n t i n a sacralità della m a g i s t r a t u r a . Chiese perciò alla Commissione se fosse «costituzionalmente c o r r e t t o e c o n f o r m e alle leggi» il fatto che un suo (della c o m m i s s i o n e N.d.A.) c o l l a b o r a t o r e «naturalm e n t e privo di veste e c o m p e t e n z a giudiziaria possa formulare valutazioni critiche». Nulla p u ò meglio c o m p l e t a r e q u e ste notazioni sulla personalità di M a n c u s o d e l l ' a c c e n n o ad u n a sua querelle privata, e minima. Il r a m p i c a n t e d ' u n a terrazza della casa di Mancuso aveva sconfinato in un'altra atti233
g u a terrazza, a p p a r t e n e n t e alla vedova d ' u n m a g i s t r a t o : e p a r e che la vedova, anziché usare le forbici p e r eliminare il vegetale intruso, fosse ricorsa a diserbanti chimici, che l'avevano disseccato. Ebbene, su questo contenzioso che avrebbe felicemente ispirato E d u a r d o De Filippo, ma c h e il saggio P r e t o r e r o m a n o avrebbe snobbato, fu i n c a r d i n a t a da Mancuso u n a interminabile lite giudiziaria dagli alterni esiti. U n o come Mancuso, u n a volta messosi in testa che il pool di Milano avesse esorbitato dai suoi poteri, n o n poteva essere fermato né da considerazioni politiche - p e r c h é la politica gli è estranea - né dai suggerimenti o dalle r a m p o g n e di Dini. M a n c u s o è, alla sua m a n i e r a , un g a l a n t u o m o . Ma un g a l a n t u o m o che vedeva nel pool di «mani pulite» la negazione della legge quale la concepiscono gli Ayatollah, secondo i quali p e r s e g u i r e la giustizia è un'offesa a Dio, che ne detiene l'imperscrutabile m o n o p o l i o . Il fedele d e v e stare al Cor a n o , nell'interpretazione d a t a n e dalla gerarchia degli ulem a : Borrelli e i suoi collaboratori, s e c o n d o M a n c u s o , n o n stavano al C o r a n o . Quella scatenata da Mancuso n o n era ins o m m a u n a g u e r r a tra il p o t e r e politico e il p o t e r e giudiziario, e r a u n a delle t a n t e g u e r r e che i m p e r v e r s a n o t r a le toghe: s e m p r e p r o n t e a fare q u a d r a t o in difesa delle p r o p r i e prerogative, divise ed anzi dilaniate n o n solo da rivalità, ambizioni e invidie ma a n c h e sui f o n d a m e n t i stessi della loro - c o m e oggi si dice - filosofia. Per i M a n c u s o l'utilità d ' u n a inchiesta, e il suo costo, sono ininfluenti. Influente è che la si faccia, se a p p e n a u n a virgola n o n delle tavole della legge, ma d e l l ' i n t e r p r e t a z i o n e che i M a n c u s o d a n n o alle tavole della legge, n o n è stata rispettata. N e l l ' a t t e g g i a m e n t o di Borrelli e dei suoi verso gli ispettori v ' e r a stata u n a n o t a e v i d e n t e d'alterigia: ravvisabile d ' a l t r o n d e in tutte le dichiarazioni e decisioni del pool. Ma la faccenda era finita. Gli ispettori n o n avevano m a n c a t o di rilevare, nel loro r a p p o r t o conclusivo, che p e r l'uso del carcere p r e v e n t i v o s ' e r a n o forse verificati, a Milano, «eccessi e forzature», e che sarebbe stato auspicabile «un m a g g i o r di234
stacco dalla notorietà». Il c o m p o r t a m e n t o del sostituto De Pasquale verso Gabriele Cagliari - che s'illudeva di o t t e n e r e la libertà p e r u n a promessa dello stesso De Pasquale, e d o p o che gli era stata negata si tolse la vita - fu più che discutibile: vi m a n c ò - o s s e r v a r o n o gli i s p e t t o r i - quella pietas c h e l'osservanza della legge n o n p u ò escludere. Ma p e r loro e r a fuori discussione c h e le n o t e positive, n e l l ' a z i o n e d e l pool avessero s u p e r a t o l a r g a m e n t e q u e l l e n e g a t i v e : o p i n i o n e questa condivisa, a g g i u n g i a m o , d a q u a n t i n o n siano tifosi acritici della P r o c u r a milanese ma n e m m e n o suoi avversari. Valeva la p e n a di rimettere tutto in discussione? Per Filippo M a n c u s o n o n e r a lecito il m i n i m o d u b b i o . Certo che ne valeva la p e n a . Saverio Borrelli replicò a Mancuso o s t e n t a n d o la m a s s i m a t r a n q u i l l i t à e impassibilità. «Vengano p u r e gli ispettori, v e d r a n n o che stiamo l a v o r a n d o bene.» D'Ambrosio fu a n c h e lui cauto, ma a c c e n n a n d o allo scoramento delle P r o c u r e p e r il varo della legge sulla carcerazione preventiva - che r e n d e v a più difficile il r i c o r r e r e ad essa - d e l i n e ò un reiterarsi dell'assedio al pool. E a g g i u n s e p u n g e n t e : «La g e n t e d o v r e b b e c o m i n c i a r e a c a p i r e c h e è grazie a certi P r o c u r a t o r i g e n e r a l i che p e r d e c e n n i n o n è stato possibile fare inchieste sulla c o r r u z i o n e . U n o aspetta che v a d a n o in p e n s i o n e , poi invece li n o m i n a n o ministri». Concetti s o s t a n z i a l m e n t e a n a l o g h i espresse M a r i o Cicala, vicepresidente dell'Associazione nazionale magistrati, comp a t t a m e n t e schierata a sostegno del pool: «Uomini come Filippo Mancuso, individualmente onesti m a d o m i n a t i d a u n a cultura del formalismo e d e l l ' i m p o t e n z a , h a n n o frenato le indagini e h a n n o sottoposto a p r o v v e d i m e n t i punitivi coloro che si i m p e g n a v a n o nella lotta alla criminalità». Né il mafiologo Pino Aiiacchi né la p a r l a m e n t a r e progressista Sandra Bonsanti e r a n o disposti a c o n c e d e r e a M a n c u s o l'onestà che gli concedeva Cicala. Arlacchi sostenne che e r a amico di Corrado Carnevale, l'ammazzasentenze, la Bonsanti andò oltre: «Il m i n i s t r o M a n c u s o fa p a r t e della vecchia c u p o l a giudiziaria d o m i n a t a d a C a r n e v a l e e d A n d r e o t t i . A l c o n 235
fronto, B i o n d i è stato un g a l a n t u o m o » . Q u e s t e accuse avevano u n a pecca: n e s s u n o ne aveva fatto c e n n o q u a n d o Mancuso era stato n o m i n a t o ministro, e p r i m a che facesse le pulci alla P r o c u r a di Milano. T r a gli ispettori e ispettrici della p r i m a o n d a t a , umiliati dalla v a l u t a z i o n e spregiativa c h e M a n c u s o aveva d a t o del loro lavoro, vi f u r o n o le rituali dimissioni ed e m e r s e r o contrasti: con r i p e n s a m e n t i e smentite, anch'essi rituali. Ma l'ambito in cui l'effetto M a n c u s o e b b e le p i ù vistose r i p e r c u s s i o n i fu s q u i s i t a m e n t e politico: esso si a b b a t t é su L a m b e r t o Dini c o m e u n a tegola i n a s p e t t a t a e p e s a n t e . II P r e s i d e n t e d e l Consiglio, c h e si t e n e v a in e q u i l i b r i o sulla c o r d a sottile della «tecnicità», poteva i m m a g i n a r e mille int o p p i sul suo c a m m i n o : ma l'idea c h e il p i ù grosso glielo creasse u n o d e i d u e e x m a g i s t r a t i c o o p t a t i n e l g o v e r n o - l'altro e r a il m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o Brancaccio, p o i dimissionario p e r u n a malattia che in pochi mesi lo uccise, e sostituito dall'ex capo della polizia Giovanni Rinaldo C o r o n a s n o n l'aveva p r o b a b i l m e n t e mai sfiorato. A quegli ermellini stagionati p o t e v a n o essere attribuite rugginosità b u r o c r a t i che da passacarte, n o n i m p e t i di ribellione. Ma M a n c u s o è Mancuso: e mise nei guai, insieme a Dini, anche la maggior a n z a progressista su cui poggiava il g o v e r n o . N e m m e n o nel Polo le reazioni alla mossa del ministro fur o n o u n a n i m i . Forza Italia e i «cespugli» - n o n tutti - che l'attorniavano l o d a r o n o Mancuso c o m e esempio di integerr i m o e inflessibile servitore dello Stato; un intransigente sac e r d o t e d e l d i r i t t o c h e colpiva l'illegalità d o v u n q u e la vedesse. In Alleanza nazionale affiorarono invece i dubbi, e ci fu chi difese senza esitazioni il pool. A sinistra la riprovazione p e r il gesto di M a n c u s o fu c o r a l e , e a l t r e t t a n t o corale l'imbarazzo. Venne chiesto a g r a n voce che Dini deplorasse M a n c u s o , e lo invitasse ad a n d a r s e n e . Al c h e il ministro rispose alla sua m a n i e r a : ossia e l e n c a n d o c o n tignosa precisione, in S e n a t o , gli esposti e gli e l e m e n t i di fatto su cui si fondava la sua iniziativa, e sottolineando che n o n si sognava 236
n e m m e n o di rassegnare l'incarico. Se il P a r l a m e n t o n o n era soddisfatto di lui, ossia del governo, aveva un m o d o semplice p e r farlo sapere: sfiduciare Dini. Ma p r o p r i o questo l'opposizione, che tanto aveva fatto p e r t e n e r e in piedi l'esecutivo «tecnico», n o n voleva. Il suo scopo e r a di cacciare Mancuso, e salvare Dini con gli altri ministri: fu perciò escogitata la formula della sfiducia limitata a un solo ministro. N o n era u n a trovata inedita. Già sette volte s'era tentato di silurare nello stesso m o d o altrettanti ministri, ma solo un siluro era a n d a t o a bersaglio, quello c o n t r o il ministro della Sanità Francesco De L o r e n z o : c h e p e r ò , conscio della sua coda di paglia, aveva levato le t e n d e p r i m a che le mozioni p r e s e n t a t e c o n t r o di lui fossero discusse. I costituzionalisti e r a n o divisi. E t t o r e Gallo d i c h i a r ò che n e s s u n o p o t e v a cos t r i n g e r e M a n c u s o alle dimissioni, e c h e u n i c a possibile scappatoia e r a u n a crisi di g o v e r n o con reincarico a Dini e conferma di tutti i ministri uscenti, t r a n n e il solo Mancuso. Dini tentò d a p p r i m a di glissare, come se la faccenda n o n lo riguardasse: «Il ministro della Giustizia ha la facoltà diretta ed esclusiva di p r e d i s p o r r e p r o v v e d i m e n t i disciplinari: è sua r e s p o n s a b i l i t à d i r e t t a e n o n r e s p o n s a b i l i t à d i r e t t a del g o v e r n o » . Ma la m i n i m i z z a z i o n e del p o m p i e r e Dini - c h e aveva qualificato c o m e «baggianata» la d i s p u t a sulle ispezioni - si scontrò sia con l'iniziale accanimento dei progressisti, sia con l'irremovibilità di M a n c u s o : cui a n d a v a b e n i s s i m o che Dini definisse «legittime» le ispezioni e pizzicasse il pool, a c c e n n a n d o a «esternazioni vivaci» e a «manifestazioni nocive», m a n o n a n d a v a p e r n i e n t e b e n e c h e p r e n d e s s e l e distanze dalla sua furia inquisitoria. E n e m m e n o gli a n d a v a b e n e che Oscar Luigi Scalfaro avesse rivendicato i meriti del pool, il che aveva tutta l'aria, in quel m o m e n t o , d ' u n a tirata d'orecchi al ministro. C o n linguaggio criptico Mancuso aveva a m m o n i t o , d u r a n t e u n a manifestazione ufficiale a R o m a , che n o n bisognava d a r e ascolto «ai Catoni solenni e pensosi che sostituiscono la necessità di rispettare le leggi con quella della vanagloria verbale o della p r e p o t e n z a di fatto». Altra 237
esternazione a Catania: «Non b a d a t e ai pupazzi pieni di cen e r e e paglia». C h i fossero questi C a t o n i e questi p u p a z z i n o n aveva specificato: ma si p u ò r i t e n e r e fossero tutti coloro che n o n la p e n s a v a n o c o m e lui. C o n Mancuso b e n avvitato alla sua p o l t r o n a il «caso» politico s ' a n d ò c o m u n q u e afflosciando p e r e s a u r i m e n t o d e l c a r b u r a n t e polemico, b e n c h é alcuni strascichi processuali e disciplinari c o n t i n u a s s e r o a dipanarsi p e r forza d'inerzia e di tanto in tanto la questione riavvampasse. L'attenzione era o r m a i rivolta altrove: ossia alle t o r m e n t a t e e attossicate vicende di Antonio Di Pietro. Il 1° aprile del 1995 Di Pietro formalizzò definitivamente l ' a b b a n d o n o delia toga. «Chiedo di essere dichiarato decaduto dall'ordine giudiziario» scrisse al C S M «e ove ciò n o n fosse possibile chiedo che siano dichiarate le mie dimissioni dalla magistratura.» A caldo, Borrelli espresse la s p e r a n z a che «sbollita la rabbia» (e n o n e r a chiaro da d o v e la rabbia in q u e l m o m e n t o derivava) cambiasse idea. «Lui è impulsivo e magari, riflettendoci, ci ripensa. U n a cosa è sicura: mi h a g a r a n t i t o che n o n e n t r e r à i n politica.» T r a s c o r s e r o p o chissimi g i o r n i i n q u i e t i , carichi dell'attesa c h e n e l l ' a r e n a p r e c e d e l ' e n t r a t a del t o r o . L e t r o m b e che l ' a n n u n c i a v a n o squillarono a Brescia, dove veniva celebrato il processo contro il g e n e r a l e della G u a r d i a di Finanza Cerciello e c o n t r o alcuni suoi s u b o r d i n a t i (oltre c h e c o n t r o gli e l a r g i t o r i di mazzette, tra cui era Paolo Berlusconi). D u r a n t e il suo i n t e r r o g a t o r i o Cerciello s o s t e n n e d'aver s a p u t o dal maresciallo Francesco N a n o c c h i o che Di Pietro, q u a n d o a n d a v a nel carcere militare eli Peschiera del G a r d a p e r sentire gli imputati confessi - tra cui a p p u n t o il Nanocchio - p r o m e t t e v a loro indulgenza e un p a t t e g g i a m e n t o gen e r o s o se avessero fatto un n o m e : quello di Silvio Berlusconi. E r a il vecchio tasto delle m a n i e r e forti cui il pool, e Di Pietro in particolare, ricorrevano p e r s t r a p p a r e ammissioni. (Per effetto di questa d e n u n c i a sia Di Pietro sia Cerciello fur o n o iscritti a Brescia nel registro degli i n d a g a t i : Cerciello p e r c a l u n n i a , D i P i e t r o p e r a b u s o d'ufficio. S a r a n n o e n 238
trambi assolti, nel successivo agosto. Di Pietro p e r c h é il fatto a lui attribuito n o n era vero, Cerciello p e r c h é aveva riferito confidenze carcerarie che riteneva avessero fondamento.) Il Cavaliere affettò, p e r la «bomba» di Brescia, un improbabile fair play («mi a u g u r o che la dichiarazione di Cerciello n o n sia vera») ma poi n o n s e p p e resistere alla t e n t a z i o n e dell'affondo: «Se si r i v e l e r à v e r a , e t e m o c h e lo sia, sarà u n a prova in più... che si è aperta la caccia all'uomo... Il team delle toghe rosse di Milano n o n è n u o v o a fatti di questo genere, ne ha commessi parecchi altri». Ma si e r a ancora al p r i m o brontolio di t u o n o del t e m p o rale i m m i n e n t e . C o m e b r e v e diversivo s o p r a v v e n n e l'ann u n c i o che D'Ambrosio avrebbe lasciato il pool p e r suggellare u n a l u n g a c a r r i e r a alla P r o c u r a g e n e r a l e di Napoli, sua città natale. Ma l'annuncio rimase tale, e a distanza d ' u n m e se - d o p o essere stato oggetto, a l m e n o così si credette, d ' u n e m b r i o n e d ' a t t e n t a t o p e r m a n o di pistoleri - D ' A m b r o s i o avrà accantonato ogni proposito di rimpatriata. Il 13 aprile Silvio Berlusconi partecipò, c o m e «mattatore», a u n a p u n t a ta di Tempo reale, la trasmissione di Michele S a n t o r o su RAI 3. Sollecitato dalle d o m a n d e dei giornalisti B a r b a r a Palombelli, G a d L e r n e r e G i a n n i Riotta, il Cavaliere stigmatizzò, u n ' e n n e s i m a volta, il c o l p o basso dell'avviso di g a r a n z i a emesso a suo carico, e a b u s i v a m e n t e pubblicizzato, m e n t r e a Napoli presiedeva u n a conferenza internazionale. Santoro rilevò che l'avviso era stato firmato a n c h e da Di Pietro, e il Cavaliere b u t t ò lì, con studiata nonchalance, un suo sospetto: «L'ha firmato solo p e r c h é è c o n s u e t u d i n e che i provvedim e n t i si firmino collegialmente. N o n sono così sicuro che fosse d'accordo». Santoro incalzava: «Possibile che Di Pietro firmasse u n a cosa di cui n o n e r a convinto?». E q u i Silvio Berlusconi lasciò c a d e r e , davanti all'immensa platea di 8 milioni d'italiani, u n a rivelazione: «C'è stato un colloquio privato tra noi, n o n sono autorizzato a riferirlo». Un Di Pietro i m b a r a z z a t o d i r a m ò i n fretta u n a d i c h i a r a z i o n e laconica: «Di ogni avviso che ho firmato mi sono assunto e mi assumo 239
ogni responsabilità». Nell'intervista a un settimanale egli negava inoltre d'aver mai visto in privato il Cavaliere; ma poi disse che le sue parole e r a n o state travisate, p e r c h é in effetti con Berlusconi s'era i n c o n t r a t o . Per il m a n i c h e o Borrelli la reazione di Antonio Di Pietro alla provocazione berluscon i a n a e r a stata t r o p p o stentata e t r o p p o generica. «Non mi stupisco e n o n mi scandalizzo più che tanto» disse Borrelli «del fatto che u o m i n i politici c o m e Francesco Cossiga, Cesare Previti e Silvio Berlusconi diffondano m e n z o g n e sui r a p porti tra Antonio Di Pietro e i colleghi del pool di cui faceva p a r t e . M a q u e s t e m e n z o g n e n a s c o n o , s o n o r e s e possibili, v e n g o n o alimentate a n c h e dal silenzio di Di Pietro. È un silenzio colpevole e lui lo m a n t i e n e fin d a l g i o r n o della sua defezione... È un silenzio carico di equivoci, che p u r t r o p p o getta u n a luce enigmatica sul suo stesso gesto di uscire dalla magistratura e sui propositi che possono averlo dettato... Di q u a n t o ha fatto gli siamo p r o f o n d a m e n t e grati. Per ciò che n o n ha detto ci sentiamo in qualche misura traditi.» La «luce enigmatica» cui Borrelli accennava poteva essere rozzam e n t e t r a d o t t a in u n a ipotesi c h e del resto altri affacciò in m o d o esplicito: Di Pietro e r a stato «ricattato». La r e q u i s i t o r i a di Borrelli e r a stata - c o m e gli accade q u a n d ' è irritato - a l q u a n t o sopra le r i g h e . La replica di Ant o n i o Di Pietro fu c o n s e g n a t a , il 15 aprile, alle c o l o n n e de La Stampa. D o p o aver ribadito che d ' o g n i atto da lui sottoscritto si assumeva la p i e n a responsabilità, e che n e s s u n o l'aveva costretto ad esserne partecipe, Di Pietro ricorreva a un sottile distinguo: «Il vero d r a m m a d e l l ' i n d a g i n e della P r o c u r a di Milano su Berlusconi è stato n o n l'invio dell'invito a presentarsi (un atto incontrovertibilmente dovuto) ma la scandalosa fuga di notizie a d d i r i t t u r a p r i m a della materiale notifica all'interessato. U n fatto gravissimo n o n solo p e r l'immagine personale dell'interessato, ma s o p r a t t u t t o p e r le istituzioni in generale e il pool di " m a n i pulite" in particolare. T a n t o più» l'inciso n o n e r a casuale «che resta da stabilire se si tratta di un f e n o m e n o corruttivo o p p u r e di u n a patita 240
concussione». A chi sperava di dissociarlo dal pool Di Pietro diceva: «Io sono affezionato a loro c o m e fratelli e n o n rinn e g h e r ò mai il lavoro svolto insieme». Infine u n a notazione astuta e ironica: «Presso la P r o c u r a di Brescia q u a l c u n o mi accusa di aver usato ogni mezzo p e r acquisire p r o v e c o n t r o Berlusconi, e p e r gli stessi fatti alla P r o c u r a di Milano si dice che io mi sia defilato». La recita giudiziaria bresciana n o n lesinava le scene madri. N e l l ' u d i e n z a d e l 18 aprile sfilarono altri testimoni - il poliziotto Domenico Cristiano e l'ex maresciallo dei carabinieri Giovanni Giliberto, e n t r a m b i d e t e n u t i a Peschiera del G a r d a - c h e r i f e r i r o n o u l t e r i o r i c o n f i d e n z e di N a n o c c h i o sulla tecnica inquisitoria di Di Pietro: «spietato, u r l a n t e , u n a v e r a iena» n e l l ' e s i g e r e c h e fosse p r o n u n c i a t o il n o m e d e l C a v a l i e r e . Ma il p e g g i o d o v e v a a n c o r a v e n i r e : e v e n n e q u a n d o l'avvocato T a o r m i n a , difensore di Cerciello, si alzò e chiese c h e A n t o n i o Di P i e t r o fosse c h i a m a t o a d e p o r r e - c o m e i n d a g a t o in un p r o c e d i m e n t o c o n n e s s o - p e r ris p o n d e r e a u n a serie di quesiti: che a l l ' i n a r c a ricalcavano le accuse di cui lo stesso Di Pietro d o v r à poi r i s p o n d e r e . Quali e r a n o stati i suoi r a p p o r t i col costruttore Antonio D'Adamo, incriminato e a r r e s t a t o p e r c o r r u z i o n e , e con l'assicuratore G i a n c a r l o G o r r i n i c o n d a n n a t o p e r u n «buco» d i d e c i n e d i m i l i a r d i nelle casse della MAA? Cosa s a p e v a d e i debiti di giuoco di Eleuterio Rea, c o m a n d a n t e dei vigili u r b a n i milanesi, e d ' u n i n t e r v e n t o del G o r r i n i p e r ripianarli? In quali t e r m i n i il G o r r i n i gli aveva v e n d u t o u n a vettura Mercedes? Quali r a p p o r t i professionali e r a n o corsi tra la moglie di Di Pietro, l'avvocatessa S u s a n n a Mazzoleni, e la MAA? L'elenco di Taormina includeva anche altre vicende, ma possiamo per il m o m e n t o trascurarle. Il Tribunale ritenne che non fosse il caso di convocare Di Pietro. Ma q u e s t o contava p o co. C o n t a v a m o l t o , invece, c h e T a o r m i n a avesse a p e r t o i n forma pubblica e clamorosa un vaso di P a n d o r a il cui devastante c o n t e n u t o - e questo è forse l'aspetto più sconcertante della v i c e n d a - n o n e r a u n ' a u t e n t i c a s o r p r e s a . Articoli 241
- p u r se pubblicati su p e r i o d i c i m i n o r i - e libelli - p u r se editi quasi alla macchia - avevano l a r g a m e n t e anticipato le mezze verità, le indiscrezioni e le insinuazioni che l'avvocato T a o r m i n a s'era deciso a r i p r o p o r r e in u n ' a u l a di Giustizia. Alle dicerie su Di Pietro n o n era stata data i m p o r t a n z a , n e m m e n o nel m o m e n t o in cui il suo a b b a n d o n o della magis t r a t u r a avrebbe d o v u t o evocarle. Aveva agito un processo di «rimozione», p e r lo più inconsapevole, che ha alcune ragionevoli spiegazioni. U n a p r i m a d i s c e n d e dal c a r a t t e r e equivoco, e diffamatorio, che le dicerie s e m b r a v a n o avere. Ma in un Paese d o v e n o n si esita a spacciare c o m e serie le p i ù a s s u r d e fantasie dietrologiche, quel solo e l e m e n t o n o n s a r e b b e bastato p e r a r g i n a r e u n ' a l l u v i o n e di fango. E q u i e n t r a in causa u n a seconda spiegazione. Di Pietro era p r o t e t t o da un a l o n e di sacralità e d'infallibilità c h e faceva di c h i u n q u e n e a p p a n n a s s e l'immagine u n b e s t e m m i a t o r e . L a sua immacolatezza era legata all'autorità e al prestigio del pool di cui e r a stato il simbolo, e d u n q u e o g n i attacco a Di Pietro diventava un favore fatto ai nemici di «mani pulite». Chi toccava Di Pietro - quali che fossero le sue motivazioni, ed e r a n o sovente interessate e biasimevoli - provocava l'ind i g n a t a r e a z i o n e di quasi tutti gli italiani. N o n bastava c h e Di Pietro fosse stato, c o m e e r a stato, un impareggiabile detective e un eccellente Pubblico ministero. Lo si voleva p e r fetto, si n e g a v a la possibilità c h e a n c h ' e g l i fosse i n c a p p a t o nelle u m a n e debolezze alle quali - e in m i s u r a b e n p i ù all a r m a n t e - tanti magistrati c e d o n o . Questa fiducia incondizionata cominciò a vacillare d o p o la b o r d a t a di T a o r m i n a , che Di Pietro liquidò con un lapidario «pagliacciate». Scalfaro esortò a «non sciupare le cose b u o n e » , il ministro dell ' I n t e r n o Brancaccio - che n o n aveva a n c o r a lasciato il gov e r n o - p a r l ò d ' u n «mistero Di Pietro». «Mentirei se dicessi di averci capito qualcosa.» Verso la fine di m a g g i o si s e p p e , p e r la consueta e c o m e di consueto i m p u n i t a fuga di notizie, che la P r o c u r a di Brescia indagava su Di Pietro n o n più - o n o n soltanto - p e r la 242
rudezza con cui i n t e r r o g a v a gli arrestati, ma p e r gli episodi cui aveva alluso Taormina. A quel p u n t o Di Pietro, r i e n t r a t o in Italia da un giro di conferenze in Argentina, capì che n o n poteva più liquidare l'imbroglio con espressioni sprezzanti o c o n articoli sofferti. Doveva p a s s a r e alla controffensiva. Lo fece p r e s e n t a n d o alla P r o c u r a di Brescia un «espostoquerela-memoria» di 21 pagine che r i p e r c o r r e v a p u n t o p e r p u n t o le accuse a lui mosse, via via confutandole. Nel cont e m p o fece s a p e r e che rinunciava ad ogni incarico pubblico. «Sono stato io stesso - scrisse in un editoriale per Repubblica a d e n u n c i a r m i . E a d e n u n c i a r e . Questa storia dei dossier costruiti nei miei confronti deve finire... Sulla mia vita privata in molti h a n n o cercato e s t a n n o c e r c a n d o in tutti i m o d i di gettare fango. Ho allora deciso di affidarmi alla magistratura affinché valuti o g n i mio c o m p o r t a m e n t o passato e p r e s e n t e e s o p r a t t u t t o affinché i n d i v i d u i chi, c o m e , e p e r c h é costruisca nell'ombra ogni g i o r n o accuse e veleni.» Sulle accuse e sui veleni - ossia sulla c o n g i u r a che q u a l c u n o aveva tessuto e continuava a tessere c o n t r o di lui - Di Pietro insisteva a n c h e nell'esposto: rilevando tra l'altro che gli episodi di cui gli si faceva carico e r a n o stati passati al microscopio dagli ispettori di Biondi: che l'avevano assolto. Ecco c o m e stavano le cose, nella ricostruzione di Di Pietro. R a p p o r t i con la MAA. Giancarlo G o r r i n i e r a solo un con o s c e n t e , n o n un a m i c o . Amico e c o m p a g n o di caccia e r a invece O s v a l d o Rocca, che di G o r r i n i e r a i n t i m o . Q u a n d o Di Pietro decise di c o m p r a r s i u n a casa e di cambiare l'automobile - ma n o n disponeva della s o m m a necessaria - Rocca si offrì d'aiutarlo con un prestito di 120 milioni da restituire con t u t t o c o m o d o . La r e s t i t u z i o n e a v v e n n e a d i s t a n z a di qualche a n n o , senza interessi. G o r r i n i e r a al c o r r e n t e della v i c e n d a , e u n a volta fece visita a Di P i e t r o . P a r l a r o n o del prestito, e Gorrini disse che p e r il p a g a m e n t o n o n c'era fretta. Rocca si d i e d e da fare - a n t i c i p a n d o i venti milioni del prezzo - a n c h e p e r trovare a Di Pietro u n a Mercedes usata: che p e r ò Di Pietro r i t e n n e t r o p p o impegnativa, e rivendette 243
p e r lo stesso i m p o r t o ad un amico, utilizzando il d e n a r o p e r l'acquisto di u n ' a l t r a m a c c h i n a . S e m p r e a p r o p o s i t o della MAA, Di Pietro spiegava che n o n v'era stata alcuna pression e , da p a r t e sua, p e r c h é il contenzioso sinistri della società fosse affidato allo studio legale del quale è titolare il suocero Arbace Mazzoleni, affiancato a n c h e dalla figlia S u s a n n a : la seconda moglie, a p p u n t o , di Antonio Di Pietro. Lo studio si occupa di vertenze della MAA da decenni. R a p p o r t i con E l e u t e r i o Rea. Di P i e t r o e il c o m a n d a n t e dei vigili milanesi e r a n o legati da un'amicizia n a t a q u a n d o e n t r a m b i a p p a r t e n e v a n o alla polizia, e p r e s t a v a n o servizio a Milano. Rea aveva il vizio del giuoco, e s'era indebitato p e r varie centinaia di milioni, forse più d ' u n m i l i a r d o . In suo soccorso e r a n o d o v u t i i n t e r v e n i r e , p e r evitare che d i v a m passe u n o scandalo, Giancarlo Gorrini e il costruttore Antonio D ' A d a m o , inquisito p e r mazzette ai politici di S e g r a t e . Di Pietro sostiene d'aver a m m o n i t o Rea a ravvedersi, e d'aver rotto ogni r a p p o r t o con lui q u a n d o s e p p e che frequentava a n c o r a gli allibratori di San Siro. Sostiene i n o l t r e di n o n essersi a d o p e r a t o in favore di Rea nel concorso p e r la n o m i n a a c o m a n d a n t e dei vigili. Era nella commissione che valutava i candidati, ma p a r t e c i p ò solo ad u n a p r i m a seduta, n o n a quella conclusiva. E s u p e r f l u o i n d u g i a r e su altri addebiti fantasiosi o insignificanti. Il q u a d r o che gli accusatori di Di Pietro tracciavano era quello d ' u n magistrato i cui amici e r a n o t r o p p o generosi e le cui relazioni e r a n o pericolose. In tutto questo n o n v'era nessuna indicazione valida di compromessi - o peggio - cui Di Pietro avesse c e d u t o nell'esercizio dei suoi doveri. S e m m a i gli si i m p u t a v a un eccesso di rigore inquisitorio. Ma queste contraddizioni sono consid e r a t e quisquilie sia dai polemisti p r e v e n u t i (e passi) sia da u n a Giustizia refrattaria al b u o n senso. Il «caso» Di Pietro si a n c o r ò a Brescia: u n a sede giudiziaria la cui notorietà deriva dal fatto che vi sfociano tutti i p r o cedimenti contro le t o g h e milanesi. Il compito d'occuparsene toccò al Pm Fabio S a l a m o n e , affiancato dal più giovane 244
collega Silvio Boritigli. Era, quella di Brescia, u n a P r o c u r a i cui c o m p o n e n t i avevano avuto - a l m e n o alcuni tra loro - un passato professionale travagliato: e ad altri - c o m e il Pm Ascione, i n d a g a t o p e r i r a p p o r t i che intratteneva con l'ispett o r e m i n i s t e r i a l e De Biase - t o c c h e r à q u a l c h e fastidio. Il P r o c u r a t o r e capo, Francesco Lisciotto, era in p a r t e n z a - alm e n o così si diceva - p e r via d ' u n a intricata e miserevole faccenda di raccomandazioni, e di certificati d'invalidità fasulli, utilizzati p e r far assumere in u n a banca locale le sue figlie. In base ai singolari criteri punitivi del CSM lo volevano m a n d a r e i n Cassazione p e r «incompatibilità a m b i e n t a l e » . Salamoile aveva c o m p i u t o il p e r c o r s o inverso: p e r «incompatibilità ambientale» era finito a Brescia. N a t o a d A r a g o n a , u n p a e s o n e nei pressi d i A g r i g e n t o , Fabio Salamone - quarantasei a n n i d'età e 1,95 di statura era riuscito a farsi destinare, u n a volta e n t r a t o in magistratura, nella città d'origine: c o m e è regola p e r tanti magistrati, e a nostro avviso m a l a u g u r a t a regola. Q u a n t o sia malaug u r a t a lo d i m o s t r a a n c h e la v i c e n d a di S a l a m o n e , c h e ad Agrigento assolveva le sue i n c o m b e n z e di giudice - n o n di Pm - con diligenza. S e n o n c h é Fabio S a l a m o n e aveva ed ha famiglia, e della famiglia fa p a r t e il fratello m a g g i o r e Filipp o : che s'era b u t t a t o negli affari, ossia in un settore d'attività assai diverso da quello di Fabio (che con Fabio poteva farlo e n t r a r e in rotta di collisione); p e r i c o l o s a m e n t e diverso, se si p e n s a ai legami esistenti in Sicilia tra affari e politica e tra affari e mafia. Dotato d ' u n i n d u b b i o talento nell'accum u l a r e d e n a r o , Filippo S a l a m o n e e r a d i v e n t a t o , t r a i costruttori siciliani, u n a potenza. Si vuole che fosse molto legato a d u e notabili d e m o c r i s t i a n i , Luigi Ciglia e C a l o g e r o M a n n i n o . Di lui si p a r l a v a (e sparlava) molto. Ma n e s s u n a inchiesta fu avviata fino a q u a n d o , messe allo scoperto le fog n e di Tangentopoli, si s e p p e anche delle mazzette di Filippo Salamone: c h e fu arrestato e incriminato. Sul giudice Fabio il riverbero di questi avvenimenti n o n poteva essere che negativo, tanto più che ad essi si s o m m a r o n o le immancabi245
li faide i n t e r n e alla sede giudiziaria. D a p p r i m a passò dal p e n a l e al civile, p o i accettò il t r a s f e r i m e n t o alla P r o c u r a di Brescia (la l o n t a n a n z a da Agrigento n o n gli ha r i s p a r m i a t o laggiù un'iscrizione nel registro degli indagati, da lui contestata c o m e calunniosa, p r o p r i o in r a p p o r t o alle disavventure del fratello Filippo). Per un m a g i s t r a t o ambizioso la cui c a r r i e r a aveva avuto un b r u t t o stop, il fascicolo r i g u a r d a n t e Di Pietro e r a provvidenziale. Assicurava u n a vetrina televisiva costante, e in relazione ad essa u n a popolarità crescente. Salamone aggiungeva i n s o m m a il suo n o m e a quelli dei Pm i cui detti, devot a m e n t e registrati, a s s u m o n o n e l l ' i m m a g i n a r i o collettivo il valore di verità assolute. V a n n o r i c o n o s c i u t e a Fabio Salam o n e p r u d e n z e che altri Pm celebri, forti del prestigio acquisito, d i s d e g n a n o . Sa c e n t e l l i n a r e le i n f o r m a z i o n i , c o n frasi brevi e n o n di r a d o sibilline, in m o d o tale da n o n d a n n e g g i a r e l'inchiesta e da n o n irritare i cronisti. Trovatosi tra le m a n i un pasticciaccio di quel calibro, e con quell'ingomb r a n t e protagonista, Salamone e Bonfigli dovettero scegliere la strategia da s e g u i r e , t r a le d u e che ci s e m b r a fossero ipotizzabili: u n a era la strategia riduttiva. Le colpe attribuite a Di Pietro, che p o t e v a n o avere qualche rilievo disciplinare o, e s a g e r a n d o , a n c h e p e n a l e q u a n d o era in m a g i s t r a t u r a d i v e n t a v a n o , p e r u n c i t t a d i n o qualsiasi, m e s c h i n e b e g h e private. È vero c h e i M a n c u s o p o s s o n o a n c h e s c o m o d a r e la Cassazione p e r u n a pianta inaridita: ma l'esempio n o n semb r a d e g n o d'imitazione. Per di più le ipotetiche colpe e r a n o state p r e s e in considerazione dagli ispettori ministeriali, c h e s o n o m a g i s t r a t i , e c h e le a v e v a n o r i t e n u t e i n d e g n e d ' a p profondimento. Restava la questione delle m a n o v r e ordite da poteri e politici d'ogni risma p e r c a t t u r a r e Di Pietro o p e r squalificarlo (con lui squalificando il pool di «mani pulite»). M a n o v r e c o m p i u t e con ricorso a tutti i mezzi, c o m p r e s i i più subdoli e ignobili. Sul fatto che questo fosse avvenuto n e s s u n o aveva dubbi, e n o n c'era bisogno d'affannarsi t r o p p o p e r fndi246
v i d u a r e il leader e lo s c h i e r a m e n t o cui Di Pietro aveva d a t o m a g g i o r fastidio e cui aveva fatto p i ù gola c o m e possibile partner politico. Il leader e r a Silvio B e r l u s c o n i , lo schieram e n t o e r a Forza Italia. Era stata incessante, nei mesi preced e n t i , l'accusa al Cavaliere di voler d e l e g i t t i m a r e il pool: un'accusa tutt'altro che immotivata, anzi avvalorata da solide pezze d ' a p p o g g i o , e da dichiarazioni del Cavaliere stesso. Ma q u e s t a polemica s'inseriva, ed e r a logico che s'inserisse, nel dibattito politico. A voler tagliar c o r t o , si p o t e v a a n c h e a r r i v a r e alla conclusione che l'inchiesta su Di Pietro n o n avesse r a g i o n e d'essere e che l'inchiesta sui «veleni» fosse inutile p e r c h é già si sapeva benissimo dove, c o m e e con quali i n t e n t i fossero stati sparsi. Per di p i ù l'inchiesta sui «veleni» aveva u n a pregiudiziale in accertamenti r i g u a r d a n ti la veridicità - o la n o n veridicità - di q u a n t o su Di Pietro s'era a n d a t o d i c e n d o e scrivendo. C o m e risultato le futilità dei prestiti e delle Mercedes n o n p o t e v a n o che esserne ingigantite. La seconda strategia e r a quella dell'amplificazione: ossia d ' u n i m p e g n o della P r o c u r a d i Brescia p e r r i e s a m i n a r e - c o m e si stava facendo del resto anche p e r il suicidio di Cagliari - ciò che già era stato da altri magistrati esaminato con scrupolo, e p e r e s p l o r a r e in parallelo il c o m p o r t a m e n t o di Di Pietro e di quanti ci avevano marciato p e r i loro n o n n o bili fini. P u ò darsi che questa linea d ' i n d a g i n e fosse inevitabile: l'aveva indicata lo stesso Di Pietro. Ma essa corrispond e v a a n c h e a u n a costante p r o p e n s i o n e della Giustizia italiana, s o p r a t t u t t o nelle vicende che abbiano risvolti politici, p e r inchieste gigantesche, dispendiose e lente che si p r o p a g a n o e d i s p e r d o n o in più direzioni, e che m a n d a n o sul b a n co dei testimoni un c o n g r u o n u m e r o di politici d'alto livello. Salamone o p t ò p e r questa strada, e con ciò stesso - lo volesse o no - s'iscrisse nel club s e m p r e m e n o esclusivo d e i magistrati che sviscerano e riscrivono u n a trancile della storia d'Italia. A S a l a m o n e la storia di T a n g e n t o p o l i , a Caselli quella della mafia e del p o t e r e d e m o c r i s t i a n o , a Casson 247
quella dei golpe politico-militari, a Salvini quella delle stragi di Stato, a Calia quella della m o r t e di E n r i c o Mattei e dei r a p p o r t i t r a I ' E N I e le sette sorelle del p e t r o l i o , a C o r d o v a quella della massoneria: e via dicendo. Gli studiosi e saggisti di storia italiana c o n t e m p o r a n e a p o s s o n o p e r il m o m e n t o c h i u d e r e b o t t e g a , in attesa dei r e s p o n s i - infallibilmente c o n t r a d d i t t o r i - c h e v e r r a n n o , chissà q u a n d o , da P r o c u r e , Gip, Tribunali, Appelli, Cassazione. L'inchiesta di Fabio S a l a m o n e e r a binaria. Da u n a p a r t e c o n c e r n e v a il Di Pietro i n d a g a t o p e r c o n c u s s i o n e e a b u s o d'ufficio, i n s o m m a le c o n t i g u i t à i n q u i e t a n t i c o n il clan di Giancarlo G o r r i n i e di Eleuterio Rea. Da un'altra c o n c e r n e va il Di Pietro p a r t e lesa p e r l'assedio di cui era stato oggetto, e che l'aveva i n d o t t o alle dimissioni dalla m a g i s t r a t u r a . La seconda direttrice prevalse presto. La P r o c u r a di Brescia d i v e n n e un fortilizio assediato dagli inviati dei g i o r n a l i e delle televisioni, m e n t r e le redazioni e r a n o percorse da voci sensazionali - tra le t a n t e quella d e l l ' i m m i n e n t e a r r e s t o di Di Pietro - e le schegge della b o m b a giudiziaria colpivano a n c h e obbiettivi p i u t t o s t o lontani: c o m e il P r o c u r a t o r e gen e r a l e di Milano Giulio Catelani c h e , finito sotto le forche disciplinari del CSM p e r il suo t o r m e n t a t o r a p p o r t o con Borrelli, disse (un altro!) di volersene a n d a r e dalla magistratura: tanto più che stava r a g g i u n g e n d o i limiti d'età e che l'aveva colpito un infarto. Missili in forma di fax a firma Bettino Craxi piovevano sull'Italia dalle s p o n d e tunisine, carichi di accuse al pool. Del resto Craxi l'aveva s e m p r e detto d'avere in m a n o un p o k e r c o n t r o Di Pietro. Salamone e Bonfigli sentirono Di Pietro più d ' u n a volta. Ma l ' i n t e r r o g a t o r i o c h e fece sensazione fu il p r i m o : diciassette o r e c o n q u a l c h e b r e v e intervallo soltanto. L'indagato doveva avere u n a g r a n voglia di sfogarsi, i Pm u n a g r a n voglia di ascoltare il suo sfogo, che e r a a n c h e un triste amarcord. S a l a m o n e spiegò che il suo c o m p i t o e r a di registrare i fatti e di capire «se questi fatti, siano essi reati o n o , sono stati utilizzati da q u a l c u n o p e r costringere Di Pietro a p r e n d e 248
re d e t e r m i n a t e decisioni». L'ex simbolo di «mani pulite», div e n t a t o da qualche t e m p o molto scorbutico verso i r a p p r e s e n t a n t i della s t a m p a , n o n s ' i n t r a t t e n n e con i cronisti: c h e d o v e t t e r o contentarsi di q u a n t o dichiarò loro il suo difensore Massimo Dinoia. Questi mise in chiaro alcuni p u n t i . 1) Di P i e t r o aveva r e s p i n t o c o m e false - in c o e r e n z a c o n le s u e p r e c e d e n t i p r e s e di posizione - le accuse p e r il prestito, p e r la Mercedes, p e r l'aiuto a Eleuterio Rea; 2) Di Pietro aveva rivendicato il r u o l o da lui svolto p e r far rispettare la legalità in un Paese talmente devastato da gravissime e sistematiche violazioni della legge da s c u o t e r e p a u r o s a m e n t e le fondam e n t a su cui lo Stato si r e g g e ; 3) Di P i e t r o aveva «ampiam e n t e illustrato le articolate e complesse ragioni delle sue dimissioni dalla m a g i s t r a t u r a : dimissioni da lui p r e s e n t a t e p e r s a l v a g u a r d a r e l'inchiesta dalla violenta reazione rivolta c o n t r o di lui e, a t t r a v e r s o lui, c o n t r o la m a g i s t r a t u r a » . Le avevano tentate tutte p e r toglierlo di mezzo, volevano perfino spacciarlo p e r d r o g a t o . Il settimanale EEspresso specificò con s o r p r e n d e n t e precisione che gli «attentati» all'azione e all'onorabilità di Di Pietro e r a n o stati 137. Dall'ipotesi d ' u n a c o n g i u r a discendeva il sospetto che essa avesse u n o o più m a n d a n t i . Giancarlo Gorrini, il p e n t i t o sui generis che nel n o v e m b r e del 1994 s'era p r e s e n t a t o agli ispettori di Biondi p e r d e n u n c i a r e loro i «peccati» di Di Pietro, e r a stato solo un esecutore: colto in r i t a r d o da u n a poco credibile crisi di coscienza (se n o n ispirata da altri, il che sostituiva la convenienza alla coscienza). Sentito da Salamone, G o r r i n i n o n s i discostò m o l t o d a q u a n t o aveva d i c h i a r a t o mesi p r i m a . Insistette nel sostenere che Di Pietro sapeva da dove venissero - ossia da lui Gorrini - i soldi del prestito; e nel sostenere che Di Pietro s'era d a t o da fare, convocando il Gorrini nell'abitazione del costruttore D'Adamo, perché Rea fosse in g r a d o di far fronte ai colossali debiti di giuoco (non solo Di Pietro ma a n c h e Rea smentisce, anzi smentisce perfino i debiti di giuoco). Fin qui si e r a nella normalità d'una inchiesta p e r alcuni aspetti avvilente: e nella n o r m a l i t à 249
r i e n t r a v a n o i viaggi di Salamone a R o m a p e r s a p e r e dai rissanti ispettori ministeriali - d u e dei quali, U g o Dinacci e Domenico De Biase, finirono «indagati» - c o m e fossero and a t e le cose. Ma l'inchiesta invadeva i t e r r e n i della politica q u a n d o veniva posto l'interrogativo riecheggiato dai mezzi d ' i n f o r m a z i o n e : chi è m i s t e r X, chi è il p e r s o n a g g i o c h e istigò G o r r i n i ad essere u n a «gola profonda»? Sergio Cusani, che si atteggiava a vittima di Di Pietro, gli era stato e gli e r a amico. Gli a g e n t i della D I G O S m a n d a t i d a S a l a m o n e in casa di G o r r i n i p e r u n a p e r q u i s i z i o n e vi t r o v a r o n o infatti p r o p r i o Cusani: ma e r a un c o m p r i m a r i o , e la Giustizia - insieme ai giornalisti - cercava un p r i m o attore. Negli a n n i delle sue glorie d'appassionato di cavalli e di dilapidatore - aveva a disposizione le casse della M A A , e le lasciò a secco - G o r r i n i conosceva e frequentava t a n t a g e n t e della Milano che conta (e della R o m a che conta): inclusi nel n u m e r o alcuni b e r l u s c o n i a n i . ^identikit del « p a d r i n o » acq u a t t a t o n e l l ' o m b r a si a d a t t a v a c o m e un abito su m i s u r a a Cesare Previti, che p e r ò sostenne d'essersi mosso n o n contro Di Pietro, ma c o n t r o Gorrini. S a p u t o che Gorrini voleva v u o t a r e il sacco - 23 n o v e m b r e 1994 - negli uffici r o m a n i degli «ispettori», in via G r e g o r i o V I I , Previti telefonò al capo degli ispettori stessi, Dinacci, p e r m e t t e r l o in g u a r d i a : «Stai attento p e r c h é è un personaggio dubbio, tra l'altro inquisito dalla P r o c u r a di Milano. Potrebbe essere u n a m a n o vra c o n t r o Di Pietro e il governo». L'ex Guardasigilli Alfredo Biondi - Salamone volle s p r e m e r e anche lui - disse d'avere agito c o m e la sua carica esigeva (alcuni ispettori, cont r a d d e t t i da altri, asserivano invece d'essere stati sottoposti a pressioni forse n o n del ministro, ma senza d u b b i o dei suoi collaboratori). N e g ò d'essere mister X a n c h e Paolo Berlusconi: c h e a m m i s e p e r a l t r o d i c o n o s c e r e G o r r i n i , d'averlo i n c o n t r a t o , d'essere stato da lui informato delle rivelazioni che s'apprestava a fare. Aggiunse d'avergli consigliato d'agire secondo coscienza. «E paradossale» disse Paolo Berlusconi «attribuirmi u n a responsabilità p e r n o n averlo dissuaso 250
dal suo proposito, convinto e s p o n t a n e o , di d e n u n c i a r e quei fatti.» A Salamone il coinvolgimento di Paolo Berlusconi era p a r s o m e n o i n n o c e n t e , t a n t o che l ' i m p u t a z i o n e a lui attribuita nel registro degli indagati era quella d'estorsione. D o p o Paolo toccò a Silvio, in un c r e s c e n d o r o s s i n i a n o delle testimonianze, di d a r e a Salamone la sua versione dei r a p p o r t i con Di Pietro. Gli spifferi del «palazzaccio» di Brescia lasciarono trapelare informazioni secondo le quali il Cavaliere aveva dichiarato che tra lui e Di Pietro e r a stato stipulato nel febbraio del 1995 (allora si riteneva che le elezioni politiche potessero essere molto vicine) un patto: Di Pietro lanciava un appello agli elettori p e r c h é votassero Forza Italia, e in c o m p e n s o Berlusconi gli garantiva u n a carica imp o r t a n t e , la g u i d a dei servizi segreti. Silvio Berlusconi n e g ò , n o n a p p e n a queste notizie d i v e n n e r o di d o m i n i o pubblico, che avessero f o n d a m e n t o . Aveva sì visto Di Pietro, e scambiato con lui riflessioni sul futuro. Ma nessun do ut des. Fu lo stesso S a l a m o n e a d a r e u n ' i n t e r p r e t a z i o n e a u t o r e v o l e dei c o n t e n u t i che q u e l colloquio aveva avuto, ed e r a u n ' i n t e r p r e t a z i o n e che fustigava Di Pietro. «Il p r o b l e m a è c h e un magistrato in servizio (tale doveva essere considerato Di Pietro, a voler essere pignoli, p e r c h é le dimissioni n o n e r a n o state fino a quel m o m e n t o accettate N.d.A.) p e r mesi e mesi ha a c c o n s e n t i t o c h e si parlasse del suo f u t u r o politico. Di Pietro faceva gola a molti politici... Il fatto è che c'è stato un incontro, e sullo sfondo c'era la collocazione di Di Pietro in u n ' a r e a politica. Del resto c'era stato un incontro ufficiale il 30 m a r z o '94 in cui a Di Pietro era stato offerto un dicastero.» Osservazioni apprezzabili, nel loro rigore i n g e n u o , ma a l q u a n t o u t o p i c h e , e i n g e n e r o s e verso Di Pietro. Vogliamo davvero c r e d e r e che i tanti magistrati prestati alla politica in decenni di P r i m a e Seconda Repubblica, i Violante, i Vitalon e , le T i z i a n e P a r e n t i e altri, n o n a b b i a n o mai avvicinato, p r i m a di fare il g r a n d e passo, gli esponenti dei partiti «di riferimento» e c o n c o r d a t o il loro futuro? E q u a n t i h a n n o p e r questo avuto dei guai? Il Cavaliere ribadì che sull'invio d ' u n 251
avviso di g a r a n z i a r e s o n o t o m e n t r e a N a p o l i e r a in corso u n ' i m p o r t a n t e c o n f e r e n z a i n t e r n a z i o n a l e , D i P i e t r o s'era trovato in disaccordo con il resto del pool. Il luglio 1995, infuocato dal solleone e da u n a r i d d a di s m e n t i t e incrociate si c h i u s e , p e r q u a n t o a t t e n e v a al torm e n t o n e Di Pietro, con un capitoletto ingrato (e il t e r m i n e va p r e s o in tutte le sue accezioni). In un suo libro (La donna che inventò se stessa) Marina Ripa di M e a n a - vivace signora il cui m a r i t o Carlo e r a diventato, d o p o u n l u n g o p a r c h e g g i o n e l l ' e n t o u r a g e craxiano, c o o r d i n a t o r e dei Verdi - aveva acc e n n a t o a confidenze c o m p r o m e t t e n t i di Giuliano A m a t o . Questi - siamo nell'agosto del 1992 e Amato era Presidente del Consiglio - a v r e b b e telefonato a Carlo Ripa di M e a n a , amico, c o m p a g n o di partito, e ministro del suo g o v e r n o , p e r dirgli che «Craxi n o n ha forse tutti i torti ad attaccare Di Pietro». «Quello dei giudici milanesi» avrebbe aggiunto Amato « p o t r e b b e essere u n v e r o e p r o p r i o d i s e g n o politico, u n p r o g e t t o che rischia di rovesciare l ' o r d i n e a t t u a l e . Del r e sto... il p a r e r e di tutti i capi dei servizi è che Di Pietro vada fermato p r i m a che sia t r o p p o tardi». T r a i «capi» che esigevano l'altolà a Di Pietro c'era quello della polizia, Vincenzo Parisi, m o r t o il 30 d i c e m b r e 1994. Nella p a n o r a m i c a a tutto c a m p o che Salamone vuol realizzare l'episodio n a r r a t o dall'assidua memorialista Marina aveva u n a sua innegabile collocazione. Carlo Ripa di M e a n a ripetè a Salamone, da marito cavalleresco, c h e n o n c ' e r a da c a m b i a r e u n a virgola a q u a n t o scritto dalla moglie. T u t t o vero. T u t t o o quasi tutto falso, invece, s e c o n d o A m a t o , a t t u a l e P r e s i d e n t e dell'antitrust. «Non ho mai detto a Carlo Ripa di M e a n a le parole citate nel libro di sua moglie» d i c h i a r ò f u r e n t e a S a l a m o n e . «Carlo aveva p u b b l i c a m e n t e criticato i famosi corsivi sul dottor Di Pietro a p p a r s i suti.'Avanti! nell'agosto 1992 (ne era autore Bettino Craxi N.d.A.) ed è vero che io lo chiamai al te* lefono p e r dirgli, c o m e gli dissi, che da p a r t e sua tale critica e r a stata i n o p p o r t u n a e c h e m e g l i o a v r e b b e fatto a esprim e r l a d i r e t t a m e n t e a Craxi.» Un c o n f r o n t o t r a A m a t o e 252
Carlo Ripa di M e a n a lasciò i d u e sulle rispettive posizioni: e Parisi n o n e r a più in g r a d o né di c o n f e r m a r e né di smentir e . Così t e r m i n ò la p r i m a t o r n a t a bresciana della Di Pietro story. Ad H a m m a m e t Bettino Craxi - o r m a i latitante a p i e n o titolo p e r gli o r d i n i di c a t t u r a e le richieste d ' e s t r a d i z i o n e formulati nel f r a t t e m p o dalla P r o c u r a di Milano - era ansioso d'intervenire: e Salamone e r a disposto ad accontentarlo, con u n a trasferta nella tana d o r a t a del cinghialone.
CAPITOLO
DICIASSETTESIMO
DA SINISTRA U N O SQUILLO RISPONDE
Il 26 maggio 1995 la magistratura torinese o r d i n ò l'arresto di Marcello Dell'Utri, p r e s i d e n t e di Publitalia che era il polm o n e finanziario e organizzativo della Fininvest, e che man o v r a v a migliaia di miliardi. Si e r a alla vigilia del voto sui referendum - 6 giugno - e Silvio Berlusconi sbottò: «E un'ing e r e n z a da p a r t e degli estremisti in toga. U n a plateale invasione di c a m p o , u n ' i n d e g n a c a m p a g n a di distruzione di un avversario politico a t t r a v e r s o la criminalizzazione di u n ' a zienda». Le m a n e t t e - p e r false fatturazioni e frode fiscale, ossia p e r la creazione di «fondi neri» da cui t r a r r e le «mazzette» - ad u n o dei più stretti collaboratori del Cavaliere seg n a r o n o u n a delle fasi più d r a m m a t i c h e , forse la più d r a m matica, della l u n g a g u e r r a t r a Berlusconi e il pool di «mani pulite» (non solo, c o m e s'è visto, quello milanese, che era il grosso dell'esercito in toga, ma a n c h e quello t o r i n e s e e altri). D a l l ' a r r e s t o di D e l l ' U t r i - già u n a volta m i n a c c i a t o e sventato, c o m e sapete - p r e n d i a m o l'avvio p e r un tentativo di sintetica ricostruzione delle battaglie e delle scaramucce in cui furono i m p e g n a t i , negli ultimi mesi, gli schieramenti opposti. Siamo costretti, nel nostro a r r a n c a r e tra i m e a n d r i giudiziari della S e c o n d a Repubblica, a un e n n e s i m o passo indietro. Berlusconi, ormai leader politico a t e m p o pieno, vedeva finire in carcere u n o dei suoi d u e bracci destri, se ci consentite u n o sproposito anatomico - l'altro è Fedele Confalonieri m e n t r e si approssimavano i referendum sulla Tv dai quali poteva d i p e n d e r e il destino della Fininvest. Si spiegavano così le sue furibonde invettive. Ma i magistrati torinesi - gli stessi 254
che d o p o un p r i m o proscioglimento avevano rovesciato n u o ve accuse su Primo Greganti, il c o m p a g n o G del p e i e del PDS si affrettarono a n e g a r e o g n i s o t t o f o n d o fazioso alla l o r o azione. Abbiamo p r o c e d u t o , affermarono p e r bocca del Proc u r a t o r e aggiunto di Torino Marcello M a d d a l e n a - che di sicuro n o n è u n a «toga rossa» - di fronte ad elementi d'accusa consistenti, ed abbiamo emesso l'ordine di carcerazione perché Marcello Dell'Utri tentava d ' i n q u i n a r e le prove. Il meccanismo grazie al quale, secondo gli inquirenti, Publitalia a c c a n t o n a v a «fondi neri», da d e s t i n a r e sia al p a g a m e n t o di t a n g e n t i sia ad altre esigenze di Berlusconi in prima p e r s o n a o del suo g r u p p o , e r a quello delle sponsorizzazioni gonfiate. Publitalia - c e n t r a l e d ' a r r u o l a m e n t o dei «venditori» c h e e r a n o le t r u p p e d'assalto del Cavaliere - patrocinava, d i r e t t a m e n t e o tramite altre società, un'infinità di attività sportive di alto o m e d i o o basso livello, d e s t i n a n d o a quello scopo s o m m e ingenti che venivano nelle debite form e f a t t u r a t e . M a l ' i m p o r t o effettivamente p a g a t o e r a , sec o n d o chi ha svolto le indagini, parecchio inferiore a quello d i c h i a r a t o . Lo sponsor ossia la Publitalia, d ' a c c o r d o con gli sponsorizzati, sborsava molto m e n o di q u a n t o risultasse, e il resto poteva essere accantonato in «nero», e dirottato verso i più disparati ed equivoci canali. «Pentito» principe di questa combine e r a il c a m p i o n e di offshore Giorgio A r n a b o l d i ; ma a n c h e l'industriale farmaceutico Giampaolo Zambelletti avrebbe fornito informazioni i m p o r t a n t i . Un elemento riten u t o dai magistrati concreto e i n o p p u g n a b i l e sarebbe derivato da un assegno che Marcello Dell'Utri aveva consegnato a un architetto p e r certi lavori di ristrutturazione d ' u n a sua villa, assegno che proveniva - questo secondo la P r o c u r a di T o r i n o - d a l pasticcio delle sponsorizzazioni. Va r i c o r d a t o che l'inchiesta sulle s p o n s o r i z z a z i o n i c o r r e v a p a r a l l e l a a quella sulle t a n g e n t i alla G u a r d i a di Finanza e a quella sull'acquisto d ' u n t e r r e n o di Macherio, a t t o r n o alla villa della famiglia Berlusconi. La vorticosa giostra dei p a g a m e n t i , degli assegni, e degli a c c a n t o n a m e n t i illeciti di Publitalia aveva 255
il suo m a n o v r a t o r e , s t a n d o all'accusa, p r o p r i o in Marcello Dell'Utri: che n o n e r a un p e r s o n a g g i o b a n a l e (il solito manager Fininvest in blazer blu e pantaloni grigi). I Dell'Utri - Marcello e il fratello Alberto, gemello - sono palermitani, nati I T I settembre 1941, e v e n g o n o da u n a famiglia della b u o n a b o r g h e s i a . Marcello e r a e n t r a t o , c o m e matricola, nella facoltà di g i u r i s p r u d e n z a d e l l ' U n i v e r s i t à Statale di Milano q u a n d o Berlusconi, nel 1961, p r e n d e v a la l a u r e a . I d u e giovanotti si c o n o b b e r o e d i v e n t a r o n o amici. L'amicizia - c o m e succede spesso a quelle del Cavaliere, ed è un suo titolo di merito - è d u r a t a tutta la vita. D o p o l'università D e l l ' U t r i t o r n ò in Sicilia, lavorò in b a n c a , mise su qualche affare insieme al fratello che si vuole abbia, in q u e sto c a m p o , un'indole piuttosto spericolata; q u i n d i si sistemò definitivamente (1973) a Milano, chiamato da Silvio. A q u e sto p u n t o riesce difficile, p e r chi voglia essere obbiettivo, sep a r a r e il g r a n o dal loglio, ossia le notizie vere dalle illazioni maliziose o fantasiose. Nel profluvio di libri su Berlusconi da cui siamo stati inondati Marcello Dell'Utri è s e m p r e u n a figura di primissimo piano: e u n a figura su cui si a d d e n s a n o o m b r e . Secondo Giovanni Ruggeri e Mario G u a r i n o (Berlusconi - Inchiesta sul signor Tv) nel 1974 Dell'Utri «gravita nel giro degli amici di Vito C i a n c i m i n o , e il suo t r a s f e r i m e n t o dalla Sicilia a Milano n o n è certo il viaggio dell'emigrante in cerca di fortuna». S e c o n d o il solo Giovanni Ruggeri (Berlusconi - Gli affari del Presidente) «stando a u n a testimonianza p r i v a d i r i f e r i m e n t i t e m p o r a l i , Dell'Utri a v r e b b e svolto u n ' o p e r a di mediazione tra Cosa nostra e Berlusconi, avendo la mafia a p p u n t a t o la sua criminosa attenzione sul giovane c o s t r u t t o r e m i l a n e s e con m i n a c c e estorsive». E i n o l t r e : «Secondo altre voci (allo stato prive di riscontri) i n t o r n o alla m e t à degli anni Sessanta le p r i m e cosche mafiose radicate a Milano e in L o m b a r d i a e attive nel settore edilizio-immobiliare avrebbero p r o g e t t a t o un sequestro di p e r s o n a ai d a n n i di Berlusconi: la vicenda avrebbe poi avuto u n a qualche soluzione p r o p r i o grazie a Dell'Utri». Q u e s t e pretese connes256
sioni con la mafia, d e r i v a n t i s o p r a t t u t t o dall'origine palermitana dei fratelli Dell'Utri, li inseguirà implacabile da allora. Si a d d e b i t e r à a Marcello d'essere stato, tra gli ultimi anni S e t t a n t a e i p r i m i O t t a n t a , a m m i n i s t r a t o r e di società di Alberto R a p i s a r d a , i n d i c a t o c o m e vicino alle cosche; gli si a d d e b i t e r à inoltre d'aver fatto a s s u m e r e ad Arcore nel 1973 u n o stalliere poi licenziato - Vittorio M a n g a n o - che risulterà avere avuto ed avere contatti con Cosa nostra: e implicato tra l'altro - negli a n n i N o v a n t a - in s u p p o s t i contatti con C o r r a d o Carnevale p e r far modificare l'esito di un p r o cesso. Dal che q u a l c u n o v o r r à d e s u m e r e , con u n a consecutio a l q u a n t o tirata p e r i capelli, che Berlusconi, i m p r e n d i t o r e milanese la cui fortuna a Milano è nata e si è affermata, sia da considerare un alleato della mafia. Nella Fininvest Marcello Dell'Utri scalò tutti i gradini del p o t e r e m a n a g e r i a l e . Stratega infaticabile e d i n a m i c o della raccolta p u b b l i c i t a r i a - c o n c i o n a v a o g n i l u n e d ì , p r i m a di sguinzagliarla verso gli obbiettivi, la m u t a dei suoi venditori Dell'Utri era ed è p r o p r i o l'opposto del d i r i g e n t e grossolano e autoritario quale ci viene p r o p o s t o dalla fiction filmistica e letteraria, o dal luogo c o m u n e giornalistico. E un u o m o g a r b a t o , colto, simpatico. U n a m o g l i e riservata, M i r a n d a , q u a t t r o figli, un g r a n d e rispetto p e r la p r o p r i a e p e r l'altrui privacy. A n c h e M i r a n d a ha fatto p r o p a g a n d a elettorale p e r il Cavaliere, ma in stile assai p i ù s o m m e s s o di quello della cognata Maria Pia. Marcello Dell'Utri è un lettore raffinato, un bibliofilo appassionato, n o n m a n c a - c o m e Fedele Confalonieri - né un c o n c e r t o né il festival di Salisburgo. Lo si dice vicino all'Opus Dei ma è intellettualmente molto aperto. Il c h e n o n gl'impedisce d ' a m a r e - s e n n ò c h e berluscon i a n o sarebbe - a n c h e il calcio. E r a a V i e n n a p e r la p a r t i t a di C o p p a dei c a m p i o n i p e r s a dal Milan c o n t r o l'Ajax: uscì dallo stadio afflitto, p r o b a b i l m e n t e senza i m m a g i n a r e che lo attendeva u n a sconfìtta b e n p i ù a m a r a . Q u e s t ' u o m o acuto e attivissimo favorì un disegno di Berlusconi che fu insieme u n a straordinaria intuizione e un az257
zardo da kamikaze: lo incitò - d i v e r s a m e n t e da Confalonieri e da G i a n n i L e t t a - a e n t r a r e in politica. Previde, da b u o n u o m o di marketing, che il Cavaliere avrebbe vinto, e gli assic u r ò l ' a p p o g g i o d ' u n a s t r u t t u r a capillare c h e f u i n s i e m e aziendale e politica. Ma n o n t e n n e nel d o v u t o conto - n o n lo t e n n e n e m m e n o il Cavaliere - l'handicap r a p p r e s e n t a t o dalla coesistenza, nella stessa p e r s o n a , d e l l ' i m p r e n d i t o r e e del politico. E r r o r e grave: ed e r r o r e colossale se gli addebiti mossi a Publitalia s a r a n n o accertati nei futuri processi, se cioè Dell'Utri sapeva quali scheletri tangentizi fossero a m massati nei capaci a r m a d i della Fininvest, e n o n o s t a n t e q u e sto e s o r t ò Silvio B e r l u s c o n i ad un passo c h e moltiplicò la sua visibilità, e di conseguenza la sua vulnerabilità. T o r i n o aveva o r d i n a t o la c a t t u r a di Dell'Utri, r i n c h i u s o nel carcere di Ivrea. La P r o c u r a di Milano n o n volle riman e r e assente, in questo r e g o l a m e n t o di conti multimiliardari, e p r o p o s e il « c o m m i s s a r i a m e n t o » di Publitalia. Il c h e avrebbe significato, in p a r o l e p o v e r e , lo s b a r a c c a m e n t o del consiglio d'amministrazione e l'insediamento d ' u n commissario n o m i n a t o dal T r i b u n a l e civile. I n s o m m a - nell'ottica di Berlusconi e di Fedele Confalonieri - la consegna di Publitalia al nemico. La richiesta di «commissariamento» si basava sull'articolo 2409 del Codice civile, dove è previsto che q u a n d o nella gestione di u n ' a z i e n d a vi siano irregolarità patenti, possa essere invocato un intervento del giudice, e a p p u n t o il «commissariamento» p r e c e d u t o da un'ispezione. Per le irregolarità i magistrati r i t e n e v a n o d ' a v e r e p r o v e in a b b o n d a n z a : 70 miliardi di «fondi neri» scoperti, s e c o n d o loro, a Milano, altri 60 a T o r i n o : e inoltre le ammissioni di Arnaboldi e d'altri. Di questi tesori occulti la Fininvest negava l'esistenza. Ma sosteneva i n o l t r e c h e , q u a n d ' a n c h e le i r r e g o l a r i t à fossero esistite, esse n o n d a v a n o u n legittimo a p p i g l i o all'«esproprio» e al «sequestro» minacciati. Nel p r e v e d e r e il commissariamento, osservavano gli avvocati di Publitalia, il Codice civile si riferiva all'ipotesi c h e i soci di m i n o r a n z a d ' u n a 258
azienda o i creditori volessero tutelarsi c o n t r o le prevaricazioni della m a g g i o r a n z a , e che il Pm ritenesse di d o v e r intervenire. Per di più al «commissariamento» n o n si e r a mai ricorsi p e r n e s s u n a delle tante i m p r e s e coinvolte in T a n g e n topoli. E vero che Martelli, q u a n d ' e r a ministro della Giustizia, s'era p r o n u n c i a t o p e r l'uso del 2409 c o n t r o gli i m p r e n ditori finiti nella rete di «mani pulite». Però p r o p r i o Borrelli aveva scartato l'idea. «Ero contrario» d i r à p e r spiegare il suo a t t e g g i a m e n t o d'allora «perché quella minaccia sarebbe stata u n p e s o p e r l'inchiesta. L a m a g g i o r p a r t e degli imp r e n d i t o r i a v r e b b e p r e f e r i t o r e s t a r e in silenzio.» B o r r e l l i s'era d u n q u e convertito ad un p r o v v e d i m e n t o che gli sarebbe stato d ' i n g o m b r o qualche a n n o p r i m a , e gli diventava com o d o adesso. Strategia questa alla quale Berlusconi si ribellava p e r c h é - n o n si stancava di r i p e t e r e - mirava solo a criminalizzarlo c o m e individuo e a distruggerlo come i m p r e n ditore. Il «commissariamento» restò sospeso nel limbo delle intenzioni, Marcello Dell'Utri riebbe la libertà d o p o q u a l c h e s e t t i m a n a (il processo a carico suo e d e i suoi «complici» fu fissato, altro scandaloso e s e m p i o di lentezza della Giustizia italiana, p e r la p r i m a v e r a 1996); l'intero vertice di Publitalia, Dell'Utri incluso, v e n n e rimosso e sostituito p r o p r i o p e r n o n d a r e spazio a chi, sottolineandone le scorrettezze, s'era appellato al 2409; le altre inchieste su Silvio Berlusconi p r o seguirono. I m m u t a t a rimase, in questo p a n o r a m a cangiante, l'ira d e l Cavaliere c o n t r o il pool: c h e fu - b e n c h é n o n esplicitamente n o m i n a t o - il bersaglio d ' u n a b o r d a t a polemica c o n d e n s a t a dai legali di Berlusconi in un esposto alla P r o c u r a g e n e r a l e della Cassazione. Il d o c u m e n t o - in d a t a 16 g i u g n o 1995 - lamentava che fossero stati «pubblicati int e g r a l m e n t e o p e r stralcio 130 i n t e r r o g a t o r i (concernenti la Fininvest N.d.A.)» e che «dagli uffici della P r o c u r a della Repubblica ci sono state fughe di verbali e di t e s t i m o n i a n z e , cioè di atti segreti a n c h e alle stesse p a r t i processuali». Era, incalzava Berlusconi, il m o n d o degli atti «depositati attra259
verso EEspresso». E concludeva: «Le reiterate e sistematiche manipolazioni delle informazioni t e n d o n o a colpire il cittad i n o Berlusconi e a delegittimare il suo ruolo di leader politico d e l p a r t i t o e della coalizione di m a g g i o r a n z a relativa del Paese. Gli abusi d e n u n c i a t i suggeriscono p e r la loro univoca sistematicità l'esistenza in alcuni settori della magistrat u r a di un animus ostile, di un pregiudizio politico..., di u n a nozione inquisitoria, persecutoria e assolutamente b a r b a r i ca del processo penale». Borrelli rintuzzò le «dichiarazioni calunniose» del Cavaliere, disse che «l'obbiettivo sono io, vogliono m a n d a r m i via», p a r l ò d ' u n «attacco concentrico contro questa Procura, anzi c o n t r o tutta la magistratura». Sulla questione delle fughe di notizie vi fu u n a sottile disputa. Il pool milanese sostenne che con il n u o v o Codice di p r o c e d u ra p e n a l e il n u m e r o degli atti coperti da segreto e r a molto diminuito, a m e n o che lo stesso Pm ne disponesse la «segretazione». Ancora u n a volta rimbalzavano da «mani pulite» alla Fininvest r e c i p r o c h e accuse di c o m p l o t t o , d ' a c c e r c h i a m e n t o , di m i r e distruttive. Il pool faceva n o t a r e d'essei'e, da mesi e mesi, sotto ispezione c o n t i n u a ; la Fininvest rinfacciava al pool il n u m e r o delle verifiche che la G u a r d i a di Finanza aveva svolto e continuava a svolgere nei suoi uffici: e che, asseriva, n o n aveva c o n f r o n t o con il t r a t t a m e n t o riservato alle altre m a g g i o r i i m p r e s e italiane. N o n solo, insisteva B e r l u sconi, v'era u n a discriminazione a suo d a n n o , e in favore di g r u p p i industriali colti anch'essi con le m a n i nella m a r m e l lata tangentizia: v'era a n c h e u n a discriminazione di carattere politico, grazie alla quale i fenomeni di c o r r u z i o n e che in m a n i e r a d i r e t t a o i n d i r e t t a p o t e s s e r o essere fatti risalire al P C I (e poi al P D S ) e r a n o stati sottovalutati; e le relative inchieste insabbiate o r i t a r d a t e . A q u e s t ' u l t i m a tesi del Cavaliere dava m a n forte Tiziana Parenti. Stiamo ai fatti. N o n è vero che la sola Fininvest sia stata nel m i r i n o delle P r o c u r e . E difficile - e sarebbe del resto un esercizio ozioso - t e n t a r e u n a contabilità delle ispezioni am260
ministrative e delle iniziative. C e r t o è c h e C a r l o De B e n e detti in p r i m a p e r s o n a , e la Olivetti c o m e a z i e n d a da lui controllata, n o n sfuggirono alle attenzioni della magistratura: c o m e d i m o s t r a n o inchieste, arresti e c o n d a n n e . E altrettanto certo che la F I A T e le società a d essa collegate n o n fur o n o risparmiate. Vennero incriminati alcuni dirigenti, e l'amministratore delegato Cesare Romiti dovette scagionarsi a q u a t t r o riprese, l'ultima a m e t à giugno del 1995. Uscend o prosciolto d a u n a d i quelle t o r c h i a t u r e , nell'agosto del '94, Romiti aveva b u t t a t o là u n a considerazione a m a r a . «L'Italia è un Paese d a v v e r o s t r a n o . I m a g i s t r a t i i n d a g a n o su Romiti e i n t a n t o restituiscono mille miliardi a Rovelli.» (Il Rovelli in q u e s t i o n e fu fino agli a n n i Settanta il «padrone» d ' u n a holding chimica gigantesca che avrebbe d o v u t o contrib u i r e alla r e d e n z i o n e del Mezzogiorno e finì in un disastro. N o n p e r lui.) Nel g i u g n o del '95 la P r o c u r a di Torino voleva sapere da Romiti quale destinazione avessero avuto i miliardi iscritti in bilancio c o m e «atti di liberalità v e r s o terzi» e «fondi di solidarietà», e inoltre se vi fossero stati m a n e g g i irregolari nella vendita di v e t t u r e destinate ai mercati esteri. Per q u e s t o filone d'inchiesta u n o degli avvocati di Romiti, C h i u s a n o , a m m i s e c h e le e s p o r t a z i o n i affidate «a società specializzate e a p e r s o n e e s t e r n e al g r u p p o , forse n o n trasparenti» p o t e v a n o essere state viziate da g h e r m i n e l l e contabili. «Ma in questa storia» a g g i u n s e «la F I A T n o n h a commesso alcun illecito e d e v e n t u a l m e n t e h a subito u n d a n n o d ' i m m a g i n e . Si costituirà p a r t e civile.» Pochi g i o r n i d o p o il c o n f r o n t o tra Romiti e i magistrati di T o r i n o , Francesco Mattioli, d i r e t t o r e g e n e r a l e della holding F I A T e responsabile della gestione finanziaria, e r a stato i n t e r r o g a t o a Milano nel processo p e r le tangenti pagate d u r a n t e la costruzione del passante ferroviario. Si voleva sapere da Mattioli se avesse d a t o esplicita autorizzazione all'amm i n i s t r a t o r e d e l e g a t o della C o g e f a r - I m p r e s i t , E n z o Papi - a r r e s t a t o e successivamente scarcerato - p e r c h é versasse un miliardo e ottocento milioni al segretario locale della D C , 261
Maurizio Prada. Mattioli, che si asteneva dal p r o n u n c i a r e la parola tangenti, ma preferiva alludere con calcolato eufemismo a «dazioni», offrì u n a spiegazione articolata. S o s t e n n e d'avere così risposto a Papi, che voleva sapere c o m e dovesse comportarsi di fronte alle pretese dei partiti: «La mia natura è quella di n o n c e d e r e a ricatti, ma davanti alla necessità si comporti nell'interesse della società». Un consiglio analogo sosteneva d'averlo dato al presidente delia F I A T Ferroviaria Savigliano, Piccoli, a n c h e lui pressato dai politici milanesi: «Gli dissi di resistere e poi di giudicare, e se p r o p r i o n o n poteva farne a m e n o di p a g a r e . N o n d i m e n t i c h i a m o che in quel p e r i o d o p e r d e r e un a p p a l t o significava m e t t e r e in cassa integrazione molti dipendenti». I quasi d u e miliardi p e r le t a n g e n t i che gli sono state contestate Papi li aveva attinti alle casse d ' u n a società africana del g r u p p o Cogefar-Impresit. Abbiamo i n d u g i a t o su quest'episodio e s e m p l a r e p e r c h é riassume la filosofia tangentizia: quella dei corrotti e quella dei c o r r u t t o r i (o concussi). Anche la F I A T aveva d u n q u e avuto le sue debolezze e i suoi guai, p e r Tangentopoli. Alla magistratura era da t e m p o r i m p r o v e r a t o d'aver avuto un occhio di r i g u a r d o p e r i finanziamenti illeciti al P C I e al P D S , e p e r i flussi di d e n a r o dalla L e g a n a z i o n a l e delle cooperative (le cooperative «rosse») al partito. La querelle era stata avviata dalla D C , e con m a g g i o r e v e e m e n z a dal P S I , q u a n d o la bufera di T a n g e n t o p o l i li aveva investiti e travolti lasciando invece n o n incolume, ma n e m m e n o messo k.o., il P C I - P D S . L'irruzione in politica di Silvio B e r l u s c o n i d o p o il disfacimento dei vecchi partiti di g o v e r n o , e il suo pressoché i m m e d i a t o coinvolgimento nell'inchiesta di «mani pulite», avevano r i p r o p o s t o questo scenario, ma con Forza Italia nel r u o l o d'antagonista delle sinistre. La tesi del c e n t r o d e stra e r a semplice: la P r o c u r a di Milano p a r t e g g i a v a , c o m e altre, p e r i «rossi» ed evitava d ' a f f o n d a r e il suo bisturi nel b u b b o n e dei vari «compagni G» e delle cooperative. Qualificare c o m e «rosso» il pool milanese q u a n d o ancora ne facevano p a r t e sia Davigo sia Di Pietro era t e m e r a r i o , p e r n o n di-
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re sballato. Il bulldozer di Borrelli s'era avviato verso i termitai t a n g e n t i z i del P S I (e poi della oc) p e r c h é M a r i o Chiesa era un sodale di Craxi e n o n di Occhetto, e p e r c h é a Milano il clan c r a x i a n o e r a stato o n n i p o t e n t e , e o n n i v o r o . N o n si p u ò escludere del tutto - ma lo si p u ò d e s u m e r e solo da accuse interessate e faziose - che in quest'ottica altri filoni siano rimasti p e r q u a l c h e t e m p o negletti, e che singoli magistrati abbiano contribuito a negligerli. In u n a successiva fase le cooperative «rosse» si sono tuttavia a loro volta trovate, come vuole il luogo c o m u n e , nell'occhio del ciclone. Il Pm Carlo N o r d i o le ha braccate nel Veneto, sforzandosi d'accertare i m o d i in cui p r i m a il P C I e s u c c e s s i v a m e n t e i l P D S v e n i v a n o foraggiati. U n t e s t i m o n e aveva così illustrato le elargizioni delle coop al p a r t i t o : «La Lega delle cooperative ha un r a p p o r t o organico con il P D S e p r i m a lo aveva con il pei, nel senso che tutti i suoi dirigenti sono funzionari del partito. La Lega finanzia il partito n o n tanto con la c o r r e s p o n s i o n e di s o m m e q u a n t o con l'accollo di spese, i n t e n d o cioè che p a g a lo stipendio a molti funzion a r i del p a r t i t o che l a v o r a n o a t e m p o p i e n o p e r il p a r t i t o stesso, finanzia manifestazioni p e r il partito, paga il suo materiale pubblicitario e soccorre i periodici». Ma c'era, secondo la P r o c u r a di Venezia, a n c h e dell'altro: ossia un giro di finanziamenti pubblici della C E E e della Regione a cooperative agricole che poi venivano fatte fallire. Molti e s p o n e n t i del P D S sfilarono davanti a N o r d i o , altre P r o c u r e p r o c e d e t tero ad arresti e ad incriminazioni in E m i l i a - R o m a g n a , in L o m b a r d i a , in Puglia, in Sicilia. La P r o c u r a di Napoli volle far luce, con l'«operazione Katana», sugli intrecci (presunti, la precisazione è doverosa) tra esponenti politici e cooperative che lavorano nel settore delle costruzioni: e sugli intrecci tra i signori degli appalti e boss camorristici come Carmine Alfieri. Il P r o c u r a t o r e Agostino C o r d o v a spiegò che p e r ogni m e t r o cubo di calcestruzzo le coop e la c a m o r r a intascavano q u a t t r o m i l a lire in n e r o : e a g g i u n s e che v'era u n a «totale fusione» di interessi tra boss, politici e i m p r e n d i t o r i , e 263
che le c o o p avevano p e r f i n o d a t o a un loro d i p e n d e n t e la delega p e r negoziare con il crimine organizzato. N o n vogliamo a d d e n t r a r c i nella casistica complessa - e incompleta, tutto essendo a n c o r a sub judice - delle irregolarità addebitate alle cooperative. Ci interessa invece di sottol i n e a r e c o m e il loro p r e s i d e n t e , G i a n c a r l o Pasquini, abbia r e a g i t o all'offensiva giudiziaria con espressioni e t o n i riecheggiami - sul versante o p p o s t o - quelli di Berlusconi. «Le inchieste» disse Pasquini a B o l o g n a « h a n n o subito u n a p r o f o n d a trasformazione: da missione purificatrice a m o t o inarrestabile che sta s p a z z a n d o via la certezza del diritto e delle regole. Siamo di fronte a un s o m m o v i m e n t o di cui n o n si intravvede ancora la fine, nell'ambito del quale si m u o v o no poteri occulti e forti, gli stessi che si sono mossi negli episodi di s t r a g i s m o p i ù c u p i della R e p u b b l i c a italiana.» Pasquini affermò inoltre che «il n o s t r o m o v i m e n t o ha subito un uso distorto ed eccessivo della custodia cautelare, e l'es p e r i e n z a i n s e g n a . C r e d o c h e a b b i a n o c o n t r i b u i t o a fare m a t u r a r e e d e m e r g e r e u n a coscienza garantista». Q u e s t a p r e s a di posizione con i suoi riferimenti, immancabili a sinistra, alla «strategia della tensione» - e r a c o n t e m p o r a n e a alle dichiarazioni con cui D'Alema aveva p r e s o le distanze dagli eccessi giustizialisti, e all'adesione del P D S alla n u o v a e più «aperta» n o r m a t i v a sulla custodia c a u t e l a r e : avversata dai Pm che avevano manifestato il loro dissenso in u n a lettera con d u e c e n t o firme. Giancarlo Pasquini se la p r e s e - e semb r a d'ascoltare un B e r l u s c o n i di sinistra - c o n i mezzi d'informazione. «Perché si d a n n o in pasto all'opinione p u b blica le c o o p e r a t i v e rosse d e l l ' E m i l i a - R o m a g n a , ma si tace sulla l u n g a serie d ' i n t i m i d a z i o n i c h e subiscono da a n n i i molti lavoratori e dirigenti di c o o p e r a t i v e i m p e g n a t i nella realtà meridionale, in particolare in Campania?» N o n complici della c a m o r r a , d u n q u e , le cooperative, ma vittime. La consonanza d'accenti tra Berlusconi e Pasquini aveva attestato soprattutto u n a cosa: che i risvolti politici deformano e i n q u i n a n o ogni inchiesta sulla corruzione, a n c h e quan264
do i magistrati agiscano - e n o n avviene s e m p r e - con assoluta imparzialità, t e n e n d o s i al r i p a r o dall'esibizionismo e dall'ansia di essere, più che giudici, giustizieri. Le nefaste conseguenze della contaminazione cui la Giustizia è soggetta p e r effetto della politica v e n n e r o ancora u n a volta in piena luce il g i o r n o in cui, a m e t à s e t t e m b r e del 1995, il Pm N o r d i o iscrisse nel r e g i s t r o degli i n d a g a t i - p e r finanziam e n t o illecito del partito e per ricettazione - Massimo D'Alema e Achille Occhetto. Con loro Bettino Craxi, ma questa e r a u n a «non notizia». Il segretario del P D S e il suo p r e d e cessore e r a n o messi sotto accusa - un'accusa che n o n scalfiva la loro personale probità - p e r c h é «non potevano n o n sapere» degli aiuti che le coop «rosse» avevano elargito p r i m a al P C I , poi al P D S : cui andava un 20 p e r cento delle tangenti sugli appalti (alla DC e al P S I toccava invece il 40 p e r c e n t o ciascuno). S e c o n d o il r a g i o n a m e n t o di N o r d i o n o n è credibile che i massimi dirigenti di un partito i g n o r i n o la fonte di finanziamenti ingenti: s o p r a t t u t t o se, inariditisi quei finanziamenti, il partito è costretto a v e n d e r e immobili e licenziare d i p e n d e n t i . D'Alema reagì con m i s u r a al p r o v v e d i m e n t o , altri e s p o n e n t i del P D S fecero invece la voce grossa, la polemica s'invelenì, c o m e s e m p r e accade in q u e s t e occasioni. Per il P D S e r a b r u c i a n t e v e d e r u n a volta di più intaccato il d o g m a della sua «diversità» morale. C h e tuttavia, a voler essere obbiettivi, n o n stava n e l l ' e s t r a n e i t à a T a n g e n t o p o l i - c'era implicato, seppui'e in posizione minoritaria - ma nel fatto, sottolineato da Enrico Berlinguer, che i suoi u o m i n i intascavano p e r il partito, n o n p e r se stessi.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
LA P I O V R A
Sullo sfondo o in p r i m o p i a n o la mafia, la c a m o r r a , la ' n d r a n g h e t a , la Sacra c o r o n a u n i t a pugliese sono state quasi s e m p r e evocate nelle g r a n d i inchieste g i u d i z i a r i e italiane che a b b i a n o risvolti politici: lo si è visto p e r le c o o p e r a t i v e «rosse», lo si è visto p e r le relazioni pericolose c o n la mafia - tramite i fratelli Dell'Utri - che a Silvio Berlusconi vengono attribuite. Q u a n d o il collegamento n o n è diretto, ne affiora u n o pretestuoso: come a Brescia dove al Pm Fabio Sal a m o n e , che i n d a g a su episodi avvenuti a Milano, sono state rinfacciate le traversie penali del fratello, ad Agrigento. La criminalità organizzata che ha quasi sottratto t r e r e g i o n i Sicilia, Calabria, C a m p a n i a - al controllo dello Stato, e u n a q u a r t a - la Puglia - la sta insidiando, diventa sovente un facile a r g o m e n t o p o l e m i c o e un efficace a r n e s e p e r v i b r a r e colpi bassi. Meglio, m o l t o meglio, se i colpi p o s s o n o essere amplificati a d i s m i s u r a dalla televisione, in p a r o d i e di p r o cessi pubblici senza contraddittorio. Di questa tecnica spregiudicata si ebbe un e s e m p i o insig n e , nella sua indegnità, il 23 febbraio 1995, d u r a n t e Tempo reale di S a n t o r o , la trasmissione televisiva assurta a vetrina dei p o t e n t i e a s u p r e m a istanza d ' u n a Giustizia populista e s o m m a r i a . Scenario della trasmissione e r a un c o m u n e siciliano, T e r r a s i n i , d o v e u n a faida p a e s a n a c o n t r a p p o n e v a il sindaco Manlio Mele - a d e r e n t e alla Rete di Leoluca Orlando - al suo consiglio c o m u n a l e : con u n a m a g g i o r a n z a di sinistra, ostile p e r ò al sindaco. Alla b e g a di c a m p a n i l e le d u e fazioni in lotta aveva d a t o gli immancabili toni da crociata: e Mele distribuiva p a t e n t i di mafìosità ai suoi avversari (all'oc266
correnza ricambiato). Avvenne d u n q u e che di fronte alle telecamere Leoluca O r l a n d o accennasse - con l'avallo di Mele ai c o m p o r t a m e n t i a suo avviso a m b i g u i d ' u n sottufficiale che era stato a l u n g o c o m a n d a n t e dei carabinieri di Terrasini. Incalzato dalle d o m a n d e , O r l a n d o fece n o m e e c o g n o m e del sottufficiale: il maresciallo A n t o n i n o L o m b a r d o , 49 anni, tre figli, p e r quattordici a n n i c o m a n d a n t e dei carabinieri di T e r r a s i n i e da alcuni mesi trasferito a P a l e r m o , s e m p r e con compiti investigativi delicati. Leoluca O r l a n d o spiegherà in un secondo t e m p o - e sarà u n a spiegazione contorta e fragile - di n o n aver mosso ness u n a specifica accusa, ma d'essersi limitato a c h i e d e r e c h e sul maresciallo si facessero delle verifiche: n o n chieste - né da lui né da Mele, e n t r a m b i rivestiti della dignità di sindaci nei m o d i dovuti, ossia attraverso le legittime autorità, e invece s o s t e n u t e d a d i c h i a r a z i o n i t a n t o v a g h e q u a n t o infamanti; che per'milioni di i n g e n u i telespettatori diventavano p r o v e di colpevolezza. Dieci giorni d o p o il maresciallo L o m b a r d o si tolse la vita con un colpo di pistola nell'auto che aveva p a r c h e g g i a t o nel cortile della caserma: lasciando u n a lettera in cui esprimeva la sua disperazione, e si diceva vittima di calunnie p e r i contatti da lui avuti - autorizzato dai s u p e r i o r i - con boss della mafia a m e r i c a n a : in p a r t i c o l a r e c o n «Tano» B a d a l a m e n t i , un «pezzo da novanta» che n o n a p p a r t e n e v a all'elenco ufficiale dei «collaboratori di giustizia» ma che p a r e v a disposto a v e n i r e in Italia p e r r i v e l a r e q u a n t o sapeva. L o m b a r d o s'apprestava a u n a n u o v a trasferta negli Stati Uniti, a n n u l lata p e r lo scandalo di Tempo reale. Le sue credenziali semb r a v a n o eccellenti. Aveva c o n t r i b u i t o alla c a t t u r a di T o t ò Riina, i l c o g n a t o C a r m e l o C a n a l e , t e n e n t e d e l l ' A r m a , e r a stato u n o stretto c o l l a b o r a t o r e di Paolo Borsellino: e p r o prio Canale p a r l ò , riferendosi a O r l a n d o e a Mele, di istigazione al suicidio. Vi fu u n ' o n d a t a di s d e g n o p e r un c e r t o m o d o di far politica, p e r un certo m o d o di far polemica, e per un certo m o d o di fare, con la cultura del sospetto - che 267
secondo Leoluca O r l a n d o è l'anticamera della verità - dello zelo antimafioso. La fine del maresciallo fu poi avvolta da u n a cortina fum o g e n a di illazioni e di fantasie d i e t r o l o g i c h e , cosicché il r a p p o r t o di causa ed effetto tra la d e n u n c i a mai convalidata da p r o v e e il gesto disperato p u r t r o p p o indubitabile v e n n e n o n solo messo in d u b b i o , ma quasi dimenticato. N o n p e r ò dalla famiglia, e n e m m e n o dall'Arma. Il c a p i t a n o A m e d e o B a u d o , p e r a n n i c o m a n d a n t e della c o m p a g n i a d i Carini d a cui il maresciallo L o m b a r d o d i p e n d e v a , q u e r e l ò Mele: alla cui p o p o l a r i t à l'infortunio - p e r voler essere eufemistici s e m b r ò n o n n u o c e r e , anzi. N e l d i c e m b r e d e l '93 Mele e r a d i v e n u t o s i n d a c o , al ballottaggio, c o n il 59 p e r c e n t o dei consensi. La legge elettorale siciliana p r e v e d e tuttavia che c o n t r o il verdetto delle u r n e possa essere invocata u n a verifica referendaria: e la verifica e r a stata chiesta dal consiglio c o m u n a l e , che i m p u t a v a a Mele i n a d e m p i e n z e amministrative; un p r e t e s t o p e r farlo d e c a d e r e . D o m e n i c a 18 g i u g n o 1995, a m e n o di q u a t t r o mesi dalla m o r t e di A n t o n i n o L o m b a r d o , gli abitanti di Terrasini infilarono le loro schede nelle u r n e : il verdetto fu favorevole a Manlio Mele, confermato c o m e p r i m o c i t t a d i n o . Da d o v e o r m a i si trovava, m o l t o al disopra delle u m a n e miserie, A n t o n i n o L o m b a r d o n o n d o vette arrossire p e r quest'affronto. Archiviato nella m a n i e r a che s a p p i a m o il «caso» L o m b a r d o , restava invece in piedi, e come, il «caso» C o n t r a d a : cominciato molto p r i m a e tuttora controverso. B r u n o Contrada - che ha passato i sessanta - era considerato, u n a ventina d ' a n n i or sono, u n o dei più brillanti poliziotti italiani. Bel*l ' u o m o dal piglio guascone, elegante, d o n n a i o l o secondo le malelingue, m o n d a n o , furbo. Tale era la stima in cui veniva t e n u t o che fu messo a c a p o della S q u a d r a mobile di Palerm o : posto di e s t r e m a delicatezza e responsabilità. Lo lasciò nel 1977 p e r a s s u m e r e la direzione della C r i m i n a l p o l della Sicilia occidentale - q u e s t e d u p l i c a z i o n i e sovrapposizioni d'uffici e di c o m p e t e n z e n o n d a n n o in generale b u o n i frutti, 268
ma lasciamo p e r d e r e - e alla S q u a d r a mobile p a l e r m i t a n a t o r n ò nel 1979, d o p o che il suo successore Boris Giuliano era stato assassinato. Un atto di g r a n d e coraggio, il suo, se i m m u n e da cedimenti. I cedimenti invece ci furono, secondo alcuni pentiti e secondo la P r o c u r a di Palermo. G a s p a r e Mutolo ( a p p u n t o un «pentito») ha sostenuto che p r o p r i o nel 1979 B r u n o C o n t r a d a fu assoggettato a Cosa nostra. Da allora in poi la carriera di C o n t r a d a p u ò essere letta in d u e m o di diversi, anzi opposti: o in chiaro, come il p r o g r e d i r e d ' u n funzionario stimato e c a p a c e (capo di g a b i n e t t o dell'Alto commissariato antimafia, u o m o di p u n t a del S I S D E in Sicilia) o in controluce come il doppiogioco d ' u n colluso con le cosche che ostentava zelo inquisitorio p e r b u t t a r e fumo negli occhi: e sotto sotto si dava da fare per favorire i boss. Alla vigilia di Natale del 1992 C o n t r a d a fu arrestato p e r associazione mafiosa e p o r t a t o p r i m a nel carcere militare r o m a n o di Forte Boccea, q u i n d i in quello militare palermitano, riaperto apposta p e r lui: e del quale rimase unico ospite. Su C o n t r a d a pesavano le dichiarazioni d ' u n a pattuglia di q u a t t r o pentiti, poi r i m p o l p a t a da altri sei: tra loro il p e n t i t o massimo T o m m a s o Buscetta. L'inchiesta, che fu laboriosa e ammassò la solita m o n t a g n a di fascicoli, sfociò in un processo di Tribunale, p r e s i e d u t o da Francesco Ingargiola (lo stesso magistrato che avrebbe poi p r e s i e d u t o il processo c o n t r o Andreotti). Nell'aula si p r e s e n t ò - c o m e d e t e n u t o - un Cont r a d a quasi irriconoscibile: s m u n t o , avvilito, d i m a g r i t o d'una ventina di chili a l m e n o : molto fermo p e r ò nel r e s p i n g e r e le accuse. Ridotto in quello stato - si disse - da d u e a n n i e passa di p e n a ipotetica scontata p r e v e n t i v a m e n t e . La P r o cura di Palermo dimostrava, Codice alla m a n o , che tutto s'era svolto nel più scrupoloso rispetto della legge, e che Cont r a d a veniva t e n u t o i n cella p e r c h é , a m m a n i c a t o c o m ' e r a , avrebbe p o t u t o i n q u i n a r e l e p r o v e . Q u e s t i timori c a d d e r o tuttavia il 31 luglio 1995, d o p o che l'ex funzionario era stato colto da m a l o r e in aula, e d o p o che u n a commissione m e dica, c h i a m a t a a p r o n u n c i a r s i sulle s u e c o n d i z i o n i , aveva 269
con grotteschi bizantinismi pseudo-scientifici affermato che la galera gli faceva b e n e , e che se fosse stato liberato il suo equilibrio psicofisico ne avrebbe risentito. B r u n o C o n t r a d a t o r n ò a casa. Quello stesso giorno la P r o c u r a di Palermo e il prefetto Serra convocarono i giornalisti p e r d a r loro notizia d ' u n a t t e n t a t o in p r e p a r a z i o n e c o n t r o G i a n c a r l o Caselli e contro u n o dei suoi vice, Scarpinato. Q u a l c u n o insinuò che le segnalazioni sull'attentato, piuttosto vaghe, fossero state con o p p o r t u n a scelta d i t e m p o enfatizzate p e r bilanciare l'impatto emotivo che l'odissea di C o n t r a d a aveva avuto sull'opinione pubblica. Sulle testimonianze e sulle p r o v e esibite a carico di Cont r a d a n o n vogliamo p r o n u n c i a r c i : le u n e e le altre a p p a r t e n g o n o alla logica dei processi p e r associazione mafiosa. U n o aveva saputo da un altro che un altro aveva detto, Falc o n e n o n p o t e v a soffrire C o n t r a d a e aveva p r o m e s s o «gli m e t t e r ò i ferri» (ma riferito di seconda m a n o ) , il commissario Cassarà Io disistimava (dichiarato dalla vedova), alcuni dirigenti della polizia n o n lo p o t e v a n o v e d e r e e altri avevano invece p e r lui incondizionata stima: i n s o m m a un copione che in quelle aule, e con quel g e n e r e d'imputati, si ripete con triste m o n o t o n i a . N o n v o r r e m m o trovarci nei p a n n i di chi deve giudicare, e ancor m e n o in quelli d ' u n accusato. Ma p e r C o n t r a d a , e anche p e r Antonino L o m b a r d o - ammesso e n o n concesso che q u a l c h e t r a s g r e s s i o n e l'abbiano commessa - valgono d u e considerazioni. La p r i m a è questa: si possono applicare agli u o m i n i della polizia e dei carabinieri, e a m a g g i o r r a g i o n e a quelli dei servizi segreti, le stesse regole morali che valgono p e r i c o m u n i cittadini? Il c a m p o d'azione di questi uomini sono le fogne. C'è qualcuno capace di rimestare nelle fogne senza sporcarsi le m a n i e contrarne il fetore? Chi indaga sulla malavita, in tutte le sue espressioni, deve p e n e t r a r e nei suoi ambienti, dove n o n si trovano malleverie e protezioni se n o n a patto di offrirne. E vero che in questo giuoco è facile p e r d e r e il senso del limite fino a diventare talvolta il complice, p e r farselo amico, del nemico: e 270
n o n escludiamo che questo sia stato il caso di C o n t r a d a . Ciò di cui dubitiamo è che il p u r i s m o giuridico sia un m e t r o ragionevole per valutare, senza che si c o m m e t t a un'iniquità in n o m e della legge, gli u o m i n i cui c h i e d i a m o di tuffarsi nel fango p e r farvi pesca di malavitosi: e i nostri dubbi crescono se il p u r i s m o giuridico è avallato n o n da prove inconfutabili o dalla p a r o l a di specchiati g a l a n t u o m i n i , ma dalla p a r o l a d'altri malavitosi della p e g g i o r e specie c h e p o s s o n o avere mille e u n a ragione p e r incolpare a torto. Sui C o n t r a d a d e v o n o p r o n u n c i a r s i , p r o m u o v e n d o l i o bocciandoli o cacciandoli o d e n u n c i a n d o l i , f i o r o capi. Se i capi sono incapaci, v e n g a n o a n c h e loro cacciati. I C o n t r a d a non sono al disopra della legge, ne sono ai margini: q u a n d o la legge agisce c o n t r o di loro con i suoi s t r u m e n t i e i suoi criteri, li p o r t a su un t e r r e n o che n o n è quello in cui s'erano d o v u t i a v v e n t u r a r e , m a g a r i s m a r r e n d o la r e t t a via. La sec o n d a considerazione è semplice: u n a carcerazione preventiva che d u r i q u a n t o quella inflitta a C o n t r a d a è u n a barbarie i n d e g n a d ' u n Paese che p r e t e n d e d'essere la culla del diritto, e che sembra avere u n a g r a n voglia d'esserne la bara. L a r e t e del p e n t i t i s m o , nella q u a l e e r a f i n i t o C o n t r a d a , continuava a far pesca «eccellente» tra i politici. Di Andreotti ci siamo occupati a l u n g o . Q u i c o n v e r r à soltanto aggiungere che a fine luglio del 1995 il Pm di Perugia Fausto Carr e l l a - la cui inchiesta era s e p a r a t a da quella sfociata nel processo di P a l e r m o - chiese il rinvio a giudizio sia di Andreotti sia del suo c o m p a g n o di partito, il magistrato ed ex senatore Claudio Vitalone, quali m a n d a n t i dell'assassinio di Mino Pecorelli nel 1979. Il direttore di Op sarebbe stato abb a t t u t o da sicari p e r il suo p r o p o s i t o di c o i n v o l g e r e Andreotti nello scandalo dell'Italcasse - u n o dei pasticci p r e tangentizi della Prima Repubblica - e p e r c h é i n t e n d e v a svelare retroscena del sequestro e dell'uccisione di Aldo M o r o (non è chiaro se ad Andreotti venga addebitato c o m e colpa l'aver sostenuto la tesi della «fermezza», ossia della linea d u ra c o n t r o i brigatisti, d u r a n t e il sequestro di M o r o : p e r c h é 271
se così fosse si d o v r e b b e d e d u r n e che il g o v e r n o doveva ced e r e al ricatto degli assassini, i g n o r a n d o i cinque m o r t i della scorta che già avevano fatto). Il senatore a vita e l'ex senatore Vitalone d o v e v a n o r i s p o n d e r e della m o r t e di Pecorelli - s e c o n d o C a r d e l l a - i n s i e m e ai boss mafiosi P i p p o Calò e «Tano» Badalamenti, al killer Michelangelo La B a r b e r a e all'estremista di destra Massimo Carminati. Delle responsabilità di Vitalone e di A n d r e o t t i avevano parlato sia l'onnipresente T o m m a s o Buscetta sia alcuni «pentiti» della b a n d a della Magliana, che agiva a Roma. Nel corso delle sue indagini il Pm Cardella e r a a n d a t o anche negli Stati Uniti, dove aveva i n t e r r o g a t o B a d a l a m e n t i e Buscetta: nella trasferta l'acc o m p a g n a v a p r o p r i o A n t o n i n o L o m b a r d o , il suicida m a r e sciallo dei carabinieri di Terrasini. M e n t r e A n d r e o t t i acquisiva o r m a i , s t a n d o alle folgori giudiziarie che l'investivano, i connotati d ' u n boss criminale della p e g g i o r e specie, s a n g u i n a r i o e cinico (peraltro invitato, ascoltato e ossequiato all'estero), un altro democristiano di spicco (anche se n o n q u a n t o il sette volte P r e s i d e n t e del Consiglio) e r a i n c r i m i n a t o e i n c a r c e r a t o : C a l o g e r o M a n n i n o , p o t e n t e n o t a b i l e della sinistra D C i n Sicilia - d u n q u e c o n c o r r e n t e e n o n alleato di Lima e di Andreotti - già ministro dell'Agricoltura: u n o dei c i n q u e ministri della sinistra D C che s i e r a n o dimessi dal g o v e r n o , i n s e g n o d i p r o t e s t a , q u a n d o era stata a p p r o v a t a la legge M a m m ì sulle televisioni. L ' i n g r a n a g g i o c h e aveva artigliato M a n n i n o il 13 febbraio del 1995 e r a quello c o n s u e t o : d e n u n c e di pentiti, riscontri logici che la Pubblica accusa riteneva validi: il tutto diluito in c i n q u a n t a m i l a p a g i n e di fascicoli. C o m e è regola in queste inchieste, nulla di ciò che veniva rivelato era davvero inedito. Delle o m b r e su M a n n i n o s'erano già occupati sia Commissioni p a r l a m e n t a r i d'inchiesta sia la magistratura, le u n e e l'altra r i t e n e n d o l e insufficienti p e r trasformarle in indizi o in p r o v e di reato. Ma la trasformazione p u ò più facilmente a v v e n i r e se s o p r a v v e n g o n o , a d a r c o r p o ai sospetti, i «pentiti»: così M a n n i n o è i m p u t a t o p e r concorso in 272
associazione mafiosa. Il «caso» M a n n i n o s'era p r e s t o affiancato, nelle polemiche dei «garantisti» (e n o n soltanto) al «caso» C o n t r a d a . Alcuni mesi di c a r c e r e a v e v a n o r i d o t t o a un cencio, dicevano i familiari, l'ex ministro: dimagrito di t r e n ta chili. E p e r lui si r i p e t e v a , c o m e p e r C o n t r a d a , che e r a difficile capire c o m e potesse, se liberato, i n q u i n a r e le p r o v e dei fatti remoti, e già con accanita tenacia scandagliati. E un Leitmotiv giudiziario quello delle gravi condizioni di salute d ' i m p u t a t i «eccellenti», q u a n d o siano tenuti a l u n g o in carc e r e . La g a l e r a n o n è un r i c o s t i t u e n t e , e la ripetitività di questi lamenti n o n giova alla loro attendibilità. Tanti i m p u tati che di eccellente n o n h a n n o nulla soffrono analoghi patimenti, e n e s s u n o o quasi si occupa di loro. Ma, ripetiamo, le detenzioni in attesa di giudizio - m a g a r i p r o l u n g a t e p e r c h é i m a g i s t r a t i i n q u i r e n t i v a n n o in ferie - s o n o u n o d e i peggiori vizi della Giustizia italiana, che di vizi è carica. Olt r e t u t t o la lunghezza del carcere scontato in attesa del p r o cesso finisce p e r essere, al m o m e n t o della sentenza, un elem e n t o a sfavore d e l l ' a c c u s a t o , se l'accusato è n o t o e sullo sfondo del suo processo si agitano o m b r e politiche: p e r c h é i giudici s a n n o - e questo p u ò , s e p p u r e i n c o n s a p e v o l m e n t e , influenzarli - che un'assoluzione farà scandalo assai più d'una condanna. A n c o r a di scena i «pentiti» p e r l'incriminazione (concorso in associazione di tipo mafioso) dell'ex ministro della Difesa socialista Salvo A n d ò . Le responsabilità di A n d ò - inquisito a Catania a n c h e p e r altre m a g a g n e - d e r i v e r e b b e r o dalla strage del luglio 1983 in cui p e r s e r o la vita il giudice Rocco Chinnici, i d u e carabinieri della sua scorta, e il p o r tiere dello stabile in cui abitava. Nell'88 fu celebrato a Messina il processo d'appello contro i p r e s u n t i colpevoli dell'agg u a t o , in cui e r a stato fatto ricorso - p e r la p r i m a volta in Italia - ad u n ' a u t o b o m b a . La C o r t e d'Assise, p r e s i e d u t a da G i u s e p p e R e c u p e r o , scagionò m a n d a n t i e sicari: s e c o n d o i p e n t i t i lo fece p e r c h é R e c u p e r o e r a stato avvicinato, e influenzato da A n d ò e dall'ex p r e s i d e n t e della Regione sicilia273
na, G i u s e p p e C a m p i o n e . Per l'«aggiustamento» del processo sarebbero stati versati d u e c e n t o milioni. Passando lo stretto di Messina cambia r e g i o n e , cambia il n o m e della criminalità organizzata, ma n o n cambia lo scenario. Giacomo Mancini, l'anziano politico calabrese che fu leader della sinistra socialista e che e r a a n n o v e r a t o tra i p i ù risoluti e limpidi avversari della ' n d r a n g h e t a , è stato sottoposto a processo - e sospeso p e r m i s u r a cautelare dalla sua carica di sindaco di Cosenza - p e r concorso in associazione mafiosa. Anche lui messo nei guai da dichiarazioni di pentiti, che gli h a n n o attribuito incontri, avvenuti negli a n n i Ottanta, con boss autorevoli: incontri d u r a n t e i quali, secondo i collaboratori di giustizia, venivano pattuiti favori di Mancini ai capicosca in cambio di a p p o g g i elettorali p e r lui e p e r il suo partito d'allora, il P S I (e p e r la sua c o r r e n t e ) . C h i di p e n t i t o ferisce di p e n t i t o perisce, e così più d ' u n magistrato i m p o r t a n t e ha subito la sorte dei politici indicati dalle Procure c o m e protettori della criminalità organizzata o a d d i r i t t u r a - Andreotti - c o m e mafiosi a t e m p o p i e n o . Corr a d o Carnevale, l'ex P r e s i d e n t e della p r i m a sezione p e n a l e della Cassazione, e r a da t e m p o squalificato, e indagato a vario titolo p e r avere - «ammazzando» le sentenze di c o n d a n na delle Corti d'Assise o m a n i p o l a n d o in altro m o d o i p r o cessi che a lui a p p r o d a v a n o - aiutato Cosa nostra. Per u n a di queste inchieste il Pm r o m a n o Pietro Saviotti ne ha chiesto il rinvio a giudizio facendo riferimento alle dichiarazioni d ' u n e n n e s i m o p e n t i t o , il p u g l i e s e Salvatore A n a c o n d i a (boss di Trani della Sacra c o r o n a unita); secondo cui Carnevale s'era a d o p e r a t o p e r far assegnare alla sua sezione, e revocare, un o r d i n e d'arresto dello stesso Anacondia. Questi precisò d'aver versato a un suo avvocato 800 milioni p e r c h é Carnevale facesse ciò che da lui si sperava. Ma l'«ammazzasentenze» è stato incriminato - a l m e n o in r a p p o r t o a quest'episodio - solo p e r abuso d'ufficio: p e r c h é di quattrini da lui intascati n o n s'è trovata la m i n i m a traccia. Ed è stato poi prosciolto, perché il fatto n o n sussiste, dal Gip Antonio Cappiello. 274
Se C a r n e v a l e era r i t e n u t o un c a m p i o n e a d d i r i t t u r a legg e n d a r i o del cavillo m e s s o al servizio d e l c r i m i n e , alcuni suoi colleghi g o d e v a n o invece - s t a n d o a dichiarazioni ufficiali c h e spesso e volentieri s o n o false c o m e epigrafi m o r t u a r i e - di g e n e r a l e c o n s i d e r a z i o n e . Ne g o d e v a G i a c o m o Foti, Presidente della Corte d'Assise di Reggio Calabria, tanto che gli. e r a n o stati affidati d u e processi di g r a n d e rilievo; quello p e r l'assassinio di Antonio Scopelliti, sostituto Procur a t o r e g e n e r a l e presso la Cassazione, e quello p e r l'assassinio del l'ex p r e s i d e n t e delle Ferrovie dello Stato, Lodovico Ligato. La P r o c u r a distrettuale antimafia di Messina o r d i n ò - q u a n d o i d u e processi e r a n o già in fase avanzata: d o v r a n no cominciare da capo - l'arresto di Foti (rilasciato d o p o alcuni giorni) p e r la solita «associazione a d e l i n q u e r e di stampo mafioso». Negli a n n i O t t a n t a Giacomo Foti, allora giudice di sorveglianza sui d e t e n u t i , a v r e b b e stretto un vincolo malavitoso con il d i r e t t o r e del carcere San Pietro di Reggio Calabria, Raffaele Barcella, e con il costruttore Antonio D'Agostino - che dei sistemi di sicurezza giudiziari aveva avuto l'appalto - p e r c o n c e d e r e p e r m e s s i facili ai capimafia, con reciproca utilità. T r a i vantaggi che i magistrati ricavavano dal losco patto e r a n o a n c h e - s e m p r e stando ai coloriti racconti dei «collaboratori» - i n c o n t r i intimi con le d e t e n u t e : s u p p o n i a m o con quelle piacenti. Foti era, c o m e magistrato chiacchierato, in n u m e r o s a c o m p a g n i a . T u t t o si p u ò d i r e , ma n o n che la magistratura di Reggio Calabria fosse al disop r a d ' o g n i s o s p e t t o . F u r o n o a un c e r t o p u n t o i n d a g a t i il P r o c u r a t o r e c a p o Giuliano Gaeta, il P r o c u r a t o r e g e n e r a l e Guido Neri, l'avvocato generale dello Stato Giovanni Monterà e il p r e s i d e n t e d ' u n a sezione del T r i b u n a l e , Pasquale Ippolito. Se i Pm di Messina e r a n o severi con i colleghi di Reggio Calabria, questi ultimi r e n d e v a n o loro la pariglia. Di Domenico Cucchiara, l'ex p r e s i d e n t e della C o r t e d'Assise di Messina, è stato chiesto il rinvio a giudizio - e l'ha chiesto un Pm di Reggio Calabria - p e r (ancora) associazione a delinquere di s t a m p o mafioso e inoltre p e r c o r r u z i o n e in atti 275
giudiziari, d e t e n z i o n e e cessione di sostanze stupefacenti, concorso nel reato di sfruttamento della prostituzione. L'imp r e s s i o n e , forse sbagliata ma inevitabile, è c h e sia in atto u n a sfida all'ultimo i n d a g a t o tra d u e sedi giudiziarie e che la sfida abbia m a g a r i favorito la scoperta del m a r c i u m e che nei d u e «palazzacci» stagnava, n o n avvistato, chissà da q u a n to t e m p o : ma n o n favorito di c e r t o la fiducia dei cittadini nei cosiddetti sacerdoti della legge. S e m p r e che i pentiti abbiano detto, p e r q u a n t o c o n c e r n e i c o m p o r t a m e n t i dei magistrati inquisiti, la verità. I pentiti sono d u n q u e , allo stesso t e m p o , la trave p o r t a n te e l'enigma inquietante della più aggiornata tecnica giudiziaria italiana. C a m m i n facendo la loro pattuglia s'è a n d a t a ingrossando fino ad a s s u m e r e le dimensioni d ' u n battaglione. Nel 1995 lo Stato aveva - a dargli aiuto ma a n c h e a fargli i n g o m b r o - un migliaio di «collaboratori di giustizia» da p r o t e g g e r e , d a a i u t a r e nella ricerca d ' u n a i d e n t i t à sconosciuta ai sicari dei loro antichi e vendicativi boss, da stipendiare. Ai pentiti d o v e v a n o essere aggiunti i familiari, il che moltiplicava p e r c i n q u e il n u m e r o delle p e r s o n e da tutelare. Se si p e n s a al m o d o in cui lo Stato sa organizzare le sue s t r u t t u r e , c'è da t r e m a r e p e r la complessità e il costo dell ' a p p a r a t o che a t t o r n o ai pentiti s'è a n d a t o via via formand o , e p e r la possibilità che in quel m o n d o sfuggente e fugg e n t e siano state create nicchie di abuso e pericolose sincronie nelle rivelazioni. C o n t u t t o q u e s t o i p e n t i t i e r a n o e rim a n g o n o u n o s t r u m e n t o irrinunciabile. N o n bastano, p e r vanificarne l'importanza, episodi allarm a n t i in cui le loro testimonianze - si trattasse di pentiti ufficiali o di pentiti ante litteram o di reclute della lotta alla mafia - sono risultate o sono state r i t e n u t e inattendibili. Gianni Melluso, il più accanito e più noto tra gli accusatori di Enzo Tortora, ha finalmente confessato d'essersi inventato il coinvolgimento del p r e s e n t a t o r e in un traffico di droga. «Le mie parole» ha detto «facevano c o m o d o ai magistrati, se fossero c a d u t e le accuse c o n t r o Enzo sarebbe crollata l'intera opera276
zione di polizia.» La C o r t e d'Assise di C a t a n z a r o ha assolto nell'agosto del 1995 G i u s e p p e Rizzardi e Renato Molinaio, in p r i m o g r a d o puniti l'uno con l'ergastolo, l'altro con venticinque a n n i di reclusione p e r avere nel 1992 abbattuto fer o c e m e n t e a Lamezia T e r m e il s o v r i n t e n d e n t e di polizia Salvatore Aversa e la moglie di lui, Lucia Precenzano. Alla cond a n n a si e r a arrivati in base alla t e s t i m o n i a n z a di Rosetta C e r m i n a r a , già fidanzata del M o l i n a i o : che affermava d'avere visto con i suoi occhi la scena dell'assassinio. La ragazza era stata glorificata, con u n a fretta che è stata cattiva consigliera, c o m e u n ' e r o i n a della g u e r r a alle cosche: lo stesso C a p o dello Stato l'ha d e c o r a t a di m e d a g l i a d ' o r o . C o n la s e n t e n z a della C o r t e d ' A p p e l l o , p r e s i e d u t a d a D o m e n i c o Pudia, all'eroina s'è sostituita u n a m i t o m a n e o u n a c a l u n niatrice mossa dal r a n c o r e verso il M o l i n a r o o p e r f i n o - il dubbio è stato avanzato - da un p r e m i o in d e n a r o . Un'associazione antimafiosa che fa capo all'ex magistrato A n t o n i n o C a p o n n e t t o s'è ribellata all'assoluzione, ma u n o dei figli del sovrintendente Aversa ha a m m e s s o che «la vicenda processuale n o n è stata gestita c o m e doveva essere, gli i n q u i r e n t i si sono fermati davanti ad u n a p s e u d o t e s t i m o n e oculare e a d u e p s e u d o e s e c u t o r i materiali». I n t a n t o si facevano avanti altri pentiti - sono in Calabria u n a fitta schiera - p e r offrire piste inedite sul duplice delitto. Esiste u n p r o b l e m a d e i p e n t i t i , c h e n o n sta c e r t o nella crociera m e d i t e r r a n e a d'agosto (1995) di T o m m a s o Buscetta con famiglia, nelle fotografie che gli sono state più o m e no a t r a d i m e n t o scattate, nell'intervista che gli è stata p i ù o meno a t r a d i m e n t o carpita. Questi sono gli ingredienti fatui che in Italia s'accompagnano con stucchevole m o n o t o n i a alle cose serie. Il p r o b l e m a dei pentiti è, alla fin fine, il p r o blema dei riscontri. B e n v e n g a n o i «collaboratori di giustizia»: ma p e r il loro passato e a volte a n c h e p e r il loro p r e sente s o n o , c o m e i confidenti di polizia del t e m p o che fu, dei soggetti cui la sincerità n o n p u ò essere accreditata a scatola chiusa. Forse la si poteva accreditare ai pentiti del ter277
rorismo, che voltata p a g i n a e r a n o o r m a i fuori da organizzazioni p r e s t o disfatte. Altra cosa sono i pentiti della criminalità organizzata. Tutte le P r o c u r e e tutti i Gip d'Italia v a n n o r i p e t e n d o c h e dei soli p e n t i t i n o n si fidano, e c h e le loro «soffiate» sono sottoposte a un vaglio severo. La realtà n o n sembra c o r r i s p o n d e r e , a l m e n o n o n s e m p r e , a questi virtuosi propositi. Viene data dignità di riscontri alle dichiarazioni d ' a l t r i p e n t i t i - ed è un m e t o d o m o l t o pericoloso; c o n t r o Tortora c'era u n a rete a maglie fitte di circostanziate accuse v e n g o n o minimizzate le contraddizioni e le inverosimiglianze, si consente ai pentiti di arricchire e a g g i o r n a r e a t a p p e i loro veri o p r e s u n t i ricordi, e di r a m m e n t a r e d u e lustri dopo le loro p r i m e confessioni ciò c h e «a caldo» s ' e r a n o dimenticati di dire. A sostegno delle P r o c u r e s'è v e n u t o comp a t t a n d o un p a r t i t o di tifosi dei pentiti, che con il loro olt r a n z i s m o n u o c i o n o alla causa p e r cui si b a t t o n o : p e r c h é g i u r a n o s e m p r e sui pentiti, e p r e t e n d o n o di far c r e d e r e che in u n ' I t a l i a scettica d o v e o g n i sacralità è contestata e dove n o n sono accolte senza riserve né le affermazioni del Papa, né le affermazioni di Scalfaro, vi sia un solo n o n contraddicibile oracolo, T o m m a s o Buscetta. «Don Masino» ha consentito a G i o v a n n i Falcone di p e n e t r a r e i misteri di Cosa nostra: c h e s'è accanita sui suoi familiari. Q u e s t o d o b b i a m o s e m p r e averlo b e n p r e s e n t e . Ma sono trascorsi a n n i e anni dalla conversione: e p p u r e viene utilizzato p e r dire la sua su ogni vicenda e su ogni personaggio. Forse t r o p p o utilizzato. N o n è blasfemo d u b i t a r e dei pentiti, n o n è blasfemo dubitare perfino di alcune cose che escono dalla bocca di Tommaso Buscetta. Vi sono di sicuro p e r s o n e e ambienti interessati che ai pentiti s ' o p p o n g o n o p e r c h é sotto sotto vogliono favorire la mafia o gli i m p u t a t i di mafia. E vi sono i difensori che possono essere, anzi quasi s e m p r e sono, rispettabili e capaci avvocati, ma che n o n soffrono le p e n e dell'inferno se un boss p e r i c o l o s o e s a n g u i n a r i o da l o r o assistito riacquista la lib e r t à . La c a m p a g n a c o n t r o i p e n t i t i ha, in alcuni dei suoi p r o m o t o r i , evidenti aspetti strumentali. Ma n o n si p u ò per 278
questo t a p p a r e la bocca ai critici rinfacciando loro - lo fanno i mafiologi tutti d ' u n pezzo, e lo fanno p u r t r o p p o a n c h e i P r o c u r a t o r i della Repubblica - che il discredito dei pentiti aiuta «obbiettivamente» la criminalità organizzata, e che di c o n s e g u e n z a chi d u b i t a di loro favorisce la mafia. I pentiti sono indispensabili: ma ogni p e n t i t o fa p a r t e p e r se stesso, nessun p e n t i t o è m u n i t o d ' u n m a r c h i o di garanzia che faccia fede p e r o g n i sua d i c h i a r a z i o n e p r e s e n t e e f u t u r a . Lo status di salariati dello Stato che ai pentiti spetta p u ò ingener a r e un equivoco r a p p o r t o di d a r e ed avere tra loro e gli inquirenti. Le parole dei pentiti d e v o n o perciò avere conforti inoppugnabili: nelle cose, e in testimonianze di gente estranea al loro ambiente. Q u e s t o concetto - d o p o la sbornia collettiva che aveva divinizzato i magistrati, e s'è visto q u a n t o poco essa fosse ragionevole - s'è fatta strada in molti: a n c h e in quella sinistra che delle P r o c u r e e dei pentiti era stata p e r qualche t e m p o la g r a n d e sostenitrice. Bisogna d u b i t a r e dei pentiti p e r c h é poi siano, q u a n d o v e n g o n o messi alla prova, credibili e convincenti. C o m e a Venezia veniva r i c o r d a t o , a monito dei giudici, il povero fornaretto, d o b b i a m o ricordare Tortora: senza dimenticare, intendiamoci, Totò Riina e il cognato di lui Leoluca Bagarella; spietato killer (almeno come tale viene indicato) che è e n t r a t o e uscito più volte dalle prigioni della Repubblica, e che è stato catturato a Palermo, alla fine di g i u g n o d e l 1995, c o n g r a n d i e forse eccessive fanfare d'esultanza di magistratura e polizia. Bagarella n o n era r i n t a n a t o in Bolivia o nello Zaire. Aveva casa nel c e n t r o di P a l e r m o , d i r i m p e t t a i o di magistrati della P r o c u r a , e nel centro di Palermo passeggiava fino a q u a n d o gli h a n n o messo - u n ' e n n e s i m a volta - le m a n e t t e . Connessa a quella dei pentiti è la questione delle Procure, e del loro p o t e r e . I Pm t e n g o n o c o n f e r e n z e s t a m p a , e u n a stampa in talune occasioni acritica e fiancheggiatrice ne recepisce le affermazioni senza sottolineare a sufficienza che sono le affermazioni d ' u n a p a r t e - l'accusa - e n o n d ' u n giudice. L'autonomia operativa delle P r o c u r e ha consentito n o 279
tevoli successi nelle indagini: così c o m e l'inesperienza investigativa o i pregiudizi di certi Pm - e n o n si parla di pool agguerriti e p r e p a r a t i c o m e quello milanese - è sfociata in cantonate. Le P r o c u r e t e m o n o che u n a legislazione s e m p r e più garantista leghi loro le m a n i : e sono c o m p a t t a m e n t e insorte c o n t r o l e n u o v e n o r m e sulla c u s t o d i a c a u t e l a r e a p p r o v a t e quasi all'unanimità dal P a r l a m e n t o . Nei loro p u n t i essenziali quelle n o r m e stabiliscono che la custodia cautelare è obbligatoria solo p e r i crimini di s t a m p o mafioso. In ogni altro caso è consentita solo q u a n d o «non si considerino a d e g u a t e le m i s u r e alternative». Stabiliscono inoltre c h e il d e t e n u t o deve essere i n t e r r o g a t o e n t r o dieci g i o r n i dal suo ingresso in carcere, che il tetto massimo della carcerazione preventiva nel suo complesso (e p e r reati gravissimi) scende da venti a n o v e a n n i , c h e il d i f e n s o r e p u ò p r e s e n t a r e n u o v i elem e n t i di p r o v a d i r e t t a m e n t e al Gip («saltando» il Pm), che n o n s a r à p i ù a r r e s t a t o in flagranza chi rifiuta o dà false informazioni al Pm. Lo si processerà, ma in t e m p i successivi. Nessuno p u ò n e g a r e che queste limitazioni alle iniziative dell'accusa giovino, c o m e o g n i n o r m a «garantista», p i ù ai delinquenti che ai galantuomini. Individui pericolosi restano a p i e d e libero, i r r i d e n d o alle loro vittime. Ma possiamo a g g i u n g e r e che p r o p r i o certe disinvolture delle P r o c u r e - a volte utili, sia chiaro, p e r contrastare a n a l o g h e e o p p o s t e disinvolture difensive - h a n n o indotto quasi tutte le forze del P a r l a m e n t o a imbrigliarle. Causa p r o f o n d a d'ogni equivoco è la confusione t r a a c c u s a t o r e e g i u d i c e , c h e alle richieste i d e i Pm conferisce la solennità e a u t o r i t à di p r o v v e d i m e n t i d ' u n giudice. La confusione deriva a n c h e dall'unicità della carriera, p e r cui un magistrato oggi è accusatore e d o m a n i J è g i u d i c e (e viceversa). Accusatori e g i u d i c a n t i sono colleghi, e intercambiabili. Q u a n d o B i o n d i si espresse p e r u n a ,-| s e p a r a z i o n e delle c a r r i e r e - la voleva a n c h e Falcone - si g r i d ò al tentativo del Polo di e s a u t o r a r e i Pm p e r favorire | l ' i n d a g a t o B e r l u s c o n i e altri i n d a g a t i di spicco. Forse e r a , p r o p r i o così. Ma c a d u t o il governo del Cavaliere, c o m m e n 280
tatori c h e n o n a p p a r t e n g o n o al suo s c h i e r a m e n t o , anzi lo avversano, h a n n o r i p r o p o s t o il p r o b l e m a : e la reazione dei P r o c u r a t o r i - e dell'Associazione n a z i o n a l e m a g i s t r a t i - è stata p a v l o v i a n a m e n t e quella di s e m p r e . Giù le m a n i dalle P r o c u r e , qui si vuole attentare all'indipendenza della magis t r a t u r a . E invece il caso di t r a t t a r e l ' a r g o m e n t o con pacatezza: senza t r a s c u r a r e le b u o n e r a g i o n i delle P r o c u r e , ma senza n e m m e n o t r a s c u r a r e le spinte corporative, e di potere, che le i n d u c o n o a p o r r e un d i l e m m a d r a m m a t i c o ; se si tocca l ' o r d i n a m e n t o attuale, n o n ci sarà più giustizia. Bisogna d i s c u t e r n e . Ancor p i ù bisogna d i s c u t e r n e d o p o che u n a s e n t e n z a della C o r t e costituzionale ha fatto differenza tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti, ossia tra giudici veri e Pm: stabilendo che il precetto costituzionale secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge n o n vale, a l m e n o n o n in forma così p e r e n t o r i a , p e r gli «accusatori». Questi a p p a r t e n g o n o a un ufficio che è retto da un capo e ha gerarchie i n t e r n e . Resta da v e d e r e se e q u a n t o ci sia da c a m b i a r e negli o r d i n a m e n t i . Ma è s o p r a t t u t t o u r g e n t e dissipare n e l l ' o p i n i o n e p u b b l i c a , la c o n f u s i o n e t r a le tesi d ' u n accusatore e la sentenza d ' u n giudice.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
IL PAESE DELLA B O N T À
T r a n n e l'incorreggibile discolo Bossi, tutti i politici italiani di qualche i m p o r t a n z a e r a n o diventati b u o n i , nell'estate del 1995, o a l m e n o volevano accreditarsi c o m e tali. Silvio Berlusconi, invitato d'eccezione al C o n g r e s s o di luglio del P D S , aveva avviato il suo discorso c o n un i m p e c c a b i l e «Signor P r e s i d e n t e , o n o r e v o l e D'Alema, signori delegati...» e si d o veva alla fantasia d ' u n b u o n t e m p o n e un testo apocrifo sec o n d o cui il Cavaliere s'era indirizzato a quella p l a t e a con un provocatorio: «Miei cari comunisti...». Berlusconi aveva sottolineato i p u n t i di c o n t r a s t o t r a il suo c e n t r o - d e s t r a e i progressisti: ma senza calcare la m a n o , così c o m e n o n l'avev a n o calcata né D'Alema né Veltroni - assente, nel suo imbronciato Aventino, Achille Occhetto - in risoluti ma pacati i n t e r v e n t i . Il Cavaliere e r a stato perfino a p p l a u d i t o , qualche fischio isolato aveva p u n t e g g i a t o soltanto i suoi attacchi ai magistrati. «Tranquillità, stabilità, sicurezza» e r a n o del resto le p a r o l e d ' o r d i n e di D'Alema, spiegate e c o m m e n t a t e nel suo libro Un paese normale, scritto a sei m a n i con Claudio Velardi e G i a n n i C u p e r l o : e p u b b l i c a t o , p e n s a t e , p r o p r i o dalla M o n d a d o r i che d e l l ' i m p e r o berlusconiano fa p a r t e . E Veltroni gli si e r a affiancato con un altro libro intitolato La bella politica. N o n p r o p r i o le parole d ' o r d i n e d'accesi rivoluzionari. In q u e s t o clima c o n g r e s s u a l e c h e , se n o n p r o p r i o da embrassons-nous era c o m u n q u e di r e c i p r o c o r i s p e t t o tra gli opposti schieramenti, la voce più aggressiva fu, strano a dirsi, p r o p r i o quella d i R o m a n o P r o d i : c h e s a p e n d o s i tacciato d ' u s a r e t r o p p a melassa emiliana q u a n d o e r a sollecitato ad e s p r i m e r e u n ' o p i n i o n e , d a v a n t i ai pidiessini sfoderò 282
tutta la grinta di cui è capace. Definì il Cavaliere «un liberista i n c o m p e t e n t e , visto con t e r r o r e dai mercati»: accusa che, rivolta da un ex b o i a r d o di Stato a un i m p r e n d i t o r e di successo, e r a forse t e m e r a r i a ma di sicuro n o n timida. Di fronte alle stoccate - p e r a l t r o r a r e - del professore b o l o g n e s e , Berlusconi ostentava indifferenza: r i p e t e n d o che Balanzone P r o d i e r a solo u n a c o n t r o f i g u r a , l a m a s c h e r a d i D'Alema. Era a D'Alema, n o n a P r o d i che bisognava g u a r d a r e . L a d i a g n o s i del Cavaliere aveva u n o s g r a d e v o l e t o n o sprezzante che con il b u o n i s m o n o n aveva nulla da spartire: ma p o g g i a v a su un f o n d o di verità. A P r o d i , E i s e n h o w e r della politica italiana, n o n si c h i e d e v a d'essere un fulmine di g u e r r a : gli si chiedeva d'essere un saggio assemblatore di forze diverse, in u n a coalizione vincente. La differenza t r a lui ed Eisenhower è che, m e n t r e nel 1944 il generale a m e r i cano poteva p o r t a r e sui c a m p i di battaglia un suo possente esercito a stelle e strisce, P r o d i doveva fare a s s e g n a m e n t o sugli eserciti altrui, anzi essenzialmente su u n o , quello del P D S . L e t r u p p e che egli poteva calamitare sarebbero v e n u t e c a m m i n facendo: ma p e r il m o m e n t o n o n ne aveva, e q u e sto provocava sia le r i p e t u t e a n c h e se p a s s e g g e r e ribellioni di questo o quel leader dei «cespugli» progressisti - c h e sotto sotto r i t e n e v a di p o s s e d e r e , rispetto a P r o d i , migliori titoli politici o migliore attitudine al c o m a n d o - sia critiche all'interno del P D S . Le s t r a t e g i e d e i d u e s c h i e r a m e n t i di c e n t r o d e s t r a e di centrosinistra e r a n o tracciate in effetti dai loro capi fisiologici, «Spezzaferro» e il Cavaliere: l'uno e l'altro p e r ò condizionati dalle esigenze di soci già acquisiti o di possibili comp a g n i d i s t r a d a , t a n t o p i ù famelici q u a n t o p i ù s a p e v a n o d'essere indispensabili. Il «tavolo delle regole», ossia u n a serie di r i u n i o n i cui delegati del Polo e d e l e g a t i progressisti (con un osservatore della Lega) i n t e r v e n n e r o allo scopo di definire le condizioni necessarie e sufficienti p e r a n d a r e alle elezioni, ricordava i vecchi t e m p i : quelli cioè in cui i segretari dei partiti decidevano cosa si dovesse fare e in che m o 283
d o ; e l'obbediente P a r l a m e n t o passava lo spolverino su deliberazioni già acquisite. Il «tavolo» rimase z o p p o . L'intesa fu t r o v a t a là d o v e e r a a b b a s t a n z a agevole t r o v a r l a : sulle polt r o n e da a s s e g n a r e alle o p p o s i z i o n i - la p r e s i d e n z a d ' u n a delle C a m e r e , le presidenze delle Commissioni p a r l a m e n t a ri «di garanzia» - sulla par condicio, sui criteri di n o m i n a del consiglio d ' a m m i n i s t r a z i o n e della R A I ( n e m m e n o i p u n t i risolti resistettero tuttavia i n d e n n i alle successive polemiche). Ma irrisolto r i m a s e il p u n t o f o n d a m e n t a l e : le g r a n d i r i f o r m e istituzionali. Al r i g u a r d o r e g n a v a il caos, p e r c h é e r a n o in c o n t r a s t o i d u e s c h i e r a m e n t i , e v ' e r a n o contrasti all'interno d ' o g n i s c h i e r a m e n t o . Per schematizzare d i r e m o che progressisti e c e n t r o d e s t r a e r a n o divisi sia dal p r o g e t t o di futura Repubblica, sia dalle p r o c e d u r e utili p e r realizzarlo, sia dalla legge elettorale (che essendo u n a legge ordinaria n o n esige i passaggi e i meccanismi previsti p e r i cambiam e n t i della Costituzione). Il Polo delle libertà aveva optato p e r il presidenzialismo all'americana: ossia p e r un sistema in cui il C a p o dello Stato, b e n c h é controllato dal Parlamento, abbia a m p i o ed effettivo p o t e r e : e v e n g a eletto direttam e n t e dal p o p o l o . Q u e s t a c o n c e z i o n e , avversata da tutti i progressisti, aveva q u a l c h e r a r o avallo da illustri esponenti del m o n d o politico e intellettuale n o n sospettati di tenerezze p e r il Cavaliere: c o m e Leo Valiani, che del resto al presid e n z i a l i s m o e r a favorevole a n c h e a l l o r c h é fu e l a b o r a t a la M a g n a C h a r t a della Repubblica. Fattosi p a l a d i n o a oltranza del presidenzialismo, Berlusconi ne traeva c o n s e g u e n z e di rilievo - implicite o esplicite che fossero - p e r il suo futuro politico. Palazzo Chigi, d o v ' e r a e n t r a t o nella p r i m a v e r a del 1994 p e r uscirne a pochi mesi di distanza, gli sembrava - alm e n o a parole - un obbiettivo poco invogliante: p e r c h é aveva p o t u t o toccare con m a n o q u a n t o siano allentate le redini di cui il P r e s i d e n t e del Consiglio d i s p o n e . A Palazzo Chigi poteva a n c h e a n d a r c i , in attesa delle g r a n d i riforme, qualc u n altro. Ma un Quirinale tipo Casa Bianca doveva essere, se il Polo avesse vinto, cosa sua. Con il che Berlusconi face284
va, nello stesso t e m p o , u n r a s s e g n a t o passo i n d i e t r o ( n o n era detto che il premier del Polo dovesse essere p r o p r i o lui) e u n o spavaldo passo avanti (nessuno t r a n n e lui poteva essere il p r e s i d e n t e presidenzialista). Q u e s t a impostazione suscitava dissensi t r a i «cespugli» del Polo, e a n c h e al suo i n t e r n o : ed era n a t u r a l m e n t e respinta dalle opposizioni che vi vedevano un ulteriore sintomo del p r o f o n d o , istintivo b o n a p a r tismo (o p e r o n i s m o ) d e l Cavaliere. S e m m a i M a r i o Segni p r o p o n e v a qualcosa che al presidenzialismo somiglia abbastanza, ossia l'elezione d i r e t t a del P r i m o ministro. D'Alema e Bianco, nello schieramento progressista, e r a n o invece p e r u n a sorta di cancellierato alla tedesca, ossia p e r un voto p o p o l a r e d a t o a u n a coalizione nella q u a l e fosse i n d i c a t o in p a r t e n z a chi, in caso di vittoria, dovesse o c c u p a r e la poltrona di Palazzo Chigi: cosicché la coalizione vincente - e n o n il Presidente della Repubblica - designasse il «cancelliere». Dalla d i s p u t a sul sistema derivava la d i s p u t a sulla «blindatura», o n o n «blindatura», dell'articolo 138 della Costituzione, quello a p p u n t o che stabilisce c o m e la si possa modificare. È t u t t ' a l t r o che facile farlo, a n c h e adesso. O c c o r r o n o d o p p i e letture, nei d u e r a m i del P a r l a m e n t o , del provvedim e n t o di modifica, con un c o n g r u o intervallo di t e m p o tra I'una e l'altra lettura. Ma p e r le approvazioni definitive basta la m a g g i o r a n z a d e i d e p u t a t i e s e n a t o r i aventi d i r i t t o al voto: e questo n o n è più ammissibile, secondo i progressisti, d o p o che l'elezione della C a m e r a e del Senato avviene con u n a legge t e n d e n z i a l m e n t e maggioritaria. Il maggioritario consente infatti che u n o s c h i e r a m e n t o forte ma minoritario nel Paese d o m i n i il Parlamento. La conseguenza, si osserva, è c h e q u e l P a r l a m e n t o p o t r e b b e c a m b i a r e la C o s t i t u z i o n e i m p o n e n d o alla m a g g i o r a n z a degli italiani regole volute da u n a m i n o r a n z a . Bisogna, s e c o n d o i progressisti, «blindare» la Costituzione ossia innalzare - a d u e terzi ad esempio - la m a g g i o r a n z a ultima indispensabile, alla C a m e r a e al Senato, p e r a p p o r t a r v i modifiche. Nella discussione s'innestava a n c h e l'idea d ' u n a C o s t i t u e n t e c h e , c o m e quella d i m e z z o 285
secolo fa, provvedesse a riscrivere o a c o r r e g g e r e la Costituzione vigente: idea che il Polo delle libertà respingeva, come dilatoria e farraginosa. Si capiva tuttavia benissimo - bastava volerlo - che questo g r a n discorrere di riforme epocali a p p a r t e n e v a in larga m i s u r a al bagaglio propagandistico in vista delle future «politiche»: e che i veri p r o b l e m i già sul t a p p e t o e r a n o - lo erano dalla c a d u t a di Berlusconi in poi - la d u r a t a del governo Dini, la data del voto, la legge con cui al voto si sarebbe andati, lo status politico del Cavaliere. Anche p e r l'ipotetica revisione della legge elettorale si fronteggiavano d u e posizioni. Il Polo delle libertà e r a p e r l ' u n i n o m i n a l e classica, a un t u r n o unico. I n o g n i collegio s i p r e s e n t a u n c e r t o n u m e r o di candidati, il più votato va in P a r l a m e n t o , i voti attribuiti agli altri v a n n o invece al m a c e r o . I progressisti e r a n o p e r il d o p p i o t u r n o alla francese: e già a b b i a m o avuto occasione di soffermarci sui motivi delle rispettive scelte. Infatti si cominciò p e r t e m p o a p a r l a r e , n e l l ' a m b i t o dell'Ulivo e della Quercia, di «desistenza». Vale a dire della possibilità che in collegi incerti il P D S , ad e s e m p i o , rinunciasse nel ballottaggio a p r o p o r r e un suo c a n d i d a t o e sacrificasse i suoi uomini in favore di quelli di Rifondazione o della Lega, p e r assicurarsi la vittoria c o n t r o il centrodestra. Noi ci siamo dichiarati favorevoli al d o p p i o t u r n o m o l t o p r i m a che emergessero queste sue implicazioni legale all'attualità. C o n f e r m i a m o la nostra preferenza: senza nasconderci un'altra anomalia che - t r a le t a n t e della politica italiana - p o t r e b b e e m e r g e r e il giorno in cui i candidati del centrosinistra dovessero ringraziare, p e r l'elezione, sia i c o m u n i s t i p u r i e d u r i alla Bertin o t t i , sia i pidiessini, sia i p o s t d e m o c r i s t i a n i m o d e r a t i alla Bianco, sia i lìberals alla Segni o alla A d o r n a t o : e inoltre dovessero - il che è peggio - o n o r a r n e le aspettative. Il Cavaliere, lo confessasse o n o , e r a s e m p r e in g r o p p a al cavallo Fininvest: che restava la sua forza propagandistica e la sua debolezza politica. Si diceva p r o n t o a scendere di sella, o a d d i r i t t u r a asseriva d ' e s s e r n e già sceso, ma cercava in 286
tutti i m o d i di tenerselo, quel cavallo. C h i a m a t o a scegliere tra il suo avvenire di politico, il suo portafogli d ' i m p r e n d i tore e il suo c u o r e di capoclan, Berlusconi cercava di contin u o le scappatoie cui e r a già ricorso in passato: con la vendita del Giornale al fratello Paolo - c h e e r a nella sostanza u n a vendita a se stesso - o con la cessione fittizia di Telepiù. La Fininvest e r a il suo handicap e la sua passione. A m e t à luglio (1995) era passata in Senato u n a legge che stabiliva l'incompatibilità tra incarichi di g o v e r n o e il controllo di aziende i m p o r t a n t i . Chi si trovasse in q u e s t a situazione d o v e v a e n t r o un a n n o c e d e r e la sua azienda, p e n a la d e c a d e n z a della p o l t r o n a di P r e s i d e n t e del Consiglio o di m i n i s t r o o di sottosegretario. Sul p r o g e t t o , cui diede la sua a p p r o v a z i o n e a n c h e Rocco Buttiglione, p i o m b a r o n o i fulmini di Arcore. «È u n a legge incostituzionale p e r c h é n o n si p u ò n e g a r e il diritto f o n d a m e n t a l e che p r o m a n a dall'individuo, il diritto di p r o p r i e t à . Né si p u ò p r e c l u d e r e a chi è p r o p r i e t a r i o di aziende di p a r t e c i p a r e alla gestione della cosa pubblica se i cittadini ce lo m a n d a n o . » Il disegno di legge era stato confezionato su m i s u r a p e r m e t t e r e nei guai il Cavaliere: sarebbe s t u p i d o n e g a r l o , e n o n è d e l r e s t o s t r a n o . La legislazione deve affrontare i p r o b l e m i che affiorano, e che in passato o n o n esistevano o e r a n o trascurabili. C o n Berlusconi l'ipotesi del conflitto d'interessi, r e m o t a finché il p o t e r e era in m a n o ai professionisti della politica, era diventata realtà. Altro invece è v e d e r e se la n u o v a n o r m a , essendo ad personam, n o n abbia rischiato d'esserlo t r o p p o : d'essere cioè u n ' e n n e s i m a prova di q u a n t o la politica italiana si sia dalla fine del 1993 in poi avvinghiata a Berlusconi: così che p r o p r i o chi voleva demolirlo ha finito p e r monumentalizzarlo. Alla sua r e a z i o n e verbale c o n t r o la legge d'incompatibilità B e r l u s c o n i fece s e g u i r e , a d i s t a n z a di p o c h i g i o r n i , il gran gesto. Addio Fininvest. Un l u n g o e d u b b i o a d d i o , p e r la verità. Un Berlusconi euforico a n n u n c i ò ai giornalisti il 20 luglio (1995), nella sede milanese dell'Assolombarda, che la sua uscita g r a d u a l e dalla Fininvest e r a già avviata. T r e 287
nuovi soci e n t r a v a n o , con u n a quota del 20 p e r cento pagata 1800 miliardi, nella p r o p r i e t à di Mediaset: la s u b h o l d i n g della Fininvest cui f a n n o c a p o C a n a l e 5 e Rete 4 e Italia 1 con il loro m a g a z z i n o p r o g r a m m i , e Publitalia. Berlusconi aveva scartato, d o p o l'esito positivo (per lui) dei referendum, l'offerta del m a g n a t e a u s t r a l i a n o R u p e r t M u r d o c h . Questi voleva la m a g g i o r a n z a di Mediaset, ossia la gestione della società. Al che il Cavaliere avrebbe a n c h e p o t u t o rassegnarsi se gli elettori l'avessero, nei referendum, bocciato. Essendo stato p r o m o s s o ripiegò sui m e n o esigenti Al Walid (il n o m e c o m p l e t o è Al Walid Bin Talal Bin Abdulaziz Al Saud), Leo Kirch e J o h a n n R u p e r t . Al Walid è un nipote v e n t i n o v e n n e di re Fahd dell'Arabia Saudita. Pare che il giovanotto abbia u n o spiccato t a l e n t o p e r gli affari, e ne ha messi a s e g n o - aiutato dai b e n provvisti forzieri reali - di ottimi. Acquistato nel '90 il 5 p e r cento della banca statunitense Citicorp ha v e n d u t o d o p o tre a n n i la m e t à della sua q u o t a con un utile del 150 p e r c e n t o : p a r t e d e l q u a l e è finita in E u r o d i s n e y , un'altra p a r t e a p p u n t o in Mediaset. Leo Kirch - l ' h a n n o sop r a n n o m i n a t o il B e r l u s c o n i tedesco - o p e r a in G e r m a n i a nei settori televisivo e cinematografico: ed e r a già socio del Cavaliere nella spagnola Telecinco. Possiede inoltre un terzo del colosso editoriale Springer. R u p e r t è un sudafricano r a m p a n t e c h e ha interessi consistenti a n c h e in E u r o p a : basta citare i m a r c h i R o t h m a n s , Carrier, D u n h i l l , B a u m e & Mercier, Montblanc. A questa p r i m a fase di smobilizzo se ne doveva aggiungere nel successivo a u t u n n o u n a seconda, con la cessione d ' u n altro 20 p e r cento - anch'esso p a g a t o 1800 miliardi - a u n a cordata formata da b a n c h e e investitori istituzionali. Infine, n e l 1996 si s a r e b b e p r o c e d u t o alla collocazione in Borsa (Milano, L o n d r a , Wall Street) d ' u n a terza trancile del 20 per c e n t o : c o n il c h e la p r e s e n z a di Berlusconi nella Fininvest sarebbe stata minoritaria, all'incirca il 40 p e r cento. U n ' o p e razione gigantesca: che p e r ò - Giorgio Bogi l'ha obbiettato sùbito - n o n risolveva né il n o d o delle tre reti a p p a r t e n e n t i 288
a un unico g r u p p o né il n o d o del conflitto d'interessi. Alla c o n f e r e n z a s t a m p a d i B e r l u s c o n i e r a stato osservato c h e «Agnelli c o n t r o l l a la F I A T con u n a q u o t a inferiore a quella che lei p o s s e d e r à alla fine in Mediaset». Risposta del Cavaliere: «E già deciso che, nel caso in cui io dovessi r i c o p r i r e incarichi di governo, la mia q u o t a v e r r e b b e congelata e i diritti di voto sarebbero esercitati da u n a fiduciaria di e m a n a zione bancaria». Ma ci vuol altro p e r a m m a n s i r e gli o p p o s i t o r i . Infatti Massimo D'Alema - con u n a sortita che, p e r la sua rudezza, n o n è piaciuta a tutta la sinistra - ha detto che se un giorno il Polo vincesse le elezioni, egli n o n r i t e r r e b b e il Cavaliere legittimato ad essere Presidente del Consiglio. Piuttosto che dissipare i sospetti sulla malafede di Berlusconi q u a n d o si dice o r m a i distaccato dagli affari, le m o d a lità della vendita di Mediaset quei sospetti li h a n n o d u n q u e confermati e rafforzati. Per la sua c r e a t u r a Berlusconi - imp r e n d i t o r e vero, n o n finanziere e affarista soltanto - ha un a m o r e possessivo, all'antica, da macho dell'industria: un p o ' alla m a n i e r a dei vecchi Rizzoli, M o n d a d o r i , M a r z o t t o , u n p o ' alla m a n i e r a a v v e n t u r o s a di Achille L a u r o . E disposto ad a b d i c a r e p u r c h é lo si lasci, nella sostanza, r e g n a r e . «La Fininvest c'est moi.» Gli si f a r e b b e t o r t o a t t r i b u e n d o q u e s t i s e n t i m e n t i alla sola c o n v e n i e n z a e c o n o m i c a e politica. C'è a n c h e qualcosa di diverso, c'è l'istinto del conquistador che, issata la sua b a n d i e r a su u n a n u o v a terra, n o n vuole più ammainarla. N o n s'è accordato con M u r d o c h p r o p r i o p e r c h é è del suo stesso s t a m p o : e gli a v r e b b e s t r a p p a t o il t i m o n e . Il negoziato multimiliardario ha d'altro canto smentito coloro che descrivevano la Fininvest c o m e u n ' a z i e n d a n o n appetibile, o a d d i r i t t u r a invendibile: p e r il suo carico di debiti, p e r l'obsolescenza dei suoi impianti e dei suoi p r o g r a m m i , p e r le incognite sul suo futuro. U n a sorta di Lancia o di Alfa Romeo, p r i m a che la F I A T le incorporasse. Q u e s t a diagnosi n o n ha retto alla p r o v a dei fatti. Gli interlocutori di Berlusconi e d i Fedele Gonfalonieri, c h e n o n s o n o n é dei f i l a n t r o p i n é 289
dei b a m b i n o n i i n g e n u i , d e v o n o a v e r e avuto le loro b u o n e ragioni se h a n n o sborsato quasi duemila miliardi per un quinto di Mediaset. L'idea d ' u n Berlusconi r i c o n d o t t o alla sola leadership di Forza Italia, ed escluso dalla corsa p e r Palazzo Chigi, piaceva a molti, nel Polo di centrodestra. N o n a Fini, che sapeva impossibile la sua ascesa alla P r e s i d e n z a del Consiglio, ma voleva evitare che ci andasse l ' e s p o n e n t e d ' u n qualche «cespuglio»: ma di sicuro a chi, nel C e n t r o cristiano democratico di Casini o nei Cristiano democratici uniti di Buttiglione (che del p a r t i t o p o p o l a r e aveva c o n s e r v a t o il simbolo, d o v e n d o tuttavia r i n u n c i a r e al n o m e , e che aveva o p t a t o p e r u n a sigia uguale a quella della DC tedesca) era p e r elezioni a s c a d e n z a l o n t a n a e p e r tessiture politiche d e m o c r i s t i a n a m e n t e caute e pazienti. Se i berlusconiani doc e r a n o p r e o c cupati dalla p r o s p e t t i v a d ' u n Cavaliere che r i e n t r a s s e nell'ombra, o sbiadisse la sua i m m a g i n e di trascinatore, in camp o p r o g r e s s i s t a c'era p r e o c c u p a z i o n e p e r c h é , d a l l ' o m b r a , P r o d i faticava ad uscire. Con il suo t r a t t o gioviale e con la sua pacatezza conciliante il professore ispirava simpatia e fiducia. N o n gli riusciva tuttavia d'essere un a u t o r e v o l e com a n d a n t e in capo. Massimo D'Alema ce la metteva tutta p e r defilarsi, lasciando il proscenio a l l ' u o m o dell'Ulivo: ma restava lui il protagonista, a sinistra. Posto alla testa d ' u n rassemblement a m p i o e vario, Prodi doveva essere vago, nelle dichiarazioni, p e r n o n inferocire u n qualche p e r m a l o s o gregario o c o m p a g n o di strada: ma p r o p r i o p e r c h é si teneva nel vago gli veniva i m p u t a t a la r i l u t t a n z a a i m p e g n a r s i su temi vitali p e r la futura azione governativa. Gli si poteva anche p e r d o n a r e d'aver d e t t o che occorreva «un g r a n d e esame di coscienza nazionale» neiraffrontare il p r o b l e m a della Bosnia: la politica estera si presta poco a queste nobili e vacue p r o p o s i z i o n i . Ma a l t r e t t a n t o elusive - e un articolista acuto come Angelo Panebianco l'aveva i m p i e t o s a m e n t e sottolineato sul Corriere della Sera - e r a n o t a l u n e sue diagnosi r i g u a r d a n t i l ' e c o n o m i a o la Giustizia. La Q u e r c i a e i suoi 290
«cespugli» avevano voluto Prodi p e r il suo e c u m e n i s m o pacioso, ma si stavano accorgendo che la ricetta e r a a volte insufficiente di fronte a un avversario rozzo, risoluto, aggressivo c o m e Berlusconi, e di fronte a un dialettico abile c o m e Fini. Il Cavaliere indulgeva spesso e volentieri a strafalcioni politici e a semplificazioni a r r o g a n t i : p e r ò pi~endeva posizione. Walter Veltroni, d e s i g n a t o c o m e vice di P r o d i , ne confermava ogni m o m e n t o l'insostituibilità. D'Alema - che è p r u d e n t e , ma n o n scantona se chiamato a p r o n u n c i a r s i ribadiva a sua volta la fiducia in Prodi, con qualche riserva e qualche punzecchiatura. M a r i o Segni, Carlo Ripa di M e a n a e altri e s p o n e n t i dei «cespugli» d i m o s t r a v a n o invece senza reticenze la loro insoddisfazione. In quest'infìerire di dubbi e di critiche Prodi ostentava un'impassibilità bonaria: facendo affidamento - aveva r a g i o n e di farlo - sul suo r i g o r e di fondo e sulla sua n o n discussa onestà. A chi lo diceva p r o n o ai «poteri forti» sul cui sostegno l'Ulivo poteva c o n t a r e diede u n a smentita d'inconsueta - p e r lui - asprezza q u a n d o ai p r i m i di s e t t e m b r e (1995) ebbe la p a r o l a , c o m e o r a t o r e di spicco, nel Festival nazionale dell'Unità a Reggio Emilia. Se la p r e s e sì con Berlusconi: ma fustigò la gigantesca o p e r a zione f i n a n z i a r i a i n corso p e r r a g g r u p p a r e «in u n u n i c o g r a n d e agglomerato F I A T , Mediobanca, Banca commerciale, Credito italiano, Generali, S N I A , M o n t e d i s o n , Pirelli e forse tra p o c h i g i o r n i Cir e Cofide». (Gir e Cofide e r a n o società della s c u d e r i a di Carlo De B e n e d e t t i , nei g i o r n i successivi messe quasi al t a p p e t o dalla p r o f o n d a crisi dell'Olivetti.) «Non so bene» sottolineò P r o d i «cosa stia s u c c e d e n d o , ma so che n o n esiste libertà politica in un Paese senza libertà ed equilibrio economico.» Il gigante finanziario in fieri c o n t r o cui P r o d i si scagliava controllava i maggiori quotidiani italiani, tutti a lui favorevoli. A fine estate 1995, m e n t r e la data delle elezioni e r a ancora da fissare (né p a r e v a n o imminenti), la minaccia più seria n o n veniva portata a Prodi dal Polo delle libertà, suo avversario fisiologico. Gli veniva p o r t a t a da L a m b e r t o Dini, il Pre291
siderite del Consiglio che p r o p r i o la Quercia, e d u n q u e anche l'Ulivo, aveva sostenuto. A Dini e ai suoi ministri e r a dai più riconosciuto il m e r i t o d'aver o t t e n u t o il meglio possibile nella p e g g i o r e delle situazioni. D u r a n t e «la vacanza della politica» i conti dello Stato avevano avuto un notevole asses t a m e n t o , e la lira aveva messo a s e g n o q u a l c h e r e c u p e r o . L'inflazione, vicina al 6 p e r cento e assai s u p e r i o r e alla m e dia e u r o p e a e al tasso p r o g r a m m a t o , r i m a n e v a tuttavia sotto controllo. La p r o d u z i o n e industriale faceva faville, tanto che il g o v e r n a t o r e della Banca d'Italia Fazio aveva lanciato m o n i t i c o n t r o il s u r r i s c a l d a m e n t o d e l l ' e c o n o m i a . Le cifre ufficiali della disoccupazione r i m a n e v a n o angosciose, ma al n o r d si aveva la realtà d ' u n a p e n u r i a d'operai, alleviata dagli e x t r a c o m u n i t a r i (quelli b u o n i , quelli che bisogna tutelare e aiutare, n o n la fungaia di piccoli delinquenti o di m e n dicanti che u n a legislazione difettosa e u n a macchina b u r o cratica inefficiente ha lasciato crescere e dilagare). Le fabbriche si disputavano le braccia capaci, m e n t r e e r a i m m u t a ta la ressa p e r avere un posto burocratico. L a r i f o r m a pensionistica, a p p r o v a t a a i p r i m i d i agosto grazie ai voti progressisti e alla benevola astensione di Forza Italia (contrari Alleanza nazionale e Rifondazione c o m u n i sta), n o n era certo il lavacro di lagrime e sangue che secondo g r a n p a r t e degli economisti sarebbe stato necessario per rimettere in sesto i bilanci degli enti previdenziali: e il negoziato del g o v e r n o con i sindacati aveva r i e s u m a t o p r a t i c h e c o m p r o m i s s o r i e c h e nella P r i m a R e p u b b l i c a e r a n o state c o n s u e t e , e c h e a v e v a n o d a t o frutti di c e n e r e e tosco. La svolta definitiva - ossia il passaggio totale dal criterio retributivo al criterio contributivo - sarebbe avvenuta a distanza d ' u n a ventina d'anni, t r o p p i . Le aree di privilegio, in particolare quelle dell'impiego pubblico, venivano, a l m e n o nella fase iniziale della r i f o r m a , soltanto scalfite. La C o n f ì n d u stria aveva infatti n e g a t o la sua b e n e d i z i o n e alla legge, che Dini ministro del Tesoro avrebbe senz'altro biasimato come inadeguata. Ma p e r il varo di questa riforma alla camomilla 292
Dini aveva avuto bisogno dei voti di centrosinistra: e il centrosinistra n o n poteva alienarsi né il consenso dei sindacati né quello di milioni di potenziali elettori colpiti da un p e g g i o r a m e n t o della previdenza. In questo q u a d r o l'atteggiamento del P D S - contestato infatti con virulenza, a sinistra, da Rifondazione c o m u n i s t a era stato coraggioso: e quello di Dini obbligato. (In t e m a di bilanci e di r i f o r m a pensionistica a c c e n n i a m o soltanto, t r a parentesi, ad «affittopoli», ossia allo scandalo - sollevato dal Giornale con u n a insistente c a m p a g n a - degli a p p a r t a m e n t i di p r o p r i e t à d'enti previdenziali ceduti p e r poco p r e z z o , e con criteri clientelari, ad e s p o n e n t i della Nomenklatura: p o litici, b u r o c r a t i , m a g i s t r a t i , giornalisti, con codazzo di par e n t i . T r a i politici e r a Massimo D'Alema, che decise di rin u n c i a r e all'alloggio - p e r la verità m o d e s t o - in cui viveva, p u r d e n u n c i a n d o c o m e s t r u m e n t a l e e «squadristica» la p o lemica. Lo s c a n d a l o e r a a u t e n t i c o , a n c h e se sollevato dal q u o t i d i a n o d i p r o p r i e t à d ' u n o s p r e g i u d i c a t o affarista immobiliare c o m e Paolo Berlusconi. Il pulpito n o n e r a dei migliori. Ci s e m b r a tuttavia che l ' i m p o r t a n t e in questi casi n o n sia stabilire da chi viene l'accusa, ma se l'accusa è vera. Era u n o scandalo n o t o r i o , favorito dal d i s o r d i n e delle n o r m e e dall'iniquità del cosiddetto e q u o c a n o n e : «affittopoli» n o n è che u n a delle tante nicchie di privilegio, spesso legali, di cui l'Italia è p u r t r o p p o dotata, e che riesce molto diffìcile smantellare p r o p r i o p e r c h é sono p r o t e t t e da u n a corazza di cavilli.) T i r a t e le s o m m e , Dini e r a autorizzato a dirsi soddisfatto del suo lavoro. Con la conversione in legge del decreto sulla par condicio egli p o t è d i c h i a r a r e esauriti i q u a t t r o i m p e g n i del suo p r o g r a m m a di g o v e r n o . A n c h e la F i n a n z i a r i a '96 - p e r la verità t u t t ' a l t r o che un c a p o l a v o r o - e r a stata p e r t e m p o elaborata. Nulla avrebbe i m p e d i t o a quel p u n t o che Dini se ne andasse. Ma nulla gli i m p o n e v a di farlo, anzi. La g e n t e s'era a b i t u a t a allo stile s o m m e s s o di q u e s t o E . T in c o m p l e t o fumo di L o n d r a , e la sua p o p o l a r i t à invogliava i 293
d u e s c h i e r a m e n t i di c e n t r o d e s t r a e di centrosinistra ad accaparrarselo. Nel r i v e n d i c a r n e l'adesione, Berlusconi poteva r i c o r d a r e che Dini e r a stato il suo braccio d e s t r o economico, e D'Alema poteva r i c o r d a r e che senza il sostegno del PDS alla C a m e r a e al Senato «Lambertow» n o n avrebbe resistito n e m m e n o qualche settimana. Lui si g u a r d a v a b e n e dallo sbilanciarsi: in sintonia, si deve s u p p o r r e , con Oscar Luigi Scalfaro, che restava il suo più autorevole sponsor. Se l'ipotesi d ' u n Dini in arrivo provocava m a l u m o r i a d e s t r a ( n o n lo si e r a forse v i t u p e r a t o c o m e m a r i o n e t t a del C a p o dello Stato e c o m e voltagabbana convertito al centrosinistra?), p e r P r o d i l'ipotesi d ' u n Dini agg r e g a t o all'Ulivo e r a a l l a r m a n t e . «Dini è un tecnico» aveva minimizzato P r o d i q u a n d o il p r o b l e m a gli era stato posto, s o t t i n t e n d e n d o l'esigenza d ' u n r i t o r n o alla politica, e ad un g o v e r n o «normale». Al che Dini aveva con perfida soavità ribattuto che a n c h e Prodi era un tecnico: s o t t i n t e n d e n d o , a sua volta, che se d ' u n tecnico bisognava fidarsi, era m a g a r i m e g l i o s t a r e sul s i c u r o , ossia su chi aveva già d a t o o t t i m a prova. Alle scintille del breve incrocio di ferri seguirono attestazioni di r e c i p r o c a stima. Ma un fatto e r a indubitabile: q u a n t o più Dini d u r a v a tanto più la sua i m m a g i n e si rafforzava. È vero che gli entusiasmi italiani sono effimeri. Il cong e d o di C i a m p i era stato da molti considerato un lutto nazionale, a un a n n o di distanza la m a g g i o r a n z a degli italiani r a m m e n t a v a a m a l a p e n a che fosse esistito un Presidente del Consiglio con quel n o m e . Però Dini oscurava P r o d i : n o n è escluso che questo causasse q u a l c h e ambascia al Quirinale, dove se g r a n d e e r a la c o n s i d e r a z i o n e p e r Dini, forse m a g giore era la considerazione p e r Prodi. Si capisce d u n q u e che al professore bolognese desse qualche fastidio il tifo che tanti facevano p e r il m a n t e n i m e n t o in vita del g o v e r n o Dini, o p e r u n a sua r i e d i z i o n e in copia p i ù o m e n o c o n f o r m e : e D'Alema e r a d'accordo con lui. Ma qui la strategia di Prodi rischiava di divergere da quella t e m p o r e g g i a t r i c e di Scalfaro: cui d a v a n o m a n forte, nella loro debolezza, i «cespugli» 294
di centrosinistra e di centrodestra (ossia d ' u n indistinto centro postdemocristiano). II C a p o dello Stato n o n si stancava di r i b a d i r e il suo ritornello: alle elezioni n o n si sarebbe andati finché fosse esistita i n P a r l a m e n t o u n a m a g g i o r a n z a c a p a c e d ' e s p r i m e r e un governo: e le elezioni dovevano avere u n a p r e m e s s a necessaria i n d e t e r m i n a t e regole. C h e n o n e r a n o r o b e t t a d a improvvisare in q u a t t r o e quattr'otto. La p r i m a delle regole era, secondo Scalfaro, la «blindatura» (abbiamo già visto che è stata invocata dal centrosinistra) dell'articolo 138 della Costituzione: p e r c h é , insisteva, «il pensiero che chi vince detta legge è un p e n s i e r o che con la d e m o c r a z i a n o n ha nulla a c h e v e d e r e » . Poi le n o r m e a n t i t r u s t e u n a revisione della legge elettorale che m a g a r i adottasse il tatarellum anche p e r le «politiche» (le p r e f e r e n z e p r o p o r z i o n a l i s t e di Scalfaro n o n si smentiscono) e che introducesse la «sfiducia costruttiva», sull'esempio tedesco. Ossia: n i e n t e crisi al buio, chi vuol far c a d e r e un P r i m o ministro e un g o v e r n o deve aver p r o n ti un P r i m o ministro e u n a m a g g i o r a n z a di ricambio. Gli altolà di Scalfaro, che Berlusconi considerava espressioni d'una m e n t a l i t à p a r l a m e n t a r i s t i c a , dilatoria, a n a c r o n i s t i c a (e diretti in sostanza contro di lui) raccoglievano tra gli esperti parecchi consensi ma anche dissensi autorevoli. Sul Corriere della Sera Lucio Colletti gli aveva r i m p r o v e r a t o di essersi accorto delle regole indispensabili solo con il g o v e r n o Berlusconi e con il g o v e r n o Dini: e di n o n avere sollevato problemi q u a n d o , dimessosi Ciampi, gli italiani avevano p e r la prima volta votato s e c o n d o u n a legge semimaggioritaria. Se il 138 era un pericolo adesso, doveva esserlo anche allora, e il Quirinale n o n l'aveva, allora, segnalato. La critica aveva u n a sua stringente logica, ma urtava c o n t r o un d a t o di fatto incontestabile. A g e n d o c o m e agiva, e a i u t a n d o Dini a t i r a r e avanti, Scalfaro - quali che fossero i suoi più segreti moventi - si faceva i n t e r p r e t e degli u m o r i di molti italiani, p r o b a bilmente della maggioranza, n o n c h é dei desideri di ambienti politici ed economici stranieri: dai quali Dini era conside295
rato u n a valida garanzia. C o n la goffaggine d ' u n elefante in un negozio di cristallerie il cancelliere Kohl s'era fatto p o r tavoce dell''establishment e u r o p e o d i c e n d o c h i a r o e t o n d o , d o p o un vertice con Dini, che secondo lui, e r a meglio lasciare l'assetto politico di casa n o s t r a così c o m ' e r a a l m e n o fino d o p o il semestre di p r e s i d e n z a italiana d e l l ' U n i o n e e u r o p e a ( g e n n a i o - g i u g n o 1996). N e s s u n o p a r v e a d o n t a r s i p e r q u e sto pesante intervento: m e n o di tutti, com'è logico, L a m b e r to Dini. Del resto la d a t a di giugno p e r le «politiche» trovava crescente credito: e il Quirinale sembrava a questo p u n t o d'accordo. Tra i tanti che a u g u r a v a n o l u n g a vita al g o v e r n o s'era distinto p e r zelo - p u r con qualche accenno all'esigenza d'inserirvi e s p o n e n t i politici - U m b e r t o Bossi: o r g o g l i o s o di proclamarsi estraneo ai d u e g r a n d i poli in lizza e di lanciare il s u o «polo d e l g u e r r i e r o » . Bossi i n f i a m m a v a i fedeli d e l Carroccio con parole d ' o r d i n e tipo «o il federalismo o la rivolta» e farciva i comizi c o n r i f e r i m e n t i alla secessione d e l n o r d e a scontri violenti: p r o m e t t e n d o t r a l'altro di stanare i fascisti, all'occorrenza, casa p e r casa. Le i n t e m p e r a n z e verbali d e l senatur e r a n o u n a m a n n a p e r i polemisti b e r l u s c o niani: che additavano nel «traditore» Bossi il nemico dell'unità n a z i o n a l e e un p e r i c o l o p e r la d e m o c r a z i a . Ed e r a n o u n a sciagura p e r il centrosinistra, che n o n aveva rinunciato ad avere a fianco la Lega il giorno in cui si fosse votato, ma che n o n poteva i g n o r a r e il suo linguaggio spaccatutto. Già abbiamo espresso, in altri capitoli, la nostra convinzione che l'aggressività bossiana sia insieme u n a c o m p o n e n t e del suo t e m p e r a m e n t o e u n a c o m p o n e n t e della sua politica: e che alla politica essa a p p a r t e n g a , anche q u a n d o s e m b r a interess a r e il C o d i c e p e n a l e . Se n o n dà in s m a n i e Bossi t e m e di sparire, o d'essere relegato al m a r g i n e : perciò minaccia cont i n u a m e n t e sfracelli. Perfino Scalfaro dovette con solennità r a m p o g n a r l o , d o p o u n a delle sue t a n t e s p a r a t e , accennando all'eventualità che t a l u n e proposizioni bossiane costituissero r e a t o . Noi c i a u g u r a v a m o c h e , n o n o s t a n t e l ' a c c e n n o 296
del C a p o dello Stato, la m a g i s t r a t u r a si astenesse dall'ingigantire, con l'iscrizione del n o m e di Bossi nel registro degli indagati e con l ' a p e r t u r a di fascicoli a suo carico, i detti del senatur. S a p p i a m o c h e è difficile far finta di n i e n t e : ma le s c o n s i d e r a t e z z e d ' u n tipo c o m e l ' U m b e r t o se v e n g o n o lasciate passare inosservate s'afflosciano. I n c r i m i n a r l o è c o m e invitarlo a nozze e offrirgli un u l t e r i o r e a r g o m e n t o p e r le sue r o d o m o n t a t e . N a t u r a l m e n t e ciò che t e m e v a m o è p u n t u a l m e n t e avvenuto: n o n u n a m a più P r o c u r e h a n n o proced u t o , ipotizzando reati da ergastolo, c o n t r o l'eversore Bossi. C h e in risposta ha dichiarato di voler p r o m u o v e r e q u a t t r o referendum, u n o d e i quali cancellerebbe p r o p r i o , t r a i reati contemplati dalla legislazione italiana, quello d'attentato all'unità n a z i o n a l e . Gli altri referendum r i g u a r d a n o l'accettazione d ' u n o Stato f e d e r a l e (ci sta b e n i s s i m o , h a n n o c o m m e n t a t o nel Polo, p u r c h é parallelamente si abbia un referendum sul presidenzialismo), l'eliminazione dei prefetti, l'eliminazione dei segretari comunali. In effetti i sindaci leghisti e n t r a n o sovente in conflitto con i r a p p r e s e n t a n t i dell'autorità centrale: aveva suscitato c l a m o r e u n a diatriba pubblica tra il sindaco di Milano Formentini e il prefetto Rossano. Chi s u p p o n e v a che Di Pietro, affidato il suo «caso» ai magistrati bresciani, se ne sarebbe rimasto zitto e quieto in attesa d ' u n a decisione, sbagliava di grosso. I «rieccoli» sono u n a costante della politica italiana. Chissà, forse un g i o r n o r i v e d r e m o Craxi al Costanzo Show. P r o p r i o il Pm Paolo lelo dei pool milanese di «mani pulite», ha p o r t a t o sotto i riflettori dell'attualità, ai primi di ottobre, l'indomito Bettino, definendolo «criminale matricolato» e rivelando i contenuti delle sue telefonate, messe sotto controllo con gli amici - pochi rimastigli in Italia. Dal che è nato un contenzioso tra la Proc u r a di Milano e quella di Venezia p e r c h é in u n a delle intercettazioni si parlava del Pm l a g u n a r e Carlo N o r d i o come di un magistrato «fidato». Già abbiamo visto risorgere dalle ceneri Ciriaco De Mita, scagionato da ogni coinvolgimento nelle m a n g e r i e dell'Irpi297
nia e da connessioni con le malefatte democristiane in Sicilia (Andreotti deve essere t o r m e n t a t o dall'invidia): e assurto al r u o l o di testa fine del Partito p o p o l a r e . Di P i e t r o è un rieccolo m e n o s t a g i o n a t o . Ma a C e r n o b b i o , nel c o n s u e t o conclave di settembre dei potentati economici e m a n a g e r i a li, l'ex Pm ha concesso il bis. Nel 1994 s'era p r e s e n t a t o a quella p l a t e a col p r o g e t t o d'uscita da T a n g e n t o p o l i da lui e l a b o r a t o insieme ai colleghi del pool di «mani pulite»: nel 1995 ha affrontato lo stesso tema, ma in u n a chiave del tutto diversa. S'è infervorato in un discorso da c a p o p o p o l o , o da g a r a n t e del popolo. «Ho la sfacciataggine e la presunzione di c r e d e r e di r i u s c i r e a n c o r a a m o b i l i t a r e le coscienze c o n t r o u n e v e n t u a l e colpo d i s p u g n a ( p e r T a n g e n t o p o l i N.d.A.)... C'è u n o scontento generale dei cittadini che d o p o essere stati sottomessi al m a l g o v e r n o della P r i m a Repubblica e d o p o aver intravisto la p r i m a v e r a di " m a n i pulite" n o n sono p i ù disposti a t o r n a r e i n d i e t r o . . . No cari signori r e sponsabili delle i m p r e s e o r a p p r e s e n t a n t i d e l p o p o l o che siate, n o n fate t r o p p o a f f i d a m e n t o sulla riuscita di q u e s t a operazione... Il c u o r e mi dice che n o n sarà così e finiremo tutti p e r p a g a r e lo scotto di un p o p o l o infuriato se n o n diamo ad esso giustizia.» Di Pietro for presidenti Di P i e t r o for premieri Gli italiani - e con m a g g i o r e ansia gli e s p o n e n t i del m o n d o politico - si p o s e r o questi interrogativi, l ' i n d o m a n i del p r o c l a m a di «Tonino». Sono interrogativi che n o n h a n n o avuto risposta fino al m o m e n t o i n cui c o n g e d a v a m o queste p a g i n e . N o n l ' h a n n o avuta n e m m e n o in un libro [Grazie Tonino) in cui Di Pietro si rivolge alle decine di migliaia d'italiani che gli h a n n o scritto (le lettere o c c u p a n o cinque a r m a d i , in u n o scantinato della sua casa di C u r n o ) . Intervistato dal giornalista Antonio Carnicci, Di Pietro spiega che gli avversari del pool di «mani p u lite» sono riusciti a «mettere i giudici gli u n i contro gli altri» e a creare, con la sovrapposizione e l'intreccio delle indagini, confusione e incertezza. «Lavoravo come un forsennato» insiste Di Pietro «non p e r c h é ne godevo, ma p e r c h é sapevo 298
che p r i m a o poi sarei stato stoppato, con un colpo di pistola o con u n a m a c c h i n a z i o n e tipo servizi segreti deviati.» Però viene, da Di Pietro, a n c h e un mea culpa p e r i colloqui con i politici, b a s t e r à r i c o r d a r e quello c o n Silvio B e r l u s c o n i : «E stata u n a g r a v e l e g g e r e z z a d a p a r t e mia d i cui n o n posso che fare a m m e n d a . Ho r i t e n u t o di c o m p o r t a r m i in quel m o d o , ossia accettare i n c o n t r i con chi me li chiedeva, p e r c h é p e n s a v o c h e potessi c o m p o r t a r m i c o m e q u a n d o e r o magistrato. Ossia essere solo me stesso, senza maschere né d o p p i fini». Essere solo se stesso. Ossia? Mistero. Di Pietro, con il suo fare naif, ci tiene tutti sulla corda. A occhio e croce - e senza giurarci - a z z a r d i a m o la previsione che, se si c i m e n t e r à in politica, a n d r à a d affollare q u e l l ' a r e a d i c e n t r o c h e P r o d i sostiene essergli congeniale, che Berlusconi vuol etichettare con il tricolore di Forza Italia, che Dini ha t e m p o r a n e a m e n te fatto sua p e r volontà di Scalfaro, che infine i notabili dell'ex D C v o r r e b b e r o r i c o m p a t t a r e , r e s u s c i t a n d o l a b a l e n a bianca: sia p u r e r i d o t t a alle p i ù m o d e s t e d i m e n s i o n i d ' u n delfino o d ' u n t o n n o . Il che a t t e s t e r e b b e c h e nel l'Italia di Berlusconi - p e r attenerci al titolo di questo libro - tutto desimi inpìscem, finisce in pesce. C o m e nelle Italie precedenti.
POSCRITTO
M e n t r e licenziavamo l'ultimo capitolo di questo libro, il «caso Mancuso» che p a r e v a - c o m e sapete - «in sonno», t o r n ò d'improvviso in p r i m o p i a n o . L a m b e r t o Dini aveva chiesto con saggezza - e s'illuse d'avere o t t e n u t o - che se ne discutesse in S e n a t o solo d o p o l ' a p p r o v a z i o n e della finanziaria '96. Ma i t e m p i di questa sgradevole incombenza furono accelerati sia p e r richiesta dei progressisti - n o n p i ù disposti a tollerare l'infittirsi delle ispezioni o r d i n a t e dal ministro - sia p e r le insistenze del ministro stesso. Così, il 18 e 19 ottobre 1995, fu dibattuta a Palazzo M a d a m a la mozione di sfiducia «individuale» - ossia r i g u a r d a n t e il solo Mancuso e n o n l'intero g o v e r n o - p r e s e n t a t a dallo schieramento che p u r sosteneva Dini. L'esito del voto e r a scontato: i progressisti avevano dalla loro p a r t e i n u m e r i . N o n e r a invece scontato che nella sua autodifesa il m i n i s t r o n o n si limitasse a s o s t e n e r e , m a g a r i con la puntigliosità cavillosa che gli è abituale, la validità e la necessità dei p r o v v e d i m e n t i che aveva adottato nei r i g u a r d i del pool di «mani pulite»: ma c h i a m a s s e p e s a n t e m e n t e in causa sia il C a p o dello Stato sia il P r e s i d e n t e del Consiglio; al p r i m o a t t r i b u e n d o tentativi d'interferenza nella sua attività di ministro, al secondo a t t r i b u e n d o un c o m p o r t a m e n t o « e r r a b o n d o » e u n a sostanziale s u d d i t a n z a alle sinistre che l ' a p p o g g i a v a n o . S'inserì i n q u e s t o r a n c o r o s o c o n g e d o d i M a n c u s o il «giallo», c o m e p i a c q u e di c h i a m a r l o , d ' a l c u n e pagine del suo discorso n o n lette in aula ma distribuite, con il testo scritto, alla stampa: ed e r a n o le pagine più maligne, con espliciti a c c e n n i a p r e s s i o n i che il Q u i r i n a l e a v r e b b e 300
esercitato p e r c o n d i z i o n a r e l'esito di a l c u n e vicende giudiziarie (in particolare quella del S I S D E ) . Il clamore delle rivelazioni, a c c o m p a g n a t o da un ricorso di Mancuso alla Corte costituzionale p e r c h é dichiarasse illegittima la sfiducia «individuale», sovrappose al «caso» del ministro un «caso Scalfaro» («caso» resuscitato e agitato dal centrodestra) e un «caso Dini». M a n c u s o fu subito r i m p i a z z a t o , c o m e Guardasigilli, da Dini, ad interim (non v e n n e invece rimosso come ministro, il che attesta q u a n t o il p r o b l e m a costituzionale fosse complesso). Ma i contraccolpi della sua azione e della sua destituzione intossicarono un clima politico già torbido: e sulla scia di quest'episodio il Polo b e r l u s c o n i a n o passò senza p i ù mezzi termini all'opposizione, a n n u n c i a n d o un voto contrario anche alla finanziaria in gestazione. La vicenda Mancuso n o n è stata edificante: n o n lo è stata né p e r lo stile del p e r s o n a g gio né p e r il m o d o in cui le sue peculiarità t e m p e r a m e n t a l i sono state strumentalizzate. Forse M a n c u s o è stato cacciato con qualche eccesso di enfasi punitiva. Di sicuro ha reagito senza eleganza (per usare un eufemismo), c e d e n d o agli impulsi della sua sicilianità vendicativa.
Indro Montanelli - Mario Cervi
L'ITALIA DELL'ULIVO (1995-1997)
CAPITOLO
PRIMO
LA M E T A M O R F O S I DEI T E C N I C I
N e l l ' a u t u n n o del 1995 - ossia al p u n t o in cui ci siamo congedati dai lettori ne LTtalia di Berlusconi - il governo di Lamberto Dini e r a i m p e g n a t o a completare i q u a t t r o p u n t i p r o grammatici dallo stesso Dini indicati nel discorso d'investit u r a di m e n o d ' u n a n n o p r i m a . C o n il c o m p i m e n t o di q u e sta missione sarebbe finita - a l m e n o s t a n d o a r i p e t u t e e solenni dichiarazioni - la ragion d'essere dell'esecutivo «tecnico» e la politica avrebbe ripreso il sopravvento. I p u n t i p r o g r a m m a t i c i e r a n o : 1) l ' a p p r o v a z i o n e della legge elettorale regionale; 2) u n a par condicio aggiornata, ossia u n a serie di n o r m e che alle formazioni politiche garantisse a p p u n t o parità di condizioni nelle p r o v e elettorali; 3) il varo della man o v r a finanziaria; 4) la riforma pensionistica. Il m o d o in cui Dini riusciva ad o n o r a r e le sue p r o m e s s e e r a tutt'altro che e n t u s i a s m a n t e , b e n c h é in complesso i mercati finanziari se ne mostrassero soddisfatti: ma era anche, con tutta probabilità, il meglio che si potesse fare in u n a situazione così a n o mala. La riforma pensionistica era stata assai più b l a n d a di q u a n t o gli esperti italiani e stranieri ritenessero necessario (e q u e s t o in flagrante c o n t r a d d i z i o n e con le tesi s o s t e n u t e da Dini c o m e m i n i s t r o del T e s o r o di Berlusconi); la finanziaria p r o c e d e v a t r a m a n o v r e e m a n o v r i n e , r a t t o p p i e rip e n s a m e n t i . Ma n o n esisteva altra via che il g o v e r n o potesse p e r c o r r e r e . N o n esisteva p e r vezzi e vizi p a r l a m e n t a r i consolidati: e n o n esisteva p e r l'esigenza che Dini aveva - se voleva r a g g i u n g e r e il t r a g u a r d o - di tenersi b u o n e le forze di sinistra che lo sostenevano, e d u n q u e di tenersi b u o n i i sindacati; e p e r di più di tenersi b u o n a la Lega. La m a g g i o r a n 305
za n o n aveva i n u m e r i p e r essere tale senza l'apporto di Bossi: che appariva sì molto a m m a n s i t o in confronto alla litigiosità di q u a n d ' e r a socio del Cavaliere, ma rimaneva p u r semp r e , p e r c h i u n q u e l o imbarcasse, u n a m m u t i n a t o t e n d e n ziale. Il g o v e r n o «tecnico» aveva bisogno d ' u n a maggioranza, e questo ne faceva, al di là delle a p p a r e n z e , delle assicurazioni, e magari delle intenzioni e delle azioni di alcuni suoi ministri, un g o v e r n o già nella sostanza politico. «Tecnici» erano gli u o m i n i - quelli che lo e r a n o davvero - politica e r a la m a g g i o r a n z a . Per c o n v a l i d a r e la n e u t r a l i t à r i g o r o s a sua e del governo, Dini aveva rifiutato il p a r a g o n e con Andreotti, di cui era stato gratificato da q u a l c h e c o m m e n t a t o r e . Nel raffronto n o n c'era nulla di v o l u t a m e n t e negativo, a n c h e se l'atmosfera da cui Andreotti era circondato e le disavventure giudiziarie in cui e r a incappato potevano far sospettare il contrario. Dini era considerato un discepolo del divo Giulio p e r le s u e doti d ' e q u i l i b r i s t a e p e r la d i s i n v o l t u r a c o n cui metteva la sordina a questioni incandescenti e aggirava con agilità ostacoli in a p p a r e n z a i n s o r m o n t a b i l i . F a c e n d o p r o fessione d'umiltà Dini s'era p e r ò sottratto a un parallelismo p e r più d ' u n motivo i m b a r a z z a n t e . «Non sono - aveva dichiarato - il n u o v o A n d r e o t t i . C o m e si p u ò p a r a g o n a r e un tecnico, un t r a g h e t t a t o r e , u n a p e r s o n a con un orizzonte limitato d'attività di g o v e r n o a un g r a n d e u o m o di Stato che ha servito l'Italia p e r q u a r a n t ' a n n i ? N o n lavoro alla costruzione d ' u n ipotetico g r a n d e c e n t r o politico. N o n h o p r o g r a m m i , n o n h o ambizioni, n o n h o trame.» Le affermazioni c h e a b b i a m o citato, e che r i s a l g o n o ai p r i m i d'ottobre del 1995, e r a n o categoriche ma n o n convincenti. Il politologo (ormai usa dire così) Angelo Panebianco riassunse i dubbi di tanti, in un articolo sul Corriere della Sera, scrivendo che il g o v e r n o Dini aveva u n a m a s c h e r a di gov e r n o dei tecnici super partes e un volto di g o v e r n o politico di centrosinistra, s o s t e n u t o e g a r a n t i t o dal Q u i r i n a l e . L'accusa, mossa dalle p a g i n e del p i ù diffuso e p i ù a u t o r e v o l e 306
q u o t i d i a n o italiano, era così d i r e t t a e precisa da n o n p o t e r r e s t a r e senza risposta. È vero che alcuni giornalisti e r a n o , p e r Dini, «cacadubbi». Ma i d u b b i di Panebianco n o n p o t e vano essere liquidati con t r o p p a sbrigatività. Replicò infatti, con u n a lettera al d i r e t t o r e del Corriere Paolo Mieli, il sottos e g r e t a r i o alla P r e s i d e n z a del Consiglio G u g l i e l m o N e g r i . Docente universitario e grand commis dello Stato, N e g r i avvolse la p o l e m i c a in un l i n g u a g g i o m o r b i d o , m a n t e n e n d o tuttavia ferma la divergenza di fondo. «Il governo Dini - sostenne - è nato n o n soltanto p e r impulso del Presidente della Repubblica, ma p e r un tacito accordo destra-sinistra, p e r creare e gestire u n a t r e g u a t r a le forze politiche d o p o la ridislocazione dei g r u p p i p a r l a m e n t a r i della L e g a n o r d . » Q u e l «ridislocazione», in luogo del c o m u n e e ruvido «ribaltone», è un capolavoro di raffinato «burocratese». E tuttavia N e g r i n o n aveva torto q u a n d o r a m m e n t a v a che il n o m e di Dini p e r Palazzo Chigi era stato fatto p r o p r i o da Berlusconi. Insistendo nella sua difesa dell'equidistanza governativa il professor N e g r i a g g i u n g e v a : «Vi s o n o d u e s c h i e r a m e n t i attraversati da forti tensioni p e r c h é a n c o r a d i s o m o g e n e i al loro i n t e r n o . N o n o s t a n t e la loro autoqualificazione a destra e a sinistra, vi s o n o nelle t e m a t i c h e di g o v e r n o c o n t i n u e c o n v e r g e n z e al c e n t r o , ove finora ha o p e r a t o un esecutivo p r e o c c u p a t o esclusivamente di tutelare gli interessi generali e o t t e n e r e risultati di c o n v e r g e n z a p a r l a m e n t a r e su cose concrete e n o n su fumisterie ideologiche o fughe in avanti». N o n c'è motivo di d u b i t a r e della b u o n a fede di Guglielmo Negri che forse, s e g u e n d o t r o p p o da vicino la quotidianità della macchina governativa e lasciandosi fuorviare dalle d i s o m o g e n e i t à e dalle autoqualificazioni, n o n vedeva in prospettiva ciò che a molti a p p a r i v a di l a m p a n t e evidenza: vale a d i r e c h e L a m b e r t o Dini, e s o p r a a lui Oscar Luigi Scalfaro, e a t t o r n o a lui q u a l c h e suo ministro, a v e v a n o un definito d i s e g n o politico, p r e m e s s a a scelte s q u i s i t a m e n t e politiche. Nulla di disdicevole in q u e s t o , e nulla di s t r a n o nel fatto che smentisse alcune enunciazioni ufficiali. La vita 307
pubblica include, e sarebbe ipocrita scandalizzarsene, reticenze e bugie strumentali. Ma solo t e n e n d o n e conto risultano chiari alcuni successivi sviluppi degli avvenimenti. Risulta s o p r a t t u t t o chiaro che con le dimissioni del suo g o v e r n o - avvenute, nel più ineccepibile rispetto degli i m p e g n i , alla fine del 1995 - Dini n o n i n t e n d e v a affatto suggellare la sua zigzagante avventura politica. E o r m a i un luogo c o m u n e la battuta di Andreotti - n o n p e r niente Dini ne è a m m i r a t o r e secondo cui il p o t e r e logora chi n o n ce l'ha. Possiamo completarla, la battuta, a g g i u n g e n d o che il p o t e r e stanca e annoia solo chi n o n l'ha mai s p e r i m e n t a t o e ne parla p e r sentito dire. Il b a n c h i e r e prestato alla politica aveva assaggiato il frutto offertogli p r o p r i o da Berlusconi, e l'aveva trovato di suo gusto. La politicità sostanziale del g o v e r n o e m e r s e anche nel caso di Filippo Mancuso, autorevole ex-magistrato un t e m p o amico di Scalfaro che Dini aveva incluso nel suo g o v e r n o come Guardasigilli, e che nel g o v e r n o e r a diventato, p e r i suoi a t t e g g i a m e n t i puntigliosi, u n a m i n a vagante. M a n c u s o era un tignoso formalista, cui n o n p o t e v a n o a n d a r e a genio le e s u b e r a n z e del pool di «mani pulite» e d'altre P r o c u r e : p e r di p i ù e r a un c o n s e r v a t o r e t u t t o d ' u n p e z z o , e l'abbozzata deriva a sinistra di Dini l'irritava. Mancuso fiondò a Milano gli ispettori ministeriali, p e r c h é riferissero se nel pool avvenissero irregolarità: era u n a mossa maldestra e inutile. O g n i e v e n t u a l e rilievo a carico di Borrelli e dei suoi sostituti sar e b b e a p p r o d a t o al Consiglio s u p e r i o r e della magistratura, d o v e l ' a v r e b b e r o infallibilmente bocciato: e la P r o c u r a di Milano ne sarebbe uscita n o n solo assolta, ma a u r e o l a t a di martirio. Della «sfiducia individuale» - ossia un voto negativo del P a r l a m e n t o r i g u a r d a n t e un singolo ministro, nell'occasione n o n difeso dai suoi colleghi - che estromise Mancuso dal g o v e r n o ci siamo già occupati ne Eltalia dì Berlusconi. Q u i vogliamo solo t o r n a r e su un aspetto della vicenda. Tra le t a n t e accuse e invettive che in scomposti discorsi pubblici e interviste Mancuso scagliò c o n t r o Dini «errabon308
do e p e n o s o » ve ne fu u n a c h e a p p a r t e n e v a al r a n c o r o s o folklore siciliano del ministro - o ex-ministro - ma meritava u n a qualche riflessione. Mancuso sosteneva in sostanza d'avere sollevato, d u r a n t e un consiglio dei ministri, il p r o b l e ma - giudiziario oltre che politico - di Bossi e dei suoi a p pelli alla secessione. Il senatur s'è infatti p r o d o t t o , d o p o la nascita del g o v e r n o Prodi, in proclami distruttivi p e r l'unità nazionale: ma n o n è che in p r e c e d e n z a se ne fosse g u a r d a to. Mancuso diceva d u n q u e d'aver sollecitato Dini e i ministri ad occuparsi della questione Bossi, e d'essersi sentito ris p o n d e r e che e r a meglio n o n dibatterla e che c o m u n q u e il t e m a doveva essere «secretato»: nel senso che n o n dovesse essercene traccia nei comunicati e nei d o c u m e n t i Consegnati al P a r l a m e n t o o ai mezzi d ' i n f o r m a z i o n e . P e r c h é t a n t a cautela? La risposta era, sia p e r M a n c u s o sia p e r il c e n t r o d e s t r a , d ' u n a chiarezza l a m p a n t e . L a m a g g i o r a n z a p a r l a m e n t a r e c h e aveva c o n s e n t i t o a l g o v e r n o Dini d i r e g g e r s i includeva la Lega: che avrebbe p o t u t o disertare se p r o p r i o il g o v e r n o cui a n d a v a n o i suoi voti l'avesse i n d i c a t a c o m e eversiva, e s p o n e n d o l a a travagli penali. Ossia, in conclusion e , L a m b e r t o Dini sacrificava l'interesse d e l Paese e il rispetto della legge alla ragion politica. Poiché M a n c u s o martellava senza requie su questo argom e n t o , il g o v e r n o d i r a m ò , il 14 d i c e m b r e 1995, un c o m u n i cato che i n t e n d e v a t r o n c a r e le illazioni «su p r e s u n t i misteri c o n t e n u t i nei verbali governativi». «Nel corso della r i u n i o n e del Consiglio dei ministri del 4 agosto 1995 - era scritto nel comunicato - il ministro Guardasigilli fece riferimento al discorso t e n u t o dall'onorevole U m b e r t o Bossi a Mantova il 24 luglio p r e c e d e n t e nel quale e r a n o esplicitati p r o g r a m m i e p r o p o n i m e n t i di azione, a d e t t a del ministro, scissionistica... In relazione a tale discorso il ministro espresse l'avviso che il g o v e r n o n o n potesse, né politicamente né g i u r i d i c a m e n te, disinteressarsene... e p r o p o s e al Consiglio di d e n u n c i a r e c o l l e g i a l m e n t e l ' o n o r e v o l e Bossi p e r il r e a t o di a t t e n t a t o c o n t r o l'integrità e l ' i n d i p e n d e n z a dello Stato (art. 241 del 309
codice penale)... Il P r e s i d e n t e del Consiglio r i t e n n e necessario un a p p r o f o n d i m e n t o e p r o p o s e , con il consenso di tutti i p r e s e n t i , c h e venissero acquisiti u l t e r i o r i e l e m e n t i p e r p o t e r n e d i s c u t e r e nella successiva r i u n i o n e d e l Consiglio d e i ministri. Per e v i d e n t i r a g i o n i di o p p o r t u n i t à , il p r e s i d e n t e chiese ai ministri di attenersi alla massima riservatezza e dispose, con il consenso del Consiglio, che il verbale venisse custodito quale atto riservato.» Abbiamo riportato solo i passaggi essenziali del l u n g o d o c u m e n t o che a v e n d o l'aria di s m e n t i r e le asserzioni di Mancuso, finiva invece in b u o n a sostanza p e r avallarle. Il p u n t o sta nell'interpretazione da d a r e alle «evidenti ragioni di o p portunità» che a v r e b b e r o suggerito la «secretazione». Se anziché «ragioni di o p p o r t u n i t à » fosse stato scritto «ragioni p o litiche» tutto sarebbe diventato p i ù chiaro. In un Paese dove le indiscrezioni e le intercettazioni m e t t o n o in piazza a n c h e faccende di letto s t r e t t a m e n t e private, cosa avevano di tanto delicato e scottante le informazioni sull'intervento di Mancuso - successivo a un discorso di Bossi c h e p i ù p u b b l i c o n o n avrebbe p o t u t o essere - da d o v e r r i m a n e r e nello stretto ambito dei ministri? In fin dei conti lo stesso Scalfaro aveva stigmatizzato le i n t e m p e r a n z e del senatur, a causa delle quali s'era mossa qualche Procura. In realtà l ' a r g o m e n t o era d e licato - e c o m p o r t a v a il rischio di deflagrazioni nella m a g gioranza - p e r c h é p o n e v a in p i e n a luce la faccia inquietante della Lega: che p e r ò di faccia ne aveva a n c h e un'altra, quella dell'alleata indispensabile alla d u r a t a del g o v e r n o . Finché lo s d e g n o era espresso da Scalfaro, Bossi poteva fingere di n o n sentire o ribattere alla sua m a n i e r a brutale. Ma u n a dep l o r a z i o n e ufficiale del g o v e r n o a v r e b b e costretto il leader leghista a dissociarsi dal g o v e r n o stesso, e sarebbe stato u n o sconquasso. I tecnici e r a n o bravi a n c h e nelle tecniche di sopravvivenza: t r a n n e il kamikaze Mancuso. Gli ultimi mesi del 1995 furono dal g o v e r n o dedicati sop r a t t u t t o alla messa a p u n t o e a l l ' a p p r o v a z i o n e della legge finanziaria: e dal Palazzo d e d i c a t i s o p r a t t u t t o a u n a serie 310
d ' i n t e r r o g a t i v i cui v e n i v a n o d a t e risposte c o n t r a s t a n t i . L a finanziaria n o n si discostò, nelle sue linee generali, dalle fin a n z i a r i e c h e l'avevano i m m e d i a t a m e n t e p r e c e d u t a e d a quella che le sarebbe seguita. E r a n o stati promessi vigorosi tagli alla spesa e impercettibili a u m e n t i della p r e s s i o n e fiscale: ma la ribellione delle corporazioni che i tagli avrebbero d a n n e g g i a t o e l'esigenza di avere, p e r i conti dello Stato, l'assenso della sinistra e d u n q u e dei sindacati, e b b e r o l'effetto c o n s u e t o . I tagli f u r o n o b l a n d i e l'aggravio delle tasse n o t e v o l e . C o n r a s s e g n a t a f r a n c h e z z a il p r e s i d e n t e della Confindustria, Luigi Abete, osservò: «I provvedimenti, nella l o r o prevedibile ritualità, c o n f e r m a n o c o m e la s t r u t t u r a dei conti pubblici sia o r m a i ingessata e q u i n d i immodificabile». Il fatiscente fortilizio d e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e statale d a v a p r o v a di s o r p r e n d e n t e robustezza q u a n d o si tentava di p o r re r i m e d i o alle sue s t o r t u r e . Su c i n q u a n t a m i l a titolari di p e n s i o n i d'invalidità c h e si sospettava fossero invalidi finti solo u n o e r a stato d e n u n c i a t o . Molti mesi p i ù t a r d i i l P m Piercamillo Davigo del pool di Milano sottolineerà con indignazione che di o t t a n t a q u a t t r o funzionari statali c o n d a n n a ti p e r c o r r u z i o n e - con sentenza passata in giudicato - solo u n o e r a stato rimosso dai suoi incarichi. Gli altri e r a n o rimasti sulle l o r o p o l t r o n e . Dini n o n aveva d u n q u e g r a n d i colpe p e r le timidezze della sua finanziaria. Q u a n d o Berlusconi (e Dini c o m e m i n i s t r o d e l Tesoro) a v e v a n o ventilato u n a riforma radicale del sistema pensionistico - che è il più g e n e r o s o del m o n d o occidentale, e n o n p u ò p i ù r e g g e r e gli si e r a n o messi c o n t r o milioni di d i m o s t r a n t i in piazza. Dini Presidente del Consiglio ha evitato questo tipo di scontro, ma è stato costretto allo sconto: ossia a m o d e r a r e il suo slancio p e r il r i s a n a m e n t o dei conti pubblici. Per fortuna c'è l'Unione e u r o p e a , ci sono i t r a g u a r d i di Maastricht - a Dini riconfermati, dai partners della C o m u n i t à , in un vertice a Valencia - e q u i n d i u n a e v o l u z i o n e «virtuosa» della strategia governativa e r a e r i m a n e obbligatoria. La virtuosità italiana è a r i m o r c h i o di quella e u r o p e a - il rilievo vale p e r Berlu311
sconi c o m e p e r Dini c o m e p e r P r o d i - le n o s t r e spensieratezze sono invece s t r e t t a m e n t e nazionali. La finanziaria giungeva così in p o r t o , e intanto gli interrogativi politici cui a b b i a m o fatto c e n n o s'affollavano. E r a scontato che Dini rassegnasse le dimissioni, a fine a n n o . Ma sarebbero state dimissioni sul serio, o dimissioni presto corr e t t e da un reincarico a scadenza p i ù o m e n o lunga? E a n cora: quale data sarebbe stata scelta p e r le elezioni politiche: febbraio, c o m e chiedeva i m p e r i o s o Gianfranco Fini - sulla cui scia a volte si metteva e a volte no lo svogliato Berlusconi - o a m a g g i o , c o m e p i ù d ' u n o p r o p o n e v a nell'Ulivo, o d o p o il semestre di p r e s i d e n z a e u r o p e a dell'Italia (1° gennaio - 30 giugno), il che significava in pratica l ' a u t u n n o , o p i ù avanti, m a g a r i al t e r m i n e fisiologico della l e g i s l a t u r a (primavera del 1999)? Guai se u n o s'incaponisce a seguire, p e r capirci qualcosa, ciò che nelle sale della politica, o negli scantinati ove a v v e n g o n o alcuni conciliaboli, veniva d e t t o . L e direttrici indicate d a p e r s o n a g g i d i p r i m o p i a n o somigliavano alla s t r a d a c h e p o r t a al passo dello Stelvio, t u t t a c u r v e e t o r n a n t i . A voler semplificare - f e r m e r e s t a n d o le diversità dei d u e g r a n d i schieramenti contrapposti - si p u ò dire che i fautori delle elezioni al più presto e r a n o nel Polo Gianfranco Fini e nell'Ulivo R o m a n o Prodi (con Veltroni al suo fianco). Disponibili al rinvio, invece, Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema (oltre che L a m b e r t o Dini, interessato in p r i m a p e r s o n a , e capace di c o m m u o v e r s i fino alle lagrime, di fronte a Enzo Biagi, in un amarcord della sua esperienza a Palazzo Chigi). Silvio Berlusconi era, tra i protagonisti, il più travagliato. I fulgori della vittoria elettorale d ' a p p e n a un a n n o e mezzo p r i m a e r a n o stati abbuiati dalla pesante diffidenza di Scalfar o , dal «ribaltone» di Bossi, dagli allarmi di piccole ma inequivocabili consultazioni a m m i n i s t r a t i v e , d a u n mitragliam e n t o implacabile d'«avvisi di garanzia». I mezzi d'informazione - in particolare la g r a n d e s t a m p a - lo avversavano, e c o m u n q u e bastavano le informazioni o le indiscrezioni tra312
pelanti dai «palazzacci» p e r garantirgli u n o stillicidio quotid i a n o di titoloni negativi. Forza Italia, che e r a un m o v i m e n to «personale», e c o m e p a r t i t o r i m a n e v a allo stato gassoso, n o n aveva n é s t r u t t u r e n é r a d i c i capaci d i r e s i s t e r e , nelle condizioni in cui e r a n o , a un l u n g o calvario d'opposizione. I l Cavaliere stesso era, p e r t e m p e r a m e n t o , u n a t t a c c a n t e , n o n un difensore. Di fronte alla n u o v a situazione aveva infatti accennato alla possibilità di fare «un passo indietro», rin u n c i a n d o a c a n d i d a r s i p e r la P r e s i d e n z a d e l Consiglio. Avrebbe visto con favore a Palazzo Chigi l'eterno c a n d i d a t o a tutto, ossia l'ex-Capo dello Stato Francesco Cossiga. Fini, convinto che nel Polo di c e n t r o d e s t r a gli equilibri si modificassero in favore di Alleanza n a z i o n a l e , alitava sul collo di B e r l u s c o n i i n v o c a n d o senza t r e g u a il giudizio di Dio o del p o p o l o , ossia il r i t o r n o alle u r n e . Aggiungete a questo i patemi del Cavaliere p e r le sorti dell'azienda che r i m a n e v a la sua a z i e n d a - quali c h e fossero i m u t a m e n t i societari - e avrete il r i t r a t t o d ' u n u o m o in ambasce, afflitto - e p e r lui e r a un i n e d i t o - da mille i n c e r t e z z e . C h i è in q u e l l o stato d ' a n i m o accetta l'idea d ' u n rinvio - che è a n c h e un c o m p r o messo - c o m e un d o n o del cielo. I motivi p e r preferire l'ind u g i o alle elezioni a t a m b u r b a t t e n t e esistevano, ed e r a n o validi. L'Italia aveva bisogno di riforme istituzionali, la legge e l e t t o r a l e s e m i m a g g i o r i t a r i a - il c o s i d d e t t o mattarellum aveva dato cattiva prova, i d u e maggiori schieramenti potevano accettare u n a t r e g u a d u r a n t e la quale fossero elaborate n u o v e e migliori regole p e r la vita pubblica. Massimo D'Alema n o n aveva gli assilli di Berlusconi. Era in g r a d o di giuocare t r a n q u i l l a m e n t e le sue carte su d u e tavoli diversi. Ma preferiva un t e m p o d'attesa. La prospettiva del s e m e s t r e d i p r e s i d e n z a e u r o p e a sconsigliava, s e c o n d o molti, elezioni italiane in q u e l p e r i o d o . In effetti un Paese che ospita i conclavi c o m u n i t a r i , ma che a capotavola p o n e c a m m i n facendo d u e facce diverse, p u ò c r e a r e q u a l c h e dis o r i e n t a m e n t o n e i convocati. U n a s i t u a z i o n e siffatta s'era tuttavia già verificata in altri Paesi, senza particolari incon313
venienti. N o n e r a q u e s t a la vera p r e o c c u p a z i o n e di D'Alema: era piuttosto l'eterogeneità dell'Ulivo (con i «Popolari» che risfoderavano De Mita, n o n p r o p r i o un d e b u t t a n t e ing e n u o sulla scena politica); era la fragile autorità d ' u n g e n e rale senza t r u p p a c o m e R o m a n o P r o d i ; e r a l a l o n t a n a n z a dell'Ulivo dal p r o g e t t o di g r a n d e p a r t i t o laburista (tutta la sinistra in un unico c o n t e n i t o r e ) che D'Alema p e r s e g u i v a : e r a la critica assillante di Rifondazione comunista; e r a infine la consapevolezza che un g o v e r n o dell'Ulivo, se l'Ulivo avesse vinto, avrebbe d o v u t o c h i e d e r e agli italiani lagrime e s a n g u e , i n d u c e n d o l i forse a r i m p i a n g e r e i g o v e r n i p r e c e d e n t i . D'Alema e r a perciò disposto a sostenere un g o v e r n o delle regole, con maggioranza molto ampia. L'idea che piaceva a Berlusconi e a D'Alema era p e r altri u n o s p a u r a c c h i o . L o e r a p e r Fini, che t e m e v a d'essere d e g r a d a t o dal ruolo di alleato indispensabile di Forza Italia al r u o l o di c o m p r i m a r i o , a p p e n d i c e m i n o r e d ' u n patto a d u e Berlusconi-D'Alema. O g n i intreccio tra i d u e poli declassava Alleanza nazionale. L'incubo, perfindus Fini, era il cosiddetto inciucio, ossia un a c c o r d o pasticciato tra Polo e Ulivo. Q u a l c u n o accredita ad Alessandra Mussolini il m e r i t o - discutibile - d ' a v e r e i n t r o d o t t o nel linguaggio politico il term i n e dialettale inciucio. Ma il suo lancio, e il suo i m p e t u o s o dilagare in cronache, articoli e dibattiti fu o p e r a di Massimo D'Alema. Questi p a r l a v a c o n t i n u a m e n t e d'inciucio p e r d e plorarlo, p e r n e g a r e cioè che i suoi propositi d'intesa con il Cavaliere avessero un c a r a t t e r e d e t e r i o r e , e a l l u d e s s e r o a «giravolte tattiche, c o m p l o t t i , t r a m e segrete». M a q u a n t o più D'Alema e Berlusconi smentivano, tanto più Fini temeva. Il leader- di AN agiva i n o l t r e in forza d ' u n a c o n v i n z i o n e che divenne la sua debolezza: la convinzione cioè che il suo partito, e r e d e del solido M S I d a d e c e n n i fortemente radicato nel territorio, potesse in u n a p r o v a elettorale avere u n a imp e t u o s a crescita e m a g a r i a t t u a r e il sorpasso in d a n n o di Forza Italia. Il c o m p o r t a m e n t o di Fini fu c o n d i z i o n a t o da questo e r r o r e di calcolo e si rivelò p e r d e n t e . 314
All'estremo o p p o s t o le tesi di Bertinotti collimavano, alm e n o p e r q u a n t o concerneva le elezioni, con le tesi di Fini. Il comunista n o n p e n t i t o faceva affidamento - e a lui i fatti d i e d e r o r a g i o n e - sui p r o g r e s s i di Rifondazione, e t e m e v a c h e u n a legge e l e t t o r a l e p i ù s p i c c a t a m e n t e m a g g i o r i t a r i a potesse p r e g i u d i c a r n e l'ascesa. Ma tra i nemici del rinvio l'arcinemico era R o m a n o Prodi. Nell'ottica del Professore ciò che Berlusconi e D'Alema p r e f i g u r a v a n o e r a la sua eliminazione dalla scena politica. «Larghe intese p e r d u e anni, accordo tra i partiti sulla n u o va Costituzione, rigorosa m a n o v r a finanziaria, giustizia, politica e u r o p e a » : così il Cavaliere aveva sintetizzato i compiti del governissimo. Alla cui guida p o t e v a n o aspirare in tanti, ma n o n P r o d i che sarebbe rimasto in p a n c h i n a , nello stato d ' a n i m o di q u e i giuocatori c h e il mister n o n m a n d a mai in c a m p o . Per crearsi u n ' i m m a g i n e e acquisire popolarità Prodi aveva c o m p i u t o u n o sforzo i m m a n e , si era assoggettato a s t r e m a n t i gite in bicicletta, aveva p e r c o r s o la penisola c o n un p u l l m a n attrezzato per le esigenze propagandistiche. N o n si p u ò n e g a r e che, sia p u r e nel suo stile alla Balanzone, avesse o t t e n u t o b u o n i risultati. Ma alle sue spalle n o n c'era un partito di straordinaria t e n u t a e capacità di r e c u p e r o com e i l P D S e n e m m e n o u n m o v i m e n t o piuttosto informe m a collaudato vittoriosamente c o m e Forza Italia. L'Ulivo e r a un c o n t e n i t o r e , p i ù c h e un vero s c h i e r a m e n t o , i «Popolari» in cui P r o d i i d e o l o g i c a m e n t e si riconosceva e r a n o un p a r t i t o m i n o r e cui l a d i s c e n d e n z a d i r e t t a dalla D C d i sinistra n o n dava un g r a n titolo di nobiltà. Nell'era d ' u n governissimo il p e r s o n a g g i o Prodi avrebbe p o r t a t o sulla scena politica, come certi simpatici caratteristi, un tocco di b o n o m i a emiliana, ma poco d'altro. Per di più, come m o d e r a t o disponibile p e r u n ' e s p e r i e n z a interlocutoria, Dini era più s p e r i m e n t a t o d i P r o d i , tecnico q u a n t o P r o d i , m e n o b o i a r d o d i P r o d i . I n o l t r e il suo accento era yankee, n o n bolognese. L'Ulivo di Prodi era in g r a d o di affrontare la prova delle u r n e , e di sup e r a r l a vittoriosamente, se alle u r n e si andava presto: u n ' a r 315
m a t a composita si d e c o m p o n e , se resta t r o p p o a l u n g o nei bivacchi. Alle v i c e n d e politiche s ' a c c o m p a g n a v a n o in un intreccio spesso indistinguibile le v i c e n d e giudiziarie, c h e ci p e r s e g u i t e r a n n o d u r a n t e tutto il tragitto t e m p o r a l e di q u e s t o lib r o : vicende nelle quali spiccavano i n o m i di Silvio Berlusconi (leggi a n c h e Paolo Berlusconi e Fininvest poi Mediaset) e di A n t o n i o Di Pietro (leggi a n c h e pool di «mani pulite»). Di Pietro e r a c o n t e m p o r a n e a m e n t e i n d a g a t o e p a r t e lesa nell'inchiesta c o n d o t t a a Brescia d a i Pm S a l a m o n e e Bonfigli: che il 20 d i c e m b r e 1995 chiesero il parallelo rinvio a giudizio dell'ex-star di «mani pulite» p e r «concussione e a b u s o d'ufficio» (si t r a t t a v a in p a r t i c o l a r e delle n o t e frequentazioni di Di Pietro con il bancarottiere Gorrini e con il c a p o d e i vigili u r b a n i m i l a n e s i E l e u t e r i o R e a ) ; e di Paolo Berlusconi, Cesare Previti, Ugo Dinacci (magistrato e ispettore ministeriale inviato in missione a Milano) p e r avere ordito un c o m p l o t t o c o n t r o Di Pietro, c o s t r i n g e n d o l o ad a b b a n d o n a r e la m a g i s t r a t u r a . A n t i c i p i a m o le c o n c l u s i o n i di questa inchiesta parallela. Le accuse a Di Pietro si a r e n e r a n no p e r il no dei Gip bresciani: i quali riconosceranno che all'ex-Pm n o n era addebitabile alcun reato. Tutt'al più avrebbe p o t u t o r i s p o n d e r e , c o m e magistrato e in sede disciplinare, di alcune sue accertate sventatezze. Ma poiché magistrato n o n era più, come cittadino ogni questione penale era chiusa (ogni q u e s t i o n e p e n a l e , va precisato, che lo vedesse i m p u t a t o : p e r c h é Di Pietro ha riversato su politici e giornalisti u n a caterva di q u e r e l e p e r diffamazione). S e g u i r a n n o invece p e r qualche t e m p o il loro corso le accuse ai suoi p r e sunti persecutori. Fabio S a l a m o n e sarà estromesso da q u e sto p r o c e s s o , con d e l i b e r a z i o n e della P r o c u r a g e n e r a l e di Brescia, p e r la sua «palese inimicizia» nei r i g u a r d i di Di Pietro: la cui attività investigativa e r a stata esercitata a n c h e contro un fratello di Fabio, l'affarista Filippo. Ma l'affaire (tanta a p p a r e n z a e poca sostanza) finirà p e r sgonfiarsi del tutto. I 316
giudici bresciani stabiliranno infatti che n o n c'era stata alcuna c o n g i u r a p e r far d i m e t t e r e Di Pietro, essendo il suo p r o posito di lasciare la m a g i s t r a t u r a assai p r e c e d e n t e ad o g n i possibile m a n o v r a del clan berlusconiano. Molta fatica sprecata e m o l t o d e n a r o p u b b l i c o speso i n v a n o . V e d r e m o p i ù avanti c o m e l'inutile inchiesta su Di Pietro l'abbia c o m u n q u e indotto ad a b b a n d o n a r e u n a p o l t r o n a di ministro, e come u n ' i n c h i e s t a c h i u s a n o n lo sia m a i d e f i n i t i v a m e n t e , in Italia. I n t a n t o p r o s e g u i v a n o le ricerche della m a g i s t r a t u r a sugli illeciti attribuiti alla Fininvest, e sui fondi n e r i che t r a m i t e conti b a n c a r i svizzeri s a r e b b e r o stati passati dalla holding berlusconiana al P S I craxiano. Di suo Paolo Berlusconi subiva in t r i b u n a l e u n a c o n d a n n a a un a n n o e q u a t t r o mesi in p r i m o g r a d o p e r tangenti - r i g u a r d a n t i concessioni edilizie a d amministratori locali del P S I , del P C I e della D C : sentenza poi a n n u l l a t a dalla C o r t e d'Appello che ha poi d e r u b r i c a t o e dichiarato prescritto il reato. Cominciava ad affiorare, senza che gli si attribuisse g r a n d e rilievo, il n o m e di Pierfrancesco Pacini Battaglia, e Stefania Ariosto aveva già snocciolato al Pm di «mani pulite» alcune rivelazioni - quelle che p o r t e r a n n o tra l'altro all'arresto del capo dei Gip r o m a n i R e n a t o Squillante - ma r i m a n e v a n e l l ' o m b r a , o in u n a luce p e r il m o m e n t o solo m o n d a n a , con il suo inesauribile archivio fotografico, e a braccetto di Vittorio Dotti: u n o dei d u e avvocati - l'altro e r a Cesare Previti - che e r a n o s e m p r e rimasti nella scia del Cavaliere, e c h e da lui avevano avuto c o m p e n si m i l i a r d a r i e r u o l i politici di p r i m o p i a n o q u a n d o Forza Italia aveva vinto le elezioni. Su questo ed altri a m m o r b a n t i viluppi politico-giudiziari d o v r e m o t o r n a r e a p i ù r i p r e s e , p e r s e g u i r n e le c o n t o r t e e convulse fasi. Diciamo intanto che insieme a L a m b e r t o Dini - ma più di L a m b e r t o Dini che s'era capito o r m a i dove volesse accasarsi - Di Pietro e r a sul finire del 1995 la g r a n d e incognita della politica italiana. Si sapeva che avrebbe p o r tato in d o t e , a chi fosse riuscito ad a r r u o l a r l o , milioni di vo317
ti, e che il Paese aveva, n o n o s t a n t e tutti gli attacchi e tutte le leggerezze v e n u t e in luce, granitica fiducia in lui; si sapeva che p e r ideologia p e n d e v a p i u t t o s t o a d e s t r a (infatti i «colonnelli» di AN lo s o s t e n e v a n o a s p a d a t r a t t a ) ; si sapeva e g u a l m e n t e c h e , c o m e crociato a n t i c o r r u z i o n e , v e d e v a i n Berlusconi un avversario piuttosto che un alleato. Sui motivi che l'avevano i n d o t t o a lasciare la toga Di Pietro m a n t e neva un imperforabile riserbo, avvolto da messaggi sibillini. Da Seul - e r a c o n t i n u a m e n t e in viaggio, tutti lo c e r c a v a n o tutti lo volevano - aveva d e t t o : «Mi sono dimesso da magistrato p e r c h é avevo s c o p e r t o c h e politici e u o m i n i d'affari t e n t a v a n o d i fare cattivo u s o d e l l ' o p e r a z i o n e c o n t r o T a n gentopoli p e r il p r o p r i o interesse personale». Sentenza oracolare, tanto solenne q u a n t o vaga. S e m p r e d u r a n t e lo stesso tour aveva dettato dal G i a p p o n e dodici p u n t i p r o g r a m m a t i ci p e r r i m e t t e r e in sesto l'Italia: che includevano il maggior i t a r i o a d o p p i o t u r n o , il s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o , r o b u s t e n o r m e antitrust e un divieto d ' e n t r a r e in politica a chi avesse notevoli interessi editoriali o c o m u n q u e r i g u a r d a n t i il m o n d o della comunicazione. O g n i riferimento a Berlusconi n o n a p p a r i v a casuale. Gianni Agnelli, che c o m e senatore a vita partecipava p r o b a bilmente senza entusiasmo ma con qualche assiduità ai lavori p a r l a m e n t a r i , lesinava le p r e s e di posizione sugli avvenim e n t i politici: e le p o c h e che concedeva e r a n o - secondo il suo stile - scettiche, distanti e p r u d e n t i . E p p u r e il riservato signor F I A T si a c c a p a r r ò i titoli di testa dei telegiornali e dei quotidiani, a m e t à d i c e m b r e del 1995, con l'annuncio della sua prossima abdicazione. Re n o n protocollare - ma investito, nella coscienza p o p o l a r e e nel rispetto deferente che i p o tenti «ufficiali» e i mezzi d'informazione gli dimostravano, di t u t t e le p r e r o g a t i v e d ' u n sovrano - Agnelli fece s a p e r e c h e nel m a r z o successivo, al c o m p i m e n t o dei settantacinque anni, avrebbe ceduto la presidenza effettiva della F I A T a Cesare Romiti (a lui sarebbe rimasta la presidenza onoraria). D o p o 318
t r e n t ' a n n i in cui aveva t e n u t o il t i m o n e del m a g g i o r complesso industriale italiano Agnelli «lasciava». All'esercizio effettivo del suo p o t e r e dinastico Gianni era arrivato piuttosto tardi. Fino alla q u a r a n t i n a s'era g o d u t a la vita, a l t e r n a n d o i piaceri di un miliardario cosmopolita ad un tenace attaccam e n t o p e r la sua Torino: che voleva d i r e Mirafiori e voleva a n c h e dire la J u v e n t u s . A m m i n i s t r a t o r e delegato della F I A T nel 1963, ne divenne presidente nel 1966 p e r la rinuncia del leggendario Valletta, u l t r a o t t a n t e n n e . S'era capito presto che al volante della F I A T c'era stato u n cambio di m a n o . I t e m p i n o n e r a n o più gli stessi, e la concezione di Valletta secondo cui la F I A T doveva essere p e r i d i p e n d e n t i la m a m m a , la famiglia e la Patria n o n reggeva al fuoco delle contestazioni. Ci si avvicinava a l ' 6 8 e ai tempestosi r i n n o v i c o n t r a t t u a l i - in un clima quasi rivoluzionario - del 1970. Nella circostanza Agnelli dimostrò v e r a m e n t e d'essere - nel b e n e e nel male il signor F I A T . La sua p r o p e n s i o n e al c o m p r o m e s s o e il patto con L u c i a n o L a m a sulla scala mobile f u r o n o visti da m o l t e i m p r e s e m e n o forti della F I A T e d a molti osservatori economici c o m e rese a discrezione al nemico. Le critiche avevano f o n d a m e n t o . La filosofia di Agnelli discendeva dal vecchio slogan vallettiano secondo cui ciò che è b e n e p e r la F I A T è bene p e r l'Italia. Ma forse anche grazie a queste cedevolezze la F I A T è riuscita a s u p e r a r e molte bufere. N o n p e r ò quella giudiziaria che d a t e m p o infuriava att o r n o alla F I A T n o n m e n o c h e a t t o r n o alla Fininvest, e c h e aveva m i n o r risonanza solo p e r c h é Gianni Agnelli si teneva fuori dalla politica militante. Quella bufera - a n c h e qui anticipiamo la cronologia p e r u n o sforzo di sintesi - ha scaricato i suoi fulmini su corso Marconi il 9 aprile 1997: q u a n d o C e s a r e Romiti è stato c o n d a n n a t o a un a n n o e sei mesi di reclusione e Francesco Paolo Mattioli, d i r e t t o r e centrale finanziario della holding, a un a n n o e q u a t t r o mesi: e n t r a m b i riconosciuti colpevoli, a l m e n o in p r i m o g r a d o , dei reati classici di Tangentopoli: falso in bilancio, finanziamento pubblico dei partiti, frode fiscale. Cesare Romiti era e n t r a t o in F I A T 319
nel 1974 ed aveva affermato con crescente vigore la sua autorità: t a n t o da esigere e o t t e n e r e che Carlo De B e n e d e t t i , p e n e t r a t o come socio nell'impero, ne fosse p r e s t o estromesso. S'era s u p p o s t o che Romiti, p u r a v e n d o p o t e r i quasi illimitati, n o n sarebbe mai d i v e n t a t o p r e s i d e n t e , e che questa carica s a r e b b e toccata a G i o v a n n i Alberto Agnelli, figlio di U m b e r t o e presidente della Piaggio p e r eredità m a t e r n a . Ma poi e r a v e n u t o , a p p u n t o , l ' a n n u n c i o a sorpresa: Romiti sar e b b e stato il futuro p r e s i d e n t e (il s e c o n d o n o n della famiglia nella storia della F I A T ) e avrebbe m a n t e n u t o la p o l t r o n a fino al c o m p i m e n t o dei settantacinque a n n i , nel g i u g n o del 1998. L'incombere dell'inchiesta c h e la P r o c u r a di T o r i n o aveva svolto c o n g r a n d e p u n t i g l i o n o n dissuase G i a n n i Agnelli dal r i b a d i r e l'investitura. D o p o la c o n d a n n a - c h e n o n aveva effetti pratici, p e r la sospensione condizionale e p e r il meccanismo degli appelli, a n c h e se inibiva ai c o n d a n nati le cariche sociali - egli confermò la sua fiducia nella correttezza di Romiti e di Mattioli. Q u a r a n t a c i n q u e personaggi di primissimo p i a n o della finanza e dell'imprenditoria italiana sottoscrissero, nella circostanza, u n a lettera di solidarietà a Romiti. Un n o m e , t r a i q u a r a n t a c i n q u e , fece sensazione: quello di Enrico Cuccia, l'anziano, discreto, segreto g r a n d e vecchio di Mediobanca, c h e e r a conosciuto p e r la riluttanza ad esprimersi pubblicamente, foss'anche p e r dire che ora è, e che invece scendeva spavaldamente in c a m p o . Il «caso» F I A T h a r i p r o p o s t o gli interrogativi di T a n g e n t o poli, p u r senza l'infuriare delle p o l e m i c h e s c a t e n a t e dalla i m p e t u o s a scalata politica di Berlusconi. Un d a t o è certo: vigeva nell'Italia che conta un sistema marcio: t u t t e le aziende d ' u n a q u a l c h e i m p o r t a n z a e r a n o sottoposte a u n a tassazione i m p r o p r i a in favore dei partiti - le t a n g e n t i - e p e r p o t e r elargire i fondi in n e r o che i partiti p r e t e n d e v a n o dovevano falsificare i bilanci. Tutto questo e r a contro la legge. Così come c o n t r o la legge, e agevolato da falsi in bilancio, è il pagam e n t o del pizzo agli estorsori mafiosi (anche quelle s o m m e n o n figurano di certo nei registri dei ricattati). Gli i m p r e n 320
ditori p o t e v a n o sottrarsi alle pretese dei partiti o alle richieste di u n a dirigenza politica e di u n ' a m m i n i s t r a z i o n e bacata, e r a n o i n s o m m a c o r r o t t i (e c o r r u t t o r i ) o concussi? E poi: si p a g a v a solo p e r o t t e n e r e favori illeciti, o si p a g a v a a n c h e p e r avere ciò che spettava di diritto? Le risposte d i p e n d o n o d a l l ' o p i n i o n e p e r s o n a l e e m a g a r i dalla collocazione ideologica. M a v'era, nel sistema, u n e l e m e n t o d i p e r v e r s a d o p piezza sul quale n o n si riflette abbastanza: i partiti e r a n o anche il g o v e r n o , e il g o v e r n o m a n o v r a la m a c c h i n a a m m i n i strativa. U n ' a z i e n d a che rifiutasse gli oboli miliardari ai p a r titi poteva essere assoggettata, p e r o r d i n e dei ministri che in quei partiti militavano, a devastanti ispezioni della Finanza. Gli industriali, che n o n sono angeli, i n c o r r o n o spesso e volentieri in marachelle. Ma la congerie e confusione legislativa è tale che gli accertamenti, solo che lo si voglia, p o r t a n o d o v u n q u e alla scoperta d'irregolarità. Nella stravagante Italia gli organizzatori del racket tangentizio - n u t r i t o di fondi n e r i - e r a n o a n c h e i firmatari delle circolari m o r a l i s t i c h e sulla correttezza fiscale delle aziende. I magistrati, s u p p o n go, n o n possono t e n e r conto di questo sottofondo p a r a d o s sale: che p e r ò è di un'evidenza inquietante, e g e n e r a d u b b i in chi g u a r d i il f e n o m e n o T a n g e n t o p o l i con distacco scettico, o se preferite cinico. «E che d o v e v a m o fare, un colpo di Stato?» è sbottato un g i o r n o Romiti, d u r a n t e u n ' i n t e r v i s t a . Volendo c o n q u e s t o affermare che n e m m e n o la p o t e n t e F I A T e r a in g r a d o di sottrarsi, nelle sue i n n u m e r e v o l i ramificazioni, agli a u t o m a t i smi implacabili del sistema, o che c o m u n q u e i costi della resistenza le p a r e v a n o m a g g i o r i dei rischi d ' u n a capitolazion e . Sono, in b u o n a sostanza, le tesi di Berlusconi (ma senza la pretesa del Cavaliere d'essere l'alfiere d ' u n a rinascita m o rale del Paese). Si p u ò da q u e s t e tesi dissentire, e m a g a r i i magistrati devono dissentire: ma n o n si p u ò sottovalutarle.
CAPITOLO SECONDO
IL CICLONE OMEGA
Il 30 d i c e m b r e 1995 un L a m b e r t o Dini p u n t u a l i s s i m o nell ' o n o r a r e la tabella di marcia che s'era imposta rassegnò le dimissioni nelle m a n i di Scalfaro: c h e t u t t a v i a le r e s p i n s e r i n v i a n d o il g o v e r n o dei tecnici alle C a m e r e , p e r c h é le Cam e r e stesse ne d e c i d e s s e r o la s o r t e . Il c o m p o r t a m e n t o di Scalfaro, p u r c o s t i t u z i o n a l m e n t e ineccepibile, attestava la sua p r o p e n s i o n e ad u n a p r o r o g a dell'esperienza Dini. II rituale messaggio di fine d ' a n n o del C a p o dello Stato fu, al rig u a r d o , abbastanza esplicito. Egli esortò i partiti a t r o v a r e un accordo p e r realizzare quel g o v e r n o di larghe intese, imp e g n a t o nell'elaborazione di n u o v e e migliori regole, cui già p e n s a v a n o t r a esitazioni e c a u t e l e B e r l u s c o n i e D'Alema. L'intervento di Scalfaro ebbe consensi e critiche. Storace, un d u r o di AN il cui linguaggio n o n eccelle p e r finezza ma si distingue p e r r u d e chiarezza, lo liquidò così: «Per dire le cose che ha detto n o n c'era bisogno del C a p o dello Stato, bastava Funari». Se il Polo faceva la faccia feroce p e r c h é Dini se ne andasse subito - ma al suo i n t e r n o , lo si è a c c e n n a t o , le p e r p l e s sità e r a n o palpabili - a n c h e nell'Ulivo c'era chi d e p r e c a v a «il pasticcio di ambiguità del governissimo». La Lega e r a disposta - e sotto sotto favorevole - ad u n a p r o r o g a , a patto che fosse a c c o m p a g n a t a dalla garanzia d ' u n a Costituente in senso r a d i c a l m e n t e federalista: g a r a n z i a c h e n o n si capiva in che m o d o potesse essere offerta, e da chi. I colloqui che Dini avviò p e r s o n d a r e gli u m o r i dei partiti, e verificarne la disponibilità p e r u n a ulteriore d u r a t a del g o v e r n o tecnico, e b b e r o t u t t o s o m m a t o esito negativo. A n c h e t r a gli ostili a 322
elezioni ravvicinate pochi si sarebbero battuti p e r salvare un esecutivo c h e insisteva nel p r o c l a m a r s i n e u t r a l e , ma che si colorava s e m p r e più di politica b e n c h é i suoi e s p o n e n t i fossero privi d ' u n m a n d a t o p o p o l a r e . Se la politica doveva rip r e n d e r e il suo posto, t a n t o valeva - secondo i più - che lo facesse senza infingimenti. Giovedì 11 gennaio 1996, il Presidente del Consiglio, che aveva raccolto espressioni di fiducia e di stima n o n traducibili in voti p a r l a m e n t a r i , reiterò le dimissioni c o n u n discorso tacitiano, q u a t t r o m i n u t i . N o n vale la p e n a d ' i n d u g i a r e sulle consultazioni che, in ossequio al c o p i o n e p r o t o c o l l a r e , Scalfaro avviò. La v e r a p a r t i t a si giuocava fuori da questa liturgia risaputa, e consisteva nella possibilità - o n o n possibilità - di v a r a r e un g o v e r n o delle r e g o l e . Ossia un g o v e r n o c o n larga base p a r l a m e n t a r e - e lontanissimo p e r q u e s t o dalla logica del b i p o l a r i s m o - c h e realizzasse p o c h e e precise cose. T r a esse s o p r a t t u t t o la ristrutturazione dei poteri e l ' a g g i o r n a m e n t o delle n o r m e che li a l i m e n t a n o e li limitano. Il c o m p i t o d ' e s p l o r a r e la fattibilità di q u e s t ' o p e r a d'alta i n g e g n e r i a costituzionale fu affidato in s o m m a segretezza - ma e r a u n a segretezza all'italiana, t u t t a spifferi - a un g r u p p o di autorevoli esperti: che e r a n o D o m e n i c o Fisichella di A N , Giuliano U r b a n i di Forza Italia, F r a n c o Bassanini (aiutato da C e s a r e Salvi) del P D S . C o s t o r o e r a n o - a n c h e i r a p p r e s e n t a n t i della sinistra - dei m o d e r a t i : nel senso c h e n o n si lasciavano d e l t u t t o c o n d i z i o n a r e dalle logiche di s c h i e r a m e n t o , e che avvertivano l'urgenza di m e t t e r e in sesto u n o Stato s g a n g h e r a t o al cui i n t e r n o e r a n o frequenti le scorrerie di p r e d a t o r i spregiudicati. Fu elaborata, con s o r p r e n d e n t e convergenza, u n a bozza di accordo che p r e v e d e v a in sintesi questi p u n t i : 1) il 90 p e r cento dei d e p u t a t i sarebbe stato eletto con il meccanismo vig e n t e p e r i s e n a t o r i , il r e s t a n t e 10 p e r c e n t o s a r e b b e stato attribuito alla m a g g i o r a n z a p e r r e n d e r l a più robusta e porla al r i p a r o da colpi di m a n o (il c o n g e g n o elettorale era, nella sua stesura completa, assai più sofisticato e intricato di co323
me l'abbiamo riassunto, ma n o n vogliamo frastornare i lettori); 2) n i e n t e elezione d i r e t t a del C a p o dello Stato (come avrebbe voluto il Polo), anzi la sua figura sarebbe diventata ancor più incolore e notarile di q u a n t o sia, a l m e n o sulla carta, oggi. Compiti di garanzia, di vigilanza, di autenticazione, m a n o n più d i q u e s t o . All'inquilino del Q u i r i n a l e s a r e b b e stato sottratto a n c h e il più significativo tra gli attuali poteri, ossia la n o m i n a del P r e s i d e n t e del Consiglio; 3) n e m m e n o elezione d i r e t t a , i n senso s t r e t t o , d e l P r i m o m i n i s t r o , m a ogni lista sarebbe stata a p e r t a dal n o m e del candidato a Palazzo Chigi di quel partito o di quella coalizione, e il suo ins e d i a m e n t o sarebbe d i v e n u t o , in caso di vittoria, a u t o m a t i co; 4) un voto di sfiducia al Presidente del Consiglio avrebbe c o m p o r t a t o la c a d u t a del g o v e r n o ; 5) veniva accettato, con riserve del Polo, il sistema elettorale a d o p p i o t u r n o . Sulla bozza - che l'opinione pubblica considerò, con b u o ne ragioni, un p r o g e t t o pressoché definitivo - si avventarono i dubbiosi e i dissenzienti. N o n vi m a n c a v a n o i p u n t i deboli: ad e s e m p i o e r a previsto che con le dimissioni del premier il g o v e r n o n o n cadesse, ma che la m a g g i o r a n z a potesse sostituirlo senza n u o v e elezioni: veniva così offerta u n ' a r m a - e il Palazzo n o n avrebbe m a n c a t o d ' i m p u g n a r l a - p e r agguati, ricatti, p a t t e g g i a m e n t i , ribellioni, ribaltoni. Ma la vera vulnerabilità d e l d o c u m e n t o n o n stava in q u e s t o : stava nell'ostilità di q u a n t i - a cominciare da Fini, da P r o d i e da cespugli vari - r i n g h i a v a n o all'idea d ' u n g o v e r n o interlocut o r i o che s a r e b b e stato, in b u o n a sostanza, un g o v e r n o a d u e . Infatti Fini sconfessò nel p i ù plateale dei m o d i il pover o Fisichella, c h e a v e n d o m a t e r i a l m e n t e p r o v v e d u t o alla stesura della bozza si sentì umiliato, a n n u n c i ò il ritiro da AN e s'appartò imbronciato. Salvo ripensarci d o p o le pressanti sollecitazioni di Fini, a c c o m p a g n a t e da chiarimenti che n o n chiarivano nulla. Gli abbracci d'obbligo tra Fini e Fisichella s e p p e l l i r o n o l'incidente e insieme ad esso la bozza. C o n la quale defunse p r i m a di nascere - secondo la diagnosi di parecchi osservatori - l'ipotizzato g o v e r n o delle regole. In ef324
tetti lo schiaffo di Fini al professor Fisichella era stato anche u n o schiaffo - e più cocente, se possibile - all'alleato Berlusconi. Ma le a g o n i e politiche italiane s o m i g l i a n o a quelle del Caudillo Franco e del maresciallo Tito: sono l u n g h e , p e n o s e e, p e r chi ne a s p e t t a c o n ansia la c o n c l u s i o n e , e s t e n u a n t i . La t r a m a i n t e r r o t t a fu r i a n n o d a t a p r o p r i o da Scalfaro c h e affidò un n u o v o tentativo p e r la formazione del g o v e r n o ad Antonio Maccanico. L'uomo era p a r t i c o l a r m e n t e a d a t t o alla missione. Già segretario generale della C a m e r a , già segretario generale del Quirinale con il vulcanico Pertini, già presid e n t e di Mediobanca - e amico del p o t e n t e Cuccia - Maccanico aveva la vocazione del m e d i a t o r e . Anche l ' a p p a r t e n e n za politica - e r a stato r e p u b b l i c a n o d o p o un giovanile p e riodo comunista - lo collocava naturaliier al centro. N o n faceva p e s a r e né i suoi tenui riferimenti ideologici né i suoi legami con l'universo dell'alta finanza. L'arte in cui eccelleva era quella d ' u n a soave ricerca dei p u n t i d'incontro tra posizioni diverse, e magari opposte. L'arrampicata cui s'accinse era un sesto g r a d o . Gli si chiedeva di f o r m a r e un esecutivo n o n più tecnico in senso stretto, ma che di p r e f e r e n z a n o n includesse p a r l a m e n t a r i p e r scongiurare risse di Palazzo; gli si chiedeva inoltre di essere sganciato dai partiti, ma tenendo nel d o v u t o conto le p r e t e s e dei partiti stessi; gli si chiedeva infine di avere un c o m p o r t a m e n t o che p e r Prodi n o n fosse un affronto, a n c h e se quell'incarico era p e r Prodi u n a mezza tragedia. C h e sarebbe diventata tragedia intera qualora Maccanico fosse riuscito a c o n q u i s t a r e Palazzo Chigi, sloggiandone il Professore. C o n pazienza e abilità c o n s u m a t e Maccanico si a d o p e r ò p e r d a r e al g o v e r n o in fieri u n a base accettabile n o n solo da D'Alema e da Berlusconi - e n t r a m b i b e n disposti - ma dai loro scalpitanti e vociferanti soci. Già c o r r e v a n o insistenti, a Roma, i n o m i dei futuri probabili ministri. Maccanico aveva trovato un p o s t o a n c h e p e r il b o i a r d o L o r e n z o Necci, che qualche mese d o p o ne avrebbe invece avuto u n o m e n o invi325
diabile in carcere. In u n a decina di giorni il p r e s i d e n t e incaricato mise a p u n t o u n a dichiarazione d'intenti che nei suoi passaggi essenziali p r e v e d e v a il s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o e il maggioritario a d o p p i o t u r n o . Ma la zattera con cui Maccanico voleva salvare le larghe intese a n d ò ad infrangersi contro d u e scogli: il Polo esigeva che nella dichiarazione ufficiale di Maccanico fosse citato il « s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o alla francese», fosse cioè esplicito il r i f e r i m e n t o , che o l t r e t u t t o Scalfaro n o n gradiva, ad un modello estero; l'Ulivo p r e m e va p e r c h é l ' i m p e g n o semipresidenzialistico fosse a t t e n u a t o dalla frase «nel rispetto della tradizione p a r l a m e n t a r e italiana». Il che a v r e b b e c o n s e n t i t o di m e t t e r e p a r e c c h i a acqua nel vino gollista fino a farlo diventare u n a b e v a n d a assai diversa, e p e r alcuni indigesta o inutile. E tuttavia o p p o r t u n o sottolineare che gli scogli accennati n o n sarebbero bastati a m a n d a r e a picco la zattera di Maccanico senza il contributo di n u m e r o s i e agguerriti sabotatori delle «larghe intese», Fini e P r o d i in p r i m a linea, i Popolari e altri cespugli a d a r e m a n forte. Tra l'altro P r o d i aveva s n o b b a t o l'offerta di u n a vicepresidenza del Consiglio (ormai assuefatto all'idea d'essere premier, l'essere vicepremier n o n lo soddisfaceva più) e a n d a v a r i p e t e n d o che un accordo tra i Poli significava m a n canza d'alternanze e d u n q u e c o m p r o m e s s o torbido e c o r r u zione. D'Alema s'era p r o d i g a t o p e r c h é Maccanico riuscisse, ed aveva p e r f i n o scritto u n a l e t t e r a in cui r i c o n o s c e v a che il semipresidenzialismo in discussione doveva essere p r o p r i o quello «alla francese». Berlusconi fu tutto pro-intesa, invan o . N e l r e c e n t e v o l u m e De prima re publica A n d r e o t t i ha a v a n z a t o , c o n p r o s a n o n p r o p r i o l i m p i d a , u n ' i p o t e s i aggiuntiva p e r spiegare l'insuccesso di Maccanico. «Altri rifer i v a n o - questo il passaggio che c'interessa - di u n a telefon a t a nella quale si e r a risolta n e g a t i v a m e n t e la convinzione che del p a c c h e t t o della n o n belligeranza facesse p a r t e anche il proposito - enunciato p e r p r i m o dal dottor Di Pietro di u n a soluzione della intricata matassa di Tangentopoli.» 326
In chiaro q u e s t o s e m b r a significare che nel contenzioso p o litico e r a stata i n t r o d o t t a la q u e s t i o n e d e l «colpo di s p u gna» sui r e a t i di c o r r u z i o n e , e c h e n o n se n ' e r a v e n u t o a capo. Il 14 febbraio 1996 u n o s t r e m a t o e stizzito Maccanico si a r r e s e , e a r r e n d e n d o s i attribuì le m a g g i o r i responsabilità del fallimento al Polo ( s o t t i n t e n d e n d o che nel Polo il vero vilain era stato Gianfranco Fini). Il g i o r n o successivo Scalfaro sciolse «con vivissimo r a m m a r i c o » le C a m e r e , e fissò le elezioni p e r il 21 aprile. A quel t r a g u a r d o l'Italia sarebbe arrivata con il g o v e r n o di L a m b e r t o Dini, sia p u r e confinato nell'ambito dell'ordinaria amministrazione: al che il c e n t r o d e s t r a s'era o p p o s t o s e m p r e con foga, ma la foga d i v e n n e f u r o r e d o p o c h e Dini ebbe a n n u n c i a t o , a fine febbraio, la decisione d ' e n t r a r e in politica e d'entrarvi con un suo partito, R i n n o v a m e n t o italiano, d ' i m p r o n t a liberaldemocratica e riformista. Nelle settimane che mancavano all'appuntamento con le u r n e l'Italia sarebbe stata affidata - strillava il Polo n o n ad un arbitro n e u t r a l e e imparziale ma ad un partecip a n t e alla gara. All'ira del Polo le sinistre o p p o s e r o un argom e n t o forte, nella sua linearità. In quasi tutti i Paesi d e m o cratici, esse osservarono, si va alle elezioni con il g o v e r n o in carica. Ci si era andati di n o r m a a n c h e in Italia. Il Polo insisteva p e r a l t r o su u n a n o n trascurabile differenza. Il governo Dini e r a n a t o c o m e «tecnico», e in q u a n t o tale e r a stato accettato: salvo cambiar volto d'improvviso - nel Presidente del Consiglio e in alcuni ministri - nell'imminenza delle elezioni. Alcuni p r o v v e d i m e n t i che Dini adottò nell'ultima fase del soggiorno a Palazzo Chigi - e che furono da lui definiti «atti dovuti» - v e n n e r o letti dall'opposizione in chiave maliziosa: furono cioè letti c o m e regalie e favori a questa o quella categoria e c o r p o r a z i o n e , p e r c a t t u r a r e consensi. Le lamentele del Polo, quale che fosse il loro f o n d a m e n t o , avevan o u n a c o n n o t a z i o n e profetica. D o p o u n a sfìngea esitazione, e d o p o un a p p a s s i o n a t o c o r t e g g i a m e n t o dei d u e schier a m e n t i , Dini - con il suo R i n n o v a m e n t o - decise di e n t r a r e 327
nella Grande Armée dell'Ulivo: e il suo a p p o r t o fu senza d u b bio decisivo p e r l'esito della contesa. Assai p i ù o p i n a b i l e è l'influenza del «caso Squillante» - che p o t r e b b e anche essere definito «caso Ariosto» - sul res p o n s o elettorale degli italiani. Ma da a n n i a q u e s t a p a r t e - abbiamo avuto occasione molte volte di rilevarlo - politica e giustizia sono t u t t ' u n o , o d a n n o l ' i m p r e s s i o n e d'esserlo. La giustizia i r r o m p e nelle vicende del Palazzo - malfamato p e r aver d a t o ospitalità a t r o p p i scostumati profittatori - e avanza a carico di questo o di quello sospetti che sono marchi d'infamia. Il p o t e r e politico dei magistrati è, da q u e s t o p u n t o di vista, i m m e n s o e p r e o c c u p a n t e : un c o n t r a p p a s s o eccessivo ma c o m p r e n s i b i l e alla stagione in cui i m m e n s a e devastante era stata la sfrontatezza di politici e «boiardi». Il 12 m a r z o 1996, q u a n d o m a n c a v a p o c o p i ù d ' u n mese alle elezioni, il pool di «mani pulite» o r d i n ò l'arresto a R o m a di R e n a t o Squillante, s e t t a n t e n n e capo dei Gip (i giudici p e r le indagini preliminari) r o m a n i , magistrato legato da u n a fitta r e t e di conoscenze - a l c u n e delle quali si t r a d u c e v a n o , sec o n d o gli inquirenti, in favori - a gente della cosiddetta «Roma bene» (che spesso e volentieri è «Roma male»). La cattura e la «traduzione» dell'anziano giudice da R o m a a Milano a v v e n n e r o con l ' a p p a r a t o scenografico che in queste operazioni, s e m p r e c h é si svolgano sotto gli occhi delle telecamere, n o n m a n c a mai. Gli italiani videro in televisione un carosello di a u t o r o m b a n t i e un n u g o l o di uomini in divisa, m e n tre sarebbe bastato un agente, e un viaggio ( s e p p u r n o n privo d'incognite alla luce d ' u n successivo disastro ferroviario) con il Pendolino. Ma al di là dell'enfasi spettacolare, l'arresto era sensazionale. Un alto magistrato finiva in galera con l'accusa d'aver ricevuto mazzette e d'essersi a d o p e r a t o p e r sviare e a d u l t e r a r e il corso della giustizia a vantaggio di chi lo foraggiava. C o n lui finì d e n t r o l'avvocato Attilio Pacifico, c o m p l i c e , s e c o n d o B o r r e l l i e i suoi sostituti, nella g r a n d e abbuffata. Ben p r e s t o si s e p p e che la «gola profonda» delle rivelazioni che a v e v a n o p o r t a t o a Squillante e r a u n a teste 328
- d e s i g n a t a in codice c o m e O m e g a - che p e r l'anagrafe si chiamava Stefania Ariosto, b i o n d a signora q u a r a n t a s e i e n n e , assai nota nella «Milano bene» (qui vale la stessa osservazione fatta a p r o p o s i t o della «Roma bene») p e r il suo fascino elegante, p e r le sue frequentazioni i m p o r t a n t i , p e r le sue irrequietezze, p e r i suoi molti debiti e p e r l'affettuosa amicizia - tutti sappiamo cosa s'intende con questo - che la legava all'avvocato Vittorio Dotti. Stefania Ariosto, intelligente e i n t r a p r e n d e n t e , è figlia d ' u n c o l l a u d a t o r e d ' a r m i e a p p a r e c c h i di precisione p e r il M i n i s t e r o della Difesa. S'era sposata d i c i a s s e t t e n n e , e d a l p r i m o marito, Enrico Pierri, aveva avuto d u e figli m o r t i p o co d o p o la nascita p e r fibrosi cistica. Il secondo marito fu un architetto, Mario Margheritis, ma anche questo matrimonio, r a t t r i s t a t o dalla m o r t e d ' u n a b a m b i n a che visse solo q u a t t r o mesi, n o n d u r ò . L'ingresso d i Stefania Ariosto n e l «generone» politico-affaristico del l'Italia craxiana fu o p e r a di Giorgio Gasoli, un m a s s o n e c h e e r a stato m a g i s t r a t o e P r e s i d e n t e di C o r t e d'Assise a Milano (aveva giudicato tra gli altri i terroristi Curcio e Franceschini) e che successivam e n t e s'era b u t t a t o nell'arena elettorale: sindaco di Perugia nel 1980, s e n a t o r e socialista nel 1987. Sorretta e spinta dal p r e m u r o s o Casoli la Ariosto e n t r ò , a Roma, nel giro di Cesare Previti, q u i n d i si legò a Vittorio Dotti e ne fu la «compagna» p e r otto anni. Gli innumerevoli biografi della Ariosto - e lei stessa in un libro molto reclamizzato - h a n n o arricchito questa scheda di episodi romanzeschi, drammatici, galanti, salottieri e bancarottieri a n o n finire. Tutto è stato descritto: le attività di Stefania come addetta alle pubbliche relazioni in Guinea, le sue iniziative imprenditoriali in g e n e r e n o n coronate da successo, il negozio d'antiquariato in via M o n t e n a p o l e o n e a Milano (gestito assieme al fratello Carlo), la passione d i v o r a n t e per il giuoco che la p o r t ò infinite volte nei casinò dove dilapidava grosse s o m m e di d e n a r o , la persecuzione degli strozzini, la r i d d a di vertenze in cui era impelagata: e in parallelo 329
con questa esistenza convulsa e travagliata i fasti della m o n danità più esclusiva, la partecipazione ai pranzi con caviale e c h a m p a g n e nei salotti o sulle terrazze r o m a n e e milanesi, le vacanze nelle «barche» dei miliardari o di coloro che fingev a n o d'esserlo, i viaggi. D'ogni a v v e n i m e n t o Stefania Ariosto, maniaca dell'istantanea, conservava u n a d o c u m e n t a z i o ne fotografica che ha fatto la felicità della Procura di Milano e dei settimanali: e inoltre a g e n d e gremite di n o m i . U n a d o n n a senza d u b b i o notevole: che s e c o n d o i p u n t i di vista - derivanti da interessi precisi - p u ò essere p r e s e n tata c o m e u n a c r e a t u r a m a l t r a t t a t a dalla sorte o c o m e u n a cortigiana furba, o c o m e u n a convitata dell'abbuffata tangentizia r e d e n t a p e r un soprassalto di moralità, o c o m e u n a «pentita» ansiosa d'avere la p r o t e z i o n e della giustizia p e r risolvere al meglio le sue g r a n e legali. Incontestabile è il r u o l o che la Ariosto ha avuto nel fare p u n t a r e i riflettori delle inchieste a n c h e sulla magistratura: n o n la i n c o n t a m i n a t a t o r r e d ' a v o r i o c h e i suoi mitizzatori descrivevano, m a u n a b r a n c a pubblica i n q u i n a t a q u a n t o l e altre. I sostenitori del pool milanese di «mani pulite» p r e n d o n o di mira, n o n senza ottime ragioni, il Palazzo di Giustizia r o m a n o : un «porto delle nebbie», sostengono, dove tutte le inchieste delicate che coinvolgessero i p o t e n t i si arenavano su secche infide, c o m e la Vittorio Veneto davanti a Valona. Stefania Ariosto è stata battezzata il «cigno biondo», con evid e n t e r i c h i a m o alla t e s t i m o n e - c h i a v e d e l «caso Montesi», A n n a m a r i a M o n e t a Caglio, che fu, nei p r i m i a n n i C i n q u a n ta, il «cigno nero». N e s s u n o è autorizzato a stabilire fin d'ora se il «cigno biondo» abbia d e t t o la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Di sicuro - ci sono carte e confessioni a dimostrarlo - n o n ha detto solo bugie. Alla teste O m e g a il pool di Milano e r a arrivato nel più banale d e i m o d i : ossia s p u l c i a n d o i n o m i delle p e r s o n e cui e r a n o finiti i quattrini che Silvio Berlusconi elargiva con generosità a familiari e collaboratori, e che passavano di m a n o con libretti al p o r t a t o r e . U n o dei libretti - 600 milioni - era 330
toccato a Vittorio Dotti c h e c o m e avvocato di B e r l u s c o n i - p e r il quale aveva condotto e concluso trattative molto d e licate - p r e s e n t a v a le sue parcelle a fine a n n o : ma che t r o v a n d o s i n e l l ' u r g e n t e necessità d ' a v e r e a d i s p o s i z i o n e u n a forte s o m m a , s'era rivolto al p r o t e t t o r e , e il p r o t e t t o r e n o n s'era tirato i n d i e t r o . Parte di q u e l d e n a r o e r a p o i finito sul conto dell'Ariosto. S e g u e n d o q u e l sostanzioso rivolo di d e n a r o i Pm m i l a n e s i si t r o v a r o n o p e r c i ò , il 21 luglio 1995, faccia a faccia con Stefania Ariosto, e c a p i r o n o p r e s t o d'avere fatto b i n g o . Riluttante d a p p r i m a , la signora fu convinta q u a t t r o giorni d o p o a rilassarsi e a spifferare q u a n t o sapeva. Lo fece d o p o aver o t t e n u t o l'esitante e t o r m e n t a t a autorizzazione di Dotti, cui p e r a l t r o sarebbe tanto piaciuto di chiamarsi fuori da questa faccenda. N o n e r a ottimista al p u n t o da i g n o r a r e che poteva esserne - c o m e ne fu - stritolato. Da quel luglio del '95 in p o i la P r o c u r a di Milano lavorò sulle rivelazioni della teste O m e g a : che v e n n e m u n i t a d ' u n a scorta, incaricata di p r o t e g g e r l a o da eventuali e improbabili sicari, o da se stessa. N e s s u n a cautela e r a eccessiva, agli occhi dei Pm di «mani pulite», p e r salvaguardare la fonte di così g h i o t t e informazioni. Il distratto Dotti i n c o n t r a v a , insieme alla c o m p a g n a , a n c h e l e r o b u s t e g u a r d i e d e l c o r p o che n o n l a m o l l a v a n o mai, senza p e r q u e s t o m o s t r a r e sorpresa, e a p p r e n s i o n e . Un u o m o poco curioso. R i d o t t e all'essenziale, le c o n f i d e n z e di Stefania Ariosto d e l i n e a v a n o un sistema di c o r r u z i o n e e di favori reciproci che coinvolgeva magistrati r o m a n i in vista - foraggiati p e r ché «accomodassero» processi - e gli avvocati Cesare Previti e Attilio Pacifico, p a g a t o r i p e r conto d'altri. Tra gli altri cui si dava la caccia e r a Silvio Berlusconi. Secondo Stefania, Vittorio Dotti era, p e r il Cavaliere, l'avvocato delle cause pulite, e Previti l'avvocato delle cause s p o r c h e (e vinte grazie alle mazzette). L'inchiesta aveva, c o m e la p i ù p a r t e delle inchieste di Tangentopoli, u n o sfondo politico. Basta p e n s a r e alla connotazione craxiana di certa m o n d a n i t à a r r o g a n t e ed esibizionista: e basta p e n s a r e che Dotti era il c a p o g r u p p o di 331
Forza Italia alla C a m e r a , e Cesare Previti era stato ministro della Difesa nel g o v e r n o Berlusconi (il Cavaliere aveva tentato, p e r f o r t u n a senza riuscirvi, d'assegnargli il Ministero della Giustizia). Avuta l'imbeccata, i Pm di Milano o r d i n a r o n o agli u o m i ni della Polizia giudiziaria di scovare riscontri alle dichiarazioni di Stefania: e autorizzarono intercettazioni telefoniche i n g r a n n u m e r o . L ' o p e r a z i o n e rischiò d ' a n d a r e i n f u m o - consentite lo scherzo - p e r un posacenere. U n a microspia era stata collocata a p p u n t o nel d o p p i o f o n d o d ' u n posacenere su un tavolino del b a r Tombini di R o m a , frequentato da molti magistrati, e fu s c o p e r t a p e r caso. Q u a n d o la microspia v e n n e trovata, sedevano al tavolino R e n a t o Squillante, il Gip Augusta I a n n i n i - moglie del n o t o c o n d u t t o r e televisivo B r u n o Vespa - e Vittorio Virga: q u e s t ' u l t i m o avvocato di Cesare Previti e Paolo Berlusconi nel processo bresciano p e r il p r e s u n t o c o m p l o t t o m i r a n t e a o t t e n e r e le dimissioni di Antonio Di Pietro dalla m a g i s t r a t u r a (nel codice degli inquirenti la collocazione della microspia e r a stata battezzata, senza t r o p p a fantasia, no smoking). Vi fu emozione, al Palazzo di Giustizia, p e r la «cimice» di p a t e r n i t à a n c o r a ignota: e perciò attribuita da q u a l c u n o ai soliti servizi segreti deviati. E r a invece u n a «cimice» legittima e p e r la verità in alcuni m o m e n t i topici n o n funzionante: tanto che p e r r i m e d i a r e al g u a s t o un poliziotto s e d u t o accanto ai sospettati a n n o t a v a furtivo e febbrile, su foglietti di carta, il c o n t e n u t o delle loro conversazioni. Squillante sapeva, p e r molti sintomi, d'essere nel mirino dei Pm milanesi, e aveva confidato le sue angosce a d u e colleghi ed amici, il P r o c u r a t o r e capo di R o m a Michele Coirò e il Pm F r a n c e s c o Misiani: e n t r a m b i affiliati a M a g i s t r a t u r a democratica, la c o r r e n t e di sinistra dell'Associazione magistrati, e lodati dalla sinistra c o m e risanatori e r e d e n t o r i del «palazzaccio» r o m a n o . I d u e , sollecitati da Squillante, avevano cercato di s a p e r e dalla P r o c u r a milanese, dove contavano molti amici, cosa stesse b o l l e n d o in p e n t o l a , o t t e n e n d o 332
risposte evasive, e p r o p r i o p e r la loro evasività a l l a r m a n t i . Di q u e s t ' i n t e r e s s a m e n t o C o i r ò e Misiani s a r a n n o poi chiamati a r i s p o n d e r e . Il ministro Flick, giurista di multiforme i n g e g n o , n o m i n e r à C o i r ò d i r e t t o r e g e n e r a l e delle c a r c e r i p e r sottrarlo alla c o m p e t e n z a del C S M e d evitargli u n a umiliante sanzione disciplinare. Misiani subirà invece dal C S M ( d o p o u n a discussione a n i m a t a e u n a decisione n o n u n a n i me) la p u n i z i o n e del trasferimento d'imperio ad altra sede. I l r o m a n z o n e b a l z a c h i a n o c h e Stefania Ariosto a n d a v a r i c o s t r u e n d o a beneficio degli i n q u i r e n t i - e che sosteneva di conoscere a f o n d o p r o p r i o p e r essere stata p a r t e c i p e di quella società smargiassa - aveva, lo si è accennato, u n a cornice d o r a t a e u n a sostanza da codice p e n a l e . Ai p r a n z i con aragoste, alle p a r a t e di belle d o n n e che sfoggiavano le toilettes di famosi e costosi stilisti - chiamarli sarti è o r m a i offensivo - alle p r i m e della Scala, alle n o t t a t e di roulette e baccarat s'intrecciavano conciliaboli loschi, m a n e g g i affaristici s p r e giudicati e s o p r a t t u t t o «dazioni», t a n t e «dazioni»: t e r m i n e , q u e s t ' u l t i m o , c o n cui il b u r o c r a t e s e definisce quelle c h e in l i n g u a g g i o p i ù v o l g a r e a b b i a m o già c h i a m a t e m a z z e t t e . Q u e s t ' u n i v e r s o di lustrini e reati aveva p e r n u m e t u t e l a r e negli u l t i m i a n n i O t t a n t a , lo si è già a c c e n n a t o , B e t t i n o Craxi. Infatti nel 1988 parecchi vip - un b u o n n u m e r o dei quali Stefania Ariosto c o i n v o l g e r à nelle sue accuse d o p o averli immortalati con l'obbiettivo - e r a n o volati a New York per assistere alla cerimonia con cui la Niaf, p o t e n t e organizzazione degli italoamericani, voleva o n o r a r e Craxi (nel 1996 lo stesso riconoscimento sarà attribuito a R o m a n o Prodi). Il pellegrinaggio cortigiano includeva un folto g r u p p o di magistrati - t r a essi Squillante - le cui spese di viaggio si vuole siano state p a g a t e da Cesare Previti. I n q u e s t o c o n t e s t o carico d i o m b r e p e r m a g i s t r a t i e boiardi di Stato - i m p e g n a t i dalle loro funzioni all'imparzialità e alla difesa del p u b b l i c o interesse e d e d i t i invece alla parzialità più smaccata e p i ù privata - la teste O m e g a inserì d u e specifici episodi: nel circolo Canottieri Lazio aveva visto 333
Previti c o n s e g n a r e a Squillante u n a busta gonfia di d e n a r o con l'amichevole a v v e r t i m e n t o «A Rena, ti sei d i m e n t i c a t o questa»; in casa Previti aveva visto lo stesso Previti, l'avvocato Pacifico e Squillante, che davanti a un tavolo disseminato di b a n c o n o t e avvolte da fascette ( d u n q u e u n a s o m m a ingente) p r o c e d e v a n o ad u n a spartizione. Per questi racconti Stefania Ariosto fu sottoposta a fine maggio del '96 a un pesante «incidente probatorio», ossia a u n a testimonianza resa in p r e s e n z a di avvocati degli inquisiti, e sotto il fuoco di fila delle loro contestazioni. Stefania Ariosto a m m i s e d'aver fatto confusione su date e circostanze, e martellata da d o m a n de incalzanti ebbe a n c h e u n o svenimento. Fu tuttavia ferma nel ribadire, al di là di e r r o r i marginali, l'esattezza del quad r o che aveva delineato: Pacifico e Previti p a g a v a n o Squillante e Squillante smistava a colleghi complici le mazzette, ovviamente d o p o aver t r a t t e n u t o la sua. Cesare Previti - che ha d e n u n c i a t o la Ariosto p e r calunnia - la smentisce su ogni p u n t o . N o n è vero che lui si sia ass u n t e le spese della f a m i g e r a t a trasferta di g r u p p o a New York; n o n è vero che alla Canottieri Lazio potesse accadere ciò che la Ariosto p r e t e n d e vi sia accaduto; è impossibile che siano state s p a r t i t e m a z z e t t e nella casa indicata c o m e sua - con profusione di particolari - dalla Ariosto p e r c h é al tempo in cui il fattaccio sarebbe avvenuto lui abitava altrove. Infine Previti sottolinea che la Ariosto, così attenta n o n solo alle c o n v e r s a z i o n i ma a n c h e ai s u s s u r r i , è stata vaga su un p u n t o f o n d a m e n t a l e : quali e r a n o i processi che d o v e v a n o essere addomesticati? Q u e s t o Stefania n o n lo sapeva: ma sapeva che Previti c o r r o m p e v a p e r conto di Berlusconi. L'andava d i c e n d o , il Previti, a c h i u n q u e volesse dargli retta, e a g g i u n g e v a di avere «fondi infiniti a disposizione». In proposito B r u n o Vespa si è posto - e ne ha scritto nel suo libro La svolta - u n a d o m a n d a precisa: «Fondi p e r c o m p r a r e quali processi, p e r c o r r o m p e r e quali magistrati? Alla fine degli a n n i Ottanta, ai quali si riferisce la testimonianza della Ariosto, Berlusconi n o n aveva p r o b l e m i giudiziari in g e n e r e e in 334
particolare a Roma». La risposta della teste O m e g a è molto semplice: «Il mio interesse n o n e r a così a t t e n t o a capire di quali processi si trattasse». I Pm di «mani pulite» - secondo i quali Stefania Ariosto è o r m a i p o c o r i l e v a n t e c o m e teste e s s e n d o s o p r a v v e n u t e c o n f e r m e d o c u m e n t a l i delle sue accuse - h a n n o p o s t o gli occhi su d u e m e g a c a u s e civili che da sole p o t e v a n o spiegare le «dazioni». La p r i m a - B e r l u s c o n i n o n c ' e n t r a v a - rig u a r d a v a il c o n t e n z i o s o p e r qualcosa c o m e mille m i l i a r d i tra l'avventuroso m a g n a t e della chimica N i n o Rovelli e l'Istituto mobiliare italiano ( I M I ) . Il Rovelli, s e d u c e n t e e conv i n c e n t e C l a r k Gable della B r i a n z a , aveva p r o m o s s o , con l'entusiastico a p p o g g i o di politici nazionali e locali, un p r o getto di s t r a o r d i n a r i a e s p a n s i o n e dell'industria chimica rig u a r d a n t e in particolare la S a r d e g n a . N e l l ' i m m a n e fornace chimica e r a stata i n c e n e r i t a u n a m o n t a g n a d i d e n a r o dei contribuenti: ma Rovelli - cui veniva mosso l'addebito d'essersi arricchito a spese degli italiani, i l l u d e n d o e i n g a n n a n do u n a classe d i r i g e n t e leggera e scorretta che all'illusione e all'inganno e r a disposta - n o n si sentiva p e r n i e n t e in debito verso la collettività o verso altri: anzi, vantava addirittura u n credito gigantesco verso T I M I , ossia verso chi l'aveva con scarsa cautela finanziato. D o p o un l u n g o e tortuoso tragitto giudiziario che i m p e g n ò molti magistrati a vari livelli, la Cassazione stabilì definitivamente e incredibilmente - c o n f e r m a n d o u n a sentenza d'appello - che Rovelli aveva r a g i o n e e che gli spettava un migliaio di miliardi. Senza e n t r a r e nel m e r i t o , la S u p r e m a C o r t e aveva rigettato il ricorso dell'lMi p e r c h é la p r o c u r a speciale dell'Istituto ai suoi r a p p r e s e n t a n t i legali era misteriosamente sparita dal fascicolo. D e d o t t e le tasse, un tesoro di 678 miliardi spettava così agli e r e d i del finanziere, nel f r a t t e m p o d e f u n t o : e i miliardi f u r o n o versati c o n s i n g o l a r e docilità. E b b e n e , u n quindici p e r cento del m a l l o p p o e r a finito agli avvocati: 35 miliardi a Mario Are e Angelo Giorgianni, che avevano sos t e n u t o nelle varie istanze le r a g i o n i d e l Rovelli; e p o i 33 335
y.
m i l i a r d i a Pacifico, 21 a Previti, 13 a G i o v a n n i A c a m p o r a p e r u n a n o n b e n precisata o p e r a d'assistenza e d ' i n t e r m e diazione. Previti n o n n e g a d'aver incassato la s o m m a , in fav o r e suo e in favore di terze p e r s o n e . Ma sostiene che n o n un centesimo è a n d a t o a u n o o p i ù magistrati, o c o m u n q u e a pubblici ufficiali. La seconda megacausa e r a quella in cui Silvio Berlusconi e Carlo De B e n e d e t t i avevano duellato, d u r a n t e un decennio, p e r assicurarsi il controllo del colosso editoriale Mond a d o r i . A n c h e questa vertenza, c o m e quella Rovelli-Imi, ebbe un a n d a m e n t o erratico. In base alle successive e discordanti p r o n u n c e della m a g i s t r a t u r a il Cavaliere s'insediava a Segrate c o m e dominus d e l l ' a z i e n d a e poi, d e g r a d a t o ad intruso, doveva sloggiare. Nel g e n n a i o del 1991 u n a delle tante decisioni dei giudici aveva dato la vittoria a Berlusconi, e un trionfante Previti aveva convocato nella sua casa, p e r festeggiare l'evento, lo stato m a g g i o r e del Cavaliere (Dotti era della partita). Ma la vittoria e r a stata effimera: e da ultimo Berlusconi e De Benedetti avevano ripiegato su un c o m p r o messo: al p r i m o veniva assegnato il complesso editoriale di S e g r a t e , con la corazzata Panorama, il s e c o n d o si t e n e v a la Repubblica e LEspresso. Itinerari giudiziari di tanta lunghezza e di t a n t a rilevanza e c o n o m i c a fanno la felicità degli avvocati e coinvolgono - tra p r i m o g r a d o , appello, Cassazione e possibili deviazioni c a m m i n facendo - decine e decine di magistrati. Q u a n t i e quali tra loro ricevettero - se ricevettero - m a n c e , e p e r quali specifici favori? Il p u n t o r i m a n e , per q u a n t o ne s a p p i a m o , abbastanza oscuro. Si ha l'impressione che il pool di Milano conosca - o ritenga di conoscere - i passaggi e i d e s t i n a t a r i delle «dazioni» assai meglio di q u a n t o conosca i m o m e n t i in cui certe cause furono «accomodate». Sul m o d o in cui Squillante smistava e collocava all'estero il m a l g u a d a g n a t o i magistrati h a n n o u n a convinzione: il giudice fu aiutato da d u e dei suoi figli, e n t r a m b i giornalisti, o a l m e n o si servì di loro. M a r i a n o Squillante e r a c o r r i s p o n d e n t e d e l l a R A I d a L o n d r a , Fabio c o r r i s p o n d e n t e della 336
Stampa da Bruxelles: sia l ' u n o che l'altro a v e v a n o il diritto di t e n e r e in perfetta legalità conti esteri, sui quali a p p u n t o il p a d r e avrebbe versato ingenti s o m m e . La P r o c u r a milanese c h i e d e r à infatti l'arresto di M a r i a n o e di Fabio Squillante, n o n c h é della moglie russa di Fabio, Olga Savtchenko: p e r i Pm tutti coinvolti in questa sorta di riciclaggio. Nell'occhio del ciclone Ariosto era Vittorio Dotti: un italo Amleto o un Tristano della Padania, o un J e a n B u r i d a n . Filosofo francese, quest'ultimo, il cui n o m e è stato italianizzato in B u r i d a n o , e il cui p e n s i e r o è stato riassunto nella favola dell'asino che, incapace di scegliere tra d u e m u c c h i di fieno uguali, moriva di fame. Dotti n o n voleva smentire Stefania né m e t t e r s i c o n t r o la P r o c u r a di Milano, ma n e m m e n o voleva r i n u n c i a r e alle sue ambizioni politiche. Rivendicava in Forza Italia il r u o l o di colomba centrista: r i m a n e n d o assegnato a Previti quello di «falco». La riluttanza di Berlusconi e dei suoi intimi a ricandidarlo p e r il Polo e r a u n a e n n e sima stilettata del perfido Cesare. Nel suo c a n d o r e i n g e n u o Dotti r i t e n e v a che l'irritazione di B e r l u s c o n i p e r la l o q u a cità della teste O m e g a - e p e r il m o d o in cui alla teste O m e ga si e r a a r r i v a t i - fosse eccessiva. Per q u a n t o r i g u a r d a v a Dotti, B e r l u s c o n i e r a i n u n a s i t u a z i o n e s g r a d e v o l e . S e n e avesse bocciato la c a n d i d a t u r a si s a r e b b e attirate u l t e r i o r i accuse di dispotismo, e di asservimento della politica ad interessi personali e aziendali; se l'avesse a p p r o v a t a , avrebbe avuto c o m e e s p o n e n t e a u t o r e v o l e d i Forza Italia l'amico della sua nemica, poco discreto nel portarsi la c o m p a g n a fotografa ad ogni festa, discretissimo invece nel n o n far p a r o la di q u a n t o a n d a v a spifferando. D o p o qualche esitazione il Cavaliere silurò Dotti: cui v e n n e offerta a t a m b u r b a t t e n t e u n a c a n d i d a t u r a c o m e i n d i p e n d e n t e nella lista di Rinnovam e n t o italiano, la formazione di L a m b e r t o Dini. D o p o u n a breve riflessione Dotti accettò: n o n accettarono invece, e fur o n o saggi, R o m a n o Prodi e Massimo D'Alema. L'avvocato del diavolo (se vogliamo definire diavolo Silvio Berlusconi) rimase al palo: c o m e onorevole e c o m e legale della Fininve337
st. Anche Stefania Ariosto, discussa ma m o l t o p o p o l a r e , era stata lì lì p e r candidarsi con I ' U D S di B o r d o n e Ayala: m a poi un r i p e n s a m e n t o generale aveva fatto fallire la balzana idea. P u r senza d u e attrazioni di rilievo, p r e n d e v a il via lo spettacolo elettorale.
CAPITOLO TERZO
I L G I O R N O DELL'ULIVO
La c a m p a g n a elettorale fu accanita e m o n o t o n a . L'Ulivo e il Polo e n u n c i a v a n o p r o g r a m m i analoghi fingendo tuttavia di volere cose diversissime. Tutti e r a n o , a l m e n o a parole, p e r il r i g o r e dei conti pubblici, tutti e r a n o p e r i l m e r c a t o , tutti e r a n o con slancio implacabile c o n t r o la c o r r u z i o n e . E tutti g u a r d a v a n o con occhio affettuoso alle esigenze delle classi lavoratrici, alle aspettative dei ceti m e d i , ai travagli dei giovani, alle p e n e dei pensionati. II Polo accusava Prodi e i suoi - stretti da un p a t t o elettorale a Rifondazione c o m u n i s t a d'avere u n a duplice nostalgia: quella p e r i consociativismi, p e r gli immobilismi, p e r l'assistenzialismo e le dilapidazioni della Prima Repubblica; e quella p e r il m a r x i s m o e il colletr tivismo, sconfitti dalla storia ma riabilitati dal fascino sottile dell'utopia. L'Ulivo i m p u t a v a al Polo il p r o p o s i t o di r i p r o p o r r e gli e r r o r i del g o v e r n o Berlusconi, e di voler arricchire a n c o r p i ù i ricchi i m p o v e r e n d o a n c o r p i ù i p o v e r i . In questo schema rozzo gli elettori del Polo d i v e n t a v a n o capitalisti da caricatura di Grosz, e gli elettori dell'Ulivo lodatori di Stalin o del p a u p e r i s m o dei La Pira e dei Dossetti. Termini come c o m u n i s m o e fascismo - o p o s t c o m u n i s m o e postfascismo - e r a n o utilizzati c o m e e t i c h e t t e p o l e m i c h e . Sotto sotto n e s s u n o credeva sul serio a questi a n n u n c i d'Apocalisse: p e r c h é n e s s u n o e r a s p r o v v e d u t o e i n g e n u o al p u n t o da c r e d e r e che L a m b e r t o Dini e G e r a r d o Bianco vagheggiassero p e r l'Italia un futuro da repubblica p o p o l a r e del disintegrato Est, e che i ragazzi delle borgate r o m a n e ai quali piace Gianfranco Fini fossero s t r e n u i sostenitori del capitalismo p r e v a r i c a t o r e . C h i u n q u e avesse u n m i n i m o d i b u o n senso 339
capiva q u a n t o di vacuo e di p a r o l a i o vi fosse negli opposti a n n u n c i di c a m b i a m e n t o p r o f o n d o del Paese. In Italia le g r a n d i riforme sono s e m p r e alla p o r t a ma fuori dalla p o r t a r i m a n g o n o p e r c h é l'esistente, ossia la r e t e degli interessi consolidati e la s t r u t t u r a pubblica con i suoi vizi, è un macig n o pressoché inamovibile. Lo scetticismo era con ogni probabilità il sentimento p r e valente t r a gli elettori (lo attesterà l'alta p e r c e n t u a l e delle astensioni, il 17,3 con un netto a u m e n t o rispetto alle «politiche» precedenti). Tuttavia Prodi, aiutato con abile discrezione da Massimo D'Alema, riuscì ad a c c r e d i t a r e in molti italiani m o d e r a t i - quelli che in un sistema maggioritario o semimaggioritario fanno la differenza, e decidono l'esito delle elezioni - l'immagine di un Ulivo saggio e insieme compassionevole, a t t e n t o al bilancio dello Stato ma solidale e p r o gressista. Cattolico o s s e r v a n t e , p e l l e g r i n o al s a n t u a r i o di Compostela, democristiano da s e m p r e , Prodi era u n a smentita vivente a Berlusconi e Fini q u a n d o d e n u n c i a v a n o la minaccia della sinistra atea ai valori religiosi e alla scuola libera. L ' i n g o m b r a n t e c o m p a g n i a di B e r t i n o t t i e Cossutta e r a giustificata con u n a spiegazione contorta, che alla p r o v a delle u r n e risultò persuasiva. Rifondazione era estranea all'Ulivo, n o n ne condivideva il p r o g r a m m a , innalzava orgogliosa il vessillo lacero del c o m u n i s m o . Ma all'Ulivo l'avvicinava la volontà di sconfìggere il pericoloso Cavaliere e i suoi alleati, e d u n q u e e r a la b e n v e n u t a n e l l ' o r a della battaglia. Prodi p r o m e t t e v a i n s o m m a di vincere con Bertinotti - simpatico ai salotti p e r l'erre moscia alla Gianni Agnelli - senza lasciarsene poi condizionare. Per chi aveva b u o n a m e m o r i a di politica e u r o p e a la strategia di P r o d i o meglio a n c o r a di D'Alema riecheggiava quella d i M i t t e r r a n d q u a n d o aveva conquistato la sua p r i m a presidenza: e s'era servito dei voti comunisti p e r poi scaricare Marchais e i suoi alla p r i m a occasione. Il b a n c h i e r e Dini e u n a folla di e x - d e m o c r i s t i a n i che p e r d e c e n n i a v e v a n o fatto d e l l ' a n t i c o m u n i s m o la loro b a n d i e r a e r a n o lì a g a r a n t i r e c h e la liaison dangerense con 340
Rifondazione n o n sarebbe mai diventata un m a t r i m o n i o . Le c a n d i d a t u r e dell'Ulivo e r a n o in g e n e r a l e r a s s i c u r a n t i e di b u o n livello: ad esse - a n c h e q u a n d o n o n fossero di p i e n o g r a d i m e n t o p e r la sinistra - l'elettorato pidiessino assicurava fedeltà. I maggiori quotidiani italiani e Yintellighenzia contribuirono a dissipare le apprensioni. Pochi professori e pochi opinionisti - b e n c h é autorevoli - si e r a n o schierati con Forza Italia. U n a volta di più si vide q u a n t a fosse la debolezza della d e s t r a nelle sedi - giornalistiche e culturali - c h e h a n n o influenza politica. P r o p r i o n e l l ' i m m i n e n z a del voto E u g e n i o Scalfari, alfiere d e l l ' a n t i b e r l u s c o n i s m o e d e l l ' a p poggio all'Ulivo, aveva rinunciato alla direzione di Repubblica. Lasciava il t i m o n e del q u o t i d i a n o a Ezio M a u r o - ma senza lasciare la p e n n a - nel m o m e n t o in cui la sua missione era compiuta. C r e a t o r e d ' u n miracolo editoriale - in termini di diffusione e in termini di prestigio - Scalfari aveva centrato d u r a n t e v e n t ' a n n i tutte le scelte giornalistiche e fallito tutte le scelte politiche. La realtà s'incaricava p u n t u a l m e n t e di c o n t r a d d i r e le sue diagnosi. Ci voleva l'Ulivo p e r dargli finalmente ragione. Il meccanismo astuto, e in prospettiva rischioso, grazie al quale l'Ulivo e Rifondazione si p r o p o n e v a n o - e raggiunsero l'obbiettivo - di u n i r e le loro forze senza sconfessare i loro diversi ideali si chiamava desistenza. Per la q u o t a elettorale m a g g i o r i t a r i a l'Ulivo si i m p e g n a v a , in un certo n u m e r o di collegi, a n o n p r e s e n t a r e suoi c a n d i d a t i e a votare quelli di Rifondazione, e in cambio Rifondazione p r o m e t t e v a di convogliare i voti dei suoi militanti sull'Ulivo, nel resto dei collegi. Era lo stesso meccanismo di cui Berlusconi s'era servito per avere, nelle «politiche» del 1994, l'appoggio della Lega. La formazione più debole veniva di solito avvantaggiata, in questo do ut des: infatti a Bossi era toccato un n u m e r o di deputati eccedente di g r a n lunga il suo consenso nel Paese. Anche D'Alema s'era r a s s e g n a t o a fare il d o n a t o r e di s a n g u e p e r Rifondazione: ma era p e r s u a s o che ne valesse la p e n a . Ancor più valeva la p e n a di fare il d o n a t o r e di sangue - e lo 341
fece - p e r i cespugli moderati. O g n i voto m o d e r a t o - l'ha rilevato A n d r e o t t i con il suo a c u m e di v e t e r a n o del Palazzo «valeva in effetti il d o p p i o , essendo sottratto al Polo». Berlusconi - p u r sottoposto a un incessante tiro a segno giudiziario - r i m a n e v a l'incontestato leader carismatico del c e n t r o d e s t r a : ma aveva p a r e c c h i o p i o m b o nelle ali. Le sue oscillazioni fra i n t r a n s i g e n z a e a r r e n d e v o l e z z a , il sostegno d a t o al fallito tentativo di Maccanico, le intese cordiali con D'Alema, i poco credibili soprassalti di decisionismo spaccatutto sapevano di vecchia politica: su quel t e r r e n o un D'Alema o un De Mita si m u o v e v a n o mille volte meglio di lui. Poi, avviata la c a m p a g n a , il Cavaliere b r a n d ì la lancia e a n n u n ciò la sua sfida al sistema p a r t i t o c r a t i c o , ai r e s i d u a t i della P r i m a Repubblica, allo statalismo paralizzatore, al fantasma del c o m u n i s m o , agli sprechi, ad u n a tassazione oppressiva e iniqua. Q u e s t a tematica aveva un difetto grave: e r a u n a replica. Si trattava delle stesse d e n u n c e e delle stesse p r o m e s se c h e a v e v a n o d a t o a Forza Italia la vittoria del m a r z o di d u e anni p r i m a . Berlusconi poteva sostenere che essendogli m a n c a t o - nei pochi mesi in cui aveva governato - il t e m p o di realizzare i suoi obbiettivi, ed essendo calata sul Paese la stagnazione dei tecnici diniani, la battaglia n o n poteva essere che u n a ripetizione della p r e c e d e n t e . Ma le m a n c a v a il tocco della novità e d u n q u e l'impulso della speranza. Q u e sto handicap poteva essere di scarsa i m p o r t a n z a p e r partiti stagionati e collaudati, che alle repliche e r a n o abituati, e anzi ci si e r a n o esercitati p e r d e c e n n i senza mai trovarsi a disagio. Dal Polo gli elettori p r e t e n d e v a n o dell'altro, e Berlusconi - n o n o s t a n t e i suoi sforzi - sembrava incapace d'offrirlo. Si a g g i u n g a che t r o p p i candidati del Polo n o n e r a n o di p r i m a scelta. I r a g i o n a m e n t i sugli e r r o r i di Berlusconi e sulla diminuita incisività del suo messaggio s a r e b b e r o stati d ' i m p o r t a n z a solo teorica se Bossi si fosse schierato: c o m e aveva fatto in p r e c e d e n z a d u e volte, con l'elezione del 1994 e con il ribalt o n e . I s o n d a g g i d a v a n o Bossi in c a d u t a libera, nel favore 342
degli italiani (e furono s o n o r a m e n t e smentiti). Ma a n c h e se in calo, i voti di Bossi sarebbero bastati p e r fare la differenza. Tuttavia il senatur preferì questa volta l'isolamento - che se n o n splendido e r a sicuramente orgoglioso - alle alleanze del passato. Sapeva che, così d e c i d e n d o , doveva rassegnarsi a d u n a r i d u z i o n e drastica delle sue r a p p r e s e n t a n z e p a r l a m e n t a r i , e proclamava di n o n esserne impensierito. O r a m a i Bossi voleva p o r t a r e la Lega su posizioni radicali - la secessione o il caos - e affettava n o n c u r a n z a p e r i riti elettorali «unitari». I «faccia a faccia» televisivi tra Berlusconi e Prodi si chiusero, tutto s o m m a t o , in parità. Il professore b o l o g n e s e era impacciato - ma con la pratica i m p a r ò a esserlo m e n o - e a volte poco efficace nel ribattere gli a r g o m e n t i dell'avversario. Ma era a n c h e , nella sua goffaggine, così u o m o c o m u n e che forse ispirò in molti spettatori tenerezza, o la sensazione d i t r o v a r s i d i f r o n t e a d u n o d i l o r o . I n definitiva p r o p r i o questa è stata la molla della popolarità di Mike B o n g i o r n o . Di g r a n l u n g a p i ù disinvolto e p r e p a r a t o a l l ' e s p l o r a z i o n e impietosa delle telecamere, Berlusconi dava p e r sua sfortuna la sensazione di esserlo t r o p p o : ossia di recitare p e r obbligo contrattuale un copione stantio. Nel suo ultimo intervento p r i m a della chiamata alle u r n e egli c o n t r a p p o s e «l'Italia che lavora - quella a p p u n t o r a p p r e s e n t a t a da lui - all'Italia c h e ruba». La frase e r a i m p r o p r i a : a v r e b b e d o v u t o essere assai meglio articolata. Nel suo semplicismo la divisione degli italiani e n u n c i a t a dal Cavaliere faceva il paio con l'altra cara agli «ulivisti» secondo cui i simpatizzanti del Polo e r a n o tutti m i l i a r d a r i , impellicciati, oziosi e disonesti. Gli italiani - ci riferiamo alla m a g g i o r a n z a - h a n n o poca fede nella fede altrui, q u a n d ' è t r o p p o sbandierata, e molta voglia di centro (l'hanno sempre avuta). Lo scontro era tra d u e schieramenti, ma la vittoria sarebbe v e n u t a dall'area grigia che sta in mezzo. Q u e s t o spiega i segni di s o r p r e n d e n t e vitalità che venivano dalle m e m b r a sparse del corpaccione democristiano. 343
L'Ulivo vinse. Di poco o n i e n t e in t e r m i n i di voti: anzi a c o n t i fatti risultò c h e al Polo e r a a n d a t a u n a m a n c i a t a di consensi in più. Ma un sistema maggioritario - o semimaggioritario - ha meccanismi che p r e m i a n o la qualità oltre che la quantità dei voti. C o n i suoi 157 senatori su 315 - cui d o v e v a n o essere a g g i u n t i i 2 della S u d t i r o l e r Volkspartei e p a r t e dei 10 senatori a vita - l'Ulivo ebbe u n a m a g g i o r a n z a a b b a s t a n z a c o m o d a a Palazzo M a d a m a . I 10 s e n a t o r i di Rifondazione p o t e v a n o essergli utili in qualche circostanza, ma n o n e r a n o necessari. Altro discorso p e r la C a m e r a . I deputati dell'Ulivo e r a n o 284 sui 630 dell'assemblea. La m a g gioranza poteva essere r a g g i u n t a solo con l ' a p p o r t o dei 35 di Rifondazione comunista. Bertinotti p r o m i s e il suo a p p o g gio a u n g o v e r n o P r o d i , p u r r i s e r v a n d o s i libertà d ' a z i o n e q u a n d o si fosse trattato d ' a p p r o v a r e singoli provvedimenti. Il Polo g r i d ò che l'Ulivo e r a p r i g i o n i e r o di Rifondazione e c h e Bertinotti a v r e b b e d e t t a t o la politica del g o v e r n o . Era un segnale d'allarme enfatico - come si addice all'opposizione - ma n o n c a m p a t o in aria. P r o p r i o l'indispensabilità di Rifondazione faceva la differenza - u n a differenza profonda - tra la situazione del p r i m o M i t t e r r a n d - che già abbiamo ricordata - e quella di Prodi. M i t t e r r a n d s'era p o t u t o lib e r a r e con cinica soddisfazione del PCF p e r c h é i d e p u t a t i socialisti facevano, da soli, la m a g g i o r a n z a assoluta all'Assemblea Nazionale. P r o d i e r a invece costretto a tenersi stretto Bertinotti, senza il quale gli e r a impossibile g o v e r n a r e , ma con il quale g o v e r n a r e sarebbe stato un t o r m e n t o . Perché il Polo era stato sconfitto? Alle già accennate spiegazioni della svolta elettorale d o b b i a m o a g g i u n g e r n e alcune altre. U n a sta di certo nell'imprevisto peso della Lega, i cui consensi - quasi tutti collocabili, dal p u n t o di vista sociale, nell'area di c e n t r o d e s t r a - e r a n o sottratti in p r i m o luogo al Polo. Bossi s'era p r e s o - su scala nazionale - il 10 p e r cento dei voti: e i suoi p a r l a m e n t a r i - 59 d e p u t a t i e 27 senatori e r a n o b e n più che marginali a Palazzo M a d a m a e a Montecitorio. Forza Italia aveva peraltro t e n u t o benissimo, sfiorando 344
il 21 p e r c e n t o : il P D S ne aveva p r e s o il p o s t o , c o m e p r i m o partito italiano, ma senza umiliarla. Semmai la delusione veniva da AN che s'era dovuta accontentare del 15,7 p e r cento. Nell'amarezza dell'insuccesso Silvio Berlusconi avrà senz'altro tratto da questo un'acre soddisfazione. I sogni di sorpasso che Fini aveva cullato e r a n o m o r t i in u n a notte d'aprile. La frustata a Fini era duplice: aveva mancato la pronosticata t r a v o l g e n t e a v a n z a t a ed e r a stato l o g o r a t o dal 2 p e r c e n t o raccolto, alla sua destra, dai neofascisti di Pino Rauti. Quella percentuale in a p p a r e n z a trascurabile era stata n o n solo det e r m i n a n t e in alcuni collegi, ma con ogni probabilità decisiva p e r i risultati nazionali e p e r la vittoria dell'Ulivo. I d u e t r o n c o n i ex-democristiani del Polo ( C C D e C D U ) avevano raccolto a l l ' i n a r c a il 6 p e r cento, n o n p i ù e n o n m e n o di q u a n t o ci si aspettasse. Ma i c a n d i d a t i di a r e a e x - d e m o cristiana avevano o t t e n u t o b u o n i risultati, sia n e l l'Ulivo sia nel Polo, in c o n f r o n t o al ' 9 4 : A n d r e o t t i l'ha a n n o t a t o c o n soddisfazione. «I sessanta d e p u t a t i sono d i v e n u t i sessantasette, e i t r e n t a q u a t t r o senatori sono o r a quarantanove.» Tra gli eletti l'inaffondabile Ciriaco De Mita che Prodi, p u r ess e n d o n e stato un poulain, avrebbe volentieri relegato in un ruolo oscuro da P a d r e G i u s e p p e , ma che e r a b e n risoluto a presentarsi, sia p u r e come isolato, ai suoi elettori: i quali gli a v e v a n o c o n f e r m a t o La loro entusiastica fiducia. Il declino del Polo fu ribadito, un mese d o p o le politiche, dalle «regionali» siciliane. Al c e n t r o d e s t r a a n d ò - in Sicilia si votava con la p r o p o r z i o n a l e - la m a g g i o r a n z a assoluta nell'Assemblea (49 seggi su 90) ma i segni di stanchezza e m e r s e r o con evidenza. In particolare Forza Italia vedeva a d d i r i t t u r a dimezzati i suoi voti (dal 32,2 al 17,1 p e r c e n t o ) . A c o m p e n s a r e questo tracollo avevano in p a r t e p r o v v e d u t o il C C D di Casini e Mastella e il C D U di Buttiglione c o n quasi il 10 p e r c e n t o ciascuno. Del resto a n c h e il P D S era a r r e t r a t o . La tentazione del pentitismo è g r a n d e a n c h e in politica, e il canto nostalgico n o n delle sirene ma della «balena bianca» scudocrociata faceva presa. 345
Nel c a m p o di B e r l u s c o n i la sconfitta delle politiche, sia p u r e decisa da un fotofinish, lasciò un p r o f o n d o scoramento. Si ripeteva, nel centrodestra, ciò che e r a già avvenuto a sinistra d u e a n n i p r i m a . Allora O c c h e t t o e r a stato s o m m e r s o dalle critiche i n g e n e r o s e di chi dimenticava q u a n t o gli si d o vesse p e r aver salvato il grosso delle t r u p p e comuniste - div e n u t e pidiessine - m e n t r e infuriava u n d e v a s t a n t e t e r r e m o t o politico e ideologico. Il p e g g i o fu che alla fondatezza di q u e l l e critiche O c c h e t t o s e m b r a v a c r e d e r e . Allo stesso m o d o n o n solo gli avversari ma a n c h e gli «amici» se la p r e sero con Berlusconi p e r il suo dilettantismo, il suo egocentrismo, le sue incertezze: senza tuttavia saper dire chi altro sarebbe riuscito nell'impresa di t e n e r e a galla, alla seconda prova, un partito inesistente. Berlusconi stesso si sentì avvilito c o m e un pugile c h e nella sua c a r r i e r a ha vinto tutti gli incontri, e subisce il p r i m o k.o. Motivi di frustrazione il Cavaliere ne aveva in a b b o n d a n z a . Doveva rassegnarsi ad un r u o l o p e r il quale n o n era tagliato, quello dell'oppositore (e q u e s t o faceva u n a grossa differenza tra lui e i d i r i g e n t i pidiessini nel 1994); p r e v e d e v a difficoltà e ostilità c r e s c e n t i p e r le sue aziende; sapeva che nei mesi successivi sarebbero venuti al pettine i suoi i n n u m e r e v o l i n o d i giudiziari. Di solito la vittoria unisce (in realtà n o n e r a a v v e n u t o p e r il Polo nel '94 e n o n a v v e n n e p e r l'Ulivo nel '96), la sconfitta divide: e nel Polo n o n m a n c a v a n o davvero gli irrequieti, i d u b biosi e i delusi. A un u o m o così travagliato l'annuncio della n o m i n a di Antonio Di Pietro - si e r a o r m a i ai p r i m i di m a g gio - a ministro dei Lavori pubblici dovette s e m b r a r e funesto. Dalla presenza del G r a n d e Accusatore nel g o v e r n o n o n p o t e v a n o venirgli che guai. C o n l'invito a Di Pietro p e r c h é o c c u p a s s e , nel g o v e r n o dell'Ulivo, la p o l t r o n a di ministro dei Lavori pubblici, Prodi aveva giuocato d'anticipo. Dell'attribuzione a T o n i n o d ' u n d i c a s t e r o s'era s a p u t o p r i m a c h e Scalfaro d e s i g n a s s e ufficialmente Prodi c o m e Presidente del Consiglio. Il Quirinale t r a d ì infatti d i s a p p u n t o e imbarazzo: d i s a p p u n t o p e r c h é la 346
n o m i n a era, dal p u n t o di vista formale, a l q u a n t o spregiudicata; imbarazzo p e r c h é l'idea d ' u n così i n g o m b r a n t e outsider i m m e s s o nell'esecutivo - e l'eccezionalità della p r o c e d u r a attestava di p e r sé sola l'eccezionalità del personaggio - n o n e r a fatta p e r e n t u s i a s m a r e u n o Scalfaro, t a n t o p u n t i g l i o s o nell'attenersi ai formalismi costituzionali. Si p u ò inoltre sos p e t t a r e - b e n c h é ne m a n c h i n o , c o m e è logico, le p r o v e c h e Scalfaro n o n gradisse t r o p p o l a p r e s e n z a nel g o v e r n o d ' u n ministro m e n o u g u a l e degli altri, e rivestito di tale p o polarità da p o t e r a p p a n n a r e l'autorità del C a p o dello Stato, t i m o n i e r e degli ultimi sviluppi politici. Nella lettera di accettazione Di Pietro aveva scritto a Prodi: «Mi riconosco nei p u n t i f o n d a m e n t a l i del t u o p r o g r a m m a , che sono p r o p r i o quelli che abbiamo tracciato n e l l ' a u t u n n o scorso e resi p u b blici con reciproci interventi sulla stampa». Quello che aveva p o r t a t o Di Pietro al fianco di Prodi sembrava, in un così sobrio riassunto, u n percorso lineare: e d e r a stato invece u n p e r c o r s o travagliato e z i g z a g a n t e . La circostanza in cui l'ex-Pm aveva p e r la p r i m a volta conosciuto R o m a n o Prodi n o n era favorevole alla nascita d ' u n a intesa. D u r a n t e le sue indagini a tutto c a m p o sulla c o r r u z i o n e e sui finanziamenti illeciti ai partiti, Di Pietro aveva convocato a n c h e R o m a n o Prodi. Il sospetto e r a che il Professore avesse foraggiato, come p r e s i d e n t e d e l l ' l R i , la sua a r e a politica di r i f e r i m e n t o , quella d e m o c r i s t i a n a , a t t i n g e n d o a fondi «riservati», ossia «neri». Di Pietro aveva a g g r e d i t o il suo interlocutore-con la tecnica inquisitoria che gli e r a abituale, e che gli aveva p r o cacciato tanti successi. Prodi fu molto t u r b a t o dalla veemenza del P m : sapeva che molti p r i m a di lui, a v e n d o o p p o s t o negazioni alle accuse, e r a n o finiti in carcere. Fu p e r lui un sollievo l'uscire dall'ufficio di Di Pietro senza le m a n e t t e . Ma e r a , c o m e disse p o i , «arrabbiato», e forse voleva d i r e spaventato. D o p o d ' a l l o r a e r a p a s s a t a t u t t a v i a m o l t a a c q u a sotto i ponti. Di Pietro s'era dimesso con clamore dalla magistratura. Molti avevano c r e d u t o - e fatto c r e d e r e - che il suo fosse 347
stato u n gesto i m p u l s i v o , d e t t a t o d a l l ' i n d i g n a z i o n e p e r l a c a m p a g n a d'insinuazioni e p e r i dossiers avvelenati c o n cui s'era voluto colpire e umiliare l'uomo simbolo di «mani pulite». Gli avvenimenti successivi s u g g e r i r a n n o u n ' i n t e r p r e t a zione molto diversa delle mosse di Tonino. Sotto l ' a p p a r e n za dell'ariete i m p e t u o s o il m a g i s t r a t o - c o n t a d i n o e r a un att e n t o p r o g r a m m a t o r e d e l suo a v v e n i r e . L ' a b b a n d o n o del pool e della m a g i s t r a t u r a gli frullava nella testa già da mesi p r i m a che l'Italia ne fosse informata, con s g o m e n t o . A n t o nio Di Pietro aveva un disegno politico: quello di assemblar e , con il prestigio del suo n o m e , le forze m o d e r a t e . Smessa la toga, attese che le inchieste avviate da Salamone e Bonfigli a Brescia finissero in nulla e che la tifoseria dipietrista gridasse al trionfo dell'innocente calunniato. S a p p i a m o che il trionfo n o n e r a stato, p e r verità, i n c o n d i z i o n a t o . Il G i p A n n a Di M a r t i n o , p u r affermando che Di Pietro n o n doveva r i s p o n d e r e di nulla dal p u n t o di vista p e n a l e , l'aveva bacc h e t t a t o p e r l e sue e s u b e r a n z e , p e r u n a scelta n o n oculata delle amicizie, p e r qualche disinvoltura. Assolto d u n q u e , ma senza lode. M e n t r e si liberava dalle pastoie giudiziarie, Di Pietro intesseva u n a fitta r e t e di contatti con tutti i protagonisti della politica, a d e s t r a e a sinistra. Inclusi d u n q u e B e r l u s c o n i e Fini. E incluso P r o d i . Tutti gli offrivano c a n d i d a t u r e , tutti gli offrivano ministeri, e lui temporeggiava, senza p r e n d e r e posizione. Alle elezioni n o n s'era p r e s e n t a t o , e si p u ò s u p p o r r e c h e sia r i m a s t o fuori dalla mischia n o n p e r ritrosia ma p e r n o n ritrovarsi con i p e r d e n t i . Chi p r e t e n d e v a d'acc a p a r r a r s e l o veniva fustigato. C a p i t ò a n c h e a P r o d i che - a m m o n ì il G r a n d e E n i g m a - «deve s m e t t e r e di g i u o c a r e con Di Pietro che sta con l'Ulivo. Di Pietro è Di Pietro». U n o scatto d'orgoglio, placato q u a n d o l'Ulivo ebbe vinto. Allora Di P i e t r o si p e r s u a s e d e l l ' o p p o r t u n i t à di c o l l a b o r a r e con Prodi. Avrebbe preferito avere u n a vicepresidenza del Consiglio e il Ministero d e l l ' I n t e r n o , d o v e t t e accontentarsi dei Lavori pubblici: un c a r r o z z o n e s g a n g h e r a t o - e assai m e n o 348
o p e r a t i v o di q u a n t o si s u p p o n g a , p e r c h é solo u n a piccola p a r t e degli appalti d i p e n d e dal ministro, il resto spetta agli Enti locali - d o v e u n a m a n o forte c o m e la sua p o t e v a com u n q u e essere preziosa. Senza e n t u s i a s m o D'Alema comm e n t ò : «E u n a scelta che si basa sulla condivisione degli indirizzi p r o g r a m m a t i c i di fondo del n u o v o g o v e r n o e ciò n o n p o t r à che rafforzarne l'azione, la politica e il prestigio». Lapidario Bertinotti: «Che cattiva notizia». Prima che fosse annunciata, il 17 m a g g i o 1996, la lista dei ministri le d u e Cam e r e p r o c e d e t t e r o all'elezione dei l o r o p r e s i d e n t i . Il Polo aveva p r o p o s t o p e r il Senato il n o m e di Francesco Cossiga m a l a d e s i g n a z i o n e , p u r n o n rifiutata p r e g i u d i z i a l m e n t e dall'Ulivo, naufragò in un m a r e di dubbi e di veti. A Palazzo M a d a m a a n d ò Nicola Mancino, democristiano di l u n g o corso e «popolare» inaffondabile: a Montecitorio a n d ò Luciano Violante del PDS; e x - m a g i s t r a t o delle covate di sinistra che aveva m a n t e n u t o legami assidui con le P r o c u r e , ma che nella sua n u o v a veste istituzionale c o m p i r à meritori sforzi d'imparzialità e d ' a p e r t u r a . Da lui è v e n u t o il r i c o n o s c i m e n t o - quasi un i n e d i t o su q u e l v e r s a n t e - della b u o n a fede di molti c o m b a t t e n t i di Salò. V e n n e così ricostituito in quegli incarichi d'alto rilievo formale e di basso rilievo operativo, il t a n d e m p a r l a m e n t a r e democristiano-comunista della P r i m a Repubblica. Era un significativo segno di continuità, se n o n di restaurazione. Il Ministero Prodi p a r v e in complesso, p e r la qualità e la capacità delle p e r s o n e , d ' o t t i m o livello. I n c l u d e v a d u e ex-Presidenti del Consiglio, L a m b e r t o Dini e Carlo Azeglio Ciampi. Al p r i m o furono assegnati gli Esteri, p o l t r o n a p r e stigiosa e defilata. L'abilità negoziatrice, la conoscenza degli ambienti internazionali - oltre che delle lingue - la m o n d a nità un p o ' superciliosa, la moglie m i l i a r d a r i a facevano di Dini un perfetto titolare della Farnesina. Per di più, messo agli Esteri, n o n aveva voce in capitolo - n o n o s t a n t e la lunga esperienza bancaria - p e r la guida dell'economia italiana: e q u e s t o a v r e b b e evitato conflitti con C i a m p i (cui lo legava 349
u n a stagionata inimicizia) che dell'economia era, c o m e ministro del Tesoro e del Bilancio, il supervisore e il coordinat o r e . U n altro e s p e r t o d ' e c o n o m i a , B e n i a m i n o A n d r e a t t a , fu dirottato verso la Difesa. La vicepresidenza e il Ministero dei Beni culturali e ambientali (con delega per Io sport e lo spettacolo) f u r o n o assegnati a Walter Veltroni, sostenitore i n c o n d i z i o n a t o d i P r o d i i n u n P D S d o v e molti e r a n o , a cominciare dallo stesso D'Alema, i dubbiosi. La Q u e r c i a insediò al Viminale - che d o p o il Romita del referendum istituzionale e fino al leghista M a r o n i era stato p e r quasi mezzo secolo un feudo democristiano - il saggio Giorgio Napolitano. Da lui n o n si poteva p r e t e n d e r e il p u g n o di ferro, n e m m e no nascosto da un g u a n t o di velluto, ma allo stesso t e m p o n o n si poteva t e m e r e a l c u n a sopraffazione. Dai suoi «quadri» o dai suoi professori il P D S attinse p e r s o n a g g i di livello p e r le Finanze (il fiscalista Vincenzo Visco), p e r l'Istruzione (il «barone» universitario Luigi Berlinguer), p e r i Trasporti ( C l a u d i o B u r l a n d o c h e e r a stato s i n d a c o d i G e n o v a , con q u a l c h e i n c i d e n t e g i u d i z i a r i o felicemente s u p e r a t o ) , p e r l ' I n d u s t r i a (Pierluigi B e r s a n i e x - p r e s i d e n t e della r e g i o n e E m i l i a - R o m a g n a ) , p e r le R e g i o n i e la F u n z i o n e p u b b l i c a (Franco Bassanini). D u e ministri, affiliati infatti a Rinnovam e n t o , P r o d i li ebbe in e r e d i t à dal g o v e r n o Dini: A u g u s t o Fantozzi, a n g u s t i a t o dal c o g n o m e , al C o m m e r c i o estero; e Tiziano T r e u al Lavoro. I Popolari che insieme ad Andreatta ebbero un dicastero furono Rosy Bindi (Sanità) e Michele Pinto (Risorse agricole, il m i n i s t e r o resuscitato dalla bacchetta magica burocratica d o p o che un referendum p o p o l a r e ne aveva decretato la morte). La Giustizia e le Poste e r a n o , nella «squadra» di P r o d i , posti chiave. Da a n n i o r m a i le decisioni della m a g i s t r a t u r a influenzavano e condizionavano la politica, gli e s p o n e n t i di partito n o n indagati o indagabili e r a n o l'eccezione piuttosto che la regola. Gli infortuni toccati ai p r e c e d e n t i Guardasigilli e r a n o derivati p r o p r i o dall'intreccio tra politica e giustizia. Forse a n c h e p e r questo Prodi scelse, p e r la guida d ' u n 350
ministero p r e s o nella morsa di magistrati inamovibili, di p o litici suscettibili e d ' u n C S M gelosissimo delle sue p r e r o g a t i ve, un tecnico. N o n che q u e s t o fosse g a r a n z i a di t r a n q u i l lità, lo si e r a b e n visto c o n M a n c u s o . Ma G i o v a n n i Maria Flick, il d e s i g n a t o , amico di P r o d i e a lui i d e o l o g i c a m e n t e vicino, n o n p a r e v a p r o p r i o tipo da alzate d ' i n g e g n o temerarie. Già magistrato - c o m e tale s'era iscritto all'Unione magistrati che al t e m p o riuniva l'ala più conservatrice dei giudici, gli «ermellini» della Cassazione in p a r t i c o l a r e - dalla m a g i s t r a t u r a e r a uscito p e r essere d o c e n t e u n i v e r s i t a r i o e p e r esercitare la libera professione d'avvocato: presto afferm a n d o s i c o m e e s p o n e n t e di spicco del m o n d o forense. Flick - occhiali, b a r b a e pipa - conosce tutti i m e a n d r i del diritto e tutti i m e a n d r i della politica. Doveva vedersela con il pool di «mani pulite» e con i nemici del pool che nel Palazzo sono tanti, a n c h e a sinistra: e doveva t r o v a r e u n a q u a l c h e scorciatoia p e r uscire da Tangentopoli n e g a n d o p e r ò con risolutezza c h e di scorciatoia si trattasse, ad e v i t a r e la s o r t e di Conso o di Biondi. Per la bisogna n o n c'era u o m o più adatto, e più adattabile. A n t o n i o Maccanico e r a fatto su m i s u r a p e r le Poste. Intelligente, amico di tutti, simpatico a tutti; avrebbe avuto il c o m p i t o di sbrogliare la matassa televisiva; che le s e n t e n z e della Corte costituzionale, i referendum, i veti incrociati degli opposti schieramenti, gli a n a t e m i degli antiberlusconiani e i gemiti vittimistici del Cavaliere avevano aggrovigliato c o m e se fosse passata p e r le m a n i d ' u n a scimmia impazzita. Maccanico n o n aveva u n a qualifica di tecnico, e r a in forza alla centrista U n i o n e democratica. Ma si poteva essere certi che avrebbe agito da tecnico: n o n delle poste, delle emittenze e delle frequenze, ma delle m a n u t e n z i o n i di Palazzo: tecnico cioè di q u e l lavorio paziente e p e r lo più s o t t e r r a n e o d'aggiustamenti che in Italia c o n c l u d e alla meglio - o alla p e g gio - o g n i q u e s t i o n e ed o g n i c o n t r o v e r s i a negoziabile. I «Verdi» ebbero, come da copione, l'Ambiente: il cui titolare Edo Ronchi, rustico e imprevedibile personaggio, fu presto
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in r o t t a di collisione con Di P i e t r o . A d u e s i g n o r e del PDS, A n n a Finocchiaro e Livia T u r c o , toccarono d u e di quei ministeri dei b u o n i propositi che i Presidenti del Consiglio si s e n t o n o in obbligo d'escogitare, a dimostrazione del loro interesse p e r gli umili, i diseredati, i deboli, gli emarginati. La Finocchiaro ebbe le Pari o p p o r t u n i t à , che n o n si sa b e n e cosa significhi ma lo significa con enfasi, Livia T u r c o la Solidarietà sociale. Per soddisfare i molti appetiti P r o d i fu costretto ad a u m e n t a r e il n u m e r o dei sottosegretari: 4 9 , nella p e g gior t r a d i z i o n e r e p u b b l i c a n a , c o n t r o i 42 di Dini e i 39 di Berlusconi. Merita un c e n n o , a titolo di curiosità, la n o m i n a a viceministro della Difesa di G i a n n i Rivera, ex-calciatore famoso che p e r la verità s'era distinto, sui c a m p i di giuoco, p i ù c o m e a t t a c c a n t e c h e c o m e d i f e n s o r e . L'equipaggio d i P r o d i e r a così al c o m p l e t o , la nave dell'Ulivo p o t e v a p r e n d e r e il largo p o r t a n d o s i a r i m o r c h i o la scialuppa di Rifondazione, inalberante la b a n d i e r a rossa e carica d'esplosivo.
CAPITOLO QUARTO
NAVIGAZIONE A VISTA
Già a l l ' i n d o m a n i d e l l ' i n s e d i a m e n t o R o m a n o P r o d i , c h e ostenta un ottimismo di chiara ispirazione democristiana - basta p e n s a r e , v o l e n d o spulciare d u e n o m i a caso d a l G o t h a dello scudo crociato, ai detti di R u m o r e di Forlani diede assicurazioni sulla d u r a t a e sulla solidità del suo govern o . N o n parlava a vanvera, se si g u a r d a v a alla composizione del Parlamento. La maggioranza era più che rassicurante, e i sostenitori dell'Ulivo - incluso il m o n e l l o B e r t i n o t t i - gli g i u r a v a n o fedeltà nel s e g n o della vittoria su B e r l u s c o n i , e della lotta a u n a possibile rivincita del Polo. Finché si ragion a v a del c o n t r o , ossia della necessità di f e r m a r e la d e s t r a , l'accordo funzionava a meraviglia. Funzionava invece m e n o b e n e , o n o n funzionava affatto - lo si capì già dal d e b u t t o q u a n d o si ragionava del cosa fare, ossia dei p r o g r a m m i . Gli obbiettivi che il g o v e r n o s'era p r o p o s t i - o che piuttosto gli e r a n o imposti dalla situazione del Paese e dagli impegni internazionali - a p p a r i v a n o d ' u n a chiarezza abbagliante. L'Italia doveva i n t a n t o a d e g u a r s i , e n t r o il 1998, ai p a r a m e t r i di Maastricht: ossia alle regole in m a n c a n z a delle quali le sarebbe stato n e g a t o l'ingresso nel club dell'Eur o , la m o n e t a unica e u r o p e a . Da q u e s t o p u n t o di vista l'Italia stava, nel 1996, n o n solo peggio della G e r m a n i a e della Francia ma a n c h e p e g g i o della S p a g n a . G u a r d i a m o i dati. Maastricht vuole un'inflazione al 2,6 p e r cento e l'Italia e r a al 4,7, sia p u r e con un a n d a m e n t o in r a p i d a discesa (la Germ a n i a a l l ' I , 3 , la Francia al 2 , 1 , la S p a g n a al 3,8). Maastricht vuole che il deficit statale r a p p r e s e n t i il 3 p e r c e n t o del Prod o t t o i n t e r n o l o r d o , e l'Italia e r a al 6,6 (la G e r m a n i a e la 353
F r a n c i a al 4, la S p a g n a al 4,4). Infine - ed è p e r l'Italia il p u n t o più d o l e n t e - Maastricht vuole che il debito pubblico sia al massimo il 60 p e r cento del P r o d o t t o i n t e r n o lordo, e in Italia era il 123 p e r cento (in G e r m a n i a il 60,8, in Francia il 56,4, in S p a g n a il 67,8). Lo Stato italiano p o r t a un imm a n e fardello d i d e b i t o p u b b l i c o p e r effetto d i t r a s c o r s e spensieratezze, inefficienze e insensatezze: e deve r a p i d a m e n t e r e d i m e r s i , con u n a c o n d o t t a virtuosa. L a p a r o l a d ' o r d i n e p e r P r o d i (così c o m e p e r Amato, p e r Ciampi Pres i d e n t e del Consiglio, p e r Berlusconi) è r i s a n a r e . Già, ma c o m e riuscirci? Rifondazione comunista, e alcuni sindacalisti, e gli espon e n t i dell'assistenzialismo cattolico, h a n n o u n a f o r m u l a semplice. Basta far p a g a r e le tasse a chi le evade, senza che si d e b b a togliere nulla a nessuno. Le cifre che v e n g o n o al rig u a r d o sfornate sono i m p r e s s i o n a n t i : d u e c e n t o m i l a o t r e centomila miliardi di mancato gettito in un solo a n n o , q u a n to b a s t e r e b b e p e r far fronte ad o g n i esigenza, M a a s t r i c h t c o m p r e s a . Si p u ò d u b i t a r e della possibilità di s p r e m e r e ancor p i ù , c o n il fisco, un Paese d o v e le a l i q u o t e s o n o tra le p i ù alte del m o n d o o c c i d e n t a l e . L'evasione r e s t a u n d a t o certo, con un'infinità di casi scandalosi, ma le aliquote d'imposta vertiginose la favoriscono. C'è chi evade p e r c h é ha la vocazione dell'evasore, e c'è chi evade p e r c h é se pagasse ciò che il fìsco g i ' i m p o n e fallirebbe. Gli a p p a r t e n e n t i a questa seconda categoria p o t r e b b e r o essere indotti a m a g g i o r e correttezza con u n ' i m p o s i z i o n e ragionevole. Per e s t i r p a r e l'evasione, o a l m e n o r i d u r l a ai livelli dei Paesi b e n e gestiti, occ o r r e c o m u n q u e rifare da capo a piedi l'amministrazione finanziaria, anzi tutta la pubblica amministrazione, e nessuno c'è riuscito in decine d ' a n n i . Maastricht p e r ò è d i e t r o l'angolo. Le soluzioni t a u m a t u r g i c h e - c h e p o s s o n o a n c h e diventare, a lunga distanza, t r a g u a r d i raggiungibili - restano p e r il m o m e n t o nell'ambito della demagogia. Allora la soluzione è obbligata: lo Stato deve r i m e t t e r e in sesto il suo bilancio, e lo p u ò o t t e n e r e in d u e m o d i . O i n a s p r e n d o le tasse 354
- e già s'è detto quale sia il loro peso p e r coloro che d e b b o no p a g a r l e scrupolosamente - o r i d u c e n d o le spese. R i d u r r e le spese vuol dire s o p r a t t u t t o incidere sul costo dell'amministrazione, i m m e n s o stipendificio dalla p r o d u t t i vità bassissima, e smantellare a l m e n o in p a r t e u n a s t r u t t u r a pensionistica e previdenziale che, p e r la sua generosità, n o n ha rivali nel m o n d o sviluppato. In Italia si va in p e n s i o n e in età p i ù g i o v a n e che altrove: c o n lo scandalo delle p e n s i o ni-baby grazie alle quali vigorosi insegnanti n o n ancora quar a n t e n n i si assicuravano vita n a t u r a i d u r a n t e , senza lavorare, un m o d e s t o ma sicuro r e d d i t o mensile. Il n u m e r o degli invalidi fa a p u g n i con ogni sensato calcolo. Amato aveva calato qualche colpo d'accetta nella giungla pensionistica, Berlusconi - c o n Dini suo ministro del Tesoro - aveva t e n t a t o di p r o c e d e r e ad u n a riforma d u r a e organica ma e r a stato subito bloccato, c o m e s'è già detto, da m u l t i t u d i n a r i e mobilitazioni di piazza. P u r t r o p p o l'intervento chirurgico diventava t a n t o p i ù necessario q u a n t o più veniva p r o c r a s t i n a t o p e r c h é l'organismo del malato - il sistema p r e v i d e n z i a l e e l'economia del Paese - stava a n d a n d o in cancrena. Insieme a quello delle tasse veniva o p p o s t o a chi insisteva p e r u n a riforma rigorosa un altro a r g o m e n t o suggestivo: Tangentopoli ha dissanguato l'Italia, se finirà Tangentopoli recupererezno risorse pressoché inesauribili. A r g o m e n t o valido, ma e n t r o precisi limiti. Il t r i b u t o chiesto agli italiani p e r Tangentopoli, ossia p e r foraggiare i partiti e i corrotti, è stato i n g e n t e : ed era un tributo illegale e infame. Ancor più ingenti sono state tuttavia altre dilapidazioni: queste legali, a p p r o v a t e dai governi e dai Parlamenti, e salutate con esultanza, p e r la l o r o «socialità», d a i sindacati. I ministri che h a n n o gonfiato a dismisura gli organici degli insegnanti - il r a p p o r t o tra docenti e studenti è in Italia di u n o a dieci, anziché di u n o a venti come nel resto d e l l ' E u r o p a sviluppata o gli organici dei postelegrafonici o gli organici dei ferrovieri h a n n o assestato alla finanza pubblica colpi p e g g i o r i d'ogni Tangentopoli. Quelli che abbiamo indicato sono i gran355
di settori di spesa su cui bisogna incidere. Il resto - i tagli alle a u t o blu e agli i n n u m e r e v o l i privilegi degli alti burocrati e dei boiardi - è giusto e necessario p e r la sua valenza simbolica. Ma sul piano quantitativo serve poco. Di fronte a questo p r i m o d i l e m m a - dove risparmiare? P r o d i s'è i m m e d i a t a m e n t e s c o n t r a t o c o n le diverse a n i m e (ma a n i m e i n g o m b r a n t i q u a n d o n o n paralizzanti) della sua alleanza. Per il s u p e r m i n i s t r o dell'Economia, Carlo Azeglio Ciampi, che sa il fatto suo e g o d e d ' u n invidiabile prestigio internazionale, la s t r a d a giusta era quella suggerita dall'ortodossia economica, dai tecnocrati di Bruxelles, dal F o n d o m o n e t a r i o internazionale: abbassare la spesa, n o n alzare la tassazione. Dello stesso p a r e r e e r a n o i r i f o r m a t o r i di Dini ed e r a - a n c h e se n o n p o t e v a g r i d a r l o ai q u a t t r o venti Massimo D'Alema. Il p a r t i t o trasversale di c o l o r o c h e col linguaggio d ' u n t e m p o sarebbero stati definiti cattocomunisti e di coloro che con linguaggio attuale sono definiti neocomunisti - la sinistra cattolica e Rifondazione - accettava sì il r i g o r e , e a n c h e i tagli alla spesa, p u r c h é n o n si tagliasse niente: t r a n n e a p p u n t o le a u t o blu e altre stravaganti regalie di Stato ai potenti e alle corporazioni. Guai a chi volesse toccare lo Stato sociale, nel quale r i e n t r a la dispendiosissima e insoddisfacente sanità: ma r i e n t r a soprattutto un sistem a pensionistico d i s t r a o r d i n a r i a generosità n o n t a n t o nel livello delle p e n s i o n i - m o l t e delle quali s o n o da fame q u a n t o nella loro «precocità». Inoltre in Italia vige l'istituto della liquidazione - in t e r m i n i burocratici Tfr, t r a t t a m e n t o di fine r a p p o r t o - altrove sconosciuto. I sindacati confederali e r a n o disposti a discutere dello Stato sociale (ma n o n lo Stato sociale), i C O B A S e altre organizzazioni contestatarie di lavoratori e r a n o sulle posizioni di Rifondazione comunista e oltre. La crociata di Bertinotti p e r c h é n e s s u n a p e n s i o n e fosse toccata ha avuto un seguito di c o m m e n t i acidi allorché s'è s a p u t o che la moglie del Rifondatore e r a a n c h e lei u n a miracolata delle pensioni-baby. A c i n q u a n t ' a n n i , e d o p o u n a trentina trascorsi in impieghi pubblici, s'era messa a riposo. 356
P u r t r o p p o è p r o p r i o lo Stato sociale che deve essere toccato: a m e n o che si ripieghi sui soliti a u m e n t i della benzina, su espedienti contabili, e sui miliardi del «gratta e vinci» e d'altre forme d ' a z z a r d o di Stato. E così P r o d i e lo stesso riluttante Ciampi, d o p o essersi solennemente impegnati a o p e r a r e sulla spesa, si trovavano - come i loro predecessori - nell'impossibilità di rispettare gli impegni: e nella necessità di racimolare i q u a t t r i n i necessari alle varie m a n o v r e e m a n o v r i n e raschiando il barile fiscale e rinviando le riforme vere a un m o m e n t o prossimo venturo. I governi a breve durata, come sono stati di n o r m a quelli della P r i m a Repubblica, p o t e v a n o esercitarsi nell'arte della dilazione s a p e n d o che u n a crisi prossima v e n t u r a li avrebbe tolti d'impaccio: p e r c h é un altro governo, anche se pressoché identico - negli u o m i n i - al p r e cedente, fingeva s e m p r e di cominciare da capo. Un governo che aspira ad essere di legislatura q u a n d o rinvia, rinvia a suo d a n n o : i n o d i v e r r a n n o al suo p e t t i n e , a n c o r a p i ù i n g a r b u gliati. Già p e r l'economia, d u n q u e , la coalizione dell'Ulivo entrava facilmente in confusione: e n o n si esagera definendo miracoloso ciò che, nella confusione, fu poi realizzato. I d e m come sopra p e r la riforma - bisognerebbe chiamarla rifondazione, senza con questo voler a l l u d e r e a Bertinotti d e l l ' a p p a r a t o statale. Forse è vero che i quasi q u a t t r o milioni di d i p e n d e n t i - diretti e indiretti - dello Stato n o n s o n o u n o sproposito. E invece vero senza o m b r a di d u b b i o che la gigantesca macchina funziona male, in t e m p i lunghissimi, e in base a u n a legislazione di mostruose dimensioni e di ineguagliabile f a r r a g i n o s i t à . Gli a d d e t t i a l l ' a m m i n i s t r a z i o n e che la v o r r e b b e r o migliore - sono tanti - l a m e n t a n o il caos legislativo. H a n n o ragione. S e n o n c h é la massima p a r t e delle «leggine» incoerenti o a s s u r d e (oltre che d ' i n c o m p r e n s i bile stesura) è elaborata p r o p r i o da alti b u r o c r a t i - il governo e il P a r l a m e n t o ci passano poi lo spolverino, spesso senza s a p e r e cosa a p p r o v a n o - i quali a v e v a n o in m e n t e n o n le esigenze dei cittadini, ma le esigenze della p r o p r i a e d'altre corporazioni. 357
La burocrazia legifera in favore della burocrazia a t t e n e n dosi a criteri semplici: niente mobilità e n i e n t e meritocrazia. O g n i settore pubblico è un c o m p a r t o stagno. Se la provincia di P a l e r m o ha bisogno d ' u n c e r t o n u m e r o di assistenti sociali n o n le passa n e m m e n o p e r l'anticamera del cervello l'id e a di attingere agli insegnanti che n o n h a n n o nulla da fare (siano essi p r e c a r i o di r u o l o ) . I n d i c e invece un c o n c o r s o con migliaia di candidati e complicate p r o c e d u r e p e r la n o m i n a dei vincitori. Ci sono uffici che l a m e n t a n o l'incompletezza degli organici e altri che n o n s a n n o dove far sedere gli impiegati, ma o g n i passaggio d a l l ' u n o all'altro ufficio, anc h e se h a n n o compiti analoghi o a l m e n o compatibili, è imp r e s a titanica. Il male è aggravato dal fatto che gli statali sono in larga prevalenza d ' o r i g i n e m e r i d i o n a l e , e ambiscono ad essere trasferiti in sedi vicine alle località da cui p r o v e n g o n o . Nelle g r a n d i città d e l N o r d v'è c r o n i c a c a r e n z a d i p e r s o n a l e , al S u d sovraffollamento. Negli ultimi d e c e n n i l'unica vera ragione d ' a v a n z a m e n t o per m e r i t o che l'amministrazione abbia conosciuta e r a u n a r a g i o n e d i d e m e r i t o : ossia la protezione politica. Ai posti di vertici della burocrazia - c o m p r e s e le Forze a r m a t e - a n d a v a n o sovente u o m i n i che e r a n o riusciti ad agganciarsi al c a r r o di qualche p o t e n te. Per il resto d o m i n a v a l'anzianità, con p r o m o z i o n i a u t o matiche e con u n a folla di dirigenti - l'amministrazione ne c o n t a in n u m e r o s u p e r i o r e ad o g n i altra e u r o p e a - di cui solo p o c h i d i r i g e v a n o davvero, e d i r i g e v a n o - s t a n d o ai risultati - m o l t o m a l e . L'idea del l i c e n z i a m e n t o di statali in e s u b e r o o di statali incapaci era ed è estranea al Moloch bur o c r a t i c o . N i e n t e r i c a m b i , n i e n t e selezione. E s o p r a t t u t t o nessuno snellimento. La burocrazia ha - in c o m u n e con alc u n e specie animali inferiori - la straordinaria facoltà di ricreare le parti che le v e n g o n o a m p u t a t e : n o n solo con la res u r r e z i o n e di ministeri soppressi - esemplare il caso del Ministero dell'Agricoltura - ma a n c h e con fenomeni prodigiosi di p e r p e t u a z i o n e degli organici. Se ne e b b e u n a p r o v a vistosa q u a n d o , in seguito a u n a 358
legge del 1977, molte i m p o r t a n t i c o m p e t e n z e dei ministeri, a p p u n t o dell'Agricoltura, dei Lavori pubblici, della Sanità furono trasferite alle Regioni. C o n t e s t u a l m e n t e lo Stato ced e t t e alle Regioni stesse circa quindicimila d i p e n d e n t i . Per un breve p e r i o d o il n u m e r o degli addetti ai ministeri sottoposti al salasso ebbe u n a riduzione: ma - con la sola eccezione del Ministero dei Lavori pubblici - la burocrazia centrale r i p o r t ò i suoi organici, con espedienti di sopraffina ingegnosità, al livello di p r i m a dell'emorragia, anzi li s u p e r ò . Il dec e n t r a m e n t o e r a così diventato duplicazione, la semplificazione e r a d i v e n t a t a r a d d o p p i o d e i passaggi cartacei. Se la burocrazia esercitasse la stessa abilità attestata in queste marachelle corporative nel servire invece i cittadini sarebbe la migliore del m o n d o . Il sistema è vigilato e p r o t e t t o da u n a serie di corazze pressoché imperforabili. I p r e t o r i del lavoro che reintegrano nei loro incarichi funzionari ladri e inservienti scolastici c h e favoriscono lo spaccio di d r o g a p e r c h é , in m a n c a n z a d ' u n a sentenza passata in giudicato, sono p r e s u n t i innocenti; i T A R che bloccano i trasferimenti e le punizioni. S o p r a i T A R , se p e r caso si sono concessa q u a l c h e a p e r t u r a al b u o n senso, sta il Consiglio di Stato. E q u a n d o p r o p r i o appaia necessario interviene la Corte costituzionale composta in m a g gioranza d a p e r s o n a g g i che h a n n o u n a matrice burocratica e formalistica, e che si c o m p o r t a n o in c o e r e n z a con questo loro pedigree. Le p r o n u n c e bizzarre - ma d ' u n a bizzarria mir a t a - di questi p r o t e t t o r i della p e g g i o r e b u r o c r a z i a sono p e r lo p i ù accettate c o m e un flagello n a t u r a l e . Fatti d ' o r d i naria amministrazione, n o n «casi». «Caso» è invece diventato - p e r c h é connesso alle inchieste di «mani pulite» - quello di Aldo Lattanzi; un m a g g i o r e della Finanza che, patteggiata u n a c o n d a n n a p e r corruzione, e scontata u n a b l a n d a sanzione disciplinare, era stato riammesso in servizio, con provv e d i m e n t o firmato dal m i n i s t r o delle F i n a n z e Visco. Di fronte allo sconcerto dei cittadini lo stesso Visco spiegò che s e c o n d o i Soloni della g i u r i s p r u d e n z a il p a t t e g g i a m e n t o 359
n o n equivale a u n a c o n d a n n a , e che di conseguenza l'incensurato (si fa p e r dire) Lattanzi - d o p o un amorevole buffetto dell'amministrazione p e r le sue disinvolture - aveva pieno diritto di ricominciare, p r o p r i o lui, a fare le pulci ai cont r i b u e n t i . Visco chiarì i n o l t r e che si s a r e b b e p r o v v e d u t o , c o n u n a modifica di legge, a s a n a r e l ' i n c o n g r u e n z a . Ma i m a r p i o n i del labirinto a m m i n i s t r a t i v o r i u s c i r a n n o , siatene certi, a modificare la modifica. Q u a l c h e ministro di Prodi ha dichiarato g u e r r a verbale - con le migliori intenzioni di far sul serio - alla semiparalisi amministrativa, e messo in cantiere progetti di p r o f o n d a ristrutturazione: ad esempio la possibilità della cassa d'integrazione o del licenziamento p e r gli statali. Ma in tanti, nell'Ulivo o a t t o r n o all'Ulivo, sono, p e r motivi diversi, di parere contrario. Bertinotti - rieccolo - n o n vuol n e m m e n o sentir p a r l a r e di licenziamenti, p e r lui la distribuzione di posti cui n o n c o r r i s p o n d e n e s s u n vero lavoro è socialità: togliete ai ricchi, predica, anziché accanirvi sulle povere mezze maniche. È l'ottica in base alla quale fu salutato c o m e u n a conquista l'aver p o r t a t o i d i p e n d e n t i delle F e r r o v i e alla cifra esorbitante di 220 mila unità, poi ridotta g r a d u a l m e n t e p e r un r i t o r n o di r a g i o n e v o l e z z a . Nei sindacati c o n f e d e r a l i la C G I L , c h e fonda la sua forza sugli o p e r a i e sui p e n s i o n a t i , p u ò a n c h e accettare che siano sfrondati, nell'amministrazion e , i r a m i secchi, m a la C I S L e I ' U I L , tra i cui iscritti i «pubblici» s o n o molti, f a n n o q u a d r a t o p e r d i f e n d e r l i . E la C I S L è molto vicina al P P I . Alle p r o p o s t e radicali si r i s p o n d e con la solita a r g o m e n t a z i o n e : n o n è con queste m i s u r e c h e saranno risolte le difficoltà, il p r o b l e m a è a m o n t e . Ma è diffìcile capire dove sia il m o n t e . E d u n q u e il g o v e r n o progressista sapeva di dover m e t t e r e in riga la pubblica amministrazion e : ma ascoltando le tante c a m p a n e della sua chiesa - e n o n p u ò esimersi dall'ascoltarle - rischiava di limitarsi ai soliti interventi cosmetici. Il t e r z o obbiettivo è la lotta alla d i s o c c u p a z i o n e : c h e in Italia - e in tutto il m o n d o sviluppato - è u n a disoccupazio360
ne selettiva. N o n lasciamoci fuorviare dalle piazze che invocano lavoro (e che p u r e e s p r i m o n o , intendiamoci, sofferenze vere). Gli italiani, come i francesi o i tedeschi, lasciano ormai agli e x t r a c o m u n i t a r i i lavori pesanti e sgradevoli, a n c h e se pagati c o m e da contratto. Decine di migliaia di candidati sgomitano p e r qualche posto pubblico, ma le scuole dei m e stieri m a n u a l i , dove s'impara a essere falegnami o idraulici o elettricisti o c a r p e n t i e r i m a n c a n o d'allievi: e bisogna cercare i saldatori o i tornitori in Croazia o altrove, c o m u n q u e fuori dai confini. C h i u n q u e abbia un titolo di studio n o n ritiene che quel pezzo di carta attesti u n a d e t e r m i n a t a p r e p a razione culturale o professionale: ritiene che quel pezzo di carta - avente valore legale - gli dia diritto a un posto che al pezzo di carta sia a d e g u a t o . Il fumoso pressappochista Bertinotti ha lanciato l'idea dello studio obbligatorio fino al titolo di scuola m e d i a s u p e r i o r e . Se compatibile con le risorse, è u n ' o t t i m a idea: a patto p e r ò che i diplomati - e tutti lo s a r e b b e r o - n o n esigano u n ' o c c u p a z i o n e da d i p l o m a t o , ossia impiegatizia. In tal caso chi lavorerebbe in fabbrica o sul trattore? Il risultato del todos empleados sarebbe piuttosto singolare p e r l'apostolo del proletariato. Le idee v e t e r o c o m u niste di Bertinotti sono t u t t e o quasi di q u e s t o s t a m p o . Lo slogan «lavorare m e n o , l a v o r a r e tutti», che è suo ma p u r t r o p p o anche di vasti settori sindacali e della sinistra cattolica, p r e s u p p o n e u n ' e c o n o m i a autarchica, c o m e piaceva al fascismo e al «socialismo reale»: u n ' e c o n o m i a cioè che n o n ha preoccupazioni di competitività internazionale. Le cifre della disoccupazione italiana b e n s u p e r i o r e - ufficialmente - ai d u e milioni di unità, anzi vicina ai tre milioni, d e v o n o d u n q u e essere i n t e r p r e t a t e . Risulta da sondaggi che di quei d u e milioni e rotti solo m e n o di d u e c e n t o m i l a sono disposti ad accettare un posto qualsiasi, a n c h e trasferendosi. Senonché nessuno cancella dagli elenchi dei disoccupati chi abbia r i p e t u t a m e n t e rifiutato il lavoro che gli veniva offerto. La piaga, intendiamoci, resta grave e d o p o anni in cui nel Settentrione d'Italia - anche se n e s s u n o lo am361
metteva - esisteva la p i e n a occupazione e le aziende si cont e n d e v a n o gli o p e r a i è v e n u t o un p e r i o d o di vacche m a g r e . I sindacati e i politici suggeriscono, p e r lenire la disoccupazione, i soliti incentivi c o m e s t a n z i a m e n t i di fondi, lavori pubblici di d u b b i a utilità, salari ai giovani (misura quest'ultima attuata in Sicilia, e d i v e n u t a u n a fonte di parassitismo garantito). Ma Ciampi e Dini s a n n o che il r i m e d i o vero alla disoccupazione si chiama mobilità. In Italia - ma a n c h e nel resto d'Europa, con l'eccezione vistosa della G r a n Bretagna n o n si assume p e r c h é è difficile q u a n d o n o n impossibile licenziare. Il liberismo che gli Stati Uniti praticano ha spietatezze e ingiustizie: ma grazie ad esso l'America ha creato tra il '91 e il '96 quasi venti milioni di posti di lavoro, la disocc u p a z i o n e e r a del 5 p e r c e n t o (in Italia il 12), l'inflazione m e n o del d u e p e r cento, il tasso di crescita del 4,7, l'espansione economica impetuosa. In linea con la strategia americana, la G r a n B r e t a g n a dei conservatori aveva anch'essa un n u m e r o di disoccupati che era, in p e r c e n t u a l e , la m e t à dell'italiano o del tedesco. Il laburista Tony Blair s'è ben guardato, vinte le elezioni e insediato al n u m e r o 10 di Downing Street, dall'alterare la linea liberista, ha agito da thatcherian o d i sinistra. Q u e i m o d e l l i n o n s o n o p r o b a b i l m e n t e m u tuabili in Paesi - p a r t i c o l a r m e n t e l'Italia - che alla competitività spietata della libera iniziativa sono refrattari e abituati all'assistenzialismo s p r e c o n e . Ma i vincoli d e v o n o essere fort e m e n t e allentati. Prodi era d'accordo, se lo lasciavano fare. Sapeva p e r ò che n o n l'avrebbero lasciato. Un'altra strada in salita, p e r il g o v e r n o che si p r o p o n e v a di p o r t a r e l'Italia in E u r o p a . N o n sono o r m a i i n discussione - t r a n n e c h e p e r l'internazionale n e o c o m u n i s t a - i traguardi da r a g g i u n g e r e ma il m o d o in cui raggiungerli. I n c o m b e v a n o su Prodi e sulla sua maggioranza anche alt r e q u e s t i o n i s p i n o s e : di f r o n t e alle quali la m a g g i o r a n z a stessa si presentava - c o m e p e r l'economia - divisa. Anzitutto le r i f o r m e istituzionali. Gli italiani s ' e r a n o p r o n u n c i a t i con slancio p e r il sistema maggioritario, poi a n n a c q u a t o dal 362
mattarellum, ossia dal c o m p r o m e s s o c h e aveva m a n t e n u t o nella legge elettorale u n a q u o t a p r o p o r z i o n a l e del 2 5 p e r cento. B u o n o o cattivo che fosse nei propositi di chi l'ha voluto, il mattarellum n o n ha o t t e n u t o il suo obbiettivo, che era quello di realizzare in Italia il b i p o l a r i s m o all'inglese, con l'alternanza di d u e g r a n d i schieramenti. Il bipolarismo n o n ha funzionato p e r Berlusconi, e si sarebbe visto p r e s t o che funziona male p e r Prodi. Q u e s t o p e r il semplice motivo che i g r a n d i schieramenti sono in realtà un'assemblaggio di partiti e di u o m i n i che trovano u n a sufficiente concordia q u a n do si t r a t t a di v i n c e r e le elezioni, ma p r e s t o si d i v i d o n o al c o n f r o n t o con le decisioni d e l g i o r n o p e r g i o r n o . Sull'esigenza di un aggiornamento e di un perfezionamento non solo della legge elettorale, ma di parti della Costituzione ormai anacronistiche o obsolete tutti si d i c h i a r a v a n o d'accord o . Ma c'era chi voleva che se ne discutesse in u n a Costit u e n t e eletta ad hoc e c'era chi voleva che se ne discutesse in u n a commissione b i c a m e r a l e del P a r l a m e n t o (quella che a suo t e m p o e r a stata p r e s i e d u t a dall'onorevole Bozzi aveva ammassato m o n t a g n e di proposte, senza nulla concludere). E poi c'era chi - a l l ' i n t e r n o dell'Ulivo c o m e all'interno del Polo - voleva un maggioritario integrale (ma a u n o o a d u e turni? altro dilemma), e c'era chi voleva più p r o p o r z i o n a l e . Se D'Alema doveva vedersela con il P P I e con Rifondazione - che di maggioritario «puro» n o n i n t e n d e v a n o sentir p a r lare - Berlusconi doveva vedersela con gli ex-democristiani del C C D e del C D U . La q u e s t i o n e giustizia affiorava q u o t i d i a n a m e n t e dalle cronache, e poi dalle polemiche infervorate e spesso avvelenate che ne derivavano. L'attivismo e il presenzialismo delle Procure «eccellenti» - Milano e Palermo in particolare - davano la sensazione che i magistrati potessero, con i loro p r o cedimenti e con i loro interventi pubblici, orientare o imporre i c o m p o r t a m e n t i politici. La sinistra - con q u a l c h e eccezione di garantisti a tutta prova - s'era associata, nel segno di Tangentopoli e in omaggio ai pool di «mani pulite», al «parti363
to dei giudici»: che aveva p e r a l t r o qualche ramificazione in Alleanza nazionale. Le proteste contro l'invadenza della magistratura, forte d ' u n vasto consenso e molto risoluta nell'utilizzarlo, e r a n o lasciate a Forza Italia: ostile ai giudici, si diceva, n o n p e r motivi di principio ma p e r c h é Silvio Berlusconi e r a nel loro m i r i n o . A un certo p u n t o , tuttavia, la solidarietà ai magistrati e l'unanimità dei magistrati avevano perso compattezza. Magistrati di chiara fama dichiaravano la loro preoccupazione p e r sconfinamenti che p o r t a v a n o la categoria ad assumere un r u o l o i m p r o p r i o : e risuonavano con freq u e n z a a n c h e a sinistra i moniti ai magistrati «divi», abilissimi nel p r o p a g a n d a r e la loro i m m a g i n e , instancabili in un'attività presenzialista che ne faceva dei conferenzieri, autori di libri, interlocutori di dibattiti, collaboratori di quotidiani, assidui del piccolo schermo. Anche a sinistra furono deplorati gli eccessi d ' u n presenzialismo che sconfinava nell'esibizionismo. Ci fu chi - in parallelo con i sospetti sul garantismo berlusconiano - attribuì questo m u t a m e n t o di rotta alle incursioni c h e la m a g i s t r a t u r a a n d a v a facendo nella gestione finanziaria del P C I e poi del P D S , e nella contabilità delle «cooperative rosse». Ma la m a g g i o r causa del m u g u g n o di sinistra p e r gli sconfinamenti delle toghe stava nella rivendicazione d ' u n n o n rinunciabile p r i m a t o della politica. Un u o m o c o m e Massimo D'Alema, che nella chiesa comunista s'è formato, e ha u n a concezione precisa delle gerarchie sacerdotali, n o n poteva a m m e t t e r e a l u n g o che i politici diventassero vassalli dei burocrati, e che gli eletti fossero posposti ai vincitori d ' u n c o n c o r s o . Ma a n c h e su un t e m a così scottante la m a g g i o r a n z a era disarticolata, e se da un lato D'Alema, e il senatore Giovanni Pellegrino, e il battitore libero E m a n u e l e Macaluso davano ai giudici un sostegno con riserva, molti altri e r a n o s e m p r e e c o m u n q u e dalla p a r t e delle P r o c u r e . Il «partito dei giudici» - che era p i u t t o s t o il p a r t i t o dei Pm poteva c o n t a r e su un vasto consenso degli intellettuali e dei mezzi d'informazione. MicroMega, la pubblicazione di Paolo Flores D'Arcais i cui contenuti sono ripresi con larghezza dai 364
quotidiani, si distingueva p e r l'impeto con cui spalleggiava i G r a n d i Accusatori. I n o d i della giustizia e r a n o intricati e delicati p e r la sinistra - e r e d e d ' u n a t r a d i z i o n e antirepressiva ma t e n t a t a da posizioni «forcaiole» -, intricatissimi e delicatissimi p e r il c e n t r o d e s t r a La composizione del CSM e la separazione delle c a r r i e r e in m a g i s t r a t u r a costituivano i temi di più acceso scontro. Forza Italia avrebbe voluto che l'elezione del CSM, e il r a p p o r t o - in seno ad esso - tra i togati e i «laici» espressi dal P a r l a m e n t o ( a t t u a l m e n t e venti i p r i m i , dieci i secondi) fossero modificati: lo voleva, s o s t e n e v a n o i magistrati, allo scopo di «politicizzare» l'organo da cui d i p e n d o n o gli incarichi e i p r o v v e d i m e n t i disciplinari, e di s u b o r d i n a r l o ai p o litici. I timori dei magistrati n o n e r a n o campati in aria, ma l a l o r o scontata o p p o s i z i o n e a l p r o g e t t o n o n e r a del t u t t o persuasiva p e r un motivo molto semplice. Pareva, nella p o lemica d e i m a g i s t r a t i , c h e il CSM fosse politico nella p a r t e «laica», professionale nella p a r t e «togata»: in realtà era tutto intriso di politica, p e r c h é la m a g i s t r a t u r a attivista è divisa in correnti, le correnti fanno riferimento - in m o d o più o m e no d i c h i a r a t o - a partiti o a r e e p o l i t i c h e , i c a n d i d a t i sono presentati dalle correnti, e d u n q u e la politica i m p e r a sia t r a i «laici» sia tra i «professionali». Detto questo, bisogna tuttavia a g g i u n g e r e c h e la soluzione p r e v i s t a dal c e n t r o d e s t r a p e r la n o m i n a d e l CSM n o n sanava affatto q u e s t a distorsion e : d o v u t a a eccessive t o l l e r a n z e d e l p a s s a t o p e r p r e s e di p o s i z i o n e (e d i c h i a r a z i o n i d ' a p p a r t e n e n z a ) d e i m a g i s t r a t i c h e e r a n o senza d u b b i o a l c u n o politiche. Il difetto stava, b e n p i ù che nelle p r o c e d u r e e nelle alchimie elettorali, n e gli scambi indebiti tra giustizia e politica (attestati da migrazioni massicce di magistrati verso i lidi p a r l a m e n t a r i ) . Va agg i u n t o c h e le c o n t r o v e r s i e s u l l ' i m p e g n o politico dei magistrati - traducibile in u n a p e r d i t a d'imparzialità - r i g u a r d a no solo u n a loro m i n o r a n z a : la cui «visibilità», sia che derivi dal m e r i t o sia che derivi dal r u m o r e ch'essi suscitano, è tuttavia i n v e r s a m e n t e p r o p o r z i o n a l e al n u m e r o . 365
La d i s p u t a sulla s e p a r a z i o n e delle c a r r i e r e p o t r à d e t e r m i n a r e , assai p i ù di quella sul C S M , i destini della giustizia. In Italia la carriera è unica. C h i ha s u p e r a t o il concorso p e r e n t r a r e in m a g i s t r a t u r a - che esamina, q u a n d o ci riesce, la p r e p a r a z i o n e «tecnica» dei c o n c o r r e n t i , ma n o n verifica né il loro equilibrio né la loro imparzialità né la loro correttezza - viene avviato a u n a c a r r i e r a nel corso della quale p o t r à essere volta a volta Pm o giudice. Tangentopoli, e il fenomeno Di Pietro, h a n n o aureolato i magistrati, a n c h e giovanissimi e, si s u p p o n e , inesperti, d ' u n prestigio e d ' u n a a u t o r i t à straordinari. E p p u r e sono «arruolati» allo stesso m o d o degli altri a p p a r t e n e n t i alla burocrazia, h a n n o lo stesso r e t r o t e r r a ambientale e culturale. Ma gli italiani, che disistimano la burocrazia in g e n e r a l e e la r i t e n g o n o inefficiente e p o c o p r e p a r a t a , f a n n o c r e d i t o di g r a n d i qualità ai magistrati, e a p p r o v a n o l'autonomia decisionale e l ' i n d i p e n d e n z a di cui sono dalla Costituzione gratificati. Il n u o v o Codice di p r o c e d u r a penale e le vicende della lotta alla c o r r u z i o n e e alla criminalità organizzata h a n n o m o l t o accresciuto il p o t e r e dei Pm, le cui p r o p o s t e v e n g o n o tuttavia s e m p r e vagliate da un giudice «terzo»: cui spetta d'autorizzare, o n o , il rinvio a giudizio (è l'ormai famoso Gip). Ma è davvero «terzo» quel giudice, tratta cioè allo stesso m o d o le tesi del Pm e le tesi dei difensori? A questa d o m a n d a gli avvocati r i s p o n d o n o n o . 11 Pm e il Gip - e questo vale p e r ogni altro g r a d o di giudizio sono colleghi. A volte accade che nella P r o c u r a vi siano magistrati il cui p o t e r e sostanziale e la cui autorevolezza super a n o di gran l u n g a quelli del Gip, e m a g a r i quelli del Tribunale. Ve l ' i m m a g i n a t e - s p i e g a n o gli avvocati - un Gip pal e r m i t a n o c h e avesse l i q u i d a t o c o m e aria fritta l ' i m m a n e m o n t a g n a di carte raccolta dal d o t t o r Caselli e dai suoi sostituti in a n n i di indagini su Giulio A n d r e o t t i e sulla sua affiliazione alla mafia? Sarebbe crollato il m o n d o , quel Gip sarebbe stato lapidato. Il c e n t r o d e s t r a ha perciò sostenuto - sulla g e n u i n i t à dei motivi p e r cui vuole il c a m b i a m e n t o è possibile, i n t e n d i a 366
moci, o g n i sospetto - che le c a r r i e r e d e v o n o essere separate. I giudici sono giudici, s e m p r e , gli accusatori sono accusatori, s e m p r e : e se un c a m b i a m e n t o avviene e q u i v a l e al n o r m a l e p a s s a g g i o d a u n lavoro all'altro (Di P i e t r o , t a n t o p e r citare un esempio, è stato p r i m a commissario di polizia e p o i m a g i s t r a t o ) . C o m e n e i Paesi a n g l o s a s s o n i , c o m e in G e r m a n i a . In F r a n c i a la c a r r i e r a è invece u n i c a , ma i Pm h a n n o u n a d i p e n d e n z a gerarchica precisa dai loro superiori e in definitiva dall'esecutivo (va p r e c i s a t o c h e a un Pm francese p u ò essere chiesto dall'alto di p r o m u o v e r e un p r o c e d i m e n t o , ma n o n di r i n u n c i a r e a p r o m u o v e r l o ) . La «terzietà» del giudice inglese è l e g g e n d a r i a , ve ne fu u n o c h e d e p l o r ò c o m e i n d e c o r o s o i l c o m p o r t a m e n t o d ' u n collega che accettava di salire in ascensore insieme a un avvocato o a un prosecutor. Senza a r r i v a r e a t a n t o , c o n la s e p a r a z i o n e delle c a r r i e r e si o t t e r r e b b e , s e c o n d o chi ne è fautore, il risultato di meglio equilibrare il r a p p o r t o tra accusa e difesa, sbilanciato a favore della p r i m a . T u t t o q u e s t o è ipocrisia m i r a t a , r i b a t t o n o i P m . Q u e l l o italiano è il miglior assetto c h e si possa i m m a g i n a r e p e r la magistratura, chi p r e t e n d e di modificarlo ha c o m e obbiettiv o l ' a s s e r v i m e n t o delle P r o c u r e . L a c o n t e s a , c h e t r a m o m e n t i di stanca e soprassalti virulenti è e n d e m i c a in Italia, ha il difetto di f o n d a r s i su q u e l l e v i c e n d e g i u d i z i a r i e c h e h a n n o un sottofondo politico, e sulle quali sono p u n t a t i i riflettori dell'informazione e l'interesse dell'opinione pubblica: i g n o r a invece l'oscura giustizia q u o t i d i a n a , c h e vessa il cittadino n o n p e r interferenze torbide, ma p e r i suoi ritardi intollerabili, la sua cavillosità, la sua i n a d e g u a t e z z a alle esigenze d ' u n a società m o d e r n a . E i m p o r t a n t e definire i poteri e la collocazione dei Pm; molto più i m p o r t a n t e è far sì c h e i processi n o n d u r i n o dieci a n n i . Nei Paesi dove la magistrat u r a n o n h a gli o r d i n a m e n t i italiani, dai P m esaltati c o m e d e g n i d'incondizionata a m m i r a z i o n e , la giustizia quotidiana funziona di g r a n l u n g a meglio: il che svaluta a l q u a n t o i cont e n u t i d ' u n a p o l e m i c a n u t r i t a d'alti p r i n c i p i ideali e di so367
spetti corporativi. Ma a n c h e da questa polemica la maggior a n z a di P r o d i è stata investita: e l'ha affrontata in o r d i n e sparso. I temi che ci siamo sforzati d ' i n q u a d r a r e in questo capitolo t o r n e r a n n o nelle successive pagine: e già sono stati toccati, del r e s t o , nelle p a g i n e p r e c e d e n t i . La giustizia contin u e r à poi a farla da p a d r o n a , con i processi di mafia, con i processi p e r corruzione, perfino con i processi p e r i «provini a luci rosse»: e con il processo - anzi i processi - c o n t r o Erich Priebke, di cui ci o c c u p e r e m o nel capitolo seguente.
CAPITOLO
QUINTO
Q U E S T I FANTASMI
Nel m a g g i o del 1994 u n a troupe televisiva a m e r i c a n a della rete A B C , capeggiata dal «conduttore» e reporter Sam Donaldson, p i o m b ò a San Carlos de Bariloche in cerca di ex-gerarchi ed ex-scherani del nazismo: si voleva imbastire u n a trasmissione su di loro, sui loro trascorsi, e sul loro esilio. Bariloche è in Argentina, ai piedi delle A n d e , e dista quasi d u e mila c h i l o m e t r i da B u e n o s Aires. Molti tedeschi coinvolti nelle atrocità del r e g i m e hitleriano avevano, decenni or sono, cercato rifugio in Sud America, e i più p r u d e n t i s'erano rintanati in località r e m o t e , c o m e a p p u n t o Bariloche: che è, vista d a l l ' E u r o p a , all'altro a n g o l o del m o n d o , m a h a fama internazionale c o m e stazione sciistica. Aria b u o n a , d u n q u e , e paesaggio di straordinaria bellezza. Un nazista D o n a l d s o n lo scovò p r e s t o , nella p e r s o n a d ' u n certo R e i n h a r d t Kops che aveva aiutato alcuni «camerati» a r a g g i u n g e r e l'Argentina, e che là s'era sistemato. Ma Kops, che p r e v e d e v a quali guai potessero capitargli se la sua faccia fosse a p p a r s a nel d o c u m e n t a r i o , sventò la minaccia indirizzando gli americani verso un personaggio che, sottolineò, e r a d i b e n m a g g i o r e rilievo. Q u e l p e r s o n a g g i o e r a Erich Priebke che, c a p i t a n o delle s s nel c o m a n d o r o m a n o del colonnello Kappler, p e r o r d i n e dello stesso Kappler aveva partecipato alla strage delle Fosse Ardeatine, e abbattuto p e r s o n a l m e n t e , a colpi di pistola, d u e ostaggi (il 23 m a r z o 1944, in via Rasella a Roma, t r e n t a t r é soldati d ' u n battaglione di «territoriali» altoatesini della W e h r m a c h t e r a n o stati uccisi da un o r d i g n o esplosivo collocato da militanti della Resistenza, e l ' i n d o m a n i le ss a v e v a n o t r u c i d a t o alle Fosse 369
A r d e a t i n e , nei d i n t o r n i di R o m a 335 d e t e n u t i «politici» di Regina Coeli, tra cui settantacinque ebrei). Priebke, p e n s i o n a t o o t t a n t e n n e , n o n si n a s c o n d e v a , alm e n o n o n si nascondeva più. Era m u n i t o d ' u n regolare pass a p o r t o tedesco recante il suo vero n o m e e c o g n o m e : l'uno e l'altro - con la sola correzione di Erich in Erico - comparivano sulla g u i d a telefonica di Bariloche. C o n la tecnica incalzante d e l g i o r n a l i s m o televisivo a m e r i c a n o D o n a l d s o n t e m p e s t ò Priebke di d o m a n d e , ed ebbe risposte che anticip a v a n o la tesi difensiva mai più a b b a n d o n a t a , d o p o d'allora, dall'ex-ufficiale. «Quelli e r a n o i nostri o r d i n i . Lei lo sa che in g u e r r a q u e l tipo di cose accade.» «Perché n o n si rifiutò dicendo " n o n lo faccio, n o n sparo ai civili"?» «Lei vive al g i o r n o d'oggi, ma noi vivevamo nel 1933 e l'intera Germ a n i a partecipava. O r a n o n se ne vuol parlare, ma la maggior p a r t e della G e r m a n i a era nazista.» «Lei e r a un nazista?» «Ero giovane. Ero nazista ed ero giovane.» Un «boia» della croce uncinata era stato così riportato, dalla p e n o m b r a in cui era p e r tanto t e m p o rimasto, sotto la luce dei riflettori: u n a luce che p e r impulso delle organizzazioni internazionali dedite alla cattura di criminali nazisti divenne abbacinante. Da ogni dove g r a n d i n a r o n o sul governo italiano esortazioni perché chiedesse agli argentini la consegna di Priebke, e lo processasse. U n a laboriosa p r o c e d u r a d'estradizione fu avviata, e conclusa nel n o v e m b r e del 1995 con la c o n s e g n a dell'ex-capitano alle a u t o r i t à italiane, che lo rinchiusero a Forte Boccea. C o m p e t e n t e a giudicarlo era infatti il Tribunale militare, sulle cui caratteristiche è necessario n o n fare confusione. Da t e m p o o r m a i nei Tribunali militari solo u n o tra i giudici è un vero militare: gli altri d u e - così come il r a p p r e s e n t a n t e dell'accusa - sono magistrati di carriera, entrati p e r concorso nella giustizia militare anziché in quella ordinaria. T r a il Priebke che alle Fosse A r d e a t i n e m e t t e v a a morte gli ostaggi e il Priebke pensionato che Donaldson aveva stanato in Argentina c'era un buco di mezzo secolo. Come l'aveva riempito, quel mezzo secolo, l'uomo di Kappler? 370
Sconfitta la Germania, Priebke era finito in un affollatissimo c a m p o di prigionieri allestito dagli Alleati in Italia, ed aveva anche subito senza particolari conseguenze un interrogatorio di addetti ai servizi di sicurezza. Dal c a m p o era fuggito insieme a tanti altri la notte di San Silvestro (1945-1946) p r o fittando di circostanze che più favorevoli n o n potevano essere: il personale inglese festeggiava con slancio, e con abbondante consumo d'alcolici, l'inizio del primo a n n o di pace, e lo squagliamento massiccio dei tedeschi passò inosservato. Raggiunto l'Alto Adige - dove già aveva soggiornato e m a n t e n e va provvidenziali agganci - Priebke trascorse un paio d'anni a Vipiteno. Q u i n d i attraverso il tam tam degli ex apprese che l'Argentina di Perón riserbava b u o n a accoglienza ai residuati del nazismo, e aiutato dalla Croce Rossa (nonché, verosimilm e n t e , da chi l'aveva p r e c e d u t o nel viaggio) s'imbarcò a Genova con la moglie su u n a nave che salpava p e r B u e n o s Aires. D a p p r i m a rimase nella capitale argentina, subito riprend e n d o la professione che era stata la sua fino alla sanguinaria parentesi della guerra: fu cioè cameriere e maitre: le ss lo avevano infatti arruolato come interprete p e r la sua b u o n a conoscenza dell'italiano, acquisita lavorando in un albergo di Rapallo. A Buenos Aires fu scovato da un c o r r i s p o n d e n t e della rivista Tempo: senza dissimulare, anche in questa occasione, la sua vera identità. N o n accennò alle Fosse A r d e a t i n e , e raccontò invece p e r filo e p e r segno c o m e avesse organizzato il trasferimento in G e r m a n i a di Galeazzo Ciano e di E d d a Mussolini, d o p o il 25 luglio. Grazie a Priebke (si fa p e r dire) l'incauto Galeazzo si buttò tra le grinfie di Hitler p e r sottrarsi a quelle di Badoglio. Lo scambio costò a Ciano la m o r t e per fucilazione. Da Buenos Aires Priebke si trasferì successivamente a Bariloche, e fu prima inserviente e poi maitre in alberghi attigui alle piste di sci. Là visse senza mai trasgredire la legge, rispettato dalla comunità argentina e dalla comunità tedesca. Un paio di volte, nel corso di questa singoiare latitanza, venne anche in Italia, per periodi di vacanza, s e m p r e con passaporto. E mai u n a noia. 371
Per s t r a n o che s e m b r i , Priebke restò, dal p u n t o di vista giudiziario, ai margini del processo celebrato nel 1948, davanti al T r i b u n a l e m i l i t a r e di R o m a , p r o p r i o c o n t r o i r e sponsabili della r a p p r e s a g l i a p e r l'attentato di via Rasella. Era stato citato c o m e testimone, ma a lui si rinunciò p e r c h é risultava i r r e p e r i b i l e . N o n si capisce b e n e p e r c h é sia stato escluso dal g r u p p o degli accusati: aveva u n a posizione che n o n differiva da quella dei c i n q u e suoi «camerati» che, insieme a H e r b e r t Kappler, f u r o n o i m p u t a t i di strage. Il diverso t r a t t a m e n t o a p p a r e a p r i m a vista inspiegabile, e fu p r o b a b i l m e n t e d o v u t o ad u n a g r a n d e confusione e all'essere tutti gli occhi p u n t a t i , allora, su K a p p l e r : unico c o n d a n n a t o - all'ergastolo - dalla sentenza del T r i b u n a l e , conferm a t a in a p p e l l o e in Cassazione. I s u b o r d i n a t i di K a p p l e r furono prosciolti p e r avere obbedito a o r d i n i superiori. La conclusione del d r a m m a t i c o d i b a t t i m e n t o - t r e n t a q u a t t r o u d i e n z e - n o n sollevò proteste Nel d a r n e notizia in u n a sobria cronaca in p a g i n a i n t e r n a con titolo su d u e colonne, il Corriere della Sera annotava: «La sentenza è stata p r o n u n c i a ta alle 23,15 (del 20 luglio 1948) ed è stata accolta con grida di a p p r o v a z i o n e dai familiari dei caduti». I giudici - che allora e r a n o tutti militari «veri» - fissarono nelle loro motivazioni alcuni p u n t i fermi: la rappresaglia - 10 ostaggi da sacrificare p e r ogni soldato tedesco ucciso - e r a stata feroce ma n o n e s t r a n e a alle leggi di g u e r r a ; K a p p l e r e i suoi ufficiali e r a n o p e r ò diventati assassini c o m u n i q u a n d o avevano incluso nella tragica lista cinque ostaggi in più di quelli previsti dal crudele diktat del Q u a r t i e r generale hitleriano (335 e r a n o stati i martiri delle Ardeatine, 33 i soldati della Wehrm a c h t straziati dalla b o m b a di Rosario B e n t i v e g n a ) . C'era stato un e r r o r e nella macabra contabilità, e i carnefici dovevano r i s p o n d e r n e . Tuttavia, lo si è accennato, il crimine v e n n e addebitato a K a p p l e r e n o n ai suoi sottoposti. E r a g i o n e v o l e s u p p o r r e c h e P r i e b k e , q u a l o r a fosse stato t r a d o t t o in giudizio nel 1948, se la sarebbe cavata come gli altri esecutori dello ster-
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minio: n o n è risultato, né nel processo del 1948 - che addirittura lo ha ignorato nella sentenza - né in quello del 1996 che Priebke fosse un vice di K a p p l e r ; lui sostiene anzi c h e nella scala gerarchica u n a decina d'ufficiali stava sopra a lui. Per u n a q u a l c h e misteriosa inerzia giudiziaria il n o m e di Priebke riaffiorò dalle scartoffie nei primi a n n i Sessanta, ma il giudice militare Giovanni Di Blasi deliberò l'archiviazione «essendo risultate negative le possibili i n d a g i n i d i r e t t e alla identificazione e al r i n t r a c c i o degli i m p u t a t i » . C'è chi si è scandalizzato p e r lo scarso zelo con cui ci si dedicò, in quella occasione, alla ricerca di P r i e b k e . Se scandalo esiste, rig u a r d a anzitutto un altro n o m e iscritto nella lista degli imputati irreperibili: è il n o m e dell'ex-maggiore Karl Hass che c o m e P r i e b k e s p a r ò a d u e ostaggi delle A r d e a t i n e , che è s e m p r e vissuto n o n in Argentina ma in Italia, che aveva collaborato con i servizi segreti, che era b e n n o t o sia alla Polizia sia alla P r o c u r a militare, e c h e è stato p o r t a t o a R o m a dal Pm Intelisano come testimone, p e r c h é accusasse Priebke (poi l'ha scagionato e s'è messo nei guai con un tentativo di fuga, ma q u e s t a è u n a delie t a n t e s t r a n e a p p e n d i c i dell'affaire). L'arrivo in Italia di Priebke, e la prospettiva d ' u n a inchiesta e d ' u n p r o c e s s o che rievocassero u n a delle p i ù fosche p a g i n e d e l l ' o c c u p a z i o n e nazista, p r o v o c ò u n a t e m p e s t a emotiva la cui intensità e r a d i r e t t a m e n t e p r o p o r z i o n a l e alla lontananza dal fatto. U n o spietato macello come quello delle A r d e a t i n e resta scritto in l e t t e r e di s a n g u e nella storia d ' u n Paese: n o n stupisce m i n i m a m e n t e , d u n q u e , che i familiari delle vittime - figli, nipoti - abbiano subito invocato la c o n d a n n a di Priebke, e che l'abbiano invocata gli e s p o n e n t i della c o m u n i t à ebraica, sia p u r e con accenti diversi e con le espressioni u m a n e del rabbino Toaff: che voleva la c o n d a n n a alla massima p e n a seguita p e r ò d a u n atto d i c l e m e n z a p e r l'età d e l l ' i m p u t a t o . L'orrore specifico della strage - in questo collegata all'Olocausto - sta p r o p r i o nella massiccia p r e s e n z a , tra i d e s i g n a t i alla m o r t e , di e b r e i cui n u l l ' a l t r o
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poteva essere a d d e b i t a t o che l'essere ebrei. E n e p p u r e stupisce, ma un po' sconforta p e r la sua ritualità, lo zelo accusatorio con cui i mezzi d'informazione s'occuparono fin dall'inizio del «caso» Priebke, a t t i n g e n d o a piene m a n i a un lessico t r u c u l e n t o e d a n d o p e r scontato c h e fosse accettabile un solo esito della v i c e n d a giudiziaria: l'ergastolo a un ult r a o t t a n t e n n e . Le p o c h e voci che dubitavano sia dell'opportunità dell'estradizione - le valutazioni sui fatti, sugli uomini e a n c h e sui crimini della seconda g u e r r a m o n d i a l e spett a n o o r m a i , si osservava, agli storici - sia della sensatezza d ' u n processo in r i t a r d o d'oltre c i n q u a n t ' a n n i , ossia al di là del t e r m i n e di prescrizione previsto da ogni codice del m o n do - furono soffocate da un coro indignato. Venne precisato che l'accusa di g e n o c i d i o in base alla q u a l e Priebke e r a stato p o r t a t o in Italia - in realtà il reato di genocidio è u n a c r e a z i o n e del 1967, ma n o n sono le sottigliezze g i u r i d i c h e l'aspetto rilevante del «caso» - n o n è prescrivibile, e che p r e scrivibili n o n sono i c r i m i n i c o n t r o l ' u m a n i t à : ai quali a p p a r t i e n e , in primis, la p e r s e c u z i o n e degli e b r e i . D u n q u e Priebke era perseguibile, incarcerabile - unico d e t e n u t o di quell'età in u n a p r i g i o n e italiana - e c o n d a n n a b i l e . I congiunti dei trucidati alle Ardeatine o t t e n n e r o di potersi costituire p a r t e civile - p e r decisione della Corte costituzionale, e b e n c h é il Codice p e n a l e militare n o n lo p r e v e d e s s e - e q u a n d o il dibattimento ebbe inizio affollarono l'aula spesso i n v e e n d o c o n t r o l'impassibile i m p u t a t o : la cui impassibilità d i v e n n e , c o m e è regola nelle c r o n a c h e col c u o r e in m a n o , sinonimo di insensibilità. Nello scatenarsi della furia mediatica contro Priebke ritrovò piena c o m p r e n s i o n e - e da parte di alcuni a n c h e incondizionata a m m i r a z i o n e - l'attentato di via Rasella, b e n c h é n o n avesse accelerato n e p p u r e di u n ' o r a l'arrivo degli Alleati e b e n c h é n o n ne fosse d e r i v a t o alcun c o n a t o i n s u r r e z i o n a l e . Nella ritrovata ispirazione resistenziale furono trascurati i civili morti a causa della b o m b a : tra loro un ragazzino di tredici anni, decapitato, ed escluso da c o m m e m o r a z i o n i intrise di pathos. LItaiia si riscoprì virtuo374
sa nel d a r e a d d o s s o al vecchio P r i e b k e , d i m e n t i c a n d o che q u a l c h e r a p p r e s a g l i a l'avevano p e r p e t r a t a , i n Iugoslavia, anche i r e p a r t i del regio esercito, e che terroristi truci, i cui misfatti risalgono a venti o dieci a n n i fa, sono in libertà o in semilibertà. Ma u n a dimenticanza ancora più rilevante, dal p u n t o di vista giudiziario, c o n d i z i o n ò il processo. Si g r i d ò all'esigenza di conoscere la verità sulle Fosse Ardeatine quasi che la verità n o n fosse stata cercata, i fatti sviscerati, le responsabilità soppesate nel processo del 1948. Parve che p e r la p r i m a volta u n o dei «carnefici» dovesse r e n d e r conto del suo crimine, e che p e r la p r i m a volta i testimoni fossero in g r a d o di r a c c o n t a r e la t r a g e d i a . L ' a p p e n d i c e tardiva d ' u n g r a n d e e agghiacciante processo s e m b r ò essere essa stessa, in quest'ottica, il g l a n d e processo, e Priebke n o n fu più, come gli altri subordinati di K a p p l e r assolti nel 1948, un comp r i m a r i o - e, intendiamoci, un fosco c o m p r i m a r i o - divenne p r o t a g o n i s t a . A questa logica s ' a d e g u ò il Pm Intelisano che n o n d e n u n c i ò come un i m p e r d o n a b i l e e r r o r e la sentenza di mezzo secolo p r i m a , ma scelse u n ' a l t r a strada: quella di p r o v a r e che Priebke n o n era stato un subalterno come gli altri, ma un alter ego di Kappler. La p r o v a n o n fu ottenuta, ed era impensabile che potesse esserlo. Se davvero la figura di Priebke avesse avuto particolare spicco i giudici del 1948 - che attingevano a informazioni fresche e g e n u i n e - n o n l'avrebbero lasciato ai margini, a d d i r i t t u r a scordandosi d'includerlo tra gli accusati. In definitiva l'essenza del processo si ridusse all'interrogativo che già aveva d o m i n a t o quello di t a n t o t e m p o p r i m a : i «boia» aggiunti delle A r d e a t i n e p o t e v a n o sottrarsi agli ordini di Kappler? Nel 1948 il quesito era stato risolto: n o , n o n potevano p e r c h é avrebbero p a g a t o con la vita la loro disobbedienza. E vero che il maggiore Dobbrick, c o m a n d a n t e del battaglione Bozen (Bolzano) colpito dall'attentato di via Rasella, aveva rifiutato, p e r sé e p e r i suoi u o m i n i , il c o m p i t o della r a p p r e s a g l i a . Ma era un ufficiale della W e h r m a c h t , n o n delle ss. Su questo t e m a il processo t o r n ò più volte, sen375
za p o r t a r e certezze, che sono impossibili. Un ufficiale delle forze a r m a t e tedesche esibì u n a lista d'ufficiali che n o n avevano eseguito gli ordini, e s'erano salvati, dal che si p u ò des u m e r e o che n o n temessero conseguenze p e r la loro ribellione, o c h e avessero t e m p r a d ' e r o i . Karl Hass d i c h i a r ò : «Kappler ci disse che ci avrebbe fatto fucilare» (se n o n avessimo partecipato all'eccidio). Q u e s t o m a g g i o r e Hass che era radicato, come s'è accennato, in Italia, e che s'era fratturato u n a gamba in un tentativo di fuga dall'albergo in cui il dottor Intelisano lo ospitava in attesa della t e s t i m o n i a n z a , ha detto senza ambiguità d'avere anche lui sparato a d u e ostaggi: il che lo ha posto sullo stesso piano di Priebke; ma è singolare che la cosa n o n abbia fatto scalpore né suscitato invocazioni di «ergastolo, ergastolo». Per misteriosi motivi di psicologia collettiva interessava solo Priebke. Il Pm Intelisano e gli avvocati di p a r t e civile l a m e n t a r o no a p i ù r i p r e s e che il r i t m o del d i b a t t i m e n t o fosse t r o p p o sbrigativo. Il p r e s i d e n t e e r a a n i m a t o , si p u ò s u p p o r r e , dal desiderio di n o n r i p e r c o r r e r e sterilmente itinerari di prova già battuti - e con b e n altra possibilità di trovare tracce attendibili - nel 1948, l'accusa voleva invece u n a replica accanita a n c h e su episodi - ad e s e m p i o le brutalità che Priebke avrebbe c o m p i u t o in via Tasso, dov'era il c o m a n d o r o m a n o delle ss - che nel 1948 e r a n o a n c o r a r e a t i p u n i b i l i , e che n o n lo e r a n o più nel 1996. F u r o n o avanzate istanze di ricusazione del T r i b u n a l e p e r c h é d u e dei giudici avevano anticipato in conversazioni private, secondo Intelisano e secondo gli avvocati di p a r t e civile, il loro p u n t o di vista, e le anticipazioni a n n u n c i a v a n o un'assoluzione. Le ricusazioni furono r e s p i n t e : ma il p r e s i d e n t e Agostino Quistelli, il giudice B r u n o Rocchi e il capitano medico Sabatino De Macis arriv a r o n o a l m o m e n t o della s e n t e n z a c o n u n m a r c h i o d i sospetto se n o n d'infamia. Si temeva - e gli addetti ai lavori Io d a v a n o p e r certo - che Priebke sarebbe stato con un qualc h e e s p e d i e n t e legale r i m e s s o in libertà. Il c r o n i s t a Dino M a r t i r a n o aveva scritto sul Corriere della Sera che «il Tribu376
naie p o t r e b b e scegliere (tra assoluzione ed ergastolo) u n a terza via che m a n t e r r e b b e la c o n d a n n a ma allo stesso t e m p o consentirebbe la scarcerazione di Priebke». Analoghe considerazioni e r a n o state fatte da tutti gli altri quotidiani: il che a p p a n n a la g e n u i n i t à del g r i d o di d o l o r e con cui, letta la sentenza, si l a m e n t ò la sconvolgente sorpresa. Nel p o m e r i g g i o del 1 ° agosto 1996 Quistelli lesse il dispositivo della sentenza ( u n o dei giudici aveva fatto verbalizzare, in c a m e r a di consiglio, il suo dissenso). Priebke veniva riconosciuto colpevole di omicidio p l u r i m o , ma le aggravanti e r a n o c o n s i d e r a t e e q u i v a l e n t i alle a t t e n u a n t i , il c h e escludeva la c o n d a n n a all'ergastolo, faceva scattare i t e r m i n i della prescrizione e apriva all'ex-capitano delle ss le p o r t e del carcere. Ciò che seguì fu i n d e g n o d ' u n Paese civile. La folla t u m u l t u a n t e - d ' e b r e i e di n o n ebrei - assiepata nell'aula e nei corridoi strinse d'assedio sia Priebke sia i giudici sia i carabinieri di servizio. Quistelli, Rocchi e De Macis fur o n o costretti a r i m a n e r e chiusi p e r l u n g h e ore in un locale, e a servirsi di bottiglie p e r dar sfogo a qualche bisogno fisiologico. M e n t r e infuriava la c a n e a c o n t r o il bieco Quistelli c o m i n c i a v a n o a mobilitarsi i politici, ansiosi d ' e s p r i m e r e il loro s d e g n o , e il s i n d a c o di R o m a Rutelli accorse p e r a n n u n c i a r e c h e a v r e b b e fatto s p e g n e r e , in s e g n o di l u t t o , le luci dei m o n u m e n t i . Nessuna autorità si p r e o c c u p ò della dignità e dell'incolumità dei giudici d ' u n Tribunale accerchiati e insultati dalla folla, n e s s u n a autorità dichiarò che la sentenza doveva essere rispettata. Silenzio totale, quel giorno e i successivi, a n c h e da p a r t e del Consiglio s u p e r i o r e della m a g i s t r a t u r a . Anzi da più parti sarà chiesta l'abolizione dei «giudici c o n le stellette», r i t e n u t i s e c o n d o o g n i e v i d e n z a inaffidabili. Giuliano Vassalli, che in via Tasso era stato deten u t o , osservava in c o n t r o t e n d e n z a che il Tribunale militare del 1996 e r a stato più severo di q u a n t o fosse stato il Tribunale militare del 1948. A b b i a m o lasciato i giudici accerchiati, e u n a folla di dimostranti risoluta a n o n desistere dall'assedio. Nella notte il 377
ministro della Giustizia Flick r a g g i u n s e la sede del Tribunale: n o n p e r p o r t a r e c o n s é u n consistente n u c l e o d i forza pubblica e p e r liberare Quistelli e gli altri; disinteressandosi invece di loro si limitò ad i n c o n t r a r e il Pm Intelisano. Dop o d i c h é , sudato e impacciato, a n n u n c i ò alla folla («per rass e r e n a r e gli animi») c h e la polizia aveva e m e s s o c o n t r o Priebke un n u o v o o r d i n e di custodia cautelare essendo p e n d e n t e a suo carico u n a richiesta d'estradizione della G e r m a nia. Vi fu un boato di soddisfazione, la sentenza era stata vanificata, d u n q u e giustizia era fatta. Q u e s t a volta la g h e r m i n e l l a politica c h e compiaceva gli u m o r i popolari e r a di g r a n a così grossa - tanto più che l'aveva escogitata un e s p e r t o di diritto - che a n c h e a sinistra molti ne f u r o n o t u r b a t i . Il P r e s i d e n t e della C o m m i s s i o n e giustizia della C a m e r a G i u l i a n o Pisapia (Rifondazione comunista) dichiarò senza mezzi t e r m i n i che «anche se quella sentenza ha trovato u n a n i m i nella critica le forze politiche l'operatoi^e del diritto n o n deve mai accettare decisioni che d e r i v a n o dall'esigenza di soddisfare l ' o p i n i o n e pubblica». L'avvocato Pietro Nicotera, p a t r o n o di p a r t e civile nel n o m e d'alcuni congiunti di vittime delle Ardeatine, era scosso anche lui: «Abbiamo sistemi più dignitosi p e r p o t e r fare effett i v a m e n t e giustizia ed il p i ù l i m p i d o è quello d e l l ' a p p e l l o avverso la sentenza». Giovanni Maria Flick s'era piegato al c l a m o r e delle p r o t e s t e , e il difensore di P r i e b k e , avvocato Velio Di Rezze, a n n u n c i a v a u n a d e n u n c i a c o n t r o di lui per «sequestro di persona». Le dichiarazioni con cui Flick volle replicare alle critiche e r a n o tutto fuorché convincenti. Egli n e g ò che nelle o r e in cui il T r i b u n a l e e r a stretto d'assedio, vi fossero stati contatti febbrili con la G e r m a n i a e l'Argentina p e r r e n d e r e oper a n t e l ' i n g r a n a g g i o d e l l ' e s t r a d i z i o n e , e così l e g i t t i m a r e il r i a r r e s t o voluto a f u r o r di p o p o l o . «La Polizia giudiziaria - dichiarò - mi aveva sottoposto p r e v e n t i v a m e n t e il problema di i m p e d i r e la fuga di Priebke in caso di scarcerazione. Io e r o t a l m e n t e c o n v i n t o dell'esistenza di q u e s t o pericolo 378
che l ' i n d o m a n i mattina, a l l ' a p e r t u r a della Corte d ' a p p e l l o , sarei a n d a t o a c h i e d e r e che si procedesse p e r evitarlo, trovandoci in p r e s e n z a di u n a richiesta d'estradizione.» Gli autori di questo libro che n o n sono, d i v e r s a m e n t e dal professor Flick, d e i giuristi, v e d o n o in q u e s t a tesi c l a m o r o s e inc o n g r u e n z e . P u n t o p r i m o (che n o n è sostanziale, ma ha la sua i m p o r t a n z a ) : in un sistema giuridico che si vanta d'offrire a l l ' i m p u t a t o o g n i garanzia, è possibile che né l'imputato stesso né il suo difensore s a p p i a n o che un'assoluzione n o n p o r t e r e b b e alla liberazione, e che tutti i mezzi d'inform a z i o n e lo i g n o r i n o e g u a l m e n t e , cosicché a s e n t e n z a p r o n u n c i a t a la s c a r c e r a z i o n e di P r i e b k e e r a c o n s i d e r a t a sicura? N o n d o v r e b b e essere d a t o , a l l ' i m p u t a t o e al suo difensore, un q u a l c h e avviso? Flick citò a d d i r i t t u r a , a sostegno della sua tesi, i p r e p a r a t i v i c h e l'avvocato Di Rezze aveva fatto p e r il t r a s f e r i m e n t o di P r i e b k e u n a volta uscito dal carcere, quasi che fossero illegali. P u n t o secondo (e questo è sostanziale): n o n o s t a n t e tutte le a r r a m p i c a t e sugli specchi tentate dai tifosi di Flick, risulta chiaro che la richiesta d'es t r a d i z i o n e r i g u a r d a la s t r a g e delle A r d e a t i n e . E b b e n e : è a n c h e r e m o t a m e n t e p e n s a b i l e c h e l a giustizia d ' u n Paese s o v r a n o a m m e t t a d i c o n s e g n a r e alla giustizia d ' u n a l t r o Paese un i m p u t a t o sul q u a l e si è già p r o n u n c i a t a , e p e r i reati su cui si è p r o n u n c i a t a , a s s o l v e n d o ? P u n t o t e r z o : q u a n d ' a n c h e si volesse seguire questo criterio stravagante, n o n s a r e b b e e q u o lasciare che la p r o p r i a giustizia confermasse o modificasse, in appello e in Cassazione, la sentenza di p r i m o g r a d o ? P u r t r o p p o p r o c l a m i e a n a t e m i politici, a c o m i n c i a r e da quello di Scalfaro, h a n n o d a t o via libera a u n a giustizia di piazza, in soccorso della q u a l e s a r e b b e r o poi stati sfoderati tutti i cavilli in cui i d o t t o r i sottili s o n o maestri. E allora la Cassazione, cui si era chiesto di p r o n u n ciarsi sul garbuglio di Flick, se l'è cavata p a s s a n d o la p a t a t a bollente alla C o r t e c o s t i t u z i o n a l e ; c'è stato un p a l l e g g i a m e n t o del caso tra m a g i s t r a t u r a o r d i n a r i a e m a g i s t r a t u r a militare, ha vinto - o p e r s o - la m a g i s t r a t u r a militare che 379
s'è ritrovato Priebke tra i piedi. Così d o p o tanti zig zag giudiziari, e d o p o che a Priebke e r a n o stati concessi gli arresi i domiciliari - da t r a s c o r r e r e nella p a c e d ' u n c o n v e n t o - si arrivò al processo bis: con nuovi giudici, un n u o v o difensor e (l'onnipresente professor Carlo T a o r m i n a ) , u n i m p u t a t o a g g i u n t o (Karl Hass) e lo stesso P m , A n t o n i n o I n t e l i s a n o . L'atmosfera del d i b a t t i m e n t o , p r e s s o c h é i g n o r a t o dall'opin i o n e pubblica, e r a m e n o tesa. P r i e b k e r i p e t è i n u n a l u n ga d i c h i a r a z i o n e - 24 g i u g n o 1997 - c h e n o n p o t e v a sottrarsi a l l ' o r d i n e di strage («Kappler fu irremovibile, l'ordine veniva d i r e t t a m e n t e da Hitler, chi si rifiutava s a r e b b e stato m a n d a t o al T r i b u n a l e delle ss»); r i p e t è inoltre c h e in mezzo secolo n o n aveva mai nascosto la sua identità. «Nel 1993 - disse - cenai con gli e u r o d e p u t a t i G e r a r d o Gaibisso e Carlo Casini nella sala dell'Associazione italiana di Bariloche.» P r i e b k e , r i s p e t t a t o n o t a b i l e della località, e r a tra i p r o m o t o r i d e l l ' i n c o n t r o . «Scambiai con lui p o c h e p a r o l e di c i r c o s t a n z a - ha a m m e s s o C a r l o Casini - ma n o n s a p e v o chi fosse.» Il 22 luglio 1997 la replica processuale g i u n s e a conclusione con u n a s e n t e n z a c h e e r a a n c h e u n c a p o l a v o r o d'alchimie cavillose. Sia Priebke sia Hass venivano c o n d a n n a t i p e r omicidio p l u r i m o , q u i n d i c i a n n i al p r i m o , dieci al sec o n d o : p e r Priebke l'entità della p e n a e r a inferiore a quella decisa da Quistelli ( v e n t i q u a t t r o a n n i ) . S e n o n c h é Quistelli aveva r i t e n u t o che scattasse, in favore dell'imputato, la p r e scrizione. Luigi Maria Flamini (il n u o v o presidente) e gli altri giudici del s e c o n d o processo h a n n o stabilito invece che l a strage delle A r d e a t i n e e r a u n c r i m i n e c o n t r o l'umanità, come tale imprescrittibile. A e n t r a m b i gli i m p u t a t i sono stati c o n d o n a t i dieci a n n i , il che equivaleva p e r Hass all'immediata liberazione, e p e r Priebke a u n a liberazione ritardata q u e l t a n t o c h e bastava p e r salvare la faccia. I difensori lam e n t a r o n o c h e la p r e s c r i z i o n e fosse stata n e g a t a in base a n o r m e successive al r e a t o , con violazione palese d ' u n pilastro del diritto. Priebke a n n u n c i ò - u l t i m a n o t a infausta 380
che avrebbe scritto un libro autobiografico: né è difficile imm a g i n a r e la p r e s e n z a e le insistenze, dietro di lui, d ' u n volonteroso ghost wrìter. P r o p r i o il giorno (27 giugno 1997) in cui Intelisano chiese p e r la seconda volta la c o n d a n n a all'ergastolo di Priebke ( v e n t i q u a t t r o a n n i p e r Hass) via Rasella e r a t o r n a t a a n c h e p e r altra via agli onori (dubbi) delle cronache. I familiari di chi, italiano, e r a stato straziato dalla b o m b a avevano chiesto l'incriminazione degli attentatori: che n o n e r a n o stati mossi, si sosteneva, né da motivazioni patriottiche né da serie esigenze militari; che sapevano q u a n t o terribile sarebbe stata la reazione di Hitler. E forse speravano che la rappresaglia falcidiasse - c o m e in effetti avvenne - il g r u p p o clandestino di Bandiera rossa, eretico e c o n c o r r e n t e dei G a p comunisti. Per il Pm Vincenzo Roselli la d e n u n c i a mancava di solide basi, e l'attentato rientrava c o m u n q u e tra gli episodi coperti mezzo secolo p r i m a da amnistia. A conforto di Roselli stava il fatto che gli attentatori e r a n o stati scagionati già in p r e c e d e n t i e remoti processi. Ma il Gip Maurizio Pacioni è stato di diverso avviso, ed ha deciso di a p p r o f o n d i r e l'ipotesi che Rosario Bentivegna, Carla C a p p o n i e i loro c o m p a g n i avessero comp i u t o un illegittimo atto di g u e r r a , e fossero stati essi stessi «illegittimi belligeranti». F u r i b o n d e le reazioni nell'universo partigiano e in tutta la sinistra. Siamo contrari - lo ribadiremo nel sèguito di questo capitolo - a questa chirurgia giudiziaria esercitata, con accanimento necrofiliaco, su tombe coperte dalla polvere del t e m p o . Senza dubbio gli italiani m o r ti p e r la b o m b a n o n h a n n o meritato né attenzione né cordoglio né le m e d a g l i e al valore concesse a B e n t i v e g n a e alla Capponi: anzi s'è negato a l u n g o che vittime civili ce ne fossero state. Il che n o n costituisce tuttavia ragione sufficiente p e r a p r i r e fascicoli processuali inutili: c o m e questo p e r via Rasella, come quello di Priebke. La parola è passata alla storia, e nella prospettiva storica il «revisionismo» - t e r m i n e cui s'è voluto d a r e un significato deteriore - è n o n solo lecito ma doveroso. Il resto è strumentalizzazione politica. 381
Di tale s t r u m e n t a l i z z a z i o n e s'era a v u t a u n a p r o v a lamp a n t e q u a n d o sulla scia del «caso Priebke», e con un intento c o m m e m o r a t i v o che ai crimini del nazismo era s t r e t t a m e n t e connesso, un consigliere c o m u n a l e pidiessino di Roma, Vict o r Magiar, aveva a v a n z a t o la p r o p o s t a d ' u n «luogo della m e m o r i a di coloro che, nel corso di questi d u e m i l a anni, sono caduti sotto i colpi delle violenze religiose, etniche, ideologiche e sociali». All'iniziativa di Magiar si associò, in u n a lettera a p e r t a indirizzata al sindaco Rutelli, u n a q u a r a n t i n a di intellettuali e politici della sinistra. L'idea, riconobbero in molti, era nobile, ma occorreva precisare quali stermini m e r i t a s s e r o , p e r le loro d i m e n s i o n i e le l o r o c a r a t t e r i s t i c h e , d'essere ricordati nel m u s e o : e su questo t e m a fu imbastito un dibattito acceso e d i s o r d i n a t o , d u r a n t e il q u a l e Magiar sentenziò che insieme alle vittime del nazismo p o t e v a n o fig u r a r e nel «luogo della m e m o r i a » «tutte le c u l t u r e m i n o r i fatte sparire da quelle e g e m o n i , dagli indiani d'America agli Ugonotti»; Luca Zevi della c o m u n i t à ebraica r o m a n a si dic h i a r ò d i s p o s t o a i n c l u d e r v i «il g e n o c i d i o degli a r m e n i e quello dei curdi»; R o b e r t o Vacca si chiese p e r c h é n o n ci si occupasse allora dei t a s m a n i a n i , «popolazione molto poco interessante, sterminata alla fine del secolo scorso, che n o n ha lasciato nessuna traccia di civiltà, vestiva con pelli di cang u r o e n o n conosceva n e p p u r e i cibi cotti, ma solo affumicati». Ma queste e r a n o divagazioni sofisticate fino alla stravag a n z a . In b u o n a sostanza la p o l e m i c a si r i d u s s e a un solo quesito: gii o r r o r i delle foibe p o t e v a n o o no essere associati - p e r la loro efferatezza - a quelli dell'Olocausto, e gli sterm i n i del c o m u n i s m o e r a n o p a r a g o n a b i l i agli s t e r m i n i del nazismo? Le foibe - d a l latino fovea (fossa) - s o n o d e p r e s s i o n i p r o f o n d e a n c h e decine di metri, e a forma di imbuto, che la n a t u r a ha creato nei t e r r e n i carsici del confine orientale italiano. Le foibe d i v e n n e r o , tra la fine del 1943 e tutto il 1945, le t o m b e di sventurati che i partigiani di Tito, a volte con la volonterosa collaborazione di partigiani comunisti italiani, 382
misero a m o r t e p e r c h é fascisti, o p e r c h é sospetti di fascismo, o s e m p l i c e m e n t e p e r c h é italiani. E impossibile accertare il n u m e r o delle vittime, ma di sicuro furono nell'ordine delle decine di migliaia. Solo di r a d o esse venivano p r i m a fucilate e poi infoibate. Spesso le vittime finivano nell'abisso q u a n d o r e s p i r a v a n o a n c o r a . La furia dei p e r s e c u t o r i e r a feroce: vi furono u o m i n i evirati e accecati, d o n n e stuprate. Q u a l c u n o v e n n e legato ai cadaveri d'altri «giustiziati» con filo spinato, e gettato vivo nei crepacci. Un Pm r o m a n o , G i u s e p p e Pititto, aveva avviato q u a l c h e a n n o fa u n ' i n c h i e s t a su questi scempi, e identificato d u e p r e s u n t i responsabili, I v a n Matika (un g i u d i c e tirino che a v r e b b e m a n d a t o a m o r t e migliaia d'italiani) e O s k a r Piskulic, già c a p o della polizia segreta di T i t o a F i u m e . Pititto aveva chiesto che a carico dei d u e fosse emesso un o r d i n e di c a t t u r a i n t e r n a z i o n a l e , e di c o n s e g u e n z a iniziata u n a p r o c e d u r a d ' e s t r a d i z i o n e . Il Gip Angelo Macchia n o n fu tuttavia d'accordo, p e r d u e motivi. Il p r i m o è che l'eccidio avvenne in territori che n o n a p p a r t e n g o n o più allo Stato italiano (ma n o n è in corso un'inchiesta giudiziaria p r o m o s s a dalla P r o c u r a di R o m a c o n t r o i colpevoli della m o r t e di desaparecidos con passaporto italiano in Argentina, ossia piuttosto lontano, e senza d u b b i o fuori dai confini nazionali?); il s e c o n d o è che gli i n d a g a t i e r a n o entrambi al di là degli o t t a n t ' a n n i e il codice p r e v e d e l'arresto degli u l t r a s e t t a n t e n n i solo se lo r i c h i e d o n o circostanze «di particolare rilevanza». Nelle carte di Pititto figurava anche il n o m e del p a r t i g i a n o c o m u n i s t a M a r i o Toffanin («capitan Giacca») che era stato c o n d a n n a t o all'ergastolo p e r aver fatto u c c i d e r e v e n t i d u e p a r t i g i a n i «bianchi» della b r i g a t a Osoppo, e che, graziato da Pertini nel '78, vive ora in Slovenia e percepisce, al p a r i di tanti altri «titini», u n a p e n s i o n e mensile dellÌNPS. Q u a n d o la faccenda del m u s e o tra le Fosse e le Foibe - la «nevrosi piace a Gad L e r n e r - fu chiaro che nimo s g o m b r o da preconcetti. N o n
s ' i n c e n t r ò sul p a r a l l e l o comparativista» che n o n quasi n e s s u n o aveva l'alo aveva Stefano Rodotà 383
il quale sottolineava che gli italiani avevano c o m p i u t o atti di g u e r r a a n c h e atroci in Iugoslavia (il che secondo lui legittimava in qualche m o d o così la spaventosa risposta delle foibe) e p o i a g g i u n g e v a : «Ci s o n o differenze e n o r m i tra u n o s t e r m i n i o e u n altro. N e l l ' O l o c a u s t o c'era u n p r o g r a m m a scientifico di sterminio d ' u n p o p o l o e d ' u n a razza. Le foibe sono state orribili, è vero, ma sono manifestazioni di brutalità di tipo militare, c o m e ne abbiamo avute tante nella storia. Sono sbalordito dal fatto che negli ultimi tempi, p e r m o tivi polemici di tipo culturale, si metta tutto sullo stesso pian o , t u t t o sotto u n ' u n i c a etichetta. In questo m o d o c'è il rischio c h e n o n si possa p i ù c o n d a n n a r e o assolvere nessuno». In realtà la logica di Rodotà porta a u n a d e d u z i o n e obbligata: scartato u n o sterminio p e r c h é era brutalità militare, scartato u n altro p e r c h é n o n m i r a v a all'eliminazione d ' u n p o p o l o e d ' u n a razza, l'unico sterminio che valga v e r a m e n te la p e n a di c o n d a n n a r e è l'Olocausto: semmai a g g i u n g e n doci l'eliminazione degli indiani d'America. Si p u ò convenire con R o d o t à sulla c o n n o t a z i o n e unica - p e r la sua implacabile e mostruosa coerenza - dell'antisemitismo nazista. Riconosciuto questo, vien fatto p e r a l t r o di chiedersi se ne veng a n o riabilitati Stalin, Poi Pot, e i massacratori delle foibe. La voglia di s a n g u e di Stalin - a volte sistematica e a volte erratica, ma a p p a g a t a da milioni di m o r t i - ha a t t e n u a n t i ? Ne ha la furia sterminatrice di Poi Pot, che n o n dava la caccia agli ebrei ma faceva a m m a z z a r e chi portasse gli occhiali, p e r c h é b o r g h e s e e nemico del popolo? Q u e s t e osservazioni r i g u a r d a n o i leaders dell'orrore. Se poi ci si riferisce agli esecutori e in generale agli assassini «politici» la tesi di Rodotà e di chi ragiona c o m e lui diventa ancora più fragile. L'ideologia nazista si t r a d u s s e , n o n c'è d u b b i o , in crimini c o n t r o l ' u m a n i t à . Ma lo stesso p u ò dirsi p e r gli atti c o m p i u t i da ogni s u b o r d i n a t o d e l l ' i m m a n e macchina hitleriana di guerra e di repressione? Priebke, che partecipò a u n a r a p p r e s a glia impostagli, fu p i ù d i s u m a n o degli infoibatori e a n c h e , p e r essere chiari, dei t e r r o r i s t i che i n t e m p o d i p a c e , n o n 384
p e r ritorsione a un attentato né p e r o b b e d i e n z a agli o r d i n i ma p e r o b b e d i e n z a ad un fanatismo cieco feroce e sciocco a b b a t t e r o n o i cinque u o m i n i della scorta di M o r o e poi abb a t t e r o n o lo stesso M o r o ? Sono d o m a n d e i n q u i e t a n t i , alle quali la sinistra aveva voluto r i s p o n d e r e d u r a n t e il processo Priebke con u n a verità assoluta (da c o r r o b o r a r e allestendo il m u s e o degli stermini): e la verità p e r la sinistra è che il nazismo fu il m a l e assoluto, e il c o m u n i s m o fu u n a s p e r a n z a b e n i n t e n z i o n a t a a n c h e se fallimentare, con q u a l c h e episodio di «brutalità». Per le foibe c'è stato chi nel P D S , a R o m a e a Trieste, ha fatto u n a leale e onesta autocritica (in particolare Luciano Violante); e ammesso che e r a stata o p e r a t a u n a tenace «rimozione» di quelle p a g i n e (così c o m e della m a t tanza di fascisti o p s e u d o fascisti o n o n fascisti che seguì la Liberazione, e che fece più di diecimila vittime, secondo calcoli p r u d e n t i ) . Ma altri esponenti della sinistra h a n n o m a n t e n u t o u n a posizione intransigente, o reticente, e d e m o n i z zato c o m e «revisionismo» o l t r a g g i o s o (ma cosa significa?) ogni o p i n i o n e dissenziente. Ad essi è stata rivolta la critica di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera: «La m e moria cancellata delle foibe - ha scritto Galli della Loggia è la prova che la sinistra italiana fino ad oggi n o n è stata capace di m i s u r a r s i con la m o r t e politica di massa s o m m i n i strata in questo secolo dal comunismo... Se le Fosse Ardeatine - c o m e è stato scritto - sono un tassello dell'Olocausto, di cosa sono state un tassello le fosse di Katyn? I quindicimila ufficiali polacchi prigionieri freddati con un colpo alla n u c a dalla polizia sovietica c h e p o r t a t a storica h a n n o ? La loro m o r t e possiede un q u a l c h e significato ai fini di u n a valutazione storica e ideologica del c o m u n i s m o , o invece essa è da a d d e b i t a r e solo al misterioso capriccio omicida d ' u n tiranno?». C o n i suoi a d d e n t e l l a t i e i suoi strascichi il p r o c è s s o Priebke ha avuto l'imprevedibile effetto di evocare u n a folla di fantasmi, le vittime di stermini diversi ma eguali nell'atrocità: con l'incombere di tanti testimoni muti è rimasto un 385
m i n o r m a r g i n e p e r ipocrisie e dimenticanze. L'Italia s'è trovata a dover fare i conti con i passaggi p i ù tragici della sua storia di questo secolo, e li ha dovuti fare, alla fin fine, senza la p r o t e z i o n e delle verità di c o m o d o , e senza p i ù le g e r a r chie ufficiali dei m o r t i di p r i m a classe e dei m o r t i di seconda. Forse, tutto s o m m a t o , a qualcosa quel processo assurdo e inutile è servito.
CAPITOLO
SESTO
COME SISTO V
I conti pubblici e i posti di sottogoverno: questi i primi assilli di Prodi. E r a n o stati a n c h e i p r i m i assilli di Berlusconi: e l'Ulivo seguì il (cattivo) e s e m p i o del Cavaliere d a n d o la p r e c e d e n z a - n o n d i c h i a r a t a s ' i n t e n d e - all'occupazione delle p o l t r o n e i m p o r t a n t i . Lo spoil system, c h e assegna i trofei di g u e r r a al vincitore, è u n a caratteristica delle democrazie in cui vige il bipolarismo, della statunitense in particolare. Se alla Casa Bianca un democratico rimpiazza un repubblicano - o viceversa - è scontato, e pacificamente accettato dai cittadini, che u n notevole n u m e r o d'incarichi r u o t a n t i a t t o r n o all'esecutivo passi di m a n o : inclusi i titolari d ' a l c u n e ambasciate di r a n g o . Così si fa, p e r tacita e consolidata c o n v e n zione, e così si dice. In Italia si fa ma n o n si dice: o meglio si dice d'aver p r o c e d u t o ai c a m b i a m e n t i n o n p e r c o n q u i s t a r e posizioni di p o t e r e e lenire le p e n e di qualche t r o m b a t o delle elezioni, ma p e r collocare gli u o m i n i e le d o n n e giusti ai posti giusti. Nella g e r a r c h i a dei posti quelli della R A I sono per tradizione p l u r i d e c e n n a l e i più vigilati dal Palazzo. Nel m o n d o della comunicazione e dell'immagine - che è il m o n do in cui viviamo - un c o n d u t t o r e di telegiornale che legge notizie scritte da altri, o un f r e q u e n t a t o r e assiduo di talk show conta più d ' u n p r e m i o Nobel. La R A I era stata s e m p r e m o l t o d e s i d e r a t a dai partiti - e da alcuni p o s s e d u t a - d u rante i d e c e n n i d e l l ' e g e m o n i a democristiana e poi del consociativismo: in forza del quale le tre reti e r a n o state lottizzate, la p r i m a alla D C , la seconda al P S I , la terza al P C I . L'irruzione sulla scena elettronica dei privati, e poi l'insed i a m e n t o di Berlusconi a Palazzo Chigi, avevano rivoluzio387
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n a t o un assetto nel quale dirigenti e giornalisti della televisione di Stato, m u n i t i di solide credenziali partitiche, s'erano crogiolati a l u n g o , i p i ù con scarso o nullo a p p o r t o lavorativo all'azienda. Per l'avvento d e l Cavaliere s'erano s p r e cati i gridi di allarme su u n a mainmise totalizzante dell'informazione televisiva. N o n e r a n o allarmi campati in aria. Se il P r e s i d e n t e del Consiglio e r a n e l c o n t e m p o il p r o p r i e t a r i o dei più i m p o r t a n t i «canali» privati si delineava u n a situazione orwelliana di plagio della pubblica o p i n i o n e . La designazione del consiglio d ' a m m i n i s t r a z i o n e della RAI spettava ai presidenti della C a m e r a e del Senato, n o n all'esecutivo, ma questo contava poco se - d i v e r s a m e n t e da q u a n t o era avven u t o nell'ultima fase della Prima Repubblica - tutte e d u e le p o l t r o n e v e n i v a n o assegnate alla m a g g i o r a n z a . E r a stato il caso di Carlo Scognamiglio e di I r e n e Pivetti. La s i n d r o m e orwelliana risultò m e n o insidiosa di q u a n t o si potesse temere p e r c h é a Palazzo C h i g i B e r l u s c o n i r i m a s e p o c h i mesi, p e r c h é gli a n t i c h i fortilizi della RAI a v e v a n o m u n i t e difese sindacali e c o r p o r a t i v e - gli u o m i n i d e l c e n t r o d e s t r a n o n r i u s c i r o n o mai ad aprirvi a m p i e brecce - e p e r c h é u n a società democratica, se n o n è travolta dal conformismo, ha in s é validi a n t i c o r p i c o n t r o u n a o m o l o g a z i o n e p r e p o t e n t e . P r o p r i o nella Fininvest - poi Mediaset - s'erano infatti accasati professionisti di vaglia c o m e Maurizio Costanzo che n o n l e s i n a v a n o le professioni di fede p r o g r e s s i s t a e c h e n o n m a n c a v a n o un c o n v e g n o dell'Ulivo: il che è stato da alcuni lodato come p r o v a di fiera i n d i p e n d e n z a e da altri considerato p r o v a di raffinato o p p o r t u n i s m o ( c o m u n q u e v a d a n o le cose si è dalla p a r t e vincente). C o n il Polo la p r e s i d e n z a del consiglio d'amministrazione e r a toccata a Letizia Moratti, d o n n a - m a n a g e r che sapeva far q u a d r a r e i bilanci e che li fece q u a d r a r e a n c h e alla RAI, d o p o u n a serie di conti in rosso. I suoi avversari l'accusavano d'avere svuotato i magazzini dei p r o g r a m m i - che sono il capitale d ' u n a televisione - p e r risanare l'azienda. Può essere. C o n lei e r a p e r ò cambiata la «filosofia» della gestione. 388
L a R A I e r a u n ' i m p r e s a gratificata d e l c a n o n e c h e p r o p r i o p e r q u e s t o privilegio doveva o n o r a r e d e t e r m i n a t i i m p e g n i istituzionali, m a e r a a n c h e u n ' i m p r e s a che doveva far p r o fitti. È u n a «filosofia» che, applicata ad u n a televisione n o n monopolistica, ha i suoi inconvenienti. La c o n c o r r e n z a n o n migliora la qualità, l'abbassa, p e r c h é il pubblico - con r a r e eccezioni - p r e m i a la banalità e la volgarità: e penalizza la qualità. Si ha così la tirannia dell'audience, ossia dei contratti pubblicitari. Ma n o n è colpa della televisione, è colpa di chi la g u a r d a , e sceglie. Le n o m i n e dei direttori di rete e di telegiornali d e l i b e r a t e dal C d a della M o r a t t i f u r o n o con ragione criticate. Basterà citare l'estromissione dal vertice del T g l d i D e m e t r i o Volcic: n o n solo u n a p r e v a r i c a z i o n e , m a un e r r o r e . E curioso che il successore di Volcic, Carlo Rossella - m a r c h i a t o c o m e b e r l u s c o n i a n o di f e r r o - abbia p o i lasciato il T g l p e r passare alla carta stampata, ma n o n nelle riserve del Cavaliere: gli Agnelli gli affidarono la g u i d a della Stampa lasciata da Ezio M a u r o . Vita n u o v a alla R A I , d u n q u e : o vita vecchia. Letizia Moratti se n ' e r a a n d a t a in anticipo, sbattendo la porta, c o m ' e r a nel suo carattere, anzi nel suo caratteraccio, e l'interim della presidenza e r a stato assunto da G i u s e p p e Morello, a n z i a n o giornalista di Palazzo. Toccava a Mancino e a Violante - e di n u o v o si aveva un'accoppiata di m a g g i o r a n z a - d'indicare i c o m p o n e n t i del C d a ulivista. Se volevano m a r c a r e la differenza tra le d u e gestioni, i presidenti delle C a m e r e ci riuscir o n o alla perfezione. I cinque saggi di loro scelta furono Enzo Siciliano, Fiorenza Mursia della dinastia editoriale, l'imp r e n d i t r i c e Federica Olivares, la regista Liliana Cavani e il costituzionalista Michele S c u d i e r o . L ' e x - p r e s i d e n t e della Corte costituzionale Francesco Paolo Casavola rimpiazzava G i u s e p p e Santaniello c o m e g a r a n t e del sistema di c o m u n i cazione italiano. Secondo qualche malalingua doveva entrare nel C d a n o n Fiorenza Mursia ma la m a d r e Giancarla, sen o n c h é p e r un e r r o r e l'invito e r a stato recapitato alla figlia, che un p o ' sorpresa aveva accettato. Fosse vera o no questa 389
diceria, certo è che la r a p p r e s e n t a n z a femminile e r a forte, b e n c h é orbata della presidenza: che spettò invece a Enzo Siciliano, un l e t t e r a t o m o r b i d o - a n c h e fisicamente - d o p o Letizia, la d o n n a d'affari il cui viso r i c o r d a v a u n a scultura (autentica) di Modigliani. Forse la sola p r o p e n s i o n e p e r l'Ulivo - con un appello alla « n u o v a Resistenza» d o p o la vittoria di B e r l u s c o n i e un brindisi gioioso a B o t t e g h e O s c u r e la n o t t e della rivincita n o n sarebbe bastata p e r procacciare a Siciliano il prestigioso incarico. Militava in s u o favore u n ' a l t r a i m p o r t a n t e circostanza: da s e m p r e Siciliano odiava la televisione «attraverso la q u a l e si sta d e m o l e n d o o g n i f o r m a di c u l t u r a in Italia». L'affermazione di Siciliano è p i ù che f o n d a t a , e il suo disprezzo p e r il piccolo s c h e r m o trova molti consensi: ma si sarebbe p o t u t o r i t e n e r e che queste posizioni severe sconsigliassero di p r e n d e r e in c o n s i d e r a z i o n e il suo n o m e p e r la g u i d a della R A I , e inducessero lui a un rifiuto, se la g u i d a gli fosse stata offerta. E a n d a t a invece in altro m o d o . Alle nomine stupefacenti l'Ulivo ha del resto p r e s o gusto.TI nemico della televisione alla R A I : e l ' i n s e d i a m e n t o alla p r e s i d e n z a d e l l ' E N E L d ' u n v e r d e di sinistra c o m e Chicco Testa, snobbin o e furbo, che delle polemiche c o n t r o I ' E N E L aveva fatto la sua principale attività. La n o m i n a era, p e r usare un eufemismo, imprevedibile. E p p u r e a n c h e quella toccò agli italiani di vedere. La designazione di Siciliano - al pari dell'altra di Testa - poteva d u n q u e r i e n t r a r e nella logica del paradosso, s p e r i a m o n o n ci capiti mai di v e d e r e un Totò Riina r e d e n t o , e disponibile a essere capo dell'Antimafia. Ma riteniamo che lui n o n accetterebbe, p e r coerenza. Siciliano, s e s s a n t a t r é a n n i c o m p i u t i e p o r t a t i piuttosto b e n e , e r a i n r e a l t à r o m a n o d i nascita. C o n s i d e r a v a p e r ò q u e s t o suo d a t o anagrafico «del t u t t o t r a s c u r a b i l e d a u n p u n t o di vista letterario». N o n trascurabili e r a n o altri dati della sua biografia. C o m e scrittore aveva attraversato «i territori del r o m a n z o , d e l t e a t r o , d e l c i n e m a , della poesia»Nelle stanze di Nuovi Argomenti, la rivista da lui d i r e t t a e ^ 390
fondata da Alberto Moravia, «ha assistito - r i c o r d a v a Pierluigi Battista sulla Stampa - al passaggio di a l m e n o tre generazioni di scrittori i n c a r n a n d o il r u o l o del più giovane nella p r i m a , del fratello m a g g i o r e nella seconda, del p a d r e p r e m u r o s o nella terza». I suoi n u m i tutelari furono Moravia e Pier Paolo Pasolini, del l e g g e n d a r i o clan m o r a v i a n o e r a un fedelissimo, i suoi ricordi sono affollati di n o m i citati affett u o s a m e n t e e colloquialmente senza c o g n o m e , Dacia, L a u ra, Natalia, Elsa ( M a r a i n i , Betti, G i n z b u r g , M o r a n t e ) . Per l'onnipresenza m o n d a n a Sergio Saviane gli aveva affibbiato un p e r f i d o «salotto c o n t i n u o » , altri l'aveva a n n o v e r a t o t r a gli «Enzi inutili». Ma lui navigava sicuro nel m a r e delle patrie lettere, otteneva p r e m i e riconoscimenti di r a n g o , c o m e la d i r e z i o n e d e l fiorentino G a b i n e t t o Viesseux. T r a i suoi bersagli p o l e m i c i e r a n o gli storici revisionisti e la piccola b o r g h e s i a : «un ceto ribelle alla g r a n d e i m p r e n d i t o r i a che c o n s i d e r a n e m i c a p e r invidia sociale, u n ceto s p r e z z a n t e verso i ceti operai». Aveva ed ha di se stesso u n ' o p i n i o n e alt a m e n t e l u s i n g h i e r a : della televisione e s e c r a t a salvava il p r o g r a m m a Settimo giorno, a n d a t o in o n d a tra il '73 e il '75, che p o r t a v a la sua firma. Anche nell'universo di sinistra c'era gente che gli stava molto antipatica c o m e Angelo Guglielmi, già d i r e t t o r e della t e r z a r e t e R A I : «Guglielmi dice c o n schiettezza notevole quello che p e n s a : sarebbe assai p i ù lodevole se p e n s a s s e talvolta quello c h e dice». S e c o n d o Carmen Llera, la vedova di Moravia, «Moravia gli avrebbe consigliato d i scappare» ( q u a n d o v e n n e n o m i n a t o p r e s i d e n t e della R A I ) . Siciliano se n'è g u a r d a t o b e n e , ed ha resistito con olimpica calma alla caterva di critiche e d ' i r o n i e riversatasi su di lui. N o n l'ha t r o p p o scosso n e m m e n o u n a gaffe dei p r i m i giorni. Essendogli stato citato Michele S a n t o r o (il guru delle piazze c h e meditava u n a clamorosa fuga dalla R A I , poi realizzata) aveva r i b a t t u t o soave: «Santoro chi?». Da allora in poi era stato più cauto: e si era trincerato nei b u o n i p r o p o siti dell'intellettuale i m p e g n a t o , voleva u n a televisione p e r il 391
p o p o l o che tuttavia aiutasse il p o p o l o ad elevarsi, un'informazione obbiettiva che n o n dimenticasse gli obbiettivi sociali e l'impegno antifascista consacrato dalla Costituzione, un tasso ragionevole di d i v e r t i m e n t o spettacolare che n o n scadesse nella volgarità. Nei telegiornali n o n a v v e n n e n e s s u n t e r r e m o t o : piuttosto u n a tranquilla normalizzazione. Al T g l - d o p o u n a breve p a r e n t e s i del p o c o controllabile Rodolfo Brancoli - e r a a n d a t o Marcello Sorgi, c h e di controllo non ha bisogno p e r c h é se lo sa i m p o r r e da solo, al T g 2 era rimasto C l e m e n t e M i m u n ( u n a concessione a Berlusconi, si disse), al T g 3 e r a finita un'eccellente giornalista che e r a anche, si scoprì, u n a bravissima c o n d u t t r i c e , Lucia A n n u n z i a t a : fisico da casalinga i n g r u g n a t a , volontà ferrea, intelligenza viva. Le conversioni dei socialisti c h e nella R A I e r a n o acquartierati furono - t r a n n e p o c h i casi che i colleghi giudicavano pietosi p e r ingenuità e intempestività - massicce e r a p i d e . 1 c a u d a t a r i instancabili di Bettino Craxi d i m e n t i c a r o n o in un batter d'occhio d'averlo conosciuto. C o n l'accennato passaggio di Michele S a n t o r o a Mediaset e c o n la t e m p o r a n e a m i g r a z i o n e di S a n d r o C u r z i nei p o s s e d i m e n t i di Cecchi Gori s'era a c c e n t u a t o - o piuttosto e r a diventato più visibile p e r l'impatto della televisione - un f e n o m e n o che m e r i t a qualche considerazione: ossia la consegna di molti i m p o r t a n t i timoni della c o m u n i c a z i o n e - sia in casa R A I sia in casa Mediaset - a esponenti della sinistra, e il p i ù delle volte della sinistra e s t r e m a . L o t t a c o n t i n u a e il c o m u n i s m o ortodosso o eretico avevano allevato i vari Lerner, S a n t o r o , A n n u n z i a t a , Curzi, Giuliano Ferrara, perfino il Paolo Liguori di Studio Aperto (e nella carta stampata le cose n o n a n d a v a n o in m o d o m o l t o diverso). Le vistose eccezioni - Enzo Biagi, B r u n o Vespa, Sergio Zavoli - confermav a n o la regola. Il crollo del c o m u n i s m o e delle u t o p i e che ne e r a n o derivate sfociava in u n a s t r a o r d i n a r i a rivalutazione professionale di chi quell'ideologia e quelle utopie aveva p r o f e s s a t o e s t r e n u a m e n t e p r o p a g a n d a t o . N o n è agevole spiegare p e r c h é q u e s t o sia a v v e n u t o , ma q u a l c h e idea pos392
siamo suggerirla. Va anzitutto riconosciuto che gli affermati e gli e m e r g e n t i sono di p r i m ' o r d i n e , p e r creatività e p e r capacità di lavoro. Ma c'è qualcosa di più g e n e r a l e . La politicizzazione totale di q u e l l e fucine c h e e r a n o il P C I , l'Unità, Lotta continua e le pubblicazioni «rivoluzionarie» addestrava al comizio, alla dialettica, allo scontro di idee, al r a p p o r t o con gli i n t e r l o c u t o r i . Q u e i giovani di sinistra l e g g e v a n o e studiavano, sia p u r e p e r sostenere delle balordaggini, i giovani di destra s'accontentavano in generale di p o c h e - e poco c o n t a c h e a l c u n e fossero solide e m a g a r i v e r e - idées recues. La sinistra attribuiva un r u o l o di p r i m o p i a n o ai mezzi d'informazione: aiutata in questo da u n a fìtta rete di d o centi «progressisti» nelle scuole superiori e nelle università. N o n r i s f o d e r i a m o volentieri l ' a n n o s o a r g o m e n t o dell'egemonia culturale di sinistra, e p p u r e p r o p r i o di questo si tratta: p e r m e r i t o della sinistra e p e r d e m e r i t o dei m o d e r a t i . La sinistra c h e sbagliava t u t t e le d i a g n o s i creava tuttavia u n a sua «scuola» intellettuale e culturale che è stata in g r a d o , al m o m e n t o o p p o r t u n o , di riciclarsi lestamente in un contesto che invece avrebbe d o v u t o a n n i e n t a r l a . Q u a n t o è avvenuto nei territori della c u l t u r a è abbastanza parallelo a q u a n t o è a v v e n u t o n e l t e r r i t o r i o della politica vera e p r o p r i a . Per s t r a v a g a n t e c h e s e m b r i , la s p a v a l d a sfida della sinistra ai m o d e r a t i («noi avevamo r a g i o n e d'aver torto, e voi avevate torto d'aver ragione») trova scioccanti conferme nella realtà. La legge sull'emittenza televisiva, a p p r o v a t a definitivam e n t e nel maggio del 1997, sanciva la spartizione dell'etere tra d u e imperi, quello della R A I e quello berlusconiano, con u n a fetta p e r Cecchi Gori e m o d e s t e interferenze delle televisioni private. A l l ' a p p r o v a z i o n e delle n u o v e n o r m e si era arrivati con l'astensione benevola del Polo, solo la Lega aveva votato c o n t r o : e questo la dice l u n g a sulla sottigliezza del c o m p r o m e s s o e l a b o r a t o dal ministro Maccanico. Si doveva d a r e definitiva attuazione alla sentenza della C o r t e costituzionale che, nel n o m e della pluralità e della concorrenza, riteneva eccessivo il possesso di tre reti nazionali da p a r t e del393
la R A I e di Mediaset. II principio veniva accolto, e la sua applicazione affidata ad u n a delle auihority che sono diventate i giuocattoli prediletti del Palazzo, e che h a n n o consentito u n ' e n n e s i m a distribuzione di p o l t r o n e lucrose. Ma l'ipotetica scure dell''authority era frenata da tali e tante cautele che sia i monopolisti di Stato sia i monopolisti privati p o t e v a n o d o r m i r e sonni tranquilli. Le verifiche e r a n o rinviate a successivi a p p u n t a m e n t i , in vista dei quali Maccanico n o n si sar e b b e fatto trovare i m p r e p a r a t o . U n a soluzione che accontentasse tutti la trovava s e m p r e . Q u e s t ' u n i v e r s o pacificato - p e r q u a n t o r i g u a r d a le g r a n d i battaglie - e insieme percorso da incessanti risse, somigliava s e m p r e più all'universo calcistico: p e r lo spazio che ai detti e ai fatti delle star veniva d e d i c a t o dai quotidiani, p e r il saltabeccare delle star stesse da u n a s q u a d r a all'altra, p e r il t u r b i n i o di miliardi, p e r gli scandali. I «grandi» dell'intrattenimento - che in altri t e m p i avrebb e r o b a t t u t o le o n o r a t e tavole dell'avanspettacolo, c a m p a n do alla m e n o peggio - e r a n o p e r e n n e m e n t e all'asta, e alcuni «grandi» del t e a t r o vero (ma ne r e s t a n o pochi) e r a n o in disarmo. I m p e r a v a n o gli sponsor, ossia le aziende che finanziavano con il loro a p p o r t o pubblicitario i p r o g r a m m i . Att o r n o a i n o m i d i m a g g i o r r i c h i a m o r u o t a v a n o interessi e n o r m i , con società aventi sede in qualche p a r a d i s o fiscale, e proventi in nero. La giustizia - poteva r i m a n e r e estranea? i n d a g ò sui favori che alcune vedette elargivano, n o n disinter e s s a t a m e n t e , agli sponsor. Se d u r a n t e u n a trasmissione doveva essere reclamizzato un p r o d o t t o , la vedette poteva farlo con aria distratta e annoiata o mettendoci, del suo, un sorriso e un a m m i c c a m e n t o complice. Il t u t t o r e t r i b u i t o sottob a n c o , ed esentasse. Alcuni tra gli i n d a g a t i confessarono e p a t t e g g i a r o n o . I telespettatori li p e r d o n a r o n o , ci vuol altro o r m a i p e r indignarli. Quasi n o n bastasse s'era avuta anche u n a inchiesta, promossa dal Pm di Biella Alessandro Chionna, sui «provini a luci rosse», ossia sui t o r m e n t i (molto d u b bi) di a s p i r a n t i vallette e attricette c h e p e r ingraziarsi chi 394
p o t e v a lanciarle s ' e r a n o r a s s e g n a t e a p r e s t a z i o n i sessuali. Tra gli artigli della legge finì un notissimo imitatore e fantasista, Gigi Sabani, per qualche t e m p o incarcerato. Al d o t t o r C h i o n n a - che poi avrebbe sposato u n a ex-fidanzata di Sabani conosciuta d u r a n t e l'indagine - a n d a v a accreditata la s c o p e r t a d e l l ' a c q u a calda. N o n e r a necessario s c o m o d a r e abili detectives p e r sapere che nella televisione i r a p p o r t i tra la telecamera e la c a m e r a da letto sono s e m p r e stati stretti. P r i m a della televisione era già accaduto nel teatro e nel cin e m a . Assai più disgustoso di queste - p r e s u n t e - p r a t i c h e e r a in tutta la televisione italiana lo s c i o r i n a m e n t o di fatti privati, dolorosi o p r u r i g i n o s i , in p r o g r a m m i di successo: dove n o n è facile dire se ispirassero m a g g i o r fastidio i cond u t t o r i e le conduttrici finti-emozionati e finti-benefattori o gli sciagurati e le sciagurate che accettavano, a p a g a m e n t o , di lavare i p a n n i sporchi familiari di fronte a platee i m m e n se. Abbiamo la convinzione che p e r Enzo Siciliano e p e r Fedele Confalonieri, u o m i n i di gusto, questo teatrino miserevole sia indigesto. Al vertice d e l l ' E N E L era stato d u n q u e issato il q u a r a n t a q u a t t r e n n e Chicco Testa, l o m b a r d o , contestatore, ambientalista, antinuclearista accanito, militante del Partito comunista ma antisovietico. Il professor Felice I p p o l i t o diceva di lui c h e era «un r-adicale romantico con il quale n o n si p u ò n e m m e no c o m i n c i a r e a discutere» e R o m a n o P r o d i , f a u t o r e convinto del nucleare, lo liquidava come «una graziosa testa calda». Le provocazioni sollecitavano la sua vanità, aveva posato p e r un fotoromanzo sul giornale delle prostitute La Lucciola. Difendeva i diritti dei gay, e Francesco Merlo sul Corriere ha r i p o r t a t o i m u g u g n i dei comunisti di Treviglio: «Il c o m p a g n o Testa ci spieghi p e r c h é ha r i e m p i t o il p a r t i t o e l'Arci di b u s o n i » . Ma sotto quelle vesti b i z z a r r e b a t t e v a il c u o r e d ' u n manager, e il sindaco Francesco Rutelli, altra testa graziosa ma m e n o calda, ne avvertì il p u l s a r e e n o m i n ò Testa p r e s i d e n t e d e l l ' A C E A , l'azienda c o m u n a l e di R o m a p e r 395
l'elettricità e l'acqua: il t r a m p o l i n o che ci voleva p e r il salto a l l ' E N E L . La d e s i g n a z i o n e di Testa p e r I ' E N E L aveva le connotazioni d ' u n a stravaganza: corretta p e r ò dalla c o n t e m p o r a n e a n o m i n a di Franco Tato come a m m i n i s t r a t o r e delegato dell'ente elettrico, ossia c o m e vero timoniere del colosso. Tato da Lodi, detto Kaiser Franz p e r gli studi e le esperienze manageriali in G e r m a n i a oltre che p e r il t e m p e r a m e n t o r u v i d o , è l'anti-Testa. N o n solo p e r i v e n t ' a n n i in p i ù , ma p e r la totale assenza di r o m a n t i c h e r i e e di utopie in un orizzonte culturale e professionale che p u r e aveva p r e s o l'avvio da u n a laurea in filosofia nell'Ateneo pavese. La sua carriera è stata costellata di r i s a n a m e n t i aziendali, di successi, e di scontri con i «padroni», si chiamassero De Benedetti o Berlusconi. Per n o n p e r d e r e l'abitudine Tato, a p p e n a insediato, ha cominciato a litigare con N e r i o Nesi, «banchiere» di Rifondazione comunista e Presidente della Commissione ind u s t r i a a M o n t e c i t o r i o . Difensore accanito delle gestioni aziendali severe fino alla spietatezza, Tato era u n o dei boiardi che d o v e v a n o confrontarsi con il g r a n d e n o d o delle privatizzazioni. C a m b i o della g u a r d i a a n c h e alla S T E T (poi Telecom Italia) dove è stato dato il benservito sia a Biagio Agnes, m o n u m e n t o vivente, intelligente (e inaffondabile c o m e attesta il suo passaggio alla Cecchi Gori Communications) della strutt u r a di p o t e r e democristiana, sia all'amministratore delegat o E r n e s t o Pascale: r i m p i a z z a t i r i s p e t t i v a m e n t e d a G u i d o Rossi, u n u o m o della sinistra d a n o n c o n f o n d e r e tuttavia, p e r la sua statura professionale, con i reggiborsa di partito, e T o m a s o T o m m a s i , un manager «interno». Alle Ferrovie Giancarlo Cimoli ha occupato il posto già t e n u t o con splend o r i r i n a s c i m e n t a l i da L o r e n z o Necci, e s'è subito trovato alle p r e s e con u n a spaventosa voragine di p e r d i t e e con un contenzioso aspro p e r gli «esuberi» (solo in Italia, tra i Paesi sviluppati, alla g u i d a dei t r e n i sono d u e macchinisti, anziché u n o solo). Questi a v v i c e n d a m e n t i - dal Polo stigmatizzati c o m e lottizzazioni - sono avvenuti senza eccessivo trava396
glio. V ' è stata invece battaglia, e battaglia grossa, p e r T I R I dove il p r e s i d e n t e Michele Tedeschi e r a e n t r a t o in conflitto con F a b i a n o Fabiani, g r a n c a p o d i F i n m e c c a n i c a , u n o d e i settori della holding. Fabiani n o n e r a un manager qualsiasi. Uscito dalla covata fanfaniana, giornalista (è stato d i r e t t o r e del T g l ) , aveva portato nelle aziende di Stato, d u r a n t e quar a n t ' a n n i , la sua efficienza da culdipietra e la sua abilità di politico collaterale. I propositi dellÌRi - che a suo avviso voleva v e n d e r e Finmeccanica c o m e u n o «spezzatino» - n o n gli a n d a v a n o a genio, e n e m m e n o gli a n d a v a n o a genio i p r o positi del g o v e r n o b e n c h é a Prodi lo legasse u n a solida amicizia. Sacrificato dal g o v e r n o sull'altare della c o e r e n z a economica, p e r c o e r e n z a p e r s o n a l e si e r a o r g o g l i o s a m e n t e dimesso. Q u a l e fosse la p o s t a del d u e l l o risulta c h i a r o dalla solidarietà che a Fabiani avevano espresso Nerio Nesi, Fausto Bertinotti e alcuni a m b i e n t i sindacali. Ma quella di Tedeschi, che a Finmeccanica aveva collocato c o m e p r e s i d e n t e Sergio C a r b o n e e c o m e a m m i n i s t r a t o r e delegato Alberto Lina, e r a stata u n a vittoria di Pirro. Succede a n c h e nel tiro alla fune: insieme al p e r d e n t e è c a d u t o il vincente. Gian Maria Gros Pietro è diventato p r e s i d e n t e con un m a n d a t o p r e ciso: v e n d e r e e c h i u d e r e I ' I R I e n t r o tre a n n i . N o n ci sofferm i a n o sulle n o m i n e b a n c a r i e che a l l u n g h e r e b b e r o t r o p p o questa elencazione. D u e p o l t r o n e molto appetite h a n n o resistito i n d e n n i alla fiammata dei c a m b i a m e n t i : quella di Franco B e r n a b é all'ENi - scampato senza d a n n i , n o n o s t a n t e gli attacchi giornalistici, al t e r r e m o t o della m a x i t a n g e n t e E n i m o n t - e quella di Enzo C a r d i alle Poste. È lecito o g n i d u b b i o - p e r t r o p p e a m a r e e s p e r i e n z e del passato - sulle intenzioni che h a n n o d e t e r m i n a t o questi avv i c e n d a m e n t i . L ' a p p a r t e n e n z a all'ambito del p o t e r e è stata s e m p r e , p e r i boiardi di Stato, la regola. Ma va riconosciuto che a un g o v e r n o cui stessero a c u o r e le privatizzazioni - ammesso che p r o p r i o a tutto il g o v e r n o stessero a c u o r e occorreva u n a dirigenza dell'economia pubblica disposta a realizzarle. Il p r o g r a m m a di privatizzazioni - si tratta di al397
m e n o q u a r a n t a m i l a miliardi - è ambizioso, ed ha avuto un principio d'attuazione: p e r ò tra molte prevedibili resistenze e obbiezioni. La classe politica viene privata di preziose leve p e r le sue m a n o v r e nella g i u n g l a del p a r a s t a t o . In passato - ci a u g u r i a m o solo in passato - quelle leve schiudevano ai partiti le casse p u b b l i c h e . N e s s u n o s ' o p p o n e con affermazioni di p r i n c i p i o alla v e n d i t a di q u o t e azionarie nelle imprese pubbliche. Molti s ' o p p o n g o n o invece al passaggio della m a g g i o r a n z a dallo Stato ai privati, ossia alla p e r d i t a del p o t e r e di c o n d i z i o n a m e n t o e di decisione che lo Stato ha. In questo fronte del no s'intrecciano motivi d'alto profilo e motivi di basso o bassissimo profilo. Bertinotti e il suo portavoce economico N e r i o Nesi - ma a volte s'avvertono singolari convergenze tra le posizioni dell'estrema sinistra e quelle di Alleanza nazionale - insistono sul c a r a t t e r e strategico d'alc u n i settori p r o d u t t i v i : e invocano, a n c h e q u a n d o lo Stato p e r d a la m a g g i o r a n z a , il m a n t e n i m e n t o della golden share, l'azione d ' o r o . Ossia d ' u n a azione c h e conferisca a chi la possiede - lo Stato - u n a sorta di diritto di veto, c o m e accade p e r i cinque Paesi che questo diritto possono esercitarlo nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Alle nostalgie stataliste s ' a c c o m p a g n a n o le spinte corporative. U n a privatizzazione v e r a p o n e t e r m i n e , d e f i n i t i v a m e n t e , al vecchio andazzo in base al quale il Tesoro interveniva p e r ripianare le p e r d i t e , a n c h e colossali, delle a z i e n d e di Stato, e in base al quale il personale s o v r a b b o n d a n t e o parassitario n o n correva rischi (il che p o t r à a n c h e finire nelle i m p r e s e già p u b bliche, ma d u r e r à p u r t r o p p o negli organici del pubblico impiego). Le privatizzazioni, intendiamoci, p r e s e n t a n o dei pericoli: come quello d ' u n a invasione di potenti g r u p p i esteri. Ma a n c h e l'Italia, q u a n d o è in g r a d o di farlo, invade. Si sono levate molte voci autorevoli p e r avvertire che le privatizzazioni n o n p r o c e d o n o c o m e d o v r e b b e r o , che sono in corso m a n o v r e spregiudicate, che a volte si lasciano le cose com'er a n o fingendo di capovolgerle. Il b o i a r d o eccellente Romano Prodi conosce i suoi simili, e i trucchi cui r i c o r r o n o p e r 398
n o n essere e s a u t o r a t i : conosce a n c h e l a sua m a g g i o r a n z a nella quale i privatizzatori senza artière pensées sono con ogni probabilità m i n o r a n z a . Se c'era u n o che potesse farcela e r a lui: p u r c h é volesse. La conquista dell'Euro è stata la g r a n d e promessa e la grande scommessa di P r o d i e dei suoi ministri finanziari. Conquista dell'Euro voleva dire essere in regola con i p a r a m e t r i di Maastricht alle scadenze fissate (e a n c o r a valide q u a n d o andava in stampa questo libro). Nel m a r z o del 1998 dovrebbe essere compilata la lista dei Paesi che, a v e n d o o n o r a t o gli i m p e g n i di Maastricht, p a r t e c i p e r a n n o alle fasi successive p e r la creazione della m o n e t a unica e u r o p e a . Nel s e c o n d o semestre dello stesso a n n o s a r a n n o decise le parità m o n e t a rie, ossia i cambi tra le varie m o n e t e , e il cambio di ogni m o neta con l'Euro. Il 1° gennaio 1999 le parità d i v e n t e r a n n o , in base alla tabella di marcia, irrevocabili, nascerà la banca c e n t r a l e e u r o p e a , c o m i n c e r a n n o gli scambi i n t e r n a z i o n a l i in E u r o . Il 1° g e n n a i o 2002 circoleranno in tutti i Paesi ammessi nel club della m o n e t a unica le b a n c o n o t e e le m o n e t e in E u r o , valide p e r un semestre insieme alle m o n e t e e alle b a n c o n o t e nazionali. Dal 1° luglio 2002 r i m a r r à solo l'Euro, le b a n c o n o t e nazionali a v r a n n o p e r d u t o valore legale, ma i distratti c h e n o n se ne fossero sbarazzati d i s p o r r a n n o di tempi l u n g h i p e r cambiarle agli sportelli delle b a n c h e autorizzate. Tra gli eletti dell'Euro l'Italia ci sarebbe stata, Prodi e C i a m p i lo g i u r a v a n o n o n o s t a n t e gli scetticismi e i c o m m e n t i acri interni e internazionali. Ma il biglietto p e r il viaggio verso l'Euro e r a caro, e gli italiani se ne accorsero p r e sto: anche se il governo, p r e o c c u p a t o p e r l'amaro della m e dicina che si apprestava a p r o p i n a r e loro, ricorreva ad eufemismi. Abbiamo già sintetizzato la ricetta che il F o n d o m o n e t a rio i n t e r n a z i o n a l e s u g g e r i v a p e r il r i s a n a m e n t o d e i conti pubblici italiani: n o n n u o v e tasse - in un Paese dove quelli che le p a g a n o ne e r a n o già oberati - ma maggior efficienza 399
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nell'individuale gli evasori e soprattutto tagli alla spesa p u b blica. Tra i più convinti dell'esattezza di questa diagnosi era, in cuor suo, R o m a n o Prodi: che il 17 d i c e m b r e 1994 - d o p o che Berlusconi e il suo ministro del Tesoro L a m b e r t o Dini furono costretti a r i n u n c i a r e , p e r la levata di scudi dei sindacati e delle sinistre, ad u n a «finanziaria» rigorosa - aveva firmato insieme ad altri economisti u n a lettera a p e r t a p u b blicata dal Corriere della Sera. « I n d i p e n d e n t e m e n t e dalle vic e n d e e dalla responsabilità delle parti - vi si diceva - il rinvio (dei «tagli» N.d.A.) ha sancito l'impossibilità di giungere a un accordo, ha sortito risultati g r a v e m e n t e negativi p e r la credibilità del Paese, lascia coloro che sono p i ù immediatam e n t e interessati dal p r o v v e d i m e n t o nell'incertezza riguardo il p r o p r i o futuro.» C o m e P r e s i d e n t e del Consiglio Dini aveva d o v u t o accontentarsi di misure b l a n d e p e r frenare il b a r a t r o delle pensioni: che insieme all'incubo dei p a r a m e t r i di Maastricht s'era ripresentato ai governanti dell'Ulivo. L'avvio di Prodi e di C i a m p i fu in sordina. A m e t à giugno del 1996 v e n n e v a r a t a u n a « m a n o v r a correttiva» (affettuos a m e n t e battezzata m a n o v r i n a ) da sedicimila miliardi: u n d i cimila di tagli alla spesa e cinquemila di n u o v e entrate; e alla fine di quel mese il Consiglio dei ministri a p p r o v ò il Doc u m e n t o triennale di p r o g r a m m a z i o n e economico-finanziaria in cui era prevista, p e r il 1997, u n a m a n o v r a di 32 mila miliardi. Un terzo del totale costituito da n u o v e e n t r a t e , ossia da tasse. La botta era forte ma, si assicurò, definitiva. Il 5 luglio 1996 Massimo D'Alema spiegò che n o n ci sarebbero stati ulteriori aggravi e che «quella sulla m a n o v r a p e r l'Eur o p a è u n a discussione c a m p a t a in aria». Di rincalzo, il 14 luglio 1996, Prodi assicurò: «Una m a n o v r a p e r l ' E u r o p a sar e b b e suicida p e r c h é in E u r o p a d o b b i a m o e n t r a r c i vivi e n o n morti». Ma a breve distanza di t e m p o Prodi, Ciampi e il ministro delle Finanze Visco rivelarono agli italiani che per l ' E u r o p a ci voleva b e n altro. La m a n o v r a sarebbe stata n o n di 32 mila ma di 62 mila miliardi, con u n a tassa una tantum per l'Europa da restituire un giorno, almeno in parte, ai 400
c o n t r i b u e n t i . Accusato d ' a v e r d e t t o b u g i e , C i a m p i spiegò che la mazzata era diventata indispensabile p e r l'improvvisa accelerazione subita dal processo d'avvicinamento alla m o n e t a unica. I sindacati e a n c h e R i f o n d a z i o n e a c c e t t a r o n o , tra proteste ed effimeri veti, l'entità del salasso, ma o t t e n n e ro che esso scalfisse senza davvero intaccarlo il sistema p e n sionistico e le incrostazioni parassitarie. Delle pensioni, sostenevano CGIL, CISL e UIL, si sarebbe p o t u t o ridiscutere all'inizio del 1998. Il Polo e la Lega mitragliavano la maggioranza, in P a r l a m e n t o , con migliaia di e m e n d a m e n t i , s u p e rati c o n il ricorso sistematico al voto di fiducia. Il g o v e r n o A m a t o aveva p r e s e n t a t o 14 richieste di fiducia, il g o v e r n o Ciampi 12, il g o v e r n o Berlusconi 3, il g o v e r n o Dini 9, il governo Prodi, nel suo p r i m o a n n o di vita, 2 1 . L'opposizione faceva leva sulla pesantezza della maxi-manovra p e r mobilitare i ceti medi produttivi - che si sentivano perseguitati - c o n t r o Prodi. Ma a n c h e economisti vicini all'Ulivo m u o v e v a n o u n a serie di critiche. La p r i m a , e la m a g g i o r e , derivava dalla r i n u n c i a del g o v e r n o , sia p u r e in n o m e della solidarietà e della socialità, ad a d o t t a r e m i s u r e s t r u t t u r a l i . Bisognava sostituire il criterio dell'efficienza al criterio della spesa facile, e r i n u n c i a r e ai sotterfugi consolatori d ' u n passato da dimenticare. Invece i provvedimenti fiscali s e m b r a v a n o piuttosto espedienti, venivano richiesti in anticipo d e t e r m i n a t i versamenti, si raschiava nel barile dei Tfr, ossia dei T r a t t a m e n t i di fine r a p p o r t o (le s o m m e che le a z i e n d e a c c a n t o n a n o p e r p a g a r e l e liquidazioni a i d i p e n denti), si p r e s u m e v a che fossero acquisiti versamenti aleatori. La stessa gravosissima tassa per l ' E u r o p a poteva sì essere il colpo di reni p e r r a g g i u n g e r e l'Euro, ma valeva p e r u n a sola volta. E poi? A m m e n o c h é - ed e r a la prospettiva più inq u i e t a n t e - la una tantum diventasse, c o m e t a n t e volte e r a accaduto, un balzello p e r e n n e . U n a m a n o v r a , osservava anche XEconomist, basata su «pagamenti ritardati e tasse anticipate, un semplice t e m p o r e g g i a m e n t o » . Il centrodestra - che soffiava sul vento del malcontento, s o s t e n e n d o che la m a n o 401
vra e r a d u r a c o m e quella che il g o v e r n o Berlusconi voleva, ma e r a a n c h e sterile - indisse p e r il 9 n o v e m b r e , a R o m a , u n a manifestazione di piazza il cui successo a l l a r m ò D'Alema (Prodi affettò invece la sua olimpica tranquillità). Un milione o poco m e n o di p e r s o n e ascoltò in piazza San Giovanni, luogo d e p u t a t o dei comizi di sinistra, i capi del Polo: con Berlusconi che intimava a Prodi di t o r n a r s e n e a casa m e n tre Buttiglione parlava di «dittatura sudamericana». Dopo i discorsi alla folla oceanica venne, p e r l'opposizion e , l'ora dell'Aventino. La discussione sulla finanziaria sarebbe proseguita senza la presenza dei p a r l a m e n t a r i di centrodestra: i quali sostenevano, con evidente forzatura polemica, che il m e t o d o scelto da Prodi p e r o t t e n e r e il placet di C a m e r a e Senato ricordava le leggi eccezionali con cui Mussolini, tra il 1925 e il 1926, aveva i n s t a u r a t o la d i t t a t u r a . T I p u n t o d o l e n t e era quello delle d e l e g h e , ossia delle autorizzazioni a legiferare su d e t e r m i n a t e materie senza dover sott o p o r r e ogni misura al dibattito p a r l a m e n t a r e . Inizialmente di d e l e g h e ne e r a n o state chieste ventiquattro, poi ridotte a u n a decina. La Costituzione le p r e v e d e , all'articolo 76, ma «per un t e m p o limitato e oggetti definiti». L'utilità, anzi la necessità delle d e l e g h e è evidente q u a n d o si tratti di mettere a p u n t o u n a m a t e r i a m o l t o tecnica e complessa. Ma sec o n d o i berlusconiani il g o v e r n o Prodi prevaricava avvalendosi di questo s t r u m e n t o p e r la m a t e r i a fiscale, che riguarda d i r e t t a m e n t e o g n i cittadino; e così teneva nel vago elem e n t i essenziali dei p r o v v e d i m e n t i in pectore. E li teneva nel vago n o n p e r la loro complessità, ma p e r c h é n o n era ancora riuscito a t r o v a r e l'accordo tra i partiti della m a g g i o r a n z a . In q u e s t o m o d o - insisteva il Polo - la finanziaria veniva «blindata» nei confronti dell'opposizione (messa nell'impossibilità di d i s c u t e r n e la sostanza) e restava elastica nei confronti della m a g g i o r a n z a , e delle s u e varie c o m p o n e n t i . L'opposizione e r a cioè estromessa dalla discussione, che sarebbe proseguita p e r m e t t e r e d'accordo Bertinotti con Prodi, Rosy Bindi con Ciampi, Ronchi con Dini. A fine dicem402
bre (1996) la finanziaria fu a p p r o v a t a da un P a r l a m e n t o dimezzato. Il 1997 p o r t ò altri venti di tempesta p e r Prodi. I sindacati - senza l ' a c r e d i n e c h e ci a v r e b b e r o messo se al g o v e r n o fosse stato il Polo - avevano fatto sfilare i loro a d e r e n t i a Roma, il 22 m a r z o , p e r p u n g o l a r e il g o v e r n o sui temi del lavoro, e nel corteo era a n c h e Massimo D'Alema, che pochi giorni prima, d u r a n t e un seminario nel castello toscano di Gargonza, n o n e r a stato avaro di attacchi all'Ulivo. Lo si accusò di doppiezza, ma la sua era la vecchia tecnica del «partito di lotta e di g o v e r n o » . Il 21 aprile 1997, p r i m o a n n i v e r s a r i o della vittoria di c e n t r o s i n i s t r a , il manifesto aveva titolato: «Maledetto compleanno». Sottinteso: maledetto p e r le tasse, p e r la d i s o c c u p a z i o n e che n o n si schiodava dal dodici p e r cento, p e r la stagnazione economica. E p p u r e Prodi e Ciampi p o t e v a n o v a n t a r e al loro attivo risultati economici eccezionali. L'inflazione si stava già avviando a un livello inferiore al d u e p e r c e n t o ; gli interessi sui titoli pubblici si e r a n o dimezzati e questo r a p p r e s e n t a v a p e r le casse pubbliche un sollievo e n o r m e , ogni p u n t o in m e n o negli interessi equivale a un risparmio di 20 mila miliardi (va aggiunto che il calo dei c o n s u m i in Italia è da attribuire a l m e n o in p a r t e al min o r e r e n d i m e n t o dei Bot: il capitale è meglio salvaguardato, ma chi ricavava venti milioni l'anno da d u e c e n t o milioni di titoli se ne ritrova in tasca dieci); l'Euro era a p o r t a t a di m a n o ; le e n t r a t e fiscali crescevano di c o n t i n u o , p u r t r o p p o divorate in un batter d'occhio dal Moloch statale; infine gli italiani avevano subito con irritazione e dispetto - ma senza r i c o r r e r e alle e s t r e m e m i s u r e di protesta, c o m e lo sciopero fiscale, cui la L e g a incitava - u n a tassazione vessatoria. Il Paese sembra avere risorse inspiegabili, la soluzione del mistero è nel «sommerso». Prodi si dichiarava, con b u o n e ragioni, soddisfatto. L'Ulivo e il Polo duellarono, nel maggio del 1997, in un test elettorale significativo. Si votava p e r i sindaci di dieci città 403
capoluogo e p e r alcune amministrazioni provinciali. D u e risultati soprattutto e r a n o attesi con ansia negli opposti schier a m e n t i : quello di Milano e quello di Torino. L'esito dei d u e m a g g i o r i duelli e r a i n c e r t o , e la vittoria d i p e n d e v a dalle scelte decisive dei m o d e r a t i ancora in forse. Per questo l'Ulivo schierava candidati rassicuranti, che smentissero p e r ciò che e r a n o - n o n solo p e r ciò che dicevano - ogni sospetto di sinistrismo all'antica. Infatti a Milano si fronteggiavano d u e i m p r e n d i t o r i , G a b r i e l e Albertini (Polo) e Aldo F u m a g a l l i (Ulivo). A Torino l'uscente Valentino Castellani, un professore u n i v e r s i t a r i o c h e nel suo m a n d a t o p r e c e d e n t e aveva acquisito largo e n o n i m m e r i t a t o credito, doveva vedersela con Raffaele Costa, un liberale che nella politica militava da t e m p o e che s'era distinto - in t e m p i d'acquiescenza consociativa - p e r le sue coraggiose battaglie c o n t r o gli abusi e i privilegi dei p a r t i t i e dei l o r o notabili. A Trieste c h i e d e v a conferma, p e r l'Ulivo, un altro i m p r e n d i t o r e , il re del caffè Riccardo Illy. Nella c a m p a g n a propagandistica le prerogative e l'ambito operativo dei sindaci e r a n o stati, come s e m p r e accade, dilatati a dismisura, pareva che dalla loro azione dip e n d e s s e r o , oltre che u n a gestione oculata della m a c c h i n a amministrativa locale, a n c h e l'ordine pubblico e la soluzione di problemi - la criminalità, l'immigrazione clandestina, la disoccupazione - che a p p a r t e n g o n o a un ambito b e n più a m p i o . C o n u n a anticipazione s t r u m e n t a l e di future riforme i c a n d i d a t i si e s p r i m e v a n o c o m e se il d e c e n t r a m e n t o tanto auspicato, tanto avversato, e tanto difficile - e d u n q u e l'allargamento dei poteri locali - fosse cosa fatta. I p r o g r a m mi differivano di poco, e quel poco era nutrito di b u o n e intenzioni lastricanti le vie della speranza. Il verdetto fu di sostanziale parità, nei voti e nella spartizione delle città. Albertini, un u o m o grigio di faccia arcigna e negato alla retorica che p r o p r i o p e r questo, probabilmente, e r a piaciuto ai milanesi, prevalse con largo m a r g i n e su Fumagalli, a Torino Castellani s'impose p e r un soffio, quattromila voti, su Costa. Illy si affermò senza p a t e m i d ' a n i m o 404
a Trieste, Ancona e Novara ebbero sindaci dell'Ulivo (Renato Galeazzi e G i o v a n n i C o r r e n t i ) , sindaci del Polo e b b e r o C a t a n z a r o (Sergio A b r a m o ) , T e r n i (Gianfranco C i a u r r o ) e C r o t o n e (Pasquale S e n a t o r e ) . La s o r p r e n d e n t e Lega si aggiudicò P o r d e n o n e (Alfredo Pasini) e Lecco (Lorenzo Bodega). Se al Polo fossero a n d a t e le d u e metropoli in lizza si sarebbe p o t u t o p a r l a r e di sconfitta dell'Ulivo, se l'Ulivo avesse c o n q u i s t a t o Milano s a r e b b e stata la disfatta del Polo. Da Prodi l'esito fu considerato soddisfacente, e n o n aveva torto. «Il voto è a n d a t o complessivamente molto b e n e - disse il g o v e r n o ne esce più forte. Tutti i sindaci dell'Ulivo sono stati confermati e c'è stata u n a crescita in tutte le province. O r a p o t r e m o a n d a r e avanti con più rapidità p e r r a g g i u n g e re i nostri obbiettivi.» Con un artificio dialettico consentito dai fatti Prodi poteva minimizzare la sconfitta di Milano oss e r v a n d o che a Palazzo M a r i n o n o n sedeva in p r e c e d e n z a un sindaco di centrosinistra, sedeva il leghista Marco Form e n t i n i , e d u n q u e l a p o l t r o n a n o n e r a stata p e r d u t a . L a diagnosi ottimistica di P r o d i dava scarso peso - e si capisce p e r c h é - a un d a t o rilevante. Là dove si vinceva o si p e r d e v a p e r un'incollatura, la sorte dell'Ulivo era affidata a Rifondazione c o m u n i s t a . Castellani, a T o r i n o , aveva d i c h i a r a t o a p e r t a m e n t e , alla vigilia dei ballottaggi, che lui i consensi di Rifondazione n o n solo li accettava ma li chiedeva. A Milano Aldo Fumagalli, p e r c o e r e n z a e p e r il t i m o r e di p e r d e r e molti voti m o d e r a t i , s'era a t t e n u t o a u n a strategia opposta. N o n è p e r n i e n t e sicuro che Fumagalli avrebbe b a t t u t o Alb e r i m i se a R i f o n d a z i o n e avesse chiesto a i u t o : g r a n p a r t e dei bertinottiani avrà e g u a l m e n t e d e p o s t o il suo n o m e nell'urna. E invece sicuro che Castellani avrebbe p e r d u t o a Torino se a Rifondazione n o n avesse a p e r t o le braccia. A Roma c o m e a Torino o altrove Rifondazione e r a indispensabile p e r l'Ulivo, e il risultato delle amministrative rafforzava il suo p o t e r e di persuasione o di dissuasione. Il Polo era uscito p i u t t o s t o b e n e dalla p r o v a . Le a m m i n i s t r a t i v e e r a n o in generale state un t o r m e n t o p e r Berlusconi, che aveva final405
1 m e n t e catturato, con Milano, u n a p r e d a grossa. Ma s'era visto u n a volta di più come nelle elezioni in d u e t u r n i riuscisse all'Ulivo, d u r a n t e l'intervallo da un t u r n o all'altro, di fare un b u o n raccolto di consensi sfusi, negato al Polo. Lo s'era visto in particolare a Torino dove Costa, uscito dal p r i m o t u r n o con u n a dote del 43,2 p e r cento, aveva p r o g r e d i t o fino al 49,6 p e r cento, m e n t r e il suo rivale Castellani era balzato dal 35,4 al 50,4. L'Ulivo aveva risorse di aggregazione - o se si vuole di trasformismo o m n i c o m p r e n s i v o - da attrib u i r e in g r a n p a r t e al talento con cui D'Alema - attraverso P r o d i - era riuscito a mimetizzare l'egemonia p o s t c o m u n i sta nella coalizione di maggioranza e di governo, e a enfatizzarne le c o m p o n e n t i m o d e r a t e . Q u e s t a tecnica funzionava, ma i fatti attestavano, con e s t r e m a chiarezza, n o n solo che l'Ulivo aveva l a sua t r a v e p o r t a n t e nel P D S , m a c h e senza Rifondazione comunista diventava m i n o r a n z a . O t t e n u t a la p r o m o z i o n e - sia p u r e c o n u n a risicata sufficienza - all'esame di queste amministrative, R o m a n o Prodi era in g r a d o di vaticinare p e r il suo governo - e n o n e r a più iattanza, se mai lo era stata in p r e c e d e n z a - u n a sicura navigazione fino al p o r t o di fine legislatura. I segnali d ' u n a ribellione t r a u m a t i c a di Bertinotti venivano attribuiti, p e r il loro fastidioso ripetersi, alla ritualità di questa stagione politica. Q u a l c u n o del Polo r i p o n e v a fiducia - o d i c h i a r a v a di porla - nel s e m p r e i m m i n e n t e show-down tra Ulivo e Rifondazione - n o n c h é tra l'Ulivo e i sindacati - p e r il n o d o della riforma pensionistica. Analoghi allarmi e r a n o stati lanciati l u n g o il c a m m i n o della travagliata finanziaria. Stando ai numeri e alle p r e s e di posizione, i motivi di r o t t u r a c'erano tutti. Ma in quel m o m e n t o difettava loro un e l e m e n t o fondamentale: la volontà di r o m p e r e delle parti in causa. Sia l'Ulivo sia Bertinotti sia i segretari delle confederazioni sindacali sapevano che u n o scontro all'arma bianca (o rossa) nella m a g g i o r a n z a avrebbe p o t u t o provocare la p e r d i t a del poter e : che l'Ulivo, Bertinotti e i sindacati gestivano e al quale 406
e r a n o , secondo logica, affezionati. Se a questo s'aggiunge la voluttà di mediazione italiana, p o r t a t a a sofisticazioni estreme dai partiti e dagli u o m i n i che nella m a g g i o r a n z a militavano, la conclusione n o n poteva essere che u n a sola: di rott u r a si sarebbe p a r l a t o s e m p r e , e n o n ci si sarebbe arrivati mai. Gli osservatori covarono la convinzione - e Prodi covò l'illusione - che le c r e p e della m a g g i o r a n z a fossero s e m p r e rimediabili, e che i soprassalti d'intransigenza bertinottiana avessero p e r destinataria la platea dei militanti n e o c o m u n i sti. La sceneggiata delle facce feroci si ripetè, d u r a n t e l'estate e l ' a u t u n n o del 1997, p e r la ripresa dell'interminabile negoziato tra il governo e i sindacati sul welfare stale ossia, p e r dirlo in soldoni, sulla previdenza e sull'assistenza. Berlusconi, b u o n s a m a r i t a n o , aveva teso u n a m a n o a P r o d i : se le p r o p o s t e del g o v e r n o a n d a v a n o nella giusta direzione, e se Bertinotti le osteggiava, il Polo ne poteva facilitare il varo. U n a m o s s a c h e si p r o p o n e v a di d i v i d e r e la m a g g i o r a n z a , m a c h e m a g a r i , s u o n a n d o c o m e u n a v v e r t i m e n t o a Bertinotti, la consolidava. A Berlusconi P r o d i e i suoi risposero «no, grazie», con un sottinteso a m m o n i m e n t o a Rifondazione: n o n tirate t r o p p o la corda. Prodi aveva l'aria d'essere rilassato, sicuro, a suo completo agio nella g u i d a d ' u n a m a g g i o r a n z a le cui fibrillazioni cardiache venivano i n t e r p r e t a t e - m o l t o a torto - c o m e gli innocui svenimenti, nell'Ottocento, delle signorine di b u o na famiglia. Il Professore di B o l o g n a aveva m o l t o g u a d a gnato in autorevolezza, e anche in grinta. Ci teneva a sfatare il cliché, che l'aveva a c c o m p a g n a t o d u r a n t e i p r i m i mesi a Palazzo Chigi, di re Travicello messo lì p e r volere di D'Alema. Bersagliato da attacchi personali, n o n ne aveva m o l t o risentito. Le accuse che gli v e n i v a n o mosse p e r la v e n d i t a della Cirio q u a n d ' e r a p r e s i d e n t e dellÌRi - e che u n a perizia aveva smentito - a p p a r t e n e v a n o al bagaglio giudiziario d'ogni b o i a r d o di r a n g o , e lui e r a stato, a l u n g o , il p r i m o tra i b o i a r d i . Ciò che si a n d a v a d i c e n d o sui r a p p o r t i t r a N o m i sma - la società di ricerca e consulenza che e r a stata la sua 407
c r e a t u r a p r e d i l e t t a , e c h e e r a a l u n g o r i m a s t a sotto la sua ala p r o t e t t r i c e - e le F e r r o v i e dello Stato o altre a z i e n d e pubbliche - Prodi in p r i m a p e r s o n a e r a stato «garante» dell'Alta Velocità di Necci - n o n aveva suscitato scandalo: tutt'al più se ne poteva d e d u r r e che il clan dei Prodi e dei loro amici avesse r a p p r e s e n t a t o a Bologna un p u n t o di riferimento i m p o r t a n t e p e r q u a n t i p a r t e c i p a v a n o ai g i u o c h i - o r m a i senza frontiere - con cui si p r o c e d e all'assegnazione di incarichi: ma solo u n ' a n i m a c a n d i d a c o m e il suo biografo Ricc a r d o F r a n c o Levi r i t i e n e c h e P r o d i - la cui o n e s t à n o n è stata m a i intaccata - si fosse mosso da s p r o v v e d u t o t r a gli squali del sottogoverno. Il n u o v o P r o d i , p r o n t o a m i s u r a r s i c o n Kohl - «mi fa p a u r a u n a G e r m a n i a che ha paura» - e a c o n t r a p p o r r e alla sua stazza fisica un decisionismo emiliano, aveva acquistato scioltezza a n c h e davanti alle telecamere. Un giornalista che p u r e n o n gli è ostile aveva usato il t e r m i n e «ganassite» («ganassa» in m i l a n e s e è u n o s p a v a l d o , se n o n u n o spaccone) p e r definire il Prodi in versione aggiornata: imitatore di Sisto V che, eletto Papa, aveva gettato il bastone cui s'era a p poggiato, vacillante e smarrito, e n t r a n d o in conclave, e aveva p o r t a t o allo scoperto la sua autentica t e m p r a di m o n a r c a autoritario. N o n che Prodi gli somigli, nel cinismo e nel dis p o t i s m o . Ma i farfugliamenti incerti, i b o r b o t t ì i goffi, le professioni d'umiltà del suo avvio potevano anche essere visti, alla luce di questi sviluppi, c o m e u n a tattica sottile che aveva i n g a n n a t o molti, quasi tutti. Sia c o m e sia, P r o d i aveva capito che la sua debolezza di c a p o d ' u n a coalizione in a p p a r e n z a vulnerabile, e di c o m a n d a n t e d ' u n esercito dove le sue t r u p p e c o n t a n o p o c o o n i e n t e , e r a a n c h e la sua forza. Collocato come chiave di volta in un arco politico dagli equilibri delicati, il R o m a n o di Bologna sapeva d'essere diventato indispensabile p e r c h é , se lo si toglieva, l'intera costruzione era a rischio di crollo. Altro che Prodi vacillante: l'incubo degli oppositori è o r m a i l'instaurarsi d ' u n «regime» morbid o , t e n a c e , a t e n u t a p l u r i e n n a l e . C h e se si fosse a v v e r a t o 408
avrebbe avuto l ' i m p r o n t a di Prodi e della sua rete capillare di boiardi p i u t t o s t o c h e quella di Massimo D'Alema vaticin a n t e la «Cosa 2». Ma era in agguato il solito fattore B: che p e r B e r l u s c o n i voleva d i r e Bossi, e p e r P r o d i voleva d i r e Bertinotti.
CAPITOLO SETTIMO
SCAMBI F E R R O V I A R I
Si sapeva che l ' a u t u n n o del 1996 avrebbe riportato sull'Italia, d o p o la c a l m a v a c a n z i e r a d ' a g o s t o , n u v o l o n i politici, economici, giudiziari: ma n e s s u n o era stato in g r a d o di p r e vedere la bufera che investì le Ferrovie dello Stato, la magistratura, e il g o v e r n o nella p e r s o n a di A n t o n i o Di Pietro: e che traeva origine - questa fu u n a sorpresa nella sorpresa da un'iniziativa n o n del pool di «mani pulite», ma da un'iniziativa dell'appartata e oscura P r o c u r a di La Spezia. Per ord i n e dei Pm Alberto C a r d i n o e Silvio Franz la polizia procedette, il 15 settembre, a u n a retata di p e r s o n a g g i in vista, alc u n i m a n d a t i in carcere, altri agli arresti domiciliari. Figurava nell'elenco u n a vecchia e nota conoscenza dei «palazzacci», il finanziere internazionale (con accento pisano) Pierfrancesco Pacini Battaglia. Ma al suo n o m e n o n immacolato se ne a g g i u n g e v a n o altri che d e f i n i r e m m o insospettabili se il t e r m i n e potesse a v e r e a n c o r a un briciolo di credibilità. A n z i t u t t o L o r e n z o Necci, a m m i n i s t r a t o r e d e l e g a t o delle Ferrovie dello Stato, ministro in pectore del m a n c a t o governo Maccanico. E poi l'amministratore delegato della fabbrica d ' a r m i O t o Melara, Pierfrancesco Guarguaglini, l'ex-notabile DC (e piduista) E m o Danesi, i magistrati R o b e r t o Napolitano e Orazio Savia, già sostituti alla P r o c u r a della capitale. Infine, trascinata a n c h e lei nel gorgo, la fedele segretaria di Pacini Eliana Pensieroso. La sferza di La Spezia si abb a t t e v a inoltre su p e r s o n a g g i già i n d a g a t i c o m e l'ex-capo dei Gip r o m a n i , R e n a t o Squillante. Era questa, si affermò, la T a n g e n t o p o l i 2: ma la n u m e r a z i o n e a p p a r e piuttosto arbitraria, le Tangentopoli s'intrecciano e formano u n a catena 410
della quale è a r d u o , o impossibile, distìnguere gli anelli. La sensazione è che la p r i m a Tangentopoli n o n sia mai finita, e abbia p r o s e g u i t o il suo corso s o t t e r r a n e a m e n t e , c o m e i fium i carsici, d ' i m p r o v v i s o r i a p p a r e n d o t r a u n c o r o d i c o m m e n t i esterrefatti e sdegnati. Al di là delle formulazioni tecniche, i reati di cui gli inquisiti dovevano r i s p o n d e r e e r a n o quelli classici del r e p e r t o r i o tangentistico: corruzione, appalti truccati, elargizioni di den a r o a qualcuno p e r c h é favorisse qualcun altro, interferenze nell'assegnazione di p o l t r o n e pubbliche; e infine, c o m e extra che rendesse più appetitoso e piccante il menu s t a n d a r d , il traffico di armi. Al centro di questo andirivieni di miliardi e di favori stava - c o m e il d i r i g e n t e d ' u n a cabina di smistam e n t o ferroviaria, tanto p e r stare in a r g o m e n t o - Pierfrancesco Pacini Battaglia detto «Chicchi», l'uomo che p e r il Gip milanese Italo Ghitti era a p p e n a un g r a d i n o sotto Dio. L'inchiesta aveva il suo f o n d a m e n t o in u n a messe i m p o n e n t e d'intercettazioni telefoniche: ed era stata affidata dai Pm di La Spezia al caco ( G r u p p o investigativo sulla criminalità organizzata) della G u a r d i a di Finanza di Firenze. Il G I C O aveva riassunto i risultati dell'indagine in un lungo r a p p o r t o - trasmesso alla P r o c u r a di La Spezia - che dalle intercettazioni traeva conclusioni, poi a s p r a m e n t e contestate. Pacini Battaglia è un toscanaccio a p r i m a vista estroverso e b e n decifrabile: vociante, d o n n a i o l o , a m a n t e d e i cavalli, giuocatore d'azzardo, gagliardo bevitore, smargiasso: e p p u re con risvolti molto misteriosi. A cominciare dal c o g n o m e . Per i p r i m i v e n t i d u e a n n i della sua vita s'era chiamato solo Pacini, poi u n a sentenza del Tribunale di Pisa aveva accessoriato il Pacini con un Battaglia grazie al quale a t t o r n o al giovanotto aleggiava u n a certa a u r a nobiliare. Però nobili i suoi n o n l o e r a n o d i c e r t o : p e s c a t o r i furbi, s ' e r a n o arricchiti - stando alle m e m o r i e paesane - con la bonifica del Padule di Bientina, il paese dove «Chicchi» è n a t o nel 1934: ma la crisi dell'agricoltura li aveva colpiti d u r a m e n t e . Il p a d r e , avvocato, e r a a n c h e stato - s e c o n d o u n a d i c h i a r a z i o n e dello 411
stesso Pacini Battaglia - «un i m p o r t a n t e g e r a r c a fascista». O t t e n u t a la m a t u r i t à scientifica, intrapresi studi universitari mai completati, s u p e r a t a u n a b r e v e e s p e r i e n z a c o m e o p e raio in u n a fabbrica di refrattari, Pacini Battaglia s'era dedicato alle sue vere vocazioni: che e r a n o la bella vita - e poco gli interessava che fosse u n a vita indebitata - e l'intermediazione. U n o spiccato talento da faccendiere. Nel 1980, d o p o u n ' i n t r u s i o n e della Finanza nelle sue attività italiane, s'era trasferito a Neuchàtel. Lì aveva impiantato u n a fabbricuccia d ' e t i c h e t t e p e r bottiglie. Per q u a l e miracolo q u e l m o d e s t o avvio svizzero abbia consentito a Pacini Battaglia di fondare, già l'anno successivo, la finanziaria Karfinco, e nel 1985 d'ott e n e r e c h e potesse o p e r a r e c o m e u n a b a n c a , è impossibile dirlo con il m e t r o della n o r m a l e logica economica. La spiegazione va cercata altrove, e del r e s t o l'ha data in q u a l c h e m o d o lo stesso Pacini Battaglia negli interrogatori cui fu sott o p o s t o n e l 1993 dal pool di «mani pulite». Tra il 1987 e il 1992 la Karfinco era stata il centro di raccolta e di distribuzione di 60 milioni di dollari «neri», un centinaio di miliardi di lire, messi dall'ENi e dalle sue p r o p a g g i n i a disposizione del sistema tangentizio, con il P S I e la DC a fare la p a r t e del leone. Ma n o n si fermava all'ambito italiano la rete di Pacini Battaglia. Confessò d ' a v e r e elargito 30 milioni di dollari - come mancia - a tale O m a r Yehia «diplomatico dell'Oman, amico del Presidente algerino in carica nel 1990, senza di lui in Algeria n o n si m u o v e nulla». Oggi la Karfinco ha u n a sigla diversa, B p g (Banque de patrimoines privés, Genève). La figura di Pacini Battaglia era così i n c o m b e n t e sull'arraffa arraffa pubblico e privato che il pool di «mani pulite» doveva p e r forza imbattervisi, nella sua esplorazione delle fogne tangentizie: e infatti il faccendiere italo-svizzero (aveva p r e s o la cittadinanza della Confederazione) divenne assid u o della P r o c u r a milanese. Lo martellò Di Pietro, lo martellarono altri del pool, e su di lui s ' a d d e n s a r o n o undici richieste di rinvio a giudizio p e r altrettanti episodi o imputazioni che formavano un i m m a n e garbuglio di spericolatezze 412
miliardarie. F o r t u n a t o - o c o m e alcuni i n s i n u a n o privilegiato - il patron della Karfinco aveva tuttavia evitato l'arresto: nei p e r c o r s i a c c i d e n t a t i d i T a n g e n t o p o l i e r a stata t r o v a t a p e r lui u n a corsia preferenziale. La qualifica di supertestim o n e , che nelle c r o n a c h e giudiziarie viene elargita con generosità, gli calzava a p e n n e l l o . Se «Chicchi» diceva a n c h e solo u n a p a r t e - e c o n c o m p r e n s i b i l i m a n i p o l a z i o n i - di q u a n t o e r a a sua conoscenza, molti santuari della corruzion e p o t e v a n o essere violati d a «mani pulite». L ' i n d u l g e n z a accordata a Pacini Battaglia da un pool che n o n s'era mai fatto t r o p p o p r e g a r e p e r m a n d a r e in galera i sospettati poteva o b b e d i r e a u n a s t r a t e g i a utilitaria: c h e e r a p o i quella d e l pentitismo, e dei «premi» ai «collaboranti». Ad essa n o n erano p e r ò vincolati i Pm di La Spezia che senza esitare avevano messo sotto chiave Pacini Battaglia, e con lui Necci. Già, L o r e n z o Necci, n a t o a Fiuggi nel 1939: un «boiardo» di g r a n lignaggio, intelligente, efficiente, ammanigliato con i politici, salottiero. « L o r e n z o il Magnifico» del q u a l e , p r i m a del dispetto di d u e giovanotti come C a r d i n o e Franz, n o n si parlava che b e n e , in tutti i partiti e in tutte le terrazze r o m a n e . S'era laureato in g i u r i s p r u d e n z a a R o m a ed aveva i n t r a p r e s o la c a r r i e r a universitaria c o m e assistente d ' u n m a e s t r o indiscusso del diritto amministrativo, Massimo Severo Giannini. Ma l'offerta d ' u n a industria privata belga l'aveva i n d o t t o a c a m b i a r e obbiettivo e stile di vita: n o n p i ù professore ma manager ( d u r a n t e un certo p e r i o d o s'era anc h e m e s s o in p r o p r i o , c o n u n a società di i n g e g n e r i a e costruzioni). T r a n n e questa parentesi, la sua scalata aveva avuto p e r scenario le vette dirigenziali di colossi dell'industria: E n i c h e m , E n i m o n t , q u e l settore chimico i cui bilanci rovinosi h a n n o funestato p i ù d ' u n a c a r r i e r a e d ' u n a sostanza, ma n o n le sue. Della politica n o n e r a stato s p e t t a t o r e interessato, ma m i l i t a n t e e p a r t e c i p e . Dell'adesione al P R I n o n aveva fatto misteri, ed era stato a n c h e inserito nell'esecutivo del Partito repubblicano. C o m e il suo amico Maccanico aveva un talento eccezionale p e r le mediazioni, e un'abilità so413
praffina nel coltivare c o n o s c e n z e altolocate e utili. Si racc o n t a c h e nel 1988 gli fosse riuscito di r i u n i r e in casa sua u n a schiera d'«eccellenti»: Giovanni Spadolini, Giorgio La Malfa, Antonio Maccanico, Adolfo Battaglia, G u i d o B o d r a to, Carlo Fracanzani, Riccardo Misasi, Gianni De Michelis, Franco Piga, Franco Reviglio. Svaghi e hobbies obbligatoriamente d'alto livello: il golf, la coltivazione delle rose e delle ortensie (il figlio Giulio appassionato di cavalli e di polo), e p o i la saggistica e, del t u t t o i m p r e v i s t a , la poesia. Nel 1992 aveva d a t o alle s t a m p e un Rivalutare l'Italia scritto a q u a t t r o m a n i con M a n f r e d G e r stenfeld, e nel 1995 un più fantasioso Reinventare l'Italia. Tra le sue o p e r e in versi m e r i t a citazione un p o e m e t t o di forte i m p r o n t a civica: «Net Paese senza eroi - nel Paese senza miti - p a r t i r o n o il dì di p o i - u o m i n i di paglia a g g u e r r i t i . - P a r t i r o n o p e r p r e n d e r e p e r sé - il palazzo del p o t e r e che n o n c'è». S e n o n c h é , proseguiva la poesia, il mozzicone d ' u n m e n d i c a n t e stanco aveva d a t o fuoco agli u o m i n i di paglia, divorati da u n a fiammata violenta. Conclusione a m a r a : «Se un mozzicone di sigaretta bastava - a bruciare un esercito di paglia - che p r o b l e m i il Paese aveva - se il p o t e r e e r a solo u n a foglia? - La foglia serviva a coprire - di interessi nascosti ogni sorta - e p e r t a n t o a n e s s u n o poteva i m p o r t a r e - se la d e m o c r a z i a p e r s e m p r e e r a m o r t a » . Q u e s t ' u o m o di bell'aspetto e di multiforme i n g e g n o fu messo, nel 1990, a cap o d i q u e l c a r r o z z o n e s g a n g h e r a t o che h a n o m e Ferrovie dello Stato: e che si distingueva, n e l l ' E u r o p a «sviluppata», dalle a l t r e ferrovie p e r i deficit m o s t r u o s i ( u n a delle cause maggiori del dissesto pubblico), p e r l'esuberanza insensata del personale, p e r l'imperversare d ' u n sindacalismo c o r p o rativo (sia nella versione ufficiale sia nella versione selvaggia), p e r gli scandali in cui e r a n o stati coinvolti i vertici politici d e l l ' e n t e : t a n t o c h e un p r e s i d e n t e , il calabrese Ligato, era stato p r i m a messo sotto inchiesta p e r accuse di forniture «truccate» e poi assassinato dalla ' n d r a n g h e t a . C i r c o n d a t o da diffusa stima e fiducia, Necci aveva messo a p u n t o p r o 414
g r a m m i ambiziosi p e r r i s a n a r e il g i g a n t e m a l a t o . Da o g n i p a r t e gli venivano tributati riconoscimenti e Maccanico, lo si è a c c e n n a t o , lo voleva ministro in quel suo g o v e r n o che mai vide la luce. C r e a t u r a prediletta di Necci era il p r o g e t t o dell'Alta Velocità, che comportava investimenti massicci: voleva p o r t a r e le Ferrovie italiane al livello delle francesi, delle tedesche, delle svizzere. I piani di Necci e r a n o stati combattuti dai sindacati in n o m e della socialità, dai Verdi in nome d e l l ' a m b i e n t e , e a n c h e da alcuni e c o n o m i s t i nel n o m e delle priorità pubbliche: tra le quali, si sosteneva, l'Alta Velocità era stata t r o p p o favorita. Ma queste opposizioni, che Necci a n d a v a via via disinnescando e assorbendo, e r a n o p o ca cosa in confronto alla folgore che, scagliata dalla P r o c u r a di La Spezia, aveva imposto un alt p e r e n t o r i o a quest'invidiabile cursus honorum. N o n t a n t o p e r s m a s c h e r a r e Pacini Battaglia - che senza m a s c h e r e di correttezza e r a o r m a i da un pezzo - q u a n t o p e r p o r t a r e allo scoperto la fittissima t r a m a delle sue complicità o delle sue connessioni, la P r o c u r a di La Spezia s'era servita alla g r a n d e , lo s a p e t e , di intercettazioni telefoniche e a m bientali. Alla posa delle cimici e alla decrittazione di q u a n t o e r a stato registrato avevano p r o v v e d u t o i già citati finanzieri del Gico di Firenze. Le conversazioni collezionate dai fin a n z i e r i , t r a s m e s s e alla m a g i s t r a t u r a e l e s t a m e n t e d a t e in pasto ai mezzi d'informazione d e l i n e a v a n o il solito t o r b i d o intreccio tra affaristi, politici, b o i a r d i , magistrati, avvocati: u n a piovra di favori e di o m e r t à che allungava i suoi tentacoli nei palazzi r o m a n i , nei piani nobili delle g r a n d i i m p r e se, nei corridoi dei Palazzi di Giustizia. Un universo, stando alle voci captate, d'incredibile volgarità e meschinità di linguaggio: i termini che si riferiscono agli organi genitali d o m i n a v a n o , e accanto alla loro schiettezza osée e r a tutto un crepitare di farfugliamenti, d'ammiccamenti, di frasi mozze, di sottintesi criptici. Il pecoreccio s'intrecciava all'alta finanza, gli i n t e r l o c u t o r i r a g i o n a v a n o di miliardi c o m e fossero poca cosa, e Pacini Battaglia, Babbo Natale sboccato, p r o d i -
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go e i r r u e n t e n o n o s t a n t e i d u e by-pass che l'avevano afflitto negli ultimi anni, aveva u n a b u o n a parola e un mucchietto di q u a t t r i n i p e r tutti. Foraggiava con venti milioni al mese - la restituzione era senza data fissa - il povero Necci cui lo stipendio delle Ferrovie n o n bastava, con tutti gli i m p e g n i m o n d a n i e politici dai quali era assillato: era p r o n t o ad otten e r e p e r la figlia di Necci, Alessandra, un incarico molto vag o m a ben r e m u n e r a t o d a u n qualche p o t e n t a t o mediorientale. Risultavano al suo soldo i magistrati N a p o l i t a n o e Savia. C o m e s e m p r e accade, l'impietosa divulgazione delle intercettazioni aveva uncinato p e r s o n e innocenti o c o m u n q u e estranee all'inchiesta. Ma aveva u n c i n a t o , quella divulgazione, a n c h e u n a p r e da grossa anzi grossissima, A n t o n i o Di Pietro. P a r e v a n o c o m p r o m e t t e n t i p e r l'ex-Pm s o p r a t t u t t o q u a t t r o passaggi dei farraginosi sproloqui di Pacini Battaglia. A Enrico Minemi, già dirigente dell'ENi, aveva detto: «Si è usciti da " m a n i p u l i t e " p a r l a n d o di q u a l c u n altro... e p e r c h é si è pagato». All'avvocato Marcello Petrelli: «A me Di Pietro e Lucibello m ' h a n n o s i c u r a m e n t e sbancato». All'avvocato Lucibello: «C'avevamo un unico pezzo b o n o in famiglia... che si chiamava Antonio». E p e r il pool: «Come sono difeso dal pool a Milano sono difeso da Salamoile (il Pm che aveva i n d a g a t o su Di Pietro p e r le accuse di Gorrini N.d.A.) a Brescia... Vivo nell'equilibrio, n e l l ' e q u i d i s t a n z a tra i d u e poli... a n c h e p e r c h é qualche cosina so di loro pool e di Salamone uguale». Allusioni d e t t e r i d a c c h i a n d o che s'accordavano alla perfezione con u n a filosofia espressa più volte senza ambiguità: «Io vivo di ricatti». Pacini Battaglia avrebbe poi spiegato che «sbancato» e r a un e r r o r e del t r a s c r i t t o r e , e che la p a r o l a esatta era «sbiancato»: nel senso che Di Pietro e il suo amico Lucibello gli a v e v a n o messo p a u r a , facendolo impallidire. Lucibello offriva u n ' a l t r a versione, n o n e r a «sbancato» ma «stangato». Il «perché si è pagato» aveva u n a spiegazione altrettanto innocente: gli indagati avevano p a g a t o con umiliazioni, spese legali, e c o n d a n n e le loro trasgressioni. Per r e n 416
deve più convincenti le sue smentite e le sue rettifiche Pacini Battaglia scriverà poi, in t o n o c o n t r i t o da scolaretto discolo colto in fallo, al P r o c u r a t o r e capo di Milano Borrelli: « P u r t r o p p o s o n o m o l t e le volte c h e n o n dico la verità. Mi r e n d o conto che spesso ho anche millantato r a p p o r t i di amicizia mai avuti. N o n voglio giustificarmi, ho sbagliato, p e r ò nel caso suo specifico il mio m o d o di sparlare era d o v u t o al fatto che sospettavo di essere intercettato da qualche suo sostituto». Vanterie infondate, i n s o m m a . Faceva a m m e n d a , il «Chicchi» c o n t r i t o , a n c h e p e r la trivialità delle sue espressioni: «Sono stato oggetto, subito d o p o il difficile intervento chirurgico da me subito, di u n a euforia incontrollata, ecced e n d o spesso anche nei termini volgari e i n o p p o r t u n i » . Quest'autocritica interessata n o n poteva certo i m p e d i r e che sulle intercettazioni scottanti s'innestasse o g n i sorta di illazioni e polemiche. Di Pietro, che forse s'era illuso d'aver s u p e r a t o , con u n a serie di proscioglimenti, gli ostacoli giudiziari posti sul c a m m i n o delle sue ambizioni, se li ritrovava davanti più impervi che mai. Ciò che trapelava dall'inchiesta di La Spezia r i p r o p o n e v a p e r Di P i e t r o circostanze e c o m p o r t a m e n t i già valutati (le amicizie pericolose, le disinvolture censurabili, il prestito e l'automobile dell'assicuratore Giancarlo Gorrini ottenuti tramite Antonio D'Adamo, gli interventi p e r i n d u r r e lo stesso Gorrini ad aiutare il comand a n t e dei vigili u r b a n i di Milano, Eleuterio Rea, assillato dai debiti). A n c h e p e r potersi d i f e n d e r e meglio da quelle accuse Di Pietro aveva smesso la toga. Ma l'aggressiva i n d a g i n e del Gico e della P r o c u r a di La Spezia ipotizzava p e r Di Pietro qualcosa di più e di peggio di sbadataggini facilone: ipotizzava cioè un suo inserimento, diretto o indiretto, nelle tele che il r a g n o Pacini Battaglia a n d a v a infaticabilmente tessendo. Gli amici di Di Pietro e r a n o amici di Pacini Battaglia, e Pacini Battaglia aveva galleggiato senza t r o p p i d a n n i nel m a r e tempestoso di Tangentopoli. Q u e s t o in succo il ragion a m e n t o della F i n a n z a e dei Pm. I n t i m o di Di Pietro e r a l'avvocato G i u s e p p e Lucibello («Geppino»), che Pacini Bat417
taglia aveva scelto c o m e suo d i f e n s o r e . Q u a l c u n o , spiegò p o i Pacini Battaglia, gli aveva consigliato di trovarsi «non un principe del foro, ma un tipo sveglio e in contatto con la Procura». Sveglio, «Ceppino» lo era senza alcun dubbio. App r o d a t o nel 1985 a Milano dalla natia Vallo della Lucania, s'era subito distinto p e r il look a u d a c e : un giovanottino riccioluto, gesticolante, g r o n d a n t e braccialetti e m e d a g l i o n i dai polsi e dal collo. E a Milano s'era i m b a t t u t o in Tonino, c o m e lui voglioso di farsi strada, e di strada ne avevano fatta molta, insieme. All'attività legale «Ceppino» ne abbinava altre di carattere più p r o p r i a m e n t e finanziario, e affaristico, attestate da cospicui movimenti di d e n a r o . I n t i m o di Di P i e t r o e r a a n c h e il «palazzinaro» A n t o n i o D'Adamo: u n quasi c o n t e r r a n e o d i T o n i n o p e r c h é era nato nel foggiano ma a p o c h e decine di chilometri da M o n t e n e ro di Bisaccia. D ' A d a m o , fregiato d ' u n a l a u r e a in i n g e g n e ria, era sbarcato a Milano negli a n n i Cinquanta, e dal '71 al '78 era stato d i r e t t o r e generale della Edilnord di Silvio Berlusconi. Q u i n d i aveva fondato l'Edilgest che p a r e v a avviata a u n a vigorosa espansione ma che - come la M A A di Gorrini e r a p r e c i p i t a t a in un vortice di iniziative fallimentari, e di debiti. A Di Pietro l'ingegnere era stato p r e s e n t a t o da Eleuterio Rea: u n a conoscenza, poi divenuta amicizia, consolidata dagli incarichi che D'Adamo affidava a Susanna Mazzoleni, moglie dell'ex-Pm. Questi era stato tuttavia molto attento a d i s t i n g u e r e i suoi r a p p o r t i personali con il c o s t r u t t o r e dai doveri di magistrato: e a d u e riprese - nel p r o c e d i m e n to c o n t r o Mario Chiesa e nei successivi sviluppi di T a n g e n topoli - aveva chiesto di astenersi d a l l ' i n d a g a r e su D'Adam o , il cui n o m e r i p e t u t a m e n t e affiorava. La correttezza di Di Pietro era ricambiata dall'ingegnere con dichiarazioni c h e e s c l u d e v a n o o g n i r a p p o r t o m e n che l i m p i d o t r a l o r o d u e . I quindici o dodici miliardi che attraverso complicati passaggi internazionali Pacini Battaglia aveva in b u o n a sostanza elargito - u n a p a r t e a l m e n o - alle pericolanti attività di Antonio D'Adamo n o n avevano nulla a che vedere, dice418
va e ripeteva il costruttore, con il giro di frequentazioni cui a p p a r t e n e v a a n c h e Di Pietro. C o n t r o il quale stavano le ris a p u t e accuse di Giancarlo G o r r i n i e le intercettazioni - di controversa i n t e r p r e t a z i o n e - o r d i n a t e dalla P r o c u r a di La Spezia. Sia Lucibello sia D ' A d a m o e r a n o p e r il m o m e n t o concordi nello scagionare Tonino. C h e p e r ò si sentiva messo in croce dai «faldoni» che il Gico di Firenze aveva con tenacia - secondo qualcuno con malizia - ammassato. llaffaire sfociò, com'era scritto nelle stelle, in un caos giudiziario. I n d a g a v a la P r o c u r a di La Spezia; indagava la Procura di Brescia, che era stata investita fin dall'inizio di tutte le inchieste su Di Pietro (trattandosi d ' u n magistrato n o n poteva essere indagato dai colleghi di Milano); indagava la Procura di Perugia, p e r c h é C a r d i n o e Franz avevano i m p u t a t o d u e magistrati r o m a n i , e p e r loro la sede c o m p e t e n t e e r a Perugia così c o m e Brescia lo era p e r T o n i n o ; indagava la Proc u r a di Roma, n o n foss'altro che p e r le connessioni «centrali» d ' u n o scandalo delie Ferrovie e p e r alcuni addebiti a D'Ad a m o ; infine i n d a g a v a la P r o c u r a di Milano, che di Pacini Battaglia s'era interessata e continuava a interessarsi. Qualche giorno p r i m a del suo arresto i sostituti di Borrelli l'avev a n o convocato p e r un e n n e s i m o i n t e r r o g a t o r i o : e d o p o il suo a r r e s t o un'infuriatissima Ilda Boccassini, in c o m p a g n i a di Francesco Greco, s'era precipitata a La Spezia p e r avere spiegazioni dell'intrusione sgarbata in faccende di cui s'occupava il pool m i l a n e s e . T a n t o aveva i n e r v i allo s c o p e r t o , la Boccassini, che q u a n d o i cronisti le si e r a n o stretti a t t o r n o p e r s a p e r e cosa si fosse d e t t a con i colleghi spezzini, aveva intimato alla scorta di liberarla dagli i m p o r t u n i : «Via, anche con le m a n i e r e brutali!». N o n fosse stata lei, star giudiziaria p r e m i a t a con il «Viareggio» p e r il suo i m p e g n o civile, la corporazione giornalistica l'avrebbe lapidata. Antonio Di Pietro, i n d a g a t o a getto continuo, gridava alla persecuzione. Riteneva che contro di lui si stessero avvent a n d o , con la ferocia dei p i r a n h a , p e r s o n e e istituzioni colpite da T a n g e n t o p o l i : in p r i m o luogo la G u a r d i a di Finanza, 419
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della quale e r a stato p o r t a t o allo scoperto molto m a r c i u m e (da lì l'accanimento del Gico), e poi i soliti Berlusconi, Previti e via dicendo. Questi nemici avevano trovato collaborazione p r i m a nella Procura di Brescia (Salamone), poi nella Procura di La Spezia ( C a r d i n o e Franz). Molti nemici molto o n o r e , aveva sentenziato l ' I n s o n n e , e forse in qualche caso è vero, ma Di Pietro n o n ne traeva consolazione. (Va rilevato che le battaglie contro Di Pietro di solito n o n p a g a n o , Salamone è stato estromesso dall'inchiesta di Brescia e poi indagato p e r mafia ad Agrigento; C a r d i n o s'è visto costretto a chiedere il trasferimento al «civile» d o p o che un suo i m p r u d e n t e riferim e n t o a politici coinvolti nel caso Pacini Battaglia era stato collegato a Di Pietro; il capo del G I C O di Firenze colonnello A u t u o r i ha p e r s o l'incarico.) La p r e s s i o n e sul ministro dei Lavori pubblici che anche nel governo s'era scontrato con resistenze e incomprensioni stava d i v e n t a n d o insostenibile. La sera del 14 n o v e m b r e 1996 Di Pietro e r a a Istanbul. L'avevano invitato a un convegno sulla corruzione, p r o m o s so dagli industriali turchi: tutti di r a n g o i relatori, tra i quali figurava H e n r y Kissinger. Là, nel suo a l b e r g o a c i n q u e stelle, Tonino a p p r e s e che l'inchiesta di Brescia aveva avuto ulteriori sviluppi. C o n decisione che forse e r a stata.covata da giorni, ma che p a r v e improvvisa, cominciò a scrivere di getto, in inconfondibile stile dipietrese, u n a lettera a P r o d i datata «notte del 14 n o v e m b r e 1996». «Signor Presidente, ho da poco saputo dal T g 5 che sarei stato sottoposto ad indagini dalla P r o c u r a della Repubblica di Brescia, p e r un insieme di fatti a me n o n noti sia p e r c h é n o n li ho commessi sia p e r c h é n e s s u n o me ne ha d a t o notizia. Sono a n n i o r m a i che vengo sottoposto ad indagini e accert a m e n t i di o g n i tipo - legali ed illegali - s e m p r e ingiustam e n t e c o m e d i m o s t r a n o l e n u m e r o s e s e n t e n z e d i proscioglimento che mi r i g u a r d a n o . E p p u r e il tiro al piccione continua p e r c h é mi si deve far p a g a r e ad ogni costo l'unica mia vera colpa (di cui p e r a l t r o sono orgoglioso): aver voluto fare 420
ad ogni costo e fino in fondo il mio dovere. A questo p u n t o dico: B A S T A ! «Basta, con certi magistrati invidiosi e teorizzatori! «Basta, con organi investigativi iperzelanti e fantasiosi! «Basta, c o n la s t a m p a c h e crea le notizie p r i m a a n c o r a che accadano! «Basta, c o n i c a l u n n i a t o r i prezzolati che m e t t o n o tutti sulla stessa barca solo p e r salvare i loro m a n d a n t i ! «Basta, con quegli avvocati che n o n h a n n o saputo accettare i verdetti dei giudici ed oggi cercano scuse p e r giustificare le loro sconfitte processuali! «Basta, d a r spazio e credito a imputati rancorosi e vendicativi! «Basta, s o p r a t t u t t o , con chi vuole u s a r e la mia p e r s o n a p e r d e l e g i t t i m a r e p e r un verso l'inchiesta " m a n i p u l i t e " e p e r l'altro il g o v e r n o e le istituzioni! «Tolgo il disturbo e n o n r i s p o n d e r ò più ad alcuna p r o v o cazione. «Buon futuro. Antonio Di Pietro. «P.S.: ti p r e g o vivamente di n o n p r o p o r m i alcun invito al r i p e n s a m e n t o , p e r c h é le mie dimissioni sono irrevocabili, come testimonia questa mia d o p p i a firma. Antonio Di Pietro.» Le previste sollecitazioni di Prodi p e r c h é il suo ministro recedesse dal proposito manifestato con tanta p e r e n t o r i e t à fur o n o solo un d o v u t o e affettuoso attestato di stima: quella m i t r a g l i a t a d i «basta!» n o n lasciava spazio p e r u n d i e t r o front, e s t r a n e o del r e s t o al t e m p e r a m e n t o di T o n i n o : c h e n o n è impulsivo q u a n t o a p r i m a vista p u ò a p p a r i r e , ma che la coerenza dei suoi impulsi la sa rispettare. Fuori Di Pietro, d u n q u e . Nella tristezza o s t e n t a t a della m a g g i o r a n z a p e r questo addio v'era con ogni probabilità un tocco di doppiezza. Lingresso di Di Pietro nel governo aveva p o r t a t o a Prodi popolarità e consensi, ma questo capitale rischiava di diventare u n a zavorra se sull'ex-Pm si accumulavano t r o p p e ombre. Carlo Ripa di Meana, ancora portavoce dei Verdi, ave421
va espresso u n ' o p i n i o n e che altri del centrosinistra condivid e v a n o , ma che t e n e v a n o p e r sé: «Così si c r e a n o le c o n d i zioni migliori p e r c h é lui si difenda, e il g o v e r n o è messo al r i p a r o da possibili e prevedibili polemiche». Meglio un Di Pietro a c c a n t o n a t o p e r il m o m e n t o , e r e c u p e r a b i l e in altre circostanze (come poi si sarebbe visto). Gelido Bertinotti: «Il ministro ha r i t e n u t o di dover risolvere così il suo r a p p o r t o con la magistratura. N o n pensiamo che la politica debba occuparsene». Il centrodestra era diviso. Berlusconi, che tra le sue qualità n o n a n n o v e r a l'eleganza verso gli avversari in difficoltà, aveva saputo delle dimissioni d u r a n t e un comizio a Benevento, e ne aveva informato l'uditorio: «Una notizia: q u a l c u n o p o t r e b b e p e n s a r e c h e il Milan abbia a c q u i s t a t o Ronaldo...». Pausa, e poi il guizzo di rozza ironia: «Sembra che si sia dimesso Di Pietro». La platea di bocca b u o n a aveva a p p l a u d i t o entusiasta. Misurato invece Fini («nel dimettersi ha dimostrato u n a g r a n d e sensibilità»), e al fianco di Di Pietro Mirko T r e m a g l i a («ha d a t o u n a g r a n d e p r o v a di dignità, Di Pietro farà un suo m o v i m e n t o politico e allora sar a n n o guai p e r tutti, B e r l u s c o n i p e r primo»). Di Pietro fu p r e s t o rimpiazzato da Paolo Costa, il b u c o apertosi nel gov e r n o v e n n e in fretta richiuso. R i m a n e v a p e r ò a p e r t i s s i m o il «caso». Amici e nemici di T o n i n o si d e d i c a r o n o alla decifrazione d ' u n testo - quello della lettera di dimissioni - che era fitto d'allusioni: e vollero d a r e n o m i e c o g n o m i a coloro che, nelle categorie folgor a t e dai «basta!», avevano suscitato l'ira dell'ex-Pm. Per alcuni l'identificazione era agevole. Tra i magistrati «invidiosi e teorizzatori» p o t e v a n o essere inclusi i Pm di Brescia Salam o n e e Bonfigli, e i Pm di La Spezia C a r d i n o e F r a n z . Q u a n t o agli «organi investigativi i p e r z e l a n t i e fantasiosi» n o n esistevano dubbi: si trattava del Gico di Firenze, con il colonnello Autuori a sostenere la p a r t e del cattivo. M e n o facile la collocazione della s t a m p a «che crea le notizie p r i m a ancora che accadano», p e r c h é in quell'esercizio avevano dato p r o v e brillanti sia gli esaltatori sia i d e n i g r a t o r i di Toni422
n o . Vittorio Feltri, d i r e t t o r e del Giornale, e Giuliano Ferrara, d i r e t t o r e del Foglio e p o i di Panorama, p o t e v a n o essere iscritti d'ufficio nella lista n e r a dipietresca: m e n o semplice era l'assegnazione ad u n o s c h i e r a m e n t o piuttosto che a un altro della m u t a di cronisti - alcuni eccellenti - che aprivano falle nei forzieri segreti della giustizia. Gli avvocati che «oggi cercano scuse p e r giustificare le loro sconfitte processuali»? Di sicuro i difensori dei tangentocrati i m p o r t a n t i (e in primis di Craxi), di Berlusconi, dei finanzieri foraggiati. Più a r d u a l'identificazione dei «calunniatori prezzolati», che sono nell'ottica di T o n i n o un esercito, c o m e attestato dalle q u e r e l e p e r diffamazione che ha p r e s e n t a t o , a centinaia. Gli «imputati rancorosi e vendicativi»? Anche loro u n a folla: dal CAF di Craxi, A n d r e o t t i e Forlani a Berlusconi, a Cusani e via scorr e n d o le liste dei processi in cui Di Pietro era stato un aggressivo accusatore. L'ultimo p u n t o , r i g u a r d a n t e «chi vuole delegittimare l'inchiesta "mani pulite", il governo e le istituzioni» aveva un inequivocabile s o t t o f o n d o politico. Forza Italia - con B e r l u s c o n i , Previti, T i z i a n a P a r e n t i , T i z i a n a Maiolo - aveva scatenato e di c o n t i n u o alimentava l'offensiva c o n t r o un u o m o , e contro un pool, cui il Paese doveva riconoscenza. Da quel 14 n o v e m b r e in poi il duello tra Di Pietro e chi i n d a g a v a su di lui ebbe le caratteristiche d ' u n a faida avvilente: la legge - se di legge nel senso più alto del t e r m i n e si p u ò p a r l a r e - incalzava con pesantezza e spietatezza ottuse. Q u a l c u n o ravvisò in questo t o r m e n t o di Di Pietro u n a sorta di legge del taglione, toccava a lui adesso d'essere stritolato in i n g r a n a g g i implacabili. Il 6 d i c e m b r e vi fu p e r m a n d a t o della P r o c u r a di Brescia (a La Spezia era rimasta solo qualche frattaglia, il traffico d'armi, dell'inchiesta su Pacini Battaglia) u n a raffica di p e r q u i s i z i o n i in o g n i abitazione e in ogni ufficio che potesse risalire a Di Pietro: le case di C u r n o e di M o n t e n e r o di Bisaccia, l'università di Castellanza, i Lavori pubblici. Sessantotto i n c u r s i o n i c o n t e m p o r a n e e della G u a r d i a di Finanza. Insieme agli incartamenti, ai computer, 423
ai dischetti a p p a r t e n e n t i a Di Pietro furono confiscati anche quelli dell'avvocato Lucibello e del c o s t r u t t o r e D ' A d a m o . Venne fatta razzia d ' u n a m o n t a g n a di d o c u m e n t i in massima p a r t e di n e s s u n i n t e r e s s e , o relativi alle i n n u m e r e v o l i cause che Di Pietro aveva p r o m o s s o (una decisione del Trib u n a l e della libertà glieli restituì successivamente): un accan i m e n t o (o «una vigliaccata» p e r u s a r e l ' e s p r e s s i o n e del l'ex-Pm) che p o t e v a t r o v a r e s p i e g a z i o n e n e l p a r t i t o p r e s o degli i n q u i r e n t i , m a che poteva a n c h e t r o v a r e spiegazione nei meccanismi della giustizia spettacolo; che flette i muscoli, e i m p e g n a risorse introvabili p e r catturare assassini, spacciatori di d r o g a e rapinatori q u a n d o l'imputato sia famoso. Il Pm che aveva distrutto A r n a l d o Forlani, offerto all'irrisione degli italiani con u n a bavetta di s g o m e n t o agli angoli della bocca, ebbe a sua volta un piccolo calvario processuale. Era stato chiamato a d e p o r r e il 16 d i c e m b r e (1996), davanti al T r i b u n a l e di Brescia, p e r la grottesca v i c e n d a del c o m p l o t t o c h e Paolo B e r l u s c o n i , C e s a r e Previti e alcuni ispettori ministeriali avevano ordito - si p r e t e n d e v a - a suo d a n n o , costringendolo a lasciare la m a g i s t r a t u r a . Di Pietro p e r p r i m o aveva r i p e t u t a m e n t e detto che q u e l l ' a b b a n d o n o era stato u n a sua decisione, ma n e m m e n o a lui avevano cred u t o . A Di Pietro s e d u t o in aula davanti al P r e s i d e n t e del Tribunale, Maddalo, era stato chiesto se intendesse o no avvalersi della facoltà d i n o n r i s p o n d e r e , e s s e n d o i m p u t a t o d ' u n r e a t o c o n n e s s o . La risposta di Di Pietro fu confusa, n o n voleva r i s p o n d e r e ma voleva leggere u n a dichiarazione che spiegasse p e r c h é n o n rispondeva: il che gli v e n n e , sepp u r e con le b u o n e m a n i e r e , i m p e d i t o . I c o n t e n u t i della dichiarazione, resi noti alla stampa, n o n e r a n o u n a novità. Di Pietro l a m e n t a v a la c a m p a g n a di d e n i g r a z i o n e della quale era vittima, e l a m e n t a v a inoltre che «la P r o c u r a di Brescia n o n abbia ancora trovato il t e m p o p e r d a r e a queste indagini il necessario impulso». Aggiungeva tuttavia che e r a stata sua intenzione di illustrare le m a n o v r e e le v e n d e t t e di cui e r a stato vittima in u n a c a m p a g n a « s a p i e n t e m e n t e p o r t a t a 424
avanti da Bettino Craxi e diverse altre persone» con u n a imp o n e n t e d o c u m e n t a z i o n e ; m a che quella d o c u m e n t a z i o n e gli e r a stata sequestrata e p e r t a n t o «in questa situazione mi è impossibile ricostruire e p r o v a r e ciò che da t e m p o ho den u n c i a t o , c o m e mi è impossibile r e n d e r e un i n t e r r o g a t o r i o c o m p i u t o come quelli resi in istruttoria». L'inutile processo p e r la congiura si chiuse con l'assoluzione degli imputati. Sul c a m p o di battaglia cosparso di fango rimaneva un Di Pietro a n g a r i a t o ma n o n d i s a r c i o n a t o e t a n t o m e n o vinto. L'uscita dal g o v e r n o aveva giovato alla sua i m m a g i n e , la m a g g i o r a n z a degli italiani giurava sulla sua innocenza o com u n q u e dubitava della sua colpevolezza, D'Alema attribuiva lo scontro devastante a u n a «oscura lotta di poteri», Berlusconi c h e insisteva nel r a c c o n t a r e ai Pm di Brescia fatti «agghiaccianti» sulla condotta del pool di «mani pulite» n o n trovava ascolto favorevole n e m m e n o nella totalità del centrodestra, p e r c h é Alleanza nazionale r i m a n e v a in larga mis u r a dipietrista. L'ex-Pm che insisteva nel d i c h i a r a r s i n o n schierato e apolitico, ma che nella politica c'era fino al collo, r i m a n e v a un oggetto di desiderio dei d u e schieramenti. Solo che il c e n t r o d e s t r a , vincolato ai travagii e alle polemiche di Silvio Berlusconi, p e r quell'ingaggio prezioso - se vogliamo m u t u a r e il gergo calcistico del Cavaliere - era ormai senza speranze. C o n u n o degli andirivieni cronologici cui la n o s t r a narr a z i o n e ci c o s t r i n g e sovente d o b b i a m o q u i fare un passo avanti, e p o r t a r c i alla p r i m a v e r a inoltrata del 1997. E r a n o stati allora arrestati Sergio Melpignano, u n o dei più noti fiscalisti della capitale, e il costruttore Domenico Bonifaci, già e d i t o r e d e l q u o t i d i a n o II Tempo p o i v e n d u t o a F r a n c e s c o G a e t a n o C a l t a g i r o n e . L ' o r d i n e di c a t t u r a si ricollegava a quelli che avevano colpito i magistrati Orazio Savia e Roberto Napolitano. Bonifaci, Melpignano e Savia sarebbero stati interessati a pilotare l'inchiesta r o m a n a sull'Enimont, e sui molti miliardi neri che l'Enimont metteva a disposizione dei partiti (il «tangentone» o, in versione più solenne, la m a d r e 425
di t u t t e le t a n g e n t i ) . Savia s a r e b b e stato tra l'altro titolare d ' u n a società, la P r o m o n t o r i o , c h e a m m i n i s t r a v a b e n i immobili e fondi: e si s a r e b b e a d o p e r a t o p e r il t r a s f e r i m e n t o dell'affaire E n i m o n t dai procellosi m a r i milanesi alla bonaccia del «porto delle nebbie». Q u a n t o a Melpignano, sui suoi t r e conti c o r r e n t i s a r e b b e r o passati - s e c o n d o la tesi della P r o c u r a , c o n t e s t a t a dall'interessato - 39 miliardi a p p a r t e n e n t i alla trancile r o m a n a del «tangentone». N o n mancava, in questo labirinto, u n a nota fosca: Sergio Castellari, il grand commis delle p a r t e c i p a z i o n i statali che si era ucciso (forse) nelle c a m p a g n e d i S a c r o f a n o , aveva lanciato p r i m a della m o r t e un'accusa p e s a n t e : «Non voglio essere giudicato dai collusi». La rete di Perugia aveva fatto raccolta a b b o n d a n t e di pesci grossi e di pesci piccoli. O l t r e ai già citati, il c o s t r u t t o r e P i e t r o M e z z a r o m a , c o m p r o p r i e t a r i o della R o m a calcio, il p r o c u r a t o r e di Civitavecchia A n t o n i o A l b a n o (la figlia avrebbe o t t e n u t o u n a consulenza da Mezzaroma), il Pm Antonino Vinci, il generale della Finanza Giovanni Verdicchio messo a c a p o della D I A , la Direzione investigativa antimafia e dimissionario, dirigenti di enti previdenziali (per c o m p r a vendite di immobili). E un n u o v o guaio - o vecchio e riciclato secondo la difesa - p e r Francesco Misiani, l'uomo di p u n ta della m a g i s t r a t u r a di sinistra che e r a stato trasferito da R o m a a Napoli p e r il suo i n t e r e s s a m e n t o all'inchiesta cont r o R e n a t o Squillante, e che veniva c h i a m a t o in causa p e r u n a consulenza data da Mezzaroma al figlio (il figlio di Misiani). Di striscio, ma n o n senza far male, il pool p e r u g i n o ferì - i n v o l o n t a r i a m e n t e - a n c h e il ministro in carica del C o m mercio estero, Augusto Fantozzi. I carabinieri che pedinavano Melpignano p r i m a dell'arresto, e che ne d o c u m e n t a v a n o i movimenti, l'avevano visto incontrarsi con un'altra p e r s o n a nello storico Caffè Greco di via Condotti a Roma. L'altra persona e r a a p p u n t o Fantozzi, e u n a m a n o caritatevole aveva fatto pervenire alla stampa l'istantanea che i carabinieri ave426
vano scattato. I m b a r a z z a t o , il ministro aveva subito offerto u n a spiegazione. S'era abboccato con Melpignano, che sapeva in ottimi r a p p o r t i con il n u o v o p r o p r i e t a r i o del Tempo Francesco G a e t a n o C a l t a g i r o n e , p e r c h é inducesse il quotidiano a desistere da un'inchiesta che in qualche m o d o coinvolgeva a n c h e lui, Fantozzi. In parole povere, voleva essere r a c c o m a n d a t o da Melpignano, e alla luce degli avvenimenti successivi quella mossa n o n poteva dirsi indovinata. In q u e sti termini il peccato del ministro e r a veniale, a n c h e se attestava il p e r d u r a r e di malvezzi che è c o m o d o attribuire alla P r i m a Repubblica m a che sono u n a c o n n o t a z i o n e p e r e n n e della politica italiana: più grave, il ricorso a pratiche così discutibili, p e r c h é dovuto a u n o dei fondatori di Rinnovamento italiano. Ci fu chi chiese le dimissioni del ministro, attaccato anche all'interno dell'Ulivo e difeso s t r e n u a m e n t e dal leader del suo p a r t i t o , L a m b e r t o Dini. P r o d i smussò: è la sua specialità. Caricaturisti e battutisti flagellarono il povero Fantozzi che e r a s e m p r e stato, p e r l'omonimia con il p e r s o n a g gio creato da Paolo Villaggio, u n a facile p r e d a . Ma n o n acc a d d e altro, p e r il m o m e n t o .
CAPITOLO
OTTAVO
«A CASTELLANZA, A CASTELLANZA»
La l u n g a marcia verso u n a revisione p r o f o n d a della Costituzione r e p u b b l i c a n a e r a cominciata con i referendum voluti d a Mario Segni: che tuttavia n o n incidevano, dal p u n t o d i vista formale, sulla M a g n a C h a r t a della Repubblica p e r c h é il sistema elettorale è deciso con leggi o r d i n a r i e . E tuttavia q u e i referendum, sfociati n e i c o m p r o m e s s i del mattarellum ( p e r le politiche) e del tatarellum ( p e r le a m m i n i s t r a t i v e ) , avevano assestato - insieme alla Lega e a Tangentopoli - un colpo r u d e al Palazzo, in alcune sue parti diroccato ma n o n ancora ristrutturato. Il coro furibondo che nei decenni p r e c e d e n t i aveva zittito, c o n le b u o n e o cattive, o g n i a c c e n n o ad un a g g i o r n a m e n t o costituzionale - ne aveva saputo qualcosa il p o v e r o Randolfo Pacciardi che si batteva p e r il presidenzialismo, ed e r a stato i n c r i m i n a t o c o m e golpista - n o n trovava p i ù ascolto. Il p o p o l o aveva d e t t o la sua, e l'aveva detta in m a n i e r a che più esplicita n o n poteva essere; e i n o stalgici del passato - ce n ' e r a n o tanti - si vedevano costretti a m a s c h e r a r e con formule a m b i g u e il loro r i m p i a n t o , e il loro s o t t e r r a n e o desiderio di v e d e r ripristinato l'edificio istituzionale «com'era e d o v ' e r a » : sì agli a g g i o r n a m e n t i , no a rifacimenti che b u t t a s s e r o via, insieme a t a l u n e n o r m e invecchiate della Costituzione, il molto di b u o n o che essa conteneva; e che veniva ravvisato s o p r a t t u t t o nella sua ispirazione sociale. Le vie p e r c o r r i b i l i p e r a r r i v a r e alle r i f o r m e e r a n o in sostanza d u e : u n a Costituente, ossia un p a r l a m e n to « m o n o t e m a t i c o » , c h e in p i e n a a u t o n o m i a rifondasse la Repubblica; o u n a Commissione bicamerale - composta cioè in p a r i n u m e r o da d e p u t a t i e senatori - c h e elaborasse un 428
p r o g e t t o da s o t t o p o r r e alla decisione finale del P a r l a m e n t o , con le complesse p r o c e d u r e previste dalla Costituzione vig e n t e p e r o g n i sua modifica. Il Polo s'era p r o n u n c i a t o p e r la C o s t i t u e n t e , così c o m e Segni e l'ex-Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Solo un'assemblea, eletta con la p r o p o r z i o n a l e , c h e n o n fosse coinvolta nella q u o t i d i a n i t à dei lavori p a r l a m e n t a r i , poteva g a r a n t i r e all'opera di rifondazione dello Stato - sostenevano i fautori della Costituente l'indispensabile autorevolezza. I bicameralisti o b i e t t a v a n o che si sarebbe avuta u n a duplicità p a r l a m e n t a r e , e che p e r di più dal diverso criterio d'elezione potevano derivare contraddizioni e conflitti. Berlusconi - che agli a c c o m o d a m e n t i è incline - n o n fece della questione un motivo di r o t t u r a . Fu d u n q u e B i c a m e r a l e . Il via libera alla C o m m i s s i o n e v e n n e , a M o n t e c i t o r i o , d a u n a m a r a t o n a n o t t u r n a con 5 6 o r e di s e d u t a quasi i n i n t e r r o t t a e 132 votazioni rese necessarie dall'ostruzionismo della Lega: che insieme a Rifondazione comunista, alla Rete e ad alcuni sparsi r a p p r e s e n t a n t i del P D S e dei Verdi, n o n voleva che la legge passasse. Ma si era ai p r i m i di agosto (1996), il caldo o p p r i m e v a e incalzavano le vacanze: d u e a r g o m e n t i di fronte ai quali a n c h e le resistenze più p u g n a c i finiscono p e r afflosciarsi. La votazione finale fece registrare 382 sì, 77 no e 27 astensioni. Da allora fino al g i o r n o in cui la C o m m i s s i o n e d e b u t t ò - 5 febbraio 1997 - il dibattito delle forze politiche fu d e d i c a t o al p r o b l e m a della p r e s i d e n z a . Chi a v r e b b e g u i d a t o i settanta saggi incaricati di ridisegnare il profilo istituzionale dell'Italia? Ancora u n a volta funzionò il sottile ma tenace filo d'intesa che, nei m o m e n t i tòpici, ha legato Massimo D'Alema a Silvio Berlusconi. Il Cavaliere sapeva di n o n a v e r e , p e r se stesso o p e r u n o dei suoi, s p e r a n z e : gli e r a n o c o n t r a r i sia i n u m e r i sia gli u m o r i . Fors'anche Berlusconi, che è un talentuoso p r a g m a t i c o ma n o n un sottile esperto di r e g o l a m e n t i e di architetture costituzionali, temeva - n o n o s t a n t e l'innato ottimismo e la fiducia smisurata in se stesso - u n a b r u t t a fig u r a . Tutt'al p i ù s a r e b b e stata p e n s a b i l e u n a p r e s i d e n z a 429
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Cossiga che tuttavia avrebbe g e n e r a t o d i s o r i e n t a m e n t o , p o n e n d o l'importante e imprevedibile ex alla testa d ' u n organismo che aveva osteggiato: e c o m u n q u e lui stesso s'era dic h i a r a t o i n d i s p o n i b i l e . Nel c a m p o avversario il c a n d i d a t o m e n o ostico p e r il Polo p a r e v a D'Alema, b e n deciso a parole - nella p r a t i c a e b b e p i ù d ' u n a oscillazione - a d i s t i n g u e r e n e t t a m e n t e i p r o b l e m i della B i c a m e r a l e , e le sue m a g g i o r a n z e , dai p r o b l e m i e dalla m a g g i o r a n z a di g o v e r n o . Sarà infatti s c a n d a l o q u a n d o D'Alema, u n g i o r n o , confesserà - p r e s t o facendo marcia indietro - d ' a n t e p o r r e la sopravvivenza politica di P r o d i alle intese sulle riforme. Così Massimo D'Alema, l'antipatico intelligente che nei suoi stessi sostenitori suscitava rispetto o perfino a m m i r a z i o n e , ma di rado simpatia, e che doveva fare i conti - all'interno del PDS c o n l'ostilità a p e r t a d i Achille O c c h e t t o , e b b e u n incarico storico che p e r prestigio oscurava la posizione di Prodi. Ott e n n e 52 voti su 70, in suo favore: oltre agli ulivisti, a n c h e il Polo, a s t e n u t a Alleanza nazionale. Sull'Aventino - u n o dei suoi tanti, intercalati da brevi ritorni - la Lega. I d u e presid e n t i dell'Ulivo - l ' u n o del Consiglio, l'altro della Bicamerale - n o n p o t e v a n o essere, p e r lo stile, più diversi. Altero e all'occasione s p r e z z a n t e - in p a r t i c o l a r e v e r s o i mezzi d'informazione - D'Alema, s e m p r e b o n a r i o e a c c o m o d a n t e Prodi: a n c h e se quella tonaca da fratone bolognese copriva la corazza d ' u n b o i a r d o uscito i n d e n n e - o quasi - da molte battaglie. La Bicamerale s'insediò, al p r i m o p i a n o di Montecitorio, nella sala c h i a m a t a della Regina. P r o p r i o la r e g i n a d'Italia vi sostava infatti u n a volta a l l ' a n n o m e n t r e il r e , assiso sul t r o n o installato nell'aula p a r l a m e n t a r e , leggeva il discorso della corona. Poiché la r e g i n a p i ù assidua nel frequentare il locale e r a stata - p e r la d u r a t a del r e g n o di Vittorio E m a nuele I I I - Elena di Savoia, s'era p e n s a t o di dedicarle la sala, ma n o n se ne fece nulla. Regina e basta. In t e m p i n o r m a li quel vasto ambiente, che sta p r o p r i o s o p r a il Transatlantico dei conciliaboli, e r a stato utilizzato p e r scopi p i u t t o s t o 430
modesti. Sotto i g r a n d i l a m p a d a r i in ferro b a t t u t o i neofiti del P a r l a m e n t o firmavano, all'inizio della legislatura, i d o c u m e n t i di rito: tra essi l'assicurazione «rischio volo» e la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà. C o m e blasone la sala della Regina n o n poteva confrontarsi con l'altra che le sta di fronte, detta della Lupa, dove nel g i u g n o del 1946 furono a n n u n c i a t i i risultati del referendum da cui n a c q u e la R e p u b b l i c a : ma ha a v u t o finalmente i suoi mesi di gloria. Alla Bicamerale era stato assegnato un t e r m i n e tassativo p e r la conclusione delle sue sedute: il 30 g i u g n o 1997. Dopodiché spettava alla C a m e r a e al Senato, in d u e votazioni intervallate d ' a l m e n o tre mesi l'una dall'altra, di a p p r o v a r e - o no - il p r o g e t t o o i progetti di riforma. Concluso anche q u e sto iter p a r l a m e n t a r e complesso, le modifiche della Costituzione s a r e b b e r o state s o t t o p o s t e a un referendum p o p o l a r e confermativo. Se i cittadini d i c o n o sì - e se lo dice la m a g g i o r a n z a degli aventi d i r i t t o c o m e è p r e v i s t o p e r i referendum, validi solo q u a n d o venga r a g g i u n t o il quorum - il testo assoggettato a tutte queste verifiche diventa legge dello Stato. U n a l u n g a corsa a t a p p e o se preferite u n a via Crucis. Si m o r m o r ò infatti c h e p e r u n p r e o c c u p a t o Scalfaro fossero state di g r a n d e sollievo le parole di Nicola Mancino: «I temp i p a r l a m e n t a r i s a r a n n o tali d a a r r i v a r e p r e s u m i b i l m e n t e alla scadenza del m a n d a t o presidenziale: t e n e n d o p r e s e n t e che o c c o r r e r à a s p e t t a r e la conclusione della Bicamerale, il dibattito in aula, la d o p p i a lettura e il referendum confermativo». Il C a p o dello Stato n o n avrebbe i n s o m m a avuto p r o blemi, quale che fosse il testo a p p r o v a t o , fino al '99 e all'inizio del suo «semestre bianco», svuotato di poteri. Su alcuni p u n t i le forze politiche - p e r c o n s e n s o v e r o o p e r rassegnazione - furono u n a n i m i . Era r i t e n u t o ovvio che l'esecutivo avesse p o t e r i di g r a n l u n g a accresciuti, in conf r o n t o a quelli d e i g o v e r n i nella P r i m a R e p u b b l i c a , c h e il P a r l a m e n t o dovesse essere sfoltito, che l'Italia dovesse avere u n a s t r u t t u r a federale, con larga delega di p o t e r i e di funzioni alle Regioni e ai C o m u n i . Ma c o m e irrobustire l'esecu431
tivo? Q u e s t o era il p r i m o e m a g g i o r e dilemma, già affrontato - lo si e visto - q u a n d o Maccanico aveva tentato di formar e u n g o v e r n o c o n larga base p a r l a m e n t a r e , incaricato d i p o r r e m a n o alle riforme. D'Alema - e l'Ulivo c o n lui - e r a p e r il cosiddetto «premierato forte», il Polo era p e r il presidenzialismo (o s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o alla francese). C o n il «premierato», il C a p o dello Stato avrebbe m a n t e n u t o le sue caratteristiche - indebolite - di notaio delle istituzioni e di g a r a n t e della legalità, il t i m o n e d e l Paese l'avrebbe i m p u g n a t o il premier, che D'Alema voleva indicato, nella scheda delle politiche, insieme ai singoli c a n d i d a t i d ' o g n i schieram e n t o ai seggi p a r l a m e n t a r i . A scrutinio concluso il Presid e n t e della R e p u b b l i c a n o n a v r e b b e a v u t o m a r g i n i d i discrezionalità nella n o m i n a del C a p o del g o v e r n o : la carica sarebbe toccata, a u t o m a t i c a m e n t e , al leader del partito o della coalizione vincente. Nessun voto di fiducia, all'inizio della legislatura, p e r c h é la fiducia sarebbe «presunta», d e r i v a n d o dalla composizione delle C a m e r e . Al premier veniva affidata a n c h e la facoltà di sciogliere il P a r l a m e n t o : facoltà n o n p i ù utilizzabile, tuttavia, q u a n d o venisse p r e s e n t a t a da un terzo d e i p a r l a m e n t a r i u n a m o z i o n e d i sfiducia costruttiva nella quale fosse indicato il n o m e del n u o v o premier\ Il «premierato forte» ha un p r e c e d e n t e di qualche rilievo in un solo Paese, Israele. T u t f altro discorso p e r il presidenzialismo o il semipresidenzialismo: che vige - il presidenzialismo - nella quasi totalità degli Stati americani, a cominciare dalla s u p e r p o t e n z a Usa, e c h e ha t r o v a t o realizzazione - il s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o - in Francia. I presidenzialisti italiani e r a n o o r i e n t a t i verso il «semi»: con un C a p o dello Stato che, eletto dai cittadini p e r cinque a n n i , possa essere confermato u n a sola volta. Q u e s t o C a p o dello Stato ha u n a p a r t e i m p o r t a n t e nella gestione del Paese: n o m i n a il P r i m o ministro e, su p r o p o s t a di quest'ultimo, i ministri; presiede il Consiglio dei ministri; p u ò sciogliere il P a r l a m e n t o ; ha un ruolo p r e m i n e n t e nella politica estera e nella difesa. A b b i a m o schematizzato sia le 432
tesi c o n t r a p p o s t e sia l ' a g g r e g a z i o n e degli s c h i e r a m e n t i : al cui i n t e r n o era tutto un crepitare - soprattutto ad o p e r a dei «partitini» - di ni e di forse. C'era chi optava p e r il p r e m i e r a t o forte p u r c h é forte n o n fosse p e r n i e n t e , e chi si p r o n u n c i a v a p e r l'elezione diretta del C a p o dello Stato sottint e n d e n d o tuttavia che dovesse somigliare al Presidente austriaco: che il p o p o l o designa ma che poi taglia i nastri, p r o n u n c i a discorsetti nobili in c e r i m o n i e inutili e viaggia in c o n t i n u a z i o n e . C o m e gli inquilini c h e al Q u i r i n a l e si s o n o succeduti nell'ultimo mezzo secolo. In sottofondo alle dotte d i s p u t e sul p r e m i e r a t o e sul semipresidenzialismo stava la q u e s t i o n e - di m i n o r altezza istituzionale ma di a p p a s s i o n a n t e interesse p e r i politici - della legge elettorale. D'Alema aveva n e g a t o , in contrasto con u n o degli autori di q u e sto libro, che la Bicamerale se ne dovesse o c c u p a r e . Ma ha a m m e s s o l e a l m e n t e , n e l v o l u m e d e d i c a t o all'esperienza d i p r e s i d e n t e della Bicamerale, d'essersi sbagliato. «Nella forma avevo r a g i o n e - ha scritto D'Alema - p e r c h é effettivam e n t e di leggi elettorali - n o n e s s e n d o m a t e r i a costituzionale - n o n poteva occuparsi la Commissione bensì il Parlam e n t o : ma nella sostanza, con il fiuto e il b u o n senso che lo c o n t r a d d i s t i n g u o n o , M o n t a n e l l i diceva l a verità: n o n e r a pensabile u n a c c o r d o sulla f o r m a d i g o v e r n o c h e n o n p r e vedesse u n ' i n t e s a sulle m o d a l i t à d i elezione della r a p p r e sentanza popolare.» Le p r o p e n s i o n i d'ogni partito p e r questo o quel sistema e r a n o vincolate all'utile che il partito stesso - p e r le sue dim e n s i o n i e p e r le c o n n o t a z i o n i d e l suo e l e t t o r a t o - ne avrebbe tratto alla p r o v a del voto. I «cespugli» d ' e n t r a m b e le coalizioni p r e m e v a n o p e r c h é la legge e l e t t o r a l e in fieri prevedesse u n a q u o t a p r o p o r z i o n a l e il più possibile alta, ad evitare u n a crudele p o t a t u r a . Il Polo avversava, p e r l'elezione d e l P a r l a m e n t o , il d o p p i o t u r n o n o n a caso v o l u t o da D'Alema: p e r c h é aveva constatato, nelle «amministrative», quale accorta e fruttuosa utilizzazione l'Ulivo sapesse farne. «Rischiamo d'averli al p o t e r e p e r vent'anni» a m m o n i v a cu433
po q u a l c u n o , nel c e n t r o d e s t r a . Vi furono a sinistra c o m e a destra, d u r a n t e il c a m m i n o della Bicamerale, oscillazioni e m a r c e indietro: era difficile infatti conciliare le esigenze dei g r a n d i partiti con quelle dei piccoli. Il travaglio fu p e n o s o s o p r a t t u t t o p e r Berlusconi che, sorvegliato da Fini e incalzato d a i «cespugli» e x - d e m o c r i s t i a n i , si d e d i c a v a alla quad r a t u r a del circolo. In u n a vivace polemica con lui, Giovanni S a r t o r i - geniale e un p o ' a r r o g a n t e politologo - gl'imp u t ò continui voltafaccia. Nel p r o g r a m m a elettorale di Forza Italia, scrisse Sartori, Berlusconi s'era p r o n u n c i a t o p e r il s e m i p r e s i d e n z i a l i s m o e p e r il d o p p i o t u r n o (il mattarellum gli p a r e v a «una legge pericolosa e scellerata, che impedisce di g o v e r n a r e » ) : ma il 5 g i u g n o 1997 s'era d i m o s t r a t o di t u t t ' a l t r o avviso («l'attuale legge elettorale va b e n e così come è») e r i t e n e v a inaccettabile il d o p p i o t u r n o . I n s o m m a , s e c o n d o Sartori, u n «Cavalier Traballa»: n o m i g n o l o divert e n t e , ma forse sarebbe stato meglio, dal p u n t o di vista linguistico, «Cavalier T e n t e n n a » . U n o dei tanti cavalieri T e n t e n n a che affollano il Palazzo. C ' e r a t a n t a c a r n e al fuoco. Ma il grosso ostacolo c h e la Bicamerale incontrò m u o v e n d o i primi passi n o n r i g u a r d a va i temi che abbiamo sintetizzato: r i g u a r d a v a invece la giustizia, c h e D'Alema r i t e n e v a i n u n p r i m o t e m p o fosse a n ch'essa estranea ai lavori della Commissione, ma che di quei lavori d i v e n n e subito protagonista. Il senatore Marco Boato - il cui pedigree politico a n n o v e r a v a u n a antica militanza in Lotta c o n t i n u a e u n a militanza «matura» nei Verdi - era stato incaricato d'elaborare, in u n o dei comitati della commissione (quello sulle garanzie), u n a relazione. Ci si e r a messo d ' i m p e g n o : e p u r senza accogliere in p i e n o la tesi di centrod e s t r a su u n a s e p a r a z i o n e n e t t a delle c a r r i e r e in magistrat u r a , le si avvicinava m o l t o . S e c o n d o B o a t o i m a g i s t r a t i a v r e b b e r o avuto un'iniziazione c o m u n e in un collegio giudicante: conclusa la quale il CSM avrebbe vagliato le d o m a n de - e valutato le vocazioni - a s s e g n a n d o i giovani magistrati o alle P r o c u r e o alle funzioni di giudici. Il passaggio dal434
l'una all'altra c a r r i e r a s a r e b b e stato a q u e l p u n t o possibile solo con il s u p e r a m e n t o d ' u n concorso i n t e r n o . Boato p r e vedeva a n c h e u n CSM c h e fosse diviso i n d u e sezioni, u n a p e r i Pm e u n a p e r i giudici, e che fosse c o m p o s t o p e r t r e quinti da «togati» e p e r d u e quinti da laici. Il p r o g e t t o aveva avuto la b e n e d i z i o n e ufficiale dell'Ulivo. Il Polo, che forse n o n se l'aspettava n e m m e n o così vicino alle sue posizioni, declamò il suo rifiuto più p e r obbligo di c o p i o n e c h e p e r convinzione. Ma i gridi d ' i n d i g n a z i o n e v e n n e r o dalla sinistra «giustizialista», quella che era abituata a far q u a d r a t o a t t o r n o alla m a g i s t r a t u r a , e c h e v e d e v a in Boato - e i n d i r e t t a m e n t e in D'Alema, in Salvi, nel responsabile del PDS p e r la giustizia Folena - dei traditori della causa. Paolo Flores d'Arcais, che con la rivista MicroMega e r a l'apostolo delle P r o c u r e , raccolse u n a quindicina di firme d'intellettuali noti - tra loro Giorgio Bocca, Vittorio Foa, Giulio Ein a u d i - c o n t r o la bozza, p r e a n n u n c i a n t e s e c o n d o l o r o un r i t o r n o al «regime craxiano» (con ironia Boato replicò che il comitato giustizia della Bicamerale avrebbe t e n u t o conto di tutti i d o c u m e n t i ricevuti, ed era in attesa d'eventuali docum e n t i di lavoratori m a n u a l i , d o p o quello dell'intellighenzia). La spaccatura era, nella sinistra, p r o f o n d a . C i n q u a n t a n o v e s e n a t o r i e c i n q u a n t a c i n q u e d e p u t a t i dell'Ulivo, g u i d a t i rispettivamente dall'ex-magistrato Raffaele Bertoni e da Elio Veltri, fedelissimo di Antonio Di Pietro, sottoscrissero a loro volta un appello c o n t r o la bozza Boato, scorgendovi un attacco a l l ' i n d i p e n d e n z a della m a g i s t r a t u r a . « E v i d e n t e m e n t e - t u o n a v a Bertoni - il suo (di Boato N.d.A.) nemico resta la giustizia, c o m e ai t e m p i di Lotta continua.» Era u n a sollevazione: c h e s o t t i n t e n d e v a u n p e s a n t e s o s p e t t o . D ' A l e m a avrebbe s v e n d u t o la giustizia in cambio della legge elettorale; ossia, in parole povere, io dò a voi del Polo la separazione delle c a r r i e r e p u r c h é voi mi diate il d o p p i o t u r n o nelle «politiche». C o n il suo piglio da m a e s t r o , o da s e r g e n t e i s t r u t t o r e , D'Alema b a c c h e t t ò in u n a concitata r i u n i o n e i g r u p p i p a r l a m e n t a r i , senza p e r ò riuscire ad ammansirli del 435
tutto. E i n t a n t o fioccavano le reazioni delle P r o c u r e , vaticin a n t i la catastrofe della giustizia se la linea di B o a t o fosse prevalsa. N o n m a n c a r o n o , nella polemica, ripetuti accenni al p i a n o di rinascita nazionale della P2, c h e p r e v e d e v a t r a l'altro la s e p a r a z i o n e delle c a r r i e r e . L'evocazione di Gelli e di Craxi accostava la separazione delle c a r r i e r e - con il coll a u d a t o m e t o d o p o l e m i c o e p r o p a g a n d i s t i c o dell'«abbinam e n t o » - a p e r s o n a g g i u n i v e r s a l m e n t e esecrati, e così d e monizzava q u a n t i p e r la s e p a r a z i o n e delle c a r r i e r e si p r o nunciassero. C o n l'inizio di g i u g n o del 1997 - a fine mese i lavori dovevano essere conclusi - si arrivò alle votazioni. La p r i m a rig u a r d a v a la scelta tra il semipresidenzialismo caro al Polo e il p r e m i e r a t o forte p r e f e r i t o da Massimo D'Alema (le d u e soluzioni e r a n o i n t e r p r e t a t e , da g r u p p i e g r u p p u s c o l i , con u n a genericità elastica che di sicuro n o n aiutava gli italiani ad orientarsi). Alla vigilia d e l voto il p r e m i e r a t o s e m b r a v a c o m u n q u e favorito, di m i s u r a . Gli e s p e r t i a v e v a n o fatto i conti senza p r e n d e r e in c o n s i d e r a z i o n e la L e g a , c h e dalla Bicamerale s'era estraniata, e che n o n aveva dedicato n e p p u r e un briciolo d'interesse allo schema federalista di Francesco D'Onofrio, ex-democristiano e ministro dell'Istruzione nel g o v e r n o Berlusconi: e p p u r e quello schema, che p r e figurava un'Italia divisa in venti Regioni dotate di a m p i a aut o n o m i a finanziaria, e abilitate a legiferare in molti campi, a v r e b b e d o v u t o essere u n c a m p o d i battaglia leghista: m a Bossi l'aveva s n o b b a t o (tutta aria fritta). La secessione o il caos. S e n o n c h é il g r a n d e assente attuò u n o dei suoi colpi di m a n o m a l a n d r i n i : i sei «commissari» della Lega in s o n n o si risvegliarono p e r dire, inattesi, la loro; e a p p r o v a r o n o il semipresidenzialismo. Bossi s'affrettò a sottolineare, con l'abituale brutalità, che di presidenzialismo e p r e m i e r a t o n o n gli i m p o r t a v a un acca, e che aveva voluto soltanto vanificare i giuochi del Palazzo (secondo lui D'Alema e Berlusconi erano c o m p a r i , e i loro litigi u n a sceneggiata). Lo sgambetto del senatur aveva gettato lo scompiglio nel436
la recita politica. Stracciato il copione, i partiti dovevano r e citare a soggetto. Il Polo inneggiò ad un trionfo che era stato - fu d e t t o - d e l l ' a m a t o semipresidenzialismo e della d e mocrazia insieme. In quell'ora fu dimenticato che Bossi era a d o p p i o titolo un r e p r o b o : p e r c h é e r a stato l'artefice d e l «ribaltone», e t r a d e n d o i suoi alleati aveva p o r t a t o al p o t e r e p r i m a Dini e poi l'Ulivo; e p e r c h é e r a il nemico della Patria, t e r m i n e caro sia a Forza Italia, sia (e più) ad Alleanza nazionale. Massimo D'Alema, che aveva r i p e t u t a m e n t e sollecitato la L e g a a n o n d i s e r t a r e la Bicamerale, se l'era trovata tra i piedi nella sala della Regina p r o p r i o al m o m e n t o in cui m e no ce l'avrebbe voluta. Nell'Ulivo le reazioni furono irritate. Walter Veltroni, c h e della politica ha a volte u n a concezione cinematografica, avrebbe voluto che l'intera vicenda venisse azzerata, c o m e se quel voto n o n fosse m a i esistito. La Lega - insieme a Veltroni lo pensava a n c h e Bertinotti - n o n poteva e n t r a r e e uscire nella Bicamerale quasi fosse un bar, i suoi consensi e r a n o inquinati e inaccettabili ( l ' a r g o m e n t o ricordava quelli usati d u r a n t e d e c e n n i c o n t r o i missini, e faceva a l q u a n t o a p u g n i con q u a n t o e r a a c c a d u t o a l l o r c h