Storia d'Italia, Volume 9, 1943-1948 [PDF]


224 103 2MB

Italian Pages 465 Year 2006

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Table of contents :
Piano dell'opera......Page 1
Cover......Page 2
copyright......Page 3
L'ITALIA DELLA GUERRA CIVILE (8 settembre 1943-9 maggio 1946)......Page 6
AVVERTENZA......Page 7
NASCE IL REGNO DEL SUD......Page 10
NASCE LA REPUBBLICA DI SALÒ......Page 34
NASCE LA RESISTENZA......Page 52
IL RITORNO DEL CONTE......Page 64
IL PROCESSO......Page 84
LE FATICHE D'ERCOLI......Page 109
I SILENZI DI PIO XII......Page 123
BONOMI UNO E DUE......Page 146
L'ULTIMO DISCORSO......Page 169
LA LUNGA RESA......Page 193
MACELLERIA MESSICANA......Page 228
UN GALANTUOMO SMARRITO......Page 248
IL TRENTINO PRESTATO ALL'ITALIA......Page 268
EPILOGO......Page 277
L'ITALIA DELLA REPUBBLICA (2 giugno 1946-18 aprile 1948)......Page 280
AVVERTENZA......Page 281
IL RE DI MAGGIO......Page 286
IL 2 GIUGNO......Page 301
I PRIMI PASSI......Page 324
GUAI AI VINTI......Page 343
LA SVOLTA......Page 365
LA LINEA EINAUDI......Page 387
LA GUERRA DI TROILO......Page 400
LA COSTITUZIONE......Page 416
LA VIGILIA......Page 428
LA VALANGA......Page 444
POSCRITTO......Page 456
NOTA BIBLIOGRAFICA......Page 461
CRONOLOGIA......Page 462

Storia d'Italia, Volume 9, 1943-1948 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

Piano

dell'opera:

STORIA D'ITALIA Voi. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Voi. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Voi. I l i 1600-1789 STORIA D'ITALIA Voi. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Voi. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Voi. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Voi. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Voi. V i l i 1936-1943 STORIA D'ITALIA Voi. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Voi. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Voi. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Voi. XII 1993-1997

MONTANELLI

CERVI

STORIA D'ITALIA 1943 1948 INDRO MONTANELLI I MARIO CERVI

L'ITALIA DELLA GUERRA CIVILE Dall' 8 settembre 1943 al 9 maggio 194.6 INDRO MONTANELLI | MARIO CERVI

L'ITALIA DELLA REPUBBLICA Dal 2 giugno 1946 al 18 aprile 1948

STORIA D'ITALIA Voi. IX EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli - Mario Cervi

Eltalia della guerra civile © 1983 Rizzoli Editore, Milano © 2000 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Mario Cervi

Eltalia della Repubblica © 1985 Rizzoli Editore, Milano © 2000 RCS Libri S.p.A., Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.L, Milano

Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Direttore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948

Tutti i diritti di copyright sono riservati

settembre 1943, 2 giugno 1946, 18 aprile 1948: tre giorni cruciali per la storia del nostro Paese. Il primo segna l'inizio della guerra civile che insanguinò VItalia quando «era tagliata in due» (secondo un'incisiva definizione di Benedetto Croce), con la Repubblica Sociale di Mussolini a Nord tenuta in vita dai tedeschi e il Regno del Sud di Vittorio Emanuele III che godeva del sostegno degli Alleati. Fino al 25 aprile, e oltre, si combatté tra italiani una guerra disperata e feroce in nome - come sostenevano su fronti opposti repubblichini e partigiani - dell'onore, della dignità e della libertà. Furono proprio gli autori di questo libro a rompere una tradizione storiografica che parlava solo di «guerra di Liberazione» e a far conoscere a milioni di lettori che l'Italia aveva combattuto una guerra civile che, pur non raggiungendo gli orrori di quella spagnola, aveva provocato nel Paese una spaccatura che solo oggi si comincia timidamente a cercare di superare da entrambe le parti. Un Mussolini abulico, impotente e malato fu costretto da Hitler - pena un'occupazione ancora più feroce - a costituire una repubblica priva di un'autonomia reale, il cui unico compito era quello di aiutare i tedeschi nella repressione delle forze partigiane. Il Regno del Sud, da parte sua, cercò, collaborando con gli Alleati, di assicurare all'Italia il famoso «biglietto di ritorno» tra le grandi democrazie. Fu una guerra dura in cui «pietà era morta»: fucilazioni, rappresaglie, orrori e vendette private da entrambe le parti. Uscita distrutta da un conflitto immane, lacerata da una guerra intestina, guardata con diffidenza da tutte le potenze vincitrici, l'Italia ebbe la forza di voltare pagina, con il referendum del 2 giugno 1946 (seconda data cruciale), scegliendo la Repubblica e infine, il 18 aprile 1948 (terza data cruciale), di ancorarsi, grazie alla

vittoria elettorale della De di De Gasperi, all'Occidente e alla democrazia. La lunga e faticosa ricostruzione poteva finalmente incominciare.

INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più g r a n d e giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fondatore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tornato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), LItalia del Novecento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), LItalia del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). MARIO CERVI è nato a Crema (Cremona) nel 1921. Laureato in legge, ufficiale di fanteria d u r a n t e il secondo conflitto mondiale, per molti anni è stato inviato speciale del «Corriere della Sera», articolista e inviato del «Giornale» e della «Voce». E stato d i r e t t o r e del «Giornale» dal 1997 al 2001. Tra le sue opere ricordiamo Storia della guerra di Grecia (1965; ed. BUR 2001), Mussolini - Album di una vita (Rizzoli 1992), / vent'anni del «Giornale» di Montanelli (con Gian Galeazzo Biazzi Vergani, Rizzoli 1994).

Indro Montanelli - Mario Cervi

L'ITALIA DELLA GUERRA CIVILE (8 settembre 1943-9 maggio 1946)

AVVERTENZA

Molti ci chiederanno come mai abbiamo intitolato questo volume L'Italia della g u e r r a civile invece che L'Italia della Resistenza, come si è soliti chiamare quel periodo. È stata una scelta, cui ci siamo sentiti autorizzati dalla nostra partecipazione a quegli eventi. Cervi, giovanissimo ufficiale di complemento in Grecia, fu deportato dai tedeschi. Io, arrestato dalla Gestapo sulla fine del '43 per partecipazione ai gruppi di «Giustizia e Libertà», rimasi in prigione fino al settembre del '44, prima a Gallarate, poi a S. Vittore, donde riuscii ad evadere e a riparare in Svizzera. Crediamo che queste credenziali ci autorizzino - e per questo le abbiamo esibite - a dire quel che pensiamo: e cioè che di quei sedici mesi di tregenda, la Resistenza fu uno degli episodi, ma non il solo, e di scarsissimo peso risolutivo sugli avvenimenti. A contare molto di più fu, caso mai, la resistenza con la erre minuscola, cioè quella, quotidiana e passiva, fatta di piccoli e grandi sacrifici, di pazienza e di «arrangiamenti» e anche di malizie e doppi giuochi che gl'italiani opposero, per sopravvivere, a tutto e a tutti. Questo atteggiamento di distacco ci procurerà certamente molte critiche. Ma noi crediamo che, a quarant'anni di distanza, sia tempo di fare Storia e di farla fuori dei miti e delle leggende. In realtà il titolo avrebbe dovuto essere non LItalia della, ma delle guerre civili, perché non una sola, ma molte se ne intrecciarono in quel periodo. Ci fu quella degli Alleati «liberatori» contro i Tedeschi «invasori» (ma in realtà erano invasori gli uni e gli altri, sia pure con intenzioni e metodi diversissimi). Ci fu quella del Regno del Sud contro la Repubblica Sociale del Nord; ci fu quella degli antifascisti contro i fascisti, che divise le famiglie e le coscienze; e ci fu quella degli antifascisti tra loro per il tentativo comunista di assumere 5

l'esclusiva della lotta al fascismo facendo fuori, in nome di essa, tutti gli altri. Già questo intreccio di fili e filoni basta a togliere ogni fondamento e credibilità al giudizio sommario con cui finora si è preteso distinguere l'Italia «buona», cioè quella degli antifascisti, dall'Italia «cattiva», cioè quella dei fascisti. Quando, il 29 aprile, andai a vedere la macabra (e ripugnante) scena di piazzale Loreto, fra quei poveri corpi appesi a testa in giù, ne riconobbi due, di cui ancora oggi non so come spiegare la vicenda che li aveva condotti lì: so soltanto che non ho il diritto di giudicarla. Uno era quello di Nicola Bombacci, vecchio tribuno socialista di Romagna, prima compagno di scuola e amico di Mussolini, poi suo mortale nemico, uno dei fondatori - con Gramsci, Bordiga, Togliatti, Terracini ecc. - del partito comunista, in seguito esule prima in Russia, poi in Francia, e poi spontaneamente tornato in Italia per mettersi sotto la protezione del Duce. Non aveva esitato a seguirlo a Salò, e questo si può spiegare con l'interesse e la gratitudine. Ma non aveva esitato nemmeno ad accompagnarlo in quell'ultimo viaggio verso una morte sicura: e per spiegare questo, ci vuole qualcosa di più. Ealtro era quello di un ragazzo, di cui le cronache non registrarono neppure il nome. Si chiamava Mario Nudi, era stato mio compagno di battaglione in Abissinia, e non mi ero mai accorto che avesse idee politiche. Era un bell'atleta semplice e coraggioso, un po' da western, che faceva quella guerra per piacere sportivo. Ancora mi domando cosa lo aveva condotto a Salò, e poi su quel gancio da norcini accanto a un dittatore, sul quale non aveva mai nemmeno espresso opinioni. Potrei citare infiniti altri casi di uomini che l'8 settembre fecero una scelta assolutamente imprevedibile, e molto spesso la pagarono, da una parte e dall'altra, con la vita. Ce ne furono alcuni che, da un pezzo su posizioni di fronda al regime, considerarono l'8 settembre un tradimento e si sentirono in dovere di accorrere in aiuto di un Duce vinto e ormai abbandonato da quasi tutti. Nel serraglio di Salò si trovarono poi mescolati a delinquenti e avventurieri che nella Repubblica Sociale vedevano solo un pretesto per fare razzia e 6

bottino. Così come vidi dei fascisti di buona e sicura fede cercare nelle file della Resistenza un lavacro e un riscatto. Altri lo fecero solo per procurarsi una benemerenza che li mettesse al riparo da una probabile «epurazione» e li accreditasse presso il nuovo regime. Tutto si mescolò in quei mesi di trambusto, di umiliazione e di violenza. E noi non abbiamo la pretesa di essere riusciti a distinguere il grano dal loglio, il nero dal bianco, il bene dal male, anche perché nemmeno noi sappiamo con esattezza cosa fu il bene e cosa fu il male. Abbiamo solo la certezza di esserci posti di fronte a questa ingarbugliatissima matassa senza pregiudiziali di sorta, pur consci che, così facendo, avremmo scontentato tutti. Un'altra difficoltà che abbiamo incontrato, e che non siamo sicuri di aver superato, è quella, meccanica, dell'articolazione del racconto. Le infinite storie che compongono questa storia corrono spesso parallelamente Luna all'altra, e sarebbe stato impossibile seguirle in simultanea senza ricorrere ad artifìci d'intreccio che abbiamo voluto a tutti i costi evitare. Abbiamo preferito ricostruire gli avvenimenti pezzo a pezzo: prima la costituzione del Regno del Sud, poi quella della Repubblica di Salò, poi la nascita e i primi sviluppi della Resistenza, con la tecnica del flash-back, cioè del salto all'indietro, perché quello scenario non ne consentiva altre. Saremo anche incorsi, certamente, in qualche inesattezza, omissione ecc. Ma siamo sicuri che si tratterà dì dettagli: sulla ricostruzione delle grandi linee credo che non ci potranno essere mosse obbiezioni. Un'ultima confessione. Questa Italia della g u e r r a civile l'abbiamo scritta con la stessa amarezza con cui scrivemmo, L'Italia della disfatta. Né l'uno né l'altro sono stati, per il nostro Paese, capitoli gloriosi. E di questo vorremmo rendere persuasi e coscienti soprattutto i giovani che non li vissero, e ai quali si sono raccontate un mucchio di fole. Sulle quali, secondo noi, non si può costruire nulla dì valido e durevole. Naturalmente non riteniamo di avere la privativa della verità. Ma crediamo dì averla onestamente cercata e, nei limiti dei nostri modesti mezzi, servita. I. M.

CAPITOLO PRIMO

NASCE IL R E G N O DEL SUD

La m a t t i n a del 10 settembre 1943 la corvetta Baionetta, con la famiglia reale, Badoglio, e u n a folla p e t u l a n t e di generali dello Stato Maggiore avvolti in c o p e r t e e pastrani, navigava in un Adriatico tranquillo. La giornata e r a bella, un sole caldo ristorava i fuggiaschi intirizziti d o p o le traversie della fuga da R o m a . A b o r d o avvenivano chiassosi riconoscimenti e incontri. I capi militari si sentivano, n o n o s t a n t e tutto, abbastanza soddisfatti. Roatta, che d u r a n t e la notte aveva avuto q u a l c h e perplessità sulla ragionevolezza e sulla dignità del suo c o m p o r t a m e n t o , riconoscendo che forse, come C a p o di Stato Maggiore dell'Esercito, doveva r i m a n e r e nella capitale (asseriva di essersi aggregato alla colonna di Pescara p e n s a n d o si fermasse poco oltre, e di aver poi p r o s e g u i t o p e r forza d'inerzia), si sentiva già molto più disteso. L'incrociatore Scipione l'Africano, che scortava la corvetta, le si era accostato p i ù di u n a volta, e in u n a occasione la m a n o v r a risultò t r o p p o spericolata, cosicché u n ' o n d a t a investì la cop e r t a , i n f r a d i c i a n d o q u a l c h e g e n e r a l e e s c a r a v e n t a n d o in m a r e alcune valigie. Badoglio n o n era più il vecchio t r e m a n t e del giorno prima; affrontava ormai il futuro con un certo ottimismo. Poiché la radio diffondeva la notizia che i tedeschi avevano cominciato ad occupare città e posizioni, soprattutto nell'Italia settentrionale, c o m m e n t ò che si trattava sicuramente di iniziative dovute a elementi isolati. Alle 11 risuonò a b o r d o l'all a r m e , p e r c h é un ricognitore tedesco sorvolava la n a v e , e furono p u n t a t i i pezzi antiaerei: il colonnello De Buzzaccarini p o r s e al Re e alla Regina d u e salvagente, ma Vittorio 9

E m a n u e l e I I I si allontanò con un gesto di fastidio. La Regina cercò poi un p o ' d ' o m b r a a p o p p a , in mezzo a u n a catasta di m i n e di profondità. A mezzogiorno la Baionetta era al largo di Bari. Ci si informò p e r sapere se la città fosse libera. Venne risposto, n o n si sa da chi e p e r quale motivo, che era occupata dai tedeschi; notizia infondata anche se un tentativo di i m p a d r o n i r s i della città era stato abbozzato, il g i o r n o p r e c e d e n t e . Ma il generale Nicola Bellomo - che poi gli inglesi p r o c e s s e r a n n o e fucileranno, in base ad accuse gonfiate e discutibili - lo aveva r e s p i n t o c o n decisione. Un radio-dispaccio a l t r e t t a n t o i n f o n d a t o c o m u n i c ò c h e a n c h e Brindisi e r a in m a n o tedesca. In realtà Brindisi e r a lasciata c o m p l e t a m e n t e a se stessa: n o n c'erano gli anglo-americani - già insediati invece a T a r a n t o - e n o n c ' e r a n o tedeschi. Proprio q u a n d o era vicina al p o r t o di Brindisi la Baionetta si i m b a t t é in un sommergibile inglese e, successivamente, fu sorvolata e seguita a l u n g o da un altro a p p a r e c c h i o della Luftwaffe. I «passeggeri» avevano da poco finito la colazione, e furono fatti s c e n d e r e sotto coperta, a m m u t o l i t i d'improvviso. «I loquaci tacciono m e n t r e gli ottimisti rinfoderano le loro speranze» raccontò un testimone. Ma lo J u n k e r 88 se ne a n d ò senza d i s t u r b a r e , e la Baionetta fu, alle 14,30, in vista di Brindisi. L'incrociatore Scipione l'Africano p u n t ò i suoi cannoni, ad ogni b u o n conto a n c h e le b a t t e r i e costiere b r a n d e g g i a r o n o i l o r o . Vi f u r o n o m o m e n t i di intensa suspense: se nel frattempo i tedeschi avessero fatto i r r u z i o n e in città? Si accostò alla corvetta un m o t o scafo che issava la b a n d i e r a italiana: ne sbarcò l'ammiraglio Rubartelli, c o m a n d a n t e della base della M a r i n a , al q u a l e n e s s u n r a d i o m e s s a g g i o aveva p r e a n n u n c i a t o l a p r e s e n z a del Re sulle unità in arrivo. All'ammiraglio, che e r a restato di sasso, Vittorio E m a n u e l e I I I n o n consentì, con la solita gelida bruschezza, di e s p r i m e r e il suo s t u p o r e . «Ci sono tedeschi a Brindisi?» i n t e r r o g ò . «No Maestà.» «Ci sono inglesi?» «No Maestà.» «Chi c o m a n d a allora?» « C o m a n d o io.» «Bene, andiamo.» 10

Così, su istruzioni di Rubartelli che a n d a v a r i m u g i n a n d o tra sé e sé c o m e mai il Re e il g o v e r n o si trovassero su u n a nave che, p e r q u a n t o gli risultava, doveva p o r t a r e soltanto il ministro della Marina, la Baionetta attraccò a un molo quasi di fronte all'Ammiragliato, situato nel r e c i n t o del Castello Svevo. Fu stabilito, s e d u t a s t a n t e , c h e il Re, la R e g i n a e il P r i n c i p e e r e d i t a r i o si insediassero n e l l ' a p p a r t a m e n t o dell'ammiraglio, al p r i m o p i a n o di u n a palazzina adiacente al c o r p o principale del Castello. Fu svegliata la signora Rubartelli c h e , fedele alle u s a n z e d e l M e r i d i o n e d'Italia, si e r a concessa la p e n n i c h e l l a p o m e r i d i a n a , e c h e , confusissima, c o m p a r v e d a v a n t i alla R e g i n a in vestaglia. Badoglio e Acq u a r o n e furono sistemati nella casermetta dei sommergibili, i g e n e r a l i più i m p o r t a n t i all'Albergo I n t e r n a z i o n a l e , il gov e r n o - quale? - pose la sua sede negli uffici del c o m a n d o della Marina, al Castello. L'aiutante di c a m p o del Re, P u n toni, racimolò un nucleo di carabinieri e di m a r i n a i p e r .assic u r a r e un s o m m a r i o servizio di sicurezza. La famiglia reale decise di p r e n d e r e i pasti nel suo a p p a r t a m e n t o . Il seguito e i ministri p r e s e n t i - che e r a n o p o i d u e , De C o u r t e n della M a r i n a e Sandalli dell'Aeronautica, oltre a Badoglio - fond a r o n o u n a «mensa del governo». Quella stessa sera Radio Bari, t r o p p o debole p e r essere ascoltata in tutta Italia, diffuse un p r o c l a m a del Re nel quale e r a d e t t o che «per assicurare la salvezza della capitale e p e r p o t e r e p i e n a m e n t e assolvere i miei doveri di Re, col gov e r n o e con le autorità militari mi sono trasferito in un altro p u n t o del sacro e libero suolo nazionale». Tuttavia, a n c o r a I T I settembre, secondo un comunicato dell'agenzia Stefani, Badoglio era assente da R o m a «in seguito a ispezioni militari, che r i c h i e d o n o la sua p e r s o n a l e presenza». Q u e l l ' I 1 sett e m b r e Vittorio E m a n u e l e I I I convocò, nel salotto dell'Ammiragliato, u n a r i u n i o n e che n o n si sa b e n e c o m e definire: o Consiglio della C o r o n a , o Consiglio dei ministri, o Chiacc h i e r a t a t r a amici. C o n U m b e r t o d i Savoia e r a n o p r e s e n t i Badoglio, De C o u r t e n , Sandalli, Ambrosio, Roatta, Acqua11

r o n e , P u n t o n i . Badoglio e r a di cattivo u m o r e : nel t r a s b o r d o d a u n ' a u t o all'altra d u r a n t e l a fuga e r a a n d a t o p e r d u t o i l suo bagaglio, e il maresciallo si e r a trovato senza n e m m e n o un fazzoletto e senza soldi. Per acquistare un po' di c o r r e d o firmò la p r i m a cambiale della sua vita, diecimila lire. Il Re lesse ai c o n v e n u t i un messaggio, firmato da C h u r chill e da Roosevelt e indirizzato a Badoglio, che dava merito a quest'ultimo p e r avere liberato il paese dalla «schiavitù fascista» ma aggiungeva che restava da assolvere il compito p i ù d u r o : «Sgombrare il suolo italiano dai tedeschi invasori». «Sorgi o p o p o l o d'Italia» esortava il messaggio, aggiung e n d o l ' i n c i t a m e n t o a « o c c u p a r e t u t t e le città c h e p o t e t e , colpite forte e colpite nel segno». Badoglio rispose con l'enfatica p r o m e s s a che «tutto quello che è possibile è e sarà fatto con quello stesso spirito e con quella stessa tenacia c h e esplicammo insieme sui campi di battaglia d'Italia e di Francia d u r a n t e l'ultima g u e r r a » . Il riferimento di Badoglio era, e v i d e n t e m e n t e , al T 5 - T 8 . D o p o i g o v e r n a n t i alleati, a n c h e Eisenhower si fece vivo con concetti analoghi. «Se l'Italia si leva come un sol u o m o , piglieremo i tedeschi alla gola». Gli scambi e gli invii di messaggi e proclami furono la principale se n o n l'unica attività del «gruppo» di Brindisi in quelle p r i m e giornate. B e n c h é ufficialmente e s p r i m e s s e f i d u c i a , E i s e n h o w e r e r a stato molto deluso dalla gravità del collasso italiano. La resistenza al dilagare dei tedeschi e r a sporadica e fievole: d'altro canto l'offensiva alleata a Salerno n o n risultava né rapida né p o t e n t e . Riferendo a Washington, Eisenhower osservava che gli italiani avevano d a t o «poco o n e s s u n aiuto». E aggiungeva: «Badoglio vuole v e d e r m i . Sto p e r dirgli che deve venire qui. Egli vuole p o r t a r e q u a l c u n o del suo staff ma n o n so i m m a g i n a r e che cosa il suo Stato Maggiore possa com a n d a r e i n q u e s t o m o m e n t o » . Per m e g l i o o r i e n t a r s i , Eis e n h o w e r inviò a Brindisi u n a missione, che ebbe formalm e n t e carattere militare, e che, capeggiata dal generale in12

glese Mason MacFarlane già g o v e r n a t o r e di Malta, includeva a n c h e il generale americano Maxwell Taylor, c o m a n d a n t e della 8 2 divisione a e r o t r a s p o r t a t a c h e s a r e b b e d o v u t a s b a r c a r e su R o m a , s e c o n d o il p i a n o o r i g i n a r i o p e r l'8 sett e m b r e . Aggregati alla missione e r a n o tuttavia i consiglieri politici M u r p h y (americano) e Macmillan (inglese), incaricati di assistere MacFarlane q u a n d o fossero venuti sul t a p p e t o i p r o b l e m i p i ù spinosi, e soprattutto «il problema»: dovevano gli Alleati r i c o n o s c e r e la legittimità del g o v e r n o B a d o glio, e del Re? E in quale misura dovevano accettare la collaborazione italiana, sul c a m p o di battaglia e fuori? Il dialogo si a n n u n c i a v a difficile, e l'arrivo della missione e r a atteso con trepidazione a Brindisi dove fu possibile registrare solo u n a b u o n a notizia. Il generale P u n t o n i a n n o t ò il 12 s e t t e m b r e l'arrivo del d u c a e della duchessa di Genova. «I d u c h i - scrisse - sono arrivati da T a r a n t o che h a n n o ragg i u n t o in a e r e o provenienti da Venezia d o p o n o n p o c h e p e ripezie. Il Sovrano li riceve alle 17,45 ed esprime loro il suo p i ù vivo compiacimento.» Chissà poi di cosa si compiaceva. Il 13 s e t t e m b r e - già Mussolini e r a stato l i b e r a t o dalla prigionia del G r a n Sasso - l'aereo che trasportava la missione alleata a t t e r r ò a T a r a n t o . I delegati n o n si m o s s e r o imm e d i a t a m e n t e verso Brindisi: vollero essere sicuri, p r i m a di farlo, c h e l'area i n t o r n o fosse s g o m b r a di t e d e s c h i , e che questi ultimi avessero a n c h e evacuato Bari. Ma già al p r i m o contatto con la realtà italiana, avevano avuto u n a b r u t t a impressione. U n a accozzaglia di militari italiani li aveva accolti, all'arrivo, con grida festose di «pace, armistizio, armistizio, pace» e ne trassero c o n f e r m a alla loro convinzione che gli italiani fossero volubili, servili, s p e n s i e r a t i . Particolarm e n t e mal disposto e r a MacFarlane, convalescente d'itterizia. Il 14 settembre la missione p r e s e contatto, a Brindisi, con il g o v e r n o - o con il clan - di Badoglio, e ricevette immediat a m e n t e un invito a colazione dal maresciallo (è un'ossessione questa degli italiani di c o n c l u d e r e t u t t o a tavola, p e n s ò a

13

Maxwell Taylor, assillato dal ricordo dei p r a n z i che s'era d o vuto sorbire nelle o r e in cui si decideva, a R o m a , la vigilia dell'8 settembre, se fosse o no o p p o r t u n o l'impiego della divisione a e r o t r a s p o r t a t a ) . B a d o g l i o «si fece in q u a t t r o p e r m o s t r a r s i cortese», m e n t r e P u n t o n i , dalla psicologia elem e n t a r e , avvertiva «un n o d o alla gola che gli i m p e d i v a di parlare». F i n a l m e n t e il g i o r n o successivo si cominciò a d i s c u t e r e s e r i a m e n t e . Ambrosio illustrò la situazione catastrofica dell'esercito italiano: spiegò che nel sud e r a n o rimaste in qualche m o d o in piedi la divisione Mantova presso C r o t o n e , la Legnano e la Piceno presso Brindisi e qualche r e p a r t o costier o . E r a n o recuperabili q u a t t r o divisioni in Sardegna, u n a a Cefalonia e u n a nel D o d e c a n n e s o . Le unità del M e r i d i o n e d'Italia e r a n o a corto di t u t t o , e p e r quelle dei Balcani e r a u r g e n t e u n a o p e r a z i o n e di r e i m b a r c o in g r a n d e stile. Ambrosio l a m e n t ò tra l'altro che lo sbarco fosse avvenuto a Salerno, ossia in u n a zona che n o n consentiva sviluppi favorevoli e solleciti. Al c h e M a c F a r l a n e , s p a z i e n t i t o e r u d e , r e plicò: «Voi n o n sapete n i e n t e , state zitti». In effetti i fuggiaschi di Brindisi i g n o r a v a n o c h e i p i a n i a n g l o - a m e r i c a n i - miopi e prudenti quanto più non avrebbero potuto escludevano l ' i m p e g n o gigantesco che sarebbe stato necessario p e r t r a r r e in salvo t r u p p e alla cui capacità combattiva n e s s u n o più credeva, giustamente; i g n o r a v a n o inoltre quali dimensioni avesse assunto lo s b a n d a m e n t o dei r e p a r t i dissem i n a t i i n mezza E u r o p a . Badoglio i n t e r v e n n e p e r sottolin e a r e l ' a p p o r t o italiano alle o p e r a z i o n i a n g l o - a m e r i c a n e , e p e r affermare che l'Italia doveva essere o r m a i c o n s i d e r a t a alleata: «Soltanto in q u e s t o m o d o io sarei riuscito a galvanizzare il p a e s e e a p o r t a r l o u n a n i m e ad affrontare i m a g giori sacrifici». Gli inviati di Eisenhower t e n n e r o un atteggiamento freddo e talvolta a r r o g a n t e , s o p r a t t u t t o MacFarlane che, q u a n do si recò in u d i e n z a da Vittorio E m a n u e l e I I I , gli si p r e sentò in m a n i c h e di camicia e shorts (in m a n i c h e di camicia 14

e r a a n c h e Maxwell Taylor), o s t e n t a n d o la sua m a n c a n z a di r i g u a r d o : e rincarò la dose, q u a n d o tutti si r i t r o v a r o n o alla m e n s a del c o m a n d o dei sommergibili, i g n o r a n d o di p r o p o sito il Re, con un certo disagio dei «diplomatici» M u r p h y e Macmillan. Il Re fece pessima i m p r e s s i o n e . Lo t r o v a r o n o «patetico, vecchissimo, piuttosto rimbambito». A n d ò meglio p e r Badoglio che a Macmillan p a r v e «onesto, di larghe ved u t e , arguto, di origine contadina, con il b u o n senso innato e la n a t u r a l e accortezza dei contadini». Di Ambrosio pensar o n o c h e fosse «intelligente e a m i c h e v o l e p e r q u a n t o d e presso e p r i v o d'entusiasmo», e infine di R o a t t a «un b u o n linguista, un intelligente e navigato militare con t e n d e n z a ad essere un seccatore. Il p e r f e t t o attaché militare... il suo cervello è più sviluppato e ricco di sostanza del suo fegato». MacFarlane avanzò subito u n a richiesta spiacevole: quella cioè che fosse adottato a n c h e nell'Italia continentale il sistema delle am-lire, o lire di occupazione, già stampate in Sicilia senza alcun controllo del governo italiano. Il peso di queste emissioni doveva ricadere i n t e r a m e n t e sul paese occupato. T a n t o più gli Alleati insistevano p e r c h é s a p e v a n o che ai p r i m i di s e t t e m b r e Badoglio aveva fatto trasferire i n g e n t i s o m m e in b a n c h e di Bari p e r sottrarle, in previsione del peggio, ai tedeschi (dove si v e d e c o m e l'idea della fuga al s u d fosse germinata nella sua m e n t e con largo anticipo sull'8 sett e m b r e ) . Per il m o m e n t o Badoglio rifiutò, ma poi d o v e t t e adattarsi dlYukase, e al cambio impostogli (400 lire p e r ogni sterlina e 100 p e r o g n i dollaro). I n v a n o sottolineò l'effetto inflazionistico c h e a v r e b b e r o avuto le spese degli ufficiali e soldati anglo-americani «pagati circa 10 volte più dei nostri». Ma la maggiore sorpresa i delegati di Algeri - là era ancora il c o m a n d o di E i s e n h o w e r - l ' e b b e r o q u a n d o a b b o r d a r o n o c a u t a m e n t e il tema del «lungo armistizio» e della sua firma. Si avvidero che Badoglio e i suoi collaboratori, frastornati da tanti avvenimenti, ignoravano ancora o avevano a p p e n a intravisto l'esatto c o n t e n u t o di quel d o c u m e n t o che integrava il «corto armistizio» firmato da Castellano a Cassibile: ma lo 15

integrava a p p e s a n t e n d o l o , sotto l'intestazione - che mancava nel corto armistizio - di «resa incondizionata». Il l u n g o armistizio e r a r i m a s t o nelle tasche del g e n e r a l e Zanussi, e Zanussi era a Brindisi, ma in tutt'altre faccende affaccendati, il Re e Badoglio se n ' e r a n o dimenticati, o l'avevano «rimosso» dai loro pensieri. E p p u r e la firma di Badoglio a quel doc u m e n t o era considerata da L o n d r a e da Washington la p r e messa necessaria di ogni futura evoluzione dei r a p p o r t i con «il Regno del Sud». C o m u n q u e i delegati decisero di t o r n a r e al C o m a n d o , e di riferire ad Eisenhower, anche p e r c h é «non c ' e r a n o dattilografe, n o n c ' e r a n o mezzi d i t r a s p o r t o , c'era pochissimo cibo». M u r p h y e Macmillan si fecero a n c o r a ved e r e , p r i m a di ripartire, dal Re, questa volta senza la presenza del rozzo e provocatorio MacFarlane. Chiesero a Vittorio E m a n u e l e I I I se p o t e s s e r o fare qualcosa p e r lui, nel limite delle loro possibilità. Il Re esitò, quindi rispose: «La Regina n o n è stata in g r a d o di trovare delle uova fresche. E possibile acquistarne u n a dozzina?». A Brindisi il « g r u p p o Badoglio» stava a s s u m e n d o u n a fisionomia abbastanza simile, o r m a i , a quella del g o v e r n o di un paese occupato. Vittorio E m a n u e l e I I I - s e m p r e Re d'Italia e d'Albania e I m p e r a t o r e d'Etiopia, nei d o c u m e n t i ufficiali - compiva q u a l c h e ispezione nei d i n t o r n i , e i r e p a r t i che vedeva p a s s a r e e r a n o «stanchi e in g r a n d e disordine» con « d a p p e r t u t t o ritardatari e sbandati». Da Tunisi era rientrato il diplomatico M o n t a n a r i , che aveva assistito Castellano a Cassibile, e che p o r t ò con sé u n a t r e n t i n a di funzionari del Ministero degli Esteri, filtrati a t t r a v e r s o le linee t e d e sche. F i n a l m e n t e Badoglio - che i p r i m i giorni trascorreva le ore, nel suo ufficio, l e g g e n d o N e e r a e Fogazzaro, e magari un libro giallo t e n u t o nel cassetto a p e r t o della scrivania, il cassetto e r a chiuso in tutta fretta se veniva i n t r o d o t t o un visitatore - ebbe pratiche da sbrigare, r a p p o r t i da leggere. Alla sua ansia di d i m o s t r a r e che le residue unità italiane e r a n o al fianco delle t r u p p e anglo-americane, gli Alleati replicarono il 20 settembre con un secco o r d i n e : ogni attività bellica 16

italiana doveva cessare d o v u n q u e , fino a n u o v o o r d i n e . Fu così i n t e r r o t t o il m o v i m e n t o di un superstite C o r p o d ' a r m a ta che al c o m a n d o del g e n e r a l e De Stefanis si era messo in marcia verso n o r d , ancora sufficientemente o r d i n a t o , con le divisioni Piceno, Legnano, 210 costiera. T r a le q u i n t e si d e l i n e a v a n o d u e diverse ed e g u a l m e n t e i m p o r t a n t i polemiche. Churchill e Roosevelt e r a n o in disacc o r d o , sia p u r e a m i c h e v o l m e n t e , p e r c h é il premier inglese voleva fosse d a t o p i e n o sostegno al g o v e r n o m o n a r c h i c o di Brindisi, e il p r e s i d e n t e a m e r i c a n o insisteva sul principio di a u t o d e t e r m i n a z i o n e , e q u i n d i sulla esigenza di n o n pregiudicare in alcun m o d o il futuro assetto istituzionale dell'Italia. Il Re e Badoglio litigavano sul p r o b l e m a della dichiarazione di g u e r r a alla G e r m a n i a , c h e stava a c u o r e agli anglo-americani: secondo il maresciallo era un passo da fare subito, secondo Vittorio E m a n u e l e I I I si doveva aspettare fin d o p o la liberazione di Roma. Il maresciallo era alle p r e s e con u n a serie di dilemmi u n o più i n g r a t o dell'altro. O r m a i , a quel p u n t o , sapeva b e n e cosa contenesse il l u n g o armistizio, e q u a n t o fossero umilianti le sue clausole; e sapeva altrettanto b e n e che, u n a volta conosciutine i termini, e l'accettazione, la p r o p a g a n d a fascista c o n t r o i «traditori» di Brindisi avrebbe assunto, se possibile, a n c o r a m a g g i o r e virulenza, e si sarebbe rivestita di più convincenti a r g o m e n t i . L a d i c h i a r a z i o n e d i g u e r r a a v r e b b e p r o b a b i l m e n t e fruttato u n a a t t e n u a z i o n e dei t e r m i n i di resa: ma ad essa si o p p o n e v a cocciutamente il Re, che lo sfugg e n t e A c q u a r o n e i n f o r m a v a a suo m o d o , e sobillava. Nell'entourage reale Badoglio e r a in disgrazia, e ne dava testim o n i a n z a il diario di P u n t o n i , che era, come al solito, la voce del Re: «Il g o v e r n o n o n fa nulla, s e m b r a anzi che sostenga gli oppositori della Monarchia... Badoglio è in balìa degli a v v e n i m e n t i , n o n ha risorse, le sue idee s e m b r a n o corte e sfasate... Il C a p o del g o v e r n o n o n sa r e a g i r e con la d o v u t a energia p e r la difesa degli interessi del paese e della Monarchia che in fin dei conti si identificano». Il 21 settembre Vita

17

torio E m a n u e l e I I I si risolse a un passo p e r s o n a l e . Inviò al Re d ' I n g h i l t e r r a - e in t e r m i n i quasi identici al p r e s i d e n t e Roosevelt - un messaggio che q u a n d o n o n era ovvio era patetico. Constatò che «è necessario e u r g e n t e che la più g r a n p a r t e del territorio italiano venga liberata dai tedeschi»; osservò che «è di essenziale i m p o r t a n z a politica p e r voi e p e r noi r a g g i u n g e r e al più p r e s t o Roma»; chiese che al suo governo fosse concesso di esercitare i poteri civili, oltre che su q u a t t r o province della Puglia e della S a r d e g n a , a n c h e sulla Sicilia; invocò un cambio più favorevole p e r la m o n e t a . Diventato p e t u l a n t e , il Re assillava Badoglio con riserve su riserve. R a m m e n t a v a in particolare che solo lui aveva facoltà di dichiarare la g u e r r a . Ossessionato dal timore che la dinastia fosse travolta dagli eventi, sganciato dalla realtà, Vittorio E m a n u e l e I I I si i n t e s t a r d i v a in propositi assurdi c o m e quello di affidare a Dino G r a n d i , «che deve trovarsi in qualc h e p a r t e del Portogallo», il M i n i s t e r o degli Esteri p e r c h é «Grandi è il simbolo dell'antifascismo e la sua p r e s e n z a nel g o v e r n o Badoglio c r e e r à u n o scisma nelle file fasciste e repubblicane». Il 27 s e t t e m b r e il g e n e r a l e Bedell Smith, C a p o di Stato Maggiore di Eisenhower, r a g g i u n s e Brindisi insieme a Macmillan e M u r p h y p e r m e t t e r e a p u n t o l ' i n c o n t r o tra Eis e n h o w e r e Badoglio del 29 s e t t e m b r e , a Malta, nel corso del quale sarebbe avvenuta la firma del l u n g o armistizio. Se Badoglio e r a imbarazzato, gli anglo-americani n o n lo e r a n o m e n o . La avvilente intransigenza del d o c u m e n t o che veniva p r e s e n t a t o a Badoglio contrastava con molte p r o m e s s e e incitamenti di quei giorni, e a n c h e con la cooperazione, sia p u r e l a r g a m e n t e p r e g i u d i c a t a dalla inefficienza, che il gov e r n o italiano aveva d a t o agli Alleati. « Q u a n t o maledii gli e s p e r t i del F o r e i g n Office!» ha scritto M a c m i l l a n . «Molte condizioni e r a n o già inapplicabili. Molte e r a n o al di fuori della possibilità d e l g o v e r n o italiano di a d e m p i e r l e . Noi p r o m e t t e m m o perciò che questo p u n t o generale poteva essere coperto da u n a lettera del C o m a n d a n t e in capo da con18

segnarsi al m o m e n t o della firma.» I delegati alleati trasmisero a Badoglio un a p p u n t o di Eisenhower dal quale risultava che «sarà riconosciuto lo stato di cobelligeranza dell'Italia d o p o che questa avrà dichiarato g u e r r a alla Germania», che «il g o v e r n o B a d o g l i o d e v e c o n t i n u a r e » , c h e «una volta espulsi i tedeschi il p o p o l o sceglierà la forma di g o v e r n o che meglio gli aggrada» e che infine « a p p e n a possibile il m a r e sciallo Badoglio f o r m e r à un g o v e r n o a larga base». C h u r chill e Roosevelt avevano r a g g i u n t o un c o m p r o m e s s o : b e n e il Re e Badoglio p e r il m o m e n t o , poi si vedrà. L'accenno al principio di a u t o d e t e r m i n a z i o n e allarmò il maresciallo c h e a v r e b b e p o i d o v u t o r i f e r i r n e allo stizzoso Vittorio E m a n u e l e I I I . «Significava - si chiedeva Badoglio c h e la M o n a r c h i a e r a in pericolo? In o g n i caso p o t e v a n o questioni di tal fatta essere decise a Brindisi?... La M o n a r chia era necessaria p e r m a n t e n e r e la stabilità e l'unità d'Italia.» Q u a n d o il maresciallo gliene parlò, il Re espresse le sue perplessità. Il 28 le discussioni r i p r e s e r o e Badoglio spiegò che la dizione «strumento di resa incondizionata», che era il frontespizio del l u n g o armistizio, avrebbe causato i m m e n s o d a n n o . Era eccitato, a d d o l o r a t o . Risorgeva in lui il sospetto che Castellano lo avesse i n g a n n a t o , o si fosse lasciato ingann a r e . Fu deciso che se ne discutesse l'indomani a Malta, ma A c q u a r o n e si precipitò dal Re a soffiare sul fuoco, insinuando che «Badoglio ha ignorato del tutto gli interessi della dinastia». Vittorio E m a n u e l e I I I , o t t e n u t a la assicurazione che n o n si sarebbe pretesa da lui u n a i m m e d i a t a dichiarazione di g u e r r a alla G e r m a n i a , autorizzò c o m u n q u e Badoglio alla firma di Malta. Alle c i n q u e del p o m e r i g g i o Badoglio e l'ammiraglio De C o u r t e n si i m b a r c a r o n o sull'incrociatore Scipione l'Africano, c h e attraccò l ' i n d o m a n i 29 s e t t e m b r e a La Valletta. Eis e n h o w e r a s p e t t a v a gli italiani sulla corazzata b r i t a n n i c a Nelson. Il vecchio maresciallo indossava l'uniforme da campo in tela di cui si era servito in Etiopia. Salì con passo stanco, solo - il seguito fu fatto a t t e n d e r e p e r qualche decina di 19

secondi - la scaletta, rispose agli onori di u n a c o m p a g n i a di marìnes, strinse la m a n o ad Eisenhower. Il maresciallo, Ike, Bedell S m i t h e M a c F a r l a n e si a p p a r t a r o n o q u i n d i p e r discutere; e r i s p u n t ò fuori la questione del t e r m i n e «resa inc o n d i z i o n a t a » . Di fronte alle obbiezioni di B a d o g l i o , Eisenhower, Bedell Smith e MacFarlane chiesero di p o t e r conferire tra di loro, s e p a r a t a m e n t e . Rientrati, dissero che n o n avevano il p o t e r e di modificare il testo del l u n g o armistizio. Q u i n d i Eisenhower dichiarò con solennità: «Come lei ha osservato, vi è un'alterazione nelle condizioni militari, ma noi n o n n e siamo r e s p o n s a b i l i . C o m e l e h a d e t t o i l g e n e r a l e MacFarlane, se lei n o n firmasse, ne d e r i v e r e b b e r o gravissime c o n s e g u e n z e p e r l'Italia. Le dò la mia parola di soldato che mi i m p e g n e r ò a fondo p e r far cambiare le frasi del lungo armistizio, e che i n t a n t o questo d o c u m e n t o sarà t e n u t o assolutamente segreto. Abbia fiducia e firmi». Badoglio firmò, e ricevette u n a lettera di Eisenhower che riconosceva come l'Italia fosse diventata «cooperator» delle nazioni alleate, il che r e n d e v a anacronistiche e n o n più valid e a l c u n e clausole dell'armistizio. E s a u r i t a q u e s t a a m a r a formalità, italiani e Alleati p r o c e d e t t e r o a u n o scambio di idee. Badoglio espose le p r o p r i e . A p p e n a possibile avrebbe f o r m a t o un g o v e r n o a base r a p p r e s e n t a t i v a , e u n a volta a R o m a avrebbe dichiarato g u e r r a alla G e r m a n i a . Se gli sarà consentito di r i c h i a m a r e nella penisola le t r u p p e dislocate in Sardegna, aggiunse, il C o m a n d o italiano p o t r à m e t t e r e a disposizione degli Alleati otto divisioni. E i s e n h o w e r d i e d e atto al g o v e r n o di Brindisi del suo spirito di collaborazione, m a insistette p e r l ' i m m e d i a t a d i c h i a r a z i o n e d i g u e r r a . All'obbiezione di Badoglio che «il p o t e r e del g o v e r n o si estende o r a solo su u n a piccola p a r t e d'Italia, il che r e n d e r e b b e u n a d i c h i a r a z i o n e d i g u e r r a e s t r e m a m e n t e difficile», Eisenhower replicò che altri governi in esilio, «i quali n o n occ u p a v a n o n e p p u r e u n p a l m o del loro territorio nazionale», avevano dichiarato g u e r r a alla G e r m a n i a . «Riferirò al Re» p r o m i s e Badoglio, già s a p e n d o che il Re e r a contrario. 20

Q u i n d i Eisenhower sollecitò Badoglio p e r c h é accogliesse nel suo governo elementi c h i a r a m e n t e antifascisti, e il povero maresciallo, cui Vittorio E m a n u e l e I I I aveva legato le mani, dovette illustrare u n a lettera del Re che ribadiva la richiesta degli Esteri p e r G r a n d i . «Ma G r a n d i - esclamò Eis e n h o w e r - è p e r la n o s t r a o p i n i o n e p u b b l i c a un fascista, n o n un antifascista.» Costretto a un ruolo ingrato, e consapevole di difendere u n a causa sballata, Badoglio si giustificò d i c e n d o che, c o m e soldato, n o n aveva molta pratica di personaggi politici, e che meglio di lui poteva giudicare il Re. C o n garbo, ma anche con risolutezza, Eisenhower chiarì che se il Re voleva r i m p a s t a r e il g o v e r n o c o n n u o v i e l e m e n t i , e r a o p p o r t u n o che «sottoponesse ufficiosamente a priori il loro n o m e agli Alleati tramite la missione MacFarlane». E a questo p u n t o tirò fuori un n o m e che Badoglio si aspettava, e che gli a n n u n c i a v a altri guai. Il g o v e r n o di W a s h i n g t o n , disse il C o m a n d a n t e in capo alleato, desiderava che l'esule antifascista c o n t e Sforza facesse al p i ù p r e s t o u n a visita a Brindisi. B a d o g l i o n o n sapeva che pesci p i g l i a r e . C o m i n c i ò con l'assicurare, a n c h e se la cosa era assolutamente ininfluente, c h e conosceva b e n e il c o n t e Sforza p e r c h é e r a c o n lui alla firma del trattato di Rapallo, e che aveva p e r il tenace o p p o sitore di Mussolini la m a s s i m a simpatia. Ma a g g i u n s e che s f o r t u n a t a m e n t e il Re n o n condivideva i suoi s e n t i m e n t i a causa di u n a d i c h i a r a z i o n e a n t i m o n a r c h i c a del c o n t e . «Ne p a r l e r ò al Re» concluse sospirando il maresciallo. La riunione t e r m i n ò con la promessa di Eisenhower che i comunicati s t a m p a avrebbero accennato a discussioni di carattere militare, senza far parola del lungo armistizio. Un q u a r t o d ' o r a d o p o mezzogiorno Badoglio si c o n g e d ò . A pochissimi giorni di distanza gli fu reso n o t o che l'intestazione d e l l u n g o armistizio e r a stata modificata, sostituendo la dizione «condizioni integrative dell'armistizio con l'Italia» a quella «strum e n t o di resa incondizionata». Il concetto che stava a c u o r e agli Alleati rimase tuttavia nell'ultima frase del p r e a m b o l o 21

dove si avvertiva che le clausole «sono state accettate senza condizioni dal maresciallo Badoglio, C a p o del g o v e r n o italiano». Agli Alleati p r e m e v a c h e l'Italia dichiarasse g u e r r a alla G e r m a n i a , e p r e m e v a a n c h e a Castellano c h e , t u t t o r a in Nordafrica, era in contatto con Eisenhower, a sua volta p u n golato da Roosevelt: «Il p r e s i d e n t e e il p r i m o m i n i s t r o (Churchill) sono del p a r e r e che il Re d'Italia debba dichiarare g u e r r a alla G e r m a n i a il più presto possibile. N o n sembra esservi alcuna necessità di a t t e n d e r e che R o m a sia occupata». I n t a n t o N a p o l i e r a stata liberata. Badoglio capiva c h e u n a decisione n o n poteva u l t e r i o r m e n t e essere rinviata p e r molte ragioni: tra l'altro p e r i m p e d i r e che i tedeschi consid e r a s s e r o franchi tiratori, e q u i n d i passibili di e s e c u z i o n e c o m e spie o banditi, i soldati italiani catturati. Ma il Re resisteva, giovandosi anche, p e r contrastare Badoglio, di un par e r e di A m b r o s i o , il quale d e t t a v a considerazioni n o n solo militari ma politiche: «La cobelligeranza d o v r e b b e essere o c u l a t a m e n t e negoziata... Inoltre n o n d o v r e b b e essere p e r messa la p r o p a g a n d a comunista». Esasperato, Badoglio d o vette profittare di un'assenza di Acquarone, recatosi a N a p o li allo scopo di consultare esponenti politici locali, p e r strapp a r e il consenso al Re. L'annotazione del g e n e r a l e P u n t o n i sul suo diario è significativa: «A mezzo del g e n e r a l e Taylor gli anglo-americani ci fanno sapere, con i termini di un ultimatum, che d e s i d e r a n o , in vista della r i u n i o n e che t e r r a n n o d o m a n i ( 12 ottobre) ad Algeri con i delegati russi, che il gov e r n o italiano si decida a d i c h i a r a r e g u e r r a alla G e r m a n i a . L a decisione viene p r e s a alle 16,30, d u r a n t e u n colloquio t r a il Sovrano e Badoglio. Alle 19 Badoglio è u n ' a l t r a volta dal Sovrano p e r sottoporgli il testo del proclama che lancerà al paese. A c q u a r o n e è intanto tornato da Napoli con la bella notizia che nessun u o m o politico n a p o l e t a n o i n t e n d e p a r t e c i p a r e a u n g o v e r n o p r e s i e d u t o d a Badoglio. "Gli u o m i n i politici n a p o l e t a n i - dice - sono a s s o l u t a m e n t e c o n t r a r i a u n a d i c h i a r a z i o n e d i g u e r r a alla G e r m a n i a . " M e n t r e dice 22

questo viene a sapere che la g u e r r a è già stata dichiarata. Va sulle furie e minaccia dimissioni che c e r t a m e n t e n o n darà.» Così, il 13 ottobre, l'ambasciatore italiano a Madrid Paolucci de Calboli consegnò all'ambasciatore tedesco - che rifiutò di accettarla - la dichiarazione di g u e r r a . Il p r o c l a m a del g o v e r n o italiano, c o m e al solito m a g n i l o q u e n t e , dichiarava c h e «non vi sarà p a c e in Italia finché un solo tedesco calpesterà il nostro suolo» e p r o m e t t e v a che «finita la guerra il p o p o l o italiano sarà libero di scegliere con le elezioni il g o v e r n o che p i ù gli a g g r a d e r à » . N o n v'era alcun a c c e n n o - unica provvisoria salvaguardia dinastica - alla possibilità d i u n m u t a m e n t o istituzionale. M e n t r e a Brindisi si discuteva sulla o p p o r t u n i t à di dichiarare g u e r r a alla G e r m a n i a , la G e r m a n i a stava facendo la guerra all'esercito italiano. La storia di questo disfacimento, che a b b i a m o abbozzata nell'Italia della disfatta, esige q u a l c h e maggiore particolare per quanto riguarda le grandi unità l o n t a n e da Roma. Al s u d il VI C o r p o d ' a r m a t a di Sicilia si e r a già dissolto c o n l'invasione a n g l o - a m e r i c a n a , e il V I I al di q u a dello stretto di Messina - al cui c o m a n d o il generale Mario Arisio aveva sostituito il 2 s e t t e m b r e il d u c a di B e r g a m o - poteva c o n t a r e su a l c u n e divisioni subito strette, d o p o l'8 settemb r e , tra gli Alleati sbarcanti e i tedeschi che accorrevano p e r c o n t r a s t a r l i . Per di p i ù Arisio stava t r a s f e r e n d o il suo com a n d o da Potenza a Francavilla F o n t a n a , d o v e a r r i v ò con pochi brandelli di r e p a r t i . Le unità dell'Italia meridionale si sciolsero d u n q u e - t r a n n e q u a l c u n a in Puglia, che abbiamo già citata - c o m e n e v e al sole, e la r a p p r e s a g l i a tedesca si scatenò c o n t r o gli i n e r m i . A Nola f u r o n o trucidati 10 ufficiali, a Castellammare di Stabia v e n n e fucilato il c o m a n d a n te del presidio, colonnello Olivieri. Un altro c o m a n d o in trasferimento (da O r t e ad Amelia) era quello della 5 a r m a t a nell'Italia centrale agli ordini del generale Mario Caracciolo di Feroleto. Caracciolo era a Roa

24

ma il 7 s e t t e m b r e , ma n e s s u n o gli aveva fatto p a r o l a di q u a n t o stava p e r avvenire. Q u a n d o tentò di avere istruzioni da Palazzo Vidoni, fece squillare le sue chiamate telefoniche in uffici o r m a i deserti. L'armata si s b a n d ò in p o c h e o r e . La regione militare della L o m b a r d i a e dell'Emilia settentrionale era agli ordini del generale Vittorio Ruggiero, m o narchico e antitedesco, che riuscì a m a n t e n e r e nelle t r u p p e qualche m o r d e n t e . All'alba del 9 gli fu possibile interpellare, al C o m a n d o dell'esercito, un colonnello Bonelli cui chiese lumi: ma il colonnello, che ne sapeva q u a n t o lui, si m a n t e n n e nel vago. C o m u n q u e R u g g i e r o s e p p e che i massimi capi militari si e r a n o allontanati verso ignota destinazione. Fino al m a t t i n o del 10 t e n n e in p u g n o in q u a l c h e m o d o la situazione, s p e r a n d o che gli pervenissero istruzioni precise e un a p p o g g i o militare. Infine, scoraggiato, stipulò un acc o r d o p e r la resa di Milano ai tedeschi, che lo d e p o r t a r o n o in G e r m a n i a . L a 4 a r m a t a ( g e n e r a l e M a r i o Vercellino dai c o m p a g n i d'Accademia s o p r a n n o m i n a t o Cervellino) presidiava u n ' a r e a assai vasta: P r o v e n z a , L i g u r i a , Savoia, P i e m o n t e . T r e delle q u a t t r o divisioni mobili d e l l ' a r m a t a e r a n o i n movim e n t o dalla P r o v e n z a all'Italia. La sera dell'8 s e t t e m b r e a o r a inoltrata il g e n e r a l e Vercellino o r d i n ò che le t r u p p e le quali avessero già oltrepassato il fiume Varo accelerassero il m o v i m e n t o di r i e n t r o in Italia e che i presidi della costa lig u r e si r i u n i s s e r o in g r u p p i p i ù consistenti. Il c o m a n d o si spostò - tutti i c o m a n d i e r a n o stati presi dalla fregola degli spostamenti, in quelle ore cruciali - da C u n e o a Torino. Ma a quel p u n t o l ' a r m a t a si era polverizzata. Già la sera dell'8 s e t t e m b r e r e p a r t i motorizzati e corazzati tedeschi avevano ingiunto alle forze italiane sparse di collaborare o di lasciarsi d i s a r m a r e . Nella notte sul 9 alla Spezia i tedeschi avevano i n t e r r o t t o tutte le comunicazioni telefoniche, fatto irruzione nel c o m a n d o del XVI C o r p o d ' a r m a t a e catturato il comand a n t e , generale Carlo Rossi. Nella Venezia Giulia, in Slovenia, C r o a z i a e Dalmazia, a

25

a

a

e r a n o disseminati i resti di d u e a r m a t e italiane, l ' 8 e la 2 . D i s p o n e v a n o di 14 divisioni, m e n o s g a n g h e r a t e delle altre che e r a n o state via via r i m p a t r i a t e p e r essere completate di effettivi e di e q u i p a g g i a m e n t o . Anche in queste d u e a r m a t e (la 2 affidata a Italo Gariboldi, l ' 8 a Mario Robotti) e r a in c o r s o u n r i o r d i n a m e n t o . S i p e n s a v a d i costituire u n ' a l t r a g r a n d e unità da affidare a Gastone G a m b a r a , il v e t e r a n o di S p a g n a , d'Albania e dell'Africa S e t t e n t r i o n a l e . Sta di fatto che G a m b a r a ripartì da R o m a p r o p r i o l'8 settembre, in automobile, p e r mettersi in contatto con Gariboldi e Robotti: vide il p r i m o a Padova e il secondo a F i u m e , q u i n d i p r o s e guì p e r L u b i a n a d o v e aveva s e d e i l suo C o r p o d ' a r m a t a , l'XI, m e n t r e lo sfacelo era già in atto. G a m b a r a n o n t e n t ò in a l c u n m o d o di o p p o r s i ai t e d e s c h i : del r e s t o a d e r ì p i ù t a r d i alla R e p u b b l i c a di Salò. Nel s u o c o m a n d o i tedeschi fecero i r r u z i o n e nella n o t t e sul 10 s e t t e m b r e , e c o n t e m p o r a n e a m e n t e gli ustascia p r e s e r o p r i g i o n i e r o il c o m a n d a n t e della divisione Lombardia a Karlovac, g e n e r a l e Scipioni. Analoga sorte toccò al c o m a n d a n t e della divisione Isonzo. A Ragusa, contro il VI C o r p o d ' a r m a t a i tedeschi furono sang u i n a r i . Il c o m a n d a n t e della divisione di SS Prinz Eugen, generale Ritter von Oberkampf, o r d i n ò la fucilazione di tre generali e 45 ufficiali delle divisioni Zara e Bergamo: i g e n e rali e r a n o Alfonso Cigala Fulgosi, Salvatore Pelligra e Raffaele Policardi. Attorno a Trieste, in Slovenia, in Croazia, si s c a t e n a r o n o c o n t r o le forze italiane in d e c o m p o s i z i o n e n o n solo i t e d e schi, n o n solo gli ustascia, ma anche i partigiani di T i t o che p r e n d e v a n o le loro p r i m e v e n d e t t e , e p r e p a r a v a n o le loro annessioni. Nel libro sul p e r i o d o 8 settembre 1943-25 aprile 1945 di Piero F o r t u n a e Raffaele Uboldi è n a r r a t a la vic e n d a di un giovane sergente allievo ufficiale, Giovanni Rutter, che guidava u n a colonna di automezzi e di sbandati da Fiume a Trieste e che scoprì d u e foibe. «Quello che gli si offre è u n o spettacolo sconvolgente: corpi straziati di soldati italiani, vittime della vendetta slava, v e n g o n o tratti dalle voa

26

a

ragini d o v ' e r a n o stati gettati. H a n n o i polsi legati col fìl di ferro, sono imbrattati di sangue e di escrementi. Rutter vomita. Q u a l c h e m e s e d o p o s i a r r u o l e r à nella 6 0 l e g i o n e Istria della G u a r d i a n a z i o n a l e r e p u b b l i c a n a . S u o c o m a n d a n t e sarà Libero Sauro, figlio di Nazario Sauro.» Le q u a t t r o divisioni del M o n t e n e g r o o p p o s e r o resistenza. HEmilia riuscì a r i m p a t r i a r e con u n a metà circa dei suoi effettivi, la Taurinense (alpina) e la Venezia si u n i r o n o con forti aliquote ai partigiani iugoslavi. Si verificò u n a ressa di soldati e di r e p a r t i che alla spicciolata affluivano verso i p o r t i p e r o t t e n e r e imbarco sui mezzi della Marina. A Spalato erano ammassate, un certo m o m e n t o , alcune decine di migliaia di sbandati, ma solo u n a piccola p a r t e ebbe la possibilità di r a g g i u n g e r e il «Regno del Sud». La prigionia tedesca, o la vita alla macchia, anch'essa carica di stenti, di pericoli e di a n g h e r i e da p a r t e di u n a p o p o l a z i o n e ostile e di partigiani diffidenti, attendeva gli altri. Le divisioni del M o n t e n e g r o , c o m e quelle dell'Albania, della Bosnia e dell'Erzegovina, d i p e n d e v a n o dal c o m a n d o del g r u p p o a r m a t e est, con sede a T i r a n a , agli o r d i n i del gen e r a l e Ezio Rosi. Rosi - a n c h e lui! - e r a stato c o n v o c a t o a R o m a p r o p r i o p e r il 9 s e t t e m b r e . P r o c l a m a t o l'armistizio, anticipò il suo r i t o r n o a T i r a n a dalla capitale italiana e cominciò a trattare con il generale tedesco Bessel. Fu stipulato un accordo in base al quale le dodici divisioni (oltre a r e p a r ti m i n o r i ) c h e d i p e n d e v a n o da Rosi s a r e b b e r o r i e n t r a t e in Italia con le loro armi, eccettuate le artiglierie. Si trattava in realtà d i u n o s t r a t a g e m m a dei tedeschi p e r p r e n d e r e t e m p o e consentire l'ingresso in Albania di d u e loro divisioni. LT1 s e t t e m b r e , r o m p e n d o la fragile t r e g u a , il g e n e r a l e tedesco G h a n n fece circondare da carri armati e paracadutisti la sede del c o m a n d o italiano e p r e s e prigioniero Rosi insieme a molti altri ufficiali. N o n tutti i r e p a r t i italiani p e r ò si lasciar o n o travolgere subito. Alcuni nuclei della Firenze si u n i r o n o ai partigiani, e u o m i n i della Perugia d i e d e r o del filo da torcere ai tedeschi. a

27

a

In Grecia aveva sede l ' I l armata, al c o m a n d o del generale Vecchiarelli, il cui C a p o di Stato M a g g i o r e , g e n e r a l e G a n d i n i , e r a a R o m a il 7 s e t t e m b r e , ed aveva, a l m e n o lui, ricevuto istruzioni p e r l'ipotesi di armistizio. «Dire francam e n t e ai tedeschi che le t r u p p e italiane n o n avrebbero mai p r e s o le armi contro di loro se n o n fossero state soggette ad atti di violenza armata.» Per l'Egeo - d i p e n d e n t e dall'ammiraglio Inigo C a m p i o n i - si stabiliva che venisse attuato il dis a r m o delle t r u p p e t e d e s c h e q u a l o r a fossero «prevedibili» aggressioni da p a r t e loro. Lo stesso g i o r n o 7, Gandini atterrava, con un a e r e o militare, a Tatoi, l ' a e r o p o r t o di A t e n e , ma nulla fu disposto di r e a l m e n t e utile. Un ufficiale di Stato Maggiore che doveva recapitare le istruzioni a C a m p i o n i si mosse con a n c o r a m a g g i o r e r i t a r d o : bloccato - si dice dal m a l t e m p o - a Pescara, i n t e r r u p p e il viaggio. Gli eventi colsero perciò le t r u p p e di Grecia nel loro abituale dispositivo, ossia polverizzate in u n a infinità di piccoli presidi mediocrem e n t e armati e m o r a l m e n t e depressi. All'annuncio dell'armistizio si ebbe u n o scoppio di esultanza, seguito dal d i s o r i e n t a m e n t o . I l c o m a n d o d ' a r m a t a , con disposizioni a m b i g u e , e del resto senza u n a g r a n d e capacità di p r e n d e r e decisioni a u t o n o m e , si gingillò in discussioni. Il 10 s e t t e m b r e Vecchiarelli r a g g i u n s e con i tedeschi un accordo che sembrava d a r e b u o n e garanzie: vi si stabiliva che le t r u p p e dell'I l a r m a t a sarebbero rimaste con funzioni di difesa costiera p e r altre d u e settimane, e che d o p o quel t e r m i n e sarebbero state trasferite in Italia a c u r a dei tedeschi con un a r m a m e n t o sufficiente p e r difendersi da atti ostili delle popolazioni nelle zone attraversate. Esse si i m p e g n a v a n o a «combattere il bolscevismo che si sviluppa in Italia e a m a n t e n e r e l ' o r d i n e pubblico». Se la situazione fosse diventata tale da implicare la consegna d e l l ' a r m a m e n t o agli anglo-americani, il c o m a n d a n t e dell'armata avrebbe invece p r o v v e d u t o a trasferirlo alla Wehrmacht. L'intesa c o n c o r d a t a da Vecchiarelli e r a velleitariamente machiavellica da p a r t e italiana e u n i c a m e n t e dilatoria da a

28

p a r t e tedesca. C o m u n q u e in contrasto con le clausole armistiziali. Ebbe breve d u r a t a , e n o n poteva essere diversamente. D o p o q u a l c h e g i o r n o di t e m p o r e g g i a m e n t o , i tedeschi i n g i u n s e r o la consegna delle armi. Q u i n d i , con r a p i d a p r o gressione, r a s t r e l l a r o n o r e p a r t i e militari s b a n d a t i , e li inviarono in G e r m a n i a - c o m p r e s o lo stesso Vecchiarelli - con la eccezione di coloro che a d e r i v a n o alla Repubblica di Mussolini. I r e p a r t i e i soldati isolati c h e r a g g i u n g e r a n n o la m o n t a g n a p e r unirsi ai p a r t i g i a n i , gli andartes, a v r a n n o in generale u n a sorte terribile. C o n l'incalzare dell'inverno sar a n n o spogliati degli i n d u m e n t i e delle scarpe, confinati in c a m p i di c o n c e n t r a m e n t o di villaggi poverissimi, nei territori «liberati» dalla g u e r r i g l i a , a volte massacrati, altre lasciati p e n a r e fino a m o r i r e di fame e di stenti. L'armata di dissolse. A Creta, il g e n e r a l e Carta, c o m a n d a n t e della divisione Siena, riuscì a mettersi in contatto con un ufficiale del servizio segreto inglese che sapeva trovarsi sull'isola, p e r sap e r e se fosse previsto un q u a l c h e sbarco alleato. Gli fu risposto che n o n e r a previsto a l c u n o sbarco. La divisione si arrese. Nella g r a n d e t r a g e d i a dell'armistizio, in particolare dell'armistizio in Grecia, si inserì l'episodio atroce della divisione Acqui, che presidiava le isole di Corfù e di Cefalonia agli o r d i n i del g e n e r a l e A n t o n i o G a n d i n . A Corfù era di stanza il 17° fanteria (colonnello Luigi L u s i g n a n i ) , a Cefalonia il c o m a n d o dell'intera divisione. La Acqui si trovò, l'8 settemb r e , con viveri p e r n o v a n t a g i o r n i e m u n i z i o n i p e r t r e n t a . D o p o l'equivoca p a u s a iniziale, d e t e r m i n a t a dalla cautela tedesca, la divisione scelse il c o m b a t t i m e n t o . G a n d i n , un veneto, conosceva p e r f e t t a m e n t e la lingua tedesca e i tedeschi, e d aveva i n t r a t t e n u t o con loro r a p p o r t i cordiali. Tuttavia decise di n o n a d e g u a r s i a l l ' o r d i n e di Vecchiarelli c h e p r e scriveva la c o n s e g n a delle a r m i . H a n s Barge, il suo interloc u t o r e tedesco, incalzava; voleva le a r m i . Si tirò avanti fino al 12, q u a n d o Barge p r o p o s e al g e n e r a l e italiano tre alternative: o la collaborazione, o la lotta, o la consegna delle ar29

mi. G a n d i n si c o n s u l t ò con i sette c a p p e l l a n i militari, c h e p r o p e n d e v a n o p e r la terza ipotesi. Ma i diecimila soldati avevano - diversamente dalla quasi totalità dei loro commilitoni - u n a animosa volontà di resistenza. S a p e v a n o di dis p o r r e d i u n a n e t t a s u p e r i o r i t à n u m e r i c a - 1 0 mila italiani contro 1.800 tedeschi - e contavano sulla vicinanza di Brindisi, 200 miglia, dove già era installato il g o v e r n o di B a d o glio. Ma i tedeschi, m e n t r e negoziavano, avevano inviato armi pesanti a Cefalonia. All'alba del 13 settembre il capitano Renzo Apollonio, u n triestino i n t r e p i d o , v e d e n d o d u e grossi p o n t o n i da sbarco che d o p p i a v a n o il c a p o San T e o d o r o , o r d i n ò alle sue batterie di a p r i r e il fuoco. Cominciò così la battaglia. Da Cefalonia p a r t i r o n o subito p e r Brindisi messaggi r a d i o che invocavano aiuto. Li ricevette, al c o m a n d o della Marina, il contrammiraglio Giovanni Calati, che conosceva G a n d i n , che era un u o m o di carattere, e lo aveva dimostrato o p p o n e n d o s i alla consegna delle sue navi agli a n g l o - a m e r i c a n i , il che gli aveva m e r i t a t o gli a r r e s t i i n fortezza p e r u n p a i o d i giorni. Calati scelse d u e t o r p e d i n i e r e , la Sirio e la Clio, le caricò di medicinali, pezzi a n t i a e r e i e m u n i z i o n i , e fece rotta verso Cefalonia. Poi gli v e n n e d a t a p e r r a d i o la notizia, infondata, c h e l'unico a p p r o d o n o t t u r n o disponibile a Cefalonia e r a controllato dai tedeschi, e decise di far rotta verso la più vicina Corfù, dove p u r e si combatteva. Ma da T a r a n t o l'ammiraglio inglese Peters dispose - un'altra prova della cecità alleata, c o n g i u r a n te con l'ignavia del clan Badoglio - che le d u e t o r p e d i n i e r e rientrassero, a v e n d o salpato le ancore senza autorizzazione dei vincitori. La missione di soccorso fallì. Fino al 22 s e t t e m b r e d u r a r o n o , a Cefalonia, i combattimenti, con interventi pesanti degli Stukas che mitragliavano e b o m b a r d a v a n o le posizioni italiane. Il 24 s e t t e m b r e Gand i n fu c a t t u r a t o e fucilato nella schiena: p r i m a di m o r i r e b u t t ò a t e r r a con s d e g n o la Croce di ferro che Keitel gli aveva concesso. La strage fu o r r e n d a . In u n a scuola 600 soldati e ufficiali v e n n e r o falciati a raffiche di mitragliatrice, 360 uf30

fidali f u r o n o giustiziati a g r u p p e t t i . Un s o t t o t e n e n t e a n d ò alla m o r t e canticchiando la canzone del Piave, un colonnello con la p i p a in bocca, tranquillamente. Cinquemila furono i massacrati della v e n d e t t a tedesca, 1.200 i c a d u t i in comb a t t i m e n t o . Ad a g g r a v a r e il bilancio della t r a g e d i a sopravv e n n e l'affondamento, p e r mine, di piroscafi che avrebbero d o v u t o t r a s p o r t a r e i superstiti nei lager tedeschi. Altri tremila m o r t i , in t u t t o 9.646. Il 25 s e t t e m b r e si a r r e s e a n c h e il presidio di Corfù, che p u r e nella fase iniziale degli scontri aveva catturato 400 prigionieri tedeschi. A Rodi l'ammiraglio Campioni aveva avviato trattative, ma il g e n e r a l e tedesco K l e e m a n d i m o s t r ò p r e s t o , o r d i n a n d o la o c c u p a z i o n e degli a e r o p o r t i , che tirava solo a g u a d a g n a r tempo. Tra l'altro Kleeman tese al generale Scaroina, che com a n d a v a la divisione Regina, un agguato in perfetto stile rinascimentale: invitatolo a p r a n z o , lo dichiarò p r i g i o n i e r o . Scaroina s'era fatto p r u d e n t e m e n t e scortare da alcune autoblindo, i cui equipaggi lo liberarono. Ma cadde in u n a seconda trappola. Intanto gli Stukas si avventavano su Rodi, gli inglesi comunicavano che p r i m a del 15 settembre n o n potevano far niente, e Campioni si rassegnò alla resa. Più ostinata fu la lotta a L e r o e a Samo, dove e r a n o sbarcati a n c h e contingenti inglesi, e dove l'ammiraglio Luigi Mascherpa era risoluto a n o n cedere. Ma poi i tedeschi dilagarono anche lì. C o n la loro resistenza, Campioni e Mascherpa avevano firmato la loro c o n d a n n a a morte, sanzionata da un iniquo processo. Solo in S a r d e g n a e in Corsica la vicenda armistiziale ebbe un esito fausto, soprattutto p e r c h é i tedeschi avevano deliberato di n o n chiudervisi a riccio. Al c o m a n d a n t e superiore in Sardegna, generale Basso, il c o m a n d a n t e tedesco della 9 0 divisione aveva chiesto semplicemente che gli si desse lib e r o passaggio p e r t r a s b o r d a r e in Corsica, e di là sul contin e n t e , le sue t r u p p e . Così avvenne. I tedeschi furono invece attaccati, in Corsica, dalle forze del generale Magli, che persero settecento u o m i n i negli scontri, ma n o n ebbero la forza di i m p e d i r e il deflusso delle unità in ritirata. a

31

Q u e s t a fu nelle sue linee generali la t r a m a dello sfacelo. Già nell'Italia della disfatta a b b i a m o riferito le cifre di cui p o t è vantarsi il C a p o di Stato M a g g i o r e della W e h r m a c h t , J o d l , tracciando un riassunto del d o p o 8 s e t t e m b r e . Disarm a t e s i c u r a m e n t e 51 divisioni italiane; d i s a r m a t e probabilm e n t e 29 divisioni; n o n disarmate 3; 547 mila prigionieri di cui 34.744 ufficiali. La débàcle ebbe i n n u m e r e v o l i strascichi i n d i v i d u a l i , e g e r m i n ò e p i s o d i tragici e g r o t t e s c h i . N o n m a n c a r o n o gesti, a n c h e sublimi, di eroismo e di orgoglio. Si uccisero a C a m e r i il c o l o n n e l l o pilota A l b e r t o F e r r a n o , a I v r e a il t e n e n t e c o l o n n e l l o d e i b e r s a g l i e r i A l e s s a n d r o del Piano; il t e n e n t e colonnello Davide Zannier, a d d e t t o al d e posito dell'8° alpini, a U d i n e , si sparò un colpo di pistola alla testa m e n t r e veniva d e p o r t a t o , ma m i r a c o l o s a m e n t e sopravvisse: questi ufficiali vollero darsi la m o r t e piuttosto che subire la c a t t u r a e la prigionia. Ma la condizione g e n e r a l e , p e r i soldati italiani, fu di sofferenza e di umiliazione. Quelli c h e n o n finirono in c a m p i di c o n c e n t r a m e n t o t e d e s c h i v e n n e r o ridotti alla condizione di paria, d o v u n q u e si trovassero. Il 4 gennaio 1944 Luigi Bolla a n n o t a v a sul suo diario che «a Belgrado i nostri soldati si aggirano in condizioni pietose, m e n t r e persino i russi sono stati rivestiti con le uniformi trovate, tra e n o r m i quantità di altro materiale, nei nostri magazzini militari in Serbia. Essi c o m p i o n o i lavori più umili, affamati e laceri c o m e sono, p e r g u a d a g n a r s i di che n o n morire». U n i c a r e m o r a alla d u r e z z a d i q u e s t o t r a t t a m e n t o fu, q u a n d o ci fu, l'umanità delle popolazioni che d i e d e r o p r o tezione e rifugio, c o n rischio g r a v e , agli s b a n d a t i . Ma lo spettacolo della i m m a n e rotta fu nel suo complesso miserevole, e il c o m p o r t a m e n t o dei capi militari - a n c h e q u i nel complesso - i n a d e g u a t o s e m p r e , vile nei casi peggiori.

CAPITOLO SECONDO

NASCE LA R E P U B B L I C A DI SALÒ

La liberazione di Mussolini dal G r a n Sasso fu d e t e r m i n a n t e p e r le vicende italiane d o p o l'8 settembre. Essa restituì al fascismo il suo capo, sia p u r e avvilito e d i m i n u i t o dalla sconfitta e dalla prigionia, consentì a Hitler di avere in Italia un vassallo d i g r a n d e prestigio, d i e d e u n simbolo e u n n o m e i m p o r t a n t i all'ultima, fosca versione del regime. Senza Mussolini, i tedeschi a v r e b b e r o d o v u t o affidarsi a un qualsiasi screditato e servile Quisling locale, un Farinacci, o un Ricci o un Buffarini Guidi: con Mussolini la R e p u b b l i c a di Salò p o t è v a n t a r e u n a c o n t i n u i t à e u n a legittimità; c e r t a m e n t e p o t è a n c h e o p p o r s i con q u a l c h e efficacia a t a l u n e e s t r e m e soperchierie dell'occupante, e f r a p p o r r e un diaframma, sia p u r e debole, tra l'ira tedesca e la p o p o l a z i o n e civile. T u t t o questo deve essere valutato: lo faremo. Un e l e m e n t o e m e r ge c o m u n q u e con molta chiarezza dalla cronaca degli avven i m e n t i : il p r o t a g o n i s t a della svolta, a p p u n t o Mussolini, lo fu controvoglia, p e r lo zelo soccorritore di Hitler, p e r l'incalzare dei fedelissimi, p e r u n a inerzia delle cose che superava di g r a n lunga, ormai, la volontà fiaccata e le ambizioni dell'idolo infranto. Il p r i g i o n i e r o e r a stato trasferito dalla M a d d a l e n a a C a m p o I m p e r a t o r e , sul G r a n Sasso, il 27 agosto. L'albergo in cui s'era deciso di alloggiarlo ospitava ancora, q u a n d o lo s p o s t a m e n t o fu a t t u a t o , villeggianti e militari in convalescenza: lo s i s t e m a r o n o p e r t a n t o , d u r a n t e cinque giorni, in u n a villetta, m e n t r e si provvedeva a s g o m b e r a r e la zona. Il 2 s e t t e m b r e Mussolini passò aììa. suite 201 dell'albergo: ingresso, soggiorno, d u e c a m e r e da Ietto e b a g n o . L'altopiano 33

di C a m p o I m p e r a t o r e è a oltre d u e m i l a m e t r i d'altezza, e vi si accedeva solo m e d i a n t e u n a funicolare che partiva dal sottostante paesino di Assergi. Agli ordini dell'ispettore capo di pubblica sicurezza Gius e p p e Gueli fu disposta nell'albergo, a t t o r n o ad esso, e nella vallata, la sorveglianza stretta e n u t r i t a di 250 carabinieri, che avrebbe d o v u t o i m p e d i r e ogni sorpresa. Tra l'altro u n a disposizione di B a d o g l i o p r e s c r i v e v a che in n e s s u n caso Mussolini dovesse r i g u a d a g n a r e la libertà: il che s e m b r a v a autorizzare, in caso di e m e r g e n z a , u n a esecuzione s o m m a ria. Ma l'8 settembre, e il caos che ne era derivato, avevano p r o d o t t o i loro effetti sia a Roma sia al G r a n Sasso. Un enigmatico r a d i o g r a m m a del C a p o della polizia C a r m i n e Senise, m e z z ' o r a p r i m a d e l colpo di m a n o di Skorzeny, raccom a n d a v a all'ispettore Gueli «massima p r u d e n z a » , il che p o teva significare che delle drastiche istruzioni di Badoglio, irraggiungibile nella sua «capitale» di Brindisi, n o n si dovesse più t e n e r conto. Certo è che Gueli aveva d a t o ai suoi u o m i n i istruzioni abb a s t a n z a singolari. «Armi a u t o m a t i c h e a c c a n t o n a t e nella cantina, chiuse nelle guaine e incappucciate, munizioni riunite, chiuse a chiave in u n a stanza (erano p o c h e ma n o n curai di d o m a n d a r n e altre); cani-poliziotto legati alla c a t e n a negli angoli m o r t i del fabbricato.» A t u t t o f a n n o p e n s a r e , queste disposizioni, t r a n n e che a u n a s t r e n u a volontà di resistenza, anche se lo stesso Gueli aveva assicurato che Campo I m p e r a t o r e e r a divenuto «un fortilizio inespugnabile». Il t r a t t a m e n t o riservato a Mussolini era tutt'altro che rigoroso. Privo di giornali, fu tuttavia autorizzato ad ascoltare la radio, ma n o n ne profittava s e m p r e . Saltava a volte i bollettini p e r c h é «tanto d a n n o solo b r u t t e notizie». Teneva un diario molto particolareggiato, a n n o t a n d o v i a n c h e le portate dei pasti, e leggeva Nietzsche. Si sentiva spettatore, e uscì dalla sua abulia solo q u a n d o s e p p e che s e c o n d o u n a r a d i o s t r a n i e r a e r a stata d e l i b e r a t a la sua c o n s e g n a agli anglo-americani. A n n o t ò che «è stato costituito un g o v e r n o 34

nazionale fascista il quale o p e r a in mio nome» e a g g i u n s e : «La cosa mi ha lasciato del t u t t o indifferente». Si è riferito anche di un tentativo di suicidio, tutt'altro che risoluto, con le lamette da barba, e della richiesta di u n a pistola al t e n e n te dei carabinieri Faiola, p e r potersi togliere la vita nel caso l'avessero voluto c o n s e g n a r e al «nemico». Ma e r a n o i gesti e gli impulsi di un u o m o che desiderava, più d'ogni altra cosa, di p o t e r r a g g i u n g e r e la Rocca delle Caminate, e là restare, se possibile, dimenticato e ignorato da tutti. N o n aveva fatto i conti con la frenetica volontà di Hitler, e con l'audacia degli u o m i n i cui era stato affidato il compito di scoprire la sua prigione, e di s t r a p p a r l o ad essa, ad ogni costo. Tre furono gli ideatori e realizzatori della missione; il generale Kurt Student, c o m a n d a n t e dei paracadutisti tedeschi nella zona di Roma, il m a g g i o r e H a n s Mors, un ufficiale di 33 a n n i d ' o r i g i n e svizzera che c o m a n d a v a il 1° battaglione del 7° r e g g i m e n t o nella 2 divisione paracadutisti, e infine il capitano delle SS Otto Skorzeny, un nazista austriaco dal fisico i m p o n e n t e e dal volto segnato dalla mensur. Nei resoconti del p r i m o m o m e n t o , e a n c h e in molta storiografia successiva, S k o r z e n y s'è a c c a p a r r a t o il m a g g i o r m e r i t o dell'impresa, p e r c h é a lui e r a n o spettate le pazienti ricerche di Mussolini d u r a n t e i 45 giorni di Badoglio, p e r ché fu lui a ripartire in volo dal G r a n Sasso con il Duce mett e n d o n e a r e p e n t a g l i o l'incolumità, e infine p e r c h é un suo libro di m e m o r i e , Missioni segrete, avallò u n a versione personalistica dei fatti. C o n dichiarazioni molto secche, Mors ha r i d i m e n s i o n a t o il r u o l o di q u e s t o c o r a g g i o s o «bravaccio»: «Non c'è d u b b i o che... q u e s t ' u o m o c o m p ì u n b u o n lavoro p r e p a r a t o r i o . A ciò c o m u n q u e si r i d u c e t u t t a la sua p a r t e p e r c h é , d a l m o m e n t o i n cui v e n n i c o n v o c a t o d a S t u d e n t , l'esecuzione del p i a n o e r a affidata a m e . Il servizio segreto delle SS aveva esaurito il suo compito. O r a toccava ai p a r a cadutisti». Mors stabilì che 12 alianti con un centinaio di u o m i n i a b o r d o si p o r t a s s e r o su C a m p o I m p e r a t o r e , vi a t t e r r a s s e r o a

35

in un fazzoletto di t e r r a nelle i m m e d i a t e vicinanze dell'albergo, e che c o n t e m p o r a n e a m e n t e il grosso del battaglione r a g g i u n g e s s e con lui la vallata e la stazione inferiore della funicolare p e r coadiuvare l'azione del r e p a r t o p i o m b a t o dal cielo. Il t e n e n t e von Berlepsch ebbe il c o m a n d o dei paracadutisti aviotrasportati. Skorzeny o t t e n n e di i m b a r c a r s i «in qualità di ospite» su u n o degli alianti, insieme ad alcuni elem e n t i delle SS. Fu c o m u n q u e delle SS l'idea di associare alla spedizione, volente o n o l e n t e , un ufficiale s u p e r i o r e italiano, cosicché i carabinieri di guardia, v e d e n d o l o , n o n osassero sparare. Lo scomodo ruolo toccò al generale F e r n a n d o Soleti che, convocato con un pretesto all'aeroporto di Pratica di Mare da dove gli alianti sarebbero decollati, fu spicciativamente informato del c o m p i t o che gli spettava: e fu cacciato su un aliante accanto a Skorzeny m e n t r e , secondo i ricordi di quest'ultimo, «il colore del suo viso diventa simile al grigioverde dell'uniforme». Dei dodici alianti, solo 9 g i u n s e r o felicemente alla meta: d u e si fracassarono c o n t r o il c r a t e r e lasciato da u n a b o m b a sulla pista, u n o s'infranse in atterraggio c a u s a n d o la m o r t e di tutti gli occupanti. Dai velivoli superstiti balzarono a terra, a r m i in p u g n o , paracadutisti e SS. Fu detto che i carabinieri e r a n o stati colti del tutto di sorpresa, il che sembra inverosimile data la lentezza di planata degli alianti, e la vigilanza che, anche p e r alcuni allarmi del mattino - il colpo avv e n n e alle 14 esatte del 12 settembre - era esercitata. Gueli faceva la p e n n i c h e l l a , e al t r a m b u s t o si affacciò, n u d o , alla finestra della sua camera: si affacciò a n c h e Mussolini e chiese al suo custode, maresciallo Antichi: «Sono inglesi?». «No eccellenza, sono tedeschi.» «Questa n o n ci voleva p r o p r i o » fu la p r i m a , significativa reazione di Mussolini. L'operazione procedette senza intoppi. S p i n g e n d o Soleti che gridava «non sparate» Skorzeny avanzò verso l'albergo, m e n t r e Gueli stesso si sbracciava a far s e g n o che n e s s u n o mettesse m a n o alle armi. Un colonnello a n d ò incontro ai tedeschi, e Skorzeny gli ingiunse di a r r e n d e r s i e di consegna36

re il Duce, lasciandogli un m i n u t o p e r decidere. Per tutta risposta il colonnello b r i n d ò , con un bicchiere di vino, «ai vincitori». U n a decina di m i n u t i d o p o lo sbarco, Skorzeny p o teva irrigidirsi nel saluto militare davanti a un Mussolini più rassegnato che entusiasta dicendogli: «Duce, il mio F ù h r e r mi ha inviato da voi p e r liberarvi. Siete libero». Mussolini lo abbracciò. «Sapevo che il mio amico Adolf H i t l e r n o n mi avrebbe abbandonato.» Il suo amico H i t l e r si p r e n d e v a c u r a di lui, fin t r o p p o . Mussolini avrebbe preferito r e s t a r e in Italia, ma gli o r d i n i del F ù h r e r e r a n o p e r e n t o r i : il Duce doveva essere trasportato al più presto in Germania. Per evitare possibili - anche se o r m a i e s t r e m a m e n t e improbabili - interventi delle forze «badogliane», era stato deliberato che dal G r a n Sasso Mussolini raggiungesse Pratica di Mare con u n a «cicogna» pilotata da un aviatore di eccezionali capacità, il capitano Heinrich Gerlach, che nel f r a t t e m p o aveva avuto l ' a r d i m e n t o e la capacità di a t t e r r a r e nel p r a t o d a v a n t i all'albergo. Un o p e r a t o r e del cinegiornale tedesco, arrivato con gli u o m i n i del m a g g i o r e Mors - che e r a n o saliti con la funivia - volle r i p r e n d e r e la scena, e il liberato c o m m e n t ò docilmente: «Fate di me ciò che volete». La «cicogna» era un piccolo biposto, e il decollo da Campo I m p e r a t o r e con il pilota e un passeggero presentava già difficoltà e n o r m i . Ma a q u e s t o p u n t o S k o r z e n y s'impose, n o n voleva consentire che la storia di quella liberazione fosse n a r r a t a senza di lui, e in m o d o diverso da come lui la voleva descrivere. Pretese di issarsi sull'aereo, b e n c h é Heinrich Gerlach tentasse di dissuaderlo. «Furono le insegne delle SS - ha scritto g i u s t a m e n t e A r r i g o Petacco - che i n d u s s e r o tutti ad accontentare q u e l l ' o m o n e il cui peso avrebbe potuto c o m p r o m e t t e r e tutto.» Skorzeny si accomodò alla meglio d i e t r o Mussolini, carabinieri e paracadutisti t r a t t e n n e r o la «cicogna» - un po' il sistema usato sulle p o r t a e r e i - m e n t r e G e r l a c h forzava il m o t o r e al m a s s i m o , poi l ' a p p a r e c c h i o prese velocità, si tuffò quasi nella valle, infine assunse un as37

setto n o r m a l e . Gerlach ce l'aveva fatta, d o p o p o c h e decine di m i n u t i la «cicogna» e r a a Pratica di Mare, e la sera stessa un t r i m o t o r e che l'attendeva depositò il liberato-ostaggio a Vienna. Hitler in p e r s o n a telefonò a Skorzeny p e r ringraziarlo, e dispose che fosse insignito seduta stante delle insegne di Cavaliere della Croce di ferro. Telefonò a n c h e al Duce, che si disse stanco, m a l a t o , e b i s o g n o s o s o p r a t t u t t o di un l u n g o sonno. Si b u t t ò vestito su un letto, e d o r m ì p r o f o n d a m e n t e . Gòbbels scrisse nel suo diario. «Vedremo se è ancora capace di un'attività politica su larga scala. Il F ù h r e r lo pensa». Il 13 settembre Mussolini fu trasferito a Monaco dove lo att e n d e v a n o la moglie e i figli minori. Si t r a t t e n n e con d o n n a Rachele, ascoltando i notiziari fascisti. N o n è chiaro se vide subito C i a n o , egli p u r e a M o n a c o . N o n gli fu c o m u n q u e concesso molto t e m p o p e r rilassarsi: il g i o r n o d o p o dovette rimettersi in viaggio p e r r a g g i u n g e r e a R a s t e n b u r g la «tana del lupo», il O u a r t i e r generale di Hitler. Lì si trovavano già alcuni g e r a r c h i fascisti: Farinacci, il ras di C r e m o n a , Aless a n d r o Pavolini, già m i n i s t r o della C u l t u r a P o p o l a r e e poi d i r e t t o r e del Messaggero, R e n a t o Ricci, già c a p o delle organizzazioni giovanili fasciste e ministro delle Corporazioni, e infine Giovanni Preziosi, antisemita fanatico, da Mussolini stesso definito «un essere r e p u l s i v o , v e r a figura di p r e t e spretato». Ad essi deve essere aggiunto Vittorio Mussolini, il p r i m o g e n i t o del Duce. Q u e s t i oltranzisti d e l r e g i m e , assai diversi p e r estrazione, cultura e influenza, e r a n o in G e r m a nia p r i m a dell'8 s e t t e m b r e , e n o n a p p e n a fu p r o c l a m a t o l'armistizio o r g a n i z z a r o n o , dal t r e n o speciale di H i t l e r in Prussia o r i e n t a l e , trasmissioni r a d i o con le quali facevano appello ai fedelissimi. In m a n c a n z a di meglio, i tedeschi vid e r o in loro il nucleo a t t o r n o al quale sarebbe stato possibile ricostituire un g o v e r n o fascista e u n a milizia c a p a c e di «garantire la sicurezza delle t r u p p e tedesche che combattono in Italia». Ma Gòbbels n o n si azzardava a pubblicare i n o 38

mi dei c o m p o n e n t i di q u e s t o r i n a t o g o v e r n o fascista «che d o r m o n o a t t u a l m e n t e sul p a v i m e n t o , al Q u a r t i e r generale», p e r c h é «sono t r o p p o poco importanti». A R a s t e n b u r g , il redivivo Mussolini d o v e t t e d u n q u e affrontare, in breve successione, Hitler e il g r u p p e t t o degli irriducibili: l'uno e gli altri risoluti a fare di lui lo s t r u m e n t o p e r la nascita e la crescita d e l l ' u l t i m o fascismo. L'incontro tra i d u e dittatori, e n t r a m b i , sia p u r e in m o d o molto diverso, avviati alla fine, d u r ò d u e ore. Si e r a n o salutati con g r a n de effusione, «un e s e m p i o di fedeltà tra u o m i n i e camerati che ha p r o f o n d a m e n t e commosso», scrisse Gòbbels. Mussolini e r a disorientato, e male informato, tanto che accingendosi al colloquio aveva p r e s o frettolosamente a p p u n t i spulc i a n d o giornali e d o c u m e n t i . Q u a n t o a Hitler, conservava p e r il c a m e r a t a italiano un p r o f o n d o affetto personale, c h e tuttavia n o n faceva velo ai suoi ultimi lampi di avidità politica. P r o p r i o quel 13 s e t t e m b r e aveva firmato un decreto in base al quale il T r e n t i n o passava alle d i p e n d e n z e del Gauleiter del Tirolo, Hofer, e la Venezia Giulia, con Trieste, oltre a u n a p a r t e del Veneto, veniva assoggettata al Gauleiter della Carinzia, Rainer. Q u e s t o sottofondo delle intenzioni naziste si rispecchiava in u n a osservazione di Gòbbels: «Per q u a n t o io sia commosso dal lato u m a n o della liberazione del Duce, sono tuttavia scettico p e r q u a n t o r i g u a r d a i vantaggi politici. Finché il Duce e r a fuori scena, p o t e v a m o avere le m a n i libere in Italia. A me sembrava che, oltre al Tirolo meridionale, il nostro confine avrebbe d o v u t o includere le Venezie. Ciò sarà difficilissimo nel caso che il Duce r i e n t r i nella vita politica». Lasciato Hitler, Mussolini i n c o n t r ò i g e r a r c h i in u n a saletta del Bunker, e parlò loro in m o d o tale da far capire che «si considerava o r m a i fuori dalla partita o a l m e n o desiderava restarvi». Pavolini gli si rivolse in termini netti: «Il governo provvisorio nazionale fascista a t t e n d e la ratifica del suo C a p o n a t u r a l e : solo d o p o si p u ò a n n u n c i a r e la composizione del governo». La m a t t i n a d o p o , Hitler e Mussolini s'in39

t r a t t e n n e r o a n c o r a , e il tedesco ebbe q u a l c h e osservazione agra: «Ma cos'era questo fascismo che si è dissolto come neve al sole? Per a n n i ho garantito ai miei generali che il fascismo era l'alleanza più sicura p e r il p o p o l o tedesco. N o n avete mai voluto d a r retta alla mia diffidenza verso la m o n a r chia... Vi confesso che noi tedeschi n o n abbiamo mai capito il vostro atteggiamento in questa materia». Q u i n d i Mussolini t o r n ò a Monaco, e da R o m a (15 settembre) fu a n n u n c i a t o che «Benito Mussolini ha ripreso oggi la s u p r e m a direzione del fascismo in Italia», che Pavolini era il segretario «provvisorio» del Partito fascista repubblicano, che la Milizia era ricostituita sotto il c o m a n d o di R e n a t o Ricci, che i funzionari pubblici dovevano r i p r e n d e r e i loro posti e che infine gli ufficiali delle Forze Armate e r a n o liberati dal g i u r a m e n t o p r e stato al Re. Per Mussolini era stata allestita u n a residenza nel castello di H i r s c h b e r g , nella foresta bavarese. Un telefono militare tedesco lo collegava con R a s t e n b u r g e con Roma, n o n aveva u n a segretaria tanto che il ministro Anfuso - che, lasciata la legazione di B u d a p e s t , l'aveva r a g g i u n t o - assunse le funzioni di «usciere, segretario e telefonista». In Baviera accorse anche Buffarmi Guidi, piccolo e adiposo Fouché del vecchio e del n u o v o fascismo. La sera del 18 s e t t e m b r e la radio fece u d i r e agli italiani, d o p o un l u n g o silenzio, quella inconfondibile voce, a p p a n n a t a d a l l ' a b b a t t i m e n t o e dalle frustrazioni. Un discorso piuttosto lungo, fatto di considerazioni e di rievocazioni più c h e di slogans. Il t r i b u n o aveva p e r s o il piglio i m p e r i o s o d ' u n t e m p o , spiegava e recriminava. «Camicie n e r e , italiani e italiane - disse - ... ho t a r d a t o qualche g i o r n o p r i m a di indirizzarmi a voi p e r c h é d o p o un p e r i o d o di isolamento m o rale e r a necessario c h e r i p r e n d e s s i c o n t a t t o col m o n d o . » Rievocò il 25 luglio, affermando che «è già accaduto in pace e in g u e r r a che un ministro sia dimissionato, un c o m a n d a n te silurato, ma è un fatto unico nella storia che un u o m o il quale, come colui che vi parla, aveva p e r v e n t u n a n n i servi40

to il Re con assoluta, dico assoluta lealtà, sia fatto a r r e s t a r e sulla soglia della casa p r i v a t a del Re, costretto a salire su u n ' a u t o a m b u l a n z a della Croce Rossa col pretesto di sottrarlo a un c o m p l o t t o , c o n d o t t o a velocità pazza p r i m a in u n a , poi in altra caserma dei carabinieri». Rese o m a g g i o all'amicizia tedesca, spiegò che «nella notte dall'11 al 12 settembre feci s a p e r e che i nemici mai mi a v r e b b e r o a v u t o vivo nelle loro m a n i » . Si scagliò q u i n d i c o n t r o i Savoia c h e a v e v a n o «voluto p r e p a r a t o ed organizzato anche nei minimi dettagli il colpo di Stato, complice ed esecutore Badoglio, complici t a l u n i g e n e r a l i imbelli ed imboscati e t a l u n i invigliacchiti elementi del fascismo». E concluse, sull'argomento: «Quando u n a m o n a r c h i a m a n c a a quelli che sono i suoi compiti, essa p e r d e ogni ragione di vita». E n u n c i ò q u i n d i i q u a t t r o p u n t i sui quali si sarebbe fondata l'attività dello Stato che egli intendeva i n s t a u r a r e e che «sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini». 1) R i p r e n d e r e le a r m i al fianco della G e r m a n i a , del G i a p p o n e e degli altri alleati; 2) P r e p a r a r e la riorganizzazione delle Forze A r m a t e a t t o r n o alle formazioni della Milizia; 3) Eliminare i traditori e in p a r t i c o l a r e m o d o quelli che fino alle o r e 21,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nelle file del p a r tito e sono passati nelle file del nemico; 4) A n n i e n t a r e le plutocrazie parassitarie e fare del lavoro, finalmente, il soggetto dell'economia e la base infrangibile dello Stato. L'accenno ai traditori del G r a n Consiglio p r e a n n u n c i a v a il peggio; ma Ciano vide tre volte, in quei giorni, il suocero, che gli diede assicurazioni quasi affettuose, e p r o m i s e di p a r l a r coi t e d e schi p e r chiarire la sua (di Ciano) posizione. Gòbbels schiumava di rabbia p e r l'indulgenza di Mussolini. «Edda - scriveva - è riuscita a m u t a r e radicalmente l'opinione del Duce r i g u a r d o a Ciano» che «è r i e n t r a t o nelle b u o n e grazie del Duce.» S e m p r e svogliato, ma o r m a i n o n più riluttante, Mussolini dovette p a r t e c i p a r e , con l u n g h e comunicazioni telefoni41

c h e dal castello di HLrschberg, al complesso lavorìo p e r la formazione di un g o v e r n o fascista. Gli aspiranti agli incarichi di maggior spicco si p e r d e v a n o in b e g h e stizzose e futili, e p e r altri incarichi era impossibile trovare candidati decenti. In particolare era necessario attribuire a un u o m o di p r e stigio il Ministero della G u e r r a , e colui che sarebbe stato più gradito ai tedeschi, il maresciallo Cavallero, si era o era stato suicidato. Questa trama triangolare - Rastenburg, Hirschberg, l'ambasciata tedesca a Roma - vide alla ribalta, p e r p a r t e tedesca, d u e p e r s o n a g g i che nella vita della R e p u b b l i c a di Salò a v r e b b e r o a v u t o u n a p a r t e d i p r i m i s s i m o p i a n o : Rud o l p h R a h n , ambasciatore presso Mussolini - in effetti un p l e n i p o t e n z i a r i o in paese o c c u p a t o - e il g e n e r a l e delle SS Karl Wolff. Albert Kesselring, c o m a n d a n t e militare - d o p o il p r o g r e s s i v o d i s i n t e r e s s e p e r gli affari italiani del m a r e sciallo Rommel, che era a capo del g r u p p o a r m a t e B e come tale ebbe t e m p o r a n e a giurisdizione sull'Italia settentrionale era il terzo c o m p o n e n t e del triumvirato tedesco. Ma di Kesselring già e r a n o n o t e sia le capacità militari - c h e nella c a m p a g n a d'Italia ebbero straordinaria dimostrazione - sia l ' a t t a c c a m e n t o al n a z i s m o , sia, p e r altro verso, u n a c e r t a malleabilità nei r a p p o r t i con il paese «traditore». In contrasto con R o m m e l , che voleva l'immediato a b b a n d o n o di Roma, egli decise di c o n t r a s t a r e gli Alleati al sud, e i risultati che o t t e n n e gli d i e d e r o ragione. R a h n e r a u n diplomatico d i carriera, q u a r a n t a c i n q u e n n e : aveva c o l l a b o r a t o , all'ambasciata di Parigi, con O t t o Abetz, p r o c o n s o l e d i H i t l e r i n Francia, e d aveva d u n q u e l u n g a pratica di r a p p o r t i con governi vassalli. Luigi Bolla, un diplomatico italiano che servi a Salò, ne ha lasciato questa d e s c r i z i o n e : «Colto, i n t e l l i g e n t e , versatile, con larga esperienza di uomini, n o n corrispondeva affatto allo stereotipo del tedesco e tanto m e n o a quello del Gauleiter, p u r ess e n d o capace di pesanti durezze. Sensibile a spunti culturali e a richiami storici, r a r a m e n t e si trincerava dietro ordini su42

p e r i o r i , m a a l t r e t t a n t o r a r a m e n t e assumeva u n a posizione che desse qualche affidamento». D'accordo con Hitler, R a h n aveva stabilito che il g o v e r n o fascista, c o m u n q u e e da chiunq u e fosse composto, n o n sarebbe t o r n a t o a Roma. Wolff e r a un ufficiale delle SS del tipo b u r o c r a t i c o p i ù che del tipo fanatico o sadico. Diresse la polizia nazista in Italia con efficienza distaccata e con l'occhio volto alle p r o spettive future. L'Italia poteva essere, come ha scritto Bocca nella sua Storia dell'Italia partigiana, «il p a e s e d o v e si p u ò trattare con la Chiesa, e attraverso la Chiesa con gli Alleati. E così p r o p r i o il r a p p r e s e n t a n t e della spietata r e p r e s s i o n e poliziesca sarà fra gli iniziatori del d o p p i o gioco». Più volte Wolff nella sua c a r r i e r a aveva a v u t o occasione di v e d e r e Mussolini: aveva assicurato i servizi di sicurezza p e r le visite del Duce in G e r m a n i a , e aveva a c c o m p a g n a t o Hitler in Italia nel '38 e nel '40. La lista dei ministri e r a stata compilata - con la collabor a z i o n e di Pavolini, che già s'era precipitato a R o m a a riap r i r e gli uffici del Partito a Palazzo Wedekind - tra «lamentevoli i n c e r t e z z e e incoerenze» s e c o n d o u n ' e s p r e s s i o n e di R a h n in un t e l e g r a m m a a B e r l i n o . G u i d o Buffarmi G u i d i ebbe gli I n t e r n i , F e r n a n d o Mezzasoma la C u l t u r a Popolare, il che ne faceva il responsabile della p r o p a g a n d a , Domenico Pellegrini G i a m p i e t r o , u n b u o n tecnico, l e F i n a n z e , Carlo Alberto Biggini, u n g a l a n t u o m o , l ' E d u c a z i o n e N a z i o n a l e , d u e ufficiali di secondo piano, l'ammiraglio L e g n a n i e il generale Botto, la Marina e l'Aeronautica. Sottosegretario alla p r e s i d e n z a (tralasciamo alcuni dicasteri di m i n o r e rilievo, affidati a u o m i n i che ne avevano ancor meno) fu il p l u r i d e corato Francesco Maria B a r r a c u . N o n s'era trovato un titolare a d e g u a t o p e r gli Esteri, a n c h e p e r c h é Anfuso l'unico t r a i «grandi» di Palazzo Chigi che si fosse s c h i e r a t o c o n Mussolini, era stato destinato alla vitale ambasciata di Berlin o . Mussolini fu d u n q u e il titolare degli Esteri, la cui r e sponsabilità effettiva toccò a Serafino Mazzolini, un marchigiano c i n q u a n t e n n e e scapolo che era a p p r o d a t o alla carrie43

ra d i p l o m a t i c a dalle file d e l Partito nazionalista, grazie a u n a legge speciale del 1928, e che era diventato un efficiente funzionario. Mazzolini, nella estate del '42 indicato c o m e a m m i n i s t r a t o r e civile dell'Egitto, qualora le a r m a t e italo-tedesche l'avessero conquistato, era un m o d e r a t o di b u o n senso, cui sarebbe toccato il c o m p i t o di scontrarsi con R a h n e di p r o t e g g e r e , o tentar di p r o t e g g e r e , i 600 mila soldati italiani internati in G e r m a n i a . Restava il p r o b l e m a del m i n i s t e r o chiave, la G u e r r a , e alla fine fascisti e tedeschi si risolsero quasi p e r disperazion e , a offrirne la p o l t r o n a ai maresciallo Graziani, che negli ultimi t e m p i del r e g i m e e r a c a d u t o in disgrazia e faceva il C i n c i n n a t o nella sua t e n u t a in Ciociaria. P r o p r i o lì lo ragg i u n s e il 22 s e t t e m b r e B a r r a c u , l a t o r e di un messaggio di Mussolini. Graziani rifiutò l'offerta. Ma q u a n d o B a r r a c u gli disse che «il vostro rifiuto p o t r e b b e essere g i u d i c a t o p a u ra», cedette. Era scattata in lui u n a duplice molla psicologica: voleva d i m o s t r a r e di n o n essere - c o m e da t e m p o si andava r i p e t e n d o , d o p o la miserevole azione di c o m a n d o in Libia - un p a v i d o e un i n c a p a c e , e voleva o p p o r r e la sua c o e r e n z a cristallina al « t r a d i m e n t o » d e l l ' o d i a t o rivale Bad o g l i o . Si r e c ò n e l l ' a m b a s c i a t a tedesca d o v e R a h n gli ric o r d ò che «l'Italia è stata dichiarata t e r r a di p r e d a bellica» e che se nessun u o m o di prestigio avesse accettato di riscatt a r n e l'onore la sua sorte sarebbe stata simile a quella della Polonia. T r i o n f a l m e n t e , n e l p o m e r i g g i o , R a h n p o t è telegrafare a Berlino che «l'operazione è avvenuta secondo i piani» e che «solo io sono stato capace di p e r s u a d e r e Graziani a e n t r a r e nel G o v e r n o un m i n u t o p r i m a della pubblicazione del comunicato». Mussolini avallò la sera stessa la lista completa, e il 23 sett e m b r e volò da Monaco a Forlì p e r trascorrere un ulteriore p e r i o d o di riflessione alla Rocca delle C a m i n a t e . Lì, il 27 s e t t e m b r e , fu convocato il p r i m o Consiglio dei ministri nel corso del quale Mussolini affermò che la m a t t i n a del 25 luglio «il tricolore sventolava a n c o r a a Rodi, a T i r a n a , a Lu44

biana, a Spalato, in Corsica, nel Varo», e che d u e mesi d o p o «il nemico occupa un terzo del territorio nazionale e tutte le n o s t r e posizioni fuori dal t e r r i t o r i o n a z i o n a l e s o n o state sgombrate». Era necessario anzitutto, a g g i u n s e , «dare cordiale e pratica collaborazione alle a u t o r i t à tedesche», organizzare un n u o v o sforzo militare e « p r e p a r a r e la Costituzione c h e d o v r à c o n s a c r a r e il p r o g r a m m a del Partito con la creazione dello Stato fascista repubblicano». Occorreva stabilire la sede del g o v e r n o di quella che, dopo un paio di r i p e n s a m e n t i , fu d e f i n i t i v a m e n t e battezzata R e p u b b l i c a Sociale Italiana. Mussolini voleva R o m a , ma i t e d e s c h i su q u e s t o f u r o n o i n t r a n s i g e n t i : n o n ci pensasse n e p p u r e . Fu p r e s a in considerazione Belluno, affinché i ministri vassalli fossero vicino al Q u a r t i e r g e n e r a l e di R o m mel, ma Mussolini c o n t r o p r o p o s e M e r a n o o Bolzano, il che avrebbe riacceso la questione dell'Alto Adige. F i n a l m e n t e i tedeschi si o r i e n t a r o n o verso la zona del G a r d a , con il d e c e n t r a m e n t o dei ministeri in località a n c h e lontane. Un com u n i c a t o a n n u n c i ò che «come risultato della dichiarazione di R o m a città aperta, il g o v e r n o fisserà la sua sede in un'altra località vicina al Q u a r t i e r generale delle Forze Armate». Fino all'ultimo c o m u n q u e i fascisti furono t e n u t i all'oscuro del definitivo r e s p o n s o tedesco, tanto che il cinque ottobre Mussolini dichiarava al suo n u o v o s e g r e t a r i o p e r s o n a l e , il p r e f e t t o G i o v a n n i Dolfin, che « d o m a n i o d o p o d o m a n i mi trasferirò nella località prescelta... I g n o r o fino a questo m o m e n t o dove sia ubicata, è c o m u n q u e sulla s p o n d a occidentale del Garda». Il 10 ottobre si installò nella Villa Feltrinelli di G a r g n a n o . Gli Esteri e la C u l t u r a Popolare furono sistem a t i a Salò, la P r e s i d e n z a del Consiglio a Bogliaco, gli I n terni e il Partito a M a d e r n o , l'Economia a Verona, l'Agricolt u r a a Treviso, l ' E d u c a z i o n e N a z i o n a l e a Padova, i L a v o r i Pubblici a Venezia, i dicasteri militari a C r e m o n a , Monza, Asolo, Iseo, Milano, Montecchio, Vicenza, la Giustizia a Brescia, i n s o m m a e r a u n a galassia di centri di p o t e r e che n o n avevano p o t e r e , e che e r a n o p e r lo più nella impossibilità di 45

c o m u n i c a r e t r a loro. Intensificandosi i b o m b a r d a m e n t i alleati, e p e g g i o r a n d o le condizioni dell'Italia, a c c a d d e c h e un ministro dovesse affrontare u n o o d u e giorni di viaggio p e r a n d a r e in u d i e n z a da Mussolini, e riferirgli. Il centro di questo universo incoerente era la Villa Feltrinelli, «arredata m o d e s t a m e n t e , quasi v o l g a r m e n t e - nel ricordo di un testim o n e che la frequentò allora - piccoli corridoi, g r a n d i stanze d i s a d o r n e , aria di sala d'aspetto presso un medico di p r o vincia». Lì era r i n t a n a t o , rifiutando quelle attività fisiche di cui un t e m p o si compiaceva, il Duce che - s e m p r e secondo 10 stesso testimone - fisicamente appariva ristabilito d o p o il t r a u m a della destituzione e della prigionia ma «le m a n i sono piccole e vizze e lo s g u a r d o rivela la presenza costante di u n o strazio intimo, m a l g r a d o che talvolta i suoi occhi sprizzino ancora delle scintille». Villa Feltrinelli era vigilata da 30 SS della g u a r d i a personale di H i t l e r - solo p i ù t a r d i un r e p a r t o italiano p o t è affiancarsi ai tedeschi - e un pezzo antiaereo era stato installato sul tetto. A l m e n o in un p r i m o m o m e n t o l'unico collegam e n t o con l'esterno era assicurato da un telefono da c a m p o sotto sorveglianza tedesca, e contrassegnato dal n o m e in codice Batavia. C o n l'assestamento della organizzazione gli uffici del D u c e f u r o n o installati nella Villa delle O r s o l i n e , a 600 metri di distanza, e a Villa Feltrinelli rimase la sua residenza privata. I veri p a d r o n i , i tedeschi, e r a n o a p p o s t a t i nei d i n t o r n i , t r a n n e Kesselring che aveva m a n t e n u t o il Q u a r t i e r generale a Frascati. R a h n e l'ambasciata e r a n o nella Villa Bassetti a Fasano, Wolff e i suoi accoliti a G a r d o n e (successivamente a Desenzano), i servizi di sicurezza a Verona, il plenipotenziario militare g e n e r a l e Toussaint nei pressi di Verona. R o m mel restò a B e l l u n o fino a q u a n d o , in n o v e m b r e , t o r n ò in G e r m a n i a , il che segnò il passaggio di tutti i poteri militari a Kesselring. Il colonnello J a n d l , ufficiale di collegamento, fu a d d e t t o alla p e r s o n a di Mussolini ed era, in questo incarico, 11 p i ù elevato in g r a d o . A lui d o b b i a m o un r e s o c o n t o della 46

routine di Mussolini, presto n o n molto dissimile, negli orari, da quella ch'egli seguiva a Palazzo Venezia: «Va r e g o l a r m e n te in ufficio alle 8,45 e riceve i visitatori fino alle 2-2,30. Fa u n a breve p a u s a di circa mezz'ora a mezzogiorno e nel p o meriggio continua a lavorare di solito fino alle 9. Spesso lavora di notte p e r conto p r o p r i o . R e c e n t e m e n t e ha lavorato fino alle 6 del mattino. Capita sovente che si ritiri p r i m a di mezzanotte, si alzi alle 4, faccia un p o ' di lavoro fino alle 5, e d o r m a ancora un po'». U n a giornata intensa e insieme vuota. Il Duce riceveva, esortava, scriveva, e m a n a v a ordini, ma t u t t o q u e s t o m a n c a v a di r i s o n a n z a e di r i s p o n d e n z a . Trascorreva ore oziose, a fissare il m u r o , o in letture v a g a m e n t e filosofiche. C o m e gli era accaduto in tutta la vita, n o n aveva amici e n o n ne cercava. Era finito e lo sapeva. Unica vera p a s s i o n e e interesse, gli e r a r i m a s t o il g i o r n a l i s m o . La sua scrittura era s e m p r e diretta, efficace, polemica. A t t o r n o a lui brulicavano a n c o r a passioni e interessi. Se Dolfin, prefetto e console della Milizia, era il segretario ufficiale, il figlio Vittorio istituì presto un d o p p i o n e a n o m a l o di segreteria affollata di sportivi - che e r a n o i suoi c o m p a g n o ni abituali - e di parenti; tra essi il figlio di A r n a l d o , Vito, e il cognato Vanni T e o d o r a n i . Di Vittorio Mussolini il già citato diplomatico Bolla scrisse, in un suo diario, che «è u n o dei p i ù grossi beceri che esistano sulla faccia della terra» e che «ne c o m b i n a di tutti i colori, in p a r t e p e r virtù p r o p r i a , in p a r t e p e r s p i n t a del suo s e g u i t o di atleti e p u g i l a t o r i , ex c o m p a g n i di palestra». (Ma delle d u e , l'una: o il ritrattista ha calcato la m a n o , o il ritrattato, con l'esperienza, maturò.) Era così nata la Repubblica di Salò. Ma la sua capitale - o meglio l'arcipelago delle sue capitali - n o n ne i n t e r p r e t a v a e s a t t a m e n t e né la sostanza né l'anima. Anzi le a n i m e , p e r ché in questa estrema versione del fascismo confluirono cinq u e filoni fondamentali. V ' e r a n o i fanatici, mossi da u n a fede fascista cieca e da un odio violento p e r i badogliani, che cercavano più la v e n d e t t a che la rivincita b e n s a p e n d o - alm e n o gli intelligenti - che la rivincita e r a un sogno irrealiz47

zabile. Il fanatismo divenne violenza e crudeltà a n c h e in uomini c h e , c o m e A l e s s a n d r o Pavolini, a v e v a n o sensibilità e cultura. V ' e r a in loro u n a sorta di ansia di distruzione e di autodistruzione, di p r o p e n s i o n e al s a n g u e e di aspirazione all'olocausto. E strano che alla schiera degli irriducibili votati alla m o r t e abbiano finito p e r aggregarsi individui che n o n avevano alcun motivo razionale p e r farlo, un ex comunista come Nicola Bombacci e un ex perseguitato c o m e Carlo Silvestri. I fanatici c r e d e v a n o al fascismo r i g e n e r a t o a n c h e se s o c c o m b e n t e , purificato p r i m a della f i n e d a u n lavacro d i sangue, dei nemici e suo. Poi v'erano i servi o m a n u t e n g o l i dei tedeschi, alla Buffar m i G u i d i (e via via s c e n d e n d o l u n g o la scala gerarchica e u m a n a ) , che si p r e s t a v a n o ai bassi servizi d e l l ' o c c u p a n t e , tessevano i l o r o i n t r i g h i , e s p r i m e v a n o la l o r o a b b i e z i o n e , avidi del briciolo di p o t e r e e delle ricchezze che in quel m o m e n t o p o t e v a n o accaparrarsi, illudendosi di p o t e r nell'ora u l t i m a sfuggire, c o n chissà q u a l e s t r a t a g e m m a e c o m p r o messo, alle r a p p r e s a g l i e . Sia a t t o r n o ai fanatici, sia a t t o r n o ai r e g g i c o d a dei nazisti, si a g g r u m ò fisiologicamente u n a c o r t e dei miracoli di spie professionali, di t o r t u r a t o r i p e r vocazione, di sadici, di s g h e r r i ignobili, di a v v e n t u r i e r i , di delinquenti cui era stata concessa licenza di uccidere. T e r z o : i benintenzionati, politici, intellettuali, professori che e s p r i m e v a n o la ribellione al voltafaccia di Badoglio più che l'adesione al tedesco e al peggiore fascismo, c o m e il filosofo G i o v a n n i Gentile, il futurista M a r i n e t t i , il p i t t o r e e scrittore A r d e n g o Soffici, i giornalisti Ojetti, Barzini senior, Pettinato, Amicucci, qualche insigne cattedratico come Giov a n n i Brugi, titolare della c a t t e d r a di a n a t o m i a all'Università di Siena. Q u a r t o : i militari - spesso più degni, nelle motivazioni e nelle reazioni, dei generali dai quali era stato affollato il molo di O r t o n a a Mare d u r a n t e la fuga del Re e di Badoglio che n o n accettavano né la sconfitta né il t r a d i m e n t o dell'alleato. Avevano il loro capofila in Graziani, p e r a l t r o esempla48

re spurio p e r c h é la sua conversione a Salò era stata esitante e quasi estorta, e il loro u o m o p i ù r a p p r e s e n t a t i v o nel com a n d a n t e J u n i o Valerio Borghese. V ' e r a n o infine fascisti di s e c o n d o p i a n o e b u r o c r a t i che p e r c o n t i n g e n z e occasionali, p e r ragioni personali, m a g a r i p e r debolezza o p e r m o m e n t a n e a comodità, nei casi migliori p e r la convinzione di riuscire a mitigare le c o n t r o m i s u r e tedesche, a c c e t t a r o n o la «Repubblica Sociale» spesso senza capire cosa essa fosse e s o p r a t t u t t o cosa sarebbe diventata. Q u e s t a schematizzazione è, a p p u n t o p e r c h é tale, incompleta. In quel crogiuolo che fu il fascismo di Salò è possibile ind i v i d u a r e altri s p u n t i e fermenti. Ma senza d u b b i o le categorie elencate furono le più evidenti. Nei giorni che Mussolini aveva trascorso in G e r m a n i a e alla Rocca delle Caminate le federazioni fasciste si e r a n o riap e r t e u n po' d o v u n q u e p e r iniziativa d i elementi disparati. F u r o n o r i e s u m a t i i n o m i dei vecchi r e p a r t i , alcuni prefetti dovettero fare, con le b u o n e o con le cattive, le valigie. Riem e r s e r o da a n n i di oscurità, carichi di r a n c o r e , squadristi della p r i m a o r a che il fascismo legalitario degli a n n i T r e n t a aveva emarginato. Tra questi u o m i n i emergenti merita u n a citazione p a r t i c o l a r e , p e r la d u r e z z a con cui si impossessò - assenzienti i tedeschi, è ovvio - delle leve di c o m a n d o , o a l m e n o d i quelle p o c h e leve d i c o m a n d o c h e l ' o c c u p a n t e concedeva ai suoi servi, Piero Cosmin, inviato a Verona cas u a l m e n t e la vigilia dell'8 settembre con un incarico a m m i nistrativo. Il Cosmin, g r a n d e invalido della g u e r r a di Spagna, s u p e r d e c o r a t o , tubercolotico all'ultimo stadio, d i v e n n e il ras di Verona, a stretto contatto con i più alti c o m a n d a n t i tedeschi. La sua influenza decise o a l m e n o accelerò la sorte dei c o n d a n n a t i del G r a n Consiglio. A B o l o g n a le file del r i s o r g e n t e fascismo si r a d u n a r o n o a t t o r n o a Giorgio Pini, divenuto direttore del Resto del Carlino, e al r e t t o r e dell'Università Goffredo C o p p o l a ; a Milano a t t o r n o al cieco di g u e r r a Carlo Borsani. Ma la Toscana ebbe un r u o l o p r e m i n e n t e nella rinascita fascista, con Pavoli49

ni, Buffarini Guidi e Ricci. Alcuni tra i p r o m o t o r i della «rigenerazione» del partito credevano in u n a politica di unione nazionale e di «dimentichiamo le divisioni del passato», ma Pavolini p r e m e v a in senso o p p o s t o , e o t t e n n e p o i che Mezzasoma desse disposizione ai quotidiani affinché fossero evitati «gli appelli p e r la pacificazione delle m e n t i e la concordia degli spiriti, p e r la fraternizzazione degli italiani». Il revival fascista n o n procacciò alcuna delle massime cariche a colui che, p e r il suo passato, p e r i suoi «meriti» ante e d o p o la Marcia su Roma, e per la fedeltà ai tedeschi, sembrava il più qualificato ad averne: R o b e r t o Farinacci. Q u e sto instancabile seccatore n o n riuscì a vincere l'ostilità che il D u c e covava da s e m p r e c o n t r o di lui, e che n e p p u r e le d r a m m a t i c h e contingenze politiche del m o m e n t o gli facevano s u p e r a r e . U n a lettera del 21 s e t t e m b r e '43 a Mussolini ancora in G e r m a n i a attesta la frustrazione e l'ira del gerarca: «Questa notte ho p r o f o n d a m e n t e meditato su tutto e ho deciso la mia linea di condotta: salvare soltanto la mia famiglia dalla inevitabile catastrofe. Sì, caro presidente, i tuoi ultimi orientamenti n o n lasciano alcuna speranza nei tuoi vecchi fedeli camerati». Q u i n d i Farinacci t o r n ò a C r e m o n a , scortato e p r o t e t t o dai tedeschi, riprese le pubblicazioni del suo quotidiano II Regime fascista con un articolo, «Eccomi di ritorno», sostenne s e m p r e le tesi dell'occupante, e si affannò a d i m o s t r a r e di n o n avere accumulato profitti illeciti. I n s i e m e alle organizzazioni fasciste, che a Palazzo Wed e k i n d facevano solo n o m i n a l m e n t e capo, e che e r a n o tante r e p u b b l i c h e t t e nella r e p u b b l i c h i n a , proliferò u n a m i r i a d e di corpi a r m a t i a u t o n o m i e spesso c o n c o r r e n t i : la Decima Mas di Borghese, i battaglioni (di paracadutisti e bersaglieri) che ufficiali «puri e duri» costituivano q u a e là attingendo alle file degli i n t e r n a t i in G e r m a n i a o r e c l u t a n d o g e n t e con l'assistenza del tedesco, la Legione Muti di Colombo (un sergente proclamatosi colonnello) a Milano, le SS Italiane, e poi le polizie private, predatrici o torturatrici, o l'una e l'altra cosa insieme. La Repubblica e il caos.

CAPITOLO TERZO

NASCE LA RESISTENZA

Il C o m i t a t o di L i b e r a z i o n e N a z i o n a l e (CLN) fu costituito a Roma, in un alloggio di via Adda, alle 14,30 del 9 settembre 1943. Esso nacque da u n a r i u n i o n e del «Comitato delle opposizioni» cui p a r t e c i p a r o n o l ' i n d i p e n d e n t e Ivanoe Bonomi, il democristiano Alcide De Gasperi, il liberale Alessandro Casati, il socialista Pietro Nenni, il comunista M a u r o Scoccimarr o , infine Ugo La Malfa del Partito d'azione. I p r e s e n t i a p p r o v a r o n o u n a dichiarazione che diceva: «Nel m o m e n t o in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale p e r chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e p e r r i c o n q u i s t a r e all'Italia il p o s t o che le c o m p e t e nel consesso delle libere nazioni». N o n fu inserita nel testo la d i c h i a r a z i o n e a n t i m o n a r c h i c a che La Malfa avrebbe voluta e che n o n andava a genio né a Bonomi, né a Casati, e in definitiva n e m m e n o a De Gasperi. Al Comitato aderì poi Meuccio Ruini (Democrazia del lavoro). Q u e s t ' u l t i m a formazione politica aveva caratteri blandam e n t e socialdemocratici, m e n t r e il Partito d'azione si p o n e va su posizioni di intransigente moralismo e chiedeva «l'instaurazione di un r e g i m e repubblicano, la nazionalizzazione di tutti i g r a n d i complessi finanziari assicurativi e industriali p e r r e c i d e r e alle sue radici ogni p o t e n z a reazionaria del g r a n d e capitale, la restituzione alla collettività di tutte le ricchezze i n d e b i t a m e n t e ad essa sottratte con la complicità del fascismo». Liberali, socialisti e c o m u n i s t i a p p r o d a v a n o al CLN con le loro b e n definite ideologie - a n c h e se in c a m p o socialista si scontravano, secondo tradizione, i massimalisti e 51

i riformisti - e i democristiani vi p o r t a v a n o l'eredita del Partito p o p o l a r e arricchita dalle spinte sociali di un neoguelfismo populista. Sul p r o b l e m a istituzionale la DC era il partito p i ù l a c e r a t o : m o n a r c h i c i e r e p u b b l i c a n i vi convivevano, e De Gasperi esortava infatti ad accantonarlo, quel p r o b l e m a , fino a d o p o la g u e r r a . Al CLN B o n o m i r i v e n d i c ò il diritto d'essere c o n s i d e r a t o «l'unica organizzazione capace di assicurare la vita del paese». G r a n g a l a n t u o m o , ma un p o ' p r o p e n s o ad enfatizzare, B o n o m i aveva a z z a r d a t o , così d i c e n d o , u n a affermazione p r e s u n t u o s a . Il CLN n o n p o t è , nella fase d'avvio della sua esistenza (e in verità n e m m e n o nelle successive) assicurare nulla: e n o n fu, a l m e n o inizialmente, l'elemento p r o p u l s o r e dei p r i m i nuclei ed e p i s o d i di ribellione alla d o m i n a z i o n e nazista e alla rinascita fascista, che si s v i l u p p a r o n o p e r germinazione s p o n t a n e a . E sintomatico che, spentisi i combatt i m e n t i i m p e g n a t i dalle t r u p p e della difesa di R o m a e da cittadini animosi - tra essi S a n d r o Pertini - a Porta San Paolo, Roma e l'area circostante abbiano m a n c a t o di veri e p r o p r i fatti d ' a r m e c o n t r o l'occupante, attaccato da «commandos» p e r il sabotaggio e il t e r r o r i s m o : quei fatti d ' a r m e che si s v i l u p p a r o n o invece al sud, in c o n t i g u i t à della linea del fronte, o al n o r d . D u e tipi diversi di Resistenza, originati da circostanze molto dissimili. Al sud la popolazione insorse contro i tedeschi in ritirata che, r i p i e g a n d o passo passo sotto l'incalzare degli a n g l o americani - bloccati poi a Cassino - compivano le loro ultime v e n d e t t e e distruzioni. N o n p r i m a in o r d i n e di t e m p o , ma p i ù i m p o r t a n t e delle a l t r e , fu la rivolta di N a p o l i , c h e Hitler avrebbe voluto divenisse «fango e cenere» e che e r a stata sottoposta agli o r d i n i del colonnello H a n s Scholl, un p r u s s i a n o d u r o . Costui aveva fatto s a p e r e , il 12 s e t t e m b r e , che «chiunque agisca a p e r t a m e n t e o s u b d o l a m e n t e c o n t r o le Forze A r m a t e g e r m a n i c h e v e r r à p a s s a t o p e r le armi» e che «il luogo del fatto e i d i n t o r n i i m m e d i a t i del nascondiglio dell'autore v e r r a n n o distrutti e ridotti in rovine». A ri52

morchie, del tedesco, si fecero vivi a n c h e i fascisti e un n o n meglio identificato Tilena esortò il 24 settembre i napoletani a «tutto osare» p e r difendere «la regina del M e d i t e r r a n e o che le forze plutocratiche c r e d o n o di avere in loro assoluto e definitivo dominio». Scholl e m a n ò il 22 s e t t e m b r e un b a n d o p e r il servizio obbligatorio del lavoro, r i g u a r d a n t e tutti gli u o m i n i dai 18 ai 33 a n n i : su t r e n t a m i l a «precettati» solo 150 risposero all'appello. Del resto gli a n g l o - a m e r i c a n i già incalzavano, e la W e h r m a c h t si a p p r e s t a v a a sloggiare. Le c a s e r m e furon o g r a d u a l m e n t e e v a c u a t e , lasciandovi solo p o c h e a r m i c o n s i d e r a t e inservibili. A q u e i r e s i d u i attinse, nella n o t t e dal 27 al 28 s e t t e m b r e , la popolazione, e il 28, m e n t r e la ritirata dei tedeschi e r a a n c o r a in corso, esplose la guerriglia d i s o r d i n a t a , i m p r o v v i s a t a , ma insistente e spavalda. N o n p i ù di a l c u n e c e n t i n a i a di n a p o l e t a n i , t r a essi molti scugnizzi i r r i d e n t i e spesso intrepidi, p a r t e c i p a r o n o p e r quatt r o giorni alle azioni, e l ' a r r o g a n t e Scholl fu costretto p e r fino a firmare, nel suo Q u a r t i e r g e n e r a l e , un a c c o r d o con gli insorti che consentiva il passaggio senza molestie di un suo r e p a r t o asserragliato al Vomero: in cambio dovette restituire 47 p r i g i o n i e r i . La rilevanza militare degli episodi fu m o d e s t a , Kesselring avrebbe c o m u n q u e lasciato la città; m a i 66 m o r t i di Napoli tra la popolazione civile dimostrar o n o che l'ex-alleato n o n poteva più c o n t a r e né sulla neutralità della g e n t e , né sul suo a i u t o . Gli italiani a v e v a n o cambiato c a m p o . In circostanze analoghe a quelle di Napoli si sollevò Matera ( p a g a r o n o p e r tutti undici ostaggi, fatti saltare in aria insieme alla caserma in cui e r a n o stati chiusi), e poi vi furono L a n c i a n o , Acerra, R i o n e r o in Vulture, Santa Maria Cap u a Vetere. Nella sua Storia della Resistenza italiana Roberto Battaglia ha prestato a questo punzecchiamento del tedesco in r i t i r a t a alti c o n t e n u t i storico-sociali: n o n solo la collera contro l'occupante ma «un improvviso e quasi brusco risveglio ad un clima durissimo di combattimento e di sacrificio, 53

e p p u r e già p r e a n n u n c i a t o e anticipato dagli episodi di rivolta c o n t a d i n a , anch'essi tutti da a p p r o f o n d i r e e da riscop r i r e , verificatisi nelle stesse r e g i o n i d u r a n t e l'ultima fase del r e g i m e fascista». La s p i e g a z i o n e d e l f e n o m e n o è p i ù semplice. Il tedesco e r a stato, sia p u r e nei p o c h i g i o r n i di totale d o m i n i o , u n p a d r o n e b r u t a l e , e d e r a a n c h e u n p a d r o n e sconfìtto, che fuggiva. Il «guai ai vinti!» n o n è soltanto u n a regola n o n scritta ma p e r e n n e del codice guerresco, è a n c h e un infallibile istinto di massa. E lo si c o n s t a t ò , in quelle occasioni, u n a volta di più. Al n o r d la ribellione si sviluppò in tutt'altro a m b i e n t e , e p e r altre motivazioni. C h i p r e s e fin dall'inizio la via della m o n t a g n a s p e r a v a s i c u r a m e n t e i n u n epilogo r a p i d o della g u e r r a . Se n o n il crollo i m m e d i a t o e totale del Reich nazista, a l m e n o lo s g o m b e r o dell'Italia s e m b r a v a q u e s t i o n e di giorni, al massimo di settimane. Ma i tedeschi e r a n o p r e s e n ti, a n c o r a forti, minacciosi e inferociti dal t r a d i m e n t o . Nei nuclei di resistenza che si a n d a r o n o via via a g g r u m a n d o è possibile rintracciare in u n a fase iniziale sia gli sbandati che, n o n a v e n d o alternativa, d i v e n n e r o partigiani, sia u o m i n i o ragazzi animosi che o p e r a r o n o u n a scelta consapevole. N o n p e n s a v a n o , né gli u n i né gli altri, che la lotta sarebbe d u r a t a venti mesi: ma sapevano che lotta ci sarebbe stata. La storiografia di sinistra è stata t e n a c e m e n t e r i d u t t i v a nel valutare il r a p p o r t o tra lo sfascio dell'Esercito e la nascita delle formazioni p a r t i g i a n e . Per il Battaglia «solo in u n a regione dell'Italia del n o r d , nel Piemonte, troviamo un coll e g a m e n t o evidente tra la dissoluzione dell'esercito e l'inizio del m o v i m e n t o partigiano». In effetti un migliaio di sbandati della 4 a r m a t a , c o n un c o n t i n g e n t e cospicuo di ufficiali effettivi si r a d u n ò nella valle di Boves, nel C u n e e s e , subito d o p o l'8 s e t t e m b r e , e lì organizzò u n a difesa che n o n p o t è r e g g e r e al p r i m o vero scontro contro i tedeschi; i quali p r o p r i o a Boves a t t u a r o n o u n a delle l o r o p r i m e e p i ù infami rappresaglie, i n c e n d i a n d o il paese, m a s s a c r a n d o o bruciando vivi 24 abitanti (tra essi il parroco), stabilendo i n s o m m a , a

54

u n a volta p e r t u t t e , c h e l a legge d e l l ' o c c u p a n t e e r a quella d e l t e r r o r e . La m a g g i o r a n z a d e i «ribelli» si dissolse, d o p o l'attacco: rimasero i migliori, c o m e s e m p r e avviene. Ma n o n si t r a t t ò solo del P i e m o n t e . Di a n a l o g h e c a r a t t e r i s t i c h e fu l ' a d d e n s a m e n t o di militari in t u t t ' a l t r a zona, sul massiccio abruzzese di Bosco Matese, a u n a t r e n t i n a di chilometri da T e r a m o . Vi si organizzarono militarmente circa 1.600 u o m i ni, tra i quali si c o n t a v a n o in b u o n n u m e r o p r i g i o n i e r i inglesi e slavi evasi dai campi di c o n c e n t r a m e n t o . Questa form a z i o n e resistette b r i l l a n t e m e n t e a un p r i m o attacco t e d e sco, il 25 settembre, facendo decine di m o r t i tra gli avversari (un m a g g i o r e della W e h r m a c h t fu catturato e fucilato sul posto, il che n o n t o r n a ad o n o r e di chi c o n d a n n a v a , e gius t a m e n t e , le esecuzioni s o m m a r i e p e r p e t r a t e dall'occupante): ma si f r a n t u m ò presto q u a n d o l'offensiva degli Alpenjàger si ripetè, con maggiori mezzi. Tuttavia a n c h e in Abruzzo i resti di quella unità improvvisata d i e d e r o capi e gregari ai nuclei successivi. Ex militari - e in q u e s t o caso quasi tutti m e r i d i o n a l i - e r a n o i giovani c h e s e g u i r o n o P o m p e o Colajanni sul Bracco, militari e g r a d u a t i degli alpini composero la b a n d a di Sestrières in Val Chisone, militari e r a n o quelli che s'erano asserragliati nella fortezza di San M a r t i n o sop r a Varese, sbandati e militari i 300 che p r e s e r o la via di Pizzo d ' E r n a , sulle m o n t a g n e di Lecco (tra essi un centinaio di ex-prigionieri anglo-americani). Potrebbero essere citati altri esempi. Ma bastano questi p e r dire che il filo tra la rotta dell'8 settembre e la nascita di focolai di rivolta fu molto più consistente di q u a n t o si sia voluto far c r e d e r e , p e r «politicizzare» la guerriglia. Essa p r e s e p o i altre s t r a d e , p e r c h é c o m i n c i a v a n o ad affermarvisi nuclei e capi animati da u n a b e n definita ideologia, come il comunista Cino Moscatelli in Valsesia, o c o m e la f o r m a z i o n e Italia Libera di Duccio Galimberti a M a d o n n a del Colletto, tra Valle Gesso e Valle Stura, o c o m e gli u o m i n i di Filippo Beltrami, cattolico (ma a n c h e capitano dell'Esercito, cosicché la sua «banda» aveva u n a spiccata i m p r o n t a 55

militare tradizionale) in Val d'Ossola. In questo sorgere della Resistenza, che e r a a n c o r a di «bande» n o n c o o r d i n a t e e n o n organizzate (basta p e n s a r e che alla fine del 1943 i partigiani n o n r a g g i u n g e v a n o il n u m e r o di quattromila in tutta Italia), si delineò subito u n a delle sue caratteristiche: la competizione, più che la collaborazione, tra i vari g r u p p i ideologici. G r a d u a l m e n t e d i v e n n e r o m i n o r i t a r i e le f o r m a z i o n i «autonome» che, a p p e l l a n d o s i soltanto alla lotta c o n t r o tedeschi e fascisti, rifiutavano u n a etichetta di parte, e t e n d e vano a r i p e t e r e nella guerriglia la disciplina e le g e r a r c h i e formali dell'Esercito. Divennero minoritarie p e r c h é prive di collegamenti con le s t r u t t u r e politiche clandestine che p r o g r e s s i v a m e n t e si a n d a v a n o c o n s o l i d a n d o nelle città, ma lo d i v e n n e r o a n c h e p e r c h é quel tipo di mentalità n o n si adattava alle esigenze della guerriglia: e infine p e r c h é tra questi a u t o n o m i vi e r a n o ufficiali di fede m o n a r c h i c a i quali n o n t a r d a r o n o a r e n d e r s i conto che la lotta p a r t i g i a n a era antitedesca, antifascista, ma a n c h e - e forse s o p r a t t u t t o - anti R e g n o del Sud. Si d e t e r m i n ò così quello che è stato definito l'«attesismo» dei professionisti e degli specialisti: la convinzione cioè che n o n valesse la p e n a di sfidare il tedesco là d o ve era forte, ma che convenisse presidiare e fortificare «santuari» b e n protetti. «E - ha scritto Battaglia - l'ideologia dei g r u p p i conservatori trascinati loro m a l g r a d o nel fronte della lotta antifascista.» N o n loro m a l g r a d o : anzi alcuni con g r a n d e slancio ed eroismo. Ma p e r gli ufficiali di c a r r i e r a fu difficile, a un certo p u n t o , stare fianco a fianco con chi identificava l'Esercito regolare con Badoglio, e Badoglio con il Re, e il Re con la rovina d'Italia. All'attesismo f u r o n o c o n t r a r i i g r u p p i politicizzati, ciascuno con le sue peculiarità, p r o p r i o p e r c h é in loro esisteva già, in e m b r i o n e , u n a visuale di p o t e r e . E q u e s t o vale sop r a t t u t t o p e r i comunisti, alcuni dei quali - e tra i più autorevoli - a v e v a n o conosciuto la lotta clandestina, le sue esigenze, e le sue crudeltà. Nei comunisti lo scopo militare del56

la guerriglia - ossia il contributo alla sconfitta del tedesco s'intrecciò indissolubilmente fin dall'inizio allo scopo politico. Q u a n d o Luigi L o n g o spiegò, in u n o scritto a p p a r s o in n o v e m b r e su La nostra lotta, il p e r c h é del rifiuto all'attesismo, scrisse: «Noi n o n possiamo e n o n d o b b i a m o attenderci passivamente la libertà dagli anglo-americani. Il p o p o l o italiano p o t r à a v e r e u n suo g o v e r n o , i l g o v e r n o a l q u a l e d a tanto t e m p o aspira, un g o v e r n o che faccia v e r a m e n t e i suoi interessi, un g o v e r n o n o n legato alle cricche reazionarie, solo se avrà lottato p e r la conquista della i n d i p e n d e n z a e della libertà». Dove si v e d e c o m e gli a n g l o - a m e r i c a n i - lì L o n g o identificava senza o m b r a di dubbio le «cricche» - siano considerati poco m e n o che nemici. I partigiani di «Italia libera», e m a n a z i o n e di «Giustizia e Libertà», i n t e r p r e t a z i o n e partigiana dell'azionismo, furono «puri e duri», u n a élite u m a n a e r e d e di u n a élite culturale, c o m e dicono i n o m i dei loro «padri storici» (Piero Gobetti, i fratelli Rosselli) e come dicono i n o m i dei loro leaders politici (Parri, Lussu, Valiani, Mila, Bauer, Garosci). Duccio Galimberti affermò in u n a lettera: «Siamo e in q u a l u n q u e evenienza r e s t e r e m o un piccolo g r u p p o di italiani che m e t t o n o al disopra di tutto la fede in u n a Italia libera e unita, e la fedeltà a quei princìpi che il p o p o l o francese ci ha insegnato ad a p p r e z z a r e con u n a rivoluzione che l'Italia ha ancora da fare e che t r o p p i h a n n o dimenticato». I cattolici, le «Fiamme verdi», forti s o p r a t t u t t o nel Bresciano e n e l l ' U d i n e s e , si d i e d e r o u n a «legge del patriota» che insisteva sui contenuti morali a sfondo religioso, più che su quelli politici. «Il patriota è leale, combatte n o n p e r u n a avventura... Il patriota è onesto... Il patriota è nobile d'animo... Il patriota è sereno, fiducioso nell'aiuto di Dio che n o n è mai assente a chi si sacrifica p e r la giustizia... Il patriota è i n t e g r o , è nobile a n c h e con il n e m i c o vinto e abbattuto...» La ribellione fu d u n q u e un mosaico di «bande» di diversa ispirazione. Le divisioni n o n v e n n e r o mai v e r a m e n t e sanate. Q u a l c h e volta sfociarono in scontri, n o n m a n c a r o n o de57

lazioni - od omissioni di soccorso d ' u n a «banda» a d a n n o di u n ' a l t r a - in n o m e della r a g i o n e di p a r t i t o . Nel t e r r i t o r i o g i u l i a n o n o n b a s t ò p i ù n e p p u r e il mastice ideologico: la frattura nazionale ed etnica, e gli appetiti di conquista di T i to, fecero sì che vi fosse ostilità tra partigiani comunisti italiani e partigiani comunisti iugoslavi. Un c o m u n i s t a , Luigi Frausin, che già il 9 s e t t e m b r e si mosse da Muggia con u n a q u a r a n t i n a di o p e r a i del cantiere San Rocco p e r combattere la sua guerriglia, s e p p e presto in quale t r a p p o l a si fosse cacciato: da u n a p a r t e c'erano i tedeschi, ma dall'altra c'erano gli sloveni, n o n m e n o spietati. E analoga sorte toccò alle formazioni friulane. L'avvio della Resistenza fu ricco di episodi u m a n a m e n t e toccanti, ma povero di risultati. In questo p e r i o d o i tedeschi si p r e o c c u p a r o n o molto poco delle «bande» anche se, q u a n d o esse si manifestavano, reagivano con prontezza a volte feroce. Il fenomeno partigiano era considerato u n o strascico minore e n o n allarmante dell'8 settembre. In effetti le poche migliaia di «ribelli» n o n costituivano u n a forza militare, privi com'erano di un c o m a n d o unificato, di direttive, di u n a strategia. I primi a d a r e un assetto organico alle loro formazioni furono, ed era logico, i comunisti, che già ai p r i m i di n o v e m b r e istituirono a Milano un C o m a n d o generale delle formazioni Garibaldi, con Longo, il veterano delle brigate internazionali in Spagna, c o m a n d a n t e militare, e Pietro Secchia - un intrattabile fanatico - commissario politico. I comunisti disposero che tutte le loro organizzazioni cittadine m a n d a s s e r o in m o n t a gna a combattere il 10 p e r cento dei q u a d r i e il 15 per cento degli iscritti. Che siano stati obbediti, è dubbio: ma che abbiano potuto fornire un n u m e r o di partigiani superiore a quello di ogni altro schieramento ideologico, è certo. I C o m i t a t i di L i b e r a z i o n e N a z i o n a l e a n d a v a n o i n t a n t o proliferando. Sia quello centrale, a Roma, sia quello dell'Alta Italia, sia quelli regionali t e n n e r o molto più d'occhio, nell'ultimo scorcio del ' 4 3 , le prospettive e il futuro politico che n o n la possibilità di azione militare. I loro g r a n d i d i l e m m i 58

e r a n o : m o n a r c h i a o repubblica? Badoglio sì o Badoglio no? Di fronte ad essi passava in secondo p i a n o il p r o b l e m a della lotta ai tedeschi, a n c h e p e r c h é quella lotta la stavano com u n q u e f a c e n d o gli a n g l o - a m e r i c a n i . U n altro e l e m e n t o turbava il CLN, ossia le enunciazioni «socialiste», e gli appelli alla concordia della Repubblica di Salò (delle u n e e degli altri p a r l e r e m o più avanti). Q u a l c u n o avvertiva i n s o m m a il rischio che il Mussolini dell'ultima versione riuscisse ad accaparrarsi il ruolo repubblicano, d e r u b a n d o n e i repubblicani antifascisti. Per questo il CLN r o m a n o si risolse il 16 ottob r e - c o n t r o il p a r e r e dei liberali, e n o n o s t a n t e le p e r p l e s sità dei democristiani - ad a p p r o v a r e un d o c u m e n t o secondo il quale «la g u e r r a di liberazione - p r i m o compito e necessità s u p r e m a della riscossa nazionale - richiede la realizzazione d ' u n a sincera e o p e r a n t e unità spirituale del paese che n o n p u ò farsi sotto l'egida dell'attuale g o v e r n o costituito dal Re e da Badoglio». Perciò il CLN di R o m a chiedeva la creazione d ' u n n u o v o governo, e la p r o m e s s a di «convocare il p o p o l o , al cessare delle ostilità, p e r d e c i d e r e sulla forma istituzionale dello Stato». A q u e s t a i m p o s t a z i o n e a d e r ì imm e d i a t a m e n t e il CLN di Milano, che e n t r ò ancor p i ù nel concreto esigendo che i ministri, sebbene nominati dal Re, n o n g i u r a s s e r o nelle m a n i del Re, m a facessero «solenne p r o messa di fronte al popolo italiano di c o n d u r r e la g u e r r a e di c o n v o c a r e subito d o p o la C o s t i t u e n t e » . Q u e l l o c h e p o i fu definito «il vento del n o r d » , r e p u b b l i c a n o e di sinistra, cominciava a soffiare: e, sia p u r e in termini cauti, gli ex-nemici e r a n o costretti in q u a l c h e m o d o ad avallarlo. La Conferenza di Mosca, che riunì dal 18 al 30 ottobre i ministri degli Esteri americano, inglese e sovietico, stabilì che «la politica alleata nei r i g u a r d i dell'Italia deve essere basata sul fond a m e n t a l e principio che il fascismo, tutta la sua perniciosa influenza e tutto ciò che da essa deriva dev'essere totalmente d i s t r u t t o e che al p o p o l o italiano d e v e essere d a t a o g n i possibilità di stabilire le sue istituzioni di governo... sulla base dei princìpi democratici». 59

L ' a u t u n n o trascorse senza che la Resistenza impensierisse t e d e s c h i e fascisti: il 27 o t t o b r e Mussolini affermò c h e «l'ordine pubblico è da considerarsi avviato alla normalità» e l'affermazione, riconosce il Battaglia, p u r e n f a t i c a m e n t e laudativo della Resistenza, «non è t u t t a retorica». Nei C L N c h e s i a n d a v a n o via via f o r m a n d o s o r g e v a n o d i s p u t e p e r l'assegnazione degli incarichi, e p e r la vera o p r e s u n t a incapacità di c o m a n d a n t i «professionali». Il p i ù significativo di questi contrasti fu d e t e r m i n a t o dalla n o m i n a del g e n e r a l e Piero O p e r t i a c o m a n d a n t e del C L N piemontese. I comunisti asserirono che lo si era voluto solo p e r c h é aveva in suo possesso p a r t e dei fondi della disciolta 4 armata, con i quali si sarebbe p o t u t o m a n t e n e r e p e r 10 mesi 20 mila partigiani. L'Operti fu poi accusato di essere n o n solo un t e m p o r e g g i a tore ma a n c h e un potenziale collaboratore dei fascisti, e su p r o p o s t a di Celeste Negarville, alto e s p o n e n t e del P C I , lo si rimosse. A fine a n n o ( 1943) - anticipiamo alcuni fatti, p e r chiarezza - furono definiti i p o t e r i del C L N dell'Alta Italia o C L N A I . I l C L N r o m a n o , c h e s p e r a v a i n u n a i m m i n e n t e liberazione di R o m a , d e l e g ò al C L N A I le funzioni di «governo straordinario del nord». Il C L N A I si affrettò ad a n n u n c i a r e che «non vi sarà posto d o m a n i da noi p e r un r e g i m e di reazione mas c h e r a t o e n e p p u r e p e r u n a d e m o c r a z i a zoppa» e c h e «di fronte all'affermarsi di p r o p o s t e a n t i c o m u n i s t e , e al delinearsi di posizioni anticomuniste e antioperaie» veniva ribadito «il p a t t o di riscossa che lega i c i n q u e partiti» (comunista, socialista, d e m o c r i s t i a n o , Partito d'azione, liberale, nel C L N A I n o n figurarono i demolaburisti). «Rivolgiamo questa diffida - concludeva il d o c u m e n t o nel quale n o n era difficile riconoscere u n a prevalente ispirazione comunista - a certi ambienti industriali e finanziari.» Gli avvenimenti p i ù i m p o r t a n t i di questo p r i m o a u t u n n o della Resistenza furono estranei alla lotta a r m a t a , ma ebbero con essa u n a stretta connessione. Venne anzitutto realizzato un l e g a m e , a n c o r a e m b r i o n a l e , t r a i c o m a n d i dei «ria

60

belli» e gli alleati anglo-americani. Il contatto fu stabilito da Ferruccio Parri, u n o dei maggiori e s p o n e n t i del Partito d'azione, c h e passò il confine con la Svizzera, e là s ' i n c o n t r ò con u n a missione alleata della quale faceva p a r t e Alien Dulles, c a p o dei servizi segreti a m e r i c a n i e fratello del f u t u r o segretario di Stato. Parri - il Parri di allora - era p a r t i c o l a r m e n t e qualificato p e r questo approccio. Valoroso ufficiale di Stato Maggiore e più volte decorato nella p r i m a g u e r r a m o n d i a l e , antifascista da s e m p r e , e r a stato nell'ufficio studi della Edison, e gli si attribuiva d u n q u e u n a conoscenza d i c e r t o a m b i e n t e b o r ghese e industriale l o m b a r d o . Del suo coraggio n o n si poteva d u b i t a r e , e della sua b u o n a fede n e m m e n o . I suoi ideali politici, nel Partito d'azione, e r a n o rigorosi - e n e t t a m e n t e repubblicani - ma n o n di e s t r e m a sinistra. Già all'indomani della formazione del C L N r o m a n o , N e n n i aveva offerto p e r telefono a P a r r i il c o m a n d o delle forze «ribelli» n e l n o r d , ma la risposta e r a stata negativa. Si e r a al 10 settembre, e il q u a d r o e r a t r o p p o confuso, aveva pensato, ragionevolmente, Parri. Egli aveva tuttavia m a t u r a t o l'idea di un esercito p o p o l a r e - che ricalcava quella affacciata dai comunisti con il sottinteso che in quell'esercito p o p o l a r e essi sarebbero stati la forza e g e m o n e - e p e r a l i m e n t a r l o chiese agli a n g l o a m e r i c a n i lanci consistenti d i r i f o r n i m e n t i , a r m i , mezzi. E r a n o progetti che, p e r il m o m e n t o , a n d a v a n o al di là delle intenzioni degli Alleati, e forse Alien Dulles, accanito anticomunista, vi scorse p r o p r i o l'insidia di quella p r e d o m i n a n z a di sinistra che poi si verificò. L'incontro «molto cordiale» si c h i u s e senza risultati c o n c r e t i , ma e r a a v v e n u t o , e q u e s t o aveva p o r t a t o alla ribalta a p p u n t o Parri. Il secondo avvenimento fu la decisione nazista e fascista, p r e s a a m e t à ottobre, di c h i a m a r e alle a r m i alcune classi, e di m o b i l i t a r e gli u o m i n i validi p e r il l a v o r o o b b l i g a t o r i o . P r o p r i o Parri disse, rievocando al Teatro Eliseo di R o m a , il 13 maggio 1945, le fasi della g u e r r a partigiana: «Il g o v e r n o fascista p e n s ò allora di darci esso stesso un largo aiuto col ri61

chiamo delle classi: era tutta gente che accorreva a noi, ma n o n avevamo a r m i ed e q u i p a g g i a m e n t o sufficienti e l'afflusso di tanti nuovi elementi r a p p r e s e n t ò p e r un certo t e m p o più un peso che u n a utilità». Si e b b e r o così altri u o m i n i sia p e r la lotta in m o n t a g n a , sia p e r la c o m p o s i z i o n e dei G A P , quei G r u p p i di azione patriottica che, m e n t r e languiva ancora la guerriglia sulle m o n t a g n e , compivano nei centri abitati attentati e sabotaggi. La loro tecnica «terroristica» e r a stata l a r g a m e n t e m u t u a t a d a e s p e r i e n z e s t r a n i e r e , soprattutto da quella del «maquis» francese. T e r z o a v v e n i m e n t o fu lo sciopero g e n e r a l e che f e r m ò molte industrie, a cominciare dalla Fiat, a metà n o v e m b r e , e che infranse il s o g n o m u s s o l i n i a n o di riconciliarsi con la classe operaia. Della leva fascista - p e r la costituzione di un esercito di Salò - e degli scioperi p a r l e r e m o più avanti. Sia la leva, con i suoi risultati d e l u d e n t i , sia la rivolta o p e r a i a , c o n f e r m a r o n o che la frattura tra il fascismo e le masse era, anche nel n o r d , insanabile. La consapevolezza che la g u e r r a fosse, p e r i tedeschi, p e r d u t a , e che il suo epilogo n o n d o vesse t a r d a r e molto, era diffusa in ogni a m b i e n t e e in ogni settore sociale.

CAPITOLO QUARTO

I L R I T O R N O DEL C O N T E

Il 19 ottobre 1943 il conte Carlo Sforza, ministro degli Esteri di Giolitti e collare d e l l ' A n n u n z i a t a , il che ne faceva un c u g i n o del Re, t o r n ò in Italia d o p o l u n g h i a n n i di esilio. Prese alloggio, a Bari nella casa cittadina dell'editore Laterza. Fu, il suo, un r i e n t r o politico che rese ancor più difficili le trattative attraverso le quali Badoglio tentava di f o r m a r e u n g o v e r n o i n qualche m o d o rappresentativo, p e r d a r e soddisfazione all'opinione pubblica italiana, e agli Alleati: tra i quali dovevano essere inclusi a n c h e i sovietici che, p u r n o n p a r t e c i p a n d o in alcun m o d o alla c a m p a g n a d'Italia, esigev a n o voce in capitolo, ed e r a n o m e m b r i di d i r i t t o della C o m m i s s i o n e consultiva cui spettava di s o v r i n t e n d e r e alla a m m i n i s t r a z i o n e degli o c c u p a n t i . Al g o v e r n o di Brindisi, che continuava ad essere u n a sorta di residuato del governo dei 45 giorni, si c o n t r a p p o n e v a in qualche m o d o un Fronte nazionale d'azione, costituito a Bari da liberali, democristiani, socialisti, comunisti e azionisti, che aveva il suo u o m o più dinamico in un brillante magistrato t r e n t e n n e , Michele Cifarelli del Partito d'azione. Q u e s t i e r a di accesi s e n t i m e n t i repubblicani, e n o n p e r d e v a occasione p e r manifestarli: tanto che, a v e n d o l o gli Alleati posto a capo di Radio Bari, gli i n t i m a r o n o p o c o d o p o di lasciare l'incarico p e r c h é la sua politica personale contrastava con quella che inglesi e a m e ricani perseguivano. Dagli Alleati, e in particolare dagli inglesi, realisti e spicciativi, Sforza e r a visto p i ù c o m e un p r o c a c c i a t o r e di g u a i che c o m e un messaggero di libertà. Alla C a m e r a dei C o m u ni, Churchill aveva dichiarato, il 21 settembre, che il suo ar63

rivo in Italia n o n sarebbe stato vantaggioso «nelle condizioni di estremo e t u m u l t u o s o disordine nel quale l'Italia si trova». Per placare le apprensioni, il conte aveva poi inviato al sottosegretario americano agli Esteri Berle u n a lettera nella quale scriveva che «finché Badoglio è i m p e g n a t o in questa lotta (contro i tedeschi, N.d.A.) ed è gradito agli Alleati che dedichi ad essa le risorse materiali e militari italiane, io considero criminale fare qualsiasi cosa p e r indebolire la sua p o sizione ed ostacolare la sua o p e r a nel combattimento p e r la liberazione dell'Italia e del p o p o l o italiano... Sono p r o n t o ad offrire il mio pieno a p p o g g i o finché egli è così i m p e g n a to». Gli inglesi, che alla sopravvivenza del binomio Vittorio E m a n u e l e I l i - B a d o g l i o t e n e v a n o moltissimo, se ne sentirono rassicurati, e M a c F a r l a n e trasmise copia della dichiarazione di Sforza al maresciallo. Ansioso di o t t e n e r e il lasciapassare p e r l'Italia, il c o n t e aveva un po' barato, e gli Alleati n o n avevano dal canto loro prestato molta attenzione ad altre sue dichiarazioni, precedenti la partenza. Intervistato dal New York Times, n o n aveva esitato a dire che l'appello p e r c h é gli italiani si raccogliessero a t t o r n o al Re equivaleva a quello di «un p r e d i c a t o r e in favore degli Stuart che fosse a n d a t o in mezzo agli arrabbiati soldati di Cromwell» e che «i dirigenti della politica e u r o p e a h a n n o t r o p p o spesso giuocato sul cavallo p e r d e n t e » . L u n g o l'itinerario verso l'Italia - via Algeri - Sforza aveva visto, a L o n d r a , Churchill, e il colloquio e r a stato tempestoso. «Gli ho detto c h i a r a m e n t e - riferì poi il p r i m o ministro inglese che o r a a n d a v a nella zona di Ike, il quale avrebbe respinto t u t t o ciò che n o n risultasse utile alla sua azione. Egli mi trattò da vecchio pazzo e buffone, incapace di fronteggiare la tempesta se mi lasciavano le redini.» A Bari, l'altero conte che veniva da un'America lasciata intatta dalla g u e r r a e da u n a L o n d r a semidistrutta e austera, ma orgogliosa della vittoria o r m a i sicura, ebbe u n ' i m m e d i a t a visione dello squallido sfacelo italiano. I marinai italiani e r a n o associati a quelli di colore, nel p o r t o , p e r i lavori più faticosi di carico e scari64

co delle navi, r e p a r t i militari c h e s e m b r a v a n o p i u t t o s t o g r u p p i di s b a n d a t i t r a v e r s a v a n o la città, m o n e l l i e m e n d i canti si assiepavano a t t o r n o agli alberghi requisiti e agli alloggiamenti anglo-americani, m a n c a v a n o i viveri e infuriava il mercato n e r o . Da C a p r i - dove l'avevano p o r t a t o di peso i paracadutisti inglesi, p e r sottrarlo ad e v e n t u a l i r a p p r e s a g l i e t e d e s c h e B e n e d e t t o Croce fece p e r v e n i r e a Sforza, t r a m i t e il g e n e r o C r a v e r i , u n a l e t t e r a calorosa, nella q u a l e l'esortava a n o n p r e n d e r e i m p e g n i senza essersi consultato con gli e s p o n e n ti politici napoletani. Qualche giorno p r i m a , interpellato da Piccardi, Croce aveva così riassunto la situazione: «1) Mi p a r necessario f o r m a r e un m i n i s t e r o politico; 2) c r e d o che, ess e n d o o r a solo u r g e n t e p r o b l e m a la g u e r r a c o n t r o i t e d e schi, n o n c o n v e n g a in alcun m o d o togliere dal suo posto il Badoglio che, sia p e r la sua capacità militare, sia p e r l'impeg n o che ha p r e s o in questa città contro il fascismo e contro i tedeschi, è l ' u o m o p i ù di o g n i altro a d a t t o ; 3) b i s o g n a acc a n t o n a r e la questione istituzionale la quale sarà risoluta dal corso degli eventi, e soltanto cercare che il Badoglio consigli al Re, al suo r i t o r n o a R o m a , di a b d i c a r e in favore d e l figlio». Ma il responso oracolare di Croce, con la sua disponibilità compromissoria, n o n rispecchiava il p e n s i e r o di tutto l'ambiente antifascista, e l'azionista Alberto T a r c h i a n i si affrettò a m e t t e r e i p u n t i n i sugl'i affermando che ogni p a r t e cipazione dei politici di Napoli al g o v e r n o «era s u b o r d i n a t a n o n solo all'abdicazione del Re, ma a n c h e alla r i n u n c i a del Principe di P i e m o n t e e all'assunzione al t r o n o del Principe di N a p o l i assistito da un Consiglio di Reggenza». Piccardi aveva p o r t a t o queste b r u t t e notizie a Badoglio che tuttavia «non si scompose p e r c h é in g u e r r a è la battaglia finale quella che conta ed egli... aveva in riserva il conte Sforza». In casa Laterza, dove già s'erano recati a rendergli o m a g gio, e a esprimergli i loro sentimenti antimonarchici, i r a p p r e s e n t a n t i del F r o n t e n a z i o n a l e di Bari, Sforza ricevette A c q u a r o n e , che gli offrì subito, a n o m e del Re, la vice-presi65

d e n z a del Consiglio e gli Esteri, e che lo invitò a un colloquio con Badoglio, a Brindisi. Del c o m p o r t a m e n t o del d u c a A c q u a r o n e , Sforza p a r l ò p o i con u n c e r t o disprezzo, asser e n d o che poco mancava gli baciasse le mani. Con Badoglio le cose a n d a r o n o meglio, a l m e n o sul pian o u m a n o . I l maresciallo c o n t e n n e e n t r o limiti d e c e n t i l e sue profferte di collaborazione a Sforza, il cui aiuto gli sarebbe stato di i m m e n s a utilità; e il conte rispettava Badoglio a n c h e in m e m o r i a «della collaborazione p r e s t a t a m i p e r la conclusione della pace di Rapallo... un r i c o r d o grato e tale da farmi d i m e n t i c a r e p o s t e r i o r i frasi pro-fasciste c h e n o n c o r r i s p o n d e v a n o , lo sapevo, al p e n s i e r o di chi scrisse». Ma sul p i a n o politico l ' i n c o n t r o fu un fiasco. Sforza n o n volle a c c e t t a r e nulla di ciò che gli veniva offerto, e spiegò p o i i motivi della decisione nella sua prosa o r n a t a , e venata di inguaribile e g o c e n t r i s m o : «Poiché egli (Badoglio) conosceva le mie idee n o n deve stupirsi del mio rifiuto: rifiuto i m p o stomi, oltre che da ragioni morali, dal fatto che avrei p e r s o o g n i m o d o di servire u t i l m e n t e l'Italia a c c e t t a n d o di collab o r a r e con un Sovrano che avevo d e n u n c i a t o al m o n d o come s u p r e m o colpevole, p e r c h é più intelligente di Mussolini, dei disastri italiani. Ma aggiunsi che sarei stato molto lieto di servire l'Italia con lui a n c h e n e i r a n g h i p i ù m o d e s t i (missioni all'estero ecc.) se ciò fosse utile alla lotta c o n t r o la Germania». A c i d a m e n t e , P u n t o n i a n n o t ò : «Badoglio e Sforza n o n h a n n o p a r l a t o della q u e s t i o n e istituzionale e Badoglio del resto si è b e n g u a r d a t o d a l l ' a c c e n n a r e alla sua solidarietà con il Re». Sforza aveva un preciso disegno a m e d i o o l u n g o t e r m i n e : Badoglio alla Reggenza, con il piccolo Principe di Napoli sul t r o n o , e lui alla presidenza del Consiglio. N o n è d e t t o c h e q u e s t o spiacesse a Badoglio, t u t t ' a l t r o , a n c h e se dal c o m p o r t a m e n t o del maresciallo n o n e m e r s e alcuna volontà cospirativa. Semplicemente, egli era in contatto con la realtà, e Vittorio E m a n u e l e I I I q u e l c o n t a t t o l'aveva quasi del tutto p e r d u t o . U n a sua lettera personale a MacFarlane, 66

che p r o m e t t e v a : a) f o r m a z i o n e di un n u o v o m i n i s t e r o p i ù rappresentativo a R o m a liberata (il che sembrava i m m i n e n te e n o n era), b) elezioni politiche e n t r o q u a t t r o mesi dalla pace, e c) l'assenso della C o r o n a a ogni espressione della volontà del paese, r a p p r e s e n t a v a un estremo sforzo p e r evitare q u e l passo cui i m o n a r c h i c i più illuminati e o v v i a m e n t e tutti gli antimonarchici lo spingevano: l'abdicazione. Proprio p e r i n d u r r e il Re a capire cosa stesse a v v e n e n d o a t t o r n o a lui, Badoglio gli inviò, il 24 ottobre, u n a lettera riservata, nella quale spiegava anzitutto che i maggiori partiti - liberale, d e m o c r i s t i a n o , azionista, socialista, c o m u n i s t a e r a n o in sostanza d ' a c c o r d o p e r c h i e d e r e l'abdicazione, la rinuncia di U m b e r t o , e la corona p e r il nipote, con u n a Reggenza. Accennava poi alla eventualità che i partiti attuassero il proposito, già manifestato, di «creare senz'altro un govern o e d u n a Costituente n o n a p p e n a liberata R o m a dai tedeschi, e p r i m a che Vostra Maestà col g o v e r n o possa giungervi». A g g i u n g e v a B a d o g l i o , «per n o n tacere nulla a Vostra Maestà», che «è loro intenzione (dei partiti), e me lo ha conf e r m a t o il conte Sforza, che sia io ad a s s u m e r e la carica di Reggente». D o p o questa scoraggiante premessa, Badoglio si p o n e v a la d o m a n d a fondamentale: cosa fare? N o n si poteva ricorrere agli anglo-americani, p e r c h é sarebbe fioccata immediatam e n t e l'accusa d'aver chiesto l'aiuto straniero; n e m m e n o si poteva affidarsi alle forze m o n a r c h i c h e . In definitiva il maresciallo suggerì che un funzionario raggiungesse R o m a attraverso le linee p o r t a n d o ai dirigenti dei partiti queste p r o poste: 1) che n o n facessero nulla fino a q u a n d o il g o v e r n o Badoglio si fosse insediato a Roma; 2) n o n a p p e n a ci si fosse trovato, Badoglio a v r e b b e consultato le forze politiche p e r la formazione di un n u o v o governo; 3) se i partiti n o n avessero voluto collaborare con lui, Badoglio si sarebbe dimesso; 4) il Re avrebbe adottato a quel p u n t o le decisioni che ritenesse più o p p o r t u n e . La lettera, devota nel t o n o ma a m a r a nella sostanza, fu 67

p e r il Re u n a frustata. Probabilmente il pessimismo del maresciallo gli parve strumentale. Per rafforzarsi in questa opin i o n e convocò quello stesso 24 ottobre i capi militari - Amb r o s i o , Roatta, Sandalli, De C o u r t e n - e chiese se p o t e s s e c o n t a r e sulla l o r o fedeltà e su quella delle Forze A r m a t e . Tutti risposero affermativamente, anche se Roatta, il più int r i g a n t e ma a n c h e il più intelligente, avanzò q u a l c h e riserva. Q u a n t o alle t r u p p e , le loro assicurazioni e r a n o poco p i ù che platoniche. Il r a g g r u p p a m e n t o motorizzato del g e n e r a le D a p i n o , l'unica unità che fosse p r o n t a all'impiego, si p r e sentava d i g n i t o s a m e n t e ma « l ' a r m a m e n t o di cui le t r u p p e d i s p o n g o n o è misero e raffazzonato» (Puntoni). Degli altri r e p a r t i meglio n o n p a r l a r e . «Sua Maestà - citiamo a n c o r a da P u n t o n i - i n c o n t r a u n ' a l i q u o t a del 9 3 r e g g i m e n t o fanteria in ricostituzione... P u r t r o p p o assistiamo a u n o spettacolo pietoso: gli u o m i n i sono in completo a b b a n d o n o , h a n no le uniformi lacere e i g n o r a n o a s s o l u t a m e n t e la disciplina. Più che u n r e p a r t o organico, s e m b r a u n a b a n d a armata, e p e r di più a r m a t a male.» Confortato, tuttavia, dalle garanzie dei generali, Vittorio E m a n u e l e I I I sguinzagliò a Bari e Napoli il solito Acquaron e , nella s p e r a n z a che n e t o r n a s s e con b u o n e notizie. T r a l'altro e r a a u t o r i z z a t o a offrire a Sforza n o n p i ù u n a vice-presidenza, ma la presidenza del Consiglio, e a contattare De Nicola, R o d i n o e Porzio d i s t r i b u e n d o loro incarichi ministeriali. Le b u o n e notizie in effetti A c q u a r o n e le d i e d e («sul p r i n c i p i o Sforza e r a d u r o e a r r o g a n t e , p o i ha d i m o strato u n a sufficiente c o m p r e n s i o n e » ) , m a s e m b r a fossero frutto esclusivo del suo ottimismo. Badoglio, precipitatosi a sua volta a N a p o l i , d o v e o r m a i si e r a s p o s t a t o il c e n t r o di gravità politico del R e g n o del Sud, ebbe da Sforza un n u o vo diniego: n o n sarebbe e n t r a t o nel governo se il Re n o n se n e andava. Tentato di p r e s t a r fede ad A c q u a r o n e , ma allarmato dalle buie diagnosi di Badoglio, il Re decise di p r o c e d e r e , a Napoli, a u n a verifica p e r s o n a l e , t a s t a n d o il polso ai notabili 0

68

dai quali d i p e n d e v a n o gli sviluppi politici. Il maresciallo tentò di dissuaderlo, senza riuscirvi. Con un ufficiale a m e r i cano, il colonnello Monfort, alle costole, il 3 n o v e m b r e Vittorio E m a n u e l e I I I si installò a Villa Maria Pia di Posillipo (o Villa Rosebery), che e r a stata t e a t r o degli a m o r i di Nelson e L a d y H a m i l t o n . L'automobile del Re aveva p e r c o r s o u n a città c h e a P u n t o n i p a r v e «un formicaio d ' u o m i n i impazziti e di d o n n e sfaccendate». Il Re s'incontrò con De Nicola, R o d i n o e Porzio: De Nicola e Porzio, esponenti di u n a linea liberale, e r a n o b e n disposti verso la Monarchia, ma sap e v a n o quale ostacolo la p e r s o n a di Vittorio E m a n u e l e I I I r a p p r e s e n t a s s e p e r o g n i soluzione. R o d i n o , c h e p a r l a v a a n o m e della Democrazia cristiana, fu cortese, ma a n c o r a più freddo. C o n Sforza il Re rinunciò a p a r l a r e d o p o aver saputo che aveva ribadito la sua intransigenza: «Io accetto l'incarico del Re, ma p o n g o u n a sola condizione: che il giorno dopo aver firmato la n o m i n a di tutti i ministri che sarà presto fatta p e r c h é la scelta è piccolissima, lui abdichi. E mio intend i m e n t o istituire la Reggenza. N o n accetterei di d i v e n t a r e Reggente, il mio a p p o g g i o essendo p e r Badoglio che è stolt a m e n t e avversato dai circoli di Corte». Da N a p o l i , Vittorio E m a n u e l e I I I r i e n t r ò a B r i n d i s i a m a n i vuote, p r o f e r e n d o le solite accuse c o n t r o Badoglio che «anziché m i g l i o r a r e la s i t u a z i o n e l'ha p e g g i o r a t a » , d o p o aver subito un mezzo affronto che P u n t o n i ha così descritto: «Durante le u d i e n z e succede un fatto spiacevole. Il generale Smith, C a p o di Stato Maggiore di Eisenhower, arriva a Villa Maria Pia e p r e t e n d e di e n t r a r e n o n o s t a n t e gli d i c a n o che nella villa c'è il Sovrano. Smith n o n sente ragioni, vuol passare e fa l'atto di gettare da p a r t e un g u a r d i a n o . Mi o p p o n go a l z a n d o la voce e spalleggiato da De Buzzaccarini mi m e t t o sulla p o r t a . I n t e r v i e n e d ' u r g e n z a il c o l o n n e l l o Monfort il quale, spaventato p e r la mia decisione, spiega al g e n e r a l e Smith che è inutile cercare di forzare u n a consegna. Alla fine Smith capisce e se ne va m u g u g n a n d o qualcosa che n o n riesco ad afferrare». Ci furono a Napoli degli a p 69

plausi p e r Vittorio E m a n u e l e I I I , m a quel suo tentativo d i risolvere p e r s o n a l m e n t e la situazione si rivelò fallimentare. Al r i t o r n o a Brindisi trovò u n ' a l t r a grossa grana. Gli Alleati n o n e r a n o p i ù disposti a t o l l e r a r e c h e le m a s s i m e c a r i c h e militari r i m a n e s s e r o affidate a u o m i n i c o m e A m b r o s i o e Roatta, che r i t e n e v a n o - soprattutto il secondo, ex capo del Servizio informazioni - t r o p p o implicati nella gestione fascista della g u e r r a . Il rimpasto militare fu agevolato dal ritorno d e l maresciallo Messe, c h e gli Alleati a v e v a n o liberato dalla p r i g i o n i a (con l'occasione f u r o n o r i m p a t r i a t i a n c h e D u r a n d de La P e n n e e altri p r o t a g o n i s t i d e l l ' i m p r e s a di Alessandria) e p e r il quale professavano stima. Messe p r e s e il posto di Ambrosio c o m e C a p o di Stato Maggiore g e n e r a le, B e r a r d i - un a l t r o r e d u c e dalla p r i g i o n i a - quello di Roatta c o m e C a p o di Stato Maggiore dell'Esercito. Ad Ambrosio fu dato il c o n t e n t i n o della carica di ispettore g e n e r a le di un esercito che in definitiva n o n c'era. Restava lo scoglio del g o v e r n o . A n c h e qui la fantasia italiana n e l l ' e s c o g i t a r e f o r m u l e i n e d i t e si d i m o s t r ò fervida. Poiché i politici di r a n g o n o n volevano accettare, e p e r di più n e s s u n o aveva destituito i ministri a b b a n d o n a t i a R o m a dai fuggiaschi di Pescara, fu deciso che quei ministri sarebb e r o rimasti teoricamente in carica, e che di conseguenza si formasse un m i n i s t e r o di soli sottosegretari, abilitati tuttavia, con appositi provvedimenti, ad agire c o m e ministri. La formula fu varata dal Re e da Badoglio I T I n o v e m b r e q u a n do Vittorio E m a n u e l e I I I compiva 73 a n n i («Alla m e n s a del G o v e r n o - scrisse P u n t o n i - A c q u a r o n e ha fatto p o r t a r e lo s p u m a n t e m a n e s s u n o , n e m m e n o i l C a p o del g o v e r n o , h a sentito il d o v e r e di b r i n d a r e alla salute di Sua Maestà. L'ho fatto io, allora, g u a r d a n d o in faccia tutti ma soprattutto Badoglio che sembrava seccato e imbarazzato»). I sottosegretari e r a n o dei tecnici, quasi n e s s u n o n o t o , t r a n n e il professor E p i c a r m o C o r b i n o , e c o n o m i s t a di v a l o r e , c h e a un c e r t o p u n t o voleva d e c l i n a r e l'incarico e ci r i p e n s ò d o p o le s u p pliche di Badoglio. Il sottosegretario alla Giustizia, Giusep70

pe De Santis, p r o c u r a t o r e generale a Bari, aveva p r e s i e d u t o a n n i p r i m a u n a commissione p e r l'invio al confino di antifascisti, e il caso volle che s'incontrasse, u s c e n d o dall'ufficio di Badoglio, con Dino Philipson, u n a delle sue «vittime». Philip s o n r u p p e il gelo che s'era creato con u n a risata, e il m a r e sciallo evitò un altro «caso» spinoso. I sottosegretari, nella loro p r i m a r i u n i o n e del 24 n o v e m b r e , tolsero finalmente dalle formule ufficiali il riferimento al R e g n o d'Albania e a l l ' I m p e r o d'Etiopia, e q u i n d i avviarono la defascistizzazione istituzionale dello Stato, e l ' e p u r a zione. Tutti i «fascisti responsabili della s o p p r e s s i o n e delle libertà politiche ed individuali» furono dichiarati i n d e g n i di esercitare i diritti politici, fu decisa la revisione dell'intera legislazione del v e n t e n n i o «per uniformarla ai princìpi ispiratori della gloriosa tradizione giuridica italiana», revisione «già iniziata con l'abolizione della p e n a di m o r t e , delle leggi razziali e delle disposizioni c h e l i m i t a n o il d i r i t t o di famiglia». Fu a n c o r a deliberato: «Di assicurare alla giustizia militare i responsabili di c o d a r d i a di fronte al nemico, i fascisti che h a n n o i m p u g n a t o a r m i fratricide, c o m m e s s o violenza c o n t r o p e r s o n e o cose o c o m u n q u e collaborato con t r u p p e ed autorità tedesche d o p o la dichiarazione di armistizio»; di a n n u l l a r e n o m i n e e p r o m o z i o n i d o v u t e a meriti fascisti; di e l i m i n a r e da t u t t e le a m m i n i s t r a z i o n i i fascisti riconosciuti colpevoli di attentati alla libertà individuale; di r i a m m e t t e r e nelle stesse amministrazioni i licenziati o congedati p e r m o tivi politici. II R e g n o del Sud vivacchiava così con un semigoverno di vice-ministri: e, b e n c h é d i s p o n e s s e di d u e marescialli e di molti g e n e r a l i , n o n aveva i n effetti u n Esercito d e g n o d i questo n o m e , i cui soldati n o n venissero a d d e t t i ad umilianti e faticosi lavori di retrovia. Ne avevano i m p e d i t o la resurrezione sia le diffidenze alleate - s o p r a t t u t t o inglesi - sia lo scarso slancio del Re e di Badoglio, sia la stanchezza m a t e riale e m o r a l e della popolazione, delusa o k r e t u t t o dai lenti p r o g r e s s i delle offensive a n g l o - a m e r i c a n e , bloccate infine 71

sulla linea Gustav a Cassino, cosicché la conquista di R o m a , che pareva a p o r t a t a di m a n o , si allontanò indefinitamente. A fine n o v e m b r e Eisenhower era v e n u t o in Italia a visitar e A l e x a n d e r nel suo Q u a r t i e r g e n e r a l e d i S a n t o Spirito p r e s s o Bari (la stessa Bari fu sottoposta dai tedeschi, forse p r o p r i o p e r questo, a un d u r o b o m b a r d a m e n t o che fece vittime, distrusse o d a n n e g g i ò molti edifici, e affondò a l c u n e navi nel porto). Badoglio profittò dell'occasione p e r riincontrare, accompagnato da Messe e dal generale Sandalli, il Com a n d a n t e s u p r e m o alleato. Chiese p i ù a r m i , mezzi di trasporto, equipaggiamento p e r i reparti che si tentava di organizzare, e fu ascoltato in silenzio da Ike, m e n t r e A l e x a n d e r o p p o n e v a a questa p e r o r a z i o n e obbiezioni cortesi e gelide. Risultato zero. Le Forze A r m a t e italiane furono r a p p r e s e n tate, nelle successive battaglie, da q u e l l ' u n i c o r a g g r u p p a m e n t o motorizzato che agli ordini del generale Dapino, p r o veniente dagli alpini, finalmente stava p e r e n t r a r e in linea. La nascita di questo r e p a r t o - m e n o di cinquemila u o m i ni - e r a stata travagliata. Lo scudo s a b a u d o sulla m a n i c a e l ' i m m u t a t o g i u r a m e n t o di fedeltà al Re a v e v a n o i r r i t a t o i partiti antifascisti, che v e d e v a n o in tutto questo un meschin o e s p e d i e n t e p r o p a g a n d i s t i c o della M o n a r c h i a . I l soldo misero - s o p r a t t u t t o in raffronto con quello degli Alleati n o n era fatto p e r galvanizzare la t r u p p a , il clima generale di sfacelo influenzava, in senso negativo, dei giovani designati al combattimento e al sacrificio. Tuttavia il r a g g r u p p a m e n t o resse, e, d o p o u n a esercitazione positiva il 25 e 26 n o v e m b r e , fu m a n d a t o alla p r o v a del fuoco l'8 dicembre. Era stato aggregato ad u n a divisione americana, ed aveva p e r obbiettivo M o n t e L u n g o , posizione d e t e r m i n a n t e p e r l'avanzata verso Cassino che la 5 a r m a t a si apprestava a lanciare. L'attacco italiano fu scatenato, ha scritto Agostino Degli Espinosa, «con la sicurezza che M o n t e Maggiore a sud-ovest di M o n t e L u n g o fosse già in m a n o a m e r i c a n a e che M o n t e S a m m u c r o e San Pietro, a nord-est, venissero c o n t e m p o r a n e a m e n t e attaccati dagli a m e r i c a n i stessi». In r e a l t à «gli a

72

americani avevano occupato la cima di M o n t e Maggiore ma i fianchi e r a n o ancora nelle m a n i dei tedeschi... in tal m o d o le fanterie italiane, trovatesi sotto un intensissimo fuoco imprevisto, d o p o aver subito gravi p e r d i t e dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza, su queste resistettero con sforzo e s t e n u a n t e a un contrattacco tedesco... Il 16 d i c e m b r e , nel q u a d r o di u n ' a z i o n e g e n e r a l e m e g l i o organizzata, il r a g g r u p p a m e n t o conquistò e t e n n e l'obbiettivo fallito la p r i m a volta». La p r o v a n o n era stata fortunata, e le p e r d i t e ingenti ( U m b e r t o di Savoia, d o p o aver l a m e n t a t o la s p r o p o r z i o n e tra i compiti assegnati al r a g g r u p p a m e n t o e le sue forze, le valutò in 4 0 0 caduti): e il 22 d i c e m b r e il g e n e r a l e D a p i n o dovette chiedere il ritiro dell'unità, stremata, dal fronte. Ma ufficiali e soldati si e r a n o battuti b e n e . Al di là degli elogi ufficiali - il generale americano Clark telegrafò a Badoglio che «la ferrea volontà dei soldati italiani... p u ò b e n essere presa ad esempio da tutti i popoli e u r o pei che c o m b a t t o n o l'oppressione tedesca» - vi furono riconoscimenti n o n di maniera. Il Times scrisse che le t r u p p e italiane « h a n n o sofferto p e r d i t e pesanti, u n a circostanza che è stata messa a carico della inabilità nelle p r i m e fasi dell'attacco. Fu tuttavia u n a p r o d e inabilità». Del r e s t o , se l'attacco del r a g g r u p p a m e n t o era stato in complesso sterile, l'intera offensiva della 5 a r m a t a a m e r i c a n a e della 8 britannica stagnava, bloccata dalla esperta tenacia di Kesselring. A questo stallo, a l m e n o p e r qualche settimana, s e m b r a v a n o del resto rassegnati gli stessi Alleati che, a v e n d o o r m a i lo s g u a r d o intento al g r a n d e sbarco in Francia, relegavano il fronte italiano in second'ordine. Se ne a n d a v a n o i c o m a n d a n t i più p r e stigiosi, Eisenhower che assumeva le sue n u o v e funzioni di organizzatore del colpo di maglio decisivo alla fortezza Eur o p a , e M o n t g o m e r y che sarebbe stato il suo secondo. Maitland Wilson a s s u m e v a il c o m a n d o del s e t t o r e M e d i t e r r a n e o , in sostituzione di Eisenhower, e A l e x a n d e r quello delle forze alleate in Italia. a

a

73

Il «governo dei sottosegretari», che aveva consentito a Badoglio di tirare avanti alla meglio, ebbe pessima accoglienza da p a r t e della s t a m p a e degli a m b i e n t i politici. I p i ù b e n e voli lo definirono «un espediente». Sforza continuava a tuon a r e , accusando Badoglio di avere « m a n d a t o in linea quattromila u o m i n i m e n t r e nel Mezzogiorno vi sono molte migliaia di u o m i n i , sbandatisi d o p o l'8 settembre, che p o t r e b b e r o diventare quasi un esercito», ma i generali e colonnelli del Re che a v r e b b e r o d o v u t o c o m a n d a r l i n o n d a v a n o affid a m e n t o (il conte si faceva illusioni sulla disponibilità di sold a t i c h e a v e v a n o vissuto i g i o r n i d e l «tutti a casa»). C r o c e n o n t u o n a v a , ma i suoi inviti, a p p a r e n t e m e n t e pacati, alla abdicazione di Vittorio E m a n u e l e I I I (accennò tra l'altro alla eventualità di d a r e la Reggenza a Maria J o s é , «la sola che si sia t e n u t a da p i ù a n n i in r e l a z i o n e c o n gli antifascisti, e con me a d d i r i t t u r a dal 1931») e r o d e v a n o i r r e p a r a b i l m e n t e il poco credito della M o n a r c h i a . Il filosofo n e g ò che p e r la rinuncia di Vittorio E m a n u e l e I I I si dovesse a s p e t t a r e un r e f e r e n d u m : «L'abdicazione - dichiarò a Radio Napoli il 14 d i c e m b r e - d o v e v a s o r g e r e , ed e r a a s p e t t a t a da p i ù mesi, s p o n t a n e a nella coscienza del Re, p e r effetto della sua sensibilità m o r a l e , ed essere attuata senza attesa di altrui giudizio.» L'Italia liberata si avviò così, in u n a atmosfera di p r e c a rietà politica, di umiliante vassallaggio, di d i s o r d i n e , miseria e fame, alla fine di q u e l 1943. C o n a r r o g a n z a di occupanti e di vincitori - di tutti gli occupanti e di tutti i vincitori - gli a n g l o - a m e r i c a n i a v e v a n o p r o c e d u t o a requisizioni massicce di alloggi, cosicché «possedere u n a stanza da bag n o passabilmente attrezzata e r a un pericolo». I soldati alleati e r a n o i ricchi d e l m o m e n t o , e gli italiani i p o v e r i . «A Bari - ricordava Degli Espinosa - nei caffè di corso Vittorio, militari delle Nazioni Unite bevevano e m a n g i a v a n o a g r u p pi, m e n t r e tutto a t t o r n o parecchi bambini si stringevano in cerchio, p o s a n d o gli occhi brillanti di cupidigia sui piatti di dolci. A volte, con mossa r e p e n t i n a , un b a m b i n o si scagliava 74

su u n o di questi piatti, e fuggiva inseguito dal militare d e r u bato. In previsione di questi furti i camerieri facevano pagare le c o n s u m a z i o n i all'atto della c o n s e g n a . . . A volte nelle piazze soldati inglesi dritti su c a m i o n fermi b u t t a v a n o gallette e biscotti a folle di bambini e di d o n n e , e ridevano delle zuffe che e s p l o d e v a n o ai loro piedi. Gli u o m i n i occupati nei magazzini alleati raccontavano della feroce sorveglianza esercitata dai soldati negri armati di l u n g h e fruste.» Era l'Italia degli sciuscià (i lustrascarpe il cui n o m i g n o l o d e r i v ò , è n o t o , dalle p a r o l e inglesi shoe-shine), delle s t r a d e off-limits, vietate ai militari alleati p e r c h é vi si t r o v a v a n o i bordelli, dei furti endemici ai rifornimenti - con la complicità della stessa t r u p p a alleata, a Napoli si calcolava che un terzo delle merci sbarcate p r e n d e s s e il volo - degli interventi di M P , gli u o m i n i della Military Polke, p e r r i d u r r e alla rag i o n e , c o n m a n g a n e l l a t e d i s t r i b u i t e i m p a r z i a l m e n t e , gli ubriachi. Incentivata dalla p o v e r t à , la prostituzione dilagava, nelle forme più sfrontate ed indecorose. I sottosegretari di Brindisi t e n t a v a n o di istituire u n a p a r v e n z a di autorità, m a d o v e v a n o r i s p o n d e r e alla convocazione d i u n qualsiasi c a p i t a n o inglese in v e n a di a u t o r i t a r i s m o . I s o t t o s e g r e t a ri-ministri avevano g r a n difficoltà a trovare locali p e r gli uffici, e automezzi p e r muoversi: tanto più che - a n a l o g a m e n te a q u a n t o e r a avvenuto nel n o r d p e r la repubblica mussoliniana - i dicasteri e r a n o disseminati in varie città, la Marina a T a r a n t o , la G u e r r a e gli I n t e r n i a Lecce, l'Economia, le Ferrovie, le Poste, la Giustizia, i Lavori Pubblici, l'Aeronautica a Bari. A Bari e r a a n c h e l'ufficio s t a m p a del g o v e r n o , d o v e l a v o r a v a n o , tra gli altri il p o e t a Diego C a l c a g n o , Gabriele Baldini, Alba de Cespedes, Antonietta Drago. Lo dirigeva Filippo Naldi, t o r n a t o da un esilio v e n t e n n a l e in Francia, poi accusato del tutto i n f o n d a t a m e n t e dagli azionisti di essere stato coinvolto nel delitto Matteotti, e costretto alle dimissioni. C o n prosa tipica del t e m p o LItalia del Popolo, org a n o a p p u n t o del Partito d'azione, aveva insinuato che Naldi, c o m m i s s a r i o delle i n f o r m a z i o n i , volesse r i n v e r d i r e le 75

p r a t i c h e del «non dimenticato c o r r u t t o r e di D r o n e r o (Giolitti)» o a d d i r i t t u r a del «funesto b u r a t t i n a i o di P r e d a p p i o » . Naldi, cui spettava a n c h e il c o m p i t o di d a r e l'imprimatur ai quotidiani, lesse in anticipo l'attacco, e lo a p p r o v ò senza batter ciglio, congratulandosi anzi con il direttore dell'Italia del Popolo, avvocato Pastina, «per il suo giornale che leggo semp r e con g r a n d e profitto». Gli a n g l o - a m e r i c a n i p r o s e g u i v a n o la loro l e n t a c a m p a g n a d'Italia, e il 22 g e n n a i o a z z a r d a r o n o quello sbarco di Anzio che nelle intenzioni di Churchill avrebbe d o v u t o essere un «gatto selvatico» p r o n t o a graffiare e m o r d e r e nelle retrovie tedesche. Il gatto si rivelò piuttosto domestico, il 6° c o r p o d ' a r m a t a a m e r i c a n o fu costretto in un p e r i m e t r o angusto e la linea Gustav di Kesselring, incernierata su Cassin o , n o n cedette. L'Alto c o m a n d o badogliano aveva trasmesso al colonnello Montezemolo della resistenza r o m a n a , subit o d o p o l ' a n n u n c i o dello sbarco, l ' o r d i n e d i «lottare c o n ogni mezzo possibile e con tutte le forze», t r a s c u r a n d o la p o litica fino a q u a n d o la Città e t e r n a fosse stata liberata. Ma q u e l l ' o r a si rivelava assai più l o n t a n a di q u a n t o quest'Alto c o m a n d o piuttosto disinformato riuscisse a pronosticare. M a n c a n d o s e m p r e al R e g n o la sua capitale n a t u r a l e , si pensava a l m e n o di trasferire la capitale provvisoria da Brindisi ad u n a città che attestasse l'allargamento della giurisdizione b a d o g l i a n a , in effetti limitata, fino a q u e l m o m e n t o , alle q u a t t r o province della Puglia. Ma il p r o b l e m a n o n era solo logistico o amministrativo: era di politica internazionale. I territori che via via si a n d a v a n o a g g i u n g e n d o al R e g n o e r a n o liberati o occupati? E il R e g n o era s e m p r e ex-nemico, o cobelligerante, o alleato? N o n si trattava di fare i conti con gli anglo-americani e basta: si trattava di farli con quel Consiglio consultivo nel quale sovietici e francesi avevano voce in capitolo. Eisenhower - ancora in carica p r i m a di trasferirsi a L o n d r a p e r p r e p a r a r e l o sbarco i n N o r m a n d i a - p r o p o s e c h e passasse alla amministrazione italiana tutto il territorio a sud 76

della linea Salerno-Bari, incluse le isole: il che lasciava alla totale gestione alleata p r o p r i o quelle città, N a p o l i o Salerno, in cui il g o v e r n o aveva intenzione di trasferirsi. Il Consiglio consultivo fu convocato a Napoli il 10 gennaio. Il sovietico Viscinski, a n n o t ò Macmillan «aveva u n a grossa s q u a d r a di segretari, contact-men, i n t e r p r e t i ecc. A p p e n a arrivati, la m a g g i o r p a r t e disparve, i n d u b b i a m e n t e p e r cercare i c o m u nisti italiani, e r i c o m p a r v e solo q u a n d o fu il m o m e n t o di ripartire». Alla r i u n i o n e fu ammesso a n c h e Badoglio, che s'illudeva di p o t e r r e g o l a r m e n t e partecipare, a p i e n o titolo, ai lavori: ma su questo p u n t o fu presto disingannato. Il m a r e sciallo lesse un d o c u m e n t o a l q u a n t o prolisso e p o m p o s o , c h e magnificava l ' a p p o r t o dell'Italia alla c o n d o t t a della g u e r r a , e ometteva - p e r c h é n o n poteva farlo - di d a r e indicazioni c o n c r e t e s u l l ' a t t e g g i a m e n t o d i Vittorio E m a n u e l e I I I , e sulla sua a b d i c a z i o n e . Alla fine disse: «Mi si c h i e d e quale è e quale p o t r e b b e essere il nostro concorso, ma io ho u n a d o m a n d a da fare a voi, m e m b r i della C o m m i s s i o n e consultiva, se cioè a questo tavolo seggo come amico o come n e m i c o » . Gli rispose a n o m e di tutti, c o g l i e n d o la palla al balzo, Viscinski, e assicurò Badoglio che la sua p e r s o n a e r a c o n s i d e r a t a «quella di un amico»: r i p e t e n d o g l i poi a q u a t tr'occhi che I ' U R S S voleva u n ' I t a l i a libera e forte, e che lui, Viscinski, avrebbe p r e s o d i r e t t a m e n t e contatto con il governo di Badoglio. Del maresciallo riconosceva il «patriottismo realistico». Q u e s t o a t t e g g i a m e n t o p r e f i g u r ò la successiva tattica «morbida» d e l l ' U R S S : tattica n o n c o n t r a d d e t t a - le parole sono parole e gli affari sono affari - dalla insistenza sovietica p e r avere u n a p a r t e della flotta. C o n miopia politica p a r i soltanto alla loro inerzia bellica i g o v e r n i inglese e a m e r i c a n o a v e v a n o i n t a n t o a p p r o n t a t o , grazie all'opera dei loro consiglieri legali, un piano di restituzione di province alla sovranità italiana che n o n solo continuava ad escludere Napoli e Salerno, ma ventilava supervisioni politiche - e lottizzatrici - sull'amministrazione italiana, in forza delle quali i greci a v r e b b e r o p o t u t o sovrinten78

d e r e sulla Puglia, gli iugoslavi su mezza Valle Padana, i francesi sulla L i g u r i a e sul P i e m o n t e , e così via. E i s e n h o w e r e Bedell S m i t h ne f u r o n o costernati, Macmillan si p r e c i p i t ò da Churchill. D o p o un laborioso negoziato Badoglio ottenne - si e r a arrivati a fine g e n n a i o del 1944 - che il suo governo riacquistasse la sovranità, o a l m e n o la amministrazione, su tutti i territori posti sotto u n a linea che passava a nord di Salerno e di Foggia. Il 27 gennaio l'Italia fu f o r m a l m e n t e riconosciuta «territorio liberato» e in quegli stessi giorni la s e d e del g o v e r n o fu trasferita a S a l e r n o . L'11 febbraio div e n n e operativo il «trapasso dei poteri». L'annuncio che Sal e r n o e r a d i v e n t a t a capitale provvisoria g i u n s e in città, ha osservato Degli Espinosa, « m e n t r e u n a triste dimostrazione di d o n n e p i a n g e n t i protestava in piazza p e r la m a n c a t a distribuzione del pane». Il Re si sarebbe stabilito, fu deciso, a Ravello, nella villa d e i m a r c h e s i di S a n g r o . A fine d ' a n n o Vittorio E m a n u e l e si era u n a volta di p i ù crucciato con Badoglio c h e , in un messaggio a u g u r a l e agli italiani, l'aveva ignorato. Il 28 e 29 gennaio i partiti antifascisti t e n n e r o nel Teatro Piccinni di Bari, r i c o r r e n d o il ventesimo anniversario della uccisione di Matteotti, un C o n g r e s s o che aveva u n a chiara i m p r o n t a antimonarchica. L'aveva p r e c e d u t o di pochi giorni, a T a r a n t o , un r a d u n o di e x - c o m b a t t e n t i , concluso «da n u m e r o s i discorsi patriottici e da entusiastiche manifestazioni di fede monarchica»: un o r d i n e del g i o r n o a p p r o v a t o da questi r e d u c i a n c o r a fedeli al Re sosteneva che «l'immin e n t e C o n g r e s s o r a p p r e s e n t a u n i c a m e n t e il p e n s i e r o di limitati g r u p p i politici». I n u n c e r t o senso e r a vero, p e r c h é nell'Italia martoriata, affamata e affranta di quei mesi le necessità della sopravvivenza quotidiana facevano di g r a n lunga p r e m i o sull'impegno ideologico. Ma anche i delegati degli ex-combattenti, con la loro tronfia retorica, rispecchiavano b e n poco l ' i m m a g i n e del paese. C o n gesto diffidente, il g o v e r n o Badoglio n o m i n ò a Bari, p r o p r i o nella i m m i n e n z a del C o n g r e s s o antifascista, un s o v r i n t e n d e n t e speciale al79

l ' o r d i n e pubblico nella p e r s o n a del g e n e r a l e Pietro Cazzerà, c h e e r a stato fatto p r i g i o n i e r o in Africa O r i e n t a l e , e da poco rimpatriato: talché i diffidenti notabili dei partiti di sinistra p a r l a r o n o di «prò dittatore» e di sabotaggio al C o n gresso, la cui a p e r t u r a ebbe u n a cornice i m p o n e n t e di forze di polizia italiane e alleate. I delegati e r a n o stati limitati a 120, e ascoltarono con ris p e t t o , e t r a gli a p p l a u s i , un nobile discorso di B e n e d e t t o Croce, che n o n si tolse il cappotto, salendo alla tribuna, p e r c h é il r i s c a l d a m e n t o e r a insufficiente. Il vecchio filosofo p o r t ò il d r a m m a italiano in u n a sfera alta e rarefatta di concetti, disse che «la p r e s e n t e g u e r r a n o n è u n a g u e r r a tra p o poli ma u n a g u e r r a civile: e più esattamente ancora n o n u n a g u e r r a di interessi economici e politici ma u n a g u e r r a di religione» cosicché gli antifascisti italiani a v e v a n o p o t u t o distaccarsi dal d o v e r e di d e s i d e r a r e la vittoria del loro paese. Sforza fu sdegnoso ed egocentrico, e affermò tra l'altro che la colpa del Re e r a m a g g i o r e di quella di Mussolini p e r c h é al p r i m o lui, Sforza, aveva m a n d a t o un avvertimento scritto alla vigilia dell'intervento, e al secondo n o . Seguì u n a m a r e a di interventi, e q u i n d i un acceso dibattito p e r c h é le sinistre volevano un o r d i n e del g i o r n o violento, e ad esso si o p p o n e v a n o i m o d e r a t i . Il c o m p r o m e s s o fu r a g g i u n t o su un d o c u m e n t o che considerava « p r e s u p p o s t o innegabile della ricostruzione m o r a l e e materiale italiana l'abdicazione i m m e diata del Re, responsabile delle sciagure del paese»; proclamava il Congresso «espressione vera e unica della volontà e della forza della nazione»; chiedeva fosse formato un governo «con i p i e n i p o t e r i d e l m o m e n t o di eccezione e c o n la partecipazione di tutti i partiti r a p p r e s e n t a t i al Congresso». Ancora u n a volta e r a stato posto sul t a p p e t o - e o r m a i in m a n i e r a indilazionabile - il p r o b l e m a istituzionale. Vittorio E m a n u e l e I I I rifiutava, con cocciutaggine patetica, l'abdicazione, ed e r a confortato in q u e s t a resistenza dai m a l d e s t r i consigli di A c q u a r o n e che sentenziava: «Il Sovrano n o n int e n d e c e d e r e alle imposizioni di u n a m i n o r a n z a . Se gli Al80

leati vogliono che abdichi bisogna che glielo i m p o n g a n o . In tal caso tutte le responsabilità r i c a d r a n n o , n a t u r a l m e n t e , su di loro e su n e s s u n altro». Badoglio fingeva di n o n i m p e n sierirsi p e r la bufera, e proseguiva nella sua azione «normalizzatrice». A Salerno aveva formato un g o v e r n o di ministri e n o n di sottosegretari - furono finalmente dichiarati decad u t i i m i n i s t r i c h e e r a n o stati a b b a n d o n a t i a R o m a - c h e potè c o n t a t e su qualche n u o v o n o m e di spicco, come quello di Vincenzo Arangio-Ruiz alla Giustizia. U n a volta di più i ministri f u r o n o sparpagliati - alcuni r e s t a r o n o a d d i r i t t u r a in Puglia - e i funzionari d o v e t t e r o sobbarcarsi l u n g h i tragitti sulle s t r a d e intasate dal traffico militare e, a n c o r p i ù , dal febbrile andirivieni dei piccoli e g r a n d i trafficanti o semplicemente di gente in cerca di provviste. «Era u n a lotta dell'intera collettività retrocessa a secoli lontani. I piccoli centri rurali si r i n c h i u d e v a n o in u n a p o v e r a autarchia alimentare, i g r a n d i centri u r b a n i c o m e Napoli r i c o r r e v a n o a primitivi mezzi di c o m m e r c i o e di t r a s p o r t o . U o m i n i e d o n n e stimolati dalla miseria lasciavano in carovane le città e t o r n a v a n o d o p o quindici, venti giorni con un carico di farina, c a r n e e legumi. D u e o tremila lire e r a n o sufficienti a costituire il capitale d'esercizio cosicché quasi tutti e r a n o primitivi commercianti, o lo divenivano in breve.» E n t r o q u e s t a c o r n i c e di convulso squallore, le teste fini del R e g n o del Sud si arrovellavano p e r escogitare la formula che estromettesse il Re riluttante senza costringerlo a fare ciò che a s s o l u t a m e n t e n o n voleva, ossia ad a b d i c a r e . Posto così il p r o b l e m a , n e s s u n o e r a in g r a d o di risolverlo meglio di Enrico De Nicola, la cui sapienza giuridica si accoppiava a un piacere quasi voluttuoso p e r la ricerca di cavilli sublimi. D o p o ripetuti incontri con Vittorio E m a n u e l e , De Nicola mise a p u n t o il p r o g e t t o della Luogotenenza, che avrebbe spogliato il Re delle sue prerogative trasferite a U m b e r t o di Savoia senza c o s t r i n g e r l o a d a b d i c a r e : p r o g e t t o c h e e b b e l'assenso di Sforza. Q u e s t a e r a la successione degli avvenim e n t i prevista da De Nicola: 81

a) a n n u n z i o i m m e d i a t o di Vittorio E m a n u e l e che, liberata Roma, Umberto sarebbe designato Luogotenente con p i e n i p o t e r i m e n t r e egli stesso c o n s e r v a v a solo il titolo di Re, ritirandosi a vita privata; b) u n a volta a R o m a il Re p r o c e d e r à d i r e t t a m e n t e verso la sua villa, senza recarsi al Quirinale; c) il g o v e r n o Badoglio si d i m e t t e r e b b e lo stesso giorno e U m b e r t o c h i a m e r e b b e subito il candidato dei partiti centristi a p r i m o ministro p e r f o r m a r e il g o v e r n o . Q u e s t o governo che e n t r e r e b b e in funzione sarebbe già stato c o n c o r d a t o p r i m a di arrivare a Roma. Il principio della L u o g o t e n e n z a rimase fermo. Ma a m o dificare a l q u a n t o le ipotesi più p r o p r i a m e n t e politiche int e r v e n n e r o svariati avvenimenti: tra gli altri il r i t o r n o in Italia di Ercole Ercoli, alias Palmiro Togliatti.

CAPITOLO QUINTO

IL PROCESSO

La R e p u b b l i c a di Salò volle d a r s i a n c h e i s t i t u z i o n a l m e n t e un volto socialista. Era q u e s t a l'ultima d i s p e r a t a carta dell'ultimo disperato Mussolini, che ne affidò la realizzazione a un Congresso del Partito, convocato p e r il 14 n o v e m b r e in un salone di Castelvecchio, a Verona. L'assemblea voleva essere il p r o l o g o di u n a C o s t i t u e n t e . Pavolini precisò infatti c h e essa a v r e b b e d o v u t o p r o n u n c i a r s i «sui p i ù i m p o r t a n t i p r o b l e m i statali e su quelle n u o v e realizzazioni da r a g g i u n g e r e nel c a m p o del lavoro l e quali, p i ù p r o p r i a m e n t e che sociali, n o n abbiamo alcuna p e r i t a n z a a definire socialiste». Il m a n i f e s t o del n u o v o fascismo c o m p r e n d e v a 18 p u n t i , frutto di u n a puntigliosa elaborazione. Sembra certo che alla p r i m a stesura avesse posto m a n o Mussolini basandosi su un canovaccio di Nicola Bombacci. Era costui un r o m a g n o l o , maestro c o m e Mussolini, e come lui in gioventù socialista massimalista. Poi, m e n t r e Mussolini veleggiava verso l'interventismo e fondava il fascismo, Bombacci a d e r ì al n e o n a t o Partito comunista, nelle cui file fu eletto d e p u t a t o . Dal pei fu espulso nel 1927, e vivacchiò successivamente in posizione equivoca: un rivoluzionario di sinistra fiancheggiatore del regime. O r a riappariva in piena luce, c o m e consigliere del D u c e . La sua figura profetica capelli bianchi e folti un p o ' disordinati, b a r b a i m p o n e n t e acquistò rilievo nella R e p u b b l i c a di Salò. B o m b a c c i contin u a v a a professarsi difensore del proletariato, il che lo metteva in sintonia con gli aneliti populisti del fascismo risorto e a q u e s t a i m p o s t a z i o n e a d e r i v a il d o c u m e n t o c h e aveva p r e p a r a t o . I l testo subì c a m m i n f a c e n d o varie m o d i f i c h e , 83

a n c h e p e r i n t e r v e n t o d i r e t t o del p r o c o n s o l e tedesco R a h n che a t t e n u ò «le originarie t e n d e n z e molto a c c e n t u a t a m e n t e socialiste nell'interesse del m a n t e n i m e n t o della i m p r e s a privata nella p r o d u z i o n e bellica» e cancellò «un p u n t o inserito dal Duce sulla preservazione della integrità territoriale». Di q u e s t o i tedeschi n o n volevano sentir p a r l a r e ; avevano già s o s t a n z i a l m e n t e a n n e s s o la Venezia Giulia, l'Alto Adige, e inoltre Zara, F i u m e , Spalato, C a t t a r o , e s p i n g e v a n o le loro superstiti ambizioni b e n oltre. Basterà citare un a p p u n t o di Gòbbels: «Col F ù h r e r ho affrontato u n a q u e s t i o n e seria e i m p o r t a n t e , d o m a n d a n d o g l i fin dove i n t e n d a e s p a n d e r e il t e r r i t o r i o d e l Reich. S e c o n d o l a sua idea, noi d o v r e m m o a v a n z a r e fino ai confini del Veneto, e il Veneto stesso d o vrebbe essere incluso nel Reich in forma a u t o n o m a » . Subite queste l i m a t u r e e c e n s u r e , i 18 p u n t i e b b e r o il sì definitivo di Mussolini, cui e r a n o stati sottoposti d o p o un suo breve soggiorno alla Rocca delle Caminate. Il d o c u m e n to mescolava c u r i o s a m e n t e fascismo e socialismo, g a r a n t i s m o e a u t o r i t a r i s m o . Esso p r o m e t t e v a , a n z i t u t t o , c h e u n a futura vera Assemblea costituente avrebbe dovuto dichiarare la d e c a d e n z a della Monarchia e p r o c l a m a r e la Repubblica sociale, il cui capo sarebbe stato eletto «dai cittadini» ogni cinque anni. Venivano q u i n d i sanciti il diritto del cittadino a riottenere la libertà d o p o sette giorni di arresto senza incrim i n a z i o n e , e l ' i n d i p e n d e n z a della m a g i s t r a t u r a . Nella Rep u b b l i c a sociale si s a r e b b e r o svolte r e g o l a r i elezioni ma il Partito s a r e b b e rimasto unico: l ' a p p a r t e n e n z a ad esso n o n sarebbe stata tuttavia richiesta p e r nessun ufficio o impiego. Religione di Stato la cattolica, rispetto p e r gli altri culti. Agli ebrei sarebbe spettato lo «status» di stranieri, e p e r la d u r a t a della g u e r r a sarebbero stati considerati di nazionalità nemica. In politica estera la Repubblica sociale avrebbe perseguito l'ideale di u n a c o m u n i t à e u r o p e a risoluta a r e s p i n g e r e gli intrighi britannici. S a r e b b e r o stati a n c h e realizzati «l'abolizione del sistema capitalistico i n t e r n o e la lotta c o n t r o le plutocrazie mondiali». La Repubblica sociale si sarebbe «fonda84

ta i n n a n z i t u t t o sul lavoro m a n u a l e tecnico e intellettuale» ma «la p r o p r i e t à privata sarebbe stata garantita dallo Stato». Il g i o r n o p r i m a che il Congresso si aprisse Mussolini scrisse che con la n u o v a C a r t a «il fascismo, liberato da t u t t o quell'orpello che ha rallentato la sua m a r c i a e d a i t r o p p i c o m promessi che le circostanze lo h a n n o obbligato ad accettare, è r i t o r n a t o alle sue origini rivoluzionarie in tutti i settori, e p a r t i c o l a r m e n t e in quello sociale». Al C o n g r e s s o Mussolini d i e d e il suo viatico, ma n o n la sua presenza. Sentiva che quell'assemblea di desesperados sarebbe stata t u m u l t u o s a e critica, e che n e p p u r e il suo personale prestigio a v r e b b e p o t u t o r i s p a r m i a r g l i frecciate. Agli intervenuti indirizzò un p r o c l a m a che a m a r a m e n t e riconosceva: «Non a b b i a m o p i ù nulla, tutto è da ricominciare. Ci r i m a n e soltanto la volontà a c c o m p a g n a t a da u n a dogmatica fede. Bisogna passare il più r a p i d a m e n t e possibile da paese i n e r m e a paese combattente». Assente il Duce, Pavolini p r e siedette la discussione, spalleggiato da Renato Ricci. Il truce C o s m i n aveva p r e d i s p o s t o il servizio d ' o r d i n e , assicurato con rozzezza da militi in maglione n e r o . In quell'atmosfera eccitata - di u n a Convenzione suicida - era assai scarso il rispetto p e r le gerarchie, e qualche notabile del vecchio fascismo lo s p e r i m e n t ò a sue spese (ha r i c o r d a t o Bocca nel suo La repubblica di Mussolini che un generale della Milizia cercò di sedersi nelle p r i m e file, ma fu affrontanto da Cosmin che gridò: «O torni indietro o ti faccio b u t t a r e fuori»). N o n u n o degli oratori, n e p p u r e Pavolini, riuscì a p a r l a r e senza essere c o n t i n u a m e n t e i n t e r r o t t o dai delegati delle varie federazioni, tra i quali gli squadristi antemarcia e r a n o mescolati a giovani fanatici acquisiti di recente al fascismo. In quel torbido dibattito le invocazioni alla v e n d e t t a contro i traditori del G r a n Consiglio, e s o p r a t t u t t o c o n t r o Cian o , fecero da c o n t r a p p u n t o ai propositi di rifondazione del Partito. Fu invocata la costituzione di un Tribunale speciale che giudicasse i «rinnegati» del 25 luglio, e Pavolini p r o m i s e di «portare questo voto al Duce, unico c o m p e t e n t e a decide85

re». I congressisti volevano il partito unico, e l'esercito politico, n o n di mestiere. Il segretario del Partito di C o m o chiese maggiori p o t e r i p e r la Milizia («non vogliamo più essere fregati») e l'esteta Pavolini s'indispettì. «Queste sono espressioni da caserma», disse. «Questa è u n a caserma» fu l'aspra replica. L'approvazione dei 18 p u n t i o t t e n n e u n a sbrigativa u n a n i m i t à , ma p e r il resto il Congresso si perse in battibecchi, e n o n risolse n e s s u n o dei veri n o d i del m o m e n t o , a cominciare dalla funzione del Partito e da quella dell'Esercito. C o m m e n t a n d o , con il s e g r e t a r i o Dolfin, la conclusione dei lavori, Mussolini disse: «E stata u n a bolgia vera e p r o pria. Molte chiacchiere confuse, p o c h e idee chiare e precise. Si sono m a n i f e s t a t e le t e n d e n z e p i ù s t r a n e , c o m p r e s e quelle comunistoidi... E nessuno, dico n e s s u n o di questi che h a n n o un bagaglio di idee da agitare, viene da me p e r chied e r m i di combattere. E al fronte che si decidono le sorti della r e p u b b l i c a , e n o n c e r t o nei congressi». Il Partito, c o n i suoi 250 mila iscritti («sono quantità e n o n qualità» aveva rilevato Buffarini Guidi) r i m a n e v a un'accozzaglia di c o r r e n t i e c o m p o n e n t i e t e r o g e n e e . A n c o r a Buffarini G u i d i n o t a v a che «moltissimi iscritti, soprattutto i più in vista, r a p p r e s e n tano lo scarto di quello che fu il Partito fascista nel passato, e s o n o r i g u a r d a t i dalle p o p o l a z i o n i c o n d i s g u s t o , c o n disprezzo, e qualche volta con vero e p r o p r i o terrore». V ' e r a stato, d u r a n t e il Congresso, un i n t e r m e z z o d r a m matico. Pavolini si alzò, chiese silenzio, e a n n u n c i ò c h e «il commissario federale di Ferrara, che avrebbe dovuto essere qui con noi, il c a m e r a t a Ghisellini, tre volte medaglia d'arg e n t o , tre volte medaglia di b r o n z o , è stato assassinato con sei colpi di rivoltella». Dalla sala infiammata si alzarono grida di «tutti a Ferrara, vendichiamolo con il sangue». A stento Pavolini i n d u s s e l'assemblea a p r o s e g u i r e i lavori, p r o m e t t e n d o che «quello che bisognerà fare sarà fatto, sarà ordinato, e lo faremo con il nostro stile spietato e inesorabile». Ghisellini e r a stato trovato, la testa trapassata da sei proiettili, nella sua Fiat 1100, sulla strada di Castel d'Argile 86

di C e n t o . Il prefetto Marola, il vicequestore Poli, il t e n e n t e dei carabinieri ebbero qualche perplessità sulla matrice partigiana dell'attentato p e r c h é i cristalli dell'auto risultavano f r a n t u m a t i d a l l ' i n t e r n o , e q u e s t o lasciava sospettare che lo sparatore fosse a fianco della vittima. Ghisellini n o n andava a genio anche ad alcuni ultra del fascismo, che gli rimproveravano d'essere m o d e r a t o . Q u a n d o i tre espressero i loro d u b bi ai fascisti che sopraggiungevano, p r o n t i alla rappresaglia, furono investiti da insulti, e trascinati nelle carceri di Ferrara. In poche ore ottantaquattro p e r s o n e cui e r a n o rivolte generiche accuse di antifascismo v e n n e r o rastrellate e a m m a s sate in u n o stanzone della caserma Littorio. Altri ostaggi fur o n o prelevati dalla p r i g i o n e . Undici s v e n t u r a t i v e n n e r o messi a morte, p a r t e in g r u p p o p a r t e alla spicciolata. F i n i r o n o p r e s t o , con q u e s t a strage, gli appelli alla concordia e l'illusione di alcuni fascisti che con la Repubblica se n o n socialista a l m e n o sociale, si potesse a r r i v a r e a u n a riconciliazione degli italiani. La g u e r r a civile dettò la sua legge s a n g u i n a r i a , i G A P c o l p i r o n o s e m p r e più a u d a c e m e n t e nelle città, tedeschi e fascisti r i s p o s e r o s e m p r e p i ù c r u d e l m e n t e . Il 25 n o v e m b r e i fascisti fecero i r r u z i o n e nella grande masseria di Praticello, tra C a m p e g i n e e Gattatico, vicino a Reggio Emilia, dove viveva la famiglia Cervi. E r a n o , i Cervi, dei fittavoli che si e r a n o insediati nel p o d e r e dal 1934: il p a d r e , Alcide, la m a d r e Genoveffa Cocconi, sette figli, il m a g g i o r e di 42 il più giovane di 22 a n n i . Nel loro cascinale i Cervi avevano dato ospitalità d o p o l'8 settembre a prigionieri e sbandati - e di questo venivano sospettati dalle autorità fasciste - ma avevano a n c h e organizzato azioni di squad r e p e r d i s a r m a r e i presidi fascisti. Il rastrellamento del 25 n o v e m b r e mirava p r o p r i o a snidare i prigionieri rifugiati a Praticello (vi furono infatti catturati un russo, d u e sudafricani, un francese gollista, un i r l a n d e s e , e un «rinnegato» italiano). I maschi della famiglia Cervi furono tutti trasferiti nelle carceri di San T o m m a s o , a Reggio Emilia. D u e giorni d o p o N a t a l e a B a g n o l o in P i a n o , nelle c a m p a g n e di Reg87

gio, v e n n e ucciso da un commando il segretario fascista Vinc e n z o O n f i a n i , e q u e s t o s e g n ò la c o n d a n n a a m o r t e , p e r rappresaglia, dei sette fratelli «rei confessi di violenze e aggressioni di carattere c o m u n e e politico, di connivenza e fav o r e g g i a m e n t o con e l e m e n t i antinazionali e comunisti». Il p a d r e n o n s e p p e della feroce strage fino a q u a n d o uscì di prigione. Altro sangue a Firenze dove il p r i m o dicembre fu «giustiziato» da tre partigiani il c o m a n d a n t e del distretto militare, colonnello Gobbi, e cinque ostaggi antifascisti p a g a r o n o con la vita. Il 18 d i c e m b r e c a d d e sotto il fuoco dei guerriglieri il f e d e r a l e di M i l a n o Aldo Resega, e in r i s p o s t a un p l o t o n e della L e g i o n e M u t i fucilò all'Arena di Milano n o v e «resistenti» che e r a n o nel carcere di San Vittore, e che un Tribunale speciale aveva sul t a m b u r o c o n d a n n a t o a m o r t e . L'arcivescovo di Firenze cardinale Elia della Costa tentò di p o r r e freno alla spirale d e l l ' o d i o con u n a «notificazione» nella quale ricordava a tutti il q u i n t o c o m a n d a m e n t o , «non ammazzare», p e r c o n c l u d e r n e che e r a n o inammissibili le «uccisioni di arbitrio privato o a t r a d i m e n t o » . Sul foglio clandestino del Partito d'azione Enzo E n r i q u e z Agnoletti d e p l o r ò a sua volta che il cardinale, «in un m o m e n t o tanto tragico e grave p e r la vita m o r a l e e fisica di n o i italiani», n o n avesse preferito tacere. La c a t e n a degli attentati - d u r a n t e i funerali di Resega un gappista aveva tirato da un tetto sul corteo, p r o v o c a n d o u n a sparatoria n u t r i t a e caotica - esasperò gli u o m i n i delle formazioni fasciste più turbolente e violente. Buffarini Guidi riferì al Duce che aveva d o v u t o affrontare le s q u a d r e della Muti p e r i m p e d i r e che effettuassero u n a «cosiddetta m a r cia sul G a r d a con la finalità di snidare il governo». Mussolini e r a c o n t r a r i o alle r a p p r e s a g l i e , le c o n s i d e r a v a «un atto s t u p i d o e bestiale», e p r e s e di petto Pavolini p e r c h é le consentiva. Ma p o i fu c o s t r e t t o ad a r r e n d e r s i alla politica dell'«occhio p e r occhio, d e n t e p e r dente» Il C a p o del fascis m o e r a o r m a i p r i g i o n i e r o dei «duri», disposti a n c o r a a d 88

o s a n n a r l o , m a n o n a d obbedirgli q u a n d o s u g g e r i v a l a clemenza. Per salvaguardare la sua i m m a g i n e , cavalcava o r m a i la tigre, e con r i l u t t a n z a dava soddisfazione ai fedelissimi, che lo aspettavano al varco: tra i tanti disertori del fascismo, ve n'era u n o che meritava la massima punizione, ed e r a Galeazzo C i a n o , il g e n e r o del D u c e . Su q u e s t o p u n t o il C o n gresso di Verona, p e r altri aspetti così confuso, aveva espresso u n a o p i n i o n e p e r e n t o r i a . La m o r t e di Ciano era divenuta fatale nel m o m e n t o stesso in cui Mussolini e r a stato liber a t o d a l G r a n Sasso, n o n p e r c h é i t e d e s c h i esercitassero p r e s s i o n i , m a p e r c h é , s e n o n sacrificava C i a n o , Mussolini abdicava al suo ruolo. Sulle interferenze tedesche, t e n d e n t i ad evitare che il conte sfuggisse al castigo, si è molto insistito, ne ha p a r l a t o Mussolini stesso. U n a disposizione di Ribb e n t r o p a R a h n n o n le convalida. «Il F i i h r e r ha stabilito - scrisse R i b b e n t r o p - che il processo c o n t r o Ciano sia esclus i v a m e n t e u n a m a t e r i a di c o m p e t e n z a del D u c e e c h e da p a r t e n o s t r a n o n si eserciti n e s s u n a p r e s s i o n e in favore di u n a c o n d a n n a . » I tedeschi si p r e o c c u p a r o n o m o l t o , p e r q u a n t o li r i g u a r d a v a , di r e c u p e r a r e i Diari di Ciano, e a questo scopo gli misero vicino, d u r a n t e tutto il soggiorno tedesco, e poi d u r a n t e la prigionia, Frau Felicitas Beetz, un'abile spia - a n c h e se soltanto v e n t i d u e n n e - che si c h i a m a v a in realtà H i l d e g a r d B u r k h a r d t . Inviata a R o m a nel 1943, con il n o m e di Alice von Wedel - parlava c o r r e n t e m e n t e l'italiano - e r a stata s e g r e t a r i a n e l Q u a r t i e r g e n e r a l e delle SS. Q u e l l a di F r a u Beetz, e di «ombra» d e l c o n t e C i a n o , fu la sua terza incarnazione. Felicitas Beetz era belloccia alla maniera delle giovani tedesche, con t e n d e n z a ad appesantirsi. A V e r o n a e r a stata invocata, c o n t r o i t r a d i t o r i , u n ' a l t a corte di giustizia. In realtà il g o v e r n o di Salò aveva provved u t o ripristinando, fin dal 13 ottobre del 1943, il Tribunale speciale di triste m e m o r i a , e affidandogli specificamente il c o m p i t o di g i u d i c a r e «il t r a d i m e n t o di coloro che sono venuti m e n o n o n solo al p r o p r i o d o v e r e di cittadini, ma anche al p r o p r i o g i u r a m e n t o di fascisti». Stabiliva il d e c r e t o che i 89

giudici dovessero essere «fascisti di p r o v a t a fede». A questi requisiti r i s p o n d e v a n o c e r t a m e n t e il ministro della Giustizia di Salò, A n t o n i n o Tringali Casanova, che era stato presidente del Tribunale speciale fino al 25 luglio, e il giudice istruttore del Tribunale speciale straordinario, Vincenzo Cersosim o , che aveva svolto identiche funzioni nel T r i b u n a l e speciale p r e c e d e n t e . Galeazzo Ciano - che aveva r i p e t u t a m e n t e chiesto d i p o t e r t o r n a r e i n Italia dalla Baviera d o v e p u r e godeva di u n a certa libertà - fu accontentato il 19 ottobre e, sotto scorta delle SS, a v e n d o accanto Frau Beetz, v e n n e portato in a e r e o a Verona e subito trasferito al carcere cittadino degli Scalzi. Già vi si trovavano i dissenzienti del G r a n Consiglio sui quali fascisti e tedeschi e r a n o riusciti a m e t t e r e le m a n i : Carlo Pareschi, ministro dell'Agricoltura, Tullio Cianetti, ministro delle Corporazioni, Luciano Gottardi, presid e n t e della C o n f e d e r a z i o n e d e i l a v o r a t o l i d e l l ' i n d u s t r i a , Giovanni Marinelli, p e r v e n t ' a n n i segretario amministrativo del Partito fascista e da u l t i m o s o t t o s e g r e t a r i o alle Poste e Telegrafi. L ' o t t a n t e n n e maresciallo e q u a d r u m v i r o Emilio De B o n o - collare dell'Annunziata come Ciano - fu autorizzato data l'età a r i m a n e r e sotto sorveglianza fino alla vigilia del dibattimento, nella sua villa di Cassano d'Adda, da dove fu p o r t a t o d i r e t t a m e n t e a Castelvecchio. La scelta di Verona era di cattivo auspicio p e r gli i m p u t a t i : vi si respirava a n c o r a il fanatismo del Congresso, vi s p a d r o neggiava l'oltranzista Cosmin, e il Q u a r t i e r g e n e r a l e di Pavolini era vicino, a M a d e r n o . I n o m i dei giudici furono a p provati il 24 n o v e m b r e . Aldo Vecchini, il p r e s i d e n t e , e r a stato segretario del sindacato fascista degli avvocati e p r o c u r a tori, e federale di R o m a , i c o m p o n e n t i della C o r t e e r a n o tutti squadristi e ufficiali della Milizia. U n o di essi, Celso Riva, o p e r a i o metallurgico, aveva da p o c o p e r s o il figlio p e r m a n o dei gappisti, a T o r i n o . Tuttavia questi estremisti d e l fascismo avvertirono qualche t u r b a m e n t o , q u a n d o s e p p e r o di essere stati designati a giudicare - sarebbe meglio dire a 90

c o n d a n n a r e - i m e m b r i del G r a n Consiglio: e lo stesso Vecchini t e n t ò , senza riuscirvi, di essere e s o n e r a t o . Si b a r r i c ò q u i n d i in Castelvecchio, facendo allestire alla meglio un alloggio a d i a c e n t e al suo studio, e n o n se ne mosse p i ù . Temeva gli antifascisti, e temeva anche i fascisti. Renzo Montagna, l u o g o t e n e n t e generale della Milizia, n o m i n a t o giudice, fu n o n solo perplesso, ma a n c h e convinto che «ogni cosa era stata decisa e che il processo sarebbe stato fatto u n i c a m e n t e p e r d a r e veste legale a u n a sentenza già stabilita». Si p r o p o se di s t r a p p a r e qualche i m p u t a t o alla m o r t e , se gli fosse stato possibile. A quel p u n t o accadde un imprevisto che parve agli accusati un colpo di fortuna. Un infarto uccise Tringali Casanova, e il suo p o s t o c o m e m i n i s t r o fu p r e s o da Piero Pisenti, che e r a un serio e ragionevole u o m o di legge. Questi d i e d e un'occhiata ai fascicoli, e vide subito che l'accusa n o n reggeva. Chiese u d i e n z a a Mussolini, e si t r a t t e n n e con lui p e r d u e ore. Ha poi ricordato d'avergli detto: «Duce, ho esamin a t o a t t e n t a m e n t e gli atti del processo: n o n c'è la m i n i m a p r o v a di u n a connivenza tra i firmatari dell'ordine del giorno G r a n d i e la Casa Reale. La votazione si è svolta in m o d o r e g o l a r e e siete stato voi, Duce, a chiederla. Vi assicuro che l'accusa di t r a d i m e n t o n o n è in alcun m o d o dimostrabile». Secondo Pisenti, Mussolini d o m a n d ò allora, r o t e a n d o gli occhi, cosa si poteva fare, e il ministro suggerì che fosse alm e n o evitata la p e n a capitale con la concessione delle atten u a n t i g e n e r i c h e . «Parlatene con Vecchini» gli avrebbe detto, c o n g e d a n d o l o , il Duce. Ma Dolfin ha d a t o del colloquio u n a v e r s i o n e diversa. A Pisenti che insisteva, Mussolini avrebbe risposto che «voi vedete nel processo il solo lato giuridico... io devo vederlo sotto il profilo politico. Le ragioni di Stato s o m m e r g o n o o g n i altra c o n s i d e r a z i o n e . O r m a i bisogna a n d a r e fino in fondo». In r e a l t à Mussolini e r a l a c e r a t o , sapeva c h e i t e d e s c h i , a n c h e se ostentavano neutralità, l'avrebbero disprezzato ove si fosse d i m o s t r a t o c l e m e n t e p e r r a g i o n i familiari («il p r o 91

cesso di Verona era p e r i tedeschi la pietra di p a r a g o n e delle possibilità rivoluzionarie della repubblica italiana» scrisse poi); sapeva altresì che i fascisti dell'ora e s t r e m a volevano Ciano m o r t o , e che m o r t o lo voleva la moglie Rachele «decisa a far c a d e r e la scure sul capo del novello Bruto» secondo il c o m m e n t o di E r m a n n o Amicucci, d i r e t t o r e del Corriere della Sera. M e n t r e il giudice Cersosimo svolgeva quei preliminari che ebbero, ma n o n meritavano, il n o m e di istruttoria, Mussolini se ne stava isolato nella sua «capitale» lacustre, a r i m u g i n a r e il passato e a scrivere articoli p e r la Corrispondenza repubblicana. Q u a n d o accennava a Ciano Io faceva con frasi smozzicate e c o n t r a d d i t t o r i e : «Non colpire Ciano sarebbe c o m e dire che n o n è possibile colpire nessuno», ma «gli italiani d i r a n n o d o m a n i c h e il s a n g u i n a r i o sono stato io». Cersosimo p r o c e d e t t e agli interrogatori degli imputati, ed e b b e q u a l c h e difficoltà, la p r i m a volta che si r e c ò agli Scalzi, p e r v e d e r e Ciano, sorvegliato dalle SS e p r o t e t t o da Frau Beetz. N o n raccolse elementi che già n o n conoscesse. C o l o r o che a v e v a n o votato sì a l l ' o r d i n e del g i o r n o G r a n d i e r a n o stati invitati da Mussolini stesso ad a p p r o v a r l o o a disapprovarlo. Definire t r a d i m e n t o questo atto era, dal p u n t o di vista giuridico, mostruoso. Ciano e r a il catalizzatore degli odi e perciò il p e r n o del processo. Gli altri cinque - m a n c a n d o il m a g g i o r e p r o t a g o nista del 25 luglio, Dino G r a n d i , salvo in Portogallo - avevano un ruolo di tragiche c o m p a r s e . Per s t r a p p a r e Ciano alla m o r t e si p r o d i g a r o n o , alla vigilia del dibattimento - che cominciò l'8 gennaio a Castelvecchio nello stesso salone in cui si era svolto il Congresso - e fino all'imminenza della esecuzione d u e d o n n e , la moglie E d d a e Felicitas Beetz. Rientrata dalla G e r m a n i a il 20 settembre d o p o un ultimo gelido inc o n t r o con Hitler, E d d a aveva visitato la Rocca delle Carnin a t e , p e r salutare la famiglia, e p o i R o m a , p e r affidare ad amici sicuri i Diari, sui quali contava molto p e r negoziare la liberazione di Galeazzo, liberazione p e r la quale si i m p e g n ò con u n a grinta che ricordava in lei - unica tra i figli - quella 92

d e l p r i m o Mussolini. Fino all'ultimo, s c o n t r a n d o s i a s p r a m e n t e col p a d r e , t e n t a n d o e r i t e n t a n d o canali italiani e tedeschi, fece il possibile e l'impossibile p e r o t t e n e r e la salvezza di quel suo u o m o fatuo, leggero, forse un po' disprezzato, ma in f o n d o a m a t o . A Mussolini g r i d ò in faccia: «Siete tutti pazzi! La g u e r r a è p e r d u t a , è inutile che vi facciate illusioni. I tedeschi resisteranno qualche mese, ma n o n più. Tu sai q u a n t o ho desiderato che si vincesse, ma o r a n o n c'è più nulla da fare. E in queste condizioni si c o n d a n n a Galeazzo». Frau Beetz, spia capace e m a g a r i cinica, ma p u r s e m p r e d o n n a , e nordica, e sensibile al fascino latino, s'era p r e s a di C i a n o : e C i a n o , tombeur de femmes, s o p r a n n o m i n a t o dalla moglie «gallo», ebbe a l m e n o , nelle ultime settimane di vita, questo conforto sentimentale e questa e s t r e m a soddisfazione alla sua vanità maschile. Nelle l u n g h e ore trascorse insiem e , i d u e p a r l a r o n o sì dei Diari - p r o p r i o p e r carpirglieli la Beetz gli era stata a p p i o p p a t a c o m e u n ' o m b r a - ma p a r l a r o no a n c h e d ' a m o r e . Così nei disegni della Beetz la trattativa sui Diari e b b e un d u p l i c e scopo: quello di a c c o n t e n t a r e i «superiori» e quello di s o t t r a r r e Ciano al p l o t o n e d'esecuzione. Il piano di Felicitas Beetz era ingegnoso: d u e SS in divisa di militi fascisti avrebbero d o v u t o a g g r e d i r e i tedeschi messi di guardia alla cella di Ciano, sopraffarli - con il consenso e la collaborazione degli assaliti - e rapire il prigioniero. Ciano sarebbe stato trasferito d a p p r i m a in U n g h e r i a , quindi in Turchia: u n a volta in salvo, avrebbe p r o v v e d u t o ad avvertire E d d a che a sua volta avrebbe consegnato i Diari. Di questo c o p i o n e fu i n f o r m a t o il g e n e r a l e delle SS Harster, e da lui rimbalzò a K a l t e n b r u n n e r e infine al g r a n capo H i m m ler. A testimonianza della sua b u o n a fede E d d a consegnò alcuni d o c u m e n t i - verbali di incontri con capi di Stato, ministri e diplomatici - che Ciano le aveva affidato: fu p e r f i n o stesa u n a sorta di contratto, firmata da K a l t e n b r u n n e r e da Ciano. H i m m l e r e il suo vice avevano deciso «di tacere con Hitler e di agire da soli». «Invece - ha raccontato H a r s t e r 93

o g n i cosa crollò all'ultimo m o m e n t o . Hitler s e p p e del p r o getto e si oppose, minacciando terribili punizioni. Il p o m e riggio del 6 g e n n a i o , la vigilia della fuga (e l'antivigilia dell'inizio del dibattimento, N.d.A.) mi c h i a m a r o n o al telefono da Berlino. Mi fu o r d i n a t o di s o s p e n d e r e tutto.» A sua volta F r a u Beetz ha espresso la convinzione che «la decisione di Hitler fu dovuta n o n tanto ad un intervento di von Ribbent r o p (che si ritiene fosse stato in q u a l c h e m o d o i n f o r m a t o , N.d.A.) q u a n t o da un voltafaccia di Himmler, il quale all'ultimo m o m e n t o ebbe p a u r a del suo coraggio e a n d ò a spiattellare tutto al suo Flihrer». N o n s a p p i a m o se H i m m l e r e i suoi avessero i n t e n z i o n e di r i s p e t t a r e il p a t t o . L'avessero o n o , Hitler fu p e r un'ostentata inflessibilità. E r a la fine di o g n i s p e r a n z a . Galeazzo C i a n o inviò alla moglie u n a lettera d ' a d d i o nella quale trovò accenti di grand e c o m m o z i o n e : « E d d a mia, m e n t r e t u vivi a n c o r a nella beata illusione che tra p o c h e o r e sarò libero e s a r e m o n u o v a m e n t e tutti insieme, p e r me è cominciata l'agonia. Dio benedica i nostri bambini. A te chiedo che li educhi nel rispetto di quei princìpi dell'onore che io ho a p p r e s o da mio padre...». E d d a si rifugiò in Svizzera, d o p o aver dato in conseg n a a Frau Beetz tre lettere che rilanciavano la p r o p o s t a , i Diari c o n t r o u n a vita. Voleva Ciano a B e r n a e n t r o tre giorni, scrisse al C o m a n d o tedesco in Italia, e se n o n l'avesse avuto i Diari sarebbero stati pubblicati. A Hitler pose la stessa alternativa p r o m e t t e n d o che «se s a r e m o lasciati in pace, nel f u t u r o voi n o n sentirete p i ù p a r l a r e di noi». Più a s p r a che con c h i u n q u e altro fu con il p a d r e : «Ho atteso sino ad oggi che tu mi mostrassi un m i n i m o di sentimenti di u m a nità e di giustizia. O r a è t r o p p o . Se Galeazzo n o n è in Svizzera e n t r o tre giorni... tutto ciò che so, con p r o v e alla m a n o , lo u s e r ò senza pietà». In u n a Verona battuta da sgherri fascisti, e in u n ' a u l a funer e a m e n t e a d d o b b a t a , il processo cominciò la mattina dell'8 gennaio. L'inverno era eccezionalmente mite, e alcuni degli 94

i m p u t a t i a r r i v a r o n o nel salone di Castelvecchio senza cappotto. Ciano indossava un soprabito chiaro. Ai sei e r a stata data la possibilità di scegliersi un difensore (gli avvocati più in vista rifiutarono tuttavia l'incarico, che e r a senza speranza e p e r i c o l o s o , t a n t o c h e si d o v e t t e r i c o r r e r e a difensori d'ufficio), ma n o n di citare testimoni. P r i m a d e l l ' a p e r t u r a i giudici si o c c u p a r o n o di Marinelli, che era malato e sordo, e che della seduta del G r a n Consiglio, p r o p r i o p e r c h é n o n ci sentiva e p e r c h é era lontano dal Duce, aveva capito b e n poco. Q u a l c u n o p r o p o s e di s o t t o p o r l o a perizia, ma a n c h e q u e s t ' i d e a fu a b b a n d o n a t a p e r c h é n o n ci d o v e v a n o essere rinvìi. I tedeschi si t e n n e r o o s t e n t a t a m e n t e in disparte: assis t e t t e r o soltanto un ufficiale delle SS in u n i f o r m e , d u e in b o r g h e s e , e Frau Beetz. R a h n si trovava in G e r m a n i a , e al Deakin confidò successivamente che era a sua volta interven u t o presso Hitler allo scopo di o t t e n e r e l'assenso alla fuga di C i a n o . Data la concezione c h e gli italiani a v e v a n o della famiglia, disse al Fuhrer, l'esecuzione di Ciano avrebbe d a n neggiato l'immagine di Mussolini. Hitler ribatté che la facc e n d a r i g u a r d a v a esclusivamente il Duce e gli italiani. Gli i n t e r r o g a t o r i furono senza storia, e senza storia furono anche le testimonianze dell'ex presidente del Senato G i a c o m o S u a r d o - che al G r a n Consiglio si e r a a s t e n u t o dell'ex segretario del Partito Scorza, di Farinacci. Ciano aveva p r e s e n t a t o un m e m o r i a l e di u n a ventina di p a g i n e , altri ne a v e v a n o inviati alcuni latitanti, Alfieri, Bastianini, Big n a r d i . Fu a n c h e d a t a l e t t u r a del m e m o r i a l e autodifensivo che Cavallero aveva scritto m e n t r e e r a d e t e n u t o a F o r t e Boccea d u r a n t e i 45 giorni badogliani, q u a n d o il g e n e r a l e C a r b o n i «gli cavava il sangue»: m e m o r i a l e che accennava a propositi di sostituzione di Mussolini allorché questi, alla fine del 1942, era stato seriamente malato. Si volle così rafforzare il concetto di u n a vasta t r a m a cospirativa p r e c e d e n t e il 25 luglio. Agli accusati Vecchini chiese r i p e t u t a m e n t e se avessero b e n capito il d i l e m m a di Mussolini al G r a n Consiglio che si riassumeva così: o il Re mi dice caro Mussolini, le 95

cose n o n sono a n d a t e effettivamente b e n e in questo ultimo t e m p o , ma avete cominciato, continuate; o il Re mi dice, io accolgo il vostro invito a riassumere le responsabilità milital i , ma p o i c h é vi r i t e n g o r e s p o n s a b i l e della situazione, a p profitto della vostra mossa p e r liquidarvi in un colpo. «L'ordine del giorno G r a n d i - aveva allora concluso Mussolini p u ò m e t t e r e in giuoco l'esistenza del regime.» Q u e s t o batti e ribatti sul tasto del d i l e m m a intendeva d i m o s t r a r e come i diciannove votanti p e r G r a n d i sapessero di s e g n a r e , con il loro sì, la fine del fascismo. Di significativo, in quella p a r o d i a di d i b a t t i m e n t o , vi fur o n o soltanto lo s m a r r i m e n t o e la p a u r a di Marinelli, e la p e r o r a z i o n e quasi comiziesca di Cianetti, che ricordò d'avere inviato a Mussolini, p o c h e o r e d o p o la fine del G r a n Consiglio, u n a lettera in cui ritrattava il suo voto. A quel p u n t o - d o p o gli interventi dei difensori tra i quali il solo p a t r o n o di Cianetti, avvocato A r n a l d o Fortini, sapeva di d i s p o r r e di argomenti validi di fronte a u n a simile Corte - la sentenza era u n a formalità. Fu letta - d o p o tre o r e e mezza di attesa - alle 14 del 10 gennaio. La voce a m a l a p e n a udibile del presid e n t e Vecchini a n n u n c i ò : m o r t e p e r tutti gli i m p u t a t i , con la sola eccezione di Cianetti, cui e r a n o inflitti t r e n t ' a n n i di r e c l u s i o n e . Ossia u n a b r e v e r e c l u s i o n e , f i n c h é l a g u e r r a avesse avuto il suo o r m a i scontato epilogo. A q u a n t o risulta dalle m e m o r i e , n o n concordi, di alcuni tra i giudici, la discussione in C a m e r a di consiglio ebbe m o m e n t i di suspense. S e c o n d o M o n t a g n a , Vecchini fece votare d u e volte p e r c h é la p r i m a decisione era stata t r o p p o indulgente. Secondo Franz Pagliani, la d o p p i a votazione avvenne soltanto p e r c h é i giudici risposero a d u e d o m a n d e : colpevoli o innocenti? (e la risposta fu u n a n i m e : colpevoli), e d e b b o n o essere o no concesse le a t t e n u a n t i g e n e r i c h e ? (e su questo p u n t o M o n t a g n a si i m p e g n ò in difesa di De B o n o ai cui o r d i n i aveva combattuto in Africa). S e m p r e secondo Pagliani vi fu totale accordo nel n e g a r e le a t t e n u a n t i a Ciano, e invece u n a m a g g i o r a n z a di m i s u r a (cinque c o n t r o q u a t 96

tro) nel n e g a r l e a Marinelli, De B o n o , Pareschi e G o t t a r d i . M a g g i o r a n z a di c i n q u e a q u a t t r o , invece p e r c o n c e d e r l e a Cianetti. Diversa, lo si è a c c e n n a t o , la v e r s i o n e di M o n t a gna, secondo il quale il console Battista Riggio, u n o dei giudici, che si era associato ai «clementi» p e r q u a t t r o i m p u t a t i - il che avrebbe salvato tutti t r a n n e Ciano - fu indotto a convertirsi alla durezza da Vecchini e dal fanatico Enrico Vezzalini. La sentenza fu ascoltata dagli imputati in un silenzio sbalordito. A l m e n o alcuni tra loro s p e r a v a n o che la c o n d a n n a n o n fosse quella capitale. Marinelli n o n aveva afferrato bene, chiese spiegazioni a Ciano che accennò a Cianetti, e disse: «Solo lui si salva, p e r noi è finita» e tracciò con la m a n o destra il segno della croce. Marinelli si afflosciò senza sensi. A questo crimine giudiziario si tentò poi di d a r e u n a razionalità legale con la motivazione della sentenza, coacervo di affermazioni politiche e di aberrazioni giuridiche. All'inizio di essa si affermava: «Non v'e d u b b i o che l ' o r d i n e d e l giorno mirava a estromettere il fascismo dalla vita nazionale e dalla c o n d o t t a della guerra... A questo p u n t o il Tribunale p o t r e b b e c o n s i d e r a r e già r a g g i u n t a la p r o v a della colpevolezza degli imputati». Il resto era d u n q u e m a c a b r o orpello. Mussolini s e p p e sùbito della sentenza dal suo segretario Dolfin, che si era t e n u t o in contatto telefonico con Verona. N o n fece nulla, giustificandosi in qualche m o d o col dire che «per me Ciano è m o r t o da tempo». N o n fece nulla n e p p u r e q u a n d o , alle cinque del mattino successivo, il generale delle SS Wolff, cui Frau Beetz aveva trasmesso le tre lettere di Edda, gli lesse p e r telefono quella che lo riguardava. Wolff ha d i c h i a r a t o che Mussolini gli chiese un consiglio: doveva o no i n t e r v e n i r e ? Wolff r i b a d ì c h e il p r o b l e m a n o n e r a di c o m p e t e n z a dei tedeschi, ma si p r o n u n c i ò , p e r s o n a l m e n t e , contro intromissioni. A ogni b u o n conto, per dimostrare che i tedeschi e r a n o estranei, dispose che cessasse la vigilanza delle SS a t t o r n o a Ciano. E r a la vittoria di C o s m i n , che ne esultava, e di Pavolini 97

(che forse d e n t r o di sé ne soffriva). Avevano o t t e n u t o vend e t t a c o n t r o i t r a d i t o r i , e i m m e d i a t a m e n t e o r d i n a r o n o di r a d u n a r e , nella caserma della G u a r d i a nazionale r e p u b b l i cana, u n a c i n q u a n t i n a di militi da cui t r a r r e il p l o t o n e d'esecuzione. Ma s'interpose, a r e n d e r e frenetica la n o t t e , un ostacolo: le d o m a n d e di grazia che gli imputati avevano firm a t e su sollecitazione dei difensori - aveva firmato a n c h e Ciano, d o p o m o l t e esitazioni - e che d o v e v a n o p u r essere r e s p i n t e d a q u a l c u n o (alla l o r o accettazione Pavolini n o n pensava n e p p u r e l o n t a n a m e n t e ) . Logica avrebbe voluto che le d o m a n d e fossero p r e s e n t a t e al C a p o dello Stato, ossia a Mussolini. Ma p r o p r i o questa soluzione r i p u g n a v a a Pavolini che le sottopose d a p p r i m a - il s u g g e r i m e n t o e r a stato di Cersosimo - al g e n e r a l e U m b e r t o Piatti dal Pozzo, c o m a n d a n t e t e r r i t o r i a l e dell'Esercito a Padova. Piatti dal Pozzo, con l'avallo di un consulente legale, declinò seccamente l'inc o m b e n z a : n o n c o m p e t e v a a lui di p r o n u n c i a r s i . Pavolini, Cosmin che aveva in tasca le d o m a n d e , Cersosimo, il p u b blico accusatore A n d r e a F o r t u n a t o , il C a p o della polizia Tullio T a m b u r i n i discussero un paio d ' o r e , q u i n d i si m o s s e r o tutti verso Brescia, su u n ' a u t o a gasogeno - alimentata cioè a carbone di legna - p e r interpellare il ministro della Giustizia Pisenti. Questi li ricevette subito nel suo ufficio, a Palazzo M a r t i n e n g o , e disse chiaro e t o n d o che avrebbe p o r t a t o le d o m a n d e a Mussolini. Pavolini insorse a d d u c e n d o - era p r o p r i o il caso! - pretesti u m a n i t a r i : Mussolini n o n doveva essere posto di fronte a u n a alternativa dolorosa. Della facc e n d a si e r a s e m p r e o c c u p a t o e s c l u s i v a m e n t e il Partito, e avrebbe continuato ad occuparsene. Ma colui che del Partito e r a segretario riluttava, p e r un singolare r e s i d u o di legalitarismo, a p r o n u n c i a r e in p r i m a p e r s o n a il fatale n o . Da Brescia il g r u p p o si trasferì a Mad e r n o , p e r un consulto con il ministro d e l l ' I n t e r n o Buffarini Guidi, che voleva a n c h e lui t e n e r fuori Mussolini, ma riteneva si dovesse scovare un c o m a n d a n t e militare disposto ad assumersi la responsabilità. Pensarono all'ufficiale di gra98

do p i ù elevato della G u a r d i a nazionale r e p u b b l i c a n a a Verona, e r i t e n n e r o d'averlo trovato nel console Trevisan, ma questi obbiettò che c'era qualcuno sopra a lui, il console Italo Vianini, ispettore della V zona, q u a r a n t a q u a t t r e n n e , ex c o m b a t t e n t e in Russia, fascista accanito, ma n o n disposto a caricarsi di un tal p e s o . Assediato e incalzato p e r o r e dagli altri, Vianini si arroccò nel suo n o . C o n t i n u ò a ripeterlo anche q u a n d o da Boscochiesanuova gli v e n n e l'ordine di Renato Ricci, il suo c o m a n d a n t e . L'esecuzione e r a stata fissata p e r l'alba, ma alle 8 del m a t t i n o - lo ha n a r r a t o Silvio Bertoldi nel suo Salò - si discuteva ancora. E si discusse finché Ricci ebbe la trovata risolutiva: «Senti Vianini, p e r tua tranquillità h o p a r l a t o con G a r d o n e , s o n o tutti d ' a c c o r d o . L o devi assolutamente fare». G a r d o n e , ossia Mussolini. Vianini si rassegnò, ma volle un o r d i n e scritto, e T a m b u r i n i scrisse un biglietto nel quale attestava semplicemente che Ricci aveva telefonato p e r o r d i n a r e a Vianini di firmare. Così, con p r o c e d u r a contorta, e d o p o un misero giuoco di scaricabarile, fu sottoscritto il d o c u m e n t o che stabiliva di n o n inoltrare la d o m a n d a di grazia, e dava via libera all'esecuzione «in località tiro a segno». Nella n o t t e i sei - ma Cianetti faceva o r m a i p a r t e p e r se stesso - furono assistiti dal cappellano del carcere, d o n Gius e p p e Chiot. A lui Ciano, risvegliandosi da un breve sonno, disse: «Com'è l u n g a a venire la morte». Ad eccezione di Marinelli, che si disperava e tremava, i c o n d a n n a t i si comportar o n o b e n e , con dignità e controllo. Secondo il racconto che ne ha fatto Cianetti nelle sue m e m o r i e Ciano tentò, in quelle ore t o r m e n t a t e , di togliersi la vita. «Alle 4,20 - questa è la t e s t i m o n i a n z a d e l l ' u n i c o i m p u t a t o p r e s e n t e cui fu r i s p a r miata la fucilazione - r i t o r n o nel corridoio e scambio qualche parola con i militi delle SS germaniche. Ciano che sente la mia voce esce a sua volta dal 27 (il n u m e r o della sua cella, N.d.A.) e mi p r e n d e sottobraccio. È l e g g e r m e n t e agitato. " C h e hai?" gli chiedo. Riflette un attimo, poi mi r i s p o n d e : "Senti... ma sai che il c i a n u r o n o n m ' h a fatto n i e n t e ? " . Mi 99

fermo di scatto: "L'hai d u n q u e ingerito?". "Sì, da dieci minuti." "Perché Galeazzo hai fatto questo? Mi avevi p r o m e s so..." "Sì capisco... Mi s o n o s e d u t o sul letto ed ho atteso. Niente! H o atteso. S e m p r e n i e n t e . S o n o stato i n g a n n a t o . " "Chi te lo ha p r o c u r a t o ? " " E d d a . " Taccio ma n o n ci c r e d o . Un pensiero inequivocabile: la giovane tedesca che - chissà a quale prezzo politico - ha finto di p r o c u r a r e il tossico.» Vennero così le sei del mattino, e d o n Chiot potè scorgere il riaffiorare della speranza sui volti di Ciano e degli altri. I l r i t a r d o p a r e v a u n b u o n s e g n o . Forse l a grazia e r a stata concessa. Alle otto s e p p e r o la verità. «Passi p e s a n t i - ha ricordato d o n Chiot - d u e ufficiali tedeschi delle SS, un brivid o p r e n d e tutti... U n funzionario del T r i b u n a l e , p a s s a n d o di cella in cella, a n n u n c i a a ciascuno d e i c i n q u e il r i g e t t o della d o m a n d a di grazia. Il cancello resta a p e r t o , e n t r a n o squadristi vocianti e r u m o r o s i , a r m a t i di mitra.» M e n t r e li c o n d u c e v a n o via Ciano s u s s u r r ò al confessore: «Verrà p r e sto a n c h e l'ora di Mussolini». Un autobus p o r t ò tutti al forte Procolo dove era in attesa il plotone d'esecuzione. Nel r a p p o r t o tedesco fu scritto che «l'unico p r i g i o n i e r o che d i e d e a n c o r a da fare fu Marinelli, che parecchia gente dovette legare alla sedia» e che un cond a n n a t o , Pareschi o G o t t a r d i , g r i d ò «Viva l'Italia, Viva il Duce». Le sedie e r a n o malferme, gli u o m i n i del plotone mir a r o n o male, e si videro a t e r r a i corpi dei colpiti che a n c o r a si contorcevano, e dovettero essere abbattuti con altre scariche. La radio diede notizia dell'esecuzione facendola preced e r e da Giovinezza, e Mussolini s'infuriò. «Gli italiani a m a n o mostrarsi in ogni occasione o feroci o buffoni» disse. Poi convocò a Villa delle Orsoline d o n Chiot. Voleva sap e r e . «Io n o n ho ricevuto alcuna d o m a n d a di grazia» si giustificò con voce incerta. E a g g i u n s e : «Nell'orribile n o t t e , ogni volta che accendevo la luce nella mia stanza, scoprivo la t e n t a z i o n e irresistibile della rivoltella sul mio tavolino». C o n g e d a t o d o n Chiot, t o r n ò alle sue inutili u d i e n z e di inutile C a p o di Stato. Frau Beetz raccolse con affetto le cose di 100

Ciano e le p o r t ò di p e r s o n a alla m a d r e , Carolina, confidandole: «Io l'ho a m a t o , contessa, io lo a m o ancora». Il processo di Verona fu il p i ù clamoroso, ma n o n l'ultim o a t t o d i v e n d e t t a del n u o v o fascismo c o n t r o chi aveva contribuito a travolgere il vecchio. Vi fu u n a serie di arresti e di istruttorie c o n t r o gerarchi, p e r n o n aver ostacolato Bad o g l i o , o p e r avergli inviato attestazioni di o b b e d i e n z a , o p e r arricchimenti illeciti: p e r qualche t e m p o a n c h e il povero Starace finì in carcere, poi fu rilasciato, poi vi ritornò, infine fu d e f i n i t i v a m e n t e l i b e r a t o . Gli si i m p u t a v a di aver scritto, d o p o il 25 luglio, a B a d o g l i o (lo aveva fatto a n c h e Mussolini, ma a lui n o n lo si r i m p r o v e r ò ) . Carlo Scorza e il suo vice A l e s s a n d r o T a r a b i n i , c h e d o p o il G r a n Consiglio avevano q u i e t a m e n t e accettato che il Partito e la Milizia facessero karakiri, furono processati, e assolti p e r i n t e r v e n t o diretto, questa volta, del Duce. Farinacci r e s p i n s e con v e e m e n z a l'accusa d'essere stato un profittatore. N o n lo toccarono, c o m u n q u e , era p r o t e t t o dai tedeschi. Fu incriminato un g r a n n u m e r o di generali e a m m i r a g l i : tra questi ultimi Gino Pavesi, che aveva conseg n a t o Pantelleria agli anglo-americani, P r i m o L e o n a r d i , la cui base, Augusta, si e r a a r r e s a in circostanze a d i r e il vero ignominiose, e infine Inigo C a m p i o n i e Luigi Mascherpa, di nient'altro responsabili che d'avere obbedito, nel Dodecanneso, agli o r d i n i che Badoglio impartì, firmato l'armistizio. C a m p i o n i e Mascherpa e r a n o , dal p u n t o di vista militare, in regola, e n o n s'erano macchiati di viltà. Il capo d'imputazione diceva che «avendo ricevuto l ' o r d i n e del C o m a n d o sup r e m o di n o n ostacolare contatti e sbarchi anglo-americani» avevano obbedito «pur essendo tale o r d i n e palesemente criminoso». Su queste basi fu p r o n u n c i a t a l'iniqua c o n d a n n a a m o r t e , eseguita il 24 m a g g i o 1944. A n c h e p e r i d u e a m m i ragli il ministro della Giustizia Pisenti aveva i n t e r c e d u t o con a m m i r e v o l e tenacia, recandosi da Mussolini in p i e n a notte tanto che, ha ricordato Silvio Bertoldi, «il Duce dovette riceverlo in c a m e r a da Ietto». Ma n o n ci fu verso. 101

Tra lo scorrazzare dei militi in camicia nera, la presenza tedesca, le azioni dei G A P , le g r a n d i città della Repubblica di Mussolini, p r i m a t r a t u t t e Milano, t e n t a v a n o d i s p e r a t a m e n t e di vivere. Erano aperti cinematografi e teatri, a San Siro si svolgevano le corse di cavalli, squadre di calcio improvvisate con g r a n d i campioni si incontravano, si poteva assistere a qualche b u o n concerto con la direzione di maestri di fama, come Ant o n i n o Votto. I viveri e r a n o scarsi con le tessere di razionam e n t o , abbondanti alla borsa nera, che garantiva p a n e bianchissimo, ottimo b u r r o , pasta, riso, carne: ma a prezzo enorm e m e n t e maggiorato rispetto a quello ufficiale. U n a trentina di lire al chilo il b u r r o della tessera, 150 quello clandestino: r a p p o r t o a n c o r p e g g i o r e p e r lo z u c c h e r o , da 11 a 100 lire. Sovente i quantitativi di alimenti garantiti dalla tessera - 100 g r a m m i di carne al giorno, d u e c e n t o g r a m m i di p a n e n e r o risultavano introvabili. Era ridotta l'erogazione di elettricità, m a n c a v a n o il c a r b o n e e la legna, inesistente il caffè, cuoio e tessuti rimpiazzati da prodotti «autarchici». Il coprifuoco imponeva che tutti rincasassero presto, e gli spettacoli dovettero perciò essere spostati al pomeriggio. Ma il pubblico era egualm e n t e n u m e r o s o . Recitavano c o m p a g n i e di p r i m ' o r d i n e , la Ruggeri-Marchiò, la Maltagliati-Cimara, la Torrieri-Carnabuci, la Ricci-Magni, e poi M e m o Benassi, Giulio Donadio (lui sì fervente fascista), Rascel, Nino Taranto, perfino il varietà con Marisa Maresca. A Venezia era stato trasferito, insieme al corpo diplomatico accreditato presso Salò, anche ciò che sopravviveva di Cinecittà, ma i film in cantiere restarono quasi tutti incompiuti. Tra gli attori che si aggiravano in quella necropoli di glorie passate, e r a n o anche Osvaldo Valenti e Luisa Ferida entrambi famosi, che e r a n o legati nella vita e sarebbero rimasti legati nella morte: lui ostentando, più p e r tracotanza di spaccone che p e r ansia g u e r r i e r a o ferocia di rastrellatore, l'uniforme della X Mas. Avrebbe perfino assistito a interrogatori e torture di partigiani in quella palazzina di San Siro a Milano che, divenuta Quartier generale del feroce Pietro Koch, fu ribattezzata Villa Triste. 102

Nel q u a d r o dell'Italia n o n a n c o r a occupata dagli angloa m e r i c a n i , R o m a aveva u n a p o s i z i o n e s i n g o l a r e : i n t a n t o p e r c h é il Vaticano e i palazzi apostolici c h e g o d e v a n o d e l privilegio della e x t r a t e r r i t o r i a l i t à offrivano rifugio a molti antifascisti, o antitedeschi, o in g e n e r a l e a p e r s e g u i t a t i . Le c a m e r e t t e d e i seminaristi d e l L a t e r a n o e r a n o g r e m i t e d i personalità politiche, e Pietro N e n n i ad e s e m p i o p o r t a v a il n o m e di d o n Porta, a p p u n t o il seminarista del quale u s u r pava - p e r le d r a m m a t i c h e esigenze dell'ora - il provvidenziale alloggio. A questa presenza vaticana faceva da c o n t r a p p u n t o l'assenza di ogni vera autorità che esercitasse il potere in n o m e della R e p u b b l i c a m u s s o l i n i a n a . C h e Salò s'immischiasse nella Città e t e r n a n o n lo voleva il Papa, che svolgeva u n a intensa e cauta azione p e r preservarla dalla distruzione, e n o n lo volevano i tedeschi. Graziani e r a sovente a R o m a , p e r discutere questioni militari con i «camerati germanici», e a n c h e p e r intavolare contatti con il segretario di Stato cardinale Maglione (profittò di u n a di quelle visite p e r far p e r v e n i r e a Badoglio, via Santa S e d e , un messaggio in cui p r o p o n e v a di evitare, e n t r a m b i , la g u e r r a civile: n o n ebb e risposta). Gli altri ministri s c e n d e v a n o d i r a d o , p e r c h é n o n p o t e v a n o d a r e o r d i n i , e n o n d e s i d e r a v a n o , forse, ricev e r n e . Quelli c h e si facevano vivi, e r a n o invitati a c e n a da Kesselring che alle 22 i m m a n c a b i l m e n t e li congedava: «Scusatemi signori - diceva - ma io d e b b o fare la guerra». Kesselring faceva la g u e r r a , e la faceva molto b e n e , ma le SS si dedicavano alla caccia degli ebrei. Vi si e r a n o dedicate a n c h e al n o r d - la Juden Aktion poteva finalmente dispiegarsi in tutto il suo rigore, o r a che Mussolini era solo un fantoccio - e nella zona d e l L a g o M a g g i o r e a v e v a n o m a s s a c r a t o u n a c i n q u a n t i n a di ebrei rastrellati. Ma a R o m a l'azione fu se possibile a n c o r a p i ù p r o t e r v a . Il 26 s e t t e m b r e 1943 il ten e n t e colonnello H e r b e r t Kappler, capo della Gestapo, aveva i n g i u n t o al p r e s i d e n t e della c o m u n i t à israelitica, U g o Foà, c h e gli fossero consegnati 50 chili d ' o r o , ad evitare la d e p o r t a z i o n e di d u e c e n t o ebrei. In d u e giorni quel q u a n t i 103

tativo d ' o r o e r a stato raccolto. Foà s'era illuso d ' a v e r e con ciò messo la c o m u n i t à al r i p a r o da pericoli, tanto più che la liberazione d i R o m a n o n p o t e v a t a r d a r e m o l t o . «Abbiamo p a g a t o le nostre vite» aveva detto. Si sbagliava, tragicamente. Il 16 ottobre le SS si avventarono sul ghetto, p e r u n a razzia di ebrei, e poi allargarono la loro caccia agli altri quartieri. Tutti dovevano seguire gli sgherri, ed e r a n o autorizzati a p o r t a r e con sé viveri p e r otto giorni, carte a n n o n a r i e , carte d'identità, bicchieri, u n a valigetta con i n d u m e n t i , d e n a r o , gioielli. «Una n o b i l d o n n a r o m a n a che si trova a passare nei pressi - h a n n o ricordato Piero F o r t u n a e Raffaele Uboldi scorge su un camion un g r u p p o di bambini ebrei, pallidi, gli occhi dilatati dal t e r r o r e , silenziosi, le m a n i a g g r a p p a t e alle fiancate del veicolo. In fondo a u n o dei camion, alcuni neonati, affamati e intirizziti, buttati a caso su un'asse di legno, g e m o n o sotto la p i o g g i a c h e c o n t i n u a a cadere.» I t r e n i li p o r t a r o n o verso il n o r d , i c a m p i di s t e r m i n i o , le c a m e r e a gas. In questa R o m a che n o n era u n a vera città a p e r t a - Mussolini aveva rifiutato di dichiararla ufficialmente tale - ma c h e n o n e r a n e p p u r e u n a città g o v e r n a t a , a v e v a n o p r e s t o dilagato le «polizie speciali», vere b a n d e delinquenziali e incontrollabili nelle cui m a n i ogni arrestato diventava un p r o babile «desaparecido», o un ostaggio da b a r a t t a r e . Q u e s t e polizie private i m p e r v e r s a v a n o in tutto il territorio della Repubblica, ma a R o m a le guidava a d d i r i t t u r a il federale della città, Gino Bardi, che aveva c o m e complice Guglielmo Pollastrini, un ex-ufficiale dei carabinieri. Palazzo Braschi, sede della F e d e r a z i o n e fascista, e r a d i v e n t a t o u n i m m e n s o m a gazzino di merci d e p r e d a t e : in alcuni dei suoi locali veniva praticata abitualmente la t o r t u r a verso vittime che n o n confessassero, o n o n pagassero a sufficienza. Questi arbitri avevano suscitato allarme perfino nei tedeschi, che q u a n d o i n t e n d e v a n o c o m m e t t e r n e , lo facevano in p r i m a p e r s o n a , e in g r a n d e , a s p o r t a n d o m a c c h i n a r i e attrezzature, e i n o n d a n d o l'Italia con i loro m a r c h i di occupa104

zione (dieci lire p e r un marco): ma n o n i n t e n d e v a n o toller a r e le iniziative di quella c h e K a p p l e r definì s p r e z z a n t e m e n t e «una b a n d a di dilettanti». Il colonnello E u g e n Dollm a n n , capo delle SS a Roma, aveva segnalato a Mussolini lo scandalo, e dal suo e r e m o g a r d e s a n o il Duce - u s a n d o quel poco di autorità che gli restava - o r d i n ò alla polizia di intervenire. L'incursione del questore Caruso fu organizzata mil i t a r m e n t e , con molti a g e n t i e carri a r m a t i leggeri. Il 5 dic e m b r e Palazzo Braschi v e n n e circondato, Bardi e Pollastrini con u n a q u a r a n t i n a di loro m a n u t e n g o l i arrestati. Subir a n n o c o n d a n n e lievi. «Il b u o n esempio» t i t o l a r o n o i giornali, d a n d o notizia dell'operazione. Il Congresso di Verona aveva chiesto u n a svolta a sinistra della n u o v a Repubblica, e Mussolini, s e c o n d o il suo solito, volle trasferire la r e s p o n s a b i l i t à della mossa d a l p a r t i t o al g o v e r n o . Il 12 g e n n a i o 1944 fu deliberata la legge sulla socializzazione delle imprese, che in effetti n o n v e n n e mai attuata. Q u e s t a svolta dell'ultimo fascismo fu insieme un p a t e tico r i t o r n o alle origini e un espediente. Ma arrivò q u a n d o n e s s u n o c r e d e v a più alla sopravvivenza del r e g i m e , e alla possibilità che la «socializzazione» fosse un e l e m e n t o stabile dell'assetto economico italiano. Fu voluta da Mussolini, difesa dal ministro delle Corporazioni Angelo Tarchi, criticata p e r c h é «insufficiente» dalla sinistra del fascismo, accettata con riluttanza e p r a t i c a m e n t e sabotata dai tedeschi, rifiutata dagli operai, c o n d a n n a t a dagli avvenimenti. Ecco il chiaro riassunto che R a h n ne fece a Berlino, d o p o un colloquio con Tarchi: «Tutte le i m p r e s e italiane, sia società che private, s a r a n n o socializzate (in pratica statizzate, N.d.A.) nel caso a b b i a n o un capitale d ' i n v e s t i m e n t o s u p e riore a un milione e i m p i e g h i n o più di c i n q u a n t a p e r s o n e . Il consiglio d'amministrazione di u n a società sarà costituito in m a n i e r a che m e t à dei suoi m e m b r i siano eletti da assemblee di azionisti, m e n t r e l'altra m e t à sarà composta da r a p p r e s e n t a n t i del personale... Nelle i m p r e s e private la p a r t e cipazione del p e r s o n a l e sarà assicurata dalla formazione di 105

un consiglio di gestione con funzioni consultive consistente in un tecnico, un impiegato e un operaio. Nelle imprese di Stato m e t à del consiglio di a m m i n i s t r a z i o n e sarà c o m p o s t o dal p e r s o n a l e . In t u t t e le i m p r e s e dello Stato e p r i v a t e il profitto netto risultante dai bilanci d o p o la d e d u z i o n e degli utili dei p r o p r i e t a r i , dei fondi di riserva e dei dividendi d e gli azionisti deve essere diviso tra i d i p e n d e n t i in p r o p o r z i o ne ai loro salari». Sia R a h n , sia - e con m a g g i o r e accentuazione - i comandanti militari tedeschi e r a n o perplessi e infastiditi di fronte a u n a «rifondazione» della economia che rischiava di dissestarla a n c o r più, m e n t r e incalzavano le esigenze della p r o d u z i o n e bellica. Per rassicurare R a h n , Mussolini gli scrisse che c'era «la t e n d e n z a in alcuni a m b i e n t i tedeschi a d r a m matizzare eccessivamente» e a i m p e d i r e u n a azione d i r e t t a c o n t r o quei dirigenti dell'industria italiana «che a t t e n d o n o a braccia a p e r t e gli anglosassoni e sono in g r a n p a r t e r e sponsabili del t r a d i m e n t o dell'8 settembre». H i t l e r fu m e n o r i l u t t a n t e di R a h n ad a c c e t t a r e il fatto c o m p i u t o n o n p e r c h é lo credesse efficace ma p e r c h é lo sapeva inutile: «Il Duce p u ò agire in questo c a m p o c o m e stima p i ù c o n v e n i e n t e , a n c h e se n o n è prevedibile che le misure o t t e r r a n n o u n g r a n successo. Noi tedeschi d o b b i a m o g u a r i r e d a l l ' a b i t u d i n e di p e n s a r e che è p e r noi un d o v e r e essere i medici di tutta Europa». P u ò s e m b r a r e paradossale che alcuni industriali si mostrassero indifferenti di fronte a un decreto che li espropriava: la verità è che ne sapevano la inconsistenza e ne p r e v e d e v a n o la effimera vita. Per questo Vittorio Valletta, d i r e t t o r e generale della Fiat, potè in tutta tranquillità dichiarare che «la legge del Duce sulla socializzazione i n c o n t r e r à l ' a p p r o v a z i o n e di tutti coloro che, al di s o p r a degli interessi privatisti, v e d o n o nel p r o g r a m m a sociale del fascismo... la salvaguardia p e r u n ' o r d i n a t a convivenza tra capitale e lavoro». Per precaria e velleitaria che fosse, la socializzazione imp e n s i e r ì i dirigenti clandestini comunisti, che volevano af106

fermare, in fatto di socializzazioni e di egualitarismo, il loro m o n o p o l i o . Un «comitato s e g r e t o di agitazione p e r il Piem o n t e , la L o m b a r d i a e la Liguria», composto in s t r a g r a n d e m a g g i o r a n z a di comunisti, p r o m o s s e p e r i p r i m i di m a r z o , c o n t r o il p a r e r e di altri e s p o n e n t i antifascisti, u n o sciopero generale nelle fabbriche, che fermò del tutto tre sezioni Fiat a Torino, ed ebbe un seguito parziale in altre industrie. Sindacalisti fascisti si affannarono a spiegare alle maestranze gli scopi della legge, ma u n o di l o r o a n n o t ò desolato che «le masse r i p u d i a n o di ricevere alcunché da noi». La brutalità tedesca fece il resto. Per esplicita disposizione di Hitler parecchi o p e r a i delle fabbriche «contagiate» furono deportati in G e r m a n i a , e il divorzio tra i lavoratori e il r e g i m e fascista - che era visto come un regime tedesco-fascista, e in sostanza lo era - si consolidò, anziché attenuarsi. Con la socializzazione il Mussolini di Salò n o n conquistò i favori di nessuno. Era venuta male, ed era venuta tardi.

CAPITOLO SESTO

LE FATICHE D ' E R C O L I

Il 14 m a r z o 1944 il g o v e r n o Badoglio d i r a m ò un a n n u n c i o che suscitò scompiglio e disorientamento nei partiti politici, s o r p r e s a nella o p i n i o n e pubblica italiana, c o s t e r n a z i o n e a L o n d r a e a Washington. «In seguito al desiderio a suo t e m p o ufficialmente espresso da p a r t e italiana - diceva il c o m u n i c a t o - il g o v e r n o dell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche ed il Regio governo h a n n o convenuto di stabilire relazioni dirette tra i d u e paesi. In conformità a tale decisione sarà p r o c e d u t o fra i d u e governi senza indugio allo scambio di r a p p r e s e n t a n t i muniti dello statuto diplomatico d'uso.» G i u o c a n d o d ' a n t i c i p o , Mosca m e t t e v a così in u n a posizione i m b a r a z z a n t e gli anglo-americani, c h e s o p p o r t a v a n o l'intero p e s o militare della c a m p a g n a d'Italia, che si atteggiavano a protettori e tutori dell'Italia stessa, ma che a p p a rivano meschini e prevaricatori, nei confronti di Badoglio e nei confronti del paese intero, a p a r a g o n e con l'URSS. Stizziti e i m p o t e n t i , M u r p h y e Macmillan t e n t a r o n o di m u o v e r e obbiezioni, rinfacciando ai sovietici la m a n c a t a consultazione con gli Alleati occidentali, e al g o v e r n o di Salerno la violazione delle n o r m e armistiziali. Ma le bizzose e velleitarie proteste servirono a poco; restava il fatto che con un colpo da maestri i sovietici avevano accumulato un «capitale politico» ingente, tanto che il g o v e r n o italiano p r o m i s e di «non dimenticare» il gesto di Mosca «compiuto com'è in u n a delle o r e p i ù t r a g i c h e della n o s t r a storia». Per c o m p l e t a r e il q u a d r o negativo vi fu, in quello stesso volgere di settimane, il fallimento della offensiva anglo-americana su Cassino; fal108

limento che significò la rinuncia, p e r qualche altro mese, alla liberazione di R o m a . M e n t r e I ' U R S S «apriva» a Badoglio, Palmiro Togliatti viaggiava verso l'Italia. Era partito da Mosca, in aereo, il 18 febbraio, ma fu costretto a seguire un itinerario accidentato e tortuoso, con soste a Baku, T e h e r a n , Il Cairo, Algeri (lì ospite del C o m a n d o alleato): infine da Algeri a Napoli a b o r d o di un piroscafo, il Tuscania, dal quale sbarcò il 27 m a r z o , infagottato in un abito di taglio russo, con un maglione a strisce b i a n c h e e a z z u r r e . Togliatti n e g ò , successivamente, di avere s a p u t o , p r i m a di lasciare l ' U R S S , d e l l ' i m m i n e n t e riconoscimento di Badoglio da p a r t e di Stalin: asserì che «si p o trà d i r e tutt'al più che la situazione mi spinse a cercare u n a via di uscita in u n a direzione che aveva qualcosa di analogo a quella a c c e n n a t a dalla diplomazia sovietica, ma n i e n t e di più». L'affermazione è comprensibile (Ercole Ercoli e r a ansioso di scrollarsi di dosso l'uniforme di funzionario del Com i n t e r n e di alto e s p o n e n t e del c o m u n i s m o internazionale, p e r indossare la grisaglia del politico italiano) ma poco credibile. La m a n o v r a risultò t r o p p o parallela, e t r o p p o fluidam e n t e orchestrata, p e r essere casuale. Togliatti giungeva in Italia p r e c e d u t o da un prestigio indiscusso e da u n a c o n s a c r a z i o n e sovietica che, allora, e r a p e r l'universo comunista d e t e r m i n a n t e . I c o m p a g n i n a p o l e tani che c r e d e v a n o , nella loro e s u b e r a n z a pre-rivoluzionaria, di i n c o n t r a r e un «pasionario» effervescente e cordialon e , si t r o v a r o n o di fronte a un gelido professore che usava di malavoglia il t u , e p r e f e r i v a la stretta di m a n o agli a b bracci. Al Partito c o m u n i s t a il leader v e n u t o dal f r e d d o impose quella c h e fu c h i a m a t a «la svolta di Salerno»: ossia la rinuncia ad ogni polemica a n t i m o n a r c h i c a e antibadogliana i n n o m e della s u p r e m a esigenza d i f o r m a r e u n a g r a n d e «unione nazionale e antifascista p e r la ricostituzione m a t e riale e m o r a l e della nazione e p e r un vigoroso contributo alla g u e r r a contro i tedeschi». C h i u n q u e avesse avuto credenziali m e n o solide di quelle 109

togliattiane, b e n difficilmente sarebbe riuscito a far digerire dai suoi u n a formula politica che contraddiceva i p r e c e d e n ti a t t e g g i a m e n t i del Partito. Pochi giorni p r i m a migliaia di militanti comunisti, insieme a socialisti e azionisti, avevano manifestato nella galleria U m b e r t o di N a p o l i c o n t r o il gov e r n o : sindacalisti di sinistra a v e v a n o t u o n a t o c o n t r o i Savoia, e infine e r a stato a p p r o v a t o un o r d i n e del giorno che chiedeva «l'epurazione dei residui del fascismo, c o m p r e s o il Re». Era u n a i m p o s t a z i o n e rivoluzionaria, della q u a l e Togliatti fece piazza pulita sostituendo ad essa un p r o g r a m m a di inserimento legalitario del PCI nel p o t e r e . Lo stretto c o l l a b o r a t o r e di Stalin aveva, sulla divisione delle sfere di influenza in E u r o p a , idee molto più chiare di quelle dei suoi c o m p a g n i rimasti in Italia. B e n e d e t t o Croce nel suo diario colse subito la i m p o r t a n z a e le intenzioni del giro di boa imposto da u n o «che ha il n o m e convenzionale di Ercoli, ma è un Togliatti... ha esortato a collaborare col gov e r n o Badoglio s a l t a n d o la q u e s t i o n e dell'abdicazione del Re... un abile colpo della r e p u b b l i c a dei Soviet vibrato agli a n g l o - a m e r i c a n i , p e r c h é sotto il colore d'intensificare la g u e r r a contro i tedeschi introduce i comunisti nel governo». Politico d u t t i l e , e maitre a penser (fondò subito la rivista ideologica-culturale Rinascita), Togliatti ebbe screzi con C r o ce, cui rinfacciò la sua «resistenza privilegiata» d u r a n t e il fascismo, e con Sforza, ma n o n con Badoglio, che gli piaceva: e gli piacque anche la definizione che il maresciallo diede in p i e m o n t e s e di Sforza, «l'è pien 'd voeid» è p i e n o di v u o t o . C o n i r a p p r e s e n t a n t i degli altri partiti Togliatti si batté p e r un a c c o r d o che allargasse il g o v e r n o B a d o g l i o , d a n d o g l i u n a più consistente base politica. Trovò resistenze in coloro c h e , s e c o n d o s c h e m i logici, a v r e b b e r o d o v u t o essergli p i ù vicini, socialisti e azionisti, e p r o n t a a d e s i o n e nei d e m o c r i stiani. A r r e n d e v o l e a n c h e nella f o r m u l a z i o n e d i u n d o c u m e n t o p r o g r a m m a t i c o , obbiettò soltanto p e r un «onde» seguito da un infinito e chiese che, «almeno in considerazione del fatto che si era così vicini alla città dove aveva insegnato 110

Basilio Puoti, l'errore venisse corretto». Ma questa a p p a r e n te morbidezza si a c c o m p a g n a v a a un disegno preciso, e infatti, ha osservato Bocca nella sua biografia di Togliatti, int e r v e n n e n u o v a m e n t e sul testo definitivo - e questa volta il p r o b l e m a era di sostanza - p e r chiedere che n o n si parlasse del d i r i t t o del p o p o l o italiano a e l e g g e r e u n a «camera dei d e p u t a t i » , ma piuttosto del diritto a e l e g g e r e u n a «Assemblea costituente». La differenza è di rilievo. Resta il fatto che p e r o p e r a di Togliatti le t e n d e n z e radicali e m e r s e nel Congresso di Bari furono a m m o r b i d i t e , con la b e n e d i z i o n e dei c o m u n i s t i e d e l l ' U R S S . La svolta di S a l e r n o , s q u i s i t a m e n t e politica, relegò sullo sfondo, p e r Togliatti, la lotta partigiana al n o r d , n o n o s t a n t e la sua affermazione che dovessero primeggiare le esigenze della g u e r r a . Luigi L o n g o dichiarò più t a r d i , con ironia p i u t t o s t o scoperta: « C r e d o che (Togliatti) abbia capito l ' i m p o r t a n z a del m o v i m e n t o p a r t i g i a n o q u a n do s e p p e che avevamo fucilato Mussolini a Dongo». Gli anglo-americani avevano fretta di v e d e r finalmente var a t o quel g o v e r n o ampliato c h e i loro ambienti politici e le loro opinioni pubbliche reclamavano. Ma p e r costituirlo era necessario s u p e r a r e l'ostacolo r a p p r e s e n t a t o d a Vittorio E m a n u e l e I I I , che n o n solo e r a risoluto a m a n t e n e r e i suoi p o t e r i formali fino alla p r e s a di R o m a , ma rifiutava di p r e a n n u n c i a r e p u b b l i c a m e n t e l'abdicazione. Per p o r r e a l Re un ultimatum, i r a p p r e s e n t a n t i alleati r i c o r s e r o ad u n o s t r a t a g e m m a , s e n o n p r o p r i o s c o r r e t t o , c e r t o disinvolto. Chiesero u d i e n z a a Ravello p e r p r e s e n t a r e a Vittorio Emanuele I I I sir Noel Charles, che avrebbe sostituito Macmillan n e l Consiglio consultivo alleato. Ma q u a n d o il g e n e r a l e MacFarlane, l'americano M u r p h y e gli inglesi Macmillan e Charles furono davanti al Re, d i e d e r o al colloquio un indirizzo i m p r e v i s t o . P r e t e s e r o che il Re decidesse e sottoscrivesse se n o n p r o p r i o s e d u t a stante a l m e n o in g i o r n a t a il p r o c l a m a con il quale rinunciava al t r o n o , e n o m i n a v a L u o g o t e n e n t e il figlio U m b e r t o . In un soprassalto d'orgoglio, il 111

Re dichiarò che era disposto a quel gesto, ma n o n subito, e n o n p e r u n a intimidazione che M u r p h y aveva formulato in t e r m i n i poco m e n o che brutali. Avrebbe firmato, disse, ma l'indomani. Vi fu un altro a s p r o scambio di parole, e a quel p u n t o Vittorio E m a n u e l e I I I , r i t r o v a n d o p e r u n a t t i m o l a fierezza e la fermezza di Peschiera, ripetè di essere disposto a firmare, c e d e n d o alle pressioni, ma che si ripresentassero 11 g i o r n o d o p o «che la vostra p r e s e n z a mi ha già t r o p p o infastidito». E c o n g e d ò i r a p p r e s e n t a n t i alleati. R i e v o c a n d o , anni d o p o , la penosa scena, Robert M u r p h y descrisse così il Re: «Egli continuava a stare molto e r e t t o e dignitoso, ma il suo m e n t o t r e m a v a e le l a g r i m e r i e m p i r o n o i suoi occhi chiaro-azzurri m e n t r e parlava con orgoglio della millenaria storia di Casa Savoia». D u r a n t e la n o t t e Badoglio e A c q u a r o n e l a v o r a r o n o alla stesura della d i c h i a r a z i o n e s o v r a n a che fu resa pubblica il 12 aprile. Essa recava tra l'altro: «Il p o p o l o italiano sa che sono s e m p r e stato al suo fianco nelle o r e gravi e nelle o r e liete. Sa che otto mesi or sono ho posto fine al fascismo e ho p o r t a t o l'Italia, n o n o s t a n t e o g n i pericolo e rischio, a fianco delle Nazioni Unite, nella lotta di liberazione contro il nazismo... Verrà il giorno in cui, guarite le nostre p r o f o n d e ferite, r i p r e n d e r e m o il nostro posto, da p o p o l o libero accanto a nazioni libere. P o n e n d o in atto q u a n t o ho già c o m u n i c a t o alle a u t o r i t à alleate ed al mio g o v e r n o , ho deciso di ritirarm i dalla vita pubblica n o m i n a n d o L u o g o t e n e n t e g e n e r a l e del R e g n o mio figlio Principe di Piemonte. Tale n o m i n a diventerà effettiva, m e d i a n t e il passaggio materiale dei poteri, lo stesso g i o r n o in cui le t r u p p e alleate e n t r e r a n n o in Rom a . Q u e s t a mia decisione, c h e h o f e r m a fiducia faciliterà l'unione nazionale, è definitiva e irrevocabile». Badoglio singhiozzava q u a n d o gli sottopose il d o c u m e n t o p e r la firma («Maestà, sono cinquantacinque a n n i che servo la Vostra Casa, e n o n mi attendevo di trovarmi a questo, lasciate c h e pianga») ma il Re si limitò a battergli u n a m a n o sulla spalla. Si sfogò, p e r quel tanto che glielo consentiva il 112

suo freddo riserbo, con il generale Puntoni: «Non si p u ò dire che da q u a n d o s'è formata l'Italia le cose siano a n d a t e bene p e r la mia Casa. Solo mio n o n n o ne è uscito b e n e . Carlo Alberto dovette abdicare, mio p a d r e fu assassinato. N o n avevo n e s s u n a i n t e n z i o n e di s u c c e d e r e a mio p a d r e e l'avevo quasi convinto ad accogliere il mio p r o p o s i t o di r i n u n c i a r e alla corona. Ma fu ucciso e io, in quell'ora tragica, n o n potei rifiutarmi di salire sul t r o n o . Se l'avessi fatto avrebbero detto che e r o un vile». Di q u a n t o riferisce Puntoni, n o n c'è motivo di dubitare. Resta il fatto che, restio a salire sul t r o n o , Vittorio E m a n u e l e I I I lo fu altrettanto a discenderne. La via e r a s g o m b r a p e r la formazione del n u o v o govern o , e su di essa s ' i n c a m m i n a r o n o p r e s t o , facendo ressa, gli a s p i r a n t i a un p o s t o presidenziale o ministeriale: a n c h e in quella mezza Italia disastrata le p o l t r o n e facevano gola. Per la carica di P r e s i d e n t e il c a n d i d a t o ovvio era Badoglio, ma f u r o n o fatti circolare altri n o m i , a n c h e quello di Sforza - presto accantonato p e r c h é , a v e n d o definito Churchill u n a «testa di passerotto» n o n era indicato a dialogare con lui di Croce, che rifiutò s d e g n o s a m e n t e , perfino dell'azionista Cianca. Ma si trattava di assaggi senza costrutto. Q u a n t o al resto, ha ricordato Degli Espinosa: «Da t a l u n e città giunsero interi ministeri già formati. G i u n g e v a n o vecchie a u t o m o bili sdrucite e polverose: i viaggiatori cercavano alloggio inv a n o , n o n s a p e v a n o d o v e m a n g i a r e , ma la fede che li anim a v a e r a inflessibile, ed essi c h i e d e v a n o di essere ricevuti dal maresciallo Badoglio vincendo i più aspri disagi». Il 22 aprile, un sabato, il g o v e r n o dell'esarchia - d e m o cristiani, comunisti, socialisti, azionisti, liberali, d e m o l a b u r i sti - e r a finalmente formato. Badoglio - affranto p e r c h é a R o m a gli era stato a r r e s t a t o il figlio M a r i o - t e n n e p e r sé, o l t r e alla Presidenza, gli Esteri. Ministri senza portafoglio f u r o n o B e n e d e t t o Croce, Carlo Sforza, Giulio R o d i n o (democristiano), Palmiro Togliatti, Pietro Mancini (socialista). Agli I n t e r n i a n d ò il d e m o c r i s t i a n o Aldisio. Molti i sottosegretari. Il g o v e r n o fu p r e s e n t a t o a Ravello al Re, che si disse 113

lieto «di sentire che le e m i n e n t i personalità che oggi e n t r a no a far p a r t e del g o v e r n o , e che le diverse t e n d e n z e politiche della nazione, a tutto a n t e p o n g o n o il s u p r e m o interesse del Paese». Di rilevante, nella dichiarazione p r o g r a m m a t i c a , v'era l'annuncio che «la forma istituzionale dello Stato n o n p o t r à risolversi se n o n q u a n d o , liberato il Paese e cessata la g u e r r a , il p o p o l o italiano sarà stato convocato ai liberi comizi... ed eleggerà l'Assemblea costituente e legislativa». In maggio gli Alleati furono finalmente p r o n t i p e r lanciare la «Operazione Diadem» che li avrebbe portati a Roma. Sulla linea Gustav di Kesselring - alle cui spalle era la linea Hitler formata da capisaldi sui quali e r a n o state piantate, p e r r e n derli p i ù efficienti, le t o r r e t t e di carri a r m a t i - si e r a n o infranti i tenaci e sanguinosi attacchi di d u e a r m a t e multinazionali, p o t e n t e m e n t e a r m a t e e a p p o g g i a t e da u n a aviazione che d o m i n a v a il cielo. Il C o m a n d a n t e in capo, l'inglese A l e x a n d e r , e r a un f r e d d o e raffinato g e n t i l u o m o , ma n o n certo un fantasioso stratega. La capacità dei c o m a n d i t e d e schi, e la d e t e r m i n a z i o n e delle loro t r u p p e , l'avevano inchiodato davanti a Cassino, e nella testa di sbarco di Anzio. A m e t à m a r z o e r a stato c o m p i u t o u n o sforzo i m m a n e p e r sfondare a Cassino - e l'Abbazia fu sottoposta a b o m b a r d a m e n t i tanto devastatori q u a n t o , dal p u n t o di vista militare, insensati - ma la linea Gustav n o n si era spezzata. I r r i t a t o , C h u r c h i l l aveva chiesto che A l e x a n d e r gli spiegasse «come mai questa vallata presso la collina dell'Abbazia di M o n t e cassino, larga a p p e n a dai 3 ai 5 chilometri, r a p p r e s e n t i l'unico fronte contro cui dovete c o n t i n u a m e n t e d a r di cozzo». Era così sfumato il sogno di un r i c o n g i u n g i m e n t o tra il grosso dell'esercito e le t r u p p e di Anzio, ed era sfumato a n c h e il sogno di u n a irruzione verso Roma. Il fronte e n t r ò in u n a fase di relativa stagnazione, anche se i b o m b a r d i e r i alleati n o n i n t e r r u p p e r o un solo m o m e n t o il m a r t e l l a m e n t o delle vie di comunicazione, degli obbiettivi militari, e di quelli che e r a n o sospettati di esserlo o di poter114

10 diventare. L'«Operazione Strangle» - il t e r m i n e «strangolare» bastava a qualificarne le finalità - fu m e n o efficace di q u a n t o si p o t e s s e s u p p o r r e , p e r le eccezionali doti di imp r o v v i s a z i o n e e di a d a t t a m e n t o delle u n i t à t e d e s c h e : ma n o n lasciava respiro. Tra il 15 m a r z o ed il 10 maggio - il dato è in Roma 1944 di Raleìgh Trevelyan - furono c o m p i u t e 3.807 missioni. «Il g e n e r a l e E a k e r - citiamo a n c o r a T r e velyan - r a g g r u p p ò le città italiane c h e v a n t a v a n o m o n u m e n t i storici e religiosi in tre categorie. Quelle che n o n dovevano in n e s s u n caso venir b o m b a r d a t e senza la sua autorizzazione e r a n o Roma, Fiesole, Firenze, Venezia e Torcello. Nella seconda categoria figuravano Ravenna, Assisi, San Gim i g n a n o , Pavia, U r b i n o , Montepulciano, P a r m a , Aosta, Tivoli, U d i n e , G u b b i o , Volterra, Spoleto, Ascoli Piceno, Com o , Pesaro e d altri centri elencati e n i g m a t i c a m e n t e c o m e Borgo San Spolone ed Aquia, cui verosimilmente corrispond e v a n o Borgo San Sepolcro e l'Aquila.» «Il b o m b a r d a m e n t o di queste città - affermava la direttiva di Eaker - che al p r e s e n t e n o n h a n n o a l c u n a speciale i m p o r t a n z a m i l i t a r e , dev'essere evitato finché è possibile. Se p e r ò voi giudicherete essenziale p e r ragioni operative b o m b a r d a r e un obbiettivo situato in u n a qualsiasi di esse, p r o c e d e t e senza esitazion e , ed io mi a s s u m e r ò la p i e n a responsabilità dei risultati della vostra azione.» Nel terzo capitolo di quest'apocalisse figuravano città c o m e Siena, Orvieto e Perugia, di cui la direttiva di Eaker diceva: «In queste città o nelle loro vicinanze sono situati i m p o r t a n t i obbiettivi militari, che d e b b o n o essere b o m b a r d a t i . Q u a l i che siano i d a n n i che ne risulter a n n o , essi sono accettati in partenza». Il fallimento della offensiva alleata di m a r z o si era ripercosso sull'intero sviluppo della strategia e u r o p e a , che aveva 11 suo pilastro, o r m a i , nello sbarco in N o r m a n d i a . A T e h e r a n i t r e «grandi» a v e v a n o stabilito che, p r i m a di Overlord (questo era il n o m e convenzionale dell'attacco da settentrione alla fortezza Francia), le a r m a t e anglo-americane d'Italia fossero p r e s s ' a p o c o sulla linea Pisa-Rimini, e che insieme 115

ad Overlord scattasse il p i a n o Anvil, ossia lo sbarco sulle coste meridionali francesi. Ma il cronicizzarsi della testa di sbarco di Anzio c o n t i n u a v a ad i m p e g n a r e mezzi navali che si sar e b b e r o voluti utilizzare p e r Anvil, cosicché q u e s t a b r a n c a della tenaglia in cui la Francia - o p e r meglio dire i tedeschi che l ' o c c u p a v a n o - a v r e b b e d o v u t o essere schiacciata n o n agì fino a metà agosto: con il rinvio l'operazione cambiò anche n o m e , da Anvil a Dragoon. In quest'ultimo scorcio d ' i n v e r n o e nelle p r i m e settimane di p r i m a v e r a i r e p a r t i del r a g g r u p p a m e n t o motorizzato italiano che a M o n t e L u n g o a v e v a n o m a n o v r a t o m a l e e c o m b a t t u t o b e n e , u s c e n d o n e con il m o r a l e fiaccato, furono riorganizzati. L'ambiente n o n era certo favorevole agli slanci patriottici, con i g a l o p p i n i di alcuni partiti che g i r a v a n o tra i soldati del r a g g r u p p a m e n t o incitandoli, in q u a n t o savoiardi e badogliani, a disertare. Il C o m a n d o alleato aveva a quel p u n t o p r o g e t t a t o di t e n e r e nelle retrovie l'unità italiana, p e r c h é si unisse agli altri «reparti lavoratori», in pratica u m i l e m a n o v a l a n z a da a d i b i r e ai bassi servizi. Il g e n e r a l e U m b e r t o Utili, che sostituì Dapino, aveva capacità, grinta e personalità. Si rivolse d i r e t t a m e n t e a Clark, il c o m a n d a n t e della 5 a r m a t a a m e r i c a n a , e gli chiese di r i n u n c i a r e al d e classamento dei suoi uomini, i m p e g n a n d o s i dal canto suo a r i c a v a r n e u n a vera forza militare. M a n t e n n e la p r o m e s s a . Posti alle d i p e n d e n z e del C o r p o d ' a r m a t a francese di J u i n , e successivamente di quello polacco di A n d e r s , gli italiani del ribattezzato C I L (Corpo Italiano di Liberazione) si dimos t r a r o n o all'altezza delle altre t r u p p e . Avevano avuto l'app o r t o di un battaglione di alpini, u n o di arditi, u n o di bersaglieri, u n o di marinai da sbarco. Q u i n d i si aggiunse loro il grosso della divisione paracadutisti Nembo, p r o v e n i e n t e dalla Sardegna. Sulla efficienza bellica di questa unità n o n v'er a n o d u b b i : ve n ' e r a n o invece - e gli inglesi li affacciarono o s t i n a t a m e n t e - sulla sua affidabilità politica. Era a v v e n u t o infatti che d o p o l'armistizio un battaglione della Nembo, p e r sollecitazione dei suoi ufficiali, fosse passato ai tedeschi, che a

116

successivamente lo i m p i e g a r o n o al fronte (dove si c o m p o r t ò eccellentemente). Altrettanto b e n e si b a t t e r o n o poi in campo opposto, n o n o s t a n t e i d u b b i inglesi, i battaglioni rimasti fedeli al Re. Il che dimostra che nelle t r u p p e speciali lo spirito di c o r p o e il s e n t i m e n t o d e l l ' o n o r e s t a n n o m o l t o al di sopra dell'ideologia. Da cinquemila che e r a n o nel r a g g r u p p a m e n t o motorizzato, i combattenti italiani d i v e n t a r o n o così 15 mila: poca cosa nel complesso di u n a forza militare imp o n e n t e , ma abbastanza p e r attestare che c'erano ancora in Italia dei giovani disposti a rischiare la vita p e r la loro b a n d i e r a . U m b e r t o di Savoia a v r e b b e v o l u t o a s s u m e r e il com a n d o del C I L , ma la Commissione alleata di controllo glielo vietò con pretesti burocratici - un generale d ' a r m a t a (per l a p r e c i s i o n e U m b e r t o e r a maresciallo d'Italia m a n o n n e p o r t a v a i gradi, N.d.A.) n o n poteva essere messo a capo di quella che in sostanza n o n era che u n a divisione - che mas c h e r a v a n o ragioni politiche. Il Principe si disse disposto a essere retrocesso a generale di divisione o a colonnello ma, ha scritto L e a n d r o Giaccone nel suo Ho firmato la resa di Roma, « n e p p u r e q u e s t o m o d e s t o obolo fu concesso al r e g a l e m e n d i c a n t e d'onore». L'offensiva di A l e x a n d e r fu scatenata il 12 m a g g i o , e al C o m a n d a n t e alleato va riconosciuto un merito: i preparativi v e n n e r o condotti con m o l t a segretezza e con accorgimenti che c o n s e n t i r o n o di cogliere i tedeschi a g u a r d i a abbassata. Kesselring s u p p o n e v a che la m a c c h i n a militare alleata, colossale ma anche pachidermica, n o n potesse essere di nuovo a p u n t o p r i m a d e l l ' u l t i m a s e t t i m a n a del m e s e . Per di p i ù gravava sul feldmaresciallo la minaccia di sbarchi sulla costa tirrenica, a Civitavecchia o a Livorno, e questo lo induceva a t e n e r e di riserva, p e r un i n t e r v e n t o mobile, unità preziose. Infine v'era l'intensificarsi della guerriglia partigiana. Fidando incautamente su un m o m e n t o di respiro, l'Alto c o m a n d o della W e h r m a c h t aveva chiamato Vietinghoff, c o m a n d a n t e della 10 a r m a t a sulla linea Gustav, in Germania, dove Hitler voleva di persona appuntargli sul petto un'alta decorazione. a

117

Il Capo di Stato Maggiore di Kesselring, Westphal, il comand a n t e del X I V c o r p o Panzer, Senger, e il c o m a n d a n t e della 9 0 divisione dei Panzer G r e n a d i e r e , Baade, e r a n o in licenza. F u r o n o richiamati in g r a n fretta. «Non posso r i p e n s a r e a quei giorni senza un m o t o d'orrore» disse in seguito Kesselring. Le u n i t à tedesche, p u r a r a n g h i incompleti, e consapevoli della superiorità nemica in u o m i n i a r m i e materiali, difesero s t r e n u a m e n t e le posizioni. L'esercito alleato aveva le u n i t à della 5 a r m a t a a m e r i c a n a schierate sulla sinistra, dalla costa t i r r e n i c a fin ad ovest di Cassino; poi, p r o s e g u e n d o verso est, l ' 8 a r m a t a britannica. C o n gli americani e r a n o i francesi di J u i n , con gli inglesi indiani, polacchi, canadesi, italiani e sudafricani. Lo svolgimento delle azioni n o n fu certo facilitato dalla ostilità di M a r k Clark, il c o m a n d a n t e della 5 a r m a t a , p e r A l e x a n d e r . Il g e n e r a l e a m e r i c a n o r i l u t t a v a a c o n s i d e r a r e A l e x a n d e r un suo v e r o e d i r e t t o s u p e r i o r e : ed aveva il sospetto che gli inglesi volessero defraudarlo del privilegio di far e n t r a r e le sue t r u p p e p e r p r i m e nella capitale italiana. «Noi n o n solo v o l e v a m o l ' o n o r e di c o n q u i s t a r e R o m a , ma p e n s a v a m o di averlo a b b o n d a n t e m e n t e meritato... N o n soltanto i n t e n d e v a m o d i v e n t a r e il p r i m o esercito che in quindici secoli conquistasse R o m a da sud, ma volevamo che in patria la gente sapesse c h ' e r a stata la 5 a r m a t a a c o m p i e r e l'impresa e sapesse a n c h e a qual prezzo c'eravamo riusciti.» Il p r i m o s f o n d a m e n t o della linea Gustav fu m e r i t o delle t r u p p e di J u i n , che aveva alle sue d i p e n d e n z e anche i coraggiosi ma feroci «goumiers» m a r o c c h i n i dei quali la p o p o l a zione italiana conservò poi un ricordo d ' o r r o r e : «Durante le v e n t i q u a t t r ' o r e di contatto con i marocchini soffrimmo più che negli otto mesi sotto i tedeschi. Questi si p r e n d e v a n o le nostre capre, le nostre p e c o r e e il nostro cibo, ma rispettavano le nostre d o n n e e i nostri magri risparmi. I marocchini si gettarono su di noi come diavoli scatenati. Sotto la minaccia delle mitragliatrici violarono bambini, d o n n e , uomini, giovani, dandosi freneticamente il cambio come altrettante bestie. a

a

a

a

a

118

Si p r e s e r o il nostro d e n a r o . Ci seguirono fino al paese e port a r o n o via ogni cosa, compresa la nostra biancheria e le nostre scarpe. Quelli dei loro ufficiali che t e n t a r o n o di intervenire in nostra difesa furono anch'essi minacciati». Nell'Abbazia di Montecassino e n t r a r o n o i polacchi, all'alba del 18 maggio. Le rovine e r a n o state evacuate dai t e d e schi, che vi avevano lasciato soltanto i feriti gravi. Si scoprì che le g r a n d i cantine a volta avevano resistito a migliaia di tonnellate di bombe, e che molti libri e r a n o ancora intatti negli scaffali. Kesselring aveva dovuto impartire p e r s o n a l m e n te ai paracadutisti della p r i m a divisione l'ordine di lasciare l'Abbazia. N o n volevano a n d a r s e n e ed era quello, egli disse, «lo svantaggio di avere p e r s o n a l i t à così forti c o m e c o m a n danti e subordinati». Il 23 maggio si mossero, finalmente, anche le divisioni della testa di p o n t e di Anzio, e lo fecero con il formidabile appoggio di artiglieria e aereo, che era nella tecnica e nelle possibilità delle a r m a t e anglo-americane. Kesselring si ritirava con sufficiente o r d i n e , ma senza p o ter contrastare u n a avanzata che gli veniva sferrata con violenza da d u e diverse direzioni, e che p u n t a v a verso R o m a . A n c o r a il 2 g i u g n o , m e n t r e la Città e t e r n a e r a già in vista delle a v a n g u a r d i e alleate, A l e x a n d e r e Clark discussero su chi dovesse entrarvi. « Q u a n d o A l e x a n d e r comunicò a Clark il p r o p r i o desiderio che l ' 8 a r m a t a partecipasse alla conquista di Roma, Clark prese violentemente cappello... disse ad A l e x a n d e r che se gli avesse impartito un o r d i n e del g e n e r e si sarebbe rifiutato di obbedire e se l'8 a r m a t a avesse tentato di m a r c i a r e su R o m a avrebbe dato istruzioni ai suoi u o mini di spararle addosso... A l e x a n d e r n o n insistè.» Nel t a r d o p o m e r i g g i o del 4 giugno i p r i m i r e p a r t i americani p e n e t r a r o n o nell'abitato; il 5 g i u g n o Clark ebbe l'agognato alloro e raggiunse in j e e p il Campidoglio ma il trionfo fu o s c u r a t o , a l m e n o nelle c r o n a c h e giornalistiche, dallo sbarco in N o r m a n d i a che, avvenuto a distanza di p o c h e o r e , soffocò l'eco della c a m p a g n a d'Italia, e di questa sua svolta decisiva. a

a

CAPITOLO SETTIMO

I SILENZI DI P I O X I I

Nei mesi che p r e c e d e t t e r o la caduta di Roma Mussolini n o n p o t è mai r i v e d e r e la città amata-odiata nel cui n o m e aveva costruito l'impalcatura coreografica e lessicale del fascismo. Per i piccoli u o m i n i che con o senza convocazione formavano le folle o c e a n i c h e , la d o t t r i n a d e l fascismo e r a t u t t a lì, n e l l ' I m p e r o che risorgeva sui colli fatali, nei littori, nei centurioni e nelle q u a d r a t e legioni. Ma Roma, Palazzo Venezia e il balcone fatidico e r a n o stati dichiarati off-limits, p e r il Duce, già p r i m a c h e vi i r r o m p e s s e r o i soldati del g e n e r a l e C l a r k . T r a Salò e R o m a c o r r e v a u n a linea divisoria che si chiamava 8 settembre. I tedeschi erano i p a d r o n i dovunq u e , ma a R o m a e r a n o i soli p a d r o n i , sia p u r e con dei m a n u t e n g o l i fascisti p e r i bassi servizi. Tre Italie: il R e g n o del Sud, la Repubblica di Salò, e Roma. In questo c u p o t r a m o n t o della loro p o t e n z a , l'Italia e r a p e r i militari e i funzionari tedeschi u n a destinazione ambita. Lo e r a perfino p e r chi doveva battersi al fronte, Io era a maggior ragione p e r gli ufficiali e i r e p a r t i destinati alle retrovie. Il clima relativamente mite, la bonarietà della massa della popolazione - anche se GAP e guerriglia partigiana dav a n o molti fastidi - la p r o s p e t t i v a , a sconfitta a v v e n u t a , di u n a prigionia nei campi anglo-americani, spiegano lo stato d ' a n i m o degli o c c u p a n t i , molti dei quali a r r i v a v a n o nelle belle città italiane d a l l ' i n f e r n o di n e v e e di ghiaccio delle p i a n u r e russe. Un n u g o l o di tedeschi si era insediato in Italia p e r «spremere il limone neofascista e quindi l'italiano più che sia possibile», c o m e disse R a h n ; m a a n c h e p e r c o n c e dersi gli ultimi balli su un Titanic che affondava.

I «protettori» tedeschi sorvegliavano e vessavano quella p a r o d i a di Stato che era Salò, tentavano di r i d a r e vigore alla p r o d u z i o n e industriale, e organizzavano su vasta scala la razzia delle risorse. S e m p r e più f r e q u e n t e m e n t e Mussolini p r o r o m p e v a in a m a r i sfoghi c o n t r o q u e s t a a r r o g a n z a : «E p e r f e t t a m e n t e inutile che questa gente si ostini a chiamarci alleati. E preferibile che buttino u n a b u o n a volta la maschera e ci dicano che siamo un p o p o l o e un territorio occupato come gli altri». Anche q u a n d o n o n lo dicevano, i tedeschi la p e n s a v a n o e s a t t a m e n t e così, e il g e n e r a l e Wolff spiegò che «non gli davo ordini (a Mussolini) ... in pratica p e r ò egli n o n poteva decidere niente contro la mia volontà e i miei consigli». Per la verità in quella p r i m a v e r a del '44 l'ossatura econ o m i c a e p r o d u t t i v a dell'Italia settentrionale - che e r a p o i l'Italia industriale - diede segni di ripresa. Per taluni settori (gli a u t o c a r r i della Fiat, che furono 759, l'energia elettrica, oltre un milione di chilowattore, l'acciaio, 138 mila t o n n e l late) nel maggio furono raggiunti i livelli n o n solo degli altri a n n i di g u e r r a , ma a d d i r i t t u r a del 1939. Fu c o m u n q u e u n a breve fiammata seguita da un r a p i d o declino. Q u a n t o alle spogliazioni, v ' e r a u n g e n e r a l e , H a n s Leyers, che Hitler aveva incaricato di s o v r i n t e n d e r e ad esse, spiegandogli succintamente: «Che i p a n t a l o n i glieli leviamo n o i o glieli levino gli inglesi è del t u t t o indifferente». La g a m m a dei p r o d o t t i che p r e n d e v a n o la via della G e r m a n i a era varia, a volte molto curiosa, e così (cito dalla Storia dell'Italia partigiana di Bocca) vi furono inclusi otto tonnellate di p i p e e t r e n t a d u e di bottoni, cravatte, scarpe, scope. Ma anche le a r m i del Bresciano: in aprile del '44 7.500 mitragliatrici, 7.000 pistole, 10.000 fucili, 100 pezzi di artiglieria. Infine un q u a r t o degli ortaggi e della carne. Il g o v e r n o di Salò si o p p o s e c o m e meglio poteva, e p o t e v a p o c o , alle p r e t e s e dei tedeschi, i cui piani p e r il saccheggio d i v e n n e r o operativi q u a n d o , infranta la linea Gustav, fu chiaro che l'Italia intera rischiava di c a d e r e a breve t e r m i n e nelle m a n i degli Alleati. C o n quella delle cose, veniva t e n t a t a a n c h e la razzia 123

degli uomini, ma la opposizione era diffusa e tenace a tutti i livelli: v ' e r a il s a b o t a g g i o della b u r o c r a z i a r e p u b b l i c h i n a , v'era la solidarietà p o p o l a r e , v'era infine l'aiuto della Resistenza, che a sbandati e fuggiaschi offriva u n a rete di p r o t e zione e, in caso e s t r e m o , la m a c c h i a . Il Gauleiter K u r t Sauckel («tipica figura da galeotto» lo aveva definito il dip l o m a t i c o tedesco M o e l l h a u s e n ) escogitò le m i s u r e p i ù spregiudicate e brutali p e r c a t t u r a r e braccia, tra l'altro retate nei cinematografi, n e i teatri, p e r f i n o t r a p p o l e all'uscita dalle chiese. Ma gli italiani sono furbi, ed escogitarono valide c o n t r o m i s u r e . Sta di fatto che, ad e s e m p i o , «a Pinerolo su 700 lavoratori convocati se ne p r e s e n t a r o n o 10, a C u n e o 7 su 800», p o c h e centinaia di u o m i n i v e n n e r o r a g g r u p p a t i in u n ' a r e a che c o m p r e n d e v a Genova, Milano, Padova, Bologna. L'Italia piaceva ai tedeschi che vi venivano destinati, ma indispettiva il s e m p r e invasato é trasognato Hitler, che il 22 e 23 aprile si incontrò - ancora u n a volta nel fastoso castello di Klessheim presso Salisburgo - con il suo amico e ostaggio Mussolini. Un a n n o p r i m a i d u e avevano discusso, in quella stessa sede, in un'atmosfera già gravida di tristi presagi, ma a l m e n o f o r m a l m e n t e assai diversa. P a r a d o s s a l m e n t e , p r o p r i o p e r c h é e r a o r m a i di fronte a un vassallo, Hitler risparmiò ai suoi interlocutori il torrenziale m o n o l o g o iniziale cui e r a n o d i n o r m a sottoposti. C o n Mussolini e r a n o Graziani, Mazzolini, Anfuso e l'addetto militare a Berlino colonnello M o r e r a ; con Hitler e r a n o R i b b e n t r o p , Keitel, R a h n , Wolff, Toussaint e D o l l m a n n . M e n t r e il F ù h r e r ascoltava ingoiand o o g n i t a n t o l e pillole m a g i c h e p r e s c r i t t e g l i dal m e d i c o stregone Morell, Mussolini tracciò un q u a d r o della situazion e . Riconobbe che l ' i n t e r n a m e n t o in G e r m a n i a delle t r u p pe italiane e r a stato «consigliabile» e «necessario», ma acc e n n ò all'ansia delle loro famiglie in Italia, il che faceva milioni di p e r s o n e , e chiese che vivessero in condizioni migliori. Si o c c u p ò , b r e v e m e n t e , della nazionalizzazione a t t u a t a dall'alleato in Alto Adige e in Venezia Giulia, ma senza t r o p 124

po insistere, tanto che Graziani c o m m e n t ò , successivamente: «Mussolini... n o n aveva m o r d e n t e , n o n s a p e v a p a r l a r chiaro». Il Duce riconobbe che la m a g g i o r a n z a degli italiani oscillava tra scetticismo e pessimismo, che c'era u n a m i n o r a n z a a t t i v a m e n t e ostile, che la Chiesa e r a «esitante» o avversa. D o m a n d ò u n p i ù caldo r i c o n o s c i m e n t o tedesco p e r gli sforzi del Partito fascista, e p r o m i s e di richiamare alle arm i a l c u n e classi p e r d a r e gli u o m i n i c h e Sauckel, G ò r i n g (per le batterie antiaeree) e Kesselring (per i servizi di r e t r o via) v o l e v a n o . Più r u d e fu G r a z i a n i , q u a n d o v e n n e il suo t u r n o . Disse che il suo lavoro e r a stato ostacolato in mille m o d i , che n o n aveva p o t u t o d i s p o r r e di un servizio telefonico e telegrafico p e r c h é questi e r a n o riservati ai tedeschi, che m a n c a v a n o forze di polizia sufficienti p e r obbligare i richiamati alle a r m i a presentarsi e che interi r e p a r t i disertavano p e r c h é la p r o p a g a n d a nemica insisteva sul fatto che la Germ a n i a aveva irrimediabilmente p e r s o la g u e r r a . Quel mattino Hider i n t e r r u p p e la riunione, atteso com'era da un consulto con i suoi generali, e ricomparve nel pomeriggio p e r spiegare il suo p u n t o di vista. Fu a m a r o , tenuto conto del suo t e m p e r a m e n t o , perfino realista. «Non sappiamo se e dove p u ò aver luogo un'invasione» ammise, ma aggiunse che se essa n o n fosse stata realizzata entro sei o otto settimane l'Inghilterra sarebbe entrata in crisi, e tra gli Alleati si sarebbero verificate frizioni. Mussolini chiese come potesse essere accelerato questo processo di disfacimento della coalizione: n o n ebbe risposta. L'indomani vi furono altri d u e colloqui, e Hitler espresse la sua diffidenza verso gli italiani. «Se dei 600 mila internati militari 200 mila sottoscrivessero p e r il servizio attivo, lo far e b b e r o solo p e r migliorare la loro sorte e n o n sarebbero il g e n e r e di t r u p p e necessario ad affrontare i sacrifici necessari i n t o r n o a Cassino.» Mussolini rispose dicendosi disposto a «chiamare venti classi e impiegarle in battaglioni di lavoro». P r i m a di c e n a r e a tu p e r tu con Mussolini, Hitler disse ancora di aver rotto tutti i contatti con l'Italia e di volerli m a n 125

t e n e r e solo con il Duce. «La G e r m a n i a e l'Italia - concluse d e v o n o vincere, altrimenti i d u e popoli e i d u e paesi croller a n n o insieme in rovina.» Congedatosi dal c a m e r a t a tedesco, Mussolini confidò ad Anfuso che «le s u e affermazioni sulla fine della g u e r r a gli e r a n o p a r s e d a n n a t a m e n t e ottimiste». Il g r u p p o italiano si trasferì q u i n d i al c a m p o di a d d e s t r a m e n t o di Grafenwòhr, dove e r a n o gli u o m i n i della divisione Monterosa: 600 ufficiali e dodicimila sottufficiali e soldati che r i s e r b a r o n o al Duce u n a accoglienza entusiastica. Egli se ne sentì rigenerato, e «riprese in p i e n o la confidenza in se stesso e nel d o m a n i della patria». Per allestire quello che fu l'esercito di Salò, cioè la forza militare teoricamente apolitica cui Graziani aspirava, e r a n o stati i n t r u p p a t i , con lusinghe e con la costrizione, u o m i n i di varia provenienza: veterani prelevati dai campi di prigionia tedeschi, ragazzi di leva, volontari. F u r o n o messe in cantiere q u a t t r o divisioni, la San Marco, la Monterosa, l'Italia, la Littorio. D o v e v a n o a v e r e u n a c o m p o s i z i o n e m o d e l l a t a sugli schemi tedeschi; p e r ciascuna di esse d u e r e g g i m e n t i di fanteria su tre battaglioni, un r e g g i m e n t o di artiglieria, un battaglione pionieri, u n g r u p p o esplorante, r e p a r t i a u t o n o m i , in totale 16 mila u o m i n i p e r le divisioni o r d i n a r i e (20 mila, a l m e n o in p r o g e t t o , p e r la divisione Monterosa che era alpina). La San Marco e la Monterosa furono m a n d a t e , sia p u r e a organici i n c o m p l e t i , in G e r m a n i a , p e r l ' a d d e s t r a m e n t o : a Grafenwòhr, c o m e s'è accennato, e a Miinzingen. Per le altre d u e ci si affannava a racimolare reclute, e a fine maggio le q u a t t r o unità c o n t a r o n o , tutte assieme, 57 mila uomini. Sottoposti ai m e t o d i di a d d e s t r a m e n t o t e d e s c h i («dal m a t t i n o alle 5 a n d i a m o dritto fino alle 19 - scrisse un ufficiale della Monterosa - e molte volte oltre, specialmente chi d u r a n t e l a g i o r n a t a n o n h a p i e n a m e n t e soddisfatto l e esigenze degli istruttori... l ' a d d e s t r a m e n t o è l u n g o p e r c h é curato nei p i ù piccoli particolari»), i soldati delle divisioni fasciste f o r m a r o n o forse le unità meglio p r e p a r a t e al combat126

t i m e n t o che l'esercito italiano avesse mai avuto. O u e s t o finche rimasero in G e r m a n i a , r i n s e r r a t e in un c o r d o n e sanitario psicologico e a m b i e n t a l e , p r i v e di notizie e di contatti. Q u a n d o furono r i m p a t r i a t e p e r l'impiego, la realtà italiana, il disprezzo della popolazione, le vicende della g u e r r a p r o v o c a r o n o p r e s t o diserzioni in massa. N o n a v e v a n o tutti i torti i tedeschi, dal loro p u n t o di vista, q u a n d o consigliavano di i m p i e g a r e le divisioni di Salò o sul fronte orientale o nella difesa antiaerea in G e r m a n i a (la p r o p o s t a suscitò il fur o r e di Graziani che, a tu p e r tu con Keitel, minacciò di dimettersi. Keitel cedette). Alla resa dei conti i r e p a r t i efficienti di Salò si r i d u s s e r o s e m p r e a poca cosa. Mussolini fece in maggio, c o n v e r s a n d o con il d i r e t t o r e del Messaggero B r u n o S p a m p a n a t o , la cifra di 4 0 0 mila soldati, ma vi i n c l u d e v a e v i d e n t e m e n t e , c o n molta disinvoltura (oltre ai 57 mila delle 4 divisioni), i 140 mila della G u a r d i a nazionale repubblicana, i 55 mila di cui Graziani d i s p o n e v a p e r la sua «burocrazia militare» (gente di distretto e di caserma) e infine tutti i r e p a r t i sfusi e auton o m i che i tedeschi e r a n o a n d a t i o r g a n i z z a n d o n o n solo in Italia ma nei Balcani (ve ne f u r o n o i m p e g n a t i p e r f i n o sul fronte russo). Per i corpi che s'erano incorporati nella W e h r m a c h t i tedeschi, s e m p r e meticolosi, avevano escogitato u n a formula di g i u r a m e n t o abbastanza generica: ma p e r le SS italiane (se ne mise in piedi u n a divisione, la 2 9 , p e r m i n i m a p a r t e utilizzata al fronte, p e r la m a s s i m a p a r t e in b r u t a l i rastrellamenti) la formula era b e n più esplicita: «Davanti a Dio p r e sto q u e s t o sacro g i u r a m e n t o : che nella lotta p e r la mia patria italiana c o n t r o i suoi n e m i c i sarò in m a n i e r a assoluta o b b e d i e n t e ad Adolf Hitler s u p r e m o c o m a n d a n t e dell'esercito t e d e s c o , e q u a l e soldato valoroso s a r ò p r o n t o in o g n i m o m e n t o a d a r e la mia vita p e r questo giuramento». A n c h e i n chi s'era così i m p e g n a t o H i m m l e r n o n aveva c o m u n q u e m o l t a f i d u c i a p e r c h é «la d e b o l e z z a del p o p o l o italiano è nel suo s a n g u e , nella sua razza». A n c h e nelle SS a

127

italiane, c o m e in t u t t a q u e s t a accozzaglia di r e p a r t i c h e il p i ù delle volte s e m b r a v a n o , p e r lo spirito se n o n p e r l'inq u a d r a m e n t o , b a n d e rinascimentali, v'era, c o m e h a scritto Ricciotti Lazzero, di tutto: «Idealisti, illusi, fanatici, profittatori, gente in b u o n a e malafede, p e r s o n e che colsero l'occasione p e r r i e n t r a r e in Italia dai c a m p i di c o n c e n t r a m e n t o , individui violenti, altri c h e c r e d e v a n o i n u n n u o v o o r d i n e e u r o p e o all'ombra della svastica e ne volevano essere i forgiatori e q u i n d i a un certo m o m e n t o i privilegiati, ed a n c h e p r i g i o n i e r i messi di fronte a u n ' a l t e r n a t i v a , o c o n n o i o al m u r o . I disertori f u r o n o molti, alcuni p a s s a r o n o alla Resistenza e d i v e n n e r o noti combattenti partigiani». Dove si vede q u a n t o possa essere labile, in t e m p i di g u e r r a civile, il confine ideale e fisico tra l'uno e l'altro schieramento. Le SS italiane, l ' a b b i a m o visto, i g n o r a v a n o Mussolini. La X Mas del principe Borghese gli fece la fronda, tanto che il suo com a n d a n t e fu a un certo p u n t o arrestato. I fascisti di Salò lo rilasciarono, ha r i c o r d a t o Luigi Del B o n o , che nella X Mas militò, q u a n d o «avevamo minacciato u n a marcia sui laghi, dov'era sistemato il n u o v o governo». Kesselring ha scritto c h e «il m o v i m e n t o p a r t i g i a n o diventò p e r l a p r i m a volta m o l e s t o n e l l ' a p r i l e del ' 4 4 , q u a n d o l e b a n d e cominciarono ad agire sull'Appennino». In p r i m a v e ra, questo è certo, la lotta si dilatò e d i v e n n e a n c o r a più crudele, fino al b a n d o del C a p o di Stato Maggiore dell'Esercito Mischi - c h e aveva sostituito G a m b a r a , r i t e n u t o t r o p p o m o r b i d o - c o n cui si a n n u n c i a v a che chi n o n si fosse a r r e s o e n t r o il 25 m a g g i o n o n a v r e b b e a v u t o pietà. Ma pietà n o n ce n'era n e m m e n o p r i m a , dall'una e dall'altra p a r t e . Del resto un altro g e n e r a l e r e p u b b l i c h i n o aveva osservato c h e i r e n i t e n t i alla leva «sono certi della i m p u n i t à , la defezione d e i c a r a b i n i e r i ne ha i m p e d i t o la ricerca» e p o i «ci s o n o i consigli subdoli e sottili dei preti, la sfortunata coincidenza con eventi bellici p o c o favorevoli, la g e n e r a l e d e p r e s s i o n e della popolazione...» V e n n e r o realizzati rastrellamenti mas128

sicci, con d u r e p e r d i t e p a r t i g i a n e : c o m e nella p i e m o n t e s e Val Casotto dove la formazione del m a g g i o r e Enrico Martini (Mauri) fu a n n i e n t a t a da seimila tedeschi, lasciò sul t e r r e no c i n q u a n t a m o r t i , e in m a n o n e m i c a 160 p r i g i o n i e r i , in g r a n p a r t e passati p e r le a r m i ; o c o m e in Val Varaita (semp r e in Piemonte) d o v e seicento garibaldini e a u t o n o m i fur o n o sgominati, ebbero 150 caduti e 200 prigionieri d e p o r tati nei c a m p i di s t e r m i n i o . Assai m e g l i o r e s s e r o le agili «bande» di «Giustizia e Libertà». A fine aprile - citiamo da Bocca - le forze p a r t i g i a n e c o n t a v a n o in t u t t o e p e r t u t t o p o c o p i ù di dodicimila c o m b a t t e n t i , di cui 9.000 nel N o r d Italia e oltre tremila nel C e n t r o e nel Sud. Più cospicuo, ma n o n m a g g i o r i t a r i o , l ' a p p o r t o dei g a r i b a l d i n i , ideologicam e n t e ispirati dai comunisti, 5.800; e p o i 3.500 a u t o n o m i , 2.600 giellisti, 700 cattolici. (Ma c'e chi afferma che queste cifre s o n o in difetto p e r q u a n t o r i g u a r d a i cattolici «per il colossale a p p o r t o d a t o da p r e t i e religiosi alla lotta c o n t r o il nazifascismo».) I GAP c o n t i n u a v a n o ad agire nelle città. Pochi uomini, al massimo qualche decina nei centri maggiori, che p r e n d e v a no di m i r a t e d e s c h i e fascisti, c o l p i v a n o e s c a t e n a v a n o le rappresaglie, rischiavano la vita e p a g a v a n o , sovente, con la vita. Alcuni d i v e n n e r o veri professionisti d e l l ' a g g u a t o . Ve n ' e r a n o di già sperimentati, come Giovanni Pesce, v e t e r a n o (nelle file «rosse») della g u e r r a di Spagna. Avevano p e r com u n e d e n o m i n a t o r e u n a d e t e r m i n a z i o n e implacabile e u n a forte carica di ideologia e di fanatismo. Uccidevano anche a freddo, disposti a sacrificarsi e altrettanto disposti a sacrificare gli ostaggi innocenti che, d o p o ogni impresa, e r a n o fucilati. In questa spirale di odio - fatale caratteristica di ogni g u e r r a civile - s'inserì un episodio che divise anche l'antifascismo: l'«esecuzione» di Giovanni Gentile. II filosofo siciliano, u n o degli ingegni più lucidi della cult u r a italiana, fascista fervente (tanto che Mussolini gli aveva affidato l'incarico di compilare la voce «fascismo» p e r la Enciclopedia Treccani salvo p o i r i m o d e l l a r n e le p a r t i t r o p p o 129

r i g o r o s a m e n t e ideologiche), a u t o r e della riforma della scuola, discussa da molti ma da tutti rispettata p e r i suoi conten u t i e p e r la sua ispirazione, aveva a d e r i t o alla Repubblica di Salò. E r a stato in q u e s t o c o e r e n t e c o n il suo p a s s a t o : e Mussolini l'aveva ricompensato con la n o m i n a - p i ù pericolosa che onorifica, in quei frangenti - a p r e s i d e n t e della Accademia d'Italia. Gentile dava senza d u b b i o u n a p p o g g i o a u t o r e v o l e a l n u o v o r e g i m e di Mussolini. Esortava alla «cessazione delle lotte t r a n n e quella vitale contro i sobillatori, i traditori, vend u t i o in b u o n a fede ma sadisticamente ebbri di sterminii». Si sforzava tuttavia di m a n t e n e r e un t o n o alto, patriottico, coerente con l'«idealismo» della sua filosofia e con u n a fede patetica nella possibilità che molto potesse essere cambiato p u r c h é si volesse cambiarlo. «Questo è t e m p o di costruire... Ci sono tante colpe da espiare, tanti torti da r i p a r a r e ; tanto male che un doveroso esame di coscienza ci p u ò r i m p r o v e r a r e . Ma oltre il male, c'è il b e n e , che o r a più che mai bisogna r a m m e n t a r e se n o n si vuol finire nella disperazione.» N e s s u n a p a r t e c i p a z i o n e sua, n é m o r a l e n é t a n t o m e n o m a t e r i a l e , ad atti di r e p r e s s i o n e . L'uomo - lo ha a m m e s s o Roberto Battaglia - «era p e r s o n a l m e n t e b o n a r i o e tollerante e, c o m e risulta da molteplici testimonianze, si era d i m o strato avverso alle violenze e agli o r r o r i p e r p e t r a t i in quel p e r i o d o a F i r e n z e dalla b a n d a Carità». C h e e r a u n a delle tante polizie private che i m p e r v e r s a v a n o . Nella sua p r o p e n sione verso il fascismo di Salò, Gentile era stato anche incoraggiato dalla c o m p r e n s i o n e che il ministro della Istruzion e , Biggini, aveva d i m o s t r a t o verso il m o n d o accademico, tanto da c o n f e r m a r e nella carica di rettore della Università di P a d o v a C o n c e t t o M a r c h e s i : l'illustre latinista e grecista aveva accettato di r e s t a r e al suo posto, p u r p r o n u n c i a n d o , p r e s e n t e in forma privata lo stesso Biggini, e sotto la sorveglianza inquietante di un g r u p p o di armati, u n a prolusione coraggiosa, a f f e r m a n d o che «qui d e n t r o si r a d u n a ciò che distruggere n o n si può». Ma il Partito comunista - cui Mar130

chesi a p p a r t e n e v a e a p p a r t e n n e fino alla m o r t e , schierandosi nelle file dei p i ù indiscriminati esaltatori dello stalinismo - gli ingiunse di lasciare la sua poltrona, e di rinnegai^ l'amicizia con quel ministro p e r b e n e (che era oltretutto suo vicino di casa) con il quale aveva stabilito un patto di «inviolabilità dell'Ateneo». T r a i migliori e s p o n e n t i della R e p u b blica Sociale e la cultura v'era stato d u n q u e un tentativo di reciproco rispetto, e ad esso Gentile voleva ispirarsi. Ma p r o p r i o Concetto Marchesi, u n a volta t r o n c a t o il leg a m e c o n Biggini, aveva risposto con l'intransigenza d u r a agli appelli - p e r p a r t e di Gentile n o n insinceri - alla concordia. «Quanti oggi incitano alla c o n c o r d i a sono complici degli assassini fascisti e nazisti, quanti oggi invitano alla treg u a vogliono d i s a r m a r e i patrioti e rifocillare gli assassini nazisti p e r c h é indisturbati c o n s u m i n o i loro crimini... Per i m a n u t e n g o l i del tedesco invasore e dei suoi s c h e r a n i nazisti, senatore Gentile, la giustizia del p o p o l o ha emesso la sua sentenza: morte!». Sulla esatta p a t e r n i t à di questo testo, a p p a r s o nel foglio clandestino comunista La nostra lotta, vi sono fondati dubbi. E probabile che p e r la massima p a r t e esso sia stato di p u g n o di Marchesi: ma è altrettanto probabile - p e r molti sicuro che l'ultima frase, quella c h e p a r v e u n a s e n t e n z a capitale p e r Gentile, fu a g g i u n t a d a i d u r i del P a r t i t o , insensibili a sollecitazioni e r e m o r e culturali. Si è poi fatto, al r i g u a r d o , il n o m e di Girolamo Li Causi. Concetto Marchesi n o n volle mai sconfessare il Partito: ma p r i v a t a m e n t e n e g ò p i ù volte d'aver firmato l'espressione che accomunava Gentile ai p e g giori sgherri fascisti. I familiari di Gentile h a n n o dichiarato d'aver s e m p r e s a p u t o che Marchesi aveva coperto i comunisti, e che n o n gli si poteva i m p u t a r e quella conclusione spietata. L'atmosfera fiorentina si intrise di o d i o d o p o che il 22 m a r z o 1944 c i n q u e p a r t i g i a n i f u r o n o fucilati al C a m p o di Marte dai militi della Legione Muti. I gappisti deliberarono di r i s p o n d e r e al t e r r o r e con il t e r r o r e : e q u a n d o si trattò di 131

scegliere un bersaglio esemplare n o n ebbero da faticare p e r trovarlo. Era stato indicato, inequivocabilmente. I gappisti si a p p o s t a r o n o il 15 a p r i l e , alle 13,30, nei pressi di Villa Montaldo al Salviatino, dove Gentile abitava. Gli «esecutori» della sentenza, B r u n o Fanciullacci e A n t o n i o Ignesti, si accostarono all'auto t e n e n d o sotto braccio dei libri, c o m e fossero studenti. C r e d e n d o volessero parlargli, Gentile abbassò il vetro, e fu colpito a bruciapelo m e n t r e Fanciullacci gridava: «Non uccido l ' u o m o ma l'idea». Dalla villa uscì corr e n d o il figlio m i n o r e B e n e d e t t o , m e n t r e l'autista avviava precipitosamente l'auto e trasportava il filosofo m o r e n t e all'ospedale, dove era di servizio un altro figlio, Gaetano, m e dico. N o n ci fu nulla da fare. C u r i o s a m e n t e , molti a Firenze p e n s a r o n o che gli uccisori di Gentile p o t e s s e r o essere estremisti «repubblichini», sgherri della b a n d a Carità ansiosi di liberarsi d ' u n m o d e r a to di prestigio. Negli ambienti della Resistenza la verità e r a tuttavia nota, e il p i t t o r e O t t o n e Rosai, nella cui casa Fanciullacci aveva cercato rifugio, subito lo r i m p r o v e r ò : «Bella i m p r e s a u c c i d e r e un p o v e r o vecchio». I soli a s o s t e n e r e la legittimità m o r a l e dell'impresa furono i comunisti. L'antifascismo liberale ne fu indignato, e B e n e d e t t o Croce espresse il suo cordoglio. Ma a n c h e gli azionisti, p u r così d u r i e intransigenti, si d i m o s t r a r o n o perplessi. Alcuni, c o m e Tristan o C o d i g n o l a , a p e r t a m e n t e dissenzienti p e r c h é « n o n p u ò sfuggire a n e s s u n o l'odiosità di un simile a t t e n t a t o c o n t r o u n a personalità alla q u a l e il paese i n t e r o a v r e b b e p o t u t o e d o v u t o chiedere conto del suo o p e r a t o nella forma più alta e solenne». Ma implacabili ribatterono i comunisti che Gentile, il quale «tanto spesso ha vantato la provvidenzialità della storia, cade vittima della moralità della storia». R o m a , l'abbiamo d e t t o , faceva p a r t e p e r se stessa. N o n e r a città a p e r t a - gli Alleati, in particolare gli inglesi, avevano rifiutato di p r o c l a m a r l a tale, r i c o r d a n d o la s m a n i a mussolin i a n a di partecipare ai b o m b a r d a m e n t i su L o n d r a , e i tede132

schi, p u r p a t t e g g i a n d o con il Vaticano, minacciavano di difenderla «casa p e r casa» - ma n o n era n e p p u r e u n a città che potesse essere considerata alla stregua delle altre. Il Vatican o , le basiliche, i conventi, con i loro privilegi di extraterritorialità, e r a n o un p e r m a n e n t e i n t o p p o p e r tedeschi e fascisti, cui era vietato oltrepassare, in piazza San Pietro, u n a lin e a bianca, che fissava il confine. All'interno di questa frontiera Pio X I I tracciava le linee di u n a c o n d o t t a religiosa e politica difficilissima. Suo scopo p r i m a r i o fu quello di otten e r e che R o m a n o n finisse distrutta dai tedeschi: p e r realizzarlo era necessario che n o n divampasse, q u a n d o la Wehrm a c h t avesse b a t t u t o i n ritirata, u n ' i n s u r r e z i o n e g e n e r a l e partigiana, sul tipo di quella che si era verificata a Napoli, e di quelle c h e si s a r e b b e r o p o i verificate a Milano, T o r i n o , Genova. La m a n o v r a riuscì. Al «Vicario» furono poi r i m p r o v e r a t i c e d i m e n t i filonazisti. L'accusa è, se n o n infondata, discutibile e p r o b a b i l m e n t e ingiusta. Pio X I I , su q u e s t o n o n v'è d u b b i o , aveva p e r il p o p o l o e la cultura tedesca - n o n p e r il n a z i s m o - r i s p e t t o e a m m i r a z i o n e . Del suo s o g g i o r n o in G e r m a n i a c o m e n u n z i o apostolico aveva c o n s e r v a t o il migliore ricordo, e molte amicizie: ed ebbe vicino a sé fino all'ultimo collaboratori e domestici tedeschi. Tra essi il bavarese p a d r e Pancrazio Pfeiffer, s u p e r i o r e g e n e r a l e dell'ordine salvatoriano, che i n t r a t t e n e v a ottimi r a p p o r t i con il Capo di Stato M a g g i o r e di Kesselring, W e s t p h a l , e s u o r Pasqualina, anch'essa bavarese, o n n i p r e s e n t e e fin t r o p p o p o tente. N o n è d u b b i o n e m m e n o che Pio X I I fosse p r e o c c u p a t o p e r i progressi militari sovietici. Ma, n o n o s t a n t e i «silenzi» ufficiali c h e gli f u r o n o a d d e b i t a t i , si p r o d i g ò p e r s t r a p p a r e alla loro orribile sorte molti ebrei, e p e r salvare vite u m a n e in pericolo. Alcune delle accuse c o n t r o Pio X I I p a i o n o suffragate d a r a p p o r t i d e l l ' a m b a s c i a t o r e t e d e s c o presso la Santa Sede, Weizsaecker. Ma l'ambasciatore, n o n lo si deve d i m e n t i c a r e , descriveva a Hitler un Papa benevolo verso la G e r m a n i a , p e r evitare che il d i t t a t o r e o r m a i in133

vasato mettesse in atto il proposito di sequestrarlo. «Noi sap e v a m o - ha scritto l'ambasciatore - che u n a p r o t e s t a violenta contro la persecuzione degli ebrei avrebbe c e r t a m e n te fatto c o r r e r e al Pontefice gravi pericoli personali, e n o n a v r e b b e salvato u n a sola vita ebraica.» Pio X I I aveva fatto s a p e r e ai cardinali che mai e p e r n e s s u n a r a g i o n e avrebbe lasciato R o m a , se n o n costretto con la forza, a n c h e se li dispensava dall'obbligo di seguirlo. Un suo gesto s o l e n n e di d e n u n c i a della ferocia nazista l'avrebbe senza d u b b i o innalzato, nel giudizio storico. N o n c r e d i a m o che l'abbia t r a t t e n u t o dal farlo il p e n s i e r o della sua personale incolumità: piuttosto l'ansia di salvaguardare la Santa Sede e R o m a da u n a rappresaglia distruttrice, e la preoccupazione p e r le migliaia di rifugiati che dietro lo scudo della extraterritorialità Vaticana avevano r i p a r o . Egli fu senza d u b b i o cauto, fin t r o p p o cauto, c o n s e n t e n d o soltanto che i vescovi, di loro iniziativa, q u a n d o lo volevano, c o n d a n nassero la b a r b a r i e antisemitica e a n t i p a r t i g i a n a . Il g i o r n o stesso in cui Montini d i v e n n e Papa, fu pubblicato sul giornale cattolico inglese The Tablet un suo articolo che difendeva Pio X I I : «Assumere un a t t e g g i a m e n t o di p r o t e s t a o di c o n d a n n a sarebbe stato, peggio che futile, d a n n o s o : e q u e sta è l'intera verità sulla faccenda». M o n t i n i poteva p a r l a r e con conoscenza di causa. Aveva vissuto quegli avvenimenti da c o m p r i m a r i o i m p o r t a n t e , come sostituto della S e g r e t e r i a di Stato. La c o m u n i t à diplomatica in Vaticano - c h e i n c l u d e v a i r a p p r e s e n t a n t i delle p o t e n z e belligeranti - lo a m m i r a v a senza riserve. L'inglese O s b o r n e disse che era un u o m o «di m e n t e a p e r t a e di grande coraggio, dotato di un brillante, sarcastico senso u m o r i stico», e n o n riusciva a capire «come potesse lavorare tanto e così intensamente». Weizsaecker coniò p e r lui questa definizione: «La p i ù o p e r o s a delle api operose». E si r a m m a r i cava di dover «disturbare questo p r e t e sovraccarico di lavoro con le mie questioni senza importanza». Ma Paolo VI doveva difendere Pio X I I : del quale si p u ò dire c o n c l u d e n d o , 134

che fu in quei frangenti tragici più il Vescovo di R o m a e il S o v r a n o dello Stato pontifìcio che il C a p o spirituale della i m m e n s a c o m u n i t à cattolica. Q u a l c u n o disse che a R o m a m e t à della p o p o l a z i o n e nascondeva allora l'altra m e t à . Ebrei, antifascisti, r e n i t e n t i al lavoro obbligatorio e alla leva militare affollavano case, collegi religiosi e conventi. Vi fu lo slancio della solidarietà, e vi fu l'abbiezione delle delazioni. I c o m a n d i delle polizie tedesche e fasciste e r a n o stupiti dalla valanga di d e n u n c e , a n o n i m e o f i r m a t e , c h e p i o v e v a n o sui l o r o tavoli. Il Vaticano fingeva di i g n o r a r e ciò che gli istituti religiosi facevano, ma sapeva t u t t o . C e n t o c i n q u a n t a c o n v e n t i e m o n a s t e r i e r a n o d i v e n u t i il rifugio dei p e r s e g u i t a t i ebrei: q u a t t r o c e n t o dai francescani di S a n B a r t o l o m e o all'Isola, un c e n t i n a i o dai Fratelli delle scuole cristiane, altrettanti dai p a d r i Stimmatini e dai Salesiani di San G i o v a n n i Bosco, quasi d u e c e n t o dalle suore di Nostra Signora di Sion e centoquattordici dalle Maestre Pie Filippini. Q u a r a n t a ebrei, 15 dei quali battezzati, avevano ospitalità in Vaticano. Altri ebrei e r a n o stati accolti nel Seminario L a t e r a n o , un i m p o n e n t e edificio sul r e t r o della basilica di San Giovanni, dove si t e n e v a n o nascosti a n c h e i maggiori e s p o n e n t i clandestini della vita politica, essendo il Seminario considerato più sicuro di a l t r e sedi religiose, e s p e c i a l m e n t e p r o t e t t o dalla extraterritorialità. Vi alloggiava il p r e s i d e n t e del CLN I v a n o e B o n o m i con la m o g l i e , vi a l l o g g i a v a n o N e n n i , De Gasperi e ufficiali del disperso esercito. I tedeschi t e n e v a n o d'occhio quell'isola ostile, ma senza ostentazione, e n o n intervenivano p e r bloccare l'andirivieni dei p e r s o n a g g i (alcuni dei quali, c o m e B o n o m i e N e n n i , n o n e r a n o credenti). La radio con cui il CLN teneva i contatti con il sud era altrove, ma di fatto le fila della vita politica pre-liberazione furono tessute nel Seminario. N e n n i ha lasciato nel suo d i a r i o u n a t e s t i m o n i a n z a di q u e s t e «fughe» a v v e n t u r o s e dal «santuario» v a t i c a n o . «Oggi (18 m a r z o 1944, N.d.A.) r i u n i o n e del Comitato di Liberazione. Siamo 135

arrivati sul l u o g o d e l l ' a p p u n t a m e n t o con M a u r o (Scoccim a r r o ) e Ugo (La Malfa) d o p o u n a corsa mattutina in automobile attraverso R o m a e l u n g o il Tevere. C ' e r a n o nell'aria u n a dolcezza e un fremito primaverile che invitavano all'ottimismo. Ma il dibattito mi ha lasciato la bocca amara.. Perché tutto c o n t i n u a a essere s u b o r d i n a t o alla liberazione di R o m a m e n t r e t u t t o d o v r e b b e essere s u b o r d i n a t o alla lotta per la liberazione di Roma?... Bonomi n o n ha che u n a p r e o c c u p a z i o n e : sganciarsi dalla formula " g o v e r n o straord i n a r i o m u n i t o di tutti i p o t e r i dello Stato" p e r a n d a r e inc o n t r o a un c o m p r o m e s s o con il Re o col Principe o con la Reggenza.» La tutela extraterritoriale garantita dagli edifici vaticani p a r v e c o m p r o m e s s a q u a n d o a R o m a p i o m b ò - si e r a agli inizi di febbraio - il n u o v o q u e s t o r e Pietro Caruso. Napoletano, Caruso n o n aveva nulla della b o n a r i e t à della sua gente. E r a un fanatico - si e r a recato a p p o s i t a m e n t e a V e r o n a p e r assistere alla esecuzione di Ciano - e smaniava dalla voglia di d i m o s t r a r e q u a n t o valesse, c o m e sbirro. Assunta la carica m e n t r e e r a in corso u n a retata dei tedeschi, che bloccata la via N a z i o n a l e a v e v a n o r a s t r e l l a t o i n d i s c r i m i n a t a m e n t e d u e m i l a u o m i n i da m a n d a r e presso il fronte a compiere i lavori, o in G e r m a n i a , p r o l u n g ò la caccia p e r p o r t a r e al b o t t i n o il c o n t r i b u t o di altri d u e c e n t o poveracci. C o m e a i u t a n t e , C a r u s o si p r e s e Pietro Koch, o r i g i n a r i o di B e n e vento, ex-commerciante di vini (come Ribbentrop), p e r vocazione t o r t u r a t o r e . U n a notte, complice un p r e t e che aveva chiesto l ' a p e r t u r a delle p o r t e fingendosi b i s o g n o s o di aiuto, gli s g h e r r i di C a r u s o i r r u p p e r o nella basilica di San Paolo Fuori le M u r a . V e n n e r o arrestati l'abate b e n e d e t t i n o e i rifugiati, u n a settantina: tra essi molti ebrei e il generale Monti. F u r o n o c o m p i u t i vandalismi, e s e q u e s t r a t o q u a n t o - alimenti e altro - e r a custodito nel recinto della basilica. M o n s i g n o r Montini n o n p o t è i n t e r v e n i r e t e m p e s t i v a m e n t e p e r c h é era a Messa e n o n lo si rintracciò. La protesta della Santa Sede fu c o m u n q u e energica. Pio X I I o t t e n n e il rila136

scio dell'abate b e n e d e t t i n o , n o n quello del generale Monti. E Mussolini, informato, rispose dal n o r d - secondo il console tedesco Moellhausen - con u n a direttiva lapidaria: «Benissimo, continuate». Ma i tedeschi si p r o t e s t a r o n o estranei all'iniziativa, che n o n si ripetè. Si c o n t i n u ò a b r a c c a r e alla spicciolata gli ebrei e i resistenti: i p r i m i «venduti» da delatori p e r cifre che oscillavano tra le cinque e le cinquantamila lire. Tra le j e n e che si specializzarono in questa odiosa bisogna era u n a e b r e a r i n n e g a t a , Celeste di Porto, diciottenne, b r u n a , bella, ex-prostituta, s o p r a n n o m i n a t a «la p a n t e r a nera». Al t r a d i m e n t o e r a n o soggetti n a t u r a l m e n t e anche i politici, ed e r a n o soggetti gli animosi ufficiali che si e r a n o raccolti nel F r o n t e militare a t t o r n o al colonnello G i u s e p p e Cord e r ò L a n z a di M o n t e z e m o l o : un aristocratico di m o l t o coraggio, c r e d e n t e , m o n a r c h i c o . Poiché il g r a d o di Montezemolo n o n pareva - nell'ottica burocratica del Regno del Sud a d e g u a t o a d u n c o m a n d o i m p o r t a n t e , l a d i r e z i o n e del F r o n t e militare e r a stata d a p p r i m a affidata al g e n e r a l e Sim o n e Simoni: un soldato che veniva dalla gavetta, e che si e r a c o m p o r t a t o e r o i c a m e n t e nella p r i m a g u e r r a m o n d i a l e . Tra il Fronte militare e il CLN n o n correva b u o n sangue: fedele alla Monarchia il p r i m o , t e n d e n z i a l m e n t e - e in alcuni suoi c o m p o n e n t i a c c e s a m e n t e - r e p u b b l i c a n o il s e c o n d o . Per a p p i a n a r e i dissensi, e realizzare u n a soddisfacente coop e r a z i o n e , S i m o n i aveva organizzato alcuni i n c o n t r i con i politici. Ma la sua attività fu troncata da u n a irruzione delle SS che lo c a t t u r a r o n o in casa, e lo trascinarono nel famigerato C o m a n d o della Gestapo in via Tasso dove si svolgevano i più crudeli i n t e r r o g a t o r i : e dove Kappler, i n f o r m a t o dell'arresto, gli si rivolse, gelido e a p p a r e n t e m e n t e cortese, con la frase «finalmente a b b i a m o l ' o n o r e di d a r l e il b e n v e n u t o qui». Simoni fu sottoposto a feroci sevizie, p e r c h é rivelasse q u a n t o sapeva e soprattutto dove si trovasse Montezemolo, ma tacque, stoicamente. E r a n o i g i o r n i (fine g e n n a i o del 1944) in cui gli Alleati 137

sbarcavano ad Anzio, e la liberazione di R o m a p a r e v a immin e n t e . Montezemolo sperava di p o t e r scatenare u n a g u e r r i glia che accelerasse l'evacuazione nazista, e il generale Quirino Armellini, che era stato designato a c o m a n d a r e la piazza di Roma, anticipò alquanto fantasiosamente gli eventi radiotelegrafando al C o m a n d o badogliano che le «bande» del Lazio e dell'Abruzzo e r a n o in azione, che Collefiorito ( u n paesotto delle Marche, N.d.A.) era stato occupato dai partigiani e che «altre regioni e n t r a n o in azione m a n m a n o ragg i u n t e ordine». Lo sbarco lo s a p p i a m o , fu un fallimento, e lo fu a n c h e il p r o g e t t o insurrezionale. Per colmo di sventura, il 25 g e n n a i o finì in via Tasso a n c h e M o n t e z e m o l o , che q u a l c u n o vide, d o p o il «trattamento» della Gestapo, con la m a n d i b o l a slogata, gli occhi enfiati, le labbra c o p e r t e da u n a s c h i u m a rossastra. N o n fiatò, n e p p u r e lui. Ma l'organizzazione militare ne ebbe un colpo grave, e altri ne subì success i v a m e n t e : il che spiega, ma solo in p a r t e , la m a n c a n z a di u n a g r a n d e fiammata di rivolta q u a n d o i tedeschi se ne andarono. Simoni, M o n t e z e m o l o , Armellini e r a n o c o n t r a r i alle imp r e s e terroristiche dei GAP, che e s p o n e v a n o alle più brutali rappresaglie la popolazione civile, e che r i p u g n a v a n o al loro concetto della g u e r r a , e a n c h e della guerriglia. Così p u r e alcuni politici che o p e r a v a n o nella clandestinità deploravano attentati p u r a m e n t e dimostrativi, che provocavano i nazisti senza o t t e n e r e risultati efficaci. Certo è che talune azioni p o r t a v a n o alla liberazione di prigionieri antifascisti ed alt r e p o r t a v a n o alla loro esecuzione. C o n u n colpo d i m a n o f o n d a t o u n i c a m e n t e sull'astuzia e r a n o stati s t r a p p a t i a l «braccio» tedesco di Regina Coeli G i u s e p p e Saragat e Sand r o Pertini, i futuri p r e s i d e n t i della R e p u b b l i c a , sui quali incombeva u n a c o n d a n n a a m o r t e . Grazie a d o c u m e n t i contraffatti, e a u n a rete di coraggiose complicità, i d u e capi antifascisti f u r o n o dimessi dalla p r i g i o n e . Q u a n d o d a R a d i o L o n d r a la voce di Paolo Treves a n n u n c i ò la fuga, K a p p l e r e D o l l m a n n che r e g o l a r m e n t e l'ascoltavano o r d i n a r o n o u n a 138

inchiesta, minacciando p r o v v e d i m e n t i rigorosi c o n t r o i colpevoli. Si sentirono r i s p o n d e r e che nell'ordine di scarcerazione tutto era autentico: tutto, t r a n n e le firme in calce. L'attentato di via Rasella, e la strage delle Fosse Ardeatine che ne fu la conseguenza, p o s e r o allora alla coscienza civile, e lo p o n g o n o tuttora allo storico, il p r o b l e m a d ' u n giudizio sulla legittimità morale dell'attentato, sulla ammissibilità della rappresaglia, sulla responsabilità p e r s o n a l e di chi volle l'attentato e di chi volle la rappresaglia. L'attacco al rep a r t o tedesco che ogni p o m e r i g g i o , p u n t u a l m e n t e , percorreva la via Rasella, u n a parallela di via Tritone in pieno cent r o di R o m a , e r a stato p r e p a r a t o da un GAP c o m u n i s t a con s c r u p o l o s a c u r a , e con un c o n t r o l l o m i n u z i o s o d e i t e m p i . L'incarico di collocare le d u e b o m b e - l ' u n a dodici chili di tritolo, l'altra sei chili - fu affidato a Rosario B e n t i v e g n a , s t u d e n t e in medicina, che sarebbe stato aiutato, al m o m e n t o della fuga, d a Carla C a p p o n i . E r a n o e n t r a m b i giovani m a sperimentati gappisti, cimentatisi in i m p r e s e c o n t r o il cinema B a r b e r i n i , e c o n t r o Regina Coeli. In u n a via laterale si s a r e b b e r o a p p o s t a t i altri p a r t i g i a n i , t r a essi F r a n c o Calam a n d r e i , p r o n t i a segnalare a Bentivegna il s o p r a g g i u n g e r e della colonna di soldati e a s p a r a r e contro i tedeschi d o p o lo scoppio p e r accrescere il p a n i c o . B e n t i v e g n a si travestì da spazzino, pose su un c a r r e t t o d u e b i d o n i con l'esplosivo, e rimase in attesa. Quel g i o r n o i tedeschi e r a n o in r i t a r d o . Attesi p e r le 15, fecero u d i r e il loro passo cadenzato solo verso le 15,30. Cal a m a n d r e i si tolse il c a p p e l l o (era il s e g n a l e c o n v e n u t o ) , Bentivegna accese la miccia e si allontanò verso via Q u a t t r o Fontane dove lo aspettava Carla C a p p o n i , che lo copri con u n i m p e r m e a b i l e . Q u e l l a che stava m a r c i a n d o e r a l a l l c o m p a g n i a del terzo battaglione del Polizei Regiment Bozen, territoriali altoatesini che, t r o p p o anziani p e r essere m a n dati al fronte, e r a n o stati destinati al servizio d ' o r d i n e in città. Lesplosione fu apocalittica, e seguita da raffiche di mitra. Il leader comunista Giorgio A m e n d o l a discuteva in quel a

139

m o m e n t o con De Gasperi, in un edificio n o n lontano. A De Gasperi, che si d o m a n d a v a cosa potesse essere quella esplosione, A m e n d o l a rispose asciutto «deve essere u n a delle n o stre» e l'altro, con un b l a n d o sorriso: «Dev'essere così. Voi u n a ne p e n s a t e e mille ne fate». Poi r i p r e s e r o a o c c u p a r s i della crisi del CLN, con B o n o m i che minacciava di dimettersi p e r i contrasti che lo dilaniavano. Gli ordigni esplosivi fecero strage. T r e n t a d u e militari tedeschi rimasero sul t e r r e n o insieme a un b a m b i n o e a sei civili italiani, che p e r fatalità e r a n o in quei pressi (il c o m a n d o p a r t i g i a n o affermò p o i c h e i civili e r a n o stati vittime della s p a r a t o r i a f o r s e n n a t a cui i tedeschi si e r a n o a b b a n d o n a t i , nella p r i m a r e a z i o n e a l l ' a t t e n t a t o ) . Il decesso d ' u n ferito p o r t ò poi il totale delle vittime tedesche a 33. Sopraggiunsero in breve il c o m a n d a n t e militare di R o m a generale Maeltzer, il colonnello D o l l m a n n e il console Moellhausen. Congestionato p e r l'emozione, e anche p e r c h é veniva da un lungo e copioso p r a n z o all'Hotel Excelsior, Maeltzer urlava, gli occhi pieni di lacrime, e inveiva contro Moellhausen e la sua politica «morbida». Hitler, avvertito al suo Q u a r t i e r generale (era m a l a n d a t o in salute, e pochi giorni p r i m a aveva dovuto o r d i n a r e l'occupazione d e l l ' U n g h e r i a p e r t i m o r e di un « t r a d i m e n t o all'italiana» d e l l ' a m m i r a g l i o H o r t h y ) , dispose che fosse raso al suolo un i n t e r o q u a r t i e r e , e che venissero passati p e r le a r m i c i n q u a n t a italiani p e r o g n i m o r t o t e d e sco. Kesselring, in ispezione al fronte, e r a introvabile, ma q u a n d o t o r n ò r i t e n n e eccessiva la misura della rappresaglia. Vi fu u n a sorta di p a t t e g g i a m e n t o tra K a p p l e r - il m a g g i o r e delle SS cui sarebbe toccato il compito di trovare gli ostaggi da sacrificare - Kesselring e il Q u a r t i e r generale del Fùhrer, e la p r o p o r z i o n e di dieci a u n o fu accettata, e r i t e n u t a da Kesselring e q u a , t a n t o che alle 7 del g i o r n o successivo ripartì p e r il fronte. Dollmann a sua volta a n d ò a visitare pad r e Pfeiffer, che aveva accesso al Papa e lo p r e g ò di intervenire p e r c h é si p r e p a r a v a qualcosa di grave. Dal Vaticano fu fatta u n a telefonata all'ambasciata tedesca, p e r sapere se fos140

sero in vista esecuzioni, e la risposta fu evasiva. La Santa Sede stava p o r t a n d o a conclusione la trattativa con i tedeschi p e r la p r o c l a m a z i o n e di R o m a città a p e r t a , e n o n aveva interesse a r o m p e r e i ponti. Kappler si mise al lavoro, quella sera stessa, p e r compilare l'elenco delle vittime; e Moellhausen (l'episodio è r i p o r tato in Roma 1944 di Raleigh Trevelyan) lo trovò che accarezzava un cane a m m a l a t o m e n t r e allineava i n o m i . A n c h e i n c l u d e n d o tutti gli ebrei disponibili, all'alba Kappler aveva n o n p i ù di 223 n o m i (su q u a t t r o soltanto e r a già stata p r o n u n c i a t a u n a c o n d a n n a a m o r t e ) . Chiese aiuto al q u e s t o r e C a r u s o e a Koch, che i n t e r p e l l a r o n o Buffarini Guidi, ministro d e l l ' I n t e r n o di Salò, c a s u a l m e n t e a R o m a e alloggiato n e l l ' H o t e l Excelsior. Il m i n i s t r o , svegliato di soprassalto e ansante, assentì. «Sì sì dateglieli s e n n ò chissà cosa p o t r e b b e succedere.» Ma a n c h e con l'aiuto di C a r u s o la lista r i m a n e va i n c o m p l e t a , e così ci si rivolse a Celeste di P o r t o p e r c h é p r o c u r a s s e altri ebrei. L'orribile «pieno» fu così r a g g i u n t o (anzi, come si vide poi, risultò sovrabbondante). Per la legge di g u e r r a il d u b b i o «onore» di s t e r m i n a r e gli ostaggi sarebbe toccato al battaglione Bozen, ma il m a g g i o r e che lo c o m a n d a v a , D o b r i c h , rifiutò p e r c h é «i miei u o m i n i sono vecchi, alcuni molto religiosi, altri pieni di superstizioni». Lincarico passò alle SS di Kappler. Fu s u p e r a t o a n c h e u n p r o b l e m a d i m a c a b r a logistica. Dove a m m a s s a r e t a n t i corpi? Un ufficiale del genio suggerì delle cave di pozzolana sulla via A r d e a t i n a , da lui visitate alla ricerca di rifugi a n tiaerei. Eseguita l'operazione, l'ingresso sarebbe stato fatto saltare, t r a s f o r m a n d o le cave in u n a fossa c o m u n e . C i n q u e alla volta, i prigionieri tratti da via Tasso e da Regina Coeli - molti convinti che li si stesse avviando al lavoro forzato in G e r m a n i a - furono fatti e n t r a r e e finiti con colpi alla n u c a . Gli ufficiali e r a n o t e n u t i a d a r e il b u o n e s e m p i o s p a r a n d o anch'essi, e K a p p l e r r i n c u o r ò i carnefici, alcuni dei quali assaliti da nausea e disgusto, facendo fuoco person a l m e n t e e d i s t r i b u e n d o cognac in a b b o n d a n z a . Alle otto di 141

sera - 24 m a r z o - t u t t o e r a finito. 335 c o r p i - 5 in p i ù di quelli c h e la p r o p o r z i o n e di dieci a u n o a v r e b b e sia p u r e c r u d e l m e n t e legittimato - e r a n o accatastati nelle cave. Cadd e r o alle Fosse Ardeatine, con un g r a n n u m e r o di ebrei, alc u n e tra le più luminose figure della Resistenza: il colonnello M o n t e z e m o l o , il g e n e r a l e Simoni, il g e n e r a l e Fenulli già vice c o m a n d a n t e della divisione Ariete, i comunisti Valerio F i o r e n t i n i e Gioacchino G e s m u n d o , gli azionisti A r m a n d o Bussi e Pilo Albertelli, il colonnello dei carabinieri Frignani, alcuni giovanissimi, quasi adolescenti. Il 25 m a r z o i quotid i a n i p u b b l i c a r o n o u n c o m u n i c a t o c h e p a r l a v a della «vile imboscata» o r d i t a da «comunisti badogliani» e a n n u n c i a v a la rappresaglia, «già eseguita». Q u a n d o si s e p p e cos'era avv e n u t o Carla C a p p o n i p r o v ò secondo q u a n t o essa stessa ha d e t t o «un'angoscia, u n a d i s p e r a z i o n e terribile» e Bentiveg n a fu assalito «da ira d o l o r e s d e g n o p e r la vigliaccheria di u n a rappresaglia simile». Capi ed esecutori materiali già capivano che l ' i m m a n e t r a g e d i a n o n sarebbe stata addebitata ai soli tedeschi, e A m e n d o l a scrisse, in t o n o di autogiustificazione: «Noi p a r t i g i a n i c o m b a t t e n t i a v e v a m o il d o v e r e di n o n p r e s e n t a r c i , a n c h e se il n o s t r o sacrificio avesse p o t u t o i m p e d i r e la m o r t e di tanti innocenti... Avevamo solo un dovere: c o n t i n u a r e la lotta». Ma EOsservatore Romano, p u r nel suo linguaggio circospetto, ricordò le oltre trecento «persone sacrificate p e r i colpevoli sfuggiti all'arresto». Il che n o n piacque né ai tedeschi né ai gappisti. D u e fatti sono certi: il p r i m o è che n o n vi fu alcun invito delle a u t o r i t à t e d e s c h e p e r c h é gli a u t o r i m a t e r i a l i dell'attentato si costituissero. La ritorsione terribile fu o r d i n a t a a t a m b u r battente, e attuata in segreto. Il secondo è che i g a p pisti n o n potevano p e n s a r e che la strage, p r o g e t t a t a ed eseguita m e n t r e si negoziava p e r p r o c l a m a r e R o m a città aperta, e rivolta contro un r e p a r t o n o n i m p e g n a t o nei combattimenti, restasse senza conseguenze p e r gli sventurati, ebrei e n o n e b r e i , che e r a n o in m a n i naziste e fasciste. Sul p i a n o m i l i t a r e , l'azione a v r e b b e p o t u t o a v e r e u n significato, sia 142

p u r e simbolico - e r a chiaro che R o m a sarebbe stata liberata e n t r o breve t e r m i n e - solo se si fosse collegata a u n a insurr e z i o n e c i t t a d i n a . R o m a n o n p r e s e l e a r m i , n é allora n é q u a n d o le t r u p p e alleate f u r o n o a distanza di p o c h i chilometri. Le divisioni di Kesselring p o t e r o n o ripiegare in ordin e . I m o r t i delle A r d e a t i n e e r a n o stati sacrificati alla ragione politica, al p r o p o s i t o di dimostrare, p e r fini a p p u n t o p o litici, che i tedeschi se ne a n d a v a n o n o n soltanto p e r c h é incalzati dagli anglo-americani, ma p e r c h é scacciati dalla p o polazione. Q u e s t o scopo fallì. In un libro (Achtung Banditeti!) p u b b l i c a t o di r e c e n t e B e n t i v e g n a ha rivendicato la legittimità, anche m o r a l e , dell'attentato, a g g i u n g e n d o : «E p r o b a bile che di fronte alla sconvolgente minaccia di quel delitto (la r a p p r e s a g l i a , N.d.A.) q u a l c u n o di n o i , o forse tutti, a v r e m m o preferito m o r i r e al posto dei martiri delle Ardeatine. È v e r a m e n t e diffìcile d i r e dopo se ci s a r e m m o spontan e a m e n t e presentati ove ce ne fosse stata offerta prima l'opportunità». Nell'imminenza della evacuazione di R o m a da p a r t e dei tedeschi a n c h e il n u o v o c o m a n d o militare c l a n d e s t i n o che s'era formato era caduto in pezzi. Arrestati cinque generali, tra i quali A n g e l o O d d o n e e Filippo C a r u s o , a n c h e il com a n d a n t e Roberto Bencivenga e r a stato individuato: e solo u n a p a z i e n t e azione vaticana riuscì a d o t t e n e r e che r i m a nesse agli arresti domiciliari, con la garanzia della Santa Sede che n o n avrebbe fatto nulla. Gli ufficiali tedeschi cominciarono a vuotare le stanze degli alberghi e a spedire al n o r d i bagagli i n g o m b r a n t i . La capitale stava c a d e n d o c o m e un frutto da t e m p o m a t u r o . Ma vi fu u n a inutile, s t u p i d a e spietata ferocia d e l l ' u l t i m a o r a . Da via Tasso v e n n e fatto uscire un a u t o c a r r o con quattordici d e t e n u t i , diretti, si disse, verso Firenze; tra essi B r u n o Buozzi, sindacalista socialista di g r a n d e i n g e g n o e prestigio e il generale Pietro Dodi. In località La Storta, che al t e m p o delle diligenze e r a stata l'ultima stazione di posta p r i m a della città, furono fatti scend e r e e fucilati. Gli aguzzini C a r u s o e Koch p r e s e r o la via di 143

Milano, partì Kappler, partì Maeltzer d o p o aver ciondolato ubriaco fradicio p e r il suo Q u a r t i e r generale. P r o n t o a levare i tacchi, D o l l m a n n ebbe un gesto da signore. A n d ò a Frascati a salutare Kesselring, stremato e t e r r e o . Poi lasciò a sua volta R o m a « p r i m a c h e tutti si g e t t a s s e r o a l l e g r a m e n t e ai piedi dei loro liberatori».

CAPITOLO OTTAVO

BONOMI U N O E DUE

P e r d u t a R o m a , Kesselring dovette d e c i d e r e cosa gli convenisse fare. Sull'onda del successo, i generali alleati si illudevano di costringere i tedeschi sconfitti ad u n a ritirata precipitosa fino alla p i a n u r a p a d a n a , e poi alle Alpi. La 1 4 arm a t a di v o n Mackensen, sulla quale si e r a a b b a t t u t o il p o s sente sforzo della 5 a r m a t a americana, e r a stata scompagin a t a , ed aveva il m o r a l e a t e r r a . Kesselring sostituì v o n M a c k e n s e n c o n il g e n e r a l e L e m e l s e n , e d i e d e o r d i n e alla 1 0 a r m a t a di von Vietinghoff - fiaccata assai m e n o gravem e n t e - di inviare tre divisioni in soccorso dell'altra g r a n d e u n i t à p e r i c o l a n t e . Il m o v i m e n t o si svolse t r a difficoltà imm e n s e : l e divisioni t e d e s c h e , b a t t u t e i n s t a n c a b i l m e n t e d a u n a aviazione s p a d r o n e g g i a n t e nel cielo, furono costrette a u n trasferimento tortuoso. M a i n qualche m o d o quella che in taluni p u n t i aveva assunto l'aspetto di u n a rotta divenne u n a o r d i n a t a azione ritardatrice, e il feldmaresciallo tedesco fu in g r a d o di p r e d i s p o r r e i suoi a r r e t r a m e n t i con sufficiente metodicità. Sapeva che n o n si sarebbe c o m u n q u e p o t u t o f e r m a r e p e r u n a resistenza p r o l u n g a t a , p r i m a della linea gotica. Era così chiamata u n a serie di robuste posizioni che, p e r u n a lunghezza di 320 chilometri, tagliava la penisola da Viareggio sul T i r r e n o a Rimini sull'Adriatico. Le o p e r e fortificate della linea gotica avevano carattere s e m i p e r m a n e n t e - p o c h e quelle in c e m e n t o a r m a t o - con piazzuole p e r artiglieria, postazioni p e r mitragliatrici, ricoveri, riservette p e r munizioni, c a m p i minati, fossi anticarro. Ma alla linea gotica Kesselring voleva arrivarci d o p o aver creato alle sue spalle un «deserto logistico» e d o p o aver costretto gli Alleati a a

a

a

145

p a g a r e a caro prezzo ogni loro progresso su altri provvisori s b a r r a m e n t i : la linea del T r a s i m e n o p r i m a , q u i n d i la linea dell'Arno. Hitler aveva preteso u n a resistenza a oltranza, tipo Stalingrado, ma Kesselring insistette sul suo p i a n o , sensato e intelligente: ed ebbe il coraggio di d i f e n d e r l o in un concitato colloquio col Fiihrer, al Q u a r t i e r generale, \10kw trovò del resto m o d o , nei tragici frangenti in cui la G e r m a nia militarmente si trovava, di distogliere q u a t t r o divisioni - dai Balcani, dalla D a n i m a r c a , p e r f i n o dalla Russia - p e r inviarle di rinforzo in Italia. I tedeschi ebbero un aiuto insperato dai disegni strategici anglo-americani - nel caso specifico sarebbe più esatto d i r e americani - che venivano predisposti con ostinata miopia e quindi attuati senza alcuno sforzo di immaginazione militare e politica. Alexander era ansioso di sfruttare il m o m e n t o favorevole'. Per farlo, doveva d i s p o r r e di tutte le sue forze, ed avere via libera nello scagliare le sue d u e a r m a t e contro i tedeschi ancora deboli. Egli sperava di e n t r a r e in Firenze nella seconda m e t à di luglio e di sfondare la linea gotica a m e t à agosto, proiettandosi verso la p i a n u r a p a d a n a , e il B r e n n e ro, e il valico di Lubiana, con Vienna quale obbiettivo finale. E facile capire quali prospettive schiudesse questa strategia, e quali m u t a m e n t i essa avrebbe p o t u t o p o r t a r e alle successive sorti dei Balcani, dell'Austria e dell'Europa intera. C h u r chill patrocinò calorosamente presso Roosevelt questo pian o , e si sentì r i s p o n d e r e con un messaggio il cui finale era avvelenato. Scriveva infatti il P r e s i d e n t e a m e r i c a n o c h e a T e h e r a n era stata c o n c o r d a t a u n a certa linea di condotta, e che se gli inglesi d e s i d e r a v a n o modificarla e r a necessario chiedere l'assenso di Stalin (il che equivaleva a bocciarla, p e r motivi ovvi). Deluso ma n o n rassegnato Churchill t o r n ò alla carica, e Roosevelt si appellò questa volta a esigenze elettorali e di popolarità: «Io n o n riuscirei q u a g g i ù a sopravvivere n e m m e n o a un semplice regresso dell'Overlord se si sapesse che forze abbastanza consistenti sono state dirottate nei Balcani». Per volontà di Roosevelt e di Eisenhower - inconsape146

voli avvocati delle tesi staliniane - la Francia restò la p r i m a ria se n o n unica preoccupazione dello Stato Maggiore combinato anglo-americano, l'Italia divenne un settore secondario, e ogni proposito di accelerare la penetrazione nei Balcani fu a b b a n d o n a t o . A sostegno del suo p u n t o di vista Roosevelt aveva scritto a Churchill che secondo «i miei primi rudim e n t i di geometria u n a linea retta è la più breve distanza tra d u e punti», volendo i n t e n d e r e che conveniva p i o m b a r e sul cuore della G e r m a n i a dalla Francia, anziché l u n g o direttrici periferiche. In n o m e della geometria e l e m e n t a r e mezza Eur o p a fu forse sacrificata. Si insistette così sulla O p e r a z i o n e Anvil (o Dragoon), ossia sullo sbarco sussidiario p e r m e t à agosto nella Francia meridionale, in a p p o g g i o a Overlord: e p e r realizzarlo v e n n e deciso c h e già l ' i l g i u g n o sarebbe stato ritirato dal fronte italiano il VI C o r p o d ' a r m a t a USA, che p r i m a della fine di giug n o se ne s a r e b b e r o a n d a t e altre tre divisioni a m e r i c a n e , e che in luglio le avrebbero seguite d u e divisioni francesi p a r ticolarmente a d d e s t r a t e alla g u e r r a in m o n t a g n a (e q u i n d i a d a t t e a o p e r a z i o n i s u l l ' A p p e n n i n o ) . Ad A l e x a n d e r v e n n e fatta la vaga p r o m e s s a che, u n a volta p o r t a t a a t e r m i n e l'Op e r a z i o n e Anvil, le forze sottrattegli sarebbero state restituite, riorganizzate e meglio equipaggiate. In concreto A l e x a n d e r p e r s e divisioni preziose, il settanta p e r cento delle forze a e r e e d ' a p p o g g i o , e r e p a r t i logistici: r e s t ò c o n 18 divisioni, e la 5 a r m a t a a m e r i c a n a si r i d u s s e a d d i r i t t u r a a cinque divisioni. A c o m p e n s o gli furono offerti, in tutto e p e r tutto, la 9 2 divisione n e g r a USA, il cui arrivo era previsto p e r settembre, e u n a divisione brasiliana attesa p e r la fine di ottobre. Gli rimase tuttavia q u a n t o bastava ad assicurare u n a decisa superiorità sulle a r m a t e di Kesselring, e il completo d o m i n i o del cielo. Un altro elemento p r e g i u d i c ò la condotta degli Alleati, e l'efficacia del loro i n s e g u i m e n t o . «Ragioni di prestigio, anzi di p u n t i g l i o t r a a m e r i c a n i e inglesi - ha scritto il g e n e r a l e Mario P u d d u nel suo Guerra in Italia - influirono g r a v e m e n a

a

147

te sulle o p e r a z i o n i . S e m b r a infatti che il C o m a n d o alleato del G r u p p o d ' A r m a t e , c o n s i d e r a n d o che Salerno e Napoli e r a n o state occupate dagli americani, abbia posto a base dei suoi progetti, dall'ottobre 1943 in poi, che in R o m a dovessero e n t r a r e p r i m a gli inglesi. Ora, poiché... a n c h e a R o m a e r a n o entrati p r i m a gli americani fu disposto che il g r a n d e obbiettivo successivo - F i r e n z e - dovesse essere o c c u p a t o dagli inglesi. U n a sana condotta operativa i m p o n e v a di dirig e r e la 5 a r m a t a verso la linea dell'Aimo a valle di Pontassieve, p e r le direttrici Aurelia e Cassia, e l ' 8 a r m a t a britannica su Rimini e la R o m a g n a , p e r le direttrici F l a m i n i a e Adriatica. Invece, p e r a v e r voluto d i r i g e r e la massa delle forze d e l l ' 8 a r m a t a su F i r e n z e , si d o v e t t e c o m p r i m e r e in m o d o assolutamente irrazionale la 5 a r m a t a a m e r i c a n a su u n a ristrettissima fascia del litorale tirrenico.» In effetti il fronte d e l l ' 8 a r m a t a era q u a t t r o volte il fronte della 5 a m e r i c a n a . Ne d e r i v a r o n o c o n t r a s t i a livello di c o m a n d i , ingorghi e confusione sul t e r r e n o . I progressi fur o n o così notevolmente più lenti di q u a n t o A l e x a n d e r avesse previsto, e la resistenza tedesca si a n d ò c o n s o l i d a n d o . Il 18 luglio i tedeschi s g o m b e r a r o n o Ancona, il 19 gli americani e n t r a r o n o in L i v o r n o , e il 4 agosto le t r u p p e di Kesselring e v a c u a r o n o Firenze d o p o aver fatto saltare tutti i p o n t i sull'Arno ad eccezione del Ponte Vecchio. Il 22 agosto il II C o r p o d ' a r m a t a polacco, i n q u a d r a t o n e l l ' 8 a r m a t a britannica, si attestò sulla riva m e r i d i o n a l e del M e t a u r o , p o c o a sud di Pesaro. La linea gotica era stata investita, e i c o m a n d a n t i alleati in Italia p r e p a r a v a n o i piani p e r il suo sfondamento. A q u e s t e o p e r a z i o n i p a r t e c i p ò , n e l l ' 8 a r m a t a , il C o r p o Italiano di Liberazione, o CIL, che o r m a i contava 13 battaglioni di fanteria, d u e r e g g i m e n t i di artiglieria da c a m p a g n a , u n g r u p p o d i artiglieria p e s a n t e e r e p a r t i del g e n i o . D o p o essere stato a g g r e g a t o al V C o r p o d ' a r m a t a inglese, ed avere liberato varie località (tra esse Orecchio, O r s o g n a , Guardiagrele, Chieti), il CIL fu trasferito alle d i p e n d e n z e del a

a

a

a

a

a

a

a

148

g e n e r a l e A n d e r s , c h e c o m a n d a v a i polacchi. In q u e s t a sec o n d a fase e b b e p a r t i c o l a r e rilievo il c o m b a t t i m e n t o dei p a r a della Nembo p e r la conquista di Filottrano, strappata a d u e battaglioni del 994° r e g g i m e n t o di fanteria tedesco. «La battaglia - ha ricordato il colonnello L e a n d r o Giaccone che vi combatté - era stata durissima. La m e t à dei difensori erano morti, o feriti, o prigionieri: anche le p e r d i t e della Nembo e r a n o state pesanti, più di trecento tra morti e feriti.» L'Operazione Olive, il cui obbiettivo e r a di infrangere in più p u n t i la linea gotica, d u r ò dalla fine di agosto all'ottob r e , e consentì qualche successo, ma n o n la vittoria. Le 16 divisioni di Kesselring r e t r o c e d e t t e r o in p i ù p u n t i e con la p r e s a di Rimini l'8 a r m a t a i r r u p p e sulla p i a n u r a : ma poi la c i n t u r a difensiva si risaldò, e A l e x a n d e r d o v e t t e s e g n a r e il passo, r i n u n c i a n d o a ogni p r o g e t t o ambizioso. Q u e s t a lentezza e r a p a r t i c o l a r m e n t e f r u s t r a n t e se messa in r a p p o r t o con q u a n t o accadeva negli altri scacchieri, d o v e gli avvenim e n t i galoppavano. Eisenhower aveva preso e s u p e r a t o Parigi, le forze dello sbarco Anvil-Dragoon si e r a n o c o n g i u n t e l'I 1 settembre a Digione con le forze dello sbarco Overlord, a est i sovietici e r a n o a Varsavia, la R o m a n i a aveva cambiato c a m p o - c o m e già l'Italia l'8 s e t t e m b r e 1943 - d i c h i a r a n d o g u e r r a alla G e r m a n i a , la Bulgaria si era ritirata dal conflitto e gli u n g h e r e s i d a v a n o chiari segni di volerla imitare. L'imp e r o tedesco e r a in disfacimento, ma la linea gotica t e n n e p e r u n altro a b b o n d a n t e inverno. a

Nei giorni in cui Roma veniva liberata, Vittorio Emanuele I I I combatté un'ultima malinconica battaglia p e r congedarsi dal trono n o n solo con dignità, ma anche con qualche solennità: e la perse. Questo vecchio signore ostinato era, p e r gli Alleati, un fastidio, tanto che Macmillan, deposta la sua flemma e cortesia britannica, aveva detto a MacFarlane: «Se il Re fa qualche sciocchezza lo metta su un aereo e lo m a n d i nel Kenia». O r m a i il Re n o n g u a r d a v a alle contingenze presenti, ma alla storia: e p r e p a r a v a le pezze d ' a p p o g g i o p e r riscattarsi 149

di fronte ad essa. Il p r i m o g i u g n o aveva p r e p a r a t o con Acq u a r o n e un a p p u n t o nel quale rivendicava ad esclusivo suo m e r i t o la cacciata di Mussolini. «Caro A c q u a r o n e , l'autorizzo a dichiarare che fin dal gennaio 1943 io concretai definitivamente la decisione di p o r r e fine al r e g i m e fascista e r e vocare il C a p o del g o v e r n o Mussolini. L'attuazione di q u e sto p r o v v e d i m e n t o , reso p i ù difficile dallo stato di g u e r r a , doveva essere m i n u z i o s a m e n t e p r e p a r a t a e condotta nel più assoluto segreto, m a n t e n u t o a n c h e con le p e r s o n e che venn e r o a p a r l a r m i del m a l c o n t e n t o del paese.» A Badoglio il Re chiese che il trapasso dei p o t e r i al L u o g o t e n e n t e avvenisse a R o m a o in provincia di R o m a , quasi, c o m e ha scritto B e n e d e t t o Croce, p e r attestare un suo «formalistico e simbolico r i t o r n o dove e r a q u a n d o la pubblicazione dell'armistizio lo costrinse a mettersi in salvo nell'Italia meridionale». Q u e s t a p r e t e s a suscitò g e n e r a l e i m b a r a z zo. Gli Alleati avevano già altri grossi p r o b l e m i da risolvere: la sostituzione di Badoglio - che n o n desideravano, anzi, ma che e r a diventata, p e r i partiti antifascisti e s o p r a t t u t t o p e r gli e s p o n e n t i del m o n d o politico r o m a n o , u n a pregiudiziale irrinunciabile -, i t e m p i del trasferimento a R o m a della autorità italiana, la composizione di un n u o v o governo. Quella c h e , nella l o r o ottica, e r a la p e t u l a n z a di Vittorio E m a nuele I I I , introduceva u n ulteriore n o d o i n u n groviglio già abbastanza intricato. Anche q u a n d o , mossa a compassione, la Commissione alleata parve disposta a c o n c e d e r e a Vittorio E m a n u e l e di tocc a r e , portatovi da un a e r o p l a n o , il suolo di R o m a , e di firm a r e là il d e c r e t o , r i m a s e il no d e i politici. A r a n g i o - R u i z , R o d i n o , Croce t r o v a v a n o c h e n o n c'era n i e n t e d i male nel d i r e sì a «questo vecchio signore che ci chiede un piacere, e a noi n o n costa nulla». Ma gli altri i n s o r s e r o c o n t r o il «Re fuggiasco». Il 5 g i u g n o Badoglio e MacFarlane d o m a n d a r o no u d i e n z a al Re, c h e la fissò alle 15. «Sono arrivati c o n mezz'ora di r i t a r d o - a n n o t ò P u n t o n i - e MacFarlane era in pantaloni corti e in m a n i c h e di camicia. H a n n o subito chie150

sto a Sua Maestà di f i r m a r e il d e c r e t o p e r il passaggio d e i poteri e p e r la n o m i n a del Principe a L u o g o t e n e n t e del Reg n o . Il Sovrano si è irrigidito n u o v a m e n t e e ha chiesto che gli venisse concesso di firmare il d e c r e t o nella capitale. Ha r i s p o s t o M a c F a r l a n e : "E impossibile. Le c o n d i z i o n i nella città s o n o tali da sconsigliare la v o s t r a p r e s e n z a in R o m a . Per di più a R o m a n o n si p u ò a r r i v a r e né p e r via a e r e a né p e r strada...". Il Re ha d e t t o : "Sta b e n e . Voglio allora c h e tutto ciò mi sia messo p e r iscritto dal C a p o del governo...". Badoglio ha risposto: " M a n d e r ò la lettera, secondo i desideri di Vostra Maestà. I n t a n t o è necessario che Vostra Maestà f i r m i " . I l R e h a replicato: " N o n f i r m o nulla s e p r i m a n o n firmerà lei...". Badoglio h a cercato d i p r e n d e r e t e m p o m a date le insistenze del Sovrano ha d o v u t o compilare la lettera che il Re p r e t e n d e v a . Solo allora Sua Maestà si è deciso ad a p p o r r e la sua firma al d e c r e t o il cui testo, c o m p i l a t o a Salerno nella sede del g o v e r n o , p e r un incidente del m o t o ciclista che lo recava, è g i u n t o con notevole ritardo. D o p o la firma, il maresciallo e MacFarlane h a n n o p r e s o c o n g e d o dal Sovrano. Badoglio si e inchinato e singhiozzando ha baciato le m a n i al Re. Sua Maestà ha accolto il gesto con molta freddezza e ha invitato il maresciallo a uscire subito.» A Vittorio E m a n u e l e I I I fu perfino proibito di trasferirsi i m m e d i a t a m e n t e , c o m e avrebbe voluto, a Napoli. E q u a n d o vi traslocò, gli o r d i n a r o n o di t o r n a r e a Ravello. I n t o p p i , a n c h e se minori, d e r i v a r o n o dal desiderio del L u o g o t e n e n t e di recarsi al più presto possibile a Roma, e di potersi installare al Quirinale. I p r o b l e m i r i g u a r d a n t i i Savoia si intrecciavano del resto con quelli r i g u a r d a n t i il g o v e r n o , che i politici sia a Napoli sia a R o m a volevano dimissionario, p e r v a r a r n e un altro dem o c r a t i c a m e n t e r a p p r e s e n t a t i v o . La sorte di Badoglio, come C a p o del g o v e r n o , e r a d u n q u e segnata. Egli stabilì con MacFarlane che u n a delegazione del governo - Badoglio più alcuni ministri in r a p p r e s e n t a n z a dei partiti - avrebbe r a g g i u n t o R o m a p e r consultarsi con i p e r s o n a g g i riemersi 151

dalle p e n o m b r e catacombali della clandestinità, e d e c i d e r e insieme le linee future. A R o m a volò a n c h e U m b e r t o , cui fu p e r m e s s o di sostare al Q u i r i n a l e , e di ricevervi alcune p e r sonalità, p r i m a di r i e n t r a r e a Napoli. C o n l'occasione il L u o g o t e n e n t e fece visita in Vaticano al Pontefice e al Segretario di Stato cardinale Maglione. Pio X I I ricevette a n c h e il generale Clark. Al G r a n d H o t e l , d o v e e r a stato fissato q u e s t o conclave politico, Badoglio a r r i v ò con c i n q u e ministri - B e n e d e t t o Croce p e r i liberali, Sforza p e r i repubblicani, R o d i n o p e r i democristiani, Togliatti p e r i comunisti, Pietro Mancini p e r i socialisti - in p i ù l'azionista Alberto Cianca, che m i n i s t r o n o n era, e che perciò si sentiva libero di g u i d a r e l'offensiva c o n t r o il maresciallo. Dei r o m a n i i n t e r v e n n e r o il liberale Casati; il d e m o l a b u r i s t a Ruini, il comunista Scoccimarro, l'azionista La Malfa, De G a s p e r i , N e n n i , e infine, c o m e indip e n d e n t i , B o n o m i e Vittorio E m a n u e l e O r l a n d o . In quella stessa saletta del G r a n d Hotel, dove alle 18 - p r e s e n t e MacFarlane - si cominciò a discutere, Mussolini aveva formato, d o p o la Marcia su Roma, il suo p r i m o ministero. I delegati r o m a n i n o n p e r s e r o t e m p o p e r d i r e a B a d o glio, sia p u r e in toni diversi, che doveva a n d a r s e n e p e r far posto a B o n o m i . N e s s u n o dei ministri che l'avevano accomp a g n a t o fiatò, t r a n n e Togliatti c h e d i c h i a r ò di a d e r i r e alla p r o p o s t a di Ruini (il p r i m o ad intervenire) p u r d o l e n d o g l i di separarsi da Badoglio «col quale aveva così s e r e n a m e n t e collaborato». Badoglio si alzò e tese la m a n o al leader c o m u nista: subito d o p o S c o c c i m a r r o d i e d e a t t o al maresciallo d'essersi c o m p o r t a t o «da vero patriota» («on a u r a t o u t vu» c o m m e n t ò a c i d a m e n t e N e n n i nel suo diario). Q u i n d i B a d o glio si disse p r o n t o a c e d e r e la presidenza «alle m a n i esperte dell'amico Bonomi»: ma, rivolto ai «romani», n o n m a n c ò di sfogare la sua amarezza: «Siete o r a riuniti i n t o r n o a q u e sto tavolo in R o m a liberata n o n p e r c h é voi, che eravate nascosti o chiusi nei conventi, abbiate p o t u t o fare qualche cosa: chi ha lavorato finora, a s s u m e n d o le p i ù gravi responsa152

bilità, è quel militare che, c o m e ha detto Ruini, n o n a p p a r tiene a n e s s u n partito». A l L u o g o t e n e n t e , che c o m e a b b i a m o a c c e n n a t o e r a a n ch'egli nella capitale, Badoglio p r e s e n t ò subito d o p o formali dimissioni. MacFarlane sapeva quel che stava a c c a d e n d o e in qualche m o d o , fallita la speranza di far riconfermare Badoglio, l'aveva accettato: n o n così Churchill, che considerò la «svolta democratica» u n o smacco p e r s o n a l e , e lo fece sap e r e a Roosevelt con il suo solito pittoresco linguaggio: «La sostituzione di Badoglio con q u e s t o g r u p p o di d e c r e p i t i e affamati politicanti è, io c r e d o , un g r a n d i s a s t r o . Sin dal t e m p o in cui, a sprezzo del n e m i c o , Badoglio c o n s e g n ò intatta la flotta nelle n o s t r e m a n i , egli è stato p e r noi un utile s t r u m e n t o . . . Noi ci troviamo o r a davanti questo b r a n c o assolutamente n o n rappresentativo». Vi fu il pericolo c h e la Commissione alleata considerasse c o m e n o n avvenuta la rinuncia di Badoglio e la designazione di B o n o m i , p e r c h é a t t u a t i senza il s u o placet: t a n t o c h e Sforza protestò v e e m e n t e m e n t e con il D i p a r t i m e n t o di Stato a m e r i c a n o . «Noi siamo p r o n t i ad a n d a r e in prigione così c o m e ad essere fucilati da u n a reazione militare piuttosto di t r a d i r e la causa della libertà italiana», p r o c l a m ò un p o ' gig i o n e s c a m e n t e . Roosevelt, d a p p r i m a c o n t a g i a t o d a l l ' e m o zione di Churchill, concluse poi che «sarebbe un serio e r r o r e s e n o n p e r m e t t e s s i m o l a p r o n t a p r o c l a m a z i o n e del g o v e r n o Bonomi». E gl'inglesi finirono p e r a d e g u a r s i . Tuttavia f u r o n o imposti al n u o v o P r e s i d e n t e , p e r la formazione del ministero, garanzie e i m p e g n i a n o n finire: il C a p o del g o v e r n o e o g n i singolo m i n i s t r o d o v e t t e r o sottoscrivere le clausole del l u n g o armistizio, e si i m p e g n a r o n o a n o n allacciare relazioni con altri paesi e a n o n r i a p r i r e la q u e s t i o n e istituzionale senza il consenso degli Alleati. V e n n e r o inoltre confermati i ministri militari e quelli tecnici, e Sforza, destin a t o i n i z i a l m e n t e agli Esteri, r i m a s e senza portafogli (gli Esteri furono assunti, con gli I n t e r n i , da B o n o m i , e solo Bon o m i g i u r ò nelle m a n i del L u o g o t e n e n t e ) . C o n il loro giu153

r a m e n t o alla n a z i o n e , n o n alla m o n a r c h i a , i ministri p r o mettevano di n o n c o m p i e r e «fino al m o m e n t o in cui si possa convocare l'Assemblea costituente» atti capaci di «pregiudicare la soluzione della questione istituzionale». N e l n u o v o g o v e r n o B o n o m i , C r o c e , Sforza, Togliatti, Ruini, De Gasperi, Cianca e Saragat f u r o n o ministri senza portafoglio. Tra gli altri incarichi citeremo quello di Tupini, democristiano, alla Giustizia, del liberale Soleri al Tesoro, di G r o n c h i , anch'egli d e m o c r i s t i a n o , a l l ' I n d u s t r i a , del c o m u nista Gullo all'Agricoltura, del socialista R o m i t a ai Lavori Pubblici, del liberale Casati alla G u e r r a . N e n n i n o n e n t r ò nel ministero, n o n o s t a n t e le sollecitazioni dei «compagni» e le insistenze di Togliatti che t e n t ò «fino all'ultimo il ricatto di ritirarsi se n o n accettavo». N e n n i spiegò di essere rimasto fuori p e r c h é i n t e n d e v a dedicarsi all'Avariti!, p e r c h é n o n gli piaceva la s t r u t t u r a del g o v e r n o con t r o p p i ministri e t r o p p i sottosegretari, e p e r c h é n o n aveva fiducia in B o n o m i che «è u n b u o n u o m o e noi a b b i a m o invece b i s o g n o d i u n u o m o forte». Infine gli seccava, ha lasciato scritto, l ' a r r o g a n z a alleata. Il 22 g i u g n o , a Salerno, i ministri t e n n e r o il loro p r i m o consiglio. A metà luglio il governo fu autorizzato a insediarsi a Roma, anche se con b e n scarsa a u t o n o m i a («per r i m u o v e r e un fattorino lamentava VAvanti! - è necessario il consenso di u n a Commissione di controllo»). G r a d u a l m e n t e le province liberate furono restituite alla a m m i n i s t r a z i o n e italiana, e la Commissione alleata di controllo p e r s e quest'ultima qualificazione (e fu Commissione alleata tout court) a simboleggiare u n a ulteriore attenuazione dei vincoli armistiziali. R o m a a p p l a u d i v a i vincitori, Pio X I I r e g a l a v a r o s a r i ai soldati alleati che facevano ressa nelle u d i e n z e generali - e tanti ne distribuì che a un certo p u n t o le riserve vaticane si e r a n o esaurite -, folle di dimostranti devastavano le sedi fasciste delle quali sveltamente p r e n d e v a n o poi possesso partiti e associazioni antifasciste, scritte, fregi e insegne sfuggiti al repulisti del 25 luglio venivano immolati al n u o v o corso, 154

la t o p o n o m a s t i c a subiva gli ulteriori a d e g u a m e n t i di rito, i q u o t i d i a n i tradizionali - a c o m i n c i a r e dal Messaggero e dal Giornale d'Italia - e r a n o costretti a s o s p e n d e r e le pubblicazioni, il cambio del dollaro veniva fissato a 100 lire e quello della sterlina a 2 5 , e r a s o p p r e s s a l'Accademia d'Italia, e il p r i m o agosto il conte Sforza, lasciato il g o v e r n o , assumeva la carica di Alto commissario alla e p u r a z i o n e . Q u e s t a aveva già mosso i p r i m i incerti passi nella b u r o crazia m i n i s t e r i a l e e militare e nella selva d e i p r o f i t t a t o r i (tra gli inquisiti Achille L a u r o ) . A fianco di Sforza f u r o n o posti, quali alti c o m m i s s a r i a g g i u n t i , M a r i o B e r l i n g u e r , M a u r o S c o c c i m a r r o , M a r i o C i n g o l a n i e Felice S t a n g o n i . Scoccimarro assicurò che «nessuno sfuggirà alle p r o p r i e responsabilità c o m e a n e s s u n o sarà n e g a t o il r i c o n o s c i m e n t o dei diritti acquisiti». E a g g i u n s e : «Né a l c u n o deve illudersi che sarà facile trarci in i n g a n n o con il sistema delle p o s t u m e b e n e m e r e n z e che fiorisce oggi a R o m a o con scappatelle del d o p p i o gioco c h e taluni h a n n o c o n c e p i t o e a t t u a t o c o m e u n a specie di controassicurazione p e r tutte le eventualità». Per i potenziali «imputati» fu i m p o r t a n t e c e r c a r e e p r o c u rarsi u n a c o p e r t u r a a sinistra: la sola in g r a d o di r i d a r e cand o r e alle più inquinate fedine personali e politiche. Lo fece con g r a n d e prontezza il g e n e r a l e Carboni, «vilain» della tragedia armistiziale. Ma come tutte le cose italiane, l'epurazione ebbe p e r caratteristica la volubilità, la casualità, un i m p e tuoso fervore iniziale e u n a successiva apatia, e infine la incertezza sulle conclusioni. Pagò caro chi fu colpito presto. Il p i ù delle volte a c c a d d e p r o p r i o ciò che gli alti commissari g a r a n t i v a n o di voler evitare: v o l a r o n o gli stracci. D'altro canto il fascismo era d u r a t o così a lungo, ed aveva avuto a p p o g g i e consensi così ramificati - e inevitabili - che il voler spingere la i n d a g i n e al di là della precisa responsabilità penale, p e r reati c o m u n i , era insieme fazioso e velleitario, e in definitiva inutile. Lo si constatò presto. I proclami epurativi d i e d e r o la stura, anche questo va accennato, ad u n a g r a n d i ne di d e n u n c e e di l e t t e r e a n o n i m e : molti v e d e v a n o nella 155

e p u r a z i o n e del collega o del s u p e r i o r e u n a garanzia di p r o mozione. A n c h e la sorte dei p e g g i o r i s g h e r r i , c e r t o meritevoli di o g n i p e n a - m o r t e c o m p r e s a - dipese molto, e questo vale a n c h e p e r gli avvenimenti successivi al 25 aprile 1945 nell'Italia settentrionale, dal m o m e n t o e dall'ambiente in cui fur o n o processati ( q u a n d o f u r o n o processati). La giustizia a t a m b u r b a t t e n t e fu d r a c o n i a n a e spicciativa, q u a n d o n o n s o m m a r i a : quella d i l a z i o n a t a fu i n d u l g e n t e e a volte fin t r o p p o , e soggetta poi al rituale colpo di s p u g n a . Davanti all a C o r t e d'Assise d i R o m a v e n n e c o m u n q u e p o r t a t o con straordinaria sollecitudine il questore Caruso, che nei giorni della liberazione della capitale s'era diretto al n o r d in automobile, ma, f i n i t o c o n t r o u n albero, n e aveva avuto u n a g a m b a fracassata. Era così rimasto intrappolato. N o n aveva dubbi sulla sentenza che lo aspettava, e da Regina Coeli aveva scritto alla moglie d'essere p r o n t o a «espiare con la vita il d a n n o che ho a r r e c a t o alla società». Q u a n d o il processo si a p r ì , il 18 s e t t e m b r e , l'atmosfera e r a r o v e n t e . C o n i m p r u denza, p e r n o n dire con incoscienza, fu chiamato a testimon i a r e l ' e x - d i r e t t o r e di R e g i n a Coeli, D o n a t o C a r r e t t a , che nello svolgimento dei suoi compiti aveva s e m p r e dato p r o v a di u m a n i t à , p r o d i g a n d o s i p e r s o t t r a r r e alla p e n a capitale o alla d e p o r t a z i o n e il m a g g i o r possibile n u m e r o di ebrei e di «politici». Eccitata dalla invettiva di u n a d o n n a isterica, u n a di quelle pasionarie o «tricoteuses» che a queste recite truci n o n m a n c a n o m a i , la folla esagitata c h e g r e m i v a l'aula si scagliò contro lo sventurato Carretta, e, d o p o un pestaggio violento, lo trascinò a l l ' a p e r t o . Q u a l c u n o t r a i p i ù feroci p r e t e n d e v a che un t r a m gli passasse sopra, ma il m a n o v r a tore rifiutò. «Carretta - h a n n o scritto F o r t u n a e Uboldi - è allora gettato nel Tevere, dove r i p r e n d e conoscenza e cerca di t o r n a r e a riva. Con dei r e m i gli spingono la testa sott'acqua, finché annega.» Caruso, c o n d a n n a t o a m o r t e , fu fucilato nel p o m e r i g g i o del 21 settembre. Così, m e n t r e gli e p u r a t o r i c e r c a v a n o d i d i s c r i m i n a r e , 156

nella a m m i n i s t r a z i o n e e t r a i notabili, i c o m p r o m e s s i dai n o n compromessi (finirono in carcere, tra i più insigni, l'ex l u o g o t e n e n t e generale in Albania Francesco J a c o m o n i , l'ex G o v e r n a t o r e della Banca d'Italia Azzolini e il generale Roatta) e i sicari dei tedeschi si r i n t a n a v a n o p e r sfuggire alla catt u r a (tra essi Celeste di Porto, presa solo nel 1945), v ' e r a n o italiani che, nel g r a n d e collasso spirituale e materiale, e di fronte alla i n d e c e n t e e s u l t a n z a di t r o p p i p r o f i t t a t o r i e di t r o p p i antifascisti dell'ultima ora, avvertivano un p r o f o n d o m o t o di disgusto. Q u e s t a r e p u l s i o n e e q u e s t o s c o r a m e n t o spinsero al suicidio Fecia di Cossato, sommergibilista eroico. Alla m a d r e scrisse u n a lettera di c o n g e d o , da N a p o l i : «Ho molto p e n s a t o alla tristissima posizione m o r a l e in cui mi trovavo in seguito alla resa ignominiosa della Marina, a cui mi s o n o r a s s e g n a t o solo p e r c h é ci è stata p r e s e n t a t a c o m e un o r d i n e del Re... Tu conosci che cosa succede o r a in Italia e capisci come siamo stati i n d e g n a m e n t e traditi e ci troviamo ad avere commesso un ignobile gesto senza alcun risultato... Da mesi p e n s o ai miei m a r i n a i che sono o n o r e v o l m e n t e in fondo al m a r e , e p e n s o che il mio posto è con loro...». Si capisce questa disperazione. La Napoli di allora, c o m e tutto il M e r i d i o n e liberato, d a v a u n a i m m a g i n e avvilente d i a n a r chia, servilismo e povertà (anche se, insieme, di inesausta e caotica vitalità). I treni locali c o n t i n u a v a n o ad essere tradotte del m e r c a t o n e r o (era a c c a d u t o c h e il fumo di u n a locomotiva bloccata sotto u n a galleria, nei d i n t o r n i di Potenza, asfissiasse c e n t i n a i a di p a s s e g g e r i ) e u n a o r g a n i z z a z i o n e commerciale e industriale dell'emergenza si e r a instaurata e consolidata nell'arbitrio. Laboratori artigiani sfornavano pezzi di ricambio p e r a u t o fatti a m a n o o quasi (essendo le fabbriche nel n o r d ) e u n a classe di n u o v i ricchi dei traffici clandestini cominciava ad e m e r g e r e , con ostentati e grossolani lussi. Il governo, sotto il b l a n d o impulso di Bonomi, tentava di fare la sua strada trascinando alcune pesanti palle al piede. La p r i m a e r a la p r e s e n z a alleata, i cui o r i e n t a m e n t i e r a n o 157

tra l'altro resi mal decifrabili dai contrasti che, nello stesso c a m p o anglo-americano - p e r n o n p a r l a r e dei r a p p o r t i con l ' U n i o n e Sovietica - esistevano. La seconda era l'incognita istituzionale, di fronte alla quale i partiti avevano atteggiamenti diversi. La terza era la precarietà di un ministero che, lo si sapeva, si sarebbe sfasciato - a Italia totalmente liberata sotto l'imperversare del «vento del nord», così come il ministero Badoglio e r a stato travolto d a l p o n e n t i n o r o m a n o . L'ultima era la disgregazione d e l l ' a p p a r a t o amministrativo, che stentava a ricomporsi p e r la minaccia della e p u r a z i o n e , p e r gli a p p e t i t i dei f u n z i o n a r i p i ù s p r e g i u d i c a t i , e p e r le spinte centrifughe del paese. Si litigava e si spettegolava dov u n q u e . Rilevò P u n t o n i , d o p o u n a p u n t a t a nella capitale: «Non metto piede al Quirinale che del resto, da q u a n t o vengo a sapere, ha cessato di essere il palazzo del Re. Il Sovrano è dimenticato, chi lo ricorda lo fa p u r t r o p p o p e r sparlarn e . Al Ministero della G u e r r a l'atmosfera n o n è diversa. I generali si s b r a n a n o fra loro. Quelli che sono risaliti dal sud sono attaccati da quelli che sono rimasti a R o m a insieme con Bencivenga. L'esercito r o m a n o attacca l'esercito b o r b o n i c o delle D u e Sicilie!». B o n o m i e r a c o s t r e t t o a b a r c a m e n a r s i t r a sollecitazioni contrastanti. Le preoccupazioni maggiori, dal p u n t o di vista dell'equilibrio governativo, gliele d a v a n o gli azionisti e i socialisti, i p r i m i p e r i n t r a n s i g e n z a antifascista e a n t i m o n a r chica (e a n c h e p e r quella voluttà del dissenso che fu il loro p u n t o d'orgoglio, e la ragione del loro sfascio); i secondi p e r m a s s i m a l i s m o velleitario e p a r o l a i o . C a u t i , b e n s a p e n d o quel che volevano, i comunisti, e N e n n i registrava con stupefatta a m m i r a z i o n e , d u r a n t e un i n c o n t r o con loro, che la tattica di Togliatti era «opportunista nelle sue manifestazioni e s t e r n e , r i v o l u z i o n a r i a nei suoi obbiettivi». D o p o d i c h é trasecolava p e r c h é Saragat, p r e s e n t e alla r i u n i o n e , aveva «accentuato t r o p p o la n o t a della diffidenza p e r la d e m o c r a zia dei comunisti». In politica estera B o n o m i aveva c o n f e r m a t o la scelta di 158

c a m p o di Badoglio, in qualche m o d o consolidandola. La visita di Churchill in Italia all'inizio di agosto del 1944, gli diede m o d o di rafforzarsi nella convinzione che l'Italia potesse s e g u i r e u n solo indirizzo: l a c o l l a b o r a z i o n e s e m p r e p i ù stretta, n o n solo p e r il futuro i m m e d i a t o ma anche p e r quello lontano, con le democrazie occidentali. In quell'occasione Churchill aveva incontrato, a Napoli, Tito, e ne aveva otten u t o i n g a n n e v o l i assicurazioni sulla a u t o n o m i a iugoslava dalla U n i o n e Sovietica. A R o m a egli vide - oltre al premier g r e c o Giorgio P a p a n d r e u , con il q u a l e d o v e v a m e t t e r e a p u n t o il p i a n o dello sbarco di un c o r p o di s p e d i z i o n e b r i tannico in Grecia, ad evitare che ai tedeschi si sostituissero i p a r t i g i a n i c o m u n i s t i - a n c h e B o n o m i , Badoglio, U m b e r t o di Savoia, i capi dei maggiori partiti, infine il Papa. Il Luog o t e n e n t e disse poi che Churchill si era espresso nei riguardi degli italiani «in t e r m i n i più amichevoli di q u a n t o si p o tesse sperare». A Pio X I I il p r i m o ministro inglese ribadì il suo a n t i c o m u n i s m o , t r o v a n d o nell'interlocutore la più calorosa c o m p r e n s i o n e . Se ne a n d ò tuttavia a m a r e g g i a t o dalla stagnazione dell'offensiva militare che lo privava di un successo di cui «avevamo così m a l e d e t t a m e n t e bisogno», e con il cruccio di s a p e r e irrealizzabile la p u n t a t a su Vienna, p e r s t r a p p a r l a alla conquista sovietica. Svaniva il suo s o g n o di u n a « p u g n a l a t a all'ascella adriatica» della G e r m a n i a . C o n attivismo giustificato dall'incalzare degli avvenimenti C h u r chill incontrò Roosevelt a Q u e b e c il 13 settembre, senza orm a i p o t e r l o c o n v e r t i r e alla sua crociata c o n t r o la p e n e t r a zione di Stalin n e l l ' E u r o p a centrale e nei Balcani, il 9 ottob r e vide a tu p e r tu Stalin, a Mosca. Fu allora che Churchill riassunse in un mezzo foglio di carta il suo p r o g e t t o p e r la sistemazione delle zone di influenza in E u r o p a : R o m a n i a 90 p e r c e n t o alla Russia e 10 p e r c e n t o agli a n g l o - a m e r i c a n i ; Grecia 90 p e r cento agli anglo-americani e 10 p e r cento alla Russia, Iugoslavia e U n g h e r i a 50 e 50; Bulgaria 75 alla Russia e 25 agli anglo-americani (l'Italia e r a data p e r acquisita, i n t e r a m e n t e , all'influenza degli Alleati occidentali). Stalin 159

tracciò s u l l ' a p p u n t o un grosso «visto», e q u i n d i lo restituì a Churchill con le p a r o l e : «Conservatelo voi». Il dittatore già sapeva in qual m o d o avrebbe trasformato quei 90 o 75 o 50 p e r cento in suo favore in altrettanti cento p e r cento. P u r nelle disastrate condizioni dell'Italia liberata (nell'Italia c e n t r a l e , ha scritto F r a n c o C a t a l a n o , si calcolava c h e il 94 p e r cento degli impianti elettrici fosse stato distrutto) i p r o blemi alimentari, finanziari e in definitiva economici e r a n o gravi, ma con s i n t o m i di m i g l i o r a m e n t o . L'UNRRA ( U n i t e d Nations Relief a n d Rehabilitation Administration) già stava v a r a n d o u n a vasta o p e r a di assistenza sanitaria e alimentare, l'Italia era autorizzata a r i p r e n d e r e gli scambi con l'ester o , e ai p r i m i di o t t o b r e Roosevelt dispose c h e le s o m m e spese dal g o v e r n o di R o m a p e r il m a n t e n i m e n t o delle t r u p pe a m e r i c a n e gli fossero i n t e g r a l m e n t e rifuse, in dollari. Soleri, ministro del Tesoro, poteva g u a r d a r e con qualche min o r a p p r e n s i o n e all'avvenire. N o n così B o n o m i , c o m e ministro degl'Interni. Sull'onda del n u o v o corso, e sotto la sferza dei disagi e della povertà, si accendevano fiammate di ribellione. G r u p p i di braccianti e contadini o c c u p a v a n o le t e r r e dei g r a n d i proprietari - o m a g a r i a n c h e dei n o n g r a n d i -, la forza pubblica e r a sollecitata a intervenire: e se a volte restava del tutto latitante, altre volte eccedeva in durezza. Vi fur o n o in settembre m o r t i e feriti a Licata - p e r u n a dimostrazione c o n t r o il capo dell'Ufficio di collocamento, cui e r a n o i m p u t a t i p r e c e d e n t i fascisti - un a l t r o m o r t o si c o n t ò ad Anagni dove e r a n o state invase le t e r r e dei principi Balestra del D r a g o e Doria, e un altro ancora in ottobre a Ortucchio nel Fucino (proprietà Torlonia). U n a vera jacquerie, violenta e caotica, si scatenò il 18 ottobre a Palermo, sulla scia di u n a manifestazione c o n t r o il carovita indetta dai d i p e n d e n t i del C o m u n e e dell'esattoria. A questo p r i m o n u c l e o si a g g r e g ò b e n presto u n a folla t u m u l t u a n t e , nella quale n o n mancavan o , è certo, né i teppisti né gli eversori. «Da via M a q u e d a - citiamo da F o r t u n a e Uboldi - il cor160

teo degli scioperanti m u o v e verso il C o m u n e , c h e è retto da un c o m m i s s a r i o prefettizio, il b a r o n e E n r i c o M e r l o : in seguito, travolti i c o r d o n i di polizia, si dirige verso la Prefettura dove in assenza del prefetto il suo vice, d o t t o r Pampillonia, c h i e d e aiuto al c o m a n d o del C o r p o d ' a r m a t a di Palerm o . La richiesta è pressante: il c o m a n d o del C o r p o d ' a r m a ta invia un c o n t i n g e n t e di militari della divisione Sabauda, c h e è c o m a n d a t a dal g e n e r a l e Castellano, l ' u o m o dell'armistizio di Cassibile. Giunti alla Prefettura, i soldati r i t e n g o n o di trovarsi di fronte a u n a sommossa, fanno uso delle a r m i . V e n g o n o uccisi n o v a n t a dimostranti; un centinaio di feriti.» Q u a n d o si diffuse a R o m a , la notizia suscitò s g o m e n t o : ma la stessa s t a m p a di sinistra p a r l ò di p r o v o c a t o r i infiltratisi tra i dimostranti: che c'erano davvero, a n c h e se mai fu chiarito q u a l e matrice ideologica avessero, se p u r e ne avevano u n a . Tutto i n d u c e a p e n s a r e che in questo scatenarsi di r a b bia e di aggressività avessero u n a p a r t e i separatisti, che stav a n o d i v e n t a n d o un grosso p r o b l e m a , sociale e politico. Il separatismo siciliano s'era fatto vivo n o n a p p e n a gli Alleati a v e v a n o messo p i e d e nell'isola, r i v e n d i c a n d o in qualc h e m o d o la p r i m o g e n i t u r a del disfattismo e del t r a d i m e n t o . C o n f l u i v a n o nel m o v i m e n t o i n d i p e n d e n t i s t a siciliano (MIS), c h e aveva u n a sua organizzazione militare clandestina (EVIS), varie c o m p o n e n t i : b a r o n i nostalgici e ansiosi di impossibili restaurazioni, contadini che in u n a Sicilia sganciata dall'Italia e p r o t e t t a dagli Alleati s p e r a v a n o di c o n q u i s t a r e la p r o p r i e t à della t e r r a su cui l a v o r a v a n o , affaristi attirati dal miraggio di b u o n i commerci con gli Stati Uniti, mafiosi c h e nello stretto collegamento politico con l'America vedev a n o schiudersi a m p i e prospettive p e r traffici leciti o illeciti. Leader del MIS e r a A n d r e a Finocchiaro Aprile, un avvocato e professore d'università c h e veniva da u n a famiglia di notabili e nell'epoca prefascista e r a stato d e p u t a t o , e sottosegretario nel 1919 con Nitti. Convertitosi a l l ' i n d i p e n d e n t i s m o , ne difendeva e diffondeva le tesi con virulento slancio. Gli a r g o m e n t i degli indipendentisti - un loro m o v i m e n t o 161

si formò anche in Sardegna, ma con m i n o r e presa p o p o l a r e e a n c o r a più fragili giustificazioni storiche - si rifacevano al «sopruso» piemontese, e alla politica di dominio, e di smantellamento delle iniziative isolane, che il R e g n o unitario aveva praticato. Finocchiaro Aprile coinvolgeva nelle sue accuse n o n solo i Savoia ma a n c h e i Borboni, r i v e n d i c a n d o alla Sicilia u n a p e r e n n e insofferenza sia verso Napoli, sia verso T o r i n o , sia verso R o m a . Per liberarsi del giogo italiano, il MIS si appellava agli americani e agli inglesi: «Le nostre sofferenze, l'assoluta privazione della libertà, l'odio del governo italiano verso di noi - era scritto in un suo d o c u m e n t o ci fanno d e s i d e r a r e che gli Stati Uniti e l'Inghilterra rioccup i n o m i l i t a r m e n t e l'isola». Da p a r t e di singoli ufficiali ed e s p o n e n t i alleati, p i ù che da p a r t e dei governi, a r r i v a r o n o i n d u b b i a m e n t e ai separatisti i n c o r a g g i a m e n t i s o t t e r r a n e i e strizzate d'occhio allusive. O r i u n d i siciliani in USA pensavano all'isola come alla 4 9 stella della b a n d i e r a americana. Fin o c c h i a r o Aprile i n u n a r i u n i o n e pubblica del M o v i m e n t o asserì che Churchill e Roosevelt l'appoggiavano e che insieme avevano discusso della questione siciliana. N o n era vero. I d u e statisti - Churchill in particolare - potevano a n c h e covare tentazioni di quel tipo, ma con la consapevolezza che e r a impossibile t r a d u r l e in realtà: a m e n o che gli a n g l o a m e r i c a n i - i cui p r o g e t t i territoriali d o v e v a n o essere concertati con Stalin, e con i suoi vassalli, tra gli altri Tito - fossero disposti a consentire l'ingerenza sovietica in un'inedita sistemazione del M e d i t e r r a n e o . a

N e s s u n avallo a n g l o - a m e r i c a n o , d u n q u e , al Mis, ma anche l'impossibilità p e r un g o v e r n o d e b o l e , i n c e r t o e sotto tutela c o m e il B o n o m i p r i m o d'agire a carico dei separatisti con le misure che il loro linguaggio e il loro c o m p o r t a m e n to a v r e b b e r o richiesto. Si trattava di autentico t r a d i m e n t o , con il s u p p o r t o di u n a organizzazione a r m a t a clandestina. Anche q u a n d o - tramite l'ambasciatore sir Noel Charles - la G r a n Bretagna fece sapere ufficialmente di n o n essere affatto schierata con il m o v i m e n t o separatista, B o n o m i r i t e n n e 162

o p p o r t u n o p l a c a r l o , d a n d o q u a l c h e offa a i suoi a d e r e n t i m o d e r a t i , anziché r e p r i m e r l o . A d e r ì così alla impostazione di d o n Luigi Sturzo che vedeva nel regionalismo il r i m e d i o ai d a n n i del centralismo sabaudo e la «caratteristica dell'Italia risorta». Fu costituita, presso l'Alto commissariato p e r la Sicilia, u n a C o n s u l t a d i 2 4 m e m b r i , che r a p p r e s e n t a v a n o organizzazioni e c o n o m i c h e e politiche, alla q u a l e s a r e b b e spettato di formulare p r o p o s t e p e r l ' o r d i n a m e n t o regionale dell'isola: e fu stanziato un m i l i a r d o p e r la trasformazione del latifondo e 500 milioni p e r lo sviluppo dell'industria siciliana: p r i m e di u n a serie di elargizioni che doveva d u r a r e n e i d e c e n n i , a titolo di solidarietà n a z i o n a l e , c o n risultati d e l u d e n t i : così c o m e d e l u d e n t e fu la R e g i o n e a u t o n o m a , q u a n d o d i v e n n e realtà. Il p r i m o ministero B o n o m i e n t r ò in crisi, venuto novemb r e , n o n p e r gli i m m a n i p r o b l e m i d e l l ' o r d i n e p u b b l i c o e della ricostruzione, ma p e r la frattura che, d e n t r o la compagine governativa, si stava s e m p r e più allargando tra le sinistre - in p a r t i c o l a r e i socialisti e gli azionisti - e lo schieram e n t o m o d e r a t o , del quale si faceva portavoce lo stesso Presidente del Consiglio. F o r m a l m e n t e B o n o m i rassegnò le dimissioni nelle m a n i del L u o g o t e n e n t e , il 26 n o v e m b r e , p e r contrasti tra i ministri Soleri e De C o u r t e n e il g r a n d e e p u ratore Scoccimarro. Quest'ultimo intendeva inquisire su funzionari e ufficiali che i titolari del Tesoro e della M a r i n a ritenevano al di sopra di ogni sospetto. Ma nella sostanza la burrasca incombeva da molti giorni: a l m e n o da q u a n d o , il 7 n o v e m b r e , U m b e r t o di Savoia aveva concesso al New York Times u n a intervista in cui sosteneva l ' o p p o r t u n i t à di affidare la decisione del p r o b l e m a istituzionale a un r e f e r e n d u m p o p o l a r e . Q u e s t o contrastava con u n a deliberazione che il governo aveva p r e s o in giugno, e che deferiva invece la scelta a u n a Assemblea c o s t i t u e n t e . Le sinistre r e a g i r o n o con asprezza, a n c h e p e r c h é si seppe che B o n o m i aveva avuto in visione il testo delle dichiarazioni del L u o g o t e n e n t e e le aveva a p p r o v a t e « a p p o r t a n d o v i anzi q u a l c h e correzione», co163

me a n n o t ò P u n t o n i . A sinistra il r e f e r e n d u m - la cui correttezza democratica era difficile contestare - riusciva sgradito p e r u n a serie di r a g i o n i i m p o r t a n t i . Si t e m e v a c h e la Mon a r c h i a potesse far leva sul sentimentalismo e sul tradizionalismo di vasti strati della popolazione, soprattutto nel Mer i d i o n e : si sapeva che la formula del r e f e r e n d u m - che d e m a n d a v a d i r e t t a m e n t e ai cittadini di dire M o n a r c h i a o Repubblica - avrebbe p e r m e s s o ad alcuni partiti, in particolare alla Democrazia cristiana, di m a n t e n e r s i agnostici: il che n o n avrebbero p o t u t o fare in u n a discussione e in u n a votazione di tipo p a r l a m e n t a r e . Le forze «progressiste» che volevano e s a u t o r a r e i prefetti in favore del CLN, e che avevano subito c o m e un grave smacco politico, oltre che militare, il rinvio alla p r i m a v e r a della liberazione del n o r d , sbandieravano il pericolo delle «forze occulte della reazione in agguato» (fu coniata perfino u n a sigla, Fodria, p e r r i a s s u m e r e lo slogan). Il Consiglio dei ministri fu costretto a r i b a d i r e , in u n c o m u n i c a t o , c h e l'Assemblea c o s t i t u e n t e e r a l o sbocco n o r m a l e della p r o c e d u r a istituzionale. M e n t r e democristiani e liberali pigiavano sul freno, i socialisti tentavano di forzare la m a n o a tutti, comunisti compresi. Per c o m m e m o r a r e il X X V I I anniversario della Rivoluzione russa si r i u n i r o n o il 12 n o v e m b r e (del '44 si capisce) allo stadio di D o m i z i a n o sul Palatino (era stata rifiutata da B o n o m i piazza Navona) ottantamila p e r s o n e , e N e n n i s'inebriò di demagogia: «Questo p o p o l o - scrisse a l q u a n t o t r o m b o n e s c a m e n t e nel suo diario - mi considera c o m e il suo int e r p r e t e . Direi c h e sente che la p a r o l a mi è stata d a t a p e r e s p r i m e r e il mio p e n s i e r o , m e n t r e intuisce in Togliatti u n a riserva mentale che lo turba. E stata u n a successione di ovazioni che h a n n o r a g g i u n t o il delirio ogni volta che ho attaccato la Monarchia. N o n v'e d u b b i o che l'odio della massa è oggi diretto c o n t r o il Quirinale. E questa è stata, in g r a n d e p a r t e , o p e r a mia. Anche Togliatti stamattina ha d o v u t o alfine p r o n u n c i a r e la parola Repubblica». E r a u n a crisi p a r t i c o l a r m e n t e c o m p l e s s a , quella c h e si 164

a p r ì a fine n o v e m b r e del ' 4 4 , p e r c h é c o n t r a p p o n e v a d u e a u t o r i t à o r m a i inconciliabili, e irreconciliabili. Il L u o g o t e n e n t e d i e d e l'avvio, nella più rigorosa osservanza delle form e , a consultazioni con le alte personalità dello Stato, e con quegli esponenti politici che accettavano di farsi consultare. Ma il CLN rivendicava il diritto di d e s i g n a r e esso stesso, in n o m e dell'antifascismo, chi dovesse a s s u m e r e la g u i d a del p a e s e , e lo fece c h i a m a n d o a d i r i g e r e i suoi lavori il c o n t e Sforza: che diventava così l'anti-Bonomi. Q u e s t a preferenza delle sinistre p e r il conte si scontrò subito con un veto britannico a che fosse n o m i n a t o n o n soltanto C a p o del govern o , ma m i n i s t r o degli Esteri. Se il p r i m o veto, del g i u g n o , e r a stato u n a iniziativa p e r s o n a l e del g e n e r a l e MacFarlane, dalla quale gli a m e r i c a n i si e r a n o dissociati, q u e s t o di fine n o v e m b r e fu c o m u n i c a t o ufficialmente a B o n o m i e al CLN dall'ambasciatore di L o n d r a , Charles. Gli inglesi n o n p e r d o n a v a n o a Sforza d ' a v e r r i n n e g a t o , r i e n t r a n d o in Italia dal l u n g o esilio, la p r o m e s s a di mostrarsi collaborativo verso Badoglio e rispettoso verso la M o n a r chia. P a r l a n d o ai C o m u n i , Churchill disse che il veto e r a stato u n a r i t o r s i o n e agli «intrighi (di Sforza o v v i a m e n t e ) che e r a n o c u l m i n a t i nella e s p u l s i o n e del maresciallo Badoglio dal suo ufficio». Ma p i ù t a r d i - a v e n d o gli a m e r i c a n i p r e s o le d i s t a n z e a n c h e q u e s t a volta - a d d o s s ò a l l ' a m b a s c i a t o r e Charles la responsabilità m a g g i o r e del p e s a n t e i n t e r v e n t o , che n o n fu p e r ò reso n o t o . Nel CLN Sforza spiegò la sua p o sizione. Ammise - e N e n n i Io registrò - d'essersi i m p e g n a t o ad a p p o g g i a r e con la sua a u t o r i t à Badoglio e il Re, ma aggiunse che, g i u n t o a Brindisi, aveva visto «che il Re e Badoglio n o n a v e v a n o altro p r o p o s i t o c h e di salvare il fascismo nella sua sostanza se n o n nel suo nome». Escluso Sforza, che rinunciò alla p r e s i d e n z a del CLN, socialisti e comunisti c e r c a r o n o di ripiegare su Meuccio Ruini: ma nella s c h e r m a g l i a c h e si a n d a v a s v o l g e n d o Ruini fu rifiutato dai liberali e accettato dalla DC solo «in via s u b o r d i nata», cioè se fosse caduta la riconferma di B o n o m i . Questi 165

sapeva di m a n o v r a r e da u n a posizione di forza, p e r c h é i suoi avversari e r a n o disuniti, gli Alleati t e n d e v a n o alla stabilità, e il L u o g o t e n e n t e a v r e b b e visto con soddisfazione un reincarico, che s a r e b b e a n c h e stato u n a sconfitta, palese o mascherata, del più acceso schieramento repubblicano. Bon o m i agì con accortezza da vecchia volpe: a democristiani, socialisti e comunisti inviò lettere con cui p r o p o n e v a di associarli strettamente, d a n d o g l i tre vicepresidenze, nella gestione del futuro g o v e r n o . Scontata l ' i n t r a n s i g e n z a del Partito d ' a z i o n e del q u a l e tuttavia si a n d a v a s e m p r e p i ù rivelando la scarsa p r e s a p o p o l a r e , la p e g g i o r e posizione e r a quella dei socialisti, c h e n o n volevano B o n o m i , n o n volevano r o m p e r e l'unità d'azione c o n i c o m u n i s t i , ma n e p p u r e v o l e v a n o s e g u i r e i comunisti nel g o v e r n o . La conclusione fu che B o n o m i formò (7 dicembre) un ministero a q u a t t r o (liberali, democristiani, democratici del lavoro, comunisti), m e n t r e socialisti e azionisti ne rimasero fuori. «Ieri - osservò a m a r a m e n t e N e n n i i c o m u n i s t i avevano pubblicato che n o n si s a r e b b e r o divisi dai socialisti, ma è evidente che p e r loro marciare coi socialisti vuol dire che, in ogni caso, i socialisti d e v o n o seguirli.» P u r di c o n c l u d e r e , B o n o m i d i e d e al pei q u a l c h e soddisfazione: elaborò un p r o g r a m m a in base al quale l'epurazione e la r e p r e s s i o n e dei delitti fascisti s a r e b b e r o state accentuate (così c o m e l'avocazione dei profitti di regime), lo sforzo di g u e r r a a v r e b b e avuto u n a accelerazione, al CLNAI sar e b b e stata data u n a delega di poteri governativi. Tutte queste sottolineature antifasciste n o n riuscivano p e r ò a cancellare la sensazione che la crisi avesse giovato ai m o d e r a t i più che alle sinistre. Togliatti ebbe u n a vicepresidenza, e un'altra il cattolico R o d i n o . A De Gasperi a n d a r o n o gli Esteri, al c o m u n i s t a Pesenti le F i n a n z e , al liberale Arangio-Ruiz l'Istruzione. Quello stesso 7 d i c e m b r e , in un salone del G r a n d Hotel, il g e n e r a l e inglese Maitland Wilson, C o m a n d a n t e delle forz e alleate nel M e d i t e r r a n e o , f i r m ò u n p r o t o c o l l o f o r m a l e 166

con i q u a t t r o delegati che il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) aveva inviato da Milano via L u g a n o L i o n e : e r a n o F e r r u c c i o P a r r i , G i a n c a r l o Pajetta, E d g a r d o S o g n o , e Alfredo Pizzoni ( q u e s t ' u l t i m o «ministro delle Finanze» della organizzazione partigiana). Si era discusso, nei giorni p r e c e d e n t i - tra notevoli diffid e n z e alleate - sui lanci di a r m i al n o r d e sul finanziamento della g u e r r i g l i a . M a i t l a n d Wilson offriva c e n t o milioni al mese, Pizzoni ne voleva 160, e li o t t e n n e : 60 al Piemonte, 20 alla Liguria, 25 alla L o m b a r d i a , 20 all'Emilia, 35 al Veneto. Il p r o t o c o l l o r i c o n o b b e il CLNAI e il CVL ( C o r p o Volontari della Libertà), stabilì che a liberazione avvenuta le a r m i sar e b b e r o state r i c o n s e g n a t e , e che la Resistenza a v r e b b e rinunciato a p r e t e n d e r e l'inserimento dei suoi u o m i n i nell'Esercito regolare. Parri r i c o r d ò così la breve cerimonia: «Da un canto i m p o n e n t e , maestoso c o m e un proconsole sir Maitland Wilson: dall'altra noi q u a t t r o . Un bicchiere di qualche cosa, q u a l c h e p a r o l a , u n a stretta di m a n o : poi la firma. Mi d o m a n d o se q u a n d o i proconsoli britannici firmano p r o t o colli con q u a l c h e sultano del Belucistan o d e l l ' H a d r a m a u t n o n sia un p o ' la stessa cosa». I delegati n o n videro B o n o m i , indaffarato a sciogliere i n o d i della crisi. Tra il Sud e il N o r d c'era qualcosa d i p i ù della linea gotica: c'era u n a f r a t t u r a politica e psicologica. Ma il protocollo di R o m a ci ricollega ad un altro filone di a v v e n i m e n t i , quello della Repubblica di Salò e della Resistenza, che d o b b i a m o r i p r e n d e r e al p u n to in cui l'abbiamo lasciato.

CAPITOLO NONO

L'ULTIMO D I S C O R S O

Per la c a d u t a di R o m a , Mussolini aveva o r d i n a t o tre giorni di lutto nella sua Repubblica che si a n d a v a rimpicciolendo, con c h i u s u r a dei teatri, dei cinematografi e di o g n i c e n t r o di ritrovo. «La Repubblica - egli disse in un p r o c l a m a agli italiani - è minacciata dalla plutocrazia e dai suoi m e r c e n a r i di ogni razza.» D u r a n t e la avanzata alleata fino alla linea gotica fascisti e tedeschi avevano constatato, u n a ennesima volta, q u a n t o poco affidamento potesse essere fatto sui r e p a r t i italiani ricostituiti alla meglio. La g u a r n i g i o n e dell'Elba si era a r r e s a agli anglo-americani, fanfara in testa, n o n a p p e na essi si e r a n o affacciati sulle coste, i carabinieri disertavano d o v u n q u e e liberavano i prigionieri. A Graziani che continuava a insistere p e r la creazione di u n a s t r u t t u r a militare valida, i tedeschi replicavano con diffidenza del tutto giustificata. «Ci d o b b i a m o convincere - scrisse il colonnello H e g genreiner, ufficiale di collegamento con il Q u a r t i e r generale di Graziani - che un p o p o l o a cui e già stata messa davanti agli occhi la prospettiva della pace n o n è p i ù capace di portare le armi, ma solo di essere sfruttato p e r lavoro. Il m a r e sciallo Kesselring d o p o l'episodio dell'Elba, n o n vuole avere niente più a che fare con le t r u p p e italiane in cui ha p e r d u to ogni fiducia.» Vi e r a n o conati di energia molto simile alla disperazione. Proprio in quel volgere di t e m p o Pavolini r a g g r u p p ò i fedelissimi evacuati da R o m a e dalla T o s c a n a p e r costituire le Brigate N e r e , e t e r o g e n e e formazioni di sbandati, esaltati, e a volte d e l i n q u e n t i , un «esercito personale» del s e g r e t a r i o del Partito. Ha scritto Ricciotti Lazzero: «Non vi furono mai, 168

nella nostra storia recente, reparti di più basso livello m o r a le e tecnico-militare, e fu subito e v i d e n t e a tutti, a n c h e a Mussolini, che quell'insieme di giovani e vecchi, riottosi alla disciplina... n o n contava militarmente e poteva soltanto costituire un t a m p o n e alla guerriglia dal p u n t o di vista poliziesco. Alla prova del fuoco, quelle p o c h e volte in cui vennero chiamate accanto ai tedeschi a far n u m e r o in azioni difficili, le Brigate N e r e , che p u r e b b e r o molti morti, dimostrar o n o - s e m p r e salve le eccezioni - di essere del tutto i m p r e parate... Squallido e l u g u b r e il loro stile, nefande certe loro azioni di vendetta. I tedeschi, che li controllavano e li conoscevano m o l t o b e n e , a v e n d o l'esperienza dei cosacchi, dei mongoli, degli ucraini, dei croati e di tutti gli altri collaborazionisti, n o n p e r m i s e r o mai che si affacciassero al fronte, d o ve avrebbero r a p p r e s e n t a t o un pericolo gravissimo». Istigato da Pavolini, il D u c e t u o n a v a c o n t r o i «ribelli» p r o m e t t e n d o di annientarli tutti con u n a «marcia della Repubblica sociale c o n t r o la n u o v a Vandea», ma si trattava di p a r o l e a l v e n t o . Salò contava s e m p r e m e n o a n c h e p e r c h é , r a g g i u n t a dagli Alleati la linea gotica, la giurisdizione militare tedesca - che escludeva in sostanza ogni altra autorità e r a stata estesa a t u t t e le p r o v i n c e sulla s p o n d a d e s t r a del Po. Il territorio su cui l'ultimo fascismo esercitava ancora un q u a l c h e effettivo p o t e r e fu diviso in q u a t t r o regioni a m m i nistrative, nello sforzo di frenare la disgregazione: EmiliaR o m a g n a , Veneto, L i g u r i a , P i e m o n t e , ciascuna p o s t a agli ordini di un commissario «con il n o m i n a l e controllo assoluto - c o m e ha r i c o r d a t o il Deakin - sui prefetti e su t u t t e le funzioni di polizia, e d i r e t t a m e n t e responsabile di fronte a Mussolini». Ma ogni dirigente della Repubblica di Salò, con u n a parziale eccezione soltanto p e r Mussolini i n p e r s o n a , era esposto al discredito e al disprezzo dei tedeschi. Ne fecero e s p e r i e n z a il C a p o della polizia T a m b u r i n i e il m i n i s t r o d e g l ' I n t e r n i Buffarini Guidi, accusati - s i c u r a m e n t e n o n a torto - d'avere incamerato argenteria e altri beni di cui erano stati spogliati gli ebrei. E ancora: un g i o r n o il colonnello 169

tedesco Dietrich si p r e s e n t ò al sottosegretario all'Aeronautica, Manlio Molfese, a Bellagio, p e r a n n u n c i a r g l i che i suoi avieri dovevano passare nelle formazioni tedesche e che gli a e r o p o r t i e r a n o tutti presidiati e occupati dalla Luftwaffe. Il Duce inviò u n a q u e r u l a protesta al Fiihrer («tutto ciò è inintelligente, tutto ciò è s o m m a m e n t e d a n n o s o alla nostra causa, tutto ciò giova s p l e n d i d a m e n t e ai nostri nemici») fac e n d o eco a p r e c e d e n t i lamenti di Graziani («perché n o n mi è consentito di r i m e t t e r e in piedi un vero esercito?»). Accadde perfino che a funzionari ministeriali di Salò fosse ordinato dai tedeschi di scavare t r i n c e e in riva al G a r d a , e che il m i n i s t r o delle F i n a n z e Pellegrini G i a m p i e t r o n o n trovasse più, all'uscita da u n a r i u n i o n e , la sua automobile di servizio, che un ufficiale delle SS aveva requisito. Il g o v e r n o di Mussolini e r a q u o t i d i a n a m e n t e ridicolizzato, e a n c h e q u a n d o riusciva a far qualcosa lo faceva m a l e , t r a dissensi e vere e p r o p r i e risse (litigarono a n c h e il generale Mischi e Pavolini, p e r c h é l e formazioni militari del Partito n o n i n t e n d e v a n o sottostare a c o m a n d i dell'Esercito). Di questo sfascio si fece c l a m o r o s a m e n t e eco, in un articolo di fondo dal titolo «Se ci sei batti un colpo», il d i r e t t o r e della Stampa di Torino, Concetto Pettinato: chi doveva batt e r e un colpo - c o m e i fantasmi evocati al tavolino a t r e g a m b e - era la inesistente autorità di Salò. Mezzasoma giudicò quella sortita «il colpo più d u r o finora inferto al prestigio del g o v e r n o fascista repubblicano». Pettinato n o n aveva agito di testa sua: s'era fatto espressione della p r o f o n d a d e moralizzazione dei fascisti piemontesi - e anche dei tedeschi p e r la latitanza totale di un g o v e r n o che si faceva vivo solo con ampollosi o truculenti proclami, ma che n o n riusciva a i m p e d i r e il dilagare della guerriglia, e gli scioperi nelle ind u s t r i e . Su un p u n t o il p a d r o n a t o e gli o p e r a i e r a n o d'acc o r d o : che si lavorasse il m e n o possibile, ma senza p o r t a r e le cose a un p u n t o tale da i n d u r r e l ' o c c u p a n t e a trasferire subito gli i m p i a n t i in G e r m a n i a . Le istruzioni del s e n a t o r e Agnelli (Fiat) a Valletta furono esplicite: « C o n t r a r r e la p r o 170

d u z i o n e senza s c e n d e r e sotto il m i n i m o tollerabile e aiutare i partigiani, sia assumendoli sia finanziandoli in larga misura». Torino e r a p r a t i c a m e n t e assediata: «I ribelli la possono o c c u p a r e q u a n d o vogliono» scriveva un r a p p o r t o . E Pettinato rincarava la dose: «Il banditismo... in b a r b a alla r e p r e s sione minacciatagli p r i m a del 25 maggio r u b a , saccheggia e a m m a z z a c o m e se i p o t e r i costituiti n o n fossero se n o n un ricordo di altri tempi». Chiedeva infine che si trasferissero a Torino a l m e n o alcuni degli organi centrali del g o v e r n o . In questa c u p a atmosfera il Duce smagrito dell'ultimo fascismo decise di c o m p i e r e , in G e r m a n i a , u n a n u o v a ispezione alle q u a t t r o divisioni che stavano c o n c l u d e n d o il loro a d d e s t r a m e n t o e che si sospettava avrebbero avuto la p r i m a p r o va del fuoco n o n al fronte ma al m o m e n t o del r i m p a t r i o . Allora si sarebbero contati i disertori. C o n l'occasione Mussolini avrebbe visto Hitler. La p a r t e n z a da G a r g n a n o p e r la G e r m a n i a fu fissata p e r il 15 luglio: sul t r e n o speciale p r e s e r o posto, insieme al Duce, Graziani, Mazzolini, Anfuso, Vittorio Mussolini e R a h n . Il viaggio subì interruzioni p e r gli allarmi aerei - «è u n a fort u n a che siano solo q u a t t r o divisioni» m o r m o r ò a un certo m o m e n t o R a h n , spazientito e p r e o c c u p a t o da quel girovagare, all'orecchio di Anfuso - ma r i a n i m ò Mussolini. C o n la p u n t u a l i t à e infallibilità di s e m p r e , il suo m a g n e t i s m o funzionava. I ragazzi delle divisioni gli t r i b u t a r o n o accoglienze entusiastiche, n o n foss'altro, p r o b a b i l m e n t e , che p e r il piacere di r i t r o v a r e un capo italiano d o p o tanti giorni di soggezione ai d u r i s e r g e n t i tedeschi. Il 18 luglio Mussolini si c o n g e d ò da quelli che avrebbero d o v u t o essere i soldati della sua Repubblica, a Sennelager, n o n lontano da P a d e r b o r n dove nel 9 d o p o Cristo le tribù t e u t o n i c h e di A r m i n i o avev a n o a n n i e n t a t o le legioni di Varo. Graziani, nella sua r o b o a n t e c o n c l o n e , t e n t ò a n c h e di rifarsi a q u e l p r e c e d e n t e storico, ma s'accorse che n o n e r a il caso, date le circostanze: e cambiò a r g o m e n t o , imbarazzato. 171

p

Il t r e n o speciale si avviò q u i n d i verso il Q u a r t i e r generale di R a s t e n b u r g nella Prussia orientale: nella vettura salone di Mussolini, il g r u p p o degli italiani p r e p a r ò , d'accordo con R a h n , un elenco dei p u n t i da discutere con Hitler: al p r i m o posto stava il p r o b l e m a degli internati in G e r m a n i a , e della loro sorte (e utilizzazione). Q u a n d o il t r e n o si approssimava o r m a i alla m e t a - e r a il 20 luglio - fu i m p r o v v i s a m e n t e avviato alla stazione di Gòrlitz (non si trattava di u n a località ma del n o m e convenzionale dato al centro ferroviario creato a b r e v e distanza dal Q u a r t i e r g e n e r a l e ) su un b i n a r i o m o r t o . Gli italiani n o n s a p e v a n o cosa stesse a c c a d e n d o ; il b a r o n e D o e r n b e r g , capo del protocollo della Wilhelmstrasse, che li accompagnava e r a agitato ma ermetico. Poi il camm i n o r i p r e s e , m a c o n c a u t e l e d r a m m a t i c h e : «Qualcosa d i grave e r a avvenuto - ricordò Anfuso -, e tanto grave da costringerli (i tedeschi, N.d.A.) a rallentare la marcia del tren o , e farci g i u n g e r e a R a s t e n b u r g con le finestre ermeticam e n t e chiuse ed oscurate... Infine il t r e n o , s e m p r e in quella sinistra b l i n d a t u r a , g i u n s e a d e s t i n a z i o n e . D o e r n b e r g a p r ì con o g n i cautela q u a l c h e finestrino... Da q u e s t o finestrino a p p a r v e il solito s c h i e r a m e n t o : Hitler q u a l c h e passo avanti a G ò r i n g e d i e t r o , allineati, R i b b e n t r o p , H i m m l e r , B o r m a n n , Keitel, Doenitz e altri capi nazisti». Avvolto in un mantello n e r o , a p p a r e n t e m e n t e calmo anc h e s e l a m a n o d e s t r a t r e m ò u n p o c o alzandosi n e l saluto nazista (e sulla m a n o si vedeva u n a leggera scalfittura), Hitler a n d ò incontro a Mussolini e disse: «Duce, p r o p r i o adesso mi e stato scagliato un i n f e r n a l e o r d i g n o » . Poco p r i m a (12,42) e r a esplosa nella Wolfschanze, la «tana del lupo», la b o m b a portatavi dal colonnello von Stauffenberg. Il Fiihrer, uscito miracolosamente i n d e n n e dall'attentato - e vide nella sua salvezza un segno del destino - aveva già dato le p r i m e disposizioni p e r la s c o p e r t a dei c o n g i u r a t i e p e r la r e p r e s sione che avrebbe p o r t a t o all'impiccagione, o alla fucilazion e , di circa cinquemila tedeschi: tra essi alti ufficiali, diplomatici, funzionari, u o m i n i politici, religiosi. Sospettati di es172

sere implicati nella t r a m a f u r o n o costretti a l suicidio d u e feldmarescialli, von Kluge e R o m m e l . E r a d u n q u e un H i t l e r f u r i b o n d o e assetato di v e n d e t t a quello che accolse i visitatori italiani, ai quali d e d i c ò p o c o t e m p o , i m p e g n a t o c o m ' e r a a c o n c e r t a r e con i suoi collabor a t o r i - ma solo chi si trovava nella Wolfschanze e r a v e r a m e n t e al di sopra di ogni sospetto - le spietate contromisure. La sua esposizione era c o n t i n u a m e n t e i n t e r r o t t a da messaggi e telefonate cui s e g u i v a n o o r d i n i concitati. D o p o le c o n g r a t u l a z i o n i d i Mussolini p e r l o s c a m p a t o p e r i c o l o , «prova speciale d e l l ' i n t e r v e n t o divino», H i t l e r spiegò sbrigativamente le cause, a suo dire tecniche, del grave m o m e n to che la G e r m a n i a attraversava, e quindi si dilungò sul suo t e m a preferito, p e r c h é schiudeva la p o r t a all'ultima speranza: le a r m i segrete. Già le VI avevano cominciato a piombare su L o n d r a , e n e l l ' a u t u n n o s a r e b b e r o e n t r a t e in a z i o n e a n c h e le V2 delle quali il Fiihrer illustrò le caratteristiche rivoluzionarie, assicurando che la capitale britannica sarebbe stata martellata «fino alla completa distruzione». La V di q u e s t e a r m i stava p e r Vergeltung (rappresaglia). La VI era, in parole povere, un a e r o p l a n i n o a reazione senza pilota, imbottito di u n a tonnellata di esplosivo. La sua velocità n o n s u p e r a v a i 400 chilometri o r a r i , e la sua q u o t a i mille metri. La V2 era invece un razzo che, s e m p r e con u n a tonnellata di esplosivo, volava a quasi seimila chilometri l'ora e toccava u n a q u o t a di un c e n t i n a i o di c h i l o m e t r i , r a g g i u n g e n d o poi silenziosamente l'obbiettivo p e r c h é viaggiava più r a p i d a del suono. L o n d r a fu colpita da 2.419 V I , altri p u n t i d e l l ' I n g h i l t e r r a da 3.132, Anversa da 2.448. Delle V2, ne c a d d e un migliaio su L o n d r a e sul resto dell'Inghilterra, e 1.265 su Anversa. P u r temibili e distruttrici, queste a r m i n o n e b b e r o gli effetti apocalittici su cui Hitler contava, e che Churchill temeva. Illustrati i piani p e r l'utilizzazione delle n u o v e armi, Hitler ribadì c h e e r a esclusa ogni resa al n e m i c o , e si o c c u p ò dell'Italia p e r c h i e d e r e che gli fossero forniti u o m i n i e re173

parti. Allo Stato Maggiore tedesco avrebbe fatto c o m o d o di t r a t t e n e r e in G e r m a n i a le d u e divisioni italiane già p r o n t e , p e r destinarle alla c o n t r a e r e a sul fronte orientale. Ma Mussolini, replicando a Hitler, p r o p o s e e o t t e n n e subito - il suo interlocutore aveva fretta - che le divisioni rimpatriassero, e che gli i n t e r n a t i avessero migliore t r a t t a m e n t o e i m p i e g o . Anche nel viaggio di r i t o r n o il t r e n o speciale p r o c e d e t t e con i finestrini e r m e t i c a m e n t e chiusi. A G a r g n a n o Mussolini osservò c o n sollievo: « N o n siamo p i ù soli in q u a n t o a t r a d i menti». L'euforia p e r gli applausi delle reclute italiane in G e r m a n i a , e l'acre soddisfazione p e r la riedizione del 25 luglio che era toccata - assai più sanguinosa e truce, c o m e si addice a tutto ciò che è tedesco - a Hitler, svanirono p r e s t o . Hitler consid e r a v a Mussolini «il mio migliore amico, e forse l'unico al m o n d o » , ma la miriade di uffici tedeschi disseminati in Italia - 73 nella sola Milano, s e c o n d o un a p p u n t o del D u c e a Gòbbels - n o n t e n e v a n o in alcun c o n t o il g o v e r n o c h e «o sarà posto in condizione di funzionare o si dimetterà». Benché Hitler si a g g r a p p a s s e alle sue farneticazioni ottimistiche - contava s e m p r e su u n a r o t t u r a della «innaturale alleanza» tra anglo-americani e sovietici - e b e n c h é il Duce fingesse a sua volta di aver fiducia, fascisti e tedeschi in Italia già p e n s a v a n o a l l ' e s t r e m a d i s p e r a t a resistenza. I n u n a lettera a Mussolini dell'8 s e t t e m b r e il segretario del Partito Pavolini affacciò l'idea («nella d e p r e c a t a eventualità di u n a u l t e r i o r e e p r e s s o c h é c o m p l e t a invasione del t e r r i t o r i o repubblicano») di «arroccarci con le camicie n e r e , con le n o stre a r m i e con il n o s t r o g o v e r n o in u n a zona difendibile quale la provincia di S o n d r i o e p a r t e di quella di Como». I tedeschi p r o p e n d e v a n o s e m p r e p e r M e r a n o , m a l o stesso Pavolini osservava che tale scelta avrebbe «tolto ogni valore al n o s t r o p r o p o s i t o di u n a resistenza e s t r e m a del fascismo mussoliniano in u n a roccaforte italiana», p e r c h é «a M e r a n o si tratterebbe di un g o v e r n o fantasma ospitato malvolentieri 174

dal Gauleiter Hofer». Mussolini costituì u n o speciale organismo, «il ridotto repubblicano alpino», p e r lo studio del p r o blema, ma esso n o n diede altro frutto che qualche p r o g e t t o cartaceo. Cresceva intanto l'attività partigiana, e in u n a lettera dell'ottobre a R a h n il Duce avvertiva che «le b a n d e sono diventate b r i g a t e e divisioni r e g o l a r m e n t e i n q u a d r a t e e c o m a n date da generali di carriera sottoposti ad u n o Stato Maggiore centrale», c h e il l o r o a r m a m e n t o e r a «ottimo», c h e in molti l u o g h i i tedeschi p a t t e g g i a v a n o con i p a r t i g i a n i alle spalle dei fascisti, e che infine «l'organizzazione p a r t i g i a n a in Italia con un totale di centomila u o m i n i ripartiti in 60 brigate costituisce un pericolo crescente c o n t r o il quale n o n si agisce con la d o v u t a efficacia». La Resistenza si a n d a v a in effetti i r r o b u s t e n d o , e le sue formazioni acquistavano u n a più precisa s t r u t t u r a militare, a n c h e se con p r o f o n d e sottolineature politiche. Ansiosi - come s e m p r e in queste fasi fluide della lotta politica o rivoluzionaria - di stabilire u n a larga convergenza a carattere nazionale, i comunisti, che p u r e avevano già un loro c o m a n d o unico, accettarono la istituzione di u n o Stato Maggiore partigiano cui tutte le «bande» facessero capo. Nelle loro istruzioni essi a v e v a n o del resto r a c c o m a n d a t o ai capi locali di n o n dimenticare che «l'unità militare n o n a p p a r t i e n e al partito, n o n è un o r g a n o di partito, n o n ha e n o n deve avere il c a r a t t e r e di p a r t i t o . Essa è un o r g a n o del C o r p o Volontari della Libertà». Ai b u o n i propositi facevano seguito, sovente, azioni che c l a m o r o s a m e n t e li c o n t r a d d i c e v a n o . Ma al vertice i b u o n i p r o p o s i t i f u r o n o t u t t o s o m m a t o rispettati. Il 9 g i u g n o v e n n e costituito u n « C o m a n d o g e n e r a l e p e r l'Italia o c c u p a t a del C o r p o Volontari della Libertà», diviso in p i ù sezioni (assistenza, o p e r a z i o n i , informazioni e c o n t r o s p i o naggio, aviolanci, trasporti e collegamenti, prigionieri alleati, falsi). Al settore operazioni, ovviamente il più i m p o r t a n t e , venn e r o preposti Ferruccio Parri e Luigi L o n g o . A c o m a n d a n t e 175

fu designato - d o p o che un a e r e o alleato l'aveva p a r a c a d u tato sull'Italia del n o r d - il generale Raffaele C a d o r n a , che a 55 a n n i s'era d o v u t o a l l e n a r e p e r il pericolóso lancio. Il suo a d d e s t r a m e n t o e r a stato c u r a t o , nella base di San Vito dei N o r m a n n i , dagli inglesi della Special Force. Q u a n d o Cad o r n a fu p r o n t o , lo affiancarono, nel salto verso l'ignoto, il capitano inglese Oliver Churchill e il t e n e n t e della G u a r d i a di F i n a n z a A u g u s t o De L a u r e n t i s . De L a u r e n t i s e r a stato scelto p e r c h é C a d o r n a risultava, a giudizio degli inglesi, un po' «impacciato» (senza dubbio a causa dell'età) e pareva o p p o r t u n o vi fosse qualcuno che l'aiutasse d o p o l'atterraggio. La p r e p a r a z i o n e dei lanci di r i f o r n i m e n t i e di u o m i n i , così c o m e la p r e p a r a z i o n e di agenti di c o l l e g a m e n t o , rientrava nei compiti dei servizi segreti anglo-americani, ricchi di mezzi ma gelosi delle rispettive c o m p e t e n z e e poco inclini a collaborare: la già citata Special Force inglese e l'oss (Office of Strategie Services) statunitense. Oltre che a San Vito dei N o r m a n n i gli allievi p a r a c a d u t i s t i e r a n o a d d e s t r a t i in Algeria: lì formò la sua esperienza, tra gli altri, E d g a r d o Sogno, poi i n t r e p i d o capo delle formazioni Franchi (di i m p r o n ta liberale e m o n a r c h i c a ) , che s e m p r e i n t r a t t e n n e o t t i m i r a p p o r t i con gli Alleati n o n solo p e r la sua m o d e r a z i o n e ideologica, ma a n c h e p e r c h é parlava p e r f e t t a m e n t e l'inglese. S o g n o stesso ha r a c c o n t a t o c o m e fosse stato accolto, al Club des Pins di Algeri (un villaggio balneare) dall'allora capitano di artiglieria Alberto Li Gobbi - anch'egli poi paracad u t a t o sul n o r d - che gli mostrò le attrezzature e gli spiegò l a tecnica d e l l ' a d d e s t r a m e n t o : q u e s t o d u r ò u n a d e c i n a d i giorni, con molta ginnastica e cinque lanci. I r a p p o r t i di C a d o r n a con i vice c o m a n d a n t i Parri e Longo (in particolare con il secondo, sospettoso e, n o n o s t a n t e la linea ufficiale del suo Partito, deciso a m a n t e n e r e al movim e n t o partigiano u n a forte i m p r o n t a di sinistra) n o n furono facili. C a d o r n a e r a visto insieme c o m e un possibile res t a u r a t o r e dei classici princìpi gerarchici militari c o n t r o la spontaneità p o p o l a r e delle b a n d e , e come un i n t e r p r e t e dei 176

disegni strategici degli Alleati contro la volontà rivoluzionaria delle masse. Senza a m m o r b i d i m e n t i diplomatici, L o n g o scrisse c h e il g e n e r a l e e r a stato «inviato dagli Alleati nel N o r d con il preciso c o m p i t o di c o n t r o l l a r e e c o n t e n e r e il m o v i m e n t o partigiano». Sogno ha spiegato a Franco Fucci, a u t o r e di un libro (Spie per la libertà) sui servizi segreti nella Resistenza, c o m e fosse difficile p e r C a d o r n a far valere le sue p r e r o g a t i v e di c o m a n d a n t e . «Ceixai - ha d e t t o Sogno - di rafforzare il più possibile la posizione di C a d o r n a in seno al C o m a n d o g e n e r a l e del CVL f o r n e n d o g l i servizi quali i trasporti e i collegamenti, ma s o p r a t t u t t o facendo passare attraverso il g e n e r a l e e il suo staff militare le informazioni di cui venivo in possesso. Ciò p e r c h é o g n i p a r t i t o cercava di far passare le informazioni attraverso i p r o p r i canali e n o n attraverso C a d o r n a . Il PCI e il Partito d'azione p e r esempio m a n d a v a n o il loro materiale al S u d scavalcando il c o m a n d a n t e generale del CVL.» E certo che Alexander, attenendosi del resto alle istruzioni di Churchill, preferiva destinare i suoi lanci alle «bande» n o n c o m u n i s t e , e o r g a n i z z a r e i contatti delle sue missioni segrete in m o d o da favorire il m e n o possibile quella p a r t e della Resistenza che ostentava p r o p o s i t i n o n solo a n t i m o narchici, ma antiborghesi, anticapitalisti, e - p e r q u a n t o rig u a r d a i comunisti - filosovietici. Tuttavia un foglio di istruzioni di cui C a d o r n a fu m u n i t o p r i m a di r a g g i u n g e r e il N o r d e r a a b b a s t a n z a i m p a r z i a l e : « P u r c h é ogni organizzazione in Alta Italia si dimostri capace e p r o n t a ad effettuare o p e r a z i o n i offensive c o n t r o i tedeschi, il colore politico di tale organizzazione n o n ci interessa». Ma, aggiungeva il doc u m e n t o , «dove le t e n d e n z e politiche i n t e r f e r i s c o n o con l'organizzazione e c o n i p i a n i di o p e r a z i o n e che f o r m a n o u n a p a r t e i n t e g r a l e della a v a n z a t a alleata in Italia, l'aiuto n o n verrà fornito da questo Q u a r t i e r generale». Le direttive di massima di A l e x a n d e r e r a n o poi t r a d o t t e in p r a t i c a in m a n i e r a farraginosa, a volte c o n t r a d d i t t o r i a , dai servizi segreti. «Gli Alleati - ha rilevato Parri, e su q u e 177

sto n o n possiamo dargli torto - conoscevano poco l'Italia e noi, né e r a n o s e m p r e b e n e informati e q u i n d i b e n orientati.» La linea politica g e n e r a l e spettava agli inglesi, ma capitava che gli a m e r i c a n i si i n t r o m e t t e s s e r o con il loro ottimismo schematico e impiccione a g g r a v a n d o la confusione e le incertezze. Il t i m o r e del c o m u n i s m o influiva sul c o m p o r t a m e n t o degli inglesi, e ciò c h e stava a v v e n e n d o nel q u a d r o g e n e r a l e della g u e r r a (e nella azione di Stalin) legittimava p i e n a m e n t e le loro diffidenze. Il sospetto - anch'esso rievocato da Parri - che i comunisti «avrebbero fatalmente assorbito e fagocitato le altre correnti, a l m e n o sul p i a n o militare» e che gli azionisti a v r e b b e r o p o t u t o a d e r i r e a «un frontismo generico a direzione comunista» e r a avvalorato dai fatti. Cad o r n a e Sogno r a p p r e s e n t a r o n o u n a qualche garanzia contro questo rischio. Ancora da un ricordo di Parri - p e r c o n c l u d e r e con q u e sta sintesi della s t r u t t u r a p a r t i g i a n a - citiamo alcuni dati: con l'avvertenza che, nello schema da lui tracciato, c o m a n d i e reparti s e m b r a n o assai p i ù organici, razionali e collegati al c e n t r o di q u a n t o in c o n c r e t o fossero. M e n t r e la fine della G e r m a n i a si a p p r o s s i m a v a i n e s o r a b i l m e n t e , le «bande» acquistavano consistenza n u m e r i c a e d e t e r m i n a z i o n e . N o n div e n n e r o mai, n é l o p o t e v a n o i n quelle condizioni, u n v e r o esercito, o un vero controesercito. Spiegò d u n q u e Parri: «Dipendevano dal C o m a n d o generale i c o m a n d i regionali costituiti a Torino, Genova, Milano, Padova e Bologna e formati da un c o m a n d a n t e militare, che f u spesso u n v a l e n t e g e n e r a l e , assistito d a r a p p r e s e n t a n t i dei g r u p p i di formazioni... Si v e n n e e l a b o r a n d o nel t e m p o un organico dell'esercito p a r t i g i a n o semplice ed u n i f o r m e : dall'unità e l e m e n t a r e , che e r a la s q u a d r a , si saliva al distacc a m e n t o , forte di 3-5 s q u a d r e : 2-3 distaccamenti c o m p o n e v a n o g e n e r a l m e n t e u n b a t t a g l i o n e , 2-3 b a t t a g l i o n i s i r a g g r u p p a v a n o i n u n a b r i g a t a c h e e r a l a n o s t r a u n i t à tattica f o n d a m e n t a l e , legata ad u n a d e t e r m i n a t a valle, della forza tipica di circa 300 u o m i n i . Col t e m p o si f o r m a r o n o le divi178

sioni che o r g a n i z z a r o n o m i l i t a r m e n t e o u n a g r a n d e valle o alcune valli collegate: e b b e r o forza assai variabile che passò, s e c o n d o le r e g i o n i , da c i n q u e c e n t o a c i n q u e m i l a u o m i n i . . . Ai r e p a r t i c o r r i s p o n d e v a n o i g r a d i : p e r noi valeva soltanto l a gerarchia partigiana; e d u n e x cuoco o d u n sergente d e gli alpini p o t è c o m a n d a r e u n a divisione... V o l e m m o cioè, r e s i s t e n d o ad o g n i sollecitazione e p r e s s i o n e in c o n t r a r i o , s a l v a g u a r d a r e il carattere borghese del movimento». Dove il t e r m i n e b o r g h e s e significa, in realtà, carattere politico e n o n tecnico. Tra il luglio e l'agosto del 1944, m e n t r e gli Alleati ancora avanzavano, lasciando s p e r a r e in u n a totale liberazione dell'Italia, la Resistenza intensificò la sua attività, e nella zona di Montefiorino, in Emilia, sostenne c o n t r o i tedeschi quella che p u ò essere definita u n a battaglia campale di tipo classico. Alle spalle della linea gotica, sulle p r o p a g g i n i dell'App e n n i n o , i partigiani p r e s i d i a r o n o in quell'area (tra le p r o vince di Reggio e di M o d e n a ) un territorio di c i n q u a n t a chil o m e t r i p e r o t t a n t a : e i tedeschi i m p e g n a t i a f o n d o c o n t r o gli anglo-americani ne e r a n o così allarmati che nella seconda m e t à di luglio p r o p o s e r o alle forze ribelli, c o m a n d a t e da un c o n t a d i n o improvvisatosi capo militare, A r m a n d o Ricci, u n a t r e g u a . Fu p r o m e s s a la sospensione dei rastrellamenti e la l i b e r a z i o n e degli ostaggi, a p a t t o c h e i p a r t i g i a n i i n t e r r o m p e s s e r o la loro attività. Ricci respinse il d o c u m e n t o del g e n e r a l e Messerle c h e a fine m e s e lanciò, c o n effettivi sec o n d o il Battaglia equivalenti a tre divisioni, la sua offensiva. I partigiani, che e r a n o stati a b b o n d a n t e m e n t e riforniti con aviolanci alleati, c o m b a t t e r o n o b r a v a m e n t e ma n o n fur o n o in g r a d o di bloccare l'attacco. Riuscirono tuttavia a rip i e g a r e o r d i n a t a m e n t e in u n a «zona di salvezza» m o n t a n a . L e p e r d i t e f u r o n o p e s a n t i d a e n t r a m b e l e p a r t i , con qualche centinaio di morti. A Montefiorino e r a stata creata, p e r il t e m p o in cui la zona fu s g o m b r a dai tedeschi, u n a mini repubblica, con ordin a m e n t i e m b r i o n a l i . Di q u e s t e piccole r e p u b b l i c h e Luigi 179

L o n g o ne elencò quindici nel suo Un popolo alla macchia: ma si trattò p e r lo più di effimeri e precari «santuari» partigiani, p r e s t o spazzati via. Tre f u r o n o - oltre quella di M o n t e fiorino - le piccole r e p u b b l i c h e di qualche i m p o r t a n z a : Ossola, Carnia e Alto Monferrato. Nell'Ossola, d o v e i p a r t i g i a n i e r a n o privilegiati p e r la contiguità con il confine, i presidi fascisti si a r r e s e r o l ' u n o d o p o l'altro, demoralizzati e demotivati, tra la fine d'agosto e i p r i m i di settembre: alle loro richieste di rinforzi i c o m a n di di Milano n o n r i s p o n d e v a n o n e p p u r e . Il 9 s e t t e m b r e , r a g g i u n t o un a c c o r d o con i tedeschi che venivano autorizzati a defluire senza subire attacchi, le formazioni garibaldine e quelle cattoliche di Di Dio e Cefis e n t r a r o n o nel capoluogo, Domodossola, seguite da un nugolo di politici che si e r a n o rifugiati in Svizzera, e che lì r i t r o v a r o n o il gusto della democrazia, e a n c h e della bizantina rissa verbale: tra essi i comunisti Concetto Marchesi, Giancarlo Pajetta e Terracini, il sindacalista socialista F e r n a n d o Santi e gli altri socialisti Ezio Vigorelli e Mario e C o r r a d o Bonfantini, il democristiano Piero Malvestiti. Ettore Tibaldi, un medico socialista che aveva t e n u t o i r a p p o r t i tra i partigiani e gli esuli in Svizzera (e a n c h e tra i partigiani e gli emissari alleati Alien Dulles e McCaffery) fu d e s i g n a t o p r e s i d e n t e della g i u n t a . La sua «giurisdizione» si estendeva dalle s p o n d e del Lago Maggiore alla Valsesia, da Gravellona al S e m p i o n e . Il clima fu all'inizio di e n t u s i a s m o confusionario, con g r a n d i discorsi sull ' u n i v e r s o scibile, c o m p r e s o il S u d A m e r i c a , la q u e s t i o n e femminile, la differenza tra democrazia sostanziale e d e m o crazia formale. Si respirava aria di G r a n d e Costituente e di piccola patria, con molte velleità, molte parole, e anche con m o l t a o n e s t à . M a q u a n d o , c o m i n c i a n d o l ' o t t o b r e , Kesselr i n g ebbe stabilizzato la linea gotica, e p o t è distogliere forze dal fronte p e r occuparsi delle p l a g h e d o m i n a t e dalla Resistenza, p e r la r e p u b b l i c a dell'Ossola fu la fine. La città fu persa il 10 ottobre, il 20 Tibaldi ripassò il confine r e g g e n d o u n a borsa in cui teneva i d o c u m e n t i contabili della sua ge180

stione. Nelle battaglie dell'Ossola Ezio Vigorelli aveva perso i d u e figli, B r u n o e Fofi. Ad Ampezzo fu insediata il 26 settembre, d o p o u n a lenta e g r a d u a l e a z i o n e di a m p l i a m e n t o della «zona libera», la giunta della Carnia, che sovrintendeva a 37 c o m u n i con circa ottantamila abitanti, su un territorio di circa 2.500 chilom e t r i q u a d r a t i . A fine n o v e m b r e a n c h e q u e s t a r e p u b b l i c a m o r ì nel s a n g u e , debellata da q u a r a n t a m i l a u o m i n i che erano u n a internazionale nazifascista; oltre ai tedeschi e ai «repubblichini», i terribili cosacchi, gli ustascia croati, i francesi di Vichy. Stranieri militavano a n c h e nelle forze partigiane; tra gli altri i russi di un battaglione Stalin che e r a n o fuggiti dai campi di prigionia della Stiria. Si difesero fianco a fianco, m e n t r e il r a s t r e l l a m e n t o p r o c e d e v a implacabile nel grigiore a u t u n n a l e , nelle vallate e su p e r i costoni, i garibaldini dal fazzoletto rosso e i cattolici dal fazzoletto v e r d e della O s o p p o . In pochi giorni le forze agli ordini dei tedeschi fecero spietata «pulizia», m e n t r e i sopravvissuti si r a g g r u p p a vano in posizioni defilate. Per questa povera O s o p p o sacrificata nella difesa della Carnia si p r e p a r a v a un altro d u r o colpo ( a n t i c i p i a m o q u i la c r o n o l o g i a degli a v v e n i m e n t i ) nel febbraio del 1945: n o n glielo a s s e s t a r o n o i t e d e s c h i , ma i «compagni» garibaldini. Episodio di lotta feroce fra «bande» partigiane che, n o n o s t a n t e i conclamati propositi di concordia contro il c o m u n e nemico, rivelò la tensione e la faziosità politica sotto la a p p a r e n t e «neutralità militare». La O s o p p o combatteva al confine con il m o n d o slavo: in un settore cioè dove Tito e i suoi emissari già a n n u n c i a v a n o i più avidi propositi di annessione di territori italiani, e dove i garibaldini, d i v e r s a m e n t e dagli altri partigiani italiani, e r a n o disposti i n n o m e d e l l ' i d e o l o g i a a d a c c e t t a r e q u e s t a «mainmise» straniera. T r a T i t o e B o n o m i (o C a d o r n a ) sceglievano T i t o . È stato scritto dalla pubblicistica c o m u n i s t a - ripresa da Bocca piuttosto acriticamente - che la O s o p p o commise l'errore di lasciare alle m a l g h e di Porzus un distacc a m e n t o agli o r d i n i di Francesco de G r e g o r i d e t t o Bolla, 181

«uomo sbagliato nel luogo sbagliato». Perché sbagliato? Perché (citiamo da Bocca) «è un attesista affetto da grafomania, il quale invece di d i f e n d e r e l'italianità del l u o g o sui c a m p i di battaglia scrive in continuazione r a p p o r t i al CLN di U d i n e sulle m e n e slavo-comuniste». Porzus è in c o m u n e di Attimis, a n o r d - e s t di U d i n e , e Bolla con i suoi u o m i n i della O s o p po-Friuli aveva stabilito lassù un'isola «verde» in un m a r e «rosso». Tanto attesista tuttavia il Bolla n o n doveva essere se in m e m o r i a gli fu concessa la medaglia d ' o r o al valor militare. Era invece un deciso anticomunista, p r e o c c u p a t o dall'espansionismo titino: il che gli era valso l'odio dei garibaldini della brigata Natisone, i quali o p e r a v a n o agli o r d i n i del IX Corpus sloveno. T r a i g a r i b a l d i n i e r a M a r i o Toffanin d e t t o «Giacca», un gappista p a d o v a n o che osannava Stalin e vedeva spie d o v u n q u e , a n c h e tra gli altri partigiani, se n o n erano della sua risma. Per Toffanin «Bolla» e r a perciò un traditore, e come lui lo e r a n o tutti coloro che gli stavano i n t o r n o . Il 7 febbraio del 1945 «Giacca» marciò sulle m a l g h e di Porzus, catturò con u n o s t r a t a g e m m a gli u o m i n i della O s o p p o , e li sterminò accusandoli di inesistenti collusioni con i tedeschi. Tutti fascisti, d e c r e t ò , a v v i a n d o le esecuzioni. Q u e s t a vicenda attestò nel s a n g u e che, sul confine, i comunisti stav a n o «dall'altra parte». Lo si vide a n c h e nel CLN di Trieste, dal quale i delegati del pei u s c i r o n o d o p o che e r a stata r e spinta la loro p r o p o s t a di inserirvi un r a p p r e s e n t a n t e degli sloveni. In o r d i n e di nascita, la «repubblica» dell'Alto M o n f e r r a t o fu l'ultima. Il suo atto di battesimo, con la data del 5 novembre, è così riassunto in un t e l e g r a m m a a B o n o m i : «In n o m e e p e r o r d i n e di codesto g o v e r n o e del CLNAI insediasi oggi g i u n t a p o p o l a r e governativa zona libera provincia Asti, d e stra T a n a r o , c o m p r e n s i v a q u a r a n t a comuni». D i f e n d e v a n o la z o n a libera d u e «divisioni» g a r i b a l d i n e , c o m a n d a n t i Giambattista Reggio e Davide Lajolo (Ulisse), e u n a divisione a u t o n o m a a p p a r t e n e n t e alle formazioni di «Mauri»: n o me di battaglia di Enrico Martini, m a g g i o r e in servizio p e r 182

m a n e n t e effettivo dell'Esercito, che aveva raccolto i n t o r n o a sé alcuni ufficiali coraggiosi e centinaia di giovani, e guidava i suoi partigiani a u t o n o m i con piglio rigoroso e a volte con m e t o d i spicciativi verso veri o p r e s u n t i traditori e spie. Già il 10 ottobre M a u r i - in c o n c o r r e n z a con i garibaldini - aveva occupato Alba, e q u a n d o il p r i m o n o v e m b r e gli e r a stata intimata dai tedeschi la resa aveva s p a v a l d a m e n t e risposto issando il tricolore sul campanile. Ma dovette s g o m b e r a r e , e alcuni giorni d o p o a n c h e l'Alto M o n f e r r a t o r i c a d d e sotto il controllo nazifascista. N o n tutti i r e p a r t i tedeschi e n o n tutti i r e p a r t i fascisti ebbero, in questa g u e r r a che - come tutte quelle con connotazioni di g u e r r a civile - e r a s p o r c a e feroce, e g u a l e c o m p o r t a m e n t o . Ve ne furono di sufficientemente u m a n i , se n o n corretti, e ve ne f u r o n o di spietati. V ' e r a n o differenze a n c h e t r a le molte polizie - ufficiali e «private» - che i m p e r v e r s a vano nelle città, e tra le «ville tristi» dove sgherri, autorizzati e n o n , si a b b a n d o n a v a n o alle loro v e n d e t t e , eseguivano le loro t o r t u r e e le loro uccisioni. Le polizie e r a n o l'una c o n t r o l'altra a r m a t e , e il bieco K o c h , trasferitosi a M i l a n o c o m e s a p p i a m o , d o p o la c a d u t a di Roma, e messosi agli o r d i n i di Buffarini Guidi, fu arrestato il 24 settembre da un d r a p p e l lo della Legione Muti al c o m a n d o del questore Bettini: p e r ché, osservava Bettini, la Koch «è o r m a i diventata... un'infamia e un marchio di Milano». Nei locali della Villa Triste mil a n e s e di via Paolo Uccello a San Siro, c h e di K o c h e r a il Q u a r t i e r generale, furono scoperti «un g r a n n u m e r o di prigionieri che e r a n o stati nei decorsi mesi o passati alle carceri o rimessi in libertà... con atto assolutamente arbitrario si usava dividere quello che si toglieva al prigioniero». Gli int e r r o g a t o r i della Villa Triste di Milano avevano u n a scenografia caricaturalmente giudiziaria, un l a m p a d a r i o 900 p e n deva dal soffitto a stucchi, Koch presiedeva, d o m a n d e e risposte e r a n o i n t e r r o t t e da percosse e t o r t u r e . U n a segretaria verbalizzava 1'«udienza» alla macchina da scrivere ma di 183

tanto in tanto si alzava p e r sferrare calci negli stinchi ai prig i o n i e r i . C a p i t a v a c h e si affacciasse alla p o r t a della sala Osvaldo Valenti, stralunato p e r la d r o g a o p e r la commozion e ; e consolava le vittime, «poverini c o m e siete conciati», e le esortava a p a r l a r e , «è p e r il vostro bene». Forse fingeva, forse n o , i suoi sentimenti e r a n o contorti e confusi, la separ a z i o n e tra messinscena cinematografica e c r u d a realtà rim a n e v a p e r lui incerta. A l m e n o agli o r r o r i di via Paolo Uccello l'intervento della Muti - nel r u o l o molto inconsueto di r i p a r a t r i c e di torti - pose finalmente t e r m i n e . Ma Koch fu presto liberato p e r intervento di Farinacci. N o n è che un esempio di c o m e in questo crepuscolo - ormai quasi t e n e b r a - della G e r m a n i a e della R e p u b b l i c a di Salò tutto fosse in decomposizione: e questo valeva, in qualche m o d o , a n c h e p e r i tedeschi, che «tenevano» con straordinaria tenacia al fronte ma affrontavano il disperato avvenire in varia m a n i e r a . Se la W e h r m a c h t continuava a battersi con o n o r e , e il c a p o delle SS in Italia g e n e r a l e Wolff già meditava i suoi propositi di trattativa e di resa, altri c o m e il m a g g i o r e R e d e r dava sfogo a un furore insieme metodico e allucinato. V ' e r a u n a logica militare nei rastrellamenti che i tedeschi c o m p i r o n o a ridosso della linea gotica, p e r ripulirne le retrovie, a costo di c r e a r e la t e r r a bruciata. Ma l'interp r e t a z i o n e che alcuni ufficiali ne d i e d e r o fu terrificante. Il Battaglia ha ritracciato l'itinerario di s a n g u e dei battaglioni SS. Reder, detto il m o n c o , cominciò la sua o p e r a il 12 agosto a S a n t ' A n n a di Stazzema in Lucchesia (360 vittime civili); q u i n d i , s u p e r a t o l ' A p p e n n i n o , fece 107 vittime a Valla, poi o r d i n ò d'impiccare a San Terenzio 53 ostaggi che dalla Lucchesia s'era trascinati dietro. Il 24 agosto, affiancato da brigatisti n e r i , distrusse Vinca n e l c o m u n e di Fivizzano, il 13 settembre p r o c e d e t t e alla fucilazione di 108 rastrellati, il 16 s e t t e m b r e devastò e uccise a Bergiola, e infine tra il 29 settembre e il p r i m o ottobre compì l'ultima e m a g g i o r e strage a Marzabotto. M a r z a b o t t o è u n a b o r g a t a d e l l ' A p p e n n i n o emiliano, t r a 184

la strada p o r r e t t a n a e la strada pistoiese. Ecco un resoconto di ciò che vi avvenne: «Due r e g g i m e n t i di SS Adolf Hitler, di r i t o r n o da un rastrellamento, c i r c o n d a n o la zona oltre il fiume R e n o . Nella frazione Casaglia u n a folla s'è raccolta nella chiesa, in p r e g h i e r a . I r r o m p o n o i tedeschi, uccidono il p r e te officiante: nella chiesa t r u c i d a n o tre vecchi che n o n obbediscono in fretta all'intimazione di uscire. Gli altri, in n u m e ro di 147, tra cui 50 bambini, sono ammassati nel cimitero e mitragliati: 28 famiglie sono s t e r m i n a t e al c o m p l e t o , si salv a n o solo a l c u n i b a m b i n i . C e n t o s e t t e , t r a cui 2 4 b a m b i n i , sono gli assassinati della frazione C a p r a t a . In casolari poco discosti p e r i s c o n o 282 p e r s o n e , a g r u p p i o isolate, t r a loro 38 bambini e d u e suore. In località C e r p i a n o 49 infelici, tra cui 24 d o n n e e 19 b a m b i n i , sono rinchiusi in un o r a t o r i o e mitragliati a g r u p p i . Si salvano u n a maestra e d u e bambini. Altre 103 vittime i nazisti d i s s e m i n a n o p o c o l o n t a n o , scovandole casa p e r casa. Ripiglia la strage più oltre... Il c o m u ne di Marzabotto l a m e n t a 1.830 morti, tra cui 5 preti». N e f a n d o episodio, con aspetti di ferocia belluina. Le stesse autorità fasciste s t e n t a r o n o a c r e d e r e alle p r i m e testimon i a n z e : q u a n d o i l s e g r e t a r i o c o m u n a l e Agostino G r a v a n e riferì a Bologna al prefetto Dino Fantozzi si sentì r i s p o n d e re che era impossibile, n o n poteva essere vero. Ma poi Fantozzi, persuaso, a n d ò a G a r d o n e e vide d u e volte Mussolini. « N e m m e n o lui ne sapeva nulla - e alle mie parole si i m p r e s sionò e si adirò. C h i a m ò al telefono Hitler e gli disse: " N o n si p u ò p r o t e s t a r e p e r le fosse di Katyn q u a n d o qui in Italia c'e Marzabotto".» A Marzabotto fu praticata la strage p e r la strage, gratuita. Il suo unico risultato fu di suscitare odio. Per questo ancora più odiosa, Marzabotto, delle Fosse Ardeatine, un massacro che a l m e n o aveva la sua giustificazione nel codice di g u e r r a : e q u i n d i più odiosa anche dell'altro eccidio di piazzale L o r e t o a Milano, dove il 9 agosto i gappisti avevano fatto saltare, in viale Abruzzi, un a u t o c a r r o militare g e r m a n i co: c i n q u e soldati m o r t i sul colpo, altri q u a t t r o nei g i o r n i 185

successivi, a causa delle ferite. Kesselring voleva fosse applicata a n c h e lì la r e g o l a del 10 p e r u n o , p o i l'arcivescovo S c h u s t e r riuscì, s u p p l i c a n d o l o , a r i d u r r e da 50 a 15 il n u m e r o degli ostaggi da sacrificare. Un p l o t o n e d'esecuzione di fascisti s t e r m i n ò accanto al d i s t r i b u t o r e di b e n z i n a di piazzale Loreto, all'alba del 10 agosto, i prescelti, tutti deten u t i politici prelevati d a San Vittore. C o m e m a c a b r o contrappasso a quel sacrificio di antifascisti, Mussolini e G a r e t ta Petacci finirono poi appesi a quello stesso distributore. A n o v e m b r e del 1944, b e n c h é gli anglo-americani fossero sul R e n o e i sovietici in U n g h e r i a e in Cecoslovacchia, fu chiaro a tutti che un altro i n v e r n o di g u e r r a aspettava l'Eur o p a . I n Italia, A l e x a n d e r n o n s p e r a v a p i ù d i s f o n d a r e l a linea gotica: l'onore e l'onere di farlo sarebbe spettato all'am e r i c a n o M a r k C l a r k , c h e gli s u c c e d e t t e i n g e n n a i o (Alexander, p r o m o s s o , e r a d i v e n u t o C o m a n d a n t e dell'intero scacchiere m e d i t e r r a n e o ) . A p p r e s t a n d o s i al c o n g e d o dal teatro di operazioni italiano, A l e x a n d e r n o n colse altri allori militari, e in c o m p e n s o i n c a p p ò in un infortunio nei suoi r a p p o r t i con il m o v i m e n t o p a r t i g i a n o . D i r a m ò il 13 n o v e m b r e un p r o c l a m a - p a r e in realtà fosse stato steso da un suo m a l d e s t r o a i u t a n t e - che dava alla Resistenza italiana istruzioni p e r l'inverno. Avvertiva il p r o c l a m a che «i patrioti d e v o n o cessare la loro attività p r e c e d e n t e p e r p r e p a r a r s i alla n u o v a fase di lotta e f r o n t e g g i a r e un n u o v o n e m i c o , l'inv e r n o » , che l'aviazione alleata a v r e b b e p o t u t o volare p o c o ed effettuare p o c h i lanci e che q u i n d i e r a o p p o r t u n o «cessare le o p e r a z i o n i organizzate su vasta scala, c o n s e r v a r e le munizioni e i materiali e tenersi pronti p e r nuovi ordini; a p p r o f i t t a r e p e r ò u g u a l m e n t e delle occasioni favorevoli p e r attaccare tedeschi e fascisti e c o n t i n u a r e nella raccolta di notizie di c a r a t t e r e m i l i t a r e c o n c e r n e n t i il n e m i c o » . Si a c c o m p a g n a v a n o a q u e s t e d i s p o s i z i o n i «attesiste» le c o n g r a t u l a z i o n i di rito p e r l'efficace a p p o r t o della Resistenza alla lotta c o m u n e . Tutto s o m m a t o , le direttive di A l e x a n d e r e r a n o logiche. 186

Ma f u r o n o diffuse p e r r a d i o (il che consentì ai tedeschi di sapere che avrebbero g o d u t o di un p e r i o d o di relativa tranquillità sia da p a r t e degli Alleati sia da p a r t e delle «bande») e i n o l t r e e r a n o f o r m u l a t e con u n a p e r e n t o r i e t à c e r t o n o n diplomatica. Esse fecero pessima impressione su quei partigiani di base che ormai n o n volevano più d a r t r e g u a agli avversari, e p r o v o c ò c o s t e r n a z i o n e al vertice t r a chi - c o m e L o n g o - al fine militare associava un fine politico, e temeva u n o squagliamento massiccio. In effetti tra l'ottobre e il dic e m b r e - a volte con la giustificazione di «licenze», concesse a malincuore - gli effettivi partigiani si ridussero da ottanta a cinquantamila uomini. Questo benché Longo, interpret a n d o a m o d o suo gli o r d i n i di Alexander, a m m o n i s s e che «noi d o b b i a m o p r e v e d e r e n o n u n a contrazione, n o n u n indebolimento della lotta partigiana, ma bensì la sua intensificazione», e s c o n t a n d o l'affievolirsi dei lanci e degli aiuti finanziari alleati intimasse a «banchieri industriali profittatori che h a n n o trovato miliardi d i b u o n a m o n e t a p e r f i n a n z i a r e le i m p r e s e fasciste» di trovare «i mezzi p e r sostenere la nostra lotta di liberazione». La Repubblica di Mussolini era agonizzante, e il suo C a p o lo sapeva: tanto lo sapeva che aveva avviato trattative a Berna nel tentativo di assicurare un asilo sicuro ai suoi familiari, e si e r a liberato dell'ormai i n g o m b r a n t e p r o p r i e t à del Popolo d'Italia, v e n d u t o all'industriale Gian Riccardo Cella (i t e r m i n i finanziari dell'affare sono poco chiari, p e r c h é form a l m e n t e Cella n o n p a g ò nulla, ma si accollò soltanto i 35 milioni di debiti che gravavano sul quotidiano). I vertici fascisti o n d e g g i a v a n o tra estremi sogni di riscossa e la p r e d i sposizione alla fuga, e in quel crepuscolo torbido continuav a n o ad agitarsi gli eretici di varia t e n d e n z a che a l l ' o m b r a dell'ultimo fascismo avevano abbozzato stravaganti iniziative politico-culturali. Accenneremo soltanto alla Crociata Italica di d o n Tullio Calcagno, un prete di Terni che in quella città era divenuto cano187

nico e parroco della cattedrale e che d o p o l'8 settembre 1943 si era schierato senza esitazioni dalla p a r t e degli irriducibili. Protetto e foraggiato da Farinacci, Calcagno pubblicò a p p u n to a C r e m o n a Crociata, Italica, disordinato guazzabuglio di cattolicesimo e di fascismo: «Noi crociati italiani abbiamo proclamato e proclamiamo alto e forte, senza ambiguità, che la nostra Patria, l'unica vera nostra Patria è l'Italia che il 22 maggio strinse il Patto d'Acciaio con la G e r m a n i a , il 10 g i u g n o 1940 scese in g u e r r a contro le plutocrazie occidentali Francia e Inghilterra, l'8 settembre 1943 n o n a b b a n d o n ò e n o n tradì l'alleata Germania». Tra i grandi nomi, solo Ezra Pound, Giovanni Papini e Pericle Ducati a d e r i r o n o al m o v i m e n t o , inviso a molti fascisti, e avversato dalle gerarchie ecclesiastiche che prima sospesero a divinis, poi scomunicarono d o n Calcagno, ucciso infine nella g r a n d e mattanza del d o p o 25 aprile. Ancor più singolare fu la vicenda della «opposizione socialista» d e l filosofo E d m o n d o C i o n e : p r o f e s s o r e di liceo, napoletano, per qualche tempo reggiborsa di Benedetto Croce, e a Croce così u m i l m e n t e appiccicato che l'avevano s o p r a n n o m i n a t o 'o vaccariello, il vitellino che sta s e m p r e dietro la mucca. Q u e s t e sue frequentazioni gli avevano acquisito fama di antifascista, e m e r i t a t o alcuni mesi di carcere all'inizio della g u e r r a . Poi aveva r o t t o c o n C r o c e , m a p e r orientarsi verso il socialismo, e, trasferitosi a Milano, vi intratteneva r a p p o r t i con u o m i n i c o m e Lelio Basso e Placido Martini, che sarà ucciso alle Fosse A r d e a t i n e . In c a m p o fascista conosceva e stimava Carlo Alberto Biggini, m i n i s t r o d e l l ' E d u c a z i o n e Nazionale di Salò. E p r o p r i o a Salò, m e n tre faceva del cicloturismo - n o n o s t a n t e i tempi calamitosi 'o vaccariello aveva rivisto Biggini, che l'accompagnò (luglio 1944) da Mussolini. Il D u c e e r a in u n a fase psicologica di p r o f o n d o r a n c o r e verso i tedeschi, che lo u s a v a n o insieme c o m e simbolo e c o m e ostaggio, e di revival socialista (aveva riallacciato ad e s e m p i o i r a p p o r t i con C a r l o Silvestri, un giornalista un p o ' pasticcione che se n'era a n d a t o dal Corriere della Sera, p e r c o e r e n z a antifascista, q u a n d o ne f u r o n o 188

estromessi gli Albertini, e che o r a aveva messo in piedi u n a «Croce Rossa Silvestri» il cui scopo e r a di b a t t e r s i p e r sott r a r r e gli antifascisti alle polizie di Salò). Per i m p r e s s i o n a r e Cione, Mussolini esordì, i n c o n t r a n d o l o , con u n a rivelazion e : «Diciannove a n n i f a h o p u b b l i c a m e n t e d i c h i a r a t o c h e n o n avevo letto n e p p u r e un rigo di B e n e d e t t o Croce. N o n è vero: ne conosco tutte le o p e r e e posso dire di essermi form a t o sul suo p e n s i e r o » . Q u i n d i chiese: «Sareste c a p a c e di sacrificare al patriottismo di cui offrite nobile esempio il vostro p a s s a t o antifascista p e r c a p e g g i a r e u n m o v i m e n t o d i oppositori che... mettessero da p a r t e i risentimenti p e r coll a b o r a r e alla difesa d e l l ' o n o r e e del p a t r i m o n i o n a z i o n a l e ed all'attuazione dei princìpi di Verona?». Cione si dichiarò disposto a costruire questo «ponte» tra fascismo e antifascismo: n a c q u e cosi il « R a g g r u p p a m e n t o nazionale repubblicano socialista». A n o m e di esso, Cione fu a u t o r i z z a t o a p r e n d e r e c o n t a t t i con e s p o n e n t i della Resistenza: in particolare con C o r r a d o Bonfantini, c o m a n d a n t e delle f o r m a z i o n i socialiste Matteotti. Vale la p e n a di r a m m e n t a r e che Bonfantini, a r r e s t a t o , fu liberato nel g e n n a i o del 1945 p e r i n t e r v e n t o diretto di Graziani, p r o b a b i l m e n t e suggerito da Cione. Ancora Cione si a d o p e r ò p e r c h é il fascismo, in segno di pacificazione, scarcerasse alcuni antifascisti democristiani di C o m o , tra essi Enrico Falk e Mentasti. Il filosofo e b b e a n c h e un suo g i o r n a l e , LItalia del Popolo, dalla vita breve e travagliata (gli squadristi, inferociti dagli attacchi ai gerarchi del v e n t e n n i o , in particolare a Starace, invasero e d e v a s t a r o n o la redazione). Il p o n t e n o n fu mai creato, e il R a g g r u p p a m e n t o rimase soltanto c o m e sintomo dello sforzo trasformistico con cui la p a r t e m o d e r a t a di Salò voleva arrivare a un trapasso m o r b i d o dei poteri. Basta leggere, p e r capire quale aria tirasse, il testo di questa lettera del C a p o della polizia g e n e r a l e M o n t a g n a a Silvestri (1° febb r a i o 1945), lettera r i g u a r d a n t e la liberazione di Parri imprigionato: «Sono anch'io del t u o p a r e r e che la sua (di Parri, N.d.A.) presenza alla testa delle forze di liberazione, data 189

la sua serietà e il suo sincero p a t r i o t t i s m o , costituisca u n a garanzia di cui sarebbe b e n e n o n privarsi... La p a r t e n z a di Parri p e r Verona n o n deve impressionare. Egli n o n sarà inviato in c a m p o di c o n c e n t r a m e n t o e sarà trattato con ogni riguardo». Tra un Pavolini e un M o n t a g n a o un Biggini c'era o r m a i un abisso, quasi m a g g i o r e di quello che divideva un M o n t a g n a o un Biggini dalla Resistenza. M e n t r e la catastrofe si avvicinava, Mussolini uscì - fu l'ultima volta p r i m a della e s t r e m a resa dei conti - dal suo limbo lacustre, e p e r tre giorni t o r n ò a Milano dove il fascismo e r a n a t o e dove stava p e r m o r i r e . Volevano la sua riapparizione i fascisti intransigenti, e la volevano a n c h e i tedeschi. Anfuso scrisse d'aver s a p u t o da R a h n che il D u c e , esortato a celeb r a r e a Milano la ricorrenza della Marcia su Roma, il 28 ottobre, aveva rifiutato p e r c h é «sentiva di n o n avere niente da dire». O l t r e a q u e s t o , t e m e v a c e r t a m e n t e di essere accolto con ostilità in u n a m e t r o p o l i devastata dai b o m b a r d a m e n t i , p r o v a t a dalle sofferenze, consapevole della sconfitta cui la G e r m a n i a e il fascismo e r a n o irresistibilmente avviati. Ma il 13 dicembre decise di t e n t a r e la prova, e fissò p e r il 16 successivo, alle 11 del m a t t i n o , il suo discorso al Teatro Lirico: p u r insistendo p e r c h é il suo p r o g r a m m a e i suoi spostamenti rimanessero segreti fino all'ultimo. Il m o m e n t o e r a p r o p i z i o . L'offensiva tedesca nelle Ard e n n e , scatenata quello stesso g i o r n o , p r o v o c ò scompiglio nello schieramento anglo-americano in E u r o p a , e offrì u n a imprevista d i m o s t r a z i o n e di vitalità dei tedeschi. La n o t t e che p r e c e d e t t e l ' a d u n a t a i fascisti della città furono avvertiti con u n a serie di telefonate, poi la r a d i o p r e a n n u n c i ò «la cronaca di u n a manifestazione di eccezionale importanza». Dalla provincia affluirono i fedelissimi. Q u a n d o Mussolini salì sul palco, in u n a vecchia e d i s a d o r n a divisa, il volto smagrito ma gli occhi s e m p r e magnetici, la sala del Lirico e r a g r e mita, e migliaia di p e r s o n e si assiepavano all'esterno. Moltissimi i «camerati» in u n i f o r m e , ma m o l t a a n c h e la g e n t e 190

q u a l u n q u e incuriosita e affascinata da quel fantasma nel cui n o m e si riassumevano tanti a n n i e tanti avvenimenti. Dal 1936 il Duce n o n parlava p i ù in pubblico a Milano. N o n improvvisò né recitò il suo discorso, lo lesse. Ritornò, c o m e ormai faceva ossessionantemente, sul t e m a del «tradimento», p u r r i v e n d i c a n d o all'Italia il m e r i t o d'aver t r a d i t o m e n o o b b r o b r i o s a m e n t e di altri p e r c h é « r o m e n i b u l g a r i e finnici, d o p o avere anch'essi i g n o m i n i o s a m e n t e capitolato e u n o di essi, il b u l g a r o , senza avere sparato un solo colpo di fucile, h a n n o nelle v e n t i q u a t t r o o r e rovesciato il fronte ed h a n n o attaccato con t u t t e le forze mobilitate le u n i t à t e d e sche, r e n d e n d o n e diffìcile e s a n g u i n o s a la ritirata». Esaltò l ' a p p o r t o della R e p u b b l i c a alla g u e r r a e p r o m i s e c h e nel 1945 esso avrebbe avuto «maggiori sviluppi». P r o m i s e c h e le «armi nuove» avrebbero ridato ai tedeschi l'iniziativa e assicurò che «questo è nel limite delle u m a n e previsioni quasi sicuro e a n c h e n o n lontano». E infine, con un a p p e l l o sup r e m o : «Noi vogliamo d i f e n d e r e con le u n g h i e e coi d e n t i la valle del Po: noi vogliamo che la valle del Po resti r e p u b blicana in attesa che tutta l'Italia sia repubblicana. E Milano che deve d a r e gli uomini, le armi, la volontà e il segnale della riscossa». Gli a p p l a u s i f u r o n o deliranti, d e n t r o e fuori il t e a t r o , e si r i n n o v a r o n o q u a n d o Mussolini p e r c o r s e in u n a c u p a scenografia di edifici distrutti le vie di Milano p e r torn a r e nel rifugio sul G a r d a . I t e d e s c h i , c h e t e m e v a n o u n a azione della guerriglia, furono stupefatti sia da questa fiamm a t a di popolarità, sia dalla inerzia dei partigiani. Ma l'eco del discorso si spense p r e s t o , così c o m e si e r a a r e n a t a , trasformandosi in disastro, la avanzata nelle A r d e n n e . Il Duce t o r n ò alla sua b u r o c r a t i c a e d i s p e r a t a routine, p r o c e d e t t e perfino a un «cambio della guardia» ministeriale destituendo il 21 febbraio 1945 Buffarmi Guidi, ministro d e g l ' I n t e r ni, «un u o m o che ha molti meriti ma è odiato da tutti, antifascisti e fascisti: è odiato p e r s i n o più di me». E r a n o , le sue, mosse inutili su u n a scacchiera che a n d a v a in pezzi. N o n c'era nulla da cambiare. La g u a r d i a n o n esisteva più.

CAPITOLO DECIMO

LA L U N G A RESA

A p a r t i r e dalla seconda m e t à di gennaio del 1945 la g u e r r a accelerò implacabilmente il suo corso, in E u r o p a , stringendo s e m p r e più la G e r m a n i a in u n a m o r s a della quale solo il vaneggiante Hitler si rifiutava di riconoscere la forza m o r t a le. C o m i n c i ò a m u o v e r s i - e q u i sconfiniamo b r e v e m e n t e dagli a v v e n i m e n t i italiani p e r m e g l i o inserirli nel q u a d r o g e n e r a l e - il fronte o r i e n t a l e : più e s a t t a m e n t e , cominciò a crollare sotto l'urto di tre milioni di russi che avanzavano a valanga dal Baltico alla Slesia, appoggiati da 46 mila c a n n o ni, 8 mila c a r r i a r m a t i , e 10 mila a e r o p l a n i . Il 2 5 , il m a r e sciallo Koniev informò Stalin che le sue a v a n g u a r d i e avevano stabilito u n a testa di p o n t e presso Glogau, sulla riva occid e n t a l e dell'Oder. Il 3 febbraio a n c h e il G r u p p o d ' A r m a t e di Zukov attraversò il fiume nella zona di Kùstrin. Il 3 febb r a i o v e n n e a c c e r c h i a t a Breslavia. Il g i o r n o successivo, a Yalta, Roosevelt, Stalin e Churchill si r i u n i r o n o p e r decidere le sorti del m o n d o ; p e r deciderle, in verità, a d e g u a n d o l e a q u a n t o era già stato l a r g a m e n t e fissato, sul t e r r e n o di battaglia, dalle o p p o s t e offensive. I tre «grandi» s'erano incontrati quattordici mesi p r i m a a T e h e r a n , in b e n altra atmosfera. Gli Stati Uniti a quell'epoca n o n avevano ancora completato il loro gigantesco spiegam e n t o di forze, né avevano tolto alla G r a n B r e t a g n a lo scettro di regina dei mari. L'URSS, a sua volta, b e n c h é avesse sup e r a t o l ' i m m a n e crisi iniziale dello scontro con i tedeschi, e fosse passata o v u n q u e alla controffensiva, aveva a n c o r a l'esercito di Hitler sul suo territorio. Tutto e r a o r m a i cambiato. L'America g r o n d a v a p o t e n z a e ricchezza, l ' I n g h i l t e r r a 192

era fiera ma esausta e l ' U n i o n e Sovietica - c o m e Stalin si affrettò ad a n n u n c i a r e d o p o u n a telefonata di Zukov - aveva p i a n t a t o b a n d i e r a a s e t t a n t a c h i l o m e t r i da B e r l i n o . Se la C o n f e r e n z a d i T e h e r a n e r a stata s o p r a t t u t t o u n d i a l o g o C h u r c h i l l - R o o s e v e l t , c o n Stalin i n t e r l o c u t o r e i m p o r t a n t e ma n o n a r r o g a n t e , quella di Yalta fu un d u e t t o , p e r n o n dire un idillio, tra Roosevelt e Stalin, e Churchill ebbe il r u o l o del terzo i n c o m o d o . Inascoltata Cassandra, Churchill t e n t ò di r i c o r d a r e a Roosevelt - p e r c h é ne tenesse c o n t o nelle discussioni - che il pericolo nazista stava p e r essere eliminato, ma il pericolo comunista ne risultava, p e r un fatale gioco di contrappesi, ingigantito. La tragedia degli Stati Uniti (e dell ' O c c i d e n t e i n t e r o ) fu d ' e s s e r e i m p e r s o n a t i in quella occasione da un u o m o molto malato e t r a g i c a m e n t e stanco, come la sua m o r t e d i m o s t r ò p o c h e settimane d o p o . Roosevelt fu, s e n o n c i r c u i t o , c e r t o a b i l m e n t e i n f l u e n z a t o d a Stalin, c h e p e r d i m o s t r a r g l i i suoi b u o n i p r o p o s i t i aveva sciolto il C o m i n t e r n : e q u e s t o a v r e b b e d o v u t o essere u n s e g n a l e d i r i n u n c i a ad ogni politica di espansione ideologica, e rivoluzionaria. Là dove Roosevelt aveva s e m p r e davanti agli occhi l'esigenza di p u n i r e la G e r m a n i a , Churchill aveva quella di c o n t e n e r e l'URSS. Ma e r a , se Roosevelt n o n l ' a p p o g g i a v a , impotente. Q u e s t o il clima in cui fu disegnato lo schema d e l l ' E u r o p a di Yalta. La Germania, mutilata e smembrata, avrebbe cessato di esistere c o m e Stato unitario. L'Austria e l ' U n g h e r i a sar e b b e r o tornate ai confini del 1918 e cosi p u r e la Cecoslovacchia, salvo la cessione della Rutenia subcarpatica all'URSS. La Iugoslavia avrebbe o t t e n u t o vantaggi territoriali a spese dell'Italia, e la Polonia si sarebbe ripagata delle t e r r e c e d u t e alI'URSS con terre strappate ai tedeschi. LURSS avrebbe inglobato, oltre alla Rutenia, alla Bessarabia, a u n a larga fetta di Polonia, e agli sventurati Paesi baltici, anche p a r t e della Prussia o r i e n t a l e , incluso il c a p o l u o g o K ò n i g s b e r g , p a t r i a di K a n t ; t r u p p e russe a v r e b b e r o « t e m p o r a n e a m e n t e » occupato tutta l'Europa orientale e centrale, fino all'Elba e al Danubio. 193

Q u e s t o p e r i confini. Ma il criterio delle zone d'influenza - quello che Stalin e Churchill avevano già abbozzato a Mosca, c o m e a b b i a m o a c c e n n a t o in p r e c e d e n z a - p e g g i o r a v a l'arbitrio delle mutilazioni territoriali, che a v r e b b e r o p r o v o cato d o l o r o s e m i g r a z i o n i d i p o p o l a z i o n i i n t e r e . C o n q u e l criterio si consentì, m e d i a n t e u n a formula a m b i g u a - ma da Stalin capita senza ambiguità alcuna - che l'URSS affermasse la sua s u p r e m a z i a su tutte le nazioni in cui e r a n o arrivate le sue t r u p p e : e v i i m p o n e s s e n o n solo u n d o m i n i o m i l i t a r e - p e r forza di cose t r a n s e u n t e - ma u n a c a p p a ideologica p e r e n n e . Tutto questo n o n avvenne subito, né fu subito del tutto evidente. A Yalta, p e r la verità, era stato f o r m a l m e n t e sancito che in ogni nazione occupata o liberata - incluse ovviamente quelle dell'orbita sovietica - fossero t e n u t e libere e g e n u i n e elezioni, e i p o p o l i p o t e s s e r o scegliere il r e g i m e , i d i r i g e n t i e la c o s t i t u z i o n e c h e p r e f e r i v a n o . In realtà, a m messa la i n g e r e n z a russa in mezza E u r o p a , quella mezza Eur o p a e r a votata al t o t a l i t a r i s m o s t a l i n i a n o . Ci si c h i e d e se Roosevelt sapesse di c o n s e g n a r e alla t i r a n n i d e 130 milioni di e u r o p e i . Forse n o n lo i m m a g i n ò , e fu i n g e n u o . Forse lo i m m a g i n ò e lo c o n s e n t ì , e fu cinico; forse lo i m m a g i n ò , e avrebbe voluto evitarlo, ma n o n s e p p e , e fu s e m p l i c e m e n t e i m p a r i alle sue responsabilità. A Yalta n o n si parlò solo della divisione della G e r m a n i a e d e l l ' E u r o p a . Fu a p p r o v a t o il p r o g e t t o p e r la c r e a z i o n e dell'ONU, c h e a Roosevelt - p e r m e a t o di i n s o p p r i m i b i l e idealismo a m e r i c a n o - p a r e v a stare a c u o r e più d ' o g n i altra cosa. C o m u n q u e Roosevelt g a r a n t ì c h e , d i v e r s a m e n t e d a q u a n t o era a c c a d u t o con Wilson e la Società delle Nazioni, gli Stati Uniti, g r a n d i p r o m o t o r i dell'ONU, ne sarebbero anc h e d i v e n u t i m e m b r i . I p i a n i p e r la n u o v a o r g a n i z z a z i o n e i n t e r n a z i o n a l e a n d a r o n o in p o r t o q u a n d o Stalin o t t e n n e il d i r i t t o di veto, e i n o l t r e l ' a m m i s s i o n e c o m e Stati i n d i p e n d e n t i aventi diritto di voto - il che era u n a smaccata finzione - dell'Ucraina e della Bielorussia. Fu infine r a g g i u n t o un accordo di massima sulla p u n i z i o n e dei criminali di g u e r r a . 194

M e n t r e la conferenza e r a in corso, gli Alleati p a s s a r o n o all'offensiva sul fronte occidentale. L'8 febbraio, t r a N i m e ga e A q u i s g r a n a , si m o s s e r o c o n t e m p o r a n e a m e n t e sette arm a t e - t r e a m e r i c a n e , tre anglo-canadesi e u n a francese che e r a n o divise in tre g r u p p i , r i s p e t t i v a m e n t e al c o m a n do di M o n t g o m e r y , B r a d l e y e Devers. C o n t r o di loro von R u n d s t e d t schierava c i n q u e a r m a t e , t r e delle quali e r a n o r e d u c i dal massacro delle A r d e n n e . I carri a r m a t i tedeschi e r a n o all'incirca u n o p e r c i n q u e a v v e r s a r i , l a p r o t e z i o n e a e r e a n o n esisteva p i ù . C i o n o n o s t a n t e i t e d e s c h i r e s s e r o p e r un paio di s e t t i m a n e , poi le loro linee f u r o n o sfondate da M o n t g o m e r y a n o r d - o v e s t di Dusseldorf. Von R u n d s t e d t si d i m i s e da c o m a n d a n t e d e l f r o n t e o c c i d e n t a l e e a p r e n d e r n e il p o s t o fu c h i a m a t o dall'Italia K e s s e l r i n g . La breccia si allargò r a p i d a m e n t e , il 6 m a r z o gli Alleati e r a n o attestati sulla riva occidentale del R e n o p e r l'intero t r a t t o t r a St. G o a r e Colonia, il 7 lo t r a v e r s a r o n o s e r v e n d o s i del famoso p o n t e di R e m a g e n , il solo che n o n fosse stato fatto saltare, il 22 P a t t o n , forzato il passaggio sul fiume Eifel e scavalcato a sua volta il R e n o a O p p e n h e i m , si lanciò verso il c u o r e della G e r m a n i a . Ai p r i m i di aprile, in Italia, cedette la linea gotica, spezzata i n i z i a l m e n t e - t r a il 10 e l'I 1 nel settore adriatico, dove o p e r a v a n o i g r u p p i di combattim e n t o italiani, e p o i d e m o l i t a g r a d u a l m e n t e a n c h e negli altri tratti. Il 12 aprile m o r ì , s t r o n c a t o da u n ' e m o r r a g i a c e r e b r a l e m e n t r e posava p e r un ritratto a olio, Franklin Delano Roosevelt, che n o n o s t a n t e l'aspetto da vecchio, e r a soltanto sess a n t a t r e e n n e . Gli succedette H a r r y T r u m a n . Hitler lo comm e m o r ò con un c o m u n i c a t o in cui si affermava che «il p i ù g r a n d e c r i m i n a l e di g u e r r a » si e r a «sottratto alla giustizia degli uomini». Pare impossibile, ma la fine di Roosevelt riaccese in Hitler e in Mussolini fugaci e assurde speranze di rivolgimenti, nella coalizione nemica, c h e offrissero ai t e d e schi u n a via d'uscita certo n o n vittoriosa, ma negoziata. Tutto d u r ò lo spazio di un giorno. 195

Nelle d u e Italie - a n c o r a p e r poco divise - quelle ultime sett i m a n e f u r o n o vissute c o n s e n t i m e n t i c o n t r a s t a n t i . I l s u d «ufficiale» e r a i m p e g n a t o in u n a routine p e n o s a e affannosa insieme, a s p e t t a n d o l'impatto con l'ormai i m m i n e n t e e imp e t u o s a folata di «vento del nord». Il g o v e r n o e m a n a v a d e creti su decreti, a volte razionali, a volte improvvisati e velleitari, p e r d a r e p r o v a di socialità e di antifascismo, così da n o n dover poi subire t r o p p e critiche dagli intransigenti del CLNAI. Fu dato il voto alle d o n n e , e v e n n e r o e p u r a t i in massa ufficiali e funzionari, m e n t r e l'Alta corte di giustizia infliggeva p e n e severe a noti g e r a r c h i e generali, accusati di n o n aver fatto il loro d o v e r e . In effetti la casistica prevista dai p r o v v e d i m e n t i era così t r e m e n d a che - l'ha rilevato Mario Silvestri - molti si d o m a n d a v a n o quale italiano sarebbe passato i n d e n n e al setaccio dei tre commissariati in cui l'Alto c o m m i s s a r i a t o e r a stato diviso: p e r i delitti fascisti, p e r l'epurazione e p e r i profitti di regime. B o n o m i si e r a giustificato affermando che, se il g o v e r n o n o n faceva il terribile, ci avrebbero p e n s a t o a farlo, molto p i ù realisticamente, i com u n i s t i . «Lo s b a n d i e r a t o t e r r o r e legale - citiamo s e m p r e Silvestri - e r a un mezzo p e r c o m p r i m e r e il t e m u t o t e r r o r e illegale...». Il M i n i s t e r o d e l l ' I s t r u z i o n e aveva m e s s o sotto giudizio qualche dozzina di u o m i n i illustri, quali Francesco Severi, G i u s e p p e U n g a r e t t i , Gioacchino Volpe e U g o Spirito. Il senatore Sforza e p u r ò q u a t t r o quinti del Senato esclud e n d o solo coloro che a sentirli, «avevano indossato la camicia n e r a p e r necessità». Si verificavano casi paradossali, come quello di G i a c o m o Acerbo che, c o n d a n n a t o a m o r t e in c o n t u m a c i a nel processo di Verona p e r c h é aveva votato, in G r a n Consiglio, a favore d e l l ' o r d i n e del g i o r n o G r a n d i , si beccò poi 48 a n n i di reclusione c o m e fascista (presidente del collegio giudicante e r a un tale che nel febbraio 1927 aveva fatto c o n d a n n a r e A m e r i g o D u m i n i , i m p l i c a t o nel delitto Matteotti, p e r «offesa alla sacra p e r s o n a del Duce»). Acerbo v e n n e , d o p o tante vicissitudini, scagionato, c o m e moltissimi altri: e fu prosciolto - grazie all'amnistia deliberata dal guar196

dasigilli Togliatti nel 1946 - i n s i e m e all'avvocato A n d r e a F o r t u n a t o , che a V e r o n a aveva chiesto la sua testa. Fu ins o m m a un rigore all'italiana, nel quale p a g ò con la vita chi p a g ò subito, e gli altri dovettero soltanto aspettare l'ora dell'indulgenza, che s o p r a v v e n n e p u n t u a l e . Ma in q u e l clima di caccia al collaborazionista, c h e confondeva stoltamente i veri criminali con i semplici arrivisti, o con i m e d i o c r i conformisti, suscitò i n d i g n a z i o n e - in p a r t e autentica e in p a r t e gonfiata p e r fini di p a r t e - la notizia che il g e n e r a l e Roatta e r a fuggito dall'ospedale militare di via Giulia a Roma, dove, d o p o l'arresto, l'avevano ricoverato p e r c h é accusava disturbi cardiaci. All'ex C a p o di Stato M a g g i o r e dell'Esercito e r a a d d e b i t a t a l'attività svolta c o m e capo del SIM (e la implicazione nella fine dei fratelli Rosselli). Su di lui fu posta u n a taglia, allora e n o r m e , d ' u n milione di lire, e i partiti di sinistra i n d i s s e r o p r o t e s t e v e e m e n t i , a c a r a t t e r e s p i c c a t a m e n t e a n t i m o n a r c h i c o . Il 6 m a r z o u n a manifestazione al Colosseo finì nel sangue. A n n o t ò P u n t o n i : «Un g r a n d e comizio di protesta si è concluso con u n a d i m o strazione ostile davanti al Q u i r i n a l e . T r a la folla sono state g e t t a t e b o m b e a m a n o . C'è stato un m o r t o e diversi feriti. La folla, i m p a d r o n i t a s i del c a d a v e r e , l'ha alzato sulle teste c o m e u n a b a n d i e r a e l'ha p o r t a t o davanti al Viminale chied e n d o con urla selvagge le dimissioni del governo». Fu diffusa la voce che la polizia avesse usato le a r m i . In realtà la b o m b a era scoppiata nelle m a n i di un d i m o s t r a n t e che si accingeva a lanciarla. C o m u n q u e p e r l'incidente saltò il c o m a n d a n t e dei carabinieri g e n e r a l e O r l a n d o , sostituito dal generale B r u n e t t o Brunetti, e con lui il questore di Rom a , m e n t r e c o n t i n u a v a a esservi f e r m e n t o nelle piazze, e anche Regina Coeli era in rivolta. Probabilmente anche p e r placare gli animi fu a n n u n c i a t o che Federzoni, Bottai e Rossoni e r a n o stati deferiti all'Alta corte di giustizia, che cond a n n ò a m o r t e (12 m a r z o ) Filippo Anfuso, all'ergastolo Roatta, E m a n u e l e e Navale (tutti r i t e n u t i responsabili dell'uccisione dei Rosselli), a 24 a n n i l'ex-luogotenente in Alba198

nia J a c o m o n i e l'ex sottosegretario agli esteri Suvich. È inutile a g g i u n g e r e che i funzionari a d d e t t i alle p r o c e d u r e d'ep u r a z i o n e a v r e b b e r o d o v u t o in massima p a r t e , s t a n d o alla lettera della legge, essere e p u r a t i essi stessi. U m b e r t o di Savoia, nel Quirinale assediato dalle polemiche e dalle accuse, cercava di conciliare la neutralità richiestagli c o m e L u o g o t e n e n t e con la difesa degli interessi m o narchici, e la lealtà di figlio con u n a inevitabile p r e s a di distanza «politica» dalla p e r s o n a e dalla figura storica di Vittorio E m a n u e l e I I I , d i v e n t a t o , s e c o n d o P u n t o n i , «il parafulm i n e sul quale si scaricano t u t t e le responsabilità». Il L u o g o t e n e n t e poteva tuttora c o n t a r e sui capi militari, rimastigli fedeli a n c h e a t t r a v e r s o la c a t e n a delle sostituzioni e delle e p u r a z i o n i . Ma t e n d e v a a lasciarsi c o n d i z i o n a r e da consiglieri t r o p p o spesso m i o p i , e m e d i o c r i . P r o p e n s o c o m ' e r a alla d i s c r e z i o n e , n o n allenato a d e c i d e r e e a c o m a n d a r e , t r o p p o elegante p e r essere un c a p o p o p o l o e t r o p p o corrett o p e r essere u n o s p r e g i u d i c a t o r e s t a u r a t o r e , U m b e r t o s i destreggiava, d a n d o a n c h e a chi c r e d e v a in lui sensazione di incertezza, a volte di confusione. In febbraio il n u o v o Capo di Stato M a g g i o r e dell'Esercito, g e n e r a l e R o n c o , si e r a sfogato: U m b e r t o si appoggiava t r o p p o agli Alleati e così favoriva «la p r o p a g a n d a di coloro che sostengono che la m o narchia p u r di r i m a n e r e al p o t e r e n o n esita a vendersi agli eserciti stranieri che s'accampano sul territorio nazionale». Secondo Ronco il L u o g o t e n e n t e avrebbe d o v u t o «accostarsi di più alle t r u p p e , familiarizzare di più con i soldati». C o m e U m b e r t o potesse scrollarsi di dosso la tutela degli inglesi, che si battevano p e r lui, n o n si vede b e n e . Probabilm e n t e gli s a r e b b e stata utile la i m m e d i a t a abdicazione del p a d r e - la consigliava a n c h e Falcone Lucifero - ma il vecchio Re, che presto avrebbe o t t e n u t o di trasferirsi da Ravello a N a p o l i , c o n t i n u a v a a rifiutarla con senile ostinazione. I n t e r p r e t e dei suoi pensieri, P u n t o n i e r a esplicito: «L'abdicazione e q u i v a r r e b b e alla r o t t u r a del c o m p r o m e s s o e della cosiddetta t r e g u a . L'atto di Sua Maestà poi p o t r e b b e essere 199

sfruttato dai partiti estremisti c o n t r o la Dinastia. Ho l'impressione che si cerchi di staccare il figlio dal p a d r e , e la cosa c e r t a m e n t e c r e e r à altre a m a r e z z e p e r il Re». C o m u n i s t i , socialisti e Partito d ' a z i o n e n o n p e r d e v a n o occasione p e r s o t t o l i n e a r e la i n d e g n i t à di U m b e r t o a r a p p r e s e n t a r e la n u o v a Italia, e q u a n d o , nel p r i m o anniversario dell'eccidio delle Ardeatine, egli fu p r e s e n t e in Santa Maria degli A n g e li a u n a messa di suffragio, v ' e r a n o state invettive e g r i d a c o n t r o di lui. Vittorio E m a n u e l e I I I vedeva abbastanza di r a d o il figlio. Nel suo isolamento a m a r o , seguiva tuttavia a t t e n t a m e n t e gli a v v e n i m e n t i , e li c o m m e n t a v a con la freddezza - altri dice c o n il cinismo - che e r a n o nella sua n a t u r a . S a p u t o c h e a Salò e r a stato d e s t i t u i t o il m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o B u f f a r m i Guidi, osservò secco: «Non ha p e r s o l ' a b i t u d i n e di combin a r n e di grosse. Ha finito p e r stancare a n c h e i suoi». Parve impassibile a n c h e il g i o r n o in cui s e p p e - si e r a o r m a i a m e t à aprile - che la figlia Mafalda e r a m o r t a , otto mesi prim a , nel c a m p o di c o n c e n t r a m e n t o tedesco di B u c h e n w a l d . C o n quella luttuosa notizia Vittorio E m a n u e l e I I I , che p e r l'8 settembre aveva già d u r a m e n t e p a g a t o sul p i a n o politico e militare, pagava o r a c r u d e l m e n t e sul p i a n o u m a n o , e familiare. Mafalda c a d d e infatti vittima delle incertezze con cui l'armistizio fu attuato, e dei segreti dai quali fu avvolto. Mafalda e r a moglie del p r i n c i p e tedesco Filippo d'Assia che Hitler aveva p i ù volte utilizzato come speciale «portalettere» p e r i suoi r a p p o r t i con Mussolini: e aveva r a g g i u n t o a fine agosto del 1943 la Bulgaria, p e r assistere ai funerali di re Boris, spirato al ritorno da un burrascoso incontro con Hitler - si parlò di complotto e di assassinio, ma senza prove - e p e r confortare la sorella Giovanna, vedova di Boris. I funerali si svolsero a Sofia il 5 settembre, e Mafalda ripartì p e r l'Italia il 7 u s a n d o ancora - come nell'andata - un mezzo lento e pericoloso, il treno. Né le v e n n e dal Quirinale alcuna sollecitazione a c a m b i a r e i suoi p r o g r a m m i e a scegliere l'aereo: il che p u ò provare che Vittorio E m a n u e l e I I I sacrificò i suoi affetti 200

alla ragion di Stato, ma p u ò anche attestare che il Re e i suoi consiglieri, confidando s e m p r e che l'armistizio n o n sarebbe stato p r o c l a m a t o p r i m a del 12 s e t t e m b r e , s u p p o n e v a n o vi fosse t e m p o sufficiente p e r il r i e n t r o della principessa, che era accompagnata da un gentiluomo di Corte, il conte Federico A v o g a d r o di Vigliano. La sera fatale dell'8 s e t t e m b r e il t r e n o traversava la c a m p a g n a r u m e n a . Mafalda fu avvertita dal p e r s o n a l e ferroviario che la r e g i n a m a d r e Elena di Rom a n i a s a r e b b e salita sulla v e t t u r a , in p i e n a n o t t e , a Sinaja, p e r u n a comunicazione urgente: e la comunicazione era quella dell'avvenuto armistizio. Tuttavia il viaggio proseguì senza inciampi, Mafalda arrivò a B u d a p e s t dove il capo missione italiano Anfuso le suggerì di r a g g i u n g e r e Francoforte: in fin dei conti era u n a cittadina tedesca (ma n o n sapeva che il marito, al Q u a r t i e r generale di Hitler, era più un sorvegliato speciale, ormai, che un alto ufficiale con incarichi importanti). In ansia p e r i tre figli (Enrico, O t t o ed Elisabetta) c h e e r a n o a Roma, la principessa n o n accettò il consiglio. O t t e n n e invece che u n a e r e o militare italiano r a g g i u n g e s s e B u d a p e s t p e r rimpatriarla, e IT 1 settembre a t t e r r ò a Pescara, dove ancora n o n si e r a n o insediati i tedeschi. Con lentezze e ingenuità incredibili, Mafalda e il Vigliano rimasero da quelle parti fino al 20 settembre, q u a n d o in t r e n o riuscirono a r a g g i u n g e r e Rom a . La principessa t o r n ò a d d i r i t t u r a nella sua residenza di Villa Polissena, visitò i figli che vivevano in Vaticano sotto la protezione di m o n s i g n o r Montini, ebbe i n s o m m a u n a e n n e sima occasione di sottrarsi alla cattura. C a n d i d a e mal consigliata c o m ' e r a , accorse invece all'ambasciata di G e r m a n i a q u a n d o il « p a d r o n e di Roma» colonnello Kappler le fece sap e r e che doveva recarvisi d'urgenza p e r u n a comunicazione telefonica con il marito. Era u n a trappola. Fu arrestata, trasportata a C i a m p i n o e di là in volo a B e r l i n o : d o p o u n a sosta di t r e s e t t i m a n e , la trasferirono a B u c h e n w a l d , il c a m p o che n o n era, tecnicam e n t e , di sterminio, ma nel quale si c o n t a r o n o 60 mila m o r ti su 260 mila prigionieri immatricolati. 201

A Buchenwald, Mafalda di Savoia n o n fu rinchiusa nella p a r t e i n t e r n a del c a m p o , ma lasciata con altri prigionieri illustri (tra essi L e o n Blum, il leader comunista tedesco T h à l m a n n , poi «eliminato», l'industriale dell'acciaio Thyssen) in baracche poste all'esterno del recinto. Divideva la sua con i coniugi Breitscheid, lui u n e x - d e p u t a t o socialdemocratico (morirà c o m e Mafalda sotto un b o m b a r d a m e n t o alleato), lei amica e confidente. Adiacente alla baracca (l'alloggio di Mafalda aveva a n c h e u n a cucina e un b a g n o , e p e r le pulizie l'aiutava un'altra prigioniera, Maria R u h n a u ) era un giardin e t t o : p i ù oltre u n m u r o alto t r e m e t r i s o r m o n t a t o d a filo spinato. Il 24 agosto 1944 le sirene d i e d e r o l'allarme, e gli o c c u p a n t i della b a r a c c a n u m e r o 15, quella di Mafalda, si b u t t a r o n o in un fossato. Lì c a d d e r o tre b o m b e la cui esplosione uccise il Breitscheid, e ferì g r a v e m e n t e a un braccio la principessa. Le c u r e che le v e n n e r o praticate e r a n o p r o b a bilmente s o m m a r i e e i n a d e g u a t e : il 26 agosto, p e r evitare la cancrena, fu praticata l'amputazione dell'avambraccio. Mafalda, debolissima, n o n resse all'intervento. C o m e tanti soldati che l'8 settembre aveva votato alla prigionia e alle r a p presaglie t e d e s c h e , a n c h e lei m o r ì l o n t a n a dall'Italia e dai suoi. All'inizio dell'ultima p r i m a v e r a di g u e r r a la G e r m a n i a e r a d i v o r a t a dai cingoli sovietici e a n g l o - a m e r i c a n i . Nel s u o Bunker Adolf Hitler e r a il c o n d o t t i e r o di u n a g u e r r a virtualm e n t e già finita, e impartiva o r d i n i ad a r m a t e n o n p i ù esistenti, o sottratte o r m a i al suo d i r e t t o controllo. Alcuni dei s u p r e m i gerarchi a t t o r n o a lui, e i proconsoli l o n t a n o da lui, p e n s a v a n o c o n c r e t a m e n t e a u n a sola cosa: la resa. Agivano senza coordinazione, o a d d i r i t t u r a in c o n c o r r e n z a . Ma agiv a n o . Cauti accenni di c o m p r o m e s s o e r a n o stati fatti da Ribb e n t r o p , e K a l t e n b r u n n e r aveva incaricato a g e n t i fidati di e s e g u i r e s o n d a g g i . M a l ' a p p r o c c i o p i ù o p e r a t i v o e r a stato tentato da Himmler, che aveva visto crescere e n o r m e m e n t e il suo p o t e r e d o p o l'attentato del luglio '44 e la sostanziale 202

e m a r g i n a z i o n e di Gòring, e che voleva accordarsi - p r o p r i o lui, il p e g g i o r e dei nazisti - con gli anglo-americani. S'illud e v a c h e restasse spazio p e r u n p a t t e g g i a m e n t o : l'offerta delle divisioni di SS agli Alleati occidentali, p e r c h é le usassero in funzione antisovietica. La m a n o v r a era, in quei termini, inattuabile: ma i d u e u o m i n i che se ne incaricarono - il colonnello Dollmann come discreto e capace tessitore, a livello personale, e il generale Wolff, cui restava l'unico i m p o r t a n t e c o m a n d o delle SS fuori d e l t e r r i t o r i o t e d e s c o , a livello ufficiale - le d i e d e r o f o r m a in m o d o realistico e s p r e g i u d i c a t o . I p r o p o s i t i di H i m m l e r coincidevano, almeno p e r questo aspetto, con quelli della c u r i a milanese, che i n t e n d e v a r i s p a r m i a r e alla città le d i s t r u z i o n i c h e s a r e b b e r o a v v e n u t e ove fosse stata applicata la tattica della t e r r a b r u c i a t a , e a n c h e con quelli degli a m b i e n t i economici svizzeri, che nell'Italia settentrionale avevano interessi i m p o r t a n t i . Un u o m o d'affari italiano a b i t u a t o a bazzicare gli a m bienti internazionali, il b a r o n e Luigi Parrilli, si p r o p o s e come tramite p e r allacciare i contatti che, egli p e n s ò ragionev o l m e n t e , n o n avrebbero avuto successo se fossero avvenuti attraverso i c o m a n d i militari alleati, rigidi nei loro schemi; p i ù o p p o r t u n a m e n t e d o v e v a n o essere t e n t a t i a t t r a v e r s o i servizi d ' i n f o r m a z i o n e , ossia a t t r a v e r s o q u e l p o t e n t e Alien Dulles che aveva stabilito il suo Q u a r t i e r g e n e r a l e a Berna. N a p o l e t a n o , cavaliere di Malta, c a m e r i e r e di c a p p a e s p a d a d e l Pontefice, Parrilli n o n fece g r a n d e i m p r e s s i o n e agli emissari di Dulles q u a n d o p e r la p r i m a volta li avvicinò a L u c e r n a . Dulles l'ha descritto c o m e «un signore basso, mag r o e calvo dai m o d i cerimoniosi, che faceva p e n s a r e al p r o prietario di un alberghetto italiano, che volesse convincerci a m a n g i a r e da lui». Ma l ' i n t e r m e d i a r i o d i m o s t r ò la sua capacità, e fece in m o d o che, in u n a successiva fase di sondaggio, fossero p r e s e n t i D o l l m a n n e un ufficiale d e l Q u a r t i e r g e n e r a l e di Wolff, il t e n e n t e Zimmer. N o n si trattava, nelle intenzioni degli Alleati, di c o n t r a v v e n i r e al diktat della resa 203

incondizionata, ma s e m p l i c e m e n t e di o t t e n e r e che le venti divisioni tedesche in Italia - più le formazioni fasciste - d e p o n e s s e r o le a r m i a patto che si consentisse loro di ritirarsi senza essere m a r t o r i a t e dagli Alleati e senza essere sottoposte a d a g g u a t i p a r t i g i a n i . D u e e l e m e n t i e r a n o vitali, nella trattativa: che Wolff, c o n c l u d e n d o l a , potesse o t t e n e r e l'assenso del c o m a n d a n t e delle t r u p p e maresciallo Kesselring, e che Hitler n o n ne venisse a conoscenza. Il C a p o della polizia di Verona, generale Harster, che e r a un emissario di Kalt e n b r u n n e r , ne e r a invece al c o r r e n t e . A D o l l m a n n fu chiesta i m m e d i a t a m e n t e u n a p r o v a di b u o n a volontà, che attestasse le intenzioni dei suoi capi: ossia la liberazione di Ferruccio P a r r i e di A n t o n i o U s m i a n i (quest'ultimo, m a g g i o r e degli alpini, e r a u n p a r t i g i a n o int r e p i d o che, scrisse lo stesso Dulles, «aveva raccolto p e r me informazioni militari in Italia settentrionale, facendo un lav o r o magnifico»). Sia P a r r i che U s m i a n i e r a n o caduti nelle m a n i delle SS, e un a u d a c e tentativo di E d g a r d o Sogno p e r s t r a p p a r e «Maurizio» ai suoi carcerieri, nell'Hotel Regina di Milano, e r a fallito m a l a m e n t e , p o r t a n d o alla c a t t u r a dello stesso Sogno. Parri e Usmiani furono liberati, e messi a disposizione di Alien Dulles in Svizzera. Q u a n d o vide l'americano, Parri, con il coraggio c h e e r a la sua miglior d o t e , gli disse senza p r e a m b o l i : «Quali patti ha fatto coi tedeschi p e r convincerli a farmi uscire? Voglio che lei sappia che n o n accetterò restrizioni di sorta alla mia libertà d'azione. I n t e n d o r i t o r n a r e i m m e d i a t a m e n t e in Italia e c o n t i n u a r e la lotta c o n t r o tedeschi e fascisti». Di lotta, in verità, n o n c'era p i ù molto bisogno. I tedeschi e r a n o p r o n t i a c e d e r e , e Wolff dimostrò che faceva sul serio r a g g i u n g e n d o Z u r i g o e i n c o n t r a n d o s i c o n Alien Dulles. Il g e n e r a l e delle SS spiegò, in riassunto, che il suo scopo e r a quello di evitare inutili distruzioni e spargimenti di sangue, c h e aveva dalla sua l'ambasciatore R a h n , e c h e c o n t a v a di convincere Kesselring. Per sé n o n chiese alcuna speciale imm u n i t à . Promise di i n t e r r o m p e r e la lotta ai partigiani, di li204

b e r a r e a l c u n e centinaia di ebrei d e t e n u t i a Bolzano, di far passare in Svizzera Sogno, e infine di g a r a n t i r e il b u o n tratt a m e n t o d e i p r i g i o n i e r i di g u e r r a a m e r i c a n i e inglesi. La faccenda sembrava b e n e avviata ma subì u n a b a t t u t a d ' a r r e sto p e r c h é - c o m e s a p p i a m o - Kesselring fu d e s i g n a t o com a n d a n t e d e l fronte o c c i d e n t a l e i n sostituzione d i v o n R u n d s t e d t , e un a e r e o inviato a p p o s i t a m e n t e da Hitler l'aveva già a l l o n t a n a t o dall'Italia. Si t r a t t a v a o r a di c h i e d e r e l'assenso d e l n u o v o c o m a n d a n t e i n c a p o , g e n e r a l e Vietinghoff, che Wolff informò il p r i m o aprile di q u a n t o accadeva (intanto, o t t e m p e r a n d o a u n a richiesta degli Alleati, egli dispose c h e le unità ai suoi ordini n o n p r o c e d e s s e r o a distruzioni di impianti industriali e il 6 aprile si sforzò di p i e g a r e le ultime esitazioni di Vietinghoff, abbai~bicato ai concetti di o n o r e e di fedeltà al F ù h r e r ) . F i n a l m e n t e p a r e v a fatta. Ma p o i la t r a m a si incagliò, ris c h i a n d o il naufragio, p e r d u e gravi e c o n t e m p o r a n e i scogli, messi sulla sua r o t t a da B e r l i n o e da W a s h i n g t o n . Himmler, che osava e poi si pentiva, c h i a m ò Wolff a r a p p o r to. Q u e s t o generale delle SS che sapeva così b e n e essere diplomatico (e che in Italia si era a n c h e acquistata fama di sed u t t o r e ) aveva del fegato. N o n invocò scuse - e gli sarebbe stato facile - ma a n d ò a Berlino (17 aprile) e subito fu sottop o s t o alle critiche incrociate di H i m m l e r e di K a l t e n b r u n ner, c h e a v e v a n o v o l u t o o a p p r o v a t o il n e g o z i a t o , ma o r a l'accusavano d'avere ecceduto in zelo. Q u i n d i fu a m m e s s o , in p i e n a n o t t e , nel Bunker di Hitler, che si m o s t r ò a m a r e g giato p i ù che in collera. Disse d'aver saputo da K a l t e n b r u n n e r dei suoi s o n d a g g i con gli Alleati e di considerarli «una colossale m a n c a n z a di r i g u a r d o verso i superiori». C o m e s'era a r r o g a t o , lui semplice generale, il diritto di p r e n d e r e iniziative di t a n t o rilievo, senza riflettere che p o t e v a n o essere in c o n t r a s t o con i p i a n i strategici globali studiati dal F ù h rer? Invitato così b r u s c a m e n t e , e da quell'interlocutore paranoico, a discolparsi, Wolff d o v e t t e essere - s t a n d o al suo r a c c o n t o , unica fonte d i cui d i s p o n i a m o p e r c h é o g n i altro 205

testimone è m o r t o - di u n a straordinaria abilità: pretese d'avere «aperto u n a via che metteva d i r e t t a m e n t e in c o n t a t t o col p r e s i d e n t e degli Stati Uniti e col p r i m o ministro C h u r chill, s e m p r e che il F ù h r e r i n t e n d e s s e servirsene». Era sostanzialmente u n a p a n z a n a , ma funzionò. Hitler rispose che ci a v r e b b e p e n s a t o , e d i e d e a p p u n t a m e n t o a Wolff p e r il giorno d o p o . L'indomani Hitler esordì tracciando u n p r o g e t t o strategico-politico c h e n o n aveva a l c u n nesso con la realtà. In G e r m a n i a s a r e b b e r o stati organizzati tre g r a n d i capisaldi, u n o a t t o r n o a Berlino, un secondo a n o r d con lo SchleswigHolstein, la D a n i m a r c a e la N o r v e g i a , il terzo a sud con il cosiddetto b a l u a r d o alpino: questo in attesa che anglo-americani e sovietici arrivassero al conflitto a p e r t o . Hitler si sar e b b e allora schierato «con la p a r t e c h e mi offrirà di più», disposto a c e d e r e i suoi poteri (stanco c o m ' e r a di esercitarli) «al p i ù c o m p e t e n t e fra i miei collaboratori». Wolff a v r e b b e voluto u n a risposta precisa circa gli agganci con gli Alleati, ma Hitler, distratto e quasi trasognato, lo c o n g e d ò esortandolo a resistere a oltranza, e incaricandolo di p o r t a r e i suoi saluti al b r a v o Vietinghoff. Wolff decollò da T e m p e l h o f e il 20 aprile era nel suo Q u a r t i e r generale di Fasano. L'altro i n t o p p o e r a v e n u t o ad Alien Dulles da Washington, ed era il riflesso dei bastoni tra le r u o t e messi da Mosca. I sovietici, saputo del negoziato, p r e t e n d e v a n o che n o n p r o cedesse a m e n o che fosse consentito loro di intromettervisi. E gli Stati Maggiori riuniti di W a s h i n g t o n e r a n o stati presi dal panico - c o m e s e m p r e accadeva q u a n d o Stalin si faceva a r r o g a n t e m e n t e vivo - e a v e v a n o p o s t o l'alt ad A l e x a n d e r che l'aveva trasmesso ad Alien Dulles. Gli u o m i n i di Wolff a t t e n d e v a n o invano, in Svizzera, d'essere chiamati a Caserta p e r la firma dell'atto di resa già p r o n t o nei suoi termini. Le ragioni della mossa sovietica e r a n o di tutta evidenza. «Un crollo p r e m a t u r o del fronte t e d e s c o nell'Italia del n o r d , p r i m a della p r o c l a m a z i o n e della i n s u r r e z i o n e g e n e rale da p a r t e dei p a r t i g i a n i italiani e dell'arrivo del m a r e 206

sciarlo T i t o a Trieste a v r e b b e ostacolato - ha osservato il D e a k i n - i p i a n i politico-militari del g o v e r n o sovietico in q u e s t o s e t t o r e e u r o p e o . E significativo a n c h e che l ' o r d i n e generale d i i n s u r r e z i o n e d a p a r t e del C o m a n d o p a r t i g i a n o v e n n e d a t o il 25 aprile, d o p o il veto di Stalin alla m a n o v r a di Dulles e p r i m a che il maresciallo A l e x a n d e r fosse riuscito a o t t e n e r e il consenso a d a r seguito all'operazione.» Vedremo più avanti c o m e la m a n o v r a di Wolff si sia intrecciata alla abortita mediazione del cardinale Schuster a Milano, e all'azione del CLNAI. Basterà p e r o r a c h i u d e r e il capitolo dic e n d o che alle 14 del 29 aprile d u e plenipotenziari tedeschi inviati da Vietinghoff e da Wolff ( q u e s t ' u l t i m o aveva nel f r a t t e m p o trasferito a Bolzano, d o p o d r a m m a t i c h e p e r i p e zie, il suo Q u a r t i e r generale) firmarono a Caserta quella che F e r r u c c i o L a n f r a n c h i definì «la resa degli ottocentomila». L'entrata in vigore del cessate il fuoco fu fissata al 2 maggio, ma i tedeschi del fronte italiano avevano già smesso da giorni di combattere contro gli Alleati. M e n t r e trattavano i tedeschi, tentavano di trattare - con assai m i n o r e prestigio e ascolto, p e r la trascurabilità delle loro forze - a n c h e i fascisti. Mussolini - o r m a i un travicello trascinato dalla c o r r e n t e vorticosa degli avvenimenti - oscillava senza coerenza tra propositi di resistenza a oltranza, lunghi m o m e n t i di rassegnazione passiva e incerti passi p e r u n a resa condizionata. Il 6 m a r z o aveva ripetuto i concetti vigorosi del Lirico in un discorso agli ufficiali della G u a r d i a nazionale repubblicana: «Noi abbiamo p r o m e s s o che difender e m o la valle del Po città p e r città, casa p e r casa. Q u e s t o è un i m p e g n o sacro che d o b b i a m o p r e n d e r e . Se poi gli avven i m e n t i ci p e r m e t t e s s e r o di p r o r o m p e r e oltre l ' A p p e n n i n o - n e s s u n o p u ò escluderlo - io c r e d o che t r o v e r e m o u n ' o n d a t a d i e n t u s i a s m o c o m e forse n o n s u p p o n i a m o n e m m e no». E il 22 m a r z o il Consiglio dei ministri decise che e n t r o il 21 aprile fossero socializzate tutte le i m p r e s e con a l m e n o cento d i p e n d e n t i e un milione di capitale, u n a «mina socia207

le» che il Duce voleva p o r r e sul c a m m i n o di c h i u n q u e arrivasse d o p o di lui. Wolff - che già conduceva la sua trattativa s'era sforzato, senza successo, di dissuaderlo r i c o r d a n d o g l i che d a t o l'atteggiamento inglese «volto a s e r r a r e le file conservatrici in E u r o p a c o n t r o i russi, sarebbe stato forse interessante r i t a r d a r e l'applicazione della legge». Mussolini tenne d u r o . Ma, p u r atteggiandosi a oltranzista con i tedeschi, inviò il figlio Vittorio dall'arcivescovo di Milano, c a r d i n a l e Ildefonso Schuster, c o m e latore d ' u n a p r o p o s t a di pace. Al t e m p o del fascismo trionfante, Schuster, il cui aspetto ascetico nascondeva u n a notevole volontà e capacità di m a n o v r a politica, e r a stato t r a gli alti prelati più «collaborazionisti». O r a pensava s o p r a t t u t t o alla p r o t e z i o n e della sua diocesi, e di Milano, p u r m a n t e n e n d o nella c o r r i s p o n d e n z a con il Duce un tono deferente, quasi affettuoso. Q u a n d o aveva saputo, in febbraio, che si progettava, negli a m b i e n t i di Salò, di fare della metropoli l o m b a r d a un caposaldo di difesa disper a t a alla m a n i e r a di S t a l i n g r a d o , si e r a rivolto a Mussolini supplicandolo p e r c h é rinunciasse ad un tale proposito. «La d i s t r u z i o n e d i Milano c o s t i t u i r e b b e u n delitto storico che tutti i secoli c o n d a n n e r e b b e r o . Bisogna salvare la L o m b a r dia p e r risalvare l'Italia.» A Schuster fu d u n q u e recapitato un abbozzo di disegno secondo il quale la pace sarebbe stata possibile, ma a c o n d i z i o n i c h e - d e t t a t e da chi e r a a c a p o della fatiscente Repubblica di Salò, e vassallo della agonizz a n t e p o t e n z a tedesca - a p p a r i v a n o , p i ù a n c o r a che a r r o ganti, sciocche. In base ad esse le Forze A r m a t e di Mussolini a v r e b b e r o m a n t e n u t o l ' o r d i n e fino a q u a n d o n o n fossero s o p r a v v e n u t i gli anglo-americani; ogni «movimento incontrollato ed estremista» da p a r t e di «formazioni irregolari e di piazza» sarebbe stato c o n t r o b a t t u t o «dalle Forze A r m a t e repubblicane e da quelle alleate»; il C o m a n d o alleato doveva i m p e g n a r s i a « i m p e d i r e c h e le f o r m a z i o n i p a r t i g i a n e svolgano azioni indiscriminate e di r a p i n a e p r o v v e d e r a n n o al loro d i s a r m o p r i m a delle formazioni regolari della Rsi»; infine dovevano « i m m e d i a t a m e n t e cessare gli arresti, i p r o 208

cessi e o g n i altra forma di persecuzione... p a r i m e n t i si grad i r e b b e conoscere la sorte che a v r e b b e r o i m e m b r i del gov e r n o e q u a n t i h a n n o avuto funzioni di c o m a n d o nella Rsi». In c o m p e n s o «il Partito r e p u b b l i c a n o fascista si scioglie». T r a m i t e il n u n z i o apostolico in Svizzera questi t e r m i n i a p p r o d a r o n o alla Santa Sede, e di là al Q u a r t i e r g e n e r a l e alleato, la cui risposta fu la solita: nessun negoziato, resa senza condizioni. I tedeschi si e r a n o d u n q u e dimostrati più realisti di Mussolini, r e s t i t u e n d o agli italiani, con gli interessi, le bugie dell'8 settembre. A m e t à m a r z o R a h n disse a Mellini Ponce de L e o n , che reggeva il Ministero degli Esteri dopo la m o r t e di Mazzolini in attesa che vi si insediasse p e r p o chi g i o r n i Filippo Anfuso, r i c h i a m a t o da B e r l i n o : «Io n o n i n t e n d o s e g u i r e l'esempio e i sistemi che ha u s a t o con me Badoglio. Il Duce p u ò essere sicuro nel m o d o più assoluto che di qualsiasi decisione di a b b a n d o n o di zone o di q u a l u n q u e trattativa in p r o p o s i t o c o n i n e m i c i o coi ribelli, n o n m a n c h e r e i di i n f o r m a r l o . In o g n i caso, egli n o n ha che da i n t e r r o g a r m i e io gli r i s p o n d e r ò con tutta franchezza». Ma a n c o r a il 14 aprile, q u a n d o Wolff, Vietinghoff e D o l l m a n n s ' i n c o n t r a r o n o a G a r g n a n o con Mussolini, n o n gli fu detto nulla di preciso sul dialogo c o n Alien Dulles. La posizione dei tedeschi - a l m e n o di quelli che n o n dovessero rispondere di crimini di g u e r r a - e dei fascisti era b e n diversa, e questo spiega molte cose. I tedeschi, ufficiali e t r u p p a , sapevano che, u n a volta r i g u a d a g n a t a la G e r m a n i a o consegnatisi nelle m a n i degli Alleati, avrebbero d o v u t o tutt'al più affrontare i disagi della prigionia: ma in Patria n e s s u n o a v r e b b e p o t u t o r i m p r o v e r a r l o r o altro c h e d ' a v e r c o m b a t t u t o fino a l l ' e s t r e m o , con eroica risolutezza. I fascisti s a p e v a n o che p r o p r i o nel loro p a e s e , e p e r m a n o dei l o r o connazionali, a v r e b b e r o corso i più gravi pericoli, affrontato le più spietate vendette. Per q u e s t o , c o m e Mussolini, a n c h e molti alti g e r a r c h i e r a n o all'affannosa ricerca di uscite di sicurezza. «Montagna e Z e r b i n o , Buffarmi G u i d i e Tarchi - rivelò L e o Valiani 209

sono tra le decine di gerarchi fascisti che ci fanno sapere (al CLNAI, N.d.A.,) attraverso le vie p i ù t o r t u o s e che s a r e b b e r o disposti a n e g o z i a r e la p r o p r i a resa.» Lo e r a p e r f i n o l'intransigente Pavolini. Vi furono avances curiose, c o m e quella di Carlo Silvestri c h e s'illudeva, ha osservato B e r t o l d i , «di coinvolgere i socialisti con l'offerta di c o n s e g n a r e loro la socializzazione». Certo è che Mussolini avrebbe p o t u t o fino all'ultimo salvarsi, q u a l o r a si fosse risolto ad a b b a n d o n a r e i seguaci e a trovare scampo solo p e r sé e la famiglia. Il sottosegretario all'Aeronautica R u g g e r o B o n o m i aveva disposto che un S79 fosse t e n u t o p r o n t o all'aeroporto di G h e d i (Brescia) p e r p o r t a r e il fuggiasco in S p a g n a , d o v e l ' a v r e b b e r o accolto i p a r e n t i della moglie di Luigi Gatti, il suo ultimo segretario particolare, che e r a spagnola. «Per c o p r i r e nel miglior m o d o l ' o p e r a z i o n e e d i s s i p a r e o g n i sospetto tedesco - ha lasciato scritto B o n o m i - avevo p r o v v e d u t o a far iscrivere i m e m b r i d e l l ' e q u i p a g g i o all'Aeroclub di G h e d i c o m e n o r m a l i a p p a s s i o n a t i d i volo, m e n t r e e r a n o g a r a n t i t e a d ogni istante le scorte di c a r b u r a n t e e le possibilità di i m m e d i a t o decollo... Q u e l volo e b b e l u o g o e q u e l l ' a p p a r e c c h i o passò r e a l m e n t e e senza ostacoli in S p a g n a ; fu e s a t t a m e n t e il 22 a p r i l e 1945. S e n o n c h é a b o r d o n o n c'era Mussolini. Nella c a r l i n g a dell'S79 s e d e v a n o q u e l g i o r n o il p r o f e s s o r Francesco Petacci, sua moglie e sua figlia Myriam, la moglie dell'ambasciatore g e r m a n i c o a Lisbona e l'avvocato Mancini, un amico dei Petacci che portava con sé u n a d o c u m e n t a zione dei crediti italiani nei r i g u a r d i della Spagna. Atterrar o n o i n d e n n i a Barcellona.» Mancavano, in questo g r u p p o di famiglia, d u e dei Petacci, Claretta e Marcello, rimasti insieme al Duce e destinati a m o r i r e con lui. Alla sorella Myriam, Claretta aveva affidato u n a lettera-testamento in cui scriveva tra l'altro: «Io seguo il mio destino, che è il suo. N o n lo a b b a n d o n e r ò mai, q u a l u n q u e cosa avvenga». E a un a m i c o confidò: «Dove va il pad r o n e , va il cane». La favorita aveva voluto essere accanto a Mussolini, nel210

l'ora della disfatta, con u n a a b n e g a z i o n e patetica e suicida, in qualche m o d o eroica. Nessuno la voleva sul Garda, quando la Repubblica sociale vi installò i suoi vertici: n o n la voleva Rachele, o v v i a m e n t e , n o n la volevano i fascisti intransigenti, che a Claretta i m p u t a v a n o la mollezza e l'imborghesim e n t o del Duce, n o n la voleva il Duce stesso che, debole e irresoluto com'era in queste cose, finì p e r cedere alle sue insistenze: chiese soltanto che n o n si installasse a G a r g n a n o , ma a qualche distanza, e così fu scelta Villa Fiordaliso che era a quattro chilometri dalla residenza di Mussolini, e che a p p a r teneva all'industriale Polenghi. A far b u o n a g u a r d i a su Clar e t t a i tedeschi a v e v a n o d e s i g n a t o un ufficiale altoatesino delle SS, Franz Spoegler, v e n t o t t e n n e , che finì p e r affezionarsi a quella d o n n a melanconica e appassionata, s e m p r e in attesa delle r a r e visite del suo B e n così c o m e lo era stata a Palazzo Venezia: solo che ora l'onnipotente e l'insonne era il fantasma di se stesso, e Claretta doveva fargli coraggio. Att o r n o alla Petacci ribollivano odi e piccole congiure, con Buffarmi Guidi che si divideva tra la moglie e l'amante del Duce, confidente e complice di e n t r a m b e , e di nessuna. Vi f u r o n o , in q u e l s o g g i o r n o g a r d e s a n o della Petacci, episodi drammatici, episodi melodrammatici, e scene da pochade. Un giorno, a v e n d o Rachele detto al marito che «quella» passava r e g o l a r m e n t e ai tedeschi le lettere ch'egli le andava scrivendo, un funzionario di polizia, il questore Emilio Bigazzi C a p a n n i , fu incaricato di perquisire Villa Fiordaliso, e secondo alcune testimonianze la Petacci si o p p o s e addiritt u r a i m p u g n a n d o u n a pistola. Claretta scrisse a Ben, d o p o l'incursione del Bigazzi, che «è la d e l u s i o n e p i ù atroce che io abbia avuto da te e dalla vita, aver t a n t o d a t o senza aver lasciato nulla...» Ma accadde qualcosa di peggio, poco temp o d o p o (era l ' o t t o b r e del 1944). R a c h e l e , t a n t o p i ù forte q u a n t o più Mussolini e r a vulnerabile e frastornato, si risolse ad a g g r e d i r e la rivale nel suo rifugio, facendosi a c c o m p a g n a r e p e r la bisogna da Buffarmi Guidi e da alcuni tipi fidati. S p o e g l e r t e n t ò di bloccare il « c o m m a n d o » al cancello, 211

m e n t r e Buffarini Guidi, m a d i d o p e r la pioggia che cadeva fitta e p e r il s u d o r e , teneva p e r la g o n n a Rachele che, furiosa, a c c e n n a v a ad a r r a m p i c a r s i , n o n o s t a n t e la m o l e , sulle sbarre di recinzione. Finalmente Claretta fece e n t r a r e i visitatori, e Rachele l'abbordò con u n a b a t t u t a sarcastica: «Che cosa siete voi? Signora o signorina?». Della conversazione, che in alcuni m o m e n t i d i v e n n e alterco, in altri scenata, in altri a n c o r a quasi confidenze tra d o n n e t r a d i t e (è tipico di q u e s t e situazioni), n o n vale la p e n a di riferire m o l t o . Essa ricalcava i luoghi c o m u n i , e li ricalcò a n c h e la telefonata che Mussolini, p r e o c c u p a t o , fece m e n t r e le sue d u e d o n n e erano insieme, i n g i u n g e n d o a Rachele di piantarla, e di tornare a casa. Il r e p e r t o r i o di Rachele era quello classico: «Che eleganza! Veste p r o p r i o b e n e la m a n t e n u t a ! Ecco c o m e si veste la m a n t e n u t a di un capo di Stato! E g u a r d a t e me che me lo sono sposato». Il C a p o del fascismo m o r e n t e n o n telefonò a Claretta né rincasò p e r i n c o n t r a r e Rachele quella sera; trascorse la notte su u n a b r a n d a in ufficio. Poco altro c'è da d i r e sul s o g g i o r n o g a r d e s a n o della Petacci. Si trasferì a un c e r t o p u n t o , p e r motivi di sicurezza, dalla Villa Fiordaliso nella Villa Mirabella, situata all'interno del Vittoriale d a n n u n z i a n o ; p a r e avesse a n c h e p r o p o s t o il fratello Marcello e l'avvocato Mancini p e r d u e cariche imp o r t a n t i nel g o v e r n o di Salò ( a d d i r i t t u r a il Ministero delle Finanze e il Ministero della Pubblica Istruzione) p r o v o c a n do u n a reazione sdegnata di Mussolini. Ma o r m a i queste cose n o n c o n t a v a n o , e in f o n d o C l a r e t t a lo sapeva. Q u a n d o Mussolini lasciò G a r g n a n o p e r la P r e f e t t u r a di Milano, ing i u n g e n d o alla Petacci di n o n m u o v e r s i , lei n o n intese ragioni, si precipitò a sua volta a Milano, e subito telefonò al Duce, che le suggerì di rifugiarsi in S p a g n a con la famiglia. Il no di Claretta fu p e r e n t o r i o . I tedeschi e il c a r d i n a l e Schuster s p e r a v a n o c h e Mussolini restasse quieto sul lago ad aspettare gli eventi che precipitavano, senza c r e a r e problemi. Lo sperava Wolff, p e r il quale 212

la R e p u b b l i c a fascista e r a d i v e n u t a , n e l n e g o z i a t o e nella progettata ritirata verso l'Alto Adige, u n a zavorra inutile: lo sperava Schuster che sapeva, lo si è detto, c o m e il Duce p r o gettasse un r i t o r n o a Milano, la città del fascio p r i m i g e n i o : un r i t o r n o alla culla n e l l ' o r a della m o r t e . Ma Mussolini a Milano poteva significare combattimenti, distruzioni, lutti e c o m p l i c a z i o n i . Tuttavia il c a p o d e l fascismo covava la sua idea, e l'andava c o n c r e t a n d o : p e r c h é a Milano, pensava, p o teva essere r a g g i u n t o , t r a m i t e la Curia, un e v e n t u a l e compromesso, e da Milano le t r u p p e della Repubblica avrebber o p o t u t o p u n t a r e sul ridotto valtellinese. U n c o m a n d o p o litico-militare italiano a S o n d r i o a v r e b b e d o v u t o r i m a n e r e in c o l l e g a m e n t o c o n il Q u a r t i e r g e n e r a l e t e d e s c o in Alto Adige, tutte le forze sparse del fascismo di Salò si sarebbero r i u n i t e i n u n esercito r e g o l a r e d i 30-50 mila u o m i n i , u n a t r e n t i n a d i emissari inviati i n Svizzera a v r e b b e r o d o v u t o p r o v v e d e r e a c r e a r e u n a «centrale fascista» e a costituire un f o n d o di valuta e s t e r a . Il p r o g e t t o s a r e b b e stato folle - di fronte alla strapotenza alleata - a n c h e se avesse avuto qualc h e possibilità d i a t t u a z i o n e . M a n o n n e aveva n e s s u n a . Q u a n d o Pavolini lo illustrò a Vietinghoff e Wolff, il p r i m o o b b i e t t ò c h e e r a difficile d a r e a d e g u a t a p r e p a r a z i o n e alla raccolta di quella massa di t r u p p e ; il secondo l ' a p p r o v ò ma « d i m o s t r a n d o scarso interesse». S a p p i a m o p e r c h é . Graziani, p r e s e n t e , n o n si faceva illusioni tanto che q u a n d o R a h n , con scarso tatto, gli aveva fatto d o n o qualche t e m p o p r i m a d ' u n a pistola d'antiquariato, aveva s u p p o s t o che si trattasse di un implicito invito al suicidio. La mattina del 16 aprile il Duce a n n u n c i ò ai ministri riuniti la i m m i n e n t e p a r t e n z a p e r Milano. Alle sette di sera del 18 aprile un convoglio di cinque automobili con un furgone p e r i bagagli, e un r e p a r t o delle SS c o m e scorta, si mosse dal G a r d a diretto alla Prefettura di corso Monforte. Mussolini aveva rifiutato la Villa Reale di Monza, un p o ' p e r c h é vi e r a m o r t o U m b e r t o I, e gli p a r e v a un soggiorno di malaugurio, un p o ' p e r c h é la Prefettura era vicina all'Arci vesco va213

d o . R a h n , che insisteva a n c o r a p e r c h é rinunciasse a trasferirsi, s p i e g a n d o che Milano poteva d i v e n t a r e u n a trappola, si sentì r i s p o n d e r e che di lì era più facile aprirsi u n a strada verso la Valtellina p e r l'ultima resistenza. In quel suo provvisorio ufficio, vigilato da sentinelle tedesche, il Duce t e n n e u n a serie di febbrili riunioni e colloqui legati alle uniche alternative che o r m a i gli si offrivano: o u n a «soluzione italiana», ossia un accordo con il CLNAI, O la fuga in Svizzera, o il ridotto m o n t a n o della disperazione. P r o p r i o m e n t r e Mussolini a r r i v a v a a Milano gli Alleati avanzavano a ventaglio, p i o m b a n d o a est su F e r r a r a , Verona e Padova, m e n t r e al centro le forze di Clark, disceso l'App e n n i n o , p u n t a v a n o su M o d e n a e Bologna dove l ' o n o r e di e n t r a r e p e r p r i m i s a r e b b e toccato agli italiani del g r u p p o Legnano. L'offensiva n o n i n c o n t r a v a ostacoli seri, tanto che la mattina del 21 - q u a n d o gli Alleati v a r c a r o n o il Po - Graziani, in u n o dei tanti conciliaboli, aveva c o m m e n t a t o : «Se sono abbastanza audaci possono essere qui domani». T u t t o crollava. Il g i o r n o p r i m a , 20 a p r i l e , H i t l e r aveva celebrato il suo cinquantaseiesimo c o m p l e a n n o . Dal Bunker della vecchia Cancelleria, d o v e viveva o r m a i r i n t a n a t o da tre mesi, era salito fino al cortile e vi aveva passato in rivista un picchetto d ' o n o r e : d u e c e n t o ragazzi della Hitler-]ugend, tutti fra i 14 e 16 anni. Imbacuccato in un p a s t r a n o militare, col bavero alzato, il F ù h r e r a n d ò loro incontro con passo incerto, si fermò a p a r l a r e con alcuni e al più piccolo diede un buffetto sulla guancia. Poi ridiscese nel sotterraneo da dove n o n sarebbe uscito mai più. Vi fu un breve rinfresco cui part e c i p a r o n o t u t t e le alte g e r a r c h i e del Reich: G ò r i n g , G ò b bels, H i m m l e r , R i b b e n t r o p , Speer, B o r m a n n , Keitel, J o d l , D o e n i t z e il n u o v o c a p o di stato m a g g i o r e dell'esercito Krebs. Gòbbels ammise che tutto era finito e che ai capi del nazismo n o n restava che immolarsi tra le macerie di Berlin o . Ma Hitler contava a n c o r a sul cosiddetto G r u p p o d'Arm a t e Steiner che o p e r a v a in Baviera e a v r e b b e p o t u t o acc o r r e r e verso n o r d . Tracciò quindi un p i a n o in base al qua214

le Doenitz avrebbe d o v u t o a s s u m e r e il c o m a n d o della Germ a n i a nord-occidentale n o n a n c o r a occupata, e Kesselring quello della Baviera e dell'Austria. Steiner si sarebbe lanciato al salvataggio di Berlino. N o n e r a n o c h e favole. A s u d i russi avevano oltrepassato Vienna, a ovest gli Alleati avanzavano su Monaco di Baviera. E il g r u p p o di a r m a t e Steiner si e r a dissolto u n a settimana p r i m a . Hitler delirava, e Mussolini tentennava. Almeno p e r quanto riguardava lui e i gerarchi più famosi, o famigerati, la p r o spettiva dell'espatrio in Svizzera svanì p r e s t o . Il 20 aprile Mellini Ponce de L e o n ebbe incarico di sondare il consigliere commerciale elvetico a Milano - in effetti un ambasciatore ufficioso - signor Troendle e di domandargli quale sarebbe stato l'atteggiamento del suo g o v e r n o «in caso si d e t e r m i n a s s e una situazione minacciosa» p e r la vita dei gerarchi e dei loro familiari. La sollecitazione ebbe accoglienza fredda. Troendle ritenne «né materialmente possibile né consigliabile di iniziare u n a p r o c e d u r a p e r ottenere un visto vero e proprio». Aggiunse a titolo personale che «le famiglie delle personalità politiche - d o n n e e bambini - in q u a l u n q u e m o m e n t o si fossero presentate alla frontiera svizzera sotto u n a minaccia seria ed immediata p e r la loro sorte sarebbero state fatte entrare». Altro discorso p e r le personalità politiche, che potevano essere accolte « p u r c h é n o n siano d e l i n q u e n t i comuni» ma che com u n q u e dovevano essere indicate in u n a lista da consegnare al dipartimento federale che avrebbe deliberato in merito. In quei frangenti, e con il r i t m o che gli a v v e n i m e n t i avevano preso, era un larvato rifiuto. C h i u s a la via svizzera, restava quella di un p a t t o con il C o m i t a t o di Liberazione Nazionale t r a m i t e la Curia. Delle intenzioni e iniziative di Schuster si è già detto. Bisogna tuttavia a g g i u n g e r e che il cardinale aveva intessuto, parallelam e n t e a quella con Mussolini, u n a t r a m a con il solito Wolff, al quale era stato sottoposto un p i a n o che mirava, come gli altri, a salvaguardare Milano, la sua popolazione e le sue industrie, e che p r o m e t t e v a l'azione della C u r i a «per p e r s u a 215

d e r e i g r u p p i d'opposizione e particolarmente i partigiani a n o n fare alcuna azione contro i tedeschi p r i m a e d u r a n t e la loro ritirata», con l'avvertimento tuttavia che «questo si riferisce solo ai tedeschi, n o n ai fascisti». E Wolff aveva d a t o a Schuster affidamenti, lasciandogli a d d i r i t t u r a c r e d e r e di p o ter venire a Milano p e r firmare la resa, deciso invece a firmarla, sì, ma nei confronti degli Alleati, che in quei giorni tergiversavano intimiditi dal veto di Mosca. Altro p u n t o di riferimento essenziale della situazione e r a il CLNAI: ma p e r e s a m i n a r n e il c o m p o r t a m e n t o , le perplessità, le divisioni e le decisioni d o b b i a m o fare un altro dei f r e q u e n t i passi indietro in questa storia fitta di vicende parallele. La Resistenza, nei p r i m i mesi del 1945, n o n era più un fatto militare n e p p u r e nella m i s u r a in cui lo era stata p r e c e d e n t e m e n t e . E r a soltanto u n fatto politico. Gli e s p o n e n t i dei partiti di sinistra - in particolare comunisti e azionisti - avev a n o un p r o g e t t o preciso: travasare la s t r u t t u r a , gli equilibri, le finalità del CLNAI nello Stato italiano, e far c a m m i n a r e il paese, a totale liberazione avvenuta, sui binari tracciati al n o r d . Gli Alleati avrebbero d o v u t o limitarsi a fiancheggiare e garantire, con la loro presenza, un'azione politica e a m m i nistrativa che, n o n o s t a n t e i cauti riconoscimenti formali, era contro la linea degli Alleati stessi, c o n t r o la linea del governo legale, e c o n t r o la p r o m e s s a di lasciare irrisolto p e r il m o m e n t o il p r o b l e m a istituzionale. Così, q u a n d o alla m e t à di febbraio del 1945 i c o m a n d i delle formazioni garibaldine e di Giustizia e Libertà p r o p o s e r o la «unificazione» dei p a r tigiani, ossia la r i n u n c i a alle etichette di p a r t e , e la trasformazione dei vari nuclei in r e p a r t i di un vero esercito, la p r o posta a p p a r e n t e m e n t e apartitica aveva un p r o f o n d o significato partitico. L o n g o - che p r o p u g n a v a questa concezione, e aveva a n c h e forza sufficiente p e r t e n t a r e di i m p o r l a - sapeva che quell'esercito partigiano spoliticizzato sarebbe stato in effetti un esercito a disposizione del Partito comunista. Ove questo esercito fosse stato travasato, c o m e e l e m e n t o d o 217

m i n a n t e e maggioritario, nelle Forze A r m a t e regolari del rinato Stato italiano, il PCI avrebbe raccolto un frutto i m m e n so - specificamente politico - dalla Resistenza. La m a n o v r a e r a abile, ma a n c h e molto e v i d e n t e . Ne afferrò tutte le possibili implicazioni il generale C a d o r n a , che constatava q u o t i d i a n a m e n t e q u a n t o p o c o valore avesse la sua carica di c o m a n d a n t e militare: intanto p e r c h é c'era p o co da c o m a n d a r e , o r m a i , e p o i p e r c h é i v i c e c o m a n d a n t i , sorretti dai partiti, i g n o r a v a n o o ostacolavano o c o n t r a d d i cevano i suoi o r d i n i . Per C a d o r n a il CLNAI e r a u n a e m a n a zione del p o t e r e di R o m a , e inoltre un organismo vincolato da obblighi di lealtà verso gli anglo-americani: p e r c o m u n i sti, socialisti, giellini era l'elemento d e t e r m i n a n t e di un n u o vo corso, il già accennato «vento del nord». Lo scontro sfociò in u n a crisi. C a d o r n a si dimise con m o tivazioni aspre: «Ho colto al volo l'occasione favorevole, che attendevo da un pezzo, p e r m o s t r a r e che, se da un lato comp r e n d o le esigenze di transazione in questo c o m a n d o assai più politico che militare, dall'altro n o n i n t e n d o farmi m e n a re p e r il naso come un b u r a t t i n o ed avallare, col credito della mia p e r s o n a , c e r t e m a n o v r e dei partiti. S o l a m e n t e se il CLNAI mi d a r à serie g a r a n z i e r i p r e n d e r ò il mio p o s t o . Com u n q u e lo r i p r e n d e r ò a testa alta... N o n i n t e n d o a s s u m e r e la responsabilità della a n a r c h i a che r e g n a nelle formazioni p e r c h é i m a n e g g i dei partiti d i s t r u g g o n o il principio di autorità in tutta la gerarchia». Il dissidio fu composto laboriosamente, e C a d o r n a si imp e g n ò a r i s p e t t a r e le direttive del CLNAI « p u r c h é esse conc o r d i n o con quelle degli Alleati e del g o v e r n o italiano». Ma e r a u n r a t t o p p o . Nella Resistenza o g n u n o lavorava p e r sé, o r m a i . E i c o m u n i s t i l a v o r a v a n o p e r il f u t u r o politico del partito. Con iniziativa a u t o n o m a il PCI aveva d i r a m a t o il 10 aprile le «direttive p e r l'insurrezione» in base alle quali, riconoscendo che «l'esercito tedesco è in rotta disordinata su tutti i fronti», avvertiva che «anche noi d o b b i a m o scatenare l'assal218

to definitivo... N o n si tratta più solo di intensificare la guerriglia ma di p r e d i s p o r r e e s c a t e n a r e vere e p r o p r i e azioni insurrezionali». A n c o r a a m m o n i v a , la direttiva c o m u n i s t a , che «per n e s s u n a ragione il nostro partito e i c o m p a g n i che lo r a p p r e s e n t a n o . . . d e v o n o accettare p r o p o s t e , consigli, piani t e n d e n t i a limitare, a evitare, i m p e d i r e l'insurrezione nazionale di tutto il popolo». Q u a n t o agli Alleati anglo-americani, «dobbiamo essere intrattabili sul p u n t o della necessità dello s c a t e n a m e n t o della lotta insurrezionale di tutto il p o polo». Un'ossessione, questa di n o n lasciar p e r d e r e la grande occasione, che c o m p o r t a v a odio p r o f o n d o verso gli «attesisti», ossia verso coloro che consideravano inutili sul p i a n o militare altri lutti e rovine, e i n g e n u o o velleitario sul p i a n o politico il tentativo di r i d a r e all'Italia u n a verginità antifascista acquistata m e n t r e Hitler stava p e r immolarsi nel Bunker di Berlino e Mussolini era finito. Nella sua storia della Resistenza, R o b e r t o Battaglia ha riassunto con foga tribunizia il p u n t o di vista comunista defin e n d o «rete d'intrighi, vero e p r o p r i o nido di vipere che deve essere schiacciato decisamente» ogni tesi anti-insurrezionale. Il Battaglia riconosce che «la liberazione d'Italia si inserisce tra gli avvenimenti già scontati sul p i a n o militare» ma a g g i u n g e che ne restava i m p r e g i u d i c a t o «il m o d o , decisivo p e r l'avvenire del nostro paese». Quello che esaminava p r o poste e trattative di resa era d u n q u e un CLNAI ufficialmente unitario e sostanzialmente diviso, a n c h e se a n d a v a adottando p r o v v e d i m e n t i di rigore rivoluzionario: c o m e quello secondo cui Mussolini e i suoi gerarchi avrebbero dovuto essere considerati criminali di g u e r r a , e c o n d a n n a t i a m o r t e . Tuttavia, p r o n u n c i a t a la sentenza, i delegati del CLNAI si inc o n t r a r o n o ancora con il maggiore tra i criminali di g u e r r a . Nella P r e f e t t u r a , a t t o r n o alla q u a l e e r a stato c r e a t o u n r u d i m e n t a l e sistema di reticolati e fortificazioni c h i a m a t o p o m p o s a m e n t e «il quadrilatero», dove il Duce affermava di sentirsi «a casa sua», quei giorni preziosi p r i m a dell'epilogo furono sprecati in chiacchiere, con r i u n i o n i militari che n o n 219

decidevano nulla, ma p r e n d e v a n o semplicemente atto della inarrestabile avanzata alleata e della disgregazione delle forze fasciste, e con Consigli dei ministri - a l m e n o quelli p r e senti - dei quali il titolare della Educazione nazionale Biggini ci ha lasciato, in un diario pubblicato molto d o p o la sua m o r t e , un resoconto che è, nella sua aridità, p i ù e l o q u e n t e d ' u n a descrizione appassionata. «Alle ore 11 - è il 22 aprile 1945 - mi sono recato in Prefettura in u d i e n z a dal Duce. In a n t i c a m e r a , m e n t r e a t t e n devo di essere ricevuto p e r il consueto r a p p o r t o , ho parlato della situazione militare, aggravatasi con la p e r d i t a di Bologna, e di quella politica, con il maresciallo Graziani, con i ministri Pavolini, Z e r b i n o e M e z z a s o m a , con la m e d a g l i a d ' o r o Borsani, con Gemelli sottosegretario alla Marina, con vari capi provincia e con altre personalità. Ricevuto dal Duce ho conferito con lui a t t o r n o alle cose più urgenti; la n u o va legge sui maestri, definitivamente c o n c o r d a t a e a p p r o v a ta, u n a c o m u n i c a z i o n e da fare alla r a d i o su q u a n t o da me realizzato in q u e s t ' u l t i m o a n n o p e r il c o m p l e t a m e n t o e il p o t e n z i a m e n t o dell'Università di Trieste...» Giorgio Bocca r i c o r d a c h e «il g e n e r a l e D i a m a n t i sceglie p r o p r i o q u e s t a g i o r n a t a (24 aprile) p e r p r e s e n t a r e a l D u c e suo f i g l i o che desidera u n a foto con autografo; i dirigenti della RAI vengono a sottoporgli un p r o g r a m m a di lavori; il c o m m i s s a r i o della M o n d a d o r i gli p r e s e n t a un libro di Settimelli, Trenta anni di commenti a Mussolini». Il quale Mussolini dimostrava, come rileva il suo medico tedesco d o t t o r Zachariae, «un'assoluta mancanza di energia e di intelligenza». N o n mangiava e n o n dormiva quasi più. A un g r u p p o di fascisti r a d u n a ti nel cortile del palazzo si limitò a dire che «l'ora è grave, io posso passare ma voi dovete stringere i vincoli del cameratismo», e p r o m i s e di d a r e o r d i n i a d e g u a t i al federale Costa: ma poi si limitò ad assistere alla proiezione di un d o c u m e n tario sulla sua visita a Milano in dicembre. Ancora il 24 aprile giunse in Prefettura un messaggio di Hitler, l'ultimo della l u n g a c o r r i s p o n d e n z a tra i d u e dittatori. 220

«La lotta p e r l'essere e il n o n essere ha r a g g i u n t o il suo p u n t o c u l m i n a n t e . I m p i e g a n d o g r a n d i masse e materiali il bolscevismo e il g i u d a i s m o si s o n o i m p e g n a t i a f o n d o p e r r i u n i r e sul territorio tedesco le loro forze distruttive al fine di precipitare nel caos il nostro continente. Tuttavia nel suo spirito di t e n a c e sprezzo della m o r t e il p o p o l o tedesco e q u a n t i altri sono animati dai medesimi sentimenti si scaglier a n n o alla riscossa, p e r q u a n t o d u r a sia la lotta, e con il loro impareggiabile eroismo faranno m u t a r e il corso della g u e r ra in questo storico m o m e n t o in cui si d e c i d o n o le sorti dell ' E u r o p a p e r i secoli a venire». I n s i e m e a q u e s t o e s t r e m o sproloquio, un p o ' amletico e un p o ' invasato, l'alleato tedesco fece arrivare alla Repubblica sociale, tramite l'ambasciatore R a h n , u n a delle sollecitazioni burocratico-amministrative alle quali i sacerdoti della scartoffia n o n r i n u n c i a n o n e p p u r e sull'orlo dell'abisso. Un a p p u n t o che Mellini Ponce de L e o n t r a s m i s e a Mussolini il 25 a p r i l e spiegava c h e «l'ambasciatore R a h n h a p r e g a t o d i farvi p r e s e n t e , D u c e , c o m e un rifiuto del g o v e r n o italiano a p a g a r e il c o n t r i b u t o di g u e r r a in questo m o m e n t o avrebbe, d o p o tanti sforzi fatti in c o m u n e , il risultato di c r e a r e u n a sfavorevole atmosfera in tutto l'ambiente militare germanico». Par di sognare. Il 25 a p r i l e I l d e f o n s o Schuster, arcivescovo di Milano, s'illudeva di sovrintendere, con la sua abilità di m e d i a t o r e e con la sua autorità di principe della Chiesa, alla resa dei tedeschi. Aveva inviato in m a t t i n a t a un m e s s a g g i o a Wolff spiegandogli di p o t e r convocare «in qualsiasi m o m e n t o » le altre p a r t i , ossia in definitiva il CLNAI, p e r d a r e esecuzione alle p r o p o s t e della Curia, da tutti ormai accettate. L'atto n o n poteva essere differito. «Per favore - a m m o n i v a la lettera di Schuster - dite l'ora precisa e le p e r s o n e incaricate di firmare p e r i tedeschi. Per il luogo: l'Arcivescovado a n d r à bene.» Ma n o n si poteva p r o r o g a r e la firma, insisteva Schuster, oltre le sei del pomeriggio. Q u a n t o a C a d o r n a aveva già fatto sapere d'essere p r o n t o a firmare alle d u e precise. Wolff aveva t u t t ' a l t r e intenzioni, e doveva trovarsi a Bolzano p e r la 221

fase definitiva delle trattative con gli Alleati. Tuttavia incaricò il suo r a p p r e s e n t a n t e a Milano colonnello Rauff di ann u n c i a r e che in serata sarebbe stato (lui Wolff) a Milano. I fascisti n o n e r a n o previsti, c o m e p r o t a g o n i s t i di questa sol e n n e capitolazione. Ma vi s ' i n s e r i r o n o grazie ai m a n e g g i dell'industriale Riccardo Cella, che da Mussolini aveva acquistato i macchinari e l'edificio del Popolo d'Italia e che si rivolse a Marazza, e s p o n e n t e democristiano del CLN, p e r sollecitare un i n c o n t r o tra Mussolini e i capi della Resistenza. Questi ultimi acconsentirono, in linea di massima. E il Cella la mattina del 25 aprile riferì in proposito al Duce, che aveva incaricato Z e r b i n o e M o n t a g n a di i n t r a p r e n d e r e passi p e r un passaggio dei poteri, ma che ora si risolse ad agire di p e r s o n a . Il futuro si stava c o l o r a n d o di sangue per i fascisti, e già si aveva notizia di a m m a z z a m e n t i indiscriminati nelle città liberate dagli Alleati o dall'insurrezione partigiana, che stava d i l a g a n d o . C i n q u e giorni p r i m a e r a stata deliberata, dal C o m i t a t o di L i b e r a z i o n e , l'istituzione di T r i b u n a l i straordinari. Nelle p r i m e ore p o m e r i d i a n e del 25 aprile - le tre all'incirca - Mussolini lasciò la Prefettura su u n a vettura di r a p p r e s e n t a n z a , dignitosa e antiquata, che e r a stata inviata da Schuster. E r a n o con lui il p r e f e t t o Bassi, il sottosegretario alla p r e s i d e n z a B a r r a c u , Z e r b i n o , e Cella: all'ultimo m o m e n t o si a g g r e g ò un t e n e n t e delle SS che - a n c h e qui in obbedienza alla routine - n o n volle dividersi d a l l ' u o m o che era stato incaricato di p r o t e g g e r e , e s'infilò a forza sulla limousine « s e d e n d o quasi sulle ginocchia di Mussolini». Graziani, che aveva saputo del colloquio, e sconsigliato a Mussolini di p a r t e c i p a r v i , seguì in r i t a r d o . La situazione e r a equivoca, p e r c h é Schuster c r e d e v a di avere nel suo studio i p l e n i p o tenziari partigiani, tedeschi e fascisti, Mussolini c r e d e v a di a n d a r e a p a t t e g g i a r e , il CLNAI - che aveva designato a r a p p r e s e n t a r l o C a d o r n a , Marazza e L o m b a r d i - credeva di ric e v e r e la r e s a i n c o n d i z i o n a t a di tedeschi e fascisti. Poiché Mussolini aveva p r e c e d u t o tutti, Schuster fu costretto a in222

t r a t t e n e r s i con lui in un tu p e r tu i m b a r a z z a n t e e p e n o s o . T a n t o p e r p r e n d e r t e m p o , i l c a r d i n a l e assicurò Mussolini che «gli onesti a v r e b b e r o riconosciuto il valore del suo p o s t u m o gesto». Poi p a r l a r o n o di varia u m a n i t à , tra l'altro delle relazioni tra Stato e Chiesa d u r a n t e il v e n t e n n i o . «Vedendolo un p o ' depresso - rivelò poi Schuster, e n o n si p u ò dire mancassero motivi p e r quella d e p r e s s i o n e - insistei p e r c h é gradisse a l m e n o un p o ' di conforto. Egli p e r cortesia si indusse ad accettare un bicchierino di rosolio con un biscotto.» In questa atmosfera felpata la conversazione p r o s e g u ì stentatamente, Schuster fece d o n o a Mussolini di u n a vita di San B e n e d e t t o . F i n a l m e n t e si passò a p a r l a r e del p r e s e n t e , e il Duce illustrò il suo p r o g e t t o di sciogliere l ' i n d o m a n i l'esercito e la G u a r d i a nazionale repubblicana, e di ritirarsi poi con tremila fedelissimi in Valtellina. «Ella ha i n t e n z i o n e di c o n t i n u a r e la g u e r r a sulle montagne?» s'informò il cardinale, e Mussolini, con u n a sorta di c a n d o r e : «Ancora p e r un poco poi mi a r r e n d e r ò » . Q u a n d o Schuster, affabile ma n o n disposto a lasciar p a s s a r e affermazioni t e m e r a r i e , osservò che tremila decisi a tutto n o n e r a n o facili da trovare, e che forse era più ragionevole contare su 300, Mussolini ebbe un sorriso malinconico. «Forse s a r a n n o u n p o ' d i più m a n o n di molto. N o n mi faccio illusioni.» I n t a n t o n e l l ' a n t i c a m e r a Graziani schiumava p e r c h é il prefetto Bassi aveva a p p r e s o - riferendogliene i m m e d i a t a m e n t e - che i tedeschi trattavano da t e m p o . Ma il Cella, con ostentazione d'ottimismo lomb a r d o , volle far capire che a tutto c'è rimedio: «Animo, maresciallo! Oggi è u n a g r a n d e giornata. O r a g i u n g e r à a n c h e il generale Wolff e sarà firmato l'armistizio». D o p o che Mussolini aspettava da u n ' o r a a b b o n d a n t e , arr i v a r o n o i delegati del Comitato di Liberazione, che e n t r a r o n o nello studio di Schuster, seduto su un divano accanto a Mussolini, e si a c c o m o d a r o n o , senza saluti e presentazioni, a un lato del tavolo: all'altro p r e s e r o posto i fascisti. U n o del CLN - n o n è b e n chiaro se Marazza o L o m b a r d i - avvertì che ai fascisti poteva essere concessa solo la resa incondizionata, 223

e che i t e r m i n i di essa d o v e v a n o essere accettati e n t r o d u e o r e . Le forze fasciste si s a r e b b e r o d o v u t e c o n c e n t r a r e nel t r i a n g o l o Milano-Como-Lecco. A questo p u n t o - e il Duce p a r e v a incline ad a c c o n s e n t i r e - si i n t r o m i s e Graziani p e r dire del negoziato tedesco, Mussolini s'infuriò e minacciò di d e n u n c i a r e p e r r a d i o «il t r a d i m e n t o » , Schuster esortò alla calma. Mussolini e i suoi si c o n g e d a r o n o p r o m e t t e n d o di d a r e u n a risposta e n t r o u n ' o r a , liberi c o m ' e r a n o da ogni obbligo di lealtà d o p o il colpo basso dei tedeschi. R i c c a r d o L o m b a r d i n o n c r e d e t t e alla s o r p r e s a di Mussolini, che «si espresse con parole acri q u a n d o a p p r e s e (o finse di a p p r e n d e r e , p e r c h é era impossibile che egli n o n sapesse) le trattative dei tedeschi, e disse che avrebbe protestato». Retrospett i v a m e n t e , riesce diffìcile c a p i r e q u a l e i m p o r t a n z a avesse, m e n t r e l'universo nazifascista veniva polverizzato, chi e come avesse trattato, e con chi. Nell'Arcivescovado i delegati della Resistenza a s p e t t a r o no la risposta di Mussolini, ed ebbero intanto u n a e n n e s i m a - e c o m e le p r e c e d e n t i falsa - c o n f e r m a dai tedeschi circa l'intenzione di Wolff di venire a Milano. Solo che l'appuntam e n t o con lui doveva essere rinviato a l l ' i n d o m a n i . Q u e s t e tergiversazioni accrescevano, tra i capi del CLN, le incertezze e a n c h e i contrasti. S a n d r o Pertini, che nel Partito socialista i m p e r s o n a v a l'ala p i ù i n t r a n s i g e n t e , s a p u t o d e l l ' i n c o n t r o nello s t u d i o del c a r d i n a l e , p r o c l a m ò a g r a n voce che o g n i n e g o z i a t o e r a i m p e n s a b i l e e che Mussolini doveva essere c o n s i d e r a t o u n p r i g i o n i e r o d i g u e r r a «da c o n s e g n a r e poi, forse, agli Alleati». Poco d o p o le 8 di sera ci si decise a telefonare dall'Arcivescovado in Prefettura p e r s a p e r e quale fosse la risposta del Duce. Il prefetto Bassi rispose che Mussolini era già partito; il «quadrilatero» e r a o r m a i sguarnito. I tedeschi t e n n e r o in piedi anche l'indomani la messinscena d e l l ' i m m i n e n t e a r r i v o di Wolff, e Schuster p r e p a r ò inutilm e n t e il discorso c h e a v r e b b e a n n u n c i a t o , la s e r a del 26 aprile, la fine delle ostilità in Italia. T o r n a t o in P r e f e t t u r a dall'Arcivescovado, Mussolini si 224

chiuse nel suo ufficio, n o n p r i m a p e r ò d'essersi scagliato c o n t r o Cella, minacciandolo a d d i r i t t u r a di fucilazione p e r ché quel convegno era stato un i n g a n n o : «Volevano giungere u n i c a m e n t e alla mia c a t t u r a e a un altro 25 luglio». Era ossessionato dall'idea del t r a d i m e n t o : «Qui mi si vuole a r r e stare u n ' a l t r a volta». S t a n d o a u n a testimonianza del g e n e rale D i a m a n t i , m e d i t ò il suicidio, e t r a e n d o da un cassetto u n a rivoltella disse: «A me ci p e n s o io». Era smarrito, irresoluto, ma poi agiva d'impulso, come spinto da u n a oscura fatalità. Buttò giù d u e lettere, le sue ultime, a Carlo Silvestri e a Miglioli - l'uno e l'altro interpreti dell'ipotesi «ponte», ossia di un passaggio m o r b i d o dalla Repubblica sociale ai socialisti resistenziali - infine alle otto di sera, sollecitato da Pavolini, decise: «Andiamo!». Un saluto r o m a n o p e r i fedeli, q u a l c u n o dei quali invocava «non p a r t i r e , n o n lasciarci soli», q u i n d i salì di scatto sull'auto. Aveva accanto a sé B o m bacci, che portava con sé soltanto u n a valigia molto piccola, e a Vittorio Mussolini che se ne stupiva spiegò: «E di che altro c'e bisogno? Sono esperto di queste cose, e r o nell'ufficio di L e n i n a P i e t r o b u r g o q u a n d o le t r u p p e b i a n c h e di J u d e nic avanzavano sulla città e ci p r e p a r a v a m o ad a b b a n d o n a r la». Seguivano altre auto, ultima la berlina a gasogeno dell'industriale Cella il cui autista, un vecchio milanese che sap e v a fiutare il v e n t o , visto c h e t u t t e le m a c c h i n e u s c e n d o svoltavano a sinistra, a n n u n c i ò : « C o m m e n d a t o r e , noi voltiamo a destra», e si allontanò in direzione opposta. Si fermar o n o in Prefettura, oltre a Bassi, il m i n i s t r o della Giustizia Pisenti e il C a p o della polizia, generale M o n t a g n a . All'alba il palazzo fu occupato dalle G u a r d i e di Finanza il cui c o m a n d a n t e , g e n e r a l e Malgeri, collaborava da t e m p o con la Resistenza. Restavano nuclei abbastanza consistenti ma d e m o r a lizzati di fascisti armati, e i partigiani n o n si stavano ancora m u o v e n d o ; e r a n o cauti, l'Albergo Regina, in qualche m o d o fortificato, e r a s e m p r e in m a n o ai tedeschi, e si temeva che i reparti fascisti superstiti fossero in g r a d o di t e n t a r e qualcosa. Le p r i m e formazioni p a r t i g i a n e e n t r a r o n o in Milano il 225

1

28 aprile alle 17,30: e r a n o seicento u o m i n i provenienti dall'Oltrepò Pavese. Mezz'ora d o p o s o p r a g g i u n s e r o , dall'Ossola, u o m i n i dell'ottava brigata Matteotti, con l'avvocato Antonio G r e p p i che si era unito ad essa da poco, p r o v e n i e n t e dal rifugio svizzero, e c h e d i v e n n e p o i s i n d a c o della città. In quegli stessi giorni si assistette alla moltiplicazione dei partigianii da 70 mila d i v e n u t i c e n t o m i l a , e p o i t r e c e n t o m i l a . L ' i n s u r r e z i o n e g e n e r a l e d i v a m p ò , i n pratica, q u a n d o n o n c'era più nulla c o n t r o cui insorgere.

CAPITOLO UNDICESIMO

MACELLERIA MESSICANA

Da Milano a C o m o l'autocolonna con Mussolini e i gerarchi p r o c e d e t t e senza i n t o p p i , e alle n o v e di sera del 25 a p r i l e aveva r a g g i u n t o la sua d e s t i n a z i o n e : u n ' a l t r a P r e f e t t u r a - l'ultima di questa vicenda - altri inconcludenti conciliaboli, altre indecisioni fatali. Nel d i s o r d i n e , tra l'andirivieni di armigeri stravolti e di funzionari pallidi di p a u r a , la moglie del prefetto ebbe p u r s e m p r e m o d o di organizzare nel salone, con vasellame di lusso, un p r a n z o d u r a n t e il quale furono u n ' e n n e s i m a volta discusse le opzioni che si offrivano ai n a u f r a g h i d e l l ' a v v e n t u r a fascista. Mussolini aveva sciolto dall'obbligo di fedeltà tutti i suoi seguaci, a n c h e se con i rep a r t i fascisti «milanesi» c h e affluirono nella n o t t e a C o m o a v r e b b e p o t u t o t e n t a r e efficacemente u n a a z i o n e a r m a t a verso la Valtellina, o a l m e n o asserragliarsi a difesa fino all'arrivo degli Alleati che g a l o p p a v a n o verso le A l p i . Ma in questo frangente - come il 25 luglio - del Duce fu straordin a r i a s o p r a t t u t t o l'abulia, quasi u n inconscio d e s i d e r i o d i a u t o d i s t r u z i o n e . N o n l ' a u t o d i s t r u z i o n e folle e a suo m o d o epica di Hitler, ma la rinuncia a lottare. Era svuotato di passione politica, e svuotato a n c h e , in qualche m o d o , di affetti p e r s o n a l i . Si lasciò i m p o r r e il m o d o , lo s c e n a r i o , le circostanze e i p e r s o n a g g i della scena finale. C o n Rachele p a r l ò p e r telefono (ma q u a l c u n o asserì che la moglie si e r a fatta b r e v e m e n t e v e d e r e i n P r e f e t t u r a ) . Rachele Mussolini e r a con i figli m i n o r i , A n n a Maria e R o m a n o , a Villa M a n t e r o , poco distante. Mussolini vi m a n d ò alcuni brigatisti, con l'incarico di r i t i r a r e la sua r o b a , e r i m a s e a r i m u g i n a r e con i commensali impossibili uscite di sicurezza. 227

Buffarmi Guidi suggerì che il g r u p p o tentasse di passare in Svizzera, altri insistette p e r il ridotto valtellinese, n o n facile da r a g g i u n g e r e p e r c h é della valle si stavano i m p a d r o n e n d o i p a r t i g i a n i . L'asilo svizzero a v r e b b e c o n s e n t i t o a Mussolini n o n soltanto di salvare la pelle, ma a n c h e di «spendere» nel migliore dei m o d i la sua m e r c e di scambio, d o c u m e n t i vari, e in particolare le lettere che Churchill gli aveva inviato d u r a n t e i mesi della cobelligeranza italiana. Di quei d o c u m e n t i molti e r a n o informati, tanto che il rozzo capo della Muti, C o l o m b o , gli aveva gridato in faccia: «Duce, se volete a n d a r e in Svizzera p e r i d o c u m e n t i , a n c h e in Valtellina possono essere messi in salvo». Ma gli svizzeri, già lo s a p p i a m o , n o n e r a n o inclini ad accollarsi visitatori i n g o m branti, tanto che Rachele si vide rifiutare l'ingresso a Ponte Chiasso. Buffarini Guidi, fervido di trovate, aveva escogitato u n a soluzione: «Sfondiamo la s b a r r a di confine con l'automobile e u n a volta di là ci tengono». Mussolini n o n si p r o nunciava. N o n s'era voluto servire dell'aereo che l'avrebbe p o r t a t o i n S p a g n a p e r n o n a b b a n d o n a r e i suoi fedeli, m a poi f i n ì p e r a b b a n d o n a r l i e g u a l m e n t e , i n u n a fuga incoer e n t e e avvilente. Da C o m o si trasferì d'improvviso, l'indomani p r i m a dell'alba, a Menaggio, dove a n c o r a vagolò incerto, m e n t r e i gerarchi lo tallonavano dubbiosi, ma incapaci di trovare soluzioni diverse, e Pavolini p o r t a v a di rinforzo un p u g n o di militi e un a u t o c a r r o a r t i g i a n a l m e n t e corazzato e trasformato in autoblindo. Il t e n e n t e tedesco Fritz Birzer, cui Hitler aveva o r d i n a t o di n o n mollare mai il Duce, gli stava alle costole ostinato e implacabile. Vani e r a n o stati i tentativi di «semin a r l o » . E vani a n c h e quelli di d i s t a n z i a r e C l a r e t t a Petacci che, insieme al fratello Marcello, alla c o m p a g n a di lui Zita Ripossa, e ai nipotini, ritrovava con patetico accanimento le fila dell'itinerario seguito da Ben. Le e r a stato suggerito di lasciare C o m o , dove si era precipitata, di mettersi in salvo: n o n ascoltava ragioni, e q u a n d o la vide a M e n a g g i o a n c h e Mussolini, che n o n e r a u n s e n t i m e n t a l e , n e f u toccato: 228

«Questa d o n n a , che ha già subito il carcere e che ha p e r s o tutto p e r colpa mia, ha voluto seguirmi a n c h e adesso...». A M e n a g g i o un fuggiasco di p r i m o p i a n o , Rodolfo Graziani, si staccò dalla c o l o n n a di Mussolini e di Pavolini p e r r i e n t r a r e al suo Q u a r t i e r generale di Mandello Lario: mossa furba, o fortunata, che lo salvò. Per gli altri s o p r a v v e n n e un imprevisto che parve provvidenziale, e fu fatale: o almeno n o n cambiò q u e l che doveva avvenire, s e m m a i lo accelerò. Nella notte dal 26 al 27 aveva imboccato la strada Regina, che c o r r e l u n g o la s p o n d a occidentale del lago di Com o , un r e p a r t o della c o n t r a e r e a tedesca, al c o m a n d o del ten e n t e Fallmeyer. Si trattava di u n a u n i t à a n c o r a o r d i n a t a , con n u m e r o s i automezzi, decisa a r a g g i u n g e r e l'Alto Adige. E r a un aiuto i n s p e r a t o p e r i fascisti e il loro c a p o : a l m e n o questi tedeschi sapevano dove volevano a n d a r e , e come arrivarci. E r a n o a n c h e m e n o esposti dei fascisti agli attacchi dei partigiani, p e r u n a sorta di tacita intesa. N o n s e m p r e essa fu r i s p e t t a t a . A c c a d d e c h e f o r m a z i o n i della Resistenza - m a g a r i quelle dell'ultima ora - attaccassero r e p a r t i in ritir a t a che c h i e d e v a n o soltanto d i e v a c u a r e t r a n q u i l l a m e n t e l'Italia causandovi inutili p e r d i t e e p r o v o c a n d o n e le contromisure, talvolta spietate. P r o p r i o questo avvenne, ad esempio, a Pedescala, frazione di Valdastico in provincia di Vicenza, dove il 30 aprile 1945 i tedeschi di u n a c o l o n n a che se ne andava - ma e r a n o n u m e r o s i in essa i russi e gli ucraini i n t r u p p a t i nella W e h r m a c h t - furono oggetto di u n a sparatoria partigiana. Per rappresaglia s t e r m i n a r o n o 63 poveri i n n o c e n t i del p a e s e . La m e d a g l i a d ' o r o al valor m i l i t a r e , conferita r e c e n t e m e n t e p e r quell'episodio a Pedescala, è stata rifiutata da molti dei suoi abitanti, i quali g i u d i c a n o l'azione dei partigiani insensata e provocatoria. « S p a r a r o n o e p o i s p a r i r o n o » , così u n manifesto p o l e m i c o h a r i a s s u n t o questa pagina tragica, simile a molte altre. C o n s u l t a t o s i b r e v e m e n t e c o n i suoi fidi, il D u c e decise d u n q u e che convenisse p o r s i - a n c o r a - sotto lo s c u d o tedesco. E ripetè a Claretta, che supplicava d'essere presa 229

con lui, di a n d a r s e n e , di s c a p p a r e . S'avviò così u n a n u o v a più solida colonna a r m a t a , in testa l'autoblindo di Pavolini, poi Birzer (raggiunto dal m a g g i o r e O t t o Kisnatt, c h ' e r a suo s u p e r i o r e ) e la scorta di SS, e d i e t r o in fila le a u t o di Mussolini e dei g e r a r c h i e i camion della Flak, la c o n t r a e r e a tedesca. A u n c e r t o p u n t o Mussolini, c h e n o n a b b a n d o n a v a mai d u e borse con i n c a r t a m e n t i e valuta, si trasferì sull'aut o b l i n d o d i Pavolini. S u p e r a t a u n a c u r v a , p o c o p i ù d ' u n c h i l o m e t r o p r i m a dell'abitato di Musso, l'automezzo di testa fu bloccato da u n o s b a r r a m e n t o di t r o n c h i d ' a l b e r o e p i e t r e collocato dai partigiani che e r a n o appostati nei pressi e che s p a r a r o n o u n a raffica intimidatoria, senza uccidere fascisti o tedeschi, ma facendo secco l ' o p e r a i o di u n a cava vicina. Gli insorti a p p a r t e n e v a n o alla 5 2 brigata garibaldina, ed e r a n o c o m a n d a t i da Pier Bellini delle Stelle, un giov a n o t t o toscano che s'era trasferito sul lago p e r motivi familiari, e che e r a provvisto d ' u n titolo nobiliare e d ' u n n o me di battaglia, P e d r o . Era o r m a i piena mattina - circa le 7,30 - e la r a d i o aveva d a t o notizia della i n s u r r e z i o n e milanese c o n t r o i fascisti (o c o n t r o il nulla). N o n i n d u g e r e m o sui laboriosi e diffidenti conciliaboli che gli ufficiali tedeschi i n t r a p r e s e r o con P e d r o , m e n t r e tra i g e r a r c h i maggiori e m i n o r i dilagava il t i m o r e , poi il panico, tanto che alcuni c e r c a r o n o rifugio presso gente del posto, offrendo in ricompensa d e n a r o e gioielli. Per i fedelissimi n o n v'era scampo, già e r a n o stati catturati Buffarini G u i d i e Tarchi che s'erano incaponiti a voler r a g g i u n g e r e la frontiera svizzera, Pavolini con la sua a u t o b l i n d o si dibatté c o m e un animale in gabbia e insieme a lui la m e d a glia d ' o r o B a r r a c u e altri; si r i t r o v a r o n o poi tutti sul l u n g o lago di D o n g o , p e r morirvi. L'unico che i tedeschi si preoccupassero o r m a i di p r o t e g g e r e e r a Mussolini, che fu indotto da Birzer a i n d o s s a r e un p a s t r a n o da c a p o r a l e e un elm e t t o della W e h r m a c h t : m a s c h e r a t a che doveva consentirgli di s u p e r a r e i n d e n n e l'ispezione cui la c o l o n n a s a r e b b e stata sottoposta, c o m e s'era c o n c o r d a t o , a D o n g o . Così caa

230

muffato il Duce si issò p e s a n t e m e n t e sull'autocarro e Claretta - a n c o r a lì n o n o s t a n t e le proteste - restò a t e r r a . A Dongo u n o dei partigiani che esaminavano l'interno dei camion, G i u s e p p e Negri, incuriosito dall'atteggiamento di un massiccio tedesco che se ne stava accasciato in un a n golo («ubriaco, vino» d i c e v a n o gli altri tedeschi), volle ved e r l o meglio, e riconobbe «el testùn», il testone. Ne avvertì il vice-commissario politico della b r i g a t a , U r b a n o L a z z a r o (Bill), che si fece c o n s e g n a r e da un Mussolini r a s s e g n a t o il m i t r a che teneva tra le g a m b e e la pistola, u n a Glisenti. Nel municipio di D o n g o fu steso un inventario di q u a n t o il Duce aveva con sé: parecchi d o c u m e n t i - tra gli altri un dossier intestato a U m b e r t o di Savoia - e poi sterline, assegni, un p a i o d i g u a n t i , u n fazzoletto, u n a m a t i t a . S o p r a v v e n n e , m e n t r e i t e d e s c h i r i p a r t i v a n o liberati d a l l ' i n g o m b r a n t e c o m p a g n i a , Michele M o r e t t i (Pietro), fervente c o m u n i s t a , che della 5 2 brigata e r a commissario politico: e fu stabilito di trasferire il prigioniero p e r m a g g i o r sicurezza a Germasin o , nella c a s e r m a della G u a r d i a di Finanza. A t a r d a sera lo si prelevò di là p e r r i p o r t a r l o a C o m o , e fu concesso a Claretta di riunirsi a lui. Ma d u r a n t e il tragitto la scorta partigiana cambiò idea: c o r r e v a voce, nei vari posti di blocco in cui via via il g r u p p o incappava - a Mussolini era stata fasciata la testa p e r evitare che venisse riconosciuto - che gli Alleati fossero già a C o m o : i l o r o messaggi c h i e d e v a n o insis t e n t e m e n t e «l'esatta situazione di Mussolini» c o m e p r e m e s sa alla sua «consegna». a

Fu p e r t a n t o d e l i b e r a t o d a i c a t t u r a t o r i e c a r c e r i e r i di Mussolini - Bellini delle Stelle, Luigi Canali (Neri), Moretti, G i u s e p p i n a Tuissi (Gianna) - di far marcia i n d i e t r o , e ricov e r a r e il p r i g i o n i e r o , insieme alla Petacci, nella cascina dei c o n t a d i n i De Maria, che ai partigiani a v e v a n o d a t o rifugio in p a s s a t o : un fabbricato r u s t i c o a mezza costa, in località Giulino di Mezzegra. In quel m o d è s t o casolare, nello stesso letto, l ' e x - d i t t a t o r e e l'ex-favorita, t r a s c o r s e r o p r i g i o n i e r i l'ultima notte della loro vita (ma a n c h e la p r i m a in cui fosse231

ro stati insieme: a Claretta, Mussolini aveva s e m p r e concesso soltanto i ritagli del suo t e m p o ) . M e n t r e Mussolini p e r e g r i n a v a sotto sorveglianza d a u n paese all'altro, da u n a prigione provvisoria all'altra, la notizia della sua cattura giungeva - era il t a r d o p o m e r i g g i o del 27 aprile - a Milano, nel c o m a n d o del C o r p o Volontari della Libertà. Vi e r a a p p r o d a t a i n d i r e t t a m e n t e , attraverso il capo della Finanza, Malgeri, che stava facendo visita al n u o v o p r e f e t t o Riccardo L o m b a r d i . Q u e s t a p r o c e d u r a t o r t u o s a , insieme alla sosta del p r i g i o n i e r o in u n a c a s e r m a di finanzieri, spiega p e r c h é Leo Valiani, rievocando quei m o m e n t i , abbia d e t t o c h e «a sera a r r i v ò la notizia c h e Mussolini e r a stato catturato dalla G u a r d i a di Finanza». I capi della Resistenza, in particolare comunisti, socialisti e azionisti, avevano un assillo: i m p e d i r e che il Duce cadesse nelle m a n i degli Alleati. Ha detto Valiani al suo intervistatore Massimo Pini (Sessantanni di avventure e battaglie): «Noi q u a t t r o del comitato i n s u r r e z i o n a l e ci c o n s u l t a m m o , senza n e p p u r e riunirci, p e r telefono. Pertini, Sereni, L o n g o e io p r e n d e m m o nella notte la decisione di fucilare Mussolini senza processo, data l ' u r g e n z a della cosa. Gli a m e r i c a n i infatti c h i e d e v a n o , p e r r a d i o , che Mussolini fosse c o n s e g n a t o a loro. L o n g o chiese a C a d o r n a di d a r e il lasciapassare a d u e suoi ufficiali, L a m p r e d i e Audisio, p e r c h é si recassero a p r e l e v a r l o . C a d o r n a racconta lealmente nelle sue m e m o r i e di avere subito capito che a n d a v a n o p e r fucilarlo, ma di aver u g u a l m e n t e firmato il foglio. C a d o r n a n o n e r a un cospiratore antifascista c o m e noi, m a p e n s a v a c h e e r a p i ù giusto c h e Mussolini morisse p e r m a n o di italiani che p e r m a n o di stranieri: perciò firmò il lasciapassare. Enrico Mattei (democristiano, N.d.A.) e Fermo Solari (azionista, N.d.A.) l ' a p p r o v a r o n o . Alcuni giornalisti sostengono che C a d o r n a poi si pentì, arrivò da lui un ufficiale a m e r i c a n o , D a d d a r i o (al quale già si e r a c o n s e g n a t o Graziani, N.d.A.)... Quella n o t t e D a d d a r i o chiese i n v a n o la c o n s e g n a di Mussolini. Per s c o n g i u r a r e l'intromissione d e gli anglo-americani il CVL m e n t ì , nella notte sul 28, con un 232

m e s s a g g i o c h e a n n u n c i a v a : "Spiacenti n o n p o t e r v i conseg n a r e Mussolini che processato t r i b u n a l e p o p o l a r e è stato fucilato stesso posto dove p r e c e d e n t e m e n t e fucilati da nazifascisti q u i n d i c i p a t r i o t i " (piazzale L o r e t o , N.d.A.)». In realtà la sentenza era stata p r o n u n c i a t a , ma l'esecuzione soltanto ordinata. C o n un p u g n o di tipi risoluti, Walter Audisio (Valerio) e Aldo L a m p r e d i (Guido) viaggiavano, all'alba del 2 8 , verso C o m o . La scelta di L a m p r e d i era stata ragionata, era il braccio d e s t r o d i L o n g o , u n u o m o d e l l ' a p p a r a t o . Walter Audisio, alias colonnello Valerio, un r a g i o n i e r e t r e n t a s e i e n n e di Alessandria, era a n c h e lui un c o m p a g n o di provatissima fede, ma di assai m i n o r e equilibrio. Un tipo, ha osservato Valiani, «un p o ' p r e p o t e n t e » , «un p o ' matto»; il c h e , s e c o n d o Secchia, n o n guastava. «Forse, se n o n fosse stato un p o ' matto, n o n avrebbe p o r t a t o a t e r m i n e la missione, m a l g r a d o gli ostacoli c h e i n c o n t r ò » . Il « C o m p i t o storico» di u c c i d e r e il D u c e gli toccò p e r caso; lo si d e d u c e a l m e n o da q u a n t o ha a f f e r m a t o F e r m o Solari, s t r e t t o c o l l a b o r a t o r e d i L o n g o . « Q u a n d o telefonarono da Musso che il Duce era prigionier o , L o n g o uscì p e r fare alcune telefonate e d a r e degli ordini e poi mi disse: " H o trovato solo Audisio, ho m a n d a t o su lui p e r c h é ce lo p o r t i a Milano".» Q u a n t o ci fosse di sincero e q u a n t o di reticente in quel "ce lo p o r t i a Milano" è difficile dire. Probabilmente L o n g o n o n precisò subito se lo voleva, Mussolini, vivo o m o r t o , ma lasciò i n t u i r e cosa preferisse. D i v e n n e c o m u n q u e esplicito d u r a n t e u n a telefonata con Audisio che, fatta sosta a C o m o nel tragitto verso D o n g o , si e r a i m b a t t u t o in e s p o n e n t i della Resistenza dalla mentalità «formalistica» e «legalitaria», i quali gli «mettevano i bastoni tra le ruote». C h i a m ò allora Milano p e r avere istruzioni da L o n g o , che s e c c a m e n t e rispose: «O fate fuori lui, o sarete fatti fuori voi». Il c o m p o r t a m e n t o del c o l o n n e l l o Valerio fu c o n t r a s s e g n a t o - u n a volta r a g g i u n t a D o n g o - da u n a volontà fanatica, isterica e feroce di far presto, anticipare i possibili salva233

t o r i . C o n d a n n a r e , fucilare, v e n d i c a r e . C o n Bellini delle Stelle, c h e t e n t a v a di m u o v e r e obbiezioni e di o p p o r s i a quelle s o m m a r i e e s a n g u i n a r i e p r o c e d u r e , Walter Audisio si c o m p o r t ò , p i ù che da s u p e r i o r e , da bravaccio intimidator e . Volle l'elenco dei g e r a r c h i catturati, e con furia a p p o s e a c c a n t o a ciascun n o m e la c r o c e t t a c h e significava m o r t e . Accertò con rapidità - grazie alla sua conoscenza dello spagnolo - che Marcello Petacci, il quale s'era spacciato p e r diplomatico di Franco, e r a un b u g i a r d o e lo scambiò p e r il figlio d e l D u c e , V i t t o r i o . A o g n i b u o n c o n t o , m o r t e a n c h e p e r lui. M o r t e n a t u r a l m e n t e p e r Mussolini, m o r t e p e r Clar e t t a Petacci, e q u a n d o Bellini delle Stelle p r o t e s t ò : « N o n ha n e s s u n a colpa», Valerio ribatté s p i e t a t a m e n t e : «E stata consigliera di Mussolini e ha ispirato la sua politica p e r tutti questi a n n i . È r e s p o n s a b i l e q u a n t o lui». E p o i a g g i u n s e : « N o n la c o n d a n n o io. E già stata c o n d a n n a t a » . E r a u n a m e n z o g n a . Valiani l'ha r i p e t u t o , r i e c h e g g i a n d o le a n a l o g h e dichiarazioni di Pertini, t r e n t o t t ' a n n i d o p o i fatti. « Q u a n t o alla Petacci, ha r a g i o n e Pertini. Il CLNAI n o n la c o n d a n n ò mai e n o n c'era un motivo valido p e r fucilarla. N o n so p e r ché sia stata uccisa». Della fine di Mussolini e della Petacci, Walter Audisio died e a l m e n o q u a t t r o versioni, c o n c o r d a n t i nell'essenza, discordanti in alcuni particolari n o n trascurabili. L'ultima volta, in un m e m o r i a l e pubblicato p o s t u m o - e r a m o r t o 1' 11 ott o b r e '73 - nel 1975. Ha raccontato che, a c c o m p a g n a t o da L a m p r e d i e da Moretti (quest'ultimo essendo del p o s t o sapeva come r a g g i u n g e r e Giulino di Mezzegra) arrivò alla cascina, e indusse Mussolini e la Petacci ad a c c o m p a g n a r l o dic e n d o d ' e s s e r e v e n u t o p e r liberarli. A l l ' a n d a t a , aveva già adocchiato il luogo a d a t t o p e r l'esecuzione: «Una curva, un cancello chiuso su un frutteto, la casa sul fondo palesemente deserta (si chiamava Villa Belmonte, N.d.A.)». Così si avviarono, Mussolini in un soprabito color nocciola, la Petacci impacciata dai tacchi alti delle scarpe n e r e scamosciate. Percorsero il breve tratto fino alla 1100 n e r a con cui i messag234

geri di m o r t e avevano fatto il viaggio, e furono portati a destinazione. N o n mette conto di citare gli scambi di frasi tra i protagonisti di questo epilogo, né la descrizione sprezzante c h e Valerio d i e d e d i Mussolini, delle s u e u l t i m e b a l d a n z e (credette davvero p e r un m o m e n t o d'essere avviato verso la libertà?), p o i del suo t e r r o r e . Fatti s c e n d e r e Mussolini e la Petacci dall'auto, Audisio prese a leggere un foglio. «Per ord i n e del c o m a n d o g e n e r a l e d e l C o r p o Volontari della Lib e r t à sono incaricato di r e n d e r e giustizia al p o p o l o italiano». Trascriviamo, a questo p u n t o , l'ultima e, p e r q u a n t o rig u a r d a il PCI, definitiva v e r s i o n e d e l c o l o n n e l l o Valerio. «Con il m i t r a in m a n o scaricai c i n q u e colpi su quel c o r p o t r e m a n t e . Il criminale di g u e r r a si afflosciò sulle ginocchia, a p p o g g i a t o al m u r o , con la testa reclinata sul p e t t o . La Petacci, fuori di sé, stordita, si e r a mossa confusamente, fu colpita a n c h e lei e c a d d e di q u a r t o a terra. E r a n o le 16,10 del 28 aprile 1945.» I n u t i l m e n t e autodifensiva e grottesca la descrizione della fine di Claretta Petacci. Walter Audisio - se fu lui il «giustiziere» - l'aveva c o n d a n n a t a , voleva che morisse, ed ebbe soddisfazione. Q u a n t o alla p a r t e r i g u a r d a n t e il Duce, è possibile che in sostanza sia autentica, b e n c h é molte perplessità siano e m e r s e . Gianfranco Bianchi e F e r n a n d o Mezzetti, che all'epilogo fascista h a n n o dedicato un libro molto d o c u m e n t a t o , p o r t a n o testimonianze secondo le quali esecutore materiale sarebbe stato il Moretti. Altri ha indicato in L o n g o il giustiziere, altri ancora ha accennato alla intromissione di un inglese, incaricato di r e c u p e r a r e i d o c u m e n t i c h e Mussolini aveva con sé e che infastidivano Churchill. A un L o n g o che a v r e b b e p r o v v e d u t o p e r s o n a l m e n t e alla uccisione, Valiani n o n era molto disposto a c r e d e r e : «Non ho motivo di escluderlo, p e r ò mi p a r e improbabile. Se la mia m e m o r i a n o n mi i n g a n n a , L o n g o , il g i o r n o che si s a r e b b e d o v u t o t r o v a r e a D o n g o , e r a a colazione a casa mia in via B e n e d e t t o MarcelIo». E poi: «Ho l'impressione che fosse quel giorno, 28 aprile, p e r ò p o t r e i sbagliare: potrei c o n f o n d e r e le date... e p u ò 235

darsi che L o n g o sia a n d a t o a D o n g o . N o n ci c r e d o m o l t o p e r ò , a n c h e p e r c h é n o n vedo quali attitudini di tiratore Longo avesse. Aveva guidato le brigate internazionali in Spagna, si era battuto con sagace coraggio, era spesso in p r i m a linea, ma c o m e ispettore generale, n o n c o m e tiratore scelto: p e r ò p u ò darsi che abbia voluto p r e n d e r s i questo gusto». Q u a n t o ad Audisio: «Che Mussolini l'abbia ucciso lui, questo è d u b bio: la versione che noi a p p r e n d e m m o subito d o p o , da Longo, fu che era stato L a m p r e d i ad eseguire la bisogna. Questa e r a la versione interna. Ma forse fu il comasco Michele Moretti». Il mistero resta d u n q u e tale: è un mistero i m p o r t a n t e p e r la ricostruzione cronistica degli avvenimenti, n o n p e r il loro profilo storico e politico. Il CLNAI, e il CVL, e nel CVL i comunisti in p r i m o luogo, poi i socialisti e gli azionisti, vollero, fortissimamente vollero che Mussolini fosse sottratto agli Alleati e consegnato al mitra. Il resto è dettaglio. Fosse stato o no l'uccisore di Mussolini e della Petacci, il colonnello Valerio t o r n ò a D o n g o , subito d o p o l'incursione a Giulino di Mezzegra, con l'aria di chi alla giustizia s o m m a ria avesse p r e s o gusto, e volesse insistere. Nella sala d ' o r o del municipio i g e r a r c h i bloccati con Mussolini e r a n o semp r e g u a r d a t i a vista dagli u o m i n i di «Pedro»: un g r u p p o eter o g e n e o che c o m p r e n d e v a l'indomabile Pavolini, ministri, federali, lo strano c o m p a g n o di strada Bombacci, la m e d a glia d ' o r o B a r r a c u , quindici in tutto i fucilandi, p e r p a r e g giare simbolicamente le vittime di piazzale L o r e t o . F u r o n o a m m a s s a t i sulla piazza, t r e m i n u t i e un p r e t e p e r l'assoluzione a chi la voleva, poi la scarica. Walter Audisio s'era accorto poco p r i m a che mancava quel falso spagnolo che aveva c r e d u t o fosse Vittorio Mussolini, e che, identificato p e r Marcello Petacci, e r a stato s e p a r a t o dagli altri. In fin dei conti e r a al p i ù un profittatore, n o n u n o dei capi del fascismo, e infatti i m o r i t u r i n o n lo avevano n e m m e n o voluto insieme a loro. Restò isolato, e m o r ì isolato. Ma Audisio n o n r i n u n c i ò a lui. Il Petacci, r o b u s t o , g i o v a n e , si divincolò e 236

tentò la fuga, riuscì a tuffarsi nel lago e fu finito in acqua. In quella o p e r a z i o n e di r a s t r e l l a m e n t o , p r i m a della s t r a g e , e d o p o di essa, vi fu c e r t a m e n t e passaggio, e poi dispersione e t r a f u g a m e n t o di d e n a r o , bagagli con valori, gioielli, sterline d ' o r o e m a r e n g h i a migliaia. Del «tesoro di D o n g o » , c h e prese le più disparate destinazioni, di partito o personali, si cercò successivamente di ricostruire la fine con un classico «processo fiume» all'italiana, poi insabbiato e finito in nulla. C h i u s o questo conto d i s a n g u e , Audisio n o n e r a a n c o r a a p p a g a t o . Voleva un s u p p l e m e n t o spettacolare ( p r o p r i o sua fu l'iniziativa della esposizione in piazzale L o r e t o ) . B u t t ò i c a d a v e r i di D o n g o su un c a m i o n , a G i u l i n o di M e z z e g r a prelevò gli altri di Mussolini e della Petacci che e r a n o stati sorvegliati da d u e partigiani, con quel mucchio nel cassone si diresse verso Milano dove e n t r ò in p i e n a notte, e depositò il carico sotto la tettoia del d i s t r i b u t o r e di piazzale L o r e t o . Altri q u a t t r o c o r p i f u r o n o p o i a g g i u n t i , e la m e s s i n s c e n a completata più tardi issando alcuni m o r t i a testa in giù, com e nel n e g o z i o del beccaio. T u r p e scena d a «revolución» c e n t r o a m e r i c a n a o da colpo di Stato irakeno, che ha disonorato chi la volle, chi la consentì, e la folla eccitata che indec e n t e m e n t e si accanì c o n t r o i poveri resti, li insultò, li sputacchiò, li insudiciò in m o d o ancor peggiore. Infieriva esult a n t e , il «popolo», su colui che aveva acclamato fino a n o n molti mesi p r i m a . C a d o r n a parlò di «sconcio», Parri di «macelleria messicana». S e c o n d o Valiani il colonnello american o C h a r l e s Poletti, n e o n o m i n a t o g o v e r n a t o r e della L o m b a r d i a , a p p r o v ò invece, d o p o avervi assistito, la disgustosa esibizione, da Bocca s o r p r e n d e n t e m e n t e definita «atto rivoluzionario su cui si farà dell'inutile moralismo». Prima che quella p a r a t a d e l l ' o r r o r e , p u r t r o p p o resa n o t a al m o n d o da u n a serie agghiacciante di fotografie e filmati, avesse finalmente t e r m i n e , u n a vittima di spicco allungò l'elenco dei giustiziati: Achille Starace. A n c h e l'ex-segretario del Partito, p u r r i p u d i a t o e in disgrazia, era, come Claretta, un cane che doveva finire là dove m u o r e il p a d r o n e . Messo 237

al b a n d o con d i s p r e z z o già negli ultimi a n n i del fascismo p r e - 2 5 luglio, a d d i t a t o anzi c o m e responsabile di o g n i gaglioffaggine mussoliniana, Starace n o n aveva r i c o p e r t o alc u n a carica nella Repubblica di Salò. Nella Milano della Muti e di Villa Triste, conduceva u n a vita da sbandato: p o v e r o , diviso dalla moglie, mal tollerato dai figli, n o n piaceva né ai vecchi né ai n u o v i fascisti. C o m e ai bei t e m p i e r a tuttavia m a n i a c o delle flessioni, della ginnastica e, ante litteram, del jogging. C o r r e v a a n c h e il 28 aprile, in u n a via del centro, in tuta. Riconosciuto, preso, maltrattato, subì u n a c o n d a n n a a m o r t e in un simulacro di processo, ed ebbe la fierezza di dichiararsi fascista, p e r s e m p r e . I partigiani l'avevano «giudicato» e t e n u t o rinchiuso in un'ala del Politecnico: la mattina d o p o , m e n t r e Mussolini e la Petacci e r a n o in mostra, gli fecero traversare la città su un a u t o c a r r o scoperto, alla gogna. F i n a l m e n t e fu in piazzale L o r e t o , a fissare il suo idolo, a p peso come un animale da macello. Starace fu animoso, il coraggio n o n gli era mai m a n c a t o . I suoi persecutori si accanivano a p e r c u o t e r l o , a inveire, a beffeggiare. «Fate presto» li esortò. C a d d e alzando la m a n o nel saluto fascista e g r i d a n do «Viva il Duce». In questi che f u r o n o i giorni di u n a m a t t a n z a spietata e insieme volubile, la sorte dei fascisti m a g g i o r i o m i n o r i dipese, lo si è accennato in p r e c e d e n z a , da circostanze fortuite. R o b e r t o Farinacci, che s'era i n u n p r i m o t e m p o p r o p o sto di r a g g i u n g e r e il r i d o t t o valtellinese, e vi si e r a d i r e t t o insieme a u n a g u a r d i a del c o r p o e alla m a r c h e s a Caria Medici del Vascello, segretaria dei fasci femminili, cambiò poi itinerario, p e r r a g g i u n g e r e O r e n o dove viveva u n a sorella della marchesa, sposata a un Gallarati-Scotti. Così facendo, Farinacci di distaccò da u n a c o l o n n a di fascisti c r e m o n e s i c h e si e r a mossa i n s i e m e a lui. I n c a p p ò , senza difesa, nei p a r t i g i a n i e la m a t t i n a del 28 subì un «processo p o p o l a r e » nel m u n i c i p i o di V i m e r c a t e . La s e n t e n z a fu di m o r t e , eseguita. Il bolognese L e a n d r o Arpinati, squadrista e manganella238

tore in gioventù, ma nemico giurato di Starace e oppositore i n t e r n o di Mussolini - che aveva t e n t a t o i n v a n o di r e c u p e r a r l o p e r la Repubblica di Salò - fu p r e s t a m e n t e a b b a t t u t o da partigiani p e n e t r a t i nella sua cascina emiliana. Buffarmi Guidi v e n n e trascinato alla fucilazione, il 10 luglio, d o p o un giudizio u n p o c o p i ù r e g o l a r e : aveva i n g o i a t o u n v e l e n o , p e r evitare l'esecuzione, e fu collocato di p e s o sulla sedia dove la scarica lo finì. C i n q u e giorni p r i m a era stato fucilato Pietro Koch. Giovanni Preziosi e la moglie si tolsero la vita, alla tedesca, b u t t a n d o s i da u n a finestra. Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, c a t t u r a t i da u o m i n i della b r i g a t a Pasubio di G i u s e p p e Marozin detto «Vero», furono destinati alla m o r t e p e r spicciativa sentenza del capo partigiano, e fucilati a Mil a n o in corso S e m p i o n e . Valenti, d r o g a t o e d e c l a m a t o r i o («era — ha scritto qualcuno - il tipo del b a r o da Costa Azzurra, aveva un poco del m a n i p o l a t o r e di turf, un poco del barm a n di transatlantico, molto del gigolò parigino di classe»), recitò fino all'ultimo il suo copione. «La c o m m e d i a è finita» disse. Ma la Ferida si ribellava, «non voglio m o r i r e , p e r c h é devo m o r i r e anch'io?». Fu giustiziato anche il cieco di guerra Carlo Borsani. E impossibile seguire i molti altri destini, tragici e n o n , che l'ondata della liberazione travolse. Q u e s t o p e r i o d o ebbe l ' a m b i z i o n e d ' e s s e r e r i v o l u z i o n a r i o ; m a della r i v o l u z i o n e spartì solo in piccola p a r t e i connotati nobili ed epici, l'ardore del n u o v o , la genuinità delle convinzioni e delle passioni, la speranza del futuro, e in larga p a r t e i connotati deteriori: la ferocia e la vendetta. L u n a e l'altra r i s p o n d e v a n o ad altre ferocie e ad altre v e n d e t t e . Ma chi se ne fece i n t e r p r e t e , in e n t r a m b i i casi, era intercambiabile, salvo p o c h e onorevoli eccezioni: v'è u n a professionalità dell'estremismo, e del sangue, che ha p e r costante l'ansia di uccidere, e p e r accessorio casuale l'ideologia cui applicarla. Q u a n t i f u r o n o i giustiziati o gli assassinati? (Assassinati p e r c h é nel c o n t o v a n n o messe a n c h e vittime d i v e n d e t t e personali, cui fu sovrapposta u n a motivazione politica, e in239

nocenti indicati da delazioni ignobili, o scambiati p e r altre p e r s o n e . ) Il c o m p u t o è r e s o difficile d a l p r o l u n g a r s i nel t e m p o di questi r e g o l a m e n t i di conti; basta p e n s a r e al cosiddetto «triangolo della morte» in Emilia e alle «Volanti rosse» c h e vi i m p e r v e r s a v a n o , o alla i r r u z i o n e nelle c a r c e r i di Schio con lo sterminio dei d e t e n u t i politici che vi e r a n o rinchiusi. Sceiba, c o m e m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o , p a r l ò di 1.732 uccisi o scomparsi dal 25 aprile al 5 maggio 1945. Cifra n o n convincente, p e r c h é calcolata b u r o c r a t i c a m e n t e , e ristretta a un p e r i o d o t r o p p o b r e v e , nel q u a l e a v v e n n e la m a g g i o r p a r t e delle uccisioni ma n o n si ebbe la m a g g i o r p a r t e degli accertamenti. Q u a l c u n o ha buttato là il n u m e r o di 300 mila morti, «a fantastic exaggeration», come ha rilevato un docum e n t o dell'Amministrazione alleata in Italia. Si è parlato, in inchieste dovute a nostalgici, di 50-70 mila uccisi. Probabilm e n t e troppi. Ma poi lo stesso Bocca, che fa giustizia di questi bilanci a suo avviso inattendibili, e ingiuriosi p e r la Resistenza, a m m e t t e che i «giustiziati» p o t e r o n o essere «3.000 in Milano e 12.000-15.000 in tutta l'Italia del nord». Gli Alleati, che ne stavano p r e n d e n d o possesso, cercavano di far capire agli organismi resistenziali che il p o t e r e vero n o n era il loro, ma quello di chi aveva vinto la g u e r r a : ma n o n si adop e r a r o n o m o l t o - salvo i casi segnalati e di rilievo - p e r stroncare la caccia all'uomo. Spesso n o n sapevano, e a n c h e q u a n d o sapevano forse r i t e n n e r o , cinicamente, che convenisse lasciar sfogare gli odi intestini, p u r c h é n o n disturbassero t r o p p o gli ultimi strascichi delle operazioni militari. La g u e r r a «calda» con la G e r m a n i a era sostanzialmente finita, p e r gli a n g l o - a m e r i c a n i , m e n t r e v e n i v a n o p o s t e le p r e messe della g u e r r a «fredda» con l'Unione Sovietica. La mattina del 29 aprile Hitler ricevette nel Bunker della Cancelleria la notizia della fucilazione di Mussolini. La sera iniziò la stesura del suo testamento politico e del suo testamento personale. Il 30 aprile, m e n t r e la b a n d i e r a con la falce e m a r tello veniva issata sul Reichstag, si uccise i n s i e m e a Eva 240

B r a u n ; Gòbbels, sua m o g l i e e i l o r o sei figli ne s e g u i r o n o l'esempio il giorno d o p o , così c o m e il generale Krebs e alcuni capi militari e notabili del nazismo. Per altre q u a r a n t o t t o o r e , e s e m b r a impossibile, Berlino resistette. Si b a t t e r o n o i ragazzi a r m a t i di Panzerfaust, i s e s s a n t e n n i coi fucili della p r i m a g u e r r a mondiale, i soldati delle unità corazzate che, a m a n o a m a n o c h e e s a u r i v a n o il c a r b u r a n t e , i n t e r r a v a n o i loro carri p e r t r a m u t a r l i in fortini. N o n s'è mai s a p u t o chi sia c a d u t o p e r u l t i m o i n q u e l l ' e s t r e m o m a s s a c r o c h e inghiottì, d a l l ' u n a e dall'altra p a r t e , mezzo milione di vite. Si sa invece c h e l'ultima croce di f e r r o fu concessa, curiosam e n t e , a un francese, il sottufficiale petainista E u g è n e Vaulot, i n q u a d r a t o in u n a divisione di SS. Nella notte tra IT e il 2 m a g g i o il c o m a n d a n t e della piazza di B e r l i n o , g e n e r a l e Weidling, decise di o r d i n a r e la resa. Consegnatasi Berlino ai sovietici, sopravvisse a Flensburg sul Baltico il g o v e r n o d e l l ' a m m i r a g l i o Doenitz, che H i t l e r aveva n o m i n a t o suo successore p o c h e o r e p r i m a di togliersi la vita. In n o m e di Doenitz, J o d l e l'ammiraglio von Friedeb u r g firmarono il 7 m a g g i o a Reims la capitolazione della G e r m a n i a agli anglo-americani. Il giorno successivo a Berlino Keitel sottoscrisse la resa ai sovietici, che nel f r a t t e m p o avevano dilagato. In Cecoslovacchia l'Armata Rossa ricevette tra l'altro la resa di 150 mila russi anticomunisti dell'Arm a t a formata dal g e n e r a l e transfuga Vlasov. Questi fu impiccato a Mosca, con altri ufficiali. Tra i suoi u o m i n i si cont a r o n o migliaia di suicidi, e a n c h e migliaia di «eliminazioni». Le t r u p p e di p r i m a linea sovietiche e r a n o violente, primitive, in più di un caso feroci. Razziavano, s t u p r a v a n o , picchiavano, uccidevano con facilità. Lo facevano nei territori del nemico, ma lo facevano i m p a r z i a l m e n t e nei territori d e gli amici «liberati», fossero essi polacchi o cecoslovacchi. Sull'esempio dei p r o t e t t o r i sovietici, a n c h e i miliziani di Tito si affacciarono ai territori etnicamente «misti» della Venezia Giulia, e a quelli i n t e g r a l m e n t e e indiscutibilmente italiani, con il r a n c o r e di chi si rivale d'antichi torti - e torti ce 241

n ' e r a n o stati, sia da p a r t e d e l fascismo, sia da p a r t e delle t r u p p e di occupazione - e con la tracotanza dei vincitori. Il loro c a m m i n o fu disseminato di foibe e d'infoibati: nelle foibe, cavità naturali della zona carsica, finirono molti ustascia e fascisti, ma a n c h e molti italiani che rivendicavano semplic e m e n t e il diritto di c o n t i n u a r e ad esserlo, e borghesi invisi e sospetti in q u a n t o tali, e infine le solite vittime di cupidigie e ritorsioni p e r s o n a l i . N o n vogliamo d a r e un elenco delle foibe, e dei macabri ritrovamenti che successivamente vi avv e n n e r o (si parla di quelle rimaste in territorio italiano). Basterà d i r e che dalla foiba di Basovizza gli a n g l o - a m e r i c a n i estrassero tra il luglio e l'agosto del 1945 «450 metri cubi di resti umani» (il dato fu r i p o r t a t o da Diego de Castro nel suo Il problema di Trieste). Gli istriani e i triestini e r a n o angosciati p e r c h é gli Alleati p r o c e d e v a n o t r o p p o lenti verso n o r d , anche se A l e x a n d e r aveva dato l'incarico di lanciarsi sulla Venezia Giulia al neozelandese generale Freyberg, che e r a uomo risoluto. Altrettanto risoluti, e mossi da bramosia militare e ideologica, e r a n o gli iugoslavi. Alcune migliaia di partigiani di Tito, «stanchi e male in arnese», appoggiati da cinq u e carri a r m a t i e da p o c h i r e p a r t i regolari, e n t r a r o n o all'alba del p r i m o maggio a Trieste e p e r p r i m a cosa disarmar o n o i partigiani e gli e s p o n e n t i italiani del CLN. L'importanza che Tito attribuiva a Trieste è dimostrata dai t e m p i delle altre occupazioni: solo il 4 maggio F i u m e e Pola, solo d o p o il 7 maggio Lubiana e Zagabria. Quello stesso p r i m o maggio i neozelandesi e r a n o a Ronchi dei Legionari, e vi avevano stabilito un contatto con elem e n t i della IV a r m a t a iugoslava: dal c o m a n d o di essa fu fatto s a p e r e che la p r e s e n z a degli Alleati a Trieste e a Gorizia era indesiderabile. Freyberg aveva o r d i n i precisi, e lo disse, o t t e n e n d o di p o t e r varcare l'Isonzo il g i o r n o successivo e di insediarsi a Trieste, nel palazzo del Lloyd triestino in piazza dell'Unità. I 2.600 tedeschi della g u a r n i g i o n e avevano sagg i a m e n t e deciso di a s p e t t a r e Freyberg, p e r a r r e n d e r s i , e lo fecero nelle sue m a n i . Ma i n e o z e l a n d e s i - e le t r u p p e a n 242

glo-americane che li s e g u i r o n o - accettarono u n a b e n strana situazione. N o n ricevettero dal CLN i p o t e r i - c o m e e r a accaduto nelle altre città italiane - e si a d a t t a r o n o a r i m a n e re dietro u n a linea di d e m a r c a z i o n e che lasciava loro il p o r to e le vie di accesso al m a r e , a b b a n d o n a n d o il resto - ossia t u t t o - agli iugoslavi. L'Italia i n t e r a ne fu costernata, e solo l'Unità, di tutta la stampa, esultò con un g r a n d e titolo, «Trieste è libera». La vera Trieste e r a in lutto. T i t o voleva la Venezia Giulia con Trieste e p e r a v e r l e s'era a s s i c u r a t o l'app o g g i o dell'URSS. N o n c e r t o p e r caso il 12 a p r i l e e r a stato a n n u n c i a t o al m o n d o un p a t t o di alleanza venticinquennale tra l ' U n i o n e Sovietica e la Iugoslavia. Al giornale di Mosca Stella Rossa T i t o si e r a affrettato a dichiarare che «il desiderio della popolazione dell'Istria e di Trieste di essere accolte nella n u o v a Iugoslavia sarà esaudito» e che «l'Italia ci d o v r à delle riparazioni p e r i d a n n i arrecati». Alle p a r o l e seguirono i fatti. Il generale D u s a n Kveder fu n o m i n a t o g o v e r n a t o r e di Trieste (e Franz Stoka commissario politico), il tricolore italiano fu a m m a i n a t o d o v u n q u e , i c o n t i in b a n c a f u r o n o bloccati e 170 milioni in b a n c o n o t e custoditi nella sede della Banca d'Italia trasferiti in Iugoslavia. Il 10 m a g g i o l'esercito iugoslavo assunse il controllo di tutte le i m p r e s e e o r d i n ò la requisizione dei beni dei criminali di g u e r r a , il che d i e d e luogo a spoliazioni e r a p i n e . Fur o n o fondati i sindacati unici, assoggettati i giornali, insomma poste spicciativamente le p r e m e s s e di un r e g i m e da r e p u b b l i c a p o p o l a r e . Per realizzarla si fece a m p i o ricorso al t e r r o r e . Fucilazioni con o senza processo s o m m a r i o , arresti, rapimenti, minacce, campi di c o n c e n t r a m e n t o . Il 15 n o v e m b r e 1945 P a r r i , allora p r e s i d e n t e del Consiglio, p a r l e r à in u n a conferenza s t a m p a di ottomila d e p o r t a t i . La posizione del governo di R o m a e r a lineare. La Venezia Giulia doveva essere affidata agli a n g l o - a m e r i c a n i , così come era avvenuto p e r il resto del territorio italiano, essend o n e la sorte i m p r e g i u d i c a t a . Di essa, e di eventuali rettifiche di confine, si sarebbe discusso q u a n d o i d u e governi ita243

liano e iugoslavo «avranno l'autorità che p u ò loro d e r i v a r e dalla liberazione di tutto il territorio nazionale... e dalla vol o n t à dei s u p r e m i o r g a n i s m i elettivi dei d u e paesi». R o m a protestava, con la flebile voce che le e r a concessa, e i n t a n t o T i t o s p a d r o n e g g i a v a con i n t e r n a m e n t i , e requisizioni; il 12 maggio fu o r d i n a t a l'occupazione delle sedi della Banca d'Italia a Trieste e a Gorizia. La questione di Trieste metteva in imbarazzo i comunisti, e privava l'URSS - schierata senza incertezze con Tito - dei frutti propagandistici raccolti con il riconoscimento di Badoglio. Piuttosto goffamente, Togliatti aveva liquidato le foibe c o m e «giustizie di italiani (antifascisti) c o n t r o italiani (fascisti)». Gli appetiti iugoslavi p e r Trieste - paralleli a quelli francesi sulla Valle d'Aosta, smentiti con u n a n o t a di Parigi c h e tuttavia a c c e n n a v a a modifiche del confine, e favoriti dalle m e n e dei soliti «irredentisti» più o m e n o prezzolati - p o s e r o subito sul t e r r e n o i n o d i del trattato di pace. Gli Alleati n e g o z i a r o n o con gli iugoslavi fino al 9 g i u g n o p e r p o t e r avere ciò che loro spettava, ossia il controllo di Trieste, di Gorizia e delle comunicazioni p e r l'Austria. L'accordo fu firmato a B e l g r a d o , e stabilì c h e le t r u p p e iugoslave - t r a n n e un c o n t i n g e n t e simbolico - dovessero ritirarsi al di là della linea M o r g a n , così c h i a m a t a dal n o m e del generale inglese p r e p o s t o alla trattativa: era la linea che racchiudeva la cosiddetta Zona A del futuro Territorio liber o , g i u r i d i c a m e n t e parificata alla Zona B lasciata in m a n i iugoslave. Si t r a t t ò di u n a linea c h e sacrificava C a p o d i s t r i a , p e r n o n p a r l a r e dell'Istria e di Fiume, a n c h e se in quel p r o tocollo si p r e c i s a v a c h e i suoi t e r m i n i r i s p o n d e v a n o a esigenze militari, e n o n volevano anticipare la conclusione del trattato di pace: e che, p e r q u a n t o r i g u a r d a v a le zone A e B, d i v e n n e s o s t a n z i a l m e n t e definitiva. D o p o 40 g i o r n i , p e r i triestini finì un incubo e cominciò u n a l u n g a attesa. Trieste e r a e restò p e r a n n i la «questione nazionale». La f o r m a z i o n e d i u n n u o v o g o v e r n o c h e fosse i n s i e m e i l p r o dotto e l'interprete del «vento del nord» era invece la «que244

stione politica» del m o m e n t o , ed ebbe nelle preoccupazioni r o m a n e e milanesi la prevalenza, c o m e attestano i vari diari e ricordi. N o n si trattava soltanto di un braccio di ferro tra B o n o m i e il CLNAI: si trattava, s e c o n d o molti, di u n a svolta che avrebbe d e t e r m i n a t o il futuro dell'Italia.

CAPITOLO DODICESIMO

UN GALANTUOMO SMARRITO

A Liberazione avvenuta, gli Alleati m a n t e n n e r o in vita p e r qualche t e m p o la linea gotica c o m e «cordone sanitario» ed e l e m e n t o di d i s t i n z i o n e tra le d u e Italie: ossia tra d u e società, d u e economie, e d u e ambienti politici che avevano viss u t o p e r molti mesi, e s p e r i e n z e diverse, i n q u a l c h e m o d o opposte. Anche al sud v'era stata u n a fioritura resistenziale, tanto rigogliosa q u a n t o artificiale e p e r più d ' u n aspetto comica. Essa n o n fu attestata soltanto dalle richieste a valanga di brevetti e certificati di b e n e m e r e n z a partigiana. A Caulonia, un grosso centro della Calabria - l'intera regione pullulava di b a n d e , s'erano avuti scontri sanguinosi tra carabinieri e ribelli p i ù o m e n o politicizzati - fu p r o c l a m a t a alla fine di febbraio 1945 u n a sorta di r e p u b b l i c a p o p o l a r e , capeggiata da un boss comunista di cui era stato arrestato il figlio. Per o t t e n e r n e la liberazione il p a d r e , certo Cavallero, aveva occupato la città, sequestrato i carabinieri di servizio e la famiglia del p r e t o r e , instaurato un Tribunale del p o p o l o che, ha scritto Giovanni Artieri, « c o n d a n n a alcuni degli ostaggi alla fustigazione, altri a t r a s p o r t a r e pesanti pietre». Poi la rivolta sbollì: e r a stata, se n o n favorita, consentita dalla p r e senza a R e g g i o C a l a b r i a di un p r e f e t t o politico, A n t o n i o Priolo, che v e n n e rimosso ma rifiutò di a n d a r s e n e , definendo anzi «fascisti» B o n o m i e De Gasperi. Per i n d u r l o a sloggiare lo si dovette n o m i n a r e sottosegretario ai Trasporti: un caso, il suo, che anticipò l'altro p i ù clamoroso del prefetto Troilo a Milano. Ma q u e s t e jacqueries m e r i d i o n a l i , cui n o n m a n c a v a n o c o n n o t a t i di d e l i n q u e n z a o r g a n i z z a t a tipo ' n d r a n g h e t a o 247

mafia o c a m o r r a , n o n a l t e r a v a n o il q u a d r o nel c o m p l e s s o m o d e r a t o e r e s t a u r a t o r e del S u d , in c o n t r a p p o s i z i o n e a quello rivoluzionario del N o r d . La miscela delle d u e realtà rischiava di essere esplosiva. P r o p r i o p e r g r a d u a r l a , gli anglo-americani stabilirono che i politici r o m a n i n o n potessero recarsi subito in missione nell'Italia a p p e n a liberata, suscitando con ciò ire e lamenti soprattutto nella sinistra, i cui esponenti avevano u n a g r a n voglia di scambiarsi opinioni e di c o n t a r e le loro forze, p e r a r r i v a r e al n u o v o corso. Esso doveva p o g g i a r e su t r e pilastri: la r i c o n f e r m a dei p o t e r i , e della legittimità d e m o c r a t i c a , del CLN centrale e del CLNAI, che si c o n s i d e r a v a n o veri e unici d e p o s i t a r i del p o t e r e p o p o l a r e ; la formazione di un g o v e r n o nel quale i vari ministeri, e in particolare quello d e l l ' I n t e r n o , fossero affidati a u o m i n i che avessero s e m p r e c o m b a t t u t o il fascismo e c h e dessero p r o v a «di saper d e g n a m e n t e e s p r i m e r e i bisogni di vita e di giustizia sociale e le p r o f o n d e aspirazioni d e m o c r a tiche delle masse lavoratrici e partigiane che sono state all'av a n g u a r d i a della nostra lotta di Liberazione»; la prefigurazione, in m a n i e r a irreversibile, di u n o Stato repubblicano, e perciò l'emarginazione del L u o g o t e n e n t e . U m b e r t o di Savoia, che era nell'ingrata situazione di stare t e o r i c a m e n t e al di s o p r a delle p a r t i , ma di d o v e r a n c h e combattere u n a battaglia disperata a difesa della monarchia, sapeva che il CLNAI n o n lo voleva né a Milano né altrove, al di s o p r a della linea gotica: ma sapeva e g u a l m e n t e che u n a sua inerzia in q u e i giorni sarebbe equivalsa alla r i n u n c i a a far valere la sua presenza e la sua autorità di C a p o dello Stato nei feudi della Resistenza. Ai p r i m i di maggio, con il beneplacito alleato, era perciò a Milano. L'indomani, a v u t a n e licenza dai «padroni» anglo-americani, u n a delegazione p o litica del N o r d sarebbe a n d a t a a Roma, p e r portarvi un soffio vigoroso del suo vento. Alla vigilia della p a r t e n z a Pertini, che della delegazione faceva p a r t e , volle d a r e , alla sua maniera impulsiva e guerrigliera, un avvertimento al Luogoten e n t e . Ha scritto N e n n i nel suo diario, r i e v o c a n d o l'arrivo 248

dei «milanesi» a C i a m p i n o : « S a n d r o r a c c o n t a l'ultima sua prodezza. Ieri sera ha p r e s o u n a s q u a d r a Matteotti, si è recato alla villa c h e ospita il P r i n c i p e di P i e m o n t e in visita a Milano: ha fatto scaricare i mitra contro le finestre illuminate, "a titolo dimostrativo", dice ridendo». Dell'impresa Pertini parlò poi, v a n t a n d o s e n e , in un comizio, a R o m a , e And r e o t t i , c r o n i s t a in attesa di p i ù i m p o r t a n t i incarichi, a n notò: «Pertini fa un discorso incendiario c o n t r o il Luogoten e n t e r i v e n d i c a n d o a sé il merito di aver fatto mitragliare la villa dove il Principe e r a sceso a Milano, e a m m o n e n d o che si g u a r d i b e n e d a l t o r n a r e a Milano, a l t r i m e n t i finirà in piazzale Loreto». Il 5 maggio, d u n q u e , N o r d e Sud s'incontrarono a t t o r n o a un tavolo del Viminale, d o v ' e r a la p r e s i d e n z a del Consiglio. La r i u n i o n e risultò, c o m e altre che seguirono, interlocutoria. Fu p r e s t o e v i d e n t e che i liberali con risolutezza, i democristiani con il loro stile alla g o m m a p i u m a , mettevano freni alla corsa populista delle sinistre. La «sfinge De Gasperi», c o m e lo definiva N e n n i , preferì d a p p r i m a tenersi in disparte, e delegare il compito a Sceiba. Sceiba, diversamente dal suo maestro, sapeva essere b r u tale. U n a volta n o n esitò a rinfacciare a Togliatti gli eccessi e i t u m u l t i delle «masse» comuniste, e «l'illegalismo partigiano al n o r d dove ci sarebbero ottocento fucilati solo a Reggio Emilia e più morti che in tutta la rivoluzione francese». Con fredda rabbia Togliatti (attingiamo queste citazioni dai diari di N e n n i ) ribatté che «se i d e m o c r i s t i a n i n o n c r e d o n o alla democrazia dei comunisti, egli n o n crede alla loro». Cattani p e r i liberali fu fermissimo nel precisare che il tentativo di diffondere il CLN in tutta la s t r u t t u r a della società (si parlava di CLN rionali, aziendali, etc.) avrebbe posto le basi di un sec o n d o Stato a c c a n t o allo Stato d e m o c r a t i c o i n t r o d u c e n d o «un a u t o r i t a r i s m o collettivo, u n a forma n u o v a di totalitarismo a sei». O, si sarebbe detto più tardi, di lottizzazione. Fu, quello r o m a n o , un round d'assaggio, dal quale risultò con chiarezza che B o n o m i n o n aveva m o l t e p r o b a b i l i t à d i 249

v a r a r e u n suo t e r z o m i n i s t e r o : m a i l n o m e del successore n o n e r a a n c o r a affiorato. Più di o g n i altro ricorreva quello di N e n n i . De Gasperi obbiettava tuttavia che il patto d'azione con i comunisti - e in prospettiva, si temeva, la formazione di un p a r t i t o unico - sconsigliavano u n a p r e s i d e n z a socialista. I «romani» r e s t i t u i r o n o la visita nella s e c o n d a m e t à di maggio, e i negoziati r i p r e s e r o a Milano. Togliatti e N e n n i , in pellegrinaggio alle loro roccheforti elettorali e ai g r a n d i centri operai, avevano u n a g r a n voglia di t e n e r discorsi, ma gli Alleati i m p o n e v a n o restrizioni varianti da luogo a luogo, qualche volta severe. Al leader comunista e r a n o state p r e p a rate accoglienze trionfali, alle p o r t e di Novara il capo partigiano Moscatelli gli fece p a s s a r e in rivista d u e «brigate» in perfetto assetto di g u e r r a (questo m e n t r e venivano e m a n a t e «gride» che i m p o n e v a n o la consegna delle a r m i e che i militanti del PCI n o n p r e s e r o in c o n s i d e r a z i o n e ) . Ma Togliatti fu, p e r quel che lo riguardava, scrupolosissimo nell'attenersi alle disposizioni. N o n così N e n n i , arrestato a Vercelli dalla polizia militare inglese p e r aver t e n u t o un comizio n o n a u t o r i z z a t o . F u p o s t o i n libertà d o p o c h e e b b e scritto u n a lettera in cui riconosceva il suo e r r o r e . T r a m o n t a t a la c a n d i d a t u r a di N e n n i (che p r o p r i o in quei giorni aveva s a p u t o della m o r t e della figlia Vittoria, in un lager nazista), t r a m o n t a t a a n c h e u n a c a n d i d a t u r a di De Gasperi, i sei partiti si a c c o r d a r o n o sul n o m e di Ferruccio Parri. Il 17 g i u g n o il p r i m o g o v e r n o italiano post-liberazione era fatto, con «Maurizio» alla presidenza e agli I n t e r n i , N e n ni e Brosio alle d u e vicepresidenze, De Gasperi agli Esteri, Togliatti alla Giustizia, Marcello Soleri (un economista liberale di notevole valore) al Tesoro, Scoccimarro alle Finanze. Degli altri mette conto di citare Gronchi che ebbe il Lavoro e la Previdenza sociale, La Malfa (Trasporti), Lussu (Ripresa postbellica), Gullo (Istruzione pubblica). Così Parri fu visto e giudicato da N e n n i alla p r i m a presa di contatto tra i ministri: «Manca a Parri ogni eloquenza: si 250

e s p r i m e con difficoltà. H a m e n o comunicativa d i B o n o m i . H a qualificato s t r a o r d i n a r i a l a sua a v v e n t u r a d i b o r g h e s e qualsiasi designato dal caso a u n a funzione politica. Si è definito il partigiano q u a l u n q u e , al di sopra di ogni partito». Se mai un p r e s i d e n t e del Consiglio italiano m e r i t ò la qualifica di g a l a n t u o m o , questi fu Parri. Era timido nella vita quotidiana, sapeva essere i n t r e p i d o nei frangenti pericolosi. Aveva sofferto il carcere e il confino. Alla Edison, dove gli avevano dato un posto, era stato t e n u t o in u n ' o m b r a p r o tettrice negli a n n i del Mussolini t r i o n f a n t e , e aveva svolto studi «sui diversi tipi di contatori a gas in uso nel m o n d o » . V i c e - c o m a n d a n t e del C o r p o Volontari della Libertà, a r r e stato dai tedeschi e poi liberato, c o m e s'è visto, in p e g n o di b u o n a volontà verso gli anglo-americani, e r a assente q u a n do fu decisa l'esecuzione di Mussolini, e in altri casi si distinse p e r interventi m o d e r a t o r i . «Triste, m o d e s t o , onesto, p e r s o n a l m e n t e m i t e , cortesissimo, alieno d a violenza, m o l t o m i o p e , paziente» - così lo ha descritto assai b e n e Artieri avrebbe c e r t a m e n t e voluto essere un C a p o del g o v e r n o saggio ed equilibrato. P u r t r o p p o r a p p r e s e n t a v a u n p a r t i t o , quello d ' a z i o n e , che nell'antifascismo p o r t a v a un rovello e un a c c a n i m e n t o intellettuale ed elitario contro i quali milioni di italiani si ribellarono presto (cosa fu l ' U o m o Q u a l u n q u e di Giannini se n o n u n a reazione a questo robespierrismo da salotto?); r a p presentava inoltre un m o v i m e n t o , la Resistenza, che e r a stato intessuto a n c h e di fatti memorabili, ma che ora, usucapito dai partiti di sinistra e rivendicato da un esercito di militanti dei quali n o n s'era vista traccia nella lotta vera, stava d i v e n t a n d o la solita oceanica sceneggiata italiana: in definitiva e r a il simbolo del vento del n o r d visto c o m e p r e m e s s a della b u f e r a rivoluzionaria. Il suo n o m e , è stato osservato, veniva associato ingiustamente a piazzale L o r e t o e ai Tribunali del Popolo. N o n v'era u o m o più l o n t a n o , p e r indole e stile, dagli eccessi. Era, s e m m a i , r a n c o r o s o , un cattivo p e r d e n t e . U n vero politico, a l p o s t o d i P a r r i , a v r e b b e s a p u t o 251

rettificare la sua i m m a g i n e , scrollarsi di dosso i condizionam e n t i indebiti, i m p o r r e la sua a u t o n o m i a . Parri, che era forte nel subire la persecuzione e debole nell'azione politica, fu travolto. O r a che quel g a l a n t u o m o è m o r t o , possiamo scrivere u n a cosa che abbiamo s e m p r e p e n s a t o . Q u a n d o i tedeschi p o r t a r o n o Parri in Svizzera p e r d i m o s t r a r e che trattav a n o in b u o n a fede, r e s e r o un b u o n servizio a se stessi, e u n o pessimo a lui. Fosse finito allora, il candido, umile e fier o Maurizio, n e c o n s e r v e r e m m o u n r i c o r d o t u t t o i n positivo, fulgido e c o m m o v e n t e , senza le m o l t e o m b r e c h e , u n a volta frammischiato alla vita politica e strumentalizzato, sulla sua biografia si a d d e n s a r o n o successivamente. Delusioni, frustrazioni e r a n c o r i gli fecero c o m m e t t e r e sbagli che finir o n o p e r a p p a n n a r e u n a figura m o r a l e altrimenti tra le più alte di cui l'Italia avrebbe p o t u t o vantarsi. I p r o b l e m i che P a r r i fronteggiava e r a n o tali da i m p r e s sionare, se n o n scoraggiare, a n c h e u n o statista di g r a n d e levatura. Sarebbero bastati i d u e dell'economia e dei confini, da difendere c o n t r o i convergenti appetiti iugoslavi, francesi, greci, perfino austriaci p e r richiedere tutto l'impegno di un C a p o di g o v e r n o . Ma P a r r i scelse la via p e g g i o r e . Anziché c o n c e n t r a r e la sua attenzione sull'essenziale e scartare il r e s t o , volle s a p e r t u t t o e v e d e r e t u t t o . E r a s o m m e r s o d a l m a r e delle p r a t i c h e che s p o n t a n e a m e n t e a p p r o d a v a n o sul suo tavolo o che egli stesso richiamava dai più disparati uffici e ministeri, p e r o r i e n t a r s i . N o n si m u o v e v a dall'ufficio, mangiava p a n e e salame a colazione, lavorava s t r e n u a m e n te p e r capire s e m p r e più, e finiva p e r capire s e m p r e m e n o . Poteva c o n t a r e s u d u e ministri d i p r i m ' o r d i n e , Soleri p e r l'economia - ma m o r ì d o p o p o c h e settimane e fu u n a p e r d i ta grave - e De Gasperi p e r la politica estera, ma e r a n o p r o p r i o , s o p r a t t u t t o il p r i m o , i ministri che si o p p o n e v a n o agli indirizzi massimalisti perseguiti dall'ala ciellenistica del ministero. V'era, in economia, un p r o b l e m a i m m e d i a t o di ricostruzione e un p r o b l e m a mediato di riforme. L'Italia - evacuato 252

dai tedeschi il settentrione senza che gli fossero state arrecate d i s t r u z i o n i i n g e n t i - e r a a n c o r a valida, p e r p o t e n z i a l e p r o d u t t i v o , ma priva di scorte, p o v e r a di rifornimenti, falcidiata nei mezzi di comunicazione. Il tessuto industriale - ci riferiamo a u n a analisi di F r a n c o C a t a l a n o - n o n e r a stato fortemente d e p a u p e r a t o . Tutto sommato l'industria era a tre q u a r t i della sua capacità ottimale, ma i mezzi di trasporto ferroviari e r a n o a un sesto, gli a u t o c a r r i a m e n o della metà, la flotta mercantile a un decimo, e gli approvvigionam e n t i di c a r b o n e p e r il t r i m e s t r e giugno-luglio-agosto del 1945 venivano valutati a un decimo del fabbisogno. Analog h e carenze si avevano in altri rifornimenti di m a t e r i e prim e , alimentari e n o n (lo zucchero e la c a r n e rispettivamente al 10 e al 25 p e r cento d e l l ' a n t e g u e r r a ) . V ' e r a a n c h e , è ovvio, un p r o b l e m a di occupazione: n o n solo p e r c h é le i n d u strie, costrette a funzionare al m i n i m o , n o n d a v a n o lavoro a sufficienza, ma a n c h e p e r c h é vi e r a n o stati immessi molti giovani sottratti ai r a s t r e l l a m e n t i tedeschi c h e , lasciate le c a m p a g n e , o r a rifiutavano di t o r n a r e alla terra. Le cifre del bilancio - grazie alla decisione anglo-americana di rifondere all'Italia, in dollari, le spese p e r le t r u p p e di occupazione, e grazie alla o c u l a t a politica seguita dal m i n i s t r o delle Fin a n z e di Salò Pellegrini G i a m p i e t r o - n o n e r a n o catastrofiche: 350 miliardi di circolante, 1.000 di debito pubblico, 150 di deficit previsto. D o p o il disastro della g u e r r a p e r d u t a si poteva t e m e r e peggio. I liberali, con E i n a u d i , e i d e m o c r i stiani v e d e v a n o la via del r i s a n a m e n t o in u n a «normalità» che n o n suscitasse allarmi. Le sinistre chiesero invece a g r a n voce, senza o t t e n e r l o , il cambio della m o n e t a ; la sola misura, dicevano, che avrebbe p o t u t o s m a s c h e r a r e profitti e arricchimenti illeciti, e colpire chi se n'era giovato. Ancora oggi la polemica su ciò che a v r e b b e p o t u t o essere e n o n fu si trascina, nelle rievocazioni degli storici e degli economisti. E impossibile d i r e cosa sarebbe a v v e n u t o se la tesi di sinistra fosse prevalsa. E invece possibile dire, con certezza, che la lin e a Soleri, p o i p r o s e g u i t a d a C o r b i n o , p o r t ò l'Italia, p u r 253

con un carico di ingiustizie sociali e m a g a r i di abusi, a u n a ricostruzione che lasciò s t u p i t o l i m o n d o , e al «miracolo economico». Q u a n d o , nelle decisioni economiche, cominciarono a imporsi - con la nazionalizzazione della energia elettrica e successivamente con u n a serie di altre misure - le forze c h e nel 1945 e r a n o state, sulla q u e s t i o n e del c a m b i o della m o n e t a , sconfitte, l'Italia si avviò verso un veloce declino e d e t e r i o r a m e n t o della sua economia e della sua m o n e t a . C o m e t r o p p e volte e r a loro a c c a d u t o in passato, le sinistre italiane - s o p r a t t u t t o le sinistre n o n comuniste, i n t e m p e r a n t i e incoerenti - e n u n c i a v a n o u n a serie di obbiettivi rivoluzionari senza realizzarne u n o solo, ma p r o v o c a n d o e int i m i d e n d o tutte le forze che ad essi p o t e v a n o o p p o r s i . Propositi da comitato di salute pubblica, a n n u n c i di consigli di gestione c h e a v r e b b e r o p r i v a t o d ' o g n i p o t e r e l a p r o p r i e t à delle industrie si intrecciavano a m i s u r e economiche sostanzialmente o r t o d o s s e . Gli Alleati vigilavano su ciò c h e stava a c c a d e n d o ; e vigilavano con t a n t o m a g g i o r e r i g o r e q u a n t o p i ù e r a n o stati scottati dalla g u e r r a civile greca del dicemb r e p r e c e d e n t e , allorché i partigiani comunisti avevano ing a g g i a t o c o m b a t t i m e n t i a s p r i n o n solo c o n t r o i rivali m o narchici, ma a n c h e c o n t r o le t r u p p e inglesi che, partiti i tedeschi, sbarcavano al Pireo. N e n n i , Pertini e a n c h e Valiani avevano l'ossessione della Repubblica, la volevano a ogni costo, e p e r averla chiedevano che fosse eletta al più presto la Costituente. A questa battaglia s u b o r d i n a r o n o tutto il resto. Così o t t e n n e r o la repubblica ma c o n s e n t i r o n o a De Gasperi di p r e p a r a r e il 18 aprile 1948. U m b e r t o di Savoia ha detto e r i p e t u t o al suo biografo Artieri che avrebbe voluto, se fosse rimasto Re, un g o v e r n o socialista. Forse, nel giuoco di equilibri e contrappesi psicologici dell'elettorato, questo sarebbe stato possibile, con la garanzia monarchica. Q u a n d o essa fu eliminata, l'Italia m o d e r a t a si affidò con slancio alla D e m o crazia cristiana c o n s i d e r a n d o l a l'unica g a r a n z i a s u p e r s t i t e c o n t r o il pericolo comunista. Nell'attesa della Costituente, il g o v e r n o Parri varò un'as254

semblea senza p o t e r i deliberanti, la Consulta, di 4 4 8 m e m bri scelti - secondo criteri rappresentativi stabiliti dall'alto nelle forze politiche e nelle organizzazioni di categoria. Nelle sue 40 sedute - la p r i m a il 25 settembre 1945 - la Consulta, p r e s i e d u t a da C a r l o Sforza, d i e d e sfogo ad altri t e n o r i p a r l a m e n t a r i dell'Italia prefascista, gli O r l a n d o , i Nitti, i Bon o m i , e ai nuovi leaders. Vi ebbero un posto di rilievo partiti dei quali le elezioni d i m o s t r a r o n o p r e s t o l'inconsistenza: il Partito d'azione e la Democrazia del Lavoro, eserciti fatti solo di generali, c o m e aveva subito rilevato Guglielmo Giannini. Si d i b a t t é se la C o n s u l t a dovesse v o t a r e , e quale valore avesse il suo voto. Ma fu un organismo dalla vita breve, inutile e innocua. S t r a n o a dirsi, con il g o v e r n o P a r r i l'Italia si r i t r o v ò in g u e r r a : u n a g u e r r a c h e l'interessava assai p o c o , c o n t r o i l G i a p p o n e . La richiesta d e l l ' i n t e r v e n t o italiano - c h e e r a scontato rimanesse platonico - e r a v e n u t a dal D i p a r t i m e n t o di stato a m e r i c a n o : il q u a l e s'era affrettato ad a g g i u n g e r e che n o n ci sarebbero stati forniti, p e r affrontare il n u o v o n e mico, né mezzi di t r a s p o r t o né altro (ma vi furono dei giovani c h e c h i e s e r o d ' a r r u o l a r s i p e r c o m b a t t e r e i n E s t r e m o Oriente). Q u a n d o De Gasperi pose la questione sul t a p p e t o , il 3 luglio, N e n n i fu c o n t r a r i o così c o m e Togliatti: Parri invece favorevole, L u s s u a n c h e . Il 14 luglio la fievole sfida d ' u n paese, il cui g o v e r n o aveva effettiva giurisdizione su 36 p r o v i n c e soltanto, fu lanciata al r e m o t o a g o n i z z a n t e Giapp o n e : m a n c a v a un m e s e giusto alla resa di Tokio, d o p o le atomiche di H i r o s h i m a e Nagasaki. Ma questo, p u r essendo oggetto di accanita discussione, a R o m a , nel Consiglio dei ministri, era poco p i ù che folklore sul p i a n o i n t e r n a z i o n a l e . Altre e r a n o le questioni vitali, sia p e r q u a n t o r i g u a r d a v a l ' o r d i n a m e n t o m o n d i a l e , sia p e r q u a n t o r i g u a r d a v a l'Italia in particolare. Nei d u e mesi dal 25 aprile al 25 g i u g n o (del ' 4 5 , s'intende) la C o n f e r e n z a di San Francisco fissò i criteri in base ai quali avrebbe funzionato l'Organizzazione delle Nazioni Unite. I r a p p r e s e n t a n t i 255

di u n a c i n q u a n t i n a di Stati m i s e r o a p u n t o - o p i u t t o s t o si fecero d e t t a r e dai «grandi» - i meccanismi di quell'ONU che ha eguagliato e forse s u p e r a t o , p e r inefficienza e verbosità, la n o n r i m p i a n t a Società delle N a z i o n i . Da San Francisco l'Italia, c h e s p e r a v a d'essere invitata, r i m a s e esclusa n o n o s t a n t e le p r o t e s t e di P a r r i a R o m a e, in A m e r i c a , di d o n S t u r z o , il q u a l e o p p o r t u n a m e n t e p a r l ò di «diritto del p i ù forte». Diritto che fu sancito nel r e g o l a m e n t o del Consiglio di Sicurezza, dove i cinque m e m b r i p e r m a n e n t i - Stati Uniti, URSS, G r a n B r e t a g n a , Francia, C i n a - si a s s i c u r a v a n o il privilegio del veto, ossia la possibilità di bloccare ogni risoluzione che li infastidisse. C o n ciò I'ONU nasceva condizionata e h a n d i c a p p a t a . Q u a n t o poco valessero, nella pratica, le ostentate b u o n e intenzioni di r i m e t t e r e i p r o b l e m i internazionali a un organismo collettivo, lo si vide p r e s t o a Potsdam, dove T r u m a n , Stalin e C h u r c h i l l r i f i n i r o n o e c o n s o l i d a r o n o l'assetto d e l m o n d o che e r a stato delineato a Yalta. Si trattava di m e t t e r e in c a n t i e r e i t r a t t a t i di p a c e , il c h e c o m p o r t a v a lo scioglim e n t o di alcuni nodi. D u e in particolare: quello tedesco-polacco (ossia la scelta t r a la f r o n t i e r a della Neisse o r i e n t a l e , voluta da Churchill, e quella della Neisse occidentale, voluta da Stalin); e quello g i u l i a n o , con la sorte dell'Istria e di Trieste. In vista di q u e s t a trattativa, Stalin aveva accondisceso a c h e alcuni d e i m a g g i o r i e s p o n e n t i del g o v e r n o polacco i n esilio a L o n d r a t o r n a s s e r o in Polonia, a s s u m e n d o v i cariche pubbliche. Il c a p o degli esuli, Mikolaiczyk, era stato n o m i n a t o vice-primo ministro. Il gesto distensivo, e p e r dirlo con un linguaggio v e n u t o poi di m o d a , pluralistico, voleva solo b u t t a r fumo negli occhi. C h u r c h i l l n o n si lasciò t r o p p o ing a n n a r e . M a P o t s d a m consacrava, c o n e v i d e n z a m a g g i o r e di Yalta, il b i p o l a r i s m o m o n d i a l e : v ' e r a n o d u e sfere di influenza da spartire tra i veri vincitori, Stati Uniti e URSS. La G r a n B r e t a g n a aveva prestigio, ma n o n forza: e si trovò anche con m e n o prestigio d o p o che, il 26 luglio, i laburisti eb256

b e r o vinto le elezioni inglesi (la c o n f e r e n z a d o v e t t e essere sospesa p e r consentire a C l e m e n t Attlee di sostituire C h u r chill). Il vecchio W i n n i e e r a un mastino con il quale Stalin doveva fare i conti (la durezza di Churchill fu sperimentata, p r o p r i o a Potsdam, a n c h e dall'Italia: egli si o p p o s e alla p r o posta di T r u m a n p e r l'ammissione nelle Nazioni U n i t e «di un paese che aveva inferno il colpo di p u g n a l e alla Francia e dichiarato g u e r r a alla G r a n B r e t a g n a nell'ora del massimo pericolo»). Attlee e r a mediocre, sensato, tenace, ma fu catap u l t a t o t r a gli altri d u e g r a n d i all'improvviso, i n s p e r a t a m e n t e , senza avere le necessarie informazioni e la necessaria p r e p a r a z i o n e e senza p o t e r contare, c o m e T r u m a n , l'alt r o neofita, sul peso di u n a i m m e n s a p o t e n z a industriale e militare. Per di p i ù i laburisti avevano impostato la c a m p a g n a elettorale, in politica estera, sulla stretta collaborazione con l'Unione Sovietica e, in generale, con i movimenti di sinistra nel m o n d o . F u r o n o costretti a essere più acquiescenti verso Stalin sul t e m a delle frontiere tedesche, e bloccarono l'ammissione della S p a g n a franchista, p e r peccati di lesa democrazia, in quelle Nazioni Unite dove orgogliosamente sedeva tra i m e m b r i p e r m a n e n t i , in n o m e della democrazia, la Russia di Stalin. P o t s d a m d e l e g ò a un consiglio dei ministri degli esteri dei «cinque» (USA, URSS, G r a n Bretagna, Francia, Cina) l'elab o r a z i o n e dei trattati di p a c e , e indicò i criteri direttivi di quello tedesco, c h e s a r e b b e stato d u r i s s i m o , con il totale s m a n t e l l a m e n t o delle i n d u s t r i e belliche, la sottoposizione del paese a t e m p o i n d e t e r m i n a t o a un r e g i m e di occupazione c h e i m p e d i s s e l'istituzione d ' u n g o v e r n o c e n t r a l e , le lib e r t à democratiche concesse solo a patto che n o n intralciassero le esigenze dei vincitori. Nelle i n t e n z i o n i n o n il nazismo ma la G e r m a n i a doveva essere fiaccata, e p e r s e m p r e . Q u a n t o all'Italia, si riconosceva che p r i m a tra le p o t e n z e alleate della G e r m a n i a aveva r o t t o i r a p p o r t i con essa, c h e aveva dato un c o n t r i b u t o alla sua sconfìtta, che si e r a unita agli Alleati con la dichiarazione di g u e r r a al G i a p p o n e e che 258

«sta facendo b u o n i progressi sulla via della r e s t a u r a z i o n e di un g o v e r n o e di istituzioni d e m o c r a t i c h e » . Il c o m u n i c a t o n o n scese al c o n c r e t o p e r q u a n t o r i g u a r d a v a i confini, d a n d o n e l o s t u d i o a p p u n t o a i m i n i s t r i degli Esteri. Pots d a m , i n s o m m a , confermò la divisione del m o n d o e la decadenza dell'Europa. L'Italia, c o n la t r a g e d i a dei suoi confini, e r a p r e s a «tra d u e m a c i n e d i m u l i n o » , c o m e e b b e p i ù t a r d i occasione d i osservare De Gasperi. La rivalità tra a n g l o - a m e r i c a n i e sovietici la p r e s e r v a v a da a m p u t a z i o n i a n a l o g h e a quelle c h e avrebbe subito la G e r m a n i a , ma impediva che fossero accettati, p e r fissare la linea divisoria con la Iugoslavia, criteri gen u i n a m e n t e etnici. Tito poteva c o n t a r e sul possesso di massima p a r t e del territorio contestato, e questo garantiva a lui e a Stalin u n a favorevole base di trattativa. La linea M o r g a n frutto di decisioni militari e s o l t a n t o militari, c o n s e g n a v a agli iugoslavi città e popolazioni indiscutibilmente italiane. R o m a s a r e b b e stata b e n lieta, o r a , di accettare quella linea Wilson che a Versailles aveva suscitato nel T 9 le ire lagrimose di Vittorio E m a n u e l e O r l a n d o . Ma era chiaro che stavolta ci sarebbero stati chiesti b e n più gravi sacrifici. Per Trieste era univoco il p u n t o di vista sovietico-iugoslavo: tutto alla Iugoslavia fin quasi a U d i n e . T r a gli occidentali si delineavano invece differenze, e se il segretario di Stato a m e r i c a n o B y r n e s e r a d i s p o s t o a d a r c i sulla costa istriana D i g n a n o e Pola, inglesi e francesi e s c l u d e v a n o Pola ( d a t e p e r perse, ovviamente, F i u m e e Zara). L'intera questione fu affrontata dai cinque ministri degli Esteri dei «grandi» nella conferenza di L o n d r a , dal 10 s e t t e m b r e al 2 ottobre (1945): e lo scontro tra i d u e blocchi - n o n si capiva b e n e cosa stesse a farci il cinese - assunse n u o v a evidenza. La assunse, anzitutto, p e r c h é l'URSS avrebbe voluto che si parlasse, oltre c h e dell'Italia, a n c h e degli Stati ex nemici, U n g h e r i a , Bulgaria, R o m a n i a , che a p p a r t e n e v a n o alla sua sfera d'influenza. Ma gli occidentali r i f i u t a r o n o . La p r e m e s s a ai trattati di pace, obbiettarono, era la conversione dei vinti alla democrazia, e

affi-

259

di d e m o c r a z i a in q u e i paesi n o n c'era traccia. Le mosse di Molotov, a n c h e s o r p r e n d e n t i , si s u s s e g u i v a n o ; a un c e r t o p u n t o egli r i v e n d i c ò a l l ' U n i o n e Sovietica il D o d e c a n n e s o - che sembrava pacifico finisse alla Grecia - e la Libia. E così e n t r a v a nel g i u o c o a n c h e la s o r t e delle colonie italiane (per il resto delle frontiere v'era da fare i conti con l'incaponirsi di De Gaulle, militare e pressato dai militari, ad avere Briga e T e n d a , e l'irredentismo altoatesino). I l d r a m m a d e i giuliani suscitava i n Italia u n a o n d a t a emotiva p o t e n t e , e trovava c o n c o r d i nella difesa dell'italianità di quelle genti tutti i partiti ad eccezione del comunista. Togliatti aveva esortato i triestini, q u a n d ' e r a n o sotto il tallone iugoslavo, a «non essere vittime di elementi provocatori interessati a seminare discordia tra il p o p o l o italiano e la Iugoslavia d e m o c r a t i c a » (sottile l a distinzione: d a u n a p a r t e u n o Stato d e m o c r a t i c o , dall'altra «il p o p o l o italiano» senza qualificazioni, e c o m u n q u e senza a l c u n a p a t e n t e di d e m o crazia allo Stato in cui viveva). O r a insisteva che e r a n o in corso «campagne m e n z o g n e r e e di odio» contro un «regime di d e m o c r a z i a avanzata». (Si noti che nel Congresso c o m u nista del g e n n a i o '46 la d e l e g a z i o n e giuliana, g u i d a t a da M a r i n o Solieri, fu p e r l ' a n n e s s i o n e di Trieste alla Iugoslavia.) Anche le mire sovietiche sulla Libia p a r e v a n o a Togliatti legittime p e r c h é , in opposizione alle «scemenze imperiali» del fascismo «noi consideriamo che... q u a n t o m a g g i o r e sarà il n u m e r o degli Stati interessati al r e g o l a m e n t o di q u e s t a questione, tanto maggiori s a r a n n o p e r noi le garanzie di ind i p e n d e n z a » . Arenata, la conferenza della Lancaster H o u s e sollecitò suggerimenti, p e r g u a d a g n a r t e m p o , dalle p i ù varie parti. Esposero il loro p a r e r e sui confini italiani r a p p r e s e n t a n t i dell'Australia, d e l C a n a d a , della N u o v a Z e l a n d a , della Polonia, della Russia Bianca, dell'Ucraina. Si ebbe a l m e n o la d e c e n z a di interpellare, tra i tanti, anche i diretti interessati, Iugoslavia e Italia. De G a s p e r i arrivò a L o n d r a p e r d i r e ai delegati delle m a g g i o r i p o t e n z e quali fossero le a n g o s c e e le s p e r a n z e d e l suo p a e s e e del 260

s u o g o v e r n o . Di q u e l viaggio ufficiale, e d e l t r a t t a m e n t o subito dal ministro degli Esteri italiano, sono rimaste a s p r e testimonianze. Gli si volle far i n t e n d e r e , nel m o m e n t o stesso in cui scendeva da un a p p a r e c c h i o militare n e l l ' a e r o p o r t o d i Finchley, che n o n e r a u n ospite d i r i g u a r d o . Dovette m e t t e r s i in coda, e subì le d o m a n d e di p r a m m a t i c a . Gli fu d o m a n d a t o q u a n t o t e m p o volesse r i m a n e r e i n I n g h i l t e r r a . «Il m e n o possibile» rispose asciutto. Gli r i c o r d a r o n o inoltre c h e n o n p o t e v a a m b i r e , i n t e r r i t o r i o b r i t a n n i c o , a u n imp i e g o r e m u n e r a t o . M a r i a R o m a n a D e G a s p e r i h a scritto che il p a d r e e r a arrivato a L o n d r a i n d o s s a n d o un c a p p o t t o n u o v o «che lo r i s p a r m i ò dalle b r u m e londinesi ma n o n dalla f r e d d a accoglienza che gli e r a stata riserbata alla Lancaster H o u s e d o v e n o n gli m a n c a r o n o n é a m a r e z z e n é u m i liazioni». Poiché lo iugoslavo Kardelj, che doveva p r e c e d e r lo, e r a indisposto, fece a n t i c a m e r a p e r un p o m e r i g g i o e p e r la m a t t i n a s e g u e n t e . I c i n q u e m i n i s t r i gli c o n c e s s e r o p o i , p e r colloqui b i l a t e r a l i , u n q u a r t o d ' o r a c i a s c u n o d e l l o r o t e m p o prezioso. L'ex-nemico restava tale, e n o n glielo n a scosero. De Gasperi si espresse con dignità, serio e sobrio. U n a fig u r a d'italiano atipico. Fu ascoltato, il 18 settembre: e riferì poi al Consiglio dei ministri. Ecco il riassunto che N e n n i fece della sua relazione: «Il m i n i s t r o degli Esteri è stato a m messo a d i r e le n o s t r e r a g i o n i , o a e s p o r r e le n o s t r e tesi, a u n a sola s e d u t a , d u r a n t e l a q u a l e h a p a r l a t o m e n o d i m e z z ' o r a p e r i n d i c a r e con q u a l e spirito la n u o v a Italia d e mocratica affronta il giudizio dei cinque: cosciente delle responsabilità del vecchio r e g i m e fascista, desiderosa di ripar a r e nella m i s u r a del possibile i torti da q u e s t o fatti... Solo in brevi colloqui personali coi vari ministri degli Esteri, De Gasperi ha p o t u t o accennare ai p r o b l e m i concreti. Egli torna m o d e r a t a m e n t e ottimista e convinto che n i e n t e d ' i r r e p a rabile è stato deciso. Sta p e r ò di fatto che la Venezia Giulia a n d r à in massima p a r t e agli iugoslavi». I ministri decisero, alla Lancaster H o u s e , di n o n decidere, e d e l e g a r o n o ai loro 261

«sostituti» l ' a p p r o f o n d i m e n t o dei temi su cui s'erano scontrati. Se ne sarebbe ridiscusso d o p o qualche mese. Sulla questione giuliana, Ferruccio Parri e r a stato totalm e n t e solidale con il suo ministro degli Esteri, ed aveva difeso le posizioni italiane: in q u e s t o differenziandosi nettam e n t e dai comunisti. Ma il p r i m o g o v e r n o del dopo-Liberazione era e g u a l m e n t e dilaniato dalle polemiche, e la p e r s o na del suo p r e s i d e n t e ogni g i o r n o p i ù contestata. Il diffuso m a l u m o r e dei m o d e r a t i fu t r a d o t t o in vera e p r o p r i a offensiva politica dai liberali che r i m p r o v e r a v a n o a P a r r i le sue r i p e t u t e professioni di fede r e p u b b l i c a n a - il che r o m p e v a la t r e g u a istituzionale cui i partiti si e r a n o i m p e g n a t i - e a N e n n i , Alto commissario p e r l'epurazione, t a l u n e faziosità. In realtà i liberali e r a n o i m p e n s i e r i t i dalla c o n c o r r e n z a e dal successo d e l l ' U o m o Q u a l u n q u e , e volevano r e c u p e r a r e , c o m e si suol dire, a destra. N e n n i era a sua volta vessato da u n a a c r i m o n i o s a c a m p a g n a che r i e s u m a v a i suoi trascorsi c o m e fondatore del fascio di Bologna: si chiedeva addirittura la sua incriminazione p e r «atti rilevanti» in favore del fascismo. L'accusa era abbastanza futile, ma lasciava il segno. «Per d i f e n d e r m i - osservava N e n n i - d o v r e i d i r e che q u e l tale fascio di B o l o g n a rispose a u n a esigenza i m p o s t a dalla d e m a g o g i a neutralista. Ma ciò s u o n e r e b b e critica alla politica socialista d'allora.» I liberali l a m e n t a r o n o , in u n a l e t t e r a del 17 n o v e m b r e agli altri partiti della coalizione, «la frattura tra il paese così d e t t o legale e il p a e s e così d e t t o reale»: ed e r a , il l o r o , un a p p u n t o sacrosanto. Lo stesso C r o c e si fece a u t o r e v o l e int e r p r e t e del m a l c o n t e n t o m o d e r a t o . Ma la tesi che egli sotto sotto p r o p u g n a v a - il r i t o r n o ai n o m i dell'Italia prefascista, B o n o m i , De Nicola, Nitti, O r l a n d o - n o n e r a p i ù a t t u a l e . E r a a n c h e la tesi di p a r e c c h i m o n a r c h i c i , allarmati dal clam o r e delle sinistre p e r la C o s t i t u e n t e , e dalla p r e s e n z a di u n r e p u b b l i c a n o d i ferro c o m e P a r r i a C a p o del g o v e r n o nell'imminenza della p r o v a elettorale. Se la questione istituzionale fosse stata decisa dalla futura Costituente, la m o n a r 262

chia n o n avrebbe avuto s c a m p o . T r a i partiti dell'esarchia, solo il liberale era in larga p r e v a l e n z a m o n a r c h i c o . Dall'alt r a p a r t e della b a r r i c a t a si p o n e v a n o c o m p a t t i i socialisti, i comunisti e gli azionisti. Prevalentemente repubblicana, tra gli iscritti n o n t r a gli elettori, la D e m o c r a z i a cristiana ( u n sondaggio aveva accertato, a p p u n t o tra i militanti, il sessanta p e r cento p e r la repubblica, il 17 p e r cento p e r la m o n a r chia, il resto incerto o agnostico). O n d e g g i a n t i a n c h e i d e m o l a b u r i s t i , m a n o n c o n t a v a n o . Infatti l e p r i m e elezioni amministrative stabilirono u n a concreta e attendibile gerarchia dei p a r t i t i , s p a z z a n d o via azionisti e d e m o l a b u r i s t i , d a n d o ai democristiani poco m e n o del 35 p e r cento dei voti (e il 42 p e r c e n t o alle sinistre). Fu c o n f e r m a t o che da u n a assemblea politica e partitica la C o r o n a sarebbe stata bocciata di sicuro. Lasciava qualche m a g g i o r e possibilità alla m o n a r c h i a la formula che, a l u n g o dibattuta, fu infine a p p r o vata, e che p o r t ò alle elezioni del 2 g i u g n o '46: elezioni con il sistema p r o p o r z i o n a l e p e r la Costituente, che avrebbe elab o r a t o la Costituzione; abbinato a esse un r e f e r e n d u m che ponesse ai cittadini il d i l e m m a «monarchia o repubblica?». Ma p e r arrivare a questo - abbiamo infatti anticipato alcuni avvenimenti - era o p p o r t u n o rimpiazzare Parri con un «arbitro» m e n o parziale: e, lo si è accennato, i liberali pensavano a qualcuno tra i revenants disponibili nell'archivio politico italiano. Il 22 n o v e m b r e i ministri liberali a n n u n c i a r o no le loro dimissioni, il 24 Parri diede le sue. Lo fece male, con un gesto stizzoso, convocando il g o v e r n o nella Sala Rossa del Viminale, presenti giornalisti e operatori fotografici e cinematografici. Parri spiegò d'essere vittima d ' u n a azione p r o d i t o r i a ( p r o n u n c i ò a n c h e le parole «colpo di Stato»). Un «discorso violento», s e c o n d o la definizione di N e n n i , «ma detto così male, e così male raffazzonato che l'effetto è stato scarso. Peccato che egli (Parri, N.d.A.) m a n c h i di qualità p o litiche e di c o m u n i c a t i v a u m a n a . E v e r a m e n t e u n a ghiacciaia». Il succo delle dichiarazioni di Parri fu questo: avrebbe p r e s e n t a t o le dimissioni al CLN e n o n al L u o g o t e n e n t e . 263

Aveva fatto i conti senza De Gasperi che gli rispose b e n e - come sapeva nelle repliche, n o n nelle l u n g h e esposizioni p e r ribadire che n o n v'era stato alcun colpo di Stato, e che il g o v e r n o cadeva in q u a n t o gli mancava la fiducia di u n a delle sue c o m p o n e n t i . De Gasperi «parlava agitando u n a sottile matita» e Parri, ascoltandolo a testa bassa, p r e n d e v a nota. Q u a n d o l'altro e b b e finito, si alzò p e r scusarsi, e p e r d i r e che la parola aveva tradito il pensiero. Q u i n d i a n d ò al Quirinale p e r r a s s e g n a r e f o r m a l m e n t e le dimissioni. U m b e r t o di Savoia gli conferì, c o m e voleva la c o n s u e t u d i n e , il cavalierato di G r a n Croce d e l l ' O r d i n e mauriziano, cui aggiunse il b r e v e t t o di m e d a g l i a d ' a r g e n t o p e r il valore d i m o s t r a t o d u r a n t e la Resistenza. Parri rifiutò cortesemente i d u e riconoscimenti, d i c e n d o i n particolare, p e r q u a n t o r i g u a r d a v a l a m e d a g l i a d ' a r g e n t o , c h e s a r e b b e stato « i m p r o p r i o » p e r lui accettarla m e n t r e c'erano tanti morti sconosciuti. Della crisi vale la p e n a di r i c o r d a r e alcuni m o m e n t i . Anzitutto il r a p i d o c a d e r e della c a n d i d a t u r a O r l a n d o , c h e a U m b e r t o di Savoia stava particolarmente a cuore, tanto che un suo messaggero era volato in Sicilia p e r s t r a p p a r e l'accettazione al vegliardo. Ma O l i a n d o t e n t e n n a v a , e a n c o r p i ù t e n t e n n ò q u a n d o , t o r n a t o a R o m a , vide q u a n t o le sinistre gli fossero ostili, c o n s i d e r a n d o la sua presidenza u n o «slittam e n t o a destra». T e m e v a , spiegò, «di bruciarsi», c o m p r o m e t t e n d o il suo avvenire politico. Svanì e g u a l m e n t e l'altro p r o g e t t o - dei liberali e del L u o g o t e n e n t e - di varare un gov e r n o c h e c o m u n q u e includesse i l t r i n o m i o O r l a n d o - N i t ti-Bonomi. Accantonato a n c h e Sforza, e m e r s e la c a n d i d a t u ra di De Gasperi, e il 3 dicembre pareva che i giuochi fossero fatti. Ma poi Cattani riassunse in un decalogo i propositi dei liberali - che dovevano e n t r a r e nel governo a sei - p e r la gestione futura, e Togliatti si ribellò s o s t e n e n d o che i dieci p u n t i riecheggiavano il p r o g r a m m a dell'Uomo Q u a l u n q u e . T r a il 5 e il 6 d i c e m b r e , fu messo in cantiere un g o v e r n o a cinque che avrebbe escluso i liberali e fatto la felicità delle sinistre. Ne derivò g r a n d e allarme al Q u i r i n a l e , in Vaticano, 264

negli ambienti economici, forse anche nell'amministrazione alleata, e De G a s p e r i fu subissato di telefonate e messaggi a m m o n i t o r i o supplichevoli. Ma si era c o m p r o m e s s o - con le sinistre e a n c h e con alcuni dei suoi, c o m e Piccioni, Spataro e Sceiba - p e r le trattative a c i n q u e , e veniva incalzato su q u e s t ' a l t r o f r o n t e . Lo soccorse - sarebbe accaduto altre volte in futuro - un provvidenziale s v e n i m e n t o . N e n n i h a raccontato che d o p o u n a conversazione telefonica con Falcone Lucifero, ministro della Real Casa, De G a s p e r i si e r a p r e s a la testa t r a le m a n i m o r m o r a n d o : «Cominciano i guai!». Poi aveva ripreso le discussioni nell'ufficio del suo capo di gabinetto p e r d e c i d e r e della v i c e p r e s i d e n z a e del T e s o r o . «Qui - trascriviamo dal diario di N e n n i - è stato colto da un breve deliquio. E r a n o o r m a i le d u e (di notte, N.d.A.) e s'è c o n v e n u t o di sospendere la r i u n i o n e p e r c h é potesse ritirarsi a casa e riaversi. Invece... si è recato al Q u i r i n a l e d o v e il L u o g o t e n e n t e lo ha ric h i a m a t o a l l ' i m p e g n o di fare il g o v e r n o a sei. L ' i n d o m a n i De G a s p e r i e r a a letto. F o r m a l m e n t e si c o n s i d e r a v a i m p e gnato dal voto della notte p r e c e d e n t e ma l'animus n o n c'era più... Così m e n t r e n o i d i s t r i b u i v a m o in casa De G a s p e r i i portafogli p e r il g o v e r n o a cinque, in verità già ci si avviava al g o v e r n o a sei, con u n a lettera di De Gasperi ai liberali che dava assicurazione sul p r o g r a m m a . » Il 10 d i c e m b r e il p r i m o g o v e r n o De Gasperi g i u r ò nelle m a n i di U m b e r t o di Savoia. Il leader d e m o c r i s t i a n o t e n n e p e r sé a n c h e gli Esteri, N e n n i ebbe la vicepresidenza e il Min i s t e r o p e r la C o s t i t u e n t e , Togliatti e S c o c c i m a r r o f u r o n o confermati alla Giustizia e alle Finanze, Corbino ebbe il Tesoro, Romita gli I n t e r n i , Manlio Brosio la G u e r r a , La Malfa la Ricostruzione, Sceiba le Poste e Telecomunicazioni, Ricc a r d o L o m b a r d i i T r a s p o r t i , Mole la Pubblica I s t r u z i o n e , Gronchi l'Industria e commercio, congeniali alla sua p e r s o nalità, Cattani i Lavori Pubblici. L'impronta ciellenistica restava s o l e n n e m e n t e c o n f e r m a t a , l'esigenza d i m a g g i o r e c o m p e t e n z a affacciata dai liberali disattesa. 265

Poteva s e m b r a r e che n o n fosse cambiato molto, nel passaggio da Parri a De Gasperi: ed era invece avvenuto un giro di b o a in q u a l c h e m o d o p i ù decisivo di quello, i m m i n e n t e , t r a M o n a r c h i a e Repubblica. L'Italia si lasciava alle spalle - senza avvedersene - n o n solo le recenti smanie resistenziali (o a l m e n o i loro contenuti rivoluzionari), ma anche la tradizione risorgimentale. Si affermava, al vertice del paese, un politico fuori dagli schemi. N o n un prefascista, n o n un tipico e s p o n e n t e dell'antifascismo combattivo ed esule, n o n infine un e s p o n e n t e delle generazioni n u o v e , cariche di humus fascista e di intransigenza antifascista: ma un cattolico trentino «prestato all'Italia» che affondava le sue radici in t u t t ' a l t r o contesto storico-politico e in un'altra cultura. A sessantadue anni, De Gasperi era p e r l'Italia un u o m o nuovo.

CAPITOLO TREDICESIMO

I L T R E N T I N O PRESTATO ALE ITALIA

Alla c a d u t a del fascismo, Alcide De Gasperi e r a u n o sconosciuto p e r la quasi totalità degli italiani. P u r a v e n d o p r e s o il posto di d o n Sturzo esule, c o m e capo del Partito p o p o l a r e , nei p r i m i a n n i del r e g i m e , n o n aveva a v u t o il t e m p o né il m o d o , in quell'atmosfera politica o r m a i asfittica e condizionata, di acquistare popolarità. P r i m a del fascismo e r a stato la personalità e m e r g e n t e del cattolicesimo t r e n t i n o e italian o , d o p o l'affermazione della d i t t a t u r a d i v e n n e u n p e r s e guitato e infine un oscuro, m o d e s t o b u r o c r a t e vaticano. Un c u r i o s o a p p u n t o a u t o g r a f o r i a s s u m e v a così, f i n o agli a n n i Trenta, la sua parabola. 1906. Direttore del quotidiano // Trentino. 1908. Vicepresidente e m e m b r o di direzione della Banca industriale di T r e n t o . 1909. Consigliere municipale a T r e n t o . 1911. D e p u t a t o alla provincia e al p a r l a m e n t o austriaco di Vienna. 1918. M e m b r o del consiglio amministrativo della società editoriale e tipografica T r i d e n t u m con 1 milione di capitale che gestiva u n a delle m a g g i o r i tipografìe cattoliche dell'epoca. 1921. D e p u t a t o a l p a r l a m e n t o italiano. P r e s i d e n t e d e l gruppo popolare. 1921. Segretario della società G r a n d i Alberghi. 1924. Segretario generale del PPL Infine l'ultima a m a r a annotazione. 1929. Avventizio nella Biblioteca Vaticana a 1.000 lire e poi a 1.500 lire il mese. 267

Il ragazzo De Gasperi - di famiglia modesta, il p a d r e e r a capo della g e n d a r m e r i a a Pieve Tesino - aveva studiato con sacrifìci, p r o t e t t o e a i u t a t o d a u n p r e t e i n t e l l i g e n t e , d o n Gentili, e dal vescovo di T r e n t o m o n s i g n o r Endrici. Aveva doti di polemista, e le d i m o s t r ò alla direzione del quotidiano cattolico t r e n t i n o . C o m e molti cattolici i m p e g n a t i delle t e r r e italiane i n c o r p o r a t e a n c o r a n e l l ' I m p e r o a u s t r o - u n g a rico, era più a u t o n o m i s t a che irredentista. L'esperienza p a r l a m e n t a r e a Vienna gli aveva insegnato che u n o Stato m u l tinazionale poteva essere tollerante e rispettoso verso i diritti delle m i n o r a n z e . L'intervento italiano, che n o n creò alcun p r o b l e m a di coscienza a Cesare Battisti e a chi, come lui, voleva completata a T r e n t o e a Trieste l'epopea risorgimentale, fu p e r De Gasperi un d r a m m a . Si sentiva p r o f o n d a m e n te italiano, e nello stesso t e m p o si sentiva cittadino di un imp e r o , e di u n a società, nei quali gli e r a stato d a t o m o d o di affermare le s u e doti. U m b e r t o di Savoia, che lo stimò, ha così descritto il c o m p o r t a m e n t o di De G a s p e r i d u r a n t e la p r i m a g u e r r a m o n d i a l e : «Alla d i c h i a r a z i o n e d i g u e r r a D e Gasperi è n e u t r a l e ; d u r a n t e e d o p o la crisi militare dell'ott o b r e - n o v e m b r e 1917, q u a n d o s e m b r a c h e l'Italia sia sull'orlo della sconfitta, si trova a Vienna: d o p o la riscossa del Piave e il trionfo di Vittorio Veneto, m e n t r e i soldati italiani, già a I n n s b r u c k , sono p r o n t i a m a r c i a r e su Vienna, De Gasperi passa il confine e arriva a d d i r i t t u r a a R o m a . Q u i parla alla folla dal balcone di Palazzo Braschi... Il Re, mio p a d r e , si recò a T r e n t o con il g e n e r a l e Diaz e lo Stato m a g g i o r e e v e n n e ricevuto d a u n a d e l e g a z i o n e d i i r r e d e n t i s t i t r e n t i n i della quale n o n faceva p a r t e De Gasperi». Il t e m p e r a m e n t o di De Gasperi, che p u r era a suo m o d o forte, fu c o n t r a s s e g n a t o d a l rifiuto delle posizioni intransigenti e dalla vocazione p e r la mediazione: perciò la sua italianità, che era, c o m e tutti i suoi sentimenti, p r o f o n d a e sincera, fu t e m p e r a t a dall'ammirazione p e r l'architettura politica d e l l ' I m p e r o a u s t r o - u n g a r i c o , e il suo cattolicesimo, alt r e t t a n t o p r o f o n d o , fu t e m p e r a t o dalla ripulsa dell'integra268

lismo e della sopraffazione clericale. De Gasperi e r a un d e m o c r i s t i a n o c h e c r e d e v a i n D i o . E , c r e d e n d o i n Dio, n o n aveva bisogno di fare il clericale bigotto. Alla Chiesa fu semp r e p e r s o n a l m e n t e ligio. Sottolineava con orgoglio la sua qualifica di cristiano e di cattolico. P u r senza ostentazione, e r a praticante e osservante. Ma, salvo alcuni c o m e il vescovo Endrici di T r e n t o e pochi altri, i preti avvertivano in lui un g r a n puzzo di laicismo, e n o n lo a m a v a n o . Spesso ricambiati. Venuto dalla sacrestia, De Gasperi ne conosceva a fondo i p r e g i e i difetti. Per un m o m e n t o , al sorgere del fascismo, anch'egli p e n s ò p r o b a b i l m e n t e che potesse essere addomesticato (senza tuttavia collaborare, c o m e Gronchi). Le illusioni c a d d e r o p r e sto, e da allora la sua opposizione fu netta, nell'Aventino e d o p o . N o n u n a opposizione cospirativa, m a u n a ripulsa m o rale, e infine il r i t o r n o , d o p o l'esperienza politica che semb r a v a p r o m e t t e r e t a n t o e aveva m a n t e n u t o così p o c o , alle protettrici sacrestie. Tra l'una e le altre vi fu un processo, e la p r i g i o n e . La n o t t e dell'I 1 m a r z o 1927 Alcide De G a s p e r i , che con la moglie viaggiava in t r e n o verso Trieste, dove p e n sava di vivere a l m e n o p e r qualche t e m p o (gli squadristi e la polizia fascista gli stavano r e n d e n d o la vita difficile a Roma, con vessazioni e minacce), fu arrestato alla stazione di Firenze. Aveva dei d o c u m e n t i contraffatti e un passaporto regolar e , b e n c h é scaduto. Lo accusarono d'aver voluto espatriare clandestinamente e di falso in atto pubblico. La sentenza fu di q u a t t r o anni di reclusione, ridotti a d u e e mezzo in appello. T o r n ò in libertà nel luglio del '28, scontata m e t à della p e na, e accolta la sua d o m a n d a di grazia. D o p o quattro mesi a Regina Coeli e r a stato trasferito nella clinica Ciancarelli, in via di Villa Patrizi, fino alla scarcerazione. La c o n d a n n a gli era p i o m b a t a addosso c o m e u n a mazzata, m a t e r i a l e e m o r a l e . I n t a n t o p e r c h é n o n se l'aspettava. N o n e r a , p e r t e m p e r a m e n t o , u n ribelle, rifulgeva p i ù nell'accettazione - cristiana e u m a n a - dei colpi della sorte che nei gesti di rivolta. N o n aveva accettato il fascismo, ma n o n 269

l'avrebbe avversato m a i c o n a t t e n t a t i o t r a m e c l a n d e s t i n e . «Il C a p a n e o dantesco - scrisse alla moglie - si lascia bruciare s d e g n o s o e fiero dalle fiamme: ma egli aveva voluto p u g n a r e c o n t r o Giove: io invece rimasi folgorato p r o p r i o nel m o m e n t o in cui, a b b a n d o n a t a ogni milizia, mi rannicchiavo nella mia famigliola.» V ' e r a nei sentimenti di De Gasperi indignazione contro la d i t t a t u r a che perseguitava gli inermi, e r i m o r s o p e r i disagi economici e le umiliazioni cui moglie e f i g l i e venivano, p e r colpa sua, sottoposte. D e G a s p e r i n o n aveva u n a professione di r i p i e g o , costretto c o m ' e r a , oltretutto, a vivere a Roma. A T r e n t o avrebbe p o t u t o essere p r o fessore di tedesco. A R o m a dovette appoggiarsi alla Chiesa, e nel m o m e n t o p e g g i o r e : p r o p r i o q u a n d o Mussolini stava d i v e n t a n d o « l ' u o m o della Provvidenza» e c o n il c a r d i n a l e Maglione metteva a p u n t o gli articoli controversi della Conciliazione. U n a m a n o il Vaticano gliela diede, ma senza slancio: «collaboratore s o p r a n n u m e r a r i o a d d e t t o al catalogo d e gli stampati» nella Biblioteca Vaticana. Nel '33 il c a r d i n a l e T i s s e r a n t gli rifiutò un a u m e n t o dello stipendio p e r c h é De Gasperi «è p a g a t o sul ricavato delle vendite, capitolo incerto nel n o s t r o bilancio e soggetto in questo m o m e n t o a crisi di d i m i n u z i o n e piuttosto che ad aumenti». Pio XI n o n lo ricevette mai. Q u a n d o lasciò la Biblioteca, De Gasperi aveva 62 anni, g u a d a g n a v a 2.000 lire, ed e r a segretario. Di quella inerzia studiosa, negli a n n i che p e r un politico r a p p r e s e n t a no la p i e n a e rigogliosa m a t u r i t à , ebbe s e m p r e un r i c o r d o cocente. Q u e s t o spiega i suoi scatti c o n t r o i fascisti che, sup e r a t e l e maglie d e l l ' e p u r a z i o n e , t o r n a v a n o a d agitarsi: «Non osino c h i e d e r e p i ù della libertà di vivere e di g u a d a g n a r e che a noi n o n fu concessa». Dalla p e n o m b r a l'Italia della g u e r r a p e r d u t a vide e m e r gere questo p e r s o n a g g i o inconsueto, e che p r o p r i o p e r questo forse la rassicurò assai p i ù dei s a n t o n i prefascisti o dei t o n i t r u a n t i t r i b u n i alla N e n n i . De G a s p e r i e r a a n o m a l o : e questa fu la r a g i o n e p r i m a della sua sostanziale solitudine, nel p a r t i t o , nella classe politica, nel paese. U n a zona d'aria 270

fredda sembrava circondarlo p e r e n n e m e n t e . Era u n u o m o in grigio, dalla grigia e asciutta o r a t o r i a senza p e n n a c c h i , dagli occhi grigi così poco cesarei, dal volto di pietra, grigia anch'essa. Era calmo, paziente, refrattario alla retorica e all a ostentazione. N o n era u n u o m o d'ideologia, era u n u o m o d'ideali, che sono cosa assai diversa. Era un borghese rimasto irriducibilmente tale, a n c h e nelle ristrettezze d ' u n bilancio familiare quasi di fame, p e r c h é fedele a d e t e r m i n a t i valori di d e c o r o e a d e t e r m i n a t i p r i n c ì p i di moralità. Era un conservatore, se con questo t e r m i n e s'intende chi n o n c r e d e alle riforme messianiche, e, a v e n d o visto crollare m o n d i cui e r a affezionato, se li è a n c h e visti sostituire da altri m o n d i peggiori. Ma conosceva le ansie, le aspirazioni e le sofferenze delle «masse» b e n c h é la loro i m m a g i n e fosse p e r lui, anche a R o m a , a n c h e in a n n i di g o v e r n o d ' u n paese caotico e improvvisatore, quella dei contadini e degli operai trentini, n o n quella delle jacqueries meridionali o dei picchettaggi violenti nelle varie Stalingrado d'Italia. «Era un u o m o d o t a t o di senso dello Stato» ha d e t t o Valiani di De Gasperi. P o t r e m m o a g g i u n g e r e , con u n a battuta che n o n vuol essere spregiativa, che lo fu i n d i p e n d e n t e m e n te dallo Stato in cui agiva. Lo fu a Vienna, e lo fu a R o m a . Ebbe fortemente quel senso dello Stato che m a n c ò ai cattolici subito d o p o l'Unità, c h e m a n c ò a molti t r a l o r o a n c h e c e n t ' a n n i d o p o . Alla luce della forte consapevolezza che De Gasperi aveva dell'interesse nazionale deve essere valutato anche il suo atteggiamento verso la Monarchia. «De Gasperi - ha affermato Valiani - n o n era repubblicano, e r a di tradizioni m o n a r c h i c h e . . . Accettò tuttavia la Repubblica... q u a n do capì che solo in tal m o d o si assicurava la d e m o c r a t i c i t à dello Stato italiano. U n a m o n a r c h i a contestata da m e t à del Paese n o n poteva essere democratica. Un t e m p o si e r a detto: la repubblica ci dividerebbe, la m o n a r c h i a ci unisce: così Crispi nel 1861 e a n n i successivi. Nel 1945-46 De G a s p e r i capì c h e la r e p u b b l i c a ci a v r e b b e u n i t o , la m o n a r c h i a ci avrebbe diviso.» 271

N o n in contrasto con questa, e piuttosto interessante, l'op i n i o n e che U m b e r t o di Savoia espresse, al r i g u a r d o , ad Artieri: «(De Gasperi) partecipava, senza saperlo, del d r a m m a della m o n a r c h i a austro-ungarica... Forse considerò la caduta della m o n a r c h i a di Vienna c o m e u n a colpa della Casa Savoia. Con la fine della seconda g u e r r a m o n d i a l e dovette a p parirgli chiaro che fosse g i u n t a l'ora del c o n t r a p p a s s o , che la m o n a r c h i a italiana fosse sul p u n t o di subire la sorte dell'altra. E molto probabile. Nel suo intimo inoltre n o n doveva t r o v a r e facile schierarsi a favore dello Stato m o n a r c h i c o costituzionale visto che l'altro Stato, quello di Vienna, m o dello di o r d i n e , decoro, potenza era stato demolito. In q u e sto senso si p u ò r i t e n e r e che De Gasperi n o n pensasse tanto da repubblicano convinto q u a n t o da m o n a r c h i c o deluso». S e m b r a accertato che il giorno del r e f e r e n d u m abbia votato repubblica. Ma in pubblico fu s e m p r e cauto, b e n sapendo q u a n t a p a r t e del suo potenziale elettorato fosse m o n a r chica, e b e n s a p e n d o delle p r o p e n s i o n i m o n a r c h i c h e esistenti in Vaticano e caldeggiate da u n a p a r t e consistente dell'alto clero. In un comizio disse un giorno, p a r l a n d o più da moralista che da politico: «Volete voi i n s t a u r a r e la repubblica? Vi sentite capaci cioè di a s s u m e r e su di voi, p o p o l o italiano, tutte le responsabilità, tutto il m a g g i o r sacrificio, tutta quella m a g g i o r e p a r t e c i p a z i o n e c h e esige tale r e g i m e , il quale fa d i p e n d e r e tutto, anche il C a p o dello Stato, dalla vostra p e r s o n a l e decisione espressa con la scheda elettorale? Se r i s p o n d e t e sì vuol dire che p r e n d e t e i m p e g n o solenne e definitivo, p e r voi e p e r i vostri figli, di essere p r e o c c u p a t i della cosa pubblica più di q u a n t o n o n foste sin qui...». La s t r u t t u r a del g o v e r n o e r a decisamente repubblicana, con il posto chiave degli I n t e r n i a Romita, un i n g e g n e r e socialista di piccola statura e di m o d i vivaci. Ma il p r i m o presid e n t e d e l Consiglio italiano p o l i t i c a m e n t e «cattolico» n o n pose ostacoli alla repubblica soprattutto p e r c h é gli p r e m e v a di frenare la spinta populista delle sinistre nel funzionamento quotidiano delle strutture statali. Agli slogans di N e n n i («la 272

C o s t i t u e n t e o il caos», «politique d ' a b o r d » , «dal g o v e r n o al potere») o p p o s e la sua tenacia m o d e r a t r i c e e r e s t a u r a t r i c e . Gli ambienti economici p e r c e p i r o n o subito il c a m b i a m e n t o , e la Borsa reagì alla novità con un p r o g r e s s o vigoroso. Lo p e r c e p i r o n o anche gli Alleati che decisero di restituire al gov e r n o italiano le province del n o r d tuttora soggette alla loro giurisdizione. M a n c ò a De G a s p e r i , d i c o n o i suoi critici, la volontà o la capacità di c a m b i a r e , p r o f i t t a n d o delle contingenze eccezionali, alcune cose che, specialmente nella b u r o crazia e nei meccanismi amministrativi, a v r e b b e r o p o t u t o e m a g a r i d o v u t o essere cambiate. Ebbe un limite: fu un grande «normalizzatore», n o n un innovatore. Abbiamo già accennato al processo attraverso il quale l'Italia si avvicinava al 2 g i u g n o (1946), p e r le elezioni della Costituente e il r e f e r e n d u m istituzionale. Ai p r i m i di m a r z o le elezioni amministrative che interessarono 15 milioni e mezzo di elettori d i m o s t r a r o n o che la DC aveva all'incirca la stessa forza delle sinistre coalizzate. Il Partito liberale fu ridim e n s i o n a t o , il Partito d'azione quasi annullato. II Luogoten e n t e avrebbe voluto un rinvio delle «politiche» a d d u c e n d o i l m o t i v o , n o n i n f o n d a t o , c h e molti p r i g i o n i e r i d i g u e r r a e r a n o a n c o r a fuori dai confini, e a v e v a n o p u r d i r i t t o di e s p r i m e r e la loro volontà. Il 18 m a r z o , p r e s s a t o , U m b e r t o di Savoia firmò i decreti p e r le elezioni del 2 g i u g n o accomp a g n a n d o l i con u n a lettera in cui garantiva che avrebbe accettato il r e s p o n s o delle u r n e , quale che fosse. Sciolse a n c h e d a l g i u r a m e n t o d i fedeltà alla C o r o n a tutti c o l o r o che n e e r a n o vincolati. La formula del r e f e r e n d u m , che p e r la Mon a r c h i a e r a la p i ù favorevole - un s o n d a g g i o Doxa la dava a d d i r i t t u r a favorita - aveva avuto il sostegno di De Gasperi, p e r u n a r a g i o n e evidente: essa sollevava la Democrazia cristiana dall'obbligo d i p r o n u n c i a r s i , c o m e p a r t i t o , sul p r o b l e m a istituzionale, e di agire di c o n s e g u e n z a nell'Assemblea costituente. D e m a n d a t a la decisione al p o p o l o , si trattava soltanto di seguirne la volontà. Infatti il congresso del273

la DC voleva u n o Stato n o n clericale ma «di ispirazione cristiana» p e r c h é «il cristianesimo è il lievito della civiltà politica» e la vita del cristiano «è il sostegno della società». A p p a r e n t e m e n t e monolitico e s o s t a n z i a l m e n t e i n c e r t o , fu il congresso del PCI che delineava d u e politiche c o n t r a d dittorie: da u n a p a r t e le «larghe alleanze democratiche» che p r e s u p p o n e v a n o intese con t u t t e le forze p o p o l a r i , e d u n q u e a n c h e con i democristiani; dall'altra l'avvio della fusione c o n i socialisti, c h e a v r e b b e p o t u t o a v e r e le s u e p r i m e realizzazioni in un patto federativo tra i d u e partiti. L'unità a sinistra n o n poteva sfociare che in u n a situazione di blocco c o n t r o blocco. P r o p r i o questo n o d o dei r a p p o r t i con i comunisti travagliò il c o n g r e s s o socialista n e l q u a l e s ' i n c o n t r a v a n o , c o m e s e m p r e nella storia del partito, l'anima massimalista e l'anima riformista, costrette a convivere, ma incapaci di collabor a r e . T r a S a r a g a t e Basso c o r r e v a un abisso ideologico e u m a n o . Ne uscì il solito c o m p r o m e s s o , con N e n n i relegato alla presidenza - restituì poi il favore a Saragat e m a r g i n a n d o l o alla p r e s i d e n z a della C o s t i t u e n t e - c o n I v a n M a t t e o L o m b a r d o segretario e m e d i a t o r e , con le varie correnti r a p p r e s e n t a t e in direzione. La t e n d e n z a fusionista era stata in pratica sconfitta, tanto che Togliatti parlò di u n a «azione organizzata e predisposta p e r spezzare l'unità tanto del Partito socialista q u a n t o della classe o p e r a i a e dei lavoratori italiani». Vi fu m a r e t t a a n c h e nel congresso liberale, sia p e r le polemiche tra fautori e avversari della Repubblica - questi ultimi, in m i n o r a n z a , contavano su n o m i di spicco come Brosio e C a r a n d i n i - sia p e r la dissidenza di alcuni elementi della sinistra che se ne a n d a r o n o , tra gli altri Franco Antonicelli. I m o n a r c h i c i prevalsero a n c h e sugli agnostici alla Benedetto Croce, tuttavia confermato nella presidenza: e firmatario t r a l'altro, sul p i a n o e l e t t o r a l e , d e l manifesto d i u n a U n i o n e democratica nazionale che includeva Nitti, B o n o m i , Orlando. 274

I m p e g n a t o in questa convulsa fase politica e assillato dai p r o b l e m i economici, tra gli altri la minaccia della carestia - a fine aprile s'era p r e s e n t a t a la necessità di r i d u r r e a 150 g r a m m i la r a z i o n e di p a n e - De G a s p e r i p a r t ì il 2 m a g g i o p e r Parigi, dove si sarebbe svolta u n a seconda tornata delle r i u n i o n i dei ministri degli Esteri, sui trattati di pace.

EPILOGO

De G a s p e r i t o r n ò da Parigi alle 15 dell'8 m a g g i o . N e n n i , che a n d ò a p r e n d e r l o a Centocelle, dice di avergli accennato al p r o b l e m a dell'abdicazione di Vittorio E m a n u e l e , che a l c u n e voci d i palazzo d a v a n o p e r i m m i n e n t e . M a s e m b r a che De Gasperi n o n se ne mostrasse molto interessato. L'indomani m a t t i n a p e r ò , 9 m a g g i o , egli a n d ò in Quirinale, dove ebbe con U m b e r t o un incontro che poi diede esca a q u a l c h e p o l e m i c a . Ad abdicazione a v v e n u t a , infatti, d u r a n t e un Consiglio dei ministri, alcuni di costoro lo accus a r o n o di avergli taciuto la notizia della rinuncia di Vittorio E m a n u e l e , di cui il L u o g o t e n e n t e doveva averlo informato. Secondo le sinistre, questo gesto r o m p e v a il «Patto istituzionale», ossia l'impegno assunto parallelamente dalla C o r o n a e dal g o v e r n o di rispettare lo status quo, e q u i n d i De Gasperi a v r e b b e d o v u t o c o m u n i c a r l o i n t e m p o a i suoi ministri. I n r e a l t à esse t e m e v a n o c h e l'avvento sul t r o n o d i U m b e r t o riaccreditasse, alla vigilia del r e f e r e n d u m , la m o n a r c h i a . De Gasperi rispose che il L u o g o t e n e n t e n o n gliene aveva d a t o notizia. Ma q u a n d o si t r a t t ò di m e t t e r e la d i c h i a r a z i o n e a verbale, vi fece a g g i u n g e r e la parola «ufficialmente». Il che ci fa r i t e n e r e che, confidenzialmente, era stato informato. Lo stesso giorno, subito d o p o l'incontro con De Gasperi, U m b e r t o p r e s e l'aereo p e r Napoli. E qui conviene lasciar la p a r o l a a P u n t o n i , sulla cui notarile scrupolosità n o n si possono avanzare dubbi: «9 m a g g i o 1946. Senza p r e a v v i s o , alle 12,45 a r r i v a il P r i n c i p e d i P i e m o n t e a c c o m p a g n a t o dal d u c a A c q u a r o n e , dal generale Cassiani e dal capitano Avalle. Chiede subito di 276

p a r l a r e con Sua Maestà. Gli dice che è o p p o r t u n o che l'abdicazione e la p a r t e n z a avvengano in giornata. Gli c o m u n i ca i n o l t r e c h e il viaggio sarà c o m p i u t o con il Duca degli Abruzzi, il quale sarà scortato dal caccia Granatiere. Ritengo che si siano accelerati i tempi p e r far trovare il Consiglio dei ministri di fronte al fatto c o m p i u t o . De Gasperi che, a p p e n a t o r n a t o da Parigi, ha avuto un colloquio con il L u o g o t e n e n te, dov'essere al c o r r e n t e della cosa. Anche Stone, che r a p p r e s e n t a gli Alleati, è d'accordo... «Vedo il Sovrano soltanto alle 15, q u a n d o scende p e r red i g e r e l'atto di abdicazione. L'atto, anzi, è già stato r e d a t t o dal Re su carta semplice, ed è il d u c a A c q u a r o n e che lo porta nel salone al p i a n t e r r e n o della villa, dove si trovano in attesa il Sovrano, il notaio Angrisani, il sottoscritto e il t e n e n t e colonnello De Buzzaccarini. Angrisani g u a r d a il foglio e fa n o t a r e che è necessario c h e sia trascritto su c a r t a bollata. Sua Maestà risale al p i a n o s u p e r i o r e insieme con A c q u a r o n e . D o p o pochi m i n u t i il Re scende solo, con l'atto di abdicazione in m a n o . Saluta il n o t a i o . S e m b r a calmo e s e r e n o , ma è facile capire che fa ogni sforzo p e r d o m i n a r e l'emozione. Io capisco che la sua voce n o n ha il solito t o n o . Si rivolge a m e . Dice: " H a i visto? E successo p i ù p r e s t o di quello che c r e d e v a m o " . Il notaio si accinge a postillare l'atto. Il Sovrano g u a r d a e dice: " H o usato la stessa formula usata da Carlo Alberto nel 1849". «Angrisani dice: "Maestà, le faccio osservare che sull'atto ha messo la data 6 Maggio, anziché 9". II Re fa la correzione. C o m e mai tale sbaglio? Ritengo che Sua Maestà abbia ricopiato all'ultimo m o m e n t o u n a m i n u t a che aveva p r e p a r a to fin dal 6 maggio, data la sua intenzione di compilare l'atto di abdicazione in m a n i e r a identica a quella del suo avo... «Alle 18 a p p a r e nelle a c q u e di Posillipo il cacciatorpedin i e r e Granatiere. Alle 19 a p p a r e il Duca degli Abruzzi. D u e motoscafi a t t e n d o n o le L o r o Maestà e il seguito, attraccati al piccolo molo di Villa Maria Pia. Soltanto verso le 19, q u a n do il Sovrano viene sulla terrazza insieme con l'ammiraglio 277

De C o u r t e n p e r o s s e r v a r e le navi c h e s'avvicinano, posso parlargli. Il suo viso e i m p e n e t r a b i l e . N o n profferisce u n a p a r o l a che d e n o t i debolezza e r i m p i a n t o . N o n mi ringrazia e n o n dice n e p p u r e che si r a m m a r i c a di staccarsi da m e . È il suo carattere... «Re U m b e r t o è fermo sulla riva e osserva l'imbarco degli Augusti Genitori. Alle 19,40 l'incrociatore leva l'ancora e si m u o v e l e n t a m e n t e . Inizia il viaggio che p o r t a il Re verso l'esilio. N o n si sente u n a voce. Si sente soltanto il silenzio». N o n s a p p i a m o cosa pensasse e provasse U m b e r t o in quel m o m e n t o . Se nell'addio c'era stato fra i d u e qualche abband o n o alla commozione, questo era avvenuto nell'incontro di qualche o r a p r i m a , che si e r a svolto senza testimoni. Ma ne d u b i t i a m o . Gli a b b a n d o n i n o n e r a n o c o n t e m p l a t i nel galateo d e i Savoia, di cui p a d r e e figlio - l ' u n o forse p e r cinismo, l'altro p e r disciplina - furono s e m p r e scrupolosi osservanti. Ma da q u a n t o , nel rifugio di Cascais, U m b e r t o confidò a u n o degli a u t o r i d i q u e s t o libro, egli c o m p r e s e b e n i s s i m o che su quella nave si allontanava p e r s e m p r e n o n un Re, ma la M o n a r c h i a . Q u e l l o ch'egli si accingeva a vivere n o n e r a che un poscritto. Doveva d u r a r e in tutto 23 giorni.

Indro Montanelli - Mario Cervi

L'ITALIA DELLA REPUBBLICA (2 giugno 1946-18 aprile 1948)

AVVERTENZA

Questo volume, che va dal referendum istituzionale del giugno '46 alle elezioni del 18 aprile '48, avremmo anche potuto intitolarlo «LItalia delle scelte» perché fu in questo triennio che il nostro Paese fece quelle fondamentali: instaurò la Repubblica al posto della Monarchia, e si schierò nel campo delle Democrazie occidentali. Si dirà che questa seconda scelta non la facemmo noi; l'avevano già fatta, per noi, gli accordi di Yalta, dove gli anglo-americani e i russi si erano spartiti l'Europa, e più ancora l'avevano fatta gli eserciti che la occupavano. Ma questo è vero solo per quanto riguarda i Paesi dell'Est, piantonati dall'Armata Rossa, che non consentì loro di esprimere la propria volontà. Eltalia, come tutte le altre nazioni liberate dagli anglo-americani, avrebbe potuto decidere il proprio destino contro i loro interessi. Le truppe che ci occupavano non sarebbero mai intervenute per impedircelo: su questo punto i governi di Washington e di Londra furono sempre espliciti: pronti a dare manforte alla nostra democrazia se fosse stata aggredita con mezzi illegali e violenti, ma anche ad abbandonarla alla sua sorte, se con mezzi democratici, cioè con libere elezioni, avesse deciso dì seguirne un'altra. Lora della verità scoccò il 18 aprile del '48. Ma a determinare il risultato di quelle elezioni fu proprio il biennio che le precedette, e che costituisce la materia di questo libro. Non sono più molti, temo, gl'italiani che abbiano un ricordo nitido di quel periodo convulso, fatto insieme di grandi speranze e di grandi paure: l'impeto con cui tutti si gettarono a ricostruire ciò che le bombe avevano distrutto, ma anche il disordine con cui lo fecero, ognuno intento soltanto alle cose proprie e al proprio tornaconto, senza un minimo di programmazione, senza alcun riguardo all'interesse generale; la rapi281

dita e la spregiudicatezza con cui furono aggirati tutti gl'impacci e restrizioni imposte dall'amministrazione militare alleata; il fiorire della borsa nera che. creò una categoria di nuovi ricchi dediti ai lussi più sfrenati in un panorama di macerie; l'epopea della bicicletta, unico mezzo di locomozione sicuro e sottratto alle strettoie dei tesseramenti di combustibile; la corsa ai brevetti di partigiano e le smanie dell'«epurazione» nutrite da un'alluvione di lettere anonime di denuncia contro qualche fascista (ognuno aveva il suo, di cui occupare il posto o la casa); le strade rigurgitanti di gente indaffarata a rimettere in piedi i propri affari, studi e negozi; le piazze ingombrate dai capannelli degli agit-prop, quasi tutti comunisti, concionanti sui destini della democrazia; la frenesia dei comizi che provocavano mobilitazioni di masse molto simili alle «oceaniche adunate» del «bieco ventennio» o, come usualmente lo si chiamava. E una gran voglia di vivere mescolata a un'altrettanto grande ansietà. Di coloro che avevano votato Repubblica, la stragrande maggioranza lo aveva fatto per punire un Re che aveva accettato il fascismo, subito la guerra, e poi era fuggito abbandonando il Paese e l'esercito al loro destino. Pochissimi si erano resi conto che, con la Monarchia, l'Italia rinnegava il Risorgimento, unico tradizionale mastice della sua unità. Era un mastice che non aveva mai operato a fondo e che aveva alimentato più una retorica che una coscienza nazionale. Ma, scomparso anche quello, il Paese era in balìa di forze centrifughe che ne facevano temere la decomposizione. Aizzata dai socialcomunisti, la lotta di classe deflagrava con una violenza proporzionale alla repressione cui per ventanni l'aveva sottoposta il fascismo; mentre il regionalismo, fomentato soprattutto dai democristiani, assumeva, specialmente in Sicilia, gli estremi del separatismo. Ci fu chi, prevedendo lo sfacelo, cercò scampo nei Paesi che sì riaprivano alla nostra emigrazione: America Latina, Canada, Australia. Era un'emigrazione assai diversa da quella col passaporto rosso delle epoche prefasciste, di badilanti e zappaterra. C'era gente in cerca di un clima adatto alla sua intraprendenza, e anche tecnici e dirìgenti che, epurati o temendo di esserlo, preferirono mettere altrove a profitto la propria esperienza, e la fecero brillare. 282

Ma un fenomeno ancora più sconvolgente fu quello dell'emigrazione interna, che subito prese l'aire dal Sud verso il Nord e assunse dimensioni alluvionali. Le strutture patriarcali del contadiname meridionale non avevano retto al rimescolìo della guerra, al contagio degli eserciti d'occupazione, alle seduzioni della borsa nera e della prostituzione. A trattenere i contadini nelle campagne non valsero le promesse di una riforma agraria che, quando venne, era già in ritardo dì alcuni decenni. Essi l'anticiparono con occupazioni arbitrarie dì terre, da cui però si accorsero subito che non avrebbero ricavato alcunché. E allora si misero in movimento prima verso le città più vicine, poi verso il Nord, dove li risucchiava il vigoroso decollo industriale. Questo fenomeno doveva farsi ancora più imponente negli anni Cinquanta, ma era già in sviluppo quando ancora, per compiere il tragitto da Napoli o da Bari a Milano, i treni, rigurgitanti dì viaggiatori, impiegavano trentasei ore, e non sevipre arrivavano a destinazione. La frenesia di vita che animava l'Italia somigliava a quella che, a quanto sì dice, s'impadronì dei passeggeri del Titanio dopo l'urto con l'iceberg. Dovunque e in tutti c'era un senso di provvisorio. Il frenetico attivismo dei comunisti, i loro toni trionfalistici, la pressione a cui tenevano sottoposta la pubblica opinione incalzandola un po' con le minacce, un po' con le lusinghe, davano l'impressione ch'essi avessero ormai partita vinta. E in certe regioni infatti l'avevano, come l'Emilia, dove il «triangolo della morte» coi feroci ammazzamenti perpetrati dai comunisti subito dopo la Liberazione, invece di provocare una reazione dì rivolta, aveva sortito - e forse continua a sortire - gli effetti dell'intimidazione. Nenni parlava, compiacendosene, di un «vento del Nord», e con ragione, perché tutto il Nord sembrava ormai in balìa dell'ondata rossa. Ma non il Sud. E fu questa differenza di clima, ideologico e passionale, molto più che la difficoltà dei mezzi di comunicazione, e il diverso trattamento amministrativo cui dapprincìpio gli Alleati sottoposero i due tronconi della penisola, ad approfondire il solco fra di essi. Fu proprio in opposizione al vento del Nord che nacque il «qualunquismo», fenomeno essenzialmente meridionale e - in quel momento - salutare, come sedativo dì certe frenesie. Ma le frenesie 283

sembravano avere il sopravvento e trascinare il Paese verso avventure, di cui era facile prevedere lo sbocco: Nostradamus nel cui inesaurìbile magazzino c'è, per chi ci crede, qualcosa da pescare per ogni emergenza, aveva profetato che un giorno ì cosacchi avrebbero dissetato ì loro cavalli alle fontane di Piazza S. Pietro. Qualcuno dice che l'Italia non era mai stata grande come in quel momento per lo slancio con cui affrontò la ricostruzione, per la fiducia che mostrò nel proprio destino e per la elasticità con cui si adattò alle nuove esigenze. Qualche altro dice che l'Italia non era mai stata così abbietta per la facilità con cui la gente cambiò bandiera, per la disinvoltura con cui ripudiò il proprio passato e per la spensieratezza con cui sacrificò ogni scrupolo di solidarietà e di civismo al proprio interesse personale. Forse hanno ragione gli uni e gli altri. Ma è certo che l'atavico istinto dì conservazione fece presto ad avere la meglio. Più i partiti della sinistra si agitavano, in gara tra loro a chi reclamava le riforme più audaci, più l'italiano della strada, pur fingendo in piazza di partecipare ai grandi slanci progressisti, si arroccava in casa a difesa dei valori tradizionali e più ancora dei suoi interessi privati. Gli storici, anche quelli anticomunisti, sono concordi nel dire che Togliatti esercitò un'azione sedativa sulle masse rosse un po' per scrupolo legalitario e allergìa alla violenza, un po' in ossequio agli ordini di Stalin, che non voleva allarmare gli ex-alleati destabilizzando un Paese che, secondo le pattuizioni dì Yalta, apparteneva alla loro zona d'influenza, nel momento in cui riduceva a colonie quelli dell'Est. Può darsi che sia così. Togliatti non era un rivoluzionario. Da vero uomo di «apparato» cresciuto alla scuola sovietica, disprezzava le inasse; forse temeva, scatenandole, di restarne prigioniero; e forse ancora di più paventava che l'instaurazione a Roma di un regime comunista facesse dì lui uno di quei «proconsoli» che il padrone del Cremlino sottoponeva a regolari «purghe» per sottrarre ì loro successori a tentazioni d'indipendenza. Ma può darsi anche ch'egli allentasse la tensione delle piazze perché queste gli davano la certezza di poter raggiungere il potere senza il bisogno di ricorrere a mezzi illegali. La sicumera con cui, quando 284

fu sbarcato dal governo, andava ripetendo nei comizi di aver ordinato al calzolaio un paio di scarpe chiodate per poter prendere meglio a pedate De Gasperi, era probabilmente sincera. E a rafforzarla c'era forse anche la convinzione che un potere raggiunto per via democratica grazie a un consenso liberamente espresso di popolo gli avrebbe dato maggior forza anche nei confronti di Mosca. Sono soltanto supposizioni: nessuno ha mai penetrato ì veri pensieri e sentimenti di Togliatti. Ma il fatto che gli se ne possano attribuire di questo tenore basta a dimostrare quanto, in questo decisivo triennio, l'Italia apparente fosse talmente diversa da quella reale da trarre in inganno anche un politico perspicace e consumato come Togliatti. Lo slancio dì entusiasmo e di fiducia che aveva animato il Paese al momento della Liberazione si stava esaurendo. Solo i militanti socialcomunisti seguitavano ad animare il dibattito ideologico. La grande opinione pubblica già si mostrava stanca dei partiti e non seguiva che straccamente i lavori della Costituente, intenta a confezionare la M a g n a C h a r t a della democrazia italiana e delle sue libertà. Non riconosceva in essi la propria espressione, e già cominciava a chiedersi se non avesse avuto ragione Mussolini a tenerli in quarantena per vent'anni. Fu in quest'atmosfera che incubò la disfatta elettorale socialcomunista del '48, terminale del dopoguerra vero e proprio. I. M.

CAPITOLO PRIMO

IL RE DI M A G G I O

L'abdicazione di Vittorio E m a n u e l e I I I (9 m a g g i o 1946), e la sua i m m e d i a t a p a r t e n z a p e r l'esilio egiziano furono definiti da P a l m i r o Togliatti «l'ultima fellonia di u n a casa r e g n a n t e di fedifraghi che dimostra ad ogni passo di m a n c a r e a quella b u o n a fede costituzionale che è essenziale p e r chi deve r e g n a r e n o n con u n a legge assoluta, ma con u n a costituzione che r i s p o n d a alla volontà sovrana del popolo». L'enfasi di q u e s t o l i n g u a g g i o , così p o c o nello stile della «svolta di Salerno», dimostra che il c o n g e d o del vecchio Re, p u r atteso e scontato, e la successione al t r o n o di U m b e r t o I I , sortirono nel m o n d o politico italiano l'effetto di un elett r o c h o c . Togliatti («una volta t a n t o i n t r a n s i g e n t e » a n n o t ò N e n n i ) s o s t e n n e che la M o n a r c h i a aveva violato la t r e g u a istituzionale, c o n c o r d a t a q u a n d o e r a stata creata la L u o g o tenenza, e che p e r legittima ritorsione De Gasperi, nella sua qualità di Presidente del Consiglio, avrebbe d o v u t o assumere le funzioni di C a p o provvisorio dello Stato. Si è discusso p a r e c c h i o sulle r a g i o n i di q u e s t ' a t t e g g i a m e n t o del c a p o comunista: q u a l c u n o - ad e s e m p i o il ministro liberale L e o n e Cattani - l'attribuì a p u r o calcolo, ossia al suo desiderio di rifarsi, d o p o tanti cedimenti, u n a verginità r e p u b b l i c a n a . Altri vide in esso, invece, u n a r e a z i o n e emotiva se n o n p r o p r i o u n o scatto nervoso p e r l'improvviso r i m e s c o l a m e n t o delle c a r t e . C e r t o è c h e Togliatti si t r o v ò isolato, e nel Consiglio dei ministri che si riunì il 10 maggio accettò, sia p u r e r i n n o v a n d o le s u e accuse alla C o r o n a , la tattica minimizzatrice di De G a s p e r i e, t u t t o s o m m a t o , a n che dei socialisti. Fu deciso di considerare l'accaduto «un at287

to i n t e r n o di Casa Savoia». U n o schema di decreto approvato a t a m b u r b a t t e n t e stabilì c h e i d o c u m e n t i dello Stato a v r e b b e r o avuto d'allora in poi l'intestazione «In n o m e di U m b e r t o I I , Re d'Italia», ma senza la formula tradizionale «per grazia di Dio e volontà della Nazione». Ma l'«atto interno» risultò tutt'altro che tale. Uentourage di U m b e r t o (abbiamo in p r o p o s i t o la testimonianza di u n o dei suoi aiutanti di c a m p o , l'ammiraglio Franco Garofalo) lo considerava il «qualcosa di n u o v o che scuotesse l'opinione p u b b l i c a e ridestasse negli italiani q u e i p r i n c ì p i e quelle e n e r g i e che l'equivoco della L u o g o t e n e n z a aveva fatto dim e n t i c a r e e sopire, nella convinzione che la m o n a r c h i a già n o n esistesse più». All'investitura d i U m b e r t o , D e G a s p e r i n o n i n t e n d e v a o p p o r s i . S a p p i a m o che e r a stato informato in anticipo, anc h e se a titolo p r i v a t o , della a b d i c a z i o n e di Vittorio E m a n u e l e . S a p p i a m o e g u a l m e n t e c h e , di fronte a questa eventualità, si era consultato con l'ammiraglio Ellery Stone, a m e ricano, e capo della Commissione alleata p e r l'Italia. Stone, in u n a lettera che De Gasperi aveva già in m a n o l'8 maggio, precisò che p e r gli Alleati la novità n o n aveva rilievo: «I Capi di Stato M a g g i o r e sono del p a r e r e che l'abdicazione del Re n o n c o m p o r t a n e s s u n a azione o c o m m e n t o da p a r t e della Commissione alleata, in q u a n t o n o n tocca p e r nulla i p o teri costituzionali del principe U m b e r t o » . Gli a n g l o - a m e r i c a n i e r a n o risoluti a o s t e n t a r e , p e r il dil e m m a istituzionale, u n a posizione d i r i g o r o s a n e u t r a l i t à . S t o n e aveva, p e r s o n a l m e n t e , s i m p a t i e m o n a r c h i c h e . Ufficiale già a n z i a n o della Riserva navale degli Stati Uniti, e r a stato m a n d a t o a d Algeri, q u a n d o l a C o m m i s s i o n e d i controllo p e r l'Italia vi si e r a insediata, c o m e tecnico delle com u n i c a z i o n i postali e telegrafiche. L'Artieri riferisce che a procacciargli quell'incarico era stato tra l'altro il fatto di essere stato insignito della C o m m e n d a della C o r o n a d'Italia. Per i meccanismi delle promozioni e delle sostituzioni, Stone s'era trovato ad essere il vice dell'inglese Mason MacFarlane, 288

protagonista dei p r i m i contatti tra gli Alleati e il g o v e r n o di Brindisi. Rimosso MacFarlane, b r u t t o carattere - e ostile ai Savoia, tanto che s'era scontrato in proposito con Churchill Stone ne aveva p r e s o il posto, sia p u r e a titolo provvisorio (tra inglesi e a m e r i c a n i vigeva la regola d e l l ' a l t e r n a n z a , se avessero m a n d a t o via anche lui l'incarico sarebbe stato asseg n a t o ad H a r o l d Macmillan, il futuro P r i m o ministro conservatore britannico). A R o m a Stone s'era lasciato a m m a l i a r e dal bel m o n d o e dall'aristocrazia (vi t r o v ò p e r f i n o moglie) e aveva s t r e t t o amicizia con il g e n e r a l e I n f a n t e , a i u t a n t e di U m b e r t o . Ma nelle capitali alleate l'atmosfera e r a cambiata: s o p r a t t u t t o a L o n d r a , d o v e i laburisti, vinte le elezioni, e r a n o a n d a t i al g o v e r n o , e si mostravano molto più freddi di Churchill verso la Monarchia. Inoltre i risultati delle elezioni amministrative di m a r z o , e la condotta di De Gasperi, r e n d e v a n o assai m e n o i n q u i e t a n t e , p e r L o n d r a e p e r W a s h i n g t o n , l'ipotesi di u n a vittoria della Repubblica. Tuttavia l'indifferenza dei vincitori p e r l'ascesa al t r o n o di U m b e r t o II fu un e l e m e n t o r a s s i c u r a n t e p e r i m o n a r c h i c i . Se gli a n g l o - a m e r i c a n i , supervisori della legalità democratica, n o n obbiettavano, perd e v a n o forza le proteste e le indignazioni dei partiti. Ciò che alla fine indusse i leaders politici - c o m p r e s o , dopo u n a p a u s a di riflessione, l'infuriato Togliatti - alla rassegnazione fu la conferma della data del 2 g i u g n o p e r il refer e n d u m . I monarchici avevano chiesto r i p e t u t a m e n t e che la d u p l i c e p r o v a - r e f e r e n d u m istituzionale ed elezione dell'Assemblea costituente - fosse rinviata a epoca più o p p o r tuna. Sottolineavano, n o n senza f o n d a m e n t o , che avrebber o f o r z a t a m e n t e d i s e r t a t o l e u r n e c e n t i n a i a d i migliaia d i prigionieri t u t t o r a in attesa del r i m p a t r i o , n o n c h é i cittadini della Venezia Giulia e dell'Alto Adige. Meglio aspettare. Ma la richiesta di rinvio aveva, al di là di queste spiegazioni patriottiche, u n a molla s t r u m e n t a l e . Gli a m b i e n t i della C o r t e sentivano che, via via che si placava il vento del N o r d , si svil u p p a v a nel Paese u n a r i m o n t a m o n a r c h i c a . Ma ventiquat289

tro giorni e r a n o pochi p e r c h é Umberto, finalmente Re a tutti gli effetti, liberato d a l l ' i n g o m b r a n t e p r e s e n z a d e l pad r e , riuscisse a r i c o s t r u i r e la sua i m m a g i n e e a r i n n o v a r e quella della Monarchia. Il suo compito era quasi proibitivo. L'uomo che nei mesi della L u o g o t e n e n z a s'era distinto p e r la s c r u p o l o s a osservanza degli obblighi costituzionali e p e r la signorilità sorrid e n t e e autorevole del tratto, doveva, c o m e Re, essere al di sopra delle parti, e nello stesso t e m p o fare p r o p a g a n d a elettorale. N o n esisteva un vero partito monarchico, i consiglieri di U m b e r t o a v e v a n o scartato questa soluzione. Difficile dire, oggi, se avessero visto giusto. Era questo che aveva a r r o v e n t a t o le proteste c o n t r o l'abd i c a z i o n e di Vittorio E m a n u e l e . Poiché la C o r t e voleva il rinvio delle elezioni, e i partiti i n t e n d e v a n o t e n e r f e r m a la data del 2 g i u g n o , fu evidente ai leaders politici repubblicani c h e u n a crisi o r i g i n a t a d a l l ' a b d i c a z i o n e p o t e v a d i v e n t a r e p r o p r i o il diversivo che U m b e r t o cercava. Dal conflitto tra Re e g o v e r n o - se al conflitto a p e r t o si fosse giunti - sarebbe derivato un intrico di p r o b l e m i costituzionali e politici. U m b e r t o aveva la facoltà di licenziare il g o v e r n o , sia p u r e soltanto p e r g u a d a g n a r e t e m p o . E in tal caso gli Alleati sarebb e r o d i v e n t a t i p r o b a b i l m e n t e arbitri dello s c o n t r o . M a i n u n a atmosfera incandescente di accuse e controaccuse, refer e n d u m ed elezioni p e r la Costituente sarebbero stati irrealizzabili, o c o m u n q u e viziati. In q u e s t a occasione N e n n i p o r t ò a c q u a al m u l i n o di De G a s p e r i , cui p r e m e v a di togliersi la spina del r e f e r e n d u m , senza t r o p p e ambasce p e r il suo esito. De Gasperi e r a consapevole della forza sua e del suo partito, su cui N e n n i invece p r e n d e v a abbaglio. Il capo socialista annotava il 14 m a g g i o nel suo diario: «Da Verona sono r i e n t r a t o in a e r e o ( d o p o u n a serie di comizi) c o n De Gasperi, il quale aveva p a r l a t o d o p o di me a Verona, nella elegante Piazza Dante, davanti a p o c h e centinaia di p e r s o n e s b a n d a t e r a p i d a m e n t e p e r la pioggia. È i m p r e s s i o n a t o p e r il successo dei nostri comizi e inquieto circa l'avvenire». 290

Liberato dall'incubo di un rinvio del r e f e r e n d u m , il governo rimase tuttavia con quello d e l l ' o r d i n e pubblico. L'assillo di evitare l'incidente grave, e forse fatale, p o n e v a in sottord i n e ogni altra considerazione. E questo fece sì che venissero a p p r o v a t e con n o n c u r a n z a , e con negligenza, m i s u r e delle quali il Paese subisce t u t t o r a le c o n s e g u e n z e . V e n n e ad e s e m p i o varato in fretta un p r o g e t t o - m a n d a t o ai ministri della Consulta siciliana - che concedeva alla Sicilia u n a aut o n o m i a inconcepibilmente a m p i a , ritagliata sulle esigenze, le ambizioni, gli appetiti di u n a classe politica locale avida, spensierata e prodiga, n o n certo sull'interesse del Paese. L'ordine pubblico, c o n s i d e r a t o la vera m i s u r a della efficienza governativa, e r a affidato a d u e u o m i n i , e n t r a m b i di sinistra, e n t r a m b i r e p u b b l i c a n i dichiarati: Togliatti, m i n i stro di Grazia e Giustizia, e G i u s e p p e Romita, socialista, ministro d e l l ' I n t e r n o . Togliatti n o n dimenticava mai l'ideologia, e gli obbiettivi politici comunisti. La cautela di cui diede prova, c o m e Guardasigilli, e r a in sintonia con la sua tattica morbida, compromissoria, tesa a u n a conquista indolore del p o t e r e (sia p u r e , inizialmente, a mezzadria). Ma e r a a n c h e in sintonia con la sua personale r i p u g n a n z a p e r gli eccessi e p e r gli sfoghi rivoluzionari incomposti. Professorale, intell e t t u a l m e n t e e caratterialmente altero, n o n aveva certo imp a r a t o , nei molti a n n i di soggiorno moscovita, ad apprezzare le esplosioni e le convulsioni b a r r i c a d i e r e . Ai magistrati inviò u n a circolare in cui rilevava che in m o l t e p r o v i n c e si e r a n o verificate «manifestazioni di p r o t e s t a da p a r t e di disoccupati culminanti in gravissimi episodi di devastazione e di saccheggio a d a n n o di uffici pubblici n o n c h é di violenze c o n t r o i funzionari. P e r t a n t o q u e s t o ministero... si rivolge alle S i g n o r i e L o r o i n v i t a n d o l e a voler i m p a r t i r e ai d i p e n denti uffici le o p p o r t u n e direttive affinché c o n t r o le p e r s o n e d e n u n c i a t e si p r o c e d a con la m a s s i m a sollecitudine e c o n e s t r e m o r i g o r e . Le istruttorie e i relativi giudizi d o v r a n n o essere espletati c o n assoluta u r g e n z a o n d e a s s i c u r a r e u n a pronta ed esemplare repressione». Egualmente d u r o era 291

stato il suo i n t e r v e n t o c o n t r o Riccardo L o m b a r d i , prefetto politico socialista e resistenziale di Milano, che aveva destituito il d i r e t t o r e del carcere di San Vittore d o p o u n a delle r i c o r r e n t i rivolte d i d e t e n u t i , r i m p i a z z a n d o l o c o n u n e x partigiano comunista: « A p p r e n d o arbitraria destituzione dir e t t o r e carcere e sua sostituzione con funzionario n o n comp e t e n t e . Invitola i m m e d i a t a m e n t e a r e v o c a r e p r o v v e d i m e n t o » . D o t t r i n a r i a m e n t e r i v o l u z i o n a r i o , m a istintiv a m e n t e repressore, consapevole dei limiti che la «protezione» alleata p o n e v a alle velleità i n s u r r e z i o n a l i , Togliatti blandì la magistratura, utilizzò i funzionari fascisti, accettò il sostanziale fallimento della e p u r a z i o n e . Le «volanti» rosse, i comunisti alla Secchia con i loro arsenali nascosti e i loro mit r a c h e talvolta si facevano s e n t i r e - c o m e nelle carceri di Schio d o v e e r a stata fatta strage, nel g i u g n o del ' 4 5 , degli accusati di fascismo che vi e r a n o rinchiusi - e r a n o u n a riserva. Ma p e r il m o m e n t o la parola d ' o r d i n e e r a la legalità. Togliatti aveva riconosciuto la necessita di u n ' a m n i s t i a che sanasse a l m e n o in p a r t e i t r o p p i conti - politici e giudiziari in sospeso: ma volle che, decisa a fine maggio, fosse p r o m u l gata d o p o il r e f e r e n d u m p e r c h é il Re n o n se ne potesse attribuire il merito. R o m i t a e r a u n i n g e g n e r e sulla sessantina. T o r t o n e s e d i nascita, si era formato, c o m e militante socialista, a Torino. Il p a d r e , c a p o m a s t r o , e r a stato fervente m o n a r c h i c o e galopp i n o e l e t t o r a l e d i d e p u t a t i c o n s e r v a t o r i . Molto piccolo d i statura, con u n a faccia b r u t t a e simpatica da g n o m o , Romita aveva m o d i b o n a r i a m e n t e bruschi. I giornalisti che lo interr o g a v a n o sapevano che, se la d o m a n d a era a p p e n a impertin e n t e , avrebbero avuto p e r risposta un ceffone s e m i p a t e r n o o un p u g n o . Q u a n d o s'era trattato di n o m i n a r e , nel p r i m o Gabinetto De Gasperi, il ministro d e l l ' I n t e r n o , l'allora L u o g o t e n e n t e avrebbe visto volentieri la designazione d ' u n vecchio «saggio»: O r l a n d o , Nitti, B o n o m i . In vista d ' u n a consultazione da cui d i p e n d e v a il destino della Monarchia, u n o di questi revenants (fantasmi, come li aveva s p r e z z a n t e m e n t e 292

definiti Vittorio E m a n u e l e I I I ) s a r e b b e stato g a r a n z i a d i correttezza e obbiettività. I dosaggi politici volevano invece che la p o l t r o n a fosse assegnata a un socialista: ne e r a d u b bio solo il n o m e . Anche qui la C o r t e aveva un suo preferito, Angelo Corsi, c h e e r a , in casa socialista, u n o degli u o m i n i meglio disposti verso U m b e r t o . In s u b o r d i n e G a e t a n o Barbareschi, un mite sindacalista. Venne invece designato Romita, che n o n era certo un massimalista, ma aveva grinta: e s b a n d i e r a v a ai q u a t t r o venti la sua inconcussa fede r e p u b blicana. Nell'Italia disastrata di quel p r i m o d o p o g u e r r a , con gli strascichi della mattanza di fascisti al N o r d , con i f e n o m e n i di banditismo un po' d o v u n q u e - in Sicilia, ma a n c h e a Milano o sul passo del Bracco in Liguria, dove i r a p i n a t o r i erano in sistematico a g g u a t o - la p o l t r o n a di ministro dell'Int e r n o era forse la più scomoda del governo. Nel S u d divamp a v a n o frequenti jacqueries sanguinose - p r o p r i o quelle che avevano provocato la citata circolare di Togliatti - nelle quali i moventi veri della fame e della disoccupazione si intrecciavano all'azione di sobillatori. L'Arma dei carabinieri aveva m a n t e n u t o , n o n o s t a n t e tutto, u n a apprezzabile disciplina e u n a discreta efficienza. Alto e r a inoltre il suo prestigio, e i n t a t t o il r i s p e t t o della p o p o l a z i o n e n e i suoi c o n f r o n t i . N o n e r a lo stesso p e r la polizia, che dovette subire il reclutam e n t o di ufficiali e a g e n t i ausiliari - q u i n d i c i m i l a - t r a t t i dalle file partigiane. Era u n a misura benintenzionata, almeno p e r la m a g g i o r a n z a dei c o m p o n e n t i il g o v e r n o : m i r a v a ad i n q u a d r a r e n e l servizio p u b b l i c o e l e m e n t i avviati allo s b a n d o e alle violenze. Accadde tuttavia che - in particolar m o d o a Milano, dove al posto di L o m b a r d i si e r a installato un altro «politico», E t t o r e Troilo, avvocato e c a p o partigiano abruzzese - i n u o v i poliziotti si rivelassero bravacci m a neschi, e a n c h e disonesti. D o p o u n ' i n c h i e s t a si p r o c e d e t t e all'arresto di un vicequestore ausiliario, e altri elementi venn e r o allontanati o p u n i t i . La polizia e r a i n s o m m a un organ i s m o a m b i g u o , t r o p p o vecchio e t r o p p o n u o v o i n s i e m e , 293

politico p e r residui fascisti e politico p e r i n q u i n a m e n t i rivoluzionari ed eversivi di sinistra. R o m i t a - lo r i c o r d i a m o a suo m e r i t o - e b b e u n a p a r t e decisiva nel ripristino dei prefetti di carriera, d o p o le tante n o m i n e a z z a r d a t a m e n t e politiche (Milano r i m a s e un'eccezione). Il Consiglio dei ministri s'era occupato del p r o b l e m a in d u e riprese, il 31 g e n n a i o e il 15 febbraio 1946, e De Gasperi aveva vigorosamente sostenuto la tesi che le p r e f e t t u r e dovessero t o r n a r e nelle m a n i di funzionari di carriera, liberi da influenze ideologiche e politiche. «I prefetti di carriera sono dei politicanti e dei r e a z i o n a r i , h a n n o a n c o r a le liste degli antifascisti e n o n quelle dei fascisti» gli aveva replicato il comunista Scoccimarro. Ma con De Gasperi e con i liberali si e r a schierato Romita, r e n d e n d o possibile la «restaurazione». Restava, con tutto questo, il fatto i n o p p u g n a b i l e che il ref e r e n d u m sarebbe stato p r e p a r a t o e sorvegliato da un ministro a c c e s a m e n t e r e p u b b l i c a n o : e i m o n a r c h i c i di allora - così c o m e la successiva pubblicistica m o n a r c h i c a , Fino al recente volume di Artieri su U m b e r t o II - n o n m a n c a r o n o di l a m e n t a r e la situazione di svantaggio in cui la loro battaglia veniva combattuta. Dal p u n t o di vista politico la lagnanza è ineccepibile. N o n solo la n o m i n a di Romita, ma l'intera i m p o s t a z i o n e g o v e r n a t i v a privilegiava la R e p u b b l i c a , e la d a v a p e r ineluttabile (il m o t t o di N e n n i n o n e r a forse «la R e p u b b l i c a o il caos»?). A dissentire, nel g o v e r n o , c'era la sola voce dei liberali, che e r a flebile e n e m m e n o c o n c o r d e . U n o degli e s p o n e n t i maggiori del PLI, Manlio Brosio, ministro della G u e r r a , aveva o p t a t o p e r la Repubblica, ed ebbe lo s c r u p o l o di i n f o r m a r n e p e r s o n a l m e n t e U m b e r t o I I , il q u a l e , con molta e l e g a n z a , gli rispose c h e n o n q u e s t o importava, ma la sua capacità di ministro. Tutt'altro discorso va invece fatto p e r l'apparato a m m i n i strativo e p e r la magistratura: come si vide q u a n d o s e m b r ò che le sorti del r e f e r e n d u m d i p e n d e s s e r o da u n a p r o n u n c i a della Cassazione. I d u e più stretti collaboratori di Romita, il 294

C o m a n d a n t e dei carabinieri generale Brunetto Brunetti, e il C a p o della polizia Ferrari, e r a n o entrambi monarchici ferventi. E - s p e c i a l m e n t e il p r i m o - non si curavano di nasconderlo. «Da quel rigido militare che era - ha scritto Romita riferendosi al g e n e r a l e Brunetti - mantenne costantem e n t e nei miei confronti un atteggiamento i m p r o n t a t o al massimo rispetto, ma p u r e restava monarchico a tal p u n t o che se parlava del suo Re gli venivano ì lucciconi agli occhi.» Nelle settimane che p r e c e d e t t e r o il referendum, Romita n o n si mosse p r a t i c a m e n t e mai dal Viminale, e la sera cenava i n s i e m e a B r u n e t t i , a F e r r a r i , al vi -capo della polizia De C e s a r e . C o n l o r o e r a abitualmente anche la moglie di Romita, che gli portava la biancheria pulita. Il Viminale era u n a fortezza. «Chiusi gli ingressi principali, vi si accedeva dalla p a r t e p o s t e r i o r e p r e s s o la caserma della "Celere". E jeeps, a u t o b l i n d o , s q u a d r o n i a cavallo sostavano in p e r m a n e n z a all'interno, fra cavalli di Frisia... on n o efficiente era la difesa del Q u i r i n a l e , che avevo fatto organizzare da un colonnello, ovviamente dei carabinieri, Permetti.» N o n a p p e n a d i v e n u t o Re, Umberto rivolse al Paese un p r o c l a m a c h e , p u r p a c a t o n e l t o n o nobile nei p r o p o s i t i , c o n t r i b u ì ad a l l a r m a r e i repubblicani. H Re p r o m i s e di rispettare «le libere determinazioni dell'imminente suffragio» ma si riferì anche a u n a «rinnovata monarchia costituzionale», e formulò l'auspicio che tutti si stringessero «intorno alla b a n d i e r a , sotto la q u a l e si è unificata la patria e q u a t t r o generazioni di italiani h a n n o saputo laboriosamente vivere ed e r o i c a m e n t e m o r i r e » . «Davanti Dio - c o n c l u d e v a il m e s s a g g i o - g i u r o alla N a z i o n e di osservare l e a l m e n t e le leggi fondamentali dello Stato, che l volontà p o p o l a r e dovrà r i n n o v a r e e perfezionare.» Gli entusiasmi monarchici rip r e s e r o lena n o n solo nel Sud, ma anche nella apatica Roma: e lo stesso 10 maggio - Umberto aveva iniziato la giornata assistendo con la famiglia alla Messa nella cappella dell'Annunziata, a t t i g u a ai suoi appartamenti nel Q u i r i n a l e fu organizzata u n a manifestazione di fedeli della Corona. La ce

jvj

m e

e

a

a

295

folla m o n a r c h i c a , con m u s i c h e e b a n d i e r e , si r i u n ì davanti al Quirinale e a p p l a u d ì a l u n g o U m b e r t o , Maria José, i figli. R o m i t a aveva o r d i n a t o che n o n vi dovessero essere cortei, ma u n a p a r t e dei d i m o s t r a n t i si i n o l t r ò verso il V i m i n a l e . Dal Ministero mossero r e p a r t i di polizia sujeeps e a cavallo che agirono r u d e m e n t e , perfino «con le mitragliere pesanti p u n t a t e » p e r d i s p e r d e r e quella c h e R o m i t a , q u i esplicitam e n t e fazioso, bollò c o m e «ignobile gazzarra». Si l a m e n t a r o n o molti contusi e qualche ferito. N e n n i ha ricordato che i m o n a r c h i c i volevano a o g n i costo c h e al V i m i n a l e fosse esposta la b a n d i e r a , e v i d e n t e m e n t e con lo s c u d o s a b a u d o . « Q u a n d o sono arrivato al Viminale, Romita si dibatteva fra le esitazioni del C a p o della polizia Ferrari e De Gasperi che, al telefono, gli chiedeva di e s p o r r e la b a n d i e r a . Mi sono r e c i s a m e n t e o p p o s t o d i c e n d o che, se si vuole il ricorso alla piazza, rion ci sarà da ridere, ma da piangere.» Per ritorsion e , il giorno successivo a R o m a fu sospeso il lavoro nelle fabbriche e negli uffici e, d o p o un appello dei maggiori partiti - t r a n n e il liberale - e della C a m e r a del Lavoro, i sostenitori della Repubblica g r e m i r o n o Piazza del Popolo. Parlò tra gli altri Saragat, e diversi cortei d i l a g a r o n o p e r la capitale. Altre masse, in altre città, s o p r a t t u t t o settentrionali, reagir o n o con comizi al «colpo di mano» del Re di maggio. Con poca convinzione (aveva confidato a Luigi Barzini jr. che «la Repubblica si p u ò r e g g e r e col c i n q u a n t u n o p e r cento d e i voti, la M o n a r c h i a nò»), ma con il senso del d o v e r e c h e s e m p r e l'aveva caratterizzato, U m b e r t o fu, nelle settim a n e che seguirono, il p r o p a g a n d i s t a di se stesso. Lo sollecitavano ad un attivismo intenso, quasi frenetico, i più battaglieri tra i suoi intimi: Enzo Selvaggi, segretario g e n e r a l e del Partito d e m o c r a t i c o italiano, E d g a r d o S o g n o , valoroso c o m a n d a n t e partigiano, il senatore Bergamini, il p r i m o aiutante di c a m p o generale Infante, con qualche esitazione anc h e il m i n i s t r o della Real Casa, Falcone Lucifero. Nel l o r o fervore, questi consiglieri ebbero intuizioni felici, ma i n d u s sero a n c h e U m b e r t o a più di u n a goffaggine. C o m e q u a n d o 296

gli fecero firmare un messaggio ai milanesi in cui, p e r giustificare l'assenza sua, e di o g n i p r i n c i p e della Casa Savoia, dalla g u e r r a partigiana, diceva: «Ho seguito s e m p r e la vostra lotta col r i m p i a n t o di n o n p o t e r essere fra voi, p e r c h é i m p e d i t o dalle cure del mio ufficio e dalle direttive politiche che il C o m a n d o s u p r e m o alleato dettava». I «grandi vecchi» monarchici, Vittorio E m a n u e l e Orlando e B e n e d e t t o Croce, n o n facevano mistero delle loro convinzioni ma riluttavano ad i m p e g n a r s i t r o p p o scopertamente: O r l a n d o , forse p e r c h é n o n o s t a n t e gli ottantacinque a n n i suonati sperava nella Presidenza della n e o n a t a Repubblica, C r o c e p e r c h é in lui era b e n n e t t a la distinzione tra la Monarchia come istituto - che giudicava d e g n o di sopravvivere e a n c o r a utile nella situazione italiana - e i d u e u o m i n i che fino al 9 maggio e d o p o il 9 maggio l'avevano i m p e r s o n a t a e l'impersonavano. U m b e r t o fu a G e n o v a , a Milano, a T o r i n o , a Venezia, a Napoli, in Sicilia, in Calabria, in S a r d e g n a . Ebbe molti a p plausi e segni di affetto a volte delirante nel Sud, accoglienze f r e d d e con sporadici fischi e g r i d a ostili al N o r d . Il suo p e r e g r i n a r e nelle m e t r o p o l i del «triangolo industriale» fu c o m u n q u e m e n o t e m p e s t o s o d i q u a n t o s i potesse t e m e r e , n e l l ' i n f u r i a r e delle accuse c h e le sinistre m u o v e v a n o alla Monarchia. N o n avvennero incidenti di rilievo. La città più ostica fu Genova, dove il prefetto tentò di i n d u r r e U m b e r t o ad a n d a r s e n e subito. «Non ne volle sapere - scrive Romita così che dall'automobile p o t è vedere in faccia gli uomini e le d o n n e che, p e r le s t r a d e , gli u r l a v a n o c o n t r o insulti.» Prop r i o da Genova, a conclusione di questo «patetico ma poco dignitoso trasferirsi da un palazzo reale all'altro, da un sant u a r i o all'altro, da u n a t o m b a all'altra» (citiamo da La fine della monarchia di D o m e n i c o Bartoli), il Re lanciò, a campag n a elettorale chiusa, cosicché i partiti n o n furono in g r a d o di replicare, un p r o c l a m a a sorpresa. Osservò, in esso, che gli italiani e r a n o «costretti ad assum e r e , p e r sé e p e r i p r o p r i figli, u n a scelta così grave». Co297

stretti, quasi p e r imposizione straniera o politica. A n n u n c i ò poi che se l'esito di questo p r i m o r e f e r e n d u m fosse stato favorevole alla Monarchia, egli ne avrebbe c o m u n q u e indetto un altro, alla fine dei lavori della Costituente. Era u n a mossa abile, che agli incerti prospettava la scappatoia d ' u n giudizio d'appello. La concessione di decine di migliaia di Croci di cavaliere o d'altre onorificenze integrò lo sforzo elettorale del Re, cui la r e g i n a M a r i a J o s é c o l l a b o r ò di m a l a v o glia, e a v a r a m e n t e . E r a a p p a r s a al b a l c o n e d e l Q u i r i n a l e , con il marito, il principe ereditario, le principesse, p e r offrire ai monarchici festanti l'immagine d ' u n a famiglia u n i t a e serena. Ma poi limitò la sua azione propagandistica alle consuete iniziative benefiche tramite la Croce Rossa e a qualche viaggio. Un giorno che, a u n a cerimonia della Croce Rossa, e r a stata p r e s a a m a l e p a r o l e da d o n n e r e p u b b l i c a n e , telefonò a U m b e r t o Zanotti Bianco, p r o m o t o r e dell'iniziativa: «Io n o n ce la faccio, e tutto s o m m a t o n o n c'entro». Era pessimista. «Che figura se a v r e m o soltanto il dieci o il quindici p e r cento» fu udita m o r m o r a r e . D u r a n t e la vigilia infuocata del 2 g i u g n o , e subito d o p o , c o r s e r o le i m m a n c a b i l i voci di c o m p l o t t i m o n a r c h i c i e di m a n e g g i della sinistra, p e r i m p e d i r e o i n q u i n a r e il voto. Rom i t a h a asserito c h e s i p r o g e t t ò d i r a p i r l o , che d u e b a t t a glioni di carabinieri e r a n o p r o n t i ad un putsch, che al Viminale «si n o t ò un certo m o v i m e n t o n o n autorizzato di carabinieri in b o r g h e s e che, a piccoli g r u p p i , si d i s p o n e v a n o nei c o r r i d o i i n t e r n i , fra la d i r e z i o n e di pubblica sicurezza e il mio gabinetto». Era accaduto che agenti di polizia di sinistra a r r e s t a s s e r o , d o p o u n comizio m o n a r c h i c o , dei carabinieri in b o r g h e s e che vi a v e v a n o p a r t e c i p a t o , e che ufficiali dell'Arma si precipitassero in Q u e s t u r a , a r m i in p u g n o , p e r lib e r a r e i prigionieri. L'Artieri sostiene a sua volta che «la stess a t o p o g r a f i a del V i m i n a l e v e n n e modificata, m e d i a n t e c h i u s u r e di c o r r i d o i , a p e r t u r e di altri, uso di p a r a v e n t i e s b a r r a m e n t i aleatori di legno e di plastica: tutto p e r r e n d e re accessibili ai soli fiduciari del ministro certi uffici e isolare 298

il gabinetto dello stesso Romita». Q u e s t o p e r ò sa più di illazione che di prova. Sicuro è invece che, se in talune località meridionali la p r o p a g a n d a di sinistra fu osteggiata, pesante fu l'intimidazione esercitata, in larghe a r e e del Settentrione, c o n t r o gli attacchini e i manifesti monarchici (ne furono diffusi centomila con la scritta su fondo azzurro «Monarchia»). Q u a t t r o q u o t i d i a n i , tutti r o m a n i , e r a n o d i c h i a r a t a m e n t e m o n a r c h i c i , Italia Nuova d i r e t t o da Enzo Selvaggi, Risorgimento liberale diretto da Mario P a n n u n z i o , II Secolo XX diretto da Manlio L u p i n a c c i , Il Giornale della Sera. T e n d e n z i a l m e n t e favorevole alla C o r o n a fu a n c h e , d o p o un effimero decollo socialisteggiante (per la p r e s e n z a tra i f o n d a t o r i di L e o n i d a Rèpaci) II Tempo di R e n a t o Angiolillo. Il Corriere della Sera di M i l a n o , l ' o r g a n o di g r a n l u n g a p i ù i n f l u e n t e , si batté a oltranza in favore della Repubblica, sotto la direzione di Mario Borsa. Per la Repubblica fu a n c h e La Stampa di Torino. Si dette il caso di tipografi che rifiutarono di stamp a r e pubblicazioni o volantini che fossero a sostegno della Monarchia. La pubblicistica ostile a U m b e r t o a b b o n d ò nella r i p r o d u z i o n e di fotografie sue (gli archivi ne ridondavano) con il braccio levato nel saluto r o m a n o , o accanto a Mussolini e a Hitler in c e r i m o n i e ufficiali. Ci si poteva aspettare di p e g g i o , d o p o l a p r i m a i m p e t u o s a raffica del v e n t o del N o r d : e bisogna a m m e t t e r e , nella prospettiva storica, che la M o n a r c h i a , accanto alla quale il fascismo si e r a i m p o s t o ed aveva g o v e r n a t o , e r a esposta a questi incerti. Ma il duello n o n fu ad a r m i pari. La Chiesa si dichiarò, nello scontro, n e u t r a l e . Nella forma lo fu. Nella sostanza assai m e n o . Degli otto milioni di voti d e m o c r i s t i a n i , sei a n d a r o n o alla M o n a r c h i a , b e n c h é il partito avesse scelto la Repubblica; e questa ripartizione n o n fu frutto del caso. Molti a p p a r t e n e n t i al basso clero e la strag r a n d e m a g g i o r a n z a dei vertici ecclesiastici p r e f e r i v a n o la scelta m o n a r c h i c a p e r c h é era quella che presentava m i n o r i incognite. Pio X I I era un conservatore, ma senza le a p e r t u r e e l'e299

lasticità di De Gasperi, che lo era anche lui, ma in m o d o diverso. Si disse che U m b e r t o gli piaceva p e r c h é era un b u o n cattolico, assai lontano in questo dall'agnosticismo p a t e r n o . La spiegazione ci p a r e riduttiva. Contava b e n altro, in quei frangenti, che l'osservanza delle p r a t i c h e religiose da p a r t e del Re. Più p r o b a b i l m e n t e , Pio X I I n o n si fidava della politica e delle p r o s p e t t i v e di De Gasperi. N o n se ne fidò mai. Artieri, confidente di U m b e r t o , sostiene che la «leggenda» di un Papa favorevole alla Monarchia e di un pro-segretario di Stato (Giovanni Battista Montini) c o n t r a r i o ad essa è infondata. «Montini all'inizio n o n p a r v e del tutto contrario, ma alla fine, q u a n d o la causa della Monarchia v e n n e palesem e n t e a b b a n d o n a t a dagli Alleati a n g l o - a m e r i c a n i , n o n potè... n o n t e n e r e conto della realtà.» La testimonianza è di p r i m a m a n o . Tuttavia insistiamo nel r i t e n e r e che la «leggenda» fosse sostanzialmente vera. Così v e n n e il 2 g i u g n o , e gli italiani scelsero. A n c h e il Re votò già rassegnato alla sconfitta. La mattina stessa incaricò infatti il g e n e r a l e I n f a n t e di c o n c o r d a r e con De Gasperi le modalità della p a r t e n z a p e r l'esilio. Gli p r e m e v a inoltre sap e r e se - stando ai p r e c e d e n t i - fosse o p p o r t u n o o no che si recasse a votare: u n o dei più vecchi m a g g i o r d o m i della Casa Reale r a m m e n t ò d'avere a c c o m p a g n a t o al seggio elettorale - a l m e n o un q u a r t o di secolo p r i m a - Vittorio E m a n u e le I I I , e il figlio si r e g o l ò allo stesso m o d o . R a g g i u n s e , acc o m p a g n a t o da Infante, la sezione di via Lovanio, n o n lontana da Villa Savoia. Fu accolto con simpatia. N o n lo lasciar o n o in coda, in segno di rispetto, e si assicura che abbia d e posto, sia p e r il r e f e r e n d u m sia p e r la C o s t i t u e n t e , s c h e d a bianca. Poiché la g e n t e lo a p p l a u d i v a , il p r e s i d e n t e di un seggio vicino si avvicinò ad a m m o n i r e che e r a n o proibite le manifestazioni politiche. Verso sera, nella sezione di L a r g o Brazza votò M a r i a J o s é , c h e e r a scortata d a Manlio L u p i nacci. Si vuole che, infilata u n a scheda bianca p e r il referend u m , p e r la Costituente avesse invece scelto il socialismo, e 300

dato la preferenza a Saragat. Ma dai d o c u m e n t i della Presidenza De Gasperi, raccolti dal suo capo di Gabinetto Bartolotta, e citati da Antonio G a m b i n o , risulterebbe che U m b e r to, q u a n d o il P r e s i d e n t e del Consiglio gli fece c e n n o delle voci sul voto di Maria José, telefonò alla moglie p e r s a p e r e cosa ci fosse di vero. Maria José rispose che «le notizie p u b blicate dai giornali sono inesatte». Tuttavia (è N e n n i che lo a n n o t a il 4 giugno) «il bel P e p p i n o (Saragat) che n o n sta nella pelle ha r a c c o n t a t o a Togliatti e a me di a v e r s a p u t o da Lupinacci che la Regina ha votato p e r i socialisti, d a n d o la preferenza a lui». A N e n n i che gli chiedeva, il p r i m o g i u g n o , p e r chi avrebbe votato, De Gasperi aveva risposto: «Il voto è segreto. Ma sono p r o n t o a s c o m m e t t e r e con te che il mio T r e n t i n o n e r o d a r à più voti alla Repubblica della t u a rossa Romagna» (l'azzeccò). La figlia Maria R o m a n a attestò poi che sia il p a d r e , sia lei, avevano votato Repubblica. Il paese si m a n t e n n e , nella prova, calmo, la partecipazione alle u r n e fu alta, l'89 p e r cento.

CAPITOLO SECONDO

IL 2 G I U G N O

Nella notte fra il 3 e il 4 g i u g n o , q u a n d o i dati elettorali che affluivano al Viminale p r e n d e v a n o già consistenza, Romita temette che la Repubblica fosse stata sconfitta. « I n t o r n o alle ventiquattro sembrava che ogni speranza fosse p e r d u t a . Mi chiusi nello studio p e r s c o r r e r e e r i s c o r r e r e q u e i dati. N o , n o n era possibile! Tornai a leggerli, p r e n d e n d o a p p u n t i , fac e n d o calcoli. N o , n o n e r a possibile! E p p u r e le cifre e r a n o lì, col loro linguaggio inequivocabile!» Il ministro d e l l ' I n t e r n o esagera a l q u a n t o , p e r r e n d e r e la concitazione d r a m m a t i c a del m o m e n t o , c o n i p u n t i esclamativi. Ma e r a un i n g e g n e r e , n o n u n o scrittore: e di n u m e ri se n'intendeva. «Il guaio - citiamo a n c o r a Romita - fu che anziché dal N o r d i p r i m i dati a r r i v a r o n o dal Sud. U n a vera beffa della sorte. A conoscenza di q u a n t o accadeva, in quelle p r i m e o r e , f u m m o soltanto De Gasperi, N e n n i e io.» Il ministro s'illudeva, p e r q u a n t o concerneva la segretezza. De Gasperi stesso, attento a n o n c o m p r o m e t t e r e le chances sue e del suo partito in caso di successo m o n a r c h i c o , aveva i n f o r m a t o Falcone Lucifero della t e n d e n z a iniziale. «Sig n o r ministro - gli scrisse il 4 g i u g n o - le invio i dati perven u t i al Ministero d e l l ' I n t e r n o fino alle 8 di s t a m a n e . C o m e v e d r à si tratta di risultati assai parziali che n o n p e r m e t t o n o n e s s u n a conclusione. I l m i n i s t r o R o m i t a c o n s i d e r a a n c o r a possibile l a vittoria r e p u b b l i c a n a . I o p e r s o n a l m e n t e n o n c r e d o che si possa - rebus sic stantibus - g i u n g e r e a tale conclusione. C o r d i a l m e n t e . De Gasperi. P.S. Le cifre sono ancora confidenziali. Le s a r ò g r a t o se Ella mi m a n d a s s e S u e eventuali informazioni accertate.» 302

Rincuorato anche da questa autorevole anticipazione, U m b e r t o vide risorgere la possibilità, i n s p e r a t a , di u n a vittoria. «Ho l'impressione - disse a Falcone Lucifero nel p o meriggio di quello stesso giorno - che si stia a t t u a n d o l'ipotesi prevista nel messaggio agli italiani rivolto da G e n o v a . Offrirò d u n q u e , a b r e v e s c a d e n z a , u n s e c o n d o r e f e r e n dum.» A n c h e i giornalisti a v e v a n o a v u t o s e n t o r e della iniziale prevalenza monarchica, ma, c e d e n d o alla dietrologia nazionale, rifiutarono la spiegazione più semplice e ne elaborarono u n a sofisticata. Il socialista Romita aveva di proposito lasciato t r a p e l a r e , s u p p o s e r o , notizie favorevoli alla M o n a r chia, p e r p o i t i r a r fuori d a l cassetto u n milione d i voti r e p u b b l i c a n i c h e vi aveva a c c a n t o n a t o , e g o d e r s i il colpo di scena. S e c o n d o la versione di Romita, c h e nella sostanza è stata confermata da testimonianze autorevoli e insospettabili, l'altalena dei risultati dipese u n i c a m e n t e dal m o d o in cui p e r v e n n e r o al centro. N o n a p p e n a d i v e n n e massiccio il p e so del Settentrione, la Repubblica passò in vantaggio, tanto c h e il c o m p u t o finale le d i e d e 12.182.000 voti c o n t r o i 10.362.000 della M o n a r c h i a . Un milione e mezzo, ma lo si s e p p e d o p o , le schede b i a n c h e o nulle (che nella successiva contestazione tra il Re e il g o v e r n o acquisteranno i m p o r t a n za decisiva). «Il milione di voti e r a arrivato - c o m m e n t ò Romita nelle sue m e m o r i e - ma n o n e r a uscito dal mio cassetto, sibbene da centinaia, da migliaia di urne.» II r e f e r e n d u m aveva tuttavia d i m o s t r a t o , caso mai ce ne fosse bisogno, che esistevano d u e Italie, e che il p e r i o d o d o po l'8 settembre 1943 - con il R e g n o del S u d e la Repubblica di Salò - aveva accentuato le loro dissimiglianze. In tutte le p r o v i n c e a n o r d di R o m a , t r a n n e d u e , aveva prevalso la Repubblica, in tutte quelle a sud di Roma, t r a n n e d u e , aveva prevalso la Monarchia. Le eccezioni furono C u n e o e Padova a n o r d , Latina e T r a p a n i a sud. All'85 p e r cento che la Repubblica ebbe a T r e n t o , al 77 p e r cento che ebbe in Emilia-Romagna, si c o n t r a p p o s e r o il 77 p e r cento che la Monar303

chia e b b e in p r o v i n c e c o m e N a p o l i e Messina (ma la sua p u n t a massima fu a Lecce, 85 p e r cento). L a pubblicistica m o n a r c h i c a c o n t i n u a a d a l i m e n t a r e , d o p o un q u a r a n t e n n i o , i d u b b i sulla correttezza del conteggio. Il r e c u p e r o repubblicano fu p r e c e d u t o - osserva l'Artieri - da un l u n g o silenzio, e da m i n a c c e di sciopero g e n e r a l e se la Monarchia avesse prevalso (l'intenzione c'era negli ambienti di sinistra; R o m i t a stesso ha raccontato d ' a v e r e ricevuto, alcuni giorni p r i m a , un g r u p p o di operai che l'avevano avvertito: «Se vincerà la M o n a r c h i a i n d i r e m o lo sciopero generale»). Era logico, con questi p r e c e d e n t i , che la successiva valanga r e p u b b l i c a n a suscitasse qualche sospetto. Q u a n d o , la notte sul 5, un c o r r i s p o n d e n t e straniero telefonò a Infante p e r comunicargli che o r m a i la Repubblica e r a in testa con d u e milioni di voti in più, il generale ribatté: «E un assurdo, inspiegabile rovesciamento di fronte». Ma al di là di questa sensazione di sconcerto e di qualche m i n o r e episodio locale, la tesi m o n a r c h i c a della m a n i p o l a z i o n e delle s c h e d e o dei n u m e r i n o n ha validi sostegni. Gli ambienti di C o r t e accett a r o n o i n i z i a l m e n t e i l r e s p o n s o delle u r n e c o n a m a r e z z a , ma senza obbiezioni alla sua genuinità. Falcone Lucifero lo c o m u n i c ò a U m b e r t o ( n o t t e sul c i n q u e g i u g n o ) , e così ha descritto la scena: «Eravamo tutti e d u e commossi p e r q u a n to n o n volessimo d a r l o a v e d e r e . Le sconfitte r i v e l a n o gli animi meglio delle vittorie». La mattina del 5 la vittoria repubblicana e r a data già p e r certa, a n c h e se con q u a l c h e r e s i d u a cautela. Il singolare titolo dell' Unità rivelava u n ' o m b r a di perplessità: «Il c o m p a g n o N e n n i ha i n f o r m a t o il c o m p a g n o Togliatti c h e la Repubblica ha vinto». Se e r a u n a frottola, tanto p e g g i o p e r il c o m p a g n o N e n n i . All'alba (sempre del 5 giugno) Enzo Selvaggi, cui e r a n o p e r v e n u t e , nella r e d a z i o n e dell'Italia Nuova, i n f o r m a z i o n i sugli a n n u n c i , da p a r t e della s t a m p a r e p u b b l i c a n a , della o r m a i consolidata m a g g i o r a n z a a n t i m o narchica, telefonò a Romita. Quelle anticipazioni, protestò, 304

violavano l ' i m p e g n o secondo il quale d o v e v a n o essere rese note solo cifre ufficiali. Romita p r o m i s e u n a precisazione. Il suo capo di Gabinetto Vicari dichiarò che, p e r q u a n t o gli risultava, «la notizia della m a g g i o r a n z a r e p u b b l i c a n a n o n ha fondamento», e un comunicato di Romita definì «non attendibili» i gridi di trionfo giornalistici. Sulla base di queste rettifiche l'Italia Nuova li bollò come m e n z o g n e r i . In realtà erano un p o ' azzardati, n o n falsi. Alle 10,30 De Gasperi, che aveva chiesto l ' a p p u n t a m e n t o alcune o r e p r i m a , fu i n t r o d o t t o al Quirinale nello studio di U m b e r t o : lo a c c o m p a g n a v a n o Bartolotta e Giulio A n d r e o t ti. (Nel suo Visti da vicino A n d r e o t t i r i c o r d a un De G a s p e r i «sempre tranquillo, fin dal p r i m o colloquio», a n c h e se, «sic u r o della lealtà e del b u o n senso del Re, n o n Io e r a altrettanto p e r quel che riguardava i suoi consiglieri».) Professandosi « d o l o r o s a m e n t e sorpreso», De G a s p e r i i n f o r m ò il Re della «considerevole m a g g i o r a n z a p e r la Repubblica», legg e n d o le cifre che Romita gli aveva fornito. Tra b r e v e disse, il g o v e r n o avrebbe fatto u n a dichiarazione ufficiale: la p r o clamazione spettava c o m u n q u e alla C o r t e di Cassazione. Il P r e s i d e n t e del Consiglio illustrò a n c h e la p r o c e d u r a che a suo avviso doveva essere seguita p e r il trapasso dei p o t e r i . Avutosi il r e s p o n s o dalla Corte, De Gasperi, il p r i m o presid e n t e G i u s e p p e Pagano e il p r o c u r a t o r e generale Pilotti ne avrebbero s o l e n n e m e n t e riferito al Re (o ex-Re) al Quirinale. De G a s p e r i a v r e b b e q u i n d i scortato U m b e r t o alla p a r tenza. U m b e r t o espresse il d e s i d e r i o di rivolgere un messaggio d ' a d d i o al Paese, e De Gasperi acconsentì. A sua volta aveva in a n i m o di p r o n u n c i a r e d u e brevi discorsi, l'uno a suggello della cerimonia con cui la Cassazione doveva avallare l'esito del r e f e r e n d u m , l'altro p e r e s p r i m e r e a U m b e r t o in p a r t e n z a p e r l'esilio il r i c o n o s c i m e n t o , da p a r t e del gov e r n o , della sua correttezza costituzionale e democratica. Q u e s t o p r o g e t t o protocollare p a r e v a n o n solo realizzabile, ma certo, a contrassegno di u n a u n a n i m e volontà distensiva. Alla Corte p r e m e v a soprattutto di r i d u r r e al m i n i m o la 305

d u r a t a della «situazione penosa» in cui e r a il Re. Nel t a r d o p o m e r i g g i o , al V i m i n a l e , i r a p p r e s e n t a n t i dei p a r t i t i c h e a v e v a n o p r e s e n t a t o liste nazionali e u n a folla di giornalisti ascoltarono Romita - d o p o un perfetto uppercut a G e o r g e Brian dell'Associated Press, p e r c h é gli stava t r o p p o addosso c h e d a v a l e t t u r a d e i risultati. Q u a n d o i p a r t i t i di sinistra p r o p o s e r o che il 2 g i u g n o fosse d i c h i a r a t o festa nazionale, perfino Selvaggi si associò. La famiglia reale si affrettò a fare le valige. U m b e r t o volle c h e M a r i a J o s é e i figli p a r t i s s e r o i m m e d i a t a m e n t e p e r Napoli, e si imbarcassero sull'incrociatore Duca degli Abruzzi che e r a stato messo a loro disposizione. Maria J o s é o p p o s e qualche resistenza, q u a n d o già e r a a Napoli, e U m b e r t o incaricò Infante di precipitarvisi p e r costringerla «anche con la forza» (Artieri) a lasciare l'Italia. I principi di Casa Savoia e b b e r o a n a l o g o o r d i n e dal Re, che la sera del 6 g i u g n o , m e n t r e il Duca degli Abruzzi già navigava verso il Portogallo, c e n ò al Q u i r i n a l e con i suoi più stretti collaboratori (la cosiddetta Corte nobile), a v e n d o accanto a sé il C o n t e di Torino e il d u c a A i m o n e d'Aosta. Il C o n t e di Torino p r e g ò U m b e r t o d i d i s p e n s a r l o dalla p a r t e n z a («sono vecchio, quasi cieco, che fastidio posso d a r e a questa b e n e d e t t a Repubblica? N o n si p o t r e b b e fare un'eccezione p e r me?»), ma la parola del Re, e la legge, n o n p o t e v a n o essere t r a s g r e d i t e . Il passaggio si prospettava tranquillo, e in qualche m o d o consensuale, tanto che i politici già c o n g e t t u r a v a n o sulla lottizzazione delle p o l t r o n e più i m p o r t a n t i , e N e n n i , che avrebbe visto volentieri De Gasperi «nella nicchia della P r e s i d e n z a della Repubblica», capì che da quest'orecchio il leader d e m o cristiano n o n ci sentiva. De Gasperi «insiste sulla c a n d i d a t u ra B o n o m i alla Presidenza della Repubblica e sulla sua alla P r e s i d e n z a del G o v e r n o , lasciando a n o i socialisti la Presid e n z a della Costituente». La b o m b a che m a n d ò in pezzi l'intesa deflagrò la mattina del 7 g i u g n o . Giovanni C a s s a n d r e , che era segretario del PLI, informò Cattani, a n c h e lui liberale, m o n a r c h i c o , e mini306

stro dei Lavori pubblici, che un g r u p p o di docenti di diritto dell'Ateneo p a d o v a n o aveva p r e s e n t a t o alla m a g i s t r a t u r a un ricorso c o n t r o i risultati del r e f e r e n d u m : o piuttosto contro l ' i n t e r p r e t a z i o n e c h e ad essi e r a stata data. N o n s a p p i a m o chi in realtà avesse innescato la miccia, e se Cassandro e Cattani fossero stati davvero sorpresi dalla novità: che - p u r liquidata da N e n n i c o m e u n a «questione da mozzaorecchi» e r a seria. I professori o s s e r v a v a n o che il d e c r e t o l u o g o t e nenziale del 16 m a r z o p r e c e d e n t e con il quale e r a stato indetto il r e f e r e n d u m si riferiva a «maggioranza degli elettori votanti», n o n dei voti validi. E la cifra degli elettori votanti mancava tra quelle rese n o t e da Romita, che s'era limitato a i n d i c a r e i voti p e r la Repubblica e i voti p e r la M o n a r c h i a . Occorreva u n a m a g g i o r a n z a qualificata, da calcolare t e n e n do conto a n c h e delle schede bianche e nulle: occorreva cioè, c o m e si dice in g e r g o elettorale, un quorum. Un successivo d e c r e t o (23 aprile) aveva u n a dizione assai diversa, p e r c h é disponeva che nelle singole circoscrizioni si procedesse «alla s o m m a dei voti attribuiti alla Repubblica e di quelli attribuit i alla M o n a r c h i a » , i g n o r a n d o u n n u m e r o base (totale dei votanti) su cui ci si dovesse r e g o l a r e . Ed è probabile che la f o r m u l a z i o n e del p r i m o d e c r e t o fosse d e r i v a t a soltanto da quella scarsa diligenza legislativa c h e r e n d e l'Italia il t e r r e no di coltura ideale dei cavilli. I successivi accertamenti dim o s t r a r o n o tra l'altro false le voci secondo le quali le schede bianche o nulle e r a n o state assai più n u m e r o s e nel referend u m c h e nelle elezioni p e r l a C o s t i t u e n t e ( f u r o n o invece quasi m e z z o milione in m e n o , un m i l i o n e e m e z z o c o n t r o 1.930.000, e q u e s t o si spiega c o n la m a g g i o r c o m p l e s s i t à della votazione p e r la Costituente). Restava il fatto che il calcolo ufficiale del Ministero d e l l ' I n t e r n o dava alla Repubblica il 54,26 p e r cento dei voti, e alla Monarchia il 45,74, m e n tre il calcolo dei docenti padovani, che Selvaggi e poi a n c h e C a s s a n d r o e C a t t a n i a d o t t a r o n o , r i d u c e v a la m a g g i o r a n z a r e p u b b l i c a n a al 51,01 p e r c e n t o . Così esigua c h e u n o spos t a m e n t o causato dalla scoperta di e r r o r i e illegalità - a q u e 307

sto i r i c o r r e n t i i n t e n d e v a n o a r r i v a r e - p o t e v a vanificarla completamente. Ancora il 7 g i u g n o , n o n o s t a n t e quel che bolliva in p e n t o la, U m b e r t o si a t t e n n e al p r o g r a m m a del c o n g e d o , e a n d ò dal Papa. Il c e r i m o n i a l e - n o n visita di un C a p o di Stato a u n altro C a p o d i Stato, m a visita «privata» d i u n C a p o d i Stato - e r a stato e l a b o r a t o c o n sottigliezza. Il Re e r a in u n i f o r m e d i maresciallo, m a senza d e c o r a z i o n i . L'udienza d u r ò m e z z ' o r a , il c o m m i a t o fu f r e d d o , Pio X I I p r o n u n c i ò frasi di circostanza («È nel s e g n o del r i s p e t t o della legge u m a n a e divina che Vostra Maestà t r o v e r à in questi giorni a m a r i s s i m i la giusta s t r a d a s e c o n d o le t r a d i z i o n i della sua casa»). Ma l'8 g i u g n o l'iniziativa dei d o c e n t i p a d o v a n i div e n n e crisi politica p e r c h é Selvaggi se ne a p p r o p r i ò , m e t t e n d o in causa il r e f e r e n d u m nella sua globalità, e o p p o n e n dosi alle c o n s e g u e n z e che s e n e d o v e v a n o t r a r r e . I n d u e successive lettere a De Gasperi, il segretario del Partito d e mocratico nazionale riassunse le argomentazioni dei giuristi p a d o v a n i sul quorum, insinuò che il g o v e r n o volesse risolvere la questione con un colpo di Stato strisciante, e p r o p o s e infine di s u b o r d i n a r e «la formazione di un eventuale govern o provvisorio repubblicano a d u n i m p e g n o , s o l e n n e m e n t e p r e s o da tutti i partiti e g a r a n t i t o i n t e r n a z i o n a l m e n t e , di s o t t o p o r r e a n u o v o e r e g o l a r e r e f e r e n d u m il p r o b l e m a istituzionale». Il g o v e r n o sperava che la Cassazione desse il suo r e s p o n s o il 9 g i u g n o , così c h e ne risultasse a b b r e v i a t o un pericoloso t e m p o di incertezza. Ma il p r e s i d e n t e G i u s e p p e Pagano decise p e r il p o m e r i g g i o del 10 giugno, alle 18. Come sede della c e r i m o n i a fu prescelta la Sala della L u p a , a Montecitorio, chiamata a quel m o d o p e r u n a l u p a r o m a n a di b r o n z o che vi era collocata. Si diffuse in a n t i c i p o l ' i n f o r m a z i o n e c h e la Cassazione n o n si sarebbe sbilanciata, tanto che l'ammiraglio Stone e i r a p p r e s e n t a n t i del c o r p o diplomatico n o n si fecero v e d e r e , e L'Osservatore Romano, s t a m p a t o m e n t r e la cerimonia era in corso scrisse che si era avuta la proclamazione «dei soli voti 308

attribuiti alla Monarchia e alla Repubblica con riserve di rettifiche che v e r r e b b e r o rese n o t e attraverso la Gazzetta ufficiale». N e l l ' i m m i n e n z a della p r o n u n c i a della Cassazione i ministri furono convocati in g r a n fretta p e r c h é , spiegò loro De Gasperi, «il Re chiedeva il rinvio della proclamazione... a d o m a n i m a t t i n a , e ciò p e r c h é egli n o n p o t e v a p a r t i r e alle sette di sera p e r un viaggio in a e r e o di a l m e n o cinque ore. Abbiamo offerto di anticipare la cerimonia e si è poi deciso di lasciare le cose c o m e stavano». P u r nel colmo dell'offensiva m o n a r c h i c a , U m b e r t o s e m b r a v a s e m p r e risoluto ad and a r s e n e senza p o r r e problemi. Ma i p i ù battaglieri tra i suoi i n t i m i lo s t a v a n o l e n t a m e n t e c o n v i n c e n d o a r e s i s t e r e . La Cassazione - e della Cassazione i d u e massimi e s p o n e n t i , il p r i m o p r e s i d e n t e G i u s e p p e P a g a n o e il p r o c u r a t o r e g e n e rale Pilotti - assumeva, imprevedibilmente, un r u o l o di primo p i a n o nella v e r t e n z a istituzionale. La faccenda del quorum dava al loro i n t e r v e n t o un c o n t e n u t o n o n più formale, e celebrativo, ma sostanziale. P a g a n o e Pilotti e r a n o magistrati scrupolosi, di vecchia scuola, ma s i c u r a m e n t e mal disposti v e r s o la R e p u b b l i c a . Pagano, p a l e r m i t a n o , prossimo alla p e n s i o n e , a p p a r t e n e v a a u n a dinastia di u o m i n i di toga. Il p a d r e Giambattista, sen a t o r e del R e g n o , e r a stato n o m i n a t o c o n t e d a Vittorio E m a n u e l e I I I nel 1910, q u a n d o il n u o v o palazzo di giustizia d i R o m a e r a stato c o n s e g n a t o a l l ' o r d i n e giudiziario. C o n s e r v a t o r e , P a g a n o e r a stato tuttavia t r a i p o c h i m a g i s t r a t i c h e a v e v a n o rifiutato l'iscrizione al Partito fascista. Egualm e n t e conservatore - e con m a g g i o r e animosità a n t i r e p u b blicano - e r a Massimo Pilotti, a n c o r a in carica all'inaugurazione d e l l ' a n n o giudiziario del 1947, q u a n d o ad Enrico De Nicola, C a p o provvisorio dello Stato, egli n o n rivolse n e p p u r e u n a parola di saluto o di omaggio, suscitando scandalo e riprovazione. Alle 18, d u n q u e , magistrati, governo, giornalisti e r a n o nella Sala della L u p a . Venti i giudici della Cassazione (oltre al p r i m o presidente e al p r o c u r a t o r e generale, sei presidenti di 309

sezione, e dodici consiglieri). Scelti e di alto r a n g o gli invitati, tra i quali gli ex-Presidenti del Consiglio O r l a n d o , Bonomi e Parri. A un tavolo avevano p r e s o posto, davanti a d u e addizionatrici con manovella del tipo usato un t e m p o nelle botteghe, d u e «computisti» dei quali ci sono stati t r a m a n d a t i i nomi: il ragionier Ciccarelli (che avrebbe s o m m a t o i voti p e r la Repubblica nelle 31 circoscrizioni, m a n m a n o che il presidente Pagano ne desse lettura), e il ragionier Fracassi, che avrebbe p r o c e d u t o alla stessa operazione p e r la Monarchia. Nella solennità d i quella cornice, solo u n p o ' c o m p r o messa dalle macchine contabili, cessato lo sventolìo di giornali con cui i presenti tentavano di difendersi dalla sciroccosa c a l u r a p o m e r i d i a n a , P a g a n o p r e s e a l e g g e r e con voce a m a l a p e n a udibile i verbali. T i r a t e le s o m m e , i c o m p u t i s t i p o s e r o d u e foglietti di carta d a v a n t i al P r e s i d e n t e che a n n u n c i ò i totali, ma - citiamo dall'Artieri - commise u n a svista e attribuì alla Repubblica dodicimila voti, corretti subito in dodici milioni. A conclusione Pagano disse: «La Corte, a n o r m a dell'articolo 19 del decreto luogotenenziale 23 aprile 1946 n u m e r o 1.219, e m e t t e r à in altra a d u n a n z a il giudizio definitivo sulle contestazioni, p r o t e s t e , r e c l a m i p r e s e n t a t i agli uffici delle singole sezioni, a quelle centrali e circoscrizionali e alla Corte stessa c o n c e r n e n t i le operazioni relative al r e f e r e n d u m : i n t e g r e r à il risultato con i dati delle sezioni ancora m a n c a n t i (erano pochissime 118, e in ogni caso ininfluenti, N.d.A.) e i n d i c h e r à il n u m e r o complessivo degli elettori votanti, dei voti nulli e dei voti attribuiti». N e s s u n a p r o c l a m a z i o n e ( q u a l c u n o c h e t e n e v a d'occhio D e G a s p e r i affermò d'averlo visto c o n t r a r r e il viso in un moto di disapp u n t o ) ; Pilotti, che avrebbe d o v u t o alzarsi e dire: «Proclamo che il p o p o l o italiano nel r e f e r e n d u m del 2 g i u g n o sulla forma istituzionale dello Stato ha scelto la Repubblica», n o n si mosse. L'Italia n o n era più Monarchia e n o n era ancora Repubblica, t a n t o che n o n si p o t è , r i s p o n d e n d o all'invocazione di u n a piccola folla, e s p o r r e a Montecitorio la b a n d i e r a , p e r c h é n o n si sapeva quale fosse. 310

N a u f r a g a t a la sua i n t e n z i o n e di a n d a r e subito al Q u i r i nale con P a g a n o e Pilotti, e c h i u d e r e il capitolo istituzionale, De Gasperi vi si avviò u g u a l m e n t e in c o m p a g n i a del liberale A r p e s a n i , m o n a r c h i c o . U m b e r t o sapeva già cosa e r a avven u t o , e assunse u n a posizione rigida. «La C o r t e ha rinviato a un secondo t e m p o la p r o c l a m a z i o n e dei risultati definitivi... La proclamazione di un g o v e r n o provvisorio repubblicano è un'illegalità. Preferirei, se un trapasso dovesse esserci, n o m i n a r l a io stesso r e g g e n t e civile. N o n è possibile a d e rire alla sua richiesta di un trapasso di poteri e la mia conseg u e n t e p a r t e n z a : in simili condizioni essa assomiglierebbe ad u n a fuga.» La tesi Selvaggi e r a o r m a i la tesi del Re, disposto a delegare poteri che r i m a n e v a n o f o r m a l m e n t e suoi. Dal Quirinale - e r a n o le otto di sera - De Gasperi si p r e cipitò al Viminale p e r consultarsi con gli altri ministri. Nella sua ansia di evitare conflitti - a Napoli si avvertivano i p r o d r o m i di un'esplosione della «piazza» m o n a r c h i c a - sconsigliò che la Repubblica fosse data p e r f o r m a l m e n t e acquisita. Un t r a p a s s o di p o t e r i «provvisorio» e r a forse la m i g l i o r e s t r a d a . Molte f u r o n o le obbiezioni: t u t t e « r e p u b b l i c a n e » , con la sola eccezione di Cattani. Fu disposto che De Gasperi tornasse i m m e d i a t a m e n t e al Q u i r i n a l e . Lo fece, d o p o u n a telefonata di preavviso, a c c o m p a g n a t o n o n più da Arpesani, ma d a l m i n i s t r o M a r i o Bracci, azionista, e a r d e n t e r e p u b b l i c a n o . E r a il s i n t o m o d ' u n a diversa disposizione d e l P r e s i d e n t e . De G a s p e r i e Bracci discussero con d u e consiglieri del Re, Falcone Lucifero e Carlo Scialoja, il testo d'una dichiarazione soddisfacente p e r tutti. Il g o v e r n o e r a disposto ad accettarne u n a in base alla quale, poiché i dati comunicati dalla Cassazione e r a n o «suscettibili di modificazioni e di integrazioni», il Re consentiva che «fino alla proclam a z i o n e dei risultati definitivi il P r e s i d e n t e del Consiglio eserciti i poteri di C a p o dello Stato, a p a r t i r e dalle o r e zero dell'I 1 g i u g n o 1946, ai sensi dell'articolo 2 del decreto luogotenenziale del 16 marzo 1946». A p r i m a vista questo consenso reale n o n e r a molto diver311

so dalla delega già p r o p o s t a da U m b e r t o . La differenza, ha osservato A n t o n i o G a m b i n o nella sua Storia del dopoguerra, era invece sostanziale. «Nel testo studiato da Bracci e De Gasperi, nonostante si parli di un consenso da parte di U m b e r t o I I , i p o t e r i c h e v e n g o n o assunti dal P r e s i d e n t e d e l Consiglio n o n d e r i v a n o dal S o v r a n o m a dal d e c r e t o legge del m a r z o precedente.» Alle 10 di sera la n u o v a formula fu sottoposta al Re, che e r a febbricitante, e ricevette De Gasperi e Bracci, c o n t r o il suo solito, con gelida correttezza, e senza amabilità alcuna. Fu un incontro breve, che n o n smosse il Re. Tra Q u i r i n a l e e Viminale il solco si a p p r o f o n d i v a , in De Gasperi cresceva u n a fredda collera trentina, e Falcone Lucifero si lasciava t r a s c i n a r e , s e c o n d o la t e s t i m o n i a n z a di Bracci, da u n a collera calda, calabrese. Raccontò il ministro azionista che Lucifero, affrontato De Gasperi che n o n si risolveva a lasciare la reggia senza disinnescare la m i n a istituzionale, «era iroso, a d d i r i t t u r a violento... Ci disse c h e e r a u n a s s u r d o p a r l a r e d i t r a s f e r i m e n t o d i p o t e r i p r i m a della d e c i s i o n e dei ricorsi e che e r a n o state i n d e g n e le n o s t r e pressioni sulla Cassazione, e sbatteva gli occhiali sul petto di De G a s p e r i c h e se ne stava t u t t o assorto e c h e s e m b r a v a s t r a o r d i n a r i a m e n t e più alto di q u e s t o i n q u i e t o signore». I particolari di questa scena sono stati, secondo Lucifero, «inventati di sana pianta» dal Bracci in un articolo del 1946 sulla rivista II Ponte. Lucifero ha ricordato, s m e n t e n d o Bracci, che questi e r a divenuto ministro solo nel febbraio p r e c e d e n te, in sostituzione di U g o La Malfa e che, a p a r e r e dello stesso De G a s p e r i , e r a «il p i ù fazioso del suoi ministri, p i ù di N e n n i e Togliatti». La divergenza tra Bracci e Lucifero r i g u a r d a c o m u n q u e circostanze accessorie. Resta fermo che, d u r a n t e il d r a m m a tico colloquio, De Gasperi p r o n u n c i ò u n a frase grave: «E sta b e n e : d o m a t t i n a o v e r r à lei a t r o v a r e me a R e g i n a Coeli o v e r r ò io a trovare lei». Fu u n o scatto. D o p o il quale l'instancabile m e d i a t o r e chiese di r i v e d e r e il Re, c h e fu d u r o : «Io 312

s c o m p a i o , vi affido l'Esercito e la M a r i n a , mi a s t e n g o da qualsiasi gesto che possa scatenare la g u e r r a civile. N o n p o tete c h i e d e r m i di più... Lei senta il Consiglio dei ministri e d o m a t t i n a ci si r i v e d r à . R a c c o m a n d i al Consiglio di a v e r e pazienza. N o n casca il m o n d o se passa q u a l c h e giorno». Il generale Infante, in u n a intervista alla France Presse, aveva a sua volta dichiarato che «senza voler a b u s a r e del t e r m i n e frode» e r a n o stati c o m u n q u e commessi e r r o r i . «La ripetizione del r e f e r e n d u m d i v e n t a i n q u e s t e c o n d i z i o n i consigliabile.» Brosio, ministro della G u e r r a , e r a del p a r e r e che t r a i consiglieri di U m b e r t o si fossero f o r m a t i d u e partiti, l'uno m o d e r a t o «al quale a q u a n t o mi consta a p p a r t e n e v a il Re», e un « g r u p p o di giovani turchi, composto in prevalenza di ufficiali estremisti, deciso ad a p p r o f i t t a r e della situazione g i u r i d i c a m e n t e i n c e r t a p e r u n c o l p o d i forza. C h e questo s e c o n d o g r u p p o avesse degli a d d e n t e l l a t i a n c h e all ' i n t e r n o dello Stato M a g g i o r e n o n posso a f f e r m a r l o . M a quello che posso dire, p e r c h é è u n a mia esperienza diretta, è che in quei g i o r n i , q u a n d o la m a t t i n a mi recavo al ministero, p i o m b a v o i m m e d i a t a m e n t e in u n o stato di isolamento assoluto: i n t o r n o a me si creava il vuoto». Il Consiglio dei ministri sedeva, in pratica, i n i n t e r r o t t a m e n t e . D a l l ' u n a d i n o t t e i n avanti ascoltò u n a e n n e s i m a «informativa» di De G a s p e r i , e u n ' a l t r a ne e b b e a m e z z o g i o r n o dell'I 1 g i u g n o , d o p o che il Presidente del Consiglio aveva i n c o n t r a t o l'ammiraglio Stone e l'ambasciatore inglese, sir Noel Charles. Per e n t r a m b i la p r o n u n c i a della Cassazione n o n e r a sufficientemente chiara. Q u e s t o Stone l'aveva detto a n c h e a U m b e r t o , che se n ' e r a sentito rafforzato nella volontà di n o n cedere. L'uno d o p o l'altro venivano a p p r o n tati d o c u m e n t i che ripetevano le stesse risapute cose in forme un p o ' diverse: ad esempio si abbinava la delega del Re al Presidente del Consiglio ad un riferimento al decreto del 16 m a r z o , così che il trapasso dei poteri fosse insieme ope legis e p e r volontà di U m b e r t o . Poiché il Q u i r i n a l e scartava via via le opzioni governati313

ve, O r l a n d o ne architettò u n a che p e r la sua semplicità venne battezzata «l'uovo di Colombo». N o n facciamo nulla, suggeriva (in fondo con sensatezza) il vegliardo statista, lasciamo t r a s c o r r e r e nell'inazione i pochi giorni che m a n c a n o al r e s p o n s o definitivo della Cassazione (la n u o v a s e d u t a e r a stata fissata p e r il 18 g i u g n o ) , e p o i a g i r e m o in base a un v e r d e t t o i n o p p u g n a b i l e . Ma l'uovo di Colombo arrivava sulla tavola delle trattative q u a n d o gli a n i m i e r a n o t r o p p o accesi. Pressato da Togliatti, da N e n n i , dagli azionisti, De Gasperi obbiettò al Re (che accettava la soluzione O r l a n d o ) che il g o v e r n o riteneva d'aver già ricevuto, p e r effetto dei risultati, i poteri. U m b e r t o p r o s p e t t ò allora la possibilità di comportarsi autonomamente, nominando un luogotenente: se De G a s p e r i n o n voleva, quella carica p o t e v a essere di O r l a n d o o di T h a o n di Revel. Q u e s t o avveniva nel p r i m o p o m e r i g g i o dell' 11 g i u g n o . Per le 16 fu stabilito un n u o v o a p p u n t a m e n t o al Quirinale, ma il Re - segno di straordinaria tensione, in un u o m o così c o m p i t o - ricevette De G a s p e r i , che spazientito aveva p i ù volte minacciato di a n d a r s e n e , con quasi u n ' o r a e mezza di r i t a r d o . Gli disse che s'era consultato con O r l a n d o , ma che aveva bisogno di sentire altri giuristi. Chiedeva i n s o m m a di p o t e r riflettere a n c o r a . De Gasperi si fece a quel p u n t o sol e n n e : «Senta, le p a r l o c o m e in S a c r a m e n t o . A me n o n imp o r t a nulla, posso s p a r i r e d o m a n i stesso dalla scena politica. Ho d u e sole cose a c u o r e , che ho s e m p r e difeso: l'unità m o r a l e e l'unità territoriale dell'Italia. Sono e n t r a m b e in pericolo. N o n faccia un passo falso. D a n n e g g e r e b b e oltre tutto la dinastia che sinora si è c o m p o r t a t a in m o d o tale da potere in un eventuale d o m a n i aspirare a r i t o r n a r e . N o n rovini la sua reputazione». Fermo nel rivolgersi al Re, De Gasperi cercava di calmare i più esagitati q u a n d o si ritrovava, al Viminale, tra i ministri. Alle nove di sera telefonò al Quirinale, ma U m b e r t o e r a introvabile e i suoi aiutanti risposero che, stanco, aveva p r e so un b a g n o ed e r a uscito p e r cena. Senza lasciarsi vincere 314

dall'irritazione, De Gasperi partecipò a u n a r i u n i o n e serale del g o v e r n o , e rimbeccò Sceiba secondo il quale « U m b e r t o II da ieri n o n è c h e un p r i v a t o c i t t a d i n o . N o n è p e r t a n t o tollerabile c h e il n u o v o C a p o dello Stato (De G a s p e r i , N.d.A.) si rechi da lui». «Questo è vero in teoria - obbiettò De Gasperi - ma politicamente sarebbe un e r r o r e : questa è opinione n o n soltanto mia. N o n mi p a r e giunto il m o m e n t o d i fare u n passo ( l ' a n n u n c i o d e l passaggio d e i p o t e r i , N.d.A.) che p u ò d e t e r m i n a r e la g u e r r a civile.» E il Consiglio dei ministri soprassedette. L ' i n d o m a n i , 12 g i u g n o , la s i t u a z i o n e p r e c i p i t ò , p e r ciò che accadeva a R o m a e p e r ciò che accadeva lontano da Roma. Napoli, a l m e n o la Napoli m o n a r c h i c a dei bassi, e r a in rivolta. Già si e r a n o lamentati d u e m o r t i in incidenti politici p r i m a del 10 giugno; il 12 i m o r t i furono 11, e si rischiò u n a carneficina. Sui m u r i della città e r a n o a p p a r s e scritte «Viva Masaniello! Abbasso la Repubblica!», e un «Movimento di liberazione del Mezzogiorno» aveva fatto affiggere un manifesto farneticante: «Ci p r o p o n i a m o , s e p p u r e col c u o r e straziato di fronte agli eventi che infrangono l'Unità d'Italia, di r i d a r e alle n o s t r e r e g i o n i del M e z z o g i o r n o quella libertà e q u e l l ' i n d i p e n d e n z a politica ed economica c h e già le r e s e r o t r a n q u i l l e e p r o s p e r e » . L'appello s e p a r a t i s t a e r a o p e r a di pochi esaltati. M a u n s e n t i m e n t o d i frustrazione, u n a g r a n voglia di ammuina s e r p e g g i a v a n o in città, e i giovani agenti di un battaglione allievi di PS m a n d a t i da Roma, e visti c o m e braccio a r m a t o d e l N o r d p r e v a r i c a t o r e , v e n i v a n o c o p e r t i d'insulti, q u a n d o n o n attaccati. N o n f u m a i a c c e r t a t o c h e q u a l c u n o avesse di p r o p o s i t o provocato i disordini. N o n occ o r r e v a n o istigazioni, in quell'atmosfera sovreccitata. All'una del p o m e r i g g i o , il 12 g i u g n o , fu p r e s a d'assalto la s e d e della Federazione comunista (s'era insediata, in via Medina, negli uffici della F e d e r a z i o n e fascista). La rabbia della folla e r a d i v a m p a t a p e r c h é a d u n a f i n e s t r a e r a esposto, insieme alla b a n d i e r a rossa (o sovietica, c o m e si disse?) a n c h e un tricolore con l'immagine d ' u n a d o n n a t u r r i t a , anziché lo scu315

do di Savoia, sul rettangolo bianco. In un t u m u l t o p r o p r i o alla Masaniello furono rovesciate v e t t u r e tranviarie, e r e t t e b a r r i c a t e agli sbocchi di Piazza Municipio, e p a r e c c h i scalm a n a t i , d o p o a v e r p r e t e s o i n v a n o c h e l e b a n d i e r e fossero a m m a i n a t e , p r e s e r o a scalare la facciata della sede c o m u n i sta, i cui occupanti s b a r r a v a n o p o r t e e finestre. I n t e r v e n n e ro c a r a b i n i e r i e polizia, a n c h e con a u t o b l i n d o , vi f u r o n o scontri e scaramucce che si p r o l u n g a r o n o p e r o r e , m e n t r e veniva b u t t a t a b e n z i n a su improvvisate cataste, date poi alle fiamme. Si s p a r ò , c o n pistole, fucili, m i t r a , f u r o n o a n c h e lanciate b o m b e a m a n o . Tristissimo il bilancio: d u e carabinieri e nove giovani o a d d i r i t t u r a ragazzi (tra essi u n a studentessa v e n t e n n e di Milano) uccisi, u n a settantina di feriti alcuni dei quali gravi. Giorgio A m e n d o l a , sottosegretario alla presidenza, p r e s e n t e casualmente a Napoli, e r a nella Federazione comunista; fu «fermato» nel t r a m b u s t o , dalla Military Police alleata e subito rilasciato. I monarchici si e r a n o scatenati, ma q u a l c u n o , tra le forze dell'ordine, aveva p e r s o la testa. Ricordò Romita: «Fra i p r o v v e d i m e n t i che a d o t t a i ve ne fu u n o v e r a m e n t e drastico: in u n a sola notte feci sostituire tutte le forze dell'ordine presenti a Napoli. In tal m o d o p o r t a i sul p o s t o e l e m e n t i n u o v i , e s t r a n e i a l l ' a m b i e n t e , p i ù liberi di agire con quell'imparzialità che il delicato m o m e n t o imponeva». M e n t r e N a p o l i si d a v a alle b a r r i c a t e , Falcone Lucifero consegnava a De Gasperi - ore 13 del 12 g i u g n o - u n a grande busta bianca con u n a breve lettera del Re: così breve, secca e p e r e n t o r i a che Bracci la definì «regio viglietto». «Signor Presidente - scriveva U m b e r t o - ritengo o p p o r t u n o conferm a r l e ancora u n a volta la mia decisa volontà di rispettare il r e s p o n s o del p o p o l o italiano espresso dagli elettori votanti, quale risulterà dagli a c c e r t a m e n t i e dal giudizio definitivo della S u p r e m a C o r t e di Cassazione, c h i a m a t a p e r legge a consacrarlo.» Il Re assicurava q u i n d i il suo massimo contrib u t o alla «pacificazione degli spiriti» e alla «collaborazione». M a d u e p u n t i r i m a n e v a n o fermi: l a m a g g i o r a n z a a n d a v a 316

calcolata sui votanti, n o n sui voti validi, e t u t t o restava impregiudicato fino al responso definitivo della Cassazione. T u r b a t o da u n a presa di posizione che lasciava b e n poco m a r g i n e , ormai, ai compromessi, De Gasperi attese fino alle nove di sera, t e n e n d o in tasca la lettera, p e r indire un e n n e simo Consiglio dei ministri. A conclusione di esso fu stilato un d o c u m e n t o nel quale ogni p a r o l a e r a pesata. «Il Consiglio dei ministri riafferma che la proclamazione dei risultati del r e f e r e n d u m . . . ha p o r t a t o a u t o m a t i c a m e n t e all'instaurazione di un r e g i m e transitorio d u r a n t e il quale... l'esercizio delle funzioni del C a p o dello Stato spetta ope legis al Presid e n t e del Consiglio in carica.» La r o t t u r a n o n voleva essere totale. R e g i m e transitorio, n o n r e p u b b l i c a n o , e d esercizio delle «funzioni», n o n dei p o t e r i di C a p o dello Stato. A un giornalista straniero che voleva v e d e r chiaro in questa selva oscura giuridico-costituzionale, De Gasperi spiegò ch'egli si considerava o r m a i , «praticamente», il C a p o dello Stato, ed esemplificò: «Se vi fosse necessità di e m a n a r e u n a legge urgente, n o n potrei che firmarla io». De Gasperi sperava p r o b a b i l m e n t e , con quella dizione calibrata, di t e n e r b u o n o il Re. Ma sperava t r o p p o , e p r e t e n d e v a t r o p p o da U m b e r t o . Rifiutatagli la delega, rifiutato l'uovo di Colombo, trasmesse al Presidente del Consiglio le funzioni di C a p o dello Stato, l'esito del r e f e r e n d u m e r a d a t o p e r acquisito prima della p r o n u n c i a definitiva della Cassazione. N o n l a Cassazione aveva deciso, ma il governo. De Gasperi, avuto la m a t t i n a il «regio viglietto», aveva insistito c o n Falcone Lucifero che il Re lasciasse il Q u i r i n a l e , t r a s f e r e n d o s i m a g a r i a C a s t e l p o r z i a n o . Q u e l l a s e r a fatale U m b e r t o uscì in effetti dalla reggia, e vi r i e n t r ò soltanto l'ind o m a n i . C o n il generale Graziani raggiunse Villa Feltrinelli, che a p p a r t e n e v a alla moglie di Luigi Barzini^V. I n s i e m e ai p a d r o n i di casa, era a cena il senatore Bergamini. Giannalisa Barzini Feltrinelli si e r a fratturata u n a g a m b a , il g i o r n o p r e c e d e n t e , in un i n c i d e n t e automobilistico, e accolse gli 317

ospiti sdraiata a letto. Nella t a r d a serata Barzini lasciò gli altri p e r un i m p e g n o di lavoro, al Tempo. Là a p p r e s e della com u n i c a z i o n e g o v e r n a t i v a c h e sanciva la d e c a d e n z a della M o n a r c h i a e telefonò alla moglie che i n f o r m ò i m m e d i a t a m e n t e il Re. Questi, congedatosi dalla Barzini, trascorse la n o t t e - l'ultima in t e r r a italiana - nella casa di un altro con o s c e n t e , l ' i n g e g n e r C o r r a d o L i g n a n a , i n via V e r o n a 3 . Molti p e r s o n a g g i insigni della politica italiana d i s e r t a r o n o del resto il loro domicilio e il loro letto, in u n a notte percorsa da sussurri di golpe. Togliatti chiese asilo all'ambasciatore sovietico, Scoccimarro a un amico m o n a r c h i c o . Da casa Lignana, U m b e r t o si t e n n e in contatto con Falcone Lucifero, rimasto al Quirinale: e d u e volte lo ricevette in via Verona, la mattina del 13 g i u g n o . Nella notte i consiglieri del Re avevano f o r m u l a t o alcune ipotesi di c o m p o r t a m e n t o , che gli s o t t o p o s e r o . La p r i m a e r a quella dello s c o n t r o a p e r t o . U m b e r t o a v r e b b e dichiarato d e c a d u t o i l g o v e r n o p e r n o m i n a r n e u n altro p r e sieduto d a u n alto funzionario, d a u n p e r s o n a g g i o politico, o da Falcone Lucifero. «Il n u o v o g o v e r n o d e v e i m p a d r o nirsi delle leve di c o m a n d o , assicurare l'ordine pubblico, e p r o c e d e r e ad un'inchiesta sulla condotta delle votazioni. Se il r e f e r e n d u m risultasse n o n valido, d o v r e b b e essere rifatto i n u n s e c o n d o t e m p o , q u a n d o l e c o n d i z i o n i d e l Paese l o consentissero. Se il g o v e r n o attuale facesse resistenza, i ministri v e r r e b b e r o arrestati.» E r a la possibilità, anzi la p r o babilità della g u e r r a civile. Nella capitale questa riedizione del 25 luglio avrebbe avuto quasi c e r t a m e n t e successo. U n o d e i capi della PS aveva confidato a Manlio L u p i n a c c i : «In d u e o r e p o t r e i a r r e s t a r e tutti i ministri. Posso g a r a n t i r e in m o d o sicuro lo s v o l g i m e n t o della o p e r a z i o n e di polizia a R o m a . Ma dopo?». Seconda ipotesi era che il Re, i g n o r a n d o il «colpo di Stato» c o n cui il g o v e r n o l'aveva e s a u t o r a t o , si limitasse ad a s p e t t a r e la r i u n i o n e della Cassazione, il 18 g i u g n o , atten e n d o s i alla formula di O r l a n d o . Il disagio e i p r o b l e m i p e r 318

lui sarebbero stati seri: ma p e r il governo sarebbero stati ancora più gravi. Terza ipotesi (in q u a l c h e m o d o u n a s u b o r d i n a t a della p r e c e d e n t e ) e r a c h e U m b e r t o aspettasse, m a n o n passivam e n t e : e con un p r o c l a m a al Paese denunciasse «l'arbitrio e l'usurpazione del governo» (Artieri). Q u a r t a ipotesi (poi avveratasi). P a r t e n z a d e l Re, senza abdicazione e senza passaggio di poteri, p r o c l a m a al Paese, c o m e nella terza ipotesi, e rifiuto di c o n s i d e r a r e legittimam e n t e e g e n u i n a m e n t e risolta la questione istituzionale. La decisione di U m b e r t o , p r e s a in casa L i g n a n a , fu la m e n o t r a u m a t i c a che i l v i l u p p o degli a v v e n i m e n t i o r m a i c o n s e n t i s s e : e a d e r i v a al t e m p e r a m e n t o di q u e s t o Savoia. C o m p r e s o della sua dignità, dotato di un forte senso del d o vere, corretto e cortese, il Re e r a alieno da gesti di forza che potessero c o m p o r t a r e lo s p a r g i m e n t o di altro s a n g u e tra italiani. S e m p r e , nella sua vita, il p r i n c i p i o d e l l ' o b b e d i e n z a aveva fatto p r e m i o sugli slanci personali. Lo si era visto d u r a n t e la fuga di Pescara, e nel t o r m e n t a t o p e r i o d o d e l Reg n o del S u d c h e aveva p r e c e d u t o l a L u o g o t e n e n z a . Forse taluni suoi irrigidimenti d u r a n t e l'estenuante negoziato con De Gasperi d e r i v a r o n o p i ù dalle pressioni dell'entourage che dalla sua v o l o n t à . Q u a n d o tuttavia si a r r i v ò al p u n t o c h e r e n d e v a impossibile u n a s o l u z i o n e c o n c o r d a t a , U m b e r t o adottò la più distensiva. Solo a m e t à della g i o r n a t a r i c o m p a r v e al Q u i r i n a l e , p e r u n a b r e v e estrema sosta. Passeggiando nei giardini elaborò con Falcone Lucifero il c o n t e n u t o d ' u n p r o c l a m a agli italiani che, abbozzato soltanto nelle g r a n d i linee, fu completato dallo stesso Lucifero, dal s e n a t o r e B e r g a m i n i e da altri. In un abito grigio a l q u a n t o stazzonato, un cappello a cencio, la b a r b a l u n g a , U m b e r t o salutò i l p e r s o n a l e d e l Q u i r i n a l e , q u i n d i passò in rivista - e r a n o o r m a i le 15 - i corazzieri e la cosiddetta «piccola g u a r d i a d'onore» dei granatieri: il c o r p o cui egli stesso a p p a r t e n e v a . I corazzieri e r a n o in u n i f o r m e blu al c o m a n d o del colonnello duca Giovanni Riario Sforza, 319

che c o n s e g n ò al Re un piatto d ' a r g e n t o con incise le firme di tutti. C i n q u e a u t o m o b i l i - tra cui quella di U m b e r t o con la d r a p p e l l a di Casa Savoia e la b a n d i e r a a z z u r r a con i g r a d i di maresciallo ai lati del cofano - si avviarono verso Ciampin o , d o v ' e r a in attesa un q u a d r i m o t o r e Savoia Marchetti 95 lì trasferito pochi m o m e n t i p r i m a da Centocelle, ovviamente con autorizzazione degli Alleati cui spettava il controllo degli a e r o p o r t i . Le modalità della p a r t e n z a e r a n o state stabilite dal m i n i s t r o d e l l ' A e r o n a u t i c a M a r i o Cevolotto - cui l'uso d e l l ' a e r e o e r a stato chiesto alle 14 - e dal g e n e r a l e Adolfo Infante. Cevolotto, demolaburista, e r a schiettamente repubblicano: ma lo u n i v a n o a Infante vincoli di p a r e n t e la e u n a lunga amicizia. Cevolotto e il ministro della Marina ammiraglio Raffaele De C o u r t e n e r a n o sulla pista, p e r controllare che tutto procedesse senza intoppi. Il Re n o n volle s t r i n g e r e l o r o la m a n o . L'aereo a v r e b b e fatto t a p p a a Madrid, e s'era p e n s a t o di imbarcarvi a n c h e il n u o v o ambasciatore d'Italia in Spagna, duca Gallarati Scotti. Ma i consiglieri della C o r o n a r i f i u t a r o n o , p e r la p r e o c c u p a z i o n e che il viaggio i n s i e m e a un d i p l o m a t i c o con le c r e d e n z i a l i della R e p u b b l i c a ne implicasse il r i c o n o s c i m e n t o : i bagagli dell'ambasciatore furono scaricati. A l c u n e d e c i n e d i fedeli e r a n o a t t o r n o a l l ' a p p a r e c c h i o q u a n d o il Re si affacciò al portello salutando, con un sorriso impeccabile, u n p o ' forzato. Dalla t o r r e del Q u i r i n a l e u n g r a d u a t o aveva sorvegliato con il binocolo la zona dell'aerop o r t o , p e r togliere l a b a n d i e r a con l o s c u d o s a b a u d o n e l m o m e n t o in cui il q u a d r i m o t o r e si levasse in volo. Nell'imm i n e n z a dell'addio all'Italia U m b e r t o aveva fatto, a chi gli e r a stato vicino in q u e i frangenti, distribuzione di d e c o r a zioni e titoli nobiliari. Questi aristocratici dell'ultima o r a fur o n o c o m u n e m e n t e chiamati «conti di Ciampino». Verso le cinque del p o m e r i g g i o (13 g i u g n o 1946) G u i d o Gonella si affacciò allo studio di De G a s p e r i e lo vide, lui che 320

n o n fumava mai, quasi sdraiato nella p o l t r o n a dietro il suo tavolo di lavoro, con u n a sigaretta in bocca. Gonella ignorava che U m b e r t o di Savoia aveva lasciato l'Italia u n ' o r a p r i ma, e il Presidente del Consiglio gli diede la notizia, aggiung e n d o : «Per me è u n a g r a n d e liberazione p e r c h é avevo u n a p a u r a e n o r m e che, o p e r la resistenza dei monarchici o p e r la fretta dei repubblicani, si sviluppasse un attrito che poteva a s s u m e r e le caratteristiche di u n a g u e r r a civile». De Gasperi m o s t r ò a Gonella q u a t t r o o cinque fogli sui quali, con la sua larga scrittura, «aveva b u t t a t o giù l'abbozzo di un discorso di saluto c h e , se l'ex-Re Io avesse avvisato, a v r e b b e voluto rivolgergli a C i a m p i n o . . . De G a s p e r i sapeva che la m a g g i o r a n z a repubblicana e r a stata esigua e che u n a fase di distensione era assolutamente indispensabile. N o n o s t a n t e i suoi scontri c o n Lucifero, e r a q u i n d i p r o n t o a m a n t e n e r e fermo il suo p r o g r a m m a di un gesto finale di conciliazione n a z i o n a l e . La p a r t e n z a r a p i d i s s i m a e quasi s e g r e t a del Re glielo aveva impedito». Tra le altre cose, De Gasperi voleva dire che il v e r d e t t o p o p o l a r e a n d a v a rispettato, ma che p r o prio in quel m o m e n t o si doveva r e n d e r e o m a g g i o ai meriti che la M o n a r c h i a aveva avuto nella storia d'Italia. Le ansie p e r il C a p o del g o v e r n o e dello Stato n o n e r a n o p e r ò finite. Il p o m e r i g g i o e la sera gliene d i e d e r o altre. La p r i m a fu la pubblicazione, su // Giornale della Sera, m o n a r chico, d ' u n a i n f o r m a z i o n e s e c o n d o la quale e r a n o stati gli Alleati a volere la p a r t e n z a del Re. S t o n e e l'ambasciatore inglese Charles s m e n t i r o n o i m m e d i a t a m e n t e . L a seconda, di m a g g i o r rilievo, fu il p r e a n n u n c i o d ' u n p r o c l a m a d ' a d d i o di U m b e r t o , trasmesso all'Ansa «dopo attenta revisione e discussione con i consiglieri in casa B e r g a m i n i , q u a n d o il Re era già in volo sul Mediterraneo» (l'ammissione è dell'Artieri). Si p u ò s o s p e t t a r e che alcuni passaggi p a r t i c o l a r m e n t e p o l e m i c i del m e s s a g g i o fossero effettivamente d o v u t i alla p e n n a dei consiglieri, n o n a quella di U m b e r t o . «Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte s u p r e m a - recava il messaggio - di fronte 321

alla sua riserva di p r o n u n c i a r e e n t r o il 18 g i u g n o il giudizio sui reclami e di far conoscere il n u m e r o dei votanti e dei voti nulli, di fronte alla q u e s t i o n e sollevata e n o n risolta sul m o d o di calcolare la maggioranza, io ancor ieri ho r i p e t u t o c h ' e r a mio dovere di Re a t t e n d e r e che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale r e p u b b l i c a n a avesse raggiunto la maggioranza voluta... Improvvisamente, questa notte, in spregio alle leggi e al potere i n d i p e n d e n t e e sovrano della magistratura, il G o v e r n o ha c o m p i u t o un gesto rivoluzionario, a s s u m e n d o con atto unilaterale e arbitrario poteri che n o n gli spettano, e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.» U m b e r t o , che spiegava di voler c o m p i e r e questo sacrificio (la partenza) «nel s u p r e m o interesse della patria», ma di dover e g u a l m e n t e elevare la sua p r o t e s t a c o n t r o il s o p r u s o subito, scioglieva tuttavia dal g i u r a m e n t o alla Corona, nella p a r t e finale del proclama, gli a p p a r t e n e n t i alle Forze Armate, e rivolgeva un saluto ai caduti e ai combattenti. Solo d o p o le nove di sera De G a s p e r i s e p p e del proclam a , e d i e d e o r d i n e alla r a d i o di c o m u n i c a r n e l'esistenza, senza r i f e r i r n e il testo. Ma alle 23 77 Giornale della Sera lo s t a m p ò i n u n a sua e d i z i o n e s t r a o r d i n a r i a , vanificando l a cautela governativa. Chiusosi nel suo studio, il P r e s i d e n t e del Consiglio p r e p a r ò s p e d i t a m e n t e , insieme a Gonella, u n a precisazione-risposta, molto aspra. Il proclama era definito « d o c u m e n t o p e n o s o , i m p o s t a t o su basi false e su a r g o m e n tazioni artificiose». «I d u e ultimi p e r i o d i del p r o c l a m a - proseguiva la n o t a ufficiosa - quello che scioglie dal giuram e n t o e quello che rivolge un saluto ai caduti ed ai vivi, son o d u e p e r i o d i superstiti del p r o c l a m a che U m b e r t o aveva i n p r e c e d e n z a p r e p a r a t o p e r u n pacifico c o m m i a t o . A m e r e m m o c r e d e r e c h e q u a n t o di fazioso e di m e n d a c e vi si è a g g i u n t o in q u e s t a definitiva sciagurata edizione, sia p r o d o t t o dal clima passionale e avvelenato degli ultimi giorni. La responsabilità tuttavia è gravissima e un p e r i o d o che n o n fu senza dignità si conclude con u n a pagina indegna. Il Go322

v e r n o e il b u o n senso degli italiani p r o v v e d e r a n n o a riparare a questo gesto d i s g r e g a t o r e , r i n s a l d a n d o la loro concordia p e r l'avvenire democratico della Patria.» La controversia, istituzionale e giuridica, è sbiadita con il t r a s c o r r e r e dei d e c e n n i . C e r t o trionfalismo r e p u b b l i c a n o dimentica la ristrettezza s o r p r e n d e n t e del m a r g i n e con cui - al di là di quell'elemento tecnico che e r a il quorum - la Repubblica si affermò. I voti che la Monarchia ebbe n o n e r a n o tutti p r o p r i a m e n t e m o n a r c h i c i . E r a n o , in p a r t i c o l a r e al N o r d , voti di m o d e r a t i i quali r i t e n e v a n o c h e d o p o tanti sconvolgimenti la Monarchia r a p p r e s e n t a s s e t u t t o r a un'ancora solida, un simbolo di continuità e di stabilità: e che, nell'infuriare di polemiche ideologiche e partitiche, di minacce e appetiti stranieri, la Monarchia potesse salvaguardare m e glio, e più i m p a r z i a l m e n t e , gli interessi del Paese. Per contro la tesi del p r o c l a m a di U m b e r t o - a c h i u n q u e dovuta -, forse f o r m a l m e n t e ineccepibile, secondo la quale U m b e r t o a b b a n d o n a v a la scena italiana nella pienezza dei suoi poteri, n o n «debellato» c o m e lo e r a n o stati ad e s e m p i o i B o r b o n i del R e g n o delle d u e Sicilie o la Casa Reale di Francia, n o n ridotto a p e r s o n a privata, ignora la realtà storica e politica. La Casa Savoia e r a stata d e b e l l a t a d u e volte, dagli a n g l o americani e dai tedeschi. Il resto fu solo un codicillo c r u d e le - s o p r a t t u t t o p e r l'incolpevole Re di m a g g i o - di quella immensa, d o p p i a tragedia d ' u n a Dinastia e d ' u n a Nazione. Si p u ò s u p p o r r e che U m b e r t o e i suoi consiglieri mirassero a t e n e r e schiusa l'eventualità di u n a rivincita m o n a r c h i c a a breve scadenza. Barzinij>: ha attribuito all'ex-Re, n o n a p p e na fu a Lisbona, questa frase: «Le m o n a r c h i e sono c o m e i sogni. O si r i c o r d a n o subito o n o n si r i c o r d a n o più». La querelle giuridica n o n era stata tuttavia troncata dalla p a r t e n z a di U m b e r t o . L'alimentavano l'imminenza del definitivo r e s p o n s o della Cassazione e le m o r m o r a z i o n i - fondate - secondo le quali lo stesso p r o c u r a t o r e generale Pilotti si sarebbe schierato, nella valutazione del ricorso Selvaggi, p e r la tesi monarchica. Vi fu un proliferare di p a r e r i au323

torevoli p r ò o contro il riferimento ai «votanti», e n o n ai voti validi, p e r stabilire la maggioranza. I grossi calibri del diritto s p a r a r o n o le loro b o r d a t e , Carnelutti, Manzini, O r l a n d o , Scialoja (tra gli altri) p e r i votanti, C a l a m a n d r e i , Temolo, Crisafulli, Vassalli, Mortati p e r i voti validi. Da n o t a r e c h e Achille Battaglia, r e p u b b l i c a n o convinto, fu tuttavia, c o m e tecnico, del p a r e r e che se fosse m a n c a t a u n a m a g g i o r a n z a sicura rispetto ai votanti, il match sarebbe stato nullo, e si sar e b b e imposta la ripetizione del r e f e r e n d u m . Il 18 g i u g n o , convocata ancora - con assai m i n o r e solennità - la Corte di Cassazione, Pilotti illustrò la sua requisitoria che concludeva p e r l'accoglimento del ricorso Selvaggi, quindi si votò: dodici giudici furono p e r il rigetto del ricorso, sette p e r il suo accoglimento. Tra questi ultimi il p r i m o p r e s i d e n t e Pagano. L'atteggiamento di Pagano e di Pilotti p u ò i n g e n e r a r e , e in molti ha i n g e n e r a t o , il sospetto che il dissenso tecnico nascondesse qualcosa di più grave: ossia la consapevolezza che il r e f e r e n d u m n o n e r a stato g e n u i n o , e i suoi conteggi viziati. P a g a n o , s o p r a v v i s s u t o molti a n n i al p e n s i o n a m e n t o , chiarì invece i t e r m i n i del p r o b l e m a , nel 1960, ad un giornalista amico, Oreste Mosca. E fu chiaro che il p r o b l e m a era e restava di i n t e r p r e t a z i o n e . La legge, r i p e t è P a g a n o , e r a stata fatta male, ed egli l'aveva segnalato tempestivamente a Togliatti, Guardasigilli, c h e s'era s c h e r m i t o r i l e v a n d o c h e n o n era farina del suo sacco, e che era stata riveduta da Orl a n d o . Il quale e r a u n a disgrazia, q u a n d o metteva m a n o in testi di rilevanza storica: lo si era visto con la famosa aggiunta «la g u e r r a continua» al messaggio b a d o g l i a n o del 25 luglio 1943, lo si rivide p e r la legge sul r e f e r e n d u m . N o n vi furono brogli, precisò Pagano. E q u a n t o al ricorso Selvaggi disse: «Tra i sette voti favorevoli al ricorso ci fu il mio. Ma il suo accoglimento n o n avrebbe mai p o t u t o spostare la m a g gioranza a favore della m o n a r c h i a , poteva soltanto diminuire sensibilmente la differenza tra il n u m e r o dei voti a favore della m o n a r c h i a e quello dei voti a favore della repubblica».

CAPITOLO TERZO

I P R I M I PASSI

L'importanza e la passionalità del r e f e r e n d u m avevano messo in o m b r a la c o n t e m p o r a n e a elezione della C o s t i t u e n t e , specchio assai più sfaccettato degli o r i e n t a m e n t i politici italiani. La Democrazia cristiana o t t e n n e 8.080.000 voti, il 35,2 p e r c e n t o d e l totale, c o n t r o i 4 . 7 5 8 . 0 0 0 voti d e i socialisti (20,7 p e r cento) e i 4.360.000 voti (19 p e r cento) dei comunisti. Solo di p o c o d u n q u e i d u e p a r t i t i di sinistra, u n i t i dal p a t t o di u n i t à d'azione, risultavano i n s i e m e p i ù forti della D C , che confermava il suo diritto ad a s s u m e r e la g u i d a del g o v e r n o . Era p e r di più arbitrario s o m m a r e i voti della sinistra, c o m e se si trattasse d ' u n blocco o m o g e n e o : lo e r a in particolare p e r c h é il Partito socialista, uscito b e n e dalla sent e n z a e l e t t o r a l e e r a m i n a t o dalle faide i n t e s t i n e . Sotto u n unico simbolo convivevano - c o m e e r a del resto nella tradizione - d u e a n i m e socialiste, quella massimalista - e q u i n d i filocomunista o, come si diceva allora, fusionista - che aveva il suo u o m o r a p p r e s e n t a t i v o in N e n n i , e quella riformista, autonomista, che aveva trovato un leader in Saragat. Gli autonomisti s'erano sentiti incoraggiati da un successo che - c o n t r a p p o s t o al m e d i o c r e risultato comunista - suggeriva che P S I U P e P C I andassero ciascuno p e r la sua strada, r a c c o g l i e n d o suffragi in settori sociali diversi. C o n le s u e m a g g i o r a n z e nelle m e t r o p o l i industriali (Milano e Torino), dove aveva distanziato sia la DC sia i comunisti, il P S I ambiva ad essere il partito dell'avvenire, di u n a Italia m o d e r n a , industrializzata, efficiente. P u r t r o p p o questo p r o g e t t o si rivestiva, nell'ala massimalista, dei colori d ' u n p o p u l i s m o arcai325

co, pasticcione, fazioso, e a t t r a t t o dalle e s p e r i e n z e del «socialismo reale» cioè dei regimi comunisti. Il partito si ubriacava di p a r o l e a n c h e q u a n d o voleva p a s s a r e al c o n c r e t o , e u n p i a n o d i M o r a n d i p e r i l r i s a n a m e n t o della s i t u a z i o n e economica («è necessario o t t e n e r e u n a r i d u z i o n e del costo della vita... elevare senza emissione di n u o v a m o n e t a il p o tere di acquisto dei salari e degli stipendi... effettuare nello stesso t e m p o l'assorbimento su vasta scala della m a n o d'op e r a eccedente o disoccupata... d i m i n u i r e i costi di p r o d u zione ai fini di accrescere l'esportazione» e così via) era aria fritta, e della più ovvia. Il Partito comunista era stato sconfitto alle u r n e , e u n a risoluzione della direzione lo a m m e t t e v a senza mezzi termini: «Ci p r o p o n e v a m o di o t t e n e r e tra il nostro partito e il partito socialista u n a s o m m a di voti che ci permettesse di contare l a m e t à dei d e p u t a t i della C o s t i t u e n t e . Q u e s t o obbiettivo n o n è stato r a g g i u n t o . Ci p r o p o n e v a m o inoltre di affermarci come il partito più forte della classe operaia e c o m e il sec o n d o partito del paese. Anche questo obbiettivo n o n è stato r a g g i u n t o » . La d e l u s i o n e (in taluni la costernazione) fu g r a n d e , al vertice e a n c o r più alla base. I militanti che vivevano di riunioni, dimostrazioni e cortei, e che vi v e d e v a n o il P C I d o m i n a r e incontrastato, che i g n o r a v a n o come entità irrilevante quella che fu poi definita « m a g g i o r a n z a silenziosa», scoprirono d ' u n tratto che la realtà era b e n altra e che il loro p a r t i t o , e g e m o n e nella Resistenza, e r a f o r t e m e n t e minoritario nel Paese. Al q u a r t o posto si collocò, con un milione e mezzo di voti ( m e n o del sette p e r cento), l'Unione democratica nazionale: ossia la formazione capeggiata dai «quattro vecchi» (Croce, B o n o m i , Nitti e O r l a n d o ) nella q u a l e e r a n o confluiti, p e r l'occasione elettorale, il P L I e i demolaburisti. Fu un risultato m o d e s t o , in p a r t i c o l a r e ove si p e n s i c h e i liberali si e r a n o p r o n u n c i a t i nel loro c o n g r e s s o p e r l a M o n a r c h i a ( p u r lasciando libertà di scelta agli elettori). La loro i m m a g i n e , stor i c a m e n t e gloriosa, e r a s e m b r a t a all'elettorato t r o p p o vec326

chia ( p r o p r i o p e r q u e i q u a t t r o capofila), t r o p p o d e b o l e , t r o p p o c o m p r o m i s s o r i a . A v v e n n e così c h e g r a n p a r t e del voto schiettamente m o d e r a t o e t i e p i d a m e n t e m o n a r c h i c o si riversasse sulla D C , che e r a stata r e p u b b l i c a n a nel suo congresso, ma agnostica nel c o m p o r t a m e n t o di molti suoi espon e n t i : e c h e il voto m o n a r c h i c o r u g g e n t e si o r i e n t a s s e in b u o n a m i s u r a verso il Movimento d e l l ' U o m o Q u a l u n q u e , al q u a l e a n d a r o n o infatti un m i l i o n e 211 mila voti, e t r e n t a seggi. EUomo Qualunque fu d a p p r i m a la testata di un giornale n a t o sotto il s e g n o della protesta. L'aveva f o n d a t o Guglielmo Giannini che, da b u o n teatrante, autore di commedie senza t r o p p e pretese, ma di g r a n d e mestiere, aveva vivissimo il senso del pubblico e sapeva coglierne a volo gli u m o r i . Q u e s t i u m o r i e r a n o s o p r a t t u t t o dei m a l u m o r i p r o v o c a t i , s p e c i a l m e n t e nel Sud, n o n soltanto dalle frustrazioni e dai disagi della sconfitta, q u a n t o dalla diversa t e m p e r i e in cui e r a n o i m m e r s i i d u e t r o n c o n i d e l Paese. O c c u p a t o subito dagli Alleati, il S u d n o n aveva avuto la Resistenza, e q u i n d i n o n ne condivideva le passioni. Subiva il vento del N o r d come un sopruso, che gli risvegliava nel sangue nostalgie borboniche, e rifiutava tutto ciò che puzzasse di C L N . G i a n n i n i intuì questo stato d ' a n i m o , e lo i n t e r p r e t ò alla perfezione, soprattutto in d u e r u b r i c h e del suo giornale, le «vespe» e le «parolacce». Sebbene di m a d r e inglese, e r a un n a p o l e t a n o verace, alla Scarfoglio, p o r t a v a il m o n o c o l o , la sua eleganza era un p o ' da g u a p p o , e se nei r a p p o r t i u m a n i n o n m a n c a v a di finezze, nel suo l i n g u a g g i o di giornalista sapeva a d e g u a r s i a quello del loggione e della taverna. Ma fu p r o p r i o questa voluta rozzezza a r e n d e r l o efficace. Senza rifuggire dal turpiloquio, ostentato anzi c o m e antitesi della n u o v a oratoria e pubblicistica, egli p r e s e a s m o n t a r n e i miti, l'enfasi resistenzialista e il v i r t u i s m o d e m o c r a t i c o . Ebbe il compito facilitato dai suoi avversari, specialmente da quelli di sinistra, c h e con le l o r o p r e t e s e di p a l i n g e n e s i e le l o r o smanie epuratrici stavano p r o v o c a n d o nel Paese u n a crisi di 327

rigetto. In p o c h i mesi L'Uomo Qualunque r a g g i u n s e quasi il milione di copie. E p r o b a b i l m e n t e fu p r o p r i o questo successo la sua disgrazia. Giannini se ne sentì indotto a creare addirittura un partito. Chi scrive p u ò testimoniare ch'egli n o n aveva in realtà né vocazione né a m b i z i o n e politica. T a n t ' è vero che, fondato il partito, egli l'offrì a Nitti («Ve lo volete accolla' - gli disse - 'sto pupazzo?»), che rifiutò. Il vecchio statista l u c a n o sapeva b e n i s s i m o che il q u a l u n q u i s m o n o n e r a affatto, c o m e d i c e v a n o i suoi d e n i g r a t o r i - c h e e r a n o tutti - u n a r i e d i z i o n e del fascismo. G i a n n i n i n o n e r a m a i stato fascista, aveva p e r s o l'unico figlio nella g u e r r a voluta dal fascismo, e r a l'interprete di u n a certa «maggioranza silenziosa» (ma n o n tanto) che anche sotto e c o n t r o il fascismo aveva protestato. Ma Nitti sapeva a n c h e che un partito (ma Giannini lo chiamava «Movimento») senza radici nella storia né ancoraggio ideologico, basato soltanto sulla protesta, n o n p o t e v a a v e r e un d o m a n i . E così fu. Ma ciò n o n toglie c h e nel '46 avesse un p r e s e n t e . Glielo assicuravano gli altri p a r titi coi loro e r r o r i , e soprattutto con la loro pretesa di riscrivere la storia d'Italia a loro i m m a g i n e e somiglianza e p r e sentando il ventennio mussoliniano come un lungo golpe p e r p e t r a t o da un m a n i p o l o di criminali c o n t r o il p o p o l o . Alla politica, che voleva i m p a d r o n i r s i di tutto - ed e r a n o i p r i m i segni di quella partitocrazia che tuttora avvelena l'Italia - Giannini o p p o s e u n a vaga alternativa di «Stato a m ministrativo», n o n politico o a l m e n o n o n politicante, c h e soddisfaceva soprattutto u n a piccola borghesia impiegatizia meridionale, allergica a u n a demonizzazione del fascismo in cui si sentiva coinvolta. E r a u n a r e a z i o n e di pelle, p o v e r a d'idee, su cui n o n si poteva costruire nulla di d u r a t u r o . Ma ciò n o n toglie che Giannini un servigio lo rese: sgonfiò, ridicolizzandoli, molti miti, smascherò molte bugie. Ci sono voluti d e c e n n i p e r c h é alcune delle verità sbandierate da Giannini, c o m e ad e s e m p i o il fatto che il fascismo aveva g o d u t o un i m p o n e n t e consenso p o p o l a r e , venissero riconosciute e, sia p u r e a denti stretti, accettate. 328

La stella di Giannini declinò con la stessa rapidità con cui si era accesa. Il q u a l u n q u i s m o e r a stato un f e n o m e n o spont a n e o , r e a z i o n a r i o nel senso etimologico della p a r o l a . E si esaurì q u a n d o la sua funzione d i v e n n e superflua, cioè quasi subito. Giannini m o r ì p o v e r o e solo: n e m m e n o il giorno del f u n e r a l e gli f u r o n o r i s p a r m i a t i s c h e r n i e beffe. Solo il «riflusso» gli ha reso, t r e n t ' a n n i d o p o , un p o ' di giustizia. All'ascesa q u a l u n q u i s t a c o r r i s p o s e l ' a n e m i z z a z i o n e d e l Blocco della Libertà, m o n a r c h i c o schietto, c h e d o v e t t e accontentarsi di 600 mila voti. Sul versante di sinistra si assistette alla virtuale sparizione del Partito d'azione che, p u r alleato a un partito sardista, racimolò m e n o di mezzo milione di voti, al di sotto del d u e p e r cento. Il Partito d'azione e r a stato d i s t r u t t o dal suo c a r a t t e r e a r r o g a n t e m e n t e elitario, dall'indifferenza agli u m o r i del p o p o l o (di cui n o n m a n cava occasione p e r proclamarsi apostolo), dalle lotte intestine. In realtà era già finito con il congresso di febbraio, e con la secessione di P a r r i e La Malfa c h e f o n d a r o n o un Movim e n t o d e m o c r a t i c o r e p u b b l i c a n o a l quale e b b e r o l ' i m p r u d e n z a di pronosticare b u o n e fortune elettorali. Crollò invece il Partito d'azione, e n o n decollò il Movimento d e m o c r a tico r e p u b b l i c a n o che, presi d u e soli seggi alla Costituente, d e f u n s e p r e s t o a n c h ' e s s o . Meglio a n d a r o n o le cose p e r il Partito r e p u b b l i c a n o storico che - in odio alla M o n a r c h i a n o n aveva a v u t o a l c u n a « c o n t a m i n a z i o n e » g o v e r n a t i v a , e che raccolse un milione di voti (4,4 p e r cento). Così, dei 556 C o s t i t u e n t i , ci f u r o n o 2 0 7 d e m o c r i s t i a n i , 115 socialisti, 104 c o m u n i s t i , 41 d e l l ' U n i o n e d e m o c r a t i c a nazionale, 30 qualunquisti, 23 repubblicani, poi liste minori. L o r o compito n o n e r a di legiferare - le sinistre l'avrebbero voluto, scontrandosi con la recisa opposizione d e m o c r i stiana e liberale - ma di e l a b o r a r e la n u o v a C o s t i t u z i o n e . I n o l t r e la C o s t i t u e n t e d i e d e m a g g i o r a n z e p a r l a m e n t a r i al g o v e r n o , e dibatté i p r o b l e m i del m o m e n t o : ed e r a n o di eccezionale gravità, in politica i n t e r n a e in politica internazionale. 329

Tre e r a n o le scadenze i m m e d i a t e che si p o n e v a n o ai partiti maggiori, e ai loro capi: l'elezione del p r e s i d e n t e della Costituente, la n o m i n a del C a p o dello Stato - provvisorio, in attesa che la Repubblica avesse il suo p r i m o Presidente designato con tutte le formalità volute dalla Costituzione ancora in fieri - e la formazione di un altro governo, essendo previsto dalla legge sul r e f e r e n d u m che quello in carica desse le dimissioni. De Gasperi e N e n n i avevano c o n c o r d a t o che a presiedere la C o s t i t u e n t e fosse c h i a m a t o un socialista. Ma N e n n i - b e n c h é forse t e n t a t o - rifiutò la carica che molti gli offrivano. «È t r o p p o n e u t r a p e r m e . Essa mi collocherebbe al di sopra dei partiti, m e n t r e io sono nella mischia e n o n intendo allontanarmene.» Avrebbe visto volentieri su quella polt r o n a Romita, che «meritava dal partito u n a manifestazione di cordiale solidarietà e amicizia». La v i c e n d a e b b e invece tutt'altro epilogo, e N e n n i stesso la raccontò in questi termini nei suoi taccuini: «La q u e s t i o n e della p r e s i d e n z a della Costituente si è conclusa questa sera con un inaspettato colpo di scena. Il mio rifiuto n o n è servito a Romita, ma a Saragat. E questo n o n p e r u n a m a n o v r a di Saragat, ma p e r un eccesso di furberia da p a r t e dei miei amici. Questi si e r a n o messi in testa che De Gasperi da un lato e Saragat dall'altro mi spingessero alla p r e s i d e n z a p e r immobilizzarmi in u n a cornice d o r a t a . E h a n n o fatto il r a g i o n a m e n t o infantile del rovesciamento del gioco. N o n h a n n o p e n s a t o che il prestigio p e r s o n a l e di S a r a g a t uscirà rafforzato dalle sue n u o v e funzioni. Infatti egli che e r a p e r p l e s s o d o p o l'elezione, mi ha telefonato più tardi che capiva la m a n o v r a , ma ne p r e n deva l'utile, sicuro di sventarne l'insidia». Stilettate tra comp a g n i di partito, p r e l u d i o a b e n altro. Se la p r e s i d e n z a della C o s t i t u e n t e e r a , nella sostanza, u n a questione i n t e r n a dei socialisti, il n o m e del C a p o dello Stato poteva uscire solo da u n a trattativa interpartitica. Poiché De Gasperi n o n e r a disposto a farsi p r o m u o v e r e (e rim u o v e r e dal governo) la lista dei n o m i possibili si restringe330

va alle figure insigni del prefascismo, r e c u p e r a t e dal postfascismo. A t t e n t o ai d o s a g g i , p r e o c c u p a t o di r a s s i c u r a r e la mezza Italia m o n a r c h i c a , D e G a s p e r i aveva i n m e n t e u n identikit b e n definito del p r i m o C a p o dello Stato repubblican o . Doveva essere filomonarchico, e doveva essere meridionale. Perciò n o n e r a n o proponibili né il p i e m o n t e s e Einaudi né il l o m b a r d o B o n o m i . B e n e d e t t o C r o c e s e m b r a v a ris p o n d e r e ai requisiti richiesti. E i socialisti, l a n c i a n d o n e la c a n d i d a t u r a , e r a n o convinti d ' a n d a r e sul sicuro. L'idea fu attribuita a N e n n i che in verità se ne fece p a l a d i n o , ma senza entusiasmo. «Alla direzione - raccontò lui stesso - è sbucata fuori d'improvviso la questione della nostra adesione a u n a eventuale c a n d i d a t u r a Croce... La p r o p o s t a iniziale è di Cacciatore. L'hanno r i p r e s a Silone, i n q u a d r a n d o l a nel più vasto p i a n o del laicismo, e Saragat p e r esigenza di equilibrio i n t e r n o . I o trovo l'iniziativa avventata, m a d o p o t u t t o n o n mi spiace di d a r e u n a p u n z e c c h i a t u r a ai democristiani.» E N e n n i in p e r s o n a firmò suìì'Avanti! del 23 g i u g n o (mancav a n o d u e giorni a l l ' a p e r t u r a della Costituente) u n articolo in favore di Croce C a p o dello Stato. Il filosofo si mostrava riluttante a i m p e g n a r s i totalmente nell'attività politica. Ma al di là di queste r e m o r e personali, esisteva un veto democristiano, m o r b i d a m e n t e ma ostinatam e n t e motivato. Croce, obbiettava la D C , era p r e s i d e n t e del P L I , q u i n d i legato specificamente a un partito, n o n super partes c o m e il suo delicato ruolo imponeva. Il pretesto e r a b u o n o , m a r i m a n e v a u n p r e t e s t o . Altri e r a n o , agli occhi della D C , gli handicaps di Croce: la scarsa malleabilità, e il laicismo intransigente. Sua era stata la opposizione alla richiesta dem o c r i s t i a n a d ' a v e r e il Ministero della Pubblica istruzione, q u a n d o s'era f o r m a t o il m i n i s t e r o Parri. De G a s p e r i aveva ceduto, ma n o n dimenticato. E il p o v e r o N e n n i , bocciatogli Romita in casa, si vide bocciare Croce fuori casa. Croce d e clinò, con u n a lettera a N e n n i , l'offerta socialista. Ma r i n u n ciava a ciò che n o n e r a più, c o m u n q u e , alla sua portata. Chi allora? De Gasperi sosteneva O r l a n d o , ma era p r o n 331

to ad accettare un altro n o m e idoneo. E il n o m e fu quello di Enrico De Nicola, che era n a p o l e t a n o , e r a stato consigliere della C o r o n a (suo l'espediente della L u o g o t e n e n z a p e r U m b e r t o ) e, infine, c o m e s p e r i m e n t a t o p a r l a m e n t a r e e c o m e giurista insigne, a v r e b b e s a p u t o meglio d i c h i u n q u e altro i d e a r e un protocollo e u n a p r o c e d u r a tutte da inventare p e r u n a carica «anomala». Ma se la carica era anomala, ancor più lo e r a l'uomo d e signato a ricoprirla. G r a n d e avvocato n a p o l e t a n o , si e r a affermato n o n con l'eloquenza focosa e alluvionale che caratterizzava la scuola forense m e r i d i o n a l e , ma col suo ferrato p u n t i g l i o giuridico, e s o p r a t t u t t o p r o c e d u r a l e . I n u n a m b i e n t e n o n s e m p r e cristallino, a m m o r b a t o dalla s p r e g i u d i catezza, dalla venalità e a n c h e da compromissioni c a m o r r i stiche, aveva p o r t a t o un suo p e r s o n a l e , severissimo costum e . N o n incassava i vaglia dei clienti se n o n d o p o aver deciso di occuparsi del loro caso, e n o n p r e n d e v a un soldo se, e s a m i n a t o s e m p l i c e m e n t e il fascicolo, d e c i d e v a p e r il n o . Scapolo, ritroso, solitario, suscettibilissimo, perse quasi tutto il p a t r i m o n i o accumulato in u n a l u n g a e fortunata vita p r o fessionale p e r c h é , da patriota i m p r e v i d e n t e , aveva avuto fiducia nei titoli di Stato. Allo scoppio della g u e r r a investì in b u o n i del tesoro, all'interesse del 3,50 p e r cento, dieci milioni (di allora, ovviamente), che furono polverizzati dall'inflazione. La sua eleganza accurata e antiquata, la sua rettit u d i n e , il suo stile, l'avevano reso p o p o l a r e in u n a città che vedeva in lui ciò che avrebbe voluto essere, e che n o n era. Sulla scia dei brillanti successi forensi, De Nicola era a p p r o d a t o alla politica, ed era stato eletto d e p u t a t o di Afragola sconfiggendo il c a n d i d a t o giolittiano. Il che n o n gli imp e d ì di essere fatto dallo stesso Giolitti sottosegretario alle Colonie, nel 1913. E r a allora t r e n t a s e i e n n e . Praticò la vita pubblica con gli stessi scrupoli di correttezza esasperata cui s'era ispirata la sua vita p r o f e s s i o n a l e . «Aveva l ' a b i t u d i n e - riferì Bartoli nel suo Da Vittorio Emanuele a Gronchi - di scrivere la c o r r i s p o n d e n z a privata su carta senza intestazio332

n e , e di fare affrancare le lettere a p r o p r i e spese.» Gli fossero piaciuti il p o t e r e , e il g o v e r n o , De Nicola sarebbe diventato senza difficoltà ministro, Presidente del Consiglio. Manifestò prestissimo, invece, la sua vocazione al rifiuto. L'ass u n z i o n e di u n a carica pubblica e r a p r e c e d u t a sistematicam e n t e da u n a fase d u r a n t e la quale De Nicola si faceva p r e gare, e accettava, se accettava, di malavoglia. Altrettanto sis t e m a t i c a m e n t e sopravveniva u n a s e c o n d a fase d u r a n t e la q u a l e De Nicola si d i m e t t e v a , e veniva i n d o t t o a r e c e d e r e dalla sua decisione - q u a n d o recedeva - con insistenze n o n m i n o r i d i quelle che e r a n o state necessarie p e r i n d u r l o a d accettare. Gli e s t e n u a n t i negoziati si svolgevano sovente a l u n g a distanza, p e r c h é De Nicola, alla m i n i m a contrarietà, si rifugiava nella sua villa di T o r r e del Greco, e di là e r a difficilissimo stanarlo. Q u e s t o cerimoniale contrassegnò il cursus honorum di De Nicola che e r a P r e s i d e n t e della C a m e r a q u a n d o il fascismo si i m p a d r o n ì del p o t e r e . O c c u p a v a la sua p o l t r o n a a M o n t e c i t o r i o il g i o r n o c h e Mussolini - nel n o v e m b r e del 1922 - minacciò di fare dell'aula «sorda e grigia» un bivacco di manipoli: e n o n r e d a r guì l'oratore. Anzi richiamò al silenzio il d e p u t a t o socialista Modigliani che aveva gridato «Viva il Parlamento». U n a dim o s t r a z i o n e di pavidità che a De Nicola fu s e m p r e rinfacciata. D u r a n t e il v e n t e n n i o De Nicola, rassegnato ogni incarico, si a p p a r t ò d i g n i t o s a m e n t e , s o s p e n d e n d o la serie delle offerte, dei rifiuti, delle r i n u n c e alle r i n u n c e . Accettò tuttavia nel 1929, la n o m i n a a senatore che Mussolini - il cui consenso e r a indispensabile - forse n o n p r o p o s e , ma che certo n o n avversò. P r o p r i o p e r c h é così r i l u t t a n t e ad o c c u p a r e p o l t r o n e , in un Paese dove p e r conquistarle i politici si s c a n n a v a n o , De Nicola finiva p e r essere subissato di p r o p o s t e . Gliele facevano s a p e n d o c h e le declinava, e che, se diceva sì, si trattava p u r s e m p r e di un sì provvisorio e fragile, che n o n sbarrava definitivamente la strada agli altri concorrenti. Ma i suoi no e r a n o dosati, c'erano quelli definitivi e irrevocabili, c'erano 333

quelli tenaci, e c ' e r a n o quelli che p r e l u d e v a n o all'assenso, p u r c h é estorto. Nelle elezioni p e r la Costituente n o n aveva voluto candidarsi. Era un no v e r o . Gli avevano fatto visita, p e r i n d u r l o a e n t r a r e nella U n i o n e democratica nazionale, B e n e d e t t o C r o c e e Porzio. «L'ho fatto io che n o n s o n o un u o m o politico - aveva detto Croce - a m a g g i o r ragione d o vete farlo voi che vi siete o c c u p a t o di politica p e r tanti anni.» D o p o di lui Porzio e r a ricorso alla mozione degli affetti: «Mi sono sognato m a m m a tua» aveva d e t t o a De Nicola, la cui risposta era stata fulminea: «Anch'io l'ho sognata: mi ha detto di n o n p r e s e n t a r m i candidato». Avendo a che fare con un p e r s o n a g g i o di q u e s t a fatta, la C o s t i t u e n t e d e l i b e r ò la sua n o m i n a a C a p o provvisorio dello Stato senza chiedergli se e r a d ' a c c o r d o . Il 27 g i u g n o - m e n t r e già sul suo n o m e c o n v e r g e v a n o tutti - r i b a d i v a di n o n v o l e r n e s a p e r e , e q u a n d o S a r a g a t , n e l l ' i m m i n e n z a del voto, l o c h i a m ò p e r v i n c e r n e la ritrosia, staccò il telefono. Solo a elezione avven u t a p r o n u n c i ò il s o s p i r a t o sì, e molti s o s p e t t a r o n o c h e il p r e c e d e n t e irremovibile no alla c a n d i d a t u r a in u n a lista di p a r t i t o mirasse p r o p r i o a lasciarlo libero p e r la successiva b e n più alta designazione. C a p o dello Stato p e r v e n t i d u e mesi - cessò di e s s e r e provvisorio e assunse la qualifica di Presidente della R e p u b blica solo il p r i m o g e n n a i o 1948, con l'entrata in vigore della Costituzione - De Nicola rifiutò il fasto del Q u i r i n a l e , e preferì il Palazzo Giustiniani, n o t o c o m e s e d e di u n a delle M a s s o n e r i e italiane, che è accanto a Palazzo M a d a m a . Paz i e n t e m e n t e , i n g e g n o s a m e n t e , d a p r o c e d u r i s t a raffinato, elaborò il protocollo sul quale la Repubblica avrebbe poi larg a m e n t e c a m p a t o di rendita, senza tuttavia p e r s e v e r a r e nello stile sobrio e s p a r a g n i n o di questo suo p r i m o Presidente. Era schivo, ma con i m p e n n a t e di puntiglioso orgoglio se a p p e n a avvertiva u n ' o m b r a di irrispettosità. Fu un C a p o dello Stato senza corazzieri, e senza first lady. C o n De Gasperi e i ministri era cordiale, cauto, b u t t a n d o là qualche avvertimento politico, ma più sovente insistendo 334

p e r c h é alcuni atti solenni n o n avvenissero di v e n e r d ì , giorno infausto. Il suo soggiorno a Palazzo Giustiniani fu p u n teggiato di scatti umorali, e da qualche sdegnoso ma t e m p o r a n e o ritiro a T o r r e del Greco. Su alcuni «incidenti» più gravi con il governo, e sulle vicende della sua m a n c a t a ricandid a t u r a ed elezione, r i t o r n e r e m o . Da Palazzo Giustiniani uscì in collera, così c o m e in collera lasciò negli a n n i successivi la P r e s i d e n z a del S e n a t o e quella della C o r t e Costituzionale. Risolse b r i l l a n t e m e n t e nella sua esistenza, infinite volte, gli altrui dilemmi u m a n i , o giuridici, o politici, ma n o n risolse mai il suo p r o p r i o d i l e m m a : c h e e r a quello d ' u n a m o r e - o d i o p e r il p o t e r e , p e r le dignità, p e r gli onori. Q u e s t a incertezza lo r e n d e v a , lui così amabile, litigioso e a n c h e offensivo. Semb r a v a scaricasse sugli altri l'insoddisfazione p e r q u e l suo piacere m o r b o s o di volere gli inviti, infuriandosi se n o n gli e r a n o rivolti, p e r poi sdegnarli. Le trattative p e r il secondo g o v e r n o De Gasperi, cui De Nicola aveva d a t o l'avvio il p r i m o luglio, si t r a s c i n a r o n o p e r dodici giorni, con g r a n dispetto di N e n n i che accusava De Gasperi d i averle c o n d o t t e t r o p p o l e n t a m e n t e : u n « e r r o r e di metodo», diceva, che «ha rischiato di buttarci in u n a crisi senza fine». N o n immaginava, N e n n i , quali altre lungaggini negoziali aspettavano la n e o n a t a Repubblica. De Nicola aveva seguito, p e r le consultazioni, u n a regola m o l t o nobile e molto p e r d i t e m p o , d o p o d'allora s e m p r e rispettata, che imp o n e di sollecitare i p a r e r i di p e r s o n a g g i insigni ma del tutto inutili allo scopo p e r il quale sono convocati. A sua volta De G a s p e r i si m u o v e v a con la t e n a c i a d e l m o n t a n a r o e la cautela d e l l ' u o m o di curia, risoluto c o m u n q u e a t r a r r e t u t t o il possibile utile dalla vittoria elettorale. C i n q u e f u r o n o le novità di rilievo nel n u o v o Ministero: la designazione di N e n n i agli Esteri (e la p e r d i t a degli I n t e r n i p e r i socialisti); la rinuncia di Togliatti; l'ingresso dei r e p u b blicani; l'uscita dei liberali; l'assegnazione del Ministero della Pubblica istruzione a un democristiano, G u i d o Gonella. 335

Delle q u a t t r o , l'ultima e r a senza d u b b i o la p i ù i n t e r e s sante. La scelta di un e s p o n e n t e dei partiti laici p e r il Dicas t e r o c h e g o v e r n a l a scuola e r a stata u n o d e i p u n t i fermi delle p r e c e d e n t i trattative. Lo stesso De Nicola s'era d e t t o favorevole al m a n t e n i m e n t o di questo principio. Ma De Gasperi, consapevole della sua forza, p r o p r i o su questa preclusione, e sulla sua inaccettabilità, s'era i m p u n t a t o . Q u a n d o i socialisti Ivan Matteo L o m b a r d o e Ludovico D'Aragona gli avevano comunicato che la direzione del loro partito voleva un laico a quel posto, la replica di De Gasperi era stata ironica, quasi provocatoria: «Non ho mai pensato di p r o p o r r e p e r l'incarico un sacerdote». I d u e precisarono che p e r laico i n t e n d e v a n o un n o n democristiano, e De Gasperi li incalzò d o m a n d a n d o se alla Pubblica istruzione potesse a n d a r e un ebreo, un ateo, un qualsiasi anticristiano, ma n o n un cattolico. D'Aragona, che e r a u n g r a n b r a v ' u o m o , m a n o n all'altezza del suo i n t e r l o c u t o r e , a m m i s e che, sì, le cose stavano p r o p r i o a quel m o d o . E De Gasperi un p o ' t e a t r a l m e n t e si alzò, fece c e n n o alla d e l e g a z i o n e d e m o c r i s t i a n a che lo affiancava di fare altrettanto, e dichiarò che considerava il negoziato i n t e r r o t t o . Ci volle u n a m e d i a z i o n e di Togliatti p e r r i a n n o d a r n e le fila. E a l l ' I s t r u z i o n e a n d ò Gonella, u o m o colto e d e m o c r a t i c o cristallino, ma a n c h e integralista convinto. Poiché gli I n t e r n i se li era tenuti De Gasperi, N e n n i ebbe d u n q u e gli Esteri. Ma fu c o n v e n u t o che, e s s e n d o in p i e n o sviluppo la discussione parigina sul trattato di pace con l'Italia, e avendovi De Gasperi partecipato fino a quel m o m e n to, l'insediamento di N e n n i sarebbe stato rinviato. Avvenne infatti il 18 o t t o b r e . Nel f r a t t e m p o , N e n n i e b b e l'interim di De Gasperi alla Presidenza, d u r a n t e le sue assenze. Era evid e n t e a ogni p e r s o n a di b u o n senso, e s i c u r a m e n t e De Gasperi lo era, che N e n n i n o n aveva le qualità d ' u n b u o n ministro degli Esteri. Dotato di intuito politico e di carisma demagogico, n o n aveva nulla d e l l ' u o m o di Stato, anzi ne e r a la negazione: gli m a n c a v a n o specialmente quelle conoscen336

ze ed e s p e r i e n z e internazionali - al di fuori dell'ambito socialista - che la politica estera richiede. Per di p i ù il suo temp e r a m e n t o - che q u a l c u n o ha definito «femmineo» - lo r e n deva molto sensibile alla forza, fosse quella di Togliatti o fosse quella dell'Unione Sovietica. Per N e n n i De Gasperi aveva u m a n a simpatia e amicizia. Ma agli Esteri lo m a n d ò p e r calcolo freddo, se n o n cinico. Togliatti si defilò - la p o l t r o n a di Guardasigilli fu occupata dal suo c o m p a g n o Fausto Gullo - p e r motivi che possiamo soltanto ipotizzare. Probabilmente l'esperienza di G u a r dasigilli lo aveva deluso. Aveva scontentato i «duri» del suo partito, e n o n era riuscito a c a t t u r a r e gli a m a n t i della legge e d e l l ' o r d i n e . L'amnistia, formulata con imprecisione e a p plicata dalla m a g i s t r a t u r a con eccezionale latitudine, aveva azzerato le p e n d e n z e penali di molti ex-fascisti; o di ex-partigiani che, finita la g u e r r a civile, l'avevano c o n t i n u a t a p e r loro conto e tornaconto, a m m a z z a n d o e r u b a n d o . Era stato passato u n colpo d i s p u g n a s u crimini c h e l'esasperazione delle passioni n o n bastava a giustificare. Di fronte a t a l u n e sentenze l'opinione pubblica di sinistra r i m p r o v e r a v a a Togliatti - e dal suo p u n t o di vista n o n aveva torto - la dizione che escludeva dall'amnistia solo gli a u t o r i di «sevizie partic o l a r m e n t e efferate», e che m a n d ò liberi parecchi biechi fig u r i di Salò. Così come a n d a r o n o liberi parecchi «giustizieri» c h e si fregiavano della qualifica di p a r t i g i a n i . In c o m p e n s o Togliatti aveva o t t e n u t o p e r la Resistenza riconoscim e n t i formali - c o m e l'aggiunta del suo vilipendio alle altre ipotesi di q u e s t o r e a t o già esistenti - c h e c o n t r i b u i v a n o a r e n d e r l a i m p o p o l a r e , anziché a tutelarla. Ma vi doveva essere nel r i t o r n o di Togliatti al partito, a t e m p o pieno, a n c h e un disegno politico. E la diagnosi di Vittorio Foa: «I c o m u nisti, dato che le circostanze n o n consentivano loro un controllo sul p o t e r e statale pari a quello democristiano, preferivano riservarsi il massimo di libertà d'azione, ossia di o p p o sizione se n o n d i r e t t a a l m e n o indiretta, attraverso l'azione di massa e le organizzazioni sindacali». 337

V ' e r a n o altre spiegazioni p i ù t e r r a t e r r a . «Si dice - a n n o t a v a N e n n i nel suo d i a r i o - c h e Togliatti n o n è e n t r a t o nel g o v e r n o p e r c h é voleva e s s e r n e l'unico v i c e p r e s i d e n t e . Lo racconta il p e t t e g o l i n o della D e m o c r a z i a cristiana, And r e o t t i . E u n a sciocchezza da r e s p i n g e r e e n o n è a m i s u r a d e l l ' u o m o . Più logico p e n s a r e a u n a decisione b e n più imp o r t a n t e , cioè al progressivo d i s i m p e g n o dei comunisti dal n u o v o c o r s o politico. Verosimile invece c h e Pacciardi, il quale stamattina si è fatto sostituire al g o v e r n o da Macrelli, sia uscito dal Ministero solo p e r c h é De Gasperi n o n ha p o tuto offrirgli la vicepresidenza. Si dicono molte altre cose, e che cioè De Gasperi n o n è stato p e r poco s b r a n a t o dai suoi che volevano portafogli e portafogli. Egli stesso mi ha raccontato di avere invano cercato di i n d u r r e Gonella a restarsene al Popolo.» M e n t r e i repubblicani e n t r a v a n o nel g o v e r n o ne uscivano i liberali. La loro defezione era in r a p p o r t o diretto con i risultati elettorali n o n incoraggianti della U n i o n e cui avevano a d e r i t o . Il p a r t i t o sperava di tonificarsi con un p e r i o d o di o p p o s i z i o n e , a n c h e se la linea di De G a s p e r i s p u n t a v a molti dei suoi a r g o m e n t i polemici. Il leader d e m o c r i s t i a n o n o n voleva tuttavia privarsi della collaborazione di Corbino che era, agli occhi del m o n d o i m p r e n d i t o r i a l e , qualcosa di più d ' u n valente economista: era la garanzia d ' u n a gestione economica refrattaria alle u t o p i e dirigiste e alle velleità p r o g r a m m a t r i c i della sinistra: la q u a l e sinistra a c c o p p i a v a in questo c a m p o le ambizioni di un p r o f o n d o c a m b i a m e n t o ad u n a sconcertante superficialità e ignoranza tecnica. Corbino ministro del Tesoro e r a un c o n t r a p p e s o rassicurante a Scocc i m a r r o ministro delle Finanze. Per r i m a n e r e nel g o v e r n o Corbino ricorse all'espediente di dimettersi dal P L I p u r cont i n u a n d o a c a p e g g i a r n e il g r u p p o p a r l a m e n t a r e alla Costit u e n t e . Nel g o v e r n o Corbino ci stette tuttavia p e r poco: il 2 s e t t e m b r e se ne a n d ò s b a t t e n d o la p o r t a p e r c h é si sentiva «politicamente isolato», e p e r c h é i comunisti lo p r e n d e v a n o q u o t i d i a n a m e n t e a b e r s a g l i o . Lo sostituì G i o v a n Battista 338

B e r t o n e , che e r a stato m i n i s t r o delle F i n a n z e con Facta, il Presidente del «nutro fiducia». P r o b a b i l m e n t e C o r b i n o avvertiva che, oltre a De G a s p e r i , b e n pochi politici - a n c h e in casa democristiana - concordavano con la sua «filosofia» liberistica, e con il suo rigore antiinflazionista, che p u r e a v e v a n o d a t o frutti i n d u b b i . L e razioni alimentari e r a n o state migliorate, 250 g r a m m i al giorno il p a n e , tre chilogrammi al mese prò capite i generi da min e s t r a ; la lira r e c u p e r a v a valore rispetto alle valute «forti» (dall'inizio del '46 al m a g g i o il franco svizzero e r a sceso da 120 a 90 lire, e il dollaro da 350 a 280); la p r o d u z i o n e i n d u striale e r a in ripresa così c o m e le esportazioni, quadruplicate tra l'aprile e il s e t t e m b r e di quello stesso a n n o . A n c h e la implacabile erosione del p o t e r e d'acquisto di salari e stipendi era stata bloccata. All'atto della formazione del secondo governo De Gasperi fu deliberato di d a r e ai lavoratori un «premio straordinario della Repubblica»: tremila lire a chi, g u a d a g n a n d o m e no di 30 mila lire mensili, avesse carico di famiglia, 1.500 a chi n o n l'avesse. L'elargizione, criticata da molti p e r il suo carattere demagogico, costò 30 miliardi: e fu, com'è regola, presto vanificata da a u m e n t i dei prezzi. Ma è difficile credere a R i c c a r d o L o m b a r d i , il q u a l e sosteneva c h e c o n q u e i t r e n t a miliardi, se prelevati dallo Stato sotto forma di i m p o sizione s t r a o r d i n a r i a , «si s a r e b b e p o t u t o o c c u p a r e p e r sei mesi un q u a r t o dei nostri disoccupati; a v r e m m o p o t u t o radd o p p i a r e i l p r o g r a m m a delle r i c o s t r u z i o n i ferroviarie; a v r e m m o p o t u t o fare o p e r e i m m e n s e in Calabria e in Sard e g n a ; si s a r e b b e r o p o t u t i c o s t r u i r e 100-150 mila vani di abitazione p e r la p o v e r a gente». I calcoli di L o m b a r d i , lo si vide a n n i p i ù t a r d i con la nazionalizzazione d e l l ' e n e r g i a elettrica, t o r n a v a n o solo q u a n d o n o n p o t e v a n o essere verificati. Il r i s a n a m e n t o che Corbino - e con lui De Gasperi - p e r seguivano, era u n a restaurazione, e delle restaurazioni ave339

va i p r e g i e i difetti. I «padroni» furono reimmessi g r a d u a l m e n t e nelle industrie da cui l'epurazione disordinata li aveva cacciati: vi furono riammessi a n c h e p e r c h é i «commissari» politici incaricati di gestirle, di solito incapaci e c o m u n q u e condizionati, a v e v a n o d a t o p r o v a disastrosa. Alla Fiat aveva ripreso il t i m o n e Vittorio Valletta, rientrato dalla Svizzera dove s'era messo al r i p a r o insieme ad altri grossi esponenti del m o n d o i m p r e n d i t o r i a l e (Marinotti, Cini, Donegani). In cambio Valletta concesse che alla Fiat fosse istituito u n o di q u e i Consigli di gestione c h e , nella concezione dei C L N , a v r e b b e r o d o v u t o esercitare la loro sorveglianza affinché gli «interessi particolaristici e speculativi n o n prevalessero sul b e n e dell'intera comunità». Ma l'innovazione ebbe vita breve, e scarso peso. V a n n o messi nel conto della r i p r e s a gli aiuti alleati (e in prevalenza americani): e n t r o la fine del '46 l'Italia ricevette 507 milioni di dollari in soccorsi di e m e r g e n z a , 520 milioni di dollari in assistenza a n c h ' e s s a g r a t u i t a t r a m i t e I ' U N R R A (l'Agenzia delle Nazioni Unite p e r la ricostruzione dei Paesi colpiti dalla g u e r r a ) , 134 milioni di dollari in aiuti d i r e t t i del g o v e r n o di W a s h i n g t o n e 250 milioni di dollari p e r il m a n t e n i m e n t o delle Forze A r m a t e a n g l o - a m e r i c a n e . L a spesa p e r questa voce era stata, ha osservato il G a m b i n o , tre o q u a t t r o volte s u p e r i o r e : ma n o n è accaduto sovente nella storia che i vincitori risarcissero sia p u r e in p a r t e i vinti p e r le spese dell'occupazione. Il liberismo - a l m e n o un liberismo economico di fondo era u n a ricetta che in definitiva funzionò: solo che Corbino, da tecnico, i n t e n d e v a somministrarlo al Paese con u n a coer e n z a r i g i d a c h e le p r o t e s t e , i m o t i di piazza, le agitazioni sindacali spesso legittimate da autentico grave disagio - infine le superstiti attese rivoluzionarie che covavano in seno al Partito comunista e alla post-Resistenza, r e n d e v a n o inapplicabile. V ' e r a n o esplosioni improvvise di collera anarchica. A fine agosto la destituzione ad Asti d ' u n capitano della polizia immessovi dalle file p a r t i g i a n e , tale C a r l o L a v a g n i n o 340

(era accusato di rapina), i n d u s s e il L a v a g n i n o stesso a darsi alla macchia con u n a t r e n t i n a di u o m i n i , a r m i , viveri. Altri partigiani piemontesi s'erano uniti agli a m m u t i n a t i . N e n n i , che sostituiva De Gasperi, faticò n o n poco, con concessioni e mozioni degli affetti, p e r p l a c a r e questa ribellione che minacciava di estendersi a m a c c h i a d'olio. A n c o r a N e n n i vide il Viminale invaso da d i m o s t r a n t i c o n randelli, bastoni e travi q u a n d o vi arrivò la m a t t i n a del 9 ottobre. Gli assalitori erano manovali - ma a n c h e estremisti e p r o vocatori - eccitati dalla notizia che certi lavori di s t e r r a m e n to nei d i n t o r n i di R o m a s a r e b b e r o stati sospesi, e i cantieri chiusi. E r a n o lavori inutili, c o n a p p a l t i scandalosi, c o m e N e n n i riconosceva: «Il Genio Civile p a g a centinaia di milioni. Gli i m p r e n d i t o r i a s s o l d a n o lavoratori di o g n i categoria d o v e gli operai edili sono il q u i n d i c i o il venti p e r c e n t o , li p a g a n o trecentonovanta lire al g i o r n o p e r un lavoro di p o che o r e o magari, in alcuni casi, p e r n o n lavorare affatto, e intascano milioni... La situazione crea u n a specie di solidarietà tra questa massa, che c h i e d e di vivere, e gli i m p r e n d i tori che vogliono p e r p e t u a r e il sistema attuale dei lavori a regia, contro il governo e R o m i t a in particolare (Romita era passato dagli I n t e r n i ai Lavori pubblici, N.d.A.), che vuole abolire i lavori a regia, da lui i n v e n t a t i in un m o m e n t o di e m e r g e n z a » . L'annuncio d e l l a s o s p e n s i o n e - ma i L a v o r i pubblici n e g a r o n o d ' a v e r e d a t o u n o r d i n e i n p r o p o s i t o scatenò la piazza. La polizia s p a r ò , si c o n t a r o n o d u e morti e 150 feriti. Un episodio t r a i tanti: c h e tuttavia chiarisce come fosse diffìcile evitare gli s p e r p e r i sociali. Infatti d o p o la battuta d'arresto che C o r b i n o aveva o t t e n u t o , l'inflazione riprese. La miseria era ancora g r a n d e in Italia, e g r a n d i s s i m a la strumentalizzazione della miseria. Gli artefici stessi della ricostruzione e della ripresa n o n sospettavano n e p p u r e l'impeto delle sue successive fasi. Ma a d u e u o m i n i - oltre che al tessitore De Gasperi - va riconosciuto un r u o l o e, ciascuno a suo m o d o , un merito particolare in questi difficili e torbidi 341

inizi del «miracolo»: Angelo Costa, p r e s i d e n t e della Confind u s t r i a , e G i u s e p p e Di Vittorio, m a s s i m o d i r i g e n t e della Confederazione g e n e r a l e del lavoro. Costa e r a un industriale e un g r a n d e b o r g h e s e ligure, onesto e rigoroso, ispirato i n e c o n o m i a dalla saggezza e i n a u d i a n a , f e r m o nelle s u e idee, ma pragmatico nella loro applicazione: un cattolico lib e r a l e - un v e r o c r e d e n t e - c h e d i f e n d e v a la c o n c e z i o n e classica del capitalismo. Ostile - c o m e scrisse Giovanni Spadolini - alla linea di Valletta («dar lavoro a q u a l u n q u e costo»), c o n t r a r i o a o g n i blocco dei licenziamenti, a o g n i forma di a u t o r i t a r i s m o e c o n o m i c o o di regolazione artificiosa del m e r c a t o . «Questo industriale in senso antico - sono ancora osservazioni di Spadolini - pilotò negli a n n i d e g a s p e riani un indiretto ma efficace ed operoso patto sociale.» Questo potè avvenire perché l'interlocutore di Angelo Costa era G i u s e p p e Di Vittorio, figlio di contadini pugliesi: il p a d r e , «curatolo» (cosi si c h i a m a v a n o i braccianti specializzati) a Cerignola, m o r ì , p a r e di p o l m o n i t e d o p o un temp o r a l e , q u a n d o il figlio P e p p i n o aveva sette a n n i . Il ragazzetto fu a n c h e lui bracciante, con u n a istintiva curiosità p e r i libri e p e r la politica, e con u n a g r a n voglia di ribellarsi alla ingrata condizione della «cafoneria» meridionale. Alla vigilia della p r i m a g u e r r a m o n d i a l e s'era già fatta u n a fama consolidata di agitatore: ma al fronte si p o r t ò b e n e , e v e n n e g r a v e m e n t e ferito. R i p r e s e la sua attività sindacal-politica subito d o p o il c o n g e d o , e s e p p e d'essere stato eletto d e p u t a to nelle liste socialiste (era il 1921) m e n t r e e r a in carcere a Lucerà. Passò nel 1924 al PCI, poi fu esule in Francia, e commissario politico nel battaglione Garibaldi delle Brigate internazionali, c o m a n d a t o da Randolfo Pacciardi, d u r a n t e il conflitto civile spagnolo. P u r così intriso di ideologia marxista, n o n fu mai un cremlinizzato alla Togliatti, c o n s e r v ò il contatto con la realtà italiana, ed espresse o s t i n a t a m e n t e la convinzione che molti giovani fascisti fossero in b u o n a fede, e che si dovesse convertirli, se possibile, n o n c o n d a n n a r l i . Q u e s t ' u o m o singolare - u n o dei pochi dirigenti c o m u n i 342

sti espressi dal m o n d o c o n t a d i n o - d i v e n n e il m a g g i o r leader sindacale italiano. N o n rinunciò, nei comizi, alle tesi massimaliste e agli slogans tonitruanti. Ma aveva p r o f o n d o il senso del possibile e la sua lotta ebbe s e m p r e un limite: la vittoria della fazione n o n doveva essere o t t e n u t a sulla pelle del Paese. Un f o n d o di c o n c r e t e z z a e di p a t r i o t t i s m o senza ostentazione accomunava l ' a r m a t o r e Costa all'ex-bracciante Di Vittorio. Ha raccontato un collaboratore del sindacalista: «Con Angelo Costa, il p r e s i d e n t e della Confindustria, si era instaurato u n r a p p o r t o chiaro, c o m e fra d u e p o t e n z e n e m i che che si rispettano. Q u a n d o c'era u n a vertenza i m p o r t a n te o un r i n n o v o di c o n t r a t t o , Costa e Di Vittorio si d a v a n o a p p u n t a m e n t o alla stazione di Bologna. Salivano su un vagone-letto, e passavano la n o t t e a discutere. Q u a n d o il treno arrivava a R o m a l'accordo e r a fatto. N a t u r a l m e n t e , d o p o , i r a p p r e s e n t a n t i della C o n f i n d u s t r i a e quelli della CGIL s'incontravano. M u g u g n a v a n o , ma si a t t e n e v a n o a quel che avevano già c o n c o r d a t o Costa e Di Vittorio». N o n un i n n a turale idillio, d u n q u e , ma un r a p p o r t o d u r o e leale, fatto di stima reciproca, e di civismo. La confusione dei ruoli sarebbe v e n u t a p i ù tardi, in politica, in economia, nel sindacato: e con altri protagonisti.

CAPITOLO QUARTO

GUAI AI V I N T I

Il trattato di pace tra l'Italia e le potenze vincitrici ha avuto ed ha un n o m e i m p r o p r i o . L'Italia n o n trattò: subì le condizioni che le v e n n e r o imposte e p o t è soltanto e s p o r r e - senza g r a n frutto - le sue r a g i o n i . A De G a s p e r i , italiano incons u e t o , severo n e l l ' a s p e t t o e asciutto n e l l ' e l o q u i o , toccò il compito a m a r o di farsi difensore d ' u n a causa p e r s a in p a r tenza. Q u e l l o suo - e del Paese - fu un Calvario del quale c r e d i a m o c o n v e n g a r i p e r c o r r e r e , a q u e s t o p u n t o , t u t t e le t a p p e : a n c h e se alcune sono già state rievocate ne LItalia della guerra civile. De G a s p e r i n o n si faceva illusioni. «La mia p o s i z i o n e - disse alla vigilia d ' u n o dei suoi viaggi a Parigi - è p e r quattro quinti quella di i m p u t a t o e responsabile di u n a g u e r r a c h e n o n ho fatto e c h e il p o p o l o n o n ha v o l u t o , e p e r un quinto quella di belligerante.» Alcuni sacrifici e r a n o scontati. N o n p o t e v a m o realisticamente o p p o r c i alla cessione delle isole del D o d e c a n n e s o , rivendicate dalla Grecia e abitate da greci. E n e p p u r e p o t e v a m o p e n s a r e d i m a n t e n e r e , i n u n a qualsiasi f o r m a , la « u n i o n e dinastica» t r a Italia e Albania, vanificata anche sul piano formale dalla proclamazione della Repubblica. Era p a r i m e n t i scontato un sacrificio territoriale nella Venezia Giulia: ma si sperava di contenerlo e n t r o limiti, se n o n di equità, a l m e n o di accettabilità. Q u a n t o alle colonie, era p e r d u t a l'Etiopia, frutto d i u n a c o n q u i s t a che portava il m a r c h i o fascista. S e n o n c h é Hailé Selassié p r e t e n deva anche l'Eritrea. Sulla Libia gravava u n a ipoteca del Senusso, che si rifaceva a u n a p r o m e s s a inglese degli a n n i di g u e r r a . Q u e s t i a p p e t i t i sulle colonie n o n s a r e b b e r o stati 344

p r e o c c u p a n t i , in u n a fase storica nella quale i maggiori imp e r i coloniali si avviavano al disfacimento, se avessero rig u a r d a t o solo le popolazioni locali. P u r t r o p p o r i g u a r d a v a no a n c h e gli italiani là insediati: nel '40, 75 mila in Eritrea, 10 mila in Somalia, 150 mila in Libia. La Francia aveva in un p r i m o m o m e n t o garantito di n o n voler avanzare pretese territoriali ma i b u o n i propositi erano andati scolorendo nell'ambiguità. Perfino la Valle d'Aosta p a r e v a insidiata. In un discorso a Nizza, il 10 aprile del 1945, De Gaulle aveva accennato, con linguaggio profetico, a un v e n t o di vittoria «che aleggia i n t o r n o alle n o s t r e b a n d i e r e sul Reno» e che soffia «anche sulle Alpi, e sta p e r superarle». L'Austria rivendicava l'Alto Adige, atteggiandosi a vittima dell'austriaco Hitler, e v'era il rischio che il criterio etnico, r i n n e g a t o in Venezia Giulia, venisse invece applicato a sud del B r e n n e r o . In questa c o r o n a di spine, la spina che più p u n g e v a era quella giuliana. Tito aveva voluto creare il fatto c o m p i u t o , e alla fine di aprile del '45, occupata Fiume, si era b u t t a t o verso Trieste e Gorizia in gara di velocità con le t r u p p e alleate del g e n e r a l e Freyberg, che si insediò a Trieste, ma n o n p o t è t e n e r n e fuori gli iugoslavi. Solo il 9 giugno (sempre del '45) gli Alleati avevano o t t e n u t o che le t r u p p e di Tito si ritirasser o d a Trieste, a d eccezione d i u n m o d e s t o c o n t i n g e n t e . L a z o n a alleata e la zona iugoslava v e n n e r o divise dalla linea Morgan, così chiamata dal n o m e del generale che c o m a n d a va le t r u p p e alleate: e r a u n a linea che, concepita in funzione di esigenze militari, aveva p r e g i u d i c a t o i r r e p a r a b i l m e n t e i diritti italiani. C o r r e v a infatti l u n g o l'Isonzo sfiorando Gorizia, e descriveva a t t o r n o a Trieste un arco che delimitava p r e s s a p p o c o (ma a l q u a n t o p i ù f a v o r e v o l m e n t e ) l'attuale confine. T r a gli interlocutori di De Gasperi il meglio disposto nei r i g u a r d i dell'Italia e r a il segretario di Stato americano Byrnes. Ma, politicante di vecchio stampo, era a n c h e un u o m o di c o m p r o m e s s i , cui a volte f u r o n o s t r a p p a t e p e r stanchezza concessioni p e r noi deleterie. O l t r e t u t t o n o n ca345

piva l'accanimento con cui e r a difeso un «fazzoletto di terra». De Gasperi esaminò e m e d i t ò a lungo, con i suoi collaboratori, l'atteggiamento da p r e n d e r e . A Paolo Canali, fidatissimo segretario particolare, disse che voleva soprattutto evitare che si pensasse a un'Italia astuta e sorniona. Gli p r e m e va di d a r e u n a sensazione di lealtà: p e r questo - forse sbagliando - n o n avanzò tesi massime, da cui r i p i e g a r e poi su tesi minori, ma volle indicare subito i sacrifici cui il g o v e r n o e il popolo italiano e r a n o s p o n t a n e a m e n t e disposti, e quelli che invece si s a r e b b e r o fatti soltanto i m p o r r e . I n d i c ò p e r tanto c o m e base p e r la n u o v a frontiera italo-iugoslava la lin e a Wilson del 1919, a m m e t t e n d o d o l o r o s a m e n t e l'abband o n o di F i u m e e di Zara. Promise la p i ù g e n e r o s a a u t o n o mia alle m i n o r a n z e allogene, ed espresse la speranza che l'Italia ottenesse un m a n d a t o sulle colonie prefasciste. La p r o c e d u r a di massima p e r i trattati di p a c e e r a stata c o n c o r d a t a dai «grandi» ( T r u m a n , Stalin, Attlee) a Potsdam t r a il luglio e l'agosto del 1945. In base ad essa, i ministri degli Esteri che avevano stipulato le condizioni di resa dei Paesi «nemici» (incluso il francese che in realtà n o n aveva partecipato all'accordo e con in più il cinese) a v r e b b e r o abbozzato i t r a t t a t i , sottoposti a u n a c o n f e r e n z a dei 21 Stati c h e a v e v a n o p a r t e c i p a t o alle o p e r a z i o n i belliche c o n t r o la G e r m a n i a , il G i a p p o n e , l'Italia e i loro alleati minori. La p r i m a conferenza dei ministri degli Esteri fu a p e r t a a L o n d r a , alla L a n c a s t e r H o u s e , I T I s e t t e m b r e d e l 1945, e De Gasperi v e n n e convocato p e r il 18 settembre. Parlò con lo slancio secco e la franchezza che gli e r a n o abituali, in italiano. Fu un viaggio u m i l i a n t e . De G a s p e r i t o r n ò in Italia con u n a e r e o a m e r i c a n o c h e , p e r r a g i o n i n o t e soltanto a q u a l c h e s e r g e n t e alleato, v e n n e d i r o t t a t o su Marsiglia e là bloccato. Sarebbe ripartito, fu detto ai viaggiatori, solo l'ind o m a n i . Il leader d e m o c r i s t i a n o , atteso p e r i m p o r t a n t i imp e g n i a R o m a , e r a di u m o r e n e r i s s i m o . C o n il s e g r e t a r i o , s'inerpicò su u n a cigolante c o r r i e r a c h e lo p o r t ò a Marsi346

glia, costeggiando t r a l'altro un c a m p o di prigionieri italiani. Gli fu p r o c u r a t a a stento u n a c a m e r a all'Hotel de Noailles, p e r Paolo Canali fu pescata u n a soffitta. Nella hall dell'albergo De G a s p e r i incrociò, n o n riconosciuto, il console g e n e r a l e d'Italia, che vi alloggiava, e che solo più tardi, sap u t o chi fosse quel signore m a g r o e triste, si precipitò a offrirgli la sua collaborazione. T r a n n e la p e r d i t a del D o d e c a n n e s o , alla Lancaster H o u se n o n furono p r e s e decisioni definitive p e r q u a n t o riguardava l'Italia. E p r i m a che, nell'aprile del '46, si riunisse u n a n u o v a sessione a Parigi, fu inviata in Venezia Giulia u n a Commissione d'inchiesta che p r e n d e s s e diretta conoscenza, sul posto, della situazione. Poteva essere un test i m p o r t a n t e , a favore dell'Italia, se i «commissari» avessero avuto libertà di o r i e n t a m e n t o e di valutazioni. Essi c e r c a v a n o invece la conferma alle tesi dei rispettivi governi. In particolare i russi volevano soltanto d i m o s t r a r e che gli appetiti di T i t o erano legittimi. Gli iugoslavi avevano organizzato, d o v u n q u e passassero i c o m p o n e n t i la delegazione, manifestazioni massicce: e p p u re gli italiani riuscirono a far sentire, tra minacce e violenze, la loro voce. Un giornale svizzero r i p o r t ò un episodio significativo. A Pola, all'arrivo della commissione, italiani e slavi avevano dimostrato c o n t e m p o r a n e a m e n t e in d u e diverse strade attigue all'edificio in cui la commissione stessa era insediata. Un capetto locale dei comunisti iugoslavi accompag n ò un delegato russo a u n a finestra e, m o s t r a n d o gli attivisti titini in tripudio, disse enfaticamente: «Ecco il p o p o l o di Pola». Il russo traversò allora la stanza e, affacciato a u n a fin e s t r a che d a v a sulla facciata o p p o s t a , chiese c o n q u a l c h e ironia, a d d i t a n d o la folla che invocava l'Italia: «E questo che p o p o l o è?». Ma queste realtà u m a n e p o c o p o t e v a n o c o n t r o le esigenze politiche dei vincitori. Molotov era, a parole, ragionevole. («Gli italiani stiano con gli italiani, gli slavi con gli slavi»), ma poi tracciò sulla carta u n a p r o p o s t a che riportava la frontiera a d d i r i t t u r a a ovest del tracciato del 1866. La li348

nea a m e r i c a n a e la inglese si avvicinavano e n t r a m b e a quella Wilson: un p o ' migliore l'americana che ci lasciava a n c h e Albona con le m i n i e r e dell'Arsa. Il francese Bidault, con la solita dichiarata b u o n a i n t e n z i o n e di facilitare un accordo, varò u n a linea francese che a n c o r p i ù ci p r e g i u d i c a v a p e r ché intaccava i sobborghi di Gorizia. La diplomazia italiana assisteva, i m p o t e n t e , a queste avvisaglie del p e g g i o . De G a s p e r i chiese e o t t e n n e di essere ascoltato dai ministri degli Esteri, che t e n e v a n o la loro riun i o n e al Palazzo d e l L u s s e m b u r g o . I n s i e m e alla m o g l i e giunse nella capitale francese il 2 maggio 1946 (il p r i m o d'una serie t o r m e n t o s a di viaggi) e o c c u p ò l ' a p p a r t a m e n t o riservato agli ospiti nell'ambasciata di Rue de Varenne, da p o co restituita all'Italia. Quella volta, c o m e le successive, uscì p o c h i s s i m o , e solo p e r d o v e r i d'ufficio, t r a n n e u n a b r e v e passeggiata. U n a sera si lasciò trascinare a teatro: la c o m m e dia c h e si r a p p r e s e n t a v a e r a d ' a r g o m e n t o serio, n o n gli spiacque. Ma la Parigi n o t t u r n a n o n volle mai conoscerla. A volte, in p i e n a notte - lo h a n n o ricordato sia la moglie Francesca, sia l ' a m b a s c i a t o r e Q u a r o n i - i n d i c e v a r i u n i o n i improvvise e segrete, dalle quali e r a n o esclusi i r a p p r e s e n t a n t i dei comunisti. Era a Parigi c o m e c o n s u l e n t e di De Gasperi l'ambasciatore a Varsavia Reale, che più tardi lasciò il PCI: e i comunisti e r a n o , a Roma, nel g o v e r n o . I d o c u m e n t i segreti venivano perciò protetti gelosamente, ad evitare che, tramite i comunisti, la delegazione russa fosse informata delle mosse e dei contatti di De Gasperi. In quella visita p a r i g i n a di m a g g i o De Gasperi, assillato da ciò che accadeva in Italia - con l'imminente abdicazione di Vittorio E m a n u e l e I I I e il r e f e r e n d u m istituzionale ormai vicino - n o n fu né molto brillante né molto efficace. Era già r i e n t r a t o a R o m a q u a n d o seppe, e p e r il g o v e r n o fu u n a sorpresa ingrata, che i ministri dei «grandi» stavano m e t t e n do a p u n t o un p r o g e t t o inedito: la costituzione del «Territorio libero di Trieste», da D u i n o a Cittanova. Il p r o g e t t o fu avanzato da Bidault, che così p e g g i o r a v a le sue già cattive 349

p r e c e d e n t i p r o p o s t e , s o t t r a e n d o all'Italia, a l l ' i n t e r n o della sfavorevole linea francese, il territorio che sarebbe divenuto «libero». Il 3 luglio l'idea francese fu accettata a n c h e da inglesi e americani. L'equilibrio etnico veniva «rispettato» lasciando 180 mila italiani alla Iugoslavia, e 20 mila slavi in territorio italiano. Si disse poi che Byrnes aveva accondisceso in u n o stato di vera prostrazione, d o p o u n o svenimento. Paolo Canali ha così riassunto i motivi che facilitarono il c o m p r o m e s s o , rovinoso p e r l'Italia: «La Russia, i m p o t e n t e a far subito accettare che Trieste fosse assegnata alla Iugoslavia, n o n chiedeva d i meglio che u n e s p e d i e n t e , p u r d i n o n lasciarla all'Italia; la Francia, favorendo I ' U R S S con il progetto dell'internazionalizzazione, m i r a v a ad o t t e n e r e l'adesione russa ai suoi piani di pace con la Germania; gli Stati Uniti, n o n a n c o r a a b b a n d o n a t a la politica di appeasement c o n I ' U R S S , d e s i d e r a v a n o m e t t e r e fine allo s n e r v a n t e negoziato; la G r a n Bretagna, ansiosa a sua volta di n o n inasprire i r a p porti con l ' U R S S , n o n si sentiva, p e r Trieste, di p r e g i u d i c a r e l'accordo p r o p r i o in extremis». Dai colpi di accetta e r a v a m o riusciti a p r e s e r v a r e l'Alto Adige. I ministri degli Esteri alleati a v e v a n o accettato alla Lancaster H o u s e il principio di «rettifiche secondarie» in favore degli austriaci, che tempestavano con m e m o r a n d u m e istanze di g r u p p i irredentisti, e volevano spostare il confine alla stretta di Salorno. Quello spiraglio lasciato alle ambizioni austriache era pericolosissimo. Fu richiuso nelle riunioni di m a g g i o e g i u g n o , s o p r a t t u t t o p e r c h é I ' U R S S si d i c h i a r ò contraria alle esigenze di Vienna; ma poteva da un m o m e n to all'altro riaprirsi. Q u e s t o e r a il g r a n d e t i m o r e di De Gasperi. Oggi, con il s e n n o di poi, molti affermano che De Gasperi si lasciò i m p a u r i r e dai fantasmi, e che firmò l'accordo con il ministro degli Esteri austriaco G r u b e r del 5 settembre - un accordo che garantiva agli altoatesini di lingua tedesca a m p i diritti e larghissima a u t o n o m i a , ma sanciva la intangibilità della f r o n t i e r a al B r e n n e r o - p e r p r e v e n i r e u n a minaccia inesistente. Chi r a g i o n a a questo m o d o n o n r i c o r d a 350

p r o b a b i l m e n t e che 150 d e p u t a t i inglesi avevano biasimato il loro ministro degli Esteri Bevin p e r la m a n c a n z a di iniziativa sul p r o b l e m a altoatesino, e che lasciando che le cose seguissero il loro corso si era arrivati p e r la Venezia Giulia alla formula del Territorio libero di Trieste. La conferenza dei 21 d u r ò dal 29 luglio al 15 o t t o b r e 1946. Oltre a Stati Uniti, U R S S , G r a n Bretagna, Francia e Cina vi furono ammessi anche Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Etiopia, Grecia, India, Iugoslavia, Norvegia, N u o v a Zelanda, O l a n d a , Polonia, Bielorussia, Ucraina, U n i o n e Sudafricana. Potevamo contare, in quel consesso, su pochissimi amici. L'americano Byrnes tra i «grandi»; il brasiliano e l'olandese tra i m i n o r i . Questi ultimi si sentivano schiacciati dalla p r e p o n d e r a n z a dei «grandi», tanto che il neozelandese J o r d a n sbottò un giorno: «Che lazza di conferenza è questa, in cui u n a m i n o r a n z a di quattro tizi ha s e m p r e ragione? Questa è roba da Hitler e da Mussolini». Dalle discussioni e r a v a m o esclusi. De G a s p e r i a v r e b b e parlato all'Assemblea generale, gli altri c o m p o n e n t i la delegazione italiana, in p a r t i c o l a r e G i u s e p p e Saragat e I v a n o e B o n o m i , p e r o r a v a n o le n o s t r e r a g i o n i , su p u n t i specifici, nelle commissioni formate all'uopo. La p r e p a r a z i o n e del discorso che il Presidente del Consiglio p r o n u n c i ò il 10 agosto fu laboriosa e carica di dubbi. De Gasperi aveva convocato a Parigi i più i m p o r t a n t i ambasciatori italiani p e r a v e r n e l'avallo, c h e e r a a n c h e u n avallo politico. Nicolò C a r a n d i n i (Londra) r a p p r e s e n t a v a i liberali, Tarchiani (Washington) il Partito d'azione, Reale (Varsavia) i comunisti, Q u a r o n i (Mosca) la diplomazia di carriera. L'ambasciata italiana a Parigi era scoperta da q u a n d o Saragat era divenuto presidente della Costituente, e n e s s u n o voleva ricoprire quel posto p e r il timore di dover a p p o r r e la sua firma al diktat. Si e r a n o recati a Parigi anche i capi delle g r a n d i correnti del sindacalismo italiano p e r p o r t a r e ai delegati, in sede privata, la voce delle «masse lavoratrici antifasciste e d e m o c r a tiche». Byrnes aveva profuso, p e r loro, molte cortesi parole. 351

Ma il laburista e sindacalista Bevin (l'episodio è stato racc o n t a t o da U g u c c i o n e R a n i e r i che e r a a c a p o dell'ufficio s t a m p a della delegazione italiana e che a c c o m p a g n ò , c o m e i n t e r p r e t e , i sindacalisti) fu aspro, quasi sprezzante. Accolse i r a p p r e s e n t a n t i dei lavoratori italiani senza alzarsi in piedi, senza n e m m e n o t e n d e r e la m a n o . E, ascoltate f r e d d a m e n t e le l o r o p a r o l e , r i b a t t é r i c o r d a n d o le colpe d e l fascismo, e astenendosi da ogni distinzione tra il r e g i m e e il p o p o l o italiano. Nella p r e p a r a z i o n e del discorso De Gasperi, ha a n n o tato Canali, «distillava testi già p r e p a r a t i , memoriali, verbali, p a r e r i di colleghi», riceveva delegati istriani, e alti ufficiali delle Forze A r m a t e che si d i s p e r a v a n o p e r le p r o p o s t e limitazioni militari. Via via gli abbozzi e r a n o tradotti e scartati. Anche questa volta si pose, come in occasioni p r e c e d e n t i , il p r o b l e m a della lingua da usare. Fu di n u o v o preferito l'italiano, e fu saggia decisione. I c o m p o n e n t i l'assemblea a v r e b b e r o seguito il discorso a t t r a v e r s o le t r a d u z i o n i : e r a giusto che De Gasperi potesse m e t t e r e , in ogni sua parola, il calore che solo l'uso della lingua m a t e r n a gli consentiva. Anc o r a a m e z z o g i o r n o del 10 agosto il discorso subì q u a l c h e ultimo ritocco. Alle 15 furono p r o n t e le traduzioni. U n ' o r a p i ù t a r d i i delegati italiani v e n n e r o ammessi, ad un c e n n o di Bidault che presiedeva, nell'aula delle riunioni, dove mill e c i n q u e c e n t o r a p p r e s e n t a n t i di v e n t u n nazioni aspettavan o . I l m i n i s t r o francese e b b e p a r o l e d i circostanza p e r l a «nuova Italia», si accesero i riflettori, p r e s e r o a r o n z a r e le cin e p r e s e m e n t r e De Gasperi, in un silenzio impressionante, saliva alla tribuna. Cominciò u n p o ' i n sordina, m a senza nervosismo. Confidò poi che si sentiva calmo, che n o n avvertiva soggezione. L'esordio fu di alto livello d r a m m a t i c o : « P r e n d e n d o la p a r o la in questo consesso mondiale sento che tutto, t r a n n e la vostra personale cortesia, è contro di m e : e soprattutto la mia qualifica di e x - n e m i c o , c h e mi fa c o n s i d e r a r e i m p u t a t o , e l'essere citato qui d o p o che i più influenti di voi h a n n o già formulato le loro conclusioni, in u n a lunga e faticosa elabo352

razione». C o n sobrietà di gesti, ma a n c h e con voce s e m p r e più calda e crescente vigore, De Gasperi disse che il trattato aveva un'impostazione punitiva, e affrontò la questione giuliana. «La linea francese - osservò - era u n a linea politica di c o m o d o , n o n già u n a linea etnica nel senso delle decisioni di L o n d r a , p e r c h é r i m a n e v a n o nel territorio slavo 180 mila italiani, e in quello italiano 59 mila slavi: s o p r a t t u t t o essa escludeva dall'Italia Pola e le città minori della costa istriana occidentale ed implicava p e r noi u n a p e r d i t a insopportabile. Ma, p e r q u a n t o inaccettabile, essa era a l m e n o u n a frontiera italo-iugoslava che aggiudicava Trieste all'Italia. Ebbene, che cosa è accaduto sul tavolo del c o m p r o m e s s o d u r a n t e il giugno, p e r c h é il 3 luglio il consiglio dei q u a t t r o rovesciasse le decisioni di L o n d r a e facesse della linea francese n o n p i ù la frontiera fra Italia e Iugoslavia, ma quella di un cosiddetto territorio libero di Trieste?» E p r o s e g u ì : «Per corr e r e il rischio di tale e s p e d i e n t e , voi avete d o v u t o aggiudicare l'81 p e r c e n t o del t e r r i t o r i o della Venezia Giulia alla Iugoslavia, avete dovuto far torto all'Italia r i n n e g a n d o la linea etnica, avete a b b a n d o n a t o alla Iugoslavia la zona di Parenzo-Pola senza r i c o r d a r e la Carta Atlantica che riconosce alle popolazioni il diritto di consultazione sui c a m b i a m e n t i territoriali». Fu un b u o n discorso, fermo e pieno di dignità. Venne accolto in silenzio. Per gli italiani, la cui voce doveva p u r t r o p po r i s u o n a r e nel deserto degli egoismi altrui, era già v e n u t o il m o m e n t o di a n d a r s e n e . Prima, p e r ò , stettero ad aspettare che fossero lette le traduzioni (non funzionavano ancora in queste occasioni i m o d e r n i sofisticati impianti di t r a d u z i o n e simultanea). Poiché De Gasperi risaliva l'emiciclo p e r sedersi, Byrnes gli si fece incontro, alzandosi dal suo scanno, gli strinse la m a n o con calore e gli s u s s u r r ò qualcosa all'orecchio (voleva vederlo in privato d o p o la seduta). Sforza, che era in viaggio nell'America Latina p e r sollecitare interventi a n o s t r o favore, telegrafò poi a De Gasperi, con egocentrismo scoperto e inconsapevole, che il suo (di De Gasperi) di353

scorso era stato il miglior aiuto all'opera che lui (Sforza) andava in quel m o m e n t o svolgendo. De G a s p e r i aveva fatto o t t i m a i m p r e s s i o n e . Il New York Times n o t ò che era toccato a u n a nazione sconfitta di rialzare il t o n o della v e r b o s a c o n f e r e n z a . «Voi p a r l a s t e - scrisse un autorevole pubblicista inglese in u n a "lettera aperta al sig n o r De Gasperi" - n o n a u n a conferenza di pace ma a u n a conferenza di g u e r r a . Voi sì, signore, avete il diritto di p r e s e n t a r v i c o m e antifascista e d e m o c r a t i c o , p e r c h é n o n a b bracciaste il signor R i b b e n t r o p sotto il segno della croce u n cinata. Ma voi, n o n o s t a n t e tutto, foste ascoltato dai milioni che a n e l a n o alla pace che voi prospettate.» U n o di coloro che avevano abbracciato R i b b e n t r o p , il sovietico Viscinski, e b b e , in un discorso c h e ribatteva le tesi italiane, u n o scatto violento e i n s u l t a n t e . « N o n è v e r o c h e Trieste sia italiana. Trieste è stata fondata dagli slavi, e anzi è colpa dell'Italia se è d e c a d u t a dal r a n g o che aveva di primo p o r t o di tutto il M e d i t e r r a n e o . N o n è vero che il signor B o n o m i sia un d e m o c r a t i c o , anzi è stato m i n i s t r o della G u e r r a del r e g i m e fascista. N o n è vero che l'Esercito italian o h a abbattuto l'impero a u s t r o - u n g a r i c o : l'impero austrou n g a r i c o fu vinto dai russi del g e n e r a l e Brussiloff che nel 1916 fecero prigionieri d u e milioni di austriaci. Anzi, s a n n o tutti c h e gli italiani s o n o m o l t o p i ù b r a v i a s c a p p a r e c h e a combattere.» N o n a p p e n a la delegazione italiana s e p p e che e r a n o state p r o n u n c i a t e q u e s t e frasi e in p a r t i c o l a r e l'ultim a , d e l i b e r a t a m e n t e offensiva, chiese di a v e r e d a l l ' a m b a sciata sovietica u n a copia del discorso. Q u a n d o l ' o t t e n n e constatò che, la frase incriminata n o n c'era più. L'attività di De Gasperi e r a febbrile, e le ricorrenti minacce di crisi di g o v e r n o - la classe politica n o n dimostrava eccessiva sensibilità p e r l'ora grave che il Paese attraversava - imp o n e v a n o al Presidente improvvisi ritorni a R o m a . I ventuno dal canto loro n o n riuscivano a mettersi d'accordo n e m m e n o nel limitato spazio decisionale c h e i ministri d e i 354

«grandi» a v e v a n o lasciato l o r o : n o n si a r r i v ò ad u n ' i n t e s a , ad esempio, sullo statuto del Territorio libero di Trieste, e la questione v e n n e rinviata ai soliti «grandi». Il 4 n o v e m b r e 1946 a N e w York, al trentasettesimo p i a n o di un grattacielo, Byrnes, Bevin, Molotov e Couve de M u r ville (quest'ultimo in sostituzione di Bidault i m p e g n a t o nelle elezioni francesi) r i p r e s e r o in m a n o la materia dei trattati p e r «rifinirla». Davanti a loro, il 6 n o v e m b r e , l'ambasciatore italiano negli Stati Uniti Alberto Tarchiani, contrastato con furore dallo iugoslavo Simich, chiese che alle genti giuliane fosse a l m e n o accordato il diritto ad un plebiscito. Parlava al v e n t o . Ma u n a b o m b a politica scoppiò il g i o r n o successivo in Italia, p e r un'intervista di Togliatti all'Unità, nella quale e r a p r o p o s t a u n a i n e d i t a soluzione del p r o b l e m a giuliano (Togliatti aveva intervistato se stesso, è ovvio). R e d u c e da un i n c o n t r o a B e l g r a d o c o n il maresciallo T i t o , Togliatti, c h e aveva r a g g i u n t o la capitale iugoslava in automobile il 3 n o v e m b r e , rivelava: «Il maresciallo T i t o mi ha dichiarato di essere disposto a consentire che Trieste a p p a r t e n g a all'Italia, cioè sia sotto la sovranità della Repubblica italiana, q u a l o r a l'Italia c o n s e n t a a lasciare alla Iugoslavia Gorizia, città che a n c h e s e c o n d o i dati del n o s t r o Ministero degli Esteri è in prevalenza slava». Il b a r a t t o p a r v e eccellente alla segreteria del P C I che espresse «la riconoscenza del p o p o l o italiano al maresciallo Tito». Ma negli altri settori politici vi fu u n a vera sollevazione. Il Ministero degli Esteri n e g ò d ' a v e r e mai a m m e s s o la n o n italianità di Gorizia, a n c h e se il ministro N e n n i , affascinato e d o m i n a t o intellettualmente da Togliatti, era assai m e n o risoluto dei funzionari. Basta l e g g e r e il suo diario: «I d e m o cristiani g r i d a n o alla m a n o v r a . I o p r o p e n d o p e r u n a interp r e t a z i o n e a l q u a n t o diversa, p u r r e n d e n d o m i conto che se d i a m o l ' i m p r e s s i o n e di c e d e r e su Gorizia la c o n s e g u e n z a p u ò essere grave a New York dove si decide del n o s t r o d e stino». E il g i o r n o successivo, 8 n o v e m b r e : «La destra è scat e n a t a c o n t r o Togliatti. Ma n o n r a g g i u n g e l'acredine della 355

s t a m p a cattolica e del Popolo. C'è u n a incapacità totale della nostra borghesia di sollevarsi al di sopra dei suoi odi sociali e dei clericali di r a g i o n a r e in t e r m i n i nazionali. Per i p r i m i Tito è l'espropriatore, p e r i secondi è lo scomunicato, il p e r s e c u t o r e della Chiesa, l ' u o m o c h e h a c o n d a n n a t o m o n s i g n o r Stefanic». N e n n i n o n capiva c h e Togliatti tentava, con la sua «trovata» di cogliere d u e piccioni con u n a fava: ossia di scrollarsi di dosso l'accusa di rinunciare, p e r solidarietà ideologica, alla Venezia Giulia in favore degli iugoslavi, e nello stesso t e m p o d i r e n d e r e u n servizio a T i t o , b a r a t t a n d o u n a città italiana con u n ' a l t r a città italiana. Il Partito c o m u n i s t a e r a , in Venezia Giulia, totalmente infeudato a Tito, consenziente Togliatti. Ha scritto Bocca nella biografia di Togliatti: «Nel partito giuliano sono stati creati i g r u p p i dei cinque, l'organizzazione d e i fedelissimi; e n o n c'è g r u p p o d e i c i n q u e in cui m a n c h i un m e m b r o della polizia politica iugoslava. La d i p e n d e n z a da Lubiana è totale. E là che si d e c i d o n o le n o m i n e e i trasferimenti del partito giuliano... Ma vi è qualcosa di peggio: Rankovic p r e t e n d e che i c o m p a g n i italiani coll a b o r i n o con il servizio segreto (iugoslavo)... Togliatti è un m u r o d i gomma». Q u e s t o m u r o d i g o m m a , che tale e r a s o p r a t t u t t o nei rig u a r d i di Tito, si risentì a c r i m o n i o s a m e n t e p e r il naufragio del b a r a t t o (naufragio provocato tra l'altro da un voto u n a n i m e del g o v e r n o nel quale sedevano q u a t t r o comunisti). In un articolo di fondo dal titolo «La politica dei calci nel sedere», p u b b l i c a t o il 10 n o v e m b r e dall'Unità, Togliatti accusò De Gasperi d'avere, lui sì, c o m p r o m e s s o la sorte delle p o p o lazioni g i u l i a n e . «(De Gasperi) n o n h a b a r a t t a t o nulla, m a ha p e r d u t o tutto, eccetto l'umiliante carezza fattagli sul dorso ricurvo dal compassionevole ministro Byrnes.» Togliatti s e m b r a v a a v e r p e r s o le staffe m a , c o m e ha scritto Giorgio A m e n d o l a , l a sua v i r u l e n z a e r a p r o b a b i l m e n t e calcolata. Rincarò la dose in un comizio a Livorno i n s i n u a n d o addiritt u r a che De Gasperi avesse di p r o p o s i t o r i t a r d a t o il r i m p a 356

trio dei p r i g i o n i e r i dalla Iugoslavia, e q u e s t a volta il leader d e m o c r i s t i a n o p r e t e s e , in Consiglio dei ministri, un chiarim e n t o : e l ' o t t e n n e da Scoccimarro: «Dichiaro, c e r t o di int e r p r e t a r e il p e n s i e r o p e r s o n a l e d e i miei colleghi, e dello stesso intero mio partito, che nulla p u ò contestarsi di m e n o che onorevole p e r il Presidente del Consiglio». E facile constatare, oggi, q u a n t o sarebbe stato insensato lo scambio che Togliatti caldeggiava: Trieste è t o r n a t a all'Italia, Gorizia è rimasta italiana. Il 4 d i c e m b r e i ministri degli Esteri dei «grandi» conclusero a New York l'ultima fase del loro lavoro. I trattati avevano ricevuto la stesura definitiva, e il nostro r i m a n e v a d u rissimo. Tuttavia Kardelj affermava s d e g n o s a m e n t e c h e la Iugoslavia, insoddisfatta, n o n l'avrebbe ratificato. Voci contro la ratifica sorgevano e s'infittivano - con m a g g i o r fondam e n t o - a n c h e in Italia. De Gasperi disse: «Se fosse possibile decidere secondo criteri ideali e di giustizia, il trattato sarebbe da respingere». Era possibile respingerlo? Era o p p o r t u n o rifiutare la firma? Da allora, p e r un a n n o , l'angoscioso d i l e m m a politico, m o r a l e e giuridico assillò il g o v e r n o e l'op i n i o n e pubblica italiani. La firma n o n significava di p e r se stessa accettazione, c o s t i t u e n d o un semplice atto di p r o c e d u r a (i tedeschi avevano firmato ma n o n accettato il Trattato di Versailles). E l'accettazione veniva, senza d u b b i o , con la ratifica. I l d i l e m m a e r a d i p r i m a g r a n d e z z a , a n c h e dal p u n t o d i vista pratico. Firma e ratifica avrebbero liberato l'Italia dalle pesanti condizioni armistiziali, a n c h e se già alleggerite: ma p o t e v a n o s e m b r a r e il r i c o n o s c i m e n t o di clausole i n g i u s t e , vessatorie, odiose. Ingiuste in g r a n p a r t e le clausole territoriali. I n u t i l m e n t e vessatoria l'imposizione di c o n s e g n a r e ai vincitori la miglior p a r t e di quella flotta c h e disciplinatam e n t e si e r a affidata, d o p o la proclamazione dell'armistizio, agli Alleati. Stati Uniti e G r a n B r e t a g n a r i n u n c i a r o n o a q u e sto diritto di p r e d a , la Francia accordò concessioni, I ' U R S S fu inflessibile. O d i o s a , a n c h e se ricalcata su a n a l o g h e n o r m e 357

La finzione del Territorio libero di Trieste

del Trattato di Versailles, la clausola che consentiva ai vincitori di rivalersi, p e r il p a g a m e n t o delle riparazioni, sui beni di privati cittadini italiani posti nel loro territorio. (Per decine d ' a n n i si sono trascinate molte pratiche di emigrati che, spogliati d i tutto, h a n n o d o v u t o a t t e n d e r e d a u n a b u r o c r a zia lentissima e insensibile il risarcimento cui il g o v e r n o italiano si e r a impegnato.) R i p u g n a v a infine al sentimento pazionale l'articolo 16, a stento a p p r o v a t o dalla conferenza dei v e n t u n o a Parigi (10 voti c o n t r o 9). Eccone il testo: «L'Italia n o n incriminerà, né altrimenti p e r s e g u i r à alcun cittadino italiano, c o m p r e s i gli a p p a r t e n e n t i alle Forze A r m a t e , p e r il solo fatto di a v e r e , d u r a n t e il p e r i o d o di t e m p o dal 10 g i u g n o 1940 all'entrata in vigore del p r e s e n t e t r a t t a t o , espresso simpatia od avere agito in favore della causa delle p o t e n z e alleate ed associate». Era un articolo che poteva sì salvaguardare gli idealisti, i resistenti politici, i fuorusciti che avevano avversato il fascis m o in n o m e delle loro convinzioni, ma c h e copriva con il m a n t e l l o d e l l ' i m p u n i t à a n c h e biechi t r a d i t o r i e spie. Q u a l c u n o ha asserito c h e q u e s t a clausola e r a stata rafforzata e completata da patti segreti. Da autorevoli fonti l'ipotesi ci è stata smentita. La r e n d e p o c o verosimile la p a r t e c i p a z i o n e alle trattative degli Stati Uniti, a c e r r i m i avversari, allora, delle clausole segrete (già d o p o la p r i m a g u e r r a m o n d i a l e Wilson aveva rifiutato validità al Patto di L o n d r a tra l'Italia e l'Intesa p r o p r i o p e r c h é stipulato s e g r e t a m e n t e ) . I n o l t r e n o n si direbbe che l'articolo 16 abbisogni di occulte integrazioni. Ma esso dava f o n d a m e n t o al sospetto che d e t e r m i n a te p e r s o n e avessero r e s o agli Alleati a m b i g u i favori, e ne avessero ricevuto compensi di vario tipo in epoca p r e a r m i stiziale: q u a n d o , piaccia o n o , q u e s t o c o m p o r t a m e n t o e r a fellonia bella e b u o n a . Firma e ratifica e r a n o d u e atti distinti. La p r i m a spettava al g o v e r n o , la s e c o n d a all'Assemblea c o s t i t u e n t e , c o n u n a c o n t r o f i r m a del C a p o dello Stato. Il «cuore» del Paese e r a c o n t r o l'accettazione, a n c h e soltanto formale, del diktat; la 359

r a g i o n e suggeriva l'atteggiamento opposto. L'economia era a n c o r a assillata da angosciose incertezze: e la precaria situazione giuridica e internazionale n o n e r a fatta p e r dissiparle. Si profilava in particolare il rischio che, m a n c a n d o l'accettazione del t r a t t a t o , gli Stati Uniti, cui De G a s p e r i aveva d o v u t o fare d r a m m a t i c a m e n t e a p p e l l o p e r le «saldature» alimentari e per i rifornimenti, sospendessero ogni aiuto. E sarebbe stato il disastro. Posto di fronte all'alternativa «firmare o n o n firmare», De Gasperi era, secondo la testimonianza dell'ambasciatore Q u a r o n i , esitante, anzi p a r e v a p r o p e n d e r e - ma e r a molto riservato - p e r un rifiuto. Il g o v e r n o si p r o n u n c i ò infine p e r la firma c o n a m p i e r i s e r v e . L'8 febbraio 1947, d u e g i o r n i p r i m a c h e l'ambasciatore Meli L u p i di S o r a g n a firmasse a Parigi, De G a s p e r i chiarì alla C o s t i t u e n t e il p u n t o di vista del g o v e r n o . «La n o s t r a firma - disse - n o n p u ò m u t a r e la realtà c o m e si è svolta e quale fu d e n u n z i a t a in ogni fase della C o n f e r e n z a ; Essa n o n p u ò c a n c e l l a r e il fatto c h e n o n o s t a n t e la C a r t a Atlantica e la stessa r e c e n t e C o s t i t u z i o n e francese, il t r a t t a t o d i s p o n e dei p o p o l i senza consultarli, e n e p p u r e p u ò eliminare il fatto, p u r t r o p p o incontrovertibile, c h e l a n o s t r a e c o n o m i a d a sola, n o n o s t a n t e o g n i b u o n volere, n o n p u ò s o p p o r t a r e il peso di cui il trattato la grava. N o n rifiutare la firma richiesta vuol dire che il g o v e r n o italiano n o n i n t e n d e p r e g i u d i z i a l m e n t e fare atto di resistenza c o n t r o l'esecuzione del trattato: significa che l'Italia vuol dare p r o v a di b u o n a v o l o n t à e di o g n i sforzo r a g i o n e v o l e e possibile p e r l i q u i d a r e la g u e r r a ; vuol d i r e che l'Italia, n o n o s t a n t e i l c o n t e n u t o del t r a t t a t o , n o n d i s p e r a , n o n vuole d i s p e r a r e dell'avvenire.» E così Meli L u p i di S o r a g n a firmò, d o p o u n a e s t r e m a schermaglia diplomatica nel corso della quale il g o v e r n o italiano r i b a d ì c h e il p l e n i p o t e n z i a r i o sottoscriveva il d o c u m e n t o «con riserva di ratifica da p a r t e dell'Assemblea costituente». Firmò, d o p o tonanti dichiarazioni in contrario, anche la Iugoslavia ma a sua volta con riserva p e r il m a n c a t o 360

accoglimento delle rivendicazioni su Gorizia, Monfalcone e Trieste. Lo stesso giorno della firma a Parigi l'italiana Maria Pasquinelli uccise a Pola, p e r s a n g u i n o s a p r o t e s t a c o n t r o l'ingiustizia del diktat, il g e n e r a l e inglese De Winton. Per effetto del trattato, l'Italia p e r d e t t e Zara, la quasi totalità della Venezia Giulia, l'isola di Saseno, l'Etiopia, l'Eritrea, la Libia, il D o d e c a n n e s o , Briga e T e n d a , la concessione cinese di Tien-Tsin. Sulla Somalia o t t e n e m m o nel 1949 l'amministrazione f i d u c i a r i a p e r m a n d a t o dell'ONU, d u r a t a fino al 1960. Trieste e la zona A del T e r r i t o r i o libero t o r n a r o n o all'Italia nel 1954. Ci fu imposto di p a g a r e cento milioni di dollari all'URSS, 125 alla Iugoslavia, 105 alla Grecia, 25 all'Etiopia, 5 all'Albania. Secondo le clausole militari l'Esercito italiano doveva essere limitato a 250 mila u o m i n i (compresi 65 mila carabinieri) con n o n p i ù di 200 carri armati; la M a r i n a a 2 corazzate, 4 incrociatori, 4 caccia, 16 t o r p e d i n i e r e , 20 corvette (e 22.500 u o m i n i al massimo); l'Aviazione a 200 caccia e r i c o g n i t o r i , 150 a e r e i da t r a s p o r t o , n e s s u n b o m b a r d i e r e , al m a s s i m o 25 mila u o m i n i . L'Italia s'impegnava infine a smantellare le fortificazioni ai confini francese e iugoslavo, a smilitarizzare Pantelleria, L a m p e d u s a e Pianosa, e a n o n acquistare missili guidati, c a n n o n i con gittata oltre i 30 chilometri, corazzate, sommergibili e p o r t a e rei. Vincoli molto pesanti, che già contrastavano clamorosam e n t e , q u a n d o Meli L u p i d i S o r a g n a f i r m ò , con l a m u t a t a situazione in Italia e nel m o n d o : t a n t o che, al m o m e n t o della ratifica, quel trattato era già anacronistico. Molte cose a v v e n n e r o infatti t r a l ' a u t u n n o del 1946 e l'aut u n n o del 1947. Le a c c e n n i a m o soltanto - su quasi tutte d o v r e m o t o r n a r e - p e r chiarire in q u a l e diversa atmosfera si siano svolti i dibattiti p r ò o c o n t r o la ratifica. Un viaggio di De G a s p e r i a W a s h i n g t o n , la scissione socialista di Palazzo Barberini, poi la formazione, nella p r i m a v e r a del '47, d ' u n governo m o n o c o l o r e democristiano integrato d a p o c h e personalità di alto livello - E i n a u d i p e r il Bilancio, Sforza p e r 361

gli Esteri, Merzagora p e r il C o m m e r c i o con l'estero - segnav a n o u n a decisa svolta politica. Socialisti e comunisti e r a n o estromessi dal g o v e r n o : e i comunisti n o n vi sarebbero mai p i ù r i e n t r a t i . W a s h i n g t o n , p r e s s a t a dalle e s i g e n z e della g u e r r a fredda, vedeva con ottica diversa l'Italia e a n c h e la G e r m a n i a . Mosca p r o c e d e v a n e l c o n s o l i d a m e n t o d e l suo i m p e r o , e già in U n g h e r i a la m i n o r a n z a c o m u n i s t a si e r a i m p a d r o n i t a con la violenza del p o t e r e . In Grecia divampava la g u e r r a civile, e gli Stati U n i t i a v e v a n o s u r r o g a t o la G r a n B r e t a g n a nel compito di sostenere quel bastione occid e n t a l e c o n t r o l ' e s p a n s i o n i s m o d i Mosca. U n p r o f o n d o c a m b i a m e n t o : e all'ombra di esso, le solite miserie e la solita avidità u m a n a . Così, ad e s e m p i o , abili trafficanti a v e v a n o a m m a s s a t o a Briga e a T e n d a grosse q u a n t i t à di m e r c i che i n F r a n c i a a v e v a n o u n p r e z z o p i ù elevato p e r o t t e n e r n e , q u a n d o fosse stata a m m a i n a t a la b a n d i e r a italiana, l'esportazione occulta e ingenti profitti, senza p a g a m e n t o di diritti doganali. Voci a u t o r e v o l i in A m e r i c a r e c r i m i n a v a n o s u l l ' e r r o r e c o m m e s s o c o n quelle c o n d i z i o n i o n e r o s e . S u m n e r Welles d e p l o r a v a che fosse stato favorito l'espansionismo sovietico in Adriatico, il s e n a t o r e L o d g e definì il trattato u n a «ignoble a n d u n a c c e p t a b l e solution». S e q u e s t o e r a c o n s o l a n t e p e r l'Italia, era a n c h e imbarazzante p e r il g o v e r n o di Roma: il quale si vedeva costretto a p e r o r a r e davanti all'Assemblea costituente la ratifica d ' u n trattato che i nemici stessi definivano ignobile. Gli u o m i n i dell'Italia prefascista e r a n o in g e n e r a l e contro la ratifica. Francesco Saverio Nitti, estensore di u n a relazione di m i n o r a n z a c o n t r a p p o s t a a quella di m a g g i o r a n z a p r e s e n t a t a da G r o n c h i , giustificava il rifiuto c o n un a r g o m e n t o giuridico. Le grandi potenze n o n avevano ancora, esse stesse, ratificato (tale e r a la situazione m e n t r e si discuteva). P e r c h é d u n q u e l'Italia a v r e b b e d o v u t o p r e c e d e r l e ? C o n alte p a r o l e espresse il suo dissenso, il 24 luglio 1947, B e n e d e t t o Croce: «Si è p r e s o oggi il vezzo, che sarebbe di363

s u m a n o se n o n avesse del t r i s t e m e n t e ironico, di t e n t a r di calpestare i popoli che h a n n o p e r d u t o u n a g u e r r a con l'entrare nelle loro coscienze e col sentenziare sulle loro colpe e p r e t e n d e r e che le riconoscano e p r o m e t t a n o di emendarsi... Il g o v e r n o italiano c e r t a m e n t e n o n si o p p o r r à all'esecuzione del t r a t t a t o ; se s a r à n e c e s s a r i o , coi suoi d e c r e t i o con qualche singolo p r o v v e d i m e n t o legislativo lo seconderà docilmente, il che n o n i m p o r t a approvazione, considerato che a n c h e i c o n d a n n a t i a m o r t e sogliono s e c o n d a r e docilmente nei suoi gesti il carnefice che li m e t t e a m o r t e . Ma approvazione, no». C o n accento p i ù acre Vittorio E m a n u e l e Orland o , che p u r e aveva conosciuto nel '19 molte umiliazioni in u n a c o n f e r e n z a della p a c e alla q u a l e p a r t e c i p a v a c o m e «grande» e vincitore, sferzava il g o v e r n o . Ecco il passaggio più celebre del dibattito. O r l a n d o - Accettare in p r e c e d e n z a , senza alcun assillo, q u e s t a p a c e d i s o n o r a n t e , significa p o r s i d i n a n z i a d u n a e n o r m e responsabilità assunta p e r cupidigia di servilità... Presidente - Invito l'onorevole O r l a n d o a r i p r e n d e r e la p a r o l a affinché da ciò che egli d i r à risulti il valore del suo pensiero. O r l a n d o - Chiarisco di avere inteso che la p a r o l a servilità qualifica l'atto e n o n le p e r s o n e . N e s s u n o q u i n d i p u ò restare offeso. Il testo ufficiale reca il t e r m i n e servilità, m e n t r e altre versioni - tra l'altro quella di N e n n i nel suo diario - riferiscono che O r l a n d o p a r l ò di servilismo. La durezza del t e r m i n e resta c o m u n q u e intatta: e p r o p r i o quella durezza provocò u n a v e r a sollevazione dei d e m o c r i s t i a n i , c o n t r a s t a t i dalle sinistre. Lo scontro verbale d e g e n e r ò in t u m u l t o . E N e n n i , p e r l'occasione nazionalista, se ne c o m p i a c q u e : « N e s s u n o toglierà a De Gasperi il m a r c h i o con cui O r l a n d o l'ha bollato». Il t r a t t a t o fu ratificato il 31 luglio. D a p p r i m a la Costit u e n t e r e s p i n s e u n a «sospensiva» p r o p o s t a d a C o r b i n o , q u i n d i con duecentosessantadue voti favorevoli, sessantotto contrari, e ottanta astenuti a p p r o v ò la ratifica, s u b o r d i n a n 364

dola a quella dei q u a t t r o «grandi». L'ultimo strascico di questa vicenda dolorosa fu provocato da u n a delle classiche imp u n t a t u r e di Enrico De Nicola. Citiamo da Bartoli: «Il Presidente rifiutò di firmare lo s t r u m e n t o di ratifica del trattato di pace p e r c h é , diceva, la sua qualità di C a p o soltanto provvisorio dello Stato n o n gli p e r m e t t e v a di consacrare con la sua firma un d o c u m e n t o così i m p o r t a n t e . De G a s p e r i e Sforza a n d a r o n o a Palazzo Giustiniani accompagnati dal segretario g e n e r a l e del Ministero degli Esteri e da un esperto di storia d i p l o m a t i c a , il professor M a r i o Toscano, al q u a l e toccò convincere il Presidente. La formula che Toscano p r o p o s e e r a v o l u t a m e n t e a m b i g u a : d a essa p o t e v a s e m b r a r e che il C a p o dello Stato, invece di ratificare il t r a t t a t o , trasmettesse la ratifica c o m p i u t a dal g o v e r n o . De Nicola lesse p a r a g r a f o p e r paragrafo il c o n t e n u t o del d o c u m e n t o contes t a n d o n e ogni espressione e a un certo p u n t o , irritato dalle repliche dell'esperto e dalle sue m i n u t e osservazioni legali, gettò p e r aria le carte, rosso in volto p e r la collera. Alla fine accettò di firmare. Ma r i m a n d ò di un g i o r n o p e r evitare il venerdì».

CAPITOLO Q U I N T O

LA SVOLTA

Riesce difficile, in questi t e m p i di politica e diplomazia itin e r a n t i fino alla frenesia, capire l'importanza del viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti, ai p r i m i del 1947. Ma quella fu la sua vera consacrazione internazionale. L'invito era arrivato dalla rivista Time che aveva organizzato, a Cleveland, un «forum» sul tema: «Cosa si a t t e n d e il m o n d o dagli Stati Uniti?». Si discusse, tra gli intimi di De Gasperi, se fosse o p p o r t u n o e dignitoso che il Presidente del Consiglio italiano traversasse l'Oceano p e r p a r t e c i p a r e a u n a r i u n i o n e accademica e in qualche m o d o privata. Ma il p r o b l e m a v e n n e risolto d a l l ' a m b a s c i a t o r e italiano A l b e r t o T a r c h i a n i , c h e o t t e n n e fosse rivolto a De Gasperi, insieme a quello di Time, un invito ufficiale dell'Amministrazione americana. Le circostanze della visita n o n p a r e v a n o , a tutta p r i m a , le più favorevoli. De Gasperi e r a un C a p o di g o v e r n o che s'apprestava a firmare il d u r o trattato di pace; ed era anche un leader politico r e d u c e da u n a cocente a n c h e se parziale sconfìtta e l e t t o r a l e . Il 10 n o v e m b r e del '46 s'era v o t a t o p e r le amministrative in sei g r a n d i città - R o m a , Napoli, Genova, Torino, Firenze, Palermo -, e la DC n o n aveva confermato il successo del 2 g i u g n o , anzi: d o v u n q u e i suoi voti s'erano ridotti parecchio, in qualche caso alla m e t à o m e n o (a R o m a da 2 1 8 . 0 0 0 a 103.000, a N a p o l i da 89.000 a 2 8 . 0 0 0 , ad esempio). Q u e s t o calo era spiegato a n c h e dallo scarso afflusso alle u r n e ; ma c'era dell'altro. C o m e t e n d e n z a generale, i comunisti e r a n o cresciuti a sinistra e i qualunquisti a destra. Nell'area di sinistra il P C I s'era n e t t a m e n t e avvantaggiato sui socialisti. N e n n i aveva a n n o t a t o : «Il peggiorato r a p p o r t o di 366

forze tra noi e i comunisti è meritato. Negli ultimi tre mesi abbiamo offerto all'elettorato lo spettacolo delle n o s t r e polemiche interne... Ho esaminato con Togliatti e De Gasperi i risultati elettorali. Il p r i m o si r e n d e conto che n o n deve tir a r t r o p p o la corda. De Gasperi è a m a r o . A destra lo h a n n o mollato p e r c h é cede ai comunisti. A sinistra p e r c h é è accusato di c e d e r e al neofascismo. Cristo in croce». Il segnale d ' a l l a r m e era serio p e r la Democrazia cristiana. In F r a n c i a le elezioni politiche, i n d e t t e p e r lo stesso g i o r n o , avevano d a t o risultati analoghi. Trionfo c o m u n i s t a con 172 d e p u t a t i , d u r o scacco dei socialisti ridotti da 118 a 9 3 , e segni di l o g o r a m e n t o del M R P (che e r a la Democrazia cristiana francese), che g r a d u a l m e n t e fu cancellato dall'orizzonte politico. La tattica del P C I - essere p r e s e n t e nel gov e r n o con e s p o n e n t i di secondo p i a n o , ma avere le m a n i lib e r e p e r fare opposizione nel Paese - dava soddisfazioni a Togliatti, e dispiaceri a De Gasperi. N o n e r a n o a n c o r a mat u r a t e le condizioni p e r lo «sbarco» dei comunisti dalla zattera del g o v e r n o : ma già il 15 n o v e m b r e Attilio Piccioni, intelligente, p i g r o e taciturno notabile della D C , scriveva ai dirigenti periferici che «il tripartitismo n o n è stato u n a collaborazione ma u n a coabitazione forzata». La DC di De Gasperi rifiutava d'essere c o n s i d e r a t a un p a r t i t o c o n s e r v a t o r e , e anche di identificarsi totalmente con la Chiesa che, p e r bocca di Pio X I I , tuonava il 22 d i c e m b r e in u n a grandiosa a d u nata di cattolici in Piazza San Pietro: «Dal suolo r o m a n o il p r i m o Pietro, circondato dalle minacce di un pervertito potere imperiale, lanciò il fiero g r i d o di allarme: resistete forti nella fede. S u q u e s t o m e d e s i m o suolo n o i r i p e t i a m o o g g i con rinnovata energia: o con Cristo o contro Cristo; o p e r la sua Chiesa, o c o n t r o la sua Chiesa». N o n era, o n o n era ancora p e r la D C , il m o m e n t o della crociata. Si avvicinava tuttavia quello del divorzio dal P C I . La spedizione americana ebbe un avvio difficile, p e r molti aspetti. I n c l e m e n t e il t e m p o , che costrinse il De 6 Skymaster di De Gasperi ad attcrraggi fuori p r o g r a m m a . La figlia 367

Maria R o m a n a ha ricordato che, m e n t r e l'aereo era sballottato dalla bufera, chiese al p a d r e cosa pensasse. «Penso come farà Menichella (Menichella e r a il c o r p u l e n t o governatore della Banca d'Italia, N.d.A.) ad allacciarsi il p a r a c a d u te. Nella p r o v a che a b b i a m o fatto p r i m a della p a r t e n z a mi s o n o accorto che i p a r a c a d u t e s o n o studiati p e r i soli m a gri». E fredde le accoglienze a Washington il 5 gennaio. Delle personalità a m e r i c a n e era p r e s e n t e il solo ambasciatore a R o m a D u n n . U n po' poco. Il Presidente del Consiglio italiano, che sperava d'essere salutato dal segretario di Stato Byrnes, ebbe un moto d'irritazione. «Se le cose v a n n o così - disse - questo viaggio, invece di a u m e n t a r e il mio prestigio in Italia, rischia di distruggerlo.» Per la verità, n o n v'era alcuna intenzione scortese verso De Gasperi nell'assenza di Byrnes. Questi, malandato in salute e da t e m p o in contrasto con il Presidente T r u m a n , era dimissionario (ne fu dato a n n u n c i o il giorno dopo) e prestava o r m a i agli affari del suo Dicastero scarsa a t t e n z i o n e : fu in questo stato d ' a n i m o che ricevette De Gasperi. Il colloquio d u r ò u n a mezz'ora in tutto e fu generico. Ma la visita proseguì in crescendo, De Gasperi fu ricevuto alla Casa Bianca, vide molte personalità, e nel discorso al «forum» disse: «A Lond r a fui accolto come nemico, a Parigi fui riconosciuto belliger a n t e , qui a Cleveland sono stato invitato come m e m b r o del C o n v e g n o i n t e r n a z i o n a l e d o p o essere stato accolto a Was h i n g t o n e a Chicago c o m e amico». De Gasperi ebbe finalm e n t e l'onore della sfilata lungo la Broadway, dalla p u n t a di M a n h a t t a n fino al palazzo del Municipio. Precedettero il corteo q u a r a n t a guardie a cavallo in uniforme, che scortavano la bandiera italiana. La folla era fitta, amichevole, p l a u d e n t e . Q u e s t o p e r l'aspetto celebrativo, u n a sorta di solenne riconciliazione tra d u e Paesi, m a s o p r a t t u t t o tra d u e popoli. Poi vi fu l'aspetto sostanziale, economico e politico. All'Italia occorrevano crediti. Li o t t e n n e . C e n t o milioni di dollari dell ' E x p o r t - i m p o r t B a n k , altri c i n q u a n t a milioni a c o m p e n s o delle spese sostenute p e r le Forze A r m a t e a m e r i c a n e in Ita368

Ha. N o n e r a n o cifre da capogiro, basta p e n s a r e che nel maggio del 1946 la Francia aveva o t t e n u t o un prestito di un mil i a r d o e 370 milioni di dollari. Ma q u e i fondi e r a n o i n d i spensabili all'economia italiana (furono p u n t u a l m e n t e rimborsati). Si disse allora, e si r i p e t e t t e i n s i s t e n t e m e n t e negli a n n i successivi, che W a s h i n g t o n aveva p r e m u t o su De G a s p e r i p e r c h é e s t r o m e t t e s s e le sinistre d a l g o v e r n o , e che anzi la p r o m e s s a di q u e s t a svolta e r a stata c o n d i z i o n a n t e p e r la concessione degli aiuti economici. Di ciò n o n v'è traccia nei d o c u m e n t i ma si p u ò obbiettare che n o n vi sarebbe n e m m e no se q u a l c h e intesa in p r o p o s i t o fosse esistita. C o n t u t t a probabilità la sollecitazione a m e r i c a n a n o n fu p e r e n t o r i a , e s'intrecciò a un proposito che De Gasperi già m a t u r a v a p e r r a g i o n i i n t e r n e . Del r e s t o , in c o n t r a s t o c o n le tesi di suoi c o m p a g n i che attribuivano a o r d i n i americani il c o m p o r t a m e n t o successivo di De Gasperi, Giorgio A m e n d o l a scrisse che «erano le forze interne, capitalistiche, conservatrici, che volevano r i a s s u m e r e il p i e n o controllo del g o v e r n o p e r far fronte allo sviluppo del m o v i m e n t o operaio». Certo la guerra fredda, che n o n era stata ancora dichiarata, si stava delin e a n d o , e l ' U n i o n e Sovietica i m p o n e v a u n p o ' d o v u n q u e , c o n colpi di Stato o elezioni a d d o m e s t i c a t e , i «blocchi d e l popolo» (eufemismo p e r indicare l'egemonia comunista) nei Paesi occupati dall'Armata Rossa. L'Occidente doveva reagire. R i e n t r a n d o dagli Stati Uniti, De Gasperi spiegò che i suoi interlocutori americani avevano insistito sulla «stabilità e sul c o n s o l i d a m e n t o del r e g i m e democratico italiano» e l'avevano esortato a s o t t r a r r e la sua azione «alle manifestazioni e agli atteggiamenti in contrasto c o n la c o l l a b o r a z i o n e governativa». N o n ci p o t e v a essere equivoco: il riferimento era ai socialcomunisti, e ai c o m u n i sti in particolare. Ma, quali che fossero state le insistenze a m e r i c a n e , e le intenzioni di De Gasperi, un avvenimento cui sia gli america369

ni sia i d e m o c r i s t i a n i e r a n o estranei spinse c o m u n q u e alla crisi ministeriale, a n c h e se n o n a un giro di b o a politico. Quell'avvenimento fu la scissione socialista. Abbiamo usato il t e r m i n e «estranei», p e r i democristiani: c h e tuttavia, sia b e n chiaro, n o n furono indifferenti né assenti. Per q u e l p o c o o q u e l m o l t o c h e p o t e v a , De G a s p e r i aveva contribuito ad attizzare le divisioni, in c a m p o socialista, incitando Saragat a d a r vita ad un partito «con cui alla D e m o c r a z i a cristiana fosse possibile collaborare». L'avvent a t o N e n n i a g e v o l ò gli sforzi della D C . T e n t a n d o d i c o n f o n d e r e le acque, e di far c r e d e r e che nelle amministrative si fosse a v u t o un successo di sinistra - s'era a v u t o un successo comunista soltanto - lanciò u n o dei suoi prediletti slogans «dal g o v e r n o al potere», lasciando t r a p e l a r e il p r o p o s i to di e m a r g i n a r e la DC in declino. Era q u a n t o di meglio De Gasperi potesse aspettarsi p e r a l l a r m a r e i m o d e r a t i e legitt i m a r e o g n i suo i r r i g i d i m e n t o . Togliatti capì il pericolo insito n e l l ' a z z a r d a t a p r o p o s i z i o n e n e n n i a n a , e le d i e d e u n a cauta «interpretazione autentica», s p i e g a n d o che n o n si d o veva c r e d e r e che la formula «dal g o v e r n o al potere» significasse l ' a b b a n d o n o , da p a r t e di c o m u n i s t i e socialisti, d e l m e t o d o democratico. «Se riusciremo a conquistare la m a g g i o r a n z a i n P a r l a m e n t o , n o i i n t e n d i a m o c o l l a b o r a r e lealm e n t e con la D C . » Ma nello stesso m o m e n t o in cui a t t e n u a v a alcune i m p o stazioni di N e n n i , Togliatti a p p r o f o n d i v a le fratture socialiste p r e n d e n d o di mira r i p e t u t a m e n t e , e con g r a n d e asprezza, Saragat e i suoi c o m p a g n i di corrente. «Non è forse p r e mio sufficiente alla fatica dell'onorevole Saragat - scriveva Togliatti sull'Unità - il fatto che (un suo articolo) gli abbia valso la simbolica concessione della tessera ad h o n o r e m del Mov i m e n t o d e l l ' U o m o Qualunque?» A questo p u n t o , p a r a d o s salmente, gli scopi di De Gasperi e gli scopi di Togliatti coincidevano. La scissione socialista faceva c o m o d o ad e n t r a m b i p e r ragioni di fondo identiche. Sia i comunisti, sia i democristiani, volevano avere al loro fianco, come alleato, un Partito 370

socialista che fosse in posizione subalterna, indebolito, e affidabile. Per meglio controllare, nel Partito socialista, i settori «fusionisti», il P C I vi aveva sparso degli «infiltrati», comandati in missione. Lo h a n n o scritto B r u n o Corbi e Fabrizio O n o fri, d u e dirigenti comunisti (attingiamo le citazione dalla Storia del dopoguerra di A n t o n i o C a m b i n o ) . Ha rivelato Corbi che «di t a n t o in t a n t o , q u a n d o un giovane p a r t i c o l a r m e n t e capace m o s t r a v a il desiderio di iscriversi al P C I , il consiglio che gli veniva dato dai dirigenti comunisti era invece di indirizzarsi verso i socialisti». E Onofri: «La presenza del P C I all'interno del P S I U P era desiderata sia d a coloro che si richiam a v a n o alla linea Togliatti sia da coloro che si richiamavano alla linea Secchia. Per questi ultimi l'infiltrazione tra i socialisti era u n a delle tante mosse con cui ci si p r e p a r a v a all'ora X. Per Togliatti e p e r i togliattiani, che n o n credevano all'ora X, e r a invece solo u n mezzo p e r g a r a n t i r s i c o n t r o u n o slittam e n t o socialdemocratico del P S I U P » . N e l C o n g r e s s o di F i r e n z e le fazioni socialiste a v e v a n o r a g g i u n t o un c o m p r o m e s s o faticoso e fragile, che resse dalla p r i m a v e r a a l l ' a u t u n n o del '46. Poi i contrasti d i v a m p a r o n o . Su posizioni a u t o n o m i s t e e r a n o i riformisti di Critica sociale, legati alla tradizione turatiana, e i massimalisti anticom u n i s t i di Iniziativa socialista, c a p e g g i a t i da M a r i o Zagari. La coalizione saragatiana voleva un Partito socialista che «da r e t r o g u a r d i a del bolscevismo diventasse a v a n g u a r d i a della democrazia». A sinistra stava Lelio Basso, risoluto a seguire in tutto e p e r tutto - a n c h e nel d o p p i o giuoco - i comunisti. N e n n i , che era p e r l'unità d'azione con i comunisti p u r senza a d e r i r e t o t a l m e n t e alle tesi di Basso, n o n credeva che la scissione potesse avere c o n s e g u e n z e devastanti. Un g i o r n o S a n d r o Pertini l ' a n d ò a t r o v a r e , p r e s e n t i I g n a z i o Silone e F e r n a n d o Santi, e fu colpito dall'abulia di N e n n i . «Il nostro colloquio quasi subito a s s u n s e un t o n o m o l t o violento. Ai miei tentativi di scuoterlo, N e n n i r i s p o n d e v a s t a n c a m e n t e , con frasi quasi ironiche, dicendo che dal partito se ne sarebb e r o andati via q u a t t r o gatti: e infatti qualche g i o r n o d o p o , 371

in un discorso pubblico, p r o n u n c i ò la famosa frase dei r a m i secchi. Gli risposi allora b r u s c a m e n t e c h e si i n g a n n a v a in m o d o grossolano... La discussione assunse un tono così concitato, e tutti e d u e gesticolavamo a tal p u n t o , che p i ù tardi gli uscieri a n d a r o n o a riferire, e r r o n e a m e n t e , che N e n n i e io e r a v a m o venuti alle mani.» Sicuro d i sé, N e n n i indisse u n c o n g r e s s o anticipato del p a r t i t o , dal 9 al 13 g e n n a i o (1947). E r a p r e p a r a t o - senza m o l t o t u r b a m e n t o , forse con u n a p u n t a di soddisfazione al distacco degli autonomisti. «Dietro - malignò nel suo diario - ci s o n o Vaticano e A m e r i c a , con i quali n o n c r e d o si faccia un Partito socialista, ma si fa p e r ò u n a scissione.» Q u a n d o , nell'Aula m a g n a dell'Università di R o m a , si aprir o n o i lavori, vari e s p o n e n t i di Critica sociale s e d e v a n o t r a i delegati. M e n t r e Iniziativa socialista aveva deliberato di ignor a r e il C o n g r e s s o , i riformisti e r a n o invece, al p r o p o s i t o , m o l t o divisi. N e l p o m e r i g g i o stesso del 9 g e n n a i o M a t t e o Matteotti lesse, a n o m e degli oppositori, u n a dichiarazione che invalidava il Congresso. In quelle o r e a Palazzo Barberini si r a d u n a v a n o S a r a g a t e i suoi. Il g i o r n o successivo - m e n t r e nel Congresso il fusionista Tolloy proclamava spav a l d a m e n t e «per c i n q u a n t a m i l a b o r g h e s i che se ne v a n n o , cinquecentomila nuovi a d e r e n t i operai», e Angelica Balabanoff era subissata di fischi p e r aver attaccato Lenin e Stalin veniva tentata in extremis u n a mediazione. Ne fu p r o t a g o n i sta S a n d r o Pertini, d i r e t t o r e dell'Avanti!, che a n d ò a Palazzo Barberini (lo accolsero, q u a n d o arrivò, con applausi fragorosi e grida di «Sandro, Sandro», p e r c h é c r e d e v a n o volesse unirsi ai dissidenti). Pertini, che ostentava disperazione p e r le lacerazioni, e minacciava a d d i r i t t u r a il suicidio se alla scissione si fosse arrivati, p r o p o s e un c o m p r o m e s s o , r e s p i n t o d a p p r i m a dall'assemblea, poi a n c h e da Saragat, in un l u n g o faccia a faccia tra i d u e dirigenti socialisti. L a m a t t i n a d e l l ' I I g e n n a i o , Saragat a n n u n c i ò d i p e r s o na, al Congresso socialista, la decisione del suo g r u p p o . L'Italia aveva o r m a i d u e partiti socialisti: il P S I ( N e n n i e i suoi 372

avevano r i e s u m a t o questa storica sigla, nel t i m o r e d'esserne defraudati dai secessionisti) e il P S L I , Partito socialista dei lavoratori italiani. I q u a t t r o gatti cui aveva a c c e n n a t o N e n n i f u r o n o invece, sul p i a n o p a r l a m e n t a r e , quasi l a m e t à del p a r t i t o . Su 115 d e p u t a t i del P S I U P alla C o s t i t u e n t e , 52 si schierarono con il P S L I : tre di essi e r a n o nel g o v e r n o (il ministro del L a v o r o e della Previdenza sociale Ludovico D'Ar a g o n a e i sottosegretari a l l ' I n t e r n o e a l l ' I n d u s t r i a e C o m mercio, Angelo Corsi e Roberto Tremelloni). Rientrato a R o m a dagli Stati Uniti, De Gasperi trovò questa situazione nuova: e ne trasse le conclusioni con u n a spicciatività p e r lui inusitata, r a s s e g n a n d o le dimissioni del govern o , il 20 g e n n a i o , senza n e p p u r e aver convocato il Consiglio dei ministri. E difficile d i r e se mirasse, fin da allora, a e s t r o m e t t e r e i c o m u n i s t i , o se volesse p r o c e d e r e a un p i ù m o d e s t o a g g i u s t a m e n t o . Q u e s t a s e c o n d a ipotesi p a r e p i ù verosimile a n c h e p e r c h é - m a n c a n d o la firma del trattato di pace - gli conveniva associare a quella decisione i m p o p o l a r e q u a n t e più forze politiche potesse. Si p u ò s u p p o r r e d u n q u e che avesse in m e n t e un a l l a r g a m e n t o del g o v e r n o a n c h e a partiti e u o m i n i che ne e r a n o fuori: azionisti, liberali, indip e n d e n t i . Il che gli avrebbe consentito sia di diluire la p r e senza socialcomunista, sia di avere un m a g g i o r sostegno. Ma i suoi propositi risultarono vani. B o n o m i e C a r a n d i ni, a d e s t r a , n o n vollero la Difesa e gli Esteri, R i c c a r d o L o m b a r d i (segretario generale del Partito d'azione), cui era stato p r o p o s t o il Tesoro, declinò a sua volta l'offerta. I n t a n to N e n n i , p e r n o n essere scavalcato a sinistra dal P S L I che e r a p e r l'uscita dal g o v e r n o , si dimetteva da ministro degli Esteri e cercava di alzare il prezzo della collaborazione del suo p a r t i t o : tra l'altro p r e t e n d e v a u n a legge «per la difesa della Repubblica», il ripristino del controllo statale sull'imp o r t - e x p o r t , un'imposta straordinaria patrimoniale, il cambio della m o n e t a , un piano di ammasso dei g e n e r i di p r i m a necessità. Più flessibili, al solito, i comunisti, a n c h e se un ar373

ticolo di Togliatti («Il t a m b u r i n o e il t a m b u r o » ) i n s i n u a v a che le dimissioni fossero state «se n o n imposte, p e r lo m e n o s u g g e r i t e con insistenza d a l l ' e s t e r o , e p r e c i s a m e n t e dagli e s p o n e n t i di quei circoli politici americani che si e r a n o affollati i n t o r n o a lui (De Gasperi) d u r a n t e il viaggio negli Stati Uniti». La crisi a p p r o d ò sostanzialmente a u n a riedizione del tripartito, con in più il repubblicano i n d i p e n d e n t e Sforza (dopo 25 a n n i d'intervallo) agli Esteri, Sceiba a l l ' I n t e r n o , t r e dicasteri ai socialisti e tre ai comunisti. Il n u m e r o delle polt r o n e era stato ridotto da 21 a 16, e le sinistre, la cui p r e s e n za e r a n u m e r i c a m e n t e rispettata (da 8 i loro ministri si erano ridotti a 6, il che e r a a d e g u a t o al totale dei Ministeri) avev a n o tuttavia p e r d u t o gli Esteri e le F i n a n z e . I saragatiani p a s s a r o n o a l l ' o p p o s i z i o n e . U n a t e m p e s t a i n u n bicchier d'acqua, s t a n d o alle a p p a r e n z e . De Gasperi, p a r t i t o p e r licenziare i comunisti, aveva o t t e n u t o alla fin fine il risultato opposto, ossia quello di licenziare i saragatiani. Ma si trattava soltanto d ' u n a scaramuccia d ' a v a n g u a r d i e , in attesa della vera battaglia. Si ha la sensazione che De Gasperi si rendesse p i e n a m e n te c o n t o di questa realtà, e che invece Togliatti, i n g a n n a t o forse dalla sua stessa sottigliezza, e abituato a risolvere i p r o blemi con accordi di vertice, si facesse delle illusioni. La sua condotta in quei mesi obbedì alla convinzione che, m a n c a n do in Italia le condizioni che avevano dato il m o n o p o l i o del p o t e r e , all'Est, ai «blocchi del popolo», la collaborazione tra cattolici e comunisti dovesse d u r a r e i n d e f i n i t a m e n t e . Solo così si spiega il voto c o m u n i s t a in favore d e l l ' i n s e r i m e n t o dei Patti l a t e r a n e n s i del 1929 nella C a r t a costituzionale. Il t e m a dei r a p p o r t i tra la Chiesa e lo Stato, affrontato alla Costituente in sede di commissioni, vi aveva suscitato scontri aspri t r a i democristiani e i «laici». La bozza dell'articolo 7 - originariamente, p e r l'esattezza, era l'articolo 5 - e r a stata oggetto di controversie, p e r la forma e p e r la sostanza. Già la dizione della sua p r i m a p a r t e , «lo Stato e la Chiesa cattoli374

ca sono, ciascuno nel p r o p r i o o r d i n e , i n d i p e n d e n t i e sovrani», e r a p a r s a o p i n a b i l e , p e r c h é sanciva l'ovvio, e p e r c h é , secondo i critici, i n t r o d u c e v a nella Costituzione un p r o b l e ma di r a p p o r t i bilaterali che doveva r i m a n e r n e fuori. Ma su questo p u n t o i comunisti cedettero presto. Resistette invece fino all'ultimo la d i s p u t a sulla s e c o n d a p a r t e dell'articolo, nella q u a l e si riconosceva che i r a p p o r t i tra Chiesa e Stato e r a n o r e g o l a t i dai Patti l a t e r a n e n s i . In tutti i settori n o n confessionali dell'Assemblea s'era a v u t a u n a sollevazione c o n t r o questo avallo dei Patti che n o n solo p o r t a v a n o la firm a d i Mussolini, m a c o n t e n e v a n o n o r m e difficilmente difendibili in un'ottica liberale: come quelle che discriminavano tra la religione cattolica e gli altri culti, o che limitavano i diritti civili degli spretati, e così via ( n o r m e , si p u ò r a m m e n tare, che il n u o v o C o n c o r d a t o , firmato dal cardinale Casaroli e da Craxi nel 1984, ha abolito). F u r o n o tentate formule di c o m p r o m e s s o («I r a p p o r t i tra Stato e Chiesa sono regolati in t e r m i n i c o n c o r d a t a r i » ) , ma i d e m o c r i s t i a n i le res p i n s e r o . E r a n o i n d o t t i a q u e s t o a t t e g g i a m e n t o r i g i d o sia dalla loro convinzione di credenti, sia dai pesanti interventi della Gerarchia. U n a lettera del p r e s i d e n t e dell'Azione Cattolica, Vittorino Veronese, a De Gasperi aveva toni poco m e n o c h e r i c a t t a t o r i . V e r o n e s e p r o n o s t i c a v a r e a z i o n i fortem e n t e n e g a t i v e della massa elettorale «qualora i d e m o c r i stiani dimostrassero perplessità, a n c h e solo di forma, su un p r o b l e m a fondamentale», si riferiva a un «desiderio preciso della stessa a u t o r i t à ecclesiastica» (leggi di Pio X I I ) , esprimeva «un m o n i t o a tutti i deputati, a q u a l u n q u e partito a p p a r t e n g a n o e che facciano professione di cattolicesimo, p e r ché ricordino lo stretto dovere di coscienza di votare secondo i princìpi cattolici». De Gasperi si risentì del t o n o intimidatorio, e chiosò la lettera in questi termini: «Ho fatto capire che se queste cose le h a n n o da dire, le d e v o n o dire dirett a m e n t e , e c h e n o n accettavo i n t i m a z i o n i di q u e s t o stile, b e n c h é c o n t r o la sostanza n o n abbia obbiezioni». Il pei pareva saldamente installato nella trincea del no al375

l'articolo 7. Solo nell'imminenza del voto i d e p u t a t i c o m u n i sti alla Costituente s e p p e r o che Togliatti aveva rovesciato la sua strategia. Vi fu sconcerto, e il leader comunista convocò il g r u p p o p a r l a m e n t a r e p e r spiegare il voltafaccia. I più si a d e g u a r o n o subito, inchinandosi alla autorità intellettuale e politica di Togliatti. T r e r i m a s e r o fermi nel rifiuto fino all'ultimo. Il vecchio militante Fabrizio Maffi c h e s c o n g i u r ò Togliatti di n o n umiliarlo obbligandolo a votare con i preti, Concetto Marchesi che rivendicò p e r l'occasione la sua autonomia, e chiese di essere liberato dalla disciplina di partito, e infine la moglie stessa del «Migliore», Rita M o n t a g n a na. Nella discussione fu detto tra l'altro, p e r legittimare l'assenso all'articolo 7, che nel P C I v'era la presenza di un ottanta p e r c e n t o a l m e n o di cattolici, e che le s m a n i e laicistiche e r a n o «piccolo-borghesi». I n s i e m e ai d i r i g e n t i la virata togliattiana colse di s o r p r e s a la base. Vittorio G o r r e s i o raccontò sull'Europeo che il giorno d o p o il voto in molte sezioni comuniste e r a n o a n c o r a affisse caricature di Mussolini e del cardinale Gasparri congiuranti p e r i n t r a p p o l a r e gli italiani. Nulla lascia s u p p o r r e che vi sia stato tra De Gasperi e Togliatti un qualsiasi previo p a t t e g g i a m e n t o . È anzi verosimile che De Gasperi preferisse avere u n a m a g g i o r a n z a assicurata d a l l ' U o m o Q u a l u n q u e , e n o n «inquinata» dai comunisti. Molti d e p u t a t i d e m o c r i s t i a n i si r e s e r o c o n t o dell'atteggiam e n t o c o m u n i s t a solo m e n t r e Togliatti p r o n u n c i a v a il suo discorso alla C o s t i t u e n t e , nel p o m e r i g g i o d e l 25 m a r z o 1947. A n d r e o t t i ha riferito c h e Togliatti l'incaricò d'inform a r e De Gasperi del sì comunista u n ' o r a p r i m a della seduta a Montecitorio. L'articolo 7 passò così con 350 voti favorevoli e 149 c o n t r a r i . A favore a n c h e Nitti O r l a n d o , B o n o m i , Sforza, i notabili del prefascismo. Poi Togliatti spiegò a Lelio Basso - ed era, lo si vide presto, u n a profezia n o n azzeccata - c h e con q u e l voto «il P C I si e r a assicurato il p o s t o al g o v e r n o p e r i prossimi venti anni». In epoca molto successiva il leader c o m u n i s t a d i e d e u n a motivazione più articolata: «Ci fu u n a dichiarazione di voto 376

di De Gasperi i m m e d i a t a m e n t e p r e c e d e n t e alla mia - disse in cui egli fece c h i a r a m e n t e i n t e n d e r e che se l'articolo col ric h i a m o ai Patti lateranensi fosse stato respinto, sarebbe stato chiesto e deciso un secondo r e f e r e n d u m , e in un secondo r e f e r e n d u m la Repubblica sarebbe stata p r o b a b i l m e n t e battuta p e r c h é sarebbe cambiata la posizione della Democrazia cristiana». N e n n i - che con i socialisti aveva votato c o n t r o diede u n a sua i n t e r p r e t a z i o n e : «Togliatti ha r a g i o n a t o così: "De Gasperi ci dichiara g u e r r a : N e n n i n o n l'accetta ed è vero che p e r fare la g u e r r a bisogna essere in d u e . Ma p e r dichiararla basta u n o solo. Per togliervi il p r e t e s t o di dichiararci la g u e r r a , votiamo con voi l'articolo 7". E cinismo a p plicato alla politica. Ma n o n è il cinismo degli scettici, ma di chi ha un obbiettivo e n o n vede altro. E la svolta di Salerno che continua, applicata questa volta alla chiesa e ai cattolici. Togliatti c r e d e così di salvaguardare dieci, venti a n n i di collaborazione con la Democrazia cristiana. Mi s e m b r a un calcolo sbagliato da cima a f o n d o . S o n o lieto di a v e r e votato no». HUnità p r e s e n t ò la decisione c o m u n i s t a con questo titolo: «Il p i ù alto esempio di responsabilità nazionale - Per la pace religiosa e l'unità dei lavoratori i comunisti accettano di votare l'articolo 7». Tutto s o m m a t o a n c h e Piero Calamandrei a t t r i b u ì un valore positivo alla mossa togliattiana che aveva «spezzato in m a n o ai democristiani l'arma più p o t e n te che questi stavano affilando c o n t r o di loro p e r la prossima lotta elettorale», ossia l'additarli c o m e nemici della religione. F u r o n o i n s o m m a in pochi, fra gli stessi protagonisti, a capire che, n o n o s t a n t e la spregiudicatezza e le furberie di Togliatti, il tripartito formato da D C , pei e P S I viveva in Italia la sua ultima stagione, così come sull'orizzonte internazionale viveva la sua u l t i m a s t a g i o n e l'altro t r i p a r t i t o f o r m a t o da Stati Uniti, U R S S e G r a n B r e t a g n a (la Francia figurava tra i «grandi», ma la sua e r a u n a p r e s e n z a o n o r a r i a ) . L'insediam e n t o di T r u m a n alla Casa Bianca n o n vi aveva p o r t a t o solo un c a m b i o di p e r s o n a : vi aveva p o r t a t o un c a m b i o di 377

mentalità. Alla arrendevolezza rooseveltiana alle mosse e ai disegni di Stalin, e r a succeduta u n a diffidenza p r o f o n d a , e a m p i a m e n t e legittimata dai fatti. Il 12 m a r z o 1947, T r u m a n p r o n u n c i ò davanti al Congresso (Senato e C a m e r a dei r a p p r e s e n t a n t i r i u n i t i in s e d u t a s t r a o r d i n a r i a ) il discorso che dichiarava la g u e r r a fredda. L'occasione p e r questa storica p r e s a di posizione gli e r a stata offerta dagli a v v e n i m e n t i greci. In quel paese la guerriglia comunista, alimentata dalla Iugoslavia a n c o r a fedele a Mosca (a ridosso del confine greco-iugoslavo esistevano campi di a d d e s t r a m e n t o e «santuari» p e r gli andartes, i ribelli greci), metteva a d u r a p r o v a il g o v e r n o di Atene, che reagiva con durezza, in un seguito di botte e risposte s a n g u i n o s e . T r a d i z i o n a l m e n t e la Grecia e r a sotto la tutela degli inglesi, che tuttavia n o n avevano né i mezzi né - con un g o v e r n o laburista - u n a g r a n voglia di r e g g e r e a quello sforzo i m m a n e . Sulla scia della Grecia anche la Turchia, secondo Washington, correva pericoli. T r u m a n enunciò allora un p r o g r a m m a che assunse il n o me di «dottrina T r u m a n » e che, razionalizzato e ideologizzato da George K e n n a n qualche mese d o p o , diede luogo alla t e o r i a del containment, il « c o n t e n i m e n t o » . D o v u n q u e I ' U R S S manifestasse propositi espansionistici, gli Stati Uniti si s a r e b b e r o opposti. «Non p o t r e m o r a g g i u n g e r e i nostri obbiettivi - disse T r u m a n - se n o n siamo disposti ad aiutare i popoli amanti della libertà nel m a n t e n e r e le loro libere istit u z i o n i e la l o r o libera i n t e g r i t à n a z i o n a l e c o n t r o i movim e n t i aggressivi che cercano di i m p o r r e i p r o p r i regimi totalitari.» T r u m a n chiese al Congresso di stanziare 400 milioni di dollari p e r la Grecia e 100 p e r la Turchia, la millesima p a r t e di q u a n t o la g u e r r a era costata agli Stati Uniti, «un investimento p e r la libertà e la pace» p e r c h é «i semi dei regimi totalitari p r o s p e r a n o nella miseria e nel bisogno». C o n ciò gli U S A diventavano di fatto u n a p o t e n z a a n c h e mediterr a n e a . Bollata dalla s t a m p a c o m u n i s t a c o m e r e a z i o n a r i a e bellicista, assimilata a l l ' i m p e r i a l i s m o t e d e s c o , la « d o t t r i n a T r u m a n » era la risposta occidentale alla dottrina Stalin nel378

l ' E u r o p a dell'Est. D u e giorni p r i m a del discorso e r a cominciata a Mosca u n a c o n f e r e n z a dei ministri degli Esteri dei «grandi» che avrebbe d o v u t o definire i trattati di pace tedesco e a u s t r i a c o , e che si concluse il 24 a p r i l e senza aver a d e m p i u t o il suo compito p e r c h é o r m a i d u e blocchi si fronteggiavano. Gli Stati Uniti vi furono r a p p r e s e n t a t i dal n u o vo segretario di Stato, il generale George Marshall, C a p o di Stato M a g g i o r e delle Forze A r m a t e d u r a n t e l a g u e r r a : u n militare equilibrato, ma senza d u b b i o più energico del suo predecessore Byrnes. Fu in sintonia con la «dottrina T r u m a n » c h e il D i p a r t i m e n t o di Stato a c c e n t u ò il suo interesse p e r le vicende italiane, che n o n e r a n o tali da confortare Washington. Il 20 e 21 aprile (1947) si votò in Sicilia p e r e l e g g e r e l'Assemblea regionale, e i segni di l o g o r a m e n t o denunciati dalla DC nelle amministrative di n o v e m b r e si a g g r a v a r o n o . In p e r c e n t u a le, i democristiani p a s s a r o n o dal 33,6 al 20,5 p e r cento dei voti, il Blocco del p o p o l o , che includeva comunisti, socialisti, e P a r t i t o d ' a z i o n e , s ' i m p e n n ò dal 21 a p i ù d e l 30 p e r c e n t o . C o n le «politiche» alle viste (si c r e d e v a in q u e l m o m e n t o che sarebbero state indette p e r l'ottobre successivo), nella DC si diffuse un'ansietà m o l t o simile al panico. Sceiba riteneva che «andare alle elezioni politiche con un g o v e r n o c o m p r e n d e n t e il P C I sarebbe stato da tutti i p u n t i di vista un suicidio. Forse ancora più dei dirigenti centrali, e r a n o quelli periferici ad a v e r e nettissima q u e s t a sensazione. Per De Gasperi, che d'altra p a r t e n e p p u r e lui aveva d u b b i in p r o posito, si trattava solo di scegliere le circostanze più a d a t t e p e r c o n d u r r e in p o r t o con successo questa operazione». Lo s p r o n e a m e r i c a n o n o n e r a d u n q u e n e c e s s a r i o . Tuttavia Marshall fu esplicito, in un messaggio all'ambasciatore a Roma J a m e s D u n n , nel chiedergli se De Gasperi n o n si p r o p o nesse di a b b a n d o n a r e la g u i d a del g o v e r n o «o di f o r m a r e un g o v e r n o senza l ' e s t r e m a sinistra, nella s p e r a n z a di mig l i o r a r e le p r o s p e t t i v e della D e m o c r a z i a cristiana». Nella sua risposta D u n n sottolineò: «Io sono convinto che nessun 379

m i g l i o r a m e n t o delle condizioni di qui p u ò avvenire con un g o v e r n o composto come quello attuale. I comunisti, che son o r a p p r e s e n t a t i nel Gabinetto d a u n g r u p p o d i u o m i n i d i s e c o n d o p i a n o , f a n n o tutto il possibile, al di d e n t r o e al di fuori del g o v e r n o , p e r p r o v o c a r e la crisi e il caos e c o n o n i co...». De G a s p e r i r u p p e gli i n d u g i il 28 a p r i l e (1947) con un discorso radiodiffuso che si prestava a varie letture, ma nel quale era inequivocabile un messaggio: la composizione del g o v e r n o doveva esser cambiata, se possibile con un allargam e n t o c h e coinvolgesse t u t t e le categorie p r o d u t t i v e nella gestione d e l Paese. Il P r e s i d e n t e del Consiglio d e p l o r ò la febbre speculativa da cui e r a pervasa l'Italia: «Dattilografe e fattorini giocano in Borsa. Chi ha roba n o n v e n d e , un feroce istinto egoistico e antisociale si i m p a d r o n i s c e degli animi pavidi... La speculazione f r e d d a m e n t e calcolatrice gioca al rialzo, n a s c o n d e le merci, trafuga all'estero valute e gioielli, e a t t e n d e in agguato la crisi nella criminosa speranza di farsi ricca nella miseria g e n e r a l e » . Ma a c c a n t o alla d e n u n c i a del parassitismo affaristico vi fu l'accusa agli alleati sleali che t r a d i v a n o il d o v e r e della solidarietà «nell'amministrazione dello Stato e nella legislazione della cosa pubblica», vi fu l'appello «a tutti coloro che avevano idee p e r c h é si facessero avanti p e r u n a collaborazione concreta», e vi fu la conferma d ' u n a sostanziale fiducia negli italiani protagonisti di «uno sforzo r i n n o v a t o r e che stupisce gli stranieri». La vitalità italiana e r a i m p r e s s i o n a n t e e caotica, con sintomi d e g e n e r a t i vi, l'inflazione aveva a s s u n t o un r i t m o vertiginoso (oltre il c i n q u a n t a p e r c e n t o di a u m e n t o del costo della vita dall'agosto '46 all'aprile '47) e c o m e s e m p r e accade venivano d u r a m e n t e penalizzate le categorie a r e d d i t o fisso. V'era, al solito, concordia sulla entità p r e o c c u p a n t e del f e n o m e n o e discordia sui mezzi con cui avrebbe d o v u t o essere c o m b a t t u to. I «monetaristi» c o m e il g o v e r n a t o r e della Banca d'Italia Einaudi e il p r e s i d e n t e della Confìndustria Costa imputavano alla emissione di carta m o n e t a , imposta dagli oneri stata380

li, la colpa m a g g i o r e p e r il d e g r a d o della lira: e suggerivano misure «ortodosse», c o m e la riduzione delle spese governative e l'abolizione di alcune m i s u r e sociali molto costose p e r l'erario e n o n altrettanto benefiche, p r i m a tra tutte il prezzo politico del p a n e . Le sinistre insistevano invece sull'aspetto speculativo dell'inflazione, e p r o p u g n a v a n o u n a tassazione p i ù severa, controlli sulle m a n o v r e d i i m p o r t a z i o n e e d esportazione che consentivano di accantonare capitali all'estero, calmieri, tesseramenti differenziati, un controllo globale dello Stato sulla p r o d u z i o n e . P r o b a b i l m e n t e la ricetta «liberista» peccava di scarsa fantasia e di miopia conservatrice, ma s i c u r a m e n t e la ricetta di sinistra a p p a r t e n e v a al magazzino degli espedienti dirigisti che già i m p e r a v a n o allora e h a n n o c o n t i n u a t o a i m p e r a r e nelle cosiddette democrazie popolari, con i risultati che tutti conosciamo. Se De Gasperi aveva posto, con il discorso del 28 aprile, le p r e m e s s e p e r la svolta, - e tutto i n d u c e a c r e d e r e che così fosse - ricevette senza d u b b i o i n c o r a g g i a m e n t o da q u a n t o stava a c c a d e n d o in Francia. Il 30 aprile il g o v e r n o presieduto da R a m a d i e r (socialista), e che includeva cinque ministri comunisti, dovette d e c i d e r e se accettare o no le richieste salariali dei 20 mila operai della Renault, scesi in sciopero. Ram a d i e r e r a p e r il rifiuto, e la «delegazione» c o m u n i s t a abb a n d o n ò , i n s e g n o d i p r o t e s t a , u n Consiglio dei m i n i s t r i . Q u a n d o d u e giorni più tardi i comunisti v o t a r o n o contro il g o v e r n o all'Assemblea n a z i o n a l e , la f r a t t u r a delle sinistre ebbe la sua definitiva sanzione. Il P r e s i d e n t e Auriol reincaricò R a m a d i e r che il 9 maggio formò un g o v e r n o senza i comunisti. In Italia l'attenzione dell'opinione pubblica - e dei politici - si era i n t a n t o spostata da R o m a alla Sicilia, p e r l'eccidio di Portella delle G i n e s t r e . In quella località vicina a Piana dei Greci si e r a n o r a d u n a t i il p r i m o maggio operai e contadini che celebravano la festa del lavoro. «È un luogo - scrisse N e n n i nel suo diario - c i r c o n d a t o quasi da v e n e r a z i o n e p e r c h é lì p a r l ò Nicola B a r b a t o , nel 1894, p e r festeggiare il 381

P r i m o Maggio. Cominciava a p a r l a r e il vecchio c o m p a g n o Schirò q u a n d o dai m o n t i si è a p e r t o il fuoco sulla pacifica folla c o n t a d i n a . D a p p r i m a i manifestanti h a n n o c r e d u t o a fuochi di gioia, i m o r t a r e t t i tanto in uso nell'isola. Poi sono c a d u t i i p r i m i m u l i e i p r i m i cristiani.» Si c o n t a r o n o dieci morti e decine di feriti. Le sinistre i n d i v i d u a r o n o subito nel massacro u n a «risposta degli agrari ai risultati elettorali del 20 aprile», Sceiba n e g ò poco c o n v i n c e n t e m e n t e la matrice politica dell'episodio; solo con un ritardo di a n n i si p o t è acc e r t a r e che della sparatoria e r a stata responsabile la b a n d a Giuliano, e che i m a n d a n t i a n d a v a n o cercati nei vertici mafiosi e reazionari. Il 2 maggio alla Costituente che discuteva dell'eccidio vi furono scontri e pugilati tra le sinistre da u n a parte, i qualunquisti e i monarchici dall'altra. L a t r a g e d i a siciliana r a l l e n t ò d i p o c o , senza i n t e r r o m p e r l a , l'evoluzione politica. In Consiglio d e i ministri, il 7 m a g g i o , De Gasperi ebbe accenti d r a m m a t i c i : «Il volto del g o v e r n o è straziato - a m m o n ì - u o m i n i e partiti n o n h a n no a n c o r a la s e n s a z i o n e di c o m e sia g r a v i s s i m a la r e a l t à , quasi tragica, sia p e r i l p r e s e n t e c h e p e r l'avvenire». E r a u n a l t r o sasso n e l l o s t a g n o , l a c o n f e r m a c h e D e G a s p e r i aveva deciso. C o m e avveniva allora e s e m p r e d o p o d'allora è avvenuto nella D C , vi furono a t t o r n o al leader defezioni e m o r m o r a z i o ni. Ha raccontato Andreotti: «E assolutamente vero che d u r a n t e i p r i m i q u a t t r o mesi del '47 la m a g g i o r a n z a dei dirigenti periferici e a n c h e nazionali della DC aveva richiesto a g r a n voce u n a r o t t u r a i m m e d i a t a e definitiva con il pei. Ma q u a n d o tra la fine di aprile e l'inizio di maggio ci si rese conto che De Gasperi aveva imboccato a p p u n t o u n a simile strada, il coraggio di molti v e n n e m e n o . Il loro timore, n o n ingiustificato, era di dover fronteggiare n o n tanto un tentativo di colpo di Stato q u a n t o u n ' o n d a t a di disordini che, paralizzando il Paese, a v r e b b e cercato di obbligare la DC a rit o r n a r e al tripartito, infliggendole u n a sconfitta politica che sul p i a n o elettorale a v r e b b e avuto c o n s e g u e n z e disastrose. 382

Il risultato fu che al m o m e n t o della scelta definitiva De Gasperi si trovò quasi solo. U n a volta che, ai p r i m i di maggio, lo a n d a i a trovare nel suo studio, la sua disperazione p e r le incertezze d e l p a r t i t o e r a tale che, lo r i c o r d o b e n i s s i m o , a u n c e r t o p u n t o smise d i p a r l a r e e , a p p o g g i a n d o s i c o n l a fronte c o n t r o lo stipite di u n a finestra, rimase a l u n g o in silenzio. Q u a n d o si voltò di n u o v o verso di m e , mi accorsi che aveva gli occhi pieni di lagrime». De Gasperi stesso, scrivendo a T a r c h i a n i , ambasciatore a W a s h i n g t o n , a crisi risolta, spiegherà più tardi: «Ho passato o r e m o r t a l m e n t e pericolose. Mi sentivo solo, a b b a n d o n a t o a n c h e da molti amici, e sol a m e n t e la coscienza di lavorare p e r il Paese mi ha sostenuto. Se costì n o n si c o m p r e n d e quale sforzo io abbia compiuto p e r il b e n e dell'Italia e della pace, se n o n mi si a p p o g g e r à in p i e n o in questa svolta pericolosa, sarà vano s p e r a r e in ritorni». Gli d i e d e r o u n a m a n o , p e r decidere nel senso da lui voluto, i soliti i m p r u d e n t i socialisti. Nitti aveva chiesto che la Costituente discutesse, nella seduta del 13 maggio, la situazione economica e finanziaria. De Gasperi n o n voleva quel dibattito, che p r o m e t t e v a di d i l u n g a r s i p e r s e t t i m a n e e di c o n d i z i o n a r e poi le s u e decisioni; ma n e m m e n o p o t e v a rifiutarlo. S e n o n c h é i socialisti a v v e r t i r o n o c h e al d i b a t t i t o n o n si doveva arrivare senza un c h i a r i m e n t o della situazione ministeriale, e che c o m u n q u e il P S I n o n avrebbe accettato u n o s p o s t a m e n t o a destra dell'equilibrio politico del Paese. E r a q u a n t o o c c o r r e v a a De G a s p e r i p e r c o n v o c a r e , la sera del 12 m a g g i o , la d i r e z i o n e d e m o c r i s t i a n a , o t t e n e r n e l'assenso p e r l ' a p e r t u r a della crisi, e poi d a r n e notizia a De Nicola che si era dichiarato n e t t a m e n t e ostile a u n a crisi extrap a r l a m e n t a r e . D o p o le consultazioni di rito De Nicola, contrario a un reincarico a De Gasperi, affidò a Nitti il tentativo di formare un nuovo governo. Molti videro in q u e s t o passaggio di m a n o l'avvio al tram o n t o della DC c o m e partito c a r d i n e della politica italiana, o a l m e n o al t r a m o n t o di De G a s p e r i . S e c o n d o N e n n i «De 383

Gasperi n o n ha più credito nel Paese, n o n ne ha nell'Assemblea, ne ha p o c o nel suo stesso g r u p p o » . Nitti e r a sugli ottanta, ma li portava abbastanza b e n e . La sua fama di economista brillante fece sì c h e la B o r s a reagisse c o n un deciso rialzo a l l ' a n n u n c i o della d e s i g n a z i o n e . Si p o t e v a d u n q u e s u p p o r r e che fosse acquisito, p e r lui, l ' a p p o g g i o delle d e stre, e m e n o facile quello della DC e delle sinistre. Saragat gli aveva subito dichiarato g u e r r a , p e r antipatia p e r s o n a l e . E Togliatti era molto cauto, s u b o d o r a n d o l'inanità del tentativo. Vi fu un p r i m o i n c e p p a m e n t o p e r c h é la cosiddetta Piccola Intesa, ossia i «laici» (ma senza i liberali), rivendicava u n a sorta di affidamento a scatola chiusa della gestione econ o m i c a , con Riccardo L o m b a r d i a F i n a n z e e T e s o r o , T r e melloni a I n d u s t r i a e C o m m e r c i o , Ivan Matteo L o m b a r d o al C o m m e r c i o c o n l'estero, U g o La Malfa all'Agricoltura. Nitti v e n n e volta a volta accusato di voler c e d e r e t r o p p o a destra e di voler c e d e r e t r o p p o a sinistra (a N e n n i raccontò l ' a n e d d o t o di un conte francese che nello stesso giorno aveva subito d u e processi, u n o intentatogli dalla moglie p e r impotenza, l'altro intentatogli da u n a ragazza p e r stupro). Orl a n d o , di sette anni più anziano ma con rancori e ambizioni n o n ancora placati, litigò con lui. Andreotti, che era in visita ad O r l a n d o , ebbe occasione di orecchiare u n a conversazione tra i d u e vegliardi. « P a r t e n d o dai loro contrasti sulla situazione attuale, cominciarono a rinfacciarsi i loro rispettivi c o m p o r t a m e n t i negli a n n i dell'avvento del fascismo, e infine a insultarsi nei t e r m i n i più c r u d i e volgari» (dalla Storia del dopoguerra di A n t o n i o G a m b i n o ) . Il 21 m a g g i o Nitti ann u n c i ò che il suo «compito di pacificazione» era fallito. U n a missione esplorativa affidata a O r l a n d o fu ancora più breve, e n a u f r a g ò in un g i o r n o . Il 23 m a g g i o - e r a un v e n e r d ì De Nicola n o n prese iniziative, p e r scaramanzia, e il 24 maggio reincaricò De Gasperi. Q u a n d o De Gasperi riprese in m a n o il b a n d o l o della matassa infuriava u n a polemica virulenta tra Togliatti e S u m n e r Welles, già s o t t o s e g r e t a r i o di Stato di Roosevelt. In 384

un'intervista radiofonica questo p e r s o n a g g i o di spicco aveva a c c e n n a t o alla g r a n d e disponibilità di mezzi finanziari dei comunisti italiani, a g g i u n g e n d o che la loro fonte era sic u r a m e n t e Mosca. Togliatti sfidò S u m n e r Welles a p r o v a r e le sue affermazioni. Se n o n l'avesse fatto sarebbe stato consid e r a t o « m e n t i t o r e e c a l u n n i a t o r e » dalle p e r s o n e oneste di tutto il m o n d o . N o n contento di questa intimazione, espressa in un t e l e g r a m m a , Togliatti dedicò agli americani un articolo sull'Unità dal titolo inequivocabile (e abbastanza volgare): «Ma c o m e s o n o cretini». Togliatti e r a in m a l a f e d e . Il m e n t i t o r e era lui, n o n S u m n e r Welles le cui affermazioni ris p o n d e v a n o r i g o r o s a m e n t e a verità. Il pei era sovvenzionato da Mosca, in varie forme, e c o n t i n u ò ad esserlo p e r molti a n n i . ( Q u a n d o nel 1954 scoppiò lo scandalo Seniga - q u e sto stretto collaboratore di Pietro Secchia, che aveva in mano l'organizzazione del partito, scappò con la cassa, s u p p e r giù seicento milioni di allora - Togliatti n o n inoltrò alcuna d e n u n c i a alla m a g i s t r a t u r a , né accusò p u b b l i c a m e n t e il transfuga. Lasciò lo scandalo sotto silenzio, p e r c h é sapeva d i n o n p o t e r giustificare l a p r o v e n i e n z a d i q u e g l i i n g e n t i fondi.) Ma il leader comunista, flessibile e perfino remissivo q u a n d o sapeva d ' a v e r r a g i o n e , diventava a g g r e s s i v a m e n t e s p a v a l d o q u a n d o e r a i n t o r t o : u n a tattica a p p r e s a senza d u b b i o a Mosca, e che la diplomazia dell'URSS segue da d e cenni. Negli Stati Uniti gli insulti di Togliatti suscitarono sensazione forse di proposito ostentata, e il g o v e r n o affettò freddezza verso u n a delegazione ufficiale italiana che vi si trovava p e r discutere accordi commerciali. P u ò darsi che si trattasse d i u n a m a n o v r a c o n c o r d a t a con D e Gasperi, p r o p r i o allo scopo di d i m o s t r a r e che i comunisti n o n d o v e v a n o r e stare al g o v e r n o . P r o c e d e n d o nei colloqui politici a R o m a , De Gasperi volle s o p r a t t u t t o far capire ai suoi interlocutori c h e u n a r i e d i z i o n e del «tripartito» e r a impossibile. Il 26 m a g g i o vide Togliatti, p r e s e n t e Sforza c h e , c o n o s c e n d o le i n t e n z i o n i del P r e s i d e n t e , c o m m e n t ò : « D u n q u e è la g u e r 385

ra». Togliatti e r a disposto a scusarsi in qualche m o d o p e r la violenza delle sue dichiarazioni. «Non ti facciamo difficoltà p e r il Ministero - disse -, ma n o n tolleriamo esclusioni p e r ché allora ci confesseremmo fuori della nazione.» La risposta del leader democristiano fu formulata m o r b i d a m e n t e , ma con sufficiente chiarezza p e r chi volesse capire. Disse che «si tratta del pane» (ossia che p r e m e v a n o i p r o b l e m i economici p e r la cui soluzione e r a indispensabile l'aiuto statunitense) e c h e la n u o v a situazione s a r e b b e stata di «breve p e r i o d o » . Lasciò i n s o m m a b a l e n a r e a Togliatti la eventualità di un rit o r n o al governo n o n a p p e n a la b u r r a s c a fosse passata. Probabilmente Togliatti ci credette. Di sicuro n o n sospettò, allora, che il passaggio all'opposizione del pei dovesse diventare un dato definitivo e irrevocabile della politica italiana. Tra il 27 e il 30 maggio De Gasperi tessè la sua tela, assillato da r e m o r e e perplessità di democristiani a n c h e di p r i mo p i a n o (tra gli altri Piccioni e Pella). P e r v e n n e così alla formazione di un Ministero m o n o c o l o r e d e m o c r i s t i a n o int e g r a t o da d u e liberali, E i n a u d i (vicepresidente) p e r il Bilancio e Grassi p e r la Giustizia, e q u a t t r o i n d i p e n d e n t i : Sforza rimasto agli Esteri, Merzagora al C o m m e r c i o estero, Corbellini ai Trasporti, Del Vecchio al Tesoro. Un Ministero, essenzialmente, di democristiani e di tecnici; fuori tutti gli altri. Ma tra i tutti, quelli che contavano e r a n o i socialisti e più a n c o r a i comunisti. Anche se n o n molti se ne avvidero (Nenni ebbe, u n a volta tanto, b u o n fiuto scrivendo: «Avremo un g o v e r n o col d o p p i o avallo del Vaticano e dell'America... il fatto mi p a r e di u n a gravità senza precedenti») la virata era di p o r t a t a storica. Togliatti, che un p o ' se l'era voluta, o l'aveva accelerata, n o n fece p e r il m o m e n t o la voce grossa. Il 21 giugno, alla Costituente, il g o v e r n o «passò» con 274 voti favorevoli, 231 c o n t r a r i . Q u a n d o già p a r e v a che, v a r a t o il Ministero, le a c q u e politiche p o t e s s e r o r i m a n e r e calme alm e n o p e r u n p o ' , D e Nicola p r o v v i d e a d agitarle a n n u n ciando che si dimetteva. N o n stava molto b e n e , era c o r r u c ciato p e r gli itinerari tortuosi che la crisi di g o v e r n o aveva 386

seguito, e infine era stato p r e s o da u n o dei suoi scrupoli legalitari: la Costituente s'era a u t o p r o r o g a t o il m a n d a t o , e De Nicola riteneva che, stando così le cose, dovesse confermarlo a n c h e a lui, rimasto con investitura di d u b b i a validità. La c o n f e r m a ci fu, c o n u n a v o t a z i o n e quasi plebiscitaria, e il C a p o provvisorio dello Stato, p i ù sereno ma ancora stanco, si r i n t a n ò a T o r r e del Greco p e r un p e r i o d o di meditazione e di riposo.

CAPITOLO SESTO

LA L I N E A E I N A U D I

Caratterizzato sul t e r r e n o politico d a l l i c e n z i a m e n t o delle sinistre, il m o n o c o l o r e allargato di De Gasperi lo fu, sul terr e n o economico, dalla «dittatura» di Luigi Einaudi. Al p r o fessore p i e m o n t e s e che s'era a p p a r t a t o dall'insegnamento e dalla vita pubblica d u r a n t e il v e n t e n n i o littorio, De Gasperi aveva delegato la supervisione dell'economia: u n a m a t e r i a nella quale egli s'addentrava malvolentieri, e svogliatamente, disposto sovente - c o m e tutti i politici «puri» - a forzarne le regole p e r esigenze di g r a n d e o a n c h e di piccola cucina governativa e p a r l a m e n t a r e . E i n a u d i era invece u n o dei p i ù g r a n d i economisti e u r o pei, «liberista» di sicuri convincimenti, espressi, q u a n d o gli capitava di scriverne, in articoli e saggi dal l i n g u a g g i o un p o ' antiquato ma dalla chiarezza cristallina. Avversava i p r o g r a m m i dirigisti delle sinistre - che sognavano di c o n i u g a r e l'espansione p r o d u t t i v a con u n a selva di vincoli politici e assistenziali - ma n o n e r a disposto ad a g e v o l a r e il r u g g e n t e boom, nel quale e r a facile avvertire un che di malsano. I l p r e s i d e n t e della C o n f i n d u s t r i a , A n g e l o Costa, e r a schierato senza esitazioni al lato di Einaudi, e della sua severità. Ma a moltissimi i m p r e n d i t o r i il d e g r a d o della lira - con i salari i m p e g n a t i nella consueta v a n a rincorsa dei prezzi n o n era dispiaciuto: più d ' u n o lo considerava la molla della ripresa. P r o p r i o nei mesi di massima inflazione - tra il giug n o del '46 e il g i u g n o del '47 - le fabbriche, ripristinate in b u o n a p a r t e la loro attrezzatura e la loro efficienza, lavorar o n o a r i t m o intenso. Nel volgere di un a n n o la p r o d u z i o n e automobilistica triplicò, quella del c o t o n e e della l a n a su388

p e r ò i livelli d ' a n t e g u e r r a . Le quotazioni azionarie salivano quasi di p a r i passo, tutti c o m p r a v a n o e v e n d e v a n o in Borsa. «Se n e s s u n avvenimento e n e s s u n p r o v v e d i m e n t o v e r r a n n o a guastare l'attività delle Borse - scrisse la Rivista Bancaria l ' a n n o 1947 s e g n e r à u n a d a t a di cospicuo rilievo nella n o stra economia industriale e produttiva.» Q u e s t a spinta impetuosa e r a p e r ò inquinata dalla febbre speculativa. Infatti, lo ha rilevato Franco C a t a l a n o , «ad un a u m e n t o della circolazione di 20 volte rispetto al 1938 corr i s p o n d e v a un a u m e n t o dei prezzi di 50 volte, il che stava ad i n d i c a r e che la svalutazione della m o n e t a derivava n o n tanto d a l l ' a u m e n t o del circolante, q u a n t o piuttosto da quella che gli economisti dicevano velocità di circolazione, e le sinistre speculazione». E i n a u d i n o n i n t e n d e v a c e r t o p o r r e ostacoli alla ripresa: ma i n t e n d e v a c o r r e g g e r n e le d e g e n e razioni, quel s u r r i s c a l d a m e n t o che si t r a d u c e v a in inflazion e . Gli a m b i e n t i finanziari avevano b e n valutato, fin dall'inizio, le implicazioni negative della linea Einaudi: tanto che la Borsa ne accolse l'avvento n o n con un rialzo, ma con u n a flessione. I p r o v v e d i m e n t i che abolivano il prezzo politico del p a n e e a u m e n t a v a n o vari prezzi pubblici - gas, p o s t e , ferrovie, elettricità - e r a n o i m p o p o l a r i , ma n o n p o t e v a n o essere evitati se si voleva che il deficit di bilancio - mille miliardi di uscite, cinquecento di e n t r a t e - fosse un p o ' a t t e n u a t o . Inoltre il cambio ufficiale del dollaro fu p o r t a t o da 225 a 350 lire: b e n l o n t a n o dal cambio «libero» che, toccata u n a p u n t a di 972 lire q u a n d o la sfiducia nella lira e r a massima e l'inflazione g a l o p p a n t e , si e r a assestato sulle 600 lire. A fine a n n o ogni controllo sul cambio v e n n e c o m u n q u e abolito. Ciò favorì le esportazioni - le nostre merci risultarono più convenienti p e r i c o m p r a t o r i - ma fece lievitare i prezzi dei p r o dotti i m p o r t a t i . S e m p r e nella d i r e t t r i c e «liberista» C e s a r e M e r z a g o r a consentì, con le n o r m e sul «franco valuta», c h e fosse autorizzata l ' i m p o r t a z i o n e di merci, senza a l c u n a pastoia burocratica, utilizzando fondi esistenti all'estero. A chi 389

gli chiedeva ragione di questa i m p u n i t à concessa agli esportatori d i capitali, M e r z a g o r a r e p l i c ò c h e l a sua e r a u n a «guerra ai disertori», ma fatta con l'allettamento, n o n con le punizioni. I risultati gli d i e d e r o ragione e ci valsero 100 milioni di dollari d'importazioni franco valuta nel solo q u a r t o trimestre del 1947. T u t t o questo a n d a v a o t t i m a m e n t e p e r gli i m p r e n d i t o r i . A n d a v a m o l t o male invece la stretta creditizia che E i n a u d i deliberò. Portò il tasso di sconto dal 4 al 5,5 p e r cento, p r e scrisse che le b a n c h e investissero i m p o r t a n t i aliquote dei depositi b a n c a r i in titoli di Stato o in conti speciali fruttiferi presso la Banca d'Italia, inaridì i n s o m m a il flusso di d e n a r o che fino a quel m o m e n t o aveva finanziato l'industria. I titoli c r o l l a r o n o , t r a il s e t t e m b r e e l ' o t t o b r e d e l 1947 si e b b e r o p e r d i t e di oltre la m e t à del l o r o valore di m e r c a t o , c o n il massimo del 91 p e r cento p e r la B r e d a , del 74 p e r cento p e r l'Isotta Fraschini, del 75 p e r c e n t o p e r Pirelli e Fiat. All'inflazione s e g u i r o n o s i n t o m i d i deflazione, c o n u n calo dei prezzi all'ingrosso, tra il s e t t e m b r e e il d i c e m b r e del 1947, dell'8 p e r c e n t o circa, e un a n a l o g o d e c r e m e n t o del costo della vita. La p r o d u z i o n e industriale si contrasse, la disocc u p a z i o n e salì da m e n o di d u e milioni d ' u n i t à a oltre d u e milioni e mezzo. La terapia Einaudi era d u r a , a m a r a , inflessibile; s c o n t e n t ò i settori p i ù a u d a c i o p i ù a v v e n t u r o s i del m o n d o imprenditoriale, provocò proteste di massa, con vaste agitazioni dei metallurgici e d e i tessili, e u n o s c i o p e r o c o n t a d i n o in Val P a d a n a c h e trovava p a r a g o n i p e r la sua ampiezza e compattezza solo negli scioperi agricoli del p r e cedente dopoguerra. La linea E i n a u d i n o n si sarebbe imposta, quali che fossero le qualità e l'autorità del suo assertore, se n o n avesse obbedito a esigenze i n t e r n e e a esigenze internazionali, politiche ed e c o n o m i c h e , c h e n o n p o s s i a m o fare a m e n o , a q u e s t o p u n t o , di riassumere. Il m o n d o si stava d i v i d e n d o in d u e blocchi, e in quello 390

occidentale il «la» ad ogni iniziativa era dato dagli Stati Uniti che r e g g e v a n o i c o r d o n i della borsa. La loro p o t e n z a econ o m i c a , c h e e r a i m m e n s a , s'era moltiplicata nel raffronto con l ' i m p o v e r i m e n t o d e l l ' E u r o p a . Era nell'interesse di Was h i n g t o n c h e gli amici e u r o p e i si rialzassero dalla r o v i n a : p e r costituire un fronte contro il c o m u n i s m o , ma a n c h e p e r offrire un m e r c a t o ai p r o d o t t i americani. Gli U S A e r a n o perciò disposti ad a i u t a r e l a r g a m e n t e gli e u r o p e i , ma a c e r t e condizioni, che furono precisate il 5 g i u g n o . Q u e l g i o r n o il generale Marshall a n n u n c i ò , in un discorso al circolo dei laureati dell'Università di H a r v a r d , che gli Stati Uniti si p r o p o n e v a n o di sostituire un p r o g e t t o organico ai loro f r a m m e n t a r i aiuti. «E evidente - disse - che p r i m a che il g o v e r n o degli Stati Uniti possa u l t e r i o r m e n t e p r o s e g u i r e i suoi sforzi p e r alleviare la situazione e avviare il m o n d o e u r o p e o verso la rinascita, si d o v r à r a g g i u n g e r e un a c c o r d o tra i Paesi e u r o p e i in m e r i t o alle necessità della situazione e alla p a r t e che questi Paesi stessi d o v r a n n o svolgere... Il p r o g r a m m a d o v r e b b e essere unico e costituire il risultato dell'accordo fra parecchie, se n o n fra tutte, le nazioni europee.» L'invito e r a d u n q u e esteso all'intera E u r o p a dall'Atlantico agli U r a l i : e n e l m o m e n t o in cui c o n la « d o t t r i n a T r u man», si consolidavano i fronti c o n t r a p p o s t i dell'Est e dell'Ovest, il «piano Marshall» p a r e v a , nella f o r m u l a z i o n e se n o n nelle intenzioni, un e s t r e m o tentativo di collaborazione e di intesa m o n d i a l e . Bevin p e r la G r a n B r e t a g n a e Bid a u l t p e r la Francia a d e r i r o n o p r o n t a m e n t e e invitarono il loro collega sovietico, Molotov, a u n a conferenza che definisse l ' a t t e g g i a m e n t o dell'Est n e l l ' a m b i t o e u r o p e o . Molotov accettò. N o n è d a t o s a p e r e se l'abbia fatto solo p e r la v e t r i n a , o c o n il serio p r o p o n i m e n t o di v a l u t a r e i p r ò e i c o n t r o . Se recitò, n o n lesinò nella messinscena. P o r t ò c o n sé a Parigi, p e r la Conferenza che s'aprì il 27 g i u g n o , 4 ministri plenipotenziari, 18 consiglieri ed esperti, 17 segretari e t r a d u t t o r i , 56 ausiliari. T u t t o q u e s t o solo p e r a r r i v a r e a 391

un niet. «I crediti americani - disse Molotov - servirebbero n o n a ricostruire l ' E u r o p a , ma a p o r r e u n a p a r t e dei Paesi e u r o p e i in a n t a g o n i s m o con gli altri Paesi e u r o p e i , cosa che p o t r à a p p a r i r e vantaggiosa a quelle p o t e n z e che a s p i r a n o a d o m i n a r e gli altri Paesi. Il g o v e r n o sovietico c r e d e di d o v e r m e t t e r e in g u a r d i a i governi francese e b r i t a n n i c o c o n t r o le c o n s e g u e n z e di u n a tale azione, che t e n d e r e b b e n o n a u n i re gli sforzi dei Paesi e u r o p e i n e l l ' o p e r a di r i c o s t r u z i o n e post-bellica, ma a realizzare dei p r o p o s i t i c o m p l e t a m e n t e diversi.» C o n p r e v e d i b i l e docilità, a n c h e s e c o n m o l t o s e g r e t o r a m m a r i c o , quelli c h e già e r a n o i satelliti d e l C r e m l i n o si a d a t t a r o n o ad u n a decisione della quale si deve riconoscere la logica politica. Mosca i m p e d ì ai russi e ai p o p o l i vassalli di profittare d ' u n a offerta che certo n o n era totalmente disinteressata, ma che avrebbe consentito di d a r e slancio e n o r m e alla r i c o s t r u z i o n e . M a n o n p o t e v a scegliere altra s t r a d a . S i c u r a m e n t e gli Stati Uniti a v r e b b e r o chiesto, p e r d a r e i l o r o q u a t t r i n i , a d e g u a t e g a r a n z i e : p r i m a fra t u t t e quella che i dollari prestati o regalati n o n fossero utilizzati p e r fabbricare a r m i rivolte c o n t r o gli Stati Uniti. U n a trattativa di q u e s t o tipo s a r e b b e stata p e r I ' U R S S f r u s t r a n t e , e inconcludente. Il 3 luglio Bevin e Bidault d i r a m a r o n o un n u o v o invito a 22 Paesi, ridotti a 16 p e r la forzata defezione di Polonia, U n g h e r i a , R o m a n i a , Iugoslavia, Bulgaria e Cecoslovacchia. I sedici f o r m u l a r o n o e n t r o settembre (1947) un r a p p o r t o che spiegava come dovessero essere destinati i ventidue miliardi d i dollari i n q u a t t r o a n n i previsti dal p i a n o Marshall: m a quel r a p p o r t o n o n p i a c q u e t r o p p o a Washington dove lo si considerò «una semplice lista di acquisti» il cui costo sarebbe stato s o p p o r t a t o dall'America, senza l'effettiva indicazione di u n a «sia p u r m i n i m a collaborazione economica continentale». Il Congresso diffidò e si m o s t r ò restìo ad a p p r o v a r e il p i a n o : ma q u a n d o , nel febbraio del '48, il m o n d o fu scosso dal colpo di Stato cecoslovacco, la p r o c e d u r a ebbe u n a spin392

ta decisiva. Il 3 aprile del '48 fu autorizzata da T r u m a n la concessione di sei miliardi di dollari p e r il p r i m o a n n o . L'America aveva finalmente e p e r s e m p r e c a p i t o q u a l e fosse l'interpretazione che Stalin voleva d a r e agli accordi di Yalta. Al r i p a r o dell'Armata Rossa, nei Paesi da questa occupati, i d i r i g e n t i comunisti s ' i m p a d r o n i v a n o di t u t t e le leve del p o t e r e , m a n t e n e n d o in funzione dei g o v e r n i di fittizia «unità nazionale», ma c a n c e l l a n d o o g n i opposizione, e a n che ogni timida dissidenza. Si celebravano riti elettorali che n o n e r a n o ancora le farse totalitarie del 99 p e r cento dei voti ai comunisti, ma già rovesciavano, con pressioni e intimidazioni d ' o g n i g e n e r e , i veri r a p p o r t i di forza. 1131 agosto del 1947, q u a n d o s'era votato in U n g h e r i a , la coalizione socialcomunista aveva raccolto il 37 p e r cento dei suffragi, e il Partito dei piccoli p r o p r i e t a r i - esule dal m a g g i o F e r e n c Nagy - e r a p r e c i p i t a t o dal 57 al 14 p e r c e n t o . Q u a s i negli stessi g i o r n i il Partito nazionale c o n t a d i n o e r a stato messo fuori legge in R o m a n i a , e il Partito a g r a r i o fuori legge in Bulgaria d o p o la c o n d a n n a a m o r t e di Petkov. In settembre fu deliberato in Cecoslovacchia il patto d ' u n i t à d'azione tra Partito comunista e Partito socialista, e infine il 17 febbraio 1948 il leader comunista Gottwald p r e s e le redini del governo in Cecoslovacchia. Il ministro degli Esteri di quel paese, J a n Masaryk, che p u r e si era «allineato» al n u o v o corso, ma era tormentato dai più cupi pentimenti e presentimenti, m o r ì misteriosamente il 10 m a r z o successivo «cadendo» da u n a finestra del Palazzo C z e r n i n , d o v e aveva l'ufficio. Sec o n d o la versione ufficiale, t u t t ' a l t r o che persuasiva, si e r a tolto la vita p e r un grave collasso nervoso. Q u e s t o r o s a r i o di colpi di m a n o e di u s u r p a z i o n i e b b e u n a cornice politica: il C o m i n f o r m , risorto dalle ceneri del defunto C o m i n t e r n nel quale Palmiro Togliatti aveva avuto un r u o l o di p r i m o p i a n o . Il C o m i n f o r m r a g g r u p p ò solo u n a p a r t e dei Partiti comunisti che e r a n o affiliati al C o m i n t e r n (o T e r z a i n t e r n a z i o n a l e ) , sciolto da Stalin nel m a g g i o del 1943. Oltre ai Partiti comunisti d e l l ' E u r o p a orientale furo393

no invitati a p a r t e c i p a r v i - unici r a p p r e s e n t a n t i dell'Occid e n t e - gli italiani e i francesi. Dubbio o n o r e concesso - fu s p i e g a t o ufficialmente - « p e r c h é (Francia e Italia) s o n o i paesi che al m o m e n t o attuale sono più minacciati dalle mire aggressive dell'imperialismo e che più possono fare p e r res p i n g e r e la sua offensiva». La verità è che a Stalin i Partiti c o m u n i s t i m i n o r i - belga, s p a g n o l o , inglese e così via - in quel m o m e n t o n o n interessavano. Dal C o m i n f o r m , che teor i c a m e n t e aveva il c o m p i t o di c o o r d i n a r e lo scambio di i n f o r m a z i o n i t r a Partiti c o m u n i s t i , Stalin p r e t e n d e v a in r e a l t à u n a d i l i g e n t e e s e c u z i o n e delle sue d i r e t t i v e . Alla g u e r r a f r e d d a di T r u m a n il d i t t a t o r e sovietico r i s p o n d e v a con un irrigidimento cui veniva dato - p e r il tipico gusto sovietico della m a s c h e r a t u r a verbale - il n o m e di «offensiva di pace». Il conclave comunista si r a d u n ò a Szklarska Poreba, u n a località polacca della Slesia ex-tedesca, nei pressi di Breslavia. N o n vi i n t e r v e n n e r o i «grandi», a cominciare da Stalin. I delegati e r a n o tuttavia autorevoli: Zdanov e Malenkov p e r I ' U R S S , Kardelj e Gilas p e r la Iugoslavia, Duclos e Fajon p e r la Francia, Slansky (poi c o n d a n n a t o a m o r t e e giustiziato) e Bastovanshky p e r la Cecoslovacchia, G o m u l k a (il p e r s e g u i tato di qualche a n n o d o p o ) e Minz p e r la Polonia, altri p e r sonaggi di analogo r a n g o p e r U n g h e r i a e Bulgaria. Togliatti d e s i g n ò E u g e n i o Reale e Luigi L o n g o . L'invito e r a stato indirizzato a lui. Ma - sia che subodorasse le critiche di cui sarebbe stato subissato in Polonia, sia che ritenesse t r o p p o m o d e s t o il livello degli altri partecipanti - si schermì dicendo che n o n se la sentiva d'affrontare un viaggio così faticoso. R a c c o m a n d ò ai suoi «ambasciatori» di m e t t e r e in rilievo la f u n z i o n e d i r i g e n t e dei c o m u n i s t i nella lotta p a r t i g i a n a n o n c h é la forza n u m e r i c a del partito. Z d a n o v d i e d e l'avvio ai lavori nella villa - n o r m a l m e n t e adibita a casa di riposo p e r funzionari di polizia, e vigilata da migliaia di soldati e agenti - in cui si t e n n e la Conferenza: e disse che i p o p o l i a m a n t i della libertà a v e v a n o «l'im394

portantissimo compito di assicurare u n a pace democratica e d u r a t u r a , consolidando la vittoria sul fascismo». Un compito nel quale «spetta a l l ' U n i o n e Sovietica e alla sua politica estera u n a funzione dirigente». Q u a n t o ai Partiti comunisti italiano e francese, e r a n o i m p e g n a t i a « p r e n d e r e nelle loro m a n i la b a n d i e r a della difesa d e l l ' i n d i p e n d e n z a nazionale e della sovranità dei rispettivi Paesi». Si era ancora alle g e n e rali. Il peggio, p e r Reale e L o n g o , v e n n e d o p o . Il «revisionismo» italiano e francese aveva fatto, nell'ottica di Stalin, il suo t e m p o . S o p r a t t u t t o , il d u t t i l e e d i s p o n i b i l e Togliatti, l'uomo della svolta di Salerno e della alleanza con i cattolici, doveva essere riconvertito alla d u r e z z a . Fedele ad u n a coll a u d a t a tecnica sovietica, Zdanov n o n p r o n u n c i ò p e r s o n a l m e n t e la requisitoria. L'affidò ai c o m p a g n i iugoslavi i quali, p e r r a n c o r e anti-italiano oltre che p e r ortodossia ideologica, n o n c h i e d e v a n o di meglio. Kardelj attaccò Togliatti che n o n riusciva ad essere «un capo che trascina il suo popolo», fece del sarcasmo sull'affermazione togliattiana s e c o n d o la q u a l e u n t e n t a t i v o r i v o l u z i o n a r i o a v r e b b e fatto dell'Italia un'altra Grecia («La situazione greca è migliore, d o p o t u t t o , di quella francese e italiana»), osservò che la politica di u n i o ne nazionale aveva un senso là dove il Partito comunista era e g e m o n e , n o n là dove s'imponeva u n a vera «collaborazione con i partiti borghesi». Anche i francesi ebbero la loro razion e d i p e s a n t i critiche. L o n g o reagì, h a testimoniato E u g e nio Reale, «con dignità e con u n a certa quale fierezza», Duclos «come un piccolo bottegaio colto a r u b a r e sul peso». C o m u n q u e i delegati italiani firmarono docilmente la dichiarazione finale, che significava u n a svolta in senso intransigente della politica comunista. L'ombra di Stalin giganteggiava sulla Conferenza, p e r sua d e t t a t u r a fu deciso che la testata del giornale del C o m i n f o r m sarebbe stata Per una pace durevole, per una democrazìa popolare, n o n p r o p r i o un esempio di concisione ed efficacia. «Stalin - ha scritto Bocca nella sua biografìa di Togliatti - si o c c u p a di t u t t o , d e c i d e t u t t o . La sera stessa in cui si c h i u d e la conferenza gli italiani, che 395

versano in difficili condizioni economiche, c h i e d o n o al delegato sovietico Scevliaghin che si occupa dei partiti italiano e francese di p r o c u r a r e un finanziamento p e r YUnità, e Stalin p e r telefono a p p r o v a l'acquisto d a p a r t e r u s s a d i 2 0 mila tonnellate di aranci e limoni: un funzionario iugoslavo verserà la cifra della m e d i a z i o n e al c o m p a g n o Paolo Robotti, incaricato dal pei p e r queste delicate operazioni.» T r a m o n t a v a , c o n la nascita del C o m i n f o r m , il d i s e g n o delle vie nazionali al socialismo. Il Cominform, ha ammesso G i a n c a r l o Pajetta, «pesò sui Partiti c o m u n i s t i d e l l ' E u r o p a occidentale. Molti ne f u r o n o c o m e schiacciati». E Alessand r o Natta: «Senza d u b b i o la costituzione del C o m i n f o r m int r o d u c e un elemento di contraddizione e di freno». L'atto finale della Conferenza, oltre a c o n t r a p p o r r e la democratica U n i o n e Sovietica agli imperialisti a m e r i c a n i , si scagliò con virulenza c o n t r o «la politica di t r a d i m e n t o fatta dai socialisti di destra del tipo B l u m in Francia, Attlee e Bevin in Inghilt e r r a , S c h u m a c h e r in G e r m a n i a , Saragat in Italia. Costoro si sforzano di dissimulare il carattere brigantesco della politica imperialista». In questo clima, e sotto le sferzate ammonitrici del tiranno di Mosca, il P C I , che già aveva largheggiato in servilismo e a d u l a z i o n e verso l ' U n i o n e Sovietica e Stalin, d i v e n n e un organismo dalle reazioni pavloviane. N e r o e bianco, inferno e paradiso, tutto il male del m o n d o a occidente, tutto il ben e a est. I notabili del partito battevano I ' U R S S e i suoi satelliti, e ne t o r n a v a n o - stando ai loro discorsi e ai loro articoli - con il c u o r e gonfio di gioia p e r ciò che vi avevano visto, e nello stesso t e m p o gonfio di a m a r e z z a p e r il c o n t r a s t o t r a quella s e r e n a letizia e le sofferenze del p o p o l o italiano. La pubblicistica c o m u n i s t a r a g g i u n s e rari vertici di piaggeria, che sarebbe stata a m a l a p e n a tollerabile se si fosse in qualc h e m o d o avvicinata alla verità, m a d i v e n t a v a r i p u g n a n t e p e r c h é consapevolmente falsa. II t o n o e lo stile surclassavano, in certezza fideistica e tracotanza inquisitoria, i peggiori eccessi clericali (non ne mancavano). 396

O g n i aspetto della società sovietica - negli anni staliniani e r a esaltato. In un libro p u b b l i c a t o nel 1978 (I primi della classe) R u g g e r o Guarini e G i u s e p p e Saltini raccolsero un florilegio insieme divertente e avvilente degli inneggianti spropositi espressi n o n da incolti braccianti e o p e r a i - essi e r a n o anzi le vittime della gigantesca mistificazione - ma da politici, intellettuali, giornalisti: alcuni tra loro poi t a r d i v a m e n t e «pentiti». Concetto Marchesi, grecista illustre, scriverà senza arrossire che «l'opera di Stalin è o p e r a liberatoria da q u a l u n q u e o p p r e s s i o n e : da quella che fa l ' u o m o schiavo della fame e della fatica a quella che lo fa s t r u m e n t o e oggetto di rovina». G a s t o n e M a n a c o r d a i r o n i z z e r à su chi aveva dei d u b b i circa la correttezza delle g r a n d i p u r g h e staliniane d e gli a n n i T r e n t a : «Sembra incredibile che a n c o r a possa avere qualche successo il mito di questi processi, q u a n d o o r m a i il carattere di q u i n t a colonna nazista della c o n g i u r a b u k h a r i niano-trotzkista è l a r g h i s s i m a m e n t e d o c u m e n t a t o da fonti n o n sospette». Per Lucio L o m b a r d o Radice «è a s s u r d o voler p o r r e il p r o b l e m a d e l l ' i n d i p e n d e n z a nazionale nei confronti dell'URSS allo stesso m o d o in cui lo si p o n e nei confronti dei Paesi imperialisti. N o n p u ò esistere t i m o r e , sospetto di o p p r e s s i o n e nazionale del Paese del socialismo a d a n n o di altri popoli». Dello stesso L o m b a r d o Radice questa m e m o rabile s e n t e n z a : «La scuola n e l l ' U n i o n e Sovietica è civiltà che si sviluppa: a noi, che viviamo in u n a civiltà che agonizza, tutto ciò s e m b r a quasi fiabesco!». I biechi capitalisti n o n p r e n d o n o sul serio un saggio linguistico di Stalin? Togliatti li m e t t e in riga: «Non ci soffermeremo sul p r e t e s o scandalo di Stalin che scrive sui r a p p o r t i tra il m a r x i s m o e la linguistica, p e r c h é n o n riusciamo a capire chi con più c o m p e t e n z a a v r e b b e d o v u t o scriverne, c h i u d e n d o u n a polemica d u rata a n n i e anni, se n o n Stalin che è, e n e s s u n o v o r r à n e g a r lo, il più c o m p e t e n t e e autorevole dei marxisti». Se questo era folklore, la polemica più p r o p r i a m e n t e p o litica del PCI fu, d o p o la creazione del Cominform, un riverb e r o preciso del «nuovo corso» dettato da Stalin. Ne deriva397

r o n o imbarazzi p e r i socialisti, alleati dei comunisti, p r i m a scavalcati a destra, ora scavalcati a sinistra, e N e n n i osservava il 7 o t t o b r e 1947: «Salvo un fatto n u o v o , si avvera c h e stiamo p e r essere sospinti a essere c e n t o p e r c e n t o o con l'Occidente o con l ' O r i e n t e , ciò che p e r noi è impossibile». Unica consolazione p e r i socialisti la confluenza nel P S I del Partito d'azione, nel frattempo d e f u n t o - ne r i p a r l e r e m o a n c h e ufficialmente. In parallelo con il «gelo», si deteriorava in Italia la situazion e sociale. S e m p r e p i ù f r e q u e n t i e r a n o l e manifestazioni violente, gli scontri, gli spargimenti di s a n g u e . N e n n i registrava allarmato il p r o p a g a r s i di questa torbida i n q u i e t u d i n e . «12 n o v e m b r e . U n a ventata di t e r r o r i s m o si è abbattuta sull'Alta Italia e p a r t i c o l a r m e n t e su Milano. Si è cominciato con le b o m b e alle sedi comuniste cui sono seguite m i s u r e di rappresaglia che a loro volta h a n n o provocato altri attentati. Un cerchio infernale. Ieri a Mediglia un agrario ha spar a t o su degli o p e r a i u c c i d e n d o n e u n o ed è stato linciato. Stamattina u n a b o m b a è stata lanciata c o n t r o u n a sede com u n i s t a a Milano. Ne è seguito u n o sciopero g e n e r a l e con devastazioni di giornali e di sedi del M S I , d e i q u a l u n q u i s t i e c c . . 13 n o v e m b r e . L ' o n d a t a di violenza dilaga. A N a p o l i oggi ci sono stati grossi incidenti. Così a Livorno, nel Salern i t a n o , a P a l e r m o ecc. Sedi di organizzazioni di d e s t r a e giornali sono presi d'assalto. Il ministro Sceiba ha risposto oggi a b e n undici interrogazioni. N o n s u p p o n e v o in lui tanto cinismo e u n a così scarsa sensibilità politica. 14 n o v e m b r e . Nel Paese la situazione è s e m p r e molto tesa e si t e m o n o gravi i n c i d e n t i a C r e m o n a . I n s o m m a l'atmosfera del ' 2 1 , con la differenza che siamo più folti d'allora.» Più che De Gasperi, p e r le sinistre il n e m i c o e r a Sceiba, m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o , anzi, s e c o n d o la locuzione che esse preferivano, ministro di polizia. De Gasperi dettava le g r a n di strategie, e in questo fu insuperabile. E i n a u d i reggeva il t i m o n e dell'economia. Ma il peso della accentuata pressione 398

comunista, che si traduceva in moti di piazza (e alla quale si c o n t r a p p o n e v a n o i rigurgiti fascisti) lo s o p p o r t ò p e r i n t e r o questo avvocato n o n ancora c i n q u a n t e n n e . Siciliano c o m e d o n Sturzo, del quale e r a stato fedele seg u a c e e affettuoso d i s c e p o l o , antifascista senza t e n t e n n a m e n t i , r e p u b b l i c a n o , f e r m o nelle sue idee - n o n voleva la firma d e l t r a t t a t o di pace, e lo disse c h i a r a m e n t e - Sceiba n o n aveva p a u r a d'aver coraggio. Il che ne faceva un d e m o cristiano a n o m a l o , u n m u r o t r a tanti materassi d i g o m m a p i u m a . Di statura un p o ' inferiore alla media, ma q u a d r a t o di spalle e dal gestire risentito, quasi c o m p l e t a m e n t e calvo a n c h e in età giovanile, gli occhi piccoli, neri e mobilissimi, il volto pallido r o t o n d e t t o e dalla pelle lucida e tirata sul quale si inseguivano c o n t i n u a m e n t e espressioni fugacissime di d i v e r t i m e n t o , s t u p o r e , irritazione, Sceiba replicava agli attacchi che in un P a r l a m e n t o t u m u l t u a n t e gli venivano rivolti, con forte accento siciliano, ma a n c h e con un linguaggio scarno, a d e r e n t e alle cose: ciò che N e n n i scambiava p e r cinismo. Affermava, quasi ostentava il diritto dello Stato a difendersi. Per la ragion di Stato e r a p r o n t o a n c h e a m e n t i r e - lo si vide nel caso Giuliano -, mai p e r ò a tradire il suo dovere. C o n la sua polizia a n c o r a «infiltrata» da e l e m e n t i p a r t i giani che e r a n o elementi comunisti, con la sua Celere raccogliticcia, Sceiba aveva l'immane compito di fronteggiare n o n soltanto i pericoli p r e s e n t i , ma quelli potenziali. Ci voleva del fegato. C o n t r e n t ' a n n i di anticipo sull'Argentina, l'Italia fu allora la patria dei desaparecidos. Togliatti n o n voleva fare la rivoluzione, ma alcuni dei suoi - Pietro Secchia in partic o l a r e , lo v e d r e m o - sì. Togliatti lasciava c o m u n q u e c h e i militanti «duri» c r e d e s s e r o alla possibilità d ' u n a risolutiva lotta a r m a t a . Il partito parallelo, e l'«esercito popolare» parallelo, avevano i n q u a d r a m e n t o e a r m i . Soffitte, scantinati, fienili e r a n o z e p p i di fucili, mitra, pistole, b o m b e a m a n o . Poteva b a s t a r e u n a scintilla p e r a p p i c c a r e l'incendio e trasformare l'Italia, se n o n in u n a Polonia o in u n a Cecoslovac399

chia, a l m e n o in u n a Grecia. Sceiba calamitò l'odio delle sinistre, e in un c e r t o m o d o si c o m p i a c q u e di farlo, lasciando agli «amici» della D C , che di amicizia gliene m o s t r a r o n o semp r e pochissima, il lusso dei «dialoghi». I n c a p p ò , p r o p r i o p e r questo suo carattere spigoloso, in e r r o r i e grossolanità: mai in slealtà. N o n aveva la stoffa dello statista, e lo si vide q u a n d o , scomparso De Gasperi, resse il governo: ma in abbinata con De Gasperi, fu u n o dei pilastri della Democrazia cristiana e a n c h e della d e m o c r a z i a tout court. La rivolta a r m a t a n o n ci fu, ma le sue «prove generali» sarebbero bastate p e r s p r o f o n d a r e nel panico un u o m o m e n o forte: la p r i m a fu la cosiddetta «guerra di Troilo», a Milano, della quale ci occup e r e m o subito.

CAPITOLO SETTIMO

LA G U E R R A DI T R O I L O

Ettore Troilo, ufficiale di c o m p l e m e n t o , avvocato, militante d e l Partito d ' a z i o n e , e r a stato u n valoroso c o m a n d a n t e d i formazioni p a r t i g i a n e della Maiella. Le b e n e m e r e n z e resistenziali l'avevano abilitato a r i c o p r i r e la carica di Prefetto di M i l a n o q u a n d o R i c c a r d o L o m b a r d i se n ' e r a tolto, nel g e n n a i o del 1946, p e r a s s u m e r e il Dicastero dei T r a s p o r t i nel p r i m o g o v e r n o De Gasperi. L o m b a r d i aveva posto c o m e condizione, p e r allontanarsi da Milano, che la Prefettura passasse n o n a un funzionario di carriera, ma a un altro politico antifascista. Troilo, piccolo, garbato, con folti capelli scuri e occhi un p o ' sporgenti in un volto facilmente atteggiato alla stupefazione, n o n aveva né la stoffa del prefetto né quella del politico. E r a n o stati gli avvenimenti a p o r t a r l o nel palazzo di corso Monforte, e lui se ne lasciava trascinare d i m o s t r a n d o un certo b u o n senso, ma a n c h e u n a certa mollezza: q u a n t o sarebbe bastato a farlo galleggiare in t e m p i di o r d i n a r i a amministrazione, ma n o n bastava p r o p r i o in q u e i mesi infuocati. E r a ansioso di garantirsi - d o p o tanti sommovimenti e tanti rischi - un tranquillo futuro p e r s o n a l e : scoprì invece, all'improvviso, d'essere d i v e n t a t o u n Simbolo, i n c a r n a z i o n e della Resistenza dell'Antifascismo, della Democrazia, tutto in maiuscolo. La p o l t r o n a su cui sedeva era scomoda. In L o m b a r d i a la tensione e r a g r a n d e , e le masse di sinistra, tra le quali si ann i d a v a n o m i n o r a n z e che praticavano la violenza sanguinaria e volevano la rivoluzione, m o r d e v a n o il freno. L'episodio di Giorgio M a g e n e s - d i r i g e n t e q u a l u n q u i s t a che assediato nella sua cascina p r e s s o Mediglia, aveva ucciso u n o 401

degli assalitori, ed era stato poi linciato - p o r t ò il fermento al di s o p r a del livello di g u a r d i a . I m o d e r a t i c h i e d e v a n o il s i l u r a m e n t o del Prefetto c h e n o n aveva s a p u t o p r e v e n i r e l'attacco al M a g e n e s , né far intervenire con tempestività le forze dell'ordine q u a n d o la folla si era scatenata; le sinistre inscenavano manifestazioni eccitate - u n a i m p o n e n t e , il 13 n o v e m b r e (1947), in Piazza del D u o m o a Milano - contro «i delitti e gli assassini dei fascisti». In questo clima esacerbato la rimozione dalla Prefettura più i m p o r t a n t e d'Italia - anche più della Prefettura di R o m a , m e n o a u t o n o m a p e r c h é controllata a vista dal governo - dell'ultimo Prefetto politico sarebbe stata considerata dal pei ufficiale, e ancor più dalla sua struttura parallela e clandestina, u n a sfida: la definitiva archiviazione dei «valori della Resistenza». P r o b a b i l m e n t e Troilo, attento soprattutto al suo «particulare», n o n capì tutto questo. Se lo capì, ne fu p i ù i m p a u r i t o che affascinato. E preferì tagliare la corda. Sulla circostanza delle dimissioni esistono d u e versioni. Secondo la p r i m a - che fu la versione di Sceiba - Troilo ambiva da t e m p o ad essere trasferito nei r a n g h i della diplomazia. Il 18 ottobre (1947) aveva inviato a De Gasperi u n a lettera nella quale lo p r e g a v a «di voler c o n s i d e r a r e da oggi a sua disposizione il posto che occupo», accennava al fatto che «il lavoro massacrante e le responsabilità che mi o b e r a n o mi h a n n o l e t t e r a l m e n t e esaurito», si i m p e g n a v a a n o n d a r e la notizia della sua r i n u n c i a finché n o n fosse stato designato un successore, e si a u g u r a v a di poter ancora servire il Paese «in Patria o all'estero». De G a s p e r i - cui n o n p a r e v a v e r o , nel suo piano restauratore, di liquidare l'ultimo Prefetto p o litico - si a d o p e r ò presso il ministro degli Esteri Sforza, che t r o v ò a Troilo un incarico, p a r e all'oNU. S t a n d o a q u a n t o Sceiba dichiarò poi alla Costituente, Troilo s'era detto felice della sistemazione «diplomatica», e anzi il 27 n o v e m b r e aveva telefonato al sottosegretario agli I n t e r n i Marazza p e r sollecitare l'avvicendamento. Marazza ne avvertì Sceiba, e Sceiba chiese al Prefetto di Torino Ciotola se fosse disposto a tra402

sferirsi a Milano. O t t e n u t o l'assenso comunicò il «movimento» alle agenzie di stampa senza aver l'accortezza di sottolin e a r e che Troilo lasciava il posto a sua richiesta, e d o p o varie sue insistenze. Assai diversa la versione di sinistra, raccontata da Miriam Mafai nel suo Luomo che sognava la lotta armata (una biografia di Pietro Secchia). La Mafai afferma che De Gasperi aveva r i p e t u t a m e n t e t e n t a t o d ' i n d u r r e Troilo alle dimissioni. «Ma Troilo n o n e r a disponibile ed anzi, di fronte a u n a lettera di d e p l o r a z i o n e che gli g i u n g e da Sceiba, reagisce con u n a protesta sdegnata al Presidente del Consiglio. O r m a i la testa di Troilo è diventata p e r Sceiba u n a questione di principio, ma la sua p e r m a n e n z a a Milano è diventata u n a questione di p r i n c i p i o a n c h e p e r t u t t e le forze d e m o c r a t i c h e della città che p r o m u o v o n o a suo favore manifestazioni, cortei, ordini del giorno.» La versione di Sceiba, anche se burocratica e riduttiva, è d i g r a n l u n g a p i ù attendibile p e r q u a n t o r i g u a r d a l'attegg i a m e n t o di Troilo, che aveva accettato - lo c o n f e r m ò egli stesso - di p a s s a r e dalla P r e f e t t u r a a u n ' a m b a s c i a t a e che, placata la s o m m o s s a milanese, p e n o s a m e n t e insistette p e r essere accontentato. Egli d i v e n n e un e m b l e m a resistenziale suo m a l g r a d o . Fu costretto ad esserlo dalla animosità e dai r a n c o r i dei comunisti, n o n c h é dalla retorica di chi si accodava a loro: c o m e il sindaco socialista A n t o n i o G r e p p i , un g a l a n t u o m o emotivo, verboso ed enfatico, che inviava a De Gasperi un a p p e l l o d r a m m a t i c o : «Troilo resti a Milano: le p a r l o in n o m e della città, voglio s p e r a r e che la città v e r r à ascoltata». Ma la fragilità del motivo invocato dalle sinistre sarà r e t r o s p e t t i v a m e n t e c o n f e r m a t a d a N e n n i che nel suo diario (in d a t a 1 d i c e m b r e ) scriverà: «C'è m o l t o f e r m e n t o nelle fabbriche ma si cerca il m o d o di tirare i r e m i in barca. I nostri sono c a d u t i in u n a p r o v o c a z i o n e di Sceiba. Se nel suo p r i m o comunicato il ministro avesse pubblicato la lettera di dimissioni di Troilo, e avesse fatto conoscere la sua destinazione a un posto diplomatico, n e s s u n o si sarebbe mos403

so di fronte all'intesa, o al m e r c a t o , fra il g o v e r n o e il suo rappresentante». D o p o la deliberazione del Consiglio dei ministri che n o m i n a v a Ciotola, la p r o t e s t a a s s u n s e p r e s t o i c o n n o t a t i di u n ' i n s u r r e z i o n e , o a l m e n o di u n a p r e - i n s u r r e z i o n e . Sotto la spinta comunista si formò a Milano, nella notte tra il 27 e il 2 8 n o v e m b r e , u n C o m i t a t o cittadino, reviviscenza dei Comitati di liberazione nazionale, si dimise G r e p p i , si dimise il Consiglio c o m u n a l e , si dimisero 170 sindaci della provincia. Risoffiava i m p e t u o s o il v e n t o del N o r d . Nelle fabbriche chiuse alla p r o d u z i o n e (non solo in L o m b a r d i a , ma a n c h e a G e n o v a e altrove) f u r o n o mobilitati gli attivisti di sinistra, che c o n c i o n a r o n o le maestranze e r a d u n a r o n o a u t o c a r r i in g r a n n u m e r o , p r e n d e n d o l i disinvoltamente dal parco automezzi degli stabilimenti, p e r u n a marcia su Milano. Il 28 nov e m b r e 1947 - e r a u n a grigia g i o r n a t a a u t u n n a l e - queste colonne affluirono sulla m e t r o p o l i l o m b a r d a , e si diressero verso corso Monforte e il Palazzo Diotti in cui ha sede la Prefettura. N o n tutti i militanti in g i u b b o t t o di pelle n e r a che stavano nei cassoni degli autocarri avevano le idee b e n chiare su q u a n t o stava a c c a d e n d o . Q u a l c h e pattuglia issava cartelli con la scritta «a m o r t e Troilo», il Prefetto essendo, p e r definizione, il r a p p r e s e n t a n t e dello Stato o p p r e s s o r e e reazionario. Il c o m a n d o delle operazioni era stato p r e s o da Giancarlo Pajetta, federale comunista p e r la L o m b a r d i a , che si era insediato, con altri dirigenti del partito, in Prefettura: consenziente, ma t r e m e b o n d o , il p o v e r o Troilo, t u t t o r a in carica. Presto la P r e f e t t u r a fu invasa da c e n t i n a i a di miliziani che s'installarono un p o ' d o v u n q u e , s o v r a p p o n e n d o s i facilm e n t e alle forze d e l l ' o r d i n e che, prive di direttive, n o n sap e v a n o cosa fare. Le s t r a d e a t t o r n o al palazzo furono bloccate da autocarri, v e n n e r o istituiti posti di blocco controllati da attivistiràèl P C I , furono allineati cavalli di Frisia trovati chissà dove. Richiamata dall'«happening» - u n a presa della Bastiglia all'italiana, con il r a p p r e s e n t a n t e del g o v e r n o che 404

sta dalla p a r t e d e i rivoltosi - s'era p r e c i p i t a t a in c o r s o Monforte u n a c a m p i o n a t u r a v a r i o p i n t a della società milanese: i maggiori capi comunisti - Alberganti, Scotti, Venanzi, oltre a Giancarlo Pajetta - ma a n c h e resistenti salottieri p r e c u r s o r i dei radical-chic degli a n n i Settanta, e teste confuse c o m e l'impresario teatrale Remigio P a o n e , le cui concioni, n e l l ' a n t i c a m e r a di Troilo, n o n c o n t r i b u i v a n o certo a chiarirgli le i d e e . Da R o m a , Sceiba taceva. S a p e v a c h e il Q u e s t o r e Agnesina e r a asserragliato nel suo fortilizio di via Fatebenefratelli, e aveva c e r c a t o di r a g g i u n g e r e s u b i t o il C o m a n d a n t e d e l C o r p o d ' A r m a t a di M i l a n o e il C o m a n d a n t e della divisione Legnano. E s s e n d o e n t r a m b i risultati p e r il m o m e n t o introvabili, s'era rivolto al C o m a n d a n t e militare della piazza di B e r g a m o d a n d o g l i o r d i n i p e r u n a occ u p a z i o n e della Prefettura, se fosse stato necessario, a n c h e con la forza. M e n t r e le o r e t r a s c o r r e v a n o , c o m i n c i a r o n o a schierarsi a t t o r n o alla Q u e s t u r a , e a n c h e a qualche distanza dalle milizie operaie e dai cavalli di Frisia, soldati della Legnano, carabinieri, agenti. La famigerata e s a n g u i n a r i a Volante Rossa, che solitamente agiva nell'ombra, questa volta e r a uscita allo scoperto. Un suo a u t o c a r r o stava o s t e n t a t a m e n t e accanto al p o r t o n e di corso Monforte, g u a r d a t o da figuri con mitra e pistole. Per l'intera mattinata Troilo n o n aveva r i t e n u t o di dover i n f o r m a r e il ministro che qualcosa di inconsueto stava accad e n d o a Milano (solo alle 17 rispose a un t e l e g r a m m a incalzante di Sceiba con quest'altro singolare t e l e g r a m m a : «Sono qui in p i e n a libertà e in attesa dell'arrivo dell'onorevole Marazza. O r d i n e pubblico n o r m a l e n o n o s t a n t e sciopero g e n e rale i n atto»). E t t o r e Troilo d o v e v a a v e r e u n a c o n c e z i o n e molto peculiare della normalità. Nel suo ufJSfe s p a d r o n e g giava Pajetta, che ogni tanto, forse a n n o i a i M H p a c e v a qualche telefonata. U n a volta, s t a n d o a q u a n t | 9 ^ H B : t o Miriam Mafai c h e c e r t a m e n t e d i s p o n e d i n o t i z i V ^ ^ H m a m a n o , Pajetta chiamò il Viminale e a Sceiba disse ironicamente: «Ti 405

avverto che da adesso hai u n a Prefettura in m e n o , quella di Milano». Sceiba tacque. Un'altra volta Pajetta si mise in comunicazione con Togliatti p e r annunciargli spavaldamente: «Abbiamo la Prefettura di Milano». E Togliatti, gelido: «Bravi, e cosa i n t e n d e t e farne?». A posteriori Pajetta ha asserito che lui e gli altri p r o m o tori d e l l ' o c c u p a z i o n e n o n a v e v a n o i n t e n z i o n i eversive. «Si trattava di m o s t r a r e che avevamo u n a forza notevole ed erav a m o p r o n t i a usarla, in m o d o da i m p e d i r e che certa gente si illudesse di poterci liquidare facilmente. Ma nulla di più.» Q u a n d o il g e n e r a l e Capizzi cui Sceiba, p u r esitante, pensava di affidare ogni p o t e r e a Milano, e n t r ò in Prefettura facendosi largo tra i facinorosi, e riusci ad arrivare fin davanti a Troilo, Pajetta - lo ha r a c c o n t a t o egli stesso - si rivolse a u n o dei suoi l u o g o t e n e n t i e gli chiese di q u a n t i u o m i n i il PCI potesse d i s p o r r e . «Trentamila mi rispose il c o m p a g n o , e il generale che era arrivato da noi deciso a p r o c l a m a r e lo stato d'assedio se ne a n d ò senza aver fatto n e s s u n a minaccia. Ma r a g g i u n t o questo scopo io chiamai subito accanto a me gli altri dirigenti comunisti e dissi loro che u n a cosa doveva essere b e n chiara: se l'esercito arrivava davvero e si creavano le condizioni p e r un conflitto, noi ci s a r e m m o ritirati.» C h e così Pajetta pensasse v e r a m e n t e nelle o r e infuocate dalla Prefettura, è tutto da d i m o s t r a r e . Certo la doccia fredda di Togliatti n o n l'incoraggiò a giuocare il tutto p e r tutto. Q u a n t o a Troilo, balbettava patetico. Q u a n d o fu avvicinato da q u a l c h e giornalista si disse «molto d o l e n t e di q u a n t o è a v v e n u t o senza a l c u n a mia responsabilità», definì u n a inad e m p i e n z a del g o v e r n o la m a n c a t a missione all'ONU («Si vede che di me n o n s a n n o che farsene all'ONU»), poi l a m e n t ò q u e r u l o che n o n lo si fosse a l m e n o lasciato a Milano fino alla p r i m a v e r a successiva. U n o degli a u t o r i di q u e s t o libro, che e r a allora un g i o v a n e cronista del Corriere della Sera, e che p o t è a n c h e lui - d o p o inquisizioni degli scherani c o m u nisti di g u a r d i a - avvicinare Troilo, chiese che gli fosse concesso d ' u s a r e il telefono p e r avvertire, al giornale, che si tro406

vava chiuso in Prefettura, senza possibilità di comunicazion e . Troilo c o r t e s e m e n t e assentì, i n d i c a n d o il suo a p p a r e c chio personale. Ma i n t e r v e n n e Pajetta. «Non si p u ò lasciarlo a d o p e r a r e - disse - è un telefono di Stato.» Alla p e r p l e s s a occhiata del cronista, Troilo rispose, scrollando sconsolatam e n t e le spalle: «Se è un telefono di Stato...». La città, e la Prefettura, e r a n o sospese in un'atmosfera di forte, t r a t t e n u t a tensione, m e n t r e il sottosegretario Marazza viaggiava in t r e n o verso Milano, dove sarebbe arrivato solo in p i e n a notte. S t r a n a m e n t e , n o n vi furono molti incidenti, né o s t e n t a t e violenze. I «benpensanti» s'erano r i n t a n a t i in casa, e le milizie di sinistra facevano il bello e il cattivo temp o , senza t r o v a r e altra opposizione che quella dei c o r d o n i di forza pubblica, q u a e là. U n ' u n i c a tragedia contrassegnò la giornata. Igino Mortari, c h ' e r a stato nella legione r e p u b blichina Muti, litigò in u n a tabaccheria di via Lomazzo con u n g r u p p o d ' o p e r a i della I n n o c e n t i . F u t r a s c i n a t o via s u u n a jeep, e lo r i t r o v a r o n o p o i in un p r a t o della p e r i f e r i a freddato dal classico colpo alla nuca. Nel resto d'Italia le notizie milanesi, riecheggiate in linguaggio b u r o c r a t i c o dalla radio, n o n furono percepite nella loro gravità. La gente era m a g g i o r m e n t e scossa d a l l ' a n n u n c i o che il pianista A r n a l d o Graziosi era stato c o n d a n n a t o a 24 anni di reclusione, su indizi assai tenui, p e r avere ucciso la moglie. S c e n d e n d o dal t r e n o alla Stazione C e n t r a l e d i M i l a n o , Marazza incontrò Agnesina, e con lui si chiuse in Q u e s t u r a . Poi telefonò a Troilo, invitandolo - ed era un invito che, da Sottosegretario a Prefetto, equivaleva a un o r d i n e - a raggiungerlo. Troilo l'avrebbe a n c h e accontentato. Ma il solito Pajetta s'oppose. Presagiva, n o n o s t a n t e l'ostentata euforia barricadiera della folla che s'ammassava in Prefettura, l'epilogo d e l u d e n t e di q u e s t a p r e s a della Bastiglia. E voleva qualche soddisfazione. I m p o s e p e r t a n t o che n o n Troilo ma Marazza si scomodasse, r a g g i u n g e n d o il corso Monforte. Il Sottosegretario pretese delle garanzie, che Pajetta avventur o s a m e n t e gli d i e d e . P r e s u m e v a di p o t e r g o v e r n a r e quella 407

ciurmaglia stanca e nervosa. Sugli scaloni del palazzo, e p e r i corridoi, c'erano cartocci con resti di cibo, bucce d'arance, fiaschi vuoti. Nel m o m e n t o in cui la jeep di Marazza varcò il p o r t o n e dal quale Mussolini era uscito il 25 aprile 1945 p e r avviarsi verso il fatale t r a g u a r d o di Giulino di Mezzegra, d e cine di u o m i n i vocianti in giubbotto la s o m m e r s e r o : pallido ma dignitoso, il r o t o n d e t t o Marazza si avventurò nello stretto corridoio tra d u e siepi u m a n e che si era riusciti ad aprirgli, sfilò davanti all'eterogenea g u a r n i g i o n e degli «occupanti», e finalmente si trovò faccia a faccia con Troilo, Pajetta, Venanzi. La trattativa d u r ò qualche ora, n o n p e r c h é fosse in d u b bio, ormai, che il g o v e r n o aveva vinto, ma p e r c h é si doveva in qualche m o d o salvare la faccia a Pajetta e ai suoi caudatari. Fu stabilito, alla fine, che Troilo avrebbe lasciato il suo incarico (egli b r i g ò d o p o d'allora p e r avere quell'ambasciata che gli era stata a n c o r a promessa, sottovoce, ma n o n ci riuscì), che in Prefettura si sarebbe insediato t e m p o r a n e a m e n t e il Prefetto di Pavia, Celona, e che il designato Ciotola avrebbe a s s u n t o le sue funzioni d u e mesi p i ù t a r d i «avendo egli chiesto un c o n g e d o di tale d u r a t a » . Venne c o n c o r d a t o , ovviamente, che nessuno di coloro che avevano violato la legge sarebbe stato deferito alla magistratura. L'addio alla rivoluzione fu malinconico. Pajetta voleva affidare ad Alberganti, u n o tra i più «duri», il compito di dire ai miliziani d'andarsene. Alberganti rifiutò secco: «Non sarò io a o r d i n a r e u n a ritirata». «Allora ci vado io» disse Pajetta. E così fece. All'alba il palazzo di corso M o n f o r t e fu evacuato, lentam e n t e e tra m u g u g n i , dagli invasori, gli autocarri gremiti di g e n t e a r m a t a r i p a r t i r o n o p e r la «cintura rossa» milanese e p e r le città di provenienza, r e p a r t i della Legnano e della Cel e r e p r e s e r o possesso della P r e f e t t u r a . A R o m a Troilo e G r e p p i , convocati da De G a s p e r i e Sceiba, d i e d e r o la loro versione dei fatti, m e n t r e a Milano i vari comitati p a r a i n s u r rezionali lanciavano gli ultimi vacui appelli allo spirito resistenziale. I militari americani che dovevano imbarcarsi a Li408

v o r n o p e r fare r i t o r n o negli Stati U n i t i , e c h e e r a n o stati t r a t t e n u t i in Italia, a titolo di a m m o n i m e n t o , in vista della e m e r g e n z a Troilo, s e p p e r o che la loro p a r t e n z a e r a rinviata solo di qualche giorno. (In base a p r e c e d e n t i decisioni, l'ultimo c o n t i n g e n t e a m e r i c a n o d'occupazione doveva lasciare l'Italia e n t r o il 15 d i c e m b r e 1947, e lo s g o m b e r o e r a stato p r e s s o c h é c o m p l e t a t o . W a s h i n g t o n precisò p e r l'occasione che se fosse stato necessario ristabilire un equilibrio di forze o di situazioni e v e n t u a l m e n t e t u r b a t o , p o t e v a n o e s s e r e rafforzate le t r u p p e a m e r i c a n e di stanza in Austria.) In u n a lettera al sindaco G r e p p i , Alcide De Gasperi sottolineò che «l'autorità dello Stato s a r e b b e p r o f o n d a m e n t e lesa se, invece di a t t i n g e r e la sua forza da un g o v e r n o r e sponsabile innanzi al Parlamento, subisse l'influsso di azioni e reazioni tumultuarie». E, accennato ai p r o b l e m i economici e sociali, a g g i u n s e con a p p e n a velata severità: «Senza d u b b i o le difficoltà sono ancora molte e p r e v e d i a m o giorni duri... Ma riusciremo, se m a n t e r r e m o in casa nostra o r d i n e e disciplina, se n o n scaveremo con le nostre m a n i le basi dell ' a u t o r i t à dello Stato, la cui t u t e l a d e v e essere al di s o p r a delle competizioni e dei partiti». Nel PCI il «partito parallelo» aveva mostrato la sua faccia violenta d u r a n t e l'occupazione della Prefettura di Milano. E la m o s t r ò a n c o r a nei giorni successivi con i r a d u n i e le sfilate indetti, in molte città italiane, p e r il I C o n g r e s s o nazionale della Resistenza. A M o d e n a , p r e s e n t i ventimila partigiani e d u e c e n t o m i l a p e r s o n e affluite da tutta l'Emilia rossa, furono decorati di medaglia d ' o r o L o n g o e Secchia. Lo fu perfino Togliatti resistente di Mosca e di Salerno, che accettava senza entusiasmo questi rituali. Il 6 d i c e m b r e si svolse a Roma la manifestazione conclusiva, e centomila p a r t i g i a n i irr u p p e r o nella città p r e o c c u p a t a e torpida. Ecco il significativo r a c c o n t o d ' u n p a r t e c i p a n t e alla kermesse rossa (racconto riportato da Miriam Mafai): «Partimmo da Genova dove alla stazione funzionava per409

f e t t a m e n t e la sussistenza. A tutti fu distribuita p e r la n o t t e u n a razione K, razioni d ' e m e r g e n z a delle t r u p p e americane... Nel mezzo della M a r e m m a ci fu u n a sosta obbligatoria, p e n s o sia stata dovuta al confluire di diversi convogli... Dop o p o c h i m i n u t i corse l a voce s a b o t a g g i o . E s a s p e r a z i o n e . I n u t i l m e n t e nel b u i o staffette p a s s a v a n o d i c a r r o i n c a r r o s p i e g a n d o le r a g i o n i della sosta. Dal c a r r o degli spezzini p a r t ì un colpo di bazooka. Per pochi secondi, ma intensissima, seguì u n a sparatoria infernale. Raffiche di sten, colpi di pistola e scoppi di b o m b e a m a n o . . . R o m a e r a d e s e r t a , eccetto le ali di folla p l a u d e n t e tutto era deserto. N o n si vedeva né polizia né soldati, tutti e r a n o p r o n t i , ma nelle caserme... Ricordo la delusione di tutti quelli che mi circondavano q u a n d o , nel discorso ufficiale, L o n g o r a c c o m a n d ò la calma... Le i n t e n z i o n i di tutti al basso e r a n o b e n diverse. Da p a r t e di tutti c'era il p r o p o s i t o di spaccare il m o n d o e a un certo p u n t o la sensazione che si stava p e r c o n c l u d e r e qualche cosa di grosso. Ma poi la tensione c a d d e in un sciogliete le righe... Le armi e r a n o rimaste sotto il giubbotto, a n c h e se n o n c'era t i m o r e a l c u n o e o g n i t a n t o si poteva v e d e r e con facilità s p u n t a r e di sotto l'abito qualche m a n i c o di rivoltella». Migliaia, anzi d e c i n e e forse centinaia di migliaia e r a n o le pistole custodite da ex-partigiani e d u r i del P C I p e r l'ora X: e t a n t e mitragliatrici e mitragliatori, tante b o m b e a m a n o , n o n p o c h i bazooka. L'ambasciatore degli U S A a R o m a , D u n n , scrisse in un r a p p o r t o che il pei poteva contare su 50 mila u o m i n i a d d e s t r a t i e d e q u i p a g g i a t i c o n a r m i l e g g e r e . Togliatti fingeva d ' i g n o r a r e q u e s t o i n q u i e t a n t e e s e g r e t o volto del suo p a r t i t o . Se ne c o m p i a c e v a invece Pietro Secchia, p o t e n t e e i r r u e n t e capo dell'organizzazione, un posto che gli consentiva di far le pulci a tutti, perfino a Togliatti: il quale dovette infatti piatire da lui un n u o v o alloggio q u a n d o , separatosi dalla moglie, decise di m e t t e r su casa con Nilde J otti. Pietro Secchia, detto Botte, era di O c c h i e p p o Superiore, 410

nel biellese. Figlio di p o v e r a gente ( p a d r e c o n t a d i n o , m a d r e operaia tessile), aveva c o m p i u t o tuttavia gli studi ginnasiali, integrati successivamente dalla c u l t u r a ideologizzata dei rivoluzionari autodidatti. Ventenne al t e m p o della Marcia su R o m a , s'era b u t t a t o senza esitazioni alla lotta c l a n d e s t i n a , nelle file comuniste. Gli e r a n o state presto affidate missione delicate - tra l'altro nel 1924 era stato delegato al Congresso d e l l ' i n t e r n a z i o n a l e giovanile c o m u n i s t a a Mosca - poi aveva vissuto in Francia, e r a rientrato nascostamente in Italia, aveva subito i primi arresti e le p r i m e s c h e d a t u r e . «È di carattere impulsivo, educazione scarsa, intelligenza p r o n t a . Ha u n a c u l t u r a discreta. Ha t e n d e n z e all'ozio e vive con le p r e b e n d e che gli frutta la c a m p a g n a comunista. A p p a r t i e n e al Partito c o m u n i s t a di cui è seguace fanatico.» Q u e s t o il profilo di Secchia tracciato dalla polizia fascista. P r i m a che Mussolini cadesse, Secchia aveva trascorso tredici a n n i della sua vita (e ne aveva solo q u a r a n t a ) tra carcere e confino. Era stato tra i capi della Resistenza, coraggioso e spietato. Per il Togliatti amico di Badoglio, Guardasigilli, fautore del c o m p r o m e s s o con i cattolici, questo personaggio rozzo e deciso costituiva insieme u n a risorsa e un i n g o m b r o . Poteva essere utilizzato (aveva i n d u b b i talenti di c o o r d i n a t o r e e di trascinatore), ma doveva a n c h e essere a t t e n t a m e n t e controllato. Per questo «il Migliore» se lo p o r t ò a Roma. «Sentii subito un c e r t o disagio - l a m e n t ò Secchia - p e r c h é a R o m a trovai un a m b i e n t e c o m p l e t a m e n t e diverso. I nostri, inseriti già da t e m p o , quasi da un a n n o , nel lavoro p a r l a m e n t a r e e ministeriale, e r a n o tutti volti a d altri p r o b l e m i . C o m p r e s i che p e r la seconda volta e r a v a m o rimasti fregati.» A R o m a Secchia visse a u s t e r a m e n t e , con la sua c o m p a g n a Alba, e con la vicinanza assidua di un guardaspalle-segretario-fact o t u m : N i n o Seniga, l ' u o m o che q u a l c h e a n n o p i ù t a r d i lo lascerà p o r t a n d o con sé la cassa del partito, e p r o v o c a n d o la rovina politica del suo «padrone». Delle s t r u t t u r e di p a r t i t o Secchia aveva u n a concezione rigida, ereditata sia dalla lotta clandestina sia dall'inquadra411

m e n t o militare della Resistenza. Nel rivoluzionario si sentiva il piemontese. Al militante e r a concesso di ubbidire, e anche di p e n s a r e con juicio, mai di dubitare. Il Quaderno dell'attivista, che usciva s e t t i m a n a l m e n t e , n o n e r a un p r o n t u a r i o d i p a r t i t o : e r a u n p r e c e t t a n o d e g n o dell'Inquisizione, che p r e t e n d e v a di regolare tutto: perfino a quali lingue straniere convenisse d e d i c a r s i («Mi s e m b r a v e r a m e n t e ridicolo - a m m o n i v a s e r i o s a m e n t e un d i r i g e n t e nazionale del P C I che alcuni c o m p a g n i s t u d i n o a n c o r a l'inglese o il francese anziché il russo»). Secchia e r a pignolo, infaticabile, brusco e spicciativo, ma un maestro nell'addestrare le t r u p p e e i q u a d r i del partito. La sua m e n t a l i t à schematica, il suo spirito r i v o l u z i o n a r i o e r a n o ancora adatti ai tempi, e ancora più lo d i v e n n e r o con l'instaurarsi della g u e r r a fredda. N e s s u n o meglio di Secchia poteva gestire insieme il P C I affiorante e quello s o t t e r r a n e o : e i n c o r a g g i a r e o c o p r i r e s o t t o b a n c o le azioni dei militanti facinorosi, qualche volta sanguinari, lasciando ai Togliatti e agli A m e n d o l a il c o m p i t o di d e p l o r a r l i , ufficialmente. Un g i o r n o (Togliatti e r a ministro della Giustizia) si p r e s e n t a r o no a R o m a , c h i e d e n d o di v e d e r l o , i «compagni» che nelle carceri di Schio avevano o p e r a t o u n a m a t t a n z a di ex-militanti della Repubblica di Salò, imprigionati. Questi «giustizieri» e r a n o t e c n i c a m e n t e dei latitanti. Q u a n d o M a s s i m o C a p r a r a - allora segretario di Togliatti - gliene a n n u n c i ò la visita, la risposta fu sferzante: «Ma sono pazzi, digli che n o n posso assolutamente o c c u p a r m i di loro». Ma altri si occupava, nel pei, di questi comunisti macchiati di s a n g u e , e li avviava oltre frontiera, verso i «santuari» dell'Est. Così P r a g a d i v e n n e un covo di i m p u t a t i e di cond a n n a t i in contumacia e, ha ricordato Miriam Mafai, «attorno alla Radio in lingua italiana h a n n o vissuto e lavorato p e r a n n i molti di coloro che, d o p o il 25 aprile, n o n avevano rinunciato all'azione a r m a t a e agli atti di t e r r o r i s m o , e lì costit u i r o n o u n a piccola c o m u n i t à che aveva r a p p o r t i r e g o l a r i con

412

il P C I » .

A n a l o g a m e n t e , il Partito c o m u n i s t a n o n s p o n s o r i z z a v a formalmente, m a n e p p u r e rinnegava i n t e r a m e n t e , nel fond o , i fatti e misfatti di quei g r u p p i - con il l i n g u a g g i o latin o a m e r i c a n o p o t r e m m o chiamarli s q u a d r o n i della m o r t e che p r a t i c a r o n o la giustizia s o m m a r i a nei giorni della Liberazione, ma seguitarono a praticarla - a l m e n o gli irriducibili - a n c h e d o p o . Gli sterminatori agivano a n c h e all'ombra di associazioni i n n o c u e , e insospettabili. Ad e s e m p i o i c o m p o n e n t i la f a m i g e r a t a Volante Rossa e r a n o , p e r la facciata, m e m b r i d ' u n circolo ricreativo con sede presso la Casa del P o p o l o di L a m b r a t e ( u n q u a r t i e r e della periferia di Milano). In mezzo ai tanti che v e r a m e n t e si ricreavano, v'era un nucleo ristretto di killer professionali. Lo guidava «Alvaro», u n giovane o p e r a i o r e d u c e dalla g u e r r a p a r t i g i a n a , nella quale aveva c o m a n d a t o la 1 1 8 brigata Garibaldi. La Volante - scuola e modello delle future Brigate rosse si esibì a volte in azioni clamorose e rivendicate - le uccisioni di Franco de Agazio f o n d a t o r e e d i r e t t o r e del «nostalgico» Meridiano d'Italia, e del g e n e r a l e Ferruccio Gatti - altre volte in a m m a z z a m e n t i spiccioli e o s c u r i . « A n d a v a m o a p r e n d e r e l'individuo - rivelò u n o che sapeva - lo p o r t a v a mo dalle parti del c a m p o Giuriati, p e r c h é allora lì era tutto p r a t o e la m a t t i n a passava l'obitorio a ritirarlo.» A volte e r a il L a g o Maggiore a far da obitorio, grazie a u n a pietra legata al collo della vittima, c o n d o t t o a fare u n a gita in b a r c a senza r i t o r n o . N o n m a n c a v a , nelle iniziative della Volante, un pizzico di truce goliardia. Un d i r i g e n t e della Falck, l'ing e g n e r e Italo Toffanello, fu s e q u e s t r a t o in casa di n o t t e t e m p o e lasciato in m u t a n d e - e r a p i e n o i n v e r n o - a poca d i s t a n z a d a l D u o m o . L ' i m p r e s a fu f i r m a t a «un g r u p p o di bravi ragazzi». S'è già visto che la Volante si m o s t r ò spavald a m e n t e alla ribalta, c r e d e n d o fosse g i u n t a l'ora X, d u r a n te la « g u e r r a di Troilo». Q u i n d i r i s p r o f o n d ò n e l l ' o m b r a , fino a q u a n d o la c a t t u r a d ' u n giovane a p p a r t e n e n t e alla organizzazione p o r t ò alla sua scoperta, e alla identificazione dei capi. a

413

Secchia, terzo nella gerarchia del PCI ufficiale, e r a il primo nella gerarchia del PCI s o t t e r r a n e o . A Mosca lo sapevano benissimo: fino al 1956 tutti i verbali dei dibattiti in seno alla direzione o al Comitato centrale v e n n e r o inviati, p e r o p p o r t u n a conoscenza, al C r e m l i n o . In q u e i dibattiti le posizioni d i Secchia affioravano v i s t o s a m e n t e . N o n p e r caso d u n q u e fu volentieri accettato da Stalin che Secchia - anziché il r i l u t t a n t e Togliatti - a n d a s s e a Mosca, nel d i c e m b r e del 1947, p e r a v e r e istruzioni, o a l m e n o illuminazioni sul n u o v o corso comunista. Caricato all'aeroporto di Mosca sulla immancabile Ciaika n e r a dalle t e n d i n e abbassate, o s p i t a t o i n u n a dacia p e r «compagni» di r i g u a r d o , Secchia vide anzitutto Zdanov, che pochi giorni p r i m a aveva a s p r a m e n t e criticato i c o m u n i s t i italiani. Z d a n o v s e m b r a v a , a q u a t t r ' o c c h i , un p o ' m e n o severo, a n c h e se a u n a cauta richiesta di Secchia p e r la r i n u n cia dell'URSS ad avere le navi da g u e r r a italiane in conto riparazioni, ribatté brusco: «Noi n o n facciamo la politica a m e r i c a n a alla rovescia». Q u a n t o al r e s t o , «mi è d i s p i a c i u t o - disse Z d a n o v - d ' a v e r d o v u t o fare delle critiche al vostro partito, ma era necessario p e r c h é voi avete c o n d o t t o finora u n a politica f i a c c a , d i capitolazione, avete t r o p p e illusioni parlamentari...». E r a u n r i m p r o v e r o c h e Secchia p r o p r i o n o n m e r i t a v a : ma Zdanov parlava alla n u o r a p e r c h é la suocera (ossia Togliatti) intendesse. Secchia espose allora le sue idee, ed erano musica p e r le orecchie di Zdanov, che lo invitò a c o n d e n sarle in un r a p p o r t o . C o n diligenza, nella dacia isolata, Secchia lo scrisse, m u o v e n d o a n c h e a p p u n t i a «compagni» n o n precisati. In realtà sia lo scrivente, sia i destinatari del r a p p o r t o avevano in testa un n o m e solo. «Ci sono dei c o m p a gni - era d e t t o nel r a p p o r t o - che osservano che De Gasperi avrebbe avuto piacere se noi, nel m o m e n t o in cui stavamo p e r essere esclusi dal g o v e r n o , avessimo organizzato lo sciop e r o g e n e r a l e , p e r c h é così a v r e b b e p o t u t o d i m o s t r a r e che noi ci p o n e v a m o sul t e r r e n o extra-legale, sul t e r r e n o della 414

violenza... Ma noi riteniamo n o n esatto questo giudizio p e r ché n o n si trattava già di d a r e la parola d ' o r d i n e dell'insurrezione, ma di organizzare u n a g r a n d e mobilitazione di p o polo, p r i m a ancora che fossimo esclusi dal governo. Dal n o n fare nulla a fare l'insurrezione ci corre... Il nostro e r r o r e sta nel fatto che t r o p p o spesso ci siamo lasciati d o m i n a r e dalle minacce della g u e r r a civile, e dell'intervento straniero...» E più avanti, d o p o aver accennato alla possibilità che il PCI fosse i m p e g n a t o in u n a lotta n o n legalitaria: «Possiamo a n c o r a p r e n d e r e l'offensiva, vi sono le forze p e r farlo, e se il n e m i co cercasse di sbarrarci la strada con la violenza, noi dispon i a m o di un potenziale di forza tale che s a r e m m o in g r a d o di spezzare ogni violenza e di p o r t a r e i lavoratori italiani al successo decisivo». Il r a p p o r t o fu covato p e r tre giorni nel C r e m l i n o , e a p p r o d ò a n c h e sulla scrivania di Stalin m e n t r e Secchia aspettava nella dacia. F i n a l m e n t e v e n n e la convocazione p e r un colloquio con il capo s u p r e m o e indiscusso del c o m u n i s m o m o n d i a l e . Era la p r i m a volta che Secchia vedeva «Giuseppe» (così lo n o m i n ò negli a p p u n t i p r e s i f r e t t o l o s a m e n t e ) . Era e m o z i o n a t o , ma sicuro. Al fianco di Stalin e r a n o Zdanov, Beria e Molotov. Secondo il suo stile, Stalin fu p r u d e n te. Ascoltò t i r a n d o l u n g h e boccate dalla p i p a , e si g u a r d ò b e n e dallo sconfessare Togliatti. Obbiettò alla strategia aggressiva di Secchia che «non si tratta di p o r r e il p r o b l e m a dell'insurrezione, ma di c o n d u r r e lotte economiche e politiche più decise, con m a g g i o r e ampiezza». In sostanza, Stalin sapeva di n o n poter ribaltare gli assetti politici italiani, ma voleva d a r e il massimo fastidio al g o v e r n o e agli americani. Sapeva altresì di avere, nel PCI, d u e diversi proconsoli, p e r d u e diverse ipotesi: la possibilista e la rivoluzionaria. I n g e n u o , e a n c h e gaffeur, c o m e tutti i fanatici, Secchia sostò a Belgrado, sulla via del r i t o r n o da Mosca, e lì p r a n z ò con Gilas e Kardelj. «Beati voi che siete stati liberati dalle a r m a t e sovietiche!» esclamò rivolto ai suoi commensali. «Macché arm a t e sovietiche!» ribatté Gilas, furente. 1

415

Q u e s t a fase della politica comunista ebbe in Italia il suo imprimatur dal VI congresso del PCI, a p e r t o il 4 g e n n a i o 1948 a Milano. Il partito di Togliatti era n u m e r i c a m e n t e i m p o n e n te - quasi d u e milioni e trecentomila iscritti - ed era ancora un partito operaista (il 45 p e r cento di operai, il 17 p e r cento di salariati agricoli). Fu il congresso «dell'obbedienza al Cominform», secondo la definizione di Bocca. «Tutti i lavori del Congresso d o v r a n n o svolgersi alla luce della situazione n a z i o n a l e e i n t e r n a z i o n a l e così c o m e è stata definita dalla Conferenza dei nove partiti (Cominform) e dal recente Comitato centrale del n o s t r o partito.» Togliatti e L o n g o furono confermati r i s p e t t i v a m e n t e s e g r e t a r i o e vicesegretario. Secchia si risentì (e questo p e r Togliatti n o n e r a molto grave) ma si risentì a n c h e Mosca, ed era gravissimo. Consapevole d'aver umiliato insieme Secchia e il Cremlin o , Togliatti corse a i r i p a r i c o n u n a p r o c e d u r a c h e , a n c h e p e r il disinvolto a u t o r i t a r i s m o c o m u n i s t a , e r a scandalosa. Senza n e p p u r e a t t e n d e r e u n a convocazione del C o m i t a t o centrale, scrisse a tutti coloro che ne facevano p a r t e p e r c h é consentissero a c r e a r e un n u o v o vicesegretario da affiancare a L o n g o nella p e r s o n a di Pietro Secchia. Tutti risposero sì, a stretto giro di posta, ma n o n m a n c ò q u a l c u n o c h e rilevò l'arbitrio.

CAPITOLO OTTAVO

LA C O S T I T U Z I O N E

Il 1947 si chiuse c o n un r i m p a s t o del g o v e r n o De G a s p e r i - allargato ai socialdemocratici e ai repubblicani - e con l'approvazione della Carta Costituzionale. Pochi giorni separar o n o i d u e avvenimenti (il 16 d i c e m b r e il rimpasto, il 22 il sì alla Costituzione): e la successione cronologica ne c o n t r a d disse il significato. Il v a r o della C o s t i t u z i o n e r a p p r e s e n t ò infatti l'epilogo della collaborazione ciellenistica e d e l l ' u n a n i m i s m o antifascista. La Costituzione passò con 4 5 3 voti a favore e solo 62 contrari, di destra: u n a maggioranza cui a n c h e q u a r a n t a n ni d o p o , ad e s e m p i o p e r l'elezione del P r e s i d e n t e Cossiga, sarebbe stato dato il n o m e - i m p r o p r i o , anzi truffaldino - di «arco costituzionale». La n u o v a s t r u t t u r a del g o v e r n o ampliò e c o n s o l i d ò invece il blocco a n t i c o m u n i s t a , m e n t r e p r e n d e v a definitivamente f o r m a il F r o n t e p o p o l a r e di Togliatti e N e n n i : e insieme delineò la formula di m a g g i o r a n za politica sulla quale la democrazia italiana si sarebbe retta, sia p u r e con t e n t e n n a m e n t i e lacerazioni, nei d e c e n n i successivi. Della Costituzione ci siamo occupati a proposito dell'articolo 7, e del voto con cui i comunisti si associarono all'inser i m e n t o in essa dei Patti lateranensi. Vediamola o r a nel suo insieme. La M a g n a C h a r t a della Repubblica italiana fu concepita sotto l'ossessione d i u n r i t o r n o della d i t t a t u r a , ossessione che ne condizionò e spesso viziò gli istituti: e v e n n e t e n u t a a battesimo, nella sostanza, da d u e forze politiche - la cattolica e la marxista - che e r a n o state e s t r a n e e al Risorgimento, 417

q u a n d o n o n ostili, e che e r a n o p e r tradizione, e p e r i personali convincimenti di alcuni loro uomini, scarsamente sensibili ai g r a n d i ideali liberali. Tortuosa e farraginosa fu inoltre la p r o c e d u r a attraverso la quale si arrivò alla formulazione di questa legge fondamentale. Dai 600 costituenti fu espressa u n a commissione più ristretta, d e t t a dei Settantacinque, che a sua volta si divise in sotto-commissioni p e r la redazione di questa o quella p a r t e , di questo o quell'articolo. I testi che dai g r u p p i settoriali risalivano ai Settantacinque, e dai Settantacinque all'assemblea plenaria, e r a n o sganciati l'uno dall'altro e scaturivano a volte da ispirazioni diverse. C o n la conseguenza, rilevata da Piero C a l a m a n d r e i , che « q u a n d o si arriverà a m o n t a r e questi pezzi usciti da diverse officine p o trà accadere che ci si accorga che gli ingranaggi n o n combaciano e che le g i u n t u r e del m o t o r e n o n coincidono: e p o t r à o c c o r r e r e qualche ritocco p e r m e t t e r l o in moto». La Costit u z i o n e ebbe u n a i m p r o n t a unitaria, e o m o g e n e a , p r o p r i o in quella che si rivelerà u n a delle sue caratteristiche più negative: la voluta debolezza del p o t e r e esecutivo, cioè del gov e r n o , nel n o m e d i u n p a r l a m e n t a r i s m o e s a s p e r a t o c h e i l t e m p o trasformerà in partitocrazia e lottizzazione. Nessuno dei freni che in altri paesi già esistevano o furono a d o t t a t i p e r s c o n g i u r a r e l'instabilità dei g o v e r n i - e in definitiva del sistema - e la frammentazione del q u a d r o p o litico fu accolto dai costituenti. Niente collegio u n i n o m i n a l e , niente soglia del cinque p e r cento (come nella G e r m a n i a federale) p e r l'ammissione di un partito in P a r l a m e n t o , niente p r e m i o di maggioranza (nel '53 De Gasperi t e n t e r à di int r o d u r l o con quella che sarà m a l i g n a m e n t e bollata c o m e la «legge truffa», e sarà battuto), n i e n t e obbligo di p r e s e n t a r e u n a maggioranza di ricambio già p r o n t a p r i m a di far cadere la m a g g i o r a n z a sulla q u a l e si r e g g e il g o v e r n o . T u t t o il p o t e r e al P a r l a m e n t o , n o n soltanto l'esame delle leggi imp o r t a n t i m a a n c h e quello delle f a m i g e r a t e «leggine», u n a g i u n g l a nella q u a l e il lavoro di d e p u t a t i e s e n a t o r i d o v r à aprirsi il varco con stento, e in t e m p i lunghi. Il sistema bica418

m e r a l e , s i c u r a m e n t e utile p e r c o r r e g g e r e taluni e r r o r i d'un a C a m e r a , f i n i v a p e r d i v e n t a r e , i n q u e l trionfo della lentezza, un u l t e r i o r e motivo di r i t a r d o all'iter dei disegni di legge. Nel d o c u m e n t o e r a n o contenuti, in nuce, la girandola dei governi, la p e r e n n i t à delle crisi, l'esigenza che il Presid e n t e del Consiglio e i suoi ministri s ' i m p e g n i n o quotidian a m e n t e più a sopravvivere che ad a m m i n i s t r a r e . Paradoss a l m e n t e , la DC e il P C I , l'una e l'altro p e r n i e n t e tranquilli sull'esito delle elezioni politiche prossime v e n t u r e , e r a n o in egual m i s u r a interessati a castrare l'esecutivo. Il P C I p e r c h é u n a d e m o c r a z i a debole è u n a d e m o c r a z i a facilmente infiltrabile e rovesciabile, la DC p e r c h é un F r o n t e p o p o l a r e trionfante avrebbe trovato, p r o p r i o in quella Costituzione, più d ' u n a r e m o r a all'instaurazione d ' u n p o t e r e autoritario. Da qui certi aspetti equivoci della Costituzione, di cui Mario Paggi scrisse che e r a «un fragile tessuto fatto di n o n a r m o niose giustapposizioni cattoliche da un lato e m a r x i s t e dall'altro, con q u a l c h e malinconico r e s i d u o d i u n liberalismo che ha p e r s i n o p u d o r e della parola libertà». Da questo ibrido, o da questa confusione, derivò un certo tono messianico e verboso della Costituzione (la stessa sol e n n e affermazione secondo la quale la Repubblica italiana è fondata sul lavoro a p p a r t i e n e p i ù alla retorica politica che alla legislazione). S e m p r e C a l a m a n d r e i , n o n sospettabile di t e n t a z i o n i r e a z i o n a r i e m a a c u t o , sottolineava c h e nel suo complesso la M a g n a C h a r t a «rischia di riuscire piuttosto che u n d o c u m e n t o giuridico, u n o s t r u m e n t o politico: piuttosto che la attestazione di u n a r a g g i u n t a stabilità legale, la p r o messa di u n a stabilità sociale che è a p p e n a agli inizi». A q u e ste aspirazioni v a g a m e n t e p r o g r e s s i s t e si intrecciava, p r o prio p e r la difficoltà di concretarle, lo «spirito di rinvio», ossia la rinuncia al compito di fissare vere n o r m e , d e m a n d a n dole a f u t u r e leggi di a t t u a z i o n e . Le quali s o n o a n c o r a in qualche caso di là da venire: c o m e la r e g o l a m e n t a z i o n e del diritto di sciopero. Su alcuni t e m i scottanti, in p a r t i c o l a r e l'assetto economico, lo sforzo di conciliare l'ortodossia libe419

1 rale con conati sociali e dirigisti è quasi patetico (lo ha rilevato Franco Catalano). Così si garantisce «l'iniziativa economica privata libera» a m m o n e n d o peraltro che essa n o n p u ò porsi «in contrasto con l'utilità sociale o in m o d o da recare d a n n o alla sicurezza, alla libertà, alla dignità u m a n a » . La p r o p r i e t à privata è riconosciuta e garantita ma la legge ne d e t e r m i n a «il m o d o di acquisto, di g o d i m e n t o e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di r e n d e r l a accessibile a tutti». La smania di regolare tutto, con minuzia notarile e insieme con velleità innovatrici, diede all'Italia u n a Costituzione prolissa e lacunosa insieme. In realtà quel d o c u m e n t o che ambiva a g u i d a r e la vita della n u o v a Repubblica p e r chissà q u a n t i d e c e n n i futuri e r a lo specchio della situazione e del m o m e n t o politico in cui fu formulato. N o n che m a n c h i n o , in esso, p a r t i d e g n e di sopravvivere. La Costituente aveva n e l suo s e n o i n g e g n i politici e giuridici quali forse l'Italia n o n ritrovò più nelle fasi successive della sua storia. Ma anche i migliori vollero i m p e d i r e il ritorno del passato e p o r r e le basi di un radioso futuro sociale - c'era in questo l'ideologia, s e p p u r e t e m p e r a t a , della Resistenza - t r a s c u r a n d o l'opp o r t u n i t à loro offerta di formulare u n a C h a r t a chiara, semplice e n o n soggetta - c o m e la C h a r t a che c o n c e p i r o n o - a letture diverse, a volte o p p o s t e : tanto che la Corte Costituzionale ha dato, degli stessi articoli, interpretazioni varianti secondo i t e m p i e le occasioni. Del resto, a t a m b u r battente, e q u a n d o la Corte Costituzionale era ancora di là da venire, la Cassazione si affrettò a sancire che si doveva distinguere t r a le n o r m e costituzionali « p r o g r a m m a t i c h e » e le n o r m e «precettizie», suddivise a loro volta queste ultime in «complete» e «incomplete». Solo le n o r m e precettizie e complete annullavano le leggi in contrasto con esse che già esistessero. Per le precettizie ma incomplete, o per le p r o g r a m m a t i che, il dettato costituzionale dava s e m p l i c e m e n t e direttive dejure condendo. In un'ottica di sinistra Antonio G a m b i n o ha visto in tutto questo un disegno della destra p e r consentire 420

innovazioni «prive di garanzie di esigibilità», che restavano u n a p u r a a s t r a z i o n e , i n c a m b i o «di u n c o n s o l i d a m e n t o d i fatto dello Stato conservatore». N o n ci sembra che la m a n o vra fosse così netta, e n e m m e n o così consapevole. L'ibrido a m b i g u o e il messianesimo verboso della Costituzione furono lo specchio di quell'«arco costituzionale» che la concepì: e che p r e t e s e di a r m o n i z z a r e gli opposti. Per questo la Costituzione n o n è soltanto vecchia. E invecchiata male. L'esigenza di d a r e al g o v e r n o - in vista delle elezioni politiche - u n a base che raccogliesse il più a m p i a m e n t e possibile le forze m o d e r a t e e socialdemocratiche era ben avvertita da De Gasperi cui il m o n o c o l o r e , allargato o n o , piaceva poco p e r c h é faceva della DC l'unico bersaglio dell'opposizione, e p e r c h é r e n d e v a incerte e fluttuanti le maggioranze; ed e r a avvertita a n c h e dagli americani. Il PSLI aveva con il m o n d o sindacale e politico d'oltreoceano legami privilegiati, e questo spiega le sollecitudini del segretario di Stato g e n e r a l e Marshall p e r c h é al p a r t i t o di Saragat fossero spalancate le p o r t e governative: «Lei p o t r e b b e profittare dei colloqui con i leaders democristiani e socialdemocratici - scrisse Marshall all'ambasciatore D u n n - p e r comunicare u n a certa delusione a causa del m a n c a t o a c c o r d o p e r la p a r t e c i p a z i o n e del P S L I al governo. Lei p o t r e b b e spiegare ai dirigenti del P S L I il p u n t o di vista a m e r i c a n o secondo cui la situazione italiana richiede, nell'interesse nazionale, la cooperazione di tutti gli elementi r e a l m e n t e democratici». La strada p e r u n a collaborazione ministeriale con il P R I e il P S L I e r a stata p e r ò d i s s e m i n a t a di m i n e e di dispetti, sia p e r le cautele di De Gasperi, sia p e r le pretese di Saragat e di Pacciardi, che n o n e r a n o interlocutori comodi. Si era arrivati addirittura, in a u t u n n o , alla presentazione di mozioni di sfiducia c o n t r o il g o v e r n o p r o p r i o p e r iniziativa dei suoi futuri alleati. All'origine dell'incidente fu N e n n i , che a fine settembre si fece avanti, alla Costituente, con u n a mozione di sfiducia 421

p e r c h é , secondo lui, il Ministero si e r a dimostrato del tutto i m p a r i ai compiti che doveva affrontare, e soprattutto ai n o di d e l l ' e m e r g e n z a economica. Ai d e p u t a t i N e n n i parlò con la consueta foga tribunizia, ma a n c h e con insolita asprezza, a c c u s a n d o la m a g g i o r a n z a « d ' a v e r e m e s s o le sue s p o r c h e o p e r a z i o n i di politica i n t e r n a sotto il p a t r o n a t o a m e r i c a n o , così c o m e fino al '45 le m e t t e v a sotto il p a t r o n a t o di C h u r chill». La «palude» ( p e r u s a r e la definizione dello stesso N e n n i ) insorse e il c o n t e Sforza sfidò i socialisti a p o r t a r e u n a sola p r o v a di q u a n t o asserivano. «E stato messo d u r a m e n t e a posto» si vantò N e n n i nel suo diario. Sulla scia dei socialisti anche socialdemocratici e repubblicani avanzarono mozioni di sfiducia, che n o n e r a n o tanto u n o s t r u m e n t o p e r abbattere il governo, q u a n t o un grimaldello p e r forzarne la p o r t a ed entrarci. Infatti il discorso di Saragat fu u n a dichiarazione di g u e r r a alle sinistre, piuttosto che a De Gasperi. Si era alla vigilia di elezioni amministrative a Roma, fissate p e r il 12 o t t o b r e (1947), e De G a s p e r i e r a p r e o c c u p a t o . Temeva che u n ' i m p r e s s i o n e di sfascio della sua m a g g i o r a n za si ripercuotesse n e g a t i v a m e n t e sul voto nella capitale. Alla Costituente si rivolse in t o n o grave, p e r dire che «la m a r cia c o m u n e dei socialisti e comunisti, la quale si richiama alle stesse origini marxiste fino alla dittatura del proletariato, r e n d e sospetta, difficile e impossibile o g n i c o l l a b o r a z i o n e c o n loro». La m o z i o n e di N e n n i fu respinta con largo m a r gine, 271 voti contro 178, quella di Saragat con m a r g i n e inferiore (271 c o n t r o 224), infine p e r la bocciatura della m o zione repubblicana (270 voti c o n t r o 236) fu necessario a De G a s p e r i l ' a p p o g g i o di G u g l i e l m o G i a n n i n i . I q u a l u n q u i s t i avevano p e r c o r s o negli ultimi mesi un itinerario a zig zag, con appetiti governativi e insieme con a m m i c c a m e n t i ai com u n i s t i ( a m m i c c a m e n t i c h e Togliatti, s p r e g i u d i c a t o c o m e s e m p r e , aveva finto di ricambiare). Se ne accorgessero o n o , i qualunquisti e r a n o in u n a fase declinante, e in m o d o p r e cipitoso, della loro parabola. Lo d i m o s t r a r o n o le elezioni a R o m a . La DC r a d d o p p i ò i 422

voti (da 104 mila a 204 mila) rispetto alle elezioni di a p p e n a un a n n o p r i m a , p e r s e r o i monarchici e i liberali, ma a n c o r a più p e r s e r o i qualunquisti caduti da 106 mila a 62 mila voti. I socialcomunisti accrebbero i voti (da 190 mila a 208 mila) ma, essendo parecchio cresciuto il n u m e r o dei votanti, si vid e r o togliere t r e seggi, a n d a t i al P S L I . Se r e t t a m e n t e interp r e t a t o , questo segnale avrebbe d o v u t o far presagire l'esito del 18 aprile. Ma pochi, a n c h e tra gli addetti ai lavori, capir o n o che esso prefigurava la g r a n d e a d u n a t a di tutti i m o derati sotto le insegne democristiane. Il congresso della DC a N a p o l i (nel n o v e m b r e del 1947) fu tranquillo. De Gasperi lasciò la segreteria p e r a s s u m e r e la p r e s i d e n z a , e Attilio Piccioni p r e s e il suo p o s t o . Ai congressisti De Gasperi aveva lasciato i n t e n d e r e che un r i m p a sto e r a auspicabile. Fu a t t u a t o , c o m e s'è d e t t o , a m e t à dic e m b r e . Saragat e Pacciardi si affiancarono, quali vice-presid e n t i del Consiglio, a Luigi Einaudi, i socialdemocratici Tremelloni e D'Aragona ebbero rispettivamente l'Industria e le Poste, il r e p u b b l i c a n o Facchinetti la Difesa. Infine fu inserito, c o m e m i n i s t r o senza portafoglio p e r il c o o r d i n a m e n t o delle attività e c o n o m i c h e del g o v e r n o - incarico che prefigurava quello dei futuri ministri p e r le Partecipazioni statali II democristiano Togni. Può essere interessante rileggere, a tanti anni di distanza, i criteri c h e subito T o g n i espose p e r q u a n t o r i g u a r d a v a lo Stato i m p r e n d i t o r e : «Una gestione a sfondo privatistico che implichi la necessità di q u a d r a t u r a dei bilanci, di d e t e r m i n a zione di utili e di indispensabile controllo amministrativo da p a r t e di chi a p p o r t a capitali; possibilità di un continuo confronto di gestione tra le aziende di Stato e le aziende di p r o prietà privata; m i n o r e burocratizzazione; più facile trapasso dalla p r o p r i e t à dello Stato a p r o p r i e t à di privati, e viceversa; u n a m i n o r e tentazione di r i c o r r e r e a particolari privilegi e sottrarsi ad oneri fiscali a d a n n o e a spese della collettività». E r a n o p r i n c ì p i s a l d a m e n t e ancorati alla visione economica e i n a u d i a n a che l'avvenire avrebbe quasi s e m p r e traditi. Alla 423

linea di Einaudi si adeguava - sia p u r e con qualche transitorio d i s s a p o r e - a n c h e il p r o d u t t i v i s t a M e r z a g o r a , che delib e r ò u n a serie di p r o v v e d i m e n t i p e r favorire il r i e n t r o dei capitali. T r a e n d o s p u n t o da questi indirizzi economici n o n ché dai p r o v v e d i m e n t i di a m n i s t i a e di a t t e n u a z i o n e delle n o r m e epurative - grazie ad essi migliaia di d i p e n d e n t i p u b blici allontanati p e r fascismo t o r n a r o n o ai loro incarichi - socialisti e comunisti d e n u n c i a r o n o u n a «restaurazione» capitalista e filoimperialista, p e r n o n dire nostalgica. C o m u n i s t i e socialisti m a r c i a v a n o o r m a i insieme, ignari di p r o c e d e r e a r a n g h i s e r r a t i verso u n a catastrofe elettorale. N e n n i , n o n Togliatti, aveva voluto s t r i n g e r e i l e g a m i t r a i d u e partiti. Spiegò poi: «Forse p e r c h é nella mia m e n t e si e r a fissata con tanta forza l'esperienza del Fronte p o p o l a r e francese, io e r o convinto che u n o s c h i e r a m e n t o c o m p a t t o delle sinistre ci avrebbe p o r t a t o al successo». Togliatti aveva fondate perplessità sugli esiti d ' u n a linea t r o p p o s c o p e r t a m e n te fusionista, e s'era l a m e n t a t o : «Cosa ci posso fare io se N e n n i e Basso vogliono il F r o n t e elettorale a tutti i costi?». Basso, p e r la verità, era molto tiepido. L'entusiasta era N e n ni, un p o ' i n g e n u o e un p o ' cinico, coccolato dall'establishment comunista i n t e r n o e internazionale. A fine n o v e m b r e del '47 a n d ò a Praga, su invito dei sovietici, e a Karlovy Vary dialogò a l u n g o con Malenkov, il vice-Stalin, «grasso, un p o ' flemmatico, p e r f e t t a m e n t e orientale». Il p o v e r o N e n n i chiese a Malenkov, t r a l'altro, cosa l ' U n i o n e Sovietica potesse fare p e r l'economia italiana, e il sovietico, l o n t a n o le mille miglia dal sospettare quale fosse la vitalità rinascente d e l l ' e c o n o m i a occidentale, e a n c o r a t o ai m o d u l i dirigistici di casa sua, rispose s e r i a m e n t e : «Se le sinistre vincono le elezioni e t o r n a n o al g o v e r n o , nel 1948 l ' U n i o n e Sovietica p o t r à far fronte al fabbisogno di g r a n o . Per il c a r b o n e n o n p u ò far nulla p e r a n c o r a t r e anni». Era archeologia economica, e n e s s u n o dei d u e i n t e r l o c u t o r i se n e r e n d e v a conto. 424

B e n c h é segretario dei P S I fosse Basso, N e n n i se ne riten e v a l'effettivo leader: un leader c h e , d o p o il t r a u m a della scissione saragatiana di gennaio, aveva colto qualche significativo alloro. T r a gli o p e r a i i consensi socialisti, p u r nettam e n t e inferiori o r m a i a quelli c o m u n i s t i , s u p e r a v a n o di quasi il d o p p i o i consensi cattolici e socialdemocratici. A livello di vertice il P S I aveva avuto l'apporto di g r a n p a r t e dei dirigenti del Partito d'azione: personalità di notevole rilievo intellettuale e m o r a l e a n c h e se la loro forza politica e r a assai più corrosiva c h e costruttiva. La sinistra n o n m a r x i s t a agglutinatasi nel Partito d'azione n o n aveva mai avuto requie, dalla Liberazione in poi. Alcuni suoi u o m i n i sentivano il ric h i a m o della sinistra p o p o l a r e - p e r i cui c o m p o r t a m e n t i n o n avevano vocazione alcuna - altri p r o p e n d e v a n o p e r un liberalismo elitario e p r o g r e s s i s t a , nella scia d e l l ' i n s e g n a m e n t o di Gobetti e dei fratelli Rosselli. Q u e s t e forze centrifughe si a c u i r o n o con la scissione di Palazzo B a r b e r i n i p e r c h é al p o l o socialista t r a d i z i o n a l e si c o n t r a p p o s e , esercitando u n a attrazione eguale e contraria, il polo socialdemocratico. Stato m a g g i o r e senza t r u p p e , il Partito d'azione era stanco di esistere, e voleva confondersi in u n a forza politica più vasta. Q u e s t a forza s e m b r ò identificarla, agli inizi del 1947, nel P S L I . Ma gli u m o r i c a m b i a r o n o , e si arrivò a u n a fase di equidistanza, poi (fine giugno) alla scelta del P S I . Q u e s t a opzione fu a p p r o v a t a dal direttivo del Partito d'azione a stretta m a g g i o r a n z a , 19 voti c o n t r o 16: e fu da alcuni considerata un colpo di m a n o . Dall'esecutivo si d i m i s e r o C a l a m a n d r e i , Valiani e G a r o sa. A sua volta Riccardo L o m b a r d i , che p u r e e r a o r i e n t a t o n e t t a m e n t e a sinistra, r i n u n c i ò alla s e g r e t e r i a d e l p a r t i t o . L o m b a r d i n o n a m a v a la s u d d i t a n z a del P S I ai comunisti, e ripeteva, a p r o p o s i t o del F r o n t e p o p o l a r e , che «non esistono d u e partiti e u n a sola politica, bensì d u e partiti e d u e p o litiche, che possono coincidere ma a n c h e n o n coincidere». Gli azionisti filosocialisti, che e r a n o m a g g i o r a n z a , trattar o n o con il P S I le modalità della fusione, e riuscirono a rea425

lizzarla n o n o s t a n t e gli accorati a p p e l l i di S a r a g a t . A n c h e L o m b a r d i finì p e r associarsi alla m a g g i o r a n z a , e il 21 ottob r e 1947 il Partito d'azione, lo si è già accennato, fece ufficialmente harakiri. Ignazio Silone, s t r e n u o avversario della m a n o v r a , fondò in quelle settimane Europa socialista, la rivista che ambiziosamente si p o n e v a c o m e p u n t o di riferimento p e r chi n o n abbracciava il P S I m a n e m m e n o il P S L I . Si legò a quel g r u p p o a n c h e l'ex-segretario del P S I U P Ivan M a t t e o L o m b a r d o che, con i suoi amici di Critica sociale, e r a o r m a i quasi u n estraneo nel P S I . Esautorati, isolati e resi i m p o t e n t i nel P S I i riformisti superstiti, l'opposizione al F r o n t e p o p o l a r e e alle liste elettorali con il P C I fu condotta da leaders della sinistra, in particolare da S a n d r o Pertini e - con a m b i g u i t à - dallo stesso segretario, Lelio Basso, che p u r e n o n aveva alcun preconcetto anticomunista, e si sarebbe anzi distinto, negli a n n i a venire, p e r zelo filosovietico. Pertini fece sapere a chiare lettere - e lo ripetè al Congresso che si aprì il 19 g e n n a i o 1948 - che il fronte socialcomunista p e r le elezioni era un e r r o r e . Lo era p e r c h é diventava un vassallaggio a p p e n a mascherato del P S I al P C I , e p e r c h é confermava gli a r g o m e n t i di Saragat al tempo della scissione. C o n Pertini si schierò l'ex-azionista Ricc a r d o L o m b a r d i c h e esigeva dai c o m u n i s t i chiarezza sui p r o b l e m i i n t e r n a z i o n a l i (ma in effetti i c o m u n i s t i e r a n o chiarissimi, p e r loro I ' U R S S aveva s e m p r e ragione). Le tesi di Basso e r a n o più sfumate e contorte, e in larga misura obbedivano a motivi di bassa cucina di p a r t i t o rivestiti di p a n n i ideologici. «Io ho - disse Basso - l'impressione che il partito abbia commesso l ' e r r o r e di discutere la tattica elettorale prima di esaminare le condizioni politiche della battaglia... Ecco p e r c h é sono stato reticente. Io c r e d o che n o n vi sia d u b bio che se il Fronte si realizza la conseguenza elettorale n o n p u ò essere che u n a sola. Il p r o b l e m a è di dire se siamo riusciti a creare questa atmosfera nel paese.» Tutti gli avversari del F r o n t e e r a n o , nel P S I , condizionati dalla d e m a g o g i a operaista e proletaria: perfino G i u s e p p e Romita, che presto sa426

rebbe passato ai socialdemocratici, si dichiarò in favore dell'alleanza, e contrario soltanto a liste elettorali c o m u n i . Così N e n n i trionfò, e sul diario scrisse s p r e z z a n t e m e n t e che «Lelio (Basso) e l ' a p p a r a t o h a n n o v e r a m e n t e balcanizzato il partito». Il C o n g r e s s o si p r o n u n c i ò p e r il F r o n t e (maggior a n z a del 99,43 p e r cento) e a n c h e p e r le liste u n i c h e con i comunisti: ma su questo p u n t o , n o n foss'altro che p e r motivi di interesse personale (gli aspiranti p a r l a m e n t a r i temevan o , n o n a t o r t o , c h e la fusione facesse f o n d e r e , elettoralm e n t e , soprattutto i socialisti), la m a g g i o r a n z a fu assai inferiore (66,78 p e r cento). Nella l u n g a vigilia elettorale l'esistenza del F r o n t e , e l'intimo legame con i comunisti, f u r o n o p e r il P S I u n a p e s a n t e catena. L o m b a r d i aveva visto giusto, s u b o r d i n a n d o il patto socialcomunista a u n a emancipazione del pei dall'obbedienza cieca al C r e m l i n o . Il F r o n t e d i v e n n e invece realtà, p e r s f o r t u n a dei socialisti (ma se l ' e r a n o cercata), p r o p r i o nei mesi in cui l ' U R S S , i m p e g n a t a nella g u e r r a fredda, e decisa a trasformare in proconsolati o semicolonie tutti i paesi occupati d a l l ' A r m a t a Rossa, p r e t e n d e v a che i Partiti c o m u n i s t i occidentali n o n solo tollerassero, ma acclamassero. Puntualm e n t e , e r a obbedita. A braccetto con il P C I , il P S I si trovò costretto ad a p p l a u d i r e - t r a m u g u g n i nelle sue file - le p e g giori infamie. Il colpo di stato di P r a g a - al quale a b b i a m o già fatto riferimento nel sesto capitolo - p r e c e d e t t e di d u e mesi scarsi le elezioni politiche del 18 aprile 1948. A Stalin, che attuava un disegno b r u t a l e e coerente, questa consultazione in un Paese che Yalta p o n e v a al di fuori della sua sfera di influenza interessava molto m e n o della mainmise all'Est. Ma la t r a g e d i a cecoslovacca, con gli a r r e s t i , le p e r s e c u zioni, le e p u r a z i o n i attuate da Gottwald con la collaborazione dello spietato ministro d e l l ' I n t e r n o Nocek fu u n a tragedia a n c h e p e r i socialisti. La r e a z i o n e pavloviana del P C I e dell' Unità a quei fattacci e r a scontata, a n c h e se abbietta: le centrali spionistiche e reazionarie a m e r i c a n e avevano ordito un c o m p l o t t o sventato dal sano p o p o l o lavoratore. Ma i 427

socialisti, cui g i u n g e v a n o via via gli echi delle martellate con cui si crocifiggeva la democrazia cecoslovacca, dei penosi ced i m e n t i di Benes, del sacrificio di Masaryk, d o v e v a n o associarsi all'ostentato t r i p u d i o dei c o m p a g n i comunisti. E cianciarono anch'essi di «vittoria di popolo» a Praga e di «smarr i m e n t o dei circoli reazionari». N e n n i n o n r i t e n n e valesse la p e n a di dedicare u n a sola riga del suo diario al secondo olocausto della Cecoslovacchia, né di distinguere in pubblico le posizioni del suo p a r t i t o da quelle di Togliatti. Perfino nel rifiuto del p i a n o Marshall il P S I finì p e r accodarsi docilmente, con t e m p o r a n e i r i p e n s a m e n t i , ai c o m u n i s t i . Q u a n d o a L o n d r a i laburisti indissero u n a Conferenza internazionale p e r convincere i socialisti italiani a r e c e d e r e dall'opposizione al generoso piano americano, la delegazione del P S I (Mor a n d i , Vecchietti, Amaduzzi) «ha p i a n t a t o in asso la riunion e . E ha fatto benissimo». Il c o m m e n t o è di N e n n i , c h e si sentiva euforico p e r c h é il 15 febbraio, a Pescara, in u n a votazione amministrativa, il Blocco del p o p o l o socialcomunista aveva conquistato la m a g g i o r a n z a assoluta.

CAPITOLO NONO

LA V I G I L I A

Il F r o n t e d e m o c r a t i c o p o p o l a r e di Togliatti e N e n n i n o n c o m p r e n d e v a soltanto i comunisti e i socialisti. Vi e r a n o incluse formazioni m i n o r i , c o m e la Democrazia del lavoro, il Partito cristiano sociale - flebile contraltare trasformista della Democrazia cristiana - e a n c h e elementi socialdemocratici e repubblicani. Q u e s t a tecnica d ' u n blocco - antifascista, resistenziale e laico - che si o p p o n e s s e alle bieche forze dell'oscurantismo, riecheggiava - ed era, alla luce di ciò che andava a c c a d e n d o un'eco p e r più motivi sinistra - altre coalizioni « d e m o c r a t i c h e » a t t u a t e e i m p o s t e n e i Paesi dell'Est. Nelle liste u n i c h e «popolari» a p i ù voci, c o n t a v a n o solo le voci comuniste e socialiste. Si sarebbe poi visto a n c h e in Italia alla luce dei risultati che il PCI aveva tutto organizzato p e r farsi la p a r t e del leone: nella vittoria, se ad essa si fosse arrivati, ma a n c h e nella disfatta che invece si avverò. Sulla trincea o p p o s t a stava e s s e n z i a l m e n t e la DC, cui in caso d'esito i n c e r t o si s a r e b b e r o affiancati i socialdemocratici, i r e p u b blicani, e i c o n s e r v a t o r i dell'alleanza stretta t r a i liberali e l'Uomo Qualunque. Le elezioni del 18 aprile e r a n o un avvenimento decisivo, quale che fosse l'angolazione da cui lo si considerava. Walter L i p p m a n n ne individuò con molta lucidità, in u n o scritto della vigilia, la straordinaria i m p o r t a n z a . «Dopo la seconda g u e r r a m o n d i a l e - scrisse - l'Armata Rossa è avanzata fino al centro dell'Europa. Tutti i Paesi rimasti alle sue spalle sono stati sottoposti al d o m i n i o c o m u n i s t a . Ma fino a oggi n e s s u n Paese che n o n sia stato o c c u p a t o o c i r c o n d a t o dall'Armata Rossa è diventato comunista... Se il p o p o l o e il go429

verno italiano si a r r e n d o n o ora al c o m u n i s m o , l'Italia sarà il p r i m o Paese in cui la sola q u i n t a colonna comunista, separata dalle altre q u a t t r o colonne dell'Armata Rossa, sarà riuscita a conquistare u n o Stato m o d e r n o . Il risultato in Italia dimostrerà d u n q u e se il C r e m l i n o p u ò o m e n o assicurarsi il controllo d e l l ' E u r o p a attraverso la g u e r r a fredda.» Q u e s t o era il dilemma. È molto facile p a r l a r e oggi di atmosfera isterica, di toni apocalittici del clero, di m e t o d i propagandistici che arrivavano al ricatto: ricatto della fame (se votate Fronte p o p o l a r e gli Stati Uniti n o n ci a i u t e r a n n o più), o ricatto religioso (la s c o m u n i c a p e r gli a d e r e n t i al blocco socialcomunista). La posta legittimava o g n i mezzo. Dall'una e dall'altra p a r t e ci si batté con il randello, n o n con il fioretto: si p u ò riconoscerlo e m a g a r i d e p l o r a r l o , a g g i u n g e n d o p e r a l tro che le caratteristiche della lotta i m p o n e v a n o quel comportamento. La Chiesa si batté in p r i m a linea a m m e t t e n d o e addiritt u r a o s t e n t a n d o questo suo interventismo che in taluni m o m e n t i dovette p a r e r e eccessivo a n c h e allo stesso De Gasperi. Pio X I I aveva già detto che la scelta era «con Cristo o contro Cristo». I vescovi di g r a n d i diocesi - Ildefonso S c h u s t e r a Milano, Giuseppe Siri a Genova, ma anche altri - precisarono che costituiva peccato m o r t a l e sia il n o n votare sia il votare «per le liste e p e r i candidati che n o n d a n n o sufficiente affidamento di rispettare i diritti di Dio, della Chiesa e degli uomini». La distinzione, che s a r e b b e v e n u t a con Giovanni X X I I I , tra l'errore e l'errante, era sconosciuta a questa d u ra i m p o s t a z i o n e . I p r e s u l i p r e s e r o c u r a di p r e c i s a r e che il c o m u n i s m o era contrario alla fede - a coloro che ne condiv i d e v a n o l'ideologia d o v e v a essere n e g a t a l'assoluzione «anche q u a n d o si p r e s e n t a , c o m e a t t u a l m e n t e accade, sotto spoglie che n o n sono sue». In a p p a r e n z a il l e g a m e t r a la D e m o c r a z i a cristiana e la Chiesa - che era o p e r a t i v a m e n t e un legame tra la Democrazia cristiana e le p a r r o c c h i e - assicurava u n a p e n e t r a z i o n e capillare nell'universo dei c r e d e n t i al messaggio politico de430

mocristiano. Esisteva inoltre l'Azione Cattolica, che il fascismo aveva compresso e condizionato ma mai soppresso, ed esisteva la S P E S , il Servizio p r o p a g a n d a e studi della D C sorto a m e t à del 1947 p r o p r i o p e r r e n d e r e p i ù efficace l'azione del partito. In questa s t r u t t u r a Pio X I I e il suo p r o s e g r e t a rio di Stato, m o n s i g n o r Montini, dovettero tuttavia avvertire l a c u n e e debolezza. Si affidarono allora a Luigi G e d d a , p r e s i d e n t e degli u o m i n i di Azione Cattolica, p e r la creazione, nel febbraio del 1948, dei Comitati Civici. Luigi G e d d a , u n o studioso che e r a stato allievo del famoso e n d o c r i n o l o g o P e n d e , e che si e r a specializzato in ricerche sui gemelli, era l'esponente di un integralismo cattolico esasperato. Dal '34 al '46 aveva diretto, con i n d u b b i o talento organizzativo e slanci mistici, il settore giovanile dell'Azione Cattolica, p e r essere poi p r e p o s t o agli u o m i n i di A . c Era ambizioso, e p r o b a b i l m e n t e riteneva che le sue qualità meritassero più alti riconoscimenti: ne faceva fede u n a lettera - rimasta senza risposta - che indirizzò a Badoglio, dopo il 25 luglio 1943. «Le forze dell'Azione Cattolica m o r a l m e n t e sane, di provata fedeltà alla patria e scevre di passionalità politica - p r o p o n e v a - p o s s o n o essere vantaggiosam e n t e impiegate.» E indicava u n a vasta g a m m a di utilizzazioni, che a v r e b b e r o p o r t a t o l'Azione Cattolica a s u r r o g a r e la Gioventù italiana del Littorio, l ' O p e r a nazionale dopolavoro, l ' O p e r a nazionale m a t e r n i t à e infanzia, e via dicendo. Infine G e d d a si dichiarava p r o n t o a suggerire p e r s o n e idon e e a dirigere I ' E I A R (la RAI dell'epoca) p e r «controbattere la p r o p a g a n d a sovversiva del fuoruscitismo comunista favorita dalle r a d i o s t r a n i e r e le quali f a n n o o p e r a di disfattismo spirituale, patriottico e politico». Q u e s t ' u o m o i m p a s t a t o di fede e di a r r i v i s m o e r a p e r ò riuscito a r a d u n a r e in Piazza San Pietro, d a v a n t i al Papa, nel settembre del 1947, settantamila «baschi blu» (il colore, spiegò, gli e r a stato ispirato dal g r a n mazzo di fiordalisi offerto alla M a d o n n a di L o u r d e s , d u r a n t e un pellegrinaggio) e in altre occasioni masse i m p o n e n t i di baschi verdi, creati 431

poco d o p o . Pio X I I fu conquistato dalla sua sicurezza e dalla sua fermezza. De Gasperi ne era più impensierito che affascinato. Pensava in p a r t i c o l a r e agli interessi della D C , al pericolo d ' u n secondo partito cattolico, alla c o n c o r r e n z a dei Comitati Civici nella raccolta di fondi elettorali. Gedda, forte del placet Vaticano, si d i e d e a tessere u n a rete di t r e c e n t o m i l a volontari affiancati alle 22 mila p a r r o c chie italiane. E r i t e n n e s e m p r e d'aver avuto un ruolo determ i n a n t e nel successivo trionfo. «Il 18 aprile - d i c h i a r ò - è stata u n a bella p a g i n a scritta dall'Italia cattolica, u n ' I t a l i a che p e r quasi un secolo era rimasta in stato di clandestinità. La vittoria fu della D C , ma questa fu la veste di circostanza della protagonista, l'Italia cattolica che si era a n d a t a p r e p a r a n d o da a l m e n o tre generazioni a questo g r a n d e m o m e n to... Dovevamo svegliare il gigante a d d o r m e n t a t o , chiarirgli le idee, spingerlo a raccogliere l'indimenticabile appello del Vicario di Cristo.» I dirigenti democristiani del t e m p o t e n d o n o a r i d i m e n sionai^, se n o n a minimizzare, l'apporto dei Comitati Civici, r i l e v a n d o , c o m e Gonella, che «la n o s t r a forza veniva dalle parrocchie... e a n c h e senza l'intervento di G e d d a questo a p p o g g i o n o n ci sarebbe c e r t a m e n t e v e n u t o a m a n c a r e » . Andreotti ha riconosciuto ai Comitati Civici un contributo p r e zioso nel «portare la gente a votare», insegnare ai m e n o colti d o v e bisognava m e t t e r e la croce, c o n i a r e slogans efficaci c o m e «coniglio chi n o n vota», in riassunto «scuotere gli strati più assonnati delia popolazione». Le sinistre, e i radicalchic che h a n n o in odio il 18 aprile, insistono sui risvolti superstiziosi e pittoreschi di quella mobilitazione e r i c o r d a n o «le M a d o n n e che p i a n g e v a n o e m u o v e v a n o gli occhi». Ma c'era ben altro. C ' e r a a n z i t u t t o il n e t t o m i g l i o r a m e n t o della situazione economica, d o v u t o insieme alla politica di r i s a n a m e n t o ein a u d i a n a e al c o n s i s t e n t e a p p o g g i o a m e r i c a n o . O r m a i la crescita dei salari aveva sopravanzato quella del costo della vita (rispetto al 1939 il r a p p o r t o nella p r i m a v e r a del 1948 432

e r a di 1 a 49 p e r il costo della vita, di 1 a 51 p e r i salari). N o n m a n c a v a n o gli elementi negativi, c o m e la crescita dei disoccupati di mezzo milione d'unità, ma la gente avvertiva c h e l'Italia stava e c o n o m i c a m e n t e r i s o r g e n d o . E avvertiva inoltre che questo slancio avrebbe p e r s o ogni vigore qualora l'Italia avesse votato p e r il Fronte. Nel p e r i o d o tra la m e t à del '47 e la m e t à del '48 - che richiedeva u n a s a l d a t u r a tra gli aiuti d e l l ' U N R R A , finiti, e gli aiuti del p i a n o Marshall, a n c o r a da iniziare - W a s h i n g t o n d e s t i n ò all'Italia u n c o n t r i b u t o d i e m e r g e n z a d i t r e c e n t o milioni di dollari, essenzialmente in alimentari e medicinali. Fu stabilito che l'arrivo in un p o r t o italiano di o g n i centesima n a v e di aiuti fosse celebrato con u n a c e r i m o n i a cui intervenisse il dinamico ambasciatore D u n n . I comunisti ne t r a s s e r o s p u n t o p e r accusare l'ambasciatore d i essersi trasformato in p r o p a g a n d i s t a della D C : e s o s t e n n e r o che l'Italia vendeva agli americani la sua i n d i p e n d e n z a in cambio di cibo. Ma gli italiani, che n o n sono sciocchi, sapevano che l ' U R S S n o n avrebbe mai voluto né p o t u t o fare alcunché di simile: e che se, p e r p u r a ipotesi, l'avesse fatto, la g r a t i t u d i n e c o m u nista p e r il g e n e r o s o gesto del Paese del socialismo avrebbe di g r a n l u n g a s u p e r a t o , in servilismo e piaggeria, ogni manifestazione filoamericana. D u n n , - chi p u ò negarlo? - coll a b o r ò a p e r t a m e n t e con il g o v e r n o , ossia c o n la D C . O g n i o p e r a e iniziativa finanziata dagli U S A nasceva tra discorsi i n n e g g i a n t i all'amicizia italo-americana e a l l ' o p e r a del gov e r n o De G a s p e r i . S a r e b b e stato s t r a n o fosse a v v e n u t o il contrario. L'America intera - gli italoamericani in particolar e , ma a n c h e gli altri - si sentiva coinvolta nella contesa elettorale; centinaia di migliaia di americani - sollecitati da u n a c a m p a g n a insistente e intelligente - inviarono lettere a cittadini italiani, di loro conoscenza o n o n , p e r esortarli a n o n d a r e un voto - al Fronte - che avrebbe significato l'esclusione dell'Italia dal p i a n o Marshall, il blocco a l l ' e m i g r a z i o n e italiana negli Stati Uniti, e anche, p e r completare la rosa dei 433

castighi, la maledizione di Dio. Dove si p u ò s u p p o r r e che la minaccia t r a s c e n d e n t e contasse assai m e n o di quelle concrete e attuali. Il Fronte, conscio del peso che la minaccia di interruzione degli aiuti americani poteva avere sulle elezioni, tentò di p a r a r e il colpo: e andava spiegando - a mezza bocca i c o m u nisti, a m m a n e t t a t i a Mosca che del p i a n o Marshall e r a n e mica, un p o ' più c h i a r a m e n t e i socialisti - che q u a n d ' a n c h e le sinistre avessero vinto, gli invii U S A s a r e b b e r o stati b e n e accettati. La c o n t r o m o s s s a a m e r i c a n a fu risoluta. C o n u n a serie di dichiarazioni s e m p r e p i ù p e r e n t o r i e il g o v e r n o di W a s h i n g t o n - d i r e t t a m e n t e o a t t r a v e r s o i n d i s c r e z i o n i di s t a m p a lasciate v o l u t a m e n t e filtrare - a m m o n ì gli italiani: n o n p o t r e t e , diceva in sostanza, essere nemici dell'America e m u n g e r l a nello stesso t e m p o . Finché v e n n e u n a conferenza s t a m p a in cui Michael M c D e r m o t t , alto funzionario nel D i p a r t i m e n t o di Stato, dissipò o g n i possibile e q u i v o c o . «I comunisti in Italia h a n n o s e m p r e detto di n o n volere I ' E R P ( E u r o p e a n Recovery P r o g r a m , etichetta ufficiale del p i a n o Marshall, N.d.A.). Se i comunisti v i n c e r a n n o - cosa che n o n possiamo c r e d e r e , c o n o s c e n d o lo spirito e lo stato d ' a n i m o del p o p o l o italiano - n o n si p o r r à più il p r o b l e m a di u n ' u l teriore assistenza economica da p a r t e degli Stati Uniti.» Nel caso n o n bastasse, il generale Marshall in p e r s o n a int e r v e n n e a Berkeley il 20 m a r z o 1948: «Dato che l'associazione all'ERP è c o m p l e t a m e n t e volontaria, i cittadini di ogni Paese h a n n o il diritto di c a m b i a r e idea e, in effetti, di ritirarsi. S e d e c i d o n o d i votare p e r m a n d a r e a l p o t e r e u n gov e r n o n e l q u a l e la forza politica d o m i n a n t e . . . ha spesso, p u b b l i c a m e n t e ed enfaticamente p r o c l a m a t o la p r o p r i a ostilità p e r q u e s t o p r o g r a m m a , q u e s t o voto p o t r e b b e e s s e r e giudicato solo c o m e u n a p r o v a del desiderio di tale Paese di dissociarsi dal p r o g r a m m a stesso. Al nostro g o v e r n o n o n rim a r r e b b e c h e p r e n d e r e atto c h e l'Italia si è tagliata fuori dai benefìci d e l l ' E R P » .

Q u e s t e p r e s e di posizione f u r o n o v i t u p e r a t e dalle sini434

stre c o m e ricattatorie. In questa ottica tutta la politica internazionale è ricattatoria, specie nei r a p p o r t i bilaterali. Il ricatto a m e r i c a n o aveva a l m e n o u n a p a r t i c o l a r i t à positiva: d o m a n d a v a al p o p o l o italiano di d e c i d e r e , con il voto, cosa dovesse essere d a t o , e cosa dovesse essere o t t e n u t o . Ai p o poli d e l l ' U R S S e dei satelliti questa facoltà di scelta, p e r il piano Marshall, era stata negata. La strategia occidentale p e r influire sulle elezioni n o n poteva i g n o r a r e né la ferita giuliana, tuttora sanguinante, né in generale le d u r e condizioni del trattato di pace. Agli americani si associò volonterosamente, su questo t e r r e n o , il ministro degli Esteri francese Bidault, che a un certo p u n t o parve perfino disposto a restituire u n a p a r t e dei territori alpini tolti m e s c h i n a m e n t e all'Italia, e p r o p o s e che fossero r i d a t e all'Italia stessa, senza condizioni, le vecchie colonie (ma qui si scontrò con un inflessibile diniego inglese). Il p e r n o delle iniziative restava c o m u n q u e Trieste, dove il Territorio libero t a r d a v a a p r e n d e r e forma, e n o n si e r a a n c o r a arrivati alla designazione di un g o v e r n a t o r e . Gli Occidentali t e m e v a n o t r a l'altro - in base a r a p p o r t i p r o b a b i l m e n t e infondati dei loro diplomatici - che I ' U R S S potesse g i u o c a r e d'anticipo, e pronunciarsi p e r un r i t o r n o della zona A all'Italia. Il 20 m a r z o (1948) Bidault s'incontrò a Torino con Sforza e gli comunicò, a n c h e a n o m e degli americani e degli inglesi, u n a n o t a in cui si p r o p o n e v a c h e il T e r r i t o r i o libero tornasse sotto la sovranità italiana. Poiché e r a fuori discussione che gli iugoslavi cedessero la zona B, il passo r i g u a r dava in sostanza la zona A. L'URSS, cui la n o t a e r a a n c h e diretta, esitò a r i s p o n d e r e , e q u a n d o lo fece il suo fu un niet a p p e n a camuffato d a formule giuridiche. N e n n i c o m m e n t ò che «i tre r e g a l a n o ciò che n o n h a n n o (la sorte di Trieste dip e n d e dalla Iugoslavia) e si t e n g o n o quello che h a n n o (Briga, T e n d a , le Colonie)». HUnità si scagliò c o n t r o il «volgare tentativo di trascinare l'Italia in un'atmosfera di g u e r r a » . La n o t a t r i p a r t i t a ebbe p e r il m o m e n t o valore platonico sulla sorte di Trieste: p r o b a b i l m e n t e n o n solo platonico sul voto. 435

. y

Q u a l c u n o - ad e s e m p i o A n t o n i o G a m b i n o nella sua Storia del dopoguerra - ha d e d i c a t o m o l t a attenzione all'ipotesi d ' u n i n t e r v e n t o militare a m e r i c a n o se il F r o n t e avesse p r e valso. A Washington la fiducia - p e r la verità crescente a mano a m a n o che il 18 aprile si avvicinava - si alternava a fasi di pessimismo. I p r o n o s t i c i degli e s p e r t i d a v a n o al F r o n t e tra il 37 e il 45 p e r cento dei suffragi, n e s s u n o osò p r e v e d e re q u a n t o sarebbe stata bassa la sua m a r e a , coincidente con l'altissima m a r e a democristiana. Il D i p a r t i m e n t o di Stato e il Consiglio nazionale di sicurezza, o r g a n i s m o quest'ultimo che è alle d i r e t t e d i p e n d e n z e del P r e s i d e n t e , e s a m i n a r o n o in diversi d o c u m e n t i le opzioni che p o t e v a n o presentarsi in vista del 18 aprile. N o n m a n c a r o n o opinioni drastiche e avv e n t u r o s e , c o m e quella di George K e n n a n , allora d i r e t t o r e d e l Policy P l a n n i n g Staff, che si d o m a n d a v a se al g o v e r n o italiano n o n convenisse m e t t e r e fuori legge il Partito c o m u nista, r i m a n d a n d o sine die le elezioni. Secondo K e n n a n u n a g u e r r a civile, cui sarebbe seguito l'intervento militare a m e ricano, con u n a possibile divisione dell'Italia, «sarebbe p r e feribile a u n a vittoria elettorale (del F r o n t e ) senza spargim e n t o di s a n g u e e senza nostra opposizione che d a r e b b e ai comunisti l'intera penisola e disseminerebbe il panico nelle aree circostanti». Ma il D i p a r t i m e n t o di Stato a n n o t ò , a lato di questa relazione, che le idee in essa espresse e r a n o «poco sagge». L'autore della postilla volle p r o b a b i l m e n t e u s a r e un eufemismo. Il Consiglio nazionale di sicurezza - che aveva b e n p r e senti, n o n d o b b i a m o d i m e n t i c a r l o , l e e s p e r i e n z e dei paesi dell'Est - stabilì, nella più d u r a tra le sue indicazioni, che in caso di d o m i n i o comunista del g o v e r n o italiano «con mezzi legali» si potesse ricorrere a u n a mobilitazione parziale delle Forze A r m a t e a m e r i c a n e a n c h e r i p r i s t i n a n d o la coscrizione obbligatoria «come chiara indicazione della decisione degli Stati Uniti di o p p o r s i all'aggressione comunista e di p r o t e g g e r e la sicurezza nazionale». E r a consigliato inoltre che gli U S A rafforzassero le «posizioni militari nel Mediterraneo» 436

(ossia, ne d e d u c e a r b i t r a r i a m e n t e G a m b i n o , a v r e b b e r o staccato dall'Italia la Sicilia e la S a r d e g n a ) e inoltre fornissero «ai g r u p p i clandestini anticomunisti assistenza finanziaria e militare». E evidente da questo contesto che il Consiglio nazionale di sicurezza fondava le c o n t r o m i s u r e sul p r e s u p p o sto c h e si fosse c o n s o l i d a t o in Italia un r e g i m e c o m u n i s t a «tipico», ossia o p p r e s s i v o e i n t i m i d a t o r i o : tale cioè da costringere gli oppositori ad agire nella clandestinità. In q u e sto scenario e s t r e m o le m i s u r e ventilate sono r i m a r c h e v o l i più p e r il loro g r a d o di p r u d e n z a che p e r quello di interferenza nelle vicende italiane. «Il F r o n t e vince - vota Fronte.» Q u e s t o era lo slogan p r i m a rio dell'alleanza socialcomunista, c o r r e d a t o da altre p a r o l e d ' o r d i n e accessorie che insistevano sulla soggezione del gov e r n o a forze estranee e reazionarie (gli Stati Uniti, il Vaticano) e sulla dubbia italianità dello stesso De Gasperi il cui cog n o m e veniva distorto in Von Gasper. L'affluenza ai comizi di sinistra e r a i m m e n s a , e i leaders p i ù emotivi ne e r a n o ubriacati. Il Fronte c o n t r a p p o n e v a il suo radioso futuro p r o gressista al capitalismo clericale e austriacante del g o v e r n o , i m p u t a v a a De Gasperi le concessioni agli i m p r e n d i t o r i con l'arricchimento r u g g e n t e di molti, il colpo di s p u g n a sull'epurazione, il t r a d i m e n t o della Resistenza. Gli intellettuali s'er a n o schierati largamente con le sinistre; un appello lanciato dall'Alleanza p e r la cultura aveva raccolto quattromila firme. Molte e r a n o di o p p o r t u n i s t i e conformisti i quali s a p e v a n o che se la DC avesse vinto, la loro adesione allo schieramento opposto n o n li avrebbe pregiudicati, m e n t r e se avesse vinto il F r o n t e l'averlo subito p r e f e r i t o s a r e b b e stato di e n o r m e vantaggio. Ma si c o n t a r o n o tra i firmatari anche u o m i n i eminenti che in n o m e del laicismo e della tradizione risorgimentale e anticlericale finivano p e r identificare la libertà di p e n siero con le sinistre, e l'oscurantismo con De Gasperi e i suoi alleati. Così figurarono nelle liste A r t u r o Carlo Temolo, Giacomo De Benedetti, G u i d o Calogero, Giacomo Devoto. 437

L'ottimismo dei leaders n o n e r a soltanto di m a n i e r a . Sec o n d o N e n n i «le prospettive del Fronte s t a n n o tra la certezza della m a g g i o r a n z a relativa e la possibilità della m a g g i o r a n z a assoluta». Da un r i a s s u n t o p u b b l i c a t o dall' Unità la m a t t i n a stessa del voto risultava che tutti i «federali» c o m u nisti e s p r i m e v a n o la fiducia in avanzate massicce, u n o scatto in avanti dall'otto al dieci p e r cento nel Lazio e in Abruzzo, a b b o n d a n t i m a g g i o r a n z e assolute in Toscana, in Emilia, in Liguria, in Piemonte, forti affermazioni a n c h e nel Sud. A p o s t e r i o r i G i a n c a r l o Pajetta s p i e g ò c h e i c o m u n i s t i , a v e n d o visto che il loro appello «era stato accolto a n c h e da g r u p p i di socialdemocratici, di cattolici di sinistra, di r e p u b blicani, di intellettuali progressisti», e r a n o convinti «di esser e riusciti a ricreare un'atmosfera simile a quella del CLN» e le piazze p l a u d e n t i «ci confermavano nella certezza di avere con noi la m a g g i o r a n z a del Paese...». Tale e r a la fiducia in un successo che Togliatti e N e n n i si p o s e r o il p r o b l e m a della P r e s i d e n z a d e l Consiglio. Lelio Basso ne discusse con e n t r a m b i e, rievocando quei conciliaboli, rivelò p o i c h e s e c o n d o N e n n i il p o s t o toccava senza d u b b i o ai socialisti, m e n t r e Togliatti, cauto e insinuante, obbiettava c h e i n t e o r i a u n socialista s e m b r a v a p i ù i n d i c a t o d ' u n c o m u n i s t a p e r o c c u p a r e quella p o l t r o n a senza allarm a r e i ceti m e d i , ma che, essendosi N e n n i «qualificato c o m e un estremista», forse la m o d e r a z i o n e da lui stesso (Togliatti) d i m o s t r a t a «lo r e n d e o r m a i accettabile a larghi strati della borghesia». Da altre fonti fu invece riferito che i socialcomunisti p e n s a v a n o a un Presidente del Consiglio i n d i p e n d e n te, o alla designazione d ' u n d e m o c r i s t i a n o di sinistra c o m e G r o n c h i (il che implicava e v i d e n t e m e n t e u n a sorta di «comp r o m e s s o storico» ante luterani). Vi fu a n c h e u n a querelle preelettorale sul c o m p o r t a m e n t o c h e il C a p o dello Stato a v r e b b e d o v u t o t e n e r e nel caso il F r o n t e avesse avuto la m a g g i o r a n z a relativa. I socialcomunisti sostennero che De Nicola fosse t e n u t o , c o m e p r i m o atto, a offrire l'incarico di f o r m a r e il g o v e r n o a un e s p o n e n t e 438

della formazione p i ù forte (il p r o b l e m a sarà riaffacciato n e gli a n n i '80, q u a n d o d i v e n t e r à c o n c r e t a l'eventualità d i u n sorpasso comunista in d a n n o della D C ) . La DC e r a di tutt'altro avviso, e affermava che in u n a repubblica p a r l a m e n t a r e n o n conta l'entità n u m e r i c a del partito p i ù forte, ma l'entità n u m e r i c a di u n a possibile concreta maggioranza. De Nicola n o n r a p p r e s e n t a v a , c o n t r o quella che i d e m o cristiani e i l o r o alleati c o n s i d e r a v a n o u n ' i n s i d i a politica, giuridica e costituzionale, u n a b u o n a difesa, anzi. Citiamo d a l Da Vittorio Emanuele a Gronchi di D o m e n i c o Bartoli: «Nei c o r r i d o i r o m a n i s i diceva c h e D e Nicola, p r i m a c h e fossero conosciuti i risultati d e l 18 a p r i l e , avesse s c o p e r t o u n a semplice regola aritmetica p e r risolvere il più grave p r o b l e m a politico che si ponesse al C a p o dello Stato: quella di affidare il p o t e r e al leader d e l g r u p p o p a r l a m e n t a r e p i ù n u m e r o s o . . . S e m b r a d u b b i o c h e De Nicola potesse effettiv a m e n t e r i c o r r e r e a q u e s t o e s p e d i e n t e infantile p e r n o n p r e n d e r e n e s s u n a r e s p o n s a b i l i t à s u d i sé. M a l a voce e r a insistente». Fu u n a voce che in definitiva giovò a De Gasperi. Questi p o t è infatti p r o c l a m a r e c h e p e r s v e n t a r e il p e r i colo «rosso» n o n bastava fare della DC il p a r t i t o s i n g o l a r m e n t e p i ù forte. Bisognava d a r e alla sola DC un solido vantaggio sul Fronte. Le ultime illusioni il Fronte le ebbe dai comizi di chiusura della c a m p a g n a elettorale. Per ascoltare Togliatti in Piazza San Giovanni, la sera di v e n e r d ì 16 aprile affluì a R o m a u n a folla oceanica. Q u e s t o politico professorale, che citava i classici e ostentava finezze da e r u d i t o , c e d e t t e allora, forse p e r deliberato calcolo, forse p e r tracotanza, forse p e r c h é eccitato dalla massa, alla volgarità che del resto in lui conviveva benissimo con la cultura. Poiché De Gasperi gli aveva rinfacciato d ' a v e r «come il diavolo, il p i e d e forcuto» Togliatti replicò che, tentato p e r un m o m e n t o di m o s t r a r e che i suoi piedi e r a n o normali, aveva poi cambiato idea: «Mi t e n g o le scarpe ai piedi, anzi ho fatto m e t t e r e ad esse d u e file di chiodi e ho deciso di applicarle a De Gasperi d o p o il 18 aprile in 439

u n a p a r t e del c o r p o che n o n voglio n o m i n a r e » . I militanti e r a n o in delirio. Ma d u r ò poco. Abbiamo riassunto gli elementi - politici, sociali, economici, emotivi - che p r e p a r a r o n o il 18 aprile. Ma q u e s t a serie di a d d e n d i , che p u r dovevano essere illustrati, n o n dà la somma alla quale si p e r v e n n e . Sbagliava G e d d a , nel suo oltranzismo clericale, r i d u c e n d o il trionfo della DC a u n a rivalsa, se n o n a u n a vendetta, dell'Italia cattolica: p e r c h é la misura di quel trionfo - lo dissero i successivi r e f e r e n d u m r i g u a r danti problemi che incidevano d i r e t t a m e n t e sul t e r r e n o della fede - s u p e r ò di g r a n lunga l'ambito del m o n d o clericale e p a r r o c c h i a l e e a n c h e dei c r e d e n t i p r a t i c a n t i . Sbagliò chi vide nel risultato esclusivamente l'effetto d ' u n ricatto della fame. La scelta incluse a n c h e questi elementi. Ma fu, consap e v o l m e n t e o inconsapevolmente, di più a m p i o respiro: fu - o a l m e n o fu intesa - c o m e scelta tra libertà e n o n libertà. Gli italiani sono abbastanza smaliziati p e r capire i trucchi e gli i n g a n n i della p r o p a g a n d a politica. Ma sapevano, o sentivano, che sotto le affermazioni e le p r o m e s s e della DC v'era un solido fondo di verità. Il «mito dell'America», la «rendita di posizione degli Stati Uniti» p e r u s a r e l e e s p r e s s i o n i d i C a m b i n o , n o n e r a n o i l frutto di l e g g e n d e : derivavano da conoscenze ed esperienze, m a g a r i eccessivamente acritiche, ma vere. La potenza, lo sforzo di solidarietà, la d e m o c r a z i a degli Stati Uniti e r a n o fatti, n o n fanfaluche. Così c o m e e r a n o p e r c e p i t i i n t e n s a m e n t e l'onestà di Alcide De G a s p e r i , il suo liberalismo di fondo, il sostanziale p l u r a l i s m o della DC dove si dispiegava un arco di opinioni - quasi di ideologie - che a n d a v a dalla destra monarchica alla sinistra che sarebbe poi stata definita c a t t o - c o m u n i s t a : e d o v e n o n m a n c a v a n o , già allora, espon e n t i t u t t ' a l t r o che teneri verso quella p o t e n z a p r o t e t t r i c e - gli Stati Uniti - che p u r e dava loro un totale appoggio. Nell'affresco elettorale democristiano spiccavano le tonache dei preti, i bigotti, le p i n z ò c h e r e , i baschi blu, i baschi 440

verdi, le M a d o n n e pellegrine. Ma dietro quelle figure a p p a riscenti, la vera forza stava sullo sfondo. Era la forza di chi voterà DC - s v u o t a n d o gli altri partiti m o d e r a t i o centristi p e r salvaguardarsi da u n a sorte, politica ed economica, tipo repubblica p o p o l a r e dell'Est. Il r a g i o n a m e n t o di G e d d a va radicalmente rettificato, se n o n rovesciato. N o n vi fu u n ' I t a lia cattolica che si rivestì di p a n n i democristiani; vi fu u n ' I talia democratica, liberale, anticomunista che rivestì - insieme all'Italia p r o p r i a m e n t e cattolica - p a n n i democristiani. Il Fronte, che attribuì poi la sconfitta ai voti delle beghine analfabete, e b b e invece il t o r t o di fidare t r o p p o sulla i g n o r a n z a e sprovvedutezza dell'elettorato. N o n che talune p a r t i c o l a r i critiche dei socialcomunisti alla gestione di De G a s p e r i e di E i n a u d i fossero i r r a g i o n e v o l i . V e n n e r o c o m messi, dalla DC e d a i suoi g o v e r n i , in quegli a n n i e a n c o r a più negli a n n i successivi, e r r o r i gravi: ma n o n fu commesso né tentato il crimine s u p r e m o di togliere la libertà. Il F r o n t e si sforzava di spiegare che, d a n d o g l i il voto, il p o p o l o italiano avrebbe avuto un avvenire p i ù democratico, ma poi p o r t a v a come modello politico e sociale l'Unione Sovietica. Q u e s t o n o n era abbellimento p r o p a g a n d i s t i c o della realtà. E r a m e n z o g n a . M e n t i v a n o gli o r a t o r i d e l F r o n t e , m e n t i v a n o p i ù di ogni altro i notabili del P C I q u a n d o , di rit o r n o dai loro frequenti viaggi in U R S S O nei Paesi a d essa assoggettati, d e s c r i v e v a n o le meravigliose c o n q u i s t e di q u e i p o p o l i , e le c o n d i z i o n i di vita ideali ad essi assicurate, in c o n t r a p p o s t o alla miseria e alle sofferenze degli o p e r a i e dei contadini italiani. La faziosità è ammessa, tra avversari: ma la falsità di q u e sti c o n f r o n t i s u p e r a v a i limiti della d e c e n z a . Già si sapeva abbastanza di Stalin e dei suoi sistemi, a n c h e se n o n tutto. La DC utilizzò quelle verità p e r screditare la c a m p a g n a delle sinistre. La conseguenza fu che la p r o p a g a n d a socialcomunista, s m a n t e l l a t a nel suo c u o r e ideologico, d i v e n n e p o c o credibile a n c h e l à d o v e e r a s o r r e t t a d a b u o n e r a g i o n i . F u u n a tragedia soprattutto p e r i socialisti. Almeno i comunisti 441

recitavano il loro copione. Ma il P S I dovette adattarsi a u n a complicità da molti sofferta: c o m e Vittorio Foa che poi rimpianse d'aver d o v u t o , p e r d o v e r e di militante, g e t t a r e «chi c o m u n q u e la pensasse diversamente da noi nel c a m p o degli imperialisti e dei rinnegati». In un discorso elettorale il ministro d e l l ' I n t e r n o Sceiba aveva avvertito c h e «nel caso di violenza o di a t t e n t a t i alla lib e r t à del voto, il g o v e r n o è p r o n t o a intervenire a n c h e d u r a n t e le votazioni, p e r s o s p e n d e r n e lo svolgimento». Il che c o r r i s p o n d e v a allo slogan dallo stesso Sceiba lanciato: «O votano tutti, o n o n vota nessuno». Togliatti aveva polemizzato c o n lui s o s t e n e n d o c h e spettava a l n u o v o P a r l a m e n t o d i p r o n u n c i a r s i sulla regolarità delle elezioni, e che il g o v e r n o n o n aveva la facoltà di intervenire m e n t r e e r a n o in corso. I sospetti e le accuse di d i s o r d i n i , brogli, pressioni i n d e b i t e sugli elettori, e a n c h e di un colpo di Stato a risultati o t t e n u ti, c o r r e v a n o in e n t r a m b i i campi. Sceiba ha successivamente spiegato, in u n a conversazione con C a m b i n o , che «era stata messa a p u n t o un'infrastruttura capace di far fronte a un tentativo i n s u r r e z i o n a l e c o m u n i sta». A questo scopo l'intero Paese era stato diviso in u n a serie di grosse circoscrizioni, c o m p r e n d e n t i varie province, e affidate a un funzionario, u n a sorta di prefetto regionale, riservatamente designato p e r assumervi la responsabilità dell'ordine pubblico in caso di emergenza. Il designato n o n era necessariamente il prefetto più i m p o r t a n t e . Poteva a n c h e essere un questore che godesse dell'assoluta fiducia di Sceiba. I n o l t r e , p e r i m p e d i r e che i socialcomunisti paralizzassero il sistema di comunicazioni i m p a d r o n e n d o s i dei gangli vitali, «avevamo organizzato un sistema di comunicazioni alternative, servendoci c o m e p u n t i d i a p p o g g i o d ' u n certo n u m e r o di navi italiane e alleate presenti nel Mediterraneo». Nei r a n g h i del Fronte (ma quasi esclusivamente tra i comunisti), f u r o n o a d o t t a t e m i s u r e p e r l ' e m e r g e n z a . Secchia era fatto apposta p e r p r e p a r a r e le o r e X, e fu attivissimo in 442

q u e i g i o r n i , c o n la c o l l a b o r a z i o n e di N i n o Seniga, viceresponsabile della Commissione di vigilanza. F u r o n o verificati e rafforzati i collegamenti con ex-partigiani, furono fissate p a r o l e d ' o r d i n e e sistemi di c o m u n i c a z i o n e . «I capi delle b r i g a t e p a r t i g i a n e c h e si s o n o sciolte solo t r e a n n i p r i m a - ha scritto Miriam Mafai - r i p r e n d o n o c o n t a t t o con i loro uomini. Quello che si p r e p a r a p u ò essere un n u o v o 25 aprile: la c o n s e g n a è di tenersi p r o n t i ad o g n i evenienza. E gli u o m i n i dissotterrano le armi, le p r e p a r a n o e in molte zone a d d i r i t t u r a t o r n a n o ad ostentarle in segno di p r e m a t u r a vittoria o minaccia.» Un fratello di P i e t r o Secchia, M a t t e o , a n d a v a e veniva d a l l ' a m b a s c i a t a sovietica p o r t a n d o n e consigli, o r d i n i , e si p u ò facilmente s u p p o r r e , a n c h e fondi. Fu affannosa la ricerca di recapiti clandestini p e r i maggiorenti del P C I . Citiamo a n c o r a la Mafai: « A p p a r t a m e n t i , ville e casali v e n g o n o acquistati, altri v e n g o n o affittati p e r c o n t o del p a r t i t o d a p r e s t a n o m e a s s o l u t a m e n t e insospettabili ( g e n e r a l m e n t e professionisti che n o n risultavano iscritti al P C I ) , altri infine v e n g o n o messi a disposizione da i g n a r e zie, n o n n e , c u g i n e di fedeli militanti a p p a r t e n e n t i alla b u o n a borghesia r o m a na e m i l a n e s e . Di tutti q u e s t i a p p a r t a m e n t i e recapiti, di città e di c a m p a g n a , N i n o Seniga ha u n a pianta dettagliata, n o m e del p r o p r i e t a r i o , indirizzo, telefono. Ed è lui, con gli altri c o m p a g n i della Vigilanza, a d e c i d e r e d o v e d o v r a n n o rifugiarsi, nei giorni del pericolo, i dirigenti p i ù autorevoli del p a r t i t o . Va a finire che Togliatti - c h e in verità detesta questi spostamenti - è costretto a d o r m i r e p e r alcune notti in u n a stanzetta dell'Istituto E a s t m a n n , in viale della Regina, u n a stanza cui poteva avere accesso solo u n o dei medici di servizio. N o n d o r m o n o a casa loro, n a t u r a l m e n t e , n e m m e n o Secchia, n é L o n g o , n é S c o c c i m a r r o , n é D ' O n o f r i o . N o n d o r m o n o a casa loro i segretari regionali e provinciali. I m e m b r i della Direzione h a n n o avuto tempestivamente ass e g n a t o u n r e c a p i t o d o v e , q u a l u n q u e cosa fosse a c c a d u t a , sarebbero stati al sicuro, e assieme al recapito avevano rice443

v u t o d o c u m e n t i falsi e u n a s o m m a di d e n a r o , u n a s o m m a assai alta, sufficiente p e r uscire dal Paese se necessario o, se necessario, p e r r i m a n e r v i in condizioni di illegalità. I docum e n t i più i m p o r t a n t i del partito e r a n o già stati messi in salvo p e r tempo». Si p u ò a m m i r a r e la p r u d e n z a , l'esperienza, la disposizione alla lotta, c o m u n q u e gli fosse i m p o s t a , del Partito comunista. Ma si deve anche osservare che le cautele del PCI e r a n o il riflesso d ' u n a sua peculiare concezione della vita politica, e della conquista del p o t e r e . Secchia attribuiva agli avversari le intenzioni che egli avrebbe i n d u b b i a m e n t e covato, se si fosse trovato al loro posto. N e n n i n o n aveva di questi p a t e m i . Attese le notizie a Gussago, presso Milano (dove votò), nella villa d ' u n amico del quale e r a a b i t u a l m e n t e ospite q u a n d o a n d a v a nella capitale l o m b a r d a . E r a affranto, e a n n o t ò : «Per o r a n o n ho che u n desiderio: d o r m i r e , d o r m i r e , dormire!».

CAPITOLO DECIMO

LA VALANGA

L'Italia votò c o m p a t t a . L'aveva già fatto il 2 g i u g n o 1946, q u a n d o e r a a n d a t o alle u r n e l ' 8 9 , l p e r c e n t o degli aventi diritto. Questa volta la p e r c e n t u a l e fu a d d i r i t t u r a del 92 p e r c e n t o . La sera del 19 aprile l ' o r i e n t a m e n t o d e l l ' e l e t t o r a t o e r a o r m a i inequivocabile. De G a s p e r i c h e , s e c o n d o il suo u o m o di fiducia Giulio A n d r e o t t i , aveva atteso l'esito «in g r a n d e tranquillità, senza tradire emozione e preoccupazione», c o m m e n t ò asciuttamente: «Credevo che piovesse, n o n che grandinasse». Al Popolo d e t t ò u n a d i c h i a r a z i o n e m o l t o breve: «Sento un solo orgoglio: quello di aver avuto fiducia nel p o p o l o italiano». M a n i p o l a n d o i dati ancora parziali, V Unità tentò la mattina del 20 di capovolgere la verità scrivendo che si delineava «uiia p o t e n t e affermazione del Fronte in tutto il paese» e che il blocco delle sinistre superava, secondo le p r i m e informazioni, la D e m o c r a z i a cristiana. Ma N e n n i riconosceva, in quelle stesse ore: «Nessun dubbio, siamo battuti». AH*Avanti! trasmise queste istruzioni: «Reputo o p p o r t u n o un c o m m e n to realistico con l'aperto riconoscimento della nostra sconfitta che ci lascia sereni nella coscienza di avere tentato di portare avanti u n a politica giusta. Sottolineare che abbiamo sottovalutato l'influenza di tre fattori: la Chiesa, l'America, la secessione (saragatiana, N.d.A.). Staremo c o e r e n t e m e n t e all'opposizione l a v o r a n d o p e r c h é le cose cambino al più p r e sto possibile». Il giorno successivo annoterà, con u n a sorta di c a n d o r e : «Come mai ci è sfuggito il senso di p a u r a al quale d o b b i a m o la sconfitta? Siamo d u n q u e così staccati dal Paese da n o n s a p e r n e più controllare i sentimenti e le opinioni?». 445

I risultati definitivi d i e d e r o la m i s u r a della vittoria d e mocristiana e della sconfìtta socialcomunista. Al p a r t i t o di De Gasperi e r a a n d a t o il 48,5 p e r c e n t o , c o n t r o il 35,2 del voto p e r la C o s t i t u e n t e ; al F r o n t e il 31 p e r c e n t o c o n t r o il 39,7 di d u e a n n i p r i m a . I socialdemocratici (7,1 p e r cento) a v e v a n o o t t e n u t o , in c o n d i z i o n i diffìcili, u n ' a f f e r m a z i o n e notevole. Tutte p e r d e n t i le altre formazioni. Quasi dimezzati i r e p u b b l i c a n i (dal 4,4 al 2,5 p e r cento), sostanzialmente distrutta la coalizione liberal-qualunquista. L'Unione d e m o cratica (ossia il partito liberale con la benedizione dei «grandi vecchi» del prefascismo) aveva conquistato il 2 g i u g n o il 6,8 p e r cento dei suffragi, l ' U o m o Q u a l u n q u e il 5,3: totale 12,1. Q u e s t a volta d o v e t t e r o accontentarsi, insieme, del 3,8 p e r cento. La DC aveva assunto a p i e n o titolo la r a p p r e s e n tanza politica dei m o d e r a t i , d e c r e t a n d o il declino liberale e la r a p i d a marcia verso l'estinzione del q u a l u n q u i s m o . L a C a m e r a (574 d e p u t a t i ) risultò c o m p o s t a d a t r e c e n t o democristiani,, centoventisei comunisti, c i n q u a n t a t r é socialisti, t r e n t a c i n q u e socialdemocratici, tredici l i b e r a l - q u a l u n quisti, tredici monarchici, dieci repubblicani storici, ventitré del g r u p p o misto (tra essi c i n q u e missini). N o n ci fossero stati i senatori di diritto (politici prefascisti e antifascisti) la DC avrebbe conseguito la m a g g i o r a n z a assoluta anche in Senato dove si c o n t a r o n o , su 334 senatori, c e n t o q u a r a n t a n o v e d e m o c r i s t i a n i , sessantasei c o m u n i s t i , t r e n t a n o v e socialisti, v e n t u n o socialdemocratici, undici liberal-qualunquisti, nove r e p u b b l i c a n i storici, otto d e m o c r a t i c i di sinistra, t r e n t u n o del g r u p p o misto. Anche p e r le preferenze De Gasperi stravinse: a R o m a ne ebbe 285 mila c o n t r o le 97 mila di Togliatti e le 57 mila di N e n n i . Un'analisi del voto s e c o n d o le diverse a r e e geografiche p o r t a v a a u n a conclusione certa: il F r o n t e aveva t e n u t o , e in alcuni casi perfino g u a d a g n a t o (Roma, Napoli, C a m p o basso) al sud, ma e r a invece franato al n o r d , p r o p r i o là d o ve riteneva d'avere le sue roccheforti. V ' e r a stato un travaso di voti n o n s o l t a n t o d a i socialisti ai s o c i a l d e m o c r a t i c i 446

(questo p o t e v a essere attribuito allo scisma di Palazzo Barberini) ma a n c h e dal F r o n t e alla D C , d i r e t t a m e n t e . Se ne acc o r s e a n c h e Giorgio A m e n d o l a , m a t i t a alla m a n o . L'Italia del vento del N o r d aveva voltato le spalle all'utopia rivoluzionaria. Voleva lavoro, e sapeva c o m e , e da chi, le p o t e v a essere assicurato. Ufficialmente il F r o n t e sfoderò d u e alibi p e r giustificare la disfatta: l'interferenza straniera e i brogli. Già il 22 aprile Togliatti disse: «Affermo che quella del 18 aprile n o n è stata u n a libera consultazione. Vi è stato, in m o d o b r u t a l e , l'int e r v e n t o straniero p e r c o a r t a r e la volontà degli elettori. La massa i n t e r m e d i a , oscillante e politicamente n o n attiva, ha subito in g r a n d e m i s u r a le conseguenze delle violenze, intimidazioni e pressioni». In m e n o scoperto t o n o p r o p a g a n d i stico Rinascita s o s t e n n e che le elezioni p e r il P a r l a m e n t o si erano trasformate in un r e f e r e n d u m anticomunista: e ne dedusse che era motivo d'orgoglio, per il Fronte, che un elettore su tre avesse rifiutato di prestarsi al giuoco. «Alcune illusioni di r a p i d o successo sono c a d u t e - a m m i s e Rinascita ma r i m a n e nella massa lavoratrice e nelle sue a v a n g u a r d i e la volontà di a n d a r e avanti, p e r n o n lasciare che il Paese cada nel m a r a s m a economico, nella d i p e n d e n z a dallo stranier o , nell'asservimento alle vecchie caste reazionarie.» Circa un mese d o p o le elezioni, su Cronache sociali, Lelio Basso accennò, quasi enpassant, a «una serie di piccoli brogli c h e p o s s o n o a p p r o s s i m a t i v a m e n t e calcolarsi d e l l ' e n t i t à complessiva di un milione di voti attribuiti alla DC». Fossero stati veri, e dimostrabili, quei brogli n o n e r a n o poi tanto piccoli. R a p p r e s e n t a v a n o la differenza t r a la m a g g i o r a n z a assoluta e la m a g g i o r a n z a relativa in P a r l a m e n t o . Ma p r o p r i o p e r il m o d o in cui ne rivelava l'esistenza, Basso attestava d'essere il p r i m o a n o n crederci. S e c o n d o a l c u n e t e s t i m o n i a n z e Togliatti, impassibile d i fronte alla delusione dei militanti, e r a c o n t e n t o d'aver p e r so. A F r a n c o R o d a n o a v r e b b e confidato: « E r a n o i risultati migliori che p o t e v a m o o t t e n e r e , va b e n e così»; in un dibatti447

to di p a r t i t o p r e e l e t t o r a l e avrebbe ostentato p r e o c c u p a z i o ne in vista d ' u n eventuale successo p e r c h é «se p e r combinazione avessimo la m a g g i o r a n z a alle elezioni, chi di voi sar e b b e all'altezza di r e g g e r e alla situazione, se fate politica c o n il s e n t i m e n t o e n o n c o n il calcolo?». P u ò darsi che Togliatti si sia così e s p r e s s o : con l ' a b i t u d i n e , acquisita in d e cenni di sopravvivenza staliniana, a p r e p a r a r s i assicurazioni e controassicurazioni p e r ogni evenienza e svolta, alternava la boutade p a r a d o s s a l e e la d i a g n o s i c o n t r o c o r r e n t e agli squilli di t r o m b a dell'ottimismo. Ma d e d u r n e che gli piacq u e la b a s t o n a t u r a politica del 18 aprile è t r o p p o . A n c h e se si r e n d e v a c o n t o delle difficoltà di t e n t a r e in Italia ciò che era stato realizzato in Cecoslovacchia, o in Polonia, o in U n gheria, n o n poteva n o n preferire u n a trattativa d a posizioni di forza. E sicuro invece che della strategia togliattiana faceva p a r te il r i d i m e n s i o n a m e n t o d e l Partito socialista, cui toccò di p o r t a r e il m a g g i o r peso della sconfitta. Il diario di N e n n i è z e p p o , nei giorni successivi al 18 aprile, di patetici lamenti p e r l'egoismo comunista. «24 aprile... Il colpo di grazia ci è d a t o dal gioco delle p r e f e r e n z e c h e m a n d e r à alla C a m e r a m e n o di c i n q u a n t a socialisti (furono c i n q u a n t a t r é , N.d.A.) e p i ù di centoventi comunisti. Così nella sconfitta del F r o n t e c'è la sconfitta del p a r t i t o . Ho d e t t o a S a n d r o (Pertini) che vedo in lui l ' u o m o che p u ò p r e n d e r e nelle sue m a n i la direzione p e r un riesame g e n e r a l e della situazione quale si impone.» «25 aprile. Io sono eletto a Roma, dove v e n g o secondo a distanza d o p o Togliatti, a Palermo, dove s e m b r a sia sec o n d o d o p o il c o m u n i s t a B e r t i , a M i l a n o , d o v e r i u s c i a m o q u a t t r o socialisti su quattordici assai distanziati dai c o m u n i sti. Lelio (Basso), p e r il quale l ' a p p a r a t o della F e d e r a z i o n e ha lavorato a f o n d o , mi distanzia di circa tremila voti. Ciò d i m o s t r a che in n e s s u n o dei t r e collegi i c o m u n i s t i h a n n o votato p e r m e . Ne sono lieto p e r c h é è la p r o v a della mia ind i p e n d e n z a . Essi d o v r e b b e r o e s s e r n e umiliati c o m e della p r o v a del l o r o settarismo.» «30 a p r i l e . Le elezioni d e l 18 448

aprile s o n o state l'ultima occasione p e r t e n t a r e nel '48 ciò che a v r e m m o d o v u t o t e n t a r e nel '45 e cioè la scalata al p o tere... Sacrificare, c o m e io ho fatto, u n a posizione personale e di p a r t i t o all'unità della classe operaia, p e r un socialista è u n titolo d i o n o r e . M a posso i o rifiutare d i p r e n d e r e a t t o che sotto b a n d i e r a , direzione, o ispirazione c o m u n i s t a (app a r e n t e o r e a l e p o c o i m p o r t a ) n o n si vince in O c c i d e n t e ? Possono Togliatti e gli altri dirigenti comunisti n o n p r e n d e re atto di questa situazione? O p p u r e tutto ciò è p e r essi senza i m p o r t a n z a p u r c h é ci sia un forte Partito comunista, sald a m e n t e legato alle esperienze dell'Oriente e in g r a d o di ten e r e finché si p r o d u c a u n a situazione favorevole?» Alla ricerca disperata d ' u n a bussola nella tempesta, N e n n i finì p e r trovarla nel malinconico pessimismo l o n g a n e s i a n o . «Letto In piedi e seduti del mio c o n t e r r a n e o Leo Longanesi. E un lib r o a m a r o , scettico, nichilista. U n a s t r o n c a t u r a degli italiani. Vi si sente u n a segreta nostalgia di Mussolini e nel cont e m p o l'odio p e r il fascismo. Si coglie questo d a t o che p u r t r o p p o è v e r o : gli italiani si sono riconosciuti in Mussolini finché s'è trattato di feste, di esposizioni, di p a r a t e . A p p e n a ha chiesto l o r o , con la g u e r r a , qualcosa di serio, lo h a n n o a b b a n d o n a t o e si sono messi a sedere... Se gli italiani fossero quelli descritti da Longanesi n o n stupisce che a tre a n n i dal 25 aprile vi sia stato il 18 aprile e che nel naufragio di ogni ideale di g r a n d e z z a (militare con Mussolini, civile e sociale con noi) trionfino i p r e t i e i m o d e r a t i , la p a r t e da cui semb r i a m o destinati a n o n guarirci mai.» Sulle p i a g h e socialiste a n c h e i d e m o c r i s t i a n i b u t t a r o n o sale r e s p i n g e n d o le dimissioni di d e p u t a t i comunisti che, in base ad accordi tra Togliatti e N e n n i , a v r e b b e r o d o v u t o essere sostituiti da esclusi del P S I . La C a m e r a decise che i comunisti restassero al loro posto e i socialisti fuori. N o n o s t a n te q u e s t i dispetti vi fu tuttavia fin d'allora, da p a r t e di De G a s p e r i , un assai d i v e r s o c o m p o r t a m e n t o v e r s o N e n n i e verso Togliatti. Verso N e n n i , a n c h e p u b b l i c a m e n t e , fu cortese. E in privato gli d i m o s t r ò simpatia e amicizia. C o n To449

gliatti s'erano s e m p r e trattati f r e d d a m e n t e , ma d o p o il 18 a p r i l e g e l i d a m e n t e . Alla f i g l i a Maria R o m a n a D e G a s p e r i confidò che Togliatti n o n lo salutava n e m m e n o più, se s'inc o n t r a v a n o alla buvette di Montecitorio. In pochi giorni, senza t r o p p i problemi, De Gasperi p o r t ò a conclusione il rimpasto del suo g o v e r n o , più che mai convinto - secondo l'espressione della figlia Maria R o m a n a - di «ricollegare il p r i m o al secondo Risorgimento». In famiglia egli a m m i s e c h e la vittoria d e l 18 a p r i l e d i v e n t a v a , p e r la Democrazia cristiana, u n i m p e g n o f i n t r o p p o p e s a n t e . Parag o n a t o ad essa, o g n i f u t u r o risultato s a r e b b e s e m b r a t o insoddisfacente. Nel n u o v o Ministero e n t r ò , c o m e vicepresid e n t e , il segretario della DC Attilio Piccioni, e c o m e ministro della Difesa Pacciardi a spese di Facchinetti. Il socialdemocratico Tremelloni fu incaricato di c o n c e r t a r e il Cir (Comitato interministeriale p e r la ricostruzione) con I ' E R P (piano Marshall). Le sinistre sollevarono u n a questione costituzionale di lana caprina, p r e t e n d e n d o che a n c h e i ministri confermati p r e s t a s s e r o g i u r a m e n t o , c o m e se il l o r o fosse un n u o v o incarico: questo p e r c h é n o n funzionavano e n o n esistevano, q u a n d ' e r a n o stati designati, tutti i meccanismi costituzionali m a n c a n d o un P a r l a m e n t o investito di veri poteri legislativi (la C o s t i t u e n t e aveva l'unico c o m p i t o di elabor a r e l a C o s t i t u z i o n e ) . E r a u n a d i quelle d i s p u t e b i z a n t i n e c h e f a n n o la felicità dei giuristi e avvocati p r e s e n t i in folla nel P a r l a m e n t o , ma che lasciavano indifferente De Gasperi «che anzi considerava male speso il t e m p o che vi si doveva dedicare». Alla vexata quaestio di t e m p o se ne dedicò c o m u n q u e parecchio, in un dibattito sulle dichiarazioni del governo che si distinse p e r i suoi toni accesi e a tratti tumultuosi, c o n scambi di invettive e a n c h e di p u g n i . Il p r i m o Parlam e n t o r e p u b b l i c a n o d e b u t t ò male: e i r a n c o r i dei socialcomunisti battuti si s c o n t r a r o n o con gli zeli clericali dei d e m o cristiani. Il 9 g i u g n o socialisti e comunisti da u n a p a r t e e democristiani dall'altra, p e r o p p o s t