Storia d'Italia, Volume 1, 476-1250 [PDF]


215 76 3MB

Italian Pages 639 Year 2006

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Table of contents :
Piano dell' opera......Page 1
Cover......Page 2
copyright......Page 3
L'ITALIA DEI SECOLI BUI: II Medio Evo sino al Mille......Page 5
AVVERTENZA......Page 6
GLI UNNI ALLE VISTE......Page 9
IL «LIMES» E IL SUO ESERCITO......Page 16
I BARBARI......Page 22
TEODOSIO......Page 33
STILICONE......Page 42
ROMA, AD. 410......Page 52
GALLA PLACIDIA......Page 60
GLI INTRIGHI DI RAVENNA......Page 67
ATTILA......Page 74
LA FINE DEL «FLAGELLO»......Page 85
GENSERICO......Page 93
RICIMERO E ODOACRE......Page 102
L'ULTIMA ROMA IMPERIALE......Page 108
TEODORICO......Page 115
L'ITALIA GOTICA......Page 121
LO SFACELO......Page 128
BISANZIO......Page 133
GIUSTINIANO......Page 140
LA RICONQUISTA DELL'ITALIA......Page 146
I LONGOBARDI......Page 151
GREGORIO MAGNO......Page 160
ROTAR!......Page 168
LA CHIESA E LE ERESIE......Page 175
I PADRI DELLA CHIESA......Page 184
SAN BENEDETTO......Page 191
FRA ROMA E BISANZIO......Page 197
I FRANCHI......Page 202
PIPINO IN ITALIA......Page 210
L'IMBROGLIO DELLE «DONAZIONI»......Page 215
LA FINE DEI LONGOBARDI......Page 218
CARLOMAGNO......Page 224
IL GRANDE IMPERO......Page 235
L'ORGANIZZAZIONE CAROLINGIA......Page 241
IL CROLLO......Page 248
IL PROFETA......Page 257
L'EGIRA......Page 263
LA GRANDE DIASPORA......Page 271
OLTRE GIBILTERRA......Page 278
GLI ARABI IN SICILIA......Page 288
NOBILTÀ E CAVALLERIA......Page 297
I REUCCI D'ITALIA......Page 307
MAROZIA & C.......Page 314
GLI OTTONI......Page 322
MILLE E NON PIÙ MILLE......Page 335
L'ITALIA DEI COMUNI: II Medio Evo dal 1000 al 1250......Page 342
AVVERTENZA......Page 343
L'EREDITÀ DEI SECOLI BUI......Page 346
LA RIFORMA DELLA CHIESA......Page 360
IL «PRIMO ITALIANO»......Page 369
I NORMANNI......Page 378
IL GRANDE SCISMA......Page 384
GREGORIO ED ENRICO......Page 391
LA CONTESSA MATILDE......Page 401
LA PRIMA CROCIATA......Page 415
WORMS......Page 426
LA SECONDA CROCIATA......Page 432
LA RIVOLUZIONE ECONOMICA......Page 452
LE LUCI DELLA CITTÀ......Page 458
IL CASTELLO......Page 478
ARNALDO DA BRESCIA......Page 487
IL BARBAROSSA......Page 494
LA TERZA CROCIATA......Page 513
LA QUARTA CROCIATA......Page 520
VENEZIA......Page 530
AMALFI, PISA, GENOVA......Page 541
FEDERICO II......Page 549
LE ULTIME CROCIATE......Page 570
LA RIVOLUZIONE DELLA CULTURA......Page 0
BERNARDO DI FRONTE AD ABELARDO......Page 580
ERESIE E INQUISIZIONE......Page 590
FRANCESCO, DOMENICO, TOMMASO......Page 598
L'AVVENTURA DEL VOLGARE......Page 612
LA CATTEDRALE......Page 621
CRONOLOGIA......Page 626
Papiere empfehlen

Storia d'Italia, Volume 1, 476-1250 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

Piano dell'opera: STORIA D'ITALIA Vol. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Vol. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Vol. III 1600-1789 STORIA D'ITALIA Vol. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Vol. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Vol. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Vol. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Vol. VIII 1936-1943 STORIA D'ITALIA Vol. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Vol. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Vol. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Vol. XII 1993-1997

MONTANELLI

I

GERVASO

1[~

STORIA ID'ITALIA ··:S:

}%

4761250 INDRO MONTANELLI

i ROBERTO GERVASO

L'ITALIADEI SECOLI BUI Il J,fedio Eva si1w al ..Hille INDRO MONTANELLI ! ROBERTO GERVASO

L'ITALIA DEI COMUNI II iVledia Eva dal1ooo al1250

r STORIA D'ITALIA Voi. I EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli - Roberto Gervaso LItalia dei secoli bui © 1965 Rizzoli Editore, Milano © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Roberto Gervaso LItalia dei Comuni © 1966 Rizzoli Editore, Milano © 1997 RCS Libri S.p.A., Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.l., Milano

Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Direttore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948

1 i

*

^

I•

Tutti i diritti di copyright sono riservati

Da Costantino il Grande - e all'affermarsi del cristianesimo come religione ufficiale di Roma - alla morte di Federico II, l'imperatore tedesco che sognava un'Italia colta e laica e affrancata dal potere temporale del papato. Quasi ottocento anni di storia durante i quali assistiamo al crollo dell'impero romano d'Occidente, alle invasioni barbariche, alla svolta dell'anno 1000 quando, come dice Rodolfo il Glabro, «si videro rinnovare per tutta la terra, ma specialmente in Gallia e in Italia, le basiliche e le chiese», alle crociate, allo scontro tra papato e impero, e alla lotta dei liberi comuni per la propria indipendenza. Le repubbliche marinare, il monachesimo, le eresie, la nascita della lingua italiana; personaggi come San Benedetto, Odoacre, Matilde di Canossa, Enrico IV, Federico Barbarossa, Francesco d'Assisi, Tommaso d'Aquino, Arnaldo da Brescia... Anni duri e difficili in cui si andò formando il carattere distintivo degli italiani - fatto di un ostinato individualismo prossimo all'anarchia che ci porterà sempre a privilegiare il campanile a scapito dell'idea o della realtà di uno Stato nazionale e unitario -e si preparò il miracolo del Rinascimento.

INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più grande giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fondatore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tornato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), LItalia del Novecento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), LItalia del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). ROBERTO GERVASO è nato a Roma nel 1937. Ha studiato in Italia e negli Stati Uniti. Collabora a quotidiani e periodici, alla radio e alla televisione, e da decenni si dedica alla divulgazione storica. I suoi libri sono stati tradotti in numerosi Paesi. Tra le sue opere ricordiamo: La bella Rosina (1991), / destri (1999), Appassionate (2001), Amanti (2002).

Indro Montanelli - Roberto Gervaso

L'ITALIA DEI SECOLI B U I II Medio Evo sino al Mille

AVVERTENZA

Questa I t a l i a d e i secoli b u i , cioè dell'alto Medio Evo, va dal 476 al Mille, ma la prima parte si rifa parecchio più indietro, e cioè a Costantino e a Teodosio. Abbiamo voluto cominciare di lì perché nella S t o r i a di R o ma avevo un po' troppo frettolosamente riassunto questo capitolo della decadenza. E mi sono accorto di averne dato un quadro incompleto, che non spiega abbastanza il fenomeno delle invasioni barbariche. Il lettore ne ha un'idea drammatica e sommaria, come di un'alluvione devastatrice, di uno spaventoso trauma. In realtà il cosiddetto «imbarbarimento» dell'Italia era in atto già da due secoli e si stava svolgendo abbastanza pacificamente prima che Alarico inaugurasse le incursioni tedesche nella penisola. Se non ci si rende conto di questo, è difficile capire il resto. Quello che ci siamo proposti è il periodo storico più difficile da raccontare. Non solo perché le fonti sono scarse e infide ma anche perché gli avvenimenti italiani non si possono isolare da quelli di tutto il resto d'Europa, su cui bisogna tenere la finestra continuamente aperta. Nulla di quanto accade ha precisi lineamenti di tempo e di spazio. Non ci sono né Nazioni né Stati. Forse mai il nostro continente è stato così unito e interdipendente come in questa epoca afflitta da mancanza di strade e di mezzi di trasporto e di comunicazione. Questo ci ha obbligato a ricorrere sovente alla tecnica del flash-back, del salto all'indietro. Ne chiediamo scusa al lettore, ma non si poteva fare altrimenti. Tuttavia, più che a dipanare l'ingarbugliata matassa delle vicende, abbiamo mirato a ritrattarne i protagonisti per cogliere 5

in loro i segni del costume e del suo evolvere. Attraverso Alarico, Odoacre, Galla Placidia, Teodorico, Alboino, Amalasunta, Gregorio il Grande, Carlomagno, gli Ottoni, i Santi, i Padri e i riformatori della Chiesa, abbiamo cercato di ricostruire la situazione reale dell'Italia che si veniva formando in un groviglio di elementi latini e tedeschi: la società feudale, la vita di castello e di villaggio, il rapporto fra città e campagna, la nobiltà guerriera e terriera contro la nascente borghesia urbana, la donna, il sentimento religioso, il parroco grasso e il monaco ascetico, gli abiti, la dieta, le violenze, le superstizioni ci hanno interessato più delle guerre e della politica. Parlo al plurale perché, come si vede sulla copertina, gli autori di questo libro sono due. Ciò che mi propongo con questi volumi a catena è la ricostruzione delle vicende del nostro Paese e della nostra civiltà da Omero (poiché io considero la civiltà greca parte integrante di quella nostra) a Mussolini: un'impresa troppo grande per le forze di un uomo solo. Da tempo cercavo un collaboratore. Era difficile trovarlo perché mi ci voleva qualcuno che non solo conoscesse bene la Storia, ma anche la vedesse come la vedo io e la raccontasse come io la racconto. E non perché io ritenga i miei metodi e criteri superiori a quelli degli altri; ma perché non si può scrivere a due senza una perfetta identità di scopi, d'interessi e di stile. Roberto Gervaso ha ventisette anni ed è fresco di studi. Lho conosciuto che faceva il liceo. E da allora posso dire di essermelo costruito pezzo a pezzo. Forse ho commesso su di lui una specie d'infanticidio, obbligandolo a formarsi esclusivamente sui testi miei e su quelli degli autori sui quali io stesso mi sono formato. Ma se delitto è, mi è riuscito perfetto. La nostra scrittura non risente la doppia mano. E ora che siamo in due a tirare questo pesante carro, forse riusciremo a portarlo fino infondo. Eambizione che ci pungola non è quella di svolgere delle teorie nuove e originali, ma quella di fornire al grande pubblico, che ne ha tanto bisogno, uno strumento d'informazione facile, chiaro, e possibilmente piacevole. Se riusciremo ad appassionare 6

qualche migliaio d'italiani alla storia d'Italia illuminando ai suoi occhi ciò che finora gli era rimasto oscuro, avremo reso un immenso servigio a quella cultura media che la cultura ufficiale e universitaria ha colpevolmente trascurato e disprezzato. Il lettore ci dirà se abbiamo colpito il bersaglio. I.M. Ottobre '65.

CAPITOLO PRIMO

G L I U N N I ALLE V I S T E

La storia d ' E u r o p a comincia in Cina. In questo r e m o t o e sconosciuto Paese si e r a costituito un I m p e r o c h e , c o m e quello R o m a n o in O c c i d e n t e e p r e s s a p poco negli stessi secoli, aveva unificato l'Oriente; e p p o i , d e c a d e n d o , si e r a trovato esposto alla m e d e s i m a insidia: quella dei barbari in a g g u a t o alle sue frontiere. La sola differenza e r a q u e s t a : c h e su R o m a la minaccia i n c o m b e v a da Est; sulla Cina, da Ovest. C o n t r o q u e s t e n o m a d i e selvatiche p o p o l a z i o n i scorrazzanti dal D o n alla Mongolia nelle s t e p p e dell'Asia C e n t r a l e , g l ' I m p e r a t o r i cinesi a v e v a n o elevato la « g r a n d e muraglia», c o m e quelli r o m a n i avevano elevato il limes. Ma le m u r a g l i e r e g g o n o finché a presidiarle c'è un esercito valido. Da sole, servono a poco. Verso la fine del I I I secolo, l'esercito cinese somigliava a quello francese del 1940, e la g r a n d e m u r a g l i a d i v e n t ò u n ostacolo d a c o n c o r s o ippico p e r gli spericolati cavalieri m o n g o l i c h e la p r e s e r o d'assalto. Gli storici cinesi c h i a m a r o n o Jong-Nu q u e s t i indisciplinati e t e m e r a r i saccheggiatori c h e e n t r a r o n o nel loro Paese e lo misero a soqq u a d r o , d i s t r u g g e n d o v i t u t t o senza c o s t r u i r e nulla, f i n c h é n e f u r o n o cacciati d a altri b a r b a r i . C o s t o r o s i c h i a m a v a n o Juan-Juan, c h e p i a n o p i a n o r i u n i f i c a r o n o la C i n a e ne r e spinsero oltre la m u r a g l i a tutti gl'invasori. P e r gli Jong-Nu, c o n d a n n a t i al n o m a d i s m o d a l fatto di n o n aver n e s s u n a n o z i o n e d i agricoltura, n o n c'era q u i n d i a l t r a scelta c h e r i t e n t a r e a O v e s t l ' i m p r e s a fallita ad Est. G r a n d i m u r a g l i e d a s o r m o n t a r e i n questa direzione n o n c e n ' e r a , eserciti d a b a t t e r e n e m m e n o . Dalla M o n g o l i a , l o r o 11

culla, fino all'Elba e al D a n u b i o , n o n si s t e n d e v a n o c h e s t e p p e e p i a n u r e , abitate d a sparse tribù g e r m a n i c h e d i p a stori. Verso l a m e t à d e l q u a r t o secolo l a g r a n d e a l l u v i o n e cominciò. In O c c i d e n t e , gli Jong-Nu si e r a n o già visti circa d u e secoli e m e z z o p r i m a e d e r a n o stati c h i a m a t i Unni. M a n e e r a n o giunti solo pochi e slegati g r u p p i , c h e sul D o n i n c o n t r a r o n o gli Alani, e n o n r i u s c i r o n o a v e n i r n e a c a p o . Forse a R o m a n o n lo si s e p p e n e m m e n o . A q u e i t e m p i g l ' I m p e r a t o r i e il Senato si p r e o c c u p a v a n o p o c o di ciò che avveniva oltre il limes, che isolava il m o n d o incivilito d a l m a r e di b a r b a r i e che lo circondava. Ma n e l 395 c o m i n c i a r o n o a spargersi voci allarmanti. Un ufficiale d e l l ' a r m a t a imperiale di g u a r n i g i o n e in Tracia, Amm i a n o Marcellino, r a c c o n t ò la terrificante a p p a r i z i o n e , sulle rive d e l D a n u b i o , di certi u o m i n i «piccoli e tozzi, i m b e r b i c o m e e u n u c h i , c o n orribili volti in cui i t r a t t i u m a n i s o n o a p p e n a riconoscibili. Piuttosto c h e u o m i n i , si d i r e b b e r o b e stie a d u e z a m p e . P o r t a n o u n a casacca di tela c o n guarnizione di g a t t o selvatico e pelli di c a p r a i n t o r n o alle g a m b e . E s e m b r a n o incollati ai l o r o cavalli. Vi m a n g i a n o , vi b e v o n o , vi d o r m o n o reclinati sulle c r i n i e r e , vi t r a t t a n o i l o r o affari, vi p r e n d o n o le loro deliberazioni. Vi f a n n o p e r f i n o cucina, p e r c h é invece di c u o c e r e la c a r n e di cui si n u t r o n o , si limitano a intiepidirla t e n e n d o l a fra la coscia e la g r o p p a del q u a d r u p e d e . N o n c o l t i v a n o i c a m p i e n o n c o n o s c o n o la casa. S c e n d o n o da cavallo solo p e r a n d a r e a t r o v a r e le loro d o n ne e i b a m b i n i , c h e s e g u o n o sui carri la loro e r r a b o n d a vita di razziatori». Essi n o n m i n a c c i a r o n o subito e d i r e t t a m e n t e l ' I m p e r o . Si f e r m a r o n o sul limes, o c c u p a n d o soltanto un a n g o l o di Pannonia, l'attuale U n g h e r i a . Il loro Re, Rua, si dichiarò p r o n to a f e r m a r s i lì, se l ' I m p e r a t o r e di C o s t a n t i n o p o l i s ' i m p e g n a v a a versargli, a n n o p e r a n n o , t r e c e n t o c i n q u a n t a libbre d ' o r o , e q u e l l o d ' O c c i d e n t e , cui la P a n n o n i a a p p a r t e n e v a , 12

gli riconosceva la sovranità su q u e l cantuccio di t e r r a . Forse R u a f u s o r p r e s o d i v e d e r e p r o n t a m e n t e accolte q u e l l e r i c h i e s t e . Via via c h e si a p p r e s s a v a al limes n e l l a s u a t r a v o l g e n t e cavalcata, doveva aver sentito magnificare dalle p o p o lazioni g e r m a n i c h e con cui e r a v e n u t o in contatto e che aveva s o t t o m e s s o , la p o t e n z a d e l l ' I m p e r o r o m a n o e delle s u e legioni. P r i m a d i affrontarlo, volle v e d e r e u n p o ' p i ù d a vicino, da q u e l c o m o d o p o s t o di osservazione, di cosa si trattava. A p r i m a vista, q u e s t o I m p e r o s e m b r a v a solido e c o m p a t t o come ai tempi di Augusto. U n a rete di magnifiche strade collegava le raggelate frontiere della Scozia ai deserti dell'Ar a b i a , e su di esse si svolgeva un s e r r a t o traffico, q u a l e il m o n d o n o n aveva m a i p r i m a d i allora c o n o s c i u t o . L e p r o vince occidentali f o r n i v a n o d e r r a t e agricole e m a t e r i e p r i me a quelle orientali che le lavoravano nelle loro fiorenti ind u s t r i e . E r a n o vino e olio di Provenza, m i n e r a l i di S p a g n a , cuoio, lana e l e g n o di Gallia, c h e salpavano verso Damasco, A n t i o c h i a e Alessandria p e r t o r n a r e sotto f o r m a di tessuti, t a p p e t i , p r o f u m i , cosmetici, vetrerie, a r m i e utensili d o m e stici. Lo s m i s t a m e n t o di questi p r o d o t t i , cioè il c o m m e r c i o , e r a quasi t u t t o in m a n o ai Siriani, c h e f u r o n o un p o ' i «magliari» d e l t e m p o , e a piccoli g r u p p i , m o l t o b e n collegati fra l o r o , a v e v a n o invaso l'Occidente. I Greci e gli Egiziani forn i v a n o invece il n e r b o della intellighenzia e delle professioni liberali. Col t e m p o , questa divisione di compiti fra Est e Ovest si e r a u n p o ' a l t e r a t a , n e l senso c h e a n c h e l ' O c c i d e n t e aveva cominciato a sviluppare u n a propria industria. Erano i g r a n d i latifondisti, specie n e l M e z z o g i o r n o della Francia e nella valle del R e n o , che, a v e n d o a c c u m u l a t o grosse ricchezze, p e n s a r o n o d'investirle in m a n i f a t t u r e . L'intensità dei traffici e l'unità della m o n e t a basata sul denario d ' o r o che g o d e v a lo stesso credito d a p p e r t u t t o dal Portogallo alla C r i m e a , avevano p o t e n t e m e n t e contribuito al li13

vellamento delle varie province. C o m e vi era uniforme la l e g g e r o m a n a , così v i s t a v a n o d i v e n t a n d o p r e s s a p p o c o uguali gli usi e i costumi. In molti paesi, la lingua indigena, o meglio il dialetto, e r a s c o m p a r s o a n c h e nell'uso quotidiano p e r lasciare il p o s t o al latino in O c c i d e n t e e al g r e c o in O r i e n t e . I l c e n t r a l i s m o r o m a n o aveva t r i o n f a t o delle resistenze locali. E Caracalla, c o n c e d e n d o nel 212 la p i e n a cittad i n a n z a a quasi tutti gli abitanti d e l l ' I m p e r o , n o n aveva r e galato nulla; aveva soltanto riconosciuto u n a situazione d i fatto. Q u a n t i e r a n o questi abitanti? U n censimento preciso n o n lo si ha. Ma da varie testimonianze s e m b r a di p o t e r d e d u r r e u n a cifra s o r p r e n d e n t e m e n t e bassa: n o n p i ù d i c e n t o v e n t i milioni, d i s u g u a l m e n t e distribuiti, p e r c h é l ' O r i e n t e e r a sov r a p p o p o l a t o r i s p e t t o all'Occidente. I n Italia n o n c e n ' e r a p i ù di sei milioni, il c h e la r i d u c e v a quasi a un d e s e r t o a n c h e p e r c h é la m a g g i o r p a r t e e r a n o a d d e n s a t i nelle città: le c a m p a g n e e r a n o v u o t e . E q u e s t i sei milioni d'italiani n o n g o d e v a n o più di n e s s u n privilegio, da q u a n d o e r a stato abolito lo s t a t u t o di «provinciale» e il c i t t a d i n o di A q u i s g r a n a e r a stato parificato n e i diritti e n e i d o v e r i a quello di C r e m o n a che e r a già parificato a quello di R o m a . Ma se q u e s t o e r a il p a n o r a m a visto di l o n t a n o , a osservarlo p i ù d a vicino c o m e o r a p o t e v a fare Attila, v e n u t o a d a c q u a r t i e r a r s i i n u n a n g o l o d e l suo confine, l e p r o s p e t t i v e cambiavano parecchio. A i p r i m i d e l q u a r t o secolo, C o s t a n t i n o , I m p e r a t o r e d i s a n g u e illirico, aveva i n t r o d o t t o d u e innovazioni sensazionali: il r i c o n o s c i m e n t o del Cristianesimo c o m e religione di Stato e il trasferimento della capitale a Bisanzio. N i e n t e lascia c r e d e r e che la p r i m a di queste d u e decisioni gli sia stata suggerita dalla Fede. Se ne avesse avuta, egli n o n si s a r e b b e c o m p o r t a t o nella sua vita p r i v a t a c o m e si c o m p o r t ò , u c c i d e n d o senza n e s s u n a pietà cristiana n o n soltanto i nemici, ma a n c h e i familiari, o g n i volta che gli t o r n a va c o m o d o farlo. Egli stesso rimase p a g a n o p e r tutta la vita, 14

e il battesimo si decise a p r e n d e r l o soltanto alla vigilia della m o r t e . La sua n u o v a politica religiosa fu q u i n d i dettata u n i c a m e n t e dalla «ragion di Stato», ma q u e s t a r a g i o n e n o n va ricercata nel fatto c h e la m a g g i o r a n z a dei suoi sudditi fosse o r m a i cristiana. A l c o n t r a r i o . L a m a g g i o r a n z a e r a a n c o r a schiacciantemente p a g a n a , specialmente nelle p r o v i n c e occidentali, dove il r a p p o r t o fra p a g a n i e cristiani era, al minim o , di cinque a u n o . S e n o n c h é q u e l l ' u n o nel suo Dio ci credeva, e p e r Lui aveva d i m o s t r a t o di essere p r o n t o ad affront a r e a n c h e il martirio; i cinque nei loro dèi avevano smesso di c r e d e r e da un pezzo, e q u i n d i e r a n o del tutto indifferenti ai p r o b l e m i del culto. La scelta di C o s t a n t i n o fu u n i c a m e n t e d e t t a t a da questa costatazione. Ma essa n o n riuscì a r e s t a u r a r e n e l l ' I m p e r o u n a u n i t à religiosa. Per q u a n t o scettici, i p a g a n i n o n p o t e v a n o n o n risentire con u n a certa a m a r e z z a l a loro p r o g r e s siva estromissione dallo Stato. E q u e s t o spiega i tentativi di r e s t a u r a z i o n e dell'antica F e d e , c h e c u l m i n a r o n o c o n Giuliano l'Apostata. Essi n o n p o t e v a n o t r i o n f a r e p e r c h é sullo scetticismo n o n si costruisce nulla. Ma la vecchia u n i t à spirituale e r a rotta, c o m e si stava s e m p r e p i ù r o m p e n d o quella politica. Dacché infatti Costantino vi aveva i n a u g u r a t o nel 330 la n u o v a capitale, C o s t a n t i n o p o l i si e r a s v i l u p p a t a a spese di R o m a e di tutto l'Occidente. C o m m e r c i a l m e n t e , e r a meglio situata. Verso di essa veniva convogliato il g r a n o dell'Egitto, che u n a volta p r e n d e v a la via dell'Italia. E la p r e s e n z a dell ' I m p e r a t o r e favoriva l ' a c c e n t r a m e n t o d i u n vasto sistema militare e amministrativo, c h e si chiamava «romano», ma in realtà n o n lo e r a p i ù . E vero che ancora p r i m a di trasportare la loro sede in O r i e n t e , g l ' I m p e r a t o r i avevano cessato da un pezzo di farsi eleggere dal Senato e acclamare dal p o p o l o , c o m e aveva voluto A u g u s t o . Piano p i a n o , il p o t e r e si e r a t r a m u t a t o , c o m e dice M o m m s e n , in u n a «autocrazia t e m p e r a t a dal diritto al regicidio». L a v o l o n t à p o p o l a r e n o n c ' e n t r a v a p i ù . E r a d i 15

solito qualche g e n e r a l e che, alla testa della sua a r m a t a , si ribellava. E se il colpo falliva, egli e r a un ribelle e veniva trattato c o m e tale. Se riusciva, diventava il legittimo s o v r a n o , e c o m e tale veniva o s a n n a t o . Ma è certo che il trasferimento a Costantinopoli, m e t t e n d o la C o r t e a più vicino contatto delle satrapie orientali, favorì e affrettò q u e s t a corsa al dispotismo. La centralizzazione tocca o r a il suo a p o g e o . T u t t e le redini d e l G o v e r n o sono in m a n o al Sovrano, che riceve direttam e n t e da Dio il suo p o t e r e e lo a m m i n i s t r a senza consultare n e s s u n o . U n d i a d e m a d i p e r l e gli o r n a l a fronte. C h i u n q u e lo avvicini è t e n u t o a baciargli le pantofole di p o r p o r a . Il palazzo in cui abita è c h i a m a t o «sacro» in tutti i d o c u m e n t i ufficiali. I p e r s o n a g g i p i ù i m p o r t a n t i della sua r e g g i a , di cui u n ' e t i c h e t t a s e m p r e p i ù severa e m i n u z i o s a r e n d e s e m p r e p i ù difficile l'accesso, sono diventati le d o n n e e gli e u n u c h i . E u n u c o è a n c h e il G r a n Ciambellano o «Preposto d e l sacro cubiculo». La posizione di p r o t e t t o r e della Chiesa che Costantino o r m a i gli ha d a t o , attribuisce a l l ' I m p e r a t o r e a n c h e i p o t e r i del Papa. Il Patriarca n o n è che il suo Ministro p e r gli affari del culto e riceve gli o r d i n i da lui, c h e p r e s i e d e a n c h e i C o n cili i m p o n e n d o la p r o p r i a volontà perfino nelle questioni di d o g m a . Le finanze dell'Impero si confondono con quelle p e r s o n a l i d e l l ' I m p e r a t o r e . La sua p a r o l a è legge, e n o n c'è a l t r a l e g g e c h e l a s u a p a r o l a . Assorbito d a q u e s t i i m m e n s i c o m p i t i b u r o c r a t i c i , egli d i v e n t a s e m p r e p i ù , c o m e d i c o n o gli spagnoli, hombre de cabinete, p e r d e contatto c o n la realtà, s o p r a t t u t t o c o n quella dell'esercito dislocato sugli i m m e n s i e l o n t a n i s s i m i confini, e affidato ai magistri militum, cioè a Generalissimi, di cui si p a v e n t a il r i t o r n o nella capitale, d o ve p o t r e b b e r o d e f e n e s t r a r e il S o v r a n o in carica, p e r istallarsi al suo posto. N o , la «nuova R o m a » , c o m e si è c h i a m a t a d a p p r i n c i p i o Costantinopoli, n o n somiglia m o l t o a quella vecchia, a n c h e se ne p o r t a il n o m e . Perfino la l i n g u a n o n è p i ù la m e d e s i 16

m a : il g r e c o ha sostituito il latino. E g l ' I m p e r a t o r i , s e m p r e p i ù s e d e n t a r i e casalinghi, n o n si s c o m o d a n o n e m m e n o a r e n d e r e u n a visita, sia p u r e d i o m a g g i o f o r m a l e , a l l ' U r b e gloriosa e d e c a d u t a . In c e n t o a n n i , si l a m e n t a il p o e t a d e l q u i n t o secolo C l a u d i a n o , t r e soli c i h a n n o fatto c a p o l i n o . O r a m a i , a n c h e se v e n g o n o in O c c i d e n t e , si f e r m a n o a Milano o p p u r e a R a v e n n a , che son d i v e n t a t e u n a d o p o l'altra le capitali militari d i u n ' E u r o p a c h e s e m p r e p i ù s e n e v a p e r c o n t o suo. Sulla carta e nella convenzione giuridica, l ' I m p e r o è cons i d e r a t o a n c o r a u n o e indivisibile. Ma di fatto i suoi d u e t r o n c o n i v i v o n o d ' o r a i n p o i d u e vite i n d i p e n d e n t i . Essi h a n n o in c o m u n e soltanto l ' i m m e n s o limes che li isola, o che d o v r e b b e isolarli, d a l m o n d o barbarico che li circonda, e l'esercito c h e vi m o n t a la g u a r d i a .

CAPITOLO SECONDO

IL «LIMES» E IL S U O E S E R C I T O

A u g u s t o , p e r d a r e u n a u n i t à difensiva a l s u o I m p e r o , e r a a n d a t o alla ricerca delle cosiddette «frontiere naturali», e le aveva t r o v a t e s o p r a t t u t t o in t r e g r a n d i fiumi: l'Eufrate, il D a n u b i o e il R e n o . Ma nei p u n t i in cui si e r a d o v u t o varcarli p e r a n n e t t e r e e presidiare q u a l c h e zona al di là, si e r a costruito un limes, cioè un confine fortificato. Basta c o n s i d e r a r e l'estensione d i q u e s t o I m p e r o e u r o a siatico-africano, p e r r e n d e r s i c o n t o c h e d o v e v a trattarsi d i u n ' o p e r a gigantesca. E infatti n o n fu decisa né realizzata da un u o m o solo, e n e m m e n o da d u e o da t r e . Fu il risultato del lavoro di molte generazioni, e n o n fu mai p o r t a t o a comp i m e n t o p e r c h é o g n i p o c o , p e r esigenze di g u e r r a o ragioni di sicurezza, il limes doveva essere spostato, e bisognava ricominciare tutto daccapo. N a t o n o n d a u n «piano» dello Stato M a g g i o r e , m a dalle necessità tattiche e strategiche delle singoli g u a r n i g i o n i , esso n o n e r a d a p p e r t u t t o il m e d e s i m o . Ma certi criteri fondamentali li seguiva d o v u n q u e . C ' e r a n o anzitutto degli avamposti, m u n i t i di fossati, di bastioni di t e r r a battuta, di palizzate e di t o r r e t t e di osservazione. Poi venivano gli accampam e n t i , che n o n e r a n o più d i t e n d e , c o m e q u a n d o l e legioni e r a n o state all'offensiva e a n i m a t e da u n o spirito di conquista, ma di pietra e di calcina: cioè si stavano l e n t a m e n t e tras f o r m a n d o in veri e p r o p r i villaggi, sia p u r e soltanto militari. Molto p i ù i n d i e t r o c ' e r a n o i g r a n d i a c c a n t o n a m e n t i , d o ve bivaccava il grosso delle varie a r m a t e , p r o n t e ad accorrere sul p u n t o minacciato del limes. Al m o m e n t o in cui A d r i a n o perfezionò questo sistema col 18

lingua, vi si a n d a v a fieri dello stesso Stato. Le fortificazioni che cominciarono a circondarle p e r ragioni di autodifesa f u r o n o insieme la plastica p r o v a della r o t t u r a di questa u n i tà e u n a delle c a u s e f o n d a m e n t a l i c h e la d e t e r m i n a r o n o . Il limes cominciava a spezzettarsi in limites. E d e n t r o di essi si sviluppavano dei m o n d i s e m p r e p i ù i n d i p e n d e n t i l ' u n o dall'altro. A questa evoluzione si aggiunse, favorendola, quella dell'esercito, c h e vi d i e d e un a p p o r t o decisivo. C o m e s t r u t t u r a , esso conservava a n c o r a quella che, c o n le l o r o r i f o r m e , gli a v e v a n o d a t o Diocleziano e C o s t a n t i n o . Essi avevano s e p a r a t o u n a volta p e r s e m p r e la c a r r i e r a civil e d a quella militare che u n t e m p o e r a n o confuse i n u n a sola. Nella R o m a r e p u b b l i c a n a e a n c h e in quella a u g u s t e a col o r o c h e r i c o p r i v a n o c a r i c h e politiche e a m m i n i s t r a t i v e in t e m p o d i p a c e e r a n o a n c h e coloro c h e i n t e m p o d i g u e r r a ricoprivano i g r a d i militari. L'edile, il p r e t o r e , il q u e s t o r e , il c o n s o l e d i v e n t a v a n o , i n caso d i m o b i l i t a z i o n e , c a p i t a n i , m a g g i o r i , colonnelli, g e n e r a l i . E d e r a n a t u r a l e p e r c h é l'esercito e r a c o m p o s t o u n i c a m e n t e di cittadini, e o g n i cittadin o e r a u n soldato che, f i n q u a n d o n o n l o r i c h i a m a v a n o alle a r m i , si considerava in c o n g e d o provvisorio. Ma ai t e m p i di Diocleziano e C o s t a n t i n o le cose e r a n o c a m b i a t e , anzi s i e r a n o capovolte. I l c i t t a d i n o n o n e r a p i ù soldato, e n o n voleva farlo. Categorie s e m p r e p i ù n u m e r o s e e p i ù larghe e r a n o state e s e n t a t e d a l servizio militare, e l'esercito o r m a i si r i f o r n i v a q u a s i e s c l u s i v a m e n t e di b a r b a r i . «Sono partiti coi barbari» dicevano le m a m m e dei loro figli richiamati in servizio militare. E la c i n q u i n a si chiamava «fisco barbarico». E r a n a t u r a l e c h e , s e i l c i t t a d i n o n o n coincideva p i ù col soldato, n e m m e n o l'ufficiale potesse coincidere p i ù col funzionario. E q u i n d i la separazione delle d u e c a r r i e r e l'avevano già i m p o s t a i fatti. Ma i d u e I m p e r a t o r i , di s a n g u e b a r b a ro anch'essi, n o n si f e r m a r o n o a q u e s t a riforma, già di p e r sé m o l t o grave p e r c h é p r a t i c a m e n t e metteva gl'imbelli e di22

s a r m a t i cittadini d e l l ' I m p e r o sotto la p r o t e z i o n e di u n a milizia straniera. Essi a n c h e divisero l'esercito in u n a «armata di c a m p a g n a » (comìtatenses) e in un «corpo territoriale» o di g u a r n i g i o n i di frontiera (limitanei). Q u e s t e u l t i m e , g o d e n d o d i u n a quasi assoluta inamovibilità, avevano messo radici sul posto, vi a v e v a n o ricevuto terr e , i soldati si e r a n o sposati con ragazze i n d i g e n e , e r a n o diventati a l o r o volta piccoli coltivatori diretti, e o r a m a i costituivano u n a specie di milizia c o n t a d i n a , c h e dal p u n t o di vista militare n o n valeva g r a n c h é . Ma così si e r a v e n u t a a form a r e p r o p r i o a ridosso del limes u n a specie di «terra di nessuno», abitata da u n a s t r a n a p o p o l a z i o n e che, a furia di m a t r i m o n i misti, n o n s i s a p e v a p i ù cosa fosse. Q u e l l a c h e a v r e b b e d o v u t o essere la «cortina di ferro» d e l l ' I m p e r o , la sua «Grande Muraglia» e r a in realtà u n a zona d'incontro fra b a r b a r i e r o m a n i . E p e r f i n o la l i n g u a c h e vi si p a r l a v a e r a qualcosa di mezzo fra il b a r b a r o e il r o m a n o , un dialetto mescolato di latino e di tedesco. Dietro, l'armata di c a m p a g n a n o n era in condizioni div e r s e . Essa aveva a t t i n t o alla g r a n d e e s p e r i e n z a r o m a n a i criteri strategici e tattici, il culto della disciplina e la ripartizione in legioni. Ma t u t t o il r e s t o e r a cambiato, p e r c h é e r a n o c a m b i a t i gli u o m i n i c h e l a c o m p o n e v a n o , tutti d i razza g e r m a n i c a . Essi n o n somigliavano p i ù in nulla all'antico leg i o n a r i o di R o m a , tozzo e b r u n o , con la corazza e lo s c u d o r e t t a n g o l a r e . Il c o r t o gladius aveva c e d u t o il posto alla l u n g a spatha, e già a p p a r i v a n o le picche che di lì a p o c o si s a r e b b e r o t r a m u t a t e in lance. La cavalleria e r a e n o r m e m e n t e cresciuta a spese della fanteria, e aveva a d o t t a t o c o m e a r m a d'offesa l'arto ricopiato sul m o d e l l o dei Parti, e c o m e mezzo di difesa il catafratto, cioè la corazza di maglie di ferro. Essa r i c o p r e o r a u o m i n i d i b e n d i v e r s o a s p e t t o , alti e b i o n d i , c o n occhi a z z u r r i in cui si a l t e r n a n o e s p r e s s i o n i di i n n o c e n z a e di ferocia. Il l o r o g r i d o di g u e r r a si c h i a m a «barrito» c o m e quello dell'elefante, e gli somiglia p e r la sua violenza. Invece d e l gagliardetto, h a n n o p e r vessillo u n d r a 23

g o n e gonfio d ' a r i a e fissato in c i m a a u n a picca. S o n o b e i soldati, che u c c i d o n o e m u o i o n o con la stessa facilità. Ma è difficile maneggiarli p e r c h é si rifiutano alla m a n o v r a . Se un avversario li p r o v o c a , e s c o n o dai r a n g h i p e r a n d a r e ad affrontarlo di p r o p r i a iniziativa, e n o n r i s p e t t a n o altro legame di fedeltà che quello verso il loro capo. L'idea di p a t r i a , di I m p e r o , di Stato, di disciplina e di r e g o l a m e n t o è loro del t u t t o estranea. H a n n o i n s o m m a i caratteri tipici del m e r c e nario. E infatti si c o n s i d e r a n o u n a milizia p e r s o n a l e del loro c o m a n d a n t e , il quale a sua volta li c o n s i d e r a un suo p e r s o nale comitatus, c o m e lo s o n o stati fino all'ultima g u e r r a i comitagi jugoslavi che ne d e r i v a n o . Molti fra gli stessi Generali n o n sapevano il latino. A n d a v a n o vestiti s e c o n d o la loro foggia barbarica, le g a m b e fasciate di pelli, la testa incappucciata di corna. E r a n o cittadini r o m a n i , d a q u a n d o Caracalla aveva r e s o tali tutti gli abitanti d e l l ' I m p e r o . Ma venivano da p r o v i n c e di fresca conquista, balcaniche e tedesche, che n o n avevano a n c o r a assorbito la civiltà r o m a n a . La m a n c a n z a di c u l t u r a i m p e d i v a l o r o q u a l u n q u e «carriera» civile. E r a solo a t t r a verso quella militare c h e p o t e v a n o farsi largo, e già nel terzo secolo l'avevano c o m p l e t a m e n t e monopolizzata. L e cosiddette «invasioni barbariche» f u r o n o d u n q u e , p r i m a che u n f e n o m e n o e s t e r n o , u n f e n o m e n o i n t e r n o , che s i c o m p ì attraverso l'esercito. O r a q u e s t ' e s e r c i t o , cui e r a affidata la difesa d e l limes, si trovava a p r o t e g g e r n e l'integrità c o n t r o p o p o l a z i o n i di cui si sentiva c o n s a n g u i n e o e di cui conosceva la lingua, le i d e e e i sentimenti meglio di q u a n t o n o n conoscesse la lingua, le idee e i sentimenti r o m a n i . N o n si p u ò d i r e c h e patteggiasse r e g o l a r m e n t e col nemico. Ma m o l t o spesso s'intendeva con esso i n m o d o d a r e n d e r l o amico. L a «cortina d i ferro» n o n e r a s e m p r e tale p e r quelli che ne stavano al di là. Molti l'attraversavano p i ù o m e n o c l a n d e s t i n a m e n t e , si p r e s e n t a v a n o agli a c c a m p a m e n t i r o m a n i e , t r o v a n d o l i p i e n i d i p a r e n t i , c h i e d e v a n o di essere arruolati. I Generali d e l l ' I m p e r o li ac24

coglievano volentieri p e r c h é n o n avevano molta disponibilit à d i u o m i n i e , i n d i p e n d e n t i c o m ' e r a n o d a l G o v e r n o cent r a l e , p o t e v a n o p r a t i c a m e n t e fare q u e l c h e volevano. Così l'esercito di R o m a s e m p r e più diventava di s a n g u e tedesco. Sulla fine del terzo secolo, questa pacifica osmosi, da individ u a l e , si trasformò in collettiva. Alcune tribù g e r m a n i c h e al di là d e l limes, o r m a i convertite all'agricoltura, chiesero in blocco di essere a m m e s s e in Gallia, cioè in Francia. E le autorità imperiali d i e d e r o loro d a bonificare alcune t e r r e abb a n d o n a t e . Essi c o n s e r v a v a n o i l o r o usi, la l o r o l i n g u a , e u n a certa a u t o n o m i a amministrativa. M a politicamente dip e n d e v a n o da un Prefetto r o m a n o , cui p a g a v a n o le tasse e fornivano un c o n t i n g e n t e di reclute. L'esperimento riuscì. A distanza di secoli, molti storici h a n n o c r e d u t o di vedere in questo processo un vasto e abile p i a n o , da p a r t e di Rom a , p e r assorbire e incivilire i barbari. Ma son r a g i o n a m e n ti suggeriti dal s e n n o di poi. La verità è che g l ' I m p e r a t o r i lo accettavano p e r c h é nella m a g g i o r a n z a dei casi n o n potevano far altro. Tuttavia q u e s t a politica di appeasement e di ass o r b i m e n t o aveva il vantaggio di legittimare in m a n i e r a d e c e n t e l'inevitabile, lasciando intatta, a l m e n o f o r m a l m e n t e , la sovranità i m p e r i a l e c h e i b a r b a r i , v a r c a n d o il limes, ricon o s c e v a n o , a n c h e se p o i o g n i t a n t o con le loro ribellioni la violavano. Ed è probabile che col t e m p o questa integrazione si sarebbe realizzata e che il m o n d o barbarico si sarebbe pacificamente i n q u a d r a t o nelle complesse e civili s t r u t t u r e di R o m a , se gli U n n i n o n si fossero mossi dalla loro M o n g o lia o, u n a volta p e n e t r a t i in Cina, vi fossero rimasti. Il l o r o a v v e n t o i n E u r o p a sconvolse o g n i cosa r e n d e n d o febbrile, t u m u l t u o s a e distruttrice l'alluvione barbarica al di q u a del limes. Ma chi e r a n o , e cos'erano, questi «barbari»?

CAPITOLO TERZO

I BARBARI

I p r i m i scrittori r o m a n i c h e e b b e r o q u a l c h e dimestichezza coi b a r b a r i , li descrissero, con un misto di s t u p o r e , di a m m i r a z i o n e e d ' i r o n i a , c o m e d e i r a g a z z o n i t r o p p o cresciuti, d'occhi chiari e di capelli b i o n d i , c h e m a n g i a v a n o i n s i e m e , b e v e v a n o insieme, d o r m i v a n o insieme d a v a n t i ai fuochi d e l bivacco, s'intenerivano p e r u n n o n n u l l a , e p e r u n i n n o c e n t e scherzo i m p e g n a v a n o duelli dai quali e r a m a n n a s e u n o d e i d u e c o n t e n d e n t i usciva vivo, p e r c h é d i solito c i m o r i v a n o entrambi. Il loro p u n t o di partenza, ricostruito attraverso incerte l e g g e n d e t r a m a n d a t e o r a l m e n t e , s e m b r a c h e siano stati l a S c a n d i n a v i a e i t e r r i t o r i fra l'Elba e l ' O d e r . Lì, sulle v e t t e delle colline e nelle r a d u r e delle foreste, a v e v a n o i m p i a n t a to d e i villaggi di c a p a n n e effimeri c o m e a c c a m p a m e n t i . N o n ci r e s t a v a n o m a i a l u n g o p e r c h é , siccome v i v e v a n o q u a s i esclusivamente di caccia, u n a volta esaurita la selvaggina in u n a zona, e m i g r a v a n o . L a l o r o organizzazione e r a p r i m i t i va, e basata su esigenze s o p r a t t u t t o militari. Il n u c l e o fondam e n t a l e e r a il gau, che Hitler ritirò fuori d u e m i l ' a n n i d o p o , g r u p p o d i famiglie c h e forniva d a 1000 a 1 5 0 0 g u e r r i e r i , s o p r a t t u t t o a cavallo. I gau e r a n o m o l t o i n d i p e n d e n t i l ' u n o d a l l ' a l t r o . Solo in c i r c o s t a n z e eccezionali si r i u n i v a n o n e l thing o mallus, specie di a s s e m b l e a p l e n a r i a , p e r d e c i d e r e p e r e s e m p i o l'elezione di un n u o v o Re, la p a c e o la g u e r r a . A differenza d e l R o m a n o , c h ' e r a s e m p r e u n «cittadino», e in q u a l u n q u e occasione si sentiva p a r t e di qualcosa, la società o lo Stato, il b a r b a r o e r a soltanto un «individuo» gelosissimo della p r o p r i a assoluta i n d i p e n d e n z a . Egli n o n rico26

n o s c e v a a l t r o vincolo c h e q u e l l o d e l l a p a r o l a l i b e r a m e n t e d a t a . Il suo patriottismo e r a la fedeltà g i u r a t a al S i g n o r e lib e r a m e n t e eletto e a cui si sentiva legato da un vincolo p u r a m e n t e p e r s o n a l e . Di qui l ' i n c o m p r e n s i o n e fra loro e i latini, c h e avevano della lealtà un concetto t u t t o diverso. A p a r t e C e s a r e e Tacito, d o t a t i d i u n f i u t o t r o p p o f i n o p e r fraint e n d e r e e sottovalutare il senso d e l l ' o n o r e g e r m a n i c o , tutti gli storici e i memorialisti r o m a n i n o n f a n n o c h e d e n u n z i a re la perfidia e la p r o p e n s i o n e al t r a d i m e n t o dei b a r b a r i . E vero, nei r a p p o r t i da Stato a Stato. Ma è falsissimo, nei r a p p o r t i da p e r s o n a a p e r s o n a . N o n si m u o v e v a n o a masse n u m e r o s e e c o m p a t t e . Le cos i d d e t t e «alluvioni b a r b a r i c h e » di cui si è t a n t o farneticato e r a n o carovane composte fino ai centoventimila individui, ma p i ù spesso di t r e n t a o q u a r a n t a m i l a , di cui i g u e r r i e r i c o s t i t u i v a n o a p p e n a u n q u i n t o . E r a u n m o n d o fluido e d e q u e s t r e . A cavallo, gli u o m i n i p r e c e d e v a n o e s e g u i v a n o i carri, d e n t r o cui si a m m a s s a v a n o le d o n n e , i vecchi e i b a m bini. Q u e s t i c a r r i , la n o t t e e d u r a n t e le battaglie, v e n i v a n o disposti in un cerchio, al r i p a r o del q u a l e si d o r m i v a e ci si difendeva. Il t r a t t a m e n t o dei p o p o l i c h e , in questi c o n t i n u i spostam e n t i , v e n i v a n o sottomessi, v a r i a v a s e c o n d o l a r e s i s t e n z a ch'essi o p p o n e v a n o . C ' e r a n o dei casi di totale sterminio. Ce n ' e r a n o altri di pacifica fusione. T e o d o r i c o , Re degli O s t r o goti, q u a n d o g i u n s e in Italia di O s t r o g o t i ne a v r à avuti sì e no c i n q u e o seimila. Il resto e r a n o Gepidi, Alani, Rugi, Sciri, resti di tribù vinte e p o i integratesi col vincitore. E nell'esercito di Attila, alla battaglia d e i C a m p i Catalaunici, gli U n n i q u a n t i s a r a n n o stati? N o n si sa c o n esattezza. Ma t u t t o lascia c r e d e r e che si trattasse di u n a m i n o r a n z a rispetto agli alleati e f e d e r a t i g e r m a n i c i c h e ne a v e v a n o a c c e t t a t o o d o v u t o subire la s u p r e m a z i a . I vinti n o n venivano ridotti in schiavitù p e r c h é la schiavitù n o n e r a compatibile col n o m a d i s m o , e infatti si sviluppò solo d o p o la conversione alla sedentarietà e all'agricoltura. Venivano a r r u o l a t i . 27

In questo q u a d r o d'insieme, c'erano poi le differenze fra p o p o l o e p o p o l o . I L o n g o b a r d i n o n d e r i v a v a n o il loro n o me dal fatto di p o r t a r e la b a r b a ma la barda, u n a l u n g a ascia, c h ' e r a la l o r o a r m a di c o m b a t t i m e n t o . I F r a n c h i , c h ' e r a n o corbellati da tutti gli altri p e r c h é si r a d e v a n o a c c u r a t a m e n t e il volto, avevano invece c o m e a r m a la «francesca». E Sidonio Apollinare riconosceva i B u r g u n d i dalla loro smisurata stat u r a , dalla forza t o n i t r u a n t e della voce e dal puzzo del b u r ro r a n c i d o con cui s'ingrassavano i capelli. Ostrogoti e Visigoti, c h e f u r o n o i p r i m i a d a r la spallata all'Italia, all'inizio f o r m a v a n o un p o p o l o solo, il p o p o l o Goto, originario della Svezia, u n a delle cui province, il G ò t h e land, ne porta ancora il nome. Non avevano u n a lingua scritta. E soltanto nel sesto secolo d o p o Cristo, u n o di loro, G i o r d a n e , incivilito dalla c u l t u r a latina, raccolse il racconto c h e i suoi c o n n a z i o n a l i si e r a n o t r a m a n d a t i o r a l m e n t e d e l loro passato. M e s c o l a n d o storia e l e g g e n d a , essi d i c e v a n o c h e , circa q u a t t r o secoli p r i m a di Cristo, m e n t r e R o m a e r a occupata a unificare l'Italia, il loro Re Berig li aveva condotti attraverso il Baltico dalla S c a n d i n a v i a in G e r m a n i a . Per fare q u e s t o t r a g h e t t o , n o n a v e v a n o c h e t r e b a r c h e , l e quali d o v e t t e r o c o m p i e r e la t r a v e r s a t a chissà q u a n t e volte. U n a di esse r e stava r e g o l a r m e n t e i n d i e t r o . I r e m a t o r i delle a l t r e d u e la c h i a m a r o n o p e r d i l e g g i o gepanta, c h e n e l l o r o l i n g u a g g i o voleva d i r e «la sfaticata», e gepidi, cioè «bighelloni», s o p r a n n o m i n a r o n o i passeggeri. Rimasero nelle r e g i o n i della Prussia O r i e n t a l e p e r alcune g e n e r a z i o n i , a ridosso d e i Vandali, coi quali occasionalm e n t e g u e r r e g g i a v a n o . Poi r i p r e s e r o la m a r c i a verso SudEst. U n a m e t à d e i l o r o effettivi fu i n g h i o t t i t a dalle p a l u d i della Lituania. Fu un disastro. G i o r d a n e assicura che ancora ai suoi tempi, cioè u n a diecina di secoli d o p o , chi passava da quelle p a r t i incontrava gli spettri d e i m o r t i e udiva il lam e n t o del bestiame agonizzante. V i a g g i a r o n o a n n i , forse d e c e n n i , p e r c h é e r a n o sposta28

m e n t i pesanti e lenti, intramezzati da soste, c o m b a t t i m e n t i , deviazioni. Dalle espressioni c h e i cantastorie si son t r a m a n dati, si capisce che la loro gioia, nel v e d e r e finalmente il mar e , n o n fu m i n o r e di quella dei Greci di Senofonte al termine dell'Anabasi. N o n g r i d a r o n o Thalatta! Thalatta! p e r c h é n o n sapevano il greco; ma per generazioni preservarono nei loro p o e m i il r i c o r d o di quel g r a n g i o r n o . Q u e l m a r e e r a i l M a r N e r o . E d essi s i a c q u a r t i e r a r o n o sulle sue coste settentrionali in quella p a r t e m e r i d i o n a l e della Russia c h e allora si chiamava Scizia. Dalle z o n e che le varie tribù occupavano, p r e s e r o t r e n o m i diversi: gli O s t r o g o ti g u a r d a v a n o a Est, i Visigoti a Ovest, e i Gepidi, che seguit a v a n o a e s s e r e c o n s i d e r a t i i f a n n u l l o n i della famiglia, a N o r d . Ma n o n ci s t a v a n o m a i fermi. E siccome dalla p a r t e d ' O r i e n t e c'era il d e s e r t o , il loro uzzolo di saccheggio si sfogava verso Occidente, d o v e si stendeva il limes r o m a n o . I r a p p o r t i con le d i r i m p e t t a i e a u t o r i t à imperiali variavano c o m e in tutte le altre zone di confine dall'amicizia, all'ostilità, alla g u e r r a f r e d d a , alla g u e r r a calda. Ma molti Goti a n d a v a n o , c o m e al solito, ad a r r u o l a r s i nelle milizie r o m a n e , salvo a crearvi ribellioni e a m m u t i n a m e n t i se la cinquin a n o n veniva p a g a t a . Verso l a m e t à d e l t e r z o secolo d o p o Cristo q u e s t e disfunzioni a m m i n i s t r a t i v e si verificarono di f r e q u e n t e p e r via del d i s o r d i n e che r e g n ò d o p o la m o r t e di Settimio Severo. La p r i m a vera e p r o p r i a azione di g u e r r a dei Goti c o n t r o i R o m a n i a v v e n n e nel 250 q u a n d o sul t r o n o di R o m a c'era Decio, un I m p e r a t o r e di p o c h i scrupoli specialmente verso i Cristiani, ma in cui rivivevano le virtù g u e r r i e r e dell'antica U r b e . I Goti e r a n o c o n d o t t i da C n i v a c h e alla testa di settantamila u o m i n i attraversò il D a n u b i o , p e n e t r ò in Serbia, e mise assedio a Filippopoli. Decio accorse con un forte esercito, e la battaglia fu terribile. Gli storici r o m a n i dicono che i Goti lasciarono sul t e r r e n o t r e n t a m i l a cadaveri. M a h a n n o d i m e n t i c a t o d i a g g i u n g e r e q u a n t i n e lasciarono i R o m a n i , c h e d o v e t t e r o p e r d e r n e p a r e c c h i d i p i ù , visto c h e s i rico29

n o b b e r o battuti. L a città c a d d e nelle m a n i d e i b a r b a r i , c h e t r u c i d a r o n o c e n t o m i l a p e r s o n e , m a t r a s c u r a r o n o nella voluttà del saccheggio di p r e n d e r e p r e c a u z i o n i c o n t r o i ritorni offensivi di Decio, il quale n o n e r a u o m o da darsi p e r vinto. A un certo p u n t o si t r o v a r o n o irretiti da lui, e c e r c a r o n o d i c o m p r a r e u n armistizio c h e consentisse l o r o d i ritirarsi senza c o m b a t t e r e . Decio, c h e aveva già a p p o s t a t o il suo miglior g e n e r a l e , Gallo, alle loro spalle, rifiutò. Ma, dice lo storico Zosimo, Gallo t r a d ì , e in s e g u i t o alla s u a d e f e z i o n e fu Decio a t r o v a r s i i m b o t t i g l i a t o d e n t r o gli a c q u i t r i n i . N e l l a battaglia, suo figlio c a d d e . « U n o di m e n o » disse l ' I m p e r a t o re s e g u i t a n d o a c o m b a t t e r e . Poi c a d d e a n c h e lui c o n quasi tutto il suo Stato M a g g i o r e . Il t r a d i t o r e Gallo c h e gli succed e t t e c o m p r ò dai Goti quella p a c e c h e Decio n o n aveva vol u t o v e n d e r loro, i m p e g n a n d o s i a p a g a r e u n a s o m m a c h e i R o m a n i p o i c h i a m a r o n o sussidio e i Goti tributo. Cniva t o r n ò nelle s u e t e r r e con m o l t o bottino, m a sopratt u t t o con la p r o v a in tasca delle debolezze di un I m p e r o , c h e sino a q u e l m o m e n t o si e r a r e t t o sul m i t o della sua invincibilità. Da allora in p o i i Goti n o n gli d e t t e r o p i ù p a c e e sfog a r o n o il l o r o istinto di saccheggio s o p r a t t u t t o sull'Asia Min o r e e la Grecia. Troia, Bisanzio, Efeso s u b i r o n o le loro salt u a r i e incursioni. Poi fu la volta di C o r i n t o , Sparta, Argo, e alia fine, nel 267, di A t e n e . L e i n c u r s i o n i g o t i c h e d u r a r o n o f i n o a l 2 6 8 , q u a n d o sul t r o n o d e l l ' I m p e r o salì finalmente C l a u d i o I I , c h e volle p o r v i r i p a r o i n m a n i e r a definitiva. E r a u n b u o n s o l d a t o c h e aveva i m p a r a t o la lezione di Filippopoli, cioè aveva c a p i t o l ' i m p o r t a n z a decisiva della cavalleria, e in q u e s t o senso aveva r i f o r m a t o l'esercito. A Nisch, in Serbia, egli n o n r i p o r t ò u n a c o m p l e t a vittoria, m a c i n q u a n t a m i l a Goti r i m a s e r o sul t e r r e n o e gli altri f u r o n o s o s p i n t i d a l l a s u a s u p e r i o r i t à di m a n o v r a in un intrico di m o n t a g n e e di p a l u d i senza sbocco, d o v e c o m i n c i a r o n o a m o r i r e l e n t a m e n t e di fame nei lor o p e s a n t i carri s p r o f o n d a t i nella m e l m a . Dei p o c h i s u p e r stiti, alcuni t o r n a r o n o sbandati alle l o r o case, altri r i m a s e r o 30

c o m e federati al servizio del vincitore. Ma i m o r t i si vendicar o n o d e l l o r o carnefice s v i l u p p a n d o coi l o r o cadaveri insepolti u n a pestilenza c h e lo contagiò e lo uccise. I l successore A u r e l i a n o t r a s c i n ò d i e t r o i l s u o c a r r o d i trionfatore a R o m a i condottieri goti prigionieri. Ma n o n rifiutò la p a c e al loro Re, c o n c e d e n d o g l i la Dacia che, tradotta in t e r m i n i di geografia m o d e r n a , significa U n g h e r i a e Rom a n i a . Q u i , d e n t r o i confini d e l l ' I m p e r o , p e r un secolo rim a s e r o a b b a s t a n z a tranquilli, q u i d i v e n t a r o n o qualcosa d i simile a u n a Nazione, t r a s f o r m a n d o s i a l m e n o p a r z i a l m e n t e in agricoltori e m e s c o l a n d o s i c o n la p o p o l a z i o n e locale già m e z z o r o m a n i z z a t a . E q u i , in q u e s t i c e n t o a n n i di relativa tranquillità, si a r r i c c h i r o n o dei d u e f o n d a m e n t a l i s t r u m e n t i di civiltà: la lingua scritta e la religione cristiana. A fargliene d o n o fu un u o m o solo. Ulfila n o n e r a u n g o t o d i r a z z a p u r a . E r a f i g l i o d i u n orientale della C a p p a d o c i a p r e s o p r i g i o n i e r o dai Goti d o p o u n a delle loro t a n t e incursioni laggiù, e sposatosi probabilm e n t e in Dacia con u n a d o n n a del posto. Così il figlio Ulfila crebbe fra i Goti, e goto si sentiva fino alla midolla. I n Dacia l a popolazione i n d i g e n a era, c o m e h o d e t t o , r o m a nizzata, p a r l a v a un dialetto latino (i r o m e n i lo p a r l a n o a n cora), e coltivava il g r a n o e la vite. La m a g g i o r a n z a e r a p a g a n a . M a c ' e r a n o già a n c h e d e i cristiani, c h e s v o l g e v a n o o p e r a d i p r o s e l i t i s m o . C e r t a m e n t e Ulfila, c h ' e r a n a t o n e l 3 1 1 , venne in contatto con qualcuno di loro, perché quand o , a n c o r a giovinetto, fu m a n d a t o a Costantinopoli, fu subito o r d i n a t o p r e t e , e a t r e n t ' a n n i fu c o n s a c r a t o Vescovo da Eusebio di Nicomedia. I n q u e l m o m e n t o l a C h i e s a n o n e r a u n i t a . E r a anzi g r a v e m e n t e divisa dall'eresia di Ario, che n e g a v a la divinità di Gesù Cristo. E r a il p i ù pericoloso di tutti i conflitti c h e fossero m a i scoppiati in s e n o alla n u o v a r e l i g i o n e . E l ' I m p e r a t o r e 31

C o s t a n t i n o , c h e di q u e s t a n u o v a r e l i g i o n e si a t t e g g i a v a a p r o t e t t o r e , m a con l a p r e t e s a d i farne u n o s t r u m e n t o d i gov e r n o e q u i n d i r i s e r v a n d o s i il d i r i t t o d ' i n t e r v e n i r v i , aveva convocato il Concilio di Nicea, p e r ristabilire l'unità. Ario si difese c o n m o l t o c o r a g g i o m a f u b a t t u t o s p e c i a l m e n t e p e r o p e r a dei Vescovi dell'Occidente, e dichiarato eretico. Aveva p e r ò molti seguaci, e fra costoro c'era a p p u n t o Eusebio, alla scuola del quale Ulula diventò a r i a n o a n c h e lui. Gli affidarono u n a delle i m p r e s e p i ù a r d u e : quella di tornare in patria e di convertire i suoi compatrioti, t u t t o r a fedeli ai l o r o dèi p a g a n i , O d i n o e T h o r . Il re E r m a n r i c o e r a fra i p i ù tradizionalisti e bigotti, e le persecuzioni c o m i n c i a r o n o subito c o n t r o chi si lasciava c o n q u i s t a r e dalla p r e d i c a z i o n e del missionario. Goti minori si c h i a m a r o n o con disprezzo q u e sti conversi che si raccolsero in piccole c o m u n i t à nelle z o n e di frontiera p e r essere p r o n t i ad attraversarla in caso di pericolo e a cercare rifugio nei territori d e l l ' I m p e r o . Essi si atten e v a n o alla resistenza passiva e a u n a dieta sobria, in cui la c a r n e era quasi abolita e il vino sostituito dal latte. Ulfila, che aveva su di loro un ascendente p r o f o n d o (e meritato, a q u a n t o p a r e , p e r la santità della sua vita), p e r facilitare la p r o p r i a o p e r a missionaria, si d i e d e a t r a d u r r e in gotico la Bibbia. E, siccome u n a l i n g u a gotica scritta n o n c'era, la i n v e n t ò lui, d i s e g n a n d o q u e i famosi caratteri dell'alfabeto, che d'allora in poi furono chiamati a p p u n t o «gotici», e mett e n d o accanto a d o g n u n o d i essi l'equivalente greco. N a t u r a l m e n t e g r a m m a t i c a e sintassi e r a n o s o m m a r i e . E lo sforzo p e r a b i t u a r e quella rozza g e n t e a d a r e u n a forma grafica al loro g u t t u r a l e balbettamento e u n a consecutio p i ù o m e n o razionale al loro p e n s i e r o , dovette essere i m m e n s o . Ma Ulfila ci riuscì. Egli t r a d u s s e nella l i n g u a da lui i n v e n t a t a t u t t o il N u o v o Testamento e la m a g g i o r p a r t e di quello Vecchio, e in tal m o d o diede alle popolazioni g e r m a n i c h e i d u e s t r u m e n t i p e r diventare le protagoniste della storia e u r o p e a . 32

Tutti i p o p o l i tedeschi, m e n o i Franchi e i Sassoni, che si c o n v e r t i r o n o molto d o p o a Gesù e all'alfabeto, i m p a r a r o n o a scrivere e a c r e d e r e s e c o n d o l'alfabeto e la fede di Ulfila. P u r t r o p p o , q u e s t a fede n o n e r a quella cattolica, m a quella ariana: e la cosa doveva a v e r e c o n s e g u e n z e assai gravi specie p e r l'Occidente, e s o p r a t t u t t o p e r l'Italia, dove alla fine i Goti v e n n e r o ad a c q u a r t i e r a r s i (e a seppellirsi). Ma q u e s t o lo v e d r e m o in seguito. G i o r d a n e ci ha lasciato testimonianza di c o m e i Goti v i d e r o gli U n n i q u a n d o questi a p p a r v e r o nei loro territori: «Quando il Re Filimer» egli scrive «ebbe c o n d o t t o il nostro p o p o l o dalla Svezia in Scizia, t r o v ò in m e z z o alla p o p o l a z i o n e d e l l u o g o certe streghe, ch'egli scacciò p e r via dei loro malefizi. Esse si p e r s e r o nel d e s e r t o d o v e i n c o n t r a r o n o gli Spiriti del Male c h e e r r a n o in q u e i p a r a g g i e c h e se le p r e s e r o c o m e c o n c u b i n e . Dalla l o r o u n i o n e n a c q u e r o gli U n n i , c r e a t u r e giallognole di o d i o , piccole, ferocissime, e incapaci p e r f i n o di articolare i loro pensieri». G i o r d a n e , d a b u o n goto, aveva r a g i o n e d i fornire u n rit r a t t o così malevolo degli U n n i : i suoi a n t e n a t i e r a n o stati, d o p o gli Alani, le loro p r i m e vittime in E u r o p a . E r m a n r i c o , in quel m o m e n t o , r e g n a v a a n c o r a su di essi, ma aveva super a t o i c e n t o a n n i , e p u r t r o p p o e r a r e d u c e da un grave incid e n t e . Tradizionalista e a u s t e r o com'era, aveva c o n d a n n a t o a m o r t e e fatto s q u a r t a r e u n a g i o v a n e p r i n c i p e s s a , Saniel, r e a di adulterio. E i fratelli di costei se n ' e r a n o vendicati tent a n d o d i u c c i d e r l o . L'avevano soltanto ferito, m a i n m o d o tale d a i n d e b o l i r e g r a v e m e n t e l a f i b r a d i quell'irriducibile vegliardo. G i o r d a n e ce lo lascia soltanto capire; ma Ammian o Marcellino dice esplicitamente che u n p o ' p e r questo att e n t a t o , un p o ' p e r la d i s p e r a z i o n e c h e gli p r o c u r a v a il flagello u n n o , cui n o n si sentiva in g r a d o di resistere, E r m a n rico si suicidò. C o m u n q u e , u n a cosa è certa: che con o senza resistenza, gli O s t r o g o t i f u r o n o sottomessi dagli U n n i e lo r i m a s e r o p e r o t t a n t ' a n n i . Solo u n a frazione seguitò a c o m 33

b a t t e r e sotto la g u i d a di W i t h i m i r c h e fu sconfitto e ucciso. I superstiti c e r c a r o n o s c a m p o in Valacchia. Q u a n t o ai Visigoti, essi si a m m a s s a r o n o sulla riva sinistra del D a n u b i o , p r e s s a p p o c o d o v e oggi c o r r e il confine fra la B u l g a r i a e la R o m a n i a . E r a il limes. «Agitando le braccia e p i a n g e n d o » racconta lo storico E u n a p i o , «supplicavano c h e un p o n t e di b a r c h e fosse gettato p e r lasciarli passare». Le autorità imperiali del p o s t o risposero c h e n o n p o t e v a n o p r e n dersi quella responsabilità senza c h i e d e r n e all'imperatore Valente che impose le seguenti condizioni: consegna delle a r m i , il che e r a logico; rinunzia ai bambini, che sarebbero stati trasferiti in altre regioni d e l l ' I m p e r o , il che e r a mostruoso. I Goti d o v e t t e r o accettare: n o n a v e v a n o altro s c a m p o . E in realtà le d u e imposizioni r i m a s e r o sulla carta, p e r c h é sia le a r m i che i b a m b i n i f u r o n o nella m a g g i o r p a r t e lasciati ai legittimi p r o p r i e t a r i . I n c o m p e n s o , g e r a r c h i e g e r a r c h e t t i i m p e r i a l i fecero a g a r a nello s p o g l i a r e di t u t t i i l o r o a v e r i q u e i poveri fuggiaschi tallonati dal t e r r o r e u n n o e nell'accap a r r a r s i i p i ù solidi giovanotti c o m e schiavi e le p i ù belle ragazze c o m e c o n c u b i n e . Gli altri f u r o n o a b b a n d o n a t i alla fame e al f r e d d o d e l l ' i n v e r n o . E lo s p e t t a c o l o c h e l ' I m p e r o d i e d e in quell'occasione di l a d r o c i n i o , indisciplina e disorg a n i z z a z i o n e fu tale c h e , fra q u e i p o v e r i i n t e r n a t i , i n v e c e della g r a t i t u d i n e , i n c u b ò l'odio e la rivolta. T e s t a r d o e m a l e i n f o r m a t o , l ' i m p e r a t o r e Valente decise d i a c c o r r e r e p e r s o n a l m e n t e a infliggere un e s e m p l a r e castigo ai ribelli, e p e r p r i m a cosa, s a p e n d o c h e c o s t o r o s i e r a n o i n c a m m i n a t i s u A d r i a n o p o l i , o r d i n ò a i suoi l u o g o t e n e n t i i n q u e l l a città d i a l l o n t a n a r e le milizie g o t i c h e c h e m i l i t a v a n o sotto le s u e b a n d i e r e . E r a n o Goti minori, cristianizzati da Ulfila, fedelissimi a l l ' I m p e r o . I l o r o capi si d i c h i a r a r o n o tuttavia p r o n t i a o b b e d i r e p u r c h é si d e s s e l o r o la c i n q u i n a e i r i f o r n i m e n t i p e r la l u n g a m a r c i a che d o v e v a n o affrontare. Gli si rispose c o n minacce. E il risultato fu c h e q u e i r e p a r t i a n d a r o n o ad accrescere le falangi degl'insorti, c h e si d i s p o n e v a n o in assed i o i n t o r n o alla città. 34

L'assedio n o n riuscì: i b a r b a r i n o n f u r o n o m a i capaci di e s p u g n a r e u n a fortezza r o m a n a . Il loro c a p o Fridigern, nel t o g l i e r e il c a m p o , disse: «Noi s i a m o a b i t u a t i a c o m b a t t e r e c o n t r o gli u o m i n i , n o n c o n t r o m u r a d i p i e t r a » . M a i l s u o e s e r c i t o e r a e n o r m e m e n t e c r e s c i u t o p e r l'afflusso d e g l i schiavi goti c h e a c c o r r e v a n o da tutti i distretti della Tracia. Fu u n ' a n n a t a terribile, quella fra il 377 e il 3 7 8 , p e r le p r o vince b u l g a r e e r o m e n e . I ribelli le misero a sacco s c a n n a n do e r u b a n d o a p i ù n o n posso. Valente t a r d a v a , t r a t t e n u t o d a l l e difficoltà di u n a p a c e c o n la Persia. Alla fine v e n n e , d a n d o a p p u n t a m e n t o a d A d r i a n o p o l i a s u o n i p o t e Grazian o , che governava l'Occidente. I loro d u e eserciti a v r e b b e r o stretto in u n a m o r s a e stritolato i ribelli. Il p i a n o poteva benissimo riuscire, d a t e le alte capacità di c o m a n d o di Graziano, giovane e brillante g e n e r a l e . Ma a p p u n t o p e r c i ò Valente, geloso d i lui, i n v e c e d i a s p e t t a r l o , commise la follia di attaccare da solo. S e m b r a che fosse stato m a l e i n f o r m a t o d a i suoi e s p l o r a t o r i c h e , m a n d a t i i n a v a n scoperta, gli avevano riferito che il n e m i c o n o n aveva p i ù di diecimila u o m i n i . P r i m a d ' i m p a r t i r e l ' o r d i n e di attacco, egli ricevette u n a lettera d i F r i d i g e r n che, i n u n s u p r e m o sforzo p e r evitare il conflitto, gli chiedeva p e r i suoi u o m i n i la T r a cia i m p e g n a n d o s i s o l e n n e m e n t e alla fedeltà a l l ' I m p e r o . Ma A m m i a n o dice che, insieme a questa l e t t e r a ufficiale, Fridig e r n ne aveva m a n d a t a u n ' a l t r a confidenziale in cui s u g g e riva a Valente di rifiutare la p r o p o s t a e di stringere p i ù d a p p r e s s o i ribelli in m o d o da i m p a u r i r e gli e s t r e m i s t i e far trionfare il partito suo, quello dei m o d e r a t i . Ciò convinse a n c o r a d i p i ù Valente della p r o p r i a s u p e riorità. A m m i a n o dice c h e sbagliò lo s c h i e r a m e n t o e n o n azzeccò u n a m a n o v r a . C o m u n q u e , quella d i A d r i a n o p o l i (378) fu la p i ù catastrofica disfatta c h e l ' I m p e r o avesse subito da C a n n e in poi. L ' I m p e r a t o r e , ferito, si rifugiò in u n a c a p a n na d o v e u n a pattuglia n e m i c a lo bruciò vivo, p a r e senza sap e r e chi fosse. I d u e terzi d e l l ' e s e r c i t o i m p e r i a l e , i p i ù esperti veterani, trentasette Generali, r i m a s e r o sul c a m p o . 35

Gli storici c r i s t i a n i d i s s e r o c h e V a l e n t e e r a c a d u t o i n espiazione del peccato commesso c o n s e n t e n d o ai Goti, q u a n d o l i a m m i s e a l d i q u a d e l D a n u b i o , d i r e s t a r e ariani. Fra n o n molto avrebbero rimpianto anch'essi quel divino castigo, c h e lì p e r lì e b b e r o l'aria di s a l u t a r e c o n soddisfazione.

CAPITOLO QUARTO

TEODOSIO

Sul m o m e n t o s e m b r ò c h e t u t t o dovesse crollare. L ' I m p e r o aveva p e r s o il suo titolare e il suo esercito. In O c c i d e n t e r e stava, alla testa di t r u p p e ausiliarie franche e a l e m a n n e , cioè b a r b a r e , un abile e risoluto G e n e r a l e , Graziano, che sapeva sconfiggere i nemici sul c a m p o , ma in casa n o n sapeva sottrarsi alla cattiva suggestione d i u n a m a d r e autoritaria, a p passionata e in b u o n a fede dissennata: Giustina. In O r i e n t e , il t r o n o e r a vacante, le g u a r n i g i o n i v u o t e e l ' o r d a gotica in m a r c i a su A d r i a n o p o l i . G r a z i a n o si g u a r d ò i n t o r n o alla ric e r c a di q u a l c u n o c h e p o t e s s e venirgli in a i u t o , e lo scoprì nella p e r s o n a d i u n G e n e r a l e s p a g n o l o i n p e n s i o n e . T e o d o s i o e r a f i g l i o d i u n a l t r o T e o d o s i o , c h ' e r a stato i l migliore e il p i ù fedele l u o g o t e n e n t e d e l l ' I m p e r o . N o n sapp i a m o c o m e avesse fatto carriera. Ma fu colui c h e difese c o n successo la B r i t a n n i a e p o i fu m a n d a t o in Africa a d o m a r v i la rivolta scoppiata fra i Mori. Vi riuscì, c o p r e n d o s i di b e n e merenze. Ma la ricompensa fu u n a c o n d a n n a a morte. La Storia n o n è riuscita mai a far luce su q u e s t o incomprensibile episodio. S a p p i a m o soltanto che Teodosio, q u a n d o gli com u n i c a r o n o la sentenza, n o n p e n s ò né a fuggire né a ribellarsi. Chiese soltanto, r a c c o n t a O r o s i o , di essere battezzato p e r c h é fino a q u e l m o m e n t o e r a rimasto p a g a n o , e p p o i , «sic u r o della vita e t e r n a , s e r e n a m e n t e a b b a n d o n ò quella terr e n a al boia». I l suo o m o n i m o f i g l i o , c h e aveva già fatto a n c h e lui u n a bella c a r r i e r a militare fino a g u a d a g n a r s i i galloni di «Duca di Mesia», d i e d e le dimissioni dall'esercito e si ritirò da p r i vato qualsiasi nella sua S p a g n a . E q u i t r e a n n i d o p o lo r a g 37

giunse l'invito di Graziano ad o c c u p a r e , c o m e s u o collega, il t r o n o di Costantinopoli. Teodosio aveva allora t r e n t a t r é a n ni, u n a m o g l i e s o m i g l i a n t e a l s u o n o m e , Flaccilla, p e r c h é anemica e malaticcia, e un b a m b i n o , Arcadio. E curioso che G r a z i a n o avesse scelto p r o p r i o lui, il figlio di un i n n o c e n t e giustiziato, il q u a l e p o t e v a a n c h e covare q u a l c h e p r o p o s i t o di vendetta, p e r o c c u p a r e u n a sì alta carica. Ma si v e d e che lo conoscevano. Teodosio e Graziano svolsero insieme u n a politica accort a n e i c o n f r o n t i d e i Goti c h e , n o n r i u s c e n d o a e s p u g n a r e A d r i a n o p o l i , scorrazzavano o r a nei Balcani. Per affrontarli i n u n a battaglia campale, n o n c'era p i ù u n esercito. C o m i n c i a r o n o a l o g o r a r l i c o n azioni e p i s o d i c h e , m a s e m p r e t e n d e n d o l a m a n o p e r u n a riconciliazione. I l l o r o c a p o Atanarico aveva giurato a suo p a d r e di n o n m e t t e r e mai p i e d e sul suolo d e l l ' I m p e r o , e infatti se n ' e r a a s t e n u t o a n c h e q u a n d o la valanga u n n a aveva spinto i Visigoti a c h i e d e r e asilo a Valente al di q u a del D a n u b i o . Ma nel 380 gli U n n i t o r n a r o n o e ad Atanarico n o n rimase che a t t r a v e r s a r e a n c h e lui il Dan u b i o e c h i e d e r e ospitalità a Teodosio. Questi, a l l ' o p p o s t o di ciò c h e aveva fatto Valente, lo accolse con cortesia, lo r i e m p ì di d o n i e lo scortò a Costantinopoli. G i o r d a n e descrive benissimo la trasecolata a m m i r a z i o ne d e l rozzo b a r b a r o alla vista della città. «Ecco, ecco» balb e t t ò «quello di cui t a n t o mi a v e v a n o p a r l a t o e a cui t a n t o poco avevo creduto... Un Dio c e r t a m e n t e dev'essere q u e s t o I m p e r a t o r e , e c h i u n q u e alzi u n a m a n o su di lui c o m m e t t e sacrilegio». Di lì a p o c o Atanarico m o r ì , c o m e del resto si e r a i m p e g n a t o a fare se avesse c o n t r a v v e n u t o al g i u r a m e n t o , e Teodosio gli rese i m p o n e n t i o n o r a n z e cavalcando di p e r s o n a d a v a n t i alla b a r a . Q u e l l a c e r i m o n i a i m p r e s s i o n ò fortem e n t e gli Ostrogoti p r e s e n t i , che accettarono di farsi assorb i r e n e l l ' I m p e r o nella solita qualità di federati. S e m b r a v a n o t o r n a t i i t e m p i di A u r e l i a n o e di C o s t a n t i n o . Ma q u e g l i Ostrogoti e r a n o soltanto u n a m i n o r a n z a . Alla pacificazione d e l l ' O r i e n t e c o r r i s p o n d e v a l'inquietu38

d i n e dell'Occidente. U n altro G e n e r a l e spagnolo, Massimo, si ribellava in I n g h i l t e r r a , scendeva in Francia e uccideva a t r a d i m e n t o G r a z i a n o , il colto, b r i l l a n t e e p i o I m p e r a t o r e , c h e aveva c o m m e s s o d u e soli e r r o r i , m a gravi: q u e l l o d i p e n s a r e p i ù allo s p o r t c h e ai p r o b l e m i di Stato, e quello di aver d i m o s t r a t o t r o p p o a p e r t a m e n t e l e s u e p r e f e r e n z e p e r gli ufficiali b a r b a r i , s p e c i a l m e n t e f r a n c h i e a l e m a n n i , c h e militavano sotto le s u e b a n d i e r e . Egli lasciava c o m e success o r e i l fratellastro V a l e n t i n i a n o I I , p o c o p i ù c h e b a m b i n o , cui s u o p a d r e gli aveva r a c c o m a n d a t o d i fare d a t u t o r e e p r o t e t t o r e , e al quale o r a n o n restava che la improvvida m a d r e Giustina. Massimo p e r il m o m e n t o n o n minacciò il ragazzo che risiedeva a Milano, e si c o n t e n t ò di esercitare il p o t e r e effettivo su I n g h i l t e r r a , Francia e Spagna, senza p r e t e n d e r e al titolo di I m p e r a t o r e , che lo avrebbe messo fatalmente in conflitto con Teodosio. Questi n o n solo subì l'assassinio del suo amico e collega, cui doveva il t r o n o , c o n u n a flemma che lì p e r lì parve da traditore ingrato, ma n o n reagì n e m m e n o alle voci c h e lo a c c u s a v a n o di a v e r istigato Massimo all'assassinio di Graziano. E r a un u o m o di carattere difficilmente p e n e t r a b i l e . Ma i suoi gesti ce lo d i p i n g o n o c o m e u n o spagnolo p u r o , b u o n generale, pessimo a m m i n i s t r a t o r e , bigotto e spietato, incapace di p e r d o n o , ma convinto che la vend e t t a sia, c o m e d i c o n o a p p u n t o gli spagnoli, «un p i a t t o da mangiarsi freddo». Per q u a t t r o a n n i , l u n g i d a l p r o t e s t a r e p e r il regicidio e l'usurpazione del c o m a n d o , egli si t e n n e in amichevole corr i s p o n d e n z a c o n M a s s i m o . E q u e s t i forse ne fu i n d o t t o a c r e d e r e che Teodosio n o n avesse in f o n d o n e s s u n a voglia di vendicare il figlio di colui che gli aveva ucciso il p a d r e . C o n cautela cominciò ad avvicinarsi all'Italia, d o v e Giustina gov e r n a v a (senza d u b b i o accatastando spropositi su spropositi) in n o m e del piccolo Valentiniano. Essa n o n si stancava di d e n u n z i a r e a C o s t a n t i n o p o l i la d o p p i e z z a d e l l ' u s u r p a t o r e , l'insaziabilità delle s u e ambizioni e il suo p r o p o s i t o d'inco39

r o n a r s i I m p e r a t o r e . E q u a n d o lo vide a t t r a v e r s a r e le Alpi alla testa d e l s u o e s e r c i t o , i m p a c c h e t t ò V a l e n t i n i a n o / c h e aveva o r m a i diciotto a n n i , e le altre t r e figlie; e c o n esisi fuggì oltre Adriatico. ( Teodosio le v e n n e i n c o n t r o a Salonicco, sua residenza favorita. E qui, p i ù c h e gli a r g o m e n t i di Giustina, p e r la q u a l e n o n doveva avere g r a n tenerezza, f u r o n o le grazie di sua figlia Galla a c o m m u o v e r l o . Teodosio e r a rimasto vedovo, d o p o l a m o r t e d i Flaccilla, c h e gli aveva d a t o u n a l t r o f i g l i o , O n o r i o ; e o r m a i aveva s u p e r a t o la q u a r a n t i n a , m e n t r e Galla e r a a p p e n a a d o l e s c e n t e . Ma il m a t r i m o n i o si fece u g u a l m e n t e , e subito. E il d o n o di nozze che lo sposo fece alla s p o sa, o meglio alla s u o c e r a , fu di restituire il t r o n o dell'Occid e n t e al piccolo Valentiniano, o r a suo cognato. I l fatto c h e , senza p o r t e m p o i n m e z z o , egli s ' i n c a m m i nasse verso l'Italia, d i m o s t r a che n o n e r a stata la m a n c a n z a di forze e di t r u p p e a i m p e d i r g l i fino a q u e l m o m e n t o di v e n d i c a r e G r a z i a n o , c o m e molti storici s o s t e n g o n o . Ma ciò che p i ù conta sottolineare è che la s t r a g r a n d e m a g g i o r a n z a d i q u e s t e t r u p p e e r a gota. C o n t r o d i esse stavano quelle d i Massimo, p e r la m a g g i o r p a r t e franche, cioè anch'esse t e d e sche. N e i d u e Stati Maggiori, i n o m i dei G e n e r a l i p i ù in vista e r a n o Stilicone, Saro, Arbogaste, Gaina, Ricimero, B a u to eccetera. I n v a n o vi si sarebbe cercato un B r u t o , un M a n lio, cioè u n n o m e r o m a n o . M a s s i m o fu b a t t u t o p r i m a a L a y b a c h , p o i ad Aquileia, d o v e v e n n e catturato. Q u a n d o f u c o n d o t t o i n c a t e n e d i n a n zi a Teodosio, questi gli chiese: «E vero che uccidesti Graziano col mio consenso?» «Non è vero» rispose il p r i g i o n i e r o . «Lo dissi p e r a s s i c u r a r m i l ' o b b e d i e n z a d e i soldati.» R e s a q u e s t a confessione, M a s s i m o v e n n e d e c a p i t a t o d a i soldati senz'aspettare l ' o r d i n e di Teodosio (che, c r e d i a m o , lo avrebbe d a t o u g u a l m e n t e ) . E Valentiniano fu istallato n u o v a m e n te sul t r o n o . Seguirono q u a t t r o a n n i di relativa pace. Teodosio era t o r n a t o a C o s t a n t i n o p o l i a g o d e r s i la s u a bella, ma sterile 40

moglie, e a esercitare il p o t e r e assoluto su un I m p e r o di fatt o n u o v a m e n t e unificato, p e r c h é l a p o t e s t à s u l l ' O c c i d e n t e d e l v e n t e n n e Valentiniano e r a soltanto fittizia. M a n e l 392 Valentiniano fece la stessa fine di G r a z i a n o . Stavolta il ribelle si c h i a m a v a A r b o g a s t e , un g e n e r a l e franco, rozzo e insolente, che aveva servito c o n fedeltà G r a ziano e Teodosio, ma e r a m o n t a t o in s u p e r b i a d a c c h é lo avev a n o n o m i n a t o c a p o d i Stato M a g g i o r e dell'esercito e n o n s o p p o r t a v a d i r i c e v e r e o r d i n i d a u n «ragazzetto». Anzi, l o trattava c o n sì ostentato disprezzo c h e il ragazzetto alla fine gli c o n s e g n ò u n a lettera di dimissioni i n g i u n g e n d o g l i di firm a r l a . Invece della p e n n a , c h e forse n o n sapeva m a n e g g i a r e , Arbogaste i m p u g n ò l a s p a d a . Ucciso i l g i o v a n e I m p e r a t o r e , A r b o g a s t e e b b e t u t t a v i a abbastanza b u o n senso p e r n o n o c c u p a r n e il posto. V'istallò invece u n cittadino r o m a n o , E u g e n i o , professore d i retorica passato al servizio di C o r t e . N o n a p p a r t e n e v a alla categoria degli «illustri», c o m e allora si c h i a m a v a n o i p e r s o n a g g i di altissimo rilievo; ma e r a fra i «rispettabili». Da t e m p o aveva legato le sue f o r t u n e a quelle d e l G e n e r a l e franco; ma forse q u e s t i lo prediligeva s o p r a t t u t t o p e r le s u e a p e r t e simpatie verso il p a g a n e s i m o , di cui Arbogaste e r a a n c o r a seguace. Di n u o v o , c o m e nel caso di G r a z i a n o , Teodosio p r e s e c o n m o l t a calma la notizia dell'assassinio di suo c o g n a t o , n o n o s t a n t e le insistenze di Galla c h e voleva un i m m e d i a t o castig o . La l u n a di miele o r m a i e r a passata. Ed egli si decise ad e s a u d i r e i d e s i d e r i di s u a m o g l i e solo il g i o r n o in cui essa m o r ì nel m e t t e r e finalmente al m o n d o u n a figlia che fu battezzata Galla Placidia, di cui s e n t i r e m o a n c o r a p a r l a r e . Q u e s t a s e c o n d a s p e d i z i o n e i n Italia f u m o l t o p i ù a r d u a della p r i m a . Lo s c o n t r o fra i d u e eserciti e b b e l u o g o sull'Is o n z o , c h e allora si c h i a m a v a «Frigido», e fu p r o p r i o l'ultim a battaglia c o m b a t t u t a i n n o m e d e l p a g a n e s i m o . A r b o g a ste aveva costellato il suo c a m p o di statue di Giove, effigiato col fulmine in m a n o . Ma a n c h e Teodosio aveva mobilitato il s u o Dio. D o p o u n a p r i m a s c a r a m u c c i a finita m a l e p e r lui, 41

egli r a c c o n t ò di essersi a d d o r m e n t a t o e di a v e r visto in sog n o San Giovanni e San Filippo, che lo a m m o n i v a n o di n o n d u b i t a r e del s u o d e s t i n o . M e n t r e n a r r a v a q u e s t o episodio, un soldato i r r u p p e nella sua t e n d a a riferirgli la visione che a n c h e lui aveva avuto: e r a la m e d e s i m a . Gli astanti rimasero i m p r e s s i o n a t i . F r a essi c ' e r a n o G a i n a , B a c u r i o , Saul: t u t t i bei n o m i r o m a n i , c o m e vedete. E c'era a n c h e un certo Alarico, giovane capitano alla testa di un m a n i p o l o di Visigoti. Lo storico p a g a n o Zosimo ha n a t u r a l m e n t e molto insistito sugli aspetti miracolosi di questa decisiva vittoria, che nella sua n a r r a z i o n e fu d o v u t a soprattutto a un v e n t o violentissimo che, soffiando negli occhi dei p a g a n i , li a v r e b b e accecati. P r o b a b i l m e n t e si trattava di b o r a , e n o n c r e d i a m o c h e il suo effetto possa essere stato d e t e r m i n a n t e . C o m u n q u e , il successo di T e o d o s i o fu schiacciante. A r b o g a s t e si suicidò. E u g e n i o , p r e s o prigioniero, n e seguì l'esempio. Q u a l e m e s c o l a n z a fosse T e o d o s i o di p i e t à e di c r u d e l t à , lo d i m o s t r a il conflitto c h ' e b b e con A m b r o g i o , Vescovo di Milano. A m b r o g i o a p p a r t i e n e alla Storia della Chiesa. A noi basti s a p e r e che n o n e r a u n p r e t e , i n origine. E r a u n funzionario laico c h e , i n q u a l i t à d i P r e f e t t o , aveva r a p p r e s e n t a t o c o n molta energia e c o m p e t e n z a il p o t e r e imperiale in Liguria e in Emilia. C o m e tale, si e r a trovato a d o v e r d i r i m e r e , n o n in n o m e della L e g g e divina ma di quella dello Stato, le c o n t r o versie fra cattolici e a r i a n i , c h e a n c h e lì i n f u r i a v a n o c o n m o r t i e feriti. Lo fece solo c o m e difensore d e l l ' o r d i n e p u b blico, ma con tale senso di giustizia e di misura, che gli stessi litiganti alla m o r t e del vescovo a r i a n o Ausenzio, lo acclam a r o n o suo successore. N o n si sa con certezza se A m b r o g i o in quel m o m e n t o fosse già cristiano, o a n c o r a p a g a n o . Si sa solo che Valentiniano I (si e r a nel 374) fu soddisfatto della scelta e l'approvò. Così, nello spazio di u n a settimana, il funzionario laico ricevette i sacramenti, gli o r d i n i e il cappello episcopale. I favori della 42

C o r t e gli c o n s e n t i r o n o di esercitare con p i e n a libertà le s u e altissime capacità organizzative. M o r t o V a l e n t i n i a n o , egli dovette vedersela con Giustina c h ' e r a ariana; ma ebbe dalla sua G r a z i a n o cui aveva fatto un p o ' da t u t o r e e che, s t a n d o ad alcune voci, aveva ricevuto da lui il consiglio di p r e n d e r si c o m e collega Teodosio. D o p o che Graziano fu ucciso da Massimo e Giustina fuggita coi figli a Salonicco, A m b r o g i o , rimasto a Milano, seguitò a r i o r g a n i z z a r e la Chiesa. C e r t a m e n t e egli accolse b e n e Teodosio, q u a n d o questi, sconfitto e ucciso Massimo, riportò sul t r o n o Valentiniano I I , e un p o ' m e n o b e n e , anzi categ o r i c a m e n t e m a l e , Giustina, la q u a l e chiedeva c h e a l m e n o u n a chiesa della Diocesi venisse d e d i c a t a a l culto a r i a n o . A m b r o g i o rispose di n o . Valentiniano, c e r t a m e n t e sobillato da sua m a d r e , gli c o m m i n ò l'esilio. A m b r o g i o n o n si mosse. Di lì a poco u n ' i n s u r r e z i o n e scoppiò a Salonicco p e r un m o tivo che testimonia la miseria m o r a l e di q u e i tempi. Buterico, il G e n e r a l e g o t o c h e c o m a n d a v a la g u a r n i g i o n e , aveva fatto i m p r i g i o n a r e u n f a n t i n o d e l C i r c o , i d o l o delle folle, c h e p e r la sua liberazione i n s o r s e r o u c c i d e n d o alcuni ufficiali e soldati. Teodosio n o n aveva p e r s o la flemma q u a n d o gli avevano ucciso Graziano e n o n la p e r d e r à q u a n d o gli ucc i d e r a n n o Valentiniano. Ma guai a chi gli toccava i suoi soldati b a r b a r i . S e b b e n e Salonicco fosse la sua città preferita, o r d i n ò un indiscriminato massacro, le cui vittime q u a l c u n o fa a s c e n d e r e a 15.000. Alcuni giorni d o p o si p r e s e n t ò in chiesa p e r ascoltare la messa. Ma sul p o r t a l e si stagliò A m b r o g i o , c h e a d d i t a n d o l o alla folla esclamò: «La grandezza del suo I m p e r o e il corruttore esercizio di un p o t e r e assoluto possono avergli i m p e d i t o di discernere l'enormità del suo delitto. Ma sotto la sua p o r p o r a c'è soltanto un u o m o il cui c o r p o è destinato a disfarsi in polvere e la cui a n i m a deve p u r t o r n a r e a Dio c h e gliel'ha data... Faccia egli p e n i t e n z a in espiazione d e l suo p e c c a t o p r i m a di t o r n a r e a mescolarsi al g r e g g e dei fedeli... » N e s s u n o mai aveva osato p a r l a r e in tal m o d o a quell'uo43

m o orgoglioso. D i n a n z i a u n p r e t e i n e r m e egli c u r v ò l a testa, e p e r mesi e mesi ne attese i n v a n o il p e r d o n o . Lo m a n d ò a sollecitare a t t r a v e r s o Ruffino, u n i g n o b i l e c o r t i g i a n o p o c o qualificato a quella b i s o g n a . Ma A m b r o g i o scacciò di casa il m e s s a g g e r o dicendogli c h ' e r a «più svergognato d ' u n cane». S e b b e n e p o i l a C h i e s a l o a b b i a r i c o n o s c i u t o S a n t o , doveva trattarsi d ' u n Santo d i c a r a t t e r e u n p o ' difficile. Alla fine l ' I m p e r a t o r e v e n n e di p e r s o n a a c h i e d e r e umilm e n t e c h e p e n i t e n z a doveva fare. «Poiché il m o t i v o del t u o peccato» rispose il Vescovo «è stata la passione, p r e p a r a u n a legge c h e r e n d a obbligatorio l'intervallo di t r e n t a giorni fra la firma di u n a c o n d a n n a a m o r t e e la sua e s e c u z i o n e . C'è da s p e r a r e c h e in t r e n t a giorni la passione cada e la r a g i o n e ne p r e n d a il posto». Teodosio obbedì. E fu il p r i m o d e i n u m e r o s i «precedenti» c h e d o v e v a n o c o n s a c r a r e , nella l u n g a lotta fra Stato e Chiesa, la sottomissione di quello a questa. Ambrogio comprese la importanza dell'avvenimento e, per celebrarlo, fece c o m p o r r e un i n n o a p p o s t a : il Te Deum laudamus. Nel 3 9 5 , d o p o la vittoria su E u g e n i o e Arbogaste, T e o d o sio t o r n ò a Milano. Le condizioni di salute n o n gli consentiv a n o di r i p r e n d e r e la s t r a d a di Costantinopoli. Zosimo, a lui s e m p r e ostile, dice c h e lo avevano stroncato i vizi. Ma n i e n te ci fa sospettare che q u e l l ' u o m o t i m o r a t o e malinconico ne avesse. S e n t e n d o s i vicino alla m o r t e , m a n d ò a c h i a m a r e il s e c o n d o d e i suoi f i g l i , i l b a m b i n e t t o O n o r i o , c h e g i u n s e d a Costantinopoli accompagnato da Serena, cugina di Teodosio e moglie del suo p i ù fedele G e n e r a l e , Stilicone. E gli affidò l ' I m p e r o d'Occidente, lasciando quello d'Oriente al m a g g i o r e , Arcadio, il p r i m o sotto la tutela di Stilicone, il sec o n d o sotto quella di Ruffino. C o n q u e s t o g e s t o c h i u s e l a s u a vita T e o d o s i o d e t t o i l G r a n d e . Se lo sia stato v e r a m e n t e , è difficile d i r l o . Forse lo s a r e b b e d i v e n t a t o s e Dio gli avesse d a t o a n c o r a u n p o ' d i t e m p o p e r c o n d u r r e a t e r m i n e la sua politica d ' i n t e g r a z i o n e coi b a r b a r i e p e r accorgersi c h e la scelta d e i successori n o n 44

e r a stata i n d o v i n a t a . F u c e r t a m e n t e u n b r a v o s o l d a t o , c h e aveva u n alto c o n c e t t o d e l titolo c h e p o r t a v a e n o n v e n n e mai m e n o agl'impegni che gliene derivavano. Ma l'imparzialità n o n e r a il suo forte, e d a l p u n t o di vista amministrativ o c o m b i n ò u n m a r e d i guai. Tuttavia fu certamente l'ultimo I m p e r a t o r e d e g n o di questo nome.

CAPITOLO QUINTO

STILICONE

Il p o e t a C l a u d i a n o , specialista in panegirici, salutò il n u o v o I m p e r a t o r e d ' O c c i d e n t e , O n o r i o , col titolo di Porfirogenito, che voleva d i r e «nato nella c a m e r a di p o r p o r a » , cioè q u a n d o suo p a d r e e r a già I m p e r a t o r e a Costantinopoli, m e n t r e il suo m a g g i o r fratello Arcadio e r a n a t o in Spagna, q u a n d o suo p a d r e e r a t u t t o r a un p e n s i o n a t o q u a l u n q u e . E a questo titolo, d o v u t o a u n a p u r a coincidenza, O n o r i o n o n s e p p e , in tutta la vita, a g g i u n g e r n e altri, m e n o quello di pollicultor e . Se avesse s a p u t o a m m i n i s t r a r e lo Stato c o m e sapeva allevare galline, sarebbe stato u n g r a n d e sovrano. Invece che da suo p a d r e , egli aveva r i p r e s o dalla m a d r e , l'anemica e malaticcia Flaccilla. N o n aveva ambizioni. N o n aveva passioni. N o n aveva n e m m e n o vizi. U n a cosa sola s e m b r a c h e abbia visto con chiarezza e voluto c o n tenacia: sopravvivere. O n o r i o fu un m a e s t r o nell'arte di sottrarsi ai pericoli e di stare al r i p a r o dalle c o r r e n t i d'aria. Un p o ' p o co, p e r u n I m p e r a t o r e , i n u n m o m e n t o c o m e quello. M a alle spalle d i q u e s t o r a g a z z o , s u lui s t e n d e n d o u n a p r o t e z i o n e forse u n p o ' sopraffattrice, c'era u n g r a n d e sold a t o e un fedele servitore. Il b a r b a r o Stilicone e r a allora sulla q u a r a n t i n a . Figlio di un capo v a n d a l o che aveva militato sotto le b a n d i e r e di Valente, aveva fatto c a r r i e r a con T e o d o sio che gli aveva affidato a n c h e delle missioni diplomatiche. Alto e solenne c o m ' e r a , già il suo aspetto bastava a i n c u t e r e soggezione. E si v e d e che fin da allora l ' I m p e r a t o r e r i p o n e va in lui grosse speranze, p e r c h é gli d i e d e in moglie sua nip o t e Serena. Da allora Stilicone e r a stato il l u o g o t e n e n t e di fiducia di Teodosio, lo aveva a c c o m p a g n a t o in t u t t e le spe46

dizioni e p r o b a b i l m e n t e ne aveva r e d a t t o i p i a n i operativi. Per q u a n t o la sua figura sia a l q u a n t o controversa, la sua fedeltà n o n solo alla dinastia ma a n c h e alle idee politiche del suo benefattore è fuori discussione. P r o p r i o i n q u e l l o stesso a n n o 3 9 5 i n cui egli d i v e n t a v a p r a t i c a m e n t e p a d r o n e d e l l ' I m p e r o di O c c i d e n t e , i Visigoti eleggevano a loro Re quell'Alarico c h e a b b i a m o già fugacem e n t e conosciuto nello Stato Maggiore di Teodosio alla battaglia del Frigido. Aveva la stessa età, la stessa esperienza di Stilicone, e a v r e b b e p o t u t o benissimo essere lui al p o s t o di t u t o r e di O n o r i o . Ma la s o r t e lo volle invece alla testa d e l suo g u e r r i e r o e t u r b o l e n t o p o p o l o che lo acclamò sollevandolo sugli scudi e ch'egli provvide subito ad accasare in u n a r e g i o n e decisiva dal p u n t o di vista strategico: la Serbia, passaggio obbligato di t u t t e le comunicazioni terrestri fra i d u e Imperi. Alarico, d a b u o n b a r b a r o , s i sentiva i m p e g n a t o d a l s u o g i u r a m e n t o alla fedeltà a Teodosio, n o n a ciò che questi r a p p r e s e n t a v a . Sicché, T e o d o s i o m o r t o , si c o n s i d e r ò libero di fare la politica c h e voleva, o p e r meglio d i r e di fare una p o litica, p e r c h é sino a q u e l m o m e n t o i Visigoti n o n ne avevan o avuta nessuna. C h e strano impasto fosse q u e s t ' u o m o di nazionalismo ted e s c o e di a m m i r a z i o n e p e r la civiltà m e d i t e r r a n e a , lo d i m o s t r a r o n o l'impeto aggressivo con cui condusse u n ' o p e r a zione di conquista della Grecia e la brusca r i n u n z i a a p r o s e guirla q u a n d o si trovò di fronte alle statue e alle colonne del P a r t e n o n e , la cui bellezza lo folgorò. Di colpo, da conquistat o r e , si trasformò in turista e firmò con gli ateniesi un patto di amicizia. L'anno d o p o (396) Stilicone accorse, p e r sloggiare i Visigoti dalla Grecia. Riuscì a circondarli in Arcadia e il loro a n n i e n t a m e n t o s e m b r a v a sicuro q u a n d o invece si s e p p e ch'er a n o sfuggiti attraverso u n passo n o n presidiato. Zosimo dice che fu un e r r o r e tecnico di Stilicone, Orosio p a r l a di trad i m e n t o , C l a u d i a n o i n s i n u a c h e e r a g i u n t o u n alt! d a C o 47

stantinopoli. Forse n o n fu nulla di t u t t o questo, ma soltanto il t i m o r e da p a r t e di Stilicone di n o n essere p i ù necessario il g i o r n o in cui i Visigoti e il l o r o bellicoso Re fossero stati distrutti. Ma nella gara all'accaparramento della gratitudine di Alarico, subito A r c a d i o a n d ò a n c o r a p i ù i n là, c o n f e r e n d o gli, se n o n il titolo, a l m e n o le funzioni di G o v e r n a t o r e delrilliria. Stilicone n o n r e a g ì a q u e s t o gesto p r o v o c a t o r i o . La sua posizione s e m b r a v a incrollabile, o r a c h ' e r a diventato suocero di O n o r i o , cui aveva d a t o in moglie sua figlia Maria. Nel 4 0 0 f u e l e t t o C o n s o l e . E r a u n a carica o r m a i n e g l e t t a , cui n o n c o r r i s p o n d e v a n o p i ù p o t e r i p a r a g o n a b i l i a quelli c h e Stilicone di fatto esercitava. Ma i r o m a n i di antica famiglia n e facevano u n l o r o m o n o p o l i o , p e r c h é e r a n o s e m p r e i Consoli c h e d a v a n o il n o m e a l l ' a n n o in corso, c o m e ai vecchi bei t e m p i della Repubblica, e con riluttanza a m m e t t e v a no c h e q u e s t o privilegio, sia p u r e solo f o r m a l e , toccasse a un b a r b a r o . T u t t a v i a a Stilicone si p i e g a r o n o . S e m b r a v a d u n q u e che p e r costui il n u o v o secolo cominciasse b e n e . E i n v e c e p r o p r i o i n q u e l m o m e n t o ecco d ' i m p r o v v i s o Alarico p r e s e n t a r s i alla testa delle s u e o r d e sui valichi delle Alpi Giulie. Si p o s s o n o fare infinite c o n g e t t u r e sui suoi piani e disegni. La sola c h e trovi c o n f e r m a negli a v v e n i m e n t i successivi è c h e il focoso visigoto i n t e n d e s s e i m p a d r o n i r s i , p i ù c h e di R o m a , d e l «posto» di Stilicone. L'Italia e r a abituata a vedersi scorrazzare a d d o s s o eserciti in rivolta. Ma r o m a n i , a l m e n o di n o m e . Da secoli il s u o s u o l o n o n e r a calcato d a t r u p p e c h e s v e n t o l a v a n o vessilli stranieri. E lo sbigottimento fu g r a n d e . C l a u d i a n o r a c c o n t a che, a r e n d e r l o a n c o r a p i ù d i s p e r a t o , ci si mise di mezzo a n c h e i l s o p r a n n a t u r a l e . I n cielo a p p a r v e u n a c o m e t a , s e g n o sinistro. E l ' I m p e r a t o r e , p a s s a n d o u n a rivista ai soldati, vide fuggire dai loro r a n g h i u n a c o p p i a d i lupi, c h e v e n n e r o uccisi e squartati. Nel l o r o v e n t r e f u r o n o trovate d u e m a n i . A R o m a i Senatori, che seguitavano a esistere e a riunirsi 48

sebbene le loro decisioni avessero smesso da un bel pezzo di contare, a v a n z a r o n o l'idea - che a O n o r i o piaceva assai - di attraversare il T i r r e n o e di fondare u n a n u o v a U r b e in Sard e g n a o in Corsica. In mezzo a quei balbettamenti di g e n t e i m p a u r i t a e irresoluta, l'unico c h e t e n n e u n l i n g u a g g i o d a S e n a t o r e v e r o fu Stilicone. «Cessate» egli disse «questi lam e n t i che n o n sono da u o m i n i . I Goti, è v e r o , ci h a n n o attaccato a t r a d i m e n t o . Ma l'Italia ha trionfato di pericoli b e n p i ù gravi: quello d e i Galli, dei Cimbri, dei T e u t o n i . Se R o ma cadesse, n o n ci s a r e b b e p i ù al m o n d o , p e r i suoi figli, u n a patria sicura... A n d r ò al N o r d a raccogliere un esercito p e r vendicare l'insultata maestà d i R o m a , m a nel f r a t t e m p o c o n t i n u e r ò a p a r t e c i p a r e alle vostre ansietà p e r c h é t r a voi lascio mia moglie, i miei figli e q u e s t o m i o g e n e r o (Onorio) che mi è p i ù caro che la vita stessa.» Così racconta C l a u d i a n o , forse abbellendo parecchio l'orazione del suo eroe. Ma che un poeta r o m a n o trovasse plausibile e credibile, in bocca a un g e n e r a l e b a r b a r o , un simile discorso, basta a farci c a p i r e a c h e p u n t o o r m a i s'era arrivati, lì a R o m a , e c o m e Stilicone considerasse, c o n cond i s c e n d e n z a , un s u o semplice «protetto» il giovincello c h e sedeva sul t r o n o . N e l l ' i n v e r n o 401-402 il G e n e r a l e m a r c i ò c o n t r o Alarico che si e r a spinto fin sotto Torino e o r a assediava la cittadina fortificata di Pollenzo. Secondo C l a u d i a n o , un v e t e r a n o got o a m m o n ì i l s u o R e d i n o n a c c e t t a r e battaglia. I n f u r i a t o , Alarico gli rispose di aver u d i t o u n a voce che gli diceva: «Pen e t r e r a i nell'Urbe!» A q u e s t a p r e m o n i z i o n e i fatti, lì p e r lì, n o n d i e d e r o r a gione. Forse quella di Pollenzo n o n fu p e r Stilicone (di cui è i n c e r t a , q u e l g i o r n o , p e r f i n o l a p r e s e n z a sul p o s t o ) u n a schiacciante vittoria, ma c e r t o fu u n a sconfitta p e r Alarico, c h e a q u a n t o p a r e lasciò prigionieri in m a n o all'avversario la moglie e i figli. Dovette trattarsi di u n o dei soliti successi alla Stilicone c h e , q u a n d o aveva a c h e fare coi Visigoti, li metteva r e g o l a r m e n t e in ginocchio; ma al m o m e n t o di asse49

stare il colpo finale, rinfoderava la s p a d a e lasciava loro libera la ritirata. A n c h e stavolta infatti Alarico p o t è r i o r d i n a r e le sue scompaginate falangi e r i p r e n d e r e la s t r a d a del Veneto, d o v e si f e r m ò a bivaccare. C o r t e s e m e n t e , Stilicone gli rim a n d ò la sposa e la p r o l e . A R o m a , d o v e la notizia della vittoria n o n e r a g i u n t a , si lavorava a i n n a l z a r e u n a n u o v a cinta di m u r a di rinforzo a q u e l l e d i A u r e l i a n o . L a p a u r a aveva r e s t i t u i t o d i c o l p o a quella c i t t a d i n a n z a b i g h e l l o n a u n a g r a n voglia d i l a v o r a r e . O g n i t a n t o si f e r m a v a n o a s p i a r e l'orizzonte n e l t e r r o r e di v e d e r a p p a r i r e l e c o l o n n e gote. Invece a p p a r v e r o quelle d i Stilicone, c h e f u accolto stavolta c o n u n e n t u s i a s m o i n d e scrivibile e passò in m e z z o alla p o p o l a z i o n e a c c l a m a n t e su u n cocchio, i n cui sedeva accanto a l l ' i m p e r a t o r e O n o r i o suo g e n e r o e all'imperatrice Maria sua figlia. N a t u r a l m e n t e i R o m a n i v o l l e r o f e s t e g g i a r e il fausto e v e n t o alla l o r o m a n i e r a p r e f e r i t a : e cioè c o n u n g r a n d e spettacolo g l a d i a t o r i o al C i r c o . Q u e s t i spettacoli e r a n o già stati proibiti da Costantino, quasi un secolo p r i m a . I R o m a ni n o n se ne d a v a n o p e r intesi, d i m o s t r a n d o con ciò di aver a v u t o a n c h e allora, delle leggi e d e i r e g o l a m e n t i , lo stesso rispetto c h e n e h a n n o ora. M a quella volta p e r loro girò m a le. Sul p i ù bello di u n a massiccia carneficina fra prigionieri goti, u n frate d i n o m e Telemaco saltò n e l l ' a r e n a p e r m e t t e r fine al massacro. Fu lapidato e ucciso dalla folla imbestialita. Ma O n o r i o ne rimase t a l m e n t e sconvolto, c h e d'allora in poi i giuochi del Circo v e n n e r o proibiti d a v v e r o , e n o n p i ù solt a n t o sulla carta. N e l l ' a n n o successivo, 4 0 5 , Stilicone fu rieletto Console e p e r la s e c o n d a volta si g u a d a g n ò il titolo di «salvatore dell'Urbe». N o n e r a Alarico che l a minacciava, ora, m a u n cert o Radagaiso, d i cui n o n s a p p i a m o con precisione c h e cosa fosse: forse un o s t r o g o t o , riuscito a s o t t r a r r e in t e m p o u n a p a r t e d e l suo p o p o l o a l servaggio degli U n n i . E r a c o m u n q u e un b a r b a r o nel senso più c o m p l e t o della p a r o l a , «il p i ù selvaggio di tutti i nemici che R o m a avesse m a i avuto», dice 50

O r o s i o . Discese la Penisola alla testa di u n ' o r d a di 2 0 0 . 0 0 0 u o m i n i (qualcuno dice 400.000). Ma Stilicone, con un capol a v o r o di strategia, riuscì a c h i u d e r l o nelle valli ai p i e d i di Fiesole, p r o p r i o là d o v e , q u a t t r o secoli e m e z z o p r i m a , e r a stato disfatto Catilina. N o n ci fu bisogno di d a r battaglia: bastò c h i u d e r e i passi. D e n t r o q u e l b u d e l l o senza uscita, i Goti c o m i n c i a r o n o a m o r i r di fame, e Stilicone li lasciò fare finché di vivo n o n rimas e r o c h e p o c h i e s t e n u a t i b r a n d e l l i , inservibili a n c h e c o m e schiavi. Stilicone s a p e v a far le cose fino in f o n d o , q u a n d o n o n si trattava di Alarico. E così l'Italia s e m b r ò finalmente liberata dalla minaccia delle invasioni, c h e n e s s u n b a r b a r o infatti p e r d u e a n n i rit e n t ò . Solo che, p e r r a g g i u n g e r e q u e s t o risultato, si e r a d o v u t o s g u a r n i r e t u t t e le altre p r o v i n c e dell'Ovest - Britannia, S p a g n a e F r a n c i a -, d o v e o r a si s t a v a n o p r e c i p i t a n d o alla rinfusa, sospingendosi e g u e r r e g g i a n d o l ' u n o c o n t r o l'altro, Vandali, Sveli, Alani, in conflitto c o n A l e m a n n i , F r a n c h i e B u r g u n d i che già vi si e r a n o accasati. L ' I m p e r o d ' O c c i d e n t e se ne a n d a v a . Nel 408 l'Imperatore d'Oriente, Arcadio, morì, lasciando e r e d e a l t r o n o u n b a m b i n o d i sette a n n i , Teodosio I I , sotto l a t u t e l a d i s u a m a d r e , l ' i m p e r a t r i c e Eudossia, p r i n c i p e s s a di s a n g u e franco, cioè tedesco. E qui ci t r o v i a m o di fronte a u n a serie di a v v e n i m e n t i c h e ci lasciano p i u t t o s t o perplessi sul c o n t o di Stilicone. Alarico aveva ricominciato ad agitarsi, e col s u o esercito e r a p e n e t r a t o i n E p i r o , p r o v i n c i a d i C o s t a n t i n o p o l i . Poi d'improvviso e r a t o r n a t o indietro, p e r il solito passo di Layb a c h si e r a di n u o v o affacciato in Italia, e aveva m a n d a t o un'ambasciata a R o m a p e r c h i e d e r e in t e r m i n i piuttosto b r u schi un c o m p e n s o delle spese incontrate in Epiro, «visto c h e n o n gli avevano lasciato finire l'impresa». C h i n o n gliel'aveva lasciata finire d o p o avergliela, e v i d e n t e m e n t e , ordinata? In Senato Stilicone spiegò che effettivamente Alarico, a n 51

d a n d o in E p i r o , aveva inteso servire gl'interessi d e l l ' I m p e r a t o r e , il quale poi gli aveva imposto l'alt e q u i n d i bisognava risarcirlo. Fra i Senatori, u n o solo si alzò a fare opposizione, r i t r o v a n d o nella requisitoria gli accenti dell'antica R o m a : L a m p r i d i o . « Q u e s t a n o n è pace» disse, «ma a c c e t t a z i o n e della servitù.» Però, a p p e n a p r o n u n z i a t e quelle p a r o l e orgogliose, corse a rifugiarsi in u n a chiesa lì vicino. La p r o p o s t a di Stilicone fu accolta. Il G e n e r a l e o r m a i s e m b r a v a o n n i p o t e n t e . S u a figlia l ' i m p e r a t r i c e M a r i a e r a m o r t a , ma O n o r i o l'aveva rimpiazzata con la sorella m i n o r e T e r m a n z i a , r e s t a n d o così g e n e r o dello stesso suocero. E da confidente del Sovrano fungeva ora Olimpio, un gréculo del M a r N e r o , che a Stilicone d o v e v a t u t t a la sua c a r r i e r a . Ma a q u a n t o p a r e invece fu p r o p r i o questo cortigiano intrig a n t e a suscitare i sospetti di O n o r i o c o n t r o il suo G e n e r a l e . L ' I m p e r a t o r e p r o g e t t a v a u n a gita a C o s t a n t i n o p o l i p e r affermare il suo diritto alla tutela del piccolo Teodosio. Stilic o n e gli p r o s p e t t ò i pericoli e il costo di quel viaggio in termini tali da p e r s u a d e r l o a m a n d a r c i , in sua vece, lui. Ma, si affrettò subito a i n s i n u a r e O l i m p i o , Stilicone lo aveva fatto p e r c h é in realtà voleva istallare suo figlio E u c h e r i o sul t r o no d'Oriente. Elementi di fatto che confermassero questo sospetto n o n c e n ' e r a , p e r c h é E u c h e r i o e r a s e m p r e stato t e n u t o d a s u o p a d r e p i u t t o s t o i n d i s p a r t e . Ma, m o r t o A r c a d i o , a O n o r i o sembrava di n o n aver più tanto bisogno del suo Generale che, con la scusa di p r o t e g g e r l o , lo soffocava. C ' e r a n o a n c h e altri motivi di scontentezza v e r s o l ' o n n i p o t e n t e v a n d a l o . I p a g a n i dicevano che sua moglie Serena, q u a n d o p e r la p r i m a volta v e n n e a R o m a a l s e g u i t o d e l s u o p a d r e a d o t t i v o Teodosio, r u b ò un gioiello nel t e m p i o di Rea e che lui stesso si e r a a p p r o p r i a t o di certe lastre d ' o r o del t e m p i o di Giove Capitolino. I cristiani, da p a r t e loro, m o r m o r a v a n o che Eucherio e r a i n c u o r suo u n p a g a n o idolatra. M a s o p r a t t u t t o , ad a l i m e n t a r e le dicerie, c'era lo s t r a n o a t t e g g i a m e n t o d e l 52

G e n e r a l e n e i c o n f r o n t i d i Alarico, c h e i r r i t a v a l ' e l e m e n t o romano. Ci fu, nelle legioni, qualche a m m u t i n a m e n t o . O n o r i o ne o r d i n ò la r e p r e s s i o n e al Generale, che la eseguì con s o m m a rie decimazioni, p r o p r i o nel m o m e n t o i n cui u n u s u r p a t o r e , Costantino, calava dalla Britannia, di cui e r a stato il com a n d a n t e m i l i t a r e , in F r a n c i a , e si attestava ad Arles, m i n a c c i a n d o l'Italia. C o n l'esercito mezzo in rivolta, Stilicone capiva di n o n p o t e r l o f e r m a r e . E altre t r u p p e n o n ne aveva da r i c h i a m a r e da oltre confine. Le ultime le aveva macinate nella c a m p a g n a c o n t r o R a d a g a i s o : le p r o v i n c e occidentali, o r m a i s o m m e r s e dai barbari, n o n ne fornivano più. Egli disse d u n q u e a O n o r i o che stava t r a t t a n d o con Alarico p e r lanciarlo c o n t r o Costantino. E se questo fosse avvenuto in t e m p o , tutti i sospetti che le s u e passate c o n d i s c e n d e n z e al c a p o visigoto avevano suscitato, s a r e b b e r o svaniti di colpo. P u r t r o p p o , il t e m p o n o n ci fu. O n o r i o , d o p o aver d a t o il suo consenso a questo p i a n o diplomatico e firmato la lettera a Alarico, p a r t ì p e r Pavia insieme a O l i m p i o , m e n t r e il Gen e r a l e c h e di costui a n c o r a n o n sospettava, restò a R a v e n n a p e r p r e p a r a r e il suo viaggio a C o s t a n t i n o p o l i . C o m e siano a n d a t e le cose con precisione n o n si sa, ma il fatto è che, subito d o p o l'arrivo d e l l ' I m p e r a t o r e e d e l suo consigliere, le g u a r n i g i o n i del T i c i n o s i r i b e l l a r o n o a c c o p p a n d o s o m m a r i a m e n t e tutti coloro c h ' e r a n o considerati amici di Stilicone. Q u e s t e g u a r n i g i o n i e r a n o c o m p o s t e degli ultimi soldati d i s a n g u e r o m a n o , p i ù o m e n o p u r o , che a n c o r a p o p o l a s s e r o l'esercito; e q u i n d i la loro rivolta acquistava un chiaro caratt e r e di pogrom c o n t r o i barbari. I capi di c o s t o r o si r i u n i r o n o a B o l o g n a in consiglio di g u e r r a i n t o r n o a Stilicone. Questi, u d e n d o c h e a n c h e l'Imp e r a t o r e e r a stato assassinato, a p p r o v ò subito la loro p r o p o sta di marciare su Pavia e passare p e r le a r m i gli a m m u t i n a t i . Ma subito d o p o a r r i v ò la smentita: O n o r i o e r a salvo. Il Generale disse c h e in tal caso bisognava aspettare i suoi ordini. M a n o n tutti a p p r o v a r o n o questo gesto d i disciplina; a n 53

zi, i p i ù lo d i s a p p r o v a r o n o . Il g o t o S a r o d i s e r t ò a d d i r i t t u r a il c a m p o e di n o t t e attaccò e massacrò la g u a r d i a p e r s o n a l e di Stilicone, c h e riuscì a f u g g i r e a cavallo v e r s o R a v e n n a . P a r e che O l i m p i o avesse p r o m e s s o a S a r o un cospicuo p r e mio, se uccideva il Generale. Questi sembrava tuttora p r e o c c u p a t o p i ù della salvezza dello Stato c h e di quella sua p e r c h é , l u n g i dall'organizzare u n a difesa p e r s o n a l e , si mise a d i r a m a r e circolari a tutti i magistrati o r d i n a n d o loro di r e s p i n g e r e q u a l u n q u e tentativo delle t r u p p e b a r b a r e dislocat e fuori dalle città d i e n t r a r e d e n t r o l e m u r a . N o n voleva, Stilicone, c h e corresse s a n g u e fra italiani e tedeschi. Egli r e stava fedele al g r a n s o g n o d e l l ' i n t e g r a z i o n e , c h ' e r a s e m p r e stato quello d e g l ' I m p e r a t o r i p i ù illuminati da A u r e l i a n o a C o s t a n t i n o a Teodosio. M e n t r e cercava così d i a r g i n a r e l a catastrofe, g i u n s e d a p a r t e di O n o r i o l'ordine di arrestarlo. Forse solo allora al salvatore dell'Urbe la b e n d a c a d d e dagli occhi. Si rifugiò in u n a chiesa d o v e i soldati n o n p o t e v a n o e n t r a r e . All'alba alcuni di èssi, disarmati, f u r o n o condotti dal Vescovo in sua p r e s e n z a . Nelle m a n i d e l p r e l a t o essi g i u r a r o n o , p r o b a b i l m e n t e in b u o n a fede, che l a p e n a comminatagli e r a u n m o m e n t a n e o confino in un l u o g o sorvegliato. Stilicone li seguì. A p p e n a fuori del sacro recinto, gli fu d a t a in lettura u n a seconda lettera di O n o r i o che, «per delitti c o n t r o lo Stato», gl'impartiva la cond a n n a a m o r t e , da eseguirsi i m m e d i a t a m e n t e . C ' e r a i n t o r n o al g r u p p o u n a piccola folla di amici d e l G e n e r a l e e di soldati b a r b a r i che, u d e n d o quell'incredibile verd e t t o , s g u a i n a r o n o m i n a c c i o s a m e n t e l e s p a d e . Stilicone l i f e r m ò c o n u n g e s t o i m p e r i o s o . Egli c o n s e r v a v a a n c o r a u n tale prestigio sui suoi c h e n e s s u n o osò disobbedirgli. Poi mise un ginocchio a t e r r a e s t o i c a m e n t e , senza u n a p a r o l a di r a m m a r i c o , c u r v ò la bella testa grigia offrendo il collo all'ascia del boia. T r o p p i e l e m e n t i m a n c a n o p e r p o t e r p r o n u n c i a r e u n giudizio sicuro su q u e s t ' u o m o . Ch'egli avesse a p p r o f i t t a t o d e l p o t e r e p e r arricchire se stesso e i suoi, è possibile. C h e fosse 54

ambizioso e c h e q u a l c h e volta avesse s c a m b i a t o l'interesse p r o p r i o p e r quello dello Stato, sbarazzandosi s o t t o m a n o d i avversari e di possibili rivali, è p r o b a b i l e . C h e il s u o m o d o di p r o t e g g e r e O n o r i o fosse a l q u a n t o a u t o r i t a r i o e talvolta p r e p o t e n t e , lo d i m o s t r a il fatto c h e p e r d u e volte gli d i e d e in moglie u n a sua figliola. Ma quella di cui n o n si p u ò d u b i t a r e è la fedeltà ch'egli serbò alla p a r o l a d a t a a Teodosio di d i f e n d e r e fino all'ultimo i suoi e r e d i e la sua politica. In lui rifulsero le q u a l i t à m i g l i o r i d e l b a r b a r o c h e si d e d i c a v a al servizio di R o m a : la sagacia militare, il c o r a g g i o , e s o p r a t tutto il senso solenne, quasi maestoso, della dignità i m p e r i a le. C e r t o , giuoco d o p p i o c o n Alarico, b a t t e n d o l o t r e volte e a l t r e t t a n t e r i s p a r m i a n d o l o . Se q u e s t a politica, c o m e oggi si d i r e b b e , di «distensione», fosse giusta o sbagliata, p o t r e m mo dirlo solo s'egli fosse stato in g r a d o di svolgerla sino in f o n d o . C o m u n q u e , q u e s t o b a r b a r o fu u n o degli ultimi condottieri d e l l ' I m p e r o che s e p p e r o m o r i r e d a r o m a n i . La sua testa rotolò nella polvere il 23 agosto 4 0 8 . Il boia c h e l'aveva decapitata, Eracliano, in p r e m i o di questo nobile servigio, fu n o m i n a t o G e n e r a l e . E u c h e r i o , fuggito da Roma e rifugiatosi a n c h e lui in u n a chiesa, fu ucciso alcuni m e s i d o p o . L'imperatrice T e r m a n z i a f u r i m a n d a t a d a O n o r i o alla m a d r e S e r e n a . U n comitato d i e p u r a z i o n e (come t u t t o si r i p e t e nella Storia!) p r e s i e d u t o da Olimpio fece piazza p u lita di tutti quei funzionari e ufficiali che, p e r il fatto di essere stati selezionati da Stilicone, passavano p e r «collaborazionisti». Nelle g u a r n i g i o n i , i R o m a n i imbaldanziti c o m p i r o n o a l c u n i massacri sugli «ausiliari» b a r b a r i , m e s c o l a n d o v i a n c h e d o n n e e bambini. F u i n s o m m a u n a bella p u r g a , che i l c o n t e m p o r a n e o O r o sio, bigotto e declamatorio, salutò c o m e u n a «purificazione» di R o m a . Peccato c h e il suo risultato p i ù cospicuo, a p a r t e il c a m b i o della g u a r d i a nelle cariche (e nelle p r e b e n d e ) fosse il passaggio di trentamila soldati b a r b a r i nel c a m p o di Alarico p r o p r i o nel m o m e n t o in cui la «distensione» svaniva nell'aria.

CAPITOLO SESTO

ROMA, A D . 4 1 0

Affacciato alla finestra di Laybach nel suo solito a m b i g u o att e g g i a m e n t o , Alarico s e m b r ò lì p e r lì accogliere con assoluta indifferenza la notizia della fine del suo amico Stilicone. Anzi m a n d ò un messaggio a O n o r i o dicendosi p r o n t o , in cambio di u n a m o d e r a t a largizione, a firmare un trattato di pace con lui e a ritirarsi in Serbia. O n o r i o , col coraggio c h e lo distingueva più q u a n d o maneggiava la p e n n a che n o n la s p a d a , rifiutò. Ma, invece di p r e p a r a r s i all'altra eventualità c h e Alarico i m p l i c i t a m e n t e minacciava, la g u e r r a , si rimise alle sue occupazioni favorite: allevar polli e r e d i g e r e decreti di p e r s e c u z i o n e c o n t r o gli eretici, «affidandosi p e r t u t t o il resto» dice Zosimo «alle p r e g h i e r e di Olimpio». O r a m a i egli aveva definitivamente t r a s p o r t a t o la sua C o r t e da Milano a R a v e n n a , u n a città c h e gli acquitrini e la malaria bastavano a d i f e n d e r e . La sicurezza, p e r lui, e r a soltanto quella della sua p e r s o n a . Alarico valicò le Alpi Giulie, discese il V e n e t o , n o n fece tentativi c o n t r o Aquileia, t r a v e r s ò il Po, g i u n s e a B o l o g n a , s e m i n a n d o d o v u n q u e miseria e fame. E a farglisi i n c o n t r o ci fu soltanto un m o n a c o , c h e v e n n e a supplicarlo di desistere d a i suoi d i s e g n i . « N o n s o n o io» r i s p o s e Alarico «che me li p r o p o n g o ; è qualcosa d e n t r o di me che mi ci s p i n g e irresistibilmente g r i d a n d o m i : Marcia su Roma e fanne un mucchio di rovine.» Fu, se n o n sbagliamo, il p r i m o tedesco che a r r u o lò il b u o n Dio sotto le p r o p r i e b a n d i e r e . Ma gl'imitatori n o n gli s a r e b b e r o mancati. A R o m a , d o v e d a i t e m p i di B r e n n o n o n si e r a p i ù visto u n esercito n e m i c o a c c a m p a r s i sotto l e m u r a della città, l o 56

sbigottimento fu g r a n d e . E la p r i m a m i s u r a c h e v e n n e p r e sa fu quella di u c c i d e r e S e r e n a , la vedova di Stilicone, cioè d e l l ' u o m o che coi Goti aveva s e m p r e patteggiato. I p a g a n i , incolpandola d'intelligenza col nemico, vollero vendicarsi di colei che aveva commesso il sacrilegio nel t e m p i o di Rea. Ma gli antichi dèi, c h e il cristiano Stilicone aveva c o n t r i b u i t o a mortificare, n o n r i c o m p e n s a r o n o d i t a n t o zelo l ' U r b e , c h e sulla fine di q u e l l ' a n n o 4 0 8 cominciò a m o r i r e di fame. Alarico n o n l'attaccava, ma la teneva chiusa nella sua morsa. E da R a v e n n a arrivavano incitamenti a resistere, ma n o n battaglioni. Alla fame si aggiunse u n ' e p i d e m i a . I n s o r s e r o q u a e là casi di cannibalismo. A t u t t e q u e s t e j a t t u r e l'orgoglio r o m a n o , riluttante a d a m m e t t e r e che R o m a potesse essere ten u t a p r i g i o n i e r a d a u n n e m i c o , r e a g ì d i f f o n d e n d o l a voce c h e n o n e r a Alarico coi suoi Visigoti q u e l l o c h e bivaccava sotto le sue m u r a , ma un ribelle l u o g o t e n e n t e di Stilicone. A n c h e p e r a p p u r a r e l a fondatezza d i q u e s t a diceria, f u m a n d a t o come ambasciatore il capo dei notai imperiali G i o v a n n i c h e c o n o s c e v a p e r s o n a l m e n t e Alarico e c h e d o v e t t e c o n v e n i r e c h e p u r t r o p p o e r a p r o p r i o l u i . N e l ling u a g g i o c h e t e n n e al g u e r r i e r o b a r b a r o r i s u o n a v a n o gli accenti dell'Urbe imperiale, abituata più a i m p o r r e la pace c h e a chiederla. Ma il g u e r r i e r o b a r b a r o , l u n g i dal lasciars e n e i m p r e s s i o n a r e , ne rise, e a quell'aulica concione ribatté con un p r o v e r b i o p o p o l a r e tedesco: «L'erba folta si falcia p i ù f a c i l m e n t e d i q u e l l a r a d a » . Chissà cosa i n t e n d e v a . I n c o m p e n s o , n o n ci f u r o n o d u b b i su cosa esigeva: t u t t o l'oro, tutto l'argento della città, e la c o n s e g n a di tutti gli schiavi di s a n g u e b a r b a r o . «Cosa ci lasci d u n q u e ? » chiese s g o m e n t o il m e s s o . «L'anima» r i s p o s e Alarico. E r a in s o s t a n z a la r e s a senza condizioni. Il Senato respinse la p r o p o s t a , e si rivolse al Papa. Lo Stato, n e l l ' i n c o m b e n z a d e l p e r i c o l o , a b d i c a v a i n favore d e l l a Chiesa, c h e così rimpiazzava il vacillante p o t e r e politico in Italia. I n n o c e n z o I e r a un Pontefice di alte qualità morali e intellettuali, ma sapeva benissimo che R o m a , cristiana in su57

p e r f i d e , e r a r i m a s t a p a g a n a nella sostanza. I l p o p o l i n o a n d a v a d i c e n d o c h e Alarico r a p p r e s e n t a v a soltanto la v e n d e t ta degli dèi c o n t r o l ' U r b e c h e li aveva traditi, m e n t r e a l t r e città c o m e N a r n i si e r a n o salvate dalla catastrofe r i a d o t t a n do in t e m p o l'antica fede e i suoi riti. Innocenzo I, piegandosi all'emergenza, consentì che questi riti fossero riesumati. Ma i sacerdoti p a g a n i risposero c h e ciò d o v e v a essere fatto in f o r m a pubblica e s o l e n n e , in C a m p i d o g l i o e n e l F o r o T r a i a n o , c o n la p a r t e c i p a z i o n e di t u t t o il Senato. E a n c h e a questo il P a p a d i e d e , sia p u r e controvoglia, il s u o a s s e n s o . Ma le c e r i m o n i e e i sacrifici, c h e p e r u n m o m e n t o r i t r a s f o r m a r o n o l ' U r b e nella capitale d e l p a g a n e s i m o , n o n d i e d e r o frutto. Alarico n o n si mosse, e fame e peste s e g u i t a r o n o a i m p e r v e r s a r e nella città assediata. Le trattative r i p r e s e r o , e finalmente un a c c o r d o fu r a g g i u n t o : Alarico si c o n t e n t ò di 5000 libbre d ' o r o , 30.000 d'arg e n t o , 3000 di p e p e , 4 0 0 0 t u n i c h e di seta. E questa cupidigia di seta e di p e p e la dice a b b a s t a n z a l u n g a sui c a m b i a m e n t i c h ' e r a n o s o p r a v v e n u t i n e l c o s t u m e e nelle a b i t u d i n i d e i b a r b a r i . Q u a n t o a quelli d e i r o m a n i , sono d o c u m e n t a t i d a l m o d o c o n cui si p r o c u r a r o n o i mezzi p e r p a g a r e quella p e s a n t e tassa. La città c h e p o c h i giorni p r i m a voleva t o r n a re al culto degli antichi dèi, o r a ne spogliò le statue di tutti i loro monili. Alarico volle m o s t r a r s i a r r e n d e v o l e p e r c h é p e r s e g u i v a un p i ù vasto d i s e g n o politico: quello di farsi accettare c o m e alleato p e r m a n e n t e d i R o m a e s u o d i f e n s o r e . I l m o m e n t o gli sembrava b u o n o , p e r c h é O n o r i o e r a allora p i ù minacciato c h e m a i d a l l ' u s u r p a t o r e C o s t a n t i n o , a c q u a r t i e r a t o a Valenza e m o m e n t a n e a m e n t e vittorioso in I n g h i l t e r r a , F r a n cia e S p a g n a , sulle o r d e b a r b a r i c h e c h e le a v e v a n o messe a s o q q u a d r o . Ai p r i m i del 4 0 9 egli m a n d ò a O n o r i o un messo p e r dirgli c h e , se gli riconosceva il c o m a n d o su quelle p r o vince, egli l e a v r e b b e d ' o r a i n p o i g o v e r n a t e i n s u o n o m e . O n o r i o e r a d u n q u e alla scelta fra un avversario e un g e n e rale fellone. Preferì affidarsi al fellone, c h e in q u e l raomen58

to stava s o m m a r i a m e n t e a c c o p p a n d o tutti i funzionari fedeli a l l ' I m p e r a t o r e , e gli m a n d ò la p o r p o r a imperiale associandoselo al t r o n o . Lo fece forse p e r c o e r e n z a p e r c h é l'alleanza c o n Alarico a v r e b b e significato un r i t o r n o alla politica di Stilicone. Ma a d a n d a r n e d i m e z z o f u R o m a , c h e aveva m a n d a t o u n ' a m basciata a R a v e n n a p e r o t t e n e r e la ratifica del trattato di p a ce col visigoto. O n o r i o ascoltò i messi, n o n si c o m m o s s e al r a c c o n t o delle sofferenze della città, rifiutò la ratifica, e Alarico rimise assedio a R o m a . Stavolta n o n si p o t e v a d i r e tuttavia che la colpa fosse dei cattivi consigli di O l i m p i o , p i o m b a t o in disgrazia e in fuga d a R a v e n n a . I l suo posto l o aveva p r e s o u n certo Giovio, u n p e r s o n a g g i o che veniva dal nulla e di cui si sapeva soltanto c h e aveva avuto b u o n i r a p p o r t i c o n Alarico, di cui e r a stato ospite in E p i r o . Egli chiese a l l ' I m p e r a t o r e il p e r m e s s o di a b boccarsi col Re goto, e c o n questi s'incontrò infatti a Rimini p e r u n tentativo d i risolvere a m i c h e v o l m e n t e l a c o n t r o v e r sia. N e l r a p p o r t o c h e s u b i t o d o p o m a n d ò a R a v e n n a e r a d e t t o c h e Alarico chiedeva u n t r i b u t o a n n u o oltre l'Istria, l a Venezia e la Dalmazia c o m e settlement p e r il suo p o p o l o , intatta r e s t a n d o su q u e s t e p r o v i n c e la sovranità d e l l ' I m p e r o . Ma Giovio suggeriva c h e se Alarico fosse stato n o m i n a t o magister militum, c h ' e r a stata la carica di Stilicone, si sarebbe acc o n t e n t a t o e n o n a v r e b b e chiesto a l t r o . E r a l ' e n n e s i m a rip r o v a che l'ambizione d e l b a r b a r o n o n e r a d i s t r u g g e r e l'Imp e r o , m a inserirsi nelle s u e s t r u t t u r e . La risposta di O n o r i o fu f u l m i n a n t e : « N o n soltanto Alarico, ma n e s s u n o della sua razza» t e r m i n a v a la lettera «pot r à m a i a s p i r a r e a simili incarichi». E Giovio c o m m i s e la d a b b e n a g g i n e (o il volontario delitto) di leggere questa frase ad alta voce. La reazione di Alarico fu quella d e l l ' u o m o ferito nei suoi p i ù d o l e n t i complessi d'inferiorità: q u e l l ' a c c e n n o alla razza lo aveva scottato. Tuttavia s e p p e controllarsi e, p r i m a di rip r e n d e r e l'assedio di R o m a , volle cattivarsene la popolazio59

n e c o n u n gesto d i g e n e r o s i t à . A d u n ò i Vescovi d e l l e città italiane che aveva occupato e li m a n d ò a R a v e n n a c o m e suoi ambasciatori p e r d i r e a l l ' I m p e r a t o r e che, p u r d i evitare all ' U r b e n u o v e sofferenze, si c o n t e n t a v a di un diritto di asilo in Austria p r o m e t t e n d o in cambio la sua assistenza militare c o n t r o q u a l u n q u e n e m i c o di R o m a e d e l l ' I m p e r o . Di n u o v o O n o r i o rifiutò, allegando il g i u r a m e n t o ch'egli aveva fatto di n o n s c e n d e r e mai a patti col b a r b a r o . E q u e sti, da nemico, si t r a m u t ò , agli occhi dei R o m a n i , nell'amico c h e cercava di salvarli. Essi t u m u l t u a r o n o nelle s t r a d e m a nifestando l a loro i n d i g n a z i o n e c o n t r o u n I m p e r a t o r e che, lungi dal difenderli, sfogava sulla loro pelle la p r o p r i a ostinatezza. E decisero di ribellarsi tagliando i p o n t i con Ravenn a e d elevando a l t r o n o u n altro I m p e r a t o r e , Attalo. E r a costui un intellettuale greco, che aveva fatto u n a bella c a r r i e r a a C o r t e sino a farsi n o m i n a r e Prefetto del Pretorio dell'Urbe, la p i ù alta carica della città. I p a g a n i lo consid e r a v a n o dei loro p e r via della cultura classica di cui e r a intriso. In realtà e r a cristiano. Ma aveva ricevuto il battesimo da un Vescovo goto e a r i a n o , il che faceva di lui u n a persona grata agli occhi di Alarico e dei suoi. Attalo p r e s e m o l t o sul serio l a s u a n o m i n a a d A u g u s t o , convocò il Senato e t e n n e , in perfetto latino ciceroniano, un magnifico discorso, in cui a n n u n z i ò la ricostituzione del vecchio I m p e r o col r i t o r n o di tutto l'Occidente sotto lo scettro di R o m a . N a t u r a l m e n t e u n a simile o p e r a z i o n e egli i n t e n d e va compierla n o n coi R o m a n i , ma coi Visigoti di Alarico. Ma questo n o n lo disse. Il p r i m o passo lo mosse in direzione di R a v e n n a p e r eliminare i n t a n t o il d e c a d u t o O n o r i o . Questi gli m a n d ò i n c o n t r o n o n u n esercito, p e r c h é n o n n e aveva, m a i l solito Giovio c o n u n a p r o p o s t a a l l e t t a n t e : r i m a n e s s e Attalo i m p e r a t o r e a R o m a , p u r c h é lui, O n o r i o , p o t e s s e r e s t a r l o a R a v e n n a . Ma fu Giovio stesso, d o p p i o giochista inesauribile, a consigliare ad Attalo il rifiuto, anzi a dettargli, p a r e , l'insolente risposta: «Non un vestigio della d i g n i t à i m p e r i a l e ti sarà lasciato, O n o r i o . Solo c o m e un 60

favore ti c o n c e d e r e m o salva la vita». E O n o r i o , c h e alla vita ci teneva m o l t o e n o n si fidava del «favore» già cominciava a p r e p a r a r e la fuga a C o s t a n t i n o p o l i , q u a n d o ricevette l'inattesa notizia che p r o p r i o d a Costantinopoli e r a n o i n a r r i vo lì a R a v e n n a 4 0 . 0 0 0 u o m i n i , m a n d a t i g l i da s u o n i p o t e Teodosio I I . Niente p o t r e b b e meglio darci la m i s u r a della disorganizzazione e del d i s o r d i n e in cui versavano a m b e d u e g l ' I m p e ri, quello d ' O c c i d e n t e e quello d ' O r i e n t e , c o m e il fatto c h e quei q u a r a n t a m i l a u o m i n i e r a n o i rinforzi sollecitati d u e a n ni p r i m a da Stilicone p e r p a r a r e i continui attacchi dei barb a r i . Essi avevano i m p i e g a t o d u e a n n i ad a c c o r r e r e , e n o n p e r cattiva volontà, ma p e r totale inefficienza. E così O n o r i o fu a n c o r a u n a volta salvato dal G e n e r a l e ch'egli aveva fatto uccidere e che a n c h e d o p o m o r t o seguitava a r e n d e r g l i servizio. Giovio, c h ' e r a rimasto a R o m a fingendosi alleato di Attalo, m a s e g r e t a m e n t e c o r r i s p o n d e n d o con O n o r i o , approfittava della sua personale amicizia con Alarico p e r insinuargli all'orecchio che n o n doveva fidarsi di Attalo, il quale si p r e p a r a v a a t r a d i r e il s u o p r o t e t t o r e a s s a s s i n a n d o l o . Alarico ascoltava, ma sapeva che in fatto di lealtà le lezioni di Giovio n o n e r a n o fra le p i ù qualificate. Egli n o n a b b a n d o n ò Attalo, anzi mosse p r i m a su Bologna e poi su G e n o v a p e r i m p o r r e a queste città di riconoscerlo I m p e r a t o r e . E solo q u a n d o gli g i u n s e notizia c h e i l p o p o l o r o m a n o , n u o v a m e n t e r i d o t t o alla fame dal blocco dei p o r t i africani, stava p e r i n s o r g e r e c o n t r o quell'Augusto u n i c a m e n t e inteso a p r o n u n c i a r e discorsi solenni e inutili, lo convocò a Rimini. E qui, di fronte a t u t t a la p o p o l a z i o n e , gli s t r a p p ò di dosso la p o r p o r a e il d i a d e m a , e li m a n d ò in o m a g g i o a O n o r i o , p e r un u l t i m o tentativo di g i u n g e r e a un accordo con lui. Stavolta fu un g u e r r i e r o goto, un certo Saro, da molti a n ni alle d i p e n d e n z e d e l l ' I m p e r a t o r e , a consigliare a quest'ult i m o i l rifiuto d i o g n i trattativa. S e m b r a c h e q u e s t o S a r o avesse con Alarico u n a vecchia r u g g i n e di famiglia. C o m u n 61

q u e , n o n gli ci volle m o l t o a i n c o r a g g i a r e l ' o s t i n a z i o n e di quel S o v r a n o che, c o m e poi si d i r à di certi Re B o r b o n i , n o n dimenticava nulla e n o n i m p a r a v a nulla. Alarico allora t o r n ò p e r la terza volta sotto le m u r a di Rom a , p o r t a n d o s i d i e t r o Attalo che, riprecipitato nella p o l v e r e da cui e r a e m e r s o , gli aveva u m i l m e n t e chiesto di r e s t a r e al suo seguito. E d o p o b r e v e assedio, v ' i r r u p p e , p r o b a b i l m e n te senza i n c o n t r a r e resistenza o i n c o n t r a n d o n e m o l t o poca. C o r r e v a l ' a n n o 4 1 0 . E l'avvenimento e r a così sensazionale che riecheggiò in tutto il m o n d o eccitando la fantasia della g e n t e , la q u a l e vi r i c a m ò s o p r a le p i ù sinistre d i c e r i e . Si disse, p e r giustificare quella r a p i d a resa, c h e Alarico e r a ricorso al p r o d i t o r i o s t r a t a g e m m a di m a n d a r e in d o n o ai n o bili r o m a n i t r e c e n t o schiavi, i q u a l i p o i a v e v a n o a g i t o d a q u i n t a c o l o n n a a p r e n d o l e p o r t e della città. S e c o n d o altri, fu invece u n a g e n t i l d o n n a dell'aristocrazia, Proba, c h e le fece a p r i r e dalle sue ancelle p e r r i s p a r m i a r e alla p o p o l a z i o n e le sofferenze di un n u o v o assedio. P u r t r o p p o , della c a d u t a d i R o m a , n o n a b b i a m o c h e i p o chi a n e d d o t i raccolti da alcuni memorialisti ecclesiastici tutt ' a l t r o c h e attendibili. N o n s t e n t i a m o a c r e d e r e c h e , d o p o esserci r o n z a t i i n t o r n o e averla b r a m a t a t a n t i a n n i , i g u e r rieri goti abbiano c o m m e s s o nella città saccheggi e devastazioni. Ma f u r o n o m o l t o m i n o r i di quelli di cui si favoleggiò. Alarico aveva o r d i n a t o c h e gli edifici cristiani fossero rispettati. E i soldati o b b e d i r o n o . U n o di essi, e n t r a t o senza saperlo in u n a chiesa, volle d e p r e d a r l a . U n a vecchia m o n a c a gli disse: «Fa' p u r e . I o n o n sono abbastanza forte p e r d i f e n d e r e q u e s t a r o b a . S a p p i p e r ò c h ' è dell'Apostolo Pietro». I l g o t o s'impaurì, sollecitò l'intervento p e r s o n a l e di Alarico, e q u e sti o r d i n ò che tutti i preziosi della Basilica fossero p o r t a t i in processione nel s o t t e r r a n e o . Il sacco di R o m a d u r ò da t r e a sei g i o r n i . Poi, carico di b o t t i n o , l'esercito di Alarico r i p r e s e la m a r c i a v e r s o il S u d , p e n e t r ò in C a m p a n i a , di q u i passò in Calabria, e si diresse verso Reggio. Ma p r e s s o Cosenza fu colpito da u n a violenta 62

febbre. Forse e r a malaria. C o m u n q u e , di lì a p o c h i giorni il malato spirò. I suoi soldati, n o n p o t e n d o r i p o r t a r n e in p a t r i a il cadav e r e , decisero d i scavargli u n a t o m b a c h e n e s s u n o potesse t r o v a r e e p r o f a n a r e . Misero al lavoro migliaia di schiavi p e r d i r o t t a r e i l c o r s o d e l B u s e n t o , u n t o r r e n t e c h e d a l l a Sila scende sul T i r r e n o , scavarono u n a fossa nel vecchio letto, e vi r i c o n d u s s e r o s o p r a il fiume. Poi, p e r m a g g i o r precauzion e , a c c o p p a r o n o tutti coloro che avevano p r e s o p a r t e a quel faraonico lavoro, in m o d o che n e s s u n o potesse rivelare il seg r e t o della esatta ubicazione. E r a u n poscritto i n c a r a t t e r e con l a figura r o m a n t i c a e d e r r a b o n d a d i q u e s t o g u e r r i e r o tedesco, c h e a p r i v a l a serie di quegli eroi germanici destinati a calare in Italia assetati di un a m o r e omicida p e r R o m a , e a perdervisi. Egli aveva riass u n t o in sé, m e g l i o di c h i u n q u e a l t r o , i t o r b i d i istinti e le confuse aspirazioni del m o n d o barbarico di fronte alla civiltà latina. Sebbene la sua politica fosse stata c o n t r a d d i t t o r i a e i n c o e r e n t e , Alarico fu il p r i m o , d e i c o n d o t t i e r i teutonici, a c o n c e p i r n e u n a . G e n e r o s o e avido, nobile e c r u d e l e , m o l t o spesso i n balìa d e l l e p r o p r i e passioni, m a c a p a c e a n c h e d i f r e d d o calcolo, aveva esercitato sui suoi u o m i n i un fascino p r o f o n d o e ne e r a stato idolatrato. E di tutti i c o n t e m p o r a n e i , latini e t e d e s c h i , e r a stato, c o n Stilicone, l ' u n i c o c h e avesse visto con chiarezza la necessità dell'integrazione fra i due mondi. Fu lui stesso a c h i e d e r e , in p u n t o di m o r t e , di essere sepolto lì, nel letto di un fiume che gli ricordava il D a n u b i o in riva al quale e r a n a t o . C o m e successore, aveva designato suo fratello Ataulfo.

CAPITOLO SETTIMO

GALLA P L A C I D I A

La notizia della c a d u t a di R o m a aveva precipitato nello sbig o t t i m e n t o il m o n d o i n t e r o . I p a g a n i ci v i d e r o la v e n d e t t a degli dèi dimenticati e traditi. E i cristiani, c h e p e r q u a t t r o secoli a v e v a n o lottato c o n t r o l ' U r b e a u s p i c a n d o l e la stessa fine di Babilonia, d ' i m p r o v v i s o se ne s e n t i r o n o orfani e si r e s e r o c o n t o q u a n t o ad essa e alla sua i n t e l a i a t u r a politica, amministrativa e organizzativa, a n c h e la loro Chiesa e r a indebitata. Sant'Agostino, allora Vescovo a I p p o n a , trovò nell'avvenimento lo s p u n t o p e r la sua o p e r a capitale La città di Dio. E dalla sua cella di B e t l e m m e in Palestina, S a n Girolam o , che di R o m a e dei suoi vizi e r a stato u n o spietato accusatore, scriveva: «La fonte delle n o s t r e lacrime si è disseccata... Di colpo, persi la m e m o r i a di t u t t o , perfino del m i o n o me...» L'unico c h e n o n m o s t r ò n e s s u n t u r b a m e n t o f u O n o rio. Procopio racconta che q u a n d o un ciambellano venne ad annunziargli la fine di Roma, l'Imperatore rispose arr a b b i a t o : «Che fine e fine!... C i n q u e m i n u t i fa, b e c c a v a il g r a n t u r c o n e l p a l m o d e l l a m i a mano!...» C r e d e v a c h e i l c i a m b e l l a n o alludesse a un bellissimo e s e m p l a r e di gallina faraona, cui a p p u n t o aveva d a t o il n o m e di R o m a . E q u a n d o c o m p r e s e c h e n o n e r a l a gallina, m a l a città c h ' e r a a n d a ta in rovine, trasse un r e s p i r o di sollievo. L'unico particolare c h e d o l o r o s a m e n t e lo colpì di quella catastrofe, fu la notizia, c h e subito d o p o gli g i u n s e , della sorte toccata a sua sorella Galla Placidia, catturata dai b a r b a r i e da essi c o n d o t t a al lor o seguito. Placidia e r a stata il solitario frutto del s e c o n d o m a t r i m o nio di Teodosio, quello con Galla, la sorella di Valentiniano 64

I I . E r a cresciuta p r a t i c a m e n t e orfana p e r c h é sua m a d r e e r a m o r t a q u a t t r ' a n n i d o p o averla d a t a alla luce, alla vigilia dell'ultima s p e d i z i o n e d i T e o d o s i o i n O c c i d e n t e , d o n d e l ' I m p e r a t o r e n o n doveva più t o r n a r e . N o n s a p p i a m o c o m e m a i si trovasse a R o m a nel m o m e n t o in cui i Goti la misero a sacco. Forse p e r c h é lì e r a v e n u t a ad a b i t a r e L e t a , la v e d o v a di G r a z i a n o , c h e a q u a n t o p a r e l e aveva fatto d a t u t r i c e . M a forse e r a a n c h e p e r c h é Placidia n o n voleva c o a b i t a r e c o n n e s s u n o dei suoi d u e fratellastri, coi quali doveva a n d a r p o co d ' a c c o r d o , e q u i n d i evitava sia Costantinopoli c h e R a v e n n a . Essa n o n aveva nelle v e n e il s a n g u e a n e m i c o di Flaccilla, la p r i m a moglie di Teodosio, c o m e O n o r i o e Arcadio. Se da sua m a d r e aveva p r e s o l a bellezza, d a suo p a d r e aveva e r e ditato u n carattere. Nelle cronache dei memorialisti, il suo n o m e c o m p a r e p e r la p r i m a volta a p r o p o s i t o d e l l a c o n d a n n a a m o r t e di S e r e n a , la v e d o v a di Stilicone, c h e Zosimo attribuisce p r o p r i o a Placidia. Q u a l e o d i o c'era fra le d u e d o n n e , e p e r c h é ? C l a u d i a n o suggerisce che S e r e n a aveva t e n t a t o d i d a r l e p r o d i t o r i a m e n t e p e r m a r i t o s u o figlio E u c h e r i o . M a p r o b a b i l m e n t e sono chiacchiere. S e r e n a , a q u a n t o ci risulta, fu la vitt i m a dei p a g a n i , n o n degl'intrighi di famiglia. C o m u n q u e , Placidia fu c a t t u r a t a dalla soldataglia di Alarico, c h e la t e n n e c o m e ostaggio, p u r t r a t t a n d o l a con tutti i r i g u a r d i d o v u t i al suo r a n g o di Principessa reale, e se la cond u s s e al seguito nell'ultima sua cavalcata verso Brindisi. La si t r o v a m e n z i o n a t a nelle trattative c h e il c o n d o t t i e r o e b b e c o n O n o r i o , il quale ne reclamava con p e r e n t o r i a insistenza la restituzione. I fatti p o i d i m o s t r a r o n o c h e n o n si trattava, o p e r lo m e n o n o n si trattava soltanto, di a m o r e fraterno. O n o r i o n o n aveva affetti. Aveva soltanto puntigli e suscettibilità. C h e u n a s u a sorella fosse t e n u t a p r i g i o n i e r a d a u n lanzichenecco b a r b a r o gli s e m b r a v a u n intollerabile oltraggio al suo imperiale prestigio. Alarico p e r ò , c h e nella sua smania d i t r o v a r e u n a c c o r d o con lui, sui p r i m i t e m p i si e r a offerto di r i m a n d a r g l i e l a subi65

to, c o m i n c i ò o r a a t e r g i v e r s a r e . Il suo p i ù g i o v a n e fratello Ataulfo, d e s t i n a t o a succedergli n e l c o m a n d o , si e r a i n n a m o r a t o della bella prigioniera, che lo ricambiava p i e n a m e n te. E Alarico a p p r o v a v a quell'idillio, nel quale si riassumeva in fondo tutta la sua politica. Fra i suoi alti e b i o n d i g u e r r i e r i , Ataulfo, a q u a n t o riferisce G i o r d a n e , e r a fisicamente fra i m e n o i m p o n e n t i . Ma aveva u n t e m p e r a m e n t o a p p a s s i o n a t o e cavalleresco, c h e c e r t a m e n t e d o v e t t e p i a c e r e alla P r i n c i p e s s a c r e s c i u t a fra cortigiani e u n u c h i , imbelli e calcolatori. Orosio dice di aver s a p u t o d a u n certo G e r o l a m o , p e r s o n a l e amico del giovane c o n d o t t i e r o , c h e costui in gioventù aveva accarezzato il sog n o d i rovesciare l ' I m p e r o d i R o m a p e r sostituirlo con quello gotico, p r o c l a m a n d o s e n e egli stesso A u g u s t o . Poi, familiarizzatosi c o n la l i n g u a e le leggi latine, si e r a r e s o c o n t o c h e i Goti n o n e r a n o m a t u r i p e r sostituirvi quelle l o r o e si e r a p r o p o s t o di r e s t a u r a r e , invece c h e di d i s t r u g g e r e , la gloria d i R o m a , r i n v i g o r e n d o l a col s a n g u e t e d e s c o . I n n a m o r a n d o s i di Placidia, egli n o n aveva d u n q u e fatto che t r a d u r re in t e r m i n i coniugali questa concezione politica. Q u a n t o a Placidia, c'è da p e n s a r e c h e la politica n o n c'entrasse e c h e essa ricambiasse i s e n t i m e n t i di Ataulfo solo p e r c h é e r a un bel ragazzo e un i n t r e p i d o soldato. P e r ò alla stessa politica ci arrivò a n c h e lei, p i ù tardi, s e g u e n d o il c a m m i n o o p p o s t o e molto p i ù femminile dal letto all'idea, invece che dall'idea al letto. I l m a t r i m o n i o n o n s i p o t è subito c e l e b r a r e p e r c h é O n o rio n o n dava il consenso, a v e n d o p r o m e s s o la m a n o di Galla a C o s t a n z o c h ' e r a il suo miglior G e n e r a l e e c h e o r a aveva preso il posto occupato successivamente da Olimpio e da Giovio. D i s a n g u e illirico, C o s t a n z o e r a u n u o m o n o n p i ù giovane e fisicamente piuttosto r i p u g n a n t e p e r via del testone rinsaccato su un collo corto e largo, e dallo s g u a r d o t r u culento e minaccioso. Stava in sella c o m e un sacco di p a t a t e p e n c o l a n d o sul collo del q u a d r u p e d e . Ma, a dispetto di q u e sto fisico s g r a z i a t o e d i s g r a z i a t o , e r a un b u o n diavolaccio, 66

p i e n o di calore u m a n o , s p e c i a l m e n t e a tavola d o v e d a v a il m e g l i o d i sé, m a n g i a n d o con g a g l i a r d o a p p e t i t o , b e v e n d o in proporzione, n o n disdegnando di recitare p a n t o m i m e c o n gli a t t o r i ch'egli r e c l u t a v a p e r questi simposi, e scamb i a n d o con loro b a t t u t e scurrili e scherzi grossolani. Doveva somigliare un p o ' a Krusciov. Ma, c o m e Krusciov, sapeva fare molto b e n e e lealmente il suo mestiere. E r a stato lui a catt u r a r e ad Arles l ' u s u r p a t o r e C o s t a n t i n o e suo figlio Giulian o che, d o p o aver ricevuto d a O n o r i o solenne p r o m e s s a d i a v e r salva la vita, f u r o n o r e g o l a r m e n t e scannati. E o r a , in n o m e di questi meriti, insisteva p e r o t t e n e r la m a n o di Placidia. Ataulfo, d o p o la m o r t e di Alarico, cominciò a risalire la Penisola, attraversò le Alpi occidentali e p e n e t r ò in Francia, forse p e r d a r e a O n o r i o la p r o v a c h e n o n i n t e n d e v a minacciarlo e o t t e n e r e da lui il sospirato consenso al m a t r i m o n i o . Ma siccome il c o n s e n s o si ostinava a n o n v e n i r e , allacciò trattative c o n Giovino, il n u o v o u s u r p a t o r e che aveva r i m piazzato, lì in Francia, Costantino. Q u a n d o p e r ò s e p p e che sotto le b a n d i e r e di costui stava a c c o r r e n d o a n c h e Saro, ribellatosi a l l ' I m p e r a t o r e p e r c h é gli aveva ucciso un servo, gli mosse i n c o n t r o , lo c a t t u r ò in un'imboscata, lo uccise, e t r o n cò i r a p p o r t i con Giovino. Anzi lo attaccò di sorpresa, lo p r e se p r i g i o n i e r o , e ne m a n d ò la testa d e c a p i t a t a d a l t r o n c o , insieme a quella di suo figlio Sebastiano, a O n o r i o . E r a un bel d o n o . Così bello, c h e l ' I m p e r a t o r e stavolta si lasciò c o m m u o v e r e , n o n o s t a n t e le p r o t e s t e di C o s t a n z o , e d i e d e il sospirato assenso. Le nozze furono celebrate a N a r b o n a , e si svolsero secondo la liturgia r o m a n a nel palazzo di un ricco p r o p r i e t a r i o locale. Q u i attendeva Placidia, avvolta nella p o r p o r a i m p e r i a l e . Ataulfo v e n n e a p r e n d e r l a , a m m a n t a t o in u n a tunica di lana bianca, a r m a t o della sua b a r barica ascia di g u e r r a , ma senza il cappuccio e i ghettoni di pelliccia. Dei d o n i di nozze ch'egli fece alla sposa si p a r l ò p e r un pezzo in tutto il m o n d o : c i n q u a n t a bellissimi adolescenti a lei destinati c o m e schiavi recavano altrettanti vassoi 67

r i c o l m i di t u t t i gli o r i e p i e t r e p r e z i o s e c h ' e r a n o stati saccheggiati n e l l ' U r b e . Il g u e r r i e r o tedesco restituiva alla Principessa r o m a n a la p r e d a bellica p e r ricambiarle l'alto o n o r e ch'essa gli faceva a c c o n s e n t e n d o a d i v e n t a r e sua moglie. Att a l o , c h ' e r a r i m a s t o a l s e g u i t o d e i suoi p r o t e t t o r i , r i e b b e u n ' o r a d i gloria c o m p i l a n d o e d e c l a m a n d o u n discorso i n n e g g i a n t e all'imeneo fra i d u e popoli. I discorsi e r a n o l'unica cosa c h e sapeva fare. La folla in cui si mescolavano b a r b a ri e r o m a n i s e n t ì il v a l o r e simbolico d e l l ' a v v e n i m e n t o e lo salutò con giorni e notti di baldoria. E r a la distensione fra tedeschi e latini. N o v e mesi d o p o n a c q u e un figlio, cui fu d a t o il n o m e d e l n o n n o m a t e r n o Teodosio, il quale certamente avrebbe app r o v a t o quelle nozze. Poteva essere l ' e r e d e al t r o n o di O n o rio, c h e figli n o n ne aveva, e il suggello d e l l ' a v v e n u t a i n t e g r a z i o n e fra i d u e popoli. P u r t r o p p o il b a m b i n o e r a a n c o r a in fasce, q u a n d o m o r ì a Barcellona d o v e Ataulfo si e r a s p o stato p e r m e t t e r e o r d i n e nella S p a g n a contesa fra Svevi, Alani e Vandali, forse s p e r a n d o che O n o r i o , o r a c h ' e r a suo cog n a t o , g l i e n e affidasse il g o v e r n o . I g e n i t o r i p a r v e r o a n n i e n t a t i d a l d o l o r e m e n t r e l a piccola b a r a d i massello d ' a r g e n t o calava nella fossa. Subito d o p o a n c h e Ataulfo m o r ì , vittima d i u n a t t e n t a t o , o r d i t o p r o b a b i l m e n t e da Segerico, il fratello di Saro, che gli successe nel c o m a n d o . S p i r a n d o , s u s s u r r ò ai suoi: «Vivete in amicizia c o n R o m a e restituite Placidia a l l ' I m p e r a t o r e » . Segerico n o n n e t e n n e c o n t o . Anzi, scacciò l a v e d o v a P r i n c i p e s s a d a i suoi a p p a r t a m e n t i , l a p r e c i p i t ò a l r a n g o d i u n a schiava q u a l u n q u e , e la obbligò a s e g u i r e a p i e d i il s u o cavallo, m e n t r e egli sfilava p e r le vie della città. Placidia, sebb e n e distrutta dalla p e r d i t a del figlio e d e l m a r i t o , subì q u e gli o l t r a g g i s e n z a b a t t e r ciglio e col s o r r i s o sulla bocca, da v e r a Regina. E forse fu a n c h e q u e s t o suo c o n t e g n o c h e contribuì a d abbreviare l a r a p i d a c a r r i e r a d i Segerico che, d o p o soli sette g i o r n i d i c o m a n d o , v e n n e d e p o s t o e m a s s a c r a t o d a i soldati f u r i b o n d i . A s u c c e d e r g l i p e r a c c l a m a z i o n e fu 68

Wallia, un p r o d e e leale g u e r r i e r o c h e subito e s e g u ì la volontà di Ataulfo, facendo a c c o m p a g n a r e Placidia ai Pirenei, d o v e Costanzo v e n n e a riceverla in p o m p a m a g n a . L'addio della Principessa ai «suoi» Visigoti fu malinconico e affettuoso, ma valse a costoro u n o stabile trattato di pace con O n o r i o . Essi m a i p i ù fecero r i t o r n o in Italia. Sotto la g u i d a d i Wallia c o m b a t t e r o n o p e r i p a t e t i c a m e n t e i n n o m e d e l l ' I m p e r a t o r e , c o n t r o Alani, Vandali e Svevi, finché stabil i r o n o un R e a m e a cavallo d e i Pirenei, c h ' e b b e p e r capitale Tolosa. La p a r t e francese fu i n g h i o t t i t a un secolo e m e z z o d o p o d a Clodoveo, quella s p a g n o l a dai Saraceni a i p r i m i d e l secolo ottavo. Placidia, g i u n t a a R a v e n n a , resistè a n c o r a p e r t r e a n n i alla c o r t e di C o s t a n z o e alle insistenze di O n o r i o c h e voleva a t u t t i i costi q u e l m a t r i m o n i o . F i n a l m e n t e si a r r e s e n o n al p r e t e n d e n t e , m a alla « r a g i o n d i Stato»: O n o r i o l e aveva c o m m i s s i o n a t o u n e r e d e , visto c h e lui n o n e r a riuscito a p r o c u r a r s e n e . I l m a t u r o G e n e r a l e volle festeggiamenti n u ziali c h e s u p e r a s s e r o il r i c o r d o di quelli di N a r b o n a , e li e b b e . Ma n o n e b b e - p e n s i a m o - la Placidia che Ataulfo aveva a v u t o . L'anno d o p o n a c q u e u n a b a m b i n a , cui fu d a t o il n o me di O n o r i a . E quello successivo, finalmente, un b a m b i n o , cui fu d a t o il n o m e di V a l e n t i n i a n o e il titolo di Nobilisimo, c h e nella t e r m i n o l o g i a di quella C o r t e voleva d i r e Principe Ereditario. Per r e n d e r e definitiva q u e s t a scelta, q u a t t r o a n n i d o p o Costanzo fu da O n o r i o associato al t r o n o , e Placidia ricevette il titolo di Augusta. Ma sette mesi p i ù tardi Costanzo m o rì, e Placidia dovette vedersela c o n un terzo corteggiatore, il p i ù i n a s p e t t a t o e il m e n o g r a d i t o di tutti: suo fratello. N o n s a p e n d o c o m e difendersi da quell'incestuoso capriccio (era u n a d o n n a s a n a , Placidia, e d i m o d e r a t i a p p e t i t i sessuali), s c a p p ò coi d u e b a m b i n i a Costantinopoli da suo n i p o t e Teodosio I I . Per sua fortuna, a n c h e O n o r i o di lì a p o c o m o r ì , di un male che gli somigliava: l'idropisia. Il Porfirogenito, c o m e 69

10 aveva battezzato C l a u d i a n o q u a n d o n a c q u e , s a l u t a n d o l o «più a u g u s t o di Giove», n o n aveva che t r e n t a n o v e a n n i . Ma 11 aveva spesi t a l m e n t e male, che a r i m p i a n g e r l o forse furono soltanto i suoi polli. C o m ' e r a d a p r e v e d e r e , l'assenza d a R a v e n n a d e l l ' e r e d e legittimo favorì l ' u s u r p a z i o n e d i u n c e r t o G i o v a n n i , c a p o d e i N o t a i e p e r s o n a g g i o a s s o l u t a m e n t e di s e c o n d o p i a n o . Ma la cerimonia dell'incoronazione fu t u r b a t a da un b r u t t o presagio: si u d ì u n a voce, n o n si sa da chi articolata, che diceva: «Casca, casca, n o n si regge!...» Infatti n o n si resse. Teodosio si affrettò a c o m u n i c a r e a R a v e n n a che n o n accettava quel collega. Restava da s a p e r e se i n t e n d e v a d e p o r lo p e r restituire il t r o n o alla zia Placidia e al piccolo c u g i n o V a l e n t i n i a n o , o p p u r e p e r t e n e r s e l o r i c o s t i t u e n d o così l a u n i t à d e l l ' I m p e r o . Scelse l a p r i m a alternativa, r i a c c o m p a g n a n d o di p e r s o n a fino a Salonicco l'Augusta e il Principin o , c o n f e r e n d o a questo ultimo la p o r p o r a e il titolo di Cesare e affidando e n t r a m b i a un G e n e r a l e di s a n g u e b a r b a r o , A r d a b u r i o , e a suo figlio Aspar alla testa di un c o r p o di spedizione. G i o v a n n i f u d e p o s t o d o p o u n r e g n o d i diciotto m e s i e c o n d o t t o p r i g i o n i e r o a Aquileia, d o v e Placidia e suo figlio a v e v a n o fatto sosta. Gli fu m o z z a t a la m a n o d e s t r a , v e n n e s p i n t o p e r le s t r a d e a cavallo di un s o m a r o in u n a p a r o d i a di trionfo, e p p o i a b b a n d o n a t o alla soldataglia che lo linciò. Alla fine di quello stesso a n n o 4 2 5 , un i m p o n e n t e corteo mosse da R a v e n n a verso R o m a . Lo guidava, p e r m a n o a sua m a d r e , il piccolo Valentiniano, che aveva o r a sette a n n i . Sul Campidoglio egli rivestì la p o r p o r a , si c o r o n ò del d i a d e m a , e il p o p o l o lo acclamò Augusto.

CAPITOLO OTTAVO

G L I I N T R I G H I D I RAVENNA

Q u a n d o O n o r i o vi aveva stabilito la sua corte, R a v e n n a era, c o m e lo è oggi Venezia, u n a città di l a g u n e e di canali, che ne facevano il principale p o r t o dell'Adriatico. E r a d e l resto u n i c a m e n t e a questa cintura d'acqua, c h e la p r o t e g g e v a m e glio di q u a l u n q u e b a s t i o n e di p i e t r a , ch'essa d o v e v a la sua elezione a capitale. Altre attrattive essa n o n aveva, né di clim a , n é d i paesaggio, n é d i architettura. Sidonio Apollinare, che ci capitò alcuni a n n i d o p o , così la descriveva: «E un p a n t a n o , d o v e t u t t o va a l l ' i n c o n t r a n o : i m u r i precipitano, le acque ristagnano; le torri affiorano e le b a r c h e si a r e n a n o ; i b a g n i gelano e le case s'infuocano; i vivi m u o i o n o di sete e i m o r t i galleggiano; i ladri vegliano e le g u a r d i e d o r m o n o ; i p r e t i esercitano l'usura e gli usurai cant a n o i salmi; i m e r c a n t i i m b r a c c i a n o a r m i e i soldati f a n n o c o m m e r c i o ; gli e u n u c h i s t u d i a n o l ' a r t e d e l l a g u e r r a e i g u e r r i e r i b a r b a r i s t u d i a n o la letteratura. E u n a città di t e r r a che n o n possiede che a c q u a e la cui p o p o l a z i o n e originaria è composta solo di zanzare e di ranocchi». Prima di questo Apollinare, n'era giunto a Ravenna un altro nel p r i m o secolo dell'Era Cristiana, che poi e r a diventato S a n t o , S a n t o A p o l l i n a r e , e c h e vi aveva f o n d a t o la p r i ma chiesa, quella che p o r t a il suo n o m e . E r a stato lui a d a r e a R a v e n n a quel carattere di città assorta e monastica, di n e b biosa necropoli stillante accidia e malinconia, c h e ha serbato a n c h e n e l l ' e t à d e l l e a u t o m o b i l i e d e l l a televisione. Clima, templi e l e g g e n d e contribuivano a fare di essa u n a delle p o che città r o m a n t i c h e della Penisola. E fu p e r questo, p r o b a bilmente, che Placidia b e n volentieri vi si ritirò coi suoi d u e 71

figli O n o r i a e Valentiniano. Romantica di t e m p e r a m e n t o a n c h e lei, v i e p p i ù l o e r a d i v e n t a t a d o p o i l u n g h i a n n i t r a scorsi a fianco di Ataulfo in mezzo ai Goti. E quella q u i e t e , q u e l silenzio r o t t o solo d a i rintocchi delle c a m p a n e e dallo sciacquio della l a g u n a , le si a d d i c e v a n o . N o n aveva a n c o r a t r e n t a c i n q u e a n n i , e ne visse altri venticinque di fatto esercitando il p o t e r e imperiale, a n c h e se di n o m e esso spettava a suo figlio. P r o c o p i o , c h e scrisse le s u e Storie circa un secolo d o p o , l'accusa di aver di p r o p o s i t o fatto di Valentiniano u n o slombato p e r seguitare a c o m a n d a r e lei. Ma i fatti n o n ce ne d a n n o conferma. E possibile ch'essa si sia rifiutata di v e d e r e in suo figlio un u o m o , a n c h e q u a n d o q u e s t i e b b e r a g g i u n t o la m a g g i o r e età, e abbia s e g u i t a t o a trattarlo da ragazzo. Q u e s t o lo fanno quasi tutte le m a m m e : sta ai figli d i m o s t r a r e ad esse che h a n n o torto, a n c h e a costo di d a r loro qualche dispiacere. Ma ancora più probabile è c h e Placidia abbia s e g u i t a t o a t r a t t a r e s u o figlio da r a g a z z o p e r c h é si accorse che n o n riusciva a diventare un u o m o . Gli avvenimenti d e l s u o l u n g o r e g n o d i m o s t r a n o , al cont r a r i o , ch'essa il c o m a n d o lo esercitò poco, specie in m a t e r i a politica; e fu questa, caso mai, la sua vera colpa. Quelli che più la interessavano e r a n o i g r a n d i p r o b l e m i spirituali e r e ligiosi, e in ciò si m o s t r ò b u o n a figlia di s u o p a d r e , specie q u a n t o a zelo p e r s e c u t o r i o c o n t r o gl'infedeli e gli e r e t i c i . M e n t r e l ' I m p e r o cadeva a pezzi, provincia su provincia, essa c o n t i n u a v a a p a t r o n e g g i a r e Concili e a c o m p i l a r e editti c o n t r o chi t r a s g r e d i v a alle loro decisioni: Nestorio c o n d a n n a t o a Efeso, D i o s c o r o colpito d a l l ' a n a t e m a a C a l c e d o n i a , e r a n o da lei considerati p i ù pericolosi ed esiziali dei L o n g o b a r d i , d e i F r a n c h i , d e i Vandali c h e s t a v a n o s o m m e r g e n d o t u t t o l'Occidente. La difesa c o n t r o questa minaccia a r m a t a essa l'aveva d a t a in a p p a l t o a d u e u o m i n i , « o g n u n o dei quali» dice P r o c o p i o (e in q u e s t o forse ha r a g i o n e ) «poteva r a p p r e s e n t a r e la salvezza se n o n si fosse trovato a vivere c o n t e m p o r a n e a m e n t e all'altro»: Bonifacio e Ezio. 72

Bonifacio era, c o m e si d i r e b b e oggi, un G e n e r a l e di carriera, fra i p o c h i rimasti con le m a n i pulite e senza ambizioni politiche. N o n si sa se fosse r o m a n o di s a n g u e . Ma Io e r a d i v e n t a t o , e nel senso migliore, di scelta, di c u l t u r a e di costumi. Per la p r i m a volta lo si trova citato nel 4 1 3 quale com a n d a n t e della piazzaforte d i Marsiglia, q u a n d o r e s p i n s e l'improvviso attacco di Ataulfo. S e m p r e fedele a O n o r i o , lo r i m a s e a n c h e ai suoi legittimi successori, Placidia e Valentin i a n o , c o n t r o l ' u s u r p a t o r e Giovanni. Passava p e r u n u o m o s e v e r o e g i u s t o . U n g i o r n o u n c o n t a d i n o e r a v e n u t o a lam e n t a r s i nella sua t e n d a c h e u n s o l d a t o della g u a r n i g i o n e gli aveva sedotto la moglie. Bonifacio fece di n o t t e n o v e miglia a cavallo p e r a n d a r e a sincerarsi sul posto, e l ' i n d o m a n i p r e s e n t ò al m a r i t o i n g a n n a t o la testa d e l l ' a d u l t e r o spiccata dal busto. Si g u a d a g n ò a n c h e un certo o d o r di santità con la l u n g a c o r r i s p o n d e n z a che p i ù tardi ebbe c o n Sant'Agostino e col voto che fece, q u a n d o gli m o r ì la p r i m a moglie, di n o n s p o s a r n e a l t r e . Poi v i c o n t r a v v e n n e d o p p i a m e n t e i m p a l m a n d o Pelagia, c h ' e r a a n c h e a r i a n a e q u i n d i , agli occhi della Chiesa, eretica. Eretica, ma p i e n a di milioni. Placidia ten e v a Bonifacio in g r a n conto e d o p o aver fatto di lui, u o m o c o m u n q u e di famiglia m o d e s t a , un vir spectabilis cioè un n o bile d e l l ' I m p e r o , lo n o m i n ò C o n t e di Africa e gli affidò il com a n d o d i quella provincia, d a cui d i p e n d e v a n o gli a p p r o v vigionamenti di g r a n o p e r l'Italia. F u r o n o questi o n o r i e riconoscimenti che aizzarono forse le gelosie di Ezio, l'altro «grande» della C o r t e di R a v e n n a . Ezio e r a u n b a r b a r o , p r o b a b i l m e n t e u n goto; m a già suo pad r e aveva fatto c a r r i e r a nell'esercito r o m a n o d o v ' e r a diventato G e n e r a l e di cavalleria. C o m e usava a q u e i tempi, q u a n do si stipulavano dei trattati, Ezio e r a stato d a t o in ostaggio p r i m a a Alarico, e p p o i a Rua, Re degli U n n i . Così egli aveva t r a s c o r s o la giovinezza in m e z z o a selvatici g u e r r i e r i . E se q u e s t o gli servì p e r c a p i r n e i p u n t i deboli q u a n d o p i ù t a r d i si t r o v ò a combatterli, n o n lo a i u t ò di c e r t o a formarsi u n a m e n t a l i t à r o m a n a e a s v i l u p p a r e un v e r o e p r o p r i o s e n s o 73

dello Stato. Rimase s e m p r e i n q u e s t o p r o d e soldato u n att e g g i a m e n t o da p r e t o r i a n o e u n a spiccata p r o p e n s i o n e a m e r c a n t e g g i a r e i p r o p r i servigi. Li p r e s t ò a n c h e all'usurpat o r e G i o v a n n i c h e , p e r f r o n t e g g i a r e Placidia e le forze di Aspar, lo spedì a reclutare un esercito u n n o . Ezio t o r n ò alla testa, p a r e , d i s e s s a n t a m i l a u o m i n i , m a t r e g i o r n i t r o p p o t a r d i p e r d a r e m a n forte a l suo p a d r o n e già s g o m i n a t o sul c a m p o . S e m b r a c h e attaccasse u g u a l m e n t e b a t t a g l i a . Ma, a n c h e se lo fece, fu solo p e r t e n e r e alto il p r o p r i o p r e z z o di m e r c e n a r i o . Placidia n o n gli mosse r i m p r o v e r i : a quei tempi la slealtà era, c o m e la legittimità, un criterio molto o p i n a bile. Anzi, l o r i c o m p e n s ò della p r o n t a c o n v e r s i o n e n o m i n a n d o a n c h e lui vir spectabilis e affidandogli, col titolo di C o n t e d'Italia, il c o m a n d o militare della Penisola. E r a fatale c h e fra i d u e favoriti scoppiasse la rivalità, e c h e in questa rivalità avesse la meglio quegli c h ' e r a p i ù vicin o all'Imperatrice. Procopio racconta che Ezio, p u r professandosi g r a n d e amico di Bonifacio e s c a m b i a n d o con lui lettere affettuose, cominciò a far diffondere la voce che il C o n te d'Africa lavorava sotto sotto p e r staccare quella provincia d a l l ' I m p e r o e i n c o r o n a r s e n e R e , c o m ' e r a già successo c o n altri l u o g o t e n e n t i . E q u a n d o v i d e Placidia i n q u i e t a r s i di quelle dicerie, le suggerì, con l'aria di d i f e n d e r e l'onore d e l collega, di c h i a m a r l o a R a v e n n a p e r u n a franca spiegazion e . «Se obbedisce» disse, «è chiaro che n o n è colpevole.» Ma nello stesso t e m p o spedì di nascosto u n a lettera a Bonifacio p e r avvertirlo c h e a C o r t e lo a s p e t t a v a n o p e r i n c r i m i n a r l o di t r a d i m e n t o . Bonifacio, c h e n o n d o v e v a fidarsi m o l t o d e l l a giustizia imperiale, c r e d e t t e ad Ezio, e rifiutò di presentarsi. Ciò conf e r m ò i sospetti sulla sua p r e t e s a slealtà e fece sì che nel 4 2 7 egli venisse dichiarato «nemico di Roma». Le conseguenze di questo imbroglio furono drammatic h e e irreparabili. Bonifacio, sentendosi a b b a n d o n a t o , cont r a t t ò u n ' a l l e a n z a coi Vandali, c h e i n q u e l m o m e n t o g u e r r e g g i a v a n o in S p a g n a coi Visigoti e gli Svevi, invitandoli a 74

stabilirsi in Africa, c h ' e r a allora i n f i n i t a m e n t e p i ù fertile e ricca. E così colui c h e n o n e r a un t r a d i t o r e , lo d i v e n t ò . I Vandali, sotto la g u i d a del loro re Genserico, v e n n e r o , e n o n s e n e a n d a r o n o mai p i ù . Pochi mesi d o p o , a l c u n i vecchi amici d i R a v e n n a , c h e n o n a v e v a n o mai voluto c r e d e r e alla perfidia di Bonifacio, a n d a r o n o di nascosto a trovarlo. Egli m o s t r ò loro la lettera di Ezio, e l ' i n g a n n o fu chiarito. Placidia m a n d ò al G e n e r a l e calunniato, insieme col p e r d o n o , l'ordine di scacciare i Vandali. Bonifacio cercò di farlo, p r i m a con le b u o n e , p o i con le cattive, e o t t e n n e a n c h e qualche vittoria. Ma n o n aveva forze sufficienti p e r c o n d u r r e a t e r m i n e l'impresa, né c'era da s p e r a r e che gliene m a n d a s s e Ezio. Costui i n q u e l m o m e n t o g u e r r e g g i a v a con successo, m a senza conclusione, in Francia c o n t r o i b a r b a r i che l'avevano messa a s o q q u a d r o . E n e s s u n o p e n s ò , d o p o la scoperta del s u o r a g g i r o , a togliergli il c o m a n d o . A n c h e q u e s t o faceva p a r t e della moralità d i q u e i t e m p i . Anzi, q u a n d o s e p p e c h e Bonifacio, o r m a i b a t t u t o dai Vandali, si e r a r e i m b a r c a t o p e r R a v e n n a d o v e lo a t t e n d e v a la p r o m o z i o n e a Magister utriusque militiae, cioè p r a t i c a m e n t e a G e n e r a l i s s i m o , Ezio scese a p e r t a m e n t e in g u e r r a c o n t r o di lui. Diviso in d u e , l'ultimo esercito r o m a n o si d i e d e battaglia p e r i fatti personali dei rispettivi c o m a n d a n t i . Bonifacio vinse. Ma, secondo un costume che già anticipava il M e d i o Evo e la Cavalleria, d o v e t t e s c e n d e r e in singoiar t e n z o n e c o n t r o il b a t t u t o rivale. E q u i invece p e r s e . Ferito g r a v e m e n t e , m o r ì t r e mesi d o p o . Spir a n d o , r a c c o m a n d ò a sua moglie di n o n accettare in sposo n e s s u n altri c h e Ezio, se costui un g i o r n o fosse r i m a s t o ved o v o a sua volta. E a n c h e questo e r a un gesto del p i ù p u r o rituale cavalleresco. Ma Ezio vedovo n o n rimase. La situazione dell'Italia si e r a fatta disperata, o r a che i Vandali gliene avevano requisito il granaio. E la città che p i ù ne risentiva e r a R o m a , d o v e molta popolazione si e r a riversata 75

dalle c a m p a g n e p e r sfuggire a i saccheggi delle soldataglie d i Alarico. A p o l l o d o r o h a lasciato scritto c h e i n t u t t o q u e l p e r i o d o e r a n o i m m i g r a t e n e l l ' U r b e sino a q u a t t o r d i c i m i l a p e r s o n e al g i o r n o . O n o r i o aveva p r o i b i t o i circenses, cioè i g i u o c h i d e l C i r c o , m a l a f a m e d i panetti e r a e n o r m e m e n t e cresciuta. P u r t r o p p o quella società r u r a l e di piccoli e m e d i coltivatori diretti, che aveva costituito un t e m p o la forza dell'Italia, e r a scomparsa. C ' e r a n o soltanto dei latifondi sprovvisti di m a n o d o p e r a e sfruttati quasi esclusivamente a pastorizia. I dislivelli e c o n o m i c i si e r a n o p a u r o s a m e n t e a p p r o fonditi. Esisteva a n c o r a u n a g r a n d e aristocrazia c h e viveva p r i n c i p e s c a m e n t e su r e n d i t e di miliardi. Il g r a n d e storico e u m a n i s t a Simmaco n e spese otto i n u n a n n o p e r festeggiare la p r o p r i a elezione a P r e t o r e , u n a carica p u r a m e n t e onorifica cui n o n c o r r i s p o n d e v a p i ù n e s s u n p o t e r e effettivo. C'erano palazzi s o n t u o s i , c o n legioni di c a m e r i e r i e di c u o c h i . C ' e r a n o splendidi tiri a q u a t t r o e a otto. E c ' e r a n o a n c h e vaste distribuzioni caritative. Il p o p o l i n o affamato si abituava s e m p r e p i ù a vivere di elemosina, fidando u n i c a m e n t e sulla generosità dei signori: u n carattere che R o m a d a allora n o n ha più perso. Placidia n o n ignorava tutto questo, ma n o n aveva i mezzi p e r rimediarvi. Chiusa nel suo palazzo di R a v e n n a , seguitava a c o m b a t t e r e coi suoi editti la battaglia c o n t r o gli eretici, conscia forse che solo la Chiesa poteva sopravvivere alla g r a n catastrofe d e l m o n d o r o m a n o e a s s i c u r a r e la r e s u r r e z i o n e d e i suoi valori spirituali e culturali. N o n fu c e r t o p e r m a n canza di energia ch'essa r i n u n z i ò a impossibili riforme. Q u e sta I m p e r a t r i c e e r a l'unico u o m o della famiglia; la sola, della p r o g e n i e d i T e o d o s i o , c h e n e avesse e r e d i t a t o i l c a r a t t e r e . Nella sua i n a z i o n e c ' e r a soltanto la d i s p e r a t a certezza c h e o g n i g i o r n o p e r d u t o fosse u n g i o r n o g u a d a g n a t o . I n q u e l l ' I m p e r o anchilosato, ridotto p r a t i c a m e n t e soltanto all'Italia, cioè a q u a t t r o o cinque milioni di abitanti affamati e resi imbelli da u n a o r m a i secolare esenzione dalla leva, q u a l u n q u e innovazione poteva affrettare il crollo invece di ritardarlo. 76

Q u a n d o sentì avvicinarsi la m o r t e , t r a s p o r t ò la C o r t e a R o m a . Forse volle, p r i m a di c h i u d e r e gli occhi, r i v e d e r e la città di San Pietro e consultarsi col Papa, c h ' e r a allora L e o n e I , p i ù g r a n d e c o m e u o m o d i Stato c h e c o m e teologo. Essa s a p e v a c h e il s u o v e r o s u c c e s s o r e e r a lui, il c a p o d e l l a Chiesa; n o n certo i suoi figli Valentiniano, piccolo effeminato, e O n o r i a , piccola scostumata. Spirò n o n a n c o r a sessantenne, il 27 n o v e m b r e del 4 5 0 . E forse fu p e r suo espresso desiderio che il c o r p o , imbalsamat o , v e n n e r i p o r t a t o a R a v e n n a e collocato in un sarcofago nella chiesa dei Santi Nazario e Celso. Vi rimase intatto p i ù di un millennio, e lo si p o t e v a v e d e r e a t t r a v e r s o un p e r t u gio, a m m a n t a t o n e l l e s u e vesti r e g a l i e i r r i g i d i t o s u u n o s c r a n n o d i legno d i cipresso. U n g i o r n o del 1577 u n incaut o visitatore, p e r v e d e r l o meglio, avvicinò t r o p p o u n a candela al b u c o . Le vesti p r e s e r o fuoco e in pochi secondi t u t t o si trasformò in un p u g n o di c e n e r e .

CAPITOLO NONO

ATTILA

Diciassette a n n i p r i m a che Placidia morisse, e p r e c i s a m e n t e nel 4 3 3 , e r a s c o m p a r s o Rua, il Re che aveva g u i d a t o le o r d e u n n e fin nel c u o r e d e l l ' U n g h e r i a . E sul t r o n o s e d e v a n o o r a i suoi nipoti, Attila e Bleda. Q u e s t a divisione d e l p o t e r e n o n e r a u n ' e c c e z i o n e , m a i l r i t o r n o al vecchio c o s t u m e di q u e l p o p o l o e q u e s t r e e e r r a b o n d o , nella cui tradizione i p r i m i Re, Basi e Kursik, s'incont r a n o a p p u n t o in coppia. Lo stesso Rua d a p p r i n c i p i o aveva r e g n a t o insieme a suo fratello Oktar, e soltanto d o p o la m o r te di costui aveva p o t u t o accentrare nelle p r o p r i e m a n i il com a n d o . Forse fu p r o p r i o q u e s t a la r a g i o n e p e r cui riuscì a i m p o r r e alle sue o r d e un alt così l u n g o e così c o n t r a r i o alla l o r o vocazione, lì sulle rive del D a n u b i o . Il t r o n o b i p a r t i t o e r a s e m p r e stato causa di g r a n debolezza e di anarchia. Gli U n n i e r a n o a n c o r a u n p o p o l o n o m a d e . M a d a q u a n do avevano varcato il Volga u n a settantina di a n n i p r i m a , la l o r o m a r c i a s i e r a a l q u a n t o r a l l e n t a t a , p e r d u e motivi: p r i m a d i t u t t o p e r c h é p e r l a p r i m a volta e r a n o v e n u t i i n contatto col limes d e l l ' I m p e r o , c o n le sue fortificazioni e i suoi s b a r r a m e n t i , p e r q u a n t o deteriorati; e p p o i p e r c h é l a massa u n n a aveva convogliato nella sua avanzata i detriti e i b r a n delli dei popoli germanici ch'essa aveva sottomessi e che o r a forse costituivano il grosso del suo esercito. A l e m a n n i , Sciri, R u g i , G e p i d i , G o t i e r a n o o r m a i p i ù n u m e r o s i d e g l i stessi U n n i , e n o n ne c o n d i v i d e v a n o che p a r z i a l m e n t e il n o m a d e istinto. Essi a v e v a n o q u a l c h e n o z i o n e di agricoltura, e p r e ferivano la casa, o a l m e n o la c a p a n n a , alla t e n d a e alla g r o p pa del cavallo. 78

U n o scrittore greco, Prisco, che fece p a r t e di un'ambasceria di Costantinopoli, ci fornisce infatd degli U n n i un ritratto assai diverso da quello lasciatoci da A m m i a n o Marcellino. Essi avevano u n a capitale, ora, sia p u r e di effimere catapecchie, ma che d e n u n z i a v a u n a certa vocazione alla stabilità. Si chiamava Aetzelburg, sorgeva vicino alla m o d e r n a Budapest, e d o v e v a essere un b e n curioso villaggio, p o l i c r o m o e poliglotta, d o v e si m e s c o l a v a n o i capitribù m o n g o l i dalla pelle gialla, dagli occhi a m a n d o r l a , dagli zigomi in rilievo e d a l c o r p o basso e tozzo, con i Re e i Generali tedeschi dal fusto alto, dagli occhi azzurri e dalla pelle rosea. N o n c'era nulla, s'intende, che somigliasse a un'organizzazione statale e n e m m e n o c i t t a d i n a . N o n c ' e r a u n a l i n g u a scritta, n o n c ' e r a n o leggi, n o n c'era u n a burocrazia. Le ambascerie straniere che vi g i u n g e v a n o da o g n i p a r t e d e l m o n d o si a c q u a r t i e r a v a n o sotto t e n d e ch'esse stesse p o r t a v a n o al seguito, e lì restavano talvolta p e r mesi in attesa che il Re le ricevesse. Attila e Bleda, q u a n d o salirono al t r o n o , n o n avevano in c o m u n e c h e la giovane età e l'origine dinastica. Per t u t t o il resto differivano p r o f o n d a m e n t e . L'unico r i c o r d o che Bleda ha lasciato di sé è il suo affetto p e r un n a n o n e g r o , Zercone, chissà da chi regalatogli, che lo divertiva c o m e un giocattolo p u ò divertire un ragazzo grossolano, i g n o r a n t e e capriccioso. T r a s c o r r e v a le s u e g i o r n a t e c o n lui, a r i d e r e d e l l e s u e smorfie e pagliacciate. E un g i o r n o c h e Z e r c o n e fuggì insieme ad alcuni prigionieri, Bleda mobilitò mezzo esercito p e r catturarlo. Q u a n d o glielo r i p o r t a r o n o a m m a n e t t a t o e in cat e n e , invece di p u n i r l o , gli chiese p r e m u r o s a m e n t e p e r c h é e r a scappato. Zercone rispose che lo aveva fatto p e r a n d a r e a cercarsi u n a moglie, visto che fra gli U n n i n o n ne trovava. L a cosa divertì e n o r m e m e n t e Bleda che, d o p o a v e r n e riso fino alle lacrime, m a n d ò a c h i a m a r e u n a damigella di Cort e , di nobile lignaggio, e le i m p o s e d ' i m p a l m a r e il m o s t r i ciattolo. Q u e s t i , d o p o l a m o r t e d e l s u o p a d r o n e , v e n n e m a n d a t o da Attila in regalo a Ezio. Ma un bel g i o r n o t o r n ò ad Aetzelburg a c h i e d e r e che gli fosse restituita la moglie, la 79

quale n o n lo aveva seguito. Attila n o n volle s a p e r n e , e il nano r i m a s e lì a n c h e lui di p r o p r i a volontà, a fare il buffone d u r a n t e le feste e i banchetti. E r a n o stati i Goti, c h e o r m a i costituivano il n e r b o del s u o esercito, a coniare quel n o m e di Attila, c h e nella loro lingua voleva d i r e «piccolo p a d r e » . M a s i t r a t t a v a d i u n p a d r e u n p o ' a m o d o s u o . Di s t a t u r a p i u t t o s t o corta, l a r g o di spalle, c o n u n a grossa testa sul collo t a u r i n o , naso piatto, u n a r a d a b a r b e t t a , zigomi s p o r g e n t i e occhi a spillo, solo a v e d e r l o q u e s t o m o n g o l o m e t t e v a i brividi a d d o s s o . La s u a voce e i suoi gesti e r a n o imperiosi. C a m m i n a v a , c o m e tutti i piccoli, a p e t t o in fuori, conscio della p r o p r i a p o t e n z a e i m p o r t a n za. Il suo orgoglio e r a p a r i soltanto alla sua avarizia, c h ' e r a i m m e n s a . I l suo p o t e r e e r a basato u n i c a m e n t e sulla p a u r a ch'egli ispirava. N o n c ' e r a n o i n t o r n o a lui né entusiasmi né affetti, ma soltanto il t e r r o r e . Se fosse un g e n i o c o m e q u a l cuno ha detto, n o n sappiamo, e invano ne chiediamo conferma agli avvenimenti. A n c h e in c a m p o militare, dove lo si vuol p a r a g o n a r e a Annibale e a N a p o l e o n e , a conti fatti bisogna riconoscere che l'unica g r a n d e battaglia in cui si t r o vò i m p e g n a t o la p e r s e , o p e r lo m e n o n o n la vinse. In comp e n s o , e r a scaltrissimo, rotto a tutti i raggiri, paziente e crud e l e . F r a n c a m e n t e p o l i g a m o , e r a p e r ò m o l t o sobrio n e l l a dieta. Q u a n d o i suoi l u o g o t e n e n t i e dignitari, a contatto della civiltà r o m a n a , c o m i n c i a r o n o a c o r r o m p e r s i , a ricercare il vasellame d ' a r g e n t o e le vesti di seta, egli seguitò ad a n d a r e vestito di pelli, a scaldare la c a r n e c r u d a fra la p r o p r i a coscia e la g r o p p a del cavallo, e a m a n g i a r l a in rozze scodelle di legno. N o n a b b i a m o n e s s u n e l e m e n t o p e r affermare c h e Attila s o p p r e s s e B l e d a , c o m e dice Prisco. M a n e p o s s e d i a m o q u a n t i b a s t a n o a r i t e n e r l o c a p a c e di averlo fatto. C o m u n q u e , d o p o u n a decina di a n n i di r e g n o a d u e , e cioè nel 4 4 4 , si trovò solo sul t r o n o e con tutto il p o t e r e nelle m a n i . Sino a q u e l m o m e n t o , egli aveva svolto v e r s o l ' I m p e r o u n a politica in cui la g u e r r a f r e d d a e la distensione si e r a n o 80

a l t e r n a t e . A b b i a m o visto Ezio venir da R u a a chiedergli un corpo di spedizione p e r sostenere l'usurpatore Giovanni c o n t r o Placidia e Valentiniano. Altri distaccamenti di m e r c e n a r i u n n i combattevano sotto le b a n d i e r e di Costantinopoli. O g n i t a n t o c ' e r a n o rivolte, incursioni e saccheggi; ma q u e sto avveniva a n c h e c o n le t r u p p e tedesche. L ' I m p e r o p a g a va u n o stipendio a Rua, che lo considerava un tributo: ma a n che questo avveniva p u r e con gli altri barbari, e n o n si trattava di u n a forte s o m m a . Il fatto è che, s e b b e n e confinanti, Rua e l ' I m p e r o avevan o a n c o r a u n nemico c o m u n e che faceva d a ammortizzatore fra loro: t u t t e quelle popolazioni b a r b a r e c h e si aggrovigliavano specie nei g r a n d i spazi settentrionali fra l'Austria e il Baltico. Ma ora, con l'avvento di Attila al t r o n o , i b a r b a r i del N o r d o si e r a n o sottomessi, c o m ' e r a capitato ai loro confratelli più a Sud; o, r o t t o il limes, avevano fatto irruzione in Francia e Spagna, c o m ' e r a stato il caso dei Franchi, dei Vandali, dei B u r g u n d i (ed e r a stato a p p u n t o q u e s t o a far n a u fragare il s o g n o della pacifica e g r a d u a l e integrazione accar e z z a t o da T e o d o s i o e da Placidia). C o n la fine di q u e s t o «isolante», U n n i e R o m a n i si t r o v a v a n o d i r e t t a m e n t e di fronte. M o r e n d o , R u a aveva lasciato in sospeso u n a «grana» diplomatica con Costantinopoli, cui aveva i n g i u n t o di r a d d o p p i a r e il t r i b u t o e di restituire n o n solo i disertori u n n i rifugiatisi d e n t r o le t e r r e d e l l ' I m p e r o , ma a n c h e quei prigionieri r o m a n i che, catturati dagli U n n i , e r a n o riusciti a e v a d e r e , o di riscattarli con otto pezzi d ' o r o a testa. A t r a t t a r e coi successori, cioè p r a t i c a m e n t e con Attila, p e r c h é B l e d a si occupava solo di Z e r c o n e , v e n n e r o da Costantinopoli d u e diplomatici, Plinta e E p i g e n e , che n o n conclusero nulla a n c h e p e r m a n c a n z a d'interlocutori. Attila abitava in cima a u n a collinetta in u n a baracca di l e g n o c h e si d i s t i n g u e v a dalle a l t r e p e r le p r o p o r z i o n i e p e r l ' e l e g a n t e palizzata c h e la c i r c o n d a v a , con t o r r i di g u a r d i a . A c c a n t o , c ' e r a n o delle r u d i m e n t a l i t e r m e . L'idea di costruirle e r a sta81

t a suggerita d a u n architetto r o m a n o , c a t t u r a t o i n u n a scaramuccia. C o n infinita difficoltà si e r a fatto venire del m a t e riale dall'Italia, e il c o s t r u t t o r e aveva s p e r a t o di o t t e n e r e in r i c o m p e n s a la libertà. Attila invece, p e r p r e m i o , lo aveva n o minato bagnino. Plinta e E p i g e n e i n v a n o c e r c a r o n o ciò c h e oggi si chiam e r e b b e u n a «Cancelleria» o «Segreteria di Stato» con cui mettersi in r a p p o r t o e t r a t t a r e . A Aetzelburg n o n c'era nulla di tutto questo. Bisognava vedersela d i r e t t a m e n t e col Re, il quale n o n e r a a b i t u a t o ad a v a n z a r p r o p o s t e , ma solo a imp a r t i r e degli o r d i n i . A i d u e messi n o n restò che subirli p u r con la ferma intenzione di evaderli. Alcuni a n n i t r a s c o r s e r o tranquilli. Poi d ' m p r o v v i s o , n e l 4 4 7 , Attila si mise alla testa delle sue o r d e e, di saccheggio in saccheggio, le c o n d u s s e fin sotto Costantinopoli. La città si salvò grazie alle s u e m u r a . Ma l ' i m p e r a t o r e Teodosio e b b e u n a tale p a u r a , c h e si affrettò a triplicare il t r i b u t o c h e già pagava e coprì d ' o r o gli ambasciatori u n n i c h ' e r a n o venuti a esigerlo. L ' a n n o d i p o i u n ' a l t r a ambasciata g i u n s e d a A e t z e l b u r g , capeggiata da E d e c o n e e da Oreste. Li citiamo p e r c h é sono d u e p e r s o n a g g i , d i cui u d r e m o r i p a r l a r e . E d e c o n e e r a u n b a r b a r o , p r o b a b i l m e n t e u n o sciro, c h e aveva fatto c a r r i e r a sotto Attila fino a d i v e n t a r n e u n o dei p i ù i m p o r t a n t i consiglieri. O r a era già p a d r e di un m a r m o c c h i o che si chiamava O d o a c r e . O r e s t e e r a d i s a n g u e b a r b a r o a n c h e lui, m a a p p a r t e n e v a a u n a famiglia della P a n n o n i a che già da a l m e n o un paio di generazioni aveva la cittadinanza r o m a n a . Parlava il latino, aveva u n a certa c u l t u r a , conosceva i classici, sap e v a cosa fossero le Leggi e lo Stato, e dalla figlia di un certo C o n t e Romolo di Passau aveva avuto a sua volta un figlio che si chiamava, c o m e il n o n n o m a t e r n o , R o m o l o . Il p i ù p o t e n t e ministro di Costantinopoli e r a a q u e i temp i l ' e u n u c o Crisafìo, a m b i g u o p e r s o n a g g i o , c h e c r e d e t t e d i p o t e r giuocare d'astuzia i n d u c e n d o E d e c o n e a t r a d i r e Attila e ad ucciderlo al suo r i t o r n o . E d e c o n e intascò il d e n a r o , ma 82

r a c c o n t ò t u t t o al suo p a d r o n e che n o n se ne meravigliò affatto, e solo ne p r e s e p r e t e s t o p e r mortificare gli ambasciatori r o m a n i e a v a n z a r e n u o v e richieste di d e n a r o . Da q u a n to r a c c o n t a lo storico Prisco c h e faceva p a r t e di quelle a m bascerie, n o n e r a mai su g r a n d i p r o b l e m i politici e di Stato c h e Attila s'intestardiva, ma s e m p r e su miserabili questioni di «precedenze» e di quattrini. U n a volta minacciò la r o t t u ra delle relazioni d i p l o m a t i c h e se n o n gli m a n d a v a n o c o m e ambasciatori delle personalità di g r a d o a l m e n o consolare, e p r e t e n d e v a di d e s i g n a r n e egli stesso i n o m i . Q u a n d o p o i essi g i u n g e v a n o , ostentava di n o n riceverli p e r settimane, talvolta p e r mesi, p e r invitarli alla fine a un b a n c h e t t o in cui li confinava agli ultimi posti della tavola, facendoli servire d o po i p i ù insignificanti dei suoi dignitari. Si addolciva soltanto q u a n d o dalle d u e capitali d e l l ' I m p e r o gli g i u n g e v a n o d o n i d i g r a n v a l o r e . Allora a n d a v a d i p e r s o n a f i n o a i confini del suo R e a m e i n c o n t r o ai messi che glieli p o r t a v a n o , e a tavola li faceva s e d e r e al p r o p r i o fianco. Ezio, che lo conosceva b e n e , n o n lesinava. L'avarizia e l'orgoglio e r a n o i n s o m m a le d u e p r i n c i p a l i c o m p o n e n t i del carattere di Attila. U n a volta egli m a n d ò alla C o r t e di Costantinopoli un ambasciatore, Esla, incaricato di l e g g e r e a Teodosio il s e g u e n t e discorsino di saluto, dettato p e r s o n a l m e n t e d a l s u o p a d r o n e : «Il mio s i g n o r e , Attila, h a e r e d i t a t o d a suo p a d r e M u n d z u k i l r a n g o d i R e , m a l o h a c o n s e r v a t o . N o n a l t r e t t a n t o h a i fatto tu, T e o d o s i o , c h e sei d e c a d u t o al livello di schiavo di Attila, r a s s e g n a n d o t i a pagargli un tributo...» Ma p o i si scoprì che questa bella a p o strofe e r a stata compilata solo p e r i n d u r r e Teodosio a largire a Esla u n a lauta mancia p e r addolcirlo. Il taccagno Attila, p e r arricchire i suoi funzionari senza rimetterci di tasca p r o p r i a , li m a n d a v a c o m e a m b a s c i a t o r i a C o s t a n t i n o p o l i p e r p r o c u r a r s i , con le minacce, q u a l c h e sostanziosa «bustarella». E il g i u o c o gli riuscì finché sul t r o n o ci fu il g e n t i l e ma r e missivo Teodosio I I , l ' I m p e r a t o r e antimilitarista che preferiva alle g u e r r e la m i n i a t u r a delle p e r g a m e n e . 83

M a n e l 4 5 0 , l ' a n n o i n cui m o r i v a Placidia, m o r ì a n c h e Teodosio, senza lasciare e r e d i maschi, e a p r e n d e r n e il p o sto fu sua sorella Pulcheria, che p e r ragioni di stato si associò c o m e m a r i t o u n o n e s t o e c o r a g g i o s o s o l d a t o d i n o m e Marciano. U n o dei p r i m i gesti del n u o v o sovrano fu l'invio ad Attila di un ambasciatore, Apollonio. Q u a n d o Attila seppe che costui e r a arrivato a Aetzelburg senza il solito tributo e con modesti d o n i , gli m a n d ò a dire che, se voleva aver salva la pelle, i d o n i li lasciasse a un segretario e se ne tornasse p u r e a casa. Apollonio rispose che gli U n n i p o t e v a n o a n c h e a m m a z z a r l o , ma che i d o n i lui li avrebbe consegnati p e r s o n a l m e n t e a Attila, o a l t r i m e n t i li a v r e b b e r i p o r t a t i con sé a Costantinopoli. E così fece senza che Attila osasse m a n d a r e ad effetto le sue minacce. Il c a p o u n n o aveva c a p i t o c h e le cose a C o s t a n t i n o p o l i e r a n o cambiate, c h e c o n M a r c i a n o i ricatti a v e v a n o p o c h e probabilità di successo. E forse fu p e r questo che, d o p o essersi p e r tanti a n n i o c c u p a t o quasi esclusivamente dei r a p p o r t i con l ' I m p e r o d ' O r i e n t e , volse d'improvviso la sua attenzione verso quello d'Occidente. L a scusa p e r a t t a c c a r b r i g a c o n R o m a già d a u n p e z z o a d Attila e r a stata fornita da O n o r i a , la figlia di Galla Placidia e la sorella di V a l e n t i n i a n o . Q u e s t a r a g a z z a scervellata, c h e doveva aver ereditato d a suo p a d r e Costanzo u n a b u o n a d o se di sensualità, aveva d a t o scandalo nella p u r i t a n a C o r t e di R a v e n n a facendone con tutti di tutti i colori. Finché sua m a d r e l'aveva esiliata a C o s t a n t i n o p o l i , m e t t e n d o l a sotto la g u a r d i a di sua n i p o t e Pulcheria, d o n n a di carattere d u r o e s e v e r o . O n o r i a fu m e s s a a u n a s t r e t t a d i e t a di s t u d i o e di p r e g h i e r e . F i n c h é u n g i o r n o , n o n p o t e n d o n e più, t r o v ò i l mezzo di m a n d a r e ad Attila un anello c o m e p e g n o di fidanz a m e n t o , d i c e n d o s i p r o n t a a s p o s a r l o se lui la liberava da quella vita di collegio. Attila di mogli ne aveva già in a b b o n d a n z a , e poteva rinn o v a r e l ' h a r e m q u a n d o e q u a n t o voleva. Ma l'anello se lo 84

mise in tasca, e o g n i tanto lo tirava fuori con la p r e t e s a d'imp a l m a r e la principessa e s o p r a t t u t t o d ' i n c a m e r a r n e la d o t e ch'egli stesso di volta in volta fissava in u n a o in p i ù province d e l l ' I m p e r o . Ma si trattava soltanto di u n o dei soliti ricatt i p e r e s t o r c e r e u n a u m e n t o del t r i b u t o e q u a l c h e d o n o i n a g g i u n t a alle m a n c e abituali. Nel '50 O n o r i a , o r m a i p i ù che t r e n t e n n e , e r a stata restituita a suo fratello Valentiniano, q u a n d o a costui fu recato un n u o v o messaggio di Attila che gl'ingiungeva di trattarla con tutti i r i g u a r d i : egli la considerava la sua fidanzata e la p r o p r i e t a r i a d i u n a m e t à d e l l ' O c c i d e n t e . V a l e n t i n i a n o rispose che O n o r i a e r a già sposata (ma forse e r a u n a bugia) e c h e l e successioni n e l l ' I m p e r o e r a n o r e g o l a t e p e r via m a schile, n o n femminile. Ma Attila ormai aveva deciso la guerra, e g u e r r a doveva essere. Per mesi e mesi egli p r e p a r ò il suo esercito, che in realtà n o n e r a un esercito, ma tutta la nazione in armi, secondo il cos t u m e barbarico dell'orda. Sicché q u a n d o si dice ch'egli si mosse con settecentomila uomini, n o n s'intende settecentomila soldati, ma forse settanta o ottantamila. Di questa massa, gli U n n i e r a n o u n a m i n o r a n z a e ne f o r m a v a n o la cavalleria. Il grosso delle fanterie era costituito dalle tribù germaniche soggiogate: i Rugi, gli Sciri, quei brandelli di Franchi, di Turingi e di B u r g u n d i che n o n avevano fatto in t e m p o a varcare insieme ai loro confratelli il Reno, e soprattutto le d u e grandi famiglie gotiche, gli Ostrogoti e i Gepidi, che Attila aveva interam e n t e asservito. Gli Ostrogoti si e r a n o particolarmente distinti nell'esercito u n n o , e il loro re Arderico godeva di u n a posizione di favore nello stato maggiore di Aetzelburg. La r a g i o n e p e r cui questa policroma e poliglotta a r m a t a , appesantita dai carri che t r a s p o r t a v a n o le famiglie dei g u e r rieri e da u n a inverosimile sussistenza, cominciò dalla Francia l'assalto a l l ' O c c i d e n t e , n o n la si conosce c o n esattezza, ma forse va r i c e r c a t a nella g u e r r i g l i a c h e v'infieriva t r a i b a r b a r i c h e v i a v e v a n o p r e s o stanza. I l p r e d o m i n i o d e i Franchi n o n si e r a a n c o r a affermato. Glielo c o n t e n d e v a n o i 85

1

Visigoti c h e d o p o l a m o r t e d i Wallia a v e v a n o f o n d a t o u n r e a m e abbastanza solido di cui Tolosa e r a la capitale. I Sassoni si e r a n o acquartierati sulle coste della Manica, gli erculei B u r g u n d i e r a n o in Savoia, e i p o c h i Alani s c a m p a t i ad Attila e trascinati verso Ovest dai Vandali f o r m a v a n o un'isola a sé in Provenza. Cosa restasse di a u t o r i t à r o m a n a in questo Paese alluvionato dai barbari, n o n è dato s a p e r e con certezza. Però ce n ' e r a a n c o r a u n briciolo, r a p p r e s e n t a t o d a qualche Prefetto, da q u a l c h e Q u e s t o r e e da alcuni p r e s i d i sparpagliati q u a e là, a Lione, ad Arles, a N a r b o n a , c h e c e r c a v a n o di d e s t r e g giarsi a p p r o f i t t a n d o delle rivalità a l t r u i . O g n i t a n t o i r a p p r e s e n t a n t i imperiali si alleavano coi Visigoti c o n t r o i Sassoni o coi Sassoni c o n t r o i B u r g u n d i , e vittorie effimere si alt e r n a v a n o con provvisori insuccessi. In realtà l'unica missione che i R o m a n i a n c o r a assolvevano in q u e s t e p r o v i n c e occidentali e r a la c o n v e r s i o n e d e i b a r b a r i a un c e r t o r i s p e t t o della c u l t u r a latina, della lingua e d e l l ' o r d i n a m e n t o legislativo e amministrativo. Ma c o m e influenza politica ne esercitavano b e n poca. Attila e v i d e n t e m e n t e p e n s ò di v o l g e r e a p r o p r i o favore tutti questi contrasti. E infatti m a n d ò d u e ambascerie: u n a a Valentiniano, invitandolo a unirsi a lui p e r r i d u r r e definitiv a m e n t e alla r a g i o n e il vecchio n e m i c o visigoto c o n t r o cui, a l servizio d i R o m a , a n c h e d e i c o n t i n g e n t i u n n i a v e v a n o c o m b a t t u t o ; l'altra a Teodorico, il Re dei Visigoti, i n v i t a n d o lo a unirsi a lui p e r e s t r o m e t t e r e definitivamente R o m a dalla Francia. Ma Ezio, che conosceva b e n e il suo u o m o p e r essere stato a l u n g o ostaggio a Aetzelburg, ne sventò a b i l m e n t e i piani. E T e o d o r i c o , s e b b e n e fosse stato con lui ai ferri corti sino a p o c o t e m p o p r i m a , e b b e abbastanza cervello p e r capire che, fra i d u e pericoli, quello u n n o e r a infinitamente p i ù grosso di q u e l l o r o m a n o . Così, fra R a v e n n a e Tolosa, fu s a l d a t a un'alleanza che salvò la Francia da quello che fin d'allora si chiamava «il pericolo giallo». 86

Attila iniziò l'invasione dal Belgio, e fu la solita mareggiata devastatrice. P u r t r o p p o i memorialisti della Chiesa, invece di d a r c i la c r o n a c a degli a v v e n i m e n t i , la r i d u s s e r o c o m e al solito a u n a filastrocca di miracoli c o m e quello di Servazio, Vescovo di T o n g r e s , c h e in u n a visione fu avvertito da San Pietro della i m m i n e n t e catastrofe, o quello di Aniano, Vescovo di O r l é a n s , c h e p o i fu fatto S a n t o p e r e s s e r e riuscito a convincere Ezio della necessità di difendere la sua città. Tutto questo n o n i m p e d ì ad Attila di d i s t r u g g e r e u n a d o p o l'altra Reims, C a m b r a i , Treviri, Metz, A r r a s , Colonia, A m i e n s , Parigi (tuttora piccolo villaggio) e di d i s c e n d e r e la valle della Loira lasciandosi dietro solo cumuli di fumanti macerie, fino a Troyes, la cui salvezza s e m b r a che sia da attribuire a un alt r o mezzo miracolo. A n c h e q u i fu il Vescovo, L u p o , c h e si p r e s e n t ò ad Attila s u p p l i c a n d o l o di r i s p a r m i a r e la sua città. E Attila accettò, ma a c o n d i z i o n e c h e il s a n t ' u o m o p r e g a s s e p e r lui e p e r la vittoria d e l s u o esercito. I l c h e L u p o fece, g u a d a g n a n d o s i c e r t a m e n t e la g r a t i t u d i n e dei suoi concittadini, ma lasciand o noi posteri u n p o ' perplessi n o n solo sul patriottismo, m a a n c h e sulla fede religiosa d i q u e s t o p r e l a t o c h e d u r a n t e l a battaglia si trovava nel c a m p o d e l l ' U n n o p a g a n o e i d o l a t r a a s c o n g i u r a r e il Cielo c h e lo facesse t r i o n f a r e d e i cristiani i m p e g n a t i c o n lui i n u n a lotta m o r t a l e . M a forse, siccome p r e g a v a i n latino, n e a p p r o f i t t ò p e r i m p e t r a r e i l c o n t r a r i o di ciò che aveva p r o m e s s o . L a battaglia, c o m u n e m e n t e c h i a m a t a «dei C a m p i Catalaunici», e b b e l u o g o nella p i a n a di M a u r i a c , e fu s a n g u i n o sissima. 162.000 c a d a v e r i s t a n d o a G i o r d a n e , r i m a s e r o sul t e r r e n o ; m a i l risultato r i m a n e tutt'oggi u n mistero. T e o d o rico c a d d e , alla testa d e i suoi. E Attila dovette ripiegare. Ma lo fece o r d i n a t a m e n t e senza c h e l'esercito r o m a n o - v i s i g o t o lo incalzasse. Qualcosa, in q u e s t o successo di Ezio, r i c o r d a quelli di Stilicone c o n t r o Alarico. E b b e egli il sospetto che, se annientava l'orda u n n a , Valentiniano e l'Impero n o n a v r e b b e r o a v u t o p i ù bisogno di lui? T o r i s m o n d o , c h ' e r a sta87

to acclamato sul c a m p o Re dai Visigoti d o p o la m o r t e di suo p a d r e , aveva a n c h e lui q u a l c h e r a g i o n e a n o n insistere. La sua successione poteva essere contrastata dai suoi fratelli rimasti a Tolosa, d o v e n o n voleva t o r n a r e con un esercito a brandelli. Sono supposizioni, i n t e n d i a m o c i ; m a p u r t r o p p o n o n a b b i a m o di meglio p e r spiegare lo strano episodio. C o m u n q u e , nella p i a n a di M a u r i a c si d e c i s e r o le sorti d e l l ' E u r o p a . Essa doveva r e s t a r e nelle m a n i dei tedeschi e d e i latini.

CAPITOLO DECIMO

LA F I N E D E L «FLAGELLO»

N o n c'era d a aspettarsi che u n u o m o orgoglioso c o m e Attila si rassegnasse alla sconfitta. E infatti, a p p e n a r i e n t r a t o a Aetzelburg sul finire dell'estate del 4 5 1 , si d i e d e a l a c r e m e n t e a p r e p a r a r e la rivincita. Nella p r i m a v e r a successiva si mosse, ma n o n p e r la strada d e l l ' a n n o p r i m a . Attraversò le Alpi Giulie e discese sulla p i a n u r a veneta. Aveva capito che in Francia i R o m a n i sarebb e r o di n u o v o accorsi a d a r e m a n forte ai Visigoti, ma c h e in Italia i Visigoti n o n s a r e b b e r o accorsi a d a r e m a n forte ai R o m a n i . E gli a v v e n i m e n t i gli d i e d e r o r a g i o n e . I n c o n t r o a lui n o n si fece n e s s u n esercito. La gente fuggiva. Le città att e r r i t e gli a p r i v a n o le p o r t e . U n a sola le s p r a n g ò p r e p a r a n dosi a resistere: Aquileia. E r a , p e r q u e i t e m p i , u n a città g r a n d e in g a r a , q u a n t o a i m p o r t a n z a e a ricchezza, con R a v e n n a e Milano; e sorgeva alla foce dell'Isonzo nell'Adriatico. N a t a nel 181 c o m e colonia r o m a n a , s i e r a p o i e n o r m e m e n t e sviluppata c o m e cent r o c o m m e r c i a l e p e r gli scambi con la G e r m a n i a , con l'Austria (che allora si chiamava Norico) e con la Jugoslavia (che allora si c h i a m a v a Illiria). Aveva u n a p o p o l a z i o n e mista di italiani, di tedeschi, di galli celti e di t r a n s f u g h i di t u t t e le t r i b ù c h e si d a v a n o il cambio, s o s p i n g e n d o s i l'una con l'altra, in U n g h e r i a e R o m a n i a : g e n t e attiva, c h e fra l'altro si e r a costruita t u t t ' i n t o r n o u n a cerchia di m u r a e di solidi bastioni. La Chiesa vi teneva a d d i r i t t u r a un Metropolita, la cui diocesi si estendeva da Verona alla Croazia. C o m e Metz, Aquileia si c h i a m a v a «la fortezza vergine» p e r c h é n e s s u n assalitore e r a mai riuscito a e s p u g n a r l a : vi si 89

e r a n o invano provati anche l'usurpatore Massimino e più t a r d i Giuliano. Ezio, che p u r considerava impossibile la difesa dell'Italia del N o r d , aveva lasciato ad Aquileia un r o b u sto presidio di t r u p p e scelte. Esse resisterono g a g l i a r d a m e n te agli attacchi di Attila, che alla fine stava p e r togliere l'assedio, si racconta, q u a n d o vide levarsi in volo dai tetti della città un b r a n c o di cicogne. Superstizioso c o m ' e r a vi scorse il segno della i m m i n e n t e capitolazione, ne persuase le sue t r u p p e e le lanciò a un e n n e s i m o assalto. Le difese v e n n e r o travolte, e Aquileia subì un castigo p r o p o r z i o n a t o alla resistenza che aveva o p p o s t o . Solo pochi brandelli u m a n i riuscir o n o a s c a m p a r e dalla città in cui n o n e r a rimasta p i e t r a su pietra. Giulia C o n c o r d i a , Aitino, P a d o v a s u b i r o n o p r e s s a p p o c o la stessa sorte. Però, via via che risaliva il Po, la rabbia di Attila si addolciva. Vicenza, Verona, Brescia, B e r g a m o si a r r e sero e f u r o n o saccheggiate, ma n o n distrutte. Forse l'ordine e la bellezza d e l l e città italiane, m o l t o s u p e r i o r i in t u t t o a quelle t e d e s c h e e francesi, i n t i m i d i v a n o l ' U n n o . A Milano, Attila si a c q u a r t i e r ò nel palazzo imperiale, quello in cui C o stantino aveva firmato il famoso editto che segnava il trionfo d e l C r i s t i a n e s i m o , e in cui T e o d o s i o e r a s p i r a t o . Fra gli affreschi c h e n e d e c o r a v a n o l e sale, c e n ' e r a u n o c h e r a p p r e s e n t a v a il trionfo di R o m a sui b a r b a r i : i d u e I m p e r a t o r i , di O r i e n t e e di O c c i d e n t e , seduti sul t r o n o d o r a t o di fronte a un g r u p p o di Sciti m o r t i o in catene. Attila lo p r e s e c o m e un insulto alla sua p e r s o n a , m a n d ò a cercare un p i t t o r e e gli o r d i n ò d i c o m p o r r e subito u n altro affresco c h e r a p p r e s e n tasse lui, il Re u n n o , s e d u t o sul t r o n o , nell'atto di ricevere il t r i b u t o di Valentiniano e di Teodosio IL Le o r d e t a r t a r i c h e g i u n s e r o fino a Pavia, e t u t t a l'Italia c i s p a d a n a stava col fiato sospeso in attesa di v e d e r l e ruzzol a r e v e r s o R o m a , q u a n d o invece s i f e r m a r o n o . N o n s e n ' è mai s a p u t o il motivo. Si è d e t t o che, u n a volta e n t r a t o in Italia, Attila e r a stato colto da u n a specie di s b i g o t t i m e n t o e aveva p r o v a t o d'improvviso un senso di reverenziale rispet90

to p e r questo Paese tanto p i ù civile del suo. Ma è un'ipotesi c h e s'intona m a l e al suo c a r a t t e r e . Si è d e t t o a n c h e c h e gli t o r n ò alla m e m o r i a il p r e c e d e n t e di Alarico che, subito d o po aver conquistato R o m a , m o r ì . E questo è più probabile, d a t a la sua superstizione. C o m u n q u e , m e n t r e deliberava coi suoi consiglieri, giunse notizia dell'arrivo di u n a ambasceria d e l l ' U r b e , g u i d a t a d a u n u o m o i l cui r a n g o n o n p o t e v a essere discusso, visto che si trattava del Papa. Cosa fosse frattanto successo nell'Urbe, dove o r a risiedeva a n c h e Valentiniano, n o n si sa. C o m e n o n si sa p e r quali r a g i o n i Ezio, mostratosi fino a q u e l m o m e n t o un G e n e r a l e così c a p a c e e r i s o l u t o , n o n avesse n e m m e n o a c c e n n a t o a s c e n d e r e in c a m p o c o n t r o il n e m i c o . E p r o b a b i l e c h e n o n avesse forze sufficienti p e r farlo, p e r c h é a n c h e nella p i a n a di Mauriac e r a stato l'esercito visigoto a d e c i d e r e le sorti della battaglia e della g u e r r a . C o m u n q u e , n o n risulta che fosse d i s p o s t o n e m m e n o a un t e n t a t i v o , e anzi p a r e c h e consigliasse a l l ' I m p e r a t o r e la fuga. Fu allora che il Papa p r e s e su di sé la s u p r e m a responsabilità, e il gesto s e g n ò u n a svolta definitiva nella storia dell'Urbe e dell'Italia. L e o n e I e r a della stessa stoffa di A m b r o gio, e già da a n n i c o n d u c e v a u n a s t r e n u a lotta n e l l ' i n t e r n o della Chiesa p e r affermare la s u p r e m a z i a del Vescovo di R o ma su tutta la cristianità. Era un toscano di Volterra, a u t o r i tario e massiccio, con scarse p r o p e n s i o n i p e r le d i s p u t e teologiche. E r a stato lui, al Concilio di C a l c e d o n i a , a tagliar corto coi Nestoriani e coi Monofisiti che volevano i n t r o d u r re sottili d i s c r i m i n a z i o n i fra Cristo-Dio e C r i s t o - u o m o e a d a r e avvio a quel sistema di precetti che doveva p r e c l u d e r e la s t r a d a a ulteriori deviazionismi. E r a un u o m o solido, coraggioso e di b u o n senso, di g r a n c a r a t t e r e p i ù che di g r a n testa, a n i m a t o da u n a fede senza d u b b i né t e n t e n n a m e n t i , e convinto che la disciplina e l'obbedienza valessero p i ù della carità. Attila si trovò faccia a faccia con lui nell'estate del 452 sulle rive d e l Mincio d o v ' e r a v e n u t o a i n c o n t r a r l o . C o m e si 91

svolse l'intervista, n e s s u n o l o sa, p e r c h é n e s s u n o n e p r e s e nota. L a l e g g e n d a corse c h e l'insolenza a b b a n d o n ò d i colpo l ' U n n o di fronte al S u p r e m o Pontefice che gl'ingiungeva col crocefisso in m a n o di a b b a n d o n a r e l'Italia, e Raffaello ne r a p p r e s e n t ò la s c e n a in un affresco. L'affresco è m i r a b i l e , ma la scena ci p a r e p o c o credibile. Attila n o n e r a tipo da lasciarsi i m p r e s s i o n a r e e p e r di p i ù e r a p a g a n o e q u i n d i n o n m o l t o ricettivo a chi gli p a r l a v a in n o m e di Cristo. Si disse c h e L e o n e e r a stato p r e c e d u t o sul Mincio dalle voci d i u n a mobilitazione d a p a r t e d e l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e , Marcian o , c h e si p r e p a r a v a a c o r r e r e in aiuto del suo collega d ' O c cidente. Ma di questa iniziativa i memorialisti di Costantinop o l i n o n h a n n o m a i d e t t o n u l l a . L'ipotesi p i ù p r o b a b i l e c i s e m b r a , d a t o il seguito degli a v v e n i m e n t i , c h e Attila avesse già avvertito in q u e l m o m e n t o i p r i m i sintomi d e l m a l e c h e di lì a p o c o doveva ucciderlo. Aveva forti e m o r r a g i e d a l naso, a c c o m p a g n a t e da vertigini, e forse, superstizioso c o m ' e r a , p e n s ò c h e l'Italia gli p o r t a s s e sfortuna. N o n è da escludersi tuttavia c h e P a p a L e o n e , inserendosi in q u e s t o suo stato d ' a n i m o , gli facesse un g r a n d e effetto e desse il colpo d e cisivo alla sua t e n t a z i o n e di r i n u n c i a . Egli n o n chiese ironic a m e n t e , c o m e m i l l e c i n q u e c e n t o a n n i d o p o d o v e v a fare i l suo quasi c o n s a n g u i n e o Stalin: «Il Papa!?... Q u a n t e division i corazzate possiede?» T r a t t ò c o n r i g u a r d o l ' i n e r m e p o r p o r a t o e, p u r r i p e t e n d o la sua p r e t e s a alla m a n o di O n o r i a e la minaccia, s e n o n gliela c o n c e d e v a n o , d i t o r n a r e l ' a n n o d o po a p r e n d e r s e l a con la forza, r i p a r t ì p e r le sue p i a n u r e m a giare. A c c o m p a g n à m o l o in q u e s t ' u l t i m o viaggio. G i o r d a n e racconta che, a p p e n a r i e n t r a t o a Aetzelburg, Attila si p e n t ì della p r o p r i a irresolutezza, si rimise in marcia sulla Francia p e r vendicarsi d e i Visigoti e ne fu p e r la s e c o n d a volta b a t t u t o . Ma l'episodio è rifiutato dalla Storia. Egli m a n d ò un insol e n t e messaggio a M a r c i a n o i n g i u n g e n d o g l i di p a g a r e il trib u t o , e p p o i cercò di consolarsi delle delusioni patite in O c c i d e n t e p r e n d e n d o s i in moglie la bellissima giovinetta Ildi92

co. La sera del b a n c h e t t o , p e r la p r i m a volta in vita sua, fece u n o s t r a p p o alle r e g o l e , e m a n g i ò e bevve in a b b o n d a n z a . Poi salì nella c a m e r a nuziale e l ' i n d o m a n i lo t r o v a r o n o m o r to, soffocato d a l p r o p r i o s a n g u e , a c c a n t o alla s p o s i n a c h e piangeva. Si p a r l ò di a v v e l e n a m e n t o e di regicidio. Si a v a n z a r o n o a n c h e a l t r e i p o t e s i c h e l a d e c e n z a c i vieta d i r i f e r i r e . M a quella p i ù verisimile, c h e è a n c h e la p i ù s e m p l i c e , è c h e si sia t r a t t a t o p r o p r i o d i u n ' e m o r r a g i a , p i ù forte d e l l e a l t r e c h e aveva già avuto. Il c o m p i a n t o dei sudditi fu g r a n d e q u a si q u a n t o il sollievo d e i nemici. S e c o n d o il l o r o b a r b a r o cos t u m e , essi si t a g l i u z z a r o n o il viso in m o d o c h e fosse i n o n d a t o di s a n g u e virile e n o n di lacrime da femminuccia. Il cad a v e r e f u d a p p r i m a esposto i n u n a sontuosa t e n d a i n t o r n o a cui i cavalieri u n n i p a z z a m e n t e g a l o p p a r o n o a l u n g o , cant a n d o i n n i f u n e b r i . Poi f u c o m p o s t o i n u n a b a r a d ' o r o , l a b a r a d ' o r o in u n a d ' a r g e n t o , la b a r a d ' a r g e n t o in u n a di ferr o , c h e fu p o r t a t a via s e g r e t a m e n t e e i n u m a t a insieme ad alc u n i scrigni p i e n i d i gioielli i n m o d o c h e Attila n o n d i v e n tasse p o v e r o n e m m e n o d a m o r t o . Infine, c o m ' e r a successo p e r Alarico, gli schiavi c h e a v e v a n o scavato la fossa f u r o n o subito uccisi in m o d o che n o n rivelassero d o v ' e r a sepolto. Il m e s t i e r e di becchino, a q u e i t e m p i , n o n e r a di tutto riposo. La fine di Attila fu a u t o m a t i c a m e n t e la fine degli U n n i , ed è p r o p r i o q u e s t o a d i m o s t r a r c i q u a n t o p o c o g r a n d e , in f o n d o , fosse stato il g r a n d i s s i m o Attila, il «flagello di Dio» c o m e lo c h i a m a v a n o i R o m a n i . Egli n o n aveva s a p u t o creare nulla che potesse sopravvivergli. I n u m e r o s i figli che avev a a v u t o dalle varie mogli n o n s e p p e r o m e t t e r s i d ' a c c o r d o sulla successione e si d i v i s e r o . Ma le v a r i e n a z i o n a l i t à c h e c o m p o n e v a n o il suo p o p o l o , e p a r t i c o l a r m e n t e quelle t e d e sche, fecero secessione o se la g u a d a g n a r o n o con l'aperta rivolta. C o m i n c i a r o n o i G e p i d i sotto la g u i d a d e l l o r o re Ardarico. C o n t i n u a r o n o gli Ostrogoti, c o n d o t t i d a i t r e fratelli Amai. S e g u i r o n o gli Svevi, gli Eruli, gli Alani. E r n a k , il figlio p r e d i l e t t o di Attila, accettò di a c q u a r t i e r a r s i coi suoi p o c h i 93

seguaci in D o b r u g i a r i c o n o s c e n d o la sovranità d e l l ' I m p e r o d ' O r i e n t e e a c c e t t a n d o n e la protezione. Ellak, il p r i m o g e n i t o , fu ucciso in battaglia d a i G e p i d i , c h e si c o s t i t u i r o n o in Stato i n d i p e n d e n t e lì in U n g h e r i a . Gli O s t r o g o t i si accamp a r o n o fra Austria e Croazia, gli Eruli in Carinzia. In piccoli g r u p p i , la m a g g i o r p a r t e degli U n n i r i p e r c o r s e r o a briglia sciolta le piste dell'Est p e r p e r d e r s i a n c o r a u n a volta nelle steppe russe. Dopo pochi anni in Europa n o n se ne trovò p i ù traccia. N e m m e n o d o p o la m o r t e di Alessandro il Maced o n e si e r a assistito a u n a così fulminea dissoluzione. T a n t o che, c o m e ha scritto q u a l c u n o , vien fatto di chiederci quale c o m p i t o la Provvidenza aveva assegnato a Attila, salvo quello di d i m o s t r a r e , a p p u n t o , che la Provvidenza n o n c'è. Ma questo n o n è del t u t t o v e r o p e r c h é , p u r n o n r i u s c e n d o a c o s t r u i r e n u l l a di d u r e v o l e , Attila di qualcosa fu causa, sia p u r e involontaria. Egli fondò Venezia. F u r o n o infatti i fuggiaschi di Aquileia, di Padova e di tutte le altre città v e n e t e da lui r a s e al suolo, c h e p e r m e t t e r s i a l r i p a r o d a a l t r e s v e n t u r e d e l g e n e r e s i r i f u g i a r o n o nelle isolette della l a g u n a . Quelli di Aitino ne p o p o l a r o n o sette, a o g n u n a delle quali d i e d e r o il n o m e di u n a delle sette p o r t e della l o r o città. Quelli di Aquileia e m i g r a r o n o a G r a d o , quelli di C o n c o r d i a a Caorle, quelli di Padova a Rialto e MaIamocco. Venezia si formò l e n t a m e n t e dal coagulo di questi detriti s v i l u p p a n d o quella vita anfibia che doveva d e t t a r e il suo destino. F u u n a crescita lenta. D u e c e n t ' a n n i d o p o q u e sti a v v e n i m e n t i un geografo di R a v e n n a scriveva: «Nel Ven e t o ci sono delle isole dove p a r e che vivano degli uomini». E r a n o i p r o g e n i t o r i di coloro c h e d o p o q u a l c h e secolo d o v e v a n o d o m i n a r e il M e d i t e r r a n e o e r e n d e r e la pariglia ad Attila bloccandovi l ' i m p e t o d i u n altro c o n q u i s t a t o r e della stessa razza asiatica e t u r a n i c a degli U n n i alla cui famiglia a p p a r t e n e v a : i Turchi. Ma, oltre a q u e s t o , Attila p r o v o c ò a n c h e la definitiva aff e r m a z i o n e d e l p o t e r e spirituale su quello t e m p o r a l e , sim94

bolizzata e riassunta dall'ambasceria di Papa L e o n e sul Mincio. Quali c h e fossero stati i veri motivi che i n d u s s e r o Attila ad a b b a n d o n a r e l'Italia, a R o m a tutti ne d i e d e r o il m e r i t o al P a p a , c h e si e r a fatto i n c o n t r o al «flagello di Dio», m e n t r e l ' I m p e r a t o r e discuteva la fuga con Ezio. A n c h e questi usciva piuttosto malconcio dall'episodio. Ma la sua posizione semb r a v a sicura a n c h e p e r l ' i m m i n e n t e m a t r i m o n i o d i s u o figlio G a u d e n z i o c o n u n a figlia d i V a l e n t i n i a n o c h e , n o n a v e n d o e r e d i m a s c h i , si s u p p o n e v a c h e a v r e b b e lasciato a lui il t r o n o . Ma alla notizia della m o r t e di Attila, le cose b r u s c a m e n t e c a m b i a r o n o . Un g i o r n o del '54 Ezio fu invitato a p a l a z z o r e a l e p e r d i s c u t e r e gli u l t i m i d e t t a g l i delle n o z z e . Fu un tranello? O p p u r e fu un'improvvisa collera che travolse il giovane I m p e r a t o r e c o n t r o quel G e n e r a l e che lo serviva fedelmente, ma che a n c h e lo trattava con u n a certa b u r banza? Lo s'ignora. Ma fatto sta che Valentiniano trafisse di suo p u g n o Ezio con la s p a d a e d u e inservienti lo finirono a pugnalate. P e r q u a n t o ambizioso e arrivista, n o n alieno da perfidie c o m e quella che aveva messo in o p e r a p e r sbarazzarsi di Bonifacio, e r a p u r s e m p r e i l p i ù g r a n d e G e n e r a l e c h e l ' I m p e ro avesse a v u t o d o p o Stilicone, e colui c h e lo aveva salvato dalla p r i m a p o s s e n t e spallata di Attila. E p p u r e , n e s s u n o fece caso alla sua s c o m p a r s a né al m o d o in cui e r a a v v e n u t a : in fondo, n o n si trattava che di un mercenario barbaro!... Solo un e p i g r a m m i s t a e b b e il coraggio di d i r e a Valentinian o : «Se tu abbia fatto b e n e o m a l e , n o n so. Ma so che ti sei a m p u t a t o la m a n o d e s t r a con la sinistra». Si e r a alla fine del 4 5 4 . Pochi mesi d o p o , n e l m a r z o d e l ' 5 5 , Valentiniano cavalcava i n C a m p o Marzio, q u a n d o d u e v e t e r a n i di Ezio gli si avvicinarono e lo p u g n a l a r o n o . N e m m e n o di questo i R o m a n i si t u r b a r o n o , e infatti i d u e regicidi rimasero indisturbati. C o n Valentiniano scendeva nella tomba l'ultimo d i s c e n d e n t e di Teodosio sul t r o n o d ' O c c i d e n t e , dove la dinastia e r a rimasta sul t r o n o p e r sessant'anni. Il d e f u n t o , lasciava u n a vedova, l ' i m p e r a t r i c e Eudossia, c h e l o 95

aveva r i e m p i t o di corna, e d u e figlie, Eudocia e Placidia. Rom a n o n aveva p i ù n é u n I m p e r a t o r e n é u n G e n e r a l e . Esercito e p o p o l o p e r u n a volta si t r o v a r o n o d ' a c c o r d o nella scelta di colui c h e doveva salire sul t r o n o vacante. E r a un Senatore sessantenne di n o m e Petronio Massimo, che s e m b r a v a f o r n i r e le migliori g a r a n z i e . Veniva dalla vecchia famiglia d e i Probi, c h e aveva s e m p r e fornito eccellenti C o n soli e Pretori. Ma l ' u o m o e r a irresoluto e si m o s t r ò subito i m p a r i al grave c o m p i t o . Si rifiutò di c a s t i g a r e i d u e regicidi, forse p e r evitare la rivolta dei loro c o n s a n g u i n e i b a r b a r i che militavano n e l l ' e s e r c i t o , e q u e s t o fece n a s c e r e il s o s p e t t o c h e egli avesse p r e s o p a r t e alla c o n g i u r a . Per di p i ù p r o i b ì a l l ' I m p e ratrice Eudossia di p o r t a r e il lutto di Valentiniano e le chiese, anzi l e i n g i u n s e , d i d i v e n t a r e s u a m o g l i e . E u d o s s i a e r a a n c o r a giovane e fra le p i ù belle d o n n e di R o m a . Aveva a b b o n d a n t e m e n t e t r a d i t o suo m a r i t o , m a gli aveva voluto b e ne e n o n i n t e n d e v a essere forzata a sposare un vecchio. Sua zia Pulcheria a C o s t a n t i n o p o l i e r a m o r t a , e q u i n d i n o n p o teva s p e r a r e c h e d a quella p a r t e l e venissero aiuti. N o n sap e n d o c o m e u s c i r e d a q u e l l ' i m b r o g l i o , seguì l o s c i a g u r a t o e s e m p i o di sua c o g n a t a O n o r i a e, n o n p o t e n d o l o p i ù a Attila o r m a i d e f u n t o , si rivolse a Genserico il Re dei Vandali in Africa, p e r c h é venisse a liberarla. Genserico n o n se lo fece dir d u e volte; e di lì a p o c o R o ma fu folgorata dalla notizia c h e la flotta b a r b a r i c a , vele al v e n t o , si stava avvicinando a Ostia. C h i p o t è , fuggì. E a n c h e Petronio Massimo si stava p r e p a r a n d o a fare altrettanto. Ma i l p o p o l i n o , c h e fuggire n o n p o t e v a p e r c h é n o n n e aveva i mezzi, c i r c o n d ò il palazzo. I soldati, invece di d i f e n d e r e il loro p a d r o n e , si a m m u t i n a r o n o . E i servi, a n c h e p e r p r e v e n i r e u n a possibile e p u r a z i o n e p e r collaborazionismo col cod a r d o t r a d i t o r e , l o linciarono. C h e R o m a n o n avesse u n I m p e r a t o r e sotto quella n u o v a t e m p e s t a che si a d d e n s a v a all'orizzonte, n o n i m p o r t a v a p i ù nulla a n e s s u n o . T a n t o , c'era il Papa.

CAPITOLO UNDICESIMO

GENSERICO

Per a r r i v a r e a R o m a , n o n si p u ò d i r e che i Vandali avessero seguito u n a scorciatoia. Venivano n i e n t e m e n o che dalla Prussia O r i e n t a l e , e p r o b a b i l m e n t e i n o r i g i n e e r a n o stati c o m e i G e p i d i , u n r a m o della g r a n d e famiglia gotica. I l p r i m o storico r o m a n o c h e ne fece m e n z i o n e fu Plinio, che li chiamava Vindili. E il p r i mo I m p e r a t o r e c h ' e b b e a che fare d i r e t t a m e n t e c o n loro fu Aureliano, c h e nel 271 li sconfisse in B o e m i a d o v ' e r a n o p e netrati, ma poi li a m m i s e d e n t r o il limes in qualità di federati e ne assoldò d u e m i l a p e r r i m p o l p a r e i suoi r e g g i m e n t i di cavalleria. Fra di essi si trovava p r o b a b i l m e n t e il n o n n o o il b i s n o n n o di Stilicone. Al t e m p o di Costantino il loro re Geberico ebbe un diverbio c o n quello d e i Goti, Visumar, v e n u t o a d a c q u a r t i e r a r s i accanto ad essi. Ne seguì u n a s a n g u i n o s a battaglia in cui Geberico v e n n e ucciso e il s u o esercito quasi i n t e r a m e n t e d i strutto. I pochi scampati chiesero a l l ' I m p e r a t o r e il p e r m e s so di rifugiarsi in U n g h e r i a , e lì r i m a s e r o tranquilli p e r un mezzo secolo a leccarsi le ferite, a fare dei figli p e r c o l m a r e i vuoti e ad assorbire un p o ' di civiltà col Cristianesimo cui si c o n v e r t i r o n o anch'essi s e c o n d o il credo a r i a n o di Ulfila. Nel 4 0 6 r i p r e s e r o la loro marcia verso Ovest. I nemici di Stilicone i n s i n u a r o n o c h ' e r a stato costui ad invitare i Vandali, p e r solidarietà d i s a n g u e , nelle p r o v i n c e occidentali d e l vacillante I m p e r o . Ma n o n c'è bisogno di r i c o r r e r e a questa ipotesi p e r c h é l ' a n n o 4 0 6 fu q u e l l o in cui a n c h e Alarico e Radagaiso attraversavano le Alpi e dilagavano in Italia. Stilic o n e n o n c'entrava p e r nulla. E r a l'arrivo delle o r d e u n n e 97

di Rua che rimescolava tutto il m o n d o barbarico p r o v o c a n d o n e l'alluvione d e n t r o il limes. Mescolati ai p o c h i b r a n d e l l i alani c h ' e r a n o riusciti a s c a m p a r e a Rua, i Vandali, invece delle Alpi, a t t r a v e r s a r o n o il R e n o , p e n e t r a r o n o in Francia, si s c o n t r a r o n o coi Franchi c h e ne stavano d i v e n t a n d o i p a d r o n i , p e r s e r o in u n a battaglia v e n t i m i l a u o m i n i , a t t r a v e r s o i P i r e n e i si r i t i r a r o n o in S p a g n a , e qui v e n n e r o r a g g i u n t i p o c o d o p o dai Visigoti di Ataulfo e di Galla Placidia, i quali li c o m b a t t e r o n o in n o m e dell'autorità imperiale, da cui s p e r a v a n o di o t t e n e r e l'investitura su tutta la Penisola. Q u a n t o fosse r i m a s t o d i s a n g u e v a n d a l o i n q u e s t a c o m posita massa di fuggiaschi cui, oltre agli Alani, si e r a n o o r a mescolati a n c h e dei rimasugli svevi, n o n si sa. C o m u n q u e , n o n e r a n o p i ù di ottantamila, c o m p r e s e le d o n n e , i vecchi e i b a m b i n i , q u a n d o si r i f u g i a r o n o nella r e g i o n e che da l o r o p r e s e il n o m e di Andalusia. Era u n a t e r r a devastata, a r i d a e p o v e r a che, a q u a n t o p a r e , obbligò i nuovi occupanti a n c h e a p r a t i c h e di c a n n i b a l i s m o . E q u e s t o spiega la r a g i o n e p e r cui q u a n d o , nel 4 2 9 , giunse dal C o n t e Bonifacio il famoso e fatale invito a varcare lo stretto di Gibilterra e a istallarsi in Africa, esso fu accolto senza esitazione. In quel m o m e n t o i Vandali e r a n o guidati da d u e Re, che si dividevano, e forse si c o n t e n d e v a n o , il t r o n o : u n o , G u n t e rico, e r a il figlio legittimo del defunto sovrano; l'altro, G e n serico, e r a u n b a s t a r d o . Subito d o p o aver p r e s o d i c o m u n e a c c o r d o la decisione del trasferimento, G u n t e r i c o m o r ì . Nat u r a l m e n t e si disse subito c h ' e r a stato Genserico a farlo ucc i d e r e e, d a t o il c a r a t t e r e del p e r s o n a g g i o , n o n ci s a r e b b e da meravigliarsene. Ma n o n ci sono prove p e r affermarlo c o n certezza. C o m u n q u e , se si t r a t t ò di fratricidio, a r i m p i a n g e r l o n o n f u r o n o c e r t o i Vandali; m a , caso m a i , i l o r o nemici, e a n c h e i loro amici, a cominciare da Bonifacio. Genserico aveva u n a t r e n t i n a d ' a n n i , q u a n d o diventò Re. E r a d i m e d i a statura, u n p o ' z o p p o p e r via d ' u n a c a d u t a d a cavallo, p a r c o di p a r o l e , a v i d o di d e n a r o , a m b i z i o s o e so98

brio. N o n fu un u o m o di l a r g h e v e d u t e p e r c h é gli mancava un m i n i m o di c u l t u r a su cui a p p o g g i a r l e . E r a analfabeta, e q u a n d o decise di t r a s b o r d a r e t u t t o il suo p o p o l o in Africa n o n sapeva n e a n c h e a p p r o s s i m a t i v a m e n t e che cosa l'Africa fosse e d o v e fosse. N o n aveva n e m m e n o il complesso caratt e r e r o m a n t i c o di Alarico né l'altezzoso senso della regalità c h e caratterizzava Attila. N e l suo cervello n o n c'erano sogni né nel suo c u o r e passioni. Più che dall'intelligenza si faceva g u i d a r e dall'istinto, m a questo n o n l o i n g a n n a v a mai. Fu il p r i m o capo b a r b a r o a fare un censimento. Ne aveva bisogno p e r stabilire q u a n t e navi gli o c c o r r e v a n o al traghetto. Mise tutti, compresi i vecchi e le d o n n e , ai lavori forzati p e r c o s t r u i r e la flotta. Poi, u n a volta sbarcato al di là dello stretto, n o n cercò di salvare n e m m e n o le a p p a r e n z e dell'«alleanza» a cui Bonifacio lo aveva invitato. Le città del Marocco, che allora si chiamava M a u r e t a n i a , f u r o n o letteralmente s p i a n a t e dalle s u e o r d e . Poi fu la volta dell'Algeria e della Tunisia, che allora si c h i a m a v a n o r i s p e t t i v a m e n t e N u m i d i a e Africa Proconsolare. In breve, i m m u n i da quella colata di ferro e di fuoco, p e r c h é p r o t e t t e da solide fortificazioni, n o n r i m a s e r o che d u e città: C a r t a g i n e e I p p o n a . I n I p p o n a assediata, c o n c l u d e v a m a l i n c o n i c a m e n t e l a sua vita Sant'Agostino Vescovo, o r m a i quasi o t t a n t e n n e , imm e r s o nella stesura della sua ultima o p e r a : u n a «confutazione di Giuliano l'Apostata». Ma a n c o r a p i ù malinconicamente ci vegetava Bonifacio che, messa in chiaro la sua posizione rispetto a R a v e n n a e accortosi dell'equivoco in cui lo aveva i n d o t t o Ezio, poteva m i s u r a r e meglio e r i m p i a n g e r e a n cora di p i ù la catastrofe ch'egli stesso aveva p r o v o c a t o . D o p o q u a l c h e inutile tentativo d i p e r s u a d e r e q u e l suo s t r a n o «alleato» a t o r n a r s e n e in S p a g n a o p e r lo m e n o a t r a t t a r e l'Africa con qualche r i g u a r d o , o t t e n n e da R o m a e da Bisanzio alcuni rinforzi, che g i u n s e r o sotto il c o m a n d o di Aspar, e con essi t e n t ò u n a soluzione militare. Fu di n u o v o sconfitto. E allora si decise a r i p a r t i r s e n e p e r l'Italia d o v e Ezio lo att e n d e v a p e r ucciderlo in duello. Agostino lo aveva p r e c e d u 99

t o nella t o m b a . Dieci g i o r n i p r i m a della m o r t e , p r e s e n t e n dola, proibì l'ingresso nella p r o p r i a stanza a tutti, eccetto il d o t t o r e e il servo c h e gli p o r t a v a i pasti. Aveva s e m p r e p r e dicato c h e cristianamente si m u o r e solo in stato di p e n i t e n za, e ne d i e d e u n a dimostrazione r e s t a n d o sino alla fine assorto nei Salmi di David copiati e affissi alle q u a t t r o p a r e t i . Così finì, quasi in condizione di prigioniero e nella tristezza di quella catastrofe, il P a d r e della Chiesa che alla g r a n d e z z a della Chiesa aveva p i ù contribuito, d o p o gli Apostoli. N e l 4 3 5 , alla fine, Genserico si decise a c o n c l u d e r e qualcosa c h e somigliava a u n a p a c e con Valentiniano, o meglio c o n sua m a d r e Placidia. Il Vandalo s'impegnava a rispettare la sovranità imperiale su C a r t a g i n e e la Tunisia, m a n d a n d o in p e g n o , c o m e ostaggio, suo figlio U n e r i c o a R o m a . Il resto d e l Nord-Africa e r a d a t o , p e r così d i r e , in u s u f r u t t o a lui e al s u o p o p o l o . Questo impegno fu rispettato da Genserico fino al 439, q u a n d o le r e s i d u e forze imperiali al c o m a n d o di Ezio dovett e r o essere c o n c e n t r a t e in Francia p e r p a r a r e la terribile minaccia di Attila. Allora egli r i c h i a m o da R o m a U n e r i c o , spazzò via C a r t a g i n e e il p o c o c h e restava i n t o r n o ad essa sotto b a n d i e r a r o m a n a , e di questa città fece la sua capitale. I m m e d i a t a m e n t e vi riattò il p o r t o e si d i e d e a costruirvi u n a p o t e n t e flotta. Egli n o n sapeva nulla d i m a r e . E r a s e m p r e stato u n u o m o d i t e r r a , c o m e tutti i tedeschi, n o n aveva m a i visto u n a carta di navigazione, n o n aveva idea dei venti e delle r o t t e . Ma n e l suo animalesco istinto capiva che solo sul m a r e l'Africa p o t e v a essere difesa. E p e r q u e s t o il Re b r i g a n t e s i t r a s f o r m ò i n R e p i r a t a . Via via c h e u n a n u o v a t r i r e m i veniva v a r a t a d a i suoi i m p r o v v i s a t i c a n t i e r i cui gli ex-cittadini r o m a n i l a v o r a v a n o da forzati, egli vi saliva col suo passo z o p p o , e al timoniere impartiva quest'ordine: «Andate a d attaccare l e d i m o r e d i coloro c h e Dio n o n ama». E siccome, s e c o n d o i Vandali, Dio n o n a m a v a c h e i Vandali, tutti gli altri e r a n o d a c o n s i d e r a r e p r e d a bellica. Così C a r t a g i n e r i d i v e n t ò p e r il M e d i t e r r a n e o , p e r l'Italia e p e r l'Eu100

r o p a , ciò c h ' e r a stata ai t e m p i degli Amilcari e degli A n n i bali. Genserico fu forse il c a p o b a r b a r o che p e r p r i m o realizzò nel suo r e a m e un'organizzazione interamente feudale. La società fu n e t t a m e n t e divisa in d u e classi: quella dei signori V a n d a l i , g u e r r i e r i e d i s p e n s a t i d a l l a v o r o e d a l l e tasse, e quella dei servi indigeni, c h ' e r a n o d e i r o m a n i colti e raffinati, senza diritto alle a r m i né a u n a r a p p r e s e n t a n z a politica, e legati alla gleba. Egli fu a n c h e il p r i m o a n o n sentire affatto il c o m p l e s s o d'inferiorità del tedesco nei confronti del latin o , c h e t a n t o aveva angustiato Alarico, e da cui forse lo stesso Attila e r a afflitto. L'uomo e r a così l o n t a n o n o n solo dalla cultura, m a perfino d a l sospetto della c u l t u r a c h e p e r lui u n R o m a n o colto n o n s i differenziava d a u n R o m a n o i g n o r a n te e a m b e d u e facevano p a r t e della stessa c a t e g o r i a : quella dei nemici vinti, da t e n e r e in schiavitù. A che si s a p p i a - se n o n s i t r a t t a d i u n a l e g g e n d a - , n e discriminò u n o solo, m a p e r p u r a s u p e r s t i z i o n e . U n g i o r n o , g u a r d a n d o dalla finestra d e l suo palazzo u n g r u p p o d i prigionieri c h e d o v e v a n o e s s e r e smistati n e i v a r i c a m p i d i l a v o r o , n e v i d e u n o c h e d o r m i v a p l a c i d a m e n t e senza b a d a r e , c o m e gli altri facevan o , a r i p a r a r s i dal solleone c h e in Africa picchia con particolare violenza. O s s e r v a n d o meglio gli p a r v e c h e ad assicurargli u n a macchia d ' o m b r a sul c a p o fosse un avvoltoio c h e incrociava lì sopra. Pensò c h e Dio, p e r concedergli u n a simile protezione, dovesse avere un debole p e r quell'uomo, e lo m a n d ò a c h i a m a r e . Così s e p p e da lui c h e si chiamava M a r ciano e c h ' e r a v e n u t o da Bisanzio c o m e a t t e n d e n t e di Aspar. Lo lasciò libero, convinto c h e sarebbe d i v e n t a t o q u a l c u n o , e c h e p e r t a n t o fosse c o n v e n i e n t e a c c a p a r r a r s e n e la gratitudin e . E infatti M a r c i a n o q u a l c u n o d i v e n t ò q u a n d o , s p o s a t a Pulcheria, fu acclamato I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e . Forse, r i p e to, si t r a t t a di l e g g e n d a . Ma dalla Storia è accertato c o m u n q u e che, u n a volta p r e s a la p o r p o r a , M a r c i a n o si rifiutò cos t a n t e m e n t e di p r e n d e r e iniziative c o n t r o i Vandali. A n c h e q u e l l a volta, se l ' e p i s o d i o è v e r o , G e n s e r i c o n o n 101

aveva agito p e r generosità. N o n ne e r a capace. N e m m e n o il suo p r o f o n d o s e n t i m e n t o religioso riusciva a ispirargliene e in lui si trasformava in c r u d e l t à p e r s e c u t o r i a . Infatti, l u n g i d a l p r o v a r e u n senso d i solidarietà cristiana p e r i cristiani d'Africa, n o n aveva visto in essi che dei cattolici da t o r m e n t a r e in n o m e dell'arianesimo. A n c h e a fare q u a l c h e ribasso sui c r i m i n i e i s o p r u s i c h e g l ' i m p r e s t a n o gli storici d e l l a Chiesa, r i m a n e u n largo m a r g i n e p e r p o t e r l o c o n s i d e r a r e un Loyola a rovescio, inteso p i ù a c o m b a t t e r e la causa d e l diavolo che a d i f e n d e r e quella di Dio. L'Africa e r a cattolica i n u n m o d o t u t t o p a r t i c o l a r e , cioè nel m o d o fanatico e zelante in cui lo sono i Paesi d o v e la dis p u t a teologica è stata viva e floride le eresie. La Chiesa aveva d o v u t o c o m b a t t e r e u n a d u r a battaglia c o n t r o i Donatisti, i Circoncellioni e altri i n n u m e r e v o l i deviazionisti dalla r e gola o r t o d o s s a . Nella lotta s i e r a m a t u r a t a u n a p i ù s t r e t t a disciplina, che q u a e là sconfinava in manifestazioni di p u r i tanismo. I Vescovi con cui Genserico, d o p o la vittoria, si trovò alle p r e s e , si c h i a m a v a n o G r a z i a d d i o , Q u e l c h e d i o v u o l e , Sialodaddio eccetera. E r a n o cresciuti alla scuola rigorosa di Agostino, a v e v a n o a s p r a m e n t e lottato c o n t r o gli scismatici, n o n e r a n o inclini alle ritrattazioni e ai c o m p r o m e s s i . D u e di l o r o furono bruciati vivi, altri arrestati e torturati. Quello di C a r t a g i n e v e n n e caricato c o n t u t t i i p r e t i d e l l a diocesi su u n a nave affidata ai venti, senza timone né r e m i . Ma i venti la c o n d u s s e r o in Italia. T i p i c o fu il caso di S e b a s t i a n o , il g e n e r o di Bonifacio, c h ' e r a rimasto a I p p o n a e s'era messo al servizio del Vandalo. Questi aveva p e r lui un certo debole, ma a v e n d o in p r e cedenza stabilito che solo gli ariani p o t e v a n o f r e q u e n t a r e la C o r t e , gli chiese di a b i u r a r e alla fede cattolica. Sebastiano gli m o s t r ò u n a mollica d i p a n e «Io s o n o c o m e questa» gli disse. «C'è voluto u n certo quantitativo d i g r a n o , u n m u l i n o p e r macinarlo, dell'acqua p e r i m p a s t a r e la farina, del fuoco p e r cuocerla, p e r fare di essa ciò c h e è, c o m e ci son voluti il battesimo, lo studio della Dottrina e l'ispirazione di Dio p e r 102

fare di me quello che sono. C r e d i tu che, c o n v e r t e n d o m i all'arianismo, diventerei p i ù bianco di questo p a n e ? Se mi ris p o n d i di sì, Io faccio, a l t r i m e n t i r i m a n g o ciò c h e sono.» Genserico si d i e d e p e r vinto. Ma p o c h i giorni d o p o fece uccidere Sebastiano. Tuttavia, furbo c o m ' e r a , si accorse che con quelle p e r s e cuzioni, forniva soltanto ai suoi avversari dei n u o v i m a r t i r i da v e n e r a r e . Allora cambiò m e t r o . Affidò i renitenti al boia, ma d a n d o s e g r e t a m e n t e l'ordine a costui di ucciderli solo se all'ultimo m o m e n t o a c c e t t a v a n o l a c o n v e r s i o n e . M o r e n d o d a c o d a r d i i n abiura, n o n p o t e v a n o p i ù passare d a eroi. M a la m a g g i o r p a r t e resistè. E fu il caso, fra gli altri, di un attore comico, Mascula, che rimase f e r m o nella sua fede a n c h e q u a n d o sentì la l a m a della s p a d a sul collo, e d i v e n t ò un «Confessore», c o m e si c h i a m a v a n o c o l o r o c h ' e r a n o r e d u c i dalla m o r t e d o p o averla i m p a v i d a m e n t e sfidata. Probabilmente vandalismo diventò sinonimo di crudeltà non tanto p e r il t r a t t a m e n t o cui i Vandali s o t t o p o n e v a n o le città conquistate e i popoli vinti, c h e n o n e r a poi in fondo diverso e p e g g i o r e di quello che usavano tutti gli altri barbari, q u a n t o p e r la fanatica e cocciuta p e r s e c u z i o n e religiosa di quella specie di Scarpia sanguinario e bigotto, che fu Genserico. Questo era l'uomo che nel 455, raccogliendo l'appello di Eudossia, sciolse al vento le vele della sua flotta. I piloti stavolta s a p e v a n o b e n i s s i m o q u a l e r a l a d i m o r a degli u o m i n i c h e Dio n o n a m a . I legni barbarici g i u n s e r o nelle a c q u e di Ostia sulla fine di g i u g n o . Nella città indifesa la folla inferocita aveva linciato Massimo che si p r e p a r a v a a fuggirne. Rom a o r m a i n o n riconosceva che nel P a p a i l suo n a t u r a l e interprete e protettore. L e o n e I si fece i n c o n t r o al Vandalo con la stessa c o m p o stezza e maestà con cui pochi a n n i p r i m a si e r a fatto incont r o a Attila. La sua m e d i a z i o n e n o n ebbe altrettanto successo, ma a n c h e stavolta riuscì a evitare il peggio. Fra i d u e fu stipulato u n o s t r a n o C o n c o r d a t o , in base al quale il S o m m o 103

Pontefice r i c o n o s c e v a in c e r t o q u a l m o d o il d i r i t t o di saccheggio e di r a p i n a al b a r b a r o , se questi s'impegnava a n o n u c c i d e r e i d e r u b a n d i , a n o n b r u c i a r n e le case e a n o n sottom e t t e r l i a t o r t u r a p e r s a p e r e d o v e a v e v a n o nascosto i l o r o beni. C o m e poi in p r a t i c a si siano svolte le cose, è difficile sap e r l o , e ci s o r p r e n d e r e b b e c h e q u a l c h e m o r t o n o n ci sia scappato. Dicono che e n t r a n d o n e l l ' U r b e alla testa delle sue soldataglie, Genserico esclamasse n o n con a m m i r a z i o n e , ma con cupidigia: «Dio, q u a n t a r o b a da r u b a r e ! » Forse n o n è vero. Ma a n c h e se n o n lo disse, a v r e b b e p o t u t o dirlo. Q u a t tordici giorni d u r ò la s a r a b a n d a dei lanzichenecchi vandali nelle s t r a d e e nelle case di R o m a . T u t t o quello che si p o t e v a p o r t a r n e via fu s p i a n t a t o e c a r i c a t o sulle navi alla f o n d a . U n a di esse e r a stivata di statue, ma p u r t r o p p o l'eccesso di p e s o la fece n a u f r a g a r e in mezzo al M e d i t e r r a n e o nel viaggio di r i t o r n o . Il palazzo i m p e r i a l e e il t e m p i o di Giove fur o n o l e t t e r a l m e n t e spogliati. Molto del vasellame e a r g e n t e ria p r e d a t i in q u e i g i o r n i v e n n e r e c u p e r a t o d a i bizantini a C a r t a g i n e nel palazzo di G e l i m e r o , p r o n i p o t e di Genserico, u n ' o t t a n t i n a di a n n i d o p o , e trasferito a Costantinopoli. C o m e p r e d a bellica f u p o r t a t a via a n c h e l ' I m p e r a t r i c e Eudossia, causa di tutta quella sciagura, le s u e d u e figlie Eud o c i a e Placidia, e G a u d e n z i o , il figlio di Ezio, c h e aveva a s p i r a t o alla m a n o di u n a di esse. Per Eudossia fu forse un gesto di cortesia: è facile i m m a g i n a r e che fine avrebbe fatto se si fosse ritrovata faccia a faccia coi suoi sudditi d o p o aver loro tirato addosso q u e l disastro. Q u a n t o alle ragazze, G e n serico le considerava d u e «buoni partiti» da sfruttare conven i e n t e m e n t e . Diede infatti E u d o c i a in moglie a U n e r i c o , di cui si disse c h ' e r a già i n n a m o r a t o di lei sin dai t e m p i in cui e r a ostaggio a R o m a . I r o m a n z i sentimentali c o m m u o v e v a no la g e n t e a n c h e a q u e i t e m p i , ma nel caso specifico si trattava c e r t a m e n t e d ' i n v e n z i o n e p e r c h é q u a n d o U n e r i c o s i trovava a R o m a , Eudocia e r a in fasce. Placidia rimase a Cartagine con l a m a d r e , trattate a m b e d u e con g r a n d e g e n e r o 104

sita e correttezza, finché p e r le insistenze della C o r t e d ' O r i e n t e , con cui Genserico n o n voleva storie, f u r o n o r i m a n d a t e a Bisanzio, dove la giovane principessa sposò il senatore O l i b r i o . E c o n q u e s t e d u e r a g a z z e finisce la d i n a s t i a di Teodosio. Ma, oltre a questi p e r s o n a g g i di p r i m o p i a n o , Genserico si e r a p o r t a t o dietro u n o stuolo di tecnici e di artigiani q u a lificati, c o m e millecinquecento a n n i p i ù tardi a v r e b b e fatto il suo c o m p a t r i o t a Hitler nei Paesi occupati. Fu u n a o p e r a zione alla ì b d t senza r i g u a r d o a casi personali e a vincoli di famiglia. Migliaia di R o m a n i f u r o n o disseminati fra il Marocco e la Libia e messi ai lavori forzati p e r c o n t r i b u i r e alla ricchezza e alla p o t e n z a del loro carceriere.

CAPITOLO DODICESIMO

RICIMERO E ODOACRE

Per d u e mesi i R o m a n i r i m a s e r o senza I m p e r a t o r e , ma n o n risulta che se ne sentissero orfani. Gli ultimi Augusti di imperiale n o n avevano avuto che il titolo: il p o t e r e lo avevano esercitato con regale indegnità. La popolazione aveva visto i Vandali a b b a n d o n a r e la città e dirigere le vele verso l'Africa, d i dove e r a n o venuti. I cronisti dell'epoca riferiscono che sull'Urbe violentata e saccheggiata si e r a stesa u n a coltre di a p a t i a . Fu in q u e s t a atmosfera stracca e neghittosa che, sulla fine dell'estate d e l 4 5 5 , varcò le m u r a della città un vecchio, nobile dell'Alvernia, che e r a u n a delle province della Gallia. Si chiamava Avit o m a n e s s u n o nella capitale aveva p r i m a d ' a l l o r a u d i t o i l s u o n o m e . Q u a l c u n o disse c h e e r a il n u o v o I m p e r a t o r e . I R o m a n i lo accolsero c o n i n d i f f e r e n z a e n o n gli a n d a r o n o n e p p u r e incontro. Avito e r a stato i n c o r o n a t o n o n d a i R o m a n i m a d a i Visigoti, il dieci luglio ad Arles. Discendeva da u n a delle famiglie più cospicue della r e g i o n e . I suoi a n t e n a t i avevano ricop e r t o p e r generazioni cariche i m p o r t a n t i nell'esercito e nella p u b b l i c a a m m i n i s t r a z i o n e . I biografi r a c c o n t a n o c h e q u a n d o d i v e n n e I m p e r a t o r e doveva essere sulla sessantina, essendo n a t o n e l l ' a n n o in cui Teodosio m o r ì . Possedeva u n a b u o n a cultura classica e aveva letto C i c e r o n e e Giulio Cesare che nel De bello gallico, cinque secoli p r i m a , aveva descritto il suo p o p o l o . Agli studi alternava la caccia al cinghiale. Il suo cursus honorum fu m o l t o r a p i d o e in p o c h i a n n i riuscì a o t t e n e r e u n a delle cariche p i ù i m p o r t a n t i della provincia, la p r e f e t t u r a del p r e t o r i o , c h e t e n n e p e r u n lustro q u a n d o s i 106

r i t i r ò a vita p r i v a t a c o n la figlia Papianilla. Di q u e s t ' u o m o n o n a v r e m m o forse mai sentito p a r l a r e s e u n g i o r n o R o m a n o n lo avesse incaricato di u n ' a m b a s c e r i a p r e s s o il Re d e i Visigoti, Teodorico. Avito e Teodorico si e r a n o conosciuti da ragazzi ed e r a n o diventati g r a n d i amici. Sul traballante I m p e r o d ' O c c i d e n t e incombeva la minaccia di Attila il quale n o n aveva rinunciato a trasformare l'Italia in un Deserto dei Tartari. Avito e T e o d o rico strinsero un patto di alleanza e di m u t u o soccorso. D u e mesi d o p o la ritirata dei Vandali da Roma, col favore del Re g o t o , Avito fu c o r o n a t o I m p e r a t o r e . Fu un b r e v e r e g n o . Il p o e t a S i d o n i o A p o l l i n a r e , c h e aveva s p o s a t o Papianilla, l o i m m o r t a l ò in un b r u t t o panegirico. C o m e r i c o m p e n s a il suocero gli fece erigere u n a statua nel Foro Traiano. Q u a n d o a R o m a giunse la notizia c h e la flotta di Genserico e r a p e r la s e c o n d a volta salpata v e r s o l'Italia, i R o m a n i f u r o n o p e r c o r s i d a u n b r i v i d o d i t e r r o r e . Avito fece subito allestire u n a flotta e vi pose a capo il c o n t e Ricimero il quale investì le t r i r e m i n e m i c h e c h e veleggiavano verso la Corsica, le accerchiò e le colò a picco. Migliaia di Vandali p e r s e r o la vita. I superstiti, in c a t e n e , f u r o n o c o n d o t t i p r i g i o n i e r i a R o m a e Avito li fece d e c a p i t a r e . La p o p o l a z i o n e c h e aveva a n c o r a vivo il r i c o r d o del sacco del 455 esultò. Ricimero fu p o r t a t o in trionfo p e r le s t r a d e i m b a n d i e r a t e della Capitale. La folla, in delirio, gli t r i b u t ò o n o r i d e g n i dei t e m p i di Augusto. La gloria del n u o v o e r o e offuscò quella d e l l ' I m p e r a t o r e il quale, p o c h e settimane d o p o , fu d e p o s t o , a n c h e p e r ché aveva fatto f o n d e r e a l c u n e statue di b r o n z o p e r p a g a r e la cinquina ai soldati. Riuscì a fuggire ma a Piacenza fu fatto p r i g i o n i e r o e c o n s e g n a t o a Ricimero. Questi n o n solo gli ris p a r m i ò la vita, ma lo fece c o n s a c r a r e Vescovo. Un episodio che testimonia in m o d o e l o q u e n t e delle condizioni della Chiesa nel q u i n t o secolo. Ricimero e r a u n b a r b a r o c h e aveva fatto u n a b r i l l a n t e carr i e r a r i o r g a n i z z a n d o l'esercito e c o m b a t t e n d o c o n t r o i b a r 107

bari che minacciavano l'Impero. G r a n d e generale, freddo calcolatore, fu s e m p r e fedele a R o m a ma n o n agli I m p e r a tori che di volta in volta collocò sul t r o n o e da esso sbalzò. Si ricordava di Stilicone, che O n o r i o aveva fatto assassinare, e d i Ezio, giustiziato d a Valentiniano. C a p ì c h e l ' I m p e r o e r a marcio e che la sua fine poteva essere r i t a r d a t a ma n o n evitata. S c o m p a r s o Avito n o n volle succedergli p e r c h é le leve d e l c o m a n d o e r a meglio controllarle c o m e p r i m o m i n i s t r o di un s o v r a n o e s a u t o r a t o . Si limitò ad a s s u m e r e il titolo di Patrizio con cui gli veniva r i c o n o s c i u t o il d i r i t t o di p r o c l a marsi p a d r e d e l l ' I m p e r a t o r e . Giubilato Avito collocò sul trono Maggioriano, e x - a i u t a n t e di c a m p o di Ezio al cui fianco a v r e b b e fatto u n a r a p i d a c a r r i e r a se la moglie del g e n e r a l e n o n lo avesse fatto s i l u r a r e . C o m e C i n c i n n a t o e T e o d o s i o , Maggioriano si e r a ritirato in c a m p a g n a ad allevare polli, in attesa di t e m p i migliori. Q u a n d o Ezio fu assassinato, Valentiniano I I I lo richiamò. Fu in questa occasione c h e c o n o b b e Ricimero. Per i R o m a n i l'elezione di Maggioriano fu un avv e n i m e n t o d i o r d i n a r i a a m m i n i s t r a z i o n e . D o p o l'incoronazione, il n u o v o Augusto lesse al Senato un messaggio p i e n o d i d e f e r e n z a i n cui d i c h i a r a v a d i a s s u m e r e l a p o r p o r a p e r volontà dei suoi r a p p r e s e n t a n t i e nel s u p r e m o interesse della Patria. I S e n a t o r i q u a n d o lo u d i r o n o t r a s e c o l a r o n o . Da t e m p o i m m e m o r a b i l e n o n e r a n o p i ù abituati a sentirsi trattare con t a n t o r i g u a r d o . L'incoronazione di Maggioriano r i p o r t ò alla ribalta Sidonio Apollinare. Il poeta, d o p o la scomparsa di Avito, e r a cad u t o i n disgrazia. F u p e r d o n a t o p e r c h é e r a l ' u n i c o p o e t a d e l l ' I m p e r o . Il p a n e g i r i c o d e d i c a t o a M a g g i o r i a n o riscosse gli stessi consensi di quello indirizzato ad Avito. In e n t r a m b i i c o m p o n i m e n t i - della stessa l u n g h e z z a e nello stesso m e tro - Sidonio aveva d e t t o s u p p e r g i ù le stesse cose. C o m e ric o m p e n s a , fu e s o n e r a t o dalle tasse. M a g g i o r i a n o fu un b u o n I m p e r a t o r e . Poiché gli Italiani n o n facevano p i ù figli, proibì alle d o n n e di p r e n d e r e i voti p r i m a dei q u a r a n t ' a n n i , obbligò le vedove a rimaritarsi, im108

p e d i ai giovani di farsi m o n a c i e p u n ì gli speculatori che p e r costruire nuovi edifici abbattevano quelli antichi d i m o s t r a n do c h e a R o m a i Vandali e r a n o del tutto superflui. Ma q u e sta saggezza gli costò cara. Ricimero n o n t a r d ò ad accorgersi che Maggioriano voleva fare l ' I m p e r a t o r e sul serio e nel maggio del 460 lo d e p o se. Maggioriano si ritirò a vita privata in u n a villa vicino Roma dove, pochi a n n i d o p o - riferisce Procopio - m o r ì di dissenteria. Tolto dalla scena un sovrano c h e avrebbe meritato di restarci, Ricimero, nel n o v e m b r e del 4 6 1 , i n c o r o n ò a Ravenna A u g u s t o un certo Libio Severo, lucano di nascita. Di costui s a p p i a m o solo c h e r e g n ò q u a t t r o a n n i , visse religiosam e n t e e m o r ì avvelenato. D o p o di lui il t r o n o restò vacante per d u e anni. Il suo successore A n t e m i o era g e n e r o del defunto I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e Marciano. Fu d e p o s t o p e r inettitudine nell'aprile del 472. Ricimero i n c o r o n ò allora un certo Olibrio, c h e n o n fece i n t e m p o a d e p o r r e p e r c h é d o p o u n m e s e u n ' e m o r r a g i a uccise lui. C o n la sua m o r t e si c h i u d e la serie di quei Generali barb a r i che negli ultimi t e m p i avevano r e t t o le sorti dell'Occid e n t e , c o l m a n d o i l v u o t o d i u n p o t e r e c h e gli I m p e r a t o r i n o n e r a n o p i ù i n g r a d o d i esercitare. Per sedici a n n i Ricim e r o e r a riuscito a t e n e r e a galla u n a b a r c a che faceva acq u a da t u t t e le p a r t i e le cui falle n e s s u n o p i ù e r a in g r a d o di t a m p o n a r e . Olibrio n o n ebbe n e p p u r e il t e m p o di accorgersi di quello che gli stava s u c c e d e n d o i n t o r n o : un attacco di idropisia lo eliminò. P r i m a di m o r i r e , aveva n o m i n a t o Patrizio il n i p o t e di Ricimero, il p r i n c i p e b u r g u n d o G u n d o b a d o , c h e nel m a r z o del 4 7 3 , d o p o u n i n t e r r e g n o d i c i n q u e mesi, p r o c l a m ò I m p e r a t o r e a R a v e n n a Glicerio. Di costui s a p p i a m o solo che q u a n d o l'Italia fu minacciata dagli Ostrogoti, egli a n d ò i n c o n t r o al l o r o re T e o d e m i r o , lo c o l m ò di d o n i e lo indusse ad a b b a n d o n a r e la Penisola e a m a r c i a r e sulla Gallia che, se n o n di fatto, a l m e n o sulla carta a p p a r t e 109

n e v a a n c o r a a l l ' I m p e r o . Ma q u e s t o t r a d i m e n t o gli costò il t r o n o sul q u a l e balzò u n G e n e r a l e d i n o m e Giulio N e p o t e . G u n d o b a d o preferì fuggire i n B u r g u n d i a , d o v e l o a t t e n d e v a l a c o r o n a d i u n r e g n o m e n o glorioso d i quello r o m a n o , ma certamente più comodo. Giulio N e p o t e g o v e r n ò quattordici mesi e c o n s e g n ò l'Alvernia ai Visigoti. I R o m a n i n o n glielo p e r d o n a r o n o e il s u o l u o g o t e n e n t e O r e s t e , nell'estate d e l 4 7 5 , lo d e p o s e e proclamò I m p e r a t o r e a R a v e n n a il figlio R o m o l o Augustolo. O r e ste e r a n a t o in P a n n o n i a , e r a e n t r a t o al servizio di Attila, e lo a b b i a m o già i n c o n t r a t o , col suo collega E d e c o n e , alla testa dell'ambasceria che il «flagello» aveva m a n d a t o a Costantinopoli n e l 4 4 8 . I l m a t r i m o n i o c o n u n a n o b i l d o n n a g r e c a gli aveva spalancato le p o r t e della società bizantina. A n c h e lui, c o m e Stilicone e Ricimero, n o n i n d o s s ò la p o r p o r a e si accontentò del titolo d i Patrizio. E r a u n u o m o ambizioso, m a o t t u s o . Q u a n d o gli E r u l i c a l a r o n o in Italia e r e c l a m a r o n o u n terzo d e l suo t e r r i t o r i o p e r acquartierarvisi, O r e s t e glielo rifiutò. Il loro c a p o , O d o a c r e , gli d i c h i a r ò g u e r r a e m a r ciò su Pavia d o v e egli e r a r i p a r a t o . D o p o d u e giorni d'assed i o la città capitolò e fu s p i a n a t a al suolo. Gli Eruli sgozzar o n o i suoi abitanti e n o n r i s p a r m i a r o n o n e p p u r e i vecchi e i b a m b i n i . Fu un massacro in p i e n a regola, nello stile di Attila e di Genserico. Ma ci si d i m e n t i c ò di O r e s t e il quale, p e r la s e c o n d a volta, riuscì a mettersi in salvo a Piacenza. Fu scovato d o p o u n a s e t t i m a n a e p a s s a t o s o m m a r i a m e n t e p e r l e a r m i . Sorte migliore ebbe il figlio R o m o l o Augustolo. O d o a c r e gli r i s p a r m i ò l a vita, u n p o ' p e r l a s u a g i o v a n e età, u n p o ' p e r la sua s t r a o r d i n a r i a bellezza, e gli concesse di t r a s c o r r e r e il r e s t o d e i suoi g i o r n i in u n a villa vicino N a p o l i , con u n a p e n s i o n e a n n u a d i seimila soldi. Odoacre era il figlio di quell'Edecone che con Oreste aveva fatto p a r t e d e l servizio diplomatico di Attila. Il m o d o in cui trattò il vecchio amico e collega di suo p a d r e , sulle cui ginocchia forse aveva saltato da b a m b i n o , ci dice abbastanza d e l suo c a r a t t e r e . Egli g o v e r n ò l'Italia p e r diciassette a n n i , 110

d a l 4 7 6 al 4 9 3 . C'era v e n u t o d o p o la dissoluzione dell'orda, e n e l l ' e s e r c i t o i m p e r i a l e aveva fatto u n a r a p i d a c a r r i e r a , p r o p o r z i o n a t a ai suoi meriti, c h ' e r a n o g r a n d i , e all'inettitud i n e d e g l i I m p e r a t o r i , c h ' e r a g r a n d i s s i m a . L o storico E u gippio ce lo descrive di notevole statura, rosso di pelo e c o n un g r a n paio di baffi biondi. L'imperatore Z e n o n e lo n o m i n ò Patrizio, c h e e r a u n r i c o n o s c i m e n t o p u r a m e n t e formale. Gli E r u l i lo a c c l a m a r o n o Re e gli c o n f e r i r o n o , col titolo, i p i e n i p o t e r i . Sotto di lui vincitori e vinti c o a b i t a r o n o senza fondersi. Le a n t i c h e m a g i s t r a t u r e dei t e m p i di Siila e di Cic e r o n e e le gloriose cariche r e p u b b l i c a n e n o m i n a l m e n t e sop r a v v i v e v a n o allo s c o n q u a s s o d e l l ' I m p e r o ; m a o r m a i n o n c o n t a v a n o p i ù nulla, c o m e n o n contava p i ù nulla il S e n a t o , e s a u t o r a t o d a q u e s t o c a p i t a n o d i v e n t u r a r i c o p e r t o d i pelli d i m o n t o n e . L'Italia e r a p i o m b a t a n e l M e d i o Evo. C o m i n ciavano i secoli b u i .

CAPITOLO TREDICESIMO

L'ULTIMA R O M A I M P E R I A L E

N o n risulta c h e i R o m a n i , o p e r meglio d i r e gli abitanti di R o m a , si r e n d e s s e r o esatto conto di ciò che significava la d e cisione di O d o a c r e di s p e d i r e a C o s t a n t i n o p o l i le i n s e g n e imperiali e di abolire la carica di Augusto. II Senato, che prò forma si riuniva p e r avallare le decisioni del tirannello di t u r n o , lo considerò un fatto di o r d i n a r i a amministrazione, anzi lo salutò c o m e u n a provvida riunificazione d e l l ' I m p e r o d o po la divisione fattane da Costantino. C h e tutto l'Occidente se ne fosse s e p a r a t o ; c h e R o m a , u n a volta caput mundi, n o n lo fosse p i ù n e a n c h e dell'Italia, la quale o r a m a i gravitava di p i ù su Milano e R a v e n n a ; e c h e la Penisola n o n fosse p i ù che la r e m o t a p r o p a g g i n e di un I m p e r o che si p r o c l a m a v a a n c o r a R o m a n o , m a che i n realtà e r a soltanto greco-orientale; p a r v e r o loro tutte cose di scarso rilievo e di secondaria importanza. Q u e s t a indifferenza è significativa. N o n c h e - i n t e n d i a moci - all'atto pratico il Senato avesse la possibilità e i mezzi di o p p o r s i . Se avesse osato, p e r dirla con Mussolini, i lanzichenecchi di O d o a c r e a v r e b b e r o fatto di quell'aula s o r d a e grigia un loro bivacco. Ma a l m e n o un a d d i o alle aquile e ai fasci littori, cioè a ottocento a n n i di Storia e di Gloria, avrebbe p o t u t o risuonarvi. Invece, niente. Fra gli epigoni di quella c h ' e r a stata la p i ù orgogliosa aristocrazia del m o n d o , n o n se ne trovò u n o disposto a p r o n u n z i a r e un epitaffio. L'ultimo S e n a t o r e d e g n o d i q u e s t o n o m e e r a stato Simm a c o , alle cui «Lettere» d o b b i a m o il più g r a d e v o l e r i t r a t t o dell'agonizzante R o m a imperiale. Veniva da u n a g r a n d e famiglia di Consoli e di Prefetti, c h e a v e v a n o servito c o n la 112

m e d e s i m a accortezza gl'interessi dello Stato e quelli p r o p r i , c o m e d i m o s t r a v a l ' i m m e n s o p a t r i m o n i o che avevano accum u l a t o . Fra l'altro essi a v e v a n o d i s s e m i n a t o , dal L a g o d i G a r d a alla Baia di N a p o l i , u n a c a t e n a di s o n t u o s e ville, in m o d o da p o t e r scorrazzare la Penisola senza lo s c o m o d o di uscir di casa. Simmaco e r a l'ultimo r a p p r e s e n t a n t e della cultura pagan a , s e b b e n e in fatto di r e l i g i o n e si p r o c l a m a s s e a g n o s t i c o . «Che i m p o r t a n z a ha» disse a l l ' i m p e r a t o r e V a l e n t i n i a n o «quale strada si sceglie p e r g i u n g e r e al Vero? Q u e l che conta s a p e r e è c h e n o n si a r r i v e r à m a i a s c o p r i r l o . » G r a n sig n o r e e i n t i m o amico di Vezio Pretestato, c a p o della m i n o r a n z a p a g a n a in Senato, egli fu designato a patrocinarla nella sua ultima battaglia c o n t r o il Cristianesimo. L'imperatore G r a z i a n o , c o m p l e t a m e n t e d o m i n a t o da A m b r o g i o , sulla fine del q u a r t o secolo o r d i n ò la c h i u s u r a e la confisca di tutti i templi dedicati agli dei e la rimozione dal Senato della statua della Vittoria che A u g u s t o vi aveva istallato. Simmaco si o p p o s e c o n un d i s c o r s o d e g n o d e l m i g l i o r C i c e r o n e , e fu b a n d i t o da G r a z i a n o . M o r t o costui e succedutogli Valentin i a n o I I , Simmaco r i p r e s e la sua battaglia oratoria e l'avrebb e vinta s u l l ' a n i m o del n u o v o giovane I m p e r a t o r e , s e A m brogio n o n fosse i n t e r v e n u t o con la sua foga abituale. Il Vescovo di Milano trionfò p e r c h é aveva dalla sua la Fede. Simmaco n o n aveva che la r a g i o n e . L e s u e «Lettere» s o n o u n a l i m p i d a , m a parziale descrizione della R o m a dei suoi t e m p i , dal p u n t o di vista dei ricchi privilegiati, che a n c o r a vi m a n t e n g o n o posizioni di rilievo, sia p u r e soltanto decorative. Quella che n o n lo è p i ù sul p i a n o politico, è a n c o r a p e r ò la capitale intellettuale dell'Occidente, dove c h i u n q u e voglia p a r l a r e al m o n d o civile è costretto a v e n i r e p e r i m p a r a r n e la l i n g u a e i c o s t u m i e p e r trovare gli s t r u m e n t i di diffusione. Nei palazzi si sono accumulati libri e oggetti d'arte. Vi sono t a p p e t i che costano fino a d u e c e n t o milioni di lire. Battaglioni di cuochi p r e p a r a n o pranzi sontuosi. E dalle conversazioni è b a n d i t a ogni parola 113

c h e n o n sia d e l p i ù classico l a t i n o . Q u e s t a società n o n è c h i u s a . Accoglie t u t t i c o l o r o , i n d i g e n i o forestieri, c h e in q u a l c h e m o d o f a n n o spicco, m a g l ' i m p o n e l a sua etichetta. Le ambizioni s o n o p i ù intellettuali che politiche. Tuttavia la d e d i z i o n e al b e n e p u b b l i c o è a n c o r a g r a n d e . Q u e s t a classe d i r i g e n t e , l u n g i dal t r a r r e profitti dalle sue cariche a m m i n i strative e d i p l o m a t i c h e (di quelle militari ha p e r s o perfino il ricordo), se le m a n t i e n e finanziando di tasca p r o p r i a circhi e teatri. È un ceto signorile, di altissima civiltà, che n o n r u ba p i ù p e r c h é i suoi avi h a n n o già r u b a t o abbastanza, e alla cui p o r t a tutti i forestieri, b a r b a r i o m e n o , f a n n o ressa p e r esservi accolti. C'è senza dubbio del vero, in questo attraente ritratto, ma visto da u n a p a r t e sola. L'altra ce la fornisce un cristiano, anzi un p r e t e di Marsiglia, Salviano, nel suo libro // governo di Dio, di cui Agostino e b b e p r o b a b i l m e n t e conoscenza. Salviano n o n v e d e che o p p r e s s i o n e , c o r r u z i o n e e immoralità, a differenza di q u a n t o avviene nelle società b a r b a r i c h e , rozze m a c e m e n t a t e dallo spirito d i sacrificio, d a u n s e n t i m e n t o d i solidarietà e di fratellanza e dalla legge d e l l ' o n o r e . «Roma m u o r e e ride» dice q u e s t o p u r i t a n o c h e n o n l'ama e c h e fors e h a letto u n p o ' t r o p p o Tacito. M a a n c h e nella sua descrizione del v e r o c'è. L a città aveva i n q u e l m o m e n t o m e n o d i d u e c e n t o m i l a abitanti, fra i quali i R o m a n i di razza d o v e v a n o contarsi, al massimo, a centinaia. Dai t e m p i di C e s a r e essa e r a u n a m e t r o p o l i in p r e v a l e n z a o r i e n t a l e , c h e si e r a a b i t u a t a a vivere p a r a s s i t a r i a m e n t e alle spalle delle p r o v i n c e r o m a n i z z a t e . A p a r t e u n a cartiera e u n a fabbrica di coloranti, le sue u n i c h e i n d u s t r i e e r a n o la politica e il saccheggio. Q u e s t ' u l t i m o aveva r i e m p i t o il suo tesoro pubblico e quelli privati, c o m e nel secolo d e c i m o n o n o il saccheggio coloniale a v r e b b e fruttato la ricchezza d e l l ' I n g h i l t e r r a . Ma esso e r a finito da un pezzo, o r m a i : da q u a n d o C o s t a n t i n o p o l i bloccava i mercati o r i e n tali e le invasioni b a r b a r e a v e v a n o p a r a l i z z a t o quelli occidentali. 114

D a a l l o r a s e m p r e p i ù R o m a aveva d o v u t o c o n t a r e solo sulla Penisola. M a n e a n c h e q u i l e cose p r o c e d e v a n o b e n e . La p o p o l a z i o n e complessiva n o n s u p e r a v a i c i n q u e milioni. Ma ai g u a i della d e c a d e n z a demografica d o v e v a n o a g g i u n gersi quelli d e l d e c l i n o d e l l a classe m e d i a . Dai G r a c c h i i n p o i R o m a aveva s e m p r e lottato p e r ricostruire o p u n t e l l a r e q u e l l a società c o n t a d i n a di coltivatori d i r e t t i c h e d a v a n o i migliori soldati all'esercito e i migliori funzionari all'ammin i s t r a z i o n e . Ma il sistema fiscale d e l basso I m p e r o l'aveva d e f i n i t i v a m e n t e r o v i n a t a . L a T r i b u t a r i a e r a t a l m e n t e corr o t t a e p r e v a r i c a t r i c e c h e , s t a n d o a Salviano, p e r la p r i m a volta, nel terzo secolo, si v i d e r o dei cittadini r o m a n i fuggire, p e r sottrarvisi, oltre la «cortina di ferro» del limes, e rifugiarsi p r e s s o i b a r b a r i . L ' i m p e r a t o r e V a l e n t i n i a n o I ne fu così colpito che istituì u n a n u o v a professione: quella dei «Difensori della Città» cui e r a n o affidati i r e c l a m i c o n t r o il fisco. Ma n e s s u n r i m e d i o di legge è valido q u a n d o il c o s t u m e si c o r r o m p e . I m e m o r i a l i s t i d e l t e m p o h a n n o lasciato scritto c h e c o l o r o c h e vivevano sulle tasse e r a n o p i ù n u m e r o s i d i coloro che d o v e v a n o pagarle. Ed e r a la c o n s e g u e n z a di d u e f e n o m e n i u g u a l m e n t e d e l e t e r i e c h e si s v i l u p p a n o s e m p r e d i p a r i passo: d a u n a p a r t e i l p r o l i f e r a r e della b u r o c r a z i a , dall'altra l'assottigliamento dei contribuenti. I quali, incapaci di far fronte al fisco, s e m p r e p i ù v e n d e v a n o il p o d e r e o la piccola fattoria al latifondista, facendosene a s s u m e r e in q u a lità di coloni, cioè p r e s s a p p o c o di servi della gleba. Fu q u e s t o il v e r o inizio del M e d i o Evo, a l m e n o d a l p u n t o di vista sociale, e cominciò a verificarsi p r i m a dell'arrivo dei b a r b a r i . D a q u a n d o l e g u e r r e d i conquista e r a n o f i n i t e , e r a cessato a n c h e l'afflusso di schiavi. E q u i n d i i g r a n d i p r o p r i e tari e r a n o b e n c o n t e n t i d i a s s o l d a r e c o m e c o n t a d i n i quelli piccoli, d o p o a v e r n e r i c o m p r a t o le t e r r e . Costoro, dal c a n t o p r o p r i o , c e r c a v a n o u n p a d r o n e : n o n solo p e r sottrarsi alla T r i b u t a r i a , m a a n c h e p e r a v e r e i n lui u n p r o t e t t o r e n e l l o scompiglio c h e si a n d a v a a c c e n t u a n d o . Il g r a n d e feudatario, c h e sin q u i aveva vissuto un p o ' nel 115

suo palazzo a R o m a , un p o ' nella sua villa in c a m p a g n a , comincia a cambiare fisionomia, e si trasforma nel potente, che è già l'inizio del Feudalesimo. La villa, che finora tirava solt a n t o al c o m o d o e al bello p e r c h é alla sua p r o t e z i o n e accud i v a n o i Prefetti e i G e n e r a l i c o n le l o r o forze di polizia, adesso cerca a n c h e la sicurezza, e si trasforma p i a n o p i a n o in castello, cioè in fortilizio, p e r c h é lo Stato n o n è p i ù semp r e in g r a d o di difenderla dai briganti che infestano le cont r a d e e dai «federati» che cominciano a calarvi e che con essi spesso si c o n f o n d o n o . Q u e l l o che invece n o n cambia è il r a p p o r t o u m a n o fra il p a d r o n e e il colono, c h e si è a p o c o a poco sostituito allo schiavo ma che il p a d r o n e seguita a trattare c o m e tale. Q u e s t a è u n a delle r a g i o n i p e r cui il Feudalesimo, fenom e n o t i p i c a m e n t e g e r m a n i c o , i n Italia attecchì p r i m a c h e a l t r o v e , ma vi e b b e a n c h e la vita p i ù c o r t a . I b a r b a r i , c h e n o n si e r a n o allenati al c o m a n d o sugli schiavi, a v e v a n o d e l vassallaggio u n ' i d e a m o l t o p i ù u m a n a d e i R o m a n i , p e r c h é 10 esercitavano sui loro fratelli, e q u i n d i c o n molte limitazioni e garanzie. I R o m a n i invece si e r a n o s e m p r e riconosciuti 11 diritto di d i s p o r r e della vita dei loro d i p e n d e n t i , e vi avev a n o c o n t r a t t o u n a specie di vizio m e n t a l e . Paolino di Pella si c o n g r a t u l a v a della p r o p r i a m o r a l i t à s c r i v e n d o , in questi t e m p i , d i essersi s e m p r e c o n t e n t a t o , q u a n t o a c o n c u b i n e , d e l l e serve: il c h e costituiva, s e c o n d o lui, solo l'esercizio d ' u n diritto. I n questo c o n t a d o scarsamente p o p o l a t o d a u n a plebe d i m e z z a d r i e di b r a c c i a n t i s e n z ' a l t r a p r o t e z i o n e c h e q u e l l a g r a z i o s a m e n t e concessa d a i potenti, solo c o s t o r o vivevano a g i a t a m e n t e , p e r c h é quasi tutto il r e d d i t o veniva rastrellato a R o m a . Ma a n c h e qui ci si g u a r d a v a dal distribuirlo e q u a m e n t e . M e n t r e Simmaco iscriveva nel s u o registro dei conti la spesa di oltre c i n q u e c e n t o milioni di lire p e r u n o spettacolo n e l C i r c o , d o v e t r e n t a g l a d i a t o r i sassoni p r e f e r i v a n o strangolarsi ciascuno con le p r o p r i e m a n i piuttosto che sbudellarsi l ' u n o con l'altro, un vasto proletariato viveva solo di 116

sussidi, di elemosine e di piccoli intrallazzi, a p p r o f i t t a n d o di o g n i d i s o r d i n e p e r dedicarsi al saccheggio di b a n c h e e n e gozi. A d A m m i a n o M a r c e l l i n o , c h e v i g i u n s e sulla f i n e d e l q u a r t o secolo da Antiochia, R o m a fece l'impressione di u n a città piacevole e corrotta, d o v e la raffinatezza e la crudeltà, l'intelligenza e il cinismo, il lusso e la miseria, la tradizione e l'anarchia si mescolavano in dosi u g u a l m e n t e r o b u s t e . A m m i a n o scriveva i n u n latino u n p o ' imparaticcio. M a e r a u n imparziale g a l a n t u o m o , a cui il p a g a n e s i m o n o n i m p e d ì p e r e s e m p i o di c o n d a n n a r e Giuliano l'Apostata p e r i suoi tentativi c o n t r o le libertà cristiane. E al suo giudizio ci c r e d i a m o , a n c h e p e r c h é conferma sia il ritratto in rosa di Simmaco che quello i n n e r o d i Salviano. L e d u e R o m e , quella s p l e n d i d a dei pochi e quella miserabile dei molti, convivevano. E si capisce c o m ' e s s a p o t e s s e a p p a r i r e d i v e r s a s e c o n d o gli occhi che la g u a r d a v a n o . Altri d u e cronisti forestieri, Macrobio e C l a u d i a n o , n o n videro c h e la p r i m a , forse p e r c h é e b b e r o la v e n t u r a di essere accolti nella b u o n a società. Ma le l o r o d e scrizioni p u z z a n o di omaggio. Anch'essi tuttavia ci a i u t a n o a capire c o m e mai R o m a accettasse con t a n t a facilità la sua spoliazione del titolo di Capitale d ' I m p e r o . T u t t e le d e c a d e n z e in tutti i luoghi e in tutti i t e m p i s o n o c o n t r a s s e g n a t e d a i m e d e s i m i f e n o m e n i : le accresciute distanze sociali fra u n n u m e r o s e m p r e p i ù piccolo di privilegiati e u n a massa s e m p r e p i ù g r a n d e di d e r e litti, l'afnevolimento di ogni vincolo di solidarietà, e la totale indifferenza di tutti agl'interessi della c o m u n i t à . Nei salotti della ricca R o m a quasi tutta p a g a n a , si parlava di Cicerone e di Catullo, si citava Aristotele, si corbellavano i G e n e r a l i b a r b a r i , le l o r o r o z z e m a n i e r e , i l o r o e r r o r i di p r o n u n z i a e di o r t o g r a f i a . N e i «bassi» della p o v e r a R o m a cristiana ci si a r r a n g i a v a c o m e si poteva e si e r a t r o p p o imp e g n a t i a m e t t e r d ' a c c o r d o il d e s i n a r e con la c e n a p e r p o tersi p r e o c c u p a r e d e l l ' I m p e r o , dello Stato, del Passato e del F u t u r o . C h e un lanzichenecco tedesco cresciuto alla corte di 117

Attila, c o m e O d o a c r e , avesse r i s p e d i t o le a q u i l e e i fasci a C o s t a n t i n o p o l i e stesse g o v e r n a n d o l'Italia c o m e un Re ind i p e n d e n t e , n o n interessava più a n e s s u n o . A i n t e n d e r e e ad e s p r i m e r e in tutta la sua g r a n d e z z a e tragicità questa catastrofe ci fu solo un p o e t a . Ma n o n e r a r o m a n o , e n e m m e n o italiano. E r a un gallo nativo forse di Tolosa, forse di N a r b o n a , si chiamava Rutilio N a m a z i a n o , veniva dalla carriera amministrativa, ed e r a stato prefetto in Toscana e in U m b r i a . P r i m a di t o r n a r s e n e in p a t r i a sotto l'incalzare delle invasioni visigote e vandale, volle p a g a r e il suo debito di g r a t i t u d i n e a R o m a , che aveva fatto di lui un u o m o civile e colto, d e d i c a n d o l e un'apostrofe che d i m o s t r a q u a n t o quella civiltà e cultura egli le avesse assimilate. Forse il suo lib r o De reditu è l'ultimo capolavoro della latinità classica. Com u n q u e , lo è c e r t a m e n t e l'addio all'Urbe che vi è incluso: Ascolta, r e g i n a di un m o n d o che hai fatto t u o , o R o m a , accolta negli stellati cieli, ascolta, m a d r e di u o m i n i [e di dei. N o n lontani dal cielo siamo noi q u a n d o ci t r o v i a m o nei tuoi [templi... Tu spargi i tuoi d o n i eguali ai raggi del sole p e r o v u n q u e i n cerchio f l u t t u a l'Oceano... N o n ti f e r m a r o n o le sabbie infocate di Libia, n o n l'estrema t e r r a a r m a t a di ghiaccio ti respinse... Facesti u n a patria sola di genti diverse, giovò a chi e r a senza leggi diventar t u o tributario p o i c h é tu trasformavi gli u o m i n i in cittadini e u n a città facesti di ciò che p r i m a n o n e r a che un globo. N o n si poteva dire di più, né meglio. Questo barbaro dal c u o r e t r a b o c c a n t e di affetto, di r i c o n o s c e n z a e di a m m i r a zione, aveva c o m p o s t o p e r R o m a i l p i ù bell'epitaffio i n u n latino d e g n o di Virgilio. Ma i R o m a n i n o n lo lessero. E a n cor oggi il n o m e di N a m a z i a n o è n o t o solo a p o c h i studiosi.

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

TEODORICO

Q u a n d o , alla m o r t e di Attila, l'orda u n n a si era disgregata e i popoli vinti che in essa e r a n o confluiti t o r n a r o n o liberi, gli O s t r o g o t i c h i e s e r o e o t t e n n e r o da Bisanzio il p e r m e s s o di stanziarsi in Pannonia, che c o r r i s p o n d e v a alla p a r t e occidentale della m o d e r n a U n g h e r i a . Il loro Re, T e o d e m i r o , e r a un u o m o inquieto e ambizioso. Nel 4 5 8 invase l'Illiria e la devastò. L ' i m p e r a t o r e L e o n e l o f e r m ò i n t e m p o con u n a grossa s o m m a di d e n a r o p r i m a c h e traboccasse in Tracia. Greci e Goti fecero la p a c e , e si s c a m b i a r o n o - c o m e d ' u s o - gli ostaggi. Fra costoro c'era a n c h e il figlio del Re. Si chiamava T e o d o r i c o - c h e significava «capo-popolo» -, aveva sette a n n i , e r a u n bel b a m b i n o b i o n d o con d u e g r a n d i occhi celesti. L a m a d r e Erelieva e r a stata u n a c o n c u b i n a d i T e o d e m i r o c h e l'aveva c o n o s c i u t a n e l l ' a c c a m p a m e n t o di Attila. Il piccolo T e o d o r i c o e r a cresciuto in m e z z o ai g u e r r i e r i goti. S a p e v a cavalcare, aveva i m p a r a t o a m a n o v r a r e l'arco e d e r a u n b u o n cacciatore. La s p a d a e r a il suo balocco preferito. Dormiva, c o m e il p a d r e , sotto la t e n d a , accanto al suo cavallo, al c e n t r o del Ring. Q u i , nelle tiepide notti d'estate, i cantastorie gli n a r r a v a n o le antiche saghe n o r d i c h e e gli leggevano la Bibbia, quella t r a d o t t a d a l saggio Ulfila. Il g i o r n o della p a r t e n z a p e r Costantinopoli, T e o d e m i r o gli d o n ò il suo p u gnale, e u n a scorta di Goti l ' a c c o m p a g n ò fin sul Bosforo. Teodorico era s e m p r e vissuto nella p r a t e r i a t r a i carri, le g r e g g i e i cavalli e n o n aveva mai visto u n a città. Bisanzio era la p i ù g r a n d e m e t r o p o l i del m o n d o . Aveva quasi un milione d'abitanti e ospitava u n a corte favolosa. Teodorico r e 121

sto abbagliato dalla p r o f u s i o n e di o r i e di m a r m i e dall'abb o n d a n z a di t a p p e t i e di arazzi. L'imperatore L e o n e lo ricevette nella sala della c o r o n a , appollaiato su un t r o n o s p r o positato, sotto u n baldacchino d i d a m a s c o dal quale p e n d e v a n o d u e uccelli meccanici. E r a u n u o m o piccolo, calvo, p r i vo d ' i n g e g n o , balbuziente, un p o ' z o p p o e p i e n o di piccole m a n i e . Viveva nel t e r r o r e di essere detronizzato e di n o t t e si chiudeva a chiave in c a m e r a da letto p e r p a u r a che qualcuno lo uccidesse nel s o n n o . Il p r i n c i p i n o goto, g i u n t o al suo cospetto, s'inchinò, ma lo fece così m a l d e s t r a m e n t e c h e scivolò. Per sostenersi s ' a g g r a p p ò al p i e d e del s o v r a n o che s p e n z o lava n e l v u o t o e p e r p o c o n o n t i r ò L e o n e g i ù d a l t r o n o . L ' I m p e r a t o r e ne fu divertito e p r e s e a b e n v o l e r e il ragazzo. Lo alloggiò a c o r t e e gli a s s e g n ò un b e l l ' a p p a r t a m e n t o al p r i m o p i a n o del palazzo sacro, le cui finestre s'affacciavano sul Bosforo. Poi c h i a m ò d u e servi e o r d i n ò di p r e p a r a r e un b a g n o caldo p e r il piccolo ospite. Teodorico fu calato in u n a vasca di m a r m o , s c h i u m a n t e di s a p o n e , e a c c u r a t a m e n t e lavato. Un p a r r u c c h i e r e gli tagliò i capelli b i o n d i e riccioluti c h e gli s c e n d e v a n o sulle spalle, e lo c o s p a r s e di p r o f u m i . Poi, con u n a tunica a z z u r r a stretta alla vita da u n a c i n t u r i n a d i m a r o c c h i n o con u n a f i b b i a d ' o r o e u n p a i o d i p a n t o f o l e di p o r p o r a , fu c o n d o t t o a scuola. A Bisanzio c ' e r a n o molti collegi, ma u n o eccelleva sugli altri: e r a qualcosa c o m e E t o n o H a r r o w oggi in I n g h i l t e r r a . Lo f r e q u e n t a v a n o i figli d e i ricchi e d e i nobili, e i r a m p o l l i dei satrapi stranieri. Teodorico vi c o m p ì tutti i suoi studi, al t e r m i n e dei quali rimase u n analfabeta con qualche nozione di algebra, di a s t r o n o m i a e di galateo. Q u a n d o c o m p ì quindici a n n i fece il suo d e b u t t o in società. E r a un g r a n bel ragazzo forte, fiero e s i c u r o di sé. P a r l a v a c o r r e n t e m e n t e il greco, masticava un p o ' di latino e n o n aveva dimenticato il gotico. Era e d u c a t o e galante, nei salotti le signore se lo cont e n d e v a n o , l ' I m p e r a t o r e lo invitava a p r a n z o e lo faceva ser122

vire p e r p r i m o . T e o d o r i c o e r a ghiotto di lenticchie, aglio e cinghiale. Gli piaceva il vino ma n o n si alzava mai da tavola ubriaco. D o p o cena, di solito, a n d a v a in qualche locale nott u r n o a fare un p o ' di b a l d o r i a con gli amici. La d o m e n i c a assisteva a l l ' i p p o d r o m o alle c o r s e d e i cocchi. Aveva u n o s c a n n o riservato nella t r i b u n a d ' o n o r e a c c a n t o a quello di L e o n e , ma preferiva mescolarsi col p o p o l i n o sugli spalti ed e r a amico dei fantini. Q u a l c h e volta, d u r a n t e gli allenamenti, s c e n d e v a a n c h e lui in lizza. Passava l'estate in a l l e g r a c o m p a g n i a in u n a villa che aveva p r e s o in affitto sul Bosfor o . E r a un n u o t a t o r e formidabile e di u n a resistenza a tutta prova. Nel 4 7 0 - ma la d a t a è incerta - t o r n ò in P a n n o n i a . Avev a diciotto a n n i e d e r a o r m a i u n u o m o fatto. D i statura sup e r i o r e alla m e d i a , aveva u n a testa grossa e r o t o n d a , u n a fronte spaziosa, un bel n a s o aquilino e d u e sopraccigli folti e cespugliosi che gli coprivano le p a l p e b r e , le orecchie spanse e vibratili c o m e radar. La bocca, ai cui angoli spiovevano un paio di p o d e r o s i baffi biondi, mostrava u n a s u p e r b a d e n t a t u r a c h e faceva risaltare le labbra e s a n g u i e sottili. Le narici e r a n o così irte di peli che o g n i m a t t i n a un barbiere, m u n i t o di u n o speciale rasoio, doveva sfoltirle p e r facilitargli la r e spirazione. Un p e t t o villoso e gladiatorio sosteneva il collo t a u r i n o . Le g a m b e , diritte e muscolose, p o g g i a v a n o su d u e p i e d i corti e affusolati. T e o d e m i r o q u a n d o lo rivide n o n lo riconobbe. Teodorico trovò il p a d r e molto invecchiato e un p o ' r i m b a m b i t o . E r a n o stati lontani dieci a n n i e n o n si e r a no scambiati che pochi messaggi. L a P a n n o n i a e r a allora minacciata d a i S a r m a t i c h e avevano invaso la Mesia e p r e m e v a n o sui suoi confini. All'insap u t a del p a d r e , T e o d o r i c o a r r u o l ò seimila u o m i n i , passò il D a n u b i o , si avventò sul n e m i c o e lo s t e r m i n ò . Tagliò la testa al Re Badai, la conficcò in cima a u n a picca e con questo t r o feo t o r n ò in P a n n o n i a . Poco t e m p o d o p o fu i n c o r o n a t o Re. La P a n n o n i a e r a diventata t r o p p o stretta p e r i Goti, i quali avevano c o n t i n u a m e n t e bisogno di spazio. N o m a d i e pasto123

ri, vivevano di pascoli e di saccheggio e la vita s e d e n t a r i a li affamava. Bisanzio in q u e l m o m e n t o aveva a m m a s s a t o gli eserciti sui confini orientali lasciando a p e r t e , anzi spalancat e , l e p o r t e della M a c e d o n i a . A t t r a v e r s o q u e s t e p o r t e , c o n t u t t o il suo p o p o l o , T e o d o r i c o si accinse a passare. Colse di s o r p r e s a le resistenze g r e c h e e le travolse. Il n u o v o i m p e r a t o r e Z e n o n e , succeduto nel 4 7 4 a L e o n e , chiese la pace; e i Goti, in cambio della Macedonia, dove si stanziarono, d e p o s e r o le a r m i . N e l 4 7 8 p e r ò le r i p r e s e r o e si t r a s f e r i r o n o in Scizia, sulle rive del Mar N e r o . Per Bisanzio, il Re g o t o e r a d i v e n t a t o un i n q u i l i n o scom o d o e imprevedibile. Nel 484 l ' I m p e r a t o r e lo n o m i n ò C o n s o l e . S'illudeva c o n gli o n o r i d ' a m i c a r s e l o . T e o d o r i c o indossò la toga, e d u e a n n i d o p o , p e r tutto r i n g r a z i a m e n t o , invase la T r a c i a e cinse d ' a s s e d i o - ma s e n z a f o r t u n a - la stessa Bisanzio. La Scizia e v i d e n t e m e n t e n o n e r a stata la terr a p r o m e s s a c h e egli aveva s p e r a t o . Z e n o n e allora l'invitò ad o c c u p a r e l'Italia. L a Penisola e r a d i fatto diventata u n R e g n o i n d i p e n d e n te a n c h e se O d o a c r e la governava in n o m e di C o s t a n t i n o p o li. Lo storico greco Procopio riferisce c h e T e o d o r i c o accettò con e n t u s i a s m o la p r o p o s t a che in realtà m i r a v a p i ù a liber a r e i Balcani dai Goti che a riconquistare un Paese sul q u a le l ' I m p e r a t o r e n o n esercitava p i ù alcun controllo. La lunga marcia di Teodorico e b b e inizio nel t a r d o a u t u n n o del 4 8 8 . E r a u n i n t e r o p o p o l o che migrava: d o n n e , vecchi, b a m b i n i , c a r r i , c a p r e , masserizie. D u e c e n t o c i n q u a n t a m i l a Goti, di cui solo c i n q u a n t a m i l a in assetto di g u e r r a e a l c u n e centinaia di m e r c e n a r i greci in cerca di a v v e n t u r e muovevano verso O c c i d e n t e l u n g o l'antica rotta d a n u b i a n a , attraverso le s t r a d e che R o m a aveva costruito e gli U n n i n o n avevano fatto in t e m p o a d i s t r u g g e r e . Per i p r i m i c i n q u e c e n t o chilometri n o n fu che u n a l u n g a passeggiata. Poi cominciò l'anabasi, q u a n d o i G o t i g i u n s e r o ai confini della Dacia d o v e e r a n o acquartierati i loro cugini Gepidi. Teodorico chiese il 124

diritto di passaggio sul loro t e r r i t o r i o ma ebbe un rifiuto. I G e p i d i f u r o n o attaccati nei loro a c c a m p a m e n t i e sbaragliati. I Goti a r r u o l a r o n o n e l l ' o r d a i p o c h i s u p e r s t i t i d o p o a v e r t r u c i d a t o i vecchi e gli invalidi, e r i p r e s e r o il c a m m i n o verso N o r d - O v e s t . Nell'agosto d e l l ' a n n o successivo valicarono le Alpi Giulie e calarono in Italia. O d o a c r e n o n e r a r i m a s t o c o n l e m a n i i n m a n o . Aveva mobilitato l'esercito e l'aveva c o n c e n t r a t o sulle rive d e l l ' I sonzo d o v e aveva scavato trincee ed e r e t t o fortificazioni. Il 28 agosto, i Goti si s c o n t r a r o n o con le b a n d e di O d o a c r e e le sconfissero. Il 30 s e t t e m b r e i d u e eserciti si affrontarono di n u o v o a Verona. P r i m a della battaglia T e o d o r i c o , c h ' e r a assai superstizioso, volle i n d o s s a r e un m a n t e l l o di seta c h e la m a d r e e la sorella gli avevano confezionato d u r a n t e la lunga marcia. A n c o r a u n a volta O d o a c r e fu b a t t u t o e volto in fuga. C e r c ò s c a m p o a R o m a ma i Q u i r i t i , c h e lo d e t e s t a v a n o , gli chiusero la p o r t a in faccia. Allora ripiegò su R a v e n n a , d o p o aver devastato il Lazio e decimato i suoi abitanti. Il Re goto n o n l'inseguì, ma p u n t ò su Milano d o v e le r e trovie n e m i c h e avevano cercato r i p a r o , e la o c c u p ò . I seguaci di O d o a c r e f u r o n o fatti prigionieri. Il G e n e r a l e che li com a n d a v a , u n e r u l o d i n o m e Tufa, chiese d i essere a r r u o l a t o fra i Goti. T e o d o r i c o l ' a c c o n t e n t ò , lo mise alla testa di un esercito e lo spedì ad assediare R a v e n n a . A p p e n a vi giunse, divorato dal r i m o r s o - o dalla p a u r a - Tufa si rimise agli ordini di O d o a c r e . Migliaia di Goti furono catturati e uccisi, e le sorti della g u e r r a m i n a c c i a r o n o di rovesciarsi. T e o d o r i c o allora a b b a n d o n ò M i l a n o , e m a r c i ò su R a v e n n a . Poiché la città e r a p r a t i c a m e n t e i n e s p u g n a b i l e fece scavare un a m p i o fossato i n t o r n o alle m u r a e vi a m m a s s ò le t r u p p e . Q u i n d i p a r t ì p e r R o m a , d o v e fu accolto c o m e un liberatore. Di qui mosse alla conquista del Mezzogiorno c h e pacificamente gli si sottomise. A i p r i m i d e l 4 9 3 , s t r e m a t a d a u n assedio c h e d u r a v a d a oltre d u e a n n i e da u n a carestia che aveva r i d o t t o i suoi abitanti a cibarsi di e r b a e di c a r n e di c a n e , R a v e n n a capitolò. 125

D u e giorni d o p o fu firmata la pace che il Vescovo Giovanni b e n e d i s s e . O d o a c r e invocò la c l e m e n z a di T e o d o r i c o e gli c o n s e g n ò il p r o p r i o figlio T e l a n o in ostaggio. Il 5 m a r z o il Re goto attraversò a cavallo la città tra le ovazioni del p o p o lo e del clero. Giovanni o r d i n ò un Te Deum di r i n g r a z i a m e n to e gli a n d ò i n c o n t r o con la croce e un codazzo di p r e t i salm o d i a n t i . I festeggiamenti si c o n c l u s e r o con un g r a n b a n chetto in o n o r e di O d o a c r e al t e r m i n e del quale T e o d o r i c o sgozzò il rivale d o p o aver fatto s t e r m i n a r e tutti i suoi familiari. Procopio racconta che O d o a c r e fu ucciso p e r c h é aveva osato c h i e d e r e al Re goto di p o t e r g o v e r n a r e con lui. La conquista della Penisola e r a d u r a t a in tutto cinque a n ni: gli eserciti avevano desolato le c a m p a g n e , spianato le città, trucidato gli abitanti. Ma oltre che dalla g u e r r a la p o p o lazione e r a stata falciata dalle carestie, dalle pestilenze e dagli immancabili cataclismi naturali. Lo storico E n n o d i o racc o n t a c h e la f a m e uccideva chi sopravviveva alla s p a d a . O d o a c r e n o n aveva g o v e r n a t o n é meglio n é peggio dei suoi p r e d e c e s s o r i . N o n aveva c o s t r u i t o n u l l a e n u l l a aveva d i s t r u t t o . Aveva conservato l'Italia c o m e l'aveva trovata: u n a t e r r a di r a p i n a e di conquista alla m e r c é di tutti. C o n T e o dorico molte cose c a m b i a r o n o e la situazione migliorò.

CAPITOLO QUINDICESIMO

L'ITALIA G O T I C A

Al principio del 4 9 4 la conquista gotica e r a consolidata. Teodorico s'istallò a Ravenna. Dei d u e c e n t o c i n q u a n t a m i l a Goti che c o n lui a v e v a n o i n t r a p r e s o l a l u n g a m a r c i a n o n p i ù d i d u e c e n t o m i l a a v e v a n o r a g g i u n t o la t e r r a p r o m e s s a . Di costoro u n a p a r t e s i e r a a c q u a r t i e r a t a nella p i a n u r a p a d a n a , u n ' a l t r a aveva seguito il Re nella città adriatica, u n a t e r z a e r a calata nel Mezzogiorno. L ' i n s e d i a m e n t o fu l e n t o e difficile. Q u e l l o di T e o d o r i c o n o n e r a un p o p o l o , ma u n ' o r d a di g u e r r i e r i , di pecorai e di p r e d o n i , refrattari a ogni f o r m a di vita organizzata. E r a n o t r o p p o b a r b a r i p e r fondersi coi vinti e questi t r o p p o m a r c i p e r assimilarli. N o n s a r e b b e stata u n a convivenza facile. Il nuovo Regno c o m p r e n d e v a Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Lazio, C a m p a n i a , Lucania, Calabria e Sicilia. Teod o r i c o lasciò inalterata l'antica fisionomia e la tradizionale n o m e n c l a t u r a amministrativa r o m a n a : la Penisola restò divisa in diciassette province, g o v e r n a t e da diciassette Presidi, c h ' e r a n o al t e m p o stesso giudici, amministratori e i n t e n d e n ti di finanza. D i p e n d e v a n o tutti dal Prefetto del Pretorio, o M i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o , c h e risiedeva a R a v e n n a e r e n d e v a conto del loro o p e r a t o al Re. Le province di frontiera furono affidate ai cosiddetti Conti, Generali goti in attività di servizio segnalatisi d u r a n t e la g u e r r a c o n t r o O d o a c r e . Costoro disponevano di un piccolo esercito, facevano vita di g u a r n i gione e vigilavano sui confini. I loro compiti n o n e r a n o nat u r a l m e n t e solo militari, ma a n c h e civili e giudiziari. A R o m a il S e n a t o , r i d o t t o a u n a larva, seguitò a essere, a l m e n o sulla carta, il più alto o r g a n o rappresentativo. Il Re 127

gli c o n f e r m ò tutti i privilegi di cui in passato aveva g o d u t o , limitandosi a d e s i g n a r n e il P r e s i d e n t e . I Senatori conservar o n o il diritto di t r a s m e t t e r e la p r o p r i a carica ai figli, e a n c h e i Consoli salvarono le loro p r e r o g a t i v e . Q u a n d o venivano eletti p o t e v a n o affrancare un c e r t o n u m e r o di schiavi e a v e v a n o a n c o r a l'obbligo di d i s t r i b u i r e g r a n o alla p l e b e e farla divertire. Si vestivano c o m e sotto Siila, Cesare e Traian o , e d a v a n o il loro n o m e all'anno. Ma il vero c a p o a R o m a e r a il Prefetto d e l l ' U r b e . Lo n o m i n a v a Teodorico, di cui e r a il l u o g o t e n e n t e . Dirigeva l'amministrazione, presiedeva alla giustizia ed esercitava la sua giurisdizione p e r s i n o sui Senatori. Da lui d i p e n d e v a n o tutti i funzionari pubblici della città, il cui n u m e r o - riferisce lo storico Cassiodoro - sotto T e o dorico subì u n a drastica r i d u z i o n e . Q u a n d o n e l l ' a n n o 5 0 0 il Re visitò R o m a , fu a p p u n t o il Prefetto d e l l ' U r b e il p r i m o a r e n d e r g l i o m a g g i o , a c a p o di u n a delegazione in cui t u t t e le alte cariche dello Stato e r a n o r a p p r e s e n t a t e . C ' e r a n o il Q u e s t o r e , c h e faceva da collegam e n t o fra T e o d o r i c o e il S e n a t o , il Maestro degli Uffici c h e s o v r i n t e n d e v a a l l ' a n n o n a e alle p o s t e , il C o n t e delle Largizioni o Ministro delle F i n a n z e , c h e vigilava a n c h e sul comm e r c i o , il C o n t e degli Affari Privati o M i n i s t r o della C o r o na, c h e aveva il c o m p i t o di i m p e d i r e i m a t r i m o n i tra p a r e n ti e di d a r e s e p o l t u r a ai m o r t i . Tutti costoro avevano il titolo di illustri e p e r c e p i v a n o u n o stipendio mensile di mille soldi, c o r r i s p o n d e n t e a circa dieci milioni di lire attuali. N e i suoi n o n t r o p p o f r e q u e n t i s p o s t a m e n t i T e o d o r i c o si faceva a c c o m p a g n a r e da u n o stuolo di scudieri e di ufficiali, i quali e r a n o n a t u r a l m e n t e tutti goti. Nelle Variae di Cassiod o r o n o n c'è traccia d i u n solo funzionario militare r o m a n o . Il c a p o dell'esercito e r a il Re c h e dichiarava la g u e r r a e ordinava la leva. I Goti mobilitavano in massa e p r o v v e d e v a n o p e r s o n a l m e n t e a l p r o p r i o e q u i p a g g i a m e n t o c h e consisteva in u n a specie di corazza leggera, un e l m o e u n o scudo. L'arm a t u r a c o m p r e n d e v a la lancia, la s p a d a , il giavellotto, il p u g n a l e e le frecce. Si d a v a n o di solito c o n v e g n o in u n a p r o 129

vincia di f r o n t i e r a . Lo Stato passava ai soldati s t i p e n d i o e vettovaglie, ma vietava loro il saccheggio, lo s t u p r o e il ratt o . I R o m a n i e r a n o t e n u t i a p r o c u r a r e alle t r u p p e di p a s saggio vitto e alloggio. Finita la g u e r r a , i soldati t o r n a v a n o alle l o r o case a coltivare i c a m p i . Così l e n t a m e n t e i Goti si e m a n c i p a r o n o dalla vita n o m a d e , e c o m e gli antichi legion a r i r o m a n i d i v e n t a r o n o agricoltori. T e o d o r i c o trovò la Penisola finanziariamente s t r e m a t a e le casse dello Stato v u o t e . Moltiplicò i balzelli e il n u m e r o dei pubblicani, c h e e r a n o gli a g e n t i incaricati di riscuoterli. Le i m p o s t e e r a n o p e s a n t i e g e n e r a l m e n t e si p a g a v a n o in n a t u r a : olio, vino, g r a n o eccetera. All'erario a n d a v a a n c h e il ricavato della v e n d i t a d e i m i n e r a l i e d e l m a r m o e la cos i d d e t t a tassa sui m o n o p o l i c h e colpiva i l d i r i t t o d i c o m mercio in esclusiva. Teodorico aveva il culto d e i m o n u m e n ti. R e s t a u r ò il t e a t r o di Marcello, n o m i n ò un s o v r i n t e n d e n te alle cloache e istituì u n a commissione di vigilanza sui vespasiani. P u n ì i l a d r i di s t a t u e e gli s p e c u l a t o r i di t e r r e n i . E m a n ò u n a legge contro la demolizione indiscriminata e a r b i t r a r i a degli a n t i c h i edifìci pubblici, c h e e r a d i v e n t a t o un lucroso p a s s a t e m p o p e r gli abitanti d e l l ' U r b e . «Le rovine dell'antica R o m a - è stato scritto - ci s o n o state lasciate dagli stessi Romani.» Nel 500 Teodorico pubblicò un Editto in c e n t o q u a r a n t a q u a t t r o articoli. La m a t e r i a c h e c o n t e n e v a e lo spirito c h e l'uniformava e r a n o r o m a n i . R o m a n a e r a l a g i u r i s p r u d e n z a c h e assegnava a tribunali di g u e r r a la c o m p e t e n z a a giudicare reati militari e a corti civili quella di p r o n u n c i a r e sent e n z e c o m u n i . N o m i n ò p r e s i d e n t i d e i p r i m i i C o n t i goti e delle seconde i magistrati r o m a n i . Capitava assai di r a d o che un cittadino r o m a n o comparisse dinanzi a un giudice goto. Poteva accadere, anzi r e g o l a r m e n t e accadeva, q u a n d o scoppiava u n a controversia fra Goti e R o m a n i . In q u e s t o caso i s e c o n d i e r a n o giudicati d a u n C o n t e assistito d a u n m a g i strato r o m a n o . I suoi biografi ci d e s c r i v o n o T e o d o r i c o c o m e un u o m o 130

giusto. U n g i o r n o u n a d o n n a gli p r e s e n t ò u n ricorso c o n t r o certi giudici c h e n o n si d e c i d e v a n o a d i r i m e r e u n a lite in cui essa e r a coinvolta. Il Re li convocò e o r d i n ò di celebrare sed u t a stante il processo. P r o n u n c i a t o il verdetto, fece tagliare la testa ai giudici. N o n a v e n d o n e d i suoi, s i servì p e r g o v e r n a r e l'Italia d i amministratori r o m a n i . N o m i n ò Prefetto del Pretorio un certo Liberio che aveva ricoperto la stessa carica sotto O d o a cre, al quale sino alla fine e r a stato fedele. Liberio c o r o n ò la sua c a r r i e r a c o m e Ministro delle Finanze e legò il suo n o m e alla riforma agraria c h e assegnò d u e terzi del suolo italiano ai R o m a n i e un terzo ai Goti, c h e a giusto titolo lo a v e v a n o r e c l a m a t o e s s e n d o n e o r m a i gli unici difensori. Successore di L i b e r i o fu C a s s i o d o r o . A n c h e lui aveva militato s o t t o O d o a c r e di cui e r a stato T e s o r i e r e . Aveva p o i offerto i suoi servigi a T e o d o r i c o c h e l'aveva n o m i n a t o g o v e r n a t o r e della Lucania. La sua c a r r i e r a fu c o n t i n u a t a d a l l ' o m o n i m o figlio, i l g r a n d e storico d i q u e s t o p e r i o d o , c h e p e r quasi q u a r a n t a n n i fu a capo dell'amministrazione gotica in Italia. C a s s i o d o r o junior e r a n a t o a Squillace in C a l a b r i a n e l 4 8 0 . Giovinetto si e r a trasferito a R o m a d o v e aveva c o m p i u to s t u d i di g r a m m a t i c a e o r n i t o l o g i a . Q u a n d o il p a d r e fu p r o m o s s o Prefetto d e l P r e t o r i o , egli d i v e n n e g o v e r n a t o r e della Lucania, p o i assessore a R o m a . In tale veste un g i o r n o gli c a p i t ò d i r i v o l g e r e u n b r i n d i s i a l R e . L o fece c o n t a n t a grazia c h e T e o d o r i c o l o n o m i n ò p r i m a s u o s e g r e t a r i o , p o i Q u e s t o r e , Patrizio, e nel 514 Console. Cassiodoro n o n fu sol o u n u o m o d i Stato m a a n c h e u n g r a n d e storico, n o n o s t a n te l'ampollosità e il t o n o agiografico d e i suoi scritti. In u n a b r u t t a «Storia dei Goti», a n d a t a p e r d u t a , attribuì a loro u n ' o r i g i n e divina e u n a l o n t a n a p a r e n t e l a c o n Ercole e T e s e o . Compilò a n c h e un s o m m a r i o di antichità - il Chronicon - che p r e n d e v a l o s p u n t o d a l l a cacciata d i A d a m o e d Eva d a l P a r a d i s o T e r r e s t r e . L a sua o p e r a p i ù famosa p e r ò s o n o l e Varieté, u n a raccolta di lettere e d o c u m e n t i , attraverso i quali p o s s i a m o r i c o s t r u i r e il R e g n o gotico in Italia. M o r ì vec131

chissimo, a n o v a n t a t r é a n n i , n e l l a s u a t e n u t a di Squillace, d o v e si e r a r i t i r a t o ad a l l e v a r e c a n a r i n i e a t r a s c r i v e r e le o p e r e di Virgilio e di Seneca. Gli altri collaboratori civili di Teodorico, Simmaco e Boezio, e r a n o e n t r a m b i r o m a n i . Simmaco discendeva dal console o m o n i m o che sotto Teodosio si e r a o p p o s t o alla rimozione della statua della Vittoria, simbolo p a g a n o , dall'aula del Sen a t o . Il p r o n i p o t e si e r a convertito al cattolicesimo e ne e r a diventato u n c a m p i o n e . O d o a c r e l'aveva n o m i n a t o Console, e Teodorico l'aveva designato Prefetto dell'Urbe col titolo di Patrizio. N e l 524 e r a stato eletto P r e s i d e n t e d e l Senato. E r a u n u o m o colto, p r o b o e raffinato. Scrisse u n a Storia d i R o m a , d o t t a e retorica, in sette volumi. Attraverso la figlia, s'imp a r e n t ò con Boezio, di cui così d i v e n n e suocero. Boezio e r a n a t o nel 4 7 5 a R o m a d o v e aveva c o m p i u t o gli studi c h e poi aveva c o n t i n u a t o ad A t e n e sui testi di Euclide, A r c h i m e d e e T o l o m e o . T r a d u s s e l'Organon di Aristotele c h e servì da m o d e l l o a tutta la filosofia medievale. Scrisse a n c h e un trattato di teologia in cui d i m o s t r ò - o cercò di d i m o s t r a re - che la Fede trionfa sulla R a g i o n e . A t r e n t ' a n n i T e o d o r i co lo n o m i n ò C o n s o l e , p o i M a e s t r o degli Uffici e, n e l 5 2 2 , P r i m o Ministro. Simmaco e Boezio collaborarono con Teodorico c o m e a v e v a n o collaborato c o n O d o a c r e ; ma i m p r o v v i s a m e n t e , e in m o d o clamoroso, nel 5 2 3 , i loro r a p p o r t i col Re si r u p p e r o , q u a n d o il r e f e r e n d a r i o C i p r i a n o accusò il Patrizio Albino di aver spedito all'Imperatore d'Oriente alcune lettere p i e n e d i c a l u n n i e sul c o n t o d e l S o v r a n o . B o e z i o s c a g i o n ò Albino e incolpò C i p r i a n o , il quale a sua volta estese l'accusa a Boezio. T e o d o r i c o deferì q u e s t ' u l t i m o al Senato c h e si costituì in t r i b u n a l e speciale. Fu il processo del secolo, e si c o n cluse c o n la c o n d a n n a a m o r t e d e l l ' i m p u t a t o r i c o n o s c i u t o r e o di t r a d i m e n t o , m a g i a e spiritismo. Boezio fu r i n c h i u s o in carcere a Pavia e il 23 o t t o b r e del 5 2 4 giustiziato. I c a r n e fici gli cinsero la fronte c o n u n a cordicella e la strinsero finc h é gli occhi n o n s c h i z z a r o n o fuori d a l l e o r b i t e . L a stessa 132

sorte toccò a Simmaco, colpevole solo di a v e r p r e s o le difese del g e n e r o . Nella cella d i Boezio f u r i n v e n u t o u n m a n o s c r i t t o c h e egli aveva c o m p o s t o d u r a n t e i l u n g h i mesi di reclusione, e al quale aveva d a t o il titolo significativo di Consolatio philosophiae. L'opera è scritta in un bel latino classico c h e riecheggia quello di Seneca, e a l c u n e p a g i n e s o n o intrise di un acc o r a t o lirismo. La Consolatio fu il best seller d e l M e d i o Evo. La lesse a n c h e D a n t e . Fu t r a d o t t a in tutte le lingue. L'elenco c o m p l e t o delle sue edizioni r i e m p i e b e n c i n q u a n t a p a g i n e del catalogo del British Museum a L o n d r a .

CAPITOLO SEDICESIMO

L O SFACELO

L e accuse d i C i p r i a n o n o n e r a n o i n f o n d a t e . A R o m a d a t e m p o tirava a r i a d i f r o n d a . M a d i q u e s t a f r o n d a , p i ù c h e Boezio e S i m m a c o , l ' a n i m a e r a n o il Pontefice e i S e n a t o r i , che trescavano con Bisanzio. F i n o a O d o a c r e , nel m a r a s m a d e l basso I m p e r o , le p r o vince e r a n o state g o v e r n a t e d a i Vescovi. C o n quello di Pavia, Epifanio, i Goti avevano trattato la resa della città. C o n solidata la conquista e istallatosi a R a v e n n a , T e o d o r i c o aveva reclutato un c o r p o di funzionari e li aveva spediti, in q u a lità di Presidi, nelle p r o v i n c e . La g i u r i s d i z i o n e civile aveva sostituito quella ecclesiastica e il Re, coi suoi C o n t i , n o n p i ù il P a p a coi suoi Vescovi, e r a o r a l'arbitro della situazione. D a p p r i n c i p i o i r a p p o r t i fra lo scettico e t o l l e r a n t e T e o dorico e la Chiesa e r a n o stati cordiali. Q u a n d o nel 500 p e r la s e c o n d a volta egli si e r a r e c a t o a R o m a , il P a p a S i m m a c o gli e r a a n d a t o i n c o n t r o a M o n t e M a r i o e l'aveva a c c o m p a gnato in trionfo a San Pietro. Il Re ariano aveva p r e g a t o sulla t o m b a dell'Apostolo, e ai p i e d i dell'altare aveva d e p o sto d u e c a n d e l a b r i d ' a r g e n t o d e l p e s o d i s e t t a n t a l i b b r e . S i m m a c o e r a stato eletto c o n t r o u n c e r t o L o r e n z o c h e e r a i l c a n d i d a t o d e l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e . N e l 500 la lite n o n si e r a a n c o r a sopita, e il Pontefice e r a stato a d d i r i t t u r a accusato di a d u l t e r i o e p e c u l a t o . L'anno s e g u e n t e T e o d o r i c o aveva convocato u n concilio i n L a t e r a n o . S i m m a c o e r a stato p r o cessato e assolto. E r a stata q u e s t a l'unica volta c h e il Re e r a i n t e r v e n u t o negli affari della Chiesa, e lo aveva fatto p e r c h é i Vescovi glielo a v e v a n o chiesto. Aveva concesso al clero cattolico la p i ù a m p i a libertà di culto. P e r ò aveva a n c h e e s o n e 134

r a t o i p r e t i da quegli i m p i e g h i c h e e r a n o incompatibili c o n la d i g n i t à d e l l o r o m i n i s t e r o , e li aveva tassati e p r i v a t i di m o l t e i m m u n i t à d i cui i n p a s s a t o a v e v a n o g o d u t o . Aveva sottoposto a n c h e i m o n a c i al p a g a m e n t o delle i m p o s t e . Ciò f a t a l m e n t e gli aveva a l i e n a t o l a C h i e s a c h e t r a m ò c o n Bisanzio la sua rovina. Nel 5 2 4 l ' i m p e r a t o r e Giustino b a n d ì u n editto c o n t r o gli eretici e i m a n i c h e i c h e li escludeva dalle funzioni civili e militari e riconsacrava le chiese a r i a n e al rito cattolico. L'ariano Teodorico convocò il P a p a Giovanni a R a v e n n a e gli o r d i n ò di recarsi a C o s t a n t i n o p o l i a c h i e d e r e la revoca dell'editto. Il Pontefice, vecchio e m a l a t o , lo s c o n g i u r ò di m a n d a r e q u a l c u n altro, ma T e o d o r i c o fu irremovibile. Allora il Papa, a c c o m p a g n a t o da t r e ex-consoli e da alcuni p r e t i , p a r t ì . D u r a n t e il viaggio - riferisce il Libro Pontificale - a v v e n n e r o n u m e r o s i miracoli. Q u a n d o Giovanni varcò l e m u r a d i Costantinopoli, un s o r d o m u t o lo toccò c o n un dito e riacquistò l'udito e la favella. Bisanzio gli tributò g r a n d i accoglienze. Giustino a n d ò i n c o n t r o al Vescovo di R o m a e si inginocchiò ai suoi p i e d i , imitato d a i p r e l a t i e d a i d i g n i t a r i d e l seguito. Il giorno di Pasqua, sorretto dal Patriarca di Costantinopoli c h e gli d a v a la destra, Giovanni celebrò la messa nella chiesa di Santa Sofia. Al t e r m i n e i n c o r o n ò Giustino I m p e r a t o r e , q u i n d i lo s c o n g i u r ò di r e v o c a r e il b a n d o , ma senza osare di far c e n n o all'altra p r e t e s a d i T e o d o r i c o : c h e G i u s t i n o p e r mettesse a coloro che avevano abiurato all'arianesimo p e r a b b r a c c i a r e l'ortodossia, di r i c o n v e r t i r s i all'antica fede. Al p r i n c i p i o d e l 526, s t r e m a t o dal l u n g o viaggio e dalla gotta, G i o v a n n i t o r n ò in Italia. D o p o lo sbarco fu c o n d o t t o al cos p e t t o d i T e o d o r i c o , c h e p u b b l i c a m e n t e l'accusò d i t r a d i m e n t o e lo fece i m p r i g i o n a r e . Morì in c a r c e r e il 25 m a g g i o del 526, e la Chiesa lo c o n s i d e r ò u n o dei suoi martiri. Il Re fece a p p e n a in t e m p o a dargli un successore, c h e il 30 agosto dello stesso a n n o m o r ì . Le fonti ecclesiastiche att r i b u i s c o n o la s u a fine a un attacco di d i s s e n t e r i a . A n c h e Ario e r a stato s t r o n c a t o d a l l a d i a r r e a . E v i d e n t e m e n t e , se135

c o n d o la Chiesa, è questo il destino degli eretici. N a r r a P r o copio che, d o p o la m o r t e di Simmaco, Teodorico fu t o r m e n tato dal r i m o r s o . Un g i o r n o , m e n t r e mangiava, vide il m e r luzzo che gli e r a stato servito su un vassoio d ' a r g e n t o assum e r e il s e m b i a n t e , p a l l i d o e s m u n t o , della sua vittima: gli occhi e r a n o sbarrati e iniettati di s a n g u e , in un torvo r i g u r gito di vendetta. Il Re fu colto da delirio e t r a s p o r t a t o a lett o dove, d u e giorni d o p o , spirò. Più p r o b a b i l m e n t e T e o d o rico, c h e soffriva di d i s t u r b i circolatori, fu vittima di u n a t r o m b o s i . G r e g o r i o M a g n o , n e i suoi Dialoghi, r a c c o n t a c h e fu precipitato nell'Inferno attraverso la bocca di un c r a t e r e situato al c e n t r o dell'isola di Lipari. Q u a n d o calò nella t o m b a , T e o d o r i c o aveva s e t t a n t a d u e a n n i . Negli ultimi t e m p i e r a diventato scorbutico, sospettoso e m i s a n t r o p o , ma aveva conservato le sue vecchie abitudini. Si alzava la m a t t i n a all'alba, c o n s u m a v a u n ' a b b o n d a n t e colazione a base di frutta fresca e c a r n e a r r o s t i t a , e faceva u n a l u n g a cavalcata n e i boschi. Alle dieci a n d a v a a messa. In pubblico e r a molto devoto. Poi, a c c o m p a g n a t o dal C o n t e degli a r m i g e r i , s'avviava alla sala d e l t r o n o . C o m i n c i a v a n o le udienze, che duravano un paio d'ore. A mezzogiorno compiva u n sopralluogo a l tesoro, che custodiva i n u n g r a n de forziere di cui p o r t a v a s e m p r e con sé, attaccate alla cint u r a , le chiavi. Se gli avanzava un p o ' di t e m p o , visitava le stalle. All'una si metteva a tavola. Gli piaceva la m e n s a b e n e imbandita, i piatti d ' a r g e n t o , le brocche d ' o r o , le tovaglie di pizzo. D o p o m a n g i a t o , di r a d o si concedeva u n a siesta. P r e feriva fare u n a p a r t i t a ai d a d i c o n gli amici. Se p e r d e v a si a r r a b b i a v a , ma n a t u r a l m e n t e i suoi a v v e r s a r i facevano in m o d o c h e q u e s t a disgrazia gli capitasse di r a d o . Alle q u a t t r o , fino alle sette, ricominciavano le u d i e n z e . Poi a n d a v a in g i a r d i n o ad annaffiare i fiori c h e coltivava c o n m o l t a c u r a . Alle otto cenava, in c o m p a g n i a della moglie, della figlia e di pochi intimi, circondato da n a n i e buffoni. Si coricava tardi, d o p o essersi fatto leggere dal segretario un capitolo di Tacito o di Svetonio. Si recava spesso in visita al mausoleo c h e si 136

stava c o s t r u e n d o a R a v e n n a e che e r a un massiccio edificio di m a r m o bianco a d u e piani circolari concentrici, s o r m o n tati d a u n a c u p o l a monolitica. E s e m p i o d i a r c h i t e t t u r a r o mano-barbarica, esso si è m a n t e n u t o intatto nei secoli e, d o po aver subito alcuni restauri, è stato trasformato in chiesa. E stato p a r a g o n a t o al P a n t h e o n , ma gli m a n c a n o l ' i m p o n e n za e la levità del m o n u m e n t o di A g r i p p a . Teodorico n o n fu forse quel g r a n d e Re che alcuni storici h a n n o descritto, ma certamente fu il p r i m o barbaro che s e p p e i n n a l z a r s i s o p r a il livello d e l c a p o t r i b ù . I suoi Goti p o r t a r o n o in Italia, con le vecchie superstizioni g e r m a n i c h e e il selvaticume dell'orda, la virtù g u e r r i e r a , il senso dell'on o r e , il culto della d o n n a e un c e r t o spirito a v v e n t u r o s o e cavalleresco. Siccome il suo p o p o l o e r a u n a m i n o r a n z a , tem e n d o c h e i R o m a n i lo fagocitassero, T e o d o r i c o c e r c ò di i m p e d i r e , finché fu in vita, c h e si mescolasse coi vinti. Negli ultimi t e m p i aveva trasferito la sua residenza a Pavia, e fu qui che in p u n t o di m o r t e convocò al suo capezzale i Conti goti e la figlia Amalasunta. Il g e n e r o Eutarico e r a calato nella t o m b a da q u a t t r o a n n i e il n i p o t e Atalarico e r a a n cora un b a m b i n o . A m a l a s u n t a fu n o m i n a t a r e g g e n t e in n o me del figlio. E r a u n a d o n n a colta, bella e p r e p o t e n t e . Parlava c o r r e n t e m e n t e il latino e il g r e c o , conosceva i classici, ed e r a imbevuta di filosofia. I Goti la detestavano p e r c h é si s e n t i v a n o disprezzati da lei c h e si c i r c o n d a v a di R o m a n i e frequentava i loro salotti. Riabilitò la m e m o r i a di Simmaco e di Boezio, e restituì ai figli i b e n i confiscati. A u m e n t ò lo stip e n d i o ai maestri di retorica e fondò n u o v e scuole. Si riconciliò col Senato e col p o p o l o r o m a n o , e s'impegnò a n o n violare le leggi dei Q u i r i t i . Affidò il figlio a un p r e c e t t o r e r o m a n o p e r c h é lo iniziasse al culto di quella civiltà latina, di cui essa e r a intrisa. I Goti p r o t e s t a r o n o . Il Re, p e r loro, d o veva essere un g u e r r i e r o , possibilmente analfabeta, c o m e lo e r a stato Teodorico. U n g i o r n o A m a l a s u n t a r i m p r o v e r ò Atalarico e gli a p p i o p p ò un ceffone. Il b a m b i n o scoppiò a p i a n g e r e al cospet137

to di alcuni C o n t i goti c h e o b b l i g a r o n o la Regina a licenziare il p r e c e t t o r e e a c o n s e g n a r e a loro il figlioletto. Atalarico, s o t t o p o s t o a strapazzi d ' o g n i g e n e r e , m o r ì a diciotto a n n i , c o n s u n t o dalla tisi. La m a d r e allora si associò al t r o n o il cugino T e o d a t o . E r a figlio di Amalafrida, sorella di T e o d o r i c o , aveva viss u t o a l u n g o in Toscana d o v e p o s s e d e v a un castello e vaste t e n u t e . A m a l a s u n t a lo prediligeva p e r c h é aveva studiato filosofia a R o m a e aveva scritto un saggio su Platone. Ma sotto la vernice dell'intellettuale, egli covava u n a s m o d a t a sete di p o t e r e . Si e r a arricchito coi soprusi e la violenza. Amalas u n t a ebbe a lamentarsi p r e s t o del collega c h e la detestava e voleva liberarsi di lei. Un bel g i o r n o decise di fuggire a Bisanzio. Caricò tutti i suoi tesori su un dromone e si accinse a salpare dal p o r t o d i Classe. T r o p p o tardi. T e o d a t o , informato, fece o c c u p a r e la nave d a i suoi sbirri. La Regina fu a r r e stata, c o n d o t t a sul lago di Bolsena e rinchiusa in u n a t o r r e . Sotto minaccia di m o r t e , il c u g i n o l'obbligò a scrivere u n a lettera a l l ' I m p e r a t o r e Giustiniano in cui diceva di aver cambiato idea e di voler r e s t a r e in Italia. Poi d i e d e o r d i n e di ucciderla. A m a l a s u n t a fu strangolata nel s o n n o . C o r r e v a l'anno 535. E r a l'inizio di u n a crisi che il P a p a e i Senatori r o m a n i att e n d e v a n o con impazienza. N e avvertirono subito Costantinopoli, r i c o r d a n d o l e che l'Italia, in linea di diritto, e r a semp r e u n a p r o v i n c i a d e l l ' I m p e r o a n c h e s e d i fatto T e o d o r i c o l'aveva g o v e r n a t a da p a d r o n e assoluto. L'assassinio di A m a l a s u n t a forniva o r a u n b u o n p r e t e s t o p e r i n t e r v e n i r e nella Penisola n u o v a m e n t e disponibile. V e d i a m o d u n q u e cos'era q u e s t o I m p e r o e chi e r a colui che i n q u e l m o m e n t o l'incarnava.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

BISANZIO

C o m e R o m a , l a n u o v a C a p i t a l e e r a stata c o s t r u i t a s u sette colli. Costantino l'aveva scelta p e r la sua posizione n a t u r a l e e strategica, e s t r e m o bastione e u r o p e o e p o r t a d'ingresso al c o n t i n e n t e asiatico. Nel VI secolo, col s u o milione d'abitanti, Bisanzio e r a la p i ù popolosa città del m o n d o , seguita, ma a m o l t e l u n g h e z z e , da C a r t a g i n e in O c c i d e n t e , e da Alessand r i a e Antiochia in O r i e n t e . La vita della Capitale r u o t a v a i n t o r n o a t r e poli: la C o r t e , l ' I p p o d r o m o e la chiesa di Santa Sofia. La C o r t e e r a u n a specie di città nella città, c o m e a Mosca, fin d a l t e m p o d e g l i Zar, lo è s e m p r e stato il C r e m l i n o . Al c e n t r o , c i r c o n d a t o da diecine d'edifici, adibiti a ministeri, e da sontuose ville private, sorgeva il Palazzo Sacro, residenza ufficiale d e l l ' I m p e r a t o r e A un t i r o di s c h i o p p o , la r e g g i a d e l l ' I m p e r a t r i c e e r a il l u o g o p i ù misterioso e di p i ù difficile accesso della m e t r o p o l i . N e s s u n o , senza u n o speciale p e r messo, p o t e v a v a r c a r n e la soglia, vigilata g i o r n o e n o t t e da e u n u c h i a r m a t i f i n o a i d e n t i . L o stesso I m p e r a t o r e , q u a n d o si recava a visitare la moglie, doveva farsi a n n u n c i a r e . Coi suoi sfarzosi vestiboli, coi suoi saloni sfavillanti di ori, m a r m i e mosaici, il Palazzo Sacro e r a il c u o r e di un I m p e r o che la Provvidenza sembrava aver destinato a d u r a r e in e t e r n o . A sacralizzarlo gli I m p e r a t o r i vi avevano a m m a s s a t o i p i ù preziosi cimeli della Cristianità: il l e g n o della Croce, la c o r o n a di s p i n e e gli scheletri dei Santi e d e i Martiri p i ù in voga. Sant'Elena vi aveva fatto t r a s p o r t a r e quello di San Daniele, L e o n e VI quelli di Maria M a d d a l e n a e di Lazzaro. Niceforo Foca e Giovanni Tzimisces a v e v a n o arricchito la col139

lezione coi capelli di Giovanni Battista e i sandali di Cristo. Sotto la c o l o n n a di C o s t a n t i n o , alla v e n e r a z i o n e d e i fedeli c h e ogni g i o r n o vi affluivano in g r a n n u m e r o , e r a n o esposti i p a n i del miracolo. Se tutte queste reliquie fossero autentiche n o n si sa. Ma il m e t t e r l o in d u b b i o e r a c o n s i d e r a t o sacrilegio. L a C o r t e n o n e r a soltanto l a r e s i d e n z a d e l l ' I m p e r a t o r e , ma a n c h e il q u a r t i e r g e n e r a l e della b u r o c r a z i a e il c e n t r o commerciale p i ù i m p o r t a n t e d e l l ' I m p e r o . E n t r o le sue m u ra e r a n o chiusi i ministeri e gli uffici pubblici. I suoi ginecei o s p i t a v a n o migliaia di d o n n e intese n o n soltanto a p r e s t a zioni di alcova, ma a n c h e a v e r e e p r o p r i e i n d u s t r i e tessili dove filavano la lana e la seta che lo Stato i m p o r t a v a e lavorava in r e g i m e di m o n o p o l i o . C o m m e r c i a n t i e u o m i n i d'affari e r a n o gli stessi I m p e r a t o r i . Giovanni Vatatzes p e r esempio, v e n d e n d o polli, riuscì a g u a d a g n a r e abbastanza d e n a r o p e r c o m p e r a r e all'Imperatrice u n a c o r o n a nuova. L ' I p p o d r o m o , c o m e il Foro nell'antica R o m a , e r a il luogo d o v e si svolgevano le corse delle bighe e si o r d i v a n o i complotti. Dalle g r a d i n a t e e dai popolari, capaci di ospitare fino a q u a r a n t a m i l a spettatori, partiva la scintilla che poteva scat e n a r e la rivoluzione. Gli omicidi, i ratti, le b a s t o n a t u r e erano all'ordine del g i o r n o tra le d u e fazioni rivali dei «Verdi» e degli «Azzurri». C o n t r o il «tifo», la stessa forza p u b b l i c a e r a i m p o t e n t e . E i m p o t e n t e e r a l ' I m p e r a t o r e che, p e r cons e r v a r e il t r o n o , doveva assicurare il r e g o l a r e s v o l g i m e n t o dei giuochi. Santa Sofia e r a il terzo g r a n d e c e n t r o d'attrazione di Bisanzio, s e b b e n e nella Capitale vi fossero altre q u a t t r o c e n t o chiese. I d e a t a da Giustiniano e realizzata dal celebre architetto A n t e m i o di Traile, e r a la residenza ufficiale del Patriarca e il p i ù i m p o r t a n t e luogo di r i u n i o n e e di p r e g h i e r a della Cristianità orientale. C h i a c c h i e r o n i , bigotti e superstiziosi, i Greci a m a v a n o p a z z a m e n t e le d i s p u t e religiose che il clero secolare apertam e n t e fomentava. È difficile m i s u r a r e l'influenza che i m o 140

naci esercitarono sulla società e sul costume bizantini. Contesi da Principi e da I m p e r a t o r i , g o d e r n e la fiducia e r a consid e r a t o un autentico privilegio. Alessio I, d u r a n t e le campag n e militari, e r a solito ospitarne u n o sotto la sua t e n d a . Particolarmente riveriti e ascoltati e r a n o gli eremiti. San Niceforo riuscì a i n d u r r e l ' I m p e r a t o r e ad abolire la tassa sull'olio santo. San Daniele, che abitava su u n a colonna alla periferia di Bisanzio, q u a n d o scoppiava un temporale, veniva, p e r ordine di Teodosio I I , r e g o l a r m e n t e rifornito di ombrello. Solo verso la fine della sua vita decise di farsi costruire u n a piccola tettoia. G r a n d e fama g o d e t t e r o a n c h e San T e o d o r o Siceota e San Basilio Minore: il p r i m o p e r aver passato in u n a gabbia t u t t a u n a Q u a r e s i m a ; i l s e c o n d o p e r a v e r istruito l'Imperatrice Elena sul m o d o di avere un figlio. Costantinopoli era sotto il p a t r o n a t o della Vergine, al cui culto e r a n o dedicate a l c u n e delle sue p i ù belle chiese. Esse n o n e r a n o solo luoghi di p r e g h i e r a , ma a n c h e veri e p r o p r i c e n t r i diagnostici e t e r a p e u t i c i . C o m e nella R o m a p a g a n a molti malati p r e f e r i v a n o affidarsi alle c u r e di Asclepio e di Lucina piuttosto che a quelle d e l m e d i c o , così a Bisanzio si r i c o r r e v a alle ricette di C o s m a e D a m i a n o c h e , s e m b r a , ne dispensavano a iosa e g r a t u i t a m e n t e . Fra i Santi che facevano i medici c ' e r a n o , n a t u r a l m e n t e a n c h e gli specialisti. Per le malattie sessuali, ad esempio, gli u o m i n i si rivolgevano a Sant'Artemio e le d o n n e a Santa Febronia. Q u a n d o u n a diagnosi si presentava p a r t i c o l a r m e n t e difficile, si faceva ricorso agli astri, e talvolta si c h i a m a v a a c o n s u l t o i m a g h i e gli stregoni, s e b b e n e la l o r o p r i n c i p a l e attività fosse la l e t t u r a del f u t u r o . N o n s e m p r e c o s t o r o azzeccavano i p r o n o s t i c i . C a t a n a n c e , p e r e s e m p i o , profetizzò la m o r t e di Alessio I, e invece a m o r i r e fu il leone di Corte. Ciò n o n gli i m p e d ì , d o p o alcuni a n n i , d i r i n n o v a r e l a profezia. M a a n c h e q u e s t a volta i fatti lo s m e n t i r o n o p e r c h é a t i r a r e le cuoia fu l ' I m p e ratrice-Madre. Era u n a città cosmopolita, u n a specie di melting-pot, un crogiuolo di lingue, di razze, di costumi, un miscuglio di Greci, 141

di Illiri, di Sciti, di Asiatici, di Africani, a m a l g a m a t i e t e n u t i insieme dall'ortodossia e dalla lingua c o m u n e . Lacerato dalle eresie, l ' I m p e r o R o m a n o d ' O r i e n t e , p e r l a sua e t e r o g e n e i t à etnica, n o n fu m a i agitato dallo s p e t t r o del razzismo. F r e q u e n t i e r a n o anzi i m a t r i m o n i misti che gli stessi I m p e r a t o r i incoraggiavano. Giustiniano I I , p e r esempio, fece sposare al p r o p r i o cuoco n e g r o la figlia di un ricco e influente senatore. A dispetto di un clima u m i d o e afoso, Costantinopoli e r a incorniciata d a u n p a n o r a m a incantevole e d a u n paesaggio nobile e lussureggiante. La sapienza urbanistica dei suoi architetti aveva fatto di questa città un gioiello di a r m o n i a e di equilibrio estetico. C ' e r a n o , si capisce, a n c h e le coree - c o m e o g g i si c h i a m e r e b b e r o - m a , t u t t o s o m m a t o , il volto di Bisanzio poteva benissimo r e g g e r e il confronto con quello dell a R o m a d ' A u g u s t o . S e c o n d o s c h e m i r o m a n i infatti e r a n o costruite le case: alte d u e piani con piccole finestre che si affacciavano su un cortile-patio o che g u a r d a v a n o all'esterno sulla s t r a d a . I b a l c o n i e r a n o sollevati d a l s u o l o di a l m e n o cinque m e t r i . Le scale e s t e r n e e r a n o vietate. C u r e particolari e r a n o dedicate alle fogne che sboccavano d i r e t t a m e n t e nel m a r e . Poiché a Bisanzio n o n esistevano cimiteri, i cadaveri venivano i n u m a t i fuori delle m u r a . Solo i m e m b r i della famiglia i m p e r i a l e p o t e v a n o e s s e r e sepolti d e n t r o la città. L a r g h i boulevards, costeggiati da alberi e da preziose statue di m a r m o , attraversavano il c e n t r o , che nelle o r e di p u n t a doveva essere p a r t i c o l a r m e n t e affollato. U n c a p i t o l o a p a r t e m e r i t e r e b b e r o gli e u n u c h i . E r a n o tutti di b u o n a o r i g i n e aristocratica e b o r g h e s e , e v e n i v a n o castrati p e r evitare c h e le l o r o e n e r g i e fossero distratte d a l servizio di Stato. Di solito si s o t t o p o n e v a n o v o l o n t a r i a m e n t e a quell'operazione, obbligatoria p e r chi voleva far c a r r i e r a a C o r t e e nelle alte g e r a r c h i e amministrative, ecclesiastiche e militari. G r a n d i Patriarchi e ottimi Generali e r a n o e u n u c h i . La l o r o c o n d i z i o n e e r a c o n s i d e r a t a un privilegio: e ciò dim o s t r a fino a c h e p u n t o l ' I m p e r o R o m a n o si fosse o r m a i orientalizzato. 142

L ' I m p e r a t o r e - o Basileus - e r e d e d e i Cesari, aveva diritto di vita e di m o r t e su tutti i s u d d i t i . Eletto da Dio, di cui e r a il l u o g o t e n e n t e in t e r r a , c o m e Dio e r a infallibile. Il Patriarca lo consacrava s u l l ' a m b o n e di Santa Sofia, ma poi div e n t a v a p r a t i c a m e n t e il s u o M i n i s t r o d e l C u l t o . Il Basileus designava e investiva i Vescovi che p o t e v a d e p o r r e q u a n d o gli p a r e v a e piaceva. C o n v o c a v a i Concili, fissava i d o g m i , modificava la liturgia. E r a l e g a t o alla V e r g i n e da speciali vincoli di c o l l a b o r a z i o n e . Sui c a m p i di b a t t a g l i a , infatti, l ' I m p e r a t o r e e la M a d o n n a e r a n o considerati colleghi di pari g r a d o . Giudice s u p r e m o , il suo t r i b u n a l e giudicava in prima istanza e in appello. I capricci e i gusti d e l sovrano dettavano la m o d a e fissavano i limiti del lusso. Di quello degli altri, si capisce. La successione al t r o n o n o n e r a regolata da n o r m e fisse. Ma di solito si p r a t i c a v a il regicidio. In 1058 a n n i , sui 107 I m p e r a t o r i , solo t r e n t a q u a t t r o m o r i r o n o d i m o r t e n a t u r a l e e u n a mezza dozzina in g u e r r a . Gli altri o a b d i c a r o n o o fur o n o sgozzati. La divinità del sovrano si manifestava d u r a n t e le u d i e n z e q u a n d o , issato su un t r o n o gigantesco, egli riceveva i ministri, i cortigiani e gli ambasciatori stranieri. L ' I m p e r a t o r e si esprimeva a gesti. N e s s u n o parlava, e tutti stavano in piedi. A intervalli r e g o l a r i il Basileus scompariva, sollevato in aria con t u t t o il b a l d a c c h i n o da m a c c h i n e invisibili e misteriose. Q u a n d o r i c o m p a r i v a , i n d o s s a v a vesti n u o v e e s e m p r e p i ù s o n t u o s e . C o l o r o c h e gli r e n d e v a n o o m a g g i o gli facevano tre inchini e gli baciavano le pantofole di p o r p o r a . Gli o r d i n i d e l l ' I m p e r a t o r e n o n s i d i s c u t e v a n o p e r c h é nella sua p e r s o n a si f o n d e v a n o i n s i e m e i p o t e r i esecutivo, legislativo e giudiziario, o l t r e a quello religioso. Il S e n a t o , c o m p l e t a m e n t e e s a u t o r a t o e costretto ad a b d i c a r e alla sua t r a d i z i o n a l e f u n z i o n e d i o r g a n o legislativo, e r a d i v e n t a t o u n a specie di Consiglio di Stato, e si limitava a fornire i quadri dirigenti della burocrazia. Di estrazione senatoriale erano i direttori generali, i capi di gabinetto e i ministri dei va143

ri dicasteri. Più che figlia di quella r o m a n a , l'amministrazione bizantina col suo f o r s e n n a t o centralismo fu la m a d r e di quella russa, sia zarista che sovietica. Nulla sfuggiva al suo controllo. Nei ministeri della Capitale lavoravano diecine di migliaia di impiegati e di funzionari. La l i n g u a ufficiale, ai t e m p i di Giustiniano, e r a a n c o r a il latino. In latino venivano rilasciati i certificati. In latino veniva compilata la «Gazzetta Ufficiale». Ma d o p o di lui il greco p r e s e il sopravvento. Accanto a u n a burocrazia vessatrice ma efficiente, o p e r a va u n a diplomazia sottile, spregiudicata e intrigante. E difficile d i r e q u a n t o ad essa l ' I m p e r o R o m a n o d ' O r i e n t e sia stato d e b i t o r e della sua longevità. Lo studio dei b a r b a r i e r a la sua m a g g i o r e p r e o c c u p a z i o n e . I n u n a p p o s i t o ufficio veniv a n o raccolti dossiers e r a p p o r t i confidenziali sui popoli stranieri. Nei collegi e nelle università g r e c h e i figli dei Principi u n n i , degli Emiri arabi, dei K h a n tartari si mescolavano con i r a m p o l l i dell'aristocrazia e dell'alta b o r g h e s i a b i z a n t i n a . Per rafforzare questi vincoli d'amicizia, si c o m b i n a v a n o a n che m a t r i m o n i . Q u a n d o l'emergenza batteva alle p o r t e , n o n ci si faceva s c r u p o l o di s e m i n a r e zizzania t r a gli alleati, alim e n t a n d o n e i dissensi. La m o r a l e e r a s u b o r d i n a t a alla Ragion di Stato. Ai fini politici e imperialistici veniva impiegata a n c h e la religione, la cui fastosa liturgia, p i ù che gli oscuri d o g m i , colpiva e impressionava la fantasia dei barbari. L'esercito e r a la terza p i e t r a a n g o l a r e di questo I m p e r o . Diocleziano e Costantino lo avevano riformato c r e a n d o , come a b b i a m o già d e t t o , u n ' a r m a t a di frontiera e un esercito centrale mobile. I soldati arruolati nella p r i m a e r a n o contadini a r m a t i che facevano la g u a r d i a ai confini. In luogo del soldo r i c e v e v a n o t e r r a da coltivare. L'esercito m o b i l e , alle dirette d i p e n d e n z e d e l l ' I m p e r a t o r e , e r a invece r e g o l a r m e n te p a g a t o e stanziava nella Capitale. Fino al 378 la fanteria fu la spina dorsale dell'esercito biz a n t i n o . D o p o il d i s a s t r o di A d r i a n o p o l i c h e s a n z i o n ò il trionfo della cavalleria gotica, Teodosio I decise di assoldare un forte c o n t i n g e n t e di cavalieri b a r b a r i al c o m a n d o dei ri144

spettivi c a p i - t r i b ù . Alcuni d i c o s t o r o , p r o m o s s i G e n e r a l i , p r e s e r o a fare e disfare gli I m p e r a t o r i che di essi, del resto, spesso si servirono p e r farsi togliere le castagne dal fuoco. C i r c o n d a t a da p o p o l i i n v a d e n t i , bellicosi e famelici, Bisanzio visse s e m p r e sul p i e d e di g u e r r a . L'astuzia dei suoi diplomatici e l'abilità dei suoi Generali le a s s i c u r a r o n o tuttavia u n a vita l u n g a e brillante. L'autocrazia satrapesca dei Basilei che s'avvicendarono al p o t e r e fu il mastice che t e n n e u n i t o u n I m p e r o che p u r e conteneva i n s é n u m e r o s i g e r m i di disgregazione. Dal 330 ai p r i m i del VI secolo il contenim e n t o dei b a r b a r i e la riorganizzazione della sconquassata baracca che R o m a gli aveva lasciato in e r e d i t à e r a n o stati i d u e m a g g i o r i p r o b l e m i che l ' I m p e r o d ' O r i e n t e s i trovò a d affrontare. E m a l g r a d o t u t t o , e r a riuscito a risolverli abbastanza b e n e .

CAPITOLO DICIOTTESIMO

GIUSTINIANO

N o n p o s s i a m o fare q u i l a s t o r i a c i r c o s t a n z i a t a d i Bisanzio c h e esula da quella nostra. P a r l e r e m o solo d e l p r o t a g o n i s t a degli e p i s o d i c h e p i ù da vicino t o c c a n o l'Italia e l ' E u r o p a : Giustiniano. E r a n a t o n e l 4 8 2 a Skoplje, in M a c e d o n i a , da u n a famiglia d i p e c o r a i . L a M a c e d o n i a e r a , e d è , u n a d e l l e r e g i o n i p i ù g r a m e della Grecia, c o p e r t a di boscaglie e irta di m o n t i , p a t r i a di p a s t o r i selvatici, cocciuti e i g n o r a n t i . G i u s t i n i a n o p e r ò aveva dirazzato. C r e b b e m i n g h e r l i n o e malaticcio, ma c o n a d d o s s o u n a g r a n voglia di s t u d i a r e . A c h i a m a r l o a Bisanzio fu suo zio Giustino c h e aveva fatto u n a bella c a r r i e r a negli eserciti di Anastasio e n o n aveva figli. Il vecchio soldato e r a un u o m o grossolano e volgare. N o n sapeva né legger e , né scrivere, ma sapeva fare i p r o p r i conti. Fece s t u d i a r e il n i p o t e , e gli d i e d e quell'istruzione c h e a lui e r a m a n c a t a . Q u a n d o Giustiniano si l a u r e ò in legge, egli lo assunse c o m e segretario e lo a d o t t ò c o m e figlio. N o n s a p p i a m o q u a l e p a r te egli abbia a v u t o n e l l a scalata al t r o n o d e l l o zio c h e alla m o r t e d i Anastasio n e o c c u p ò , anzi n e u s u r p ò i l p o s t o . M a q u a l c h e p a r t e l'ebbe d i c e r t o p e r c h é , a p p e n a c o r o n a t o I m p e r a t o r e , Giustino lo n o m i n ò Console. Giustiniano, che aveva allora t r e n t o t t o a n n i , festeggiò l'avvenimento d i s t r i b u e n do al p o p o l o d e n a r o e f r u m e n t o , e o r g a n i z z a n d o nell'anfiteatro un g r a n d e spettacolo al quale parteciparono venti leoni, t r e n t a p a n t e r e e un centinaio di altre bestie feroci. A C o r t e la sua influenza cresceva di g i o r n o in g i o r n o . In b r e v e volgere d i t e m p o egli n e d i v e n n e l ' e m i n e n z a grigia. Le d a m e se lo c o n t e n d e v a n o , ma senza successo. Giusti146

n i a n o e r a u n u o m o t i m i d o , casto, d i m e d i a statura, n e r o d i pelo, riccioluto e s e m p r e b e n rasato. N o n beveva, n o n m a n giava c a r n e , rispettava la vigilia e si sottoponeva a l u n g h i digiuni. E r a assai m a t t i n i e r o e cominciava a l a v o r a r e all'alba. A t a r d a n o t t e le s u e stanze e r a n o a n c o r a i l l u m i n a t e , e lui s p r o f o n d a t o nella l e t t u r a di Platone, Aristotele e S. Agostin o . Giustino, r i m b a m b i t o dall'età e dagli acciacchi, passava le g i o r n a t e a farsi impacchi a u n a g a m b a rosa dalla cancrena in seguito a u n a b r u t t a ferita ricevuta in g u e r r a . Nell'aprile d e l 5 2 7 , q u a t t r o m e s i p r i m a d i m o r i r e , l ' I m p e r a t o r e convocò il n i p o t e al capezzale e gli a n n u n c i ò che aveva deciso d'associarselo al t r o n o . Fu u n a investitura p u r a m e n t e form a l e p e r c h é , d i fatto, l e r e d i n i d e l p o t e r e e r a n o già d a u n pezzo passate nelle s u e m a n i . Il g i o r n o stesso in cui il P a t r i a r c a gli conferì le i n s e g n e imperiali, Giustiniano s'era sposato. L a moglie e r a u n a e x baldracca. Si chiamava T e o d o r a ed e r a figlia di un d o m a t o r e d'orsi. P r o c o p i o dice c h ' e r a bellissima. M a n o n è v e r o . Aveva le g a m b e p i u t t o s t o c o r t e , i fianchi r o b u s t i , il s e n o t r o p p o a b b o n d a n t e , l'incarnato a n e m i c o . Ma gli occhi n e r i e vivaci, i capelli corvini, lo s g u a r d o da civetta la r e n d e v a n o t a l m e n t e sexy da risvegliare p e r s i n o i sensi p i g r i di Giustiniano. A q u a n t o p a r e questi era, a q u a r a n t ' a n n i , a n c o r a vergine, q u a n d o la i n c o n t r ò sulla mese, c h ' e r a la via Veneto di Bisanzio. Da q u e l g i o r n o , anzi da quella n o t t e , essa d i v e n n e la sua a m a n t e , e lui il suo p r i g i o n i e r o . N o n p o t e n d o alloggiarla a palazzo, le fece costruire u n a graziosa gargonnière in u n o dei quartieri residenziali della Capitale d o v e , u n a volta al g i o r n o , a n d a v a a t r o v a r l a . C o s t a n t i n o p o l i e r a u n a città pettegola e indiscreta. In capo a v e n t i q u a t t r ' o r e la relazione d i G i u s t i n i a n o con T e o d o r a d i v e n n e d i p u b b l i c o d o m i n i o . Nei salotti n o n si parlava d'altro. Le d a m e dell'alta società la cui r e p u t a z i o n e n o n era, del resto, migliore di quella di Teod o r a , g r i d a r o n o allo scandalo. Ma Giustiniano finse di n o n sentirle s e b b e n e a n c h e Eufemia, moglie di Giustino, di cui u n t e m p o e r a stata l a schiava, t u o n a s s e c o n t r o T e o d o r a . 147

Q u a n t o a l l ' I m p e r a t o r e , n o n m o s t r ò d i d i s a p p r o v a r e l a decisione del nipote di sposare u n a d o n n a di strada. Fu anzi q u e s t a p r o b a b i l m e n t e l'ultima soddisfazione che Giustinian o gli d i e d e p r i m a c h e , n e l l ' a g o s t o d e l 5 2 7 , calasse n e l l a tomba. A differenza di q u a n t o e r a accaduto alla m o r t e di Anastasio, la s c o m p a r s a di Giustino n o n fu funestata da disordini. Il trapasso dei p o t e r i e r a stato p r e d i s p o s t o in t e m p o , e l'elezione fu salutata dalle solite manifestazioni di e n t u s i a s m o e o m a g g i o del S e n a t o , d e l c l e r o e d e l p o p o l i n o , a n c h e se il nuovo Imperatore era piuttosto impopolare. Teodora fu p r o c l a m a t a I m p e r a t r i c e - R e g n a n t e e Bisanzio passò u n a m a no di s p u g n a sul suo passato. Nei salotti il suo n o m e cominciò a e s s e r e p r o n u n c i a t o c o n r i s p e t t o . L ' a d u l a z i o n e p i ù smaccata d i l a g ò p e r le s t r a d e di C o s t a n t i n o p o l i e a C o r t e . C o n la p o r p o r a sulle spalle e la c o r o n a in testa, l'ex-prostituta sembrava u n a Regina nata. Procopio che la conobbe b e n e e ne fu, p a r e , p e r d u t a m e n t e i n n a m o r a t o , racconta che dal g i o r n o del famoso i n c o n t r o con lui, restò s e m p r e fedele al m a r i t o , n o n o s t a n t e Giustiniano fosse i m m e r s o fino al collo negli affari di Stato. Il Basileus e la Basilissa n o n s'assomigliavano. Giustiniano e r a ortodosso, ascetico e solitario; T e o d o r a , al c o n t r a r i o e r a estroversa, a m a v a il lusso e la b u o n a tavola, e aveva un d e b o l e p e r gli eretici monofisiti. Stava quasi t u t t o il g i o r n o a letto e, d o p o l a u t e libagioni, si c o n c e d e v a sieste c h e si p r o t r a e v a n o spesso sino al calar della n o t t e . Q u a n d o facessero l ' a m o r e , con o r a r i così dissociati, n o n si sa. Sotto Giustino, c h ' e r a stato un u o m o incolto e scalcagnato, Bisanzio aveva p e r d u t o il suo r a n g o . G i u s t i n i a n o glielo restituì. Riformò il protocolio e dettò un cerimoniale auster o . P r o c l a m ò sacra la p r o p r i a p e r s o n a e p r e t e s e c h e chi gli r e n d e v a o m a g g i o s'inginocchiasse e gli baciasse l'orlo d e l m a n t o p u r p u r e o e le dita dei piedi. Quello di Giustiniano fu un r e g n o abbastanza tranquillo. U n a volta soltanto minacciò di crollare. Giustino e r a m o r t o 148

da c i n q u e a n n i . L'ascesa al t r o n o del n i p o t e aveva provocato un forte s c o n t e n t o , di cui s ' e r a n o fatte p o r t a v o c e le fazioni d e i Verdi e degli Azzurri del Circo. Nel 532 Giustiniano fece a r r e s t a r e a l c u n i a g i t a t o r i di e n t r a m b e le fazioni. Fu la g u e r r a civile. Gli insorti, ai quali s ' e r a n o uniti alcuni Senatori, scesero in piazza, assalirono le carceri, l i b e r a r o n o i p r i gionieri, e a p p i c c a r o n o il fuoco al palazzo imperiale. Giustin i a n o , s o r p r e s o dalla rivolta m e n t r e e r a i n t e n t o alla l e t t u r a di S. A g o s t i n o , p e r s e la testa. Si b a r r i c ò nelle sue stanze, e o r d i n ò a T e o d o r a di fare allestire u n a n a v e e p r e p a r a r e la fuga. L ' I m p e r a t r i c e invece c o n v o c ò u n g i o v a n e g e n e r a l e , Belisario, e gli c o m a n d ò di r e p r i m e r e la rivolta. Belisario r a d u n ò le g u a r d i e di palazzo e le a m m a s s ò all'ingresso dell ' I p p o d r o m o d o v e t r e n t a m i l a insorti si e r a n o dati c o n v e g n o . A un segnale, esse i r r u p p e r o n e l l ' a r e n a e vi t r u c i d a r o n o tutti i ribelli. Il t r o n o e r a salvo. Fin da ragazzo, Giustiniano aveva a v u t o la passione delle leggi. Q u e l l e c h e T e o d o s i o circa u n secolo p r i m a aveva riu n i t o nel codice che p o r t a i l suo n o m e e r a n o u n guazzabuglio di n o r m e in mezzo alle quali e r a impossibile orientarsi. A n c h e i t e m p i e r a n o cambiati, l'amministrazione si e r a fatta p i ù c o m p l e s s a , e p e r f u n z i o n a r e aveva b i s o g n o d i n o r m e chiare, semplici e u n i f o r m i , I R o m a n i a v e v a n o c o n q u i s t a t o il m o n d o con le legioni, ma lo a v e v a n o t e n u t o i n s i e m e c o n le leggi. Nel 5 2 8 Giustiniano decise la riforma della vecchia legislazione. N o m i n ò u n a c o m m i s s i o n e di e s p e r t i , e vi p o s e a capo il q u e s t o r e T r i b o n i a n o , un e m i n e n t e giurista, n o t o p e r la sua venalità. La c o m m i s s i o n e si mise s u b i t o al l a v o r o e l'anno d o p o pubblicò il Codex constitutionum, u n a raccolta di q u a t t r o m i l a c i n q u e c e n t o leggi. N e l 5 3 3 u s c i r o n o le Pandectae, che raccoglievano le o p i n i o n i dei p i ù g r a n d i giuristi r o m a n i , e le Institutiones, u n a specie di Bignami d e l d i r i t t o , a uso degli studenti. Il C o d i c e g i u s t i n i a n o , o Corpus iuris civilis, c o m e fu battezzato, si a p r e c o n u n ' i n v o c a z i o n e alla T r i n i t à e l'afferma149

zione del P r i m a t o e c u m e n i c o cioè universale della Chiesa, la quale riceve o r d i n i solo d a l l ' I m p e r a t o r e . Il Codice proibisce agli ecclesiastici di fare s p e c u l a z i o n i finanziarie e di p r e n d e r p a r t e a giuochi pubblici o a spettacoli teatrali. C o n d a n n a a m o r t e e alla confisca dei b e n i gli eretici. Incoraggia l'affrancamento degli schiavi, ma c o n s e n t e ai genitori indigenti di v e n d e r e i p r o p r i figli, e obbliga colui che p e r t r e n t ' a n n i ha coltivato un pezzo di t e r r a a restar i n c h i o d a t o al p r o p r i o p o d e r e f i n o alla m o r t e . Giustiniano, sotto l'influsso di T e o d o r a , migliorò le condizioni della d o n n a . L'adulterio n o n è più un delitto capitale, c o m ' e r a ai t e m p i di Costantino. Il m a r i t o tradito p u ò uccidere l ' a m a n t e della moglie ma solo se, d o p o averla avvertita tre volte, la s o r p r e n d e in casa o in un luogo pubblico col rivale. C h i h a r a p p o r t i c o n u n a v e d o v a o u n a zitella p a g a u n ' a m m e n d a . Il m e r e t r i c i o è t o l l e r a t o . C h i si m a c c h i a del d e l i t t o di o m o s e s s u a l i t à è p u n i t o invece c o n la t o r t u r a , la mutilazione e la m o r t e . Il Codice favorisce i lasciti e le d o n a z i o n i alla Chiesa, le cui p r o p r i e t à sono inalienabili. Ciò consentì al clero d'accum u l a r e un p a t r i m o n i o che attraverso i secoli d i v e n n e assai c o s p i c u o . N u m e r o s i capitoli s o n o d e d i c a t i a l l ' a m m i n i s t r a zione della giustizia. Solo u n alto m a g i s t r a t o p u ò spiccare un m a n d a t o di cattura. Tra l'arresto e il processo, che va celebrato alla p r e s e n z a di un giudice designato d a l l ' I m p e r a t o r e , n o n deve t r a s c o r r e r e u n t e m p o molto l u n g o . L i m p u t a t o p u ò scegliersi l'avvocato, ma questi p u ò difenderlo solo se è convinto della sua innocenza. Le p e n e sono severe, ma alle d o n n e , ai m i n o r i e a coloro che h a n n o violato la legge in stato di ubriachezza il giudice ha la facoltà di c o n c e d e r e le atten u a n t i . Agli agenti del Fisco che si lasciano c o r r o m p e r e veng o n o tagliate le m a n i . Q u e s t a mutilazione è l a r g a m e n t e p r a ticata insieme a quella del naso e della gola. A n c h e l'accecam e n t o - a cui v e r r a n n o sottoposti s o p r a t t u t t o gli u s u r p a t o ri - è consentito. Le p e n e capitali c o m u n q u e p i ù in uso sono la d e c a p i t a z i o n e p e r i liberi e la crocefissione p e r gli 150

schiavi. U n o speciale t r a t t a m e n t o è riservato ai d i s e r t o r i e agli stregoni che sono invece c o n d a n n a t i al r o g o . Il Codice è insieme un m o d e l l o di spirito cristiano e un d o c u m e n t o di barbarie e superstizione. A esso - e ai suoi orrori - Giustiniano deve la sua gloria. Il g r a n d e legislatore fu un cattivo politico e un pessimo amministratore. Mai infatti come d u r a n t e il suo r e g n o le fin a n z e b i z a n t i n e f u r o n o t a n t o a l l e g r e . Affetto d a m a n i a d i grandezza, svuotò le casse dello Stato che aveva trovato piene e ridusse allo s t r e m o le province p e r costruire conventi, chiese e m o n u m e n t i . Nella Capitale si rovesciarono d e c i n e di migliaia di c o n t a d i n i in cerca di lavoro. In pochi a n n i la banlieue di Bisanzio si trasformò in u n a bidonville affamata e cenciosa. Q u a n t o alla gloria militare, Giustiniano la deve a un accorto G e n e r a l e che ricondusse sotto la sua sovranità l'Italia e il Nord-Africa. Egli n o n e b b e altro m e r i t o c h e q u e l l o di aver s a p u t o sceglierlo. Ma n o n è poco.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO

L A R I C O N Q U I S T A DELL'ITALIA

A c a p o della spedizione c o n t r o i Vandali del Nord-Africa, fu c h i a m a t o Belisario. E r a n a t o i n t o r n o a l 5 0 5 i n u n a piccola città d i M a c e d o n i a , e l a s u a famiglia e r a n o b i l e . D o p o u n b r e v e tirocinio a C o r t e , a soli v e n t u n a n n i e r a stato p r o m o s s o G e n e r a l e d e l l ' e s e r c i t o i m p e r i a l e . S i e r a s e g n a l a t o sul fronte p e r s i a n o , m a s o p r a t t u t t o s i e r a g u a d a g n a t o l a gratit u d i n e di Giustiniano salvandolo d a l l ' i n s u r r e z i o n e d e i Verdi e degli Azzurri nel 532. S'era sposato con u n a certa A n t o n i n a , u n a v e d o v a c h e aveva v e n t i d u e a n n i p i ù d i lui e c h e ciò n o n o s t a n t e passò la vita a r i e m p i r l o di c o r n a . La c a m p a g n a c o n t r o i Vandali si risolse in un trionfo. Il loro re G e l i m e r o fu costretto a fuggire sui m o n t i d o v e , p e r t r e mesi, trovò ospitalità presso alcuni selvaggi. Q u a n d o Belisario, in c a m b i o d e l l a r e s a , gli offrì un c o s p i c u o vitalizio, egli si disse disposto ad accettarlo a condizione c h e il G e n e rale gli spedisse subito u n a s p u g n a , u n a p a g n o t t a e u n a lira. F u accontentato. M a passò p e r m a t t o . C o n la distruzione dei Vandali c a d d e r o nelle m a n i di Giustiniano anche quei territori che del r e g n o di Gelimero facevano p a r t e : la S a r d e g n a , la Corsica, le Baleari, C e u ta e n u m e r o s e a l t r e città della M a u r i t a n i a . Belisario t o r n ò in p a t r i a e fu accolto c o m e un t r i o n f a t o r e . Sfilò p e r le vie i m b a n d i e r a t e d i Bisanzio, seguito dalle t r u p p e c h e c o n lui a v e v a n o c o m b a t t u t o e v i n t o . Fu u n ' a p o t e o s i c h e u n ' u d i e n za i m p e r i a l e suggellò. La c a d u t a d e i Vandali in Africa p a r ve lì p e r lì un fausto e v e n t o . I n v e c e le s u e c o n s e g u e n z e fur o n o disastrose. C o n l a l i q u i d a z i o n e d i G e l i m e r o crollò infatti l'unico b a l u a r d o i n g r a d o d i p o r r e u n a r g i n e all'allu152

v i o n e a r a b a c h e di lì a p o c o si s a r e b b e a b b a t t u t a su q u e l l e province. La c a m p a g n a c o n t r o i Goti fu m o l t o p i ù l u n g a e diffìcile di quella africana. D u r ò con a l t e r n e vicende diciotto a n n i . Nell'autunno del 535 ottomila uomini, al c o m a n d o di Belisario, r e d u c e dal trionfo africano, s b a r c a r o n o sulle coste d e l l a Sicilia. N e l l ' I t a l i a m e r i d i o n a l e l'influenza gotica e r a stata scarsa. L e popolazioni a v e v a n o s e m p r e m o s t r a t o p o c a simpatia p e r le b a n d e di Teodorico, e lo sbarco era stato p r e p a r a t o con g r a n d e c u r a dalle q u i n t e c o l o n n e b i z a n t i n e . Le g u a r n i g i o n i gotiche c a d d e r o c o m e birilli sotto i colpi dei greci. Q u a n d o e b b e s a l d a m e n t e i n p u g n o l'isola, Belisario passò Io stretto di Messina e p u n t ò su Napoli. A n c h e q u e s t o fu un assedio facile. Quasi senza colpo ferire, facendo passare i soldati a t t r a v e r s o un a c q u e d o t t o , Belisario riuscì a imp a d r o n i r s i della città p a r t e n o p e a . S e b b e n e i Bizantini, n e l t r i p u d i o della vittoria, si fossero a b b a n d o n a t i a un orribile saccheggio, gli italiani li accolsero c o n giubilo. S'illudevano - c o m e al solito - c h e l'invasione r a p p r e s e n t a s s e la liberazione dall'invasione p r e c e d e n t e . La notizia dei successi di Belisario a l l a r m ò i Goti. T e o d a to, c h e aveva d a t o b u o n e p r o v e solo c o m e uxoricida, fu d e p o s t o e sostituito c o n un v a l o r o s o ufficiale di n o m e Vitige c h e sloggiò s u b i t o le t r u p p e da R o m a e le a m m a s s ò a R a v e n n a . N e l l ' U r b e lasciò p o c h e migliaia di u o m i n i c h e forse s a r e b b e r o riusciti a c o n t e n e r e gli i n v a s o r i , se il P a p a n o n avesse c o n s e g n a t o c o n l ' i n g a n n o a Belisario le chiavi della città. I Goti allora ridiscesero a S u d e cinsero R o m a d'assedio. D o p o u n a n n o l o s c o p p i o d i u n a pestilenza e l ' a n n u n cio di rinforzi bizantini i n d u s s e r o Vitige a c h i e d e r e u n a tregua. Belisario, smanioso di c o n g i u n g e r s i c o n le t r u p p e fresche c h e Giustiniano gli aveva inviato, gliel'accordò. C o m a n d a v a queste t r u p p e i l G r a n Ciambellano N a r s e t e , un e u n u c o di sessant'anni c h e aveva fatto a C o r t e u n a brill a n t e c a r r i e r a . Q u a n d o Belisario s e p p e d i q u e s t a n o m i n a , 153

m o n t ò su t u t t e le furie. Di cose militari infatti N a r s e t e n o n capiva niente. N o n aveva mai c o m b a t t u t o u n a g u e r r a e aveva trascorso g r a n p a r t e della vita nei salotti e nei ginecei di Bisanzio. M a p a r e c h e G i u s t i n i a n o n o n avesse p o t u t o esimersi dal c r e a r e quella pericolosa diarchia p e r c h é T e o d o r a n o n gli d a v a p a c e . L ' I m p e r a t r i c e e r a gelosa di Belisario, o p e r meglio d i r e e r a gelosa della popolarità che ne derivava ad A n t o n i n a la q u a l e , p u r s e g u i t a n d o a t r a d i r e clamorosam e n t e suo m a r i t o , si pavoneggiava delle sue vittorie. L'idea d'affiancare N a r s e t e a Belisario fu un disastro. Il dualismo di c o m a n d o provocò u n a serie di rovesci che culm i n a r o n o nella conquista gotica di Milano e nel massacro di t r e n t a m i l a abitanti. M a l g r a d o le p r o t e s t e di T e o d o r a , Giustiniano richiamò l ' e u n u c o e restituì a Belisario i pieni poteri. Libero finalmente di c o n d u r r e la g u e r r a c o m e voleva, il G e n e r a l e passò al contrattacco. Per avere r a g i o n e dei Goti, doveva p e r ò i m p a d r o n i r s i a tutti i costi di R a v e n n a . A forn i r g l i e n e il m o d o f u r o n o gli stessi n e m i c i c h e , s t r e m a t i da u n a lotta che si p r o t r a e v a o r m a i da t r o p p o t e m p o , gli offrir o n o la c o r o n a di Vitige. Belisario finse d'accettarla a condizione che gli venisse posta sul capo a R a v e n n a . I Goti, ignari d e l t r a n e l l o , gli s p a l a n c a r o n o le p o r t e della città. Solo q u a n d o i Bizantini ne ebbero varcate le m u r a scoprirono l'inganno. Le d o n n e gote, a p p e n a videro i greci, s p u t a r o n o in faccia ai loro mariti corbelloni. Poco d o p o , Belisario fu convocato da Giustiniano c h e lo spedì in tutta fretta sul fronte orientale dove i Persiani si stav a n o minacciosamente a m m a s s a n d o . La sua assenza r i d i e d e b a l d a n z a ai Goti c h e f r a t t a n t o e r a n o riusciti a r i c u c i r e i brandelli del loro esercito sotto la g u i d a di un n u o v o e valoroso Re, Totila. A n c o r a u n a volta le sorti della g u e r r a volsero in loro favore, e Giustiniano fu di n u o v o costretto a sped i r e Belisario in Italia. Q u a n d o vi giunse, il G e n e r a l e si rese subito conto che la situazione si e r a pericolosamente deteriorata. Gli ufficiali ai quali aveva delegato il c o m a n d o ne avevano abusato al p u n 154

to che le popolazioni e r a n o passate al nemico. Anche le t r u p p e s e m b r a v a n o s t r e m a t e d a u n a g u e r r a che n o n f i n i v a mai. G i u s t i n i a n o , c h e l'aveva v o l u t a , e r a stufo d i p o r t a r l a avanti. A Est i n c o m b e v a il pericolo p e r s i a n o . Bisognava dis i m p e g n a r e al p i ù p r e s t o il fronte occidentale p e r d i f e n d e r e quello orientale. Nel 552 l ' I m p e r a t o r e rispedì in Italia N a r sete, o r m a i u l t r a s e t t a n t e n n e e p i e n o d'acciacchi. Nello stesso a n n o , tra Perugia e Ancona, il G r a n Ciambellano sconfisse Totila, che p e r s e la vita in c o m b a t t i m e n t o . I Goti furono messi in rotta e si ritirarono verso la C a m p a n i a dove, al com a n d o di Teia, s'accinsero a un'ultima, disperata resistenza. Battuti u n a s e c o n d a volta sulla p i a n a d e l Vesuvio, d o m a n d a r o n o l a p a c e . I n u n messaggio a N a r s e t e , n e p o s e r o a n che le condizioni che egli accettò senza b a t t e r ciglio. Chiesero di lasciare l'Italia e di p o r t a r s i via tutti i tesori che nelle sue fortezze avevano accumulato. In cambio s'impegnavano a n o n far g u e r r a e n t r o i confini d e l l ' I m p e r o . Un migliaio di b a r b a r i rifiutò di d e p o r r e le a r m i e, organizzatisi in b a n d e p a r t i g i a n e , si d i e d e r o alla macchia. Altri settemila chiesero di essere a r r u o l a t i nell'esercito g r e c o e, c o m e i loro p a d r i , t o r n a r o n o a Bisanzio a fare i m e r c e n a r i . Crollava così il p r i m o autentico r e g n o r o m a n o - b a r b a r i c o instaurato in Italia. E crollava p e r cause i n t e r n e p i ù che p e r i colpi degli eserciti bizantini. C o m e fosse ridotta l'Italia d o p o diciotto a n n i di g u e r r a , ce lo racconta Procopio nelle sue Storie. «In Emilia g r a n p a r t e della popolazione e r a stata costretta ad a b b a n d o n a r e le p r o p r i e case e a m i g r a r e sulle rive del m a r e , s p e r a n d o trovarvi di che sfamarsi. In Toscana gli abitanti a n d a v a n o sui m o n t i a raccogliere g h i a n d e p e r macinarle e farne un s u r r o g a t o del p a n e . Quelli c h e s ' a m m a l a v a n o d i v e n t a v a n o pallidi e s m u n t i , la pelle s'inaridiva e si contraeva sulle ossa. Le loro facce assum e v a n o un'espressione stupefatta, gli occhi si dilatavano in u n a specie d i s p a v e n t o s a follia. Alcuni m o r i v a n o p e r a v e r m a n g i a t o t r o p p o q u a n d o t r o v a v a n o cibo. I p i ù e r a n o tal155

m e n t e dilaniati dalla fame che, se v e d e v a n o un ciuffo d'erba, si p r e c i p i t a v a n o a sradicarlo. Q u a n d o e r a n o t r o p p o deboli p e r riuscirvi, si b u t t a v a n o bocconi p e r t e r r a , con le m a n i contratte sulle zolle.» Q u a e là si verificarono veri e p r o p r i episodi di cannibalismo. N o n possediamo un censimento della popolazione italiana in questi a n n i . S e m b r a , c o m u n q u e , c h e il s u o n u m e r o n o n superasse i q u a t t r o milioni d ' a n i m e . N e l 556 R o m a n o n aveva più di q u a r a n t a m i l a abitanti. Scarse s o n o a n c h e le notizie sul viceregno di N a r s e t e c h e d u r ò dodici a n n i . N o n fu u n ' i m p r e s a da p o c o p e r il vecchio e u n u c o r i m e t t e r e o r d i n e n e l l ' i m m e n s o caos i n cui l'Italia e r a precipitata. D o v u n q u e miseria, a b b a n d o n o , disperazion e . La furia u n n i c a d e g l i eserciti goti e b i z a n t i n i aveva rid o t t o le belle città d e i t e m p i d'Augusto a c u m u l i fumanti di m a c e r i e , a focolai di pestilenze c h e d e c i m a v a n o le p o p o l a zioni. Ricostruire l'Italia fu la p a r o l a d ' o r d i n e di Giustinian o . M a c o n q u a l e d e n a r o ? L e casse i m p e r i a l i e r a n o v u o t e . La c a m p a g n a gotica aveva c o n d o t t o Bisanzio sull'orlo della bancarotta. Per rimettere in piedi la baracca n o n c'erano c h e le tasse. U n ' o r d a di agenti d e l fisco s o m m e r s e la Penisola. S'inventarono n u o v i balzelli e s'inasprirono quelli vecchi. G r e g o r i o M a g n o racconta c h e in S a r d e g n a i p a g a n i p e r p o t e r celebrare i loro riti, d o v e v a n o p a g a r e a Bisanzio u n a tassa. Il bello è c h e c o n t i n u a r o n o a p a g a r l a a n c h e q u a n d o si f u r o n o c o n v e r t i t i a l C r i s t i a n e s i m o . I n C o r s i c a gli a b i t a n t i v e n d e v a n o i figli. Per Giustiniano t u t t e le e n t r a t e e r a n o esigibili. C o n le b u o n e o con le cattive. Dove n o n e r a possibile s p r e m e r e d e n a r o , si ricorse alle corvées, cioè p r a t i c a m e n t e ai lavori forzati, c o n l'impiego di vecchi, d o n n e e b a m b i n i . Bisanzio c o s t r i n s e a r t i g i a n i e a g r i c o l t o r i a v e n d e r e a p r e z z i d'imperio i loro prodotti. Nel 554, l'Imperatore, riconos c e n d o che da Costantinopoli e r a difficile g o v e r n a r e l'Italia, e m a n ò u n a Prammatica sanzione c o n la quale accordò, fra l'alt r o , ai Vescovi italiani u n a l a r g a a u t o n o m i a e molti p o t e r i amministrativi. Essi ne a p p r o f i t t a r o n o p e r a c c e n t u a r e la lor o i n d i p e n d e n z a d a Bisanzio.

CAPITOLO VENTESIMO

I LONGOBARDI

Nel 5 6 5 , a o t t a n t a t r é a n n i suonati, Giustiniano n o n e r a p i ù che l ' o m b r a di se stesso. Nel 548, uccisa dal cancro, e r a calat a nella t o m b a T e o d o r a . Sul letto d i m o r t e s'era fatta p r o m e t t e r e d a l m a r i t o che n o n avrebbe revocato i privilegi e le i m m u n i t à di cui sino allora i monofisiti a v e v a n o g o d u t o . La p e r d i t a d i T e o d o r a f u u n colpo t r e m e n d o p e r G i u s t i n i a n o . Essa e r a stata l'unica d o n n a della sua vita e p e r a m o r e s u o egli aveva rischiato di giocarsi il t r o n o . E difficile calcolare l'influenza che la moglie aveva esercitato su di lui. Minato dall'arteriosclerosi, di politica aveva finito p e r interessarsi s e m p r e m e n o . Hombre de cabinete - c o m e dicono gli spagnoli - lo e r a s e m p r e stato. Ma da q u a n d o T e o d o r a e r a morta, si e r a vieppiù isolato. Faceva ogni g i o r n o la c o m u n i o ne e n o n voleva v e d e r e che preti coi quali s'intratteneva sino a notte fonda. Sotto di lui l'unità religiosa t r a R o m a e Bisanzio m o s t r ò le p r i m e c r e p e . Grazie a T e o d o r a , il monofisitismo aveva fatto a C o r t e molti progressi. Per d i f e n d e r e q u e st'eresia, Giustiniano si schierò a n c h e c o n t r o il P a p a di cui, d u r a n t e la g u e r r a gotica, aveva cercato l'amicizia. Q u a n d o , d o p o trentotto anni di regno, il 14 novembre del 5 6 5 , m o r ì , il p o p o l o , che n o n lo aveva m a i a m a t o , trasse un sospiro di sollievo. A succedergli fu c h i a m a t o il n i p o t e Giustino I I , u n u o m o rozzo e u n p o ' scimunito. D o p o o t t o a n n i d i g o v e r n o infatti, uscito d i s e n n o , d o v e t t e r i n u n c i a r e al t r o n o . S c o m p a r s o Giustiniano, n e i salotti di Costantinopoli e r a cominciata a circolare u n a Storia segreta, c h e fece la delizia di quella p e t t e g o l a società. N o n p o r t a v a i l n o m e d e l l ' a u t o r e , 157

ma n o n si tardò a indovinarlo: era Procopio, ormai morto a n c h e lui. Procopio e r a stato lo storico ufficiale di Belisario, c h e se l'era p o r t a t o al seguito in t u t t e le sue i m p r e s e e c r e d e v a di avere in lui il p i ù fidato segretario, consigliere e apologeta. Procopio infatti lo aveva servito benissimo nei suoi otto vol u m i di Storia delle guerre, pieni di elogi p e r il G e n e r a l e , p e r l ' I m p e r a t o r e , p e r le rispettive consorti e p e r tutti i p i ù altolocati p e r s o n a g g i della C o r t e . Ma questo, aulico, agiografico e cortigiano, e r a , diciamo così, il suo l i n g u a g g i o di g i o r n o . Di n o t t e affilava il p e n n i n o , lo i n t i n g e v a nel v e l e n o invece che nell'inchiostro, e si vendicava p e r f i d a m e n t e della piaggeria cui lo costringeva quel r e g i m e basato sul culto della personalità. P a s s a n d o dalla storia ufficiale a quella segreta, d e stinata ai posteri, il s u o stile acquista un m o r d e n t e c h e fa cap i r e da m o r t o tutto ciò c h e di q u e s t o s t r a n o p e r s o n a g g i o si e r a i g n o r a t o da vivo: la sua intelligenza e la sua viltà, la sua p e n e t r a z i o n e psicologica e il suo d o p p i o giuoco politico, il s u o o p p o r t u n i s m o e il s u o r a n c o r e p e r chi ve l'obbligava. Doveva essere un u o m o geniale, ambiguo e marcio, tutto miele di fuori e tutto fiele di d e n t r o . P a r e che fosse inacerbit o d a u n a m o r e senza s p e r a n z e p e r T e o d o r a . C o m u n q u e , nel suo libello ce n'è a n c h e p e r lei. Ma n o n si salva n e s s u n o . Voltaire, c h e con P r o c o p i o doveva s e n t i r e q u a l c h e affinità, fu deliziato di s c o p r i r e c h e il p i ù g r a n d e I m p e r a t o r e di Bisanzio e il suo p i ù valente G e n e r a l e n o n e r a n o stati che d u e stupidi becchi. E r a n o m o r t i e n t r a m b i ora, c o n t e m p o r a n e a m e n t e . Sugli ultimi a n n i di vita di Belisario, gli storici ci h a n n o lasciato p i ù d ' u n a versione. U n a cosa p e r ò s e m b r a certa: d o p o il sec o n d o richiamo dall'Italia le azioni di Belisario cominciarono a calare. Giustiniano e r a invidioso della sua p o p o l a r i t à e dei suoi trionfi. T e o d o r a poi n o n sapeva rassegnarsi all'idea c h e i favori dei Bizantini a n d a s s e r o p i ù al m a r i t o di Antonina che al suo. Per b e n d u e volte l ' I m p e r a t o r e o r d i n ò la confisca d e i b e n i d e l G e n e r a l e , ma glieli fece r e g o l a r m e n t e r e 158

stituire. Falsa è q u i n d i la l e g g e n d a c h e ci r a p p r e s e n t a Belisario, vecchio e cieco, r i d o t t o a c h i e d e r e l ' e l e m o s i n a sulla

mese. Dei q u a t t r o g r a n d i p r o t a g o n i s t i della storia bizantina di questo p e r i o d o , l'unico a n c o r a in vita e r a N a r s e t e . In Italia s'era r e s o t a l m e n t e odioso c h e i R o m a n i l'avevano d e n u n ciato a Giustino. «Non vogliamo essere trattati c o m e schiavi» gli a v e v a n o scritto, e avevano minacciato di rivoltarglisi contro. Giustino, che lo detestava, lo liquidò e c h i a m ò al suo p o s t o il p r e f e t t o L o n g i n o . A l c u n i storici r a c c o n t a n o c h e Narsete, p e r vendicarsi, invitò i L o n g o b a r d i a i n v a d e r e l'Italia. Ma n o n si tratta che di voci. U n a cosa p e r ò è sicura: da t e m p o q u e s t o p o p o l o d i n o m a d i , p r e m u t o dalle t r i b ù vicin e , aveva p u n t a t o lo s g u a r d o sulla Penisola. Le p o c h e cose che dei L o n g o b a r d i allora si sapevano e r a n o c o n t e n u t e nei r a p p o r t i di S t r a b o n e e di Tacito e negli archivi di Bisanzio. La l o r o storia sarebbe cominciata qualche secolo avanti Cristo nelle desolate l a n d e della Svezia m e r i d i o nale. Di q u i s a r e b b e r o emigrati nel C o n t i n e n t e . E probabile che a d e t e r m i n a r e q u e s t o e s o d o sia stata la necessità di pascoli e di p r e d a . I L o n g o b a r d i e r a n o n o m a d i , praticavano la pastorizia e il saccheggio, e n o n avevano a l c u n a n o z i o n e di agricoltura. Abitavano in c a p a n n e di l e g n o che p i a n t a v a n o accanto ai rozzi carri di cui si servivano p e r i loro frequenti s p o s t a m e n t i . A d o r a v a n o le c a p r e , il Sole e la T e r r a , la cui i m m a g i n e , vigilata g i o r n o e n o t t e d a u n s a c e r d o t e , e r a custodita in un'isola. U n a volta l ' a n n o la preziosa icona, chiusa in un tabernacolo, attraversava il m a r e p e r essere recata in pellegrinaggio fra le sparpagliate tribù, su un c a r r o trainato da buoi. Ricondotta nell'isola veniva i m m e r s a in un lago sac r o p e r e s s e r e purificata. C o m p i v a n o l ' o p e r a z i o n e a l c u n i schiavi, i quali venivano p o i sgozzati. N o n s a p p i a m o se q u e ste usanze i L o n g o b a r d i le c o n s e r v a r o n o q u a n d o , risalendo il corso dell'Elba, in successive migrazioni, a n d a r o n o a stanziarsi l u n g o le rive u n g h e r e s i del D a n u b i o . 159

E r a n o b i o n d i , villosi e gagliardi. P o r t a v a n o l u n g h e b a r b e , lunghissimi capelli spioventi sulla fronte e sulle orecchie, e si r a p a v a n o la n u c a . I n d o s s a v a n o a m p i e vesti di c r u d o lino dai b o r d i variopinti e calzavano stivaloni di cuoio. Le cap a n n e i n cui vivevano e r a n o m i s e r a m e n t e a r r e d a t e . Decor a v a n o le p a r e t i c o n l u g u b r i trofei di g u e r r a , e a t e r r a stend e v a n o pelli di capra. N o n a v e v a n o u n ' o r g a n i z z a z i o n e politica. N o m a d i , a n a r chici, divisi in tribù, o fare, al c o m a n d o ciascuna del s u o Duca, in g u e r r a c o n t i n u a fra l o r o , e r a n o allergici alle p i ù elem e n t a r i n o z i o n i di d i r i t t o e di S t a t o . Solo c o n A l b o i n o si configurò un e m b r i o n e di governo centrale. C o m e tutti i b a r b a r i , n o n c o m m e r c i a v a n o e i g n o r a v a n o l'uso della m o n e t a . L'unico p a t r i m o n i o c u l t u r a l e c h e p o s s e d e v a n o e r a n o le Saghe, le l e g g e n d e t r a m a n d a t e o r a l m e n t e di p a d r e in figlio, c h e a v e v a n o i m p o r t a t o dalla S c a n d i n a v i a e c h e celeb r a v a n o le i m p r e s e dei loro eroi. Nel corso delle a v v e n t u r o s e t r a s m i g r a z i o n i dalla Svezia al M a r N e r o alla P a n n o n i a , a c o n t a t t o c o n le p o p o l a z i o n i d e l l ' E u r o p a o r i e n t a l e - B u l g a r i , S a r m a t i , Sassoni - l'originario ceppo etnico si era contaminato. In c o m u n e questa composita o r d a aveva solo la religione, c h e e r a quella arian a . Ma a differenza dei Vandali che q u a n d o si c o n v e r t i r o n o all'eresia di Ario si d i e d e r o a p e r s e g u i t a r e i cattolici, i L o n g o b a r d i e r a n o tolleranti. Il fanatismo religioso c o n t r a s t a v a con la loro n a t u r a n o m a d e : solo i p o p o l i s e d e n t a r i p o s s o n o p e r m e t t e r s i il lusso d e l l e p e r s e c u z i o n i . V e d r e m o gli A r a b i conquistare il M e d i t e r r a n e o in n o m e di Allah. Ma solo d o v e si i n s e d i a r o n o stabilmente riuscirono a far trionfare l'Islam. Alboino e i suoi successori si s e r v i r o n o d e l l ' a r i a n e s i m o p e r d i s t r u g g e r e le chiese cattoliche così c o m e , u n a volta convertiti alla n u o v a religione, si s a r e b b e r o serviti dei suoi d o g m i p e r a b b a t t e r e quelle a r i a n e . L a Fede e r a p e r l o r o l'alibi d e l saccheggio e del genocidio. Per circa t r e secoli, dalla fine d e l s e c o n d o agli inizi del sesto, la loro storia è avvolta nel p i ù fitto mistero. E probabile 160

c h e , travolti dalla v a l a n g a u n n a , siano stati trascinati a i n g r o s s a r n e l ' o r d a . I n s e g u i t o allo s b a n d a m e n t o p r o v o c a t o dalla m o r t e di Attila - ma a n c h e questa è u n a semplice cong e t t u r a - si s a r e b b e r o istallati in P a n n o n i a . Q u i infatti li t r o viamo sul principio del sesto secolo. N o n s a p p i a m o q u a n t i mesi trascorsero tra la visita degli ambasciatori di N a r s e t e (se q u e s t a ambasciata r e a l m e n t e ci fu) al c a m p o di Alboino e la p a r t e n z a d e i L o n g o b a r d i alla volta dell'Italia. P r o b a b i l m e n t e i l t e m p o n e c e s s a r i o p e r s m o n t a r e le c a p a n n e di legno, caricare le masserizie sui carri e affilare le a r m i . Nella p r i m a v e r a del 568 u n ' o r d a d i trecentomila u o m i n i e u n a m o l t i t u d i n e di a r m e n t i si mise in m a r c i a verso Occid e n t e . Le greggi spianavano i sentieri. Le seguivano i carri con le d o n n e , i vecchi e i b a m b i n i . I g u e r r i e r i a cavallo chiud e v a n o la carovana. E alle spalle si lasciavano le dolci p i a n u r e u n g h e r e s i c h e u n t e m p o e r a n o state v e r d i e fertili. C o minciava u n a n u o v a Saga. I L o n g o b a r d i e n t r a r o n o in Italia a t t r a v e r s o il passo d e l Predil, sulle Alpi Giulie, di dove dilagarono nelle valli venete senza i n c o n t r a r e resistenza. A n c h e sul Piave n o n t r o v a r o n o opposizioni. Le t r u p p e del viceré L o n g i n o che avrebbero d o vuto a c c o r r e r e a p r e s i d i a r n e le rive e a bloccare l'invasione che stava s o m m e r g e n d o l a p i a n u r a p a d a n a n o n uscirono d a Ravenna. Vicenza, Verona e n u m e r o s e altre città della p r o vincia veneta c a d d e r o sotto i colpi dei L o n g o b a r d i . Q u a n d o ebbe b e n salda in m a n o l'Italia n o r d o r i e n t a l e , Alboino volle chiudere la p o r t a attraverso la quale e r a entrato. La chiave di questa porta, che s'apriva sulla città di Cividale, la consegnò, insieme con alcune centinaia di cavalli, al nipote Gisolfo c h e s'acquartierò nel Friuli con tutta la sua tribù di guerrieri, come luogotenente e guardia a r m a t a del Re, e fu il p r i m o Duca longobardo in Italia. Alboino p u n t ò q u i n d i sulla Liguria c h e •ai primi del 569 e r a quasi c o m p l e t a m e n t e conquistata. Di q u i risalì al N o r d . Il 3 settembre Milano capitolava, e il Re longob a r d o assumeva il titolo di Signore d'Italia. 161

Il suggello alla conquista lo impresse la caduta di Pavia. La vecchia città sul Ticino, dove Teodorico aveva trascorso gli ultimi a n n i della sua vita, presidiata da u n a g u a r n i g i o n e bizantina, t e n n e d u r o fino al 572. Solo d o p o tre a n n i di resistenza, stretta nella m o r s a di un blocco d i s p e r a t o , s'arrese. Alboino risparmiò i suoi abitanti e la elesse a p r o p r i a capitale. M e n t r e il g r o s s o d e l l ' e s e r c i t o a s s e d i a v a Pavia, il r e s t o c o m p l e t a v a la c o n q u i s t a della valle p a d a n a , a c c i n g e n d o s i a i n v a d e r e l'Italia c e n t r a l e . N e l 571 i L o n g o b a r d i attraversar o n o gli A p p e n n i n i e o c c u p a r o n o la Toscana. Alla fine dello stesso a n n o s ' i m p a d r o n i r o n o di Spoleto e di B e n e v e n t o . Fu p o i la volta delle fortezze dislocate l u n g o la via Flaminia, il cui possesso c o n s e n t ì ad Alboino di isolare i d u e centri imperiali di R o m a e R a v e n n a , b l o c c a n d o n e le comunicazioni. I n o g n i città f u n o m i n a t o u n D u c a , i l q u a l e n o n e r a a l t r o c h e un capo-tribù c h e aveva c o m b a t t u t o a fianco del Re e si e r a segnalato. Vediamo o r a c h e cosa l'alluvione l o n g o b a r d a n o n riuscì a s o m m e r g e r e . Nel N o r d : Venezia, Padova, C r e m o n a , Piacenza e M o d e n a . Sulla costa adriatica: R a v e n n a e la cosiddetta Pentapoli, roccaforte dei Bizantini, c h e c o m p r e n d e v a Ancon a , F a n o , Pesaro, Rimini e Senigallia. N e l Lazio solo R o m a e dintorni n o n furono conquistati, e nel Mezzogiorno Nap o l i , Pesto, S a l e r n o e p a r t e d e l l ' A b r u z z o . I L o n g o b a r d i , g e n t e t e r r a g n a , o c c u p a r o n o i n s o m m a l'Italia c o n t i n e n t a l e , lasciando ai Bizantini le fasce costiere e le isole. N e l 5 6 9 , m e n t r e gli eserciti l o n g o b a r d i d e v a s t a v a n o l a p e n i s o l a , fra l a p o p o l a z i o n e e r a s c o p p i a t a u n a p e s t i l e n z a , seguita da u n a spaventosa carestia. Lo storico Paolo Diacono racconta che le g r e g g i v a g a v a n o a b b a n d o n a t e nelle vaste p i a n u r e della L o m b a r d i a , della Toscana e del Lazio, i genitori lasciavano insepolte le salme dei figli, il g r a n o a t t e n d e v a i n v a n o la falce e i g r a p p o l i d ' u v a m a r c i v a n o nei vigneti. D o v u n q u e silenzio, d e s o l a z i o n e , fetore d i c a d a v e r i i n d e c o m p o s i z i o n e a m m u c c h i a t i nelle piazze o s p a r s i n e l l e c a m p a gne. 162

Nel 572, d o p o tre anni di r e g n o , Alboino improvvisam e n t e morì, vittima di u n a congiura ordita dalla moglie. R o s m u n d a s'era vendicata dei continui affronti del m a r i t o il quale, d u r a n t e i banchetti, l'obbligava a b e r e nel teschio d e l p a d r e , il vecchio Re dei Gepidi, massacrato in P a n n o n i a d a i L o n g o b a r d i . D o p o il delitto, R o s m u n d a e r a fuggita c o n u n o dei cospiratori, un c e r t o Elmechi, di cui p a r e c h e fosse l'am a n t e . La c o p p i a e r a r i p a r a t a a R a v e n n a d o v e e r a stata accolta c o n g r a n d i o n o r i d a L o n g i n o , a l q u a l e n o n s e m b r a v a v e r o d i p o t e r m e t t e r e c o n t e m p o r a n e a m e n t e l e m a n i sulla Regina e sul tesoro r e a l e che essa aveva p o r t a t o con sé. Fac e n d o b a l e n a r e ai suoi occhi la possibilità di d i v e n t a r e la Prima Signora di R a v e n n a , il Viceré l'aveva i n d o t t a a sbarazzars i dell'amico. U n g i o r n o R o s m u n d a , m e n t r e Elmechi stava p r e n d e n d o un b a g n o , e n t r ò nelfrigidarium e gli offrì un bicchiere di cordiale. L'uomo, d o p o a v e r n e bevuti alcuni sorsi, fu colto da lancinanti dolori di pancia. Uscì b a r c o l l a n d o dalla vasca, b r a n d ì la s p a d a e costrinse a n c h e R o s m u n d a a b e r e . I d u e c a d a v e r i v e n n e r o s c o p e r t i p o c h e o r e d o p o dallo stesso L o n g i n o . D o p o l a m o r t e d i A l b o i n o seguì u n b r e v e i n t e r r e g n o . Nella t a r d a p r i m a v e r a d e l 5 7 2 i L o n g o b a r d i a c c l a m a r o n o Re Cleti, che conquistò l'Emilia, Rimini e p a r t e d e l l ' U m b r i a s e m i n a n d o stragi d o v u n q u e . Gli stessi L o n g o b a r d i Io d e t e stavano p e r c h é e r a un u o m o avido e scostumato. Fu assassin a t o d u e a n n i d o p o d a u n o schiavo. Nel 5 7 4 trentasei D u chi si d i e d e r o c o n v e g n o a Pavia p e r d a r g l i un s u c c e s s o r e . N o n r i u s c e n d o p e r ò a m e t t e r s i d ' a c c o r d o sul s u o n o m e , perché ciascuno p r o p o n e v a quello p r o p r i o , costituirono u n a specie di c o n f e d e r a z i o n e e vi p o s e r o a c a p o il D u c a di Pavia c h e c o n quelli d e l Friuli, di S p o l e t o e di B e n e v e n t o godeva d i u n a posizione d i p r e m i n e n z a . M a n o n s i trattava c h e d i u n a s u p r e m a z i a f i t t i z i a e d i u n a carica p u r a m e n t e onoraria. In realtà o g n u n o b a d a v a ai fatti p r o p r i . C o n la istituzione del Ducato furono spazzati via gli ultir e s i d u i d e l l ' a r i s t o c r a z i a s e n a t o r i a l e r o m a n a . Gli stessi 163

L o n g o b a r d i s ' i n c a r i c a r o n o di l i q u i d a r e i s u p e r s t i t i d e l l e g r a n d i dinastie d e i t e m p i di C e s a r e e di C i c e r o n e . I p o c h i che sopravvissero alle purghe d i v e n t a r o n o schiavi. Dei D u c h i , i p i ù i r r e q u i e t i e r a n o quelli di S p o l e t o e di B e n e v e n t o c h e volevano c o n q u i s t a r e R o m a e il Lazio. Nell'estate d e l 5 7 8 , alla m o r t e d e l P a p a B e n e d e t t o I , c i n s e r o d'assedio l ' U r b e , c h e e r a presidiata dalla milizia cittadina e d a u n a s p a r u t a g u a r n i g i o n e g r e c a . I l n u o v o P a p a Pelagio spedì a l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e u n a ambasceria e tremila libb r e d ' o r o s c o n g i u r a n d o l o di inviare un esercito in Italia e di liberarla d a i L o n g o b a r d i , c o m e Giustiniano l'aveva liberata dai Goti. Ma su Costantinopoli incombeva la minaccia p e r siana. Il Basileus r i m a n d ò i n d i e t r o l'oro al P a p a con la raccom a n d a z i o n e d ' i m p i e g a r l o p e r c o r r o m p e r e i Duchi, c h e infatti r i n u n c i a r o n o ai l o r o disegni e si r i t i r a r o n o . Nel frattempo, l'inetto L o n g i n o e r a stato licenziato e sostituito con un certo S m a r a g d o , che fu il p r i m o Viceré greco a essere insignito del titolo di Esarca. Esso e r a giudice sup r e m o , aveva p i e n i p o t e r i di p a c e e di g u e r r a , n o m i n a v a i funzionari civili e designava le alte cariche militari. Per d e lega i m p e r i a l e c o n f e r m a v a o revocava l'elezione d e l Papa, scelto d a l c l e r o e d a l p o p o l o r o m a n o . Ma in qualsiasi m o m e n t o , e senza preavviso, il Basileus poteva d e p o r l o . Col d e n a r o f u g u a d a g n a t o alla c a u s a b i z a n t i n a a n c h e Drofulto, Duca di Brescello, e il sobborgo di Classe t o r n ò in m a n o al Viceré. Q u a n d o p e r ò il P a p a invitò in Italia c o n la promessa di cinquantamila monete d'oro Childeberto Re d e i F r a n c h i , u n p o p o l o d ' o r i g i n e g e r m a n i c a c h e abitava a l di là delle Alpi, i Duchi c o n v o c a r o n o u n a dieta, o assemblea s t r a o r d i n a r i a , a Pavia. Dieci a n n i d ' i n t e r r e g n o a v e v a n o sem i n a t o t r a loro la discordia e l'anarchia. Sciolsero la Confed e r a z i o n e e ricostituirono il r e g n o l o n g o b a r d o c o n il figlio di Clefi, Autari, c h e ricacciò i Franchi e n t r o i loro confini. A un dipresso in questi a n n i un autentico diluvio universale s o m m e r s e l'Italia. La furia delle acque spazzò via intere fattorie. C e n t i n a i a di villaggi f u r o n o l e t t e r a l m e n t e allagati. 164

L'Adige r u p p e gli argini e invase le s t r a d e di V e r o n a , d o v e solo la chiesa di San Z e n o n e riuscì miracolosamente a sfuggire alla furia degli elementi. N o n o s t a n t e le sue m u r a fossero state investite da o n d e alte dieci m e t r i - si legge in u n a cronaca dell'epoca - n o n u n a goccia filtrò attraverso le s u e pareti, rese impermeabili dalle reliquie dei Santi che in esse e r a n o c o n t e n u t e . A R o m a , le a c q u e del Tevere allagarono i quartieri bassi della città. Dalle o n d e f u r o n o visti e m e r g e r e centinaia di serpenti e un d r a g o di p r o p o r z i o n i gigantesche che, d o p o avere attraversato le vie della Capitale, e r a scomp a r s o verso il m a r e . Così a l m e n o diceva la gente i m p a u r i t a . Autari g o v e r n ò sei a n n i , occupò u n a vasta fascia di territorio ai piedi delle Alpi e conquistò la Calabria. Si racconta che, g i u n t o a Reggio, scagliò da cavallo la sua lancia c o n t r o u n a c o l o n n a di m a r m o , situata alle p o r t e della città, esclam a n d o : «Qui finisce il mio Regno». Nel 590 si sposò con u n a bella ragazza b i o n d a , di origine bavarese, la cattolica T e o d o linda, figlia di un d u c a Garibaldi. Il m a t r i m o n i o c h e la r a gion di Stato oltre a quella del c u o r e aveva dettato, fu celebrato con g r a n d e p o m p a a Verona. Dopo un a n n o Autari improvvisamente m o r ì . Contro ogni tradizione, i Duchi confermarono Regina Teodolinda la quale, d o p o essersene fatta r e g o l a r m e n t e imp a l m a r e , s'associò a l t r o n o i l d u c a d i T o r i n o , Agilulfo, u n p r o d e e bellissimo g u e r r i e r o che allargò il d o m i n i o l o n g o b a r d o a Padova, Mantova, C r e m o n a , C a m e r i n o e Perugia.

CAPITOLO VENTUNESIMO

GREGORIO MAGNO

N e l g e n e r a l e sfacelo in cui i L o n g o b a r d i p r e c i p i t a r o n o l'Italia, solo la Chiesa si salvò. E ci riuscì grazie a un g r a n d e Pap a , G r e g o r i o M a g n o , che ne consolidò il p o t e r e t e m p o r a l e e pose le condizioni p e r affrancarlo da quello i m p e r i a l e di Bisanzio e p e r i m p o r l o su tutta la cristianità occidentale. P u r t r o p p o , p e r r i c o s t r u i r n e la figura, n o n a b b i a m o c h e il Libro pontificale. E, c o m e t u t t e le fonti ecclesiastiche, a n c h e q u e s t a serve p i ù alla p r o p a g a n d a che all'informazione. E r a n a t o nel 5 4 0 a R o m a d a u n a ricca famiglia p a t r i z i a c h e aveva d a t o d u e Pontefici alla C h i e s a e u n a d o z z i n a d i Senatori allo Stato. Il p a d r e G o r d i a n o e la m a d r e Silvia abit a v a n o un palazzo sul m o n t e Celio, u n a delle sette circoscrizioni in cui l ' U r b e e r a divisa. T r e sue zie avevano fatto voto d i castità. D u e l'avevano m a n t e n u t o . L a t e r z a aveva finito con lo sposare il p r o p r i o c a m e r i e r e , suscitando g r a n d e scandalo nei salotti e negli ambienti ecclesiastici della Capitale. Un ritratto dell'epoca ci raffigura G r e g o r i o di m e d i a stat u r a , p r e c o c e m e n t e calvo, c o n g r a n d i occhi n e r i , i l n a s o aquilino e le dita affusolate. L'espressione d e l volto è quella di un u o m o autoritario, nato più per comandare che per p r e g a r e , e abituato a farsi ubbidire. C o m p ì gli studi nelle migliori scuole di R o m a . A v e n t ' a n ni conseguì a pieni voti il d i p l o m a in g r a m m a t i c a e retorica, p o i e n t r ò n e i r a n g h i d e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e civile. N e l 5 7 3 , d o p o u n l u n g o t i r o c i n i o p u b b l i c o , f u n o m i n a t o Praefectus urbis. C o m e tale, G r e g o r i o e r a P r e s i d e n t e del Senato, indossava il m a n t o di p o r p o r a e p e r c o r r e v a le strade della città su u n a carrozza s p l e n d i d a m e n t e a d d o b b a t a , t r a i n a t a d a q u a t 166

t r o cavalli bianchi. Ma a questo dispiego di p o m p a n o n corr i s p o n d e v a u n p o t e r e effettivo c h e p o t e s s e s o d d i s f a r e u n u o m o c o m e lui. Q u a n d o il m a n d a t o di Prefetto v e n n e a spir a r e , si fece frate. Suo p a d r e e r a m o r t o , lasciandolo c r e d e d i u n i m m e n s o p a t r i m o n i o . G r e g o r i o ne d i s t r i b u ì un t e r z o ai p o v e r i e col r e s t o finanziò la f o n d a z i o n e di sei m o n a s t e r i . Per sé t e n n e solo il palazzo sul Celio, d o v ' e r a n a t o , e c h e t r a s f o r m ò in c o n v e n t o . Q u i trascorse t r e a n n i di studio e di r i n u n z i a . Si n u t r i v a quasi esclusivamente d'insalata, ma la voleva servita su un vassoio d ' a r g e n t o . Nel 578 B e n e d e t t o lo n o m i n ò Settimo diacono, c o n l'incarico di p r o v v e d e r e alla d i s t r i b u z i o n e delle elemosine. Q u a n d o Benedetto m o r ì e sul Soglio Pontificio salì Pelagio I I , Gregorio a b b a n d o n ò il suo ufficio di diacono e partì c o m e Apocrisario - cioè a d i r e N u n z i o Apostolico - p e r Bisanzio. Il pericolo l o n g o b a r d o , coi Duchi di Spoleto e di Benevento che p r e m e v a n o sui confini del Lazio, si faceva ogni g i o r n o p i ù inc o m b e n t e . Solo l ' I m p e r a t o r e sembrava in g r a d o di scongiurarlo o, a l m e n o e n t r o certi limiti, di porvi un argine. La missione in O r i e n t e d u r ò sei a n n i . N o n o s t a n t e l'affettuosa amicizia che lo legava all'imperatrice Costantina, G r e g o r i o n o n a m a v a Bisanzio. L'offendevano gl'intrallazzi d e i suoi Generali e le m e n e dei suoi preti, l'infastidiva il formalismo liturgico della sua C o r t e , e lo amareggiava la diffidenza d e l Basileus M a u r i z i o c h e c o n s i d e r a v a YApocrisario u n a spia del Papa. Ciò tuttavia n o n incrinò m a i la lealtà di G r e gorio verso di lui. Nel 585 Pelagio lo richiamò a R o m a . A p p e n a vi giunse, si ritirò d i n u o v o i n c o n v e n t o d i d o v e , c i n q u e a n n i p i ù t a r d i , q u a n d o il Pontefice m o r ì , fu tratto dal clero e dal p o p o l o che lo a c c l a m a r o n o suo successore. G r e g o r i o scrisse a l l ' I m p e r a t o r e scongiurandolo di n o n confermare l'elezione. Ma la lettera n o n giunse mai a destinazione, p e r il semplice motivo c r e d i a m o - che n o n e r a stata scritta. Essa n o n e r a p u n t o in carattere col carattere di quel personaggio autoritario. 168

Pelagio e r a stato ucciso dalla p e s t e b u b b o n i c a c h e p r o p r i o in q u e i giorni s'era abbattuta sull'Urbe e ne aveva decim a t o gli abitanti. Per allontanare dalla città il flagello - racconta il Libro pontificale - G r e g o r i o o r d i n ò u n a solenne p r o cessione alla quale p a r t e c i p a r o n o d e c i n e di migliaia di fedeli. Il mesto corteo attraversò s a l m o d i a n d o le s t r a d e di R o m a d i r e t t o alla basilica d i S a n Pietro. F u u n a m a r c i a m a c a b r a che lasciò sul t e r r e n o o t t a n t a cadaveri. Q u a n d o i pellegrini g i u n s e r o i n prossimità del M a u s o l e o d ' A d r i a n o , G r e g o r i o , c h e l i g u i d a v a , vide sulla c i m a d e l m o n u m e n t o u n A n g e l o nell'atto d i r i p o r r e nella g u a i n a u n a s p a d a . I l simbolo d e l p r o d i g i o e r a palese. Il gesto stava a significare che la pestilenza e r a finita. Da quel giorno il Mausoleo d'Adriano m u t ò il suo n o m e in quello di Castel Sant'Angelo. N e l l ' a u t u n n o del 590 giunse a R o m a la c o n f e r m a i m p e riale. Q u a n d o Gregorio ne fu informato - dice s e m p r e il Libro pontificale - s'apprestò a fuggire. Si nascose in u n a cesta di biancheria sporca e o r d i n ò a d u e servi di trasportarlo fuori città. M e n t r e la comitiva s'accingeva a v a r c a r n e le m u r a , i n t o r n o alla cesta si formò u n a specie d ' a u r e o l a . I passanti, insospettiti, obbligarono i d u e servi a svuotare il recipiente. G r e g o r i o fu così smascherato, e a furor di p o p o l o trascinato in San Pietro dove il giorno stesso v e n n e consacrato Papa. Il p r i m o c o m p i t o c h e dovette affrontare fu l'amministrazione d e l l ' U r b e e la g e s t i o n e d e l p a t r i m o n i o ecclesiastico. N e l sesto secolo, in seguito alle cospicue d o n a z i o n i laiche, questo p a t r i m o n i o e r a diventato r a g g u a r d e v o l e . Le invasioni b a r b a r i c h e , le pestilenze e le carestie a v e v a n o s p o p o l a t o le c a m p a g n e . I g r a n d i p r o p r i e t a r i si trasferivano in città o si ritiravano nei g r a n d i m o n a s t e r i n o m i n a n d o la Chiesa e r e d e universale dei loro beni. Il possesso di vasti fondi nel Lazio, in C a m p a n i a e nelle isole aveva fatto del P a p a il p i ù grosso p r o p r i e t a r i o t e r r i e r o della Penisola. Ma, oltre a questo, c'er a u n p r o b l e m a b e n p i ù grave d a risolvere, o a l m e n o d a imp o s t a r e : quello dei r a p p o r t i fra il p o t e r e laico e quello ecclesiastico. 169

C o n la Prammatica sanzione, Giustiniano aveva trasformato i Vescovi in ufficiali imperiali d e l e g a n d o loro quelle funzioni amministrative che i vecchi o r g a n i municipali dei t e m pi d ' A u g u s t o e di T r a i a n o n o n e r a n o p i ù in g r a d o di assolvere. Il potere s'andava ogni giorno di più concentrando n e l l e m a n i d e l P a p a . L e vecchie m a g i s t r a t u r e laiche n o n e r a n o o r m a i che fantasmi del passato. Il Senato aveva cessato p r a t i c a m e n t e d'esistere. Il Praefectus urbis e r a il portavoce e l'esecutore di o r d i n i che p a r t i v a n o dal L a t e r a n o . Il Magister militum istruiva le t r u p p e che il Pontefice a r r u o l a v a e arm a v a . Delegati apostolici s o v r i n t e n d e v a n o alle o p e r e p u b bliche e a quelle di difesa. La Chiesa costruiva ospizi, brefotrofi e ospedali. I R o m a n i n o n c h i e d e v a n o p i ù panem et circenses, ma solo panem, e o g n i g i o r n o G r e g o r i o ne faceva distribuire nelle piazze. Agli a g e n t i fiscali di n o m i n a i m p e r i a l e il P a p a sostituì i Diaconi, ai quali i c o l o n i v e r s a v a n o un r e g o l a r e c a n o n e in d e n a r o o in n a t u r a . Il m o n o p o l i o a g r a r i o e r a p e r la Chiesa a n c o r a u n o s t r u m e n t o d i conversione. Gli Ebrei che abiurav a n o alla loro fede infatti o t t e n e v a n o la c o n f e r m a della p r o p r i e t à e u n a forte r i d u z i o n e delle tasse. U n a p a r t e degli introiti G r e g o r i o la elargiva p u b b l i c a m e n t e al p o p o l o il g i o r n o d e l suo c o m p l e a n n o . O g n i l u n e d ì distribuiva g r a n o , vino e l e g u m i ai nobili r o m a n i d e c a d u t i . Alle m o n a c h e c o r r i s p o n d e v a u n r e g o l a r e stipendio e u n forte a p p a n n a g g i o a n n u a l e p e r il r i n n o v o della biancheria. Ai p o v e r i e agli infermi faceva servire il p r a n z o a domicilio. Trovò a n c h e il t e m p o di r i f o r m a r e la liturgia e la disciplin a della C u r i a . L a celebrazione della Messa d i rito r o m a n o gli è debitrice d e i suoi schemi semplici e solenni; la musica sacra, delle sue a r m o n i e . G r e g o r i o c o m p o s e infatti inni bellissimi - i cosiddetti Canti gregoriani - c h e p e r s o n a l m e n t e dirigeva nel coro di San Pietro. Al p o s t o del p o d i o aveva istallato u n a b r a n d a sulla q u a l e si coricava d u r a n t e i f r e q u e n t i attacchi d i g o t t a c h e l o t o r m e n t a v a n o . I n L a t e r a n o i n t r o d u s s e un r e g i m e di rigorosa austerità. Licenziò il p e r s o n a l e 170

civile e affidò l'amministrazione della Chiesa esclusivamente a quello ecclesiastico. I m p e g n a t o in tutte queste imprese, n o n si sa dove trovasse il t e m p o da d e d i c a r e alla l e t t e r a t u r a . E p p u r e fu u n o scrittore rozzo, ma prolifico, che difese la lingua latina d a n d o n e pessimi saggi. In un m o n u m e n t a l e Epistolario in quattordici libri ci ha lasciato la storia d e l s u o pontificato. D u r a n t e l a m i s s i o n e apostolica alla c o r t e d i Bisanzio aveva c o m p o s t o u n c o m m e n t o alla Bibbia p e r d i m o s t r a r e c h e i l Libro di Giobbe c o n t e n e v a e anticipava la Teologia Cristian a . Fu a n c h e a u t o r e di u n a b r u t t a raccolta di Miracoli, c h e servì da m o d e l l o a tutto il M e d i o Evo. Nel 592 il D u c a di Spoleto Ariulfo m a r c i ò su Napoli. La capitolazione della città p a r t e n o p e a , c h ' e r a a m m i n i s t r a t a d a un g o v e r n a t o r e bizantino, poteva essere il p r e l u d i o alla conquista d e l Lazio. Per s c o n g i u r a r l a G r e g o r i o c o m p r ò la ritir a t a e la p a c e di Ariulfo. Le t r a t t a t i v e fra il Pontefice e il D u c a e r a n o state p e r ò c o n d o t t e all'insaputa di Agilulfo che p e r rappresaglia, nella p r i m a v e r a del 5 9 3 , mosse col suo esercito alla conquista dell ' U r b e . Q u a n d o l a notizia g i u n s e nella C a p i t a l e , G r e g o r i o o r d i n ò dal p u l p i t o la mobilitazione dei R o m a n i . Un cronista dell'epoca racconta che le città tosco-emiliane f u r o n o s p i a n a t e al s u o l o , i villaggi d i s t r u t t i e le chiese bruciate. Gli u o m i n i s u b i r o n o o r r e n d e mutilazioni. Q u a n d o il P a p a , d a l l ' a l t o d e i b a s t i o n i c h e c i n g e v a n o R o m a vide la m a r e a degli invasori a v a n z a r e v e r s o l a città, p r e c e d u t a d a migliaia di prigionieri con la cavezza al collo e le m a n i mozzate, c r e d e t t e c h e coi L o n g o b a r d i s'avvicinasse la fine d e l m o n d o . Gli a p p r e s t a m e n t i difensivi, che aveva messo in atto rischiavano d i crollare a l p r i m o u r t o . A n c o r a u n a volta, p e r salvare l ' U r b e e r i s p a r m i a r e ai suoi a b i t a n t i gli o r r o r i d e l saccheggio, G r e g o r i o ricorse agli s t r u m e n t i pacifici del n e goziato. Il P a p a e il Re s ' i n c o n t r a r o n o ai piedi della basilica d i S a n P i e t r o . L e s u p p l i c h e d i G r e g o r i o s o r t i r o n o l'effetto 171

sperato. Agilulfo r i n u n c i ò ai suoi piani. E il Pontefice a u n a p a r t e dei suoi tesori. Q u e s t o accordo spianò la strada a u n a p a c e g e n e r a l e coi L o n g o b a r d i . L'unico scoglio e r a r a p p r e s e n t a t o dall'ostinaz i o n e d e l l ' e s a r c a R o m a n o c h e d i t r a t t a r e coi L o n g o b a r d i n o n ne voleva s a p e r e . Ai p r i m i d e l 5 9 7 R o m a n o m o r ì e il s u o successore si d i c h i a r ò disposto al n e g o z i a t o . Nella p r i m a v e r a d e l 599 la p a c e fu conclusa. Agilulfo, l'esarca e un d e l e g a t o pontificio la ratificarono s a n z i o n a n d o lo status quo e la s p a r t i z i o n e della Penisola nelle t r e sfere d ' i n f l u e n z a : l o n g o b a r d a , bizantina e r o m a n a . La pace i n t e r n a fu p e r G r e g o r i o , che n ' e r a stato l'artefice, la p r e m e s s a alla conversione al cattolicesimo dei conquistatori ariani. In ciò egli trovò u n a formidabile alleata nella cattolica T e o d o l i n d a . D o p o l a m o r t e d i A u t a r i , l a R e g i n a l o n g o b a r d a s'era circondata di Vescovi cattolici attraverso i quali m a n t e n e v a i contatti col P a p a c h e n o n conosceva ma che la colmava di benedizioni e di d o n i . Le simpatie di Teod o l i n d a verso la Chiesa di R o m a , se avevano provocato m a l u m o r e a C o r t e , n o n avevano incontrato resistenza da p a r t e d e l Re. S e b b e n e a r i a n o , Agilulfo favoriva i p i a n i della m o glie e di G r e g o r i o . Capiva che in u n ' E u r o p a o r m a i in g r a n p a r t e convertita all'ortodossia, l'eresia e r a pericolosa p e r c h é c o n d u c e v a fatalmente all'isolamento. Nella p r i m a v e r a del 6 0 3 , d o p o u n d i c i a n n i d i m a t r i m o nio, T e o d o l i n d a d i e d e alla luce un figlio che v e n n e battezzato secondo il rito r o m a n o . Era il segnale d e l l ' i m m i n e n t e capitolazione ariana. D o p o pochi mesi infatti i L o n g o b a r d i si convertirono in massa al Cattolicesimo. Ai primi di marzo del 604, Gregorio morì stroncato da u n e n n e s i m o attacco d i gotta. L e s u e e s e q u i e f u r o n o celeb r a t e nella basilica di San Pietro dove la salma v e n n e t u m u lata. A succedergli fu chiamato un certo Sabiniano che revocò la q u o t i d i a n a distribuzione di f r u m e n t o al p o p o l o . I Rom a n i scesero in piazza c h i e d e n d o la sua deposizione. G r e gorio, che n o n rinunziava a far miracoli n e a n c h e da m o r t o , 172

p e r t r e notti di seguito - racconta il solito Libro pontificale a p p a r v e in s o g n o a S a b i n i a n o e lo a m m o n ì a r e v o c a r e il p r o v v e d i m e n t o . Ma invano. La q u a r t a volta, visto che le parole n o n servivano a nulla, lo colpì alla testa con un bastone. L'indomani il Papa m o r ì . Scongiurata la carestia, nell'Urbe c o m i n c i a r o n o a circolare voci calunniose sul conto di G r e g o r i o . L'accusa p i ù grave c h e gli si m u o v e v a e r a quella d ' a v e r d i l a p i d a t o il tesoro di San Pietro. Q u a l c u n o p r o p o s e di b r u c i a r e t u t a i suoi scritti. I R o m a n i avevano già acceso i p r i m i falò q u a n d o un Diacono, di n o m e Pietro, rivelò d'aver visto un g i o r n o posarsi sul capo d e l Pontefice lo Spirito S a n t o sotto forma di colomba. La folla inferocita gli g r i d ò di giurarlo. Pietro lo g i u r ò e cadde a t e r r a stecchito. Così la m e m o r i a e i libri di G r e g o r i o fur o n o salvi. La Chiesa ha fatto di lui un Santo, e ne avrà le sue ragioni. Ma ai nostri occhi egli a p p a r e piuttosto un g r a n d e u o m o di Stato, saggio a m m i n i s t r a t o r e e diplomatico accorto. O d i ò i L o n g o b a r d i , ma capì che p e r conquistarli bisognava p r i m a convertirli. S p e r i m e n t ò la debolezza di Bisanzio, ma n o n si ribellò m a i alla sua autorità. A lui il P a p a t o d e v e un p o t e r e t e m p o r a l e , di cui tuttavia n o n s a p p i a m o quale vantaggio abbia recato a quello spirituale.

CAPITOLO VENTIDUESIMO

ROTAR!

L'unico L o n g o b a r d o c h e T e o d o l i n d a n o n e r a riuscita a conv e r t i r e a l Cattolicesimo e r a stato s u o m a r i t o . N e p p u r e sul letto di m o r t e Agilulfo r i n u n c i ò a quella fede a r i a n a in cui e r a cresciuto e nella quale n o n aveva m a i c r e d u t o . Più t a r d i a l c u n e fonti ecclesiastiche a c c r e d i t a r o n o l'ipotesi c h e il Re l o n g o b a r d o avesse r i c e v u t o in extremis il b a t t e s i m o . Ma si tratta di c o n g e t t u r e prive di f o n d a m e n t o . Rimasta vedova nel 616, Teodolinda governò in n o m e del figlioletto Adaloaldo. Ma la vecchia amicizia con G r e g o rio e i cordiali r a p p o r t i coi Vescovi cattolici a v e v a n o suscitato diffidenze. A C o r t e e r a c o n s i d e r a t a u n ' i n t r u s a . Per i D u chi e r a u n ' u s u r p a t r i c e . L ' o p p o s i z i o n e n o n cessò q u a n d o Adaloaldo uscì di m i n o r i t à e fu i n c o r o n a t o . Poco s a p p i a m o di lui, e questo poco è p r o b a b i l m e n t e legg e n d a . Si racconta che d o p o alcuni a n n i di r e g n o egli v e n n e affatturato da un m a g o bizantino che l'avrebbe spinto a uccid e r e dodici ministri. Il t r e d i c e s i m o a v r e b b e assassinato lui ed elevato al t r o n o il D u c a di Torino Arioaldo che aveva sposato la sorella del Re, la cattolica e devota G u n d i p e r g a . C o r reva l ' a n n o 6 2 5 . Nel 628 T e o d o l i n d a calò nella tomba. D o p o la m o r t e d e i figlio, s'era r i t i r a t a a vita p r i v a t a . R a r a m e n t e usciva dalle sue stanze, d o v e riceveva frequenti visite di Vescovi che si r e c a v a n o da lei a c h i e d e r e sussidi. Grazie al suo m e c e n a t i s m o , furono innalzate i n L o m b a r d i a n u m e r o s e basiliche t r a cui q u e l l a bellissima di San G i o v a n n i Battista a Monza, che custodisce la c o r o n a di ferro dei Re longobardi. Il r e g n o di Arioaldo d u r ò dieci a n n i d u r a n t e i quali n o n successe nulla. Alla sua m o r t e G u n d i p e r g a fu invitata a ri174

maritarsi col Duca di Brescia, Rotari. Le nozze f u r o n o celeb r a t e a Pavia e i d u e sovrani trascorsero la l u n a di miele in un vicino castello sul Po. D o p o p o c h i mesi Rotari accusò la moglie di p r o p a g a n d a clericale, la confinò nei suoi a p p a r t a menti e la rimpiazzò con un battaglione di concubine. La Regina si sottomise con rassegnazione alla volontà d e l m a r i to p e r la cui a n i m a c o n t i n u ò a p r e g a r e fino al g i o r n o in cui, c i n q u e a n n i d o p o , p e r intercessione d e l R e d e i F r a n c h i , f u liberata. G u n d i p e r g a t o r n ò a indossare le i n s e g n e regali e a sedersi al fianco di Rotari, il quale le restituì le t e r r e e i tesori che le aveva confiscato. Rotari fu un Re saggio e coraggioso m a l g r a d o la p o l i g a m i a , o forse p r o p r i o p e r q u e s t o ; g o v e r n ò sedici a n n i , dal 636 al 652, e d i e d e ai L o n g o b a r d i le p r i m e leggi scritte c h e s o p p i a n t a r o n o le antiche c o n s u e t u d i ni t r a m a n d a t e oralmente di p a d r e in figlio e regolate dal p r i n c i p i o della faida, o v e n d e t t a p r i v a t a . Nelle s t e p p e u n gheresi questo b a r b a r o codice poteva a n c h e funzionare. L o i m p o n e v a n o , i n u n c e r t o senso, l a p r e c a r i e t à della vita n o m a d e e la provvisorietà d e l bivacco. Ma in Italia, d o p o un i n s e d i a m e n t o che d u r a v a o r m a i d a o l t r e s e t t a n t ' a n n i , u n a siffatta giustizia a n d a v a r i f o r m a t a se si voleva t r a s f o r m a r e l'orda in p o p o l o . Il 22 n o v e m b r e del 6 4 3 Rotari pubblicò un Editto in 388 capitoli, che da lui p r e s e n o m e . Il Re, che n o n sapeva leggere né scrivere, lo aveva d e t t a t o al n o t a i o di C o r t e , il q u a l e l'aveva compilato in un latino raffazzonato. Era un codice di d i r i t t o civile e p e n a l e e fissava le tariffe, o guidrigildo, c h e l'offensore doveva p a g a r e all'offeso, a r i p a r a z i o n e del d a n no che gli aveva a r r e c a t o . Il guidrigildo sostituiva là faida ed e r a u n s e g n o dell'incivilimento dei L o n g o b a r d i c h e i l c o n tatto coi R o m a n i e la conversione al Cattolicesimo a v e v a n o propiziato. Il c a r a t t e r e dell'Editto e r a militare p e r c h é milit a r e e r a la società l o n g o b a r d a , f o r m a t a d a i g u e r r i e r i o arimanni. Fra costoro, i nobili, o adelingi, d i s c e n d e n t i da antiche tribù g e r m a n i c h e , avevano u n a posizione p r e m i n e n t e . I D u c h i e lo stesso Re a p p a r t e n e v a n o a q u e s t a classe c h e go175

d e v a di privilegi e i m m u n i t à , e governava. Tutti gli arimanni e r a n o liberi e tutti i liberi arimanni. La g u e r r a e, in t e m p o di p a c e , l a caccia e r a n o l e l o r o u n i c h e o c c u p a z i o n i . L e t e r r e c h e essi a v e v a n o tolto ai R o m a n i e r a n o coltivate a m e z z a d r i a dagli aldii e dagli schiavi. Gli aldii e r a n o dei b a r b a r i che i L o n g o b a r d i a v e v a n o a r r u o l a t o n e l l ' o r d a , d u r a n t e le l o r o s c o r r i b a n d e attraverso le p i a n u r e d a n u b i a n e , p r i m a di calare in Italia. E r a n o u o m i n i liberi, g o d e v a n o d e i diritti civili m a , n o n facendo p a r t e dell'esercito, e r a n o privi d i quelli p o litici, e n o n p a r t e c i p a v a n o all'assemblea del p o p o l o in a r m i , s u p r e m o o r g a n o della sovranità. L a r e g o l a m e n t a z i o n e d e i r a p p o r t i fra cittadini d i m o s t r a v a che i L o n g o b a r d i n o n avev a n o fatto c o m p l i m e n t i : gl'Italiani e r a n o stati trattati c o m e u n p o p o l o v i n t o e r i d o t t o i n s e r v a g g i o . I l r a z z i s m o aveva trionfato. I L o n g o b a r d i e r a n o in Italia u n ' e s i g u a m i n o r a n z a militare e costituivano u n a casta chiusa. Nella razza d i f e n d e v a n o , p e r così dire, la superiorità della loro inferiorità n u m e r i c a e la l o r o difficile c o n d i z i o n e di stranieri in un Paese c o n q u i stato con le a r m i , sottomesso con la violenza e g o v e r n a t o col t e r r o r e . I m a t r i m o n i misti n o n e r a n o c o n s e n t i t i . L'Editto vietava infatti a u n a ragazza o a u n a vedova libera di sposar e u n u o m o d i c o n d i z i o n e servile, c o m ' e r a n o q u a s i t u t t i gl'Italiani. Se c o n t r a v v e n i v a al divieto, e s p o n e v a il m a r i t o alla p e n a di m o r t e e se stessa al b a n d o . L'Editto - c o m e tutti i codici g e r m a n i c i - fissava il guidrigildo n o n solo p e r i d a n n i arrecati agli u o m i n i ma a n c h e p e r quelli cagionati agli animali e alle cose. I L o n g o b a r d i identificavano l'individuo con gli oggetti che gli a p p a r t e n e v a n o : chi s t r a p p a v a un occhio a un cavallo e r a c o m e se l'avesse cavato al suo p a d r o n e . La m u l t a che doveva p a g a r e - c o m p u tata in soldi - era p r o p o r z i o n a t a al r a n g o della vittima. Rotari, c h e d o v e v a essere p i u t t o s t o p i g n o l o , c o m p i l ò u n m i n u zioso tariffario, e lo c o r r e d ò di u n a d e s c r i z i o n e p a r t i c o l a reggiata dei vari delitti. Stabilì, p e r esempio, c h e la frattura di u n a costola valeva dodici soldi e la r o t t u r a di un d e n t e in176

cisivo sedici. L e g g e n d o l ' E d i t t o s c o p r i a m o con u n a c e r t a s o r p r e s a c h e presso i L o n g o b a r d i la p e n a di m o r t e e r a tutt ' a l t r o c h e f r e q u e n t e . N e e r a n o passibili solo l e m o g l i c h e uccidevano o t r a d i v a n o i mariti, gli schiavi che s c a n n a v a n o i p a d r o n i , i traditori, gli a m m u t i n a t i e i disertori. L'amministrazione della giustizia e r a ispirata n o n al diritto r o m a n o , ma alle vecchie concezioni tribali. Le p r o c e d u r e giudiziarie e r a n o il g i u r a m e n t o , il giudizio di Dio o ordalia, e il d u e l l o . Esse e r a n o richieste p e r s o s t e n e r e u n ' a c c u s a o p e r difendersi dalla m e d e s i m a . Il g i u r a m e n t o poteva essere imposto dall'imputato al querelante perché dimostrasse la fondatezza della d e n u n c i a o dall'accusatore al p r e s u n t o r e o p e r c h é provasse la sua innocenza. Col g i u r a m e n t o p r e s t a t o sui Vangeli chi si e r a in p r e c e d e n z a riconosciuto colpevole p o t e v a r i t r a t t a r e la p r o p r i a confessione. Il giudizio di Dio sostituiva il g i u r a m e n t o nelle controversie gravi, llordalia si svolgeva alla p r e s e n z a di un giudice, al cui cospetto i m p u t a to e p a r t e lesa c o n v e n i v a n o . Il rito, che aveva l u o g o sul sag r a t o d e l l a chiesa, r i c h i e d e v a u n a g r o s s a p e n t o l a d ' a c q u a bollente, e d e r a p r e c e d u t o d a u n a messa cantata a l t e r m i n e della q u a l e l'officiante p r o n u n c i a v a q u e s t a frase: «Fa', o Sig n o r e , c h e p o s s a r i t r a r r e s a n a e illesa l a m a n o d a q u e s t a p e n t o l a chi v e l ' i m m e r g e i n n o c e n t e » . Q u i n d i , r i v o l g e n d o s i alla caldaia, s o g g i u n g e v a : «Ti b e n e d i c o , o c r e a t u r a a c q u a c h e bolli al fuoco, n e l n o m e d e l P a d r e , d e l Figliolo e dello Spirito Santo». L'imputato veniva p o i invitato a i m m e r g e r e la m a n o d e s t r a nel r e c i p i e n t e . Se l'arto subiva ustioni, l'accusa e r a fondata; se usciva illeso, e r a falsa. Peccato che i cronisti dell'epoca si siano dimenticati d ' i n f o r m a r c i se vi furon o mai sentenze assolutorie. O l t r e al g i u r a m e n t o e all'ordalia, si ricorreva c o m e p r o v a a n c h e al duello c h e aveva avuto g r a n voga presso i Goti. Esso si svolgeva in a p e r t a c a m p a g n a . Lo spazio in cui aveva luogo veniva recintato con delle c o r d e , c o m e u n r i n g d i p u gilato. Si p r o c e d e v a alla l e t t u r a di un b a n d o che c o m m i n a v a p e n e corporali a chi provocava disordini e t u r b a v a il regola177

re svolgimento del c o m b a t t i m e n t o . N e s s u n o d u r a n t e la sfida poteva p a r l a r e o fare il tifo p e r i duellanti o campioni. Al p e r d e n t e , r i t e n u t o p e r ciò stesso colpevole, veniva a m p u t a ta la m a n o d e s t r a . C o l o r o c h e si s o t t o p o n e v a n o al g i u r a m e n t o , al giudizio di Dio o al duello, n o n p o t e v a n o p o r t a r e sul c o r p o a m u l e t i o e r b e i n c a n t a t e . I L o n g o b a r d i e r a n o m o l t o superstiziosi. C r e d e v a n o alle s t r e g h e e a d o r a v a n o le v i p e r e . «Gli u o m i n i di q u e s t a età» ha scritto Gabriele P e p e n e l s u o bel libro sul Medio Evo barbarico d'Italia « t e m e v a n o Satana, e volevano o g n i m o m e n t o essere b e n e d e t t i ; p e r c i ò c o m i n c i a r o n o a diffondersi le a c q u a s a n t i e r e nelle chiese.» La legislazione l o n g o b a r d a v e n n e successivamente perfezion a t a da L i u t p r a n d o , Rachis e Astolfo, ma l'Editto del 6 4 3 ne rimase il f o n d a m e n t o . S e t t a n t a t r é capitoli sono dedicati alle condizioni e c o n o m i c h e e sociali dei L o n g o b a r d i . I principali centri di scambio e r a n o le città: Pavia, Milano, Venezia, R a v e n n a e R o m a . Pavia e r a la capitale del R e g n o , ospitava la C o r t e e pullulava di caserme. Era u n a specie di fortezza e la sua popolazione e r a in prevalenza militare. Il c o m m e r c i o e r a in m a n o agli aldii. Lo sbocco n a t u r a l e dei p r o d o t t i agricoli dell'Oltrepò e della L o m e l l i n a e r a il m e r c a t o di M i l a n o c h e si t e n e v a in q u e l l a c h e è o g g i piazza C o r d u s i o . Le c o l t u r e p i ù diffuse e r a n o quelle dei cereali e della vite. Nelle fattorie della Bassa e n e i m o n a s t e r i si allevavano maiali e cavalli, che f u r o n o p e r tutto il M e d i o Evo gli animali p i ù pregiati. U n o stallone valeva p i ù di u n a casa e di dieci schiavi messi assieme. C h i provocava l'aborto di u n a cavalla p a g a v a un soldo di multa, e t r e se le tagliava la coda, c h e e r a considerata il p i ù bell'ornamento equino. Gli scambi tra città e c a m p a g n a e r a n o r a r i e r a r e e r a n o le fiere e i m e r c a t i , c h e si svolgevano n e i pressi d e l l e chiese. Un c o m m e r c i o fiorente e r a quello del sale c o n Comacchio e delle spezie con l ' O r i e n t e . Q u e s t ' u l t i m o passava p e r Venezia che i m p o r t a v a d r o g h e ed esportava schiavi. U n a conseg u e n z a d e l r i s t a g n o e c o n o m i c o fu la crisi d e m o g r a f i c a . Le 178

famiglie n o n a v e v a n o i n m e d i a p i ù d i d u e figli. L o storico Paolo Diacono racconta che nel 679 u n a pestilenza provocò un n u m e r o così alto di m o r t i che p a d r i e figli, fratelli e sorelle venivano composti i n d u e p e r b a r a . La ricchezza e r a c o n c e n t r a t a nelle m a n i degli Abati e d e gli arimanni. I m o n a s t e r i e i castelli e r a n o i g r a n d i c e n t r i economici. La d e c a d e n z a della città favorì la formazione di un proletariato u r b a n o , parassita e t u r b o l e n t o , le cui condizioni n o n e r a n o migliori d i quelle dei c o n t a d i n i i n c h i o d a t i alla servitù della gleba. N e l 652 Rotari m o r ì . Gli successe il figlio R o d o a l d o , che d o p o a p p e n a c i n q u e mesi f u p u g n a l a t o d a u n servo a l q u a l e aveva insidiato la moglie. Sul t r o n o di Pavia fu innalzato un c e r t o A r i p e r t o il q u a l e g o v e r n ò n o v e a n n i e li r i e m p ì a cos t r u i r e basiliche. Q u a n d o m o r ì f u i n c o r o n a t o R e G r i m o a l d o , un u o m o mite che a m a v a la caccia e la b u o n a tavola. Calò nella t o m b a nel 6 6 1 , ucciso da u n ' e m o r r a g i a . Fu un accanito difensore della m o n o g a m i a , in favore della quale p r o m u l g ò alcune leggi. Gli successe Per tarilo, un cattolico fanatico c h e si segnalò p e r il suo antisemitismo. Sotto il suo r e g n o , gli Ebrei f u r o n o convertiti c o n la forza al Cristianesim o . Q u a n d o P e r t a n t o m o r ì , la c o r o n a passò sul capo del figlio C u n i p e r t o che la conservò fino al 700. Lo spazio n o n ci consente di rintracciare le vicende dinastiche che ne seguirono. Merita di essere ricordato A r i p e r t o I I , un Re bigotto, diffidente e taccagno che riceveva gli a m basciatori stranieri che venivano a chiedergli aiuti vestito di stracci p e r sottolineare la miseria del suo p o p o l o e p e r rifiut a r e o g n i sussidio. Di n o t t e si r e c a v a in i n c o g n i t o nelle tav e r n e e nei l u p a n a r i p e r spiare i sudditi e sentire quello che dicevano di lui. Morì di dissenteria nel 712, e sul t r o n o salì finalmente u n g r a n d e Re: L i u t p r a n d o . L i u t p r a n d o t e n t ò d ' i m p a d r o n i r s i del Lazio e di r i p o r t a r e all'obbedienza i Duchi di Spoleto e di B e n e v e n t o s e m p r e insofferenti del giogo di Pavia. Q u a n d o minacciò R o m a , P a p a 179

G r e g o r i o - c o m e L e o n e aveva fatto con Attila - gli a n d ò inc o n t r o . L i u t p r a n d o scese da cavallo, gli si p r o s t r ò ai p i e d i , in s e g n o di sottomissione si tolse a n c h e la c o r o n a , ed e n t r ò n e l l ' U r b e al s u o fianco. L ' i n d o m a n i si r e c ò alla basilica di S a n P i e t r o e s u l l ' a l t a r e d e p o s e le i n s e g n e r e g a l i . N e l 7 3 9 - q u a n d o o r m a i G r e g o r i o e r a m o r t o - si i m p a d r o n ì di q u a t t r o città del D u c a t o r o m a n o ; m a t r e a n n i d o p o , nella p r i m a vera d e l 742, le restituì al Papa. Già a titolo p e r s o n a l e aveva d o n a t o alla Chiesa, n e l 7 2 8 , l a cittadina d i Sutri, c h ' e r a u n piccolo b o r g o c o n q u a t t r o case, u n a chiesa e u n p o ' d i b o schi. Alcuni storici h a n n o i n t e r p r e t a t o q u e s t o a t t o c o m e l a d a t a di nascita dello Stato della Chiesa. Altri - p i ù verosimilm e n t e - la semplice offerta di un Re bigotto e superstizioso. L i u t p r a n d o n o n f u s o l t a n t o u n cattolico sincero m a a n che un saggio legislatore. Perfezionò l'Editto di Rotari e l'arricchì di 153 articoli. Abolì il guidrigildo e lo sostituì c o n la confisca dei b e n i d e l l ' i m p u t a t o riconosciuto colpevole. Fissò p e n e a carico dei p a d r i che facevano sposare le figlie p r i m a dei dodici a n n i . I n a s p r ì le leggi c o n t r o la bigamia e l'adulterio. Stabilì che l'infedele colta in flagrante doveva essere batt u t a a s a n g u e e il s e d u t t o r e a r r o s t i t o . P u n ì c o l o r o c h e d u r a n t e i m a t r i m o n i scagliavano e s c r e m e n t i c o n t r o gli sposi. M u l t ò i R o m a n i che s'introducevano furtivamente nelle toilettes delle m a t r o n e l o n g o b a r d e e tastavano l o r o le terga. A Pavia r e s t a u r ò la zecca c h e coniava le d u e m o n e t e circolanti del t e m p o , il soldo e la fremisse d ' o r o . M o r ì nel 744, d o p o t r e n t ' a n n i di r e g n o , e fu sepolto nella chiesa di S. A d r i a n o accanto alla t o m b a d e l p a d r e .

CAPITOLO VENTITREESIMO

LA C H I E S A E LE E R E S I E

C o n la Prammatica sanzione, a b b i a m o d e t t o , Giustiniano aveva d e l e g a t o ai Vescovi i p o t e r i c h e s i n o allora e r a n o stati esercitati d a i Prefetti. Ma n o n e r a u n a rivoluzione. E r a solo il riconoscimento e il legale avallo di u n a situazione c h e già esisteva. I n m a n c a n z a d i u n o Stato, l a Chiesa n e a s s u m e l e funzioni. Così diventa p r o t a g o n i s t a a n c h e della storia politica - e n o n solo di quella spirituale - d e l n o s t r o Paese; e ci obbliga a s t u d i a r e un p o ' m e g l i o la sua organizzazione a n c h e a costo di un l u n g o passo i n d i e t r o . Le p r i m e ecclesie - o c o m u n i t à di fedeli - n o n e r a n o state né p i ù né m e n o che delle cellule, c o m e oggi si c h i a m a n o quelle c o m u n i s t e . E r a n o s p a r s e u n p o ' d o v u n q u e , i n t u t t e l e città d e l l ' I m p e r o d o v ' e r a g i u n t a la p a r o l a degli Apostoli. A c a p o di ogni c o m u n i t à e r a p o s t o un Presbitero, cioè un p r e t e , liber a m e n t e scelto dalla piccola a s s e m b l e a d e i fedeli. Ad assisterlo f u r o n o designati i Diaconi, Suddiaconi, gli Accoliti, i Lettori e gli Esorcisti, ai quali e r a affidata la c u r a degli ossessi e d e g l i epilettici. N e s s u n a d i q u e s t e funzioni costituiva u n a c a r r i e r a . Nelle p r i m e ecclesie o g n u n o p r e s t a v a l a p r o p r i a o p e r a v o l o n t a r i a m e n t e e g r a t u i t a m e n t e . A latere, p e r così dir e , dei Diaconi c ' e r a n o le Diaconesse, qualcosa c o m e le D a m e della San Vincenzo o l'Esercito della Salvezza. Costoro assistevano i p o v e r i e i malati. A f o r n i r n e i q u a d r i e r a n o soprattutto le vedove. I n u n p r i m o t e m p o l e ecclesie n o n e b b e r o tra loro r a p p o r ti gerarchici. Il Presbitero r i s p o n d e v a della p r o p r i a c o n d o t t a solo a Dio e ai fedeli che lo avevano eletto. Il c h e g a r a n t i v a 181

u n a p e r f e t t a d e m o c r a z i a , m a n o n costituiva u n ' o r g a n i z z a zione. Di u n ' o r g a n i z z a z i o n e v e r a e p r o p r i a si c o m i n c i ò ad avvertire la necessità c o n la diffusione capillare e massiccia d e l Cristianesimo nelle p r o v i n c e d e l l ' I m p e r o . Moltiplicandosi le ecclesie, in o g n i città i vari Presbiteri finirono p e r elegg e r e u n Episcopo, u n Vescovo, che n e coordinasse l'azione. Nel IV secolo c o m i n c i a r o n o ad a p p a r i r e i p r i m i Arcivescovi, i Metropoliti e i Primati, c h ' e r a n o i s u p e r v i s o r i d e i Vescovi di u n a provincia. F i n c h é in c i n q u e città - R o m a , C o s t a n t i n o poli, Antiochia, G e r u s a l e m m e e Alessandria - fu installato un Patriarca. Quello di R o m a si c h i a m ò Papa. Ma il titolo ven i v a u s a t o a n c h e p e r m o l t i altri Vescovi. I l P a p a d i R o m a e r a soltanto il Vescovo di R o m a eletto, c o m e tutti gli altri, dal clero e d a l p o p o l o della città. Su richiesta di un Arcivescovo, tutti i Vescovi di u n a p r o vincia si r i u n i v a n o in un Concilio c h e , p e r c i ò , si c h i a m a v a provinciale. Q u a n d o ad esso facevano capo tutti i Vescovi dell ' O r i e n t e o tutti quelli dell'Occidente, p r e n d e v a il n o m e di plenario. Se riuniva sia gli u n i che gli altri, si chiamava generale o ecumenico. E le sue decisioni, in questo caso, e r a n o vincolanti p e r tutti i Cristiani. Fu da questa u n i t à che v e n n e alla Chiesa il n o m e di cattolica, c h e vuol d i r e universale. Fin d a i p r i m i t e m p i , fu stabilito c h e i Presbiteri d o v e v a n o a v e r c o m p i u t o i t r e n t ' a n n i e gli Episcopi i cinquanta. I Cristiani delle origini c o m p i v a n o i loro riti in case solitarie o in cantine. La Santa Messa, che oggi viene di regola celeb r a t a al m a t t i n o , allora veniva officiata la sera. La funzione religiosa e r a a p e r t a dalla lettura dei testi sacri. Seguivano la p r e d i c a , l'omelia del Presbitero, il c a n t o dei Salmi e l'orazione d e i fedeli. A suggello d e l l a c e r i m o n i a ci si scambiava il bacio di pace. Q u e s t a c o n s u e t u d i n e diventò p r e s t o causa di deviazionismi spiacevoli a furia di essere t r o p p o piacevoli. Per ovviarvi si r a c c o m a n d ò ai fedeli di t e n e r e la bocca chiusa. Poiché l a r a c c o m a n d a z i o n e f i n i v a p e r e s s e r e r e g o l a r m e n t e elusa, il bacio di p a c e fu soppresso. 182

La c o m u n i o n e veniva amministrata con p a n e e vino. L'uso dell'ostia c o n s a c r a t a fu i n t r o d o t t o p i ù t a r d i . Il calice col vino e r a c o m u n e e serviva p e r tutti. La c o m u n i o n e p o t e v a essere ricevuta solo dai battezzati. Il battesimo, che in greco v u o l d i r e i m m e r s i o n e , i C r i s t i a n i Io a v e v a n o p r e s o d a g l i Ebrei, i quali a loro volta ne e r a n o debitori agli Egiziani. Nei t e m p i apostolici ci si faceva battezzare da adulti. Cristo, c h e n o n battezzò mai n e s s u n o , fu battezzato da Giovanni Battista, all'età di t r e n t ' a n n i . N e l s e c o n d o secolo si cominciò ad a m m i n i s t r a r e questo s a c r a m e n t o ai bambini, otto giorni d o p o l a nascita. Chi m o r i v a p r i m a e r a c o n d a n n a t o a l L i m b o , u n a specie d'inferno mitigato. Nel I I I secolo invalse nuovam e n t e l'uso d ' i m m e r g e r s i nel b a g n o sacro i n p u n t o d i m o r te. Si t e m e v a , infatti, c h e il b a t t e s i m o lavasse i peccati u n a volta soltanto. L ' i m p e r a t o r e Giuliano, nella sua «Satira dei Cesari», mise in bocca al figlio di Costantino, Costanzo, q u e ste parole: « C h i u n q u e si senta colpevole di s t u p r o , di assassinio, di r a p i n a , di sacrilegio e di tutti i delitti p i ù a b o m i n e voli, n o n a p p e n a io l'avrò lavato con quest'acqua, sarà n e t t o e puro». Poiché il battesimo p e r i m m e r s i o n e poteva p r o v o c a r e nei bambini, nei vecchi e nei malati delle spiacevoli reazioni, lo si sostituì c o n la semplice a s p e r s i o n e : u n o s p r u z z o d ' a c q u a santa, e via. L'innovazione fece m o l t o r u m o r e . Il Vescovo di C a r t a g i n e , Cipriano, se ne scandalizzò al p u n t o da dichiarare che coloro c h ' e r a n o stati battezzati p e r aspersione avevano u n a d o t e di Grazia infinitamente m i n o r e di quelli ch'erano stati immersi tre volte nel b a g n o sacro. La confessione che gli Ebrei praticavano a colpi di Salmi e di frusta, i Cristiani si limitarono a farla seguire da un certo n u m e r o di p r e g h i e r e . Pubblica fino a t u t t o il IV secolo, fu resa segreta sotto Teodosio q u a n d o u n a d o n n a , dinanzi a migliaia di fedeli, si accusò d'essere a n d a t a a Ietto, il g i o r n o avanti, col Diacono che la stava in q u e l m o m e n t o confessand o . In Occidente, la confessione dei p r o p r i peccati a un p r e te fu i n t r o d o t t a nel V I I secolo. P r i m a ci si poteva confessare 183

a n c h e fra laici. Nei conventi le badesse confessavano le m o n a c h e con tanta indiscrezione che i Vescovi si videro costretti a r e v o c a r e loro q u e s t a facoltà. Per un certo t e m p o invalse l'uso di m u n i r e i Cristiani di un certificato di confessione, u n a specie di ricevuta al p o r t a t o r e da esibire al sacerdote al m o m e n t o della c o m u n i o n e . D u r a n t e la celebrazione della Messa, g r a n d e i m p o r t a n z a rivestiva la p r e d i c a che i fedeli scandivano c o n u r a g a n i d ' a p plausi o b o r d a t e di fischi. In chiesa c h i u n q u e p o t e v a p a r l a r e , m e n o le d o n n e . Ai catecumeni e r a fatto divieto d'assistere alla p a r t e centrale della celebrazione eucaristica. Solo d o p o t r e a n n i d'istruzione religiosa e d o p o l'ingestione di un int r u g l i o di latte e m i e l e , c h e e r a il cibo d e i n e o n a t i , essi d i v e n t a v a n o m e m b r i di p i e n o diritto dell'ecclesia. L a festa s e t t i m a n a l e d e i C r i s t i a n i e r a l a d o m e n i c a . I l m e r c o l e d ì e il v e n e r d ì e r a n o g i o r n i di m a g r o o di d i g i u n o . La Pasqua e la Pentecoste f u r o n o , p e r alcuni secoli, le u n i c h e festività a n n u a l i . D o p o C o s t a n t i n o si c o m i n c i ò a celeb r a r e a n c h e l'Epifania. I c o s t u m i cristiani nell'età apostolica e r a n o u n m o d e l l o di s a n t i t à . La C h i e s a c o n d a n n a v a la m a g i a , l ' a s t r o l o g i a e l'aruspicina. L'aborto e l'infanticidio c h e i R o m a n i praticav a n o con p a g a n a disinvoltura f u r o n o aboliti ed esecrati. Fu d e n u n c i a t a - n o n s a p p i a m o c o n quali risultati - la p r o s t i t u z i o n e c h e fin allora e r a stata c o n s i d e r a t a l'unico sfogo alla m o n o g a m i a ; a c e r b a m e n t e riprovati l'adulterio e la p e d e r a stia; c a l d a m e n t e r a c c o m a n d a t a , invece, la verginità. Il celibe e r a c o n s i d e r a t o p i ù cristiano di colui c h e si sposava. N e i p r i m i secoli i p r e t i - c o m e oggi i pastori p r o t e s t a n t i - furon o liberi d i p r e n d e r moglie. Nel 306 u n c a n o n e del s i n o d o d ' E l v i r a p r o i b ì agli ecclesiastici d i c o n t r a r r e m a t r i m o n i o , p e n a la destituzione. Ma il divieto r i m a s e p r a t i c a m e n t e lettera m o r t a . C o n d a n n a t a e r a l a c u r a eccessiva d e l p r o p r i o c o r p o , e giudicato i n d e c e n t e l'uso di indossare orecchini, di truccarsi gli occhi, di tingersi i capelli e di p o r t a r e p a r r u c c h e . Per la 184

Chiesa il maquillage n o n e r a solo u n o s t r u m e n t o di seduzion e e d i l u s s u r i a , m a a n c h e u n r i m p r o v e r o a Dio q u a s i c h é n o n avesse d o t a t o le sue c r e a t u r e di sufficienti attrattive. C o n particolare severità e r a n o giudicati gli s p o r t e i g i u o chi d ' a z z a r d o . A m m e s s e , invece, la ginnastica, la caccia e la pesca. Scoraggiati i m a t r i m o n i misti. Il divorzio veniva concesso solo su richiesta della moglie, se costei e r a p a g a n a . La schiavitù e r a tollerata. Ad essa i R o m a n i c o n d a n n a v a n o la d o n n a libera c h e sposava il s u o servo. Il cristiano Costantino t e m p e r ò q u e s t ' u s o facendo giustiziare la m o g l i e e a r r o stire il m a r i t o . Agli schiavi la c a r r i e r a ecclesiastica e r a interd e t t a m e n t r e i liberti p o t e v a n o facilmente accedervi. Nel IV secolo i p r e t i , sull'esempio di alcuni o r d i n i m o n a stici, a d o t t a r o n o la t o n s u r a . N e i t e m p i p i ù antichi l'abbigliam e n t o degli ecclesiastici n o n e r a diverso da quello dei laici. D u r a n t e la messa i sacerdoti i n d o s s a v a n o la c o m u n e tunica r o m a n a . Sullo scorcio d e l T r e c e n t o a i p r e t i v e n n e i m p o s t o l ' u s o di un abito liturgico fisso. Dalla t u n i c a d e r i v ò così il clamide di colore, g e n e r a l m e n t e , bianco. L'anello e il pastor a l e d i v e n t a r o n o le i n s e g n e episcopali. N e l 325 il Concilio di Nicea p r o i b ì ai p a r r o c i di t e n e r e in casa d o n n e giovani. Si f o n d a r o n o i p r i m i seminari. L'organizzazione ecclesiastica si p e r f e z i o n ò . Si c r e a r o n o n u o v i uffici. Fra i p i ù i m p o r t a n t i , quello d e i becchini. S e m p r e nel IV secolo si diffuse il culto d e l l e i m m a g i n i e il traffico d e l l e r e l i q u i e . In O c c i d e n t e le d a m e dell'aristocrazia accolsero nelle l o r o alcove, c o m e dir e t t o r i s p i r i t u a l i e a m m i n i s t r a t o r i p a t r i m o n i a l i , chierici e monaci. La teoria c h e San Pietro, f o n d a n d o a R o m a la p r i m a ecclesia, aveva i n t e s o a t t r i b u i r l e un p r i m a t o , c o m i n c i ò a svil u p p a r s i n e l q u i n t o secolo. Fin allora il s u o Vescovo aveva c o n s e r v a t o lo stesso r a n g o e i m e d e s i m i a t t r i b u t i di quelli delle a l t r e q u a t t r o sedi patriarcali: Alessandria, Antiochia, Costantinopoli e G e r u s a l e m m e . Solo il Concilio di Calcedonia d e l 381 lo r i c o n o b b e c o n molti contrasti primus interpares. N e l sesto secolo quella s u p r e m a z i a ch'egli di fatto già da 185

t e m p o esercitava in Occidente v e n n e consacrata col titolo di Pontefice, cioè a d i r e di successore di Pietro e vicario di Cristo e capo e c u m e n i c o della Chiesa. A questa organizzazione n o n si giunse p e r ò senza i n t o p pi. A p p u n t o p e r c h é m i r a v a all'unità e al c o m a n d o unico, la Chiesa dovette vedersela con le tendenze centrifughe del Cristianesimo c h e la primitiva sparpagliatezza delle ecclesie a u t o n o m e aveva f o m e n t a t o . Per v e n i r n e a c a p o , essa dovett e p e r forza m e t t e r e u n p o ' d ' a c q u a nel vino della tolleranza, c h e aveva r e c l a m a t o e di cui s'era giovata di fronte allo Stato p a g a n o p e r crescere e p r o s p e r a r e ; ma c h e p o t e v a min a r e l a s u a c o m p a t t e z z a , o r a c h e aveva v i n t o . E u n p o ' i l d e s t i n o di t u t t e le religioni. Le quali c h i e d o n o p e r sé la lib e r t à di organizzarsi, in n o m e dei princìpi laici; e p p o i , u n a volta organizzate, la rifiutano agli altri, in n o m e dei p r o p r i dogmi. Q u e s t e forze centrifughe furono le eresie, c h e cominciar o n o a manifestarsi nel m o m e n t o stesso in cui ai Presbiteri, cioè ai semplici preti, si s o v r a p p o s e r o i Vescovi. Ed esse e b b e r o subito d u e aspetti: u n o teologico, l'altro politico, t r a loro s t r e t t a m e n t e legati. In pratica, e r a il nazionalismo che rinasceva attraverso d i esse. I l p r e t e s t o e r a u n diverso m o d o di concepire Dio e d ' i n t e r p r e t a r e le Sacre Scritture. E chi se ne faceva b a n d i t o r e , m a g a r i , m i r a v a d a v v e r o solo a questo, c o m e fu c e r t a m e n t e il caso di Ario. Ma le forze che agivano nel sottofondo e c h e le t r a s f o r m a v a n o in v e r e e p r o p r i e ribellioni, e r a n o quelle della rivolta c o n t r o il p o t e r e centrale, in favore degli a u t o g o v e r n i locali. In O r i e n t e la Chiesa e r a d i v e n t a t a u n o s t r u m e n t o dello Stato; in O c c i d e n t e lo stava sostituendo. N e l l ' u n o e nell'altro caso essa e r a , p e r i nazionalisti, il nemico da abbattere. Così i Donatisti lottavano p e r liberare l'Africa da R o m a e i Monofisiti p e r affrancare la Siria e l'Egitto da Costantinopoli. Noi q u i n o n p o s s i a m o s e g u i r e l o s v o l g i m e n t o d i q u e s t a lotta c o n t r o le i n n u m e r e v o l i sette c h e p u l l u l a r o n o in q u e s t o p r i m o p e r i o d o : gli Apollinariani, i Priscillanisti, i Sabelliani, 186

i Macedoniani, i Messalini, eccetera. Q u e s t o capitolo fa p a r te della Storia della Chiesa, a cui r i m a n d i a m o il lettore che abbia voglia d'istruircisi. Però, tra questi deviazionismi, c o m e oggi si c h i a m e r e b b e r o , ce ne fu u n o c h e influenzò profond a m e n t e la vita italiana, a n z i rischiò di m u t a r n e il c o r s o : quello di Ario. Ario e r a u n p r e d i c a t o r e d i Alessandria d e l I V secolo c h e aveva confutato la consustanzialità, cioè n e g a t o l'identità di Gesù Cristo con Dio. Il Vescovo dal quale d i p e n d e v a lo aveva s c o m u n i c a t o , ma Ario seguitava a p r e d i c a r e e a fare seguaci. L'imperatore Costantino, che aveva fondato la n u o v a Capitale d e l l ' I m p e r o in O r i e n t e e i n t e n d e v a esercitare sulla Chiesa un alto p a t r o n a t o , c h i a m ò i d u e litiganti p e r cercare di metterli d ' a c c o r d o . Ma il tentativo fallì. Il conflitto s'era allargato e a p p r o f o n d i t o . E q u i n d i n o n restava, p e r m e t t e r e fine a u n a diatriba c h e minacciava di r o m p e r e l'unità cattolica, c h e i n d i r e un Concilio Ecumenico, che fu t e n u t o a Nicea, presso Nicomedia. Il P a p a Silvestro I, vecchio e malato, n o n p o t è intervenir e . C o n t r o il s u o a c c u s a t o r e A t t a n a s i o , A r i o si difese c o n onestà e coraggio. Era un u o m o sincero, p o v e r o e malinconico, c h e c r e d e v a nelle p r o p r i e i d e e . Dei t r e c e n t o d i c i o t t o Vescovi c h e si e r a n o r i u n i t i p e r g i u d i c a r l o , d u e soli lo sos t e n n e r o fino in f o n d o , e f u r o n o s c o m u n i c a t i c o n lui. Ma e v i d e n t e m e n t e ce n ' e r a n o molti altri c h e , senza avere il cor a g g i o di dirlo, p e n s a v a n o c o m e Ario e s e g u i t a r o n o , a n c h e d o p o la c o n d a n n a , a p r e d i c a r e le sue tesi. U n o di essi fu cert a m e n t e Eusebio. E a b b i a m o già d e t t o d e l l ' i m p o r t a n z a c h e costui e b b e c o m e m a e s t r o di Ulfila, il cristianizzatore ariano dei p o p o l i barbari. N o n e r a n o a n c o r a trascorsi q u a t t r o secoli dalla fondazione della p r i m a ecclesia di Pietro, c h e già t u t t o il m o n d o cristiano e r a in p r e d a alle convulsioni. In Africa, D o n a t o , cont e m p o r a n e o di Ario, p r o c l a m a v a che i s a c r a m e n t i a m m i n i strati d a i p r e t i c h e s i e r a n o m a c c h i a t i d i q u a l c h e p e c c a t o , n o n e r a n o validi. C o n d a n n a t o , ebbe subito con s é u n a t u r b a 187

di fanatici c h e i n n e s t a r o n o sulla diatriba teologica u n a rivolta nazionale e sociale: quella dei Circoncellioni, o l a d r u n c o li v a g a b o n d i . Fra un saccheggio e un c o m u n e furto di polli, p r e d i c a v a n o la p o v e r t à e l'uguaglianza. E q u a n d o incontrav a n o u n c a r r o tirato d a schiavi, v'issavano s o p r a questi ultimi o b b l i g a n d o i p a d r o n i a spingerlo. Se costoro resistevano, li accecavano r i e m p i e n d o g l i gli occhi di sabbia, o li u c c i d e v a n o , s e m p r e in n o m e di Gesù Cristo, si capisce. Se toccava a l o r o di m o r i r e , Io facevano a l l e g r a m e n t e , sicuri di volare in Paradiso. Anzi il l o r o fanatismo a r r i v ò a t a n t o che cominciarono a f e r m a r e le c a r o v a n e militari s u p p l i c a n d o ! soldati di ucciderli. M o r i v a n o c a n t a n d o e r i d e n d o , fra le f i a m m e del r o g o o precipitandosi nei crepacci. I n O r i e n t e , N e s t o r i o r e v o c a v a i n d u b b i o l a verginità d i Maria, s o s t e n e n d o ch'essa e r a stata l a m a d r e n o n d i u n Dio, m a d i u n u o m o che aveva sì, qualcosa d i divino, m a mescolato a i n g r e d i e n t i u m a n i . Nestorio cercava il m a r t i r i o , ma la Chiesa gli d i e d e invece un posto di Vescovo a C o s t a n t i n o p o li. L'Arcivescovo di Alessandria, Cirillo, ne scrisse in t e r m i n i i n d i g n a t i a l P a p a C e l e s t i n o I . Q u e s t i c o n v o c ò u n Concilio p l e n a r i o a R o m a c h e offrì a N e s t o r i o le dimissioni o la d e p o s i z i o n e . N e s t o r i o rifiutò q u e s t a e q u e l l e . Sicché o c c o r s e un Concilio E c u m e n i c o a Efeso p e r scomunicarlo. L'eretico, c o n f i n a t o ad A n t i o c h i a , s e g u i t ò ad agitarsi e a p r e d i c a r e . L ' I m p e r a t o r e lo fece d e p o r t a r e in un'oasi d e l d e s e r t o libico. D o p o alcuni a n n i si p e n t ì e m a n d ò a richiamarlo. Ma i m e s saggeri lo t r o v a r o n o m o r e n t e , vegliato da alcuni fedeli che, d o p o la sepoltura, e m i g r a r o n o in Siria, vi c o s t r u i r o n o chiese intitolate al loro m a r t i r e e t r a d u s s e r o nella l i n g u a del p o sto la Bibbia e le o p e r e di Aristotele, p r e p a r a n d o così i fond a m e n t i della cultura m u s u l m a n a che più tardi lì doveva impiantarsi e che ne rimase molto influenzata. Di n u o v o p e r s e g u i t a t i d a l l ' i m p e r a t o r e Z e n o n e , si r i f u g i a r o n o in Persia e di lì si s p a r p a g l i a r o n o fino in I n d i a e in C i n a d o v e tutt o r a sopravvivono le l o r o sette in g u e r r a c o n t r o la Mariolatria, cioè il culto di Maria. 188

Ma il p r o b l e m a della n a t u r a di Gesù seguitava ad aliment a r e eresie su eresie. Il m o n a c o Eutiche sosteneva c h e c'era solo quella divina. Flaviano, il p a t r i a r c a di C o s t a n t i n o p o l i , convocò un Concilio p e r scomunicarlo. Eutiche fece a p p e l l o ai Vescovi di Alessandria e di R o m a . Si dovette i n d i r e un alt r o Concilio a Efeso d o v e , in o d i o a Costantinopoli, il clero egiziano difese l'accusato e attaccò c o n tale violenza Flaviano che questi ne morì. Papa L e o n e I, quello di Attila, si e r a già espresso in favore del patriarca. I n d i g n a t o della sua fine r i n n e g ò il sinodo di Efeso c h i a m a n d o l o il «Sinodo dei l a d r o ni», e ne c o n v o c ò un a l t r o a C a l c e d o n i a c h e r i c o n o b b e la d o p p i a n a t u r a di G e s ù e t o r n ò a s c o m u n i c a r e E u t i c h e . Il clero di Siria e d'Egitto respinse il v e r d e t t o e a d o t t ò l'eresia monoftsita dello scomunicato. Un Vescovo ortodosso m a n d a to ad Alessandria p e r r i m e t t e r e o r d i n e fu linciato dalla folla in c a t t e d r a l e il g i o r n o d e l V e n e r d ì S a n t o . Il monofisitismo diventò la religione nazionale dei Cristiani di quei d u e Paesi, e si p r o p a g ò a n c h e a l l ' A r m e n i a . P e r c h é , c o m e al solito, esso serviva a c o p r i r e s o p r a t t u t t o un m o t o d ' i n d i p e n d e n z a d a Costantinopoli.

CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

I PADRI D E L L A C H I E S A

Se le eresie di Ario, di D o n a t o e di Nestorio avevano m i n a c ciato di s c a r d i n a r e la Chiesa, i suoi Padri - A m b r o g i o , Girol a m o , Agostino - le r i d i e d e r o u n i t à e vigore. D i A m b r o g i o a b b i a m o già d e t t o c o m e d a g o v e r n a t o r e div e n t ò Vescovo di M i l a n o e al c o s p e t t o di T e o d o s i o p r o c l a mò la superiorità del p o t e r e spirituale, incarnato dalla Chiesa, su quello t e m p o r a l e , i n c a r n a t o d a l l ' I m p e r a t o r e . Fu un g r a n d e p r e d i c a t o r e e i s u o i s e r m o n i e r a n o ascoltati e a p p l a u d i t i d a migliaia d i fedeli. C o m p o s e u n ' o p e r a d i esegesi biblica - ì'Hexaemeron - e un c o m m e n t o al Vangelo di S. Luca. R i n n e g a n d o il suo p a s s a t o di funzionario r o m a n o affermò che i l p r i m o d o v e r e d i u n cristiano n o n e r a l'obbed i e n z a allo Stato ma a Dio, di cui i Vescovi e r a n o i vicari in t e r r a . Fu a u t o r e di bellissimi i n n i fra i quali il celebre «Veni R e d e m p t o r G e n t i u m » n e ispirò u n o a n a l o g o a M a r t i n L u tero. Q u a n d o G i r o l a m o n a c q u e nel 340 a S t r i d o n e , un piccolo villaggio al confine t r a la Dalmazia e la P a n n o n i a , n o n e r a no trascorsi che quindici a n n i dal Concilio di Nicea che aveva scomunicato Ario, e l'eco di quella d r a m m a t i c a lotta n o n si e r a a n c o r a spenta. In O r i e n t e e in Occidente, il clero n o n r i u s c e n d o a mettersi d ' a c c o r d o sulla n a t u r a , creata o increata, di C r i s t o , si d i v i d e v a e si s c o m u n i c a v a . G i r o l a m o a n d ò giovinetto a R o m a p e r compiervi gli studi, f r e q u e n t ò p e r alc u n i a n n i la scuola d e l celebre g r a m m a t i c o Elio D o n a t o e ne d i v e n n e l'allievo p r e d i l e t t o . Era d o t a t o d i u n a g r a n d e intelligenza e possedeva u n a m e m o r i a prodigiosa. Sentiva t u t t o il fascino della c u l t u r a classica e conosceva a m e m o r i a Ca190

tulio e Lucrezio. A R o m a i m p a r ò a n c h e il g r e c o , sui testi di Platone, Aristotele e T u c i d i d e . C o n s e g u i t o il s u o b r a v o d i p l o m a , lasciò la C a p i t a l e e si trasferì ad Aquileia d o v e , c o n alcuni amici, f o n d ò un m o n a s t e r o . E r a un asceta v e g e t a r i a n o , p o r t a v a il cilicio, si sottop o n e v a a veglie e digiuni, e passava b u o n a p a r t e della giorn a t a i n p r e g h i e r a . L e s u e p r e d i c h e e r a n o i n t o n o c o n l'austerità della sua vita ma dispiacevano al Vescovo che in fatto d i m o r a l e e r a piuttosto a c c o m o d a n t e . G i r o l a m o , q u a n d o l o s e p p e , gli d i e d e dell'eretico, e con alcuni c o m p a g n i a b b a n d o n ò Aquileia, la «Sodoma deU'Illiria». R i p a r ò ad Antiochia d o v e e n t r ò in un c o n v e n t o . Ma il clima della Siria e r a u m i do e insalubre. C o n u n a bisaccia a tracolla e u n a scorta di lib r i G i r o l a m o si ritirò allora n e l d e s e r t o e p e r q u a t t r o a n n i visse c o m e un a n a c o r e t a . Pregava e leggeva. Ma p i ù i c a r m i di Catullo che i Vangeli. N e l 3 7 9 t o r n ò ad A n t i o c h i a e fu o r d i n a t o p r e t e . Aveva a p p e n a t r e n t a n o v e a n n i m a e r a già u n vecchio, m a l a t o , can u t o e macilento. N e l 382 P a p a D a m a s o , c h e cercava un seg r e t a r i o , lo c h i a m ò a R o m a e gli affidò la t r a d u z i o n e latina d e l N u o v o T e s t a m e n t o . G i r o l a m o s'istallò i n L a t e r a n o . I n dossava u n a m a n t e l l i n a di c a p r a e u n a tunica u n t a e sbrindellata, c a m m i n a v a scalzo e p o r t a v a al collo un crocifisso di l e g n o . M a n g i a v a in p i e d i in u n a ciotola di c r e t a e d o r m i v a sulla paglia. I prelati della C u r i a Io g u a r d a v a n o con un miscuglio di d i s p r e z z o e d ' i n v i d i a d a l l ' a l t o d e i l o r o s o n t u o s i b a l d a c c h i n i . D u e d a m e d e l l ' a l t a società, M a r c e l l a e Paola, n o t e p e r la loro filantropia ma p i ù a n c o r a p e r il loro bigottis m o , l o n o m i n a r o n o c o n s i g l i e r e s p i r i t u a l e . G i r o l a m o freq u e n t a v a il loro salotto, c o m m e n t a v a la Bibbia e faceva p r o p a g a n d a in favore della verginità e del celibato. R o m a , n o n o s t a n t e la Chiesa, o forse p r o p r i o p e r q u e s t o , e r a u n a città d e p r a v a t a e le vergini si c o n t a v a n o sulla p u n t a d e l l e d i t a . N o n lo e r a n o forse n e m m e n o Marcella e Paola s e b b e n e fossero t u t t ' e d u e nubili. Q u a l c u n o accusò addiritt u r a G i r o l a m o d i trescare con loro. M a e r a u n a calunnia al191

la quale il S a n t o replicò con u n a violenta filippica c o n t r o le d o n n e che si d i p i n g o n o , indossano p a r r u c c h e , v a n n o scollate, p o r t a n o il b u s t o e abortiscono. N o n r i s p a r m i ò n e p p u r e i p r e t i ai quali r i m p r o v e r a v a le vesti t r o p p o ricche e le acconciature ricercate. La piaga d e l l ' u m a n i t à - diceva - è il m a t r i m o n i o . Lo considerava l'ottavo peccato capitale, e si d i m e n ticava c h e e r a un s a c r a m e n t o . E r a ossessionato dal sesso e p r o p o n e v a di «abbattere con la scure della verginità l'albero del matrimonio». In u n a lettera a u n a fanciulla di n o m e Eustachio esaltò i piaceri della castità. Forse p e r c h é - insinuar o n o i maligni - n o n aveva mai gustato quelli della lussuria. Disse che l a verginità p o t e v a essere p e r d u t a a n c h e con u n solo p e n s i e r o e r a c c o m a n d ò , p e r serbarla, il cilicio e il digiun o . D o p o la pubblicazione della lettera fu a g g r e d i t o da alcuni scalmanati e bastonato. Nel 384 u n a giovane asceta m o r ì i n seguito a u n a p r o l u n g a t a astinenza. L a m a d r e n e t e n n e responsabile Girolamo, e i R o m a n i p r o p o s e r o di ucciderlo e di b u t t a r l o n e l Tevere. Dovette i n t e r v e n i r e il P a p a ma egli fu costretto a lasciare l'Urbe. Partì p e r B e t l e m m e c o n d u c e n do con sé la bella Eustochio. A n d ò ad abitare in u n a grotta, d o v e passò, in l e t t u r e e in p r e g h i e r e , il resto della sua vita. F u u n o degli u o m i n i p i ù d o t t i d e l s u o t e m p o . Dall'aramaico e dall'ebraico t r a d u s s e in latino la Bibbia, c h e passò alla Storia sotto il n o m e di Vulgata. Modello di finezza interp r e t a t i v a e d i stile, essa r e s t a u n o d e i p i ù alti m o n u m e n t i l e t t e r a r i del M e d i o Evo. G i r o l a m o m o r ì i n s o l i t u d i n e n e l 4 1 9 . Già da alcuni a n n i , c o n s u n t a dalla tisi, e r a calata nella t o m b a l a v e r g i n e Eustochio. L a p e r d i t a della c o m p a g n a l o aveva p i o m b a t o nello sconforto e isolato v i e p p i ù d a l m o n d o . Fu il più bisbetico e il p i ù arcigno dei Padri della Chiesa. Più c h e un S a n t o , fu un m o r a l i s t a b r i l l a n t e e b a t t a g l i e r o . P a r a g o n ò il patriarca di G e r u s a l e m m e Giovanni a G i u d a e il p o v e r o A m b r o g i o a un corvo. Litigò con gli amici e p e r s e guitò i nemici, c h e lo accusarono di essere ipocrita e avaro. A S. G i r o l a m o la teologia cristiana è debitrice della sua ling u a ; la m o r a l e , del suo r i g o r e . 192

N e l m o m e n t o in cui G i r o l a m o lasciava la nativa S t r i d o n e p e r trasferirsi a R o m a a continuarvi gli studi, in u n a piccola città della N u m i d i a , Tagaste, nasceva nel 354 Sant'Agostino, Il p a d r e Patrizio e r a assessore c o m u n a l e e aveva un piccolo fondo. Era un u o m o grossolano e scostumato. Amava le d o n n e , il gioco e la b u o n a tavola. La m a d r e , t u t t a casa e chiesa, si c h i a m a v a Monica, e si g u a d a g n ò il Paradiso p e r d o n a n d o le n u m e r o s e infedeltà del marito. Agostino assomigliava al p a d r e . Era m a g r o , piccolo, b r u n o , aveva occhi e capelli n e r i e le g a m b e l e g g e r m e n t e storte. A dodici a n n i fu m a n d a t o a scuola a M a d a u r a e a diciassette a C a r t a g i n e . E r a un ragazzo t u r b o l e n t o e intelligentissimo. Studiò latino, retorica, matematica, musica e filosofia. Lesse c o n avidità P l a t o n e , m a nella t r a d u z i o n e latina p e r c h é conosceva male il greco. A C a r t a g i n e conobbe u n a bella ragazza e ne fece la p r o p r i a a m a n t e . La c o n d u s s e c o n sé in casa d e l l ' a m i c o R o m a n i a n o , d i cui e r a o s p i t e . Q u a n d o M o n i c a ne fu i n f o r m a t a , si p r e c i p i t ò a C a r t a g i n e p e r i n d u r r e il figlio a regolarizzare la sua posizione e a sposare la concubina. Ma al m a t r i m o n i o Agostino era allergico. A diciotto a n n i gli n a c q u e u n figlio, cui i m p o s e i l n o m e d i A d e o d a t o . N e l 3 8 5 p i a n t ò la c o m p a g n a e t o r n ò c o n la m a d r e . I n s e g n a v a retorica e g r a m m a t i c a e g u a d a g n a v a abbastanza p e r m a n t e n e r e la famigliola e p a g a r e i debiti del p a d r e . C a r t a g i n e , p r i m a d e l l ' a r r i v o d e i Vandali, e r a u n a bella città di provincia, colta e ricca, ma noiosa. A ventinove a n n i Agostino decise di trasferirsi a R o m a . Partì alla chetichella p e r p a u r a c h e M o n i c a l o seguisse. N e l l ' U r b e t r o v ò s u b i t o u n posto d ' i n s e g n a n t e , m a d o p o u n a n n o d i e d e l e dimissioni p e r c h é gli studenti n o n lo p a g a v a n o . Simmaco, il Senatore p a g a n o , gli offrì u n a c a t t e d r a di g r a m m a t i c a a M i l a n o . Agostino e m i g r ò nella città l o m b a r d a dove, p o c o d o p o , Monica lo r a g g i u n s e . Aveva r i n u n c i a t o all'idea di a m m o g l i a r l o e o r a voleva a tutti i costi farlo battezzare. A M i l a n o A g o s t i n o e n t r ò in c o n t a t t o c o n le g r a n d i corr e n t i della filosofia classica. Per nove a n n i fu un seguace del 193

m a n i c h e i s m o che nel 383 r i n n e g ò p e r i l n e o p l a t o n i s m o . U n g i o r n o il Vescovo A m b r o g i o lo invitò ad ascoltare le sue p r e diche e a leggere le Epistole di San Paolo. L'impenitente pecc a t o r e ne rimase fulminato. La d o m e n i c a di Pasqua del 387 A g o s t i n o e A d e o d a t o f u r o n o battezzati, e p o c h e s e t t i m a n e d o p o r i p a r t i r o n o p e r l'Africa. A Ostia, al m o m e n t o d ' i m b a r carsi, Monica m o r ì . M a p r i m a d i s p i r a r e r a c c o m a n d ò a n c o ra u n a volta al figlio di sposarsi. Sbarcato a C a r t a g i n e , Agostino v e n d e t t e i p o c h i b e n i che possedeva, distribuì il ricavato ai poveri e si trasferì a Tagaste dove fondò un m o n a s t e r o in cui a n d ò ad acquartierarsi col figlio e con l'amico Alipio. Nel 389, A d e o d a t o morì. D u e a n n i d o p o il Vescovo di I p p o n a , che conosceva Agostino e aveva bisogno di un collaboratore, lo o r d i n ò p r e t e e gli mise a disposizione il p r o p r i o pulpito. I p p o n a e r a u n a città di q u a r a n tamila abitanti, in maggioranza p a g a n i e manichei. C'era solo u n a chiesa cattolica e u n o s p a r u t o g r u p p o di fedeli. Il Vescov o manicheo e r a u n certo Fortunato, u n p r e d i c a t o r e efficace e p i e n o di foga. Agostino lo sfidò a un pubblico dibattito che si svolse al cospetto di u n ' i m m e n s a folla e d u r ò d u e giorni. Fortunato fu letteralmente sommerso dall'impeto oratorio del rivale. Sceso dal pulpito, tra i lazzi e gli sberleffi degli spettatori, il poveretto fu costretto a fuggire da I p p o n a . Nel 396 il vecchio Valerio si ritirò in un m o n a s t e r o e n o m i n ò Vescovo Agostino, che p e r t r e n t a q u a t t r o a n n i resse la diocesi africana, c o a d i u v a t o d a d u e d i a c o n i e d u e m o n a c i . D o r m i v a s u u n a b r a n d a i n u n ' u m i d a cella, i n d o s s a v a u n a vecchia tonaca, m a n g i a v a solo v e r d u r a e spesso digiunava. L'unico comfort e r a u n a stufetta a l e g n a c h e lo r i p a r a v a dal f r e d d o e dai r e u m a t i s m i . Fu un g r a n d e Vescovo p e r c h é riuscì a cacciare i donatisti da I p p o n a e a farli c o n d a n n a r e nel 4 1 1 c o m e eretici da un Concilio, c o n v o c a t o a C a r t a g i n e d a l l ' i m p e r a t o r e O n o r i o . Ma la sua passione e r a la teologia. Polemista violento e a p p a s s i o n a t o , scrisse migliaia di lettere e c e n t i n a i a di trattati, g u a d a g n a n d o s i i galloni di p r i m o D o t t o r e della Chiesa. Il 194

peccato o r i g i n a l e , il libero arbitrio, i r a p p o r t i t r a l ' U o m o e Dio f u r o n o i g r a n d i t e m i delle sue ricerche. Nel De libero arbitrio, c h e fu u n a delle s u e p r i m e o p e r e , d i m o s t r ò c h e Dio lascia a l l ' u o m o la libertà di scegliere tra il b e n e e il male. Pochi s o n o gli eletti, p r e d e s t i n a t i al R e g n o dei Cieli dagli imperscrutabili disegni della Provvidenza. Parecchi secoli p i ù t a r d i , i calvinisti si riallacciarono ad Agostino e l a b o r a n d o la loro d o t t r i n a sulla Grazia. Nel De Trinitate cercò di spiegare la c o a b i t a z i o n e di t r e P e r s o n e - P a d r e , Figliuolo e S p i r i t o Santo - in u n a sola: Dio. Il migliore Agostino è p e r ò racchiuso nelle o p e r e filosofiche. Le Confessioni, scritte a q u a r a n t a s e i a n n i , sono u n a brillante autobiografia di centomila p a r o l e . C o n t e n g o n o la storia della sua vita, dagli «anni ruggenti» di M a d a u r a e Cartagine, al viaggio in Italia, all'incontro c o n A m b r o g i o . L'autore r i p e r c o r r e le t a p p e della sua Fede, fino alla conversione, al battesimo e alla p r i m a milizia cristiana q u a n d o Valerio lo n o m i n ò Vescovo d ' I p p o n a . «Le Confessioni - è stato scritto s o n o p o e s i a in p r o s a . La Città di Dio è filosofia in storia.» Scritta dal 4 1 3 al 4 2 6 , è u n o zibaldone di milleduecento pag i n e , in v e n t i d u e libri. A g o s t i n o la p u b b l i c ò a p u n t a t e , e q u a n d o g i u n s e a m e t à sì d i m e n t i c ò l'inizio. E u n a s u p e r b a a p o l o g i a d e l C r i s t i a n e s i m o e un atto d'accusa al P a g a n e s i m o . I filosofi r o m a n i a v e v a n o a t t r i b u i t o la d e c a d e n z a d e l l ' I m p e r o ai cristiani e alla l o r o n u o v a religione che aveva liq u i d a t o quella antica di A u g u s t o e di Marco Aurelio. Agostino replicò che f u r o n o i p a g a n i col loro politeismo a p r o v o care il crollo d e l l ' I m p e r o . I b a r b a r i , q u a n d o i n v a s e r o l'Italia, a b b a t t e r o n o i t e m p l i di Giove e di M i n e r v a , ma r i s p a r m i a r o n o le chiese di Cristo. La Città di Dio, di cui la Chiesa custodisce in t e r r a le chiavi, fu costruita dagli angeli. Ad essa si c o n t r a p p o n e la Città degli u o m i n i , edificata dal d e m o nio. Nella Città di Dio affondò le sue radici la teocrazia m e dievale, la d o t t r i n a cioè della s u p r e m a z i a d e l p o t e r e spirit u a l e s u q u e l l o t e m p o r a l e , d e l P a p a c o n s a c r a t o d a Dio sui Re incoronati dagli u o m i n i . 195

Gli ultimi a n n i di Agostino furono d r a m m a t i c i e tribolati. I Vandali di Genserico assediavano I p p o n a , d o v e il vecchio Vescovo moriva l e n t a m e n t e di arteriosclerosi, di e m o r r o i d i e d ' i n q u i e t u d i n e davanti ai g r a n d i p r o b l e m i di d o t t r i n a che 10 t o r m e n t a v a n o . La d o n n a c o n s e r v e r à in cielo il sesso c h e aveva sulla terra? Cosa accadrà il g i o r n o del Giudizio di col o r o c h e f u r o n o d i v o r a t i d a i cannibali? M o r ì a s e t t a n t a s e i a n n i , p o v e r o c o m ' e r a vissuto, senza lasciare t e s t a m e n t i n é ricchezze, e senza aver trovato u n a risposta a queste d o m a n d e . Sant'Agostino d o m i n ò il p e n s i e r o occidentale fino a San T o m m a s o e a lui si r i c o l l e g a r o n o i r i f o r m a t o r i p r o t e s t a n t i . Asservì l'intelletto al s e n t i m e n t o religioso e f o n d ò la filosofia medievale. È difficile calcolare la p o r t a t a dell'influenza esercitata dai Padri della Chiesa. Voltaire, a chi gli chiedeva un g i o r n o se 11 avesse letti, rispose: «Sì, ma me la p a g h e r a n n o » .

CAPITOLO VENTICINQUESIMO

SAN B E N E D E T T O

La d o m i n a z i o n e gotica e quella l o n g o b a r d a avevano trasform a t o l'Italia i n u n i m m e n s o d e s e r t o d i b a r b a r i e . L e o m b r e d e i secoli b u i si e r a n o a l l u n g a t e sulla Penisola c a n c e l l a n d o le ultime tracce di u n a civiltà o r m a i in avanzato stato di p u trefazione. Ma in q u e s t a specie di n e c r o p o l i vide la luce il p i ù s t r a o r d i n a r i o f e n o m e n o religioso e sociale d e l M e d i o Evo: il Monachesimo. Era nato in Oriente nei deserti del basso Egitto, della Siria e della Palestina, e la sua p r i m a manifestazione fu l'eremitismo. Gli eremiti e r a n o u o m i n i che avevano volontariamente rinunciato a ogni comfort e si e r a n o ritirati dal m o n d o . Abitavano in caverne, in c a p a n n e di paglia e di sterco; o, come gli stiliti, in cima a colonne. Su u n a colonna alta dieci metri, Simeone restò appollaiato trent'anni, esposto ai vermi, alle intemperie e ai proiettili dei monelli che lo bersagliavano con escrementi. Q u a n d o morì, la Chiesa lo fece Santo. In Occidente lo stilitismo, p e r l'inclemenza del clima, n o n riuscì mai ad attecchire. E nota la storia di quel vecchio L o n g o b a r d o il quale, d o po essere salito su u n a colonna, fu costretto precipitosamente a ridiscenderne da un attacco di reumatismo. Abbiamo anche notìzia di d o n n e stiliti, soprattutto vergini e vedove. Il M o n a c h e s i m o c o n o b b e in O r i e n t e altre manifestazioni estremiste come, p e r esempio, i Pascolanti, i Reclusi, gli Acemeti. I Pascolanti si c h i a m a v a n o così p e r c h é vagavano cont i n u a m e n t e in mezzo ai c a m p i n u t r e n d o s i di e r b e . I Reclusi, invece, si facevano m u r a r e vivi in celle d o v e t r a s c o r r e v a n o il resto della vita. Gli Acemeti, infine, p r e g a v a n o ininterrottam e n t e e n o n d o r m i v a n o mai. 197

L'eremitismo fu, c o m u n q u e , la p r i m a fase, e la p i ù rozza, d e l M o n a c h e s i m o . U n a s p i n t a alla s u a e v o l u z i o n e l a d i e d e l ' a n a c o r e t i s m o , c h e i n g r e c o vuol d i r e ritiro. I l p r i m o a n a coreta fu Sant'Antonio il quale, d o p o v e n t ' a n n i d'isolamento, creò u n a c o m u n i t à d i religiosi cui p e r ò n o n d i e d e a l c u n a regola. F i n a l m e n t e con San Pacomio, f o n d a t o r e ai p r i m i del q u a r t o secolo di un c o n v e n t o nell'alto Egitto, a b b i a m o il p r i mo e s e m p i o di cenobitismo, cioè a d i r e di vita c o m u n e organizzata. I m o n a c i coltivano i c a m p i , c o n f e z i o n a n o s t u o i e e cesti che poi v e n d o n o . Col ricavato sostentano il m o n a s t e r o e s o c c o r r o n o i p o v e r i . S e m p r e n e l IV secolo il M o n a c h e s i m o , incoraggiato e favorito dalla Chiesa, si diffonde in Occid e n t e . Nell'Italia m e r i d i o n a l e e in Gallia s p u n t a n o i p r i m i c e n o b i . N e l 3 7 5 , il Vescovo di T o u r s , M a r t i n o , f o n d a sulla L o i r a il m o n a s t e r o di M a r m o u t i e r . Le regole sono n u m e r o se, ma n e s s u n a riesce a sopraffare le altre e a unificarle. Le varie comunità monastiche n o n h a n n o in c o m u n e che la p r e g h i e r a e l'esercizio liturgico. Solo agli albori del VI secolo, c o n San B e n e d e t t o , il M o n a c h e s i m o a s s u m e il s u o v e r o volto: quello che, attraverso i secoli, è g i u n t o sino a noi. Per ricostruirlo, oltre la r e g o l a b e n e d e t t i n a , l'unica fonte a n o stra disposizione è il s e c o n d o libro dei Dialoghi di San G r e gorio. Si tratta n a t u r a l m e n t e di u n a fonte agiografica in cui è difficile sceverare il s o p r a n n a t u r a l e d a l l ' u m a n o , il miracolo dalla cronaca. B e n e d e t t o n a c q u e verso il 4 8 0 a Norcia, n e l l ' U m b r i a m e r i d i o n a l e , d a u n ' a g i a t a famiglia d i agricoltori. T e r m i n a t i gli studi e l e m e n t a r i , v e n n e a R o m a p e r compiervi quelli s u p e riori. D o p o b r e v e t e m p o , decise di a b b a n d o n a r l i e di ritirarsi in c a m p a g n a , in un piccolo villaggio sulle rive d e l fiume A n i e n e . D i q u i , o p e r a t i a l c u n i m i r a c o l i , s i trasferì i n u n a g r o t t a nei pressi d i Subiaco d o v e , c o p e r t o d i u n a semplice t o n a c a e di u n a rozza mantella di lana, passò t r e a n n i a p r e g a r e e a lottare c o n t r o le tentazioni della c a r n e che lo divor a v a n o . U n a n o t t e s o g n ò u n a ragazza che aveva conosciuto 198

a Norcia. La visione gli mise a d d o s s o un tale s g o m e n t o che si gettò n u d o in un ciuffo di ortiche che - racconta San G r e gorio - si m u t a r o n o in rose. La notìzia di questo miracolo fece tale r u m o r e c h e lo chiam a r o n o a d i r i g e r e il c o n v e n t o di Vicovaro. B e n e d e t t o ins t a u r ò un r e g i m e così severo c h e i monaci, p e r liberarsene, d e c i s e r o di assassinarlo. S c o p e r t o il c o m p l o t t o , B e n e d e t t o t o r n ò a Subiaco e vi f o n d ò dodici m o n a s t e r i in u n o dei quali egli stesso a n d ò ad acquartierarsi. L'iniziativa dispiacque al p a r r o c o del paese, u n certo Fiorenzo, che cercò d i sabotare l'opera del Santo m e t t e n d o g l i i bastoni tra le r u o t e e il velen o n e l p a n e . A n c h e q u e s t o s e c o n d o a t t e n t a t o fallì. I l p a n e , invece d i B e n e d e t t o , s e l o m a n g i ò u n corvo. N o n r i u s c e n d o ad aver r a g i o n e dell'abate, Fiorenzo p e n s ò di c o r r o m p e r e i monaci, allestendo u n o spogliarello nel giardino del convento. Alla r a p p r e s e n t a z i o n e p r e s e r o p a r t e sette giovani d o n n e . D o p o avervi assistito, il Santo fece fagotto e s'allontanò dalla città p e r n o n farvi p i ù r i t o r n o . Ma p r i m a di a n d a r s e n e volle c o m p i e r e un ultimo miracolo, di cui a fare le spese, stavolta, fu il p o v e r o Fiorenzo. Il quale, p e r godersi la scena della p a r tenza, s'era affacciato a un balcone che i m p r o v v i s a m e n t e e r a crollato s o m m e r g e n d o l o sotto un c u m u l o di macerie. M o n t e c a s s i n o , a m e z z a s t r a d a t r a R o m a e N a p o l i , fu la t a p p a successiva dei v a g a b o n d a g g i di B e n e d e t t o . A p p e n a vi mise p i e d e , o r d i n ò la demolizione di un vecchio t e m p i o pag a n o c o s t r u i t o sul cocuzzolo d e l m o n t e . A l s u o p o s t o fece erigere un monastero. N o n fu un'impresa da poco tirarne su le m u r a : il p r o g e t t o questa volta e r a dispiaciuto al D e m o nio che cercò di farlo fallire a n d a n d o s i a s e d e r e sui m a t t o n i che d o v e v a n o servire alla costruzione. N e l 5 2 9 tuttavia l'edificio fu u l t i m a t o , e B e n e d e t t o coi suoi m o n a c i p o t è finalm e n t e istallarvisi. C o n t e n u t a i n s e t t a n t a t r é b r e v i capitoli, l a R e g o l a d e l l a c o m u n i t à r i m a n e a n c o r a oggi u n o dei pilastri p i ù alti e u n a delle t e s t i m o n i a n z e p i ù originali d e l Cristianesimo. Si p u ò r i a s s u m e r e nel m o t t o : Ora et labora, p r e g a e lavora. 199

I m o n a c i cominciano la loro giornata alle t r e d e l m a t t i n o q u a n d o nella cappella del convento h a n n o inizio le funzioni religiose: il canto dei Salmi, la recita delle orazioni, la lettura d e l Vangelo o di q u a l c h e passo della Bibbia. Al t e r m i n e della Messa, si r i t i r a n o in biblioteca. Un sorvegliante, a p p o sitamente designato dall'abate, b a d a che n e s s u n o si distragga dalla l e t t u r a d o r m e n d o o chiacchierando col vicino. A intervalli regolari, allo scadere cioè delle cosiddette o r e canoniche, lo studio viene i n t e r r o t t o p e r la p r e g h i e r a . Alle nove, il p r e t e , che spesso vive fuori del convento, celebra u n a sec o n d a Messa alla q u a l e tutti h a n n o l'obbligo di i n t e r v e n i r e . D o p o la funzione ciascuno se ne va p e r i fatti suoi: i cuochi in cucina, i giardinieri nell'orto, i falegnami in officina. Alle undici viene servita la colazione. Ecco il menu: mezzo chilo di p a n e , un piatto di pesce o di c a r n e , c o n t o r n o di verd u r a , formaggio e frutta. La c a r n e d'animali a q u a t t r o zampe è proibita. La Regola ne tollera la speciale dispensa solo ai vecchi e agli a m m a l a t i . O g n i m o n a c o ha d i r i t t o a m e z z a p i n t a di vino e, talvolta, a u n a razione s u p p l e m e n t a r e . A tavola n e s s u n o p a r l a a m e n o c h e l'abate n o n inviti esplicitam e n t e a farlo. Un m o n a c o legge ad alta voce le Vite dei Santi. D o p o m a n g i a t o è c o n s e n t i t a u n a p e n n i c h e l l a . Poi ricomincia il lavoro e la p r e g h i e r a . Al calar del sole, d o p o u n a frugale cena, di n u o v o a letto. Il m o n a s t e r o d i s p o n e di n u merosi d o r m i t o r i . I materassi sono imbottiti di paglia, di crine o di c a n n e . La m a n c a n z a di riscaldamento e la scarsezza di c o p e r t e obbligano a coricarsi vestiti, con sandali, tonaca e cappuccio. L ' a r r e d a m e n t o è sobrio. N o n ci s o n o g u a r d a r o ba, n o n ci sono comodini. I p o c h i effetti personali - un fazzoletto, un coltello e u n a p e n n a - sono sistemati ai piedi del letto, accanto a u n a tonaca da lavoro e a un ricambio di p e dalini e m u t a n d e . N e s s u n m o n a c o p u ò scrivere o ricevere lettere, accettare o fare doni. Per chi s'ammala c'è l'infermeria, il solo posto d o v e sia possibile p r e n d e r e un b a g n o . Per chi disobbedisce, la frusta. I recidivi sono p u n i t i con l'isolam e n t o , e nei casi p i ù gravi con l'espulsione. Per le decisioni 200

i m p o r t a n t i l'intera c o m u n i t à viene convocata i n assemblea plenaria. Tutti possono i n t e r v e n i r e nel dibattito ma l'ultima p a r o l a spetta s e m p r e all'abate. N e s s u n o , p e r n e s s u n a ragion e , senza u n o speciale p e r m e s s o , p u ò uscire dal convento o i n t r a p r e n d e r e u n viaggio. Il m o n a s t e r o è m e t a di contìnui pellegrinaggi. N o n passa g i o r n o che q u a l c u n o n o n bussi alla sua p o r t a p e r m e n d i c a r e un piatto di m i n e s t r a o p e r chiedere di esservi accolto c o m e novizio. Siamo nel VI secolo. In Italia infuria la g u e r r a gotico-bizantina. La carestia, la malaria, la peste b u b b o n i c a d e c i m a n o la popolazione. Il convento è l'unico l u o g o dove sia possibile m e t t e r e d ' a c c o r d o il d e s i n a r e con la cena e sfuggire al contagio. Il novizio viene sottoposto a u n ' a c c u r a t a visita medica e a u n a s e v e r a selezione. L a vita d e l m o n a s t e r o è d u r a e , p e r sopportarla, egli deve d i m o s t r a r e di p o s s e d e r e u n a salute di ferro. Solo d o p o un a n n o di tirocinio e d o p o aver s u p e r a t o u n a l u n g a serie di tests, diventa m e m b r o di p i e n o diritto dell ' O r d i n e , e fa voto di p r e g h i e r a , di p e n i t e n z a e di castità. Rin u n c i a a tutti i suoi b e n i in favore del m o n a s t e r o o d e i p o veri. Col p a s s a r e del t e m p o , questa r i n u n c i a v e r r à fatta p i ù a beneficio del p r i m o che dei secondi. L'oblazione, l'offerta cioè c h e i p a d r i facevano dei p r o p r i figli al c o n v e n t o e c h e a c c o m p a g n a v a n o c o n u n a cospicua d o n a z i o n e , fu u n a delle maggiori fonti d ' a r r i c c h i m e n t o d e l l ' O r d i n e b e n e d e t t i n o . N e l 5 4 3 , quattordici a n n i d o p o l a fondazione d i M o n t e cassino, B e n e d e t t o m o r ì , in seguito a un attacco di febbre. Il trapasso di cui, u n a settimana p r i m a , egli stesso aveva d a t o l'annuncio, avvenne nell'oratorio del monastero dove il S a n t o , s e n t e n d o p r o s s i m a l a f i n e , aveva v o l u t o e s s e r e t r a s p o r t a t o . Fu sepolto a c c a n t o alla t o m b a della sorella Scolastica alla quale, in vita, e r a stato p a r t i c o l a r m e n t e legato. Il M o n a c h e s i m o ha a v u t o u n a p a r t e decisiva nella vita econ o m i c a e sociale del M e d i o Evo. Q u a n d o esso n a c q u e l'Italia e r a p r e c i p i t a t a n e l caos. Gli eserciti b a r b a r i c i a v e v a n o 201

s p i a n a t o al suolo le s u e città e i suoi villaggi. Le c a m p a g n e e r a n o spopolate. I p o t e r i centrali n o n funzionavano p e r c h é n e s s u n o e r a i n g r a d o d i farli f u n z i o n a r e . Quelli periferici, affrancati d a o g n i c o n t r o l l o , s i e r a n o m u t a t i i n s t r u m e n t i d ' o p p r e s s i o n e . Per sfuggire alle violenze e alle a n g h e r i e alle quali veniva sottoposta, la p o p o l a z i o n e italiana si strinse allora a t t o r n o ai m o n a s t e r i . Ai quali, in cambio della protezione ch'essi le a c c o r d a v a n o , offrì le p r o p r i e braccia. Il M o n a chesimo anticipò così di alcuni secoli il feudalesimo. I g r a n d i conventi, a p o c o a p o c o , si t r a s f o r m a r o n o in città fortificate, a u t a r c h i c h e , chiuse, isolate dal resto del m o n d o . Fra un abate di Montecassino e un Duca longobardo n o n c'è a l c u n a differenza. T u t t ' e d u e s o n o sovrani assoluti d i Stati p i ù o m e n o g r a n d i e d e g u a l m e n t e i n d i p e n d e n t i . T u t t ' e d u e g o d o n o di speciali privilegi e di speciali p r e r o g a tive. I m p o n g o n o dazi, n o n p a g a n o tasse e b a t t o n o m o n e t a . I m o n a s t e r i a r r u o l a n o t r u p p e , a m m i n i s t r a n o la giustizia e n o n sono sottoposti a d alcun controllo d a p a r t e dell'autorità episcopale. C o n le c o n t i n u e e cospicue d o n a z i o n i di Re e di g r a n d i p r o p r i e t a r i t e r r i e r i , p r e o c c u p a t i d i salvare l a p r o p r i a a n i m a , essi vieppiù s ' i n g r a n d i r o n o , manifestando la pericolosa t e n d e n z a a t r a s f o r m a r e i coloni in servi della gleba. R i u n e n do nelle p r o p r i e m a n i i p o t e r i civili, religiosi e militari, i m o nasteri n o n fecero che fronteggiare u n ' e m e r g e n z a . A b u s a n d o n e , finirono p e r t r a d i r e quello spirito evangelico c h e Ben e d e t t o , con la sua Regola, aveva cercato di infondergli. Ma frattanto a v e v a n o r e s o il p i ù prezioso di tutti i servigi: il salvataggio d e l l ' e r e d i t à c u l t u r a l e di R o m a . F u r o n o le biblioteche dei g r a n d i conventi b e n e d e t t i n i infatti a conservare e a t r a m a n d a r c i le Orazioni di Cicerone, le O d i d ' O r a zio, le Storie di Tacito che s a r e b b e r o a n d a t e altrimenti p e r d u t e , travolte dalla furia devastatrice dei barbari.

CAPITOLO VENTISEIESIMO

FRA R O M A E B I S A N Z I O

I Goti p r i m a , i L o n g o b a r d i poi sottrassero l'Italia a l l ' I m p e r o . Nella Penisola Bisanzio conservò a l u n g o un caposaldo: R a v e n n a , e un i n t e r l o c u t o r e : il P a p a . A R a v e n n a risiedeva l'Esarca, c h ' e r a diventato u n a specie di Viceré in esilio. Ufficialmente e r a il r a p p r e s e n t a n t e d e l l ' I m p e r a t o r e m a , in p r a tica, n o n r a p p r e s e n t a v a c h e l a s u a i m p o t e n z a . E r a i n relaz i o n e col Pontefice. Faceva la s p o l a t r a R a v e n n a , R o m a e Costantinopoli. Riceveva o r d i n i dal Basileus e li trasmetteva al P a p a che r e g o l a r m e n t e li trasgrediva. R o m a ribadiva la p r o p r i a o b b e d i e n z a a Bisanzio ma c o n accenti s e m p r e p i ù polemici. L ' I m p e r o d ' O r i e n t e aveva scat e n a t o c o n t r o quello d'Occidente, di cui l ' U r b e continuava a r i v e n d i c a r e il titolo di capitale m o r a l e , l'alluvione gotica e n o n aveva s a p u t o a r g i n a r e quella l o n g o b a r d a . I r a p p o r t i d e l P a p a col Patriarca di C o s t a n t i n o p o l i e r a n o tesi. Il s e c o n d o n o n riconosceva la s u p r e m a z i a del p r i m o e r e c l a m a v a p e r sé un p r i m a t o che i g r a n d i concili ecumenici gli avevano rifiutato. E r a fatale c h e il c o r d o n e ombelicale c h e u n i v a R o ma a Bisanzio finisse col lacerarsi. D u e eventi p r e c i p i t a r o n o la crisi: l'editto c o n t r o le d i s p u t e religiose - o Tipo - e quello c o n t r o il culto delle i m m a g i n i - o Iconoclasmo. Il Tipo fu b a n d i t o n e l 6 4 8 d a l l ' i m p e r a t o r e C o s t a n t e IL Era un u o m o scettico, p r e p o t e n t e e bizzarro. Gli piaceva com a n d a r e . N o n a n d a v a m a i in chiesa e d e t e s t a v a i m o n a c i che infestavano l ' I m p e r o e lo c o r r o m p e v a n o . Solo a Bisanzio ce n ' e r a n o circa diecimila. Vivevano di e l e m o s i n e e custodivano nei conventi le reliquie dei santi e d e i m a r t i r i c h e il p o p o l i n o c r e d u l o n e v e n e r a v a c o m e talismani miracolosi. 203

E r a n o rissosi, intriganti e d e p r a v a t i . F o m e n t a v a n o disordini e o r d i v a n o c o n g i u r e . E r a n o ricevuti a corte c o n tutti gli o n o ri, s o p r a t t u t t o dalle I m p e r a t r i c i di cui talvolta e r a n o i confessori e spesso gli a m a n t i . Il Basileus li p r o t e g g e v a e il Patriarca li temeva. Col Tipo Costante s'illuse di restituirli alla c u r a delle a n i m e e di p o r r e fine alle i n t e r m i n a b i l i d i a t r i b e che essi scatenavano e c h e avevano finito col c o n t a g i a r e a n che il clero secolare. Il Tipo c o n t e n e v a le sanzioni c o n t r o coloro che n o n si fossero uniformati. Il trasgressore, se Vescovo, veniva d e p o s t o ; se laico, licenziato in t r o n c o ; se nobile, p u n i t o con la confisca di tutti i b e n i , c h e lo Stato i n c a m e r a va. Il Patriarca ratificò il d e c r e t o e lo rese esecutivo. In Italia esso s c a t e n ò t u o n i e fulmini. Il P a p a M a r t i n o c o n v o c ò i n L a t e r a n o u n Concilio d i d u e c e n t o Vescovi c h e s c o m u n i c ò il Patriarca. N o n osò s c o m u n i c a r e C o s t a n t e , ma c o n q u e l gesto ne sottintese la c o n d a n n a . Risoluto a i m p o r re il Tipo a n c h e in Italia, l ' I m p e r a t o r e o r d i n ò a l l ' E s a r c a O l i m p i o di r e c a r s i a R o m a e di a s s a s s i n a r e il Pontefice. O l i m p i o p a r t ì c o n u n a piccola s c o r t a d i soldati. I R o m a n i l'accolsero c o n ostilità. I l sicario i n c a r i c a t o d i p u g n a l a r e M a r t i n o m e n t r e s u l l ' a l t a r e d e l l a basilica d i S a n t a M a r i a M a g g i o r e celebrava la Messa, nell'atto di colpire il Papa, fu accecato. Così a l m e n o riferiscono le fonti ecclesiastiche c h e h a n n o s e m p r e c o s t r u i t o l a storia sui miracoli. O l i m p i o lasciò R o m a e p a r t ì p e r la Sicilia d o v e , alcuni a n n i d o p o , m o r ì c o m b a t t e n d o c o n t r o i Saraceni. Nel g i u g n o d e l 6 5 3 Costante affidò al n u o v o Esarca Calliopa la stessa missione in cui e r a fallito il suo p r e d e c e s s o r e . M a r t i n o si rifugiò nella basilica d e l L a t e r a n o e si b a r r i c ò in un baldacchino che aveva fatto installare ai piedi dell'altare. Ciò n o n i m p e d ì ai soldati bizantini di e n t r a r e nel t e m p i o e t r a s c i n a r n e fuori il Papa. Il p o p o l i n o t u m u l t u ò c o n t r o l'Imp e r a t o r e e il s a n g u e corse. La m a t t i n a del 19 g i u g n o , all'alb a , il Pontefice, v e c c h i o e m a l a t o , fu c a r i c a t o su u n a n a v e con sei accoliti e un cuoco. T r a s p o r t a t o a Nasso fu r i n c h i u s o i n u n a specie d'osteria d o v e trascorse p i ù d ' u n a n n o , sotto204

posto a c o n t i n u e a n g h e r i e e a o g n i sorta di disagi. Gli sbirri gli p r o i b i v a n o p e r s i n o di r a d e r s i e di tagliarsi i capelli. D u e volte sole gli d i e d e r o il p e r m e s s o di fare il b a g n o . Nel s e t t e m b r e d e l l ' a n n o successivo fu c o n d o t t o a Costantinopoli. D u r a n t e la traversata fu colto da un attacco di dissenteria, e q u a n d o sbarcò i Bizantini l'accolsero a sberleffi. T r e mesi d o p o fu processato. In t r i b u n a l e i giudici gli i m p e d i r o n o d i sedersi. Q u a n d o l e forze gli v e n i v a n o m e n o d u e soldati lo s o r r e g g e v a n o . Un i n t e r p r e t e lo interrogava: M a r tino n o n conosceva il greco, e i suoi accusatori i g n o r a v a n o il latino. Fu riconosciuto colpevole d'intelligenza coi nemici di C r i s t o , di scarsa d e v o z i o n e alla V e r g i n e , e c o n d a n n a t o a m o r t e . La p e n a gli fu p o i c o m m u t a t a in quella d e l confino c h e scontò a C h e r s o , sul P o n t o E u s i n o , d o v e n e l s e t t e m b r e del 655 m o r ì di gotta, d i m e n t i c a t o da tutti e r i d o t t o a comp r a r e il p a n e alla borsa n e r a . La Chiesa lo fece Santo. D u r a n t e i l s u o esilio, a R o m a e r a stato e l e t t o P a p a u n p r e t e d i n o m e E u g e n i o c h e r e g n ò t r e a n n i infischiandosi d e l Tipo e di Bisanzio. Gli successe un c e r t o Vitaliano c h e con C o s t a n t e dovette invece fare i conti. Il giovane Basileus aveva deciso di r i t r a s p o r t a r e la Capitale a R o m a e di restaurare l ' I m p e r o d ' O c c i d e n t e . L a s s u r d o p r o g e t t o n o n e r a ispirato da nobili propositi di gloriosa riconquista. E r a solo sollecitato d a u n a v e r g o g n o s a p a u r a . I M u s u l m a n i sfidavano da Est la Grecia e minacciavano di s o m m e r g e r l a . Sullo scorcio del 6 6 2 , quasi alla chetichella, Costante salpò dalla n u o v a R o m a alla volta d i q u e l l a vecchia. Q u a n d o l a n a v e levò l'ancora si p o r t ò a p o p p a e rivolto ai concittadini che g r e m i v a n o la b a n c h i n a s p u t ò r i p e t u t a m e n t e al loro indirizzo. N o n aveva mai a m a t o i Bizantini i quali lo a v e v a n o s e m p r e d e t e stato. AI principio d e l 663 sbarcò a T a r a n t o . Invase il Ducato di B e n e v e n t o , ma fu volto in fuga dai L o n g o b a r d i accorsi in sua difesa. Allora risalì a N o r d e p u n t ò su R o m a . Il 5 luglio ne v a r c ò le m u r a . Il P a p a lo b e n e d i s s e e il p o p o l o lo p o r t ò in trionfo fin d e n t r o la basilica di San Pietro sul cui altare egli d e p o s e ricchi d o n i . 205

Costante restò a R o m a dodici giorni, il t e m p o p e r d e m o lire la cupola del P a n t h e o n e trafugare le tegole di r a m e c h e la ricoprivano. Il tredicesimo caricò i c o p p i sulle navi e p a r tì p e r Siracusa. Morì nel 668 in Sicilia, assassinato da un servo c h e lo colpì c o n un p o r t a s a p o n e m e n t r e si trovava nella vasca da b a g n o . C o n lui fu sepolto l'ultimo tentativo di rip o r t a r e l'Italia sotto l ' I m p e r o bizantino. ^Iconoclasmo r i b a d ì e i n a s p r ì la crisi c h e il Tipo aveva a p e r t o e che n e m m e n o la m o r t e del suo a u t o r e aveva sopito. L'editto c o n t r o il culto delle i m m a g i n i fu p r o m u l g a t o nel 726 d a l l ' I m p e r a t o r e L e o n e I I I . E r a n a t o i n Cilicia d a genit o r i a r m e n i , e i l p a d r e e r a u n ricco a l l e v a t o r e d i p e c o r e . Q u a n d o Giustiniano II fu c o r o n a t o I m p e r a t o r e , L e o n e gliene p o r t ò p e r s o n a l m e n t e c i n q u e c e n t o in r e g a l o a Costantinopoli. Il Basileus ricambiò il d o n o n o m i n a n d o l o g u a r d i a di palazzo e p o i c o m a n d a n t e delle legioni anatoliche. Q u a n d o Giustiniano II morì, a Bisanzio s c o p p i a r o n o gravi disordini. L e o n e , c h e c o m a n d a v a l'esercito, li soffocò e riuscì a farsi p r o c l a m a r e I m p e r a t o r e . E r a un u o m o caparbio e ambizioso e un magnifico soldato. Nel 717 liberò Costantinopoli dalla flotta saracena che incrociava al largo del Bosforo. Gli storici ecclesiastici a t t r i b u i r o n o lo scampato pericolo all'intercessione della Vergine. R e g n a v a d a n o v e a n n i q u a n d o , nel 7 2 6 , forse sotto l'influsso del giudaismo e dell'Islam, proibì il culto delle i m m a gini sacre - o icone - e ne o r d i n ò la d i s t r u z i o n e . Il Vecchio T e s t a m e n t o interdiceva la r i p r o d u z i o n e degli animali t e r r e stri, c o m p r e s o l ' u o m o . Le chiese primitive infatti e r a n o dis a d o r n e , e la divinità n o n vi e r a r a p p r e s e n t a t a . Le i m m a g i n i f u r o n o u n a c o n t a m i n a z i o n e pubblicitaria: u n veicolo d i p r o p a g a n d a i m p o s t o s o p r a t t u t t o dal fatto c h e le popolazioni da convertire, primitive e analfabete, e r a n o p i ù sensibili alla figura che alla parola. Ma se n ' e r a abusato, e la moltiplicazione delle i m m a g i n i aveva d a t o l u o g o a u n o scandaloso commercio. I santi più in voga e r a n o n a t u r a l m e n t e gli Apostoli e i Pa206

d r i della C h i e s a . O g n u n o di essi aveva i p r o p r i fans. S a n Paolo e r a l'idolo delle d o n n e che ne custodivano l'immagine nella borsetta o sotto il cuscino. I ricchi n o n si accontent a v a n o della semplice icona. P r e t e n d e v a n o a d d i r i t t u r a la stat u a , e la volevano di g r a n d e z z a n a t u r a l e . Q u e l l a delle imm a g i n i sacre e r a così d i v e n t a t a i n t u t t o l ' I m p e r o u n ' i n d u stria assai fiorente. I m p r e s a r i ne e r a n o i m o n a c i c h e in essa avevano investito un i m m e n s o capitale di m e n z o g n e e d'imbrogli. In O r i e n t e n o n c'era casa, n o n c'era bottega, n o n c'era c a n t o n e senza l'effigie di un santo o di un m a r t i r e . A Bisanzio esistevano p e r s i n o clubs intitolati a questo o a quello. I m e m b r i ne appiccicavano l ' i m m a g i n e sugli abiti c o m e un distintivo e un p o r t a f o r t u n a . L'iconolatria d i e d e o r i g i n e a manifestazioni di fanatismo che spesso d e g e n e r a r o n o in tafferugli e in v e r e e p r o p r i e s c e n e d ' i s t e r i s m o collettivo. Q u a n d o scoppiava un'epidemia, il popolino scendeva in piazza b r a n d e n d o croci, s v e n t o l a n d o santini e moltiplicando il panico. Per L e o n e il culto delle i m m a g i n i e r a un e l e m e n t o di instabilità e u n a s u p e r s t i z i o n e . N e l 7 3 0 , d a v a n t i al S e n a t o , p r o c l a m ò t r a d i t o r e della Patria c h i u n q u e lo praticasse. L'alto c l e r o a p p o g g i ò l'editto, quello basso e i m o n a c i gli si rivoltarono c o n t r o , il p o p o l o inorridì. Nella Capitale scoppiar o n o s a n g u i n o s i t u m u l t i . Nelle Cicladi i ribelli d e p o s e r o L e o n e e a r m a r o n o u n a flotta c o n t r o Bisanzio. In Italia il Pap a G r e g o r i o convocò u n Concilio c h e scomunicò l ' I m p e r a t o r e e dispensò i R o m a n i dal pagargli le tasse. E fu u n ' a l t r a t a p p a sulla s t r a d a della r o t t u r a fra R o m a e Bisanzio, che doveva consumarsi t r e c e n t ' a n n i d o p o .

CAPITOLO VENTISETTESIMO

I FRANCHI

E r i p r e n d i a m o il filo d e l n o s t r o r a c c o n t o . Nella p r i m a v e r a del 539, l a p i a n u r a p a d a n a e r a stata s o m m e r s a d a u n ' o r d a d i g u e r r i e r i b i o n d i ferocissimi. N u m e r o s i villaggi f u r o n o s p i a n a t i al suolo, le chiese b r u c i a t e , gli a b i t a n t i t r u c i d a t i . S e m b r a v a n o t o r n a t i i t e m p i di Attila e di Alarico. In Italia, da q u a t t r o a n n i , gli O s t r o g o t i e i Bizantini si stavano scann a n d o in u n a g u e r r a che ne d u r ò t r e n t a e che trasformò la Penisola in u n a necropoli. L'alluvione che d'oltralpe si rovesciò sulle verdi p i a n u r e del n o r d ingigantì il disastro, ma rifluì quasi subito in seguito ad u n ' e p i d e m i a di tifo c h e decimò gli invasori. C o s t o r o e r a n o o r i g i n a r i del basso R e n o d o v e n e l I V secolo avevano costituito u n a confederazione di tribù alle quali a v e v a n o d a t o un c a p o e u n a legge, c h ' e r a quella del p i ù forte. Si c h i a m a v a n o F r a n c h i , nelle loro v e n e scorreva sang u e g e r m a n i c o , e si e r a n o a c q u a r t i e r a t i nella p a r t e settent r i o n a l e della Gallia c h e d ' a l l o r a in p o i c a m b i ò n o m e , e si c h i a m ò , grazie a loro, Francia. O g n i t a n t o si coalizzavano e m e t t e v a n o insieme le p r o p r i e risorse, c h ' e r a n o p o c h e , e la l o r o ferocia, c h ' e r a m o l t a , p e r s a c c h e g g i a r e e d e v a s t a r e le t e r r e d e i vicini. Più spesso si facevano g u e r r a t r a l o r o , p e r un ciuffo d ' e r b a o un g r e g g e di c a p r e . Finché i d u e g r u p p i p i ù p o t e n t i , quello dei Salii e quello dei Ripuarii, e m e r s e r o sugli altri e li ridussero sotto il loro d o m i n i o . Verso la m e t à d e l V secolo i Salii o c c u p a v a n o u n a vasta a r e a che c o m p r e n d e v a il Belgio, l'Artois e la Piccardia. I Rip u a r i i si e r a n o stabiliti n e l b a c i n o della Mosella. N e l 4 8 1 i Salii p r o c l a m a r o n o R e u n r a g a z z o d i n o m e C l o d o v e o (dal 208

quale s e m b r a derivi il francese Louis e il n o s t r o Luigi). Succ e d e v a costui a l p a d r e C h i l d e r i c o , f i g l i o d i u n c e r t o M e r o veo che aveva d a t o il n o m e alla dinastia: i Merovingi. Clodoveo fu un g u e r r i e r o a u d a c e e accorto. I Salii avevano bisogno di spazio. Per conquistarlo invasero il t e r r i t o r i o c o m p r e s o fra la M a r n a e la Senna. E n t r a r o n o vittoriosi a Parigi, di lì d i l a g a r o n o n e l l ' I l e de F r a n c e , e m o s s e r o g u e r r a agli A l e m a n n i , c h ' e r a n o stanziati nell'alta valle d e l R e n o . F u r o n o costoro p e r C l o d o v e o u n osso m o l t o d u r o . Per d o m a r l i , i m p i e g ò 5 a n n i . Gli Annali Ecclesiastici r a c c o n t a n o ch'egli vinse p e r c h é r i n n e g ò la fede p a g a n a nella quale e r a stato allevato p e r a b b r a c c i a r e quella cristiana. Il g i o r n o di Natale del 4 9 6 , Clodoveo indossò la veste bianca d e i catecum e n i e ricevette il b a t t e s i m o i n s i e m e col s u o p o p o l o nella basilica di Reims. T r a i G e r m a n i , i F r a n c h i f u r o n o i p r i m i a convertirsi al Cattolicesimo. D i v e n u t o i l c a m p i o n e b a r b a r o d e l l ' o r t o d o s sia, Clodoveo sottomise successivamente i B u r g u n d i , i Visigoti e i Ripuarii. Al p r i n c i p i o d e l VI secolo egli controllava u n t e r r i t o r i o c h e s i e s t e n d e v a dall'Atlantico a l R e n o . N e l 508, l ' i m p e r a t o r e Anastasio gli conferì la dignità di console. Nel 5 1 1 , a solo q u a r a n t a s e i a n n i , Clodoveo calò nella t o m b a a Parigi, c i r c o n d a t o dai suoi p r e t o r i a n i . La sua s c o m p a r s a fu un grave lutto p e r la Chiesa c h e lo c e l e b r ò c o m e «il p i ù cristiano dei Re di Francia». La storia fu m e n o i n d u l g e n t e . Alla m o r t e del suo f o n d a t o r e il r e g n o franco passò nelle m a n i dei f i g l i . Costoro n o n p o s s e d e v a n o i l genio del p a d r e dal quale avevano e r e d i t a t o solo la b a r b a r i e . Si t r u c i d a r o n o a v i c e n d a . Delitti, t r a d i m e n t i , g u e r r e civili d i l a n i a r o n o lo Stato. N e l 6 1 3 , il n i p o t e di Clodoveo, Clotario, lo riunificò e ne a l l a r g ò i confini. C o n lui n a c q u e la F r a n c i a . Essa c o m p r e n d e v a : l'Austrasia, tra la Mosa e il R e n o , la Neustria, corr i s p o n d e n t e alla Francia occidentale a n o r d della Loira, l'Aquitania, tra la L o i r a e la G a r o n n a , e la B o r g o g n a nella valle del R o d a n o . Quella del 539 fu la p r i m a ma n o n l'ultima delle invasio209

CAPITOLO VENTISETTESIMO

I FRANCHI

E r i p r e n d i a m o il filo d e l n o s t r o r a c c o n t o . Nella p r i m a v e r a d e l 5 3 9 , l a p i a n u r a p a d a n a e r a stata s o m m e r s a d a u n ' o r d a d i g u e r r i e r i b i o n d i ferocissimi. N u m e r o s i villaggi f u r o n o s p i a n a t i al s u o l o , le chiese b r u c i a t e , gli a b i t a n t i t r u c i d a t i . S e m b r a v a n o t o r n a t i i t e m p i di Attila e di Alarico. In Italia, da q u a t t r o a n n i , gli O s t r o g o t i e i Bizantini si s t a v a n o scann a n d o i n u n a g u e r r a che n e d u r ò t r e n t a e c h e trasformò l a Penisola in u n a necropoli. L'alluvione c h e d'oltralpe si rovesciò sulle verdi p i a n u r e del n o r d ingigantì il disastro, ma rifluì quasi subito in seguito ad u n ' e p i d e m i a di tifo c h e decimò gli invasori. C o s t o r o e r a n o o r i g i n a r i del basso R e n o d o v e n e l I V secolo avevano costituito u n a confederazione di tribù alle q u a l i a v e v a n o d a t o u n c a p o e u n a legge, c h ' e r a quella d e l p i ù forte. Si c h i a m a v a n o Franchi, nelle l o r o v e n e scorreva sang u e g e r m a n i c o , e si e r a n o a c q u a r t i e r a t i nella p a r t e settent r i o n a l e della Gallia c h e d ' a l l o r a in p o i c a m b i ò n o m e , e si c h i a m ò , grazie a loro, Francia. O g n i t a n t o si coalizzavano e m e t t e v a n o i n s i e m e le p r o p r i e risorse, c h ' e r a n o p o c h e , e la l o r o ferocia, c h ' e r a m o l t a , p e r s a c c h e g g i a r e e d e v a s t a r e le t e r r e dei vicini. Più spesso si facevano g u e r r a t r a l o r o , p e r un ciuffo d ' e r b a o un g r e g g e di c a p r e . Finché i d u e g r u p p i p i ù p o t e n t i , quello dei Salii e quello dei Ripuarii, e m e r s e r o sugli altri e li r i d u s s e r o sotto il loro d o m i n i o . Verso la m e t à d e l V secolo i Salii o c c u p a v a n o u n a vasta a r e a che c o m p r e n d e v a il Belgio, l'Artois e la Piccardia. I Rip u a r i i si e r a n o stabiliti nel b a c i n o della Mosella. N e l 4 8 1 i Salii p r o c l a m a r o n o R e u n r a g a z z o d i n o m e C l o d o v e o (dal 208

q u a l e s e m b r a derivi il francese Louis e il n o s t r o Luigi). Succ e d e v a costui a l p a d r e C h i l d e r i c o , f i g l i o d i u n c e r t o M e r o veo c h e aveva d a t o il n o m e alla dinastia: i Merovingi. Clodoveo fu un g u e r r i e r o a u d a c e e accorto. I Salii avevano bisogno di spazio. Per conquistarlo invasero il t e r r i t o r i o c o m p r e s o fra la M a r n a e la S e n n a . E n t r a r o n o vittoriosi a Parigi, di lì d i l a g a r o n o n e l l ' I l e de F r a n c e , e m o s s e r o g u e r r a agli A l e m a n n i , c h ' e r a n o stanziati n e l l ' a l t a valle d e l R e n o . F u r o n o c o s t o r o p e r C l o d o v e o u n osso m o l t o d u r o . Per d o m a r l i , i m p i e g ò 5 a n n i . Gli Annali Ecclesiastici r a c c o n t a n o ch'egli vinse p e r c h é r i n n e g ò la fede p a g a n a nella quale e r a stato allevato p e r a b b r a c c i a r e quella cristiana. Il g i o r n o di Natale del 4 9 6 , Clodoveo indossò la veste bianca dei catecum e n i e r i c e v e t t e il b a t t e s i m o i n s i e m e col s u o p o p o l o nella basilica di Reims. T r a i G e r m a n i , i F r a n c h i f u r o n o i p r i m i a c o n v e r t i r s i al Cattolicesimo. D i v e n u t o i l c a m p i o n e b a r b a r o d e l l ' o r t o d o s sia, C l o d o v e o sottomise successivamente i B u r g u n d i , i Visigoti e i R i p u a r i i . Al p r i n c i p i o d e l VI secolo egli controllava u n t e r r i t o r i o c h e s i e s t e n d e v a dall'Atlantico a l R e n o . N e l 508, l ' i m p e r a t o r e Anastasio gli conferì la dignità di console. Nel 5 1 1 , a solo q u a r a n t a s e i a n n i , Clodoveo calò nella t o m b a a Parigi, c i r c o n d a t o d a i suoi p r e t o r i a n i . La s u a s c o m p a r s a fu un g r a v e lutto p e r la C h i e s a c h e lo c e l e b r ò c o m e «il p i ù cristiano d e i Re di Francia». La storia fu m e n o i n d u l g e n t e . Alla m o r t e del suo f o n d a t o r e il r e g n o franco passò nelle m a n i dei f i g l i . C o s t o r o n o n p o s s e d e v a n o i l g e n i o d e l p a d r e dal quale a v e v a n o e r e d i t a t o solo la b a r b a r i e . Si t r u c i d a r o n o a v i c e n d a . Delitti, t r a d i m e n t i , g u e r r e civili d i l a n i a r o n o lo Stato. Nel 6 1 3 , il n i p o t e di Clodoveo, Clotario, lo riunificò e ne allargò i confini. C o n lui n a c q u e la F r a n c i a . Essa c o m p r e n d e v a : l'Austrasia, t r a la Mosa e il R e n o , la Neustria, corr i s p o n d e n t e alla Francia occidentale a n o r d della Loira, l'Aquitania, t r a la Loira e la G a r o n n a , e la B o r g o g n a nella valle del R o d a n o . Quella del 539 fu la p r i m a ma n o n l'ultima delle invasio209

ni franche n e l N o r d d'Italia. D u e a l t r e volte, nel 576 e nel 590, la p i a n u r a p a d a n a fu s o m m e r s a dagli eserciti merovingi. I L o n g o b a r d i , che della Penisola e r a n o diventati i n u o v i p a d r o n i , li ricacciarono con gravi p e r d i t e i n s e g u e n d o l i fin d e n t r o i loro confini. Sullo scorcio del VI secolo Agilulfo stip u l ò coi Franchi u n p a t t o d i n o n aggressione. L a t r e g u a d u rò c e n t o c i n q u a n t ' a n n i . Q u a n d o la P r o v e n z a fu minacciata dagli Arabi, i Merovingi invocarono l'aiuto dei L o n g o b a r d i : L i u t p r a n d o attraversò le Alpi Marittime, sconfisse i Musulm a n i e li volse in fuga. Il ricorso alle a r m i l o n g o b a r d e fu un s e g n o della crisi in cui si dibatteva la m o n a r c h i a franca dalla m o r t e di Clotario. I suoi successori, salvo p o c h e eccezioni, g o v e r n a r o n o male. Anzi, negli u l t i m i t e m p i , c o n s e r v a n d o l a c o r o n a m a a b d i c a n d o al p o t e r e , c h e passò nelle m a n i d e i p r i m i ministri, i cosiddetti «Maestri di Palazzo» o m a g g i o r d o m i , n o n govern a r o n o affatto, g u a d a g n a n d o s i il n o m i g n o l o di re fannulloni. P o c h e d i n a s t i e p r e c i p i t a r o n o p i ù i n basso d i quella m e r o vingia. Lo storico inglese H o d g k i n calcolò c h e i Re franchi da D a g o b e r t o I a Childerico I I I , vissero in m e d i a 27 a n n i . U n o c a m p ò fino a 50, ma r e g n ò a p p e n a un l u s t r o e p o i fu m a n d a t o in esilio. F u r o n o quasi tutti vittime dei piaceri della m e n s a e dell'alcova. N e s s u n o , a q u a n t o risulta, m o r ì in g u e r r a . Detronizzato di fatto se n o n di n o m e dal Maestro di Palazzo, il re fannullone viveva l o n t a n o dalla vita pubblica, in m o d e s t e t e n u t e , circondato da concubine, parassiti e schiavi. E r a n o questi gli unici sudditi ai quali egli impartiva o r d i ni e d a i quali e r a o b b e d i t o . A corte si recava di r a d o e solo nelle g r a n d i occasioni. Il mezzo di t r a s p o r t o di cui si serviva n e i suoi s p o s t a m e n t i e r a u n r o z z o c a r r o t r a i n a t o d a u n a coppia di buoi. Un famiglio lo issava a b o r d o . Un codazzo di servi e di cortigiane lo seguiva. Il M a e s t r o di Palazzo n o n fu u n a p r e r o g a t i v a della m o n a r c h i a merovingia. Esso allignava a n c h e nelle corti dei Re ostrogoti, b u r g u n d i e l o n g o b a r d i . Ma solo in quella franca riuscì a i m p a d r o n i r s i del p o t e r e e a rovesciare coloro che le210

gittimamente anche se indegnamente lo detenevano. Dapp r i n c i p i o le s u e c o m p e t e n z e si e r a n o limitate a l l ' a m m i n i strazione del d e m a n i o pubblico che si identificava con quello del Re. Il suo p o t e r e crebbe q u a n d o costui gli affidò l'incarico di p r o v v e d e r e alla distribuzione delle p r o p r i e t à . Nel V I I secolo n o n circolava d e n a r o . L'economia si basava sugli scambi in n a t u r a , e la «cinquina» dei soldati la si p a g a v a in t e r r a . I G e n e r a l i p i ù valorosi d i v e n t a r o n o i latifondisti p i ù cospicui. Il M a e s t r o di Palazzo p o t e v a tuttavia r e v o c a r e in q u a l u n q u e m o m e n t o la concessione, o beneficio. Ciò lo metteva in g r a d o di c o n t r o l l a r e e di m a n o v r a r e c o l o r o c h e di q u e s t o beneficio g o d e v a n o . N e l 6 2 2 i l r e D a g o b e r t o d e s i g n ò M a e s t r o d i Palazzo u n certo Pipino, che a p p a r t e n e v a ad u n a ricca famiglia austrasiana e d e r a u n u o m o a v v e d u t o e coraggioso. Q u a n d o m o rì, gli successe il figlio G r i m o a l d o . C o n lui la carica di m a g g i o r d o m o divenne ereditaria nella famiglia dei Pipinidi, come da allora si c h i a m a r o n o i successori del capostipite. N o n possiamo fare q u i la storia di tutti i Maestri di Palazzo franchi. Ma u n o va ricordato: Carlo, figlio di Pipino d'Heristal e di u n a concubina di n o m e Alpaida. Q u a n d o n a c q u e , la levatrice, m o s t r a n d o l o al p a d r e , esclamò: «È un maschio». Maschio nell'idioma franco d'allora, si diceva Karl. Pipino, raggiante, rispose: «Lo c h i a m e r ò maschio». Carlo, che i c o n t e m p o r a n e i battezzarono Martello p e r la sua forza erculea, legò il p r o p r i o n o m e e quello dei Pipinidi a u n o degli eventi decisivi della storia d ' E u r o p a : la sconfitta d e i M u s u l m a n i a Poitiers, un villaggio a s u d della L o i r a . C o r r e v a l ' a n n o 732. Il g o v e r n a t o r e della Spagna, A b d e r r a h m a n , d a t e m p o aveva incluso n e i suoi p i a n i l a c o n q u i s t a della Francia. C o n la penisola Iberica, essa doveva e n t r a r e a far p a r t e del Commonwealth a r a b o . L'ondata islamica, di cui d i r e m o più tardi, aveva s o m m e r s o il Medio O r i e n t e , la costa m e d i t e r r a n e a dell'Africa e la S p a g n a , si e r a t r a s f o r m a t a in m a r e a , e minacciava di travolgere l ' E u r o p a . Carlo Martello vide il pericolo e corse ai ripari. A r r u o l ò un grosso esercito 211

n e l q u a l e c o n f l u i r o n o a n c h e Frisii, Sassoni e A l e m a n n i . Att r a v e r s ò la L o i r a e a n d ò i n c o n t r o agli invasori. Fu un u r t o t r e m e n d o . I F r a n c h i s u b i r o n o g r a v i p e r d i t e , m a gli A r a b i f u r o n o a n n i e n t a t i . Un secolo e mezzo p i ù tardi Paolo Diacono scrisse c h e i Saraceni lasciarono sul t e r r e n o 375 mila cadaveri, m e n t r e Carlo p e r d e t t e i n tutto millecinquecento u o mini. Q u e s t e cifre, si capisce, s o n o false: Paolo Diacono e r a lo storico ufficiale dei Franchi. Ma la d a t a di Poitiers, 732, è i m p o r t a n t e p e r c h é s e g n ò la fine della g u e r r a s a n t a lanciata da Maometto p e r la conquista del m o n d o cristiano. Se i F r a n c h i fossero stati sconfitti, l ' E u r o p a p a r l e r e b b e a r a b o , l e g g e r e b b e il C o r a n o , e i suoi abitanti a v r e b b e r o a l m e n o un paio di mogli. Carlo Martello trascorse gli ultimi a n n i t o r m e n t a t o dagli acciacchi. Nel 741 il P a p a lo scongiurò di a c c o r r e r e in aiuto della Chiesa minacciata da L i u t p r a n d o . Il Pontefice accomp a g n ò l'appello c o n n u m e r o s i d o n i t r a cui l e c a t e n e d i San Pietro e le chiavi d e l s u o s e p o l c r o . Il Re accettò i d o n i , ma respinse l'appello, p e r c h é le relazioni franco-longobarde, in quel momento, erano ottime. Carlo f u u n g o v e r n a n t e religioso, m a n o n bigotto. Favorì l'evangelizzazione d e i G e r m a n i al di q u a e al di là del R e n o , fece a b b a t t e r e gli idoli p a g a n i , e p e r s e g u i t ò coloro che n o n volevano convertirsi. S e p a r ò l a C h i e s a dallo Stato. O r d i n ò che le d e c i m e fossero versate a q u e s t o e n o n a quella, c o m e s'era fatto fin allora, e fu s c o m u n i c a t o . L'Arcivescovo H i n c m a r r a c c o n t a c h e S . E u c h e r i o , d u r a n t e u n o d e i suoi n u m e rosi viaggi nell'aldilà, vide C a r l o s p r o f o n d a t o n e l l ' I n f e r n o a cui e r a stato c o n d a n n a t o p e r i s o p r u s i p e r p e t r a t i c o n t r o i suoi n e m i c i . E r a n o c o s t o r o i b e n e f a t t o r i d e l l a C h i e s a , alla quale avevano legato i cospicui p a t r i m o n i c h e il m a g g i o r d o mo franco aveva confiscato a favore dello Stato. Ma il biografo d e l S a n t o i g n o r a v a c h e E u c h e r i o e r a m o r t o t r e a n n i p r i m a d i Carlo. C a r l o M a r t e l l o lasciò d u e figli: C a r l o m a n n o e P i p i n o . Q u a n d o i l p a d r e m o r ì , C a r l o m a n n o aveva t r e n t ' a n n i . E r a 212

un u o m o ascetico e impulsivo. Pipino, d e t t o il B r e v e p e r la sua bassa statura, e r a p i ù giovane di t r e a n n i e aveva un car a t t e r e docile e b o n a r i o . T r a i d u e fratelli il R e g n o fu spartito così: C a r l o m a n n o e b b e l'Austrasia, P i p i n o la Neustria, la B o r g o g n a e la P r o v e n z a . E n t r a m b i g o v e r n a r o n o di fatto i l o r o rispettivi territori c o m e Maestri di Palazzo: i Re m e r o vingi e r a n o s e m p r e p i ù fannulloni, ma seguitavano a cingere la c o r o n a . Nel 746 C a r l o m a n n o decise di ritirarsi in conv e n t o . L'anno successivo, a c c o m p a g n a t o da un folto seguito di nobili, si mise in marcia p e r l'Italia, d i r e t t o a Montecassin o . P r i m a volle fermarsi a R o m a . Il P a p a gli a n d ò i n c o n t r o e lo benedisse. Poi lo g u i d ò alla t o m b a di San Pietro ai piedi della q u a l e C a r l o m a n n o d e p o s e u n a tazza d ' a r g e n t o d i 3 0 chili. Il Pontefice gli tagliò i capelli e gli mise a d d o s s o il saio b e n e d e t t i n o . A M o n t e Soratte il figlio di Carlo f o n d ò un m o n a s t e r o in o n o r e di P a p a Silvestro. Q u i n d i si trasferì a M o n tecassino. I n F r a n c i a P i p i n o e r a r i m a s t o l ' a r b i t r o della situazione. Tutti i p o t e r i dello Stato e r a n o o r a concentrati nelle sue m a n i , a n c h e se ufficialmente essi s p e t t a v a n o al f a n n u l l o n e di t u r n o , l ' i n e t t o e malaticcio C h i l d e r i c o I I I . I t e m p i e r a n o m a t u r i p e r rovesciare u n a dinastia r i d o t t a o r m a i a u n Cott o l e n g o . P i p i n o lo fece senza c o l p o ferire, e invocò il P a p a p e r c h é legittimasse il gesto. I r a p p o r t i t r a il m a g g i o r d o m o e il Pontefice e r a n o cordiali. P i p i n o sapeva c h e su R o m a p e n deva la s p a d a di Damocle dei L o n g o b a r d i . Il P a p a Zaccaria, dal c a n t o suo, n o n ignorava c h e solo il crisma ufficiale della Chiesa poteva consacrare u n ' u s u r p a z i o n e , gabellandola p e r un atto della Provvidenza. L'intesa fu r a g g i u n t a facilmente. Pipino inviò al Pontefice un messaggio c h e p o n e v a a Zaccaria il s e g u e n t e q u e s i t o : «È Re chi p o s s i e d e il titolo ma n o n d e t i e n e il p o t e r e , o chi esercita il p o t e r e ma n o n g o d e del titolo?» Il P a p a rispose: «Re è colui che c o m a n d a » . D o p o p o chi g i o r n i P i p i n o fu i n c o r o n a t o Re dei F r a n c h i dal Vescovo di Soissons, Bonifacio. C h i l d e r i c o fu r a p a t o e r i n c h i u s o in un monastero.

CAPITOLO VENTOTTESIMO

P I P I N O I N ITALIA

Q u a n d o nel 744 L i u t p r a n d o m o r ì , sul t r o n o di Pavia salì il nipote I l d e b r a n d o che fu spodestato d o p o sei mesi. Gli successe il Duca del Friuli, Rachis. A n c h e il suo r e g n o fu breve. Poco d o p o essere stato eletto, stipulò un trattato di p a c e col Papa, di cui i g n o r i a m o i termini. Nel 749 fu costretto ad abdicare, sotto l'accusa di aver sposato u n a d o n n a r o m a n a invece che l o n g o b a r d a . Ma il vero motivo della sua estromissione e r a c h e Rachis faceva u n a politica clericale, e ciò e r a bastato a r e n d e r l o i m p o p o l a r e . Finì i suoi giorni nel m o n a stero di Montecassino in c o m p a g n i a di C a r l o m a n n o c h e vi si e r a ritirato d u e a n n i p r i m a . La c o r o n a di ferro passò sul capo del fratello Astolfo, l'ult i m o g r a n d e R e l o n g o b a r d o . Astolfo s o g n ò l'unità d'Italia, ma n o n riuscì a realizzarla. Nel 751 s t r a p p ò R a v e n n a ai Bizantini. Fu questo un evento di incalcolabile p o r t a t a storica, n o n solo p e r l'Italia, m a p e r t u t t a l ' E u r o p a . C o n l a c a d u t a della città adriatica nelle m a n i di Pavia, crollò il p r i n c i p a l e avamposto greco nella Penisola. 1 Bizantini e v a c u a r o n o Rav e n n a , e R o m a fu p r i v a t a d e i suoi n a t u r a l i difensori. Sull'Urbe incombeva o r a la minaccia l o n g o b a r d a : la sfida t r a il n u o v o Pontefice Stefano I l e Astolfo e r a a p e r t a . D o p o Rav e n n a , capitolarono la Pentapoli e l'Esarcato. A chi a p p a r t e n e v a n o questi territori, o r a che il r a p p r e s e n t a n t e d e l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e , l'Esarca, ne e r a stato scacciato? A questa d o m a n d a rispose il Papa: «La Chiesa» proclamò «è l'erede n a t u r a l e d e l l ' I m p e r o R o m a n o . Se il Basileus è i m p o t e n t e a difendere l'Italia, U Pontefice deve p r e n d e r n e il posto. Coloro che vi si o p p o n g o n o s a r a n n o dannati». 214

Astolfo s'oppose, fu s c o m u n i c a t o , e b a n d ì la persecuzione dei cattolici. Essa infierì n o n solo nel r e g n o l o n g o b a r d o , ma colpì a n c h e il Ducato R o m a n o dove, negli ultimi t e m p i , s'era costituito un forte p a r t i t o a n t i p a p a l e sovvenzionato da Pavia. Stefano fu c o s t r e t t o a c h i e d e r e la p a c e . Fu firmata una tregua di quarant'anni. D o p o q u a t t r o mesi - scrive un cronista ecclesiastico dell'epoca - Astolfo, istigato d a l D e m o n i o , la violò. R i p r e s e r o le persecuzioni, e R o m a fu sottoposta a un o n e r o s o balzello. Il Pontefice o r d i n ò allora u n a processione alla quale intervenn e r o il clero e il p o p o l o . Un i m p o n e n t e c o r t e o di u o m i n i scalzi a t t r a v e r s ò le vie d e l l ' U r b e . Li g u i d a v a il P a p a c h e stringeva u n a p e s a n t e croce sulla quale aveva fatto affiggere il trattato di p a c e stipulato con Astolfo. Levava alti lamenti e invocava la maledizione divina sul nemico che lo aveva s p o gliato di un territorio c h e n o n gli a p p a r t e n e v a . L a p r o c e s s i o n e n o n o p e r ò l o s p e r a t o m i r a c o l o . Stefano allora scrisse a P i p i n o , s c o n g i u r a n d o l o di p r e n d e r e le a r m i e di marciare, in difesa di R o m a , c o n t r o Pavia. In cambio gli p r o m i s e , a n o m e di S. Pietro, il Paradiso. Il Re gli rispose a stretto giro di p o s t a i n v i t a n d o l o in Francia. N e l f r a t t e m p o Astolfo invase la Ciociaria, e conquistò Ceccano sul confine del Ducato R o m a n o , t a g l i a n d o le comunicazioni tra l ' U r b e e Napoli dove tuttavia stanziava u n a g u a r n i g i o n e bizantina. Il 13 o t t o b r e d e l 7 5 3 , il Pontefice p a r t ì . D o p o 14 miglia - racconta il Libro pontificale - n e i pressi di Vetralla sulla Via Cassia, vide u n a palla di fuoco c a d e r e dal cielo e precipitare a n o r d sul t e r r i t o r i o l o n g o b a r d o . I l p r o d i g i o s e m b r ò d i b u o n auspicio. Nella palla di fuoco, Stefano riconobbe Pipin o . Varcati i confini della L o m b a r d i a , il P a p a fece t a p p a a Pavia, p e r t e n t a r e a n c o r a u n a volta di i n d u r r e Astolfo a «restituire» alla Chiesa la Pentapoli e l'Esarcato. La richiesta fu a c c o m p a g n a t a da copiose lacrime e da cospicui d o n i . Il Re l o n g o b a r d o respinse la richiesta, ma accettò i d o n i , e in cambio autorizzò Stefano a passare in Francia. Sulla f i n e d i n o v e m b r e , a c c o m p a g n a t o d a d u e Vescovi, 215

q u a t t r o p r e s b i t e r i e d u e d i a c o n i , il Pontefice a t t r a v e r s ò le Alpi, al valico del G r a n S. B e r n a r d o . Le cime d e i m o n t i e r a no c o p e r t e di n e v e e le piste gelate. Ai p r i m i di d i c e m b r e il corteo e n t r ò nella valle del R o d a n o , e fece sosta al M o n a s t e ro di S. Maurizio, d o v e il P a p a trascorse a l c u n e s e t t i m a n e . P i p i n o gli v e n n e i n c o n t r o a p o c h i c h i l o m e t r i da P o n t h i o n , c h ' e r a u n a delle s u e residenze ufficiali. Il Re franco, accomp a g n a t o d a l figlio C a r l o , g i u n t o al cospetto d e l Papa, scese da cavallo e si p r o s t r ò ai suoi piedi. E r a il 6 g e n n a i o 754, festa dell'Epifania. Q u i n d i P i p i n o e Stefano fecero il l o r o ingresso n e l palazzo r e a l e , c h ' e r a p o c o p i ù d i u n a s p e l o n c a . Nella c a p p e l l a p r i v a t a d e l S o v r a n o , il P a p a i n d o s s ò il saio b e n e d e t t i n o e si sparse il c a p o di c e n e r e . Poi si c h i n ò ad a b bracciare le ginocchia di Pipino, e con la voce r o t t a d a i singhiozzi lo supplicò di i n d u r r e Astolfo a «rendergli» l'Esarcato e la Pentapoli. Pipino p r o m i s e , e Stefano lo i n c o r o n ò p e r la s e c o n d a volta «Re d e i Franchi». Alla c e r i m o n i a i n t e r v e n n e r o a n c h e l a m o g l i e d i P i p i n o , B e r t r a d a , n o t a alla storia p e r a v e r e a v u t o un p i e d e p i ù l u n g o dell'altro, e i d u e figli, C a r l o e C a r l o m a n n o , il p r i m o di q u a t t o r d i c i , il s e c o n d o di t r e a n n i . A n c h e loro f u r o n o incoronati. D o p o d i c h é il P o n t e fice scomunicò i nemici del Re franco, i n c l u d e n d o fra costoro Astolfo. Infine conferì a Pipino e ai figli il titolo di Patrizio, c h e significava «difensore di Roma». Lo scopo della missione di Stefano e r a quello di p r o m u o vere, attraverso u n a c a m p a g n a militare franca c o n t r o i L o n g o b a r d i , la «restaurazione» dei territori ex-bizantini a b e n e ficio d e l D u c a t o R o m a n o . Astolfo fiutò il c o m p l o t t o , e p e r suase il fratello di P i p i n o , C a r l o m a n n o , ad a b b a n d o n a r e il suo e r e m o e a recarsi in Francia a p e r o r a r e la sua causa. Ma a P o n t h i o n Pipino lo fece a r r e s t a r e . C a r l o m a n n o fu rinchiuso in un convento, d o v e m o r ì l ' a n n o successivo in circostanze misteriose. Il Re e r a favorevole all'impresa, ma alcuni suoi Generali e r a n o c o n t r a r i . I r a p p o r t i c o n Pavia e r a n o b u o n i e u n a g u e r r a c o m p o r t a v a grossi rischi. P r i m a d i t e n t a r e l a s o r t e 216

delle a r m i , Pipino volle s p e r i m e n t a r e i m e t o d i diplomatici. S p e d ì u n ' a m b a s c i a t a ad Astolfo e l ' a c c o m p a g n ò c o n ricchi d o n i , c h i e d e n d o in c a m b i o l'Esarcato e la P e n t a p o l i . Il Re l o n g o b a r d o , questa volta, respinse n o n solo la richiesta, ma a n c h e i d o n i . Pipino convocò allora il Placito, c h ' e r a l'assemblea g e n e r a l e dei Franchi. I n seno a d essa, d o p o l u n g h e discussioni, g l ' i n t e r v e n t i s t i f u r o n o messi i n m i n o r a n z a d a i neutralisti. Costoro n o n a m a v a n o il Re al quale r i m p r o v e r a v a n o , fra l'altro, la sua bassa statura: P i p i n o infatti e r a alto a p p e n a u n m e t r o e mezzo. I l dibattito d e g e n e r ò i n u n v e r o e p r o p r i o d i v e r b i o , e un G e n e r a l e lanciò al Re l'accusa di codardia. Il S o v r a n o o r d i n ò a un servo di t r a s c i n a r e in m e z z o all'assemblea, c h e s'era riunita in u n ' a r e n a , un t o r o e un leon e . Posti u n o di fronte all'altro, i d u e animali c o m i n c i a r o n o a dilaniarsi. Al c u l m i n e del c o m b a t t i m e n t o , P i p i n o c o m a n dò al G e n e r a l e che l'aveva insolentito di d o m a r l i . Poiché costui esitava, il Re sguainò la s p a d a e si p o r t ò p e r s o n a l m e n t e nell'arena. Si avvicinò p r i m a al leone, e p o i al t o r o , e li d e capitò. L a g u e r r a e r a dichiarata. I Franchi e i L o n g o b a r d i si s c o n t r a r o n o nei pressi di Susa, l'antica città r o m a n a situata nella valle o m o n i m a . L'esercito di Astolfo fu sconfitto e volto in fuga. P i p i n o l'inseguì fin sotto le m u r a di Pavia. La città fu cinta d ' a s s e d i o e c o stretta ad a r r e n d e r s i . Il P a p a d e t t ò le condizioni della pace. Astolfo s ' i m p e g n a v a s o l e n n e m e n t e a restituire la Pentapoli e l'Esarcato alla Chiesa, e il Re franco r i p a s s ò le Alpi. Ma d u r a n t e l a marcia d i r i t o r n o , f u r a g g i u n t o d a u n emissario di Stefano che gli c o n s e g n ò un messaggio del Papa: Astolfo aveva stracciato il trattato e s'accingeva a i n v a d e r e il D u c a t o R o m a n o . I L o n g o b a r d i - scriveva Stefano - b r u c i a n o le chiese, violentano le m o n a c h e , b a s t o n a n o i preti, p r o f a n a n o le t o m b e d e i Santi e ne s a c c h e g g i a n o le r e l i q u i e . A q u e s t o messaggio ne s e g u i r o n o altri con appelli s e m p r e p i ù d r a m matici, alcuni firmati p e r s o n a l m e n t e da San Pietro. Essi n o n e r a n o indirizzati solo a P i p i n o , ma a n c h e ai figli, alla m o 217

glie, ai Vescovi, agli abati e ai nobili franchi. «Accorrete in difesa di Roma» d i c e v a n o «e vi g u a d a g n e r e t e il Paradiso.» E r a n o u n m i s t o d i invocazioni, d i p r o m e s s e e d i m i n a c c e , c h e o t t e n n e r o l'effetto s p e r a t o . Per la s e c o n d a volta Pipino varcò le Alpi, e p e r la seconda volta Astolfo fu b a t t u t o e obbligato a c h i e d e r e la pace. Gli f u r o n o i m p o s t e le stesse condizioni di quella p r e c e d e n t e . Il Re l o n g o b a r d o le accettò. Stavolta n o n fece in t e m p o a tradirle p e r c h é nel dicembre del 756, d u r a n t e u n a partita di caccia, c a d d e da cavallo, picchiò la testa c o n t r o un albero, e d o p o p o c h i g i o r n i m o r ì . La ferale notizia fu c o m u n i c a t a a Pipino da Stefano, c h e nella s c o m p a r s a di Astolfo scorse n a t u r a l m e n t e l'intervento della Provvidenza. Sul t r o n o di Pavia fu innalzato il D u c a di Toscana, Desiderio. La scelta fu accolta con favore a n c h e dal Papa, al quale il n u o v o Re g i u r ò di restituire tutti i t e r r i t o r i ch'egli r i v e n d i cava. Desiderio e r a stato designato alla successione di Astolfo n o n o s t a n t e le o p p o s i z i o n i dei p a r t i g i a n i di Rachis, c h ' e r a n o a C o r t e a n c o r a m o l t o p o t e n t i . Per r i d u r r e alla r a g i o n e i n e m i c i i n t e r n i , b i s o g n a v a p r o p i z i a r s i quelli e s t e r n i ; e fra c o s t o r o c ' e r a n o Stefano e P i p i n o . U n a volta p e r ò d o m a t i i ribelli, Desiderio rifiutò in p a r t e di eseguire gli accordi sottoscritti dal suo p r e d e c e s s o r e . L ' a n n u n c i o di q u e s t o e n n e s i m o voltafaccia r a g g i u n s e il Pontefice nei suoi a p p a r t a m e n t i laterani d o v e da a l c u n e sett i m a n e giaceva g r a v e m e n t e m a l a t o . R i d o t t o allo s t r e m o , n o n e b b e la forza d'invocare u n ' a l t r a volta Pipino. La m o r t e lo colse il 26 aprile del 757. E r a stato un b r e v e pontificato, il suo. E r a d u r a t o solo c i n q u e a n n i . Ma e r a n o bastati a fare di Stefano u n p u g n a c e assertore del p o t e r e t e m p o r a l e d e i Papi. Sotto di lui fu confezionata l ' i m p o s t u r a storica c h e fu p e r secoli la Magna Charta della Chiesa: la cosiddetta «Donazion e d i Costantino». E t e m p o di rifarne la storia, a n c h e se ci obbliga a un altro salto i n d i e t r o , p e r c h é su questa contraffazione si è basata la politica t e m p o r a l e del P a p a t o , fino al 1870.

CAPITOLO VENTINOVESIMO

L'IMBROGLIO DELLE «DONAZIONI»

C o n l'editto di Milano d e l 313 l ' i m p e r a t o r e Costantino aveva r i c o n o s c i u t o ai cristiani la l i b e r t à di c u l t o . Q u e s t o a t t o n o n e r a stato d e t t a t o dalla F e d e , m a dalla r a g i o n d i Stato. Esso e r a stato il p r i m o passo verso il C e s a r o p a p i s m o , cioè lo sposalizio, nella p e r s o n a d e l l ' I m p e r a t o r e , del p o t e r e t e m p o rale con quello spirituale. In p u n t o di morte, Costantino aveva r i n n e g a t o l a r e l i g i o n e p a g a n a i n cui e r a vissuto, m a n o n le idee c h e avevano g u i d a t o la sua azione politica e c h e i suoi successori, i Basilei bizantini, a d o t t a r o n o e r i b a d i r o n o . E r a stato il p r i m o I m p e r a t o r e - P a p a . La sola autorità che riconosceva s u p e r i o r e alla s u a e r a quella di Dio: e solo p e r ché, n o n c r e d e n d o in Lui, n o n ne temeva la concorrenza. Aveva p e r s o n a l m e n t e d e s i g n a t o i Vescovi, c h e l i b e r a m e n t e aveva d e p o s t o e scomunicato. Aveva fissato il d o g m a e la lit u r g i a . Aveva c o n v o c a t o il g r a n d e Concilio di Nicea, e lo aveva p r e s i e d u t o . La Chiesa, finché egli visse, e r a stata u n o s t r u m e n t o della sua volontà. A questa, c h ' è la Storia, si s o v r a p p o s e la L e g g e n d a , tram a n d a t a s o t t o i l titolo d i « D o n a z i o n e d i C o s t a n t i n o » : u n a p a p p a r d e l l a d i cinquemila p a r o l e , compilata, s e n o n p e r s o n a l m e n t e dal Papa Stefano, certo su suo s u g g e r i m e n t o , e condita di miracoli, a n a c r o n i s m i e m e n z o g n e . N e l 3 1 4 - r a c c o n t a il s u o a n o n i m o e s t e n s o r e - un p r e t e di n o m e Silvestro v e n n e consacrato P a p a (che allora significava solo «Vescovo di Roma» senza n e s s u n p r i m a t o su tutti gli altri Vescovi). L'Urbe e r a in q u e i g i o r n i t e r r o r i z z a t a da un d r a g o p u z z o l e n t e che col fetore del suo alito sterminava gli abitanti. Il m o s t r o abitava u n a c a v e r n a ai piedi della Ru219

pe T a r p e a , alla quale si accedeva attraverso u n a scala di trecentosessantacinque g r a d i n i . La città e r a in p r e d a allo sgom e n t o . N e s s u n o osava affrontare il d r a g o , finché un g i o r n o il P a p a si calò d i s a r m a t o nella t a n a del m o s t r o e lo catturò. D o p o alcuni g i o r n i , c o n t i n u a la l e g g e n d a , l ' U r b e fu colpita d a u n a calamità b e n p i ù grave: l ' i m p e r a t o r e Costantino aveva b a n d i t o la p e r s e c u z i o n e c o n t r o i cristiani. Lo stesso Silvestro fu costretto a fuggire e a r i p a r a r e in u n a grotta nei p r e s s i d e l m o n t e S o r a t t e . Q u i l o r a g g i u n s e l a notizia c h e l ' I m p e r a t o r e e r a stato colpito dalla lebbra. I medici di C o r t e e r a n o disperati. O g n i c u r a sembrava vana. N i e n t e riusciva a l e n i r e le sofferenze di C o s t a n t i n o , al cui capezzale f u r o n o convocati i p i ù g r a n d i m a g h i d e l l ' I m p e r o , che gli o r d i n a r o n o d i i m m e r g e r s i i n u n a vasca p i e n a d i s a n g u e s p r e m u t o dal v e n t r e di bimbi a p p e n a nati. La ricetta e r a atroce, e Costantino la rifiutò. La n o t t e stessa gli a p p a r v e r o in s o g n o i Santi P i e t r o e Paolo che gli d i e d e r o l'indirizzo di Silvestro. L ' I m p e r a t o r e , c r e d e n d o che si trattasse di un medico, lo m a n d ò a cercare. Il Pontefice accorse al suo capezzale, e gli somministrò i prim i r u d i m e n t i della F e d e . C o s t a n t i n o , s e n t e n d o s i m e g l i o , chiese gli altri. D o p o u n a b r e v e p e n i t e n z a in cilicio, fu battezzato. La c e r i m o n i a si svolse nel palazzo L a t e r a n o . L'Imp e r a t o r e indossò la veste bianca dei catecumeni, e q u i n d i fu calato i n u n a vasca dalla q u a l e r i e m e r s e c o m p l e t a m e n t e guarito. Le p i a g h e che gli dilaniavano il c o r p o e r a n o scomp a r s e , le ulcere si e r a n o cicatrizzate. La persecuzione fu imm e d i a t a m e n t e revocata, e il C r i s t i a n e s i m o d i v e n t ò la relig i o n e ufficiale d e l l ' I m p e r o . N u o v e chiese c o m i n c i a r o n o ad essere costruite a spese dello Stato, e di alcune l ' I m p e r a t o r e gettò p e r s o n a l m e n t e le f o n d a m e n t a . U n g i o r n o C o s t a n t i n o , s e m p r e s e c o n d o l a l e g g e n d a , ricevette dalla Bitinia u n a lettera della moglie Elena. In essa l ' I m p e r a t r i c e scriveva c h e l a v e r a religione n o n e r a quella cristiana, ma quella giudaica, e lo invitava ad adottarla. Costantino convocò il Papa e il Rabbino. I tre confabularono a 220

l u n g o , m a n o n r i u s c e n d o a m e t t e r s i d ' a c c o r d o , decisero d i r i c o r r e r e al giudizio di Dio. L ' I m p e r a t o r e o r d i n ò allora che fosse c o n d o t t o al loro cospetto un t o r o . Si avvicinò p e r p r i mo all'animale il R a b b i n o e gli s u s s u r r ò all'orecchio un versetto della Bibbia. Il t o r o , c o m e fulminato, p i o m b ò a t e r r a , e tutti g r i d a r o n o al miracolo. Q u a n d o fu il suo t u r n o , Silvestro si accostò alla vittima e p r o n u n c i ò il n o m e di Cristo. I m m e d i a t a m e n t e il t o r o m o r t o rizzò la coda e fuggì. L'imperat o r e , sconvolto d a l p r o d i g i o a b b a n d o n ò l ' U r b e e p a r t ì p e r l'Oriente, dove f o n d ò la città che da lui p r e s e n o m e . Elena, q u a n d o lo s e p p e , si rifugiò a G e r u s a l e m m e . Prima d'imbarcarsi, in segno di gratitudine, Costantino donò l'Italia e l'Occidente a Silvestro. Fu la p r i m a rata della più cospicua parcella che sia mai stata pagata da un malato al p r o p r i o medico. Il conto fu successivamente saldato con il riconoscimento imperiale della supremazia del Vescovo di R o m a sui Patriarchi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Il Pontefice o t t e n n e a n c h e le i n s e g n e del Basileus: il m a n t o p u r p u r e o , lo scettro e la scorta a cavallo. Ciò gli conferiva automaticamente la potestà temporale sull'Impero d'Occidente e lo rendeva i n d i p e n d e n t e da quello di Oriente. Il Clero fu equiparato al Senato e autorizzato a b a r d a r e le cavalcat u r e c o n g u a l d r a p p e bianche; e l ' I m p e r a t o r e d e p o s e p e r s o nalmente l'atto di donazione sulla tomba di San Pietro. Q u e s t a colossale mistificazione dei r a p p o r t i intercorsi tra Silvestro e C o s t a n t i n o , ribadita p e r secoli dagli storici della Chiesa, dovette aspettare il Rinascimento, cioè un m i n i m o di libertà di p e n s i e r o e di s t a m p a , p e r essere smascherata. I n fatti solo nel 1440 l'umanista L o r e n z o Valla dimostrò in m o do c l a m o r o s o la falsità del d o c u m e n t o c h e Stefano nel 757 aveva divulgato p e r sottrarre la Chiesa al Cesaropapismo bizantino, p e r salvaguardarla da quello carolingio, e p e r legalizzare u n p o t e r e t e m p o r a l e u s u r p a t o i n n o m e d i Cristo. Ma n e l l ' E u r o p a d e i secoli b u i la favola g o d e v a di l a r g o c r e d i t o , n e s s u n o osava r e v o c a r l a in d u b b i o , e forse a n c h e Pipino ci credeva.

CAPITOLO TRENTESIMO

L A F I N E DEI L O N G O B A R D I

A Stefano e r a succeduto il fratello Paolo c h e ne e r a stato l'em i n e n z a grigia. La sua elezione i n c o n t r ò vivaci opposizioni specie nel p a r t i t o filo-longobardo che a R o m a e r a m o l t o p o t e n t e , lllconoclasmo c o n t i n u a v a ad a p p r o f o n d i r e il contrasto fra R o m a e Costantinopoli. Il Papa, p e r p a u r a di r e s t a r e isolato, alla m e r c é dei Re di Pavia, intensificò i r a p p o r t i con Pip i n o che colmò di benedizioni e di d o n i tra i quali u n a g r a m m a t i c a g r e c a , u n m a n u a l e d i o r t o g r a f i a e u n a clessidra. Paolo r e g n ò dieci a n n i , ma li r i e m p ì di tali malestri c h e q u a n d o morì n o n fu r i m p i a n t o da nessuno. La sua scomp a r s a p i o m b ò l ' U r b e nel caos. Le fazioni rivali, smaniose di raccogliere l'eredità, si s b r a n a r o n o a vicenda. Il t r a d i m e n t o e il delitto i n s a n g u i n a r o n o la Chiesa, e R o m a si trasformò in un v e r o e p r o p r i o c a m p o di battaglia. Nel 768, d o p o u n a n n o d i torbidi, f u eletto P a p a u n p r e te siciliano c h e p r e s e il n o m e di Stefano I I I . Nello stesso a n no m o r i v a - p a r e di febbri m a l a r i c h e - P i p i n o , lasciando il t r o n o ai d u e figli C a r l o m a g n o e C a r l o m a n n o . C a r l o m a n n o e r a n a t o nel 751 e alla m o r t e d e l p a d r e aveva 17 a n n i . C o n t r o v e r s a è invece la d a t a di nascita di Carlom a g n o . E g i n a r d o n e p r o p o n e tre: 742, 743 e 744. L a p r i m a è la p i ù probabile. La spiegazione di q u e s t o piccolo m i s t e r o anagrafico va ricercata in u n ' a l t r a data: quella d e l m a t r i m o nio di Pipino con B e r t r a d a . Q u a n d o C a r l o m a g n o n a c q u e , il Re e la R e g i n a n o n e r a n o a n c o r a sposati. Presso i G e r m a n i primitivi il c o n c u b i n a t o e r a tollerato: n i e n t e di m a l e q u i n d i che u n a coppia avesse dei f i g l i u n p o ' p r e m a t u r i . M a i F r a n 222

chi si e r a n o convertiti al Cattolicesimo che considerava pecc a m i n o s e l e u n i o n i n o n s a n z i o n a t e c o n l'acqua santa. Egin a r d o e r a lo storico ufficiale della dinastia carolingia, c o m e tutti gli storici ufficiali e r a un cortigiano cauto e ossequioso, e q u i n d i gli seccava d i r e c h e il s u o Re e r a n a t o in a n t i c i p o sul m a t r i m o n i o dei genitori. La sua Vita Karoli passa infatti c o m p l e t a m e n t e sotto silenzio l'infanzia e la giovinezza di C a r l o m a g n o . Solo alla m o r t e del p a d r e , E g i n a r d o a p r ì su di lui u n o spiraglio di luce. Q u a n d o m o r ì , P i p i n o aveva già diviso i l R e g n o i n d u e p a r t i : l'Austrasia, la N e u s t r i a e l'Aquitania e r a n o assegnate a C a r l o m a g n o ; la B o r g o g n a , la Provenza, l'Alsazia e la Svevia a C a r l o m a n n o . Il p r i m o fissò la sua r e s i d e n z a ad Aquisgrana, il s e c o n d o a Sampussy. I r a p p o r t i fra i d u e fratelli n o n e r a n o m a i stati b u o n i , e sul R e g n o franco incombeva la minaccia di u n a g u e r r a civile c h e a v r e b b e i r r i m e d i a b i l m e n t e c o m p r o m e s s o la faticosa o p e r a d i unificazione c o n d o t t a d a P i p i n o . I l p e r i c o l o f u scongiurato dalle m a n o v r e c o m b i n a t e del P a p a e di B e r t r a da, c h e r i u s c i r o n o a riappacificare i d u e fratelli. La R e g i n a m a d r e era u n a d o n n a autoritaria ed intraprendente, che esercitava su e n t r a m b i i figli un forte a s c e n d e n t e . D o p o la m o r t e d e l m a r i t o la s u a i n f l u e n z a a C o r t e si e r a n o t e v o l m e n t e accresciuta. Partecipava ai consigli dei Ministri, controllava le spese dello Stato, e i n t e r v e n i v a p e r s o n a l m e n t e nelle decisioni militari. In politica estera s ' a d o p e r ò p e r p r o m u o v e r e la riconciliazione coi L o n g o b a r d i , e a questo scopo attraversò le Alpi e si recò a Pavia. Desiderio l'accolse c o n tutti gli o n o r i . Il s o g g i o r n o della Regina in Italia d u r ò p o c h i giorni, ma le b a s t a r o n o a combinare d u e importanti matrimoni: il primo tra Ermengarda, figlia di Desiderio, e C a r l o m a g n o ; il s e c o n d o tra la figlia Gisila che aveva allora 12 a n n i e il p r i m o g e n i t o del Re l o n g o b a r d o Adelchi. C a r l o m a g n o e r a già sposato c o n I m i l t r u d e , c h ' e r a stata a l u n g o la sua concubina. Q u a n d o E r m e n g a r d a , accompagnata dalla suocera, giunse ad Aquisgrana, Imil223

t r u d e fu r i p u d i a t a . Il P a p a scrisse u n a l e t t e r a i n d i g n a t a a C a r l o m a g n o , ma q u a n d o Desiderio e B e r t r a d a gli d o n a r o no a l c u n e città dell'Italia C e n t r a l e egli benedisse l'unione. A d Aquisgrana p e r ò , d o p o u n a burrascosa l u n a d i miele, il m a t r i m o n i o tra C a r l o m a g n o ed E r m e n g a r d a fu presto sull'orlo del fallimento. L a f i g l i a d i Desiderio e r a u n a ragazza gracile e malaticcia, c h e n o n s o p p o r t a v a l ' u m i d o clima a u strasiano. N o n riuscì a d a r e un e r e d e al m a r i t o , e a C o r t e si diceva che fosse sterile. Nell'estate del 7 7 1 , n o n o s t a n t e l'opposizione di B e r t r a d a , C a r l o m a g n o la r i p u d i ò , rispedendola a Pavia. Quello fu un a n n o i m p o r t a n t e . Il 4 dicembre, in circostanze misteriose, all'età di v e n t ' a n n i , m o r ì C a r l o m a n n o . D o p o d u e mesi, il 3 febbraio del 772, calò nella t o m b a P a p a Stefano. E la scomparsa di questi protagonisti s e g n ò o coincise con la fine della g r a n d e t r e g u a franco-longobarda. A P a p a Stefano I I I successe A d r i a n o I, un diacono r o m a n o di nobile origine, s a n g u i g n o , g e n e r o s o e i g n o r a n t e . Le s u e l e t t e r e , raccolte n e l Codice C a r o l i n o , s o n o u n florilegio d i spropositi, miracoli e bugie. L'elezione fu accolta c o n sfavore a Pavia d o v e il n u o v o Pontefice e r a giudicato un «duro», a l i e n o d a i c o m p r o m e s s i e f a u t o r e di u n a politica di forza. N e l l ' U r b e il p a r t i t o l o n g o b a r d o aveva c o n tutti i mezzi cercato d ' i m p e d i r e la sua elezione, ma o g n i m a n o v r a e r a stata vana. Desiderio allora spedì a R o m a tre ambasciatori, c o n la missione di s t r i n g e r e relazioni amichevoli col Papa. A d r i a n o a c c o r d ò loro u d i e n z a in L a t e r a n o . Poi, di fronte alla Curia, accusò D e s i d e r i o di t r a d i r e i patti. Per t u t t a risposta, il Re l o n g o b a r d o o c c u p ò Faenza, F e r r a r a e Comacchio, che Astolfo nel 756 aveva c e d u t o al Papa. A l l ' a g g r a v a m e n t o d e i r a p p o r t i t r a R o m a e Pavia, si a g g i u n s e quello delle relazioni fra Pavia e Aquisgrana. Il r i p u d i o d i E r m e n g a r d a e r a stato u n grave affronto p e r Desider i o , c h e in esso aveva scorto il p r i m o passo verso un r o v e sciamento delle alleanze. Nella p r i m a v e r a d e l 7 7 2 , la vedov a d i C a r l o m a n n o , G e r b e r g a , a c c o m p a g n a t a dai d u e f i g l i o 224

letti, attraversò le Alpi e chiese asilo a Pavia. Alla m o r t e d e l fratello, C a r l o m a g n o si e r a annesso la Borgogna, la Provenza, l'Alsazia e la Svevia, e si e r a fatto p r o c l a m a r e u n i c o Re dei Franchi, c a l p e s t a n d o molti privilegi e q u i n d i p r o v o c a n do altrettanti m a l u m o r i . Q u e s t o concorso di circostanze fece c r e d e r e a Desiderio che i t e m p i fossero m a t u r i p e r vendicare l'onta subita dalla figlia. N e l l ' a u t u n n o dello stesso a n n o i L o n g o b a r d i invasero la Pentapoli, s ' i m p a d r o n i r o n o di Senigallia, Iesi, U r b i n o e Gubbio. A d r i a n o chiese aiuto all'unico alleato che in quel m o m e n t o e r a in g r a d o di fornirglielo. Scrisse u n a l u n g a lettera a C a r l o m a g n o i n v o c a n d o c o n accenti accorati il s u o i n t e r v e n t o . Poi a p p a r e c c h i ò la difesa d e l l ' U r b e , fece i n n a l z a r e b a r r i c a t e , e o r d i n ò di trasferire il tesoro di S. Pietro nelle sue stanze. A Pavia, i Duchi l o n g o b a r d i seguitavano a lagnarsi di Desiderio. C a r l o m a g n o , c h e aveva a p p e n a r i c e v u t o l'appello del Papa, ne colse l'eco e tentò un a c c o r d o col rivale. Chiese a Desiderio di restituire al Pontefice quelle città che d u r a n t e l'ultima c a m p a g n a militare gli aveva tolto, e gli offrì in cambio 14 mila soldi d ' o r o e un n u m e r o i m p r e c i s a t o di vasi d ' a r g e n t o . Il Re l o n g o b a r d o rifiutò. C a r l o m a g n o allora ord i n ò la m o b i l i t a z i o n e d e i F r a n c h i , e costituì d u e eserciti: u n o l'affidò allo zio B e r n a r d o , l'altro lo condusse con sé. Il p r i m o varcò le Alpi al G r a n S. B e r n a r d o , il secondo al Moncenisio. Desiderio mosse i n c o n t r o a C a r l o m a g n o da Susa, m e n t r e il figlio Adelchi p u n t ò in d i r e z i o n e d e l G r a n S. B e r n a r d o . Il Re franco traversò le Alpi senza i n c o n t r a r e r e sistenza. I guai c o m i n c i a r o n o a p p e n a calò a valle. I L o n g o b a r d i avevano costruito u n a massiccia catena di s b a r r a m e n ti. C a r l o m a g n o , t e m e n d o u n a g u e r r a d i p o s i z i o n e c h e avrebbe logorato le sue t r u p p e l o n t a n e dalle basi di rifornim e n t o , chiese, m a inutilmente, u n a t r e g u a . Desiderio aveva vinto il p r i m o round. I Franchi, concentrati sulle rive del fiume Dora, e r a n o letteralmente paralizzati dalle fortificazioni nemiche. Ma il fronte si capovolse q u a n d o a Susa giunse la notizia 225

c h e A d e l c h i e r a stato s b a r a g l i a t o d a B e r n a r d o i l q u a l e , a m a r c e forzate, si stava o r a d i r i g e n d o su Pavia. I L o n g o b a r d i , i n p r e d a a l t e r r o r e , s i r i t i r a r o n o , tallonati d a i F r a n c h i c h ' e r a n o riusciti finalmente a r o m p e r e gli argini. Le t r u p p e di D e s i d e r i o g i u n s e r o a Pavia s t r e m a t e d a l l ' i n s e g u i m e n t o . Si chiusero nella città e si p r e p a r a r o n o a sostenere l'assedio. Esso d u r ò otto mesi, dall'ottobre del 773 al g i u g n o dell'anno successivo. Nell'intervallo C a r l o m a g n o si recò in Austrasia, d o v e aveva lasciato la terza moglie I l d e g a r d a , u n a p r i n cipessa a l e m a n n a di 13 a n n i ch'egli aveva sposato d o p o aver r i p u d i a t o E r m e n g a r d a , e il figlio Pipino, un b a m b i n o di ott o a n n i g o b b o e malaticcio. D o p o a l c u n e s e t t i m a n e t o r n ò c o n l o r o al suo q u a r t i e r g e n e r a l e d a v a n t i a Pavia. N e l fratt e m p o Adelchi in c o m p a g n i a di G e r b e r g a e d e i suoi d u e figli si e r a rifugiato a Verona, d o v e si trovava u n a g u a r n i g i o n e l o n g o b a r d a . C a r l o m a g n o p o s e l'assedio a n c h e alla città v e n e t a c h e i m m e d i a t a m e n t e si a r r e s e . Adelchi riuscì a fuggire. G e r b e r g a e i figli f u r o n o fatti prigionieri e rinchiusi in un monastero. Il Re franco r i t o r n ò sotto le m u r a di Pavia, d o v e si tratt e n n e sino alla vigilia d i Pasqua. Q u i n d i , a c c o m p a g n a t o d a un folto seguito di Conti, Vescovi e abati p a r t ì p e r R o m a . Il P a p a gli m a n d ò i n c o n t r o u n a d e l e g a z i o n e di cardinali e di notabili c h e l ' a c c o m p a g n ò f i n d e n t r o l e m u r a d e l l ' U r b e . C a r l o m a g n o c o m p a r v e a cavallo alla testa d e l corteo. I R o m a n i , q u a n d o lo v i d e r o , i n t o n a r o n o un Te Deum di r i n g r a z i a m e n t o , e a n o m e d e l Pontefice gli offrirono u n a croce e u n o s t e n d a r d o coi colori della Chiesa. Poi tutti m o s s e r o verso la basilica di S. Pietro. Q u a n d o g i u n s e ai piedi della scala il Re f r a n c o s ' i n g i n o c c h i ò , c h i n ò la f r o n t e , baciò il p r i m o g r a d i n o , e r i p e t è il gesto su quelli successivi. In cima al temp i o l ' a t t e n d e v a A d r i a n o . C a r l o m a g n o e il P a p a , c h e n o n si conoscevano, si a b b r a c c i a r o n o . E n t r a r o n o nella basilica e si d i r e s s e r o verso l'altare m a g g i o r e d o v e si raccolsero in p r e g h i e r a . Il Pontefice celebrò u n a Messa cantata, p o i c o n d u s s e il s u o ospite a r e n d e r e o m a g g i o alla t o m b a di S. P i e t r o . Il 226

"W g i o r n o d o p o il P a p a battezzò a l c u n e centinaia di R o m a n i e di Franchi. Alla c e r i m o n i a seguì u n a Messa solenne. Il 16 aprile - racconta il biografo di A d r i a n o - nella basilica di S. Pietro a v v e n n e un fatto storico m o l t o i m p o r t a n t e . C a r l o m a g n o r i c o n f e r m ò a l Pontefice l a D o n a z i o n e d e l p a d r e Pipino, e a titolo p e r s o n a l e l'integrò con n u o v i territori, a l c u n i d e i quali a p p a r t e n e v a n o a n c o r a ai L o n g o b a r d i e ai Bizantini, c o m e i Ducati di Spoleto e di B e n e v e n t o , Venezia e l'Istria. Il P a p a diventava il p a d r o n e assoluto di d u e terzi dell'Italia con la sola eccezione d e l P i e m o n t e , della L o m b a r dia, di p a r t e del N a p o l e t a n o e della Calabria. Gli storici h a n n o n e g a t o l'autenticità d i q u e s t o r a c c o n t o c h e fa il p a i o c o n la «patacca» della «Donazione di Costantino». In realtà C a r l o m a g n o si limitò a g a r a n t i r e l'incolumità del Pontefice e a d i f e n d e r e i confini del Ducato R o m a n o . I l R e franco lasciò R o m a d o p o u n a d e c i n a d i g i o r n i p e r t o r n a r e a Pavia, o r m a i s t r e m a t a dal l u n g o assedio e da u n ' e p i d e m i a di dissenteria. Ai p r i m i di g i u g n o la città capitolò. Desiderio c o n la moglie Ansa e u n a delle figlie fu fatto p r i g i o n i e r o e r i n c h i u s o n e l m o n a s t e r o di C o r b i e in Piccardia. Q u i passò il resto d e i suoi giorni in d i g i u n i e p r e g h i e r e . A n sa condivise la sorte del m a r i t o , e fu relegata in un c o n v e n t o franco. Così finì l'Italia l o n g o b a r d a , e n e s s u n o p u ò d i r e se fu, p e r il n o s t r o Paese, u n a f o r t u n a o u n a disgrazia. Alboino e i suoi successori e r a n o stati degli s c o m o d i p a d r o n i , p i ù scom o d i d i Teodorico, f i n c h é e r a n o rimasti dei b a r b a r i accampati su un t e r r i t o r i o di conquista. Ma o r a m a i si stavano assim i l a n d o all'Italia e a v r e b b e r o p o t u t o t r a s f o r m a r l a i n u n a Nazione, c o m e i Franchi stavano facendo in Francia. Ma in Francia n o n c'era il Papa. In Italia, sì.

Il

CAPITOLO TRENTUNESIMO

CARLOMAGNO

Un affresco r i n v e n u t o a Tivoli e conservato al M u s e o Vaticano raffigura C a r l o m a g n o in età avanzata. Il volto, cui sovrasta u n a p e s a n t e corona, è scarno e affilato. I capelli bianchi e l u n g h i c o p r o n o le orecchie e s c e n d o n o a frangia sulla fronte alta e solcata di r u g h e . Gli occhi sono piccoli e scuri, il n a s o diritto e sottile, le narici l e g g e r m e n t e dilatate. L u n ghi baffi s g r o n d a n o agli angoli della bocca. Folti basettoni e u n a b a r b a c a p r i n a e biforcuta incorniciano il viso. U n a s t a t u e t t a d i b r o n z o a l M u s e o d i C l u n y d i Parigi rit r a e C a r l o m a g n o a cavallo. Nelle m a n i r e c a le i n s e g n e d e l p o t e r e : in quella sinistra il globo, in quella d e s t r a la s p a d a . Porta sul capo u n a c o r o n a intarsiata. N o n ha barba, ma solo mustacchi spioventi. Indossa il costume tradizionale franco: u n a tunica d r a p p e g g i a t a , u n p a n c i o t t o d i lontra, e u n paio di b r a c h e di lino. Calza gambali di cuoio, stretti ai p i e d i da robuste stringhe. A m b e d u e queste immagini sono quelle di un Carlomag n o vecchio, p a t r i a r c a a u r e o l a t o di prestigio imperiale. Ma da giovane - racconta E g i n a r d o , suo biografo ufficiale - era un bel r a g a z z o , b r u n o , r o b u s t o , e di s t a t u r a s u p e r i o r e alla m e d i a . I suoi unici difetti e r a n o la voce un p o ' s t r i d u l a , il collo t a u r i n o e u n a certa t e n d e n z a alla p i n g u e d i n e , che p r o piziava a n c h e u n a p p e t i t o g a g l i a r d o , m a scevro d i ghiottoneria. Carlo m a n g i a v a sodo, m a semplice. C o m e c a r n e , p r e feriva quella di p o r c o ; ma i suoi gusti e r a n o piuttosto vegetariani. I suoi pasti consistevano s o p r a t t u t t o di aglio, cipolla, cavoli e fave. Questi piatti contadini p e r ò se li faceva servire, al tocco e al vespro, da Duchi e Conti in funzione di ca228

m e r i e r i , e su piatti d ' a r g e n t o . N o n p e r a m o r e di etichetta, di cui anzi e r a impaziente; ma p e r ribadire, a n c h e a tavola, c h e il p a d r o n e e r a lui. E g i n a r d o racconta che u n o dei giorni p i ù felici di Carlo fu quello in cui scoprì il formaggio. Fu un Vescovo suo amico che, invitandolo a colazione un v e n e r d ì , gli offrì u n a forma di pecorino. Carlo, che n o n lo aveva mai visto, ne staccò u n a fetta, rosicchiò la buccia, la trovò disgustosa e a n d ò su t u t t e le furie. Il Vescovo e b b e il s u o daffare a c a l m a r l o e a p e r s u a d e r l o che il b u o n o e r a la polpa. Q u a n d o l'ebbe assaggiata, Carlo se ne m o s t r ò deliziato, e da quel g i o r n o guai se alla sua m e n s a mancava quel dessert. Se lo p o r t a v a al seguito a n c h e nei viaggi. I n c o m p e n s o , e r a quasi astemio, cosa r a r a t r a quei Franchi, s t r e n u i t r a c a n n a t o r i di vino, che p r e n d e v a n o a pretesto a n c h e i morti p e r b r i n d a r e alla loro a n i m a e ubriacarsi. Carlo combatté q u e s t o costume col puntiglio di un proibizionista q u a c q u e r o , mise al b a n d o le sbornie e c o m m i n ò la galera ai contravventori. La s u a vita d o m e s t i c a aveva d e i lati bizzarri, e p e r f i n o sconcertanti. Amava l'intimità, e la sera cenava s e m p r e con la moglie, i figli e il confessore che gli recitava i salmi e brani della «Città di Dio», suo libro preferito. Però n o n d o r m i va con la m o g l i e , e si t e n e v a p e r casa un c e r t o n u m e r o di amanti. Adorava le figlie, ma a nessuna di loro consentì mai di sposarsi: il c h e ha fatto nascere il sospetto - p a r e infondato - ch'egli avesse con loro r a p p o r t i incestuosi. Le figlie d'altra p a r t e n o n si ribellarono mai al divieto, ma se ne rivalser o p r e n d e n d o s i degli svaghi, d a cui n a c q u e r o a n c h e dei f i gli, e Carlo li accettò, senza protestare, c o m e nipoti. E r a religioso, ma n o n bigotto. Si alzava la m a t t i n a all'alba, beveva u n bicchiere d'acqua, mangiava u n a mela, indossava frusti abiti con gambali di cuoio, inforcava un cavallo, e p e r o r e cacciava nei boschi, con poco seguito e talvolta solo. E r a la p r e p a r a z i o n e igienica a u n a g i o r n a t a p i e n a d ' i m p e gni, fra cui c ' e r a n o a n c h e quelli della sua privata a m m i n i 229

strazione. P e r c h é q u e s t o R e d i m e z z a E u r o p a e r a s q u a t t r i n a t o , e d o v e v a fare i c o n t i col p r o p r i o bilancio p e r s o n a l e . Per «quadrarlo», aveva messo su un verziere, un allevamento di polli e un c o m m e r c i o di uova. Il r e d d i t o gli serviva p e r m a n t e n e r e le sue t r e residenze, fra le quali si spostava contin u a m e n t e : Heristal nel B r a b a n t e , W o r m s sul R e n o , e Aquis g r a n a in Austrasia. Q u e s t ' u l t i m a capitale e r a la sua preferita p e r via del clima mite c h e l'allietava, d e i boschi c h e la circ o n d a v a n o e delle a c q u e termali c h e ne avevano fatto la fort u n a fin d a i t e m p i d e i R o m a n i . C a r l o , c h e soffriva d i r e u matismi e di gotta, aveva r e s t a u r a t o le fonti, e il p o e t a Angib e r t o Io descrive i n t e n t o a d i r i g e r e i lavori degli s t e r r a t o r i c h e trivellavano il suolo in cerca di n u o v e sorgenti, e d e i carp e n t i e r i intenti a costruire vasche da b a g n o e u n a piscina di porfido e m a r m o , d o v e p r e s e l'abitudine di fare o g n i g i o r n o lunghe nuotate. E r a lì ad A q u i s g r a n a ch'egli t e n e v a il s u o a n i m a l e preferito: l'elefante A b d ù l Abbàs, m a n d a t o g l i in d o n o d a l califfo di B a g d a d . Carlo lo aveva alloggiato a C o r t e c o m e un ospite d ' o n o r e , lo lavava di p e r s o n a , ci p a r l a v a , e fu p r o p r i o p e r eccesso d'affetto c h e i n v o l o n t a r i a m e n t e lo uccise facendogli p r e n d e r e u n a solenne indigestione. N e p i a n s e , e o r d i n ò u n g i o r n o di lutto nazionale. P u r t r o p p o , i suoi soggiorni in quella diletta città n o n d u r a v a n o mai a l u n g o . Carlo e r a un Re peripatetico. L'immensità d e i suoi d o m i n i e la necessità di r e s t a r e in c o n t a t t o con le province p i ù periferiche e coi loro p r o b l e m i locali l'obbligavano a u n a vita e r r a b o n d a e disagiata. Viaggiava c o m e un pellegrino p o v e r o , s u u n semplice c a r r o tirato d a buoi, p o r tandosi al seguito il p o c o bagaglio che p o t e v a (ma in cui c'era s e m p r e u n a cassa di p e c o r i n o ) e a l l o g g i a n d o sotto i tetti c h e trovava, di contadini, o di frati. A m a v a i suoi sudditi, ci si mescolava volentieri, a m m i n i s t r a v a di p e r s o n a la giustizia fra l o r o , spesso r i s o l v e n d o a d d i r i t t u r a c a u s e da p r e t o r e , e d o v u n q u e r a c c o m a n d a n d o a tutti di e d u c a r b e n e i loro figli: le f e m m i n e , diceva, d o v e v a n o i m p a r a r e il r a m m e n d o e il 230

b u c a t o ; i maschi il n u o t o , la caccia, l'equitazione, e s o p r a t tutto a leggere e a scrivere. Q u e s t a e r a la s u a s p i n a n e l fianco, il s u o lato p a t e t i c o . Carlo, che la sera a n d a v a p r e s t o a letto, d o v u n q u e si trovasse, ma soffriva d'insonnia, trascorreva spesso la n o t t e c o m p i t a n d o l ' a b b e c e d a r i o e c e r c a n d o di c a p i r n e le l e t t e r e . Ma i n u t i l m e n t e . Q u e s t o genio della politica e della g u e r r a , c h ' e ra riuscito a c o n q u i s t a r e m e z z o m o n d o , n o n riuscì m a i a conquistare l'alfabeto. A furia di farseli r i p e t e r e d a l confessore, i m p a r ò a m e m o r i a i salmi, e li cantava anzi abbastanza b e n e p e r c h é , se la voce e r a stridula, l'orecchio e r a b u o n o ; e arrivò a n c h e a recitare a m e m o r i a molti b r a n i della «Città di Dio». Ma s e b b e n e fino alla t a r d a vecchiaia seguitasse a t r a s c o r r e r e le sue notti a fare le aste, la soddisfazione di scrivere e di l e g g e r e da sé n o n l'ebbe mai. E p p u r e , fu C a r l o m a g n o . L i q u i d a t o Desiderio in p o c h i mesi, i m p i e g ò molti a n n i a consolidare la conquista della Penisola, che tuttavia n o n inglobò mai il territorio a S u d di R o m a . Rinunciò a colonizzare i L o n g o b a r d i , p e r c h é e r a n o p i ù civili dei Franchi, e lasciò i n d i p e n d e n t i alcuni loro Ducati, c o m e quello di B e n e v e n t o . Rispettò i loro costumi e conservò le loro leggi, ricalcò la sua b u r o c r a z i a sugli schemi di quella l o n g o b a r d a , e assegnò alc u n e c o n t e e perfino a ex-funzionari di Desiderio. L'opera di pacificazione c h e c o n d u s s e fu saggia e l u n g i m i r a n t e . All'ind o m a n i della c a d u t a di Pavia assunse a u t o m a t i c a m e n t e il titolo di Re dei Franchi e d e i L o n g o b a r d i , e d i v e n n e col P a p a il protagonista della storia d'Italia. I rapporti tra Carlomagno e Adriano I sono contenuti nelle lettere che p e r oltre un v e n t e n n i o essi si scambiarono. Il succo dei messaggi papali è un c o n t i n u o l a m e n t o c o n t r o i soprusi di cui e r a , o si c r e d e v a vittima, a n c h e da p a r t e d e i preti. In un'epistola del 774, il Pontefice accusa l'Arcivescovo di R a v e n n a , L e o n e , di essersi a b u s i v a m e n t e i m p a d r o n i t o di Faenza, Forlì, F e r r a r a , I m o l a e Bologna, c h e a p p a r t e n g o n o a l Ducato R o m a n o . C a r l o m a g n o n o n p r e n d e posizione. 231

T r e a n n i d o p o L e o n e m u o r e e il s u o successore, Giovanni, si riconcilia col Papa. Fu questa u n a delle i n n u m e r e v o l i b e g h e territoriali in cui A d r i a n o cercò, ma spesso i n u t i l m e n t e , di c o i n v o l g e r e il Re f r a n c o . Il Pontefice e C a r l o m a g n o si scrivevano in latino, l'unica l i n g u a che t u t t ' e d u e conoscevan o . Il Papa, c h e disprezzava i carolingi n o n m e n o dei L o n g o b a r d i , n o n aveva m a i voluto i m p a r a r e il franco. Le lettere di A d r i a n o ci i n f o r m a n o a n c h e sulle condizioni dell'Italia c o n t e m p o r a n e a . Il p e r i o d o delle invasioni barbaric h e e r a passato, ma le r o v i n e e la miseria che l'avevano acc o m p a g n a t e e r a n o rimaste. Nel 778 Treviso fu sconvolta da un t r e m e n d o t e r r e m o t o . Le vittime si c o n t a r o n o a migliaia. L'esodo degli abitanti delle città verso la c a m p a g n a fu la cons e g u e n z a di q u e s t e catastrofi, e a c c e n t u ò q u e l p r o c e s s o di disurbanizzazione che fu la caratteristica del Medio Evo. Per alcuni a n n i , C a r l o m a g n o e A d r i a n o n o n si scrissero. I g n o r i a m o le ragioni di q u e s t o silenzio che fu r o t t o alla vigilia della seconda visita del Re franco a R o m a , nell'aprile del 7 8 1 . C a r l o m a g n o , a c c o m p a g n a t o dalla moglie I l d e g a r d a e d a i d u e figli C a r l o m a n n o e Luigi, r i s p e t t i v a m e n t e di q u a t t r o e di d u e a n n i , g i u n s e n e l l ' U r b e il g i o r n o di Pasqua. Lo s c o p o ufficiale del viaggio e r a il b a t t e s i m o di C a r l o m a n n o . Il Pontefice celebrò il rito nella basilica di San Pietro, i m p o se al p r i n c i p i n o il n u o v o n o m e di P i p i n o e lo p r o c l a m ò Re d ' I t a l i a . Pochi g i o r n i d o p o C a r l o m a g n o lasciò R o m a . N e l viaggio di r i t o r n o visitò Firenze e fece u n a b r e v e sosta a Milano, d o v e assistè al battesimo della figlia Gisila. Ai p r i m i di agosto ripassò le Alpi, d o p o aver affidato l'Italia a un govern a t o r e franco, che la resse in n o m e di Pipino. Nel 787 C a r l o m a g n o varcò p e r la terza volta le m u r a dell ' U r b e . Stavolta vi g i u n s e solo, senza figli né la diletta Ildeg a r d a che e r a m o r t a l ' a n n o p r i m a e che egli aveva rimpiazzato c o n Fastrada, u n a d o n n a p e t u l a n t e e isterica. Forse fu il d e s i d e r i o di r e s t a r e il p i ù possibile l o n t a n o da lei c h e gli fece p r o l u n g a r e oltre il previsto il suo soggiorno, d u r a t o stavolta p i ù d ' u n m e s e . M e n t r e si trovava a R o m a , u n a delega232

zione d e l D u c a di B e n e v e n t o , Arichi, g u i d a t a dal figlio Rom u a l d o , chiese di essere ricevuta da lui. Il Ducato longobard o d i B e n e v e n t o e r a u n a s p i n a n e l fianco d e l P a p a , c h e tem e v a l e m i r e d i Arichi sul N o r d , m a s o p r a t t u t t o v e d e v a c o m p r o m e s s e le p r o p r i e sul S u d . A d r i a n o disegnava la conq u i s t a d e l M e z z o g i o r n o e la s u a a n n e s s i o n e al D u c a t o R o m a n o . E n e i suoi piani il braccio militare p e r realizzare q u e sto p r o g r a m m a e r a n o n a t u r a l m e n t e i Franchi. Il t i m o r e c h e C a r l o m a g n o marciasse c o n t r o il suo t e r r i t o rio e la s p e r a n z a di dissuaderlo i n d u s s e r o Arichi a s p e d i r e il figlio in missione a R o m a . R o m u a l d o c o l m ò il Re franco di d o n i e l'implorò di n o n m u o v e r e g u e r r a al p a d r e . C a r l o m a g n o p r o m i s e . Ma q u a n d o gli ambasciatori r i p a r t i r o n o , il Papa lo convocò in Vaticano e p i a n g e n d o lo s c o n g i u r ò , in n o me di S a n Pietro, di i n v a d e r e il D u c a t o di B e n e v e n t o . C a r l o m a g n o , che a San Pietro n o n sapeva d i r e di n o , arr u o l ò un esercito, vi si mise a c a p o e p u n t ò su C a p u a , d o v e s'acquartierò. Arichi, colto di s o r p r e s a d a l voltafaccia, invocò u n a t r e g u a , c h e gli fu concessa. In c a m b i o s ' i m p e g n ò a p a g a r e ai Franchi un tributo a n n u o di settemila soldi, a cons e g n a r e quindici ostaggi, t r a i quali i figli G r i m o a l d o e Adalgisa, e a far tagliar la b a r b a ai suoi sudditi, s e c o n d o il costum e carolingio. Alla fine di m a r z o dello stesso 787 C a r l o m a g n o t o r n ò a R o m a , d o v e trascorse l a P a s q u a i n c o m p a g n i a d e l P a p a , d a l q u a l e si c o n g e d ò p e r recarsi a R a v e n n a . Il 15 luglio r i e n t r ò a W o r m s . Il 21 R o m u a l d o m o r ì all'età di ventisei a n n i . D o po circa un m e s e , il 26 agosto, calò nella t o m b a a n c h e il p a d r e Arichi. II D u c a t o fu sul p u n t o di p i o m b a r e n e l caos poiché l ' e r e d e a l t r o n o e r a ostaggio d e i F r a n c h i . M a nella p r i m a v e r a del 7 8 8 , i n a s p e t t a t a m e n t e , C a r l o m a g n o liberò Grim o a l d o c h e t o r n ò a B e n e v e n t o accolto d a u n a folla e s u l tante. L'unico c h e n o n esultò fu A d r i a n o . Il gesto di c l e m e n z a d e l R e franco, p r e o c c u p a t o e v i d e n t e m e n t e d i n o n t u r b a r e l'equilibrio politico nell'Italia c e n t r o - m e r i d i o n a l e , fu accolto 233

a R o m a c o m e un t r a d i m e n t o . Il P a p a i n d i g n a t o scrisse a C a r l o m a g n o , e lo accusò di aver trattato G r i m o a l d o meglio del p o v e r o San Pietro nelle cui m a n i Cristo aveva riposto le chiavi del R e g n o d e i Cieli. E r a u n g r i d o d i d o l o r e , m a e r a a n c h e u n a minaccia. A questa lettera ne seguirono altre, s u p p e r g i ù dello stesso t e n o r e . Il g i o r n o di Natale del 795, il b a t t a g l i e r o A d r i a n o m o r ì . Q u a n d o gli fu r e c a t a la notizia, C a r l o m a g n o scoppiò a p i a n g e r e , ed E g i n a r d o assicura c h e il cordoglio del Re e r a sincero. Il g i o r n o stesso della sepolt u r a d i A d r i a n o , f u elevato a l Soglio u n u o m o d i c u r i a c h e p r e s e il n o m e di L e o n e I I I . Il n u o v o P a p a g o d e v a di u n a vasta i m p o p o l a r i t à . All'ind o m a n i dell'incoronazione, alcuni nobili, t r a cui d u e nipoti di A d r i a n o , Pascale e C a m p o l o , l'accusarono p u b b l i c a m e n t e di adulterio e di spergiuro. Leone n o n tentò n e p p u r e di scagionarsi. Si limitò a s p e d i r e a C a r l o m a g n o le chiavi d e l sepolcro di San Pietro e il gonfalone della città. La lotta t r a i «palatini» e gli e r e d i di A d r i a n o covò sorda p e r q u a t t r o a n n i . Il 25 aprile del 799 esplose. M e n t r e il Pontefice s'accingeva a g u i d a r e u n a p r o c e s s i o n e a t t r a v e r s o la città, fu assalito da u n a b a n d a di nobili, capeggiata da Pascale e C a m p o l o . L e o n e - riferisce il Libro pontificale - fu picchiato a s a n g u e e a b b a n d o n a t o in mezzo al Corso con la ling u a m o z z a e gli occhi accecati. N e s s u n o d e i fedeli, a r m a t i solo di labari e croci, alzò un d i t o p e r d i f e n d e r l o . Tutti, in p r e d a al t e r r o r e , si d i e d e r o alla fuga. Verso sera gli aggressori t o r n a r o n o sul l u o g o dell'imboscata, e con g r a n d e stup o r e videro che il P a p a respirava ancora. Pascale e C a m p o Io gli tagliarono un altro pezzo di lingua e poi lo trascinaron o n e l m o n a s t e r o d i S a n t ' E r a s m o , sul m o n t e Celio. Q u i l a n o t t e stessa San Pietro a p p a r v e in sogno al mutilato e gli r e stituì la vista e la favella. La m a t t i n a all'alba, con la complicità di un m o n a c o , L e o n e si calò con u n a fune dalla p r o p r i a cella. A t e r r a fu accolto da alcuni fedeli che lo caricarono su un m u l o e lo p o r t a r o n o in salvo a San Pietro. Di q u i con u n a piccola scorta p a r t ì p e r Spoleto. 234

Nella cittadina u m b r a passò circa un mese. Poi si mise in m a r c i a v e r s o la Sassonia, d i r e t t o a P a d e r b o r n d o v e C a r l o m a g n o aveva fissato la p r o p r i a residenza estiva. Vi giunse a luglio inoltrato. Il Re franco l'accolse con ogni r i g u a r d o , ma con u n a certa freddezza. C o n t e m p o r a n e a m e n t e a L e o n e e r a n o capitati a P a d e r b o r n gli emissari di Pascale e di C a m p o l o p e r ribadire le loro accuse. C a r l o m a g n o ascoltò le d u e c a m p a n e , n o m i n ò u n a commissione d'inchiesta, e incaricò di far luce sul caso. Il Pontefice si f e r m ò in Sassonia a l c u n i m e s i d u r a n t e i quali ebbe frequenti colloqui col Re franco, al quale d o n ò le reliquie del p r o t o m a r t i r e Stefano. S e c o n d o alcuni storici fu p r o p r i o nel corso di questi incontri che C a r l o m a g n o chiese a L e o n e d ' i n c o r o n a r l o I m p e r a t o r e , i m p e g n a n d o s i , in cambio, a far c a d e r e le accuse che i nipoti di A d r i a n o gli avevan o mosse. Si tratta, intendiamoci, di c o n g e t t u r e c h e ci sembra, tuttavia, p o s s a n o avere u n qualche f o n d a m e n t o . Nel 799 Carl o m a g n o e r a p a d r o n e d e l l ' E u r o p a . I confini d e l suo r e g n o si e s t e n d e v a n o dall'Elba ai Pirenei, dalla p i a n u r a p a d a n a al Mar del Nord. Era naturale che pensasse a quell'Impero d'Occidente che il legittimo titolare, cioè l ' I m p e r a t o r e d ' O riente, d a secoli n o n e r a p i ù i n g r a d o d i a m m i n i s t r a r e . L e o n e r i e n t r ò a R o m a alla fine di n o v e m b r e a c c o m p a g n a t o dalla commissione d'inchiesta che si mise subito al lav o r o . In capo a u n a settimana, trovò che gli addebiti mossi al Papa e r a n o infondati. O r d i n ò l'arresto dei nipoti di A d r i a n o e li spedì a C a r l o m a g n o p e r c h é infliggesse loro la p u n i z i o n e che m e r i t a v a n o . Il Re franco li fece r i n c h i u d e r e in un m o n a s t e r o , q u i n d i si p r e p a r ò a p a r t i r e p e r R o m a . Fiss ò l a d a t a d e l viaggio a i p r i m i d i g i u g n o , m a l a m o r t e i m provvisa della m o g l i e l'obbligò a r i m a n d a r l a all'inizio dell'autunno. Il 24 n o v e m b r e dell'800 giunse nell'Urbe dove fu accolto dal P a p a e da u n a folla oceanica di preti, di r o m a n i e di burini c h e L e o n e aveva fatto affluire nella Capitale da t u t t o il 235

L a z i o . Il 2 d i c e m b r e il Pontefice c o n v o c ò nella basilica di S a n P i e t r o u n S i n o d o , a l q u a l e i n t e r v e n n e r o l e alte g e r a r chie ecclesiastiche e i nobili carolingi che avevano a c c o m p a g n a t o il Re a R o m a . C a r l o m a g n o i n p e r s o n a i n a u g u r ò l'assemblea, illustrando lo scopo della sua visita, c h ' e r a quello di far conoscere a tutti e sanzionare le conclusioni della commissione. Il giorno d o p o L e o n e a p r ì il S i n o d o d i c h i a r a n d o s i p r o n t o a fare pubblica a m m e n d a dei delitti di cui e r a stato falsamente accusato. Il gesto scatenò un u r a g a n o di applausi. L'assemblea c o n d a n n ò a m o r t e Pascale e C a m p o l o , ma la p e n a , p e r intercessione d e l Pontefice, fu c o m m u t a t a in quella d e l b a n do. Carlomagno trascorse le settimane seguenti in devoti pellegrinaggi alle chiese di R o m a . I n t a n t o s'avvicinava il g r a n g i o r n o dell'incoronazione. Il 25 d i c e m b r e , il Re franco, scortato dai suoi nobili, attraversò l'Urbe tra le acclamazioni della folla, e si diresse verso la basilica di San Pietro. Indossava la tunica e i calzari r o m a n i invece delle b r a c h e e degli stivali franchi. I capelli e r a n o diventati grigi, e le spalle si e r a n o un p o ' incurvate. La fronte e r a solcata d i p r o f o n d e r u g h e , m a l'aspetto e r a a n c o r a giovanile, e l ' u o m o s e m b r a v a a n c o r a nella pienezza del suo vig o r e . Il corteo e n t r ò nel t e m p i o tra d u e ali di prelati, attraversò la navata centrale illuminata da 1370 c a n d e l e e a d o r n a t a di statue di santi, e r a g g i u n s e il presbiterio. Q u i Carlom a g n o si staccò dal seguito e v a r c ò la b a l a u s t r a . S'inginocchiò ai piedi dell'aitar m a g g i o r e e si raccolse in p r e g h i e r a . A q u e s t o p u n t o L e o n e , c h e stava c e l e b r a n d o l a messa, estrasse d a l t a b e r n a c o l o u n a c o r o n a d ' o r o , e la d e p o s e sul c a p o del Re franco. Per t r e volte l'acclamazione in latino «A Carlo A u g u s t o , c o r o n a t o da Dio, p o s s e n t e e pacifico I m p e r a t o r e , vita e vittoria» riecheggiò nel t e m p i o . Lo storico Teofane r a c c o n t a che C a r l o m a g n o , p r i m a d'essere i n c o r o n a t o , fu c o m p l e t a m e n t e d e n u d a t o d a l P a p a e u n t o dalla testa ai piedi. Le fonti ecclesiastiche riferiscono che L e o n e consacrò a n c h e il piccolo Carlo Re dei Franchi, c o m e il s u o p r e d e c e s 236

sore aveva fatto con Pipino e Luigi. Al t e r m i n e della cerimonia C a r l o m a g n o d e p o s e ai piedi dell'altare ricchi d o n i , tra i q u a l i u n a tavola d ' a r g e n t o , u n a p a t è n a d ' o r o e t r e calici tempestati d i g e m m e . Ma i cronisti laici d a n n o d e l l ' a v v e n i m e n t o t u t t ' u n ' a l t r a v e r s i o n e . Essi s o s t e n g o n o c h e il Re franco fu s o r p r e s o di q u e l l a i n c o r o n a z i o n e senza p r e a v v i s o . E g i n a r d o scrive: « C a r l o m a g n o n o n avrebbe mai varcato la soglia di San Piet r o , n o n o s t a n t e fosse N a t a l e , se avesse i m m a g i n a t o il t i r o b i r b o n e che il P a p a s'accingeva a giocargli». Il n u o v o I m p e r a t o r e lasciò R o m a ai p r i m i di m a g g i o dir e t t o a Pavia d o v e ritirò un gioco di scacchi in avorio che il califfo di B a g d a d , H a r u n - a l - R a c h i d gli aveva d o n a t o . Q u i n di p a r t ì p e r A q u i s g r a n a . A n c h e se si e r a trattato di un «tiro birbone» del Papa, n o n n e sembrava m o l t o imbronciato. M a forse n e m m e n o lui, m a l g r a d o il suo intuito politico, valutava a p p i e n o l ' i m p o r t a n z a di quel n u o v o titolo, con cui se ne t o r n a v a a casa. Esso e r a d e s t i n a t o a i n g o m b r a r e , p e r b e n mille a n n i , la storia d ' E u r o p a .

.

u

CAPITOLO TRENTADUESIMO

IL GRANDE IMPERO

Carlo aveva assunto il titolo d ' I m p e r a t o r e d o p o esserlo già diventato di fatto. In tutti quegli a n n i infatti egli aveva cond o t t o a t e r m i n e u n ' o p e r a di conquista e di unificazione, cui occorre a c c e n n a r e . Quella c o n t r o i L o n g o b a r d i e r a stata u n a g u e r r a - l a m p o in confronto alla c a m p a g n a c o n t r o i Sassoni c h e d u r ò la bellezza di t r e n t ' a n n i , e fu u n o degli eventi decisivi nella storia d ' E u r o p a . L a Sassonia o c c u p a v a u n a vasta a r e a c o m p r e s a t r a il M a r e d e l N o r d , il basso e m e d i o R e n o , la T u r i n g i a e l'Elba. Gli I m p e r a t o r i r o m a n i avevano invano cercato di sott o m e t t e r e queste popolazioni: o g n i tentativo di d o m a r l e e r a fallito. I Sassoni e r a n o feroci, primitivi e superstiziosi, praticavano un p a g a n e s i m o grossolano e crudele, si vestivano di pelli di c a p r a , e vivevano di furti e di r a p i n e . E r a n o bellicosi e costituivano u n a c o n t i n u a minaccia p e r i Franchi. Il R e n o e r a l ' u n i c a b a r r i e r a c h e li d i v i d e v a da l o r o , e in o g n i m o m e n t o p o t e v a n o varcarla. P i p i n o il B r e v e li aveva t e n u t i a b a d a r a f f o r z a n d o l u n g o il confine le linee di difesa. Aveva a n c h e imposto loro un piccolo tributo a n n u o di t r e c e n t o cavalli. Nel 772 gli esattori franchi incaricati di riscuoterlo si p r e s e n t a r o n o ad A q u i s g r a n a a m a n i v u o t e . I Sassoni si e r a n o rifiutati di p a g a r e . Ciò fornì a C a r l o m a g n o un ottimo p r e t e sto p e r m u o v e r e loro la g u e r r a e i n v a d e r n e il territorio. L'esercito franco attraversò il R e n o e p u n t ò su E h r e s b u r g , d o ve costruì un forte che servì di base alle operazioni successive. Consolidata la conquista dalla p a r t e occidentale della regione, C a r l o m a g n o risalì verso il N o r d d o v e distrusse l'Ir239

minsul, che e r a l'idolo dei Sassoni. Di q u i c o n t i n u ò l'avanzata vittoriosa verso il Weser. Poi r i p i e g ò verso Ovest e t o r n ò in Austrasia. La spedizione c r e ò le p r e m e s s e della conquista militare d e l Paese e della c o n v e r s i o n e al C r i s t i a n e s i m o d e i suoi abitanti. N e l 7 7 3 i Sassoni si v e n d i c a r o n o i n c e n d i a n d o le chiese c h e C a r l o m a g n o , a l t e r m i n e della b r e v e c a m p a g n a , aveva fatto costruire. N e seguì u n a feroce r a p p r e s a g l i a . N o n p o s siamo fare q u i la storia di u n a serie i n t e r m i n a b i l e di g u e r ricciole c h e d u r a r o n o f i n o a l l ' 8 0 4 q u a n d o l a Sassonia f u c o m p l e t a m e n t e assoggettata. Ci l i m i t e r e m o a r i e v o c a r e gli episodi salienti di quella c h e fu la p i ù grossa i m p r e s a militare di C a r l o m a g n o . N e l 777 egli convocò a P a d e r b o r n u n ' a s s e m b l e a di Sassoni e di F r a n c h i , d u r a n t e la q u a l e i p r i m i g i u r a r o n o s o l e n n e m e n t e di s o t t o m e t t e r s i ai s e c o n d i e di convertirsi a l Cristianesimo. C a r l o m a g n o o r d i n ò u n battesim o i n m a s s a . « C r e a n d o fedeli a Cristo» h a scritto J o s e p h C a l m e t t e «egli c r e a v a a n c h e fedeli allo Stato franco.» Ma q u a n d o t o r n a r o n o nel l o r o Paese, i Sassoni r e s t a u r a r o n o gli antichi culti, r i c o s t r u i r o n o gli idoli p a g a n i e p r e s e r o a p e r s e g u i t a r e i m i s s i o n a r i cristiani c h e e r a n o v e n u t i al s e g u i t o degli eserciti carolingi. Per t e n e r testa ai F r a n c h i i Sassoni avevano p e r ò bisogno d i u n c a p o . L o t r o v a r o n o i n Vitichindo, u n g i g a n t e b i o n d o e vigoroso. C o m e Vercingetorige c o n t r o i R o m a n i , Vitichindo fu p e r quasi un t r e n t e n n i o l'anima della resistenza sassone c o n t r o i Franchi. Attaccò e massacrò le g u a r n i g i o n i carolingie, i n c e n d i ò le chiese, e svaligiò i m o n a s t e r i . C a r l o m a g n o , c h e si trovava in q u e l m o m e n t o in S p a g n a , a m a r c e forzate r a g g i u n s e il confine o r i e n t a l e , passò il R e n o e p i o m b ò sui ribelli. D o m ò la rivolta, ma n o n riuscì a s p e g n e r e i focolai c h e l'avevano alimentata. Da essi, q u a t t r o a n n i p i ù tardi, p a r t ì la scintilla di u n ' i n s u r r e z i o n e b e n p i ù violenta di quella p r e c e d e n t e . Q u e s t a volta la r a p p r e s a g l i a franca fu spietata. Q u a t t r o m i l a c i n q u e c e n t o ostaggi sassoni f u r o n o giustiziati a V e r d e n , u n a cittadina sulla riva dell'Aller, a s u d di Bre240

m a , p e r o r d i n e di C a r l o m a g n o . Da allora la conquista franc a f u c o n d o t t a i n m a n i e r a s e m p r e p i ù b r u t a l e . N e l 785 l o stesso Vitichindo fu costretto a sottomettersi e a farsi battezzare. S t r u m e n t o d e l l a r e p r e s s i o n e franca fu n e l 7 8 5 il cosidd e t t o «Capitolare sassone», u n a specie d i statuto d ' o c c u p a zione, il cui c o n t e n u t o fu riassunto nella formula «Cristianesimo o morte». C a r l o m a g n o t r a s f o r m ò l a Sassonia i n u n ' i m m e n s a p r e fettura franca. C r e ò su tutto il territorio u n a r e t e di Contee o circoscrizioni militari. A c a p o di ciascuna pose un C o n t e con a m p i p o t e r i n o n solo militari ma a n c h e civili, politici e giudiziari. L'opera di pacificazione fu l e n t a e difficile. N e l 7 9 3 u n a e n n e s i m a rivolta d i v a m p ò n e l P a e s e . Q u e s t a volta s i t r a t t ò d i u n a v e r a e p r o p r i a i n s u r r e z i o n e p o p o l a r e . Carlom a g n o la soffocò sul sorgere e, p e r i m p e d i r e che si ripetesse, o r d i n ò la d e p o r t a z i o n e in Austrasia e in N e u s t r i a di migliaia di famiglie sassoni, e al loro p o s t o mise coloni franchi. Q u e s t o s c a m b i o d i p o p o l a z i o n i , c h e n e l X X secolo Stalin imitò nella U n i o n e Sovietica, fu c o r o n a t o da successo. Q u a n d o neH'804 C a r l o m a g n o o r d i n ò l'ultima d e p o r t a zione, la Sassonia faceva o r m a i p a r t e d e l l ' I m p e r o franco di cui e r a i l p i ù i m p o r t a n t e satellite, e m b r i o n e d e l l a f u t u r a Germania. A tredici a n n i dall'inizio delle ostilità in Sassonia, C a r l o m a g n o a p r ì u n s e c o n d o fronte i n Baviera. Il t e r r i t o r i o , cristianizzato da San Bonifacio, e r a s e d e di sei i m p o r t a n t i vescovati. L'agricoltura e il c o m m e r c i o costituivano le principali attività dei suoi abitanti, c h ' e r a n o fra i p i ù civili d ' E u r o p a . Pipino aveva elevato la Baviera al r a n g o di D u c a t o e l'aveva assegnata al n i p o t e Tassilone, un giovane i n t r a p r e n d e n t e e ambizioso. Sotto di lui la capitale, Ratisbona, e r a diventata u n a città ricca e brillante. S e b b e n e fosse n o m i n a l m e n t e vassallo d e l Re franco al quale aveva g i u r a t o fedeltà, Tassilone e r a di fatto i n d i p e n 241

d e n t e . Possedeva esercito e fisco p r o p r i , b a t t e v a m o n e t a , stringeva e scioglieva alleanze, e si faceva chiamare principe. Nel 7 7 6 n o m i n ò c o - r e g g e n t e di Baviera il figlio T e o t o n e . C a r l o m a g n o , i m p e g n a t o in Sassonia, fece finta di n o n accorgersi di questo gesto, che e r a u n ' a p e r t a sfida alla sua sovranità. Ma lo scontro tra i d u e cugini e r a soltanto r i m a n d a t o . Nel 782 il Re franco convocò Tassilone a W o r m s e l'obblig ò a r i n n o v a r e q u e l g i u r a m e n t o d i fedeltà c h e u n t e m p o aveva prestato a Pipino. C o m e p e g n o si fece c o n s e g n a r e d o dici ostaggi. Nel 782 ad Aquisgrana cominciarono a circolare voci di collusione t r a Tassilone e Adelchi, c h e alla c a d u t a del p a d r e Desiderio e r a r i p a r a t o a Bisanzio. Il D u c a di Baviera, v e d e n d o s i s c o p e r t o , s p e d ì a R o m a d u e ambasciatori con l'incarico di i n d u r r e A d r i a n o a i n t e r c e d e r e in suo favore presso il Re franco, che reclamava l'osservanza del giuram e n t o . Il P a p a r i b a d ì le p r e t e s e di C a r l o m a g n o e minacciò di s c o m u n i c a r e Tassilone q u a l o r a avesse t r a d i t o l ' i m p e g n o assunto a Worms. Ilultimatum restò lettera m o r t a . I Franchi allora invasero la Baviera e nella p r i m a v e r a del 788 la c o n q u i s t a r o n o . Tassilone fu fatto prigioniero e c o n d a n n a t o a m o r t e , ma Carlom a g n o lo graziò e lo fece i n t e r n a r e in un m o n a s t e r o . Il Paese fu s m e m b r a t o in C o n t e e e d i v e n n e u n a provincia franca. A Est i vicini orientali dei Bavari e r a n o gli Avari, un p o p o l o turco-mongolico, cugini degli U n n i dai quali avevano ereditato la b a r b a r i e e l'uzzolo del saccheggio. E r a n o p e n e trati in E u r o p a a t t r a v e r s o la Russia, risalendo il corso inferiore del Danubio, e si e r a n o stanziati in Pannonia, l'attuale U n g h e r i a . Avevano stretto alleanza coi L o n g o b a r d i , e insieme a v e v a n o s t e r m i n a t o i G e p i d i . Q u a n d o A l b o i n o calò in Italia, avevano allargato i loro confini al lago Balaton e al Tibisco. N o n avevano u n a capitale, ma un c a m p o fortificato, di forma circolare, cinto da n o v e giri concentrici di m u r a che c h i a m a v a n o Ring, c o n al c e n t r o la t e n d a d e l Khan, o Re, il q u a l e veniva scelto tra i capi d e i vari clan c h e costituivano l'orda. 242

Gli Avari n o n praticavano a l c u n a forma di agricoltura o di c o m m e r c i o . Vivevano di scorrerie nei territori circostanti, s o p r a t t u t t o in quelli meridionali che facevano p a r t e dell'Impero bizantino. Prendevano di mira specialmente le chiese e i c o n v e n t i . A c c u m u l a v a n o il b o t t i n o n e l c u o r e d e l Ring, sotto u n a g r a n d e t e n d a p o s t a a c c a n t o a quella d e l Khan. Gli Avari ai confini della Baviera e r a n o u n a minaccia seria p e r i Franchi. C a r l o m a g n o n o n voleva u n a g u e r r a sul D a n u b i o . N e l 7 9 0 p r o p o s e a l Khan u n p a t t o d i n o n a g g r e s s i o n e . Q u e s t i n o n solo r e s p i n s e l'offerta m a , i n c o m b u t t a forse c o n C o stantinopoli, provocò u n a serie di incidenti alla frontiera. Il Re franco allora gli dichiarò g u e r r a . La sua avanzata seminò il panico tra gli Avari che furono letteralmente a n n i e n t a ti e cancellati dalla storia. Il Ring fu e s p u g n a t o e il suo tesoro t r a s p o r t a t o ad A q u i s g r a n a a b o r d o di quindici carri trainati ciascuno d a q u a t t r o buoi. Ma in m e z z o a t a n t i successi, ci fu a n c h e u n a disfatta: la c a m p a g n a di Spagna, col suo tragico epilogo a Roncisvalle. C a r l o m a g n o o r d i n ò la spedizione franca al di là dei Pirenei nell'estate del 778. Essa aveva lo scopo - che n o n fu ragg i u n t o - di s o s t e n e r e la ribellione del g o v e r n a t o r e m u s u l m a n o di Barcellona, Solimano b e n Alarabi, c o n t r o il suo sov r a n o , l'emiro di C o r d o b a . L'impresa fallì p e r il t r a d i m e n t o dei seguaci di Solimano. I Franchi furono costretti a b a t t e r e in ritirata, inseguiti da un piccolo esercito di Baschi. Sul colle di Roncisvalle, il 15 a g o s t o dello stesso a n n o , la l o r o r e t r o g u a r d i a fu r a g g i u n t a dagli spagnoli e t r u c i d a t a . N u m e rosi Conti e D u c h i palatini, fra i quali il Duca della m a r c a di B r e t a g n a , O r l a n d o , r e s t a r o n o sul t e r r e n o . L'eccidio di Roncisvalle fu qualcosa di p i ù di u n a semplice scaramuccia, ma molto di m e n o di quella Waterloo carolingia, in cui la l e g g e n d a m e d i e v a l e l'ha trasformata, attraverso le p a g i n e della Chanson de Roland. N e l M e d i o Evo il s u o e r o e d i v e n n e p i ù c e l e b r e dello stesso C a r l o m a g n o , e 243

fornì p e r secoli il m o d e l l o del perfetto cavaliere senza m a c chia e senza p a u r a . T u t t a v i a essa e b b e u n a s u a i m p o r t a n t e e d r a m m a t i c a c o n s e g u e n z a : f e r m ò ai Pirenei l'opera unificatrice del g r a n de I m p e r a t o r e , e p e r secoli t e n n e la S p a g n a a p p a r t a t a dalla storia d ' E u r o p a , c o n effetti c h e t u t t o r a in q u e l Paese si r i sentono.

CAPITOLO TRENTATREESIMO

L'ORGANIZZAZIONE C A R O L I N G I A

I M e r o v i n g i a v e v a n o p r e c i p i t a t o l ' a m m i n i s t r a z i o n e franca nel caos. Carlo Martello e Pipino la ricostruirono. C a r l o m a g n o la consolidò, d e c e n t r a n d o l a ma s o t t o p o n e n d o l a a un rigido controllo periferico. E q u e s t o riassetto coinvolse a n c h e l'Italia da R o m a in su. L e istituzioni f o n d a m e n t a l i d e l r e g i m e e r a n o t r e : i l g o v e r n o c e n t r a l e , quelli locali, e i cosiddetti o r g a n i i n t e r m e diari, o missi dominici. Il g o v e r n o centrale risiedeva nelle varie città, poco p i ù c h e villaggi, che di volta in volta ospitavano C a r l o m a g n o nel corso dei suoi frequenti spostamenti. Il fulcro e r a il Palazzo reale, c o m e ai t e m p i di Childerico. Ma a differenza d'allora, la figura d e l m a g g i o r d o m o e r a scomparsa. L'Arcivescovo di Reims, I n c m a r o , n i p o t e di C a r l o m a g n o , ci ha lasciato u n a minuziosa descrizione della vita palatina. I servizi pubblici s'identificavano con quelli privati e la figura del Re con quella dello Stato. I b e n i personali d e l Sovrano e r a n o a m m i n i s t r a t i con d e c r e t i ufficiali. I p o t e r i di C a r l o m a g n o e r a n o illimitati e le decisioni c h e p r e n d e v a i n a p pellabili. Convocava il consiglio dei ministri, c h e e r a un org a n o p u r a m e n t e consultivo e lo p r e s i e d e v a . Ad esso i n t e r venivano i sei segretari di Stato: c h ' e r a n o l'arcicappellano, il C o n t e di palazzo, il c a m e r a r i o , il siniscalco, il c o p p i e r e e il conestabile. L ' a r c i c a p p e l l a n o o m i n i s t r o d e l culto e r a il c a p o d e l l a cappella, della scuola palatina e della Cancelleria. Da lui dip e n d e v a u n o staff di notai e di archivisti. E r a il p i ù alto dig n i t a r i o di C o r t e e nella g e r a r c h i a di Palazzo o c c u p a v a il 245

p r i m o p o s t o . Il C o n t e p a l a t i n o a m m i n i s t r a v a la giustizia e r i c o p r i v a la carica di m i n i s t r o d e g l i I n t e r n i . Al c a m e r a r i o e r a n o affidati i tre dicasteri degli Esteri, delle F i n a n z e e del T e s o r o . Il siniscalco e il c o p p i e r e e r a n o i n t e n d e n t i . Il conestabile e r a il capo delle scuderie e il c o m a n d a n t e dell'esercito, di cui la cavalleria corazzata costituiva la spina dorsale. I vari g o v e r n i locali s'incarnavano invece nelle Contee, dip a r t i m e n t i di d i m e n s i o n i variabili, retti da un C o n t e , o P r e fetto, n o m i n a t o dal Re. Ad esso e r a n o conferiti i p o t e r i milit a r i , fiscali e g i u d i z i a r i , m e n t r e quelli religiosi v e n i v a n o esercitati dal Vescovo, che, a l m e n o in teoria, d i p e n d e v a dal Pontefice. Il r a p p o r t o Vescovo-Conte r i p r o d u c e v a su livello p i ù basso quello P a p a - I m p e r a t o r e . I C o n t i e r a n o i p i ù alti f u n z i o n a r i periferici. F r a c o s t o r o , q u a n d o s c o p p i a v a u n a g u e r r a , veniva scelto il Duca o Marchese, c o m a n d a n t e delle forze di u n a circoscrizione militare, che venivano di volta in volta reclutate tra la p o p o l a z i o n e di d u e o p i ù C o n t e e . II g o v e r n o locale e r a sottoposto al controllo dei missi dominici, o ispettori regi. La loro istituzione fu la chiave di volta d e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e carolingia. A differenza dei C o n t i , funzionari p e r m a n e n t i , essi e r a n o delegati t e m p o r a n e i . Ven i v a n o reclutati i n u g u a l i p r o p o r z i o n i nell'alta b u r o c r a z i a laica ed ecclesiastica, e a v e v a n o il c o m p i t o di accertarsi c h e i l C o n t e assicurasse u n a b u o n a a m m i n i s t r a z i o n e nel t e r r i t o rio che il Re gli aveva assegnato, e che s o p r a t t u t t o n o n esorbitasse dalle c o m p e t e n z e che gli e r a n o state attribuite. I miss i n o n a v e v a n o p e r ò solo funzioni d i c o n t r o l l o , m a a n c h e p o t e r i discrezionali. P o t e v a n o i n v o c a r e la forza p u b b l i c a e invalidare la n o m i n a di ogni funzionario inferiore al C o n t e , destituire q u e s t ' u l t i m o ma solo d o p o a v e r e o t t e n u t o il consenso d e l Re, al q u a l e a n d a v a indirizzata la p r o p o s t a di r e voca; e in caso di vacanza del p o t e r e comitale a s s u m e v a n o , a titolo p r o v v i s o r i o , l e f u n z i o n i d i P r e f e t t o . A v e v a n o a n c h e a m p i e facoltà in m a t e r i a giudiziaria, costituendosi in C o r t i d'Appello nei processi «mal giudicati». N o n g o d e v a n o di alc u n a diaria e vivevano a spese degli abitanti della C o n t e a di 246

cui g a r a n t i v a n o e d i f e n d e v a n o i diritti, r i c e v e n d o n e in cambio il g i u r a m e n t o di fedeltà al sovrano, o sacramentum fidelitatis, c h e veniva di solito p r e s t a t o in u n a chiesa, sulle reliq u i e d i u n Santo. I doveri che da esso scaturivano e r a n o il servizio militare, l'imposta e il b a n d o . Il servizio militare e r a un o n e r e privato. I cittadini p r o v v e d e v a n o p e r s o n a l m e n t e al p r o p r i o equipagg i a m e n t o e m a n t e n i m e n t o , in m i s u r a del l o r o p a t r i m o n i o fondiario, c o m p u t a t o sulla base del marno, c h ' e r a l'estensione di t e r r e n o sufficiente a m a n t e n e r e u n a famiglia. C o l o r o che possedevano m e n o di q u a t t r o mansi e r a n o esonerati dal servizio di leva. I latifondisti e i g r a n d i m o n a s t e r i f o r n i v a n o un n u m e r o di soldati c o r r i s p o n d e n t e al n u m e r o dei mansi diviso p e r q u a t t r o . I r e n i t e n t i alla leva p a g a v a n o u n ' a m m e n d a di centosessanta soldi, c h ' e r a il costo di un soldato. Il reclutam e n t o avveniva p e r Contea. La mobilitazione si svolgeva nel territorio p i ù vicino al t e a t r o delle operazioni. Il saccheggio e r a a m m e s s o e l a r g a m e n t e praticato dalle t r u p p e che si rifacevano così in p a r t e delle spese sostenute. Dal servizio di leva e r a esonerato chi rinunciava alla p r o p r i e t à o chi p r e n d e v a gli ordini religiosi. Quest'ultimo aveva p e r ò l'obbligo di designar e , in sua vece, un laico e di p r o v v e d e r e al suo a r m a m e n t o e sostentamento. L'esercito e r a formato di fanti e di cavalieri. I m e n o abbienti combattevano a piedi. I più ricchi a cavallo. II s e c o n d o obbligo che derivava dal g i u r a m e n t o e r a il pag a m e n t o delle imposte, che e r a n o dirette e indirette. Le p r i m e c o m p r e n d e v a n o la tassa di famiglia e i d o n i a n n u a l i , che il C o n t e c o n s e g n a v a al S o v r a n o n e l corso delle g r a n d i assemblee generali. In queste r i u n i o n i , che si svolgevano di solito al p r i n c i p i o di m a r z o , v e n i v a n o discussi i p r i n c i p a l i p r o b l e m i d e l R e g n o e p r e s e le decisioni militari i m p o r t a n t i . Le i m p o s t e indirette, c h ' e r a n o riscosse da agenti fiscali chiam a t i telonarii, colpivano la v e n d i t a sui m e r c a t i , il passaggio sui p o n t i e c c e t e r a . I l b a n d o , infine, implicava l'obbligo d i p a r t e c i p a r e alle cosiddette corvées c h ' e r a n o prestazioni d ' o p e r a g r a t u i t e di pubblica utilità. 247

La c u l t u r a dell'ex-Gallia r o m a n a , sotto i «Re f a n n u l l o n i » , e r a p i o m b a t a nella b a r b a r i e . P i p i n o il Vecchio, Carlo M a r tello e Pipino il Breve e r a n o analfabeti. Le p o c h e scuole n o n e r a n o frequentate che dai preti. I G e r m a n i che avevano s o m m e r s o l'Europa, p r i m a che alla cultura, avevano b a d a t o a consolidare la conquista. C o n C a r l o m a g n o l e cose c a m b i a r o n o . Per l ' I m p e r a t o r e analfabeta, l'ignoranza e r a un i m p e d i m e n t o alla diffusione del Vangelo e alla salvezza dell'anima, i n s o m m a qualcosa di mezzo fra la m i n o r a z i o n e e il delitto. Egli p r o m o s s e l'istruzione scolastica mobilitando il clero e f o n d a n d o scuole nelle cattedrali e nei monasteri, p e r c h é a quei tempi i preti e i m o n a c i e r a n o p r a t i c a m e n t e i soli c h e s a p e s s e r o l e g g e r e e scrivere. In q u e s t ' o p e r a i suoi m a g g i o r i collaboratori f u r o n o Alcuino, Paolo Diacono ed E g i n a r d o . Alcuino e r a n a t o nel 735 in I n g h i l t e r r a da u n a cospicua famiglia della N o r t h u m b r i a , e seguì i corsi di seminario a York dove fu consacrato p r e t e . York e r a allora s e d e d i u n ' i m p o r t a n t e u n i v e r s i t à . F u u n o scolaro assai p r e c o c e . A undici a n n i sapeva a m e m o r i a Virgilio e aveva letto tutto Sant'Agostino. E r a mite, pio e frugale. A v e n t ' a n n i c o m p ì il suo p r i m o viaggio in Italia, d o v e seg u i t ò a v e n i r e a n c h e d o p o l a n o m i n a a d Arcivescovo d i York, e d o v e egli i n c o n t r ò C a r l o m a g n o , il quale, colpito dalla sua erudizione, gli conferì l'abbazia di Ferrières e l'invitò a s e g u i r l o a Q u i e r z y - s u r - O i s e . In F r a n c i a , r i m a s e fino al 7 9 6 . F o n d ò scuole, a r r u o l ò i n s e g n a n t i , c o m p i l ò m a n u a l i e d e t t ò i p r o g r a m m i i m p e r n i a t i sullo studio delle «sette arti liberali»: il trivio che c o m p r e n d e v a la grammatica, la retorica e la dialettica, e il quadrivio che c o m p r e n d e v a l'aritmetica, la g e o m e t r i a , la musica e l ' a s t r o n o m i a . Alcuino definì q u e s t e materie le «sette colonne del t e m p i o di Salomone», e incaricò il d o t t o Teodolfo di scrivere su di esse un p o e m a . Nel 796 si ritirò nel celebre m o n a s t e r o di Tours, di cui fu n o m i n a t o abate, e dove diciotto a n n i d o p o m o r ì . Paolo Diacono e n t r ò al servizio di C a r l o m a g n o nel 782. 248

E r a n a t o nel 725 e aveva trascorso g r a n p a r t e della sua vita a Pavia. E r a stato l ' i n g e g n o p i ù brillante alla corte di Desid e r i o , di cui p e r l u n g o t e m p o fu consigliere. C o n la c a d u t a d e l R e g n o l o n g o b a r d o , i F r a n c h i gli c o n f i s c a r o n o i b e n i e egli r i p a r ò a B e n e v e n t o . Nel 775 C a r l o m a g n o fece a r r e s t a r e e d e p o r t a r e in Austrasia suo fratello Arichi. Paolo allora gli inviò un p o e m a in cui ne implorava la restituzione. L'opera p i a c q u e a l R e c h e liberò Arichi m a i n c a m b i o p r e t e s e c h e Paolo si trasferisse ad A q u i s g r a n a . N e l 7 8 6 a c c o m p a g n ò C a r l o m a g n o in Italia. Visitò Firenze, R o m a e Montecassino d o v e passò il resto dei suoi giorni. Nella solitudine del m o n a s t e r o b e n e d e t t i n o c o m p o s e l a «Storia d e i L o n g o b a r d i » c h e è la sua o p e r a p i ù famosa. Su E g i n a r d o le notizie che abbiamo sono scarse. Sappiamo c o n certezza che e n t r ò a C o r t e sulla fine d e l l ' V I I I secolo. E r a franco di nascita, ma r o m a n o di formazione. Carlom a g n o lo n o m i n ò segretario particolare. La sua Vita Karoli, che p r e n d e a m o d e l l o Svetonio, è u n a bella biografia a n e d dotica e vivace, a n c h e se c o m p o s t a con intenti agiografici. Alcuino, Paolo Diacono ed E g i n a r d o f o n d a r o n o l'Accademia Palatina e le scuole episcopali e m o n a s t i c h e . L'Accademia e r a un v e r o e p r o p r i o cenacolo di eruditi, qualcosa come i nostri Lincei. Il Presidente era il Ministro della pubblica istruzione, Alcuino. Alle r i u n i o n i interveniva a n c h e il Re. Ciascuno dei suoi m e m b r i aveva a d o t t a t o u n o p s e u d o n i m o e b r a i c o o l a t i n o . C a r l o m a g n o si c h i a m a v a David, Alcuino Fiacco, E g i n a r d o Bezaleel. Alle s e d u t e p a r t e c i p a v a n o a n c h e la figlia d e l s o v r a n o R o t r u d e col n o m e di C o l o m b a e la sorella Gisila con quello di Lucia. Le discussioni e r a n o animate, e n o n di r a d o d a v a n o origine a vivaci battibecchi. All'ord i n e del g i o r n o e r a n o , di volta in volta, la lettura dei classici o l'esegesi biblica. Alle d o t t e d i s p u t e e r a n o intercalati cruciverba, sciarade, indovinelli. Dall'Accademia d i p e n d e v a n o le scuole. In o g n i Cattedrale e M o n a s t e r o ce n ' e r a a l m e n o u n a . Gli scolari e r a n o reclutati in g r a n p a r t e t r a i c o n t a d i n i e gli schiavi. I nobili e r a n o 249

r a r i : essi t e n e v a n o a vile q u a l u n q u e o c c u p a z i o n e c h e n o n fosse quella delle a r m i . I corsi e r a n o gratuiti, l'istruzione facoltativa, m a solo chi e r a i n possesso d i u n titolo d i s t u d i o p o t e v a a r r u o l a r s i n e l l ' a m m i n i s t r a z i o n e pubblica o nel Cler o . D u e scuole a c q u i s t a r o n o , i n b r e v e v o l g e r e d i t e m p o , g r a n d e r i n o m a n z a : quella p a l a t i n a di A q u i s g r a n a e quella di T o u r s . La scuola palatina e r a u n a specie di s e m i n a r i o riservato aìYélite, c o m e oggi il College inglese di E t o n . La ling u a ufficiale e r a il latino. Le lezioni v e n i v a n o i m p a r t i t e da p r e t i e monaci. L a rinascita carolingia n o n f u solo l e t t e r a r i a , m a a n c h e artistica. Sotto i Merovingi la Gallia che, d u r a n t e la d o m i n a zione r o m a n a aveva r a g g i u n t o u n alto g r a d o d i civiltà, aveva subito u n a lenta ma inesorabile d e c a d e n z a . Gli edifici dei t e m p i di A u g u s t o o di T r a i a n o e r a n o stati a b b a n d o n a t i alle ingiurie del t e m p o , fiorenti città si e r a n o trasformate in n e cropoli, antichi templi pagani e r a n o caduti in rovina. La L o m b a r d i a di Astolfo e di Desiderio, al confronto col R e g n o franco, e r a un faro di civiltà e di p r o g r e s s o . C a r l o m a g n o , che aveva il mal della pietra, fu l'artefice di un r e c u p e r o che ebbe del miracoloso. Arruolò architetti, carpentieri, m u r a t o r i . T r a s p o r t ò d a R a v e n n a a d A q u i s g r a n a la statua di Teodorico e la collocò nel cortile del palazzo reale. La rinascita artistica dei F r a n c h i p r e s e a m o d e l l o Costantinopoli, e le s u e caratteristiche costruzioni a r o t o n d a . L'arc h i t e t t u r a latina aveva c o m e f o n d a m e n t o la basilica di forma oblunga, a t r e navate, tagliate da un transetto a croce latina col soffitto in legno. La s t r u t t u r a di quella orientale e r a invece circolare o p o l i g o n a l e c o n volta in p i e t r a . Ad A q u i s g r a n a C a r l o m a g n o fece costruire u n a cappella a cupola, di f o r m a o t t a g o n a l e , i s p i r a n d o s i alla chiesa b i z a n t i n a d i S a n Vitale c h e aveva visto e a m m i r a t o a R a v e n n a . Il t e m p i o fu d e c o r a t o con ricchi mosaici e p i t t u r e di soggetto sacro. Lo storico inglese H.A.L. Fisher ha scritto c h e la rinascita carolingia fu priva di originalità e di v e r a g r a n d e z z a . Alcuin o , Paolo Diacono ed E g i n a r d o , c h e ne f u r o n o i c a m p i o n i , 250

n o n lasciarono nulla che potesse r e g g e r e il confronto con la storia di Tacito, i c a r m i di Catullo o i p o e m i di Virgilio. Ma il p a r a g o n e n o n r e g g e . Dietro Tacito c'era u n a g r a n d e civiltà o r m a i g i u n t a a m a t u r a z i o n e ; d i e t r o Alcuino c'era u n a società analfabeta, a p p e n a uscita dal suo o r d i n a m e n t o tribale. L'Accademia Palatina fu tuttavia un polo c h e attrasse il fior fiore dell'intellighenzia c o n t e m p o r a n e a , e n o n solo q u e l l a franca, ma a n c h e quella latina e quella anglosassone. Senza la rinascita carolingia, c o n la riscoperta, la trascrizione e la conservazione degli antichi manoscritti greci e latini, l ' U m a n e s i m o s a r e b b e stato impossibile, e la civiltà o c c i d e n t a l e avrebbe subito u n diverso corso.

CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO

IL CROLLO

Nell'806 C a r l o m a g n o convocò u n a g r a n d e assemblea d i nobili e di ecclesiastici e spartì l ' I m p e r o tra i figli. Assegnò a Pip i n o l'Aquitania e l'Italia, a Luigi u n a larga fetta della Baviera e l'Allemagna a sud del D a n u b i o , e a Carlo, che p r e d i ligeva, la N e u s t r i a , l'Austrasia, u n a p a r t e della Baviera, la Frisia, la Sassonia e la Turingia. Nel luglio dell'810 m o r ì Pip i n o e nel d i c e m b r e d e l l ' 8 1 1 , a soli t r e n t a n o v e a n n i , calò nella t o m b a C a r l o . Restava Luigi, s o p r a n n o m i n a t o il Pio. Nell'estate dell'813 il p a d r e l'associò al t r o n o e il 10 settemb r e dello stesso a n n o , alla p r e s e n z a dei Vescovi e dei Conti franchi, gli p o s e sul c a p o quella c o r o n a i m p e r i a l e c h e , la n o t t e di Natale d e l l ' 8 0 0 , egli aveva r i c e v u t o d a l P a p a , c h e questa volta n o n e r a stato n e m m e n o consultato. La cerimonia si svolse ad Aquisgrana nella chiesa del Salvatore. Al term i n e d e l rito C a r l o m a g n o a b b r a c c i ò il figlio, e t u t t ' e d u e s c o p p i a r o n o a p i a n g e r e . Il g i o r n o stesso Luigi t o r n ò in Aquitania. Già da alcuni anni, la salute di C a r l o m a g n o aveva cominciato a d e c l i n a r e . Gli attacchi di gotta s'erano fatti s e m p r e p i ù f r e q u e n t i . U n a c a d u t a d a cavallo gli aveva p r o c u r a t o u n a b r u t t a slogatura al p i e d e c h e l'obbligava a c a m m i n a r e col bastone. Ad Aquisgrana - r a c c o n t a n o i cronisti - s'erano p o i verificati certi p r o d i g i c h e n o n lasciavano p r e s a g i r e n i e n t e di b u o n o . Un g i o r n o , m e n t r e compiva la sua abituale cavalcata m a t t u t i n a , C a r l o m a g n o e r a stato c o m e folgorato dal bagliore di u n a stella c a d e n t e . La sua s p a d a e r a a n d a t a in frantumi, la lancia che stringeva nella d e s t r a e r a stata scagliata a dieci m e t r i di distanza, e lui stesso e r a stato scara252

ventato a t e r r a . U n a tragica catena di calamità naturali e di altri f e n o m e n i celesti c o n f e r m a r o n o in seguito il r e s p o n s o che i m a g h i trassero da questo episodio. Ai p r i m i di n o v e m b r e d e l l ' 8 1 3 l ' I m p e r a t o r e fu colto da u n a m i s t e r i o s a f e b b r e . C o m ' e r a solito fare q u a n d o n o n s i sentiva b e n e , si mise a letto in attesa che il male passasse da solo. Si n u t r i v a quasi esclusivamente di succhi di frutta. Le figlie s ' a v v i c e n d a v a n o al s u o capezzale e gli l e g g e v a n o la Bibbia e la «Città di Dio». Il 21 g e n n a i o dell'814 sopravvenne un'improvvisa complicazione p o l m o n a r e che - racconta E g i n a r d o - si manifestò con u n a d o l o r o s a fìtta al fianco. Il 27, s e n t e n d o vicina la fine, il m a l a t o convocò l'Arcivescovo di Colonia, Ildibaldo, c h e gli s o m m i n i s t r ò l'estrema unzion e . La m a t t i n a del 28 cercò di fare il segno della croce, ma la m a n o p e r la debolezza gli r i c a d d e sul petto. Morì alle n o ve d o p o aver r a c c o m a n d a t o la p r o p r i a a n i m a a Dio. La salma fu lavata, vestita e trasportata nella basilica d'Aq u i s g r a n a , d o v e lo stesso g i o r n o fu t u m u l a t a in un a n t i c o sarcofago, sul q u a l e il figlio Luigi fece scolpire q u e s t o epitaffio: «Sotto questa edicola riposa il c o r p o di Carlo, g r a n d e e o r t o d o s s o I m p e r a t o r e che estese n o b i l m e n t e il r e g n o dei Franchi e g o v e r n ò con f o r t u n a p e r q u a r a n t a s e t t e a n n i . Morì a 72 a n n i , l ' a n n o d e l S i g n o r e 8 1 4 , c i n q u e g i o r n i p r i m a delle calende di febbraio». La m o r t e d e l suo f o n d a t o r e fu il p r i n c i p i o della fine dell ' I m p e r o carolingio. Luigi e r a un u o m o bigotto e malinconico. I s u d d i t i l ' a v e v a n o s o p r a n n o m i n a t o il Pio p e r il s u o zelo, m a p i ù a n c o r a p e r l a sua d a b b e n a g g i n e . E r a s e m p r e vissuto a l l ' o m b r a d e l p a d r e d a cui, o l t r e l a c o r o n a , aveva ereditato la passione p e r la caccia. Era stato allevato dai p r e ti di cui e r a diventato s t r u m e n t o e zimbello. Si recava o g n i mattina a messa, osservava scrupolosamente la vigilia, si sottoponeva a penitenze e digiuni. I sudditi l'amavano p e r c h é u n a volta aveva p a g a t o di tasca sua la Vanoni p e r tutti. P r i m a c h e il p a d r e lo coronasse 253

I m p e r a t o r e a v r e b b e v o l u t o ritirarsi i n c o n v e n t o . C a r l o m a g n o c o m m i s e l ' e r r o r e d'impedirglielo. N o n i m m a g i n a v a c h e un g i o r n o il figlio a v r e b b e sfasciato tutto quello c h e t a n t o faticosamente egli aveva costruito. Luigi si sposò a v e n t ' a n n i c o n u n a c e r t a I r m i n g a r d a . Il m a t r i m o n i o e r a stato c o m b i n a t o d a u n Vescovo d i C o r t e c h e l ' I m p e r a t o r e r i c o m p e n s ò c o n u n c o n v e n t o e a l c u n e chiese. L e nozze f u r o n o c e l e b r a t e c o n g r a n d e p o m p a . D u r a n t e l a c e r i m o n i a Luigi, c h ' e r a vergine, scoppiò in lacrime e distrib u ì ai fedeli le t e r r e c h e il p a d r e e il n o n n o gli avevano trasmesso. U n p o e t a , c h e e r a t r a c o s t o r o , celebrò i l gesto c o n q u e s t i versi: «La ricchezza d e g l i altri sta n e i tesori; la t u a , I m p e r a t o r e , nei meriti». Era u n o strano miscuglio di bigotteria e crudeltà. Tras c u r a v a i d o v e r i c o n i u g a l i p e r c a n t a r e i salmi e l e g g e r e la Bibbia. Afflitto a n c h e lui c o m e il p a d r e dal mal della pietra, e r e s s e a R a t i s b o n a u n a basilica coi m a t t o n i ricavati d a l l e m u r a della città c h e aveva fatto d e m o l i r e . Si fece effigiare c o n la croce e lo s c u d o anziché con la s p a d a c h ' e r a stata sin allora l'attributo dei Re carolingi. E r a geloso del protocollo a l q u a l e n o n a m m e t t e v a d e r o g h e . P r o c l a m a v a d i essere u n c o m u n e m o r t a l e , ma p r e t e n d e v a c h e i sudditi gli baciassero i piedi. Q u a n d o fu proclamato I m p e r a t o r e giurò al p a d r e che a v r e b b e m a n t e n u t o e p r o t e t t o l e sorelle. M o r t o C a r l o m a g n o , le fece invece r a p a r e e r i n c h i u d e r e in c o n v e n t o : t e m e va c h e si s p o s a s s e r o e gli u s u r p a s s e r o il t r o n o . Un t r a t t a m e n t o ancora peggiore lo riservò al nipote B e r n a r d o che nell'810 e r a diventato Re d'Italia. B e r n a r d o era figlio di Pipino, primogenito del grande Carlo. Pipino era m o r t o p r e m a t u r a m e n t e e la corona era così passata sul c a p o di Luigi. Su di essa B e r n a r d o n o n aveva alcun diritto s e b b e n e gli Arcivescovi di Milano e di C r e m o n a avessero cercato di dimostrargli il c o n t r a r i o . Lo zio dichiarò g u e r r a al nipote e con un codazzo di p r e t i a r m a t i p u n t ò i n d i r e z i o n e dell'Italia. B e r n a r d o gli a n d ò 254

i n c o n t r o con p o c h e centinaia di u o m i n i . Il grosso dell'esercito infatti aveva disertato ed e r a passato al n e m i c o . Lo scontro avvenne, o meglio non avvenne, a Chalon-sur-Saòne. B e r n a r d o s ' a r r e s e senza c o m b a t t e r e . C o n d o t t o a l c o s p e t t o dello zio gli si b u t t ò bocconi ai piedi, gli baciò r i p e t u t a m e n t e quello d e s t r o e ne invocò la clemenza. Luigi o r d i n ò d ' i m p r i g i o n a r l o , p o i c o n v o c ò un t r i b u n a l e speciale e ve lo deferì. B e r n a r d o e i suoi complici laici furono giudicati p e r direttissima, riconosciuti colpevoli di alto t r a d i m e n t o e c o n d a n n a t i a m o r t e , i Vescovi di Milano e di C r e m o n a furono deposti da un concilio s t r a o r d i n a r i o , e altri ecclesiastici c h e a v e v a n o partecipato al complotto esiliati o relegati in monasteri. Alla vigilia dell'esecuzione Luigi, p e r intercessione di alcuni p r e ti, c o m m u t ò la p e n a di m o r t e in quella dell'accecamento. A B e r n a r d o furono cavati gli occhi, ma l'operazione riuscì male, e d o p o t r e giorni di agonia il p o v e r e t t o m o r ì . Fu sepolto a Milano e sulla sua t o m b a fu scolpito questo epitaffio d e t t a t o - p a r e - dallo zio: «Qui giace B e r n a r d o il Santo». La vendetta d e l l ' I m p e r a t o r e s'abbattè a n c h e su t r e fratelli della vittim a , c h e n o n avevano p a r t e c i p a t o alla c o n g i u r a m a c h e eran o sospettati d i p o t e r n e , u n g i o r n o , o r d i r e u n a . Q u e s t o accadeva nell'819. D u e a n n i p r i m a Luigi aveva a sua volta spartito l ' I m p e r o tra i figli. Il p r i m o g e n i t o L o t a r i o e r a stato associato al t r o n o . P i p i n o aveva o t t e n u t o l'Aquitania. A Luigi, d e t t o il Germanico, e r a a n d a t a la Baviera. Restava C a r l o il Calvo, figlio di s e c o n d o l e t t o , c h ' e r a a n c o r a un b a m b i n o . Luigi l'aveva a v u t o d a u n a certa Giuditta c h e aveva sposato d o p o la m o r t e di I r m i n g a r d a . La p e r d i t a della p r i m a moglie lo aveva t a l m e n t e sconvolto c h e aveva deciso di r i n u n c i a r e alla c o r o n a p e r ritirarsi in un c o n v e n t o . I C o n t i glielo a v e v a n o i m p e d i t o c o n v o c a n d o a d A q u i s g r a n a u n a dieta alla q u a l e avevano invitato a n c h e un centinaio di fanciulle t r a le quali G i u d i t t a fu a p p u n t o la prescelta. E r a u n a d o n n a astuta e scostumata. L'abate di C o r b i e l'accusò a d d i r i t t u r a di a d u l t e r i o . Luigi, che l'adorava, ne fu s e m p r e succ u b o , e p e r c o m p i a c e r l e a s s e g n ò al piccolo C a r l o l'Allema255

gna, la Svizzera e la F r a n c a C o n t e a s c a t e n a n d o fra gli altri figli u n a g u e r r a civile c h e d u r ò o t t o a n n i . A essa p r e s e r o p a r t e a n c h e i Vescovi di Vienne, Lione e Amiens che scesero in c a m p o b r a n d e n d o la lancia della scomunica, u n ' a r m a che cominciava a d i v e n t a r e p i ù temibile di quelle cosiddette convenzionali. I Vescovi si s c h i e r a r o n o c o n t r o l ' I m p e r a t o r e e il suo prediletto Carlo. L a rivolta f u u n d u r o colpo p e r l ' I m p e r a t o r e c h e cercò - ma invano - di d o m a r l a convocando q u a t t r o concili. Lotario a r r u o l ò a n c h e Papa Gregorio IV che scomunicò Luigi. I Vescovi partigiani d e l l ' I m p e r a t o r e a l o r o volta scomunicar o n o il Pontefice. G r e g o r i o allora t e n t ò u n a t r e g u a e s'inc o n t r ò con Luigi. Il g i o r n o d o p o , l'esercito d e l l ' I m p e r a t o r e passò al n e m i c o . Il l u o g o d o v e si e r a svolto il negoziato da allora si c h i a m ò Campo delle menzogne. Luigi s'arrese e conseg n ò la moglie e il figlioletto a L o t a r i o . Giuditta fu r a p a t a e chiusa in convento. La stessa sorte subì Carlo. Il Papa, trionfante, t o r n ò a R o m a . Luigi fu spodestato e trascinato a Soissons d o v e si sottopose a pubblica penitenza. Il Vescovo di Reims che gli doveva la diocesi lo d e p o s e nella chiesa di N ó t r e - D a m e . Poi gli o r d i n ò di togliersi il c i n t u r o n e e la s p a d a e d ' i n d o s s a r e un cilicio ch'era stato d e p o s t o ai piedi dell'altare. Q u i n d i , ad alta voce, l'accusò di omicidio e di sacrilegio p e r aver arruolato t r u p p e d u r a n t e la Q u a r e s i m a e convocato il P a r l a m e n t o il g i o r n o di Venerdì Santo. L ' I m p e r a t o r e fu spogliato delle i n s e g n e e d e i titoli. Gli r i m a s e solo quello di Signore, e p e r palazzo gli fu assegnato un m o n a s t e r o . Liquidato il p a d r e e il fratello m i n o r e , gli altri t r e e r e d i cominciarono a litigare fra loro. Luigi il Germanico e Pipino si a l l e a r o n o c o n t r o Lotario c h ' e r a il p i ù a r r o g a n t e . I Franchi si e r a n o commossi p e r la sorte di Luigi che n o n avevano mai a m a t o . Nell'834 Pipino e Luigi il Germanico visitarono il p a d r e nel m o n a s t e r o di Saint Denis e gli chiesero di aiutarli c o n t r o Lotario. In cambio gli restituirono Giuditta e Carlo. Il Vescovo di Reims fu d e p o s t o . 256

Nell'838 P i p i n o calò nella t o m b a . L ' I m p e r o fu di n u o v o diviso. Luigi il Germanico, s c o n t e n t o della sua p a r t e , invase quella di L o t a r i o . Il p a d r e cercò di f e r m a r l o , ci riuscì, ma morì poco dopo di crepacuore scongiurando Lotario di aver c u r a di Giuditta e C a r l o . Nel t e s t a m e n t o - riferiscono le fonti ecclesiastiche - c o n f e r m ò le d o n a z i o n i di P i p i n o e C a r l o m a g n o alla Chiesa. Di suo a g g i u n s e la Sicilia che n o n gli a p p a r t e n e v a e che e r a c a d u t a nelle m a n i del Califfo. L a s c o m p a r s a d i Luigi scatenò n u o v e g u e r r e i n t e s t i n e . L o t a r i o si a u t o p r o c l a m ò e r e d e d e l l ' I m p e r o c o n t r o Luigi il Germanico e Carlo il Calvo che voleva r i d u r r e a vassalli. I t r e fratelli si s c o n t r a r o n o a Fontenoy. Fu u n a carneficina. C e n tomila u o m i n i r e s t a r o n o sul t e r r e n o e L o t a r i o fu sconfitto. Il trattato di V e r d u n nell'843 p o r t ò a u n a n u o v a spartizione d e l l ' I m p e r o , diviso in t r e Stati, i cui confini, grosso m o d o , c o r r i s p o n d o n o a quelli attuali dell'Italia, della Francia e della G e r m a n i a . Luigi il Germanico e b b e le t e r r e t r a il R e n o e l'Elba, C a r l o g r a n p a r t e della Francia e la m a r c a spagnola, Lotario - che conservò il titolo imperiale - l'Italia e il territorio c o m p r e s o t r a il R e n o a Est, la Schelda, la S a o n n a e il R o d a n o a Ovest. Q u e s t o r e g n o si c h i a m ò Lotaringia e da esso deriva la m o d e r n a L o r e n a . Q u e s t a divisione fu definita u n a m o s t r u o s i t à geografica p e r c h é la fascia centrale, assegnata a Lotario, includeva d u e capitali, R o m a e A q u i s g r a n a , e inglobava t e r r i t o r i c h e n o n a v e v a n o n i e n t e in c o m u n e . N e l l ' 8 4 2 a S t r a s b u r g o Luigi e Carlo si e r a n o giurati reciproca fedeltà. Noi conserviamo il testo di questo g i u r a m e n t o c h e è il più antico d o c u m e n t o in lingua volgare. Luigi p a r l ò in francese, Carlo gli rispose in tedesco, e n e s s u n o dei d u e capì l'altro. Nell'855 Lotario m o r ì nell'abbazia di P r u m d o v e s'era ritirato. Lasciò tre figli. A Lotario II assegnò la L o r e n a , a Carlo la P r o v e n z a , a Luigi II l'Italia. La Penisola e r a a m m i n i strata a mezzadria dal Re franco, dal Papa e dal Duca di Benevento. C'era p o i tutta u n a m i r i a d e d i B a r o n i , d i Conti, d i abati c h e f o m e n t a v a n o l ' a n a r c h i a s c a t e n a n d o c o n t i n u e 257

guerricciole locali. Q u a n d o Luigi II calò nella t o m b a , Carlo c o n un piccolo esercito v a r c ò le Alpi, m a r c i ò su R o m a e c o m p r ò l'Italia d a l P a p a c h e , n o n s a p p i a m o a q u a l e titolo, se ne proclamava proprietario. L'intraprendente sovrano m o r ì nell'877 avvelenato dal suo medico, u n e b r e o d i n o m e Sedecia. A C a r l o successero Re a n c o r a p i ù i n e t t i : Luigi il Balbuziente, Luigi I I I , C a r l o m a n n o e Carlo il Grosso che tornò a r i u n i r e sotto di sé l'intero R e g n o di C a r l o m a g n o . Il lettore si sarà p e r s o in questo caos. Si consoli p e n s a n d o c h e ci s'era p e r s a tutta l'Europa. Bellicose popolazioni scand i n a v e , i N o r m a n n i , p r e m e v a n o a N o r d . F r a l'880 e I'885 d e v a s t a r o n o Liegi, C o l o n i a , A q u i s g r a n a , T r e v i r i , A m i e n s d o v e fecero u n b o t t i n o d i d o d i c i m i l a l i b b r e d ' a r g e n t o . Nell'885 calarono su Parigi. La città difesa d a l g o v e r n a t o r e O d o e dal Vescovo Gozlin sostenne un assedio di tredici m e si. Alla fine Carlo il Grosso p a g ò settecento libbre d ' a r g e n t o ai N o r m a n n i e li invitò a i n v a d e r e la Borgogna. T r e a n n i d o p o l ' I m p e r a t o r e f u d e p o s t o d a u n a a s s e m b l e a d i notabili. Negli ultimi t e m p i aveva d a t o segni d i d e m e n z a . E r a stato sottoposto alla t r a p a n a z i o n e del cranio ma l'operazione n o n e r a riuscita. A 47 a n n i , solo e a b b a n d o n a t o da tutti, a n c h e dalla m o g l i e R i c c a r d a c h e e r a d i v e n t a t a l ' a m a n t e d e l s u o confessore, si ritirò nella diocesi di M a g o n z a d o v e m o r ì t r a le braccia del Vescovo. E r a p r a t i c a m e n t e la fine di u n a dinastia, quella carolingia, c h e aveva avuto t r e protagonisti - Carlo Martello, Pipino e C a r l o m a g n o - e molte c o m p a r s e . In c e n t o a n n i l ' E u r o pa aveva cambiato faccia. Aveva p e r d u t o l ' i m p r o n t a r o m a n a p e r acquistarne u n a germanica. Ma oltre a quello tedesco c'era o r a , c o n r a n g o di p r o t a gonista, a n c h e u n a l t r o e l e m e n t o : q u e i S a r a c e n i c h e , p e r q u a n t o arrestati dagli eserciti franchi a Poitiers, d o m i n a v a no tutto il M e d i t e r r a n e o , la Sicilia e la S p a g n a . Per fortuna, allo sfacelo d e l l ' I m p e r o carolingio, n o n e r a n o p i ù in fase di conquista militare. Ma ne stavano svolgendo un'altra, culturale, i cui riflessi sulla civiltà e u r o p e a furono i m m e n s i . 259

Il lettore quindi ci p e r d o n e r à se apriamo u n a parentesi di alcuni capitoli p e r rintracciare le vicende di questa cavalcata a r a b a fino ai Pirenei. N o n è colpa nostra se un certo filone della civiltà e u r o p e a , e q u i n d i a n c h e italiana, comincia alla Mecca e a M e d i n a .

CAPITOLO TRENTACINQUESIMO

IL PROFETA

L'Arabia è u n a penisola desertica c h e fino al VI secolo e r a rimasta e s t r a n e a ad o g n i influsso di civiltà. Già il suo n o m e è poco invitante: arab significa arido. Solo u n a volta i R o m a ni avevano cercato di penetrarvi. Ma furono decimati dal caldo e dalle e p i d e m i e , e da allora in poi si c o n t e n t a r o n o di t e n e r e u n a g u a r n i g i o n e a A d e n p e r c o n t r o l l a r e la r o t t a e i traffici del Mar Rosso. L'interno è un altipiano sabbioso c h e a r r i v a sino a 4 0 0 0 m e t r i , d o v e di g i o r n o il sole b r u c i a gli occhi e arrostisce la pelle, m e n t r e di n o t t e il t e r m o m e t r o scende sotto zero. Villaggi di fango sorgevano (e t u t t o r a sorgono) a g r a n d i distanze fra l o r o , là d o v e sgorgava u n a polla d ' a c q u a e f o r m a v a un'oasi. U n a volta ogni mezzo secolo la neve cade sui picchi p i ù alti. L'aria è scintillante, il cielo t e r s o e d u r o c o m e un cristallo, le stelle s e m b r a n o vicinissime. I Greci, c h e n o n e s p l o r a r o n o m a i questa i m m e n s a penisola, la p i ù vasta d e l m o n d o , c h i a m a r o n o i suoi a b i t a n t i Saraceni, c h e vuol d i r e «uomini dell'Oriente». Questi u o m i n i e r a n o di origine semitica e di pelle bianca, a n c h e s e a b b r o n z a t a dal sole. A n g a r i a t i m a a n c h e p r o t e t t i dalla inospitalità della loro terra, n o n avevano mai sentito il b i s o g n o di u n i r s i e di f o r m a r e ciò c h e oggi si c h i a m a u n a «nazione». L a m a g g i o r p a r t e e r a n o b e d u i n i n o m a d i , c h e t r a s c o r r e v a n o la giornata a b o r d o di cavalli e cammelli, a m mazzandosi tra loro p e r il possesso di un pozzo con la poca e r b a che vi cresceva i n t o r n o . E r a n o suscettibili, orgogliosi e anarchici. L'unico vincolo sociale a cui obbedivano e r a quello della tribù, c o m a n d a t a da u n o Sceicco. La loro occupazio263

ne favorita e r a la g u e r r a , il loro riposo la d o n n a . Ne sposav a n o m o l t e , m e t t e n d o a l m o n d o caterve d i f i g l i , affidandone la selezione alle e p i d e m i e , carestie e siccità che ne lasciav a n o in vita b e n pochi; e il loro sogno, quasi s e m p r e realizzato, e r a di m o r i r e con l'arma in p u g n o . Parlavano u n a ling u a m o l t o simile all'ebraico, m a quasi n e s s u n o sapeva leggerla e scriverla. A n c h e i p o e t i e r a n o analfabeti, e ce n ' e r a n o molti; anzi, l o e r a n o u n p o ' tutti. Per u n m e s e all'anno l e t r i b ù si c i m e n t a v a n o in g a r e di strofe e di versi, c h e spesso finivano in carneficine. A v e v a n o u n a c u r i o s a r e l i g i o n e politeistica. C r e d e v a n o nella l u n a , nelle stelle e in u n a q u a n t i t à di jinn o spiriti, i quali col t e m p o si e r a n o t a l m e n t e moltiplicati che gli stessi fedeli n o n ci c a p i v a n o p i ù n u l l a e, d i s p e r a n d o di poterseli t u t t i p r o p i z i a r e , si r i m e t t e v a n o fatalisticamente alla s o r t e senza t r o p p o c r e d e r e che ce ne fosse q u a l c u n a oltre la vita t e r r e n a . Tuttavia, q u a n d o m o r i v a n o , facevano legare il cammello alla p r o p r i a t o m b a p e r farsi t r a s p o r t a r e i n u n p a r a d i so p i e n o di f e m m i n e , di cavalli e di zuffe, c h e r a p p r e s e n t a v a la loro vaga e indefinita s p e r a n z a . Q u e s t a r e l i g i o n e aveva la sua capitale alla Mecca, il suo t e m p i o nella Kaaba, e il suo altare nella Pietra N e r a . La Mecca e r a la città p i ù i m p o r t a n t e della penisola, ma il suo p r i m a t o n o n e r a d o v u t o a privilegi climatici e n a t u r a l i . Sorgeva in u n a valle sassosa e a r i d a , flagellata dal caldo, d o ve n o n cresceva u n a pianta. Ma, p e r la sua vicinanza al M a r Rosso, e r a u n p u n t o d i passaggio obbligato p e r l e carovane i n t r a n s i t o d a l l ' E g i t t o a l l ' I n d i a e viceversa. U n a d e l l e d u e s u e m a g g i o r i i n d u s t r i e e r a n o infatti l e c o m p a g n i e d i tras p o r t o , a l c u n e delle quali d i s p o n e v a n o a n c h e di mille cammelli. L'altra e r a la Kaaba, m è t a di pellegrinaggi. Kaaba significa cubo. E un edificio r e t t a n g o l a r e di pietra, alto u n a q u i n d i c i n a di metri, di cui gli Arabi dicono c h ' è stato r i c o s t r u i t o dieci volte: la p r i m a dagli angeli, la s e c o n d a da A d a m o , l'ultima da M a o m e t t o , ed è quella c h e a n c h e oggi si v e d e . In un a n g o l o affiora dalla t e r r a la famosa Pietra 264

N e r a , c h e in realtà è rossastra, di forma ovale. N o n è nulla p i ù di un ciotolo levigato, ma gli Arabi d i c o n o e h ' è sceso dal cielo, e forse è v e r o p e r c h é si tratta p r o b a b i l m e n t e d ' u n m e teorite. Ma, oltre la Pietra, nella Kaaba c ' e r a n o a n c h e altri idoli, o g n u n o d e i q u a l i r a p p r e s e n t a v a u n D i o . U n o d i essi e r a chiamato Allah, ed e r a il p i ù i m p o r t a n t e di tutti p e r c h é p i ù i m p o r t a n t e di t u t t e e r a la tribù c h e lo aveva a d o t t a t o c o m e p a t r o n o : quella d e i Q u r a i s h . Essi si c o n s i d e r a v a n o discend e n t i diretti di A b r a m o e di Ismaele, e p e r questa divina origine a m m i n i s t r a v a n o gl'introiti del t e m p i o , n e n o m i n a v a n o i g u a r d i a n i ed esercitavano u n a specie di s u p e r v i s i o n e a n che sul g o v e r n o della Mecca. Però, da b u o n i Arabi, n e m m e no i Q u r a i s h riuscirono a r e s t a r e uniti. Nel VI secolo e r a n o divisi in d u e r a m i rivali e nemici. U n o e r a g u i d a t o d a l ricco e caritatevole m e r c a n t e H a s h e m ; l'altro dal suo geloso n i p o te U m a y a . A H a s h e m successe il fratello A b d al-Muttalib. E i l figlio d i costui n e l 5 6 8 s p o s ò u n a s u a l o n t a n a p a r e n t e , Amina, anch'essa dei Q u r a i s h . D a q u a t t r o a n n i l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e Giustiniano aveva r a g g i u n t o nella t o m b a la moglie T e o d o r a , e i suoi eserciti d i s p u t a v a n o l'Italia a i L o n g o b a r d i , q u a n d o i n q u e s t a città santa dell'Arabia, piccolo g r u m o di c a p a n n e di fango accecato dal sole e dalla sabbia, e a p p e s t a t o dal p u z z o d e i cammelli, A m i n a mise al m o n d o un b a m b i n o , cui fu posto il n o me di M o h a m e d , che noi occidentali abbiamo tradotto in M a o m e t t o e che significa «altamente lodato». C o r r e v a l'ann o 5 6 9 , e M a o m e t t o n a c q u e già o r f a n o , p e r c h é s u o p a d r e aveva a p p e n a a v u t o il t e m p o di concepirlo. T r e giorni d o p o l e n o z z e e r a p a r t i t o p e r u n o d e i suoi soliti viaggi d i c o m mercio, ed e r a m o r t o a M e d i n a senza fare in t e m p o a c o n o scere i l s u o e r e d e , cui lasciava u n n o m e r i s p e t t a t o , m a u n p a t r i m o n i o piuttosto m o d e s t o : c i n q u e cammelli, u n g r e g g e di c a p r e , u n a casuccia di fango e u n a schiava c h e lo allattò. Sei a n n i d o p o a n c h e A m i n a m o r ì , e il b a m b i n o fu p r e s o in custodia dal n o n n o Abd al-Muttalib che gli p r o d i g ò t u t t e le 265

c u r e , m e n o quella dell'istruzione. S e b b e n e fosse la p i ù cos p i c u a della città, n e m m e n o la dinastia d e i Q u r a i s h aveva molta confidenza con l'alfabeto. Solo p o c h i di loro lo conos c e v a n o , e M a o m e t t o n o n fu di questi. N o n i m p a r ò m a i a l e g g e r e e a scrivere. Q u e s t e o p e r a z i o n i le d i e d e s e m p r e in a p p a l t o a d a m a n u e n s i . M a ciò n o n g l ' i m p e d ì d i c o m p o r r e p i ù tardi il p i ù g r a n d e e poetico libro che mai sia stato scritto in lingua araba. Della sua giovinezza n o n s a p p i a m o quasi nulla. Secondo u n a t r a d i z i o n e di cui n o n c'è m o t i v o di diffidare, a d o d i c i a n n i fece la sua p r i m a c a r o v a n a agli o r d i n i di s u o zio Abu Talib. Q u e l viaggio lo condusse a Bostra in Siria, d o v e p r o b a b i l m e n t e orecchiò qualcosa d e l m o n o t e i s m o ebraico e di quello cristiano, cioè d e l Vecchio e del N u o v o T e s t a m e n t o . Ma si tratta di supposizioni. A Bostra t o r n ò a n n i d o p o in veste di p r o c u r a t o r e o r a p p r e s e n t a n t e di u n a ricca vedova della Mecca, Khadija. Doveva essere costei u n a d o n n a fuor del c o m u n e p e r c h é , in b a r b a al costume a r a b o che c o n d a n n a v a le vedove a mettersi sotto la tutela di un p a r e n t e maschio e a c o n s u m a r s i nel lutto e nel b u i o della p r o p r i a casa, aveva c o n t i n u a t o con abilità e e n e r g i a gli affari del m a r i t o , moltip l i c a n d o il p a t r i m o n i o . A v e n t i c i n q u e a n n i , s e b b e n e lei ne avesse q u a r a n t a e fosse m a d r e di n u m e r o s a p r o l e , Maometto la sposò. E n o n ci sarebbe stato nulla di s t r a n o se, al m o d o a r a b o , s i fosse p o i p r e s o a n c h e a l t r e m o g l i p i ù fresche. I n v e c e visse con lei m o n o g a m i c a m e n t e , ne e b b e a l c u n e figlie di cui u n a , Fatima, d e s t i n a t a alla celebrità, e d u e figli, c h e gli m o r i r o n o b a m b i n i . Egli se ne consolò a d o t t a n d o il cugino Ali, figlio di A b u Talib, q u a n d o rimase orfano. Khadija fu u n a c o m p a g n a ammirevole. Lo dispensò da ogni materiale p r e o c c u p a z i o n e c o n t i n u a n d o a gestire i p r o p r i affari, e fu il s u o s o s t e g n o n e l l e t r a v e r s i e c h e lo a t t e n d e v a n o . Q u a n d o morì, egli la rimpiazzò con parecchie altre mogli, e stavolta m o l t o p i ù giovani. Ma n e s s u n a di esse riuscì a fargliela dimenticare. A risvegliare in lui d e g l ' i n t e r e s s i religiosi, f u r o n o i cri266

stiani. Alla Mecca ce n ' e r a q u a l c u n o . E con u n o di essi, cugino di Khadija, che conosceva le Sacre Scritture, ebbe molti r a p p o r t i . Più tardi a n d ò a M e d i n a , forse p e r visitare la tomba di suo p a d r e , conobbe parecchi Ebrei che avevano lì u n a forte colonia, e vi t o r n ò sovente. N o n c'è d u b b i o che da q u e sti contatti n a c q u e la sua a m m i r a z i o n e n o n solo p e r la s u p e r i o r e m o r a l e giudaica e cristiana, ma a n c h e p e r u n a religione centrata su un solo Dio e rivelata attraverso un Libro Sacro che ne conteneva gl'intoccabili d e t t a m i . Molti Arabi sentivano v a g a m e n t e il bisogno di qualcosa che mettesse fine al loro stato di a n a r c h i a e i m p o n e s s e un codice di civile convivenza a quelle tribù divise dalle rivalità e dalle v e n d e t t e . Alcuni di essi avevano formato u n a setta che rifiutava l'idolatria della Kaaba e p r o p a g a n d a v a l'idea di un Dio u n i c o e universale al di s o p r a di tutto e di tutti. E s e m p r e dall'attesa del loro avvento che nascono i profeti. M a o m e t t o s t e n t ò p a r e c c h i o a r e n d e r s i c o n t o di esserlo. Solo verso i q u a r a n t ' a n n i p r e s e l'abitudine di d e d i c a r e alla p r e g h i e r a e alla m e d i t a z i o n e il m e s e santo del R a m a d a n in u n a g r o t t a d e l M o n t e H i r a , a c i n q u e chilometri dalla città. Suo figlio Ali ce lo descrive a quel t e m p o c o m e un u o m o di statura un p o ' inferiore alla media, di costituzione piuttosto delicata, n e r v o s o e i m p r e s s i o n a b i l e , facile alla collera c h e g l ' i m p o r p o r a v a il volto e gli faceva rigonfiare in m o d o allarm a n t e le v e n e del collo. D o m i n a v a p e r ò a b b a s t a n z a b e n e i suoi i m p u l s i . Aveva m o l t o senso di u m o r i s m o , ma lo sfoggiava solo tra i suoi intimi. In pubblico n o n rideva quasi mai e conservava u n a impassibile dignità. N e l 6 1 0 , q u a n d o aveva già p a s s a t o l a q u a r a n t i n a , u n a n o t t e c h e d o r m i v a nel s u o a n t r o d i m o n t a g n a , l'arcangelo Gabriele gli a p p a r v e in s o g n o e, t e n d e n d o g l i u n a pezza di b r o c c a t o s u cui e r a n o r i c a m a t e a l c u n e p a r o l e , gli disse: «Leggi!» Il d o r m i e n t e gli rispose c h e n o n sapeva, ma l'arcangelo gli r i p e t è la sua ingiunzione. M a o m e t t o lesse ad alta voce, c o m e se quelle p a r o l e fossero scritte nei suoi p r e c o r d i . Svegliatosi, se le r i c o r d ò , p r e s e a salire la m o n t a g n a finché 267

u d ì u n a voce dal cielo c h e g r i d a v a : «O M a o m e t t o , tu sei il m e s s a g g e r o di Allah, e io sono Gabriele!» Sollevò lo s g u a r d o e vide profilata n e l l ' a z z u r r o la f o r m a di un u o m o c h e r i p e teva lo stesso a m m o n i m e n t o . T o r n a t o a casa, r a c c o n t ò la sua visione a Khadija, che n o n ebbe d u b b i sulla sua autenticità e sul suo significato. Da allora in p o i quelle estasi si r i p e t e r o n o di f r e q u e n t e . Talvolta esse lo coglievano q u a n d o cavalcava il cammello, c h e vi p a r tecipava s m o r z a n d o il passo e i movimenti. M a o m e t t o ne avvertiva il sintomo da u n a forte t r a s u d a z i o n e e da u n o scamp a n i o negli o r e c c h i , c u i spesso s e g u i v a u n o s v e n i m e n t o . Forse si trattava di crisi di epilessia. C o m u n q u e , e r a in q u e sti stati di trance c h e riceveva, di solito p e r bocca di Gabriele, le rivelazioni. Alla d o m a n d a c o m e facesse a ricordarle q u a n do t o r n a v a alla realtà, r i s p o n d e v a che Gabriele gliele faceva r i p e t e r e p i ù volte.

CAPITOLO TRENTASEIESIMO

L'EGIRA

N e i c i n q u e a n n i che s e g u i r o n o , M a o m e t t o affermò con semp r e m a g g i o r e insistenza ch'egli e r a i l Profeta p r e s c e l t o d a Allah, cioè da Dio, p e r c o n d u r r e gli Arabi sulla s t r a d a della verità. Ma il difficile e r a farlo c r e d e r e . La Mecca e r a u n a città m e r c a n t i l e e scettica, c h e viveva s o p r a t t u t t o dei p r o v e n t i della Kaaba coi suoi molti dèi. Sacrificarli al solo Allah e r a un pessimo affare, oltre che un oltraggio alla tradizione, all'abitudine e alla superstizione. M a o m e t t o t e n t ò di r e n d e r e p i ù a t t r a e n t e il p r o p r i o c r e d o c o n particolareggiate descrizioni delle celesti beatitudini che a t t e n d e v a n o i c r e d e n t i . Ma p e r p a r e c c h i o t e m p o n o n ne ebbe altri al di fuori di sua m o glie, di Ali e della serva Zaide, u n a schiava ch'egli aveva affrancato. A d essi f i n a l m e n t e s i a g g i u n s e u n q u a r t o a d e p t o d i alto r a n g o . Abu B e k r e r a un Q u r a i s h di g r a n prestigio e ricchezza. La sua c o n v e r s i o n e fece colpo e p r o v o c ò quella di altri cinque «notabili» che con lui f o r m a r o n o «i Sei C o m p a g n i » o Apostoli, trascrissero le p a r o l e del Profeta, e ne d i v e n t a r o n o i biografi e i p r o p a g a n d i s t i . F o r t e d e l l o r o a p p o g g i o , M a o m e t t o mise assedio alla Kaaba p e r p r e d i c a r e ai pellegrini che vi si r e c a v a n o . I Q u r a i s h , c h e fin lì a v e v a n o sorriso di q u e l loro p a r e n t e c o n s i d e r a n d o l o d i cervello u n p o ' balzano, stavolta si a l l a r m a r o n o : la Kaaba e r a la loro i n d u s t r i a . E forse sarebbero passati a vie di fatto senza l'energico i n t e r v e n t o di Abu Talib. Q u e s t i n o n si e r a c o n v e r t i t o . Ma voleva b e n e a suo n i p o t e e aveva vivo il senso della solidarietà familiare. Sotto l a sua p r o t e z i o n e , M a o m e t t o p o t è c o n t i n u a r e l a sua o p e r a di proselitismo. S o p r a t t u t t o il p o p o l i n o ne e r a attrat269

t o p e r c h é l a p a r o l a d e l Profeta c o n t e n e v a u n messaggio d i giustizia e carità. N o n p o t e n d o l o coi liberi cittadini che acc o r r e v a n o ad ascoltarlo, i Q u r a i s h se la rifecero c o n gli schiavi, su cui a v e v a n o d i r i t t o di vita e di m o r t e . Ma A b u Bekr prosciugò la p r o p r i a cassaforte p e r riscattarli. È facile capire quali zelanti proseliti d'allora in poi M a o m e t t o ebbe in costoro. O r a p e r ò c h e l a n u o v a fede intaccava a n c h e l o schiavis m o su cui si basava l ' e c o n o m i a di q u e l l a rozza società, le r e a z i o n i si fecero così violente c h e M a o m e t t o e i suoi conversi decisero di trasferirsi altrove. Ma Taif, d o v e p e n s a v a n o di a c q u a r t i e r a r s i , li r e s p i n s e p e r e v i t a r e d i s s a p o r i c o n la Mecca. F u u n m o m e n t o critico, p e r i l Profeta. U n o d o p o l'altro m o r i r o n o Abu Talib, il g r a n d e p r o t e t t o r e , e Khadija, la fedele c o m p a g n a . M a o m e t t o trovava conforto solo nelle sue visioni. U n a notte sognò di essere a G e r u s a l e m m e , dove un cavallo alato lo condusse in cielo. La l e g g e n d a di questo volo fece di G e r u s a l e m m e u n a delle tre città sante della religione islamica, c o m e già lo e r a di quella ebraica e cristiana. M a o m e t t o si consolò della vedovanza s p o s a n d o d u e m o gli (cui poi ne aggiunse varie altre): la vedova S a u d a di quar a n t ' a n n i , e la figlia di Abu Bekr, Aisha, che ne aveva sette. L u n a , i m m a g i n i a m o , p e r usi d i u r n i , l'altra p e r usi n o t t u r n i . S e g u i t a v a a p r e d i c a r e nella Kaaba, d o v e riscosse un c e r t o successo coi pellegrini di M e d i n a già mezzo convertiti dagli ebrei all'idea di un unico Dio. Essi lo invitavano a trasferirsi nella loro città, e lo fecero p r o p r i o n e l m o m e n t o giusto. Il n u o v o capo del r a m o U m a y a dei Q u r a i s h , Abu Sufyan, aveva deciso di e l i m i n a r e il guastafeste h a s c e m i t a . M a o m e t t o fece a p p e n a in t e m p o a sottrarsi ai suoi sicari. Il g i o r n o della sua fuga o Egira a Medina, 16 luglio 622, diventò p e r i seguaci della sua religione quello che p e r noi cristiani è il giorno di nascita di Gesù: l'inizio della n u o v a èra. M e d i n a , t r e c e n t o chilometri p i ù al N o r d , e r a u n a piccola città di giardini, di p a l m e e di datteri. M a o m e t t o , che vi era stato p r e c e d u t o da d u e c e n t o seguaci della Mecca con le ri270

spettive famiglie, fu accolto con entusiasmo. O g n u n o voleva che si fermasse nella sua casa. E il Profeta, p e r p r e v e n i r e gelosie, rispose diplomaticamente: «Lasciate fare il cammello. Dove si ferma, mi fermerò». Il cammello scelse un bel posticino un p o ' fuori dell'abitato. Lì Maometto fece costruire la sua p r i m a chiesa, o moschea, e d u e casette, u n a p e r Sauda, l'altra p e r Aisha, fra le quali faceva la spola. Altre ne aggiunse più tardi, via via che p r e n d e v a u n a n u o v a moglie. Q u a n d o la moschea fu p r o n t a , egli vi t e n n e u n a cerimonia con cui p r a t i c a m e n t e d e t t ò i canoni, semplicissimi, della sua liturgia. Salì sul p u l p i t o , lanciò il g r i d o : «Allah è g r a n de!», cui tutti i fedeli fecero coro, si curvò a p r e g a r e volgendo le spalle alla gente. Poi r i n c u l a n d o discese i gradini, e in fondo si p r o s t r ò tre volte col volto schiacciato sul p a v i m e n t o in direzione di G e r u s a l e m m e . Queste tre prostrazioni furono d'allora in poi il simbolo dell'Islam, p a r o l a che significa «pace» o «abbandono» (in Dio). Finalmente volgendosi ai fedeli disse che questo e r a il rituale da seguirsi, sia nella m o schea che nel d e s e r t o e d o v u n q u e altrove; e li c h i a m ò Musulmani, che significa «coloro che h a n n o fatto pace con Dio». C ' e r a n o tuttavia parecchie difficoltà da s u p e r a r e . I M u sulmani e r a n o divisi in d u e comunità, i Rifugiati (della Mecca) e i Soccorritori (di Medina) che n o n si v e d e v a n o di b u o n occhio. M a o m e t t o li accoppiò d u e p e r d u e in un vincolo di fratellanza adottiva sanzionato dal g i u r a m e n t o . La m a g g i o r a n z a dei medinesi n o n accettavano il suo cred o : c o n s u p r e m a abilità il Profeta li c h i a m ò «i Dissidenti», come se fossero loro ad essersi distaccati dalla sua religione, invece che lui da quella loro, e li divise s t i p u l a n d o un conc o r d a t o con le n u m e r o s e e forti c o m u n i t à ebraiche. Ciò gli p e r m i s e di conquistare a n c h e il p o t e r e civile e amministrativo sulla città: t r a t t o d e s t i n a t o a r e s t a r e caratteristico dell'Islam, c h e v u o l e i n c a r n a t i nella stessa p e r s o n a il p o t e r e t e m p o r a l e e quello spirituale. O r a p e r ò che e r a p r a t i c a m e n t e il Re di M e d i n a , dovette r i s o l v e r n e a n c h e i p r o b l e m i materiali, c h ' e r a n o p i u t t o s t o 271

complicati. C o n l'immigrazione dei Rifugiati, la città e r a minacciata dalla carestia. M a o m e t t o si r i c o r d ò di essere a r a b o e o r d i n ò ai suoi l u o g o t e n e n t i di fare ciò che gli Arabi f a n n o q u a n d o h a n n o fame: l'assalto alla diligenza. Le c a r o v a n e in transito da e p e r la Mecca v e n n e r o r e g o l a r m e n t e attaccate e alleggerite dei l o r o carichi. Q u e s t a fu la scuola di g u e r r a a cui si f o r m a r o n o i famosi Generali di M a o m e t t o c h e dovevan o sbigottire i l m o n d o c o n l e l o r o gesta n a p o l e o n i c h e . L a legge del Profeta e r a semplice e precisa: q u a t t r o quinti della p r e d a bellica a n d a v a n o a c o l o r o c h e se la c o n q u i s t a v a n o ; l'altro q u i n t o a lui p e r il finanziamento della p r o p a g a n d a . Il saccheggiatore c h e ci p e r d e v a la vita ci g u a d a g n a v a il p a r a diso, e la sua p a r t e di bottino a n d a v a alla vedova. Alla Mecca, c e n t r o delle c o m p a g n i e di t r a s p o r t o c h e org a n i z z a v a n o le c a r o v a n e , la r e a z i o n e fu violenta. A b u Sufyan organizzò un esercito di mille u o m i n i p e r infliggere ai p r e d o n i u n castigo e s e m p l a r e . M a o m e t t o gli a n d ò i n c o n t r o g u i d a n d o p e r s o n a l m e n t e t r e c e n t o dei suoi. Forse, se avesse p e r s o q u e l l a b a t t a g l i a , n o n c i s a r e b b e m a i stato u n I s l a m . Invece vinse, attribuì quel trionfo ad Allah, e d i m o s t r ò a tutti quale potenziale g u e r r i e r o covasse d e n t r o lo zelo religioso d e i suoi s e g u a c i . A b u Sufyan, s c a m p a t o alla m o r t e , g i u r ò c h e n o n avrebbe più toccato n e s s u n a delle sue mogli p r i m a di aver vendicato quell'umiliazione. Doveva essere u n u o m o p a d r o n e dei p r o p r i impulsi p e r ché i m p i e g ò un a n n o a p r e p a r a r e la rivincita. Ma n e a n c h e il Profeta stette c o n le m a n i in m a n o . Forte della vittoria, egli aveva istaurato o r m a i u n g o v e r n o autocratico n o n senza u n pizzico di culto della personalità. Fece p u g n a l a r e un p o e t a e u n a p o e t e s s a m e d i n e s i c h e l o a v e v a n o c o r b e l l a t o coi l o r o versi, r u p p e c o n gli E b r e i c h e g r a d i v a n o p o c o q u e i sistemi autoritari, li isolò nel loro q u a r t i e r e , e li spogliò dei loro b e ni. Fu in seguito a questi fatti che cambiò il p r o p r i o rituale: la p r o s t r a z i o n e nella p r e g h i e r a , invece c h e in d i r e z i o n e di G e r u s a l e m m e , doveva essere eseguita in direzione della Mecca. 272

Sufyan ebbe la sua v e n d e t t a nel 6 2 5 , q u a n d o i suoi 3000 u o m i n i b a t t e r o n o i 1000 di M a o m e t t o , c h e q u a s i lasciò la pelle sulle colline O h o d e fu a s t e n t o salvato d a i suoi. Ma M e d i n a si rivelò i m p r e n d i b i l e . D o p o un m e s e di assedio i m e c c a n i d o v e t t e r o ritirarsi, e M a o m e t t o se la rifece sugli Ebrei m e t t e n d o l i alla scelta: o la conversione all'Islam, o la m o r t e . Gli ebrei scelsero la m o r t e . Il Profeta ne fece accopp a r e 600, tutti quelli validi alle a r m i , e v e n d e t t e le d o n n e e i b a m b i n i c o m e schiavi. Poi intavolò trattative di p a c e con la Mecca, c h i e d e n d o p e r sé e p e r i suoi rifugiati il p e r m e s s o di t o r n a r v i in pacifico pellegrinaggio. I Q u r a i s h glielo consent i r o n o e a n z i , p e r e v i t a r e attriti, si r i t i r a r o n o sulle colline circostanti. Il p e l l e g r i n a g g i o fu p e r il Profeta u n a vittoria p i ù i m p o r t a n t e d i quelle c h e aveva o t t e n u t o sul c a m p o d i battaglia. La Mecca strabiliò allo spettacolo di disciplina e di pietà c h e offrirono i 2000 M u s u l m a n i . Fecero sette volte il giro della Kaaba; p o i , m e n t r e M a o m e t t o s'inchinava r e v e r e n t e sulla Pietra N e r a , g r i d a r o n o : «Non c'è a l t r o Dio c h e Allah!» C o m ' e r a successo s e i c e n t ' a n n i i n n a n z i ai p r i m i seguaci ebrei d i Gesù c h e nel Cristianesimo v i d e r o u n a semplice r i f o r m a d e l l ' e b r a i s m o , molti m e c c a n i v i d e r o nella liturgia del Profeta solo un a g g i o r n a m e n t o di quella tradizionale, c h e n o n offendeva il culto della Pietra N e r a ; e l'accett a r o n o . Partito d a M e d i n a c o n 2 0 0 0 seguaci, M a o m e t t o v i t o r n ò con q u a t t r o o cinquemila. E capì che aveva vinto. Per o t t e n e r e il permesso del pellegrinaggio aveva stipulato coi Quraish un armistizio di dieci anni. Ma n o n Io rispettò. C o n speciosi pretesti, r u p p e la t r e g u a e m a r c i ò sulla Mecca con 10.000 u o m i n i . Abu Sufyan si rese c o n t o c h e la p a r t i t a e r a p e r s a e n o n gli si o p p o s e . Cavallerescamente il Profeta concesse un'amnistìa a tutti i suoi nemici, m e n o tre o quattro che furono spicciatìvamente soppressi. Distrusse gl'idoli della Kaaba, ma rispettò la Pietra N e r a e sanzionò il bacio ritualistico su di essa. Proclamò la Mecca città santa dell'Islam, conferm a n d o così il suo p r i m a t o religioso. E da quel m o m e n t o riunì nella sua p e r s o n a i poteri di Dio e di Cesare. 273

Aveva o r m a i s e s s a n t a n n i e gliene restava da vivere d u e soli. Li spese b e n e , g o v e r n a n d o insieme c o n a u t o r i t à e clem e n z a . Le conversioni assunsero un r i t m o incalzante. A lui si a r r e s e a n c h e il p i ù famoso p o e t a a r a b o , Kab i b n Zuhair, rimastogli fino a quel m o m e n t o a c e r r i m o nemico, e c o m p o se p e r lui un p o e m a così ispirato che M a o m e t t o gli gettò sulle spalle il p r o p r i o m a n t e l l o . La sacra reliquia o r a fa p a r t e del tesoro dei Turchi, e talvolta viene usata c o m e vessillo nazionale. M a o m e t t o n o n e r a un legislatore, e n o n c o m p o s e n e s s u n codice alla Giustiniano. Esso fu ricavato alla meglio dall'insieme dei verdetti che formulava a voce, via via che c'era un p r o b l e m a da risolvere. M o d e s t a m e n t e , egli ne attribuiva la p a t e r n i t à a Allah c h e gliel'ispirava attraverso il sistema dell'estasi. Era un Dio molto soccorrevole, Allah. Gli suggeriva l e decisioni d a p r e n d e r e a n c h e nelle s u e piccole difficoltà personali e familiari, q u a n d o p e r e s e m p i o le sue mogli cerc a r o n o d'impedirgli di sposare sua n u o r a Zaide. Disse ch'era Allah a ordinarglielo, e le pettegole si c h e t a r o n o . Così il Profeta c o n f e r m ò a n c h e con l ' e s e m p i o la poligam i a già p r a t i c a t a dagli Arabi, anzi la i m p o s e c o m e obbligo m o r a l e , e ne fece egli stesso largo uso. Molti suoi m a t r i m o n i furono atti di carità e di cortesia p e r e s e m p i o verso le vedove di suoi amici e seguaci. Altri furono suggeriti dalla diplomazia c o m e quello con la figlia di A b u Sufyan. Ma altri a n cora furono p r o p r i o m a t r i m o n i di a m o r e , o a l m e n o di piacere. Aisha si ricordava s e m p r e di avergli sentito d i r e che al m o n d o ci sono solo tre delizie: le belle d o n n e , i b u o n i o d o r i e le p r e g h i e r e sante. Fu un g r a n d e organizzatore civile e militare, e gli effetti si videro d o p o la sua m o r t e q u a n d o il piccolo esercito a r a b o si lanciò in u n a i m p r e s a p i ù vasta, ma n o n a l t r e t t a n t o effim e r a , di quella di Alessandro il G r a n d e . In u n a sola cosa si m o s t r ò poco illuminato: nella riforma del calendario. C o m e gli Ebrei, gli A r a b i a v e v a n o diviso l ' a n n o in dodici mesi di ventotto giorni. O g n i tre a n n i , p e r rimettersi al passo col so274

le, a g g i u n g e v a n o u n m e s e s u p p l e m e n t a r e . M a o m e t t o abolì q u e s t ' u l t i m o i m p o n e n d o u n a ripartizione i n mesi alternativ a m e n t e di t r e n t a e ventinove giorni. Così il c a l e n d a r i o m u s u l m a n o p e r s e il passo c o n la vicenda delle stagioni e o g n i t r e n t a d u e a n n i e mezzo si t r o v ò in a n t i c i p o di un a n n o sul calendario cristiano. Il Profeta viveva m o l t o s e m p l i c e m e n t e . L'unico suo lusso e r a quella collezione di mogli, fra le quali i m p a r z i a l m e n t e divideva le s u e notti. La p i ù indocile e possessiva e r a Aisha c h e coi suoi capricci riuscì a coalizzare le altre c o n t r o di sé. Per s e d a r e la zuffa, il Profeta si fece s p e d i r e da Allah u n a speciale «rivelazione» c h e ristabilì la disciplina. Le t r a t t a v a tutte con molta cortesia, spesso a i u t a n d o l e nei lavori d o m e stici c o m e un b u o n m a r i t o a m e r i c a n o . A n d a v a al m e r c a t o a fare la spesa, spazzava il piancito, a c c e n d e v a il fuoco, e talvolta i p a s s a n t i lo v e d e v a n o sulla p o r t a di casa c h e si r a m m e n d a v a il vestito. E r a sobrio. La sua dieta consisteva di pan e , datteri, latte e miele; e in o b b e d i e n z a ai p r o p r i d e t t a m i , fu s e m p r e astemio. Ma t a n t a modestia di abitudini n o n e r a che la facciata di un i m m e n s o orgoglio che talvolta sconfinava a n c h e nella vanità. Al dito p o r t a v a un anello su cui e r a iscritto: «Maometto, m e s s a g g e r o di Allah», si cospargeva di a r o m i , si tingeva i capelli e si bistrava gli occhi. Gli faceva piacere essere al centro della g e n e r a l e a d o r a z i o n e , ma si seccava q u a n d o diventava t r o p p o insistente e minacciava la sua privatezza. «Lasciami solo» disse u n a volta a un a m m i r a t o r e c h e l'ossessionava con la sua p r e s e n z a «in m o d o che il mio desiderio di te possa crescere.» Giudice giusto e m a g n a n i m o , e r a in battaglia un g u e r r i e r o spietato. N o n aveva nulla del «Santo» nel senso che noi cristiani d i a m o a questo a t t r i b u t o . Da q u a n d o e r a t o r n a t o alla Mecca, la sua salute aveva cominciato a declinare. Egli ne dava la colpa a un veleno che i suoi nemici gli a v r e b b e r o p r o p i n a t o . Soffriva di febbri e di emicranie che si facevano s e m p r e p i ù frequenti. U n a n o t t e sulla fine di m a g g i o del 632 che giaceva con Aisha, anch'es275

sa l a m e n t ò un g r a n mal di testa. S c h e r z a n d o , egli le chiese se desiderava m o r i r e con lui in m o d o da essere sepolta acc a n t o al Profeta. «Con te, sì» rispose Aisha «ma n o n p r i m a , altrimenti mi rimpiazzeresti con u n ' a l t r a al r i t o r n o dal cimitero.» P e r d u e s e t t i m a n e la f e b b r e lo i n c h i o d ò a letto. Il 4 g i u g n o si alzò, si trascinò fino alla m o s c h e a , vide Abu B e k r officiarvi, e invece di p r e n d e r n e il posto, sedette u m i l m e n t e accanto a lui p r e g a n d o . E r a , c h i a r a m e n t e , la d e s i g n a z i o n e del successore. Subito d o p o e n t r ò in agonia, e il 7 la m o r t e lo colse c o n la testa affondata n e l s e n o fresco e t u r g i d o di Aisha.

CAPITOLO TRENTASETTESIMO

LA GRANDE DIASPORA

La g r a n d e e r e d i t à di M a o m e t t o fu il Corano, p a r o l a c h e significa «lettura» o «discorso». A differenza d e l l a Bibbia, è l ' o p e r a d i u n u o m o solo, c h e n o n l a scrisse d i sua m a n o e n e m m e n o la dettò. Fu ricostruita a m e m o r i a da Abu Bekr e dagli altri «Compagni» che r i c o r d a v a n o p e r f e t t a m e n t e ciò che il Profeta aveva d e t t o , e ne r i c o m p o s e r o i f r a m m e n t i in un manoscritto che fu definitivamente o r d i n a t o nel 6 5 1 . Ma si tratta di un o r d i n e molto relativo e solo formale. I 114 capitoli o sure di cui è c o m p o s t o sono elencati n o n s e c o n d o la loro m a t e r i a e i m p o r t a n z a , ma s e c o n d o la loro decrescente l u n g h e z z a . E d e n t r o c'è t u t t o , alla rinfusa: affermazioni di d o t t r i n a , r e g o l e liturgiche, consigli d i e c o n o m i a , p r o c l a m i di vittoria, d e n u n c e di nemici, apologhi, e perfino a n e d d o t i . Ma in c o m p e n s o c'è, dicono gl'intenditori, u n a meravigliosa unità di stile appassionato e poetico che in molti passaggi ric o r d a Isaia e fa di questo libro il p i ù p u r o , il p i ù s p l e n d i d o , il p i ù smagliante di tutta la letteratura araba. La fonte d ' i s p i r a z i o n e è s e m p r e la solita, cioè q u e l l a ebraica, cui aveva attinto a n c h e il Cristianesimo. Sul p u n t o f o n d a m e n t a l e le t r e religioni sono d'accordo: un Dio solo e s u p r e m o , d o p o averlo c r e a t o , g u i d a i l m o n d o , sia p u r e attraverso gli e r r o r i degli u o m i n i , verso la finale salvezza. Il Cristianesimo aveva a g g i u n t o che questo Dio si manifesta in tre distinte p e r s o n e : il P a d r e , il Figlio e lo Spirito Santo. Come p e r gli Ebrei, così p e r i Musulmani, questa è eresia politeista. Il C o r a n o la contesta con violenza, e il Muezzin dall'alto del m i n a r e t o riafferma p o l e m i c a m e n t e o g n i giorno: «C'è un Dio solo: Allah!» 277

N o n ci p e r d e r e m o in questioni teologiche che esulano d a i nostri compiti. A n o i interessa solo v e d e r e c o m e e p e r c h é l'Islam riuscì a fare di p o c h i e s p a r p a g l i a t i n o m a d i senza storia p r i m a u n a nazione, poi un i m p e r o m o n d i a l e , e ancora oggi r a p p r e s e n t a u n a delle g r a n d i potenze della terra. M a o m e t t o fu il p r i m o a r a b o c h e s u p e r ò la concezione tribale. P r i m a di lui o g n i tribù e r a u n a unità c h e costituiva u n a specie di rozzo Stato p e r conto suo con u n a sua p r o p r i a r e ligione, i n c a r n a t a in un idolo della Kaaba. Abbattendoli tutti e p r o c l a m a n d o che c'era un Dio solo, Allah, M a o m e t t o fondò lo Stato nazionale. Egli disse e - ciò che p i ù conta - riuscì a far c r e d e r e che i M u s u l m a n i f o r m a v a n o u n a «fratellanza», c h e esigeva la r i n u n z i a alle lotte intestine. Gli effetti pratici e politici n o n si fecero a t t e n d e r e : le e n d e m i c h e g u e r r e di razzia cessarono di d i s s a n g u a r e l'Arabia. Ma di effetto ce ne fu a n c h e un altro. Il Profeta aveva d e t t o che Allah e r a il Dio n o n soltanto degli Arabi, ma di tutti. Q u i n d i i suoi seguaci a v e v a n o il d o v e r e di p o r t a r n e il Verbo in t u t t o il m o n d o e di convertirvi q u a n t a p i ù g e n t e p o t e v a n o . N o n è v e r o p e r ò c h e il C o r a n o incoraggiasse a s t e r m i n a r e chi resisteva. «Tratta i miscredenti con gentilezza» esso dice. «Se ti voltano le spalle, c o n t i n u a a p r e d i c a r e senza r e c a r loro offesa.» Q u e s t o imp u l s o di proselitismo fu t a n t o p i ù efficace in q u a n t o si conciliava molto b e n e col vecchio uzzolo peripatetico e conquis t a t o r e d e g l i A r a b i , e col b i s o g n o c h e o r a , u n i t i , m a g g i o r m e n t e sentivano di t e r r e p i ù fertili e ricche del loro sabbioso altopiano. Così la F e d e fondeva quelle b a n d e di p r e d o n i in un esercito e forniva un alibi ideologico alla sua forza aggressiva. N o n c'è nel c r e d o m u s u l m a n o n e s s u n a traccia di misticis m o , che favorisca il r i p i e g a m e n t o contemplativo e speculativo. N o n c'è sacerdozio, n o n c'è rituale, fuori della p r e g h i e r a c o n d i t a d e i t r e i n c h i n i , c h e n o n r i c h i e d o n o u n a chiesa p e r c h é si p o s s o n o fare d o v u n q u e . Il c r e d e n t e sa che Dio ha già deciso tutto p e r lui. N o n c'è q u i n d i c h e d a a b b a n d o n a r 278

si nelle sue m a n i e s e c o n d a r n e la volontà. N e l corso d e i secoli questa convinzione si sarebbe t r a d o t t a in quell'inerte fatalismo c h e ha p r a t i c a m e n t e m u m m i f i c a t o la civiltà a r a b a . Ma allora sortì solo l'effetto di a r m a r e i M u s u l m a n i di un tranquillo coraggio e di un sovrano disprezzo p e r la m o r t e . O g n u n o d i essi s a p e v a c h e i l p a r a d i s o s i g u a d a g n a i n u n m o d o solo: a c c e t t a n d o il p r o p r i o d e s t i n o . A q u e s t o si a g g i u n g e v a n o i p r e c e t t i , z e l a n t e m e n t e osservati, di u n ' e t i c a p u r i t a n a . Il Profeta n o n aveva castigato la sensualità degli Arabi, ma ad essa aveva limitato la sua i n d u l g e n z a . P r e n d e s sero p u r e q u a n t e mogli volevano (in p a r a d i s o n e a v r e b b e r o a v u t e a n c h e di p i ù ) : la g u e r r a m a n g i a gli u o m i n i , e q u i n d i bisogna p r o c r e a r n e molti. Ma p e r tutto il resto, i suoi divieti sono rigorosi: essi i m p o n g o n o la dieta p i ù sobria, la disciplina p i ù d u r a , le r i n u n z i e più gravi. I n s o m m a , oltre a dargli finalmente un s e n t i m e n t o nazionale e u n a lingua codificata, il C o r a n o fornì agli Arabi il catechismo di u n a milizia missionaria. Essi p a r t i r o n o alla conquista del m o n d o cristiano p o t e n d o o p p o r r e n o n soltanto s p a d a a s p a d a , ma a n c h e S c r i t t u r a a S c r i t t u r a . II g r a n d e d r a m m a del M e d i o Evo si sarebbe giocato sulla lotta fra tre libri, tutti di origine ebraica: la Bibbia, il Vangelo e il Coran o . Per il p r i m o , il Profeta di Dio d o v e v a a n c o r a a p p a r i r e sulla t e r r a . Per il secondo, e r a a p p a r s o con Gesù. Per il terzo, con M a o m e t t o . Ma, si chiamasse Dio, o J e o v a h , o Allah, e r a p e r tutti e t r e l ' O n n i p o t e n t e S i g n o r e e b r e o d e l Vecchio Testamento. E p p u r e , su questo diverso m o d o di c h i a m a r l o e d'intend e r l o , gli u o m i n i si s o n o scannati p e r secoli, e a n c o r a oggi seguitano a farlo in Suo n o m e . M a o m e t t o n o n aveva lasciato un t e s t a m e n t o con la designazione del successore. Ma tutti ne r i c o n o b b e r o il titolo a Abu Bekr, da cui il Profeta si e r a fatto sostituire nella m o s c h e a . Fu lui il p r i m o Califfo, che significa « r a p p r e s e n t a n t e » o «vicario», c o m e San Pietro fu di Gesù. Ali, c u g i n o e figlio adot279

tivo di M a o m e t t o , ne fu offeso e si ritrasse in un r a n c o r o s o isolamento insieme a suo zio Àbbas. Da questa p r i m a dissid e n z a d o v e v a d e r i v a r e a l m o n d o islamico u n seguito inint e r r o t t o di scismi e di g u e r r e intestine. A b u Bekr e r a già a n c h e lui sulla soglia dei sessanta. E le t r i b ù d e l l ' i n t e r n o , c h e a n c o r a r i f i u t a v a n o l a n u o v a fede, s c a m b i a n d o la sua modestia e pietà p e r debolezza, gli si rib e l l a r o n o . Ascetico, piccolo e m a g r o , ma robustissimo e risoluto, Abu B e k r li lasciò r i u n i r e ; poi li circondò e li distrusse in u n a magistrale battaglia. N o n si sa se p e r miracoloso contagio di fede o se p e r rispetto verso il p i ù forte, i sopravvissuti ribelli si convertirono in massa e si a r r u o l a r o n o sotto l e b a n d i e r e del Profeta. M a e r a n o p u r s e m p r e dei p r e d o n i cui bisognava fornire qualche impiego. Abu Bekr preferiva la preghiera alla guerra. Ma gli avvenimenti gli permisero di conciliare le d u e attività. Approfittando della debolezza dell'Impero di Bisanzio da cui dipendevano, e della sua endemica lotta con la Persia, alcune tribù arabe della Siria si rivoltarono e chiesero aiuto ai fratelli Musulmani. Abu Bekr ci vide u n a magnifica occasione p e r convertirle e m a n d ò in loro aiuto il suo p i ù valente Generale, Khalid, con p o c h e centinaia di u o m i n i . Fu un episodio di g u e r r a - l a m p o avanti lettera. Gli Arabi di Siria accettarono il Corano, p e r così dire, a scatola chiusa, si a r r u o l a r o n o in massa sotto le b a n d i e r e di Khalid, e lo trascinarono in Irak dove il f e n o m e n o si ripetè. Stando alle cronache, ciò che soprattutto suscitò l'entusiasmo dei nuovi adepti era la raffigurazione del paradiso maomettano come di un immenso harem senza limiti di scelta. Khalid, in questo, fu largo di terrestri anticipi coi suoi soldati. Fra le condizioni che pose alla città di Hira, q u a n d o questa capitolò sotto il suo assedio, fu che u n a certa signora fosse data in moglie a un suo attendente, che se la ricordava da ragazzo e n o n l'aveva più dimenticata. La famiglia fece opposizione, ma la sig n o r a disse allegramente: «Lasciate decidere a lui, q u a n d o mi rivedrà». Infatti, q u a n d o la rivide, il p r e t e n d e n t e cambiò par e r e e si contentò di u n a mancia. 280

A b u , B e k r n o n aveva autorizzato t u t t e quelle conquiste. A Khalid aveva i m p a r t i t o queste direttive: «Siate coraggiosi e giusti. Morite piuttosto che a r r e n d e r v i . N o n toccate i vecchi e i bambini. Risparmiate gli alberi, il bestiame e il g r a n o . M a n t e n e t e s e m p r e la p a r o l a . P r o p o n e t e agl'infedeli la conversione. Se la rifiutano, p a g h i n o un t r i b u t o . Se n o n lo p a g a n o , uccideteli». E r a n o , p e r q u e i t e m p i , condizioni u m a nissime. Egli tuttavia accettò il fatto c o m p i u t o di quella conquista. E q u a n d o s e p p e c h e il suo G e n e r a l e aveva disfatto l'esercito, t r e volte s u p e r i o r e al suo, che l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e Eraclio gli aveva m a n d a t o i n c o n t r o , gli d i e d e il titolo di « S p a d a di Dio» e p r o n u n c i ò la famosa frase: «Il v e n t r e delle d o n n e è e s a u s t o . N e s s u n a d i l o r o c o n c e p i r à m a i p i ù u n Khalid». Il Califfo m o r ì subito d o p o , lasciando il p o s t o al suo p i ù f i d o consigliere, O m a r . E r a u n p e z z o d ' u o m o a l t o , calvo, p a s s i o n a l e e p u r i t a n o . G i r a v a con la frusta p e r p i c c h i a r e c h i u n q u e disobbedisse al C o r a n o , e c o n essa uccise il figlio q u a n d o lo s o r p r e s e a t r a s g r e d i r e i p r e c e t t i , b e v e n d o v i n o . M a n g i a v a solo p a n e e d a t t e r i , d o r m i v a sulla n u d a t e r r a e n o n possedeva che un mantello e u n a camicia. C h i u s o nella corazza delle sue ascetiche virtù, n o n a p p r e z z ò le vittorie di K h a l i d p e r c h é aveva s a p u t o c h ' e r a n o state m a c c h i a t e d a episodi di crudeltà, e d e g r a d ò il G e n e r a l e . Questi, alla vigilia di u n a e n n e s i m a battaglia, t e n n e nascosto il messaggio, vinse, e u m i l m e n t e si mise agli o r d i n i d e l s u o successore Obeida, eseguendoli senza discuterli. La c o n q u i s t a c o n t i n u ò , fulminea e i n a r r e s t a b i l e . Le p o c h e centinaia di u o m i n i , ingrossandosi a valanga, e r a n o diventate decine di migliaia. U n a d o p o l'altra c a d d e r o D a m a sco e Antiochia. Egitto e Persia f u r o n o travolti e islamizzati. Nel 6 3 8 il Patriarca di G e r u s a l e m m e , Sofronio, si disse disposto alla resa se il Califfo in p e r s o n a veniva a ratificarne i termini. O m a r v e n n e . O b e i d a e Khalid gli a n d a r o n o festosam e n t e incontro, ma egli li ricevette con queste d u r e parole: «E in codesto a r n e s e che osate presentarvi a me?» La sua au281

sterità e r a offesa dalle vestì di b r o c c a t o dei suoi G e n e r a l i e dalle g u a l d r a p p e d e i l o r o cavalli. Egli e r a r i m a s t o col suo m a n t e l l o e la sua camicia. Ricevette Sofronio c o n e s t r e m a cortesia, g a r a n t ì ai cristiani libertà di culto nelle loro chiese c o n t e n t a n d o s i di un piccolo tributo, e o r d i n ò la costruzione della g r a n d e moschea che a n c o r a oggi p o r t a il suo n o m e . Ma si rifiutò di trasferire la capitale dell'Islam a G e r u s a l e m m e c o m e molti volevano, e se ne t o r n ò nella sua m o d e s t a Mecca. O m a r aveva un p i a n o m o l t o preciso. Autorizzò i suoi b e d u i n i a e m i g r a r e nei Paesi conquistati, cercò di spingervi a n che le d o n n e e, n o n riuscendovi, consentì ai maschi di p o p o lare i loro harem con cristiane ed e b r e e : p u r c h é i figli fossero m u s u l m a n i . Fu così c h e moltiplicò l'esercito dell'Islam, ma i m p e g n a n d o l o a r e s t a r e soltanto un esercito. Infatti fece a t u t t i divieto di c o m p r a r e e l a v o r a r e la t e r r a . I M u s u l m a n i d o v e v a n o restare u n a casta p u r a m e n t e militare e sacerdotale, dedita alla conquista e alla conversione delle popolazioni. La p r e d a bellica sarebbe stata così ripartita: l'ottanta p e r cento all'esercito, il venti alla nazione. Q u e l venti tuttavia bastò ad arricchire l'Arabia, o a l m e n o la Mecca. O m a r f u ucciso a t r a d i m e n t o d a u n o schiavo p e r s i a n o m e n t r e p r e g a v a n e l l a m o s c h e a . R a n t o l a n d o affidò a i suoi p i ù i n t i m i c o l l a b o r a t o r i il c o m p i t o di d e s i g n a r e il s u o succ e s s o r e . Essi scelsero il p i ù vecchio e d e b o l e di l o r o , O t h m a n , c h e p e r c o l m o di sfortuna a p p a r t e n e v a a n c h e a quella dinastia U m a y a c h e t a n t o aveva avversato quella hascemita da cui il Profeta proveniva. Gli U m a y a avevano a b b a n d o n a to la città ed e r a n o s e m p r e rimasti in a t t e g g i a m e n t o ostile. O r a t o r n a r o n o alla Mecca p e r i m p a d r o n i r s i dei posti di com a n d o , O t h m a n n o n s e p p e i m p e d i r l o , l e divisioni c o m i n c i a r o n o , ci f u r o n o molti disordini. Alla fine O t h m a n v e n n e assassinato, gli U m a y a fuggirono e il Califfato t o r n ò alla dinastia hascemita con Ali, il figlio adottivo del Profeta. Ali fu un d e g n o successore, ma n o n riuscì a r i c r e a r e l'unità nel m o n d o m u s u l m a n o . D u e dei vecchi «Compagni» d i M a o m e t t o e la v e d o v a Aisha gli si r i b e l l a r o n o e si u n i r o n o 282

agli U m a y a , capeggiati o r a da Muawiya, il figlio di A b u Sufyan. Ali li batté, c a t t u r ò Aisha e la ricondusse a M e d i n a con tutti gli o n o r i . N o n volle infierire c o n t r o i suoi n e m i c i , e questa generosità fu la sua rovina. Muawiya reclutò un altro esercito e r i p r e s e la lotta. Lo scandalo di queste rivalità che dividevano a n c h e la vedova e il figlio del Profeta i n d i g n ò alcuni fedeli c h e si c h i a m a r o n o Khariji o «dissidenti» e proclam a r o n o u n o scisma. U n o d i essi uccise Ali c o n u n p u g n a l e avvelenato. Il p o s t o dell'attentato, p r e s s o Eufa, d i v e n t ò un l u o g o s a n t o p e r la setta Shia c h e v e n e r a Ali c o m e il vicario di Allah e ha fatto della sua t o m b a ciò che i M u s u l m a n i ortodossi f a n n o della Mecca. B e n e o m a l e , M u a w i y a riuscì a farsi r i c o n o s c e r e Califfo di t u t t o l'Islam. Q u e s t o c o m p r e n d e v a o r m a i t u t t o il M e d i o O r i e n t e dall'Egitto alla Persia grazie alle folgoranti c o n q u i ste di Khalid e di O b e i d a . E r a impossibile g o v e r n a r e un sì vasto i m p e r o dalla r e m o t a Mecca. Muawiya q u i n d i t r a s p o r tò la capitale a D a m a s c o , città m o l t o p i ù c e n t r a l e e m e g l i o attrezzata. Ma vi si fece s e g u i r e da t u t t o il clan U m a y a , c h e m o n o p o l i z z ò i posti di c o m a n d o . Q u e s t a dinastia r i m a s e al p o t e r e p e r quasi u n secolo, f i n o a l 750. C o n essa l a r e p u b blica teocratica istaurata da M a o m e t t o , che faceva del Califfato u n a carica elettiva c o m e il Papato, diventò u n a m o n a r chia e r e d i t a r i a c h e si trasmetteva di p a d r e in figlio e d i e d e a tutto il M e d i o O r i e n t e la forma di g o v e r n o a u t o r i t a r i o e satrapesco c h ' è d u r a t a fin quasi ai nostri giorni. Le divisioni e le lotte tuttavia n o n cessarono, anzi si molt i p l i c a r o n o . M a n o i n o n n e s e g u i r e m o l a c o m p l e s s a storia che ci p o r t e r e b b e t r o p p o l o n t a n o dal n o s t r o assunto. Q u e l lo che c'interessa s a p e r e è quale trasformazione i rozzi g u e r rieri di K h a l i d e di O b e i d a s u b i r o n o n e i Paesi da essi c o n quistati, q u a n d o si l a n c i a r o n o a t t r a v e r s o il Nord-Africa all'assalto d e l l ' E u r o p a , di cosa si e r a n o arricchiti p e r strada, e di cosa stavano p e r arricchire il n o s t r o c o n t i n e n t e i m m e r s o nelle t e n e b r e del Medio Evo.

CAPITOLO TRENTOTTESIMO

OLTRE GIBILTERRA

Muawiya aveva conquistato il p o t e r e con la frode, ma il cinis m o e r a solo u n a delle c o m p o n e n t i del suo complesso caratt e r e . C o m e tutti gli u s u r p a t o r i , sentì il bisogno di circondarsi di fasto - q u e l fasto che M a o m e t t o e i suoi d u e p r i m i ascetici successori a v e v a n o rifiutato -, e a D a m a s c o trovò i m o delli cui ispirarsi: il complicato cerimoniale d e g l ' I m p e r a t o r i di Bisanzio e di Persia, c h e si e r a n o s e m p r e contese quelle contrade. Fu certo anche su loro imitazione che Muawiya t r a s f o r m ò il Califfato da r e p u b b l i c a elettiva in m o n a r c h i a ereditaria, ma n o n si fermò a questo. Intelligente e u o m o di m o n d o , c o n v e r t i t o all'Islam solo p e r c o m o d i t à , a m m i r ò l a civiltà e la c u l t u r a g r e c a , le r i s p e t t ò e vi m a n d ò a scuola i suoi u o m i n i . I Generali di Abu Bekr e di O m a r e r a n o analfabeti. La sola cosa c h e sapevano e r a che c'è un solo Dio, Allah, e M a o m e t t o è il suo Profeta. N o n si chiedeva loro altre n o z i o n i p e r a r r u o l a r l i , e i galloni se li g u a d a g n a v a n o solo con la spada. Neanche le preghiere richiedevano qualche i s t r u z i o n e . E anzi il g r a n d e p o t e r e di c o n t a g i o c h e l'Islam esercitò sulle popolazioni conquistate d i p e n d e v a a n c h e dalla e l e m e n t a r e semplicità della sua liturgia. N o n c'era bisog n o di s a p e r l e g g e r e e scrivere p e r m a n d a r e a m e m o r i a i versetti del C o r a n o che c o m p o n e v a n o la p r e g h i e r a . Bastava sentirli d e c l a m a r e a voce alta t r e o q u a t t r o volte p e r essere in g r a d o di ripeterli. E n o n e r a necessario c a p i r e il l o r o significato p e r crederci. Anzi, forse e r a meglio n o n capirlo. Ma con Muawiya le cose c o m i n c i a r o n o a c a m b i a r e . Egli n o n i n c o n t r ò difficoltà a convertire all'Islam gli Arabi della Siria, d e l l ' I r a k , della Palestina e d e l l ' E g i t t o . Ma fra di essi 284

c ' e r a n o fior di professori e di scienziati c h e nella n u o v a fed e - i n cui n o n s a p p i a m o q u a n t o e f f e t t i v a m e n t e c r e d e s sero - p o r t a v a n o tutto il bagaglio della cultura ebraica e cristiana, in cui g l ' I m p e r a t o r i di Bisanzio e di Persia li avevano tenuti p e r secoli tuffati. Q u e s t a c u l t u r a e r a molto s u p e r i o r e a quella d e l l ' E u r o p a Occidentale dove i conquistatori germanici avevano sommerso tutta l'eredità classica, che solo molto più tardi avrebbero riscoperto. Della civiltà di R o m a essi avevano rispettato solt a n t o , grazie s o p r a t t u t t o alla Chiesa, la lingua, ma contaminandola, e un p o ' dell'ordinamento giuridico. Ma tutto il r e sto - letteratura, filosofia, scienza - sopravviveva solo nei p o chi testi e d o c u m e n t i che i monaci, e specialmente i benedettini, e r a n o riusciti a salvare e raccogliere nelle catacombe dei loro conventi, d o v e n e s s u n o a n d a v a a consultarli. L'Europa imbarbarita n o n sapeva quasi più nulla di ciò che avevano sap u t o i R o m a n i dei g r a n d i secoli augustei. Solo u n a infima min o r a n z a conosceva il n o m e di Cicerone, di Seneca, di Virgilio. Ma soltanto il n o m e , o poco di più. Il nostro p o v e r o cont i n e n t e balbettava l i n g u e disarticolate a n c o r a alla ricerca di u n a loro morfologia. Esso ignorava persino che il pensiero e il discorso avevano u n a logica, di cui un certo Aristotele aveva dettato le regole, che i n u m e r i avevano u n a radice q u a d r a t a eccetera. Tutte queste cose le aveva dimenticate p e r c h é e r a n o mancate le scuole dove si fosse continuato a insegnarle. Bisanzio, n o . Salvatasi dalle invasioni b a r b a r i c h e , aveva seguitato a sviluppare la g r a n d e cultura greca e l'aveva diffusa i n t u t t e l e p r o v i n c e d e l s u o i m p e r o , c o m p r e s e q u e l l e c h e o r a Muawiya e i suoi successori o c c u p a v a n o . I c o n q u i statori arabi f u r o n o i m m e d i a t a m e n t e conquistati d a Euclid e , d a I p p o c r a t e , d a Platone, a n c h e p e r c h é a questi g r a n d i seduttori n o n avevano da o p p o r r e , di loro, che il C o r a n o . E così cominciò la g r a n d e o p e r a di fertilizzazione della civiltà araba, cui fecero da veicoli e m e d i a t o r i s o p r a t t u t t o gli Ebrei, i quali n o n t r o v a r o n o m o l t a difficoltà a t r a d u r r e il greco in a r a b o , lingua molto vicina a quella loro. 285

Gli Arabi si m o s t r a r o n o n o n soltanto ricettivi, ma a n c h e creativi. L o f u r o n o p e r e s e m p i o nella matematica, d o v e inv e n t a r o n o lo «zero» (sifr) che n e m m e n o i R o m a n i e i Greci a v e v a n o c o n c e p i t o , e d e l a b o r a r o n o l'Algebra, c h e è t u t t a u n a loro scoperta e che deriva il suo n o m e da al-jabr. Lo fur o n o nella chimica, di cui g e t t a r o n o le basi scientìfiche e inv e n t a r o n o il f o n d a m e n t a l e utensile: l'alambicco (al-anbiq). U n o di loro, Gebir, figlio di un farmacista di Kufa, fu il p r i mo b i o l o g o c h e analizzò le feci e il s a n g u e . F u r o n o essi a f o n d a r e a D a m a s c o fin d a l 7 0 9 il p r i m o v e r o o s p e d a l e d e l m o n d o , e a praticarvi l'anestesia. Il F r u g o n i d e l M e d i o Evo fu l'arabo p e r s i a n o Rhazes, a u t o r e di un trattato in venti volumi, cui tutta la medicina e u r o p e a p i ù t a r d i s'ispirò. N o n m e n o p r o f o n d a fu la rivoluzione in c a m p o filosofico e speculativo. A b u Yusuf al Kindi n o n sospettava n e m m e n o l'esistenza d i u n a scienza del p e n s i e r o q u a n d o d a l natio p a e sello a r a b o a n d ò a studiare a B a g d a d . N o n sapeva n e p p u r e verso quali studi orientarsi e si d e d i c ò a tutti col vorace e n t u s i a s m o del primitivo. Poi scoprì Aristotele e P l a t o n e , e vi s p r o f o n d ò . U n a volta a r m a t o degli s t r u m e n t i della l o r o logica, iniziò il r i e s a m e critico d e l C o r a n o . E n a t u r a l m e n t e smise di c r e d e r c i , e p u r t r o p p o lo disse e lo scrisse. L'eresia gli valse la p r i g i o n e , ma fece di lui il p i o n i e r e di un razionalismo a p p l i c a t o alla fede c h e , d o p o a v e r scosso l'Islam, d o veva trasferirsi p e r contagio a n c h e in c a m p o cristiano e suscitarvi tutto quello c h e poi suscitò da A b e l a r d o a S a n Tommaso. Fra i d u e g r a n d i Maestri greci, al Kindi si e r a ispirato sop r a t t u t t o a P l a t o n e . Al Farabi invece c a m m i n ò sul solco di Aristotele. E r a u n curioso u o m o c h e n o n s i c u r ò n e m m e n o di avere un alloggio e u n o stipendio. Visse un p o ' c o m e Socrate, ma senza i suoi vizi, facendosi ospitare di q u a e di là, e s c r i v e n d o . B e n t r e n t a n o v e o p e r e c i s o n o g i u n t e d i lui, m a ne aveva c o m p o s t e molte di più. Ciò c h e le r e n d e originali e m e m o r a b i l i è lo stile (ma q u e s t o , p u r t r o p p o , p o s s o n o a p p r e z z a r l o solo gli Arabi) e l'angoscia. Al Farabi e r a un cre286

d e n t e e, a differenza di al Kindi, fece il possibile p e r accord a r e il C o r a n o con la logica di Aristotele, cioè p e r conciliare l a fede c o n l a r a g i o n e : c h ' e r a p o i i l g r a n d e p r o b l e m a c h e doveva ossessionare tutto il p e n s i e r o occidentale, q u a n d o fu contagiato da quello orientale. Forse San T o m m a s o , che batté p r o p r i o questa strada, sia p u r e i n n o m e d i Gesù invece c h e d i M a o m e t t o , n o n s e p p e nulla di al Farabi. Ma s e p p e c e r t a m e n t e di Avicenna, le cui o p e r e d e t t a r o n o legge nelle Università della S p a g n a m u s u l m a n a , e attraverso di esse in quelle francesi e italiane. Avic e n n a confessa di a v e r letto la Metafisica di Aristotele b e n q u a r a n t a volte senza capirci nulla. N o n veniva da studi filosofici. E r a un grandissimo medico, sul livello di Rhazes, c h e si trovò coinvolto in questioni politiche, finì a p i ù r i p r e s e in galera, e visse s e m p r e p e r i c o l o s a m e n t e . S t u d i ò e scrisse di tutto: di algebra, di g e o m e t r i a , di a s t r o n o m i a . Q u a n d o alla fine e b b e p e n e t r a t o la Metafisica di Aristotele, si rese c o n t o che la p r o p r i a vocazione e r a quella e vi rimase fedele fino in fondo. Ciò che n o i c h i a m i a m o Filosofìa Scolastica e c h e r i t e n i a m o un p r o d o t t o originale della Chiesa Cattolica elaborato fra il X I I e il X I V secolo p e r r e s p i n g e r e l'assalto d e l r a zionalismo, viene d a l l ' I s l a m , e ha a v u t o c o m e iniziatori al Farabi, Avicenna e A v e r r o è . F u r o n o costoro c h e raccolsero tutta la filosofia greca e specialmente l'eredità di Aristotele, la v e s t i r o n o di p a n n i a r a b i , la i m p o r t a r o n o in S p a g n a e in Sicilia nel bagaglio dei loro eserciti, e di lì la diffusero in tutt a l ' E u r o p a , c h e n o n n e sapeva p i ù nulla, d a q u a n d o l e invasioni barbariche l'avevano tagliata fuori d a l l ' I m p e r o d ' O riente e da tutta la c u l t u r a greca. .Questa g r a n d e fioritura di studi e di scoperte n o n e r a a n c o ra esplosa nel m o n d o islamico, q u a n d o gli eserciti del Califfo dilagarono, alla conquista di tutto il Nord-Africa. Ma essi s p i a n a r o n o la strada alla loro diffusione in E u r o p a . L'Egitto n o n aveva o p p o s t o resistenza. I Bizantini, c h e sino a q u e l momento lo avevano governato, avevano commesso tre 287

grossi e r r o r i . Anzitutto lo d i s s a n g u a v a n o rastrellandovi tutto il g r a n o p e r m a n d a r l o a Bisanzio. Poi avevano p e r s e g u i tato i cristiani «monofisiti» p e r c h é li c o n s i d e r a v a n o eretici. E infine s i s e r v i v a n o , p e r p r e s i d i a r e q u e l l a p r o v i n c i a , d i u n esercito c o m p o s t o in m a g g i o r a n z a di Arabi. Costoro a p r i r o n o l e p o r t e a i confratelli M u s u l m a n i g u i d a t i d a l g e n e r a l e Amr, e gli angariati cristiani lo accolsero con entusiasmo. A m r e r a u n a r a b o della stoffa d i Khalid. E r a analfabeta, conosceva soltanto i versetti del C o r a n o , la sua c u l t u r a e r a riassunta nella s p a d a . Q u a n d o e n t r ò a d Alessandria, rimase sbigottito. «Ci sono 4 0 0 0 palazzi, 4 0 0 b a g n i , 4 0 0 teatri» riferì in un messaggio al Califfo. C ' e r a n o a n c h e quasi altrettante sette cristiane, c h e lo fecero arbitro dei loro litigi teologici, n e i quali n a t u r a l m e n t e n o n capì nulla. Chiese l o r o p e r c h é n o n tagliavano c o r t o facendosi tutti m u s u l m a n i . Molti a d e r i r o n o . A quelli c h e rifiutarono, A m r a p p i o p p ò u n a ragionevole tassa e g a r a n t ì libertà di culto p u r c h é o g n u n o rispettasse q u e l l o d e g l i altri. U n g r a m m a t i c o g r e c o v e n n e a chiedergli il p e r m e s s o di p r e l e v a r e alcuni manoscritti della famosa L i b r e r i a , l a p i ù g r a n d e d e l l ' a n t i c h i t à , ricca d i m i gliaia di v o l u m i . Amr, c h e n o n aveva m a i visto a l t r o c h e il C o r a n o , rimase esterrefatto allo spettacolo di tutti q u e i libri, e m a n d ò un messaggio al califfo O m a r p e r s a p e r e cosa d o veva f a r n e . P a r e c h e O m a r r i s p o n d e s s e : «Se c o d e s t i libri c o n c o r d a n o con quello del Profeta, sono superflui, e q u i n d i è i n u t i l e c o n s e r v a r l i ; se n o n c o n c o r d a n o , s o n o d a n n o s i , e q u i n d i è necessario distruggerli». Così A m r li a v r e b b e distribuiti agli stabilimenti termali che li u s a r o n o c o m e combustibile p e r le loro caldaie. S e m b r a p e r ò c h e si tratti di u n a favola. Forse A m r distrusse effettivamente ciò c h e restava dell a g r a n d e L i b r e r i a . M a n e restava p o c o . L a m a g g i o r p a r t e d e i preziosi testi autografi di Sofocle, Eschilo, Polibio, T i t o Livio, Tacito e chissà q u a n t i altri classici e r a n o stati già saccheggiati dai fanatici cristiani al t e m p o del p a t r i a r c a Teofilo. Altri e r a n o stati r u b a t i dai collezionisti. Altri si e r a n o d e t e riorati n e l l ' u m i d o e nell'incuria. Ma di c h i u n q u e ne sia stata 288

la colpa la p e r d i t a fu i r r e p a r a b i l e . La d i s t r u z i o n e della Biblioteca di Alessandria r i m a n e nella storia c o m e u n o dei p i ù nefandi attentati c o n t r o il genio d e l l ' u o m o e la sua cultura. A m r a m m i n i s t r ò b e n e l'Egitto. Ligio agli o r d i n i di O m a r , n o n p e r m i s e ai suoi u o m i n i di accasarvisi. Per sottrarli alle tentazioni della dolce vita di Alessandria e m a n t e n e r l i nell'is o l a m e n t o c h e s i a d d i c e a u n a casta m i l i t a r e , c o s t r u ì u n a n u o v a capitale e le d i e d e il n o m e c h e p i ù le somigliava: al Fustat, c h e significa «tenda». N o n doveva essere infatti c h e un vasto a c c a m p a m e n t o , su cui solo m o l t o p i ù t a r d i si svil u p p ò u n a città v e r a e p r o p r i a : il Cairo. Essa fu la s e d e d e i g o v e r n a t o r i che p e r d u e secoli d o v e v a n o a m m i n i s t r a r e l'Egitto in n o m e d e l Califfo, p r i m a di D a m a s c o e p o i di Bagdad. Ma A m r n o n vi si fermò. S e g u e n d o la logica d e l c o n q u i statore, egli n o n r i t e n e v a sicura la c o n q u i s t a finché n o n vi avesse a g g i u n t a q u e l l a d e l Paese limitrofo. Così, alla testa dei suoi 10.000 veterani, c h e o r a e r a n o diventati 40.000 p e r l ' a r r u o l a m e n t o degli Arabi egiziani d e b i t a m e n t e convertiti all'Islam, m a r c i ò su C i r e n e , i n o n d ò la Tripolitania, si accampò un centinaio di chilometri a S u d di Tunisi, p i a n t ò la lancia sulla sabbia, e con q u e l simbolico gesto d i e d e il via alla fondazione di u n a città, Q a i r w a n , che significa «luogo di riposo», e che doveva d i v e n t a r e u n a delle g r a n d i capitali dell'Islam. Le g u a r n i g i o n i bizantine fuggirono sulle loro navi senza o p p o r r e r e s i s t e n z a a q u e l l ' a l l u v i o n e . Ma Bisanzio si r e s e c o n t o che, se c a d e v a a n c h e C a r t a g i n e , il M e d i t e r r a n e o diventava un lago m u s u l m a n o , e m a n d ò u n a flotta e un esercito alla riscossa. La p o p o l a z i o n e locale e r a c o m p o s t a di b e r beri, c h ' e r a n o i Vandali di G e n s e r i c o incrociati coi fenici e con gl'indigeni della costa m a g h r e b i n a . O d i a v a n o l ' I m p e r o , che li aveva tartassati. Ma, di fronte ai n u o v i p a d r o n i , preferirono quelli vecchi e con essi si s c h i e r a r o n o nella difesa della città. N e m m e n o la loro resistenza tuttavia valse a f e r m a r e il fiotto a r a b o . C a r t a g i n e c a d d e nel 6 9 8 . E da q u e l m o m e n t o 289

t u t t o il Nord-Africa fu islamizzato e diviso in t r e p r o v i n c e : Egitto c o n capitale il C a i r o , Africa c o n capitale Q a i r w a n , e M a g h r e b (o Marocco) con capitale Fez. D a p p r i n c i p i o o g n u na di esse fu a m m i n i s t r a t a da un g o v e r n a t o r e n o m i n a t o dalla l o n t a n a Damasco. Ma q u a n d o il Califfo trasferì la sua sede a B a g d a d , città a n c o r a p i ù r e m o t a , i vincoli di d i p e n d e n za si a l l e n t a r o n o , e i g o v e r n a t o r a t i si t r a s f o r m a r o n o in m o n a r c h i e ereditarie e i n d i p e n d e n t i . Q u e s t o p e r ò a v v e n n e d o p o c h e Tariq e r a già sbarcato a Gibilterra coi suoi 7000 m o r i e 300 Arabi. Ce lo aveva m a n d a t o il g o v e r n a t o r e Musa, che subito d o p o Io seguì con altri 8000 m o r i e 10.000 Arabi. La conquista della S p a g n a fu rapida. I Visigoti, che ne e r a n o stati gli ultimi conquistatori, vi si e r a n o dissolti senza riuscire a c r e a r e nulla che somigliasse a u n o Stato. I Generali arabi d i l a g a r o n o p e r tutta la penisola, i m p o s e r o ragionevoli tributi alle popolazioni, ma in comp e n s o r i s p e t t a r o n o le loro leggi e la loro religione. Forse fu soltanto sotto il d o m i n i o m u s u l m a n o che la S p a g n a c o n o b be u n a vera libertà di coscienza e di culto. Nel 732 quegl'insaziabili divoratori di spazi scavalcarono i Pirenei a b o r d o dei loro piccoli focosi cavalli e si affacciarono nella p i a n a francese spingendosi fino a T o u r s e a Poitiers. E r a n o trascorsi e s a t t a m e n t e cento a n n i d a q u a n d o M a o m e t to e r a m o r t o lasciando ai suoi e r e d i alcune sparpagliate trib ù d i b e d u i n i n o m a d i , c o n u n g r u m o d i c a p a n n e d i fango e di paglia p e r capitale. E o r a tutta l'Europa, aggirata da S u d in un p e r i p l o di migliaia e migliaia di chilometri, e investita da Occidente, t r e m a v a sotto il loro incalzare. Forse n o i d o b b i a m o a C a r l o Martello e ai suoi gagliardi g u e r r i e r i F r a n c h i il fatto di n o n essere circoncisi. Se a n c h e loro fossero stati travolti, n o n si v e d e q u a l e altra forza, nel n o s t r o sconquassato c o n t i n e n t e , a v r e b b e p o t u t o o p p o r s i a quell'alluvione. E oggi R o m a , invece c h e la s e d e d e l P a p a , sarebbe la sede di un Califfo. Mai forse nella storia ci fu battaglia così decisiva p e r l e sorti d e l l ' i n t e r a u m a n i t à c o m e quella c h e si c o m b a t t é q u e l l ' a n n o 732 a Poitiers. Si d i r e b b e 290

che, p u r n o n r e n d e n d o s e n e esatto conto, l e falangi cristiane di Carlo abbiano o s c u r a m e n t e sentito l'importanza della p o sta i n g i u o c o , p e r c h é s i b a t t e r o n o c o n i n d o m a b i l e a r d o r e p e r sette giorni e sette notti. Per la p r i m a volta da q u a n d o si e r a n o scatenati oltre i confini della loro desertica penisola e a v e v a n o iniziato la l o r o trionfale diaspora, gli Arabi v e n n e ro fermati e ricacciati. N o n fu soltanto u n a sconfitta. Fu la fine del mito della loro invincibilità. S i r i p r o v a r o n o q u a t t r o a n n i d o p o , s o m m e r s e r o l a Ling u a d o c a e vi r e s i s t e t t e r o u n a v e n t i n a d ' a n n i lasciandovi tracce c h e a n c o r a s t i n g o n o nel pittoresco di quella c o n t r a d a , nel suo dialetto, nei suoi costumi, nel c a r a t t e r e dei suoi abitanti. M a n o n e r a n o già p i ù l e t r a v o l g e n t i cavallerie d i un t e m p o . Pipino il Breve, successore di Carlo, li cacciò d e finitivamente dal suolo di Francia nel 759. I Califfi di Damasco, che allora cominciavano a p p e n a a uscire d a l l ' a n a l f a b e t i s m o e n o n s a p e v a n o n u l l a di geografia e m e n o a n c o r a d i storia, n o n a t t r i b u i r o n o m o l t a i m p o r t a n z a alla conquista della S p a g n a , Paese c h e d e l r e s t o n o n aveva fatto m o l t o p a r l a r e di sé, e ch'essi forse n o n sapevano b e n e d o v e fosse. La c h i a m a r o n o «Distretto di Andalusia» e n o n n e fecero n e m m e n o u n g o v e r n a t o r a t o , lasciandolo alle dip e n d e n z e d i q u e l l o d i Q a i r w a n . M a q u e s t a testa d i p o n t e m u s u l m a n a , a n c h e se n o n riuscì a diventare, grazie ai Franchi, il t r a m p o l i n o di lancio di ulteriori conquiste territoriali nel nostro c o n t i n e n t e , lo fu di u n a conquista culturale, i cui frutti sono s e m p r e stati sottovalutati specialmente in Italia. Perfino la Divina Commedia le è debitrice di parecchio. La civiltà a r a b a in S p a g n a d e b u t t ò con u n a totale rivoluzione d e l l ' a g r i c o l t u r a . L a t e r r a e r a m o n o p o l i o dell'aristocrazia visigota che se l'era ripartita in vasti feudi, lavorati da servi d e l l a gleba. R a h m a n p r o c l a m ò c h e gli schiavi c h e si fossero convertiti all'Islam a c q u i s t a v a n o a u t o m a t i c a m e n t e la l i b e r t à e la p r o p r i e t à d e l p o d e r e . L'effetto fu d u p l i c e : l'Islam d i v e n t ò la r e l i g i o n e della m a g g i o r a n z a e c r e ò u n a 291

vasta categoria di piccoli p r o p r i e t a r i , coltivatori diretti. Costoro avevano o r a il massimo interesse a far fruttare le loro p r o p r i e t à . Vigneti e oliveti ce n ' e r a n o già, e si moltiplicaron o . Ma d a l l ' O r i e n t e , a t t r a v e r s o i loro c o n q u i s t a t o r i arabi, i contadini spagnoli i m p o r t a r o n o i semi e i m p a r a r o n o la cult u r a di p r o d o t t i che l ' E u r o p a a n c o r a n o n conosceva: il riso, il cotone, la c a n n a da zucchero, le pesche, i datteri, la m i r r a , gli asparagi, gli spinaci, il p e p e , il p o m p e l m o . Sorsero i m e ravigliosi g i a r d i n i di C o r d o v a , G r a n a t a e Valencia. E fu lì che un Tesio locale, di cui i g n o r i a m o il n o m e , istituì con un sapiente incrocio il p r i m o razionale allevamento di p u l e d r i arabi, forza e blasone dei futuri Caballeros. Le ricche miniere di o r o , a r g e n t o , a l l u m i n i o , r a m e , s t a g n o , già s c o p e r t e e sfruttate dai R o m a n i , ma a n d a t e in disuso sotto i Visigoti a c o r t o di n o z i o n i sul m o d o di t r a t t a r e i metalli, f u r o n o riap e r t e d a i tecnici egiziani e siriani c h e si e r a n o f o r m a t i alle scuole orientali e che avevano seguito nella loro d i a s p o r a gli eserciti arabi. F e r m i a m o c i p e r il m o m e n t o a q u e s t o s t a d i o . Gli A r a b i c h e p r e n d e v a n o possesso del cantuccio occidentale d ' E u r o pa insieme ai berberi e ai m o r i che avevano abbracciato l ' I s l a m e facevano t u t t ' u n o c o n l o r o , n o n e r a n o a n c o r a i raffinati intellettuali di A v i c e n n a e A v e r r o è , c h e p i ù t a r d i a v r e b b e r o d e t t a t o legge nella c u l t u r a continentale. M a n o n e r a n o n e m m e n o q u e i t r u c u l e n t i mozzateste c h e l a l e g g e n da cristiana ha d i p i n t o . In confronto alle invasioni che l'Eur o p a r o m a n i z z a t a aveva subito dal N o r d , quella a r a b a fu la p i ù mite e s o p r a t t u t t o la p i ù fertilizzante. I suoi c o n d o t t i e ri, q u a n d o s b a r c a r o n o i n S p a g n a , s b a l o r d i r o n o l e p o p o l a zioni a n z i t u t t o p e r l ' e l e g a n z a d e l l e l o r o u n i f o r m i d i seta bianca, p e r la finezza d'intarsio delle l o r o sciabole ricurve, p e r l o svolazzìo d e i l o r o m u l t i c o l o r i t u r b a n t i , p e r l e l o r o calzature rialzate a p u n t a , e p e r lo sfolgorìo dei loro gioielli. L e d o n n e c h e l i s e g u i v a n o g r o n d a v a n o a d d i r i t t u r a d i collane, braccialetti e d i a d e m i . N o n e r a n o a n c o r a velate. I l o r o m o n i l i e g u a r d a r o b a d e n u n z i a v a n o un a r t i g i a n a t o e 292

u n a i n d u s t r i a tessile in anticipo di secoli su quelli e u r o p e i . S o p r a t t u t t o la seta r i e m p i v a di a m m i r a z i o n e . E infatti fu dalla S p a g n a c h e la c o l t u r a d e l b a c o e d e l gelso si diffuse nel n o s t r o c o n t i n e n t e . I n s i e m e con questi sfarzi esteriori, a r r i v a v a n o le favole e la poesia erotica. I g u e r r i e r i di Tariq, di Musa e di R a h m a n n o n s a p e v a n o n é l e g g e r e n é scrivere. M a s a p e v a n o raccontare e c a n t a r e , e furono i p r i m i a farlo nella sbigottita e balb e t t a n t e E u r o p a d i quel t e m p o . S'istaurava u n r a p p o r t o più u m a n o fra conquistatore e conquistato. A n c h e R a h m a n tentò d a p p r i m a di t e n e r e isolata la casta militare, c o m e aveva fatto A m r i n E g i t t o . M a n o n l e c o n s e n t ì d i t r a s f o r m a r s i i n un'aristocrazia feudale sul tipo di quelle l o n g o b a r d e e franche, intese al taglieggiamento delle popolazioni. Essa f o r m ò p i u t t o s t o u n a classe d i r i g e n t e e f u n z i o n a r e s c a , c h e p e r s e o g n i esclusivismo razziale nell'harem d o v ' e r a autorizzata ad assoldare le d o n n e i n d i g e n e , cristiane o e b r e e che fossero. E fu nell'harem a p p u n t o che i d u e elementi s ' i n t e g r a r o n o . Il proselitismo religioso n o n d e g e n e r ò mai o quasi mai in p e r s e c u z i o n e . C e r t o , i M u s u l m a n i fecero di t u t t o p e r c o n vertire la p o p o l a z i o n e all'Islam. Ma chi volle resistere p o t è farlo rischiando solo di p e r d e r e dei vantaggi. Il C o r a n o dice che «per o g n i nazione c'è il suo messaggero» che va rispettato. E alcuni teologi m u s u l m a n i s o s t e n g o n o a d d i r i t t u r a c h e ce ne sono stati a l m e n o duecentomila. C o m u n q u e , Maometto aveva s e m p r e riconosciuto in Gesù un suo p r e c u r s o r e , accettava le Sacre Scritture c o m e testi ispirati da Dio, e un teologo m u s u l m a n o di allora diceva: «Se fossi vissuto al t e m p o di Cristo, n o n gli avrei p e r m e s s o di p o s a r e il suo santo p i e d e sulla t e r r a e me lo sarei caricato sulle spalle p e r c o n d u r l o d o v u n q u e egli avesse desiderato di andare». Per q u a n t o animati da zelo, i n s o m m a , i missionari di M a o m e t t o n o n e r a n o fanatici. Lo d i v e n t a r o n o più tardi, q u a n d o il Califfato passò in m a n o a i T u r c h i c h e v i p o r t a r o n o l ' a r d o r e d e l l o r o neofitismo. Ma questo avvenne parecchi secoli d o p o .

CAPITOLO TRENTANOVESIMO

G L I ARABI I N S I C I L I A

Nel 625 la flotta bizantina si scontrò nelle acque di Alessand r i a con quella araba. Fu un duello accanito che si concluse c o n l ' a n n i e n t a m e n t o d e i G r e c i , i cui d r o m o n i a n d a r o n o quasi totalmente distrutti. Il M e d i t e r r a n e o d i v e n n e un lago m u s u l m a n o e p e r alcuni secoli i Califfi esercitarono su di ess o u n d o m i n i o incontrastato. N o n e r a n o trascorse molte settimane d a quella battaglia che alcuni vascelli arabi gettarono le ancore nella baia di Siracusa, ch'era allora un fiorente centro commerciale bizantino. Lo sbarco a v v e n n e all'alba sulla spiaggia d e s e r t a e cotta dal sole. La città, colta di sorpresa, fu sottoposta a un orribile saccheggio. Le sue chiese furono profanate e le d o n n e violentate. Esaurita la razzìa, gli Arabi t o r n a r o n o alle loro navi e volsero le p r u e verso quella t e r r a d'Africa di dove e r a n o partiti. A q u e s t o raid ne s e g u i r o n o altri, s o p r a t t u t t o n e l secolo successivo, q u a n d o la guerra di corsa assunse in tutto il Medit e r r a n e o p r o p o r z i o n i allarmanti. A esercitarla, i n t e n d i a m o ci, n o n e r a n o solo i M u s u l m a n i . E r a n o a n c h e i Cristiani, alt r e t t a n t o feroci m a m e n o organizzati. L e a u t o r i t à n o n solo c h i u d e v a n o un occhio su queste i m p r e s e , ma le incoraggiav a n o . I pirati e r a n o avanzi di galera, evasi, d e l i n q u e n t i com u n i , v a g a b o n d i s e n z ' a r t e n é p a r t e con a d d o s s o u n a g r a n voglia di far bottino e di m e n a r e le m a n i , u n a specie di legione straniera a v a n t i l e t t e r a . La p i r a t e r i a m u s u l m a n a infierì s p e c i a l m e n t e l u n g o le coste della Sicilia, della S a r d e g n a e della Corsica con r a p i d e incursioni che tuttavia n o n furono m a i , f i n o a i p r i m i d e l I X secolo, a c c o m p a g n a t e d a p i a n i p r e o r d i n a t i d'invasione. 294

N e l l ' 8 2 7 , s u richiesta d i u n p u g n o d i ribelli siracusani, c h e si e r a n o rivoltati c o n t r o il g o v e r n o b i z a n t i n o , l ' e m i r o aghlabita Ziyadat Allah I, inviò in loro soccorso settanta vascelli con a b o r d o settecento cavalli e diecimila u o m i n i , fra cui alcune migliaia di pirati. Cominciò così la sistematica occ u p a z i o n e a r a b a della Sicilia. La p r i m a città a c a d e r e nelle m a n i d e i M u s u l m a n i fu Marsala che d i v e n t ò il t r a m p o l i n o di lancio delle successive conquiste. Nell'831 gl'invasori i n t r a p r e s e r o la m a r c i a verso N o r d Est. Nello stesso a n n o capitolò P a l e r m o , d o v e fu i n s e d i a t o u n g o v e r n a t o r e g e n e r a l e . L a conquista a r a b a s e g n ò l a fine della d o m i n a z i o n e bizantina. I Greci col loro fiscalismo s'er a n o resi i m p o p o l a r i . I n u m e r o s i tentativi di ribellione d e i Siciliani e r a n o stati soffocati nel sangue. Al m a l c o n t e n t o dei suoi abitanti fu in p a r t e d o v u t a la fiacca resistenza dell'Isola agli Arabi che vi p o r t a r o n o il soffio di u n a cultura ricca, fresca e raffinata. Essa si s o v r a p p o s e a quella b i z a n t i n a e la sommerse. P a l e r m o d i v e n n e il faro di questa civiltà dalla straordinaria forza agglutinante, che c o m e u n a macchia d'olio si p r o p a g ò p e r tutta la Sicilia e giunse perfino a lambire il Mezzog i o r n o d'Italia. Elevata al r a n g o d ' E m i r a t o , l'Isola ricalcò gli schemi amministrativi delle altre province d e l l ' I m p e r o islamico. L'autorità dell'Emiro e r a assoluta. Solo in teoria infatti egli d i p e n d e v a d a l Califfo di B a g d a d c h e lo aveva desig n a t o e che in qualsiasi m o m e n t o poteva d e p o r l o . In pratica, la l o n t a n a n z a e le difficoltà dei mezzi di c o m u n i c a z i o n e l o r e n d e v a n o i n d i p e n d e n t e . L ' a m m i n i s t r a z i o n e delle città e r a affidata a un Prefetto e il m a n t e n i m e n t o d e l l ' o r d i n e pubblico a un Q u e s t o r e . La b u r o c r a z i a fu d a p p r i m a reclutata tra i M u s u l m a n i . Solo in un s e c o n d o t e m p o la c a r r i e r a a m m i n i s t r a t i v a fu a p e r t a agli i n d i g e n i c h e vi affluirono in massa p e r c h é essa g a r a n t i v a un p o s t o stabile e u n o stipendio sicuro. La giustizia e r a nelle m a n i di un alto magistrato, o cadì, c h e p r e s i e d e v a fino a c i n q u a n t a processi al g i o r n o . D u r a n t e i dibattimenti, c h ' e r a n o pubblici e che si svolgeva295

no nel t r i b u n a l e costruito vicino alla m o s c h e a , i giudici stav a n o seduti su cuscini di seta m e n t r e g l ' i m p u t a t i r e s t a v a n o in piedi. Gli avvocati e r a n o legione. In o g n i famiglia ce n'era a l m e n o u n o (e c'è rimasto). C o n la n u o v a civiltà gli Arabi p o r t a r o n o nell'Isola n u o v i balzelli e i n a s p r i r o n o quelli p r e c e d e n t i . Il Fisco m u s u l m a n o n o n f u m e n o s p i e t a t o d i q u e l l o b i z a n t i n o . I m p o s e l a tassa sulla prostituzione e a u m e n t ò le tariffe d o g a n a l i . Un cronista dell'epoca racconta c h e solo l'aria c h e si respirava a n d a va esente da imposte. C h i si sottraeva agli obblighi fiscali finiva in c a r c e r e . Colui c h e vi a d e m p i v a riceveva u n a c o r d i cella c h e p o r t a v a al collo c o m e quietanza. Q u e s t o t r a t t a m e n to n a t u r a l m e n t e e r a riservato agli infedeli. I M u s u l m a n i infatti g o d e v a n o di speciali privilegi, s p e c i a l m e n t e fiscali, c h e ne facevano u n a casta privilegiata. I Cristiani n o n p o t e v a n o m o n t a r e a cavallo, né far c a r r i e r a nell'esercito e nella giustizia. Avevano p e r ò libero accesso a t u t t e le altre professioni. E r a n o b a n c h i e r i , medici, m e r c a n t i , a g e n t i d i c a m b i o , tintori. Fra questi ultimi, n u m e r o s i e r a n o gli Ebrei c h e d e t e n e v a no il m o n o p o l i o delle l a v a n d e r i e . A n c h e il servizio militare e r a riservato agli Arabi, ma n o n e r a obbligatorio. Siccome M a o m e t t o aveva incluso il mestiere delle a r m i fra i sei d o v e r i di un b u o n m u s u l m a n o , i volontari a c c o r r e v a n o n u m e r o s i . Essi a n d a v a n o in g u e r r a con la s p e r a n z a di m o r i r e e di g u a d a g n a r s i così il Paradiso. In Sicilia i costumi dell'Islam si diffusero con p r o d i g i o s a r a p i d i t à a n c h e n e l l a vita q u o t i d i a n a . N e i p r i n c i p a l i c e n t r i dell'Isola a p p a r v e r o i p r i m i m i n a r e t i dai quali s e m b r a che il n o s t r o c a m p a n i l e derivi, e le p r i m e m o s c h e e . Allo stile m o resco s ' i s p i r a r o n o i n u o v i q u a r t i e r i residenziali: a m p i e p a lazzine d a l l ' i n t o n a c o b i a n c o , c o n g r a n d i t e r r a z z e e piccole finestre. All'interno, c i r c o n d a t o da un porticato, c'era il patio, un cortile c o n f o n t a n e e p i a n t e e s o t i c h e . Gli a m b i e n t i e r a n o a r r e d a t i c o n sobrietà. Nella sala da p r a n z o , il sofà e la tavola e r a n o gli unici mobili. Il p a v i m e n t o e r a r i c o p e r t o di tappeti, le p a r e t i d e c o r a t e c o n mosaici. Nelle c a m e r e da let296

t o , le s p e c c h i e r e e i c a n d e l a b r i costituivano i p r i n c i p a l i orn a m e n t i . I palazzi dei ricchi e r a n o circondati da p a r c h i g r e miti di palmizi, p l a t a n i e cipressi. I g i a r d i n i e r a n o p o p o l a t i di cigni, a n i t r e , p a v o n i e uccelli esotici. P r i m a a n c o r a che dall'architettura, i Siciliani f u r o n o conquistati dalla g a s t r o n o m i a araba. Q u a n d o g i u n s e r o nell'Isola, i M u s u l m a n i già d a u n p e z z o a v e v a n o r i p u d i a t o c e r t e abitudini culinarie dei loro Paesi d'origine, che il n o s t r o pal a t o rifiuta. N o n m a n g i a v a n o p i ù s c o r p i o n i , scarafaggi e d o n n o l e , e a v e v a n o smesso di c o n s i d e r a r e il riso un aliment o v e l e n o s o . N o n o s t a n t e i divieti d e l C o r a n o c h e b a n d i v a dalla m e n s a il vino, la b i r r a e la c a r n e di p o r c o , r i t e n u t a a p p o r t a t r i c e di lebbra, la l o r o cucina s o p p i a n t ò in b r e v e volger e d i t e m p o quella i n d i g e n a . S o p r a t t u t t o i n pasticceria d o v e i cuochi arabi n o n a v e v a n o rivali. I M u s u l m a n i a m a v a n o le r i u n i o n i m o n d a n e . I ricevim e n t i si svolgevano di solito il v e n e r d ì , g i o r n o di riposo sett i m a n a l e , e ad essi p a r t e c i p a v a n o solo gli u o m i n i . Al p o s t o degli alcolici venivano serviti sciroppi di frutta. L'uso del caffè e r a a n c o r a i g n o t o . Si beveva invece il tè c h e alcuni m e r canti a v e v a n o i m p o r t a t o d a l l a C i n a . A n c h e i l t a b a c c o e r a sconosciuto. I b a n c h e t t i si c o n c l u d e v a n o c o n canti e d a n z e al suono di orchestrine composte di cinque strumenti: arpa, oboe, liuto, t a m b u r o e chitarra. Un a u t o r e a r a b o del IX secolo c o m p i l ò u n c o d i c e d i b u o n a c r e a n z a a d u s o d i c o l o r o che p a r t e c i p a v a n o a siffatte r i u n i o n i . Vi si legge c h e il p e r fetto g e n t i l u o m o e r a c o m p i t o e v i r t u o s o , si a s t e n e v a dallo scherzo, o n o r a v a gli i m p e g n i , m a n t e n e v a le p r o m e s s e , e sapeva custodire un segreto. A tavola m a n g i a v a a piccoli bocconi, masticava b e n e , n o n si leccava le dita e n o n le metteva nel n a s o , n o n assaggiava aglio e cipolla, e s o p r a t t u t t o n o n u s a v a m a i gli s t u z z i c a d e n t i . Si lavava a l m e n o u n a volta al giorno, si p r o f u m a v a la b a r b a con a c q u a di rose, si depilava le ascelle, si truccava gli occhi, e il v e n e r d ì si tagliava a n c h e le u n g h i e . N o n indossava p a n t a l o n i con le t o p p e , e p e r strada si fermava a l m e n o u n a volta davanti a u n o dei n u m e r o s i 297

p o r t a t o r i di specchi che affollavano le vie del c e n t r o p e r acc o m o d a r e la p r o p r i a acconciatura. Il giovedì sera a p r i v a n o i loro b a t t e n t i i night-clubs, dove le baiadere i n d i a n e s'esibivano in d a n z e e spogliarelli. I locali n o t t u r n i e r a n o gli unici luoghi d o v e si poteva b e r e alcolici il cui c o n t r a b b a n d o , molto fiorente, e r a esercitato dai Cristiani e dagli Ebrei. I passatempi preferiti dagli u o m i n i e r a n o la lotta dei galli, gli scacchi e la caccia. Il giuoco degli scacchi, o r i g i n a r i o d e l l ' I n d i a , e r a praticato s o p r a t t u t t o dai nobili c h e a v e v a n o tutto il t e m p o p e r dedicarvisi. In mezzo al p o p o l o e r a n o invece diffusi il giuoco dei d a d i e quello della tavola reale, a n che questo d ' i m p o r t a z i o n e indiana. Gli Arabi a n d a v a n o a caccia di lepri, pernici, oche selvatic h e e a n a t r e c h e p o p o l a v a n o le c a m p a g n e siciliane. D o p o aver abbattuto la p r e d a i cacciatori le tagliavano la gola, come prescriveva il C o r a n o . Solo d o p o questa o p e r a z i o n e infatti le carni i m m o n d e degli animali diventavano commestibili. Gli s p o r t e r a n o i m p o p o l a r i p e r c h é c o s t a v a n o fatica e n o n p r o c u r a v a n o r e n d i t e . Unica eccezione: la lotta libera. I campioni di questo sport e r a n o i beniamini del pubblico, g u a d a g n a v a n o s o m m e favolose, p o s s e d e v a n o ville d a n a b a b b i e n o n p a g a v a n o tasse. Per c o n s e r v a r e la forza fisica e r a n o tenuti a praticare la castità. Si racconta che un celebre lottatore p a l e r m i t a n o rifiutò la m a n o di u n a principessa. L e d o n n e a r a b e avevano molto fascino, s e b b e n e i n p u b blico facessero di t u t t o p e r nasconderlo. M a o m e t t o le aveva obbligate a p o r t a r e il velo, che e r a del resto un uso già larg a m e n t e diffuso in tutto l'Oriente dove le ricche m a t r o n e lo indossavano p e r p r o t e g g e r e il viso dai raggi del sole e m a n t e n e r e fresca la pelle. La c u r a della p r o p r i a p e r s o n a e r a u n a delle m a g g i o r i p r e o c c u p a z i o n i della d o n n a m u s u l m a n a , il cui ideale di bellezza e r a c o m p e n d i a t o nei seguenti canoni: faccia t o n d a , capelli neri, g u a n c e bianche e rosse con un n e o che assomigliasse a «una goccia d ' a m b r a su un vassoio d'alabastro», occhi grossi c o m e quelli di u n a cerbiatta, s g u a r d o 298

l a n g u i d o , bocca piccola, d e n t i bianchi, fianchi robusti, seni grossi, dita affusolate. N u m e r o s i e r a n o gli hammams, o Istituti di bellezza d o v e a l m e n o u n a volta la s e t t i m a n a le d a m e dell'aristocrazia e dell'alta b o r g h e s i a si r e c a v a n o , a c c o m p a g n a t e dagli e u n u chi. Le s e d u t e c o m i n c i a v a n o la m a t t i n a di b u o n ' o r a col bag n o turco. L a d o n n a a r a b a aveva bisogno d i d i m a g r i r e p e r ché l'alimentazione p e s a n t e e la vita sedentaria costituivano u n a c o n t i n u a insidia alla sua «linea». D o p o il b a g n o c'erano i massaggi e p o i il p a r r u c c h i e r e . I capelli b i o n d i n o n e r a n o di m o d a : chi li aveva se li tingeva di n e r o . Solo a sera le sig n o r e rincasavano, celate dai veli alla curiosità degli u o m i ni. Poiché vivevano nell'harem, c h e in a r a b o significa «santuario» e che e r a la p a r t e della casa ad esse riservata, solo gli e u n u c h i p o t e v a n o vederle. Di c o s t o r o in o g n i famiglia ce n ' e r a a l m e n o u n o . Quelli n e r i e r a n o o r i g i n a r i dell'Africa e d e l l ' I n d i a . Quelli b i a n c h i e r a n o s o p r a t t u t t o bizantini. In Grecia da t e m p o e r a stata int r o d o t t a l'usanza di castrare i m o n a c i p r i m a di chiuderli in convento. I m o n a s t e r i e r a n o così diventati la principale p r e da di g u e r r a degli eserciti m u s u l m a n i . Il p r e z z o degli e u n u chi e r a elevato p e r c h é molti giovani soccombevano alla delicata o p e r a z i o n e : c o s t a v a n o q u a t t r o volte p i ù degli schiavi a n c h e p e r c h é e r a n o in g e n e r e assai p i ù docili. A l o r o veniv a n o affidate la custodia dell'harem e l'educazione dei b a m bini c h e vivevano n e l gineceo fino a sette a n n i . A q u e s t ' e t à le f e m m i n e indossavano il velo, si smaltavano le u n g h i e e si bistravano gli occhi c o m e le loro m a d r i , m e n t r e i maschietti v e n i v a n o circoncisi. Il rito e r a s o l e n n e . Vi assistevano solo gli u o m i n i , cui veniva offerto un ricevimento che si p r o t r a e va talvolta p e r diversi giorni. I m a t r i m o n i e r a n o molto precoci. A n c o r a oggi l'età degli sposi nel m o n d o a r a b o - c o m e , del resto, nel n o s t r o Mezzogiorno - è di parecchio inferiore alla m e d i a . L'uomo sceglieva la p r o p r i a moglie t r a le ragazze del vicinato e poi si consultava col p a d r e e col s u o c e r o i quali, p r i m a di stipulare il 299

c o n t r a t t o d i m a t r i m o n i o , i n t e r r o g a v a n o l'astrologo. Costui d o v e v a c o m p i l a r e l ' o r o s c o p o degli sposi, fare i n d a g i n i sul c a r a t t e r e delle suocere e fissare la d a t a delle nozze. T r a il fid a n z a m e n t o e il c o n n u b i o trascorreva un certo p e r i o d o d u r a n t e il quale le famiglie p r o v v e d e v a n o a l l ' a r r e d a m e n t o della casa degli sposi e ai p r e p a r a t i v i della cerimonia. Il m a t r i m o n i o e r a celebrato dal cadì e si svolgeva all'ora d e l t r a m o n t o n e l l a d i m o r a della sposa. L a q u a l e , a l t e r m i n e d e l r i t o , veniva caricata su u n a c a r r o z z a t r a i n a t a da q u a t t r o m u l i e c o n d o t t a all'harem d e l m a r i t o , che la p r e c e d e v a a cavallo. La festa t e r m i n a v a con u n g r a n b a n c h e t t o . Analoga conclusione avevano i funerali. Presso gli Arabi grandissimo e r a il culto dei m o r t i . La salma del d e f u n t o , che indossava solo u n paio d i m u t a n d e , veniva c o m p o s t a i n u n lettino dalle t e n d i n e di seta se si trattava di un p e r s o n a g g i o altolocato, o in u n a semplice cassa di l e g n o se si trattava di u n u o m o d i u m i l e c o n d i z i o n e . D o p o u n a veglia, b r e v e a causa del caldo, il catafalco veniva t r a s p o r t a t o alla moschea, d o v e si svolgevano le esequie. Al t e r m i n e della c e r i m o n i a il d e f u n t o veniva c o n d o t t o in un Istituto di bellezza d o v e e r a sottoposto a u n ' a c c u r a t a toilette. Il C o r a n o prescriveva c h e il suo c o r p o fosse lavato a l m e n o t r e volte. D o p o le abluzioni u n a m a n i c u r e si i m p a d r o n i v a del cadavere, gli tagliava u n ghie e baffi e gli depilava le ascelle, c o m e oggi fanno i morticians in America. Finito il maquillage, l'estinto e r a p r o n t o p e r la sepoltura. La fossa doveva essere p r o f o n d a un m e t r o e 63 centimetri e o r i e n t a t a verso la Mecca. Le t o m b e e r a n o collocate a u n a certa distanza l ' u n a dall'altra, p e r i m p e d i r e che il g i o r n o d e l Giudizio si c r e a s s e r o n e i cimiteri pericolosi ing o r g h i . A i funerali p r e n d e v a n o p a r t e a n c h e l e d o n n e c h e manifestavano il loro d o l o r e graffiandosi il viso e s t r a p p a n dosi i capelli, e q u e s t o c o s t u m e è sopravvissuto n e l n o s t r o M e r i d i o n e con le sue «prèfiche». Lo scrittore H a m a d à n i nel suo t e s t a m e n t o r a c c o m a n d ò alle f i g l i e d i n o n a b b a n d o n a r s i il g i o r n o della sua m o r t e a scene d'isterismo e alle mogli di a s t e n e r s i dallo s f o n d a r e p o r t e , a b b a t t e r e m u r i e s r a d i c a r e 300

alberi. Al ricevimento che seguiva il funerale intervenivano tutti i p a r e n t i e gli amici del defunto. A p a r t i r e dal X secolo coloro che ne avevano i mezzi facevano traslare la p r o p r i a salma in u n a delle tre città sante: M e d i n a , G e r u s a l e m m e , o B a g d a d . In questi l u o g h i cominciò così a fiorire un v e r o e p r o p r i o c o m m e r c i o di t o m b e . Gli storici r a c c o n t a n o c h e in Sicilia gl'impresari di p o m p e funebri possedevano u n a flotta p e r il t r a s p o r t o delle salme in O r i e n t e . Nell'Isola il c o m m e r c i o p i ù florido e r a quello degli schiavi, la cui vendita si svolgeva in palazzine a d u e piani: il p r i mo riservato al mercato di massa, il secondo a quello di lusso. Gli schiavi e r a n o acquistati c o m e camerieri, g u a r d i e d e l c o r p o , portinai, cuochi, eccetera, o p p u r e noleggiati p e r piccoli servizi a o r e . I m e r c a n t i si p r e o c c u p a v a n o a n c h e che la m e r c e si presentasse b e n e . T i n g e v a n o di n e r o i capelli delle d o n n e b i o n d e , s b a r b a v a n o i vecchi, travestivano i fanciulli da d o n n a . Ciò costringeva i clienti a farsi a c c o m p a g n a r e al m e r c a t o da un m e d i c o che controllava la g e n u i n i t à del p r o d o t t o . Ad uso dei forestieri fu compilato un m a n u a l e d'etnologia che forniva informazioni sugli schiavi a seconda d e l l u o g o d ' o r i g i n e . I T u r c h i , vi si legge, e r a n o cuochi e s p e r t i ma spendaccioni, i migliori cantanti p r o v e n i v a n o da M e d i na, le n e g r e e r a n o ottime ballerine ma p u z z a v a n o , le Abissine e r a n o ladre. Fra gli schiavi bianchi gli A r m e n i e r a n o considerati i p e g g i o r i di tutti p e r la l o r o i n d o l e n z a . Le c o n d i zioni di vita degli schiavi e r a n o relativamente b u o n e . Spesso i p a d r o n i sul letto di m o r t e , p e r g u a d a g n a r s i il Paradiso, li l i b e r a v a n o e q u a l c h e volta li lasciavano a n c h e e r e d i d e l l e p r o p r i e sostanze. Un anello all'orecchio e r a l'unico segno di d i s t i n z i o n e di q u e s t a classe c h e in Egitto coi Mammalucchi d i v e n n e p o t e n t e e temuta. In Sicilia d u e secoli e mezzo di dominazione araba n o n solo m o d i f i c a r o n o il c o s t u m e dei suoi abitanti ma lasciarono profonde tracce nella cultura. Nel Novecento sorsero a Palermo le p r i m e scuole arabe nelle quali s'insegnava che la T e r r a era sferica e aveva un c e n t r o equidistante dai q u a t t r o p u n t i 301

cardinali. Particolarmente diffuso e r a lo studio degli astri che influenzavano o g n i m o m e n t o della vita quotidiana. A Palermo un p a r r u c c h i e r e si fece costruire un sestante p e r misurare la posizione delle stelle sull'orizzonte. P r i m a di tagliare i capelli o fare la b a r b a ai clienti lo consultava, e solo se le congiunzioni astrali e r a n o favorevoli dava di piglio al rasoio. Alla scienza islamica l'astronomia è debitrice di g r a n p a r t e del suo gergo: azimut, nadir, zenit sono termini arabi. Un po' d o v u n q u e nell'Isola sopravvivono modelli dell'architettura a r a b a che nella m o s c h e a fuse e riassunse i suoi c a r a t t e r i : la volta, l'arco m o r e s c o , la d e c o r a z i o n e ad a r a b e sco. Nel X secolo il giornalista ibn-Hawqal c o n t ò a P a l e r m o t r e c e n t o di questi edifici. D o p o il Mille la c u l t u r a a r a b a si inc o n t r ò in Sicilia c o n quella n o r m a n n a . Dal c o n n u b i o scaturì la p i ù alta civiltà del M e d i o Evo e u r o p e o , in cui affondò p i ù t a r d i le s u e radici quella del Rinascimento. P a l e r m o fu la base della conquista dell'isola e di alcuni centri d e l M e z z o g i o r n o . N e l l ' 8 4 1 gli A r a b i o c c u p a r o n o B a r i c h e tennero p e r trent'anni. Tre anni dopo minacciarono Roma d a l m a r e . N o n r i u s c e n d o a p e n e t r a r e n e l l ' U r b e saccheggiar o n o la basilica di San Paolo fuori le m u r a e p r o f a n a r o n o le t o m b e dei Pontefici. Nell'849 u n a flotta m u s u l m a n a t o r n ò a solcare l e a c q u e d i Ostia, m a f u l e t t e r a l m e n t e d i s t r u t t a d a u n a t e r r i b i l e t e m p e s t a e d a i vascelli d e l P a p a . Siracusa nell'878 e T a o r m i n a nel 902 furono le ultime roccheforti biz a n t i n e a c a d e r e sotto la s p a d a dell'Islam. La d o m i n a z i o n e a r a b a in Sicilia d u r ò fino al 1060 q u a n d o le contese t r a i vari governatori e gli intrighi dei Bizantini, che dal g i o r n o in cui e r a n o stati spodestati n o n a v e v a n o cessato di t e s s e r n e , spal a n c a r o n o le p o r t e dell'Isola ai N o r m a n n i del C o n t e Rugger o . Ma questa è storia che fa p a r t e di un altro libro. Per o r a limitiamoci a constatare che, grazie agli Arabi, la Sicilia e la S p a g n a f u r o n o , nel b u i o di questi secoli, d u e fari di civiltà. E t o r n i a m o alle vicende del n o s t r o Paese.

CAPITOLO QUARANTESIMO

N O B I L T À E CAVALLERIA

Il tratto caratteristico dei secoli b u i , in t u t t a l ' E u r o p a , fu la d e c a d e n z a , e in qualche caso la scomparsa, delle città. R o m a ne aveva f o n d a t e a m a n bassa. Ed e r a stato a t t r a v e r s o di esse c h e aveva diffuso nel m o n d o la sua l i n g u a , i suoi costumi, le sue leggi. La parola stessa civiltà deriva da civitas, città. Sia in Italia che in Francia e Spagna, la civitas e r a u n a g r a n d e o piccola succursale di Roma, costruita a sua imm a g i n e e simiglianza: centro amministrativo, militare, giudiziario, scolastico, commerciale. Il c o n t a d o ne viveva il riflesso, e n o n aveva altra funzione che quella di alimentarlo. Questa struttura u r b a n a della società era stata spazzata via dalle invasioni. I barbari n o n avevano materialmente distrutto le città: ciò avvenne solo in qualche caso. Ma n o n avevano il personale p e r m a n t e n e r l e e m a n d a r l e avanti: cioè quei funzionari e quei tecnici, dal contabile al trombaio, che R o m a aveva selezionato nelle sue scuole. Essi e r a n o fuggiti, o e r a n o stati uccisi, o - caso p i ù frequente - e r a n o morti, col passar degli anni, di m o r t e n a t u r a l e . E i nuovi p a d r o n i n o n avevano con chi sostituirli. Rozzi e analfabeti, essi n o n conoscevano altri mestieri c h e la pastorizia e la g u e r r a . Q u i n d i della città n o n sentivano n e m m e n o il fascino. Via via che le vecchie m u r a costruite dagli architetti e dai manovali r o m a n i cadevano, che un p o n t e crollava e u n a fogna s'intasava, nessuno era in g r a d o di ripararli. A Nìmes, i resti decimati dell'antica popolazione si e r a n o ridotti a vivere d e n t r o l'anfiteatro, le cui massicce scalinate avevano meglio resistito alla rovina. E la stessa R o m a si era contratta in un quartiere di Trastevere che si chiamò «città leonina» dal n o m e del Papa che l'aveva fatta fortificare. 305

T u t t o questo n a t u r a l m e n t e n o n fu un f e n o m e n o totale e r e p e n t i n o , cui si possa assegnare u n a d a t a . Si svolse p e r cinq u e secoli a p a r t i r e d a l q u a r t o , e in Italia fu m e n o m a r c a t o p e r la p i ù forte i m p r o n t a che R o m a le aveva d a t o . Tuttavia a n c h e q u i , sotto i Goti, i L o n g o b a r d i e i F r a n c h i , la vita u r b a n a ricevette un colpo m o r t a l e . E quelli c h ' e r a n o stati d e i fiorenti centri d ' i n d u s t r i a , di c o m m e r c i o , di c u l t u r a , si e r a no ridotti a villaggi chiusi, m o l t o spesso affamati, senza com u n i c a z i o n i t r a l o r o , e i n t e n t i solo a d r i z z a r e bastioni p e r difendersi dai nemici esterni. N o n c ' e r a n o p i ù né classi dirigenti, né vita sociale. L'unica a u t o r i t à c h e aveva c o n t i n u a t o a risiedervi e r a quella religiosa. E q u e s t o e b b e c o n s e g u e n z e decisive, specialmente in Italia. I l Vescovo e r a l ' u n i c o «notabile» d e l l a città c h e n o n n e aveva a b b a n d o n a t o la p o p o l a z i o n e d i s e r e d a t a e negletta. E n a t u r a l m e n t e fu i n t o r n o a lui che questa p o p o l a z i o n e p r e s e s e m p r e p i ù a g r a v i t a r e n o n solo p e r i b i s o g n i d e l l ' a n i m a , m a a n c h e p e r quelli d e l c o r p o . N o n t a n t o i n forza d e l l a «Prammatica sanzione», ma p i ù a n c o r a in m a n c a n z a di conc o r r e n t i laici, egli d i v e n t ò il p e r n o di tutta l'organizzazione civile, fu insieme il prefetto, il sindaco, il notaio, il d i r e t t o r e scolastico, l'agente d e l fisco, e q u a l c h e volta a n c h e il m e d i c o del suo gregge. Lo si vedeva del resto anche dalla nuova s t r u t t u r a u r b a n i s t i c a c h e si veniva d e l i n e a n d o : il «centro» e r a (e quasi d a p p e r t u t t o è rimasto) la C a t t e d r a l e col suo sag r a t o , d o v e si svolgevano tutti i fatti salienti della vita c o m u nitaria: battesimi, m a t r i m o n i , processi, contratti. Fu q u e s t a la v e r a o r i g i n e della g r a n d e forza t e m p o r a l e c h e la Chiesa doveva in seguito a s s u m e r e . Q u a n d o , d o p o il Mille, le città r i d i v e n t a r o n o le p r o t a g o n i s t e della vita e u r o p e a , esse e r a n o o r m a i abituate a v e d e r e il l o r o capo, a n c h e politico e perfino militare, nel Vescovo, di cui infatti f u r o n o le n a t u r a l i alleate nella lotta c o n t r o il p o t e r e laico d e l l ' I m p e r o . Q u e s t ' u l t i m o e r a u n f e n o m e n o a g r a r i o . L o stesso Carlom a g n o , che ne fu l'incarnazione p i ù p r o g r e d i t a , n o n aveva avuto u n a capitale. Parigi n o n e r a c h e u n m u c c h i e t t o d i ca306

p a n n e di fango. E in t u t t a la Francia n o n c'era u n a città in g r a d o di g a r a n t i r e i rifornimenti n e m m e n o a u n a C o r t e p o v e r a e rozza c o m e quella dei Re franchi. Costoro vissero n o m a d i c o m e i loro antenati, a c q u a r t i e r a n d o s i d o v e c ' e r a n o riserve di g r a n o e r i p a r t e n d o n e d o p o a v e r l e e s a u r i t e . I l o r o missi g o d e v a n o di u n o speciale «diritto di alloggio» c h e li qualificava all'ospitalità nelle case d e i s u d d i t i . A n c h e l'amm i n i s t r a z i o n e d u n q u e e r a p e r i p a t e t i c a , e o g n u n o p u ò imm a g i n a r e c o n c h e r i g o r e funzionasse. Fu q u e s t a ruralizzazione a d a r e u n a p a r t i c o l a r e fisionomia al m o n d o feudale. C o n la s c o m p a r s a o la d e c a d e n z a della città, e r a s c o m p a r s o o si e r a r i d o t t o al m i n i m o il «mercato», cioè il p u n t o d ' i n c o n t r o fra il p r o d u t t o r e e il c o n s u m a tore. C o s t o r o s'identificano o r a nella stessa p e r s o n a , il cont a d i n o , c h ' è i n s i e m e il p r o d u t t o r e e il c o n s u m a t o r e di se stesso. Egli n o n ha n e s s u n incentivo a p r o d u r r e oltre q u a n to reclami il suo stomaco. T a n t o , il di p i ù n o n p u ò v e n d e r l o p e r m a n c a n z a di mezzi di t r a s p o r t o e di clienti. E lo si vide subito dallo s c a d i m e n t o della tecnica agricola e dalla contrazione dei raccolti. Ma ci fu a n c h e , p e r il c o n t a d i n o , u n ' a l t r a nefasta conseguenza: la sua incapacità di resistere alle crisi. N o n p o t e n d o v e n d e r e , egli n o n e r a n e m m e n o i n g r a d o d i c o m p r a r e . E un raccolto a n d a t o a m a l e bastava p e r m e t t e r l o alla f a m e e nella necessità di a l i e n a r e il p o d e r e a un p r o p r i e t a r i o p i ù ricco e forte. Q u a n t i contadini-proprietari o, come oggi si direbbe, coltivatori diretti, fossero sopravvissuti d a i t e m p i di R o m a , che si e r a s e m p r e sforzata di moltiplicarli, è impossibile dir e . Già q u a n d o l ' I m p e r o c a d d e , d o v e v a n o essere ridotti i n pochi. Ma la m a n c a n z a del m e r c a t o cittadino li distrusse d e finitivamente. Di a n n o in a n n o , siccità e carestie li spinsero nelle braccia d e l latifondista, c h e invece p o t e v a resistere a queste j a t t u r e . N o n fu lui a fagocitarli di p r e p o t e n z a . F u r o n o l o r o a c h i e d e r g l i d i e n t r a r e alle s u e d i p e n d e n z e c o m e «coloni». Il colonato n o n fu quella b a r b a r a istituzione che molti 307

h a n n o d e t t o . I l suo s p o n t a n e o f o r m a r s i d i m o s t r a c h e essa e r a necessaria, e d e l r e s t o n o n ci vuol m o l t o a r e n d e r s e n e conto. In u n a società c o m e quella, senza u n o Stato in g r a d o di m a n t e n e r e l'ordine, l ' i n d i p e n d e n z a e r a fatalmente il privilegio dei ricchi e potenti che p o t e v a n o difenderla e difendersi. Per i poveri e deboli, e r a un lusso t r o p p o costoso. Ent r a r e a far p a r t e di u n a g r a n d e p r o p r i e t à significava n o n solo m e t t e r s i al r i p a r o dalle carestie, ma a n c h e al sicuro d a i p r e d o n i . Il p a d r o n e ai suoi u o m i n i ci teneva. Ci teneva p i ù c h e alla t e r r a , p e r d u e ragioni: p r i m a d i tutto p e r c h é d i terra, in u n a Italia ridotta a q u a t t r o o cinque milioni di abitanti, c'era a b b o n d a n z a ; e di u o m i n i , p e n u r i a . E p p o i p e r c h é , p i ù c h e dalla vastità d e l possesso, il r a n g o di un s i g n o r e si misurava dal n u m e r o dei suoi soggetti. Egli badava q u i n d i a conservarli e, se possibile, a moltiplicarli. A n c h e g i u r i d i c a m e n t e essi e r a n o «roba» sua. N o n p o t e v a n o a b b a n d o n a r e il fondo né p r e n d e r e moglie senza il suo consenso. E in questo e r a n o dei veri e p r o p r i servi della gleba. Ma in tutto il resto il loro r a p p o r t o n o n differiva da quello d e l m o d e r n o m e z z a d r o . Il s i g n o r e lasciava il colono sul p o d e r e incorporato, che si tramandava di p a d r e in figlio, a n c h e se questo diritto ereditario n o n e r a sancito dalla legge; e si limitava a prelevare u n a q u o t a del p r o d o t t o , che variava secondo i casi, ma e r a quasi s e m p r e la metà. I p r o p r i e tari r o m a n i e r a n o stati m o l t o p i ù esosi, vessatori e spietati perché operavano in una economia di mercato, dominata d a l c r i t e r i o d e l «profitto», c h e li s p i n g e v a a c o m p r i m e r e i costi di p r o d u z i o n e . Per r i d u r r e quelli della m a n o d o p e r a , si servivano del lavoro forzato degli schiavi, s p r e m u t i al massimo e nutriti al m i n i m o . Il p r o p r i e t a r i o feudale n o n aveva questo p u n g o l o . Piccola o g r a n d e che fosse, egli concepiva la sua p r o p r i e t à più com e u n a istituzione sociale che c o m e u n a i m p r e s a economica. Essa e r a un microcosmo autarchico, che aveva ridotto al m i n i m o gli scambi col m o n d o e s t e r n o . La m a n c a n z a di d e n a r o era insieme la causa e l'effetto di questa arteriosclerosi 308

economica. La m o n e t a n o n scomparve mai del tutto. Per e s e m p i o quella di Costantinopoli, il bizante, seguitò s e m p r e ad aver corso. Ma ne circolava pochissima p e r c h é d e n t r o il circuito chiuso dei feudi gli scambi avvenivano d i r e t t a m e n t e in n a t u r a . La ricchezza, nel Medio Evo, si misurava in terra, n o n in o r o . Un p a t r i m o n i o e r a fatto u n i c a m e n t e di p o d e r i e di coloni, sui quali il Signore esercitava u n a patriarcale autorità da Sovrano assoluto, ma solitamente benevolo. Il l a t i f o n d o aveva un s u o c e n t r o a m m i n i s t r a t i v o c h e si chiamava «Villa», e consisteva di un complesso di edifici. Il p i ù i m p o n e n t e e r a il castello del Signore, che faceva da fortezza, col s u o fossato e il suo p o n t e levatoio. Accanto c'era quella c h e oggi si c h i a m a «fattoria», d o v e stava a p p u n t o il fattore che allora si c h i a m a v a «balivo». Costui n o n p r o v v e d e v a s o l t a n t o alla r i p a r t i z i o n e d e i p r o d o t t i c h e v e n i v a n o ammassati nei g r a n a i e nelle cantine, ma a n c h e all'esercizio della giustizia. P e r c h é a n c h e la giustizia, nel feudo, e r a a u tarchica. C'era p u r e u n a cappella col suo b r a v o p a r r o c o p e r d i r e la messa, c o n s a c r a r e m a t r i m o n i e i m p a r t i r e battesimi. E, se nelle vicinanze s c o r r e v a un fiume, ci veniva istallato un mulino. Di solito, un latifondo c o m p r e n d e v a p i ù Ville, fra le quali il Signore divideva i suoi soggiorni. Molte di esse furono il nucleo originario di città che vi si s v i l u p p a r o n o i n t o r n o nei secoli successivi e ne d e r i v a r o n o il n o m e : Villanova, Francavilla ecc. Le t e r r e c h e vi e r a n o a n n e s s e e r a n o divise in d u e categorie di varia estensione e sottoposte a r e g i m e diverso: u n a ristretta aliquota p a d r o n a l e che si chiamava «indominicata» e che il Signore gestiva, c o m e oggi si direbbe, in conto d i r e t t o , col l a v o r o di «servi»; il r e s t o e r a t e r r a « m a n s i o n a ria», cioè a p p o d e r a t a e gestita, c o m e ho d e t t o , a mezzadria. Per q u a n t o chiuso, il circuito economico di u n a Villa e r a abbastanza vasto p e r m e t t e r e al r i p a r o i c o n t a d i n i dalla fame a n c h e in caso di carestia. Salvo catastrofi eccezionali, essi t r o v a v a n o s e m p r e di che sfamarsi nel g r a n a i o del Signor e , che inoltre li p r o t e g g e v a dalle p r e p o t e n z e altrui e gli as309

sicurava un m i n i m o di giustizia. Sicché il latifondo medievale, p u r c o n tutti i suoi difetti, p r a t i c a m e n t e salvò dall'estinzione la classe dei c o n t a d i n i . C o s t o r o se ne r e s e r o c o n t o . E lo d i m o s t r a la docilità con cui a c c e t t a r o n o la l o r o condizion e . Il M e d i o Evo i g n o r ò la «fame di terra», n o n c o n o b b e le terribili rivolte a g r a r i e di R o m a , e n o n e b b e n e s s u n o Spartaco. I p o c h i che si rifiutavano di e n t r a r e in u n a Villa veniv a n o considerati degli stravaganti fannulloni, pericolosi p i ù p e r i pollai che p e r l ' o r d i n e sociale cui si sottraevano. Di solito, il Signore poteva c o n t a r e sulla docilità dei suoi «rustici» 0 «villani», c o m e v e n i v a n o chiamati, e spesso sulla l o r o d e vozione. F u q u e s t a c o n c e n t r a z i o n e della t e r r a i n m a n o d i p o c h i c h e p r o v o c ò la nascita di un istituto sociale destinato a condizion a r e la vita di tutta l ' E u r o p a p e r u n a diecina di secoli: la n o biltà. Tutti i popoli ne h a n n o avuto u n a di origine p i ù o m e n o mitologica. Ma col p r o g r e s s o della civiltà essa r e g o l a r m e n t e spariva, o p e r lo m e n o p e r d e v a i suoi e r e d i t a r i privilegi. Sia 1 R o m a n i c h e i Bizantini a v e v a n o u n a classe d i r i g e n t e c h e g o d e v a di particolari diritti, ma solo in q u a n t o svolgeva u n a «funzione». Q u a n d o la funzione cessava, cessavano a n c h e i diritti. Le invasioni b a r b a r i c h e s p a z z a r o n o via q u e s t a aristocrazia di «notabili», di cui Boezio fu u n o degli ultimi campioni. I L o n g o b a r d i p o r t a r o n o u n a nobiltà n u o v a di tipo g u e r r i e r o , c h ' è la p i ù a n t i c a . A l b o i n o calò in Italia alla testa di u n ' o r d a in cui e r a n o confluite le varie tribù g e r m a n i c h e acq u a r t i e r a t e in P a n n o n i a . I loro capi e r a n o i Generali del Re c h e essi a v e v a n o l i b e r a m e n t e eletto. Istallatosi a Pavia, Alb o i n o li s p e d ì , in q u a l i t à di Duchi o g o v e r n a t o r i , n e l r e s t o d'Italia: a T r e n t o , n e l Friuli, a Spoleto, a B e n e v e n t o . D a p p r i n c i p i o il titolo di D u c a fu vitalizio, p o i d i v e n n e e r e d i t a rio. Le difficoltà di c o m u n i c a z i o n i e la m a n c a n z a di un a p p a r a t o burocratico centrale a c c e l e r a r o n o fatalmente q u e s t o 310

p r o c e s s o . O g n i D u c a t o , i m m u n e d a controlli, s i g o v e r n a v a da sé. F u r o n o i D u c h i che, d i v e n t a n d o s e m p r e p i ù a u t o n o mi e p o t e n t i , i m p e d i r o n o in q u e s t o m o d o ai Re l o n g o b a r d i d'unificare l'Italia. Q u a n d o C a r l o m a g n o c o n q u i s t ò la Penisola, o m e g l i o la p a r t e c e n t r o - n o r d di essa, istituì la Contea e la Marca, lasciando intatti alcuni Ducati, c o m e quelli di Spoleto e di Benevento. La Contea era un dipartimento amministrativo, che poteva essere vasto c o m e u n a provincia o c o m e u n a r e g i o n e . L a M a r c a , f o r m a t a invece d a varie C o n t e e , e r a u n a circoscrizione m i l i t a r e d i f r o n t i e r a , r e t t a d a u n Marchese, scelto fra i Conti. P r i m a a n c o r a dello sfacelo d e l l ' I m p e r o , questi titoli e r a no diventati ereditari. E così M a r c h e , C o n t e e e Ducati si trasformarono in unità territoriali indipendenti, alcune più p o t e n t i degli stessi sovrani. I Margravi, c o m e g e n e r i c a m e n t e si chiamavano questi g r a n d i Signori, e r a n o diventati p r o prietari delle t e r r e che a v e v a n o ricevuto in a p p a l t o e d i s p o n e v a n o a p i a c i m e n t o di esse e d e i loro abitanti. Il concetto di p r o p r i e t à infatti faceva t u t t ' u n o c o n quello di libertà e di milizia. I Duchi, i Conti, i Marchesi f u r o n o in un p r i m o t e m p o i soli liberi, i soli p r o p r i e t a r i , i soli qualificati al c o m a n d o militare. Ma siccome e r a n o p o c h i e s e m p r e p i ù si r a r e f a c e v a n o - il c h e r e n d e v a difficile f o r m a r e gli eserciti - si dovette e s t e n d e r e il privilegio della p r o p r i e t à , e q u i n d i a n c h e della libertà e della nobiltà, a u n a s e c o n d a categoria di p e r s o n e : i vassalli. E r a n o costoro, p e r così d i r e , dei «liberi di c o m p l e m e n t o » i n q u a n t o n o n avevano u n a p r o p r i e t à trasmissibile agli e r e di, ma un feudo, cioè il g o d i m e n t o di u n a fetta della p r o p r i e tà d e l S i g n o r e cui, alla loro m o r t e , tornava. Il S i g n o r e gliela concedeva a p p u n t o p e r qualificare il vassallo al servizio militare e r i m u n e r a r l o . Il f e u d o e r a d u n q u e un salario o «cinquina» in n a t u r a . Il vassallo a sua volta lo dava da lavorare a un colono. E col ricavato p o t e v a consentirsi il lusso di m a n t e n e r e un cavallo, di c o m p r a r e le a r m i e di t r a s c o r r e r e il suo 311

t e m p o a esercitarsi p e r la g u e r r a . Ma n o n e r a c h e il c o m p e n s o di un servizio, e d u r a v a finché d u r a v a il servizio. Il titolare lo p e r d e v a con la vecchiaia o con la m o r t e . Suo figlio n o n p o t e v a e r e d i t a r l o . Poteva solo farselo c o n f e r m a r e e n t r a n d o a n c h e lui in servizio e d a n d o v i b u o n e p r o v e . Q u e s t o , in o r i g i n e . Ma col t e m p o il provvisorio d i v e n t ò definitivo a n c h e p e r c h é solo il figlio del g u e r r i e r o , ricevendo fin da ragazzo u n a educazione guerresca, da adulto si mostrava b u o n soldato. Il costume, c o m e al solito, precedette la legge. A n c h e p r i m a c h e q u e s t a lo sancisse definitivam e n t e , il feudo diventò u n a p r o p r i e t à bell'e b u o n a , e c o m e tale fu trasmissibile agli e r e d i insieme al titolo nobiliare che ne derivava. Il M a r g r a v i o i n s o m m a d o v e t t e r i c o n o s c e r e al vassallo ciò che l ' I m p e r a t o r e aveva riconosciuto a lui: la trasmissibilità del titolo e la disponibilità del feudo. E r a insieme u n a riforma agraria e sociale. G i u n t o alla m a g g i o r e età, il figlio del vassallo veniva a r m a t o cavaliere ed e n t r a v a a far p a r t e di quella «milizia», con cui la nobiltà s'identificava. Essa n o n formava l'esercito. Lo era. Il nobile n o n aveva privilegi, salvo l ' e s e n z i o n e da o g n i tassa ch'egli pagava col servizio militare gratuito. Ma g o d e va di u n a p o s i z i o n e sociale di altissimo livello. La società m e d i e v a l e e r a a p i r a m i d e . L a b a s e e r a costituita d a u n a massa senza diritti. Al vertice c'erano i nobili che combattevano p e r difenderla; e i preti che p r e g a v a n o p e r l'anima d e gli u n i e dell'altra. Tale e r a il m o n d o della cavalleria. Q u e s t a p a r o l a suscita in noi deliziose i m m a g i n i di raffin a t a vita di castello, d o m i n a t a da r o m a n t i c i e disinteressati ideali di a m o r e , poesia e pietà. E forse nei secoli d o p o il Mille, qualcosa di simile ci fu, o p e r lo m e n o ce ne fu q u a l c h e scampolo. Ma ai suoi t e m p i eroici il Cavaliere fu b e n diversa cosa. Suo p a d r e n o n gli dava altro p r e c e t t o r e che il cavallo. Lo issava in sella a cinque o sei a n n i , e ce lo lasciava crescere senza n e m m e n o il sospetto dell'alfabeto, ch'egli stesso d'alt r o n d e ignorava. L'uomo che si sviluppava da questa crisalide era un rozzo e r u d e soldataccio, superstizioso e turbolen312

to, s e m p r e in cerca di u n a rissa in cui ficcarsi. Ostentava l'ig n o r a n z a c o m e un segno di casta. «Non sa leggere né scrivere p e r c h é nobile» è un m o d o di dire d u r a t o p e r snobismo fino al secolo scorso. Il piccolo f e u d o di cui e r a titolare gli dava a p p e n a di che vivere. Le loro case e r a n o abituri di contadini, a n c h e p e r c h é ci stavano poco. Vivevano a b o r d o dei loro q u a d r u p e d i , d o r m i v a n o in t e r r a con la sella p e r g u a n ciale, n o n conoscevano altro mestiere che la g u e r r a , e spesso se la facevano a n c h e tra loro senz'altro scopo che quello di tenersi in esercizio. La Chiesa tentava invano di convertire a u n a più o r d i n a t a esistenza questi facinorosi sciabolatori i n d i c e n d o t r e g u e o «paci di Dio». A n c o r a nelI'XI secolo il cronista L a m b e r t o di Waterloo raccontava di dieci fratelli di suo p a d r e rimasti accoppati tutt'insieme in u n a «festicciola d'armi» a T o u r n a i . P e r ò e r a n o soldati formidabili, d i u n c o r a g g i o e d i u n a resistenza a tutta prova. E r a n o stati loro a salvare l ' E u r o p a dagli eserciti m u s u l m a n i , q u a n d o e r a n o traboccati oltre i Pirenei. E furono loro a d a r l e quella ossatura militare che d o veva r i p a r a r l a nei secoli da tutte le altre minacce. La fragilità militare del nostro Paese, la sua ancestrale allergia alla g u e r r a viene dal fatto che questi «barbari» in Italia a t t e c c h i r o n o p o c o e n o n r i u s c i r o n o m a i a d a r l e la l o r o i m p r o n t a cavalleresca e g u e r r i e r a . Noi n o n a b b i a m o n e m m e n o u n a p o e s i a epica p e r c h é n o n s a p r e m m o p r o p r i o a quali gesta ispirarci. Tasso e Ariosto, q u a n d o vollero cimentarvisi, d o v e t t e r o c o p i a r e le «canzoni di gesta» francesi e adottarne perfino i personaggi. C o m u n i e Signorie, p e r c o m b a t t e r s i t r a loro, r i c o r r e r a n n o r e g o l a r m e n t e a i m e r c e n a r i stranieri: le milizie cittadine n o n valevano nulla. Solo Venezia e G e n o v a c r e a r o n o u n a loro g r a n d e scuola militare: la flotta. E infatti noi siamo rimasti un Paese di eccellenti m a r i n a i e di mediocri soldati. Q u e s t e cose d o b b i a m o dircele, se vogliamo p r e n d e r e coscienza di n o i stessi. La p r e c a r i e t à delle istituzioni feudali consentì all'Italia di uscire p e r p r i m a dalle t e n e b r e del Me313

dio Evo e di sviluppare u n a g r a n d e e lussureggiante c u l t u r a u r b a n a . Ma ci ha i m p e d i t o di assorbire quell'etica cavalleresca, i m p e r n i a t a sul senso d e l l ' o n o r e e della d e d i z i o n e , c h e fa g r a n d i n o n solo gli eserciti, ma a n c h e le nazioni. Machiavelli sarà il d o c u m e n t o di queste carenze. In tutti i Paesi e in tutti i t e m p i la fellonia, il t r a d i m e n t o e lo s p e r g i u r o allignan o . Ma solo in un Paese privo di etica aristocratica e militare c o m e l'Italia p o t e v a n o essere codificati in u n a «guida» alla politica d i u n Principe.

CAPITOLO QUARANTUNESIMO

I R E U C C I D'ITALIA

Gli ultimi L o n g o b a r d i avevano g o v e r n a t o b e n e la Penisola. S ' e r a n o dati u n a legge c h e n o n e r a quella r o m a n a m a n o n e r a n e m m e n o p i ù quella della foresta in cui sino ad Alboino e r a n o vissuti. Avevano r i p u d i a t o Ario e s'erano convertiti al Cattolicesimo. Avevano ridotto in servitù i vinti, ma p o i c o n essi s i e r a n o mescolati. N o n a v e v a n o f o n d a t o u n a c u l t u r a , ma avevano cominciato ad assorbire quella latina. I F r a n c h i e r a n o p i ù b a r b a r i d e i L o n g o b a r d i , i l o r o Re e r a n o analfabeti e l'unica a r t e c h e c o n o s c e v a n o e r a quella della g u e r r a . I n Italia v e n n e r o p i ù d a conquistatori c h e d a colonizzatori, p e r r e n d e r e u n servizio a l Papa. G o v e r n a r o no la Penisola da l o n t a n o a t t r a v e r s o i C o n t i , i M a r c h e s i e i missi dominici. Lasciarono ai L o n g o b a r d i i Ducati di Spoleto e di B e n e v e n t o sui quali, a r m a t o di scomunica, il Pontefice vigilava. C a r l o m a g n o e i suoi successori, del resto, di quello c h e succedeva n e l M e z z o g i o r n o n o n s i d i e d e r o m a i soverchio p e n s i e r o . Il l o r o o r i z z o n t e si f e r m a v a a R o m a . N o n a v e n d o u n a legge, r i s p e t t a r o n o quella l o n g o b a r d a e quella r o m a n a . C o n s e r v a r o n o il guidrigildo cioè la p e n a pecuniaria, e limitarono la faida, cioè la v e n d e t t a privata, allo s t u p r o , al r a t t o e a l l ' a d u l t e r i o . I C o n t i e r a n o in g r a n p a r t e F r a n c h i , m a c e n ' e r a n o a n c h e d i L o n g o b a r d i . Avevano a m p i p o t e r i , di cui spesso abusavano, e convocavano diete alle quali interv e n i v a n o a n c h e Vescovi e Abati c h e , e s s e n d o sottratti alla g i u r i s d i z i o n e civile, e r a n o c h i a m a t i immunes. I l o r o c r i t e r i amministrativi e r a n o riassunti nei capitolari, specie di statuti che contenevano n o r m e giudiziarie e sancivano p e n e p e r coloro che vi contravvenivano. Le m o n a c h e che praticavano 315

l'adulterio p e r e s e m p i o e r a n o p u n i t e col b a n d o e la confisca d e i beni, i notai che n o n a c c o r r e v a n o al capezzale di un m a lato c h e voleva far t e s t a m e n t o e r a n o m u l t a t i . S e u n u o m o cadeva in schiavitù, la moglie e i figli avevano diritto di r e stare liberi. Eccetera. Le c o n d i z i o n i e c o n o m i c h e degli Italiani sotto i F r a n c h i m i g l i o r a r o n o . C a r l o m a g n o n o n reclamò quel terzo d i t e r r a c h e T e o d o r i c o e Alboino a v e v a n o r i v e n d i c a t o e confiscato. Anzi r i c o n o b b e i latifondi l o n g o b a r d i e n o n e s p r o p r i ò un solo p o d e r e . Favorì la m e z z a d r i a e sviluppò la piccola p r o prietà. I cronisti dell'epoca riferiscono che p e r d u e c e n t o a n ni in Italia n o n ci f u r o n o carestie. N e l l ' 8 8 7 , q u a n d o l'ultimo I m p e r a t o r e carolingio, C a r l o il Grosso, fu d e p o s t o , la Penisola e r a un coacervo di staterelli. Il p i ù vasto e r a , a N o r d , il R e g n o d'Italia c h e c o m p r e n d e va Liguria, L o m b a r d i a , Emilia, p a r t e del Veneto e della Toscana, e il titolo spettava di diritto a l l ' I m p e r a t o r e . Q u a n d o P i p i n o c h e p e r p r i m o n e aveva c i n t o l a c o r o n a calò n e l l a t o m b a , esso passò a B e r n a r d o c h e fu in seguito s p o d e s t a t o da Luigi il Pio, al quale successe Lotario. Nell'854 fu incoron a t o R e d ' I t a l i a L u i g i I I . N e l l ' 8 7 5 sul t r o n o d i Pavia salì C a r l o il Calvo, n e l l ' 8 7 7 C a r l o m a n n o e n e l l ' 8 7 9 C a r l o il G r o s s o c o n cui i n g l o r i o s a m e n t e la d i n a s t i a c a r o l i n g i a s'estinse. L'Italia si trovò allora in p r e d a all'anarchia, e in balìa dei vari C o n t i , M a r c h e s i e D u c h i , fra i quali i Re l o n g o b a r d i e f r a n c h i l ' a v e v a n o s p a r t i t a e a p p a l t a t a . F i n c h é c ' e r a stato l ' I m p e r a t o r e , essi l'avevano r a p p r e s e n t a t o , sia p u r e solo di n o m e , m a o r a n o n r a p p r e s e n t a v a n o c h e s e stessi e l e p r o p r i e ambizioni. O g n u n o , p e r piccolo che fosse, aspirava alla c o r o n a d'Italia, rimasta senza il suo imperiale titolare. Intrig a v a n o , c o r r o m p e v a n o , si facevano c o r r o m p e r e , arruolavano eserciti e si c o m b a t t e v a n o c o n frenesia competitiva. Ma c o m ' e r a possibile c o n d u r r e all'unità un Paese che in t r e secoli aveva subito t r e invasioni c h e l'avevano d e v a s t a t o , imb a r b a r i t o e ridotto a u n a piazza d'armi? L'unità politica sot316

( i n t e n d e u n ' u n i t à civile, linguistica, etnica e religiosa. In Italia, al N o r d , c ' e r a n o i F r a n c h i di c e p p o g e r m a n i c o ; al C e n t r o i R o m a n i ; al S u d i Bizantini; il Ducato di B e n e v e n t o e r a in m a n o ai L o n g o b a r d i , cattolici e tedeschi a n c h e l o r o , come i Franchi, e assai gelosi della p r o p r i a a u t o n o m i a ; la Sicilia e r a d i v e n t a t a u n a colonia m u s u l m a n a , n o n aveva r a p p o r t i col c o n t i n e n t e e n o n voleva a v e r n e . E r a i n d i p e n d e n t e a n c h e dal Califfo e s p a d r o n e g g i a v a nel M e d i t e r r a n e o esercitando la pirateria. N e s s u n o d i q u e s t i p o t e n t a t i i n t e n d e v a r i n u n c i a r e alla p r o p r i a sovranità, ma tutti a n e l a v a n o a confiscare quella altrui. Per unificare l'Italia n o n m a n c a v a solo la fusione delle varie popolazioni. C ' e r a n o altri d u e grossi ostacoli. I n n a n z i tutto n o n esisteva un concetto di patria. C ' e r a solo quello di Ducato, formatosi sotto i L o n g o b a r d i , e quello di C o n t e a e Marchesato, sviluppatosi sotto i Franchi. E p p o i u n ' i d e a p e r c i r c o l a r e h a b i s o g n o d i scuole, d i s t r a d e e d i u n a società a p e r t a . Quella medievale e r a invece chiusa, autarchica, p r i va di c o m u n i c a z i o n i e di sbocchi con l ' e s t e r n o . L'altro scoglio e r a la Chiesa che nell'unità d'Italia e in u n o Stato laico, sino al 1870 e a n c h e d o p o , ha s e m p r e visto u n a minaccia al p r o p r i o p o t e r e t e m p o r a l e e un freno all'abuso di quello spirituale. Nell'888, d a l caos in cui e r a p r e c i p i t a t o il R e g n o d'Italia in seguito allo sfacelo della dinastia carolingia, e m e r s e r o d u e figure: B e r e n g a r i o , M a r c h e s e d e l Friuli, e G u i d o , D u c a di Spoleto. B e r e n g a r i o e r a n i p o t e , p e r p a r t e d i m a d r e , d i Luigi il Pio e nelle sue v e n e scorreva s a n g u e franco. A n c h e Guid o e r a i m p a r e n t a t o alla l o n t a n a coi C a r o l i n g i . Q u a n d o l a c o r o n a imperiale c a d d e dalla testa di Carlo il Grosso, G u i d o si p r e c i p i t ò in Francia p e r raccoglierla ma t o r n ò i n d i e t r o a m a n i v u o t e , m e n t r e B e r e n g a r i o cingeva a Pavia quella d ' I talia e si faceva acclamare Re dai Conti l o m b a r d i . Il Duca di Spoleto rifiutò di riconoscerlo e d o p o avergli sollevato contro i Margravi della L o m b a r d i a , marciò c o n un grosso eser317

cito su Brescia d o v e nell'889 B e r e n g a r i o fu sconfitto e volto in fuga. D o p o la vittoria G u i d o convocò a Pavia un S i n o d o al q u a l e p a r t e c i p a r o n o i Vescovi dell'Italia d e l N o r d che lo proclamarono Re, in cambio del riconoscimento dei loro d o m i n i e delle i m m u n i t à ecclesiastiche. B e r e n g a r i o , c h e n e l f r a t t e m p o e r a r i p a r a t o a Pavia, i n c o m b u t t a col P a p a Formoso, trescava con Arnolfo, Re di Carinzia, e lo invitava a calare in Italia, e a s p o d e s t a r e il rivale G u i d o . N e i l ' 8 9 3 A r n o l f o v a r c ò le Alpi e invase la p i a n u r a p a d a n a s e m i n a n d o strage e p a n i c o fra i suoi abitanti. Ma il Re di Carinzia soffriva di r e u m a t i s m i e il clima u m i d o della L o m b a r d i a glieli aveva ridestati. N o n a n d ò n e m m e n o a Roma dal P a p a che l'aveva invitato, e d o p o p o c h e settimane fece ritorno in Germania anche perché u n a grave epidemia e r a s c o p p i a t a in m e z z o alle s u e t r u p p e e le aveva letteralm e n t e d e c i m a t e . Q u a s i c o n t e m p o r a n e a m e n t e , in seguito a u n ' e m o r r a g i a , moriva G u i d o , d o p o avere associato al t r o n o il figlio L a m b e r t o , c h e si fece i n c o r o n a r e in S a n P i e t r o da F o r m o s o . Nell'estate dell'895, il Pontefice, in balìa della faz i o n e s p o l e t a n a c h e s p a d r o n e g g i a v a n e l l ' U r b e , lanciò u n n u o v o a p p e l l o al Re di Carinzia il q u a l e , n o n o s t a n t e i r e u matismi, ridiscese in Italia e marciò su R o m a dove l ' i m p e r a t o r e di Spoleto» - c o m e p e r s c h e r n o L a m b e r t o e r a stato b a t t e z z a t o d a i suoi n e m i c i - aveva a m m a s s a t o il fior fiore dell'esercito e fatto i m p r i g i o n a r e il P a p a che l'aveva tradito. L ' U r b e f u c i n t a d ' a s s e d i o . D o p o a l c u n i g i o r n i , n o n rius c e n d o a e s p u g n a r l a , Arnolfo i n g i u n s e ai R o m a n i d ' a r r e n dersi, ma essi gli risposero con lazzi e sberleffi. U n a mattina - si racconta - il Re di Carinzia, v e d e n d o u n a l e p r e che correva verso la città, b r a n d ì la s p a d a e si lanciò al suo inseguim e n t o . I soldati, c r e d e n d o c h e q u e l l o fosse u n s e g n a l e d i battaglia, p a r t i r o n o a n c h e loro all'assalto, a r m a t i di scale e di selle di cavallo sulle quali s ' a r r a m p i c a r o n o e v a r c a r o n o le m u r a , d o p o aver sfondato le p o r t e a colpi d'ascia e a v e r abb a t t u t o quella di San Pancrazio, c h ' e r a la p i ù r o b u s t a , con l'ariete. Arnolfo e n t r ò t r i o n f a l m e n t e n e l l ' U r b e i n f o r c a n d o 318

un s u p e r b o cavallo bianco ma - riferiscono i cronisti dell'epoca - corrucciato e scuro in volto p e r n o n essere riuscito a c a t t u r a r e la l e p r e . P u n t ò subito su Castel Sant'Angelo dove il Papa e r a stato rinchiuso, e lo liberò. Q u i n d i si recò in San Pietro, e F o r m o s o l ' i n c o r o n ò I m p e r a t o r e . Q u i n d i c i g i o r n i d o p o , lasciata a R o m a u n a piccola g u a r n i g i o n e , m o s s e su Spoleto ma p e r strada fu colto da un improvviso m a l o r e che gli storici h a n n o attribuito a strapazzi d'alcova. Arnolfo aveva infatti n u m e r o s e a m a n t i , e fra le braccia d ' u n a di costoro si sarebbe sentito male. N o n m o r ì , ma fu costretto a rientrare p r e c i p i t o s a m e n t e in Carinzia a n c h e p e r c h é l'inverno e r a alle viste. L a m b e r t o , rimasto così p a d r o n e della situazione, fece pace con B e r e n g a r i o e p a r t ì p e r Pavia d o v e u n a m a t t i n a , d u r a n t e u n a partita di caccia al cinghiale, c a d d e da cavallo e si fracassò la testa. Spirò poco d o p o senza a v e r r i p r e s o c o n o scenza, m a q u a l c u n o a t t r i b u ì l a sua m o r t e a u n a c o p p a d i veleno. B e r e n g a r i o , informato della cosa, lasciò Verona d o ve s'era r i n t a n a t o , p a r t ì p e r Pavia e convocò u n a Dieta di Vescovi e Conti da cui si fece p r o c l a m a r e Re d'Italia. N o n s'era a n c o r a s p e n t a l'eco dell'avvenimento c h e nell'agosto dell'899 a l c u n e migliaia di m e r c e n a r i u n g h e r e s i si r o v e s c i a r o n o sull'Italia d e l N o r d s o m m e r g e n d o l a e d e v a standola. E r a n o i rimasugli dell'orda di Attila che in p r i m a vera e in a u t u n n o scorrazzavano p e r l ' E u r o p a s e m i n a n d o il t e r r o r e fra i suoi abitanti e facendo d o v u n q u e t e r r a bruciata. B e r e n g a r i o gli a n d ò i n c o n t r o sul fiume B r e n t a c o n u n esercito in cui aveva a r r u o l a t o a n c h e dei toscani, che furono i p r i m i a scappare. Gl'Italiani furono travolti dai Magiari e i pochi scampati, con in testa il Re, r i p a r a r o n o a Pavia. B e r e n g a r i o aveva - c o m e si dice - p e r d u t o la faccia, e i suoi g r a n d i elettori decisero perciò di d e p o r l o e di d a r e la c o r o n a d'Italia al giovane Re di Provenza, Ludovico, discend e n t e a n c h e lui, d a p a r t e d i m a d r e , d a C a r l o m a g n o . B e r e n gario fu privato del m a r c h e s a t o friulano e costretto a cercare asilo in Baviera dove si mise subito a t r a m a r e il suo ritor319

no in patria. S p e d ì agenti segreti in Italia a p r o p a l a r e la n o tizia della sua m o r t e e a c o l l u d e r e col Vescovo di V e r o n a , d o v e Ludovico s'era acquartierato. Alla fine del 9 0 5 , c o n un p u g n o d ' u o m i n i , p a r t ì alla volta di questa città e con la complicità di alcuni p r e t i riuscì a cogliere di s o r p r e s a Ludovico il quale, vistosi p e r d u t o , si nascose in u n a chiesa. Snidato, fu accecato e rispedito in Provenza. Berengario t o r n ò di n u o v o a essere p a d r o n e della situazion e , ma dovette a t t e n d e r e dieci anni p r i m a di vedere la corona imperiale posarsi sul suo capo. I Margravi dell'Italia centrale l'avevano riconosciuto ma quelli lombardi gelosi della sua p o tenza, si levarono in a r m i contro di lui e ancora u n a volta invocarono l'intervento di u n o straniero: il Re di Borgogna, Rodolfo. A Fiorenzuola, nei pressi di Piacenza, gli eserciti di Berengario e di Rodolfo si affrontarono in u n a sanguinosa battaglia e i friulani furono messi in rotta dai borgognoni. Lo stesso B e r e n g a r i o s c a m p ò a stento alla carneficina n a s c o n d e n d o s i sotto lo scudo fra un mucchio di cadaveri, e solo col calar delle tenebre potè mettersi in salvo e riparare a Verona. Rodolfo n o n fece n e m m e n o in t e m p o a g o d e r e i frutti della vittoria c h e fu r i c h i a m a t o in p a t r i a da b e g h e di famiglia. P r i m a di p a r t i r e n o m i n ò l u o g o t e n e n t e il c o g n a t o cont r o il quale B e r e n g a r i o lanciò cinquemila m e r c e n a r i u n g h e resi che s ' a v v e n t a r o n o su Pavia, capitale del R e g n o d'Italia di cui Rodolfo aveva cinto la c o r o n a , e la s p i a n a r o n o al suolo, d o p o a v e r t r u c i d a t o gli a b i t a n t i , s v e n t r a t o le d o n n e e sgozzato i b a m b i n i . B e r e n g a r i o fu a d d i t a t o d a i suoi nemici alla g e n e r a l e esecrazione degli Italiani e fu o r d i t a u n a cong i u r a p e r assassinarlo. U n a m a t t i n a d ' a p r i l e del 9 2 4 m e n t r e , assorto in p r e g h i e r a , assisteva alla messa in u n a chiesa d i V e r o n a , f u p u g n a l a t o alle spalle. E r a stato u n u o m o bigotto, avveduto e violento. Alcuni storici e u n a certa retorica nazionalistica h a n n o fatto di lui un c a m p i o n e e un assert o r e dell'unità d'Italia. In realtà n o n fu che u n o dei tanti tirannelli che g o v e r n a r o n o in questo p e r i o d o la Penisola, solo p i ù ambizioso e risoluto degli altri. 320

Rodolfo p e r s e l a c o r o n a p e r c o l p a d e l l ' a m a n t e E r m e n g a r d a , vedova del Marchese d'Ivrea, d o n n a d i s t r a o r d i n a r i a bellezza, m a e s t r a n e l l ' a r t e d e l l ' i n t r i g o e della s e d u z i o n e . I c o n t e m p o r a n e i la p a r a g o n a r o n o a E l e n a e a C l e o p a t r a , e tutti coloro c h e la c o n o b b e r o ne r e s t a r o n o conquistati. Anc h e un p a i o di Papi si s a r e b b e r o follemente i n n a m o r a t i di lei e n o n e s s e n d o n e corrisposti la a v r e b b e r o a d d i r i t t u r a scom u n i c a t a . E r m e n g a r d a voleva sbalzare dal t r o n o Rodolfo e issarvi il fratellastro U g o di Provenza p e r il quale - p a r e - aveva un d e b o l e . Q u a n d o v e n n e a c o n o s c e n z a d e l l a tresca, il p o v e r o Rodolfo, accecato dalla gelosia, uscì di s e n n o e fu ric o n d o t t o in patria. L'Arcivescovo di Milano, L a m b e r t o , ch'er a u n o d e i p i ù influenti notabili della L o m b a r d i a , c h i a m ò allora in Italia U g o , che fu i n c o r o n a t o Re a Pavia. Il Pontefice, c h e ne aveva caldeggiato la elezione, lo benedisse e invocò la sua p r o t e z i o n e c o n t r o il p a r t i t o di u n a c e r t a M a r o z i a che a R o m a s p a d r o n e g g i a v a e minacciava di d e p o r l o . C o r r e v a l ' a n n o 926.

CAPITOLO QUARANTADUESIMO

MAROZIA & C.

La m o r t e di C a r l o m a g n o e lo sfacelo d e l l ' I m p e r o franco a v e v a n o p r o v o c a t o la dissoluzione di quel p o t e r e laico che aveva sostenuto il Papato e gli aveva i m p e d i t o di d e g e n e r a r e . A R o m a , sulla fine d e l l ' 8 0 0 , s p a d r o n e g g i a v a n o d u e fazioni: quella toscana dei Tuscolo, e quella spoletina dei Crescenzi. Sebbene e n t r a m b e di origine l o n g o b a r d a e i m p a r e n tate fra loro, esse si d i s p u t a v a n o la tiara, eleggevano i Papi, li d e p o n e v a n o , convocavano i Sinodi. T u t t o e r a in loro balìa. L'Urbe faceva da sfondo a questa a n a r c h i a che d u r ò olt r e u n secolo. Le c r o n a c h e del t e m p o sono p i e n e di delitti, colpi di Stato, rivolte di palazzo. Il clero, a b b a n d o n a t o a se stesso, sprof o n d ò nella c o r r u z i o n e . I Pontefici e i Vescovi vivevano in un lusso da Mille e una notte. Abitavano palazzi sfavillanti di m a r m i e di ori. Si circondavano di servitori e concubine, imb a n d i v a n o m e n s e d e g n e di Trimalcione, organizzavano concerti, d a n z e e feste m a s c h e r a t e . La m a t t i n a , c e l e b r a t a la messa, m o n t a v a n o a cavallo e a n d a v a n o a caccia, seguiti da u n o stuolo di cortigiani. I R o m a n i li a m a v a n o p e r c h é di tanto in t a n t o d i s t r i b u i v a n o vino e f r u m e n t o , ma s o p r a t t u t t o p e r c h é q u a n d o m o r i v a n o i l p o p o l i n o aveva libero accesso nelle l o r o d i m o r e e p o t e v a t r a n q u i l l a m e n t e svaligiarle. La Chiesa, l a c e r a t a da lotte i n t e s t i n e e p r i g i o n i e r a della sua mondanizzazione, n o n e r a mai c a d u t a t a n t o i n basso. Nel maggio dell'896, d o p o quattro anni e mezzo di reg n o , calò nella t o m b a quel Papa Formoso che aveva incoron a t o Arnolfo. I s i g n o r o t t i spoletini, c h e ne a v e v a n o a suo t e m p o c o n t r a s t a t o l'elezione, p r o c l a m a r o n o P a p a Stefano 322

V I , figlio di un p r e t e r o m a n o . Sotto di lui si celebrò il p r o cesso p o s t u m o a F o r m o s o , r e o di a v e r c i n t o la t i a r a n o n o s t a n t e fosse Vescovo di Porto. Gli antichi concili avevano infatti sancito c h e i Vescovi n o n p o t e v a n o a b b a n d o n a r e la loro sede e d i v e n t a r e Papi. Q u e s t a accusa e r a n a t u r a l m e n t e u n pretesto e n e nascondeva u n a b e n p i ù grave: quella d'aver F o r m o s o c h i a m a t o in Italia il Re di Carinzia e d ' a v e r l o sostenuto c o n t r o G u i d o di Spoleto. Il m a c a b r o processo si svolse nel febbraio dell'897 d a v a n ti al tribunale di un Sinodo appositamente convocato. La t o m b a di Formoso fu scoperchiata e il suo scheletro i m p a l u d a t o fu t r a s p o r t a t o nella sala d e l Concilio, al c o s p e t t o d e i giudici, e d e p o s t o su u n a seggiola a braccioli. Accanto a esso, in piedi, stava un vecchio diacono che fungeva da avvocato difensore. Stefano VI a p r ì l ' u d i e n z a e poi, rivolto alla m u m m i a , chiese: «Perché, u o m o ambizioso, hai u s u r p a t o la c a t t e d r a apostolica?» Il diacono cercò di scagionare il Pontefice, ma fu s o m m e r s o da un diluvio di fischi e di insulti. Form o s o fu riconosciuto colpevole e d e p o s t o . Tutti coloro c h e egli aveva o r d i n a t o Vescovi d o v e t t e r o farsi riconsacrare. Al t e r m i n e del processo u n p r e t e s t r a p p ò d i dosso a l cadavere del P a p a i p a r a m e n t i sacri, gli recise le t r e dita della m a n o d e s t r a colle quali s'impartisce la b e n e d i z i o n e , gli tagliò la testa, e fra i lazzi osceni del p o p o l i n o gettò quelle p o v e r e ossa nel T e v e r e . I resti di F o r m o s o - r a c c o n t a il Libro pontificale - f u r o n o r i n v e n u t i da alcuni pescatori e ricomposti nella sua t o m b a a San Pietro. Q u a n d o le reliquie v a r c a r o n o la soglia della basilica, le statue dei Santi c h i n a r o n o il capo in seg n o di riverenza. Nell'897 Stefano fu assassinato. L'anno successivo, d o p o u n i n t e r r e g n o d i d u e Papi, f u eletto Giovanni I X , u n b e n e dettino d'origine tedesca c h e g o v e r n ò d u e a n n i . Convocò u n concilio c h e riabilitò F o r m o s o . A n n u l l ò gli atti d e l processo che l'aveva c o n d a n n a t o , e affermò che n o n si poteva giudicare un m o r t o . In un Sinodo a R a v e n n a a n n u n c i ò la bancarott a della Chiesa che n o n aveva d e n a r o n e m m e n o p e r p a g a r e 323

gli s t i p e n d i ai chierici e ai diaconi. M o r ì n e l luglio d e l 9 0 0 , o b e r a t o d a i debiti. Gli successero t r e papuncoli e, n e l 9 0 4 , Sergio I I I , s o s t e n u t o dalla fazione spoletina con a capo u n a d o n n a intrigante e bellissima, Marozia, di cui e r a l'amante. Sergio ribadì la c o n d a n n a di F o r m o s o e fece s t r a n g o l a r e coloro che l'avevano assolto. Poi, p e r p e n i t e n z a , o r d i n ò alle m o n a c h e di recitare o g n i g i o r n o , a riscatto della sua a n i m a , c e n t o Kyrie Eleison. R e s t a u r ò n u m e r o s e chiese, riedificò la basilica l a t e r a n a e la r i e m p ì di c a n d e l a b r i , s t a t u e e arazzi. Q u a n d o calò nella t o m b a , la tiara passò sul c a p o di Anastasio I I I e p o i su quello del conte l o n g o b a r d o L a n d ò . Nel 9 1 4 fu i n c o r o n a t o Giovanni X. E r a u n u o m o ambizioso e s e n s u a l e , g o d e v a della p r o t e zione d i T e o d o r a , m a d r e d i Marozia, che s'era p e r d u t a m e n te i n n a m o r a t a di lui e c h e , p e r a v e r l o vicino, l'aveva fatto Papa. T e o d o r a e r a m a r i t a t a al conte Teofilatto. A R o m a tutto e r a nelle m a n i loro e della figlia Marozia. C a d u t o l ' I m p e ro carolingio il clero e r a stato e s a u t o r a t o e s o p p i a n t a t o da questa famiglia, originaria di Spoleto e q u i n d i di stirpe long o b a r d a . I Pontefici, c h e a essa d o v e v a n o la p r o p r i a elezion e , ne e r a n o succubi e n o n osavano disobbedirle. Teofilatto s'era fregiato d e l titolo di S e n a t o r e dei R o m a n i e aveva insignito la moglie di quello di Senatrice. Ciò lo investiva a u t o m a t i c a m e n t e della s u p r e m a a u t o r i t à civile e gli conferiva pieni p o t e r i . E r a a c a p o della nobiltà e la r a p p r e sentava presso l ' I m p e r a t o r e . Nel 9 1 5 , sotto gli auspici di Giovanni X, Marozia sposò il conte spoletino Alberico dal q u a l e e b b e un figlio, cui fu imp o s t o lo stesso n o m e del p a d r e . Rimasta vedova, convolò a n o z z e c o n G u i d o , fratellastro d i U g o d i P r o v e n z a , c h ' e r a u n o d e i capi della fazione t o s c a n a . G i o v a n n i X , c h e aveva contrastato il m a t r i m o n i o , fu d e p o s t o , rinchiuso in carcere e lasciato m o r i r di fame. Ne o c c u p ò il p o s t o il figlio c h e M a r o zia aveva a v u t o dal P a p a Sergio e che p r e s e il n o m e di Giov a n n i X I . L'incoronazione s i celebrò c o n g r a n p o m p a nella basilica di San Pietro. 324

I l n u o v o Pontefice e r a u n ragazzo d i dodici a n n i , prigion i e r o di u n a m a d r e debosciata e p r e p o t e n t e , di cui d i v e n n e il confessore. Q u a n d o , in circostanze misteriose, G u i d o m o rì, M a r o z i a si c e r c ò un a l t r o m a r i t o . Aveva già s u p e r a t o la quarantina, ma era ancora u n a d o n n a piacente, sebbene priva di cultura, anzi c o m p l e t a m e n t e analfabeta, come la m a d r e T e o d o r a e il p a d r e Teofilatto. Re, Principi e p e r s i n o Papi a v e v a n o aspirato alla sua m a n o . Fra costoro c'era anche quell'Ugo di Provenza che era stato i n c o r o n a t o a Pavia Re d'Italia. E r a un u o m o avaro, volg a r e e c r a p u l o n e . A m a v a l a b u o n a tavola, e r a u n b e v i t o r e g a g l i a r d o e un accanito g i o c a t o r e di d a d i . Si c i r c o n d a v a di c o n c u b i n e e aveva un d e b o l e p e r le c o n t a d i n e e le l a v a n d a i e . Ma gli p i a c e v a n o s u d a t i c c e e s c a l c a g n a t e . Di s t a t u r a s u p e r i o r e alla m e d i a , di c o r p o r a t u r a atletica, b i o n d o e baffuto, p i ù che un Re lo si sarebbe d e t t o un c a p i t a n o di v e n t u ra. E r a u n cavaliere f o r m i d a b i l e , u n b u o n cacciatore e u n g u e r r i e r o s p a v a l d o . A p p e n a cinta l a c o r o n a d'Italia, aveva d i s t r i b u i t o fra i suoi p a r e n t i le p i ù i m p o r t a n t i diocesi e le più ricche abbazie dell'Italia del N o r d . Aveva n o m i n a t o p a g gio di C o r t e il Vescovo di Pavia, L i u t p r a n d o , c h e nella sua c r o n a c a l o c e l e b r ò c o m e u n p r i n c i p e f i l o s o f o , liberale e f i l a n t r o p o , e affibbiò alle s u e n u m e r o s e a m a n t i n o m i di divinità g r e c h e . Marozia, c h e in s e c o n d e nozze ne aveva sposato il fratellastro G u i d o , conosceva b e n e U g o . Sapeva che n o n e r a u n o stinco di santo e forse p r o p r i o p e r q u e s t o se ne i n n a m o r ò o f ì n s e d i i n n a m o r a r s e n e . C ' e r a p e r ò u n g r o s s o ostacolo a l m a t r i m o n i o . Marozia e U g o e r a n o cognati, e le leggi c a n o niche i m p e d i v a n o ai cognati di sposarsi, p e n a la scomunica. Ugo e M a r o z i a d e l l e leggi c a n o n i c h e n a t u r a l m e n t e s'infischiavano, m a c o n u n f i g l i o P a p a b i s o g n a v a far f i n t a d i ten e r n e conto. I l R e d i m o s t r ò che G u i d o n o n e r a suo fratello poiché la levatrice lo aveva sostituito nella culla c o n un altro neonato. G i o v a n n i XI a c c r e d i t ò la v e r s i o n e , e si fecero le p u b b l i 325

cazioni. M a r o z i a a v r e b b e p o r t a t o i n d o t e a l f u t u r o m a r i t o la città di R o m a , P a p a c o m p r e s o . N o n v e d e v a l'ora d'essere c h i a m a t a R e g i n a e un g i o r n o , chissà, I m p e r a t r i c e . Il titolo d i S e n a t r i c e e r a b e n p o c a cosa p e r l a s u a s m i s u r a t a a m b i zione. N e l febbraio d e l 932 U g o c o n u n piccolo esercito lasciò Pavia d i r e t t o a R o m a . G i u n t o a un paio di chilometri dalla città, o r d i n ò ai soldati di p i a n t a r e le t e n d e fuori le m u r a , e con u n a scorta s'accinse a varcarle. La nobiltà e il clero l'accolsero con molti o n o r i e l ' a c c o m p a g n a r o n o a Castel Sant'Angelo, d o v e d o v e v a n o celebrarsi le nozze e la fidanzata l ' a t t e n d e v a . M a r o z i a indossava u n a bellissima t u n i c a color p o r p o r a . Sulla f r o n t e c i n g e v a u n d i a d e m a t e m p e s t a t o d i p i e t r e preziose, e d u e braccialetti d ' o r o f i n e m e n t e cesellati le s t r i n g e v a n o i polsi. U g o , c h e n o n la v e d e v a da a n n i , fu colpito d a t a n t o b e n d i Dio, m a l a t r o v ò assai invecchiata. N o n e r a p i ù la d o n n a d ' u n t e m p o . La pelle le si e r a avvizzita e il volto e r a p i e n o di r u g h e . C o m ' e r a n o meglio le lavandaie di Pavia e le c o n t a d i n e della Bassa. La cerimonia si svolse nel sepolcro di A d r i a n o , davanti al sarcofago di q u e l l ' I m p e r a t o r e , e P a p a Giovanni lo consacrò. Castel Sant'Angelo e r a da secoli la meglio attrezzata e la più salda fortezza r o m a n a , u n a specie di labirinto, p r a t i c a m e n t e inespugnabile. In esso i novelli sposi fissarono p e r p r u d e n za la p r o p r i a d i m o r a , e nella t o m b a di A d r i a n o istallarono la c a m e r a d a letto. U g o e r a un u o m o irascibile e manesco. Un g i o r n o il giov a n e figlio di M a r o z i a , Alberico, c h e gli faceva da p a g g i o , versandogli del vino lasciò c a d e r e p e r sbaglio la brocca p e r t e r r a e la r u p p e . U g o gli a p p i o p p ò un ceffone. Alberico fugg ì i n lacrime d a l castello, i n v a n o inseguito d a u n m a g g i o r d o m o e d a u n a m u t a d i cani. G i u n t o a l Colosseo, r a d u n ò u n a piccola folla di R o m a n i e li a r r i n g ò c o n t r o U g o accus a n d o l o d i a v e r c o n s e g n a t o l a città i n m a n o a i p r o v e n z a l i . La plebe r o m a n a , s e m p r e in cerca di pretesti p e r qualche b u o n saccheggio, p r e s e fuoco. G u i d a t i d a Alberico, u n mi326

gliaio di giovinastri, a r m a t i di bastoni, si m i s e r o in m a r c i a verso Castel Sant'Angelo. Le c a m p a n e s u o n a r o n o a s t o r m o e a n n u n c i a r o n o alla p o p o l a z i o n e c h e stava s u c c e d e n d o qualcosa. C h e accadesse c o n precisione n o n l o sapeva n e s s u n o , n e m m e n o il figlio di Marozia il quale voleva solo vendicarsi d e l ceffone r i c e v u t o d a l p a t r i g n o , c h e gli b r u c i a v a c o m e u n a ferita. U g o vide dalla finestra la folla a t t r a v e r s a r e il p o n t e sul T e v e r e e m a r c i a r e minacciosa verso il castello. In p r e d a al t e r r o r e , o r d i n ò alle g u a r d i e di s b a r r a r e t u t t i gl'ingressi, e p o i con la moglie r i p a r ò nel sarcofago d ' A d r i a n o , in attesa c h e l'esercito c h e aveva lasciato fuori le m u r a gli spedisse dei rinforzi. Ma poiché questi t a r d a v a n o a g i u n g e r e , decise di fuggire. M e n t r e Marozia d o r m i v a , uscì dal sepolcro, e in p i e n a n o t t e s i calò c o n u n a f u n e dalla f i n e s t r a . D o p o u n a b r e v e cavalcata si r i c o n g i u n s e ai suoi e r i p a r t ì p e r Pavia. A R o m a , Alberico, d i v e n u t o p a d r o n e della situazione, aveva o c c u p a t o Castel Sant'Angelo e, snidata la m a d r e dal sarcofago, l'aveva imprigionata. Il fratellastro Giovanni, r e o di aver u n i t o in m a t r i m o n i o Marozia con U g o , fu rinchiuso nel palazzo L a t e r a n o e sottoposto a stretta sorveglianza. Q u e l l a d e l 9 3 2 - ha scritto il G r e g o r o v i u s - fu i n s i e m e u n a rivoluzione di famiglia e di Stato. Di famiglia, p e r c h é i suoi protagonisti e r a n o tutti p a r e n t i . Di Stato, p e r c h é abbatté il p o t e r e t e m p o r a l e del P a p a e fondò u n a repubblica p o p o l a r e . I R o m a n i ne p r o c l a m a r o n o P r i n c i p e Alberico, il quale conservò a n c h e il titolo di Senatore, c h ' e r a p u r a m e n t e onorifico, m a c h e sui Q u i r i t i faceva u n c e r t o effetto. I n realtà, p i ù c h e u n a repubblica p o p o l a r e , fu u n a satrapia aristocratica p e r c h é di essa fece p a r t e u n i c a m e n t e la nobiltà, anzi u n a sola famiglia: quella spoletina. Le m a n c ò a n c h e il s o s t e g n o di un ceto m e d i o p e r c h é a R o m a n o n ce n ' e r a . I suoi abitanti e r a n o p r e t i , o nobili o p o p o l a n i . I p r i m i camp a v a n o di lasciti, i s e c o n d i di r e n d i t a , i terzi di e l e m o s i n e . N o n esistevano i n d u s t r i e e n o n c'era c o m m e r c i o . I R o m a n i d i f e t t a r o n o s e m p r e di quello spirito m e r c a n t i l e c h e fece la 327

f o r t u n a e c o n o m i c a di F i r e n z e e di M i l a n o . L ' U r b e , fin d a l M e d i o Evo, fu u n a città s t a g n a n t e , apatica e parassita. Per g o v e r n a r l a servivano d u e cose: il b a s t o n e e la carota. Alberico le s e p p e u s a r e e n t r a m b e . E r a un u o m o bello e risoluto, di a s p e t t o marziale. C ' e r a in lui qualcosa del Principe descritto dal Machiavelli. A r r u o lò a p r o p r i e spese un c o r p o di polizia, divise l'Urbe in d o d i ci distretti, e a presidio di ciascuno p o s e u n a milizia cittadina, fedele e b e n p a g a t a . I R o m a n i gli g i u r a r o n o o b b e d i e n za. Chi rifiutò di farlo fu esiliato ed ebbe i b e n i confiscati. Le antiche m o n e t e raffiguranti U g o , Marozia e Giovanni furono sostituite da altre recanti l'effigie del dittatore che avocò a sé a n c h e l'amministrazione della giustizia. Sin allora i p r o cessi si e r a n o celebrati in L a t e r a n o , al cospetto d e l l ' I m p e r a t o r e , del P a p a o dei missi dominici. Il n u o v o P r i n c i p e adibì i p r o p r i palazzi sull'Aventino e sulla via L a t a a tribunali, comp e t e n t i a n c h e a giudicare cause ecclesiastiche. Alberico e r a ambizioso, ma a differenza di Marozia c o n o sceva i limiti della p r o p r i a p o t e n z a che e r a circoscritta e n t r o i confini del Ducato R o m a n o . Egli la consolidò e assicurò ai suoi a b i t a n t i u n a p a c e d i cui essi n o n g o d e v a n o d a p a r e c chio t e m p o . N e l 9 3 3 , u n a n n o d o p o essere fuggito, U g o cercò d i ric o n q u i s t a r e la città c h e p e r u n o scatto d'ira aveva p e r d u t o , e di farsi incoronare I m p e r a t o r e . Assediò l'Urbe, ma n o n riuscì a e s p u g n a r l a . Nel 9 3 6 ci si r i p r o v ò , ma a n c h e questa volta senza successo. U n ' e p i d e m i a di colera gli d e c i m ò l'esercito e lo costrinse a un a c c o r d o con Alberico che fu concluso p e r t r a m i t e dell'Abate d i Cluny, O d o n e . U g o l o s u g g e l l ò d a n d o i n sposa a l f i g l i a s t r o l a f i g l i a A l d a c h e aveva a v u t o dalla p r i m a moglie. Sperava, con questo s t r a t a g e m m a , di rim e t t e r p i e d e a R o m a e cacciarne Alberico, il quale p e r ò fiutò il tranello e n o n lo invitò n e m m e n o al m a t r i m o n i o . Nel g e n n a i o dello stesso a n n o m o r ì Giovanni X I . Gli successe L e o n e V I I , u n m o n a c o c h e g o d e v a f a m a d i s a n t o e forse lo e r a davvero. S ' a d o p e r ò p e r applicare in Italia quel328

la riforma b e n e d e t t i n a che B e r n o e O d o n e di C l u n y stavano a t t u a n d o in Francia e c h e a v r e b b e d o v u t o r i p o r t a r e un p o ' d ' o r d i n e e di pulizia nel M o n a c h e s i m o occidentale, p i o m b a to nell'anarchia. Nel 939 L e o n e calò nella t o m b a , e Stefano V i l i cinse la tiara. Sotto Alberico i Papi n o n furono che m a rionette nelle sue m a n i , intesi esclusivamente a servizi divini. N o n a m a v a n o il Principe a n c h e se a lui d o v e v a n o la l o r o elezione. Stefano V I I I gli o r d ì c o n t r o u n a c o n g i u r a , ma fu scoperto e i m p r i g i o n a t o . Nel 941 t o r n ò alla carica U g o di Provenza che s'era associato al t r o n o il figlio L o t a r i o e aveva sposato, in terze nozze, la v e d o v a di Rodolfo II di B o r g o g n a , B e r t a . A n c h e stavolta R o m a t e n n e d u r o ed egli d o v e t t e t o r n a r s e n e a Pavia. L'Urbe e r a salva, e Alberico p i ù in sella che mai.

CAPITOLO QUARANTATREESIMO

GLI O T T O N I

Q u a n d o U g o t o r n ò i n L o m b a r d i a , l a trovò i n p r e d a a l caos. N u m e r o s i Conti gli si e r a n o ribellati e minacciavano di sbalzarlo d a l t r o n o p e r issarvi il M a r c h e s e d ' I v r e a B e r e n g a r i o . U g o riuscì a r i d u r r e alla r a g i o n e gli oppositori e a r i p r e n d e r e i n m a n o l a situazione. B e r e n g a r i o , vista l a m a l a p a r a t a , fuggì p r e s s o il Re di G e r m a n i a , O t t o n e . Il r e g n o di G e r m a n i a e r a n a t o con la spartizione di Verd u n i che aveva p r a t i c a m e n t e disintegrato l'eredità di Carlom a g n o , e c o m p r e n d e v a la Sassonia, la Franconia, la Svevia, la Baviera e, in seguito, i n c o r p o r ò a n c h e la Lotaringia. E r a un melting-pot di l i n g u e , leggi e a b i t u d i n i assai d i s p a r a t e . I Sassoni, che e r a n o stati i p i ù irriducibili nemici d e i Franchi e fra gli ultimi a convertirsi al Cristianesimo, o c c u p a v a n o la plaga N o r d della G e r m a n i a , c o m p r e s a tra l'Elba e il R e n o . I Bavari, c h ' e r a n o i p i ù civili, quella Sud, t r a il R e n o e il M e d i o D a n u b i o . Al principio del 9 0 0 la Sassonia, la Franconia, la Svevia, la Baviera e la L o t a r i n g i a e r a n o r e t t e ciascuna da un Duca. In o r i g i n e costui e r a d e s i g n a t o d a l Re franco e il suo titolo n o n e r a e r e d i t a r i o . Lo diventò in seguito allo sfacelo d e l l ' I m p e r o carolingio. N e l 9 1 1 il D u c a di F r a n c o n i a , C o r r a d o , fu e l e t t o Re di G e r m a n i a . Q u a n d o nel 9 1 8 m o r ì , l a c o r o n a passò sul c a p o di quello di Sassonia, E n r i c o I, d e t t o l'Uccellatore p e r la sua passione p e r la caccia. Il Vescovo di M a g o n z a s'offrì di consacrarlo I m p e r a t o r e , m a E n r i c o rispose d i n o n esser d e g n o di un tale o n o r e e lo rifiutò. Si r i c o r d a v a degli I m p e r a t o r i franchi e n o n voleva i m i t a r n e l'esempio. M o r ì n e l 9 3 6 , d o po aver n o m i n a t o successore il p r i m o g e n i t o O t t o n e . O t t o n e 330

aveva v e n t i q u a t t r o a n n i , e r a b i o n d o e c o r p u l e n t o , aveva u n a bella voce, a m a v a l a vita all'aria a p e r t a , e r a u n e c c e l l e n t e n u o t a t o r e e , a differenza d e l p a d r e , u n b u o n cattolico. F u i n c o r o n a t o R e a d A q u i s g r a n a dall'Arcivescovo I l d e b r a n d o , alla p r e s e n z a dei Duchi. Q u a n d o B e r e n g a r i o si rifugiò presso di lui, c o r r e v a l'anno 9 4 1 . N e l 9 4 5 alla c o r t e di O t t o n e a r r i v ò la notizia c h e i Conti l o m b a r d i si e r a n o di n u o v o ribellati a U g o , e c h e il Re d ' I t a l i a aveva l e o r e c o n t a t e . B e r e n g a r i o c o n u n piccolo esercito di Sassoni p a r t ì allora p e r Milano. Q u a n d o vi giunse t r o v ò il figlio di U g o , L o t a r i o , c h e a n o m e del p a d r e gli chiese di lasciare a lui la c o r o n a d ' I t a l i a . B e r e n g a r i o , c h e n o n si sentiva a n c o r a abbastanza forte p e r opporglisi, gliela lasciò. U g o , s t a n c o e p i e n o d'acciacchi, t o r n ò in P r o v e n z a d o v e , p o c o d o p o , m o r ì fra l e braccia d i u n a c a m e r i e r a , i n seguito a u n ' i n d i g e s t i o n e di fichi secchi. N e l n o v e m b r e d e l 9 5 0 calava nella t o m b a a T o r i n o il figlio L o t a r i o , s t r o n c a t o da u n a coppa di veleno propinatagli da Berengario, che il 15 d i c e m b r e dello stesso a n n o si fece i n c o r o n a r e col figlio Adalberto Re d'Italia. L o t a r i o , o l t r e l a c o r o n a , aveva lasciato u n a m o g l i e . S i c h i a m a v a A d e l a i d e , e d e r a u n a d o n n a bellissima. P r i m a d i sposare L o t a r i o , e r a stata l ' a m a n t e di U g o , il suo futuro suocero, e p a r e c h e continuasse a esserlo a n c h e d o p o . Q u a n d o Lotario m o r ì , Adalberto le chiese la m a n o , ma Adelaide gliela rifiutò. Allora la fece r i n c h i u d e r e in u n a t o r r e sul lago di G a r d a d i d o v e , u n a n o t t e , c o n l a complicità delle g u a r d i e , essa fuggì a Canossa. Di q u i lanciò un appello a O t t o n e p e r ché scendesse in Italia e liberasse la penisola da B e r e n g a r i o e Adalberto c h e la o p p r i m e v a n o . I l R e d i G e r m a n i a n o n conosceva Adelaide, m a n e aveva sentito magnificare la bellezza. E r a scapolo e la m a d r e voleva che p r e n d e s s e moglie. Adelaide, dal c a n t o suo, e r a vedova e si sentiva m o l t o sola. Sulla fine del 9 5 1 O t t o n e varcò le Alpi, a n d ò a Canossa, liberò Adelaide, la condusse a Pavia e la s p o s ò . Q u i n d i s p e d ì a R o m a il Vescovo di M a g o n z a c o n 331

l'incarico d i c o n c l u d e r e u n ' a l l e a n z a col P a p a , m a Alberico n o n lo fece n e m m e n o e n t r a r e in città. Nel 952 O t t o n e t o r n ò i n G e r m a n i a d o p o aver n o m i n a t o C o r r a d o , D u c a d i L o t a r i n g i a , s u o vicario i n Italia. I n u n a Dieta convocata ad Augusta pose la c o r o n a di Pavia sul capo di B e r e n g a r i o che la cinse c o m e vassallo e a n d ò a godersela a Ravenna. A Roma l'incoronazione del Marchese d'Ivrea fu accolta con favore. Da q u a n d o Alberico ne e r a diventato il p a d r o n e , l ' U r b e e r a stata al r i p a r o da t u t t e le b u f e r e che a v e v a n o m e s s o a s o q q u a d r o il r e s t o d ' I t a l i a , s o p r a t t u t t o a N o r d , e l'avevano insanguinata. Nel 954, d o p o v e n t i d u e anni di r e g n o , il figlio di M a r o z i a m o r ì di d i s s e n t e r i a . Pochi g i o r n i p r i m a , d a v a n t i all'altare d i S a n P i e t r o , aveva fatto g i u r a r e ai nobili r o m a n i di eleggere P a p a il figlio Ottaviano, q u a n d o Agapito II fosse calato nella t o m b a . Il c h e a v v e n n e p o c o t e m p o d o p o , e q u a l c u n o p a r l ò di veleno. R i u n e n d o nelle sue m a n i il p o t e r e spirituale di Agapito e quello t e m p o r a l e di Alberico, O t t a v i a n o , salito al soglio col n o m e di Giovanni XII, instaurò a Roma un'autocrazia in p i e n a regola. E r a n a t o ad Alda e aveva a p p e n a sedici a n n i . E r a un giovane sensuale e t u r b o l e n t o . I suoi ritrovi preferiti e r a n o la taverna e il bordello. Sotto la sua gestione, il Vatic a n o n o n differì m o l t o da questi locali. Alla c u r a delle anime a n t e p o n e v a quella dei corpi, specialmente femminili, alle p r o c e s s i o n i le b a t t u t e di caccia e alla r e c i t a d e i salmi le p a r t i t e a i d a d i . I p i ù bei n o m i della nobiltà r o m a n a e r a n o suoi c o m p a g n i di c r a p u l a . N o n c'era g e n t i l d o n n a e - dicev a n o i maligni - g e n t i l u o m o c h e n o n fossero stati ospiti nella sua alcova. Q u a n d o , e b b r o , s'alzava da tavola, a n d a v a nella stalla e, b r i n d a n d o agli d è i p a g a n i , consacrava diaconi e vescovi, e celebrava la messa. Dal p a d r e e dalla n o n n a Marozia aveva e r e d i t a t o l'ambizione m a n o n l e q u a l i t à p e r a p p a g a r l a . L a n c i ò u n a spediz i o n e n e l M e z z o g i o r n o c o n t r o C a p u a e B e n e v e n t o , ma fu travolto dagli eserciti salernitani mossi in soccorso dei d u e Ducati minacciati. Si schierò c o n t r o B e r e n g a r i o c h e sfidava 332

l'Emilia e la R o m a g n a , a p p a r t e n e n t i alla Chiesa, e m i r a v a ad a n n e t t e r s e l e . Nel 9 6 0 offrì al Re di G e r m a n i a la c o r o n a d ' I m p e r a t o r e e lo invitò a R o m a . L'anno d o p o O t t o n e con un grosso esercito varcò le Alpi, marciò su Pavia, d o v e passò le feste di Natale. Poi si mise in c a m m i n o p e r l'Urbe. I R o m a n i , che detestavano gli stranieri, gli fecero un'accoglienza gelida. I p r e t o r i a n i l'accompag n a v a n o d o v u n q u e p e r t i m o r e c h e q u a l c u n o l'uccidesse. Nella basilica di San Pietro, p r i m a di inginocchiarsi ai piedi dell'altare, r a c c o m a n d ò al c o n t e Ansfredo che gli stava acc a n t o di g u a r d a r g l i le spalle m e n t r e lui chinava il c a p o p e r cingere la c o r o n a . Ansfredo rispose che d u r a n t e la cerimon i a i l c a p o d o v e v a c h i n a r l o a n c h e lui p e r p r e g a r e . O t t o n e ribatté c h e n o n e r a quello il m o m e n t o di p r e g a r e e gli o r d i nò di t e n e r m a n o alla s p a d a e vigilare sulla testa del suo Re, che, con l'aria c h e tirava, rischiava di p e r d e r l a . Al t e r m i n e del rito g i u r ò di n o n immischiarsi negli affari della Chiesa e p r o m i s e di restituire al Pontefice q u e i territori c h e P i p i n o e C a r l o m a g n o gli a v e v a n o d o n a t o e i r e u c c i d ' I t a l i a s o t t r a t t o . G i o v a n n i X I I r i b a d ì la fedeltà sua e d e i R o m a n i a l l ' I m p e r a t o r e . E r a la fine di quella libertà, m o l t o simile alla licenza e all'anarchia, di cui l'Urbe aveva g o d u t o sotto Alberico. Il 14 febbraio del 9 6 2 , O t t o n e lasciò R o m a e P a p a Giovanni tornò ad abbandonarsi ai bagordi. O r d i n ò la riapert u r a d e i l u p a n a r i c h e l a p r e s e n z a d e l l ' I m p e r a t o r e aveva consigliato di c h i u d e r e . Le p r o s t i t u t e c h ' e r a n o state nascoste nei conventi, furono rimesse in circolazione. Un cronista dell'epoca riferisce che n e u s c i r o n o p i ù d i q u a n t e n e e r a n o e n t r a t e . N e s s u n a r o m a n a osava a v v e n t u r a r s i p e r l e s t r a d e d e l l ' U r b e ai cui angoli stavano a p p o s t a t i i l e n o n i d e l Papa, p r o n t i a r a p i r e le d o n n e sole e a c o n d u r l e con la forza in Vat i c a n o . G i o v a n n i aveva un harem b e n f o r n i t o e c o n le s u e concubine e r a assai p r o d i g o . Le colmava di d o n i e le m a n t e n e v a a s p e s e di S a n P i e t r o , o r m a i r i d o t t o sul lastrico. Le chiese e gli edifici pubblici, a b b a n d o n a t i alle i n t e m p e r i e e 333

all'incuria, a n d a v a n o l e t t e r a l m e n t e in rovina. C r o l l a v a n o i m u r i , i tetti s p r o f o n d a v a n o sugli altari s o m m e r g e n d o l i . N o n f u n z i o n a v a n o n e m m e n o i servizi igienici. L e f o g n e e r a n o r e g o l a r m e n t e intasate, sterco e rifiuti i n g o m b r a v a n o le vie, e m a n a n d o pestilenziali effluvi. N e l l ' a u t u n n o del 9 6 3 , m e n t r e s'accingeva a m u o v e r g u e r ra a B e r e n g a r i o che gli si e r a ribellato, O t t o n e fu informato che il Papa, in c o m b u t t a con Adalberto, stava t r a m a n d o cont r o di lui. Partì subito alla volta d e l l ' U r b e . I R o m a n i , senza o p p o r r e resistenza, gli s p a l a n c a r o n o le p o r t e e l'accolsero c o m e u n l i b e r a t o r e . G i o v a n n i fuggì i n c a r r o z z a c o n d u e a m a n t i e u n o scrigno di gioielli, e r i p a r ò in un castello d e l Lazio. L ' I m p e r a t o r e p r o c l a m ò che in futuro n e s s u n Papa p o teva essere eletto senza il suo beneplacito. Il 6 n o v e m b r e dello stesso a n n o convocò un Sinodo in San Pietro e lo chiamò a giudicare il Pontefice. Giovanni fu accusato in contumacia di o m i c i d i o , s p e r g i u r o , p r o f a n a z i o n e di chiese e incesto. Un c a r d i n a l e lo incolpò a n c h e di a v e r b r i n d a t o al d e m o n i o , di aver invocato Giove e Venere, e di aver giuocato ai d a d i . Ott o n e lo invitò a scagionarsi. Il Papa lo fece con u n a lettera in cui scomunicava tutti, c o m i n c i a n d o d a l l ' I m p e r a t o r e c h e lo d e p o s e e al suo posto istallò un laico, capo degli archivi lateranensi, che p r e s e i l n o m e d i L e o n e V i l i . Era u n u o m o p r o bo e di b u o n senso, al di s o p r a della mischia, l ' o p p o s t o di Giovanni, che gli scagliò c o n t r o l'anatema. Il 3 g e n n a i o d e l 9 6 4 le c a m p a n e di R o m a s u o n a r o n o a s t o r m o e i suoi abitanti scesero in piazza a d i m o s t r a r e cont r o O t t o n e c h e aveva n o m i n a t o i l P a p a senza interpellarli. L ' I m p e r a t o r e , c h e aveva r i s p e d i t o al N o r d il grosso dell'esercito, fu salvato da u n o s q u a d r o n e di cavalieri c h e aveva t e n u t o c o n sé in Castel Sant'Angelo, i quali c a r i c a r o n o i dim o s t r a n t i e li m a s s a c r a r o n o . U n a settimana d o p o , con cento ostaggi, mosse su Spoleto d o v e Adalberto stava a r r u o l a n d o u n e n n e s i m o esercito. N e l l ' U r b e lasciò u n a piccola guarnigione. E r a n o a p p e n a trascorsi d u e g i o r n i dalla p a r t e n z a d i Ot334

t o n e c h e i R o m a n i r i c h i a m a r o n o G i o v a n n i . L e o n e f u cos t r e t t o a f u g g i r e a C a m e r i n o , d o v e l ' I m p e r a t o r e s'era acq u a r t i e r a t o . Il figlio di Alberico fu accolto con g r a n d i o n o r i e p o r t a t o in trionfo dal p o p o l i n o che lo a m a v a p e r c h é ricon o s c e v a in lui i p r o p r i vizi. Il 26 f e b b r a i o c o n v o c ò in S a n P i e t r o u n Concilio c h e c o n d a n n ò i l S i n o d o c h e l'aveva d e posto. O r d i n ò l'arresto d i coloro c h e a v e v a n o eletto L e o n e e li fece o r r i b i l m e n t e m u t i l a r e . Altri m o r i r o n o in c a r c e r e , d o p o essere stati t o r t u r a t i . Le purghe c e s s a r o n o il 14 m a g gio, q u a n d o G i o v a n n i calò nella t o m b a . Sulla sua m o r t e ci sono varie versioni. S e c o n d o alcuni fu ucciso da un m a r i t o t r a d i t o che, scopertolo a letto c o n la moglie, lo colpì alla testa c o n un b a s t o n e e lo lasciò stecchito. S e c o n d o altri fu stroncato d a u n a trombosi. Il g i o r n o stesso d e i suoi funerali i R o m a n i a c c l a m a r o n o suo successore u n c e r t o B e n e d e t t o , s o p r a n n o m i n a t o i l G r a m m a t i c o p e r c h é aveva u n d e b o l e p e r S e n e c a e Ciceron e . N o n s'era m a i o c c u p a t o di politica e t a n t o m e n o voleva o c c u p a r s e n e o r a c h ' e r a d i v e n t a t o P a p a . Sotto L e o n e aveva sottoscritto la d e p o s i z i o n e di G i o v a n n i , e sotto G i o v a n n i quella di L e o n e . O t t o n e e r a stato i n f o r m a t o della sua elezione m e n t r e d a Camerino s'apprestava a ripartire p e r Roma. Giunse nei pressi d e l l ' U r b e alla testa d e l s u o esercito, assetato di v e n detta. La cinse d'assedio e bloccò tutte le vie di r i f o r n i m e n t o finché gli abitanti, stremati dal d i g i u n o , s'arresero e a b b a n d o n a r o n o B e n e d e t t o alla sua m e r c é . R i u n ì subito u n Concilio in L a t e r a n o e c h i a m ò i Cardinali a giudicare l'Antipapa, che si difese p i a n g e n d o e abbracciando le ginocchia d e l l ' I m p e r a t o r e . L e o n e V I I I gli s t r a p p ò il pallio e la tiara, gli sfilò l'anello, e p e r castigo lo fece s d r a i a r e n u d o p e r t e r r a . Poi, p e r intercessione dello stesso O t t o n e , lo riconsacrò diacono e lo spedì in esilio. Nella lotta con la Chiesa, l ' I m p e r o aveva vinto il p r i m o round. O t t o n e lasciò R o m a nel luglio del 9 6 4 . Circa u n a n n o d o po L e o n e V i l i m o r ì . I R o m a n i stavolta n o n s'azzardarono a 335

designargli un successore e inviarono un'ambasceria all'Imp e r a t o r e p e r c h é lo n o m i n a s s e lui. Fu scelto il figlio d e l Vescovo di N a r n i , Giovanni X I I I , un u o m o molto e r u d i t o e di famiglia cospicua. R e g n ò p o c o . I Q u i r i t i n o n l ' a m a v a n o , e nel d i c e m b r e del 965 lo i m p r i g i o n a r o n o . O t t o n e fu di n u o vo costretto a t o r n a r e in Italia. Varcò le Alpi n e l l ' a u t u n n o d e l 9 6 6 , si f e r m ò un p a i o di settimane in L o m b a r d i a p e r r e g o l a r e certi conti col figlio di B e r e n g a r i o che n o n aveva a n c o r a d e p o s t o le a r m i , e alla fine di n o v e m b r e e n t r ò in R o m a . I ribelli f u r o n o arrestati e mutilati. Il loro capo, un nobile di n o m e Giovanni, fu accecato e a p p e s o p e r i capelli alla statua e q u e s t r e di Marco Aurelio, in Campidoglio. Giovanni p e n z o l ò u n g i o r n o i n t e r o dal m o n u m e n t o , fatto oggetto di s c h e r n o dai R o m a n i che lo c o p r i r o n o d'insulti e di sputi. Ricalato a t e r r a gli f u r o n o s t r a p p a t i il n a s o e gli o r e c c h i e p o i fu caricato su un a s i n o , c o n la faccia rivolta verso la c o d a che, m u n i t a di un campanello, gli fu messa in m a n o a m o ' di briglia. Sul capo gli fu posto un o t r e ricoperto di p i u m e e ai piedi d u e anfore ricolme di sterco. Q u i n d i fu p o r t a t o a spasso p e r le s t r a d e di R o m a , tra i lazzi osceni dei suoi abitanti. O t t o n e n o n r i s p a r m i ò n e m m e n o i m o r t i . Fece r i e s u m a r e e g e t t a r e fuori le m u r a i cadaveri di d u e nobili, Roffredo e Stefano. Il P a p a che aveva partecipato al m a c a b r o rito, p r o c l a m ò l ' I m p e r a t o r e «liberatore della Chiesa» e gli i m p a r t ì l'apostolica b e n e d i z i o n e . N e m m e n o con Marozia e Giovanni X I I R o m a e r a precipitata tanto in basso. Il m o n a c o di Soratte, c h e ci ha lasciato la cronaca di questi avvenimenti, rievoca con nostalgia i t e m p i in cui l ' U r b e , cinta da m u r a con seimilaottocento merli, trecentottanta t o r r i e quindici p o r t e , e r a la «regina del m o n d o » . La vigilia di N a t a l e d e l 967 O t t o n e I fu r a g g i u n t o a R o m a d a l figlio q u a t t o r d i c e n n e O t t o n e I I , c h e il g i o r n o d o p o fu i n c o r o n a t o I m p e r a t o r e dal Papa. Il p a d r e se l'associò al tro336

no e nel 972 lo fece sposare con la principessa greca Teofania. O t t o n e voleva unificare l'Italia sotto la casa di Sassonia e sperava, attraverso q u e s t o m a t r i m o n i o , di i n d u r r e i resid u i bizantini a s g o m b e r a r e il Mezzogiorno. Il 14 aprile Giovanni X I I I celebrò con gran p o m p a le nozze nella basilica di San Pietro alla p r e s e n z a dei nobili r o m a n i e di quelli tedeschi. I Quiriti festeggiarono la coppia e d i m e n t i c a r o n o il passato. L'abito b i a n c o di Teofania faceva spiccare il colore olivastro del viso e i l u n g h i capelli corvini, che u n d i a d e m a d i p i e t r e preziose fermava sulla fronte. L o sposo, che aveva a p p e n a diciassette a n n i , indossava u n a clam i d e p u r p u r e a sulla tunica azzurra. Dal fianco gli p e n d e v a u n a s p a d a d ' a r g e n t o . C o n la d e s t r a i m p u g n a v a lo scettro e con la sinistra il globo. Il c a p o cingeva la c o r o n a ferrea. E r a u n r a g a z z o b i o n d o , m i n g h e r l i n o , d i s t a t u r a i n f e r i o r e alla m e d i a e malaticcio. A c c a n t o a Teofania, p i ù c h e il m a r i t o sembrava il suo paggio. Pochi giorni d o p o , la famiglia i m p e riale al g r a n completo t o r n ò in G e r m a n i a . Negli ultimi t e m p i la salute d e l vecchio O t t o n e , che soffriva di gotta, e r a a n d a t a p e g g i o r a n d o . Morì il 7 maggio del 9 7 3 , a s e s s a n t ' a n n i . Passò alla storia c o m e il C a r l o m a g n o della G e r m a n i a che divenne, sotto di lui, il Paese p i ù ricco e lo Stato meglio o r d i n a t o d ' E u r o p a . O t t o n e I I t o r n ò i n Italia n e l l ' a u t u n n o d e l 980 c h i a m a t o dal n u o v o Papa, Benedetto V I I , che i tedeschi avevano eletto e i R o m a n i volevano d e p o r r e . Passò il Natale a R a v e n n a e il giorno di Pasqua del 9 8 1 , accompagnato dalla m a d r e Adelaid e , dalla moglie, dalla sorella e da un codazzo di altri parenti, e n t r ò in R o m a . La sera stessa invitò a p r a n z o i nemici del Pontefice e, alla frutta, li fece strangolare. Il loro capo C r e scenzio, della p o t e n t e famiglia r o m a n a dei Tuscolo, nascosto sotto un saio benedettino, riuscì a fuggire nel Mezzogiorno. L ' I m p e r a t o r e v a g h e g g i a v a c o m e il p a d r e la r i c o n q u i s t a del S u d d'Italia e la riunificazione della Penisola sotto la cor o n a di Germania. La moglie, nonostante le promesse dei fratelli Basilio e C o s t a n t i n o c h e d o m i n a v a n o allora su Bi337

sanzio, n o n aveva p o r t a t o in d o t e che la sua bellezza. I G r e ci e r a n o p a d r o n i della C a m p a n i a e della Calabria e n o n int e n d e v a n o r i n u n c i a r e alla loro signoria. I M u s u l m a n i occup a v a n o la Sicilia e infestavano le coste t i r r e n i c h e . Il 13 luglio del 982 O t t o n e si scontrò a Stilo coi Saraceni di Abul-Kasem. L'esercito tedesco n e l q u a l e e r a n o state arr u o l a t e a l c u n e migliaia di italiani, fu l e t t e r a l m e n t e a n n i e n tato. I pochi superstiti insieme con l ' I m p e r a t o r e r i p a r a r o n o a C a p u a . Nel g i u g n o d e l l ' a n n o successivo O t t o n e p a r t ì p e r V e r o n a d o v e convocò u n a dieta s t r a o r d i n a r i a e p r o c l a m ò il f i g l i o l e t t o O t t o n e I I I , c h e aveva a p p e n a t r e a n n i , R e d i G e r m a n i a e d'Italia. Poi t o r n ò a R o m a d o v e nel f r a t t e m p o Ben e d e t t o V I I e r a m o r t o e i Q u i r i t i t u m u l t u a v a n o p e r dargli un successore. N o m i n ò al suo p o s t o G i o v a n n i XIV, ex-cancelliere d e l l ' I m p e r o , m a d o p o p o c h e settimane, improvvisam e n t e , a soli ventisei a n n i , calò nella tomba. P r i m a di m o r i re, al cospetto di n u m e r o s i Vescovi e cardinali, si e r a confessato. La salma fu rinchiusa in un bel sarcofago istoriato e tum u l a t a nelle g r o t t e Vaticane. Molti secoli d o p o Paolo V la riesumò, depose le ceneri dell'Imperatore in u n ' u r n a di m a r m o , e regalò l'arca che le aveva custodite al p r o p r i o cuoco che l'adibì a p e n t o l o n e . Morto O t t o n e II, tutto passò nelle m a n i della moglie, r e g g e n t e , i n n o m e d e l f i g l i o O t t o n e I I I . Teofania e r a u n a d o n n a ambiziosa e a u t o r i t a r i a . N e i gesti e n e l c a r a t t e r e ric o r d a v a la b i z a n t i n a T e o d o r a . Si c o m p o r t ò - ha scritto il Gregorovius - da Imperatrix anzi da Imperator, e i R o m a n i le si sottomisero. Convocava placiti, n o m i n a v a Vescovi, indiceva Sinodi. Rimasta vedova, n o n o s t a n t e le pressioni degli amici, n o n volle rimaritarsi. A n d a v a a p r e g a r e o g n i g i o r n o sulla t o m b a di O t t o n e p e r la cui a n i m a faceva celebrare q u o tidiane messe di suffragio. Si circondava di m o n a c i e di santi c h e a quei t e m p i p a r e che fossero a R o m a assai n u m e r o s i . M o r ì n e l 9 9 1 di d i s s e n t e r i a . Sotto il s u o m a t e r a s s o f u r o n o trovati un cilicio, un Salterio o libro dei salmi, e a l c u n e reliquie di m a r t i r i trafugate - si racconta - al Pontefice. 338

I R o m a n i , c o n G i o v a n n i Crescenzio alla l o r o testa, r i m b a l d a n z i r o n o , e Giovanni X I V fu costretto a lasciare R o m a e a c h i e d e r e asilo a U g o di Toscana che c h i a m ò in Italia Ott o n e I I I . Nella p r i m a v e r a d e l 9 9 6 l ' I m p e r a t o r e , c h e aveva a p p e n a c o m p i u t o i quattordici a n n i , varcò le Alpi. I R o m a n i gli m a n d a r o n o a d i r e che n o n v e d e v a n o l'ora che arrivasse. O t t o n e e n t r ò n e l l ' U r b e i m b a n d i e r a t a e p a r a t a a festa su un cavallo bianco, i n d o s s a n d o u n a corazza d ' a r g e n t o e cingend o sul c a p o u n a c o r o n a d ' o r o t e m p e s t a t a d i p i e t r e preziose. Aveva al fianco il c u g i n o v e n t i d u e n n e B r u n o , c h ' e r a a n c h e il s u o c o n f e s s o r e e c h e n e l m a g g i o dello stesso a n n o , alla m o r t e di Giovanni XIV, assunse la tiara col n o m e di G r e g o rio V. Fu il p r i m o Pontefice tedesco. In d u e secoli e mezzo, su q u a r a n t a s e t t e P a p i , solo d u e , Bonifacio VI e G i o v a n n i XIV, n o n e r a n o nati n e l l ' U r b e o nel Ducato R o m a n o . La p r i m a visita di O t t o n e a R o m a fu b r e v e . T o r n ò quasi subito in G e r m a n i a d o p o aver b a n d i t o Crescenzio e disperso i suoi p a r t i g i a n i . Ma s u b i t o d o p o la s u a p a r t e n z a , C r e scenzio r i e n t r ò n e l l ' U r b e s c a c c i a n d o n e G r e g o r i o e sostit u e n d o l o con u n suo p r o t e t t o . O t t o n e , allarmato, a b b a n d o n ò d i n u o v o l a G e r m a n i a , minacciata dagli eserciti slavi, e ricalò in Italia. A Pavia G r e g o rio gli a n d ò i n c o n t r o e in lacrime lo scongiurò di restituirgli la tiara e cacciare l'Antipapa che i R o m a n i a v e v a n o istallato al suo posto. Il giovane I m p e r a t o r e furente o r d i n ò all'esercito di m a r c i a r e s u l l ' U r b e e r a d e r l a al suolo. N o n ce ne fu bisogno p e r c h é i suoi abitanti, alla vista dei tedeschi, d e p o s e r o i m m e d i a t a m e n t e le a r m i . C r e s c e n z i o , a b b a n d o n a t o a se stesso, si b a r r i c ò in Castel S a n t ' A n g e l o , deciso a v e n d e r cara la pelle. Per p a r e c c h i g i o r n i O t t o n e t e n t ò - ma i n u t i l m e n t e - di e s p u g n a r e la fortezza. Le possenti m u r a resistevano a tutti gli u r t i e r e s p i n g e v a n o o g n i assalto. Allora fece costruire un colossale ariete e il 29 aprile del 9 9 8 finalmente Crescenzio capitolò. Il ribelle fu c o n d a n n a t o a m o r t e , decapitato e p r e cipitato d a i m e r l i della t o r r e p i ù alta. Poi il c a d a v e r e , m a 339

ciullato e irriconoscibile, fu a p p e s o a un patibolo e r e t t o sul cocuzzolo di M o n t e Mario dove p e r u n a settimana fu esposto al l u d i b r i o dei R o m a n i . La moglie Stefania, stanata assieme al m a r i t o dal castello, fu c o n d o t t a al cospetto dell'Imp e r a t o r e , di cui d i v e n n e l'amante. Nel novembre Ottone, divorato dal rimorso p e r il supplizio inflitto a Crescenzio, scalzo e con indosso un semplice saio, p a r t ì pellegrino p e r il G a r g a n o , c h ' e r a considerato un p o ' il m o n t e Athos dei cristiani d'occidente. Sulla sua cima il m o n a c o Adalberto insieme con altri religiosi aveva p i a n t a t o alcune t e n d e e trasformato l'eremo in un luogo di p e n i t e n za. Fra le sue m a n i O t t o n e d e p o s e la c o r o n a che teneva nascosta nella bisaccia. Poi s c o p p i ò a p i a n g e r e e s u p p l i c ò il Santo di t o r n a r e con lui a R o m a . L'Urbe e r a i n festa p e r l a m o r t e d i G r e g o r i o , s t r o n c a t o da un infarto m e n t r e stava l e g g e n d o i Padri della Chiesa. I R o m a n i l'avevano s e m p r e detestato p e r c h é e r a avaro e p e r ché e r a straniero. Il d o l o r e di O t t o n e p e r la m o r t e dell'amico fu g r a n d e e sincero. C h i a m ò a succedergli un m o n a c o di Aurillac, G e r b e r t o . E r a n a t o nel S u d della Francia d a u n a p o v e r a famiglia di contadini. Aveva c o m p i u t o i suoi studi a Reims. Più che p e r la teologia aveva u n a passione p e r la matematica e la filosofia, di cui fu i n s e g n a n t e . O t t o n e II l'aveva conosciuto in Italia ed e r a stato conquistato dalla vastità della sua c u l t u r a e d a l l ' a c u m e del suo i n g e g n o . L'aveva n o m i n a t o abate di Bobbio e poi l'aveva chiamato presso di sé ad Aquisgrana d o v ' e r a diventato p r e c e t t o r e del figlio. Salito sul t r o n o , l'ex-allievo l ' o r d i n ò Vescovo d i R a v e n n a e , d o p o u n a n n o , Papa. G e r b e r t o cinse la tiara nell'aprile del 999 col n o m e di Silvestro II e sognò di i n s t a u r a r e a R o m a u n a teocrazia. A d u lava il giovane I m p e r a t o r e , gli diceva c h e e r a la r e i n c a r n a zione di C a r l o m a g n o e lo esortava a i m i t a r n e le gesta. L'Urbe dilaniata dalle lotte di p a r t e , dalle b e g h e del clero e dai t u m u l t i del p o p o l i n o , aveva t r a d i t o la sua missione di caput mundi e n o n r a p p r e s e n t a v a p i ù nulla. Ma il suo cielo 340

n o n c o n o s c e v a l e b r u m e c h e a m m o r b a v a n o l e inospitali c o n t r a d e tedesche. Per O t t o n e , cagionevole di salute, l'aria d i R o m a e r a p r o p r i o quello c h e c i voleva. O g n i volta c h e tornava in Sassonia s'ammalava, e u n a s t r u g g e n t e nostalgia dell'Italia lo i n v a d e v a . Si faceva c h i a m a r e I m p e r a t o r e d e i R o m a n i , C o n s o l e , S e n a t o r e . Dalla m a d r e aveva e r e d i t a t o tutti i vizi d e l l e S a t r a p i e b i z a n t i n e . Si vestiva c o m e il Basileus, si circondava di e u n u c h i , i m p o n e v a alla C o r t e la liturgia di un protocollo assai complicato, m a n g i a v a da solo, issato su un t r o n o , e si faceva servire dai nobili r o m a n i . G e r b e r t o gli aveva insegnato il greco e il latino, che avevano sostituito il tedesco c o m e lingue ufficiali d e l l ' I m p e r o , e l'aveva r i m p i n z i t o di classici che l ' I m p e r a t o r e citava in o g n i occasione, e spesso a sproposito. Li leggevano p e r compiacergli p e r s i n o i c u o c h i e i c a m e r i e r i c h e fra u n a p o r t a t a e l'altra d e c l a m a v a n o Ovidio e A n a c r e o n t e . S'era fatto confezionare dieci c o r o n e di metalli e legni pregiati e u n a di p e n n e di pav o n e . Q u a n d o si recava in C a m p i d o g l i o indossava u n a t u n i ca bianca, si cospargeva di profumi, e si ricopriva di gioielli c o m e u n a m a t r o n a . S i faceva fare t r e i n c h i n i , b a c i a r e l e p i a n t e d e i piedi, le ginocchia e la bocca. Solo il santo Adalb e r t o e r a d i s p e n s a t o d a questi o m a g g i . Anzi, q u a n d o l ' I m p e r a t o r e lo riceveva, gli baciava lui le m a n i e gli p o r t a v a la bisaccia. D u r a n t e la Q u a r e s i m a indossava il cilicio e si rinchiudeva in u n a cella del convento di San C l e m e n t e in comp a g n i a d e l Vescovo d i W o r m s , F r a n c o , c h ' e r a u n g i o v a n e b i o n d o e bellissimo. Ne usciva d o p o d u e settimane, stremato dalle p e n i t e n z e e dai digiuni. Nel g e n n a i o del 1001 il g o v e r n a t o r e di Tivoli Azzolino fu trucidato dagli abitanti ribellatisi ai tedeschi. O t t o n e con un piccolo esercito m a r c i ò sulla città e in v e n t i q u a t t r ' o r e la rip o r t ò a l l ' o b b e d i e n z a . P r i m a d i lasciare l ' U r b e aveva p r o messo ai R o m a n i la villa di A d r i a n o , c h e c o m e u n a g e m m a i l g r a n d e I m p e r a t o r e aveva fatto i n c a s t o n a r e n e l c u o r e d i Tivoli. Poi si e r a p e n t i t o e aveva deciso di t e n e r l a p e r sé. I R o m a n i indispettiti salirono sull'Aventino e cinsero d'asse341

d i o il palazzo di O t t o n e il quale, d o p o esservisi b e n barricato d e n t r o , si p o r t ò sulla t o r r e e, al r i p a r o dei merli, a r r i n g ò i R o m a n i . Li accusò di i n g r a t i t u d i n e ed esaltò il suo a m o r e p e r l ' U r b e c h e aveva i n n a l z a t o a capitale d e l l ' I m p e r o . Poi, c o n voce t r e m a n t e , p u n t ò il d i t o sui capi della rivolta. I n fiammato dalle sue p a r o l e , il p o p o l o si avventò c o n t r o costoro e li tagliò a pezzi. D o p o p o c h i giorni s c o p p i a r o n o n u o v i t u m u l t i . L'Imperat o r e decise d ' a b b a n d o n a r e la città e rifugiarsi in c a m p a g n a . La n o t t e d e l 16 febbraio d e l 1 0 0 1 , alla chetichella, in c o m p a g n i a del Papa, p a r t ì p e r R a v e n n a d o v e t r o v ò alloggio nel c o n v e n t o d i Classe. A R o m a , G r e g o r i o d i T u s c o l o , n i p o t e del g r a n d e Alberico, con u n colpo d i m a n o s ' i m p a d r o n ì d e l p o t e r e e scacciò il p a r t i t o tedesco. N e l g i u g n o , d o p o alcuni mesi d i p e n i t e n z e , O t t o n e r i p a r t ì p e r l ' U r b e m a , n o n r i u scendo a penetrarvi, tornò a Ravenna a pregare. Q u i lo r a g g i u n s e la notizia c h e i tedeschi e r a n o scontenti di lui e volevano d e p o r l o . Allora si mise di n u o v o in marcia p e r R o m a , ma a V i t e r b o fu colto da un accesso di febbre e m o r ì , fra l e braccia d i G e r b e r t o , d o p o a v e r r i c e v u t o l a com u n i o n e . Aveva v e n t i d u e a n n i . U n a l e g g e n d a n a r r a che fu ucciso da Stefania che lo avvil u p p ò in u n a pelle di cervo intrisa di veleno. La salma fu p o r t a t a a d A q u i s g r a n a d o v e O t t o n e aveva e s p r e s s o i l desid e r i o d ' e s s e r e sepolto a c c a n t o a C a r l o m a g n o . E r a stato un u o m o i n q u i e t o e confusionario, u n miscuglio d i idealismo, misticismo e m e g a l o m a n i a . I t e d e s c h i l ' a c c u s a r o n o d ' a v e r t r a d i t o la G e r m a n i a . I R o m a n i lo tacciarono di d e s p o t a e gli affibbiarono l'appellativo di Stupor mundi.

CAPITOLO QUARANTAQUATTRESIMO

MILLE E N O N PIÙ MILLE

O t t o n e I I I m o r ì d u e a n n i d o p o l a m a n c a t a «fine d e l m o n do». L'avevano a n n u n c i a t a i profeti p e r la scadenza dell'anno Mille, e u n a l e g g e n d a fabbricata a posteriori dice che tutti ci avevano c r e d u t o e si e r a n o p r e p a r a t i all'evento. E r a stata, si racconta, un'attesa spasmodica. Le chiese si e r a n o r i e m p i te di fedeli e i confessionali t r a b o c c a v a n o di p e n i t e n t i . Dai pulpiti i predicatori t u o n a v a n o c o n t r o le miserie del m o n d o di q u a p e r m a g n i f i c a r e le gioie di q u e l l o di là. Si p r e g a v a nelle chiese, nelle case, p e r le strade. Le b o t t e g h e di cilici fac e v a n o affari d ' o r o . C h i p o s s e d e v a u n a r e l i q u i a l a t e n e v a nascosta e la m o s t r a v a solo agli amici. I m o r i b o n d i s p e r a n d o d i g u a d a g n a r s i u n cantuccio d i Paradiso d o n a v a n o l e loro sostanze alla Chiesa. Gli omicidi si costituivano, i ladri r e stituivano la refurtiva, i servi n o n facevano la c r e s t a sulla spesa, i nemici si rappacificavano, mogli e m a r i t i si p e r d o n a v a n o le r e c i p r o c h e infedeltà. I l u p i p a s c o l a v a n o c o n gli agnelli e i cani giocavano coi gatti. La n o t t e di San Silvestro, si racconta, i R o m a n i , c o p e r t o il capo di cenere, s'ammassarono davanti al Laterano. I m p u g n a v a n o labari e croci e cantavano i salmi. Da d u e giorni e r a stato i n d e t t o un d i g i u n o g e n e r a l e . Il 31 d i c e m b r e il Papa in t r i r e g n o s'affacciò a u n a finestra d e l palazzo apostolico p e r i m p a r t i r e l'estrema benedizione. Q u a n d o scoccò la m e z z a n o t t e tutti g u a r d a r o n o il cielo e si fecero il segno della croce. E r a u n a n o t t e lucida, e c'era la luna. Le t r o m b e del giudizio n o n s u o n a r o n o e la t e r r a n o n sprofondò. All'alba, stremati dalla veglia e dal d i g i u n o , i R o m a n i t o r n a r o n o alle l o r o case. Le mogli r i c o m i n c i a r o n o a 343

t r a d i r e i mariti (e viceversa), i l u p i a s c a n n a r e gli agnelli e i ladri a r u b a r e . I B a r b a n e r a s e g u i t a r o n o a c o m p i l a r e oroscopi e il p o p o l i n o a crederci. L ' E u r o p a cristiana tirò un respiro di sollievo e s ' a b b a n d o n ò con frenesia alla joie de vivre del Millennio c h e cominciava. In c i n q u e secoli, dalla c a d u t a d e l l ' I m p e r o R o m a n o al Mille, la carta geografica dell'Italia e r a m u t a t a . La Penisola aveva c a m b i a t o q u a t t r o volte p a d r o n e . Alla m o r t e d i O t t o n e I I I e r a un coacervo di piccoli p o t e n t a t i locali. Il «Regno d ' I t a lia» esisteva a n c o r a , ma solo sulla carta. E r a un R e g n o senza precisi confini, r u r a l e , chiuso e a n a r c h i c o , senza nessi e r e frattario a o g n i a m a l g a m a : un caleidoscopio di p o t e n t a t i indipendenti, u n a c a m p a g n a aspra e sonnacchiosa, p u n t e g giata di m o n a s t e r i e castelli. L e città e r a n o g o v e r n a t e d a D u c h i , M a r c h e s i e C o n t i , vassalli e g u a r d i e a r m a t e d e l l ' I m p e r a t o r e . Il loro p o t e r e e r a limitato d a quello del Vescovo che e r a spesso u n g r a n d e latifondista e aveva alle spalle u n a cospicua base e c o n o m i c a . I l R e g n o d'Italia n o n aveva p i ù u n a capitale, m a u n a mezza d o z z i n a d i c a p o l u o g h i , i n lotta c o n t i n u a fra l o r o : M i l a n o , Pavia, Ivrea, C r e m o n a , Bologna, Firenze. Più c h e città e r a n o grossi b o r g h i c o n p o c h e migliaia d i abitanti, circondati da alte m u r a , sulle quali, all'alba, si a p r i vano le p o r t e che al t r a m o n t o richiudevano i battenti. Di n o t t e u n o speciale c o r p o d i vigili p a t t u g l i a v a l e s t r a d e d e s e r t e e avvolte nelle t e n e b r e . N o n esisteva i l l u m i n a z i o n e e b i s o g n a v a far r i c o r s o alle t o r c e . Ma e r a difficile, col b u i o , c h e q u a l c u n o uscisse di casa. A u n a c e r t ' o r a a n c h e le taverne cacciavano fuori gli avventori, e i r i t a r d a t a r i p o t e v a n o far e b r u t t i incontri. L e g u a r d i e n o n c ' e r a n o : solo chi p o t e v a , ne aveva di sue. L'attività r i p r e n d e v a in t u t t o il s u o fervore la mattina, con la luce. T u t t o allora si r i a n i m a v a i n t o r n o alla c a t t e d r a l e , al palazzo pubblico e al m e r c a t o c h e e r a n o i t r e g r a n d i centri p r o p u l s o r i della vita cittadina. La c a t t e d r a l e e r a il c e n t r o religioso c o n il s u o Vescovo e 344

la sua curia. Le sue a m p i e navate p o t e v a n o ospitare migliaia di fedeli. Le m e s s e si s u s s e g u i v a n o senza i n t e r r u z i o n e , intercalate dalle p r e d i c h e che di solito venivano t e n u t e dai cos i d d e t t i monaci vaganti. La d o m e n i c a o in o c c a s i o n e d e l l e g r a n d i festività religiose il Vescovo p r o n u n c i a v a l'omelia. N e i g i o r n i di Q u a r e s i m a i confessionali e r a n o t a l m e n t e affollati c h e bisognava far venire p r e t i dal c o n t a d o . O g n i città aveva il s u o s a n t o p r o t e t t o r e : M i l a n o aveva S. A m b r o g i o , G e n o v a S. Giorgio, Venezia S. M a r c o , in o n o r e d e i quali ven i v a n o o r d i n a t e s o l e n n i p r o c e s s i o n i . A d essi s i r i c o r r e v a q u a n d o scoppiava u n a pestilenza o i n c o m b e v a la minaccia di u n a caresda. 1 santi si p r o p i z i a v a n o con le n o v e n e e il culto delle reliquie. T u t t e le cattedrali avevano u n a speciale bacheca con r a r i cimeli: d e n t i , capelli, tibie, p e r o n i a p p a r t e n u ti a m a r t i r i , apostoli e p a d r i della Chiesa. Si trattava spesso di «patacche», ma il p o p o l i n o le c r e d e v a a u t e n t i c h e e le venerava. Il palazzo pubblico e r a il c e n t r o politico della città, c o m e o g g i il m u n i c i p i o . Vi r i s i e d e v a n o il C o n t e e i suoi ufficiali con compiti amministrativi, giudiziari e militari. Ad esso facevano c a p o i vari assessori: a l l ' a n n o n a , alle fogne, ai tributi e c c e t e r a . I l p a l a z z o s'affacciava s u u n a g r a n d e piazza c h e e r a l'abituale l u o g o di c o n v e g n o della cittadinanza che vi affluiva p e r ascoltare i b a n d i , i p r o c l a m i e le a r r i n g h e . In piazza, al cui c e n t r o c'era u n a fontana, venivano eseguite le sentenze di m o r t e che, a l e g g e r e le c r o n a c h e d e l t e m p o , d o v e v a n o essere piuttosto frequenti. Poco discosto e r a il m e r c a t o d o v e si p o t e v a n o acquistare le merci p i ù d i s p a r a t e , e i g e n e r i alimentari che o g n i mattina affluivano dal c o n t a d o . Il c o m m e r c i o locale e r a fiorente. N o n m a n c a v a n o i p r o d o t t i esotici, le sete, i broccati, le spezie. L ' i m p o r t a v a n o in Italia da C o s t a n t i n o p o l i , d o v e avevano i l o r o fondachi, o magazzini, i m e r c a n t i veneti. In prossim i t à d e l m e r c a t o e r a n o d i s s e m i n a t e l e b o t t e g h e d e i sarti, dei falegnami, dei calzolai, dei t r o m b a i . L'industria n o n e r a ancora c h e piccolo e pulviscolare artigianato. La bottega e r a 345

ricavata dall'abitazione e il lavoro così s'intrecciava con la vita domestica. I garzoni facevano p a r t e della famiglia del p a d r o n e . Mangiavano alla stessa m e n s a , d o r m i v a n o nella stessa c a m e r a e qualche volta, a d d i r i t t u r a , nello stesso letto. N e l M e d i o Evo infatti si viveva nella promiscuità p i ù assoluta. Le case, di pietra, e r a n o a n g u s t e e prive di comfort. L'illuminazione e r a scarsa, e le pareti u m i d e d ' i n v e r n o e roventi d ' e s t a t e . A v e v a n o u n o o d u e p i a n i al m a s s i m o e a s t e n t o i r a g g i di luce r i u s c i v a n o a filtrare a t t r a v e r s o le finestrelle asfittiche e s b i l e n c h e . O g n i casa aveva a l m e n o d u e locali molto a m p i : la sala da p r a n z o , che faceva a n c h e da soggiorn o , e l a c a m e r a d a letto. L a p r i m a e r a a r r e d a t a c o n mobili d i l e g n o grezzo intagliato m o l t o s o m m a r i a m e n t e : p a n c h e , sedie, u n g r a n d e tavolo. Nella stanza d a letto e r a sistemata u n a cassapanca in cui e r a n o custoditi la biancheria, l'oro, le carte e il d e n a r o , b e n chiuso in u n a borsa di cuoio. I ricchi e i nobili avevano letti di p i u m e , i poveri d o r m i v a n o in b r a n de di paglia. Le finestre e r a n o prive di vetri, e dalle intemp e r i e ci si riparava con avvolgibili di carta o di tela. I servizi igienici e r a n o assai r u d i m e n t a l i . Gli a p p a r e c c h i sanitari fond a m e n t a l i e r a n o d u e : il bugliolo e la tinozza c h e faceva da vasca da b a g n o . Le abluzioni e r a n o r a r e . San Girolamo aveva consigliato, e ne aveva d a t o l'esempio, di lavarsi il m e n o possibile e di e v i t a r e , c o m u n q u e , l ' a c q u a c a l d a p e r la s u a a z i o n e eccitante. M a l ' u o m o m e d i e v a l e n o n aveva b i s o g n o di simili r a c c o m a n d a z i o n i . Un a d a g i o d e l X secolo diceva: «Lavati spesso le m a n i , di r a d o i p i e d i , m a i la testa». Gli escrementi venivano buttati dalla finestra; gli spazzini li racc a t t a v a n o e li a m m u c c h i a v a n o in e n o r m i b i d o n i di l e g n o p e r utilizzarli p o i c o m e c o n c i m i e fertilizzanti. Le s t r a d e , strette, t o r t u o s e e sconnesse e m a n a v a n o mefitici effluvi. Le e p i d e m i e di peste e di colera e r a n o la n a t u r a l e conseguenza della sporcizia in cui n e l M e d i o Evo la g e n t e viveva, nelle città c o m e nelle c a m p a g n e . Q u a n d o , all'alba, le p o r t e della città si d i s c h i u d e v a n o , frotte di villani a b o r d o di macilenti ronzini carichi di ceste 346

di o r t a g g i v a r c a v a n o le m u r a p e r a n d a r e al m e r c a t o a vend e r e i loro p r o d o t t i . Venivano dal c o n t a d o , e r a n o mezzadri alle d i p e n d e n z e di qualche signorotto o abate, abitavano in c a p a n n e ai piedi di un castello o all'ombra di un g r a n d e m o n a s t e r o c h e d a l castello differiva p o c o . I castelli s'ergevano su u n ' a l t u r a o sul p r o m o n t o r i o di un m o n t e . E r a n o circondati da un fossato nel quale scorreva un corso d ' a c q u a e da u n a palizzata, e vi si accedeva attraverso un p o n t e levatoio. L u n g o l a cinta e r a n o dislocate n u m e r o s e t o r r i . A l l ' i n t e r n o s o r g e v a n o l'abitazione d e l s i g n o r e , la cappella, il p o z z o , le scuderie e il mastio, che e r a la t o r r e principale, di forma circ o l a r e e p i ù alta d e l l e a l t r e fortificazioni. E r a u n c o m o d o p u n t o d'osservazione e l'orizzonte che abbracciava si stend e v a a p e r d i t a d'occhio in t u t t e le direzioni. G i o r n o e n o t t e a t t r a v e r s o i suoi m e r l i le g u a r d i e s c r u t a v a n o il fondovalle di dove, da un m o m e n t o all'altro, si poteva profilare u n a minaccia di briganti. Abbarbicate al m a n i e r o , le c a p a n n e di p a g l i a e di f a n g o d e i servi e d e i c o n t a d i n i i n c h i o d a t i alla gleba s e m b r a v a n o tanti pulcini a t t o r n o alla chioccia. I d u e l li, i t o r n e i , le processioni e r a n o gli unici svaghi. I m o n a s t e ri, simili p i ù a fortezze c h e a l u o g h i di p e n i t e n z a e di p r e g h i e r a , conferivano al paesaggio un n o n so c h e di a u s t e r o e di romito. C e n t r i d i p o t e r e politico, c h e p o t e s s e r o s p r i g i o n a r e u n a c e r t a forza d i a t t r a z i o n e , n o n c e n ' e r a . R o m a a c q u i s t a v a v i e p p i ù i m p o r t a n z a m a c o m e capitale della Chiesa, n o n d i u n a n a z i o n e . Anzi, a p p u n t o p e r q u e s t o suo universalismo, dalla n a z i o n e si estraniava s e m p r e più. Su di essa vigilava il P a p a sul q u a l e , p u r t r o p p o , n o n vigilava n e s s u n o . I l S u d aveva p r e s o a l t r e s t r a d e . La Sicilia, e n t r a t a a far p a r t e d e l g r a n d e I m p e r o m u s u l m a n o , p e r o r a e r a tagliata fuori dall'Italia e d a l l ' E u r o p a . Il f o n d o dello stivale e r a conteso fra piccole signorie l o n g o b a r d e e g u a r n i g i o n i bizantine. Le u n i che città in cui cominciava a p a l p i t a r e un p o ' di vita e r a n o q u e l l e m a r i n a r e (Venezia, G e n o v a , Pisa e Amalfi) p e r d u e motivi: p r i m a di tutto p e r c h é , p e r difendersi dalle incursio347

ni m u s u l m a n e dovevano organizzare p e r conto loro delle flotte, le quali r i c h i e d e v a n o equipaggi, e questi, a loro volta, suscitavano u n a certa solidarietà c o m u n i t a r i a ; e p p o i p e r c h é avevano in m a n o il c o m m e r c i o che in questa età senza strade si svolgeva tutto p e r fiumi o p e r m a r e . Q u e s t e città m a r i n a r e e r a n o già delle piccole r e p u b b l i c h e . E r a n o state tagliate p r a t i c a m e n t e fuori dalle invasioni dei Goti, dei L o n g o b a r d i e dei Franchi i quali avevano conquistato l'Italia con gli eserciti e n o n d i s p o n e n d o di flotte si e r a n o limitati a l l ' e n t r o t e r r a . N o m i n a l m e n t e Venezia e Amalfi e r a n o province bizantine, ma nella realtà e r a n o città i n d i p e n d e n t i . Venezia e r a g o v e r n a t a d a u n Doge, c o n t a m i n a z i o n e di Duca, c h e in o r i g i n e e r a stato il r a p p r e s e n t a n t e d e l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e . Già n e l I X secolo i n c a r n a v a l a s u p r e m a autorità civile, politica e militare. Il suo p o t e r e e r a limitato dal Gran Consiglio, che e r a l'assemblea di tutti i r a p p r e s e n t a n t i , m a g g i o r e n n i , d e l p a t r i z i a t o v e n e t o . Più c h e u n a r e p u b b l i c a e r a q u i n d i u n ' o l i g a r c h i a . Allo s c a d e r e d e l Mille, Venezia e r a la p i ù p r o s p e r a ed evoluta città italiana. L a sua p o t e n t e f l o t t a m e r c a n t i l e d e t e n e v a i l m o n o p o l i o c o m m e r c i a l e t r a il C o n t i n e n t e e i p o r t i del vicino e l o n t a n o O r i e n t e . I suoi m e r c a n t i s ' a v v e n t u r a v a n o s u l l ' O c e a n o I n d i a n o e i m a r i della Cina di d o v e r i p o r t a v a n o broccati, stoffe preziose, d r o g h e e a r o m i , che r i v e n d e v a n o p o i in F r a n cia, G e r m a n i a , Italia. Più g r a m a e r a la vita di Genova, Pisa e Amalfi. Il T i r r e n o e il M e d i t e r r a n e o e r a n o infestati d a i corsari m u s u l m a n i e la navigazione e r a m o l t o perigliosa. Q u e ste t r e r e p u b b l i c h e e r a n o r e t t e da magistrati c h e col t e m p o t e n t a r o n o d ' i n s t a u r a r e u n p o t e r e principesco e r e d i t a r i o . In un siffatto c o a c e r v o di d i n a s t i e e di Stati, l ' u n i t à e r a impossibile. Pochi del resto a essa p e n s a v a n o , e solo p e r interessi particolaristici o m i r e e g e m o n i c h e . I Signori facevano u n a politica u n e n d o s i , t r a d e n d o s i e g u e r r e g g i a n d o s i . Essi s a p e v a n o che esisteva un Sacro R o m a n o I m p e r o diviso in vari R e a m i u n o dei quali si chiamava «d'Italia». Ma ciò n o n interessava c h e p o c h e migliaia di p e r s o n e . I p o v e r i diavoli 348

e r a n o a l l ' o s c u r o d i t u t t o . I l l o r o o r i z z o n t e e r a solo q u e l l o del p o d e r e che coltivavano, o al massimo del b o r g o che abitavano. Su q u e s t o p a n o r a m a cala il sipario d e l l ' a n n o Mille. N o n se ne colgono che i g r a n d i lineamenti p e r c h é fa a n c o r a b u i o pesto. Ma l'alba n o n è lontana.

Indro Montanelli - Roberto Gervaso

L'ITALIA DEI COMUNI II Medio Evo dal 1000 al 1250

AVVERTENZA

Il periodo che abbraccia questa Italia d e i C o m u n i è quello compreso fra il 1000 e il 1250: un periodo molto più breve di quello incluso nel volume precedente, che va dalla caduta dell'Impero romano (476) al Mille. Ma il rallentamento della marcia ci è imposto dalle circostanze. Anzitutto è in questi due secoli e mezzo che si decide il destino dell'Italia e si consuma il suo aborto come Stato nazionale. Abbiamo quindi sentito il bisogno di approfondire quanto più si poteva gli avvenimenti che condussero a questa fatale svolta. Eppoi la situazione si è fatta molto più complessa. L'Italia d e i secoli b u i era un oggetto, non un soggetto, di storia. Un invasore ne scacciava l'altro rimpiazzandone le effimere strutture con strutture altrettanto effimere. Solo il Papa acquista faticosamente una parte di protagonista, ma come condottiero di una Chiesa universale, non di un potere nazionale. Col nuovo millennio invece un protagonista italiano nasce: il Comune. Ma questo Comune non è uguale e non si forma dappertutto nello stesso modo, anzi segue le vicende più diverse e assume le fisionomie più contraddittorie. Noi non abbiamo preteso di rintracciarle tutte: avremmo ridotto questo libro a un'antologia di disarticolate cronache. Abbiamo cercato di ricostruirle secondo i nessi essenziali. Ma anche semplificando al massimo ci siamo trovati di fronte a una tale mole di avvenimenti, a una tale varietà di personaggi e a una tale ricchezza di informazioni da indurci a una limitazione del periodo, che a qualcuno sembrerà arbitraria. Ma poco importa, almeno per noi che non seguiamo nessuna classifica353

zione scolastica di Evi, e che consideriamo questi volumi come altrettante «puntate» di un unico libro. A L'Italia d e i C o m u n i seguirà infatti L'Italia d e i secoli d ' o r o , che comprenderà il Tre e il Quattrocento fino alla scoperta dell'America. Più che una promessa, è un impegno, cui c'induce la fedeltà dei nostri lettori. Essi si sono affezionati alla nostra Storia molto al di là delle nostre stesse speranze. Noi pensavamo che ci fossero nel nostro Paese alcune migliaia di persone desiderose di leggere una storia d'Italia, dalle origini a oggi, che non sia scritta da professori per professori o per allievi avviati a diventare professori. I nostri calcoli erano sbagliati. Di queste persone ce ne sono non migliaia, ma centinaia di migliaia. E ciò dimostra la fondatezza dell'accusa che noi rivolgiamo alla nostra storiografia accademica. Essa annovera opere magistrali, come quelle, per restare al Medio Evo, di Gioacchino Volpe e di Pepe. Ma di solito presuppongono la conoscenza dei fatti perché si dimenticano di raccontarli, e trascurano i personaggi perché ritengono che i veri protagonisti della Storia non siano essi, ma le idee. Noi riteniamo il contrario: cioè che i fatti vadano raccontati, perché nessuno è obbligato a saperli o a ricordarli, e che i loro protagonisti siano soprattutto gli uomini, i loro caratteri, le loro passioni, i loro interessi. Il «segreto» del nostro successo è tutto qui. Questo successo, lo sappiamo, indigna parecchia gente: quella interessata al mantenimento del monopolio. Essa ci accusa di superficialità e faciloneria, ma non è mai riuscita a indicare, nei nostri libri, una inesattezza. Dobbiamo dire che alcuni degli stessi insegnanti specie di scuole medie, più spregiudicati e leali, ce ne hanno dato atto. E noi li ringraziamo perché si tratta, in un ambiente bigotto come quello nostro accademico, di un gesto di coraggio che può esporli a spiacevoli rappresaglie. Quanto agli studenti, ne conosciamo qualcuno che, avendo preparato l'esame di Storia sui nostri testi e avendolo detto, è stato bocciato. Ma ne conosciamo molti di più che, avendo preparato l'esa354

me di Storia sui nostri testi, ma senza dirlo, sono stati brillantemente promossi. Confessiamo che l'idea di essere gli «amici proibiti» di questi ragazzi, oltre a darci la misura della nostra riuscita, ci riempie di una specie di perfida soddisfazione e ci fa sentire quasi loro coetanei. I.M. Ottobre '66.

CAPITOLO PRIMO

L'EREDITÀ D E I S E C O L I B U I

La l e g g e n d a d e l l ' A n n o Mille, o r m a i è a c c e r t a t o , fu u n ' i n v e n z i o n e d e i p o s t e r i . Essi p r e s u n s e r o c h e t u t t a l ' E u r o p a avesse c r e d u t o a l l ' a n n u n c i o d a t o d a certi quaresimalisti c h e la fine del m i l l e n n i o a v r e b b e coinciso c o n la fine d e l m o n do e c h e n e l l a n o t t e fra il 31 d i c e m b r e e il 1° g e n n a i o le t r o m b e dell'Apocalisse a v r e b b e r o i n d e t t o i l G i u d i z i o U n i versale. A p p r o s s i m a n d o s i la g r a n d e o r a , si diceva, la vita si e r a paralizzata, gli u o m i n i a v e v a n o a b b a n d o n a t o i l o r o affari p e r raccogliersi in p r e g h i e r a , confessare i l o r o peccati ed espiarli. Le chiese r i g u r g i t a v a n o di fedeli salmodianti, i l a d r i a v e v a n o restituito la refurtiva, gli assassini e r a n o a n dati a p i a n g e r e sulle t o m b e delle l o r o vittime, le mogli infedeli a v e v a n o confessato i loro a d u l t e r i ai m a r i t i , e costoro le a v e v a n o p e r d o n a t e nella s p e r a n z a d i g u a d a g n a r s i u n cantuccio di p a r a d i s o . La scena e r a suggestiva, ma di p u r a fantasia. Gli archivi h a n n o rivelato che n e m m e n o i n q u e l fatidico d i c e m b r e gli u o m i n i r i n u n z i a r o n o alle loro b u o n e a b i t u d i n i d i sposarsi, di tradirsi, di a m m a z z a r s i , d'imbrogliarsi. Lo d i m o s t r a n o i contratti, i processi e i testamenti, che tutti seguitarono t r a n q u i l l a m e n t e a fare nella certezza della c o n t i n u i t à della vita. Forse, specie in mezzo al p o p o l i n o , ci sarà a n c h e stata della g e n t e c r è d u l a e s p a u r i t a c h e disse a d d i o al sole del 31 d i c e m b r e con la convinzione di n o n vederlo r i a p p a r i r e mai più. Ma f u r o n o casi isolati. L ' i n d o m a n i fu un g i o r n o c o m e tutti gli altri: forse solo un p o ' p i ù s o l e n n e p e r c h é chiudeva un millennio e ne i n a u g u r a v a un altro, ma coi soliti p r o b l e mi di sempre. 359

Proviamoci a farne u n a r a p i d a sintesi. S e b b e n e fosse o r m a i finita l'èra delle g r a n d i invasioni b a r b a r i c h e che l'avevano tutta rimescolata, l ' E u r o p a e r a a n c o r a allo stato fluido: u n groviglio d i r a z z e c h e s t e n t a v a n o a d amalgamarsi e di g r a n d i o piccoli p o t e n t a t i dalle dimensioni cangevoli e d a i confini fluttuanti e a r b i t r a r i , in cui nulla si delineava che somigliasse n e a n c h e di l o n t a n o a u n a Nazione o a u n o Stato. D u e sole forze c e r c a v a n o di solidificare questo m a g m a : il Papato e l ' I m p e r o . Ma e n t r a m b e e r a n o in crisi. L ' I m p e r o e r a stato u n a p e r s o n a : C a r l o m a g n o . E già nella c e r i m o n i a della sua i n c o r o n a z i o n e e r a n o impliciti tutti gli equivoci che d o v e v a n o sorgere fra queste d u e g r a n d i istituzioni m e d i e v a l i . C a r l o m a g n o aveva unificato sotto il s u o scettro tutta l ' E u r o p a cristiana, c o m p r e s a l'Italia dove aveva a b b a t t u t o e a n n e s s o il r e g n o l o n g o b a r d o . Sottratte alla sua sovranità n o n restavano che delle frange: l'Inghilterra e p a r t e della S p a g n a , i cui re e reucci riconoscevano tuttavia la sua p r e m i n e n z a . Egli e r a d u n q u e la p i ù alta autorità laica dell'Occidente. Q u a n d o scese a R o m a n e l l ' a n n o 800, lo fece solo p e r d o m a r e u n a delle t a n t e rivolte c h e i signorotti d e l l ' U r b e avev a n o s c a t e n a t o c o n t r o il p a p a L e o n e I I I . Fu di s o r p r e s a , e senza nessun previo accordo, che costui, alla fine della messa di N a t a l e , gli si avvicinò e gli p o s e sulla testa la c o r o n a d ' I m p e r a t o r e . S t a n d o agli storici franchi, C a r l o s e n e m o s t r ò s g r a d e v o l m e n t e s t u p i t o . Egli e r a v e n u t o a R o m a p e r proteggere il P a p a , n o n p e r d i v e n t a r n e in un c e r t o senso il protetto. E v e r o c h e s u b i t o d o p o L e o n e gli si e r a p r o s t e r n a t o ai p i e d i in a t t o di « a d o r a z i o n e » s e c o n d o il r i t u a l e b i z a n t i n o . Ma il fatto c h ' e r a stato lui a c o r o n a r l o restava, c o n t u t t e le sue implicazioni. Tredici a n n i d o p o , C a r l o m a g n o cercò di r i m e t t e r e a p o sto le cose. Sentendosi vicino alla m o r t e , e v o l e n d o regolare 360

p e r t e m p o la successione a favore di suo figlio Luigi, lo condusse a R o m a p e r farlo a sua volta i n c o r o n a r e . Ma stavolta n o n volle che fosse il P a p a a c o m p i e r e il gesto. La c o r o n a fu lasciata sull'altare. Luigi la p r e s e , e con le p r o p r i e m a n i se la mise in testa. Ciò voleva d i r e che l ' I m p e r o n o n riconosceva u n a « d i p e n d e n z a » d a l P a p a t o . M a l ' i n n o v a z i o n e n o n fece regola e n o n riuscì a sovvertire ciò che o r m a i e r a consacrato: e cioè che Sacri R o m a n i I m p e r a t o r i si poteva essere fatti solo a R o m a e c h e il titolo p o t e v a essere concesso e legittim a t o solo dal Papa. N e s s u n o dei successori di C a r l o m a g n o fu in g r a d o di riap r i r e la polemica. Luigi e r a così devoto alla Chiesa che m a i si s a r e b b e s o g n a t o di c o n t e s t a r n e il p r i m a t o , e p e r c i ò fu chiamato «il Pio». Ma, a n c h e se avesse voluto, n o n ne avrebb e a v u t o i mezzi. Egli n o n aveva e r e d i t a t o u n o Stato. S u o p a d r e aveva annesso, ma n o n fuso in un unico organismo i popoli e le t e r r e che ne facevano p a r t e . E se n ' e r a fatto riconoscere l'alto p a t r o n o solo in forza delle sue qualità: l'accortezza d i p l o m a t i c a , la tenacia, il p r a g m a t i c o b u o n s e n s o e q u e l misterioso d o n o c h e t u t t e le r i a s s u m e e c h e p e r testam e n t o n o n si p u ò trasmettere: l'autorità. I signori e i signorotti d ' E u r o p a l'avevano riconosciuta e accettata. Ma o g n u no di essi e r a rimasto p a d r o n e nel p r o p r i o feudo e vi applicava la sua legge. L ' I m p e r o carolingio n o n e r a che u n a vaga ed elastica confederazione di p o t e n t a t i piccoli e g r a n d i , un guazzabuglio di razze, di lingue, di costumi diversi. N o n c'er a n o u n a Francia, un'Italia, u n a G e r m a n i a , u n Belgio, u n a O l a n d a , u n a Svizzera eccetera. C ' e r a n o d e i Provenzali, d e i B u r g u n d i , dei Guasconi, dei Frisi, dei Fiamminghi, dei Valloni, dei Sassoni, dei Bavaresi, degli Svevi, dei L o m b a r d i eccetera, divisi a n c h e fra loro in Ducati, Marchesati, C o n t e e . Carlo era stato Magno p e r c h é e r a riuscito a tenerli in p u g n o . M a suo f i g l i o n o n e r a u o m o d a p o t e r fare altrettanto. Nelle s u e m a n i il l e g a m e si allentò. E a d d i r i t t u r a si r u p p e alla sua m o r t e , a n c h e p e r c h é egli a p p l i c ò la vecchia legge franca della ripartizione egalitaria fra gli e r e d i . Il p r i m o g e 361

n i t o , L o t a r i o , e b b e i l titolo d ' I m p e r a t o r e , m a d o v e t t e divid e r e il R e a m e con gli altri t r e fratelli. E siccome n e s s u n o di loro fu c o n t e n t o della p r o p r i a fetta, ne seguì u n a g u e r r a frat r i c i d a c h e p r a t i c a m e n t e spezzò l a fragile u n i t à c h e C a r l o aveva creato. Solo il caso consentì a suo n i p o t e Carlo il Grosso di ricostituirla, d o p o la m o r t e di tutti gli altri suoi p a r e n ti. Ma o r a m a i le forze centrifughe a v e v a n o p r e s o il sopravv e n t o e il Grosso n o n aveva il p o l s o d e l n o n n o p e r t e n e r l e in freno. C o n la sua deposizione nell'887 la r o t t u r a d e l l ' I m p e r o carolingio d i v e n n e i r r e p a r a b i l e . S e g u i r o n o c e n t ' a n n i di caos, il cui risultato finale fu q u e sto: la d e c o m p o s i z i o n e d e l l ' E u r o p a in u n a via lattea di p o tentati senza p i ù alcun nesso fra loro. Ma nella s e c o n d a m e tà del Novecento d u e avvenimenti i m p r e s s e r o u n a svolta alla storia del n o s t r o c o n t i n e n t e . Anzitutto, su quella che oggi si c h i a m a Francia si e r a a b b a t t u t a un secolo p r i m a u n ' o r d a di b u c a n i e r i scandinavi che, d o p o a v e r p r e s o stabile possess o della r e g i o n e cui h a n n o d a t o i l p r o p r i o n o m e , l a N o r m a n d i a , invasero l'interno e lo misero a sacco. A q u e l t e m p o esso e r a f r a n t u m a t o in Signorie i n d i p e n d e n t i : la Provenza, l'Aquitania, la B o r g o g n a , c h e si e r a a d d i r i t t u r a costituita in R e a m e , eccetera. Parigi, capitale della cosiddetta Ile de France, n o n e r a c h e un villaggio di c a p a n n e di l e g n o e di fango. Q u i risiedeva l'ultimo e r e d e della dinastia Carolingia, Luigi V. Si chiamava «Re d e i Franchi», ma la sua effettiva sovranità o r m a i si riduceva a quell'angolino di provincia c o m p r e s o fra Parigi e O r l é a n s . Le d u e città e r a n o state a p i ù r i p r e s e investite d a i terribili N o r m a n n i e a v e v a n o m o l t o sofferto delle loro incursioni. Un conte Roberto si era gagliardam e n t e b a t t u t o c o n t r o d i loro e d e r a c a d u t o i n c o m b a t t i m e n to. Suo figlio E u d o ne aveva imitato le gesta e si e r a g u a d a g n a t o sul c a m p o il titolo di «Duca dei Franchi». La famiglia g o d e v a o r m a i di tale prestigio che a v r e b b e p o t u t o c o m o d a m e n t e d a r e la scalata al t r o n o scacciandone gli ultimi C a r o lingi. Ma, oltre il coraggio, essa si t r a m a n d a v a di p a d r e in figlio la lealtà e la p r u d e n z a . Solo q u a n d o Luigi m o r ì in un 362

i n c i d e n t e di caccia senza lasciare e r e d i , il p r o n i p o t e di R o b e r t o e di E u d o , U g o C a p e t o , si decise a o c c u p a r n e il posto. «Giuro di r e n d e r e giustizia al p o p o l o che mi si affida» disse, al m o m e n t o in cui l'Arcivescovo di Reims lo c o n s a c r a v a , il f o n d a t o r e di questa dinastia destinata a r e s t a r e sul t r o n o ottocento a n n i . N e s s u n o i n q u e l m o m e n t o p o t e v a p r e v e d e r e u n a così l u n g a fortuna. Il p o t e n t a t o C a p e t i n g i o e r a b e n piccola cosa, e molti degli altri Signori di Francia, c o m e il D u c a di Aquitania, e i C o n t i di F i a n d r a e di Tolosa, p i ù ricchi e p o t e n t i , n o n lo r i c o n o b b e r o n e m m e n o . P e r ò i Capeti avevano nel loro giuoco delle carte che col t e m p o d o v e v a n o rivelarsi p r e ziose. P r i m o , da quell'angolino di t e r r a controllavano i d u e g r a n d i fiumi della Francia, la S e n n a e la L o i r a , c h e lo r e n d e v a n o m i l i t a r m e n t e i m p r e n d i b i l e e lo d e s t i n a v a n o a un sic u r o successo industriale e mercantile. S e c o n d o , il t r o n o su cui s e d e v a n o e r a quello su cui si e r a assiso C a r l o m a g n o . Terzo, r o v e s c i a n d o il vecchio e d e l e t e r i o c o s t u m e franco della r i p a r t i z i o n e d e l p o t e r e fra gli e r e d i , lo c o n c e n t r a r o n o semp r e sul p r i m o g e n i t o associandolo al t r o n o a n c o r p r i m a della successione. Infine e b b e r o la saggezza di c o n t e n t a r s i del titolo d i Re, senza p r e t e n d e r e d i a g g i u n g e r v i quello d ' I m p e r a t o r e . E ciò consentì loro di d e d i c a r e t u t t e le e n e r g i e solo alla Francia e alla sua unificazione. Questo supremo traguardo era ancora molto lontano. Forse U g o C a p e t o e i suoi i m m e d i a t i successori n o n lo intravidero n e m m e n o . Ma, a g e n d o d'istinto, limitarono i loro orizzonti a q u e l blocco di t e r r a c h e a n d a v a dai P i r e n e i alle Alpi e al R e n o , r i n u n z i a n d o ai sogni di un Sacro R o m a n o Impero europeo. Q u e s t o titolo a m b i t o e t e n t a t o r e d i v e n t ò a p p a n n a g g i o della G e r m a n i a , p e r u n e v e n t o a n a l o g o a quello c h e aveva i n d o t t o i C a p e t i n g i a r i n u n c i a r v i . E q u e s t a fu la s e c o n d a g r a n d e novità del secolo. L a G e r m a n i a , i n t e n d i a m o c i , n o n esisteva. Esisteva solo, p r e s s a p p o c o fra il R e n o e l'Elba, un coacervo di p o p o l i che, sebbene fossero dello stesso c e p p o e 363

parlassero lingue tra loro affini, e r a n o divisi in Ducati indip e n d e n t i . Essi avevano fatto p a r t e del g r a n d e I m p e r o carolingio. Ma, d o p o il crollo, avevano r i p r e s o ciascuno la p r o p r i a a u t o n o m i a . Solo p r ò forma riconoscevano la sovranità di un Re eletto di volta in volta dalla l o r o Dieta (o p a r l a m e n t o ) e subito t e n u t o in scacco in m o d o che n o n si sognasse di d i v e n t a r e p a d r o n e effettivo. I p i ù i m p o r t a n t i e r a n o quelli di Franconia, di Svevia, di Baviera e di Sassonia. Essi n o n si sentivano t r a loro p i ù p a r e n t i di q u a n t o si sentissero coi B o r g o g n o n i di Francia e coi L o m b a r d i d'Italia, c h e veniv a n o , c o m e i F r a n c h i , dallo stesso c e p p o teutonico. P e r ò la coscienza di u n a solidarietà di razza e di cultura si risvegliò in loro all'arrivo dei Magiari. E r a n o c o s t o r o gli u l t i m i resti delle o r d e m o n g o l i c h e d i Attila che ricalcavano attraverso la s t e p p a russa le o r m e del «flagello di Dio». Forti g r u p p i di loro antenati e r a n o rimasti in P a n n o n i a . Essi v e n n e r o a ingrossarli, e vi c r e a r o n o un cun e o c h e divise i r r e p a r a b i l m e n t e gli Slavi occidentali d e l N o r d (Polacchi e Cecoslovacchi) da quelli del S u d (Serbi e Croati). E r a n o dei b a r b a r i p a g a n i e g u e r r i e r i c h e vivevano di p r e d a , e le cui incursioni m e t t e v a n o a r e p e n t a g l i o tutti i popoli vicini. I Ducati di G e r m a n i a vi e r a n o p i ù esposti. E il c o m u n e pericolo li spinse a eleggere un Re che lo fosse sul s e r i o . L o scelsero n e l D u c a d i Sassonia, E n r i c o I , d e t t o «l'Uccellatore», c h e c o n un esercito «nazionale» affrontò i Magiari e li disfece a M e r s e b u r g nel 9 3 3 . C o m ' e r a capitato ai C a p e t i n g i in Francia nella lotta coi N o r m a n n i , q u e s t o successo conferì a E n r i c o tale prestigio da consentirgli di i m p o r r e a tutti gli altri Duchi tedeschi come s u o successore il figlio O t t o n e I. I D u c h i , d o p o averlo eletto, gli offrirono un p r a n z o e gli servirono le pietanze in s e g n o di sottomissione. Il giovane sovrano, che n o n valeva m e n o del p a d r e , li associò alle sue i m p r e s e in qualità di Gen e r a l i e li c o n d u s s e di vittoria in vittoria p r i m a c o n t r o gli Slavi e poi c o n t r o i Magiari. Costoro, schiacciati ad Augusta, vi p e r s e r o il vizio del n o m a d i s m o , d'allora in p o i si conten364

t a r o n o della loro U n g h e r i a , e si c o n v e r t i r o n o al Cristianesimo e all'agricoltura. O r a O t t o n e poteva, c o m e U g o C a p e t o , dedicarsi a consolidare il suo titolo di Re e a unificare il Paese. E molti storici gli r i m p r o v e r a n o di n o n averlo fatto. In r e a l t à ci si p r o v ò , c e r c a n d o di c r e a r e delle forze che facessero da contraltare a quelle dei Duchi, di cui sapeva di n o n potersi fidare. Ma solo il clero poteva p r o c u r a r g l i e n e . Suo fratello B r u n o e r a Arcivescovo di C o l o n i a . Egli lo fece D u c a di L o t a r i n g i a , a g g i u n g e n d o così al suo p o t e r e spirituale un forte p o t e r e t e m p o r a l e . Poi, col s u o a i u t o , t r a s f o r m ò molti Vescovati in a u tentici feudi. E con ciò creò u n a n u o v a aristocrazia clericale di Vescovi-Principi e Vescovi-Conti, c h e n e l l e l o r o diocesi e r a n o a n c h e g o v e r n a t o r i e generali. Ma q u e s t a politica di secolarizzazione della Chiesa, c h e nel secolo s e g u e n t e doveva p r o v o c a r e la furiosa « g u e r r a p e r le i n v e s t i t u r e » , l'obbligò a s t r i n g e r e r a p p o r t i s e m p r e p i ù serrati col Papato, che doveva a p p r o v a r l a e consacrarla. Egli si e r a p r o c l a m a t o Re a n c h e d e i L o m b a r d i c h e , a l o r o volta minacciati d a i Magiari, avevano avuto bisogno di lui. Ma l'esercizio d e l p o t e r e in Italia lo aveva affidato, c o m e suo r a p p r e s e n t a n t e , a B e r e n g a r i o d ' I v r e a . E forse su q u e s t e p r o vince italiane si s a r e b b e c o n t e n t a t o di u n a sovranità p u r a m e n t e teorica, se il P a p a stesso, Giovanni X I I , n o n lo avesse c h i a m a t o a R o m a p e r offrirgli la c o r o n a imperiale. D i r e m o in seguito p e r c h é il P a p a si decise a questa offerta. O t t o n e l'accettò p e r c h é q u e l titolo lo accreditava definitiv a m e n t e presso i suoi indocili vassalli e gli consentiva di seg u i t a r e a trasformare i suoi Vescovi in p o t e n t i feudatari, fedeli a lui e alla sua dinastia. Così in quell'anno 962, con l'incoronazione di O t t o n e , e r a rinato u n Sacro I m p e r o R o m a n o , stavolta d i stirpe tedesca, destinato anch'esso a d u r a r e - sia p u r e p i ù o m e n o platonic a m e n t e - otto secoli. Q u e s t o I m p e r o n o n aveva l'ampiezza di quello carolingio. Aveva p e r s o p e r s t r a d a la c a s a - m a d r e , cioè la Francia, o r m a i intenta a costruire la p r o p r i a u n i t à na365

zionale. E aveva u n a c o n f i g u r a z i o n e verticale. Si s t e n d e v a p e r l u n g o dalle coste o l a n d e s i a l D u c a t o d i B e n e v e n t o , ing l o b a n d o le p r o v i n c e occidentali e centrali dell'attuale Germania, l'Austria, la Svizzera, l'Italia del N o r d e del C e n t r o . M a a n c o r a u n a volta n o n e r a u n o S t a t o . E r a solo u n a persona. E v e n i a m o alla crisi del P a p a t o , n o n m e n o p r o f o n d a . I p o t e r i d e l P a p a n o n e r a n o b e n definiti. N o n l o e r a n o sul p i a n o spirituale, p e r c h é il s u o p r i m a t o sulla C h i e s a gli e r a contestato dal Patriarca di Costantinopoli. E n o n lo erano su quello t e m p o r a l e p e r c h é un v e r o e p r o p r i o Stato Pontificio n o n esisteva, e ad o g n i m o d o n o n e r a chiaro cosa fosse e in cosa consistesse. L a p r i m a incertezza f u d r a m m a t i c a m e n t e risolta, c o m e v e d r e m o , nel 1054, con lo scisma c h e r u p p e in m a n i e r a irr e p a r a b i l e la famiglia cristiana. La seconda n o n è stata risolta mai. La Chiesa ha s e m p r e basato i suoi titoli di sovranità territoriale, cioè il diritto a un s u o p r o p r i o Stato, sulla p r e tesa « d o n a z i o n e » d i t u t t a l'Italia fatta d a l l ' i m p e r a t o r e C o stantino, q u a n d o si convertì, a P a p a Silvestro. Ma si tratta di p u r a l e g g e n d a . U n a d o n a z i o n e v e r a f u fatta d a l R e l o n g o b a r d o L i u t p r a n d o ; ma solo di a l c u n e t e r r e e castelli nei dint o r n i di R o m a , che d o v e v a n o servire c o m e «dote» e fonte di sussistenza p e r il Vescovo d e l l ' U r b e . Di u n o Stato Pontificio, n e i d o c u m e n t i , n o n esiste traccia. R o m a e r a soltanto, p e r allora, u n a delle t a n t e città d i u n a delle t a n t e p r o v i n c e occidentali d e l l ' I m p e r o di Bisanzio. E il P a p a n o n e r a che il Vescovo della sua diocesi. Poi e r a v e n u t o C a r l o m a g n o , P a p a L e o n e lo aveva incoron a t o . E si dice c h e il n u o v o I m p e r a t o r e , p e r c o n t r a c c a m b i a r l o , gli concesse p i e n a s o v r a n i t à su R o m a , l'esarcato di R a v e n n a , S p o l e t o e B e n e v e n t o . C'è chi a g g i u n g e a n c h e la S a r d e g n a , la Sicilia e la Liguria. Ma n e a n c h e di questa «donazione» esistono d o c u m e n t i . T u t t o seguitava a fondarsi su ipotesi e p r e s u n z i o n i . 366

In pratica, le cose si svolgevano in m a n i e r a assolutamente caotica. Per antica tradizione, il P a p a veniva eletto dal cler o , d a i nobili e dai p o p o l a n i di R o m a : e a n c h e questo d i m o stra q u a n t o la sua autorità fosse p u r a m e n t e locale e limitata alla diocesi. In realtà clero e p o p o l o in questi conclavi n o n c ' e n t r a v a n o . O c ' e n t r a v a n o solo c o m e s t r u m e n t i d e i nobili che c o r r o m p e v a n o , rissavano, t r u c i d a v a n o p e r istallare sul Soglio q u a l c u n o della p r o p r i a famiglia o della p r o p r i a clientela. Ma e r a a p p u n t o questo m o d o di eleggerlo che toglieva all'eletto o g n i p o t e r e e lo lasciava in balìa di q u e l l e stesse forze c h e , c o m e glielo a v e v a n o d a t o , glielo p o t e v a n o ritogliere. Infatti n o n si sapeva b e n e in cosa q u e s t o p o t e r e consistesse. Il g o v e r n o della città e r a , a l m e n o f o r m a l m e n t e , in m a n o a un Senato e a dei Consoli. E i loro r a p p o r t i col P a p a variavano s e c o n d o le qualità personali d e l l ' u n o e degli altri. C o n G r e g o r i o M a g n o il vero Signore di R o m a fu c e r t a m e n te il Papa. T o r n ò ad esserlo con Nicola I nella s e c o n d a m e t à dell'Ottocento. Ma nel m o m e n t o in cui O t t o n e saliva sul trono di G e r m a n i a , il P a p a t o toccava il fondo della confusione e dell'abbiezione. D a mezzo secolo esso e r a u n giocattolo nelle m a n i d i u n alto funzionario della Curia, Teofilatto, o p e r meglio d i r e in quelle di sua moglie T e o d o r a e di sua figlia Marozia, in cui i r o m a n i , se avessero s a p u t o un p o ' di storia, a v r e b b e r o facilm e n t e r i c o n o s c i u t o delle r e i n c a r n a z i o n i di Messalina e di P o p p e a . Marozia fece e l e g g e r e al Soglio un suo a m a n t e col n o m e d i Sergio I I I . T e o d o r a gli d i e d e c o m e successore u n p r o p r i o favorito col n o m e di Giovanni X. Marozia e suo m a rito, il Duca di Tuscolo, lo d e p o s e r o , lo g e t t a r o n o in prigione e lo sostituirono con Giovanni X I , c o m u n e m e n t e r i t e n u t o il figlio b a s t a r d o di Marozia e di Sergio. Il loro figlio legittimo, Alberico, scacciò il fratellastro e p e r v e n t i d u e a n n i fu il vero p a d r o n e di R o m a , fece e disfece i Papi, e riuscì a i m p o r r e la p r o p r i a v o l o n t à a n c h e sul letto d i m o r t e f a c e n d o e l e g g e r e un suo figlio diciottenne, Ottaviano Sporco, che v e n n e ordinato p r e t e lì p e r lì e p r e s e il n o m e di Giovanni X I I . 367

Fu questo giovanottello c o r r o t t o e m i s c r e d e n t e , ma spregiudicato e furbastro c h e , p e r m e t t e r s i al r i p a r o dalle p r e p o t e n z e e d a i c o m p l o t t i delle fazioni r o m a n e , invocò l'app o g g i o di O t t o n e e lo c h i a m ò a R o m a . O t t o n e accettò l'invito p e r le ragioni c h e a b b i a m o detto. Egli aveva b i s o g n o d i c r e a r e n e l l e s u e p r o v i n c e t e d e s c h e u n a n u o v a aristocrazia che, d o v e n d o tutto a lui, gli restasse fedele. L a via m a e s t r a p e r r a g g i u n g e r e q u e s t o t r a g u a r d o e r a l ' a p p a l t o d e i Vescovati. L e diocesi i n G e r m a n i a e r a n o vaste e ricche di t e r r e e di u o m i n i . Distribuendole ai suoi favoriti, i n s i e m e a un bel b l a s o n e di Principe-Vescovo o di Conte-Vescovo, egli avrebbe fatto di costoro i suoi più sicuri e fidati vassalli. Ma ciò g l ' i m p o n e v a di d i v e n t a r e in un certo senso l ' u o m o di fiducia della Chiesa. Q u i n d i bisognava che questa lo incoronasse I m p e r a t o r e . Il titolo esisteva ancora, ma aveva p e r s o o g n i prestigio da q u a n d o si e r a f r a n t u m a t a l'eredità di C a r l o m a g n o . Da allor a l a c o r o n a e r a r i m a s t a a l l ' i n c a n t o fra f e u d a t a r i m i n o r i . S t r a p p a n d o s e l a con la violenza l'uno all'altro, l'avevano successivamente cinta il D u c a di Spoleto, p o i quello di C a r i n zia, poi un altro Duca di Spoleto, poi Luigi di Baviera, e fin a l m e n t e B e r e n g a r i o del Friuli, che finì assassinato nel 924. D o p o di lui il titolo, o r m a i screditato, e r a rimasto vacante. Alcuni storici s o s t e n g o n o c h e Giovanni X I I , c h i a m a n d o O t t o n e , aveva i n testa u n g r a n d e p i a n o politico. S e b b e n e marcio di c o r r u z i o n e , dicono, egli e r a abbastanza intelligente p e r c a p i r e c h e il P a p a t o e r a c a d u t o così in basso p e r c h é a n c h e l ' I m p e r o e r a c a d u t o in basso, cioè che la sorte dell'uno e r a legata a quella dell'altro. Solo a p p o g g i a t o a u n a forza laica che lo difendesse dalle i n g e r e n z e dei signorotti locali, il P a p a poteva d a v v e r o g o v e r n a r e R o m a e la Chiesa. Senza questo scudo, e r a c o n d a n n a t o a restare la posta di un giuoco di famiglie e di partiti che p i a n o p i a n o ne a v r e b b e r o distrutto il prestigio. C h e ciò stesse p e r s u c c e d e r e , è v e r o . Ma c h e G i o v a n n i X I I se ne r e n d e s s e c o n t o e chiamasse O t t o n e p e r s o t t r a r r e 368

il Soglio a q u e s t i rischi, n i e n t e lo c o n f e r m a , a n z i t u t t o lo e s c l u d e . Egli voleva s o l t a n t o m e t t e r e al s i c u r o la p r o p r i a pelle e il p r o p r i o «posto». E lo d i m o s t r a n o gli a v v e n i m e n t i che seguirono. O t t o n e v e n n e a R o m a n e l 9 6 2 , si fece c o r o n a r e in S a n Pietro, e i m p e g n ò con g i u r a m e n t o il clero, i nobili e il p o p o lo d e l l ' U r b e a n o n eleggere mai p i ù un P a p a senza l ' a p p r o v a z i o n e d e l l ' I m p e r a t o r e o d e i suoi missi, o c o m m i s s a r i . In c o m p e n s o , confermava le «donazioni» di C a r l o m a g n o su cui si basava lo Stato t e m p o r a l e della Chiesa, ma c h e n e s s u n o sapeva con precisione in cosa consistessero. E in q u e s t o acc o m o d a m e n t o c ' e r a n o già tutti gli equivoci c h e di lì a p o c o d o v e v a n o far d i v a m p a r e la furiosa «lotta p e r le investiture». Giovanni aveva chiamato O t t o n e c r e d e n d o di t r o v a r e in lui un p r o t e t t o r e , e invece si trovava a d d o s s o un p a d r o n e c h e lo metteva, sì, al r i p a r o dai soprusi d e i signorotti locali, ma riservandosi il diritto di esercitarne p e r suo conto e nei p r o p r i interessi. Infatti, a p p e n a O t t o n e si fu allontanato, Giovanni cominciò a trescare c o n t r o di lui col m a r c h e s e B e r e n g a r i o d'Ivrea. Costui si e r a a r r o g a t o l'arbitrario titolo di Re d'Italia, di cui solo l ' I m p e r a t o r e p o t e v a d i s p o r r e . I m m e d i a t a m e n t e O t t o ne t o r n ò a R o m a , d e p o s e Giovanni e lo sostituì con un suo favorito, L e o n e V i l i . Ma, ripartito l ' I m p e r a t o r e , i r o m a n i a l o r o volta d e p o s e r o L e o n e e r e i n t e g r a r o n o G i o v a n n i , c h e tre mesi d o p o fu ucciso nel letto di u n a sua a m a n t e dal mar i t o di costei e, a q u a n t o p a r e , rifiutò i s a c r a m e n t i . P e r la terza volta O t t o n e t o r n ò a R o m a , dovette e s p u g n a r l a con la forza, a r r e s t ò ed esiliò il n u o v o p a p a B e n e d e t t o V, e restituì la tiara a L e o n e . Ma e r a a p p e n a r i e n t r a t o in G e r m a n i a che, L e o n e e s s e n d o m o r t o (non si sa b e n e di che), il suo successore Giovanni X I I I v e n n e rovesciato, e O t t o n e dovette p e r la q u a r t a volta riattraversare le Alpi. Fu l ' u l t i m o s u o i n t e r v e n t o , ma solo p e r c h é di lì a p o c o m o r ì . Suo figlio O t t o n e II dovette r i p r e n d e r e la spola fra la G e r m a n i a e R o m a , d o v e si e r a r i c r e a t a la stessa situazione 369

d e i t e m p i d i M a r o z i a . U n f i g l i o d e l f i g l i o d i costei (quello b a s t a r d o eletto P a p a col n o m e di G i o v a n n i X), Crescenzio, e r a diventato p a d r o n e d e l l ' U r b e c o m e lo e r a stato Alberico. Egli scaccio i d u e Papi - B e n e d e t t o VI e Giovanni X I V - che l ' I m p e r a t o r e aveva i m p o s t o , e fece eleggere Bonifacio V I I . O r a i l m a r a s m a e r a a l colmo. Crescenzio e r a u n a specie d i Masaniello avanti lettera, c h e voleva r e s t a u r a r e u n a Rep u b b l i c a R o m a n a , d i cui i l P a p a n o n s a r e b b e stato c h e i l p a r r o c o . Bonifacio, p e r difendersi da lui senza r i c a d e r e nella servitù degli O t t o n i , fuggì a C o s t a n t i n o p o l i p e r m e t t e r s i sotto la p r o t e z i o n e d e l l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e . O t t o n e i n t a n t o e r a sceso a R o m a , d o v e Crescenzio aveva a d u n a t o t r u p p e b i z a n t i n e e m u s u l m a n e p e r resistergli. L ' I m p e r a t o r e , colto di s o r p r e s a , c a d d e p r i g i o n i e r o e riuscì a d e v a d e r e , m a solo p e r m o r i r e subito d o p o . A v e n d i c a r l o accorse suo figlio O t t o n e I I I . Crescenzio fu decapitato e a p p e s o p e r i p i e d i . Al Soglio, O t t o n e fece e l e g g e r e il p r o p r i o c u g i n o B r u n o col n o m e di G r e g o r i o V. E alla m o r t e di costui d i e d e finalmente al Papato, c h e n o n ne aveva p i ù avuti dal t e m p o d i Nicola, u n c a p o d e g n o m a p u r t r o p p o m o m e n taneo. G e r b e r t o e r a u n p o v e r o frate francese cui e r a toccata l a f o r t u n a di far da p r e c e t t o r e a O t t o n e I I I , q u a n d o e r a b a m b i n o . E triste constatare che egli d o v e t t e solo a questa circostanza u n a carriera che le sue g r a n d i doti d'intelletto e di c a r a t t e r e s a r e b b e r o d o v u t e bastare a p r o c u r a r g l i . Ma quelli e r a n o t e m p i i n cui l e d o t i c o n t a v a n o a n c o r a m e n o d i oggi, ed è tutto d i r e . O t t o n e I I I lo aveva fatto Arcivescovo p r i m a d i Reims, p o i d i R a v e n n a . O r a l o i m p o s e P a p a col n o m e d i Silvestro I I . C o n questa elezione c h e a v v e n n e nel 999 si e r a chiuso il p r i m o m i l l e n n i o della storia cristiana. E p e r u n m o m e n t o p a r v e c h e si fosse ricostruita quella g r a n d e e pacifica diarchia d i u n p o t e r e t e m p o r a l e i n c a r n a t o n e l l ' I m p e r o e d i u n p o t e r e spirituale i n c a r n a t o nel Papato, e n t r a m b i universali, c h ' e r a stata il sogno di C a r l o m a g n o . 370

M a p u r t r o p p o questo sogno doveva rivelarsi a n c o r a u n a volta impossibile. T u t t o ciò lo a b b i a m o raccontato diffusamente ne L'Italia dei secoli bui. Ma q u i a b b i a m o voluto r i a s s u m e r l o p e r t r a r n e le conclusioni che f a n n o da p r o l o g o a q u e s t o libro, d o m i n a t o c o m ' è da un f o n d a m e n t a l e motivo: la lotta fra Papato e I m pero. Il millennio si a p r e con u n a tregua. Ma è di breve d u rata.

CAPITOLO SECONDO

L A R I F O R M A DELLA C H I E S A

Q u a n d o salì al Soglio col n o m e di Silvestro I I , G e r b e r t o t r o vò u n a situazione abbastanza quieta. Ma solo in a p p a r e n z a . Arroccati nei loro castellacci sui colli r o m a n i , i Crescenzi e i Tuscolo c h e , sebbene discendenti dallo stesso c e p p o (quello di Teofilatto e di Marozia), fin q u i si e r a n o fatti u n a g u e r r a senza q u a r t i e r e , t r o v a r o n o alla fine u n a base di a c c o r d o nella c o m u n e p a u r a di O t t o n e e delle s u e milizie. Essi sobillar o n o i p o p o l a n i di Trastevere c o n t r o i tedeschi. N o n fu u n a sollevazione, ma u n o stillicidio di disordini, c h e alla fine costrinsero l ' I m p e r a t o r e e il P a p a a lasciare la città. I n t e n d e v a n o t o r n a r c i e n t r a m b i , a p p e n a r i c e v u t o q u a l c h e rinforzo dalla G e r m a n i a , p e r c h é di milizie ne avevano p o c h e . Ma Ott o n e fu colto d a l vaiolo e m o r ì a P a t e r n o . I soldati c h e ne s c o r t a r o n o la salma fino alle Alpi d o v e t t e r o aprirsi la s t r a d a s e m p r e c o m b a t t e n d o c o n t r o le b a n d e di q u e i signorotti, che si e r a n o p r o s t e r n a t i ai p i e d i d e l l ' I m p e r a t o r e , q u a n d o questi e r a sceso in Italia. Silvestro p o t è r i e n t r a r e a R o m a , m a solo p e r g r a z i o s a concessione di Giovanni Crescenzio, figlio del decapitato di Castel S a n t ' A n g e l o . C i d o m a n d i a m o c o n c h e a n i m o t o r n ò , quel p o v e r o P a p a , p r a t i c a m e n t e p r i g i o n i e r o . E infatti l'anno d o p o e r a già m o r t o a n c h e lui: avvelenato, si disse, dalla vedova d e l suppliziato. Crescenzio, che si e r a fatto acclamare Patrizio, gli n o m i n ò a s u c c e s s o r e un c e r t o Siccone, c h e prese il n o m e di Giovanni X V I I . Q u a n t o contasse, lo d i m o stra il fatto che molti annalisti ecclesiastici n o n lo e l e n c a n o n e m m e n o nella lista dei Papi. D u r ò p o c o , e passò la m a n o a u n a l t r o p u p i l l o d i C r e s c e n z i o c h e , col n o m e d i G i o v a n n i 373

X V I I I , n o n aspettò di essere v e n u t o a noia al suo i n c o m o d o p r o t e t t o r e , e si ritirò p r i m a di questa pericolosa c o n g i u n t u ra, a n d a n d o a seppellirsi nell'abbazia di San Paolo. C r e s c e n z i o m o r ì n e l 1012 i n s i e m e a l l ' u l t i m o s u o P a p a , Sergio IV. Il p o t e r e passò ai Tuscolo, che lo esercitarono in m a n i e r a a n c h e p i ù p e r s o n a l e ed esclusiva. Il loro capostipite si p r o c l a m ò «Senatore di tutti i Romani», c h e voleva essere qualcosa p i ù di Patrizio, e suo fratello fu eletto P a p a col n o m e d i B e n e d e t t o V I I I . F u r o n o d u e satrapi, m a n o n senza g r a n d e z z a . R i u s c i r o n o a p r o p i z i a r s i il n u o v o i m p e r a t o r e Enrico I I , che v e n n e a farsi i n c o r o n a r e nel 1013; e alla testa d i u n esercito b e n o r g a n i z z a t o t e n n e r o a b a d a n o n solo l e dissidenze i n t e r n e , ma a n c h e il n e m i c o e s t e r n o , r a p p r e s e n tato in quel m o m e n t o dai Saraceni, c o n t i n u a m e n t e all'assalto delle coste italiane fino a Pisa. Lo stesso P a p a si d i m o s t r ò b u o n G e n e r a l e e b u o n ammiraglio. C o m a n d ò di p e r s o n a le sue milizie e o t t e n n e parecchi successi. Se si sia g u a d a g n a t o a l t r e t t a n t i m e r i t i c o m e cristiano e p a s t o r e d ' a n i m e , n o n si sa; ma è un p r o b l e m a che n o n doveva t r o p p o t u r b a r l o . Alla sua m o r t e nel 1024 la successione al Soglio fu risolta in m a n i e r a s c o p e r t a m e n t e dinastica. Fu lo stesso suo fratello senatore a salirvi col n o m e di Giovanni X I X , e n e s s u n o obbiettò, c o m e se fosse o r m a i pacifico che la tiara faceva p a r t e del p a t r i m o n i o e r e d i t a r i o d e i Tuscolo. Infatti, m o r t o a n c h e Giovanni, essa passò a un suo n i p o t e , che aveva dodici a n n i e fu i n c o r o n a t o c o m e B e n e d e t t o IX. Un Papa ragazzo lo si e r a già visto con Giovanni X I I . Ben e d e t t o ne ricalcò le o r m e d a n d o sfogo ai suoi capricci infantili, m a ogni t a n t o i n t e r r o m p e n d o l i p e r affrontare a n c h e p r o b l e m i p i ù gravi. Q u e s t o p e r l o m e n o d i c o n o certe cronac h e c h e gli a t t r i b u i s c o n o decisioni coraggiose e i m p o r t a n t i c o m e l'indizione d i d u e Sinodi, l a d e p o s i z i o n e dell'arcivescovo Ariberto di Milano, la canonizzazione d e l m o n a c o Sir a c u s a n o . Ma noi c r e d i a m o che t u t t o questo sia stata o p e r a dei suoi collaboratori e che egli si sia limitato a m e t t e r v i la firma. 374

C o m u n q u e , è un fatto che n e l 1044 il p o p o l o alla fine si sollevò, e la situazione c h e ne seguì è forse la p i ù i n g a r b u gliata nella ingarbugliatissima storia della Chiesa. B e n e d e t to fuggì, e i r o m a n i elessero Silvestro I I I . Poi B e n e d e t t o torn ò , e fuggì Silvestro. Ma i n t a n t o e r a n o stati eletti G r e g o r i o V I e C l e m e n t e I I , m e n t r e l ' I m p e r a t o r e aveva n o m i n a t o u n altro P a p a p e r conto suo: D a m a s o I I . N o n abbiamo s p e r a n za che il lettore ci si raccapezzi, a n c h e p e r c h é n o n ci riescon o n e m m e n o gli annalisti ecclesiastici. C o s t o r o e l e n c a n o nello stesso p e r i o d o q u a t t r o Papi, p i ù Silvestro I I I che viene considerato a n t i p a p a . Il caos d u r ò d u e a n n i , fino al 1045 q u a n d o al Soglio salì, col n o m e d i C l e m e n t e I I , u n Vescovo t e d e s c o , Sigieri d i B a m b e r g . C o n lui e coi suoi t r e successori, tedeschi a n c h e loro - D a m a s o I I , L e o n e IX e Vittore II -, e n t r ò nella Chiesa u n ' a r i a nuova: quella della g r a n d e riforma c h e saliva dal basso dei monasteri. P r i m a delle vicende e lotte in cui questi Pontefici si t r o v a r o n o coinvolti, è di questo spirito rigenerat o r e che bisogna r e n d e r conto al lettore. Sarebbe infatti da miopi p e n s a r e che i guai della Chiesa si limitassero al vertice, cioè al P a p a t o . Se l'organismo fosse stat o s a n o a v r e b b e i m p e d i t o a i nobili r o m a n i d i d i s p u t a r s e n e la guida. Ciò avveniva p e r c h é il s a n g u e e r a marcio. E il p i ù grave d e i mali c h e lo m i n a v a n o e r a la simonia, cioè la vendita delle cariche ecclesiastiche. Esse si c h i a m a v a n o «benefici», e lo e r a n o in tutti i sensi. Questo mercato era talmente entrato nell'uso che lo si praticava alla luce del sole, senza n e a n c h e salvare le a p p a r e n z e . I Vescovati e r a n o all'incanto in tutti i Paesi e u r o p e i . E i c o n c o r r e n t i n o n m a n c a v a n o p e r c h é l'investitura, oltre a forti influenze politiche, p r o c u r a v a al titolare t e r r e e r e d d i ti. L'investitura i n s o m m a e r a a n c h e u n i n v e s t i m e n t o c o m e oggi s o n o le case, i titoli a z i o n a r i e le a r e e fabbricabili. Un p a d r e ricco e p r e v i d e n t e assicurava l'avvenire di suo figlio c o m p r a n d o g l i , secondo le possibilità, u n a diocesi o u n a p a r 375

rocchia. A N a r b o n a un ragazzo di dieci a n n i fu fatto addiritt u r a Arcivescovo p e r centomila soldi. E p e r f i n o u n a d o n n a o n e s t a e pia c o m e la m a d r e di G h i b e r t o di N o g e n t c o m p r ò u n canonicato p e r suo figlio u n d i c e n n e . A l u c r a r e di q u e s t o c o m m e r c i o n o n e r a n o solo il P a p a e la Chiesa. A n c h e i sovrani t e m p o r a l i si c o n s i d e r a v a n o in diritto di esercitarlo. Il Re di Francia p e r e s e m p i o d i s p o n e v a c o m e d i s u a p r o p r i e t à d e i Vescovati d i R e i m s , L i o n e e T o u r s , e alla m o r t e d e i rispettivi titolari li m e t t e v a all'asta. F i l i p p o I fece ufficialmente q u e s t a p r o p o s t a a un c o n c o r r e n t e d e l u s o : «Lasciami incassare i soldi d e l t u o rivale. Poi d e n u n z i a l o p e r simonia. Io lo c o n d a n n o alla p e r d i t a del beneficio e lo r i v e n d o a te». In G e r m a n i a , p e r sfuggire a q u e ste aste, molti Vescovati si p r o c l a m a r o n o e r e d i t a r i , e un bar o n e se ne a p p r o p r i ò a d d i r i t t u r a otto da r i p a r t i r e fra i suoi figli, c o m e altrettante fattorie. Altri, p e r rifarsi delle spese di acquisto, s a c c h e g g i a v a n o le chiese, v e n d e n d o n e i m a r m i e perfino le tegole. U n ' a l t r a c a u s a d i c o n f u s i o n e m o r a l e e r a i l celibato. D a l u n g o t e m p o l a C h i e s a n e aveva fatto ufficialmente l a sua r e g o l a , r i b a d i t a in v a r i concili. Il m a t r i m o n i o , si diceva, a v r e b b e fatto p r e v a l e r e gli affetti d e l m a r i t o e del p a d r e sullo zelo d e l s a c e r d o t e , lo a v r e b b e e s p o s t o alla t e n t a z i o n e di a c c u m u l a r e ricchezze e di c r e a r e u n a casta e r e d i t a r i a . Malg r a d o q u e s t e valide r a g i o n i , i p r e t i a v e v a n o c o n t i n u a t o a sposarsi. Il Vescovo Raterio di V e r o n a riferiva che tutti quell i della sua diocesi e r a n o a m m o g l i a t i . L o e r a stato p e r f i n o un Papa: A d r i a n o I I . E molti sostenevano c h e il m a t r i m o n i o e r a a n c o r a i l m i n o r e d e i mali, p e r c h é a l m e n o p r e v e n i v a i l c o n c u b i n a t o , in cui r e g o l a r m e n t e i n c a p p a v a n o i s a c e r d o t i scapoli. I l c h e p e r ò e r a v e r o f i n o a u n c e r t o p u n t o p e r c h é molti di loro e r a n o c o n t e m p o r a n e a m e n t e sposati e concubin i . Il vescovo Bonifacio aveva riferito a P a p a Zaccaria c h e alcuni suoi p a r r o c i si t e n e v a n o in casa «fino a c i n q u e a m a n ti». E il m o n a c o Pier D a m i a n i scrisse a d d i r i t t u r a un Libro gomorriano p e r d e n u n z i a r e questi scandalosi costumi. 376

T u t t o ciò e r a i l f r u t t o d e l l a d i s g r e g a z i o n e d e l l o S t a t o . C a r l o m a g n o e i suoi p r i m i successori a v e v a n o difeso i Vescovi e le l o r o diocesi n o n solo dai soprusi dei Signori laici, ma a n c h e dalle p r o p r i e tentazioni. P r o t e g g e n d o l i , li sorvegliavano. Disfattosi l ' I m p e r o sotto l'azione centrifuga delle s u e forze i n t e r n e , il clero e r a r i m a s t o alla m e r c è d e i p o t e n tati locali e delle p r o p r i e cupidigie. Specialmente in Francia e in Italia, i Vescovi versavano nella stessa situazione del Papa a R o m a : o t t e n e v a n o il «posto» se si facevano s t r u m e n t i del p a r t i t o d o m i n a n t e , e ne e r a n o cacciati se vi si o p p o n e v a n o . E in questa politica di p a t t e g g i a m e n t o e c o m p r o m e s s i si e r a f o r m a t o u n clero abile, m a c o r r o t t o . I n G e r m a n i a a n d a va m e g l i o a p p u n t o p e r c h é lì, c o n l ' I m p e r o degli O t t o n i , si e r a riformato, b e n e o male, un p o t e r e centrale laico c h e assicurava u n c e r t o o r d i n e , a n c h e s e m o l t o r e l a t i v o . M a n e l suo complesso il p a n o r a m a del crisdanesimo occidentale e r a desolante. Lo spirito di r i n n o v a m e n t o e di r i f o r m a i n c u b ò nei m o n a s t e r i . Anch'essi a v e v a n o sofferto d e l m a r a s m a politico e subito a n g h e r i e e saccheggi. Ma la regola ascetica c h e li g o vernava, il loro rifiuto della m o n d a n i t à , li aveva salvati dalle c o n t a m i n a z i o n i . I m o n a c i officiavano in piccole c h i e s e di c a m p a g n a c h e Io stesso e r e m o costruiva e c h e d i v e n t a r o n o u n e l e m e n t o f i s s o del paesaggio. L a ruralizzazione della società li favoriva. Il g r e g g e u r b a n o d e l Vescovo, che n a t u r a l m e n t e r e s t a v a in città, si assottigliava, m e n t r e i n g i g a n t i v a quello d e l c o n t a d o , d o v e s i s v i l u p p a v a u n i d e a l e d i santità concepita c o m e umiltà, castità e r i n u n c i a a t u t t e le tentazion i del m o n d o . Gli stessi nobili ne f u r o n o contagiati. A n c h e q u a n d o il loro istinto di p r e d a li spingeva a saccheggiare i conventi, ne rispettavano gl'inquilini. E spesso r i p a r a v a n o a q u e s t e m a l e fatte sul letto d i m o r t e , l a s c i a n d o alle vittime b u o n a p a r t e del p a t r i m o n i o . I C o n t i d i F i a n d r a i n c o r a g g i a r o n o a n c h e con sovvenzioni u n cavaliere l o r o vassallo, G e r a r d d e B r o gne, q u a n d o costui gettò alle ortiche l'uniforme militare p e r 377

i n d o s s a r e il saio e f o n d a r e un m o n a s t e r o . Q u e l g u e r r i e r o i n t r e p i d o e a u t o r i t a r i o p o r t ò n e l s a c e r d o z i o lo stesso zelo che p r i m a aveva i m p e g n a t o nella milizia. Il suo c o n v e n t o fu molto simile a u n a caserma: n o n vi si faceva altro che p r e g a r e , lavorare e d i g i u n a r e . Ma a d e t t a r e il n u o v o costume e a fornire un e s e m p i o di r i s o n a n z a m o n d i a l e fu il m o n a s t e r o b e n e d e t t i n o di Cluny. Lo f o n d ò n e l 910 G u g l i e l m o d'Alvernia, affidandone la direzione p r i m a al m o n a c o O d o e poi a O d i l o n de Mercoeur. E n o n se n ' e s a g e r a di certo l ' i m p o r t a n z a d i c e n d o c h e nella storia della Chiesa l'avvento dei cluniacensi n o n è stato m e no decisivo di quello dei gesuiti sei secoli d o p o . Se Cluny fosse stato solo u n a fuga dal m o n d o e u n a centrale di ascetismo, n o n avrebbe assunto t a n t o rilievo. Ma fu a n c h e u n a scuola d i p e n s i e r o e u n ' i n c u b a t r i c e d i r i f o r m a . La vita, dicevano i cluniacensi, n o n è che l'anticamera dell'Eternità. T u t t o q u i n d i dev'essere sacrificato ai fini ultraterr e n i . La Chiesa, che r a p p r e s e n t a la c o m u n i t à d e i fedeli e la loro guida, n o n p u ò avere altri interessi che quelli spirituali. Q u e l l i t e m p o r a l i n o n la r i g u a r d a n o , e il religioso c h e vi si mescoli c a d e in peccato di simonia. Il sacerdote a p p a r t i e n e solo alla Chiesa, e q u i n d i n o n p u ò avere legami né con u n o Stato n é c o n u n a famiglia, n é r i c o n o s c e r e a l t r a legge c h e quella canonica. Q u e s t a teoria n o n aveva nulla di n u o v o . Ma, t r a d o t t a in t e r m i n i politici, assumeva significati rivoluzionari: c o m p o r tava il r i n n e g a m e n t o di tutto il clero secolare. Nella Francia di C a r l o m a g n o i Vescovi e r a n o stati funzionari d e l Re; nella G e r m a n i a degli O t t o n i e r a n o diventati Principi e C o n t i come i laici, e c o m e i laici p a r t e c i p a v a n o alla lotta p e r il poter e . C l u n y postulava il totale r o v e s c i a m e n t o di q u e s t a linea. S e c o n d o i suoi ideologi la Chiesa n o n doveva essere né amica né nemica dello Stato. Doveva semplicemente i g n o r a r l o . Ai suoi occhi n o n p o t e v a n o esserci né I m p e r a t o r i , né nobili, n é p l e b e , m a s o l t a n t o d e i fedeli, d e l l e cui a n i m e essa sola e r a arbitra e p a d r o n a . 378

Dapprincipio si pensò che questo integralismo r a p p r e sentasse soltanto un astratto ideale che i m o n a c i accarezzav a n o a n c h e p e r trovarvi un c o m p e n s o e u n a giustificazione delle loro q u o t i d i a n e r i n u n c e . E s o t t o v a l u t a n d o n e le implicazioni politiche, molti Vescovi di Francia, G e r m a n i a e Italia, favorevolmente impressionati dal fervore dei cluniacensi, ne c h i a m a r o n o a dozzine c o m e p r e d i c a t o r i nelle loro diocesi p e r rianimarvi lo zelo. F u r o n o serviti al di là di ogni aspettativa. L'uomo m e d i e vale e r a intriso di religiosità. Il bassissimo livello di cultura, la vita stagnante e tribolata, ne facevano u n a facile p r e d a di visioni, t e r r o r i e m i s t i c h e i n f a t u a z i o n i . Ai t o r m e n t i c h e lo p e r s e g u i t a v a n o , e p i d e m i e o carestie, reagiva con oceaniche processioni. C o n t r o la p e s t e e la siccità n o n aveva altra risorsa che il miracolo. E p e r propiziarselo e r a disposto a tutto. Si levava il p a n e di bocca p e r p o r t a r l o al m o n a s t e r o . A Colonia costruiva gratis la famosa cattedrale c a r i c a n d o s e n e sulla schiena i blocchi di m a r m o . Le chiese c h e sorsero allora ci sbalordiscono p e r le loro dimensioni a n c h e a m i s u r a r l e sui metri di oggi. Quelle di T o u r n a i , di C a e n , di Spira e r a n o p i ù g r a n d i d e i villaggetti in cui s o r g e v a n o . E q u e s t a s p r o p o r z i o n e ci fornisce la plastica m i s u r a d e l s e n t i m e n t o c h e ispirò i costruttori. Essi n o n m i s u r a v a n o q u e i templi sul m e t r o del g r e g g e c h e d o v e v a n o c o n t e n e r e , m a s u quello della Divina M a e s t à cui e r a n o d e d i c a t i . Fu q u e s t o , sia d e t t o fra parentesi, l'avvio della g r a n d e a r c h i t e t t u r a occidentale, che sin allora e r a vissuta d ' i m i t a z i o n e sui m o d e l l i b i z a n t i n i di Ravenna. E facile c a p i r e q u a l e i n c e n d i o p r o v o c a s s e r o , in un p u b blico cosiffatto, i p r e d i c a t o r i cluniacensi. La l o r o istanza di u n a Chiesa assoluta, sposa di Cristo, fonte di grazia e di salvezza, e r a fatta a p p o s t a p e r colpire la fantasia di quei fedeli. I l fervore aveva agito p e r c o n t a g i o . L a d e n u n z i a c o n t r o i l clero secolare e r a c o n t i n u a e spietata. E la Chiesa, a n c h e p e r la sua democratica costituzione, n o n p o t è r e p r i m e r l a . Essa aveva q u e s t o v a n t a g g i o sul m o n d o laico: c h e , p u r 379

e s s e n d o organizzata a casta, e r a a p e r t a a tutti. Nella nobiltà, c h e d a v a accesso alle p i ù i m p o r t a n t i cariche militari e civili, n o n si p o t e v a e n t r a r e se n o n vi si a p p a r t e n e v a p e r nascita. N e l clero, si. U n servo n o n p o t e v a d i v e n t a r e Cavaliere; m a se i m p a r a v a il l a t i n o , p o t e v a d i v e n t a r e Vescovo o P a p a . Il g r a n d e G r e g o r i o V I I , c h e fra p o c o a v r e b b e r e s t i t u i t o alla C h i e s a t u t t o il suo prestigio, e r a figlio di un c o n t a d i n o . La t o n s u r a conferiva al chierico le stesse p r e r o g a t i v e del nobile e gli s c h i u d e v a le m e d e s i m e p r o s p e t t i v e di « c a r r i e r a » . La s u a o r i g i n e p r o l e t a r i a n e restava cancellata, e d egli veniva sottratto alla c o m p e t e n z a d e i tribunali civili p e r r i s p o n d e r e solo a quelli ecclesiastici. E n t r a r e nella Chiesa i n s o m m a e r a l'unico m o d o p e r evadere da u n a condizione socialmente s u b a l t e r n a , l'unica s t r a d a c h e a p r i s s e p r o s p e t t i v e d i « p r o m o z i o n e » . C o m e o g n i s o l d a t o d i N a p o l e o n e p o r t a v a nello z a i n o i l b a s t o n e d i m a r e s c i a l l o , così o g n i p i ù u m i l e p r e t e p o r t a v a nel suo sacco la tiara pontificia. Q u e s t o consentì alla Chiesa di r e c l u t a r e il meglio, p e r c h é il m e g l i o già si o r i e n t a v a v e r s o di essa, lllntellighenzia n o n aveva altro rifugio. U n u o m o d i p e n s i e r o e d i c u l t u r a n o n poteva fare s t r a d a c h e nei suoi r a n g h i . E fu così c h e la Chiesa, oltre a un'assoluta libertà di ricambi e a u n a scelta di u o mini infinitamente p i ù ricca di quella di cui d i s p o n e v a il p o t e r e laico, e b b e su di esso q u e s t ' a l t r o e n o r m e v a n t a g g i o : il m o n o p o l i o della c u l t u r a . Alla Chiesa si d o v e v a b u s s a r e p e r i m p a r a r e a l e g g e r e e a scrivere. E solo a t t r a v e r s o la Chiesa si poteva far valere i titoli di s u p e r i o r i t à intellettuale. L a r i f o r m a c l u n i a c e n s e e r a a p p u n t o i l frutto d i q u e s t a d e mocraticità della Chiesa. Essa i n t e r p r e t a v a gli aneliti di u n a società r u r a l e c o n t r o l'alto c l e r o c h e l'aveva a b b a n d o n a t a p e r far causa c o m u n e col p o t e r e t e m p o r a l e . E t r o v ò i suoi c a m p i o n i n e i q u a t t r o Papi t e d e s c h i c h e si s u c c e d e t t e r o sul Soglio d a l 1045 in poi. Ma n o n anticipiamo. E r i p r e n d i a m o il filo d e l n o s t r o discorso.

CAPITOLO TERZO

IL « P R I M O ITALIANO»

P r o p r i o allo scadere del Mille, e r a s e m b r a t o c h e nel dialogo fra P a p a t o e I m p e r o dovesse inserirsi un t e r z o interlocutor e : il R e g n o d'Italia. Un R e g n o d'Italia esisteva, ma solo c o m e titolo. Lo assumevano gl'Imperatori di Germania, q u a n d o andavano a farsi consacrare a R o m a ; o lo d e l e g a v a n o a p e r s o n e di loro fiducia. Da O t t o n e I il G r a n d e essi avevano p r e s o l'abitudine di fermarsi a Pavia, d o v e il Vescovo gli metteva sulla testa la c o r o n a che avevano p o r t a t o Teodorico e i suoi successori l o n g o b a r d i . E r a un p e s a n t e e rozzo m o n i l e di f e r r o c h e si diceva costruito coi chiodi della croce di Gesù. Ma di quali p o t e r i fosse simbolo n o n fu mai chiaro a n c h e p e r c h é variav a n o secondo le p e r s o n e e le circostanze. Q u a n d o l ' I m p e r a tore e r a autorevole e scortato da un forte seguito, i Signori della penisola a c c o r r e v a n o a r e n d e r g l i o m a g g i o , e la cerim o n i a era solenne. Ma tutto finiva lì. Ripartito l ' I m p e r a t o r e p e r R o m a , o r i e n t r a t o in G e r m a n i a , della sua p r e s e n z a n o n restava traccia. O g n i Duca, Marchese o C o n t e restava sovran o a s s o l u t o d e i p r o p r i o f e u d o . E l e cose n o n c a m b i a r o n o n e m m e n o sullo scorcio del Novecento, q u a n d o a Pavia si insediò stabilmente Adelaide, la vedova di O t t o n e . Essa esercitò un certo a s c e n d e n t e m o r a l e sui Signori italiani. Ma solo grazie alle s u e qualità di c a r a t t e r e . I s t i t u z i o n a l m e n t e , n o n r a p p r e s e n t a v a nulla. Q u e s t o R e g n o d'Italia n o n era n e m m e n o u n a espression e geografica p e r c h é a n c h e i suoi confini e r a n o incerti. Pressappoco a n d a v a n o dalle Alpi alla Ciociaria. Di lì in giù n o n lo riconosceva n e s s u n o : n o n i Saraceni, o r m a i p a d r o n i 382

della Sicilia; n o n i Bizantini c h e t u t t o r a o c c u p a v a n o le P u glie e molte città delle coste calabresi e c a m p a n e ; n o n il vecchio D u c a t o l o n g o b a r d o di B e n e v e n t o , c h e al Re d'Italia e I m p e r a t o r e di G e r m a n i a r e n d e v a o m a g g i o e faceva a p p e l l o q u a n d o aveva bisogno del suo aiuto; ma poi, passato il pericolo, riaffermava la p r o p r i a c o m p l e t a a u t o n o m i a . Gli stessi Stati della Chiesa si trovavano col Re I m p e r a t o r e in un r a p p o r t o c h e n o n v e n n e m a i definito e c h e o g n u n a delle d u e p a r t i i n t e r p r e t a v a a m o d o suo. L ' I m p e r a t o r e considerava il Papa, p e r le cose t e m p o r a l i , un suo vassallo. Il P a p a consid e r a v a se stesso s o v r a n o assoluto. Q u a n t o alle masse italian e , esse n o n avevano voce. Ma se ne avessero avuta, n o n l'av r e b b e r o certo usata p e r articolare la p a r o l a «patria». La patria p e r loro e r a il villaggio, se n o n a d d i r i t t u r a il casolare. E il S o v r a n o e r a il C o n t e o Marchese che vi esercitava il p o t e re effettivo: la riscossione delle tasse, l'amministrazione della giustizia eccetera. Il concetto di patria si sviluppò più tard i , e n o n d o v e v a m a i s u p e r a r e , c o m e nell'antica Grecia, le m u r a della città. G l ' I t a l i a n i d e l l ' a n n o Mille d o v e t t e r o q u i n d i accogliere c o n un certo s t u p o r e la notizia c h e a Pavia e r a n a t o un Reg n o d ' I t a l i a c o n u n R e italiano c h e n o n s'identificava p i ù con l ' I m p e r a t o r e tedesco, n é e r a d a lui delegato. U n I m p e r a t o r e tedesco i n q u e l m o m e n t o n o n c'era. Ott o n e I I I e r a m o r t o senza e r e d i . E solo d o p o un bel pezzo i g r a n d i feudatari della G e r m a n i a riuscirono a mettersi d'acc o r d o sulla p e r s o n a d e l successore: E n r i c o I I , u l t i m o della dinastìa di Sassonia. Fu a p p u n t o in questo intervallo che un signorotto p i e m o n t e s e si collocò sulla testa, senza c h i e d e r n e il p e r m e s s o a n e s s u n o , la c o r o n a di Re d'Italia e p r e t e s e d a r le un significato d ' i n d i p e n d e n z a . Q u e s t o «primo italiano», c o m e p o i lo c h i a m a r o n o alcuni storici malati di nazionalismo, e r a A r d u i n o d ' I v r e a , e d'italiano n o n aveva n e m m e n o il s a n g u e : a p p a r t e n e v a a u n a dinastia tedesca calata in Italia forse coi l o n g o b a r d i , forse coi franchi, e impiantatavisi da p a d r o n a p e r d i r i t t o di c o n q u i 383

sta. A r d u i n o aveva e r e d i t a t o d a i suoi g u e r r i e r i a n t e n a t i i l coraggio, la rozzezza, la p r e p o t e n z a e l'ambizione. Nella lotta p e r il p o t e r e sul suo Marchesato, aveva d o v u t o vedersela col Vescovo di Vercelli. Lo a m m a z z ò , ne b r u c i ò il c o r p o , ne distrusse la c a t t e d r a l e e ne i n c a m e r ò le t e r r e , c h e gli e r a n o state d o n a t e d a Adelaide. O t t o n e I I I , a n c o r a vivo i n q u e l m o m e n t o , l o a m m o n ì . P a p a Silvestro I I l o minacciò d i scomunica. M a A r d u i n o n o n si lasciò intimidire né d a l l ' u n o né dall'altro. Spogliò dei suoi p o s s e d i m e n t i a n c h e il Vescovo d ' I v r e a . E q u a n d o quello di Brescia si rifiutò di r e n d e r g l i o m a g g i o , lo p r e s e p e r i capelli, lo sbatté a t e r r a e lo r i e m p ì di calci. Questi e r a n o i costumi e gli u m o r i del t e m p o a n c h e nel m o n d o dei g r a n d i Signori. A r d u i n o n o n e r a affatto u n p a t r i o t a e n o n p e n s a v a minim a m e n t e all'Italia, q u a n d o s e n e fece a u d a c e m e n t e acclam a r e R e d a u n ' a s s e m b l e a d i f e u d a t a r i p i e m o n t e s i . E r a solt a n t o un arrivista c h e b a d a v a a i n n a l z a r e il p r o p r i o r a n g o . P e r ò n o n gli m a n c a v a n o n é l ' a u d a c i a n é l'accortezza. Per t r o v a r e proseliti, aizzò i piccoli vassalli c o n t r o i g r a n d i feudatari, il basso clero c o n t r o quello alto e i s e n t i m e n t i x e n o fobi del p o p o l i n o c o n t r o i tedeschi. In p a r t e ci riuscì. Quella lotta su d u e fronti, c o n t r o i Vescovi da u n a p a r t e e la nobiltà i m p e r i a l e dall'altra, gli valse p a r e c c h i e simpatie n e l piccolo ceto m e d i o di città e di c a m p a g n a . N e l 1003 b a t t é un c o n t i n g e n t e tedesco m a n d a t o da Enrico II a saggiare il t e r r e n o , e lo costrinse a r i p a s s a r e le Alpi. Ma q u a n d o l ' I m p e r a t o r e calò di p e r s o n a alla testa di un forte esercito, A r d u i n o si trovò solo. E n r i c o v e n n e a r i p r e n d e r s i la c o r o n a a Pavia n e l 1004. P e r ò , u n a volta i n città, l e s u e t r u p p e f u r o n o assalite dalla p o p o l a z i o n e e c o s t r e t t e a r i t i r a r s i . R i e n t r a r o n o in forze il g i o r n o d o p o , s a c c h e g g i a r o n o , i n c e n d i a r o n o e uccisero. Ard u i n o , arroccatosi n e l s u o castellacelo s o p r a I v r e a , n o n rin u n c i ò al suo titolo né alle s u e p r e t e s e . Partito Enrico, t o r n ò a Pavia e s e m i n ò il t e r r o r e c o n le s u e s p e d i z i o n i p u n i t i v e c o n t r o Vercelli, N o v a r a , C o m o . Solo la vecchiaia e gli acciac384

chi v e n n e r o a c a p o della sua ostinazione. Stanco e m a l a t o , l ' i r r i d u c i b i l e m a n g i a p r e t i b u s s ò alla p o r t a d e l l ' a b b a z i a d i F r u t t u a r i a c h e Io accolse c a r i t a t e v o l m e n t e . M o r ì nel 1015, senza n e a n c h e l o n t a n a m e n t e i m m a g i n a r e q u a l e m i t o a v r e b be fatto di lui la storiografia nazionalista. La sua a v v e n t u r a getta un p o ' di luce sulla situazione italiana di q u e l p e r i o d o . Ma il p a n o r a m a è e s t r e m a m e n t e c o m plesso e confuso. Varia n o n da r e g i o n e a r e g i o n e , ma da chil o m e t r o a c h i l o m e t r o . E c h i u n q u e a b b i a t e n t a t o di r i c o s t r u i r n e le c o s i d d e t t e «costanti», cioè i c a r a t t e r i c o m u n i a t u t t a la Penisola, è c a d u t o nel g e n e r i c o e nell'astratto. È la sorte c h e aspetta a n c h e noi. Ma lo s a p p i a m o , e ne m e t t i a m o in guardia il lettore. Quello che stiamo p e r fornire n o n è che un s o m m a r i o grossolano abbozzo. Va p r e s o con beneficio d ' i n v e n t a r i o . C e r c h e r e m o d i ricostruirlo c o m e d o v e t t e p r e s e n t a r s i agli occhi di Enrico II e del suo successore c h e , d o p o essere calati in Italia, forse n o n ne s e p p e r o né ne capir o n o p i ù di q u a n t o ne s a p p i a m o e ne c a p i a m o n o i a distanza di tanti secoli. Enrico II e r a un I m p e r a t o r e p i o e s i n c e r a m e n t e d e v o t o . Riuscì a restarlo a n c h e d o p o aver visto di p e r s o n a a cosa si era ridotta la Chiesa di R o m a , d o v ' e r a v e n u t o a farsi consac r a r e nel 1013. Il P a p a c h e lo aveva c o r o n a t o e r a q u e l B e n e d e t t o V i l i della famiglia Crescenzi che esercitava u n a vera e p r o p r i a s a t r a p ì a s u l l ' U r b e e s ' i n t e n d e v a m o l t o p i ù di g u e r r a e di r a p i n e che di a n i m e e di p r e g h i e r e . Tuttavia E n rico r i e n t r ò i n G e r m a n i a abbastanza fiducioso. L u n g o tutti gli itinerari della Penisola, Duchi, Marchesi, Conti e Vescovi e r a n o v e n u t i a r e n d e r g l i o m a g g i o . E l ' u n i c o c h e gli si e r a opposto, A r d u i n o , e r a stato c o m p l e t a m e n t e debellato. L'aut o r i t a r i o e m a n e s c o B e n e d e t t o n o n gli e r a p a r s o u n P a p a molto cristiano, ma in c o m p e n s o si dimostrava b u o n G e n e rale. E lì s o p r a t t u t t o di un G e n e r a l e c'era b i s o g n o , p e r c h é da R o m a in giù e r a il caos. I pirati saraceni n o n stavano tranquilli. O g n i p o c o le l o r o 385

flotte p a r t i v a n o all'assalto delle coste Calabre e c a m p a n e , a volte s p i n g e n d o s i fin nel Lazio e a Pisa. Nel S u d n o n c'eran o p o t e n t a t i locali c h e p o t e s s e r o r i n t u z z a r l e . U n p e z z o d i Puglia, la T e r r a d ' O t r a n t o e p a r t e della Calabria e r a n o tutt o r a p r e s i d i a t e d a g u a r n i g i o n i b i z a n t i n e , m a fatiscenti. L e popolazioni s o p p o r t a v a n o m a l e il puntiglioso fiscalismo d e i loro funzionari e n o n stimavano i loro soldati c h e un p u g n o di Saraceni spesso bastava a volgere in fuga. Per m e t t e r e o r d i n e in questa confusione, cioè p e r profitt a r n e , Enrico scese laggiù c o n un esercito di 50 mila u o m i ni, p i ù c h e sufficienti a d a c c e n d e r e n e i c u o r i d e i f e u d a t a r i italiani il s e n t i m e n t o della fedeltà a l l ' I m p e r o . Tutti infatti gli s ' i n c h i n a r o n o e gli r e s e r o o m a g g i o : a n c h e i D u c h i di B e n e v e n t o , che s e m p r e lo avevano rifiutato a g l ' I m p e r a t o r i . E n r i c o mosse c o n t r o i Bizantini p e r sloggiarli definitivam e n t e dalla penisola e unificarla sotto il suo scettro. Mise assedio a Troia in Capitanata, d o v e il grosso delle loro forze si e r a asserragliato, e l ' e s p u g n ò d o p o t r e mesi. La popolazione evitò il castigo accogliendo il vincitore con un coro di bambini che i n t o n a v a n o il Kyrie eleison, e si vendicò di lui col colera. Alla testa della sua t r u p p a falcidiata, E n r i c o p r e s e la via d e l r i t o r n o l a s c i a n d o a m e z z o l ' i m p r e s a . Fu un viaggio disastroso. I suoi u o m i n i c a d e v a n o p e r strada. Egli stesso e r a afflitto d a i calcoli r e n a l i c h e gli p r o c u r a v a n o terribili coliche. Fece a p p e n a in t e m p o ad a r r i v a r e a Gottinga, d o v e m o rì. E r a stato un curioso miscuglio di pietà, di castità e di ferocia. Aveva ucciso con lo stesso zelo c o n cui aveva p r e g a t o . La C h i e s a d i m e n t i c ò gli assassini, r i c o r d ò le p r e g h i e r e , e u n a ventina d ' a n n i d o p o l o canonizzò. A p p e n a l a notizia d e l l a s u a s c o m p a r s a g i u n s e i n Italia, Pavia si ribellò alla piccola g u a r n i g i o n e i m p e r i a l e c h e c'era rimasta, e la folla assaltò il palazzo reale, convinta di trovarci chissà chi o chissà cosa. N o n c'era nulla e n e s s u n o . Gli insorti se la r i p r e s e r o c o n l'edificio appiccandovi il fuoco e rad e n d o l o a l suolo. C o m m i s e r o u n delitto p e r c h é s i trattava dello storico palazzo di Teodorico. Ma il gesto e r a significa386

tivo. D i m o s t r a v a l'insofferenza d e l l e p o p o l a z i o n i italiane v e r s o o g n i vassallaggio a l l ' I m p e r o t e d e s c o , e n e l l o stesso t e m p o la fragilità di q u e s t o giogo. Ma forse le popolazioni si ribellavano a p p u n t o p e r c h é il giogo e r a fragile. L'esempio d i Pavia c o m u n q u e n o n e r a affatto indicativo dello stato d ' a n i m o nazionale, p e r c h é p r o p r i o m e n t r e il palazzo di T e o d o r i c o si c o n s u m a v a t r a le fiamme, u n a delegazione milanese si recava in G e r m a n i a p e r offrire al successore di Enrico la c o r o n a d'Italia e invitarlo a scendervi. Il successore e r a C o r r a d o I I i l Salico, che i n a u g u r a v a u n a n u o v a dinastia: quella di Franconia. E il c a p o della delegazione milanese e r a l'arcivescovo Ariberto, un p r e l a t o in t o n o coi suoi tempi: ambizioso, autoritario e più esperto di a r m i che di preghiere. C o r r a d o scese in Italia nel 1026, e vi trovò le accoglienze p i ù c o n t r a d d i t t o r i e . Pavia gli chiuse le p o r t e , ed egli dovette lasciarvi mezzo esercito p e r assediarla. Milano invece lo accolse c o n g r a n d i feste e r e c l a m ò l ' o n o r e di c o r o n a r l o in S a n t ' A m b r o g i o . A R a v e n n a d o v e fece sosta, i p o p o l a n i a g g r e d i r o n o i soldati tedeschi, e Io stesso I m p e r a t o r e d o v e t t e i n t e r v e n i r e di p e r s o n a p e r s e d a r e il t u m u l t o . A R o m a , lo att e n d e v a n o p o m p o s e c e r i m o n i e protocollari d a p a r t e d i Papa G i o v a n n i X I X c h e lo i n c o r o n ò , e l'ostilità d e l p o p o l i n o che attaccò i suoi soldati a m m a z z a n d o n e a g r a p p o l i . La r a p p r e s a g l i a fu s a n g u i n o s a . Molti r o m a n i f u r o n o d e c a p i t a t i e gettati nel Tevere. I sopravvissuti, p e r p e n i t e n z a , d o v e t t e r o sfilare a piedi n u d i e con u n a c o r d a al collo davanti a C o r r a do chiedendogli mercè. Ma q u a n t o p o c o il s e n t i m e n t o nazionale entrasse in q u e sti episodi di ribellione, lo d i m o s t r a quello d e l famoso Carroccio, che la retorica patriottica ha c o m p l e t a m e n t e svisato. L'arcivescovo A r i b e r t o , lo a b b i a m o visto, e r a stato il p i ù zelante sostenitore di C o r r a d o e della causa i m p e r i a l e t e d e sca. N o n c o n t e n t o di averlo sollecitato a s c e n d e r e in Italia, e r a t o r n a t o i n G e r m a n i a alla testa d i u n p i c c o l o e s e r c i t o l o m b a r d o p e r s o s t e n e r l o n e l l a lotta c o n t r o u n f e u d a t a r i o 387

riottoso. Anzi, si e r a distinto sul c a m p o di battaglia g u a d a g n a n d o s i gli elogi d e i cronisti d i lassù. Q u a n d o C o r r a d o v e n n e in Italia p e r la seconda volta, trovò Ariberto in g u e r ra coi ceti m e d i c h e si e r a n o ribellati al suo totalitarismo e r e c l a m a v a n o r i f o r m e sociali. Essi e r a n o usciti d a l l a città, avevano formato la lega della Motta, e Ariberto n ' e r a v e n u to a capo solo d o p o u n a sanguinosa battaglia. C o r r a d o indisse u n a dieta a Pavia p e r ascoltare i r a p p r e s e n t a n t i d e l l ' u n a e d e l l ' a l t r a p a r t e . Dal d i b a t t i t o capì c h e avevano r a g i o n e gl'insorti, e o r d i n ò l'arresto dell'Arcivescovo. Ma costui riuscì a fuggire e, r i p a r a t o a Milano, organizzò i p o p o l a n i i n t o r n o al Carroccio, p r e s e n t a n d o l o c o m e simbolo delle libertà municipali minacciate dall'invasore barbar o . I n realtà s i trattava d i b e n altro. A r i b e r t o e r a u n aristocratico d i s a n g u e t e d e s c o a n c h e lui, c h e voleva s e m p l i c e m e n t e salvare i p r o p r i immensi latifondi dalla riforma agraria c h e gl'insorti r e c l a m a v a n o . E r a i n s o m m a u n a lotta n o n d'idealità nazionali ma d'interessi, e Ariberto e r a il c a m p i o ne di quelli p i ù retrivi. Tuttavia riuscì a fanatizzare le masse, e Milano si d i m o s t r ò i m p r e n d i b i l e , f o r n e n d o così b u o n i p r e testi ai successivi esaltatori del s e n t i m e n t o nazionale. C o r r a d o s e n e t o r n ò i n G e r m a n i a piuttosto discreditato dall'insuccesso. Ma si lasciò d i e t r o u n a legge rivoluzionaria, c h e s c o m p a g i n ò t u t t a l ' i m p a l c a t u r a feudale della penisola: la Constitutio de feudis. Essa stabiliva che le t e r r e concesse ai feudatari m i n o r i - valvassori e valvassini -, q u a n d o costoro morivano, non tornavano ai grandi feudatari concedenti, ma a n d a v a n o agli eredi maschi dei defunti; e che le concessioni già fatte n o n p o t e v a n o essere revocate senza un valido motivo: quello che oggi c h i a m e r e m m o la «giusta causa». Era un c o l p o m o r t a l e ai latifondi e q u i n d i alla p o t e n z a della g r a n d e aristocrazia c h e li monopolizzava. D ' o r a in p o i valvassori e valvassini d i v e n t a v a n o di fatto piccoli p r o p r i e t a r i i n d i p e n d e n t i . La società, fin qui divisa in u n a casta m a g n a tizia e in u n a m a s s a p r o l e t a r i a , si a r r i c c h i v a di u n a classe media. 388

Questi contraddittori episodi ci fanno intravedere u n a situazione politica caotica e discorde che n o n si p r e s t a a ness u n tentativo d i ricostruzione unitaria. N o n s i p u ò n e m m e no d i r e c h e v'imperversa u n a lotta fra p o t e r e religioso e p o t e r e laico p e r c h é molti Signori laici si f a n n o p a l a d i n i della Chiesa p e r battersi c o n t r o l ' I m p e r o c h e v o r r e b b e asservirli, m e n t r e molti Vescovi e Arcivescovi si f a n n o p a l a d i n i d e l l ' I m p e r o p e r trovarvi u n sostegno a i p r o p r i privilegi. Q u e l l a c h e d i v a m p a v a i n Italia, n e i p r i m i d e c e n n i d e l Mille, e r a u n a sfrenata lotta d'interessi particolari, e basta. Inutile cercarvi un nesso. Tuttavia c'è un carattere che differ e n z i a la Penisola da t u t t o il r e s t o d ' E u r o p a : il fatto c h e il feudalesimo n o n vi ha mai c o m p l e t a m e n t e attecchito e n o n è riuscito a ruralizzare del tutto il Paese. A n c h e nel p e r i o d o p i ù buio, le città n o n sono scomparse. Sono decadute, si sono svuotate, h a n n o sonnecchiato, ma sono rimaste. Per il m o m e n t o n o n sono che villaggetti in p o sizione s u b a l t e r n a n e i confronti dei castellacci c h e li d o m i n a n o d a l l e a l t u r e circostanti, r o c c h e f o r t i d e l l ' a r i s t o c r a z i a t e r r i e r a e g u e r r i e r a , tutta di s a n g u e tedesco, che vi si è imp i a n t a t a d a p a d r o n a con l e invasioni. M a s t a n n o l e n t a m e n t e c o n q u i s t a n d o u n ' a u t o n o m i a s e m p r e p i ù larga e d elaborando degli o r d i n a m e n t i che r o z z a m e n t e si avvicinano a quelli democratici. Il f e n o m e n o è a p p e n a agl'inizi. Ma lo si comincia a intrav e d e r e specialmente là dove le circostanze lo c o n s e n t o n o , o a d d i r i t t u r a lo sollecitano. E il caso delle città m a r i n a r e , all'av a n g u a r d i a d i q u e s t o p r o c e s s o p e r d u e motivi. A n z i t u t t o p e r c h é si t r o v a n o fuori dai g r a n d i itinerari degli eserciti tedeschi che calano in Italia al seguito d e g l ' I m p e r a t o r i : il che toglie o g n i a p p o g g i o all'aristocrazia feudale. E p p o i p e r c h é queste città sono obbligate dalla minaccia dei corsari saraceni a u n a lotta che fa p i ù r a p i d a m e n t e m a t u r a r e nelle p o p o lazioni u n a coscienza civica. Esse n o n possono s p e r a r e aiuto da nessuno: né l'Imperatore né il Papa possiedono flotte. L'unica g a r a n z i a di salvezza sta nella disciplina degli e q u i 389

p a g g i . E questa p r e s u p p o n e la c o n c o r d i a d e i cittadini e facilita l'uguaglianza fra di essi. A n c h e q u i la r e t o r i c a nazionalista a l t e r a m o l t o la r e a l t à delle cose r a p p r e s e n t a n d o c i Venezia, Genova, Pisa e Amalfi c o m e sorelle u n i t e n e l n o m e d i C r i s t o p e r l a lotta c o n t r o l'infedele. N o n f u r o n o u n i t e mai, o quasi mai. Al c o n t r a r i o , o g n u n a di esse g o d e v a degl'insuccessi dell'altra, e in v a r i e occasioni vi collaborò d a n d o u n a m a n o ai Saraceni. G e n o v a osteggiò Pisa m e n t r e q u e s t a c o m b a t t e v a il c o m u n e n e m i c o in S a r d e g n a . Pisa distrusse la flotta di Amalfi. Venezia n o n p e n s a v a che a se stessa. Ma queste città, p i ù avanzate econom i c a m e n t e p e r via dei traffici marittimi, lo e r a n o a n c h e p o l i t i c a m e n t e . I n esse s i stava f o r m a n d o q u a l c o s a c h e s o m i gliava a u n o Stato di diritto. La vita u r b a n a dell'Italia ricominciava a p a l p i t a r e lì.

CAPITOLO QUARTO

I NORMANNI

Un m o n a c o dell'abbazia di Montecassino, scrivendo u n a c r o n a c a degli a n n i a cavallo del Mille, r a c c o n t ò che q u a r a n ta N o r m a n n i , di r i t o r n o da un pellegrinaggio a G e r u s a l e m m e , p a s s a r o n o p e r caso da Salerno e la t r o v a r o n o assediata dai Saraceni. Chiesero al p r i n c i p e G u a i m a r o , p a d r o n e della città, a r m i e cavalli, f u r o n o esauditi e o t t e n n e r o u n a splend i d a vittoria. Il p o p o l o li p o r t ò in trionfo, il Principe li colmò di d o n i e li p r e g ò di r e s t a r e al s u o servizio. «Dicono i N o r m a n n i d ' a v e r c o m b a t t u t o s o l t a n t o p e r a m o r d i Dio e della F e d e - c o n t i n u a la cronaca -, rifiutano i d o n i e vogliono r i p a r t i r e . Allora il Principe, r a d u n a t o il suo consiglio, fa a c c o m p a g n a r e d a ambasciatori gli ospiti c h e s e n e t o r n a n o nella loro t e r r a . E c o m e N a r s e t e aveva fatto coi L o n g o b a r d i , spedisce i n N o r m a n d i a aranci, m a n d o r l e , noci c a n d i t e , d o rate a r m a t u r e equestri p e r allettare quella gente a venire nel p a e s e d o v e si p r o d u c e v a n o t a n t e squisitezze.» N a t u r a l m e n t e l e cose e r a n o a n d a t e i n m a n i e r a assai diversa. Ma n o n c'è da meravigliarsi c h e i cronisti d e l t e m p o le a b b i a n o viste in u n a luce da chanson de geste p e r c h é l'imp r e s a n o r m a n n a , m a l g r a d o i suoi lati m e r c e n a r i , fu effettiv a m e n t e u n a chanson de geste, e anzi l'unica c h e si sia svolta in Italia. Ma i suoi protagonisti n o n e r a n o italiani. Normanni e r a n o chiamati, g e n e r i c a m e n t e , gli u o m i n i d e l N o r d , cioè gli scandinavi. Ma fra di l o r o essi si c h i a m a v a n o Vichinghi, c h e vuol d i r e « g u e r r i e r i » . E r a u n a qualifica c h e m e r i t a v a n o . Pungolati dalla p o v e r t à delle loro t e r r e , ne sciam a v a n o in cerca di p r e d a a b o r d o di esili navigli. A r r i v a r o no d a p p e r t u t t o , in Inghilterra, in Francia, in Islanda, in 391

G r o e n l a n d i a , e p e r f i n o in A m e r i c a d e l N o r d , d o v e p r e c e d e t t e r o di sei secoli Cristoforo C o l o m b o , ma senza r e n d e r s i conto che avevano scoperto un continente e senza t r a r n e n e s s u n a lezione. Analfabeti e p a g a n i , f u r o n o fra gli ultimi, in E u r o p a , a c o n v e r t i r s i al C r i s t i a n e s i m o . Ma n e m m e n o q u e s t o b a s t ò a s m o r z a r e la l o r o sete di a v v e n t u r e , di g u e r r a e di saccheggio. Nel n o n o secolo abbiamo già visto un loro g r u p p o istallarsi in quella provincia francese, che d'allora in poi doveva p o r t a r e i l l o r o n o m e : l a N o r m a n d i a . Forse n o n e r a n o c h e p o c h e centinaia, ma b a s t a r o n o a istituirvi un p o t e n t a t o che t e n n e col fiato sospeso t u t t o il t e r r i t o r i o e ne c o n d i z i o n ò la storia. Fu infatti p e r i meriti acquisiti nella sanguinosa resistenza ai N o r m a n n i che E u d o Capeto diventò Duca dei Franchi, c o m e a b b i a m o già d e t t o , e il suo p r o n i p o t e U g o si sostituì all'ultimo Re carolingio sul t r o n o di Parigi. Ma n e m m e n o q u a n d o ebbero a disposizione le pingui c a m p a g n e n o r m a n n e e gli sbocchi della Senna, del R o d a n o e della Loira p e r rifugio delle loro flotte corsare, diventaron o s e d e n t a r i . L a legge del m a g g i o r a s c a t o c h e i m p o n e v a l a trasmissione di titoli e p a t r i m o n i di p r i m o g e n i t o in p r i m o g e n i t o , c r e a v a a d o g n i n u o v a g e n e r a z i o n e u n a folla d i diseredati cadetti, disponibili p e r qualsiasi avventura. Essi dovevano sbalordire il m o n d o p e r la loro forza conquistatrice, p e r la loro adattabilità a t u t t e le latitudini, e p e r la rapidità c o n cui si assimilarono ai popoli vinti e si p e r s e r o in mezzo ad essi. U n o a n d ò in I n g h i l t e r r a , la sottomise e ne d i v e n n e Re. Altri finirono in Russia e vi f o n d a r o n o i p r i m i e p i ù forti p o t e n t a t i . Un g r u p p o , ai p r i m i d e l Mille, scese in Italia, forse p e r a n d a r e in pellegrinaggio a G e r u s a l e m m e , o vi fece sosta t o r n a n d o n e . O forse vi f u r o n o chiamati c o m e m e r c e n a r i dal Papa, o da q u a l c h e principotto del Sud. Abbiamo già detto del caos che r e g n a v a laggiù p e r il solito giuoco dei satrapi in lotta p e r u n a impossibile s u p r e m a zia. P a n d o l f o di C a p u a si allea o r a c o n Bisanzio, o r a con l ' I m p e r o , e li tradisce e n t r a m b i . La stessa tecnica s e g u o n o il 392

Duca di Napoli, Sergio, e G u a i m a r o di Salerno. N e m m e n o i raids m u s u l m a n i riescono a m e t t e r e d'accordo questi t u r b o lenti signorotti. E lo scompiglio d i s c h i u d e le p i ù allettanti prospettive a u o m i n i di v e n t u r a c o m e i N o r m a n n i che n o n c o m b a t t e v a n o affatto - c o m e diceva l ' i n g e n u o c r o n i s t a di Montecassino - p e r a m o r di Dio e della Fede, ma p e r cupidigia di t e r r e , castelli e titoli nobiliari. Essi si i s t a l l a r o n o n e l S u d , c o m e o g g i i m e r i d i o n a l i si istallano nel N o r d , il fratello c h i a m a n d o v i il fratello, e q u e sti il c u g i n o e il c o g n a t o . Il l o r o p r i m o c a p o fu Rainulfo D r e n g o t che, d o p o aver c o m b a t t u t o c o n t r o Pandolfo, ottenne in r i c o m p e n s a da Sergio le t e r r e e la contea di Aversa. Fu il focolaio d e l l ' i n f e z i o n e . O r a c h e ci a v e v a n o i m p i a n t a t o un'accreditata succursale, quei m o r t i di fame cominciarono a piovere s e m p r e più n u m e r o s i nel Sud. Ma - intendiamoci - n o n fu un'alluvione. Fu u n o stillicidio. M u o v e v a n o dal natio paesello in piccole b a n d e che a r r i v a v a n o d e c i m a t e p e r ché p e r strada si d o v e v a n o g u a d a g n a r e il p a n e a r r u o l a n d o si nelle g u e r r i c c i o l e c h e t r o v a v a n o sul l o r o i t i n e r a r i o . In c o m p e n s o , li aspettava un titolo e un p o d e r e p e r c h é Rainulfo li p r o m u o v e v a s u b i t o b a r o n i e col l o r o a i u t o slargava i confini del p r o p r i o feudo. Infatti, di lì a poco, la C o n t e a dei D r e n g o t d i v e n t ò Principato, e il villaggio di Aversa un piccola vivacissima capitale. La metastasi fu r a p i d a a n c h e p e r c h é i N o r m a n n i italiani r e s t a r o n o fedeli al principio del maggiorascato che, concent r a n d o titoli e p a t r i m o n i o sul p r i m o g e n i t o , i m p o n e v a ai cadetti di costruirsi la p r o p r i a fortuna. U n o di loro s ' i m p a d r o nì di C a p u a scacciandone i Pandolfo, un altro di Gaeta, un terzo diventò signore di Acerenza, un q u a r t o di Genzano. Dal Lazio al G a r g a n o fu un fiorire di castelli n o r m a n n i , un brulichìo di c o m p a g n i e di v e n t u r a agli o r d i n i di quegli spericolati capitani p r o n t i a battersi c o n t r o q u a l u n q u e n e m i c o p e r u n a fattoria. U n g i o r n o a r r i v a r o n o , t u t t ' i n s i e m e , sei fratelli c h e , d a l loro villaggio di origine, si c h i a m a r o n o Hauteville, in italia393

n o Altavilla. E r a n o f i g l i d i u n nobile spiantato c h e , p r o v v e dutili di u n o s c u d o e di u n a lancia, gli aveva d e t t o : «E o r a arrangiatevi». Si a r r a n g i a r o n o così b e n e che d o p o pochi ann i G u g l i e l m o , d e t t o B r a c c i o d i F e r r o , e r a già S i g n o r e d i Melfi e di Ascoli P i c e n o , D r o g o n e di Venosa, U l f r e d o di Mottola e Castellaneta. Ma la c a r r i e r a p i ù brillante la fecero gli ultimi d u e , R o b e r t o e R u g g e r o c h e , oltre alle d o t i militari, m o s t r a r o n o a n c h e u n autentico g e n i o politico. Roberto detto il Guiscardo debuttò come un capo brig a n t e a l servizio d e i s i g n o r o t t i p u g l i e s i t u t t o r a i n rivolta c o n t r o i Bizantini. Per dodici a n n i , con le sue s p a r u t e b a n d e , egli n o n d i e d e t r e g u a alle g u a r n i g i o n i di Costantinopoli e le r i d u s s e a c o n c e n t r a r s i e a r i n c h i u d e r s i in B a r i . Poi le sloggiò a n c h e di lì, e s p e l l e n d o definitivamente Bisanzio dall e r e s i d u e s u e teste d i p o n t e i n Italia. E r a l'ultimo l e g a m e c h e a n c o r a vincolava, sia p u r e s t a n c a m e n t e , la n o s t r a Penisola a C o s t a n t i n o p o l i , e t e n e v a in p i e d i la finzione d e l vecchio I m p e r o di C o s t a n t i n o . O r i e n t e e O c c i d e n t e c h e lo scis m a stava già p e r dividere sul p i a n o religioso, divorziavano su quello politico. A R o m a , il P a p a L e o n e IX aveva seguito d a p p r i m a con fav o r e le brillanti i m p r e s e di R o b e r t o p e r c h é ai suoi occhi orm a i i bizantini r a p p r e s e n t a v a n o gli «eretici». Ma il Guiscardo d i m o s t r ò q u a n t i p o c h i scrupoli di o r t o d o s s i a si facesse, i m p a d r o n e n d o s i a n c h e di alcuni t e r r i t o r i pontifici. Egli ten e v a il P a p a nello stesso c o n t o in cui teneva i Signori pugliesi e calabresi che lo avevano assoldato e ch'egli spodestò u n o d o p o l'altro, c o m p r e s o Gisulfo d i S a l e r n o c h e , p e r p r o p i ziarselo, gli aveva d a t o in moglie la figlia. R o b e r t o si p r e s e la ragazza, ma c o m e d o t e reclamò e i n c a m e r ò tutto il p a t r i m o nio. Così, salvo Napoli, r i m a s e p a d r o n e di Calabria, Puglia e Campania. S p a v e n t a t o , L e o n e gli m o s s e g u e r r a m e t t e n d o s i egli stesso alla testa d e l l ' e s e r c i t o . Ma aveva la stoffa d e l S a n t o , n o n d e l g e n e r a l e . Fu b a t t u t o e c a t t u r a t o . R o b e r t o , invece, 394

o l t r e c h e d e l g e n e r a l e , a v e v a l a stoffa d e l l ' u o m o politico. T r a t t ò il p r i g i o n i e r o c o m e o s p i t e , se ne accattivò le s i m p a tie, e lo r i m a n d ò a m o r i r e a R o m a . Il n u o v o pontefice Nicola II r i c o n o b b e il fatto c o m p i u t o , e n o m i n ò R o b e r t o d u c a di Calabria. N e l f r a t t e m p o R u g g e r o , visto c h e suo fratello n o n aveva bisogno di lui p e r assicurare alla famiglia tutto lo stivale dalla Ciociaria in giù, aveva imboccato la s t r a d a della Sicilia. Q u i l'osso e r a p i ù d u r o p e r c h é a p r e s i d i a r e l'isola n o n c ' e r a n o le stanche g u a r n i g i o n i bizantine, ma i p o d e r o s i eserciti saraceni. Essi n o n t e n e v a n o p i ù la Sicilia c o m e t e r r a di c o n q u i s t a . L'isola e r a o r m a i u n a p r o v i n c i a m u s u l m a n a d i p i e n o diritto, g o v e r n a t a da u n a dinastia arabo-sicula, i Kainiti, saggi e illuminati a m m i n i s t r a t o r i . Ma p r o p r i o in quegli a n n i l'unità c h e essi a v e v a n o i n s t a u r a t o si e r a r o t t a e a n c h e lì lo Stato e r a stato sopraffatto dalle stesse forze centrifughe che n e l l ' E u r o p a cristiana avevano p r o v o c a t o il feudalesimo. B e n t u m n e , s i g n o r e d i Siracusa, i n lotta c o n t r o l ' e m i r o d i A g r i g e n t o , c h i a m ò i N o r m a n n i , e R u g g e r o scese alla l o r o testa, b e n deciso a r i p e t e r e coi Saraceni il giuoco che suo fratello aveva fatto coi D u c h i pugliesi. N o n si sa q u a n t i u o m i n i avesse al s e g u i t o . C ' è chi dice u n a t r e n t i n a s o l t a n t o . Forse e r a n o q u a l c h e centinaio, m a n o n d i più. I Saraceni p e r ò c a p i r o n o subito c h e s p r o p o s i t o a v e v a n o fatto ad a s s o l d a r e q u e i m e r c e n a r i . E c e r c a r o n o di p o r v i rim e d i o f a c e n d o un fronte u n i c o c h e tuttavia funzionò fino a un c e r t o p u n t o . Il «teatro dei p u p i » siciliano rievoca a n c o r a , i n f a n t i l m e n t e m i t i z z a n d o l e , le gesta d e i c o n q u i s t a t o r i n o r m a n n i . Ma l ' e p o p e a ha in realtà qualcosa di prodigioso, che l'avvicina a quella delle C r o c i a t e . La c o n q u i s t a di Messina, la «lunga marcia» su Castrogiovanni, le battaglie del Dittàino e di C e r a m i s o n o d a v v e r o a l t r e t t a n t e chansons de geste. L ' i m p r e s a fu l u n g a . A n c h e d o p o la c a p i t o l a z i o n e di Pal e r m o nel 1072, gli Arabi s e g u i t a r o n o a resistere nel m o n t a g n o s o c u o r e dell'isola, d o v e p r o b a b i l m e n t e g e t t a r o n o e lasciarono il s e m e della «mafia». Ci vollero altri v e n t ' a n n i di 395

rastrellamenti e d'imboscate p r i m a che R u g g e r o , con la p r e sa di N o t o e B u t e r a , si sentisse definitivamente p a d r o n e . Ma p o t e v a c o n t e n t a r s i . Nello spazio d i u n a g e n e r a z i o n e , gli squattrinati Altavilla, v e n u t i in Italia a fare i soldati di vent u r a , a v e v a n o messo i n s i e m e un r e g n o , d e s t i n a t o a r e s t a r e p e r ottocento a n n i la p i ù stabile p o t e n z a italiana. I l r a c c o n t o della l o r o a v v e n t u r a c i h a obbligati a n c o r a u n a volta a un a n t i c i p o sul n o s t r o o r a r i o di m a r c i a . I n t e r r o m p i a m o n e d u n q u e il filo p e r r i p r e n d e r e quello degli altri a v v e n i m e n t i della Penisola. M a n o n senza t r a r n e u n a conclusione p i u t t o s t o a m a r a . I N o r m a n n i f u r o n o i p r i m i m e r cenari che fecero capolino in Italia. E il l o r o folgorante successo d i m o s t r ò a c h e basso livello fossero scese le n o s t r e qualità militari. Da allora l'Italia diventò la Mecca del m e r c e n a rismo e u r o p e o , e da allora p r e s e il vizio di c h i a m a r e un invasore a liberarla da un altro invasore. A b b i a m o s e g u i t a t o a farlo fino ai n o s t r i g i o r n i , nostri giorni compresi.

CAPITOLO QUINTO

I L GRANDE SCISMA

Da secoli i r a p p o r t i della C h i e s a d ' O c c i d e n t e c o n q u e l l a d ' O r i e n t e e r a n o p u r a m e n t e teorici. Il Vescovo di R o m a e il Patriarca d i Costantinopoli n o n a v e v a n o n e m m e n o p o t u t o c o n t i n u a r e u n dialogo p e r c h é m a n c a v a tra loro o g n i mezzo di comunicazione. I viaggi e r a n o l u n g h i e difficili. Diventar o n o quasi del t u t t o impossibili d o p o l ' e r u z i o n e a r a b a c h e fece d e l M e d i t e r r a n e o o r i e n t a l e u n lago m u s u l m a n o . Solo q u a n d o l'impeto conquistatore dei Califfi e degli Emiri si fu placato, il clero d'Occidente e quello d ' O r i e n t e t o r n a r o n o a incontrarsi. Ma s t e n t a r o n o a riconoscersi. Anzitutto, n o n p a r l a v a n o p i ù la stessa l i n g u a p e r c h é gli orientali avevano d i m e n t i c a t o il latino, m e n t r e gli occidentali n o n avevano mai i m p a r a t o il greco. Gli orientali p r e g a v a n o in piedi, gli occidentali in ginocchio. Gli orientali battezzavano p e r i m m e r s i o n e , gli occidentali p e r a s p e r s i o n e . Gli orientali avevano l'obbligo della b a r b a e il p e r m e s s o del m a t r i m o n i o , gli occidentali l'obbligo di r a d e r s i e il divieto di sposarsi (anche se n o n lo rispettavano). In c o m u n e n o n avev a n o n e p p u r e il simbolo della Croce: quella degli orientali aveva le d u e braccia di uguali dimensioni, m e n t r e quella d e gli occidentali aveva il braccio verticale p i ù l u n g o . A n c h e la liturgia differiva: gli occidentali celebravano l'Eucaristia con p a n e n o n lievitato, e d u r a n t e la q u a r e s i m a p o t e v a n o m a n giare u o v a e formaggio: cosa che faceva i n o r r i d i r e gli orientali. Su queste differenze, che p o t e v a n o essere facilmente a p pianabili, se n ' e r a innestata un'altra, c h e intaccava il d o g m a . Il p r i m o Concilio E c u m e n i c o che si e r a t e n u t o a Nicea nel397

l ' a n n o 325 aveva p r o c l a m a t o c h e , n e l mistero della Trinità, 10 S p i r i t o S a n t o p r o m a n a d a l P a d r e : ex Patre procedit. E a q u e s t a d e c i s i o n e la C h i e s a O r i e n t a l e si e r a s e r b a t a fedele. I n v e c e q u e l l a O c c i d e n t a l e , i n u n concilio t e n u t o a T o l e d o n e l 589, aveva stabilito c h e lo Spirito S a n t o p r o m a n a dal Pad r e e d a l Figlio: ex Patre Filioque procedit. I teologi g r e c i , q u a n d o lo seppero, considerarono questa interpretazione c o m e eretica p e r c h é , dissero, l o Spirito S a n t o p r o m a n a dal P a d r e attraverso e n o n a n c h e dal Figlio. Di f r o n t e a q u e s t a protesta, i Papi c e r c a r o n o di n o n c o m p r o m e t t e r s i . E la driatriba rimase sospesa in aria. Ma il v e r o c o n t r a s t o e r a di p o t e r e e di p r i m a t o . Il P a p a e r a , a R o m a , un Sovrano, i n d i p e n d e n t e e assoluto, n o n solt a n t o n e l c a m p o spirituale, m a a n c h e i n quello t e m p o r a l e . 11 fatto c h e o g n i t a n t o venisse d e p o s t o , scacciato e a n c h e sgozzato da q u a l c h e nobilastro locale, o dalla plebe inferocita, o d a u n I m p e r a t o r e a u t o r i t a r i o , n o n significa nulla: e r a u n a sorte che, a quei tempi, poteva capitare a chiunque. G i u r i d i c a m e n t e , egli aveva un illimitato p o t e r e di decisione c h e , q u a n d o i l P a p a t o c a d e v a i n m a n o a u n u o m o risoluto c o m e u n G r e g o r i o M a g n o , s i faceva s e n t i r e , e c c o m e . Esso aveva avuto d e l resto l'avallo d e l p i ù g r a n d e d e g l ' I m p e r a t o ri, C a r l o m a g n o , c h ' e r a v e n u t o a R o m a , si e r a inginocchiato di fronte al Papa, e da lui si e r a fatto i n c o r o n a r e . Il Patriarca di Costantinopoli e r a , al c o n t r a r i o , il cappell a n o d e l l ' I m p e r a t o r e . Questi n o n solo lo n o m i n a v a e lo d e p o n e v a a suo piacere, ma aveva a n c h e diritto d ' i n d i r e i concili e d ' i n t r o m e t t e r s i n e l l e q u e s t i o n i t e o l o g i c h e . A n c h e in q u e s t o caso n o n conta c h e talvolta u n Patriarca risoluto abbia i m p o s t o la p r o p r i a volontà al suo S o v r a n o , e lo abbia biasimato e magari disobbedito. Giuridicamente, restava un s u b o r d i n a t o . E ciò aveva fatto sì c h e , m e n t r e il c l e r o occid e n t a l e , investito di grosse responsabilità t e m p o r a l i , aveva d o v u t o occuparsi p i ù di politica e di a m m i n i s t r a z i o n e che di d o t t r i n a , quello orientale si e r a rifugiato nella teologia, aiutato a n c h e dal g r a n d e r e t a g g i o della c u l t u r a greca c h e lo al398

lenava alla speculazione filosofica, di cui l'Occidente e r a rim a s t o invece d i g i u n o . I p r e t i di C o s t a n t i n o p o l i c o n s i d e r a v a n o i l o r o colleghi di R o m a c o n s o v r a n o d i s p r e z z o , c o m e d e i p a r r o c i di c a m p a g n a rozzi e i g n o r a n t i , e facevano rilev a r e c o n a r r o g a n z a c h e la Chiesa d o v e v a alla l i n g u a g r e c a a n c h e i t e r m i n i liturgici e g e r a r c h i c i : Battesimo, Eucaristia, Diocesi, Vescovo, Diacono, Monaco, eccetera. U n a p r i m a minaccia di scisma ci fu nella s e c o n d a m e t à del n o n o secolo, q u a n d o sul soglio di R o m a salì Nicola I, un sacerdote della stessa stoffa di G r e g o r i o M a g n o . I Papi avev a n o s e m p r e sostenuto d i essere, c o m e diretti e r e d i d i S a n Pietro, fondatore della Chiesa R o m a n a , gli unici r a p p r e s e n tanti d e l Figlio di Dio in t e r r a . Ma p o c h i a v e v a n o a v u t o la forza di c o m p o r t a r s i c o m e se lo fossero r e a l m e n t e . Q u a n d o Nicola, nell'indossare la tiara, si p r o c l a m ò Signore di tutti i cristiani, quali che fossero i loro titoli e g r a d i , tutti credettero c h e si trattasse d ' u n ' a f f e r m a z i o n e p u r a m e n t e platonica. Ma Nicola la fece seguire dai fatti. O r d i n ò a L o t a r i o , Re di L o r e n a , di r i p r e n d e r s i la moglie licenziando l'amante Guald r a d a , e i m p o s e all'Arcivescovo di Reims, c h e l'aveva s e m p r e fatta da p a d r o n e nella sua diocesi, di r e i n s e d i a r e un vescovo da lui d e p o s t o . Il p i ù refrattario ad accettare il p r i m a t o del P a p a su ogni altro p o t e r e e r a l ' I m p e r a t o r e d ' O r i e n t e : n o n solo p e r c h é d a s e m p r e a b i t u a t o a d esercitarlo lui sulla Chiesa; m a s o p r a t tutto p e r c h é n o n i n t e n d e v a r i n u n z i a r e alla sua sovranità su R o m a , a n c h e se n o n aveva la forza di esercitarla. Il vero e r e de d e l l ' I m p e r o R o m a n o seguitava a considerarsi lui, a n c h e d o p o che la c o r o n a e r a stata cinta da C a r l o m a g n o e da q u e sti e r a passata ai suoi successori. R o m a n o n e r a p i ù c h e un villaggio. Ma questo villaggio p o r t a v a un n o m e di risonanza universale. L a crisi scoppiò q u a n d o sul t r o n o d i C o s t a n t i n o p o l i sedeva Michele I I I . Sua moglie T e o d o r a fece e l e g g e r e al Pat r i a r c a t o un m o n a c o di fervida fede e d ' i n d o m i t o c a r a t t e r e , I g n a z i o . Q u e s t i d e n u n z i ò p e r a d u l t e r i o e incesto il p r i 399

mo ministro C e s a r e B a r d a s , c h e aveva scacciato la moglie e viveva c o n la v e d o v a di suo figlio. Il p o t e n t e B a r d a s d e p o se I g n a z i o e n o m i n ò al s u o p o s t o Fozio. E r a a n c h e costui u n u o m o d i alte qualità intellettuali e morali, u n eccellente o r a t o r e , u n a m m i n i s t r a t o r e s c r u p o l o s o , u n sottile filosofo, a u t o r e d i u n ' e n c i c l o p e d i a . M a e r a a n c h e u n laico, e p e r d i p i ù e u n u c o . Su o r d i n e di B a r d a s (e ciò d i m o s t r a q u a n t o le a u t o r i t à religiose fossero sottomesse a q u e l l e politiche), in u n a corsa a t a p p e di sei g i o r n i , i Vescovi lo c o n s a c r a r o n o : p r i m a m o n a c o , p o i l e t t o r e , vice-diacono, p r e t e , e P a t r i a r ca. Ma I g n a z i o rifiutò di d i m e t t e r s i e fece a p p e l l o al P a p a Nicola. Nicola m a n d ò alcuni messi a Michele c o n u n a lettera in cui affermava il principio che, nei casi di grave contestazion e , stava al P a p a d e c i d e r e . Michele, p e r tutta risposta, i n d i s se un concilio che ratificò l'elezione di Fozio, e a n c h e i messi del P a p a l ' a p p r o v a r o n o . Al loro r i t o r n o a R o m a , Nicola li r i p u d i ò , o r d i n ò a l l ' I m p e r a t o r e di r e i n s e d i a r e Ignazio e, ved e n d o s i d i s o b b e d i t o , s c o m u n i c ò Fozio. C o s t u i rispose c o n u n a dichiarazione sprezzante: «Degli u o m i n i usciti dalle ten e b r e dell'Occidente h a n n o tutto c o r r o t t o con l a l o r o i g n o r a n z a . Il colmo della loro e m p i e t à è stato quello di a g g i u n g e r e p a r o l e arbitrarie al sacro testo riconosciuto dai Concili, d i c e n d o c h e l o Spirito S a n t o n o n p r o m a n a solo dal P a d r e , ma a n c h e dal Figlio. E questa è u n a r i n u n z i a al m o n o t e i s m o cristiano». Da accorto polemista, Fozio aveva spostato la diatriba sul p i a n o del d o g m a , dove sapeva di p o t e r c o n t a r e sulla solidarietà di tutti i teologi orientali. Ma a p p u n t o su q u e sto p i a n o il conflitto diventava pericoloso. Alla minaccia di B a r d a s di m a n d a r e un esercito a d e p o r r e i l Papa, questi replicò con u n p r o c l a m a n o n m e n o sprezz a n t e : «Noi n o n a b b i a m o invaso C r e t a , Noi n o n a b b i a m o s p o p o l a t o la Sicilia, Noi n o n a b b i a m o calpestato la Grecia, Noi n o n a b b i a m o bruciato le chiese fin nella periferia di Costantinopoli; e p p u r e , m e n t r e questi p a g a n i (gli Arabi) conq u i s t a n o , i n c e n d i a n o e s a c c h e g g i a n o (i vostri territori) n o i , 400

cristiani cattolici, ci v e d i a m o esposti alla v a n a intimidazione delle vostre a r m i . Voi assolvete B a r a b b a e uccidete Cristo.» A l o r o volta l ' I m p e r a t o r e e Fozio risposero i n d i c e n d o un sec o n d o concilio, d o v e v e n n e r o affrontati i d u e p r o b l e m i p i ù spinosi: quello d e l Filioque, e quello del celibato di cui i p r e t i o r i e n t a l i f u r i o s a m e n t e r e s p i n g e v a n o la r e g o l a . «I frutti di q u e s t o b a r b a r o uso - disse Fozio che, c o m e e u n u c o , sfuggiva al sospetto di d i f e n d e r e p e r s o n a l i interessi coniugali - li v e d i a m o nello stesso O c c i d e n t e , d o v e legioni di figli di p r e d i g n o r a n o chi sia il loro p a d r e . » Il litigio s a r e b b e forse sboccato sin d ' a l l o r a n e l divorzio fra le d u e Chiese, se la m o r t e n o n avesse quasi simultaneam e n t e falciato i principali protagonisti. Nicola spirò nel p r o p r i o letto (867). S u b i t o d o p o l ' u s u r p a t o r e Basilio I , d o p o aver assassinato B a r d a s , fece s p a r i r e a n c h e Michele e s'istall ò a l s u o p o s t o . Fozio, p e r q u a n t o eretico agli occhi d i R o m a , n o n e r a u o m o d a avallare simili delitti. C o m e Sant'Amb r o g i o aveva fatto a Milano con Teodosio, egli scacciò Basilio d a l l a chiesa d i S a n t a Sofia, d i c e n d o g l i c h e l e s u e m a n i s p o r c h e d i s a n g u e n o n e r a n o d e g n e d i tuffarsi n e l l ' a c q u a santiera. Basilio lo d e p o s e e r i c h i a m ò al Patriarcato Ignazio. Ma q u a n d o a n c h e questi di li a p o c o m o r ì , restituì la carica a Fozio, c h e o r m a i si e r a g u a d a g n a t o il r i s p e t t o di t u t t o il clero orientale. I l successore d i p a p a Nicola, Giovanni V i l i , u o m o d i b e n diversa e p i ù molle t e m p r a , m a n d ò messi al Concilio di C o stantinopoli che riconfermava Patriarca l'ex-scomunicato. Costoro g r i d a r o n o coi Vescovi orientali: «Chi n o n riconosce Fozio, è con Giuda!» C o m e si v e d e , a n c h e in fatto di religion e , o r t o d o s s i a ed e r e s i a v a n n o s e c o n d o il c a l e n d a r i o e gli u m o r i di chi lo sfoglia. Fozio in seguito fece a g g i u n g e r e agli atti d e l Concilio u n a l e t t e r a c o n f i d e n z i a l e d e l P a p a c h e , a p r o p o s i t o del Filioque, diceva: «Noi la p e n s i a m o c o m e voi, e t e n i a m o p e r trasgressori della p a r o l a di Dio chi sostiene c h e lo Spirito Santo p r o m a n a dal Figlio oltre c h e dal P a d r e . Ma c r e d i a m o c h e la r i n u n z i a a q u e s t a b e s t e m m i a si p o s s a p i ù 401

facilmente o t t e n e r e col tatto e la persuasione». Q u e s t a letter a p e r ò e r a apocrifa. Parve c h e il P a p a t o avesse c e d u t o . Viceversa aveva solo p r e s o t e m p o p e r s u p e r a r e il m a r a s m a in cui e r a precipitato e di cui abbiamo già d e t t o . Silvestro II e r a riuscito solo a imporvi u n a t r e g u a . Ma con l'elezione di L e o n e IX n e l 1049, il conflitto si riaprì con Costantinopoli. Q u i nello stesso t e m p o e r a salito al P a t r i a r c a t o Michele C e r u l a r i o : un u o m o colto, di viva intelligenza e di forte vol o n t à . Veniva da u n a famiglia nobile e ricca. E s e b b e n e la vocazione lo avesse c o n d o t t o in un o r d i n e monastico, aveva trascorso la vita p i ù nella politica che nella contemplazione. D a b u o n o r i e n t a l e , cresciuto i n u n a città r i m a s t a a l r i p a r o d a l l e invasioni b a r b a r i c h e , c o r r o t t a , m a raffinata, n u t r i v a un certo disprezzo p e r l'Italia germanizzata e p e r il suo cler o s e m i a n a l f a b e t a . P r i m a d i d i v e n t a r e P a t r i a r c a e r a stato Ministro. E il s u o p a t r i o t t i s m o e r a r i m a s t o offeso dal fatto c h e il Papato si fosse a p p r o p r i a t o dell'Esarcato bizantino di Ravenna e ora coronasse come Imperatori romani dei Re tedeschi, c r e a n d o così u n ' a u t o r i t à in c o n c o r r e n z a con quella di Costantinopoli, che ancora pretendeva a un primato t e m p o r a l e , sia p u r e platonico, su tutto il m o n d o cristiano. Assunta la s u p r e m a carica religiosa, Michele fece compil a r e d a u n m o n a c o g r e c o u n t r a t t a t o i n cui s i criticavano a s p r a m e n t e c o m e c o n t r a r i e a l l ' e s e m p i o apostolico t u t t e l e riforme che P a p a L e o n e stava i n t r o d u c e n d o nella regola ecclesiastica: dalla Eucaristia con p a n e n o n lievitato all'obbligo d e l celibato e alla p r o i b i z i o n e della b a r b a . Ma t u t t o questo n o n e r a c h e u n p r e t e s t o . C e r u l a r i o voleva s e m p l i c e m e n t e riaffermare il p r i m a t o della Chiesa o r i e n t a l e c o s t r i n g e n d o R o m a a riconoscerlo c o n un a t t o di sottomissione c o m e ai t e m p i di Fozio. L e o n e cercò di evitare l'urto e spedì legati a Costantinopoli. L ' I m p e r a t o r e , c h e laggiù r a p p r e s e n t a v a u n a specie d i C o r t e di Cassazione delle d i s p u t e religiose, si m o s t r ò concil i a n t e . Ma C e r u l a r i o fu i r r e m o v i b i l e . Forse i d u e si e r a n o 402

messi d'accordo p e r recitare le d u e p a r t i in c o m m e d i a . I L e gati allora d e p o s i t a r o n o sull'altare di S a n t a Sofia u n a «bolla» che scomunicava il Patriarca. Questi rispose c o n v o c a n d o a concilio i r a p p r e s e n t a n t i del clero orientale, che si dichiar a r o n o solidali con lui in tutto, c o m p r e s a la barba. Il g r a n d e scisma e r a c o n s u m a t o . Il m o n d o cristiano si e r a spezzato in d u e Chiese: quella r o m a n a che si chiamò «cattolica», cioè universale; e quella greco-orientale che si c h i a m ò «ortodossa», cioè fedele al d o g m a . C o r r e v a l ' a n n o 1054.

CAPITOLO SESTO

GREGORIO ED ENRICO

Nello stesso a n n o 1054, L e o n e m o r ì . La Chiesa lo santificò, in tal m o d o a v a l l a n d o n e l ' o p e r a t o . E la Storia lo a d o t t ò come «il Papa dello scisma». In realtà il v e r o p r o t a g o n i s t a di q u e l g r a n d e a v v e n i m e n t o e r a stato u n piccolo m o n a c o toscano d e l l ' o r d i n e b e n e d e t tino: I l d e b r a n d o d a Soana. Pochi i n q u e l m o m e n t o sapevano di lui, c h e n o n occupava n e s s u n a carica in vista. Ma q u e s t ' u o m o d i c o r p o r a t u r a meschinella, r e s a fragile d a i digiun i , già esercitava sulla C u r i a u n i m m e n s o p o t e r e , d o v u t o soltanto al suo p e r s o n a l e prestigio. Aveva d e b u t t a t o c o m e c a p p e l l a n o d i G r e g o r i o V I , u n o d e i P a p i c h e s i e r a n o d i s p u t a t i l a t i a r a d o p o l a fuga d e l l o scandaloso B e n e d e t t o IX n e l 1044 e c h e p o i e r a stato a sua volta d e p o s t o . I l d e b r a n d o gli e r a r i m a s t o fedele e si e r a rifugiato con lui a Colonia. D o p o , se ne p e r d o n o le tracce. Ma p a r e c h e si fosse ritirato a Cluny, del cui spirito r i f o r m a t o r e era impregnato. C o m u n q u e , è certo che ricomparve a Roma al seguito d e l Vescovo cluniacense E g i s h e i m - D a g s b u r g , eletto P a p a col n o m e d i L e o n e IX. Ildebrando fu nominato preposto del Monastero di San Paolo fuori le m u r a . Ma il p o t e r e gli veniva d a l l ' a s c e n d e n t e p e r s o n a l e c h e e s e r c i t a v a sul P a p a . Q u e s t i , d a solo, n o n a v r e b b e osato la r o t t u r a col Patriarca di C o s t a n t i n o p o l i . E r a u n s a n t ' u o m o , m a n o n m o l t o r i s o l u t o . I l d e b r a n d o invece aveva l'intransigenza del g u e r r i e r o della F e d e , i n c a p a c e di c o m p r o m e s s i . Per lui la Chiesa e r a l'incarnazione di Cristo, e q u i n d i n o n p o t e v a e s s e r e c h e u n i c a , s o v r a n a e assoluta. C h i si ribellava al s u o p r i m a t o o lo m e t t e v a in d u b b i o e r a 404 \

u n eretico, e c o m e tale d a sconsacrare. M o r t o L e o n e , I l d e b r a n d o r i m a s e l ' e m i n e n z a g r i g i a d e l l a C u r i a . F u lui c h e senza a p p a r i r e i n p r i m o p i a n o n e resse i l t i m o n e p e r ventic i n q u e a n n i i n u n a situazione politica e s t r e m a m e n t e i n g a r bugliata, c h e noi c e r c h e r e m o d i semplificare p e r c o m o d i t à del lettore. C o r r a d o il Salico e r a s c o m p a r s o nel 1039, e a lui e r a successo E n r i c o I I I , d e t t o «il N e r o » : un giovanotto religiosissim o , che aveva subito fatto p a c e con l'arcivescovo Ariberto e cercava di servire al meglio gl'interessi della Chiesa. E r a stato lui c h e n e l 1046 aveva e l i m i n a t o lo scandalo d e i q u a t t r o Papi c h e si c o n t e n d e v a n o il Soglio facendovi e l e g g e r e Clem e n t e I I . T o r n ò in Italia n e l 1055 su invito di P a p a Vittore II, il successore di Leone, spaventato dalle minacce norm a n n e al confine m e r i d i o n a l e dei suoi Stati. Ma di pericoli, sul P a p a , n e i n c o m b e v a a n c h e u n o a N o r d . Beatrice, r i m a sta v e d o v a d e l m a r c h e s e Bonifacio di Toscana, aveva r i s p o sato un a v v e n t u r i e r o tedesco, Goffredo di L o r e n a d e t t o «il Barbuto». Costui voleva d a r e un significato effettivo al titolo p o r t a t o g l i in d o t e dalla m o g l i e . Il M a r c h e s a t o si e r a , c o m e d o v u n q u e , spezzettato in feudi. O g n i signorotto e o g n i città facevano p e r c o n t o p r o p r i o . Firenze, sebbene fosse u n b o r go di d u e o t r e m i l a a b i t a n t i , cacciò a d d i r i t t u r a il vescovo M e z z a b a r b a a p p u n t o p e r c h é faceva t r o p p o gl'interessi d e l Marchese. G o f f r e d o t r a t t ò i ribelli c o n m a n o p e s a n t e , s i a n n e s s e con la violenza b u o n a p a r t e dell'Emilia e delle M a r c h e e il Ducato di Spoleto. E in q u e l m o m e n t o e r a d i v e n t a t o , a l m e no sulla carta, il p i ù forte S i g n o r e d'Italia i n s i e m e ai N o r m a n n i . C o n costoro s i e r a a c c o r d a t o i n vista d i u n a spartiz i o n e d e l l a Penisola. E n a t u r a l m e n t e il p i ù m i n a c c i a t o di tutti e r a il P a p a , i cui Stati facevano da cuscinetto fra q u e s t e d u e forze. E n r i c o scese p e r t r a r r e V i t t o r e d a q u e l l a m o r s a . E l a c o m p a r s a d e l suo p o d e r o s o esercito bastò a m e t t e r e in fuga il B a r b u t o che r i e n t r ò p r e c i p i t o s a m e n t e in L o r e n a . Beatrice 405

fece atto di vassallaggio a Enrico, riconoscendo la sovranità imperiale sul suo Marchesato e r e s t i t u e n d o il mal tolto ai legittimi titolari emiliani, marchigiani e spoletani. Enrico risalì le Alpi giusto in t e m p o p e r m o r i r e in patria nel 1056. Lasciava un e r e d e di sei a n n i , che fu p r o c l a m a t o u g u a l m e n t e I m p e r a t o r e c o n i l n o m e d i E n r i c o I V sotto l a r e g g e n z a d i sua m a d r e , Agnese di Poitiers. Alla Dieta che gli conferì il titolo p a r t e c i p a r o n o a n c h e papa Vittore e il B a r b u t o . A m b e d u e r i e n t r a r o n o subito d o p o in Italia, ma con o p p o s t e intenzioni: Vittore b e n deciso a restar fedele a l l ' I m p e r a t o r e , suo p u n t e l l o ; il B a r b u t o intenzionato ad approfittare della sua m i n o r e età p e r c o n d u r r e a t e r m i n e i p r o p r i disegni. Gli se ne offrì subito il d e s t r o p e r c h é Vittore m o r ì sulla s t r a d a d e l r i t o r n o . Goffredo n e a p profittò p e r i m p o r r e sul Soglio un p r o p r i o fratello, Stefano I X . Il p i a n o e r a chiaro. Goffredo d a v a a Stefano la tiara di P a p a . Stefano a v r e b b e d a t o a Goffredo la c o r o n a d'Italia. M a n o n fece i n t e m p o p e r c h é a n c h e Stefano m o r ì . Successe u n o dei soliti parapiglia. Goffredo fece eleggere un altro suo accolito col n o m e di Nicola I I . I nobili r o m a n i , p e r r i p r e n d e r e il controllo della situazione, elessero u n o dei l o r o col n o m e d i B e n e d e t t o X . Vinse Nicola c o n l a forza, cioè con le b a n d e a r m a t e di Goffredo. E n o n g o v e r n ò male. Ma fece gl'interessi del suo p r o t e t t o r e e dei suoi alleati norm a n n i a d e t r i m e n t o d e l p a r t i t o filoimperiale. Q u e s t o aveva i l s u o p i ù a u t o r e v o l e e s p o n e n t e i n G u i d o , Arcivescovo d i Milano. Il P a p a lo scomunicò. E n o n c'è d u b b i o c h e queste m a n o v r e furono suggerite o a l m e n o avallate da I l d e b r a n d o . Esse c o n t i n u a r o n o , anzi si fecero p i ù v i g o r o s e , sotto il successore di Nicola, il Vescovo di Lucca A n s e l m o da Baggio, salito al Soglio col n o m e di Alessandro II e con l'appoggio di Goffredo. La C o r t e imperiale n o n fu n e m m e n o inform a t a della elezione, e n o n la riconobbe. L'undicenne i m p e r a t o r e fu spinto da sua m a d r e e dai suoi consiglieri a indire u n a Dieta a Basilea, c h e a n n u l l ò la n o m i n a di A l e s s a n d r o , «eletto n o n d a i R o m a n i , ma dai Toscani e dai N o r m a n n i » , 406

cui c o n t r a p p o s e il Vescovo di P a r m a , C a d a l o , col n o m e di O n o r i o I I . I d u e Papi si s c o m u n i c a r o n o a vicenda, e p p o i si affrontarono con la forza delle a r m i . Vinse Alessandro grazie ai lanzichenecchi di Goffredo. L'Italia i n q u e l m o m e n t o e r a p i ù c h e m a i divisa. L a minaccia di u n a s p a r t i z i o n e fra il B a r b u t o e i N o r m a n n i c h e r a p p r e s e n t a v a n o le d u e p o t e n z e p i ù forti, aveva fatto rifior i r e s p e c i a l m e n t e nel N o r d delle s i m p a t i e p e r l ' I m p e r o . A c o v a r n e e r a s o p r a t t u t t o Milano, la città del «Carroccio», che si faceva g l o r i a di a v e r sconfitto e ricacciato i t e d e s c h i di C o r r a d o . E ciò basta a farci c a p i r e q u a n t o p o c o l'ideologia e n t r a s s e in q u e s t a lotta. O g n i p o t e n t a t o italiano, piccolo o g r a n d e che fosse, giuocava fra la Chiesa e l ' I m p e r o secondo l'opportunità del m o m e n t o , ma senza mai rinunziare ai p r o p r i particolari interessi. L e c o m u n i t e n d e n z e filoimperiali n o n i m p e d i r o n o a Milano e a Pavia di farsi tra loro u n a g u e r r a fratricida p e r ragioni d i p r i m a t o commerciale. E i n t a n t o si p r e p a r a v a il g r a n d e u r t o . N e l 1073 Alessandro m o r ì , e il p o p o l o e il clero r o m a n o acc l a m a r o n o P a p a il m o n a c o I l d e b r a n d o . Questi, s e c o n d o alc u n i cronisti, a v r e b b e c e r c a t o d i s o t t r a r s i all'elezione. M a noi c r e d i a m o che, a n c h e se lo fece, fu solo p e r finta. E r a un u o m o che aveva la vocazione d e l p o t e r e , e da u n a t r e n t i n a d'anni teneva in allenamento le sue qualità carismatiche. Q u a n d o salì al Soglio col n o m e di G r e g o r i o V I I , aveva già c o m p i l a t o l'indice d i u n t r a t t a t o c h e aveva i n t e n z i o n e d i scrivere, ma s o p r a t t u t t o di a p p l i c a r e . In esso infatti è c o n d e n s a t o tutto un p r o g r a m m a di riforme, e basta l e g g e r n e i sottotitoli p e r capire di che cosa si tratta. E c c o n e q u a l c u n o : « C o m e solo il r o m a n o Pontefice sia g i u s t a m e n t e detto universale. - C o m e egli solo possa d e p o r re o riabilitare i Vescovi. - C o m e il suo L e g a t o abbia la p r e c e d e n z a su tutti i Vescovi in Concilio, a n c h e se è l o r o inferiore di g r a d o , e c o m e possa p r o n u n c i a r e c o n t r o di essi sentenza di deposizione. - C o m e solo al P a p a spetti l'uso delle 407

i n s e g n e i m p e r i a l i . - C o m e s o l t a n t o al P a p a tutti i P r i n c i p i d e b b a n o baciare il p i e d e . - C o m e solo il suo n o m e d e b b a invocarsi in chiesa. - C o m e sia facoltà del P a p a d e p o r r e gl'Imp e r a t o r i . - C o m e n e s s u n a decisione del P a p a possa venir r e vocata, m e n t r e Egli solo p u ò r e v o c a r e t u t t e q u e l l e d a altri p r o n u n c i a t e . - C o m e l a C h i e s a R o m a n a m a i abbia e r r a t o , n é mai i n p e r p e t u o , p e r testimonianza delle scritture, e r r e rà. - C o m e il P a p a p u ò sciogliere dall'obbligo della fedeltà i sudditi dei Principi iniqui». E r a l'avvio a un r e g i m e totalitario e monolitico c o n tutti i suoi e s t r e m i s m i , c o m p r e s o il culto della p e r s o n a l i t à . C o m e i n c a r n a z i o n e d i u n a C h i e s a infallibile p e r d i v i n a investitura, il P a p a e r a un s o v r a n o assoluto, sottratto a o g n i sind a c a t o n o n solo d e l p o t e r e laico, m a a n c h e d i quello ecclesiastico. Gli stessi Vescovi suoi p a r i si r i d u c e v a n o a semplici c o m p a r s e e l a l o r o a u t o r i t à n o n e r a p i ù c h e u n riflesso d i quella del Pontefice. D ' o r a in poi, in tutti i c a m p i , sia quello spirituale c h e quello t e m p o r a l e , n o n ci s a r e b b e stato p o sto c h e p e r delle «staffette» del Papa, suoi p o r t a v o c e ed esecutori d'ordini. C h e n o n si trattasse solo di enunciazioni teoriche, lo si vide dalla p r i m a m i s u r a che G r e g o r i o a d o t t ò : l'obbligo del celibato p e r t u t u gli ecclesiastici. Altri Papi ne a v e v a n o già sostenuto la regola, ma senza forzarne l'applicazione a n c h e p e r c h é gli a v v e r s a r i a v e v a n o dalla l o r o p a r t e n i e n t e m e n o c h e S a n P a o l o . «Abbia c i a s c u n o la p r o p r i a m o g l i e - aveva p r e d i c a t o l'Apostolo - ...Siano i d i a c o n i m a r i t i di u n a sola moglie, e d u c h i n o i figli b e n e e sorveglino la p r o p r i a casa... Sceglierai p e r p r e t i , c o m e ti dissi, cristiani di b u o n a condotta, c o n u n a sola moglie...» M a s e b b e n e t u t t o q u e s t o stesse scritto n e r o s u b i a n c o , G r e g o r i o n o n se ne c u r ò . Le p r o t e s t e f u r o n o violente. I p r e ti r o m a n i sposati che si trovavano di fronte alla d u r a scelta: o la moglie o il «posto», aizzarono la folla c h e nella n o t t e di Natale del 1075 a g g r e d ì G r e g o r i o m e n t r e celebrava la messa in S a n t a M a r i a M a g g i o r e . Il P a p a fu salvo a s t e n t o , ma 408

n e m m e n o d i q u e s t o s i c u r ò . I n lui l o spirito p u r i t a n o cluniacense aveva trovato il p r o p r i o R o b e s p i e r r e . Pier Damiani lo c h i a m ò «vento a q u i l o n a r e » e a n c h e «Santo S a t a n a » . Aveva r a g i o n e . La Fede, q u a n d o si miscela col s a n g u e toscan o , sprigiona u n a fiamma che p u z z a di zolfo luciferino. M e n t r e l'obbligo del celibato creava il m a r a s m a nei r a n g h i ecclesiastici, n e i circoli laici si s p a r g e v a l ' i n q u i e t u d i n e p e r altri p r o v v e d i m e n t i . G r e g o r i o infatti aveva c e n s u r a t o cinque Principi della famiglia imperiale tedesca, minacciato di scomunica il Re di Francia, Filippo, e lanciato l ' a n a t e m a c o n t r o R o b e r t o il Guiscardo. Tutti p e r il m e d e s i m o motivo: p e r c h é si e r a n o a r r o g a t i il diritto d'investire Vescovi e Arcivescovi, c o m e d e l r e s t o a v e v a n o s e m p r e fatto. C i n q u e d i questi alti prelati v e n n e r o da lui deposti. E siccome l ' I m p e r a t o r e n o n s e n e d i e d e p e r i n t e s o , G r e g o r i o gli m a n d ò u n ' a m b a s c e r i a s e g r e t a p e r avvertirlo i n confidenza c h e , s e n o n si fosse r a v v e d u t o , lo avrebbe scomunicato. E n r i c o I V o r a aveva v e n t i c i n q u ' a n n i , e d e r a cresciuto i n u n a C o r t e d o v e aveva sentito s e m p r e r i p e t e r e c h e i l P a p a stava scalzando il prestigio d e l l ' I m p e r o in Italia. In lui e r a maturato un sordo odio per Roma e la Curia. Impulsivam e n t e , rese pubblica la comunicazione confidenziale di G r e g o r i o , appellandosi ai suoi Vescovi e ai suoi sudditi, che infatti ne f u r o n o impressionati e indignati. Sfruttando q u e sto stato d ' a n i m o , p r i m a che il P a p a potesse replicare, indisse d u e Diete, u n a a W o r m s , l'altra a Piacenza. Il v e r d e t t o fu stilato in u n a lettera al Pontefice c h e si apriva con questo indirizzo: «Enrico, R e n o n p e r u s u r p a z i o n e m a p e r volere d i Dio, a I l d e b r a n d o , n o n Papa, ma m o n a c o falso». La d i p l o mazia, si v e d e , n o n e r a il forte di n e s s u n o d e i d u e c o n t e n denti. Il messaggio fu recato a R o m a e letto davanti a centodieci Vescovi italiani e francesi, c h e m i n a c c i a r o n o di linciare il postino. Fu G r e g o r i o che s'intromise di p e r s o n a p e r sottrarlo alla l o r o furia. Egli rispose tuttavia c o n un Concilio c h e p r o n u n c i ò la s c o m u n i c a c o n t r o E n r i c o IV e la d i s p e n s a ai 409

suoi s u d d i t i dall'obbligo di fedeltà a un I m p e r a t o r e «sperg i u r o , a d u l t e r o e falso apostolo». La g u e r r a fredda sboccava in quella calda. Enrico vi si e r a disposto nella convinzione di avere dalla sua i Principi tedeschi. Ma costoro a q u e i t e m p i n o n e r a n o m o l t o diversi da quelli italiani e n o n a v e v a n o p e r la testa che un'idea: impedire al potere centrale, c o m u n q u e e da c h i u n q u e i n c a r n a t o , d i d i v e n t a r e effettivo. Essi v i d e r o i n q u e l conflitto col P a p a u n b u o n p r e t e s t o p e r r i d i m e n s i o n a re E n r i c o e, invece di s e g u i r l o , l ' o b b l i g a r o n o a c e r c a r e un c o m p r o m e s s o invitando il P a p a a u n a Dieta che avrebbe d o vuto tenersi ad Augusta. G r e g o r i o , c h e n o n aveva p a u r a di nulla e di n e s s u n o , si mise in viaggio. Ma p e r s t r a d a ricevette la notizia che il giov a n e I m p e r a t o r e gli veniva i n c o n t r o p e r r a g g i u n g e r e c o n lui un accordo c h e n o n gli facesse p e r d e r e la faccia di fronte ai suoi vassalli. Allora si f e r m ò a Canossa, ospite della m a r chesa Matilde di Toscana, figlia di Beatrice e di Goffredo il B a r b u t o ; e lì attese l ' I m p e r a t o r e . Q u e s t i g i u n s e il 25 g e n n a i o , c o n p o c o e i n e r m e seguito. E r a un i n v e r n o rigidissimo. M a l g r a d o il f r e d d o , E n r i c o «si p r e s e n t ò alla p o r t a d e l castello scalzo e c o n abiti dimessi, u m i l m e n t e i m p e t r a n d o p e r d o n o . S e g u i t ò a farlo p e r t r e giorni m u o v e n d o a compassione tutti quelli che stavano int o r n o a noi. Si fecero costoro a i n t e r c e d e r e p e r lui con molte p r e g h i e r e e lacrime, stupiti della insolita d u r e z z a dei n o stri i n t e n d i m e n t i , d i c e n d o che c ' e r a n o in noi n o n l'austerità dell'apostolico zelo, ma quasi la c r u d e l t à del tirannico rigor e . Alla fine, vinti dalla costanza del suo p e n t i m e n t o e dalle s u p p l i c h e di tutti i p r e s e n t i , sciolto il vincolo d e l l ' a n a t e m a , l'accogliemmo nella grazia della C o m u n i o n e e n e l g r e m b o di Santa M a d r e Chiesa, ricevendo da lui le assicurazioni qui r i p o r t a t e p e r iscritto, c o n g a r a n z i e d i m a n o d e l l ' a b a t e d i Cluny, delle n o s t r e figlie Matilde e contessa Adelaide, d'altri Principi, Vescovi, Abati e altri la cui sottoscrizione ci parve opportuna». 410

Q u e s t o c o m u n i c ò G r e g o r i o in u n a lettera ai Principi tedeschi p e r significar loro che Enrico e r a p e r d o n a t o , m a a n che d e b i t a m e n t e r i d i m e n s i o n a t o . Enrico, da p a r t e sua, scrisse: «Io, Enrico Re, i m p a r t i r ò il castigo o il p e r d o n o a Arcivescovi, Vescovi, Duchi, Conti e altri Principi del R e g n o t e u t o nico c h e mi sono stati ostili, s e c o n d o la decisione e il consiglio d e l P a p a G r e g o r i o . I n o l t r e , se il signor P a p a v o r r à a n d a r e o l t r e le Alpi o a l t r o v e , p o t r à farlo s e n z a p e r i c o l o da p a r t e mia e di tutti coloro che mi d e v o n o obbedienza». C i f u e v i d e n t e m e n t e u n v o l u t o m a l i n t e s o . G r e g o r i o int e r p r e t ò Canossa c o m e u n a resa senza condizioni. Enrico la i n t e r p r e t ò c o m e u n c o m p r o m e s s o che l o i m p e g n a v a a d acc e t t a r e l ' a r b i t r a t o d e l P a p a n e i conflitti i n t e r n i d e l s u o r e g n o e a p o r t a r s i g a r a n t e della sua libertà di m o v i m e n t o ; ma n i e n t e altro. I n o d i dell'equivoco v e n n e r o subito al p e t t i n e . L'inchiostro e r a a n c o r a fresco sul d o c u m e n t o che la lotta rip r e n d e v a p i ù violenta d i p r i m a . T i m o r o s i delle r a p p r e s a g l i e , i Principi ribelli rifiutarono la riconsacrazione di Enrico, lo d e p o s e r o e n o m i n a r o n o suo successore Rodolfo di Svevia. Enrico mosse g u e r r a all'usurp a t o r e . L'esito della battaglia di M e r s e b u r g fu i n c e r t o , ma Rodolfo vi p e r s e la vita, p r o p r i o m e n t r e da R o m a gli giungeva il riconoscimento del Papa. Assetato di v e n d e t t a c o n t r o q u e l Pontefice c h e lo aveva umiliato a Canossa e o r a si e r a schierato col suo rivale, Enrico indisse tre concili di Vescovi tedeschi. Costoro proclamar o n o che la vittoria di M e r s e b u r g doveva essere i n t e r p r e t a t a c o m e il giudizio di Dio c o n t r o G r e g o r i o «eretico, e s e c r a n d o p e r t u r b a t o r e d e l l e leggi d i v i n e e u m a n e , v e r o s e r p e n t e il cui soffio velenoso ha c o n t a m i n a t o la Chiesa e l'Impero». In forza di questo v e r d e t t o , Enrico scese in Italia alla testa di un forte esercito p e r d e p o r r e il P a p a e insediare al suo p o s t o l'Arcivescovo d i R a v e n n a col n o m e d i C l e m e n t e I I I . Giacché passava di lì, volle d a r e u n a lezione a Matilde. Ma i castelli d i C a n o s s a r e s i s t e t t e r o . L ' I m p e r a t o r e p u n t ò s u Fir e n z e c h e gli chiuse le p o r t e . E allora d i r o t t ò su Lucca c h e 411

invece gliele a p r ì con m o l t o e n t u s i a s m o a p p u n t o p e r c h é Fir e n z e gliele aveva chiuse. R o m a imitò Firenze solidarizzando col Papa. Enrico vi pose assedio, ma n o n volle attaccarla e si ritirò a Pavia. Solo d u e a n n i d o p o , n e l 1084, l ' U r b e si a r r e s e . Ma n o n si a r r e s e l ' i n t r e p i d o G r e g o r i o , c h e si chiuse i n Castel S a n t ' A n g e l o d o p o a v e r lanciato u n a p p e l l o a R o b e r t o il Guiscardo. Nel g i o r n o di Pasqua C l e m e n t e p o s e la c o r o n a imperiale sulla testa di Enrico, c h e subito d o p o levò le t e n d e e si rimis e i n m a r c i a p e r l a G e r m a n i a . R o b e r t o stava p e r s o p r a g g i u n g e r e con u n esercito molto p i ù forte d i quello imperiale. Esso trovò le p o r t e a p e r t e , ma ciò n o n valse a d i s a r m a r e l'uzzolo di saccheggio di quelle soldataglie. Ci furono, p a r e , migliaia di m o r t i , interi quartieri distrutti, d o n n e violentate, u o m i n i d e p o r t a t i e v e n d u t i c o m e schiavi. N o n c'è da m e r a vigliarsene p e r c h é l a t r u p p a e r a c o m p o s t a p r e v a l e n t e m e n t e da Saraceni, assoldati dal Guiscardo in Sicilia. L ' i n d i g n a z i o n e d e l l a città si volse c o n t r o G r e g o r i o c h e aveva c h i a m a t o q u e i feroci mozzateste. L i b e r a t o da l o r o , il P a p a d o v e t t e seguirli p e r sfuggire alla furia d e l p o p o l i n o . Così si c h i u d e v a il p r i m o capitolo di q u e l conflitto: coi d u e p r o t a g o n i s t i e n t r a m b i i n fuga d a R o m a , l ' u n o verso N o r d , l'altro verso Sud. G r e g o r i o n o n resse a quell'ultima terribile p r o v a . A b b a n d o n a t o a Salerno dal suo micidiale alleato, vi m o r ì solo e dis p e r a t o , con la convinzione di a v e r p e r s o la partita. Spirand o , si dice che m o r m o r a s s e : «Muoio in esilio p e r c h é a m a i la giustizia e odiai l'iniquità». Più che la giustizia, aveva a m a t o la Chiesa. L'aveva a m a t a fino all'iniquità.

CAPITOLO SETTIMO

LA CONTESSA MATILDE

A p r i a m o , nel filo di questi avvenimenti, u n a p a r e n t e s i d e d i cata alla contessa Matilde. C ' i n d u c e a farlo n o n solo la singolarità del p e r s o n a g g i o , ma a n c h e il fatto c h e nelle vicissit u d i n i sue e della sua casata si r i a s s u m e e riflette e s e m p l a r m e n t e tutta l'anarchia dell'Italia feudale. L'abbiamo già i n c o n t r a t a e p r e s e n t a t a nel capitolo p r e c e d e n t e , questa figlia di Beatrice e di Goffredo il B a r b u t o , che aveva offerto ospitalità a p a p a G r e g o r i o e gli aveva messo a disposizione il suo castello p e r ricevervi e umiliarvi E n r i c o IV. Ma da quali titoli e r e d i t a r i v e n i s s e r o alla s u a famiglia t a n t o prestigio e p o t e n z a , è difficile ricostruirlo nel bailamme dei secoli bui. U n ' a n t i c a t r a d i z i o n e p o p o l a r e attribuisce a C a r l o m a g n o il m e r i t o e la gloria di a v e r r i c o s t r u i t o F i r e n z e r i d o t t a d a gl'invasori b a r b a r i , cioè goti e l o n g o b a r d i , a un m u c c h i o di r o v i n e . E q u a n d o l a città d i v e n t ò u n o S t a t o i m p o r t a n t e , o g n i volta c h e u n s u o a m b a s c i a t o r e a n d a v a a Parigi, n o n m a n c a v a m a i di a c c r e d i t a r s i c o m e figlio di u n a città c h e a sua volta si c o n s i d e r a v a figlia di «Monsignor San C a r l o m a gno». Al che, il Re francese di t u r n o rispondeva regolarm e n t e r i c o r d a n d o t u t t o ciò c h e M o n s i g n o r S a n C a r l o m a g n o aveva regalato a Firenze: u n a n u o v a cerchia di m u r a , i b o r g h i e i castelli circonvicini, le decorazioni del Battistero, un f r a m m e n t o della S a n t a C r o c e , e p e r f i n o il n o m e c h e da «Flurenzia» egli aveva trasformato in «Fiorenza». T u t t o q u e s t o faceva p a r t e d e l r i t u a l e d i p l o m a t i c o , m a n o n c o n t e n e v a n u l l a d i v e r o . P e r d u e volte, d i r i t o r n o d a R o m a , C a r l o m a g n o e sua moglie I l d e g a r d a si e r a n o fermati 414

t

sulle rive dell'Arno d o v e allora, ai p r i m i dell'800, si a m m a s savano a l c u n e casupole c o n p o c h e centinaia di abitanti. Firenze n o n era che questo, e l'Imperatore non le diede mai di c h e d i v e n t a r e qualcosa di p i ù . S e m b r a soltanto c h e in u n a d i q u e s t e occasioni ricevesse alcuni m o n a c i dell'abbazia d i Sant'Ilario. Essi c h i e d e v a n o giustizia c o n t r o un c e r t o G u d i b r a n d o c h e aveva l o r o r u b a t o u n a stalla con alcuni b u o i . Q u e s t o G u d i b r a n d o e r a u n l o n g o b a r d o c h e i suoi R e a v e v a n o investito d e l titolo di D u c a di Flurenzia. C a r l o m a g n o gli tolse q u e s t a investitura, abolì il D u c a t o l o n g o b a r d o di Firenze t r a s f o r m a n d o l o in u n a contea franca, e ne n o m i n ò titolare u n nobile del L a g o d i Costanza, Scrot. Costui d e ve la s u a celebrità all'osso di un S a n t o . Si t r o v a v a a R o m a , q u a n d o d a G e r u s a l e m m e a r r i v a r o n o l e spoglie d e i m a r t i r i G e n e s i o ed E u g e n i o . Egli ne o r g a n i z z ò la traslazione a Fir e n z e , c h i e d e n d o c o m e c o m p e n s o u n f e m o r e d i San G e n e sio. Il P a p a glielo d i e d e . R i t e n e n d o s i l a u t a m e n t e r i c o m p e n sato, Scrot ripassò le Alpi e si ristabilì nel suo p a e s e d'origine c o n quella reliquia, c h e n a t u r a l m e n t e cominciò subito a o p e r a r e i c o n s u e t i m i r a c o l i e conferì a Scrot l ' a u r e o l a d e l benefattore. Altro, di lui n o n s a p p i a m o . F u c e r t a m e n t e n e l l ' e p o c a c a r o l i n g i a c h e i l C o n t e d i Fir e n z e d i v e n n e a poco a p o c o C o n t e di Toscana, o c o m e allora si diceva di Tuscia. Ma chi ne fossero i titolari, di quali diritti g o d e s s e r o sulle t e r r e c h e n e facevano p a r t e , e e n t r o quali confini queste t e r r e fossero delimitate, n e s s u n o storico è stato in g r a d o di ricostruirlo con precisione. P r o b a b i l m e n te il p o t e n t a t o si s v i l u p p ò p e r s p o n t a n e o a m a l g a m a . Il s u o p r i m o l e g a m e F i r e n z e lo stabilì c o n Fiesole. I d u e villaggi e r a n o i n d i p e n d e n t i l ' u n o dall'altro, e a p r o p i z i a r e l ' u n i o n e fu la c o m u n e minaccia d e i S a r a c e n i , c h e nelle l o r o scorrib a n d e p i r a t e risalivano l'Arno con le loro flotte leggere, p r e d a n d o e s a c c h e g g i a n d o . Per m e g l i o c o o r d i n a r e la p r o p r i a difesa, i villaggi si u n i r o n o . E così si f o r m ò un «Comitato», cioè u n a C o n t e a , c h e a n d a v a p r e s s a p p o c o d a l M u g e l l o a l C a s e n t i n o . E r a il p i ù grosso C o n t a d o dell'Italia c e n t r a l e , e 415

la sua i m p o r t a n z a è attestata dal fatto c h e c o m p r e n d e v a d u e Vescovadi: quello di Firenze e quello di Fiesole. C h i fossero i titolari della C o n t e a , n o n s a p p i a m o . S a p p i a m o soltanto c h e si facevano r a p p r e s e n t a r e da Vicecomites, cioè da Visconti. C o s t o r o e r a n o i d e p o s i t a r i dell'autorit à secolare, m a n e e s e r c i t a v a n o b e n p o c a . L a C o n t e a , n e l suo insieme, faceva p a r t e del R e g n o d'Italia, c h e a sua volta faceva p a r t e d e l l ' I m p e r o . P e r ò da certi d o c u m e n t i risulta che le città avevano col Re I m p e r a t o r e r a p p o r t i diretti, n o n attraverso il Visconte e il C o n t e . Per cui n o n si capisce b e n e quali p o t e r i , se n o n di r a p p r e s e n t a n z a , fossero connessi al titolo. U n a sola cosa è certa: c h e di questa i n d e t e r m i n a t e z za e fluidità di «competenze» le città si s e r v i r o n o p e r afferm a r e s e m p r e p i ù la l o r o i n d i p e n d e n z a d a l C o n t e . E in lin e a g e n e r a l e s i p u ò d i r e che i n q u e s t o t r o v a r o n o u n valido aiuto nel Vescovo. O t t o n e I I I a s s e g n ò il titolo di C o n t e a un s u o favorito, U g o , che rimase nella l e g g e n d a p o p o l a r e c o m e l'incarnazione della giustizia e della b o n t à . A n c h e D a n t e lo esaltò come il «gran barone». A fargli questa fama e r a n o stati s o p r a t t u t t o p r e t i e monaci, che U g o aveva p r o t e t t o e beneficato. Si dice che battesse la Toscana in incognito attaccando discorso coi poveri c o n t a d i n i e adescandoli a l a m e n t e l e c o n t r o se stesso n o n p e r castigarli d e l l o r o s c o n t e n t o , m a p e r c o n o s c e r n e i motivi, r i p a r a r e i torti e ristabilire la giustizia. Noi abbiamo q u a l c h e d u b b i o sulla impeccabilità della s u a c o n d o t t a . L o storico D a v i d s o h n h a rintracciato d o c u m e n t i d a cui risulta c h e U g o u n a volta risolse u n processo p e r fratricidio incam e r a n d o i b e n i dell'ucciso e d a n d o l i in usufrutto all'uccisor e . S e m b r a che a n c h e la sua fedeltà a l l ' I m p e r a t o r e , cui d o veva titolo e p a t r i m o n i o , n o n sia stata s e m p r e cristallina. T a n t ' è vero che, q u a n d o m o r ì , O t t o n e tirò u n sospiro d i sollievo, e p r o r u p p e nelle p a r o l e del Salmista: «Rotta è la corda, e noi ci siamo liberati! » O t t o n e l o seguì n e l l a t o m b a u n m e s e d o p o s e n z ' a v e r e avuto il t e m p o di dargli un successore (Ugo, di suo, n o n ne 416

aveva lasciati). E il n u o v o i m p e r a t o r e Enrico di Baviera affidò la C o n t e a a un cadetto dei Duchi di Spoleto, p a r e n t i del m o r t o : Bonifazio. Costui, p r e s o possesso del p a t r i m o n i o , si accorse ch'esso e r a stato devastato dai regali del suo p r e d e cessore ai preti. Il convento di S. Michele, grazie a quei d o nativi, possedeva o r a t e r r e superiori, c o m e estensione e ricchezza, a quelle del C o n t e . Bonifazio si r i p r e s e ciò che U g o aveva d a t o . E siccome l'abate protestava, lo scacciò coi suoi m o n a c i e si riannesse il convento col suo prezioso vasellame d'oro e d'argento. Bonifazio e r a un u o m o avido, p r e p o t e n t e e accorto, che riuscì s e m p r e a c o n s e r v a r e il p o t e r e , e anzi ad accrescerlo, p u r nelle procelle di quel p e r i o d o agitato. Egli n o n solo r e spinse le intrusioni dei preti negli affari laici, ma s'intromise in quelli della Chiesa s f r u t t a n d o a b i l m e n t e la lotta, c h e già cominciava a delinearsi, t r a il basso clero p u r i t a n o e quello alto, m o n d a n o e simoniaco. Si schierò, si capisce, dalla p a r t e del p r i m o , n o n p e r ideali evangelici, ma p e r c h é ciò gli forniva un p r e t e s t o a e s p r o p r i a r e vescovadi e abbazie. E r a stato Pier Damiani a p o r t a r e in Toscana quel vento di riforma, che a Firenze s'incarnò nel m o n a c o francese Maurilius. Bonifazio protesse q u e l fraticello, lo fece abate, lo difese dalle insidie del clero conservatore. Il suo a u t o r i t a r i s m o n o n conosceva r e m o r e . N e s s u n a d o n n a , n e i suoi d o m i n i , p o t e v a sposarsi senza il suo assenso. Le b r u t t e d o v e v a n o p a g a r l o in m o n e t a ; le giovani e belle con prestazioni - diciamo così - in natura. Q u e s t o ci dice q u a n t o tutti i r a p p o r t i , a q u e i t e m p i , fossero a r b i t r a r i . Le città della Toscana, che sotto U g o avevano g o d u t o di notevole a u t o n o m i a , sotto Bonifazio se la vid e r o a n n u l l a t a . Lucca, c h e u n t e m p o e r a stata l a capitale della C o n t e a , fu sottoposta a iniqui balzelli. A Firenze Bonifazio inflisse l'umiliazione di n o m i n a r v i c o m e Visconte, cioè c o m e s u o r a p p r e s e n t a n t e , u n p r o p r i o servo. E f u p r o p r i o da costui che e b b e origine quella famiglia D o n a t i c h ' e r a d e stinata a svolgere u n a p a r t e così decisiva nella vita fiorenti417

na e in quella di D a n t e , che d e i D o n a t i fu insieme p a r e n t e e vittima. Bonifazio p a g ò con la vita questi soprusi: u n a freccia avvelenata lo trafisse d u r a n t e u n a p a r t i t a di caccia. C h i fosse, fra tanti nemici, quello che gliel'aveva scagliata, n o n si è mai s a p u t o . Negli ultimi t e m p i e r a stato colto dal r i m o r s o , o p e r meglio d i r e dalla p a u r a d e l l ' I n f e r n o . Ed e r a a n d a t o a confessarsi e a c h i e d e r e l'assoluzione all'abate G u i d o di P o m p o sa. Per ottenerla, p r o m i s e un pellegrinaggio in T e r r a s a n t a e offrì le spalle n u d e , sull'altare di Maria, al flagello. L a vedova Beatrice e r a u n a duchessa d i L o t a r i n g i a che, rimasta sola con un figlio e d u e figlie, si trovò in u n a difficile situazione. Il m a r i t o le aveva lasciato in e r e d i t à t e r r e e castelli a josa, ma a n c h e i n n u m e r e v o l i nemici, esterni e interni. Il clero toscano e r a in subbuglio, le città in rivolta, l'imp e r a t o r e Enrico furente c o n t r o la C o n t e a sfuggitagli di m a n o . Più c h e u n m a r i t o , B e a t r i c e c e r c ò u n p r o t e t t o r e . E n e scelse u n o che molto somigliava a quello m o r t o : il suo comp a e s a n o Goffredo il B a r b u t o . A n c h e costui lo a b b i a m o già i n c o n t r a t o nel capitolo p r e c e d e n t e . E già abbiamo d e t t o della p a r t e che ebbe nelle facc e n d e italiane. N e l 1055, q u a n d o Enrico I I I scese in Italia, di dove Goffredo e r a fuggito, e fece t a p p a a Firenze, ad att e n d e r l o c ' e r a a n c h e B e a t r i c e : n o n nelle vesti fastose d i Contessa di Toscana, ma in quelle umili della ribelle pentita. Essa si e r a p o r t a t a al seguito la figlia Matilde. Q u e s t a assistè all'umiliazione di sua m a d r e , che si p r o c l a m ò e s t r a n e a alle malefatte di Goffredo. Ma l ' I m p e r a t o r e n o n le c r e d e t t e , la p r e s e p r i g i o n i e r a i n s i e m e alla b a m b i n a , e se le r i m o r c h i ò e n t r a m b e in G e r m a n i a . Ad a g g r a v a r e il colpo g i u n s e loro, d u r a n t e il viaggio, la notizia che il figlio e l'altra figlia, messi al r i p a r o nel castello di Canossa, vi e r a n o i m p r o v v i s a m e n t e m o r t i . C o m e e di che, n o n si è mai s a p u t o . Ma il sospetto di Beatrice e di Matilde dovette a p p u n t a r s i su Enrico. L'anno d o p o , la posizione si e r a rovesciata. L ' I m p e r a t o r e m o r ì , lasciando a sua volta u n a vedova e un b a m b i n o di sei 418

a n n i , il f u t u r o Enrico IV, in critica posizione. Per s t o r n a r e i pericoli, si d o v e t t e p a t t e g g i a r e coi g r a n d i f e u d a t a r i , fra i quali c'era Goffredo. Costui, in cambio della p r o p r i a subord i n a z i o n e , si fece r i c o n o s c e r e i diritti sulla L o r e n a e sulla Toscana, d o v e subito t o r n ò insieme alla moglie e alla figliastra p e r r i c o m i n c i a r e a i n t r i g a r e . Per F i r e n z e , fu un colpo d u r o . Essa e r a stata p r o m o s s a da Enrico «città d e l l ' I m p e r o » , cioè sottoposta d i r e t t a m e n t e a l l ' I m p e r a t o r e e q u i n d i sottratta al p o t e r e (e alle vessazioni) del C o n t e di Toscana. Ma Goffredo abolì i m m e d i a t a m e n t e quello statuto, e il suo Visconte o Gastaldo sostituì il Vicario imperiale. Il resto lo a b b i a m o già raccontato. Alla m o r t e di P a p a Vitt o r e I I , Goffredo fece e l e g g e r e il p r o p r i o fratello, Stefano IX, c e r t a m e n t e con l'intenzione di farsi c o r o n a r e da lui Re d'Italia. Ma Stefano m o r ì e i Signori r o m a n i i n n a l z a r o n o al Soglio il l o r o c a n d i d a t o , B e n e d e t t o X. T u t t i i conclavi c h e s e g u i r o n o f u r o n o p r e t e s t i d ' i n t r i g h i fra Goffredo e i N o r m a n n i da u n a p a r t e , e la nobiltà r o m a n a dall'altra: l ' I m p e r a t o r e e r a t r o p p o giovane p e r potervi interferire. Nel 1073, q u a n d o il monaco I l d e b r a n d o fu consacrato P a p a col n o m e d i G r e g o r i o V I I , G o f f r e d o e r a m o r t o d a q u a t t r o a n n i . M a o r a Beatrice n o n aveva p i ù bisogno d i p r o tezione p e r c h é già g o d e v a di quella p i ù autorevole di tutte. I l P a p a e r a u n u o m o s u o . Essa l o aveva o s p i t a t o e a i u t a t o q u a n d o da m o n a c o e r a v e n u t o a F i r e n z e a s o s t e n e r v i c o n Pier D a m i a n i la c a u s a d e l l a r i f o r m a c l u n i a c e n s e . E c e r t a m e n t e l ' a p p o g g i o della p o t e n t e Contessa n o n gli e r a m a n cato n e m m e n o nella sua elezione al Soglio. G r e g o r i o se ne s d e b i t ò a i u t a n d o a n z i t u t t o B e a t r i c e a c o m b i n a r e u n b u o n m a t r i m o n i o p e r Matilde, che assicurasse la c o n t i n u a z i o n e di quella d i n a s t i a t r a d i z i o n a l m e n t e fedele alla Chiesa e nemica d e l l ' I m p e r o . E il prescelto fu il figlio di p r i m o letto di Goffredo, c h e si c h i a m a v a Goffredo a n c h e lui. N o n e r a u n incesto p e r c h é fra i d u e n o n c o r r e v a p a r e n t e l a d i s a n g u e . M a n o n c o r r e v a n o n e m m e n o simpatie. E s u b e r a n t e e appassionata, Matilde, che o r m a i aveva venti419

q u a t t r ' a n n i , detestava q u e l suo fratellastro c h e , oltre t u t t o , e r a gobbo. Ma si a r r e s e alla r a g i o n di Stato, che consigliava la riunificazione del Ducato di L o r e n a con la C o n t e a di Toscana p e r la lotta c o n t r o l ' I m p e r a t o r e ; e s o p r a t t u t t o all'esortazioni di G r e g o r i o , di cui la ragazza e r a u n ' a u t e n t i c a «pasionaria». Forse il c o n n u b i o avrebbe p o t u t o reggersi se avesse p r o c u r a t o u n e r e d e . M a n o n n e n a c q u e nulla. E p r o b a b i l m e n t e n o n fu n e m m e n o c o n s u m a t o p e r la r i p u g n a n z a di Matilde a quel suo d e f o r m e sposo. I d u e si s e p a r a r o n o ; poi si r i u n i r o no p e r le insistenze di Beatrice. Infine si s e p a r a r o n o di n u o vo e i r r e v o c a b i l m e n t e , stavolta c o n la p i e n a a p p r o v a z i o n e del P a p a c h e aveva cambiato idea da q u a n d o aveva saputo, p a r e , d i u n c e r t o t e s t a m e n t o . Beatrice infatti e r a m o r t a las c i a n d o la s u a bella C o n t e a a M a t i l d e c h e , e s s e n d o senza e r e d i , ne aveva p r e d i s p o s t o , il g i o r n o in cui a n c h e lei fosse scomparsa, il passaggio alla Chiesa. E r a u n a disposizione facilmente i m p u g n a b i l e p e r c h é l a C o n t e a e r a un tìtolo laico, la cui investitura spettava all'Imp e r a t o r e . Ma nella lotta che già si p r e p a r a v a fra i d u e poteri, alla Chiesa faceva c o m o d o a c c a m p a r e q u e l titolo di successione, c h e infatti o l t r e d u e secoli d o p o Bonifacio V i l i s b a n d i e r ò c o m e p r o v a d i u n diritto acquisito. O r a G r e g o r i o n o n aveva p i ù alcun interesse che quel mat r i m o n i o d u r a s s e . E n o n solo n o n fece nulla p e r puntellarlo, ma anzi fece di tutto p e r d i s t r u g g e r l o . Egli d o m i n a v a comp l e t a m e n t e il c u o r e della giovane d o n n a c h e forse sfogava in estasi, visioni e r a p i m e n t i i repressi appetiti sessuali. Matilde si accusò dinanzi a lui di «viziosi rapporti» con suo mar i t o , e il P a p a la e s o r t ò a i n t e r r o m p e r l i . Il g o b b o fu messo d e f i n i t i v a m e n t e alla p o r t a , e se ne t o r n ò in L o r e n a . Ma, a v e n d o capito da che p a r t e gli e r a v e n u t o il colpo, se ne vendicò p r o p a l a n d o le p i ù calunniose dicerie su G r e g o r i o e sulle s u e relazioni con Matilde. P a r e che su queste voci si fond a s s e r o le accuse c h e p o i il Concilio di W o r m s , i n d e t t o da Enrico IV, formulò c o n t r o il Papa p e r giustificarne la d e p o 420

sizione. Ma il g o b b o la p a g ò cara: p o c h e settimane d o p o fu r a g g i u n t o d a l p u g n a l e d i u n assassino. I l P a p a fece d i r e messe in suffragio dell'anima sua. Ma c h i a m ò «amato figlio in Cristo» il Principe di Frisia cui la voce pubblica attribuiva il delitto. R i m a s t a sola, l a g i o v a n e d o n n a i m p e g n ò t u t t e l e s u e energie, c h ' e r a n o i m m e n s e , al servizio della Chiesa. G r e g o rio le aveva messo accanto, c o m e confessore e consigliere, il vescovo A n s e l m o che i lucchesi filo-imperiali avevano scacciato dalla loro città. Anselmo e r a un cluniacense intriso, come G r e g o r i o , di spirito riformatore e missionario. Egli esercitò su M a t i l d e il fascino di un casto R a s p u t i n , e n a t u r a l m e n t e di lei fece il b r a c c i o secolare d e l P a p a . La t e n n e in u n o stato di c o n t i n u a esaltazione mistica. E a tal p u n t o ella gli si e r a a b b a n d o n a t a che, q u a n d o aveva la febbre, bastava che A n s e l m o le toccasse la m a n o p e r c h é se ne sentisse guarita. Q u e s t a specie di sortilegio d u r ò a n c h e d o p o ch'egli fu m o r t o . Afflitta da un eczema, la Contessa lo curava s t e n d e n dosi n u d a sul tavolo su cui e r a stato lavato il c a d a v e r e d e l suo amico. C o n t r o il t r e m i t o nervoso che o g n i tanto l'assaliva, palpava l'anello vescovile del defunto. E in suo n o m e sostenne con tutti i mezzi, pacifici e violenti, la causa dei p o t e ri religiosi, e soprattutto dei conventi, c o n t r o quelli laici. Nei suoi rescritti si firmava «Mathilda, p e r grazia di Dio, se ella è qualche cosa». Fu p e r q u e s t o c h e gli storici, o p e r meglio d i r e gli agiografi della Chiesa (che di storici n o n ne ha) la c h i a m a r o n o D e b o r a h e accreditarono la l e g g e n d a della sua santità, p r e sentandola, dice Davidsohn, c o m e u n ' e s a n g u e figura di semi-monaca esclusivamente d è d i t a alla p r e g h i e r a e alla carità. Q u e s t a l e g g e n d a g i u n s e fino agli orecchi di D a n t e , c h e p o n e Matilde nel Paradiso T e r r e s t r e c o m e simbolo della Fed e militante. Ma è un falso smaccato. Matilde fu u n a d o n n a di c a r n e e d i passioni v i o l e n t e , c h e mise a l servizio della C h i e s a u n a smania di dedizione delusa dal m a t r i m o n i o sbagliato. C o m e 421

t u t t e l e c r e a t u r e u m a n e , e r a u n groviglio d i contraddizioni. Umilissima di f r o n t e a Dio e a coloro ch'essa c o n s i d e r a v a i suoi legittimi r a p p r e s e n t a n t i i n t e r r a , e r a d i u n o s m i s u r a t o orgoglio di fronte agli u o m i n i . Essa n o n d i m e n t i c ò m a i l'affronto subito d a Enrico, q u a n d o c o n sua m a d r e l a c o n d u s s e p r i g i o n i e r a in G e r m a n i a . E trascorse la sua vita, c h e fu a b bastanza lunga, a vendicarsene, lottando contro l'Impero. Volle nel suo castello di Canossa l'incontro fra il P a p a ed E n rico IV p e r c h é ci vide un trionfo p e r s o n a l e , c o m e se l ' I m p e r a t o r e avesse chiesto p e r d o n o p i ù a lei c h e a G r e g o r i o . In chiesa d o v e a n d a v a o g n i m a t t i n a all'alba p e r confessarsi, si p r e s e n t a v a vestita c o m e u n a p o p o l a n a p e n i t e n t e . M a q u a n d o m o n t a v a a cavallo, infilava s p e r o n i d ' o r o . N e l s u o d i s a d o r n o m a i m p o n e n t e m a n i e r o , l'etichetta e r a puntigliosa. Esigeva che le sue ancelle fossero t u t t e di nobile famiglia. E i Signori che passavano p e r le sue t e r r e , fossero a n c h e Principi d i s a n g u e r e a l e , e r a n o t e n u t i a r e n d e r l e o m a g g i o p i e g a n d o il ginocchio davanti a lei c o m e alla loro sovrana. E r a insieme a n i m o s a e p r e d a di s c o r a m e n t i , priva di u m o r i s m o e facile al p i a n t o : i n s o m m a un p e r s o n a g g i o d r a m m a t i c o e a t u t t o rilievo, in t o n o col t e m p o in cui visse e c o n le v i c e n d e in cui si trovò mescolata; n o n p r i v o di g r a n d e z z a , ma soltanto umana. Q u a n d o G r e g o r i o m o r ì n e l s u o rifugio d i S a l e r n o (1085), A n s e l m o e r a a n c o r a vivo e Matilde a cavallo coi suoi s p e r o n i d ' o r o p e r t e n t a r e l a riscossa c o n t r o C l e m e n t e I I I c h e a n c h e in T o s c a n a , e s p e c i a l m e n t e a Lucca, aveva m o l t i f a u t o r i . L ' I m p e r a t o r e , r i e n t r a t o p r e c i p i t o s a m e n t e i n G e r m a n i a , organizzò di là u n a s p e d i z i o n e di suoi seguaci l o m b a r d i cont r o la ribelle Contessa. Ma costei n o n si lasciò s o r p r e n d e r e . Alla testa dei suoi u o m i n i , mosse i n c o n t r o al n e m i c o e gl'inflisse u n a s a n g u i n o s a disfatta a S o r b a i a n e l m o d e n e s e . La gioia di quella vittoria le fu a m a r e g g i a t a dalla m o r t e di Anselmo, di cui G r e g o r i o aveva s p e r a t o di fare il p r o p r i o successore, e a cui, s p i r a n d o , aveva m a n d a t o la mitria. 422

Matilde si sentì sola c o m e mai p r i m a di allora, e sprofondò in u n a depressione che, a quanto pare, n o n le consentì stavolta d'interferire nella successione al Soglio. Q u e s t a si svolse n e l l a solita m a n i e r a affannosa. O l t r e quello di A n s e l m o , o r m a i s c o m p a r s o , G r e g o r i o aveva fatto, p r i m a di m o r i r e , il n o m e di altri t r e papabili. I r o m a n i , r o vinati dall'incursione n o r m a n n a e ridotti alla fame, scelsero il c a n d i d a t o che s e m b r a v a p i ù in g r a d o , p e r la sua p o t e n z a e ricchezza, d i r i m e t t e r e u n p o ' i n sesto l a città: D e s i d e r i o , abate d i Montecassino, c h e n o n e r a solo u n c o n v e n t o c o m e oggi, ma a n c h e la p i ù vasta e o p u l e n t a fattoria dei d i n t o r n i . Avevano fatto p e r ò i conti s e n z a l'oste, cioè senza lo stesso D e s i d e r i o , c h e n o n aveva p u n t a voglia d i lasciare q u e l com o d o p o s t o , d o v e viveva in p a c e e n e l l ' a b b o n d a n z a , a m a t o e riverito da tutti, p e r cacciarsi n e i g u a i di quella città affam a t a e t u t t o r a o c c u p a t a da C l e m e n t e I I I , il P a p a d e l l ' I m p e r a t o r e , e d a i suoi lanzichenecchi tedeschi. Si disse p r o n t o a m e t t e r e a d i s p o s i z i o n e d e i r o m a n i t u t t i i suoi raccolti, ma n o n a i n d o s s a r e la tiara, e stavolta n o n si trattava di d e m a gogia e di falsa modestia. E r a v e r a m e n t e deciso a t o r n a r s e ne a casa. E a n c h e q u a n d o , d o p o s e t t i m a n e di s u p p l i c h e e di minacce, e b b e accettato l'elezione e p r e s o il n o m e di Vittore I I I , «la tiara - scrive Pietro Diacono - n o n ci fu verso di fargliela accettare». S u p e r a t a la p r o p r i a crisi, M a t i l d e si rifece viva q u a n d o V i t t o r e , n o n a v e n d o p o t u t o e n t r a r e i n Vaticano p e r c h é l e g u a r d i e d i C l e m e n t e gliene s b a r r a v a n o i l p a s s o , r i p r e s e l a s t r a d a di Cassino e ci rimase un a n n o . La Contessa lo m a n dò a ripescare i n d u c e n d o l o , c o n le b u o n e e con le cattive, a r i e n t r a r e a R o m a . Q u i si svolse u n a vera battaglia. C o n l'aiuto dei Matildiani, C l e m e n t e fu sloggiato da San Pietro, ma si barricò nella città leonina. Vittore t e n t ò a n c o r a u n a volta di t o r n a r e a Cassino, e a n c o r a u n a volta Matilde lo costrinse a r i p r e n d e r e il s u o posto. La città r i m a s e divisa in d u e e p e r un altro a n n o fu t e a t r o di zuffe e di a m m a z z a m e n t i . San Pietro, r i d o t t a a trincea, fu conquistata e p e r d u t a q u a t t r o volte. 423

Alla fine lo svogliato Vittore se ne t o r n ò d e f i n i t i v a m e n t e a Cassino, e ci m o r ì . C o m e successore, u n a q u a r a n t i n a di Vescovi, Cardinali e Abati, sostenuti dalle milizie di Matilde, scelsero il Vescovo francese d i Ostia, O t t o n e d i Lagéry, c h e p r e s e i l n o m e d i U r b a n o . N o n s a p p i a m o se la Contessa lo conosceva. Ma cert a m e n t e l o favoriva p e r c h é a n c h e lui veniva d a Cluny, n e p o r t a v a addosso lo zelo p u r i t a n o , incarnava la Chiesa assoluta e la F e d e militante. E r a così p o v e r o e frugale c h e , a n che d o p o aver indossato la tiara, seguitò a vivere di elemosin e , e a p r o c u r a r g l i il cibo d o v e t t e r o p r o v v e d e r e le s i g n o r e r o m a n e . La lotta con Clemente, tuttora trincerato nella città leonina, c o n t i n u ò . Ma con prospettive assai diverse p e r c h é Matilde era decisamente passata alla controffensiva. L'irriducibile Contessa aveva o r d i t o c o n t r o E n r i c o il p e g giore dei colpi. Lo scomunicato I m p e r a t o r e n o n si e r a fatto vivo p e r c h é stava c e r c a n d o p e n o s a m e n t e di ricucire il p r o p r i o p o t e r e sui ribelli f e u d a t a r i d ' I t a l i a e di G e r m a n i a . E p e r g a r a n t i r e la c o n t i n u i t à della sua dinastia, vagheggiava di far c o n f e r i r e il titolo di Re d ' I t a l i a al s u o p r i m o g e n i t o C o r r a d o . Matilde invitò a Canossa q u e l ragazzetto, cui pare c h e quella p r o s p e t t i v a avesse un p o ' m o n t a t o la testa, e 10 circuì facendogli b a l e n a r e la possibilità di u n a c o r o n a cui n o n c o r r i s p o n d e s s e solo u n titolo, m a un'effettiva a u t o r i t à sulla Penisola. Il g i o v a n e n o n s e p p e resistere al m i r a g g i o . E n e l 1093 Matilde e altri Signori ostili a l l ' I m p e r o inscenarono u n a sontuosa cerimonia a Monza, dove l'Arcivescovo di Milano pose 11 ferreo monile di Teodorico sulla testa del Principe che, da successore, si trasformò così in rivale del p a d r e . Enrico, che a d o r a v a quel figlio in cui aveva riposto tutte le sue speranze, ne fu m o r t a l m e n t e ferito. E ad aggravare il t r a u m a v e n n e la fuga della sua seconda moglie, la principessa russa Prassede, che a b b a n d o n ò il m a r i t o p e r r a g g i u n g e r e il figliastro a Canossa, covo della mortale nemica di suo marito. N e seguì u n a v i o l e n t a c a m p a g n a d i r e c i p r o c h e accuse. 424

Prassede, p e r giustificare il p r o p r i o gesto, disse c h e E n r i c o l'obbligava p e r libidine a prostituirsi ai p r o p r i paggi. Enrico ritorse che a prostituirsi e r a lei, v o l o n t a r i a m e n t e e incestuos a m e n t e , con C o r r a d o . Forse e r a n o fandonie da u n a p a r t e e dall'altra. Ma d i s c r e d i t a r o n o tutti i protagonisti e ne affrett a r o n o la catastrofe. Prassede, d o p o u n p o ' , t o r n ò i n Russia d o v e p a r e c h e s i chiudesse in un convento a finirvi i suoi giorni. C o r r a d o fec e p r e s t o a d accorgersi c h e l a sua c o r o n a valeva m e n o del rozzo metallo i n cui e r a intagliata. P a p a U r b a n o , p e r c o m p e n s a r l o della sua fellonìa, v e n n e a p p o s t a a C r e m o n a p e r conferirgli a n c h e i l titolo d ' I m p e r a t o r e r o m a n o , d a cui l a Chiesa considerava E n r i c o d e c a d u t o . Matilde assistè t r i p u d i a n d o alla scena del giovane che teneva u m i l m e n t e la staffa del Pontefice p e r aiutarlo a s c e n d e r e da cavallo. Il piccolo I m p e r a t o r e di cartapesta, c h e gl'italiani ribattezzarono s p r e g i o s a m e n t e «Cono», n o n aveva n e a n c h e u n p l o t o n e , e p e r m a n g i a r e faceva l'ospite di professione presso q u e s t o o quel Signore. Per trarlo dai guai economici, U r b a n o gli c o m b i n ò un b u o n m a t r i m o n i o con la figlioletta di R u g g e r o , il Re norm a n n o di Sicilia: la ragazza n o n aveva che dodici a n n i , ma si diceva o b e r a t a da u n a ricchissima d o t e . Il m a t r i m o n i o fu fastosamente celebrato a Pisa nel 1095, ma la d o t e si rivelò m e n o sostanziosa del previsto, u n a miseria a d d i r i t t u r a . L a c o p p i a n ' e b b e s o l t a n t o d i c h e vivacchiare m o d e s t a m e n t e i n u n d i s a d o r n o castellacelo d i B o r g o S . D o n n i n o , l'attuale F i d e n z a . D a quella p o c o r e g a l e d i m o r a , C o r r a d o n o n svolse m a i n e s s u n a p a r t e di rilievo nella politica italiana. Lì p e r sei accidiosi a n n i covò i rimorsi verso suo p a d r e e il r a n c o r e c o n t r o Matilde c h e lo aveva i n d o t t o al p i ù n e r o t r a d i m e n t o , sedotto con le p i ù false s p e r a n z e , e p p o i a b b a n d o n a t o . Nel 1 1 0 1 , all'età di ventisette a n n i , m o r ì . Il referto ufficiale a t t r i b u ì il decesso a febbri m a l a r i c h e . La voce d e l p o p o l o lo mise sul conto di Matilde. Ma n o n si vede p e r c h é costei l o a v r e b b e fatto s o p p r i m e r e . I l p o v e r o C o n o o r m a i n o n dava p i ù fastidio a n e s s u n o . 425

Q u a n t o a E n r i c o , il s u o calvario n o n e r a finito. D o p o la defezione del p r i m o g e n i t o , egli aveva r i p o s t o tutti i suoi affetti e s p e r a n z e sul cadetto, c h e si chiamava E n r i c o c o m e lui. Ma n e l 1104 a n c h e il s e c o n d o figlio a b b a n d o n ò il p a d r e e p a s s ò nel c a m p o della Chiesa, d i cui disse c h e n o n p o t e v a s o p p o r t a r e l a c o n d a n n a . Egli s o r p r e s e p r o d i t o r i a m e n t e i l derelitto I m p e r a t o r e in viaggio verso M a g o n z a , gli s t r a p p ò con la forza la r i n u n c i a al titolo e lo gettò p r i g i o n i e r o in u n a t o r r e . M a l g r a d o l'ottusa moralità di q u e i t e m p i , il gesto p r o vocò l ' i n d i g n a z i o n e delle m a s s e p o p o l a r i , c h e i n s o r s e r o , lib e r a r o n o il p r i g i o n i e r o e gli d i e d e r o un esercito p e r castigare il figlio fellone. Ma E n r i c o n o n ce la fece. S t r o n c a t o da t a n t e s c i a g u r e , m o r ì p r i m a d ' i m p e g n a r e b a t t a g l i a c o n l'us u r p a t o r e , a Visè, nel 1106. S p i r a n d o , chiese i s a c r a m e n t i . E il suo confessore gliel'impartì. A n c h e U r b a n o i n q u e l m o m e n t o e r a m o r t o , d a b e n sette a n n i . Ma da trionfatore, alla testa di u n a Chiesa così forte e prestigiosa che aveva p o t u t o lanciare tutto il m o n d o cristian o , u n i t o nel suo n o m e , nella p i ù poetica a v v e n t u r a , religiosa e militare, di tutt'i t e m p i : la Crociata.

CAPITOLO OTTAVO

LA PRIMA CROCIATA

N e l 1088, riferisce u n a vecchia cronaca, u n p e l l e g r i n o d i rit o r n o dalla T e r r a s a n t a , Pietro l'Eremita, p o r t ò a l p a p a U r b a n o u n a lettera d i S i m e o n e , Patriarca d i G e r u s a l e m m e . I n t e r m i n i d r a m m a t i c i , vi si d e s c r i v e v a n o le p e r s e c u z i o n i dei m u s u l m a n i c o n t r o il g r e g g e cristiano e s'invocava l'aiuto di Roma. I m u s u l m a n i n o n e r a n o gli Arabi. E r a n o i T u r c h i . Q u e sta p o p o l a z i o n e m o n g o l i c a , d i p a s t o r i n o m a d i e d i g u e r r i e r i ferocissimi, si e r a l e n t a m e n t e s p o s t a t a n e i secoli, alla r i c e r c a di pascoli e di p r e d a , dalle s t e p p e asiatiche al C a u caso. Q u i s i e r a n o t r o v a t i i n c o n t a t t o c o n gli A r a b i , allora in p i e n a frenesia espansionistica. E alcuni di essi, convertitisi all'Islam, si e r a n o a r r u o l a t i sotto le s u e b a n d i e r e c o m e m e r c e n a r i . C o n le q u a l i t à militari c h e li d i s t i n g u e v a n o (e c h e a n c o r a li d i s t i n g u o n o ) , a v e v a n o fatto s p l e n d i d e c a r r i e r e . U n a l o r o dinastia, quella d e i Selgiuchi, s i e r a p o i ribellata a l Califfo d i B a g d a d , aveva f o n d a t o u n E m i r a t o i n d i p e n d e n t e in Asia M i n o r e , e n e l 1070 si e r a i m p a d r o n i t a di Gerusalemme. G e r u s a l e m m e , fino a q u e l m o m e n t o , e r a stata trattata dagli Arabi c o m e u n a specie di «città aperta». Essi si e r a n o m o strati m o l t o t o l l e r a n t i v e r s o le a l t r e d u e r e l i g i o n i - q u e l l a ebraica e quella cristiana - che lì avevano la loro culla, e ne a v e v a n o r i s p e t t a t o le s i n a g o g h e e le chiese. Ma i Selgiuchi e r a n o neòfiti d e l l ' I s l a m , vi p o r t a v a n o un fervore b i g o t t o e u n o zelo intransigente. La p e r s e c u z i o n e incrudelì. E le vittime si rivolsero i n v a n o a Costantinopoli, cui la provincia aveva a p p a r t e n u t o p r i m a della conquista a r a b a . 428

Ridotto a un cantuccio di Asia M i n o r e , l ' I m p e r o d ' O r i e n te i n c o n t r a v a già p a r e c c h i e difficoltà a m a n t e n e r e la p r o p r i a i n d i p e n d e n z a . B u l g a r i e Russi e r a n o dilagati nelle sue p r o v i n c e e u r o p e e . E i Selgiuchi, istallatisi da p a d r o n i a Edessa, A n t i o c h i a , T a r s o e Nicea, si e r a n o o r m a i affacciati sul Bosforo. L'esercito i m p e r i a l e , m a n d a t o a sloggiarli, e r a stato a n n i e n t a t o a Manzikert. G e r u s a l e m m e o r m a i e r a isolata dalla s u a vecchia capitale. E il s u o P a t r i a r c a , s e b b e n e lo scisma avesse fatto di lui un eretico agli occhi di R o m a , si rivolse al Papa. L'idea d i u n a s p e d i z i o n e i n T e r r a s a n t a p e r l a c o n q u i s t a della p a t r i a di Gesù aveva già t e n t a t o altri Pontefici. Silvestro I I , c h e d a b u o n tedesco a m a v a p r o g r a m m a r e i n g r a n d e , n e aveva a n c h e b a n d i t a u n a c h e , m a l p r e p a r a t a e diretta, e r a abortita in Siria subito d o p o il Mille. G r e g o r i o V I I ne a v r e b b e c e r t a m e n t e lanciata u n ' a l t r a , se la lotta con E n r i c o IV glielo avesse c o n s e n t i t o . «Preferirei rischiare la vita p e r la liberazione dei L u o g h i Santi - aveva d e t t o - che r e g n a r e sull'universo». I n s o m m a , il p r o g e t t o n o n e r a n u o v o . La lett e r a di S i m e o n e gli r i d i e d e attualità. Ma forse a r e n d e r e allettante l'appello ci f u r o n o a n c h e altri motivi. Il p r i m o e r a di c a r a t t e r e strategico. S e b b e n e i suoi Califfi fossero o r m a i dediti p i ù alle arti c h e alla g u e r r a , l'Islam incombeva s e m p r e dal M e d i o O r i e n t e , dall'Africa e dalla Spag n a , c o m e u n a minaccia s u l l ' E u r o p a cristiana. P e r q u a n t o scarse fossero a q u e l t e m p o le nozioni di geografia, e r a a b b a s t a n z a c h i a r o c h e se C o s t a n t i n o p o l i c a d e v a , c a d e v a n o i Balcani, d o v e s a r e b b e stato p i ù difficile f e r m a r e la m a r e g giata, o r a c h e i Selgiuchi le a v e v a n o r i d a t o m o r d e n t e . M e glio q u i n d i bloccarla sulle basi di p a r t e n z a asiatiche, p r e n d e n d o l'iniziativa. Un s e c o n d o motivo fu p r o b a b i l m e n t e di c o n c o r r e n z a con la Chiesa greco-ortodossa. Q u e s t a sarebbe stata discreditata agli occhi di tutti i cristiani, se i L u o g h i Santi, c h e p u r e le a p p a r t e n e v a n o , fossero stati liberati in n o m e di quella cattolica. Nelle g u e r r e di religioni, lo scismatico, si sa, è p i ù odia429

to dell'infedele. E in questo caso, c o m b a t t e n d o l'uno, si d e bellava l'altro. Un terzo motivo e r a n o le ambizioni delle Repubbliche M a r i n a r e italiane, Genova, Pisa, Amalfi, ma s o p r a t t u t t o Venezia che, già p a d r o n e del M e d i t e r r a n e o occidentale, volevano diventarlo a n c h e di quello orientale, t u t t o r a d o m i n a t o dalle flotte m u s u l m a n e . E r a n o in giuoco i c o m m e r c i fra l'Est e l'Ovest: la p i ù ghiotta delle poste. Ma n a t u r a l m e n t e n e s s u n a di queste sollecitazioni fece capolino nell'infiammata oratoria di U r b a n o . Q u e l P a p a francese e r a un grandissimo t r i b u n o e conosceva i suoi polli. Sap e v a c h e l'impresa e r a rischiosa e che un suo fallimento sar e b b e stato un d u r o colpo p e r il prestigio della Chiesa. Bisognava q u i n d i p r e s e n t a r l a c o m e voluta da Dio e senz'altro obbiettivo c h e di r e n d e r e servizio a Lui. Nel 1095, a un Concilio di Vescovi a Piacenza, i messi di Bisanzio c h i e s e r o a n o m e d e l l ' I m p e r a t o r e Alessio l'aiuto dell'Occidente c o n t r o i Selgiuchi. Era già un trionfo m o r a l e p e r il cattolicesimo. U r b a n o s o s t e n n e v i g o r o s a m e n t e la richiesta e se ne fece il p o r t a v o c e . Per t u t t o l ' a n n o , instancab i l m e n t e , b a t t é l'Italia e la Francia p r e d i c a n d o la Crociata dai pulpiti di tutte le chiese. L'entusiasmo si p r o p a g ò di città in città. Q u a n d o il Concilio E c u m e n i c o si r i u n ì a C l e r m o n t F e r r a n d p e r le decisioni definitive, migliaia di p e r s o n e acc o r s e r o da o g n i p a r t e , p i a n t a r o n o le t e n d e , e attesero. U r b a n o d i e d e il g r a n d e a n n u n c i o a u n a vasta folla inginocchiata. Descrisse a tinte apocalittiche le persecuzioni m u s u l m a ne c o n t r o i fratelli cristiani di G e r u s a l e m m e . R i c o r d ò ai francesi, stuzzicandone l'orgoglio, c h e essi e r a n o i figli p r e diletti del Signore. R a m m e n t ò l o r o l'antica epica lotta cont r o l'Islam d i S p a g n a , C a r l o m a g n o , R o l a n d o , i l s a n g u e d i Roncisvalle che t u t t o r a aspettava un vendicatore. Li invitò a d i m e n t i c a r e il resto: le loro inutili vanità e discordie, i loro m e s c h i n i interessi, le l o r o p r o p r i e t à , p e r f i n o le l o r o famiglie. Qualcosa di p i ù g r a n d e , disse, vi aspetta: la liberazione del S a n t o S e p o l c r o e i n s i e m e quella delle v o s t r e coscienze 430

dai peccati che le m a c c h i a n o . C h i u n q u e si a r r u o l i p e r q u e sta i m p r e s a , concluse, si è g u a d a g n a t o il R e g n o dei Cieli. La folla inginocchiata rispose: «Dieu li volt», Dio lo vuole. E i nobili lì p r e s e n t ì , p r o s t e r n a n d o s i ai piedi del Papa, fecero solenne rinuncia ai p r o p r i beni p e r consacrarsi unicam e n t e al servizio di Dio. U r b a n o seguitò a p r e d i c a r e p e r mesi e mesi, suscitando p r o p r i o u n a f e b b r e d a C r o c i a t a . Essa s n i d ò d a i l o r o c o n v e n t i m o n a c i e d e r e m i t i c h e a c c o r s e r o p e r rivestire l ' u n i forme d e t t a t a da U r b a n o , e d ' a l t r o n d e m o l t o somigliante al loro saio: u n a specie di sacco c o n cappuccio e u n a croce dis e g n a t a sul p e t t o . Perfino R o m a , di solito così r e n i t e n t e a questi fervori e suggestioni, stavolta ne fu c o n t a g i a t a e accolse U r b a n o , al suo r i t o r n o , c o n oceaniche e deliranti m a nifestazioni. Il p r i m o p e r i c o l o c h e minacciò la C r o c i a t a fu l'entusiasmo d e i suoi zelatori. U r b a n o n e aveva r i m a n d a t o a l l ' a n n o d o p o l a p a r t e n z a p e r d a r t e m p o a i capi d i e l a b o r a r e u n piano. Ma b a n d e di impazienti mossero per conto proprio, e mezza E u r o p a ne fu messa a s o q q u a d r o . Fra di essi c ' e r a n o di certo gli infervorati di Dio. Ma forse p i ù n u m e r o s i e r a n o quelli sospinti da p i ù t e r r e s t r i m o v e n t i . C ' e r a n o i servi cui e r a stata p r o m e s s a la libertà. C ' e r a n o i c o n t r i b u e n t i che stav a n o p e r p e r d e r l a p e r via delle tasse, da cui l ' a r r u o l a m e n t o li esentava. C ' e r a n o i criminali cui si consentiva di c o m m u tare la c o n d a n n a , a n c h e di m o r t e , nel servizio a vita in Palestina. C ' e r a n o i m e r c a n t i attirati dalla p r o s p e t t i v a di q u a l che b u o n affare. C ' e r a n o i fannulloni e gli spostati in cerca d i u n a «cinquina». M a c ' e r a n o s o p r a t t u t t o gli u o m i n i cui sorrideva l'avventura: cadetti di famiglie nobili, specialmente n o r m a n n e , smaniosi di conquistare un titolo e di diventare a loro volta capostipiti, e Cavalieri senza i m p i e g o o r a che specialmente in Francia l'anarchia feudale stava p e r c e d e r e il posto a l l ' o r d i n a m e n t o statale c h e sottraeva la g u e r r a alla libera iniziativa. U n a t u r b a di 12.000 p e r s o n e p r e s e avvio nel m a r z o sot431

to la g u i d a di G u a l t i e r o S e n z a d e n a r o (e il n o m e dice tutto) e di P i e t r o l ' E r e m i t a , colui c h e aveva p o r t a t o la l e t t e r a di S i m e o n e a U r b a n o . U n ' a l t r a di 5.000 p a r t ì dalla G e r m a n i a al c o m a n d o d e l p r e t e Gottschalk. U n a terza scese dalla Ren a n i a , sotto i vessilli d e l C o n t e di L e i n i n g e n . N o n a v e v a n o servizi logistici, n é o r o , n é i d e e c h i a r e sugl'itinerari d a p e r c o r r e r e . Alla vista di P r a g a , chiesero se quella e r a Costantinopoli. La risposta negativa li d e l u s e e irritò, a n c h e p e r c h é n o n a v e v a n o p i ù nulla d a m a n g i a r e . T r a t t a r o n o u g u a l m e n te la città c o m e se fosse stata p r e d a bellica, e p e r giustificars e n e di f r o n t e a Dio g l ' i m m o l a r o n o le c o m u n i t à e b r a i c h e : t a n t o , e r a n o «infedeli» a n c h e quelli. L e p o p o l a z i o n i reagir o n o c h i u d e n d o le p o r t e d e i b o r g h i . E i Crociati se ne rivals e r o s a c c h e g g i a n d o i l c o n t a d o . N o n e r a u n esercito. E r a n o delle o r d e . Vi e r a n o i n t r u p p a t e a n c h e le mogli e i b a m b i n i p e r c h é l e d o n n e a v e v a n o s a p u t o c h e , vestite d a C r o c i a t i , c ' e r a n o a n c h e m o l t e p r o s t i t u t e cui n o n volevano lasciare il campo. C o m e Dio volle, q u e s t a n u v o l a d i cavallette r a g g i u n s e Costantinopoli. Alessio si mise le m a n i nei capelli, e p e r dis f a r s e n e m o b i l i t ò la flotta p e r t r a g h e t t a r e o l t r e il Bosforo g l ' i n c o m o d i alleati. R a c c o m a n d ò l o r o tuttavia d i a s p e t t a r e r i n f o r z i , p r i m a d i p r e n d e r e iniziative. M a q u e i d i s p e r a t i , forse a corto di vettovaglie, m a r c i a r o n o u g u a l m e n t e su Nicea. La g u a r n i g i o n e t u r c a n o n e b b e difficoltà ad aggirarli e a n n i e n t a r l i . G u a l t i e r o fu ucciso. Fra i p o c h i s c a m p a t i ci fu Pietro l'Eremita che, deluso e disgustato, p i a n t ò t u t t o e tornò a casa. F r a t t a n t o l'esercito v e r o si e r a a m m a s s a t o . Fra i suoi capi n o n c'era n e s s u n o dei g r a n d i Sovrani d ' E u r o p a , n é Filippo I di Francia, né Guglielmo II d ' I n g h i l t e r r a , né l ' i m p e r a t o r e E n r i c o IV, a n c h e p e r c h é tutti p e r u n a r a g i o n e o p e r l'altra scomunicati. In c o m p e n s o c'era il fior fiore della cavalleria francese, p e r c h é francese e r a la C r o c i a t a a c o m i n c i a r e d a l P a p a che l'aveva predicata. N o n p e r nulla nel vicino O r i e n te a n c o r oggi gli e u r o p e i sono chiamati «i Franchi». C'era il 432

d u c a Goffredo di Buglione, c'era il conte B o e m o n d o di Tar a n t o , figlio di R o b e r t o il G u i s c a r d o , c'era s u o n i p o t e T a n credi d'Altavilla, c'era il conte R a i m o n d o di Tolosa. N e m m e n o costoro somigliavano m o l t o ai p u r i e disinteressati e r o i c h e p i ù t a r d i il Tasso doveva c e l e b r a r e nella Gerusalemme Liberata. T u t t a v i a e r a n o e s p e r t i e p r o d i c o n d o t tieri. E il l o r o fervore religioso e r a sincero, a n c h e se coabitava c o n altri m o v e n t i e ambizioni. Mezzo m o n a c o e m e z z o soldato, Goffredo e r a convinto che l'unico m o d o d i g u a d a gnarsi il p a r a d i s o fosse quello di s p e d i r e all'inferno q u a n t i più infedeli si poteva. E q u e s t o fanatismo fece di lui un cap o c r u d e l e e i n m o l t i casi o t t u s o . B o e m o n d o n o n a v e v a , q u a n t o a c o r a g g i o e sagacia m i l i t a r e , n u l l a da i n v i d i a r e a s u o p a d r e R o b e r t o . M a , p i ù c h e a l i b e r a r e il S a n t o Sepolcro, p e n s a v a d a b u o n n o r m a n n o a p r o c u r a r s i u n R e a m e i n Palestina. T a n c r e d i e r a forse il m e n o calcolatore. A lui piaceva l ' a v v e n t u r a p e r l'avventura e aveva t u t t o p e r d i v e n t a r ne il p r o t a g o n i s t a : l'atletica bellezza, la s p a v a l d e r i a , la g e n e r o s i t à , la t e a t r a l i t à . E g i u s t o c h e il Tasso ne a b b i a fatto l ' E r o e d e l s u o p o e m a . Q u a n t o a R a i m o n d o , c h e aveva già c o m b a t t u t o c o n t r o i m u s u l m a n i in S p a g n a , la sua p i e t à e r a i n c o n t i n u a lotta c o n l'avarizia, e n o n s e m p r e n e usciva trionfante. Forse e r a q u e s t a c o n t r a d d i z i o n e c h e l o r e n d e v a così spigoloso e irascibile. L a c o n c o r d i a d i questi u o m i n i , d a cui d i p e n d e v a l'esito della spedizione, fu subito messa a d u r a p r o v a dalla p r o p o sta di B o e m o n d o di cominciare la g u e r r a da Costantinopoli, i m p a d r o n e n d o s e n e . Goffredo, che godeva a u t o r i t à di c a p o , rifiutò. Ma l'idea rimase nell'aria, e l ' i m p e r a t o r e Alessio d o vette a v e r n e q u a l c h e s e n t o r e . La raffinata e imbelle società bizantina accolse senza s i m p a t i a q u e i Cavalieri d a l g r a n d e n o m e ma semianalfabeti e di m o d i rozzi. C o s t o r o r i m a s e r o stupefatti, ma a n c h e scandalizzati dal lusso di quelle case, di quelle chiese, d i q u e l l a g e n t e a i l o r o occhi effeminata. O g n u n a delle d u e p a r t i sospettava l'altra d i duplicità. P r o b a b i l m e n t e c'era a n c h e u n grosso m a l i n t e s o . Alessio s i e r a 433

rivolto all'Occidente p e r c h i e d e r e solo dei rinforzi. E si ved e v a p i o v e r e a d d o s s o un esercito, di cui o r a si sentiva prig i o n i e r o . Più che a l i b e r a r e G e r u s a l e m m e , b a d ò a liberare se stesso, e lo fece con bizantina diplomazia. Offrì generosam e n t e provviste, sussidi, mezzi di t r a s p o r t o alle t r u p p e , e versò laute m a n c e nelle tasche dei q u a t t r o c o m a n d a n t i , esig e n d o n e in cambio l ' i m p e g n o a riconoscere la sua sovranità su tutte le t e r r e che essi a v r e b b e r o liberato. Addolciti dall'or o , i q u a t t r o c o m a n d a n t i g i u r a r o n o . E ai p r i m i d e l 1097 p r e s e r o il via fra acclamazioni, c r e d i a m o , molto p i ù sincere di quelle che li avevano accolti all'arrivo. N o n e r a n o p i ù d i 3 0 mila u o m i n i , m a t r o v a r o n o u n valido aiuto nelle rivalità che d i v i d e v a n o il c a m p o n e m i c o . La vecchia dinastia a r a b a d e i Fatimidi, c h ' e r a stata rovesciata dai Selgiuchi, fece il giuoco dei Crociati, e l'Armenia si ribellò alleandosi con loro. Nicea si a r r e s e d o p o breve assedio, e di lì la marcia r i p r e s e su Antiochia. Un esercito turco fu batt u t o in u n a sanguinosa battaglia. Ma il nemico p i ù d u r o n o n e r a quello. E r a n o il caldo e la sete che gli e u r o p e i incontrar o n o sulle p e t r a i e dell'Asia M i n o r e . E r a luglio, e bisognava b a t t e r e cinquecento miglia in q u e l deserto, su cui furono seminati molti cadaveri di u o m i n i , di d o n n e e di cavalli. Sul T a u r o s e m b r ò che l'impresa dovesse arenarsi p e r dissoluzione. R a i m o n d o , B o e m o n d o e Goffredo si s p a r t i r o n o l'Armenia, o g n u n o b a d a n d o a o c c u p a r e la p r o p r i a fetta e a fondarvi un R e a m e . Baldovino, fratello di Goffredo, si a p p r o p r i ò E d e s s a e vi f o n d ò il p r i m o P r i n c i p a t o L a t i n o dell'Est. Ma la t r u p p a m o s t r ò tale m a l c o n t e n t o verso i suoi capi, che costoro r i c o m p o s e r o i r a n g h i e r i p r e s e r o la marcia. Chiusa nelle sue m u r a , Antiochia resistette p e r otto mesi. E a salvare gli assedianti affamati fu lo z u c c h e r o , ch'essi allora c o n o b b e r o p e r la p r i m a volta. Tuttavia i disagi avevano a b b a t t u t o il m o r a l e . Sicché, q u a n d o g i u n s e notizia dell'imm i n e n t e arrivo di u n ' a r m a t a turca, molti Crociati disertaron o . L ' i m p e r a t o r e Alessio, c h e a c c o r r e v a di rinforzo col suo esercito, i n c o n t r ò questi sbandati, c r e d e t t e che fossero i r e 434

sti di u n a battaglia già persa, e t o r n ò i n d i e t r o p e r d i f e n d e r e l'Asia M i n o r e . I Crociati n o n c r e d e t t e r o all'equivoco, lo p r e sero p e r un t r a d i m e n t o , e n o n glielo p e r d o n a r o n o . Essi frattanto e r a n o rimasti vincitori grazie a d u e miracoli, u n o v e r o e u n o finto. Il p r i m o fu la resa di Antiochia p o chi giorni p r i m a che l ' a r m a t a t u r c a arrivasse. Il s e c o n d o fu quello inscenato d a u n p r e t e d i Marsiglia, B a r t o l o m e o , che p e r r i d a r e fiducia ai suoi disse di aver trovato la lancia che aveva trafìtto Gesù. Alla vista di quella reliquia, i Crociati rit r o v a r o n o il loro i m p e t o aggressivo e r i p o r t a r o n o u n a vittoria decisiva. Solo d o p o ci r i p e n s a r o n o e accusarono di frode B a r t o l o m e o , che chiese la p r o v a del fuoco p e r d i m o s t r a r e la sua i n n o c e n z a . Si gettò c o r r e n d o d e n t r o u n a p i r a e ne riem e r s e a p p a r e n t e m e n t e salvo. Ma l ' i n d o m a n i m a t t i n a lo trov a r o n o stecchito nel suo giaciglio. A n t i o c h i a d i v e n t ò l a capitale d i u n s e c o n d o P r i n c i p a t o Latino che v e n n e assegnato a B o e m o n d o . Secondo il giuram e n t o questi d a p p r i m a l o g o v e r n ò i n n o m e d e l l ' I m p e r a t o re. Ma p o i si dichiarò, c o m e Baldovino, esentato da ogni imp e g n o di vassallaggio. N o n e r a n o p i ù di 12 m i l a i Crociati c h e n e l luglio d e l 1099, d o p o t r e a n n i di c a m p a g n a , si a c c a m p a r o n o sotto le m u r a di G e r u s a l e m m e . La loro c o m m o z i o n e alla vista della sacra città s i t r a s f o r m ò i n s t u p o r e q u a n d o l a g u a r n i g i o n e m u s u l m a n a s i d i c h i a r ò p r o n t a a t r a t t a r e u n armistizio. Quella g u a r n i g i o n e n o n e r a turca, m a araba, p e r c h é l ' a n n o p r i m a G e r u s a l e m m e e r a stata ritolta ai Selgiuchi dai Fatìmidi, c h e n o n a v e v a n o m a i a v v e r s a t o i F r a n c h i . M a c o s t o r o n o n intesero r a g i o n i forse p e r c h é p e n s a r o n o che u n f i n a l e negoziato e i n c r u e n t o avrebbe rovinato l'epopea. E chiesero la resa senza condizioni. I difensori - un migliaio d ' u o m i n i in tutto - resistettero q u a r a n t a g i o r n i . Poi c a p i t o l a r o n o . «E allora - riferisce un t e s t i m o n e o c u l a r e , R a i m o n d o d i Agiles, famoso p e r i l suo zelo e la sua pietà - si v i d e r o cose meravigliose. I m u s u l m a ni f u r o n o d e c a p i t a t i , o trafitti di frecce, o gettati giù dalle 435

t o r r i . Altri f u r o n o t o r t u r a t i p e r g i o r n i e g i o r n i , e p o i b r u ciati. Le s t r a d e e r a n o lastricate di teste, di m a n i e di p i e d i mozzi.» Q u e s t e cose meravigliose d u r a r o n o fino a c o n s u m a z i o n e completa dei 70 mila abitanti di G e r u s a l e m m e , ivi compresi gli Ebrei. Costoro furono ammassati e arrostiti d e n t r o le sin a g o g h e . Poi i Crociati si r i u n i r o n o nella g r o t t a del S a n t o S e p o l c r o c h e aveva o s p i t a t o i resti d e l S i g n o r e v e n u t o al m o n d o p e r p r e d i c a r e la misericordia, e lì p i a n s e r o di gioia sentendosi finalmente d e g n i di Lui. Goffredo d i B u g l i o n e , c h e d i q u e i m a s n a d i e r i e r a certam e n t e il migliore, d i v e n t ò in p r a t i c a il p a d r o n e di G e r u s a l e m m e in qualità di «difensore del S a n t o Sepolcro». O n o r ò il suo titolo b a t t e n d o u n ' a r m a t a a r a b a v e n u t a alla riscossa, e 10 lasciò al fratello Baldovino che gli preferì quello di Re. Questo «Regno Latino di Gerusalemme» d u r ò fino al 1143, diviso in q u a t t r o Principati: G e r u s a l e m m e , Antiochia, Edessa e Tripoli, c h e si r e s e r o s e m p r e p i ù a u t o n o m i sino a farsi delle piccole g u e r r e t r a l o r o . Il clero g r e c o - o r t o d o s s o fu cacciato e sostituito con quello cattolico reclutato in speciali o r d i n i allo stesso t e m p o religiosi e g u e r r i e r i : i Cavalieri Teutonici, i T e m p l a r i e gli Ospitalieri. Ma q u e s t a è u n a vic e n d a che esula dal n o s t r o tema. Quelli che a n o i interessano sono s o p r a t t u t t o gli effetti che la Crociata ebbe sulla politica, sulla società e sul c o s t u m e d e l l ' O c c i d e n t e , e specialm e n t e dell'Italia. C e r c h i a m o d i riassumerli r a p i d a m e n t e . 11 p r i m o e p i ù i m m e d i a t o fu l ' a p e r t u r a d e l M e d i t e r r a n e o orientale alle flotte e ai traffici di Venezia e di Genova. C o n u n o scarso contributo di navi p e r i servizi logistici della C r o ciata, le d u e Repubbliche avevano fatto un grosso affare. Pot e r o n o compilare eccellenti carte geografiche di q u e i m a r i e di quelle coste, istallare fondachi sul Bosforo, e in M a r N e r o , e avviare traffici. Ma m o l t o p i ù i m p o r t a n t i furono le c o n s e g u e n z e indirette sul p i a n o politico, sociale e del c o s t u m e . Anzitutto, l'im436

p a l c a t u r a feudale n e usciva d o v u n q u e indebolita. Per f i n a n ziare la spedizione, l'aristocrazia, che n ' e r a stata la v e r a p r o t a g o n i s t a , aveva v e n d u t o i p r o p r i p o s s e d i m e n t i o li aveva ipotecati a profitto di u n a n a s c e n t e b o r g h e s i a di b a n c h i e r i . La t e r r a aveva d o v u t o essere b a r a t t a t a in d e n a r o . E il d e n a ro e r a l ' a r m a d e i ceti u r b a n i e m e r c a n t i l i c o n t r o la nobiltà t e r r i e r a . Per di p i ù molti coloni, già ridotti allo stato di servi della gleba, p e r a r r u o l a r s i sotto la b a n d i e r a del l o r o Signor e , n e a v e v a n o o t t e n u t o i n c a m b i o l'affrancamento d e l p o d e r e . E molti feudi si e r a n o così sgretolati. Ma del feudalesimo si e r a sovvertita a n c h e l'etica. Il Cavaliere sin allora n o n aveva r i c o n o s c i u t o a l t r o i m p e g n o d i vassallaggio c h e a l s u o S i g n o r e . C o n l ' a r r u o l a m e n t o nella Crociata, aveva c o n t r a t t o u n altro obbligo, a n c o r a p i ù alto: quello verso Dio. Nell'alto M e d i o Evo n o n ci p o t e v a essere incompatibilità fra il vassallaggio t e m p o r a l e e quello spirituale: la Chiesa n o n e r a mai diventata un ufficio di reclutam e n t o militare, n o n aveva mai b a n d i t o « g u e r r e sante», n o n ne aveva m a i c o m b a t t u t e m a t e r i a l m e n t e . Il p r i m o a fare eccezione a q u e s t a r e g o l a m i l l e n a r i a e r a stato L e o n e I X , c h e aveva g u i d a t o un p r o p r i o esercito c o n t r o i N o r m a n n i , e cion o n o s t a n t e e r a stato santificato. Fu il p r i m o caso di «Crociata», ma c o n t r o dei cristiani. E finì m a l e p e r c h é i N o r m a n n i sconfissero il P a p a e lo p r e s e r o p r i g i o n i e r o . Ma fu la Crociata v e r a che istaurò la n u o v a regola. I Cavalieri che p a r t i r o no p e r la T e r r a s a n t a si e r a n o a r r u o l a t i sotto le b a n d i e r e di Cristo, un Cristo p e r la p r i m a volta militare e conquistatore. La loro lealtà a n d a v a p r i m a di tutto a Lui e a chi lo r a p p r e sentava in t e r r a , cioè si spostava d a l l ' a u t o r i t à laica a quella ecclesiastica. Un s e c o n d o v a n t a g g i o la C h i e s a lo trasse sul p i a n o economico. Essa si e r a assunta il c o m p i t o di r e c l u t a r e l'esercito e di o r g a n i z z a r e i servizi. Per p r o c u r a r s e n e i mezzi, il clero aveva reclamato e o t t e n u t o dalle a u t o r i t à t e m p o r a l i il diritto di tassare la popolazione. N o n ci a n d ò con m a n o leggera. Le esazioni f u r o n o così esose c h e p r o v o c a r o n o forti risenti437

m e n t i da p a r t e delle vittime. Fu il p r i m o s e m e di quell'odio c o n t r o l a C u r i a r o m a n a c h e q u a l c h e secolo d o p o d o v e v a contribuire alla Riforma p r o t e s t a n t e . Ma p e r allora q u e l rastrellamento di oboli fece della Chiesa la p i ù forte p o t e n z a economica d ' E u r o p a . Gli oboli n o n a n d a r o n o tutti alla C r o ciata. La m a g g i o r p a r t e r i m a s e r o nelle tasche degli esattori. Arcivescovati e Monasteri se ne i m p i n g u a r o n o . L o s p i r i t o d i C r o c i a t a sopravvisse a n c h e d o p o l a fine dell'impresa. D'allora i n p o i tutt'i pretesti f u r o n o b u o n i p e r lanciarne, n o n solo c o n t r o i m u s u l m a n i , ma a n c h e c o n t r o i cristiani eretici. Ci fu quella c o n t r o gli Slavi nella G e r m a n i a orientale, quella c o n t r o gli Albigesi, e perfino, c o m e v e d r e m o , quella c o n t r o i tedeschi H o h e n s t a u f e n . Da q u e s t o m o m e n t o infatti gli specialisti di diritto canonico cominciano a e l a b o r a r e la teoria della « g u e r r a giusta». Per essere giusta, u n a g u e r r a bastava che fosse dichiarata o sostenuta dal Papa. L a Crociata f u i n s o m m a u n grosso t r a u m a . I r e d u c i n e t o r n a r o n o con un concetto della civiltà m u s u l m a n a assai diverso da quello con cui e r a n o partiti. In molte cose l'avevano trovata s u p e r i o r e e p i ù tollerante di quella cristiana e ne i m p o r t a r o n o in E u r o p a le testimonianze: il compasso, l'arte della s t a m p a e del vetro, i tappeti, le spezie, n o n c h é il costum e , che molti di loro avevano adottato, di radersi. Attraverso i l o r o r a c c o n t i , m o l t e p a r o l e a r a b e e le favole o r i e n t a l i g i u n s e r o all'orecchio dell'Occidente. N o n e r a che u n seme. M a f i o r ì .

CAPITOLO NONO

WORMS

M e n t r e in T e r r a s a n t a si svolgeva la Crociata, in Occidente la lotta delle investiture aveva r i p r e s o con p i ù furore di p r i m a . Enrico V, che si e r a ribellato al p a d r e p e r c h é - aveva dett o - n o n p o t e v a s o p p o r t a r e l a scomunica, a p p e n a p o t è , n e ricalcò p u n t u a l m e n t e le o r m e . E stavolta n o n aveva di front e u n u o m o della t e m p r a d i G r e g o r i o n é l a D e b o r a h toscana che ne aveva sostenuto la causa con fanatico zelo. La g r a n d e C o n t e s s a viveva a n c o r a , appollaiata nel s u o castello di Canossa. Ma l'età e gli acciacchi n o n le consentivano p i ù di salire a cavallo. E sulla c a t t e d r a di S. Pietro sedeva un timido p r e s u l e , Pasquale I L Costui forse n o n avrebbe n e m m e n o osato riaprire la p a r tita se n o n vi fosse stato provocato da Enrico che aveva riemp i t o i Vescovati e gli Arcivescovati d e l s u o Paese di u o m i n i suoi senza c h i e d e r n e a R o m a l'autorizzazione: la Chiesa tedesca si avviava a d i v e n t a r e , cioè a r i d i v e n t a r e u n a Chiesa di Stato c o m e quella orientale. P a s q u a l e n o n p r o t e s t ò d i r e t t a m e n t e . Ma, spintovi d a l p a r t i t o g r e g o r i a n o t u t t o r a fortissimo nella C u r i a , iniziò u n giro di p r o p a g a n d a presso i g r a n d i Signori laici dell'alta Italia p e r garantirsi il loro a p p o g g i o in caso di bisogno, e a n d ò a Parigi a sollecitare a n c h e quello del Re di Francia. Q u i a n zi t e n n e , a C h a l o n s - s u r - M a r n e e a Troyes, d u e Concili in cui p e r e n t o r i a m e n t e si ribadiva l'esclusivo d i r i t t o d e l P a p a all'investitura dei Vescovi: regola che un terzo Concilio, t e n u to in L a t e r a n o nel 1110, dichiarò, c o m e si d i r e b b e oggi, «irrinunciabile». E n r i c o rilevò il g u a n t o di sfida, e n e l l ' a u t u n n o di quello 439

stesso a n n o calò i n Italia c o n t r e n t a m i l a a r m a t i e u n folto c o d a z z o di a m m i n i s t r a t o r i e di giuristi d e s t i n a t i , nelle s u e intenzioni, a g o v e r n a r e in s u o n o m e le città italiane. Le acc o g l i e n z e f u r o n o q u e l l e c h e l'Italia s e m p r e r i s e r b a a l p a d r o n e s t r a n i e r o , q u a n d o è forte. Vercelli lo ricevette c o m e un s o v r a n o . N o v a r a , c h e a c c e n n ò a fare q u a l c h e resistenza, fu p r i v a t a p e r castigo d e l l e s u e m u r a , e l ' e s e m p i o b a s t ò a d i s a r m a r e i recalcitranti. S e c o n d o u n versaiòlo d e l t e m p o , D o n i z o n e , Milano n e g ò a E n r i c o o n o r i e d e n a r o . Ma nelle c r o n a c h e si l e g g e i n v e c e c h e l'accoglienza fu festosa, e fastosa l a c e r i m o n i a d e l l ' i m p o s i z i o n e d e l l a f e r r e a c o r o n a d i R e d'Italia sulla testa d e l l ' I m p e r a t o r e d a p a r t e dell'arcivescovo Crisolao. A n c h e la terribile Contessa stavolta si m o s t r ò r a g i o n e v o le. S e n t e n d o s i invecchiare, essa aveva nel f r a t t e m p o cercato d i associarsi u n u o m o a l p o t e r e . D a p p r i m a s i e r a c o m p r a t o c o m e m a r i t o u n giovanissimo d u c a , Guelfo, c h e aveva t r e n t ' a n n i m e n o di lei, già c i n q u a n t e n n e , e gli aveva d a t o il tìtol o d i M a r c h e s e d i Toscana. M a n a t u r a l m e n t e a n c h e q u e s t o secondo matrimonio n o n era durato. Dopo un paio d'anni Guelfo aveva disertato quella moglie i n g o m b r a n t e p e r passare nel c a m p o n e m i c o . E c'è da compatirlo. O r a la Contessa aveva al fianco un altro u o m o : G u i d o G u e r r a . Ma, invece di sposarlo, p i ù s a g g i a m e n t e lo aveva a d o t t a t o c o m e figlio. E u n a volta t a n t o aveva scelto b e n e : G u i d o v e n i v a d a u n a famiglia della piccola nobiltà t e r r i e r a e militare del Casentin o , di o r i g i n e l o n g o b a r d a o franca. N o n s a p e v a n o fare c h e l a g u e r r a . M a quella l a facevano così b e n e c h e G u e r r a e r a diventato addirittura il loro cognome, mentre come pseud o n i m o p o r t a v a n o a n c o r a quello di «Bevisangue» c h e si e r a g u a d a g n a t o u n l o r o a n t e n a t o , p e r q u a l i m e r i t i è facile immaginare. G u i d o , l a cui casata d ' a l l o r a i n p o i d o v e v a svolgere u n a p a r t e s e m p r e p i ù cospicua nella storia della Toscana, e b b e da Matilde il tìtolo di Margravio e p r o b a b i l m e n t e la p r o m e s sa di conservarlo come feudatario del Papa q u a n d o , come 440

d i s p o n e v a il t e s t a m e n t o della Contessa, la Toscana s a r e b b e diventata p a r t e degli Stati della Chiesa. Ma il t e s t a m e n t o , lo a b b i a m o già d e t t o , n o n e r a valido, p e r c h é l a T o s c a n a e r a f e u d o d e l l ' I m p e r o , e a l l ' I m p e r o d o v e v a t o r n a r e in caso di vacanza. È q u i n d i m o l t o p r o b a b i l e c h e G u i d o stesso i n d u cesse Matilde ad a n n a c q u a r e la s u a ostilità a E n r i c o , di cui d o m a n i egli p o t e v a aver bisogno p e r farsi convalidare il titolo. C o m u n q u e è accertato c h e a P a r m a u n ' a m b a s c e r i a di Canossa v e n n e i n c o n t r o a l l ' I m p e r a t o r e p e r assicurargli c h e la Toscana lo avrebbe accolto c o m e un sovrano. Enrico recip r o c ò con f r e d d a cortesia c o n f e r m a n d o i diritti di Matilde sulle sue t e r r e , ma senza i m p e g n a r s i p e r il successore. Effettivamente l a m a r c i a d e l l ' e s e r c i t o t e d e s c o i n c o n t r ò p o c h i ostacoli. Pontremoli, un piccolo b o r g o , e b b e il coraggio di chiudersi a testuggine e p r o c u r ò parecchi guai agl'imperiali. Ma costoro furono a m i c h e v o l m e n t e accolti da Pisa e Lucca, e la vigilia di Natale p o s e r o il c a m p o sotto le m u r a di Firenze, d o v e lo spettacolo di quel m a r e di t e n d e illuminate nel c r e p u s c o l o risuscitò il r i c o r d o di un altro pacifico assedio natalizio: quello di C a r l o m a g n o , che t r e secoli p r i m a e r a passato di lì. «Con dimostrazioni s t r a o r d i n a r i e di gioia e con giubilo infinito - dice un cronista - E n r i c o solennizzò a Firenze la nascita di Nostro Signore. E i cittadini n o n avevano m a i assistito a u n a festa di t a n t o s p l e n d o r e e così p i e n a di onori. » Resistenze, l ' I m p e r a t o r e n o n n e i n c o n t r ò a n c o r a c h e a d Arezzo, ma p e r motivi che n o n avevano nulla a che fare con le i n v e s t i t u r e . Gli a r e t i n i si e r a n o ribellati al l o r o Vescovo che, a r r o c c a t o n e l castello di San D o n a t o fuori delle m u r a , p r e t e n d e v a t e n e r e in soggezione la città e ostacolare lo svil u p p o dei suoi liberi istituti comunali. Gli avevano distrutto la r e s i d e n z a e l'avevano obbligato a stabilirsi n e l c e n t r o u r b a n o . Avvicinandosi E n r i c o , gli m a n d a r o n o u n ' a m b a s c e r i a p e r chiedergli di riconoscere il fatto c o m p i u t o . Enrico, che veniva a R o m a p e r t r a t t a r e col Papa, n a t u r a l m e n t e rifiutò. Gli aretini decisero la resistenza a oltranza. E 441

c o n ciò salvarono la loro dignità, ma n o n le l o r o vite e le lor o case. T o r r i e m u r a v e n n e r o a b b a t t u t e , i l r e s t o d a t o alle f i a m m e . L'esercito i m p e r i a l e , r i p r e n d e n d o la sua marcia, si lasciò alle spalle un c u m u l o di fumanti macerie. A R o m a , l ' I m p e r a t o r e e b b e il tatto di n o n e n t r a r e . Si acq u a r t i e r ò a Sutri, e lì il P a p a gli v e n n e i n c o n t r o p e r discutere l'accordo e il rituale dell'incoronazione. Fu u n a trattativa l u n g a e diffìcile. Alla fine fu stabilito c h e il r i t o si s a r e b b e svolto in San Pietro il 12 febbraio (1111), c h e l ' I m p e r a t o r e a v r e b b e r i n u n c i a t o a n o m i n a r e i Vescovi e c h e costoro, a loro volta, a v r e b b e r o r i n u n c i a t o a tutti i privilegi t e m p o r a l i di cui l ' I m p e r o li aveva investiti e su cui si basava la l o r o p o tenza politica ed economica. In p a r o l e p o v e r e , il p o t e r e laico diceva a quello religioso: «I Vescovi s o n o tuoi, ma smettano d'interferire negli affari miei». N a t u r a l m e n t e a i Vescovi t e d e s c h i q u e s t a s o l u z i o n e n o n p i a c q u e . E fu c e r t o p e r le l o r o m e n e c h e il 12 febbraio, sul p i ù bello d e l rito che si stava svolgendo in tutta la sua solennità, E n r i c o lo i n t e r r u p p e alla l e t t u r a d e i p a t t i già c o n c o r d a t i e c h e o r a d o v e v a n o essere f i r m a t i , d i c e n d o c h e p r i m a doveva interpellare i suoi dignitari. Costoro rifiutarono l'acc o r d o . Il P a p a a sua volta si rifiutò di c o n t i n u a r e l'incoronazione. E la c e r i m o n i a finì in un p a r a p i g l i a coi D u c h i t e d e schi che, sguainata la s p a d a , a r r e s t a v a n o Pasquale, e i soldati e i p o p o l a n i che fraternizzavano n e l c o m u n e i m p e g n o di saccheggiare vasi e p a r a m e n t i . Il P a p a restò p r i g i o n i e r o d u e mesi, d u r a n t e i quali R o m a fu t e a t r o di zuffe e r u b e r i e . Poi si a r r e s e senza condizioni. Riconobbe a l l ' I m p e r a t o r e il diritto d'investire i Vescovi, e si rassegnò a i n c o r o n a r l o il 3 aprile. Enrico ripartì da trionfatore, ma in Laterano scoppiò il f i n i m o n d o . I g r e g o r i a n i p a r l a r o n o di t r a d i m e n t o e di e r e sia. «Tu n o n h a i concesso u n privilegio. H a i c o m m e s s o u n privilegio!» g r i d a r o n o al p o v e r o Pasquale, c h e fu costretto a r i t r a t t a r s i . Messi f u r o n o spediti i n G e r m a n i a , d o v e E n r i c o e r a frattanto t o r n a t o , p e r avvertirlo che l'accordo e r a invali442

do p e r c h é estorto con la violenza, e c h e le investiture i m p e riali s a r e b b e r o state c o n s i d e r a t e nulle. Si ricominciava. T e l e c o m a n d a t i da R o m a , i m o n a c i e il basso c l e r o t e d e schi, c h ' e r a n o a d i r e t t o contatto delle masse, vi s e m i n a r o n o la ribellione. Enrico e b b e il suo daffare a d o m a r l a . Ma a p p e na vi fu riuscito, r i p r e s e la via delle Alpi alla testa di un altro esercito, la cui r o b u s t e z z a lo e s e n t ò d a l farvi ricorso. Ricevette l'omaggio delle città l o m b a r d e , deviò p e r u n a p u n t a t a d i p l o m a t i c a a Venezia, d o v e il D o g e lo accolse c o n m o l t i o n o r i . E fece sosta in T o s c a n a p e r r a c c o g l i e r e e r e g o l a r e , n o n certo in conformità al suo t e s t a m e n t o , la successione di M a t i l d e m o r t a l ' a n n o p r i m a . Egli t r a t t ò q u e l l a C o n t e a o M a r c h e s a t o (i d o c u m e n t i la qualificano n e l l ' u n o e nell'altro m o d o ) c o m e feudo imperiale, e ne investì Margravio un tedesco del suo seguito, un certo Rabodo. Costui m o r ì poco d o p o , e fu rimpiazzato da un altro tedesco, C o r r a d o , p r o b a b i l m e n t e della famiglia bavarese degli Scheier. I n s o m m a e r a c h i a r o c h e E n r i c o c o n s i d e r a v a l ' I m p e r o u n a cosa seria e l'Italia u n a sua legittima provincia. R o m a , d o n d e i l P a p a e r a fuggito p e r rifugiarsi a B e n e v e n t o , l o salutò f e s t o s a m e n t e . L ' I m p e r a t o r e n e p e r c o r s e l e strade a cavallo, c o n l ' I m p e r a t r i c e al fianco, a cavallo a n c h e lei, fra gli applausi del p o p o l i n o . E a u t o r i t a r i a m e n t e s'intromise nelle risse delle famiglie aristocratiche r o m a n e che, come al solito, si d i s p u t a v a n o la successione al Soglio. Ma n o n p o t è c o n d u r r e a t e r m i n e la m a n o v r a p e r c h é fra i suoi soldati scoppiò u n ' e p i d e m i a che lo i n d u s s e a r i p r e n d e r e precipit o s a m e n t e la via del N o r d . Altrettanto precipitosamente Pasquale tornò: in t e m p o p e r i m p e d i r e l'elezione d i u n a n t i p a p a e p e r m o r i r e con l a tiara a d d o s s o . Essa si e r a a p p e n a trasferita sulle spalle d e l successore, Gelasio II della famiglia Caetani, c h e Enrico, invertita la marcia, r i p i o m b a v a su R o m a . Gelasio fuggì p r i m a a Pisa, p o i a Cluny, rimasta s e m p r e la roccaforte del p u r i t a nesimo e dell'assolutismo teocratico. E n r i c o gli c o n t r a p p o s e 443

un a n t i p a p a c h e p r e s e il n o m e di G r e g o r i o V i l i . E fu la solita g u e r r a di reciproci a n a t e m i e s c o m u n i c h e fino a q u a n d o Gelasio m o r ì , lì in Francia, dove elessero c o m e suo successor e , col n o m e di Calisto I I , l'arcivescovo G u i d o di B o r g o g n a . E r a u n u o m o solido, coraggioso e p i e n o d i b u o n senso. C o m p r e s e che n o n poteva t r a t t a r e con l ' I m p e r a t o r e s e n o n a R o m a . Vi t o r n ò scacciandone G r e g o r i o . Alla meglio vi mise un certo o r d i n e . E riallacciò b u o n i r a p p o r t i con l'alto clero tedesco, che in f o n d o r a p p r e s e n t a v a la posta del giuoco. Esso voleva salvare i suoi privilegi. Calisto glieli g a r a n t ì in c a m b i o della collaborazione a l r a g g i u n g i m e n t o d i u n concordato. U n a intesa p r e l i m i n a r e fu r a g g i u n t a a W u r z b u r g n e l 1 1 2 1 . L'anno d o p o il P a p a e l ' I m p e r a t o r e s ' i n c o n t r a r o n o a W o r m s dove i patti v e n n e r o siglati. L ' I m p e r a t o r e rinunciava all'investitura d i r e t t a . L a C h i e s a d a l c a n t o s u o c o n s e n t i v a c h e in G e r m a n i a Vescovi, Arcivescovi e Abati fossero eletti d a l c l e r o locale, m a i n p r e s e n z a d i u n d e l e g a t o i m p e r i a l e cui, in caso di dissensi, spettava la scelta definitiva. L'Imper a t o r e poi si riservava la facoltà di d a r e al prescelto un'investitura laica con la concessione di b e n i e dei diritti connessi. Era, p e r la Chiesa, u n a ritirata dalle posizioni e s t r e m e di G r e g o r i o . C o n q u a l c h e giro di p a r o l e p e r salvare la faccia, essa riconosceva sostanzialmente la d i p e n d e n z a dell'alto clero dal b u o n volere imperiale. Ma solo p e r la G e r m a n i a . Calisto aveva c o m p r e s o che la situazione n o n consentiva di vincere. P e r m e t t e v a solo di limitare la sconfitta in attesa che la situazione cambiasse e il t e m p o si mettesse al meglio p e r la Chiesa e al p e g g i o p e r l ' I m p e r o . Enrico n o n sopravvisse che t r e a n n i al trattato di Worms. N e l 1125 m o r ì a U t r e c h t e volle e s s e r e s e p o l t o a S p i r a acc a n t o al p a d r e , di cui aveva t r a d i t o l'affetto e c o n t i n u a t o la politica.

CAPITOLO DECIMO

LA S E C O N D A CROCIATA

L'aristocrazia t e d e s c a aveva l a r g a m e n t e a p p r o f i t t a t o della lotta in cui Enrico IV si e r a trovato coinvolto col Papato p e r r e n d e r s i s e m p r e p i ù i n d i p e n d e n t e dal p o t e r e centrale. E alla m o r t e di Enrico V, che n o n lasciava credi, gli aveva d a t o il colpo di grazia sostituendo al principio ereditario quello elettivo. D'allora in poi c h i u n q u e volesse c i n g e r e la c o r o n a di Re di G e r m a n i a e di Sacro R o m a n o I m p e r a t o r e d o v e v a c o n t r a t t a r l a coi p r o t e r v i f e u d a t a r i d e l suo Paese. E le Diete t e d e s c h e d o v e si p r o c e d e v a a quella elezione rivaleggiaron o , q u a n t o a m a n o v r e e intrallazzi, coi Conclavi r o m a n i che designavano il Papa. La rivalità fra Lotario e C o r r a d o e la loro i m p o t e n z a fur o n o a p p u n t o il frutto di questa confusione. Lotario di Sassonia fu scelto c o m e successore di Enrico nel 1125 a p p u n t o p e r c h é aveva s e m p r e s o s t e n u t o il p r i n c i p i o elettivo c o n t r o quello dinastico della casa di Franconia. Ma n a t u r a l m e n t e , a p p e n a salito al t r o n o , si trovò prigioniero di coloro che ce lo avevano issato a p p u n t o c o m e c a m p i o n e e t u t o r e delle loro autonomie. O r a era tenuto a rispettarle. E d'altronde n o n era u o m o da tentar di rovesciare la situazione con la forza, a n c h e p e r c h é aveva già sessantacinqu'anni: u n ' e t à che i n d u c e p i ù a navigare fra gli ostacoli che ad affrontarli. Ma n e m m e n o c o n t e n t a n d o s i di tergiversare riuscì a r e g n a r e i n p a c e p i ù d i t r e a n n i . N e l 1128 C o r r a d o d i Svevia gli c o n t e s t ò l a c o r o n a p e r t e n t a r e d i f a r n e l ' a p p a n n a g g i o ereditario della sua casa H o h e n s t a u f e n . D a p p r i n c i p i o e r a p a r s o c h e q u e s t ' i m p r e s a dovesse fallir e . Il p o t e n t e D u c a di Baviera issò lo s t e n d a r d o della lotta 445

Seconda Crociata (1147-1149)

c o n t r o C o r r a d o e il p r i n c i p i o dinastico ch'egli incarnava. E con lui si s c h i e r a r o n o , a favore di L o t a r i o , b u o n a p a r t e dei f e u d a t a r i t e d e s c h i , a c o m i n c i a r e d a l s u o p o t e n t e zio Welf. Fu anzi allora c h e si f o r m a r o n o i d u e g r a n d i partiti d e l secolo, o c h e p e r lo m e n o se ne c o n i a r o n o i n o m i . P e r c h é fu al g r i d o di Hi Welf! c h e gli avversari d e l l ' u n i t à e d e l p r i m a t o imperiale si l a n c i a r o n o c o n t r o i suoi assertori c h e invece grid a r o n o Hi Weibling! d a l n o m e d e l castello svevo di cui gli H o h e n s t a u f e n e r a n o o r i g i n a r i . Q u e s t e d u e p a r o l e , Welf e Weibling, e m i g r a n d o in Italia, vi d i v e n t a r o n o rispettivamente Guelfo e Ghibellino. N a t u r a l m e n t e la Chiesa, interessata all'indebolimento d e l l ' I m p e r o , fu subito p e r i Guelfi. Alla sua testa, o r a , n o n c'era p i ù Calisto, i l P a p a r i n u n c i a t a r i o d i W o r m s , m a O n o rio IL Costui capì (e n o n ci voleva molto) che C o r r a d o , ven u t o frattanto a farsi c o r o n a r e Re d'Italia a Milano, a v r e b b e c o n t i n u a t o l a politica d e i d u e E n r i c h i . L a n c i ò l ' a n a t e m a c o n t r o di lui. E invitò L o t a r i o a R o m a . E r a u n dialogo fra i m p o t e n t i . C o r r a d o , col m a r a s m a c h e i m p e r v e r s a v a i n G e r m a n i a , n o n aveva l a forza d i r i d u r r e O n o r i o alla r a g i o n e . L o t a r i o , p e r gli stessi motivi, n o n aveva quella di c o r r e r e in suo aiuto. E O n o r i o stesso e r a paralizzato dalla rivalità n u o v a m e n t e accesasi fra i Pierleoni suoi sos t e n i t o r i , e i c o n t i di S e g n i e di C e c c a n o . Il P a p a m o r ì n e l 1130 senza c h e a R o m a si fossero visti né C o r r a d o né Lotario. E il Soglio fu di n u o v o la posta di un giuoco di fazioni. L'antica e orgogliosa dinastia dei F r a n g i p a n i , il cui s t e m m a r a p p r e s e n t a v a un n o b i l e a cavallo c h e distribuisce p a n e al p o p o l o affamato, elevò a l Soglio I n n o c e n z o I L M a s e m b r a c h e l'elezione avvenisse, c o m e lasciò scritto u n C a r d i n a l e c o n t e m p o r a n e o , «di nascosto, sotto b a n c o e nelle tenebre». I P i e r l e o n i , p i ù r e c e n t e m a p o t e n t i s s i m a casata d i b a n chieri m e z z o e b r e i , la i n v a l i d a r o n o , c o n t r a p p o n e n d o a I n n o c e n z o Anacleto I I , ed e b b e r o la meglio in mezzo alle solite violenze. I n n o c e n z o fuggì, e dalla F r a n c i a inviò l e t t e r e p i e t o s e a 447

Lotario invocandone la protezione, senza rendersi conto c h e quel p o v e r o I m p e r a t o r e n o n n e aveva m e n o bisogno d i lui. A n d ò a n c h e a Liegi a scongiurarlo di p e r s o n a . E Lotar i o si lasciò c o m m u o v e r e . A t t r a v e r s ò le Alpi, ma c o n un esercito «assai t e n u e rispetto al suo decoro», c o m e scrisse un cronista c o n t e m p o r a n e o . Così t e n u e , che gl'italiani si sentir o n o esentati dal r e n d e r g l i o m a g g i o , e molte città gli chiusero le p o r t e in faccia. In Toscana egli riconobbe al P a p a che lo seguiva il diritto all'eredità di M a d i d e , e a R o m a ne fu rip a g a t o con l'incoronazione. Ma, a p p e n a r i p a r t i t o , Anacleto r i p r e s e il s o p r a v v e n t o e I n n o c e n z o la via dell'esilio. Stavolta si rifugiò a Pisa, e ci rim a s e fin q u a n d o L o t a r i o t o r n ò a p r e l e v a r l o . L ' I m p e r a t o r e aveva o r m a i settantasei a n n i e più che g u i d a r e si lasciava rim o r c h i a r e dai suoi, e specialmente dal suo g e n e r o , il Duca di Baviera. Costui ricevette a saldo delle sue brillanti prestazioni militari il M a r c h e s a t o di Toscana, c h e fu così tolto al Papa. Ma n o n ci rimase, forse a n c h e p e r c h é capiva che quel titolo e r a o r m a i del tutto platonico. Proseguì p e r R o m a , d o ve l'impresa finì in un litigio g e n e r a l e . Il P a p a voleva che i tedeschi scacciassero a n z i t u t t o Anacleto, trincerato in Castel Sant'Angelo e in San Pietro. Il D u c a voleva u n a spedizione c o n t r o i N o r m a n n i di Puglia e Calabria, la fece p e r c o n t o suo, e ci g u a d a g n ò soltanto u n ' e p i d e m i a di tifo petecchiale. L o t a r i o n o n voleva n u l l a . Voleva soltanto r i p o r t a r e l e sue ossa a casa, e n o n ci riuscì. D o p o u n a m a r c i a a r i t r o s o alla testa dei soldati febbricitanti che c a d e v a n o p e r strada come m o s c h e , fra le insidie di u n a p o p o l a z i o n e ostile, s p i r ò a T r e n t o nella bicocca di un contadino. Il M u r a t o r i ha scritto c h e tutti l o p i a n s e r o c o m e u n s o v r a n o e s e m p l a r e p e r p r u denza, giustizia e pietà. Rimasto senza p r o t e t t o r e , I n n o c e n z o avrebbe forse p e r so la p a r t i t a se Anacleto n o n fosse m o r t o . Tuttavia dovette a n c o r a vedersela coi N o r m a n n i , c h e lo r i t e n e v a n o r e s p o n sabile dell'incursione d e l D u c a di Baviera nel S u d . Essi org a n i z z a r o n o u n a d e l l e solite s p e d i z i o n i p u n i t i v e , p r e s e r o 448

p r i g i o n i e r o I n n o c e n z o , c o m e già a v e v a n o fatto c o n L e o n e IX, e lo rilasciarono solo q u a n d o il P a p a t o ebbe riconosciuto u n a volta p e r t u t t e il R e g n o n o r m a n n o nella sua interezza, cioè da Cassino alla Sicilia. In G e r m a n i a frattanto seguitava a i m p e r v e r s a r e la solita g u e r r a civile. Alla m o r t e di L o t a r i o , C o r r a d o e r a riuscito a farsi r i c o n o s c e r e I m p e r a t o r e . M a i b a v a r e s i n o n a v e v a n o d i s a r m a t o e si rifiutavano di sottometterglisi. Gl'italiani ne a p p r o f i t t a r o n o p e r soddisfare la loro vocazione al reciproco s c a n n a m e n t o . La Toscana vi rifulse. I senesi m o s s e r o in forze all'attacco del c o n t a d o fiorentino e vi f u r o n o sterminati. Le c a r c e r i di Pisa r i g u r g i t a v a n o di p r i g i o n i e r i lucchesi e quelle di Lucca di prigionieri pisani. Questi ultimi fanno g u e r r a a G e n o v a e a Venezia, e ci r i m e t t o n o la flotta. «Miser a n d a e infelice Tuscia d o v e le cose u m a n e e quelle divine si c o n f o n d o n o nel p i ù c o m p l e t o disordine!» scrive l'abate Piet r o di Cluny. Ma t u t t a la Penisola p r e s e n t a lo stesso spettacolo. M o d e n e s i e b o l o g n e s i si a f f r o n t a n o e si m a s s a c r a n o nella valle d e l R e n o . La lotta i m p e r v e r s a fra V e r o n a e Vicenza, t r a Padova e Venezia, t r a Venezia e R a v e n n a . U n a vera festa all'italiana. A n c h e R o m a volle p a r t e c i p a r v i . S t a n c a d i v e d e r s i dilaniata dalle fazioni in lotta p e r la conquista del Papato, la citt à decise d'istituire u n p o t e r e civile c h e p o t e s s e , all'occorr e n z a , m a n t e n e r e e ristabilire l ' o r d i n e . O p e r m e g l i o d i r e f u r o n o i Pierleoni, stirpe b o r g h e s e e mercantile, che pensar o n o d i o p p o r r e a l p a t r i z i a t o d i C u r i a u n S e n a t o laico. I l glorioso istituto r e p u b b l i c a n o n o n e r a m a i s c o m p a r s o , m a aveva p e r s o o g n i funzione. I Pierleoni gliene d i e d e r o u n a , vi p r e p o s e r o u n o d e i l o r o , fratello d e l d e f u n t o Anacleto. E costui indirizzò u n a l e t t e r a a C o r r a d o i n v i t a n d o l o a v e n i r e nell'Urbe e ad assumervi la c o r o n a imperiale n o n p i ù in n o m e della Chiesa, m a d i R o m a . N o n era c h e retorica, si capisce. Ma questa retorica aveva il suo concime in un p r o f o n d o s e n t i m e n t o di rivolta anticlericale che p r o v o c ò c o n s e g u e n z e sostanziose, c o m e spieghe449

r e m o p i ù d e t t a g l i a t a m e n t e nel capitolo c h e d e d i c h e r e m o all a f i g u r a d i A r n a l d o d a Brescia. I n n o c e n z o concluse l a sua vita in mezzo a un p o p o l o in t u m u l t o . Il successore Celestin o I I n o n p o t è mai uscire dalla fortezza dei F r a n g i p a n i c h e 10 avevano eletto. Lucio I I , c h e di lì a p o c o ne p r e s e il posto, si rivolse i n u t i l m e n t e a C o r r a d o p e r c h é venisse a t r a r l o dalla condizione di p r i g i o n i e r o in cui p r a t i c a m e n t e i r o m a n i lo t e n e v a n o . N e m m e n o q u a n d o a l Soglio salì E u g e n i o I I I , u o mo di notevole stoffa, la situazione si chiarì. E ne f a n n o fede le l e t t e r e c h e San B e r n a r d o , l ' u o m o di p i ù alto prestigio di q u e l t e m p o , inviò a l p o p o l o d e l l ' U r b e d a l s u o e r e m o d i Chiaravalle. A l c u n e s o n o di r i s p e t t o e di e s o r t a z i o n e , a l t r e di d i s p e t t o e di a n a t e m a . Egli t r a t t a i r o m a n i da cialtroni, c a l u n n i a t o r i , anarchici, fedifraghi, s t r u m e n t i d e l D e m o n i o . M a n o n s e m b r a c h e i r o m a n i s e n e lasciassero s c u o t e r e . I l S e n a t o p r i m a i n g i u n s e a E u g e n i o di ritirarsi nell'abbazia di Farfa. Poi lo m a n d ò esule in G e r m a n i a e in Francia. E fu allora c h e il P a p a , p e r r i g u a d a g n a r e all'estero l'autorità c h e aveva p e r s o a R o m a , b a n d ì u n a s e c o n d a Crociata c o n t r o i m u s u l m a n i t o r n a t i all'attacco d e l R e g n o cristiano di Gerusalemme. 11 c o l p o riuscì p e r u n a serie di favorevoli c o i n c i d e n z e . Sul t r o n o d i Francia sedeva u n sovrano c h e aveva dirazzato dai s u o i a n t e n a t i c a p e t i n g i , r i m a s t i sin a l l o r a ligi al p r i n c i p i o c h e i Re di Francia d o v e v a n o b a d a r e soltanto alla Francia. Filippo I si e r a rifiutato di p a r t e c i p a r e alla p r i m a spedizion e , a n z i n e aveva riso. M a s u o n i p o t e L u i g i V I I s i sentiva cristiano p r i m a a n c o r a c h e sovrano. E r a così d e v o t o c h e sua m o g l i e E l e o n o r a soleva d i r e d i lui c o n u n a c e r t a a c r e d i n e : «Credevo di aver sposato un R e , e invece mi sono trovata in letto u n m o n a c o » . S e n ' e r a v e n d i c a t a r i e m p i e n d o l o d i corn a . M a l'idea d e l l a C r o c i a t a e n t u s i a s m ò a n c h e lei sia p u r e p e r r a g i o n i b e n d i v e r s e da quelle di lui. Essa ci vide, c o m e oggi si d i r e b b e , u n a «evasione», il p r e t e s t o di u n a bella avv e n t u r a . Spinse il m a r i t o ad arruolarvisi e ce l'accompagnò, 450

c o n t r i b u e n d o v a l i d a m e n t e a t r a s f o r m a r e q u e l l ' i m p r e s a in ciò c h e p o i s f o r t u n a t a m e n t e d i v e n n e . Ma a n c h e C o r r a d o sposò con fervore la causa. Un p o ' p e r c h é a n c h e lui e r a u n cristiano d i s i n c e r a fede. E m o l t o forse p e r motivi analoghi a quelli del p r o m o t o r e E u g e n i o . Il p o v e r o I m p e r a t o r e si trovava in G e r m a n i a p r e s s a p p o c o nelle stesse condizioni d e l P a p a a R o m a . C o m e costui, aveva bis o g n o d i u n successo i n c a m p o i n t e r n a z i o n a l e p e r g u a d a g n a r e u n p o ' d i prestigio i n patria, t u t t o r a divisa dalla g u e r r a civile. L a C r o c i a t a gli forniva u n p r e t e s t o p e r o t t e n e r e u n a t r e g u a dai suoi indocili vassalli, b e n lieti di v e d e r l o imbarcarsi in quell'avventura. N e l 1147, alla testa d i s e t t a n t a m i l a a r m a t i , C o r r a d o cominciò a d i s c e n d e r e il D a n u b i o . Al s u o seguito n o n e r a ven u t o n e s s u n o dei g r a n d i f e u d a t a r i tedeschi. D i p e r s o n a g g i i m p o r t a n t i c e n ' e r a n o solo d u e : u n n i p o t i n o d e l l ' I m p e r a t o re di n o m e Federico, d e s t i n a t o a p a s s a r e alla storia col n o mignolo di Barbarossa e a m o r i r e in u n ' a l t r a Crociata; e un v o l o n t a r i o f i o r e n t i n o d i n o m e C a c c i a g u i d a , d a i cui l o m b i , d o p o c i n q u e generazioni, doveva nascere D a n t e Alighieri. Q u e s t o forte esercito trovò a d a t t e n d e r l o u n c o n t i n g e n t e francese p i ù ricco d i d o n n e , d i c a r r i p e r i l o r o c o m p l i c a t i bagagli, e di «trovatori» p e r i l o r o d i v e r t i m e n t i , c h e di soldati. Q u a n t o agl'italiani, n ' e r a v e n u t o u n p l o t o n e p e r ragion i d i famiglia. E r a l a t r u p p a p e r s o n a l e d e l m a r c h e s e d i Monferrato, arruolatosi perché cognato di Corrado. Tutto il resto della Penisola e r a rimasto e s t r a n e o all'impresa, comp r e s e G e n o v a , Pisa e Venezia, c h e nelle Crociate si c o n t e n tavano d i l u c r a r e . L ' a v v e n t u r a c o m i n c i ò s u b i t o m a l e , fra litigi di c a p i e chiacchiericci di d o n n e . C o r r a d o volle seguire la solita strada dell'Asia M i n o r e , e subì u n a d u r a disfatta. Ai francesi, le navi bizantine chiesero un tale p r e z z o p e r il t r a s p o r t o delle t r u p p e c h e Luigi e d E l e o n o r a d o v e t t e r o r i n u n z i a r e a l grosso e g i u n s e r o a destinazione con p o c h e centinaia di u o m i n i . Baldovino I I I , u l t i m o R e d i G e r u s a l e m m e , d i c h i a r ò c h e l a 451

riconquista della città e r a impossibile e d i e d e il segnale dello s b a n d a m e n t o . Q u e s t o c l a m o r o s o insuccesso e b b e g r a v i c o n s e g u e n z e p e r tutti: p e r l a F e d e c h e n e uscì indebolita, p e r l a C h i e s a c h e n e risultò discreditata, p e r l'unificazione della Francia che subì un a r r e s t o , e infine p e r C o r r a d o . Costui r i e n t r ò in p a t r i a t a l m e n t e umiliato d a s e m b r a r e c h e l a causa d e l l ' I m p e r o e della casa H o h e n s t a u f e n fosse p e r s e m p r e liquidata. E invece p r o p r i o in q u e l l ' e m e r g e n z a d o v e v a t r o v a r e il suo più grande campione. Ma p r i m a di affrontarne la vicenda, v e d i a m o cos'era successo nel nostro Paese e c o m e vi e r a n o evoluti la società e il costume.

CAPITOLO UNDICESIMO

«VICINANZE» E «POPOLI»

A p r i a m o l a f i n e s t r a sul p a e s a g g i o d i u n tipico «Comitato» italiano, quello di Firenze-Fiesole, c h e p u ò fare da «campione» d i t u t t a l a p e n i s o l a . L e s u e d i m e n s i o n i n o n s u p e r a n o quelle d i u n m o d e r n o circondario. E p p u r e nella sua ristretta a r e a si affollano in q u e s t ' e p o c a o l t r e d u e c e n t o castelli: o g n i altura ne ha u n o , a r r a m p i c a t o sul cocuzzolo, con le sue m u r a arcigne, la sua t o r r e di g u a r d i a , il suo p o n t e levatoio. L'inquilino è un vassallo del Margravio di Toscana. Egli a m ministra il suo distretto, composto di un certo n u m e r o di p o d e r i , in n o m e di questo Margravio, C o n t e o Marchese c h e lo si voglia c h i a m a r e , il quale a sua volta vi r a p p r e s e n t a teor i c a m e n t e l'autorità imperiale. Questo è pressappoco l'ordinamento che Carlomagno aveva d a t o a l suo i m m e n s o R e a m e . M a h a funzionato solo finché a g o v e r n a r l o e r a lui. Poi si è d e c o m p o s t o , a n c h e se rim a n e «sulla carta». Arroccati nei loro castelli, i vassalli sono diventati s e m p r e p i ù i n d i p e n d e n t i dal Margravio, specie da q u a n d o la Constitutìo de feudìs p r o m u l g a t a da C o r r a d o il Salico ha concesso l o r o di t r a m a n d a r e ai d i s c e n d e n t i il titolo nobiliare con le t e r r e che vi sono connesse, cioè di d i s p o r n e c o m e d i u n b e n e p a t r i m o n i a l e . L a disponibilità e r e d i t a r i a ne ha fatto d e i p a d r o n i di p i e n o e assoluto diritto. O g n i t a n to r i a p p a r e un Margravio abbastanza forte e autoritario p e r rifar valere la sua autorità: è il caso di U g o , di Bonifacio, di Matilde. Ma poi la decomposizione ricomincia e si accentua. I motivi d e l f e n o m e n o s o n o facili da c a p i r e . A n z i t u t t o , l'autorità del Margravio d i p e n d e d a quella del p o t e r e i m p e riale su cui si a p p o g g i a e c h e si e r a fatta s e m p r e p i ù i n t e r 455

m i t t e n t e . E p p o i , egli n o n p u ò c o n t a r e sul sostegno delle cosiddette «masse», con le quali n o n ha n e s s u n contatto i m m e diato. Il contadino che ara il campo lungo le pendici non conosce e n o n riconosce, c o m e p a d r o n e , c h e il «suo» castell a n o : quello c h e abita lassù, nella t u r r i t a rocca in cima al colle. P e r c h é è c o s t u i c h e i n t e r f e r i s c e n e l l a s u a vita p r i v a t a , svolgendovi d u e compiti, u n o g r a d i t o , e l'altro sgradito, ma e n t r a m b i decisivi: quello di p r o t e t t o r e e quello di esattore. Lassù b i s o g n a p o r t a r e un t e r z o d e l raccolto, e di q u e s t o il c o n t a d i n o f a r e b b e v o l e n t i e r i a m e n o . P e r ò lassù, d i e t r o quelle salde m u r a , egli p u ò a n c h e rifugiarsi con la famiglia e il bestiame, se all'orizzonte a p p a i o n o - c o m e a quei t e m p i f r e q u e n t i s s i m a m e n t e succede - b a n d e di saccheggiatori u n gheresi, n o r m a n n i o saraceni. T u t t o q u e s t o c r e a , fra il S i g n o r e e il c o n t a d i n o , un r a p p o r t o c o m p l e s s o . Il castello sovrasta t o r v a m e n t e e d o m i n a le casupole che gli si accucciano ai piedi. Spesso il suo inquilino c o m m e t t e soprusi e a n g h e r i e , m a g a r i r i d u c e n d o c o n la forza u n piccolo libero p r o p r i e t a r i o d e i d i n t o r n i allo stato servile. P e r ò la vista d e l m a n i e r o i n f o n d e fiducia in questi t e m p i tribolati, i n cui l a giustizia n o n p u ò n u l l a c o n t r o l a violenza. Tutti c e r c a n o di starvi vicino q u a n t o p i ù p o s s o n o . E q u a n d o ne v e d o n o crollare o pericolare un m u r a g l i o n e , si a r r u o l a n o gratis c o m e manovali p e r ricostruirlo. A c c o r r o n o a d a r e u n a m a n o a n c h e i p r e t i e i m o n a c i delle chiese e dei c o n v e n t i d e l l a z o n a . P e r c h é a n c h ' e s s i , i n caso d i p e r i c o l o , h a n n o il diritto di rifugiarsi nella rocca. Questa n o n è d u n q u e soltanto la d i m o r a privata di un esoso p a d r o n e . Ma a n c h e la fortezza di tutti. E, c o m e tale, un b e n e della collettività. T a n t ' è v e r o , che a n c h e il servizio di g u a r d i a , o di «guaita», è volontario e gratuito. I contadini si d i s t r i b u i v a n o fra l o r o i t u r n i di g i o r n o e di n o t t e . E d a i documenti non appare che abbiano mai protestato contro q u e s t e prestazioni. Anzi, a n c h e molti «liberi» si offrivano p e r assolverle. I Signori e r a n o tutti d i s c e n d e n t i d e i g u e r r i e r i l o n g o b a r 456

di e franchi c h e avevano conquistato l'Italia. Ma a n c h e quelli franchi a v e v a n o a d o t t a t o la regola l o n g o b a r d a , c h e li a u torizzava a esigere d a i soggetti un t e r z o d e i p r o d o t t i della t e r r a . I soggetti n o n e r a n o soltanto i c o n t a d i n i . E r a n o a n c h e gli abitanti delle b o r g a t e c h e , q u a n d o n o n vivevano d i agricoltura, dovevano fornire un terzo del loro reddito in d e n a r o . C o s t o r o a v e v a n o col castellano u n r a p p o r t o assai d i v e r s o . N o n v e d e v a n o n e l castello u n rifugio, p e r c h é l a b o r g a t a di solito aveva m u r a p e r conto p r o p r i o e si difendeva da sé. Q u i n d i il castellano, p e r loro, e r a solo un rastrellat o r e di oboli. O l t r e al terzo del p r o d o t t o o al suo equivalente in d e n a r o , il S i g n o r e poteva, o si a r r o g ò il diritto d ' i m p o r r e al b o r g h i g i a n o altri obblighi: p e r e s e m p i o quello di «albergarla», cioè di a l l o g g i a r e g r a t u i t a m e n t e i suoi ospiti di p a s s a g g i o q u a n d o , p o n i a m o , il castello e r a p i e n o . E il Vescovo di Batoni nel pistoiese, p e r esempio, c h e e r a a n c h e feudatario della zona, esigeva dai p o v e r i c o n t a d i n i delle sue t e r r e c h e gli fornissero t r e volte alla settimana un p a s t o che ci r i e m p i e d'invidia p e r i suoi succhi gastrici. Q u e s t o ed altri piccoli episodi, c h e lo storico D a v i d s o h n ha ripescato nei d o c u m e n t i dell'epoca, ci d i m o s t r a n o c h e le regole contavano fino a un certo p u n t o . Un tratto caratteristico d e l M e d i o Evo è p r o p r i o la facilità c o n cui un a b u s o p o t e v a t r a m u t a r s i in diritto acquisito. E fu a p p u n t o il bisog n o di m e t t e r s e n e al r i p a r o c h e s v i l u p p ò fra i s o g g e t t i il s e n t i m e n t o della solidarietà. Essi n o n si t r o v a n o tutti nella m e d e s i m a c o n d i z i o n e giuridica: il «servo», cioè l'antico abit a t o r e d i cittadinanza r o m a n a , n o n e r a c h e u n «oggetto», i l quale veniva v e n d u t o i n s i e m e al p o d e r e o al castello, c o m e risulta da certi contratti: il convento di Passignano p e r e s e m p i o acquistò nel 1163 «un u o m o d i n o m e G i o v a n n i ins i e m e c o n i s u o i e r e d i » . Il «libero», c h e q u a s i s e m p r e d i scendeva da un soldato franco o l o n g o b a r d o n o n riuscito a far c a r r i e r a , n o n si p o t e v a v e n d e r e . Ma, a p a r t e q u e s t o , a n c h e lui e r a t e n u t o a p a g a r e gli stessi t r i b u t i ed e s p o s t o a 457

subire le stesse «angherie»: p a r o l a c h e in origine significava «servizio obbligatorio e g r a t u i t o d e i t r a s p o r t i p e r c o n t o del Signore». E q u e s t o creò fra le d u e categorie u n a c o m u n a n za d'interessi che p e r m i s e l o r o di fare un fronte u n i c o e facilitò q u e l l a «integrazione» fra c o n q u i s t a t o r i e c o n q u i s t a t i che Goti e L o n g o b a r d i avevano cercato di evitare con discriminazioni razziali. La incubatrice di questo solidarismo fu la p i ù microscopica delle cellule sociali, sia in c a m p a g n a che in città: la «vicinanza». E la p a r o l a basta a spiegare di che si tratta. La d e mocrazia a m e r i c a n a si r e g g e t u t t o r a sulla vicinanza o «good n e i g h b o u r h o o d » . Il b u o n vicino è quello c h e , invece di bad a r e solo a se stesso, aiuta il suo vicino, e insieme a lui coll a b o r a al m a n t e n i m e n t o d e l l ' o r d i n e , alla r i p a r a z i o n e della pubblica fogna, i n s o m m a a l b e n e c o m u n e . Q u e s t o a v v e n n e a n c h e nell'Italia d e l M e d i o Evo (e m a g a r i si potesse d i r e alt r e t t a n t o di quella d'oggi!), dove il senso della vicinanza e r a così vivo c h e p e r e s e m p i o un c r e d i t o r e aveva il diritto di far p r i g i o n i e r o il vicino d e l suo d e b i t o r e . E r a n o i vicini, n o n i familiari, che p o r t a v a n o sulle spalle la b a r a d e l m o r t o al cim i t e r o . E q u a n d o fra l o r o sorgeva u n a c o n t e s t a z i o n e , n o n la r i m e t t e v a n o al giudice ufficiale delegato dal S i g n o r e , ma a d u e «buoniuomini» scelti di c o m u n e a c c o r d o d e n t r o la vicinanza. Q u e s t a fu la cellula d e l C o m u n e i t a l i a n o , e n a c q u e in c a m p a g n a p r i m a che in città, a n c h e p e r c h é la c a m p a g n a in q u e l m o m e n t o c o n t a v a p i ù della città. Il vicino fu il p r i m o «cittadino», sia p u r e d i u n a m i n u s c o l a c o m u n i t à . F u lui a d a r e l'avvio a certi diritti c o n s u e t u d i n a r i c h e n o n a v e v a n o n u l l a a c h e fare c o n la l e g g e ufficiale e ad a l c u n i usi civici c h e si s o n o t r a m a n d a t i fino a oggi. D a p p r i m a b a d a r o n o a r e g o l a r e i loro reciproci diritti al di fuori e spesso all'insaputa d e l S i g n o r e e d e i suoi «gastaldi» o funzionari. Ma p o i li a f f e r m a r o n o a n c h e c o n t r o di lui, c o m e fecero i fiesolani q u a n d o , ribellatisi n e l 1130 al l o r o Vescovo c h e b a s a v a la p r e t e s a di c e r t e d e c i m e su d o c u m e n t i latini c h e i soggetti 458

n o n s a p e v a n o decifrare, costoro fecero valere la regola che la t e s t i m o n i a n z a o r a l e aveva p r e v a l e n z a su quella scritta: c h ' e r a u n a rivolta bella e b u o n a c o n t r o il m o n o p o l i o della L e g g e d a p a r t e d e l l a ristrettissima m i n o r a n z a c h e s a p e v a leggerla e p r o b a b i l m e n t e l'applicava secondo il p r o p r i o torn a c o n t o ai d a n n i degli analfabeti, i quali r a p p r e s e n t a v a n o il n o v a n t a n o v e p e r cento della popolazione. I l p r i m o istituto d e l l a d e m o c r a z i a c o m u n a l e f u R a d u n a n z a d e i vicini» c h ' e r a già in uso al t e m p o dei L o n g o b a r d i , ma che d o p o il Mille diventò c o n s u e t u d i n a r i a . Q u e s t o r u d i m e n t a l e P a r l a m e n t o aveva la sua sede nel sagrato della chiesa, e il suo simbolo e feticcio nell'olmo che di solito vi sorgeva in mezzo. Specie in Toscana l'olmo è un albero sacro com e l o è i l tiglio i n G e r m a n i a , p r o p r i o p e r q u e s t o : p e r c h é r a p p r e s e n t a il p i ù antico cimelio della democrazia c o m u n a le. Q u a n d o gli a r e t i n i assalirono F i r e n z e n e l 1288, la cosa c o n t r o cui p i ù si a c c a n i r o n o fu l'olmo davanti alla chiesa di San D o n a t o in Collina. Ma, oltre che della democrazia, questa fu a n c h e l'origine della forza politica della Chiesa in Italia. La «pieve» e il suo p a r r o c o si t r o v a r o n o al c e n t r o di questi piccoli p a r l a m e n t i alle cui vicende si m e s c o l a r o n o fin dalla nascita. E r a n o essi che gli fornivano l'alloggio sotto il loro olmo. Ed e r a al suono della c a m p a n a c h e l ' a d u n a n z a si riuniva. T e m a d'obbligo dei dibattiti e r a n o i r a p p o r t i col Signore, làico o ecclesiastico che fosse. Perché e r a p r o p r i o p e r difendersi d a i suoi soprusi che si e r a sviluppato tra i soggetti quel s e n t i m e n t o di solidarietà, cioè il civismo. E dai d o c u m e n t i risulta che queste assemblee, p e r q u a n t o formate d a poveri analfabeti, n o n si a b b a n d o n a v a n o alla d e m a g o g i a e al m a s simalismo. L e a d u n a n z e d e l c o n t a d o f i o r e n t i n o riconobbero p e r e s e m p i o c h e i soggetti e r a n o obbligati alla b u o n a man u t e n z i o n e del castello e a fornirgli il p o r t i n a i o e la g u a r d i a . Essi s ' i m p e g n a n o a i m m a g a z z i n a r v i vino, g r a n a g l i e e legumi, m a n o n i l b e s t i a m e , c h e o g n u n o h a i l d i r i t t o d i t e n e r e nella p r o p r i a stalla. Spetta al S i g n o r e d e t e r m i n a r e le bilan459

ce, i pesi e le m i s u r e c o n cui fare la spartizione, ma sotto il controllo di d u e delegati della «vicinanza». O g n i vicinanza forma u n «popolo» c h e p u ò n o m i n a r e come suoi r a p p r e s e n t a n t i dei «buoniuomini». E costoro a l o r o volta p o s s o n o t r a t t a r e in n o m e della collettività col S i g n o r e 0 col suo «gastaldo», ma n o n coi r a p p r e s e n t a n t i di altri «popoli». I n p a r o l e p o v e r e , p o s s o n o svolgere u n p o ' d i politica i n t e r n a ; ma quella e s t e r a è a n c o r a m o n o p o l i o d e l S i g n o r e . P e r ò i liberi Statuti h a n n o già p r e s o l'avvio. O r a p u n t i a m o il cannocchiale sulle città. Città p e r m o d o di d i r e . N o n s o n o c h e b o r g h i . Ma il f e n o m e n o vi si r i p e t e tal quale, stimolato dal diverso stato d ' a n i m o nei confronti d e l S i g n o r e c h e q u i a p p a r e , l'abbiamo già d e t t o , solo nella esosa veste dell'esattore d ' i m p o s t e . I r a p p o r t i c o n lui q u i n d i sono p i ù acri, m a s e g u o n o p r e s s a p p o c o l a stessa evoluzione c h e nelle c a m p a g n e p e r c h é il p u n t o d ' o r i g i n e è s e m p r e il m e d e simo: la vicinanza. Alla q u a l e p e r ò il processo d'integrazione si ferma. Ecco u n f e n o m e n o q u a s i inesplicabile, d a t a l a s u a c o n t r a d d i z i o n e c o n l'urbanistica d e l t e m p o , q u a s i s e m p r e acc o r p a t a e c o m p r e s s a nel ristretto p e r i m e t r o delle m u r a . Ciò avrebbe d o v u t o p r o v o c a r e o a l m e n o favorire la fusione delle varie vicinanze o «contrade» c o m e si c h i a m a v a n o a Siena. Invece, n o . Firenze, subito d o p o il Mille, avrà a v u t o sì e no t r e m i l a abitanti. Ma essi e r a n o divisi in q u a t t r o «quartieri» c h e p r e n d e v a n o i l n o m e d a l l e q u a t t r o p o r t e d e l l a città ( D u o m o , San Pancrazio, Santa Maria e San Pietro) c o n quatt r o b e n distinti «popoli» che seguivano, sì, la stessa evoluzion e , m a o g n u n o i n d i p e n d e n t e m e n t e dall'altro. O g n i p o p o l o faceva capo alla p r o p r i a chiesa, e in un certo senso vi s o v r i n t e n d e v a affiancando al p a r r o c o un «rettore» laico. E r a lui c h e p r e l e v a v a le i m p o s t e , i m p e g n a n d o i c o n t r i b u e n t i c o n g i u r a m e n t o s u l l ' a l t a r e a d i c h i a r a r e lealm e n t e i p r o p r i r e d d i t i . Solo in r a r e ed eccezionali occasioni 1 popoli si a d u n a v a n o p e r c o m u n i delibere. Ma anche in 460

q u e s t o caso o g n i p o p o l o v i s ' i m p e g n a v a p e r c o n t o s u o . L o stesso accadeva p e r i pubblici servizi. O g n i p o p o l o p e n s a v a alla m a n u t e n z i o n e delle s u e s t r a d e e alla r i p u l i t u r a d e i suoi fossi di scolo. A u n a «pianificazione» cittadina n o n si riuscì ad a r r i v a r e quasi mai. Fu solo m o l t o p i ù t a r d i e n o n senza gravi opposizioni che si f o r m a r o n o d e i p o t e r i centrali. Ma essi n o n f u r o n o c h e la s o m m a di quelli particolari di q u a r t i e r e . E fu q u e s t o il motivo della e n d e m i c a inefficienza degl'istituti d e m o c r a t i c i m e dievali. La unificazione fu r a g g i u n t a solo al vertice, q u a n d o i rettori si t r a s f o r m a r o n o in «consoli» e si costituirono in un corpo che però n o n funzionò mai perché ogni popolo ne aveva q u a t t r o che b a d a v a n o p i ù a paralizzare gli altri dodici c h e n o n a collaborare c o n l o r o . A q u e s t a svogliata e z o p p i c a n t e centralizzazione si e r a g i u n t i solo p e r r a g i o n i fiscali. Firenze aveva, agli occhi d e l suo c o n t a d o , s o p p i a n t a t o il castello u s u r p a n d o n e le funzioni, cioè d i v e n t a n d o essa stessa castello, solo p i ù g r a n d e e p o p o l o s o , ma a l t r e t t a n t o g u a r n i to di m u r a . Essendosi sostituita al Signore nella p r e s t a z i o n e di q u e s t o servizio, si sentì a u t o r i z z a t a a sostituirglisi a n c h e nell'esazione delle i m p o s t e . Essa riconosceva alla g e n t e d e l c o n t a d o diritto di alloggio in città in caso di pericolo. Ma se lo faceva r i p a g a r e c o n u n a tassa, di cui n o n siamo del t u t t o sicuri che fosse m e n o esosa di quella c h e i m p o n e v a il castello. O r a , q u e s t o c o m p i t o fiscale n o n p o t e v a n o svolgerlo i singoli p o p o l i o quartieri. Doveva a s s u m e r l o la città nel s u o insieme. Fu d u n q u e anzitutto la «Vanoni» che unificò alla m e glio Firenze e ne fece un «Comune». Ma u n ' a l t r a spinta v e n n e dalla lotta c o n t r o il S i g n o r e p e r lo sviluppo delle a u t o n o m i e . Q u e s t o S i g n o r e e r a il M a r g r a vio in p e r s o n a , p e r c h é n e s s u n o dei suoi feudatari aveva a b b a s t a n z a p o t e r e p e r esercitarlo s u u n a città c o m e F i r e n z e , p e r q u a n t o piccola a n c o r a fosse. Q u e s t o M a r g r a v i o , l o a b b i a m o visto, e r a u n s i g n o r e l o n t a n o , c h e t r a s c o r r e v a g r a n p a r t e del suo t e m p o alla C o r t e imperiale e il resto nelle sue t e r r e p e r c h é , da b u o n militare tedesco, preferiva il castello 461

al palazzo e la caccia al salotto. Q u a n d o voleva fare u n a cap a t i n a in città, a n d a v a a Lucca, p e r c h é e r a quella la sua capitale. A Firenze teneva soltanto dei visconti o gastaldi, cioè d e i funzionari, a d a m m i n i s t r a r v i i n suo n o m e u n a giustizia che r a r e volte si differenziava dall'arbitrio. È impossibile a s s e g n a r e u n a d a t a alla ribellione, c h e del r e s t o n o n f u m a i tale a n c h e p e r c h é n e m m e n o i l