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Italian Pages 503 Year 1972
S. TOMMASO D'AQUINO
LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TF.STO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA
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IL MATRIMONIO (Suppi., qq. 41-68)
CASA EDITRICE ADRIANO SALANI
Nihil obstat Fr. Ludovicus Merlini, O. P. Doct. S. Thcologiac Fr. Albcrtus Boccam'grn, O. P. Doct. Philosophiae et Lect. S. Thcologiac Imprimi potcst Fr. Leonardus Magrini, O. P. Prior Pro\·incialis S. Marci et Sardiniae Florcnliac dic XV Fcbruarii MCMLXXII IMPRIMATUR facsulis die XVI Fcbruarii MCMLXXII t
Antonius Bagnoli Episc.
1 UTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
©
MCMLXX.Il - Casa Editrice Adriano Salani S.p.A.
Poliglotta Uni\'. GregoriEL A., I..a d-Octrine ile la rélation rhez S. Thoma.'J, Expos6 hist. et systcmatiqu(', Parigi, Vrin, 1952.
INTRODUZIONE
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il matrimonio non può mai essere disgiunto dall'inseparabilità : invece può trovarsi privo di fedeltà. e di prole, poiché lessere 0 esistenza di una cosa non dipende dall'uso di essa. E da questo lato il bene del sacramento è più essenziale al matrimonio che la fede e la prole » (q. 49, a. 3). Ci sembra che ai discepoli dell'Aquinate possa essere rimproverata la co~fl!-si?ne tr~ l'amore c~niugale,_ che ?a questa funzione essenziahssima d1 rendere vivo o vitale il vincolo stesso, e la « communicatio operum •>, o mutuo aiuto, che è tra i beni secondari del matrimonio. Si sa che invece per il loro maestro le due cose sono ben distinte. A convincersene basterebbe la soluzione che egli dà all'obbiezione di chi trovava insufficiente l'enumerazione agostiniana dei beni del matrimonio, proprio perché la (( communicatio operum » era stata trascurata. -Il Santo ben lungi dal replicare che codesto bene rientra in qualche modo nel bonum sacramenti, lo fa rientrare per riduzione nel bonum prolis al servizio del quale è ordinato (cfr. q. 49, a. 2, ad 1). Il patto indivisibile di amore e la sua durata nella convivenza familiare non potrà dunque essere ridotto a un fine secondario, se consideriamo il matrimonio nella sua essenza e nel suo costituirsi. L'indissolubilità di una convivenza umana come quella del matrimonio, che unisce in un vincolo di amicizia, non solo i contraenti, ma persino i rispettivi fa miliari, come nota spesso S. Tommaso {cfr. infra, q. 54, a. 3), giustifica già a suo modo la copula carnale, chiamata ad assicurarla e a rinsaldarla. E in tal senso non sono da respingere certe conclusioni pratiohe suggerite dalle stesse teorie innovatrici, e meno che mai q~elle dei teologi e moralisti antichi, i quali non condannavano come immorale l'uso del matrimonio neppure nei casi certi di infecondità. Il vincolo coniugale è infatti già per se stesso un valore a sé stante nel contesto dell'umano consorzio. 12 - Le cose cambiano invece se noi consideriamo il matrimonio già costituito e quindi in ordine dinamico, e ci chiediamo quali siano gli scopi cui esso è preordinato dalla natura e quindi da Dio. Allora infatti, sebbene non si escludano altri fini intimamente connessi con i caratteri specifici della sessualità umana, il fine che emerge come primario su ogni altro è. certamente la prole. Per dire il contrario bisognerebbe dimostrare che la vita di una persona umana (« quod est perfectissimum in tota natura&) sia un bene meno grande e nobile dei rapporti affettivi dei coniugi dai quali essa promana. La divisione dei due sessi e il loro rapporto reciproco non sono concepibili fuori della sfera animale. Ora, per 2 - XXXI
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quanto speciale possa essere, la specie umana rimane nel genere, in cui le funzioni sessuali sono a servizio della specie. La consistenza logica della dottrina tradizionale su questo punto è apparsa a S. Tommaso così solida da non ammettere esitazioni. 13 - Ecco del resto come essa viene presentata nei suoi sviluppi essenziali fino ai nostri giorni da un teologo che pur dichiara di non esserne del tutto persuaso : « In una forma alquanto generica il nucleo f andato della dottrina antica potrebbe essere all" incirca questo : 1) La sessualità, la vita sessuale e anche l'atto singolo non sono rimessi semplicemente alla preferenza e an· opinione personale dell'individuo, ma hanno in sé per loro natura e struttura essenziale, un significato interiore e una finalità, che non si arresta all"individuo e al rapporto tra le due persone, bensi rimanda oltre, alr ordine cioè della creazione e alle istanze delr umanità. La sessualità è legata ad un ordine. Questo ordine è a servizio non solo del singolo, ma della umanità. Qui dominano non solo il piacere e l"ìnteresse del singolo, ma ~i devono raggiungere dei fini prestabiliti dall"intera creazione. 2) Quali sono questi fini 1 La sessualità ha un profondo significato, tanto per la maturazione della personalità singola quanto per il rapporto reciproco e sopra tutto per la conoscenza e amore vicendevole degli sposi. Ma allo stesso tempo essa, in tutta la sua disposizione interiore, la sua dinamica e il suo significato, è rivolta a qualcosa ehe è aldilà di se stessa, cioè alla riproduzione del genere umano, ad assicurare all'umanità costante riproduzione ed accrescimento. 3) Questa finalità è strettamente connessa con la diversità dei sessi e il loro reciproco coordinamento, con r istituzione del matrimonio, e deve trovare nel matrimonio, nel rapporto coniugale e nen· agire dei coniugi, la sua salvaguardia e la sua attuazione. Anche l'atto singolo deve rimanere in qualche modo coordinato e subordinato a questa finalità. 4) Questo coordinamento e subordinazione, questo asservimento alla funzione globale del matrimonio, può però avvenire immediatamente o mediatamente, direttamente o indirettamente. Finché il matrimonio tiene alta la volontà di conservare tutti i suoi fini essenziali ed anche di realizzarli a tempo debito con piena coscienza delle responsabilità, finché inoltre il singolo atto non è astratto da tutto rinsieme del matrimonio, né compiuto come un fatto puramente animalesco, bensl serve
I) in quanto compito naturale (q. U) Il) in quanto sacramento (q, 42)
1) gli sponsali, o fidanzamento (q. 43) 2)
natura del matrimonio (q. U)
3) il con'ilenso
quale sua causa efficiente :
( ' ' {
a) b) c) d)
in se stesso (q. 45) accompagnato dal giuramento o dall'atto coniugale (q. 46) coatto e condiziona.le (q. 4 7) oggetto del consenso (q. 4 8) a) in generale (q. 50)
4) i beni dcl matrimonio (q. 49)
1) errore (q. 51)
2) condizione servile (q. 52)
3) voti e ordine sacro (q. 53)
IL MATitlMONIO (Suppl., qq. 4!-68)
) t
4)
III) direttamente nella sua natura / 5) impedimenti per il m. da contral'l'e : . Quindi non è peccato. 1 RISPONDO: Se ammettiamo che la natura corporea è stata creata buona da Dio, è impossibile affermare che quanto è richiesto alla conservazione di tale natura, ed è secondo l'inclinazione naturale, sia universalmente cattivo. Perciò, esistendo l'inclinazione naturale alla procreazione della prole, che assicura la conservazione della specie, è impossibile affermare che l'atto con il quale viene procreata la prole sia del tutto illecito, cosi da non ammettere il giusto mezzo della virtù : - a meno che non si voglia asserire, secondo la follia di alcuni, 2 che gli esseri corruttibili sono stati creati da un Dio cattivo. Dal quale errore forse deriva l'opinione, cui accenna il testo [delle Sentenze]. Perciò si tratta di una pessima eresia. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : I. L'Apostolo con quelle parole non volle proibire l'atto del matrimonio, come non proibiva il possesso dei beni col dire : « Quelli che usano di questo mondo siano come se non ne usassero»; ma in entrambi i casi volle proibire che si scambiassero per fini tali mezzi. Il che risulta dalle espressioni che usa. Non disse infatti (( stiano senza usarne », oppure, «rinunzino ad averla » : ma «siano come se non ne usassero, o « non l'avessero 1>. 2. Possiamo essere uniti a Dio e con la grazia abituale, e con l'atto della contemplazione o dell'amore. Ciò che separa dal primo i
Noi corso dei secoli la Chiesa ha dovuto più volte combattere contro un esage-
rato spiritualismo, ohe pretendeva condannare l'uso del matrimonio. La prima condanna eapliclta del magistero tu quella dcl I Concilio di Braga, che riBale al 563, in cui si conda.nnarono le tosi di Mani e di Priscillia.no (cfr. DENZ.-S., 461). Bene-
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4. PRAETEREA, nihil excusatur nisi peccatum. Sed actus matrim.onialis indiget excusari per bona matrimonii, ut Magister dicit [4 Sent., d. 26, c. Coniugii autem]. Ergo est peccatum. 5. PRAETEREA, de similibus specie idem est iudicium. Sed concubitus matrimonialis est eiusdem speciei cum actu adulterii : quia ad idem terminantur, scilicet speciem hnmanam. Ergo, cum actus adulterii sit peccatum, et actus matrimonii. 6. PRAETEREA, superfluitas in passionibus eorrumpit virtulem. Sed semper in actu matrimoniali est superfluitas delcctationis : adeo quod absorbet rationem, quae est principale hominis bonum ; unde Philosophus dicit, in 7 Ethic. [c. 11, lect. 11], quod « impossibile est hominem aliquid in ipsa intelligerc 1>. Ergo actus matriJ:nonialis semper est peccatum. S:mn CONTRA, 1 Oar. 7, 28, 36 dicitur : «Virgo, si nubat, non peccat » ; et 1 Tim. 5, 14 : «Volo iuvenculas nubere, procreare filios ». Sed procreatio filiorum non potcst esse sine carnali coninnctione. Ergo actus matrimonialis non est peccatum: alias Apostolus non voluisset illud. 2. PRAETEREA, nullum pcccatum est in praccepto. Scd actus matri.Iµonialis est in praecepto : 1 Oor. 7, 3, «Uxori vir debitum reddat ». Ergo non est peccatum. R:msPoNDEO DICENDUM quod, supposito quod natura corporalis sit a Deo bona instituta, impossibile est dicere quod ea quae pertinent ad conservationem naturac corporalis, et ad quae natura inclinat, sint universalitcr mala. Et ideo, cum inclinatio sit natura.e ad prolis procreationcm, per quam natura speciei conservatur, impossibile est dicere quod actus quo procrcatur proles sit univcrsaliter illicitus, ut in co medium virtutis invcniri non possit: - nisi ponatur, secundum quorundam [Manich.] insaniam, quod res corruptibiles creata.e sunt a malo deo. Ex quo forte ista opinio derivatur quae in littera [d. 26, c. Fuerunt] tangitur. Et ideo est pessima haeresis. An PRIMUM ERGO DICENDUM quod Apostolus in verbis illis non prohibuit matrimonii actum, sicut nec rerum possessionem cum dixit [J Oor. 7, 31], «Qui utuntur hoc mundo, sint quasi non utentes » : sed in utroque fruitionem prohibuit. Quod patet ex ipso modo loquendi. Non enim dixit, « sint non utentes, vel non habentes : sed, quasi non utentes vel non habentes ». AD SECUNDUM DICENDUM quod Deo coniungimur et secundum habitum gratiae, et secundum actum contemplationis et amoris.
detto XII nel 1341 condannò un errore analogo che si era in.filtrato tra gli Armeni
~· DE~.-8., 1012). - Il Concilio Vaticano II [1963-65] ha espresso in forma posi... va il rtSpetto che si deve all'intimità coniugale: • Oii atti, con i quali i coniugi - unJ.scono In cast.a intimità, sono onorabili e degni, e, compiuti in modo veramente ::'~ favoriscono la. mutua donazione che eBSi significano ed arricchiscono vicen:o ente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi • (Gaudium et Spes., n. 49) . ..._~ allusione agli errori dei manichei, che nel medioevo erano riam.orati con ·-UolU.IU'A nelle sette dei Catari, o Albigesi.
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tipo di unione è sempre peccato. Non cosi ciò che separa dal secondo : poiché qualunque occupazione lecita circa le cose inferiori distrae l'anima, cosi da non poter godere l'unione attuale con Dio. E ciò avviene soprattutto nella copula carnale, in cui l'anima è vincolata dall'intensità del piacere. Ecco perché a. coloro che hanno l'incarico di contemplare o di amministrare le cose divine viene imposto temporaneamente di astenersi dall'atto coniugale. E per questo sì dice che lo Spirito Santo, per quanto riguarda la rivelazione dei misteri di Dio, non influiva sull'anima dei profeti nell'atto del matrimonio. 1 3. La turpitudine della concupiscenza che sempre accompagna l'atto del matrimonio non è una colpa, ma un castigo derivante dal peccato originale : e consiste nel fatto che le facoltà inferiori e le membra del corpo non ubbidiscono alla ragione. Perciò l'argomento non regge. 4. Vengono scusati propriamente gli atti che presentano un aspetto di male, senza esserlo, oppure senza esserlo cosi gravemente come appare. I primi sono scusati del tutto, gli altri sono scusati in parte. E poiché l'atto matrimoniale per la corruzione della concupiscenza si presenta come un atto disordinato, in fo:rza dei beni del matrimonio viene scusato del tutto, e non è affatto peccato. 5. Pur essendo i due atti identici nella loro specie fisica, differiscono nella specie morale, che è mutata da una circostanza, cioè dal fatto che si compie l'atto con la propria moglie o con un'altra. Allo stesso modo uccidere un uomo per vendetta, e ucciderlo per eseguire una giusta condanna sono atti diversi nella loro specie morale, pur essendo della medesima specie fisica : cosicché uno è lecito e l'altro illecito. 6. I/eccesso di passione che distrugge la virtù non solo impedisce l'atto della ragione, ma elimina l'ordine da essa voluto. Ma questo non avviene per l'intensità del piacere nell'atto matrimonia]e : poiché sebbene allora l'uomo non sia attualmente ordinato, è però preordinato dalla ragione.
ARTICOLO 4 Se l'atto matrimoniale sia meritorio.
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SEMBRA che l'atto matrimoniale non sia meritorio. Infatti : I. Il Crisostomo 8 afferma : « Sebbene il matrimonio non procuri punizioni a chi ne usa, tuttavia non procura alcuna mercede». Ma 1
Autori moderni, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, pretendono la riabill· tazione dcl sesso fino a. farne una mistica esaltazione, contro le prudenti riBerve dei medioevali, che a. loro giudizio sarebbero atate dettate da un corto pessimismo manicheo. Ma basterà rileggere con attenzione tutto l'articolo presente per convincersi del netto rifiuto di quell'errore, mentre leggendo e rileggendo gli 8Cl'ittf di certi teo·
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Quod ergo primam coniunctionem separat, semper est peccatum. Non autem quod separat secundam : quia aliqua occupatio licita circa res inferiores animum distrahit, ut actu Deo coniungi non sit idoneus. Et hoc praecipue accidit in carnali coniunctione, in qua detinetur mens propter delectationem intensam. Et propter hoc illis quibus competit divina contemplari aut sacra tractare, indicitur pro tempore isto abstinentia ab uxoribus. Et secundum hoc etiam dicitur quod Spiritus Sanctus, quantum ad actum rcvclationis secretorum, non tangebat mentes prophetarum in usu matrimonii. AD TERTIUM DIOENDUM quod turpitudo illa concupiscentiae quae actum matrimonialem semper comitatur, non est turpitudo culpae, sed poenae, ex peccato primo proveniens [Gen. 3, 7] : ut scilicet inferiores vircs et membra corporis rationi non obediant. Et propter hoc ratio non sequitur. An QUARTUM DIOENDUM quod illud proprie excusari dicitur quod a.liquam similitudinem mali habet et tamen non est malum, vel non tantum quantum apparet. Quorum quaedam excusantur a toto, quaedam a tanto. Et quia actus matrimonialis propter corruptionem concupiscentiae habet similitudinem actus inordinati, ideo pro bono matrimonii excusatur a toto, ut non sit peccatum. An QUINTUM DIOENDUM quod, quamvis sint idem specie naturae, tamen differunt in specie moris, quam una circumstantia variat, scilicet accedere ad suam vel non suam. Sicut etiam occidere hominem per violentiam, vel per iustitiam, facit diversam speciem moria, quamvis sit una species naturae: et tamen unum est licitum, aliud illicitum. AD SEXTUM DIOENDUM quod superfiuum passionis quod virtutem corrumpit, non solum impedit rationis actum, sed tollit rationis ordinem. Quod non facit delectationis intensio in actu matrimoniali : quia, etsi tunc non ordinctur homo, tamcn a ratione est pra.eordinatus.
ARTICULUS 4 Utrum actus matrimonialis sit meritorius. (4 Seni., d. 26, q. I, a. 4)
AD_QUARTUM SIC PROCEDITUR. Videtur quod actus n~n s1t. meritorius. Chrysostomus cnim dicit, Super
matrimonialis M atth. : « Matrunon1um, etsi utentibus se poenam non inferat, mercedem tamen
1081 contemporanei si constata la collusione con il pansessualismo moderno, nato e ""!86luto in aperta opposizione al pcn.Biero cristiano. L'?oghi Paralleli : De Malo, q. 4, a. I, ad 17 ; In 1 Cor., c. 7, lect. I. 1 Cr~ imper/ectum in Mallh., che qui viene citato, non appartiene a s. Giovanni ba.rbe.ri mo [344-407], ma. a uno scrittore latino, senza dubbio ariano e d'origine e& (ctr. BARDY o.• • Jea.n Cb.risoetome (S.) •, in D. T. c .. t. 8, coli. 671 s.).
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il merito si concepisce in rapporto alla mercede. Dunque l'atto matrimoniale non è meritorio. 2. Non è cosa lodevole abbandonare ciò che è meritorio. Invece la verginità, con la quale si rinunzia al matrimonio, è cosa lodevofo. Perciò l'atto matrimoniale non è meritorio. 3. Chi usa di un permesso non fa che usare di una licenza accordata. :\fa con questo non acquista alcun merito. Perciò l'atto del matrimonio non può essere meritorio. 4. Il merito presuppone una difficoltà : al pari della virtù. Ora, l'atto matrimoniale non presenta diffir.oltà, ma piacere. Quindi non è meritorio. 5. Ciò che non si può faro senza commettere peccato veniale non è meritorio : poiché non si può insieme meritare e demeritare. Ma nell'atto matrimoniale una colpa veniale c'è sempre; poiché lo stesso primo moto istintivo verso il piacere è peccato veniale. Perciò tale atto non può esser meritorio. IN CONTRARIO : 1. Tutti gli atti che eseguiscono un precetto, se son compiuti nella carità, sono meritori. Ora, l'atto matrimoruale è di questo genere, come si rileva dalle parole di S. Paolo : e Il marito renda alla moglie quel che deve ». Dunque, ecc. 2. Ogni atto di virtù è meritorio. Ma l'atto suddetto è un atto di giustizia : poiché si tratta di «rendere quel che si deve». Perciò è meritorio. RISPONDO: L'atto matrimoniale in chi possiede la grazia è necessariamente peccaminoso o meritorio, perché nessun atto deliberato è indifferente, come sopra abbiamo visto. Infatti se all'atto matrimoniale si è spinti da una virtù : o dalla giustizia per rendere il debito coniugale ; o dalla religione, per procreare dei figli da consacrare al culto di Dio, allora esso è meritorio. Se invece sì è mossi dalla libidine, restando però entro l'onestà del matrimonio, cosicché uno mai desidererebbe di usare con altre donne, allora è peccato veniale. Se poi uno è trasportato oltre l'onestà del matrimonio, cosi da essere disposto a compiere quell'atto con qualsiasi altra donna, è peccato mortale. Poiché la natura o muove in modo da subire l'ordine della ragione, e allora si ha un moto virtuoso ; oppure a tale ordine si rifiuta, e allora si ha un moto di libidine. SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ : l. La radice del merito rispetto al premio sostanziale è la carità. Ma rispetto al premio accidentale il merito consiste nella difficoltà dell'atto. Perciò l'atto matrimoniale è meritorio non rispetto al secondo, ma rispetto al primo. 2. Si può meritare con opere buone piccole o grandi. Quando perciò uno lascia le piccole per compiere quelle più grandi, è degno di lode, abbandonando così atti meno meritori. 3. Il permesso talvolta viene accordato per il male minore. E in tal senso è permesso l'atto matrimoniale che è mosso dalla libidine entro i limiti del matrimonio: e allora si tratta di un peccato veniale. Ma quando ad esso si è spinti dalla virtù, che lo rende meritorio, quell'atto non è semplicemente permesso, se non nel
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non pra.estat ». Sed meritu1!1 re.spectu mercedis dicitur. Ergo aetus matrimonialis non est meritor1us. 2 PRAETEREA, illud quod est meritorium dimittere non est laudabile. Sed laudabilis est virginitas, per quam matrimonium dimittitur. Ergo matrimonialis actus non est meritorius. 3. PRAETEREA, qui utitur i~dulgcntia sibi facta_, beneficio recepto utitur. Sed ex hoc quod alieu1 praestatur benefic1um, non meretur. Ergo actus matrimonia.lis non est mcritorius. 4. PRAETEREA, meritum in difficultate consistit : sicut et virtus. Sed actus matrimonialis non habet difficultatem, sed delectationem. Ergo non est meritorius. 5. PRAETEREA, illud quod non potest fieri sine peccato veniali, non est meritorium : quia non potest homo simul mereri et demereri. Sed in actu matrimoniali sempcr est peccatum veniale: quia etiam primus motus in huiusmodi delectatione est peccatum veniale [2 Sent., d. 24, cc. Nunc superest, et Itaque]. Ergo actus pra.edictus non potest esse meritorius. SED CONTRA, omnis actus in quo impletur praeceptum, est meritorius si ex caritate fiat. Sed actus matrimonialis est huiusmodi: quia dicitur 1 Oor. 7, 3 : «Uxori vir debitum reddat ». Ergo, etc. 2. PRAETEREA, omnis actus virtutis est meritorius. Sed actus praedictus est actus iustitiae : quia dicitur « redditio debiti ». Ergo meritorius est. RESPONDEO DIOENDUM quod, cum nullus actus ex deliberata voluntate procedens sit indifferens, ut in 2 libro [2 Sent., d. 40, a.. 5] dictum est; actus matrimonfalis semper est peccatum vcl meritorius, in eo qui gratiam habet. Si enim ad actum matrimonialem virtus inducat vel iustitiae, ut debitum reddat ; vel religionis, ut proles a.d cultum Dei procreetur ; est rr...eritorius. Si autem moveat libido sistens infra bona matrimonii, ut scilicet nullo modo ad aliam accedere vellet, est peccatum veniale. Si autem extra bona matrimonii efferatur, ut scilicet cum quacumque muliere id facere proponeret, est peccatum mortale. Natura autcm movere non potest quin vel ordinetur ratione, et sic erit motus virtutis ; vel non ordinetur, et sic erit motus libidinis. AD PRIMUM ERGO DIOENDUM quod radix merendi quantum ad pra~mium substantiale est ipsa caritas. Sed quantum ad aliquod a.~c1dentale praemium ratio meriti existit in difficultate actus. Et e1c actus matrimonii non est meritorius, sed primo modo . . AD SEOUNDUM DICENDUM quod homo potest mereri et in minoripu~ bonis et in maioribus. Unde, quando aliquis minora bona dimd.1ttit ut maiora faciat, laudandus est, a minus meritorio actu lScedens. ~D TERTIUM DIOENDUM quod indulgentia quandoque est de minonbus malis. Et sic indulgetur actus matrimonii prout ad ipsum movet libido infra tcrminos matrimonii consistens : sic enim est ve~ale peccatum. Sed prout ad ipsum movet virtus, ut est meritonus, non habet indulgentiam, nisi secundum quod est indulgen-
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senso che è ammesso, come si dice per un bene minore. E non è escluso che colui il quale usa di tale concessione possa meritare ; poiché il buon uso dei benefici di Dio è meritorio. 4. La difficoltà del sacrificio è richiesta per meritare il premio accidentale ; ma per il merito relativo al premio essenziale basta la difficoltà che consiste nell'ordinare i mezzi al fine. E questa s'incontra anche nell'atto del matrimonio. 5. Il primo moto istintivo, che è peccato veniale, è il moto appetitivo verso un piacere disordinato. Ma tale disordine non esiste nell'atto matrimoniale. Dunque l'argomento non vale.
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tia de minoribus bonis, quae idem est quod concessio. N ec est inconveniens quod ille qui tali concessione utitur, mereatur : quia bonus usus beneficiorum Dei meritorius est. AD QUARTUM DICENDUM quod difficultas laboris requiritur ad meritum praemii accidentalis : sed ad meritum praemii essentialis requiri~ur difficultas. con~is~ens in ordinatione medii. Et hoc est etiam ro actu matr1mon1ah. An QUINTU:'.\t DICE~DUM quod primus motus, secundum quod dicitur peccatum veniale, est motus appetitus in aliquod inordinatum delectabile. Quod non est in actu matrimoniali. Et ideo ratio non sequitur.
QUESTIONE 42
Il matrimonio come sacramento. Pas8iamo quindi a parlare dcl matrimonio come sacramento. Sul tema indicato si pongono quattro quesiti : 1. Se il matrimonio sia un sacramento; 2. Se dovesse essere istituito prima del peccato; 3. Se conferisca la grazia; 4. Se la copula carnale sia parte integrante del matrimonio.
ARTICOLO 1 Se il matrimonio sia un sacramento. 1
che il matrimonio non sia un sacramento. Infatti: 1. Tutti i sacramenti della nuova legge hanno una forma, che è essenziale al sacramento. Invece la benedizione data dal sacerdote nelle nozze non è essenziale al sacramento. Dunque il matrimonio non è un sacramento. 2. A detta di Ugo di S. Vittore, 9 il sacramento è «un elemento 1nateriale ». Ora, il matrimonio non ha per materia un elemento materiale. Quindi non è un sacramento. 3. I sacramenti hanno la loro efficacia dalla passione di Cristo. Ma l'uomo col matrimonio, il quale implica il piacere, non viene reso conforme alla passione di Cristo, che era dolorosa. Dunque il matrimonio non è un sacramento. 4. Ogni sacramento della nuova legge «produce ciò che significa ». Invece il matrimonio non produce l'unione di Cristo con la Chiesa, che esso significa. Perciò non è un sacramento. 5. Negli altri sacramenti si riscontra qualche cosa che è « insieme realtà e simbolo». Ora, questo non si riscontra nel matrimonio; esso infatti non imprime il carattere, ché altrimenti non potrebbe più ripetersi. Quindi non è un sacramento. IN CONTRARIO: l. S. Paolo afferma: