52 2 9MB
u. ferrari
V. tedesChini
G. d’arCo
PRODUZIONI VEGETALI conoscEnzE, tEcnoloGiE E tEcnichE
B
ARBOREE GUIDA DOCENTE
Prof. Gianpaolo aspetti
a didat ti Rl E P
Guida allo studio
inclusiva ca
Con il Contributo del
stRumEnti
Basi aGRonomichE
l. damiani
RiquadRi PdP BEs-dsa
Direzione editoriale: Domenico Ugulini [email protected] Redazione: Reda Edizioni, Elsa Marmiroli, Laura Scarcella, Gianni D’Arco Revisione grafica e impaginazione: Caterina Marcucci - Bologna Copertina, revisione disegni e illustrazioni: Datacomp - Imola (Bo) Ricerca iconografica: Reda Edizioni, V. Tedeschini, U. Ferrari, Domenico Ugulini, Laura Scarcella Referenze iconografiche dell’opera: Fototeche e archivi iconografici – Reda Edizioni, Gruppo Editoriale Il Capitello; Testi in lingua inglese: Gloria Brigidi, Daniela Mazziotta, Silvana Matteo Realizzazione lastre CTP: Fotoincisa EFFEGI, Savigliano (CN) Stampa: Reda Edizioni, Torino
PROPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA RISERVATA
L’Editore, nell’ambito delle leggi internazionali sul copyright, è a disposizione degli aventi diritto non potuti rintracciare. I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.
1a edizione: giugno 2020 Ristampa 5 4 2024 2023
3 2022
2 2021
1 2020
© Reda Edizioni Via Sansovino, 243/22/R - 10151 Torino Telefono 011/4513611 internet: www.redaedizioni.it E-mail: [email protected] Libro digitale: digitale.capitello.it
III
Presentazione I contenuti di questa Guida Docente accompagnano il nuovo Volume, Basi Agronomiche Produzioni Vegetali Arboree, che è stato completamente reimpostato e riproposto per favorire un percorso lineare e una piena corrispondenza con l’evoluzione dei contenuti didattici sviluppati contestualmente negli attuali Indirizzi scolastici in ambito agrario. Il testo è stato opportunamente concepito e organizzato per accompagnare le linee guida disciplinari in relazione sia all’aggiornamento tecnico-scientifico ed evolutivo delle Produzioni Vegetali, sia al rinnovamento logico-organizzativo e didattico della totalità di argomenti, sviluppati sul testo cartaceo e sull’apparato digitale. L’Opera, fruibile su diversi livelli di approfondimento, è accompagnata in parallelo da un adeguato apparato didattico coadiuvato anche dalle moderne tecnologie informatiche, Libro digitale e Aula digitale. Tale struttura permette di concretizzare in modo compiuto il consolidamento di una efficace metodologia d’indagine e studio, per una totale comprensione dei contenuti disciplinari. Gli argomenti proposti, nel quadro generale degli Indirizzi Tecnici e Professionali agrari e delle relative opzioni, permettono di affrontare e finalizzare esaurientemente quanto richiesto dalla disciplina afferente alle basi tecnico-scientifiche delle Produzioni Vegetali Arboree.
Il testo prosegue online con il “Libro e l’Aula digitale” A completamento di una didattica sempre più aggiornata e moderna il testo, accompagnato da questa esauriente Guida Docente, è fruibile anche in modalità multimediale (grazie alla registrazione online), con la possibilità di scaricare sul proprio device il Libro digitale completo (digitale.capitello.it), che espande i contenuti con tutti i materiali di riepilogo (audiomappe bilingue) approfondimento, esercitazione e verifica sopra richiamati. Questi sono utilizzabili compiutamente anche in classe con la LIM usufruendo, inoltre, della funzionalità Audiolibro disponibile anche sull’Aula digitale, il supporto online che accompagna e sostiene l’attività svolta in classe dal Docente. La Guida Docente è funzionalmente strutturata in relazione allo sviluppo dei contenuti che compongono il Corso e propone, in sequenza, tutta una serie di materiali (approfondimenti, verifiche interattive e audiomappe di riepilogo) che agevolano e integrano compiutamente l’attività didattica del Docente in parallelo a quanto disponibile sul Libro digitale.
IV Indice
Indice
Introduzione Agricoltura e frutticoltura in Italia
5
Verifiche
Approfondimenti
1 Boschi naturali e arboricoltura 2 La produzione di frutta a guscio Verifiche
2 Olio extravergine di oliva: disciplinare di qualità 49
5 7 10
Capitolo 1 Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree 11 Approfondimenti
Capitolo 6 Colture arboree pomacee 1 I calendari di raccolta
54
2 Le pomacee minori
56
Verifiche
59
11
Capitolo 7
Verifiche
15
Colture arboree drupacee
Vivaistica e propagazione dei fruttiferi 16 Approfondimenti
1 Sostanze biostimolanti
16
Verifiche
19
Capitolo 3 Progettazione, impianto e gestione del frutteto 20 Approfondimenti
Verifiche
20 22 25 27 33
Approfondimenti
1 Famiglia botanica Vitaceae 34 2 Registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino 35 3 La fillossera 42 4 Famiglia botanica Actinidiaceae 43 5 Il cancro batterico dell’actinidia 44
47
2 Il pescheto all’insegna della qualità 63 Verifiche
64
Capitolo 8 Colture arboree agrumicole
65
1 Famiglia botanica Rutaceae
65
2 Trasformazioni industriali della frutta
66
Verifiche
72
Capitolo 9 Frutticoltura minore e alternativa
73
1 Famiglie botaniche dei fruttiferi minori 73 Verifiche
1 Famiglie botaniche delle specie forestali ornamentali
79
Olivicoltura 48 Approfondimenti
48
80
2 Il valore economico degli alberi ornamentali 87 Verifiche
92
Mappe di riepilogo e sintesi dei contenuti 94 Rubrica: Preparo l’Esame (materiali aggiuntivi) Griglie
Capitolo 5
60
Arboricoltura da legno e da ornamento 80
Coltivazioni arboree sarmentose 34
1 Famiglia botanica Oleaceae
1 Famiglia botanica Rosaceae
Capitolo 10
Capitolo 4
Verifiche
60
Approfondimenti
Capitolo 2
1 Certificazione genetico-sanitaria delle piante da frutto 2 Agricoltura e avversità delle piante: aspetti storici 3 Potatura di produzione 4 Trattamenti post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli
54
Approfondimenti
1 Insetti pronubi
53
148
di correzione 152 Soluzioni delle Verifiche presenti nel Volume 152 Soluzioni delle Verifiche presenti nella Guida 154
Introduzione Agricoltura e frutticoltura in Italia Approfondimenti 1 Boschi naturali e arboricoltura I boschi si possono suddividere in due categorie: naturali e artificiali. Alla prima categoria appartengono i boschi spontanei, centenari o inizialmente artificiali poi naturalizzati. Alla seconda categoria appartengono esclusivamente i boschi artificiali, detti anche produttivi, piantumati esclusivamente per la finalità del taglio (sono però comuni casi di naturalizzazione, e quindi di protezione ex Legge n. 431/1985, e R.D. n. 3267/1923 dei boschi artificiali). La macchia mediterranea è una realtà ambientale e vegetazionale importante, anche per l’elevato indice di biodiversità intrinseca, e le caratteristiche adattative delle piante alle specifiche condizioni pedoclimatiche. I temi legati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio vegetale spontaneo stanno assumendo crescente rilevanza.
a
La più tipica ed evoluta delle formazioni mediterranee è senza dubbio la foresta sempreverde dominata dal leccio (Quercus ilex), presente in tutto il bacino del Mediterraneo. In Italia il leccio ha una distribuzione prevalentemente costiera e si trova soprattutto sul versante tirrenico. Più a Sud è presente in aree più interne e montane e può raggiungere il piano di vegetazione del faggio. Il leccio è ubiquitario nei confronti del suolo. La distribuzione altitudinale della macchia del leccio in Italia varia molto, a causa della sua elevata plasticità ecologica: il limite superiore va dal livello del mare nella zona di Trieste a più di 1.000 m sulle pendici del Monte Procinto (Alpi Apuane), in Calabria, in Sicilia e in Sardegna. Al bosco di leccio spesso partecipa o si sostituisce la sughera (Quercus suber).
b
I.1 Piante tipiche del Mediterraneo: (a) piante di leccio in vivaio; (b) piante di sughero in una sughereta sarda.
6 Produzioni Vegetali Arboree Un’altra formazione tipica della vegetazione mediterranea sono le pinete, che in natura rappresentano lo stadio evolutivo iniziale della vegetazione mediterranea. Gli ecosistemi mediterranei sono costituiti da ambienti molto eterogenei e differenziati fra loro, per cui sono considerati una grande riserva di biodiversità vegetale. La vegetazione potenziale della maggior parte dell’area mediterranea è costituita prevalentemente da specie sclerofille, particolarmente adattate a sopportare lunghi periodi di siccità e, in proporzione inferiore, da specie caducifoglie a riposo vegetativo durante la stagione fredda. Il livello massimo di organizzazione delle fitocenosi mediterranee è costituito dalla foresta sempreverde in cui le specie dominanti sono querce sempreverdi. La continuità e la ricchezza di specie della copertura vegetale è essenziale in relazione alla capacità di protezione del suolo.
a
L’arboricoltura da legno differisce dalle tradizionali foreste per alcune fondamentali caratteristiche: materiale vivaistico, tecniche di impianto, diversi cicli produttivi e cure colturali. Il fine dell’arboricoltura da legno consiste nel produrre legno da industria. L’impiego di piante idonee alle caratteristiche pedoclimatiche, la razionale progettazione delle consociazioni e dei sesti rappresentano la premessa necessaria per la buona riuscita degli impianti. Risultano di notevole interesse gli impianti di latifoglie con legno di pregio, in quanto presentano grandi potenzialità in termini di valore di mercato degli assortimenti ottenibili, nel pieno rispetto della gestione sostenibile del territorio rurale. Un settore importante legato all’espansione dell’arboricoltura da legno e da ornamento è quello vivaistico. È infatti indispensabile avere a disposizione materiale sano, di buon valore genetico e caratteristiche morfologiche, di cultivar e cloni idonei a specifiche condizioni ambientali.
b
d
c
I.2 (a) Pineta dell'argentario; (b) specie sclerofille tipiche della macchia mediterranea; (c) pioppeto, esempio di arboricoltura da legno; (d) vivaio per la vendita di piante da frutto certificate.
Agricoltura e frutticoltura in Italia 7
Introduzione
2 La produzione di frutta a guscio In Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo la coltivazione di frutta a guscio è stata praticata fin dalle origini dell’agricoltura. La diffusione, soprattutto di mandorlo, nocciolo e noce, è dovuta ai Fenici e ai Greci, che ne hanno esteso la coltivazione e l’impiego in tutto l’areale del Mediterraneo.
Per la produzione di frutta a guscio, i dati ISTAT del 2016 indicano che le superfici coltivate ammontavano a circa 161.000 ettari, di cui: nocciolo 74.300 ettari (46%); castagno 42.700 ettari (27%); mandorlo 29.900 ettari (19%); noce 7.250 ettari (5%); altre specie 6.560 ettari (4%) (tra queste prevale il pistacchio).
Punti di forza
Punti di debolezza
Vocazione produttiva del territorio e forte Volatilità dei prezzi e condizione di price legame tra origine (ad esempio Langhe, Ci- taker a causa dell’offerta estera e del potere mini, Giffoni) e qualità contrattuale dell’industria
FASE AGRICOLA
Aumento delle rese sia grazie al migliora- Elevati costi della manodopera (operazioni mento della genetica sia delle tecniche di di potatura) e per la meccanizzazione della produzione raccolta In alcune aree, il peso della cooperazione e delle OP nella gestione dell’offerta agricola è poco rilevante o nullo, di contro c’è una forte presenza di figure di intermediazione
INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE
PRODOTTO/FILIERA
Aumento dell’offerta agricola
Concentrazione dell’offerta presso pochi gruppi industriali Dipendenza dall’offerta estera
Intensa attività di informazione scientifica Produzione nazionale insufficiente a coprire circa le caratteristiche nutrizionali della il fabbisogno interno frutta a guscio Aumento della domanda sia dell’industria alimentare sia delle famiglie per il consumo tal quale
I.3 Frutticoltura italiana a guscio: punti di forza e di debolezza.
I.4 Produzione di frutta a guscio (2016, ISTAT).
8 Produzioni Vegetali Arboree Quantità certificata 1
Nocciola del Piemonte
2015 6.486
2016 4.850
2017 6.186
Var. % 2017/2016 27,5
Quota 2017 89,6
2
Pistacchio Verde di Bronte
189
291
319
9,6
4,6
3
Nocciola di Giffoni
499
378
172
-54,5
2,5
4
Marrone del Mugello
99
53
-47,0
0,8
5
Marrone di Castel del Rio
32
40
39
-3,3
0,6
6
Marroni del Monfenera
16
11
31
171,7
0,4
7
Marrone di Combai
18
2
24
909,6
0,4
8
Marrone di San Zeno
17
18
19
4,6
0,3
9
Marrone della valle di Sussa
17
10
Marrone di Roccadaspide Altri
38
20
18
-10,7
0,3
1
15
2466,2
0,2
22
26
19,8
0,4
Frutta a guscio
7.312
5.733
6.901
20,4
Ortofrutta
658.351
582.381
548.032
-6
Frutta a guscio/Ortofrutta
1,1%
1,0%
1,3%
-0,4
I.5 Frutta a guscio a indicazione di origine (IGP – DOP).
Nocciolo Il nocciolo si distingue per una elevata caratterizzazione territoriale, considerate le esigenze pedoclimatiche e le particolarità ambientali che richiede. In Italia la corilicoltura ha permesso la valorizzazione agricola di terreni marginali.
La filiera corilicola è piuttosto complessa e può essere considerata dal punto di vista della destinazione del prodotto (mercato fresco o materia prima per l’industria di trasformazione).
produttore di nocciole
organizzazione di produttore di frutta in guscio
libero mercato - imprese di prima trasformazione - imprese commerciali - disrtibuzione organizzata
mercato fresco
industrie
I.6 Diagramma di flusso della filiera corilicola.
-
grossisti e/o intercettatori operanti a livello
nazionale e/o internazionale
- imprese commerciali, distribuzione organizzata - industrie dolciarie, locali o nazionali - pasticcerie e gelaterie locali o nazionali
Introduzione AGRICOLTURA E FRUTTICOLTURA IN ITALIA Agricoltura e frutticoltura in Italia 9 9 Introduzione
Castagne Castagne
Noce Noce
produzione castagne Italia è concentrata pre- PerPer quanto riguardala la nocicolturasi si possono distinLaLa produzione di di castagne in in Italia è concentrata prequanto riguarda nocicoltura possono distinvalentementeininCampania, Campania,Lazio, Lazio,Calabria, Calabria,PiemonPiemon- guere guere duetipologie tipologiedi di impianti: impianti: valentemente due Emilia Romagna e Toscana. aziende castanicole specializzati; specializzati; te,te, Emilia Romagna e Toscana. Le Le aziende castanicole italianesono sono caratterizzatedada dimensioni medio-pic- adad uso promiscuotra trafrutta frutta ee legno. legno. italiane caratterizzate dimensioni medio-picuso promiscuo cole. maggior parte della produzione è destinata cole. LaLa maggior parte della produzione è destinata al al mercato fresco. mercato fresco.
IMPORTAZIONE importazione NOCI GUSCIO noci in IN guscio
EXPORT NOCI export noci IN GUSCIO in guscio
PRODUTTORE NOCI GUSCIO produttore noci in IN guscio
E SGUSCIATE e sgusciate
E SGUSCIATE e sgusciate INTERMEDIARI intermediari
IMPRESE imprese DI LAVAGGIO di lavaggio
PASTICCERIE ARTIGIANALI pasticcerie artigianali ,, INDUSTRIE ALIMENTARI industrie alimentari ,, IN GENERE DOLCIARIE in genere dolciarie
AZIENDE LAVORAZIONE aziende perPER lavorazione QUALI FATINE NOBERASCO quali : F:atine , N, oberasco ,, NOGALBA Nogalba
RISTORAZIONE COLLETTIVA ristorazione collettiva
GDO, PUNTI VENDITA GDO, punti di DI vendita TRADIZIONALI tradizionali
Diagramma di flusso delladella filiera della noce. I.7I.7 Diagramma di flusso della filiera noce.
Mandorlo Mandorlo
Pistacchio Pistacchio
coltivazione mandorlo è perlopiù concentrata pistacchicolturaitaliana italianaè praticata è praticata principalmenLaLa coltivazione deldel mandorlo è perlopiù concentrata in in LaLa pistacchicoltura principalmendue areali:Sicilia Siciliae Puglia, e Puglia, dove si ottiene oltre il 90% te te Sicilia, dove sono coltivate il 98% delle superfici due areali: dove si ottiene oltre il 90% in in Sicilia, dove sono coltivate il 98% delle superfici della produzionenazionale. nazionale. investitea apistacchio pistacchioin inItalia. Italia.Il pistacchio Il pistacchio italiano della produzione investite italiano presentale le miglioricaratteristiche caratteristichedal dalpunto puntodi di vista presenta migliori vista quali-quantitativo. quali-quantitativo. a a b b
Seme di mandorla matura; semi di pistacchio verde di Bronte DOP. I.8I.8 (a)(a) Seme di mandorla matura; (b) semi(b) di pistacchio verde di Bronte DOP.
10 Produzioni Vegetali Arboree
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. In Italia, secondo i dati dell’ultimo Censimento dell’agricoltura le aziende che coltivano specie frutticole (incluse quelle con frutta in guscio) sono: a. 18.983 b. 236.240 c. 37.305 2. Il sistema dell’agricoltura integrata è regolato da quale delle seguenti normative? a. Direttiva CE n. 128/2009 b. Regolamento CE n. 834/2007 c. Regolamento UE n. 128/2007 3. La migliore qualità dei frutti bio dipende dal ridotto vigore vegetazionale della pianta causato dal mancato apporto di concimi chimici con elevato tenore di: a. potassio b. fosforo c. azoto 4. La cornunghia, ammessa nella agricoltura biologica è: a. concime minerale naturale b. concime organico azotato c. ammendante organico 5. L’Azaridactina utilizzata per combattere le infestazioni da insetti è una sostanza: a. di origine vegetale b. di origine minerale c. di origine chimica
6. Quale tra le seguenti piante da frutto è particolarmente sensibile agli aspetti climatici? a. susino b. actinidia c. ciliegio 7. La maggioranza dei terreni agricoli italiani presenta un contenuto ponderale minerale (riferito alla sostanza secca) del: a. 98-99% b. 66-67% c. 47-48% 8. In un arboreto, la concimazione organo-minerale del terreno è da effettuare preferibilmente in: a. primavera b. estate c. autunno 9. In base all’epoca di sviluppo, le gemme che si schiudono nello stesso anno in cui si sono formate sono dette: a. dormienti b. pronte c. latenti 10. I frutti che non contengono semi perche si sviluppano senza fecondazione sono detti: a. frutti completi b. falsi frutti c. frutti apireni
VERO O FALSO 1. L’agricoltura biologica tende all’annullaV F mento dell’impatto ambientale 2. L’utilizzo di materiale vivaistico geneticamente puro non rientra nelle regole della V frutticoltura integrata
F
3. I fitoseidi sono acari predatori di acari danV F nosi 4. Il Regolamento bio ammette l’uso del permanganato di potassio, come ammendante V
F
5. Nell’agricoltura tradizionale le crittogame sono gli organismi più difficili da combatV F tere 6. In un arboreto se la superficie fotosintetica
verticale è contenuta a 3 m, la distanza interV fila può scendere sotto i 2,50 m
F
7. La ramificazione monopodiale avviene quando la gemma apicale cessa di funzionare e l’accrescimento è regolato dalle gemme laV F terali 8. Le gemme a legno di forma appuntita, formano ramoscelli esclusivamente da foglia su V rami esistenti
F
9. Le Angiosperme sono piante che presentano V un seme nudo
F
10. La refrigerazione rallenta il metabolismo del frutto, che così non appassisce e matura V F molto lentamente
ABBINAMENTI LOGICI 1. Riduzione fertilità del suolo 2. Agricoltura bio 3. Bacillus thuringiensis 4.Vocazione colturale
Griglia
5. Densità di impianto 6. Sesto di impianto 7. Cotico erboso 8. Suffrutice
A. Tipo di terreno e microclima
E. Rami parzialmente erbacei
B.Vegetazione spontanea
F. Distanza tra le file e sulla fila
C. Metodi naturali di difesa
G. Microrganismo
D. Precoce entrata in produzione
H. Danno agronomico
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 1 Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree Approfondimenti 1 Insetti pronubi Il momento in cui si gettano le basi per la produzione dei frutti è l’impollinazione ovvero il trasporto del polline dal fiore in cui è stato prodotto, al fiore della stessa pianta o di piante diverse (appartenenti però alla stessa specie) in cui avverrà la fecondazione. Questo processo non può essere affidato al caso perché non è facile che si verifichi la fecondazione di un ovulo di una precisa pianta con il polline di una specifica specie, in un determinato periodo. Per superare questi ostacoli, le piante hanno sviluppato una serie di strategie che sfruttano vento, acqua o animali, tra i quali (escluse poche eccezioni come piccoli uccelli e pipistrelli nettarivori), primeggiano gli insetti pronubi o impollinatori. Questi animali, volando di fiore in fiore per succhiare il nettare, trattengono sul loro corpo i granuli di polline e li depositano sul pistillo del fiore sui cui si poggiano, favorendo in tal modo la fecondazione delle piante di una stessa specie, situate anche a distanza tra loro.
a
Questo affascinante scambio di vantaggi è detto rapporto simbiotico e ha dato luogo nel tempo a un lungo e articolato processo di coevoluzione cosicché insetti e piante sono mutati per meglio adattarsi l’uno all’altra con successo della specie di entrambi. I fiori hanno sviluppato forme e dimensioni più idonee a consentire l’accesso degli insetti, apparati di richiamo (o vessillari) come profumi e colori sempre più appariscenti e, soprattutto, polline e nettare che fungono da nutrimento. Gli insetti, da parte loro, hanno modificato i loro apparati sensoriali e boccali e si sono ricoperti di fitte pelurie in grado di trattenere il polline. In alcuni casi, il grado di specializzazione ha raggiunto livelli così alti da rendere le due specie (piante e insetti) specie-specifiche, cioè reciprocamente indispensabili alla sopravvivenza per nutrimento o riproduzione. Ad esempio, varietà come il caffè e il cacao dipendono strettamente dall’intervento esclusivo di un dittero, essenziale per l’impollinazione dei loro fiori.
b
1.1 (a) Esemplare di Andrana florea, un imenottero apoideo; (b) larve di imenotteri apoidei che crescono in un ammasso di polline del quale si alimentano.
12 Produzioni Vegetali Arboree Imenotteri apoidei Gli insetti pronubi appartengono a vari ordini: coleotteri, ortotteri, ditteri (mosche, sirfidi con adulti simili alle api), lepidotteri, imenotteri fra cui gli apoidei che costituiscono il gruppo tassonomico di gran lunga più importante, perché essendo obbligati a raccogliere e trattenere il polline con cui nutrire le larve, contribuiscono in modo efficace alla impollinazione delle piante e ne aumentano le possibilità di fecondazione. Gli apoidei sono caratterizzati dalla presenza di due paia di ali membranose accoppiate e di un corpo ricoperto da una fitta peluria. Sono tutti insetti olometaboli nei quali larve e adulti hanno lo stesso regime alimentare, cioè entrambi si nutrono di polline e nettare. Si distinguono in apoidei solitari o selvatici (Osmia, Megachile, Anthophora, Xylocopa) che conducono una vita solitaria e in apoidei sociali come l’ape domestica (Apis mellifera) e il bombo (Bombus). Gli apoidei solitari sono un vasto gruppo di specie, contraddistinto da femmine nidificanti in rifugi naturali e da maschi presenti solo nel breve periodo degli accoppiamenti. Gli apoidei sociali vivono invece in società organizzate secondo la divisione in caste: i riproduttori (maschi e femmine fertili) e le operaie (femmine sterili). La società dei bombi che è composta da qualche centinaio di individui, si rinnova ogni anno e la regina è l’unico individuo che sopravvive all’inverno. La società delle api domestiche è composta da decine di migliaia di individui le cui api operaie superano la stagione fredda assieme alla regina.
Api domestiche Le api domestiche sono oggetto di allevamento fin dall’antichità e sono utilizzate per ricavare prodotti come miele, cera, propoli, pappa reale, polline. Per questo motivo si sono diffuse in tutti gli ambienti antropizzati, divenendo contemporaneamente il principale agente impollinatore delle specie vegetali coltivate e garanzia di sicurezza alimentare sotto il profilo quali-quantitativo di molte colture agricole utilizzate per consumo umano.
Gli effetti positivi dell’impollinazione riguardano l’allegagione, la prevenzione della cascola, la pezzatura e la conformazione del frutto, le caratteristiche organolettiche e la conservabilità del prodotto ottenuto. Le api, infatti, sono in grado di individuare il PUI (Periodo Utile di Impollinazione) e garantire, con ripetute e numerose visite ai fiori, un adeguato apporto di polline, la cui quantità è strettamente correlata alla successiva formazione, all’interno del frutto, di semi che, a loro volta, durante la maturazione fungono da fonti endogene naturali degli ormoni della crescita (solo la fecondazione di tutti gli ovuli grazie all’abbondante presenza di polline, permette di ottenere frutti perfetti, mentre un fiore fecondato solo parzialmente darà frutti più piccoli e deformati, non adatti per il mercato). Studi condotti dalla FAO dimostrano che un terzo della produzione agricola globale proviene da specie che dipendono dall’azione di insetti impollinatori, il cui apporto può far aumentare la produttività media agricola del 24%. Si calcola che le api mellifere forniscano al settore agricolo europeo un contributo pari a circa 20 miliardi di euro l’anno, molto superiore a quello degli stessi prodotti dell’alveare stimati in circa 60 milioni di euro. Per realizzare il miglioramento qualitativo generale dei prodotti agricoli, quello quantitativo delle rese e l’adozione di una tecnica agronomica a impatto ambientale nullo, si è sviluppato il servizio di impollinazione a cui gli agricoltori possono rivolgersi. Si tratta di un’attività remunerata prestata dagli apicoltori che, all’inizio della fioritura, portano all’interno delle colture da impollinare un numero di alveari variabile in base alle diverse colture ortofrutticole e sementiere e alle metodiche di coltivazione (serre chiuse, tunnel semiaperti, a pieno campo). Le modalità con cui viene svolto questo servizio possono essere: posizionamento di alveari che rimangono di proprietà dell’apicoltore e che vengono ritirati alla fine del servizio di impollinazione; vendita all’azienda agricola di “nuclei a perdere” cioè di materiale biologico vivo non destinato a fini riproduttivi o di allevamento. Questa tipologia è molto usata su colture in ambiente protetto o chiuso (tunnel chiusi o semiaperti). Recentemente, ai servizi di impollinazione con l’utilizzo delle api domestiche si sono affiancati quelli che promuovono l’allevamento di bombi e di alcuni apoidei solitari, in particolare dei megachilidi.
Bombi
1.2 Servizio di impollinazione in serra.
I bombi (Bombus terrestris) hanno dimensioni superiori a quelle delle api e il corpo ricoperto da una fitta peluria. Svolgono un’intensa attività di bottinamento anche alle basse temperature delle prime ore del mattino, della sera e di inizio primavera, che invece non sono idonee al volo delle api domestiche. Rispetto a queste ultime i bombi sono più resistenti a condizioni di confinamento, di alta temperatura e umidità
Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree 13 che si verificano nelle serre, per questo motivo sono molto utilizzati come impollinatori delle colture protette. Inoltre, grazie alla conformazione del loro corpo, i bombi effettuano una “vibro-impollinazione” (buzz pollination) su colture quali pomodoro, melanzana, peperone e mirtillo, che per rilasciare il polline dalle antere richiedono un energico scuotimento del fiore.
Megachilidi I megachilidi sono una famiglia caratterizzata dal possedere un apparato (spazzola) situato ventralmente con cui raccogliere il polline. Fra essi, sono ottimi impollinatori di fruttiferi gli insetti del genere Osmia, molto utilizzati grazie alle loro caratteristiche comportamentali: nidificano in cavità preesistenti usando, perciò, anche nidi predisposti ad arte, hanno un ciclo vitale breve, volano a temperature intorno ai 10 °C e tollerano temperature notturne al di sotto di 0 °C e riescono a bottinare anche in condizioni meteorologiche avverse. Il lancio di Osmie nel frutteto si è rivelato un valido mezzo per migliorare l’allegagione dei frutti e la produzione dei fruttiferi a fioritura precoce (mandorlo, albicocco) e di quelle colture come il pero che sono poco appetibili alle api. Le api selvatiche possono rappresentare una valida alternativa nel caso in cui le api mellifere vengano meno o l’affitto degli alveari risulti troppo costoso. Non va infatti dimenticato che nonostante sia ampiamente documentata la funzione positiva delle api domestiche in agricoltura, affidarsi a una sola specie pronuba, è una strategia molto rischiosa perché qualora malattie o altri fattori ne causassero la diminuzione anche la produzione agricola subirebbe un calo.
Capitolo 1
significa che la situazione ambientale presenta dei problemi. La drammatica diminuzione delle popolazioni di pronubi è causata, infatti, da numerose variazioni ambientali causate da cambiamenti climatici, inquinamento e da specifiche pressioni di origine antropica quali la modifica di indirizzi colturali, la riduzione della complessità del paesaggio, l’urbanizzazione, la sottrazione di suolo dove nidifica la maggior parte delle specie selvatiche, l’eccessivo sfruttamento dei pascoli, regimi di sfalcio inappropriati e l’abbandono delle aree rurali con conseguente riforestazione naturale. Anche molti aspetti dell’agricoltura moderna si sono rivelati svantaggiosi per lo sviluppo e la salute delle api domestiche e degli apoidei, il cui rapporto con l’ambiente, durante l’intensa attività di bottinamento li porta a stretto contatto con sostanze chimiche utilizzate nei campi coltivati e li espone a diversi fattori di rischio. In particolare, l’uso di insetticidi di recente introduzione come i neonicotinoidi, pur presentando una buona selettività sugli artropodi ausiliari, ha generato un problema con i residui di queste sostanze soprattutto nel polline, con potenziali rischi nei confronti degli apoidei. Questi possono entrare in contatto con a
Api e inquinamento ambientale Negli ultimi anni si sta verificando un drastico declino delle popolazioni di apoidei che, essendo insetti molto sensibili ai mutamenti ambientali, vengono anche studiati come bioindicatori per verificare gli impatti delle attività umane sull’ambiente e per valutarne gli effetti. Infatti, se in un luogo api e apoidei prosperano e sono in salute, l’intero agroecosistema è al sicuro; al contrario se l’entomofauna è scarsa e sofferente,
1.3 Esemplare di Bombus terrestris.
b
1.4 (a) Esemplare di Osmia rufa; (b) alveare realizzato dall’uomo per la nidificazione in frutteto degli insetti del genere Osmia.
14 Produzioni Vegetali Arboree gli insetticidi perché i trattamenti sono effettuati erroneamente a ridosso della fioritura oppure perché si crea l’effetto deriva, che consiste nella dispersione di particelle di insetticida oltre la coltura, anche lontano, su siepi e flora spontanea in fioritura. Nella contea cinese di Hanyauan, nel Sud-ovest della Cina, le api sono scomparse a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, a causa dell’uso massiccio di pesticidi. Per far fronte alla mancanza di impollinatori che determina la diminuzione delle produzioni, le autorità politiche della zona hanno dovuto delegare gli abitanti di interi paesi a svolgere il lavoro che prima svolgevano le api: dalla metà di aprile, per un paio di settimane viene effettuata l’impollinazione manuale delle piante da frutto. Poiché la carenza di impollinatori è un problema che affligge il mondo intero, negli ultimi anni, scienziati di vari paesi si sono cimentati nella costituzione di impollinatori artificiali. Nell’Università di Harvard, negli Stati Uniti, i ricercatori, hanno sviluppato microrobot volanti detti RoboBees alimentati ad energia solare; la multinazionale statunitense Walmart ha invece presentato un brevetto per un’ape-robot che potrebbe potenzialmente impollinare le coltivazioni. In Giappone il National institute of advanced industrial science and technology (AIST) ha brevettato dei microdroni telecomandati sul cui fondo è applicata una striscia pelosa ricoperta da un particolare gel appiccicoso, che permette di prelevare il polline da un fiore per poi rilasciarlo sul fiore successivo. L’uso di queste tecnologie è ancora in via sperimentale ma i ricercatori sono fiduciosi che in futuro, grazie a GPS e intelligenza artificiale, saranno in grado di farli volare autonomamente, formando
a
veri e propri sciami anche se non riusciranno mai a eguagliare il lavoro delle api che, in milioni di anni di evoluzione, hanno affinato una tecnica per mezzo della quale sanno scegliere autonomamente se un fiore è adatto o meno a dare o ricevere polline. In attesa degli impollinatori robot, è più opportuno attivarsi per salvaguardare il patrimonio apistico, sia di allevamento sia selvatico, ancora esistente facendo in modo che i campi coltivati tornino ad essere un ambiente idoneo alla loro sopravvivenza.
Norme a tutela delle api Le normative vigenti vietano di trattare con insetticidi (ad eccezione dei vari ceppi di Bacillus thuringiensis), acaricidi ed erbicidi le colture arboree, arbustive, erbacee, ornamentali e spontanee durante il periodo di fioritura della specie trattata, dall’apertura dei primi fiori fino alla completa caduta dei petali. Al rispetto di queste disposizioni, è bene aggiungere anche buone norme colturali e semplici accorgimenti quali: 1. evitare l’uso di pesticidi nocivi alle api (classe dei neonicotinoidi) e ridurre l’uso di diserbanti su piante che offrono fioriture; 2. evitare la deriva degli insetticidi su siepi in fioritura e su vegetazione erbacea o arborea spontanea presenti ai margini della coltura trattata; 3. mantenere corridoi ecologici, aiuole incolte per offrire alle api fioriture spontanee e zone di vegetazione attrattive e ricche di piante nettarifere, dove i pronubi possano trovare risorse nutritive e nidificare; 4. seminare coltivazioni che producano fioriture abbondanti (ad esempio colza, trifoglio e fava) inserendole in rotazioni per fornire nettare e polline.
b
1.5 (a) RoboBee, l’ape robot, progettata presso l’Università di Harvard; (b) ape robot progettata da Walmart.
Le principali colture che beneficiano dell’impollinazione entomofila sono: Fruttiferi: melo, arancio, pero, pesco, melone e anguria, limone, susino, albicocco, ciliegio, kiwi, mango, ribes, mandorlo, castagno, fragola, lampone. Ortaggi: pomodoro, carota, cipolla, peperone, zucca, fava, zucchina, fagiolo, melanzana, zucca, cetriolo. Colture industriali: cotone, colza, girasole, senape, soia, grano saraceno. Piante aromatiche e officinali: camomilla, lavanda, enotera, basilico, salvia, rosmarino, timo, coriandolo, cumino, aneto. Foraggio per gli animali: erba medica, trifoglio, meliloto.
Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree
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Capitolo 1
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Gli apici vegetativi delle piante arboree sono costituiti da: a. cellule embrionali differenziate b. cellule embrionali indifferenziate c. cellule meristematiche 2. L’attività di ancoraggio svolta dalle radici portanti o scheletriche è detta: a. funzione meccanica b. funzione esplorativa c. funzione trofica 3. Nella vite e nell’actinidia, la parte permanente della pianta che si estende anche a una porzione orizzontale lungo il filare si chiama: a. cordone permanente b. colletto c. zona suberosa 4. Le strutture lignificate di età inferiore ai 2 anni presenti sul tronco sono definite: a. branche b. apici c. rami 5. Lo sviluppo vegetativo di un albero con maggiore vigore dei germogli laterali e folta vegetazione nelle parti più basse della chioma è detto: a. acrotono b. basitono c. mesotono
6. Nel fusto, la zona posta a 2 cm circa dall’apice, costituita da tessuti adulti è chiamata: a. zona di struttura primaria b. zona di differenziazione c. zona di accrescimento 7. Nelle pomacee i rami corti caratterizzati dalla presenza di una gemma terminale a legno o mista o di una spina sono chiamati: a. rami misti b. brindilli c. lamburde 8. Il fenomeno tipico della vite, che porta alla apertura delle antere prima del distacco della corolla è detto: a. proteroginia b. cleistogamia c. proterandria 9. La sterilità genetica dovuta a scarsa germinabilità del polline in seguito ad anomalie meiotiche avvenute durante la microsporogenesi è definita: a. sterilità citologica b. sterilità morfologica c. sterilità fattoriale 10. Nella maturazione naturale il distacco del frutto dalla pianta madre si chiama: a. allegagione b. post-maturazione c. abscissione
VERO O FALSO 1. Il ciclo di accrescimento delle radici registra il massimo ritmo in estate e alla fine dell’auV F tunno
6. Nel pesco e nell’albicocco, i rami anticipati si originano sui rami misti più vigorosi, sui V polloni e sui succhioni
F
2. Il rizoderma è lo strato più interno della corV F teccia
7. La borsa è una formazione fruttifera senescente che ha origine da brindilli fruttiferi V
F
3. Nel suolo le micorrize attuano una simbiosi V tra piante terrestri e funghi
F
4. Nelle pomacee, le gemme lungo l’asse sono miste, mentre la gemma terminale (portata V all’apice) è a legno
8. Il vero frutto del pomo è il torsolo centrale, originato dalla trasformazione dell’ovario che V racchiude i semi
F
F
9. Durante la fase di maturazione dei frutti il pH V F diminuisce
F
10. L’adozione di idonee pratiche agronomiche può contenere il fenomeno dell’alternanza di V F produzione
5. Le monocotiledoni presentano solo fasci di tipo collaterale chiuso e hanno accrescimento V generalmente molto limitato
ABBINAMENTI LOGICI 1. Radice primaria
5. Duramen
A. Gemme laterali al colletto
E. Legno inattivo, scuro
2. Fusto
6. Polloni
3. Germogli
7. Dardo fiorifero
B. Stato di dormienza superiore a 1 anno
F. Parti vegetative non lignificate
4. Gemme latenti
8. Impollinazione anemofila
C. Formazione fiorifera drupacee
G. Insetti
D. Sviluppo fittonante
Griglia
H. Zona lignificata permanente
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 2 Vivaistica e propagazione dei fruttiferi Approfondimenti 1 Sostanze biostimolanti Le sostanze biostimolanti utilizzate in agricoltura sono generalmente estratte dalle piante oppure sono costituite da microrganismi. Svolgono tre specifiche funzioni: prevengono gli stress abiotici (condizioni ambientali avverse), stimolano e aumentano l’assorbimento delle sostanze nutritive e migliorano la qualità della coltura, incrementandone la produzione. Non sono dei sostitutivi ai fertilizzanti o agli agrofarmaci: i biostimolanti, infatti, non apportano sostanze nutritive, ma aiutano le piante ad assorbire meglio quelle presenti nel terreno; né contrastano le aggressioni di agenti patogeni o insetti fitofagi, ma stimolano la pianta a resistere meglio. Il Regolamento UE n. 1009/2019 stabilisce le norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti. L’allegato I di tale regolamento descrive, in particolare, le Categorie Funzionali dei Prodotti (PFC) fertilizzanti ammessi dalla Unione Europea e, al PFC 6,
PFC 6 (a) biostimolante microbico
indica le categorie delle sostanze biostimolanti che, a loro volta, sono suddivise nelle due sottocategorie indicate di seguito.
Costituenti principali dei formulati biostimolanti Le sostanze biostimolanti sono importanti per migliorare la sostenibilità delle colture e la loro azione varia in funzione della coltura, dello stadio fenologico e delle condizioni ambientali. I biostimolanti possono manifestare una certa variabilità per quanto riguarda la composizione a seconda delle materie prime utilizzate e del processo produttivo applicato.
Estratti di alghe Sono tra i più noti biostimolanti, derivati da alghe verdi, brune o rosse, in particolare Ascophyllum nodosum, Ecklonia maxima, Durvillea spp., Fucus spp., Laminaria spp. e Sargassum spp.
PFC 6 (b) biostimolante non microbico
delle piante
delle piante
Un prodotto fertilizzante dell’UE che appartiene alla categoria PFC 6 (A) può contenere microrganismi, ivi compresi quelli morti o costituiti da cellule vuote, ed elementi residui innocui dei mezzi in cui si sono sviluppati, che non abbiano subito trattamenti diversi dall’essiccazione o dalla liofilizzazione e siano compresi tra i seguenti:
Relativamente alla sottocategoria PFC 6 (B) biostimolante non microbico delle piante, la Categoria di Materiale Costituente (CMC) da cui attingere per la loro formulazione è molto varia, ne indichiamo di seguito alcuni esempi:
• Azotobacter spp.; • funghi micorrizici; • Rhizobium spp.; • Azospirillum spp.
• CMC 1: sostanze e miscele a base di materiale grezzo; • CMC 2: piante, parti di piante o estratti di piante; • CMC 6: sottoprodotti dell’industria alimentare.
Vivaistica e propagazione dei fruttiferi 17
Capitolo 2
presente nel terreno che si differenziano dagli acidi umici per un più basso peso molecolare e una struttura molecolare meno complessa. Le sostanze umiche sono estratte da depositi di leonardite, lignite, torba, compost, vermi-compost. Hanno un effetto positivo sulla rizogenesi, favorendo lo sviluppo radicale e l’efficienza di assorbimento e di assimilazione dell’azoto da parte dei vegetali, inoltre migliorano la produzione di antiossidanti e l’attività enzimatica molto importanti per resistere agli stress biotici e abiotici.
a b
Idrolizzati proteici 2.1 (a) Esemplari di Ascophyllum nodosum, una alga bruna dalla quale si ottiene un estratto in forma di polvere (b), utilizzato in molte varietà di coltivazioni per la combinazione sia di macroelementi (N, P, K, Ca, Mg, S) sia di microelementi (Mn, Cu, Fe, Zn).
Le caratteristiche chimiche dell’estratto di alghe dipendono dal tipo di alga impiegata, dal periodo di raccolta e dal processo di estrazione. In genere, l’estrazione avviene a freddo in acqua ad alta pressione per evitare alterazioni. Gli estratti di alghe incrementano la velocità di germinazione, la crescita, favoriscono l’allegagione, la produzione, la qualità del prodotto e migliorano la tolleranza a stress ambientali, in particolare, grazie alla presenza di fitormoni (auxine, citochinine, gibberelline, acido abscissico), polifenoli, polisaccaridi (alginati, laminarina, fucoidani).
Sostanze umiche Sono contenute in maggiore quantità in torbe e compost e sono costituite da macromolecole organiche complesse derivate dalla decomposizione di sostanza organica e dal metabolismo di microrganismi. Si tratta di sostanze caratterizzate da notevole eterogeneità, classificate in funzione del peso molecolare e della solubilità in: umine (non solubili in acqua): strettamente connesse alla matrice minerale; acidi umici (solubili in acqua a pH alcalino); acidi fulvici (solubili in acqua a tutti i pH): sono acidi deboli prodotti dal decadimento del materiale organico a
Costituiti da peptidi a catena più o meno lunga e amminoacidi liberi di tipo levogiro, ottenuti mediante idrolisi parziale di varie fonti proteiche (animali o vegetali). L’idrolisi può essere chimica oppure enzimatica. Gran parte degli idrolizzati proteici derivano da residui di origine animale. L’idrolisi enzimatica non necessita di alte temperature per cui è meno spinta, inoltre è assai selettiva. Gli idrolizzati proteici migliorano l’assorbimento e l’assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress ambientali (temperature estreme, salinità, siccità) e la qualità del prodotto (maggiore contenuto di antiossidanti, più elevato livello di proteine, minore contenuto di nitrati). L’impiego di biostimolanti a base di idrolizzati proteici si sono dimostrati molto utili nella coltura del riso. Distribuiti durante i trattamenti fungicidi contro il Brusone e l’Elmintosporiosi determinano un positivo riequilibrio vegetativo, generano inoltre una buona ripresa della coltura con riduzione dello stress da diserbo. L’utilizzo di idrolizzati proteici hanno dimostrato la loro efficacia anche nella coltivazione del pomodoro con buoni incrementi produttivi in termini di solidi solubili totali, con aumenti significativi in licopene e vitamine, migliorando così le caratteristiche qualitative e nutrizionali del prodotto.
Effetti delle sostanze biostimolanti sulle colture Orticoltura Nell’ambito del vivaismo orticolo l’apporto di sostanze biostimolanti permette di ottenere: un incremento b
2.2 (a) Struttura molecolare di un acido umico; (b) struttura tipica di un acido fulvico.
18 Produzioni Vegetali Arboree degli standard qualitativi delle piante, un aumento dei ritmi di crescita e il miglioramento dei risultati nel post-trapianto. Nelle produzioni orticole l’obiettivo è quello di ottenere: un rapido superamento della crisi da trapianto; una precoce entrata in produzione; un incremento di crescita, fioritura, allegagione e pezzatura dei frutti; un miglioramento della qualità del prodotto; una maggiore efficienza dei nutrienti; un aumento della tolleranza agli stress abiotici. Ciò permette di ottenere un incremento del reddito dell’agricoltore determinato da: aumento della produzione unitaria; incremento del prezzo di vendita del prodotto e riduzione dei costi di produzione. Gli effetti positivi possono variare in funzione del genotipo, della tecnica agronomica e delle condizioni pedoclimatiche.
Frutticoltura L’uso di biostimolanti apporta sui frutti effetti positivi quali: buone pezzature e consistenza, migliori caratteristiche organolettiche, allungamento della shelf-life. Prendiamo ad esempio la vite: si è constatato che i biostimolanti inducono la produzione di citochinine endogene che, di conseguenza, permettono di ottenere: un nuovo e abbondante apparato radicale e, quindi, una migliore assimilazione degli elementi nutritivi; un tralcio con germogliamento uniforme, evitando cioè il fenomeno della dominanza apicale; un aumento sia del grado zuccherino sia dell’alcol potenziale, senza agire sul mosto; la stimolazione dell’attività ormono-simile: ad
a
esempio auxine e gibberelline, stimolano lo sviluppo vegetativo, l’induzione a fiore delle gemme e una allegagione più regolare; l’allungamento del rachide (nell’uva da vino), poiché agiscono sulle fasi di divisione e distensione cellulare; stimolano la fotosintesi clorofilliana e migliorano la resistenza della pianta agli stress, contribuendo all’aumento del profilo aromatico; favoriscono la radicazione delle barbatelle, aumentando la resistenza delle viti agli stress abiotici.
Colture estensive L’impiego di formulati biostimolanti sono stati esaminati su colture estensive quali mais e soia, testando prodotti in grado di ottenere: riduzione dei danni causati da stress di origine climatica o dall’uso di diserbanti agendo positivamente sulla fisiologia della pianta che è in grado di superare gli arresti di crescita vegetativa a cui viene sottoposta; la riattivazione rapida della crescita delle piante, l’assorbimento dei principi attivi e una migliore penetrazione dei formulati usati in associazione ai diserbanti; la riduzione della tossicità e la stimolazione del recupero dopo applicazioni di erbicidi in post-emergenza; un sostegno alle piante per mantenere attive tutte le attività biochimiche, non solo in condizioni normali, ma anche nelle situazioni critiche da stress esterni.
b
2.3 Piante di pomodoro (Solanum lycopersicum) ed effetti positivi dell’uso di biostimolanti: (a) talea alla quale non sono stati somministrati idrolizzati proteici; (b) talea alla quale invece sono stati somministrati.
2.4 L’uso di sostanze biostimolanti nella vite (come ad esempio il prodotto in figura, costituito da un estratto di crema di alghe), permette alle piante di aumentare le proprie difese immunitarie e di incrementare la capacità di assorbimento dei nutrienti, garantendo così coltivazioni sane e raccolti abbondanti.
Vivaistica e propagazione dei fruttiferi
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Capitolo 2
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Le talee legnose di specie con elevata capacità rizogena naturale, possono essere piantate direttamente in campo se prelevate nel periodo: a. primaverile b. estivo c. invernale 2. Nelle serre dotate di impianto di nebulizzazione, il substrato di radicazione più adatto è: a. sabbia b. perlite c. vermiculite 3. Negli impianti di nebulizzazione la salinità dell’acqua non deve essere superiore a: a. 50 mg/l b. 80 mg/L c. 100 mg/L 4. La radicazione delle talee con la tecnica della margotta avviene in: a. 2-3 mesi b. 3-4 mesi c. 4-5 mesi 5. In un bionte, l’innesto che darà origine alla parte inferiore della pianta si chiama: a. marza b. portinnesto c. franco
6. Quale tra le seguenti voci non è una tecnica di innesto a marza? a. innesto a gemma dormiente b. innesto a doppio spacco inglese c. innesto a corona 7. Gli innesti effettuati a fine inverno/inizio primavera si chiamano: a. a occhio vegetante b. a occhio dormiente c. a chip budding 8. La temperatura ideale per la riuscita dell’innesto è compresa entro un valore: a. non inferiore ai 20 °C e non superiore ai 34 °C b. non inferiore ai 15 °C e non superiore ai 33 °C c. non inferiore ai 10 °C e non superiore ai 32 °C 9. Nella tecnica della forzatura in serra le talee innestate vengono poste in casse di forzatura e mantenute a una temperatura di: a. 20-21 °C b. 22-23 °C c. 23-24 °C 10. Quale tra le seguenti sostanze ha effetti prevalentemente inibitori sul metabolismo e sulla crescita delle piante? a. etilene b. gibberelline c. acido abscissico
VERO O FALSO 1. Per la propagazione delle specie arboree da frutto possono essere impiegate tecniche di riproduzione o tecniche di moltiplicazione V F 2. Lo stolone è una porzione di ramo dotata di gemme che, radicando, generano una nuova V F pianta 3. Per le piante da frutto si utilizza quasi esclusivamente la talea legnosa, costituita da una porzione di ramo di 1 anno, lunga circa 5-6 cm V F 4. La perlite è costituita da granuli di roccia vulcanica inerte, porosa, sterile, leggera, con V F pH di circa 6-7 5. La tecnica del riscaldamento basale è usata prevalentemente per talee erbacee di specie caducifoglie prelevate nel periodo primaveV F rile/estivo
6. Le talee radicate in serra con la nebulizzazione vanno acclimatate prima del loro traV F sferimento all’esterno 7. La margotta di ceppaia, si ottiene ponendo a dimora, in terreno sciolto e ben fertilizzato, il pollone di un portinnesto destinato a costituV F ire le ceppaie 8. L’embriocoltura è una tecnica che attua la coltivazione in vitro di embrioni opportunaV F mente isolati 9. Le gibberelline naturali sono ormoni caratterizzati da una struttura molecolare conteV F nente adenina 10. Le più elevate produzioni di etilene sono generate in tessuti senescenti o in frutti in via V F di maturazione
ABBINAMENTI LOGICI 1. Propagazione gamica 2. Propagazione agamica 3. Talea 4. Tecnica del riscaldamento basale
Griglia
5. Tecnica della nebulizzazione
A. Attecchimento dell’innesto
6. Margotta
B.Talee legnose
7. Callo di cicatrizzazione
C.Vegetativa
8. Micropropagazione
D. Porzione di ramo con gemme
E. Colture in vitro F. Seme G. Talee erbacee H. Incisione anulare del ramo
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 3 Progettazione, impianto e gestione del frutteto Approfondimenti 1 Certificazione genetico-sanitaria delle piante da frutto Il Servizio fitosanitario nazionale è l’autorità competente per la protezione delle piante ai sensi dei Regolamenti UE n. 2031/2016 e n. 625/2017. Esso è articolato nei seguenti servizi: Servizio fitosanitario centrale; Servizi fitosanitari regionali per le Regioni a statuto ordinario o speciale; Servizi fitosanitari delle province autonome per le Province di Trento e Bolzano. A livello scientifico è, inoltre, supportato dall’Istituto nazionale di riferimento per la protezione delle piante individuato nel Centro di ricerca Difesa e Certificazione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA - DC).
3.1 Articolazione del Servizio fitosanitario nazionale.
Il Servizio fitosanitario centrale opera presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e rappresenta l’autorità unica di coordinamento e vigilanza in materia di difesa della salute delle piante ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento UE n. 2031/2016. Il Comitato Fitosanitario Nazionale è l’organo deliberativo tecnico del Servizio Fitosanitario Nazionale. Con il Decreto ministeriale del 4 marzo 2016 è stata data attuazione al Registro nazionale delle varietà di piante da frutto, che tiene conto sia delle misure applicative in corso di recepimento, sia delle esigenze della certificazione volontaria. Nel registro vi sono due categorie di varietà: quelle registrate ufficialmente e quelle con descrizione uffi-
Progettazione, impianto e gestione del frutteto 21 cialmente riconosciuta. Nel primo caso si tratta di varietà controllate attraverso i test DUS (Distinguibilità, Uniformità e Stabilità), effettuati in campo da Istituzioni ufficiali, sia per la semplice iscrizione, sia per il rilascio di una privativa sulle novità vegetali. Per quanto riguarda le varietà con descrizione ufficialmente riconosciuta, la definizione è relativa ai materiali per i quali l’esecuzione dei test in campo risultano troppo onerosi in rapporto allo loro importanza economica e alla diffusione limitata, ma che, dotati di una descrizione idonea a identificarle, sono stati commercializzati, almeno come materiale CAC, prima del 30 settembre 2012. È importante anche l’impiego di diagnosi molecolare d’avanguardia come la Digital Droplet PCR e la tecnica NGS (Next Generation Sequencing, cioè sequenziamento genico di nuova generazione) che permettono di ridurre i tempi dell’immissione di nuove varietà negli schemi di certificazione volontaria e di ottenere la completa sicurezza sulla sanità dei materiali vegetali.
Passaporto fitosanitario Dal 14/12/2019 la nuova normativa fitosanitaria, con l’obiettivo di bloccare la diffusione e l’insediamento sul territorio europeo di organismi nocivi, prevede l’estensione dell’obbligo del passaporto fitosanitario a tutte le piante da impianto. Il passaporto, che costituisce la condizione necessaria per la libera circolazione delle merci nella UE, si presenta sotto forma di etichetta apposta sull’unità di vendita (direttamente sui vegetali oppure sui loro imballaggi o contenitori di trasporto), con un formato semplificato e armonizzato in tutto il territorio dell’Unione Europea. Gli operatori professionali autorizzati all’emissione del passaporto delle piante sono tenuti a controllare regolarmente lo stato di salute delle loro merci e a disporre delle conoscenze necessarie per identificare i segni della presenza di organismi nocivi regolamentati dalla nuova legislazione.
3.2 Passaporto fitosanitario: esempi di etichette.
Capitolo 3
Il passaporto delle piante, oltre ad attestare l’assenza di organismi nocivi da quarantena, deve anche garantire l’assenza di organismi nocivi (RNQPs – Regulated non-quarantine pests). Quando vi sia anche solo il sospetto della presenza di un organismo nocivo da quarantena rilevante per il territorio dell’Unione Europea o di un organismo che può soddisfare le condizioni per essere considerato tale, l’operatore professionale ha l’obbligo di informare subito il Servizio fitosanitario competente e adottare tutte le misure precauzionali per impedirne la diffusione. Ogni operatore professionale che acquista o vende piante e prodotti delle piante deve registrare tutti i dati che gli consentano di identificare il fornitore o l’acquirente di ogni unità movimentata. La tracciabilità deve essere mantenuta anche per lo spostamento di piante all’interno e tra i propri siti di produzione. L’importazione di materiale vegetale vivo da Paesi terzi è consentita unicamente se tale materiale è scortato da un certificato fitosanitario. Gli organismi nocivi delle piante sono suddivisi in quattro categorie principali per porre in essere una migliore definizione delle priorità delle azioni e delle misure da adottare: 1. organismi da quarantena: sono organismi nocivi la cui identità è stata accertata, che non sono presenti sul territorio, oppure, se presenti, non sono ampiamente diffusi e sono in grado di introdursi, insediarsi e diffondersi all’interno del territorio; 2. organismi da quarantena rilevanti per la UE: organismi nocivi da quarantena il cui territorio di riferimento è l’Unione Europea; 3. organismi da quarantena rilevanti per la UE prioritari: organismi nocivi da quarantena rilevanti per l’Unione Europea il cui potenziale impatto economico, ambientale o sociale sul territorio UE è più grave rispetto ad altri organismi nocivi da quarantena;
3.3 Passaporto di barbatelle di vite varietà Marsigliana nera.
22 Produzioni Vegetali Arboree 4. organismi nocivi regolamentati non da quarantena: organismi nocivi ampiamente diffusi nell’UE e trasmessi prevalentemente da determinate piante da impianto che, considerata la loro diffusione, non rispondono ai criteri di un orga-
nismo da quarantena ma, date le ripercussioni economiche inaccettabili che la loro comparsa potrebbe comportare, impongono di adottare misure fitosanitarie nel loro materiale di moltiplicazione.
2 Agricoltura e avversità delle piante: aspetti storici Le malattie delle piante sono note da tempo; tuttavia la loro natura è stata correttamente compresa solo in tempi relativamente recenti, quando, oltre all’approccio concettuale secondo il metodo scientifico, è stato possibile studiarle soprattutto con l’utilizzo del microscopio. Ciò vale in buona misura anche per i parassiti animali, il cui ciclo è stato chiarito grazie alla ricerca paziente e capace, ma spesso anche grazie ai nuovi mezzi e alle più innovative tecniche di osservazione.
Dalle descrizioni alle osservazioni e ricerche Le più antiche notizie dei “flagelli” che falcidiavano raccolti e provocavano carestie si trovano in testimonianze del periodo assiro-babilonese ed egiziano e nella Bibbia, mentre descrizioni più precise di avversità sono riportate da scrittori del mondo grecoromano (Aristotele, Teofrasto, Varrone, Plinio, Colu-
mella e altri). Sicuramente all’epoca dell’Impero romano erano ben conosciute le ruggini del grano, tanto che si celebravano feste rituali propiziatorie alla dea Robigo, arbitra dei raccolti. Un posto di rilievo nella storia della fitopatologia spetta all’editto di Rouen del 1660, che potremmo definire come l’antesignano degli attuali provvedimenti di lotta obbligatoria: infatti l’editto prescriveva la distruzione delle piante di crespino attorno ai campi coltivati a frumento, come rimedio contro la ruggine, poiché già all’epoca si era intuita la correlazione tra questa fitopatia e la presenza del crespino. Tuttavia, le spiegazioni sull’origine delle malattie erano fondate più che altro sulle dottrine degli umori e della generazione spontanea o sugli influssi astrali negativi. La controversia sulle generazioni spontanee durò a lungo: non furono sufficienti le esperienze di Redi, quelle di Spallanzani, né le intuizioni di Fontana e in seguito quelle di Targioni, i quali nel 1767 sostennero che le ruggini dei cereali erano “minuscole pianticelle” viventi a spese del grano; non convinse nemmeno lo studio molto istruttivo di Agostino Bassi, a inizio ’800, sul “mal del calcino”, un fungo che colpiva i bachi da seta, chiamato inzialmente Botrytis paradoxa e poi, in onore di questo studioso, Botrytis bassiana e infine classificato come Beauveria bassiana. Lo sviluppo della ricerca
3.4 Antico microscopio risalente al XVIII secolo (a sinistra) e al XIX secolo (al centro e a destra).
Alla fine furono decisive le ricerche di Pasteur e di Koch. In effetti tra Settecento e Ottocento cominciarono ad accumularsi osservazioni e studi su funghi responsabili di marciumi e fitopatie; in qualche caso si riuscì anche a coltivarli fuori dall’ospite, ma l’eziologia era ancora di comprensione incerta, tanto che nel trattato di inizio ’800 di Filippo Re il concetto di “parassitismo” non compare ancora e si ricorre a spiegazioni per cause interne (malattie originate da eccesso o da carenza di vigore); solo dopo la pubblicazione del trattato di patologia vegetale di Khün, nel 1858, si diffuse il convincimento della natura parassitaria della generalità delle fitopatie. Nella seconda metà dell’Ottocento iniziò, dunque, a delinearsi una nuova branca della botanica che si occupava di organismi inferiori, appartenenti alle crittogame, agenti di malattie delle piante, ossia i micromiceti; tale branca prese il nome di Botanica
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se economico-alimentare causati da parassiti d’importazione, i cui effetti furono carestie, povertà ed emigrazioni di massa. Storicamente è ben nota la carestia causata dalla peronospora della patata che si è diffusa in tutta Europa, ma soprattutto in Irlanda nel 1845-49, dove ampie fasce di popolazione coltivavano la patata come nutrimento di base; a seguito di questa carestia circa 1/8 degli irlandesi morì per denutrizione e ancora maggiore fu il numero di coloro che emigrarono, in particolare nell’America del Nord. In quegli stessi anni per la viticoltura si presentò il problema del mal bianco, osservato nel 1845 dal giardiniere E. Tucker nelle serre inglesi (da cui il nome Oidium tuckeri); pochi decenni dopo la coltivazione della vite fu messa a rischio dalla comparsa della peronospora, giunta dall’America (in Europa Malattie e parassiti causa di carestie nel 1879), probabilmente a seguito dell’importazioCertamente l’interesse per lo studio delle avversità ne di viti americane per contenere gli attacchi della delle piante e dei possibili rimedi fu stimolato dal- fillossera, anch’essa importata dall’America alcuni le perdite di raccolto causate da malattie e paras- anni prima (1863). siti. Con le scoperte geografiche e l’introduzione di Il rimedio contro la fillossera fu l’innesto della vite nuove specie coltivate, si introdussero anche nuovi europea su piede americano, resistente a questo patogeni e insetti dannosi (in particolare quando le insetto, dopo che inutilmente si erano tentati altri attività di scambio commerciale furono più spedite provvedimenti come si legge in un sunto osservaticon la navigazione a vapore). Scriveva nel 1900 N. vo, presentato nel 1870 alla Reale Accademia AgraPasserini: “… Ma oggi che i piroscafi attraversano ria di Torino, sugli sforzi intrapresi per combattere l’Atlantico in meno di una settimana… Quale meravi- il devastante parassita, in particolare in Francia (la glia, dunque, se, colle piante utili si diffondono insetti prima segnalazione della fillossera è stata in Italia: nocivi, i fungilli e i batteri?”. In generale, i patogeni Como, 1878): “Per un anno intero furono sperimenimportati, non trovando nel nuovo ambiente limita- tati tutti gli sperati rimedi. Tutti invano… Il nemico tori naturali, avevano la tendenza ad essere partico- cova sotterra... Molte sostanze ponno accoppare i larmente virulenti. Un esempio di ciò si è verificato pidocchi, ma come farle arrivare al segno?... Il solfanel corso dell’Ottocento quando l’Europa dovette to di carbonio (solfuro di carbonio) a dose mediocre fare i conti con i danni a colture di rilevante interes- non valse nulla; dose maggiore fa perire coi pidocchi le viti”. Sempre a causa dei danni provocati dalla fillossera furono istituiti in Italia i primi centri per il monitoraggio, lo studio e la lotta contro questo parassita (Regi Osservatori delle Malattie delle Piante dal 1913, poi riordinati nel 1931 e attualmente assorbiti dalle Regioni come Servizi Fitosanitari). Un altro parassita di radicata memoria è la dorifora della patata, segnalata in Europa negli anni prossimi alla seconda guerra mondiale, e giunta in Italia attraverso il Piemonte con il ridislocamento delle truppe tedesche nel corso degli anni 1943-44 (la propaganda fascista attribuì la comparsa del nuovo flagello a una azione premeditata di bombardamento “biologico” degli Americani). Anche le colture cosiddette coloniali 3.5 Disegno del 1889 che illustra le tecniche di lotta dell’epoca nel tentativo di subirono drastici ridimensionamenti contrastare le infestazioni di fillossera della vite: una pompa aspira acqua da un pozzo a causa di fitopatie. La ruggine del e la convoglia in un miscelatore contenente solfuro di carbonio e da qui viene distribuita caffè, ad esempio, segnò il declino di tramite manichette ai filari, dove il personale provvede con secchi a bagnare al piede le piante.
crittogamica (il De Notaris fondò nel 1858 la Società Crittogamologica Italiana), un ambito di studi che successivamente sì costituì in disciplina autonoma con il nome di Patologia vegetale. L’inventario dei patogeni fu completato nel Novecento: la descrizione dei fitovirus fu possibile solo con l’ausilio del microscopio elettronico (la prima identificazione visiva avvenne nel 1939 per il TMV, virus del mosaico del tabacco). I fitoplasmi furono individuati quasi trent’anni dopo in quanto la tecnica delle sezioni tissutali ultrasottili per l’esame in microscopia elettronica, metodo necessario per preservare l’integrità del materiale, fu introdotta nei successivi anni ’60; i viroidi, elementi infettivi costituiti da un filamento ad anello di RNA privo di involucro, furono scoperti nel 1972.
24 Produzioni Vegetali Arboree queste coltivazioni a partire dal 1870 in tutta l’area geografica dell’Asia Sud-orientale con conseguente spo stamento nelle attuali zone di produzione Sudamericane; oggi la coltivazione della banana è messa seriamente in pericolo dalla Sigatoka gialla, dalla Sigatoka nera e da una variante della cosiddetta “malattia di Panama” (un fungo del gen. Fusarium), già responsabile della sparizione di una varietà di banane chiamata “Gros Michel”, sostituita dalla Cavendish, mostratasi resistente alla forma originale del patogeno. A livello europeo e italiano ricordiamo l’attualità delle problematiche dovute, ad esempio, alla Sharka delle drupacee e al colpo di fuoco del pero. Tra le peggiori devastazioni del secolo scorso si segnalano quelle da elmintosporiosi del riso in Bangladesh e quella ad eziologia virale su agrumi, chiamata “tristezza degli agrumi”, che colpì in modo violento e diffuso gli agrumeti Sud-americani, ma che purtroppo fu importata anche in Europa ed è attualmente oggetto di Lotta Obbligatoria. Altre devastazioni che hanno colpito essenze forestali e ornamentali sono il cancro del castagno e il cancro colorato del platano mentre, tra i più recenti insetti parassiti del verde urbano in Europa, vi sono il bruco americano, la cameraria dell’ippocastano e il punteruolo rosso delle palme.
Lo sviluppo della difesa dai parassiti Benché a metà Ottocento cominciasse a prendere corpo una consapevolezza abbastanza chiara dell’eziologia delle malattie da crittogame, ancora non si conoscevano i mezzi per contrastarle. In realtà, nella pratica agraria si ricorreva in particolare allo zolfo, il cui impiego risale a prima del Seicento ed è documentato a partire dai primi anni dell’Ottocento (W. Forsyth, giardiniere di Re Giorgo IV d’In-
ghilterra; in Francia come “eau Grisou”, mescolanza bollita di acqua, zolfo e calce spenta, dal nome del giardiniere Grison). La tossicità del rame nei confronti dei micromiceti si conosceva fin dalla metà del ’700 grazie alle esperienze di Tillet (in pratica esse consistevano nella concia di semi di frumento con solfato di rame) e alle successive osservazioni di Prevost (1807), il quale constatò che l’acqua bollita in paioli di rame impediva la germinazione dei propaguli della ruggine del grano. Tuttavia, l’introduzione di tale fondamentale anticrittogamico nella difesa delle piante, avvenuta intorno al 1885, fu dovuta in parte al caso e in parte all’intuizione del botanico francese A. Millardet che si accorse che le viti addossate ai pali di sostegno, che gli agricoltori solevano pennellare di solfato di rame (ritenendolo efficace contro l’immarcimento del legno), risentivano meno degli attacchi di peronospora. Peraltro nella zona del bordolese i vignaioli usavano cospargere di solfato di rame mescolato con calce, alcune viti nei bordi dei sentieri come dissuasivo contro i furti (quella miscela, la cui applicazione era ben visibile per il verde del rame, era considerata velenosa per l’uomo): anche in quel caso si osservava l’attenuazione della malattia. Merito del Millardet fu quindi quello di comprendere appieno l’azione del rame sul patogeno e di introdurre l’impiego della poltiglia come anticrittogamico. Lo zolfo e i rameici furono per molti decenni i soli anticrittogamici disponibili.
I parassiti animali e le malerbe Contro i parassiti animali si utilizzavano “veleni” quali gli arseniati e l’acido cianidrico o sostanze minerali come polisolfuri, catrame, petrolio + saponi oppure estratti di piante noti per la loro azione insetticida come il piretro, il rotenone e la nicotina.
a
b
3.6 (a) Danni da malattia di Panama (Fusarium oxysporum f.sp. cubense). (b) Danni da Sigatoka nera. I trattamenti per la difesa dai parassiti rappresentano una delle voci di costo più elevate, sia nel caso di forte intensivizzazione sia nel caso di grandi estensioni non intensive, ma sottoposte a controllo chimico.
Progettazione, impianto e gestione del frutteto 25 La grande svolta avvenne a seguito del progresso dell’industria chimica, sollecitato anche dagli eventi bellici del secondo conflitto mondiale: immediati furono i vantaggi in termini di aumento delle produzioni, tanto che i progressi in agricoltura degli anni ’50 del secolo scorso (meccanizzazione, fertilizzanti, diserbanti, insetticidi e anticrittogamici di nuova generazione) furono ribattezzati con l’espressione “rivoluzione verde”. Tra i più famosi/famigerati prodotti chimici largamente impiegati in agricoltura ricordiamo il DDT, inventato poco prima della II guerra mondiale da P.H. Müller (che ebbe successivamente il Nobel per questo) e largamente impiegato dopo il termine del conflitto, prima per debellare la malaria, poi in agricoltura; solamente vent’anni dopo fu chiara la lunghissima persistenza del DDT e la cancerogeneticità sua e dei suoi prodotti di degradazione, così che negli anni ’70 del secolo scorso il suo uso fu revocato negli USA e in Europa. Vicenda similare è quella dell’atrazina, l’erbicida più utilizzato a partire dagli anni ’50 su mais, sorgo e colture tropicali come la canna da zucchero. Sempre nella categoria dei diserbanti, un altro prodotto che ha contribuito non poco a creare diffidenza nei confronti della chimica in agricoltura, è stato il tristemente noto Agent Orange B, irrorato in modo massiccio con mezzi aerei come defogliante durante la guerra in Vietnam. Tuttavia, ancora prima, in Inghilterra, fu messo a punto sempre per usi bellici il capostipite dei diserbanti, il 2,4-D, ancora oggi in repertorio.
I fungicidi Anche la famiglia dei ditiocarbammati, fungicidi di grande successo, è tuttora in elenco; queste sostanze hanno una storia legata all’industria della gomma e in particolare al processo di vulcanizzazione (scoperto
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nel 1839 da Goodyear). Esse furono infatti introdotte nella lavorazione di questo prodotto per la loro proprietà di assorbire facilmente lo zolfo e di trasportalo poi all’interno del materiale gommoso accelerandone appunto la reticolazione e la vulcanizzazione. Infine nel 1934 furono brevettati come anti-micotici per impiego medico e, successivamente, si scoprì che essi erano efficaci anticrittogamici e come tali furono impiegati in agricoltura.
3.7 Il punteruolo rosso delle palme, Rhynchophorus ferrugineus (in foto un bozzolo aperto in cui è presente un adulto ormai completamente maturo), è un parassita originario delle regioni del Sud-Est Asiatico che in una decina di anni si è diffuso, soprattutto per effetto dei commerci di piante infestate, in tutto il Medio Oriente e in Egitto, e poi nell’Europa mediterranea: in tutte queste aree geografiche si è rivelato estremamente distruttivo (le larve scavano dentro la base delle foglie e nello stipite, provocando quasi sempre il collasso della chioma e la morte della pianta).
3 Potatura di produzione Il controllo dell’attività vegetativa della pianta ottenuto con riduzioni della chioma o altre operazioni si effettua durante tutto l'anno. Si distingue una potatura secca che si effettua durante il riposo vegetativo e una potatura verde o estiva. Gli interventi al verde sono complementari alla potatura secca e hanno particolare importanza nella fase giovanile della pianta. L'epoca migliore per la potatura secca è il pieno riposo vegetativo, dopo la caduta delle foglie. Per le drupacee, e per il pesco in particolare, l'epoca migliore per iniziare la potatura è a fine inverno e sulle piante o cultivar vigorose si può attendere la pre-fioritura o addirittura la fioritura. Tagli eseguiti in questa fase tendono a indebolire la pianta a vantaggio dell'alle-
gagione che negli alberi vigorosi manifesta i maggiori problemi. La potatura verde permette, mediante rapidi interventi, di orientare l'attività vegetativa della pianta nel modo voluto, anticipando la formazione della struttura produttiva, la messa a frutto e diminuendo nel contempo l'entità dei tagli invernali. • Vite. La potatura di produzione si basa su due principi: 1. il rinnovo completo dei capi a frutto, eliminando tutta la vegetazione formata durante l'anno ad eccezione di uno o più tralci inseriti in prossimità del fusto, che fungeranno da capi a frutto; 2. la formazione di una branca, detta cordone permanente, che porta numerosi capi a frutto più o meno lunghi.
26 Produzioni Vegetali Arboree Le potature che prevedono la formazione di cordoni permanenti consentono di variare più facilmente la carica di gemme, si elimina l’oneroso lavoro della legatura dei capi a frutto, inoltre l'alta percentuale di legno vecchio rappresenta una sorta di valore energetico particolarmente utile nei momenti di stress, ma soprattutto all'invaiatura, quando gli zuccheri di riserva migrano verso i grappoli. • Olivo. Fruttifica sui rami di un anno e la produzione è portata da gemme che si differenziano (a partire da fine inverno) nello stesso anno. È meglio eseguire una potatura leggera tutti gli anni, piuttosto che effettuare tagli severi ogni 3-4 anni. Non ci sono grosse difficoltà a mantenere efficiente la struttura produttiva, poiché l'olivo garantisce sempre un buono sviluppo delle gemme basali. È necessario garantire una omogeneità di illuminazione, alleggerendo le cime e diradando i rami in soprannumero. Le branchette esauste si eliminano con tagli di ritorno. Si devono evitare affastellamenti o invecchiamenti della parte basale, diradando e spuntando i rami posti all’estremità delle branche, ricorrendo a tagli di ritorno sui rami basali tanto più severi quanto minore è la loro energia vegetativa. I succhioni devono essere eliminati in estate oppure vanno costretti a fruttificare mediante incisione anulare. • Melo. La maggioranza delle cultivar di melo producono su lamburde inserite su rami di 2 o più anni, ma sono frequenti le varietà in cui è abbondante la produzione sui brindilli o sui rami misti. Producono prevalentemente su lamburde tutto il gruppo delle Delicious rosse standard e spur, le Renette, le Granny Smith, le Stayman; su ramo misto produce bene il gruppo delle Golden Delicious, Jonathan; su brindilli Imperatore (Morgenduft). La frutta migliore è portata dai rami più giovani meglio nutriti, la potatura di produzione deve tendere quindi a un costante rinnovo della vegetazione. Si accorciano o si asportano i rami a frutto invecchiati, si diradano le branchette fruttifere troppo fitte. I rami misti, in genere, non si
3.8 Una buona potatura permette di ottenere un ottimale equilibrio produttivo e ornamentale.
accorciano se non su piante eccessivamente deboli, e di norma vanno solo diradati se troppo fitti. Le formazioni fruttifere invecchiate a zampa di gallo vanno asportate o raccorciate. Sulle piante vigorose i tagli vanno ridotti e va evitato il raccorciamento delle branchette e dei rami misti, al contrario le piante deboli richiedono interventi più severi per provocare l'emissione di germogli più vigorosi. I rami apicali di solito non si accorciano mai, o si accorciano su un brindillo o su un ramo anticipato. Nelle forme a spindel si sostituiscono le branchette di sfruttamento esaurite, si cima la freccia su un ramo anticipato o, se questa appare troppo indebolita, è preferibile scegliere una gemma a legno. • Pero. Produce su lamburde, rami misti e brindilli e si caratterizza per un rapido invecchiamento delle branchette fruttifere. Nelle cultivar di media e scarsa vigoria, sui rami di sfruttamento si osserva la comparsa di formazioni contorte (zampe di gallo) formate da lamburde, brindilli e borse. La potatura di produzione deve garantire un costante rinnovamento delle branche produttive, salvaguardare la forma di allevamento, operando tagli di ritorno in modo da contenere lo sviluppo in altezza della pianta, mantenere un equilibrio della vegetazione sfoltendo maggiormente la zona apicale per evitare che il pero, assecondando il suo modo di vegetare, sfugga verso l'alto. Si procede con il raccorciamento delle branchette fruttifere e all'eliminazione di quelle esaurite, le zampe di gallo vanno drasticamente raccorciate. La spuntatura dei rami è particolarmente utile nel caso di piante deboli; al contrario, su piante giovani e innestate su franco il raccorciamento può ritardare la piena produzione e provocare l'emissione di succhioni. L'intensità del taglio deve essere quindi proporzionale all'età della pianta e inversamente proporzionale al suo vigore. • Pesco. Richiede un'attenzione particolare affinché il suo potenziale produttivo venga conservato. Sono necessarie riduzioni di chioma integrate, ottenute generalmente con un diradamento dei frutti e con
3.9 Potatura secca della vite.
Progettazione, impianto e gestione del frutteto 27 interventi di potatura verde. La produzione migliore è portata dai rami misti di medio vigore. I mazzetti di maggio e i brindilli non consentono, di solito, il raggiungimento di buone pezzature, altrettanto vale per i rami anticipati. I rami troppo vigorosi hanno poche gemme a fiore e non vanno di norma utilizzati. Solo nelle nettarine e in alcune varietà di pesco da industria è conveniente invecchiare l'apparato produttivo per provocare la formazione dei mazzetti di maggio nei casi in cui i rami misti siano poco fertili. La potatura deve iniziare dalla sommità delle branche con la consueta eliminazione dei rami anticipati presenti intorno all'apice oppure con un taglio di ritorno su un ramo misto per contenere l'altezza dell'albero. Si diradano i rami misti eliminando
3.10 Olivo: polloni alla base del tronco.
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quelli deboli e quelli troppo vigorosi in modo che la vegetazione sia distribuita in modo uniforme. Si eseguono tagli di ritorno sulle branche secondarie e terziarie in modo da mantenere corretta la forma di allevamento. Le piante giovani e vigorose necessitano di potature leggere, una maggiore severità va applicata invece su alberi deboli o vecchi. Il diradamento dei frutti è un complemento essenziale della potatura secca, per migliorare la pezzatura e per mantenere le piante equilibrate e la produzione costante. In associazione al diradamento si esegue di norma anche la potatura verde, con l’eliminazione dei succhioni ed effettuando il diradamento dei germogli per consentire una buona illuminazione e colorazione dei frutti.
3.11 Potatura verde di sfoltimento del pesco.
4 Trattamenti post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli La qualità sensoriale e nutrizionale di un prodotto ortofrutticolo è il risultato della combinazione di diversi fattori che riguardano non solo la produzione in campo, ma anche la gestione del post-raccolta. La conoscenza delle relazioni esistenti tra il processo di maturazione del frutto, la raccolta e i gusti del consumatore, sono di fondamentale importanza per garantire il successo commerciale di un prodotto. La conservazione refrigerata di prodotti altamente deperibili è indispensabile per mantenere costante l’offerta di materie prime sul mercato, stabilizzare i prezzi di vendita e far arrivare i prodotti nei vari punti vendita nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. La scelta del momento in cui effettuare la raccolta dei prodotti ortofrutticoli deve fare riferimento a specifici obiettivi di valutazione: da una parte vanno considerati i cosiddetti indici di maturazione, per esempio la durezza, il colore di fondo, il residuo rifrattometrico,
il contenuto in amido, ecc.; dall’altra l’esigenza commerciale, che deve prevedere le modalità di manipolazione, conservazione e, in ultima analisi, la programmazione della data di consumo. Per quanto riguarda le produzioni di qualità, oggi si punta verso una raccolta a un grado di maturazione più avanzato, sacrificando anche una parte della durata di conservazione, proprio per fornire caratteristiche organolettiche più elevate, come richiesto da gran parte dei consumatori. Il fattore più importante per la conservazione degli ortofrutticoli è la riduzione della temperatura, che dovrebbe essere mantenuta più bassa possibile, ma sempre superiore al punto di congelamento della specie per evitare possibili danni da freddo durante la conservazione. Le drupacee, ad esempio, evidenziano danni quali gli imbrunimenti della polpa in seguito a prolungate soste a bassa temperatura.
28 Produzioni Vegetali Arboree Metodi fisici di conservazione post-raccolta
Pre-refrigerazione ad acqua
La pre-refrigerazione è il sistema basilare per la protezione dei prodotti ortofrutticoli dal momento che essa rallenta l’attività respiratoria dei vegetali dopo la raccolta e la maturazione. Tale fenomeno è spiccato nei frutti climaterici (cioè che proseguono la maturazione dopo la raccolta) per i quali devono essere adottate le temperature più basse possibili, ma sempre al di sopra della soglia di insorgenza di fisiopatie da raffreddamento. La bassa temperatura rallenta o blocca anche lo sviluppo di molti patogeni (Botrytis, Alternaria, Penicillium, Neofabraea, ecc.) ed è tanto più efficace quanto più breve è il tempo che intercorre tra la raccolta e l’inizio della refrigerazione. Per favorire questo fenomeno si può ricorrere alla pre-refrigerazione ad aria, ad acqua o sottovuoto.
Per alcuni frutti, il lavaggio con acqua prima di essere collocati nelle celle di conservazione, è un metodo che permette di allontanare i residui di melata prodotta da insetti (cocciniglie, afidi, tingidi, cicaline, mectalfa) sulla quale le muffe trovano un substrato ideale di sviluppo durante il periodo di frigoconservazione Un metodo di refrigerazione rapida ad acqua, denominato hydrocooling, consiste nell’utilizzare acqua refrigerata a diretto contatto con il prodotto tramite un sistema a pioggia. Le colonnine di acqua refrigerata investono il prodotto dall’alto verso il basso sottraendo al prodotto il calore in esso contenuto. L’acqua riscaldata dal prodotto viene poi raffreddata nuovamente dal sistema e fatta ricircolare nuovamente sul prodotto a ciclo continuo.
Pre-refrigerazione ad aria È il metodo più semplice ed economico dal punto di vista impiantistico e nella forma più semplice prevede un potenziamento termico delle celle frigorifere creando le cosiddette celle di movimentazione. Un rapido e uniforme raffreddamento dei prodotti subito dopo la raccolta ne preserva infatti la qualità attraverso l’inibizione della crescita di microrganismi che inducono decadimento, la limitazione dell'attività enzimatica e respiratoria, il rallentamento della perdita d'acqua e la riduzione della produzione di etilene. Il limite di questo sistema è tuttavia costituito dai tempi di raffreddamento che possono essere abbastanza lunghi in rapporto alle esigenze delle singole specie. La moderna tecnologia del freddo ha perciò sviluppato appositi tunnel di pre-refrigerazione ad aria forzata nei quali la velocità dell’aria fredda si aggira intorno ai 3-4 m/s, con una notevole riduzione dei tempi di raffreddamento. In generale la pre-refrigerazione ad aria risulta ideale per i frutti molto delicati, di difficile manipolazione e di piccole dimensioni, inoltre offre il grande vantaggio di poter operare su un prodotto già condizionato e pronto per la vendita.
Pre-refrigerazione sotto vuoto È un sistema dai costi elevati, che si basa sull’evaporazione in condizioni di bassa pressione (circa 4,6 mm/Hg, equivalente a 4,6 Torr) dell’acqua contenuta negli strati più superficiali del prodotto, il cui passaggio di stato sottrae il calore latente al prodotto stesso. I vantaggi offerti da questo tipo di pre-refrigerazione sono prevalentemente di ordine qualitativo: vengono infatti immediatamente rallentati i fenomeni di maturazione e quindi il prodotto non subisce modifiche di consistenza, il colore non cambia in misura eccessiva, si manifesta un minore calo di peso, preservando così una maggiore turgidità e una migliore qualità organolettica in quanto, con una rapida pre-refrigerazione, si possono cogliere frutti a uno stadio di maturazione più avanzato.
Conservazione in atmosfera controllata Questa tecnica comporta la riduzione dell’attività metabolica e della respirazione grazie alla diminuzione della concentrazione di ossigeno e all’aumento di quella di anidride carbonica nell’atmosfera della cella refrigerata. La sensibilità all’innalzamento della CO2 e alla riduzione dell’O2 è molto diversificata nelle specie
3.12 Cella frigorifera condizionata ad aria per la conservazione e lo stoccaggio di ortofrutta.
3.13 Tunnel hydro-cooling nel quale i prodotti subiscono un lavaggio ad acqua addizionata di ozono per la disinfezione delle superfici e per ridurre la carica microbica presente nell’acqua di ricircolo, che può costituire un focolaio di infezione o lo sviluppo di batteri e germi.
Progettazione, impianto e gestione del frutteto 29 ortofrutticole e varia in funzione della temperatura, della cultivar, dello stadio di maturazione e del tempo in cui il prodotto viene esposto a livelli diversi da quelli tollerati. Oggi sono disponibili varie tecniche di conduzione dell’atmosfera controllata a seconda delle nuove attrezzature di regimazione e di depurazione e della progressiva automatizzazione e informatizzazione dei sistemi di analisi dei gas e di controllo delle temperature. La tecnica della regimazione rapida dell’atmosfera in 3-4 giorni viene utilizzata solamente quando è possibile realizzare contemporaneamente un rapido raffreddamento della merce (pre-refrigerazione), in quanto la riduzione dell’O2 può essere attuata solo se la temperatura interna dei frutti è inferiore a 5 °C per evitare i fenomeni di asfissia. In Canada è stato dimostrato che nelle mele Golden Delicious regimate in 5 giorni, rispetto ai 9-10 dell’atmosfera controllata tradizionale, è possibile mantenere una maggiore durezza della polpa e acidità dei frutti. La regimazione a basse concentrazioni di ossigeno (ULO) prevede l’impiego di atmosfere con livelli particolarmente bassi di O2 e con corrispondenti tassi di CO2, permettendo un’ulteriore riduzione dell’attività respiratoria delle mele ai limiti dell’anossia. L’uso della bassa concentrazione di ossigeno apporta numerosi vantaggi per quanto riguarda consistenza, croccantezza, succosità, colore dei frutti e contenimento del riscaldo nelle mele e nelle pere. L’atmosfera a controllo dinamico è una tecnica in cui il valore minimo di O2 è regolato sulla base delle informazioni che giungono dai frutti stessi in base alla loro intensità respiratoria. Vengono presi in esame non soltanto la respirazione, ma anche alcuni cataboliti come l’etanolo che si diffonde nelle celle. Mantenendo l’etanolo sotto 1 ppm è possibile conservare mele a livelli di O2 compresi tra 0,3 e 0,7% e con CO2 inferiore allo 0,5%, con effetti positivi sulla qualità dei frutti (maggiore durezza, migliore colore, maggiore acidità e minori alterazioni), soprattutto nella fase di shelf-life.
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Termoterapia È una tecnica che utilizza temperature superiori a quelle ambientali tramite acqua calda (per immersione o irrorazione), vapore o aria calda. L’immersione dei vegetali in acqua calda è la modalità più adottata, con tempi e temperature diversi in funzione delle specie (generalmente pochi minuti a temperature variabili dai 44 ai 55 °C). Questo sistema ha l’obiettivo di inattivare i patogeni (direttamente e/o indirettamente) senza danneggiare il prodotto vegetale, sia in termini di maturazione che di sensibilità alle infezioni. Interessanti risultati sono stati ottenuti su mele nei confronti di infezioni latenti di Neofabraea vagabunda e soprattutto su pesche verso Monilinia spp. I principali limiti di questa tecnica sono rappresentati dagli elevati costi energetici necessari al riscaldamento dell’acqua e al successivo raffreddamento dei prodotti insieme alla difficoltà di inserire la tecnica nelle linee di lavorazione.
Curing Consiste nel condizionamento termico pre-conservazione realizzato con temperature comprese tra 15 e 40 °C, per un tempo variabile da qualche ora ad alcuni giorni, in presenza di livelli di umidità pari al 90-95%. Tale trattamento aumenta la resistenza dei frutti ai patogeni inducendo per esempio la sintesi di materiali lignino-simili e l’aumento dell’attività della fenilalanina ammonioliasi (PAL), alla base della sintesi dei composti fenolici che sono i precursori di sostanze antifungine. Applicazioni note sono quelle sugli agrumi contro Penicillium spp. e su actinidia nei confronti delle infezioni di Botrytis cinerea.
Depurazione etilenica L’etilene è una sostanza naturalmente prodotta dai tessuti vegetali (specie se danneggiati) ed è presente nell’ambiente. Provoca un aumento della velocità di maturazione e stimola i processi infettivi di
3.14 Impianto che applica il sistema della termoterapia tramite immersione della frutta in acqua calda.
30 Produzioni Vegetali Arboree molti patogeni, la sua presenza va quindi limitata o bloccata nelle celle di conservazione con tecniche di depurazione dell’aria con materiali adsorbenti o tramite specifici trattamenti gassosi. È particolarmente efficace per mele e pere nei confronti del riscaldo superficiale, ma anche su actinidia, susine, banane, pomodori e meloni.
Condizionamento idrometrico Il mantenimento di elevate quantità di acqua nei vegetali è alla base della conservazione dei prodotti ortofrutticoli freschi. Per limitare al massimo il fenomeno della traspirazione, si ricorre a umidificatori, alla regolazione della ventilazione, ma anche all’applicazione di cere o al confezionamento in film plastici. Gran parte di frutta e ortaggi trae beneficio da una umidità relativa con valori superiori all’85%. Elevati tassi igrometrici favoriscono però attacchi da parte di patogeni, è necessario quindi bilanciare adeguatamente tutti i parametri coinvolti.
Luce ultravioletta L’esposizione dei vegetali a basse dosi di luce ultravioletta induce la produzione di fitoalessine e la formazione di barriere fisiche che impediscono le infezioni di alcuni patogeni. Le dosi UV, alle quali sono state ottenute le più elevate riduzioni di marciumi, sono molto variabili in funzione della specie.
Radiazioni gamma Vengono utilizzate per prevenire la germogliazione di patate, aglio e cipolle, per ritardare la maturazione, ridurre le popolazioni di agenti fitopatogeni e patogeni per l’uomo, uccidere patogeni e insetti nei prodotti Sostanza attiva
destinati all’esportazione, ecc. In Italia ne è poco diffuso l’utilizzo, anche perché le dosi di raggi gamma necessarie per limitare gli agenti patogeni sono spesso fitotossiche.
Bassa pressione La riduzione della pressione atmosferica agisce direttamente sull’abbassamento del tenore di O2 con effetti analoghi a quelli della conservazione dei prodotti ortofrutticoli in atmosfera controllata. Gli elevati costi della tecnica ne limitano l’utilizzo solo per prodotti quali mango, avocado e banane che devono essere trasportati oltreoceano in container. Le condizioni ipobariche hanno anche azione fungistatica.
Metodi chimici di protezione post-raccolta Le tipologie di sostanze chimiche oggi disponibili sono molte, tra esse ricordiamo: fungicidi, antifisiopatici, cosmetici, disinfettanti e sostanze naturali. L’applicazione di fungicidi su ortofrutta in post-raccolta (per nebulizzazione, immersione, ecc.) è oggi estremamente limitata dalla legislazione vigente. Gli unici prodotti fitosanitari attualmente utilizzabili (2016) in post-raccolta sono riportati nella tabella 3.15. La difesa nei confronti dei patogeni che causano perdite produttive nelle fasi di conservazione è fondamentalmente affidata ai trattamenti di pre-raccolta, eseguiti quanto più possibile vicino a questa. Gli agrofarmaci volti a limitare le infezioni spesso latenti (causate per esempio da Botrytis cinerea, Monilinia spp., Phlyctema vagabunda, Penicillium spp.), oltre che in base alla loro efficacia, devono essere scelti tra quelli a minore tempo di carenza (o intervallo di sicu-
Specie vegetale
Patogeno bersaglio
Boscalid
Actinidia
Botrytis cinerea
Fenexamid
Actinidia
Botrytis cinerea
Fludioxonil
Pesche e nettarine, actinidia, susine
Monilinia spp., Botrytis cinerea
Imazalil
Agrumi
Penicillium spp., Lasiodiplodia theobromae (ex Diplodia natalensis)
Imazalil, olio di chiodi di garofano, pyrimethanil, thiabendazole
Mele e pere
Botrytis cinerea, Penicillium spp., Phlyctema vagabunda, Alternaria spp.
Iprodione
Limoni
Alternaria spp., Penicillium spp.
Aglio da seme
Stromatinia cepivora (ex Sclerotium cepivorum), Penicillium spp
Mele e pere
Botrytis cinerea, Alternaria spp., Penicillium spp.
Patata da seme
Thanatephorus cucumeris
Pyrimethanil
Uva da tavola e da vino
Botrytis cinerea
Thiabendazole
Patate da seme
Fusarium spp., Boeremia exigua (ex Phoma exigua), Helminthosporium solani, Poliscytalum pustulans (ex Oospora pustulans)
3.15 Prodotti fitosanitari autorizzati in post-raccolta.
Progettazione, impianto e gestione del frutteto 31 rezza) e residualità. Anche le fisiopatie possono causare notevoli danni ai prodotti ortofrutticoli durante la conservazione, a causa sia di condizioni in campo (ad esempio la butteratura amara delle mele), sia da inadeguate condizioni di conservazione o nelle fasi di distribuzione. In particolare, nei confronti di queste ultime, è possibile attuare una difesa preventiva con antitraspiranti e cosmetici che hanno il compito di rendere brillanti i frutti e di rallentarne in alcuni casi la traspirazione. I preparati più utilizzati sono a base di gommalacca, cera carnauba o di gommalacca e cera d’api. I sali di calcio sono una categoria di prodotti utilizzati in pre-raccolta (come fertilizzanti), ma anche in postraccolta per ridurre la sensibilità a plara, butteratura amara e disfacimento nelle mele oltre che a riscaldo molle, imbrunimento interno delle pere e mal raggiante delle pesche. Importanti sono poi i prodotti antiriscaldo superficiale delle pomacee che causano elevate perdite, in particolare sulle mele in conservazione refrigerata. L’1-MCP (1-methylciclopropene) è un ritardante della maturazione che agisce bloccando i recettori dell’etilene, per diminuire la sensibilità dei frutti al riscaldo superficiale. Gli antigermoglianti sono invece necessari per alcuni ortaggi a radice (patata, cipolla, aglio, carota, ecc.) che se conservati a temperature superiori a 0 °C, necessarie per evitare danni da raffreddamento, tendono a germogliare. Si tratta di un’applicazione fondamentale per le patate dove l’unica sostanza attiva autorizzata è il cloroprofam (CIPC), applicato direttamente nelle celle di conservazione. Per prevenire invece la germogliazione delle cipolle, si ricorre all’idrazide maledica, applicata 10-15 giorni prima della raccolta. Un’altra categoria di mezzi chimici è rappresentata dai disinfettanti utilizzati in post-raccolta per la disinfezione di contenitori, strutture e attrezzature per il confezionamento, acque di lavaggio degli ortofrutticoli fino alle celle di conservazione. I disinfettanti chi-
3.16 Mela colpita da butteratura amara.
Capitolo 3
mici più utilizzati sono alcuni derivati di cloro, ozono e acido perossiacetico. Le sostanze naturali di origine vegetale e animale costituiscono una ampia fonte di composti con attività antibatterica e antifungina, caratterizzati da bassa tossicità per i mammiferi e limitato impatto ambientale. Fra le sostanze di origine vegetale di particolare interesse vi sono prodotti quali propoli, jasmonati, glucosinolati, composti fenolici, oli essenziali e altri composti volatili. In particolare queste ultime due tipologie sono oggetto di studio per applicazioni specifiche contro i patogeni di post-raccolta. Tra le sostanze di origine microbica o animale si ricorda essenzialmente il chitosano (polimero ottenuto dalla deacetilazione della chitina di crostacei) per la sua capacità di creare un film sulla superficie dei prodotti edibili allungando la shelf-life. Il chitosano cloridrato è recentemente stato autorizzato come prodotto fitosanitario di base secondo quanto previsto dal Regolamento CE n. 1107/09.
Metodi biologici di protezione post-raccolta Sono da tempo in studio agenti microrganici di biocontrollo (BCA) naturalmente presenti nella fillosfera e carposfera, da dove spesso sono stati isolati e proposti per l’introduzione artificiale, allo scopo di sfruttare le proprietà di questi batteri e funghi (competizione per nutrienti e spazio, parassitismo, antibiosi e induzione di resistenza) come antagonisti di patogeni presenti in forma palese o latente sui prodotti ortofrutticoli. Se nel pre-raccolta i tanti studi condotti hanno in qualche caso portato all’autorizzazione di prodotti fitosanitari efficaci, nella fase successiva alla raccolta non esistono attualmente in Europa prodotti microbiologici registrati. Certamente in post-raccolta i microrganismi antagonisti introdotti artificialmente possono godere di condizioni ambientali costanti e abbastanza favorevoli al loro sviluppo contrariamente al pieno campo. Quelli più studiati sono diversi batteri pseudomonadi (Pseudomonas cepacia, P. syringae) e Bacillus subtilis contro Botrytis cinerea, Monilinia spp., Penicillium spp. su pomacee e drupacee. Sugli stessi prodotti, ma anche su kiwi, uva e agrumi, sempre nei confronti dei suddetti patogeni sono stati efficacemente utilizzati funghi tra i quali Aureobasidium pullulans e Trichoderma spp. Applicazioni di antagonisti anche in pre-raccolta favoriscono la colonizzazione e quindi l’efficacia in fase di conservazione. Interessante potrebbe essere anche la somministrazione di antagonisti in combinazione, così come la loro integrazione con fungicidi in pre-raccolta. Appare infine rilevante consigliare, data la naturale presenza di microrganismi antagonisti sul carpoplano, tutte le pratiche colturali favorevoli o almeno non compromettenti la loro sopravvivenza.
32 Produzioni Vegetali Arboree Specie
Malattie biotiche
Malattie abiotiche
POMACEE
Marciume lenticellare (Phlyctema vagabunda Gloeosporium album) Muffa verde-azzurra (Penicillium spp.) Muffa grigia (Botryotinia fuckeliana e Botrytis cinerea) Marciume deliquescente (Mucor piriformis) Ticchiolatura da magazzino (Venturia inaequalis e V. pyrina) Marciume da Alternaria (Alternaria spp.)
Riscaldo superficiale Riscaldo molle Disfacimento interno Da bassa temperatura Cuore roseo Vitrescenza Butteratura amara
DRUPACEE
Marciume bruno (Monilinia spp.) Muffa grigia (Botryotinia fuckeliana e Botrytis cinerea) Marciume da Rhizopus (R. stolonifer) Muffa verde-azzurra (Penicillium spp.) Marciume da Alternaria (Alternaria spp.)
Disfacimento interno
UVA DA TAVOLA
Muffa grigia (Botryotinia fuckeliana e Botrytis cinerea) Marciume da Aspergillus (Aspergillus spp.) Marciume deliquescente (Rhizopus spp.) Muffa verde-azzurra (Penicillium spp.) Marciume acido (vari lieviti e batteri acetigeni)
Distacco delle bacche e spaccature
ACTINIDIA
Muffa grigia (Botryotinia fuckeliana e Botrytis cinerea) Maculatura epidermica (Phialophora verrucosa e P. luteanidis) Marciume da Mucor (Mucor piriformis)
Indurimento della columella o cuore duro Danno da gelo
AGRUMI
Muffa verde-azzurra (Penicillium spp.) Marciume da Phytophthora (Phytophthora spp.) Marciume da Alternaria (Alternaria spp.) Muffa grigia (Botryotinia fuckeliana e Botrytis cinerea)
Oleocellosi da manipolazioni Danni da raffreddamento Piticchia non parassitaria
Spaccatura delle ciliegie
3.17 Riepilogo delle diverse malattie, biotiche e abiotiche, che interessano le fasi di post-raccolta delle produzioni ortofrutticole.
Progettazione, impianto e gestione del frutteto
33
Capitolo 3
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Per le specie autosterili e dioiche vanno individuate più cultivar impollinatrici all’interno del frutteto per assicurare: a. i caratteri organolettici b. la fecondazione incrociata c. la richiesta del mercato 2. I portinnesti ottenuti per moltiplicazione agamica di una stessa pianta, si chiamano: a. franchi b. nesti c. cloni 3. Al momento dell’acquisto in vivaio, l’asse centrale degli astoni da vivaio deve avere un diametro di: a. 4-8 mm b. 8-12 mm c. 12-16 mm 4. In Italia la commercializzazione delle piante da frutto e dei relativi prodotti di moltiplicazione è regolata dal: a. D.Lgs. n. 124/2010 b. D.Lgs. n. 125/2011 c. D.Lgs. n. 126/2012 5. Il campionamento del terreno delle colture arboree va effettuato quanto tempo dopo la concimazione primaverile o estiva? a. almeno 1 mese dopo b. almeno 2 mesi dopo c. almeno 3 mesi dopo
6. Nelle colture arboree è consigliabile prelevare il campione di terreno da analizzare a una profondità di: a. 30-40 cm b. 40/50 cm c. 50-60 cm 7. In Italia nei meleti con forma di allevamento a superspindle la densità di impianto è di: a. 1.000-1.480 piante/ha b. 1.390-2.850 piante/ha c. 5.555-10.000 piante/ha 8. La tecnica irrigua denominata mist (che nebulizza l’acqua sovrachioma) ha sulle piante un effetto: a. fertilizzante b. climatizzante c. termico 9. Nel sistema di irrigazione microjet gli erogatori distribuiscono l’acqua tramite: a. microirrigazione a spruzzo b. microirrigazione a goccia c. aspersione sovrachioma 10. Durante la fase produttiva del frutteto (piena produzione) la concimazione deve essere prevalentemente potassica preferibilmente in quale rapporto? a. N-P-K 2 : 1 : 1 b. N-P-K 2 : 1 : 3 c. N-P-K 2,5 : 1 : 2
VERO O FALSO 1. La distribuzione geografica delle specie coltivate sul pianeta è solo in minima parte determinata dalle caratteristiche climatiche e V F pedologiche 2. Il sistema vivaistico nazionale è controllato dai Servizi Fitosanitari per l’applicazione della certificazione genetico-sanitaria (volontaria), dei portinnesti e degli astoni innestati V
F
3. Il campionamento sistematico del terreno consiste nel suddividere idealmente la zona di campionamento in un numero prescelto di V unità della medesima dimensione
F
4. La tecnica della lavorazione a due strati è costituita da una ripuntatura profonda (da 40 a 60 cm) a cui segue un’aratura sino a circa V 140-160 cm di profondità 5. Un pH maggiore di 7 e un potenziale redox ossidante sono fattori positivi per la disponiV bilità di elementi nutritivi nel suolo
F
6. Il periodo migliore per l’impianto di specie caducifoglie è l’autunno, subito dopo la caduta V delle foglie in vivaio
F
7. Nella messa a dimora delle piante, per la colmatura della buca va utilizzata preferibilmente la terra degli strati profondi, lasciando V piccoli spazi vuoti tra radici e suolo
F
8. Nell’inerbimento artificiale di norma si impiegano miscugli di specie graminacee e legumiV F nose 9. La pacciamatura è una tecnica alternativa alle lavorazioni e al diserbo lungo la fila, che V permette di controllare le infestanti
F
10. Un insieme di individui della stessa specie contraddistinti da aspetti morfologici, fisiologici e colturali definiti e stabili nel tempo V sono detti cloni
F
F
ABBINAMENTI LOGICI 1. Campionamento del suolo
5. Messa a dimora
2. Sistemazione del terreno
6. Strutture di impianto
3. Preparazione del terreno
7. Inerbimento del terreno
4. Ammendanti organici
8. Deficit idrico controllato
A. Aratura o lavorazione a due strati
E. Protezione sistema suolo/ pianta
B. Impianto irriguo e sostegni
F. Analisi di laboratorio
C. Calcolo distanze di impianto e scavi
G. Fossi e scoline
D. Letame maturo e compost Griglia
H. Controllo vigoria delle piante
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 4 Colture arboree sarmentose Approfondimenti 1 Famiglia botanica Vitaceae Caratteristiche botaniche La famiglia delle Vitacee è formata da piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Rhamnales. È presente nelle zone temperate e temperato-calde del pianeta. La famiglia non è molto numerosa annoverando circa 470 specie legnose, per lo più lianose o sarmentose. Le piante possiedono foglie sparse, alterne, palminervie, sia composte che semplici, profondamente lobate e quasi sempre glabre sulla pagina superiore e tomentose su quella inferiore. In genere si presentano dotate di stipole e, spesso, anche di cirri o viticci, foglie modificate con funzione di sostegno, che consentono alla pianta di aggrapparsi ad altre piante o a sostegni vari. I fiori, molto piccoli, a simmetria attinomorfa sono sia unisessuali che ermafroditi. Generalmente presentano una struttura pentamera (raramente tetramera) e mostrano un disco posto all’apice del peduncolo. Il calice formato da 5 sepali verdastri molto ridotti è precocemente caduco, mentre la corolla è costituita da 5 petali liberi alla base e saldati alla sommità a formare una sorta di cappuccio, anch’esso destinato a cadere precocemente in concomitanza con l’allungamento degli stami (in Vitis vinifera). L’androceo è costituito da 5 stami, mentre il gineceo supero e biloculare è costituito da 2 carpelli, ciascuno con 2 ovuli. Spesso i fiori sono riuniti in infiorescenze a grappolo composto, originate sui nodi della parte opposta delle foglie. Il frutto è una bacca carnosa e contiene 2-4 semi oleaginosi. All’interno della famiglia, le specie fanno parte prevalentemente dei generi Parthenocissus e Vitis. Al genere Parthenocissus appartengono piante note con vari nomi (vite canadese, vite americana, vite vergine), utilizzate come rampicanti in parchi e giardini o come ornamentali per ricoprire facciate di edifici, op-
pure coltivate come piante ricadenti in appartamento. Si tratta infatti di piante dotate di foglie intere o divise in 3 lobi che in autunno assumono splendide colorazioni scarlatte. Il genere Vitis è distinto in due sottogeneri: Muscadinia (comprendente le specie Vitis rotundifolia, Vitis munsoniana e Vitis popenoei) ed Euvitis, al quale appartengono le viti asiatiche orientali ed eurasiatiche (fra cui la Vitis vinifera originaria del Caucaso e coltivata nel bacino del Mediterraneo sin dall’antichità) e le viti americane (Vitis riparia, Vitis rupestris, Vitis berlandieri e Vitis champini) che si utilizzano come portinnesti. La formula fiorale è, di regola, la seguente:
Interesse commerciale La Vitis vinifera è la specie in assoluto più importante per le caratteristiche qualitative dei suoi frutti e presenta due sottospecie: V. vinifera silvestris (pianta spontanea, soprattutto dei boschi ripali dell’Europa) e V. vinifera sativa, la specie di vite più coltivata al mondo.
Colture arboree sarmentose 35
Capitolo 4
a b
4.1 (a) Vitis vinifera prossima alla raccolta; (b) infiorescenza di vite.
2 Registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino Il Registro nazionale delle varietà di vite è consultabile al seguente sito: http://catalogoviti.politicheagricole.it/catalogo.php
Vite: scelta della varietà La scelta della varietà di vite è in funzione di: • tipo di terreno; • clima; • obiettivo produttivo e/o enologico; • sensibilità alle malattie;
• varietà raccomandate e autorizzate della zona; • tendenze di mercato; • calendario di raccolta aziendale. Alle diverse forme di allevamento si associano diverse varietà di vite (per l’elenco completo delle varietà vedi Web-Book su LIBRO DIGITALE Registro nazionale vite).
Principali varietà di vite (vitigni a uve da vino) Aglianico Si adatta molto bene ai terreni argillosi e argilloso-calcarei. Buon adattamento alle elevate fittezze di impianto (5.000-6.000 ceppi per ettaro) con forme di allevamento a Guyot e cordone speronato. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio. Può dare problemi di disaffinità se innestato su 420 A. Molto sensibile all’oidio.
Albana Predilige terreni collinari, argillosi, ben esposti e dotati di fertilità mediobassa. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento tardivo. Discreta tolleranza alle gelate primaverili e alla siccità. Abbastanza sensibile a oidio, botrite e marciume acido.
Barbera Idoneo a terreni collinari esposti a mezzogiorno, argilloso-calcarei. È molto sensibile alla carenza di boro e potassio. Adatto a forme di allevamento a cordone speronato o Guyot. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Mediamente tollerante a peronospora e odio. Sensibile alla muffa grigia.
36 Produzioni Vegetali Arboree Biancame (Bianchello) Idoneo alla coltivazione in terreni di media fertilità caratterizzati da limitata siccità estiva. Si adatta a varie forme di allevamento e tipologie di potatura. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio-tardivo. Discretamente tollerante verso oidio e peronospora. Sensibile ai marciumi.
Cabernet franc Predilige terreni collinari, argillosi e argilloso-calcarei. Elevate densità di impianto possono contribuire al controllo del vigore, in modo particolare se associate a forme di allevamento come il cordone speronato. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio. Molto sensibile alla botrite. Particolarmente sensibile al disseccamento del rachide.
Cabernet Sauvignon Vitigno rustico, adattabile alla maggior parte dei suoli viticoli. Predilige terreni poveri con un buon contenuto in scheletro. Sensibile al disseccamento del rachide. Buone le produzioni ottenibili con cordone permanente, in particolare con cordone speronato. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento tardivo. Buona resistenza nei confronti di peronospora, marciume acido e botrite. Sensibile all’oidio. Adatto alla produzione di vini da invecchiamento. Croatina Predilige terreni profondi o moderatamente profondi, franco-argillosi limosi o argillosi, calcarei. Vitigno tardivo. Si adatta alle forme di allevamento espanse tipo Sylvoz e alle controspalliere a Guyot, mentre non produce su cordone speronato. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento medio-tardivo o tardivo. Problemi di disaffinità se innestata su alcuni cloni di 420 A. Molto tollerante verso l’oidio, ma di media sensibilità nei confronti della peronospora. Falanghina Preferisce terreni profondi da medio impasto a sciolti. Predilige sistemi di media espansione, con potatura medio-lunga. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento precoce. Casi di disaffinità nei biotipi “napoletani” se innestata su 420 A. Buona tolleranza alla peronospora e all’oidio. Sensibile al marciume.
Greco Vitigno produttivo, predilige terreni profondi, sciolti, di origine vulcanica e freschi. In terreni derivati dal disfacimento di arenarie e ricchi di carbonato di calcio, il vino prodotto raggiunge una maggiore complessità, armonicità e finezza. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento precoce. Vitigno rustico, si adatta bene alle forme di allevamento a spalliera, sia a tralcio rinnovabile che a cordone speronato. Lagrein Vitigno molto vigoroso, predilige forme di allevamento a pergola e potature lunghe. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento medio-tardivo. Innestato solitamente su portinnesti deboli. Poco sensibile ai marciumi. Può essere soggetto a colatura se si verificano primavere eccessivamente umide.
Colture arboree sarmentose 37 Lambruschi (Sorbara, Grasparossa, Salamino) Lambrusco di Sorbara: adatto a terreni sabbiosi, sciolti, permeabili. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio. Problemi di acinellatura e colatura. Lambrusco Grasparossa e Lambrusco Salamino: adatti per varie tipologie di terreno, anche se prediligono quelli argillosi di medio impasto. Fertilità delle gemme basali media. Germogliamento medio (medio-precoce nel Grasparossa). Idonei alle potature corte. Malvasia di Candia aromatica Predilige terreni collinari, con buona esposizione e fertilità non elevata. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio. Idonea per forme di allevamento di media espansione a potatura medio-corta. Sensibile a peronospora. Mediamente sensibile a oidio e botrite.
Merlot Si adatta a quasi tutti i terreni. Vitigno precoce. Buoni risultati con sistemi di impianto ad alta densità. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio. Teme i terreni eccessivamente soleggiati. Sensibile alla peronospora sul grappolo, alla muffa grigia e al marciume acido. Resistente all’oidio. Sopporta abbastanza la siccità.
Montepulciano Preferisce terreni di medio impasto, profondi e ben esposti, clima tendenzialmente caldo e asciutto. Fertilità delle gemme basali: medio-bassa. Germogliamento medio-tardivo. Si adatta molto bene alle forme di allevamento compatte a spalliera, come per esempio cordone e Guyot, con potatura medio-corta.
Moscato bianco Predilige terreni marnoso-calcarei, non eccessivamente argillosi e umidi, profondi, con clima asciutto e ventilato. Fertilità delle gemme basali: mediobassa. Germogliamento precoce. Idoneo a forme di allevamento non troppo espanse, compatte, con potatura lunga e a tralcio rinnovabile. Sensibile alla peronospora e al mal dell’esca. Molto sensibile a oidio, muffa grigia e marciume acido. Negroamaro Idoneo a terreni sciolti, tufacei. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento medio. Le produzioni migliori si ottengono con potature corte e con forme di allevamento ridotte, come alberello modificato, con densità di impianto medio-alte. È abbastanza sensibile alla peronospora.
Picolit Idoneo a molteplici tipologie di terreno e clima. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento precoce. Si presta a forme di allevamento a spalliera con potatura media o medio-lunga. A causa della sterilità del polline le produzioni sono limitate, per cui necessita di consociazioni con varietà che fungano da impollinatrici.
Capitolo 4
38 Produzioni Vegetali Arboree Pinot bianco Vitigno di buon vigore produttivo. Predilige terreni collinari tendenzialmente leggeri, permeabili. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Non sopporta contenuti elevati di calcare attivo. Sensibile alla muffa grigia. Si adatta molto bene a potature corte e a forme di allevamento ad alta densità.
Pinot grigio Si adatta a diversi terreni, purché non umidi ed eccessivamente clorosanti e preferisce climi temperati, non troppo caldi, e buone esposizioni. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Grappolo eccessivamente serrato e buccia sottile. Molto sensibile alla muffa grigia e al marciume acido, oltre che a oidio e peronospora. Piuttosto sensibile alla clorosi ferrica. Pinot nero Soggetto talvolta a colatura. Predilige terreni collinari, freschi di media o scarsa fertilità. Gradisce climi con buona escursione termica, soprattutto durante la maturazione. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Produce bene su forme di allevamento espanse, tipo Casarsa, buoni risultati si ottengono anche su Guyot e cordone speronato ad alte densità. Elevata sensibilità alla botrite, marciume acido ed escoriosi. Sensibile all’odio. Mediamente sensibile alla peronospora. Tollerante al mal dell’esca. Primitivo Si adatta a terreni di medio impasto tendenti allo sciolto, profondi. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento precoce. Ottimi risultati si ottengono con forme di allevamento compatte e libere in volume (alberello) o in parete (cordone speronato). Scarsa resistenza al marciume. Risente delle brinate primaverili data la precocità di germogliamento. Poco tollerante verso oidio e peronospora. Se innestato su SO4 potrebbe manifestare problemi di disaffinità. Prosecco e Prosecco lungo Prediligono terreni collinari, non troppo asciutti, areali senza ritorni di freddo in primavera. Fertilità delle gemme basali: medio-bassa. Germogliamento precoce. Adatto a forme di allevamento a controspalliera con potature lunghe. Richiedono potature estive. Scarsa sensibilità al marciume acido. Sensibile a oidio e peronospora. Sensibile a colatura e acinellatura. Poco resistente alle brinate primaverili e alla siccità estiva. Refosco dal peduncolo rosso Predilige terreni argilloso-calcarei, dotati di abbondante scheletro. Fertilità delle gemme basali: media. Germogliamento precoce. Idoneo a sistemi di allevamento a controspalliera con potatura lunga. Mediamente sensibile a peronospora e oidio. Buona resistenza verso clorosi, freddi invernali e siccità.
Sangiovese Predilige terreni tendenzialmente siccitosi. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Idoneo per alte densità di impianto associate al cordone speronato. Media sensibilità a peronospora. Sensibile a oidio e marciume. Teme la muffa grigia, in modo particolare nei cloni a grappolo molto compatto.
Colture arboree sarmentose 39 Sirah Ottimi risultati si ottengono in terreni poveri, ma non superficiali. Gradisce climi caldi e asciutti. Fertilità delle gemme basali: alta. Germogliamento medio-precoce. Idoneo a forme di allevamento compatte, per esempio cordone speronato a elevata densità di impianto.
Teroldego Predilige terreni leggeri e permeabili. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento medio. Richiede potature lunghe, considerata la bassa fertilità basale delle gemme. Modesta sensibilità nei confronti di peronospora e oidio. Sensibile al marciume acido.
Tocai friulano Predilige terreni calcarei, di media fertilità, non troppo siccitosi. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento medio. Richiede potature medio-lunghe associate a forme di allevamento espanse. Si ottengono discreti risultati anche con forme di allevamento a spalliera (Guyot). Sensibile a peronospora, oidio, botrite e mal dell’esca.
Trebbiano romagnolo Predilige terreni freschi e fertili. Fertilità delle gemme basali: medio-alta. Germogliamento medio. Si adatta a sistemi di allevamento quali Casarsa e GDC con potatura medio-corta. Sensibile a peronospora, botrite, marciume acido, escoriosi. Sensibile alle gelate primaverili.
Trebbiano toscano Ottimi risultati in terreni poco fertili e mediamente profondi. Teme i venti primaverili e la siccità estiva. Fertilità delle gemme basali media. Germogliamento tardivo. Con le forme di allevamento espanse la produzione è eccessiva. Si adatta bene alle alte densità, producendo anche su cordone speronato. Germogliamento tardivo. I cloni a grappolo compatto sono sensibili agli attacchi di botrite. Sensibile al mal dell’esca. Verdicchio Si adatta a qualsiasi terreno a patto che non sia eccessivamente fertile e umido. Fornisce buoni risultati in terreni argillosi e argilloso-calcarei. Fertilità delle gemme basali: bassa. Germogliamento medio-tardivo. Adatto a forme di allevamento a tralcio rinnovabile, si presta inoltre a impianti innovativi a medio-alta densità (4.000-5.000 ceppi/ha). Sensibile alla botrite.
Vermentino Idoneo alla coltivazione in terreni collinari, asciutti, soleggiati. L’allevamento è possibile inoltre in terreni pianeggianti e profondi, dove preferisce forme di allevamento espanse. Fertilità delle gemme basali: medio-alta. Germogliamento medio. Si adatta bene anche a forme di allevamento compatte a potatura corta (alberello). Germogliamento precoce. Sensibile alla peronospora.
Capitolo 4
40 Produzioni Vegetali Arboree Principali varietà di vite (vitigni a uve da tavola) Alphonse Lavallèe Grappolo medio-grande, cilindrico-conico, alato, spargolo. Bacca mediogrande. Polpa mediamente croccante e succosa a sapore semplice, dolce, gradevole. Epoca di germogliamento: media. Epoca di maturazione: mediotardiva. Epoca di germogliamento: media. Epoca di maturazione: mediotardiva. Resistenza ai trasporti: elevata. Si adatta a diverse forme di allevamento purché espanse preferendo il tendone, la pergola e la spalliera anche come cordone speronato. Sensibile all’oidio e all’escoriosi.
Black Magic Grappolo medio-grande, di forma conico-piramidale, a volte alato, spargolo, con peduncolo grosso, medio-lungo, erbaceo-semilegnoso. Bacca mediogrande. Epoca di germogliamento: precoce. Epoca di maturazione: precoce. Resistenza ai trasporti: bassa. Vitigno di media vigoria e buona fertilità basale per cui può essere allevato sia a tendone che a cordone speronato. Sensibile alla colatura e all’acinellatura soprattutto nelle primavere fredde e piovose e in terreni troppo fertili. Ottima la resistenza a peronospora, botrite e oidio. Cardinal Grappolo abbastanza grande, cilindrico-conico, allungato, spargolo, qualche volta alato. Bacca medio-grande, rotonda o sub-rotonda. Polpa croccante, dolce, gradevole. Epoca di germogliamento: medio-precoce. Epoca di maturazione: medio-precoce. Resistenza ai trasporti: discreta. Sensibile a peronospora ed escoriosi. Si adatta sia al tendone sia al cordone speronato. È necessario intervenire con adeguate potature verdi, spollonature e sfogliature per una più uniforme presa di colore. Sensibile a peronospora ed escoriosi. Crimson seedless Grappolo medio, di forma piramidale con acini ben separati. Bacca mediopiccola, ovale, di colore rosso violaceo con polpa dolce croccante. Epoca di germogliamento: media. Epoca di maturazione: tardiva. Resistenza ai trasporti: elevata. Vitigno molto vigoroso; richiede sistemi di allevamento elevati e potatura lunga; ottimo per gli ambienti caldi. Necessita di sfogliatura per avere una maggiore illuminazione e ottenere una migliore colorazione dei grappoli che a volte è carente.
Italia Grappolo grande, conico-piramidale, alato con una o due ali, giustamente spargolo. Bacca grande, ovoidale; polpa croccante e succosa. Epoca di germogliamento: medio-precoce. Epoca di maturazione: medio-tardiva. Resistenza ai trasporti: ottima. I migliori risultati quanti-qualitativi si ottengono con l’allevamento a tendone. La gestione del verde deve essere molto oculata con potature, spollonature e sfogliature eseguite tempestivamente. Sensibile al legno riccio.
Michele Palieri Grappolo grande, cilindrico-piramidale, alato, abbastanza spargolo. Bacca grande, ovale o subovale, mediamente resistente; polpa soda a sapore dolce. Epoca di germogliamento: medio-tardiva. Epoca di maturazione: medio-tardiva. Resistenza ai trasporti: elevata. Esige sistemi di allevamento espansi tipo tendone, pergola, lira. Sono indispensabili oculati interventi a verde di potatura, spollonatura e sfogliatura per uniformare la colorazione del grappolo e formare l’accumulo zuccherino.
Colture arboree sarmentose 41
Moscato d’Amburgo Grappolo medio. Bacca di forma ellittica a sapore delicatamente moscato. Epoca di germogliamento: medio-precoce. Epoca di maturazione: media. Resistenza ai trasporti: discreta. Vitigno a portamento della vegetazione orizzontale e semiricadente per cui necessita di un’attenzione particolare nell’allevamento e nella potatura verde. Predilige terreni mediamente fertili e sistemi di allevamento a spalliera o a pergola. Sensibile all’oidio e alla peronospora.
Regina Grappolo grande, lungo, piramidale o cilindrico, giustamente spargolo, alato con una o due ali. Bacca grande di forma ellittica; polpa croccante, dolce. Epoca di germogliamento: tardiva. Epoca di maturazione: tardiva. Resistenza ai trasporti: elevata. Richiede forme di allevamento espanse e potatura lunga. Sensibile a peronospora, oidio ed escoriosi.
Sultanina Bianca Grappolo medio-grande, piramidale, mediamente compatto. Bacca piccola, uniforme, ovoidale e polpa croccante. Epoca di germogliamento: media. Epoca di maturazione: medio-tardiva. Resistenza ai trasporti: media. Necessita di forme di allevamento espanse con un’elevata carica di gemme. Sono necessari interventi di potatura verde, sfogliatura e spollonatura. Varietà interessante per l’apirenìa e per la rispondenza ai trattamenti con acido gibberellico e all’incisione anulare. Sensibile alla colatura soprattutto in climi temperati e terreni fertili. Victoria Grappolo grande, piramidale, mediamente compatto, di aspetto gradevole. Bacca grossa, cilindrico-ellittica di colore verde-giallo; sapore neutro; polpa croccante con due vinaccioli. Epoca di germogliamento: media. Epoca di maturazione: medio-precoce. Resistenza ai trasporti: elevata. Si adatta a forme di allevamento sia espanse sia contenute, pertanto si può adottare sia il tendone sia la spalliera. È necessario intervenire con spollonatura, potatura a verde e sfogliatura, anche se in misura minore rispetto ad altre varietà.
Capitolo 4
42 Produzioni Vegetali Arboree
3 La fillossera Fitofago Viteus vitifoliae
4.2 Foglia di vite americana fortemente alterata dallo sviluppo di galle.
Classificazione ord. Hemiptera fam. Phylloxeridae
Descrizione Le viti europee coltivate franche di piede vanno incontro a gravi alterazioni radicali, si formano galle nodose sulle radichette e tuberosità sulle radici più vecchie. Tali formazioni si disgregano e l’apparato radicale si riduce notevolmente. Segue un progressivo deperimento della pianta che riduce le produzioni fino a morire. Adulti: forme radicicole dell’afide giallastre (1 mm), le forme epigee sono giallo-verdi (1,2 mm). Piante ospiti e distribuzione Afide di origine americana, giunse in Europa verso la metà del 1850. È strettamente legato alla vite, compie il suo ciclo completo tra radici e foglie solo su viti americane. Le viti europee sono molto sensibili alle punture sulle radici, ma insensibili alle punture sulle foglie, viceversa alcune specie di viti americane sono insensibili alle punture sulle radici e sensibili a quelle sulle foglie.
4.3 Forme epigee di fillossera.
4.4 Colonia di Viteus vitifoliae in galla aperta ad arte.
4.5 Fillossera della vite: galle sulla pagina inferiore di una foglia di vite americana.
Biologia ed epidemiologia Il ciclo completo si realizza solo su specie di vite americane. La fillossera sverna come uovo deposto sul ceppo o sui tralci; a primavera nascono femmine partenogenetiche (fondatrici) che pungono le foglie determinando lo sviluppo di galle, al cui interno nascono nuove femmine partenogenetiche che continuano a vivere sulle foglie producendo nuove galle. Nelle generazioni successive nascono alcune femmine dotate di un lungo rostro che lasciano le foglie migrando sull’apparato radicale, dove inizia una serie di generazioni radicicole. A fine estate sulle radici nascono femmine alate che migrano sulla parte epigea, dove generano maschi e
4.6 Fillossera della vite: galle sulla pagina superiore di una foglia di vite americana.
femmine che si accoppiano e producono le uova svernanti. Danni Su vite europea comporta deperimento delle piante fino a morte. Su viti americane genera galle fogliari che riducono solo parzialmente lo sviluppo della pianta. Difesa Si attua tramite l’innesto delle viti europee su quelle americane. Questa pratica è molto efficace, ma non priva di difetti: • le viti europee hanno radici adattabili ai diversi tipi di suolo, mentre i portinnesti hanno adattabilità e affinità diversificate; • è necessario allestire vivai di portinnesti americani in cui si deve intervenire con trattamenti insetticidi.
Colture arboree sarmentose 43
Capitolo 4
4 Famiglia botanica Actinidiaceae Caratteristiche botaniche
Interesse frutticolo
Le Actinidiacee sono una piccola famiglia di piante di origine tropicale appartenenti, secondo la classificazione Cronquist, all’ordine delle Teales e all’ordine delle Ericales in base alla classificazione filogenetica molecolare APG. Questa famiglia comprende alberi, arbusti o liane rampicanti che si ancorano ai supporti attraverso il fusto che, infatti, nella parte terminale si avvolge come un viticcio. Le foglie sono semplici e alterne, disposte a spirale sui fusti, sono grandi e spesso a forma di cuore, tomentose, con piccioli ispidi e pelosi. Non hanno stipole. I fiori attinomorfi possono essere ermafroditi o unisessuali, riuniti in infiorescenze a cime, pannocchie, o grappoli. Il numero degli stami è piuttosto elevato in tutti i generi, tranne che in Clematoclethra che ha un numero definito di 10 stami. I carpelli si presentano fusi in modo incompleto con gli stigmi distinti e disposti in modo raggiato nel fiore. Da tale disposizione deriva il nome della famiglia (Actinidiaceae) che appunto richiama dal greco la forma “raggiata”. Le piante sono spesso dioiche distinte in piante maschio e piante femmina, ma anche monoiche con i fiori dei due sessi sulla stessa pianta e non mancano specie ermafrodite. Il frutto è rappresentato da una bacca o capsula di dimensione molto variabile, spesso ricoperta da peluria. L’impollinazione è entomofila e, in misura minore anemofila.
Alla famiglia delle Actinidiacee appartiene il genere Actinidia con circa 60 specie, suddiviso in due sezioni: – Stellatae, che comprende l’Actinidia chinensis Pl. (5 A. deliciosa) detta comunemente kiwi; – Leiocarpae, comprendente l’Actinidia arguta. Mentre l’Actinidia arguta è ornamentale, l’A. chinensis è un’importante coltura frutticola originaria di una vallata dello Yang-tze cinese e diffusa in Europa a partire da metà del XX secolo.
a b
4.7 (a) Pianta di Actinidia arguta; (b) fiore maschile di Actinidia chinensis.
4.8 Actinidieto con frutti prossimi alla raccolta.
44 Produzioni Vegetali Arboree
5 Il cancro batterico dell’actinidia Batteriosi dell’actinidia PSA (Bacterial canker of kiwifruit) Agente causale Pseudomonas syringae pv. actinidiae Classificazione div. Proteobacteria fam. Pseudomonadaceae
4.9 Il sintomo tipico dell’attacco di PSA è dato dall’emissione di essudati che rappresentano la fase di evasione del patogeno (cortesia SFR – Piemonte).
Biologia ed epidemiologia I dati sulla biologia ed epidemiologia di questo patogeno sono ancora parzialmente lacunosi (anche se sono in corso studi ad esempio sull’interazione tra PSA e pianta ospite, molto interessanti sul piano scientifico e suscettibili di applicazione pratica ai fini di una diagnosi precoce). È tuttavia noto che il patogeno è attivo con temperature comprese tra 10 e 20 °C, mentre sopra i 25 °C praticamente l’infezione si arresta. Gelate e grandinate sono i principali fattori predisponenti all’infezione. La penetrazione nella pianta ospite può realizzarsi attraverso le aperture naturali (stomi, lenticelle, cicatrici del peduncolo dei frutti raccolti) e le ferite (in particolare da potatura). L’infezione può rimanere latente, tuttavia essa è sempre pericolosa in quanto il batterio può colonizzare i tessuti vascolari, oppure, specie in primavera e in autunno, quando usualmente le condizioni climatiche sono caratterizzate da temperature fresche, piogge insistenti ed elevata umidità dell’aria, l’infezione può manifestarsi in forma sintomatica. La diffusione del patogeno a lunga distanza avviene con il materiale infetto, mentre a breve può essere veicolato da pioggia, vento, insetti e altri animali, uomo e attrezzi di lavoro (è stata ipotizzata anche una trasmissione attraverso il polline). Danni Le infezioni che avvengono in primavera-inizio estate causano avvizzimento dei germogli, maculatu-
Descrizione Psudomonas syringae pv. actinidiae (PSA) provoca cancri su gemme, tralci, tronco e anche su ferite da potatura, essudanti un liquido dapprima di color ambrato chiaro poi rossastro (a causa delle ossidazioni a contatto con l’aria) che si deposita sulla corteccia di tronco e rami, mentre sulle foglie appaiono macchie angolari, di color bruno-marrone contornate da un alone giallastro, inoltre, in primavera, si possono avere marcescenze dei bottoni. Rimuovendo la corteccia si può osservare un imbrunimento dei tessuti sottostanti e un arrossamento di quelli corrispondenti alle lenticelle.
Piante ospiti e distribuzione La malattia è stata descritta in Giappone nel 1989. Successivamente presente in Corea, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Cile. Nell’area EPPO è stata rinvenuta inizialmente in centro Italia nel 1992 ma per 15 anni la sua presenza è stata sporadica, poi, a partire dal 2007-08, si è avuta una recrudescenza nel Lazio e una diffusione sia in diverse Regioni italiane sia in Europa, di conseguenza è stata inserita nelle liste di allerta della EPPO. Questa batteriosi colpisce tutte le specie di actinidia e, almeno inizialmente, si erano dimostrate più suscettibili le varietà con frutto a polpa gialla. ra fogliare, imbrunimento e necrosi dei bottoni fiorali e dei fiori, mentre quelle che si realizzano nel periodo autunnale-invernale provocano disseccamenti dei cordoni e anche dei tronchi con comparsa, verso la ripresa vegetativa, di cancri. Nelle piante colpite si può avere avvizzimento dei frutti. La malattia può avere un decorso anche assai rapido e portare la pianta colpita alla morte nel giro di pochi mesi. Difesa Allo stato attuale non esistono rimedi fitosanitari curativi o risolutivi, per cui la linea di difesa principale consiste nella prevenzione. In campo essa si attua innanzitutto attraverso una serie di misure agronomiche: riduzione degli apporti azotati e concimazioni a base di calcio nei terreni carenti di tale elemento; è importante astenersi dalle potature in pre-fioritura; disinfestare con rameici delle ferite da potatura, nonché con gli arnesi di lavoro nel passaggio da una pianta all’altra; evitare le irrigazione sovra chioma, ma preferire quelle a goccia; effettuare impollinazioni di supporto (ciò a causa della particolare vulnerabilità alla malattia delle usuali piante impollinatrici) con polline di sicura provenienza ed eventuale impiego di pronubi (bombi);
Colture arboree sarmentose 45 ridurre l’apporto idrico durante i mesi di luglio e agosto; eliminazione e distruzione col fuoco di piante, e/o loro parti, infette. A tali pratiche vengono associati interventi con agrofarmaci a scopo preventivo/contenitivo, consistenti in trattamenti con prodotti rameici in pre-fioritura; è sconsigliabile l’uso del rame durante il periodo di fioritura perché causa fitossicità sul polline e sugli organi fiorali, mentre in questa fase può trovare impiego eventualmente il Bacillus amyloliquefaciens, benché i dati sperimentali siano ancora incerti. Valido l’impiea
Capitolo 4
go di un promotore delle difese naturali delle piante, acibenzolar-S-metil (conosciuto commercialmente come Bion 50 WG, registrato anche per l’actinidia), che ha fornito risultati soddisfacenti. Dalla fase di allegagione fino alla raccolta normalmente non ricorrono le condizioni per il propagarsi dell’infezione, mentre dopo la potatura invernale a seguito di grandinate è bene trattare sollecitamente con rameici. In Italia, a livello regionale, sono state promosse misure legislative e interventi atti a contrastare la diffusione del cancro batterico dell’actinidia. b
4.10 (a) Cartina che indica la presenza di PSA nelle Regioni italiane al 2011. (b) Effetti sui giovani rametti.
Argirotenia o Eulia (Grape tortrix) Fitofago Argyrotaenia pulchellana
Classificazione ord. Lepidoptera fam.Tortricidae
Descrizione Adulto: piccola farfalla (15 mm apertura alare) con ali anteriori grigio-ocracee e fasce trasversali irregolari più scure. Larve: giallo-verdastre con capo ocra, glabre e lunghe fino a 18 mm a maturità.
Piante ospiti e distribuzione Insetto polifago che può insediarsi su actinidia, vite, pomacee, drupacee, fragola, erbacee e piante ortive.
4.11 Adulto di Argyrotaenia pulchellana.
Biologia ed epidemiologia Questa specie compie di norma tre generazioni all’anno. Sverna allo stadio di pupa in bozzoli biancastri allestiti negli anfratti corticali o tra i residui colturali al piede delle piante.
Nella Pianura Padana i primi adulti compaiono in genere ad aprile e, dopo gli accoppiamenti, ovidepongono sulle foglie o sui rametti. Le larve si nutrono inizialmente sui germogli e poi sui frutti.
46 Produzioni Vegetali Arboree Danni Le larve di questo polifago lepidottero ricamatore erodono superficialmente i frutti deprezzandoli. Difesa Installare, tra fine marzo e inizio aprile, almeno 2 trappole a ferormoni per appezzamento.
Eseguire i trattamenti non appena si verifica il superamento della soglia di 50 adulti catturati per trappola dall’inizio del secondo e del terzo volo. Buoni risultati si ottengono trattando con Bacillus thuringiensis.
ACTINIDIA - ALTRE AVVERSITÀ IDENTIFICAZIONE – Muffa grigia (Grey mould) Botrytis cinerea ord. Ascomycota fam. Sclerotiniaceae Descrizione Colpisce i frutti in conservazione che rammolliscono, mentre la polpa assume un gusto sgradevole e compare muffa all’esterno. Difesa Le infezioni in campo sono rare (annate molto piovose) e interessano anche fiori, germogli e rami. Asportare i rami infetti trattando con rame in autunno per ridurre l’inoculo.
Lesioni basali causate da forti gelate.
IDENTIFICAZIONE – Danni da freddo (Chilling and
freezing injuries) sovente associati a Cancro batterico (Pseudomonas syringae pv. actinidiae) Descrizione I geli invernali determinano lesioni a caule, branche e rami su cui si instaurano colonie batteriche (marcescenza del legno). La pianta in primavera germoglia stentatamente con alterazioni clorotiche delle foglie che appassiscono. Si hanno eventuali ricacci di germogli alla base. Il freddo primaverile tardivo provoca alessature dei getti e caduta dei fiori. Difesa • Agronomica: evitare la coltivazione in zone a rischio gelate; impiegare materiale di propagazione prodotto da vivai autorizzati (art. 19 del D.Lgs 214/2005 e D.M. 7/02/2011); effettuare concimazioni equilibrate e limitare l’uso di fitoregolatori; eseguire potature di arieggiamento della chioma; disinfettare gli attrezzi di potatura (es. benzalconio cloruro) e le superfici di taglio (colle viniliche addizionate con rame); evitare irrigazioni sovrachioma; eliminare le parti infette; distruggere il materiale di potatura o estirpato (incenerimento o interramento profondo in loco o accumulo e trattamento con calce). Proteggere il caule con coperture di paglia, carta, iuta e irrorare il colletto con rameici per bloccare i patogeni e favorire la cicatrizzazione. • Chimica: trattare con prodotti rameici da fine raccolta a inizio ripresa vegetativa.
IDENTIFICAZIONE – Marciume basale delle talee (Crown and root rot): div. Oomycota, Pythium spp. fam. Pythiaceae, Phytophthora spp. fam. Peronosporaceae; div. Ascomycota, Cylindron spp. e Fusarium spp. fam. Nectriaceae, Thielaviopsis spp. fam. Ceratocystidaceae; div. Basidiomycota, Rhizoctonia solani fam. Ceratobasidiaceae Descrizione Le talee, in vivaio o subito dopo il trapianto, manifestano imbrunimenti al colletto con spaccatura dell’epidermide e messa a nudo del legno, accompagnate da avvizzimento e necrosi delle foglie. Difesa Per prevenire il marciume è utile l’impiego di terriccio sterile, la disinfezione del suolo, la solarizzazione e un buon drenaggio. IDENTIFICAZIONE –
Cocciniglia bianca (White peach scale) Pseudaulacaspis pentagona, ord. Hemiptera, fam. Diaspididae Descrizione Questa cocciniglia con le sue punture trofiche deFollicoli femminili di Pseudaulacaspis pentagona. termina deperimento della pianta. Svernano le femmine adulte già fecondate, protette da follicoli cerosi. Difesa Spazzolare il caule e trattare con Buprofezin in estate per colpire le neanidi in migrazione individuando il momento della loro fuoriuscita con osservazioni e cattura dei maschi per mezzo di trappole a ferormoni. L’imenottero afelinide Encarsia berlesei, introdotto dal Giappone in Italia nel 1906, è un valido limitatore naturale di questa cocciniglia.
Colture arboree sarmentose
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Capitolo 4
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 6. I vinaccioli sono contenuti nella parte della bacca denominata: a. epicarpo b. mesocarpo c. endocarpo
1. In Europa la vite occupa una superficie di: a. 7,8 milioni di ettari b. 3,5 milioni di ettari c. 2,7 milioni di ettari 2. Quale tra le seguenti specie appartiene alle viti asiatico-orientali? a Vitis labrusca b Vitis riparia c Vitis amurensis 3. Il germoglio della vite si sviluppa da una gemma inserita su un ramo di 1 anno chiamata: a. ibernante b. mista c. primaria
7. Il sistema più completo di allevamento della vite per la produzione di uva da tavola è: a. tendone a doppio impalco b. cordone speronato c. Sylvoz 8. I fiori dell’actinidia sono riuniti in infiorescenze e si formano all’ascella di quali foglie presenti sui tralci? a. prime 8-12 foglie b. prime 5-8 foglie c. prime 2-5 foglie
4. Nella vite gli organi filamentosi con funzione di aggrappamento sono detti: a. lobi b. lembi c. cirri
9. L’impollinazione nell’actinidia è di tipo: a. entomofilo b. anemofilo c. sia entomofilo che anemofilo
5. Un fiore di vite caratterizzato da ovario sviluppato, stami lunghi ed eretti e polline molto germinabile è definito: a. fiore ermafrodita b. fiore maschile c. fiore femminile
10. Nella potatura verde del kiwi i succhioni vengono tagliati a 20-30 mm quando hanno raggiunto la lunghezza di circa: a. 0,2-0,3 m b. 0,4-0,6 m c. 0,5-1 m
VERO O FALSO 1. Per fertilità potenziale della vite si intende il numero di grappolini presenti nelle gemme V F svernanti 2. La faccia dorsale del seme di vite presenta una depressione centrale detta rafe e un V solco detto calaza
F
3. Un acino è detto spargolo se presenta acini ravvicinati a causa di pedicelli molto lunghi V
F
4. La fioritura della vite avviene allo stadio di V circa 16 foglie
F
5. La fillossera è un rincote nocivo alla Vite europea, le cui radici attaccate da questo insetto, causano disfacimento dei tessuti e V deperimento vegetativo
F
su suolo nel quale siano state realizzate per V qualche anno, colture arboree
7. La densità di piantagione della vite nel sistema a cordone speronato va da 2.200-4.800 V F ceppi/ha 8. L’Actinidia chinensis ha gemme sommerse interamente dalla corteccia e frutti ricoperti V di peli ispidi e persistenti
F
9. La fecondazione dell’actinidia avviene in circa 40-70 ore e può interessare fino a 1.300V F 1.400 ovuli 10. Il metodo irriguo più adatto al kiwi è quello a microjet con erogatori con portata di 60-90 V F litri/ora circa
6. Un vigneto può essere impiantato lungo l’intero arco del periodo primaverile-estivo,
ABBINAMENTI LOGICI 1. Pianta sarmentosa
5. Cirri
A. Cascola fiorale
E. Pianta dioica
2. Branche permanenti vite
6. Colatura
B. Organi aggrappamento
F. Entomofila e anemofila
3. Femminella
7. Actinidia
C. Rampicante
G. Ramo anticipato
4. Agostamento
8. Impollinazione kiwi
D. Lignificazione tralci
H.Tralci o speroni
Griglia
F
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 5 Olivicoltura Approfondimenti 1 Famiglia botanica Oleaceae Caratteristiche botaniche Le Oleacee sono una famiglia di piante collocate dalla classificazione Cronquist nell’ordine Scrophulariales, dalla classificazione APG II nell’ordine Lamiales. A tale famiglia appartengono 27 generi con un numero di specie che, a seconda degli autori, varia da 400 a 900. Queste piante vivono in regioni dal clima temperatocaldo e tropicale e alcune di esse sono componenti tipiche della macchia mediterranea. Si tratta di specie prevalentemente legnose con portamento arboreo, arbustivo e lianoso, ma con caratteristiche botaniche molto diverse tra loro. Solitamente sono sempreverdi, con foglie dal lembo intero, semplici, opposte e prive di stipole, ma alcuni generi (Jasminum, Fraxinus) hanno per lo più foglie composte. I fiori attinomorfi, ermafroditi o, raramente, unisessuali (nel genere Fraxinus) sono poco appariscenti e
5.1 Fiore di Jasminum.
sono portati solitari o riuniti in infiorescenze definite (grappoli ascellari o terminali). Hanno calice gamosepalo piuttosto ridotto, con quattro sepali disposti a croce, saldati alla base e corolla gamopetala con quattro petali. Fanno eccezione il genere Fraxinus, che ha corolla dialipetala con elementi disposti diagonalmente rispetto ai sepali, e il genere Jasminum, che ha una corolla di 5 pezzi. Di norma l’androceo è formato da due soli stami epicorollini e il gineceo da due carpelli riuniti in un ovario supero (gineceo bicarpellare sincarpico). La formula fiorale più ricorrente è:
Olivicoltura L’impollinazione è entomogama o anemogama. Il frutto è diverso a seconda dei generi: può essere una drupa (in Olea), una samara (in Fraxinus), una bacca (in Jasminum) o una capsula (in Forsythia). A differenza della grande varietà che si verifica nell’aspetto dei frutti, il numero dei semi si mostra costante, in genere 2, anche se spesso nelle olive ve ne è uno solo a causa dell’aborto sistematico del secondo seme. Le Oleacee che costituiscono la flora spontanea italiana sono diverse, come alcuni arbusti Olea europaea ssp. Oleaster, Phillyrea latifolia e P. angustifolia, essenze caratteristiche della macchia termofila mediterranea, e alberi come il Fraxinus ornus, pianta dei boschi mediterranei e submediterranei e il F. oxycarpa, pianta tipica dei boschi ripali.
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Capitolo 5
verde originaria del bacino del Mediterraneo coltivata da millenni per la produzione di olio, olive e legno. Nelle boscaglie della fascia mediterranea più calda (fascia termomediterranea detta dell’Oleo-Ceratonion, dell’olivastro e del carrubo), questa famiglia è presente con forme selvatiche o inselvatichite (oleastro, olivastro). Anche il frassino (Fraxinus ornus), nei tempi passati, è stato coltivato per l’estrazione della manna, di uso officinale, soprattutto in Sicilia, nell’area delle Madonie; mentre il genere Jasminum riunisce diverse specie sarmentose coltivate come ornamento, dette gelsomini. Una nota pianta ornamentale è anche il lillà (Syringa vulgaris), piccolo albero apprezzato per le sue infiorescenze.
Interesse commerciale Fra le Oleacee di interesse economico si annovera anzitutto l’ulivo, Olea europaea ssp. sativa, pianta sempre-
5.2 Drupe e foglie di Olea europaea.
5.3 Manna secreta da albero di Fraxinus ornus.
2 Olio extravergine di oliva: disciplinare di qualità Per comprendere il concetto di qualità dell’olio è necessario considerare tre aspetti fondamentali: qualità merceologica, qualità nutrizionale e qualità sensoriale.
Qualità merceologica Fa riferimento alla classificazione commerciale di oli ottenuti soltanto da olive, con esclusione cioè della presenza di altri oli ottenuti da semi o altri frutti oleosi. Il Regolamento UE n. 61/2011 classifica gli oli in otto classi merceologiche (di cui quattro utilizzabili al consumo) definite da numerosi parametri analitici di valutazione: qualità, genuinità e purezza e dall’esame organolettico (panel test). Da qualsiasi varietà coltivata e in qualunque zona di produzione è possibile ottenere un olio con carat-
teristiche chimiche e sensoriali interessanti. Ma un elevato livello qualitativo e l’esaltazione dei caratteri di tipicità sono possibili solo in seguito alla corretta esecuzione di tutte le fasi della filiera produttiva sia in campo agronomico sia tecnologico. In frantoio, ad esempio, si può estrarre un olio appartenente al gruppo degli oli vergini, ma ciò non significa che quell’olio risponda ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria per essere classificato nella classe merceologica dell’olio extravergine di oliva. Ci sono inoltre numerosi parametri chimici utili alla classificazione degli oli: alcuni servono a verificare il livello qualitativo del prodotto ottenuto, altri a verificare la presenza di frodi e sofisticazioni.
50 Produzioni Vegetali Arboree Qualità nutrizionale È fortemente legata alla composizione dell’olio da olive. In particolare, all’elevata concentrazione in acidi grassi monoinsaturi (acido oleico), molto importante per la riduzione della colesterolemia e per la prevenzione di malattie del sistema cardio-vascolare e al contenuto in antiossidanti naturali che svolgono un’azione preventiva contro i processi infiammatori, i problemi cardio-vascolari, la cancerogenesi, l’invecchiamento precoce.
Qualità sensoriale Fa riferimento alla valutazione delle caratteristiche dell’olio in base agli organi di senso (olfatto e gusto). A corredo delle analisi chimiche, infatti, è fondamentale e obbligatorio l’esame organolettico dell’olio (analisi sensoriale), affidato ad una specifica commissione chiamata panel, che opera in base a precise regole definite dalla normativa vigente in materia (Regolamento CEE n. 2568/1991).
Olio extravergine (EVO) e vergine di oliva L’olio extravergine è estratto dalla prima spremitura delle olive con mezzi meccanici o fisici a freddo, a temperature che non devono essere superiori ai 27 °C, tali da non determinare nessun tipo di alterazione del prodotto. In sintesi le fasi di lavorazione sono: le drupe vengono sottoposte a lavaggio, divisione dalle foglie, molitura, centrifugazione ed eventualmente filtrazione. In ogni caso, è bene sottolineare che il Regolamento europeo n. 2568/1991 ha stabilito dei precisi standard qualitativi affinché un olio possa essere venduto e ricevere la dicitura di “Olio Extravergine”. Il limite dell’acidità libera è fissato a 0,8 grammi per 100 grammi e al Panel test (esame organolettico) deve risultare privo di difetti e, soprattutto, deve avere note positive di fruttato. Non deve essere cioè inodore, incolore o insapore; il Regolamento CE n. 640/2008 riporta infat-
ti che in mancanza di sapore e odore di fruttato l’olio non può essere commercializzato. Il fruttato è quindi quell’insieme di sensazioni olfattive percepite per via diretta e/o retro nasale, dipendenti dalla varietà delle olive e caratteristiche dell’olio ottenuto da frutti freschi e sani. A seconda dell’intensità, il fruttato può essere “verde” o “maturo”. È verde quando le sensazioni olfattive ricordano quelle dei frutti verdi, raccolti appena prima o durante l’invaiatura. È invece maturo quando le sensazioni olfattive ricordano quelle dei frutti raccolti ad uno stadio di maturazione più avanzato. Un ottimo extravergine non si ottiene per caso, ma dalla sapiente combinazione di una serie di fattori: alcuni di questi (fattori antropici) dipendono dalle scelte dell’agricoltore-imprenditore e del frantoiano. Altri, (fattori naturali), dipendono dalle condizioni climatiche e dal terreno, nonché dalle varietà di olivo impiegate. Anche l’olio di oliva vergine è estratto dalla prima spremitura delle olive e non subisce alcun trattamento, oltre al lavaggio delle olive, alla decantazione, alla centrifugazione e alla filtrazione. La differenza rispetto all’olio extravergine è che l’olio vergine ha un limite massimo di acidità libera di 2 grammi per 100 grammi e al panel test presenta leggeri difetti.
Olio di oliva
L’olio di oliva ha un’origine e una storia più complessa rispetto agli oli di oliva vergini ed extravergini. La sua stessa etichetta, infatti, riporta la dicitura:“composto di olio di oliva raffinato e olio di oliva vergine”. È ottenuto dalla spremitura delle olive di qualità bassa o scadente, tali da non renderlo idoneo al consumo (olio lampante). Possiede, infatti, difetti evidenti, sapore e odore sgradevoli che rendono necessario sottoporlo a un trattamento chimico di raffinazione, a livello industriale, per eliminare questi difetti organolettici. Per questo si parla di olio raffinato (o rettificato), cioè trattato chimicamente con processi di raffinazione quali decolorazione, deodorazione e deacidificazione per correggere o limitarne i difetti di acidità eccessiva, di rancido, di colore e odori sgradevoli. Dopo questi trattamenti l’olio di oliva raffinato viene tagliato (miscelato) con olio di oliva vergine o extravergine. Presenta un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 grammo per 100 grammi. La normativa non stabilisce la percentuale minima di olio vergine o extravergine da miscelare al raffinato: 5.4 Impianto per l’estrazione a freddo di olio extravergine di oliva: l’estrain genere, il taglio medio è dell’ordine del zione inizia in un frangitore nel quale le olive vengono macinate assieme al nocciolo; la pasta di olive ottenuta viene quindi rimescolata (gramolatura) per 5-8%, ma i migliori produttori preferiscomeno di un’ora per favorire la successiva separazione dell’olio che avviene in una no spingersi fino al 30%, utilizzando oli centrifuga che separa istantaneamente la parte solida detta “sansa” dall’acqua extravergini per rendere più gradito al vegetale e dall’olio. palato il prodotto.
Olivicoltura
Classificazione degli oli di oliva Proponiamo di seguito la classificazione degli oli di oliva stabilita dal Regolamento CE n. 1513/2001 OLI DI OLIVA VERGINI Gli oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazione dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura. Detti oli di oliva vergini sono oggetto della classificazione e delle denominazioni seguenti: a) olio extravergine di oliva, olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; b) olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 2 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; c) olio di oliva lampante la cui aci-
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Capitolo 5
dità libera, espressa in acido oleico, è superiore a 2 g per 100 g e/o avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. OLIO DI OLIVA RAFFINATO Ottenuto dalla raffinazione dell’olio di oliva vergine, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. OLIO DI OLIVA - COMPOSTO DI OLI DI OLIVA RAFFINATI E OLI DI OLIVA VERGINI Olio di oliva ottenuto dal taglio di olio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. OLIO DI SANSA DI OLIVA GREGGIO Olio ottenuto dalla sansa d’oliva mediante trattamento con solventi o mediante processi fisici, oppure olio corrispondente all’olio di oliva lampante, fatte salve talune specifiche caratteristiche, escluso l’olio ottenuto attraverso la riesterificazione e le miscele con oli di altra natura, e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
Il test per la valutazione della qualità di un olio consente di attribuirgli una precisa categoria merceologica e viene effettuato con due modalità: l’analisi chimico-fisica e il panel test (prova di assaggio). Chimicamente si valuta l’acidità, mentre l’analisi organolettica ottenuta attraverso l’assaggio (panel test) va confermata da un team di esperti. Il motivo per cui si associa l’analisi chimica al panel test è che la prima non è in grado di fornire tutte le informazioni sulla qualità di un olio, cosa che invece è possibile attraverso l’esame organolettico. L’analisi sensoriale permette, infatti, di ottenere un giudizio non solo sulla qualità dell’olio, ma consente anche di verificare se le indicazioni fornite dal produttore sono veritiere: gli esperti, infatti, sono in grado di riconoscere all’assaggio da quali cultivar proviene l’olio e se raccolta, lavorazione e stoccaggio sono stati eseguiti correttamente. Il panel test viene eseguito da un gruppo di assaggiatori di olio (da 8 a 12 per minimizzare gli errori). I parametri principali sono: l’olfatto e il gusto. Il colore non è sempre un fattore importante e può trarre in inganno: infatti i campioni di olio vengono spesso presentati in piccoli recipienti blu per non influenzare il giudizio. Per testare correttamente l’olio l’assaggiatore non deve aver fumato da almeno 30 minuti, non deve indossare profumi (capaci di alterare la percezione dei sapori) e deve essere in uno stato psicofisico idoneo. Il massimo di recipienti da testare è 8. Questi si trovano in un contenitore capace di mantenerli a una temperatura costante di 28 °C. Se viene superato questo parametro, l’olio potrebbe presentare sentori falsati.
ANALISI OLFATTIVA E DEGUSTATIVA Per capire la vera differenza tra olio di oliva e olio extravergine, il primo passo del procedimento è aprire il contenitore e avvicinarlo al naso. Dopo la prova olfattiva si passa all’assaggio vero e proprio: l’olio va tenuto in bocca per almeno 30 secondi e deve entrare in contatto con tutte le papille gustative affinché si avverta il retrogusto. Successivamente, l’olio non va non ingerito ma espulso. Per passare al campione successivo l’assaggiatore deve pulirsi la bocca mangiando uno spicchio di mela verde e bere un bicchiere di acqua frizzante. Il giudizio finale viene espresso dal capo panel: il responsabile effettua una media dei pareri raccolti dagli assaggiatori, escludendo quelli troppo discordanti. I risultati in ordine di qualità sono: extravergine, vergine, vergine corrente, vergine lampante. 5.5 Recipienti per effettuare il panel test dell’olio.
Approfondimento
Analisi della qualità dell’olio
52 Produzioni Vegetali Arboree OLIO DI SANSA DI OLIVA RAFFINATO Olio ottenuto dalla raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
OLIO DI SANSA DI OLIVA Olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
Abruzzo
Aprutino Pescarese DOP (Abruzzo) – Colline Teatine DOP (Abruzzo) – Pretuziano delle Colline Teramane DOP (Abruzzo)
Basilicata
Vulture DOP (Basilicata)
Calabria
Alto Crotonese DOP (Calabria) – Bruzio DOP (Calabria) – Lametia DOP (Calabria)
Campania
Cilento DOP (Campania) – Colline Salernitane DOP (Campania) – Irpinia - Colline dell’Ufita DOP (Campania) – Penisola Sorrentina DOP (Campania) – Terre Aurunche DOP (Campania)
Emilia Romagna
Colline di Romagna DOP (Emilia-Romagna) – Brisighella DOP (Emilia-Romagna)
Friuli Venezia Giulia
Tergeste DOP (Friuli Venezia Giulia)
Lazio
Canino DOP (Lazio) – Colline Pontine DOP (Lazio) – Sabina DOP (Lazio) – Tuscia DOP (Lazio)
Liguria
Riviera Ligure DOP (Liguria)
Lombardia
Laghi Lombardi DOP (Lombardia)
Lago di Garda
Garda DOP (Lago di Garda)
Marche
Cartoceto DOP (Marche)
Molise
Molise DOP (Molise)
Puglia
Collina di Brindisi DOP (Puglia) – Dauno DOP (Puglia) – Terra d’Otranto DOP (Puglia) – Terra di Bari DOP (Puglia) – Terre Tarentine DOP (Puglia)
Sardegna
Sardegna DOP (Sardegna)
Sicilia
Monte Etna DOP (Sicilia) – Monti Iblei DOP (Sicilia) – Val di Mazara DOP (Sicilia) Valdemone DOP (Sicilia) – Valle del Belice DOP (Sicilia) – Valli Trapanesi DOP (Sicilia)
Toscana
Chianti Classico DOP (Toscana) – Lucca DOP (Toscana) – Seggiano DOP (Toscana) – Terre di Siena DOP (Toscana) – Toscano I.G.P. (Toscana)
Umbria
Umbria DOP (Umbria)
Veneto
Veneto DOP (Veneto)
5.6 Alcuni oli extravergine di oliva DOP e IGP italiani (portale: https://itolio.it/).
Disciplinare Dop Dauno http://sviluppoagricolo.regione.puglia.it/index.php?page=progetti&opz=display&id=8 Disciplinare olio extravergine “Toscano” http://prodtrad.regione.toscana.it/dopigp_img/10_46.pdf Disciplinare olio extravergine «Marche» https://www.regione.marche.it/Portals/0/Agricoltura/qualita/IGP/Disciplinare%20olio%20Marche.pdf Disciplinare olio extravergine IGP Sicilia http://www.regione.sicilia.it/Agricolturaeforeste/Assessorato/allegati/News2014/disciplinare%20olio%20 IGP%20sicilia%20siglato.pdf Disciplinare olio extravergine ‘RIVIERA LIGURE’ http://www.agriligurianet.it/it/impresa/marchi-e-disciplinari/disciplinari-di-produzione/disciplinare-olio.html Disciplinare olio extravergine ‘ Sardegna DOP http://www.sardegnaagricoltura.it/index.php?xsl=443&s=45303&v=2&c=3592
5.7 Rimandi ad alcuni siti regionali dei disciplinari di produzione.
Olivicoltura
53
Capitolo 5
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. In Italia, la regione maggiore produttrice di olive è: a. Calabria b. Puglia c. Sicilia 2. Nella zona del colletto (tra radici e tronco) sono spesso presenti polloni autoradicanti generati da formazioni nodose chiamate: a. ovoli b. gemme c. branche 3. Le foglie dell’olivo sono portate sul ramo in posizione opposta e sono persistenti fino a: a. 1 anno b. 2 anni c. 3 anni
6. L’olio di semi di palma è caratterizzato da un notevole contenuto di: a. grassi saturi a catena lunga b. acidi grassi a catena media c. grassi saturi a catena corta 7. La talea di moltiplicazione dell’olivo per autoradicazione è prelevata da rami di un anno e ha una lunghezza di: a. 5 cm b. 15 cm c. 25 cm 8. L’olivo ha una larga adattabilità al pH, il cui valore ottimale è compreso tra: a. 4,5-5,6 b. 5,7-6,7 c. 6,8-7,5 9. La forma di allevamento appiattita, costituita da un asse principale e da branche disposte su più palchi (in genere uno o due) è chiamata: a. palmetta b. a globo c. a vaso cespugliato
4. L’infiorescenza dell’olivo è detta: a. drupa b. mignola c. peduncolo 5. Secondo uno studio della FAO, su 396 cultivar di olivo quante sono autosterili? a. 17,2% b. 18,9% c. 63,9%
10. In oliveto, il concime più utilizzato e distribuito più spesso tramite la fertirrigazione è: a. fosforo b. azoto c. potassio
VERO O FALSO 1. Il 45% delle superfici olivate mondiali è dediV cato alla produzione di olive da mensa
F
2. La carie del legno è asportabile tramite l’intervento denominato slupatura
V
F
3. Le gemme ibernanti rimangono tali senza germogliare per vari anni consecutivi
V
F
4. I fiori ermafroditi dell’olivo presentano un gineceo di modeste dimensioni e involuto, mentre il perianzio e l’androceo sono regolari
8. La sostanza ormonale più utilizzata per il trattamento rizogeno delle talee è l’acido inV F dolbutirrico
V
F
5. La sintesi dell’olio avviene nei plastidi e mitocondri del protoplasma delle cellule della polpa
9. La concimazione minerale di fondo va integrata con materiale organico, come ad esemV pio il letame maturo
F
V
F
10. La brucatura è un sistema tradizionale di raccolta delle olive eseguita utilizzando piccoli rastrelli per distaccare i frutti che cadono su reti di plastica, con una resa del lavoro di 10V 15 kg/ora/per persona
F
6. Per gli innesti di olivo si impiegano rami fruttiferi di un anno, di 25-30 cm di lunghezza, dai quali si ricavano marze di circa 4 cm che vengono modellate per essere innestate su un portainnesto
V
7. La lavorazione del terreno va eseguita nell’inverno successivo alla messa a dimora delle piante e, comunque, dopo i lavori di sistemaV F zione
F
ABBINAMENTI LOGICI 1. Infiorescenze
5. Succhioni
A. Dinamometro
E. Penetometro
2. Invaiatura
6. Indice di invaiatura
B. Grado pigmentazione olive
F. Mignole
3. Topping
7. Forza di distacco
C. Taglio orizzontale chioma
4. Polloni
8. Consistenza della polpa
G. Germogli sviluppati dalla ceppaia
Griglia
D. Cambiamento colore drupa H. Germogli sviluppati da gemme latenti
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 6 Colture arboree pomacee Approfondimenti 1 I calendari di raccolta Nel nostro Paese la presenza di frutta sul mercato è praticamente continua e ininterrotta: non solo perché alle nostre latitudini è disponibile un elevato numero di varietà coltivate, ma anche per la presenza di filiere produttive in serra (nazionali o importate dall’estero) e per la presenza di prodotti freschi conservati in atmosfera controllata nelle celle frigorifere. Un discorso a sé stante merita a questo punto la qualità organolettica e nutrizionale della frutta che dipende sia dal tipo di coltura e di provenienza, sia dal tempo di conservazione. Il consiglio dei nutrizionisti è da sempre orientato verso il consumo di prodotti locali (possibilmente a filiera corta), stagionali (quindi sviluppati naturalmente) e non conservati per lunghi periodi in celle frigorifere. In mancanza di prodotti a filiera corta, è sempre consigliabile acquistare un prodotto nazionale; l’Italia vanta infatti una serie di disciplinari produttivi rigorosi e focalizzati sulla tutela del consumatore, mentre altrettanto non si può dire per frutti prodotti in territori extracomunitari. Parallelamente, la scelta di frutta stagionale garantisce un rapporto qualità/prezzo più vantaggioso. Inoltre, al di là delle caratteristiche gustative e aromatiche, anche la qualità nutrizionale (vitamine e antiossidanti) ne trae un discreto vantaggio. Il frutto, infatti, è un’appendice viva della pianta, e trae beneficio in particolar modo della presenza dei raggi solari ultravioletti; pertanto, le coltivazioni in serra non hanno la stessa intensità metabolica di una coltura naturale, e ciò è a tutto svantaggio della composizione nutrizionale del raccolto. Inoltre, è sempre sconsigliabile abusare di frutta tropicale; sia perché non sono attuati disciplinari di coltivazione sulla tutela del consumatore finale (tan-
tomeno se il target produttivo è l’esportazione), sia per l’utilizzo di pesticidi e antiparassitari molto superiore rispetto a quello italiano. Come sapere quindi se la frutta che stiamo acquistando è frutta cresciuta all’aria aperta e non sotto il tendone di una serra? È semplice, bisogna conoscerne la stagionalità! Alcuni frutti coltivati in Italia, in particolare mele e pere, non hanno una stagionalità particolare e possono essere acquistati lungo tutto l’arco dell’anno. In alcuni mesi presentano una qualità migliore perché hanno una maggiore freschezza, nella tabella 6.1 questi mesi sono contrassegnati in arancione. Altri frutti, come banane e ananas, possono essere invece acquistati durante tutto l’arco dell’anno perché sono frutti di importazione che, essendo coltivati in Paesi con climi diversi dal nostro, sono reperibili freschi in qualsiasi mese. Non tutta la frutta tuttavia è disponibile tutto l’anno. Di seguito quindi indichiamo mese per mese quali sono i frutti di stagione, tenendo presente che molto dipende anche dal territorio in cui ci si trova: tra Nord e Sud Italia ci sono infatti differenze climatiche anche considerevoli, per cui un frutto potrebbe essere di stagione in un luogo, ma non in un altro. Per questo motivo, al momento dell’acquisto è sempre bene verificare il luogo di raccolta della frutta che si sta acquistando e che troviamo indicata sull’etichetta o sul cartello del prezzo del prodotto. GENNAIO. Non solo agrumi (arance, mandarini, pompelmi e mandaranci), ma anche kiwi. Mele e pere sono di ottima qualità fino al mese di aprile. FEBBRAIO. È l’unico mese in cui è possibile trovare le mandorle fresche italiane, oltre a tutti i frutti già citati nel mese di gennaio. A febbraio e a marzo, mele, pere e banane hanno una maggiore qualità. Le banane a febbraio e marzo sono migliori.
Colture arboree pomacee
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Capitolo 6
MARZO. Ancora arance, kiwi e mandarini e sono disponibili da questo mese i limoni. Ancora freschezza garantita per mele, banane e pere. APRILE. È il mese in cui si iniziano a trovare le prime fragole fresche e si può approfittare ancora di mele e pere, perché in primavera saranno di qualità leggermente inferiore. Sì a limoni, kiwi e arance. MAGGIO. Ultimo periodo per le arance (che torneranno solo a novembre). Questo è il mese delle ciliegie, mentre le fragole continueranno ad essere disponibili fino ad agosto. Nelle regioni più calde è possibile trovare le prime albicocche e le prime nespole. GIUGNO. In tutta Italia via libera ad albicocche e nespole, ma anche a pesche, prugne, susine e frutti di bosco come mirtilli, bacche di gelso, lamponi e fragoline di bosco. Ancora disponibili le ciliegie e le fragole; si possono trovare anche le amarene fino a luglio. Torna il limone.
Frutto Albicocca Amarena Ananas Anguria Arancia Avocado Banana Caco Castagna Ciliegio Fico Fico d’India Fragola Bacche di gelso Kiwi Lampone Limone Mandarancio Mandorla Mela Melograno Mirtillo Mora Melone Nespola Noce Pera Pesca
6.1 Calendario della stagionalità mensile. In arancione è indicato il periodo in cui la frutta presenta le migliori qualità organolettiche.
Prugna Pompelmo Ribes Susina Uva
gen
feb
mar
6.2 L’etichetta riportata su questa confezione di lamponi indica chiaramente il luogo di provenienza.
apr
mag
giu
lug
ago
set
ott
nov
dic
56 Produzioni Vegetali Arboree LUGLIO. È il mese dell’anguria, che sarà disponibile per due mesi; inoltre possiamo trovare i fichi, le more, i meloni e i ribes. Ancora albicocche, amarene, ciliegie, susine, prugne, pesche, fragole, lamponi e bacche di gelso. Mele e pere tornano a essere di ottima qualità. AGOSTO. È l’ultimo mese per gustare albicocche, anguria, fragole, lamponi e ribes. Sì a fichi, meloni e mirtilli, pesche, prugne e susine. Finalmente arriva l’uva. SETTEMBRE. Mese in cui i frutti estivi iniziano a scarseggiare e a diventare di consistenza farinosa. Meglio quindi scegliere uva e fichi d’India, la cui stagionalità si limita solo a settembre.
OTTOBRE. Iniziano a essere disponibili i frutti tipicamente autunnali: i primi melograni, i cachi e le castagne. Torna anche la nespola. Ultimo mese per gustare al meglio l’uva. NOVEMBRE. Tornano a essere disponibili arance, mandaranci e mandarini. È anche il mese dell’avocado, del kiwi e della noce. Sì ancora a cachi, castagne, limoni, melograni e nespole. DICEMBRE. È il mese in cui troviamo l’ananas di qualità migliore. Ancora disponibili arance, avocadi, cachi, kiwi, agrumi, pompelmi compresi.
2 Le pomacee minori Azzeruolo (Crataegus azarolus), famiglia: Rosaceae È una specie rustica, diffusa nei Paesi del bacino del Mediterraneo, in Asia Minore e Centrale. Di taglia modesta, si propaga agamicamente per innesto; il portainnesto più diffuso è il biancospino. L’azzeruolo è una pianta a crescita lenta che riesce a vegetare su tutti i terreni, anche se preferisce quelli asciutti e di medio impasto, a reazione neutra. La chioma ha forma arrotondata, a volte piramidale, con rami più o meno tomentosi e sporadiche spine. Le foglie sono caduche, alterne sui rami e coriacee, hanno un breve peduncolo e sono dotate di stipole. Nei rami fruttiferi la lamina fogliare è arrotondata alla base, lo-
bata, con 1-3 paia di lobi a seconda della varietà. La pagina superiore della foglia è glabra, lucida, di colore verde-brillante; quella inferiore è, invece, più opaca e vira sul verde pallido-grigiastro. Sopporta il caldo elevato e la siccità. Resiste alle temperature invernali fino a oltre -25 °C. Il frutto è un pomo, di peso variabile tra 2 e 12 g, di sapore dolce e aromatico. Si possono distinguere tre gruppi varietali: azzeruolo giallo, bianco e rosso (spontaneo nei boschi). Il frutto è destinato prevalentemente al consumo fresco o alla trasformazione, ma trova anche impiego in erboristeria per le proprietà antianemiche e oftalmiche grazie all’elevato contenuto di provitamina A.
6.3 Foglie e frutto di azzeruolo.
Colture arboree pomacee
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Capitolo 6
Biancospino (Crataegus monogyna), famiglia Rosaceae Talvolta è un piccolo albero, ma più spesso un arbusto. Presenta fogliame deciduo; cespuglioso, con radice fascicolata; chioma globosa o allungata. L’altezza è compresa generalmente fra 2 e 5 m, ma può raggiungere anche i 12 m. Ha una crescita molto lenta e può vivere sino a 500 anni. Il fusto presenta una corteccia compatta e di colore grigio. Sui rami giovani (brocche) sono presenti spine e su di essi in primavera compaiono le gemme e i fiori. Le foglie caduche, portate da un picciolo scanalato, sono alterne, semplici, di colore verde brillante e lucide nella pagina superiore. I fiori, profumati, di colore bianco o leggermente rosato, sono riuniti in corimbi eretti, semplici o composti, portati da peduncoli villosi. I frutti (in realtà falsi frutti - pomi) sono riuniti in densi grappoli e sono costituiti da piccole drupe con diametro di circa 7-10 mm, di colore rosso e carnoso a maturità. In alcune regioni del Nord Italia, è vietata la messa a dimora di piante di Biancospino, perché è ritenuto un vettore di diffusione del batterio Erwinia amylovora, responsabile della malattia denominata Colpo di fuoco batterico, che colpisce soprattutto i frutteti. Il biancospino trova da tempo spazio in alimentazione: i suoi frutti, vengono utilizzati per preparare infusi e sciroppi, ma anche confetture e liquori. In fitoterapia i fiori, le foglie e la corteccia sono utilizzate per le loro
Nespolo comune (Mespilus germanica L.), famiglia Rosaceae Specie di origine balcanico-caucasica, molto rustica e longeva, viene coltivata a scopo ornamentale o come fruttifero per uso domestico. È un arbusto deciduo, che può raggiungere i 4 m di altezza e produce un frutto (pomo), sferico od ovoidale, con una depressione all’apice, circondata dai cinque sepali allungati e persistenti, di pezzatura variabile da 10 a 80 g. In natura sono presenti molti ecotipi spontanei. In Italia il nespolo comune è molto diffuso allo stato spontaneo, soprattutto nei boschi di latifoglie. Il vivaismo italiano offre astoni sia con denominazioni generiche (ad esempio Nespolo comune) sia con indicazioni varietali specifiche, quali: Grosso di Germania, Mostruoso d’Olanda e Gigante di Castelrainero. Si propaga mediante innesto a spacco, triangolo o gemma dormiente. Numerose sono le specie che possono essere utilizzate come portainnesti: biancospino (il più impiegato), nespolo, cotogno, pero, sorbo degli uccellatori. Sopporta bene le gelate invernali e, grazie alla fioritura tardiva, sfugge alle gelate primaverili, per questo lo ritroviamo anche oltre i 1.000 m di quota. Si adatta a numerosi tipi di suolo, pur prediligendo quelli freschi, ma ben drenati e fertili. I frutti, che maturano in inverno, vanno colti già essiccati, quando il
6.4 Arbusto fiorito di biancospino.
proprietà cardiotoniche, antispasmodiche, ipotensivanti, antiaterosclerotiche. gelo invernale è alla conclusione. A causa dell’elevato contenuto di tannini il frutto, può essere consumato solo dopo l’ammezzimento oppure essere impiegato nella preparazione di confetture, gelatine, salse, bevande alcoliche (brandy, liquori). Nelle pratiche fitoterapiche vengono impiegati i frutti, i noccioli, le foglie e la corteccia. Il nespolo comune ha essenzialmente proprietà astringenti e diuretiche e si presta ad essere utilizzato soprattutto nei casi di problemi intestinali, disturbi allo stomaco, ritenzione idrica, diarrea, afta e piaghe della pelle.
6.5 Foglie e frutti di Nespolo comune.
58 Produzioni Vegetali Arboree Nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica), famiglia Rosaeae
È la più importante tra le pomacee minori, con una produzione annua attorno alle 4.000 t, prevalentemente concentrata in Sicilia. Come specie ornamentale è presente anche nel Nord Italia dove, soprattutto nelle zone costiere, produce abbastanza regolarmente. È un piccolo albero sempreverde, con grandi foglie lanceolate, di consistenza coriacea, a margine seghettato e cotonose nella pagina inferiore. I fiori, ermafroditi e spesso autofertili, sono presenti in numero anche superiore al centinaio, sono riuniti in pannocchie poste all’estremità dei germogli. La fioritura è scalare e avviene tra settembre e dicembre. L’impollinazione è entomofila. La fioritura tardiva è molto utile per le api che, nel tardo autunno, trovano poche piante mellifere da cui attingere nettare e polline. I frutti sono dei pomi di peso compreso tra 30 e 50 g, con 1-5 semi piuttosto voluminosi e pesanti; la resa in polpa risulta, quindi, piuttosto scarsa. I semi non presentano dormienza e germinano assai facilmente. Nei frutteti si preferisce ricorrere all’innesto, prevalentemente a gemma, su franco o su cotogno BA29 o MA. Gli obiettivi del miglioramento genetico sono: precocità di maturazione, elevata pezzatura dei frutti, scarso numero di semi e resistenza ad alcune fisiopatie. Il vivaismo europeo offre numerosissime varietà, tra le quali in Italia si coltivano la Sanfilippara (o Gigante), il Marchetto (o Marturana), il Nespolone di Trabia (o Nostrale) e la Rossa. La potatura di produzione consiste nell’asportazione dei rami misti che hanno già fruttificato, per stimolare il rinnovo vegetativo e privilegiare la produzione sui vigorosi rami misti di 1-2 anni di età.
Sorbo domestico (Sorbus domestica), famiglia Rosaceae Albero deciduo, originario dell’Europa meridionale e orientale, alto fino a 20-25 m, coltivato per il frutto, il legno e come pianta ornamentale. Il falso frutto è un pomo portato in gruppi di 4-10, di 2-3 cm di diametro, commestibile solo dopo l’ammezzimento. Il materiale vivaistico in commercio è molto eterogeneo per caratteristiche morfologiche e qualitative: si distinguono, in base alla forma delle sorbe, cultivar a frutto piriforme o a frutto maliforme, moltiplicate per innesto a doppio spacco inglese o a triangolo. I frutti si utilizzano nella preparazione di sidro, confetture, liquori e salse. Dal punto di vista nutrizionale il frutto del sorbo è una ottima fonte di vitamina C e minerali, tra cui il magnesio, calcio, potassio e zinco. I frutti maturi contengono importanti quantità di zuccheri che nei frutti ammezzati può raggiungere addirittura il 20% del peso totale. Tra gli zuccheri, il più importante è il sorbitolo, adatto a chi soffre di diabete, molto utilizzato nell’industria alimentare. In fitoterapia i frutti trovano impiego per le proprietà diuretiche,
La raccolta è manuale, dall’ultima decade di ottobre a novembre, ma sempre e comunque prima dell’ammezzimento della polpa, che dovrà avvenire in fruttaio. Il Nespolo giapponese possiede proprietà benefiche, non solo nei frutti che sono un’ottima fonte di vitamina A, B e C e hanno buoni contenuti di potassio, fosforo e magnesio, ma anche nelle foglie che contengono sostanze antiossidanti utilizzate per la salute del fegato e contro l’invecchiamento della pelle. La nespola, inoltre, essendo molto ricca di acqua e fibre è un frutto ideale per chi segue una dieta dimagrante: 100 grammi possiedono solo 47 kcal. Una menzione particolare merita il miele di Nespolo del Giappone: si tratta di una produzione di nicchia, prodotta solo in Sicilia dove le coltivazioni sono rigogliose. È un miele disponibile solo in quantità limitate e dipendenti dall’andamento climatico stagionale.
6.7 Foglie e fiori di Nespolo del Giappone.
detergenti, rinfrescanti, astringenti e tonificanti. Il legname ricavato dal Sorbo, compatto e duro, è ricercato per lavori di tornio e di ebanisteria.
6.7 Frutti e foglie di Sorbo domestico.
Colture arboree pomacee
59
Capitolo 6
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. I veri frutti delle pomacee derivano dalla proliferazione di: a. ovuli fecondati b ovario primitivo c. pareti ovariche 2. In Italia, la regione maggiore produttrice di mele è: a. Veneto b. Trentino Alto-Adige c. Emilia-Romagna 3. Il fiore del melo presenta organi sessuali maschili e femminili, inoltre è: a. autosterile b. autoimmune c. autofertile 4. La propagazione gamica del melo è utilizzata prevalentemente nel miglioramento genetico e nella produzione di: a. portinnesti clonali b. portinnesti franchi c. portinnesti autocompatibili 5. Il processo di differenziazione delle gemme del melo avviene: a. a fine maggio b. a metà giugno c. a fine luglio
6. Nella fertilizzazione di fondo del meleto quale dei seguenti concimi non viene utilizzato perché la sua solubilità lo porterebbe a lisciviazione? a. azoto b. fosforo c. potassio 7. Il ramo a frutto del pero lungo 10-30 cm, che presenta una gemma mista apicale e gemme laterali a legno si chiama: a. lamburda b. brindillo c. ramo misto 8. Per il regolare comportamento vegeto-produttivo del pero è molto importante soddisfare il fabbisogno in freddo, pari a circa: a. 400-750 unità di freddo b. 800-1.600 unità di freddo c. 2.000-2.500 unità di freddo 9. La forma di allevamento del pero negli impianti a medioalta densità (1.500-2.500 alberi/ha) è: a. cordone verticale b. fusetto c. Y trasversale 10. Quando il calcare attivo del terreno supera il 5%, il pero innestato su cotogno manifesta spesso fenomeni di: a. colpo di fuoco batterico b. septoriosi c. clorosi ferrica
VERO O FALSO
V
F
2. Il melo è una specie autoincompatibile e la fecondazione deriva dall’impollinazione incrociata fra due varietà intercompatibili
V
F
3. Il sistema di allevamento del melo oggi più adottato è a fila singola
V
F
1. Nella cavità calicina è inserito il peduncolo
4. Nel periodo di scarsa produzione del meleto, per il controllo di impianti troppo vigorosi è efficace la potatura verde, attuata a febbraio
V
F
5. Le somministrazioni idriche vanno sospese almeno due mesi prima della raccolta per non deprezzare il sapore e la serbevolezza dei V F frutti
6. L’indice dell’amido misura il contenuto delle sostanze solubili nel succo di mela ed è espresso in °Brix
V
F
7. Una formazione caratteristica del pero è la zampa di gallo ed è formata dal complesso di borse e lamburde
V
F
8. Le piante innestate su cotogno presentano minore vigoria rispetto a quelle su franco
V
F
9. Attualmente le forme più utilizzate per l’allevamento del pero sono il vaso, la piramide e la palmetta regolare
V
F
10. La raccolta delle pere è ancora oggi completamente manuale
V
F
ABBINAMENTI LOGICI 1.Vero frutto
5. Inerbimento interfila
A. Brevetti
E. Entomofila
2. Falso frutto
6. Concimazione di produzione melo
B. Croccantezza, gusto, succosità
F. Diametro max sezione equatoriale
3. Club varietali
7. Caratteri organolettici
C. Torsolo
G. Fertirrigazione
4. Impollinazione melo
8. Calibro
D. Arricchimento sostanza organica
H. Pomo
Griglia
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 7 Colture arboree drupacee Approfondimenti 1 Famiglia botanica Rosaceae Caratteristiche botaniche Le Rosacee sono piante Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Rosales. Si tratta di una famiglia numerosa che conta oltre 3.000 specie, diffusa principalmente nelle regioni temperate dell’emisfero boreale, che riveste grande importanza economica poiché molte specie sono coltivate come fruttiferi, ornamentali e medicinali. Questa famiglia vanta una notevole varietà di forme, con piante dal portamento arboreo, arbustivo ed erbaceo, ma nonostante la grande differenza morfologica, anche gli studi recenti basati sul DNA sembrano confermare l’origine monofiletica della famiglia. Le foglie sono caduche, dotate di stipole, sparse, semplici in alcune specie, composte in altre. I fiori sono spesso vistosi, solitari o riuniti in infiorescenze di vario tipo, in genere ermafroditi, ciclici o spirociclici. Sono sempre pentameri con 5 (4) sepali, 5 (4-7) petali liberi che talvolta possono anche mancare (nei generi Alchemilla e Salvastrella), 5 (n) stami, n i carpelli formanti un ovario generalmente seminfero, ma talvolta anche infero o supero. Tali elementi fiorali (antofilli) sono inseriti su un ricettacolo piano o convesso,oppure nella parte superiore di un ipanzio, struttura a coppa costituita dal ricettacolo e dalle basi dei pezzi fiorali saldate fra loro, all’interno del quale può essere presente un anello nettarifero. Se l’ovario è semplicemente contenuto nell’ipanzio e presenta pareti libere, assume una posizione supera (nelle Prunoidee e nel genere Rosa) e il fiore è perigino; se l’ipanzio si salda sulle pareti dell’ovario che diviene difficilmente accessibile agli insetti impollinatori, assume una posizione infera (nelle Maloidee) e i fiori sono detti ipogini. Di norma, sia l’impollinazione che la fecondazione avvengono
per entomogamia, mentre la disseminazione è di vario tipo. La formula fiorale, in generale, è schematizzata come segue:
Tale formula evidenzia le notevoli differenze all’interno della famiglia. Tali differenze si manifestano nei vari tipi di frutto ed è proprio sulla base della struttura e della posizione del gineceo e dei tipi di frutti che da questo derivano, che la famiglia della Rosacee viene divisa in 6 sottofamiglie, di cui 4 fanno parte della flora italiana: Spiraeoidee, Rosoidee, Prunoidee, Pomoidee.
Classificazione e interesse commerciale Le Spiraeoideae sono piante a portamento generalmente arbustivo. Il loro fiore possiede un ricettacolo quasi piano e un gineceo formato da 5 carpelli, liberi tra loro, contenenti ciascuno da 2 a molti ovuli. In seguito alla fecondazione, gli ovuli danno origine ciascuno a un follicolo che a maturità si apre lungo la sutu-
Colture arboree drupacee ra del carpello. Appartengono a questa sottofamiglia le piante ornamentali del genere Spiraea e le specie erbacee spontanee del genere Filipendula utilizzate come medicinali. Le Rosoidee hanno un portamento arboreo, arbustivo ed erbaceo. I fiori hanno un gineceo (da cui derivano frutti per lo più del tipo achenio), costituito da numerosi carpelli inseriti su un ricettacolo convesso (ovario supero) o racchiusi da un ricettacolo concavo (ovario infero). In seguito alle modificazioni del ricettacolo si possono avere infruttescenze o falsi frutti, per esempio la mora, formata dall’aggregazione di tante piccole drupe presenti nel rovo (Rubus ulmifolius), il lampone (Rubus idaeus) oppure il cinorrodio, falso frutto in cui i veri frutti, gli acheni, rimangono all’interno del ricettacolo ingrossato e carnoso tipico della rosa (genere Rosa). Nella fragola (Fragaria vesca) è il ricettacolo convesso e conico ad assumere consistenza carnosa e colore rosso, mentre i veri frutti (acheni), derivati ciascuno da uno dei numerosi carpelli del gineceo, sono inseriti a spirale sulla superficie. Notevole è anche l’importanza ecologica di questa sottofamiglia ricca di piante spontanee come le potentille (varie specie del genere Potentilla, con foglie pennato- o palmatocomposte, tra cui Potentilla reptans, stolonifera infestante a fiori gialli), la salvastrella (Sanguisorba minor), usata anche come insalata, e le rose spontanee. I roseti selvatici (appartenenti al genere Rosa) sono arbusti che colonizzano fin dalle prime fasi delle successioni, gli incolti, le radure dei boschi e il sottobosco attraverso una propagazione vegetativa per rami radicanti all’apice. I generi Rosa e Rubus comprendono un numero enorme di specie, di difficile identificazione e classificazione poiché fra i due generi (e in altre Rosoidee) è diffusa l’apomissia, un tipo particolare di
7.1 Falso frutto di cinorrodio.
61
Capitolo 7
riproduzione sessuale con formazione dell’embrione in assenza di meiosi e con produzione di semi e frutti senza fecondazione che porta alla genesi di numerose popolazioni con corredi cromosomici identici e caratteri morfologici costanti. Al contrario, le rose attualmente coltivate sono ibridi derivati da incroci tra specie originarie di varie parti del mondo. Le cultivar più antiche come la R. centifolia, la prima rosa coltivata a fiori doppi (la cui presenza è documentata a partire dal V secolo a.C.) deriva dall’incrocio tra rose spontanee europee e specie provenienti dall’Asia Minore e dal Medio Oriente. Le rose moderne (che hanno quasi completamente soppiantato le rose “antiche”) sono state create fin dal 1700 dall’incrocio delle vecchie cultivar con rose provenienti dalla Cina. Le Prunoidee sono piante legnose a portamento arboreo o arbustivo con foglie semplici. I fiori presentano il gineceo costituito da un solo carpello alloggiato in posizione seminifera all’interno del ricettacolo incavato a coppa. Il frutto è rappresentato dalla drupa, che può essere carnosa come nel pesco (Prunus persica) o membranacea come nel mandorlo (Prunus dulcis). Nella flora italiana è presente un unico genere di questa sottofamiglia, il genere Prunus cui appartengono numerose specie coltivate come alberi da frutto. Dal nome del frutto deriva il termine tecnico drupacee, usato in agronomia di per indicare gli alberi da frutto che producono una drupa come Prunus avium (ciliegio dolce), Prunus domestica (susino), Prunus armeniaca (albicocco), Prunus cerasus (ciliegio acido), Prunus persica (pesco), Prunus dulcis (mandorlo, di cui si mangia il seme, estratto dall’endocarpo legnoso). Nelle Prunoidee sono comprese anche specie spontanee non interessanti dal punto di vista frutticolo, ma che rivestono importanti ruoli ecologici come il prugnolo (Prunus spinosa), un arbusto o alberello con
7.2 Esemplare di Filipendula ulmaria.
62 Produzioni Vegetali Arboree rami spinescenti all’apice, caratteristico delle formazioni boschive, che colonizza prati e pascoli abbandonati o che trova impiego come pianta ornamentale (P. laurocerasus, sempreverde usato per le siepi) o come portainnesti (P. cerasifera, P. mahaleb). Le Pomoidee o Maloidee sono specie legnose, dal portamento arboreo o arbustivo, alcune delle quali di grande importanza economica come piante da frutto. I fiori hanno gineceo infero formato da cinque carpelli, con pareti saldate al ricettacolo fiorale che è profondamente incavato a coppa (ipanzio). I carpelli contengono da uno a molti ovuli. Dalla trasformazione e dall’ingrossamento dei tessuti dell’ipanzio deriva, a maturità, un falso frutto (pomo), che contiene all’interno i veri frutti a pareti indurite o cartilaginee. Dal nome del frutto deriva il termine
tecnico di pomacee, usato in agronomia per indicare gli alberi da frutto che producono pomi come il melo (Malus domestica), il pero (Pyrus communis), il cotogno (Cydonia oblonga), il nespolo (Mespilus germanica) e il sorbo domestico (Sorbus domestica). Anche il Nespolo del Giappone (Eryobotrya japonica, a foglie sempreverdi, coriacee e fioritura invernale) appartiene a questa sottofamiglia. Le piante spontanee della sottofamiglia delle Pomoidee rivestono un importante ruolo ecologico in quanto sono componenti dei boschi misti di latifoglie decidue, mentre i biancospini (genere Crataegus) ricolonizzano le colture abbandonate come arbusti del sottobosco, delle siepi e degli arbusteti. Queste piante sono utilizzate in fitoterapia per le loro proprietà medicinali calmanti e toniche del cuore.
a
7.3 (a) Esemplare di Rubus idaeus. (b) Frutti di Prunus domestica. (c) Pianta di Prunus laurocerasus. (d) Frutti di Pyrus. (e) Pianta di Crataegus.
b
d
c
e
63
Colture arboree drupacee
Capitolo 7
2 Il pescheto all’insegna della qualità Per quanto riguarda il pescheto biologico occorre evitare le varietà particolarmente sensibili ad alcune malattie (monilia e bolla in particolare), inoltre non conviene spingere la raccolta oltre il 15-20 agosto per evitare l’insorgere di gravi problemi di difesa fitosanitaria. Concimazione di produzione. Nel pesco in produzione si consigliano i seguenti apporti: • compost 5,0-6,0 t/ha per mantenere il livello di humus nel suolo; • pollina compostata 1,0-1,5 t/ha per eventuali apporti azotati che si rendessero necessari a seconda della vigoria della pianta. Gestione del terreno del pescheto biologico. È uno degli aspetti più importanti da tenere in considerazione in quanto un adeguato stato nutrizionale della pianta è la condizione essenziale per ottenere produzioni di qualità e frutti più resistenti ai fattori biotici. La preoccupazione fondamentale è quella di riportare il tenore di sostanza organica a livelli ottimali e, suc-
cessivamente, di mantenerla a questi livelli. Per fare questo occorre ripristinare le condizioni che permettono di conservare e possibilmente aumentare le riserve di sostanza organica del suolo. Ammendanti: • letame bovino, è sempre il migliore; • letame di fungaia, può essere una buona alternativa al letame bovino se questo è di difficile reperibilità oppure di costo eccessivo; è costituito da balle esauste della coltivazione di funghi commestibili ed è composto normalmente da letame di cavallo, pollina e paglia; • compost, è un prodotto che si ottiene dal compostaggio di sostanze organiche varie; • pollina, è consigliabile utilizzare quella compostata anziché quella disidratata o essiccata; • sangue secco, un eventuale impiego potrebbe essere possibile in fertirrigazione con impianti microirrigui a patto che si riesca a superare il problema della non perfetta solubilità e, quindi, la compatibilità con l’impianto irriguo stesso.
Epoche
Valori di qualità
Valori
di raccolta
soddisfacente
di qualità superiore
IR**
IR**
Durezza (kg/0,5 cm2)
fino al 15 luglio
>= 9,5
>= 10,0
>= 4,5
dal 15 luglio al 31 luglio
>= 10,0
>= 10,5
>= 4,5*
dopo il 31 luglio
>= 10,5
>= 11,0
>= 4,5*
* 5 kg/0,5 cm2 è accettabile se IR>12. ** IR = indice rifrattometrico.
7.4 Parametri di raccolta per le pesche.
a
b
7.5 (a) Frutto di pesca colpito da bolla, un fungo molto dannoso. (b) Pesche colpite da moniliosi.
64 Produzioni Vegetali Arboree
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Gli stami del fiore di pesco hanno antere di colore rossastro e sono presenti in numero variabile: a. da 5 a 10 b. da 10 a 20 c. da 20 a 30
6. La pre-refrigerazione con sistemi ad acqua e ad aria dei frutti di albicocca avviene a una temperatura di: a. – 4-5 °C b. + 4-5 °C c. + 6-8 °C
2. Il portinnesto più utilizzato in Italia (e nell’area mediterranea) per il pesco è: a. GF677 b. P.S B2 c. Sirio
7. La propagazione per innesto a gemma vegetante del susino è, in genere, eseguita: a. a fine maggio-giugno b. a fine giugno-luglio c. a fine luglio-agosto
3. Il rapporto ottimale tra residuo secco rifrattometrico e acidità delle pesche deve essere: a.< 16 b. >16 c. =16 4. Che cosa significa che l’albicocco è una specie proterante? a. i fiori sbocciano prima dell’emissione delle foglie b. i fiori sbocciano dopo l’emissione delle foglie c. i fiori sbocciano contemporaneamente all’emissione delle foglie 5. Per una produzione qualitativa dell’albicoccheto va eseguito il diradamento manuale quanti giorni dopo la fioritura? a. 5-10 giorni b. 10-20 giorni c. 20-30 giorni
8. Quale tra le seguenti è una cultivar europea di susino a maturazione tardiva? a. Shiro b. Fortune c. Emperor 9. Le ciliegie di categoria “Extra” devono avere il seguente calibro minimo: a. 15 mm b. 17 mm c. 20 mm 10. Per l’irrigazione di un mandorleto in piena produzione mediamente sono impiegati a stagione: a. da 900 a 1.500 m3/ha b. da 1.500 a 2.500 m3/ha c. da 2.500 a 3.500 m3/ha
VERO O FALSO 1. Il frutto del pesco è una drupa globosa con mesocarpo tomentoso o glabro V
F
2. La maturazione dei frutti di pesco avviene in modo scalare
V
F
3. I noccioli di pesca per la propagazione per seme si conservano a una temperatura di -2 °C per 5-10 settimane
V
F
4. Il metodo di propagazione più impiegato per l’albicocco è l’innesto a chip budding
V
F
5. Nell’albicoccheto, la pratica dell’inerbimento è diffusa prevalentemente nelle regioni meridionali
V
F
6. Dulcinea è una varietà di albicocca a maturazione tardiva
V
F
7. Le susine cino-giapponesi si distinguono da quelle europee per la buccia molto pruinosa V
8. La potatura invernale del susino è generalmente completata con una potatura verde per rimuovere polloni, succhioni e diradare i V F frutti 9. Nei ceraseti a raccolta meccanica i sesti sono di 5-6 m x 5-7 m e si adotta la forma a V F vaso 10. La raccolta delle mandorle avviene quando la quasi totalità dei frutti è nella fase di deiscenza del mallo; in genere dalla fine di settembre a novembre
V
ABBINAMENTI LOGICI 1. Nocciolo
5. Cancro rameale susino
A. Fusicoccum
E. Prunus avium
2. Peduncolo foglia pesca
6. Ciliegio dolce
B. Prunus cerasus
F. Epicarpo e mesocarpo
3. Polpa fondente pesca
7. Ciliegio acido
C. Endocarpo
G. Due glandule
4. Diradamento manuale albicocche
8. Mallo
D. 1-2 frutti per dardo
H. Melting M
Griglia
F
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
F
Capitolo 8 Colture arboree agrumicole Approfondimenti 1 Famiglia botanica Rutaceae Caratteristiche botaniche “Agrumi” è un termine tecnico che indica le piante coltivate appartenenti alla famiglia delle Rutacee. Questa famiglia comprende circa 1.600 specie di alberi o arbusti sempreverdi originari dell’India e dell’Estremo Oriente. La caratteristica che accomuna tutte le specie è la presenza di ghiandole oleifere contenenti essenze fortemente aromatiche. Le foglie sono spiralate od opposte, senza stipole. I fiori sono ermafroditi con perianzio attinomorfo o, di rado, moderatamente zigomorfi, con peduncolo allargato in un disco basale. Il calice è dialisepalo e la corolla dialipetala, costituiti da 5 sepali e 5 petali. L’androceo è formato da 2 verticilli di 4-5 stami che nel genere Citrus sono disposti in gruppi e con i filamenti saldati lateralmente. Il gineceo è costituito da 5 carpelli (rari 4), in un ovario supero con 5-10 logge. La formula fiorale più ricorrente è:
I frutti possono essere di vario tipo: bacche, drupe o capsule, quello del genere Citrus prende il nome di esperidio ed è costituito da un pericarpo distinto in 3 strati: uno interno (endocarpo) formato dalle logge ovariche (spicchi), nelle quali si trovano cellule vescicolose ripiene di succo acidulo, che circondano i semi, uno intermedio (mesocarpo) di colore chiaro e consistenza spugnosa e uno superficiale (esocarpo), colorato e ricco di ghiandole contenenti oli essenziali. I semi, di colore biancastro e forma ovoidale, contengono in genere più embrioni, di cui uno ha avuto origine dalla fecondazione, mentre gli altri sono apomittici e pertanto con un patrimonio cromosomico identico a quello della pianta madre. L’epoca di fioritura è alquanto variabile: da febbraiomarzo fino all’estate; similmente varia l’epoca di maturazione che va dall’autunno alla primavera dell’anno successivo. Gli agrumi hanno una certa attitudine alla rifiorenza.
Interesse frutticolo La famiglia delle Rutaceae è molto importante dal punto di vista economico poiché gli agrumi (appartenenti al genere Citrus) sono coltivati per i frutti e per l’estrazione degli oli essenziali, usati in profumeria e in medicina. A questo scopo vanno ricordati l’arancio amaro (Citrus aurantium), l’arancio dolce (C. sinensis), il pompelmo (C. maxima), il pompelmo rosa o grape fruit (C. paradisi), il limone (C. limon), il mandarino (C. reticulata), il cedro (C. medica), il bergamotto (C. bergamia). Usata per scopi ornamentali e per la realizzazione di siepi è la Poncirus trifoliata che presenta rami spinosi, foglie trifogliate e frutti simili a piccoli limoni pelosi. Anche il dittamo (Dictamnus albus) è utilizzato come pianta ornamentale e medicinale ma, pur
66 Produzioni Vegetali Arboree essendo spontanea nella nostra flora, attualmente è piuttosto rara. In Italia, infatti, le rutacee spontanee sono rappresentate da poche specie erbacee o suffruticose tra cui vanno ricordate soprattutto quelle del genere Ruta (R. chalepensis, diffusa in ambienti piuttosto aridi).
b
a
8.1 (a) Fiori di arancio. (b) Pianta di dittamo.
2 Trasformazioni industriali della frutta La frutta rappresenta uno dei prodotti più utilizzati dall’industria conserviera e i suoi derivati, dopo un’iniziale diffidenza, riscuotono attualmente un notevole gradimento da parte dei consumatori anche grazie all’applicazione di mild technologies, cioè tecnologie di conservazione o trasformazione degli alimenti conservati che permettono di minimizzare i danni termici, meccanici e ossidativi, oltre alle contaminazioni chimico-biologiche che generalmente accompagnano questi processi. Le conserve vegetali occupano un posto di primo piano nella produzione industriale e nel gradimento dei consumatori tanto che la loro utilizzazione è spesso alternativa a quella del prodotto fresco. Frutta a granelli
Mele, pere, cotogne, ecc.
Frutta a nocciolo
Albicocche, ciliegie, pesche, susine, prugne, ecc.
Frutta a bacche
Fragole, mirtilli, lamponi, ribes, uva, ecc.
Prodotto fresco Ricevimento Stoccaggio Preparazione (lavaggio, cernita, calibratura, pelatura, snocciolatura, detorsolatura, ecc.) Pretrattamento (riduzione delle dimensioni, scottatura, precottura, concentrazione, ecc.) Confezionamento Preriscaldamento
8.2 Classificazione dei frutti in base alla polpa.
8.3 Schema generale di produzione delle conserve vegetali.
Chiusura contenitori Trattamento termico Raffreddamento
Stoccaggio
Distribuzione
Distribuzione
67
Colture arboree agrumicole
assimilare i principi nutritivi della frutta superando la stagionalità di molti prodotti. Non tutte le varietà di una stessa specie di frutto si prestano ugualmente bene per la produzione di succhi, ma certamente la qualità del prodotto trasformato è imprescindibile dalla qualità della materia prima.
La frutta è costituita da acqua, che in alcuni casi supera il 95%, zuccheri semplici, acidi organici e fibre. Il consumo di frutta fresca nella dieta alimentare permette l’assunzione di vitamine e sali minerali e, ad eccezione della frutta oleosa, un basso valore energetico. I succhi di frutta sono molto apprezzati perché, oltre ad avere gradevolezza di gusto, consentono di Frutto
Parte (g)
edibile
Acqua (g)
Proteine (g)
Capitolo 8
Lipidi (g)
Zuccheri (g)
Caroteni (g)
kcal
Vitamina C (mg)
Albicocca
94
83
1
/
9,5
1,31
8
40
Ananas
57
86
0,5
/
11,0
0,09
13
43
Arancia
72
87
0,8
/
8,6
0,2
51
36
Banana
67
76
1,2
0,2
20,9
0,2
8
85
Loto
88
82
0,7
/
15,1
1,06
4
60
Ciliegia
88
86
0,9
/
10,2
0,15
13
42
Cocomero
54
95
0,3
/
3,5
0,2
5
14
Fico
82
82
1,1
/
15,7
0,5
1
63
Fragola
97
90
0,7
0,5
6,9
0,03
38
33
Limone
64
89
0,6
0,4
2,4
/
37
15
Mandarino
70
90
0,4
/
8,1
0,2
26
60
Mela
87
85
0,2
/
12,4
/
2
46
Pera
87
85
0,4
/
10,5
0,1
4
42
Pesca
90
88
0,6
/
8,0
0,76
8
32
Pompelmo
70
91
0,6
/
6,2
/
40
26
Susina
88
85
0,5
/
12,8
0,08
3
50
Uva
88
83
0,5
/
16,8
0,04
4
62
8.4 Composizione di varie specie di frutta. Succo di frutta
Polposo senza polpa limpido
Succo
Prodotto ottenuto dal succo di frutta mediante eliminazione fisica di una parte dell’acqua di costituzione: se il prodotto è destinato al consumo diretto, la concentrazione non deve essere inferiore al 50%
di frutta concentrato
Frutta acidulozuccherina
Frutta acidula
Frutta
Albicocche, ciliegie, fragole, lamponi, mele, pere, pesche, susine, uva, ecc. Arance, bergamotto, cedri, clementine, limoni, mandarini, pompelmi, ecc.
zuccherina
Ananas, banane, cachi, fichi, ecc.
Frutta
Castagne
farinosa
Frutta oleosa
Arachidi, mandorle, noci, nocciole, pinoli, ecc.
8.5 Classificazione bromatologica dei frutti.
Prodotto ottenuto dai frutti con procedimento meccanico, fermentescibile ma non fermentato, avente il colore, l’aroma e il gusto caratteristici del succo dei frutti da cui proviene
Succo
Prodotto in polvere ottenuto mediante procedimento di disidratazione
di frutta disidratato
Nettare di frutta
Succo ricostituito
Con polpa senza polpa
Prodotto non fermentato ma fermentescibile ottenuto mediante aggiunta di acqua e zuccheri al succo di frutta, al succo di frutta concentrato o a una miscela di questi prodotti Prodotto ottenuto mediante l’aggiunta d’acqua al succo di frutta concentrato avente caratteristiche organolettiche e analitiche analoghe a quelle del succo di frutta da cui proviene
8.6 Classificazione dei succhi di frutta.
68 Produzioni Vegetali Arboree Sono numerosi i frutti destinati alla produzione di succhi, ma la tecnologia di preparazione varia a seconda della specie: infatti alcune fasi, facoltative per alcune lavorazioni, sono obbligatorie per altre.
Molti agrumi sono impiegati sia per il consumo diretto che per la trasformazione. Tra gli agrumi di interesse industriale l’arancia e il pompelmo sono quelli destinati prevalentemente alla produzione di succo.
Materia prima
Preparazione
Estrazione
Spremitura
Macinazione
Illimpidimento per via enzimatica o con sostanze flocculanti per succhi limpidi
Omogeneizzazione per succhi torbidi
Stabilizzazione enzimatica
Standardizzazione
Correzione acidità e tenore zuccherino
Conservazione
8.7 Diagramma della preparazione dei succhi di frutta.
Unità
Arancia
Limone
Mandarino
Pompelmo
di misura
Parte edibile
g
72
64
70
70
Acqua
g
87
89
90
91
Proteine
g
0,8
0,6
0,4
0,6
Lipidi
g
/
0,4
/
/
Zuccheri
g
8,6
2,4
8,1
6,2
Caroteni
g
0,2
/
0,2
/
mg
51
37
26
40
36
15
60
26
Vitamina C kcal
8.8 Composizione degli agrumi.
Colture arboree agrumicole Operazioni
Mela
Uva
Macinazione
O
Scottatura Pigiatura
69
Capitolo 8
Pesca Albicocca -
Agrumi
-
Ribes Mirtillo -
-
-
-
O
-
-
O
O
-
-
Diraspatura
-
O
-
-
-
Torchiatura
O
O
O
-
-
Taglio
-
-
-
-
F
Spremitura
-
-
-
O
O
Macerazione enzimatica
F
F
F
-
-
Hot-break
-
F
O
F
-
Snocciolatura eliminazione semi Raffinazione omogeneizzante
-
F
F
O
-
F
-
-
O
O
Chiarificazione
F
F
O
-
-
Centrifugazione
F
F
-
-
O
Disareazione
F
F
F
F
O
Precipitazione tartrati
-
F
-
-
-
Solfitazione
F
F
-
F
F
Filtrazione
O
O
F
-
-
Pastorizzazione
-
-
-
F
F
Zuccheraggio
-
-
-
F
F
Concentrazione
F
F
F
F
F
O = obbligatoria; F = facoltativa.
8.9 Operazioni per ottenere i succhi di frutta.
Il succo di arancia La preparazione dei succhi di agrumi differisce sensibilmente rispetto a quella della frutta polposa in quanto richiede che nel succo siano contenuti tutti i possibili frammenti delle altre parti del frutto. Tra i prodotti trasformati solidi sono
diffuse le confetture e le gelatine di frutta costituite essenzialmente da frutta addizionata di zuccheri, acidi organici e pectine. Le confetture, se ottenute da agrumi, sono denominate marmellate.
Confettura
Prodotto ricavato mescolando, fino a consistenza gelificata, zuccheri con polpa di una o più specie di frutta
Confettura
Prodotto ottenuto dal miscuglio, di consistenza gelificata, di zuccheri e polpa di una o più specie di frutta a esclusione di mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uve, zucche, cetrioli e pomodori
extra
Gelatina
Prodotto ottenuto mescolando, fino alla gelificazione, degli zuccheri e succo e/o estratti acquosi di uno o più specie di frutta
Gelatina
Prodotto ottenuto gelificando sufficientemente una miscela di zuccheri e di succo e/o di estratti acquosi di una o più specie di frutta ad esclusione di mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uve, zucche, cetrioli e pomodori Prodotto ottenuto dal miscuglio gelificato di zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti ottenuti da agrumi: polpa, purea succo, estratti acquosi e scorza
extra
Marmellata Crema
Prodotto ricavato dalla mescolanza, portato a consistenza appropriata, di zuccheri e di purea di marroni
di marroni
8.10 Classificazione delle conserve di frutta.
70 70
Produzioni Vegetali arboree Produzioni Vegetali Arboree Lavaggio Lavaggio
Cernita Cernita
Taglio Taglio Pressatura Pressatura Setacciatura Setacciatura Disaerazione Disaerazione (desoliatura) (desoliatura) Pastorizzazione Pastorizzazione lampo lampo Riempimento Riempimento
Raffreddamento Raffreddamento asettico asettico
Chiusura Chiusura
Rafreddamento Rafreddamento
Riempimento e Riempimento e chiusura asettici chiusura asettici
Magazzinaggio Magazzinaggio T +5 °C °C T= = +5
Concentrazione Concentrazione sotto vuoto sotto vuoto Pastorizzazione Pastorizzazione lampo lampo
Congelamento Congelamento
Riempimento Riempimento
Riempimento Riempimento
Chiusura Chiusura
Chiusura Chiusura
Raffreddamento Raffreddamento
Ulteriore Ulteriore congelamento congelamento
Magazzinaggio Magazzinaggio +0°C°C TT==+0
Magazzinaggio Magazzinaggio = -18 T -18 T= °C°C
8.11 Diagramma per lala produzione produzionedel delsucco succod’arancia. d’arancia. 8.11 Diagramma delle delle fasi fasi operative operative per
8.12 Vari tipi tipi di di frutto frutto dai dai quali quali ottenere 8.12 Vari ottenere succhi succhi didi frutta. frutta.
Colture arboree agrumicole
71
Capitolo 8
La produzione di confetture La produzione di confetture, marmellate e gelatine è attuata, sia a livello artigianale che industriale,
utilizzando elevate quantità di zucchero che vengono concentrate mediante la somministrazione di calore.
Materia prima
Lavaggio e cernita
Denocciolatura e/o pelatura e/o detorsolatura
Cottura Triturazione
Setacciatura
Polpa
Purea
Altre produzioni
Altre produzioni
Semilavorati congelati, pastorizzati o solfitati Zuccheraggio, aggiunta di acidificanti e gelatina
Concentrazione
Raffreddamento
Confezionamento
8.13 Fasi operative di produzione delle confetture di frutta.
72 Produzioni Vegetali Arboree
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Lo strato colorato della buccia che include i cromatofori e le ghiandole oleifere si chiama: a. albedo b. flavedo c. polpa
6. Oggi la forma di allevamento più diffusa per gli agrumi è a globo basso con sesti di impianto: a. 1-3 x 4-5 m b. 3-4 x 5-6 m c. 4-5 x 6-7 m
2. Lo strato della buccia di colore bianco e struttura spugnosa si chiama: a. albedo b. flavedo c. polpa
7. L’arancio Tarocco appartiene alla cultivar: a. frutto biondo ombelicato b. frutto biondo non ombelicato c. frutto pigmentato rosso
3. Nelle clementine precoci il periodo tra allegagione e maturazione del frutto dura: a. 4-5 giorni b. 4-5 settimane c. 4-5 mesi 4. In Italia agli agrumi è normalmente eseguito l’innesto a corona che si effettua in: a. primavera b. estate c. inverno 5. Al di sotto di quale valore percentuale un calo dell’umidità atmosferica durante la fioritura può provocare perdita della produzione? a. 25-35% b. 35-40% c. 40-50%
8. I limoni di colore giallo-sbiadito prodotti dalla cv Femminello tra fine maggio e i primi di giugno sono denominati: a. maiolini b. marzano c. codoni 9. Tra i mandarini la cultivar Avana apirena appartiene al gruppo: a. tangerini b. king c. mandarini mediterranei 10. Il calibro minimo per la commercializzazione delle clementine è: a. 35 mm b. 4,5 cm c. 5,3 cm
VERO O FALSO 1. A livello mondiale il Paese leader nella produzione delle arance è il Brasile
V
F
2. La regione italiana maggiore produttrice di clementine (circa il 65%) è la Sicilia
V
F
3. La classificazione botanica attualmente più seguita per il genere Citrus è quella di Swingle
V
F
4. Tra gli agrumi è facile la fecondazione intergenerica e interspecifica, che può portare alla formazione di ibridi come le clementine, ibrido tra arancio e pompelmo
V
F
5. A ogni carpello del fiore di agrumi corrisponde uno spicchio nel frutto
V
F
6. Nella maggior parte degli agrumi i semi sono poliembrionici, quindi da ogni seme si possono ottenere 10-15 piantine
V
F
7. Gli agrumi iniziano l’accrescimento di radici e germogli a una temperatura esterna superiore a 15,8 °C
V
F
8. Le tendenze attuali prevedono di adottare un sesto d’impianto dinamico con un investimento iniziale di 571-833 piante/ha
V
F
9. In questi ultimi anni, in agrumicoltura si sta affermando la potatura meccanica con tagli che sagomano la chioma ai lati (topping) e in alto (hedging)
V
F
10. L’uso dei diradanti chimici sugli agrumi non è consentito dalla legislazione italiana; per aumentare la pezzatura si possono invece impiegare fitoregolatori o biostimolanti
V
F
ABBINAMENTI LOGICI 1. Genere Citrus
5. Cascola fisiologica
A. Esperidio
E. Zagara
2. Melangolo
6. Tristeza
B. Marciume bruno
F. Giugno
3. Fiore agrumi
7. Allupatura frutti
C. Eucitrus e Papeda
4. Frutto agrumi
8. Mangiato d’agro
G. Arancio amaro commestibile
D. Virus
H. Rumple
Griglia
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 9 Frutticoltura minore e alternativa Approfondimenti 1 Famiglie botaniche dei fruttiferi minori Anacardiacee (Anacardiaceae) Caratteristiche botaniche La famiglia delle Anacardiacee comprende Angiosperme Dicotiledoni, appartenenti all’ordine delle Sapindali, diffuse soprattutto nei climi caldi e, in minor misura, in quelli temperati dell’Europa, dell’Asia orientale e delle Americhe. Fanno parte di tale famiglia 73 generi e circa 850 specie che possono essere caducifoglie o sempreverdi, con portamento arbustivo o di piccolo alberello o erbaceo con fusti ricchi di resine e tannini. Le foglie sono per lo più composte e pennate, ma anche semplici, sprovviste di stipole o con stipole precocemente caduche, generalmente con disposizione opposta o verticillata. Le piante sono ermafrodite monoiche o dioiche con fiori ermafroditi o unisessuali, attinomorfi, ma con lieve tendenza allo zigomorfismo. Il perianzio è costituito da 5 sepali e 5 petali liberi, l’androceo presenta da 5 a 10 stami, mentre l’ovario, supero, formato da 1-3 (5) carpelli, presenta altrettante logge, ciascuna con un ovulo. I fiori sono riuniti in infiorescenze a pannocchia; la formula fiorale è: K 5, C 5, A 5, G (1-3). Il frutto, indeiscente, è generalmente una capsula, ma può essere anche una drupa o un achenio.
in Sicilia sull’Etna, è coltivato il pistacchio (Pistacia vera) per il seme commestibile; il sommacco (Rhus coriaria) era coltivato in passato per ricavarne sostanze tanniche di impiego industriale; il lentisco (Pistacia lentiscus), coltivato in alcune isole della Grecia per estrarne la resina mastice, viene usato in farmacia. In Italia meridionale, il falso pepe (Schinus molle) è usato soprattutto per alberature stradali e come pianta ornamentale in parchi e giardini; mentre nelle regioni mediterranee crescono spontaneamente il lentisco, che caratterizza la macchia termo-xerofila del litorale, e il terebinto (Pistacia terebinthus), legato ai boschi termofili mediterranei.
Interesse frutticolo La maggior parte delle piante di questa famiglia viene coltivata in tutto il mondo, oltre che per i frutti e i semi commestibili, anche per il legno e a scopo ornamentale. Nelle regioni calde è diffusa la coltivazione del mango (Mangifera indica) che fornisce drupe commestibili; mentre nella regione mediterranea, soprattutto
9.1 Formula fiorale delle Anacardiacee.
74 Produzioni Vegetali Arboree
9.3 Pistacia vera.
9.2 Schinus molle.
Ebenacee (Ebenaceae)
La formula fiorale della famiglia è: K (4), C (4), A 4 1 4, G (4). Il frutto è una bacca.
Caratteristiche botaniche La famiglia delle Ebenacee è costituita da piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Ebenales, secondo la classificazione Cronquist e all’ordine delle Ericales secondo il metodo APG II. Fanno parte di questa famiglia circa 320 specie legnose con portamento arboreo e raramente arbustivo, diffuse soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali. Le foglie, semplici e coriacee, presentano margine intero e disposizione a spirale sul tronco. Le piante sono prevalentemente dioiche con fiori unisessuali attinomorfi e a struttura tetramera. Nel fiore, il perianzio è costituito da un calice gamosepalo e una corolla gamopetala. L’androceo è formato generalmente da 2 verticilli di 4 stami ciascuno, ma talvolta è presente 1 solo verticillo, provvisto di molti stami sviluppatisi per sdoppiamento. Il gineceo comprende 4 carpelli riuniti in un ovario supero pluriloculare.
Interesse commerciale Questa famiglia comprende due generi: Diospyros ed Euclea. Al primo appartengono alcune specie di importanza economica come il kaki (Diospyros kaki), coltivato anche in Italia come albero da frutto; il Diospyros ebanum, l’ebano, originario dell’India e dello Sri Lanka, molto usato in falegnameria per il legno assai pregiato assieme ad altre specie affini, come D. melanoxylon, D. ebenaster, D. lotus, conosciuto come falso loto. b
a
c
9.4 (a) Formula fiorale delle Ebenacee. (b) Fiore di Diospyrus lotus. (c) Frutti di Diosyrus kaki.
Frutticoltura minore e alternativa
Ericacee (Ericaceae) Caratteristiche botaniche Le Ericacee sono piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Ericales. Fanno parte di questa famiglia numerose (1.500-2.000) specie diffuse in tutte le latitudini dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa. La loro caratteristica cosmopolita deriva dalla fortunata simbiosi con funghi micorrizici che consente loro di vivere su terreni con scarsa disponibilità di nutrienti (oligotrofici), come quelli a reazione fortemente acida. Il portamento di queste piante è arbustivo e cespuglioso. Le foglie sono semplici, coriacee e sempreverdi, prive di stipole e con lamina ridotta; possono essere aghiformi (dette di tipo ericoide), con tipica struttura xeromorfa, o addirittura trasformate in squame, disposte variamente, a spirale, opposte o in verticilli. I fiori, più o meno penduli, possono essere isolati o riuniti in infiorescenze di vario tipo: spighe, corimbi o grappoli. Ogni fiore è ermafrodita e attinomorfo, anche se in alcune specie del genere Rhododendron si hanno forme lievemente zigomorfe. Il calice ha 5 sepali, spesso liberi e ridotti mentre la corolla, di 5 petali, è gamopetala, attinomorfa, urceolata o campanulata, talvolta persistente. I petali spesso sono completamente saldati a formare un tubo o una coppa (nel genere Calluna). L’androceo è costituito da 8-10 stami con antere talvolta provviste di appendici a forma di speroni o cornetti distribuiti su 2 verticilli di 4-5 stami ciascuno. Il gineceo è formato da 5 (4-10) carpelli, riuniti in un ovario pluricarpellare sincarpico, supero o raramente infero (mirtilli) con uno stilo unico. La formula fiorale più rappresentativa della famiglia è K (5), C (5), A 5 1 5, G (5). Il frutto è una capsula loculicida, una bacca o, più raramente, una drupa. L’impollinazione avviene per entomogamia a opera di alcuni imenotteri. Una classificazione all’interno della famiglia distingue alcune sottofamiglie o sezioni: Ericoidee, hanno ovario supero, corolla persistente e frutto a capsula o a noce (per esempio i generi Erica e Calluna);
75
Capitolo 9
Arbutoidee, presentano ovario supero, corolla caduca, frutto a capsula o a bacca (per esempio il genere Arbutus); Vaccinioidee, con ovario infero, corolla caduca e frutto a bacca (per esempio il genere Vaccinium); Rhododendroidee, con ovario supero, corolla zigomorfa, caduca dopo la fioritura, frutto a capsula (per esempio il genere Rhododendron). Interesse commerciale L’interesse economico per questa famiglia è dovuto sia ad alcune piante utilizzate per i frutti commestibili, sia ad altre piante ornamentali, che a piante da legno. I frutti sono bacche derivate da un ovario infero che si raccolgono da piante spontanee o coltivate come il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), il mirtillo rosso (V. vitis-idaea), specie di alta montagna diffuse sulle Alpi e sull’Appennino centro-settentrionale e il corbezzolo (Arbutus unedo), presente soprattutto nelle regioni meridionali e centrali. Le piante ornamentali coltivate per la bellezza delle ricchissime fioriture sono conosciute con il nome di azalea o rododendro e appartengono a specie e cultivar del genere Rhododendron, mentre quelle appartenenti al genere Erica in passato servivano per fare scope (E. scoparia) e per ricavare, dalla base dei cespi di E. arborea, il pregiato “ciocco di erica” utilizzato per fabbricare pipe. Dal punto di vista agroambientale, questa famiglia ricopre un ruolo di notevole importanza poiché molte Ericacee si comportano da specie indicatrici, mostrando una netta preferenza per i terreni acidi come nel caso dell’Erica arborea che costituisce formazioni boschive submediterranee (querceti) o mesofile con substrati acidi (castagneti), mentre Calluna vulgaris (brugo), a fioritura estivo-autunnale, è la specie dominante delle brughiere, arbusteti che crescono su suoli acidi sciolti tipici della vegetazione atlantica.
a
9.5 (a) Vaccinium myrtillus, bacche. (b) Formula fiorale delle Ericacee.
b
76 Produzioni Vegetali Arboree L’Erica arborea e l’Arbutus unedo (corbezzolo) sono piante caratteristiche delle prime fasi di degradazione della vegetazione mediterranea in seguito a incendio (macchia alta a erica e corbezzolo) e delle fasi successive (macchie basse a erica e cisti).
9.6 Arbutus unedo, frutti e fiori.
Mirtacee (Myrtaceae) Caratteristiche botaniche Le Mirtacee sono una famiglia di piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Myrtales che comprende circa 130 generi con 3.000-5.000 specie originarie delle regioni tropicali e subtropicali dove sono particolarmente diffuse. In Italia sono principalmente presenti i generi Eucalyptus e Myrtus, il primo è originario dell’Oceania e in Italia è diffuso al Centro e al Sud, in particolare, nell’Isola d’Elba; il secondo è una specie spontanea delle regioni mediterranee, comune nella macchia mediterranea. Si tratta di piante sempreverdi e legnose, dal portamento arboreo o arbustivo, ricche di oli aromatici. Contrariamente a quanto accade nelle altre Dicotiledoni, il fusto delle piante di questa famiglia è caratterizzato dal fatto di avere il floema (floema intraxilare), che si forma nella parte interna del cambio e resta incluso nel legno. Le foglie sono persistenti, semplici, opposte le giovani e alterne le vecchie: quelle dell’eucalipto sono di colore verde intenso, possiedono margine intero e forma lanceolata falciforme, mentre quelle del mirto sono ovali-acuminate. In genere, in entrambi i casi sono coriacee e con riserve di sostanze aromatiche a
contenute in lacune del mesofillo. I fiori, molto profumati, sono ermafroditi, solitari o raramente riuniti in gruppi di tre all’ascella delle foglie, come nel genere Eucalyptus. La simmetria fiorale è raggiata, con calice gamosepalo persistente e corolla dialipetala costituita da cinque petali. L’androceo è caratterizzato da ciuffi di stami, detti poliadelfi, saldati tra loro a formare più di due gruppi visibili per i lunghi filamenti bianchi o color panna che in genere sono numerosi. L’ovario infero è suddiviso in 2-5 carpelli saldati con l’asse, ciascuno con un ovulo, e termina con uno stilo semplice. I frutti sono capsule legnose, che si aprono in alto attraverso valve (nel genere Eucalyptus), o bacche arrotondate, nero-bluastre a maturità, sormontate dal calice persistente (in Myrtus communis). I semi sono generalmente senza albume.
Interesse commerciale Le Mirtacee sono coltivate a scopo ornamentale e per l’allestimento di apprestamenti protettivi (frangivento), ma soprattutto per l’uso farmacologico e fitoterapico dell’olio essenziale che viene estratto dalle foglie delle piante del genere Eucalyptus e dalle bacche del genere Myrtus da cui si produce un liquore e un olio essenziale.
b
9.7 (a) Struttura fiorale. (b) Foglie e bacche di Eucalyptus.
9.8 Myrtus communis.
Frutticoltura minore e alternativa
Moracee (Moraceae) Caratteristiche botaniche Le Moracee sono una famiglia di piante che, secondo la classificazione Cronquist, appartengono all’ordine delle Urticales, ma che la classificazione APG ha inserite nell’ordine delle Rosales in base alle affinità filogenetiche. Questa famiglia comprende circa 40 generi e 1.000 specie, diffuse soprattutto nelle zone climatiche tropicali, subtropicali e, in misura minore, nelle zone temperate dove sono presenti piante naturalizzate o coltivate. La famiglia è convenzionalmente suddivisa in 2 sottofamiglie: le Moroidee, a cui appartiene il genere Morus, e le Arctocarpee, cui appartiene il genere Ficus con oltre 700 specie, presente anche nella nostra flora con il fico (Ficus carica). Le piante sono per lo più legnose con habitus arboreo, anche se esistono alcune specie tropicali con portamento arbustivo, erbaceo o lianoso. Le foglie sono spiralate e con stipole concresciute. Le Moracee comprendono piante monoiche o, più spesso, dioiche con fiori unisessuali, attinomorfi, aploclamidati, dotati di perigonio semplice e sepaloide. I tepali e il numero degli stami sono in numero variabile, mentre il gineceo è costituito da 2 carpelli saldati in un ovario, per lo più supero, uniloculare, raramente biloculare. L’impollinazione è entomogama. I fiori sono spesso riuniti in infiorescenze: nella sottofamiglia delle Moroidee, le infiorescenze maschili e femminili sono riunite in amenti; mentre caratteristica delle Arctocarpeae è la particolare infiorescenza, il sicono, di forma sferica o piriforme con i fiori posti nella cavità interna.
77
Capitolo 9
Un’importante differenza fra le due sottofamiglie si nota anche nei frutti, in quanto nelle Moroidee i tepali del perigonio, a maturità, divengono carnosi e avvolgono piccole nucule originando una particolare infruttescenza detta mora; mentre nelle Arctocarpee, dopo la fecondazione, il sicono diviene un’infruttescenza contenente al suo interno piccole nucule che sono i veri frutti.
Interesse commerciale Le Moracee sono quasi tutte laticifere; tra le specie esotiche si annoverano piante di interesse economico come la venezuelana Brosimum galactodendron, albero del latte, il cui latice viene utilizzato come alimento, Castilla elastica e Ficus laticifera, il cui latice è impiegato nella produzione di vari tipi di gomme, e infine Broussonetia papyrifera, originaria dell’Asia orientale, coltivata per l’ottima cellulosa che si ricava dal suo legno. In Italia, le Moracee di particolare interesse economico non sono molte: fra esse le foglie delle due specie di Morus, il gelso bianco (M. alba) e il gelso nero (M. nigra) erano largamente utilizzate in bachicoltura, mentre il fico (Ficus carica) viene coltivato per i frutti commestibili. In Sicilia il fico cresce spontaneamente, soprattutto sulle rupi, sui muri o nella vegetazione ripale dei corsi d’acqua. Coltivate a scopo ornamentale sono Maclura pomifera, Ficus elastica, F. microcarpa, utilizzato per le alberature stradali. Va ricordato anche il Ficus religiosa, chiamato anche “albero della meditazione” o Bo tree, è considerato sacro in India ed è presente in ogni tempio, poiché si dice che Buddha, dopo una settimana di meditazione passata all’ombra della sua chioma, abbia trovato la verità suprema.
9.11 Maclura pomifera, frutto.
9.9 Ficus carica, frutto in sezione.
9.10 Morus nigra, infruttescenze.
78 Produzioni Vegetali Arboree Punicacee (Punicaceae)
Interesse commerciale
Caratteristiche botaniche
L’unica specie presente in Italia è il melograno (Punica granatum), originaria dell’Asia occidentale, coltivata per i frutti commestibili.
Le Punicacee sono una piccola famiglia di piante Angiosperme Dicotiledoni che comprende il solo genere Punica. La classificazione filogenetica APG non la riconosce come famiglia e si limita ad assegnare il genere Punica alla famiglia delle Lythracee, mentre la classificazione Cronquist inserisce la famiglia nell’ordine delle Myrtales, in quanto mostra molte affinità con le Mirtacee, dalle quali differisce soprattutto per la mancanza di tessuti secretori e per la particolare struttura dell’ovario. Al genere Punica appartengono due sole specie dal portamento legnoso con foglie spiralate e stipole rudimentali. I fiori sono ermafroditi e attinomorfi, con un calice cuoioso di 6 sepali e una corolla di altrettanti petali liberi. L’androceo presenta stami molto numerosi e il gineceo molti carpelli che in Punica protopunica sono disposti su un solo verticillo mentre in P. granatum poggiano su 2 o più verticilli. La formula fiorale è: * K (6), C 6, A molti, G molti. Il frutto è una particolare bacca con setti membranosi, denominata balaustio, che contiene numerosi semi avvolti da un arillo succoso. a
9.12 Fiore di Punica granatum.
b
9.13 (a) Formula fiorale delle Punicacee. (b) Punica granatum.
Frutticoltura minore e alternativa
79
Capitolo 9
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Il trapianto del cappero in pieno campo si effettua in primavera, con sesto d’impianto di: a. 2 x 3 m b. 3 x 3 m c. 3 x 4 m
6. Il frutto globoso del melograno, di diametro variabile tra 7 e 15 cm, è denominato: a. drupa b. polidrupa c. balaustio
2. Il cotogno (e le sue selezioni clonali) per le sue caratteristiche è utilizzato come portainnesto di: a. pero b. melo c. pesco
7. I migliori risultati nella coltivazione del mirtillo gigante si ottengono ad altitudini superiori a: a. 300 m b. 700 m c. 1.200 m
3. La seconda fioritura del fico d’India avviene tra la prima decade di settembre e dicembre e i frutti sono detti: a. fioroni b. agostani c. scozzolati 4. In base all’astringenza dei frutti, la cultivar di kaki denominata Hachiya appartiene alla classe: a. CFNA b. CFA c. VFA 5. La resa del lampone è di 0,8-1,0 tonnellate ogni: a. 1.000 m2 di coltivazione b. 800 m2 di coltivazione c. 500 m2 di coltivazione
8. Juglans regia, la sola specie autoctona di noce del continente europeo, appartiene al raggruppamento: a. noci bianchi b. noci grigi c. noci neri 9. La fioritura del pistacchio avviene in quale periodo? a. aprile-maggio b. maggio-giugno c. giugno-luglio 10. I frutti del corbezzolo si impiegano principalmente per la preparazione di: a. distillati alcolici b. confetture c. olio profumato
VERO O FALSO 1. Oltre al frutto, del cappero si consumano V F anche i boccioli fiorali
6. L’ambiente ideale per la coltivazione del ribes è caratterizzato da inverni miti e assenza di gelate primaverili tardive
V
F
7. I fiori maschili del nocciolo sono corti e portati sui rami dell’anno, quelli femminili sono invece pendenti a grappolo (amenti)
V
F
2. Il castagno è una specie dioica ha cioè infiorescenze maschili e femminili distinte in tre tipi diversi di amenti
V
3. Il cotogno è un albero di grandi dimensioni a foglia caduca, che raggiunge i 15 m circa di altezza
V
F
4. Il frutto del kaki se raccolto precocemente risulta astringente a causa dell’elevato contenuto in tannini
8. Il noce è una specie eliofila che richiede ampie distanze di piantagione per una buona V F illuminazione
V
F
5. Le varietà ornamentali di melograno a fiore doppio sono solitamente sterili
9. Una pianta di pistacchio produce mediamente da 2 a 5 kg per pianta di frutto smallato e asciutto
V
F
V
10. Il rovo è un arbusto annuale, molto vigoroso, caratterizzato da una ceppaia perennante e rami annuali
V
F
F
F
ABBINAMENTI LOGICI 1. Erosione genetica
5. Frutto lampone
A. Siconio
E. Cucuncio
2. Frutto cappero
6. Seme del noce
B. Polidrupa
F. Baccello
3. Astaminei
7. Frutto pistacchio
C. Drupa monosperma
G. Rischio estinzione
4. Frutto fico
8. Frutto carrubo
D. Privi di stami
H. Gheriglio
Griglia
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Capitolo 10 Arboricoltura da legno e da ornamento Approfondimenti 1 Famiglie botaniche delle specie forestali ornamentali Aceracee (Aceraceae) Caratteristiche botaniche Le Aceracee sono piante Angiosperme Dicotiledoni che, secondo il sistema Cronquist, costituiscono una famiglia appartenente all’ordine delle Sapindales, ma che la classificazione APG II (2003) non la riconosce come famiglia a sé stante, e le inserisce nella famiglia delle Sapindacee cui sono geneticamente molto vicine. Alle Aceracee appartengono due generi: Dipteronia costituito da due sole specie cinesi e Acer con un centinaio di specie legnose distribuite nelle regioni temperate dell’emisfero boreale.
Le Aceracee hanno portamento prevalentemente arboreo, ma anche arbustivo con foglie decidue, opposte, semplici, palminervie e senza stipole, con lamina lobata, a parte A. negundo che presenta foglie composte imparipennate. I fiori sono piccoli e riuniti in infiorescenze a grappolo. Ciascun fiore è ermafrodita (raramente unisessuale), attinomorfo con calice di 5 sepali e corolla di 5 petali. L’androceo è di 5 (10) stami e il gineceo si presenta con 2 (3-5) carpelli, ciascuno con 2 ovuli, riuniti in un ovario supero sormontato da uno stilo unico. La formula fiorale è: * K 5, C 5, A 5, G (2) L’impollinazione è entomofila, mediante insetti ditteri. Il frutto è una disamara (samara doppia), costituita da 2 samare unite da ali membranacee che cadendo dalla pianta ruotano su se stesse come un’elica e facilitano la disseminazione che è anemocora.
Caratteristiche selvicolturali L’interesse per il genere Acer è dovuto all’utilizzo di molte specie per l’ottimo legno e all’importante impiego ecologico in molti ambienti anche molto diversi fra loro. All’interno della flora spontanea italiana si conoscono l’Acero di monte (Acer pseudo-platanus), l’Acero campestre (Acer campestre), frequente al margine di boschi mesofili e l’Acero d’Ungheria (Acer obtusatum), nei boschi di faggio e di altre essenze montane. In America, A. saccharinum, è utilizzata per estrarre, mediante incisione dei fusti, un liquido zuccherino commestibile.
10.1 Formula fiorale delle Aceracee.
Arboricoltura da legno e da ornamento a
81
Capitolo 10
b
10.2 (a) Foglie e disamare di Acero campestre. (b) Infiorescenze di acero.
Betulacee (Betulaceae) Caratteristiche botaniche Le Betulacee sono una famiglia di piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Fagales, che vivono nelle regioni temperate e fredde di tutti i continenti (Europa, Asia, Nordafrica e nelle due Americhe). Questa famiglia comprende circa 150 specie legnose poco longeve, a crescita rapida, di medie altezze, a portamento sia arbustivo che arboreo. Le foglie sono provviste di stipole caduche e hanno una disposizione spiralata sui rami. I fiori, unisessuali monoici, presentano un perigonio di 6 tepali ridottissimi e sono riuniti in amenti o capolini. a
b
Gli amenti maschili sono lunghi e penduli, in parte concresciuti con una brattea ascellante e portano più frequentemente 6 stami (1-5), quelli femminili corti e rotondeggianti possiedono 1 ovario infero o supero, bicarpellare, con 2 stili. La formula fiorale è: P 3 + 3, A 3 + 3 oppure 2 + 2, G (2) o (2). L’impollinazione è anemogama. I frutti sono nucule contenenti un solo seme, riunite a 2-3 in corrispondenza di una squama lobata che ne favorisce la disseminazione. La famiglia è suddivisa in 2 sottofamiglie: le Betuleae (a cui appartengono i generi Betula e Alnus), caratterizzate dal fatto di possedere fiori femminili nudi e fiori maschili perianziati, nonché frutti separati dalle brattee e dalle bratteole; e le Coryleae (con i generi Corylus, Carpinus e Ostrya), con i fiori femminili perianziati, quelli maschili nudi e i frutti involucrati.
Caratteristiche selvicolturali
10.3 (a) Formula fiorale delle Fagacee. (b) Amento di Betula pendula.
L’intera famiglia riveste un ruolo importante per l’utilizzo selvicolturale della maggior parte delle specie del genere Betula e Carpinus, fra le quali vanno ricordati la betulla (Betula pendula) e la betulla dell’Etna (Betula aetnensis), che colonizza i pendii lavici alle quote più alte, fino al limite della vegetazione arborea; l’ontano (Alnus glutinosa), tipico costituente dei boschi ripali; il carpino nero (Ostrya carpinifo-
82 Produzioni Vegetali Arboree lia), diffuso nei boschi mesofili submontani e montani; e il nocciolo (Corylus avellana), diffusamente coltivato per i semi oleaginosi anche nelle zone montane.
10.4 Foglie e frutti di Corylus avellana.
Fagacee (Fagaceae) Caratteristiche botaniche La famiglia delle Fagacee è costituita da piante Angiosperme Dicotiledoni e appartiene all’ordine delle Fagales. Comprende circa 900 specie provenienti dalle regioni temperate e tropicali dell’Eurasia e dalle Americhe con i generi Castanea, Quercus, Fagus e Nothofagus. Si tratta unicamente di piante legnose con portamento arboreo e arbustivo, legno duro e pesante, ricco di tannini, utilizzati in passato nell’industria conciaria. Le foglie sono disposte sui rami in modo spiralato e sono dotate di piccole foglioline alla base dette stipole caduche. Le piante sono monoiche con fiori unisessuali poco appariscenti, forniti di tepali in numero di 4-7 e riuniti in infiorescenze: quelli maschili in amenti, quelli femminili sono più spesso in infiorescenze ridotte a fascetti di 1-3 fiori. I singoli fiori maschili possiedono stami in numero uguale o doppio rispetto ai pezzi del perigonio, comunque piuttosto variabile, mentre quelli femminili possiedono un ovario infero formato da 3-6 carpelli saldati e fornito di 3-6 stili. La formula fiorale è la seguente: P 3 + 3, A vario, G (3) oppure (6) (ovario infero).
Le piante sono quasi sempre a impollinazione anemofila, ma nel genere Castanea è anche entomofila. Il frutto è una noce provvista di una cupola rivestita da aculei o squame che deriva dal peduncolo infiorescenziale (cupola della ghianda, riccio della castagna). La cupola può avvolgere la noce completamente (per esempio in Castanea e in Fagus) o solo nella parte apicale (per esempio in Quercus). I frutti sono dispersi da uccelli e mammiferi, soprattutto roditori. I semi sono ricchi di riserve cotiledonari, ma privi di endosperma.
Caratteristiche selvicolturali Questa famiglia è di interesse prevalentemente forestale e dipende dall’estensione e dalla diffusione delle foreste in cui le Fagacee sono le essenze dominanti. In Italia vi sono molti boschi di importanza fitogeografica costituiti da specie come il faggio (Fagus sylvatica), che domina i boschi della fascia montana sia sulle Alpi che sugli Appennini (fascia delle faggete o faggete-abetine); mentre le varie specie del genere Quercus caratterizzano diverse fasce pedoclimatiche. In particolare, nelle fasce collinari e di pianura crescono il leccio (Q. ilex) e la quercia sempreverde; nella fascia collinare e sub-mediterranea sono diffusi il cerro
b a
10.5 (a) Formula fiorale delle Fagacee. (b) Fiore di Fagus sylvatica.
Arboricoltura da legno e da ornamento (Q. cerris), la roverella (Q. pubescens) e la rovere (Q. petraea); mentre nelle pianure alluvionali si trova la farnia (Q. robur). In Sardegna e nei Paesi dell’Europa Sud-occidentale (Portogallo, Spagna) riveste una certa importanza la sughera (Q. suber) dalla cui corteccia
10.6 Albero di rovere.
83
Capitolo 10
si estrae il sughero. Il castagno (Castanea sativa) è originario dei boschi misti mesofili delle zone collinari su suoli freschi e acidi, ma viene anche coltivato per l’utilizzazione sia del legno (paline) che delle castagne (castagneti da frutto).
10.7 Tronco di Quercus suber dal quale è stato parzialmente asportato il sughero.
Pinacee (Pinaceae) Caratteristiche botaniche La famiglia delle Pinacee è costituita dalle Gimnosperme più diffuse nel pianeta. Appartengono alla divisione delle Conifere o Coniferophyta, ordine delle Pinales, che comprende 11 generi con 213 specie diffuse in tutti i territori dell’emisfero settentrionale, dalla riva del mare fino al limite estremo della vegetazione arborea. Le piante, solitamente sempreverdi a eccezione dei larici (Larix e Pseudolarix), hanno portamento arboreo e arbustivo con fusto a ramificazione monopodiale e accrescimento secondario. Il legno è omoxilo, cioè formato unicamente da fibrotracheidi tutte uguali, e presenta canali resiniferi.
a
Le foglie sono di due tipi: catafilli, foglie squamose, e nomofilli, foglie aghiformi normali, dette anche aghi, disposte a spirale, inserite su due tipi di rami: i brachiblasti, con internodi brevissimi, e i macroblasti, con internodi più lunghi. La loro disposizione sui rami (fillotassi) costituisce un importante carattere sistematico. Le specie sono monoiche e gli organi di riproduzione sono portati in strutture dette strobili. Quelli maschili, alla base dell’asse fiorale, sono provvisti di foglioline squamiformi al di sopra delle quali si collocano, inseriti a spirale, gli stami formati da un breve peduncolo e da una parte squamiforme, contenente i sacchi pollinici. Gli strobili femminili sono formati da squame copritrici sterili e squame fertili fortemente ispessite sulle quali si trovano 2 ovuli che, dopo la fecondazione, divengono 2 semi forniti di una membrana che funziona da ala. Lo strobilo lignifica originando la pigna che rimane chiusa fino alla maturazione dei semi. Il seme contiene riserve amilacee od oleaginose.
Classificazione b
Le Pinacee sono suddivise in 3 sottofamiglie: a) Pinoidee, con aghi inseriti solo sui brachiblasti (genere Pinus); b) Abietoidee, con aghi inseriti esclusivamente sui macroblasti (generi Abies, Picea, Tsuga, Pseudotsuga); c) Laricoidee, con aghi inseriti sia sui macroblasti che sui brachiblasti (generi Larix, Cedrus).
Caratteristiche selvicolturali 10.8 (a) Aghi di Pinus cembra; (b) pigna di Pinus pinaster.
L’interesse economico per questa famiglia è notevole poiché vi appartengono alcune tra le più importanti e
84 Produzioni Vegetali Arboree utilizzate essenze forestali dell’emisfero boreale dove caratterizzano il bioma taiga ed estese fasce di vegetazione. Al genere Pinus, il più diffuso nella regione mediterranea, appartengono diverse specie come il pino domestico (Pinus pinea) di cui si consumano i semi, detti pinoli, ingredienti di numerose pietanze della cucina mediterranea, il pino marittimo (Pinus pinaster) e il pino d’Aleppo (Pinus halepensis). Le tre specie in Italia sono utilizzate come piante ornamentali e per rimboschimenti in aree con clima mite, mentre altre specie di pino utilizzate per lo stesso scopo sono legate all’ambiente montano, quali il pino nero (Pinus nigra), il pino silvestre (Pinus sylvestris), e il P. mugo con portamento prostrato, esclusivo delle Alpi. Anche il genere Cedrus comprende specie originarie delle regioni montuose mediterranee nonché dell’Asia centrale e orientale. Tra le specie più note si ricordano il cedro del Libano (Cedrus libani), il cedro dell’Atlante (Cedrus atlantica) e il cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara), che vengono coltivate anche in forme glauche, come ornamento di parchi e giardini di grandi dimensioni, trattandosi di alberi molto imponenti.
Le specie appartenenti al genere Abies occupano anch’esse vasti areali: quelli delle regioni mediterranee sono Abies alba, detto abete bianco, distribuito nell’Europa meridionale e orientale (albero molto importante dal punto di vista silvo-colturale, per la buona qualità del suo legname e per l’estrazione della trementina), Abies nebrodensis, del massiccio delle Madonie (Sicilia), Abies cephalonica, della Grecia, Abies pinsapo, delle montagne della Spagna. L’areale compreso tra la Russia e l’Asia orientale è prevalentemente popolato da Abies sibirica, mentre quello delle montagne del Nuovo Messico è occupato da Abies concolor. Con un areale molto vasto, che dall’Italia raggiunge la Siberia, è l’abete rosso, Picea excelsa, mentre nel Nordamerica si trova l’abete Douglas (Pseudotsuga taxifolia), assai utilizzato in falegnameria. Al genere Larix appartengono diverse specie di cui il larice (Larix decidua), una conifera caducifoglia che fornisce ottimo legname e trementina, che sulle Alpi raggiunge il limite superiore della vegetazione arborea.
10.10 Pigna di abete Douglas. 10.9 Abies nebrodensis sul massiccio delle Madonie.
Salicacee (Salicaceae) Caratteristiche botaniche Quella delle Salicacee è una famiglia di Angiosperme Dicotiledoni appartenente all’ordine delle Salicales e, secondo la classificazione Cronquist, comprende solo i generi Salix e Populus, mentre secondo la classificazione filogenetica dell’APG presenta 57 differenti generi. A questa famiglia appartengono per lo più piante legnose distribuite nelle zone temperate dell’emisfero boreale.
Le piante del genere Populus hanno portamento arboreo e raggiungono i 30 m di altezza, quelle del genere Salix hanno portamento sia arboreo (fino a 18 m di altezza) che arbustivo. Le piante hanno foglie decidue, semplici, spiralate, disposte in modo alterno sui rami, provviste di stipole e con pagine colorate in modo differente: la pagina superiore di colore verde scuro, quella inferiore più chiara. I fiori, dioici unisessuali, hanno un perianzio nullo o molto ridotto e sono riuniti in infiorescenze dette
Arboricoltura da legno e da ornamento amenti. In Salix gli amenti maschili sono eretti, di colore giallastro e lunghi 4-5 cm, quelli femminili sono verdastri e corti. In Populus gli amenti sono pendenti, quelli maschili sono lunghi 6-15 cm e sono di colore grigio-rosato, quelli femminili sono più piccoli. Le piante sono dioiche e il numero degli stami presenti nei fiori maschili è variabile, oscillando tra 2 e 8 nel genere Salix e tra 5 e 60 in Populus. I fiori femminili presentano un ovario uniloculare più o meno peduncolato, provvisto di uno stilo breve con diversi stimmi formati da 2 carpelli saldati. La formula fiorale è: P 0, A 2 – 60, G 2. Nei pioppi l’impollinazione avviene esclusivamente per anemogamia, mentre nei salici può essere anche per entomogamia, in quanto gli insetti pronubi sono richiamati dagli amenti eretti con stami a volte vivacemente colorati, dai nettàrii che derivano dalla trasformazione del calice e dal loro profumo. I frutti sono delle capsule loculicide che si aprono liberando molti semi privi di albume, provvisti di un ciuffo di peli che ne facilitano la dispersione anemocora. In natura, nella regione mediterranea sono presenti diverse specie di Salicacee, che si insediano su suoli alluvionali sabbiosi o ghiaiosi costantemente umidi e
85
Capitolo 10
crescono lungo le rive dei corsi d’acqua, dove formano dense formazioni vegetali dette ripisilve. Tali boschi ripali seguono l’andamento dei fiumi e sono caratterizzati dalla dominanza di salice bianco (Salix alba), pioppo nero (Populus nigra) e pioppo bianco (Populus alba) che formano uno strato arboreo di vegetazione forestale “a galleria”, lungo molti chilometri, ma largo pochi metri. Diverse specie di Salicacee vengono coltivate a scopo ornamentale come il salice piangente (Salix babylonica), dal portamento a rami ricadenti, e il pioppo cipressino che, al contrario, ha forma eretta.
Interesse commerciale L’importanza economica delle Salicacee deriva dallo sfruttamento dei prodotti legnosi che si ricavano da alcune specie, soprattutto del genere Populus. Particolarmente interessanti per la loro notevole velocità di crescita sono le coltivazioni nella Pianura Padana di varie cultivar di pioppo canadese (Populus canadensis) da cui si ricava la materia prima (pasta di legno) per l’industria cartiera. Nell’artigianato locale, i rami di alcune specie di salice (Salix viminalis) sono usati per la fabbricazione di canestri, ceste, ecc.
10.12 Infiorescenze maschili di Salix.
10.11 Infiorescenze maschili di Populus tremula.
10.13 Filare di Populus nigra.
Tiliacee (Tiliaceae) Caratteristiche botaniche Le Tiliacee sono una famiglia di piante Angiosperme Dicotiledoni appartenenti all’ordine delle Malvales. Comprende in prevalenza piante legnose originarie delle regioni tropicali o temperate che hanno portamento arboreo, arbustivo o cespuglioso. Le foglie intere o più o meno incise, con stipole caduche, hanno disposizione spiralata sui rami. I fiori, piccoli, profumatissimi e spesso provvisti alla base di una lunga
brattea (nel genere Tilia) sono riuniti in infiorescenze cimose. Ciascuno di essi è per lo più ermafrodita, attinomorfo, con calice e corolla pentameri. L’androceo può essere formato da 2 verticilli di 5 stami ciascuno, oppure da numerosissimi stami liberi o riuniti alla base in 5-10 fascetti (poliadelfi), come avviene nella maggior parte delle specie. Il gineceo comprende 2-5 (talvolta molti) carpelli, saldati in un ovario supero. La formula fiorale è: * K 5, C 5, A 5 1 5 oppure molti, G (2-5).
86 Produzioni Vegetali Arboree L’impollinazione è entomogama. Il frutto è una capsula o una noce. Nella flora italiana sono presenti 2 specie appartenenti al genere Tilia, dette tigli (T. cordata e T. platyphyllos) che occupano i boschi misti e sono impiegate, insieme a molti ibridi, come specie ornamentali di parchi giardini e alberature stradali.
c
a
b
10.14 (a) Schema fiorale delle Tiliacee. (b) Alberatura di tigli ornamentali. (c) Fiore di Tilia.
Ulmacee (Ulmaceae) Caratteristiche botaniche La famiglia delle Ulmacee è costituita da Angiosperme Dicotiledoni e appartiene, secondo la classificazione Cronquist, all’ordine delle Urticales, mentre secondo il sistema APG, all’ordine delle Rosales. Le specie di questa famiglia sono tipiche delle regioni temperate e tropicali e crescono su terreni fertili in boschi misti di latifoglie, dalle pianure fino ai 1.200 m, comprendendo tre generi: Ulmus, tipico delle regioni nordiche e temperate, Celtis diffuso nelle zone temperate e subtropicali, e Zelkova diffuso nei climi temperati. Si tratta di specie legnose con habitus arboreo o arbustivo, decidue e caratterizzate dalla presenza di mucillagini nei tessuti delle foglie e della scorza. Le foglie sono semplici, alterne od opposte, sempre provviste di stipole e caratterizzate dalla base asimmetrica. I fiori con perigonio poco appariscente, formato da piccoli tepali erbacei, sono riuniti in infiorescenze a glomerulo. Generalmente i singoli fiori sono attinomorfi ed ermafroditi con androceo formato da 5 stami e gineceo costituito da ovario, supero e uniloculare, formato da 2 carpelli saldati. La famiglia comprende piante e arbusti. La formula fiorale è la seguente: P 5, A 5, G (2). Il frutto è la samara. In Italia le Ulmacee sono presenti raramente al Sud, mentre in tutto il Centro-Nord
costituiscono importanti specie forestali, quali Ulmus minor e Ulmus glabra, tipiche di boschi mesofili, Celtis australis, il comune bagolaro, assai usato per le alberature stradali.
10.15 Foglie e samare di Ulmus glabra.
10.16 Infiorescenza di Ulmus minor.
87
Arboricoltura da legno e da ornamento
Capitolo 10
2 Il valore economico degli alberi ornamentali Nella pratica estimativa il valore economico di un albero è spesso calcolato in funzione dei prodotti che questo può fornire: legna da ardere, legna da falegnameria, frutti, fibre vegetali, ecc. Nel caso degli alberi ornamentali il problema estimativo è differente perché questi alberi non sono coltivati per la loro produttività, ma per una serie di motivazioni, estremamente varie e di importanza soggettiva, tali da rendere quanto mai difficile la definizione di parametri descrittivi ed estimativi univoci e oggettivi. Il valore economico di un albero ornamentale, pertanto, non dovrebbe essere calcolato solo sulla base di un valore monetario, ma dovrebbe includere anche il suo valore estetico e paesaggistico, il suo valore emotivo e di benessere, il suo valore storico, il valore
indici considerati
C.T.L.A. Method
Hel-
sociale, il valore ecologico e il valore educativo. Per questo motivo esperti arboricoltori di tutto il mondo hanno cercato di elaborare dei metodi e delle formule per tradurre in denaro il valore degli alberi ornamentali; ogni metodo prende in considerazione elementi specifici di valutazione in funzione della necessità e della cultura del Paese in cui è stato elaborato. Ciò che accomuna questi metodi è il fatto che sono tutti di tipo comparativo e si basano sul concetto del “più probabile valore”, data la natura previsionale della valutazione. La tabella seguente riassume alcuni dei metodi più applicati, pubblicati su riviste internazionali e ampiamente utilizzati nei Paesi specifici di riferimento, quindi sufficientemente messi alla prova da poter essere ritenuti veritieri e autorevoli.
S.T.E.M.
Method
Burnley Method Revised
X
X X
liweel
Norma Granada
VAT03 Method
C.A.V.A.T. Method
X
X
X
X
X
X
X
X
X
Metodo Svizzero Modifi-
Metodo tedesco
cato
Dimensioni della pianta
X
Importanza della specie
X
Localizzazione
X
Stato di salute
X
X
Vigore vegetativo
X X
X
Aspetto complessivo
X
X
X
Aspettative di vita
X
X
Condizione sociale
X
X
Inserimento nel contesto
X
X
Special Factors
X
X X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X X
X X
Età
X
Altezza
X
Visibilità
X
Adattamento al clima
X
X
Densità di popolazione
X
Accessibilità al luogo
X
Presenza di eventuali danneggiamenti
X
Distanza da altri alberi
10.17 Metodi per la valutazione del più probabile valore di mercato delle piante ornamentali (Fonte: M. Tugnoli, 2010).
X
X
88 Produzioni Vegetali Arboree Metodo Svizzero Modificato
Vo = (b × c × d × e) - g
Tra i metodi riportati in tabella 10.17, quello più comunemente impiegato è il Metodo Svizzero Modificato. La cui prima stesura si deve all’Unione svizzera dei servizi dei parchi e delle passeggiate, alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso. Il metodo è stato successivamente studiato e leggermente modificato da due autori italiani (Pirani e Fabbri, 1988), sulla base dei risultati ottenuti sulle piante pubbliche del Comune di Milano. Attualmente, il Metodo Svizzero Modificato è il procedimento di stima del valore di un albero ornamentale più impiegato in Italia ed è recepito nel Regolamento comunale del verde di molti comuni. Il Metodo Svizzero Modificato stima il valore economico di un albero secondo la seguente formula:
dove: - b è l’Indice relativo alla specie e alla varietà. Il valore da prendere in considerazione è la decima parte del prezzo di vendita unitario di una pianta di circonferenza 10-12 cm per le latifoglie o 16-18 cm per le conifere (altezza 2,5-3,00 m). - c è l’Indice secondo il valore estetico, lo stato fitosanitario e la posizione sociale. L’attribuzione dell’indice relativo a ciascun albero è il risultato di una valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità, nonché del contesto in cui esso si inserisce. Tale valore è desumibile dalla tabella seguente.
10 = pianta sana, vigorosa, solitaria o esemplare 9 = pianta sana, vigorosa, facente parte di un filare 8 = pianta sana, vigorosa, in gruppo 7 = pianta sana, media vigoria, solitaria o esemplare 6 = pianta sana, media vigoria, in filare 5 = pianta sana, media vigoria in gruppo 3 = pianta poco vigorosa, a fine ciclo vegetativo, in filare 2 = pianta poco vigorosa, a fine ciclo vegetativo o malformata, in gruppo o solitaria 1 = pianta senza vigore, malata 0,5 = pianta senza alcun valore
- d è l’Indice secondo la localizzazione. L’indice si riduce a mano a mano che ci si allontana dal centro
città verso la periferia, come riportato nella seguente tabella.
10 = centro città 8 = media periferia 6 = periferia 4 = parchi esterni 2 = aree delocalizzate
- e è l’Indice secondo le dimensioni. Questo parametro esprime l’aumento di valore in funzione dell’età Crf (cm)
dell’albero, prendendo a riferimento la circonferenza misurata a 1 metro dal suolo.
Indice
Crf (cm)
Indice
Crf (cm)
Indice
30
1
150
15
340
27
40
1,4
160
16
360
28
50
2
170
17
380
29
60
2,8
180
18
400
30
70
3,8
190
19
420
31
80
5
200
20
440
32
90
6,4
220
21
460
33
100
8
240
22
480
34
110
9,5
260
23
500
35
120
11
280
24
600
40
130
12,5
300
25
700
45
140
14
320
26
800
50
89
Arboricoltura da legno e da ornamento - g è il Deprezzamento. Il valore complessivo di un albero è decurtato di una percentuale variabile in funDanni
Capitolo 10
zione dell’entità di gravi difetti strutturali conseguenti a errati interventi di manutenzione.
Interventi necessari
Deprezzamento
Piante con danni o ferite di modesta entità
Potatura leggera di rami secchi
10%
Piante mantenute a dimensioni ridotte
Potatura intensa di branche principali
30%
Piane con ferite e cavità di rilevanti dimensioni
Dendrochirurgia su cavità
50%
Piante con ferite e cavità: presenza di capitozzature
Potatura intensa e dendrochirurgia
70%
Di seguito si riportano un paio di casi applicativi del metodo. CASO 1 – Valutazione del valore economico di tre esemplari arborei ai fini del calcolo della indennità da esproprio. Quesito: il Comune periferico di una grande città deve procedere all’esproprio di una porzione di terreno privato per la costruzione di una pista ciclabile. In tale area insistono tre esemplari di Quercus robur che dovranno essere abbattuti. La finalità della stima è quella di determinare il più probabile valore economico degli alberi da aggiungere all’indennità di esproprio dell’area. Procedimento di stima: per applicare il Metodo Svizzero Modificato occorre determinare l’entità dei singoli parametri contenuti nella formula Vo = (b × c × d × e) – g. • b - Indice relativo alla specie e alla varietà. Va preso a riferimento il prezzo di vendita unitario di una pianta della stessa specie considerata, fornito in zolla, con circonferenza 10-12 cm desumendolo da un prezziario. In questo caso è pari a 56,50 euro. • c - Indice secondo il valore estetico, lo stato fitosanitario e la posizione sociale. Per valutare questo
parametro occorre visionare attentamente l’albero nel suo complesso e in ogni sua parte. Per gli esemplari oggetto di indagine è stato rilevato che essi manifestano condizioni vegetative, fitosanitarie e strutturali buone; il valore da prendere a riferimento è quindi 9. • d - Indice secondo la localizzazione. Sebbene gli alberi siano prossimi al centro abitato, il contesto è da considerarsi periferico rispetto alla città, quindi il valore di riferimento da adottare è 6 (periferia). • e - Indice secondo le dimensioni. I tre alberi hanno rispettivamente una circonferenza misurata a 1 m da terra pari a 240, 204 e 215 cm. Gli indici da prendere a riferimento risultano 22, per l’esemplare con circonferenza di 240 cm, e 20 per i due alberi con circonferenza di 204 e 215 cm. • g - Deprezzamento. Gli alberi in esame manifestano tagli di contenimento parziale delle branche che si estendono sul lato strada, ma nel complesso questi interventi, seppure eseguiti in modo non propriamente corretto, non sono tali da creare un danno rilevante per l’architettura e la vitalità della pianta. Il valore del deprezzamento è quindi considerato pari al 10%. A questo punto è possibile applicare la formula moltiplicando tra loro i parametri rilevati e ottenere il valore ornamentale di ciascuno:
Albero
Formula
Valore economico
10.18 Esemplari di Quercus rubur da abbattere per realizzare una ciclabile.
Quercus robur crf. 240 cm
Vo = (5,65 x 9 x 6 x 22) - 10%
6.041 €
Quercus robur crf. 204 cm
Vo = (5,65 x 9 x 6 x 20) - 10%
5.492 €
Quercus robur crf. 215 cm
Vo = (5,65 x 9 x 6 x 20) - 10%
5.492 €
90 Produzioni Vegetali Arboree CASO 2 – Valutazione del valore economico del patrimonio arboreo di un giardino ai fini della determinazione del valore complessivo dell’immobile.
economico del patrimonio arboreo si deve procedere anzitutto al censimento di tutti gli esemplari ritenuti significativi. Nel caso in esame sono stati considerati quelli con circonferenza superiore o uguale a 60 cm. Successivamente, per ciascuno di essi, occorre eseguire una valutazione puntuale delle condizioni estetiche, vegetative, fitosanitarie, di manutenzione e definire i singoli parametri per l’applicazione del Metodo Svizzero Modificato come riportato nella tabella seguente.
Quesito: nell’ambito di una causa di successione, si deve valutare il valore complessivo di un immobile composto da una villa padronale con giardino privato di circa 5.600 m2. Il giardino ospita numerosi esemplari arborei, appartenenti a differenti specie e con caratteristiche vegetative e fitosanitarie disomogenee. Procedimento di stima: per determinare il valore n.
Specie
Circonf.
b
c
d
e
g (%)
Valore economico
1
Cupressocyparys x leylandii
67 cm
€ 43,50
0,5
6
3,8
€ 49,59
2
Cupressocyparys x leylandii
70 cm
€ 43,50
0,5
6
3,8
€ 49,59
3
Cupressocyparys x leylandii
86 cm
€ 43,50
0,5
6
6,4
€ 83,52
4
Quercus robur
200 cm
€ 52,20
6
6
20
€ 3.758,40
5
Quercus robur
180 cm
€ 52,20
6
6
18
€ 3.382,56
6
Quercus robur
140 cm
€ 52,20
6
6
14
€ 2.630,88
7
Quercus robur
180 cm
€ 52,20
6
6
18
30
€ 2.367,79
8
Quercus robur
130 cm
€ 52,20
6
6
12,5
30
€ 1.644,30
9
Cupressus arizonica
114 cm
€ 55,50
2
6
9,5
10
Prunus cerasifera 'Pissardi'
60 cm
€ 41,30
1
6
2,8
€ 69,38
11
Prunus cerasifera 'Pissardi'
74 cm
€ 41,30
2
6
3,8
€ 188,33
12
Prunus cerasifera 'Pissardi'
74 cm
€ 41,30
2
6
3,8
€ 188,33
13
Prunus cerasifera
57 cm
€ 41,30
2
6
2,8
€ 138,77
14
Prunus cerasifera 'Pissardi'
96 cm
€ 41,30
2
6
8
€ 396,48
15
Aesculus hippocastanum
120 cm
€ 59,80
10
6
11
€ 3.946,80
16
Pinus nigra
110 cm
€ 184,70
5
6
9,5
10
€ 4.737,56
17
Pinus nigra
90 cm
€ 184,70
5
6
6,4
10
€ 3.191,62
18
Cupressus arizonica
110 cm
€ 55,50
5
6
9,5
€ 1.581,75
19
Cupressus arizonica
130 cm
€ 55,50
5
6
12,5
€ 2.081,25
20
Populus nigra 'Italica'
150 cm
€ 21,70
10
6
15
€ 1.953,00
21
Populus nigra 'Italica'
150 cm
€ 21,70
10
6
15
€ 1.953,00
22
Platanus orientalis
120 cm
€ 32,60
6
6
11
€ 1.290,96
23
Populus nigra 'Italica'
230 cm
€ 21,70
10
6
21
€ 2.734,20
24
Platanus x hispanica
85 cm
€ 32,60
6
6
6,4
€ 751,10
25
Platanus x hispanica
120 cm
€ 32,60
9
6
11
€ 1.936,44
26
Platanus x hispanica
65 cm
€ 32,60
6
6
3,8
€ 445,97
27
Platanus x hispanica
95 cm
€ 32,60
9
6
8
€ 1.408,32
28
Platanus x hispanica
100 cm
€ 32,60
6
6
8
€ 632,70
30
€ 657,22
29
Platanus x hispanica
95 cm
€ 32,60
9
6
8
30
Tilia platyphyllos
120 cm
€ 43,50
8
6
11
30
€ 1.607,76
31
Tilia platyphyllos
120 cm
€ 43,50
8
6
11
30
€ 1.607,76
32
Cedrus atlantica
165 cm
€ 125,00
7
6
17
€ 8.925,00
33
Cercis siliquastrum
85 cm
€ 56,50
7
6
6,4
€ 1.518,72
34
Cupressus arizonica
135 cm
€ 55,50
9
6
14
€ 4.195,80
€ 1.408,32
Arboricoltura da legno e da ornamento n.
Specie
Circonf.
b
c
d
e
91
Capitolo 10
g (%)
Valore economico
35
Cupressus arizonica
130 cm
€ 55,50
9
6
12,5
€ 3.746,25
36
Cupressus arizonica
135 cm
€ 55,50
9
6
14
€ 4.195,80
37
Populus nigra 'Italica'
190 cm
€ 21,70
10
6
19
€ 2.473,80
38
Pinus nigra
72 cm
€ 184,70
5
6
3,8
10
€ 1.895,02
39
Pinus nigra
75 cm
€ 184,70
5
6
5
10
€ 2.493,45
40
Pinus nigra
90 cm
€ 184,70
5
6
6,4
10
€ 3.191,62
41
Pinus nigra
75 cm
€ 184,70
5
6
5
10
€ 2.493,45
42
Quercus robur
130 cm
€ 52,20
10
6
12,5
43
Cedrus atlantica
190 cm
€ 125,00
10
6
19
44
Populus nigra 'Italica'
130 cm
€ 21,70
6
6
12,5
10
€ 878,85
45
Populus nigra 'Italica'
130 cm
€ 21,70
6
6
12,5
10
€ 878,85
46
Populus nigra 'Italica'
130 cm
€ 21,70
6
6
12,5
10
€ 878,85
47
Tilia platyphyllos
120 cm
€ 43,50
8
6
11
€ 2.296,80
48
Aesculus hippocastanum
120 cm
€ 59,80
8
6
11
€ 3.157,44
49
Aesculus hippocastanum
120 cm
€ 59,80
8
6
11
€ 3.157,44
50
Cedrus atlantica
145 cm
€ 125,00
7
6
15
51
Cedrus atlantica 'Glauca'
216 cm
€ 141,30
10
6
21
€ 17.803,80
52
Tilia platyphyllos
125 cm
€ 43,50
10
6
12,5
€ 3.262,50
53
Quercus robur
215 cm
€ 52,20
6
6
21
10
€ 3.551,69
54
Quercus robur
183 cm
€ 52,20
6
6
18
10
€ 3.044,30
55
Quercus robur
165 cm
€ 52,20
6
6
17
10
€ 2.875,18
Il valore economico complessivo del patrimonio arboreo del parco, da sommare a quello dell’immobile, ri-
10.19 Alcune delle Cedrus Cedrus atlantica atlantica n.32 n.32 e piante n.43 e n.43del parco oggetto di stima.
€ 3.915,00 € 14.250,00
10
€ 7.087,50
sulta quindi pari a: 151.000 euro
92 Produzioni Vegetali Arboree
Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. L’ISTAT considera come superficie forestale boscata una superficie di terreno non inferiore a: a. 0,5 ha b. 1 ha c. 1,5 ha 2. Il piano vegetazionale dei boschi misti di conifere e faggio si trova in quale piano altitudinale? a. collinare b. montano medio c. submontano
6. Lo strumento che misura lo stato interno del legno di un tronco tramite impulsi sonici emessi da specifici sensori si chiama: a. tomografo b. dendrodensimetro c. densimetro 7. Il Carpino nero è diffuso generalmente nei boschi cedui dell’orizzonte: a. subalpino superiore b. montano inferiore c. collinare
3. Il piano altitudinale alpino e subalpino è compreso in quale altitudine? a. da 800-900 m fino a 1.800 m b. dalle pendici montuose a 800-900 m c. da 1.800 m alla vetta
8.
4.
9. Il Ciliegio selvatico vegeta dall’orizzonte submontano fino a un’altitudine di: a. 600-1.400 m b. 1.200-1.400 m c. 1.400-1.800 m
In Italia, le specie arboree spontanee sono circa: a. 50 b. 150 c. 300
5. Il portamento di piante con branche principali inserite sul tronco, con andamento tendenzialmente orizzontale è definito: a. ovoidale o arrotondato b. fastigiato o colonnare c. espanso o a ombrello
La massa volumica del Cerro è di: a. 570 kg/m3 b. 670 kg/m3 c. 770 kg/m3
10. Un ettaro di lariceto maturo quanto legname può contenere? a. oltre 500 m3 b. oltre 700 m3 c. oltre 1.000 m3
VERO O FALSO 1. Il bosco è un ecosistema le cui funzioni sono: produttiva, protettiva, turistico-ricreV F ativa e paesaggistica
6. In ambiente urbano è previsto l’abbattimento di alberi solo se appartenenti alla V F classe D
2. Nell’arco alpino settentrionale i versanti a quote basse sono dominati da foreste sempreverdi, mentre in quello meridionale si trovano alberi a foglie caduche
7. Il valore di conservazione della biodiversità degli alberi risiede nella loro funzione di mitigazione ambientale e di regolazione del microclima locale
V
F
8. Nella stima degli alberi le caratteristiche intrinseche della specie, la diffusione e le abitudini locali, definiscono il pregio della specie e ne influenzano il valore di acquisto
V
F
9. I giovani e densi popolamenti di Abete rosso necessitano di sfolli e tagli di diradamento
V
F
10. L’Olmo montano vegeta nei terreni fertili delle zone agricole, ai bordi di prati o coltivi abbandonati dell’orizzonte submontano e montano
V
F
V
F
3. L’appennino si estende longitudinalmente lungo tutta la Penisola per circa 2.300 km di V F lunghezza 4. Il leccio è un albero di prima grandezza, cioè a maturità può raggiungere altezze superiori a 20 m
V
F
5. Il Cipresso è un albero con portamento fastigiato o colonnare
V
F
ABBINAMENTI LOGICI 1. Selvicoltura
5. Portamento
A. Ritidoma
E. Strobilo
2. Bosco
6. Stabilità meccanica degli alberi
B. Coltivazione dei boschi
F. Conformazione della pianta
3. Microregione alpina
7. Corteccia Abete bianco
4. Appennino
8. Frutto conifere
C. Prima catena montuosa italiana
G. Analisi visiva e strumentale
D. Ecosistema
H. Accordo EUSALP
Griglia
1 ................... 2 ................... 3 .................. 4 .................. 5 ................... 6 ................... 7 ................... 8 ...................
Basi Agronomiche Produzioni Vegetali
Volume B Produzioni Vegetali Arboree
Mappe di Riepilogo e
Sintesi dei Contenuti
rboree Erbacee 94 Produzioni Vegetali A
Libro
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo dell’Introduzione
digitale
INTRODUZIONE: AGRICOLTURA E FRUTTICOLTURA IN ITALIA Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale PRODUZIONI VEGETALI ARBOREE 1 AGRICOLTURA E FRUTTICOLTURA IN ITALIA 2
3
SENSIBILITÀ AMBIENTALE
AGRICOLTURA SOSTENIBILE
E AGRICOLTURA 4 FRUTTICOLTURA INTEGRATA A
FRUTTICOLTURA BIOLOGICA
B
QUALITÀ DEI FRUTTI BIO
C
CONSERVAZIONE DELLA FERTILITÀ AGRONOMICA
D
LOTTA AI PARASSITI
E
RESISTENZA ALLE AVVERSITÀ PARASSITARIE
F
CENNI SUL DISCIPLINARE BIO
5 L’INVESTIMENTO FRUTTICOLO A
ASPETTI TECNICI ED ECONOMICI DEL FRUTTETO
6 ASPETTI BOTANICI PECULIARI A
RAMIFICAZIONE E GEMME
B
LE GEMME
C
DALLA GEMMA AL FRUTTO
D
LA FRUTTA E LE TIPOLOGIE
Mappe di riepilogo 95 Erbacee 95 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo dell’Introduzione 1 - Agricoltura e frutticoltura in Italia L’arboricoltura da frutto, da legno e da ornamento, riveste un ruolo di primo ordine nella variegata realtà agricola e paesaggistica italiana.
2 - Sensibilità ambientale e agricoltura La sensibilità ambientale è la guida che indirizza i coltivatori a compiere azioni ecologicamente corrette durante il processo produttivo aziendale. Il danno ecologico consiste nell’inquinamento della falda acquifera dovuto al percolamento di sostanze indesiderate. Il danno agronomico si riferisce alla riduzione del livello di fertilità del suolo provocata dal dilavamento di ioni nutritivi utili per le piante, ma non per l’acqua di falda. Il danno economico è rappresentato dall’inutile spreco di concime, acqua irrigua ed energia.
3 - Agricoltura sostenibile Nel settore agricolo, la produzione di tipo tradizionale si caratterizza per la notevole specializzazione aziendale, per l’uso prevalente di mezzi chimici, per gli alti consumi energetici, per gli elevati investimenti di capitale e per il basso impiego di manodopera. In questi ultimi decenni si sta assistendo a una spinta decisa verso sistemi di produzione agricola sostenibile, capaci di conciliare la quantità con la qualità, la specializzazione colturale del singolo appezzamento con la biodiversità vegetale e animale del territorio circostante, la lotta antiparassitaria con la salute ambientale e la sicurezza alimentare. I principali sistemi agricoli alternativi a quello dell’agricoltura tradizionale e industrializzata sono l’agricoltura integrata e l’agricoltura biologica, due forme di agricoltura ecocompatibile ed ecosostenibile.
4 - Frutticoltura integrata Nell’ambito della frutticoltura integrata, l’imprenditore si impegna a rispettare rigorose regole di comportamento, soggette a verifica da parte di organismi di controllo. Le pratiche preventive e/o curative sono diversificate: l’adozione della giusta densità di impianto, la salvaguardia e/o il potenziamento delle popolazioni di importanti organismi utili, il monitoraggio degli organismi dannosi, il ricorso a specifici feromoni e l’impiego di fitofarmaci quanto più possibile selettivi rispetto agli organismi da combattere. I criteri generali relativi alle pratiche da seguire sono riportati nei Disciplinari Regionali di Produzione Integrata.
4A - Frutticoltura biologica È caratterizzata dall’adozione, nel processo produttivo, di pratiche naturali e dall’esclusione di qualsiasi prodotto originato da sintesi chimica. 4B - Qualità dei frutti bio La migliore qualità dei frutti bio dipende dal ridotto vigore vegetazionale della pianta che induce una maturazione più lenta e una minore quantità di frutti più ricchi, però, di aromi, vitamine, antiossidanti e zuccheri semplici. 4C - Conservazione della fertilità agronomica Il Regolamento bio ammette l’impiego dei seguenti mezzi o pratiche: concimi minerali naturali; concimi organici azotati, come ad esempio il letame bovino da allevamenti biologici; ammendanti organici; correttivi naturali; sovescio di colture erbacee a rapida crescita appositamente seminate per arricchire il terreno con abbondante sostanza organica, capace di liberare gradualmente macro e microelementi nutritivi. 4D - Lotta ai parassiti Per la difesa antiparassitaria delle piante da frutto ci si avvale di metodi e mezzi di lotta capaci di completarsi a vicenda per il raggiungimento dello stesso obiettivo. Tra essi ricordiamo, in particolare, gli interventi agronomici preventivi e i mezzi curativi. 4E - Resistenza alle avversità parassitarie Fatta eccezione per tutto il materiale vivaistico virusesente, come le piante madri da cui ottenere portinnesti e marze, questa qualità riguarda solo un ristretto numero di nuove cultivar di piante da frutto, appositamente create ricorrendo alle classiche metodologie del miglioramento genetico (selezione, incrocio, ecc.). 4F - Cenni sul Disciplinare Bio Il Disciplinare relativo alla frutticoltura biologica contiene norme più complesse e rigorose rispetto a quello relativo alla frutticoltura integrata.
5 - L’investimento frutticolo In relazione alle situazioni pedoclimatiche e alle strutture territoriali, occorre prima scegliere una o più specie e poi procedere all’identificazione delle cultivar più adatte. Si rende necessario stabilire il tipo d’impianto, le forme di allevamento, i tipi di potatura e il livello di meccanizzazione delle operazioni colturali. È di fondamentale importanza conoscere la sensibilità delle diverse cultivar alle condi-
rboree Erbacee 96 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo dell’Introduzione zioni climatiche estreme, la loro suscettibilità a certi parassiti, la loro esigenza in materia di nutrizione minerale e di acqua in periodi particolari, la loro produttività. 5A - Aspetti tecnici ed economici del frutteto L’agricoltore deve conoscere i caratteri e le esigenze del frutteto: vocazione del territorio; disponibilità di acqua irrigua; durata e costo iniziale; scelta della varietà; tecnica colturale; difesa fitosanitaria; sbocchi commerciali.
6 - Aspetti botanici peculiari Il fusto eretto e legnoso delle piante perenni può ramificarsi a una certa distanza dal suolo oppure dipartire alla base in rami provvisti di foglie: nel primo caso sono detti alberi, nel secondo arbusti. 6A - Ramificazione e gemme Gli alberi sono più grandi degli arbusti e, in base alla disposizione del fusto e dei rami, si distinguono in: alberi a ramificazione dicotomica e alberi a ramificazione laterale, questi ultimi si suddividono in: a) a ramificazione monopodiale; b) a ramificazione simpodiale. 6B - Le gemme Possono essere poste all’apice dei rami o dei fusti (apicali o terminali), oppure distribuite lungo il fusto (laterali) o all’ascella delle foglie (ascellari). Sono dette nude o vestite se – rispettivamente – sono prive di un qualsiasi rivestimento protettivo oppure sono coperte da strutture fogliari chiamate perule. Esistono gemme avventizie, gemme sostitutive che si sviluppano in as-
senza di quelle “normali” e gemme cieche che sono incapaci di svilupparsi. In relazione alla loro epoca di sviluppo, le gemme si classificano in pronte, dormienti e latenti. In base all’organo da cui hanno origine, vi sono gemme a legno, gemme a fiore e gemme miste. 6C - Dalla gemma al frutto Le piante legnose appartengono alle Spermatofite distinte in Gimnosperme e Angiosperme. Queste ultime, a loro volta, sono distinte in Dicotiledoni e Monocotiledoni. La riproduzione gamica o sessuale delle piante consiste nella fecondazione dell’ovulo, contenuto nella parte femminile del fiore, per mezzo del polline racchiuso nelle antere degli stami. I frutti che derivano dalla trasformazione dell’ovario sono detti veri frutti, mentre quelli alla cui formazione partecipano anche altre parti del fiore sono detti falsi frutti. 6D - La frutta e le tipologie Il termine generico “frutta” indica l’insieme eterogeneo dei frutti commestibili prodotti da diverse specie botaniche. Esiste la frutta secca e quella fresca. La frutta secca si suddivide a sua volta in: a) frutta a guscio; b) frutta essiccata o disidratata. La frutta fresca è rappresentata dai frutti carnosi o polposi nei quali il maggiore componente è l’acqua. La maturazione è il processo fisiologico col quale i frutti ottimizzano il loro aspetto finale in ordine alla forma, al colore, alla consistenza e al contenuto di acqua, zuccheri, vitamine e sali minerali.
Mappe di riepilogo 97 Erbacee 97 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 1 CAPITOLO 1: BOTANICA, MORFOLOGIA E FISIOLOGIA DELLE COLTURE ARBOREE Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1 ASPETTI INTRODUTTIVI
2
3
LA RADICE
4
IL FUSTO, I RAMI,
CLASSIFICAZIONE
LE GEMME
DEI RAMI
5 I FIORI E LA FIORITURA
6 IMPOLLINAZIONE E FECONDAZIONE
7 I FRUTTI
A
LA MATURAZIONE DEI FRUTTI
B
FATTORI LIMITANTI LO SVILUPPO DEI FRUTTI
C
ALTERNANZA DI PRODUZIONE
rboree Erbacee 98 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 1
Libro
digitale
1 - Aspetti introduttivi Le colture arboree si differenziano dalle colture erbacee per i seguenti aspetti: presentano organi legnosi; hanno un ciclo di vita perenne. Nelle piante arboree possiamo individuare i seguenti organi: radici; fusto, rami e foglie; fiori; frutti. Le piante arboree hanno due differenti modalità di accrescimento: 1) accrescimento in lunghezza; 2) accrescimento in larghezza.
2 - La radice La radice è l’organo della pianta che cresce al di sotto del terreno, in direzione opposta rispetto a quella del fusto. Essa è destinata a svolgere le seguenti funzioni: ancorare la pianta al suolo; esplorare il suolo alla ricerca di risorse necessarie al sostentamento delle piante; realizzare l’approvvigionamento di acqua e nutrienti minerali; trasportare verso gli organi legnosi e le foglie l’acqua e i minerali assorbiti. Il sistema radicale delle piante arboree può raggiungere mediamente una profondità che può variare da 40 a 150 cm.
3 - Il fusto, i rami, le gemme Possiamo definire fusto (o tronco) la parte lignificata permanente dell’albero che, di norma, ne costituisce l’asse centrale e si sviluppa sopra al terreno, in direzione opposta a quella della radice. Nel caso di piante con accrescimento lianoso (ad esempio vite e actinidia), la parte permanente della pianta può estendersi anche in orizzontale lungo il filare ed è definita cordone permanente. La parte del fusto che, a fior di terra, separa la parte aerea dalle radici si chiama colletto. Il fusto svolge la funzione di sostegno della pianta e quella di trasporto della linfa grezza dalle radici alle foglie e, viceversa, della linfa elaborata dalle foglie agli altri organi della pianta. Sul tronco sono inserite altre strutture lignificate, di 2 o più anni, che prendono il nome di branche (primarie se partono dall’asse principale, secondarie se sono inserite su branche primarie e così via). I rami sono strutture lignificate di età inferiore a due anni; per germogli si intendono invece le parti vegetative in accrescimento attivo e, quindi, ancora verdi e non lignificate.
La crescita e lo sviluppo delle piante arboree è condizionato dal fenomeno della dominanza apicale dovuta all’attività dell’ormone auxina. Le gemme si possono classificare a seconda della loro destinazione in: gemme a fiore; gemme a legno; gemme miste. Un’altra classificazione è correlata all’epoca di sviluppo: gemme pronte; gemme dormienti; gemme latenti. Le gemme possono essere poste sulla parte apicale del ramo (gemme apicali), sull’ascella fogliare (gemme ascellari) oppure possono svilupparsi in qualsiasi punto dei rami, delle branche e del tronco (gemme avventizie).
4 - Classificazione dei rami Si suddividono in rami a legno e rami a frutto. I rami a legno sono dotati di sole gemme a legno e si distinguono in: succhioni; polloni; rami anticipati. Relativamente al tipo di gemme presenti, i rami a frutto si distinguono in: rami misti, caratterizzati da una gemma apicale a legno e da gemme laterali a legno e a fiore (drupacee) o da gemme miste alternate a gemme a legno (pomacee); brindilli, rami corti ed esili presenti sia nelle pomacee sia nelle drupacee; nelle pomacee sono lunghi 15-20 cm e, a differenza dei brindilli delle drupacee, presentano una gemma mista apicale e gemme a legno laterali; nelle drupacee, sono caratterizzati invece da gemme laterali prevalentemente a fiore e da una gemma apicale a legno; lamburde, presenti nelle pomacee, caratterizzate dalla presenza di una gemma terminale a legno (lamburda vegetativa) o mista (lamburda fiorifera) oppure da una spina (lamburda spinosa); dardo fiorifero o mazzetto di maggio, formazione lunga alcuni centimetri, presente in molte drupacee, in particolare nel ciliegio.
5 - I fiori e la fioritura Nelle piante superiori sono formati da: sepali, riuniti nel calice; petali, riuniti nella corolla; stami, che costituiscono l’androceo; pistilli, che costituiscono il gineceo. Possono presentarsi isolati o riuniti in infiorescenze.
Mappe di riepilogo 99 Erbacee 99 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 1
Libro
digitale
6 - Impollinazione e fecondazione L’impollinazione si verifica con l’arrivo del polline sullo stigma, la parte terminale del pistillo. Avviene direttamente (impollinazione autogama) nei fiori ermafroditi autofertili, oppure può essere favorita dal vento (impollinazione anemofila) o dagli insetti (impollinazione entomofila). La sterilità genetica è distinta in: sterilità morfologica; sterilità citologica; sterilità fattoriale.
7 - I frutti Dopo la fecondazione dell’ovulo da parte del granulo pollinico, il fiore subisce alcune importanti trasformazioni: dall’ovario si origina il frutto, dagli ovuli i semi. In alcune specie si verifica la formazione dei frutti senza fecondazione, il fenomeno è detto partenocarpia e origina frutti senza semi, cioè apireni. 7A - La maturazione dei frutti Il frutto comincia a formarsi quando la parete dell’ovario si ingrossa in seguito alla fecondazione dell’ovulo: tale momento è detto allegagione. La fase di
maturazione è accompagnata da notevoli mutamenti biochimici. Nella maturazione naturale si verifica l’abscissione, cioè il distacco del frutto dalla pianta madre. 7B - Fattori limitanti lo sviluppo dei frutti La crescita dei frutti è regolata da fattori interni quali il corretto sviluppo dei semi e, in particolare, il rapporto fra il numero di foglie e quello di frutti. Il diradamento dei frutti consente di diminuire il carico produttivo delle piante e, quindi, di incrementare le dimensioni e le caratteristiche qualitative dei frutti. L’operazione di diradamento può essere effettuata a mano, con prodotti chimici, o meccanicamente. 7C - Alternanza di produzione L’alternanza di produzione è strettamente connessa con i meccanismi fondamentali che riguardano, ad esempio, il ciclo di fruttificazione, la differenziazione delle gemme a fiore, l’allegagione, la cascola. Potrebbe anche essere determinata da un evento di natura ambientale e/o di natura fitosanitaria.
rboree Erbacee 100 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 2 CAPITOLO 2: VIVAISTICA E PROPAGAZIONE DEI FRUTTIFERI Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1 ASPETTI INTRODUTTIVI
2 TALEA
A
RADICAZIONE DELLE TALEE
B
C
SUBSTRATO DI RADICAZIONE
COLTIVAZIONE DELLE T ALEE
3 MARGOTTA
4 PROPAGGINE
5 INNESTO
A SCOPI E FUNZIONI DELL’INNESTO
B ATTECCHIMENTO E AFFINITÀ D’INNESTO
C
D
PERIODO IN CUI ESEGUIRE L’INNESTO
FORZATURA DEGLI INNESTI
6 MICROPROPAGAZIONE
Mappe di riepilogo 101 Erbacee 101 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 2 1 - Aspetti introduttivi Nell’impianto di un frutteto, la qualità delle piante utilizzate è un requisito fondamentale. I prerequisiti qualitativi delle piante sono: l’uniformità e la rispondenza genetica; lo stato sanitario; la presenza di un apparato radicale robusto e ben distribuito; una chioma altrettanto robusta e adeguatamente strutturata. Per la propagazione delle specie arboree da frutto possono essere impiegate tecniche di riproduzione (propagazione gamica o per seme) o tecniche di moltiplicazione (propagazione agamica o vegetativa).
2 - Talea La talea è una porzione di ramo (di foglia, di germoglio o di radice) dotata di gemme che, radicando, generano una nuova pianta. In base alla consistenza dei tessuti, le talee possono essere: erbacee, semilegnose o legnose. 2A - Radicazione delle talee Per specie provviste di elevata capacità rizogena naturale, le talee legnose prelevate nel periodo invernale possono essere piantate direttamente in campo senza particolari accorgimenti. Nella maggior parte dei casi le talee sono sottoposte a trattamenti di vario tipo per aumentare la radicazione. 2B - Substrato di radicazione La funzione principale del substrato di radicazione è quella di sostenere la talea in posizione verticale. 2C - Coltivazione delle talee Le talee possono essere coltivate con due principali metodologie: 1) tecnica del riscaldamento basale; 2) tecnica della nebulizzazione.
3 - Margotta La tecnica della margotta consiste in una incisione anulare su un ramo della pianta poi ricoperto da un substrato (terra, torba, ecc.) e mantenuto umido al fine di stimolarne la radicazione. Un tipo particolare di margotta è la margotta di ceppaia.
4 - Propaggine La propaggine è un tipo di margotta che prevede l’interramento di un ramo ancora attaccato alla pianta madre, piegato ad arco, lasciando emergere dal terreno la parte apicale. La parte interrata svilupperà radici che renderanno indipendente la nuova piantina.
5 - Innesto Consiste nel far saldare una parte viva di pianta (defini-
ta marza, oggetto, nesto o gentile e destinata a formare la chioma del futuro esemplare) su un’altra pianta (che ha il compito sia di sostegno e ancoraggio sia di assorbire le sostanze nutritive dal terreno). Il nome marza è dato alla porzione superiore che costituisce la chioma, è detto invece portinnesto (o soggetto) la porzione inferiore al punto di innesto. 5A - Scopi e funzioni dell’innesto 1. Fissare una varietà. 2. Diffondere una varietà. 3. Sostituire una varietà 4. Prevenire malattie o attacchi parassitari. 5. Adattare una specie o una varietà a un terreno o a un clima non idoneo. 6. Indebolire la vigoria di una specie o di una varietà. 7. Ringiovanire e/o rinvigorire una pianta vecchia, ammalata o debole. 8. Ricostituire le branche o una parte della chioma. 9. Diagnosticare le virosi. 10. Anticipare di qualche giorno l’epoca di maturazione. 11. Ridurre il periodo improduttivo delle piante derivate da seme. 5B - Attecchimento e affinità d’innesto Quando due bionti si sono saldati tra loro in modo duraturo, grazie alla formazione di un callo di cicatrizzazione, si dice che l’innesto è attecchito. Si intende per affinità d’innesto l’insieme delle condizioni che danno origine a una unione durevole ed efficiente nel tempo. La mancanza di tali condizioni provoca invece la disaffinità d’innesto. 5C - Periodo in cui eseguire l’innesto La stagione degli innesti va da gennaio a settembre, ma nelle regioni calde meridionali, in alcune annate, è ancora possibile innestare nel mese di ottobre. 5D - Forzatura degli innesti In alcuni tipi di innesto, per agevolare la formazione del callo di saldatura o quando l’innesto viene eseguito durante una stagione non propizia, oppure per evitare la legatura, si ricorre alla cosiddetta forzatura, che può essere eseguita in serra, in letto caldo o in sabbia.
6 - Micropropagazione Le colture in vitro, micropropagate in ambiente controllato e asettico, sono sempre più diffuse grazie alla rapidità di propagazione e alla crescita delle piantine, che comporta anche minori costi di produzione; questa tecnica garantisce inoltre l’uniformità del materiale prodotto e la possibilità di ottenere materiale privo di infezioni (malattie) patogene ed esente da virus.
rboree Erbacee 102 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 CAPITOLO 3: PROGETTAZIONE, IMPIANTO E GESTIONE DEL FRUTTETO Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A
ASPETTI INTRODUTTIVI
2 VOCAZIONALITÀ PEDOCLIMATICA
3 SPECIE, CULTIVAR E PORTINNESTO
A
VIVAISMO FRUTTICOLO
B
SCELTA DEL MATERIALE VIVAISTICO
C
CERTIFICAZIONE DELLE PIANTE
4 IMPIANTO: SISTEMAZIONE E PREPARAZIONE DEL TERRENO
A
B
CONCIMAZIONE D’IMPIANTO
EPOCA ED ESECUZIONE
5 PREDISPOSIZIONE DELL’IMPIANTO
A
DISTANZA E GEOMETRIA D’IMPIANTO
B
STRUTTURE E CORREDI D’IMPIANTO
C
PICCHETTAMENTO E MESSA A DIMORA DELLE PIANTE
continua
Mappe di riepilogo 103 Erbacee 103 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 6
B
INTERVENTI DI GESTIONE DEL TERRENO
A
LAVORAZIONI MECCANICHE
B
INERBIMENTO
C
PACCIAMATURA
D
DISERBO CHIMICO
E
PIRODISERBO
F
GESTIONE IDRICA
G
FABBISOGNO IDRICO DELLE PIANTE
H
DEFICIT IDRICO CONTROLLATO
I
SISTEMI IRRIGUI
7 CONCIMAZIONE DEL FRUTTETO
A
B
CONCIMAZIONE DI PRODUZIONE
PIANO DI CONCIMAZIONE
8 ALLEVAMENTO E POTATURA
9 POTATURA
A
BASI FISIOLOGICHE DELLA POTATURA
B
EPOCA DI POTATURA
continua
rboree Erbacee 104 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 10
C
DIFESA DEL FRUTTETO E RACCOLTA DELLA PRODUZIONE
A
LA DIFESA INTEGRATA DEL FRUTTETO
B
RACCOLTA E QUALITÀ DELLA PRODUZIONE
C
IL GIUSTO MOMENTO PER LA RACCOLTA
D
REQUISITI DI QUALITÀ PER LA COMMERCIALIZZAZIONE DELLA FRUTTA
E
FASE DI POST-RACCOLTA DELLA FRUTTA
11 EPOCA E MODALITÀ DI RACCOLTA
A
CONFERIMENTO AL CENTRO DI LAVORAZIONE
B
TRATTAMENTI POST-RACCOLTA
C
TECNICHE DI CONSERVAZIONE
Mappe di riepilogo 105 Erbacee 105 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 1 - Aspetti introduttivi Per progettare, impiantare correttamente e gestire un frutteto occorre valutare la vocazionalità e le caratteristiche pedoclimatiche del luogo, l’uso razionale delle risorse ambientali, la tipologia e la qualità del prodotto che si vuole ottenere.
2 - Vocazionalità pedoclimatica Per vocazionalità si intende l’attitudine di un luogo a una determinata coltivazione. È importante conoscere e valutare le caratteristiche climatiche, pedologiche, microbiologiche, idrologiche, la profondità, la pendenza, l’esposizione e lo stato sanitario del terreno.
3 - Specie, cultivar e portinnesto Dopo avere individuato le specie vocate all’ambiente pedoclimatico di intervento è necessario scegliere le cultivar e il portinnesto. La scelta del giusto abbinamento nesto/portinnesto è importante. Oggi vengono impiegati sempre più portinnesti ottenuti per moltiplicazione agamica di una stessa pianta, noti con il nome di cloni. 3A - Vivaismo frutticolo Il mercato attuale è orientato verso modelli di organizzazione vivaistica che permettono una valida flessibilità produttiva, associata a un elevato grado di sicurezza sanitaria e genetica. 3B - Scelta del materiale vivaistico Al momento dell’acquisto, gli astoni devono avere un buono sviluppo sia della parte aerea sia dell’apparato radicale. È importante verificare la qualità sanitaria del materiale vivaistico. 3C - Certificazione delle piante Il settore del materiale vivaistico relativo alla moltiplicazione delle piante da frutto prevede un sistema di certificazione comunitario che si affianca alla CAC (Conformitas Agraria Communitatis).
luppo dell’apparato radicale e l’attecchimento delle piante. 4A - Concimazione di impianto In occasione della lavorazione del terreno precedente l’impianto è possibile eseguire una concimazione di fondo impiegando ammendanti organici e fertilizzanti minerali fosfatici e potassici. 4B - Epoca ed esecuzione Il periodo migliore per l’impianto varia a seconda delle specie: per le caducifoglie in autunno, subito dopo la caduta delle foglie in vivaio; per le specie sempreverdi (olivo, agrumi) l’epoca della messa a dimora è più ampia e dipende dalle caratteristiche pedoclimatiche della zona e dalla presenza o meno dell’impianto irriguo.
5 - Predisposizione dell’impianto 5A - Distanza e geometria d’impianto Per la messa a dimora delle piantine è necessario impostare le distanze di impianto e l’orientamento dei filari. La disposizione delle piante e quindi delle buche o delle trincee avviene secondo criteri geometrici che danno luogo ai sesti d’impianto. 5B - Strutture e corredi d’impianto Dopo la sistemazione, preparazione, concimazione del terreno e il tracciamento dei filari, bisogna mettere in opera le strutture e i corredi d’impianto (impianto d’irrigazione, strutture di sostegno, reti ombreggianti o antigrandine). 5C - Picchettamento e messa a dimora delle piante Il picchettamento e la messa a dimora richiedono, rispettivamente, di: a) fissare alla distanza prevista i punti sull’appezzamento in cui saranno messe a dimora le piante; b) realizzare gli scavi d’impianto da eseguire a buche oppure a trincee, impiegando trivelle o piccoli escavatori meccanici oppure da eseguire a mano.
6 - Interventi di gestione del terreno
4 - Impianto: sistemazione e preparazione La gestione ordinaria del frutteto prevede la programmazione di una serie di interventi agronomici finalizzadel terreno La sistemazione del terreno ha lo scopo di assicurare il corretto deflusso delle acque meteoriche per evitare il rischio di asfissia delle radici delle piante. Si realizza mediante un sistema di fossi e scoline, eventualmente integrato o sostituito da reti di drenaggio sotterraneo. La lavorazione del terreno ha l’obiettivo di creare le migliori condizioni per lo svi-
ti sia ad assicurare una sana e vigorosa crescita delle piante nel tempo sia a mantenere un idoneo equilibrio vegeto-produttivo indispensabile per ottenere un raccolto ottimale dal punto vista qualitativo e quantitativo. 6A - Lavorazioni meccaniche Nel frutteto, le macchine impiegate per la lavorazione del terreno sono: erpici a dischi, fresatrici o estirpa-
rboree Erbacee 106 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 tori. Per evitare di danneggiare le piante con i mezzi meccanici, nella lavorazione del terreno sulla fila possono essere impiegate apposite zappatrici o fresatrici interceppi munite di bracci tastatori. 6B - Inerbimento La pratica agronomica dell’inerbimento è importante nelle zone a elevata piovosità, per ridurre l’erosione del terreno in collina e per la razionale gestione agronomica del suolo. L’inerbimento del frutteto può essere totale, se eseguito su tutta la superficie del terreno oppure parziale, se presente solo nell’interfila. Per quanto riguarda la durata nel tempo, l’inerbimento è detto temporaneo se viene rinnovato periodicamente (di norma ogni anno) oppure permanente se non viene mai rinnovato. Il manto erboso può essere: naturale, costituito da flora spontanea; artificiale, costituito da specie erbacee seminate. 6C - Pacciamatura La pacciamatura è una tecnica alternativa alle lavorazioni e al diserbo lungo la fila, che permette di controllare le infestanti. Può essere effettuata con vari materiali: dal compost di residui solidi urbani, all’erba tagliata e lasciata lungo il filare; dai residui di cortecce al più comune film di polietilene. 6D - Diserbo chimico Un’alternativa al diserbo meccanico, all’inerbimento e alla pacciamatura è rappresentata dal diserbo chimico. 6E - Pirodiserbo In agricoltura, la tecnica del pirodiserbo permette di ridurre l’utilizzo di diserbanti chimici contribuendo così a migliorare la salubrità dei frutti e la sostenibilità dei processi produttivi. 6F - Gestione idrica In frutticoltura, l’irrigazione ha principalmente lo scopo di rispondere alle esigenze idriche delle piante. 6G - Fabbisogno idrico delle piante Il fabbisogno idrico delle piante cambia notevolmente in relazione a diversi fattori: 1) la specie di appartenenza; 2) l’età delle piante; 3) il periodo dell’anno. 6H - Deficit idrico controllato È una tecnica di gestione dell’irrigazione che consiste nell’erogare una quantità di acqua inferiore a quella necessaria alla coltura, in modo da controllare l’attività vegetativa della pianta.
6I - Sistemi irrigui Il sistema di irrigazione del frutteto più diffuso è quello per microirrrigazione sottochioma. A seconda della tipologia di erogatore impiegato si distinguono due differenti sistemi di microirrigazione: 1) sistemi a goccia (drip irrigation); 2) sistemi di irrigazione a spruzzo (microjet).
7 - Concimazione del frutteto Il fabbisogno nutrizionale delle piante da frutto e la relativa tecnica di somministrazione dei nutrienti variano nel tempo in rapporto sia agli stadi del ciclo vitale sia agli stadi fenologici che si susseguono nel corso dell’anno. Durante il ciclo annuale la domanda di nutrienti è relativamente continua, sebbene più elevata nel periodo primaverile e durante la fase di ingrossamento dei frutti. 7A - Concimazione di produzione Generalmente la concimazione di produzione viene frazionata in due momenti: in inverno e in primavera. 7B - Piano di concimazione Il piano di concimazione è il risultato di un bilancio tra i seguenti parametri: disponibilità degli elementi nutritivi nel suolo; fabbisogni nutrizionali della pianta; perdite complessive subite dal sistema terreno-pianta nell’anno.
8 - Allevamento e potatura Per conferire alle giovani piantine la forma desiderata si ricorre alla potatura di allevamento, riservando il termine di potatura di produzione a interventi, annuali o periodici, che servono a mantenere in equilibrio vegetazionale le piante e a intensificarne la produzione. Le forme di allevamento possono essere distinte in due grandi gruppi: 1) forme in volume; 2) forme in parete.
9 - Potatura Con il termine potatura si intendono tutte le operazioni di taglio, di manipolazione della parte aerea e, talvolta, dell’apparato radicale finalizzate a promuovere lo sviluppo della pianta, attribuire una forma di allevamento, abbreviare la fase improduttiva e ottenere elevate rese con costante qualità del prodotto. La potatura di allevamento è praticata su alberi giovani per orientare lo sviluppo della pianta, impostare la
Mappe di riepilogo 107 Erbacee 107 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 3 forma voluta e renderla adatta agli impianti intensivi. La potatura di produzione, invece, è eseguita gradualmente su alberi adulti per assicurare l’equilibrio vegeto-produttivo. 9A - Basi fisiologiche della potatura La potatura di produzione serve a mantenere la pianta in equilibrio, a ottimizzare la produzione sia per quantità che per qualità ed ad assicurare una fase produttiva abbastanza duratura nel tempo. 9B - Epoca di potatura La potatura di produzione ordinaria è eseguita di solito durante il periodo di riposo vegetativo delle piante. Gli interventi effettuati durante la fase di attività vegetativa della pianta sono detti di potatura verde. Attualmente, in frutteti altamente specializzati, si può praticare la potatura meccanizzata.
10 - Difesa del frutteto e raccolta della produzione La difesa della produzione dai parassiti insieme alle operazioni di raccolta rappresentano per l’azienda frutticola fattori determinanti per limitare i costi di produzione e per assicurare la migliore qualità da immettere sul mercato. 10A - La difesa integrata del frutteto La lotta integrata è un sistema di controllo degli organismi dannosi per una coltura, che consiste nell’uso razionale e ottimale di tutte le tecniche di difesa disponibili e combinate tra loro, siano esse di natura biologica, chimica, fisica o agronomica, al fine di mantenere le popolazioni di patogeni, parassiti e malerbe al di sotto di una densità tale da non provocare un danno economico. Le tecniche di difesa alle quali si ricorre sono: agronomiche, fisiche, meccaniche, biologiche, biotecnologiche, chimiche. 10B - Raccolta e qualità della produzione La raccolta della frutta è uno dei principali costi di produzione delle specie frutticole. Oggi si stanno diffondendo moderni impianti frutticoli allevati in modo da adattarsi alla raccolta meccanizzata. La raccolta manuale è per lo più eseguita da terra o con l’ausilio
di piccole scale. La produttività del lavoro è influenzata da molti fattori tra cui: la specie, le dimensioni delle piante e la carica produttiva. 10C - Il giusto momento per la raccolta Per individuare il momento giusto per la raccolta è importante conoscere quali indici di maturazione considerare per il tipo di frutta da raccogliere. Vi sono diversi parametri che variano a seconda della specie frutticola e della varietà. 10D - Requisiti di qualità per la commercializzazione della frutta La frutta destinata alla vendita allo stato fresco deve rispettare specifiche norme di commercializzazione. 10E - Fase di post-raccolta della frutta Nelle fasi di post-raccolta, la frutta è sottoposta a una serie di lavorazioni e trattamenti che hanno lo scopo di mantenere e migliorare la qualità del prodotto frutticolo.
11 - Epoca e modalità di raccolta È importante che la frutta sia stata raccolta al giusto momento di maturazione. Una raccolta anticipata o ritardata potrebbe infatti causare inconvenienti, come favorire attacchi fungini durante la frigoconservazione e durante la shelf-life. 11A - Conferimento al centro di lavorazione Per i prodotti deperibili è necessario ridurre il tempo che intercorre dal momento della raccolta a quello della lavorazione. 11B - Trattamenti post-raccolta Nei centri di lavorazione, i prodotti frutticoli sono sottoposti ai seguenti trattamenti e operazioni: pulitura e lavaggio, cernita, calibratura, ceratura, trattamenti di difesa, imballaggio, pre-refrigerazione. 11C - Tecniche di conservazione La conservazione dei prodotti frutticoli avviene in apposite celle frigorifere all’interno delle quali vengono utilizzati mezzi fisici quali: atmosfera controllata tradizionale e basso livello di O2, atmosfera dinamica.
rboree Erbacee 108 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 CAPITOLO 4: COLTURE ARBOREE SARMENTOSE Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A
ASPETTI INTRODUTTIVI
2 VITE A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
B
CLASSIFICAZIONE BOTANICA
C
VITI AMERICANE DEI CLIMI TEMPERATI
D
VITI EUROPEO-ASIATICHE
E
VITI ASIATICO-ORIENTALI
3 MORFOLOGIA E BIOLOGIA DELLA VITE COLTIVATA
A
SISTEMA RADICALE
B
FUSTO E TRALCI
C
GERMOGLIO
D
FOGLIE
E
FIORI
F
FRUTTO
continua
Mappe di riepilogo 109 Erbacee 109 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 4
B
FISIOLOGIA, FENOLOGIA E COLTIVAZIONE A
B
PORTINNESTI
VIVAIO DI PIANTE MADRI
5 ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE
6 IMPIANTO E ALLEVAMENTO
A
B
POTATURA SECCA E ALLEVAMENTO
POTATURA VERDE
7 GESTIONE DEL SUOLO A
B
FERTILIZZAZIONE
IRRIGAZIONE
8 RACCOLTA DELLA PRODUZIONE A
B
AVVERSITÀ
ASPETTI QUALITATIVI PER L’UVA DA VINO
9 UVA DA TAVOLA: QUALITÀ E PRODUZIONE 10 IMPIANTO DEL TENDONE
continua
rboree Erbacee 110 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 11
C
ACTINIDIA O KIWI A
IMPORTANZA ECONOMICA, DIFFUSIONE E CLASSIFICAZIONE BOTANICA
B
MORFOLOGIA E BIOLOGIA
C
FISIOLOGIA E FENOLOGIA
D
COLTIVAZIONE DELL’ACTINIDIA
E
IMPIANTO E ALLEVAMENTO
12 TECNICA COLTURALE A
CONCIMAZIONE
B
GESTIONE DEL SUOLO
C
IRRIGAZIONE
D
DIRADAMENTO
E
CULTIVAR
13 RACCOLTA E ASPETTI QUALITATIVI
14 RIFERIMENTI LEGISLATIVI PER LA COMMERCIALIZZAZIONE DELL’ACTINIDIA
Mappe di riepilogo 111 Erbacee 111 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 1 - Aspetti introduttivi In botanica viene definita sarmentosa una pianta che presenta rami molto flessibili, con portamento prostrato, ricadente o rampicante. La vite e l’actinidia rappresentano due realtà importanti per la frutticoltura italiana.
2 - La vite 2A - Importanza economica e diffusione La vite è una delle piante coltivate più importanti al mondo e rappresenta uno dei simboli della nostra cultura agricola. 2B - Classificazione botanica La vite oggi coltivata appartiene alla specie Vitis vinifera o Vite europea; anche altre specie di vite, in particolare le specie americane e i loro ibridi, hanno una notevole importanza in quanto utilizzate come portinnesti (Vitis riparia, V. berlandieri, V. rupestris). 2C - Viti americane dei climi temperati Vi appartengono specie con generale attitudine uvifera, più o meno resistenti al freddo invernale, alla peronospora e alla fillossera. 2D - Viti europeo-asiatiche Sono tipiche dei climi temperati o temperato-freddi e originarie dell’Asia. 2E - Viti asiatico-orientali Alcune di esse sono sensibili alla fillossera e al calcare, ma resistenti alle malattie fungine.
3 - Morfologia e biologia della vite coltivata La vite è una pianta arbustiva sarmentosa in quanto i fusti non sono in grado di elevarsi autonomamente e, quindi, hanno bisogno di sostegno. 3A - Sistema radicale L’espansione dell’apparato radicale, oltre che dal portinnesto, dipende dal terreno, dal clima, dalla varietà innestata e dalla forma di allevamento. 3B - Fusto e tralci La parte aerea e lignificata della pianta di vite si articola in un asse principale (fusto o ceppo) dal quale si diramano gli assi secondari (branche o branchette) fino ai rami di un anno (tralci), dalle cui gemme si sviluppano i germogli che portano le foglie, i fiori e i grappoli.
3C - Germoglio Definito anche tralcio dell’anno, è l’elemento vero e proprio che costituisce la chioma della vite. Il germoglio propriamente detto si sviluppa da una gemma ibernante inserita su un ramo di un anno. Nella vite non si distinguono gemme a fiore e gemme a legno, ma solo gemme miste. Le gemme della vite si suddividono in: a) gemme pronte; b) gemme ibernanti (o dormienti); c) gemme latenti. Il germoglio di vite, se è uvifero, porta diversi organi: 1) le foglie; 2) i cirri (detti anche viticci ) o i grappoli nella stessa posizione; 3) le gemme (dormienti e pronte); 4) le femminelle. 3D - Foglie Le foglie della vite sono una per nodo, opposte e alterne. 3E - Fiori I fiori di vite sono riuniti in una infiorescenza a racemo (o grappolo composto), inserita sul nodo in posizione opposta alla foglia. 3F - Frutto Il frutto della vite è una bacca.
4 - Fisiologia, fenologia e coltivazione Il ciclo inizia in primavera. Dopo circa 7-8 giorni, quando le gemme appaiono rigonfie, inizia il germogliamento. Segue l’allungamento del germoglio e la comparsa delle foglie e dei grappolini. Allo stadio di circa 16 foglie avviene la fioritura, cui segue la fecondazione e l’allegagione. Quando i fiori non vengono fecondati ha luogo la colatura (o cascola fiorale). Avvenuta la fecondazione, dopo 40-50 giorni si ha l’invaiatura. Il periodo aprile-settembre condiziona la maturazione. 4A - Portinnesti I portinnesti della vite sono degli ibridi tra RipariaRupestris, Rupestris-Berlandieri, Riparia-Berlandieri, inizialmente detti americani e, successivamente, ibridi europeo-americani; sono resistenti alla fillossera. 4B - Vivaio di piante madri Le piante madri (da cui ricavare i futuri soggetti da innestare) sono allevate in appositi vivai. Esse devono formare tralci in abbondanza poiché è da essi che si prelevano le talee da far radicare.
5 - Esigenze climatiche e pedologiche La vite può essere coltivata nella maggior parte dei terreni grazie all’impiego di idonei portinnesti, la cui scelta è importante per l’adattamento della coltura
rboree Erbacee 112 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 alle diverse condizioni pedologiche. Sono da evitare i suoli eccessivamente compatti e quelli salini.
6 - Impianto e allevamento Il vigneto può essere impiantato in tutto il periodo autunno-vernino, su suolo precedentemente preparato, nel quale siano state presenti, di preferenza e per qualche anno, colture erbacee. La messa a dimora delle barbatelle può avvenire a fine autunno o a fine inverno-inizio primavera. Le densità di piantagione variano moltissimo in dipendenza dalla forma di allevamento e, quindi, dell’ambiente pedoclimatico. 6A - Potatura secca e allevamento Con la potatura è possibile attribuire alla pianta differenti forme di allevamento; tale pratica è eseguita annualmente nel periodo di riposo vegetativo, per questo viene detta potatura secca. Le forme di allevamento hanno l’obiettivo di stabilire e mantenere un equilibrio ottimale fra coltura e ambiente, per ottenere i migliori risultati economici e qualitativi possibili. Le forme di allevamento più diffuse in Italia sono GDC - Geneva Double Curtain o doppia cortina, Guyot, casarsa, cordone libero, Sylvoz, cordone speronato. 6B - Potatura verde Consiste in una serie di operazioni mirate al controllo degli organi verdi della vite durante la stagione vegetativa in primavera-estate. È realizzata con operazioni (in gran parte meccanizzabili) le più comuni delle quali consistono in: spollonatura, scacchiatura, legatura e cimatura dei germogli, sfogliatura e diradamento dei grappoli.
7 - Gestione del suolo La gestione del suolo comprende tutte pratiche agronomiche finalizzate a ridurre la competizione indotta dalle erbe infestanti e mantenere così il suolo in condizioni ottimali alla crescita della vite. È sempre più frequente la pratica dell’inerbimento totale dei vigneti. 7A - Fertilizzazione La concimazione di fondo si effettua prima dell’aratura, per distribuire potassio, fosforo e sostanza organica. Segue la concimazione di allevamento per il giovane vigneto. Successivamente si passa alla concimazione di produzione per favorire la fase vegeto-produttiva di ciascun anno, utilizzando concimi organici, minerali e organo-minerali.
7B - Irrigazione La vite è una pianta che tollera la siccità, tuttavia nelle aree viticole italiane dove le precipitazioni sono insufficienti per fare fronte alle richieste idriche del vigneto si ricorre all’irrigazione basata sull’applicazione di volumi irrigui contenuti, finalizzati ad evitare stress idrici troppo prolungati.
8 - Raccolta della produzione Il fattore qualità impone adeguate scelte in merito all’epoca di raccolta. La raccolta meccanica si sta molto diffondendo. 8A - Avversità Le principali avversità vegetali della vite sono: peronospora, oidio, muffa grigia, escoriosi, mal dell’esca; tra i parassiti animali: acari, tignole e cicaline, oltre a virus e micoplasmi. 8B - Aspetti qualitativi per l’uva da vino Il momento migliore in cui iniziare la raccolta delle uve può essere valutato mediante campionamenti periodici di alcuni importanti parametri quali: il peso della bacca, il grado zuccherino, il pH e l’acidità. La tecnica più usata è il campionamento per bacche, nel periodo che intercorre tra l’invaiatura e la maturazione. In funzione del vitigno e del processo tecnologico adottato si dovrà decidere il momento ottimale della raccolta.
9 - Uva da tavola: qualità e produzione L’uva da tavola è classificata nelle seguenti categorie: 1) Categoria “Extra”; 2) Categoria I; 3) Categoria II. Le cultivar vengono distinte in base all’epoca di maturazione in: precocissime, precoci, di 1a epoca, di 2a epoca, di 3a epoca, tardive.
10 - Impianto del tendone Il sistema più completo di allevamento della vite per la produzione dell’uva da tavola è il tendone a doppio impalco, predisposto per la protezione integrale dei grappoli.
11 - Actinidia o kiwi 11A - Importanza economica, diffusione e classificazione botanica L’Italia è il primo produttore di kiwi in ambito europeo. Le coltivazioni nazionali sono concentrate nelle regioni centro-settentrionali. Il genere Actinidia comprende oltre 60 specie eduli, tra cui le più importanti sono: Actinidia deliciosa e A. chinensis.
Mappe di riepilogo 113 Erbacee 113 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 4 11B - Morfologia e biologia L’actinidia è una pianta arbustiva, lianosa e decidua. I rami a frutto sono chiamati tralci. Le gemme possono essere sia miste sia a legno. L’actinidia è una pianta dioica. Il frutto è una bacca ovale più o meno allungata.
12B - Gestione del suolo La tecnica migliore è l’inerbimento totale.
11C - Fisiologia e fenologia A seconda degli ambienti, le piante iniziano il germogliamento dai primi di marzo alla fine dello stesso mese. La fioritura si verifica fra maggio e la prima decade di giugno. L’impollinazione è sia entomofila che anemofila.
12D - Diradamento Si consiglia di lasciare non più di quattro frutti per germoglio fertile.
11D - Coltivazione dell’actinidia L’actinidia preferisce terreni acidi e ricchi di sostanza organica, ma si adatta a tutti i tipi di terreno, tranne a quelli pesanti, caratterizzati da ristagno idrico e da contenuti elevati di calcare attivo. Preferisce i climi temperato-caldi. 11E - Impianto e allevamento Le piante sono poste a dimora nel tardo autunno o alla fine dell’inverno (febbraio-marzo) a radice nuda. L’actinidia viene allevata generalmente a pergoletta doppia. Al Centro-Sud Italia è spesso allevata a tendone. Nei nuovi impianti si sta sperimentando una forma di allevamento derivata dal GDC.
12C - Irrigazione Il metodo irriguo più adatto è quello a microjet.
12E - Cultivar Le principali varietà coltivate sono: Hayward, Summer 3373, Green Light, Bo-Erica, Jintao, Soreli, Hort16A.
13 - Raccolta e aspetti qualitativi La raccolta dell’actinidia avviene da settembre a novembre, a seconda della precocità della cultivar. Il momento ottimale per iniziare la raccolta è definito tramite la valutazione del residuo secco rifrattometrico (RSR) e la durezza della polpa.
12 - Tecnica colturale
14 - Riferimenti legislativi per la commercializzazione dell’actinidia
12A - Concimazione L’actinidia è una coltura relativamente esigente in fatto di concimazione.
Le disposizioni di qualità per i kiwi e relativa commercializzazione sono stabilite da apposita regolamentazione.
rboree Erbacee 114 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 5 CAPITOLO 5: OLIVICOLTURA Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A
ASPETTI INTRODUTTIVI
2 PATRIMONIO A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
PAESAGGISTICO E PRODUZIONE
B
CLASSIFICAZIONE BOTANICA
3 MORFOLOGIA E BIOLOGIA A
RADICI E COLLETTO
B
FUSTO
C
CHIOMA
D
FOGLIE
E
GEMME, FIORI E INFIORESCENZE
F
FRUTTO
4 FISIOLOGIA E FENOLOGIA
5 PROPAGAZIONE
continua
Mappe di riepilogo 115 Erbacee 115 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 5 6
B
COLTIVAZIONE DELL’OLIVO A
ESIGENZE CLIMATICHE, PEDOLOGICHE E NUTRIZIONALI
B
IMPIANTO
C
DISTANZE E SESTO
D
TECNICA DI PIANTAGIONE
E
IMPIANTI SUPERINTENSIVI A FILARE
F
FORME DI ALLEVAMENTO
G
POTATURA
H
POTATURA DI ALLEVAMENTO
I
POTATURA DI PRODUZIONE
L
POTATURA MECCANICA
7 GESTIONE DEL SUOLO A
CONCIMAZIONE
B
IRRIGAZIONE
8 RACCOLTA E MECCANIZZAZIONE A
RACCOLTA DEL PRODOTTO
B
MANIPOLAZIONE E TRASPORTO DELLE OLIVE
9 CULTIVAR 10 AVVERSITÀ 11 ASPETTI QUALITATIVI
rboree Erbacee 116 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 5 1 - Aspetti introduttivi L’olivo è una pianta secolare tipica del paesaggio agricolo del Mediterraneo.
2 - Patrimonio paesaggistico e produzione All’importanza storica ed economica dell’olivo si associa la valenza paesaggistica che contraddistingue il paesaggio mediterraneo. Il patrimonio olivicolo italiano attualmente comprende oltre 500 cultivar, tipica espressione delle diverse realtà territoriali. 2A - Importanza economica e diffusione La coltivazione dell’olivo è diffusa in tutto il Pianeta, ma è concentrata soprattutto nei Paesi del bacino del Mediterraneo, tra i quali emergono la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia. 2B - Classificazione botanica L’olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae, con 31 specie tra cui Olea europaea L., subspecie europaea (= O. europaea L. var. sativa Lehr.) che comprende le varietà di olivo coltivate.
3 - Morfologia e biologia L’olivo è una specie arborea molto longeva, con piante sempreverdi che possono raggiungere e superare i 10 m di altezza. 3A - Radici e colletto Le caratteristiche dell’apparato radicale variano in funzione della natura dell’albero e delle condizioni del suolo. L’apparato radicale raggiunge normalmente 1 metro di profondità, con 2 o 3 grosse radici che si sviluppano verticalmente per favorire l’approvvigionamento idrico. 3B - Fusto Nelle piante adulte il fusto è generalmente contorto, gibboso e rugoso. 3C - Chioma La chioma è di norma globiforme e basitona. 3D - Foglie Le foglie sono persistenti fino a 3 anni e sono portate sul ramo in posizione opposta. 3E - Gemme, fiori e infiorescenze Le gemme sono di tre tipi: apicali, ascellari e avventizie. In merito all’epoca di vegetazione, le gemme si distinguono in: ibernanti; pronte; latenti. Sono presenti gemme a legno, gemme a fiore, gemme miste. L’infio-
rescenza dell’olivo è detta mignola. È spesso necessaria l’impollinazione incrociata per ottenere buone produzioni nelle varietà che manifestano problemi di parziale o totale autoincompatibilità. 3F - Frutto Il frutto è una drupa.
4 - Fisiologia e fenologia Il ciclo fenologico dell’olivo inizia a fine inverno, in un periodo variabile a seconda delle caratteristiche ambientali del luogo, dell’altitudine e della latitudine. In genere, dalla metà di agosto i processi di sintesi e accumulo dell’olio si intensificano e proseguono fino alla metà di ottobre. Nelle settimane successive il peso della drupa continua ad aumentare ma con un ritmo sempre più rallentato. Al termine dello sviluppo si ha l’invaiatura, cioè il progressivo cambiamento di colore delle drupe.
5 - Propagazione I metodi di propagazione agamica attualmente utilizzati nel vivaismo per la moltiplicazione di cultivar e cloni sono l’innesto e l’autoradicazione.
6 - Coltivazione dell’olivo 6A - Esigenze climatiche, pedologiche e nutrizionali Le zone di maggiore diffusione dell’olivo presentano inverni miti ed estati calde e asciutte. Predilige la collina, ma prospera bene in pianura ed è esigente in fatto di luce. È tollerante in fatto di suolo, rifuggendo però da quelli molto compatti o con ristagni idrici prolungati. 6B - Impianto In un moderno oliveto la condizione primaria per un buon risultato economico-produttivo è la meccanizzazione delle operazioni colturali, specialmente la raccolta. È importante che le piante siano in grado di intercettare la massima quantità di energia radiante, con una corretta espansione della chioma ed evitando l’ombreggiamento reciproco. 6C - Distanze e sesto Per quanto concerne la densità di piantagione si deve tenere conto dello sviluppo finale delle piante e del loro ritmo di accrescimento. 6D - Tecnica di piantagione Prima dell’impianto occorre eliminare i residui vegetali delle colture precedenti. Successivamente si
Mappe di riepilogo 117 Erbacee 117 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 5 esegue, se necessario, il livellamento del terreno. È importante la regimazione dell’acqua sia in superficie sia in profondità. La concimazione di fondo e la lavorazione del terreno vanno eseguite nell’estate precedente alla messa a dimora delle piante. Il periodo di piantagione per l’Italia Centrale, a inverno freddo, è la primavera. Nelle zone in cui non c’è il pericolo di freddi invernali è bene eseguire la piantagione in autunno. Contemporaneamente alla messa a dimora può essere installato l’impianto di irrigazione. 6E - Impianti superintensivi a filare Negli impianti superintensivi a filare sono utilizzate varietà a sviluppo limitato, quali Arbequina, Arbosana, Koroneiki. Sono impianti caratterizzati da portamento compatto, accrescimento contenuto e rapida entrata in produzione. Le distanze raccomandate sono di 4 x 1,5 m sulla fila. 6F - Forme di allevamento La forma di allevamento deve adattare la pianta alle tecniche colturali compiute con mezzi meccanici, come le lavorazioni, la raccolta e, in parte, anche la potatura. Le forme di allevamento, nella loro forma geometrica, sono distinte in: a vaso, a globo, ad asse verticale, a parete. 6G - Potatura La potatura dell’olivo viene effettuata per ottenere una buona produttività e una fruttificazione precoce, regolare ed economica. 6H - Potatura di allevamento Viene attuata mediante varie pratiche, quali cimatura, raccorciamento, asportazione e inclinazione di germogli, branchette e rami. Durante la fase di allevamento, la potatura deve essere ridotta al minimo per favorire la rapida creazione di una struttura scheletrica robusta e funzionale.
ben drenati. La gestione del suolo può essere realizzata con tre differenti tecniche: 1) inerbimento, totale o parziale; 2) suolo nudo con lavorazioni superficiali; 3) suolo nudo non lavorato e controllo delle infestanti con erbicidi. 7A - Concimazione Durante i primi quattro anni dell’oliveto si esegue la concimazione di allevamento. La concimazione di produzione viene effettuata dal momento in cui la pianta ha completato la prima fase di crescita (5°-6° anno). 7B - Irrigazione I vantaggi dell’irrigazione nell’oliveto consistono in una rapida crescita durante la fase di allevamento, una precoce entrata in produzione, un aumento della produzione e una diminuzione dell’alternanza di produzione.
8 - Raccolta e meccanizzazione Per individuare il periodo ottimale di raccolta delle olive da olio, gli indici più affidabili sono la forza di distacco, l’indice di invaiatura e la consistenza della polpa. La raccolta può essere eseguita manualmente o con mezzi meccanici. La meccanizzazione assume un importante ruolo nell’olivicoltura, soprattutto per quanto riguarda la riduzione del costo di produzione. 8A - Raccolta del prodotto La raccolta delle olive può essere eseguita a mano, raccogliendo i frutti tramite reti di materiale sintetico di varia fittezza e dimensione, oppure può avvenire con dispositivi semimeccanizzati o completamente meccanizzati. 8B - Manipolazione e trasporto delle olive È importante che il trasporto delle olive all’impianto di estrazione e la successiva lavorazione avvengano il più presto possibile, entro 24-48 ore dalla raccolta.
6I - Potatura di produzione Con la potatura di produzione vengono mantenute le dimensioni raggiunte dalla pianta, puntando a una fruttificazione elevata e regolare nel tempo, nel pieno rispetto della forma di allevamento.
9 - Cultivar
6L - Potatura meccanica La potatura meccanica consiste nell’impiego di macchine dotate di una barra di taglio costituita da 4-5 dischi che ruotano ad alta velocità.
Numerose sono le avversità che possono compromettere la coltura, la produzione delle olive e la qualità dell’olio estratto.
7 - Gestione del suolo
La qualità dell’olio d’oliva trae le sue origini dalla scelta delle cultivar e dalle relative pratiche colturali, compresa la difesa fitosanitaria.
Per ottenere i migliori risultati di coltivazione è necessario che l’impianto sia realizzato in terreni idonei,
Secondo uno studio della FAO, su 396 cultivar di olivo il 18,9% sono autofertili, il 17,2% sono parzialmente autofertili, mentre il 63,9% sono autosterili.
10 - Avversità
11 - Aspetti qualitativi
rboree Erbacee 118 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 CAPITOLO 6: COLTURE ARBOREE POMACEE Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A A
SIGNIFICATO E IMPORTANZA DEI CLUB VARIETALI
ASPETTI INTRODUTTIVI
B
SCHEDA VARIETALE
2 MELO A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
B
CLASSIFICAZIONE BOTANICA
C
MORFOLOGIA E BIOLOGIA
D
RADICI E COLLETTO
E
FUSTO, RAMI E GEMME
F
FOGLIE
G
FIORI
H
FRUTTO
3 FISIOLOGIA E FENOLOGIA 4 PROPAGAZIONE E PORTINNESTI 5 COLTIVAZIONE DEL MELO A
ESIGENZE CLIMATICHE, PEDOLOGICHE E NUTRIZIONALI
B
IMPIANTO
C
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
D
POTATURA E DIRADAMENTO
continua
Mappe di riepilogo 119 Erbacee 119 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 6
B
GESTIONE DEL SUOLO A
CONCIMAZIONE DI FONDO
B
CONCIMAZIONE DI ALLEVAMENTO
C
CONCIMAZIONE DI PRODUZIONE
D
IRRIGAZIONE
7 RACCOLTA E CONSERVAZIONE A
AVVERSITÀ
B
CULTIVAR
C
ASPETTI QUALITATIVI
D
CLASSIFICAZIONE
8 A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
PERO
B
CLASSIFICAZIONE BOTANICA
9 MORFOLOGIA E BIOLOGIA A
FOGLIE, GEMME E RAMI
B
FIORE E FRUTTO
C
PERE ASIATICHE – NASHI
10 FISIOLOGIA E FENOLOGIA A
PROPAGAZIONE
B
PORTINNESTI
continua
rboree Erbacee 120 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 11
C
COLTIVAZIONE DEL PERO A
ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE
B
IMPIANTO
C
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
D
POTATURA
12 GESTIONE DEL SUOLO A
CONCIMAZIONE
B
FERTIRRIGAZIONE E CONCIMAZIONE FOGLIARE
C
IRRIGAZIONE
13 RACCOLTA E ASPETTI QUALITATIVI VARIETALI
14 AVVERSITÀ
15 CULTIVAR
16 CLASSIFICAZIONE
Mappe di riepilogo 121 Erbacee 121 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 1 - Aspetti introduttivi
4 - Propagazione e portinnesti
Appartengono alle Pomacee diverse specie arboree frutticole (azzeruolo, cotogno, melo, nashi, nespolo comune, nespolo del Giappone, pero, sorbo domestico).
La propagazione del melo avviene normalmente per via agamica, attraverso l’innesto, al fine di garantire una discendenza omogenea e identica alla pianta di partenza. La propagazione gamica (per seme) si usa nel miglioramento genetico e nella produzione di portinnesti franchi. Alcune combinazioni tra portinnesti e varietà possono dare luogo a fenomeni di disaffinità d’innesto.
1A - Significato e importanza dei Club varietali Il Club varietale è uno strumento mediante il quale viene diffusa una nuova varietà seguendo programmi ben definiti e controllati di ricerca e sviluppo, produzione e commercializzazione. 1B - Scheda varietale La scheda varietale è la carta d’identità di una varietà e ne riepiloga tutte le caratteristiche identificative.
2 - Melo 2A - Importanza economica e diffusione La mela è il frutto più diffuso nelle zone temperate del mondo, con una produzione in costante aumento. 2B - Classificazione botanica Il melo appartiene alla famiglia Rosaceae, alla sottofamiglia Pomoideae e al genere Malus. 2C - Morfologia e biologia Il melo è una specie arborea caducifoglia abbastanza longeva. 2D - Radici e colletto Hanno uno sviluppo tendenzialmente superficiale. 2E - Fusto, rami e gemme L’angolo di inserzione delle branche e dei rami nonché la loro vigoria determina la forma della chioma e il portamento della pianta. Le gemme sono a legno o miste, portate da rami misti, brindilli, lamburde e borse. 2F - Foglie Sono alterne, hanno piccioli raccorciati e lamina ovale. 2G - Fiori Si sviluppano da una gemma mista che crea una infiorescenza, chiamata corimbo, e un germoglio. 2H - Frutto Il frutto è un pomo (falso frutto).
3 - Fisiologia e fenologia Il ciclo fenologico del melo inizia con la ripresa vegetativa primaverile, che per la maggior parte delle cultivar avviene al soddisfacimento di un fabbisogno in freddo da circa 400 a circa 1.000-1.200 ore, a una temperatura uguale o inferiore a + 7,2 °C.
5 - Coltivazione del melo 5A - Esigenze climatiche, pedologiche e nutrizionali Il melo presenta una elevata adattabilità ai diversi ambienti di coltivazione. Predilige climi temperatofreschi, resistendo al freddo anche a causa della ritardata epoca di fioritura. I terreni ideali per la coltura del melo sono: sciolti, di medio impasto, ben drenati, mediamente ricchi di scheletro. 5B - Impianto La lavorazione del terreno viene eseguita a varie profondità, in funzione della natura del suolo e della coltura precedente. 5C - Forme e sistemi di allevamento La scelta della forma di allevamento è importante per ottenere: buona e costante produttività, precoce entrata in produzione, adeguata qualità della frutta, riduzione delle ore lavorative/ha. La densità di impianto è in funzione della varietà, del portinnesto e delle caratteristiche del terreno. 5D - Potatura e diradamento La pianta di melo passa attraverso quattro fasi di vita: fase giovanile, fase di entrata in produzione, fase di piena produzione e fase di produzione decrescente. La potatura, dunque, avviene con tecniche e modalità differenti a seconda dell’età della pianta. Il diradamento dei frutti consente di ottenere produzioni di qualità, con buona pezzatura.
6 - Gestione del suolo In genere i meleti vengono gestiti mediante l’inerbimento parziale del terreno. 6A - Concimazione di fondo La razionale concimazione di fondo deve essere eseguita tenendo conto dell’analisi chimico-fisica del suolo e ha la funzione di portare la fertilità a livelli adeguati per un buono sviluppo futuro delle piante.
rboree Erbacee 122 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 6B - Concimazione di allevamento In questa fase, si deve favorire lo sviluppo delle giovani piante che devono completare rapidamente la struttura scheletrica contenendo, però, l’eccessiva attività vegetativa dei germogli. 6C - Concimazione di produzione Per una produzione di 35-40 t/ha di mele si apportano ogni anno circa 80-120 kg/ha di N, 40-60 kg/ha di P2O5, 130-160 kg/ha di K2O, 15-20 kg/ha di MgO. 6D - Irrigazione A seconda delle zone di coltivazione, l’irrigazione riveste una importanza più o meno rilevante. In generale, un corretto apporto idrico permette di migliorare sia la resa dal punto di vista quantitativo e qualitativo, sia i caratteri organolettici del frutto.
7 - Raccolta e conservazione L’epoca ottimale di raccolta delle mele è un compromesso tra due requisiti importanti: la qualità organolettica, che aumenta progressivamente con l’avanzamento della maturazione, e l’idoneità alla lunga conservazione. 7A - Avversità Il melo è soggetto a numerose avversità di natura biotica e abiotica che possono colpire non solo la pianta e i frutti in campo, ma anche le mele in fase di conservazione. 7B - Cultivar L’assortimento varietale è in continuo adattamento rispetto alla domanda dei mercati, in parte per sostituire le cultivar di interesse decrescente e in parte per incentivare la domanda di un nuovo prodotto. 7C - Aspetti qualitativi Attualmente il consumatore attribuisce alla “qualità” numerosi valori che riguardano non solo l’aspetto esterno (calibro, colore, buccia intatta) e i caratteri organolettici del frutto (croccantezza, succosità, gusto), ma anche gli aspetti relativi al metodo di produzione, all’impiego di agrofarmaci, al valore nutrizionale e al marchio.
8B - Classificazione botanica Il pero appartiene alla famiglia Rosaceae, alla sottofamiglia Pomoideae e al genere Pyrus, che comprende specie sia da frutto sia ornamentali.
9 - Morfologia e biologia Il pero ha un portamento assurgente (caratterizzato da acrotonia), forma tendenzialmente piramidale (che diventa globosa in età adulta). 9A - Foglie, gemme e rami Le foglie hanno forma ovale, sono glabre e lucenti, con un lungo picciolo alla cui base si trovano due stipole caduche. Le gemme sono distinte in gemme a legno e miste. I rami a frutto del pero sono il brindillo, la lamburda, la borsa e il ramo misto. 9B - Fiore e frutto Le infiorescenze (corimbi) sono formate da 7-10 fiori singoli e si caratterizzano per la tipica colorazione biancastra. Il frutto è un pomo (falso frutto). 9C - Pere asiatiche - Nashi I frutti sono generalmente globosi, talora molto grossi e provvisti di un lungo peduncolo. L’epidermide è generalmente rugginosa. La polpa è molto croccante e succosa.
10 - Fisiologia e fenologia Il pero è una specie caducifoglia, che entra in riposo vegetativo al sopraggiungere dell’inverno. Particolarmente importante per il suo regolare comportamento vegeto-produttivo è il soddisfacimento del fabbisogno in freddo, pari a circa 800-1.600 unità di freddo. 10A - Propagazione La propagazione del pero avviene normalmente per via agamica, attraverso l’innesto. La propagazione gamica (per seme) si usa nel miglioramento genetico e nella produzione di portinnesti franchi.
7D - Classificazione Le mele sono classificate nelle tre categorie: Extra, I e II.
10B - Portinnesti La scelta del portinnesto assume una notevole importanza poiché permette di contenere la vigoria delle piante e, quindi, di adottare elevate densità di impianto e di estendere la coltivazione del pero a diversi ambienti pedoclimatici.
8 - Pero
11 - Coltivazione del pero
8A - Importanza economica e diffusione Il pero rappresenta, dopo il melo, l’albero da frutto più coltivato nei Paesi a clima temperato.
11A - Esigenze climatiche e pedologiche Il pero predilige climi temperato-freschi, capaci di soddisfare il suo fabbisogno in freddo. È una specie
Mappe di riepilogo 123 Erbacee 123 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 6 in grado di sopportare temperature invernali piuttosto rigide. Il pero predilige terreni di media tessitura, moderatamente fine, con buon drenaggio e bassa percentuale di calcare attivo. 11B - Impianto Prima di programmare e preparare il terreno all’impianto, occorre valutare la vocazionalità dell’area e scegliere le varietà più adatte alle condizioni pedoclimatiche della zona. Le lavorazioni pre-impianto sono oggi improntate a un ridotto consumo energetico, riducendo per esempio la profondità di aratura e ricorrendo alla lavorazione a due strati. Le concimazioni di fondo devono essere valutate in relazione agli esiti delle analisi del terreno. Per la scelta del sesto d’impianto è importante considerare la varietà, il portinnesto, la forma di allevamento e le caratteristiche pedo-climatiche. 11C - Forme e sistemi di allevamento Il pero si adatta molto bene a diverse forme di allevamento. Quelle oggi più diffuse sono il fusetto e la palmetta anticipata, nonché, per elevate densità di impianto, i cordoni verticali. 11D - Potatura In base alla fase evolutiva dell’albero e all’epoca d’intervento, si distinguono due tipologie di potatura: potatura di allevamento e potatura di produzione.
12 - Gestione del suolo Mira a un ottimale controllo delle infestanti, a migliorare l’efficacia degli elementi fertilizzanti, a ridurre le perdite di nutrienti per lisciviazione e a prevenire il ruscellamento. 12A - Concimazione Distinguiamo tre tipologie di concimazione: di fondo; di allevamento; di produzione.
12B - Fertirrigazione e concimazione fogliare Nei nuovi impianti di pero dotati di sistemi di irrigazione localizzata è utile attuare la tecnica della fertirrigazione che permette di frazionare in piccole dosi gli apporti di elementi nutritivi ogni volta che si distribuisce l’acqua. 12C - Irrigazione I volumi di adacquamento e i turni irrigui vanno stabiliti sulla base di diversi fattori: tipo di impianto irriguo, caratteristiche del terreno, andamento climatico e periodo vegetativo.
13 - Raccolta e aspetti qualitativi varietali Le pere vengono raccolte in anticipo rispetto alla loro maturazione fisiologica poiché, diversamente, il rapido imbrunimento della polpa ne impedirebbe la commercializzazione. L’individuazione dell’epoca ottimale di raccolta avviene valutando, su un campione rappresentativo di frutti, uno o più indici di maturazione.
14 - Avversità Il pero è soggetto a numerose avversità biotiche e abiotiche in grado di colpire tutti gli organi della pianta in campo, ma anche i frutti in fase di conservazione. Adottare adeguate e corrette tecniche di coltivazione, di raccolta e di conservazione è fondamentale per ridurre i rischi di infezione. Una razionale difesa fitosanitaria in campo si basa sull’applicazione dei principi della lotta integrata.
15 - Cultivar La cultivar di pero più coltivata in Italia è l’Abate Fetel, che rappresenta circa il 43% della produzione totale, seguita da William, Conference, Kaiser, Coscia, Decana del Comizio, Max Red Bartlett.
16 - Classificazione Le pere sono classificate nelle tre categorie: Extra, I e II.
rboree Erbacee 124 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 CAPITOLO 7: COLTURE ARBOREE DRUPACEE Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A
ASPETTI INTRODUTTIVI 2 PESCO A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
E
FOGLIE
B
BOTANICA, MORFOLOGIA E BIOLOGIA
F
FIORI
C
RADICI
G
FRUTTO
D
FUSTO E RAMI
H
FISIOLOGIA, FENOLOGIA, PROPAGAZIONE
3 COLTIVAZIONE DEL PESCO A
ESIGENZE CLIMATICHE, PEDOLOGICHE
G
CONCIMAZIONE
B
IMPIANTO
H
CONCIMAZIONE DI FONDO
C
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
I
CONCIMAZIONE DI ALLEVAMENTO
D
POTATURA
L
CONCIMAZIONE DI PRODUZIONE
E
DIRADAMENTO DEI FRUTTI
M
IRRIGAZIONE
F
GESTIONE DEL SUOLO
N
TECNICHE SPECIALI DI COLTIVAZIONE
4 RACCOLTA, CONSERVAZIONE E ASPETTI QUALITATIVI A
CULTIVAR
B
MIGLIORAMENTO GENETICO
C
ASPETTI QUALITATIVI
D
CLASSIFICAZIONE MERCEOLOGICA
continua
Mappe di riepilogo 125 Erbacee 125 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 5
B
ALBICOCCO A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
E
FIORI
B
BOTANICA, MORFOLOGIA E BIOLOGIA
F
FRUTTO
C
RADICI
G
PROPAGAZIONE E PORTINNESTI
D
FOGLIE
6 COLTIVAZIONE DELL’ALBICOCCO A
ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE
E
GESTIONE DEL SUOLO
B
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
F
CONCIMAZIONE
C
POTATURA
G
IRRIGAZIONE
D
DIRADAMENTO DEI FRUTTI
7 RACCOLTA, CONSERVAZIONE E QUALITÀ A
OPERAZIONI POST-RACCOLTA
C
MIGLIORAMENTO GENETICO
B
CULTIVAR
D
ASPETTI QUALITATIVI
8 SUSINO A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
E
FIORI
B
MORFOLOGIA, BIOLOGIA E FISIOLOGIA
F
FRUTTO
C
RADICI, FUSTO E RAMI
G
FISIOLOGIA E FENOLOGIA
D
FOGLIE
H
PROPAGAZIONE E PORTINNESTI
continua
rboree Erbacee 126 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 9
C
COLTIVAZIONE E GESTIONE DELLA COLTURA A
ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE
E
GESTIONE DEL SUOLO
B
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
F
CONCIMAZIONE
C
POTATURA
G
IRRIGAZIONE
D
DIRADAMENTO DEI FRUTTI
10 RACCOLTA E CONSERVAZIONE A
OPERAZIONI POST-RACCOLTA
C
MIGLIORAMENTO GENETICO
B
CULTIVAR
D
ASPETTI QUALITATIVI
11 CILIEGIO A
IMPORTANZA ECONOMICA, DIFFUSIONE E CLASSIFICAZIONE BOTANICA
B
MORFOLOGIA E BIOLOGIA
C
FUSTO E RAMI
D
FOGLIE
E
FIORI
F
FRUTTO
G
FISIOLOGIA E FENOLOGIA
H
PROPAGAZIONE E PORTINNESTI
12 COLTIVAZIONE DEL CILIEGIO A
ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE
D
GESTIONE DEL SUOLO
B
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
E
CONCIMAZIONE
C
POTATURA
F
IRRIGAZIONE
continua
Mappe di riepilogo 127 Erbacee 127 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 13
D
RACCOLTA E CONSERVAZIONE A
MIGLIORAMENTO GENETICO
B
CULTIVAR
C
ASPETTI QUALITATIVI
14 MANDORLO A
IMPORTANZA ECONOMICA, DIFFUSIONE E CLASSIFICAZIONE BOTANICA
B
MORFOLOGIA E BIOLOGIA
C
FUSTO, RAMI E FOGLIE
D
FIORI
E
FRUTTO
F
PROPAGAZIONE E PORTINNESTI
G
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
H
POTATURA
I
GESTIONE DEL SUOLO
L
CONCIMAZIONE
M
IRRIGAZIONE
15 RACCOLTA E CONSERVAZIONE A
AVVERSITÀ
B
CULTIVAR E MIGLIORAMENTO GENETICO
rboree Erbacee 128 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 1 - Aspetti introduttivi Il termine drupacee fa riferimento a un insieme di specie frutticole comprese nella famiglia delle Rosacee, ma relative alla sottofamiglia Prunoidee, fra le quali troviamo pesco, albicocco, susino, ciliegio, mandorlo e altre specie selvatiche come il mirabolano o il prugnolo.
2 - Pesco 2A - Importanza economica e diffusione Il pesco è la drupacea più diffusa nel nostro Paese, seguita da albicocco, susino, ciliegio e mandorlo. 2B - Botanica, morfologia e biologia Il pesco appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sezione Prunoideae, genere Prunus, specie persica. 2C - Radici Hanno un tipico colore aranciato, con lenticelle ben evidenti. 2D - Fusto e rami Il fusto del pesco, raggiunta la maturità, ha una tipica colorazione rossastra. I rami delle drupacee, a differenza di quelli delle pomacee, producono gemme specializzate, che sono inserite sui nodi all’ascella delle foglie, in modo isolato o riunite in gruppi di due o tre per nodo. I rami fruttiferi sono distinti in: rami misti, brindilli dardi, o mazzetti di maggio. 2E - Foglie Sono alterne, di colore verde chiaro. 2F - Fiori I fiori del pesco sono ermafroditi. 2G - Frutto È una drupa globosa con esocarpo tomentoso o glabro (nettarine). 2H - Fisiologia, fenologia e propagazione Il pesco è una pianta caducifoglia. L’epoca di fioritura dipende dal fabbisogno in freddo e dall’andamento climatico. È autofertile. La propagazione avviene quasi esclusivamente per innesto, anche se è possibile l’utilizzazione di piante autoradicate in vitro. I tipi di innesto più utilizzati sono a pezza, ad anello e a chip budding. Altri innesti sono il triangolo e lo spacco.
3 - Coltivazione del pesco 3A - Esigenze climatiche, pedologiche Il pesco è una pianta delicata ed esigente. Il terreno ot-
timale è quello di medio impasto tendente allo sciolto, ben provvisto di sostanza organica, profondo, fresco, con sottosuolo permeabile, a reazione neutra. 3B - Impianto L’impianto del pescheto viene di norma eseguito con piante a radice nuda durante il periodo di riposo vegetativo. È preferibile eseguire l’impianto con piante innestate. 3C - Forme e sistemi di allevamento Il pesco può essere allevato in forme molto diverse in relazione alle caratteristiche della combinazione nestoportinnesto e alle condizioni ambientali del luogo di coltivazione. Le forme di allevamento si suddividono in tre gruppi: in volume, a parete verticale, a parete inclinata. 3D - Potatura La potatura di allevamento varia a seconda della forma di allevamento adottata e ha lo scopo di conferire alla pianta la forma voluta affinché entri in produzione nel più breve tempo possibile. Lo scopo della potatura di produzione è invece quello di mantenere l’equilibrio tra attività vegetativa e produttiva. 3E - Diradamento dei frutti Consente di ottenere una maggiore pezzatura, una più intensa colorazione e valide caratteristiche organolettiche dei frutti. 3F - Gestione del suolo La gestione del suolo ha lo scopo di conservare al meglio le riserve idriche e di eliminare o controllare le erbe infestanti. In caso di pendenze superiori all’8-10% e di terreni sciolti, la pratica dell’inerbimento è il mezzo più efficace per contrastare il ruscellamento e l’erosione. 3G - Concimazione Per una razionale concimazione del pescheto si deve tener conto di vari fattori: natura del terreno, contenuto in elementi minerali, clima, caratteristiche della pianta e tecnica colturale adottata. 3H - Concimazione di fondo Prima dell’impianto è utile l’apporto di sostanza organica. Per quanto riguarda la concimazione minerale, con la concimazione di fondo bisogna apportare principalmente fosforo e potassio. 3I - Concimazione di allevamento Al fine di garantire un favorevole sviluppo delle piante si apporta: 1° anno N 40 kg/ha; P2O5 15 kg/ha; K2O 20 kg/ha; 2° anno N 60 kg/ha, P2O5 25 kg/ha; K2O 40 kg/ha.
Mappe di riepilogo 129 Erbacee 129 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 3L - Concimazione di produzione Indicativamente si apportano ogni anno circa 100-150 kg/ha di N, 50-70 kg/ha di P2O5, 100-150 kg/ha di K2O.
5C - Radici L’albicocco possiede radici profonde, pertanto richiede un franco di coltivazione di almeno 80-100 cm.
3M - Irrigazione Si tratta di una coltura che richiede costanti apporti idrici mediante appropriati sistemi di irrigazione.
5D - Foglie Sono disposte in modo alterno sui rami. Il colore è verde con alcune sfumature rossastre.
3N - Tecniche speciali di coltivazione La semiforzatura in serra fredda coperta da film plastici è impiegata per anticipare la maturazione dei frutti.
5E - Fiori I fiori, uno per gemma, hanno sepali rossi e petali bianchi, talvolta lievemente rosati.
4 - Raccolta, conservazione e aspetti qualitativi
5F - Frutto È una drupa di colore giallo-arancione, con tonalità ed eventuali sfumature rossastre, diverse a seconda della cultivar.
Il momento ottimale per la raccolta dei frutti dipende da: cultivar, vigoria della pianta, età, portinnesto, andamento stagionale, tecnica di coltivazione, destinazione del prodotto, periodo di commercializzazione. 4A - Cultivar La selezione varietale oggi si è notevolmente evoluta rendendo disponibili innumerevoli varietà con caratteristiche quali: bassissimo fabbisogno in freddo; precocità; intensa colorazione rossa della buccia; frutti a buccia chiara; con sapore subacido; elevato contenuto zuccherino; a forma piatta; polpa a elevata consistenza (stony hard); a polpa rossa; tolleranti/resistenti alla Sharka (una virosi) e ad altri parassiti. 4B - Miglioramento genetico Da alcuni anni il miglioramento genetico pone particolare attenzione a caratteri quali la resistenza ai parassiti, il controllo genetico della vigoria delle piante e il recupero di alcuni caratteri particolari per aumentare la diversificazione varietale. 4C - Aspetti qualitativi Gli aspetti qualitativi delle pesche sono molteplici e variano in relazione alla cultivar e all’espressione del suo corredo genetico. 4D - Classificazione merceologica Le pesche e le nettarine sono classificate nelle tre categorie: Extra, I e II.
5 - Albicocco 5A - Importanza economica e diffusione L’albicocco è coltivato prevalentemente nelle zone mediterranee. 5B - Botanica, morfologia e biologia L’albicocco (Prunus armeniaca L.) appartiene alla famiglia Rosaceae.
5G - Fisiologia e fenologia L’albicocco ha un ciclo fenologico simile a quello del pesco. Anch’esso è una specie proterante, quindi i fiori sbocciano prima dell’emissione delle foglie. 5H - Propagazione e portinnesti Il metodo di propagazione più impiegato per l’albicocco è l’innesto a gemma dormiente. La scelta del portinnesto da utilizzare deve essere fatta tenendo conto sia delle caratteristiche pedoclimatiche dell’area nella quale viene realizzato il frutteto sia delle varietà prescelte.
6 - Coltivazione dell’albicocco 6A - Esigenze climatiche e pedologiche L’albicocco preferisce l’ambiente di collina, con buona esposizione alla luce e all’aria, terreni ciottolosi, sciolti, senza problemi di ristagno idrico. Le gelate tardive sono molto dannose. 6B - Forme e sistemi di allevamento Le tendenze di allevamento attuali sono orientate verso impianti a più elevata densità, con forme di allevamento più libere che consentono una più rapida entrata in produzione, ma che prevedono un ciclo produttivo più breve. 6C - Potatura Le cultivar di albicocco presentano una gamma di habitus vegetativi molto diversificati, da portamenti assurgenti ad altri aperti ed espansi. La potatura di produzione è fondamentale per assicurare una minore alternanza produttiva, tipica di questa specie, e consentire il rinnovo delle strutture produttive. 6D - Diradamento dei frutti L’epoca ottimale d’intervento è variabile a seconda della cultivar, ma deve precedere la fase di indurimento del nocciolo.
rboree Erbacee 130 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 6E - Gestione del suolo La pratica dell’inerbimento, in alternativa alle lavorazioni, si va diffondendo prevalentemente nelle regioni settentrionali dove c’è una maggiore disponibilità idrica. 6F - Concimazione Prima dell’impianto è utile un apporto di sostanza organica. Per quanto riguarda la concimazione minerale, con la concimazione di fondo bisogna apportare principalmente fosforo e potassio. 6G - Irrigazione Diverse esperienze hanno accertato che l’insufficienza idrica è in buona parte responsabile dell’alternanza produttiva, della maggiore sensibilità alle malattie e della modesta pezzatura dei frutti.
7 - Raccolta, conservazione e qualità Per individuare il momento più opportuno per la raccolta bisogna fare riferimento agli indici di maturazione. 7A - Operazioni post-raccolta Considerata la notevole deperibilità delle albicocche, è necessario ridurre al minimo il tempo intercorrente tra la raccolta e la consegna allo stabilimento di lavorazione presso cui è utile effettuare la pre-refrigerazione dei frutti. 7B - Cultivar Le cultivar più idonee alla coltivazione sul nostro territorio sono quelle di origine italiana. 7C - Miglioramento genetico I principali obiettivi del miglioramento genetico sono: adattabilità all’ambiente e produttività, estensione del calendario di maturazione, resistenza alle avversità, qualità del frutto. 7D - Aspetti qualitativi Le albicocche sono classificate nelle tre categorie: Extra, I e II.
8 - Susino 8A - Importanza economica e diffusione In Italia si coltivano sia i susini cino-giapponesi (con frutti maggiormente adatti al consumo fresco), sia i susini europei (con drupe idonee all’essiccazione e alla trasformazione industriale). 8B - Morfologia, biologia e fisiologia Il susino europeo è un albero a portamento assurgente. Il susino cino-giapponese, invece, ha un portamento più espanso.
8C - Radici, fusto e rami Il susino ha un apparato radicale piuttosto superficiale. Il susino europeo fruttifica prevalentemente su dardi fioriferi, in minor misura su rami misti e brindilli. Il susino cino-giapponese, invece, produce prevalentemente su rami misti, ma anche su dardi e brindilli. 8D - Foglie Le foglie del susino europeo hanno una lamina estesa, piuttosto spessa. 8E - Fiori Sui rami sono distribuiti in modo isolato nel susino europeo oppure riuniti a gruppi di 2-3 nel susino cinogiapponese. 8F - Frutto È una drupa. 8G - Fisiologia e fenologia Il susino ha un ciclo fenologico analogo a quello delle altre drupacee. 8H - Propagazione e portinnesti L’innesto è il metodo principale per la propagazione delle cultivar di susino.
9 - Coltivazione e gestione della coltura 9A - Esigenze climatiche e pedologiche I terreni più idonei alla coltura del susino sono quelli mediamente profondi, ben drenati, con tessitura di medio impasto. Le cultivar di susino europeo sono resistenti al freddo. 9B - Forme e sistemi di allevamento I recenti indirizzi di coltivazione sono orientati verso l’intensificazione colturale con impianti più densi e con minori interventi di potatura di allevamento nei primi anni. 9C - Potatura Sulle piante in produzione la potatura è realizzata considerando la diversa presenza dei rami fruttiferi prevalenti. 9D - Diradamento dei frutti Il diradamento è consigliabile per la maggior parte delle cultivar cino-giapponesi. Per le europee il diradamento è meno intenso e in alcune cultivar non è necessario. 9E - Gestione del suolo La tecnica di gestione del suolo più diffusa prevede l’inerbimento degli interfilari; il controllo delle malerbe lungo la fila può essere realizzato mediante diserbo oppure lavorazioni meccaniche.
Mappe di riepilogo 131 Erbacee 131 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 9F - Concimazione Nella concimazione di fondo è utile un apporto di sostanza organica. Per quanto riguarda la concimazione minerale, con la concimazione di fondo bisogna apportare principalmente fosforo e potassio. Per quanto riguarda la concimazione di allevamento si apportano: al 1° anno 40 kg/ha di N; 15 kg/ha di P2O5; 20 kg/ha di K2O; al 2° anno 60 kg/ha N, 25 kg/ha P2O5, 40 kg/ha K2O. Nella concimazione di produzione indicativamente si apportano ogni anno circa: 100-120 kg/ha di N; 50-70 kg/ha di P2O5; 150-170 kg/ha di K2O. 9G - Irrigazione Il sistema migliore di irrigazione è mediante impianti microirrigui.
10 - Raccolta e conservazione La raccolta delle susine avviene in modo scalare da giugno a fine settembre, a seconda delle cultivar. L’epoca di raccolta influenza la qualità complessiva e la serbevolezza del prodotto. 10A - Operazioni post-raccolta Considerata la notevole deperibilità delle albicocche, è necessario ridurre al minimo il tempo intercorrente tra la raccolta e la consegna allo stabilimento di lavorazione presso cui è utile effettuare la pre-refrigerazione dei frutti. 10B - Cultivar Le cultivar di susino coltivate sono organizzate in due raggruppamenti: a) cino-giapponesi; b) europee. 10C - Miglioramento genetico Tende a sviluppare nuove cultivar cino-giapponesi di origine italiana, con maturazione precoce e con caratteri pomologici di pregio. 10D - Aspetti qualitativi Le susine sono classificate nelle tre categorie: Extra, I e II.
11 - Ciliegio 11A - Importanza economica, diffusione e classificazione botanica Nell’Unione Europea il ciliegio dolce è distribuito uniformemente, anche se tende a prevalere nell’area mediterranea. Il ciliegio dolce (Prunus avium) e il ciliegio acido (P. cerasus) sono specie autoctone dell’Europa. 11B - Morfologia e biologia La pianta raggiunge buoni sviluppi, con chiara dominanza apicale; se non viene potata è in grado di raggiungere i 10-15 m di altezza.
11C - Fusto e rami Il fusto ha una corteccia liscia con lenticelle allungate orizzontalmente, più rossicce nel Prunus avium, grigioscure nel P. cerasus. Nel ciliegio dolce sono prevalentemente i dardi a fruttificare, mentre in quello acido sono i rami misti e i brindilli. 11D - Foglie Le foglie di entrambe le specie sono grandi, ovali, con margine seghettato. 11E - Fiori Sono ermafroditi, bianchi, peduncolati e odorosi, riuniti in corimbi. 11F - Frutto È una drupa. 11G - Fisiologia e fenologia Il ciliegio ha un ciclo fenologico simile a quello delle altre drupacee. La maggior parte delle cultivar è autosterile. 11H - Propagazione e portinnesti Le cultivar sono propagate nella generalità dei casi per innesto; di solito si pratica l’innesto a gemma dormiente e il chip budding in estate e l’innesto a triangolo a fine inverno.
12 - Coltivazione del ciliegio 12A - Esigenze climatiche e pedologiche Il ciliegio si adegua a una vasta gamma di suoli (anche grazie a vari portinnesti), prediligendo quelli di medio impasto, tendenzialmente sciolti, profondi, freschi, fertili. Le cultivar di ciliegio dolce temono maggiormente i freddi primaverili e i forti calori estivi. 12B - Forme e sistemi di allevamento I ceraseti tradizionali sono estensivi o promiscui, hanno sesti d’impianto ampi e gli alberi sono caratterizzati da taglia elevata e allevamento in forma libera, come il vaso alto e la palmetta. Con l’introduzione di portinnesti semi-nanizzanti e nanizzanti, di opportuni sistemi di allevamento e di gestione del frutteto, sono stati realizzati ceraseti specializzati semi-intensivi e intensivi. 12C - Potatura La potatura di allevamento permette il raggiungimento della forma desiderata. Sulle piante in produzione la potatura è indispensabile per assicurare l’equilibrio vegeto-produttivo e il rinnovo delle strutture produttive. 12D - Gestione del suolo Attualmente sono preferite soluzioni miste in cui l’interfilare è inerbito e il filare può essere lavorato, diserbato o più raramente pacciamato.
rboree Erbacee 132 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 12E - Concimazione Nella concimazione di fondo, prima dell’impianto è utile un apporto di sostanza organica. Per quanto riguarda la concimazione minerale, con la concimazione di fondo bisogna apportare principalmente fosforo e potassio. La concimazione di allevamento garantisce un favorevole sviluppo delle piante. Nella concimazione di produzione si apportano ogni anno circa 80 kg/ha di N, 30-40 kg/ha di P2O5, 80-100 kg/ ha di K2O.
14C - Fusto, rami e foglie Il fusto ha una corteccia screpolata di colore scuro, mentre i rami assumono colore grigio-brunastro. Le foglie sono alterne con il margine seghettato. Alcune cultivar fruttificano prevalentemente sui dardi, mentre altre producono per lo più su rami misti e brindilli.
12F - Irrigazione È un fattore produttivo determinante, che diviene indispensabile negli impianti intensivi, poiché il ciliegio ha elevate esigenze idriche.
14E - Frutto È una drupa di forma ovoidale o allungata.
13 - Raccolta e conservazione Durante il periodo della maturazione e della raccolta, la pioggia può causare la spaccatura dei frutti e la diffusione di marciumi. Per stabilire l’epoca di raccolta delle ciliegie destinate alla trasformazione industriale si possono considerare parametri quali la pezzatura, il grado zuccherino e l’acidità. 13A - Miglioramento genetico La metodologia maggiormente impiegata è l’incrocio controllato, intraspecifico per l’ottenimento di nuove cultivar e interspecifico per i portinnesti. 13B - Cultivar Negli ultimi anni l’assortimento varietale del ciliegio si è molto rinnovato affiancando alle tradizionali cultivar locali nuove selezioni, sia provenienti da altri Paesi (Canada, Francia, Repubblica Ceca) sia costituite in Italia. 13C - Aspetti qualitativi Le ciliegie sono classificabili nelle categorie Extra, I e II per quanto riguarda la pezzatura; in nere, rosse e bianco-rosse per quanto riguarda il colore.
14 - Mandorlo 14A - Importanza economica, diffusione e classificazione botanica Il mandorlo è una specie sensibile al freddo. La coltivazione è compresa principalmente in Italia, Spagna, Portogallo, Francia del Sud e Grecia. Il mandorlo appartiene all’ordine Rosales, famiglia Rosaceae, genere Prunus, specie Prunus dulcis. 14B - Morfologia e biologia Il mandorlo è una pianta a medio sviluppo, dal portamento assurgente e capace di raggiungere 7-8 m di altezza.
14D - Fiori Sono bianchi o rosati, ermafroditi.
14F - Propagazione e portinnesti La modalità di propagazione più utilizzata per il mandorlo è l’innesto, eseguito a gemma o a spacco. La propagazione dei portinnesti avviene per seme, autoradicazione e micropropagazione. 14G - Forme e sistemi di allevamento La forma di allevamento più diffusa è il vaso a 3-4 branche, impalcato a circa 70-80 cm da terra, per favorire la raccolta meccanica mediante scuotimento del tronco; nei nuovi impianti le distanze più utilizzate sono 5-6 x 4-6 m, a seconda della natura, giacitura e fertilità del terreno. 14H - Potatura Nei primi tre anni dall’impianto gli interventi di potatura mirano a ottenere un veloce raggiungimento della forma di allevamento. La potatura di produzione è finalizzata a mantenere un corretto equilibrio vegeto-produttivo. 14I - Gestione del suolo In genere, si mantiene il cotico erboso nell’interfila e si esegue il diserbo chimico sul filare. 14L - Concimazione La concimazione di fondo dovrebbe apportare elementi nutritivi minerali in base ai risultati di una preliminare analisi chimica fatta al terreno. Apporti orientativi sono 200-250 kg/ha di P2O5 e 250-300 kg/ ha di K2O, oltre a letame maturo. Con la concimazione di allevamento, si apportano: al 1° anno 15 kg/ha di N, 15 kg/ha di P2O5 e 20 kg/ha di K2O; al 2° anno 30 kg/ha di N; 25 kg/ha di P2O5 e 40 kg/ha di K2O; dal 3° al 6° anno solo 50 kg/ha di N. La concimazione di produzione consiste nella distribuzione di 80-100 kg/ha di N, 40-60 kg/ha di P2O5 e 100-120 kg/ha di K2O.
Mappe di riepilogo 133 Erbacee 133 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 7 14M - Irrigazione Tradizionalmente il mandorlo è una coltura non irrigua, tuttavia è stato verificato che la disponibilità di acqua è positivamente correlata a un aumento produttivo.
15 - Raccolta e conservazione La raccolta delle mandorle avviene quando la quasi totalità dei frutti è nella fase di deiscenza (ossia apertura naturale) del mallo. Il mandorlo si presta alla raccolta meccanizzata.
15A - Avversità Principale nemico del mandorlo è il clima: freddi umidi insistenti all’epoca della fioritura, lunghi periodi siccitosi primaverili-estivi in zone calcaree possono provocare gravi perdite di produzione. 15B - Cultivar e miglioramento genetico Le varietà vengono distinte in base all’epoca della fioritura, che va dalla terza decade di gennaio alla metà di marzo; oppure in base alla forma del guscio, che può essere sferoide, cilindroide, amigdaloide. Esistono diverse varietà autoincompatibili, mentre si sono rivelate autocompatibili quelle pugliesi.
rboree Erbacee 134 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 8 CAPITOLO 8: COLTURE ARBOREE AGRUMICOLE Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A
ASPETTI INTRODUTTIVI 2 A
IMPORTANZA ECONOMICA E DIFFUSIONE
B
AGRUMI
CLASSIFICAZIONE BOTANICA
3 MORFOLOGIA E BIOLOGIA A
RADICI
C
FIORI
B
RAMI E FOGLIE
D
FRUTTO
4 FISIOLOGIA E FENOLOGIA 5 PROPAGAZIONE E PORTINNESTI 6 COLTIVAZIONE DEGLI AGRUMI A
ESIGENZE CLIMATICHE, PEDOLOGICHE
C
IMPIANTO DINAMICO
B
FORME E SISTEMI DI ALLEVAMENTO
D
POTATURA
continua
Mappe di riepilogo 135 Erbacee 135 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 8 7
B
GESTIONE DEL SUOLO A
CONCIMAZIONE
B
IRRIGAZIONE
C
FORZATURA DEI LIMONI
8 RACCOLTA E CONSERVAZIONE
9 SPECIE E CULTIVAR A
ARANCIO
E
LIME E LIMETTE
B
ARANCIO AMARO, CHINOTTO, BERGAMOTTO
F
MANDARINO E MANDARINO-SIMILI
G
IBRIDI DI MANDARINO
H
POMELO O PUMMELO
I
POMPELMO
C
CEDRO
D
LIMONE
10 MIGLIORAMENTO GENETICO A
ASPETTI QUALITATIVI
B
CLASSIFICAZIONE MERCEOLOGICA
rboree Erbacee 136 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 8 1 - Aspetti introduttivi La filiera agrumicola italiana è oggetto di profondi cambiamenti in termini sia di offerta che di domanda.
2 - Agrumi 2A - Importanza economica e diffusione Il termine “agrumi” comprende numerose specie differenti, coltivate diffusamente in tutto il mondo: arance, limoni, mandarini, pompelmi, ma anche specie esotiche come il satsuma, il lime e i pomeli. Nel nostro Paese, le Regioni vocate alle produzioni agrumicole sono quelle meridionali-insulari. 2B - Classificazione botanica Gli agrumi appartengono alla famiglia delle Rutaceae, sottofamiglia Aurantioideae. Tra i numerosi generi esistenti, quelli che raggruppano le specie coltivate sono solo tre: Poncirus, Fortunella e Citrus. Del genere Citrus, sottogenere Eucitrus: il C. sinensis è l’arancio dolce; il C. aurantium l’arancio amaro o melangolo; il C. limon il limone; il C. medica, il cedro; il C. bergamia, il bergamotto; il C. paradisi, il pompelmo; il C. reticulata, il mandarino.
3 - Morfologia e biologia Gli agrumi sono per lo più piante arboree sempreverdi, di medio sviluppo, con chioma espansa. 3A - Radici Il sistema radicale è formato da una radice principale fittonante e da un insieme di radici secondarie fascicolate. 3B - Rami e foglie I rami sono generalmente spigolosi e spinosi, con foglie sempreverdi e unilaminari, tranne che nel Poncirus e nei suoi ibridi, in cui sono caduche (o parzialmente caduche) e composte. 3C - Fiori Il fiore degli agrumi, chiamato zagara, è molto profumato, ha una colorazione bianco-violacea nel limone e in alcuni cedri, bianca nelle altre specie. 3D - Frutto È un esperidio.
4 - Fisiologia e fenologia Gli agrumi, come tutte le specie arboree sempreverdi, nel periodo stagionale sfavorevole non entrano in uno stato di dormienza vero e proprio, ma rallentano notevolmente la loro attività vegetativa. Fa eccezione il limo-
ne che mantiene una discreta vitalità anche in inverno. Il periodo che intercorre tra allegagione e maturazione del frutto è assai variabile, per esempio è compreso tra 4-5 mesi in satsuma e clementine precoci e tra 11-13 mesi nelle arance Ovale calabrese e Valencia.
5 - Propagazione e portinnesti Le cultivar di agrumi si propagano per innesto mentre i portinnesti per seme.
6 - Coltivazione degli agrumi 6A - Esigenze climatiche, pedologiche Le condizioni ambientali ottimali per la coltivazione degli agrumi sono quelle vicine alle condizioni tipiche dei rispettivi areali di origine, per lo più caratterizzate da elevate medie termiche, forte piovosità ed elevata umidità atmosferica. La temperatura, in particolare la minima termica, è il principale elemento climatico che influisce sul successo dell’agrumeto. Un altro parametro ambientale molto importante per la produzione è l’umidità atmosferica. Per quanto riguarda il suolo, pur preferendo terre profonde, fertili e fresche, si adattano, con opportuni portinnesti, a diverse situazioni. 6B - Forme e sistemi di allevamento La forma di allevamento più adatta per la coltivazione degli agrumi è il globo. Oggi la forma di allevamento più diffusa è a globo basso con il punto d’innesto a circa 50 cm di altezza e i sesti di impianto 4-5 x 6-7 m. 6C - Impianto dinamico Le attuali tendenze sono quelle di adottare un sesto d’impianto dinamico temporaneo che, a seconda dell’agrume coltivato, può variare da 4-5 m (sulla fila) x 3-3,5 m (tra le file), con un investimento iniziale di 571-833 piante/ha. 6D - Potatura Con la potatura di allevamento si deve prima definire l’altezza dell’impalcatura della pianta e poi impostare la crescita di 3-4 branche principali che costituiranno lo scheletro della chioma della pianta adulta. La potatura di produzione delle piante adulte deve mirare principalmente ad alleggerire l’interno della chioma, per consentire il passaggio dell’aria. In questi ultimi anni, in varie parti del mondo, si è affermata la potatura meccanica. Il diradamento dei frutti è poco praticato negli agrumi; esso interessa più il mandarino, soprattutto le varietà soggette ad alternanza produttiva.
Mappe di riepilogo 137 Erbacee 137 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 8 7 - Gestione del suolo Attualmente, la pratica più diffusa di gestione del suolo è quella dell’inerbimento stagionale, che evita la presenza del cotico erboso durante l’estate, al fine di ridurre il consumo idrico della coltivazione. 7A - Concimazione Per impostare correttamente il piano di concimazione annuale occorre conoscere le caratteristiche chimico-fisiche del terreno, la sua dotazione in elementi nutritivi e i fabbisogni delle piante sia per le fasi di crescita sia per le fasi fenologiche annuali. I fabbisogni dipendono principalmente dalla specie, dalla cultivar, dal portinnesto, dall’età del frutteto e dal suo livello produttivo. Con la concimazione di produzione annuale è necessario restituire al terreno quanto meno le quantità perdute. È particolarmente importante, nella concimazione dell’agrumeto, l’apporto di sostanza organica. 7B - Irrigazione Gli agrumi sono essenze con notevole fabbisogno idrico; nelle zone caldo-asciutte devono essere necessariamente irrigati. 7C - Forzatura dei limoni Questa pratica serve a ottimizzare la produzione di “verdelli” e consiste nel sospendere le irrigazioni a fine primavera-inizio estate ponendo le piante in situazione di vera e propria crisi idrica.
8 - Raccolta e conservazione I frutti degli agrumi, una volta raggiunta la maturazione, sono in grado di persistere sull’albero, senza perdere in qualità, per tempi più o meno lunghi, a seconda della specie e della cultivar. Il parametro di norma impiegato per esprimere la qualità gustativa della polpa e, quindi, individuare il momento ottimale per la raccolta, è l’SS/A, ossia il rapporto tra la percentuale di solidi solubili del succo e la percentuale di acidi totali dosati come acido citrico. Un altro parametro, più facile da valutare anche in campo, è il contenuto minimo di succo.
9 - Specie e cultivar Nel mondo sono coltivate molte specie e varietà di agrumi: in ordine di importanza troviamo l’arancio, il mandarino e la clementina, il limone e il lime, il pompelmo, il cedro, il chinotto e il bergamotto. 9A - Arancio (Citrus sinensis) È l’agrume più diffuso al mondo.
9B - Arancio amaro (Citrus aurantium), chinotto, bergamotto L’arancio amaro produce frutti a polpa acido-amara, impiegati per produrre marmellate e per l’estrazione dei semi da cui ottenere piante portinnesto. All’arancio amaro appartengono due sottospecie: Citrus aurantium myrtifolia (chinotto) e Citrus aurantium bergamia (bergamotto). 9C - Cedro (Citrus medica) Il cedro oggi è consumato candito. 9D - Limone (Citrus limon) In Italia le cultivar dominanti sono tre: Femminello, Interdonato e Monachello. 9E - Lime e limette (Citrus aurantifolia) I lime sono gli equivalenti del limone nelle zone tropicali e si distinguono in tre gruppi: 1) a frutto piccolo e acido; 2) a frutto grosso (quanto un limone) e acido; 3) a frutto dolciastro e a bassa acidità. 9F - Mandarino e mandarino-simili Citrus reticulata è una specie molto eterogenea. 9G - Ibridi di mandarino Tra gli ibridi naturali di mandarino ve ne sono alcuni, abbastanza noti, di difficile identificazione genetica. 9H - Pomelo o pummelo (Citrus grandis = C. maxima) Il pomelo produce il frutto più grosso tra tutti gli agrumi. 9I - Pompelmo (Citrus paradisi) È un agrume di recente costituzione che comprende due gruppi: il pompelmo a polpa chiara e il pompelmo a polpa rosa.
10 - Miglioramento genetico Per quanto riguarda gli agrumi, il mercato è molto esigente in fatto di pezzatura, aspetto esteriore e relativo colore, caratteristiche organolettiche e praticità funzionale al momento del consumo (frutti easy peeling, facili da sbucciare e con spicchi che si staccano facilmente). Inoltre sono sempre più considerate le proprietà salutistiche associate ai contenuti nutrizionali e vitaminici. 10A - Aspetti qualitativi La qualità che gli agrumi devono possedere è indicata da specifiche norme della UE. 10B - Classificazione merceologica Sulla base dei requisiti minimi, gli agrumi sono suddivisi nelle seguenti categorie commerciali: Extra, I e II.
rboree Erbacee 138 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 9 CAPITOLO 9: FRUTTICOLTURA MINORE E ALTERNATIVA Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1 ASPETTI INTRODUTTIVI DELLE SPECIE MINORI 2 SPECIE FRUTTICOLE PIÙ COLTIVATE 3
4
CAPPERO
CASTAGNO
5
6
COTOGNO
FICO
7
8
KAKI
LAMPONE
9
10
MELOGRANO
MIRTILLO GIGANTE
11
12
NOCCIOLO
NOCE
13 PISTACCHIO
14 ROVO
Mappe di riepilogo 139 Erbacee 139 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 9 1 - Aspetti introduttivi delle specie minori 5 - Cotogno I fruttiferi minori svolgono da sempre un ruolo importante negli agroecosistemi, in quanto presentano peculiarità agronomiche e pomologiche molto diversificate, spesso associate a eccezionali proprietà nutraceutiche e salutistiche.
2 - Specie frutticole più coltivate Le caratteristiche salienti delle specie minori sono riepilogate di seguito.
3 - Cappero 3A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Il cappero è un piccolo arbusto del quale si consumano i boccioli fiorali, più raramente i frutti. 3B - Esigenze pedoclimatiche Il cappero è una specie autoctona in tutto il bacino del Mediterraneo. Cresce spontaneo su substrati calcarei e poveri. In Italia è coltivato prevalentemente in Sicilia e nelle sue isole (Pantelleria, Lampedusa ed Eolie). Si propaga per seme o per talea. 3C - Varietà La varietà di capperi più nota è quella di Pantelleria che ha ottenuto l’indicazione geografica (IGP). 3D - Raccolta e utilizzazione I boccioli fiorali del cappero si raccolgono ancora chiusi e si conservano macerandoli sotto sale o sotto aceto per poi essere impiegati e consumati tal quali o per aromatizzare varie pietanze. Si raccoglie e si consuma anche il frutto.
4 - Castagno 4A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Il Castagno europeo è un albero vigoroso e longevo. È una specie monoica. Il frutto è un achenio. 4B - Esigenze pedoclimatiche Il castagno è una specie mesotermica. Predilige suoli mediamente profondi, leggeri e fertili, acidi e ben drenanti. 4C - Varietà In Italia sono coltivate prevalentemente cultivar di Castagno europeo, ma sono disponibili anche varietà cinesi, giapponesi e ibridi eurogiapponesi. 4D - Raccolta e utilizzazione La maggior parte dei raccolti è destinata al mercato fresco con una domanda crescente dall’inizio della raccolta (settembre) fino a novembre. Una limitata parte del raccolto (15-20%) è indirizzata alla trasformazione e commercializzata come semilavorato o prodotto finito.
5A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive È un albero di modeste dimensioni a foglia caduca. La polpa del frutto è consistente. Il cotogno (e le sue selezioni clonali) è utilizzato come portinnesto del pero. 5B - Esigenze pedoclimatiche Assai rustico, vegeta bene in ogni tipo di terreno. Le gelate tardive possono danneggiare la produzione. Teme la siccità estiva. 5C - Varietà Vi sono cultivar maliformi e piriformi. 5D - Raccolta e utilizzazione La raccolta si effettua in settembre-ottobre. I frutti sono utilizzati per la preparazione di gelatine, composte e distillati.
6 - Fico 6A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Può raggiungere i 7-8 m d’altezza. Il frutto è chiamato siconio. 6B - Esigenze pedoclimatiche Teme le gelate e le brinate primaverili. Non sopporta i ristagni idrici. Preferisce terreni freschi, profondi e ben dotati di sostanza organica. 6C - Varietà Le varietà bifere forniscono una doppia produzione (fioroni e forniti). Le cultivar unifere non producono i fioroni. In alcune zone caratterizzate da clima autunnale mite, le cultivar trifere fruttificano tre volte nell’annata. 6D - Raccolta e utilizzazione La raccolta avviene da giugno a settembre-ottobre a seconda della varietà e dell’ambiente di coltivazione. Il fico viene consumato fresco o conservato essiccato oppure trasformato in confettura.
7 - Kaki 7A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive L’albero può raggiungere i 12 m di altezza, specie in terreni molto fertili. Il frutto è una bacca di colore giallastro, arancio o rossastro a maturazione. 7B - Esigenze pedoclimatiche È abbastanza resistente alle basse temperature. Non sopporta le gelate tardive. Preferisce terreni sciolti e ben drenati. 7C - Varietà Le cultivar si possono classificare in base alle caratteristiche di astringenza dei frutti.
rboree Erbacee 140 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 9 7D - Raccolta e utilizzazione I frutti maturano fra l’inizio di ottobre e la metà di novembre. I kaki possono essere consumati freschi o per realizzare confetture.
8 - Lampone 8A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive È un arbusto deciduo, a portamento cespuglioso, di altezza variabile da 1 a 3 m circa. Il frutto è una polidrupa che matura nel periodo di luglio-agosto in funzione di cultivar e altitudine. Le varietà coltivate sono generalmente autofertili. 8B - Esigenze pedoclimatiche La pianta si adatta agli ambienti più diversi, pur preferendo terreni leggeri e aerati, ricchi di sostanza organica, leggermente acidi e ben drenati. È sensibile al ristagno idrico. 8C - Varietà Vi sono cultivar unifere e bifere (o rifiorenti). 8D - Raccolta e utilizzazione A seconda dell’ambiente di coltivazione, per le varietà unifere la raccolta va dalla seconda decade di giugno a fine luglio-agosto, mentre per le bifere dalla fine di luglio a novembre. Oltre al prodotto fresco o surgelato (utilizzato fuori stagione in pasticceria), i lamponi sono trasformati in succhi, confetture oppure disidratati o essiccati.
9 - Melograno 9A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Può raggiungere l’altezza di 3-4 m. Il frutto è il balaustio. 9B - Esigenze pedoclimatiche Il melograno predilige ambienti temperato-caldi e non viene danneggiato dalle gelate tardive. Preferisce terreni fertili, ricchi di sostanza organica e permeabili. 9C - Varietà Dente di cavallo, Tondo verde, Wonderful One, Hicaz, Hollar de helche. 9D - Raccolta e utilizzazione Si raccoglie in ottobre e novembre. Si consuma prevalentemente fresco, per spremute e succhi.
10 - Mirtillo gigante 10A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive È un arbusto perenne che può raggiungere i 2,5 m di altezza. Il frutto è una bacca, violacea, che raggiunge la piena maturazione tra giugno e settembre a seconda della varietà e dell’altitudine.
10B - Esigenze pedoclimatiche Si adatta a un’ampia varietà di condizioni pedoclimatiche. I migliori risultati si ottengono a circa 700 m s.l.m. Richiede suoli acidi (pH 5-5,5) e una idonea irrigazione. 10C- Varietà Blue Crop, Brigitta, Duke, Spartan, Berkeley, Patriot, Bluecrop, Brigitta blue. 10D - Raccolta e utilizzazione Si raccoglie da giugno ad agosto, a seconda della varietà e dell’ambiente di coltivazione. Oltre al consumo fresco, l’utilizzazione è del tutto simile a quella di lampone e ribes.
11 - Nocciolo 11A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive È un arbusto dalla corteccia marrone-grigiastra con lenticelle, alto fino a 4 m. Si moltiplica per polloni di 1-2 anni oppure per propaggine in terra o anche per margotta. 11B - Esigenze pedoclimatiche Preferisce un clima mite e piovoso, terreni tendenzialmente sciolti. Teme le gelate primaverili. 11C - Varietà La scelta della cultivar dipende principalmente dalla destinazione d’uso. 11D - Raccolta e utilizzazione La maturazione dei frutti ha inizio nella seconda metà di agosto e si protrae per circa un mese. La raccolta può essere eseguita a mano, con macchine aspiratrici o con macchine raccattatrici. La maggior parte della produzione è destinata all’industria dolciaria. Grazie all’elevato contenuto di grassi, dalle nocciole si estrae anche un olio utilizzato per usi alimentari o industriali.
12 - Noce 12A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Il Noce comune, o Juglans regia, è la sola specie autoctona del continente europeo e la più importante per la produzione di frutti e legno. Il frutto è una drupa. 12B - Esigenze pedoclimatiche Il noce è una specie mesofila ed eliofila. I terreni migliori sono quelli di medio impasto o sciolti, profondi, freschi, ma ben drenati. 12C - Varietà In Italia la cultivar più coltivata è la Noce di Sorrento. 12D - Raccolta e utilizzazione Il noce è importante economicamente sia per la produzione del frutto sia per quella del legno.
Mappe di riepilogo 141 Erbacee 141 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 9 13 - Pistacchio 13A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive È un arbusto che raggiunge mediamente un’altezza di circa 4-5 m. Il frutto è una drupa monosperma. 13B - Esigenze pedoclimatiche È molto resistente alla siccità e al freddo, ma teme le gelate primaverili. Preferisce le esposizioni a mezzogiorno. Si adatta ai terreni rocciosi e calcarei, ma anche alle lave vulcaniche. 13C - Varietà La principale varietà è la Bianca (o Napoletana). La varietà maschile più diffusa, usata come impollinatore, è la M10. 13D - Raccolta e conservazione In Italia è coltivato quasi esclusivamente in Sicilia, prevalentemente nelle province di Catania, Agrigento e Caltanissetta. Le operazioni di raccolta si effettuano in genere dalla seconda decade di agosto alla prima di ottobre. Il pistacchio viene commercializzato in varie
forme: sgusciato, non sgusciato, in granella, farina, in bastoncini, affettato o come pasta di pistacchio.
14 - Rovo 14A - Caratteristiche botaniche, colturali e produttive Arbusto perenne, assai vigoroso. La fioritura avviene in maggio. Il frutto è costituito da drupeole nere e lucide che maturano di solito verso la fine dell’estate. 14B - Esigenze pedoclimatiche Predilige terreni di medio impasto, con un livello medio di sostanza organica, poveri di calcare, a reazione subacida e ben drenati. Può essere coltivato fino a una quota di 800-900 m s.l.m. 14C - Varietà Black Satin, Dirksen Thornless, Hull Thornless, Thornfree, Navaho, Chester, Loch Ness. 14D - Raccolta e utilizzazione La raccolta è effettuata dalla metà di luglio fino a fine settembre-ottobre, a seconda dell’ambiente di coltivazione.
rboree Erbacee 142 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 CAPITOLO 10: ARBORICOLTURA DA LEGNO E DA ORNAMENTO Mappa interattiva con sintesi bilingue (testo e audio MP3) Italiano/English disponibile su Libro digitale 1
A A
CATENA FORESTALE ALPINA
SELVICOLTURA
B
CATENA APPENNINICA E INSULARE
E AREE FORESTALI
2 ARBORICOLTURA FUNZIONALE E ORNAMENTALE A
PIANTA GIUSTA AL POSTO GIUSTO
E
STABILITÀ DEGLI ALBERI
B
DIMENSIONE DELLA PIANTA
F
GESTIONE DEGLI ALBERI NEI CANTIERI
C
PORTAMENTO
G
STIMA DEL VALORE ORNAMENTALE
D
CARATTERI ORNAMENTALI
3 SPECIE ARBOREE FORESTALI ORNAMENTALI 4
5
ABETE BIANCO
ACERI
6
7
BAGOLARO
CARPINO NERO
8
9
CASTAGNO
CERRO
10
11
CILIEGIO SELVATICO
FAGGIO
12 FRASSINO MAGGIORE E ORNIELLO
13 LARICE
continua
Mappe di riepilogo 143 Erbacee 143 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 B
14 NOCE 16 ONTANO BIANCO E ONTANO NERO 18 PINO SILVESTRE 20 PIOPPO TREMOLO 22 ROVERELLA
15 OLMO CAMPESTRE E OLMO MONTANO 17 PINO NERO 19 PIOPPO BIANCO 21 ROVERE 23 TIGLIO
rboree Erbacee 144 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 1 - Selvicoltura e aree forestali La selvicoltura si interessa della coltivazione dei boschi attraverso l’applicazione dei principi dell'ecologia forestale: impianto, rinnovamento e interventi attuati per condizionare la struttura e la composizione specifica dei popolamenti forestali. 1A - Catena forestale alpina Le Alpi sono tra le catene montuose più alte d’Europa. L’arco alpino è lungo 1.200 km e largo 200 km; è il punto di transizione tra il clima mediterraneo a Sud e quello più temperato a Nord. Oltre il 50% delle Alpi è ricoperto da foreste. Verso settentrione, i versanti a quote più basse sono dominati da alberi a foglie caduche, mentre a Sud si trovano le foreste sempreverdi. Alle quote più alte e nelle aree più aride prevalgono le conifere. I prati e pascoli montani rappresentano il 25% della vegetazione alpina. Lungo le Alpi si trovano 84 tipologie di habitat ed è presente il 40% circa della flora europea. 1B - Catena appenninica e insulare L’appennino rappresenta uno degli elementi caratteristici del territorio italiano. È la prima catena montuosa italiana, caratterizzata da una superficie di 9.437.500 ettari, pari al 31% della superficie nazionale. La Regione climatica più diffusa in appennino è quella temperata. Lungo l’appennino si possono individuare ben 32 diversi ecosistemi, per la maggior parte forestali, arbustivi o erbacei.
2 - Arboricoltura funzionale e ornamentale Gli alberi, veri protagonisti del paesaggio, ne hanno da sempre rappresentato l’elemento caratterizzante, fino a diventarne il simbolo. In Italia, le specie arboree spontanee sono circa 150, ma se si sommano quelle introdotte dall’uomo a scopo ornamentale o produttivo, si raggiungono le 2.000 specie. L’uso ornamentale degli alberi nei contesti antropizzati (viali stradali, parcheggi, parchi pubblici o giardini privati) deve essere il frutto di una conoscenza approfondita che va dal riconoscimento botanico, alla conoscenza delle esigenze e dei caratteri ornamentali, alle corrette tecniche di impianto e gestione nel tempo. 2A - Pianta giusta al posto giusto Qualunque sia la tipologia di verde da realizzare, la scelta degli alberi da porre a dimora deve basarsi, per prima cosa, sui presupposti emersi dallo studio ambientale; è prioritario definire quali specie si adattano meglio al clima, al terreno nonché al contesto paesaggistico e naturalistico esistente.
2B - Dimensione della pianta È uno degli aspetti più importanti per evitare interferenze e conflitti con i manufatti antropici. Ciascuna specie manifesta un proprio potenziale di crescita indotto da fattori genetici; pertanto, è importante documentarsi adeguatamente per scegliere la specie o la cultivar più idonea, in relazione allo spazio, radicale e aereo, che essa avrà a disposizione. 2C - Portamento È la conformazione generale della pianta, che differisce da specie a specie a seconda della struttura (forma, dimensione, posizione dei rami e delle foglie). Il portamento delle piante ornamentali è un elemento di grande importanza a livello progettuale. 2D - Caratteri ornamentali Sono caratteri, quali la persistenza del fogliame, il colore delle foglie durante le stagioni, la produzione di fiori o di frutti. Questi aspetti sono molto importanti dal punto di vista progettuale perché consentono di definire l’atmosfera di un luogo e caratterizzare il progetto. 2E - Stabilità degli alberi Negli ambienti urbanizzati la gestione degli alberi deve consentire la conservazione nel tempo del patrimonio arboreo, gestendo e curando le eventuali fitopatie, ma allo stesso tempo, deve assicurare un buon livello di sicurezza nei confronti di eventuali cedimenti degli alberi o di loro parti. La verifica della stabilità meccanica degli alberi si effettua ricorrendo a una metodologia, riconosciuta a livello internazionale, che si articola in due fasi: 1. analisi visiva dell’albero (chiamata anche VTA - Visual Tree Assessment); 2. analisi strumentali. 2F - Gestione degli alberi nei cantieri Ogni intervento edile eseguito in prossimità degli alberi è causa di stress fisiologico per le piante. Il danneggiamento delle radici causa alterazioni più o meno evidenti e gravi al sistema pianta, in relazione al tipo di radici danneggiate. Si può verificare anche una riduzione della sicurezza biomeccanica e quindi della stabilità dell’albero. Tutti gli interventi con mezzi meccanici devono essere eseguiti a distanza dalla base della pianta e con modalità adeguate per evitare di arrecare danno ai vari organi, in particolar modo agli apparati radicali. La distanza di sicurezza dal fusto, all’interno della quale è opportuno evitare ogni danneggiamento o inter-
Mappe di riepilogo 145 Erbacee 145 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 ferenza con il sistema radicale, è chiamata zona di protezione dell’albero. 2G - Stima del valore ornamentale Gli alberi possiedono anche un valore economico, pertanto contribuiscono ad aumentare il valore dei beni immobili e delle aree verdi. La stima del valore degli alberi ornamentali è assai complessa, a causa della necessità di quantificare con la stima anche gli innumerevoli valori (estetico, paesaggistico, emotivo e di benessere, storico, sociale, ecc.) che ciascun albero mostra in relazione al contesto in cui è inserito. Per questa ragione esistono diversi procedimenti di stima per tradurre in denaro il valore degli alberi ornamentali.
3 - Specie arboree forestali ornamentali 4 - Abete bianco 4A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive È una conifera sempreverde che può raggiungere i 3540 m di altezza. 4B - Caratteristiche selvicolturali Si trova bene sui versanti ombrosi, con clima molto piovoso. Si rinnova esclusivamente tramite i semi. 4C - Caratteristiche del legno Il legno è di colore biancastro e trova impiego in falegnameria.
5 - Aceri (Acero di monte; Acero riccio; Acero campestre) 5A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive L’Acero di monte e l’Acero riccio sono alberi che possono raggiungere i 30 m di altezza. L’Acero campestre è un piccolo albero a crescita lenta. I frutti sono samare doppie. 5B - Caratteristiche selvicolturali Per ottenere fusti con pochi nodi, occorre mantenere un certo grado di copertura che favorisca l’accrescimento in altezza e il raccoglimento della chioma in alto. 5C - Caratteristiche del legno Il legno è biancastro, presenta un buon grado di lavorabilità e ha valide caratteristiche meccaniche. Il legno viene utilizzato nella costruzione di mobili e strumenti musicali.
6 - Bagolaro 6A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Raggiunge i 20-25 m di altezza e può vivere qualche secolo.
6B - Caratteristiche selvicolturali Preferisce le posizioni soleggiate e calde, si adatta molto bene ai terreni poveri. 6C - Caratteristiche del legno Il legno è di colore chiaro, duro e molto resistente. Viene impiegato in falegnameria e nella fabbricazione di oggetti.
7 - Carpino nero 7A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive È molto indicato nella costituzione di boschi cedui. 7B - Caratteristiche selvicolturali L’utilizzazione principale del legno è come combustibile.
8 - Castagno 8A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Albero di notevoli dimensioni, assai longevo. 8B - Caratteristiche selvicolturali Vegeta in versanti sia ombrosi che assolati, fino ai 1.000 m di quota. Richiede terreni freschi per poter crescere bene. 8C - Caratteristiche del legno Dai segati si ottiene legname per mobili, infissi e doghe per botti; i tronchi migliori possono anche essere tranciati.
9 - Cerro 9A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Raggiunge altezze intorno ai 30 m. 9B - Caratteristiche selvicolturali È una specie mesofila ed eliofila. 9C - Caratteristiche del legno Il legno è utilizzato soprattutto come legna da ardere.
10 - Ciliegio selvatico 10A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può superare i 20 m di altezza. 10B - Caratteristiche selvicolturali Il rinnovo avviene prevalentemente da seme. Si riproduce anche per polloni radicali. È molto resistente al freddo. 10C - Caratteristiche del legno Il tronco è utilizzato per tranciatura o sfogliatura.
rboree Erbacee 146 Produzioni Vegetali A
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 11 - Faggio
15 - Olmo campestre e Olmo montano
11A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Assai longevo (può vivere fino a 300 anni), il tronco può raggiungere oltre 1 metro di diametro. 11B - Caratteristiche selvicolturali Durante il taglio è opportuno lasciare alcuni polloni per mantenere alta la vitalità delle ceppaie. 11C - Caratteristiche del legno Il legno è facilmente deperibile all’aperto. Si ricava legname da lavoro, destinato alla produzione di mobili e oggetti vari. Il legno proveniente dai cedui costituisce un’ottima legna da ardere.
15A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Essenze longeve, che possono raggiungere notevoli dimensioni. 15B - Caratteristiche selvicolturali L’Olmo campestre vegeta nei terreni fertili delle zone agricole e ai bordi dei prati. L’Olmo montano è una essenza tipicamente forestale. 15C - Caratteristiche del legno Può essere impiegato per la fabbricazione di mobili e di liste da pavimento.
12 - Frassino maggiore e Orniello 12A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Il Frassino maggiore può raggiungere un’altezza di 40 m. È molto resistente alle basse temperature. L’Orniello è un albero di modeste dimensioni; predilige esposizioni luminose e tollera i terreni con poca disponibilità idrica. 12B - Caratteristiche del legno Il legno di Frassino maggiore è adatto alla costruzione di mobili e pavimenti.
13 - Larice 13A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può raggiungere i 40 m di altezza ed è assai longevo. È l’unica conifera caducifoglia presente sull’arco alpino. 13B - Caratteristiche selvicolturali Predilige le esposizioni luminose. È molto resistente al freddo. 13C - Caratteristiche del legno È impiegato per la realizzazione di pavimenti, rivestimenti, infissi, mobili.
14 - Noce 14A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Presenta una chioma globosa ed espansa. Può raggiungere i 30 m di altezza. 14B - Caratteristiche selvicolturali È sensibile alle gelate primaverili. Predilige terreni freschi e sciolti. 14C - Caratteristiche del legno Il legno è impiegato per realizzare mobili di pregio e liste da pavimento.
16 - Ontano bianco e Ontano nero 16A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive L’Ontano bianco è un albero di modeste dimensioni non molto longevo. L’Ontano nero può raggiungere dimensioni lievemente superiori, ma è anch’esso poco longevo. 16B - Caratteristiche selvicolturali L’Ontano bianco è presente nei boschi di latifoglie e di conifere in areali umidi e freschi. È molto resistente al freddo. L’Ontano nero vegeta bene lungo i fossi e nelle aree con ristagno idrico. 16C - Caratteristiche del legno Il legno si presta per la fabbricazione di piccoli oggetti domestici e per la produzione di segati per falegnameria.
17 - Pino nero 17A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può raggiungere altezze di oltre 25 m. 17B - Caratteristiche selvicolturali È adatto a terreni poveri, calcarei, anche poco profondi, inoltre è resistente alla siccità e alle basse temperature. 17C - Caratteristiche del legno Il legno è adatto per la carpenteria.
18 - Pino silvestre 18A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Conifera sempreverde che può raggiungere i 40 m di altezza e 1 m di diametro. 18B - Caratteristiche selvicolturali Tollera abbastanza i periodi siccitosi. È molto resistente al freddo. 18C - Caratteristiche del legno È impiegato per la fabbricazione di serramenti, mobili e rivestimenti interni.
Mappe di riepilogo 147 Erbacee 147 Produzioni Vegetali
Basi agronomiche/Produzioni vegetali Volume B Arboree Mappa di riepilogo del Capitolo 10 19 - Pioppo bianco 19A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può raggiungere 35-40 m di altezza. 19B - Caratteristiche selvicolturali La specie vegeta in terreni umidi e lungo i corsi d’acqua fino a circa 1.000 m. 19C - Caratteristiche del legno Il legno è usato in falegnameria, per la produzione di pasta di cellulosa e per il consolidamento di argini e scarpate.
20 - Pioppo tremolo 20A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive È una essenza poco longeva. 20B - Caratteristiche selvicolturali Si moltiplica per seme, talea e polloni radicali. 20C - Caratteristiche del legno È impiegato per la produzione di imballaggi.
21 - Rovere 21A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può raggiungere elevate dimensioni e superare i due secoli di età. 21B - Caratteristiche selvicolturali Si trova sia sui versanti soleggiati, sia su quelli ombrosi.
21C - Caratteristiche del legno Il legno è un ottimo combustibile. È anche utilizzato per la fabbricazione di mobili, liste da pavimento e per la costruzione di imbarcazioni e doghe per botti denominate barriques.
22 - Roverella 22A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Raggiunge altezze non superiori a 25 m. 22B - Caratteristiche selvicolturali È una specie eliofila e termoxerofila. 22C - Caratteristiche del legno Il legname è impiegato nei cantieri navali e come legna da ardere.
23 - Tiglio 23A - Caratteristiche botaniche, ambientali e produttive Può raggiungere 20-30 m di altezza ed è assai longevo. 23B - Caratteristiche selvicolturali Predilige terreni freschi e fertili. 23C - Caratteristiche del legno È impiegato per la realizzazione di oggetti torniti, lavori di intaglio, sculture e per la produzione di segati per la falegnameria fine e la liuteria.
148 Produzioni Vegetali Arboree
Rubrica ››› PREPARO L’ESAME (Digitale) A. Traccia d’esame (anno 2018) Il candidato svolga la prima parte della prova e risponda a due tra i quesiti proposti nella seconda parte.
Parte prima La gestione della chioma, è fattore indispensabile per rispettare i vincoli imposti dal disciplinare di produzione e per ridurre l’incidenza delle crittogame, nonché per ottenere un prodotto di qualità nel rispetto della salute del consumatore. Il candidato, in riferimento ad un ecosistema viticolo a lui noto, ad uno specifico vitigno e ad una forma di allevamento idonea, tutti opportunamente descritti, tratti dei diversi interventi di gestione della chioma necessari per raggiungere gli obiettivi evidenziati in premessa.
Parte seconda 1) L’incidenza della cimatura sulla fisiologia della pianta ed in particolare sull’accumulo delle sostanze zuccherine all’interno; il candidato inquadri la problematica e la inserisca nel contesto descritto nella prima parte. 2) Il candidato, anche alla luce di eventuali esperienze extra-scolastiche, tratti della pratica della defogliazione, soffermandosi su diverse modalità di esecuzione e analizzando le ripercussioni sullo stato sanitario e sulla maturazione del grappolo. 3) Con riferimento alla situazione e al contesto descritti nella prima parte, il candidato illustri il ruolo della concimazione fogliare nel contenimento delle carenze minerali. 4) Le fasi di produzione delle barbatelle innestate: il candidato, traendo spunto anche da esperienze svolte in ambito extra-scolastico (alternanza scuola-lavoro, stage, tirocini, visite aziendali), ne descriva le caratteristiche, inquadrandole in una giusta successione cronologica
B. Traccia d’esame (anno 2017) Parte prima Il candidato, dopo aver individuato e descritto, dal punto di vista agronomico e paesaggistico, un’area territoriale di sua conoscenza, ne descriva le potenzialità produttive. Illustri quindi gli aspetti da analizzare e le valutazioni necessarie, in vista di una riconversione delle attività agricole presenti, in un’ottica di basso impatto ambientale e valorizzazione dei prodotti tipici locali. Indichi, dove opportuno, i necessari riferimenti alle vigenti norme regionali, nazionali o comunitarie. Parte seconda 1) Il candidato illustri i criteri adottabili nella classificazione di un territorio, sviluppando poi un esempio relativo ad un’area di sua conoscenza. 2) Anche alla luce di eventuali esperienze personali, il candidato descriva la valutazione del livello di qualità dell’aria mediante l’impiego di bioindicatori. 3) Le tecnologie utilizzate e gli ambiti di intervento dell’ingegneria naturalistica: il candidato, dopo aver inquadrato la tematica, esponga qualche esempio in territori di sua conoscenza. 4) Il candidato spieghi ed illustri, facendo eventualmente ricorso anche ad esperienze formative extra-scolastiche (stage, tirocini, altre esperienze scuola-azienda), il concetto di sostenibilità applicato alle attività agricole e/o zootecniche.
C. Traccia d’esame (anno 2016) Parte prima Dopo aver individuato e descritto un contesto ambientale di propria conoscenza e in coerenza con gli obiettivi di sostenibilità che la moderna agricoltura deve perseguire, il candidato, facendo riferimento a tale territorio, affronti gli elementi di non sostenibilità presenti nell’agricoltura convenzionale e proponga delle soluzioni alternative a basso impatto ambientale, descrivendone gli obiettivi ed i vantaggi ottenibili. Parte seconda 1) Ipotizzare per un’azienda agraria inserita nel contesto territoriale descritto nella prima parte un percorso di multifunzionalità. 2) Cosa si intende per “condizionalità”, alla luce dei regolamenti europei e della legislazione nazionale? 3) Illustrare il ruolo che l’azienda agraria può svolgere nel mantenimento del paesaggio agrario locale, tenendo eventualmente conto delle esperienze extra-scolastiche svolte (es. stage, tirocini, altre esperienze scuola-azienda, ecc.). 4) Illustrare le normative di riferimento nazionali e locali riferite al contesto ambientale.
D. Traccia d’esame (anno 2016) Parte prima Il candidato, dopo aver identificato e descritto, in un territorio di propria conoscenza, le caratteristiche significative del contesto ed averne esaminato le potenzialità ambientali e produttive, illustri, sulla base di indicatori ritenuti utili e da esplicitare con chiarezza, le possibilità di valorizzazione di tale territorio e dei suoi prodotti nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, partendo dal ruolo che può svolgere il settore agricolo.
Rubrica
››› PREPARO L’ESAME (Digitale)
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Parte seconda 1) Facendo riferimento al territorio preso in considerazione nella prima parte, il candidato individui quali sono gli strumenti di governo del territorio e in quale modo possono essere utilizzati per declinare le possibilità di sviluppo. 2) Si illustrino gli obiettivi dei piani di sviluppo rurale. 3) L’importanza dei sistemi informativi territoriali nella pianificazione dell’area presa in considerazione nella prima parte. 4) Illustrare le procedure per la Valutazione dell’Impatto Ambientale, facendo eventuale riferimento ad esperienze formative extra-scolastiche (es. stage, tirocini, altre esperienze scuola-azienda, ecc.).
E. Traccia d’esame (anno 2016) Parte prima L’individuazione delle diverse attitudini territoriali risulta fondamentale per una corretta gestione ambientale. Il candidato prenda in esame un territorio di sua conoscenza, descrivendone le caratteristiche con riferimento a tutti gli indicatori che riterrà utili per tale analisi, e ne individui le potenzialità ambientali e produttive. Elabori poi un programma di attività promozionali per la valorizzazione dei prodotti alimentari collegati alle caratteristiche territoriali.
Parte seconda 1) La tracciabilità e la sicurezza delle attività trasformative: il candidato, prendendo spunto anche da eventuali esperienze di alternanza scuola-lavoro, stage e tirocinio in azienda, illustri l’importanza della tracciabilità e focalizzi l’attenzione sui principali interventi finalizzati ad assicurare la sicurezza. 2) Cosa si intende con biodiversità? E quali potrebbero essere i principali interventi per difendere la biodiversità in relazione al territorio preso in esame nella prima parte? 3) Le norme regionali, nazionali e comunitarie inerenti l’attività agricola: il candidato, dopo aver elaborato un quadro sintetico delle principali norme, illustri in modo analitico una normativa a sua scelta, indicando anche l’impatto che essa produce. 4) Con riferimento al territorio preso in esame nella prima parte, il candidato individui possibili soluzioni in tema di riduzione di impatto ambientale, con particolare attenzione alla vulnerabilità dei suoli e delle acque.
F. Traccia d’esame (anno 2016) Parte prima L’impianto rappresenta un momento di fondamentale importanza per la futura e corretta gestione del vigneto. Il candidato, in riferimento ad una varietà di rilevante incidenza territoriale in un’area di sua conoscenza, tratti delle operazioni inerenti l’impianto. In particolare, con specifico riferimento al contesto individuato, approfondisca e motivi le scelte operate concernenti il portinnesto, il sesto d’impianto e la forma di allevamento. Tratti inoltre dell’individuazione dei materiali più idonei alla realizzazione della struttura portante del vigneto anche in funzione del grado di meccanizzazione aziendale.
Parte seconda
1) Evidenziare i danni prodotti da una crittogama e impostare un corretto piano di difesa, anche con riferimento ad eventuali esperienze formative extra-scolastiche (es. stage, tirocini, esperienze scuola-azienda, etc). 2) Il candidato, utilizzando le proprie conoscenze in merito alle tecniche di controllo delle infestanti del vigneto, organizzi un efficace programma di interventi, rispettoso della sicurezza e della tutela ambientale, nel contesto descritto nello sviluppo della prima parte della traccia. 3) Evoluzione dei principali componenti dell’acino durante la fase di accrescimento e maturazione. 4) Illustrare, in successione cronologica, le fasi fenologiche del ciclo annuale della vite.
G. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima In coerenza con gli obiettivi di una moderna agricoltura, risulta evidente l’importanza di progettare attività produttive ecocompatibili e di gestire tali attività valorizzando gli aspetti qualitativi dei prodotti e assicurando tracciabilità e sicurezza. Il candidato, identificata una zona di sua conoscenza, ne individui le criticità di natura ambientale analizzando poi le coltivazioni e le associazioni vegetali presenti. Rediga quindi una proposta di riconversione con metodi a basso impatto ambientale, descrivendo gli obiettivi dell’intervento e i vantaggi ottenibili.
Parte seconda 1) Ipotizzare una filiera di distribuzione o sistemi alternativi di vendita. 2) Partendo anche da eventuali esperienze operative extra-scolastiche, indicare i possibili effetti positivi sull’ambiente della riconversione a coltura biologica. 3) Illustrare le tipologie di intervento pubblico e le modalità di accesso ai contributi previsti. 4) Cosa si intende per “greening” e come incide sulla nuova PAC.
150 Produzioni Vegetali Arboree
H. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima La corretta gestione ambientale non può prescindere dalla individuazione delle diverse attitudini territoriali e dalla capacità di pianificare attività produttive eco-compatibili, valorizzando nel contempo gli aspetti qualitativi dei prodotti e prestando la massima attenzione agli interventi atti a garantire tracciabilità e sicurezza. Il candidato esamini le potenzialità ambientali e produttive di un territorio di sua conoscenza, in relazione agli indicatori che riterrà utili per tale analisi. Valorizzi poi la vocazione dello stesso in un’ottica di tutela paesaggistica e ambientale. Parte seconda 1) Come assicurare tracciabilità e sicurezza nelle attività produttive e/o trasformative, anche alla luce di eventuali esperienze extra-scolastiche. 2) Descrivere cosa si intende con biodiversità. 3) Le principali norme regionali, nazionali e comunitarie inerenti l’attività agricola. 4) Indicare possibili soluzioni in tema di riduzione di impatto ambientale, con particolare riferimento alla vulnerabilità dei suoli e delle acque.
I. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima Nell’ambito di un’azienda agraria ove si vogliano applicare corrette tecniche di produzione, al fine di organizzare attività produttive eco-compatibili e di valorizzare gli aspetti qualitativi, l’impianto di un arboreto rappresenta un momento di fondamentale importanza, con rilevanti ripercussioni sulla sua futura gestione. Il candidato, facendo riferimento ad una coltura arborea di propria scelta, dopo aver descritto le caratteristiche pedoclimatiche della zona presa a riferimento, tratti delle problematiche inerenti l’impianto, dalla scelta varietale all’individuazione dei sesti e dei materiali più idonei ad una gestione meccanizzata degli interventi colturali. Parte seconda 1) La potatura di allevamento e di produzione: principi fisiologici e obiettivi. 2) Il contenimento delle erbe infestanti alla luce di una produzione eco-compatibile anche in riferimento a eventuali esperienze operative del candidato. 3) Con riferimento alla specie prescelta, motivare la scelta del portainnesto individuato in relazione alle caratteristiche pedoclimatiche della zona. 4) Modalità e criteri per impostare una difesa fitosanitaria corretta nell’arboreto preso a riferimento.
L. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima Al fine di gestire in modo adeguato il processo produttivo, identificando ed applicando le corrette metodologie colturali e valorizzando gli aspetti qualitativi, la concimazione rappresenta un momento di fondamentale importanza per garantire un adeguato ed equilibrato sviluppo della pianta e migliorare efficienza produttiva e qualità del prodotto. Il candidato, dopo aver scelto una coltura arborea o arbustiva di propria conoscenza, tratti i principi alla base di una corretta concimazione, individuando le tipologie, gli elementi principali, le epoche di somministrazione e le possibili alternative alla concimazione tradizionale.
Parte seconda 1) La pratica della concimazione nelle produzioni biologiche. 2) Tempi e scopi della potatura verde. 3) Si definiscano gli interventi necessari per una corretta gestione del suolo nel caso preso in esame nella prima parte, anche alla luce di esperienze extra-scolastiche del candidato. 4) La meccanizzazione dell’arboreto.
M. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima La gestione di un’azienda agraria ad indirizzo arboricolo richiede la programmazione, l’organizzazione e la realizzazione di un piano di interventi di difesa rispettosi dell’ambiente e della qualità del prodotto. Il candidato, facendo riferimento ad una zona di propria conoscenza e ad una coltura arborea di propria scelta, tratti delle problematiche inerenti la difesa antiparassitaria, individuando altresì il giusto rapporto tra le tecniche colturali e l’efficacia di tali interventi.
Parte seconda 1) Metodi e tecniche di lotta biologica ed integrata. 2) L’utilizzo del concetto di soglia di intervento per un uso razionale degli antiparassitari. 3) Con riferimento alla specie di cui si è trattato nella prima parte e ad eventuali esperienze operative del candidato, individuare i criteri di scelta della/e cultivar più adatte al contesto pedoclimatico. 4) La meccanizzazione dell’arboreto e la scelta dei sesti di impianto.
Rubrica
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N. Traccia d’esame (anno 2015) Parte prima Il candidato, dopo aver descritto le caratteristiche pedoclimatiche di una zona di propria conoscenza, identificata una coltura arborea o arbustiva di rilevante importanza economica, ne descriva la forma di allevamento più idonea e la tecnica colturale, con particolare riferimento alla gestione della chioma anche in vista di una produzione ecocompatibile.
Parte seconda 1) Con riferimento alla specie prescelta, indicare le principali malattie fungine e il relativo controllo. 2) Illustrare i principi generali della concimazione con sostanza organica. 3) Importanza della scelta dei portinnesti, facendo opportuni esempi, in funzione della qualità del prodotto, anche in relazione ad eventuali esperienze operative. 4) Illustrare i criteri di valutazione della qualità dei prodotti.
Produzioni roduzioni vegetali arboree 152 P roduzioni egetali A rboree VVegetali A Erboree rbacee P 152
Griglie di correzione Soluzioni delle Verifiche presenti nel Volume Introduzione - Agricoltura e frutticoltura in Italia Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. a; 6. c; 7. a; 8. c; 9. b; 10. c. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. v; 4. f; 5. f; 6. f; 7. f; 8. v; 9. f; 10. v. Completa le parole mancanti 1. falda acquifera; fertilità del suolo; ioni nutritivi; acqua di falda; concime; energia. 2. vegetazionale; chimici; azoto; minore; vitamine; zuccheri semplici. 3. climatiche; parassiti; minerale; potatura. 4. mercato; frigoconservazione; imballaggi; trasporti. 5. poliennale; pescheto; superfitti; melo; susino; ciliegio; 1.000-2.500. 6. raccolta; cultivar; incrociata. 7. sesto d’impianto; fertilità; allevamento; portinnesto. 8. meristematico; foglie; laterali; foglie; fiori. 9. Spermatofite; Gimnosperme; Angiosperme; Dicotiledoni; Monocotiledoni. 10. frutti semplici; frutti aggregati o composti; infruttescenze.
Capitolo 1 - Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree
Quesiti a risposta multipla 1. a; 2. c; 3. b; 4. b; 5. b; 6. a; 7. c; 8. b; 9. a; 10. b. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. v; 5. f; 6. f; 7. v; 8. v; 9. f; 10. f; 11. f; 12. v; 13. f; 14. v; 15. f; 16. v; 17. v; 18. v. Completa le parole mancanti 1. geotropico; 40 a 150 cm. 2. annuale; temperature; 30 °C; estate. 3. inverno; primavera; estate; primavera. 4. gemme; pezzatura; anticipo. 5. lamburda; gemma mista; quattro. 6. maschio; stami; pistilli; antere; corolla. 7. temperatura; sterilità. 8. polline; germinabilità; fioritura. 9. granulo pollinico; frutto;semi. 10. animali; semi.
Capitolo 2 - Vivaistica e propagazione dei fruttiferi
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. c; 3. a; 4. a; 5. c; 6. b; 7. a; 8. b; 9. c; 10. b. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. v; 4. f; 5. v; 6. f; 7. f; 8. f; 9. f; 10. v; 11. f; 12. v; 13. v; 14. v; 15. f; 16. v; 17. f; 18. v; 19. v; 20. f. Completa le parole mancanti 1. tecniche; gamica; seme; moltiplicazione; agamica. 2. talea; verticale; nebulizzazione; perlite. 3. incisione anulare; substrato; umido; radicazione. 4. bionti; bimembre; alimentazione; individualità. 5. condizioni; -fisiologico; produttivo; disaffinità. 6. gennaio a settembre; lungo; breve. 7. saldatura; legatura; forzatura; serra; sabbia. 8. madre; mezzo di coltura; ste-
rile; laminare. 9. genoma; cellula. 10. maturazione; abscissione; epinastia; semi.
Capitolo 3 - Progettazione, impianto e gestione del frutteto
Quesiti a risposta multipla 1. c; 2. a; 3. b; 4. a; 5. b; 6. c; 7. a; 8. b; 9. c; 10. b; 11. a; 12. c. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. v; 5. v; 6. f; 7. v; 8. f; 9. f; 10. f; 11. v; 12. f; 13. v; 14. f; 15. v; 16. f; 17. f; 18. f; 19. v; 20. v. Completa le parole mancanti 1. storici; temperatura; primaverili; gelate. 2. terreno; fisico-chimici; organica; anomalie. 3. pianta; biotici; fisiologiche. 4. acque meteoriche; asfissia; scoline; drenaggio; falda. 5. periodiche; superficie; dischi; estirpatori. 6. protezione; terreno; totale; parziale. 7. infestanti; compost; filare; cortecce; polietilene. 8. parassiti; anno; erbacee. 9. isolamento; carattere; vegetative. 10. idriche; radici; idrologiche; irriguo. 11. bassa; idrico; localizzati; umidità; stress. 12. sottochioma; fila; ravvicinati; costanti; secchi; umidi. 13. nutrizione; radici; foglie; carenza; vegetali. 14. quota di asportazione; concimi; ammendanti; primavera. 15. organismi; difesa; chimica; agronomica; patogeni; malerbe.
Capitolo 4 - Colture arboree sarmentose Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. c; 3. a; 4. c; 5. a; 6. c; 7. b; 8. c; 9. a; 10. b; 11. c; 12. a; 13. b; 14. c. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. f; 5. v; 6. v; 7. f; 8. v; 9. f; 10. f; 11. v; 12. f; 13. f; 14. v; 15. f; 16. f; 17. v; 18. v; 19. f; 20. v; 21. f; 22. v; 23. f; 24. v; 25. f. Completa le parole mancanti 1. età; portainnesto; clima; varietà; allevamento. 2. fusto; ceppo; assi; branche; tralci; germogli; grappoli. 3. gemma ibernante; un anno; dormienza. 4. grappoli; gemma; reale; potenziale. 5. tralci; scuro; consistenza; corticale. 6. peduncolo; rachide; racimoli; pedicelli. 7. rigonfio; becco; calaza; rafe. 8. maturazione; fabbisogno di caldo; maturità; qualità. 9. casse di forzatura; segatura; forzatura; 15-20 giorni; 80%. 10. carica produttiva; gemme; tralcio. 11. infiorescenze; ascella; foglie; tralci; dioica; sessi. 12. marzo; legno; miste; germoglio; infiorescenze; 1-3; 3. 13. acidi; organica; pesanti; idrico; calcare attivo. 14. filo; 170-180; permanente; laterali; filo centrale. 15. inerbimento totale; pacciamatura; organici ; film plastici.
Capitolo 5 - Olivicoltura Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. c; 3. a; 4. b; 5. b; 6. a; 7. b; 8. a; 9. b; 10. c; 11. c; 12. a; 13. b; 14. b.
Griglie di correzione 153 Vero o falso 1. f; 2. v; 3. v; 4. f; 5. f; 6. v; 7. v; 8. f; 9. v; 10. f; 11. v; 12. v; 13. f; 14. f; 15. f; 16. v; 17. f; 18. v; 19. f; 20. v. Completa le parole mancanti 1. fiori; allegagione; incrociata. 2. inverno; ambientali; altitudine. 3. rami; lignificati; 15 cm; nodi; apicali. 4. mese; temperature; 16; gemme. 5. radicali; chioma; fruttificazione; prodotto. 6. semilegnosa; ramo; foglie; radici; piantina autonoma; barbatella. 7. chioma; vigore; pedoclimatiche; spaziale; fogliare; solare. 8. germogli; fruttificazione; rami, branche; gestione. 9. dimensioni; fruttificazione; tempo; allevamento. 10. idonei; drenati; Verticillium; terreni; ortaggi. 11. foglie; chimici; efficace; azoto. 12. produzione; 50-80%.
Capitolo 6 - Colture arboree pomacee Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. b; 4. c; 5. a; 6. b; 7. c; 8. a; 9. c; 10. b. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. v; 4. f; 5. v; 6. f; 7. v; 8. f; 9. f; 10. v; 11. f; 12. f; 13. v; 14. f; 15. v; 16. v; 17. f; 18. f; 19. f; 20. v. Completa le parole mancanti 1. frutto; ricettacolo fiorale; fecondazione; frutto; torsolo. 2. Rosaceae; Pomoideae; Malus; ornamentali. 3. agamica; discendenza; pianta; seme; genetico; franchi. 4. disaffinità; bionti; attecchimento; d’innesto; precoce. 5. gemme; nutrizionali; solare; auxine; gibberelline. 6. erbacee; residui; radicali; posizione; portinnesti; stanchezza. 7. acrotonia; piramidale; medio-elevata; 8-10; rugosa; fenditure. 8. agamica; innesto; seme; genetico; franchi; clonali; cotogno. 9. residui colturali; portinnesti; ristoppio; ridotta. 10. fine inverno; allegagione; ingrossamento; estateinizio autunno; autunno; inverno.
Capitolo 7 - Colture arboree drupacee Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. a; 6. b; 7. c; 8. b; 9. b; 10. a; 11. b; 12. c; 13. c; 14. a; 15. c. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. v; 4. f; 5. v; 6. f; 7. v; 8. v; 9. f; 10. v; 11. v; 12. f; 13. f; 14. v; 15. f; 16. f; 17. v; 18. f; 19. v; 20. f. Completa le parole mancanti 1. buccia; mesocarpo ;commestibile; nocciolo; seme. 2. specializzate; nodi; foglie; isolato; nodo; legno; fiore. 3. nuda; vegetativo; contenitori; innestate; inizio primavera; vegetazione. 4. rami misti; grandi; brindilli; mazzetti; rami misti. 5. controllato; interfila; filare; controllato; sostanza organica;alcalinità; clorosi ferrica. 6. stress idrico; rallentamento; germogli; frutti. 7. di fioritura; malattie; moniliosi; corineo; produzione. 8. fertili; pezzatura; misti; tardiva; produttività. 9. deperibili; alterazioni; parassitarie; pre-refrigerazione; +4-5; aria. 10. superficiale; profondi; dardi fioriferi;
brindilli; rami misti; dardi. 11. tronco; 70-80; branche primarie; secondarie;vigoria. 12. ermafroditi; corimbi; foglie; antesi; entomofila. 13. gemma dormiente; chip budding; a triangolo; inverno; frutto; albero; densità. 14. drupa; mallo; maturità; mandorle; olio. 15. deiscenza; mallo; agosto; settembre.
Capitolo 8 - Colture arboree agrumicole Quesiti a risposta multipla 1. c; 2. b; 3. a; 4. c; 5. a; 6. c; 7. b; 8. c; 9. a; 10. c; 11. a; 12. c. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. v; 5. v; 6. f; 7. f; 8. v; 9. v; 10. v; 11. f; 12. f. Completa le parole mancanti 1. interspecifica; ibridi; originarie; arancio. 2. sempreverdi; dormienza; vegetativa; inverno. 3. flavedo; ghiandole; albedo; bianco; spugnosa. 4. a corona; primavera; marze; 14-15; mesi; picciolo. 5. chioma; allupatura; Phytophthora. 6. decremento ; 50%; potatura. 7. inerbimento; cotico erboso; idrico; inverno; terreno. 8. a fine inverno; azoto; fioritura. 9. ripresa vegetativa; allegagione; colatura; cascola. 11. SS/A*; succo; acidi totali; acido. 12. 30-40 t/ha; inferiori; Mal secco.
Capitolo 9 - Frutticoltura minore e alternativa
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. b; 3. a; 4. b; 5. c; 6. c. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. v; 5. f; 6. v; 7. f; 8. f; 9. v; 10. f. Completa le parole mancanti 1. agroecosistemi; pomologiche; nutraceutiche. 2. arbusto; perennante; biennali; anno; produzione. 3. alimentari; cioccolato; bestiame. 4. orniello; 5-10; incisioni; coltello.
Capitolo 10 - Arboricoltura da legno e da ornamento
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. c; 6. a; 7. c; 8. b; 9. b; 10. c. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. v; 5. v; 6. f; 7. v; 8. f; 9. v; 10. f; 11. v; 12. f; 13. f; 14. v; 15. v. Completa le parole mancanti 1. ecosistema; produttiva; turistico-; paesaggistica. 2. mediterranea; temperata; di transizione; temperata; ecosistemi; forestali; erbacei. 3. studio ambientale; spontanea; vocazioni; pedoclimatiche; paesaggistico; esistente. 4. visiva; VTA - Visual Tree Assesment; strumentali. 5. vegetativa; fotosintetica; sicurezza; stabilità. 6. pregio; maggiore;specie; inferiori. 7. soleggiate; poveri; cittadine; ristretti; inquinamento atmosferico. 8. cedui; selve; slanciati; rami; taglio; polloni. 9. “sul nuovo”; ceppaia; polloni; rinnovo naturale. 10. 500 m3; 80; 120-150.
154 Produzioni Vegetali Arboree
Soluzioni delle Verifiche presenti nella Guida Introduzione - Agricoltura e frutticoltura in Italia Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. a; 6. c; 7. a; 8. c; 9. b; 10. c. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. v; 4. f; 5. f; 6. f; 7. f; 8. v; 9. f; 10. v. Abbinamenti logici 1. H; 2. C; 3. G; 4. A; 5. D; 6. F; 7. B; 8. E.
Capitolo 1 - Botanica, morfologia e fisiologia delle colture arboree
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. a; 4. c; 5. b; 6. a; 7. c; 8. b; 9. a; 10. c. Vero o falso 1. f; 2. f; 3. v; 4. f; 5. v; 6. v; 7. f; 8. v; 9. f; 10. v. Abbinamenti logici 1. D; 2. H; 3. F; 4. B; 5. E; 6. A; 7. C; 8. G.
Capitolo 2 - Vivaistica e propagazione dei fruttiferi
Quesiti a risposta multipla 1. c; 2. b; 3. c; 4. a; 5. b; 6. a; 7. a; 8. c; 9. b; 10. c. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. v; 5. f; 6. v; 7. f; 8. v; 9. f; 10. v. Abbinamenti logici 1. F; 2. C; 3. D; 4. B; 5. G; 6. H; 7. A; 8. E.
Capitolo 3 - Progettazione, impianto e gestione del frutteto
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. c; 3. b; 4. a; 5. c; 6. b; 7. c; 8. b; 9. a; 10. b. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. v; 4. f; 5. f; 6. v; 7. f; 8. v; 9. v; 10. f. Abbinamenti logici 1. F; 2. G; 3. A; 4. D; 5. C; 6. B; 7. E; 8. H.
Capitolo 4 - Colture arboree sarmentose Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. c; 3. a; 4. c; 5. a; 6. c; 7. a; 8. b; 9. c; 10. a. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. v; 5. v; 6. f; 7. v; 8. f; 9. v; 10. v. Abbinamenti logici 1. C; 2. H; 3. G; 4. D; 5. B; 6. A; 7. B; 8. F.
Capitolo 5 - Olivicoltura Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. c; 6. a; 7. b; 8. c; 9. a; 10. b.
Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. f; 5. v; 6. v; 7. f; 8. v; 9. v; 10. v. Abbinamenti logici 1. F; 2. D; 3. C; 4. G; 5. H; 6. B; 7. A; 8. E.
Capitolo 6 - Colture arboree pomacee Quesiti a risposta multipla 1. c; 2. b; 3. a; 4. b; 5. c; 6. a; 7. b; 8. b; 9. b; 10. c. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. v; 4. f; 5. f; 6. f; 7. v; 8. v; 9. f; 10. v. Abbinamenti logici 1. C; 2. H; 3. A; 4. E; 5. D; 6. G; 7. B; 8. F.
Capitolo 7 - Colture arboree drupacee Quesiti a risposta multipla 1. c; 2. a; 3. b; 4. a; 5. c; 6. b; 7. a; 8. c; 9. c; 10. b. Vero o falso 1. f; 2. v; 3. f; 4. f; 5. f; 6. v; 7. v; 8. v; 9. v; 10. f. Abbinamenti logici 1. C; 2. G; 3. H; 4. D; 5. A; 6. E; 7. B; 8. F.
Capitolo 8 - Colture arboree agrumicole Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. a; 5. b; 6. c; 7. c; 8. a; 9. c; 10. a. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. v; 4. f; 5. v; 6. f; 7. f; 8. v; 9. f; 10. v. Abbinamenti logici 1. C; 2. G; 3. E; 4. A; 5. F; 6. D; 7. B; 8. H.
Capitolo 9 - Frutticoltura minore e alternativa
Quesiti a risposta multipla 1. b; 2. a; 3. c; 4. b; 5. a; 6. c; 7. b; 8. a; 9. a; 10. b. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. v; 5. v; 6. f; 7. f; 8. v; 9. f; 10. f. Abbinamenti logici 1. G; 2. E; 3. D; 4. A; 5. B; 6. H; 7. C; 8. F.
Capitolo 10 - Arboricoltura da legno e da ornamento
Quesiti a risposta multipla 1. a; 2. b; 3. c; 4. b; 5. c; 6. a; 7. b; 8. c; 9. b; 10. a. Vero o falso 1. v; 2. f; 3. f; 4. f; 5. v; 6. v; 7. f; 8. v; 9. v; 10. f. Abbinamenti logici 1. B; 2. D; 3. H; 4. C; 5. F; 6. G; 7. A; 8. E.