Guida alla sicurezza alimentare [PDF]

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Zitiervorschau

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Supplemento n. 2 - di Altroconsumo n. 240 - settembre 2010

Tutto su additivi, rischi, controlli. Per sapere cosa mangiamo 1

Anno XXXVI - Altroconsumo: via Valassina 22, 20159 Milano - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p.- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - MI

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Tutti a tavola senza rischi Microrganismi patogeni, residui di fitofarmaci e di sostanze inquinanti possono arrivare sulle nostre tavole. I titoli dei giornali a volte fanno supporre che il pericolo si nasconda in ogni pasto. Fortunatamente non è così. Esistono una rete di controlli, che però non è infallibile, e un sistema di allerta internazionale che vigila sui casi sospetti e fa girare le informazioni. Questa guida vi spiega quali sono i rischi reali e come evitarli, soprattutto prestando particolare attenzione all’igiene in cucina e alla modalità in cui conserviamo e cuciniamo gli alimenti. Altroconsumo è attiva da decenni sul fronte della sicurezza alimentare e con i suoi test fa buona guardia sulle inadeguatezze del mercato, segnalando di volta in volta alle autorità i casi critici su cui intervenire, dall’Itx agli antibiotici nel miele, all’igiene dei polli. Perché secondo noi stare dalla parte dei consumatori significa anche difendere la loro salute.

Sommario 4 I rischi nel piatto 10 Igiene in cucina 15 Conservare gli alimenti 19 Intossicazioni alimentari 24 Chi fa i controlli? 27 Scandali a tavola 29 Gli additivi

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I rischi nel piatto L’ultimo caso a far clamore è stato quello delle mozzarelle che una volta aperte diventavano blu, probabilmente a causa della contaminazione da parte di un batterio. È un’immagine che faticheremo a cancellare dalla mente, o almeno così ci sembra a caldo. In realtà col tempo il rischio è proprio quello di dimenticare. Invece l’attenzione deve restare alta: in fondo proprio il caso delle mozzarelle blu è stato portato all’attenzione delle autorità europee dopo la segnalazione di una consumatrice italiana. Tutti possiamo e dobbiamo contribuire a tenere gli occhi aperti contro i rischi per la salute che possono nascondersi nel piatto. Cosa resta sui cibi che mangiamo in seguito ai trattamenti che subiscono lungo la filiera prima di finire sulle nostre tavole? O cosa potrebbe finirci se non vengono trattati in modo corretto? Esistono due tipologie di potenziale pericolo: quello dovuto alle contaminazioni da agenti chimici e il pericolo di contaminazioni microbiologiche.

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La chimica a tavola Le piante subiscono trattamenti per preservarle dall’attacco di insetti e parassiti, gli animali vengono nutriti con mangimi che contengono farmaci veterinari e additivi vari. In base alla dose ingerita e alla tendenza all’accumulo nell’organismo, queste sostanze possono essere del tutto inoffensive per l’uomo, oppure potrebbero provocare intossicazioni, acute o croniche.

Pesticidi Ampiamente utilizzati in agricoltura per evitare che le coltivazioni siano attaccate da parassiti, muffe, insetti, i pesticidi possono lasciare residui sulla frutta e la verdura. I test svolti periodicamente da Altroconsumo rivelano che la loro presenza in effetti è una costante. Quali sono i rischi? Dipende dal tipo di pesticida, dal suo grado di tossicità, dalla quantità presente. Esistono limiti precauzionali di leg-

ge, ma sono pensati per l’organismo degli adulti, e non per quello dei bambini, che in proporzione ne assumono di più. Inoltre la presenza di residui di più farmaci produce una sorta di effetto cocktail le cui conseguenze non sono ancora note.

Residui di farmaci Alcuni prodotti di origine animale sono particolarmente sensibili a questo tipo di contaminazione. I mangimi dati agli animali contengono spesso antibiotici, usati per prevenire le malattie negli allevamenti intensivi. Nelle più recenti analisi svolte da Altroconsumo i risultati sono stati migliori del previsto, ma su 234 prodotti analizzati in laboratorio, sono comunque stati trovati residui di antibiotici in 7 campioni di miele e uno di gamberetti. L’uso indiscriminato di questi farmaci da parte degli allevatori può portare a lungo andare alla perdita della loro efficacia.

E infatti aumentano i batteri resistenti agli antibiotici con conseguenze potenzialmente pericolose per l’uomo.

Nitrati Sono composti chimici naturalmente presenti nel terreno. La coltivazione intensiva e l’uso di fertilizzanti azotati, ma anche del semplice letame, ne fa aumentare la presenza nella terra e nell’acqua e di conseguenza nelle piante, dove spesso ne restano residui in dosi elevate. Ne contengono in maggior quantità gli ortaggi a foglia verde, come bietole, spinaci, lattuga. Una volta ingeriti i nitrati si trasformano in nitriti i cui effetti, ad altissime dosi, sono tossici. Per fortuna non si tratta delle dosi che si possono raggiungere seguendo una normale alimentazione, però è comunque consigliabile la prudenza, specialmente per i bambini appena svezzati e le donne in gravidanza.

Nitrosamine Per gli adulti l’attenzione va posta sul rischio che i nitrati si trasformino in nitrosamine. Questo avviene quando i nitriti si uniscono con le amine, presenti negli alimenti ricchi di proteine come la carne, il formaggio e il pesce. Detto questo, è bene chiarire che i benefici derivanti dal consumo di verdure sono comunque sempre superiori ai rischi.

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Idrocarburi aromatici policiclici Si formano durante il processo di combustione e possono essere presenti negli alimenti affumicati, grigliati o cotti al barbecue (vedi box sotto). I più pericolosi sono i benzopireni, che hanno effetti provatamente cancerogeni.

Metalli pesanti Cadmio, piombo, mercurio, arsenico sono tutti contaminanti ambientali che derivano da vari processi di lavorazione industriale, dall’attività mineraria all’industria siderurgica, fino alla produzione di batterie. Residui di queste sostanze possono finire nel terreno. A maggior rischio

di contaminazione sono le colture di cereali, gli ortaggi a foglia e l’acqua. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha recentemente messo in guardia sui rischi dell’esposizione al piombo dei bambini, per i possibili effetti nocivi sul loro sistema neurologico. Lavando bene frutta e verdura non si corrono rischi di un’assunzione elevata: la maggior parte dei residui di questi metalli viene infatti eliminata (vedi box nella pagina accanto).

Diossine Tristemente note alle cronache per scandali passati e recenti (pollo alla diossina, mozzarelle di bufala alla diossina…), sono sottoprodotti delle attività industriali e per questo è impossibile proibir-

Barbecue: cottura sicura La cottura alla brace rende i cibi saporiti, ma bisogna fare attenzione alla scelta e all’uso del barbecue, anche per evitare che si formino sostanze nocive. Ecco qualche consiglio. Scegliete barbecue a fiamma protetta, nei quali il grasso che cola dai cibi non rischia di finire direttamente sulla fonte di calore. Se optate per un barbecue a carbonella sceglietene un modello che consenta di regolare la griglia in altezza e posizionatela ad almeno 10 cm dalle braci. Non usate alcol o altri liquidi infiammabili per accendere il barbecue, bensì prodotti specifici oppure carta di giornale e rametti secchi. I cibi da cuocere vanno posti sulla griglia solo quando non ci sono più fiamme vive, di solito circa 30-40 minuti dopo l’accensione. Non usate normali posate per sistemare gli alimenti sulla griglia: meglio dotarsi di utensili specifici per barbecue.

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Lavare e sbucciare Lavare accuratamente frutta e verdura, consente di eliminare dalla superficie la maggior parte dei residui di pesticidi e di metalli pesanti eventualmente presenti. Aggiungendo all’acqua del bicarbonato si possono rimuovere in un colpo solo anche i batteri, il che è utile specialmente quando del frutto di mangia anche la buccia. Inutile spendere soldi in detergenti specifici: i test di Altroconsumo hanno dimostrato che il bicarbonato è il prodotto migliore. Sbucciando la frutta si elimina quasi completamente ogni residuo di fitofarmaci. Se vi trovate nella condizione di non poterla lavare, questa è senz’altro la scelta migliore. Non consigliamo però di farlo sempre, perché in realtà la buccia di frutta e verdura contiene sostanze, come le fibre, che sono preziose dal punto di vista nutrizionale.

le. Su circa 210 sostanze che rientrano nella definizione, le diossine pericolose per la salute sono 17. Sono molto solubili nei grassi, quindi vengono facilmente assorbite dai tessuti grassi animali e umani. Il rischio principale per l’uomo è quello di assumerle attraverso cibo contaminato. Gli alimenti di origine animale contribuiscono all’80% dell’esposizione umana, la dose assorbita varia a seconda del tipo di alimentazione seguito. Alcune diossine sono cancerogene per l’uomo; su modelli animali è stata riscontrata anche l’incidenza di disturbi neurologici, problemi all’apparato riproduttivo e al sistema immunitario. Come sempre una dieta varia è la misura di prevenzione migliore. Ridurre il consumo di alimenti di origine animale e mantenere il peso sotto controllo sono altri due consigli da seguire.

Le contaminazioni naturali L’inquinamento ambientale, i residui di pesticidi, le sostanze di scarto delle lavorazioni industriali non sono gli unici potenziali nemici della sicurezza alimentare. Esiste anche la possibilità di contaminazioni da parte di organismi viventi. Naturali, quindi, ma non per questo meno pericolosi.

Micotossine Le più note sono le aflatossine, riconosciute cancerogene, ma ve ne sono all’incirca 300. Sono prodotte da alcuni tipi di muffa (soprattutto Aspergillus, Penicillium, Fusarium), che si sviluppano in particolari condizioni ambientali di temperatura e umidità negli alimenti di origi-

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ne vegetale. Possono prodursi durante la crescita della pianta oppure in seguito, se trasporto, conservazione e trattamento avvengono in maniera impropria. Molti gli alimenti a rischio: cereali, legumi, frutta secca, alcuni frutti, spezie, caffè, vino. Ad allargare ulteriormente il quadro c’è il rischio della loro presenza nei mangimi per animali, che quindi pone tra i sorvegliati speciali anche carne, latte, uova e formaggi provenienti da animali che hanno mangiato cibo contaminato. Quelle pericolose per l’uomo sono circa una decina; oltre alle aflatossine si sospetta che almeno un altro paio di micotossine siano cancerogene, mentre altre sono correlate a patologie dei reni e del fegato. A differenza di pesticidi e metalli pesanti, per eliminare la maggior parte

dei quali basta lavare l’alimento eventualmente contaminato, non ci sono contromisure facilmente applicabili contro le micotossine: se un alimento è stato contaminato alla fonte lo rimane anche quando arriva sulle nostre tavole. Esistono comunque limiti di legge e controlli.

Microrganismi La presenza di microrganismi negli alimenti è normale ed entro certi limiti inoffensiva. I problemi sorgono quando quei limiti vengono superati per mancanza di igiene o a causa di condizioni di conservazione inadeguate. La principale contromisura domestica da applicare consiste nell’osservare scrupolosamente alcune semplici norme igieniche,

Attenzione al latte crudo È fresco, ha un buon sapore, ottime qualità nutrizionali e costa molto meno di quello confezionato. Il latte alla spina ha conosciuto negli ultimi anni un buon successo nel nostro paese: viene venduto nei pressi delle aziende agricole dove è prodotto e non subisce alcun trattamento termico. In pratica non viene pastorizzato, perciò conserva tutti i principi nutritivi che nella pastorizzazione vanno persi. Si tratta però di un prodotto che non è privo di rischi se non si rispettano tutte le precauzioni di legge; il problema principale è costituito dalle infezioni da Escherichia coli, un batterio che può avere conseguenze anche molto serie sull’uomo. Ma allora questo alimento va evitato o semplicemente consumato con cautela? Diciamo subito che per chi non abita nei pressi di un distributore di latte alla spina (in genere sono un po’ fuori dai centri abitati) non vale la pena fare molti chilometri per acquistarlo, anche perché essendo un alimento delicato andrebbe messo in fresco immediatamente dopo l’acquisto. Se lo comprate, abbiate l’accortezza di farlo bollire, soprattutto se avete intenzione di darlo ai bambini, e non lasciatelo in frigo per più di un giorno.

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che vi illustriamo nel prossimo capitolo. Ma prima di tutto cerchiamo di capire che tipi di microrganismi esistono, qual è il loro ruolo e che conseguenze possono avere su sapore, aspetto e soprattutto salubrità dei cibi che li contengono. I microrganismi presenti nei cibi possono essere suddivisi in tre categorie. I buoni. Esistono microrganismi che, impedendo lo sviluppo di germi patogeni, contribuiscono alla trasformazione di alcuni alimenti per ottenere prodotti che si conservano più a lungo. Si tratta per esempio dei bacilli responsabili della fermentazione di yogurt e formaggi, dei lieviti del pane o della birra, o delle muffe che conferiscono personalità ad alcuni formaggi, come il gorgonzola o il roquefort. Sono perciò microrganismi non solo innocui per la salute ma persino utili, perché aggiungono qualcosa di positivo agli alimenti in cui sono contenuti. I brutti. Chiameremo così quei microrganismi che, pur non essendo tossici, provocano l’imputridimento degli alimenti contaminati con conseguente peggioramento del loro aspetto, odore

fastidioso e pessimo gusto. Se un formaggio o un qualunque altro alimento deperibile ha un aspetto o un odore diversi rispetto a come si presentava quando lo avete acquistato e messo in frigo, è decisamente meglio evitare di mangiarlo. I cattivi. Sono microrganismi patogeni che possono provocare malattie, anche gravi, nell’uomo (come salmonella, listeria, Escherichia coli). Arrivano agli alimenti tipicamente attraverso il contatto con acqua o terreni contaminati, ma anche gli stessi uomini e gli animali possono esserne portatori. La mancanza di igiene può comportare la contaminazione di un alimento per contatto con la pelle, la saliva o degli escrementi. Infine alcuni batteri possono già essere presenti nell’intestino degli animali e passare poi alla carne una volta che questi sono macellati.

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Igiene in cucina Nel primo capitolo abbiamo passato velocemente in rassegna tutti i nemici della sicurezza a tavola. Dedichiamoci ora a quello che possiamo fare per evitare, con i nostri comportamenti, di aggiungere ulteriori fattori di rischio nella nostra alimentazione. La prevenzione passa per l’igiene, che non si riferisce solo alla pulizia della cucina, luogo dove infezioni e contaminazioni ri-

schiano di avere origine, ma anche per esempio nell’ordine con il quale riponiamo gli alimenti in frigorifero.

Il regno del pulito Qui si conservano gli alimenti, si preparano e in genere si consumano anche i pasti della famiglia. La cucina è la stan-

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za della casa dove la cura dell’igiene non va mai trascurata. Ci sono molti aspetti da tenere in considerazione: dalla pulizia delle superfici alla manutenzione degli elettrodomestici, fino alla frequenza con cui sostituiamo panni, spugne e canovacci. Ecco una guida per punti: controllate se fate tutto giusto. 1 Cappa. Va pulita ogni due mesi, sostituendo anche il filtro. Se non lo facciamo i grassi provenienti dai cibi che cuciniamo rischiano di tapparla, diminuendone l’efficacia aspirante. 2 Fornelli. Eliminate eventuali residui di cibo finiti intorno ai fuochi mentre cuci-

navate. Lasciati lì possono diventare un ricettacolo di germi. 3 Piano di lavoro. Qui poggiamo i cibi per prepararli, perciò questa superficie va lavata con acqua calda e sapone dopo ogni utilizzo; se per cucinare avete maneggiato carne e uova crude, il piano va lavato con un po’ di candeggina diluita per garantire la massima igiene. 4 Pattumiera. Deve essere in un secchio chiuso separato dagli alimenti. Meglio i modelli a pedale o il cui coperchio si solleva da solo quando aprite lo sportello della cucina in cui si trova il secchio: meno lo toccate meglio è. Accanto alla pattumiera

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non si devono conservare derrate alimentari, nemmeno bottiglie d’olio o d’acqua. Il secchio va pulito con regolarità. 5 Taglieri. Preferite quelli in plastica ai classici taglieri in legno, dove si creano incisioni che costituiscono il ricettacolo ideale per i microbi. Usatene uno per tagliare gli alimenti che poi vanno cotti (per esempio la carne) e un altro per gli alimenti da consumare crudi. Lavateli dopo ogni utilizzo con acqua calda e sapone. Anche in lavastoviglie. 6 Panni e canovacci. Per garantire la massima igiene utilizzate una spugnetta per lavare le stoviglie e un’altra per pulire le superfici. Lavatele dopo ogni uso (potete anche metterle in lavastoviglie) e sostituitele spesso. Quanto ai canovacci, vanno sostituiti almeno un paio di volte a settimana. 7 Lavastoviglie. Pulite regolarmente il filtro. Per una maggior efficacia, rimuovete tutti i residui di cibi dai piatti prima

del lavaggio. Se lavate i piatti a mano, meglio lasciarli asciugare all’aria in uno scolapiatti piuttosto che usare uno strofinaccio non pulitissimo. 8 Lavaggio e cottura. È bene sciacquare frutta e verdura tre volte. Al primo lavaggio aggiungete una dose di bicarbonato per tenere lontani i batteri. Cuocete e riscaldate sempre gli alimenti a temperature elevate: la maggior parte dei batteri non resistono a temperature superiori a 70 °C.

Un po’ d’ordine in frigo Alimenti buttati dentro alla rinfusa, pulizia trascurata, temperature ballerine, continui apri e chiudi non fanno bene al vostro frigo, ma soprattutto fanno male agli alimenti che vi sono conservati. Vediamo allora come andrebbe usato il frigorifero e qual è la zona giusta per ogni tipo di

Il gesto più semplice è anche il più utile Le mani di chi lava, prepara, taglia e cuoce il cibo sono costantemente a rischio di diventare veicolo di microbi. Per questo un gesto banale come lavarsi le mani può rivelarsi la chiave per evitare brutte sorprese. Quando vanno lavate e come? Con sapone e abbondante acqua prima di cominciare a cucinare. Ogni volta che vengono a contatto con carne, pesce, pollo, uova o verdure crude. Sempre dopo aver toccato piatti sporchi, il bidone della spazzatura, dopo essersi soffiati il naso e dopo aver usato il bagno. Anche dopo aver toccato gli animali domestici. Dopo ogni lavaggio, asciugate le mani accuratamente con uno strofinaccio da cucina, che utilizzerete solo per questo scopo, oppure con della carta da cucina.

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Animali in casa? La cucina non deve mai ospitare la cassetta con la sabbia destinata a fare da toilette ai gatti; c’è infatti il pericolo di contaminazione degli alimenti. Se non trovate un altro posto, diverso dalla cucina, dove mettere le ciotole con il cibo destinato agli animali, dovrete impiegare ogni possibile cautela. In pratica non bisogna usare mai i piani di lavoro su cui cucinate il cibo per voi e dovete lavare sia le ciotole sia le posate, utilizzate per servire il cibo di Fido, separatamente dalle stoviglie destinate ai membri della famiglia.

alimento. Un posto non vale l’altro: ogni ripiano ha una temperatura adatta ai diversi tipi di alimenti deperibili.

Occhio ai ripiani Lo spazio più in basso è quello più freddo. Qui vanno riposti i cibi maggiormente deperibili come il pesce, che dovrebbe essere conservato alla temperatura di 2 °C, la carne e i salumi (3 °C). Man mano che si sale anche la temperatura aumenta un po’. I ripiani più alti possono ospitare latticini, uova e cibi cotti. Nel cassettone in basso, che ha una temperatura intorno agli 8 °C, trovano posto frutta e verdura. Siccome è la corretta temperatura a garantire una conservazione ottimale, se il vostro frigorifero non è dotato di un termometro è il caso che ve ne procuriate uno, per verificare che l’apparecchio sia in grado di mantenere i cibi al giusto livello di fresco. Lo troverete in vendita a pochi euro nei negozi di articoli per la casa. Un ultimo accorgimento consiste

nel non riempire troppo il frigorifero: se gli alimenti sono troppi, l’aria fredda non riesce a circolare all’interno dell’apparecchio e questo può avere ripercussioni negative sulla conservazione dei cibi. Per sapere se siete in grado di collocare gli alimenti nelle giuste posizioni potete cimentarvi con il nostro quiz on line all’indirizzo: www.altroconsumo.it/ igiene-in-cucina.

Manutenzione e pulizia Il nemico numero uno per l’efficienza del vostro frigo è il ghiaccio che si forma sulle pareti in assenza dello sbrinamento automatico. Se notate la formazione di ghiaccio provvedete subito a toglierlo. Quanto alla pulizia, andrebbe svolta con regolarità: una volta alla settimana con acqua e detersivo, una volta ogni tre mesi con l’aiuto di un disinfettante (per esempio una miscela di acqua e aceto o candeggina diluita con acqua e poi sciacquata per eliminare l’odore di cloro). Il vostro

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frigo vanta una speciale copertura antimicrobica interna? Non fidatevi, la pulizia va comunque eseguita regolarmente.

Separati in casa State attenti non solo al ripiano giusto in cui conservare i cibi, ma anche a tenere separati quelli che andranno cotti prima del consumo, come carne, pesce, uova e verdure non lavate, da quelli che invece si consumano così come sono, cioè salumi, formaggi e insalata lavata. Tutti i cibi non confezionati andrebbero avvolti nella pel-

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licola prima di riporli in frigorifero. Infine gli avanzi di cibi cotti devono essere messi in frigo solo quando non sono più caldi e posti all’interno di contenitori ermetici.

Conservare gli alimenti Come, dove e per quanto tempo? Negli alimenti confezionati a volte, oltre alla data di scadenza, compaiono anche i consigli per una conservazione ottimale. Spesso però non ve n’è traccia. Ecco i nostri consigli.

In dispensa e in frigo Vediamo quali sono gli accorgimenti da seguire per i prodotti a lunga conservazione e quelli deperibili.

Scatolame I cibi in scatola vanno conservati e consumati secondo il principio del first in first out. Si devono perciò consumare i cibi acquistati per primi e man mano che si acquistano altre scorte riporle dietro e non davanti alle derrate già presenti.

Anche se sulla confezione spesso c’è scritto “da consumare preferibilmente entro…”, in realtà è bene evitare il consumo degli alimenti una volta passata la data in etichetta. Magari non c’è il rischio di intossicazione, ma certo gusto, odore e consistenza non saranno più ottimali.

I prodotti freschi Quanto ai prodotti deperibili, vanno conservati in frigorifero, nella zona giusta per ogni alimento, possibilmente lasciandoli nel loro involucro. Questo vale soprattutto per le uova che molti erroneamente tengono nel portauova posto in alto nella porta del frigo. In realtà le uova non vanno mai tirate fuori dall’imballo, così si evita che la loro superficie, dove potrebbero trovarsi residui di sterco animale, entri in contatto con altri alimenti. Al momento dell’acquisto preferite i prodotti che riportano la data di scadenza più lontana e una volta portati a casa non “dimenticateli” in frigo. Ricordate comunque che la data di scadenza sulla confezione si riferisce sempre al prodotto conservato in modo corretto all’interno del proprio

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imballaggio integro. Una volta aperto, l’alimento va sempre consumato nel minor tempo possibile. E infatti alcuni prodotti, come per esempio i succhi di frutta freschi, riportano proprio questa indicazione in etichetta sulla confezione.

Gli avanzi Fate raffreddare sempre bene gli avanzi prima di metterli in frigo. Il raffreddamento, però, deve avvenire nel tempo più breve possibile, per limitare il rischio di una proliferazione di batteri. Per accelerare i tempi potete immergere il recipiente

in una bacinella di acqua molto fredda. Non conservate mai il cibo nella pentola in cui l’avete preparato: versatelo, con l’aiuto di un cucchiaio pulito, in un contenitore per alimenti in plastica con coperchio. Se avete deciso di congelare gli avanzi, ricordatevi di non scongelarli mai a temperatura ambiente, bensì mettendoli in frigorifero oppure, se avete fretta, usando l’apposita funzione del microonde (vedi pagina seguente). Riscaldate sempre molto bene gli alimenti che avete conservato, ma fatelo una volta soltanto. Quello che dovesse ancora avanzare è il caso di gettarlo via.

Temperatura e durata di conservazione ALIMENTI

TEMPERATURA

DURATA

Frutta e verdura fresche, non preparate

da +4 a+7°C

4 - 5 giorni

Frutta e verdura cotta

da +4 a +7°C

2 - 3 giorni

Insalate pronte

da +3 a +4°C

2 - 3 giorni

Latte e latticini aperti

da +4 a +7°C

3 giorni

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da +4 a +7°C

20 giorni

Pesce crudo, crostacei, frutti di mare

da 0 a +2°C

1 - 2 giorni

Pesce cotto

da +2 a +3°C

1 - 2 giorni

Carne macinata

da 0 a +2°C

24 ore al massimo

Carne cruda

da +3 a +4°C

3 giorni

Carne cotta

da +3 a +4°C

1 - 2 giorni

Salumi

da +3 a +4°C

4 - 5 giorni

Piatti pronti

da +3 a +4°C

1 - 2 giorni

Maionese fatta in casa

da +3 a +4°C

24 ore al massimo

Pasticceria alla crema e panna

da +3 a +4°C

24 ore al massimo

Uova

1 Non lavare mai le uova, perché l’acqua ne rende il guscio permeabile e c’è il rischio che faciliti l’ingresso di batteri.

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Preparare con cura Conservare nel modo giusto gli alimenti è importante per non correre rischi di contaminazione e anche per preservarne nel modo migliore il gusto e le proprietà nutritive. Il congelamento rappresenta sicuramente un sistema comodo e sicuro per conservare i cibi sia crudi sia già cotti. A patto di rispettare alcune regole.

Scongelate così Evitate di scongelare i cibi a temperatura ambiente, soprattutto se si tratta di alimenti di origine animale. Potrebbero svilupparsi microrganismi pericolosi. Potete utilizzare l’acqua corrente fredda a patto di farlo solo per alimenti che hanno imballaggi impermeabili, per non lavare via parte dei principi nutritivi dell’alimento. In frigorifero i tempi si allungano (anche fino a 12 ore), però si tratta del sistema igienicamente più sicuro per scongelare i cibi. Anche il forno a microonde è adatto a questa operazione e dà una buona garanzia di igiene, ma fate attenzione ai tempi in

base al peso e al tipo di alimento. Infine scongelare cuocendo può essere un buon sistema. Lo è sicuramente per i surgelati già parzialmente cotti, come pizze, lasagne, torte salate, che andranno poste nel forno tradizionale. Vanno bene anche la pentola a pressione, sempre facendo molta attenzione ai tempi, e poi la padella per bistecche, fettine, hamburger, ortaggi e pesce a tranci. Nel caso di alimenti a base di carne e pesce crudo fate però particolare attenzione, prima di consumarli, che la cottura sia completa.

Vitamine: ecco come preservarle Il contatto con l’aria e con l’acqua provoca una perdita delle vitamine contenute nella frutta e nella verdura. Come è possibile preservarle al massimo prima e dopo la cottura? Prima di tutto non acquistate mai frutti e ortaggi ammaccati. Conservateli al fresco e al riparo dalla luce: salvo rare eccezioni (patate, banane), la maggior parte dei prodotti di origine vegetale si conserva bene in frigorifero. Consumate frutta e verdura prima che appassiscano, se possibile con la buc-

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cia, dopo averla lavata e asciugata. Siccome è nello strato immediatamente sotto la buccia che si trova la maggior parte delle vitamine, se togliete la buccia al frutto o all’ortaggio eliminatene soltanto lo strato sottile, in modo da non intaccare questa zona. Quando lavate frutta e verdura ricordate che il sistema migliore per preservarne il più possibile le vitamine consiste nel passarle sotto l’acqua corrente, invece di lasciarle a lungo immerse in una

bacinella d’acqua. Una volta tagliate e cotte, le verdure vanno consumate immediatamente. La bollitura è in assoluto il sistema di cottura che disperde la maggior quantità di vitamine. I sistemi migliori per preservarle sono la cottura al microonde, con poca acqua, e la cottura al vapore. Quest’ultima però, a differenza del passaggio in acqua bollente, ha il difetto di non eliminare i contaminanti, come per esempio i nitrati, che possono trovarsi nelle verdure.

Mangiar sano: dolce, salato o equilibrato? ~ Sai quanti grammi di sale ci sono nel pane, nella carne, nel pesce?

~ Sai quanto zucchero contengono i biscotti, la frutta, le bibite che consumi ogni giorno?

~ Sai che molti prodotti alimentari che consumi ogni giorno contengono additivi che possono causare allergie? Per una corretta alimentazione è meglio non eccedere nel consumo di sale e zucchero ed evitare gli additivi. Farlo non è semplice! Altroconsumo è al tuo fianco: vai su

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Intossicazioni alimentari L’ingestione di cibi igienicamente non sicuri può provocare intossicazioni alimentari. Vediamo insieme quali sono i rischi, le precauzioni e i rimedi.

Attenti ai batteri I batteri hanno una notevole capacità di moltiplicarsi indipendentemente dalla causa per la quale si sviluppano, lungo la filiera produttiva, nel trasporto o anche dentro casa. Per questo un’eventuale contaminazione può espandersi nei cibi anche molto rapidamente se le condizioni ambientali sono favorevoli. Un batterio è capace di dividersi in due ogni 20 minuti. A questo ritmo in 12 ore un alimento contaminato può essere invaso da un numero impressionante di batteri: fino a svariati milioni, da un solo esemplare di partenza. Oltre all’attenzione alle norme igieniche (vedi box “Le 10 regole per l’igiene dei cibi”, a pagina 21), per evitare che i germi patogeni causino problemi, è bene conservare gli alimenti a temperature che distruggono i batteri o che almeno ne impediscono la proliferazione.

Disturbi e cure La proliferazione di batteri patogeni, in grado cioè di provocare malattie, non è quasi mai visibile a occhio nudo: purtroppo ci si accorge dell’avvenuta contaminazione solo alla comparsa dei sintomi, che sono molteplici.

Il termometro dei germi Sotto Zero:

non si sviluppano; alcuni microrganismi restano latenti, altri muoiono. Tra 0 e 20 °C:

sviluppo lento. Tra 20 e 40 °C:

sviluppo rapido. Tra 40 e 65 °C:

sviluppo lento. Tra 65 e 100 °C:

non c’è sviluppo, ma le spore sopravvivono. Oltre i 100 °C:

distruzione delle spore.

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Batteri, disturbi, alimenti: riepilogo delle principali caratteristiche BATTERI PATOGENI

TEMPO DI INCUBAZIONE

DISTURBI

ALIMENTI PIÙ A RISCHIO

Bacillus cereus

2-24 ore

Nausea, vomito, diarrea violenta, dolori addominali

Riso bollito o frittelle di riso, pietanze a base di cereali e legumi, salse e zuppre vegetali, carne, latte e verdure

Campylobacter spp.

3-5 giorni

Diarrea acquosa, nausea, crampi addominali

Latte non pastorizzato, carni avicole poco cotte (alla brace), acqua di fonte

Clostridium botulinum

12-24 ore fino a 3-6 giorni

Primi sintomi: sono talvolta a carico dell’apparato gastrointestinale, poi Conserve di frutta e verdura, di quello nervoso con sdoppiamento soprattutto insaccati, conserve di della vista, difficoltà di parola, carne e di pesce debolezza muscolare fino alla paralisi

Clostridium perfringens 8-20 ore

Diarrea violenta, dolori addominali

Carni bianche e rosse cotte

giorni Listeria monocytogens 2-3 fino a 3 settimane

Febbre, cefalea, nausea, vomito

Carni bianche e rosse, formaggi, latte crudo, cibi cotti contaminati dopo la cottura

Salmonella spp.

24-48 ore

Nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, febbre

Cibi crudi a base di carne, frutti di mare, uova, latte crudo, cibi cotti contaminati dopo la cottura

Shigella spp.

2-7 giorni

Dolori addominali, diarrea con sangue, febbre

Cibi manipolati da persone infette o tramite il contatto di acqua inquinata (prodotti della pesca, verdure, latte e latticini, gelati)

Staphylococcus aureus 2-6 ore

Nausea, vomito, sudorazione, cefalea, diarrea

Carni poco cotte, latte

Yersinia enterocolitica

Nausea, vomito, sudorazione, cefalea, diarrea, artrite reumatoide, orticaria

Panna e formaggi non pastorizzati, prodotti a base di uova (creme, salse, gelati), carne, pesce, latte

1-7 giorni

I sintomi I sintomi più comunemente associati all’intossicazione da batteri sono nausea, vomito, diarrea, crampi addominali e febbre. Ma ne possono comparire anche altri, come debolezza, dolori muscolari, infiammazione delle mucose

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(simile al raffreddore da fieno), eruzioni cutanee. Nella maggior parte dei casi i sintomi, per quanto fastidiosi, spariscono nel giro di pochi giorni senza lasciare conseguenze di sorta. Alcuni batteri però possono causare malattie anche gravi, come il tifo, l’epatite, la salmonellosi. Le condizioni in cui si manifesta un’intossi-

cazione alimentare possono essere molto diverse e lo stesso vale quindi per le sue conseguenze. Anche i tempi di incubazione sono variabili: i sintomi possono comparire nelle ore immediatamente successive all’ingestione del cibo contaminato o anche a distanza di qualche giorno. Molti fattori entrano in gioco, dalla quantità di cibo ingerita alla resistenza personale.

La dieta giusta Se l’intossicazione è leggera, in genere bastano una buona reidratazione e una dieta adatta per rimettersi in piedi. Si può cominciare con l’acqua di cottura del riso, con minestre di verdure e puree di carote e patate, banane mature, da sommini-

strare di frequente e in piccole quantità. Si può poi gradatamente normalizzare la dieta, introducendo biscotti secchi, mele crude, prosciutto cotto, pollo. Evitate alimenti irritanti come quelli ricchi di fibre (per esempio i cereali integrali), i latticini, i fritti, gli insaccati e i

Le 10 regole per l’igiene dei cibi Scegliete prodotti che hanno subìto trattamenti idonei a garantirne l’innocuità (per esempio il latte pastorizzato o UHT). Cuocete bene i cibi in modo che tutte le parti raggiungano una temperatura di almeno 70 °C. Consumate gli alimenti subito dopo la cottura. Gli alimenti cotti, se non vengono consumati subito, vanno conservati in frigorifero per un tempo breve. Per conservazioni che durano più di 3-4 giorni è preferibile il congelatore. I cibi precedentemente cotti vanno riscaldati rapidamente ad alta temperatura prima del consumo. Evitate ogni contatto fra cibi crudi e cotti. Curate l’igiene delle mani per la manipolazione degli alimenti. Fate in modo che tutte le superfici della cucina, gli utensili e i contenitori siano accuratamente puliti. Proteggete gli alimenti dagli insetti, dai roditori e dagli altri animali. Utilizzate solo acqua potabile.

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prodotti di pasticceria. Anche l’alcol, le bibite tipo cola, il tè, il caffè e le spezie andrebbero evitati per qualche giorno perché stimolano l’intestino.

Parola d’ordine: reidratare Se l’intossicazione è più seria il rischio principale è la disidratazione, ovvero la perdita eccessiva di liquidi e sali minerali, come il sodio e il potassio. In questi casi è essenziale iniziare la reidratazione prima possibile. In farmacia sono in vendita soluzioni per la reidratazione in bustine: contengono una miscela di idrati di carbonio, di sali di sodio e potassio che vanno sciolti in una determinata quantità d’acqua. Ma potete anche optare per una soluzione fatta in casa, come quella che vi consigliamo nel box in alto, oppure per una bevanda isotonica allungata con un po’ d’acqua. Bevete pochi sorsi ogni ora e poi, in assenza di vomito, ogni mezz’ora.

La parola al dottore In alcune situazioni non è il caso di insistere a curarsi da soli ed è meglio consultare il medico. Per esempio, se non riuscite a reidratarvi perché il vomito non cessa o se in due o tre giorni non si ravvisano sostanziali miglioramenti dei sintomi. O ancora, per i bambini sotto i due anni e per gli anziani, se i sintomi non migliorano dopo 12 ore o se compaiono altri segnali d’allarme come febbre alta (oltre i 38 °C), muco o sangue nelle feci, vomito

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La ricetta casalinga A un litro di acqua aggiungete due cucchiai di zucchero, mezzo cucchiaino di sale e mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio. Infine spremete il succo di mezzo limone, mescolate e consumate in piccole quantità nel corso della giornata.

con tracce di sangue. Nei giorni festivi in cui il vostro medico non è disponibile non esitate a rivolgervi al Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino. Se siete in viaggio in paesi in via di sviluppo, in paesi tropicali o in cui il livello igienico è scarso, per evitare il rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore, provocata dall’acqua o da alimenti contaminati da batteri, adottate alcune piccole precauzioni. Bevete solo acqua in bottiglie tappate, sbucciate frutta e verdura, evitate i cibi crudi o poco cotti, i dessert pannosi, i frutti di mare. Non mettete cubetti di ghiaccio nelle bibite.

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Chi fa i controlli? Con frequenza preoccupante arrivano sui giornali resoconti di casi eclatanti che mettono in dubbio la sicurezza degli alimenti (ne riportiamo alcuni esempi nel prossimo capitolo). Ma chi controlla quello che arriva sulle nostre tavole?

In Italia Esistono diversi livelli di controllo per garantire la sicurezza alimentare nel nostro paese, anche se manca un osservatorio centralizzato.

Molti controlli ma dispersivi La prima forma di controllo è l’autocontrollo richiesto ai produttori stessi, che devono vigilare sull’intera catena produttiva, dalla materia prima alla distribuzione del prodotto finito. Se il produttore in uno dei controlli sulla filiera ravvisa un possibile rischio per la salute dei consumatori, deve ritirare il prodotto dal commercio e darne comunicazione alle autorità competenti. Infine in Italia vengono svolti moltissimi controlli pubblici per mezzo di ispezioni negli stabilimenti di produzione, ciascu-

A chi mi rivolgo se qualcosa non va? Prodotto alimentare alterato ma già aperto.

Presentando lo scontrino si può ritornare al punto vendita che generalmente sostituisce il prodotto. Si può inoltre contattare il produttore. Problema di salute serio in seguito all’ingestione di un alimento o problemi di igiene al ristorante.

Bisogna rivolgersi alla Asl. Manca l’indicazione di origine oppure il prezzo sull’etichetta di frutta e verdura.

Segnalate il fatto alla polizia annonaria. Una bottiglia di vino Beaujolais Nouveau è in vendita prima del previsto.

La cosa va segnalata all’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

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no dei quali viene controllato in media 60 volte l’anno. Sono coinvolti in queste operazioni una decina di enti, con una netta prevalenza delle Asl. I casi di cronaca fanno però emergere tutti i punti deboli della catena dei controlli, primo fra tutti una sostanziale mancanza di coordinamento, con sovrapposizione di ruoli, copertura del territorio a macchia di leopardo e tutti i rischi che ne derivano. Il paradosso dell’Italia consiste nel fatto che pur ospitando l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha sede a Parma, l’agenzia nazionale, che ha sede a Foggia, non è mai stata operativa, tanto meno nel coordinare i controlli, quindi di fatto è come se non ci fosse.

In Europa Nel 1997, subito dopo la crisi della mucca pazza, le autorità comunitarie hanno presentato un “libro verde” sui principi generali di sicurezza alimentare. Quel libro

gettava le basi per una regolamentazione destinata a proteggere il consumatore e a garantirne la salute e la sicurezza.

Organismi comunitari Nel 2000 è stata creata in seno alla Commissione europea la Direzione Generale per la salute e la protezione dei consumatori (DG SANCO). Oggi questo è il principale organo responsabile della sicurezza alimentare a livello comunitario. Ha il potere di legiferare nel campo alimentare e ogni anno compila una lista di priorità dei rischi alimentari, cui le autorità nazionali sono invitate a dedicare maggiori controlli. Inoltre esamina il modo in cui le autorità nazionali esercitano i loro compiti di controllo e valuta il livello di sicurezza alimentare nei paesi candidati a far parte dell’Unione Europea, e nei paesi terzi da cui vengono importati gli alimenti.

Il sistema di allerta alimentare È un sistema di scambio rapido delle informazioni tra gli Stati membri. Quando un paese dispone di una qualunque informazione sull’esistenza di un rischio diretto o indiretto per la salute pubblica, la trasmette immediatamente alla Commissione che, a sua volta, la trasmette a tutti gli Stati membri. Il siste-

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ma di allerta europeo si chiama RASFF, mentre a livello mondiale c’è l’Infosan, gestito dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla Fao.

Categorie di rischio Le informazioni della rete di allerta europea si dividono in diverse categorie in funzione dei rischi cui si riferiscono. Notificazioni d’informazione. Sono trasmesse quando si è identificato un rischio ma non è necessario un intervento rapido degli Stati membri. Sono tre le ragioni possibili: il prodotto incriminato non è in vendita nei loro mercati; il prodotto è stato analizzato e rispedito all’esterno delle frontiere dell’UE; la natura stessa del rischio non richiede un intervento rapido. Notificazioni d’allerta. Sono trasmesse quando si individua un rischio per ali-

menti presenti sul mercato ed è richiesta un’azione immediata. L’allerta parte dallo Stato membro che ha identificato il problema e le autorità competenti di tutti gli Stati membri devono prendere tutti i provvedimenti necessari per evitare i rischi sanitari associati al consumo degli alimenti in questione. Notificazioni di respingimenti alle frontiere. Avvengono quando si individua un rischio a una postazione di controllo alla frontiera. Il prodotto incriminato è respinto e l’informazione trasmessa a tutta la rete di allerta per evitare che i prodotti rientrino in Europa attraverso un altro posto di frontiera. Inoltre le autorità europee trasmettono l’informazione alle autorità del paese di origine perché intervengano. Aggiornamenti. Tutte le informazioni sulla sicurezza degli alimenti che non sono state comunicate con notifiche sono trasmesse agli Stati membri sotto forma di aggiornamenti.

Informazione carente Dagli studi sulla percezione del rischio alimentare tra i cittadini dell’Unione Europea, svolti da Eurobarometro, emerge che gli italiani sono i più bisognosi di informazioni ufficiali, chiare e utili. Spesso l’informazione sul rischio alimentare giunge al cittadino sotto forma di articolo di cronaca, che pone l’accento sull’allarme, ma non spiega efficacemente in cosa consiste il rischio. Quello di cui gli italiani sentono la mancanza quando scoppia un caso preoccupante sono indicazioni precise su nome del prodotto e del produttore. Queste sono informazioni che in base al regolamento europeo il cittadino avrebbe diritto di ricevere, così come quelle sulla natura del rischio e sulle misure adottate per affrontarlo. Ma le nostre autorità competenti difficilmente comunicano questi dati importanti in maniera trasparente.

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Scandali a tavola Antibiotici nelle uova, nel miele, nella pappa reale. Itx nei latti per l’infanzia e non solo, salmonella, listeria e altri microrganismi potenzialmente pericolosi nella carne di pollo, formaggi scaduti riciclati per preparazioni alimentari. L’elenco degli episodi preoccupanti verificatisi negli ultimi anni rischia di essere molto lungo. Altroconsumo da sempre si occupa di sicurezza alimentare ed esegue periodici test su moltissimi prodotti alimentari, evidenziando di volta in volta i rischi relativi a contaminanti e problemi di natura igienica. Ma anche mettendo in luce le carenze nei controlli e nella comunicazione del rischio. Facciamo una breve carrellata dei casi più significativi.

Antibiotici dappertutto Un test svolto qualche anno fa da Altroconsumo su 32 marche di uova voleva verificarne freschezza, integrità, igiene e l’eventuale presenza di coloranti e residui di farmaci. Il risultato fu

tristemente sorprendente: c’erano residui di antibiotici in 9 campioni del nostro test, cioè in oltre un quarto delle uova analizzate. Qualche tempo dopo, in un test su 19 marche di miele 6 prodotti risultarono positivi alla presenza di antibiotici vietati per legge. Un’altra analisi svolta sulla pappa reale aveva dato un riscontro altrettanto preoccupante. In alcune confezioni avevamo infatti trovato residui di un altro antibiotico non autorizzato. Si trattava del cloramfenicolo, pericoloso in quanto tossico anche se assunto in piccole dosi. Per la sua pericolosità in Europa è vietato impiegare questo farmaco su animali destinati alle produzioni alimentari. Dopo ogni “scoperta” come quelle descritte, Altroconsumo invia un esposto alla procura competente che poi dispone i controlli necessari e, se è il caso, anche i sequestri dei prodotti incriminati. Siamo convinti che la nostra azione di controllo costituisca un ulteriore incentivo per le aziende a non sgarrare.

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Itx, dalla confezione al latte Un fotoiniziatore usato per fissare l’inchiostro da stampa sulle confezioni di cartone poliaccoppiato (come il Tetra Pak), un brutto giorno finisce in un latte per l’infanzia della Nestlé. È l’Itx (isopropiltioxantone), che nel 2005 sale alla ribalta delle cronache come simbolo di quello che può andare molto storto nella produzione degli alimenti. Ma un test svolto da Altroconsumo dimostrò che il problema non riguardava solo i latti per l’infanzia, ma anche altri prodotti con lo stesso confezionamento, soprattutto tra i succhi di frutta. Emerse allora il colpevole silenzio delle autorità italiane e delle aziende coinvolte: se non fosse scattata la denuncia di Altroconsumo, il caso sarebbe rimasto circoscritto ai latti per l’infanzia e i consumatori sarebbero rimasti all’oscuro del fatto che il rischio di contaminazione era assai più ampio.

Polli poco puliti Si presentano sempre più spesso con descrizioni bucoliche che fanno pensare a graziose fattorie in cui gli animali sono allevati all’aria aperta. Insomma il pollo sembra la cosa più sana che si possa mangiare, soprattutto visti i frequenti e corretti richiami dei nutrizionisti a privilegiare il consumo di carne bianca rispetto a quella rossa. Una recente inchiesta svolta da Altroconsumo su 59 campioni di pollo acquistati a Milano e Roma, però, ha evidenziato una situazione assai meno idil-

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liaca. La maggior parte dei tagli analizzati presentava un’elevata carica batterica, indice di una non corretta conservazione della carne. Molti campioni, poi, sono risultati contaminati da microrganismi potenzialmente pericolosi per la salute dei consumatori. La buona notizia è che cuocendo bene la carne questi microrganismi vengono eliminati. Resta però un giudizio negativo sull’incuria dimostrata lungo tutta la filiera, dall’allevamento al punto vendita, che certo non può passare sotto silenzio. Alla fine delle prove solo 7 prodotti su 59 raggiungevano la sufficienza, segno della necessità di controlli più rigorosi.

Gli additivi Quanto agli addensanti e agli esaltatori di sapidità, sono spesso usati per coprire e camuffare quantità e qualità carenti degli ingredienti utilizzati.

Solo se servono davvero

Servono a rendere i cibi più attraenti, modificandone il colore, a farli durare più a lungo, a migliorarne la consistenza e il sapore. Sono gli additivi, sostanze chimiche che vengono aggiunte alle preparazioni alimentari, riconoscibili in etichetta dalla sigla E seguita da 3 o 4 cifre.

La lunga lista Esiste una lista di additivi autorizzati, stabilita dall’Unione Europea, e anche un dosaggio massimo consentito. Questo dovrebbe far sentire i consumatori tutelati e sicuri, ma nella realtà non c’è nessuna ragione tecnica che giustifichi l’impiego di molti degli additivi consentiti. I coloranti, per esempio, hanno un ruolo puramente estetico, che fa comodo ai produttori, perché rende più attraente il prodotto ma non è indispensabile per la sua produzione.

Non è possibile escludere del tutto l’utilità di alcuni additivi nelle preparazioni alimentari. È vero però che alcune sostanze presentano il rischio di provocare reazioni allergiche nei consumatori. Altroconsumo è da sempre contraria all’uso degli additivi quando questi servono a ingannare il consumatore, per esempio facendogli credere che in un prodotto ci sia una certa quantità di un ingrediente e in realtà la sua presenza è minima, camuffata magari dall’uso di coloranti o addensanti. Oppure come nel caso di coloranti usati per correggere l’aspetto esteriore sgradevole o per attirare l’attenzione dei più piccoli. Anche per quello che riguarda i conservanti, che hanno senz’altro una loro utilità, va detto che i livelli consentiti dalla legge sono troppo elevati: la loro presenza massiccia potrebbe non solo essere nociva di per sé, ma anche servire a nascondere una qualità igienica scadente. Un’accurata scelta degli ingredienti e lo scrupolo nel seguire le norme igieniche da parte del produtto-

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re possono consentire di ridurre la presenza di conservanti, fornendo prodotti di qualità migliore.

Massima prudenza con i bambini I limiti di legge per l’impiego di additivi sono fissati pensando ai consumatori adulti. I bambini, che hanno un peso corporeo inferiore, in proporzione, rischiano di assumerne quantità assai maggiori. Per comprendere le dimensioni del rischio basta controllare le etichette dei loro prodotti preferiti: bibite, caramelle, dessert, piatti pronti sono quasi sempre pieni di additivi. Il consiglio migliore che si può dare ai genitori è quello di porre maggiore attenzione alle abitudini alimentari dei figli,

e di proporre spesso alternative naturali, come latte e frutta, ai prodotti confezionati, evitando in particolar modo di eccedere con quelli che più palesemente contengono additivi (bibite light, caramelle di colori sgargianti).

Riconosci le sigle E 100 – E 180

Coloranti

E 200 – E285

Conservanti

E 300 – E 385

Antiossidanti

E 400 – E495

Emulsionanti, stabilizzanti, addensanti, gelificanti

E 500 – E 585

Antiagglomeranti, acidi, basi e sali

E 620 – E 640

Esaltatori di sapidità

E 901 – E 914

Agenti di rivestimento

E 950 – E967

Edulcoranti artificiali

La nostra carta per orientarsi Allegata a questa guida troverete una scheda interamente dedicata agli additivi, che una volta ripiegata ha le dimensioni di una carta di credito. Al suo interno il bollino rosso contraddistingue gli additivi sconsigliati. In questa categoria rientrano quelli per i quali gli studi tossicologici sono considerati incompleti. Ne fanno parte anche additivi classificati come possibili carcinogenici per l’uomo o per i quali non è ancora stato escluso che possano provocare il cancro. Il bollino blu accompagna gli additivi che sono stati riconosciuti responsabili di poter scatenare allergie o indurre intolleranza nei consumatori più sensibili. Infine abbiamo assegnato il bollino nero a quegli additivi che, essendo presenti in molti prodotti, espongono soprattutto i più piccoli al rischio di superare la dose giornaliera consigliata. Nella scheda non compaiono invece gli additivi che consideriamo accettabili.

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