GUIDA Produzioni Vegetali A [PDF]

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Zitiervorschau

BASI AGRONOMICHE

L. DAMIANI

U. FERRARI

V.TEDESCHINI

G. D’ARCO

PRODUZIONI VEGETALI CONOSCENZE, TECNOLOGIE E TECNICHE

A ERBACEE GUIDA DOCENTE

Direzione editoriale: Domenico Ugulini [email protected] Redazione: Reda Edizioni, Elsa Marmiroli, Laura Scarcella, Gianni D’Arco Revisione grafica e impaginazione: Caterina Marcucci - Bologna Copertina, revisione disegni e illustrazioni: Datacomp - Imola (Bo) Ricerca iconografica: Reda Edizioni, V. Tedeschini, U. Ferrari, Domenico Ugulini, Laura Scarcella Referenze iconografiche dell’opera: Fototeche e archivi iconografici – Reda Edizioni, Gruppo Editoriale Il Capitello; Testi in lingua inglese: Gloria Brigidi, Daniela Mazziotta, Maria Schiavoni Realizzazione lastre CTP: Fotoincisa EFFEGI, Savigliano (CN) Stampa: Reda Edizioni, Torino

PROPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA RISERVATA

L’Editore, nell’ambito delle leggi internazionali sul copyright, è a disposizione degli aventi diritto non potuti rintracciare. I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo compresi microfilm e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.

1a edizione: maggio 2019 Ristampa 5 4 2023 2022

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1 2019

© Reda Edizioni Via Sansovino, 243/22/R - 10151 Torino Telefono 011/4513611 internet: www.redaedizioni.it E-mail: [email protected] Libro digitale: digitale.capitello.it

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Presentazione I contenuti di questa Guida Docente accompagnano il nuovo Volume, Basi Agronomiche Produzioni Vegetali Erbacee, che è stato completamente reimpostato e riproposto per favorire un percorso lineare e una piena corrispondenza con l’evoluzione dei contenuti didattici sviluppati contestualmente negli attuali Indirizzi scolastici in ambito agrario. Il testo è stato opportunamente concepito e organizzato per accompagnare le linee guida disciplinari in relazione sia all’aggiornamento tecnico-scientifico ed evolutivo delle Produzioni Vegetali, sia al rinnovamento logico-organizzativo e didattico della totalità di argomenti, sviluppati sul testo cartaceo e sull’apparato digitale. L’Opera, fruibile su diversi livelli di approfondimento, è accompagnata in parallelo da un adeguato apparato didattico coadiuvato anche dalle moderne tecnologie informatiche, Libro digitale e Aula digitale. Tale struttura permette di concretizzare in modo compiuto il consolidamento di una efficace metodologia d’indagine e studio, per una totale comprensione dei contenuti disciplinari. Gli argomenti proposti, nel quadro generale degli Indirizzi Tecnici e Professionali agrari e delle relative opzioni, permettono di affrontare e finalizzare esaurientemente quanto richiesto dalla disciplina afferente alle basi tecnico-scientifiche delle Produzioni Vegetali Erbacee.

Il testo prosegue online con il “Libro e l’Aula digitale” A completamento di una didattica sempre più aggiornata e moderna il testo, accompagnato da questa esauriente Guida Docente, è fruibile anche in modalità multimediale (grazie alla registrazione online), con la possibilità di scaricare sul proprio device il Libro digitale completo (digitale.capitello.it), che espande i contenuti con tutti i materiali di riepilogo (audiomappe bilingue) approfondimento, esercitazione e verifica sopra richiamati. Questi sono utilizzabili compiutamente anche in classe con la LIM usufruendo, inoltre, della funzionalità Audiolibro disponibile anche sull’Aula digitale, il supporto online che accompagna e sostiene l’attività svolta in classe dal Docente. La Guida Docente è funzionalmente strutturata in relazione allo sviluppo dei contenuti che compongono il Corso e propone, in sequenza, tutta una serie di materiali (approfondimenti, verifiche interattive e audiomappe di riepilogo) che agevolano e integrano compiutamente l’attività didattica del Docente in parallelo a quanto disponibile sul Libro digitale.

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INDICE

Indice INTRODUZIONE Produzioni vegetali: conoscenze e tecniche

CAPITOLO 4 Coltivazioni orticole 5

Approfondimenti

Approfondimenti

1 Colture ombrellifere

39 51

1 L’azienda agraria 2 La filiera agroalimentare 3 Regioni pedologiche italiane

5 12 15

Verifiche

Verifiche

18

CAPITOLO 5

CAPITOLO 1 Colture cerealicole

Coltivazioni protette: tecnologie e tecniche

52

Approfondimenti

19

Approfondimenti

1 La difesa delle colture in ambiente protetto

52 58

1 Geografia produttiva dei cereali 2 Caratteristiche qualitative della varietà di frumento duro 3 Glutine e celiachia

19

Verifiche

22 23

CAPITOLO 6

Verifiche

24

CAPITOLO 2 Leguminose da granella

39

Colture pratensi e foraggere Approfondimenti

1 Geografia dei prati-pascoli in Italia

59

Verifiche

64

25

Approfondimenti

CAPITOLO 7

1 Geografia produttiva delle leguminose da granella

25

Coltivazioni da biomassa

2 Le leguminose attive

29

Approfondimenti

Verifiche

33

CAPITOLO 3 Piante e colture agroindustriali

34

Approfondimenti

1 Geografia produttiva delle principali colture agroindustriali 34 Verifiche

59

38

65

1 Colture bioenergetiche: schede tecniche

65

Verifiche

71

MAPPE

72

DI RIEPILOGO

GRIGLIE

126

DI CORREZIONE

SOLUZIONI DELLE VERIFICHE NEL VOLUME SOLUZIONI DELLE VERIFICHE NELLA GUIDA

PRESENTI

126 PRESENTI

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Introduzione Produzioni vegetali: conoscenze e tecniche APPROFONDIMENTI 1 L’azienda agraria L’azienda agraria: perno della didattica e obiettivo dei servizi di sviluppo rurale L’agricoltura è l’arte di coltivare la terra per ricavarne prodotti utili all’uomo. Tale attività avviene all’interno dell’azienda agraria che, secondo Arrigo Serpieri, “è la combinazione elementare dei mezzi di produzione, combinazione, perché i mezzi non si uniscono in un modo qualsiasi, ma vi si coordinano, ai fini della produzione, in determinate qualità e quantità; elementare, perché la risultante combinazione è un’unità che non può scomporsi senza diminuire o distruggerne l’efficienza produttiva”. Inoltre, sempre secondo Serpieri, “il funzionamento dell’azienda agraria esige la cooperazione di persone fisiche, a capo delle quali sta chi, con le sue scelte economiche, attua la combinazione dei mezzi produttivi e la fa funzionare al fine della produzione, cioè ne ha la gestione”. Tale figura è rappresentata dall’imprenditore agricolo, figura economica che organizza i fattori produttivi (natura, capitale e lavoro), con lo scopo di ottenere una produzione (di beni o di servizi) e se ne assume il rischio economico. Il suo compenso è rappresentato dal tornaconto o utile di gestione. L’azienda agraria è una realtà economica caratterizzata da attività lavorative e direttive indirizzate alla coltivazione di piante e all’allevamento di animali a scopo produttivo. Per questa sua caratteristica, è stata la prima forma organizzata del lavoro ad essersi sviluppata (dopo la caccia e il nomadismo) per soddisfare il crescente bisogno di cibo, visto l’aumento della popolazione in un contesto di risorse naturali quantitativamente invariabili (selvaggina e alimenti vegetali spontanei).

In centinaia di anni, sul territorio italiano, l’attività agricola si è evoluta in modo differenziato originando forme aziendali tipiche quali la cascina lombarda, il maso trentino, la cascina emiliano-romagnola, la fattoria toscana, la masseria pugliese, siciliana, ecc.

Elementi strutturali e territoriali di una azienda agraria La prima ricognizione presso un’azienda agraria ha lo scopo di raccogliere alcuni dati relativi ad elementi strutturali e territoriali. Le principali caratteristiche da individuare sono: 1 - Denominazione dell’azienda; 2 - Titolare; 3 - Rapporto proprietà-impresa (imprenditore proprietario, imprenditore affittuario); 4 - Ubicazione; 5 - Numero di corpi fondiari; 6 - Zona altimetrica; 7 - Giacitura; 8 Riparto della superficie; 9 - Ordinamento produttivo; 10 - Elenco delle colture; 11 - Elenco degli allevamenti; 12 - Elenco dei fabbricati. I dati raccolti possono essere inseriti in una apposita scheda ed essere poi utilizzati per calcolare i principali parametri economici di gestione. Alcune rilevazioni sono intuitive e di facile comprensione come denominazione, ubicazione, titolare, ecc., altre, come le zone altimetriche, la giacitura, il riparto della superficie e l’ordinamento produttivo, richiedono un maggiore approfondimento per essere correttamente intese.

Importanza del settore primario in Italia Secondo i dati statistici italiani, l’importanza del settore primario sul reddito nazionale è andata calando costantemente dal secondo dopoguerra ad oggi; così come l’occupazione nello stesso settore primario rispetto al secondario e al terziario.

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Questo fenomeno è segno di un aumentato benessere della popolazione, associato anche allo sviluppo di settori un tempo sconosciuti (servizi); ma è anche

dipeso dalla necessità dell’agricoltura di evolversi e specializzarsi per essere più competitiva e al passo con i tempi.

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE

Zone altimetriche e giacitura La suddivisione del territorio in zone altimetriche di pianura, collina e montagna è diversa da quella normalmente utilizzata in geografia: essa infatti si basa su diversi fattori (economico, statistico, sociale, fiscale, ecc.) e non solo sull’aspetto fisico del territorio. Pianura La pianura è costituita da un territorio basso e pianeggiante caratterizzato dall’assenza di masse rilevate. Si considerano nella zona di pianura anche le propaggini di territorio che si elevano ad altitudine non superiore ai 300 metri, purché presentino nell’insieme e senza soluzione di continuità una inclinazione trascurabile rispetto al corpo della zona di pianura. Eventuali rilievi montagnosi o collinari, interclusi nella superficie pianeggiante, e di estensione trascurabile, si considerano compresi nella zona di pianura. Collina La collina è costituita da un territorio caratterizzato dalla presenza di diffuse masse rilevate aventi altitudini inferiori a 600 metri nell’Italia settentrionale e 700 metri nell’Italia centro-meridionale ed insulare. Eventuali aree di limitata estensione aventi differenti caratteristiche, e intercluse, si considerano comprese nella zona di collina.

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Introduzione

Montagna La montagna è costituita da un territorio caratterizzato dalla presenza di notevoli masse rilevate aventi altitudini non inferiori a 600 metri nell’Italia settentrionale e 700 metri nell’Italia centro-meridionale e insulare. Tali quote sono suscettibili di spostamento in relazione ai limiti inferiori delle zone fitogeografiche dell’Alpinetum, del Picetum e del Fagetum, nonché in relazione ai limiti superiori delle aree di coltura in massa della vite nell’Italia settentrionale, e dell’olivo nell’Italia centro-meridionale e insulare. Le aree intercluse fra le masse rilevate, costituite da valli, altipiani ed analoghe configurazioni del suolo, si intendono comprese. Giacitura La giacitura indica l’inclinazione del piano del suolo rispetto all’asse di riferimento dell’orizzonte. La giacitura può essere pianeggiante o declive: i terreni pianeggianti non presentano inclinazione o hanno pendenza inferiore al 5%, mentre nei terreni declivi la pendenza è superiore al 5-7%. In caso si rilevi una giacitura declive è necessario indicare l’esposizione rispetto ai punti cardinali.

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Riparto della superficie aziendale La superficie aziendale può essere suddivisa in diverse superfici specifiche in base al differente tipo di utilizzo. 1. Superficie totale: rappresenta l’intera superficie aziendale. 2. Superficie improduttiva: rappresenta la superficie sottratta alla coltivazione in quanto occupata da fabbricati, strade, fossi drenanti o altri manufatti. 3. Superficie boschiva: superficie destinata alla selvicoltura.

Ordinamento o indirizzo produttivo delle aziende agrarie La tipologia dell’azienda agraria dipende strettamente dal suo indirizzo produttivo che, di riflesso, deriva dalle caratteristiche e dalle possibilità di sviluppo offerte dal territorio. L’ordinamento o indirizzo produttivo indica il tipo di produzione attuata in un’azienda. Può essere specializzato o misto. L’indirizzo produttivo specializzato si ha quando vi è una produzione unica o prevalente sulle altre (cerealicola, frutticola, zootecnica, vivaistica). Nell’ordinamento produttivo misto non vi è una produzione che prevale sulle altre; pertanto devono essere riportate in base alla loro importanza intesa come SAU (Superficie Agricola Utilizzabile) loro destinata. In Italia gli indirizzi produttivi più diffusi sono i seguenti. Indirizzo cerealicolo – la produzione è rappresentata da prodotti vegetali erbacei destinati alle industrie mangimistiche o alimentari (frumento, mais, orzo, riso, soia, girasole, barbabietola, ecc.). Per il forte grado di meccanizzazione richiesto, questo indirizzo è tipico delle aziende di pianura. Indirizzo zootecnico – l’azienda alleva animali le cui produzioni vengono destinate al mercato o, nelle realtà più piccole, possono essere (in toto o in parte) trasformate sul posto. Normalmente, l’allevamento è connesso alla coltivazione dei foraggi necessari alla nutrizione degli animali. Fanno eccezione le imprese agricole “senza terra” che acquistano all’esterno tutti gli alimenti zootecnici. Le aziende zootecniche sono diffuse un po’ ovunque, ma le zone di maggior concentrazione sono quelle in cui si producono foraggi a basso costo (Lombardia e Veneto) oppure formaggi tipici quali Grana Padano e ParmigianoReggiano. Indirizzo vitivinicolo – in questo tipo di azienda (presente in tutte le regioni italiane) si produce uva da vino che può essere trasformata sul posto oppure ceduta direttamente a cantine esterne. L’Italia si distingue anche per la produzione di uva da tavola, concentrata principalmente in Puglia.

Indirizzo frutticolo – la caratteristica di questa azienda è il forte investimento iniziale per l’impianto del frutteto. Le aziende frutticole sono molto diffuse nel Trentino-Alto Adige, in Emilia-Romagna e in Campania. Per quanto riguarda gli agrumi, le regioni maggiormente interessate sono la Sicilia e la Calabria. Indirizzo orticolo – i prodotti sono rappresentati da ortaggi e frutti coltivati a terra, come le fragole. Queste aziende, di solito, sono fornite di particolari attrezzature di protezione (tunnel) e sono collegate a industrie di commercializzazione e trasformazione, anche per i particolari criteri di confezionamento e conservazione richiesti da questi prodotti. Le aziende orticole sono localizzate un po’ in tutta Italia, ma specialmente in Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Sicilia. Indirizzo florovivaistico – le aziende di questo settore si distinguono sia per la produzione di piante ornamentali sia per la produzione di piante da frutto (associate al vivaismo) destinate alla costituzione di nuovi frutteti. La produzione di piante da interno richiede particolari attrezzature (serre, tunnel, impianti automatizzati di irrigazione, riscaldamento e illuminazione) e la presenza di personale specializzato. Le aziende vivaistiche sono particolarmente concentrate in Liguria, Toscana ed Emilia-Romagna. Indirizzo misto – è il tipo di azienda che, nel passato, caratterizzava l’intero comparto agricolo. La specializzazione dell’indirizzo produttivo è stata attuata solo recentemente (ma non in tutte le aziende) per razionalizzare il lavoro dell’uomo e l’uso delle attrezzature. Aziende atipiche – sono aziende che non hanno un indirizzo produttivo ben preciso. Aziende agrituristiche – in continua espansione su tutto il territorio italiano, sono particolarmente presenti nelle zone collinari e montane con turismo a forte valenza ambientale. Aziende forestali – sono presenti in aree “marginali”, a vocazione più boschiva e naturalistica, quali le zone montane alpine e appenniniche. Parchi – più che aziende vere e proprie, sono zone protette, con forti limitazioni alla presenza dell’uomo (dal divieto di edificazione fino al divieto di accesso). Il tutto per salvaguardare l’aspetto ecologico e paesaggistico della zona considerata. Aziende biologiche – la qualifica di “azienda biologica” non è determinata da un preciso indirizzo produttivo, bensì da un metodo di coltivazione e di allevamento conforme ad una specifica normativa.

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE Le aziende biologiche in Italia (al 5° censimento ISTAT, aggiornato al 18 settembre 2002) ammontano a 51.715, con una distribuzione pressoché omogenea su tutto il territorio.

I capitali di un’azienda agraria I capitali investiti in un’azienda agraria sono rappresentati da: capitale fondiario e capitale agrario o di esercizio. Capitale fondiario Il capitale fondiario è costituto dai terreni e dai miglioramenti fondiari. Per “terreni” intendiamo una parte della superficie terrestre comprensiva degli elementi naturali che su di essa insistono come aria, luce, temperatura, acqua, elementi nutritivi, ecc; mentre i miglioramenti fondiari sono costituiti dagli investimenti che innalzano la produttività o il valore economico dei terreni. Sono inscindibili dalla terra e sono rappresentati da fabbricati, strade, impianti arborei, opere di sistemazione idraulica, impianti di irrigazione, opere di drenaggio, opere per prevenire dissesto idrogeologico, ecc. Il capitale fondiario comprende i capitali stabilmente investiti ed economicamente fissi, cioè i capitali che non possono essere alienati senza danneggiare l’azienda; sono inoltre fisicamente immobili, cioè non possono essere spostati o trasferiti ad altro immobile. Appartengono al capitale fondiario tutti i fabbricati aziendali, le piantagioni arboree, le colture erbacee poliennali o che richiedono particolari sistemazioni di durata poliannuale del terreno (quote di manutenzione e ammortamento), strade, canali e impianti fissi; in generale sono beni che vengono usati più volte prima di esaurirsi. I costi da sostenere per questi capitali sono generalmente fissi, cioè non variano al variare della produzione e sono rappresentati dalle quote di ammortamento, manutenzione, assicurazione. Capitale agrario Il capitale agrario o di esercizio è costituito da tutti i mezzi produttivi fisicamente mobili, necessari per ottenere la produzione. Il capitale agrario comprende il capitale di scorta ed il capitale di anticipazione. Il capitale di scorta è rappresentato dagli strumenti e dai prodotti di scorta. Gli strumenti sono utilizzati per più cicli produttivi (capitali a logorio parziale), come le macchine, gli attrezzi e il bestiame, mentre i prodotti di scorta sono utilizzati in un unico ciclo produttivo (capitali a logorio totale), come i foraggi, i concimi, le sementi, il carburante, ecc. Il capitale di anticipazione è costituito dalla somma di denaro necessaria per sostenere le spese di gestione dell’attività produttiva. Le spese si sostengono durante tutto il processo produttivo, mentre i ricavi sono di norma concentrati alla fine del ciclo. Gli interessi sul capitale di anticipazione vengono calcolati sommando algebricamente gli interessi

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Introduzione

sulle spese e sui ricavi, ottenendo un risultato che può essere positivo (interessi attivi) o passivo (interessi passivi). Nel primo caso andrà ad aumentare i ricavi, nel secondo le spese. Nella pratica viene utilizzato un metodo più semplice che ipotizza un periodo medio di anticipazione tra il verificarsi delle spese e la vendita dei prodotti pari a: - 6 mesi nelle aziende con produzione totalmente vegetale; - 0 mesi nelle aziende con produzione totalmente lattiera (allevamenti da latte); - intermedio tra 0 e 6 mesi nelle aziende con produzione mista tra le due precedenti. Gli interessi passivi vanno calcolati ad un tasso di interesse pari a quello netto di un c/c o di un deposito bancario, se questa è la forma di conferimento alla banca del denaro liquido dell’agricoltore, oppure del tasso del fido bancario o del credito di conduzione se l’agricoltore ricorre a questo strumento. Un ultimo costo relativo al capitale agrario è quello dell’interesse annuo che viene calcolato sull’ammontare del capitale scorte morte (macchine, attrezzi, scorte e prodotti di scorta normalmente giacenti in magazzino) e scorte vive (bestiame). Anche in questo caso conviene usare l’interesse netto normalmente ricavabile dal denaro tenuto in banca, come deposito o come c/c, oppure quello del credito agrario di esercizio, se si ricorre a questo tipo di finanziamento. Lavoro Il lavoro è il terzo fattore della produzione sotto il controllo dell’imprenditore agricolo. Il lavoro rappresenta l’attività manuale e intellettuale necessaria per la conduzione dell’azienda e viene quantificato come numero di ore o di giornate lavorative utilizzate o da utilizzare per realizzare la produzione. Le spese relative al lavoro sono il salario, inteso come compenso del lavoro manuale, e lo stipendio inteso come compenso del lavoro intellettuale. La determinazione di queste due voci di spesa non sempre è agevole nelle aziende condotte da coltivatori diretti dove le attività manuali ed intellettuali necessarie alla conduzione, espresse in ore o giornate, sono difficili da individuare con esattezza. Nelle aziende dove si fa largo uso di operai la voce “salario” è ricavabile dai libri contabili mentre la voce “stipendio” è generalmente determinata applicando una percentuale al valore della PLV (Produzione Lorda Vendibile).

Il bilancio economico dell’azienda agraria Il bilancio è uno strumento contabile indispensabile per una corretta analisi dell’attività e della gestione dell’azienda agraria. Il bilancio è parziale quando si applica a singoli settori produttivi, globale quando prende in esame tutta l’azienda nel suo complesso. Il bilancio può essere:

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

• consuntivo quando utilizza dati reali verificatisi in un ciclo produttivo già trascorso; • preventivo quando utilizza previsioni relative ad un ciclo produttivo futuro; in quest’ultimo caso esso è tanto più attendibile quanto più si è in grado di utilizzare dati realistici. Il bilancio è una procedura con la quale si mettono a confronto i vantaggi, ottenuti od ottenibili con una certa attività o scelta produttiva, con i sacrifici o costi sostenuti o da sostenere per ottenerli. Va ricordato che i costi non sono solo quelli che danno origine ad un reale esborso di denaro (costi reali), ma anche quelli che, pur non corrispondendo a reali esborsi, vanno conteggiati per determinare l’effettivo guadagno netto (quote di ammortamento, interessi per denaro anticipato dall’agricoltore, interessi su macchine, bestiame, prodotti di scorta e scorte di magazzino). Un altro modo di suddividere i costi è quello di distinguere tra costi fissi e variabili: i primi non variano al variare della produzione, i secondi variano al variare della produzione. Con il bilancio preventivo si cerca di individuare il massimo guadagno (reddito netto) possibile in base ai costi certi, incassi presunti e tecniche di produzione adottate. Tra le tante possibili, verrà scelta quella tecnica che darà il massimo risultato con il minimo sforzo o sacrificio.

PLV Sup. ha RNA Sup. ha

Questa metodologia viene usata anche nelle valutazioni di convenienza per i miglioramenti fondiari. Il vantaggio dei bilanci consuntivi non si limita alla individuazione dell’utile di esercizio ma costituisce anche una preziosa fonte di dati sulla “vita” dell’azienda e sui risultati da essa raggiunti nei vari anni.

Cosa si individua col bilancio Per l’Economia agraria sono molti i parametri individuabili, ma in pratica ciò che di solito si determina è il cosiddetto Reddito Netto Aziendale (RNA), cioè la quantità di denaro che l’imprenditore agricolo concreto riesce a guadagnare. Nel caso di un coltivatore diretto il RNA comprende: - il salario relativo al lavoro manuale; - lo stipendio relativo al lavoro intellettuale, cioè direzione, amministrazione e sorveglianza dell’azienda; - l’interesse relativo al capitale liquido investito nel ciclo aziendale se fornito dal coltivatore e non tramite finanziamento; - il beneficio fondiario per aver conferito il capitale fondiario. Il bilancio infine ci permette di estrapolare alcuni indici che, se analizzati, ci permettono di ottenere un quadro preciso delle capacità produttive, delle caratteristiche e degli investimenti presenti in azienda:

= produttività lorda per unità di superficie

= reddito netto aziendale per unità di superficie

Capitale macchine Sup. ha Capitale fondiario Sup. ha

= investimento in macchine agricole per unità di superficie

= valore medio ad ettaro del capitale fondiario

L’analisi mediante indici, non essendo limitata alla sola misura del reddito, consente di individuare i settori aziendali di maggiorw o minore efficienza, ponendo le premesse per una migliore utilizzazione delle risorse disponibili. Il giudizio che emerge dall’osservazione degli indici di efficienza è di natura comparativa, si ottiene infatti ponendo a confronto i dati dell’azienda in esame con quelli di una o più aziende assunte come termine di paragone.

Come si redige un bilancio economico In ogni bilancio si ha un ATTIVO ed un PASSIVO: nell’ATTIVO si inseriscono tutte le entrate sia reali che calcolate ottenute o ottenibili in un dato ciclo produttivo, nel PASSIVO si inseriscono tutti i costi reali e calcolati che si sono affrontati o si devono affrontare durante il ciclo produttivo e tutte le perdite che si verificano durante lo stesso ciclo. Il bilancio può essere preciso ed approfondito oppure più sin-

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE tetico ed immediato: la maggiore o minore analiticità non inficia la correttezza che, al contrario, dipende da: 1. completezza dei dati da utilizzare: non è pensabile redigere un bilancio se vengono trascurate voci dell’attivo o del passivo, anche se la determinazione può sembrare laboriosa; 2. chiarezza dell’obiettivo che si vuole raggiungere: un bilancio finalizzato alla pura determinazione di quanto si è guadagnato complessivamente nell’annata trascorsa non può essere utilizzato per un’analisi gestionale approfondita e per una indagine puntuale sui singoli costi e ricavi. Bisogna decidere prima l’obiettivo che si vuole raggiungere: se interessa solo la determinazione complessiva dei guadagni sarà sufficiente individuare costi e ricavi anche non disaggregati per singole colture, mentre se si vuole controllare ed analizzare l’attività produttiva, quella gestionale e le redditività dei singoli comparti aziendali bisognerà essere molto precisi nella rilevazione dei dati suddividendo spese e ricavi tra le singole colture. Lo schema completo di un bilancio globale è il seguente. a. Descrizione generale dell’azienda comprendente il tipo di gestione, composizione e stato dei capitali agrario e fondiario, descrizione del lavoro impiegato, dati catastali e, se ritenuto necessario, una breve descrizione dell’andamento della annata agraria al fine di registrare i fatti più importanti sotto il profilo economico e gestionale. b. Riparto della superficie aziendale: • superficie totale: costituita da tare e da superficie agraria utilizzata (SAU); • tare: costituite dalle superfici occupate da fabbricati, aie, strade, canali, incolti e superfici boscate che non danno reddito;

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Introduzione

• SAU: costituita da tutte le superfici effettivamente coltivate o che comunque forniscono un reddito rilevabile (quindi anche quelle poste a set-aside o non coltura dietro premio della Regione); la SAU è costituita da: - superfici in rotazione: costituite da tutte le superfici occupate da colture inseribili in una rotazione agraria (mais, frumento, prati da vicenda, erbai, ecc.), - superfici fuori rotazione: costituite dalle colture non inseribili in una rotazione agraria (piante da frutto, risaie permanenti, prati stabili, ecc.). c. Determinazione dell’attivo aziendale formato da tutte le entrate connesse alla attività aziendale; queste entrate possono verificarsi regolarmente o avere un carattere di eccezionalità. d. Determinazione del passivo aziendale comprendente tutte le uscite connesse all’attività aziendale; anche queste uscite possono verificarsi regolarmente o avere carattere di eccezionalità. e. Determinazione del Reddito Netto Aziendale, che corrisponde al saldo tra il totale dell’ATTIVO e il totale del PASSIVO. Il saldo si ottiene seguendo il seguente schema: TOTALE ATTIVO - TOTALE PASSIVO = RNA La composizione del RNA varia a seconda del tipo di conduzione della azienda: ad esempio se l’imprenditore è anche proprietario ma affida sia il lavoro intellettuale (amministrazione, direzione e sorveglianza) che quello manuale a dipendenti, consulenti, salariati e contoterzisti, il suo Reddito Netto Aziendale, detto reddito fondiario sarà dato da Bf + T.

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

2 La filiera agroalimentare Didattica agraria, servizi per lo sviluppo rurale e filiere agroalimentari Da sempre l’uomo si è nutrito dei prodotti della terra ricavati nel rispetto delle condizioni climatiche e ambientali tipiche del territorio. Con il progresso e l’uso di tecnologie sempre più avanzate, l’uomo ha però superato i limiti imposti dall’ambiente e aumentato le pressioni sull’ambiente stesso: ha modificato il paesaggio per renderlo più produttivo, trasformando il suolo naturale in campi coltivati, convertendo le foreste in pascoli, terrazzando pendii, bonificando zone umide. Progressivamente l’agricoltura, utilizzando le risorse ambientali e adoperando sostanze che vengono immesse nel suolo, nell’acqua e nell’atmosfera, rischia di alterare gli equilibri naturali e rendere fragile l’ambiente che, dal canto suo, cerca di compensare gli effetti determinati dall’attività agricola allo stesso modo degli effetti prodotti da ogni attività antropica. I profondi cambiamenti che negli ultimi decenni si vanno delineando per quanto riguarda la gestione dell’ambiente, del territorio e del mondo agricolo in generale, comportano una crescente necessità di conoscenze sempre più approfondite e integrate alla complessità delle problematiche ad essi connesse: insomma tutto quello che è oggi racchiuso nel concetto di territorialità. Anche il modo con cui l’uomo produce e consuma il cibo è un’attività antropica, che ha la sua responsabilità sui mutamenti del pianeta perché, considerate le dinamiche tra uomo e ambiente, il settore agroalimentare riveste un ruolo di primo piano interagendo con il suolo, con l’acqua e con le risorse naturali, sia direttamente attraverso la coltivazione, l’allevamento di animali e la raccolta di vegetali, sia indirettamente attraverso la trasformazione, il trasporto e la

distribuzione delle materie prime e dei prodotti finiti ai consumatori finali. Scenari nuovi delineati da complesse trasformazioni (produzioni su larga scala, aree di produzione sempre più lontane dai luoghi di consumo del prodotto, globalizzazione e ampliamento dei mercati, nuove tecnologie incorporate nei prodotti, maggiori preoccupazioni per la salute del consumatore, maggiore propensione del consumatore alla scelta consapevole, esigenza di gestire il rischio aziendale) richiedono competenze e servizi sempre più efficienti. Le esigenze territoriali e l’agricoltura devono essere considerate non come comparti a sé stanti, ma come parti di un sistema composto da filiere. La filiera agroalimentare è il percorso che determina la produzione di un alimento, quello che succede “dalla terra alla tavola”, dalle materie prime a ciò che viene mangiato. È un processo che vede coinvolti agricoltori, produttori di mangimi e sementi, allevatori, industria di trasformazione, trasportatori e distributori, commercianti all’ingrosso e al dettaglio, fino al consumatore. L’obiettivo finale è salvaguardare la salute dei con-

Nel passaggio dagli ambienti naturali a quelli fortemente antropizzati, si avverte come l’intervento dell’uomo possa, in positivo o in negativo, operare profonde trasformazioni del territorio

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE sumatori offrendo loro un prodotto di qualità, differenziato, a prezzo soddisfacente e distribuito in modo efficace e capillare. Il processo è scandito da più fasi: la prima è di produzione delle materie prime alimentari come frutta, carne, pesce, latte. In questa fase sono impiegate oltre alle aziende di produzione agricola, allevamento e pesca anche le imprese produttrici di beni strumentali per il settore agricolo, zootecnico e ittico (macchine agricole, pescherecci, infrastrutture). La seconda fase, di trasformazione, è affidata alle industrie di trasformazione come quelle per la raccolta dei prodotti ortofrutticoli, per la lavorazione dei pomodori e delle verdure, per la produzione di marmellate, yogurt e surgelati, per la macellazione di animali, per il trattamento del latte munto, ecc. Nella terza fase sono coinvolte le imprese di confezionamento, etichettatura e imballaggio mentre nell’ultima fase, quella della distribuzione, sono impiegate le società di trasporto e distribuzione. Ad esempio, la filiera del vino comprende le seguenti fasi: vivaismo viticolo, viticoltura, vinificazione, imbottigliamento/confezionamento, distribuzione all’ingrosso/vendita al dettaglio. Mentre nel settore della pasta secca, la filiera produttiva comprende la produzione di grano, la molitura, la produzione di pasta, il confezionamento, il magazzinaggio del prodotto finito, il trasporto fino alla vendita nei punti di distri-

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Introduzione

buzione. Per il formaggio stagionato, la filiera comprende l’allevamento, che a sua volta si rifornisce di alimenti per il bestiame dai mangimifici, il caseificio che raccoglie il latte e lo trasforma in formaggio, lo stagionatore, che opera in un’azienda che si occupa della stagionatura dei formaggi, il confezionatore, che provvede al taglio, al confezionamento e alla spedizione, il distributore che ne rende possibile la presenza al banco del supermercato. Tutte le aziende che concorrono alla formazione, distribuzione e commercializzazione di un prodotto sono i soggetti della filiera e si comprende come le interrelazioni tra i vari soggetti, produzioni primarie, agroindustria e distribuzione devono trovare una sempre stretta correlazione e strutturazione. Le principali filiere nell’agroalimentare sono la vitivinicola, l’olivicola, la cerealicola, l’ortofrutticola e conserviera, la zootecnica e la lattiero-casearia che si occupano rispettivamente di: vino, olio, cereali, ortofrutta fresca, ortofrutta trasformata, carne bovina, carne suina e avicola, prodotti ittici, latte e latticini. Le filiere possono essere definite corte o lunghe. Quelle che prevedono un numero elevato di passaggi e di soggetti di filiera, facendo subire alla materia prima processi articolati, sono considerate lunghe, mentre sono corte quelle che non richiedono particolari lavorazioni come le filiere dei prodotti freschi, in quanto la produzione agricola delle aziende passa

Coltivazioni e allevamenti si sono da sempre evoluti adattandosi alle esigenze antropiche del momento: oggi, la necessità di rendere più sostenibile l’attività umana ha favorito la nascita di una nuova sensibilità ambientale

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

direttamente dalla produzione al confezionamento e alla distribuzione. Questo genere di filiera infatti sostiene lo sviluppo delle economie e tipicità locali, migliora le prestazioni ambientali di aziende e territorio, offre maggiore trasparenza e garanzia al consumatore. In questa ottica di territorialità si collocano gli agriturismi, aziende agricole che operano nel settore turistico offrendo ai propri clienti alloggio e vitto, costituito da prodotti prevalentemente coltivati nella azienda, e le fattorie didattiche dove è possibile ospitare scolaresche pronte ad apprendere la vita in fattoria, dall’allevamento alla riproduzione di animali da cortile, dalla semina al raccolto e alla trasformazione in prodotti tipici, mentre gli alimenti a km zero sono prodotti locali che vengono venduti o somministrati nelle vicinanze del luogo di produzione. Caratteristica importantissima delle filiere è la tracciabilità di filiera che da diversi anni è regolamentata da standard normativi in tutta Europa: la storia di un determinato prodotto alimentare può essere ricostruita attraverso l’identificazione delle aziende che hanno contribuito alla sua definizione. La certificazione di filiera controllata viene riconosciuta

a un’azienda il cui prodotto sia soggetto a rigorosi standard igienico-sanitari definiti secondo i criteri dell’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) e assolutamente rintracciabile. L’identificazione di tutte le aziende dalla produzione primaria, alla trasformazione, alla commercializzazione permette al consumatore di conoscere la provenienza di tutte le materie prime che costituiscono i prodotti, i metodi di produzione, i processi di lavorazione, le modalità di trasporto adottate e di attribuire le rispettive responsabilità a tutti i soggetti coinvolti nel conseguimento del prodotto finale. L’importanza della rintracciabilità è particolarmente evidente quando la sicurezza del consumatore può essere messa in pericolo da un alimento perché permette di ritirare dal commercio in modo mirato il prodotto incriminato, fornendo informazioni precise ai consumatori e agli addetti ai controlli. Tutto questo rappresenta le conoscenze e le competenze che dovranno essere fatte proprie dal neo alunno, per presentarsi domani come futuro tecnico. Questo Corso si propone pertanto come una solida base sulla quale iniziare a costruire le future figure professionali di settore.

Ogni prodotto che consumiamo o che troviamo sulla nostra tavola o semplicemente notiamo sui banchi o negli scaffali di un supermercato, ha dietro di se tutta una storia che lo ha condotto sino a noi: è la qualità di questo percorso che deve essere racchiusa nel concetto di filiera agroalimentare

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE

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Introduzione

3 Regioni pedologiche italiane 1. (37.1) 1 Alpi occidentali e centrali, su rocce ignee e metamorfiche GEOLOGIA: rocce metamorfiche ed ignee, alluvioni dell’Olocene. Morfologia: versanti ripidi e valli incluse, da 1000 a 4000 m s.l.m. Suoli: a) suoli delle quote più elevate; b) suoli sottili; c) suoli erosi; d) suoli più o meno acidi con accumulo di sostanza organica, di ossidi di ferro e alluminio; e) suoli con accumulo superficiale di sostanza organica; f) torbe di alta quota; g) suoli alluvionali. 2. (34.3) e 3. (16,5) Alpi centrali orientali su rocce sedimentarie calcaree e Alpi carniche GEOLOGIA: calcari e dolomie del Mesozoico e del Terziario, alluvioni dell’Olocene. Morfologia: versanti ripidi, scarpate e valli incluse, da 400 a 2000 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili delle quote più elevate; b) suoli più o meno sottili con accumulo superficiale di sostanza organica; c) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; d) suoli alluvionali. 4. (35.4) Colline friulane su rocce sedimentarie calcaree GEOLOGIA: calcari, dolomie, flysch, marne e depositi residuali. Morfologia: in prevalenza ondulato, da 200 a 1100 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno sottili, con

L’Italia rurale

accumulo di sostanza organica superficiale o di argilla e ossidi di ferro in profondità. 5. (18.8) Pianura Padana e colline moreniche del Piemonte e Lombardia GEOLOGIA: depositi alluvionali e fluvioglaciali del Quaternario. Morfologia: pianeggiante, da 0 a 400 m s.l.m. Suoli: a) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; suoli alluvionali recenti con riorganizzazione dei carbonati; b) suoli decarbonatati e ricchi in ossidi di ferro, con accumulo di argilla nel profilo; c) suoli poco evoluti e sabbiosi; d) suoli con proprietà vertiche più o meno accentuate e riorganizzazione dei carbonati; e) suoli più o meno sottili su calcari con accumulo di materia organica; suoli con falda idrica poco profonda; f) suoli con accumulo di sostanza organica. 7. (18.7) Langhe, Monferrato e colline del Po GEOLOGIA: depositi marini del Terziario. Morfologia: versanti, da 200 a 600 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno erosi; b) suoli alluvionali; c) suoli con accumulo di argilla. 8. (78.1) Colline emiliano-romagnole e marchigiane sul flysch miocenico e margine appenninico GEOLOGIA : flysch arenaceo-marin prevalenza ondulato, da 200 a 1100 noso e deposito alluvionale. Mor- sotm s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno fologia: dadi100 a 600organim tili, conversanti, accumulo sostanza s.l.m. Suoli: a) suoli più o emeno ca superficiale o di argilla ossidi di erosi e in con carbonati riorganizzaferro profondità. ti; 5. b)(18.8) suoli ricchi in Padana ossidi eecon Pianura colline accumulo di argilla. moreniche del Piemonte e Lom9. (78.2) Appennino settentriobardia nale e centrale Geologia: depositi alluvionali e fluvioGEOLOGIA marnoso-areMorfologia: glaciali : delflysch Quaternario. naceo del Terziario. Morfologia: m s.l.m. Suopianeggiante, da 0 a 400 versanti più con o meno ripidi, da 150 li: a) suoli struttura pedogenetica a 1500 s.l.m. Suoli: a) suoli piùdiffefino inmprofondità e profilo poco o meno sottili o erosi; b) suoli con con renziato; suoli alluvionali recenti struttura pedogenetica fino b) insuoriorganizzazione dei carbonati; profondità e profieloricchi pocoindifferenli decarbonatati ossidi di ferziato; c) suoli con accumulo di arro, con accumulo di argilla nel profilo; 72.3 gilla; d) suoli accumulo c) suoli poco acidi evoluticon e sabbiosi; d) suo62.1 61.1 di lisostanza organica; e) suoli con proprietà vertiche più o di meno terrazzamenti. accentuate e riorganizzazione dei car61.3 10.bonati; (35.7) Areepiùpiù elevate e) suoli o meno sottili su 72.2 59.7 dell’Appennino settentrionale calcari con accumulo di materia orgaGEOLOGIA : arenarie calcari mar-poco nica; suoli con efalda idrica nosi del Terziario. profonda; f) suoli conMorfologia: accumulo di soversanti, da 700 a 2200 m s.l.m. 66.5 stanza organica. 62.3 Suoli: a) suoli più o Monferrato meno sottili; 7. (18.7) Langhe, e collib) suoli piùPo o meno acidi con acne del cumulo di ossidi di marini ferro edel allumiGeologia: depositi Terziario. 66.5 nio. Morfologia: versanti, da 200 a 600 m 66.4 12.s.l.m. (34.2) e 6.a)(37.3) e 11. (35.6)erosi; Suoli: suoli più o meno Alpi occidentali suc)rocce sedib) suoli alluvionali; suoli con accumentarie calcaree, su rocce me59.9 mulo di argilla. tamorfi che, Colline Alpi marittime 8. (78.1) emiliano-romagno-

Le regioni pedologiche “soil regions” italiane 16.5 37.1

35.4

34.3 67.2

18.8 18.7 37.3

35.7

35.6

78.2

34.2

78.1

64.4

61.3 61.3

60.4 60.7

16.4 56.1

59.2

56.1

59.8

59.1 76,1

67.4

59.2

62.3 62.2

1. (37.1)  Alpi occidentali e centra-

2. (34.3) e 3. (16,5) Alpi centrali

le e marchigiane sul flysch miocenico e margine appenninico Geologia: flysch arenaceo-marnoso e

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

GEOLOGIA: rocce calcaree e metamorfiche del Mesozoico e del Terziario, graniti e calcari dolomitici. Morfologia: versanti ripidi e scarpate, da 200 a 2000 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili delle quote più elevate; b) suoli più o meno sottili e acidi con accumulo superficiale di sostanza organica; c) suoli più o meno acidi e con accumulo di sostanza organica e di ossidi di ferro e alluminio; suoli di terrazzamenti. 13. (64.4) Versilia e pianure interne di Toscana, Umbria, Lazio GEOLOGIA: depositi alluvionali e lacustri del Quaternario. Morfologia: prevalentemente pianeggiante, da 0 a 300 m s.l.m. Suoli: a) suoli alluvionali, con falda idrica poco profonda e poco accumulo di sostanza organica; b) suoli decarbonatati, ricchi di ossidi di ferro, con accumulo di argilla nel profilo. 14. (61.3) Colline dell’Italia centrale e meridionale su sedimenti pliocenici e pleistocenici GEOLOGIA: sedimenti marini pliocenici e pleistocenici e alluvioni oloceniche. Morfologia: versanti e valli incluse, da 50 a 600 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno erosi e con riorganizzazione di carbonati; b) suoli con accumulo di argilla; c) suoli con proprietà vertiche; d) suoli alluvionali. 15. (60.4) Dorsali antiappenniniche toscane GEOLOGIA: rocce metamorfiche (marmi, scisti, quarziti), calcari, marne e arenarie, rocce ignee del Quaternario. Morfologia: versanti e scarpate, da 150 a 1300 m s.l.m. Suoli: a) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; b) suoli ricchi in ossidi di ferro con accumulo di argilla; c) suoli erosi e sottili; d) suoli di terrazzamenti. 16. (60.7) Pianure costiere tirreniche dell’Italia centrale e relative colline incluse GEOLOGIA: depositi alluvionali del Quaternario, con inclusioni di rocce metamorfiche del Terziario. Morfologia: pianeggiante, da 0 a 200 m s.l.m. Suoli: a) suoli alluvionali, talvolta con falda idrica poco profonda; b) suoli con accumulo di argilla nel profilo; c) suoli con proprietà vertiche più o meno accentuate e carbonati riorganizzati. 17. (61.1) Rilievi appenninici e antiappenninici dell’Italia centrale e meridionale su rocce sedimentarie GEOLOGIA: flysch arenaceo-marnoso del Terziario. Morfologia: versanti e valli incluse, da 150 a 1200 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili e erosi; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; c) suoli con accumulo di argilla. 18. (16.4) Appennino centrale su rocce carbonatiche e conche intramontane GEOLOGIA: calcari, dolomie e marne del Mesozoico e del Terziario. Morfologia: versanti e scarpate con piane incluse, da 300 a 2000 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; c) suoli ricchi in ossidi di ferro con accumulo di argilla. 19. (56.1) Aree collinari vulcaniche dell’Italia centrale e meridionale

GEOLOGIA: rocce ignee effusive. Morfologia: versanti, ripiani, scarpate e valli incluse, da 0 a 1000 m s.l.m. Suoli: a) suoli con caratteri più o meno espressi derivanti da materiali vulcanici; b) suoli con accumulo di argilla e ossidi di ferro; c) suoli alluvionali; d) suoli dei terrazzamenti. 20. (59.7) Aree collinari e montane, con formazioni calcaree, coperture vulcaniche e pianure incluse dell’Italia meridionale GEOLOGIA: rocce calcaree del Mesozoico e del Terziario con coperture piroclastiche e incluse alluvioni del Quaternario. Morfologia: versanti con valli incluse e pianure costiere, da 0 a 1200 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili su calcare; b) suoli con proprietà vertiche e riorganizzazione dei carbonati; c) suoli alluvionali; d) suoli con caratteri più o meno espressi derivati da materiali vulcanici; e) suoli di terrazzamenti. 21. (72.3) Gargano GEOLOGIA: calcari, calcari marnosi del Mesozoico e depositi residuali. Morfologia: versanti e ripiani con depressioni, da 50 a 800 m s.l.m. Suoli: a) suoli ricchi in ossidi di ferro e accumulo di argilla in profondità. 22. (62.1) Tavoliere e piane di Metaponto, del tarantino e del brindisino GEOLOGIA: depositi alluvionali e marini in prevalenza argillosi e franchi del Quaternario, con travertini. Morfologia: pianeggiante, da 0 a 200 m s.l.m. Suoli principali: a) suoli con proprietà vertiche e carbonati riorganizzati; b) suoli alluvionali. 23. (72.2) Murge e Salento GEOLOGIA: calcari e marne del Mesozoico e depositi residuali. Morfologia: ripiani e versanti a debole pendenza, da 0 a 450 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno sottili o erosi; b) suoli con accumulo di ossidi di ferro e di argilla e carbonati in profondità; c) suoli ricostruiti dall’uomo con riporto di terra e macinazione della roccia. 24. (66.5) Rilievi appenninici calabresi e siciliani su rocce ignee e metamorfiche GEOLOGIA: rocce ignee intrusive e metamorfiche. Morfologia: versanti, più o meno ripidi e ripiani, da 0 a 1500 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno acidi con accumulo superficiale di sostanza organica; b) suoli sottili ed erosi; c) suoli con accumulo di argilla. 25. (62.3) Aree collinari e montane della Calabria e Sicilia con pianure incluse GEOLOGIA: rocce calcaree e dolomitiche del Terziario, e alluvionali del Quaternario. Morfologia: versanti, ripiani, scarpate e valli incluse, da 0 a 1500 m s.l.m. Suoli: a) suoli erosi; b) suoli con accumulo di carbonati e di sali solubili, suoli con proprietà vertiche; c) suoli ricchi di ossidi di ferro e con accumulo di argilla; d) suoli alluvionali. 26. (66.4) Monte Etna GEOLOGIA: rocce vulcaniche effusive del Mesozoico, Terziario e Quaternario. Morfologia: versanti, da 0 a 2500 m s.l.m. Suoli: a) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; b) suoli con caratteri derivanti da materiali vulcanici; c)

PRODUZIONI VEGETALI: CONOSCENZE E TECNICHE suoli di terrazzamenti. 27. (67.2) Carso su rocce sedimentarie calcaree GEOLOGIA: calcari, dolomie, flysch, marne e depositi residuali. Morfologia: in prevalenza ondulato, da 200 a 1100 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno sottili, con accumulo di sostanza organica superficiale o di argilla e ossidi di ferro in profondità. 28. (62.2) Aree collinari e pianure costiere siciliane GEOLOGIA: flysch argilloso del Terziario, calcari, arenarie, gessi. Morfologia: versanti e valli incluse, pianure costiere, da 0 a 650 m s.l.m. Suoli: a) suoli con accumulo di carbonati e di sali solubili, suoli con proprietà vertiche; b) suoli erosi; c) suoli con accumulo di argilla e di carbonati; d) suoli alluvionali. 29. (59.9) Aree collinari e montane con formazioni calcaree e vulcaniti della Sicilia sud-orientale GEOLOGIA: calcari e calcari dolomitici e rocce vulcaniche. Morfologia: versanti, da 0 a 650 m s.l.m. Suoli: a) suoli più o meno sottili con accumulo di sostanza organica in superficie; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato. 30. (59.2) Rilievi montani e collinari della Sardegna su rocce in prevalenza cristalline acide GEOLOGIA: rocce ignee intrusive, in parte metamorfiche, calcari del Paleozoico e del Mesozoico, con depositi alluvionali del Quaternario. Morfologia: versanti, versanti ripidi, scarpate e ripiani, con valli incluse, da 0 a 1700 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo

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Introduzione

poco differenziato; c) suoli alluvionali. 31. (59.1) e 32. (59.8) Aree collinari della Sardegna su rocce basiche e sulle effusioni basaltiche e trachitiche GEOLOGIA: differenti rocce sedimentarie dal Triassico e dal Miocene, effusioni basaltiche e trachitiche e in parte rocce metamorfiche. Morfologia: versanti e ripiani, da 0 a 1000 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato; c) suoli con proprietà vertiche; suoli con accumulo di argilla e ossidi di ferro, o carbonati, o sostanza organica. 33. (67.4) Rilievi montani e collinari della Sardegna su rocce metamorfiche GEOLOGIA: rocce metamorfiche del Paleozoico. Morfologia: versanti e versanti ripidi, da 0 a 1000 m s.l.m. Suoli: a) suoli sottili; b) suoli con struttura pedogenetica fino in profondità e profilo poco differenziato o con accumulo di materia organica, più o meno acidi. 34. (76.1) Campidano e altre piane del Sulcis e della Sardegna centrale GEOLOGIA: depositi alluvionali del Quaternario. Morfologia: pianeggiante, da 0 a 200 m s.l.m. Suoli: a) suoli con accumulo di argilla nel profilo e carbonati riorganizzati; b) suoli ricchi in ossidi di ferro; c) suoli alluvionali; d) suoli con falda idrica poco profonda e accumulo di sali; e) suoli con proprietà vertiche; f) suoli sottili con accumulo di sostanza organica superficiale o di calcare indurito in profondità.

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Le Regioni Pedologiche (Soil Regions) presenti in Italia sono: a. 32 b. 34 c. 36

5. La quantità di acqua che rimane nel suolo dopo la percolazione dell’umidità in eccesso viene indicata come: a. acqua disponibile b. capacità di campo c. punto di avvizzimento

2. Quali proprietà di un suolo influiscono maggiormente sulle colture? a. regime idrico e termico b. limitazioni permanenti c. pH e calcare

6. Per ottenere buone produzioni i fabbisogni di azoto (N) per ettaro oscillano mediamente tra: a. 50-90 kg/ha b. 90-110 kg/ha c. 120-200 kg/ha

3. La tecnica di preparazione del terreno con tagli verticali senza rivoltamenti delle zolle si chiama: a. erpicatura b. discissura c. aratura

7. Nella classificazione di Hoshimo il clima locale (o topoclima) ha estensione: a. orizzontale di alcune decine di km e verticale di 1 km b. orizzontale di 1.000-2.000 km e verticale di 3-4 km c. verticale di circa 12 km

4. I concimi per migliorare le condizioni nutritive e lo stato fisico del suolo a base di letame, terricciati, deiezioni sono detti: a. organici b. minerali c. terziari

8. Le piante che producono semi a partire da ovuli e polline dello stesso soggetto si dicono: a. eterogame b. autogame c. allogame

VERO O FALSO 1. I cereali da granella presentano un apparato 1. Il contenuto percentuale di humus nel suolo normalmente non supera il 5-10%.

V

F

2. I suoli con moderate limitazioni agricole hanno una ridotta scelta di colture praticabili o richiedono moderate pratiche di conservazione.

V

F

3. In Italia i terreni prevalentemente basici si trovano sulle alpi e sugli appennini.

V

F

4. È definito titolo di un concime la quantità (espressa in %) degli elementi fertilizzanti in esso contenuti.

V

F

5. In Italia, gran parte delle precipitazioni si registrano nel periodo primaverile-estivo.

V

F

6. Il fosforo ha una scarsa mobilità nel terreno in quanto è trattenuto dal potere assorbente.

V

F

7. La quantità di precipitazioni annuali si misurano in cm (litri per cm2).

V

F

8. Nella PAC 2015-2020 è previsto un pagamento ecologico vincolato al rispetto di pratiche agricole favorevoli a clima e ambiente.

V

F

ABBINAMENTI LOGICI 1. Carte dei suoli

A. Cambiamenti climatici

2. Terreni a pH basico

B. Danno irreversibile

3. Lavorazioni ridotte

C. Suoli dominanti

4. Punto di avvizzimento

D. Clima caldo e siccitoso

5. Ecosistemi

E. Riproduzione

6. Selezione genetica

F. Minumum tillage

GRIGLIA

1 ......................... 2 ......................... 3 ......................... 4 ......................... 5 ......................... 6 .........................

Capitolo 1 Colture cerealicole APPROFONDIMENTI 1 Geografia produttiva dei cereali Il settore cerealicolo ha una notevole valenza strategica considerata la sua primaria importanza nell’alimentazione, la complessa articolazione della filiera, il ruolo e il peso dell’industria e dell’artigianato a valle del sistema produttivo primario, nonché il carattere agronomico-paesaggistico derivante dal carattere estensivo delle colture. In Italia la cerealicoltura produce prevalentemente frumento (tenero e duro), mais, orzo e riso. A differenza del grano tenero, che è coltivato ovunque nel mondo (a eccezione delle aree tropicali), il grano duro è coltivato principalmente in tre bacini: Mediterraneo, nei Northern Plains tra Stati Uniti d’America e Canada, e nelle aree deserte del Sud-Est degli Stati Uniti e del Nord del Messico. Vi sono, inoltre, aree di minore importanza nelle quali è coltivato il grano duro: tra Russia e Kazakhstan e in Argentina, India e Australia.

Nell’agricoltura italiana i cereali assumono un ruolo centrale sia in termini di consumo annuo sia per quanto riguarda la domanda dell’industria. Il 56% della superficie investita a cereali è concentrata nel CentroNord, mentre il 44% è distribuita nel Sud e nelle Isole. Il frumento duro è diffuso principalmente nell’Italia centro-meridionale e ha un ruolo primario fornendo la materia prima all’industria delle paste alimentari. La “filiera pane” e la “filiera pasta” rappresentano due ambiti nei quali l’agricoltura italiana può valorizzare le proprie risorse produttive. Il frumento tenero è, dopo il mais, il cereale più diffuso al mondo ed è presente in tutti i continenti. Negli ultimi anni la produzione mondiale di frumento tenero si è assestata tra 650 e 750 milioni di tonnellate, pari al 35% circa della produzione cerealicola mondiale. L’Unione Europea esporta complessivamente circa 26 milioni di tonnellate di grano tenero.

Superficie (ha) e produzione (q) italiana di frumento, segale, orzo, avena

Dati ISTAT: (a) dati 2018; (b) mese di rilevazione ottobre 2018; (c) mese di rilevazione dicembre 2018 (d) r = valore rilevato, s = valore imputato, t = totale.

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PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Dettaglio regionale relativo a superficie (ha) e produzione (q) italiana di frumento, segale, orzo, avena

Dati ISTAT: (a) dati 2018; (b) mese di rilevazione ottobre 2018; (c) mese di rilevazione dicembre 2018 (d) r = valore rilevato, s = valore imputato, t = totale.

Superficie (ha) e produzione (q) italiana di riso, mais, sorgo e altri cereali

Dati ISTAT: (a) dati 2018 provvisori per riso; (b) Mese di rilevazione aprile 2018; (c) Mese di rilevazione novembre 2018; (d) Mese di rilevazione dicembre 2018; (e) r = valore rilevato, s = valore imputato, t = totale.

COLTURE CEREALICOLE

Dettaglio regionale relativo a superficie (ha) e produzione (q) italiana di riso, mais, sorgo e altri cereali

Dati ISTAT: (a) dati 2018 provvisori per riso; (b) Mese di rilevazione aprile 2018; (c) Mese di rilevazione novembre 2018; (d) Mese di rilevazione dicembre 2018; (e) r = valore rilevato, s = valore imputato, t = totale.

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Capitolo 1

La produzione nazionale di frumento tenero, che nei primi anni ‘70 era compresa tra 7 e 9 milioni di tonnellate, ha registrato successivamente una notevole flessione, dovuta alla riduzione delle superfici coltivate che sono passate dai 3 milioni di ettari degli anni ‘60 a circa 0,6 milioni di ettari. Anche la superficie nazionale dedicata coltivazione dell’orzo si è contratta nel corso degli anni. Il mais è il cereale di maggiore interesse per l'agricoltura italiana considerata l'elevata potenzialità produttiva della coltura e l'alto valore nutritivo del foraggio La maidicoltura praticata prevalentemente negli areali a elevato potenziale irriguo è concentrata per il 90% in 5 regioni del Nord-Italia: Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. La filiera “maidicola/ zootecnica”, data la sua articolazione trasversale a più settori e la sua ampiezza operativa, rappresenta un elemento costitutivo essenziale della nostra alimentazione. L’Italia è il principale produttore di riso dell’Unione Europea con il 50% della superficie collocata prevalentemente in Piemonte e il 43,2% in Lombardia. Caratteristica del territorio piemontese è la coltura del riso, specie a Vercelli e Novara, grazie a un sistema di irrigazione ampio e capillare. In Lombardia, la Lomellina è la zona specializzata per il riso. I cereali minori raggruppano diverse specie, tra cui le principali sono: orzo, avena, segale, farro, triticale, sorgo, grano saraceno. Nonostante a livello nazionale la superficie complessiva occupata da queste colture sia esigua, esse assumono un notevole ruolo nelle aree marginali e in sostituzione di altre specie nelle fasi di rotazione del terreno. Fra i cereali minori solo l’avena, il sorgo e la segale rivestono importanza per la cerealicoltura italiana. La coltura dell’avena negli ultimi decenni ha subito una drastica riduzione, soppiantata dalla coltivazione dell’orzo, del mais e del frumento. Negli ultimi anni si è manifestato un certo interesse per il farro (Triticum monococcum, T. dicoccum e T. Spelta) considerato una specie tradizionale e quindi con notevole valenza ecologica, soprattutto per le aziende biologiche.

22

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

2 Caratteristiche qualitative delle varietà di frumento duro Caratteristiche qualitative delle diverse varietà di frumento duro in coltivazione ordinaria rile-

vate per regione (media varietale dei campioni analizzati).

Varietà media per regione Toscana Anco Marzio

Proteine granella (% s.s.) 13,0 12,5

Peso ettolitrico (kg/hL) 81,4 81,1

Peso 1000 semi (g)

Cirillo

13,2

83,8

49,5

Claudio

13,7

81,2

49,3

Colosseo

12,9

80,1

54,4

Creso

13,4

81,9

53,2

Duilio

13,7

79,3

48,3

Dylan

12,8

81,2

50,7

Giemme

13,3

81,4

53,0

Iride

12,0

80,5

45,4

Latinur

13,8

83,2

51,7

Levante

13,2

81,8

45,314

Varietà media per regione Molise

Orobel

12,6

82,4

54,0

Claudio

12,8

82,3

42,5

Creso

12,4

81,4

2

48,7 43,4

San Carlo

14,3

82,2

53,5

Saragolla

12,4

79,1

46,91

Svevo

13,3

81,3

45,4

Varietà media per regione

Proteine granella (% s.s.)

Peso ettolitrico (kg/hL)

Peso 1000 semi (g)

Sardegna

11,7

80,8

39,9

Borello

12,1

78,0

37,1

Colosseo

11,4

82,3

40,8

Iride

11,3

82,0

40,3

Karalis

12,1

81,2

39,7

Latinur

12,1

79,6

38,0

Rusticano

11,1

82,7

40,9

Saragolla

11,4

78,9

34,3

Simeto

13,5

81,3

47,7

Sicilia

11,6

81,5

40,7

Appio

1134

82,4

39,8

Ciccio

10,5

81,7

38,2

Creso

12,0

85,9

46,5

Duilio

12,0

81,5

41,6

Iride

11,8

81,8

35,5

Rusticano

11,8

81,2

37,8

Simeto

11,7

80,9

42,9 i

Varietà media per regione Marche Achille Claudio Duilio Iride Latinur Levante Orobel Rusticano San Carlo Saragolla Svevo

Proteine granella (% s.s.) 13,7 1398 13,8 12,9 13,6 13,1 13,7 13,1 13,8 13,8 13,2 15,1 Proteine granella (% s.s.) 12,3

Peso ettolitrico (kg/hL) 77,4 80,6 78,8 77,6 76,3 80,8 76,7 77,5 78,5 78,5 74,4 76,9 Peso ettolitrico (kg/hL) 80,7

Peso 1000 semi (g) 47,6 43,0 48,5 50,1 45,2 52,5 44 51,3 46,5 54,7 43,7 46,4 Peso 1000 semi (g) 42,9

Duilio

12,2

8099

42,8

Iride

11,7

79,8

40,7

Saragolla

11,8

82,3

40,2

Simeto

12,5

81,0

44,5

Svevo

12,4

80,4

38,5

Varietà media per regione Puglia Anco Marzio Ciccio Claudio Duilio Grecele Iride Quadrato Simeto Basilicata Anco Marzio Cappelli Ciccio Claudio Duilio Iride Latinur Saragolla Simeto Vinci

Proteine granella (% s.s.) 11,9 11,9 11,4 13,8 14,6 13,0 11,7 12,8 11,0 12,4 12,2 13,8 11,8 11,7 12,5 12,0 11,5 10,8 12,5 13,0

Peso ettolitrico (kg/hL) 812 83,3 81,5 85,7 79,9 81,5 81,3 78,6 80,4 19,6 82,9 79,5 80,6 83,7 72,8 80,5 83,1 81,7 78,7 75,8

Peso 1000 semi (g) 42,6 36,8 43,0 44,0 38,9 39,1 39,8 45,3 44,3 40,4 37,4 45,5 41,4 43,1 38,1 37;1 38,5 42!1 42,2 38,7

COLTURE CEREALICOLE

23

Capitolo 1

3 Glutine e celiachia nera soprattutto disturbi intestinali: diarrea, vomito, inappetenza, gonfiore addominale e può determinare carenze di ferro e vitamine. Negli adulti la malattia può presentarsi con astenia o con sintomi apparentemente extraintestinali come osteoporosi e anemia. L’innesco dell’intolleranza al glutine necessita di elementi sia esogeni (il glutine) che endogeni (controllo genetico). Il glutine è presente in numerosi cereali, tra cui il grano e comprende una famiglia di proteine vegetali, le prolammine, contenute nel frumento (gliadine), nell’orzo (ordeine), e nella segale (secaline). La tossicità delle prolammine presenti nell’avena (avenine), non è stata provata in modo definitivo. Riso e mais, in quanto privi di glutine, vengono utilizzati nelle diete dei pazienti con malattia celiaca. Il controllo genetico di questa malattia, i cui sintomi clinici possono essere molto variabili, è indicato dal fatto che l’8-10% dei familiari delle persone con malattia celiaca è affetto da questa patologia. Una dieta alimentare senza glutine è l’unica terapia.

Sempre più persone soffrono di disturbi legati al consumo di grano: difficoltà digestive, gonfiori e coliche. Responsabili di questo sono le gliadine e le glutenine che contengono la maggior parte delle proteine e sono fonte di allergia o intolleranza alimentare al grano. Il glutine risulta infatti difficile da digerire e comporta così l’insorgenza dei disturbi. La celiachia, detta anche malattia di Herter, è una affezione cronica dell’intestino tenue, caratterizzata da malassorbimento e dovuta a una intolleranza al glutine la cui ingestione è assolutamente vietata. Gli alimenti con glutine causano infatti una reazione autoimmunitaria che danneggia gravemente la mucosa dell’intestino tenue, provoca l’atrofia dei villi intestinali e impedisce l’assorbimento delle sostanze nutritive. La malattia colpisce più le donne che gli uomini, può manifestarsi a qualsiasi età, anche se la maggiore incidenza si ha durante la prima infanzia e nella donna attorno ai 35 anni, dopo la prima o la seconda gravidanza. Nei bambini l’intolleranza al glutine ge-

c

a b

1.1 a) Nei soggetti celiaci l’intolleranza al glutine si manifesta con un’ alterata risposta autoimmunitaria che scatena un attacco a livello della mucosa dell’intestino tenue che provoca uno stato infiammatorio persistente e che nel tempo conduce all’atrofia, cioè all’appiattimento dei villi intestinali che compromette il completo assorbimento delle sostanze nutritive. (b) Dati sulla diffusione della celiachia e tipologie di cibi permessi e vietati. (c) Logo del cibo senza glutine.

24

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. I cereali da granella più coltivati in Italia appartengono alla famiglia delle: a. ortive b. graminacee c. leguminose

5. La spighetta del frumento è costituita da un breve asse (sul quale sono inserite le glume e 3-8 fiori) chiamato: a. lemma b. pannocchia c. rachilla

2. L’endosperma dei cereali è avvolto da: a. strato aleuronico b. solco ventrale c. glumelle

6. Il peso ettolitrico del frutto di 1.000 semi di avena oscilla tra: a. 5-20 g b. 20-45 g c. 45-60 g

3. Come si chiama la fase di fuoriuscita della spiga dall’ultima guaina fogliare con estroflessione delle antere dalle glumette? a. erpicatura a. allegagione b. maturazione c. fioritura 4. Il sottogruppo (macrotermico) dei cereali con coltivazione in primavera-estate è formato dalle sottofamiglie: a. Hordeae e Aveneae b. Maydeae e Oryzeae c. Graminaceae e Poaceae

7. L’orzo caratterizzato da sei file di cariossidi (di cui quattro riunite in due coppie) appartiene alla specie: a. Hordeum tetrasticum b. Hordeum vulgare c. Hordeum disticum 8. Il mais raggiunge la fase di maturazione cerosa quante settimane dopo la maturazione lattea? a. 1-2 b. 3-4 c. 5-6

VERO O FALSO 1. L’organo riproduttivo dei cereali è la cariosside (frutto secco indeiscente).

V

F

2. La germinazione inizia con basso tenore di umidità della cariosside e con la fuoriuscita prima della piumetta e, poi, della radichetta primaria.

V

3. Alcune varietà di cereali producono cariossidi nude nelle quali è assente l’endosperma.

V

F

4. I frumenti poliploidi derivano da incrocio tra specie diverse di frumento, con successivo raddoppiamento cromosomico.

V

F

5. Per ottenere buone produzioni di avena è necessario realizzare un investimento pari a 150250 semi per m² e il seme necessita di concia.

V

F

F

6. L’infiorescenza di orzo dei tipi esastici ha fertile solo il fiore delle spighette centrali e la spiga matura è composta solto da quattro file di cariossidi.

V

F

7. L’ottimizzazione della resa in granella della segale si attua con un investimento di 400450 semi germinabili/m2.

V

F

8. Nel riso, quando l’infiorescenza completamente formata è racchiusa nella guaina dell’ultima foglia, si ha la fase di accestimento.

V

F

ABBINAMENTI LOGICI 1. Cereali da granella

A. Infiorescenza

2. Spighette

B. Farro piccolo vestito

3. Cariosside

C. Graminacee

4. Frumento diploide

D. Frutto

5. Decorticatura

E. Glume e glumelle

6. Pannocchia

F. Pennacchio

GRIGLIA

1 ......................... 2 ......................... 3 ......................... 4 ......................... 5 ......................... 6 .........................

Capitolo 2 Leguminose da granella APPROFONDIMENTI 1 Le leguminose attive sia per le specie coltivate e i modi di utilizzo del prodotto (Fig. 2.1). Attualmente, nei paesi industrializzati i legumi costituiscono il 20-25% della dieta, mentre in quelli in via di sviluppo il 75%. Nel periodo 2010-2015 il consumo medio di legumi secchi per persona all’anno è stato pari a circa 1,5/2,0 kg. Per quanto riguarda la produzione mondiale di granella secca di legumi occorre precisare che è dal 2000 in costante aumento, raggiungendo, nel 2014, 76,8 milioni di tonnellate (Fig. 2.2).

kg/anno

Le coltivazioni di leguminose consentono di effettuare un ordinamento agronomico e produttivo assai razionale e di notevole importanza dal punto di vista della sostenibilità ambientale. La Riforma della PAC 2014-2020 ha incentivato la coltivazione delle leguminose grazie alla concessione di aiuti accoppiati e all’applicazione del greening per quanto riguarda le problematiche ecologiche. Negli ultimi decenni, l’impiego delle leguminose è cambiato notevolmente, sia per quanto riguarda l’aspetto produttivo-quantitativo

Milioni di tonnellate

2.1 Consumi pro capite annui in Italia di frumento, carne e legumi.

2.2 Produzione mondiale di legumi da granella.

26

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

Circa il 40 % della produzione mondiale di legumi proviene da: India, Canada, Myanmar, Brasile e Cina. L’India è il più grande produttore (16-17 milioni di tonnellate) (Fig. 2.3). Il Canada è il secondo produttore (6 milioni t), inoltre risulta essere il primo esportatore mondiale (Fig. 2.4). La produzione di Brasile e Cina è destinata perlopiù al mercato interno. Seguono UE, USA, Australia , Russia, Etiopia, Messico, Tanzania, Turchia e Pakistan la cui produzione è compresa tra 1,0 e 2,5 milioni t. Occorre sottolineare che USA, Australia, Unione Europea e Myanmar sono forti esportatori (Fig. 2.5).

2.3 Ripartizione della produzione mondiale di legumi da granella per specie e zone di produzione.

2.4 Paesi esportatori di legumi da granella (valori espressi in tonnellate).

ONU, FAO e Unione Europea hanno incentivato la produzione di legumi, poiché attuali livelli di crescita del settore, in rapporto all’incremento demografico, non sono adeguati per quanto riguarda le future necessità alimentari. Considerato l’aumento della popolazione mondiale, si assisterà in futuro a una elevata crescita della domanda di sostanze proteiche da destinare all’alimentazione umana. Nei Paesi più avanzati le coltivazioni di legumi da granella risulteranno quindi sempre più importanti dal punto di vista nutrizionale e agroecologico.

MIT/I

%

Zone di produzione

Fagioli

31,0

40,4

Il 40% della produzione è realizzata in India, Brasile, Myanmar e USA

Piselli

16,2

11,1

Il 50% della produzione è realizzata in Canada, Cina, Rissia, Australia e USA

Ceci

14,2

18,5

Il 70% della produzione è realizzata in India

Lenticchie

4,9

6,4

Il 77% della produzione è realizzata in Canada, India, Australia e Turchia

Fave

4,3

5,5

Lupini

1,0

1,3

Altri legumi

5,2

6,8

Totale mondo

76,8

100

Canada

2013

2014

%

4.989.808

5.755.226

43.6

Australia

1.401.668

1.416.987

10,7

USA

1.199.029

1.432.822

10,8

Myanmar

977.228

1.076.741

8,2

UE a 28

1.014.667

1.035.289

7,8

Russia

528.149

632.949

4,8

Cina

841.814

546.714

4,1

Argentina

211.407

355.502

2,7

Messico

147.643

248.959

1,9

India

376.571

238.472

1,8

Turchia

233.003

238.108

1,8

Egitto

107.579

229.391

1,7

Totale (*)

12.028.566

13.207.160

100,0

* Il totale si riferisce ai Paesi elencati e non alle esportazioni mondiali complessive.

LEGUMINOSE DA GRANELLA Fagioli secchi

Piselli secchi

Lenticchie

Ceci

Altri legumi secchi

Beans dry

Peas dry

Lentils

Chickpeas

Pulses, nes

t India Canada Myanmar Brasile Cina UE a 28 USA Australia Russia Etiopia Messico Tanzania Turchia Pakistan Altri Paesi Totale mondo

%

t

%

t

%

t

%

t

%

Totale

t

Fave Lupini Broad beans, horse Lupins beans, dry

%

4.110.000 13,3

600.000 3,7

1.100.000 22,5

9.880.000 69,4

1.000.000 19,4

16.690.000 23,4

273.200 0,9

3.444.800 21,3

1.987.000 40,7

123.000 0,9

-

-

5.828.000 8,2

3.737.320 12,1

70.550

0,4

1.000

0,0

492.300 3,5

-

-

4.301.170 6,0

3.294.586 10,6

3.692

0,0

-

-

-

-

-

-

3.298.278 4,6

1.035.000 3,3

1.575.000 9,7

153.000 3,1

10.500

0,1

121.000 2,3

2.894.500 4,1

230.584 0,7

1.379.792 8,5

73.905

45.407

0,3

728.659 14,1

2.458.347 3,4

1.324.760 4,3

778.140 4,8

152.720 3,1

127.369 0,9

-

2.382.989 3,3

52.630

0,2

292.790 1,8

348.080 7,1

817.200 5,7

650.000 12,6

2.160.700 3,0

7.078

0,0

1.502.845 9,3

20,204

0,4

120.000 0,8

453.653 8,8

2.103.780 2,9

513.725 1,7

342.637 2,1

137.354 2,8

458.682 3,2

71.350

1,4

1.523.748 2,1

1.273.957 4,1

2.962

0,0

8.556

171.665 1,2

260

0,0

1.457.400 2,0

1.025.930 3,3

-

-

129.730 2,7

99.520

126.860 2,5

1.382.040 1,9

215.000 0,7

2.987

0,0

345.000 7,1

450.000 3,2

3.515

0,1

1.016.502 1,4

107.600 0,3

30.100

0,2

0,2

750.000 5,3

136.000 2,6

1.032.300 1,4

13.768.986 44,5

6.164.580 38,1

420.122 8,6

693.367 4,9

1.860.263 36,1

22.907.318 32,1

30.970.356 100

16.190.875 100

4.885.271 100

14.239.010 100

5.151.56 100

71.437.072 100

8.600

1,5

0,2

0,7

-

Capitolo 2

27

t

4.342.465

Totale Mondo

t

t

981.481 76.761.018

2.5 Produzione mondiale di legumi secchi da granella (valori espressi in t = tonnellate) (Dati FAO, 2014).

Fagioli secchi Beans dry t % Austria Belgio Bulgaria Croazia Cipro R. Ceca Danimarca Estonia Francia Germania Grecia Ungheria Irlanda Italia Lettonia Lituania Luxemburg Malta Paesi Bassi Polonia Portogallo Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Finlandia Regno Unito TOT UE a 28

800 954 1.329 194 532 7.500 21.510 1.530 17.600 11.049 23.600 62.500 300 370 5.760 38.042 2.350 19.748 115 761 13.100 940 230.584

0,3 0,4 0,6 0,1 0,2 3,3 9,3 0,7 7,6 4,8 10,2 27,1 0,1 0,2 2,5 16,5 1,0 8,6 0,0 0,3 5,7 0,4 100

Piselli secchi Peas dry t % 17.435 1.330 1.531 579 133 42.748 17.000 34.183 512.094 155.300 690 46.190 3.000 23.044 8.900 101.100 750 3.170 44.421 50.838 12.074 542 113.500 46.500 14.200 128.000 1.379.792

1,3 0,1 0,1 0,0 0,0 3,1 1,2 2,5 37,1 11,3 0,1 3,3 0,2 1,7 0,6 7,3 0,1 0,3 3,2 3,7 0,9 0,0 8,2 3,4 1,0 9,3 100

Lenticchie Lentils t % 220 83 11 23.000 7.750 1 1.873 57 41.000 73.995

0,3 0,1 0,0 31,1 10,5 0,0 2,5 0,1 55,4 100

Ceci Chickpeas t % 633 93 3.570 90 13.072 530 179 240 27.000 45.407

1,4 0,2 7,9 0,2 28,8 1,2 0,4 0,5 59,5 100

Altri legumi Pulses, nes t % 7.643 190 11.049 16.200 6.000 8.050 3.130 2.100 4.610 50 29.900 32 309.086 598 1.278 213 41.000 287.530 728.659

2.6 Produzione di legumi secchi nell’Unione Europea (valori espressi in tonnellate) (Dati FAO, 2014).

1,0 0,0 1,5 2,2 0,8 1,1 0,4 0,3 0,6 0,0 4,1 0,0 42.4 0,1 0,2 0,0 5,6 39,5 100

Totale t 25.078 2.130 3.528 1.991 431 53.797 33.200 34.715 548.594 163.350 36.650 49.911 20.600 53.648 32.550 193.500 1.082 370 9.470 391.549 2.880 71.363 13.764 1.516 235.600 47.440 14.200 415.530 2.458.347

% 1,0 0,1 0,1 0,1 0,0 2,2 1,4 1,4 22,3 6,6 1,5 2,0 0,8 2,2 1,3 7,9 0,0 0,0 0,4 15,9 0,1 2,9 0,6 0,1 9,6 1,9 0,6 16,9 100

28 Anno

Fagioli

Piselli

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE Lenticchie

Ceci

Fave da granella*

Altri legumi

Totale

2006 = 100

2006

13.060

42.676

1189

6170

82.600

-

145.695

100,0

2007

11.378

41.750

1320

6290

92.970

-

153.707

105,5

2008

12.057

28.110

1320

6250

106.500

-

154.237

105,9

2009

11.844

28.656

1457

7707

85.900

-

135.654

93,1

2010

13.181

30.872

1695

9143

104.240

-

159.132

109,2

2011

11.837

27.295

1944

8446

82.460

-

131.982

90,6

2012

11.809

23.985

1842

11.219

95.990

-

144.845

99.4

2013

11.804

21.445

2040

12.076

77.940

-

125.305

86,0

2014

11.049

23.044

1873

13.072

74.730

-

123.767

84,9

2015

12.215

26.240

2484

16.761

89.280

-

146.981

100,9

* Circa il 93% della produzione delle fave da granella è destinato a usi zootecnici.

2.7 Produzione di legumi secchi in Italia (valori espressi in tonnellate).

Popolazione mondiale Dati FAO

2000

2.8 I livelli di crescita del settore, in rapporto all’incremento demografico, dimostrano la necessità di incrementare la produzione di leguminose per adeguarsi alle necessità alimentari della popolazione mondiale in costante aumento.

Produzione di legumi da granella

Produzione media pro capite di granella

Milioni

2000 = 100 t

2000 = 100 kg/anno x abitante

2000 = 100

6.070

100

100

100

54.575.112

9,0

2001

6.204

102

54.824.588

100

8,8

98

2002

6.286

104

57.082.319

105

9,1

101

2003

6.361

105

58.155.348

107

9,1

102

2004

6.440

106

58.636.731

107

9,1

101

2005

6.520

107

60.262.563

110

9,2

103

2006

6.600

109

59.844.043

110

9,1

101

2007

6.682

110

60.852.249

112

9,1

181

2008

6.764

111

61.811.135

113

9,1

102

2009

6.846.

113

63..375.119

116

9,3

103

2010

6.930

114

69.892.502

128

10,1

112

2011

6.999

115

68.325.300

125

9.8

109

2012

7.069

116

74.159.319

136

10,5

117

2013

7.140

118

76.370.948

140

10,7

119

2014

7.211

119

76.761.018

141

10,6

118

Stima 2025

8.045

133

85.000.000

156

10,6

118

2050

10.317

170

110.000.000

202

10,7

119

LEGUMINOSE DA GRANELLA

29

Capitolo 2

2 Le leguminose attive per l’alimentazione umana Nel mondo vegetale le leguminose quali, fagioli, ceci, lenticchie, piselli, fave, soia, ma anche cicerchie, lupini e arachidi, possiedono caratteristiche esclusive e preziose, tanto da svolgere oggi un ruolo attivo e molto importante nella piramide alimentare mediterranea: 1. non affaticano il fegato, le proteine vegetali sono infatti più leggere da assimilare rispetto a quelle animali; 2. contribuiscono efficacemente a ridurre il colesterolo, le fibre e i sali presenti nei legumi liberano il sangue dall’eccesso di grassi; 3. evitano la stipsi grazie alla cellulosa che contengono e favoriscono l’espulsione delle scorie tramite le feci. Apporti nutrizionali

Lenticchie (400 g)

Carne manzo (100 g)

Proteine

36 g

32 g

Calcio

74 mg

17 mg

Ferro

13 mg

2,7 mg

Magnesio

71 mg

21 mg

Potassio

1460 mg

254 mg

Vitamina A

31 mg

0

Vitamina C

6 mg

0

Fibre

31 g

0

2.9 Schema del diverso apporto nutrizionale di lenticchie e carne.

In passato, i legumi hanno rappresentato, per alcune popolazioni, l’unica alternativa alla carne, ed è interessante notare che tra questi popoli le patologie cardiovascolari e il cancro non avevano un’incidenza rilevante come nei Paesi più ricchi e “carnivori”. Le leguminose (i semi secchi) appartengono alla famiglia delle Papilionacee e si distinguono in base al loro contenuto proteico: contengono circa il 20% di proteine di medio-buon valore biologico, ciò significa che forniscono all’uomo quasi tutti gli amminoacidi essenziali; risultano invece un po’ carenti di metionina e di cisteina, gli amminoacidi solforati che, invece, abbondano nei cereali. Se si uniscono legumi e cereali nello stesso pasto (ad esempio pasta e fagioli, pasta e ceci, risi e bisi, ecc.), si ottiene un apporto di proteine vegetali il cui valore biologico è paragonabile a quello delle proteine animali. Questo tipo di abbinamenti alimentari fino al dopoguerra è stato caratteristico dei piatti tradizionali della cucina mediterranea, in particolare dell’alimentazione contadina, tanto da far guadagnare ai legumi l’appellativo di “carne dei poveri”. E, forse, è stato proprio per questo appellativo dispregiativo, che dagli anni ‘50 del secolo scorso in poi i consumi di questi preziosi semi hanno subito un notevole calo, soppiantati dalla fettina di carne (Fig. 2.9). Negli ultimi decenni, l’aumento delle malattie del benessere come l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari, l’ipertensione, per citarne solo alcune,

LEGUMI: CONTENUTI NUTRIZIONALI

2.10 Caratteristiche e proprietà nutrizionali dei legumi. Il contenuto in proteine, grassi e carboidrati dei legumi secchi è circa doppio rispetto a quelli freschi (a causa della minore percentuale di acqua contenuta) essi sono però più ricchi di vitamine e sali minerali. Il peso dei legumi secchi aumenta di circa 3 volte con la cottura.

30

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

hanno portato i ricercatori a effettuare studi che hanno permesso di restituire ai legumi un ruolo di primo piano nella alimentazione umana, convalidando scientificamente ciò che la saggezza contadina aveva da tempo intuito. I vantaggi dell’utilizzo di proteine vegetali al posto di quelle animali risiedono innanzitutto nel fatto che non contengono grassi saturi e colesterolo, presenti invece nelle proteine animali come carne e latticini. Molte ricerche epidemiologiche che hanno inoltre dimostrato che un aumento del consumo di acidi grassi saturi si associa spesso a un aumento significativo della mortalità per problemi cardiovascolari; gli acidi grassi monoinsaturi presenti nell’olio di oliva e gli acidi grassi polinsaturi omega-6 dei legumi esercitano al contrario un effetto protettivo. L’elevato contenuto glucidico conferisce ai legumi un buon potere energetico. Ad eccezione della soia (ricca dei preziosi polinsaturi), i legumi sono poveri di grassi e, quindi, particolarmente indicati nelle diete ipolipidiche (Fig. 2.10). L’elevato contenuto in fibre li rende, inoltre, alimenti sazianti e contribuisce a prevenire patologie quali diverticolosi del colon, stitichezza, sovrappeso, malattie coronariche, aterosclerosi, diabete, obesità, tumori dell’intestino e calcolosi della cistifellea. I legumi sono tra gli alimenti vegetali più ricchi di calcio. Il contenuto in vitamina B1, ferro e potassio è apprezzabile; tuttavia una certa quantità di minerali viene neutralizzata dall’abbondante presenza di fitati, sostanze “antinutrizionali” che ne riducono l’assorbimento. Al contrario delle proteine animali, quelle dei legumi contengono fibra, sia insolubile (nella buccia) che solubile. Le fibre solubili sono attive nel trattamento delle iperlipidemie, poiché nell’intestino formano una sorta di gel che rallenta il tempo di svuotamento gastrico e riduce l’assorbimento di colesterolo e di acidi biliari. Dunque, con una dieta ad alto contenuto di fibre, circa 35-40 g al giorno, composta principalmente

2.11 Vari tipi di legumi.

da legumi, frutta e verdure si può ottenere la riduzione della concentrazione di colesterolo LDL. Relativamente all’osteoporosi, uno studio recente ha dimostrato che una dieta con un più elevato rapporto di proteine animali rispetto a quelle vegetali, determina un maggiore tasso di perdita dell’osso e un maggiore rischio di fratture. Di recente, i legumi sono stati rivalutati anche nella dieta dei pazienti diabetico: per il loro basso indice glicemico, insieme ai cereali integrali e alle verdure assicurano un apporto adeguato di micronutrienti, tengono sotto controllo l’aumento della trigliceridemia, facilitano la perdita di peso e permettono un controllo glicemico ottimale a lungo termine. Tra gli altri nutritivi dei legumi ci sono anche acidi grassi essenziali, vitamine (soprattutto del gruppo B, utili alla salute dei tessuti), sali minerali e oligoelementi, tra cui fosforo (prezioso per il sistema nervoso), calcio (necessario alla salute delle ossa) e in percentuali minori ferro e rame, che rigenerano sangue e metabolismo cellulare. I legumi sono alimenti molto energetici, soprattutto nella versione secca (300 calorie per 100 g di prodotto). Nella versione fresca hanno meno calorie (perché contengono più acqua): tra quelli meno calorici ci sono le fave (35 Kcal/hg) e i piselli (75 Kcal/hg); i ceci invece valgono 100 Kcal/hg l’etto (Fig. 2.11).

I ceci Tra i legumi i ceci sono quelli più calorici: contengono il 6% di grassi (mentre fagioli, piselli e lenticchie solo il 2%) e carboidrati (55%). Oltre a essere ricchi di amido, vitamine e acidi grassi (acido linoleico), i ceci contengono anche le saponine, delle sostanze che aiutano a eliminare trigliceridi e colesterolo dall’intestino. Hanno una buona percentuale di cellulosa, ma devono essere consumati con attenzione dalle persone che soffrono di patologie gastrointestinali. Così come per tutti gli altri legumi, i ceci sono più digeribili se privati dell’involucro che li avvolge (Fig. 2.12).

2.12 Ceci decorticati.

LEGUMINOSE DA GRANELLA

I fagioli Questi legumi hanno un contenuto più basso di proteine e per assimilarne al meglio i nutrienti vanno consumati insieme a riso o pasta integrali (Fig. 2.13). Con questo abbinamento, infatti, si ottiene un apporto proteico e di amminoacidi ottimale. Attenzione anche alla qualità che si sceglie: i fagioli migliori sono quelli toscani (zolfini, toscanelli e coco), quelli del Nord Italia (i più conosciuti sono i Lamon) e tra quelli esteri i migliori sono i Lima. Studi recenti hanno rivelato che il consumo abituale di questo legume migliora la pressione e riduce il peso.

La soia È la leguminosa più versatile e dalla quale si ottiene la maggiore serie di prodotti alimentari e di derivati industriali: olio, latte, formaggio o tofu, hamburger, granulati proteici o bistecche disidratate da ricostituire in acqua o brodo vegetale. Il consumo della soia nei Paesi occidentali è recente, ma ha da subito risolto alcuni problemi legati soprattutto alle allergie alle proteine del latte dei neonati e alle intolleranze al lattosio. La soia è inoltre uno dei cibi con la più alta concentrazione di isoflavoni e fitoestrogeni che regolano la produzione ormonale corporea, e che potrebbero costituire un’alternativa agli ormoni di sintesi spesso usati per combattere i problemi legati alla menopausa. I fagioli di soia (azuki) (Fig. 2.14) contengono preziosi agenti antiossidanti chiamati isoflavoni, in percentuale maggiore rispetto ad altri legumi: si tratta di molecole capaci di influenzare i processi legati alla crescita incontrollata di cellule tumorali, soprattutto ormonodipendenti (come nei tumori al seno e alla pro-

31

stata). La quantità consigliata giornaliera di soia per sfruttarne l’effetto antitumorale è di 50 g. Gli azuki si trovano facilmente nei negozi di alimentazione naturale. Attenzione però: la maggioranza della soia in commercio è transgenica; bisogna accertarsi che non si tratti di soia modificata geneticamente.

Le fave Le fave si possono consumare secche, fresche oppure arrostite tagliandole a metà. Se private del tegumento non necessitano di ammollo e se ne ricava una purea dolciastra, da abbinare a verdure amare (Fig. 2.15). Se le consumiamo secche bisogna lasciarle in ammollo come per i ceci e i fagioli. Le loro proteine sono un valido sostituto di quelle animali e, in più, mantengono attivo l’intestino.

Le lenticchie Le lenticchie sono ricche di zucchero, proteine, ferro e rame. Sono i legumi più digeribili e antiossidanti. Si possono acquistare secche (e allora vanno messe in ammollo una notte) o in barattolo: prima di cucinarle bisogna lavarle sotto il getto dell’acqua. Tra le qualità più pregiate si segnalano le lenticchie di Castelluccio, piccole e saporite, la qualità rossa, detta “egiziana”, molto diffusa in Oriente, dove viene venduta senza la pellicina, quella verde di Altamura, più grande di quella comune, adatta per preparare contorni. In conclusione, pur riconoscendo alle proteine animali il merito di assicurare la copertura di tutti gli amminoacidi essenziali, di apportare vitamine come la B12 (assente nei vegetali) e sali minerali come il ferro e il calcio in forma facilmente assorbibile dall’organi-

2.14 Azuki, fagioli di soia.

2.13 La pasta e fagioli apporta alla dieta un’ottima quantità di proteine e, di conseguenza, di amminoacidi.

Capitolo 2

32

BRODUZIONI P ASI AGRONOMICHE VEGETALI ERBACEE TERRITORIALI

smo umano e riconoscendo il loro valore nella fase di accrescimento del bambino o durante la gravidanza, appare evidente che le proteine vegetali meritano di occupare uno spazio maggiore nell’alimentazione dell’adulto sano.

Per avere la garanzia di consumare legumi, leguminose e loro derivati senza tracce di sostanze chimiche (ad esempio i solventi usati per l’estrazione dell’olio) e di OGM è importante l’acquisto di alimenti provenienti da produzioni biologiche controllate.

2.16 Varie tipologie di lenticchie.

2.15 Purea di fave con cicoria.

LEGUMINOSE DA GRANELLA

33

Capitolo 2

Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Il fagiolo è una specie macroterma che per germinare richiede una temperatura minima di: a. 5 °C b. 7 °C c. 10 °C

5. La semina della lenticchia in zone a clima mediterraneo (quote inferiori a 800-900 m) è: a. primaverile b. estiva c. autunnale

2. Le leguminose sono caratterizzate dall’azotofissazione simbiotica in grado di: a. aumentare la dimensione delle radici b. migliorare la fertilità dei terreni c. ridurre la capacità irrigua

6. Come coltura intercalare la semina del fagiolo viene eseguita: a. inizi giugno-fine di luglio b. fine luglio-inizi agosto c. fine agosto-inizio settembre

3. La temperatura minima per la fioritura della fava è: a. 4 °C b. 6 °C c. 8 °C

7. Nel fagiolino da mercato fresco l’apporto di azoto standard in situazione normale e per una produzione di 9 t/ ha è di: a. 40 kg/ha b. 50 kg/ha c. 60 kg/ha

4. Nel cece la distribuzione dei concimi fosfatici e potassici deve essere effettuata: a. prima della lavorazione principale b. prima della fioritura c. dopo la semina

8. Le varietà di pisello multipod presentano per ogni nodo fertile fino a: a. 5 fiori e 1-2 baccelli b. 8 fiori e 3-4 baccelli c. 10 fiori e 4-5 baccelli

VERO O FALSO 1. Il sistema radicale delle leguminose è caratterizzato da strutture chiamate tubercoli.

V

F

5. Le cultivar di lenticchia più apprezzate dal V mercato sono quelle a semi grandi.

F

6. Il pH del terreno ideale per il fagiolo è a reaV zione sub-acida (pH 6-6,5) o neutra (pH 7).

F

F F

2. Nel pisello la germinazione è ipogea e in seguito all’emergenza i cotiledoni escono dal terreno.

V

F

3. Nella fava con l’incremento del peso dei semi si ha un aumento della precocità di fioritura.

V

F

7. Le foglie del pisello sono pennate, composte da due o più paia di foglioline, con altre meV tamorfosate in cirri.

4. In Italia, l’epoca di semina tradizionale del cece è autunno-vernina.

V

F

8. La temperatura massima per la fioritura del V pisello è 25 °C.

ABBINAMENTI LOGICI 1. Batteri azotofissatori

A. Racemo

2. Baccello

B. Sostanze di riserva

3. Capolino

C. Frutto

4. Fecondazione allogama

D. Rizobi

5. Cotiledoni

E. Temperature minime di germinazione

6. Specie macroterme

GRIGLIA

F. Vento o insetti

1 ......................... 2 ......................... 3 ......................... 4 ......................... 5 ......................... 6 .........................

Capitolo 3 Piante e colture agroindustriali APPROFONDIMENTI 1 Geografia produttiva delle principali colture agroindustriali Il girasole è una delle principali colture oleaginose, sia in termini di superfici agricole che di impieghi industriali. Russia ed Ucraina producono oltre la metà della produzione mondiale di olio di semi di girasole. Il mercato del girasole alto oleico è in rapida crescita specie in Francia (dove costituisce il 62% delle coltivazioni di girasole), in Italia (35%) e in Spagna (14%). In Italia la coltura del girasole è concentrata soprattutto nelle regioni del Centro (Toscana, Umbria, Marche e alto Lazio). La superficie coltivata a girasole è passata dagli oltre 200mila ettari dei primi anni 2000 ai 110mila ettari del 2017. I più importanti produttori di soia sono Stati Uniti, Brasile, Argentina, Cina e India. L’Europa produce solo il 5% del suo fabbisogno in soia. Il 69% della soia che giunge in Europa proviene dagli Stati Uniti, la quota restante deriva per il 25% dal Brasile, seguito da Canada, Paraguay e Uruguay con quote comprese fra l’1 e il 2%.

In Italia la superficie coltivata a soia è più che raddoppiata passando dai 153mila ettari del 2012 ai 318mila del 2017. L’Italia è il primo produttore europeo di soia. La coltura del colza si è ampiamente diffusa a livello mondiale, particolarmente in Europa, grazie alla possibilità di utilizzarne l’olio per la produzione di biodiesel. Il Canada è uno degli attuali maggiori produttori ed esportatori mondiali di colza, mentre in Europa i Paesi più interessati alla coltivazione sono Germania, Francia, Polonia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia. In tutto il mondo si stima una superficie coltivata a patate di circa 22.199.000 ha. Asia ed Europa sono i maggiori produttori di patata nel mondo.

b a

3.1(a) Coltura estensiva di girasole; (b) baccelli di soia.

PIANTE E COLTURE AGROINDUSTRIALI Germania e Francia producono circa 1/3 della produzione totale di patate dell’Unione Europea. La prima regione per produzione è la Campania, mentre l’Emilia Romagna è la prima regione per produzione unitaria per ettaro, inoltre la Sicilia è la regione con la maggiore superficie coltivata. Per quanto riguarda la produzione di pomodoro al primo posto vi è la Cina, seguita da India e Stati Uniti. L’Europa continentale produce il 13% dei quantitativi mondiali.

Grado

Stato

35

Capitolo 3

La Sicilia è in testa con oltre 380.000 tonnellate (34% della produzione totale italiana), segue Lazio (14%), Campania (12%) e Puglia (11%). Le regioni che si distinguono per la maggiore produzione di pomodoro da industria sono Puglia ed Emilia-Romagna, seguite da Lombardia, Campania e Veneto. La produzione di tabacco in foglie nell’Unione Europea si attesta attualmente intorno a 180.000 t con prevalenza delle varietà flue-cured (67%), seguite dalle varietà Orientali (16%), ligh air-cured (16%), dark air-cured (2%) e fire-cured (1%).

Produzione, 2014 (milioni di tonnellate)

Regione

tonnellate

ha

t/ha

Campania

300397

9733

30,9

1

Canada

15,5

Emilia Romagna

227030

5964

38,1

2

Cina

14,8

Sicilia

223624

11110

20,1

3

India

7,9

Abruzzo

175112

4630

37,8

4

Germania

6,2

Veneto

117861

3743

31,5

5

Francia

5,5

Toscana

115891

5483

21,1

6

Australia

3,8

Puglia

78600

4175

18,8

7

Polonia

3,3

Lazio

71320

2474

28,8

8

Regno Unito

2,5

Calabria

66216

3674

18,0

9

Ucraina

2,2

Piemonte

47512

1820

26,1

10

Rep. Ceca

1,5

Sardegna

46917

2778

16,9

11

Russia

1,3

Lombardia

29033

949

30,6

12

Stati Uniti

1,1

Trentino Alto Adige

21990

730

30,1

13

Romania

1,1

Friuli Venezia Giulia

20546

604

34,0

14

Danimarca

0,7

Molise

13616

1454

9,4

15

Bielorussia

0,7

Marche

12532

599

20,9

16

Ungheria

0,7

Liguria

9482

1087

8,7

17

Lituania

0,5

Umbria

7740

520

14,9

Basilicata

6250

250

25,0

Valle d’Aosta

2200

125

17,6

Italia

1593875

61902

24,0

3.2 Principali Paesi produttori di colza al mondo. Superficie totale (ha)

Produzione totale (t)

Produzione unitaria (t/ha)

Asia

12.230.876

220.155.775

18

Europa

6.137.112

122.742.233

20

America

1.522.555

42.631.578

28

Africa

2.267.194

29.473.52

13

Oceania

41.283

1.610.039

39

Mondo

22.199.020

416.613.148

19

b

a

3.3 (a) Coltivazione di colza in fioritura; (b) pomodori in pieno stadio di maturazione.

36

PRODUZIONI VEGETALI ERBACEE

La produzione mondiale di tabacco in foglie è pari a circa 4.900.000 t , di cui oltre il 45% è prodotto in Cina. il principale esportatore mondiale di tabacco è il Brasile, seguito da USA, India, Zimbabwe e Malawi. Il tabacco greggio prodotto nella UE costituisce circa il 3,7% della produzione mondiale complessiva. L’Italia

è il primo produttore di tabacco greggio dell’Unione europea, con una quota del 27% e volumi complessivi intorno a 50.000 t . Il 97% del tabacco viene coltivato in Campania, Umbria, Veneto e Toscana. in Italia sono coltivate tutte le varietà di tabacco, tranne i tabacchi orientali, prodotti solo in Grecia e Bulgaria.

3.5 Foglie di tabacco su essiccatoi.

3.4 Coltivazione di tabacco.

Veneto-FCV

Centro Italia-FCV Umbria-Toscana-LazioAbruzzo Toscana-UmbriaLazio Kentucky Campania-Lazio (Bl e DAC)

3.6 Andamento della superficie a tabacco nazionale in ha (anni 2000-2017).

PIANTE E COLTURE AGROINDUSTRIALI In Italia nell’arco di cinque anni la superficie coltivata a canapa è passata dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4.000 per il 2018.

37

Capitolo 3

L’Unione Europea è la terza area di produzione di canapa al mondo, con oltre 25.000 ettari coltivati nel 2015, dopo Cina e Canada.

3.7 Andamento della superficie coltivata a canapa nell’Unione Europea (ha) (1970-2015).

3.8 Fase di raccolta meccanizzata della canapa.

38

PRODUZIONI

VEGETALI ERBACEE

Verifiche QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA 1. Nella soia il tipo di fioritura che avviene dal basso verso l’alto senza un racemo terminale è detta: a. determinata b. indeterminata c. semideterminata 2. Nella soia l’azotofissazione avviene grazie alla simbiosi con quale rizobio specifico? a. Mesorhizobium b. Azorhizobium c. Bradyrhizobium japonicum 3. L’infiorescenza del girasole si chiama: a. calatide b. brattea c. racemo 4. Il contenuto in olio dei semi di colza si aggira intorno al: a. 28-35%; b. 40-47% c. 49-52%

5. Il ricino appartiene alla famiglia: a. Euforbiacee b. Ombrellifere c. Pedaliacee 6. Il fabbisogno idrico stagionale del tabacco è di: a. 100-200 mm b. 200-400 mm c. 400-700 mm 7. Nella patata, la parte terminale dello stelo che al buio si ingrossa e accumula amido è denominata: a. rizoma b. tubero c. radice 8. Nell’alimentazione zootecnica, i semi di cotone sgranati possono essere utilizzati solo da: a. ruminanti b. suini c. equini

VERO O FALSO 1. La produzione delle colture da biomassa è totalmente destinata alla produzione di energia (per combustione o digestione anaerobica) e V di biocarburanti.

5. Le varietà di tabacco coltivate nel nostro Paese appartengono soprattutto ai Gruppi II e V III (varietà Havanna e Kentucky).

F

F

2. L’eliotropismo del girasole si attenua dopo la V fase di accestimento.

F

6. I pomodori da industria sono stati selezionati per raccolta meccanica, tipologia di accresciV mento definito e maturazione disetanea.

F

3. I semi di colza e ravizzone sono contenuti in V frutti allungati e sottili, chiamate silique.

F

7. L’estrazione dello zucchero di canna avviene V per spremitura.

F

4. Il cartamo è una coltura da rinnovo con ciclo V autunno-vernino.

F

8. La Cannabis sativa ha un contenuto di THC V >1%, la Cannabis indica