L'alchimia Secondo Giammaria [PDF]

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Zitiervorschau

L’ALCHIMIA SECONDO GIAMMARIA Negli ultimi secoli la tradizione culturale dell’alchimia quale via iniziatica ha avuto difficoltà di ascesa, essendo in difetto di una forma tale da poter ricevere adeguata comprensione razionale. La diffusione della tradizione alchimica è stata spesso caratterizzata da disinformazione e, soprattutto, dalla mancanza di precise comunicazioni operative. Dal XVIII secolo prese avvio in Europa la “moda” delle società esoteriche segrete che, pur impiegando simbolismi ermetico-alchimici, nulla avrebbero avuto a che fare con la Grande Opera alchimica. Una reale via alchimica, infatti, ha come imprescindibile requisito il criterio del “sii solo, sarai tutto tuo”. Diversi studiosi hanno scritto e parlato di alchimia, ma non tutti l’hanno realmente praticata. Essi possono essere considerati come membri di un circolo esterno, all’interno del quale, tuttavia, esiste un circolo interno costituito da coloro i quali sono impegnati a realizzare un’autentica operatività alchimica. Nell’alchimia non ci sono accademie, ordini, confraternite di nessun genere, e non ci sono nemmeno legittimità e successioni. L’alchimia è cioè esperienza personale incomunicabile nei suoi infiniti e complessi dettagli interiori. Il simbolismo alchimico coinvolge una sfera profonda della psiche, collocata oltre l’ambito del concettuale e del razionale. Tutte le rappresentazioni e i simboli sono connessi a diversi stati e realtà dell’Opera (solfo = anima ; mercurio = spirito; sale= corpo) come momenti che intendono un significato traslato, tramite anagrammi o crittogrammi, o anche prendendo in prestito vocaboli tratti dalla matematica, dalla geometria, dalla chimica. Gli elementi di derivazione della chimica odierna dall’alchimia non hanno riscontro nell’autentica pratica alchimica che è interna e spirituale; l’alchimia “esterna”, come la metallurgia, costituisce solamente un livello di significato letterale, come sovrastruttura di una infrastruttura spirituale. La via iniziatica alchimica è fondata su un’attitudine sperimentale e pratica e su un silenzioso e segreto agire, secondo l’aureo detto “Post labore scientia”. Secondo quest’ottica la cultura profana moderna non costituisce quindi una condizione necessaria e privilegiata ai fini della realizzazione spirituale. L’alchimista, infatti, è colui che è “nudo su di un’isola deserta”. Uno degli esponenti dell’alchimia operativa intesa in questo senso è Giammaria, uomo di grande cultura umanistica e giuridica, che ha percorso la via alchimica, inizialmente frequentando il magista Marco Daffi, discepolo di Giuliano Kremmerz , decifrando i significati del complesso simbolismo alchimico ed elaborando, in seguito, una sintesi tra diverse tradizioni occidentali ed orientali, e rilevando il nucleo fondamentale di ogni via spirituale. Nel 1968 Giammaria fondò il Corpo dei Pari, quale gruppo di lavoro che raccoglieva testimonianze moderne sull’ermetismo alchimico, per rivitalizzare la via alchimica, approfondendo le questioni operative. “Corpo” inteso come circolo di persone accomunate da un identico fine; “Pari” perché liberi nella propria ricerca e

nell’applicazione di quanto essi avevano attinto dalla tradizione alchimica, avendo la possibilità di seguire il metodo a loro più congeniale. Il laboratorio alchimico è in realtà situato all’interno dell’operatore stesso; l’athanor è l’uomo stesso, mentre i “metalli” rappresentano i complessi psicofisiologici individuali. Il fuoco è la carica psichica utilizzata nell’Opera, la consapevolezza; il piombo, “denso” rappresenta la propria individualità anagrafica, formata da un complesso di campi psichici; il “Sottile è costituito” dal Sé, il Nume, il Deus Absconditus disidentificato dall’anagrafico, punto di comunicazione tra l’individuazione personale e l”individuante” transpersonale. Il piombo sarà trasformato in Oro, ossia l’individuazione anagrafica individuale si fonderà con la coscienza archetipica del Principio. Il concetto fondamentale , base sia dell’Opera che della vita stessa è proprio quello di Principio, che è da considerarsi come un Campo unificato, collocato oltre lo Spaziotempo, oltre ogni struttura, oltre il dualismo materia/energia. Esso è la mente unica, Dio, Grande Spirito, Astratto, Grande Agente Magico, indefinibile, inconoscibile; è un vuoto che ha come manifestazione l’Universo, che ha determinate leggi, ed è sostanza di tutte le strutture. E’ nell’essere umano che il Principio si esprime nella sua pienezza, diventando intelligente, sotto forma di coscienza. Ordinariamente l’uomo non esprime le potenzialità della Mente unica, se non in minima parte, e la sua coscienza è vincolata al suo “anagrafico”, fino a quando essa non cominci a svilupparsi , prendendo gradualmente consapevolezza dell’interconnessione delle relazioni dell’universo. Secondo la prospettiva alchimica, il Mondo è raffigurabile come antitesi tra cosmo e caos, in una contrapposizione tra il “fisso” e il mobile”, tra il “positivo” e il “negativo”, sfondo dove si svolge la tematica esistenziale del mondo, nonché il dinamismo psichico dell’uomo. Il Principio si dispiega come realtà illimitata, concetto limite, nella perenne contrapposizione tra fisso/mobile, positivo/negativo. In questo contesto si snoda la tematica esistenziale dell’uomo. Secondo la visione alchimica, il mondo è costituito da campi di energia interconnessi, mossi da forze archetipali in movimento. Queste forze possono essere definite “Dei”, in quanto metafore che rappresentano momenti operazionali, aspetti dell’unica materia, forze divine che si muovono nella natura. Gli Dei rivelano potenzialità che si manifestano in diversi stati individuali di consapevolezza. Le forze archetipali si manifestano quindi nei diversi e complessi risvolti della vita sociale, dietro le idee correnti e le mode nei molteplici settori politici, culturali, filosofici, artistici, religiosi. L’operatore potrà diventare consapevole di queste forze e vederle in azione, attraverso lo spostamento della messa a fuoco della consapevolezza oltre l’ambito ordinario da cui l’essere umano viene generalmente condizionato. Analogamente il movimento di queste forze rispecchierà le proprie piccole e grandi crisi ; il fondo della mente umana è senza fine e dunque capace di infinite visioni in quanto proiezioni. In una concezione alchimica la materia ed energia sono due modi di vedere ciò che è in gioco. La materia è energia in uno stato subatomico, uno stato di concentrazione

che non esiste di per sé . La realtà si configura come un reticolo, costituito da trame di filamenti luminosi che si intersecano e interagiscono tra di loro. I pensieri, alla stregua delle cose, sono vere e proprie configurazioni energetiche che interagiscono nell’ambito mentale a livello di campo personale e impersonale. La realtà quindi non consiste solamente di ciò che si percepisce con i sensi fisici, ma è costituita da energia che noi percepiamo sotto forma di proiezione. Man mano che l’iniziato procederà nell’Opera diventerà in grado di percepire l’energia che fa essere le cose per quelle che sono, sia nell’ambito personale che in quello collettivo. La Mente unica è considerabile come un sognatore che sogna la sua creazione dell’universo, e quindi concepisce il mondo allo stesso modo in cui un sognatore concepisce il sogno. Il Principio è la Materia Prima del’Opera, Mercurio, nel quale, per usare una definizione aristotelica, ciò che è potenza è continuamente in atto. Il punto di arrivo della manifestazione del principio è . Il Principio può essere inteso, per usare le parole di Giammaria, come il “vuoto di ogni cosa ma il Pieno di ogni possibilità” , e in cui “il centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo”, che si manifesta in tutte le cose della natura. L’uomo ordinario non ha consapevolezza della sfera del Principio, in quanto è identificato alla propria “identità biografica” , e ha quindi la stessa libertà che può avere un computer vincolato ai programmi che deve seguire. Il lavoro alchimico è basato quindi sul mettere fuori quell’intelligenza che trascende ogni distinzione, e che costituisce il Potere alla base della struttura cerebrale, nonché dell’intero individuo umano, ossia proprio il Principio. La consapevolezza della presenza di questo Unicum è definibile “Nume” . Il Nume è il centro dell’esperienza del profondo, la manifestazione dell’Ermete. Nel momento in cui l’operatore assegna un nome al Nume, egli attuerà un’evocazione della presenza del Nume. Questo pseudonimo iniziatico ha la funzione di trascendere l’identità anagrafica dell’operatore e di risvegliare il proprio Deus absconditus, come speciale risonanza che produrrà uno spostamento di attenzione. Conoscere il Nome del Nume vorrà dire conoscere intimamente ciò a cui il Nome si riferisce, e in tal modo sarà possibile afferrarlo con la coscienza. La conoscenza si tradurrà in possibilità, e la divinità del Nume si rivelerà come “Nume tra i numi che si riflettono in un unico specchio”, “un unico Nume che si riflette in molti specchi”. Solo l’uomo disidentificato dal proprio anagrafico può ritenersi libero perché incondizionato e quindi portatore del Nume , ed in costante contatto intimo con le strutture esistenziali e archetipiche del Mondo. Trasferire la propria coscienza nel Nume vorrà dire prendere coscienza della propria totalità, nonché di diversi e inediti livelli di realtà e di campi di energia; integrare il Nume vorrà dire entrare con la coscienza nel suo centro di consapevolezza, in un ambito di energia impersonale. L’operatore comincerà ad enucleare e a definire nella sua interiorità una centralità che progressivamente si rafforzerà e andrà ad esercitare maggiore influenza all’interno dell’insieme dei campi psichici. Lo scopo della pratica alchimica è quello di sopravvivere alla morte del proprio io

anagrafico, grazie alla presa di coscienza dell’identità della propria coscienza con il Principio in sé, il “Deus Absconditus”. Nell’Opera l’autocoscienza umana si unirà con l’intelligenza cosmica, in modo da costituire un centro di gravità, un campo energetico che trascende la stessa struttura individuale. Lo scopo dell’operatore sarà quindi quello di formare una traccia energetica in condizione di sfuggire alla morte fisica; non si tratta quindi di “resurrezione” del corpo o immortalità dell’anima in termini cristiani, ma del persistere fuori dal tempo e dallo spazio della coscienza che già durante la vita si sia identificata al Nume. Nell’unione dell’autocoscienza umana con l’intelligenza cosmica, Il Mercurio diventa Ermete. E’ciò che viene definito “costruzione del corpo di gloria”, dove il tutto confluisce nell’uno e l’uno nel tutto. La grande ipotesi dell’Opera consiste dunque nell’identificare quando si è ancora in vita la propria coscienza con il Principio. La via alchimica come ipotesi di lavoro porterà l’operatore a trascendere lo spazio/tempo (mondo fenomenico) , in un’unione perfetta tra conosciuto e conoscere. L’Opera alchimica è quindi un’ipotesi di lavoro , perché solamente dopo la Morte essa potrebbe essere verificabile. Il Nume solitamente non comunica con la mente ordinaria in maniera diretta o tramite il pensiero razionale, ma attraverso vibrazioni e immagini simboliche, stati emozionali e intuizioni fulminee. All’inizio tutto questo corrisponderà ad oscure sensazioni, che col tempo l’operatore imparerà a distinguere, fino a poter un giorno essere capace di percepire qualcosa come una “voce interiore”. In certi casi la volontà del Nume si manifesterà sotto forma di impulsi, spesso razionalmente immotivati, che spingono a compiere determinate azioni che contrasterebbero con il proprio abituale modo di essere. “Tu fai o dici cose che non avresti fatto o detto, come se un quid diverso da te ti facesse dire o fare”, scrive Giammaria. Il carattere delle esperienze spirituali avrà le sembianze di una folgorazione. Attraverso questa esperienza, si avrà un netto cambiamento dell’intera visione dell’ esistenza. Si prenderà coscienza che la totalità dell’essere corrisponde al proprio essere più profondo, e che essa è una come essenza ma non unica, visto che può essere esperita in maniera molteplice. Nel momento in cui si guarda allo specchio l’operatore è consapevole che l’immagine riflessa in esso non è altro che una maschera. La persona che egli crede di essere, infatti, non è altro che la facciata esterna, dietro la quale si nasconde il Dio in sé, il “Deus absconditus obscurus”. E’ proprio da quella maschera che egli dovrà disidentificarsi, al fine di identificarsi con il divino dentro di sé. Il “fisso”, ovvero l’identificazione anagrafica” sarà separato dal “volatile”, ossia il Nume. Secondo la prospettiva alchimica, è possibile affermare che la vita è un sogno. Bisognerebbe cioè muoversi nell’esistenza come se essa fosse un sogno nel quale non ci si perde e si è consapevoli di star sognando. Ognuno in questo sogno sarà la maschera dell’unico “sognatore absconditus”. Secondo questo punto di vista, dunque, le esperienze della propria vita individuale si riveleranno vere e proprie prove iniziatiche, in quanto si svolgeranno non soltanto in una dimensione individuale e biografica, bensì in una dimensione trans-personale. L’operatore comincerà quindi a considerare la propria esistenza alla stregua di un

sogno nel quale le immagini vanno accolte in senso metastorico. Egli muoverà nel sogno esistenziale con la medesima consapevolezza con la quale solitamente si muove nel “sogno lucido”, senza dunque perdersi in esso. In questo sogno ogni altra persona costituirà una maschera di un solo sognatore da rivelare, e in cui alla fine svegliarsi: il Principio absconditus. La pratica alchimica consisterà dunque nello sviluppare la continua presenza del Nume nelle vicende della propria vita quotidiana. Poniamo che il Nume si chiami “Piripicchio” (nome che scherzosamente Giammaria porta spesso come esempio) e che l’operatore si chiami Paolo. In una vicenda ordinaria come ad esempio può essere quella dell’innamoramento, l’officium ermetico sarà svolto quando: “Piripicchio osserva che Paolo è innamorato”. Quest’attitudine sarà praticata nei diversi campi dell’esistenza, in ogni attimo. Non ci sarà mai riposo per l’operatore alchimico, che utilizzerà ogni situazione di vita come occasione di lavoro spirituale. L’operatore praticherà la via alchimica in ogni attimo dell’esistenza, in un officium, nel quale egli si porrà ad osservare le vicende della propria storia personale, disidentificandosi da esse. Il punto di osservazione verrà posto nel centro di coscienza definito “Nume”, ed occorrerà dare un nome al Nume proprio per definirlo come presenza disidentificata dall’ordinario “io anagrafico”. Si potrebbe obiettare che con un lavoro del genere si rischi di favorire una dissociazione psicologica tra la coscienza del Nume e il proprio io ordinario. In effetti il rischio sarebbe concreto qualora si ignorasse l’opportunità di inglobare progressivamente la coscienza del Nume nella personalità che Giammaria definisce “individualità anagrafica”. Quest’ultima dovrebbe diventare un canale pulito attraverso cui si possa esprimere l’autentica volontà del Nume. Il lavoro alchimico non è senza ostacoli e difficoltà, e va quindi praticato con pazienza e attenzione. Molti potrebbero obiettare, inoltre, che il modus operandi alchimico presenti analogie con la psicologia del profondo di tipo junghiano. Secondo Jung, infatti, gli archetipi sono portatori di tracce storiche dell’intero universo, manifestazioni psichiche delle strutture nervose ereditarie. In alchimia, tuttavia, gli archetipi sono linee di forza extra-temporali nella manifestazione del campo unificato. La differenza tra una terapia psicanalitica e l’opera alchimica consiste nel fatto che nella prima la trasformazione non supererà l’anagrafico, rimanendo in un campo strettamente terapeutico; la base dell’opera alchimica consiste, invece, proprio nell’integrazione della coscienza individuale nel Principio. Alcuni degli ostacoli di questo lavoro sono rappresentati da tutto ciò che si frappone tra la coscienza ordinaria e il Nume, e quindi uno degli ostacoli principali sarà quello di trovare la via che conduce al Nume, rintracciandone le radici autentiche, diverse da quelle che al contrario sono le illusorie cristallizzazioni di agglomerati psichici. Il “fuoco osservatore mercuriale”, cioè, dovrà distanziarsi dall’oggetto osservato, evitando quindi di mescolarsi o confondersi con esso. L’alchimia pertanto non è una fede, e non è nemmeno una filosofia, in quanto non privilegia il ragionamento, ma è basata sull’esperienza dell’artifex. Sarà questa

esperienza a portarlo gradualmente a contatto con una realtà che trascende la contingenza ordinaria. L’operatore alchimico è considerabile come un viandante che cammina alla ricerca di un luogo che è situato nelle profondità di se stesso . L’alchimia è una tecnica, un modo di operare che prevede la necessità di vivere intensamente la realtà del quotidiano essere “nel mondo” e “del mondo” per quanto possa bastare. In alchimia ci sono diverse “exercitationes”, ossia momenti operativi tratti dalla vita quotidiana, eseguiti in piena sacralità, pur non essendo rituali veri e propri - in ciò consiste la differenza tra magia e alchimia - bensì “offici”, nel senso di atti naturali vissuti in maniera sacrale. Alla stregua di questa prospettiva, l’Alchimia non è da considerarsi in chiave mistica, quanto invece come una tecnica iniziatica attraverso la quale vivere la vita quotidiana in continua operatività. La propria vita sarà interamente finalizzata al percorrere questa strada, e il costante desiderio di risveglio alimenterà il fuoco interiore trasformativo. La trasformazione avverrà proprio grazie al costante filtro dell’osservatore imperturbabile e immobile che l’operatore avrà saputo costruire nella propria interiorità. La realizzazione della Grande Opera non può non passare attraverso le forze più profonde del proprio inconscio, di cui bisognerà progressivamente acquisire consapevolezza. Avverrà una progressiva separazione, un “solvere” , da praticare con dolcezza, pazienza e perseveranza, dell’osservatore dai contenuti osservati. Tutti i complessi psichici, le emozioni, gli istinti, i desideri sono energie che non possono essere annullate tramite una facile repressione. Quest’ultima farebbe ricacciare tali energie nelle profondità dell’inconscio, dove però esse possono continuare a proliferare, destinate a riemergere prima o dopo, con forme spesso devastanti per la salute fisico-psichica. Il segreto dell’Opera consiste nel trasformare queste energie attraverso il fuoco purificatore dell’osservazione, in susseguenti regimi di “solve” et “coagula”, “azione” e “reazione”, “giorno” e “notte”. Sorgerà un Sole interiore che produrrà la disidentificazione dai contenuti psichici, che saranno costantemente osservati con consapevolezza e poi “distillati” fino a diventare trasparenti. “Rendere fisso il volatile” significa perciò solidificare e stabilizzare la consapevolezza della Vita una all’interno dell’individualità ordinaria. Ecco quindi una possibile interpretazione del simbolo della croce, che rappresenterebbe nella linea orizzontale il flusso della vita materiale, vincolata allo spazio-tempo, e nella linea verticale l’Infinita vita universale incondizionata. Giammaria indica tre importanti esercizi di “derealizzazione” del tempo e dello spazio, per spezzare l’ordinaria situazione di coinvolgimento nel susseguirsi di situazioni esistenziali: -In stato di profondo rilassamento, individua e osserva un riquadro del panorama. Fissalo, così com’è. In quel momento dimentica dove, come, chi sei.

L’unica realtà che ora conta è quel riquadro, sullo sfondo dell’anonima , spersonalizzata e atemporale coscienza. -Stenditi supino, in stato di rilassamento, e interrompi il dialogo interno, creando lo stato di silenzio. Metti a fuoco un’immagine di qualunque genere, un qualsivoglia luogo lontano da dove sei fisicamente. Percepisciti là. Sii consapevole di essere là, e là soltanto. Poi da là ove sei, pensati disteso nell’ambiente in cui sei fisicamente. “Poi da questo pensati che stai pensandoti là che ti pensi qui….” -Osserva il cielo stellato, che ti suggerisce l’immagine dell’infinità dell’universo. Percepisci la piena consapevolezza di essere nell’Universo infinito. Poi annulla la percezione e ribaltala: tutto l’universo è contenuto dentro la terra cava, e tu sei sulla superficie del cavo della terra, e vedi l’universo che si addentra nel covo. Elimina la visione e medita sul fatto che in qualunque modo tu possa concepire nella tua mente l’Universo, esso è come un Sogno. [cfr :Giammaria, Succhi alchimici, Kemi edizioni ] La Grande Ipotesi dell’Alchimia quindi è, già in vita, il centrare e identificarsi dell’Io con il Principio, in un iter che l’operatore deve percorrere per conseguire la consapevolezza dell’Uno in Tutto e del tutto in Uno. Perché tutto è in Noi: l’Eterno corrisponde alla coscienza che giace inesplorata nelle profondità di ogni esseri umani. Tutto ciò che viene definito come “dei” ed “angeli” corrisponde a forze profonde che si trovano nella propria interiorità. Si tratta di un completo rivolgimento interiore che avrà la funzione di liberare l’operatore dalla soggezione al caos degli elementi. Si diventerà Uno con la Vita Una.

BIBLIOGRAFIA Giammaria, Portiuncola ermetica, Amenothes editore, Giammaria, Dalla tribuna di ermete, Amenothes editore

Giammaria, L'alchimia questa sconosciuta, Amenothes editore, 2005 Giammaria, Alchimia magna ars, Amenothes editore, 2005 Giammaria, Dagli atti del Corpo dei Pari, Amenothes editore, 2006 Giammaria, Inventario di guerra, Amenothes editore, 2005 Giammaria, Marco Daffi e la sua opera , Kemi edizioni, 1980 Giammaria, Compendio di ermetica, Kemi edizioni, 1980 Giammaria, Dizionario ermetico-alchimico, Kemi edizioni Giammaria, Succhi alchemici, Kemi edizioni, 2000 Giammaria, Inter nos dii, Edizione privata Giammaria, Il libro di Akzur, Edizioni alkaest, 1980