Sassofono Musica Contemporanea [PDF]

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Zitiervorschau

Tecniche contemporanee

Il mio intento è quello di analizzare le più importanti tecniche contemporanee esecutive e di scrittura per saxofono individuandole all’interno di alcuni brani specifici e cercando di dare a queste nuove tecniche una spiegazione relativamente al loro utilizzo e significato. Il saxofono e tutti gli strumenti a fiato, hanno ampliato negli ultimi anni le loro risorse musicali: molte tecniche, che prima erano prerogativa del jazz, della musica contemporanea o peculiarità di pochi strumentisti sperimentatori sono state studiate tanto per l’aspetto compositivo (con tutta una simbologia di scrittura a riguardo) quanto nella pratica dell’improvvisazione. Note sopracute, suoni multipli, quarti di tono, variazioni timbriche, glissati, manipolazioni del vibrato, metodi di attacco e decadimento non tradizionali, effetti percussivi, suoni vocali, rumori, soffi e respirazione circolare sono solo alcune delle tecniche oggi utilizzate che trovano anche una precisa identificazione grafica. Introduzione: come si è arrivati a scrivere così? Esporrò qui di seguito le fasi salienti di un lungo processo avvenuto nel mondo della musica, che ha interessato tutto l’ultimo secolo e che ci ha portati a metodi di scrittura e di esecuzione più evoluti rispetto alle forme "classiche" che ancora oggi noi musicisti siamo abituati a vedere e suonare, tracciando innanzitutto un breve profilo storico della notazione musicale ed evidenziando quei particolari movimenti e compositori che hanno contribuito a sviluppare un’estetica musicale molto diversa da quella tradizionale. Uno degli elementi che caratterizzano l’intera storia novecentesca della notazione consiste in un’eccedenza grafica della partitura: nella notazione contemporanea la superficie planare del foglio si ricopre anche di indicazioni verbali, cifre, specificazioni dinamiche e metronomiche, modalità esecutive, diagrammi, linee ed altre tracce indicanti fenomeni sonori melodici e armonici, frecce e riquadri (la cosiddetta frame notation, nella quale un certo materiale, su cui poi operare in vario modo, viene fornito in riquadri). Altre componenti sono una spaziatura interna, l’esclusione dalla partitura di un elemento di rappresentazione temporale (molte partiture non dicono assolutamente nulla sul tempo) e il fatto che spesso vi sia una proporzionalità tra il tempo cronometrico trascorso e lo spazio lineare. O ancora l’uso di un principio gestuale e una tendenza all’oggettualità. L’itinerario della musica, dal 1900 ad oggi, non si sviluppò in modo omogeneo ed uniforme così come la storia della notazione musicale non coincide con la storia dell’organizzazione del materiale sonoro: mai come nel XX secolo la creazione artistica ha allineato opere di segni linguistico, stilistico ed espressivo così diversi, contrastanti e persino opposti. Questa situazione di profondo mutamento all’interno della pratica musicale è dovuto innanzitutto ad un generale allargamento degli orizzonti conoscitivi. In particolare:

- l’estensione a tutto il mondo di esperienze, forme e linguaggi che fino alla prima metà del diciannovesimo secolo erano prerogativa di alcuni Paesi europei ai quali si erano aggiunti altri come la Russia e la Spagna che incominciarono a sviluppare una propria scuola nazionale; - la consapevolezza storica della musica del passato, resa possibile dagli sviluppi della musicologia avviati durante il periodo romantico; - l’interesse per le manifestazioni musicali dei popoli di civiltà extraeuropea; - lo studio del canto popolare e lo sviluppo dell’etnomusicologia; - il mutato stato del materiale musicale, l’influenza delle pratiche compositive seriali e post-seriali, dell’happening e dell’improvvisazione; - il rapporto della musica con altri settori della cultura: dalle arti visive, soprattutto con l’informale e la pop art, alla letteratura, con l’influenza del duo Joyce-Mallarmé, alla filosofia, con le teorizzazioni sull’opera aperta e sulla scrittura. Brevi ceni storici : dal romanticismo alla Nuova Musica Durante il primo ventennio del secolo passato la musica romantica attraversava ancora una stagione felice di creazioni e di consensi con esponenti quali Puccini, Strauss, Debussy e Mahler. Ma il sistema armonico tonale sul quale si era retta la musica dal Settecento in poi era destinato a svanire: il suo tessuto compatto manifestò le prime incrinature e si formularono le prime critiche alla concezione romantica della musica. Gli assalti alla tonalità classica vennero da varie parti: i compositori, a partire da Ravel, portarono il loro contributo al superamento della concezione romantica della musica, finchè si arrivò alla dodecafonia, che rappresentò la fase conclusiva della crisi del sistema tonale. La dodecafonia pose fine alla concezione gerarchica dei suoni che è propria del linguaggio tonale, basato sulla gravitazione degli accordi intorno ad alcuni gradi che fungevano da poli di attrazione: in particolare la tonica e la dominante. Il superamento di questa concezione fu affermato da Arnold Shönberg, che già prima del 1915 era pervenuto alla cosiddetta “emancipazione della dissonanza” secondo la quale ogni nota della scala cromatica è autonoma; le dissonanze erano considerate come le consonanze e di conseguenza non sottoposte a nessuna delle leggi dell’attrazione fra i suoni. Negli anni compresi tra le due guerre, prese forma anche il radicalismo atonale della Scuola di Vienna che però trovò grosse difficoltà a diffondersi, sia per le difficoltà di comprensione da parte del pubblico, sia per l’opposizione violenta del nazismo contro la cosiddetta “arte degenerata”. Si diffuse per contro un orientamento verso un nuovo classicismo (neo-classicismo) in cui si cercò di recuperare le forme del passato affiancandole ad una concezione nuova della musica, che veniva vista non più come espressione, ma piuttosto come costruzione. Svilupparono questa linea compositori come Hindemith, Ravel, Satie, Bartòk, Kodàly, Falla e specialmente Stravinkij.

Ma il vero punto di partenza e riferimento per il lavoro dei nuovi compositori degli anni Quaranta e Cinquanta è rappresentato dalla serialità: la prima idea creativa deve essere la serie fondamentale, che funziona come se fosse un motivo. Nella serie, l’associazione dei suoni in armonie e la loro successione, sono regolati dall’ordine di questi suoni. Tra i compositori che possedevano la forza creativa necessaria per poter imporre la dodecafonia come la tendenza che avrebbe contribuito in modo decisivo a plasmare la musica del XX secolo, oltre a Schönberg, è bene citare due suoi discepoli che andavano compiendo dei tentativi in una direzione analoga, a riprova, quasi, che la dodecafonia era nell’aria e il suo avvento storicamente maturo: sono questi Alban Berg e Anton Webern. Nel periodo tra le due guerre, per sfuggire all’oppressione nazista, che vedeva la dodecafonia come un insulto alla musica, molti compositoi si rifugiarono negli Stati Uniti. Ma con la fine della Seconda Guerra Mondiale la diffusione della dodecafonia avvenne quasi di colpo, forse a causa del freno che per tanto tempo l’aveva tenuta ferma. La seconda guerra mondiale generò estetiche radicali e di rottura e linee comuni di tendenze innovatrici, dovute alla volontà di rifondare la pratica musicale nel suo insieme. Vi fu una netta separazione tra i compositori che avevano operato nella prima metà del secolo e quelli nati dopo il 1920: la maggior parte di questi ultimi infatti, acquisirono un orientamento teorico-pratico comune, frequentando gli importanti corsi estivi di Darmstad, nei quali si partiva dall’esperienza dodecafonica di Shönberg e dall’opera di Webern per estendere il principio della dodecafonia ad altri elementi o parametri del suono come l’altezza, il timbro, la durata, il ritmo, la dinamica, ecc… Ricordo tra gli esponenti di questo orientamento Maderna, Boulez, Nono, Stockhausen, Berio e Liegi: compositori che cercarono di estendere l’applicazione dei principi della scrittura seriale ai valori ritmci, timbrici, d’intensità e ad altri aspetti delle figure sonore come quelli determinati dai diversi modi d’attacco. L’emancipazione degli elementi ritmici fu dovuta soprattutto a Stravinskij e in seguito a Varèse, Jolivet e Messiaen. E’ anche importante da ricordare la filosofia di Adorno che sottoponeva a pesanti critiche i momenti negativi e le insidie della serialità, proprio mentre la dodecafonia si era diffusa praticamente in tutto l’Occidente: egli tentò di formulare le problematiche di un’epoca, con la speranza di incidere sul corso del futuro e di favorire la ricostruzione di una cultura europea lacerata dal nazismo e dalla guerra. Egli pose così i giovani compositori di fronte a una scelta: da una parte il "progresso" di Shönberg, termine legato all’ideologia marxista e alla concezione della storia espressa da Webern nelle sue conferenze sulla Nuova Musica; dall’altra la "restaurazione" incarnata da Straviskij. Il punto di riferimento della nuova avanguardia resta la musica dell’ultimo Webern, il vero iniziatore della Nuova Musica. Le correnti musicali successive devono il loro sviluppo alla scoperta della musica elettronica, che verrà poi totalmente organizzata da Boulez. Attraverso Boulez il suono non viene più considerato come una funzione motivica, tematica, armonica o formale, come un colore o un effetto aggiunti alla struttura, ma, diventa una forma immediatamente sensibile, cioè elemento avente un significato autonomo, in grado di creare una forma musicale specifica. E la struttura sonora, liberandosi, introduce una percezione della forma, dello spazio e del tempo, estremamente diversa da quella tradizionale. La Notazione Contemporanea La storia della notazione musicale, dal XVII secolo ai giorni nostri, mette in rilievo la chiarezza sempre crescente delle indicazioni date nella partitura, per riuscire a indicare con precisione i suoni che il compositore concepisce, e la rigidezza sempre crescente del compositore nei confronti dell’esecutore. Le innovazioni introdotte a partire dal 1600 non riguardano gli aspetti più fondamentali della musica: il suono e il ritmo. Ma riguardano l’ambito più raffinato della prassi esecutiva: articolazione, fraseggio, tempo, dinamica e così via. Beethoven per esempio compì sforzi superiori a quelli dei compositori precedenti, per dare istruzioni precise circa l’esecuzione della sua musica; e Beethoven fu il primo compositore che si servì regolarmente del metronomo. La tendenza a precisare nella partitura le istruzioni per l’esecuzione si rafforzò poi durante il XIX secolo e all’inizio del XX, al punto che, già in alcuni pezzi di Shönberg, si trovano istruzioni precise per l’esecuzione di ogni singola nota. Nei capitoli successivi esaminerò alcune tra le più utilizzate tecniche esecutive e di scrittura contemporanee, individuandole all’interno del repertorio "moderno" dedicato al mio strumento: il saxofono. Visualizzazione spazio temporale Una particolare innovazione all’interno della scrittura musicale contemporanea consiste nella visualizzazione spazio temporale delle figure. Nel XX secolo si sono diffuse le partiture in “tempo libero”, ove le stanghette di battuta sono abolite e la durata è calcolata solo per l’intero arco della composizione in termini cronometrici assoluti. I segni di valore delle singole note non si intendono più correlati a una determinata unità di misura ritmica, ma valgono come indicazioni approssimative di proporzionalità temporale in rapporto alla durata complessiva del brano. Spesso si ricorre all’identificazione simbolica del tempo con lo spazio graficamente espresso (notazione proporzionale): a una determinata lunghezza lineare, misurata in centimetri, corrisponde una determinata durata temporale, espressa in movimenti metronomici o in secondi. Notiamo come in Le frêne égaré linee più o meno lunghe compaiono subito dopo le note e gli effetti per indicarne la durata:

Più lunga sarà la linea, più durerà il suono e viceversa. Il compositore, all’interno della stessa opera, utilizza anche dei riferimenti per indicare la durata di alcuni "eventi". Come nel caso sopra illustrato aveva infatti scritto, tra le due frecce "souffle maximal" (fiato massimo), scriverà in altre occasioni "souffle long" (fiato lungo), "souffle court" (fiato corto) e via dicendo: gli "eventi" dovranno essere proporzionalmente gestiti dall’esecutore. Troviamo all’interno della stessa opera anche una fase contenente la cosiddetta scrittura visuale o a scorrimento: le durate delle singole note sono commisurate in proporzione alla distanza spaziale che intercorre fra di loro:

Suoni multipli La pratica dei suoni multipli veniva usata già in antichità dalle popolazioni Orientali. Ancora oggi popolazioni come ad esempio quella dei mongoli, praticano i suoni polifonici con la voce e li utilizzano nei loro canti popolari. La prima opera importante per saxofono contenente suoni multipli è la Sonata per sax alto e piano del 1970 di Edison Denisov:

I suoni multipli si ottengono tramite diteggiature particolari che basandosi su un sistema di fori aperti e chiusi in modo non ortodosso, generano una serie di punti di rottura nella colonna d’aria la quale a sua volta produrrà degli armonici parziali che si traducono in accordi composti da suoni di vario timbro ed altezza. Le diteggiature vengono quasi sempre indicate sulla partitura (come nell’esempio sopra riportato), ma spesso non basta mettere le dita al posto giusto e soffiare nello strumento per riuscire a produrli: occorre modificare la pressione dell’aria, l’imboccatura, la posizione della lingua o della gola in base al tipo di accordo che si vuole ottenere. La Sequenza IXb di Luciano Berio, pur non contenendo particolari tecniche contemporanee, contiene una fase nella quale suoni fermi si alternano a veri e propri accordi di due note:

Vediamo ancora come in Mai di Ryo Noda, nel momento topico e di maggiore intensità sonora, gli accordi si susseguono ripetutamente: sembra quasi di vedere una partitura per pianoforte:

Tremoli Il tremolo è un effetto simile al trillo, ma si differenzia da questo per il fatto che le due note che si alternano rapidamente fra di loro, nel tremolo si trovano ad un intervallo disgiunto, cioè almeno ad un intervallo di terza. Questo effetto è piuttosto facile da ottenere su un saxofono, a meno che non si tratti di intervalli particolarmente ampi, che necessitano lo spostamento di molte chiavi. Francois Rossé usa spesso i tremoli nelle sue composizioni per saxofono solo. Vediamo ad esempio come li alterna ai trilli in Lobuk constrictor:

In Portrait, di Jacques Wildberger, tremoli diversi si susseguono e sfociano poi in un tremolo tra suoni multipli:

Suoni vocali In tutti gli strumenti a fiato è possibile produrre suoni vocali mentre si suona normalmente: basta cantare senza intonazione determinata suonando una linea melodica sullo strumento. L’effetto, che potrebbe dare l’idea di un sax “distorto”, come avviene con la chitarra nella musica rock, è stato largamente usato dai musicisti jazz ed è conosciuto con il nome di growl o buzz tone (ronzio). I suoni vocali possono essere usati anche in maniera più specifica: ad esempio si possono creare veri e propri accordi cantando una determinata nota mentre se ne produce un’altra con lo strumento o ancora si può tenere un suono fermo con lo strumento e realizzare contemporaneamente dei vocalizzi o dei rumori con la voce per creare effetti sonori molto particolari. Paul Mefano in Tige, inserendo la scritta "chant" accompagnata da note di forma rettangolare, impone all’esecutore di cantare e suonare insieme le note scritte:

Betsy Jolas invece, nel suo Episode quatrième inserisce sotto al pentagramma del saxofono, un secondo pentagramma, dove le note da cantare vengono scritte persino con le loro caratteristiche dinamiche:

Christian Lauba, in Hard, per sax tenore solo, inserisce l’esclamazione vera e propria, da pronunciare alla fine del pezzo: “Ha!” (alla dinamica di fff).

Frullato L’effetto è acusticamente molto simile al growl, ma la “distorsione” viene prodotta anziché da un suono vocale, da una vibrazione rapida della lingua che si ottiene pronunciando “rrrrrrrr” mentre si emette il suono. Nell'esecuzione di questa tecnica bisogna stare attenti che la lingua non venga a contatto con l’ancia: di solito per ottenere un buon frullato occorre infatti imboccare un di po’ meno lo strumento per l'asciare l'ancia libera di vibrare. La tecnica inoltre è molto più facile da realizzare nel registro basso dello strumento che non in quello alto, dove le labbra sono sottoposte ad una maggiore tensione e si fa più fatica a far "frullare" la lingua. Di solito, quando il compositore vuole un suono con frullato, lo scrive direttamente sulla partitura, anche se nella letteratura per saxofono, per indicare questa tecnica sono stati utilizzati segni grafici diversi.

Per indicare il frullato, in Improvisation I di Ryo Noda, dei piccoli puntini compatti sono stati inseriti sotto la nota stessa, all’interno del diminuendo:

In Tige, di Paul Mefano, il compositore inserisce una legatura tratteggiata e la scritta "flatterz." (dall’inglese flatterzunge) per evidenziare la frase musicale da eseguire con il frullato :

F. Rossè in Le frêne égaré, inserisce la simbologia che oggi è in assoluto la più utilizzata, ovvero quella delle tre lineette sulle stanghette delle note da "frullare":

Nella Stessa opera compare anche il frullato con soffio e rumori di chiavi. Verso la fine dell'evento, notiamo la comparsa di una nota "reale": un suono "puro" che appare all'improvviso nel mezzo dell'effetto.

Modificazioni timbriche Il saxofono è uno strumento timbricamente molto versatile. Qualsiasi microvariazione che avviene all’interno della bocca dell’esecutore, può bastare a modificare l’aspetto timbrico dello strumento. Partendo dal presupposto che il timbro dovrebbe essere omogeneo per tutto il registro dello strumento, ci sono poi varie tecniche che permettono di modificare in maniera più o meno evidente il timbro dei suoni. Una di queste tecniche si chiama bisbigliando: consiste nel trasformare il colore di un unico suono, senza dover intervenire sull’imboccatura. Il bisbigliando si ottiene alternando, durante l’emissione, la chiusura e l’apertura di determinate chiavi che rimangono libere. Ryo Noda in Improvisation I, utilizza questo effetto introducendo una particolare grafia che ci indica anche la velocità del movimento delle chiavi libere. Nel caso che vediamo in figura, il movimento delle chiavi libere e quindi la variazione del timbro all’interno della stessa nota avverrà prima in modo rapidissimo, rallenterà fino a quasi scomparire, ricomparirà ancora per un momento e poi si dissolverà. Il cambio di timbro all'interno di un'unica nota viene ritmicamente precisato da Luciano Berio nella sua Sequenza IXb. In questo caso il ritmo è scritto: la stessa nota si ripete ma ogni volta con un timbro diverso, effetto ch si ottiene eseguendo la stessa nota con diteggiature sempre differenti.

Attraverso la scrittura usata per il bisbigliando in Fuzzy bird sonata, il compositore ci chiede di ottenere una varazione del timbro all'interno della nota "la" sempre più rapida: l'alternarsi della chiavi libere deve quindi essere sempre più veloce.

Un’ altra particolare variazione del timbro è l’effetto subtone che si traduce praticamente in una variazione dell’imboccatura. Il timbro del suono in subtone è un timbo “ovattato”, molto suadente e misterioso, anche se meno brillante e ricco di armonici rispetto al suono normale. La tecnica del subtone inoltre può facilitare l’esecutore nell’ eseguire suoni a dinamiche bassissime, specialmente quando si tratta di suoni nel registro grave. In Balafone di Christian Lauba, il compositore, alternando le scritte “full tone” (suono pieno) e “subtone”, gioca appunto sul cambio da timbro "puro" a timbro in subtone:

Modificazioni del vibrato Il vibrato consiste nella rapida ripetizione di una lieve alterazione di altezza tonale. L’effetto, che altera sensibilmente il carattere e il timbro dello strumento, è sempre stato utilizzato a fini espressivi, ma nella musica contemporanea viene spesso utilizzato come un effetto da utilizzare nei modi più vari. Si possono ottenere con il saxofono vibrati diversi: molto ampi o molto stretti, con frequenza più alta o più bassa, con variazione della frequenza da alta a bassa o viceversa, con variazioni di frequenza regolari o irregolari. Vibrati che da ampi diventano stretti e la cui frequenza aumenta gradualmente sono molto usati da Ryo Noda. Ne troviamo un esempio in Improvisation I:

Vibrati più instabili in frequenza ed ampiezza vengono utilizzati da Massimiliano Donninelli in Solo, per sax tenore:

In In freudshaft di Karlheinz Stockhausen, la pulsazione del vibrato viene indicata dalla figura ritmica soprastante la nota da vibrare:

Suoni armonici Il registro "normale" del saxofono arriva di norma fino al "fa diesis acuto" (in note reali "la acuto" sopra il pentagramma). Ma sii possono ottenere anche note che vanno fuori dal registro normale dello strumento. Per ottenere questi suoni occorre adoperare delle diteggiature particolari che però non sempre sono universali: esse variano da strumento a strumento e da esecutore a esecutore, anche perché per ogni suono armonico sarà necessario trovare la giusta posizione della lingua, del cavo orale e la gusta pressione dell’aria. In ogni caso questi suoni possono essere prodotti anche partendo da una nota bassa fondamentale e cercando di ottenere gli armonici naturali della stessa nota aumentando gradualmente la pressione dell’aria: si otterranno in successione gli intervalli di ottava, quinta, quarta, terza maggiore e terza minore. Il registro sovracuto dello strumento viene particolarmente sfruttato in Fuzzy bird sonata. Nel caso qui illustrato il compositore richiede all'esecutore di eseguire in successione tutti gli armonici di un determinato suono fondamentale: in questo caso della nota "mi".

Nel prossimo caso invece, tratto sempre da Fuzzy bird sonata, gli armonici sono parte integrante di una linea melodica:

In Divertimento del compositore spanolo Claudio Prieto, la linea melodica arriva fino al "fa diesis sovracuto" (un’ottava sopra il registro "normale" dello lo strumento). La linea tratteggiata sopra il petagramma, con all’inizio la scritta 8va, simbologia per altro usata molto spesso, ci indica di eseguire tutte le note all’ottava superiore:

Effetti percussivi Semplicemente muovendo le chiavi dello strumento si possono ottenere "rumori" più o meno evidenti. E’ possibile anche produrre veri e propri effetti percussivi molto evidenti chiudendo determinate chiavi con un colpo energico: si otterranno effetti sonori diversi a seconda della quantità e del tipo di chiavi che verranno chiuse. In Pequeña czarda di Pedro Iturralde, , la risposta alla melodia principale del saxofono, avviene con una frase totalmente "percussiva":

Si noti dalla figura soprastante come per ottenere un "la" percussivo, bisogni abbassare le chiavi come se si volesse ottenere un "fa". E' infatti proprio la diteggiatura della nota "fa" che ci permette di produrre la nota superiore con il solo colpo di chiave.

Un altro tipo di effetto percussivo è lo slap. Il vero e proprio slap nasce come una tecnica contrabbassistica e viene inizialmente adottata nel jazz dal negro Bill Johnson: consiste nel produrre un’ effetto percussivo dando un particolare colpo secco con il pollice della mano sulla corda del contrabbasso. La tecnica si è poi diffusa negli altri strumenti a corda ed oggi viene anche imitata dagli strumenti a fiato. Nel saxofono lo slap, che si produce dando un particolare colpo secco della lingua sull’ancia, può essere usato sia come effetto percussivo isolato, che come effetto da abbinare al suono.

Troviamo un esempio di questo abbinamento in Lobuk constrictor di F. Rossè, nel quale i suoni da abbinare all’effetto percussivo, compaiono appunto con la scritta “slap”.

L’effetto percussivo dello slap in Fuzzy bird sonata, dove le note da "slappare" compaiono segnate da delle x, deve essere più evidente rispetto al suono: l'effetto è quello di tanti piccoli “schiocchi” secchi (gli slap appunto) che si alternano alle note reali. Il tutto a determinate altezze sonore:

Effetti con soffio Il soffio, che nella musica jazz, almeno per quanto riguarda il saxofono, viene considerato spesso come una componente stessa del suono, nella musica contemporanea rappresenta un effetto da utilizzare solo nel caso di una richiesta specifica del compositore. E’ possibile soffiare nello strumento senza produrre suono sia espellendo l’aria che risucchiandola ottenendo effetti acustici diversi. Troviamo vari esempi di questo effetto in Le frêne égaré dove, nel caso di soffio visto come effetto indipendente, la grafia utilizzata è quella di una “x” con il cerchio intorno:

Ma è anche possibile combinare il soffio al suono o ad altri effetti che già abbiamo avuto modo di vedere. Ad esempio, all’interno dello stesso brano, possiamo trovare il suono abbinato al soffio: l’effetto viene indicato con l’inserimento della parola "sffle" inserita all'interno della frase musicale:

In Fuzzy bird sonata, il soffio viene combinato al rumore di chiavi che si ottiene effettuando il trillo scritto senza produrre il suono. Per far sentire solo il soffio e non il suono è sufficiente soffiare nello strumento senza supportare la colonna d'aria con la solita pressione e rilassando le labbra intorno al bocchino:

Glissati Il glissato (dal francese "glisser", cioè scivolare) è un effetto strumentale realizzato dalla rapidissima esecuzione di una scala ascendente o discendente. Nel saxofono il glissato verso il basso si può ottenere anche abbassando il labbro inferiore per ottenere un abbassamento di intonazione: ne troviamo un’esempio nella figura successiva tratta dall’inizio di Lobuk constrictor di F. Rossè:

Il glissato può avvenire anche tra due note vicine, attraverso il passaggio per quarti di tono: in questo caso si può parlare anche di portamento. L’effetto si ottiene semplicemente sollevando le dita in modo lento per non far scattare le chiavi tra una nota e l’altra come di norma avviene. L'effetto è simile a quello del portamento vocale, che si utilizza largamente in alcuni canti popolari come nel ad esempio il "cante jondo" del flamenco spagnolo: in questo canto, derivante dagli antichi modi indiani, il portamento vocale è il modo di condurre la voce a produrre le infinite sfumature del suono esistente fra due note congiunte o disgiunte. In Fuzzy bird sonata, lunghe frasi legate si concludono con un evidente portamento (dal "sol" al "la"):

Glissati e portamenti sono sempre stati largamente utilizzati dagli strumentisti a fiato nella musica jazz, funk e nella musica leggera, ma sono costanti fisse anche all’interno della musica contemporanea. Faccio notare ancora la fase della Sequenza IXb di Luciano Berio, da suonare fortissimo, sostenuta, con vari glissati tra i cambi di registro:

Quarti di tono L’introduzione di simboli per i microintervalli fu introdotta per la prima volta da Alois Haba nel 1921 per quarti e sesti di tono, con suddivisione temperata dell’ottava in 24 o 36 gradi. Più tardi Bartok utilizzò dei simboli per indicare più semplicemente la nota calante e la nota crescente ( ​, ¯ ). Intervalli più piccoli del semitono si possono ottenere sul saxofono grazie a specifiche diteggiature. Nella letteratura per saxofono i segni più comunemente usati sono gli stessi usati dal compositore Ryo Noda in Mai che con la sua opera ci conducendoce all'interno delle delicate tradizioni musicali del paese del sol levante. In questa e in altre sue opere, come Improvisation I, II, e III, Ryo Noda vuole richiamare chiaramente le straordinarie sonorità prodotte dal flauto "shakuhachi", tipico strumento in legno di bambù legato alla tradizione popolare giapponese. Si noti anche la presenza nel brano di ampi glissati e portamenti:

Non è da escludere la presenza di intere frasi che contengono note quartitonali: basti notare questa serie di note tratte dal brano Le frêne égaré:

Variazioni di velocità all’interno delle figure ritmiche A volte la variazione di velocità all’interno di una figura ritmica non viene indicata da un accelerando o da un rallentando ma da segni particolari e di maggior impatto visivo per l'esecutore. Nel caso qui illustrato, tratto dall'opera Cadenza di Lucie Robert, per saxofono e pianoforte, la figura contiene l’accelerando al suo interno: attraverso questa simbologia è come se si passasse a crome a semibiscrome.

In Episode quatrieme di Betsy Jolas troviamo all’interno di un'unica figura sia l’accelerando che il rallentando.

Sempre in Episode quatrieme, troviamo l’accelerando e il rallentando all’interno della stessa figura e in più una nuova simbologia per indicare l’instabilità ritmica (la linea non orizzontale che unisce le note):

Un' altra indicazione molto usata è quella sottostante, tratta da Sonata di Williams Albright, per saxofono e pianoforte: le figure con il taglio devono essere eseguite il più veloce possibile:

Frame notation La frame notation consiste nella presenza di un determinato materiale all’interno di riquadri, materiale sonoro che deve essere utilizzato in un determinato modo, di solito specificato sulla partitura. Vediamo ad esempio queste righe tratte da Le frêne égaré:

Il materiale sonoro contenuto nei riquadri va ripetuto per la durata temporale scritta sopra ai riquadri: notiamo infatti le indicazioni: 1,5'', 2,5'', ecc... Improvvisazione Spesso nelle partiture contemporanee ci sono intere sezioni nelle quali l'esecutore deve improvvisare, il più delle volte seguendo una traccia ben precisa. In Solo di Massimiliano Donninelli il compositore ad esempio scrive: Improvisare per un tempo massimo di 50'' facendo riferimento alla scala di Do minore blues:

In Fuzzy bird sonata, la cadenza viene suggerita e poi lasciata alla libertà dell’esecutore, che deve improvvisare per un tempo compreso tra i 20 secondi e il minuto circa. Il compositore suggerisce solo di usare trilli, suoni multipli, passaggi, terminando con una corona sulla nota più acuta possibile.

Respirazione circolare E' una tecnica che dalle radici etniche molto antiche e diversificate, dall’Australia, al Marocco, alla Sardegna (i suonatori di Launeddas). Nell’antichità si credeva che più duraturo è il suono, più esso può arrivare lontano nello spazio: da qui la necessità di non dover per forza respirare e di sviluppare una tecnica che permettesse di ottenere un suono continuo (ne è un esempio l’uso del dejeridoo che nasce per trasmettere segnali tra gruppi umani molto distanti tra loro). La respirazione circolare oggi può essere impiegata per non spezzare il flusso di una frase o di un periodo musicale durante l’esecuzione. Grazie alla respirazione circolare infatti, l’esecutore può rifornirsi d’aria senza però dover interrompere il suono. Il procedimento è il seguente: mentre si soffia nello strumento bisogna gonfiare le guance in modo da riempirle d’aria; a questo punto è necessario interrompere il flusso d’aria in arrivo dal diaframma, chiudere il condotto laringo-faringeo indietreggiando la lingua e inspirare attraverso il naso mentre contemporaneamente l’aria contenuta nelle guance viene costretta verso l’esterno. Quella della respirazione circolare o continua non è ritenuta oggi solamente una tecnica accessoria, ma esistono dei brani per saxofono che ne richiedono esplicitamente l’ uso.

Balafon di Christian Lauba è un’opera che nasce come studio della respirazione circolare: contiene un susseguirsi di note ad altezze diverse che vanno suonate sempre a dinamiche molto basse e senza mai respirare per quasi 5 minuti. Anche in Steady study in the boogie per sax alto solo dello stesso C. Lauba, troviamo una lunga sezione nella quale è preferibile l'uso della respirazione circolare e dove compare la scritta: "respirazione continua se possibile e legato senza interruzione".

In Episode quatrieme, che inizia con una lunga legatura che si protrae per due righe e mezza, il compositore precisa all’inizio “respirazione circolare”. Si noti inoltre la quantità di tecniche di esecuzione e di scrittura diverse presenti all’interno di questa prima riga dell’opera oltre alla respirazione circolare che abbiamo già citato: lo slap iniziale con suono, i salti improvvisi di dinamica, il vibrato variabile, il frullato, nonchè la scrittura spazio temporale, l’indicazione del tempo che precisa di far dura ogni battuta 10’’ circa.

Altre possibilità Per quanto riguarda la musica strumentale per saxofono, esclusa quella da eseguire con l’ausilio di apparecchi elettronici o video, riguardo la quale dovremmo aprire un altro ampio capitolo, posso accennare anche altre possibilità esecutive e di notazione. Il saxofono si può suonare anche senza il bocchino, soffiando all’interno del collo, come se si trattasse di una tromba: il suono viene quindi prodotto grazie alla vibrazione delle labbra ed esercitandosi è possibile suonare circa un’ottava ottenendo dei suoni piuttosto intonati e molto diversi da quello che è il suono normale del saxofono. Altre possibilità sono le indicazioni relative al movimento del corpo dell’esecutore, l’inserimento nella partitura della parola, di effetti percussivi ottenuti tramite l'uso del corpo (battiti di piedi, di mani, eccc...), dei suoni fonetici, dei gesti, le indicazioni per la posizione dell’esecutore all’interno dello spazio, le indicazioni relative alla disposizione del pubblico o relative alla costruzione dello spazio stesso, o l'inserimento di altri elementi che puntano ad ottenere una visione più teatrale dell’esecuzione.

Conclusioni Pur essendomi preso la responsabilità di voler fare musica, anche se relativamente tardi, con tutti gli obblighi che ne concernono, tra i quali quello di doverla approfondire e non di averne solamente una semplicistica visione, mi sono sempre identificato come facente parte della “massa”, dell’uomo comune. Se attraverso questo mio intricato cammino all’interno della musica, dei suoni, dei colori, del mio interiore, ho imparato qualche cosa di buono, allora mi sento in dovere di trasmetterlo agli altri, nessuno escluso. Ritengo infatti che se sappiamo qualche cosa più degli altri, e mi riferisco a qualunque contesto culturale, non per questo dobbiamo sentirci inseriti solo in un determinato ambiente, o dobbiamo tenerci in qualche modo i nostri “segreti” a riguardo. Quando parlo di musica, parlo di un importante mezzo di comunicazione: quello dei nostri mondi interiori. Se la musica non viene diffusa, non ha nessun motivo di esistere. Se la musica contemporanea non viene apprezzata, se non può essere proposta alla “massa”, se crediamo che venga sminuita di portata, se non dispone dei fondi necessari per venir eseguita, se tutto ciò sta portando ad una crisi della musica “colta” come mai se ne sia avuta una prima, allora tutti noi musicisti o conoscitori della musica, dovremmo assumerci le nostre responsabilità per questa grave mancanza. Credo infatti che negli ultimi cento anni l’evoluzione della musica abbia corso tantissimo da un lato, ma sia rimasta congelata da un altro. Quelli che hanno voluto approfondire hanno approfondito, mentre la “massa” è forse riuscita a cogliere solamente alcuni aspetti della Nuova Musica, ma non ne ha recepito molti altri. Altri, la musica, non sanno neanche che cosa sia o non hanno mai imparato ad apprezzarla. E così la musica “colta” è oggi inevitabilmente diventata musica per pochi “eletti”. Ma non possiamo scaricare la colpa di tutto ciò agli altri: alla radio, alla TV, alle case discografiche che promuovono solamente l’immagine e non la “sostanza”, ai politici ignoranti che spendono i nostri soldi solamente in marciapiedi e fabbriche di cemento. E soprattutto non possiamo ritenerci degli “eletti” quando si tratta di musica: dovremmo ritenerci piuttosto dei “missionari”, perché la musica va trasmessa: se la “sentiamo”, se ne percepiamo l’importanza, abbiamo il dovere e l’obbligo di trasmetterla. E se qualcosa dal pubblico non viene recepito o se qualcuno ci impedisce di far musica, allora forse dovremmo fermarci un momento e indietreggiare di qualche passo, per cercare di riflettere sui nostri errori e su quelli di chi ci ha preceduto e per cercare di ricostruire tutto ciò che c’è e che c’è stato, invece di continuare ad approfondire qualche cosa che da anni continua la sua corsa verso l’ignoto. Per non distruggere un patrimonio umano importantissimo, che ci siamo costruiti nei secoli: quello musicale...

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