PSICODIAGNOSTICA Riassunto [PDF]

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Zitiervorschau

PSICODIAGNOSTICA MODULO 1 – VALUTAZIONE PSICOLOGICA E PSICODIAGNOSTICA 1. Processo diagnostico Definizione e caratteristiche  Alcuni autori sottolineano come la terminologia “processo psicodiagnostico” sia maggiormente funzionale rispetto alla dizione “diagnosi”, intendendo il processo per mezzo del quale si cerca di conoscere il funzionamento psichico di un dato soggetto (problematiche, punti di forza o debolezza, struttura difensiva, modalità relazionali) e di fornirgli una denominazione basata su una terminologia condivisa dalla comunità scientifica.  È interpretabile come un iter che va dalla diagnosi alla formulazione del caso, utile per la strutturazione del trattamento.  Deve condurre ad una descrizione sistematica che risponda a requisiti - Di specificità (che cosa caratterizza quel dato individuo?) - Di generalizzabilità (che cosa ha in comune quell’individuo con altri che presentano caratteristiche simili?)  Non può essere reale ma deve essere corretta: non potrà mai corrispondere del tutto alle caratteristiche e al funzionamento reale della persona, ma potrà aiutare a descriverla meglio.  Gli obiettivi sono: - Rilevare l’ampiezza dei disturbi - Attribuire loro un significato - Individuare le possibili strategie di intervento  In psicologia, in un modello non medico, implica: - L’utilizzo di modelli diagnostici nosografico-descrittivi e interpretativo-esplicativi - L’impiego di strumenti che permettano misurazioni nomotetiche ed idiografiche - Una metodologia: ragionamento clinico che conduce alla formulazione di ipotesi, possibilità di avvalersi di dati quantitativi e qualitativi, utilizzo di tecniche e strumenti diversi (multimethod assessment) che possono essere idealmente distribuiti lungo un continuum che va dal minor al maggior grado di formalizzazione (osservazione; colloquio; intervista strutturata; test)  È concepibile come un comportamento strategico che permette di affrontare il problema clinico in maniera più economica, sia per il paziente, sia per il clinico. Funzioni  Nella storia della teoria e della tecnica psicoanalitiche il termine “diagnosi” è stato trascurato se non addirittura rifiutato, poiché si pensava che fosse un ostacolo alla comprensione del paziente da parte del terapeuta. - Gli psicologi del sé si sono dimostrati molto sensibili rispetto al potenziale abuso delle etichette diagnostiche e alla possibilità che potessero diminuire l’empatia del terapeuta; - Altri psicoanalisti hanno sostenuto che l’unico modo per ottenere una lettura affidabile dei problemi di una persona fosse lo stabilire una relazione terapeutica ed osservare cosa sarebbe accaduto nel tempo.  In realtà, un qualche tipo di diagnosi è inevitabile anche in assenza di esplicitazione; questo avviene anche nei rapporti interpersonali, quando elaboriamo delle ipotesi sul modo di funzionamento dell’Altro all’interno della relazione.  Oggi si è giunti ad un nuovo concetto di diagnosi, più ricco e complesso rispetto a quello meramente classificatorio. Una buona diagnosi dovrebbe - Essere sia descrittiva (basata sui criteri del DSM, serve per fornire l’etichetta giusta) sia psicodinamica (basata sulla comprensione del paziente e della malattia, va ben al di là dell’etichetta); - Integrare la ricerca empirica con la competenza clinica (soggettività clinico-paziente). 1

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Conciliare la conoscenza idiografica (relativa al singolo ed irripetibile individuo) e nomotetica (relativa a ricorrenze, o leggi applicabili a più persone); - Evolvere nel tempo, seppur lentamente, a causa delle modificazioni connesse alle esperienze di vita, ai processi di maturazione del soggetto; le ipotesi dovrebbero essere flessibili ed aperte al cambiamento; - Essere un’entità complessa, multidimensionale e multistrumentale; il processo diagnostico si basa su una molteplicità di dimensioni psichiche sia consce sia inconsce, sia sane sia patologiche, provenienti da fonti diverse. - Essere connessa al senso soggettivo attribuito dal paziente al proprio sé e alle proprie esperienze. La diagnosi è utile: - Per pianificare gli interventi e per definire gli obiettivi terapeutici; - Per fornire implicazioni prognostiche a medio e a lungo termine; - Per aiutare il terapeuta a comunicare empatia; - Per ridurre la possibilità che il trattamento venga abbandonato soprattutto per certi tipologie di pazienti; - Per aiutare i clinici a comunicare tra loro, e a comunicare con i pazienti; - Per la ricerca, con riflessi sulla clinica. Va contestualizzata all’interno di una relazione (alleanza diagnostica); il processo diagnostico è infatti possibile solo in presenza di una buona alleanza diagnostica.

2. Alleanza diagnostica  È un’estensione del costrutto di alleanza terapeutica, anche se essi risultano due costrutti separati ed indipendenti: - Nell’alleanza diagnostica l’obiettivo è circoscritto e temporalmente definito, dunque rappresenta il punto di partenza per realizzare l’alleanza terapeutica - L’alleanza terapeutica può essere concepita come il processo di accordo sugli obiettivi del trattamento terapeutico, finalizzato alla costruzione di un rapporto stabile e positivo tra terapeuta e paziente, che offre a quest’ultimo la possibilità di impegnarsi produttivamente nel lavoro della terapia.  L’alleanza diagnostica può essere concepita come una posizione emotiva - Del paziente: caratterizzata dalla capacità di strutturare un rapporto di fiducia con il clinico, seppur limitato ad uno specifico obiettivo e circoscritto nel tempo; - Del clinico: caratterizzata da una propria processualità e dalla sospensione di giudizio e decisione nei confronti del paziente.  La capacità di alleanza è strettamente connessa con la struttura di personalità e con la patologia del paziente. 3. I diversi tipi di diagnosi: descrittiva e strutturale; differenziale; di funzioni e di contenuti; categoriale e dimensionale Descrittiva: per effettuarla:  Si adotta un approccio basato sui sintomi (comportamentali, cognitivi ed motivi) clusterizzandoli in sindromi sulla base dei criteri del DSM o dell’ICD. Si fa riferimento a criteri osservabili ed autoriferiti e quindi si prescinde dalla conoscenza di qualsiasi modello teorico; l’obiettivo è la costruzione di un sistema di identificazione e di classificazione sindromica ateoretico, utilizzabile da professionisti di formazione e di orientamento diversi. L’uso acritico di questa modalità è contestato dalla comunità scientifica internazionale;  Si osservano e si identificano le funzioni psicologiche che includono un determinato fenomeno clinico ed, eventualmente, la sintomatologia psicopatologica associata (usando il PDM). Differenziale  Non è una specifica modalità diagnostica poiché trasversale ai vari livelli del procedimento diagnostico.  La differenziazione può essere attuata 2



Tra aspetti organici e psicologici di un dato fenomeno clinico (divenendo eziologica). A livello descrittivo: riguarda la differenziazione fra differenti sindromi psicologiche e fra differenti funzioni sottostanti il fenomeno clinico in questione. Il processo che conduce a una diagnosi differenziale è strettamente legato al modello teorico di riferimento.

Strutturale  È basata su rappresentazioni e processi impliciti e diventa pertanto necessario un modello teorico di riferimento.  Secondo il modello di Kernberg, la diagnosi strutturale si basa su 3 criteri: diffusione vs integrazione dell'identità; meccanismi di difesa prevalenti; integrità vs compromissione dell'esame di realtà. Questi aspetti, che non possono essere né osservati direttamente né autoriferiti dalle persone interessate, vengono rilevati dal clinico in base al comportamento, alle modalità comunicative e alle reazioni emotive del paziente.  La maggiore inferenzialità della diagnosi strutturale e quindi la sua potenzialmente maggior arbitrarietà si accompagnano però alla sua sinteticità e alle maggiori potenzialità esplicative. Ad es. il solo criterio della diffusione vs integrazione dell’identità consente di rendere conto - Della presenza di oscillazioni marcate nelle emozioni sperimentate nei confronti di sé e degli altri - Della difficoltà nella comprensione del comportamento proprio ed altrui - Della difficoltà nel fornire rappresentazioni tridimensionali degli altri - Della presenza di emozioni violente, di una certa quota di vuoto interiore e di insicurezza. Si tratta di caratteristiche connesse a rappresentazioni tutte buone o tutte cattive di sé e degli altri significativi, accompagnate da affetti ugualmente polarizzati. Conoscere lo stato dell’identità dell’individuo fornisce indicazioni terapeutiche specifiche, per quanto vincolate ad un preciso modello teorico. A prescindere dall’adozione di un modello diagnostico descrittivo o strutturale, si può prediligere  Diagnosi di funzioni: descrivono il funzionamento mentale generale, i processi e le funzioni psichiche (la SCORS applicata alla TAT). A partire dagli anni ’50, in virtù dell’influenza della psicologia dell’Io, v’è stata una predilezione per gli approcci diagnostici di tipo funzionale: essi condividono alcune caratteristiche con i modelli diagnostici strutturali, il loro obiettivo è quello di riuscire ad individuare delle costanti funzionali nel modo di percepire la realtà, di regolare gli affetti, di relazionarsi agli altri.  Diagnosi di contenuti: descrivono i contenuti psichici (ORT)  In una certa misura, tuttavia, tutti i principali sistemi diagnostici attribuiscono importanza ad entrambe le dimensioni, fra loro comunque interrelate (SWAP e PDM). Nella scelta di una diagnosi descrittiva o strutturale è necessario  Individuare i potenziali informatori, ovvero le persone in grado di fornire le informazioni necessarie ad elaborare la diagnosi: - Per le diagnosi descrittive possono essere utilizzate le check-list a cura di un osservatore esterno e/o self-report - Per le diagnosi strutturali si deve fare ricorso a clinici formati alla valutazione di rappresentazioni e processi impliciti e inferenziali, quindi non è possibile utilizzare strumenti self-report. in presenza di un disturbo depressivo (basso tono dell’umore, perdita/aumento di peso in assenza di patologie organiche, senso di scarsa energia, affaticabilità, presenza di auto-rimproveri, ideazioni suicidarie) il pz può fornire alcune informazioni su di sé in modo diretto, così come per il clinico è possibile notare alcune di queste caratteristiche. La semplice rilevazione di un disturbo depressivo, tuttavia, non dice molto sulla condizione complessiva della personalità del pz, non aiuta a formulare indicazioni di trattamento efficaci, né a dare senso alla sua sofferenza. È necessaria una valutazione più globale ed omnicomprensiva che, a partire dal colloquio clinico, fornisca informazioni sulla personalità del pz e sul modo in cui tale componente depressiva venga da questi vissuta. 3





Scegliere fra diagnosi categoriale e dimensionale - Diagnosi categoriale: uno strumento che utilizza questa logica è il DSM. Prevede una chiarezza concettuale e una certa semplicità di comprensione ed applicazione delle nosografie che ne rende più facile la condivisione a livello scientifico, anche se sacrifica la complessità delle caratteristiche delle persone e le varie sfumature di un disagio o di un comportamento. Le caratteristiche del funzionamento psichico sono intese come presenti/assenti (la persona manifesta una tendenza al pensiero analitico/non la manifesta affatto) - Diagnosi dimensionale: le caratteristiche del funzionamento psichico sono intese come dimensioni. - Modelli misti: sono quelli che meglio coniugano chiarezza e precisione scientifica, ad es. il PDM e la SWAP-200. Vanno inoltre distinte: - Diagnosi nomotetica: per fare diagnosi di un disturbo devono essere soddisfatti tutti i criteri stabiliti per quel disturbo. Era utilizzata nelle precedenti edizioni del DSM. Svantaggio: generalmente è poco flessibile. - Diagnosi politetica: per fare diagnosi di un disturbo deve essere soddisfatto un numero X dei criteri N stabiliti. È utilizzata nel DMS. Svantaggio: si rischia di attribuire la stessa etichetta diagnostica a presentazioni cliniche anche molto distanti fra loro. - Diagnosi prototipica: per fare diagnosi di un disturbo si valuta la somiglianza complessiva fra la descrizione di un prototipo di disturbo e la presentazione clinica del paziente. Svantaggio: implica una maggior dose di soggettività nella valutazione.

I tratti di personalità possono essere intesi come:  Caratteristiche stabili ed essenzialmente acontestuali (concezione essenzialistica)  Tendenze a reagire in un modo specifico a stimoli interni o esterni, vissuti in modo soggettivamente analogo (concezione condizionale) 4. Scelta delle fonti e raccolta dei dati Scelta delle fonti: vi sono tre tipologie di fonti (informatori) da consultare per effettuare una diagnosi; in condizioni ottimali, la loro integrazione rappresenterebbe la scelta migliore:  Self-report: come strumenti vengono utilizzati i questionari self-report, compilati dallo stesso soggetto da valutare - Sono funzionali per una diagnosi descrittiva. - Sono gli strumenti più utilizzati nella pratica di ricerca. - Sono maggiormente predittivi di patologie internalizzati (di cui gli altri possono non accorgersi) - Vantaggi: misurano direttamente la presenza/assenza o l’intensità di comportamenti, pensieri, emozioni; economicità e semplicità di uso; assenza di distorsioni dovute alla somministrazione e all’interpretazione dei dati; scarsa intrusività; riferimento a teorie e nosografie specifiche. - Svantaggi: non ci si può affidare esclusivamente a questi strumenti poiché: i valori possono essere influenzati dalla presenza stessa di un disturbo (un pz depresso può descriversi in modo più negativo rispetto alla realtà, inficiando l’auto-descrizione della personalità); non consentono di ottenere informazioni su dimensioni e processi impliciti (mancanza di insight e consapevolezza di sé ad es. di pz con disturbo di personalità: non consentono di distinguere pz psicologicamente sani da pz con salute mentale illusoria). - È consigliabile associarli ad interviste cliniche.  Informant-report: gli strumenti sono stati originariamente messi a punto per evitare i problemi connessi alla (non) affidabilità diagnostica dei self report - Ricorrono ad informatori terzi rispetto alla diade clinica come fonti di dati sul paziente. - Sono funzionali per una diagnosi descrittiva. - Sono in grado di predire aspetti importanti del funzionamento relazionale e lavorativo del pz; sono maggiormente predittivi di patologie esternalizzanti (della cui problematicità i pz possono avere minore consapevolezza) 4

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È importante valutarne l’obiettività ma anche la tipologia di relazione che sussiste fra informatore e pz (molto spesso le patologie si realizzano nell’ambito di una cornice relazionale nella quale non è coinvolto esclusivamente il pz ma anche il familiare, ad es. nel caso genitore-figlio) - Vanno utilizzati entro una diagnosi più completa. Clinician-report: gli strumenti sono compilati da parte del clinico che conduce la valutazione. - Sono funzionali per una diagnosi strutturale - Vantaggi: si può contare sull’esperienza e competenza del clinico, in grado di valutare dimensioni sia consce sia inconsce; non vi sono bias difensivi del pz, in particolar modo evidenti qualora gli venga chiesto di descrivere comportamenti socialmente indesiderabili e/o imbarazzanti. - Svantaggi: sono comunque presenti bias del clinico

Raccolta dei dati: le principali tecniche di raccolta dei dati, che possono essere idealmente distribuite lungo un continuum che va dal minor al maggior grado di formalizzazione, sono: osservazione; colloquio libero; intervista; test  L’osservazione: non prevede un’interazione diretta fra clinico e pz  Il colloquio libero: viene utilizzato in associazione con altri strumenti, spesso self-report e test. Lascia un’ampia liberta alle peculiarità della diade clinica. In genere viene suddiviso in tre fasi: - Fase di apertura: inizia con una domanda che intende indagare il motivo per il quale il pz si è sottoposto a valutazione psicodiagnostica (“Qual è il motivo che l’ha portata qui?”); questa domanda consente di raccogliere informazioni sulla sintomatologia, approccio interpersonale, capacità del pz di osservare il proprio funzionamento psichico, motivazioni consapevoli per cui cerca una valutazione. - Fase centrale: per la raccolta e l’approfondimento delle informazioni rilevanti al fine dell’elaborazione complessiva del caso in esame (modo di essere, storia di vita, valutazione di prova di come il pz risponda al trattamento e quali tra questi sembrino metterlo maggiormente a proprio agio). - Fase finale: per fornire una breve restituzione ed eventualmente alcune indicazioni sul tipo di percorso più utile per il pz in termini di cambiamento (“C’è qualcosa di importante su di sé che vorrebbe dirmi e che io non le ho chiesto?”) Si può chiedere al pz come abbia vissuto i colloqui di valutazione, rivolte in maniera specifica alla relazione creata fra terapeuta e pz.  L’intervista  Semistrutturata: stabilisce una serie di ambiti rispetto ai quali si devono chiedere informazioni (vita sessuale, lavorativa, extralavorativa, storia scolastica, anamnesi patologica, tono dell’umore prevalente) anche se l’ordine in cui chiedere tali informazioni è libero; consente di osservare la relazione fra pz e clinico, anche se in modo meno standardizzato rispetto all’intervista strutturata.  Strutturata: stabilisce gli ambiti da indagare, le specifiche domande, l’ordine in cui vanno formulate. La standardizzazione dell’intervista strutturata può garantire maggiore oggettività.  I test: si avvalgono di una strumentazione specifica per la quale è necessaria una formazione per la somministrazione e l’interpretazione dei risultati. Differenza fra colloquio ed intervista:  Nel colloquio ci si focalizza sulla dinamica psicologo-pz e prevale una motivazione di tipo conoscitivo basata sulla presenza di un interesse reciproco all’incontro; nell’intervista predomina un’accentuazione unilaterale dell’interesse dello psicologo alla raccolta delle informazioni  Il colloquio può essere definito come una tecnica non strutturata basata sull’interazione in cui si usano prevalentemente domande aperte; l’intervista, con diversi gradi di strutturazione, è una tecnica organizzata con domande maggiormente chiuse ed orientate.  La distanza tra colloquio ed intervista è stata accentuata in passato fino a caratterizzare due metodi esclusivi di orientamenti fra loro molto distanti, ad es. dimensione clinica e sociale.  La tendenza attuale va verso l’integrazione: non è auspicabile pensare al colloquio come ad una tecnica completamente libera, priva di riferimenti, così come non lo è pensare all’intervista come ad una tecnica eccessivamente chiusa. 5

5. La formulazione del caso  È il resoconto narrativo delle informazioni raccolte nel corso dei colloqui di valutazione diagnostica.  Coniuga l’approccio idiografico con quello nomotetico: rappresenta una modalità di esposizione idiografica di quanto sintetizzato in forma nomotetica dall’etichetta diagnostica.  È l’ultima tappa del processo clinico-diagnostico.  Nella sua stesura, è un modo di ripensare il paziente.  Il suo obiettivo è la comunicazione chiara e pertinente di quanto emerso nel corso della valutazione.  Lingiardi, basandosi sui modelli offerti dalla SWAP, dal PDM e da Nancy McWilliams, ha proposto un modello di formulazione del caso capace di integrare  L’oggettività della diagnosi psichiatrica  L’attenzione alla complessità della psicologia clinica  Il rigore metodologico della psicologia accademica  Secondo l’autore, una buona formulazione del caso dovrebbe fornire informazioni su: 1. Modo di presentarsi del paziente: aspetto, modo di vestirsi, di muoversi, comportamento verbale e non verbale. 2. Lavoro (da quanto lo svolge, il rendimento) o rendimento scolastico a seconda dell’età del soggetto, hobby, tempo libero. 3. Motivazione al trattamento ed aspettative. 4. Sintomatologia: età di insorgenza, persistenza, eventuali cause scatenanti dei diversi sintomi e il senso soggettivo che i sintomi sembrano assumere nel contesto della personalità e della vita cognitiva, affettiva e relazionale della persona, eventuali farmaci assunti. 5. Rappresentazioni che il soggetto ha di se stesso incluse le credenze patogene relative a se stesso, ad es. nella personalità narcisistica bisogno di essere perfetto per sentirsi bene. 6. Rappresentazioni degli altri significativi (capacità di prendere in considerazione i punti di vista altrui, di attribuire agli altri una vita affettiva differenziata e realistica, differenze di qualità ed intensità delle relazioni) incluse le credenze patogene relative agli altri, ad es. nella personalità narcisistica credere che gli altri apprezzino bellezza e potere, e perseguire bellezza e potere. 7. Modi relativamente stabili con cui la persona vive in relazione con se stessa, con le altre persone e con il mondo in generale (pattern relazionali). 8. Motivazioni, bisogni, desideri nella vita relazionale, lavorativa e sociale ed eventuale assenza di essi. 9. Affetti prevalenti (ansia, tristezza, paura, preoccupazione, malinconia, depressione, senso di vuoto) livelli di intensità e flessibilità, capacità della persona di provare un range di affetti ampio e differenziato, meccanismi di difesa. 10. Standard ideali, valori morali cui la persona tende e livelli di maturità nella relazione fra questi ed il soggetto, livello di realismo, accettazione dell’inevitabile imperfezione umana, esperienze mediante le quali il soggetto ha maturato i propri standard. 11. Risorse della persona, esame di realtà, capacità di tollerale frustrazioni e sentimenti dolorosi. 12. Resoconto dei principali eventi della storia della persona. 6. L’errore diagnostico  In psicologia clinica, ha luogo quando si ritiene che il paziente funzioni in un modo, ed invece funziona in un altro. La valutazione può essere: - Totalmente scorretta: permea il giudizio in tutti i suoi aspetti. Avviene quando il clinico non comprende il funzionamento nucleare del paziente (dinamica del rapporto del pz con se stesso e con gli altri, spesso nascosta da sintomi più evidenti) - Parzialmente scorretta: influenza il giudizio in alcuni aspetti. Ciò può avvenire quando la diagnosi è basata sui sintomi (come nel DSM) oppure se si limita a prendere in considerazione solamente gli aspetti cognitivi, affettivi, relazionali. Avviene quando il clinico non coglie tutti i livelli di funzionamento del paziente

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 Privilegiando gli aspetti più evoluti e negando quelli più primitivi, dando luogo a diagnosi “ottimistiche”, oppure al contrario privilegiando gli aspetti più primitivi dando luogo a diagnosi “pessimistiche”.  Trascurando la capacità di alleanza terapeutica del pz, spesso a causa della comorbilità (disturbo di asse I assieme a disturbo di asse II) Gli errori possono derivare - Dal clinico: causati da due ordini di fattori spesso compresenti  Caratteristiche del funzionamento cognitivo del clinico (fattori freddi): incluse le variabili relative alla formazione, all'esperienza pregressa, alla capacità di utilizzare "pareri terzi”;  Interferenze di variabili emotive e affettive, spesso inconsapevoli (aspetti caldi). - Dal paziente: che fornisce (più o meno consapevolmente) informazioni incomplete, distorte, addirittura false. Il clinico dev’essere in grado di comprendere perché il pz menta, anche perché può essere un aspetto della patologia (soprattutto in alcuni disturbi di personalità). A tal proposito è molto pregnante l’alleanza diagnostica. Gli errori possono essere - Accidentali: non sono necessariamente meno gravi, sono meno prevenibili - Sistematici (bias): per la loro perseveranza richiedono una riflessione approfondita e la messa appunto di misure atte a contrastarli, sono più prevenibili Con l’esperienza ed il lavoro su di sé alcuni errori sistematici possono divenire accidentali, tuttavia può accadere anche il contrario e con il trascorrere del tempo alcune distorsioni accidentali possono stabilizzarsi divenendo sistematiche. I rischi di una cattiva diagnosi riguardano - L'indicazione e la conduzione del trattamento terapeutico, che possono essere completamente o parzialmente errati in funzione di quanto è stato scorretto il giudizio diagnostico. - Decisioni errate (ambito forense). Una diagnosi corretta aiuta a - Considerare le risorse del paziente e dunque scegliere il tipo di intervento più adatto  Una diagnosi errata poiché ottimistica può condurre ad aspettative irrealistiche circa l’esito della terapia;  Una diagnosi errata poiché pessimistica può portare a strutturare un intervento supportivo, di sostegno, in pz che invece avrebbero la capacità di affrontare i propri disturbi più a fondo, in una terapia espressiva e maggiormente orientata al cambiamento. - Scegliere il livello dell’intervento terapeutico (più evoluto o più primitivo): chiama in causa la via d’accesso che si è compreso essere preferenziale per l’accesso all’interiorità del pz. - Valutare l’utilità dell’impiego di più strumenti di intervento: si può prevedere l’utilità di un affiancamento farmacologico, oppure un sostegno ai familiari. Per ridurre al minimo il rischio di una cattiva diagnosi è necessario: - Utilizzare dati che provengano da fonti diverse: per una valutazione che spazi dal funzionamento cognitivo, a quello emotivo, a quello interpersonale. - Effettuare continue verifiche: perché la diagnosi non è formulata una volta per tutte - Supervisione e discussione di casi (confronto con i colleghi sia al momento della diagnosi iniziale, sia in corso di trattamento) - Psicoterapia dello psicodiagnosta: rappresenta l’unico mezzo reale per contrastare l’errore diagnostico sistematico; è ciò che consente allo psicodiagnosta di prendere in considerazione (e modificare almeno un poco) la sua risposta emotiva difensiva.

7. La restituzione  Si riferisce alla possibilità di condividere i risultati della valutazione testologica con il soggetto esaminato; oltre ai benefici per il pz, sembra che la comunicazione della diagnosi faciliti il riconoscimento delle competenze specifiche del clinico.  Per molto tempo è stata considerata inutile se non dannosa; oggi invece se ne riconosce l’importanza e non si parla più di valutazione del soggetto ma per il soggetto. 7

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Questo cambiamento di prospettiva si è sviluppato a partire dagli anni ’70 grazie al contributo della Fischer che ha proposto il costrutto di Collaborative assessment, un modello di valutazione basato sulla collaborazione tra soggetto e clinico. Finn, più recentemente, ha proposto un modello valutazione/restituzione definito Therapeutic Assessment - Il momento della restituzione (feedback) non è più visto come una comunicazione unidirezionale dei risultati dell'assessment ma come un processo interattivo in cui il soggetto partecipa, esprime la propria opinione sui risultati, sugli aspetti su cui concorda e su quelli con cui è in disaccordo. - Ciò ha messo in evidenza che i soggetti che ricevono un feedback, rispetto a quelli che non lo ricevono, riferiscono una soddisfazione maggiore, una significativa attenuazione del malessere, un incremento dell'autostima ed una maggiore fiducia nella possibilità di risolvere i loro problemi Finn e Tonsanger hanno definito un Modello Terapeutico di Valutazione (Therapeutic Model of Assessment) - Esso è inteso come modalità di valutazione ideata per fornire al soggetto una visione di sé trasformativa, dunque terapeutica. - Lo psicodiagnosta è considerato un osservatore partecipe con un ruolo attivo che influenza la modalità del processo di assessment. - La sua personalità, il suo aspetto, l'esperienza, la cornice teorica di riferimento sono considerati fattori che possono facilitare, o ostacolare, l'intero processo di valutazione. - La valutazione terapeutica non serve esclusivamente a raccogliere informazioni sul pz, è un intervento terapeutico in potenza. - La combinazione di feedback verbale e scritto è quella ideale. Il modello collaborativo, e con esso il feedback, si rivela particolarmente utile in età evolutiva, dato che consente - Di stabilire più rapidamente un rapporto con il pz: il bambino/adolescente concepisce la valutazione in un’ottica maggiormente ludica, come se fosse una sorta di gioco; - Di condividere i problemi con il soggetto più rapidamente: ciò consente di passare immediatamente al trattamento del bambino dopo l'iniziale seduta di assessment - Di seguire i progressi del soggetto, se usato periodicamente - Di fornire importanti informazioni ai genitori che, sviluppando una nuova comprensione dei problemi del figlio, possono cominciare a concepire la situazione da una nuova prospettiva. Graham propone alcune indicazioni da seguire nell’incontro di restituzione: 1. Comunicare in un modo facilmente comprensibile dal soggetto: sulla base di fattori come età, livello culturale, tipologia di disturbo, alcuni pz sono in grado di comprendere spiegazioni complesse, altri richiedono spiegazioni più semplificate 2. Usare un vocabolario che il soggetto possa comprendere: evitare il gergo psicologico o, laddove sia necessario usare un termine tecnico, è necessario chiarirne il significato. 3. Presentare sia gli aspetti positivi sia quelli negativi del funzionamento del soggetto: bisogna focalizzare l’attenzione sulle risorse e sui punti di forza, ma sia per onestà intellettuale sia per esigenze deontologiche è necessario comunicare anche gli aspetti negativi. 4. Evitare termini come “anormale”, “deviante”, “patologico” (questo termine può essere utilizzato in altri contesti, ma mai con il pz): laddove si debbano evidenziare aspetti negativi bisogna spiegare che la maggior parte dei sintomi è condivisa dalla maggior parte delle persone, anche se in misura diversa. L’obiettivo è che il pz non si senta “malato” 5. Non confondere il soggetto con una lista di aggettivi: al contrario, si dovrebbe limitare la comunicazione agli aspetti più importanti 6. Incoraggiare domande e commenti su quanto emerso: non solo al termine ma anche nel corso dell’incontro di restituzione, a maggior ragione se appare interdetto. L’obiettivo è far sì che il pz si senta partecipe, parte integrante della valutazione 7. Non intavolare discussioni con il soggetto per convincerlo che le interpretazioni sono corrette, qualora mostrasse diffidenza: ciò ne provocherebbe le reazioni difensive. È necessario 8

tranquillizzarlo, non confonderlo ulteriormente. Bisognerebbe proprio evitare di scatenare la diffidenza del pz, significherebbe che lo psicologo è andato oltre a quanto egli possa accettare. 8. Nella fase conclusiva chiedere al soggetto di riassumere i punti di maggior interesse che sono stati trattati: ciò aumenterà la possibilità che il pz ricordi ciò che è stato discusso, ed offrirà allo psicologo la possibilità di chiarire i dubbi del pz. 8. Cosa significa fare diagnosi: la valutazione psicodiagnostica nel codice deontologico  L’art.1 della Legge 56/89 (che istituisce la professione psicologica in Italia) descrive gli psicologi come figure professionali qualificate per formulare una diagnosi in ambito psicologico.  Secondo l’APA, per diagnosi si intende “la valutazione di comportamenti e di processi mentali ed affettivi anormali, che risultano disadattivi e/o fonte di sofferenza, attraverso la loro classificazione in un sistema diagnostico riconosciuto e l’individuazione dei meccanismi e dei fattori psicologici che li hanno originati e li mantengono”.  L’Ordine Nazionale degli Psicologi ha pubblicato nel 2009 il documento “Parere sulla diagnosi Psicologica e Psicopatologica” il quale cerca di specificare il contenuto dell’attività di diagnosi asserendo che la sua affidabilità dipende dalla competenza professionale dello psicologo.  Per quanto concerne la formazione che lo psicologo deve possedere finalizzata all’attività diagnostica, sono necessarie le conoscenze di base del settore acquisite con la laurea in psicologia ed inoltre sono necessari: - Un training specifico per aree diagnostiche (ad es., il testing in età evolutiva o in neuropsicologia, i questionari multi-tratto di personalità, il testing proiettivo, ecc.) - Le supervisioni - Le esperienze cliniche maturate sul campo - L’aggiornamento permanente che consente di selezionare i test più adatti in base agli studi di affidabilità e validità pubblicati in letteratura.  Questo aspetto della psicodiagnostica è attestato - Dal Codice Deontologico italiano: importante a tal proposito l’art. 7, il quale asserisce che lo psicologo deve valutare il grado di validità ed attendibilità delle fonti sulle quali basa i risultati raggiunti ed esplicitare i limiti dei risultati stessi - Dal Meta-Codice di Etica della Federazione Europea delle Associazioni di Psicologi: importante a tal proposito l’art. 3.2, secondo il quale lo psicologo ha l’obbligo di praticare entro i limiti di competenza derivanti dalla formazione, dal training e dall’esperienza.  Nell’esercizio dell’attività diagnostica, come di qualsiasi altra attività professionale, lo psicologo si assume non solo responsabilità morali, ma anche responsabilità giuridiche. A tal proposito è fondamentale l’art.5 del Codice Deontologico, secondo il quale lo psicologo è responsabile giuridicamente di un’azione professionale per imperizia o altro difetto di competenza e di esecuzione tecnica.  Lo psicologo è tenuto ad esercitare la professione nel rispetto della normativa vigente in materia civile e penale e nel rispetto del Codice Deontologico, che sancisce le norme comportamentali da rispettare. Il Codice Deontologico è diviso in 5 capitoli (principi generali; rapporti con l’utenza/committenza; rapporti con i colleghi; rapporti con la società; norme di attuazione). Gli art. che maggiormente interessano la valutazione psicodiagnostica sono: - Art. 9: lo psicologo è tenuto ad informare il soggetto o chi per esso (i genitori o chi ne fa le veci, nel caso di minorenni o di soggetti impossibilitati per vari motivi) sullo scopo del test, in modo da ottenere il consenso informato. Il soggetto possiede la facoltà di fornire o meno il consenso, o di ritirarlo. - Art. 11 e 17: lo psicologo è tenuto al segreto professionale. Deve garantire ai soggetti l’anonimato, la non reperibilità e la riservatezza. Qualsiasi documentazione relativa al pz (appunti, note, registrazione) deve essere conservata per almeno 5 anni in seguito alla conclusione del rapporto professionale.

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Il soggetto ha diritto a conoscere i risultati ottenuti al test, che gli dovranno essere spiegati con un linguaggio semplice e non tecnico. Se si lavora con i minorenni, anche i genitori hanno diritto a sapere i risultati della performance. - Art. 23, 24 e 25: regolamentano una comunicazione chiara dell’iter e dei risultati dell’intervento - Art. 21: lo psicologo non fa mai un uso improprio dei test e non può insegnare l’uso di tali strumenti a persone estranee alla professione (fa eccezione il caso di tirocinanti, specializzandi o studenti di psicologia). La vendita degli strumenti psicologici è destinata esclusivamente a chi ha una qualifica professionale. Tali regole servono sia per la sicurezza del materiale testistico, sia per prevenirne gli abusi. Un altro art. importante è il 28, il quale asserisce che lo psicologo deve evitare commistioni fra la vita professionale e quella privata, in particolare non può effettuare interventi con soggetti con i quali intrattiene relazioni significative sentimentali e/o sessuali.

MODULO 2 - USO DEI TEST 1.I test Definizioni  I test psicologici sono strumenti volti alla misurazione - Delle differenze tra individui - Delle differenze fra le reazioni di uno stesso individuo ad uno stimolo in condizioni diverse.  Secondo Anastasi, il test psicologico rappresenta una “misura obiettiva e standardizzata di un campione di comportamento”. Vi sono 4 caratteristiche in questa definizione - La “misura” è il prodotto dell’applicazione di regole per classificare o assegnare dei numeri agli oggetti, in modo che tali numeri rappresentino la quantità degli attributi o il grado in cui una qualità è presente. - L’ “obiettività” fa riferimento al fatto che la maggioranza degli aspetti legati all’attribuzione di un punteggio al test (scoring) e alla sua interpretazione sono basati su criteri oggettivi, non influenzati dalla soggettività dello sperimentatore; ciò consente la replicabilità della misura. - La “standardizzazione” si riferisce al fatto che i risultati sono concordanti e confrontabili grazie all’uniformità delle procedure nella somministrazione, attribuzione di punteggi e valutazione; l’unico elemento variabile è l’insieme delle condizioni/reazioni individuali. Se questo non avviene, non si può essere sicuri che la risposta del soggetto dipenda da alcune caratteristiche individuali, poiché la si può imputare ad una qualsiasi variazione processuale; in più, diventa impossibile confrontarla il campione di riferimento per cui diviene attuabile una valutazione esclusivamente qualitativa e non quantitativa. - Il “campione di comportamento” fa riferimento al fatto che nessuno strumento può prendere in considerazione tutte le manifestazioni comportamentali di un individuo, per cui il test farà riferimento ad un campione, maggiormente ristretto, dei possibili comportamenti che questi può manifestare.  Il test è una procedura sistematica di osservazione dell’individuo, composta da un insieme di stimoli, in grado di elicitare risposte particolari nel soggetto; questi comportamenti possono essere valutati sulla base di criteri standardizzati, ed utilizzati per prevedere determinati comportamenti futuri.  I test non forniscono misure assolute, bensì indicano quanto il soggetto si discosti dalla media del campione di riferimento per il possesso di una specifica caratteristica misurata (ad es. intelligenza).  In ogni test psicologico è rintracciabile una matrice teorica che rende lo strumento significativo per la comprensione delle situazioni esaminate.  La diagnosi testologica rappresenta un momento della diagnosi psicologica: il professionista che somministra i test può essere la stessa persona che ha svolto i colloqui o un’altra. Rispetto alla comunicazione delle informazioni dall’inviante al testista possono verificarsi due situazioni: in cieco (più utile, senza la trasmissione di informazioni in grado di produrre un bias diagnostico) o con informazioni. 10

Pro e contro dell’utilizzo dei test: i test possono presentare motivi di utilità, sia per il somministratore sia per il pz, ma anche alcune controindicazioni  Utilità per il somministratore: il clinico richiede una diagnosi testologica quando - Ha bisogno di ulteriori dati - Considera utile un approfondimento specifico e mirato su una determinata funzione (memoria, attenzione) - Ha un dubbio diagnostico (necessita di una diagnosi di personalità, di struttura, sintomatica). Soprattutto in condizione di incertezza diagnostica, i test o Rilevano ostacoli non percepiti nei primi colloqui che potrebbero manifestarsi successivamente nel trattamento, conducendo ad esiti negativi; o Valutano le risorse e gli aspetti di personalità del paziente, così come gli aspetti deficitari, in modo da evitare sforzi terapeutici inutili o dannosi o Consentono il confronto con dati normativi o Forniscono elementi utilizzabili con il paziente, relativi alla natura e all’ampiezza dei suoi problemi.  Utilità per il pz - Gli consentono, sia nel corso della somministrazione sia della restituzione, di riconoscere alcune modalità di funzionamento (strategie, difese, motivazioni) in modo più concreto e definito - Lo aiutano a comprendere la natura delle difficoltà incontrate nella vita quotidiana mediante un processo di generalizzazione - Lo tutelano dai trattamenti per lui non idonei.  Controindicazioni: i test risultano controindicati laddove - Inducano il professionista a basarsi eccessivamente sui risultati del reattivo senza utilizzare il ragionamento clinico; da ausilio al processo diagnostico, i reattivi divengono un ostacolo al processo diagnostico - Il pz necessiti di una presa in carico immediata o sia in una situazione di emergenza - Il materiale emerga dai colloqui e la diagnosi sia chiara - Siano presenti alcune caratteristiche cliniche del professionista che richiede i test: se non è in grado di collaborare, se non è capace di utilizzare materiale che non ha raccolto direttamente, se tende a tradurre le eventuali discrepanze in termini di conflitto di potere ed interpretarle come segno della propria incapacità clinica, se le sue aspettative complicano la lettura dei dati. Quando e perché si usano i test  In psicologia, i test si usano per: - Valutare qualitativamente e quantitativamente condizioni momentanee o stabili di funzionamento psichico, normale o patologico, o singole funzioni; - Rilevare tratti di personalità che perdurano e sono predittivi di comportamenti o sintomi futuri.  I test consentono di: - Formulare una diagnosi di struttura o funzionale: non tutti i clinici sono convinti dell’utilità dei test a scopo diagnostico; tali dubbi, registratisi soprattutto in passato, non riguardano specificatamente i test bensì l’attività diagnostica in quanto tale. Il processo di valutazione psicologica ha subito nel tempo molteplici variazioni dalle quali sono derivati il modello psicometrico, quello psicodinamico, quello neuropsicologico, quello umanistico e quello cognitivo-comportamentale. - Stabilire indicazioni/controindicazioni al trattamento: l’obiettivo finale, trasversale ai vari trattamenti, è l’aumento del benessere del pz, ma gli obiettivi intermedi sono differenti e c’è quindi necessità di procedure di indagine specifiche. - Individuare il focus del trattamento prescelto: un elemento fondamentale è la valutazione della tendenza del pz a pensare in termini astratti o concretise pensa in termini concreti, tenderà ad avere difficoltà nel cogliere i significati simbolico-affettivo-emotivi di quanto accade; sarà maggiormente probabile che egli rimanga intrappolato nelle varie esperienze non riuscendo a conferire loro significato, percependole non come interconnesse ma come a sé stanti. 11

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Effettuare screening in studi di tipo epidemiologico: lo screening implica la possibilità di individuare deficit mediante l’utilizzo dei test, identificando le persone che stanno bene ma sono potenzialmente a forte rischio di patologia - Valutare l’andamento di un trattamento ed il suo esito: la misurazione dell’outcome pone due problemi correlati alla scelta dei test da utilizzare, ovvero il numero di tratti misurati dallo strumento (uno vs molteplici) e il grado in cui l’utilizzo di misure di cambiamento individualizzate possa valutare adeguatamente la multiformità dell’esito del trattamento. o Gli strumenti che misurano un singolo tratto (MMPI-2) permettono di valutare un’ampia gamma di sintomi evidenziando elementi di psicopatologia che potrebbero non essere evidenti; tuttavia alcuni elementi li rendono poco significativi ai fini di un’analisi statistica. Al contrario, gli strumenti che misurano un singolo tratto (Beck Depression Inventory) possono essere ripetutamente somministrati; tuttavia presentano limiti connessi alla validità, non hanno capacità discriminanti oppure il costrutto misurato non è così ben distinto e le scale sono altamente correlate con strumenti che misurano costrutti diversi. o Benché si sostenga che pz che rientrano nella stessa categoria diagnostica appartengano ad un gruppo omogeneo, in realtà ogni pz è unico e porta nel trattamento problemi specifici. Lo scopo prioritario è quello diagnostico (diagnosticare la natura del disturbo del pz, il trattamento più indicato, gli esiti di un trattamento) Capacità richieste al professionista che somministra i test (il quale può essere la stessa persona che ha svolto i colloqui o un’altra) - Deve avere una preparazione specifica in questo ambito. - Deve avere una posizione emotivo-cognitiva diversa da quella assunta nel corso del colloquio e del trattamento; questa cambia a seconda dello strumento utilizzato (test di abilità, test proiettivi, rating scales, strumenti self-report, ecc.) e rappresenta un punto di osservazione del paziente assolutamente unico poiché consente di verificare se di fronte a stimoli diversi (il materiale testistico), il comportamento si modifichi e in quale misura.

2. Diverse tipologie di test  I criteri per classificare i test sono numerosi: - Caratteristiche esterne: carta e matita, di performance, a risposta multipla - Tipo di somministrazione: individuali, collettivi - Funzione misurata: di personalità, di efficienza - Contenuto: di attitudine, di profitto - Caratteristiche peculiari: proiettivi e non, grafici e non  La distinzione più utilizzata è fra test di rendimento (o prestazione, o efficacia) e test di personalità.  Secondo alcuni autori, la distinzione fra “proiettivo” ed “oggettivo” è fuorviante in quanto ha fatto ritenere erroneamente che le misure oggettive fossero più scientifiche ed attendibili, mentre le altre fossero meno scientifiche e meno attendibili.  Secondo alcuni gruppi di lavoro dell’APA è più utile distinguere i test in self-report (sulla base di ciò che le persone sanno di se stesse) e performance-based (sulla base dell'esecuzione di un compito; possono rientrarvi molti test considerati proiettivi, ad es. il Rorschach).  Al dibattito si è aggiunto il contributo di Fischer che, oltre a sostenere la necessità di eliminare le definizioni "proiettivo" e "oggettivo", ha proposto un'ulteriore differenziazione basata sul tipo di somministrazione, il formato e il compito richiesto; ad es. il TAT risulterebbe una prova con somministrazione individuale, con stimolo verbale e suscettibile di interpretazione. - Fra gli strumenti performance-based sono molto importanti i test tematici (il termine “thematic” viene utilizzato per indicare una serie di figure somministrate allo scopo di ottenere il racconto di storie). Fra questi, il capostipite e più noto è il TAT. - Nonostante l'uso dei disegni nel contesto del testing sia stato ampiamente criticato per la sua debolezza psicometrica, continua ad essere uno dei metodi più usati sia con soggetti in età evolutiva sia con adulti nell’ambito clinico (ne viene invece sconsigliato l’uso in ambito forense). Stabilire l’affidabilità e la validità dei disegni è estremamente difficile, data la variazione delle 12

condizioni tra una somministrazione e l'altra e la ricchezza e complessità dei disegni stessi. I metodi utilizzati per l'interpretazione dei disegni possono essere classificati in tre gruppi: o Il primo consiste nell'utilizzare le proprie impressioni globali per giungere a conclusioni sulle caratteristiche della personalità del soggetto e sul suo possibile livello di patologia. o Il secondo metodo cerca di collegare singoli segni con aspetti specifici della personalità o diagnosi specifiche. o Il terzo metodo si focalizza sulla frequenza degli indicatori di patologia presenti in un disegno. Test di rendimento: test di intelligenza, per facoltà specifiche e clinico-diagnostici Consistono in una serie di prove scelte con difficoltà crescente e standardizzate su un campione sufficientemente rappresentativo, allo scopo di valutare determinate funzioni psichiche o determinate attitudini.  Test di intelligenza 1. Test Binet-Simon: fu il primo reattivo mentale per la determinazione del QI (rapporto fra età mentale e cronologica). In una versione successiva prese il nome di scala Stanford-Binet perché realizzato appunto alla Stanford University. Venne in seguito abbandonato a favore del test di Wechsler-Bellevue, per una serie di difficoltà tecniche di natura statistica e perché le metodiche impiegate nell’infanzia non avevano risultati soddisfacenti negli adulti. 2. Test di Raven (matrici progressive): per la valutazione globale dell’intelligenza 3. Test associativo di Galton 4. Scala di Alexander: per la valutazione dell’intelligenza pratica 5. Scala di Borelli-Oléron: per la misurazione dell’intelligenza in bambini con difetti all’apparato uditivo 6. Test del lessico: per l’intelligenza linguistica 7. Guilford-test 8. Thurstone-test  Test per facoltà specifiche 1. Test di cancellazione: per la misurazione dell’attenzione 2. Scala di Oseretzki: per l’attività motoria 3. Speed-test: per la velocità nell’esecuzione di un compito 4. Prove di Nagel: per la capacità di distinguere i colori  Nell’ambito della psicologia del lavoro vi sono: 1. Test di idoneità: per prevedere il successo in un’eventuale attività futura 2. Giese-test-system: per la valutazione dell’attitudine professionale 3. Pauli-test: per la misurazione della concentrazione, della costanza e della qualità di svolgimento dell’attività lavorativa.  Test clinico-diagnostici: sono impiegati laddove si debba stabilire se il disordine è di tipo funzionale o organico. Rientrano in questo ambito - I test psicofisiologici: che studiano le modificazioni biologiche durante gli eventi psichici, sia nel soggetto normale che patologico - I test neuropsicologici: che calcolano con precisione e affidabilità aspetti come la velocità di risposta, il livello di comprensione, il linguaggio, la memoria visiva, l’abilità psicomotoria. Tra questi vi sono: 1. Matrici progressive di Raven: per lo studio del ragionamento e la soluzione dei problemi 2. Test di Goldstein: applicato ai cerebrolesi 3. Test di Benton: per lo stato di compromissione delle funzioni mentali nei bambini e negli adolescenti 4. Bender-Gestalt test: per la misurazione delle funzioni visuo-percettive e visuo-costruttive Test di Personalità  A differenza dei test cognitivi, l’interpretazione dei dati avviene mediante un’interpretazione non solo quantitativa ma anche qualitativa. 13



Si distinguono due grandi categorie: - I test obiettivi: o Sono costruiti su principi omologhi ai test di rendimento, quindi con prove o domande le cui risposte vengono dapprima quantitativamente conteggiate e poi qualitativamente valutate. o Per la costruzione degli invarianti di personalità:  Metodo della costruzione empirica: si serve delle risposte di gruppi di riferimento costituiti da individui che presentano le caratteristiche che si intendono valutare (ad es. MMPI).  Analisi fattoriale: ad es. il questionario Cattel 16 PF  Utilizzando un modello teorico con validazione sperimentale: ad es. EPI (Eysenck Personality Inventory) che si basa sulla teoria della personalità di Eysenck  Rating scales: per identificare una sintomatologia clinica e le sue possibili variazioni nel tempo - I test proiettivi o Pongono il soggetto di fronte ad una situazione ambigua a cui egli risponderà attribuendovi un proprio significato o Sono idonei all’indagine dei processi inconsci. o Il concetto di proiezione è stato introdotto da Freud come meccanismo di difesa ed evolse in seguito come meccanismo non difensivo, secondo un’accezione più ampia il cui significato è strettamente dipendente dal contesto nel quale la si utilizza. I test proiettivi, essendo materiale non strutturato che il soggetto è chiamato a strutturare, consentono di evidenziare i principi strutturanti del soggetto. o Le caratteristiche principali di questo tipo di test sono: l’ambiguità dello stimolo fornito; la molteplicità delle risposte possibili, non sottoposte al giudizio vero/falso, giusto/sbagliato; l’interpretazione della prova che, a differenza delle tecniche psicometriche, non esclude un rapporto interpersonale con l’esaminatore. o Rientrano in questo gruppo:  Il test di Rorschach  Il TAT (Thematic Apperception Test) di Murray  Il CAT (Children Apperception Test) di Bellak  L’ORT (Object Relations Technique) di Philipson  Il Blacky Pictures test di Blum  Il metodo delle favole di Düss Esistono numerosi altri reattivi proiettivi, classificabili a partire dalle tecniche impiegate per la loro strutturazione:  Produttive: prevedono sia la produzione libera del disegno, sia il disegno della figura umana e della famiglia, sia il completamento di disegni come schermi su cui proiettare il proprio vissuto;  Ludiche: non utilizzate per il trattamento terapeutico del bambino, riguardano il trattamento attraverso il gioco;  Rifrattive: basate sull’impiego di un mezzo convenzionale di comunicazione (ad es. la scrittura) per rivelare la personalità del soggetto analizzando le distorsioni che quest’ultimo provoca sull’attività di comunicazione stessa;  Costruttive: il materiale è già definito per forma e grandezza, spetta al soggetto costruire scenari più ampi (ad es. il test del mosaico di Lowenfeld e il test del villaggio di Arthus);  Costitutive: in cui partendo da elementi non strutturati il soggetto stesso definisce la struttura.

3. Scelta dello strumento  Partendo dal presupposto che non esiste un test in grado di fornire al clinico tutte le informazioni necessarie per effettuare una diagnosi, tale scelta dovrebbe essere basata - Sulla capacità del test di rispondere al quesito di invio - Sul tipo di informazione che si desidera ottenere 14



Sulla realtà clinica del paziente: ad es. se il pz è confuso non sono indicati i test poco strutturati Sull'adeguatezza della standardizzazione, della validità e dell'attendibilità del test, così come sulla conoscenza della matrice teorica sottostante e delle caratteristiche pratiche. Indicazioni per la costruzione di una batteria: - L’approccio ormai accettato da tutti gli psicologi è quello di impiegare sinergicamente un insieme di test facendone un singolo strumento diagnostico; - L'obiettivo di una batteria standard è quello di esaminare ambiti diversi del funzionamento con test diversi; - Una batteria esaustiva dovrebbe contenere, fra gli altri, un questionario self-report (ad es. MMPI2) ed una misura performance-based (ad es. Rorschach) a cui si possono aggiungere, a seconda del quesito, un test di livello (ad es. scale Wechsler) un test tematico (ad es. TAT, ORT) e dei test grafici (ad es. Bender). o L'uso congiunto di MMPI-2 e Rorschach ha trovato un ampio consenso nel corso degli ultimi anni: entrambi misurano le caratteristiche della personalità, in modo diverso seppur complementare. Il MMPI-2, in quanto self-report, è maggiormente in grado di evidenziare gli aspetti di stato (quello che il soggetto vuole che il clinico sappia) mentre il Rorschach, in quanto performance-based, è maggiormente in grado di evidenziare quelli di tratto e consente di rilevare tendenze e motivazioni implicite di cui spesso il soggetto non è pienamente consapevole. Eventuali conclusioni divergenti ottenute con i due test non sono necessariamente contraddittorie. Se il protocollo Rorschach suggerisce una psicopatologia mentre il MMPI-2 non riporta un quadro particolarmente disturbato è verosimile che il pz si muova meglio in situazioni strutturate e che tenda a disorganizzarsi in contesti più liberi o Le posizioni sul Rorschach oscillano fra due poli: alcuni studiosi sostengono che lo strumento non consenta esclusivamente un’analisi percettiva, come sostenuto inizialmente da Rorschach, ma che l’analisi contenutistica del materiale verbale consenta di entrare nel mondo idiografico del pz; il Rorschach non è uno strumento psicometrico e non andrebbe valutato psicometricamente (ogni protocollo è talmente peculiare da non rendere possibile alcun confronto). Al polo opposto vi sono autori che suggeriscono di rinominare il Rorschach con l’acronimo RIM (Rorschach Inkblot Method) in quanto si configura come un metodo in grado di generare dati interpretabili a partire da diverse prospettive teoriche e come misura di tematiche immaginative che implicano un processo di associazione, attribuzione e simbolizzazione. La letteratura internazionale privilegia il sistema comprensivo per la somministrazione e l’analisi del Rorschach.

4. Caratteristiche psicometriche dei test: secondo Anastasi, il test psicologico rappresenta una “misura obiettiva e standardizzata di un campione di comportamento”. Le caratteristiche del test sono dunque:  Obiettività  Standardizzazione  Sensibilità: capacità del test di discriminare fra individuo e individuo (occorre una gamma estesa di valutazioni all’interno della quale distribuire la popolazione da esaminare) e fra i diversi livelli evolutivi e di apprendimento dello stesso individuo (occorre che gli item siano costruiti in modo tale da abbracciare l’intero tratto evolutivo dell’attitudine che si vuole valutare).  Universalità (estensibilità): possibilità di applicare il test a culture differenti.  Praticità ed economia: comodità di impiego, semplicità di correzione e di conteggio dei punteggi; costi, tempi di applicazione ed analisi contenuti.  Attendibilità (fedeltà): coerenza dei punteggi ottenuti dagli stessi individui se sottoposti nuovamente allo stesso test o ad una forma equivalente. Può essere interpretata in base a più significati - Come stabilità nel tempo (2 somministrazioni) o Test-retest: consiste nella somministrazione dello strumento in due tempi diversi allo stesso campione. Si calcola la correlazione fra i punteggi delle due somministrazioni e più il coefficiente test-retest è alto (avvicinandosi a 1), più lo strumento è considerato attendibile. 15

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Forme parallele/equivalenti: si somministrano due versioni parallele del test allo stesso campione. Le due somministrazioni possono avvenire anche a distanza molto ravvicinata (nella stessa giornata). Si calcola la correlazione delle due somministrazioni con il coefficiente di equivalenza. Per essere equivalenti, i test devono essere uguali per quanto concerne: il numero degli item; il contenuto degli item (l’uno dev’essere una perifrasi dell’altro); la difficoltà degli item; l’ordine degli item; la media, la varianza e le intercorrelazioni. - Come coerenza interna (1 somministrazione) o Split-half: Si suddivide il test in due metà equivalenti seguendo le stesse indicazioni usate per le forme parallele, si calcola la correlazione (r di Pearson) tra i punteggi ottenuti alle due metà (come avviene per le forme parallele) e si aggiusta l’attendibilità della metà del test secondo la formula profetica di Spearman-Brown. La coerenza interna risulta bassa quando una parte del test sta misurando un costrutto e l’altra ne sta misurando un altro, ed alta quando tutte le parti del test misurano lo stesso costrutto. o Alfa di Cronbach: viene definita come la media delle intercorrelazioni tra tutte le possibili divisioni a metà del test. A differenza del KR20 E KR21 (che vengono utilizzati solo con gli item dicotomici), l’alfa di Cronbach è una misura generale - Come accordo tra siglatori (oggettività): aspetto fondamentale soprattutto per i test con risposta aperta, viene misurato applicando l’analisi della varianza e i coefficienti di correlazione.  Attendibilità secondo la teoria classica dei test  La media degli errori casuali deve essere nulla (uguale a 0). Se fosse maggiore o superiore di 0 esisterebbe un errore sistematico e non un errore casuale che distribuendosi in modo gaussiano ha media = 0.  La correlazione tra il punteggio vero V e l’errore casuale E deve essere nulla. L'entità dell'errore di misura che si commette deve essere indipendente, cioè non deve avere una relazione con l'entità delle caratteristiche che stiamo misurando. Dobbiamo supporre la stessa probabilità di commettere errori sia che la quantità del costrutto che stiamo misurando sia grande, sia che sia piccola. In caso contrario, se a quantità grandi corrispondessero errori grandi e a quantità piccole corrispondessero errori piccoli, o viceversa, se quindi ci fosse una regola, l'errore non sarebbe più casuale ma sistematico.  La correlazione fra due errori qualsiasi deve essere nulla. Non è concepibile che un errore, se davvero è casuale, possa in qualche modo essere legato all’errore commesso nella misurazione precedente, successiva o in qualsiasi altra misurazione. Validità: grado di precisione ed accuratezza mediante il quale il test misura effettivamente ciò che intende misurare, quindi la sua capacità di discriminare fra ciò che deve essere misurato e ciò che non interessa. Si hanno le seguenti forme di validità - Validità della ricerca o Interna: indica la possibilità di stabilire una relazione causale fra le variabili, di modo che una modifica applicata alla V.I. causi una modifica nella V.D. o Esterna: indica la possibilità di generalizzare la relazione riscontrata fra le variabili di una certa ricerca anche ad individui e contesti diversi. o Di costrutto: si tratta della corrispondenza tra il piano della ricerca e la teoria di riferimento. o Statistica: è collegata alla v. interna. Controlla, attraverso l'applicazione di specifiche tecniche statistiche, che i risultati della ricerca non siano dovuti al caso ma ad un'effettiva relazione causale tra le variabili, e quindi alla diretta manipolazione della V.I. o Ecologica: riguarda la percezione del soggetto sperimentale sia verso il compito sia verso l’ambiente durante lo svolgimento della sperimentazione e la possibilità di generalizzare i risultati alla vita quotidiana. - Validità della misurazione (o dello strumento): o Di facciata: riguarda le qualità superficiali ed esteriori, il fatto che il test "sembri valido" agli esaminandi che lo compilano, al personale amministrativo che ne decide l'impiego, e ad altri osservatori non tecnicamente formati. Ad es. il fatto che tutte le risposte siano su scala Likert a 16

5 passi (e che non ve ne siano alcune su scala a 6 passi). Non richiede analisi statistiche vere e proprie per essere verificata. o Di contenuto: grado in cui gli item sono un campione rappresentativo dell’universo del costrutto misurato. La sua verifica deve essere effettuata al momento della costruzione dello strumento di misura, quindi prima della raccolta dati e dell’analisi statistica. Ad es. una verifica di matematica composta solo da quesiti riguardanti le potenze non ha validità di contenuto rispetto ai polinomi. o Di costrutto: rappresenta quanto il test sia connesso al costrutto che intende misurare, la conformità tra i risultati della ricerca e le teorie che sono alla base della ricerca stessa. Ad es., se lo strumento vuole misurare l’intolleranza verso i migranti e l’ipotesi asserisce che sussiste una relazione fra autostima ed intolleranza, allora avrà buona validità di costrutto se risulterà essere inversamente correlato con l’autostima. È ulteriormente specificata in convergente/di criterio e divergente/discriminante:  Convergente/di criterio: indica la presenza di una relazione statisticamente significativa fra la misura del costrutto tramite lo strumento in esame e misure relative ad altri costrutti, teoricamente connessi al primo. Ad es. se il test misura il costrutto dell’amicalità ha una buona validità convergente quando i punteggi correlano positivamente con quelli di un altro test che misura ad es. l’apertura mentale  Divergente/discriminante: corrisponde inversamente alla validità convergente e dunque indica una correlazione negativa alta (verso -1) fra la misura del costrutto tramite lo strumento da validare e le misure relative ad altri costrutti, teoricamente non connessi al primo. Si effettua una correlazione: ad alti punteggi del costrutto in esame (amicalità) devono corrispondere bassi punteggi di costrutti teoricamente ad esso non correlati (ansia). o Predittiva: indica il grado di associazione (correlazione) fra il risultato del test ed un criterio esterno rilevante che il soggetto ottiene in un momento successivo rispetto alla somministrazione del test. Ad es. il test di ingresso all’università dovrebbe fornire indicazioni sul comportamento futuro del soggetto in relazione alle performance accademiche o Concorrente: indica il grado di associazione (correlazione) fra il risultato del test ed un criterio esterno rilevante con la differenza, rispetto alla validità predittiva, che in questo caso la misura viene eseguita insieme al criterio. Ad es. all’esame di guida per l’automobile vi è una parte con carta e matita ed una pratica. Il test carta e matita ha un’alta validità concorrente se molti soggetti che passano la prova scritta passano anche quella pratica (se la correlazione fra questi due test è alta). In maniera più pratica, la validità di un test può essere interpretata come distanza tra il punteggio ottenuto da un soggetto e il punteggio vero, puramente teorico. In un test perfettamente valido questi punteggi si equivalgono. Se così non avviene, la differenza può essere imputata  A fluttuazioni casuali (umore, stanchezza ecc.): vengono controllate nell’ambito dell’esame dell’attendibilità  A distorsioni sistematiche (quesito scritto male): vengono controllate nell’ambito dell’esame della validità.  Un test è valido nella misura in cui:  È nota la variabile psicologica misurata  È sensibile alla variabile misurata, cogliendone tutte le modalità e le gradazioni di intensità  Non è sensibile a nessun altra variabile se non quella che intende misurare. 5. L’interpretazione dei risultati dei test e la stesura del report Le fasi sono:  L’ottenimento del consenso informato del pz esaminato, al quale devono essere spiegati i motivi dell'esame (clinico, forense o altro), gli strumenti che verranno utilizzati e chi sarà il destinatario del report finale;  La raccolta dei dati del test; 17

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Lo scoring (interpretazione dei risultati): è la fase più complessa La formulazione di ipotesi preliminari e la selezione delle ipotesi da mantenere e di quelle da scartare; L’integrazione dei risultati (provenienti dall’anamnesi, dai test, dagli altri clinici) in una formulazione completa che favorisca la diagnosi differenziale, individui modelli caratteristici del funzionamento affettivo, cognitivo e interpersonale del soggetto ed evidenzi eventuali problemi nella pianificazione del trattamento; La stesura di un report significativo - Che si costituisca come sintesi scritta del lavoro di valutazione, teoricamente coerente, politico, diplomatico, strategico e persuasivo più che documento scientifico e tecnico; - Che si organizzi, al contempo, come mezzo strutturato per descrivere ad altri (psicologo, psichiatria, giudice nel caso di perizie, insegnante, lo stesso soggetto esaminato) il funzionamento del pz; le informazioni, scritte in 3 persona, devono essere utili e comprensibili per il destinatario. - Che descriva, senza focalizzarsi sul singolo test: l’interpretazione della personalità del soggetto; la presenza di eventuali problemi di adattamento; le risorse psicologiche (non solo i deficit!); gli atteggiamenti stabili; i problemi maturativi; i meccanismi difensivi; gli schemi relazionali; la possibilità di un trattamento e la sua pianificazione; - Che origini dai motivi che hanno condotto alla valutazione essendo pero in grado di andare oltre, dato che dalla valutazione stessa possono emergere aspetti non considerati inizialmente; - Errori nella stesura:  L'uso di formule statistiche che hanno poco o nessun significato per chi lo leggerà (ad es., i codici MMPI-2 o gli indici Rorschach). L'uso di punteggi grezzi, subtest, indici, siglature ecc., è accettabile se chi leggerà il report ha sufficienti conoscenze per trarne vantaggio, e viene fornita una chiara interpretazione di questi dati;  L’esposizione dei risultati di ogni test: in questo modo si forniscono informazioni sui test e non sulla persona;  La scrittura del report senza che vi siano stati momenti di colloquio con la persona valutata. - Per quanto concerne lunghezza, tempistiche e modalità di scrittura: la lunghezza non è necessariamente correlata alla qualità, ma una valutazione psicologica non può essere neanche troppo breve se si prefigge di descrivere il funzionamento psicologico di una persona. - Per quanto concerne la competenza del professionista che scrive il report: benché lo psicologo clinico cerchi di essere oggettivo quando fa una valutazione, le identificazioni proiettive e gli aspetti controtransferali influenzano il suo lavoro; pertanto è auspicabile una terza persona che aiuti a mantenere l’obiettività. Il clinico deve avere un’adeguata preparazione circa le varie teorie della personalità e la psicopatologia.

MODULO 3 – VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA IN AMBITO PSICOPATOLOGICO 1. I sistemi di classificazione: ICD-10, ICF, DSM-5, PDM ICD-10  La prima classificazione sistematica delle condizioni patologiche è stata operata a livello internazionale, quindi a livello dell’OMS, mediante la realizzazione dell’ICD, oggi alla sua decima versione tradotta in italiano (ICD-10), benché vi sia già l’undicesima versione in lingua anglosassone.  L’ICD contiene una classificazione di un’ampia gamma di malattie e dei problemi ad esse correlate (oltre 2000) ma è focalizzata sul disturbo mentale (descritto nel V capitolo) - Disturbi psichici e comportamentali di natura organica e dovuti all’uso di sostanze psicoattive; - Malattie mentali e del comportamento; - Disturbi affettivi, nevrotici, legati a disfunzioni fisiologiche, della personalità, dello sviluppo psicologico e comportamentali.  Si differenzia dagli altri manuali che sono poi stati sviluppati nel corso degli anni come il DSM, che si è focalizzato specificamente sulla malattia mentale. 18

ICF  Rappresenta una revisione della classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap (ICIDH) pubblicata dall’OMS nel 1980 a scopo di ricerca.  Ne esiste anche una versione per Bambini e Adolescenti (ICF-CY)  L’ICF descrive e misura la salute e la disabilità della popolazione; non riguarda più solo le persone affette da una malattia, bensì ha un’applicazione universale.  Gli obiettivi sono: - Fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute; - Stabilire un linguaggio comune allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utilizzatori (gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti politici, la popolazione, le persone con disabilità); - Rendere possibile il confronto fra dati raccolti in Paesi, discipline sanitarie, servizi e in periodi diversi; - Fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari  L’OMS raccomanda l’uso congiunto di ICD-10 (che fornisce una “diagnosi” delle malattie) ed ICF (che descrive il funzionamento). DSM-5  Attualmente giunto alla sua 5 edizione, è uno strumento di diagnosi dei disturbi mentali che utilizza una classificazione di tipo categoriale (suddividendo i disturbi in classi distinte) e descrittiva utilizzando criteri politetici: nessun item è necessario né sufficiente e solo un certo numero di essi deve essere soddisfatto per la diagnosi. - Le conseguenze dell’approccio politetico sono: la molteplicità di modi con cui si manifesta ogni diagnosi; l’eterogeneità dei membri di ogni categoria diagnostica; la scelta dei cut-off (punteggi soglia che determinano l’appartenenza del soggetto ad una determinata categoria).  Le sue caratteristiche sono: è nosografico (i quadri sintomatologici sono descritti a prescindere dal vissuto del singolo, e sono valutati in base a casistiche frequenziali); ateorico (non si basa su nessun tipo di approccio teorico) su basi statistiche (il sintomo acquista valore come dato frequenziale).  Si differenzia rispetto alle precedenti versioni in quanto: - Ha abolito il sistema multiassiale ed il sistema GAF (Global Assessment Functioning) - Viene trattato come un “living” document che prevede continue revisioni - La successione dei capitoli segue l’andamento del ciclo di vita - L’approccio dimensionale si associale a quello categoriale per comprendere meglio il disturbo nella sua complessità - Prevede la numerazione araba anziché romana - Tra i nuovi criteri diagnostici si osserva:  L’introduzione di nuove categorie per i disturbi di apprendimento; l’etichetta “ritardo mentale” viene mutata in “disabilità intellettiva”  Una categoria diagnostica unica per i disturbi dello spettro autistico  Il riconoscimento del BED (Binge Eating Disorder) e criteri più adeguati per la diagnosi di Anoressia nervosa e di Bulimia nervosa.  L’introduzione di una categoria diagnostica per le dipendenze comportamentali (in cui è inserito il gambling).  Il DSM, come ogni altra classificazione, non è “la Bibbia”, non va utilizzato come una checklist; presuppone un’adeguata conoscenza della psicopatologia e dovrebbe essere utilizzato semplicemente come un complemento alle proprie competenze. - Vantaggi: prevede un linguaggio diagnostico chiaro e condiviso che consente la comunicazione fra medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo. - Svantaggi: o L’applicazione del DSM alla clinica si è rivelata problematica, con il risultato che spesso sulle cartelle cliniche vengono indicate le diagnosi senza che siano state elaborate con gli strumenti appositamente costruiti a questo fine. 19

o

o

Critiche connesse ai cut-off: si diagnostica un disturbo mentale ad una persona con 3 delle caratteristiche richieste (al pari di chi le presenta tutte e 7) e “a scapito” di chi ne possiede solo 2. Non è possibile inquadrare la mente ed il comportamento umano in numeri, sezioni e categorie. Il malato non è assimilabile alla categoria diagnostica, è necessario il giudizio clinico.

La SCID-5  È utilizzata in ambito clinico, forense e di ricerca (per ricavare dati inerenti all’epidemiologia di alcuni disturbi psichiatrici).  È organizzata in varie sezioni: - Prevede una rassegna anamnestica che permette l’inquadramento e lo sviluppo delle informazioni utili per ottenere notizie cliniche rilevanti al fine di individuare il sintomo e la storia clinica del pz (dati anagrafici, sociodemografici, precedenti psicopatologici, condizione medica generale, eventuale uso di sostanze, adeguatezza del funzionamento globale); - In seguito vi sono delle domande centrate sui criteri diagnostici, per effettuare diagnosi.  È costruita - In maniera modulare, allo scopo di escludere ciò che non è importante ai fini diagnostici. Ogni modulo corrisponde ad uno specifico raggruppamento diagnostico suddiviso per i diversi disturbi. - Con una struttura ad alberi decisionali, che permette di approfondire il disturbo presentato o di passare direttamente a quello successivo in caso questo non sia presente. PDM: caratteristiche, struttura, vantaggi e svantaggi Caratteristiche  Rappresenta una nosografia sistematica dei disturbi psichici (e non dei sintomi, come il DSM) esplicitamente fondata su un modello psicodinamico e sostenuta dai dati della ricerca empirica.  È complementare al DSM e finalizzato alla formulazione del caso e alla progettazione degli interventi.  Si costituisce come una tassonomia di persone (e non di patologie, come il DSM) consentendo di sviluppare una conoscenza del pz idiografica oltre che nomotetica.  Integra la clinica psicoanalitica e le ricerche psicoanaliticamente orientate, ed è uno strumento: multiassiale; dimensionale-categoriale; prototipico.  Assume come condizione di partenza la comorbilità fra disturbi e il fatto che lo stesso disturbo possa presentarsi con caratteristiche diverse in soggetti diversi.  L’obiettivo principale è la possibilità di formulare una diagnosi psicodinamica. Gli altri fondamentali obiettivi sono: - Comprendere le origini sia biologiche sia psicologiche del disagio mentale - Indicare il miglior trattamento - Descrivere la complessità dei fenomeni clinici - Creare un legame tra complessità clinica e scientificità della ricerca empirica - Inquadrare i modelli sintomatici all’interno di sistemi tassonomici già esistenti - Fornire una nuova prospettiva psicodinamica volta ad incrementare la comprensione dei diversi approcci al trattamento  Prende inoltre in considerazione aspetti spesso trascurati dagli altri sistemi diagnostici come ad es. - L’esperienza soggettiva del pz - Le diverse componenti del funzionamento mentale - La dimensione evolutiva della diagnosi - La struttura della personalità come contenitore dei sintomi  Differenze fra DSM-IV-TR e PDM: DSM

Multiassiale (5 assi)

Categoriale (eccetto Asse V dimensionale)

Politetico

Ateorico

20

Obiettivo: creare un linguaggio comune

Malattia definita da: presenza o assenza di

PDM

Multiassiale (3 assi)

Categoriale/ Dimensionale

Prototipico

Psicodinamico

Obiettivo: formulazione del singolo caso

sintomi Malattia definita da: esperienza del pz

Struttura Il Manuale è diviso in tre parti: classificazione dei disturbi mentali degli adulti; classificazione dei disturbi mentali di bambini ed adolescenti; basi concettuali ed empiriche per una classificazione dei disturbi mentali. Classificazione dei disturbi mentali degli adulti: vengono distinti 3 assi (P, M, S) Asse P (Pattern e disturbi della personalità)  Valuta: la condizione generale della persona lungo un continuum di funzionamento (da sano a disturbato); le modalità caratteristiche mediante le quali l’individuo organizza il proprio funzionamento mentale e si relaziona con l’ambiente esterno.  Seguendo il modello di Kernberg, il funzionamento della personalità viene articolato su tre livelli: sano, nevrotico e borderline (di livello alto, più vicino al registro nevrotico e di livello basso, più vicino al registro psicotico).  Vengono indagate 7 funzioni fondamentali: identità; relazioni oggettuali; tolleranza degli affetti; regolazione degli impulsi e degli affetti; integrazione di super‐Io, ideale dell’Io e Io ideale; esame di realtà e forza dell’Io; resilienza.  I disturbi elencati in quest’asse sono: schizoidi, paranoidi, psicopatici (antisociali; passivi vs aggressivi), narcisistici (arroganti/che credono di avere tutti i diritti vs depressi/svuotati), sadici e sadomasochistici, somatizzanti, dipendenti (passivi-aggressivi; controdipendenti), fobici (evitanti; controfobici), ansiosi, ossessivo-compulsivi (ossessivi vs compulsivi), isterici (istrionici; inibiti vs espansivi/esuberanti), dissociativi, misti. Di ogni disturbo vengono descritti - I pattern costituzionali-maturativi (ad es. per i disturbi depressivi di personalità, la possibile predisposizione genetica) - La tensione/preoccupazione principale (la polarità bontà/cattiveria e solitudine/relazionalità) - Gli affetti principali (tensione, senso di colpa, vergogna) - Le credenze patogene caratteristiche relative a se stessi (c’è qualcosa di intrinsecamente cattivo o inadeguato in me) e agli altri (le persone che mi conosceranno davvero mi rifiuteranno) - I modi principali di difendersi (introiezione, capovolgimento, idealizzazione degli altri, svalutazione di sé) - Gli eventuali sottotipi (introiettivo, anaclitico) Asse M (Funzionamento mentale)  Viene valutato attraverso la considerazione di 9 funzioni psicologiche - Capacità di mantenere regolazione ed attenzione ed apprendere dall’esperienza; - Capacità di stabilire relazioni interpersonali e di intimità; - Qualità del vissuto interiore; - Capacità comunicativa, espressiva ed emotiva; - Modelli difensivi e strategie di coping; - Capacità di formarsi rappresentazioni interne; - Capacità di differenziazione ed integrazione sé/altro; - Competenze metacognitive; - Senso di moralità o capacità di costruire/ricorrere a standard ed ideali interni.  Per ciascuna di queste funzioni viene fornita una descrizione sintetica ed una guida orientativa alla loro valutazione. Ad es. la capacità di relazioni ed intimità può essere idealmente disposta su un continuum dal quale si evidenziano i livelli di: capacità di intimità profonda anche in condizioni di profondo stress; presente ma intaccata da emozioni forti (rabbia o angoscia di separazione); superficiale o orientata al bisogno; indifferente agli altri. 21



Dopo avere valutato ognuna di queste funzioni, si valuta il funzionamento mentale complessivo su una scala a 8 livelli che va da “Capacità mentali ottimali” a “Gravi lacune nel funzionamento di base”.

Asse S (Sintomi)  Riprende le categorie diagnostiche del DSM-IV-TR descrivendo però l’esperienza interna dei sintomi così come esperiti dal pz, nel contesto della struttura generale di personalità e del funzionamento della persona; tali sintomi non sono considerati disturbi a se stanti ma espressione dei modi mediante i quali i soggetti affrontano le esperienze.  Essi sono: disturbi dell’adattamento; d’ansia (traumi psichici, disturbi post-traumatici da stress, fobie e doc); dissociativi; dell’umore (depressivi e bipolari); somatoformi (di somatizzazione); dell’alimentazione; psicogeni del sonno; sessuali e dell’identità di genere (disturbi sessuali, dell’identità di genere e parafilie); fittizi; da controllo degli impulsi; da uso/dipendenza di sostanze; psicotici; mentali basati su una condizione medica generale  Rispetto al sintomo, si valutano: - I vissuti affettivi: ad es. per i disturbi d’ansia, spesso sono connessi a 4 situazioni di pericolo di base: perdita di un altro significativo, da cui derivano sentimenti di abbandono; perdita dell’amore, sentita come rifiuto; perdita dell’integrità corporea, spesso associata a paure di mutilazione e danno agli organi genitali; perdita della conferma della propria coscienza morale, accompagnata da ansia, sensi di colpa e vergogna. - I pattern cognitivi: distrazione, confusione, difficoltà di pensiero. La paura di avere paura conduce all’evitamento di numerose situazioni. - Gli stati somatici: tensione, mani sudate, battito cardiaco accelerato, urgenza di mingere o defecare, difficoltà respiratorie o sensazione di essere disconnessi dal proprio corpo. - I pattern relazionali: espressioni della paura di essere rifiutati e del senso di colpa, conflitti relativi alla dipendenza. Classificazione dei disturbi mentali di bambini ed adolescenti L'ordine di valutazione degli assi è diverso rispetto a quello degli adulti, in considerazione del carattere "in formazione" della personalità infantile:  Si valuta dapprima il funzionamento mentale complessivo del bambino mediante l’Asse MCA è analogo all’asse M della sezione adulti sebbene le 9 funzioni psicologiche debbano essere lette ed interpretate tenendo in considerazione la differenza di età  In seguito si valuta il livello di sanità e la tipologia prevalente della personalità mediante l’Asse PCA - Colloca la struttura di personalità su un continuum che va da modelli normali a modelli lievemente, moderatamente e gravemente disfunzionali - Questa valutazione si basa su un insieme di funzioni della personalità infantile e adolescenziale come: la profondità e la flessibilità delle relazioni; l’espressione delle emozioni; le fantasie interne; i pensieri e gli affetti; le strategie di coping e di difesa; l’esame di realtà; la capacità di regolare gli impulsi, le proibizioni interiorizzate e i valori; la capacità di auto‐osservazione e comprensione della vita emotiva - Il clinico deve inoltre valutare i tipi di personalità prevalenti nel pz; le categorie sono: timorosi della vicinanza/intimità (schizoidi); sospettosi/diffidenti; antisociali (sociopatici); narcisistici; impulsivi/esplosivi; autopunitivi; depressivi; somatizzanti; dipendenti; evitanti/coartati (con variante controfobica); ansiosi; ossessivocompulsivi; istrionici, su base disregolatoria; misti.  Infine si valutano i pattern sintomatici e la loro esperienza soggettiva mediante l’Asse SCA delinea i modelli cognitivi, affettivi, relazionali e somatici che caratterizzano l’esperienza soggettiva dei sintomi delle diverse sindromi cliniche illustrate dal DMS-IV-TR; prende in considerazione le risposte sane, i disturbi d’ansia, dell’umore/affettivi e del comportamento dirompente, i disturbi reattivi, i disturbi del funzionamento mentale (ad es. della scrittura e del calcolo), i disturbi psicofisiologici (anoressia e bulimia), i disturbi dello sviluppo (del sonno, la sindrome autistica e di Asperger). Per la valutazione dei neonati e dei bambini piccoli si usa l’asse IEC (Infancy and Early Childhood), che distingue i disturbi primari in 3 categorie: 22

  

Disturbi interattivi: ansia, depressione e comportamento dirompente Disturbi regolatori dell'elaborazione sensoriale: deficit dell'attenzione, iperattività e ricerca di sensazioni Disturbi neuroevolutivi della relazione e della comunicazione: assorbimento in se stessi, perseverazione e comunicazione disfunzionale

Vantaggi e svantaggi Vantaggi  Capacità di coniugare clinica e ricerca.  Struttura politetica e multiassiale che consente di valutare in modo composito il funzionamento psichico del pz.  Valorizza la soggettività del pz.  Attenzione ai pattern controtransferali per valorizzare il ruolo del clinico.  Individua le risorse dei pazienti, a differenza del DSM ed in linea con la SWAP.  Attenzione alla dimensione evolutiva: il PDM dedica un’intera sezione alla valutazione dei pz fra gli 0 e i 18 anni. Svantaggi  L’Asse P (ed anche PCA) necessita di ulteriori ricerche.  Necessità di protocolli di colloquio e di strumenti di valutazione pragmaticamente connessi al Manuale.  Gli Assi S e SCA sono troppo legati al DSM, ed il PDM sembra sottovalutare alcuni aspetti psicopatologici diffusi come l’ipocondria e il panico.  Maggiore articolazione nella trattazione delle problematiche psicotiche e dissociative e quelle connesse ai sintomi psicosomatici e ai disturbi alimentari. 2. La diagnosi psicodinamica con l’OPD-2 (Operazionalized Psychodinamic Diagnosis)  È uno strumento diagnostico di stampo psicodinamico ed è “operazionalizzato”, nel senso che sono descritti in maniera precisa i criteri che conducono alla diagnosi al fine di ridurre distorsioni soggettive.  Si propone come complementare rispetto agli schemi di classificazione fenomenologica, poiché tenta di integrare le categorie descrittivo-empiriche (ICD-10 e DSM-IV-TR) con quelle dimensionali, consentendo una valutazione articolata del funzionamento globale del pz.  Rappresenta altresì uno strumento di ricerca in quanto permette di studiare le variabili diagnostiche considerate, formulare indicazioni differenziali e testare la validità del trattamento e dell’esito.  La diagnosi è multiassiale (i primi 4 assi sono di matrice psicoanalitica mentre il 5 si riferisce ad una visione descrittivo-fenomenologica sulla base delle categorie dell’ICD 10 e del DSM-IV-TR) ed organizzata secondo 5 dimensioni: Vissuto di malattia e presupposti per il trattamento (Asse I); Relazioni (Asse II); Conflitti (Asse III); Struttura (Asse IV); Disturbi Mentali e Psicosomatici (Asse V). - Asse I: o La dizione “vissuto di malattia” rappresenta il livello di elaborazione, l’esperienza soggettiva della malattia da parte del pz, che da un lato influisce sulle capacità individuali utilizzate per affrontare la malattia stessa, dall’altro è il risultato dei meccanismi di controllo messi in atto dal pz. o Per ottenere una visione globale relativa al vissuto di malattia, il clinico deve esaminare i 19 item costitutivi del I asse, raggruppabili in sei dimensioni: tipo e gravità dell’attuale stato di malattia; contesto sociale; relazione medico-paziente; contesto psicosociale; caratteristiche di personalità; motivazione alla cura. - Asse II: o Transfert e controtransfert diventano strumenti per la diagnosi interpersonale, che comprende:  Sia la rappresentazione interna che il paziente ha delle proprie modalità relazionali (prospettiva esperienziale del pz) 23



Sia la valutazione di come gli altri, incluso il clinico, interagiscono con il comportamento relazionale del paziente (prospettiva esperienziale degli altri).

-



Asse III: o Consente la valutazione dei conflitti interni persistenti nel tempo, che si palesano in alcune aree significative della vita di una persona come ad es. la scelta del partner, la vita familiare, la famiglia d’origine, il contesto professionale, il vissuto di malattia. o I conflitti considerati sono: 1) Dipendenza vs autonomia; 2) Sottomissione vs controllo; 3) Accudimento vs autarchia; 4) Conflitti relativi all’autostima, ad es. conflitti narcisistici, valorizzazione del sé vs valorizzazione dell’oggetto; 5) Conflitti relativi al Super-Io e conflitti di colpa; 6) Conflitti edipico-sessuali; 7) Conflitti relativi all’identità (identità vs dissonanza). o Per ogni tipo di conflitto è possibile individuare una modalità di elaborazione passiva (comportamento centrato sull’altro fino alla dipendenza dall’oggetto) ed una attiva (ritiro passivo sul sé che corrisponde ad un comportamento egocentrico). - Asse IV: o Mira alla valutazione dell’adeguatezza della struttura psichica, intendendo per “struttura” l’insieme complesso delle disposizioni psichiche, che comprendono tutto ciò che avviene regolarmente e ripetutamente nel vissuto e nel comportamento dell’individuo sia a livello conscio che inconscio. o Ci si riferisce alla struttura del sé in relazione all’altro, definita attraverso 6 dimensioni: percezione del sé; autoregolazione; difese; percezione dell’oggetto; comunicazione; legame. o All’interno di ogni dimensione si distinguono 4 livelli di integrazione della struttura (bene integrata, moderatamente integrata, scarsamente integrata, non integrata). - Asse V: la valutazione diagnostica avviene su tre assi: o Asse Va: in questo asse vengono classificati i disturbi mentali e psicosomatici; viene richiesto di formulare una diagnosi principale e altre tre eventuali diagnosi. o Asse Vb: in questo asse vengono classificati i disturbi di personalità; è possibile formulare al massimo due diagnosi, identificando quella che ha la massima rilevanza clinica. o Asse Vc: in questo asse vengono classificati i disturbi organici. Anche qui è possibile formulare una diagnosi principale e altre tre eventuali diagnosi. L’OPD prevede uno schema di conduzione del colloquio clinico che segue precise modalità e che sonda specifiche aree di indagine. Le 5 fasi sono: - Apertura: il clinico deve comunicare al paziente la cornice temporale e lo scopo del colloquio, invitandolo a fornirgli le informazioni necessarie per la comprensione del suo disturbo. - L’indagine degli episodi relazionali: dedicata alla discussione delle esperienze relazionali del pz mediante episodi specifici. Il clinico deve essere in grado di analizzare gli eventi presenti nel transfert e nel controtransfert e servirsi del racconto di episodi che si riferiscono ai pattern relazionali disfunzionali. - L’esplorazione dell’esperienza di Sé: il clinico deve considerare come il pz vive soggettivamente le aree della sua vita e come queste appaiono di fatto. - L’esplorazione dello stile di vita e dell’esperienza dell’altro in aree significative (ad es. la professione, il rapporto di coppia, il rapporto con gli altri significativi) in modo da comprendere come il pz vede gli altri sia nel qui ed ora sia nel lì ed allora. - Le motivazioni alla psicoterapia, i presupposti per il trattamento, la capacità di riconoscere i nessi: il clinico dovrebbe valutare come ha vissuto il pz fino a quel momento e quale problema principale è riuscito ad individuare.

3. Test per la valutazione psicopatologica  L’esistenza di molteplici scale psichiatriche non facilita la scelta, che generalmente ricade in quelle che sono tradotte e validate; tra queste le rating scales sono le privilegiate, in quanto: - Sono di rapido e facile uso - Rendono confrontabili situazioni cliniche anche molto diverse tra loro 24



Forniscono un quadro sintetico e quantificato della situazione del paziente e permettono di valutare in vari momenti il decorso della malattia e della cura. Tra le rating scales più importanti vi sono: le scale per la valutazione della depressione; dell’ansia; del funzionamento globale; della psicopatologia generale; delle psicosi.

3.1. Scale di valutazione per la depressione: Hamilton Depression Rating Scale (HDRS o HAM-D); Questionario D del Cognitive Behavioural Assessment 2.0 (CBA 2.0); Beck Depression Inventory-II (BDI-II) Clinical Depression Questionnaire (CDQ), anche denominato IPAT Depressione scale.  Sono, assieme a quelle dell’ansia, le più famose e numerose e sono sia eterovalutative che autovalutative (caratterizzate da difficoltà di somministrazione: un depresso grave può non essere in grado di compilarle autonomamente).  In queste scale si ha la massima evidenza della correlazione con la teoria dell’autore che l’ha elaborata, per cui ognuna misura dimensioni diverse.  Tra le più famose si ricordano: 1. Hamilton Depression Rating Scale (HDRS o HAM-D) - È una scala che valuta lo stato depressivo del pz; è stata introdotta nel 1960 da Hamilton ed inizialmente aveva 17 items, in seguito portati a 21. È una tra le scale più conosciute ed utilizzate al mondo per qualsiasi studio sulla depressione, anche se non è una scala specifica per il disturbo depressivo. - Ogni area indagata rappresenta un singolo item della scala; esse sono: umore depresso; senso di colpa; idee di suicidio; insonnia iniziale, intermedia e prolungata; lavoro e interessi; rallentamento di pensiero e parole; agitazione; ansia di origine psichica e somatica; sintomi somatici gastrointestinali, generali e genitali; ipocondria; introspezione; perdita di peso; variazione diurna della sintomatologia; depersonalizzazione; sintomatologia paranoide ed ossessiva. - L’esaminatore attribuisce ad ogni item un punteggio. Dato che i primi 17 items sono considerati quelli nucleari della depressione, vi si stabiliscono i cut-off di gravità. Un punteggio ≥ 25 indica una depressione grave. - Questa scala esplora la sintomatologia depressiva indipendentemente dal contesto psicopatologico-clinico in cui essa si colloca, posto che tale componente depressiva può essere riscontrata in qualsiasi ambito diagnostico. - Il punteggio totale non può essere considerato espressione della gravità della depressione ma piuttosto della sua pervasività. A tal proposito sono state introdotte diverse fattorializzazioni, una delle più utilizzate è quella di Cleary e Guy che hanno isolato 6 fattori: ansia/somatizzazione; peso; disturbi cognitivi; variazioni diurne; rallentamento; disturbi del sonno. - Secondo l’autore, l’HAM-D non è uno strumento diagnostico e non deve essere usato per questo scopo. - L’affidabilità della scala, in termini di consistenza interna ed inter-reliability, è risultata abbastanza buona. La valutazione della validità è problematica poiché, essendo la HAM-D uno standard, quando la scala di confronto non è in accordo con essa è difficile stabilire quale sia la scala “giusta”. 2. Questionario D del Cognitive Behavioural Assessment 2.0 (CBA 2.0) - Il Questionario D è stato costruito da Bertolotti et al. per essere inserito nella batteria Cognitive Behavioural Assessment 2.0, un insieme di strumenti auto-descrittivi utile per ottenere un primo screening su molte aree psicologiche disfunzionali. È stato messo appunto per verificare l’efficacia dell’intervento cognitivo-comportamentale. - Il questionario è composto da 24 item e misura manifestazioni disforiche e depressive di rilievo sub-clinico. Bassi punteggi indicano l’assenza di manifestazioni depressive; alti punteggi indicano l’esistenza di una condizione disforica non necessariamente depressiva. - L’attendibilità (consistenza interna) è risultata buona. - Per quanto concerne la validità: si caratterizza come una misura monofattoriale omogenea e stabile, sensibile a variazioni d’età e di genere. Per la valutazione della validità di costrutto, i 25

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punteggi del questionario sono stati confrontati con quelli del Beck Depression Inventory (BDI) e la correlazione è risultata abbastanza forte da considerare il costrutto valido. Vantaggi: campione normativo italiano ampio, scoring computerizzato, norme specifiche d’ausilio alla somministrazione della batteria in ambito ospedaliero. Limiti: l’uso del questionario rientra all’interno della batteria completa che richiede tempi di somministrazione lunghi.

3. Beck Depression Inventory-II (BDI-II) - È stato ideato da Beck nel 1996, è costituito da 21 items, ed è lo strumento di misura della presenza e della severità della depressione più utilizzato al mondo, nonostante presenti alcuni limiti clinici e psicometrici: esiste un 18% di pericolo di falsi positivi; manca il controllo della desiderabilità sociale; v’è una scarsa capacità discriminativa fra depressione ed ansia. - Esso rappresenta un aggiornamento dell’inventario originale (BDI) e della sua revisione parziale (BDI-IA); benché tale nuova versione della scala faccia riferimento ad un sistema di classificazione categoriale (alla base del DSM-IV-TR), il modello cognitivo della depressione segue un approccio dimensionale, collocando la depressione lungo un continuum di gravità alle cui estremità si trovano, da una parte, i sintomi più lievi e non clinici e, dall’altra, i disturbi clinici più gravi. - Le norme della versione italiana sono basate su un campione di taratura italiano (composto da studenti universitari ed adulti tratti dalla popolazione generale) e un campione clinico (composto da soggetti con disturbi depressivi e da un gruppo di controllo). - Per quanto concerne l’attendibilità, gli indici di coerenza interna e test-retest sono ottimi sia nella versione originale che in quella italiana. 4. Clinical Depression Questionnaire (CDQ), anche denominato IPAT Depressione scale - È stato elaborato da Krug nel 1976; deriva dal CAQ, a sua volta costituito da una forma abbreviata del Questionario Cattel 16 PF. - Si compone di 36 item, che dimostrarono un’eccellente validità per la misura del fattore puro della depressione. Tuttavia, attualmente esso non possiede più una validità pratica rispetto al criterio diagnostico, dato che i criteri per la diagnosi di depressione sono stati in parte modificati dal DSM. - L’attendibilità in termini di coerenza interna è alta. 3.2. Scale di valutazione dell’ansia: Hamilton Anxiety Scale (HAS o HAM-A); Beck Anxiety Inventory (BAI); Anxiety Scale Questionnaire (ASQ); State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y). 1. Hamilton Anxiety Scale (HAS o HAM-A) - Fu elaborata da Hamilton nel 1959 per valutare l’andamento della patologia in pz per i quali era già stata formulata una diagnosi di disturbo ansioso, e non per valutare l’ansia di pz affetti da altri disturbi psichici. - È composta da 14 item ognuno dei quali rappresenta un cluster contenenti diversi sintomi associati tra loro. L’analisi fattoriale ha consentito di estrarre i due fattori di Ansia Somatica ed Ansia Psichica. Un punteggio totale intorno a 18 è considerato patologico. 2. Beck Anxiety Inventory (BAI) - È stato ideato da Beck nel 1988 ed è una scala di autovalutazione per l’ansia composta da 21 item che indagano in che misura il paziente è stato disturbato, nell’ultima settimana, dai sintomi tipici dell’ansia. - È affidabile e ben validata. - Non è adatta per la valutazione dell’ansia generalizzata e non discrimina fra i diversi disturbi d’ansia e tra i disturbi d’ansia e la depressione ansiosa. 3. Anxiety Scale Questionnaire (ASQ) - È un questionario di autovalutazione, elaborato da Cattel nel 1963, che valuta l’ansia-tratto (modalità tipica della personalità). 26

4. State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y) - Ideato da Spielberg nel 1964, valuta sia l’ansia di stato (intesa come situazione transitoria episodica, mediante la scala Y1, costituita da domande riferite a come il pz si sente in quel momento) sia l’ansia di tratto (intesa come modalità tipica della personalità mediante la scala Y2, costituita da domande che indagano come il soggetto si sente abitualmente). - È un questionario di autovalutazione su scala Likert a 4 passi. È composto da 40 items, 20 riguardanti l’ansia di stato (Y1) e 20 riguardanti l’ansia di tratto (Y2). Il ruolo degli eventi psicosociali stressanti: la Scala di Paykel  Il ruolo degli eventi psicosociali stressanti (o "life events") nello scatenamento della patologia psichica è generalmente riconosciuto dalla maggior parte dei clinici anche se risulta difficile stabilire - Quali tra gli eventi di vita possano assumere il ruolo di stressors - Il loro significato specifico per ciascun individuo. È stato quindi proposto da diversi autori un modello di relazione circolare tra evento e manifestazione psicopatologica, piuttosto che un modello di relazione lineare causa-effetto.  Le scale di life events possono essere - Soggettiva: individuato l’evento stressante, il soggetto valuta l’importanza che ha avuto per lui in quella circostanza. - Normative: si assegna un "peso" a certi eventi che rappresenta il potenziale impatto sul soggetto. La scala normativa più conosciuta è l’Interview for Recent Life Events - IRLE di Paykel et al. Essa prende in considerazione gli ultimi sei mesi, suddivide gli eventi in 10 categorie (ad es. lavoro, educazione, problemi economici) e di ciascun evento richiede di valutare l’indipendenza dalla malattia e l’impatto oggettivamente negativo. Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2)  L’EDI venne sviluppato da Garner nel 1983; è uno strumento per la valutazione su più livelli delle caratteristiche psicologiche correlate all'anoressia e alla bulimia.  La scala è composta da 64 item raggruppati in 8 aree: Spinta verso la magrezza, Bulimia, Scontentezza per il corpo, Inadeguatezza, Perfezionismo, Sfiducia interpersonale, Consapevolezza interocettiva (capacità/difficoltà nel riconoscere emozioni e sensazioni connesse alla fame/sazietà) e Paura della maturità. In una revisione successiva (EDI-II) vennero aggiunti 27 item raggruppati in 3 aree. 3.3. Scale per la valutazione del funzionamento globale: Visual Analogue Scale (VAS) e Clinical Global Impressions (CGI)  Valutano la gravità complessiva del disturbo in base ad un criterio/combinazione di criteri cui fare riferimento (invalidazione sociale, grado di autonomia del pz).  Vengono compilati da un osservatore. 1. Visual Analogue Scale (VAS) - È stata elaborata da Aitken nel 1969 ed è il prototipo delle scale analogiche. - L’esaminatore deve collocare su un segmento della lunghezza di 10 cm il livello di gravità della patologia del pz, considerando che l’estremo sinistro corrisponde ad assenza di patologia (condizione di normalità) e quello destro alla gravità massima. - La misura della gravità è espressa dai centimetri che intercorrono fra l’estremità sinistra ed il punto del segmento in cui viene collocato il pz. - Originariamente è stata proposta per misurare la depressione; in seguito, è stata usata per la valutazione della psicopatologia generale. 2. Clinical Global Impressions (CGI) - È stata elaborata da Guy nel 1976. - Viene usata soprattutto nella ricerca in ambito psichiatrico 27

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Considera 3 ambiti: o Gravità della malattia o Miglioramento globale dei sintomi: all’inizio dello studio clinico viene fatta un’analisi sulle condizioni della malattia prima del trattamento; durante il trattamento, se ne valuta l’efficacia o Efficacia dei farmaci rapportata ai loro effetti collaterali: si considera la frequenza e l’entità degli effetti collaterali dei farmaci sul pz

3.4. Scale per la valutazione della psicopatologia generale: Symptom Checklist-90-revised (SCL-90-R) e Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS)  Sono costituite da elenchi abbastanza lunghi di sintomi o di comportamenti di cui si deve valutare la presenza/ assenza o, più spesso, la gravità.  Spesso sono dei veri e propri esami psichici più o meno rigidamente guidati e possono portare ad una valutazione diagnostica automatica grazie all’impiego di specifici programmi computerizzati 1. Symptom Checklist-90-revised (SCL-90-R) - È il questionario più importante di autovalutazione della psicopatologia generale - Gli item vengono raggruppati in 9 cluster: o Somatizzazione: disagio psichico riflesso sugli apparati fisici; o Ossessività-Compulsività: il pz si focalizza sugli impulsi, i pensieri e le azioni totalizzanti, di natura egodistonica; o Sensitività interpersonale: sentimenti di inadeguatezza ed inferiorità in relazione agli altri; o Depressione: sentimenti di disperazione, ideazioni suicidaria; o Ansia: nervosismo, tremore, attacchi di panico, terrore; o Ira-Ostilità: pensieri caratteristici di uno stato affettivo negativo di rabbia; o Ansia fobica: persistente reazione di paura percepita come irrazionale e sproporzionata rispetto agli stimoli; o Ideazione paranoidea: pensieri proiettivi, grandiosità, riferimento a sé, deliri; o Psicoticismo: il costrutto viene inteso come dimensione continua dell’esperienza umana; ritiro ed isolamento e sintomi di primo rango della schizofrenia (deliri ed allucinazioni) - La scala fornisce 3 indici globali di disturbo: o Indice di gravità globale: include sia il numero dei sintomi riferiti, sia l’intensità del disagio o Indice di disturbo dei sintomi positivi: misura dell’intensità del disagio o Indice totale dei sintomi positivi: misura del numero dei sintomi - È applicabile a popolazioni normali e psichiatriche e agli adolescenti. - Il tempo richiesto per la somministrazione è 12/15 minuti. - Per quanto concerne le caratteristiche psicometriche: ha una buona attendibilità test-retest e di coerenza interna e validità di costrutto e predittiva. 2. Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) - È stata elaborata da Overall et al.; - Fornisce una descrizione dello stato psichico della persona mediante l'analisi delle sue funzioni psichiche e del comportamento; - La BPRS 4.0 comprende 24 item, ciascuno valutato con una scala a 7 livelli di gravità, un manuale ed un’intervista semistrutturata che facilita la descrizione dei sintomi e della loro gravità. - Copre aree sintomatologiche relative ai disturbi affettivi, ansiosi e psicotici. 3.5. Scale per la valutazione delle psicosi 1. Scale for the Assessment of Negative Symptoms (SANS)  È stata elaborata dalla Andreasen.  È composta da 25 item suddivisi in 5 cluster: Piattezza o ottundimento affettivo; Alogia (povertà di linguaggio/eloquio); Abulia (inerzia, mancanza di volontà); Apatia; Anedonia (incapacità di provare piacere); Asocialità; Attenzione. 28

2. Scale for the Assessment of Positive Symptoms (SAPS)  È stata elaborata dalla Andreasen.  È composta da 34 item suddivisi in 4 cluster: Allucinazioni; Deliri; Anomalie del comportamento; Disturbi formali positivi del pensiero Criticità: entrambe le scale sono carenti nei riferimenti ai punteggi, richiedono una buona competenza clinica da parte del somministratore e non forniscono indicazioni sulla patologia generale del pz schizofrenico. 3. Positive And Negative Schizophrenic Symptoms (PANSS)  È stata elaborata da Kay e coll per tentare di superare i limiti delle scale precedenti sullo psicoticismo.  Permette di cogliere gli elementi sintomatologici specifici della serie negativa e positiva, ed è operativamente più flessibile della SANS e della SAPS.  Il manuale fornisce indicazioni sui criteri di quantificazione dei sintomi; è prevista un’intervista, con - Una fase iniziale non strutturata nella quale si cerca di stabilire soprattutto un rapporto con il pz, raccogliendo informazioni anamnestiche ed iniziando a valutare gli aspetti comportamentali ed interpersonali; - Una fase successiva strutturata nella quale vengono esplorati gli aspetti psicopatologici (umore ed affettività, ansia, capacità di ragionamento astratto)  Ha messo in evidenza, nella popolazione schizofrenica, 4 cluster di sintomi: una Sindrome Positiva (deliri ed allucinazioni); una Negativa (isolamento); una Depressiva (ansia e depressione); una di Eccitamento (ostilità e scarso controllo degli impulsi). Queste dimensioni non sono fra loro separate, ma fanno parte di un continuum che si caratterizza in modo diverso a seconda del pz.

MODULO 4 – VALUTAZIONE IN AMBITO FORENSE E TEST PERFORMANCE-BASED Valutazione in ambito forense 1. Lo psicologo in qualità di CTU  Secondo l’Ordine degli psicologi del Lazio, lo psicologo in qualità di CTU deve possedere requisiti quali - Anzianità di iscrizione all’albo non inferiore ai i 5 anni - Percorso formativo specifico in PSI giuridica e forense post laurea non inferiore a 50 ore ed un aggiornamento certificato in tali ambiti - Avere conoscenza teorica e pratica in psicodiagnostica - Nel caso di supporto ai minori sono richieste specifiche competenze in PSI evolutiva  Gli ambiti di operatività sono - Affidamento di minori nei procedimenti di separazione e di divorzio - Procedura di affidamento e/o adozioni nazionali e/o internazionali - Ambito penale minorile e adulto - Consulenza nei procedimenti penali per abuso e maltrattamenti su minori - Consulenza tecnica sul danno da pregiudizio esistenziale  Lo psicodiagnosta deve possedere competenze - Specifiche in psicodiagnostica (riguardanti le proprietà psicometriche dei test, le loro possibilità d’uso, i limiti) - Trasversali (in psicologia forense, clinica, evolutiva, neuropsicologia) 2. La psicologia giuridica è una disciplina sia applicativa che di ricerca nell'ambito delle conoscenze psicologiche riferite ai sistemi di giustizia penali e civili. Si distingue in: 29

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Criminale: studio dell’uomo nel contesto del reato (autore, vittima); Giudiziaria: studio dell’uomo nel contesto del giudizio (imputato, testimone); Legale: applicazione delle norme mediante conoscenze psicologiche; Forense: studio dei fattori psicologi rilevanti ai fini della valutazione giudiziaria; Rieducativa: studio della pena e delle misure alternative; Legislativa: contribuisce alla costruzione e al miglioramento delle norme

Ambito penale  La psicologia penale si distingue in - Psicologia giudiziaria ordinaria: lo psicologo è chiamato a svolgere perizie e consulenze di parte, ad es. indagine di personalità, valutazione della capacità di intendere e di volere del soggetto, della pericolosità sociale, della capacità di stare in giudizio, della capacità a testimoniare, del danno psicologico conseguente al reato nella vittima - Psicologia giudiziaria minorile: lo psicologo è chiamato a svolgere perizie e consulenze di parte oppure assistenza all'imputato. I contesti di valutazione sono gli stessi dell’adulto. - Psicologia rieducativa: lo psicologo è chiamato a partecipare in qualità di esperto ai collegi dei tribunali di sorveglianza e dei tribunali minorili, a svolgere perizie e consulenze e a collaborare con l'amministrazione penitenziaria. Ciò può avvenire nel contesto di istituti di custodia cautelare, di pena, per l’esecuzione delle misure di sicurezza, nella formazione del personale; per quanto attiene ai minori: nei centri per la giustizia minorile, negli uffici di servizio civile per i minorenni, nelle comunità, nelle scuole.  Lo psicologo è chiamato a rispondere a quesiti riguardanti la vittima, il testimone e l’autore di reato - Vittima o Le condizioni di inferiorità psichica nel caso di vittime di reati sessuali; o L’eventuale presenza di danni psichici sopravvenuti nelle vittime di reati sessuali; o Le condizioni psichiche delle vittime di circonvenzione (circuizione di incapace) - Testimone: nel caso di testimonianza da parte di un minore il codice di procedura penale prevede che il magistrato possa avvalersi della collaborazione di un esperto di psicologia infantile - Autore del reato o L’eventuale esistenza di un vizio totale o parziale di mente  Il vizio di mente deve essere accertato al momento del fatto (c’è il convincimento che la malattia mentale non sia una condizione statica, bensì sia in continua evoluzione). L’essere riconosciuti privi di vizio di mente comporta l’imputabilità dell’autore di reato.  Il processo di indagine non può in alcun modo esaurirsi con l’attribuzione di una diagnosi nosografica tradizionale (DSM, ICD); la formulazione diagnostica deve essere multiassiale ed accanto alla diagnosi psichiatrica è necessaria La descrizione dei disturbi psicopatologici, in termini qualitativi e quantitativi La descrizione della compromissione delle funzioni psichiche, in termini qualitativi e quantitativi La descrizione della compromissione in relazione alla costellazione patologica e alla fase di malattia (acuta, subacuta, cronica, in remissione) L’esame del legame tra il reato commesso e i disturbi riscontrati  Le linee guida da seguire sono Quanto più appaiono compromessi il pensiero, l’esame di realtà e la capacità di controllo degli impulsi, tanto più è probabile che lo fossero anche al momento del reato; Quanto più appare stabile e cronico il disturbo, tanto più è probabile che il soggetto ne fosse affetto anche in passato. Quanto più erano stressogene le condizioni al momento del reato e quanto meno sono stabili le capacità di coping, tanto più probabile appare uno scompenso del soggetto con conseguente perdita o forte riduzione delle capacità cognitive e di controllo sul comportamento. 30

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La maturità o meno del minore e l’eventuale presenza di un vizio mentale: da un punto di vista psicologico il significato di “maturità” è abbastanza difforme dal significato che ne da il codice penale, ma può essere concettualizzato come capacità di intendere e di volere. o Le condizioni mentali dell’autore di reato durante le indagini e il dibattimento:  Prima della carcerazione, i quesiti possono riguardare la competenza dell’imputato a stare in giudizio, il grado di responsabilità nei confronti del reato attuato. Dopo la carcerazione, i quesiti possono riguardare i fattori influenzanti la decisione del giudice riguardo al destino penale del soggetto (carcerazione, sospensione della pena, fruizione dei benefici, rilascio anticipato)  La valutazione della competenza a stare in giudizio richiede allo psicologo di valutare la capacità del soggetto di comprendere razionalmente ed efficacemente gli elementi del procedimento legale cui sta per essere sottoposto (di cosa viene accusato; l’entità della pena; ruolo delle persone chiave; testimoniare a propria difesa; comunicare al proprio legale gli elementi funzionali alla propria difesa; mostrare un comportamento adeguato di fronte alla corte). o La pericolosità sociale  Il concetto di pericolosità non è legato, come si tende a pensare nell’immaginario collettivo, all’efferatezza del delitto che potrebbe essere reiterato, quanto alla possibile reiterazione di qualsiasi reato, anche di quelli considerati come “meno pericolosi” (furto o taccheggio).  Per valutarla, vanno considerati aspetti individuali (persistenza della sintomatologia psicotica o gravemente compromettenti le facoltà del soggetto; grado di consapevolezza del processo psicopatologico e compliance terapeutica; deterioramento progressivo della personalità) ed ambientali (caratteristiche del contesto di provenienza; presenza ed adeguatezza di agenzie di cura fruibili; accettabilità del rientro nel contesto; possibilità alternative una volta rientrato nel contesto)la valutazione degli aspetti ambientali è imprescindibile: la pericolosità sociale NON può essere stimata considerando esclusivamente aspetti personali ed intrapsichici, sebbene si possa ragionevolmente pensare che alcune caratteristiche di personalità (egoismo, personalità autocentrata, disinteresse per i diritti e sentimenti altrui, essere psicologicamente distanti e sospettosi, impulsività, rabbia ed aggressività, scarsa tolleranza alla frustrazione) possano aumentare il rischio di reiterazione del reato in soggetti che ne hanno già compiuti. Ambito civile: prevede che le consulenze dello psicologo possano essere richieste nel  Tribunale ordinario - Conflitti familiari - Affidamento di minori - Risarcimento dei danni psichici e comportamentali - Pratiche di interdizione e inabilitazione - Accertamento dell'incapacità naturale - Identità psicosessuale e cambiamento di genere  Tribunale per i minorenni - Limitazione della potestà genitoriale - Accertamento dello stato di abbandono e dell'adottabilità - Accertamento dell'idoneità genitoriale delle coppie adottive - Autorizzazione a contrarre matrimonio per i minori  Ambito minorile ma in connessione con la figura del giudice tutelare - Interruzione di gravidanza di minori - Affidamento eterofamiliare 3. Ambiti nei quali opera lo psicologo: danno alla persona, abuso, affidamento ed adozione, separazione e divorzio 31

Danno alla persona Può essere  Danno patrimoniale: diminuzione dei beni di cui il danneggiato godeva prima del fatto illecito e mancato guadagno, che il soggetto avrebbe potuto produrre, nel caso in cui il fatto illecito non fosse avvenuto (danno da lucro cessante).  Danno non patrimoniale - Psichico: infermità mentale che impedisce, temporaneamente o permanentemente, alcuni o molti degli aspetti della vita quotidiana - Esistenziale: nasce dalla lesione dei diritti e si costituisce come un’alterazione in senso peggiorativo del modo di essere di una persona nei suoi aspetti sia individuali che sociali - Morale: sofferenza psichica, tristezza e frustrazione che affligge e disturba per un breve lasso di tempo la vita quotidiana, rendendola un peso da sostenere con difficoltà  

Nella valutazione del danno devono essere considerati gli elementi oggettivi che conseguono all’atto illecito e le menomazioni soggettive da essi conseguenti. Il clinico ha il compito di valutare l’impatto dell’evento sullo specifico soggetto con le sue peculiarità. Il clinico deve accertare il nesso di causalità fra il comportamento dell’autore di reato e il danno subito, ottenere i dati provenienti dai precedenti assessment relativi ad informazioni anamnestiche sul funzionamento individuale, acquisire informazioni provenienti da terzi professionalmente coinvolti nella valutazione del soggetto. L’eventuale preesistenze di aspetti morbosi non costituisce una condizione sufficiente per escludere a priori il danno psichico.

Abuso sui minori  Le principali tipologie di abuso e/o maltrattamento descritte in letteratura sono: - L’abuso sessuale e l’abuso sessuale di gruppo - L’abuso legato alla cura: discuria, incuria ed ipercura - Il maltrattamento fisico e psicologico  L’abuso può verificarsi in ambito intrafamiliare (genitori, fratelli) o extrafamiliare (attuato da una persona o da gruppiorganizzazioni per la produzione di materiale pedopornografico e pro-pedofilia, sfruttamento della prostituzione, turismo sessuale)  L’incarico dello psicologo può riguardare - L’audizione protetta: viene affidato dal giudice. Lo psicologo deve reinterpretare e riformulare le domande poste dal giudice o dal PM, mediante modalità consoni al minore stesso - L’incarico peritale del giudice ed incarico di consulenza tecnica del PM: lo psicologo deve rispondere a quesiti del giudice o del PM riguardanti l’attendibilità della testimonianza (in senso psicologico e non giudiziario: dovrà valutare la personalità del minore, non specificatamente i fatti indagati).  Lo psicologo è chiamato a valutare: - Il livello di competenza delle funzioni psichiche dell'Io e delle capacità cognitive, emotive e relazionali correlate all'età, alla scolarità, al contesto familiare e sociale; - Il livello di competenza legato alla capacità di differenziare gli elementi essenziali dei dati di realtà da costruzioni prevalentemente immaginativo-fantastiche; - L’organizzazione di personalità, delle condizioni psicologiche e/o psicopatologiche, con particolare attenzione al livello di suggestionabilità e alla presenza di significativi sensi di colpa; - Il patrimonio espressivo verbale e non verbale; - La sussistenza di eventuali evidenze cliniche di disagio e di malessere psicologico. Adozione ed affidamento  Il giudice in ambito civile può richiedere una C.T.U.: - Per l'affidamento extrafamiliare di minori provenienti da famiglie inadeguate - Per accertare l’idoneità, ovvero la presenza dei requisiti psicologici, nei coniugi che richiedono in adozione il minore 32



La legge 149/2001 sancisce il diritto dei minori a una famiglia. Per quanto concerne la “tipologia” di famiglia si può decidere fra: - La famiglia naturale del minore, qualora sia possibile e non contrasti con i bisogni e i diritti del minore stesso. Il supporto alla famiglia naturale, primariamente auspicato dalla legge 149/2001, è tuttavia il meno concretamente attuabile - Una famiglia affidataria che collabori con quella naturale per sostenerla nel suo ruolo - Una famiglia adottiva, se le altre due soluzioni risultano inattuabili

L’affidamento è  È un provvedimento temporaneo, volto a tutelare minori la cui famiglia sta attraversando un momento particolarmente difficile  È un processo dinamico in rapporto all’evoluzione della situazione della famiglia d’origine  Richiede un’attenta valutazione che permetta di sondare: - Le potenzialità affettive ed educative della famiglia del minore, compresa la rete parentale che può facilitare il recupero delle competenze familiari - La qualità dell’attaccamento tra genitori e figlio - Le risorse del minore, le sue problematicità e la sua idoneità per affrontare l’esperienza dell’affido nella sua complessità - La motivazione e le capacità genitoriali della famiglia candidata all’affido  È disposto dal servizio sociale locale, previo consenso dei genitori o dal genitore esercente la potestà (tutore). Ove tale assenso manchi, provvede il Tribunale per i minorenni. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.  Può essere: - Consensuale - Giudiziale - A tempo pieno - A tempo parziale - Parentale o intrafamiliare  Il suo obiettivo è quello di agevolare i rapporti tra il minore e i genitori favorendo il reinserimento nella famiglia di origine. A tal fine, secondo la legge: - Deve essere indicato il periodo di presumibile durata dell’affidamento, che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine - Tale periodo non può superare la durata di 2 anni ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.  Al fine di delineare un profilo familiare che evidenzi i punti di forza e di criticità dello stesso nucleo, si deve effettuare un percorso di valutazione di chi si rende disponibile all’affidamento - Tale percorso dovrebbe prevedere: o Un colloquio individuale dello psicologo con ognuno dei membri della coppia, nel quale somministrare l’Adult Attachment Interview (AAI) per evidenziare alcuni indicatori fondamentali quali:  Le connessioni tra lo stile di attaccamento e il desiderio di avere un bambino in affido  Il ruolo assegnato al bambino nell’ambito della propria storia personale e del ciclo di vita familiare  Il far emergere alcuni aspetti del proprio Sé bambino  La natura dei modelli operativi interni di ciascun genitore rispetto all’attaccamento o Un colloquio di coppia: per valutarne l’idoneità e la presenza di risorse affettive in grado di sostenere lo sviluppo psico-fisico del bambino, individuabili nella capacità di e disponibilità a  Prendersi cura materialmente e psicologicamente del bambino  Riconoscerlo portatore di una propria soggettività  Sostenerlo nei periodi critici della sua crescita o Somministrazione di test proiettivi e di personalità 33

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Il processo di valutazione può essere considerato come l'analisi delle capacità dei futuri genitori di fornire una base sicura al bambino

Attaccamento  Per essere sicuri che le persone che adottano - Possano fornire un accudimento fisico di qualità elevata - Possiedano capacità adeguate di proporsi nel ruolo genitoriale, soprattutto in alcuni casi di affido e di adozione in cui è necessario anche un "accudimento terapeutico" Si deve valutare lo stato mentale del loro attaccamento.  Viste le difficoltà che i genitori adottivi si trovano ad affrontare, la sicurezza dei loro Modelli Operativi Interni (MOI) sembra essere un fattore protettivo e di garanzia rispetto alla tenuta emotiva in situazioni stressanti e problematiche.  Nell’ambito della teoria dell’attaccamento, originariamente sviluppata da Bowlby, la tematica della trasmissione intergenerazionale dei MOI ha costituito uno degli argomenti più dibattuti negli studi riguardanti la genitorialità biologica.  Tuttavia, l'aumento progressivo di forme di genitorialità "altre" e l’integrazione di bambini con radici etnico-culturali diverse da quelle dei genitori adottivi/affidatari, ha reso la questione maggiormente complessa.  Una meta-analisi del 2005, finalizzata a mostrare gli effetti dell’adozione internazionale sulle problematiche comportamentali e sulle segnalazioni ai servizi della salute mentale, indica un complessivo buon livello di adattamento nella maggior parte dei bambini adottati internazionalmente; ciononostante, essi appaiono maggiormente a rischio, se confrontati con la popolazione, di sviluppare difficoltà relazionali, più o meno gravi, rispetto alle figure genitoriali adottive.  Molti studi hanno indicato che la costruzione di relazioni di filiazione adeguate debba fare i conti, nella maggioranza dei casi, con eventi precoci di deprivazione anche gravi: questi bambini hanno - Sperimentato una rottura traumatica delle relazioni primarie; ancor più frequentemente, hanno subito separazioni multiple, considerando i successivi possibili collocamenti in ambiti familiari e/o istituzionali. - Alle spalle vicende familiari all’insegna della trascuratezza, dell’abuso, dell’ instabilità familiare e di patologie genitoriali spesso associate all’uso di sostanze - Un mondo rappresentazionale basato su modelli di attaccamento caratterizzati da insicurezza e disorganizzazione  Gli effetti della deprivazione legata all'istituzionalizzazione precoce sono stati un ambito privilegiato degli studi sulle adozioni internazionali. A tal riguardo si ricordano: - Gli studi sui gravi ritardi cognitivi, fisici e comportamentali dei bambini rumeni adottati provenienti dagli istituti e sottoposti a gravi carenze sensoriali, relazionali e di stimolazione - Gli studi in cui veniva sottolineata la correlazione positiva tra la durata dell’istituzionalizzazione e la frequenza e la gravità delle problematiche successivamente presentate da questi bambini: in particolare la mancanza di cure individualizzate risultava associata a difficoltà di attenzione ed iperattività - La meta-analisi realizzata nel 2005 che ha evidenziato quanto la deprivazione caratterizzante la situazione di vita preadottiva incidesse sulla frequenza successiva di problemi di tipo internalizzato (forte ansia, abuso di sostanze)  Una delle variabili fondamentali nelle indagini sui legami adottivi è l’età all’adozione, intesa come ambito privilegiato per studiare i limiti flessibili nel sistema di attaccamento: - È stato riscontrato il rischio di disorganizzazione nel sistema di attaccamento per le adozioni realizzate oltre i primi sei mesi di vita - Gli effetti di un ritardato sviluppo del legame di attaccamento riguardano anche le competenze cognitivo-linguistiche - I 24 mesi di età sono considerati il cut-off per il rischio adottivo: l’adozione in età successive è ritenuta un fattore di rischio più rilevante rispetto al peso giocato dalla storia istituzionale 34

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precedente ed è risultata correlata positivamente con problemi comportamentali, di tipo sia internalizzato sia esternalizzato Dunque, nella costruzione del legame di attaccamento ed ai fini della considerazione della possibile trasmissione intergenerazionale, il ruolo svolto dalle figure genitoriali appare fondamentale. Alcune importanti esperienze con “altri significativi” modellano e promuovono una discontinuità delle rappresentazioni di attaccamento: per i bambini adottati, che sono stati a contatto con esperienze di cure sfavorevoli e negative, l’esperienza adottiva potrebbe essere considerata come una seconda possibilità per superare le esperienze avverse. Ciò è vero in particolare per i bambini late-placed (o late-adopted), che hanno subito almeno una rottura relazionale rispetto ad una figura di attaccamento e la cui esperienza preadottiva è con maggiore probabilità caratterizzata da “traumi cumulativi”. L’adozione, dunque, potrebbe permettere al bambino di esperire una “base sicura” che gli permetterà di modificare i primi MOI che si sono formati a partire dalle prime esperienze negative trasformandoli possibilmente in modelli sicuri. Le rappresentazioni materne dell’attaccamento possono essere considerate il fattore critico che influenza la formazione dei legami di attaccamento con il figlio adottivo, indipendentemente dall’età in cui è stato adottato. In particolare, le madri “sicure” hanno,, con maggiore probabilità, bambini che mostrano un aumento della coerenza con rappresentazioni positive di sé, degli altri e delle relazioni.

Separazione e divorzio: allo psicologo può essere richiesto  La valutazione delle competenze genitoriali: processo pianificato di identificazione delle questioni rilevanti per il benessere del minore, di elicitazione di informazioni sul modo di funzionamento di genitore e minore, di formulazione di un parere sulla misura in cui i bisogni del minore sono soddisfatti. In tale circostanza appare estremamente utile la somministrazione dell’AAI, di test proiettivi e di personalità, uniti al colloquio clinico, alle indagini psicodiagnostiche, all’osservazione delle interazioni fra genitori e figli, all’approfondimento specialistico (esame tossicologico nel caso in cui si sospetti l’utilizzo di sostanze anche in un solo genitore). La valutazione della genitorialità riguarda la capacità di salvaguardare la relazione del figlio con l’altro genitore e il figlio stesso dal conflitto con l’altro genitore.  L’ascolto del minore: non deve configurarsi come un interrogatorio ma come un’attività con finalità di comprensione partecipe dell’esperienza del minore, espressione di preferenze e di stati d’animo. Test performance-based ORT e TAT (test tematici) e BVMGT 1. ORT: presupposti teorici, caratteristiche ed utilità clinica Presupposti teorici  L’Object Relations Technique (ORT) di Phillipson è un reattivo proiettivo sviluppato per analizzare le rappresentazioni di sé e degli altri e lo stile relazionale individuale.  È ispirato alla teoria delle relazioni oggettuali e al pensiero della Klein e di Fairbairn, secondo i quali la modalità di un individuo di relazionarsi con il mondo interno ed esterno deriva principalmente dal rapporto con i primi oggetti dell'infanzia. Caratteristiche A chi è destinato  Può essere utilizzato con pazienti adolescenti (dai 14 anni) e adulti Struttura  L'ORT è composto da 13 tavole, suddivise in 3 serie di 4, più una tavola bianca.  Ogni serie presenta un'ampia gamma di tipologie relazionali che rispecchiano le modalità dell'individuo di entrare in relazione con il mondo ed esse sono organizzate secondo un continuum progressivo (dalla serie A alla B e alla C) in base a quantità variabili di elementi ambientali (nella serie A la diffusione chiaroscurale elicita l’emergere di ansia e dipendenza; nella serie B il chiaroscuro elicita 35



l’emergere di sentimenti di perdita, privazione ed ostilità; l’introduzione del colore nella serie C sollecita l’emergere dell’affettività). La tavola bianca, per l'assenza di contenuto di realtà, favorisce una visione più chiara del mondo interno del soggetto.

Somministrazione (consegna, inchiesta e metodo di interpretazione): gli autori che si sono occupati dell’ORT hanno previsto profili diversi Autori Philipson (versione originale)

Consegna Narrare storie sulla base delle tavole mostrate indicando:  Come immagina sia nata la situazione  Cosa immagina stia accadendo  Come finirà la vicenda

Inchiesta Ogni tavola viene presentata nuovamente, il clinico leggerà al pz la narrazione prodotta e formulerà una serie di domande con l’obiettivo di:  Comprendere quali sono gli elementi percettivi utilizzati dal soggetto  Chiarire il significato di parole o di idee  Chiarire le sequenze temporali ed eventuali punti dubbi o critici  Comprendere la qualità delle relazioni rappresentate

Bagby e Shaw

Scrivere storie impiegando 5 minuti per ciascuna

Si concentrano su:  Sequenza temporale degli eventi  Personaggi ed elementi inanimati  Azioni compiute dai personaggi

Metodo di interpretazione L’analisi deve  Mantenere come punto privilegiato la relazione oggettuale  Essere prevalentemente qualitativa  Essere effettuata sulla base di 4 dimensioni: - Percezione: elementi presenti/omessi nella relazione; - Appercezione: tematiche espresse nelle narrazione in riferimento alla devianza rispetto ai dati normativi; - Contenuto delle relazioni oggettuali: tipologia dei personaggi e modalità relazionali; - Struttura della storia: equilibrio fra le parti della storia, logica nelle sequenze narrative. Bagby propone una revisione dell’utilizzo dello strumento (Bagby Adaptation) che prevede l’utilizzo non solo a fine valutativi (della personalità) ma anche terapeutici. Per ogni narrazione vengono esaminate 5 aree:  Chi compie l’azione;  Caratteristiche dell’azione;  Oggetto verso cui l’azione è diretta;  Azione bloccata o portata a compimento;  Risultati dell’azione (includenti gli affetti generati e le difese) Shaw riprende il lavoro di Bagby ampliandolo; l’analisi delle narrazioni prevede 5 passaggi:  Identificazione singola frase  Suddivisione di ogni frase in sequenze analizzate: chi compie l’azione; caratteristiche dell’azione; oggetto verso cui è diretta l’azione; risultati dell’azione

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Lis, Zennaro et al.

Narrare una storia senza limiti di tempo

Codificano solo le risposte  spontanee senza considerare gli elementi aggiuntivi prodotti dall’inchiesta, che è utilizzata  invece per  Comprendere dubbi sul protocollo  Arricchire il protocollo con elementi qualitativi 

Del Corno e Lang

Narrare una storia, con il consiglio di audioregistrare integralmente i contenuti

Propongono domande comuni e standardizzate per tutte le tavole, da effettuarsi solo se il soggetto non fornisce informazioni esaurienti nella narrazione spontanea (Quanti personaggi vede? Cosa fanno? Che relazione c’è tra loro?).

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Estrazione da ogni sequenza di uno schema finale, che esprima la struttura dinamica profonda (oggetto-azione-soggetto) Valutazione affetti e difese di ogni schema Analisi della varianza dello stimolo intesa come deviazione percettiva dal n° standard di figure umane in ciascuna tavola. Elaborano una griglia di analisi partendo dalla psicologia dell’Io e dalle teorie di Anna Freud. La griglia consente un’analisi a livello ateorico (personaggi, contesto, relazione) e teorico (analisi del contenuto delle tematiche e gli aspetti psicodinamici) Le aree di indagine sono: - Aspetto narrativo: lunghezza delle storie, tipologie di verbi utilizzati, numero di subordinate; - Aspetto percettivo: numero di personaggi, livello di articolazione delle caratteristiche attribuite ai personaggi; - Elementi strutturali relativi alle relazioni: relazioni fra i personaggi (benevole/malevole); - Descrizioni dei contenuti: presenza di temi affettivi (ansia, felicità) e relazionali; - Aspetti psicodinamici: tipi di conflitti e di difese. La griglia di analisi valuta le relazioni oggettuali e le aree di indagine sono: - Percezione: quanti e quali elementi percettivi presenti nella tavola vengono usati dal pz per costruire il racconto - Azione: tipologia di azione e finalità della stessa (interpersonale, intrapsichica, attiva, passiva) - Relazione: qualità affettiva (neutra, aggressiva); tipologia di relazione (scambio,



protettiva, competitiva, persecutoria, che implica esclusione) - Clima emotivo: di quanto espresso nella scena. Il racconto che il soggetto produce su ogni tavola è il prodotto di 2 fattori: card pull (potere di spinta verso una risposta) e compito percettivo rappresentato dal test.

Utilità clinica: l’ORT è utile  Nella valutazione diagnostica del pz ma anche durante o al termine di un trattamento  Screening: può essere usato entro una batteria di test come punto di osservazione delle modalità relazionali del pz.  Pianificazione del trattamento: Philipson ne aveva sottolineato l’utilità per comprendere se il pz avesse adeguate capacità di investire sul terapeuta e sul percorso di cura, elementi essenziali per il buon esito del trattamento. 2. TAT Presupposti teorici  Il Test di Appercezione Tematica è una tecnica proiettiva tematica originariamente introdotta da Morgan e Murray, il cui modello di riferimento è quello psicoanalitico.  È utilizzato per la valutazione della personalità e richiede l’interpretazione di storie raccontate in risposta a tavole che rappresentano situazioni socialiè particolarmente adeguato per valutare le relazioni oggettuali poiché i suoi stimoli sono sociali ed in grado di favorire la manifestazione di pattern cognitivi, affettivi e motivazionali connessi alle funzioni interpersonali.  Murray, nella sua teoria della personalità, assegna una grande importanza all'esperienza passata dell'individuo, alla motivazione e al bisogno (tensione dominante che deriva dalla percezione conscia o inconscia di uno specifico stato interno o di specifici eventi esternile condizioni ambientali hanno un ruolo fondamentale nell’orientare i comportamenti).  A tal proposito viene introdotto il termine “tema”. Il tema è una piccola unità di comportamento formata da uno specifico intreccio di bisogni individuali e di pressioni ambientali. L’unità tematica individuale è quella particolare combinazione di bisogni e di pressioni che spiega la maggior parte del comportamento dell'individuo. Caratteristiche A chi è destinato  Può essere somministrato sia a soggetti di genere maschile sia a soggetti di genere femminile prevedendo alcune figure uguali per tutti ed altre distinte a seconda del sesso e dell’età. Struttura  Le risposte del soggetto dovrebbero essere trascritte per intero o registrate, insieme ad alcune note sul comportamento tenuto dallo stesso durante la somministrazione (esclamazioni, pause, grado di coinvolgimento). Lo scopo non è solo quello di riprodurre i contenuti verbali delle storie, ma quello di valutare le reazioni del soggetto alle tavole.  Il setting dev’essere il più accogliente ed amichevole possibile, con una posizione soggetto-clinico visà-vis.  Il materiale include 31 tavole (30 in bianco e nero più 1 tavola bianca), riproduzioni di dipinti, fotografie ed opere d’arte. Le tavole sono numerate e al soggetto ne vengono somministrate 20.  I dettagli delle opere originarie sono stati sfumati in modo da renderli meno visibili: il presupposto teorico del TAT consiste infatti nel ritenere che la produzione delle storie debba essere orientata più 38

che determinata da ciò che è raffigurato nelle tavole, così che i soggetti possano colmare il divario fra la percezione delle tavole e la produzione delle storie contenenti sogni, aspettative e desideri. Consegna  Anche se i vari autori che si sono occupati del TAT hanno spesso modificato la consegna originale del test, è fondamentale che le storie siano caratterizzate dalla descrizione: di ciò che sta avvenendo nella figura; di ciò che ha condotto a quella situazione; di cosa pensano e cosa sentono i personaggi; del finale. Metodi di interpretazione 1. Metodo di Murray: consiste nell'individuare in ciascun avvenimento delle forze provenienti dal protagonista (bisogni) e dall'ambiente (pressioni). Il primo passo consiste nell’identificare il personaggio principale, chiamato eroe, con il quale il pz si identifica; il secondo passo consiste nell’analizzare tutto ciò che ogni personaggio sente e fa. Nel descrivere le reazioni degli eroi, Murray utilizza il “metodo pratico”, impiegando una lista di 28 bisogni. Dopo aver analizzato i bisogni (corrispondenti ai bisogni del soggetto) si analizzano le forze ambientali (pressioni). Identificando le combinazioni di bisogni e pressioni ricorrenti nelle storie, l'esaminatore perviene all'identificazione del tema semplice. 2. Contributi che pongono attenzione alla manifestazione delle tendenze inconsce nel contenuto delle storie. 3. Contributi che pongono attenzione all'aspetto cognitivo. 4. Compromesso tra pulsioni inconsce e funzioni dell'Io (Schentoub) 5. Dimensioni specifiche del funzionamento psicologico (Cramer, Westen) 6. Il Modulo Bellak del TAT e il Foglio di analisi rappresentano un sistema di scoring semplice e standardizzato, fondato sull'analisi del contenuto delle storie, concentrandosi in misura minore sulle caratteristiche formali. I soggetti reagiscono a situazioni che considerano "come se" fossero reali, per questo possono esprimersi con maggiore libertà senza aderire alle norme di comportamento abituali (le loro risposte saranno maggiormente autentiche rispetto a quelle agite nelle situazioni reali). Il TAT permette dunque di comprendere i modelli attuali del comportamento sociale e di ricostruire la loro genesi, valutando le funzioni dell’Io. 7. La SCORS (Social Cognition and Object Relations Scale)  Ideata da Westen, rappresenta un sistema di scoring per la valutazione multidimensionale delle social cognitions e delle relazioni oggettuali attraverso l’analisi qualitativa e quantitativa delle produzioni del TAT.  È composta da 4 scale; per ciascuna di queste dimensioni (ad eccezione del Tono affettivo dei paradigmi relazionali) si può valutare lo sviluppo su una scala a 5 punti: dal livello 1 (relativamente primitivo) al livello 5 (relativamente maturo). - Complessità delle rappresentazioni degli altri: capacità di rappresentare gli altri in modo ricco ed elaborato distinguendo chiaramente le loro esperienze ed i loro punti di vista soggettivi dai propri. o Al livello 1 il soggetto non percepisce gli altri come chiaramente differenziati o Per illustrare il livello 5 si può utilizzare un esempio ripreso dal manuale: “Il marito della donna è morto un paio di giorni prima. Il figlio, che vive in città al contrario dei suoi genitori che vivono in campagna, ha impiegato del tempo per arrivare dalla madre ed è dispiaciuto perché non è stato presente al momento della morte del padre. Il figlio, così come la madre, è preoccupato del destino della fattoria adesso che il padre è morto, ma non se la sente di lasciare la città perché ha un buon lavoro e, dal momento che i suoi genitori gli hanno pagato gli studi, sente la necessità di utilizzare quello che ha imparato. Alla fine la madre, in accordo con il figlio, decide di vendere la fattoria andando a vivere in città dove il figlio fa l’avvocato”. Il protagonista esperisce allo stesso tempo sentimenti ambivalenti, è presente un’elaborazione dei conflitti psicologici e vengono compiute inferenze riguardanti gli stati mentali, le motivazioni, i punti di vista altrui; egli dunque percepisce le persone in modo complesso 39

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Tono affettivo dei paradigmi relazionali: qualità affettiva del mondo oggettuale e delle aspettative interpersonali, misurabile lungo un continuum che va da malevolo a benevolo. o Al livello 1, il soggetto vede il mondo sociale come tremendamente pauroso o Per illustrare il livello 5 si può utilizzare un esempio ripreso dal manuale: “il ragazzo è tornato a casa per le vacanze dal college. Assieme alla sua famiglia vive suo nonno, che gli racconta dei momenti duri della vita. Il giovane, cui mancano ancora due anni di college, gli dice che non sa riuscirà ad affrontarli. Il nonno sa che il giovane può farcela, ma che deve lavorare per ottenere ciò che vuole; dice che lo sosterrà economicamente quanto più possibile e, nel mentre, il giovane fa piccoli lavori occasionali e si organizza per lavorare anche durante il college. Quando si sarà laureato, ringrazierà suo nonno per l’incoraggiamento ed insisterà per restituirgli i soldi, anche se si tratta di una somma misera.” Le relazioni con gli altri sono viste positivamente, c’è reciproca preoccupazione per il benessere dell’altro. - Capacità di investimento emotivo nelle relazioni e negli standard morali: tendenza alla gratificazione dei propri bisogni vs investimento in valori, ideali e relazioni reciproche. Valuta la misura in cui gli altri sono trattati come fini piuttosto che come mezzi. o Al livello 1, la persona è interessata alla gratificazione del propri bisogni o Per illustrare il livello 4 si può utilizzare un esempio ripreso dal manuale: “Un uomo ogni giorno, tornando da lavoro, passa accanto ad un cimitero. Una sera, incuriosito, entra ed inizia a leggere gli epitaffi immaginandosi che tipo di vita conducesse la persona defunta. Inizia a riflettere sui suoi valori, il suo passato, non avvertendo il tempo che passa; dopo quasi 8 ore decide di ritornare a casa.” C’è un chiaro accenno alla morale (presenza di conflitti riguardanti i problemi e i valori esistenziali) unito ad un supposto interesse per le relazioni con gli altri che tuttavia non è molto chiaro: il protagonista sembra interessato a conoscere la vita delle altre persone (ciò presuppone la capacità di mettersi nei panni degli altri) tuttavia non abbiamo informazioni circa la sua modalità di vivere le relazioni. o A livello 5 la persona tratta se stesso e gli altri come fini piuttosto che come mezzi. - Comprensione della causalità sociale: capacità di attribuire le cause dei comportamenti, dei pensieri e delle emozioni in modo complesso, logico ed accurato. o Al livello 1, il soggetto non comprende il concetto di causalità nel mondo sociale o Per illustrare il livello 5 si può utilizzare un esempio ripreso dal manuale: “Questa donna è molto stanca e stressata, ultimamente anche in ambito lavorativo ha avuto ulteriori responsabilità che non sa se riuscirà a gestire. Farà dei progetti su come affrontare la situazione ed inizierà a lavorare su questi progetti. In questo modo, sente di non star evitando la situazione e di star facendo qualcosa per se stessa.”  appare la consapevolezza che sentimenti e comportamenti sono causati da processi psicologici, elicitati o meno da stimoli ambientali. Vi sono motivazioni complesse in una tavola nella quale, fra l’altro, è rappresentato un unico personaggio. Analisi delle scale: - Si possono calcolare i punteggi medi di ogni scala: per ottenere una misura del funzionamento del soggetto per ogni dimensione; - Si può calcolare la frequenza totale dei punteggi di livello 1 per ogni singola scala: per evidenziare le dimensioni in cui il funzionamento del soggetto sembra più patologico; - Si può adottare un approccio qualitativo: per evidenziare le specifiche condizioni attivanti capaci di generare risposte patologiche. Secondo Westen, prima di procedere alla valutazione del materiale il valutatore deve: familiarizzare con il background teorico della scala; leggere più volte le leggi di scoring riportate nel manuale, per poi procedere alla lettura delle storie; incontrarsi e confrontarsi con un altro valutatore che ha ottenuto autonomamente il proprio scoring.

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Qualità psicometriche: la SCORS dimostra una maggior validità di costrutto rispetto agli altri sistemi di scoring del TAT, un’ottima validità convergente e discriminante. Mostra anche un’ottima inter-rater reliability. Non vi sono informazioni sull’attendibilità test-retest.

3. Il BVMGT Presupposti teorici  Il background teorico del Bender Visual Motor Gestalt Test (BVMGT), ideato dalla Bender, è quello della psicologia della Gestalt o della forma.  Prende in considerazione la relazione che si stabilisce fra il soggetto e il proprio ambiente, come un fenomeno che si produce in un campo di forze nel quale uno dei poli è costituito dal soggetto e l’altro dagli stimoli ambientali. Caratteristiche A chi è destinato  Il test è utilizzato in diversi ambiti della psicologia dello sviluppo e clinica e valuta - La funzione visuo-motoria, che può essere utilizzata sia come indice di sviluppo, sia come indice di regressione/deviazione in differenti quadri clinici, in età evolutiva e in età adulta - La componente affettiva  Viene utilizzato per lo screening di danni cerebrali oppure come tecnica proiettiva per l’esame della personalità. Struttura  È costituito da 9 figure (quelle utilizzate da Wertheimer per descrivere i principi della Gestalt) presentate separatamente su 9 diversi cartoncini.  La Bender tuttavia introduce una connotazione dinamica accanto a quella gestaltica, sottolineando l’evoluzione nel corso dello sviluppo dei fattori di strutturazione percettiva, in modo che la componente percettiva e quella espressivo-motoria si integrino. Somministrazione  Le figure vengono presentate una alla volta, e al soggetto è richiesto di copiarle su un foglio A4 nel modo più accurato possibile.  La prova viene somministrata individualmente ed il tempo richiesto è di 5/10 minuti. Scoring: ne esistono due versioni  Una più molecolare, che individua item specifici relativi al disegno  Una più globale, adottata anche dalla Bender, che valuta il disegno nella sua totalità. In particolare, la Bender prevede che ad ogni tavola venga assegnato un punteggio che va da 0 a 5/6/7 in base all’accuratezza. I dati normativi sono presenti solo per l’età evolutiva, e il punteggio massimo viene raggiunto verso i 10/11 anni. In età evolutiva  Metodo Koppiz: è quello che ha avuto maggior successo a livello internazionale e fornisce due punteggi: uno relativo allo sviluppo percettivo motorio, uno relativo agli aspetti emotivi. È valido per bambini fino a 10-11 anni. È stato aggiunto un indice relativo al comportamento del bambino durante il compito.  Metodo Santucci-Pêcheux: sono utilizzate solo 5 figure per rendere lo strumento più maneggevole. Partendo dall’analisi statistica delle riproduzioni di quasi 600 bambini, gli autori hanno elaborato delle categorie valutative allo scopo di determinare una facile discriminazione dell’età dei soggetti, mediante l’individuazione di errori caratteristici per quella stessa età.  Metodo Lis: è basato sulla teoria piagetiana.

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In età adulta: il BVMGT viene utilizzato sia per indagare la personalità, sia per effettuare indagini neuropsicologiche  Metodo di Pascal e Suttel: - Concepisce il BVMGT come un test di personalità per discriminare fra soggetti normali e psichiatricila risposta al test non è determinata solo dallo stimolo, ma anche dallo stato integrativo dell’individuo e dal suo atteggiamento nei confronti della realtà (forza dell’Io). - Lo scoring si basa sulla rilevazione di 105 errori possibili. Ogni immagine è codificata sulla base di criteri specifici (in modo analitico-molecolare) e l’intero protocollo è valutato in base a criteri globali (in modo globale-complessivo).  Metodo di Hutt: - Propone figure leggermente diverse da quelle della versione originale, in quanto intende utilizzare stimoli che rispecchino il più possibile i principi di Wertheimer. - Si basa sulla rilevazione di diversi tipi di errori ed è stato elaborato per soggetti adulti, psichiatrici e normali - La somministrazione si effettua in due fasi: copiatura (al soggetto è richiesto di modificare i disegni affinché vengano resi più piacevoli) ed associazione (il pz deve dire cosa gli ricordano le versioni originali dei disegni e quelle da lui modificate) - La scala ideata da Hutt in fase di copiatura è considerata una scala per la valutazione della psicopatologia e risulta in grado di distinguere i differenti gruppi clinici dal gruppo di controllo, e i diversi livelli di psicopatologia.  Metodo di Raphael e Golden: l’API (Advanced Psychodiagnostic Interpretation) è un sistema di scoring che identifica 207 possibili distorsioni rilevabili in un protocollo. È utile nell’assessment della personalità. Ha un’alta inter-rater reliability.  Metodo di Lacks: - È il più utilizzato nella valutazione del danno neurologicolo scopo principale del BVMGT diventa lo screening di disfunzioni organiche e non la comprensione delle dinamiche di personalità. - L’esame consiste nel rilevare la presenza/assenza di 12 errori che il soggetto può commettere; la presenza di 5 o più errori è considerata indicativa del danno d’organo. - Attualmente, il test è utilizzato con soggetti anziani, allo scopo di effettuare uno screening in relazione alle demenze senili. - Vengono valutati aspetti qualitativi: comportamento del pz durante il test, facile affaticabilità, eccessiva/insufficiente attenzione nei confronti di alcune figure, rotazione delle figure BVMG-II  È stato ideato da Brannigan e Brunner ed è caratterizzato da: una versione modificata degli stimoli; un metodo di scoring qualitativo  Struttura: è composto da 16 disegni (tra cui quelli originali della Bender) suddivisi in due test separati a seconda dell’età; viene proposto in due fasi: copia e memoria  Al manuale è allegata la griglia osservativa per annotare il comportamento del soggetto ed evidenziare se alcune azioni motorie o sensoriali possano influenzare la performance del test.  Si basa su un ampio campione normativo stratificato per età, livello di sviluppo e situazione socioeconomica; si è rivolto a soggetti con DSA, ADHD, disturbo dello spettro autistico, Alzheimer.  Scoring: si valuta la qualità globale di ogni disegno su una scala a 5 punti. Si ottengono due punteggi globali (copia e di memoria)

MODULO 5 – IL RORSCHACH SECONDO IL SISTEMA COMPRENSIVO DI EXNER 1. Il test Rorschach  A partire dal 1911 il medico svizzero Hermann Rorschach iniziò ad eseguire i primi esperimenti con la plexografia, un gioco consistente nel comporre figure piegando a metà un foglio su cui era stato steso 42

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dell’inchiostro di diversi colori, con lo scopo di differenziare soggetti più o meno dotati di immaginazione, intelligenza e creatività. Le 10 tavole costituenti gli stimoli del test vennero pubblicate nel 1921 nella sua monografia “Psicodiagnostica”. In seguito alla somministrazione di una quarantina di macchie a più di 400 soggetti, Rorschach evidenziò come gli schizofrenici rispondessero in modo diverso rispetto al gruppo di controllodivenne quindi consapevole di aver ideato uno strumento finalizzato alla diagnosi della personalità: la modalità di interpretazione della macchia (come il soggetto la interpreta) poteva fornire indicazioni sulla sua struttura di personalità. Alcuni aspetti del lavoro di Rorschach che devono essere sottolineati sono: - Le macchie sono soltanto macchie, non hanno un significato specifico, sono state selezionate in quanto ricerche condotte con soggetti patologici e non ne hanno confermato la validità. - In questa prova diagnostica si manifestano processi di tipo percettivo‐associativo mediati dagli stili di personalità del soggetto stesso: di fronte all’immagine, questi associa sensazioni attuali generate dalla macchia con sensazioni acquisite precedentemente, in un processo solo in parte consapevole. - Per giungere ad una valutazione della personalità non ci si può limitare al contenuto delle risposte, è necessario individuare una serie di codifiche collegate alla percezione e alla struttura della macchia. Lo scoring, infatti, comprende categorie come il numero delle risposte, la localizzazione (in quale parte della macchia il soggetto vede l’immagine) e la determinante (aspetto della macchia che determina la risposta: dimensione, forma o colore”Vedo un pipistrello” “Perché?” “Perché è nero”) - La prova, che ha finalità sia cliniche sia di ricerca, è basata su un lavoro empirico di raccolta dei dati.

2. L’eredità di Rorschach La morte prematura di Rorschach lasciò ad altri il compito di sviluppare il modello; negli USA si svilupparono 5 classificazioni, proposte da  Beck: non aggiunse nulla di nuovo alla versione originaria, effettuando tuttavia ricerche sull’applicazione del test in età evolutiva.  Hertz: allieva di Beck, inizialmente ebbe un approccio piuttosto conservativo, per giungere in un secondo momento alla creazione di una nuova corrente di pensiero.  Klopfer: elaborò un nuovo approccio all’uso del test rivedendo le siglature delle macchie, cosa che causò una rottura radicale con Beck.  Piotrowski: partecipò ad un seminario di Klopfer. Era particolarmente interessato ai soggetti con deficit neurologici che, nella sua concezione, se posti di fronte a stimoli ambigui avrebbero potuto fornire importanti informazioni sul loro stato di salute.  Rapaport: si avvicinò alle concezioni di Rorschach basando però il test sulla teoria psicoanalitica 3 Il Sistema Comprensivo  Il Sistema Comprensivo, pubblicato per la prima volta nel 1974, nacque e si sviluppò a partire dalle 5 sistematizzazioni di Beck, Hertz, Klopfer, Piotrowski e Rapaport; Exner giunse alla conclusioni che erano state create 5 diverse versioni del Rorschach, fra loro somiglianti solo perché erano state impiegate le stesse figure stimolo.  Venne creata una banca dati computerizzata che permise un confronto diretto tra i cinque sistemi, la quale consentì di rilevare: - Le differenze significative tra i protocolli dei 5 sistemi - L’assenza di un supporto empirico della siglatura, elemento in realtà auspicato sin dall’inizio da Rorschach che la morte prematura non gli aveva consentito di approfondire - Il fatto che in ognuno dei 5 sistemi vi fossero elementi non validi  Una volta acquisita una propria identità, il Sistema Comprensivo si occupò di aumentare il livello psicometrico della prova 43

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Consentendo la sistematizzazione di una serie di scoring Standardizzando la somministrazione e l’attribuzione dei punteggi Presentando dati normativi e lavori di validità discriminante su campioni vasti e strutturati

Caratteristiche  Il Rorschach può essere considerato un test performance based, piuttosto che un test proiettivo, in quanto: - Le risposte possono essere comprese in termini di comportamenti espressi dal soggetto ed osservabili dal clinico le categorie di siglatura sono state pensate per cogliere sia i comportamenti dei soggetti sia le differenze e le sfumature di queste differenze comportamentali - L’inchiesta ha proprio l'obiettivo di comprendere dove il soggetto localizza le risposte, cosa vede nelle macchie - A differenza di altri sistemi che prevedono che passi una certa quantità di tempo, il Rorschach può essere somministrato senza limiti proprio perché misura una prestazione.  Rorschach aveva individuato due aspetti tipici del funzionamento della personalità, coesistenti in misura differente nelle diverse persone: introversione (collegato alle risposte movimento umano, ovvero il soggetto, posto di fronte all’immagine, vede un’immagine in movimento) ed extratensione (collegato alle risposte colore)  Sulla base di queste due funzioni, aveva identificato una dimensione fondamentale della personalità denominata Erlebnis Typus (EB) traducibile con “tipo di risonanza intima”, che indicava il rapporto fra le due funzioni e dunque fra le risposte movimento e colore fornite dai soggetti alle macchie.  Alcuni aspetti di questa teorizzazione rimangono validi - Le risposte movimento continuano ad essere connesse ad elementi di ideazione, mentre le risposte colore continuano ad essere connesse all’emotività e all’affettività - L’Erlebnis Typus costituisce uno dei fattori di base dell’interpretazione della personalità, rappresenta il modo in cui l’individuo si relaziona con il mondo, e si calcola ancora così come Rorschach lo aveva individuato al fine di identificare i seguenti stili, già ideati da Rorschach: o Soggetti introversivi (prevalenza risposte movimento): privilegiano il ricorso al pensiero, al ragionamento, alla logica, mantenendo gli affetti ad un livello periferico nel momento in cui sono chiamati a prendere una decisione o a risolvere un problema. o Soggetti extratensivi (prevalenza risposte colore): privilegiano il canale affettivo, pertanto i loro giudizi sono influenzati dai feedback esterni e per la risoluzione dei problemi sono portati ad utilizzare un approccio per prove ed errori. o Soggetti ambitendenti (circa uguale misura di risposte colore e movimento): gli aspetti connessi all’ideazione e al ragionamento sono importanti tanto quanto quelli relativi agli affetti e al feedback esterno nella risoluzione dei problemi. Ciò può portare ad una maggior flessibilità ed adattabilità ma allo stesso tempo manca uno stile stabile che può rendere al soggetto difficile la formazione di opinioni salde nei confronti del mondo e degli altri.  Exner ha individuato 7 gruppi di variabili fra loro interrelate (cluster) - Capacità di controllo e tolleranza allo stress: fornisce indicazioni sulle risorse e/o labilità psicologiche di cui l’individuo dispone per poter rispondere alle richieste derivanti sia dal mondo interno sia dalla realtà esterna e per gestire il disagio e lo stress. È una caratteristica piuttosto stabile. Risorse sufficienti consentono al soggetto di mantenere uno stile di coping consistente promuovendo il benessere psicologico e l’adattamento. - Stress legato alla situazione: collegato al cluster relativo al controllo, consente di evidenziare la natura degli elementi situazionali che stanno pesando sul funzionamento psicologico del soggetto e il modo in cui questi vi fa fronte. È una caratteristica dinamica in quanto maggiormente relativa al qui ed ora. - Percezione interpersonale: fornisce informazioni su come l’individuo percepisce gli altri e si relaziona con essi (atteggiamento verso gli altri, grado di interazione).

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Percezione di sé: fornisce informazioni sul modo in cui la persona si vede (livello di autostima, autoconsapevolezza ed immagine di sé, autofocalizzazione ovvero quantità di attenzione rivolta verso di sé). Affetti: fornisce informazioni sul modo con cui un individuo affronta le situazioni emotive, esperisce ed esprime i propri sentimenti. Triade cognitiva: o Processamento dell’informazione: si riferisce alla modalità cognitiva della persona di scannerizzare la macchia e di organizzarne le varie parti. Valuta in che modo l’individuo presti attenzione al mondo, se è capace o meno di focalizzare la propria attenzione sugli eventi della propria vita e in che modo organizzi consapevolmente le proprie percezioni. o Mediazione (esame di realtà): costituisce il processo di traduzione dello stimolo da una modalità visiva ad una modalità di pensiero. Rappresenta la capacità dell’individuo di percepire se stesso e il mondo circostante in maniera realistica, quindi la capacità di percepire il mondo così come lo percepisce la maggior parte delle persone. o Ideazione: descrive la capacità (o capacità ridotta) di pensare e di riflettere sulle proprie esperienze ed impressioni in un modo logico, coerente, flessibile e costruttivo.

Somministrazione ed inchiesta  Indipendentemente dall’ambito di somministrazione (clinico o di ricerca) è necessario che il soggetto venga preparato e che sia stata con lui stabilita un’alleanza, al fine di raccogliere le informazioni.  Il tempo necessario per la somministrazione è, orientativamente, 40/60 minuti per gli adulti e 30/45 minuti per i bambini sotto ai 10 anniquando si ha a che fare con i bambini e/o con soggetti problematici è necessario modificare leggermente le procedure di somministrazione. Ovviamente il test deve essere presentato come una sorta di gioco - Al di sotto dei 5 anni: la somministrazione del test è molto differente da quello degli adulti - A partire dai 5 anni: la somministrazione del test è molto simile a quello degli adulti - Dagli 8 anni: si può procedere con la modalità di somministrazione standard del test  La somministrazione comprende: - L’introduzione al test - La collocazione reciproca tra paziente e psicologo: non dovrebbe essere vis-à-vis ma fianco a fianco, in modo che lo psicologo possa avere un punto di vista quasi identico a quello del soggetto e che ne influenzi il meno possibile la prestazione, ad es. fornendo suggerimenti - La modalità e l’ordine di presentazione delle tavole - La consegna e la registrazione delle risposte: la consegna è concisa, chiara e non può essere sostituita da variazioni: “cosa potrebbe essere?” nel mentre, si porge la prima tavola al soggetto annotando le risposte che questo fornisce. Il soggetto dovrebbe tenere la tavola in mano mentre la osserva.  Inchiesta - Ha lo scopo di comprendere come e perché il pz ha fornito un certo tipo di risposta. - Nella consegna, il clinico dice al pz che vedranno una seconda volta le tavole, lui leggerà ciò che il pz ha detto in modo che questi gli mostri dove ha visto un determinato oggetto (localizzazione: in tutta la macchia, in una parte di essa) che cosa lo fa sembrare così (determinante: colore, forma movimento ad es. “ha le ali spiegate come se stesse volando”), che cosa è e come è l’oggetto (contenuto ad es. essere umano, animale). - Un aspetto importante riguarda l’uso delle parole chiave, qualsiasi espressione utilizzata dal soggetto per abbellire o personalizzare la risposta fornita; vanno sempre indagate. Ad es., il soggetto dice che “vede una farfalla molto bella”; si deve indagare perché ha utilizzato il termine “bella”, lo si può fare riprendendo la stessa parola in forma interrogativa. Si ridice al pz “bella?” e magari questi risponde “sì, perché è tutta colorata”. - Nel caso in cui il pz mostri una resistenza all’inchiesta (difesa percettiva) si possono utilizzare frasi come “Su, forza, prenda tempo per poterla ritrovare” oppure “A volte le cose, rivedendole, possono sembrare diverse, ma se fa attenzione vedrà che le ritrova”. 45

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Se il soggetto, nel momento in cui gli vengono riproposte le tavole, identifica altre figure, queste vanno annotate ma non saranno inserite nel conteggio degli indici del sommario strutturale

Sommario strutturale  È la rielaborazione qualitativo-quantitativa della codifica delle risposte al CS rispetto ad una complessa e composita serie di “punteggi” derivata dalla codifica stessa e rappresenta la base per l’interpretazione del protocollo  Questo processo è reso possibile dall’utilizzo di un programma, in genere il RIAP-5.  Il sommario è composto da 3 pagine - La prima pagina include o La sequenza dei punteggi: riporta la codifica di tutte le risposte ordinate rispetto al numero della tavola, al numero progressivo della risposta, alla determinante, al contenuto, alla localizzazione, alle risposte pari (le macchie sono speculari e il soggetto vede 2 oggetti invece che 1 solo), alle risposte popolari (per ogni tavola, le risposte più diffuse nella popolazione, ad es. per la tavola 5 il pipistrello), ai punti Z (relativa alla capacità del soggetto di organizzare le parti della macchia per formare la figura), ai punti speciali (caratteristici dell’attività ideativa, ad es. il soggetto argomenta in modo più o meno bizzarro una certa risposta). o L’approccio: collocato nel riquadro inferiore dopo la sequenza dei punteggi, riporta la successione delle varie tipologie di localizzazioni utilizzate dal soggetto tavola per tavola. Ad es. nella tavola 1 il soggetto fornisce 2 risposte di dettaglio. - La seconda pagina include una parte superiore ed una inferiore o Parte superiore: include le caratteristiche di localizzazione, la qualità evolutiva, la qualità formale, le determinanti, i contenuti, la costellazione suicidaria e i punteggi speciali. o Parte inferiore: include il nucleo della personalità (capacità di controllo e stress), percezione di sé, percezione interpersonale, affetti, processamento dell’informazione, mediazione ed ideazione. - La terza pagina include una serie di altri indici costituiti da raggruppamenti di variabili definite costellazioni, individuate attraverso analisi statistiche specifiche. Esse sono: o Costellazione suicidaria (S-CON Suicidal Constellation): si è rilevata utile nell’identificare individui che hanno commesso suicidio (punteggio 7 o maggiore). Nei soggetti a partire dai 14 anni una costellazione suicidaria con valori superiori a 7 o 8 rappresenta un campanello di allarme rispetto ad un possibile suicidio e necessita quindi ulteriori approfondimenti. o Perceptual Thinking Index (PTI): non è un indice psicopatologico vero e proprio ma è importante per discriminare eventuali segnali di distorsione della realtà, stati allucinatori, vissuti di alienazione, pensieri e comportamenti atipici. o Depression Index (DEPI): consente di identificare quei protocolli per i quali i disturbi affettivi e del tono dell’umore rappresentano il problema principale. V’è una relazione con l’indice CDI: nel caso in cui entrambi siano elevati, si può immaginare una problematica affettiva su base relazionale. o Coping Deficit Index (CDI): consente di rilevare la presenza/assenza delle capacità di coping/adattamento del soggetto. Questo indice appare spesso in concomitanza con un indice DEPI positivo. o Hypervigilance Index (HVI): non indica necessariamente una caratteristica psicopatologica ma individua soggetti costantemente sulla difensiva. o Obsessive Style Index (OBS): non indica necessariamente una caratteristica psicopatologica ma individua soggetti caratterizzati da ricerca di perfezionismo. L’interpretazione del protocollo  Nel Rorschach il soggetto viene posto di fronte ad immagini destrutturate e nel rispondere alla domanda della consegna (cosa potrebbe essere) si basa su caratteristiche sia di personalità (componenti cognitive ed affettive) sia relative alle strategie con le quali affronta la prova.  Un presupposto fondamentale per l’interpretazione è la constatazione della validità del protocollo 46

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Da un punto di vista generale, un protocollo è considerato valido quando le sue risposte sono uguali o superiori a 14. Da un punto di vista statistico, protocolli con un numero inferiore di risposte non sono interpretabili (l’affidabilità del test è proporzionale alla sua lunghezza e, nel caso specifico del CS, non c’è stabilità temporale nei punteggi). Se il soggetto non è adatto al test (psicosi, depressione grave, QI basso) non si procede con l’inchiesta, altrimenti si procede ad una nuova somministrazione del test. - In realtà, anche nel caso di protocolli brevi si può procedere all’interpretazione, seppur con cautela. In contesto di ricerca, ancor più che nel contesto clinico, v’è la necessità di essere prudenti nell’interpretazione delle conclusioni. - Exner suggerisce di richiedere esplicitamente due risposte alla tavola I, qualora queste non vengano fornite spontaneamente, in modo da istruire il soggetto a fornire più di una risposta. Il clinico può dirgli “se prende tempo sono sicuro che ne troverà più di una”. - Non possono essere accettati i rifiuti, che generalmente si verificano nelle ultime tavole (la tavola IX risulta essere quella che presenta il maggior grado di difficoltà) quindi è necessario creare un clima di collaborazione per lo svolgimento della prova. Il clinico può dire “Prenda tempo, non abbiamo fretta, ognuno ci vede qualcosa. Abbiamo tutto il giorno se necessario.” - In presenza di protocolli troppo lunghi (al di sopra delle 50 risposte) il clinico può limitare le risposte ritirando la tavola e dicendo “Può bastare così, grazie”. Si deve tuttavia prestare attenzione se il soggetto appare molto produttivo soltanto rispetto ad alcune tavole. In seguito si procede all’analisi della costellazione suicidaria S-CON. È necessaria anche un’interpretazione per cluster (controllo e tolleranza allo stress, stress situazionale, affetti, percezione di sé, percezione delle relazioni interpersonali, processamento dell’informazione, mediazione, ideazione) in modo da elaborare un quadro completo dell’organizzazione di personalità. Si parla si interpretazione step by step in quanto ogni cluster va analizzato nella sua interezza, interpretando tutte le variabili nell’ordine proposto, prima di passare al successivo (routine interpretativa dettata dalle key variables). La routine interpretativa si basa sull’individuazione di key variables, identificate partendo dal sommario strutturale, che prevedono un ordine di priorità interpretativa della successione dei cluster. Le 12 key variables vengono raggruppate in 2 categorie: - Key variables psicopatologiche: le chiavi d’ingresso psicopatologiche vanno lette in ottica psicodinamica, relative al funzionamento dell’individuo, non secondo un approccio nosograficodescrittivo. o PTI>3 la routine interpretativa prevede di partire dalla triade cognitiva (processamento, mediazione, ideazione) o DEPI>5 e CDI>3  si parte dalla percezione delle relazioni interpersonali e dalla percezione di sé o DEPI>5  si parte dagli affetti o CDI>3  si parte dal controllo o D .99  il soggetto, allo scopo di mantenere il controllo sulla situazione, cerca di semplificare lo stimolo ignorandone gli aspetti complessi. La semplificazione è intesa come difesa percettiva. Si parte dalla triade cognitiva o Reflection > 0  le risposte riflesso sono le situazioni nelle quali il soggetto, invece di identificare un’unica figura, riferisce di vedere un oggetto riflesso (in uno specchio, un lago). Indica la tendenza a sopravvalutare il proprio valore personale. Il senso di sé esagerato, in un’ottica psicopatologica narcisistica, può avere un impatto sulle relazioni interpersonali: se ottiene rassicurazione e supporto dagli altri la sua patologia rimane contenuta, se fallisce nell’ottenere conferme può elaborare operazioni difensive come vergogna, razionalizzazione, diniego. Si parte dalla percezione di sé e delle relazioni interpersonali. o EB introversivo  si parte dalla triade cognitiva 47

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EB extratensivo  si parte dagli affetti p > a+1  indice del movimento passivo è maggiore al movimento attivo + 1. Questi soggetti hanno uno stile passivo e deferente nelle situazioni sociali. Si parte dalla triade cognitiva HVI positivo  si parte dalla triade cognitiva

Caratteristiche psicometriche  La recente letteratura sul test di Rorschach ha riaffermato la validità e l’attendibilità di questo metodo di assessment.  Nonostante i progressi compiuti rimane l’esigenza di documentare le siglature e di quantificare i costrutti latenti.

MODULO 6 – MMPI2 1. Teoria di riferimento e perché si utilizza  Costituisce la revisione dell’MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory).  È uno dei questionari di personalità (ateorico) più diffusi ed utilizzati in ambito clinico e forense; è auto-somministrato e si compone di 567 item con risposte dicotomiche vero/falso  Il grande consenso della versione originale deriva da: - Facilità di somministrazione e di scoring - Possibilità di individuare protocolli non validi tramite scale di controllo - Confronto di punteggi ottenuti con dati normativi diversificati per maschi e femmine  Al fine di apportare delle modifiche al MMPI è stato istituito un comitato che si è proposto di: - Sostituire gli item obsoleti, potenzialmente offensivi e di difficile comprensione/elaborazione (ad es. doppie negazioni) - Ottenere dati normativi maggiormente recenti e rappresentativi della popolazione - Mantenere una certa continuità con le scale cliniche e di validità originali 2. A chi è destinato Può essere somministrato a partire dai 18 anni di età, il soggetto deve essere in grado di leggere ed interpretare quanto letto. 3. Come si utilizza 3.1. Somministrazione  Inizialmente il clinico deve stabilire un rapporto di fiducia con il soggetto - Spiegando i motivi per cui il test sta per essere somministrato, in che modo saranno utilizzati i risultati e che il test è concepito per individuare la tendenza ad auto-rappresentarsi in modo irrealisticamente positivo o negativo. - Valutandone preventivamente le condizioni cliniche; ad es., un soggetto fortemente depresso potrebbe riportare difficoltà nel completamento della prova. In tal caso si può valutare l’eventualità di più somministrazioni.  In considerazione dell’elevato numero di item sono state costruite delle forme “ridotte” del test che comunque non sono risultate sufficientemente attendibili e valide. L’unica eccezione è costituita dal somministrare i primi 370 item (con le scale di validità L, F e K e le 10 scale cliniche standard) ma sembra che i soggetti in grado di rispondervi siano anche in grado di rispondere alla versione completa.  Il tempo medio di completamento fornisce importanti indicazioni ed andrebbe sempre annotato. Per i soggetti con QI nella media è di 1 ora e mezza. Per i soggetti con QI più basso, difficoltà di lettura, disturbi psicopatologici gravi (grave depressione, psicosi, indecisione ossessiva) il tempo richiesto può superare le 2 ore. Nel caso in cui il soggetto completi il test troppo velocemente ciò potrebbe essere connesso ad impulsività o a risposte fornite in modo casuale.

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Le cancellature devono essere tenute in considerazione in quanto, se un numero contenuto di questi segni può indicare che il soggetto ha preso sul serio il test, un elevato numero di cancellazioni può riflettere tendenze ossessivo-compulsive. Viene sconsigliata la compilazione del test in modo autonomo direttamente a casa del soggetto per molteplici motivi (il pz potrebbe confrontarsi con altri, potrebbe far svolgere il test ad altri, manca la parte iniziale dedicata alla strutturazione di un rapporto di fiducia fra pz e clinico).

3.2. Le scale: 9 di validità, 10 cliniche, 10 di contenuto e 8 supplementari Scale di validità  Rappresentano Il primo passo per interpretare il test valutando se il soggetto ha risposto senza considerare il contenuto degli item, ad es. risposte fornite a caso oppure in modo sistematico, sempre vero o sempre falso  Per quanto riferite al comportamento del soggetto durante il test, possono fornire informazioni sull’individuo avvalorando le conclusioni diagnostiche basate sulle scale cliniche e sulle scale di contenuto.  Anche laddove il protocollo non sia valido, risulta interessante da un punto di vista clinico comprendere il motivo.  Esse sono 9: scala ? (non so), VRIN, TRIN, L, F, FB, K, S, FP - Scala ? (non so): rappresenta il numero totale degli item omessi o degli item cui sono state date entrambe le risposte “vero” e “falso” o Per quanto concerne lo scoring i protocolli con più di 10 item omessi vanno considerati con cautela, e quelli con 30 o più sono considerati di validità dubbia. - Scala VRIN (Variable Response Inconstency): è formata da coppie di item che esprimono un contenuto simile o opposto, il punteggio si assegna quando si verifica un’incongruenza nella risposta fornita ai due item della coppia ed individua quindi la tendenza a rispondere in modo del tutto incoerente, ad es. “Non mi stanco facilmente” e “Sono stanco gran parte del tempo”. o Scoring un insieme di risposte tutte vere o tutte false fornisce su questa scala un punteggio vicino a 50. Le persone che deliberatamente scelgono di rimandare un’immagine negativa di se stessi, così come quelli che decidono di rivelare la gravità della loro psicopatologia, otterranno un punteggio medio. - Scala TRIN (True Response Inconsistency): è composta da coppie di item che esprimono un contenuto opposto ed individua la tendenza del soggetto a rispondere in maniera affermativa o negativa in modo indipendente dal contenuto degli item, ad es. “Quasi sempre sono triste” e “Sono contento quasi sempre”. o Scoring  punteggi elevati indicano la tendenza a fornire risposte vere in modo indiscriminato, mentre punteggi bassi indicano la tendenza a fornire risposte false sempre in modo indiscriminato. - Scala L (Lie): fa parte delle scale originali dell’MMPI. È composta da item facenti riferimento a comportamenti relativamente comuni, a piccole infrazioni e difetti/debolezze che la maggior parte delle persone è disposta ad ammettere, dunque individua la tendenza del soggetto a mostrarsi o a fornire un’immagine di sé socialmente desiderabile, ad es. “A volte mi arrabbio”. o Scoring punteggi elevati indicano la possibilità che il soggetto non sia stato onesto nel rispondere agli item ed abbia affermato pregi o nascosto caratteristiche negative in misura maggiore di quanto in genere facciano le altre persone. - Scala F (Infrequency): fa parte delle scale originali. È composta da item riguardanti una serie di esperienze poco comuni nella popolazione normale, dunque individua la tendenza ad esagerare i problemi ed a fornire un’immagine di sé disturbata, ad es. “A volte sono posseduto da spiriti maligni”. o Scoring  data la relazione fra i punteggi ottenuti in questa scala e la presenza di psicopatologia, il manuale indica cut off diversi per soggetti non clinici, clinici ma non ospedalizzati ed ospedalizzati. 49

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Scala FB (Back F): comprende item dal contenuto analogo a quelli della scala F, distribuiti però, nella seconda parte del questionario (dopo l’item 370). o Scoring  punteggi elevati possono indicare che il soggetto esaminato ha risposto agli item della seconda parte del test in modo non valido Scala FP (Infrequency Psychopathology): come la scala F, mette in evidenza la simulazione di sintomi psicologici ma nello specifico di un contesto clinico. Scala K (Correction): fa parte delle scale originali. Misura l’atteggiamento difensivo nei confronti del test ed indica la tendenza a presentare un’immagine di sé eccessivamente positiva, ma gli item che la costituiscono presentano un contenuto meno evidente rispetto a quelli della scala L, ad es. “Le critiche e i rimproveri mi feriscono moltissimo” con risposta F. o Scoring  punteggi alti indicano che il soggetto ha compilato il test con un atteggiamento difensivo. Punteggi medi rivelano che il soggetto ha presentato un’immagine di sé piuttosto equilibrata. Punteggi molto bassi possono indicare la presenza di un tentativo deliberato di presentare un’immagine di sé non favorevole. Scala S (Superlative Self-Presentation): valuta la tendenza del soggetto a riconoscersi attributi positivi, alti valori morali, alta responsabilità e a negare problemi riguardanti l’adattamento.

Scale cliniche  Sono state costruite empiricamente, utilizzando il metodo dei gruppi di contrasto basato su un confronto, per ogni scala, tra soggetti psicopatologici e soggetti di controllo.  I pazienti che ottengono punteggi molto elevati sulle scale cliniche presentano generalmente sintomi e problemi più gravi rispetto ai soggetti che sulle stesse scale ottengono punteggi moderati.  Esse sono 10: Ipocondria (Hs), Depressione (D), Isteria (Hy), Deviazione Psicopatica (Pd), Mascolinità/femminilità (Mf), Paranoia (Pa), Psicoastenia (Pt), Schizofrenia (Sc), Ipomania (Ma), Introversione Sociale (Si) - Ipocondria: gli item descrivono disturbi fisici e sintomi somatici vaghi e aspecifici (difficoltà nella respirazione, disturbi del sonno) o Scoring  Punteggi elevati indicano eccessiva preoccupazione per il proprio corpo e in generale per il proprio stato di salute. Punteggi estremamente elevati indicano preoccupazioni somatiche bizzarre. - Depressione: gli item valutano la presenza di uno stato psichico globale negativo e di caratteristiche di personalità depressiva come eccessivo senso di colpa, tendenza all’intrapunitività. o Scoring  Punteggi alti sono spesso correlati con i sintomi depressivi. - Isteria: gli item si riferiscono sia alla facilità nei rapporti sociali e alla negazione di problemi, sia a problemi fisici e sintomi di conversione somatica dell’ansia. o Scoring  Punteggi elevati, ottenuti con risposte positive in entrambi i gruppi, indicano un soggetto sopraffatto dai sentimenti, particolarmente reattivo allo stress e che evita le responsabilità sviluppando sintomi fisici. - Deviazione psicopatica: valuta la presenza di caratteristiche come disadattamento sociale, problemi con l’autorità, disprezzo per le norme sociali e morali e contrasti familiari. o Scoring punteggi elevati tendono ad essere associati con la difficoltà del soggetto di interiorizzare i valori e gli standard della società. - Mascolinità/femminilità: originariamente costruita per valutare le caratteristiche di personalità nelle problematiche di identificazione sessuale, è la scala più controversa per la natura del costrutto studiato ma anche per l’esiguità del gruppo di soggetti di studio (13 omosessuali maschi). La maggior parte degli item fa riferimenti a interessi, scelte di vita o professioni che lo stereotipo sociale definisce come tipicamente maschili o femminili. o Scoring punteggi molto alti sono infrequenti fra le donne, mentre per gli uomini indicano interessi estetici ed artistici, nella partecipazione della gestione della casa e nella cura dei figli in misura maggiore rispetto agli altri uomini. - Paranoia: valuta la presenza di tendenze alla sospettosità, rigidità, sensibilità interpersonale e idee di riferimento. 50

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ScoringPunteggi alti indicano individui ipersensibili alle opinioni degli altri, sospettosi, ostili e polemici. Punteggi molto alti indicano manifestazioni paranoidi con disturbi del pensiero a carattere persecutorio. Psicoastenia: scala inizialmente sviluppata sulla base della diagnosi di psicoastenia, sindrome nevrotica caratterizzata da un’ansia eccessiva ed invalidante, da paure e preoccupazioni, da rituali ossessivi e compulsivi. o ScoringPunteggi alti indicano persone agitate, tese, dubbiose e con una ridotta fiducia nelle proprie possibilità. Schizofrenia: valuta tutti i possibili spettri della sindrome schizofrenica. o Scoring punteggi moderati indicano tendenze all’isolamento sociale con comportamenti bizzarri e convinzioni inconsuete; punteggi alti indicano uno stile di vita schizoide e tendente all’alienazione sociale; punteggi molto elevati indicano disturbi del pensiero ed alterato contatto con la realtà. Ipomania: può essere considerata una misura del livello di energia fisica e mentale; misura iperattività, irritabilità e ricerca di sensazioni, grado di eccitazione, egocentrismo e mancanza di inibizione. o Scoring punteggi elevati descrivono persone socievoli ma superficiali e manipolative nei rapporti interpersonali. Introversione sociale: misura la partecipazione ad attività sociali, disagio generale soggettivo ed affetti negativi. o Scoring punteggi elevati corrispondono ad introversione sociale, estrema timidezza, reticenza nelle situazioni sociali, scarsa fiducia in sé in relazione alle proprie capacità e al proprio aspetto, disagio che aumenta in presenza di individui di sesso opposto; punteggi bassi indicano una configurazione estroversiva caratterizzata da socievolezza, orientamento verso l’ambiente, conformismo e facilità di eloquio.

Scale di contenuto  Le 10 scale riguardano prevalentemente l’interpretazione del contenuto e tentano di individuare gli item con un significato rilevante nell’interpretazione del profilo dell’MMPI-2.  Misurando singole dimensioni, aiutano a comprendere meglio le scale cliniche. Ad es. se il pz riporta punteggi elevati sulla scala clinica Deviazione psicopatica i clinici potrebbero rilevare punteggi altrettanto elevati nelle scale di contenuto Disagio sociale e Problemi familiari.  Possono essere suddivise in gruppi differenti a seconda delle qualità che valutano: - Comportamenti sintomatici interni: ansia, paure, depressione, ossessività, preoccupazioni per la salute, ideazione bizzarra. - Tendenze aggressive rivolte all’esterno: rabbia, cinismo, comportamenti antisociali, personalità di tipo A (eccessiva dedizione al lavoro, realizzazione personale, poco tempo disponibile, si annoiano facilmente). - Autopercezione negativa: bassa autostima. - Problemi generali: disagio sociale, problemi familiari, difficoltà sul lavoro (inteso come tratti di personalità che potrebbero interferire sul lavoro), indicatori di difficoltà di trattamento (intesi come tratti di personalità che potrebbero interferire con il trattamento).  Poiché gli item delle scale sono assolutamente espliciti rispetto al loro contenuto, i punteggi potrebbero risentire di distorsioni dovute proprio all’atteggiamento del soggetto esaminato, ad es. i soggetti che affrontano il test esagerando i propri problemi otterranno con più probabilità punteggi alti alla maggior parte delle scale. Sottoscale di Harris-Lingoes:  Gli autori hanno costruito le sottoscale per le 6 scale cliniche che apparivano maggiormente eterogenee, ritenendo che ciò potesse aggiungere informazioni significative per l’interpretazione del protocollo. Non devono in realtà essere interpretate, a meno che le loro parent scales non siano significativamente elevate. 51



Ad es. per la scala clinica Depressione alcune delle sottoscale sono Rallentamento psicomotorio, Ruminazione, Disfunzioni fisiche.

Scale supplementari: le 8 scale sono  Scala di MacAndrew di alcolismo rivista: è stata costruita a partire dai dati rilevati su pazienti alcolisti. I contenuti riguardano deficit cognitivi, disadattamento scolastico, capacità di relazione interpersonale, atteggiamento verso il rischio, estroversione, disinibizione ed esibizionismo, senso etico e morale.  Scala di tossicodipendenza potenziale: solo punteggi elevati rimandano ad un problema relativo all’abuso. Questi rilevano problemi di percezione di sé, sensazioni di impotenza e mancanza di efficacia personale, attitudine verso il rischio ed imprudenza.  Scala di ammissione di dipendenza: indaga problemi con l’alcol, uso di altre droghe, problemi sociali come effetto del comportamento di abuso.  Scala di disturbo post-traumatico da stress: costruita con dati rilevati sui veterani del Vietnam con PTSD, ha un carattere ambiguo in quanto potrebbe indicare disadattamento e disturbo emozionale generalizzato e non un trauma, non discrimina tra vittime di incidente stradale e soggetti che soffrono di disturbi d’ansia, non sembra efficace nel discriminare tra soggetti che ampliano il disturbo e quelli che non lo fanno.  Scala dell’ostilità ipercontrollata: è stata costruita con dati rilevati su detenuti per reati contro la persona. Valori elevati indicano mancanza di rimorso, scarsa consapevolezza, collera e impulsi aggressivi.  Scala di disagio coniugale: punteggi alti indicano malessere coniugale.  Responsabilità sociale: è stata costruita nell’ambito di una ricerca volta a studiare la partecipazione politica. Punteggi alti indicano soggetti responsabili, capaci di accettare le conseguenze dei propri comportamenti, attendibili, con senso di responsabilità e di giustizia verso il gruppo.  Dominanza: è stata anch’essa costruita nell’ambito di una ricerca volta a studiare la partecipazione politica. Punteggi elevati rivelano un’immagine di sé e sociale caratterizzata da adattamento, integrazione delle funzioni psicologiche, equilibrio, sicurezza.  Forza dell’Io: alti punteggi indicano soggetti senza alcun tipo di stress, sofferenza emotiva e sintomatologia fisica.  Ansietà: punteggi elevati indicano soggetti ansiosi con un forte stress emotivo. Valuta l’ansia di stato e non di tratto, quindi situazionale.  Repressione: punteggi elevati indicano scarso desiderio di discutere dei propri problemi, negazione, inibizione, ipercontrollo. 4. Dati normativi: i dati ottenuti dal processo di standardizzazione del MMPI-2 hanno rilevato che i soggetti del campione normativo attuale tendono a rispondere in modo più patologico rispetto al campione precedente (dell’MMPI) abbassando la soglia per fare diagnosi. 5. Scoring ed interpretazione  I punteggi grezzi sono ricavati manualmente, con l’uso di griglie trasparenti o tramite un programma di scoring automatizzato.  Tali punteggi sono poi riportati su tre fogli: scale cliniche, di contenuto e supplementari 6. Raccomandazioni nell’uso dell’MMPI-2  Conoscere l’attuale ricerca sui significati ed i correlati empirici delle scale.  Tener conto delle diverse variabili demografiche del soggetto.  Conoscere le numerose ricerche in una molteplicità di aree (forme abbreviate, sistemi di codifiche computerizzati, proposta di una versione per adolescenti).

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MODULO 7 – MCMI-III e SWAP MCMI-III (Millon Clinical Multiaxial Inventory-III) 1. La teoria di riferimento e perché viene utilizzato  La teoria di riferimento è basata sui principi comportamentali del rinforzo e del condizionamento integrati nella teoria evoluzionista.  Analizza i disturbi di personalità alla luce delle teorie prototipiche sugli stili di personalità (intesi come modalità stabili di pensiero, percezione e comportamento di per sé non patologici che possono però provocare deficit di adattamento). La personalità si estende su un continuum tra la normalità e la patologia e la personalità patologica si caratterizza per tre componenti: - Scarsa abilità sotto stress - Scarsa flessibilità adattiva - Tendenza a coinvolgersi ripetutamente in processi che ripropongono le stesse difficoltà.  Nella persona vengono individuati 3 obiettivi, coerenti con la prospettiva evoluzionista: sopravvivere; adattarsi all’ambiente; replicarsi per garantire la prosecuzione della specie.  Una revisione della teoria operata dallo stesso Millon ha visto il passaggio da stile di personalità a disturbo di personalità (ciò ha cospicua rilevanza per il test): i disturbi derivano, nella maggior parte dei casi, dalla sottostante struttura di personalità e ne rappresentano un’evoluzione peggiorativa o una complicazione. 2. A chi è destinato: per la somministrazione, il test richiede almeno 18 anni ed almeno 8 anni di scolarità. 3. Come si utilizza  È un questionario self report breve, composto da 175 domande, che richiede circa 20-30 minuti per la compilazione.  Le scale sono state standardizzate con un punteggio Base Rate (BR) che rappresenta la prevalenza dei vari stili di personalità e delle sindromi cliniche nel campione normativo. Un punteggio BR > 84 indica la presenza di un disturbo.  Non è uno strumento per valutare la personalità non patologica, sebbene Millon sostiene che possa essere utilizzato anche con le persone “normali”.  Il test è costituito da: 4 scale di validità, 11 scale di disturbi della personalità, 3 scale di disturbi della personalità gravi, 7 scale di sindromi cliniche e 3 scale di sindromi cliniche gravi.  L’interpretazione del test prevede tre passaggi: 1) la valutazione della validità del protocollo; 2) la formulazione di decisioni diagnostiche relative ad ogni scala; 3) la formulazione del funzionamento clinico complessivo 3.1. Valutazione della validità del protocollo  Il protocollo non è valido se - Non è indicato il sesso del soggetto - L’età è inferiore a 18 anni - Sono stati invalidati più di 12 item - 2 o più item della scala di validità sono segnati con “vero” - Il punteggio grezzo alla Scala X (Apertura) è inferiore a 34 o superiore a 178 - Nessuno dei punteggi BR alle scale degli Schemi clinici di personalità (da 1 a 8B) è al di sopra di 59. Le scale di validità sono: o Scala X (indice di Apertura): valuta il grado di sincerità del paziente. È l’unica delle scale di validità a fornire indicazioni cliniche sul pz. Quando il punteggio è basso il protocollo non è considerato basso. o Scala Y (indice di Desiderabilità): valuta la tendenza della persona a mostrarsi socialmente attraente. o Scala Z (Indice di Falsificazione): riflette le tendenze opposte a quelle indicata dalla scala Y: punteggi alti indicano una tendenza della persona a criticare se stesso in modo esagerato. 53

3.2. Se il protocollo è valido si procede alla formulazione di decisioni diagnostiche relative alle scale dei disturbi di personalità e delle sindromi cliniche:  Le scale dei disturbi di personalità sono 11: schizoide, evitante, depressivo, dipendente, istrionico, narcisista, antisociale, aggressivo, compulsivo, negativista (passivo-aggressivo), masochista. Quelle dei disturbi gravi di personalità sono 3: disturbo schizotipico, borderline e paranoide. 1. Schizoide: soggetti che non provano forti emozioni, hanno ridotti bisogni affettivi e difficoltà a mostrare e a provare piacere con un debolezza cognitiva di fondo caratterizzata da schemi di pensieri poco chiari, impoveriti ed inappropriati al livello intellettivo. 2. Evitante: soggetti fortemente isolati sul piano sociale. 3. Depressivo: soggetti caratterizzati da una continua esperienza di sofferenza, dolore e pena, sentimenti di inadeguatezza. 4. Dipendente: soggetti poco autonomi, passivi, carenti di iniziativa, sottomessi, conformisti, con timore dell’abbandono. 5. Istrionico: soggetti con stile interpersonale eccessivamente drammatico e con un grande desiderio di essere al centro dell’attenzione. Risultano seduttivi nel modo di esprimersi, di pensare, di vestirsi e di comportarsi, tendono alla manipolazione interpersonale allo scopo di ricevere accettazione ed approvazione. 6. Narcisista: soggetti eccessivamente concentrati su se stessi, che chiedono una costante ammirazione da parte degli altri, esagerano i propri successi e mostrano una sicurezza anomala nelle loro capacità. 7. Antisociale: soggetti completamente concentrati su se stessi con comportamento intimidatorio, dominante ed aggressivo. A livello interpersonale sono rabbiosi, vendicativi e disprezzano i valori come la compassione. 8. Aggressivo: soggetti che utilizzano l’acting out per rispondere alle frustrazioni. Sono ostili, competitivi, intimidatori, dominanti, facilmente irritabili e rabbiosi. 9. Compulsivo: soggetti rigidi, con affettività coartata, eccessivamente conformisti, meticolosi, organizzati e dotati di scarsa immaginazione. 10. Negativista (passivo-aggressivo): soggetti irritabili, ostili, pessimisti e costantemente insoddisfatti, gratificati dal demoralizzare gli altri e diminuirne la soddisfazione. 11. Masochista: soggetti che consentono agli altri di sfruttarli e di trattarli in modo non adeguato. Disturbi di gravi personalità 1. Disturbo schizotipico: soggetti che preferiscono una vita isolata e povera di emozioni. Risultano assorti nei loro pensieri con comportamento eccentrico e bizzarro. 2. Disturbo borderline: soggetti con problematiche nell’attaccamento, con oscillazioni continue tra dipendenza ed indipendenza affettiva, relazioni intense ma instabili, comportamenti impulsivi e paura dell’abbandono. 3. Disturbo paranoide: soggetti vigilanti e poco fiduciosi degli altri, irritabili ed ostili.  Le scale delle sindromi cliniche sono 7: ansia, somatizzazione, bipolare, distimia, dipendenza dall’alcool, dipendenza da droga, disturbo da stress post-traumatico. Le scale delle sindromi cliniche gravi sono 3: disturbi del pensiero, depressione maggiore, disturbo paranoide. 1. Ansia: punteggi elevati correlano con punteggi elevati delle scale Depressione maggiore e Distimia 2. Somatizzazzione: soggetti che riferiscono un elevato numero di problematiche somatiche per le quali cercano continuamente il sostegno del medico. 3. Bipolare: soggetti con emotività labile e frequenti viraggi dell’umore; con punteggi alti si possono presentare anche processi di pensiero psicotici. 4. Distimia: soggetti caratterizzati dalla perdita di energia. 5. Dipendenza dall’alcool/dipendenza da droga: punteggi elevati indicano una probabile storia di alcolismo/abuso di sostanza. 6. Disturbo da stress post-traumatico: soggetti che riportano sintomi quali pensieri intrusivi, flashback, difficoltà del sonno e nella concentrazione. Sindromi cliniche gravi 54

1. Disturbi del pensiero: questa scala è un indice di psicosi e rileva il livello di confusione, disorganizzazione, frammentazione e bizzaria del pensiero e l’inadeguatezza affettiva. 2. Depressione maggiore: la scala è stata appositamente costruita per valutare la depressione maggiore secondo il DSM-IV. 3. Disturbo paranoide: la scala è una misura di ipervigilanza, sospettosità, persecutorietà e referenzialità. 4. Considerazioni conclusive: nonostante il Millon sia il secondo questionario di personalità più diffuso dopo l’MMPI-II, presenta delle lacune che suggeriscono di adottarlo con cautela.  Esiste poca ricerca sulla sua capacità di discriminare protocolli simulati, quindi è necessario porre attenzione alla sovra-rappresentazione sintomatica e, in generale, all’utilizzo del test in ambito forense.  La struttura del Millon combacia con il DSM-IV-TR solo per un certo numero di variabili  Millon faceva parte della task force che si è occupata del DSM ed è sempre stato convinto della necessità di distinguere tra disturbi (di personalità e clinici) gravi e meno gravi.  Presenta una moderata validità convergente con altri strumenti self-report e scarsa validità convergente con le scale psichiatriche strutturate (soprattutto scala paranoide).  Secondo alcuni autori manca di una sufficiente validità diagnostica non raggiungendo criteri minimi di validità scientifica. La validità di costrutto in particolare sembra inadeguata. SWAP 1. Teoria di riferimento e perché viene utilizzato  La SWAP (Schedler-Westen Assessment Procedure) è un metodo di indagine clinician-report elaborato da Westen e Shedler per scopi clinici e di ricerca. Gli autori volevano compensare i limiti degli strumenti self-report, che consentono l’accesso esclusivamente alle conoscenze esplicite che i pz hanno di se stessi, non permettendo di ottenere informazioni sui processi inconsci.  Applica alla diagnosi di personalità una logica dimensionale, ma stabilisce dei punteggi-soglia per le diverse dimensioni oltre i quali è possibile elaborare diagnosi categoriali di disturbo di personalità.  Valuta quanto il funzionamento del soggetto si avvicini ad una serie di stili o disturbi prototipici (approccio matching-protype)secondo quest’ottica, tutti gli individui possiedono caratteristiche riconducibili ad ognuno degli stili/disturbi di personalità e ciò che differenzia gli uni dagli altri sono l’intensità e le combinazioni delle diverse caratteristiche.  Una diagnosi di personalità valida, che consideri sia i tratti patologici sia le risorse, deve fornire informazioni su 4 domini: - Le motivazioni, gli standard ideali, i valori morali, le paure ed i conflitti. - Gli stili cognitivi, le strategie e le capacità di regolazione delle emozioni. - Le rappresentazioni di sé, degli altri e delle relazioni tra sé e gli altri. - Il modo in cui questi domini si sono sviluppati nel corso della vita.  Una diagnosi funzionale di questo tipo, associata ad una concezione condizionale dei tratti di personalità (tratti come tendenze a reagire in modo stabile e specifico alle situazioni interpersonali ed intrapersonali vissute in modo analogo) sembra rappresentare un trai d’union tra diagnosi intesa come mera etichetta e formulazione del caso.  Il suo obiettivo è quello di sanare il divario fra clinica e ricerca. 2. A chi è destinato: esiste una versione per adulti (SWAP) ed una per adolescenti (SWAP-A). 3. Come si utilizza  La SWAP è l’implementazione di una procedura Q-sort nella valutazione della personalità. Un Q-sort è un insieme di affermazioni descrittive che il valutatore deve distribuire gerarchicamente in base a quello che ritiene essere il loro grado di descrittività.  La logica del Q-sort è del tipo ipsativo, dunque il soggetto viene confrontato con se stesso ed il clinico o il ricercatore che usa la SWAP deve valutare quanto ciascuno dei 200 item che la compongono descriva il paziente su una scala da 0 a 7 (dove 0 implica che non lo descrive affatto e 7 che lo descrive 55



totalmente). Ad es. “Tende a vedere i suoi sentimenti ed impulsi inaccettabili negli altri e non in se stesso” (componente proiettiva). Inoltre il clinico è vincolato ad una distribuzione fissa: deve attribuire un numero specifico di item, in modo da ovviare ai bias derivanti dalla tendenza a dare valutazioni sempre estreme o sempre intermedie, a prescindere dalla loro effettiva rappresentatività. Per quanto concerne le caratteristiche psicometriche, ha un buon grado di affidabilità inter-rater.

Negli adulti, questo strumento permette di ottenere due tipi di diagnosi:  Diagnosi in fattori PD (personality disorder): elaborata calcolando la correlazione tra il profilo del paziente e 10 prototipi SWAP dei disturbi di personalità dell’Asse II del DSM, più un prototipo di paziente con un funzionamento sano. Se T>60 si può fare diagnosi categoriale di disturbo di personalità.  Diagnosi in fattori Q: si tratta di un nuovo insieme di categorie diagnostiche derivato empiricamente a partire da circa 500 descrizioni SWAP di pazienti reali con disturbi di personalità, diagnosticabili attraverso il DSM cui è stata applicata la Q-factor analysis (analisi fattoriale che mette in evidenza gruppi di pz che presentano carrieristiche simili). L’applicazione di questa procedura ha messo in evidenza l’esistenza di 7 fattori-Q: disforico, antisociale, schizoide, paranoide, ossessivo, istrionico e narcisista. 1. Fattore-Q disforico: la Q-factor analysis di secondo livello ha consentito l’individuazione di 5 sottofattori o Evitante: tendenza ad essere timido o riservato, ad evitare le situazioni sociali per il timore di imbarazzo ed umiliazione. o Depressivo (nevrotico) ad alto funzionamento: caratterizzato sia da punti di forza psicologici (apprezza l’umorismo, è intuitivo, è empatico) sia da item che indicano disforia cronica (tendenza ad autoaccusarsi, a sentirsi in colpa, a cercare relazioni in cui recitare il ruolo di chi si prende cura o salva gli altri). o Emotivamente disregolato: include molti pazienti che classicamente vengono diagnosticati come borderline (manca infatti un fattore Q borderline), caratterizzati da emozioni che aumentano di intensità sino a sfuggire al controllo, frequenti lotte con autentici desideri di suicidarci, incapacità di calmarsi, tendenza a compiere minacce o gesti suicidari. o Dipendente-masochista: tendenza a coinvolgersi in relazioni in cui vengono subiti abusi emotivo o fisici, ad attaccarsi agli altri in modo intenso e veloce, ad essere suggestionabili, ad essere eccessivamente bisognosi o dipendenti. o Fattore con esteriorizzazione dell’ostilità: tendenza a partecipare a lotte di potere, ad accusare gli altri dei propri fallimenti, ad avere conflitti con l’autorità e ad esprimere l’aggressività in modi passivi ed indiretti. 2. Fattore-Q antisociale: tendenza ad essere disonesto, ad approfittarsi degli altri e ad avere un investimento minimo nei valori morali. 3. Fattore-Q schizoide: tendenza a non avere relazioni o amicizie strette, ad avere una gamma di emozioni limitata, a non avere capacità sociali e ad avere poco insight psicologico. 4. Fattore-Q paranoide: tendenza a sentirsi incompreso, maltrattato o vittimizzato. 5. Fattore-Q ossessivo: tendenza ad essere controllante, coscienzioso e responsabile, ad avere alti standard morali ed etici ed essere capace di usare i propri talenti, le proprie abilità, le proprie energie in modo efficace e produttivo. Sono meno gravi rispetto ai soggetti che ricevono diagnosi di disturbo ossessivo di personalità del DSM. 6. Fattore-Q istrionico: tendenza ad essere eccessivamente bisognoso e dipendente, seduttivo, ad esprimere le emozioni in modo esagerato e teatrale, a sviluppare attaccamenti intensi e veloci, ad essere interessato a persone emotivamente non disponibili. 7. Fattore-Q narcisistico: tendenza ad avere fantasie di illimitato successo, potere, bellezza, talento, ad avere un senso esagerato della propria importanza, a cercare di essere al centro dell’attenzione. Negli adolescenti, l’applicazione della Q-factor analysis della SWAP-A ha evidenziato l’esistenza di  2 stili: indice di funzionamento sano ed inibito/autocritico 56



5 disturbi della personalità: disturbo antisociale psicopatico, da disregolazione emotiva, evitante/coartato, narcisistico ed istrionico. L’applicazione dell’analisi fattoriale a questi dati ha messo in rilievo 11 tratti per descrivere le diverse personalità patologiche: psicopatia/narcisismo maligno, disforia/inibizione, salute psicologica, sessualizzazione istrionica, schizotipia, disregolazione emotiva, ossessività ansiosa, comportamento delinquenziale, conflitti sessuali, disregolazione dell’attenzione e rifiuto dei pari. 4. La formulazione del caso: si uniscono in un resoconto coerente i 30 item più descrittivi di ogni paziente, integrandoli con informazioni relative agli aspetti anamnestici ed evolutivi.

MODULO 8 – LA VALUTAZIONE DELL’ATTACCAMENTO 1. John Bowlby  Gli studi sull’attaccamento iniziarono a delinearsi in modo compiuto grazie al contributo di John Bowlby che, sostenuto anche dalle osservazioni etologiche di Lorenz, rivoluzionò la concezione delle origini dei legami affettivi riconoscendo che il bambino entra nel mondo essendo già predisposto all’interazione sociale.  Egli ha posto l’accento sul bisogno del bambino di un attaccamento precoce sicuro alla madre; il termine “attaccamento” indica infatti una relazione di tipo asimmetrico e complementare che si instaura tra bambino e caregiver, connessa alla regolazione della sicurezza.  Riteneva che il bambino, se privato di un simile legame, mostrasse segni di deprivazione parziale (eccessivo bisogno d’amore, grossolano senso di colpa o depressione) o totale (abulia, ritardo nello sviluppo).  La teoria dell’attaccamento ha un focus biologico: - L’attaccamento ha un valore di sopravvivenza: accresce la sicurezza mediante la prossimità al caregiver - I comportamenti di attaccamento fanno parte di un sistema comportamentale, che implica una motivazione intrinseca e non può essere ridotto ad un’altra pulsionegli studi di Harlow sulle scimmie avevano dimostrato che la necessità di contatto fisico è un bisogno primario ed indipendente da quello relativo al soddisfacimento dei bisogni fisiologici. Ciò spiega anche perché l’attaccamento possa verificarsi anche nei confronti di una figura abusante.  I tre sistemi comportamentali di attaccamento, esplorazione e paura regolano l’adattamento evolutivo del bambino: la figura di attaccamento fornisce la base sicura fondamentale per l’esplorazione, consentendo lo sviluppo di capacità cognitive e sociali. Il sistema della paura, attivato da indizi “naturali” di pericolo (rumore improvviso, mancanza di familiarità di una situazione) attiva il sistema di attaccamento spingendo il bambino a ricercare la base sicura. L’ansia è la situazione nella quale è attivato il sistema della paura ma in assenza della figura di attaccamento.  Il comportamento di attaccamento non scompare in età adulta, subisce solo dei cambiamenti (si diversificano i mezzi per raggiungerlo) ed è una continuazione di quello dell’infanzia. I MOI  Lo scopo del sistema di attaccamento è l’accessibilità e responsività del caregiver, aspetti che rientrano nel più ampio concetto di “disponibilità” (aspettativa fiduciosa, ricavata da una rappresentazione abbastanza accurata dell’esperienza nel corso di un significativo periodo di tempo, che la figura di attaccamento sarà disponibile). Il sistema di attaccamento è infatti sostenuto da una serie di meccanismi cognitivi in seguito definiti come modelli operativi interni (MOI).  Bowlby, influenzato dalla psicologia cognitiva e in particolare dal modello dell’information processing, pensava che differenti pattern di attaccamento riflettessero differenze individuali rispetto all’accesso a certi tipi di pensieri, sentimenti e ricordi. 57





Riteneva anche che i MOI del Sé e degli altri fornissero i prototipi di tutte le relazioni successive, organizzando come veri e propri copioni le azioni del soggetto, stabilendo le regole in base alle quali percepire, prevedere ed agire nel contesto relazionale. In quest’ottica, i MOI tendono a ricreare attivamente esperienze congruenti alla storia relazionale vissuta dal bambino, e ad escludere in modo difensivo le informazioni incongruenti con tali rappresentazioni. Implicazioni cliniche: le teorie di Bowlby hanno messo in discussione l’idea psicoanalitica che il cambiamento della personalità passasse necessariamente per la trasformazione del materiale rimosso attraverso l’interpretazione e l’insight; il lavoro interpretativo rappresenta solo un aspetto del lavoro clinico, e il cambiamento profondo può essere ottenuto solo quando le esperienze reali con il clinico o con altre figure di riferimento finiscono per contraddire le aspettative negative sulla relazione che sono codificate a livello di MOI.

2. Strange Situation  È una metodologia osservativa standardizzata sviluppata dalla Ainsworth per l’osservazione dei MOI del bambino. Dura circa 20 minuti e comprende una serie di episodi di separazione e riunione tra caregiver e bambino che mettono in evidenza le interrelazioni tra i sistemi comportamentali di attaccamento, paura ed esplorazione.  Tale procedura con bambini di 1 anno ha consentito l’individuazione di 4 tipologie di attaccamento - Sicuro: il genitore rappresenta la “base sicura” da cui il bambino può allontanarsi temporaneamente per esplorare l’ambiente. Egli si dimostra ansioso in presenza dell’anziano e lo evita. Quando il caregiver ritorna, il bambino le va incontro e la saluta. Se durante la separazione ha pianto si lascia consolare, si calma subito e riprende ad esplorare l’ambiente. - Insicuro/evitante: in presenza e in assenza della madre il bambino sembra assorbito nell’esplorazione. Mostra indifferenza alla separazione e non cerca la vicinanza con il caregiver quando ritorna. Questi bambini iper-regolano l’affettività ed evitano le situazioni che possono probabilmente indurre disagio. - Insicuro/ambivalente o resistente: in presenza della madre il bambino si mantiene stretto ad essa e non esplora l’ambiente. In sua assenza mostra segni di sconforto, piange e non esplora, o esplora ma per poco tempo. Quando la madre ritorna le si avvicina per farsi consolare, ma la allontana e la rifiuta quando lei fa per prenderlo in braccio. Questi bambini ipo-regolano ed intensificano l’espressione del loro disagio, forse allo scopo di provocare la risposta sperata del caregiver, ed hanno una bassa soglia per la minaccia. - Disorganizzato/Disorientato: questa categoria, introdotta successivamente da Main e Solomon, sembra avere il significato predittivo più consistente per quanto concerne successivi disturbi psicologici, in particolare disturbi dissociativi. È propria di bambini che hanno subito maltrattamenti o i cui genitori erano coinvolti in traumi/lutti non risolti. Al momento del rientro del caregiver i bambini manifestano comportamenti contraddittori simultanei o in sequenza (ad es. evitanti e resistenti), comportamenti inspiegabili e disorganizzati come stereotipie, posture anomale, rigidità (ad es. rannicchiamento), freezing con lo sguardo fisso nel vuoto. 3. L’adult Attachment Interview (AAI)  L’AAI è un’intervista semistrutturata della durata di circa un’ora che sollecita il racconto delle relazioni di attaccamento infantili (le caratteristiche delle prime relazioni, le esperienze di separazione, malattia, punizione, perdita, maltrattamento o abuso) allo scopo di identificare lo stato della mente rispetto all’attaccamento (forme di attaccamento adulto).  Implica che l’intervistato si concentri contemporaneamente su due processi: la ricerca interna dei ricordi e il colloquio esterno.  Per quanto concerne la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento, l’AAI somministrata al genitore predice la precisa categoria di attaccamento che il bambino manifesterà nella Strange Situation, ad es. un caregiver classificato come sicuro predice un comportamento del bambino sicuro alla Strange Situation. 58





L’analisi dell’intervista non è basata primariamente sul contenuto del racconto ma sulla sua organizzazione strutturale (semantica e formale)l’intervista è stata elaborata a partire dall’ipotesi che le regole dei MOI si manifestino nell’organizzazione del pensiero e del linguaggio relativi all’attaccamento. Per essere un “buon conversatore” è fondamentale che nella comunicazione siano rispettate le regole identificate dal filosofo del linguaggio Grice: - Qualità: essere veritieri fornendo prove per quello che si dice. Viene violata laddove il soggetto non riesce a supportare affermazioni generali con ricordi/esperienze specifiche (ad es. da Ds). - Quantità: essere sintetici ma esaurienti. Viene violata laddove il soggetto non rispetta i turni conversazionali e fornisce risposte eccessivamente lunghe (ad es. E) o eccessivamente brevi (ad es. Ds). - Relazione: essere coerenti rispetto all’argomento trattato. Viene violata quando il soggetto non risponde a quanto richiesto perché parla di altro, fornisce dettagli irrilevanti o frasi fatte (ad es. E). - Modo: essere chiari ed ordinati ed evitare ambiguità espressive. Viene violata quando il soggetto usa un discorso grammaticalmente contorto, gergo psicologico, termini vaghi, pronomi personali senza specificare di chi si parla, modi di dire che presuppongono che l’intervistatore sappia di cosa si parla (sa come funziona no?), passa al tempo presente come se l’evento si stesse ancora verificando (ad es. E). Gli individui classificati come “insicuri” violano quasi sempre una o più delle regole di Grice, mentre al contrario, la capacità di mantenere la coerenza durante la narrazione è indice di attaccamento sicuro.

Struttura: il protocollo prevede di iniziare a sondare il passato, per poi passare al presente ed infine al futuro.  Inizia quindi con la richiesta di presentare una breve panoramica delle persone con cui l’intervistato ha vissuto, e di raccontare se abbia vissuto con persone diverse dai genitori.  In seguito, si chiede al soggetto di descrivere la sua relazione con i genitori quando era bambino, tornando il più indietro possibile con la memoria. Questa fase attiva l’inconscio facendolo tornare indietro nel tempo.  Si chiede poi di elencare cinque aggettivi, parole o frasi che descrivano nel modo migliore le relazione con ciascun genitore, e di illustrare ricordi che siano legati all’aggettivo identificato (in questo caso sono importanti le regole di Grice)  Dopodiché si chiede al soggetto di indicare a quale genitore si sia sentito più vicino e cosa facesse quando era emotivamente turbato, si faceva male o si ammalava (occasioni in cui ci si aspetta che il sistema di attaccamento venga attivato in modo particolare) e come reagissero i genitori.  In seguito si chiede al soggetto di raccontare l’esperienza vissuta riguardo alle prime separazioni (ad es. dormire fuori casa, campo scuola, gita).  Vengono poste domande riguardanti le esperienze traumatiche (lutti, abusi)  Si chiede di parlare degli effetti globali che le esperienze vissute con i genitori hanno avuto sulla personalità attuale, se qualche esperienza sia stata un ostacolo rispetto allo sviluppo, e perché ritiene che i genitori si siano comportati così, stimolando quella che Fonagy definisce capacità riflessiva (capacità di mettersi nei panni del caregiver).  Si chiede se vi sono stati altri adulti cui il soggetto si sentiva vicino in modo particolare.  Si chiede quale sia la relazione attuale con i genitori.  Si chiede come si sentirebbe nel caso in cui dovesse separarsi da un figlio (reale o immaginato) e quali esperienze derivanti dall’essere stato figlio possano aver influito sulle sue risposte.  Infine, si chiede di esprimere dei desideri per il figlio per i prossimi venti anni. L’organizzazione delle scale: le scale sono  Scale della probabile esperienza: si riferiscono al livello episodico e cercano di riprodurre la rappresentazione che il soggetto ha della sua esperienza sulla base degli episodi legati all’attaccamento; si parla di “probabile” perché non ci interessa la verità della situazione ma come il soggetto l’ha vissuta. Viene replicata sia per il padre sia per la madre. Esse sono 5: 59

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Amorevolezza: valuta il sostegno emotivo e la disponibilità del genitore, soprattutto nei momenti critici (“Papà era una persona con cui potevo sempre parlare dei miei problemi”) - Rifiuto: valuta il grado in cui il genitore era rifiutante o evitante rispetto ai segnali di attaccamento del bambino (“Guarda come sei appiccicoso”) - Trascuratezza: valuta quel comportamento del genitore che, pur essendo presente fisicamente, è tuttavia disattento nei confronti del bambino (perché troppo attento ed impegnato nell’organizzazione della casa, nell’allevamento di altri figli, sul piano sociale, nel suo disagio psicologico). - Pressione alla riuscita: valuta il grado in cui il bambino è stato spinto a raggiungere alcuni risultati o ad assumersi responsabilità da adulto. - Coinvolgimento/inversione di ruolo: valuta il grado in cui il genitore ha messo se stesso al centro dell’attenzione del bambino, coinvolgendolo nelle proprie cure fisiche o psicologiche o facendo dipendere il proprio benessere dalla presenza del bambino e scoraggiando la sua indipendenza. Scale dello stato della mente: si riferiscono allo stato della mente rispetto all’attaccamento e quindi al livello semantico. Viene replicata sia per il padre sia per la madre. Esse sono 9: - Idealizzazione di una figura di attaccamento: scala associata a Dsvaluta la discrepanza fra la descrizione globale del genitore a livello semantico ed i ricordi a sostegno di questa rappresentazione (memoria episodica). Ad es. soggetto che descrive sua madre come “eccezionale” nonostante in altre parti del trascritto abbia raccontato minacce ripetute di essere dato in affidamento ed un successivo reale collocamento in affidamento. - Rabbia attuale: scala associata ad Eindica uno stato di preoccupazione ancora attuale nel quale il soggetto è, per l’appunto, invischiato ed assorbito. Vengono violate le massime di quantità, rilevanza e modo. Ad es. racconto che il figlio fa del padre alcolista, il quale asserisce che “(…) se vuole distruggere la sua vita allora lo sta facendo perfettamente.” - Rifiuto attivo: scala associata a Ds valuta il rifiuto sprezzante delle relazioni o delle esperienze connesse all’attaccamento. Ad es. adolescente adottata che asserisce che dai 6 anni in poi pensava solamente che sua madre fosse una stupida e che la odiava. - Insistenza sulla mancanza di ricordi nell’infanzia: scala associata a Ds valuta l’insistenza del soggetto sulla propria incapacità di ricordare l’infanzia. Ad es. soggetto che ripete di non ricordare la relazione con i suoi genitori quando era piccolo. - Passività o vaghezza del discorso: scala associata ad E  fa riferimento all’incapacità apparente del soggetto di trovare le parole, cogliere un significato o focalizzarsi su uno specifico argomento, in un contesto nel quale tali manifestazioni non si costituiscono come un deliberato spostamento dell’attenzione. Ad es. racconto del figlio il quale, invitato a spiegare il motivo per cui aveva adoperato il termine “stretta” per descrivere la relazione con sua madre, non riesce a formulare una risposta coerente vagando dal contesto con libere associazioni. - Paura della perdita: scala associata a Ds riguarda la paura, immotivata, di perdere un bambino. - Monitoraggio metacognitivo: scala associata a F il soggetto è capace di una riflessione sul pensiero, può commentare in modo riflessivo le contraddizioni insite nel resoconto della sua storia ed ammette la possibile fallibilità della memoria. È consapevole della distinzione fra apparenza e realtà e della diversità rappresentazionale. Ad es. “Almeno è così che la vedo io. Mio padre potrebbe vedere la nostra relazione in modo completamente diverso.” - Mancata risoluzione di lutti o traumi - Coerenza del trascritto: scala associata a F indica la capacità del soggetto di essere, nel complesso, a proprio agio con l’argomento e le discussioni hanno spesso il carattere della spontaneità. C’è stata una rielaborazione personale della propria storia. - Coerenza della mente scala associata a Frisponde alla domanda “il pensiero del soggetto nel corso di tutta l’intervista è coerente?”

I punteggi ottenuti alle scale, assieme all’analisi del trascritto, contribuiscono all’assegnazione delle categorie “organizzate”: 60

1. Sicuro/autonomo (F - free): individui che apprezzano le relazioni d'attaccamento, rispettano le massime di Grice, integrano coerentemente i ricordi in una narrativa significativa e li considerano come formativi. C’è la capacità di mostrare perdono, compassione e accettazione degli errori dei genitori. È possibile rintracciare esempi di processi metacognitivi durante l’intervista. L’attaccamento sicuro acquisito (soggetti earned secure) si presenta con narrazioni coerenti ma esperienze traumatiche nel passato: il genitore ha compreso il senso di tali esperienze attuando un lavoro retrospettivo su se stesso. 2. Insicuro/distanziante (DS - dismissing): i soggetti non riescono ad integrare la componente semantica ed episodica, idealizzano e/o svalutano le prime relazioni descrivendo il Sé come forte ed indipendente, violando le massime di qualità e di quantità; asseriscono una scarsità di ricordi connessi alle esperienze di attaccamento. 3. Insicuro/preoccupato o invischiato (E- entangled): i soggetti non riescono ad integrare la componente semantica ed episodica, tendono ad essere arrabbiati o passivi ed ancora coinvolti nella vita passata, continuando a lamentarsi degli affronti subiti durante l'infanzia, tentando anche di coinvolgere l’intervistatore nella loro attribuzione di colpe al genitore. Violano le massime di relazione, modo e quantità. 4. Irrisolto nei confronti del lutto o del trauma (U – unresolved): i soggetti manifestano specifiche incoerenze, lapsus o alterazioni del discorso durante il racconto di esperienze traumatiche (ad es. perdita di una figura di attaccamento durante l’infanzia) o esperienze di abusi fisici o sessuali. Non è tanto la perdita (o il trauma) in sé che consente l’attribuzione del soggetto a questa categoria, bensì la presenza di processi mentali irrisolti relativi a tali eventi. 5. Cannot Classify (CC): presenza di modelli mentali contraddittori che indicano una rottura globale della strategia di attaccamento, la quale si manifesta mediante l’oscillazione, nel corso dell’intervista, tra due stati della mente contrastanti che dovrebbero essere incompatibili (ad es. Ds ed E), oppure attraverso una generale incapacità di mantenere una posizione organizzata. Attaccamento e psicopatologia  La relazione tra attaccamento e psicopatologia è piuttosto complessa: - Gli studi sui campioni a basso rischio non hanno identificato una relazione univoca tra attaccamento insicuro nell’infanzia e problemi emotivi o comportamentali in età prescolare e scolare - Gli studi sui campioni ad alto rischio hanno individuato una relazione tra attaccamento insicuro e problemi di esternalizzazione.  Molti studi hanno evidenziato che, in età adulta, - I disturbi psichiatrici sono quasi sempre associati con stati della mente insicuri e con lo stato non risolto - L’attaccamento disorganizzato, cannot classify ed una sottocategoria dello stile preoccupato che si caratterizza per essere sopraffatto dal trauma è presente in misura significativamente maggiore tra i pazienti psichiatrici.

MODULO 9: VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENZA 1. Caratteristiche generali delle Scale Wechsler e Valutazione dell’intelligenza  Le scale Wechsler (WAIS, WISC e WPPSI) nascono dalle ricerche condotte da Wechsler, che aveva la necessità di valutare l’intelligenza degli adulti, ma aveva a disposizione solo le scale Binet-Simon destinate a bambini ed adolescenti.  Binet pubblicò infatti il primo test di intelligenza moderno, allo scopo di indentificare gli alunni che avevano bisogno di particolare aiuto nelle materie scolastiche. Stern invece, coniò il termine IQ.  Secondo Wechsler, l’intelligenza è l’aggregato o capacità globale dell’individuo di agire con uno scopo, di pensare razionalmente e di confrontarsi in misura efficace con il proprio ambiente. L’intelligenza è 61









sensibile ad alcuni valori, denominati non test factors (interessi, motivazione, capacità di tolleranza della frustrazione) che aiutano a determinare in che modo si esprimono le abilità del soggetto. La 4 edizione delle scale Wechsler è stata caratterizzata: dall’assenza della distinzione storica tra subtest verbali e di performance, da 4 nuovi punteggi compositi per la WISC e la WAIS, dall’influenza degli studi sulla velocità di elaborazione e sulla memoria di lavoro e dall’influenza del cambiamento dei modelli teorici. Particolarmente pregnanti a questo proposito furono: la Cattel-Horn Carrol Theory of Cognitive Abilities (CHC) che considera l’intelligenza come l’insieme di abilità molteplici e che prevede la distinzione in abilità cognitive ampie (ad es. intelligenza cristallizzata e fluida, MBT, immagazzinamento a lungo termine e rievocazione) e ristrette; il Boston Process Approach (BPA) che punta l’attenzione sulla differenza fra processo cognitivo e risultato conseguito. Le scale Wechsler, nel corso di un processo diagnostico, possono aiutare ad effettuare una diagnosi differenziale, a valutare il livello di intelligenza premorboso, le aspettative, le strategie di coping e l’incidenza che gli stressor ambientali hanno sulle capacità cognitive del pz, a dedurre in che modo questi si rapporti alle situazioni valutative e di fallimento. Per quanto concerne la classificazione del QI: - QI>130: nettamente superiore - 120