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Zitiervorschau

CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014

CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

CONTROLLO VISIVO

Corso per operatori addetti ai CnD, basato sui contenuti del software multimediale SIMULA: www.simula.it

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LICENZA D’USO SIMULA, in conseguenza dell’acquisto del relativo prodotto Multimediale. riconosce al cliente di questo prodotto (d’ora in avanti denominati solo “prodotto”) i diritti non esclusivi e non trasferibili specificati di seguito. Il cliente accetta di essere vincolato ai termini fissati in questa licenza circa l'installazione e la realizzazione di copie o qualsiasi altro utilizzo del prodotto. La licenza d'uso non riconosce al cliente la proprietà del prodotto, ma esclusivamente un diritto d'uso secondo i termini fissati in questa licenza. SIMULA può modificare in qualsiasi momento le condizioni di licenza d'uso.

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UTILIZZO DEL PRODOTTO Il cliente può installare ed utilizzare esclusivamente per fini interni del proprio personale dipendente una sola copia di questo prodotto, su una postazione singola. Le condizioni per l'installazione del prodotto in modo da permettere la condivisione in più postazioni devono essere concordate con SIMULA. Al cliente è consentita la realizzazione di UNA SOLA COPIA del file del prodotto, ai fini di backup. Il testo del prodotto non può essere modificato, tradotto, adattato e ridotto. È autorizzata la riproduzione -NON INTEGRALE- del prodotto solo su documenti ad esclusivo uso interno del cliente. È vietato dare il prodotto in licenza o in affitto, rivenderlo, distribuirlo o cederlo a qualunque titolo in alcuna sua parte, né in originale né in copia.

PRODUCT USE The client may install and use a single copy of the product on one workstation exclusively for internal use by employed personnel. Conditions of installation which enable sharing of the product by multiple workstations must be agreed upon with SIMULA. The client is permitted to make ONE COPY ONLY for backup purposes. The text of the product may not be modified, translated, adapted or reduced. NON-INTEGRAL reproduction of the product is authorised only on documents used exclusively internally by the client. Granting of the product license, hire, resale, distribution or transfer of any part of the product, in its original version or copy is strictly prohibited.

AGGIORNAMENTO DEL PRODOTTO Questo prodotto è la basato sui contenuti del software multimediale SIMULA. Il prodotto è revisionato, quando necessario, con la pubblicazione di nuove edizioni o di aggiornamenti. SIMULA non si impegna ad avvisare il cliente della pubblicazione di varianti, errata corrige o nuove edizioni che modificano, aggiornano o superano completamente il prodotto; è importante quindi che il cliente si accerti di essere in possesso dell'ultima edizione e degli eventuali aggiornamenti. RESPONSABILITA’ Questo prodotto può essere utilizzato solo per scopi didattici. Né SIMULA né un suo dirigente, dipendente o distributore può essere considerato responsabile per ogni eventuale danno che possa derivare, nascere o essere in qualche modo correlato con il possesso o l'uso del prodotto da parte del cliente. Tali responsabilità sono a carico del cliente. TUTELA LEGALE Il cliente assicura a SIMULA la fornitura di tutte le informazioni necessarie affinché sia garantito il pieno rispetto dei termini di questo accordo da parte di terzi. Nel caso in cui l'azione di terzi possa mettere in discussione il rispetto dei termini di questo accordo, il cliente si impegna a collaborare con SIMULA al fine di garantirne l'osservanza. SIMULA si riserva di intraprendere qualsiasi azione legale nei confronti del cliente a salvaguardia dei propri diritti. L'accordo è regolato dalla normativa vigente in Italia e il tribunale competente per qualsiasi controversia è quello di Pesaro.

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INDICE

1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA

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1.1 DIFETTI DI PRODUZIONE DEI MATERIALI

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Introduzione Produzione dell'acciaio Fucinatura (e stampaggio) Fusione Tubi 10 Estrusi 12 Trafilati Lavorazioni termomeccaniche 1.2 DISCONTINUITA' DELLA SALDATURA Giunti saldati Discontinuità nei giunti saldati 1.3 DISCONTINUITA’ INDOTTE IN ESERCIZIO Introduzione Cricche in esercizio Perdite di materiale Deformazioni 1.4 METALLOGRAFIA

2 2 6 8

13 14 15 15 27 33 33 33 36 41 42

Campione metallografico Tecniche metallografiche

42 44

2. OTTICA E FOTOMETRIA

49

2.1 INTRODUZIONE

50

2.2 FISIOLOGIA DELLA VISIONE

50

La visione Grandezze associate alla visione Sensibilità dell'occhio umano Difetti visivi 2.3 PRINCIPI DI OTTICA La luce 57 Leggi fondamentali dell'ottica Focalizzazione e diffusione Difetti e limiti degli strumenti ottici 2.4 FOTOMETRIA Sorgenti luminose Propagazione e misure della luce Misura delle grandezze luminose Sensori per fotometria Illuminazione artificiale

50 52 53 55 57 62 65 67 69 69 71 72 77 79

3. STRUMENTI PER GLI ESAMI VISIVI

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3.1 INTRODUZIONE

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3.2 STRUMENTI DI MISURA Introduzione Riga metallica graduata Goniometri Calibri 85 Micrometri Comparatori Calibri per saldatura Profilometri ed altri strumenti 3.3 INDICATORI DI TEMPERATURA Misura della temperatura Tipi di termometri 3.4 STRUMENTI DI AUSILIO ALLA VISIONE Sistemi di ingrandimento Sistemi ottici speciali Specchi Stroboscopio 3.5 ENDOSCOPI

84 84 84 85 89 94 96 98 101 101 102 109 109 112 112 113 113

Endoscopia Endoscopio Boroscopio (Endoscopio rigido) Fibroscopio (endoscopio flessibile) Videoendoscopio (endoscopio televisivo) Endoscopi speciali Metodi di misurazione Campi di applicazione 3.6 ALTRI SISTEMI Sistemi televisivi a circuito chiuso (CCTV) Sistemi computerizzati Sistemi di elaborazione delle immagini Sistemi automatici Sistemi robotizzati

113 114 116 117 118 119 120 121 123 123 123 123 124 124

4. PRINCIPI DI BASE DELL'ESAME VISIVO

125

4.1 PROCEDURE DI ESAME

126

Introduzione Procedure tipiche di esame Valutazione e documentazione Normativa

126 126 128 129

4.2 ELEMENTI BASE DELL'ESAME VISIVO

131

Ispettore e personale dell'esame visivo Oggetto da esaminare Attrezzatura ottica Illuminazione negli esami visivi Registrazione dei risultati

131 134 136 138 140

4.3 SICUREZZA NEGLI ESAMI VISIVI Sicurezza - Introduzione Pericoli da sorgenti di luce SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Valutazione del rischio Raccomandazioni e mezzi di protezione

149 151

5. ESAMI VISIVI

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5.1 ESAME VISIVO DEI PRODOTTI LAVORATI

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Fusioni (getti) Forgiati (fucinati) Laminati Trafilati Estrusi 157 Tubi senza saldatura (laminazione su mandrino) Lavorazioni meccaniche 5.2 ESAME VISIVO DEI GIUNTI SALDATI Normativa di riferimento Strumenti Dimensionamento Discontinuità rilevabili con l'esame visivo Modalità di esame 5.3 ESAME VISIVO DEGLI ELEMENTI DI COLLEGAMENTO (BULLONERIA) Normativa di riferimento Strumenti Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (DADI) Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (VITI) Modalità di esame 5.4 ESAME VISIVO DEI TUBI Normativa di riferimento Controllo dimensionale Discontinuità rilevabili con l'esame visivo Modalità di esame 5.5 ESAME VISIVO DELLE VALVOLE Normativa di riferimento Struttura e componenti principali Tipologia delle valvole Classificazione valvole industriali Valvole di potenza e valvole di processo Ispezioni delle valvole 5.6 ESAME VISIVO DELLE POMPE Tipologia delle pompe Caratteristiche delle pompe Pompe centrifughe Impieghi delle pompe Ispezioni delle pompe

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154 156 156 157 157 157 158 158 159 160 160 162 162 162 163 163 164 165 166 166 167 169 176 179 179 180 180 182 183 183 185 185 185 187 189 189

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1. DIFETTOLOGIA E METALLOGRAFIA

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1.1 DIFETTI DI PRODUZIONE DEI MATERIALI Introduzione In questa sezione metteremo in evidenza i difetti che possono presentarsi nell'acciaio, facendo riferimento alla difettologia derivante dal ciclo produttivo (dalla produzione al manufatto finale) ed esaminando nei vari passaggi i difetti tipici della singola fase produttiva. L'acciaio dopo la produzione subisce una serie di lavorazioni a caldo (laminazione, fucinatura e stampaggio, fusione, estrusione, trafilatura) attraverso le quali si ottengono i diversi pezzi utilizzati nell'industria. Ciascuna di queste fasi può ingenerare specifici difetti nel manufatto finale, difetti che verranno qui presentati.

Produzione dell'acciaio La produzione dell'acciaio ha origine dai minerali del ferro e dal carbone ed avviene secondo un processo di fabbricazione che porta innanzitutto alla produzione della ghisa in altoforno e quindi alla sua affinazione per ottenere l'acciaio vero e proprio. Acciaio e ghisa sono infatti entrambe leghe ferro-carbonio caratterizzate dalla percentuale in peso di carbonio: • se inferiore all' 1,7% si ha l'acciaio • se superiore all' 1,7% si ha la ghisa. Nella fabbricazione dell'acciaio si possono individuare le seguenti fasi: - Fase 1: produzione della ghisa - Fase 2: affinazione - Fase 3: colata e solidificazione - Fase 4: lavorazioni a caldo Fase 1: produzione della ghisa I minerali del ferro (in prevalenza ossidi: ferroso, ferrico, pirite, magnetite, ...) dopo opportuni trattamenti preliminari volti a facilitare l'estrazione del metallo e ad eliminare parte delle impurità in essi presenti, vengono fusi in particolari forni assieme a del carbone. Il prodotto di questa prima fusione è la ghisa.

Fase 2: affinazione Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione metallurgica, detta conversione, per l'eliminazione degli elementi estranei quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui della lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Successivamente, avviene la colata del metallo fuso in un recipiente contenitore detto siviera e durante questa operazione continua l'affinazione.

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Fase 3: colata e solidificazione L'acciaio viene colato secondo varie tecniche (in sorgente, diretta, continua) dalla siviera in lingottiere ottenendo un prodotto pronto per le successive lavorazioni a caldo. Fase 4: lavorazioni a caldo Il prodotto della fase precedente viene lavorato ad alte temperature per ottenere le varie forme commerciali: lamiere, nastri, barre, profilati,... Fase 1 - Produzione della ghisa La fusione dei minerali di ferro avviene in forni chiamati altoforni del tipo rappresentato in figura. Il forno viene caricato dalla bocca con minerale, carbone (di norma coke) e fondenti, mentre l'accumulo dei prodotti di fusione (ghisa e scorie) avviene nel crogiolo. La combustione ha luogo nella zona immediatamente sopra gli ugelli da cui viene soffiata aria. La riduzione dei minerali di ferro in ferro avviene ad opera del carbonio (C) e dell'ossido di carbonio (CO). Nell'altoforno viene introdotto minerale di ferro, coke e calcare (dolomite). Il coke, bruciando, crea il calore necessario per ridurre il minerale e fondere il ferro. Il metallo fuso (la ghisa) si deposita in fondo all'altoforno. Il calcare agisce da fondente e inoltre raccoglie le impurità formando la loppa. La loppa liquida scende anch'essa sul fondo dell'altoforno, ma galleggia sul metallo fuso e viene scaricata; tuttavia una piccola quantità di loppa può restare nel metallo fuso e dare origine a discontinuità nel prodotto successivo. La ghisa è troppo ricca di carbonio e troppo fragile per la maggior parte degli usi, per cui viene trasportata ancora fusa nei convertitori. Qui viene addizionata a rottame, carbonati, ferroleghe ecc. per diminuire il tenore di carbonio, eliminare le impurità, principalmente zolfo e fosforo, ed introdurre elementi di lega. Fase 2 - Affinazione Nella fase di affinazione la ghisa subisce una operazione, detta conversione, per l'eliminazione degli elementi estranei, quali Si, Mn, S e P, impurezze nocive per l'acciaio residui della lavorazione, e per la riduzione del tenore di carbonio. Il processo consiste nel bruciare una certa percentuale di carbonio della ghisa, sino a farla così diventare acciaio. La ghisa liquida viene versata in un grande recipiente convertitore e successivamente viene soffiata aria da alcuni fori sul fondo. Si svolge allora una serie di reazioni chimiche che si manifestano con l'emissione di intense fiamme dalla bocca del convertitore e con un innalzamento della temperatura che sale fino a circa 1650°C. Al termine di questo processo l'acciaio ottenuto non è però ancora pronto per le applicazioni industriali e deve subire una ulteriore purificazione. Questa viene effettuata durante la colata del metallo fuso, in un recipiente contenitore detto siviera, mediante ossidazione provocata dall'insufflazione di ossigeno, e successiva disossidazione del bagno metallico. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Fase 3 - Colata e solidificazione La colata è l'ultima operazione a cui vengono sottoposti gli acciai allo stato liquido. Dalla siviera il metallo viene fatto uscire da un apposito foro situato sul fondo per riempire le lingottiere entro le quali si solidifica. Il riempimento delle lingottiere può avvenire in diversi modi, a seconda delle necessità: • colaggio diretto, • colaggio in sorgente, • colata continua. La macchina di colata continua trasforma in un solo passaggio l'acciaio liquido in un prodotto semilavorato, mentre la colata tradizionale richiede lavoro addizionale come lo strippaggio (estrazione del lingotto dalla lingottiera) ed altre ancora. Fase 4 - lavorazione a caldo (Laminazione) Dopo la solidificazione il lingotto viene riscaldato per subire una prima lavorazione a caldo. L'operazione più usuale è la laminazione, dalla quale si ottengono profili finiti (tondi, lamiere, nastri, etc.) o sbozzati (blumi, bramme) destinati a successive lavorazioni a caldo quali stampaggio e fucinatura. L'operazione consiste nel far passare il lingotto attraverso una serie di cilindri, che lo allungano e ne riducono progressivamente lo spessore. La pressione dei cilindri modifica la struttura granulare della billetta. I grani si rompono e se ne formano di nuovi, di dimensioni più piccole e disposti nel senso di laminazione. Nota L'azione dei cilindri del laminatoio sull'acciaio è risentita maggiormente dalle zone esterne del lingotto di partenza. La deformazione arriva al centro del lingotto solo alla fine della lavorazione, dopo rapporti di riduzione molto spinti.

La laminazione conferisce al materiale una accentuata fibrosità, orientata secondo la direzione di laminazione. Se la temperatura di laminazione è appropriata si ottiene così un sensibile miglioramento delle proprietà meccaniche, rispetto a quelle del lingotto non laminato. Nota Una temperatura troppo elevata produce una struttura a grana grossolana con proprietà meccaniche scadenti. Mentre una temperatura insufficiente facilita fenomeni di incrudimento che aumentano la fragilità del materiale.

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Difetti di produzione dell'acciaio Difetti della elaborazione dell'acciaio Le prime due fasi nel ciclo di produzione dell'acciaio (produzione della ghisa e affinazione) possono dare origine a difetti consistenti principalmente nelle · inclusioni metalliche e · inclusioni non metalliche (presenza di materiali estranei). Esse sono essenzialmente: · solfuri (principalmente FeS ed MnS); · ossidi (FeO, MnO, SiO2, Al2O3); · silicati ed alluminati.

Difetti nel lingotto Le principali tipologie di queste discontinuità sono: • inclusioni • discontinuità di cristallizzazione • discontinuità di segregazione • cavità da ritiro • cricche • spruzzi • riprese di colata INCLUSIONI Durante la colata può accadere che parti di refrattario si stacchino dalla siviera, dal canale di colata o da altre attrezzature, oppure possono verificarsi fenomeni di riossidazione per il contatto con l'aria durante i travasi. Durante la solidificazione, le inclusioni inglobate nell'acciaio tendono a concentrarsi nella parte alta del lingotto (materozza) per cui con l'eliminazione della materozza in quantità sufficiente vengono quasi integralmente eliminate. Le dimensioni sono variabili (da molto piccole a molto grandi, dell'ordine di qualche centimetro cubo). DISCONTINUITA' DI CRISTALLIZZAZIONE L'acciaio colato nelle lingottiere inizia la sua solidificazione dalle parti più esterne e con velocità di raffreddamento diverse tra la parte esterna e quella interna. Ai nuclei di solidificazione primari si aggiunge sempre più materiale solido, ma non in forma ordinata, bensì ramificata in tutte le direzioni, dando origine al fenomeno del dendritismo. Il fenomeno non pregiudica comunque la sanità del pezzo in quanto limitato alla superficie ed è di fatto eliminabile con le successive lavorazioni a caldo. DISCONTINUITA' DI SEGREGAZIONE La segregazione è un fenomeno che interessa grossi lingotti o forme geometriche che presentano punti critici per questo fenomeno (spigoli). E' dovuta al fatto che iniziano a solidificare prima i materiali più altofondenti e poi via via gli altri. Questo comporta una differenza di composizione chimica del materiale che in genere si accentua nella zona assiale dei forgiati. CAVITA' DA RITIRO Sono dovute alla diminuzione di volume che si ha durante il raffreddamento (nell'acciaio la variazione di volume è pari a circa il 6%). Tale riduzione può dare origine a cavità nella zona che SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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si solidifica per ultima (zona della materozza). Le cavità sono eliminabili con appropriati cicli di fucinatura o laminazione, in virtù delle proprietà che ha l'acciaio di saldarsi con la sola temperatura al contatto di due superfici (purché non ossidate). CRICCHE Le cricche che si formano durante la colata dell'acciaio sono dovute a parametri di colata sbagliati o ad errori di procedimento. SPRUZZI Sono causati da proiezioni di metallo sulle pareti della lingottiera durante il colaggio. Il metallo solidifica e si ossida prima di venire raggiunto dal metallo liquido che sale, cui non può più saldarsi perfettamente. RIPRESE DI COLATA Sono delle interruzioni trasversali della continuità del lingotto che affiorano alla superficie e che si possono estendere a tutta o quasi la sezione del lingotto. Possono essere causate da solidificazione parziale del metallo, con o senza ossidazione, che impedisce al metallo risalente di saldarsi con quello colato.

Difetti dei laminati Sottoponendo il lingotto alla laminazione i difetti originariamente presenti vengono anch'essi allungati e schiacciati, mentre se ne possono formare di nuovi. Tutti i difetti vengono deformati nella stessa direzione in cui il grano viene allungato. In un laminato i difetti principali che possiamo trovare sono: • sdoppiature: inclusioni provenienti dal lingotto originario che vengono appiattite ed allungate e che consistono in una mancanza di continuità fisica del materiale, in quanto i due lembi della discontinuità non riescono a saldarsi; • filature: piccoli solchi longitudinali e sottili, spesso molto numerosi, causati da piccoli difetti subsuperficiali che con la laminazione a caldo vengono aperti e allungati; • ripiegature: difetto tipico dei laminati consistente in porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappongono senza che le superfici si saldino completamente.

Fucinatura (e stampaggio) La fucinatura consiste nella lavorazione a caldo dei metalli mediante pressatura. Con la fucinatura si ottengono forme o complessi di forme geometricamente semplici dalle quali, per successiva lavorazione meccanica, si ricavano particolari di forma complessa. Si preferisce un fucinato ad una fusione o ad una modellatura di macchina utensile perché la fucinatura conferisce al particolare caratteristiche meccanico-fisiche migliori. La fucinatura infatti allunga e affina il grano, come la laminazione, ma in più lo dispone secondo linee che seguono il contorno del pezzo, conferendogli così maggiore resistenza nella direzione dell'orientamento del grano. In definitiva, si ottiene un opportuno flusso fibre all'interno del materiale.

Tipi di fucinatura I fucinati possono essere prodotti secondo tre modalità: •

Fucinatura al maglio Nella fucinatura al maglio il pezzo di acciaio viene riscaldato e successivamente deformato con la "mazza" e l' "incudine" fino ad ottenere la forma desiderata, senza l'ausilio di stampi chiusi. Quando la temperatura scende sotto il limite di lavorabilità a caldo occorre procedere SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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con un nuovo riscaldo in forno. Nel maglio la velocità di applicazione del carico è molto elevata. • •

Fucinatura alla pressa A differenza del maglio l'azione della pressa è lenta e quindi la deformazione plastica ha tempo di propagarsi nel materiale senza eccessivi pericoli di lesioni.



Stampaggio Nell'operazione si usano due calibri con la forma in "negativo" del pezzo da fare. La billetta è portata gradualmente alla temperatura di forgiatura e quindi posta fra i due calibri. La pressa di forgiatura schiaccia il metallo caldo fra i due calibri.

Difetti dei fucinati Le principali discontinuità che si possono avere nei fucinati e negli stampati sono: • fiocchi: sono dovuti alla presenza di idrogeno disciolto nell'acciaio il quale, in seguito alla lavorazione a caldo e al successivo raffreddamento, tende a riunirsi in "sacche" dove la pressione raggiunge valori elevatissimi e provoca delle piccole lacerazioni a forma di lente. Sono un difetto grave in quanto diventano inneschi per possibili rotture a causa della loro forma. •

strappo da fucinatura: consiste in una rottura dovuta ad una non corretta (troppo bassa) temperatura di fucinatura; in queste condizioni il materiale non raggiunge il sufficiente grado di plasticità e si strappa. Gli strappi da fucinatura possono verificarsi sia sulla superficie che all'interno del pezzo (s. subsuperficiali).



ripiegatura: è dovuta ad una parte di materiale che invece di scorrere e di distendersi si accavalla sovrapponendosi sulla superficie del forgiato stesso. Con i successivi cicli di fucinatura la ripiegatura viene spinta all'interno del materiale.

Nota Un tipo di ripiegatura si genera nella forgiatura con stampo se le superfici dei calibri non combaciano perfettamente. Quando il pezzo da forgiare è pressato dentro i calibri, nelle zone di giunzione tende a fuoriuscire del materiale che, con i colpi successivi di pressatura, viene ripiegato sulla superficie stessa dando origine ad una ripiegatura.

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Fusione Con la tecnologia di fusione si realizzano i getti, componenti di forma geometrica complessa, che non è economico realizzare con altri metodi di fabbricazione. I getti sono ottenuti per colata dell'acciaio fuso in forme opportunamente modellate, costituite generalmente in sabbia. CICLO DI FABBRICAZIONE DEI GETTI (tecnica di colata in sabbia o terra) - Costruzione del modello - Costruzione della forma - Colaggio in forma - Pulizia e taglio materozze - Lavorazioni finali - Costruzione del modello Il modello è un campione del pezzo che si vuole ottenere, realizzato in un materiale più tenero come legno o polistirolo. Il modello viene usato per la realizzazione della forma. - Costruzione della forma La forma è il "negativo" del pezzo che si vuole ottenere. Questa viene realizzata in sabbia refrattaria impastata con leganti chimici. La mescola, ancora fluida, viene costipata contro il modello e indurendo copia l'impronta del pezzo. Vengono poi aggiunti i supporti per la creazione dei canali di colata (per l'alimentazione dell'acciaio liquido) e di "riserva" (per rendere "direzionale" la solidificazione del getto). - Colaggio in forma Eliminati i supporti, la forma è pronta per la colata. Il colaggio in forma avviene ad una temperatura superiore di 50-100°C al punto di fusione del metallo. Alla fine del colaggio le materozze vengono ricoperte con polveri isolanti per ritardarne la solidificazione. - Pulizia e taglio materozze A solidificazione completa si apre la "cassaforma" di sabbia, si tagliano i canali di colata e le materozze e si procede alla pulizia superficiale del getto. I difetti trovati vengono asportati e successivamente riempiti mediante riporti di saldatura con materiale adatto. - Lavorazioni finali Il ciclo di lavorazione del getto si completa con: · trattamento termico di qualità · finitura di macchina utensile · collaudi

Difetti dei getti Le discontinuità che si ritrovano nei getti sono, in linea di massima, le stesse del lingotto (un lingotto può essere infatti considerato come un getto grossolano). Esistono tuttavia delle differenze dovute al fatto che un getto ha, di norma, una forma geometrica più complessa di quella del lingotto. Ciò che cambia, assieme alla forma geometrica, è la dinamica di solidificazione. Il lingotto ha una forma geometrica semplice e i fenomeni legati alla solidificazione si presentano in maniera lineare. Un getto, a causa della sua forma complessa, presenta una dinamica di solidificazione complessa che a volte causa discontinuità impreviste.

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Difetti dei getti • cavità di ritiro • cricche a caldo • riprese di colaggio • soffiature e porosità

Le principali discontinuità possono essere così indicate: Cavità di ritiro: sono cavità localizzate nella parte alta del getto, di forma irregolare causate da non perfette alimentazioni del getto da parte delle materozze. Le zone del getto che solidificano per prime (quelle a spessore più sottile) attirano materiale liquido dalle zone più calde non ancora solidificate. Quando anche in queste zone il metallo è quasi solidificato esso non scorre più e si creano le cavità. Cricche a caldo: sono cricche dovute a cedimenti a caldo, localizzate nelle zone più calde della superficie del getto. Se la fusione ha zone con spessori sottili ed elevati, quelle con spessore sottile solidificheranno prima. A causa di ciò anche i ritiri nel materiale non saranno uniformi e si creeranno tensioni interne fra le varie zone a differente temperatura che daranno luogo alle cricche a caldo. Riprese di colaggio: consistono in una discontinuità che interessa tutta una sezione della fusione ed avvengono quando si interrompe la fusione, anche per breve tempo. In questo caso, infatti, quando il metallo fuso incontra il metallo già solidificato (o comunque ad una temperatura decisamente inferiore) non si può avere l'unione in un unico bagno, ma le due correnti solidificano separatamente, senza congiungersi.

Soffiature e porosità: sono piccole cavità con superfici lisce sferoidali, isolate o in gruppi, formatesi per sviluppo di gas durante la solidificazione. Nota Piccole riprese possono formarsi anche attorno a schizzi di metallo fuso sulla superficie interna della forma che sono stati raggiunti dal bagno fuso quando si erano già solidificati.

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Tubi I prodotti tubolari sono ottenuti mediante processi di fabbricazione differenti, ciascuno dei quali conferisce al prodotto caratteristiche qualitative, come finitura, dimensioni e discontinuità, che sono peculiari del processo di fabbricazione stesso. A seconda della tecnica di fabbricazione, i tubi si classificano in: • tubi saldati; ottenuti unendo, mediante saldatura, i lembi di una striscia di lamiera opportunamente "deformata"; •

tubi senza saldatura; ottenuti per deformazione plastica di masselli di acciaio, riscaldati a temperatura opportuna e lavorati con macchine adatte.

Nel nostro contesto ci occuperemo solo dei tubi non saldati. Questi tubi sono ottenuti da una barra di sezione circolare la quale viene riscaldata e forata nel senso della lunghezza, formando così un tubo senza saldatura.

Difetti dei tubi Le discontinuità che si riscontrano nel tubo laminato si dividono in due categorie: • discontinuità presenti nel materiale di partenza • discontinuità dovute al processo di fabbricazione Spesso non è facile stabilire a vista se una discontinuità è dell'uno o dell'altro tipo, perché a volte le due cause si sovrappongono oppure i difetti si presentano con uguale aspetto. Possiamo quindi trovare discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel lingotto quali: · cricche · inclusioni · paglie

Si possono inoltre trovare difetti dovuti alla laminazione quali: · strappi (cricche a caldo) · ripiegature · sdoppiature

Difettologia Le discontinuità che si osservano nel tubo sono causate da discontinuità presenti nel materiale usato per la fabbricazione e dai processi di lavorazione del tubo stesso. Discontinuità congenite nel materiale PAGLIE Lingue metalliche attaccate parzialmente alla superficie del tubo e separate da un sottile strato di ossido. Le paglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel lingotto e non completamente asportate. Cause L'origine del difetto è dovuta ad impiego di lingotti con soffiature o di semilavorati con già presenti paglie. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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SCAGLIE Formazione eccessiva di strato di ossido sulla superficie dei tubi. Si presentano con l'aspetto di croste discontinue di ossido aderenti alla superficie dei tubi. Lo strato più esterno della scaglia è talvolta facilmente asportabile. Origine Il difetto ha origine da riscaldo a temperatura elevata o troppo prolungato. Le scaglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e subsuperficiali preesistenti nel lingotto e non completamente asportate. Hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma sono causate dai cilindri di laminazione. Cause Sono prodotte principalmente quando le attrezzature non hanno le sfiancature e quindi il materiale viene "tagliato" dai settori ad anello. INCLUSIONI NON AFFIORANTI Il difetto si presenta macroscopicamente come zone di materiale non metallico più o meno frantumate ed allungate dalla lavorazione plastica a caldo. Cause Sono dovute alla presenza di inclusioni o soffiature già nel lingotto e nel semiprodotto. INCLUSIONI AFFIORANTI Sono discontinuità causate dalla presenza di composti di rame, stagno, antimonio, nichel e zolfo, notoriamente bassofondenti.

Discontinuità di fabbricazione: processo Mannesman STAMPATURE Le stampature sono discontinuità superficiali dovute a materiale estraneo che si interpone fra cilindro di laminazione e tubo. Il corpo estraneo viene impresso sulla superficie del tubo e nella maggior parte dei casi si distacca lasciando la corrispondente impronta. Cause Il difetto è dovuto al conglobamento di oggetti durante la laminazione. RIPIEGATURA O SCAGLIA Le ripiegature sono porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappone al profilo senza che le superfici si saldino completamente. Si presentano come lingue appiattite ed in parte saldate alla superficie, oppure come fessure, distinguibili dalle cricche perché le ripiegature presentano un angolo acuto con la superficie. Le scaglie hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma causata dai cilindri di laminazione. Cause Le ripiegature sono dovute alla chiusura in fase di laminazione di avvallamenti sul forato. ROTTURE A GRADI DI CAPORALE Sono di discontinuità a forma di "V" nella direzione dell'asse del tubo. E' un difetto molto pericoloso e di difficile individuazione. Cause sono dovute alla variazione di velocità dei cilindri e ad un anormale scorrimento del materiale. ECCENTRICITA' L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90° rispetto ai massimi. Cause Il difetto deriva da un riscaldo disomogeneo prima della foratura o da una foratura fuori centro. OVALIZZAZIONE SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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L'ovalizzazione è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di circolarità del tubo, ossia diametro fluttuante tra un massimo ed un minimo. La sezione dei tubi si presenta ovale. Cause Il difetto è causato da laminazione con cilindri usurati o da inefficiente calibrazione. Il difetto si manifesta anche a seguito di schiacciamento o accatastamento di tubi ancora caldi. RIENTRANZE e ONDULAZIONI DI LAMINAZIONE Le ondulazioni di laminazione (effetto "canna di bambu" ) sono fluttuazioni dello spessore del tubo nella direzione longitudinale, a seguito del processo di fabbricazione. Si presentano come ripiegature più o meno numerose (talvolta diametralmente opposte) e di lunghezza variabile (talvolta su tutto il tubo). Cause: eccessivo riscaldamento durante la laminazione. Affossamenti sulla sezione dovuti a cedimenti dell'acciaio.

Discontinuità di fabbricazione: processo per estrusione BUCCIA DI ARANCIA Difetti superficiali distribuiti su tutta la superficie del tubo Cause Sono dovuti a carenza di lubrificazione durante il processo di estrusione o all'utilizzo di un lubrificante non idoneo. SDOPPIATURE La sdoppiatura è una fessurazione alle estremità o lungo il corpo di un tubo con separazione del materiale nello spessore. Se la temperatura della billetta al momento della estrusione è troppo elevata, vi può essere uno scorrimento differenziato tra le superfici a contatto con le attrezzature e le zone più interne del materiale che provoca la fessurazione Cause Il difetto è dovuto ad un residuo di cavità di ritiro primaria non spuntata sufficientemente, oppure ad una cavità secondaria non saldata. ECCENTRICITA' L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi nella sezione trasversale di un tubo. Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90° rispetto ai massimi. Cause Il difetto deriva da un riscaldamento non uniforme del materiale in fase di estrusione. Estrusi L'estrusione è una lavorazione che consiste nel forzare un materiale reso plastico per riscaldamento e/o pressione, a passare attraverso un foro di forma determinata, detto matrice. In questo modo si ottiene un prodotto con caratteristiche simile ai laminati, ma con la possibilità di ottenere sezioni molto più complesse. L'estrusione viene principalmente utilizzata nella fabbricazione di profilati in lega leggera o altri materiali non ferrosi, con sezioni varie e complesse. L'estrusione può essere di due tipi: • estrusione diretta • estrusione inversa. ESTRUSIONE DIRETTA SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Nell'estrusione diretta il materiale adeguatamente riscaldato, viene inserito in un cilindro (contenitore) con all'estremità un foro con forma corrispondente alla sezione che si vuole ottenere (matrice). Uno stantuffo comprime il materiale nel contenitore obbligandolo ad uscire estruso verso la matrice. ESTRUSIONE INVERSA Nell'estrusione inversa la cavità contenente il materiale riscaldato è chiusa ad una estremità, mentre il pistone è composto da un cilindro cavo alla cui estremità è fissata la matrice. Il pistone avanzando, obbliga il metallo plastico a passare attraverso la matrice realizzando l'estrusione. La pressione necessaria risulta minore in quanto il metallo di base non si muove rispetto al proprio contenitore e quindi l'attrito risulta diminuito. Nota Le moderne presse da estrusione consentono di effettuare sia l'estrusione diretta che quella inversa con semplici operazioni di adattamento.

Difetti degli estrusi Il pezzo formato per estrusione contiene gli stessi difetti eventualmente presenti nel pezzo originario: · cricche · inclusioni · porosità

Durante il processo di estrusione, se il pezzo non fluisce bene dentro la matrice, possono generarsi difetti quali: · cricche · strappi.

Trafilati La trafilatura, si basa sulla duttilità del materiale e consiste nel tirare una barra attraverso un foro di sezione lievemente inferiore, in questo modo il materiale si deforma assottigliandosi ed allungandosi. Ad ogni passaggio di trafilatura il materiale incrudisce e le sue caratteristiche meccaniche e tecnologiche variano sensibilmente: l'allungamento diminuisce progressivamente, mentre aumentano la resistenza a trazione, il carico al limite di elasticità e la durezza. La trafilatura viene utilizzata per ottenere barre di sezione non molto complesse, i principali prodotti sono: barre, fili metallici, funi, molle a spirale, viti, chiodi, coppiglie, spilli, aghi, rete metallica. Nota La piastra su cui è ricavato il foro di passaggio è denominata "trafila" o "filiera". In genere ad ogni passata la sezione si riduce del 20%; se la sezione iniziale è elevata si parla di trafilatura di barre, se invece la sezione da trafilare è piccola, si ha la trafilatura dei fili.

Difetti dei trafilati Nei trafilati rimangono, se presenti, i difetti del laminato originario, quali:

Il processo di trafilatura può generare sul prodotto finale altri difetti dovuti alla rottura della trafila, i principali sono:

- paglie - ripiegature

- cricche longitudinali - "lingue d'acciaio"

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Lavorazioni termomeccaniche Per lavorazione termomeccaniche si intendono tutte le lavorazioni in cui il pezzo subisce dei trattamenti meccanici attraverso utensili e/o cicli termici per conferire al prodotto determinate proprietà e/o per ottenere una migliore lavorabilità. Tornitura, fresatura, rettifica e taglio sono tutte lavorazioni meccaniche che possono causare discontinuità sui componenti lavorati. Eccessive sollecitazioni meccaniche durante la lavorazione possono produrre lacerazioni. L'eccessivo riscaldamento del componente causato dal processo di rettifica o molatura può generare cricche che si presentano come sottili e fini incisioni. Le lavorazioni termomeccaniche producendo sollecitazioni ed alterazioni termiche possono dar origine a cricche quali: • •

Cricche da rettifica o da molatura Cricche da trattamento termico

Cricche da rettifica o da molatura Le cricche da rettifica o da molatura sono difetti causati da tensioni originate da un eccessivo riscaldamento creato per attrito della mola rettificatrice sul metallo. La zona che viene a contatto con la mola si riscalda e tende a dilatarsi; poiché però è vincolata dal resto del pezzo, si ricalca e quando la temperatura si abbassa nuovamente, rimane sottoposta a uno stato di tensione interna che può essere molto elevato e può provocare una cricca. I metalli duri o con superficie indurita o placcata sono più suscettibili a questo difetto. Se il riscaldamento causato dalla mola è molto elevato, le cricche perpendicolari al senso di rotazione possono dare origine a cricche più grandi che si diramano in ogni direzione. Cricche da trattamento termico I materiali vengono generalmente più volte riscaldati nel corso delle lavorazioni che portano al pezzo finito. Anche il pezzo finito viene spesso sottoposto a trattamenti termici che sono necessari per conferire al materiale che lo costituisce determinate proprietà. In ciascuna di queste lavorazioni possono nascere difetti che sono una conseguenza del ciclo termico cui il pezzo viene sottoposto. Durante ognuno di questi cicli termici infatti si formano nel pezzo delle tensioni interne che, se non vengono tenute sotto controllo, possono dare luogo a cricche. Le cricche da trattamento termico non hanno una direzione specifica nei confronti del possibile orientamento dei grani e quindi possono seguire il contorno dei grani oppure attraversarli. Qualunque zona del pezzo ove siano presenti angoli, raccordi, brusche variazioni di sezione, saldature, può essere sede di una concentrazione di tensioni interne. Raffreddamenti troppo veloci sono una causa scatenante di rotture, perché durante il raffreddamento le parti di minor sezione del pezzo raffreddano più velocemente di quelle di maggior sezione e possono quindi nascere cricche nelle sezioni di passaggio. In definitiva bisogna porre attenzione, riguardo a possibili difetti da trattamento termico, alle seguenti parti: - zone di angolo, rigature, ecc. - zone di passaggio tra sezioni diverse - margini delle saldature. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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1.2 DISCONTINUITA' DELLA SALDATURA Giunti saldati Introduzione Un giunto saldato è costituito da due parti metalliche, collegate in maniera permanente mediante saldatura. I procedimenti di saldatura più comuni sono: •

saldatura autogena le parti da saldare sono scaldate con l'ausilio di una fiamma a gas (es. saldatura ossiacetilenica)



saldatura ad arco le parti da saldare sono scaldate tramite il calore di un arco elettrico (scarica di elettricità, luminosa e persistente) fatto scoccare tra un elettrodo (metallo d'apporto) ed il pezzo da saldare (metallo base). La elevata temperatura dell'arco provoca la fusione del metallo base e del metallo d'apporto.

GMAW = Gas Metal Arc Welding La protezione della zona fusa avviene impiegando atmosfere gassose appositamente generate in corrispondenza della zona d'arco e del bagno di fusione. SMAW = Shielded Metal Arc Welding Tutte le operazioni ed i parametri di saldatura sono governati dal saldatore e la saldatura avviene all'aria. In funzione dei vari tipi di rivestimento si hanno elettrodi basici, acidi, cellulosici. SAW = Submerged Arc Welding L'elettrodo è costituito da un filo continuo che avanza automaticamente durante la saldatura. La zona di saldatura (arco, elettrodo e metallo base interessato) è coperta da un flusso di materiale granulare (spesso sabbia). Il flusso ha lo scopo di proteggere la zona fusa dalla contaminazione atmosferica. MIG = Metal Inert Gas welding MAG = Metal Active Gas welding Saldatura che utilizza come elettrodo un filo continuo consumabile, in cui la protezione del bagno di saldatura può essere in gas inerte (MIG) oppure in gas attivo ossidante (MAG). TIG = Tungsten Inert Gas welding Saldatura con elettrodo di tungsteno in gas inerte (normalmente argon); la saldatura può essere eseguita con o senza materiale d'apporto.

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La saldatura Una saldatura comprende tre zone: • metallo base; la distanza dalla saldatura ha fatto si che non avvenisse alcun cambiamento nel materiale. • zona termicamente alterata (ZTA); questa zona, composta da materiale base adiacente alla zona fusa, non ha raggiunto la temperatura di fusione, ma per effetto del calore sviluppatosi ha subito delle trasformazioni con variazioni di struttura e di proprietà. • metallo d'apporto; in questa zona il materiale ha superato il punto di fusione. La giunzione di materiali tramite saldatura comporta cambiamenti nella composizione chimica e strutturale dei materiali che possono dare origine a: • modifiche alle proprietà meccaniche; • introduzione di tensioni residue; • difettologia di vario tipo. Saldatura e corrosione Le saldature rappresentano sedi preferenziali per attacchi corrosivi. Infatti la presenza di uno dei difetti precedentemente indicati, o la combinazione di alcuni di questi, può portare, molto spesso, a fenomeni di corrosione della saldatura. Teoricamente, tutte le tre zone di una saldatura possono corrodersi a velocità di corrosione simili. In pratica ciò accade molto raramente, mentre si assiste invece a sedi preferenziali per la corrosione corrispondenti al metallo d'apporto o alla zona termicamente alterata. La corrosione di una saldatura può manifestarsi in diverse forme morfologiche (pitting, crevice, galvanica, microbiologica, tensocorrosione, ... ).

Posizioni di saldatura In questa pagina sono riportati i principali tipi di giunti di testa e giunti a T. GIUNTI DI TESTA (Butt joints) -

Preparazione a lembi retti (square groove) Si effettua in 2 modi: a) con una passata e distanza tra lembi di 1 mm (spessori fino a 3 mm); b) con due passate e distanza tra i lembi di 2 mm (spessori tra 3 e 5 mm)

-

Preparazione a V (V groove) Si adotta per spessori compresi tra 5 e 15 mm

-

Preparazione a X (double V groove) Si adotta per spessori oltre i 15 mm e quando il giunto è accessibile da ambo le parti. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Normalmente la preparazione è simmetrica (può anche essere asimmetrica). -

V con sostegno (V groove with backing strip) Si adotta se il vertice è inaccessibile per la solcatura con ripresa, onde evitare la mancanza di penetrazione (mancanza di materiale d'apporto al vertice).

-

Preparazione a U (U groove) Si adotta al posto della preparazione a V quando lo spessore dei lembi supera i 15 mm per diminuire il volume del materiale d'apporto.

GIUNTI A T (Tee joints) -

Preparazione a bordo retto (square edge) I due elementi da saldare dovranno essere a contatto (o con distanza massima di 2 mm)

-

Preparazione a 1/2 V (single bevel groove) Si adotta quando la saldatura richiede la completa penetrazione e non vi è accessibilità da ambo le parti.

-

1/2 V con sostegno (single bevel groove with backing strip) Si adotta se il vertice non è accessibile per la solcatura con ripresa, al fine di assicurare la penetrazione.

-

Preparazione a K (double bevel groove) Si adotta quando il giunto è accessibile da ambo le parti e oltre i 15 mm di spessore.

-

Preparazione a J (single J groove) Si adotta per giunti di forte spessore al fine di limitare il volume di materiale d'apporto. GIUNTI DI TESTA (Butt joints)

GIUNTI SALDATI

GIUNTI A T (Tee joints)

Preparazione a lembi retti (square groove)

Preparazione a bordo retto (square edge)

Preparazione a V (V groove)

Preparazione a 1/2 V (single bevel groove)

Preparazione a X (double V groove)

1/2 V con sostegno (single bevel groove with backing strip)

Preparazione a X (double V groove)

Preparazione a K (double bevel groove)

Preparazione a U (U groove)

Preparazione a J (single J groove)

Simbologia della saldatura Terminologia dei giunti saldati Prima di esaminare i vari aspetti riguardanti la rappresentazione e la simbologia delle saldature, è opportuno definire alcuni termini essenziali relativi ai giunti saldati. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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• •

Saldatura d'angolo Saldatura di testa (in cianfrino) SALDATURA D'ANGOLO 1. Linea d'attacco 2. Gola o spessore effettiva 3. Gola o spessore teorica 4. Corona (o faccia) 5. Vertice 6. Lato (o fianco)

SALDATURA DI TESTA (in cianfrino) 1. Linea d'attacco 2. Corona (o faccia) 3. Radice (del giunto) 4. Intervallo (luce) tra i lembi 5. Spalla 6. Parete del cianfrino 7. Angolo di smusso 8. Angolo del cianfrino 9. Dimensione della saldatura 10. Spessore del pezzo 11. Gola della saldatura 12. Rinforzo o corona 13. Rinforzo al vertice

Rappresentazione grafica Una saldatura viene rappresentata mediante l'utilizzo dei seguenti simboli: - una freccia rivolta verso il giunto di saldatura - una linea di riferimento composta da due linee parallele, una continua ed una tratteggiata. Quella tratteggiata può essere sopra o sotto la linea continua. - il segno grafico della saldatura La posizione del cordone di saldatura è determinata dai seguenti elementi: - posizione della freccia - posizione della linea di riferimento - posizione del simbolo. Esempi: • saldatura eseguita dal lato della freccia • saldatura eseguita dal lato opposto Il simbolo è posizionato sul lato della linea Il simbolo è posizionato sul lato della linea piena tratteggiata



saldature simmetriche Nel caso di cordoni di saldatura bilaterali e simmetrici , rappresentati con un simbolo composto, non si usa la linea tratteggiata.

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Rappresentazione grafica (norma UNI-EN 22553)

In ambito tecnico per comunicare informazioni in merito ad una saldatura si utilizzano rappresentazioni grafiche standard facenti riferimento a normative internazionali. Ad esempio, per rappresentare un giunto saldato si può ricorrere alla norma UNI EN 22553 la quale prevede una rappresentazione basata sui seguenti elementi: • Simboli di saldatura • Metodo di quotatura • Altre indicazioni Simboli di saldatura Per la rappresentazione della saldatura, nella norma UNI-EN, vengono utilizzati due tipologie di segni grafici: a. Segni grafici elementari per rappresentare il tipo di saldatura in relazione alla forma del cianfrino b. Segni grafici supplementari per indicare la forma della superficie della saldatura (o forma della saldatura). Nota Le saldature tra lamiere con bordi rilevati (segno grafico 1) con penetrazione incompleta sono simboleggiate come se fossero saldature a lembi retti (segno grafico 2) con l'indicazione dello spessore s della saldatura (vedere quotazioni).

SEGNI GRAFICI ELEMENTARI Denominazione

Saldatura

Segno grafico

1. Saldatura a bordi rilevati (bordi rilevati completamente fusi) 2. Saldatura a lembi retti 3. Saldatura a V 4. Saldatura a mezza V 5. Saldatura a Y 6. Saldatura a mezza V con spalla 7. Saldatura ad U (a fianchi paralleli o inclinati) 8. Saldatura a J

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SEGNI GRAFICI ELEMENTARI Denominazione

Saldatura

Segno grafico

9. Saldatura di ripresa al rovescio 10. Saldatura ad angolo 11. Saldatura in foro o in asola

12. Saldatura a punti

13. Saldatura in linea continua

14. Saldatura a V a fianchi ripidi 15. Saldatura a mezza V a fianchi ripidi

16. Saldatura d’orlo 17. Saldatura di riporto

18. Giunto di superficie

19. Giunto a lembi obliqui

20. Giunto aggraffiato

Nota Le saldature contrassegnate con i numeri d'ordine da 1 a 9, 14, 15 e 19 sono saldature "testa a testa". La denominazione "testa a testa" non è stata indicata per semplicità.

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SEGNI GRAFICI SUPPLEMENTARI Forma della superficie della saldatura o forma della saldatura a) piana (di solito spianata di macchina)

Segno grafico

b) convessa c) concava d) i bordi del cordone di saldatura devono essere ben raccordati e) usato un supporto al rovescio di tipo fisso f) usato un supporto al rovescio di tipo asportabile

SEGNI GRAFICI COMBINATI PER SALDATURE SIMMETRICHE Denominazione

Saldatura

Segno grafico

1. Saldatura a doppia V o ad X

2. Saldatura a K

3. Saldatura a doppia V con spalla

4. Saldatura a K con spalla

5. Saldatura a doppia U

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ESEMPI DI APPLICAZIONE DI SEGNI GRAFICI SUPPLEMENTARI Denominazione

Saldatura

Segno grafico

Saldatura testa a testa a V con cordone piano (spianato) Saldatura testa a testa ad X con cordoni convessi Saldatura ad angolo con cordone concavo Saldatura testa a testa a V con cordone piano (spianato) o cordone di ripresa al rovescio piano (spianato) Saldatura testa a testa a Y e cordone di ripresa al rovescio Saldatura testa a testa a V spianata di macchina (*) Saldatura ad angolo con bordi ben raccordati Nota (*) Segno grafico conforme alla ISO 1302: in luogo di questo segno grafico può essere usato il segno grafico principale

.

Metodo di quotatura La norma UNI EN 22553 stabilisce anche un metodo di quotatura delle saldature basato sulle seguenti regole: -

alla sinistra del segno grafico sono riportate le quote principali relative alla sezione trasversale.

-

alla destra del segno grafico sono riportate le quote longitudinali.

La mancanza di indicazioni a destra del segno grafico sta a significare che la saldatura è continua per tutta la lunghezza del pezzo saldato. -

Definizione e indicazione di base Indicazione quote principali Indicazione quote per le saldature d'angolo SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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DEFINIZIONE E INDICAZIONE DI BASE Definizione

Indicazione

s

distanza minima tra la superficie della lamiera e il vertice del cordone, che non può essere maggiore dello spessore della lamiera più sottile

s

distanza minima tra la superficie esterna della saldatura e il vertice del cordone

a

altezza del maggiore triangolo isoscele inscritto nella sezione trasversale della saldatura lato del maggiore triangolo isoscele inscritto nella sezione trasversale della saldatura

z l

lunghezza della saldatura (esclusi i crateri estremità) (e) distanza tra due cordoni consecutivi n numero dei cordoni a (Vedere N° 3. Saldatura d'angolo continua) z

di

Note 1) L'assenza di indicazioni alla destra del segno grafico significa che la saldatura è continua per tutta la lunghezza del pezzo saldato. 2) In assenza di indicazioni contrarie, le saldature testa a testa sono da intendersi a completa penetrazione 3) Per le saldature d'angolo esistono due metodi per indicare le quote (come specificato in figura). Perciò devono essere sempre indicate le lettere "a" o "z" prima del valore della quota corrispondente. Nota (*) Segni elementari N.1 Le saldature tra lamiere con bordi rilevati con penetrazione incompleta sono simboleggiate come se fossero saldature a lembi retti con l'indicazione dello spessore s della saldatura.

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QUOTE PRINCIPALI Denominazione

Saldatura

1. Saldatura testa a testa

2. Saldatura testa a testa a bordi rilevati (bordi rilevati non completamente fusi) 3. Saldatura d'angolo continua

4. Saldatura d'angolo discontinua

- Quote per le saldature d'angolo Tenendo conto di regole geometriche valgono le relazioni sotto indicate: z = a * radice quadrata (2) a = z * 1/radice quadrata (2) Altre indicazioni Con l'utilizzo del simbolo della freccia è possibile fornire molte altre indicazioni che caratterizzano una saldatura, quali, ad esempio: - processo di saldatura - gruppo di valutazione - posizione di saldatura - materiale d'apporto - saldatura in cantiere. Queste informazioni sono importanti per l'operatore che deve effettuare il controllo, in quanto, in base alle caratteristiche della saldatura, egli potrà orientare la ricerca di eventuali difetti. Nota Ad esempio, in una costruzione saldata un giunto può occupare qualunque posizione. In relazione alla localizzazione del giunto il saldatore assumerà determinate posizioni per effettuare la saldatura, ciascuna delle quali potrà comportare caratteristici inconvenienti nel giunto saldato. E' quindi necessario conoscere le posizioni di saldatura. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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NUM. EN ISO 4063 111 131 135 141 21 12 311

PROCESSO DI SALDATURA

SIGLA

Saldatura manuale ad arco Saldatura in gas inerte con elettrodo fusibile Saldatura in gas attivo con elettrodo fusibile Saldatura in gas inerte con elettrodo di tungsteno Saldatura a resistenza a punti Saldatura ad arco sommerso Saldatura a gas con fiamma di ossigeno-acetilene

E. R. MIG MAG TIG RP A.S. OSS.

GRUPPO DI VALUTAZIONE Attraverso il gruppo si valutazione si forniscono indicazioni riguardanti la qualità del cordone. Ad esempio tramite gruppi di valutazione secondo UNI EN ISO 5817 (acciaio) o EN 30042 (alluminio) per saldature di testa e saldature d'angolo si possono esprimere le seguenti indicazioni: D - basso C - medio B - alto POSIZIONE DI SALDATURA Norma EN ISO 6947 PF = Ascendente PG = Discendente PA = Verticale ascendente PB = Orizzontale - verticale PC = Trasversale PD = Orizzontale - sopratesta PE = Sopratesta

CLASSIFICAZIONE DEGLI ELETTRODI Quasi ogni paese ha una sua normativa per la classificazione degli elettrodi per la saldatura ad arco. La normativa prescrive le richieste che l'elettrodo deve soddisfare per poter essere classificato nell'ambito della classe prevista. Le normative più utilizzate per gli elettrodi normali, sono: ISO-2560 Norma europea EN 499 Norma europea UNI 5132 Norma italiana DIN 1913 Norma tedesca BS 639 Norma inglese SFA 5.1 Norma americana SALDATURA IN CANTIERE Per indicare che una saldatura è eseguita in cantiere, e non in officina, si usa una banderuola, posizionata al punto di intersezione tra la freccia e la linea di riferimento:

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Saldatura eseguita in cantiere

Saldatura eseguita in officina

Simbologia della saldatura Rappresentazione grafica (norma AWS - American Welding Society)

- Simboli base tipi di saldatura - Simbolo di saldatura - Simboli di saldatura e significato in base alla loro localizzazione Tipi di saldature a fusione

Riempimento

Bordi retti

Bordi quadri

Lembi a 1/2 "V"

Lembi a "V"

Lembi ad "J"

Lembi ad "U"

SIMBOLO DI SALDATURA SECONDO AWS Location of Elements of a Welding Symbol F = Simbolo di finitura = Contour symbol A = Groove angle: included angle of countersink for plug welds L = Length of weld P = Pitch (center-to-center spacing) of welds W = Field weld symbol t = Arrow connection reference line to arrow side member of join or arrow side of joint | = Weld-all-around symbol Reference line N=Number of spot, stud, or projection welds SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 BOTH / SIDES =Basic weld symbol or detail reference > = Tail (Tail omitted when reference is not used) T = Specification process, or other reference S = Depth of preparation: size or strength for certain welds E = Groove weld size R = Root opening: depth of filling for plug and slot welds

Elements in this area remain as shown when tail and arrow are reversed

Simboli - Localizzazione Basic Welding Symbols and Their Location Significance No lato Location Lato Entrambi i freccia o Lato freccia significance opposto lati altro lato significativo Fillet Plug or Slot

Spot or Projection Seam Back or Backing Surfacing Scart for Brazed Joint Flange Edge

Discontinuità nei giunti saldati Le discontinuità di saldatura possono essere classificate in funzione della: POSIZIONE

FORMA

ORIGINE

superficiali volumetriche bidimensionali tridimensionali di tipo metallurgico di tipo operativo

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Nelle pagine che seguono descriveremo i diversi tipi di discontinuità in saldatura con riferimento al loro aspetto (forma e posizione) ed alle cause principali della loro formazione, tenendo presente che con l'esame visivo possiamo individuare solo i difetti superficiali o affioranti in superficie. DISCONTINUITA' SUPERFICIALI Discontinuità affioranti sulla superficie della saldatura: CRICCHE SUPERFICIALI, MAGLIE IRREGOLARI VOLUMETRICHE Discontinuità che si sviluppano internamente alla zona fusa o termicamente alterata (Z.T.A.). DISCONTINUITA' IN ZONA FUSA (es. tarli, cricche...), DISCONTINUITA' IN Z.T.A. (es. cricche) BIDIMENSIONALI Sono discontinuità aventi una sezione trasversale relativamente grande in una direzione e una sezione trasversale piccola o trascurabile nella direzione perpendicolare alla prima. TRASVERSALI: allungate e orientate perpendicolarmente all'asse della saldatura (es: cricche, tarli...) LONGITUDINALI: allungate e orientate parallelamente all'asse della saldatura (es: mancanze di penetrazione e fusione, tarli, cricche ...) TRIDIMENSIONALI Sono discontinuità che presentano uno sviluppo evidente in tutte le direzioni es: SOFFIATURE, MANCANZA DI FUSIONE

DI TIPO METALLURGICO Derivano da : - tensioni residue; queste aumentano con la resistenza del materiale ed agiscono sia in senso longitudinale che trasversale rispetto alla saldatura; - fusione nel materiale base; - assorbimento di gas nella zona fusa; - raffreddamento veloce del giunto Es: MICROCRICCHE, CRICCHE DI TIPO OPERATIVO Derivano da : - insufficiente abilità del saldatore; - condizioni di lavoro non adeguate; - materiali non adeguatamente conservati; - lembi mal preparati. Es: MAGLIE IRREGOLARI, TARLI, INCOLLATURE, MANCANZA DI FUSIONE. I tarli sono inclusioni gassose di forma allungata determinate dal fatto che l'arco con elettrodi basici o cellulosici è stato troppo allungato. La mancanza di fusione può essere causata da distanza tra i lembi insufficiente o scarsa abilità del saldatore. Cricche Una cricca è una discontinuità originatasi per distacco inter- o trans-cristallino in un materiale metallico originariamente continuo e sano. A seconda che il distacco avvenga lungo i bordi dei grani o attraverso i grani stessi, le cricche si distinguono in intergranulari o transgranulari. Viene normalmente considerata come una discontinuità bidimensionale perché è più o meno allungata (da qualche millesimo di mm sino a parecchi cm) e profonda con un andamento frastagliato, mentre i suoi lembi sono piuttosto ravvicinati. Se le dimensioni sono molto ridotte, inferiori al millimetro, si parla di microcricche. Le cricche sono il difetto più grave e temibile di un giunto saldato in quanto, anche se di piccole dimensioni, sono sempre una rottura in atto, con alto fattore di concentrazione delle tensioni SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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(effetto d'intaglio) alle sue estremità; una cricca può essere suscettibile di ingrandirsi col tempo a seconda delle sollecitazioni di esercizio e delle sue dimensioni iniziali, portando il giunto a cedimento. Cricche in ZONA FUSA Le cricche in zona fusa possono essere longitudinali, trasversali o interdendritiche (queste ultime sono quelle che seguono l'andamento né longitudinale né trasversale dei grani dendritici nella zona fusa). CRICCHE A CALDO Le cricche a caldo si manifestano durante la solidificazione del giunto; hanno di regola andamento longitudinale e sono disposte al centro della passata in cui si formano. Possono o no affiorare alla superficie. Le cause principali della loro formazione, nella saldatura degli acciai al carbonio, sono: - medio alto tenore di carbonio del materiale base; - alto tenore di impurezze (zolfo e fosforo) nel materiale base; - alto grado di tensioni di ritiro di saldatura. CRICCHE A FREDDO Le cricche a freddo si formano durante il raffreddamento del giunto. Sono più frequentemente trasversali che longitudinali, perché le tensioni longitudinali sono le più elevate. Le cause principali della loro formazione sono: - un elevato tenore di idrogeno in zona fusa; - alta velocità di raffreddamento; - alto grado di tensioni di ritiro. Cricche in ZONA TERMICAMENTE ALTERATA Le cricche in zona termicamente alterata si trovano nella zona ZTA o comunque vicino alla zona che non ha raggiunto la temperatura di fusione. La loro direzione è generalmente longitudinale ma può anche essere trasversale, inoltre possono essere interne al cordone o affioranti. CRICCHE A FREDDO (longitudinali) Si formano durante il raffreddamento del giunto. Possono avere sia dimensioni ridottissime (microcricche) sia molto rilevanti, con lunghezze di decine di centimetri. Le cause principali della loro formazione sono: - presenza di strutture di tempra in Z.T.A.; - assorbimento di idrogeno da parte del bagno; - tensioni di ritiro residue. CRICCHE A CALDO Sono cricche generalmente molto piccole dovute: alla fusione di composti basso-fondenti che si trovano al contorno dei grani cristallini (nella zona termicamente alterata del giunto) ed all'azione delle tensioni di ritiro che provocano il distacco dei grani. STRAPPI LAMELLARI Sono cricche che si verificano nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato perpendicolarmente al piano di laminazione. Sono tipici dei giunti a T o ad L vincolati ed hanno un caratteristico andamento a gradino. Le cause principali della loro formazione sono: - tensioni di ritiro; - geometria del giunto; - materiale base laminato di spessore medio alto suscettibile agli strappi. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Penetrazione incompleta, fusione incompleta, incollatura La penetrazione e fusione incompleta sono discontinuità provocate dalla mancata fusione di entrambi o di uno solo dei lembi che compongono il giunto saldato. Sono difetti gravi e quasi sempre inaccettabili. PENETRAZIONE INCOMPLETA (o mancanza di penetrazione) E' la mancata fusione del metallo base alla radice del giunto saldato. Può trovarsi nella zona della prima passata (vertice) o al cuore della saldatura, a seconda del tipo di preparazione (a V, a X, ecc.), o anche in corrispondenza di passate successive. La causa principale è la cattiva preparazione dei lembi (angolo di apertura del cianfrino troppo piccolo, distanza tra i lembi insufficiente, slivellamento) o la scarsa abilità del saldatore nel caso di procedimenti di saldatura manuale. FUSIONE INCOMPLETA (o mancanza di fusione) Quando il metallo di apporto e il metallo base non si fondono insieme, oppure quando il metallo di apporto di un cordone non si fonde con un cordone già eseguito. Visivamente si osserva che il metallo d'apporto non si è amalgamato con il metallo base o con altro metallo d'apporto. Si può trovare fusione incompleta o nel metallo di saldatura o all'interfaccia fra metallo d'apporto e metallo base. Le cause probabili sono le stesse della mancanza di penetrazione. INCOLLATURA E' simile alla fusione incompleta ma con la presenza di uno strato di ossido interposto tra lembo e zona fusa.Un giunto con questo difetto ha cattive caratteri-stiche meccaniche. Sono tipiche degli acciai ferritici, per procedimenti ad apporto termico poco concentrato (MAG) o di materiali facilmente ossidabili (leghe di alluminio).

Inclusioni Le inclusioni sono discontinuità costituite da sostanze estranee (metalliche o non metalliche, gas) intrappolate nel metallo d'apporto o fra il metallo d'apporto e quello di base. INCLUSIONI DI SCORIA Sono solidi o ossidi non metallici intrappolati nella saldatura, ovvero nel metallo d'apporto o fra il metallo d'apporto e il metallo base. Poiché è più leggera del materiale d'apporto la scoria tende a galleggiare sulla sua superficie, a meno che non vi rimanga intrappolata. L'inclusione può essere superficiale o sub-superficiale e presentarsi come una linea continua o come bande intermittenti o come particelle isolate. E' detta allungata quando è lunga più di tre volte la sua larghezza. Le scorie sono tipiche dei procedimenti ad elettrodo rivestito e ad arco sommerso. Si formano dal rivestimento ricoprente l'elettrodo o dai flussi che proteggono il metallo fuso. INCLUSIONI DI TUNGSTENO Sono discontinuità a forma sferica o poligonale costituite da particelle di tungsteno (pezzi isolati o minute schegge raggruppate) intrappolate nel materiale di saldatura quando, nella tecnica TIG, l'elettrodo di tungsteno tocca il bagno di fusione. Sono discontinuità tipiche del procedimento TIG. POROSITA' Sono cavità, interne o superficiali, formatesi da gas rimasti intrappolati nel metallo d'apporto in fase di solidificazione. La porosità si può manifestare in queste diverse forme: - Diffusa uniformemente - A grappolo - Lineare SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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A tarli

DIFFUSA UNIFORMEMENTE E' distribuita più o meno uniformemente nel metallo di apporto. Nella porosità uniforme non ci sono regioni di concentrazione di porosità, può essere superficiale o interna. A GRAPPOLO Una concentrazione di porosità in una regione separata dal resto della saldatura da regioni che non contengono porosità o contengono porosità con concentrazioni minime. LINEARE Allineata internamente al deposito e solitamente non è osservata mediante esami visivi. Si trova lungo i contorni del giunto, al confine fra le passate o alla radice della saldatura. A TARLI Sono porosità di forma allungata (con lunghezza superiore a tre volte il loro diametro) sulla superficie della saldatura o intrappolate nel metallo d'apporto. I tarli con una coda particolarmente lunga possono terminare con piccole chicche o incollature e sono da considerarsi molto pericolosi per la sicurezza del giunto.

Profili impropri Le discontinuità di profilo sono date da deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al profilo ideale prescritto, di norma costituito da una linea che penetra parzialmente nei lembi e si raccorda dolcemente con il materiale base. Una saldatura che non sia in accordo con i requisiti di codice o di specifica riguardanti i profili è una discontinuità inaccettabile. RINFORZO ECCESSIVO Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della saldatura (giunti di testa). Causa: è dovuto in genere al saldatore che non è stato in grado di distribuire opportunamente il numero delle passate (in saldatura normale), oppure al saldatore che non si è attenuto alle indicazioni dei parametri (nella saldatura automatica). CONVESSITA' ECCESSIVA Discontinuità del profilo generata da deposito eccessivo di metallo d'apporto sulla corona della saldatura (giunti d'angolo). SOVRAPPOSIZIONE Un eccessivo flusso di metallo d'apporto che non si fonde col metallo base. Visivamente si presenta come metallo non fuso, che appare come "sovrapposto". Si trova normalmente sul bordo del metallo di saldatura che è a contatto con il metallo base. INCISIONE MARGINALE Consiste nella asportazione di metallo base alla giunzione col metallo di saldatura. L'aspetto di un'incisione marginale è quello di una regione in cui il materiale fuso è scivolato via. Causa: E' essenzialmente causata dall'impiego di corrente eccessiva, associata ad un maneggio non corretto. SLIVELLAMENTO DEI LEMBI Nel migliore dei casi consiste in una brusca variazione del profilo, altrimenti si può avere la mancanza di fusione del lembo sovrapposto. Causa: è dovuto ad un montaggio imperfetto che ostacola la possibilità di eseguire una saldatura regolare. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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PENETRAZIONE ECCESSIVA Il metallo d'apporto oltrepassa più del previsto la radice della saldatura. Questa discontinuità si forma durante la passata di fondo. Causa: La penetrazione eccessiva è localizzata alla radice del giunto saldato quando non viene usato un materiale di sostegno.

Inneschi d’arco, crateri, spruzzi, distorsioni e ritiri INNESCHI D'ARCO Fusioni non intenzionali del metallo base fuori dalla regione in cui si deposita il metallo d'apporto. Gli inneschi d'arco possono assomigliare a singoli piccoli crateri circolari o cilindrici o a una serie di piccoli crateri che formano una traccia verso il deposito di materiale d'apporto. Possono essere prodotti dal saldatore che strofina l'elettrodo su una zona al di fuori dalla regione di saldatura, da un morsetto di terra non collegato correttamente, oppure dall'uso improprio dei puntali durante gli esami non distruttivi con particelle magnetiche. CRATERI Depressioni, con o senza porosità o cricche, sulla superficie alla estremità del cordone di saldatura o nel bagno di saldatura che possono formarsi quando l'arco si è interrotto ed il gas di protezione è stato rimosso prima che il cratere si sia solidificato. I crateri spesso riducono la dimensione della saldatura sotto il valore richiesto e possono contenere altre discontinuità. Possono trovarsi ovunque nella regione di saldatura dove l'arco è stato arrestato oppure fermato e fatto ripartire. Quando si ha una cricca, essa può essere orientata trasversalmente oppure longitudinalmente; a volte può essere formata da una serie di cricche intersecatisi che assumono la figura di una stella. SPRUZZI DI SALDATURA Particelle di metallo espulse durante la saldatura dal bagno di fusione, che schizzano via e cadono nelle regioni adiacenti. Preoccupano sia perché questi spruzzi possono mascherare altri difetti, sia perché possono indicare che una variabile del processo di saldatura è fuori procedura. DISTORSIONI E RITIRI Il calore inerente al processo di saldatura può generare discontinuità quali distorsioni e ritiri sulle parti saldate. La distorsione è la deviazione, sia temporanea che permanente, dalla forma desiderata. Il ritiro è la diminuzione delle dimensioni, generata dal raffreddamento e dalla contrazione del metallo d'apporto e di quello di base adiacente.

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1.3 DISCONTINUITA’ INDOTTE IN ESERCIZIO Introduzione Il controllo dei componenti in esercizio è diverso dal controllo dei componenti in fase di costruzione, per un insieme di motivi (accessibilità, stato delle superfici, ...). Per questo l'esame visivo è la prima ed importante fonte di informazione e deve precedere ogni altro tipo di esame. La conoscenza della tipologia caratteristica dei difetti di esercizio nei componenti di un impianto, quali la loro origine, la loro collocazione, la loro probabilità di individuarli in zone prestabilite e la loro evoluzione, è un elemento indispensabile per una corretta metodologia di controllo. In esercizio, le difettosità più frequentemente riscontrabili possono essere così identificate: · cricche (da fatica, da corrosione, da fatica termica, ...) · perdite di materiale (corrosione, usura, erosione) · deformazioni (per sovrasollecitazioni termiche e/o meccaniche) · blistering (diffusione di idrogeno atomico nel materiale)

Cricche in esercizio La formazione di cricche durante l'esercizio può avere numerose cause. Tra queste si esamineranno le seguenti: • fatica meccanica • fatica termica • infragilimento • tensocorrosione • corrosione per fatica

Fatica meccanica Per fatica si intende un fenomeno che si manifesta nei materiali sottoposti a sollecitazioni cicliche ripetute e che ne abbassa notevolmente il carico di rottura. Nelle costruzioni meccaniche si verificano spesso rotture improvvise di organi in servizio senza che il carico abbia superato il valore a base del calcolo di dimensionamento e senza che sia stato raggiunto in nessun punto della sezione il carico di rottura del materiale. Queste particolari rotture si manifestano in organi soggetti a sollecitazioni variabili ripetute e sono denominate rotture per fatica. Tutti i metalli sono soggetti a fatica e spesso l'ambiente influenza fortemente le caratteristiche di questo fenomeno, come nel caso di ambiente corrosivo o ad elevata temperatura. Nel caso di alberi e perni, soggetti a torsione, le cricche da fatica sono disposte alla superficie del pezzo, con orientazione di circa 45° rispetto all'asse. Nel caso di strutture saldate, la cricca è generalmente localizzata al margine di saldature d'angolo.

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Normalmente, le rotture per fatica hanno origine dalla superficie dei pezzi in corrispondenza di punti singolari come brusche variazioni di sezione, intagli o difetti superficiali. Sono note anche rotture di fatica originatesi nell'interno di pezzi, per la presenza di discontinuità o di difetti. Una importante conseguenza di questo fatto è che è possibile migliorare la resistenza a fatica di un pezzo curandone particolarmente l'aspetto superficiale. Fatica termica La fatica termica è un fenomeno causato dal ripetersi di cicli termici. Quando lo strato di un componente viene riscaldato e raffreddato ripetutamente mentre il resto del pezzo rimane a temperatura costante, la regione che subisce queste variazioni termiche si espande quando riscaldata e si contrae durante il raffreddamento. La stessa regione subirà quindi forze di compressione (che possono raggiungere lo snervamento) quando è calda e sollecitazioni a trazione quando è fredda. Il ripetersi ciclico di queste condizioni può determinare lo sviluppo di una cricca di fatica termica che tenderà a crescere durante il raffreddamento. Le cricche da fatica termica si innescano generalmente sulla superficie e si propagano perpendicolarmente alla superficie stessa. Infragilimento L' infragilimento consiste nella perdita critica di duttilità o di tenacità (o di entrambe) di un metallo. Le ragioni per le quali un metallo risulta infragilito e quindi dà luogo a rotture fragili, sono varie. Sotto certe condizioni ad esempio alcuni metalli sono soggetti a diffusione o migrazione di elementi o gas al bordo grano. Una delle principali forme di infragilimento è rappresentata dall'infragilimento da idrogeno, che consiste nell'infragilimento introdotto nell’acciaio per assorbimento di idrogeno durante l’esercizio del manufatto (ma anche durante il ciclo produttivo). L'idrogeno nei metalli ne altera le caratteristiche meccaniche. Negli acciai, l'idrogeno provoca aumento della fragilità, diminuzione del modulo di elasticità e della resilienza e aumento della durezza. Questo fenomeno, sotto sollecitazioni anche estremamente modeste, può portare nei casi peggiori alla formazione di cricche o alla rottura vera e propria. Tensocorrosione Con il termine tensocorrosione, o corrosione sotto sforzo (in inglese SCC: Stress Corrosion Cracking), si definiscono i fenomeni di innesco e propagazione di cricche in un metallo sotto l'azione combinata di sollecitazioni meccaniche di tensione e di un ambiente corrosivo. Alcune caratteristiche della tensocorrosione sono: • • • • • •

le condizioni di insorgenza sono tipiche di accoppiamenti molto specifici di un materiale metallico e di un ambiente; l'ambiente corrosivo e la sollecitazione meccanica, presi singolarmente, non avrebbero dato origine al fenomeno; il fenomeno si innesca solo e soltanto al di sopra di una soglia di tensione meccanica; interessa soprattutto le leghe; risultano efficaci le sollecitazioni di trazione, non quelle di compressione; la velocità di propagazione delle cricche, seppure elevata, è inferiore a quella di cricche di natura puramente meccanica. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Metallo o lega

Ambiente

Note su tensocorrosione

Leghe di rame

Soluzioni contenenti ammoniaca, sali di ammonio, ammine

Cricche transgranulari; cracking stagionale (season cracking) degli ottoni.

Leghe di rame Acciai inossidabili

Mercurio soluzioni di cloruri

Acciai inossidabili Titanio

Soluzioni contenenti H2S; cloruri in metanolo o etanolo anidri

Cricche intergranulari. interessa in particolare gli acciai inossidabili austenitici della serie 300 (AISI 304 e 316); avviene per T > 60°C; cricche intergranulari, ramificate. -

Acciai al carbonio

Soluzioni alcaline

Acciai al carbonio Acciai al carbonio

Soluzioni di nitrati soluzioni contenenti solfuri

Acciai al carbonio

Soluzioni di carbonati, fosfati, cianuri; ammoniaca liquida

Acciai ad alto limite di snervamento

Aria umida, soluzioni acquose

Infragilimento: interessa le caldaie; T>200°C; cricche intergranulari. T > 100°C. Tensocorrosione da solfuri: si verifica in ambienti deaerati, neutri o acidi, tipici dell'industria petrolifera. -

Corrosione per fatica Con corrosione per fatica si indica comunemente la frattura (cracking) in un materiale metallico provocata dalla contemporanea presenza di un ambiente chimico, anche a lieve azione corrosiva, e di sollecitazioni meccaniche. Diversamente dal caso della tensocorrosione, le sollecitazioni meccaniche sono variabili nel tempo, o in segno (alternanza di sforzi di trazione e compressione) o in intensità (alternanza di stati di maggiore e minore tensione). Come nel caso della tensocorrosione, anche per la corrosione per fatica l’intensità massima delle forze agenti può essere notevolmente inferiore rispetto al limite di snervamento del materiale metallico. Inoltre, l’insorgenza di corrosione per fatica peggiora fortemente le proprietà di resistenza dei materiali metallici (resistenza alla fatica e limite di fatica). La corrosione per fatica si manifesta con la formazione di cricche che presentano un aspetto diverso in relazione alla tipologia di sforzo applicato: •

forze cicliche uniformemente distribuite detrminano cricche filiformi, perpendicolari alla direzione dello sforzo;



sforzi di torsione provocano cricche ad orientamento incrociato;



tensioni biassiali generano cricche longitudinali e trasversali.

Il processo di corrosione per fatica, una volta innescato, procede in maniera molto simile a quello della tensocorrosione. Nota

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 Se gli sforzi ciclici, a causa della particolare geometria del materiale, si concentrano in una sola zona limitata si potrà verificare una sola cricca la cui velocità di propagazione sarà molto più elevata rispetto a quella di un gruppo di cricche.

Perdite di materiale Particolari condizioni e ambienti di esercizio possono causare perdite di materiale che, a causa della riduzione della sezione normale di un componente, possono comportare fratture o cedimenti del componente stesso. Le perdite di materiale possono essere di due tipi: • perdite generalizzate • perdite localizzate

Perdite generalizzate Le cause principali delle perdite generalizzate possono essere: · corrosione generalizzata (interna o esterna) · usura · erosione (da liquido, vapore, particelle solide in gas) Se le superfici interessate sono esterne sono facilmente individuabili con l'esame visivo. L'erosione da liquidi si osserva anche all'interno di tubature, prevalentemente in corrispondenza di cambi di direzione del moto del fluido (gomiti). Nel caso in cui la perdita avvenga internamente è necessario utilizzare appositi strumenti (es.: endoscopi).

- Corrosione generalizzata La corrosione generalizzata (o uniforme) interessa tutta la superficie del metallo in maniera omogenea. Il danno si traduce in un assottigliamento dello spessore del metallo a contatto con l'ambiente aggressivo. Il suo andamento può essere espresso numericamente in termini di perdita di peso del metallo. Di conseguenza la sua pericolosità diventa relativa in quanto un adeguato monitoraggio permette di valutare l'entità del danno e quindi di prevedere con buona approssimazione la vita di un impianto. In condizioni di attacco uniformemente distribuito sulla superficie del metallo, la velocità di perdita di massa (Vm ) per unità di superficie esposta all'ambiente aggressivo misura nel tempo l'entità del danno provocato dall'attacco ed è esprimibile come: Vm =

Perdita di peso ∆m_____ Tempo t x Area esposta A CATEGORIA trascurabile bassa modesta severa

VELOCITA’ DI CORROSIONE < 50 µm/anno 50 ÷ 100 µm/anno 100 ÷ 500 µm/anno 500 ÷ 1000 µm/anno

Nota In pratica, è più opportuno esprimere l'entità del danno come velocità di penetrazione, in quanto questa fornisce una misura diretta dell'assottigliamento del metallo. La velocità di penetrazione dell'attacco è legata a quella di perdita di peso attraverso la densità del metallo: Velocità di penetrazione Vp =

Vm________

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 Densità del metallo

- Usura L'usura è un tipico fenomeno di danneggiamento superficiale tra parti in contatto che può realizzarsi in un gran numero di modi e in condizioni molto diverse. L'analisi del fenomeno è molto complessa perché esso risulta funzione di un gran numero di variabili. CONDIZIONI CHE INFLUENZANO IL FENOMENO DELL'USURA • • • • • • •

tipo di carico ambiente in cui il pezzo lavora velocità relativa delle parti in contatto temperatura di lavoro dei pezzi natura del lubrificante mutua compatibilità dei metalli accoppiati presenza di sostanze estranee che agiscono favorevolmente o sfavorevolmente

In generale tutti gli organi di macchina che trasmettono azioni meccaniche per attrito radente o volvente subiscono usura. Questa provoca un'asportazione di materiale dalle superfici, il quale può allontanarsi o rimanere in loco aggravando l'usura per effetto abrasivo. Per semplicità possiamo considerare due tipi di usura: · usura abrasiva · usura adesiva

- Usura abrasiva L' usura abrasiva si verifica quando particelle di elevata durezza strisciano o rotolano su di una superficie sotto una pressione esterna scalfendo o rigando la superficie stessa. Azioni di usura abrasiva si hanno facilmente sulle giranti di pompe e di ventilatori che convogliano fluidi (liquidi o gas) con presenza di corpi estranei duri e sui cuscinetti e sui perni degli alberi motore. In metalli e ceramici la resistenza all’usura abrasiva è direttamente proporzionale alla durezza della superficie a contatto. In genere aumentando la durezza di un materiale si riduce la sua usura abrasiva.

- Usura adesiva L' usura adesiva si ha nello strisciamento fra le superfici di due corpi in movimento relativo in cui il contatto diretto avviene soltanto attraverso un certo numero di punti o meglio di areole, in dipendenza del grado di rugosità delle superfici. L'effettiva area di contatto è quindi assai limitata, per cui su di essa si possono manifestare delle pressioni elevate, tali da superare il limite di snervamento del materiale e produrre delle deformazioni plastiche locali, cui seguono surriscaldamenti con possibilità di saldature. Sotto l'effetto dello scorrimento relativo fra le due

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superfici le singole areole saldate sono sollecitate al taglio e si deformano fino a quando, superata la resistenza del materiale, si produce uno strappo con conseguente formazione di detriti. L'usura si riduce in presenza di • ossidi sulla superficie che agiscono come film protettivi. • contaminanti sulla superficie che riducono le forze di adesione. - Corrosione erosione La corrosione erosione è una forma di corrosione tipica di pezzi immersi in un fluido (o che trasportano un fluido), in cui si ha la concomitanza di un attacco corrosivo con l'azione meccanica di rimozione dei prodotti di corrosione provocata dalla elevata velocità del fluido. Zone di turbolenza e cambiamenti bruschi della direzione del flusso sono i siti preferenziali di questa forma di corrosione. La morfologia dell'attacco è sempre strettamente legata al fenomeno abrasivo che lo ha provocato. Così, in presenza di solidi in sospensione, si possono formare solchi idrodinamicamente profilati, zone ondulate senza spigoli vivi, che assumono l'aspetto di sbavature. Mentre, nel caso di turbolenza, si osservano profili taglienti e crateri orientati secondo la direzione del movimento del liquido. Nota: Acciai al carbonio La resistenza degli acciai al carbonio in molti ambienti è dovuta alla formazione di un film di prodotti di corrosione sulla loro superficie. Questo film ha una resistenza meccanica molto più bassa di quella dell'acciaio e sotto l'effetto del flusso si può rimuovere. La rimozione del film espone l'acciaio nudo che corrode più in fretta del resto della superficie rimasta coperta. Si può formare del nuovo film ma viene nuovamente rimosso dal flusso e cosi via.

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Perdite localizzate Le perdite localizzate di materiale sono essenzialmente dovute ad attacchi di corrosione localizzata quali: · corrosione interstiziale (crevice) · vaiolatura (pitting)

- Corrosione localizzata La corrosione localizzata interessa parti limitate dell'area del metallo in contatto con l'ambiente aggressivo. La localizzazione si presenta con diverse morfologie e viene indicata con termini diversi a seconda del rapporto estensione/penetrazione dell'attacco o a seconda della causa del processo.

Ulcera

Penetrante Vaiolatura Cavernizzante

Intergranulare Cricca Transgranulare La presenza di agenti chimici particolarmente aggressivi, come H2S e cloruri, aumenta notevolmente la probabilità dell'insorgenza del fenomeno di localizzazione. Questi tipi di attacchi sono meno prevedibili e più insidiosi in quanto l'avanzamento del processo può portare velocemente alla foratura della parete di un pezzo prima ancora che il materiale subisca una perdita di peso apprezzabile.

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- Corrosione interstiziale (crevice) La corrosione interstiziale (o crevice) insorge in corrispondenza di interstizi o altri punti schermati dove può formarsi e ristagnare dell'umidità che viene a costituire una soluzione acquosa per l'avvio del processo corrosivo. Tipici corpi schermanti sono giunti, bulloni, guarnizioni, depositi di prodotti di corrosione o sabbia. Questa forma d'attacco è caratterizzata dall'instaurarsi di una macrocoppia tra: •

una zona del metallo, esterna al crevice, sulla quale avviene il processo catodico;



e un'altra zona, la zona schermata, sede del processo anodico di corrosione.

La superficie metallica che risulta attaccata è sempre molto piccola rispetto a quella totale esposta.

- Vaiolatura (pitting) La vaiolatura corrosione per pitting si realizza con la formazione di piccole cavità dette crateri a carattere più o meno penetrante che in brevissimo tempo possono anche determinare la perforazione del materiale metallico. La formazione di pitting si verifica principalmente su ferro, nichel, alluminio e acciai inossidabili, se posti in contatto con soluzioni a debole carattere ossidante, contenenti ioni specifici (ad esempio: cloruri). Nella corrosione per pitting i siti di innesco sono rappresentati da disomogeneità della superficie metallica (difetti, inclusioni, bande di scorrimento affioranti ecc.). Una volta che il processo è innescato i prodotti di corrosione chiudono l'apertura del "cratere" e si crea così una "cella occlusa", che accelera il processo corrosivo. Nota: Condizioni fluidodinamiche e temperatura Nel caso di materiali immersi in acqua le condizioni fluidodinamiche esercitano una grande influenza sull'insorgenza del pitting. Ad esempio, l'acciaio inossidabile tipo AISI 316 non dà luogo a vaiolatura in acqua di mare se la velocità dell'acqua è superiore a 1,5 m/s, mentre in condizioni stagnanti si ha innesco di pit in tempi brevi. Analogamente, la temperatura esercita una forte influenza: tanto più è alta e tanto maggiore è la tendenza al pitting.

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Deformazioni Le deformazioni di un componente o di una struttura possono essere originate da una sovrasollecitazione termica e/o meccanica o da blistering. · Deformazioni termiche e meccaniche · Blistering (bugne da idrogeno)

- Deformazioni termiche e meccaniche Una sovrasollecitazione termica e/o meccanica può produrre la deformazione di un componente o di una struttura. Tali deformazioni possono essere accompagnate da variazioni delle caratteristiche metallurgiche, da riduzione di spessore e dalla formazione di fessurazioni superficiali. Le deformazioni possono derivare anche da tensioni residue presenti all'interno del materiale. Questi danneggiamenti sono molto critici in quanto possono portare a rotture o addirittura a collassi strutturali di intere strutture (come ponti, colonne, travi, ecc…). Nota Un esempio di deformazioni termiche è costituito dai tubi dei generatori di vapore nelle centrali elettriche. I tubi che sono stati surriscaldati possono mostrare distorsioni significative: il tubo si indebolisce e la pressione interna genera un rigonfiamento, spesso accompagnato da cricche nella zona distorta, che può portare al cedimento del pezzo.

- Blistering (bugne da idrogeno) Il Blistering o bugne da idrogeno è un fenomeno dovuto alla diffusione, all'interno della struttura metallica di un componente, dell’idrogeno atomico liberatosi da reazioni chimiche all’interfaccia metallo-fluido. L'idrogeno che diffonde nel materiale in forma atomica tende ad accumularsi nei difetti della struttura metallica quali vuoti, inclusioni, segregazioni, ecc. Quando l'idrogeno atomico entra in un vuoto si ricombina formando idrogeno molecolare. Una molecola di idrogeno ha dimensioni molto maggiori di un atomo. Per questa ragione si crea una pressione molto alta all'interno di questi vuoti che determina la rottura dei legami metallici con conseguente aumento delle dimensioni del difetto e deformazione del materiale.

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1.4 METALLOGRAFIA Campione metallografico Il Campione metallografico è l'elemento fisico su cui si esegue l'esame microstrutturale di un materiale. Per una corretta indagine microstrutturale, il campione metallografico deve essere: • • • • • •

rappresentativo del componente/materiale in esame; idoneo a soddisfare lo scopo dell'esame; elaborato per evidenziare la microstruttura; libero da segni, macchie e liquidi di preparazione; lucidato in modo che tutte le inclusioni e fasi siano preservate intatte; con la superficie da esaminare perfettamente piana.

Preparazione dei campioni La preparazione dei campioni è indispensabile per qualsiasi tipo di esame metallografico: microscopia, microdurezza, analisi di immagine. In genere, richiede 5 operazioni fondamentali: • sezionatura o taglio • inglobamento in resina • levigatura • lucidatura • attacco chimico

ATTREZZATURA PER PREPARAZIONE CAMPIONI

MICROTRONCATRICE PRESSA INGLOBATRICE PULITRICE PORTA CAMPIONI

Sezionatura o taglio La sezionatura si esegue per ridurre il particolare in esame a dimensioni idonee ad essere osservato al microscopio ottico. La sezionatura del campione metallografico deve essere eseguita con cura, evitando di alterare o distruggere la struttura del materiale. Lo strumento più diffuso per sezionare è la mola da taglio a base Carburo di Silicio oppure Diamantata. Durante il taglio si genera calore che può provocare bruciature e microdeformazioni del campione. Per minimizzare tali fenomeni si utilizzano lubrificanti o liquidi di raffreddamento. Nonostante le precauzioni adottate un seppur minimo strato superficiale risulta danneggiato; conviene pertanto prolungare la successiva fase di levigatura per eliminare tutti i danneggiamenti procurati.

Inglobamento in resina L'inglobamento ha lo scopo di facilitare la manipolazione del campione metallografico durante la preparazione e la successiva osservazione al microscopio ottico. L'inglobamento avviene annegando il campione metallico in resina che polimerizza in uno stampo di forma cilindrica. Le resine di inglobamento devono essere compatibili con la durezza e la resistenza all'abrasione del materiale in esame. Esistono due famiglie di resine: · termoindurenti a caldo (base fenolica) · termoplastiche o indurenti a freddo (base epossidica)

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Termoindurenti a caldo (base fenolica) Sono resine che polimerizzano a temperatura ambiente e non necessitano di pressa. Queste resine sono utilizzate nella preparazione di campioni di materiali teneri, di scarsa consistenza o che sarebbero danneggiati se sottoposti a riscaldo e/o compressione. Termoplastiche o indurenti a freddo(base epossidica) Sono resine che polimerizzano in compressione a caldo (200-300°C) e richiedono l'impiego di una specifica pressa. I campioni che se ne ricavano sono molto compatti e di durezza elevata: queste resine risultano pertanto ideali per la preparazione di campioni di acciaio e/o ghisa.

Levigatura La levigatura è considerata l'operazione più importante di tutta la preparazione del campione metallografico. Consiste nell'abradere la superficie del campione con mole abrasive lubrificate ad acqua allo scopo di ottenere una superficie piana e minimamente deformata. L'operazione deve essere condotta con estrema cura, per evitare il danneggiamento della superficie del campione. Il processo prevede l'impiego di mole o carte abrasive a grana progressivamente più fine: il danno superficiale residuo viene eliminato con l'operazione successiva di lucidatura.

Lucidatura In genere la preparazione di un campione metallografico prevede due tipi di lucidatura: •

lucidatura preliminare Normalmente si utilizza un disco di panno in velluto aderente su disco metallico ed impregnato con pasta diamantata a grana fine (fino a 1 µm); il campione è mantenuto pressato al disco in rotazione.



lucidatura fine Si opera analogamente alla lucidatura preliminare ma con abrasivi più fini (fino a 0,05 µm) e su disco di tela sintetica.

Queste operazioni sono condotte in laboratorio utilizzando macchine automatiche con le quali si possono lucidare gruppi omogenei di provini.

Attacco chimico L'attacco chimico comprende tutti i processi utilizzati per mettere in evidenza la microstruttura di un metallo o lega. Poiché molti dettagli microstrutturali non sono visibili con la sola lucidatura, la superficie del campione deve essere trattata per rivelare gli aspetti strutturali quali: grani, bordo di grani, geminazioni, deformazioni e fasi secondarie. L'attacco chimico agisce in modo differenziato rispetto alle diverse aree, all'orientamento dei grani, alle imperfezioni cristalline, alle variazioni di composizione. Il risultato è rappresentato da una irregolarità superficiale che riflette la luce incidente del microscopio con angolazioni diverse, generando contrasto, colorazioni, polarizzazione e quindi una immagine della superficie del campione. Le tecniche di attacco sono numerose; oltre al chimico si possono utilizzare attacchi di tipo: · elettrochimico · termico SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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· elettrolitico sotto vuoto · meccanico.

L'attacco chimico e l'attacco elettrolitico sono i più diffusi nell'ambito dei materiali ferrosi. Le tecniche di applicazione prevedono l'impiego di reattivi a base di acidi forti o di sali a reazione acida. Quelli normalmente utilizzati in laboratorio sono indicati nella tabella. Reattivi per attacchi chimici Attacco

Composizione

NITAL

Soluzione di acido nitrico 1% di alcool

Impiego

Acciai e ghise

PICRAL

Soluzione di acido picrico 1% di alcool

MARBLE

Soluzione di solfato di rame ed acido cloridrico in acqua

Acciai inossidabili

KELLER

Soluzione di acido fluoridrico, nitrico e cloridico in acqua

Leghe di alluminio

CLORURO FERRICO

Soluzione di cloruro ferrico ed acido cloridrico in alcool

Leghe di rame

Repliche metallografiche In caso non si possa disporre o prelevare un campione da portarsi al microscopio è possibile procedere all'esame di una porzione della superficie da esaminare in modo indiretto mediante la replica (calco) della superficie in esame. La replica metallografica è un tipo di indagine non distruttiva che comporta la preparazione metallografica standard della parte da esaminare con levigatura, lucidatura ed eventuale attacco (l'attacco viene normalmente prolungato). La superficie così preparata viene coperta da uno strato di acetato di cellulosa, supportato da una pellicola di alluminio speculare; quando il solvente che aveva rammollito l'acetato è evaporato sulla superficie rimane impresso il calco della superficie metallografica preparata. E' così possibile trasferire la replica, fissata su appositi vetrini, al microscopio. Strumentazione per repliche metallografiche: • Manipolo per lucidatura in campo • Strumento per lucidatura/attacco elettrolitico in campo • Metallizzatore in oro • Repliche metallizzate

Tecniche metallografiche La metallografia è l'insieme delle tecniche adottate per l'osservazione della struttura dei materiali metallici. Le tecniche metallografiche normalmente utilizzate per l'esame dei materiali metallici sono: • microscopia ottica permette l'osservazione dei materiali utilizzando luce in campo visibile e fornisce una immagine ingrandita della macro e microstruttura; •

microscopia elettronica a scansione (SEM) SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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la superficie del campione è bombardata da un fascio di elettroni e fornisce una immagine virtuale tridimensionale. Le indagini sulla struttura avvengono osservando sezioni appositamente preparate. Se l'osservazione si fa ad occhio nudo o con strumenti che ingrandiscono fino a circa 10 volte si ha la Macrografia. Se l'osservazione si fa ad ingrandimenti superiori si ha la Micrografia.

Macrografia La macrografia fornisce informazioni di carattere panoramico sulla struttura di un metallo, molto spesso determinanti al fine della possibilità di uso del pezzo. Gli esami macrografici possono essere distinti in funzione dello scopo che si MACROGRAFIA prefiggono: • esame del dendritismo (colonnare / equlassico, frantumazione dendriti da lavorazione plastica etc.); • esame della cristallizzazione (forma, dimensione, orientamento del grano primario austenitico, etc.); • esame dei difetti vari (inclusioni, cricche capillari etc.); • esame della segregazione (zone più impure da segregazione su pezzi fusi, su giunti saldati, etc.); • esame della fibratura (pezzi lavorati a caldo, giunti saldati etc.); • esame della frattura (da eseguirsi senza alcun attacco o preparazione della superficie), in grado di definire: • aspetto della frattura, distinzione tra rottura di schianto e per fatica, corrosione, innesco rottura, etc.

DENDRITI

CRICCA IN ZONA TERMICAMENTE ALTERATA

GIUNTO IN ACCIAIO INOX

Essi richiedono tecniche d'attacco e di preparazione tra loro diverse.

Micrografia La micrografia ha una applicazione più generale della macrografia mediante essa è possibile avere informazioni riguardanti: • • • • • •

la composizione delle leghe; la distribuzione della fasi; la forma e la dimensione dei grani; le inclusioni non metalliche; la corretta esecuzione del trattamento termico; la lavorazione eseguita dal metallo, etc.

Molte volte è sufficiente una osservazione micrografica per decidere senza incertezze sulle cause di insuccessi o di gravi inconvenienti in servizio. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Microscopia ottica La microscopia ottica è la tecnica utilizzata per la riproduzione della topografia e degli aspetti microstrutturali di una superficie lucidata ed attaccata, ad un ingrandimento variabile da 2 a 1500 volte. Applicazioni e limiti di questa tecnica possono essere così indicati: Applicazioni • identificazione/verifica di efficacia dei metodi di fabbricazione e dei trattamenti termici; • esame delle saldature; • analisi delle rotture; • valutazione dell'effetto delle lavorazioni sulla microstruttura e proprietà Limitazioni • potere risolvente: circa 1 micron; • profondità di campo limitata non è possibile mettere a fuoco le superfici grezze o irregolari; • non fornisce informazioni dirette circa la composizione chimica o cristallografica. Il campione metallografico è collocato perpendicolarmente all'asse ottico del microscopio ed illuminato dalla sorgente luminosa attraverso l'obiettivo. La luce è focalizzata, mediante un condensatore ottico, in un fascio luminoso, reso parallelo all'asse ottico da uno specchio semiriflettente ed incidente la superficie del campione. La luce riflessa ripercorre il banco ottico in senso inverso, fino all'oculare di osservazione. Attraverso l'oculare è possibile esaminare la superficie del campione. LEGENDA 1 - Piano del film 2 - Oculare cercatore 3 - Lente di proiezione 4 - Prismi del tubo oculare 5 - Oculare 6 - Obiettivi 7 - Diaframma di apertura 8 - Condensatore 9 - Lente di campo 10 - Diaframma di campo 11 - Diffusore 12 - Filtri 13 - Meccanismo movimento tavolino 14 - Lente collettrice 15 - Lampada alogena 16 - Fotomultimetro 17 - Adattatore 18 - Meccanismo di messa a fuoco

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Microscopia elettronica a scansione Il SEM (Scanning Electron Microscope) estende notevolmente le possibilità di indagine in Metallurgia, particolarmente per quanto riguarda l'analisi delle rotture. Il SEM ha una risoluzione spaziale molto elevata, grazie all'utilizzo dell'alto vuoto, di radiazioni elettroniche di bassissima lunghezza d'onda (< 0,1 Å) e di un fascio elettronico che può essere focalizzato su aree molto ridotte (< 100 Å). Queste proprietà consentono non solo l'esame di fasi strutturali molto piccole, ma anche la determinazione della loro composizione chimica e natura cristallina. Le stesse proprietà sono alla base degli esami frattografici delle superfici di rottura Tutti i Microscopi Elettronici a Scansione sono costituiti da: • una colonna che genera un fascio di elettroni; • una camera porta campioni deve il fascio elettronico interagisce con il campione; • registratori che elaborano i diversi segnali emessi dall’interazione fascio/campione; • un sistema di visualizzazione che costruisce un’immagine dai segnali elaborati dal registratore. Un catodo costituito da un filamento di tungsteno, emette, in condizioni di vuoto spinto, un fascio di elettroni che, mediante un sistema di lenti magnetiche, viene ridotto a piccole dimensioni e focalizzato in "scansione" sul campione in esame. Il campione si "eccita" ed emette tutta una serie di segnali di tipo diverso: elettroni, raggi X, emissioni ottiche interagenti tra di loro. Il SEM analizza le emissioni Rx, gli elettroni secondari e retrodiffusi, li elabora e li trasforma negli output caratteristici: immagini virtuali, analisi elementari qualitative e quantitative, mappe di distribuzione, ecc. I segnali emessi dall’interazione fascio elettronico/campione, opportunamente elaborati, consentono: • •

esami morfologici e frattografici delle superfici di rottura (elettroni secondari e retrodiffusi). analisi chimica elementare (raggi X, fluorescenza, catodoluminescenza, elettroni Auger).

INFO: “GOCCIA” DI DIFFUSIONE GENERATA DALL’ECCITAZIONE DEL CAMPIONE L’immagine rappresenta la “nuvola” o “goccia” di diffusione degli elettroni caratteristici generati dall’eccitazione del campione. Siamo al di sotto del punto dove gli elettroni colpiscono la superficie del campione. Questa nuvola rappresenta il volume (immediatamente sottostante la superficie - alcuni angstrom cubi) all’interno del quale avviene la reazione del materiale all’eccitazione subita. La reazione provoca l’emissione di tutti i segnali indicati (raggi X, catodoluminescenza, elettroni retrodiffusi, ecc.) ognuno dei quali se analizzato fornisce una o più caratteristiche fisico - chimiche della superficie del materiale.

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Tecniche correlate Microanalisi RX Il sistema di Microanalisi a Spettrometria Rx, comunemente chiamato Microsonda, è uno strumento complementare al SEM ed è molto utile per individuare la natura chimica delle fasi strutturali e delle sostanze presenti sulla superficie in esame. Come si è visto, tra i segnali emessi dal campione eccitato dal fascio elettronico, sono presenti anche radiazioni X generate dalla variazione di Energia Potenziale (E.P.) che gli atomi disposti in superficie subiscono (spostamento di elettroni da un'orbita all'altra). La variazione di E. P. è caratteristica di ogni elemento chimico ed è quantitativamente uguale alla differenza tra la E.P. dell'atomo nel suo stato eccitato ed allo stato finale. La misura di ampiezza ed intensità dei picchi spettrometrici consente l'identificazione qualitativa e quantitativa degli elementi presenti.

Microanalisi EDS Il sistema di microanalisi spettrometrica qualitativa a dispersione di energia (EDS) è in grado di fornire informazioni circa la natura chimica di un campione (cos’è e un’idea quantitativa). La microanalisi EDS non fornisce determinazioni molto accurate e precise circa la concentrazione. In molti casi l’analisi di campioni che contengono elementi con picchi molto vicini o sovrapposti, risulta problematica.

Microanalisi WDS Il sistema di microanalisi spettrometrica qualitativa a dispersione di lunghezza d'onda (WDS) fornisce mappe della distribuzione elementare di un campione.

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2. OTTICA E FOTOMETRIA

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2.1 INTRODUZIONE L'esame visivo (VT, Visual Testing) è un metodo di controllo non distruttivo che si avvale della vista quale strumento principale. Sono richieste una grande esperienza, conoscenze e capacità per effettuare correttamente esami visivi di componenti, manufatti, strutture industriali, infrastrutture o opere saldate. L'operatore deve pertanto conoscere: • funzioni, tipo di materiale, disegni costruttivi, punti critici del componente in esame; • meccanismi del danneggiamento da individuare, relativamente alla situazione ambientale e di lavoro cui è sottoposto il componente. Sono inoltre necessarie adeguate conoscenze in merito: • alla fisiologia dell'occhio ed ai meccanismi di visione, • ai principi base di ottica e di fisica della luce • ai sistemi di misura e valutazione delle principali grandezze fotometriche.

2.2 FISIOLOGIA DELLA VISIONE La visione Il bulbo oculare è simile ad un piccolo apparecchio fotografico sferoidale che si orienta nella direzione di visione (puntamento) e in base alla distanza del punto di interesse, automaticamente mette a fuoco l'immagine. Il perfetto sincronismo tra i due occhi consente di unificare le due immagini in una sola immagine di visione. Struttura dell'occhio Nell'occhio possiamo individuare i seguenti elementi principali: CRISTALLINO: Lente biconvessa costituita da cellule trasparenti. In funzione dell'immagine varia la messa a fuoco modificando la sua curvatura; IRIDE: Schermo circolare posto davanti al cristallino e con al centro la pupilla. Da la tipica colorazione dell'occhio e funge da diaframma per regolare la quantità di luce; CORNEA: pellicola trasparente posta a protezione del bulbo oculare converge la luce sulla parte centrale della retina (fovea); RETINA: schermo sensibile alla luce situato nella parete posteriore del bulbo oculare; FOVEA: parte centrale della retina con la massima sensibilità visiva; NERVO OTTICO: porta il segnale visivo dalla retina al cervello.

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Recettori oculari: coni e bastoncelli Alla base della visione vi è un meccanismo biologico, sensibile alla luce, in grado di trasformare la radiazione in una serie di prodotti chimici, suscettibili di essere elaborati dal cervello e trasformati in sensazioni visive. Tale sistema biologico ha sede sulla retina ed è costituito da due tipi di recettori: i coni e i bastoncelli. Ciascun tipo, quando stimolato dalla radiazione elettromagnetica, produce un particolare pigmento (la iodopsina i coni e la rodopsina i bastoncelli) che dà l'avvio ad una serie di reazioni chimiche e stimolazioni nervose, il cui esito finale è la percezione di luci e colori. I coni hanno la massima concentrazione (fino a 160.000 per millimetro quadrato) in una piccola zona della retina, completamente priva di bastoncelli, detta fovea. Sono preposti alla visione diurna, detta fotopica, e presiedono alla percezione del colore e alla nitidezza dei contrasti. La stimolazione dei coni della fovea permette una maggiore discriminazione dei dettagli. Infatti ogni singolo cono della fovea è collegato ad una cellula nervosa e questa comunicazione diretta con il cervello favorisce una maggiore capacità discriminante. I bastoncelli, molto più sensibili dei coni alla luce, ma sono collegati alle cellule nervose solo a gruppi e questo fa sì che l'immagine che essi veicolano sia meno nitida. Tuttavia la loro maggiore sensibilità permette all'occhio di vedere anche in condizioni di scarsa luminosità, quando i coni non riescono più a fornire informazioni utili al cervello (visione scotopica). La visione resa possibile dai bastoncelli è una visione non cromatica. In sintesi possiamo dire che: Coni: - permettono di percepire colori e riconoscere dettagli; - sono circa 6 milioni in ogni occhio ed un singolo cono occupa nella retina un'area equivalente ad un angolo solido di circa un minuto quadrato corrispondente a circa 160.000 per mm2 ; - tale densità determina il potere risolutivo dell'occhio e viene utilizzata per determinare la visione "normale" di un occhio (acuità visiva). - Con illuminazione elevata sono stimolati solo i coni (visione fotopica).

Bastoncelli: - non sono in grado di distinguere né piccoli dettagli né colori; - sono circa 120 milioni in ogni occhio e hanno una dimensione di circa 0.001 mm; - sono completamente assenti nella parte centrale della retina che ha il compito della visione intensa - In condizioni di illuminazione molto bassa sono stimolati solo i bastoncelli dell'occhio (visione scotopica).

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Angolo visivo (angolo ottico) Nel nostro sistema di visione oggetti di dimensioni uguali, ma distanti dall'occhio il doppio l'uno dall'altro, producono sulla retina immagini di grandezze una il doppio dell'altra. Oggetti di dimensioni doppie l'uno dell'altro, se il più grande è ad una distanza doppia rispetto al più piccolo, producono sulla retina un'immagine di uguale dimensione. La proiezione sulla retina di un oggetto dipende quindi dal rapporto tra la sua grandezza reale e la sua distanza dall'occhio. Se consideriamo la grandezza dell'oggetto (L) come arco di un cerchio immaginario, avente come centro l'occhio e come raggio la distanza d dell'oggetto dall'occhio, possiamo definire l'angolo visivo (AV) come: AV = (360° x L) / 2π d ovvero come l'angolo sotteso da un oggetto di misura L posto alla distanza d dall'occhio. L'angolo visivo è espresso in gradi, primi e secondi. Test di acuità visiva Il test di acuità visiva consiste nel verificare la capacità di vedere o identificare correttamente alcuni optotipi di una specifica dimensione ad una determinata distanza. Esistono vari metodi per la misura dell'acuità visiva, tra cui: •

SNELLEN TEST (20/20) E' il più comune metodo per misurare l'acuità visiva da lontano (6 m) e consiste in una tabella con righe di caratteri via via sempre più piccoli.



JAEGER J1 E J2 Serve per controllare la visione da vicino (305 mm) ed è costituto da una pagina (125 x 200 mm) con un testo suddiviso in gruppi di dimensione crescente.



Si dirà che si ha una visione normale (o acuità del 100%) quando si è in grado di leggere lettere aventi un angolo di un minuto rispetto all'occhio. La lettura di lettere con un angolo di due minuti corrisponderà ad una acuità del 50% e così via.

Note - La visita di controllo dell'acuità visiva non richiede necessariamente del personale medico; è sufficiente che l'esaminatore sia preparato e qualificato nel metodo scelto. - Quando un candidato non supera il test l'esaminatore dovrà avvertirlo che dovrà sottoporsi a visita medica specialistica di controllo dell'acuità visiva. - Se il medico specialista prescrive al candidato degli occhiali ed una valutazione scritta attestante che il candidato è idoneo, con l'uso degli occhiali, a soddisfare le richieste dello standard adottato, il candidato potrà essere utilizzato nell'esecuzione del controllo.

Grandezze associate alla visione Oltre all'angolo di visuale esistono altri tre fattori fondamentali associati alla visione e sono: • Luminosità • Contrasto • Tempo di esposizione Luminosità La luminosità è la caratteristica che fa riferimento alla quantità di bianco o di nero presente nel colore percepito. Può essere definita in senso ASSOLUTO oppure in senso RELATIVO. La luminosità assoluta (brillantezza o intensità) è la "quantità" di luce, emessa da una sorgente o riflessa da una superficie, percepita dall'occhio. La luminosità relativa (apparente) è la "quantità" SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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di luce proveniente da un oggetto, messa a confronto con la "quantità" proveniente da una superficie bianca sottoposta alla medesima illuminazione. La percezione risulta quindi condizionata dalla situazione contestuale. Quando un grigio viene posto prima su uno sfondo grigio-bianco e successivamente su uno sfondo nero, sembrerà più chiaro nel secondo caso, pur non essendo variata la sua intensità in questo caso si parla di contrasto luminoso. Contrasto Il contrasto può essere definito come la capacità dell'occhio di percepire oggetti colorati su uno sfondo anch'esso colorato. In condizioni normali l'uomo non "vede" un colore isolato, ma ogni colore agisce in modo diverso a seconda dello sfondo. Il contrasto può essere: • di tonalità: un colore appare in modo differente a seconda dei colori cui è accostato; • di colori complementari: sono colori che producono un colore neutro (bianco, grigio, nero) quando combinati in determinate proporzioni. Un grigio su uno sfondo colorato tende al colore complementare dello sfondo stesso. Il massimo contrasto è quindi ottenibile con coppie di colori complementari, poiché ognuno non contiene traccia dell'altro. Tempo di esposizione Il Tempo di esposizione rappresenta il tempo necessario all'occhio umano per percepire visivamente un oggetto. Tale tempo dipende dai tempi di risposta dei recettori (bastoncelli e coni) e, pertanto, dipende principalmente dalle condizioni di illuminamento. Tenendo presente che la reazione dei coni è di circa 3/40 di secondo mentre la reazione dei bastoncelli è di circa 3/10 di secondo, ne deriva che i coni sono circa quattro volte più "veloci" dei bastoncelli. Dato che i coni (a differenza dei bastoncelli) intervengono in condizioni di elevato illuminamento si ha che il tempo di esposizione si riduce all'aumentare dell'illuminazione ambientale. Sensibilità dell'occhio umano L'occhio non è in grado di percepire tutte le radiazioni esistenti, ma solo quelle con lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm (nanometri). Questi valori delimitano lo spettro visibile. La sensibilità visiva varia al variare della lunghezza d'onda ed è massima al centro dell'intervallo (in corrispondenza di 555 nm), mentre è minima agli estremi del campo. La sensibilità dell'occhio umano varia anche al variare dei livelli di luce, per alti livelli di luce (visione fotopica es: luce diurna) la sensibilità è massima nella regione del verde (555 nm); per bassi livelli di luce (visione scotopica es: luce notturna) la sensibilità è massima nella regione del blu verde (507 nm). Curve sensibilità relativa dell'occhio umano ed energia solare in funzione della lunghezza d'onda

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LUNGHEZZA D'ONDA (nm) Legge di Weber Il nostro sistema visivo non ha una risposta lineare alla energia radiante, ma logaritmica. Tale peculiarità è formalizzata nella legge di Weber. La legge di Weber afferma che la risposta eccitativa del sistema percettivo umano cresce con il logaritmo della energia emessa dalle superfici luminose che osserviamo. Tale legge può essere illustrata con un esempio molto semplice. Supponiamo di trovarci in un ambiente illuminato da una lampada da 25 watt. Dopo esserci abituati a tale livello di luminosità, raddoppiamo l'illuminazione accendendo una seconda lampada da 25 watt. Percepiremo un aumento di luminosità ben distinto. Dopo esserci abituati al nuovo livello di luminosità accendiamo una ulteriore lampada da 25 watt. L'incremento di luminosità non sarà percepito tanto evidente come il precedente. Per ottenere una sensazione di incremento di luminosità di intensità pari a quella che si ha passando da 25 a 50 watt in realtà dovremmo raggiungere i 100 watt. Nota: Legge di Weber-Fechner Secondo Ernst Heinrich Weber (1795-1878) la relazione tra uno stimolo e la sensazione prodotta si può esprimere con una legge costante. Tale relazione non è lineare, ma l’incremento della sensazione è progressivamente minore rispetto all’incremento dello stimolo, secondo l’equazione: S = K log ( I ) dove S = Intensità della sensazione I = Intensità dello stimolo K = Costante specifica per modalità sensoriale.

Sensibilità cromatica Un'onda monocromatica viene percepita come colore; così ad esempio una radiazione di lunghezza d'onda 577 nm viene percepita come giallo ed una di 673 nm come rosso. Per ottenere tutta la gamma e le sfumature di colori percepibili dall'occhio sono sufficienti tre colori: blu, verde e rosso. Tutti gli altri colori possono essere ottenuti come combinazione di queste tre componenti fondamentali.

I coni presenti nell'occhio sono di tre tipi: sensibili al "rosso" (Coni-L), sensibili al "verde" (Coni-M) e sensibili al "blu" (ConiS). Il fatto che la curva di sensibilità per i ConiS sia molto più bassa di quella degli altri due tipi dipende dal ridotto numero di ConiS presenti nella retina. Questi coni costituiscono meno del 10% del totale complessivo e sono quasi del tutto assenti dalla fovea, che è la parte della retina più sensibile alla visione del colore.

Curve di assorbimento della luce per i tre tipi di coni

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Difetti visivi La capacità visiva (acuità visiva, percezione dei colori) di un operatore deve rispondere a determinati requisiti stabiliti dalle norme, in quanto, eventuali difetti visivi possono influire negativamente sul risultato del controllo. In questa sezione andremo quindi a presentare i principali e più comuni difetti della vista, quali: ipermetropia, miopia, presbiopia, astigmatismo, percezione cromatica anomala. Va comunque precisato che tali difetti possono essere corretti e quindi non necessariamente costituiscono impedimento per il regolare svolgimento delle attività ispettive. - Ipermetropia L'ipermetropia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il bulbo oculare "corto". In queste condizioni si ha che il cristallino focalizza i raggi provenienti da vicino (Muscoli Ciliari rilasciati) in un piano posteriore alla retina. I muscoli ciliari devono contrarsi anche per consentire la visione da lontano, gli oggetti distanti sono visti distintamente; la necessità di "accomodare la visione da lontano" limita il potere di accomodazione per oggetti vicini e, quindi, limita la visione distinta da vicino. Questo difetto si può correggere utilizzando occhiali con lenti convesse.

- Miopia La miopia è un difetto strutturale, cioè legato alla conformazione dell'occhio, che presenta il bulbo oculare "lungo".

In queste condizioni il cristallino focalizza i raggi provenienti da lontano (muscoli ciliari rilasciati) in un piano anteriore alla retina e quindi gli oggetti sono visti sfocati. Gli oggetti vicini all'occhio sono invece messi correttamente a fuoco e sono così visti distintamente. Per avere una visione distinta anche da lontano è necessario l'uso di occhiali con lenti concave che permettano una preventiva divergenza dei raggi.

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- Presbiopia La presbiopia è un difetto non legato alla conformazione dell'occhio, ma alla sua usura che causa una perdita di elasticità del cristallino. Ciò comporta che l'indurimento causa una riduzione del Potere Accomodante (messa a fuoco al diminuire della distanza) ovvero limita la visione distinta da vicino. Solo gli oggetti lontani dall'occhio possono essere messi correttamente a fuoco ed essere così visti distintamente. Questo difetto peggiora con l'età (in media un sessantenne non riesce a vedere nitidamente oggetti più vicini di 2 m), ma si può correggere con l'uso di occhiali con lenti convesse per permettere una preventiva convergenza dei raggi. - Astigmatismo L'astigmatismo è un difetto strutturale, dovuto ad una anomala curvatura della cornea che nel soggetto normale ha forma simmetrica, sferica, mentre nell'astigmatico ha forma asimmetrica.

Ciò comporta che i raggi luminosi che arrivano all'occhio non vanno a fuoco in un punto preciso ma lungo un intervallo di visione sfuocata; le immagini percepite sono deformate e distorte, la zona centrale dell'intervallo permette di avere una visione relativamente buona o meglio con minore deformazione. E' un'anomalia congenita che rimane pressoché invariata nel corso degli anni. L'astigmatismo può però comparire anche secondariamente ad interventi chirurgici come cataratta, trapianto di cornea, distacco di retina, o successivamente a traumi oculari. Fino a poco tempo fa la correzione era l'impiego di occhiali o lenti a contatto; attualmente si può anche correggere con la chirurgia refrattiva modificando la curvatura della cornea e rendendola più simmetrica.

- Percezione cromatica anomala La percezione cromatica anomala è la famiglia di difetti che si hanno nella ricezione dell'impulso luminoso. Nel caso di occhio sano, i tre tipi di coni; sensibili al "rosso", sensibili al "verde" e sensibili al "blu" vengono tutti stimolati in proporzioni circa uguali se colpiti da luce BIANCA, in proporzioni diverse se colpiti da luci di altri colori. Le varie forme di cecità ai colori si spiegano in termini di assenza o deficienza di uno o più tipologie di questi recettori. La cecità ai colori può essere totale oppure parziale (molto più comune). Il daltonismo, che è l'anomalia più conosciuta (dal nome del suo scopritore, il chimico J. Dalton), è una forma di cecità per il canale cromatico rosso-verde, che ha due sottospecie, una cecità più accentuata per il rosso, ed una più accentuata per il verde. Per la diagnosi della percezione cromatica si eseguono test specifici. Nel test la mancata individuazione dei numeri nei cerchi, indica una percezione cromatica anomala.

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2.3 PRINCIPI DI OTTICA La luce Introduzione I nostri occhi funzionano come due macchine fotografiche: la luce proveniente dall'ambiente penetra attraverso l'apertura variabile della pupilla (otturatore) e forma sulla retina (pellicola) un'immagine capovolta di ciò che stiamo osservando. Successivamente la struttura nervosa che dal nervo ottico arriva al cervello provvede, in modo del tutto indipendente dall'attività cosciente, ad effettuare il raddrizzamento di quell'immagine capovolta, e darci così la possibilità di interagire in modo naturale con gli oggetti del nostro ambiente. La visione dipende quindi dalla luce: è la luce che fornisce informazioni sulla forma e sul colore degli oggetti del nostro ambiente.

La visione dipende dalla luce In un ambiente completamente buio, l'assenza di luce impedisce la formazione delle immagini e nessun oggetto risulterà visibile ai nostri occhi. Ma cos'è in realtà la luce?

Grandezze caratteristiche della luce Dal punto di vista fisico la luce è una radiazione elettromagnetica cioè un'onda che si propaga nello spazio alla massima velocità possibile, pari a circa 300.000 chilometri al secondo. Come tutte le altre onde ha dei punti di massimo e di minimo e si possono definirne le tre misure principali: ·

lunghezza d'onda, la distanza tra due massimi successivi;

·

ampiezza, la distanza tra massimo (o minimo) ed il piano mediano che interseca l'onda;

·

frequenza, la quantità di oscillazioni che l'onda compie nell'unità di tempo.

La frequenza si misura in Hertz (cicli al secondo) ed è inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda: minore è la lunghezza d'onda maggiore è la frequenza, e viceversa.

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Spettro elettromagnetico e spettro visibile Fenomeni fisici apparentemente diversissimi, come le onde radio che trasportano suoni e voci ed i raggi X che impressionano le lastre radiografiche, appartengono in realtà alla medesima dimensione, quella delle onde elettromagnetiche. L'intera gamma delle lunghezze d'onda esistenti in natura, dalle onde lunghissime, poco energetiche, alle onde cortissime dotate di straordinaria energia, costituisce lo spettro elettromagnetico.

All'interno dello spettro elettromagnetico, solo una piccolissima porzione appartiene al cosiddetto spettro visibile, compreso tra i 380 e i 780 nanometri:

· alla lunghezza d'onda minore corrisponde la gamma cromatica del blu-violetto (Radiazioni ultraviolette); · alla lunghezza d'onda maggiore corrisponde la gamma dei rossi (Radiazioni infrarosse). Nota Quando una radiazione è composta da una singola lunghezza d'onda è detta monocromatica (di un solo colore). Quando invece, come succede normalmente, è composta da un insieme di lunghezze d'onda, allora è denominata policromatica (di vari colori). Tali definizioni non si usano solo per le radiazioni ottiche, quanto anche per altri tipi di onda come nel caso dei raggi X emessi da tubi radiogeni, e gamma emessi da radioisotopi.

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Luce visibile La luce visibile è costituita dall'insieme delle lunghezze d'onda a cui l'occhio umano è sensibile e che sono alla base della percezione dei colori. In linea di massima, al di là di differenze individuali, lo spettro visibile si situa tra i 380 e i 780 nanometri. In condizioni di normale illuminazione (visione fotopica), la sensibilità in funzione delle lunghezze d'onda è descritta da una curva, indicata con y(λ). Normalmente si utilizza la sensibilità relativa, chiamata V(λ), che è la media delle risposte ottenute da un campione di osservatori. Curve di sensibilità in funzione della lunghezza d'onda

Nota Le curve x(λ), y(λ), z(λ) rappresentano rispettivamente le quantità dei colori primari (Rosso, Verde, Blu) necessarie per riprodurre, in un osservatore normale, lo stimolo cromatico prodotto da un determinato colore (energia radiante di lunghezza d'onda λ). In pratica le curve rappresentano la sensibilità dell'osservatore medio al rosso, al verde ed al blu, rispettivamente. La curva y(λ) coincide con quella del fattore di visibilità in visione fotopica.

Radiazioni ultraviolette (UV) Le radiazioni ultraviolette sono tra quelle più energetiche, a paragone del visibile e dell'infrarosso e costituiscono circa il 5% della radiazione solare che giunge sulla Terra. Sono suddivise in tre gruppi: • UV-A (95% UV che giungono sulla Terra): eccita fluorescenza in numerose sostanze (luce nera); abbronzante; • UV-B (5% UV che giungono sulla Terra): è in grado di danneggiare tessuti (eritemi) e può avere effetti cancerogeni in caso di lunga esposizione; • UV-C: è una radiazione quasi interamente assorbita dall'atmosfera, nella reazione che porta alla formazione di ozono (O3 ) a partire da ossigeno. E' cancerogena e germicida; viene usata per sterilizzare oggetti e strumenti.

Radiazioni infrarosse (IR) Le radiazioni infrarosse (IR) sono le radiazioni elettromagnetiche al di sotto del "rosso" la cui lunghezza d'onda è maggiore della luce visibile e minore delle onde radio. Si tratta delle onde con il minore contenuto di energia (λ = 0.8 ¸ 1000 mm) e costituiscono circa il 55% della radiazione solare che giunge sulla Terra. La radiazione infrarossa è legata al calore. Il calore infatti si trasmette prevalentemente attraverso treni di onde IR. La radiazione infrarossa può essere suddivisa in: • infrarosso vicino IR-A (tra 0.77 - 1.4 µm) • infrarosso medio IR-B (tra 1.4 - 30 µm) • infrarosso lontano IR-C (tra 30 -1000 µm). Note - Le radiazioni infrarosse hanno una lunghezza d'onda compresa tra 700 nm e 1 mm ed una frequenza compresa tra 3·1011 Hz e 4.28·1014 Hz. Rappresentano la regione dello spettro compresa tra le SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 microonde e la luce visibile. Il nome deriva dal fatto che tali radiazioni sono il prolungamento dello spettro visibile dalla parte del rosso. Le radiazioni infrarosse sono invisibili all'occhio umano. -

Gli utilizzi della radiazione infrarossa sono principalmente legati alla caratteristica del calore. Gli oggetti già alle normali temperature emettono spontaneamente radiazioni infrarosse, a causa dell'agitazione termica delle loro molecole. Tali radiazioni sono rilevate da specifici sensori infrarossi (termolettori). Gli apparecchi per la visione notturna usano sensori infrarossi per convertire in immagini le radiazioni captate. Una evoluzione della tecnologia per visione notturna è la termografia usata sia nelle applicazioni sanitarie che nelle applicazioni industriali (controlli non distruttivi). L'infrarosso è usato anche per trasmettere dati: nei telecomandi o tra apparecchi elettronici. Questo sistema permette di evitare interferenze ad esempio con le onde radio emesse dai vari apparecchi.

Produzione di onde elettromagnetiche Le onde che costituiscono lo spettro elettromagnetico si propagano attraverso l'oscillazione di campi elettrici e magnetici concatenati. La differente frequenza di propagazione è dovuta alla diversa natura dei fenomeni che sono alla base della produzione di tali onde. Ad una maggiore frequenza delle onde elettromagnetiche corrisponde una maggiore energia della sorgente e ciò comporta: • maggiore capacità di penetrazione, utile nell'ambito industriale e tecnologico; • maggiore pericolosità nei confronti degli organismi viventi.

Le onde elettromagnetiche possono essere così suddivise: •

Raggi gamma: prodotti nel nucleo atomico, da interazioni fra particelle sub-nucleari (isotopi radioattivi a seguito del decadimento emettono fotoni).



Raggi X: generati da urti di elettroni su atomi dotati di elevato numero atomico (Tungsteno..), in grado, a loro volta, di emettere agevolmente altri elettroni accompagnati da radiazioni X.



Luce e Raggi UV: prodotti da traslazioni elettroniche che si verificano negli orbitali atomici.



Raggi IR: emessi prevalentemente a seguito di trasferimenti energetici che avvengono a livello molecolare.



Onde Radio: prodotte da appositi circuiti elettrici (antenne, dipoli elettrici…)

L'energia E associata ad un'onda elettromagnetica dipende direttamente dalla sua frequenza f secondo la seguente relazione: E=h*f dove: h è la costante di Planck f è la frequenza (Hz) E è l'energia (in J) La frequenza f è legata alla lunghezza d'onda λ dalla seguente relazione di proporzionalità inversa: f=c/λ dove: c è la velocità della luce λ è la lunghezza d'onda Ne consegue che l'energia associata ad un'onda elettromagnetica dipende dalla sua lunghezza d'onda. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Nota La costante di Planck (h ) è un valore fondamentale della fisica quantistica e rappresenta la quantizzazione a livello microscopio dell'energia. In pratica rappresenta il fatto che l'energia trasportata da un'onda elettromagnetica non può assumere valori continui, ma solo quantità multiple di un valore fisso. Il valore di sperimentale è di: h = 6,626068 x 10 -34 (Joule s)

Generazione della luce La generazione della luce è dovuta all'eccitazione degli elettroni che traslano dalla loro orbita ad un'orbita più elevata ed instabile. Rientrando alla sua orbita stabile, l'elettrone emette energia radiante in accordo con la legge di Planck: E1 - E2 = h * f Dove E1 = energia dell'orbita instabile E2 = energia dell'orbita stabile h = costante di Planck f = frequenza

Il colore Il colore della luce è determinato dalla sua lunghezza d'onda. La luce bianca è data dalla presenza di tutte le lunghezze d'onda monocromatiche dello spettro del visibile. I colori possono essere classificati in: • colori primari: altrimenti detti fondamentali, sono rosso, blu, verde; sono i colori che non possono essere ottenuti miscelando altri colori. In teoria, dalla loro combinazione è possibile ottenere tutti gli altri; • colori complementari: un colore ottenuto dalla combinazione di due colori primari è detto secondario o complementare del primario che non è entrato nella sua composizione; • colori neutri: sono bianco, nero e grigio (in tutte le sue gradazioni); sono i colori che si ottengono dalla combinazione di due colori complementari o dei tre primari. Nota Esiste una seconda definizione per i colori complementari un colore è detto complementare ad un altro colore quando, miscelati producono un colore neutro.

Il colore è una sensazione fisiologica provocata dalla luce che colpisce la retina dell'occhio.

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Tutti i colori di una sorgente possono essere creati dall'opportuna miscelazione di colori primari. Il colore degli oggetti, ottenuto dalla riflessione della luce, viene invece creato miscelando i colori complementari. Miscelando un colore primario con un colore complementare, variando le proporzioni, si ottengono i colori neutri. Quando una superficie è colpita da luce bianca, essa assorbe la porzione dello spettro relativo ad un certo colore e riflette la porzione rimanente, la quale corrisponde al colore complementare del colore assorbito. Il colore è contraddistinto da tre caratteri fondamentali: •

tonalità: è l'attributo che permette ai colori di essere classificati come giallo, rosso…..oppure come valore intermedio tra qualsiasi coppia di colori miscelati. La differenza di tonalità dipende dalla differente lunghezza d'onda;



luminosità: è l'attributo che si riferisce alla quantità di bianco o di nero presente nella tonalità percepita. Fondamentale è il contesto, ovvero la brillantezza dello sfondo. Tanto più brillante è lo sfondo, tanto più scuro (meno luminoso) appare il colore;



saturazione: è l'attributo che si riferisce alla purezza del colore. Viene misurata come differenza di un colore rispetto a un grigio (colore neutro), a parità di luminosità: è la "quantità di grigio" presente in un colore. Assenza di grigio e piena riconoscibilità della tonalità corrispondono a max saturazione.

I colori dell'iride sono a massima saturazione mentre i colori neutri sono privi di tonalità e saturazione

Caratteristiche della luce Le onde luminose, come ogni altro tipo di onda elettromagnetica, presentano alcune caratteristiche particolari: interferiscono le une con le altre; possono essere polarizzate in una direzione; possono, nel passaggio attraverso bordi, deviare dalla direzione di trasmissione. Grazie a queste proprietà è possibile agire sulle onde luminose per filtrarle in base alla loro lunghezza d'onda o amplificarle, come accade con il laser. Di norma in ottica la propagazione dei fronti luminosi si rappresenta in linea retta. Quando un fascio di luce colpisce un corpo accade che parte della luce incidente viene riflessa (ed eventualmente diffusa), una parte viene assorbita dalla materia di cui il corpo è composto e la restante parte viene trasmessa (eventualmente polarizzata e rifratta).

Leggi fondamentali dell'ottica L'ottica è la branca della fisica che studia i fenomeni luminosi che possono essere analizzati secondo diverse teorie (geometrica, ondulatoria, quantistica, ..). L'ottica geometrica studia la luce in relazione ad oggetti di dimensioni molto maggiori della sua lunghezza d'onda. In questa teoria si assume che la luce si propaga linearmente in un mezzo SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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omogeneo e che i raggi luminosi possano toccarsi senza modificarsi reciprocamente. L'ottica geometrica permette di definire le leggi di rifrazione e riflessione. L'ottica ondulatoria assume che la luce si propaga con onde trasversali e definisce i raggi luminosi come traiettorie ortogonali alla superficie d'onda. Essa studia i fenomeni di diffrazione, interferenza, polarizzazione.

Di seguito esamineremo: • Trasmissione e assorbimento • Riflessione e diffusione • Rifrazione • Diffrazione Trasmissione e Assorbimento Nei confronti della trasmissione e dell'assorbimento, i corpi si dividono in: • trasparenti: si lasciano attraversare totalmente dalla luce incidente; • traslucidi: si lasciano attraversare dalla luce incidente, ma la trasmettono in modo diffuso (attraverso un corpo traslucido, gli oggetti non vengono visti nitidamente ma con i contorni "sfumati"); • opachi: non si lasciano attraversare dalla luce incidente, la cui energia viene dissipata in calore.

I corpi possono trasmettere/assorbire solo alcune frequenze ed essere pertanto dei filtri nei confronti delle frequenze assorbite. La trasmissione e l'assorbimento dipendono da: materiale, spessore, lunghezza d'onda incidente. I metalli, entro certi spessori, risultano trasparenti a radiazioni ad alta frequenza quali i raggi X e i raggi gamma. Il vetro è, invece, trasparente già a frequenze minori come quelle associate alle radiazioni luminose. L’assorbimento è dovuto al moto di molecole, atomi ed elettroni che costituiscono il materiale. Essi sfruttano la radiazione incidente per entrare in vibrazione alla stessa frequenza e dissipare l’energia in calore.

Riflessione e Diffusione La riflessione è il fenomeno tipico delle superfici finemente levigate. Le superfici altamente riflettenti sono dette lucide o speculari. Il fattore di riflessione di una superficie è il rapporto tra la quantità di luce riflessa e la quantità di luce incidente. La riflessione può essere speculare, diffusa o mista. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Nella riflessione speculare l'angolo formato rispetto alla normale dal fascio riflesso è eguale a quello del fascio incidente. La riflessione diffusa (o diffusione) si ha in presenza di superfici opache; quando la luce riflessa si distribuisce uniformemente in tutte le direzioni. La riflessione mista è una situazione intermedia tra riflessione speculare e diffusione e si ha quando la diffusione si concentra in una direzione prevalente.

Riflessione speculare

Riflessione diffusa

Riflessione mista

Nota La diffusione è un fenomeno proprio delle onde elettromagnetiche. E' dovuto alla riemissione di radiazioni, con frequenza uguale a quella incidente, da parte di atomi e molecole circostanti che vengono "eccitati" e diventano essi stessi sorgenti che irradiano in tutte le direzioni.

Rifrazione La rifrazione è un fenomeno che si manifesta all'interfaccia tra due materiali differenti: · la luce cambia la propria direzione · la luce cambia la propria velocità · il fascio incidente, il fascio rifratto e la normale alla superficie di separazione tra i due mezzi giacciono su uno stesso piano. La rifrazione dipende da: · angolo θ del fascio incidente sulla superficie · frequenza del fascio incidente · natura dei due materiali Nel caso del passaggio dal vuoto in un mezzo, se c = velocità (costante) della luce nel vuoto v = velocità della luce in un mezzo

dal rapporto delle due grandezze si ottiene l'indice di rifrazione n: n = c/v n è un fattore numerico che esprime di quanto viene rallentata la luce, rispetto alla sua velocità nel vuoto, quando attraversa il mezzo. La rifrazione per mezzi trasparenti è espressa dalla legge di Snell: n1 * sen ( θ1 ) = n2 * sen ( θ2 ) Dove: θ1 = angolo incidente, θ2 = angolo riflesso, n1 ed n2 = indici di rifrazione mezzo 1 e mezzo 2

Poiché vale anche:

sen (θ1) / sen (θ2) = n2 / n1 = n2/1

- n2/1 indice di rifrazione del mezzo 2 rispetto al mezzo 1 - n2/1 dipende dai due materiali e dalla frequenza del raggio incidente SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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- n2/1 indica il rapporto tra la velocità del fascio nel mezzo 1 e la velocità del fascio nel mezzo 2 Nel tipico caso di interfaccia aria-vetro (n1 =1, n2 = 1.5) un fascio incidente con un angolo di 30° procede all'interno del vetro con un angolo di 19.5° ed esce ancora in aria con un angolo di 30°. Angoli critici Nel caso di fasci perpendicolari all'interfaccia (θ1 = 0°), il fascio rifratto risulta pure perpendicolare. Se l'indice di rifrazione del mezzo da cui proviene la luce è maggiore di quello dell'altro mezzo, allora esiste una condizione limite per l'angolo di incidenza (angolo critico θc), in corrispondenza della quale la luce incidente viene totalmente riflessa sulla superficie che separa i due mezzi. Nel caso vetro - aria, questo angolo critico nel vetro vale: θc = arcsen(1/1,5) = 41.8° L'angolo di rifrazione dipende anche dalla lunghezza d'onda del raggio incidente (il blu è più rifratto del rosso, ad esempio). Ne risulta il tipico effetto ad arcobaleno, quando prismi vengono attraversati da fasci di luce.

Diffrazione La diffrazione è un fenomeno ottico, per il quale il fascio subisce una deviazione nel passaggio attraverso un'apertura D molto stretta, i cui bordi si comportano come nuove sorgenti. L'angolo di diffrazione dipendente dalla lunghezza d'onda secondo la seguente relazione: θ = λ / D La diffrazione è un fenomeno che non interessa esclusivamente le onde elettromagnetiche, ma anche quelle meccaniche (ad esempio il suono). A causa della diffrazione, si hanno due importanti conseguenze operative: · il potere risolutivo degli strumenti ottici risulta sempre limitato; · la "definizione" di un'immagine risulta tanto maggiore quanto minore è la lunghezza d'onda della luce emessa dalla sorgente.

Focalizzazione e diffusione In ottica focalizzare significa concentrare la luce, mediante lenti o specchi, in uno stesso punto detto fuoco. Data una sorgente P, l’ottica studia il problema di come far convergere i raggi per formare l'immagine Q. Le soluzioni proposte si basano sulle considerazioni trigonometriche che regolano riflessione e rifrazione, pertanto si parla di ottica geometrica. La focalizzazione si può ottenere in trasmissione tramite lenti focalizzatrici; in riflessione tramite specchi concavi. Lenti focalizzatrici Le lenti focalizzatrici, sfruttando la curvatura di due lenti, sono usate per concentrare l'energia luminosa di un fascio ed ottenere il passaggio di tutti i raggi paralleli attraverso il punto focale. Varie leggi ne descrivono il funzionamento, mentre i parametri caratteristici sono: SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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· · ·

la distanza focale, f l'ingrandimento, m l'indice di rifrazione, n ( Aria n = 1.0, Vetro n = 1.5)

Il Fuoco di una lente è il punto dove vengono focalizzati i raggi che provengono da una sorgente posta a distanza "infinita" dalla lente ovvero che incidono tutti paralleli fra loro. La Distanza Focale ( f ) rappresenta il segmento giacente sull'asse ottico, i cui estremi sono il centro della lente e il fuoco. Le lenti focalizzatrici sono lenti convergenti caratterizzate da spessore decrescente all'aumentare della distanza dall'asse ottico; tipicamente sono Biconvesse o Piano-convesse.

Per convenzione se il raggio è positivo la lente è convessa, se negativo la lente è concava, se il raggio è infinito la lente ha curvatura zero (1/r = 0) , cioè è piana.

Una grandezza operativa che caratterizza le prestazioni delle lenti focalizzatrici è il Potere Diottrico o N° di Diottrie ( D ): D=1/f con f espressa in metri (m) Conoscere D permette di sapere dove posizionare un oggetto rispetto alla lente per focalizzare la sua immagine ad una determinata distanza e con un determinato ingrandimento.

Specchi Gli specchi sono distinti in due tipologie (concavi e convessi), in funzione della superficie effettivamente riflettente. Quando si sfrutta la riflessione della superficie posteriore, si verificano riflessioni secondarie e variazioni della distanza apparente. Per evitare questo, si possono metallizzare le superfici anteriori, proteggendole con uno strato di SiO2 dall'ossidazione e dai graffi. Gli specchi concavi sono spesso usati al posto delle lenti, anche essi sono caratterizzati da un punto focale. Varie geometrie (parabolici, sferici, ellissoidali, piani) consentono prestazioni diverse. Gli specchi parabolici si usano quando la sorgente luminosa è posta a grande distanza e pertanto i suoi raggi arrivano circa paralleli (concentratori di energia solare, telescopi a specchio..). Tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (indipendentemente dalla loro distanza dall'asse) convergono nel fuoco F dello specchio, coincidente con il fuoco della parabola. Gli sferici e gli ellissoidali si usano quando i raggi della sorgente giungono inclinati tra loro. Calotta sferica con la parte interna riflettente tutti i raggi incidenti paralleli all'asse ottico (ad esso vicini) sono riflessi nel fuoco F dello specchio, coincidente con il centro del cerchio. Gli specchi piani sono più semplici da realizzare costruttivamente; essi non sfruttano la focalizzazione, ma la formazione di immagini virtuali.

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Uno specchio piano può essere considerato come il caso limite di uno specchio sferico (specchio sferico di raggio di curvatura infinito). L'immagine è virtuale e simmetrica rispetto alla superficie dello specchio, a grandezza naturale. Superfici diffondenti In trasmissione, è possibile ottenere ottime diffusioni tramite diffusori opali, al quarzo o politetrafluoroetilene (PTFE, Teflon), in funzione della lunghezza d’onda. In riflessione, si usano microsfere di BaSO4 o di PTFE, che consentono diffusione sino al 97% Fasci paralleli In trasmissione, si posiziona la sorgente luminosa nel punto focale di una lente ottica. In riflessione, si posiziona la sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio parabolico. Difetti e limiti degli strumenti ottici Uno dei principali obiettivi nella costruzione di strumenti ottici è di ottenere una immagine perfetta, che riproduca con la massima fedeltà l'oggetto osservato. Nella pratica raggiungere pienamente tale obiettivo è impossibile, in quanto gli strumenti ottici sfruttano lenti e specchi per ottenere immagini focalizzate ed ingrandite degli oggetti. Tutto questo comporta delle imprecisioni (in genere mai del tutto eliminabili) sull'immagine osservata con conseguente distorsione ed alterazione nella visione dell'oggetto osservato. Aberrazioni ottiche Le aberrazioni ottiche sono alterazioni nella forma e o nel colore di una immagine dovute alla visione attraverso le lenti di uno strumento ottico. Si deve considerare infatti che le relazioni, alla base del problema della focalizzazione, sono ottenute con due ipotesi semplificative: 1. I raggi della sorgente sono "poco" divergenti (ipotesi dei raggi parassiali). 2. Le componenti della luce a diversa frequenza non subiscono rifrazioni differenti nel passaggio aria-vetro (ipotesi delle lenti sottili). Tali semplificazioni causano due problemi: · l'aberrazione sferica, derivante dalla prima semplificazione: ipotesi dei raggi parassiali · l'aberrazione cromatica, associata alla seconda semplificazione: ipotesi delle lenti sottili. ·

immagine poco nitida

sfumature di colore

Aberrazione sferica L'aberrazione sferica comporta la visualizzazione di immagini sfuocate. Infatti i raggi provenienti da una sorgente lontana non giungono mai esattamente paralleli e la convergenza ottenuta tramite una lente (o specchio), progettata per "raggi parassiali", non conduce alla focalizzazione in un punto ma in un'areola. Di conseguenza, l'immagine che si ottiene è sfuocata e non nitida. Alcune soluzioni correttive possono consistere nell'utilizzare: · sistemi a più lenti di "forma" semplice che rendano paralleli i raggi della sorgente; SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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·

superfici delle lenti più complesse.

Aberrazione cromatica L'aberrazione cromatica comporta la visualizzazione di immagini contornate da areole variamente colorate. L'angolo di rifrazione dipende dal colore (frequenza) della luce incidente. La semplificazione delle lenti sottili porta ad ipotizzare che le componenti della luce a diversa frequenza non subiscono rifrazioni differenti nel passaggio Aria-Vetro. In realtà attraversando una lente, un fascio di luce policromatica si separa nei diversi colori che la compongono. Di conseguenza, l'immagine che si ottiene è un'areola variamente colorata (sfumature). Alcune soluzioni correttive possono consistere nell'utilizzare: · combinazioni di lenti convergenti e divergenti (ad es. nelle macchine fotografiche); · specchi concavi con superficie anteriore riflettente. Potere Risolutivo Il potere risolutivo di uno strumento ottico rappresenta la minima distanza tra due punti le cui immagini risultano distinte (microscopio…); il minimo "angolo visuale" sotto cui risultano distinte le immagini di due punti (telescopio…). Il potere risolutivo risulta sempre limitato, a causa della diffrazione: · un obiettivo ha sempre una dimensione "finita" e pertanto costituisce sempre un "ostacolo" per i fronti d'onda luminosi; · i confini fisici di un obiettivo si comportano come dei riemettitori; · l'immagine di un oggetto-sorgente, per quanto piccolo esso sia, viene comunque dilatata. Poiché la diffrazione è espressa da θ = λ/D, accorgimenti operativi per aumentare il potere risolutore sono obiettivi di elevato diametro D (è come avere una fenditura più larga), sorgenti che emettano luce ad elevata frequenza f.

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2.4 FOTOMETRIA Sorgenti luminose Tutti i corpi emettono radiazioni con intensità e frequenza differenti in funzione del materiale e della temperatura cui si trovano. - Se la temperatura è minore della temperatura di soglia, (T < T0) l'energia radiante emessa non è visibile. - Se la temperatura T aumenta, le radiazioni emesse entrano nel visibile: prima viene emessa luce rossa e, al crescere della temperatura, seguono tutte le altre componenti fondamentali che si sovrappongono, producendo la sensazione di luce bianca (corpo portato all'incandescenza). In illuminotecnica, le sorgenti luminose sono comparate con una sorgente teorica denominata corpo nero.

Corpo nero Con corpo nero si intende un corpo ideale, in grado di assorbire radiazioni di tutte le lunghezze d'onda senza rifletterne alcuna. Un corpo nero presenta le seguenti proprietà: • assorbe interamente l'energia radiante da cui è investito; • essendo un assorbitore ideale, ha un coefficiente di riflessione pari a zero (da cui il nome di corpo nero); • il suo spettro di emissione dipende solo dalla temperatura cui è portato. • ad una data temperatura, emette più potenza radiante di qualsiasi frequenza irradiata da un oggetto alla stessa temperatura (un buon assorbitore è anche un buon emettitore poiché il ritmo di emissione energetica è una costante fisica). La legge di Stefan descrive come la potenza P irradiata da un corpo dipende dalla sua superficie (A) e temperatura (T): P = K * A * T4 dove K è una costante che dipende dal coefficiente di emissione e (0 100 nm 11 16 3×10 Hz < FREQUENZA < 3×10 Hz

Quantità Energia radiante Flusso radiante Emittanza radiante Irradianza Intensità radiante Radianza

RADIOMETRICHE Unità Joule Q watt Φe 2 Me watt / m 2 Ee watt / m watt / steradiante Ie 2 Le watt / ster / m

J W 2 W/m 2 W/m W / sr 2 W / (m sr)

Fotometria: misura della radiazione visibile 780 nm > LUNGHEZZA D'ONDA> 380 nm FOTOMETRICHE Quantità Energia luminosa Flusso luminoso Emittanza luminosa Irradianza Intensità luminosa Luminanza

Qv Φv Mv Ev Iv Lv

Unità Talbot lumen 2 lumen / m 2 lumen / m (lux) Candela 2 Candela/m (nit)

lm s lm 2 lm / m 2 lm / m lm / sr (=cd) 2 cd / m

Steradiante Un concetto di base per la fotometria è quello di angolo solido. L' angolo solido è una grandezza geometrica tridimensionale che rappresenta l'estensione del concetto di angolo piano.

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Per comprenderlo consideriamo una sfera trasparente di raggio r = 1 m, con al centro C una 2 sorgente luminosa puntiforme che illumina la zona S = 1 m . Si definisce angolo solido Ω lo spazio racchiuso nel cono di luce di base S e di vertice C. L'unità di misura dell'angolo solido è lo steradiante che può essere definito come l'angolo sotto il quale si vede una calotta sferica di area uguale al quadrato del raggio della sfera, cioè: 2 Ω=A/r In una superficie sferica si hanno 4π steradianti.

Flusso radiante e Flusso luminoso Il Flusso radiante è la misura della potenza trasmessa dal fascio luminoso ed indica la potenza del fascio luminoso nello spettro visibile. Il flusso luminoso è dunque un flusso energetico ”pesato” secondo la sensibilità spettrale dell’occhio umano (visione fotopica). La sua unità di misura è il lumen (lm) che può essere definito come l'equivalente ottico del watt. Dato che la risposta spettrale della retina ha un massimo a λ=555 nm, si è convenuto che il flusso luminoso (Φ) di una radiazione monocromatica di questa lunghezza d’onda, emessa da una sorgente della potenza di 1 watt, sia Φ = 683 lumen. Per sorgenti monocromatiche con stessa potenza, ma lunghezza d’onda inferiore o superiore a 540 nm il flusso luminoso viene definito in proporzione alla risposta spettrale della retina (ad esempio 410 lumen a 600 nm, o 0 lumen a 200 nm). Nota: Unità di misura Flusso Radiante 1 W (watt)

= 683.0 lm a 555 nm = 1700.0 scotopic lm a 507 nm

1 J (Joule) = 1 W x s (watt x sec) = 107 erg = 0.2388 gram x calories Flusso Luminoso = 1.464 x 10-3 W a 555 nm = 1/ (4 π) Candela (solo se isotropico) 1 lm x s (lumen x secondi) = 1 talbot (T) = 1.464 x 10-3 joule a 555 nm 1 lm (lumen)

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Intensità luminosa L'intensità luminosa (I) esprime la concentrazione di luce in una direzione specifica, radiata per secondo. Essa può essere definita come flusso luminoso radiato in una certa direzione per unità di angolo solido. L'intensità luminosa emessa in ogni direzione da una sorgente luminosa, la cui distribuzione sia uniforme in tutte le direzioni, è uguale al rapporto tra il flusso luminoso e 4π (che è l'angolo solido che comprende tutto lo spazio attorno ad un punto). La sua unità di misura è la candela (cd). I = Φ/4π [cd] La candela è l’unità di misura fondamentale del sistema fotometrico. Essa è definita come l’intensità luminosa di una sorgente che emetta, in una data direzione, radiazione 12 monocromatica di frequenza 540 x 10 hertz e con un irraggiamento di 1/683 watt per steradiante.

Irraggiamento e illuminamento L’Irraggiamento è la misura del flusso radiante per unità di area, ed è espresso in Watt/cm² (o Watt/m²). Analogamente l' illuminamento (E) è il flusso luminoso per unità di superficie. L'unità di misura dell'illuminamento è il lux (lm/m²), che corrisponde all’illuminamento prodotto da un flusso di 1 lumen distribuito in modo uniforme su una superficie di 1 m². Nota Con riferimento a misure anglosassoni, si trova spesso indicato il foot-candle (ftc), equivalente ad un lumen per piede quadrato.

- Luminosità Se il flusso luminoso per unità di superficie è riferito ad una superficie emittente invece che ad una superficie illuminata esso viene misurato nelle stesse unità ma viene detto luminosità (luminosità del cielo). Esigenze visive e livelli di illuminamento Esigenze visive Basse (orientamento in aree di transito, scale, corridoi..) Medio-basse (mense, scaffalature, uffici, sale videoterminali…) Medie (lettura/scrittura, piani cottura, lavagne, verniciatura grossolana…) Medio-alte (disegno, classificazione oggetti, stiratura, verniciatura ordinaria…) Medio-alte (cucitura, vetrine di negozi, sale operatorie, verniciatura fine…) Altissime (assemblaggio di precisione, micromeccanica, elettronica, incisioni in oreficeria, ritocchi di verniciatura…) Eccezionali (chirurgia: illuminazione localizzata)

Illuminamento "E" consigliato [lux] 100 - 200

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200 - 300 500 750 1000 2000 - 3000

20000 - 100000

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Efficienza luminosa L’efficienza luminosa η (lumen/watt) è definita dal rapporto tra il flusso luminoso (lumen) e il flusso radiante (watt). η = Flusso luminoso/potenza L'efficienza luminosa dipende dalla lunghezza d'onda e rappresenta la frazione della potenza raggiante che cade nel visibile. Nota In altre parole essendo η = Flusso luminoso/potenza si ha che il Flusso luminoso = Energia raggiante (watt) x 683 (lm/watt) x η Il fattore 683 (lm/watt) dipende, come abbiamo visto, dalla sensibilità della retina a λ= 540 nm, il picco della curva della sensibilità scotopica. L’efficienza luminosa vale 1 a tale lunghezza d’onda. 1 watt di potenza radiante a 555 nm (massima sensibilità dell'occhio) equivale ad un flusso luminoso di 683 lumen Sensibilità relativa dell'occhio umano

Stesse quantità di energia radiante a diverse lunghezze d'onda forniscono sensazioni visive di brillanza differenti.

Efficienza luminosa in funzione della lunghezza d'onda Una corrispondenza tra la potenza elettrica nominale di alcune lampade a filamento incandescente (e di una a fluorescenza) e il flusso luminoso emesso è fornito nella tabella. Dalla tabella si può osservare che: ·

non vi è corrispondenza lineare tra le due grandezze (l’efficienza cresce con la potenza elettrica, e quindi si risparmia energia se si usa una sola lampada di potenza doppia al posto di due di uguale potenza).

·

le lampade a fluorescenza hanno efficienza maggiore che le lampade a incandescenza.

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Radianza e Luminanza La radianza è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) espressa in W/cm2/sr. Nota La radianza, riferita all’angolo solido, è indipendente dalla distanza dalla sorgente e non segue l’inverso dei quadrati delle distanze.

La luminanza (L) è la misura della densità di flusso per unità di angolo solido (sr) nel visibile e si misura in cd/m2. E' definita come il limite del rapporto fra l'intensità luminosa prodotta in una data direzione da un elemento di superficie e la proiezione dell'elemento di superficie su un piano normale alla direzione stessa. E' quindi una grandezza che dipende dalla posizione dell'osservatore. La luminanza è la grandezza fotometrica che stimola la percezione visiva. La luminanza L di una superficie perfettamente diffondente è legata all'illuminamento E dalla seguente espressione: L = ρ E/π dove ρ è il fattore di riflessione diffusa. Nota E' importante aver ben chiaro la differenza esistente tra illuminamento e luminanza: - l' illuminamento indica la quantità di luce emessa da una sorgente che colpisce la superficie considerata, - la luminanza indica la sensazione di luminosità che riceviamo da questa superficie; Questo significa che su due superfici, una bianca e l'altra nera, possiamo avere lo stesso valore d'illuminamento, ad esempio 500 lux, ma la sensazione di luminosità ricevuta e quindi la luminanza sarà completamente differente in quanto quelle due superfici riflettono la luce in modo diverso.

2

Luminanza di comuni sorgenti (cd/m ) 9 Sole 2 x 10 7 Filamento incandescente a 2700 C 1 x 10 4 Carta bianca in luce solare piena 2 x 10 3 Lampada fluorescente 6 x 10 3 Candela 5 x10 3 Luna 3 x10 -2 Carta bianca in luce lunare piena 3 x 10

Conversioni tra grandezze luminose Spesso sono compiute inesattezze ed imprecisioni nella conversione tra grandezze ottiche. La soluzione migliore, in ogni caso, è la misura diretta della grandezza cui si è interessati. Esempio: nell'esempio seguente è svolta la conversione tra lux (lumen per m2 ) e lumen. Si misurano 22.0 lux a 3.162 m di distanza da una sorgente (una lampadina ad incandescenza); qual è il valore totale, in lumen, della luce emessa dalla lampadina?

1. 2. 3. 4.

E1.0 m = 220 lm/m2 220 lm/ m2 = 220 lm/sr W = 12.35 sr 220 lm/sr * 12.35 sr = 2717 lm

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Sensori per fotometria I sensori per fotometria sono dispositivi che convertono un flusso luminoso in segnali elettrici. Una caratteristica fondamentale che devono possedere è sicuramente una buona sensibilità, costante nella banda di misura. Per un generico sensore, la sensibilità è espressa come rapporto tra l'unità di misura della grandezza da misurare e l'unità di misura della risposta, cioè del segnale utile del sensore. Nei sensori ottici si misura il flusso luminoso mentre la risposta è di solito una corrente elettrica specificata in ampere. Nota: Taratura sensibilità I sensori di luce misurano un flusso luminoso, quindi dovrebbero essere tarati in lumen o in lux (flusso per unità di superficie). Nei sensori commerciali la sensibilità è però, di solito, espressa in: A / (watt x m2) cioè unità di flusso di energia per unità di superficie.

Un secondo parametro è l'insensibilità al di fuori della banda di interesse. Inoltre, è importante valutarne la linearità della risposta, la stabilità e la durabilità. I principali tipi di sensori per fotometria sono: - Fotodiodi al silicio - Fotodiodi a vuoto - Termosensori Nota: Scelta dei radiometri (visibile) Tra i parametri di maggiore importanza devono essere valutati: - linearità della risposta in un range dinamico di almeno 7 ordini - taratura dello zero - possibilità di collegamento con sensori differenti (irraggiamento / illuminamento) - memorizzazione dei risultati - durata delle batterie.

Fotodiodi al silicio

Fotodiodi a vuoto

Termosensori

Fotodiodi al silicio I fotodiodi al silicio sono composti da un circuito P-N che genera un'intensità di corrente proporzionale alla luce incidente. La loro risposta è lineare, la taratura è mantenuta a lungo. La fotocorrente di un circuito PN può essere sfruttata per convertire energia luminosa in energia elettrica. I fotodiodi ottimizzati per questa funzione vengono chiamati celle fotovoltaiche (o celle solari).

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Fotodiodi a vuoto

Sensibilità di un fotodiodo a vuoto I fotodiodi a vuoto sono costituiti da un piccolo tubo catodico, in cui la superficie del catodo emette elettroni in proporzione alla luce incidente, e da un anodo, che li riceve. Tra anodo e catodo è imposta una tensione tra 50 e 90 V. Per il funzionamento sfruttano l’emissione di elettroni dalla superficie metallica colpita da fotoni di energia superiore ad un dato valore di soglia. Il materiale del catodo determina la sensibilità spettrale (Cs - Te per UV). Possono essere resi molto sensibili aggiungendo una serie di dinodi (elettrodi intermedi), tra anodo e catodo, per aumentare il campo elettrico. Il campo elettrico tra ogni coppia successiva di dinodi fornisce agli elettroni estratti dai fotoni incidenti (fotoelettroni) una energia sufficiente ad estrarre altri elettroni. In questo modo si genera un processo a valanga che produce un impulso di corrente (anche di milioni di elettroni per fotone) e che spiega il nome di “foto-moltiplicatori” dato a questi dispositivi. Termosensori I termosensori (detti anche bolometri) sono dispositivi sensibili al calore radiante per irraggiamento (sensore sotto vuoto) ed offrono una adeguata sensibilità nell'infrarosso (IR). Hanno una finestra d'ingresso in quarzo (banda passante tra 200 e 4200 nm) e sfruttano il riscaldamento prodotto dall’assorbimento di fotoni per generare un segnale utile. Il segnale prodotto varia in relazione al tipo di sensore: · nei sensori piroelettrici esso consiste in una variazione di polarizzazione dielettrica · nelle termopile consiste invece in una variazione di forza elettromotrice L'intervallo di sensibilità spettrale dipende dalle caratteristiche delle finestre ottiche di protezione utilizzate.

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Schema convertitore corrente – tensione Termosensori – Sensibilità spettrale

Illuminazione artificiale Le sorgenti luminose utilizzate per fornire un'adeguata illuminazione variano dalle torce portatili alle sorgenti ad alta intensità utilizzate con i videoscopi. Per illuminare la zona da controllare vengono utilizzati due tipi di sorgente di luce artificiale: ·

ad incandescenza: la luce viene emessa da un filamento di tungsteno attraversato da una corrente elettrica; di questo tipo sono la lampada tradizionale e la lampada alogena;

·

a scarica elettrica (arco): la luce viene emessa direttamente da un gas rarefatto ionizzato percorso da una scarica elettrica (lampada a scarica), o indirettamente da un materiale fluorescente investito dalla radiazioni ultraviolette emesse dal gas (lampade a fluorescenza). SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Illuminazione ad incandescenza Lampada tradizionale La lampada ad incandescenza tradizionale è costituita da un bulbo di vetro trasparente contenente un sottile filamento in tungsteno sorretto da opportuni sostegni conduttori. Nel bulbo è praticato il vuoto ed immessa una miscela di gas inerti (azoto, argon) per evitare che il filamento "bruci" durante il riscaldamento. Il bulbo è sigillato mediante un attacco che serve per il collegamento con la linea elettrica di alimentazione. Il passaggio della corrente elettrica Spettro d’emissione lampada ad incandescenza attraverso il filamento ne provoca il surriscaldamento fino all'incandescenza, a temperatura molto elevata (compresa in genere tra 2000 e 3000 K). All'incandescenza si ha emissione di radiazioni luminose, insieme ad una quota cospicua di radiazioni infrarosse (invisibili all’occhio, ma percepite come calore) e ad una piccolissima quantità di radiazioni ultraviolette. La quantità di luce emessa è direttamente proporzionale alla temperatura di funzionamento della lampada.

Lampada alogena Il tungsteno di cui è costituito il filamento di una lampada a incandescenza, portato ad alta temperatura inizia a sublimare, andandosi a depositare sulla superficie interna del bulbo in vetro. Questo fenomeno porta alla riduzione del flusso luminoso e all’invecchiamento della lampada, in quanto il bulbo annerito lascerà passare una minore quantità di flusso e il filamento, assottigliato a causa della sublimazione, si infragilisce e si spezza. Le lampade alogene sono un affinamento delle lampade ad incandescenza tradizionali; all'interno del bulbo in quarzo, oltre ai soliti gas inerti, è introdotto un composto alogeno attivo (di norma iodio o bromo). Le sostanze alogene si combinano con il tungsteno evaporato dal filamento formando alogenuri di tungsteno, che hanno la tendenza a non fissarsi sulla superficie del bulbo. Gli alogenuri, trasportati in prossimità del filamento dai moti convettivi interni al bulbo, si dissociano lasciando libero il tungsteno che torna a deporsi sul filamento. Questo processo ciclico rigenera il filamento e rallenta l'annerimento del bulbo.

Nota All'interno del bulbo gli alogenuri di tungsteno possono formarsi come composti stabili soltanto nelle zone dove la temperatura è inferiore a 1700 K, quindi ad una certa distanza dal filamento (che raggiunge i 3000 K). Quando gli alogenuri si portano in prossimità del filamento, a temperature superiori a 1700 K, avviene la loro dissociazione in tungsteno, che si deposita casualmente sul filamento, e gas alogeno, che si rende disponibile per un nuovo ciclo. Il fatto che il tungsteno si rideposita casualmente sul filamento, e mai esattamente nel punto dal quale si è volatilizzato, impedisce che il filamento si rigeneri integralmente: il filamento è sempre soggetto a logoramenti localizzati là dove il tungsteno non torna mai a depositarsi. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Illuminazione a scarica elettrica La lampada a scarica sfrutta la proprietà di alcuni gas di emettere luce quando sono attraversati da una scarica elettrica (elettroluminescenza). La lampada è costituita da un'ampolla di vetro o quarzo (tubo di scarica) nella quale è stato prodotto il vuoto e immessa una piccola quantità di gas o vapori metallici. Alle due estremità sono saldati gli elettrodi tra cui avviene la scarica. Nota: possono essere presenti elettrodi supplementari per l'innesco dell'arco.

La lampada può essere contenuta in un involucro in vetro con la funzione di schermare i raggi ultravioletti, ospitare eventuali elementi accessori e proteggere il tubo. All'interno del tubo, la tensione tra gli elettrodi accelera le particelle cariche presenti (ioni ed elettroni liberi).Gli urti tra le cariche in moto e gli atomi di gas possono provocare: ·

l'eccitazione dell'atomo, emettendo radiazione visibile o ultravioletta.

·

l'allontanamento di un elettrone dal sistema atomico e quindi la formazione di uno ione positivo e di un elettrone libero che, a loro volta accelerati, urtano altri atomi di gas e mantengono attivo il processo di scarica.

Nota L'eccitazione dell'atomo provoca il salto d'orbita di uno dei suoi elettroni periferici su un livello energetico superiore, instabile, dal quale l'elettrone ricade su un livello più stabile.

Lampada a fluorescenza Le lampade a fluorescenza sono un tipo particolare di lampada a scarica in cui l'emissione luminosa non è prodotta direttamente dal gas ionizzato, ma da un sottile strato di polveri fluorescenti (fosfori) che riveste internamente la superficie del tubo contenitore. Il tubo in vetro (di forma lineare, circolare o variamente sagomato) contiene al suo interno piccole quantità di mercurio gassoso unitamente ad altri gas (solitamente Argon o Neon). Alle due estremità sono saldati i due elettrodi a cui fanno capo i conduttori elettrici di alimentazione. Gli atomi di mercurio urtati dagli elettroni in movimento tra i due elettrodi emettono prevalentemente radiazione ultravioletta (vedi: generazione della luce). Le polveri fluorescenti presenti sulla superficie interna del tubo, investite dalla radiazione UV prodotta dal gas, emettono luce.

Nota Questo tipo di lampade sono comunemente chiamate lampade al neon o tubi al neon, ma in realtà il loro funzionamento è dovuto alla presenza dei vapori di mercurio e non al neon. Ricordiamo anche che l'emissione luminosa da parte di sostanze fluorescenti cessa non appena viene meno l'azione eccitatrice svolta dalla radiazione UV, diversamente da quanto accade per le sostanze fosforescenti, che continuano ad emettere luce anche dopo che l'azione eccitatrice è venuta meno.

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3. STRUMENTI PER GLI ESAMI VISIVI

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3.1 INTRODUZIONE I numerosi strumenti utilizzabili nelle ispezioni visive sono stati suddivisi nelle seguenti categorie, illustrate in dettaglio nelle pagine seguenti: •

Strumenti di misura: da utilizzare per verifica di dimensioni, distanze, spessori, ecc, in funzione del tipo di misura e al grado di precisione richiesto.



Indicatori di temperatura: in campo industriale vi sono apparecchiature e sistemi per i quali la temperatura è un parametro da monitorare periodicamente nelle attività di ispezione.



Strumenti di ausilio alla visione: per esaminare particolari nascosti o minuti, può essere necessario utilizzare sistemi ottici di ausilio alla visione.



Strumenti per la visione indiretta: nei casi in cui la visione diretta non è possibile, è necessario ricorrere a sistemi endoscopici per la visione indiretta.



Altri sistemi: i sistemi computerizzati consentono la memorizzazione, manipolazione, interpretazione automatica delle immagini acquisite.

PRINCIPALI STRUMENTI PER L'ESAME VISIVO STRUMENTI DI Riga metallica graduata MISURA Goniometri Calibri Micrometri Comparatori Calibri per saldatura Profilometri ed altri strumenti INDICATORI DI Termometri a contatto TEMPERATURA Termometri senza contatto STRUMENTI DI Sistemi di ingrandimento AUSILIO ALLA Sistemi ottici speciali VISIONE Lenti e specchi Stroboscopi ENDOSCOPI Boroscopi Fibroscopi Videoendoscopi ALTRI SISTEMI Sistemi televisivi a circuito chiuso Sistemi di elaborazione delle immagini Sistemi computerizzati Sistemi automatici Sistemi robotizzati

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3.2 STRUMENTI DI MISURA Introduzione Nelle ispezioni visive è spesso richiesto determinare lunghezze, diametri, altezze, tolleranze, aspetto superficiale, filettature e diverse altre caratteristiche che non possono essere adeguatamente quantificate soltanto dall'occhio umano. I principali strumenti comunemente utilizzati per le misurazioni nelle ispezioni visive dirette sono: •

Riga metallica graduata



Goniometri



Calibri



Micrometri



Comparatori



Calibri per saldatura



Profilometri ed altri strumenti

Riga metallica graduata La riga graduata è il più semplice strumento per le misure lineari, esistono in diverse lunghezze e possono essere di materiale rigido o flessibile. Le righe graduate hanno normalmente una lunghezza di 6 pollici e dispongono di diverse scale con differenti gradazioni. La precisione è limitata dalla larghezza dell'incisione della scala graduata. Per una corretto impiego deve essere scelta con attenzione la scala più adatta. Se la misurazione effettuata cade tra due gradazioni, dovrebbe essere utilizzata la scala successiva più fine, per aumentare il grado di precisione. Con un corretto utilizzo si possono ottenere precisioni dell'ordine di 0,5 mm (0,016 pollici), anche se possono verificarsi errori di interpretazione. Sono impiegate anche per controlli della planarità delle superfici, parallelismo e rettilineità. Misurazione con riga metallica Per una corretta misurazione la riga deve essere allineata perpendicolarmente rispetto al pezzo da controllare.

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In questo modo le gradazioni sono il più vicino possibile all'area di misura. Questo allineamento inoltre minimizza l'errore di parallasse. Per ottenere misurazioni precise è consigliato utilizzare come primo punto di riferimento la linea dell'uno invece che quella del punto zero iniziale, ed in seguito sottrarre una unità dalla lettura effettuata.

Questo poiché è più difficile allineare il riferimento dello zero terminale con lo spigolo del pezzo da misurare rispetto ad allineare una gradazione intermedia della riga. Inoltre, possibili danni alla parte terminale della riga con l'indicazione zero, possono influenzare negativamente la misurazione. Goniometri Il controllo degli angoli più comuni (30, 45, 60, 90, 120°) viene eseguito per mezzo delle squadre fisse. Il controllo di angoli diversi dai suddetti si esegue per mezzo delle squadre zoppe, costituite da due righelli girevoli attorno ad un perno. La misurazione degli angoli si effettua per mezzo di goniometri meccanici semplici che danno una approssimazione di un grado o di mezzo grado. Quando si vogliono approssimazioni maggiori, s'impiegano i goniometri universali provvisti di nonio. Il goniometro universale è costituito da una squadra, solidale con una corona circolare girevole attorno ad un disco centrale, provvisto di nonio. Il disco è portato da un braccio che può essere fissato al righello scorrevole per mezzo di una vite. La squadra con relativa corona può essere bloccata al disco centrale mediante una vite. Sulla corona è incisa una scala suddivisa in quattro settori di 90°; ciascun settore è numerato ogni 10°, da 0° a 90°. In genere l'approssimazione di questi goniometri è di 5'.

Calibri I calibri sono usati per ottenere accurate misurazioni lineari. I calibri esistono in una vasta varietà di dimensioni e configurazioni per misurare lunghezze, larghezze, altezze, diametri e profondità. Possono essere sia a misurazione diretta che a misurazione indiretta. I calibri a misurazione diretta possono essere classificati in base al: • tipo di lettura (calibro a nonio, calibro a quadrante, calibro digitale) • tipo di misurazioni (calibri per esterni, per interni, di profondità, universali) SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Tipi di calibri I calibri per misurazione indiretta o tipo a trasferimento sono usati per trasferire la dimensione di un pezzo ad un riga graduata. Per eseguire la misura si regola il calibro in modo che le due gambe tocchino leggermente l'oggetto. Si trasferisce la distanza così ottenuta verso la scala graduata della riga dove si effettua la lettura vera e propria. Se eseguita accuratamente questo tipo di misurazione consente precisioni di 1/64 di pollice (0,4 mm).

I calibri a misurazione diretta permettono la lettura diretta della misura effettuata e sono disponibili in vari tipi. Questo tipo di calibro può essere semplicemente un riga graduata con bracci per misurazioni grossolane, oppure può essere del tipo a verniero, ad indice, o di tipo elettronico digitale utilizzato per misurazioni molto precise. Consentono misurazioni con precisioni da 0,1 mm fino a 0,01 mm per i tipi digitali o a quadrante. In base al tipo di lettura il calibro può essere classificato: •

calibro a nonio, la lettura avviene sulla scala principale presente sul corpo, mentre le frazioni di misura sono fornite da una scala presente sulla parte mobile del calibro.



calibro a quadrante, la lettura avviene sulla scala principale mentre le frazioni di unità sono indicate attraverso un quadrante ad orologio montato sul corsoio.



calibro digitale, la lettura avviene direttamente attraverso un display digitale, presente sul corsoio.

CALIBRO A NONIO Sulla parte fissa del calibro c'è una scala in centimetri, con divisioni di un millimetro, mentre sulla parte mobile detta nonio c'è un'altra piccola scala che serve ad aumentare di molto la sensibilità di lettura. La scala del nonio è di solito numerata da 1 a 10 e vi è una tacca non numerata a metà dell'intervallo fra due tacche numerate successive. CALIBRO A QUADRANTE Questo tipo di calibro dispone di un quadrante ad orologio mosso dal movimento del corsoio con un meccanismo simile a quello dei comparatori. Sul corpo viene normalmente incisa una scala fissa millimetrata, sulla quale vengono letti i millimetri, mentre sul quadrante le relative frazioni di millimetro. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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NOTA I quadranti normalmente hanno una risoluzione 0,05 - 0,02 mm. e possono visualizzare 1 o 2 mm a giro. In genere i quadranti possono essere ruotati per far coincidere lo zero della scala con una qualsiasi posizione dell'indicatore per impostare una quota di riferimento. In questo modo è possibile eseguire confronti tra quote diverse, ma quando si ritorna ad eseguire misure assolute è necessaria una verifica preventiva della posizione dello zero.

CALIBRO DIGITALE Il calibro digitale dispone di un display elettronico montato sul corsoio attraverso il quale viene visualizzata la misura effettuata. La scala millimetrata presente sul corpo viene utilizzata solo per la verifica grossolana della misura elettronica. I display sono normalmente realizzati con una risoluzione 0,01 mm. I calibri digitali dispongono di funzioni quali: - visualizzazione della misura in differenti scale (metriche, inglesi); - azzeramento della lettura in un qualsiasi punto; - impostazione di una qualsiasi quota di riferimento - collegamento con un PC, per trasferire i dati delle misure.

In base al tipo di misurazioni i calibri possono essere classificati in: ·

calibro per esterni, con becchi adatti per andare a battuta sulle superfici esterne di un oggetto.

·

calibro per interni, con becchi o appendici a coltello idonei per andare a battuta su due pareti interne di un oggetto.

·

calibro di profondità, dotato di un'asta per andare a battuta sul fondo della cavità e di una superficie di riferimento da appoggiare sul bordo della cavità stessa.

·

calibro universale, dispone di una combinazione di becchi ed appendici tali da poter effettuare più tipi di misure.

Nota La misura delle profondità risulta difficoltosa per la difficoltà di disporre di stabili superfici di riferimento. Inoltre, problemi d'allineamento e flessioni nell'asta, limitano la precisione della misura. Solo modelli pensati appositamente per questo impiego garantiscono adeguate precisioni di misura.

Calibro a corsoio Il calibro a corsoio, molto usato per le normali misurazioni di officina, è costituito da un'asta di acciaio ed un corsoio. Ad una estremità dell'asta è presente un braccio ed un beccuccio mentre lungo il corpo sono incise due scale, una in millimetri e l'altra in pollici e sedicesimi di pollice.

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Il corsoio scorre con un leggero attrito sull'asta, ed è provvisto anch'esso di un braccio e di un beccuccio. Sui bordi del corsoio sono incise le scale del nonio, una per le misure in millimetri e l'altra per le misure in pollici. Al corsoio è solidale un'asticina che può scorrere in una scanalatura longitudinale praticata sull'asta dalla parte opposta alla graduazione; nei calibri di precisione lo spostamento del corsoio viene ottenuto con un dispositivo micrometrico. I bracci servono per misure di esterni, i beccucci per misure di interni e l'asticina per misure di profondità. Nota Il nonio fu ideato, come apparecchio misuratore di piccoli angoli, dal matematico e cosmografo portoghese Pietro Nunes (Petrus Nonius) verso l'anno 1550; ma il primo nonio a corsoio scorrevole per la misurazione di frazioni di millimetro fu costruito nel 1631 dal matematico francese Pierre Vernier che prese l'idea dal primitivo apparecchio di Nunes; per questo motivo il nonio viene anche denominato Verniero. Vi sono noni rettilinei e noni circolari: i primi sono applicati su strumenti misuratori di lunghezze, i secondi vengono invece applicati sui goniometri misuratori di angoli. L'ampiezza delle graduazioni del nonio è sempre diversa dall'ampiezza delle graduazioni incise sulla scala fissa.

Il nonio è una scala ausiliaria costruita suddividendo in n parti uguali la lunghezza corrispondente a (n-1) divisioni di una scala fissa. Nota Il nonio si dice diminuito quando le sue graduazioni sono più piccole di quelle della scala fissa, si dice eccedente quando le sue graduazioni sono più grandi di quelle della scala fissa.

Il nonio decimale si costruisce suddividendo in dieci parti uguali 9 mm della scala fissa; una graduazione del nonio vale perciò 9/10 mm. Siccome ogni graduazione del nonio è 1/10 più piccola di una graduazione della scala fissa, quando il nonio si sposta di 1/10 verso destra, il trattino 1 del nonio verrà a coincidere con un trattino della scala fissa. Se il nonio si sposta di 5/10, la coincidenza avverrà in corrispondenza del trattino 5 del nonio. La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa che si trovano alla sinistra dello zero del nonio più una frazione di mm indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio che coincide col trattino della scala fissa. Nel caso di un nonio decimale si otterranno quindi misure con una precisione di un decimo di millimetro. Nell'eseguire la misura di una lunghezza possono presentarsi tre casi. 1° CASO: lo zero del nonio coincide esattamente con una divisione della scala fissa. La misura della lunghezza è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero del nonio: lettura = 6,00 mm SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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2° CASO: lo zero del nonio cade tra due divisioni della scala fissa ed un trattino del nonio coincide con una divisione della scala fissa. La misura è data dal numero delle divisioni della scala fissa a sinistra dello zero del nonio, più la frazione indicata dal numero d'ordine del trattino del nonio coincidente con una divisione della scala fissa: lettura = 7,50 mm 3° CASO: due trattini del nonio rimangono compresi tra due divisioni della scala fissa. Non essendo possibile stabilire quale dei due trattini coincida, avremo due letture: lettura per difetto = 6,20 mm lettura per eccesso = 6,30 mm I calibri a corsoio come tutti gli strumenti di precisione devono essere periodicamente controllati e verificati al fine di assicurare la correttezza delle misure realizzate. Il controllo dei calibri a corsoio, particolarmente necessario quando si tratti di calibri di precisione, ha lo scopo di accertare: • • • • •

l'esatto combaciamento delle superfici di contatto dei bracci, a calibro chiuso; la perpendicolarità delle superfici suddette rispetto all'asse della scala; la coincidenza dello zero del nonio con quello della scala fissa, a calibro chiuso; la nitidezza dei trattini e delle cifre; la precisione delle scale.

Micrometri Il micrometro a vite, detto anche Palmer dal nome del suo ideatore, permette di eseguire misurazioni di lunghezze con una precisione superiore a quella del calibro. In base al tipo di misura che sono in grado di realizzare i micrometri possono essere classificati in: • • •

micrometri per esterni per misure di spessore e diametri esterni di barre, fili o sfere; micrometri per interni, per misure di diametri interni micrometri di profondità per la misura di profondità di fori scanalature etc.

In relazione al sistema di lettura possono essere invece distinti in: • •

micrometri analogici micrometri digitali.

Micrometri per esterni Il micrometro per esterni è costituito da un supporto ad arco, provvisto di un'incudine e di un gambo cilindrico, filettato internamente. Una vite micrometrica, solidale ad una bussola esterna, imbocca nella filettatura del gambo e si prolunga in un'asta cilindrica denominata asta mobile di misura.

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La bussola termina con un lembo tronco-conico graduato e con un tamburo zigrinato; il lembo tronco-conico è suddiviso in 50 oppure in 100 parti uguali. Sulla superficie esterna del gambo è incisa la linea di fede della scala fissa, suddivisa in mezzi millimetri. Per facilitare la lettura, i trattini sono alternativamente rivolti da parti opposte rispetto alla linea di fede. Le parti costituenti il micrometro sono di acciaio convenientemente trattato. In certi casi, per aumentare la resistenza all'usura, sulle parti terminai dell'asta mobile e dell'incudine vengono applicate placchette di carburi metallici. Ragioni di precisione impongono un limite alla lunghezza della vite e perciò la scala fissa non supera 25 mm. Per questo motivo, i micrometri vengono costruiti con aperture massime variabili di 25 in 25 mm; in genere si adottano i campi di misura indicati a lato. La vite micrometrica, che è la parte più delicata, deve essere costruita in acciaio legato, trattato e stabilizzato. La filettatura viene eseguita mediante rettificatrici di alta precisione.

Effettuazione misurazione La misurazione si ottiene agendo sul tamburo zigrinato, per l'avanzamento della vite e quindi dell'asta mobile, durante tutta la manovra di avvicinamento. Nella fase di serraggio, che precede la lettura, si agisce solo sul bottone zigrinato; il bottone trasmette lo sforzo alla bussola attraverso un cricchetto. Il cricchetto scatta a vuoto quando la pressione esercitata dall'asta mobile sul pezzo supera 1 kg. In questo modo si mantiene costante la pressione, rendendo la misura indipendente dalla pressione esercitata. Per impedire che la vite micrometrica subisca movimenti durante la lettura i micrometri sono provvisti di un dispositivo di bloccaggio, costituito da un disco forato eccentricamente, inserito sull'asta mobile. Facendo ruotare il disco, la vite viene bloccata. A questo punto si può procedere alla lettura del valore di misura.

Micrometri per interni Il micrometro per interni ha il dispositivo di lettura uguale a quello del micrometro per esterni, ma differisce per il sistema di rilevamento delle quote.

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Due tipi interessanti di micrometri per interni sono: · i micrometri a contatti espansibili · i micrometri ad aste combinabili Il micrometro a contatti espansibili è costituito da un corpo cilindrico coassiale alla controbussola del dispositivo di lettura. La parte terminale dello strumento dispone di cilindretti metallici (contatti) che, fuoriuscendo radialmente rispetto all'asse, permettono la misura di cavità o diametri interni.

I micrometri per interni possono essere: •

a 2 punti, dotati di due contatti disposti radialmente a 180° di distanza, adatti per la misurazione di cavità o fori non cilindrici e cavità a piani paralleli;



a 3 punti, dotati di tre contatti disposti a 120° di distanza, adatti per il centraggio ottimale in cave cilindriche.

Nota La superficie dei contatti può avere varie forme (a semisfera, piana, zigrinata, ecc.); la scelta tra le forme disponibili deve essere fatta in relazione alle particolarità della superficie interna da esaminare.

La superficie dei contatti può avere varie forme (cilindrica, piana, zigrinata, ecc.); la scelta tra le forme disponibili deve essere fatta in relazione alle particolarità della superficie interna da esaminare. Il funzionamento del micrometro a contatti espansibili si basa su di un sistema a testa conica. Facendo ruotare la bussola, il cono guidato dalla filettatura, avanza assialmente e spinge verso l'esterno i settori portandoli a contatto con la cavità da misurare. Dopo lo scatto del cricchetto, si effettua la lettura sulla scala fissa e sul lembo graduato con le stesse modalità dei micrometri normali. Per le particolarità costruttive il campo di misura di questo tipo di micrometri è in genere molto piccolo (può variare da un minimo di 6 mm ad un massimo di 300 mm). La registrazione di questi strumenti viene effettuata mediante appositi anelli di riscontro. I micrometri a contatti espansibili sono particolarmente adatti a misurare l'alesaggio dei cilindri per motori endotermici. Il micrometro ad aste combinabili è costituito da una vite micrometrica inserita in un corpo cilindrico su cui è incisa la scala fissa longitudinale, graduata in mezzi millimetri. La vite, ha l'estremità esterna a testa sferica ed è solidale ad una bussola provvista di un lembo troncoconico, graduato in 0,01 mm. All'altro estremo è presente una seconda testina sferica solidale al SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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corpo cilindrico. Un nottolino di bloccaggio impedisce la rotazione della vite micrometrica al momento dell'estrazione dello strumento dalla cavità misurata. Lo strumento può essere impiegato per misurare fino a qualche decina di mm. Quando si debbono eseguire misure di maggiore ampiezza, si avvita sul corpo la prolunga che porta internamente un'altra asta di misura, a testa sferica. Se il micrometro è ancora insufficiente, si provvede ad allungarlo avvitando sul corpo un'altra prolunga, provvista di relativa asta di misura, a testa sferica. Il principio di funzionamento e le modalità di lettura sono analoghi a quelli dei micrometri per esterni. Nota Apposite molle assicurano il contatto tra le aste combinabili senza danneggiare le superfici di contatto.

Micrometro di profondità I micrometri di profondità hanno il dispositivo di lettura identico ai micrometri per esterni, ma sono privi di arco e incudine. Possono essere dotati di opportune prolunghe per aumentare la loro profondità di misura. Dispongono di una superficie di battuta perpendicolare all'asse dell'asta da posizionare sull'orlo della cava da misurare.

Micrometri digitali Nei micrometri digitali lo spostamento dell'asta di misurazione è rilevato da un dispositivo elettronico e la misura è visualizzata da un display digitale. I display, alimentati da comuni batterie, sono normalmente realizzati con una risoluzione 0,001 mm. Attraverso il dispositivo elettronico gli indicatori forniscono diverse funzionalità, tra le quali: • • •

azzeramento della lettura in un qualsiasi punto; impostazione di quote di tolleranza; conversione di unità di misura (mm/in).

I modelli più evoluti sono predisposti per la connessione al PC e consentono il trasferimento dei dati di lettura e l'automatizzazione delle misure.

Impiego del micrometro Per un corretto impiego del micrometro è necessario avere una serie di avvertenze ed attenzioni le principali delle quali sono qui riassunte: • • • •

Azzeramento del micrometro Taratura e Calibrazione del micrometro Uso del micrometro per esterni Uso del micrometro per interni SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Basi per micrometri

AZZERAMENTO DEL MICROMETRO Con l'impiego, lo zero della graduazione può non corrispondere alla battuta tra i due rebbi. L'azzeramento del micrometro deve essere verificato periodicamente, pulendo accuratamente i rebbi, ed eseguendo un serraggio completo delle aste. Nel caso di micrometri ad ampia apertura, viene normalmente fornito un calibro fisso (referenza),di dimensione nominale pari alla misura inferiore del campo di misura. TARATURA DEL MICROMETRO La taratura avviene utilizzando: - blocchetti di riscontro piano-paralleli per i micrometri per esterno; - anelli di azzeramento per micrometri per interni. CALIBRAZIONE DEL MICROMETRO Qualora il micrometro risulti starato, si può calibrare agendo fisicamente sullo strumento stesso. Le modalità per una corretta operazione di calibrazione dipendono dalla struttura e modello del micrometro. USO DEL MICROMETRO PER ESTERNI Per utilizzare lo strumento: 1. Pulire eventuali detriti che falserebbero la misura; 2. Inserire il pezzo da misurare tra incudine e l'asta 3. Serraggio; avvitare il tamburo utilizzando la ghiera della frizione fino a 'serraggio' (per evitare di applicare un eccessivo serraggio); 4. Lettura valore; leggere sulla scala fissa la componente maggiore, in genere i millimetri o mezzi millimetri, e sulla scala del tamburo le frazioni centesimali. USO DEL MICROMETRO PER INTERNI Per un corretto utilizzo dello strumento : 1. Agire sul tamburo per ritrarre i palpatori al diametro minimo dello strumento; 2. Introdurre lo strumento nella cava (o nel foro) da misurare; 3. Avvitare il tamburo utilizzando il nottolino della frizione fino a portare i palpatori in battuta con le superfici da misurare; 4. Leggere sulla scala fissa la componente maggiore e sulla scala del tamburo le frazioni centesimali. BASI PER MICROMETRI Quando necessita effettuare misure impegnative (per numero o per accuratezza), possono essere dotati di appositi supporti porta micrometri. Tali supporti mantenendo lo strumento bloccato, lasciano libere le mani per posizionare comodamente l'oggetto da misurare e manovrare il tamburo del micrometro.

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Comparatori I comparatori sono strumenti di misura costituiti da un quadrante graduato con indicatore a lancetta, un tastatore ed un sistema di amplificazione. Il movimento lineare del tastatore, amplificato da un meccanismo (ad ingranaggi o leve), determina la rotazione della lancetta. Il quadrante ha divisioni da 0,01 mm o inferiori. I comparatori "a zero centrale" hanno graduazioni consecutive su entrambi i lati dello zero, in modo da indicare variazioni positive o negative rispetto allo zero nominale. A seconda del sistema di lettura, i comparatori possono essere classificati in: • comparatori a quadrante dove la lettura avviene su un quadrante ad orologio; • comparatori digitali per i quali la lettura viene eseguita direttamente attraverso un display digitale. Comparatori a quadrante I comparatori a quadrante vengono normalmente realizzati in modo che un giro completo di indice equivale ad uno spostamento assiale di 1 mm; nei comparatori di precisione, può corrispondere ad uno spostamento di soli 0,2 mm. Il comparatore ha una corsa utile molto più grande di quella leggibile in un giro completo dell'indice, pertanto è presente un secondo quadrante (più piccolo, all'interno del quadrante principale) destinato a contare i giri di indice. Nei comuni comparatori, il quadrante piccolo indica i millimetri di spostamento, mentre nel quadrante principale si possono apprezzare i centesimi di mm. Normalmente il quadrante con la scala graduata può essere ruotato per impostare la scala ad un valore iniziale arbitrario rispetto all'indicatore. Un'apposita vite di bloccaggio impedisce rotazioni accidentali rispetto alla regolazione iniziale. Nel bordo del quadrante di molti comparatori sono presenti due cursori mobili utilizzabili come riferimenti dei valori di tolleranza di minimo e massimo della regolazione iniziale.

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Comparatori digitali Nel comparatore digitale gli ingranaggi agiscono su di un trasduttore (encoder) in grado di convertire la posizione del suo asse rotante in impulsi elettrici. Tali segnali sono inviati ad un dispositivo elettronico che provvede a conteggiare gli impulsi e visualizzare sul display la misura corrispondente. Il comparatore digitale oltre a fornire una facile lettura del valore rilevato può, essere collegato ad un computer, attraverso cavi o sistemi di trasmissione senza fili. In questo modo è possibile elaborare i valori misurati per eseguire controlli automatizzati, per fini statistici o per monitorare il processo di produzione.

Impiego dei Comparatori Dotati di particolari accessori i comparatori possono essere utilizzati per varie misurazioni tra cui: - misurare dimensioni interne, esterne ed altezze - verificare concentricità ed allineamento di alberi - misurare diametri e profondità di fori e alesaggi - verificare finitura superficiale e planarità - rilevare errori di parallelismo - controllare deformazioni di un pezzo - rilevare differenze di quota rispetto ad un pezzo campione.

Alcuni esempi sono riportati dalle figure che mostrano: •

un misuratore per esterni a comparatore, con tastatori a forma di coltello. Consente la misurazione di diametri, spessori di pareti e cave esterne;



un misuratore per interni a comparatore, per la misurazione di diametri, cave e gole interne;



un misuratore di spessore a comparatore.

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Per facilitarne l'impiego pratico i comparatori possono essere dotati di appositi supporti snodabili in grado di posizionare ed orientare adeguatamente lo strumento rispetto alla superficie da esaminare. Tali supporti sono dotati di attacchi con cui agganciare l'asta o il corpo dello strumento. La base del supporto può essere magnetica per essere facilmente fissata al banco di lavoro o direttamente sulle macchine utensili.

Molla di spinta. L'asta viene mantenuta in estensione a contatto con il materiale da una molla. La forza esercitata sull'oggetto da misurare aumenta con l'aumentare della compressione della molla e può alterare la superficie di contatto e quindi produrre errori di misura. Nota Il problema risulta trascurabile nei materiali metallici mentre diviene evidente nei materiali soffici (plastica, gomma...). Una soluzione è utilizzare molle che producono una forza debole, anche quando sono molto compresse. Tale forza viene utilizzata come parametro per la valutazione della qualità dei comparatori.

Sfera di scorrimento. Per ridurne l'usura e diminuire l'attrito durante lo scorrimento dell'asta sulle superfici, sull'estremità del tastatore è presente una piccola sfera che ruota all'interno della sua sede. Nei normali comparatori, la sfera è in acciaio temperato, mentre nei comparatori di precisione la sfera è può essere realizzata in rubino sintetico, la cui elevata durezza ne riduce fortemente l'usura.

Calibri per saldatura

I più comuni strumenti di misura delle saldature sono: • calibri per giunti d'angolo • calibro per saldature (Palmgren, Cambridge) • calibri di saldatura tipo HI-LO Tali strumenti permettono di eseguire sulle saldature le misurazioni di: - profondità dell'incisione marginale - eccesso di metallo d'apporto (sovrametallo) delle saldature testa a testa - dimensione dei cordoni d'angolo - altezza della gola dei cordoni d'angolo - angolo di preparazione dei lembi (da 0 a 60 °) - disallineamento e distanza tra i lembi

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Calibro per giunti d'angolo Il calibro per saldature d'angolo è lo strumento comunemente utilizzato per il controllo delle saldature. Permette di verificare in maniera semplice e rapida la lunghezza del lato del cordone e determinare se vi è sufficiente altezza di gola. Questo calibro è di fatto un comparatore in quanto per verificare la dimensione si confronta la parte del calibro, corrispondente alla dimensione accettabile della saldatura, con quella del cordone da controllare. Sul calibro sono ricavati degli archi per creare spazio al cordone. Il calibro viene posizionato perpendicolarmente contro il componente saldato. La dimensione accettabile è incisa sulla parte corrispondente del calibro. Con questi calibri è possibile controllare in maniera precisa e rapida cordoni d'angolo da 3 a 25 mm.

Calibro Palmgren Con il calibro di saldatura Palmgren è possibile misurare: -

la dimensione delle saldature d'angolo, l'altezza di gola di cordoni d'angolo convessi e concavi, il sovrametallo delle saldature testa a testa, le distanze tra i lembi di 8 e 3 mm.

Calibro Cambridge Un strumento più versatile per le ispezioni delle saldature è il calibro Cambridge, sviluppato dall'Istituto di Saldatura di Cambridge in Inghilterra. Con questo strumento si può misurare velocemente l'angolo di preparazione dei lembi, lo slivellamento, e la dimensione dei cordoni d'angolo. Alcune tipiche applicazioni sono: - Incisioni marginali - Metallo di apporto - Lunghezza piede raccordo - Gola saldatura - Angolo del cianfrino - Disallineamento

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Calibro HI-LO Il calibro di saldatura tipo HI-LO consente di controllare e misurare diverse caratteristiche di una saldatura, in particolare di tubi, quali ad esempio: -

spessore di una parete di tubi dopo l'allineamento apertura dei lembi altezza del cordone disallineamento interno di una condotta distanza tra le linee tracciate

Calibro HI-LO per piccoli diametri Il calibro HI-LO per piccoli diametri ha funzionalità simili a quelle del calibro HI-LO standard e viene utilizzato nel caso di tubazioni di piccolo diametro. Il calibro permette la misurazione di: -

altezza dei rinforzi di saldatura

-

profondità delle incisioni marginali

-

disallineamento dei diametri esterni

-

centratura dei diametri interni dopo l'accoppiamento

-

apertura fra i lembi (radice del cianfrino)

Profilometri ed altri strumenti Diversi altri strumenti sono impiegati nel controllo visivo per verificare profili, spessori, posizionamenti ed altro. I principali sono: • • • •

Profilometri Contafiletti Spessimetri a lamelle Spessimetri per film umido SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Spessimetri per rivestimenti Livelle

Profilometri I profilometri sono strumenti che consentono di rilevare il profilo di una saldatura, di una cavità o di una superficie in generale. Sono costituiti da una sorta di pettine composto da un consistente numero di fili di acciaio che si possono muovere solo in verticale, perpendicolarmente alla superficie d'appoggio. Posizionando lo strumento ed agendo con una sufficiente pressione si ottiene il calco della superficie da esaminare.

Contafiletti Il contafiletti è utilizzato per determinare il passo delle filettature e l'angolo dei filetti in viti e bulloni. Lo strumento è composto da sottili lamine con estremità dentate con profili corrispondenti alle diverse filettature. Per determinare il passo di una filettatura è sufficiente appoggiare il contafiletti sulla filettatura esterna o interna, e leggere il numero marcato sulla lamina (passo della filettatura). Il passo di una filettatura può essere individuato anche contando il numero di filetti in una determinata lunghezza e dividendo tale numero per la lunghezza misurata con un semplice righello. Misurazioni più precise della filettatura sono ottenute con l'impiego di calibri speciali o comparatori per filettature. Spessimetri a lamelle Gli spessimetri a lamelle sono impiegati per misurare spessori di fessurazioni o il gioco esistente tra due parti a contatto (flangie di tubi, cuscinetti e ingranaggi, scanalature ed altro .. ). Tali strumenti sono costituiti da un ventaglio di lamine in acciaio temperato e rettificato, ciascuna di uno spessore ben definito e calibrato. Su ogni lamina è stampigliato il numero indicante il relativo spessore, espresso in centesimi di millimetro. Sono disponibili sia in elementi singoli che in serie di lamine con spessori da 0,01 a 3 mm. La misurazione viene eseguita inserendo, una alla volta, SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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nella fessura di cui si vuole misurare lo spessore sino a trovare quella che si inserisce liberamente, ma senza gioco.

Spessimetri per film umido

Gli spessimetri per film umido sono impiegati per misurare lo spessore di strati di verniciatura a fresco. Sono costituiti da un profilo seghettato con denti di altezza decrescente. Le scale di misurazione sono espresse in micron e possono andare da 50 a 2000 micron. Sono disponibili anche in materiale plastico a basso costo per un impiego usa e getta. La misura si ottiene posizionando lo strumento direttamente sulla pittura umida; l'ultimo dente che va a contatto con la pittura fornisce lo spessore del film. Esempio di impiego su resine termoindurenti 1. Utilizzare lo spessimetro ad umido su rivestimenti appena applicati, facendo attenzione a localizzare un'area sufficientemente larga da permettere ai dentelli esterni di stare appoggiati sullo stesso piano. La zona d'uso dello spessimetro deve essere il più uniforme possibile. Premere lo spessimetro. 2. Esaminare i dentelli e individuare il più lungo dentello bagnato e l'adiacente dentello non bagnato. 3. Lo spessore applicato è determinato come intermedio tra i due valori corrispondenti ai due dentelli individuati. 3. Ripristinare l'impronta lasciata dai dentelli. 4. Ripetere la misura in tre diversi punti, per ottenere una buona stima dello spessore; dopo ogni lettura pulire lo spessimetro con uno strofinaccio asciutto o impregnato di solvente. Spessimetri per rivestimenti Per la misurazione degli spessori dei rivestimenti sono disponibili dei misuratori di tipo digitale. Sono muniti di sonda integrata o separata per facilitare l'accesso all'area da esaminare. Il loro funzionamento si basa sul: - metodo di induzione magnetica, con i quali è possibile effettuare misurazioni su materiali ferrosi magnetizzabili (acciaio, ferro,..). - metodo eddy-current, con i quali è possibile misurare tutti i rivestimenti isolanti quali vernici, rivestimenti anodizzati su metalli non ferrosi ed acciaio inossidabile. Nota: spessimetri digitali per rivestimenti Hanno un campo di misura compreso tra 0 - 3500 µm ed una precisione che può variare da +/- 1-5 µm o +/- 1-3% del valore di lettura.

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Livelle Le livelle consentono di verificare se un piano risulta essere orizzontale o verticale. Alcuni modelli permettono anche la misura dell'angolo di inclinazione della superficie. La livella tradizionale (a bolla) è costituita da un contenitore di vetro (tubo) riempito parzialmente di liquido (alcool o cloroformio) in modo da lasciare all'interno una bolla d'aria in grado di risalire verso la parte superiore del contenitore. Le livelle sono equipaggiate con uno o più tubi. Il livellamento si ha quando la bolla d'aria è in posizione centrale rispetto alle due linee di riferimento. Prima dell'impiego occorre verificare il corretto funzionamento della livella. La verifica viene eseguita posizionando la livella su un piano di prova orizzontale e controllando che la bolla appaia in posizione centrale. Tale controllo deve poi essere ripetuto capovolgendo la livella. Se la posizione della bolla appare in posizioni differenti la livella deve essere regolata.

3.3 INDICATORI DI TEMPERATURA Misura della temperatura In termini intuitivi la temperatura è la proprietà fisica di un sistema corrispondente alle nozioni comuni di "caldo" e "freddo", una proprietà cioè legata alla quantità di calore di un corpo. Formalmente, la temperatura è la proprietà che regola il trasferimento di energia termica, o calore, da un sistema ad un altro. Nota Su scala microscopica, il calore di un corpo è l'energia che il corpo possiede per effetto dei movimenti casuali degli atomi e delle molecole che lo costituiscono. L'aumento della temperatura del corpo corrisponde all'aumento della velocità di movimento delle sue particelle.

Quando due sistemi sono alla stessa temperatura, si dice che si trovano in equilibrio termico e non avviene nessun trasferimento di calore. La temperatura comune ai due sistemi è detta temperatura di equilibrio. Quando invece tra due sistemi esiste una differenza di temperatura, il calore tenderà a muoversi dal sistema a temperatura più alta verso il sistema a temperatura più bassa, fino al raggiungimento dell'equilibrio termico. In campo industriale vi sono frequentemente apparecchiature e sistemi per i quali la temperatura è un parametro da monitorare periodicamente, in particolare nelle attività di ispezione e controllo. Per misurare la temperatura è necessario utilizzare una sostanza che cambi una delle sue proprietà fisiche con il variare della temperatura. Ad esempio, una sostanza a tutti nota è il mercurio, utilizzato nei comuni termometri sanitari. In questo caso, la grandezza fisica che cambia è il volume: all'aumentare della temperatura il volume del mercurio aumenta e risale all'interno del tubicino del termometro fornendoci un valore della temperatura. Altre grandezze fisiche utilizzate per termometri in campo industriale, sono la resistenza elettrica di filamenti, la lunghezza di lamine metalliche, l'emissione di radiazione infrarossa, la forza elettromotrice generata da due metalli a contatto.

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I termometri sono gli strumenti attraverso i quali si effettuano misure della temperatura. Per realizzare la scala di un termometro si procede nel modo seguente: la sostanza utilizzata (per es. del mercurio contenuto in un recipiente di forma cilindrica), viene posta in equilibrio con due stati termici ben individuati e facilmente riproducibili (detti punti fissi). A tali stati si attribuiscono due determinati valori della temperatura; per es. si associa il valore 0 della temperatura allo stato termico del ghiaccio fondente e il valore 100 allo stato termico dell'acqua bollente a pressione normale. In corrispondenza di questi due stati la colonna di mercurio raggiunge due diversi livelli. Dividendo in cento parti uguali (gradi Celsius o centigradi) l'intervallo compreso tra questi due livelli e prolungando la suddivisione al di sopra e al di sotto delle temperature di riferimento si costruisce una scala che consente di attribuire un determinato valore della temperatura a ogni stato termico in equilibrio con il mercurio liquido. Tipi di termometri Esistono in commercio diversi tipi di termometri, classificabili in vari modi. Una classificazione può essere la seguente: -

termometri a contatto necessitano del contatto fisico con l'oggetto di cui si vuole misurare la temperatura. Alcuni tipi sono: · termometro ad espansione · termometro bimetallico · termometro a resistenza · termometro a termocoppia



termometri non a contatto la temperatura può essere misurata a distanza, senza il contatto diretto con l'oggetto. Il tipo principale è il: · termometro ad infrarossi

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Termometro ad espansione I termometri ad espansione utilizzano la proprietà fisica della variazione di volume al variare della temperatura per ottenere la misura della temperatura stessa. I più comuni, detti termometri a bulbo, fanno riferimento all'espansione termica di una colonna di alcool o mercurio rinchiusa in un capillare. La misura della variazione dell'altezza della colonna determina l'effettiva misurazione della temperatura che ha prodotto tale variazione. Il termometro ad espansione ha un uso limitato dalle temperature di solidificazione ed ebollizione del liquido utilizzato: per il mercurio ad esempio si va da -39 °C a 538 °C. Termometro bimetallico Il termometro bimetallico basa il suo funzionamento sul diverso coefficiente di dilatazione termica di due materiali differenti saldamente vincolati l'uno accanto all'altro, chiamati lamine bimetalliche. A parità di temperatura, una lamina si dilaterà più dell'altra determinando l'incurvatura della lamina stessa. Questo movimento impresso dalla differente dilatazione viene sfruttato per misurare la temperatura. I termometri bimetallici sono costituiti da un tubo in acciaio con all'interno una spirale elicoidale bimetallica che ha un'estremità fissata alla parte inferiore del tubo e l'altra ad un alberino di trasmissione alla cui estremità libera viene montata la lancetta. Le variazioni di temperatura causano nel bimetallo una deformazione che, attraverso un opportuno sistema, viene trasmessa alla lancetta ruotante sul quadrante. Il campo di misura tipico va da -50°C a +500°C e vengono usati negli impianti termici ed in tutte le applicazioni industriali in cui il mercurio è vietato (es.: impianti petroliferi, alimentari e farmaceutici). Termometro a resistenza I termometri a resistenza (RTD: Resistance Temperature Detector) sfruttano il variare della resistenza elettrica al variare della temperatura. Sono formati da un filo metallico sottile e lungo avvolto su un supporto di porcellana ed isolato dall'esterno da una guaina isolante. Il filo, di cui si conosce con precisione la resistenza in funzione della temperatura, viene collegato in serie con un generatore di bassa tensione, un resistore di limitazione e un microamperometro. Un aumento di temperatura provoca un aumento della resistenza del filo con una diminuzione della corrente. Quando la temperatura diminuisce, la resistenza del filo diminuisce, causando un aumento della corrente. Le termoresistenze sono di vari tipi e materiali; la più usata è il modello chiamato Pt-100 (al platino da 100 W) che ha un campo di misura compreso tra -200 e + 800 °C. Nota: RELAZIONE RESISTENZA-TEMPERATURA La relazione che lega la resistenza alla temperatura è:

R = R0 * (1+ α0T)

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 dove R0 è la resistenza del materiale a 0°C e α0 è un coefficiente, di cui riportiamo i valori più comuni nella tabella. La resistività (o resistenza specifica) di un materiale è la resistenza di un filo di quel materiale di lunghezza 1 metro e sezione 1mm2 :

R = ρ * l/A RELAZIONE RESISTENZA-TEMPERATURA – CONDUTTORI parametri per i materiali più comuni Materiale Argento Rame elettrolitico Rame Bronzo fosforico Oro Alluminio Tungsteno Ottone Ferro puro Platino Ferro dolce Stagno Piombo Argentana Manganina Ferro-silicio Costantana Ferro-nichel Mercurio Nichel-cromo

Resistività a 0°C ρ0 [Ω .mm2/m]

Coeff. di temperatura

α0 0,0036 0,0042 0,0043 0,0040 0,0036 0,0043 0,0042 0,0039 0,0050 0,0036 0,0048 0,0045 0,0043 0,00017 0,00001 0,001 0,000008 0,0007 0,00089 0,0001

0,015 0,016 0,017 0,018 0,021 0,028 0,050 0,085 0,100 0,103 0,13 0,13 0,20 0,35 0,40 0,50 0,50 0,80 0,94 1

RELAZIONE RESISTENZA-TEMPERATURA – SEMICONDUTTORI parametri per i materiali più comuni Coeff. di temperatura Materiale Resistività a 0°C 2 ρ0 [Ω .mm /m] α0 Carbone Germanio Silicio

30 47x10^4 2,3x10^9

-0,0004 negativo negativo

RELAZIONE RESISTENZA-TEMPERATURA – ISOLANTI parametri per i materiali più comuni Materiale

Resistività a 0°C ρ0 [Ω .mm2/m]

Carta secca Bachelite Vetro Olio minerale Porcellana Araldit Polistirolo

1x10^14 5x10^16 9x10^16 1x10^17 2x10^19 1x10^20 1x10^22

Coeff. di temperatura

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α0

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Termometro a termocoppia Il termometro a termocoppia sfrutta la corrente, generata dall'omonimo principio fisico, per la misura della temperatura. Si basa su due fili metallici di natura diversa a contatto fra loro le cui giunzioni sono mantenute a due diverse temperature (Tf e Tc). In questo modo il sistema di termocoppia origina una forza elettromotrice dell'ordine di alcuni millivolt che provoca, nel caso il circuito sia chiuso, un passaggio di corrente (effetto Seebeck). Fissata la natura dei metalli della termocoppia, il valore della forza elettromotrice (dV) è strettamente collegato alla differenza di temperatura esistente fra i due giunti. Mantenendo un giunto ad una temperatura di riferimento (per esempio: bagno termostatico a 0°C in ghiaccio) e l'altro giunto a contatto con il corpo di cui si vuole conoscere la temperatura, la misura della forza elettromotrice sarà proporzionale alla temperatura del giunto "caldo". I tipi più comuni di termocoppia sono identificati da una designazione alfabetica, internazionalmente riconosciuta, riportata in tabella: TIPI PIU' COMUNI DI TERMOCOPPIA Simbolo S R B E J K T N

Materiali

Limiti di temperatura

Pt 10% Rh - Pt Pt 13% Rh - Pt Pt 30% Rh - Pt 6%Rh Cr - Co Fe - Co Cr - Al Cu - Co Nicrosil – Nisil

-50 / 1760 -50 / 1760 0 / 1820 -270 / 1000 -210 / 1200 -270 / 1370 -270 / 400 -270 / 400 (1) 0 / 1300 (2)

(1) Termocoppia con fili di diametro 0,32mm (2) Termocoppia con fili di diametro 1,63mm

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Termometro ad infrarossi I termometri ad infrarossi utilizzano la radiazione emessa da un corpo nel campo dell'infrarosso per risalire al valore della sua temperatura. Tutti gli oggetti emettono radiazioni elettromagnetiche, correlate in qualità e quantità con la temperatura e con la natura del corpo emettente. Il termometro IR è costituito da un involucro di materiale che blocca la radiazione visibile ed infrarossa. All'interno del materiale è ricavato un collimatore che lascia entrare i raggi incidenti entro un piccolo angolo di apertura intorno alla direzione dell'asse (direzione di "puntamento"). Al fondo del collimatore un rivelatore sensibile alla radiazione infrarossa misura l'intensità dell'energia che riceve e traduce il risultato in "temperatura equivalente" della sorgente che ha emesso la radiazione proveniente da quella direzione.

I modelli a raggi infrarossi sono indicati per tutte le applicazioni nelle quali non è possibile il contatto diretto con la superficie da analizzare. Sono quindi indicati per misurazioni a distanza in ampio campo nelle installazioni elettriche, motori ad alta tensione, processi industriali. Nota L'intensità I della radiazione infrarossa rilevata è legata alla temperatura T del corpo dalla legge di Stefan:

I = σ0 * ε * T4 dove:

σ0 = 5,67 * 10-8 [ w / m2 K4 ] è la costante di Stefan-Boltzman; 0 < ε < 1 è l'emissività del corpo, dipendente dal materiale di cui è costituito e dalla sua finitura superficiale. Le misure di temperatura a distanza mediante raggi infrarossi non hanno lo stesso grado di precisione di quelle eseguite con un termometro a contatto (la misura può presentare uno scarto di un 1°C dalla temperatura che rileverebbe uno strumento più adatto); tuttavia, per le applicazioni che non richiedono misure di estrema precisione, un tale livello di accuratezza può risultare adeguato.

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L'impiego della tecnologia ad infrarossi è semplice, ma vi sono due importanti parametri che occorre comprendere al fine di garantire l'esecuzione di misuredi temperatura corrette e coerenti quando si utilizzano dispositivi ad infrarossi: • •

la risoluzione ottica l'emissività

RISOLUZIONE OTTICA Il termometro all'infrarosso, attraverso il sistema ottico di rilevazione presente al suo interno, cattura l'energia emessa da una zona circolare sulla superficie in misura. La risoluzione ottica si riferisce alla dimensione del cerchio di misura ad una determinata distanza dallo strumento. Più precisamente la risoluzione è definita come il rapporto D/S tra la distanza D dello strumento dalla superficie in misura e il diametro S del cerchio di misura a quella distanza. Le prestazioni di uno strumento sono tanto più alte quanto più alta è la sua risoluzione; al crescere della risoluzione infatti diminuisce il rischio che la misura includa gli effetti delle aree circostanti al punto di cui interessa conoscere la temperatura.

EMISSIVITA' Alla stessa temperatura corpi diversi emettono quantità diverse di energia a raggi infrarossi. La emissività ε di un corpo è la frazione di energia emessa dal corpo rispetto all'energia emessa da un corpo con la massima capacità di emissione (corpo 'nero') che sia alla stessa temperatura. L'emissività varia pertanto da 1 (emissione del corpo 'nero') a 0 (nessuna emissione) ed è determinata principalmente dal materiale di cui è costituito il corpo e dalla sua finitura superficiale.

I modelli di termometro IR più sofisticati consentono di impostare il fattore di emissività in modo che lo strumento possa tenere conto del fatto che l'energia infrarossa ricevuta proviene da un corpo più o meno emittente. Nei modelli tarati con un valore di emissività fisso (normalmente 0.95) le misure su oggetti con emissività diversa da questo valore daranno risultati non veritieri. Nei casi di emissività molto bassa si può intervenire annerendo (o coprendo) il punto di misura.

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VALORI COMUNI DI EMISSIVITA' MATERIALI NON METALLICI Materiale Acqua Amianto Argilla Asfalto Basalto Calcare Calcestruzzo Carta (qualsiasi colore) Ceramica Gesso Ghiaccio Ghiaccio (bagno di) Ghiaia Gomma Legno naturale Mattone Neve Sabbia Suolo Vernice (non alluminio) Vetro (lastra di)

Emissività ε 0.93 0.95 0.95 0.95 0.70 0.98 0.98 0.95 0.95 0.80 - 0.95 0.90 - 0.95 0.95 0.95 0.95 0.90 - 0.95 0.95 0.90 0.90 0.90 - 0.98 0.90 - 0.95 0.95

VALORI COMUNI DI EMISSIVITA' MATERIALI METALLICI Materiale Acciaio • Ossidato • Laminato a freddo

Emissività ε 0.70 - 0.90 0.70 - 0.90

Carbonio • Non ossidato • Grafite

0.80 - 0.90 0.70 - 0.80

Ferro • •

0.50 - 0.90 0.50 - 0.90

Ossidato Arrugginito

Ottone • Brunito • Ossidato

0.30 0.50

Piombo • Ruvido

0.40

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3.4 STRUMENTI DI AUSILIO ALLA VISIONE Sistemi di ingrandimento In alcune situazioni le capacità dell'occhio umano non sono sufficienti per osservare determinate caratteristiche dei materiali. In questi casi, per aumentare la visione naturale, vengono impiegati strumenti ottici quali: • • •

lenti di ingrandimento comparatori di superficie microscopi.

Lenti e microscopi sono disponibili con diversi poteri d'ingrandimento, che variano da 1,5 X a 2.000 X, e con campi visivi da 89 mm a 0,15 mm. Il potere di risoluzione varia, di conseguenza, da 0,05 mm a 2 micron. Nella scelta delle attrezzature per ingrandire gli oggetti da controllare si devono tenere in considerazione le caratteristiche di: potere d'ingrandimento, distanza di lavoro, campo visivo. Queste caratteristiche sono in relazione tra loro: sistemi con elevato potere d'ingrandimento hanno una corta distanza di lavoro e stretto campo visivo, mentre i sistemi a basso potere d'ingrandimento presentano una lunga distanza di lavoro ed un ampio campo visivo. Ingranditore misuratore L'ingranditore misuratore è costituito da un sistema di lenti di ingrandimento con inserita una scala di misura. Le lenti sono inserite in un oculare con un supporto trasparente in modo da illuminare adeguatamente l'oggetto in esame. L'ingranditore viene posizionato direttamente sulla superficie da esaminare e attraverso la scala permette la misurazione di distanze, angolazioni, ecc.

Nota: Caratteristiche tecniche Ingranditore misuratore - sistema di tre lenti 7x - potere di risoluzione di circa 1 µm (4 x 10-5 in) - diametro campo visivo circa 25 mm (1 in.)

Ingranditori illuminatori - sistema di 3 lenti - potere risolutivo di 1,5 µm (6x10-5 in) - diametro campo visivo fino a 50 mm (2 in)

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Ingranditori illuminatori Gli ingranditori illuminatori comprendono una vasta gamma di strumenti che vanno dalle normali lenti circolari equipaggiate con sostegni regolabili e lampade fluorescenti ad ingranditori con luce propria alimentati da batterie o corrente continua. Generalmente hanno un campo visivo maggiore rispetto agli ingranditori misuratori, ma un minore potere di risoluzione. TABELLA: Caratteristiche ottiche ingranditori Tipo di ingranditore

Campo visivo mm (inches)

Lenti di lettura Lenti di ingrandimento Doublet Magnifier Coddington Magnifier Triplet Magnifier

90x40 (3.5x1.6) 60 (2.4) 60 (2.4) 19 (0.75) 22 (0.87)

Ingrandimento 1.5 x 2x 3.5 x 7x 10 x

Potere risolutivo µm (in. x10-5)

Distanza di lavoro mm (inches)

50 40 25 10 7.5

100 (4 in.) 90 (3.5 in.) 75 (3 in.) 25 (1 in.) 20 (0.75 in.)

(2 in.) (2 in.) (1 in.) (0.4 in.) (0.3 in.)

Comparatori di superficie Il comparatore di superfici è un ingranditore che fornisce una visione comparata fra la superficie osservata e una superficie con finitura standard. Dall'osservazione sono direttamente visibili la superficie in esame e la superficie campione una vicino l'altra. Il comparatore è costituito da un una sorgente luminosa, un divisore di fascio ed un sistema di ingrandimento a 3 lenti. Il grado di rugosità della superficie viene evidenziato dalla tonalità del colore della superficie stessa: -

le superfici levigate e lucide appaiono brillanti in quanto le immagini sono riflesse direttamente nel punto di visione;

-

le superfici rugose ed inclinate appaiono scure in quanto la luce viene dispersa e riflessa lontano dal punto di visione.

Nota: Caratteristiche tecniche Comparatori di superficie - sistema di tre lenti 10x - potere di risoluzione di circa 7.5 mm (3 x 10-4 in.) - diametro campo visivo circa 1 mm (0.04 in.)

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Microscopi Qualora fossero necessari ingrandimenti superiori a quelli normalmente ottenibili con gli ingranditori si ricorre all'utilizzo di microscopi. In relazione al loro potere di ingrandimento i microscopi possono essere classificati a bassa, media o alta potenza. Microscopi a bassa potenza (macroscopi) Nel mercato sono reperibili diversi tipi di modelli, la cui caratteristica comune è il fatto di permettere all'operatore di avere le mani libere durante l'osservazione. Microscopi di media potenza - Microscopio stereoscopico a campo largo Microscopi di alta potenza - Microscopio metallografico - Microscopio metallurgico - Microscopio da laboratorio

MACROSCOPIO Visione tridimensionale con obiettivi fino a 8X, su slitta a cambio rapido. L'illuminazione avviene con due coassiali all'asse di osservazione.

lampade

alogene,

MICROSCOPIO STEREOSCOPICO Lo stereomicroscopio consente la visione in tre dimensioni del campione. L'osservazione avviene principalmente per mezzo di luce riflessa, da due angoli leggermente diversi in modo da ottenere le due immagini necessarie per la visione stereoscopica. La ridotta capacità di ingrandimento (tipicamente compreso fra 8-50 volte) ne limita l’utilizzo ad oggetti di dimensioni non troppo piccole, ma in compenso elimina le complesse operazioni di preparazione dei campioni necessarie con microscopi di maggiore potenza. E' largamente impiegato in numerosi campi di ricerca (entomologia, mineralogia, botanica, medicina) e in numerosi settori della produzione industriale. Modello dotato di lente binoculare (20 X) montata su un insieme a colonna che consente di orientarla in qualsiasi direzione. MICROSCOPIO METALLOGRAFICO Il microscopio metallografico permette di vedere i costituenti di una lega quando questi, dopo semplice pulitura o attacco, si differenziano per il colore, oppure quando ci sia un altorilievo con conseguente effetto di luce ed ombra, oppure quando la superficie del campione sia costituita da tanti piccoli piani (le facce dei cristalli o grani della lega) diversamente orientati e che quindi riflettono in misura diversa la luce nell'obiettivo del microscopio. Nel microscopio metallografico la luce investe la superficie da visualizzare, che viene pertanto osservata per riflessione. I campioni SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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metallici infatti non possono essere osservati per trasparenza, per la loro opacità anche in sezione sottile.

Sistemi ottici speciali I piani ottici ed i comparatori ottici sono strumenti utilizzati normalmente negli esami visivi per migliorare il rilievo di certe caratteristiche da controllare quali planarità di superfici, profili e sagome. Piano ottico I piani ottici sono usati per controllare la planarità di superfici che richiedono un alto grado di precisione. Sono composti da cilindri o parallelepipedi di vetro o quarzo e sono costruiti con una o più superfici estremamente piane. Quando sono applicati alla superficie da controllare, ogni deviazione dalla planarità della superficie risulta in un distacco tra il piano ottico e l'oggetto, che è evidenziato dalla formazione di ombre sul piano. Queste ombre sono dovute all'interferenza che la luce riflessa dall'oggetto ha con quella trasmessa attraverso il piano ottico.

Comparatore ottico I comparatori ottici sono usati per confrontare le caratteristiche di superficie di un pezzo (dimensioni, forma) con quelle di un campione di riferimento noto. Il pezzo da controllare viene sistemato nell'unità ed una sorgente luminosa proietta l'ombra ingrandita dell'oggetto su uno schermo sul quale viene appoggiato il profilo standard. Quindi viene fatto un confronto tra il pezzo e il campione di riferimento. I comparatori ottici sono disponibili in diverse varietà: alcuni sono piccoli abbastanza da poter essere portati nella zona d'ispezione; • altri sono grosse postazioni fisse entro le quali devono essere inseriti i pezzi da controllare. Questo tipo di comparatore viene anche chiamato proiettore di profili. •

Specchi L'utilizzo di uno specchio è spesso necessario quando non è possibile accedere facilmente alla zona da ispezionare entro i limiti raccomandati dalle normative (610 mm a 30°). Sono disponibili diversi tipi di specchi per ispezione, alcuni con snodi articolati, altri con supporti estensibili e certi provvisti con una sorgente luminosa autonoma. Con questi ultimi è possibile posizionare lo specchio ed illuminare la zona da controllare contemporaneamente. Normalmente si utilizzano specchi a basso potere di ingrandimento. Le principali caratteristiche da prendere in esame per una adeguata scelta sono: - livello di riflettività - grado di planarità o di curvatura SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Stroboscopio Lo stroboscopio è un dispositivo che utilizza impulsi luminosi ad alta intensità sincronizzati in modo di permettere l'osservazione di oggetti che si muovono in maniera rapida e periodica. La frequenza degli impulsi luminosi infatti può essere regolata in modo da far apparire stazionario, o in movimento apparente molto più lento di quello reale, un oggetto che si muove a forte velocità. Può essere utilizzato anche per eseguire delle esposizioni fotografiche di oggetti in movimento. L'effetto stroboscopico richiede un accurato controllo dell'intermittenza della sorgente luminosa o dell'interruzione periodica della visione. Le sue applicazioni sono molteplici, in diversi settori, dalla produzione alla manutenzione industriale, dalla ricerca all’addestramento: - misura della velocità di rotazione, frequenza o periodo; - osservazioni su macchine in rotazione; - controllo di vibrazioni, deformazioni meccaniche; - controllo qualità; - laboratori.

3.5 ENDOSCOPI Endoscopia

L'endoscopia risolve la necessità di verificare, monitorare, osservare stati ed eventi all'interno delle cavità di un oggetto, consentendone l'accesso (tramite aperture o fori preesistenti) senza dover necessariamente intervenire modificando, alterando o smontando l'oggetto in analisi. Utilizzata come efficace metodica nei controlli visivi, si affianca, come strumentazione diagnostica, anche alle altre tecnologie utilizzate nei controlli non distruttivi. L' ENDOSCOPIO è lo strumento principale per l'esame visivo remoto. Le principali tipologie di endoscopio attualmente disponibili sono: • • •

BOROSCOPI (endoscopi rigidi) FIBROSCOPI (endoscopi flessibili ottici) VIDEOENDOSCOPI (endoscopi flessibili televisivi)

L'endoscopia industriale propone all'ispettore un metodo di controllo tecnico diretto, di facile impiego ed efficace in termini di costi, per applicazioni diverse in ogni settore dell'industria. Dagli inizi degli anni '70, gli endoscopi per l'industria sono stati progettati espressamente per resistere ai rigori dell'ambiente industriale e ad altri impieghi anche gravosi: la resistenza agli urti, alle abrasioni, alle torsioni e la loro impermeabilità è garantita da tubi in acciaio inox sigillati con saldature laser (boroscopi) e guaine flessibili multi-strato con calze esterne in acciaio tungsteno SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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impregnate di teflon (fibroscopi e videoendoscopi). Gli endoscopi industriali sono generalmente immergibili in acqua, acqua salata (5%), benzine, kerosene avio, oli minerali e sintetici. Endoscopio Gli endoscopi sono strumenti ottici (sonde ottiche, sonde endoscopiche ..) che consentono di vedere all'interno di cavità solitamente non illuminate. Questo presuppone quindi che gli strumenti siano muniti di un proprio sistema di illuminazione. Un sistema endoscopico è essenzialmente formato dai seguenti componenti: • sorgente luminosa o generatore di luce • cavo di trasporto della luce alla sonda • sonda endoscopica • sistema di visione Generatore di luce Un tempo negli endoscopi la sorgente luminosa era sulla testa della sonda detta estremità distale “distal end” (endoscopi a luce calda). L’endoscopia moderna è ormai invece del tipo a “luce fredda”, con sorgente luminosa esterna alla sonda. Nel generatore di luce sono alloggiati: - i necessari circuiti di alimentazione; - un sistema di raffreddamento forzato tramite ventola; - un meccanismo per la regolazione della quantità di luce. Il meccanismo di regolazione agisce su una sorta di schermo o paratia metallica regolabile, collocato davanti alla parabola della lampada. In questo modo è possibile ottimizzare l'illuminamento regolando la quantità di luce senza agire sulla tensione di alimentazione e quindi mantenendo costante la temperatura di colore tipica di quel modello di lampada. Le tipologie di lampade più utilizzate nell'endoscopia sono: • Lampada alogena dicroica con filamento al tungsteno. E' una lampada largamente impiegata (copre circa il 70% delle applicazioni), presente in diverse potenze (50 - 75 - 150 - 250 W). • Lampada ad arco (scarica in gas diversi). E' sempre più largamente diffusa in endoscopia, con diverse potenze disponibili (35 - 50 - 180 - 200 - 250 - 300 W). Le lampade sono dotate di filtri IR ed UV (infrarosso ed ultravioletto). Nota Il valore espresso in Watt (W) si riferisce alla potenza elettrica assorbita dalla lampada e non indica la quantità di energia emessa in termini di luce (rendimento). Per esempio, è interessante notare che l'illuminamento prodotto da una lampada ad arco al mercurio da 35W è quasi doppio rispetto a ciò che emette una lampada dicroica alogena da 150W ! Nota Parlando di ispezioni endoscopiche all'interno di cavità come camere di combustione ecc., è utile sapere che i residui carboniosi hanno la spiacevole caratteristica di assorbire maggiormente la radiazione luminosa che tende al giallo/rosso (2500° - 3200° -3700° k).

Per questa ragione, in queste situazioni, a parità di illuminamento, l'utilizzo di luce tendente all'azzurro (6000° k) offre molti vantaggi all'operatore. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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LAMPADE PER ENDOSCOPIA CARATTERISTICHE

LAMPADA ALOGENA DICROICA (con filamento al tungsteno)

LAMPADE AD ARCO (scarica in gas diversi)

Temperatura colore della luce generata:

3.200 °K (luce artificiale)

5000/6000 °K (luce solare media)

Vita:

media (circa 200 ore)

elevata (circa 2000 ore)

Costo:

basso

rilevante

Rapporto illuminamento / potenza assorbita:

medio basso

ottimo

Indicazioni:

boroscopi e fibroscopi particolarmente luminosi senza l'impiego di sistemi fotografici o televisivi (∅ > 6 mm lunghezze non superiori al metro)

qualsiasi impiego in endoscopia; indispensabile per sonde poco luminose, TVCC, videoendoscopia

Cavo portaluce La luce, generata dalla fonte luminosa, viene condotta tramite un cavo portaluce dalla sorgente fino all'impugnatura dell'endoscopio. All'interno della sonda, parallelamente al sistema di visione, sono distese centinaia di fibre ottiche che portano la luce fino alla zona distale dell'endoscopio. I cavi portaluce possono essere di diverso tipo: •

Cavo portaluce a liquido



Cavo portaluce a fibra ottica

Cavo portaluce a fibre ottiche Contiene fibre ottiche raggruppate in un numero di alcune migliaia di unità (∅ 10-15 micron). La singola fibra è costituita da un cilindro pieno, filiforme, di vetro ottico (o materiale plastico). Il ridottissimo diametro la rende molto flessibile. La fibra ottica è conduttrice di luce nello spettro del visibile (per la luce UV occorre che la fibra ottica sia di quarzo). La luce si propaga nel suo interno grazie ad una sua continua e ripetuta riflessione totale interna. Nota La luce varia la sua velocità di propagazione a seconda della densità dell'elemento che attraversa. Nel punto in cui un fascio luminoso incontra la superficie di un conduttore avente diversa densità esso viene rallentato o accelerato se colpisce perpendicolarmente la superficie del nuovo elemento o, altrimenti, deviato con un certo angolo detto angolo di rifrazione. L'opportuna inclinazione del fascio luminoso ed una adeguata diversa densità degli elementi costituenti la fibra ottica causano una deviazione esasperata della luce: fenomeno conosciuto come riflessione. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Cavo portaluce a liquido Tubo flessibile le cui superfici interne sono trattate a specchio, riempito di una soluzione salina liquida stabile e sigillata. Così allestito, il cavo portaluce a liquido si comporta come se fosse un'unica fibra ottica di grosso diametro ma flessibile. Caratteristiche principali: 1. Il cavo a liquido ha la caratteristica di innalzare la temperatura di colore della luce di circa 1000-2000 K. 2. Ideale quando si utilizzano endoscopi a fibre ottiche che hanno una luminosità un po’ più “giallastra” degli endoscopi rigidi. 3. Con endoscopi a fibre ottiche o endoscopi rigidi di grande lunghezza, può essere associato vantaggiosamente a sorgenti a scarica, con temperatura di colore più elevata.

Boroscopio (Endoscopio rigido) I boroscopi sono endoscopi caratterizzati da una sonda rigida e rettilinea. Il sistema di visione è composto da gruppi di lenti che permettono all'immagine focalizzata dalla lente distale di raggiungere l'oculare di visione. L'osservazione viene quindi effettuata dall'occhio che vede attraverso l'oculare. Essi sono costituiti da: -

sonda (involucro tubolare in acciaio inox che con la sua lunghezza costituisce la cosiddetta “penetrazione” della sonda)

-

impugnatura, con l’attacco rapido alla sorgente di luce e le manopole di comando.

Sull'oculare è possibile montare (tramite un adattatore opto/meccanico) un corpo telecamera che provvederà ad inviare via cavo ad un monitor l'immagine televisiva (boroscopio + sistema T.V. a circuito chiuso o C.C.T V.). Note 1. Nei boroscopi di piccolissimo diametro la tecnologia impiegata è diversa: una singola lente cilindrica a densità concentrica variabile oppure fibre ottiche porta immagine 2. Nei boroscopi l'obiettivo (lens) viene (impropriamente) localizzato nella parte distale; in realtà tutte le lenti di un boroscopio concorrono ed assolvono alle funzioni di un unico obiettivo.

Funzionamento La sorgente luminosa porta la luce all’impugnatura della sonda. Dall’impugnatura la luce entra in un fascio di fibre ottiche (sostanzialmente sottilissimi cilindretti di vetro) che, lungo il tubo in inox, arrivano all’estremità distale per illuminare la zona di ispezione. L’immagine entra attraverso una lente (sonde diritte) o un prisma (sonde laterali). Da qui l’immagine, attraverso un sistema di lenti coassiali, viene condotta lungo l’asse ottico della sonda al prisma raddrizzatore che è situato nell’impugnatura. La qualità dell’immagine è eccezionalmente buona, sia dal punto di vista risolutivo che cromatico. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Caratteristiche Le principali caratteristiche dei boroscopi sono: -

Direzione di visione; definita dall’angolo fra la deviazione di visione e l’asse del sistema ottico dell’endoscopio. Si possono avere tipologie di sonde che consentono differenti direzioni di visione (diritta, laterale, retro, obliqua avanti).

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Profondità di campo; maggiore è la profondità di campo, maggiore sarà la dimensione dell’immagine ripresa, ma minore sarà il dettaglio in quanto l'immagine risulta rimpicciolita nei particolari osservati. La profondità di campo va da pochissimi mm a infinito.

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Dimensioni; le sonde sono di diametro e lunghezza diverse. I diametri variano da 6mm a 8mm, ma esistono anche i miniboroscopi con diametri 2.5, 1.7, fino a 1.2 mm. Le lunghezze possono arrivare a circa 2 m (per i diametri da 8 a 12 mm).

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Connessioni; prevedono la connessione con cavi portaluce (integrati/solidali con l'impugnatura o separabili) per i necessari collegamenti con le fonti luminose.

Note 1. Alcuni strumenti detti “swing prism” possiedono un prisma oscillante che consente un passaggio continuo da retro ad obliqua avanti. Nella gamma degli strumenti rigidi gli "swing prism" sono sicuramente da considerarsi i più versatili ed innovativi. 2. Esistono anche soluzioni che montano specchi (invece che prismi) per deviare l'immagine sulle sonde laterali. 3. Le fibre ottiche che portano la luce all’estremità sono lubrificate con grafite per consentire un miglior scorrimento relativo.

Fibroscopio (endoscopio flessibile) I fibroscopi sono endoscopi caratterizzati da una sonda flessibile e morbida che permette l'accesso a cavità di geometria complessa con andamento non necessariamente rettilineo. A differenza degli endoscopi rigidi, i fibroscopi utilizzano le fibre ottiche non solo per portare la luce ma anche per condurre l'immagine. In una sonda flessibile, infatti, non esistono le condizioni permanenti di rettilineità indispensabili per poter impiegare lenti ottiche. Sono formati da un cavo costituito: esternamente da: - calza di protezione in maglia di acciaio; - guaina flessibile di tenuta ai liquidi; - maglia in acciaio, con trama antitorsione; internamente da: - sistemi di tiranteria per il movimento della sonda; - cavi portaluce a fibre ottica; - cavo coerente portaimmagine (o cavo coerente).

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Funzionamento Ogni fibra, del diametro di 4-5 micron, si comporta come una specie di “pixel” e trasporta una piccolissima porzione di immagine. Minore è il diametro di ogni singola fibra, maggiore è il numero di fibre che si possono compattare nella sezione di un cavo porta immagini (e quindi maggiore è la definizione del sistema visivo). L'uniformità di diametro/lunghezza/luminosità e la coerenza di posizionamento di ogni singola fibra contenuta nel cavo porta immagine permette all'immagine focalizzata dall'obiettivo distale di arrivare fino all'oculare di visione. Più fibre ottiche ci sono più alta è la definizione che si ottiene (anche se l’immagine non sarà mai definita come quella di un boroscopio). In un fibroscopio sono presenti da 20000 a 45000 fibre ottiche. L'obiettivo nei fibroscopi è posto nella parte estrema distale e focalizza l'immagine sulla sezione del cavo coerente. Nota Nelle versioni moderne non vi è più la possibilità di regolare la messa a fuoco ma si usano sonde per distanze diverse. Esistono sonde near focus (NF) o far focus (FF) a seconda della profondità di campo.

Caratteristiche A seconda delle necessità, sono disponibili fibroscopi con diversi diametri (si parte da 0,8 mm), lunghezze e direzioni di visione (anche attraverso degli obiettivi distali intercambiabili). La parte terminale della sonda può essere angolabile nelle quattro direzioni (alto/basso - destra/sinistra) per mezzo di comandi meccanici o pneumatici che permettono di ottenere un maggior campo di vista. Anche per i fibroscopi è possibile "sostituire" l'occhio dell'operatore con una telecamera montata sull'oculare endoscopico (tramite un adattatore opto/meccanico) che invia un segnale video ad un monitor tv.

Videoendoscopio (endoscopio televisivo) I videoendoscopi sono sonde opto-elettroniche flessibili nelle quali l'osservazione si effettua direttamente su monitor televisivo anziché sull'oculare di visione. A differenza dei boroscopi (gruppi di lenti) e dei fibroscopi (fibre ottiche coerenti), i videoendoscopi hanno un sistema di visione basato sull'utilizzo di un micro-sensore televisivo (CCD) all'interno della sonda, collocato nelle immediate vicinanze dell'obiettivo distale.

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Componenti e funzionamento L'obiettivo focalizza l'immagine sul piano del sensore (target); il sensore (trasduttore) converte il segnale di natura ottica in uno equivalente di natura elettrica. Il segnale elettrico viene portato da fili conduttori (distesi all'interno della sonda) fino ai circuiti dell'unità controllo camera (CCU = Camera-Control-Unit) remotata, per ragioni di ingombro, al di fuori della zona che assolve alla funzione endoscopica. L'unità controllo camera (solitamente collocata in una piccola valigia/contenitore o addirittura nell'impugnatura stessa dell'endoscopio) elabora questo segnale trasformandolo in segnale video (PAL) che viene visualizzato direttamente a monitor.

Caratteristiche Anche per i videoendoscopi esiste la possibilità di montare sulla parte distale obiettivi intercambiabili ottenendo, secondo le necessità, direzioni di visione diritte o laterali nonché diverse caratteristiche di profondità di campo. I videoendoscopi sono disponibili con sonde in diverse lunghezze (anche fino a 30 m). La tecnologia oggi permette la realizzazione di sonde video con diametri molto ridotti (da 4 a 10 mm). VANTAGGI DEI VIDEOENDOSCOPI -

Minor costo rispetto agli altri tipi di endoscopi Assenza di rischi di danneggiamento fibre Possibilità di coprire maggiori distanze Le immagini endoscopiche possono essere osservate su monitor contemporaneamente da più operatori Il risultato visivo è per nitidezza, resa cromatica e luminosità molto vicino a quello ottenibile con i migliori boroscopi Le immagini sono ottenute da una sonda fisicamente flessibile e versatile quanto un fibroscopio

Endoscopi speciali Esiste una serie di endoscopi speciali utilizzati in specifiche applicazioni i principali sono: •

Endoscopi angolati Endoscopi con adattatori angolati per facilitare l'accesso anche in posizioni difficilmente ispezionabili. La direzione di visione viene orientata mediante un comando posto sull'impugnatura dello strumento.



Endoscopi panoramici Il prisma ottico situato sulla testa dell'endoscopio viene regolato mediante un comando situato sull'impugnatura. In questo modo è possibile variare la sua angolazione e quindi la direzione di visione durante l'esame. Prisma orientabile.



Endoscopi a campo largo (grandangolari) Endoscopi dotati di ottiche grandangolari per avere una lunghezza focale minore e quindi permettere visioni con maggiori angoli di campo. Nel caso di forte accentuazione SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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dell'effetto grandangolare si possono generare immagini altamente distorte fino ad ottenere una immagine circolare. •

Endoscopi ad ultravioletti o infrarossi Endoscopi con sorgenti di luce ultravioletta o ad infrarossi per particolari applicazioni.



Endoscopi per ambienti particolari Endoscopi con particolari accorgimenti e materiali per operare in presenza di acqua o vapore o in ambienti con temperature elevate: - Endoscopi a tenuta d'acqua e vapore - Endoscopi raffreddati ad acqua o gas

Metodi di misurazione Quando si utilizzano sistemi di visione remota diviene problematica la determinazione della reale dimensione di un’indicazione. Risulta infatti difficoltoso stabilire l’esatta distanza della sonda dalla superficie osservata. Oggi con le nuove tecnologie applicate ai Videoendoscopi, è possibile dimensionare aree, segmenti, profondità sia su superfici piane che su piani inclinati. Esistono diversi metodi per effettuare misurazioni nel campo dell'endoscopia industriale, tra i principali: • • •

Misurazione per comparazione Misurazione Shadow (ombra) Misurazione stereoscopica

Misurazione per comparazione La tecnica di misurazione per comparazione richiede che sull'immagine visualizzata dal Videoendoscopio sia presente almeno un oggetto di dimensione nota, quale ad esempio un foro o un dado. Conoscendo questa informazione è possibile determinare per comparazione la dimensione del particolare di interesse. La principale limitazione di questo metodo è quella di richiedere che la superficie in esame sia perfettamente piana e perpendicolare alla sonda. Con questa tecnica non sono quindi possibili misure su piani inclinati o misure di profondità. Misurazione Shadow (ombra) Misurazione Shadow (ombra) è stato il primo metodo, abbinato alla tecnologia Videoendoscopica, a non richiedere il riferimento noto per il dimensionamento dei difetti. La tecnica Shadow si basa su un'ottica particolare in grado di proiettare un'ombra sull'immagine visualizzata nello schermo del Videoendoscopio. Tale ombra viene generata dall'ottica mediante una stretta banda nera serigrafata sulla finestra di proiezione della luce. L'ombra così ottenuta sulla superficie in esame, serve al microprocessore per definire l'ingrandimento. Ad un'ombra che si posizionerà più a sinistra sullo schermo corrisponderà un maggiore ingrandimento; questo riferimento servirà al processore per determinare il giusto valore della misura. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Misurazione stereoscopica La misurazione stereoscopica implica l'utilizzo di ottiche speciali che focalizzano sul CCD due immagini riprese da due angolazioni diverse. Ogni immagine utilizzerà mezzo CCD. Il display del Videoendoscopio visualizzerà due immagini apparentemente uguali ma diversamente angolate. Nella fase di misurazione una delle due immagini servirà all'operatore per posizionare i cursori, che definiranno il componente da misurare, mentre sull'altra immagine sarà il processore ad individuare i punti corrispondenti. Il sistema riesce a determinare l'ingrandimento verificando, in automatico, la distanza fra i punti dei due cursori, quello impostato dall'operatore, quello individuato dal processore ed il bordo delle due immagini. Una superficie molto riflettente o altre situazioni possono rendere difficile questa operazione. Pertanto l'attendibilità della misurazione viene classificata dal processore con una scala di accuratezza in un intervallo da 0 a 5.

Campi di applicazione La gamma di prodotti endoscopici è progettata modularmente, in modo da poter proporre soluzioni ai problemi dei controlli in ogni settore industriale. Le applicazioni sono davvero molteplici; in sintesi gli endoscopi industriali trovano la maggior parte del loro utilizzo nei campi indicati: • • • • • •

Aerospaziale Power generation e impianti Difesa Sicurezza Edilizia e costruzioni Settore automotive

AEROSPAZIALE Il controllo visivo a distanza è stato da tempo accettato, e standardizzato, come normale metodo di controllo della qualità per la manutenzione e localizzazione guasti. Molti controlli di turbine a gas ora vengono eseguiti usando kit specifici per motori, al fine di ridurre al minimo i tempi di inattività ed i costi, massimizzando nel contempo la sicurezza, l'efficienza ed i tempi di elaborazione. In particolare, l'endoscopio è regolarmente usato per il controllo delle strutture (cellula, pale, ali…), dei propulsori (sia endotermici sia turbine - turbogetti, turbofan, turboprop.), dei riduttori di velocità, dei componenti e sistemi di bordo, dell'armamento.

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POWER GENERATION E IMPIANTI Le centrali elettriche, come anche le raffinerie e gli impianti chimici, richiedono costantemente metodi di controllo visivo a distanza per la manutenzione di caldaie, scambiatori di calore, alternatori, trasformatori, valvole, recipienti a pressione e molti altri componenti, nonché per la verifica della pulizia ed asetticità del piping contro la presenza di colonie batteriche formatesi presso curve o gomiti dello stesso. L'endoscopia aiuta i tecnici a raggiungere il centro del problema in tempi brevi e con facilità, riducendo al minimo i tempi di inattività ed ottimizzando la manutenzione pianificata. DIFESA Le applicazioni nel settore della difesa sono molteplici e comprendono strutture, impianti termo idraulici, propulsione, trasmissione potenza e moto nella difesa marittima; canne, trasmissioni, elicotteri e problemi di artiglieria e motorizzazione nelle operazioni dell'esercito, oltre alle applicazioni elencate nella sezione "Aerospaziale". SICUREZZA Criminali e terroristi diventano sempre più ingegnosi e di ordinaria amministrazione, pertanto gli endoscopi offrono maggiori vantaggi alle agenzie di sicurezza, per la ricerca di narcotici, contrabbando, merce rubata, armi e ordigni, sorveglianza di persone sospette, agitazioni civili, sommosse e scene di reati potenziali. EDILIZIA E COSTRUZIONI La diffusione della tecnologia, i problemi atmosferici e la maggiore richiesta di servizi e sicurezza contribuiscono alla necessità di disporre di controlli e manutenzione sempre migliori. Gli endoscopi sono largamente utilizzati per controllare monumenti, edifici, ovvero intercapedini, problemi del cemento armato, controsoffitti, pareti e pavimenti, impianti per l'aria condizionata, caldaie, condotti dei fumi di scarico, tubazioni dell'acqua, strade e ponti. SETTORE AUTOMOTIVE Per automotive intendiamo tutto ciò che è direttamente o indirettamente legato al trasporto su gomma e rotaia. La concorrenza e la tecnologia continuano ad imporre esigenze sempre maggiori ai servizi di ricerca e produzione di autoveicoli, veicoli industriali, macchine movimento terra, locomotori elettrici e diesel, scuderie ed assistenza clienti. Le attrezzature di controllo visivo a distanza vengono impiegate principalmente per controllare cilindri, scarichi e sistemi catalitici, per verificare le scocche ed i telai, gli spoiler e gli alettoni, i cambi, le scatole guida, la trasmissione, i serbatoi, i filtri, le tubazioni, nonché, nella loro produzione, le testate, i monoblocchi, i basamenti alberi motore. Sempre con l'endoscopio si possono inoltre controllare i sistemi di frenatura, i dispositivi di alimentazione (iniezione), di distribuzione (valvole), di raffreddamento e climatizzazione (radiatori, compressori).

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3.6 ALTRI SISTEMI Sistemi televisivi a circuito chiuso (CCTV) Un sistema televisivo a circuito chiuso (CCTV) per convertire la luce riflessa dall'oggetto in visualizzata su un tubo a raggi catodici (CRT). I tubi sensibili delle telecamere sono sia Orthicon, che lavora per fotoemissione, sia Vidicon, che lavora per fotoconduzione.

utilizza un elemento forma-immagine fotosensibile una immagine elettrica, che viene trasmessa e di tipo del tipo

La fotoemissione avviene quando gli elettroni sono emessi da una superficie fotosensibile stimolata dalla luce. La fotoconduzione è il processo nel quale la conduttività della superficie fotosensibile cambia in relazione all'intensità della luce che incide su di essa. Entrambi i processi producono una corrente elettrica che rappresenta il segnale video. Questo segnale viene processato, amplificato e visualizzato su un video. Sistemi computerizzati Alcuni sistemi per esami visivi utilizzano computers per migliorare e manipolare le immagini degli oggetti da esaminare. Questi strumenti digitalizzano l'immagine e convertono ogni singola cella della figura (pixel) in un numero binario il quale può essere interpretato dai programmi software. L'utilizzo di queste immagini digitalizzate permette di compensare elettronicamente l'immagine in caso di scarsa illuminazione superficiale e di eseguire precise misurazioni di determinate aree. I dati digitalizzati possono inoltre essere salvati su supporti magnetici o dischi ottici, e possono essere recuperati facilmente per successive elaborazioni. Nota Schema semplificato di digitalizzazione di una immagine: • Immagine • Immagine sul reticolo di pixel della camera • Immagine scansionata sequenzialmente • Segnale elettrico risultante • Sequenza binaria corrispondente

Sistemi di elaborazione delle immagini L'attrezzatura usata per ottenere un'immagine e trasferirla elettronicamente verso un display viene detta Imaging System (sistema di elaborazione dell'immagine). Un videoendoscopio è un buon esempio di questo sistema, esso combina le caratteristiche di un endoscopio con la tecnologia di processamento delle immagini dei sistemi computerizzati. Con questo sistema si riducono le difficoltà che si incontrano quando si usano i tipici fibroscopi o boroscopi. L'affaticamento della vista e dell'operatore, causato dalla necessità di assumere posizioni scomode, possono essere diminuite quando l'immagine si trasferisce dall'oculare ad un monitor. I sistemi Video-processore che combinano un videoscopio con un processore di immagini sono ideali per visionare, manipolare e conservare le immagini ottenute. Nota I primi sistemi video utilizzavano una telecamera montata sull'oculare di un boroscopio o di un fibroscopio e con la visualizzazione dell'immagine su di un monitor.

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Sistemi automatici I sistemi di esami visivi automatici fanno uso dei videoanalizzatori i quali vedono ed interpretano le informazioni dell'oggetto sotto esame. L'apparecchio è in grado di esaminare l'oggetto attraverso diversi sensori: - una telecamera VIDICON, - un sensore CCD (charged-coupled-device), - un laser, con un termometro. L'immagine ottenuta viene elaborata da un computer che la compara con una immagine campione accettabile, mantenuta in memoria, e determina automaticamente l'accettabilità dell'oggetto in esame. I costruttori che utilizzano sistemi automatici di controllo possono ottenere efficaci e affidabili ispezioni che non sono influenzate dalle variabili condizioni fisiologiche umane. Applicazioni · L'industria siderurgica, per esempio, utilizza telecamere CCD per rilevare discontinuità sui prodotti laminati durante i vari cicli di fabbricazione. · L'industria automobilistica utilizza sistemi automatici per controllare la verniciatura finale delle vetture. Si possono rilevare diversi difetti come: macchie, colature e distribuzione disuniforme del pigmento metallico delle verniciature metallizzate.

Sistemi robotizzati Per particolari applicazioni esistono anche sistemi robotizzati che consentono l'ispezione visiva quando le condizioni ambientali non sono adatte all'ingresso da parte dell'operatore.

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4. PRINCIPI DI BASE DELL'ESAME VISIVO

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4.1 PROCEDURE DI ESAME Introduzione L'esame visivo è il metodo più istintivo ed immediato per la valutazione di un evento o di un manufatto. Da ciò ne deriva la sua diffusione ed importanza, anche se i risultati dipendono spesso da valutazioni soggettive. Nel mondo dei Controlli non Distruttivi è sicuramente il punto di partenza di ogni indagine tecnica, a prescindere dalla metodologia d'indagine scelta. Nella valutazione qualitativa di un manufatto, sia essa di tipo: - superficiale (Liquidi Penetranti e/o Magnetoscopia) - sub-superficiale (Magnetoscopia e/o Correnti Indotte) - volumetrica (Radiografia e/o Ultrasuoni) è fondamentale conoscere lo stato della superficie del componente soggetto ad indagine. In particolare l'esame dello stato superficiale (rugosità, discontinuità, lavorazioni, rivestimenti, …) permette una scelta più idonea della metodologia da applicare e soprattutto aiuta ad evitare errori di interpretazione. Inoltre un accurato controllo visivo permette di ottenere una reale percezione della qualità costruttiva, prima ancora di procedere con altri metodi di controllo.

Procedure tipiche di esame I controlli visivi vengono generalmente utilizzati per rilevare specifiche caratteristiche superficiali e/o dimensionali di componenti di macchine o manufatti e per ispezionare e valutare lo stato di conservazione e funzionamento di impianti, strutture e macchinari. In base alla modalità di ispezione l'esame visivo può essere distinto in: • Esame visivo generale • Esame visivo locale In relazione alla strumentazione utilizzata vengono suddivisi in: • Esame visivo diretto • Esame visivo remoto

Esame visivo generale

Esame visivo locale

Esame visivo diretto

Esame visivo remoto

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Esame visivo generale L'esame visivo generale viene effettuato su vaste aree di un componente o di una struttura per rilevarne la condizione complessiva, lo stato di degrado e la sua integrità. Normalmente questo tipo di esame comporta il rilievo di informazioni quali: - idoneità generale e funzionale - stato delle superfici e stato dei rivestimenti - presenza di distorsioni, deformazioni o rotture - individuazione di parti mancanti della struttura o del componente - dimensioni e forme di componenti di macchine, di impianti e di manufatti. Esempi tipici di esame visivo generale sono: - Esame visivo di impianti e serbatoi - Esame visivo di strutture o viadotti metallici Esame visivo locale L'esame visivo locale viene effettuato su porzioni dettagliate e limitate di una componente o di un macchinario. È generalmente utilizzato per rilevare specifiche caratteristiche superficiali e/o dimensionali quali: • grado di finitura delle superfici • grado di allineamento ed usura • presenza di discontinuità o difetti • dimensionamento e allineamento di singole parti o componenti di macchine.

Esame visivo diretto L'esame visivo diretto consiste nell'ispezionare attraverso la visione diretta (occhio dell'operatore) la superficie in esame. Per migliorare la visione possono essere utilizzati strumenti quali lenti, specchi, filtri. Nel caso di impiego di strumentazione si parlerà di esame assistito altrimenti di esame non assistito. L'esame diretto può essere attuato quando esiste un percorso diretto fra l'occhio dell'operatore e la superficie da esaminare e quando è possibile accedere ad una distanza di visione dalla superficie in esame non superiore a 60 cm con una angolazione non inferiore a 30°. Le ispezioni di tipo generale possono essere eseguite anche con distanze superiori in funzione del tipo di ispezione richiesta. Esame visivo remoto Nell'esame visivo remoto l'ispezione della superficie avviene attraverso dispositivi ed apparecchiature ottiche che permettono la visione indiretta ed a distanza dell'oggetto. Gli esami remoti sono normalmente impiegati, in sostituzione degli esami diretti, quando non è possibile accedere direttamente alla superficie dell'oggetto da esaminare. Per la visione indiretta dell'oggetto sono utilizzate apparecchiature quali endoscopi, boroscopi, fibroscopi, telecamere, ecc. che devono avere un grado di risoluzione ottica almeno equivalente a quella dell'occhio umano. Osservazioni · Nell’ esame visivo remoto, la natura dell'immagine viene modificata: esempio l'immagine è convertita in una immagine elettronica da una telecamera. · Nell’ esame visivo diretto - non assistito, non c'è interruzione fra l'occhio e l'oggetto osservato. · Nell’ esame visivo diretto - assistito, la natura dell'immagine non è modificata, le modifiche riguardano soltanto l'ingrandimento o lo spettro di visione con l'impiego di specchi, lenti e filtri. Nota: Risoluzione occhio umano L' occhio umano ha una risoluzione di circa 100 micro-metro = 0,1 mm corrispondenti a circa 250 dpi. Mentre la sua risoluzione cromatica è inferiore ai 16,8 milioni di colori.

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Tipologie d'ispezione L'ispezione visiva può essere utilizzata per diversi scopi e finalità le principali sono: • Verifica delle condizioni superficiali; ricerca difetti e discontinuità, verifica grado di finitura delle superfici e stato dei rivestimenti • Verifica delle misure dimensionali; rilievo di dimensioni, verifica di tolleranze, allineamenti, stato di usura. • Ispezioni; verifica dello stato generale del componente e ricerca di danneggiamenti. Tipi di ispezioni Esistono diverse tipologie di ispezione caratterizzate da diverse finalità e differenti tempistiche di attuazione: -

Prima ispezione (Initial Inspection): ispezione eseguita prima della messa in opera o l'avvio di un impianto.

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Ispezione periodica (Routine Inspection): ispezione prevista con cadenza periodica utilizzata per valutare lo stato generale di un impianto.

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Ispezione approfondita (In depth Inspection): ispezione normalmente di tipo periodico, eseguita con una minore frequenza, ma più particolareggiata e con una maggiore accuratezza (con uso di metodi CND) realizzata approfittando anche di condizioni favorevoli quali impianto fermo e/o accessibilità delle componenti .

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Ispezione per danneggiamento (Damage Inspection): ispezione attuata a seguito di un danneggiamento o di un malfunzionamento dell'impianto per individuarne le possibili cause o valutarne le conseguenze.

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Ispezione speciale (Special Inspection): ispezione straordinaria, eseguita al di fuori delle normali pianificazioni ispettive e resasi necessaria per il sopraggiungere di particolari situazioni ambientali o di carico di lavoro dell'impianto.

Valutazione e documentazione Valutazione dei risultati I risultati dell'ispezione visiva devono essere valutati in base a specifici criteri di accettabilità. Tali criteri sono forniti da Norme di prodotto, specifiche di progetto, specifiche contrattuali, ecc. Documentazione dell'esame Se richiesto i risultati dell'ispezione visiva devono essere forniti mediante un rapporto scritto contenente informazioni quali: - dati identificativi della prova (data, luogo, ecc.) - dati identificativi dell'operatore e supervisore della prova - identificazione dell'oggetto di prova - metodo utilizzato (diretto, remoto) - criteri di accettabilità di riferimento della prova - dettagli delle misure e delle indagini eseguite - risultati finali Rischi Critico: interventi di riparazione immediati Elevato: nuova ispezione in tempi rapidi prima di definire gli interventi di riparazione Medio: necessità di nuova ispezione a medio termine Moderato: nuova ispezione su tempi lunghi SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Normativa L'ispezione con metodo visivo è regolata da una serie di normative da applicare quando l'esame viene utilizzato per determinare la conformità di un prodotto a specifici requisiti. Tipi di norme • Norme generali • Nome di metodo • Norme di prodotto Certificazione personale • UNI EN ISO 9712:2012 (sostituisce la UNI EN 473) Qualificazione e Certificazione del personale • SNT-TC-1A Guideline to personnel qualification and certification in NDT Organizzazione ed Enti Normativi • ISO (International Organization for Standardization) • EN (European Standards) • UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) • ASTM (American Society for Testing and Materials) • ASME (American Society of Mechanical Engineers) • ANSI (American National Standards Institute) • ASNT (American Society for Nondestructive Testing) (www.iso.org) ISO International Organization for Standardization (Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni) Organismo internazionale per la definizione di standard, costituito da rappresentati dei vari organismi nazionali di oltre 157 stati. La normativa ISO viene generalmente recepita dai diversi organismi nazionali; in particolare l'ente che partecipa in rappresentanza dell'Italia è UNI. Gli standard ISO sono identificati con un formato del tipo ISO nnnnn:yyyy: Titolo dove: - nnnnn = numero dello standard - yyyy = anno di pubblicazione - Titolo = titolo descrittivo della norma UNI - Ente Nazionale Italiano di Unificazione (www.uni.com) Associazione privata senza scopo di lucro, i cui soci, oltre 7000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione. Svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario ad esclusione di quello elettrico ed elettrotecnico di competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano. ASTM American Society for Testing and Materials (www.astm.org) ASTM rappresenta uno dei principali soggetti tecnici nella definizione dello standard ISO. Le normative ASTM in ambito petrolifero e petrolchimico costituiscono di fatto un riferimento assoluto. Mantiene una preminenza nelle specifiche dei metodi di prova e nella definizione dei materiali in quasi tutte le industrie. Dal 2001 ASTM assume la denominazione di ASTM International avvalorando l'interesse mondiale della normativa tecnica. (www.asme.org) ASME (American Society of Mechanical Engineers) (Associazione americana degli ingegneri meccanici) Associazione professionale americana autrice, fin dal 1880, di una serie di norme per il calcolo ed il dimensionamento di molti strumenti, componenti, apparati ed impianti industriali. Tali norme sono spesso utilizzate come riferimento da molte autorità di controllo. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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ANSI (American National Standards Institute) (www.ansi.org) (Istituto Americano di Normalizzazione) Organizzazione americana membro dell'ISO che produce standard industriali per gli Stati Uniti. Gli standar ANSI sono universalmente utilizzati in molti settori dal settore petrolifero al settore petrolchimico con normative che vanno dalla definizione dei tubi e dei raccordi flangiati alle specifiche per gli ingranaggi alle norme sulla sicurezza nell'uso del laser. ASNT (American Society for Nondestructive Testing) (www.asnt.org) (Associazione Americana delle Prove non Distruttive) ASNT rappresenta uno dei principali standard per la qualificazione e certificazione del personale nel campo delle prove non distruttive. ELENCO NORME Norme GENERALI EN 473:2008 UNI EN ISO 9712

Norme di METODO UNI EN 1330-10 UNI EN 13018 UNI EN 13927 ISO 3058 UNI EN ISO 8596

Norme di PRODOTTO UNI EN 1370 UNI EN 12272-2 UNI EN 13100-1 UNI EN 15469 UNI EN ISO 17637 UNI EN ISO 28199-3

ISO 3057

Qualificazione e certificazione del personale NDT - Principi generali (sotituita da EN ISO 9712) 2012 - Prove non distruttive - Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive

Prove non distruttive - Terminologia - Termini utilizzati negli esami visivi Prove non distruttive - Esame visivo - Principi generali Prove non distruttive - Esame visivo - Apparecchiatura Non-destructive testing. Aids to visual inspection. Selection of low-power magnifiers Ophthalmic optics - Visual acuity testing -Standard optotype and its presentation (ISO 8596:2009)

Fonderia - Verifica delle condizioni della superficie Trattamenti superficiali - Metodi di prova - Valutazione visiva dei difetti Prove non distruttive di giunti saldati di prodotti semifiniti di materiale termoplastico - Parte 1: Esame visivo Gas di petrolio liquefatto - Metodo di prova per l'acqua libera in gas di petrolio liquefatto mediante esame visivo Controllo non distruttivo di saldature - Esame visivo di giunti saldati per fusione Pitture e vernici - Valutazione delle priorità dei rivestimenti in funzione del processo d'applicazione - Parte 3: Valutazione visiva di colature, formazione di bolle, crateri e della coprenza Prove non distruttive - Tecniche di replica metallografiche dell'esame di superficie

Norme di prodotto: Settore aerospaziale UNI EN 2349-201 Serie aerospaziale - Requisiti e procedure di prova per relè e contattori Parte 201: Ispezione visiva UNI EN 2591-6101 Serie aerospaziale - Elementi di connessione elettrica ed ottica - Metodi di prova - Elementi ottici - Parte 6101: Esame visivo UNI EN 3475-201 Serie aerospaziale - Cavi elettrici di uso aeronautico - Metodi di prova Parte 6101: Esame visivo UNI EN 3745-201 Serie aerospaziale - Fibre e cavi ottici di uso aeronautico - Metodi di prova - Esame visivo EN 3841-201 Serie aerospaziale - Cavi elettrici di uso aeronautico - Metodi di prova Parte 201: Esame visivo

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4.2 ELEMENTI BASE DELL'ESAME VISIVO L'esame visivo comprende cinque elementi fondamentali che interagendo reciprocamente determinano il risultato dell'esame stesso: • • • • •

Ispettore e personale dell'esame Oggetto da esaminare Attrezzatura ottica Illuminazione Sistema di registrazione

Ispettore e personale dell'esame visivo Fra i controlli non distruttivi il metodo visivo è sicuramente quello in cui l'ispettore ed il personale addetto svolgono un ruolo fondamentale. E' pertanto di primaria importanza porre le dovute attenzioni a tutti gli aspetti che interessano e coinvolgono il personale, dalla sua capacità visiva e cromatica alla preparazione e competenza tecnica, alla formazione e certificazione necessaria fino a considerare i diversi aspetti fisiologici e ambientali che possono condizionare la sua attività e prestazione. a. b. c. d.

Capacità visiva e cromatica Preparazione e competenza tecnica Formazione e certificazione Fattori fisiologici ed ambientali

a. Capacità visiva e cromatica Il requisito di base per il personale addetto al controllo con metodo visivo è quello di possedere una adeguata capacità visiva e cromatica che deve essere verificata periodicamente secondo quanto stabilito dalla normativa utilizzata. La normativa prevede che ogni 12 mesi il personale deve essere sottoposto ad accurata visita oculistica nel corso della quale deve essere verificata sia la capacità visiva (diretta o corretta) quanto la capacità di distinguere i colori. b. Preparazione e competenza tecnica Nel controllo con metodo visivo l'interpretazione e la valutazione dei risultati viene effettuata dall'operatore in base a specifici parametri di accettabilità della difettologia del componente in esame. La preparazione e la competenza tecnica oltre all'esperienza del personale addetto è pertanto fondamentale per assicurare una adeguata sensibilità dell'esame e affidabilità del risultato. In particolare il personale deve avere una buona conoscenza in relazione a: • apparecchiature e loro modalità d'impiego • processi di fabbricazione e condizioni operative del componente sottoposto a prova • difettologia e criteri di accettabilità.

c. Formazione e certificazione Il personale preposto all'esecuzione dell'esame visivo dovrà: · aver superato con esito positivo le visite oculistiche previste (Acuità visiva, riconoscimento colori, tabella Jaeger ecc..), · aver concluso un adeguato periodo di formazione teorico pratica; · ed eventualmente essere certificato secondo Normativa presso un centro autorizzato. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Per prodotti critici l'esame deve essere condotto da personale qualificato e certificato secondo le indicazioni della normativa applicata. Nota: Certificazione del personale Le principali normative per la certificazione del personale sono: • UNI EN ISO 9712:2012 • ANSI N45.2.6 • SNT-TC-1A. La norma EN 9712, adottata nei paesi europei, regolamenta la qualifica e la certificazione del personale preposto ai Controlli Non Distruttivi. La normativa Americana ASME (American Society of Mechanical Engeeners) prevede che gli operatori siano qualificati in base alle specifiche SNT-TC-1A emessa dell'ASNT (American Society for Non Destructive Testing). La normativa ASNT viene adottata anche da molti paesi privi di una propria regolamentazione per la qualificazione del personale. In Italia, adottando la normative Europea, la qualifica del personale avviene in accordo alla UNI EN ISO 9712. Enti autorizzati sono preposti alla relativa certificazione CICPnD (Comitato Italiano di Coordinamento per le Prove non Distruttive) e Istituto Italiano della Saldatura (IIS)

d. Fattori fisiologici ed ambientali Tra gli elementi che possono condizionare una buona conduzione dell'esame visivo vanno anche considerati alcuni fattori fisiologici ed ambientali. •

FATTORI FISIOLOGICI - comodità - salute - attitudine mentale - fatica



FATTORI AMBIENTALI - atmosfera - pulizia - umidità e temperatura - sicurezza

FATTORI FISIOLOGICI - Comodità Una sistemazione confortevole risulterà in una maggiore attenzione ai dettagli e minore distrazione verso i disturbi causati da agenti esterni. Un esame condotto da una posizione scomoda, o dalla stessa posizione per un lungo periodo di tempo, può influenzare in modo negativo la condotta dell'esame. - Salute Diverse condizioni fisiche di tipo emozionale o fisiologico (malattie, età, ...) possono influenzare la vista. Altri fattori che compromettono l'integrità dell'ispezione includono l'offuscamento, la sensibilità alla luce, bruciore e dolore agli occhi. Se sopravvengono questi sintomi è necessario effettuare un completo esame della vista prima di proseguire nelle ispezioni visive.

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- Attitudine mentale L'attitudine mentale può influenzare l'esame perché si possono formare, prima di eseguire l'ispezione, immagini mentali preconcette. La visione infatti è una sensazione selettiva che è fortemente guidata da quello che l'osservatore vuole o si aspetta di vedere. Ad esempio, se si è preparati per cercare difetti di porosità su una superficie di una saldatura si possono inavvertitamente ignorare problemi di fusione alla base del cordone. - Fatica Il benessere generale ha una notevole influenza sulla condotta ed interpretazione dell'esame visivo. La fatica non influenza soltanto la sensazione fisica generale, ma riduce l'efficienza e l'accuratezza dell'interpretazione dei dati raccolti attraverso la visione. L'affaticamento dei muscoli dell'occhio, causato da una scarsa illuminazione e da una scomoda posizione del corpo, provoca tremore dell'occhio e delle palpebre e può rendere inefficace l'esame.

FATTORI AMBIENTALI - Atmosfera L'atmosfera in questo contesto è intesa come la porzione d'ambiente che ha un'influenza di tipo fisico o psicologico sull'esaminatore. Un'atmosfera priva di rumore, polvere o fumo, ed altre distrazioni è più propizia per l'efficacia dell'esame. - Pulizia Mentre si esegue un esame può essere necessario movimentare l'oggetto da controllare. Se l'area circostante non è sufficientemente pulita, possono essere trasferiti sulla superficie dell'oggetto sporcizia ed altri contaminanti che possono alterare i risultati dell'esame. - Umidità e temperatura L'umidità e la temperatura condizionano la buona riuscita dell'esame visivo. Le persone hanno una diversa capacità di sopportare il calore e l'umidità e comunque l'innalzamento della temperatura corporea diminuisce le capacità mentali di un ispettore. Diversi istituti sulla sicurezza e salute negli ambienti di lavoro indicano i valori massimi di temperatura ammissibili durante i turni di lavoro. L'istituto americano NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Healt) ad esempio, raccomanda un massimo di 32°C WGB (Wet Globe Bulb) per un normale periodo di lavoro tra le pause (circa 2 ore). Se il tipico valore di temperatura (WGB) non è disponibile e le combinazioni di temperatura ed umidità sembrano eccessive, deve essere effettuata un'appropriata valutazione a prescindere dalla quantità di tempo nel quale l'individuo è esposto a tale condizione ambientale. - Sicurezza Vanno prese opportune precauzioni per minimizzare i rischi connessi con le attività di ispezione e collaudo. La conoscenza circa il reale oggetto da controllare, il luogo di ispezione, il tempo di ispezione e la accessibilità all'area può aiutare l'ispettore a procurarsi l'attrezzatura di sicurezza adatta allo scopo. Il personale ispettivo dovrebbe essere a conoscenza delle norme che regolano la sicurezza sul lavoro ed avere accesso a tutti quegli equipaggiamenti protettivi necessari per ridurre al minimo il rischio di incidenti.

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Oggetto da esaminare L'oggetto da esaminare determina sia le caratteristiche dello strumento ottico da impiegare che il tipo di illuminazione necessaria durante l'esame. Inoltre sulla base dell'oggetto da esaminare occorre prendere in considerazione aspetti quali: •



a) Caratteristiche del materiale - Condizioni superficiali - Condizioni fisiche b) Posizionamento oggetto

a) Caratteristiche del materiale La caratteristiche del materiale da esaminare influenzano l'esame visivo, in particolare per quanto riguarda i seguenti aspetti: •

CONDIZIONI SUPERFICIALI - struttura/composizione - pulizia - colore



CONDIZIONI FISICHE - stato dell'oggetto - forma e dimensioni - temperatura

CONDIZIONI SUPERFICIALI - Struttura/composizione Le caratteristiche della superficie di un materiale sono importanti in relazione alla quantità e qualità della luce che si riflette dalla stessa verso l'occhio dell'esaminatore. Una superficie riflettente può produrre un bagliore inaccettabile che può interferire con l'esame della superficie e creare zone non ispezionabili. In questo caso deve essere considerata attentamente la luce impiegata durante l'esame. Il bagliore può essere diminuito aumentando l'angolo tra la sorgente luminosa e la linea di visuale o diminuendo l'intensità della sorgente luminosa. Quando si presentano superfici estremamente rugose, può essere necessario impiegare speciali accorgimenti per illuminare sufficientemente l'area senza creare mascherature. E' utile diminuire l'angolo tra la sorgente luminosa e la linea di visuale anche quando si controllano superfici rugose perché si riesce a diminuire l'effetto delle ombre delle irregolarità superficiali.

- Pulizia La pulizia delle superfici da esaminare è un requisito di base per un efficace esame visivo. La presenza di sporcizia, olio, grasso, ecc. può mascherare le discontinuità presenti sulla superficie o creare delle false indicazioni. Una superficie pulita permette una più facile e rapida rilevazione delle indicazioni ed aiuta a prevenire la possibilità che indicazioni rilevanti vadano perse. Occorre pertanto assicurare sempre una adeguata pulizia della superficie da esaminare; tale pulizia può essere ottenuta con metodi meccanici, chimici o con entrambi. Il metodo utilizzato non deve comunque nascondere le discontinuità, ma solo eliminare eventuali strati opachi di sporcizia per migliorare la visione ed aumentare la possibilità di individuare difetti e discontinuità. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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- Colore Il colore della luce incidente in relazione al colore dell'oggetto da ispezionare gioca un ruolo importante nel rilievo delle discontinuità e può essere usato per migliorare ed aumentare il contrasto tra l'oggetto e le indicazioni, aumentando o diminuendo certi colori. Per intensificare un colore, la sorgente luminosa dovrebbe essere forte in quel colore. Contrariamente, per sbiadire un colore, la sorgente luminosa dovrebbe avere una bassa intensità in quel colore.

CONDIZIONI FISICHE - Stato dell'oggetto Il processo di lavorazione, le condizioni di servizio e l'applicazione di protettivi superficiali, influenzano le condizioni del campione da esaminare. La scaglia d'acciaieria e la scoria di saldatura possono mascherare le discontinuità così come la verniciatura e la placcatura possono nascondere altri difetti superficiali. - Forma e dimensioni Anche la forma di un oggetto può influenzare la riuscita di un esame. Oggetti di forma complessa come le sedi di chiavette e le filettature possono complicare l'esecuzione di un esame, pertanto in tali zone dovrà essere adottata particolare attenzione. Per gli oggetti di dimensioni consistenti si dovrebbero prendere opportune precauzioni per evitare zone non controllate e garantire che l'intero oggetto venga esaminato. - Temperatura Le elevate temperature limitano la vita di servizio di diverse parti metalliche. L'impiego in ambienti con alte temperature può comportare creep, fatica termica e rotture da sovraccarico. Ripetuti cicli termici, in atmosfera ossidante, possono creare strati di scaglie ossidate. Si possono mascherare eventuali discontinuità superficiali e pertanto, quando si ispezionano aree di questo tipo, devono essere poste particolari cura ed attenzione.

b) Posizionamento oggetto La posizione dell'oggetto e la sua distanza rispetto all'esaminatore hanno un'influenza sul risultato del controllo. Le principali indicazioni per la distanza e l'angolo di osservazione raccomandati dalla normativa sono: •

Posizionare l'occhio a una distanza non superiore a 600 mm dall'oggetto.



Mantenere la superficie da controllare ad un angolo non inferiore a 30° rispetto al punto di osservazione.

Altrettanto importante è il corretto posizionamento delle eventuali attrezzature ottiche utilizzate nell'esame.

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Attrezzatura ottica Nell'esame visivo è richiesto l'impiego di attrezzature ottiche quando: gli oggetti non sono direttamente accessibili, è richiesta una precisione e sensibilità elevata, è richiesta la registrazioni di immagini. L'apparecchiatura scelta dovrà essere successivamente verificata e validata per assicurare la corretta messa a punto ed infine eseguire un corretto posizionamento ed impiego. • • •

Scelta attrezzatura Verifica attrezzatura Posizionamento attrezzatura

Scelta attrezzatura Per la scelta dell'attrezzatura da utilizzare nell'esame visivo occorre valutare diversi elementi quali: • tipo di esame (diretto o remoto) • finalità dell'esame da eseguire • ambiente di impiego (alta temperatura, ambiente corrosivo, subacqueo, ..) • geometria, conformazione e dimensioni del pezzo da esaminare. Le caratteristiche tecniche dell'attrezzatura devono essere scelte in base a: scopo dell'esame grado di precisione delle misure (mm, µm) tipo di illuminazione risoluzione richiesta tipo di immagine (colori o monocromatica) formato delle registrazioni

• • • • • •

Verifica attrezzatura La verifica dell'attrezzatura viene eseguita per accertare che l'apparecchiatura utilizzata svolga effettivamente e correttamente la relativa funzione della prova. I parametri ed i risultati della prova di verifica verranno riportati nella documentazione di prova. La sensibilità o la risoluzione del sistema sarà valutata usando un elemento con risoluzione nota quale: • pezzo di prova: eseguendo una verifica su un pezzo di prova con le indicazioni il più possibile vicine a quelle del pezzo da esaminare; • line chart: linee con distanza e spessore graduate con un appropriato sfondo di contrasto; • reticolo: costituito da una scala o una rete di sottili linee disposte nel percorso ottico di uno strumento in modo da permettere la misura o confronto. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Nota Per i sistemi elettronici particolare attenzione deve essere posta per evitare che le indicazioni non siano nascoste erroneamente nel trasferimento delle immagini da ottico nella forma elettronica.

Posizionamento attrezzatura I principali aspetti del posizionamento dell'oggetto da esaminare che influiscono sull'esame visivo sono: • Distanza dall'obiettivo - senza variazioni di luce - con variazioni di luce • Dimensione obiettivo • Dimensione discontinuità • Riflettività della superficie • Dimensione apertura di accesso • Profondità oggetto • Direzione di visione Alcuni di questi fattori incidono sugli esami visivi con endoscopio in modo discordante; è quindi necessario scegliere un compromesso nel determinare la messa a punto ottimale per la valutazione delle discontinuità. Nota Ad esempio occorre considerare l'azione reciproca degli effetti prodotti dell'apertura del campo visivo sull'ingrandimento e sulla profondità di campo: - aumentando il campo visivo aumenta la profondità di campo, ma si riduce l'ingrandimento; - diminuendo il campo visivo diminuisce la profondità di campo, ma si aumenta l'ingrandimento.

- Distanza dall'obiettivo La distanza dell'obiettivo dalla superficie da esaminare è importante sia per la scelta dell'illuminazione da adottare che come riferimento della distanza focale dell'obiettivo da utilizzare per ottenere il massimo potere risolutore e di ingrandimento. - Dimensione obiettivo La dimensione dell'obiettivo, assieme alla distanza, determina l'angolo di visione o il campo visivo che è richiesto per osservare l'intera superficie in esame. - Dimensione discontinuità La dimensione della discontinuità da esaminare influisce sulla risoluzione e sull'ingrandimento richiesto per l'esame visivo. Per esempio, quando si ricercano sottili cricche filiformi è richiesta una risoluzione superiore a quando si vuole rilevare marginature. - Riflettività della superficie La riflettività della superficie da esaminare è un altro fattore che incide sull'illuminamento. Superfici annerite richiedono livelli maggiori d'illuminamento rispetto a superfici lucide. - Dimensione apertura di accesso La dimensione dell'apertura d'accesso determina il diametro dello strumento che può essere utilizzato per l'esame visivo. - Profondità oggetto La profondità dell'oggetto condiziona la messa a fuoco. Se l'oggetto in esame ha parti situate su piani diversi occorre utilizzare un endoscopio con una profondità di campo tale da permettere di visualizzare nitidamente i diversi piani alle diverse distanze. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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- Direzione di visione La direzione di visione determina il posizionamento dell'endoscopio, specialmente per gli endoscopi del tipo rigido. Inoltre determina la lunghezza richiesta all'endoscopio. Illuminazione negli esami visivi La capacità visiva a percepire immagini dipende dell'intensità della luce, riflessa dall'oggetto in esame, che arriva all'occhio. Nell'esame visivo è quindi necessario utilizzare una sorgente di luce naturale o artificiale con una adeguata intensità e distribuzione spettrale. La qualità dell'illuminazione è di fondamentale importanza per il corretto svolgimento dell'esame e viene a dipendere da molti fattori i principali dei quali sono: • Distribuzione spettrale e luce visibile • Livello di illuminamento • Luminosità della superficie • Riflettività e rugosità della superficie • Riflettività e ombre dell'ambiente • Modalità di illuminamento • Abbagliamento Distribuzione spettrale e luce visibile Occorre tener presente che l'occhio umano è in grado di percepire solo una limitata porzione dello spettro elettromagnetico (spettro visibile). I limiti di questa porzione del visibile sono difficilmente definibili poiché dipendono dal valore dell'energia disponibile, dalla sua lunghezza d'onda e dalla salute dell'occhio. Nella pratica, possono considerarsi nello spettro del visibile le onde elettromagnetiche localizzate nell'intervallo di lunghezza d'onda da circa 380 nm, vicino al violetto, fino a 750 nm, alla fine del rosso. Il limite inferiore dello spettro del visibile si può estendere fino a 350 nm ed anche inferiore con speciali ed intense sorgenti e con l'occhio adattato alla completa oscurità. Il limite superiore si può estendere oltre i 900 nm. con speciali ed intense sorgenti d'onde elettromagnetiche lunghe e con l'occhio adattato ad intensi livelli di luce. Livello di illuminamento Il livello d'illuminamento da usare nel controllo visivo può variare in relazione alla tipologia di esame e al suo livello di criticità: • per un controllo visivo generico l'illuminamento non deve essere inferiore di 160 lx (15 ftc); • per controlli visivi critici o di fini dettagli l'illuminamento deve essere maggiore di 500 lx (50 ftc). Nota Nell'esame visivo delle superfici di getti senza ausilio di strumenti ottici, le condizioni di illuminazione minime devono essere di 350 lx. Nell'esame visivo di giunti saldati l'illuminamento deve essere almeno 350 lx, consigliato 500 lx. Secondo la "Illuminating Engineering Society" l'esame visivo di lavori critici richiede un'intensità di luce da 1.100 a 3.200 lx (da 100 a 300 ftc).

Per verificare se l'ambiente di lavoro rispetta i requisiti di illuminamento può essere usato un misuratore di luce (esposimetro), in alternativa, può essere usato un misuratore di luce del tipo a SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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fotocellula o fototubo. Se per rispettare i requisiti d'intensità minimi richiesti si utilizza una sorgente di luce nota, questa deve essere posta ad una distanza inferiore alla sua massima distanza d'utilizzo. Distanze per illuminamenti minimi di 500 lx (50 ftc) Sorgente di luce 2D pila a batteria 60 W bulbo incandescente 75 W bulbo incandescente 100 W bulbo incandescente

Massima distanza sorgente-oggetto mm (inches) 250 (10) 250 (10) 380 (10) 460 (10)

Luminosità della superficie Una eccessiva o insufficiente luminosità interferisce con la capacità di visione e può impedire rilevazioni critiche e falsare i giudizi di accettabilità. La luminosità di una superficie dipende dall'intensità della luce incidente e dalla riflettività della superficie stessa. E' quindi necessario avere la possibilità di controllare l'intensità della luce ed adeguarla alla riflettività della superficie. Riflettività e rugosità della superficie La riflettività della superficie da esaminare è strettamente collegata alla sua rugosità. Una superficie altamente riflettiva o grossolanamente rugosa può richiedere speciali illuminazioni per avere una completa visione della superficie in esame. In questo caso le sorgenti di luce addizionali devono essere schermate per evitare abbagliamenti o interferenze nella visione. Nota La rugosità della superficie in esame influenza anche il livello minimo di severità della discontinuità che può essere valutato. In pratica maggiore è il grado di rugosità e maggiore è il livello di severità delle discontinuità superficiali rilevabili.

Riflettività e ombre dell'ambiente Nel valutare l'intensità della luce richiesta si devono inoltre considerare le riflessioni e le ombre derivanti dall'ambiente di lavoro. In particolare gli effetti dovuti alle pareti, al soffitto, all'arredamento e alle apparecchiature dalla stanza dove è stato praticato un oscuramento. I valori di riflessione raccomandati per gli ambienti di lavoro sono: • soffitti, da 80 a 90%; • pareti, da 40 a 60%; • pavimenti, non inferiore al 20%; • tavoli, sedie e apparecchiature, da 25 a 45%. Per l'esame visivo è raccomandato un rapporto di 3:1 fra l'oggetto in esame e lo sfondo più scuro, mentre fra l'oggetto e l'illuminazione circostante è raccomandato un rapporto 1:3. Nota: Colori ambiente - Per migliorare ed uniformare l'illuminazione, è necessario che tutti i colori nella stanza abbiano gli stessi toni della luce. Diversamente, più del 50% della luce disponibile può essere assorbita da pareti scure e pavimenti. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Un forte contrasto nel disegno o nel colore ambientale possono causare irrequietezza e produrre affaticamento. Nelle aree di lavoro con alti livelli di disturbo e pesanti sforzi fisici sono raccomandati colori freddi (blu).

Modalità di illuminamento Il modo più semplice per assicurare un adeguato illuminamento è di posizionare la sorgente di luce e l'occhio il più vicino possibile alla superficie in esame ed alla distanza focale consentita. Allo stesso modo una lente d'ingrandimento deve essere mantenuta il più possibile vicino all'occhio, per garantire che la luce, riflessa dal punto di osservazione, investa l'occhio con la massima intensità possibile. E' molto importante che l'illuminamento sia concentrato sull'area bersaglio, ma occorre evitare che il bagliore generato della superficie osservata tenda a celare la superficie in esame. Se l'illuminamento non è corretto, non si hanno le condizioni per una adeguata visione e viene pregiudicata anche la possibilità di migliorare l'immagine attraverso ingrandimenti strumentali.

Abbagliamento L'abbagliamento prodotto direttamente dalla fonte di luce o riflesso dalla superficie esaminata, costituisce un problema di non facile soluzione per l'osservazione. L'abbagliamento può essere ridotto diminuendo l'intensità della luce che arriva all'occhio. Per ottenere questo si può: • aumentare l'angolo tra sorgente e linea di visione; • incrementare la luce di fondo dell'area circostante la sorgente abbagliante; • diminuire l'intensità della luce della sorgente. Gli abbagliamenti diretti da una sorgente di luce supplementare possono essere ridotti abbastanza facilmente. Più difficile è invece eliminare gli abbagliamenti dovuti ad impianti d'illuminazione fissi e permanenti. Gli impianti fissi sul soffitto devono essere installati, il più distante possibile, sopra la linea di visione. Le luci con angoli di incidenza obliqui o laterali devono essere adeguatamente controllate e schermate. Nota - Le luci con angoli superiori a 45° rispetto al campo visivo devono essere eliminate con adeguate schermature. - L'illuminazione, fino a 25° dal piano orizzontale, deve essere schermata in modo da permettere che una sufficiente intensità di luce raggiunga l'area da controllare.

Registrazione dei risultati La registrazione dei risultati dell'esame visivo è un aspetto molto importante in quanto oltre a fornire la necessaria documentazione dell'esame, permette di avere uno strumento per rivisitare e rivalutare l'oggetto della prova. La immagini fotografiche sono lo strumento principale per la registrazione sia dell'esame visivo che degli altri metodi dei controlli non distruttivi. Per ottenere una adeguato livello di qualità delle immagini è pertanto necessaria la conoscenza delle nozioni di base delle tecniche fotografiche. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Scelta apparecchiatura e pellicola I principali aspetti della scelta dell'apparecchiatura e della pellicola sono la dimensione del negativo fotografico e la sensibilità della pellicola. La dimensione del negativo incide direttamente sulla qualità degli ingrandimenti, grandi negativi producono migliori ingrandimenti. La velocità (sensibilità) della pellicola dipende dalla sua granularità. I fattori che influenzano questa scelta sono molteplici i principali sono; il luogo, le modalità di ripresa, l'intensità dell'illuminazione disponibile ed il formato finale di stampa. Il grado di velocità delle pellicole è classificato da uno standard ISO. Le pellicole veloci (alto numero ISO) richiedono una minore quantità di luce, ma tendono a produrre granulazione nella stampa finale. L'effetto aumenta con l'incremento dell'ingrandimento. Le pellicole lente sono usate quando sono richiesti fini dettagli. Il loro svantaggio è di richiedere una maggiore intensità di luce per una corretta esposizione. La tabella riportata la classificazione ISO per le pellicole a colori e in bianco-nero. La classificazione è fatta con due scale diverse: una scala lineare (ASA) e una scala logaritmica (DIN) Generalmente i due valori vengono indicati assieme.

Lente

Volendo raddoppiare la velocità e quindi dimezzare il tempo di esposizione occorre utilizzare pellicole con un valore doppio della scala DIN oppure un valore superiore di 3° per la ASA.

Medie

Per esempio, una pellicola ISO 200 /24° risulta due volte più veloce di una ISO 100/21°.

Veloci

Velocità delle pellicole (Classificazione ISO) Color Bianco e Nero DIN (ASA) DIN (ASA) 32 (16°) 25 (15°) 64 (19°) 32 (16°) 80 (20°) 64 (19°) 100 (21°) 80 (20°) 125 (22°) 100 (21°) 160 (23°) 125 (22°) 160 (23°) 200 (24°) 400 (27°) 1.000 (31°)

200 (24°) 400 (27°) 1.000 (31°)

Illuminazione e uso del flash Il livello di illuminamento e l'orientamento della sorgente di luce è fondamentale oltre che per l'esame stesso anche per qualità dell'immagine fotografica di registrazione. In generale per le riprese fotografiche l'illuminamento deve provenire da sopra il soggetto e valgono le stesse regole per l'illuminazione del pezzo in esame. L'impiego di una singola sorgente di luce può creare zone abbaglianti, e nel caso di oggetti tridimensionali, può causare ombre ed equivocità nei rilievi. Inoltre una forte intensità di luce, può ridurre il contrasto e creare delle difficoltà nella visione delle indicazioni. Occorre quindi verificare che tutte le aree di interesse siano adeguatamente illuminate e se necessario aggiungere altre sorgenti di luce. Se si utilizzano più fonti di luce, la sorgente principale deve essere leggermente velata e diffusa. Quando si utilizza il flash, nel fotografare certi oggetti possono originarsi delle riflessioni di luce (esempio saldature di tubi). Per eliminare queste riflessioni si può: - spostare la luce del flash lontano dall'obiettivo - far riflettere la luce del flash da una superficie bianca. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Profondità di campo La profondità di campo, rappresenta la distanza tra il punto più vicino e quello più lontano nel campo visivo di una macchina fotografica, che appaiono sufficientemente nitidi (a fuoco). Ogni impostazione dell'obiettivo determina la messa a fuoco (nitidezza) ottimale per una specifica distanza; la nitidezza dell'immagine diminuisce progressivamente allontanandosi dal piano focale. In pratica la profondità di campo determina la nitidezza complessiva della fotografia. Quando la fotografia è ottenuta, da un soggetto, effettivamente a fuoco, posto su un singolo piano, questo è chiamato "Piano focale principale". In una tipica macchina fotografica, con la regolazione dell'apertura del diaframma dell'obiettivo si controlla lo spessore del "Piano focale principale", ovvero la profondità di campo dell'immagine. Nella registrazione fotografica di un esame visivo, per una migliore qualità dell'immagine, la messa a fuoco è normalmente fatta con il diaframma completamente chiuso (f-numero alto). Utilizzando una normale macchina fotografica da 35 mm e un obiettivo da 55mm, il miglior controllo sulla profondità di campo è ottenuto focalizzando ad 1/3 dentro l'area d'interesse. Questo perché la profondità di campo, di un normale obiettivo (da 55 mm), si prolunga di più dietro (più lontano) che sul davanti (più vicino) del "piano focale principale". Aumentando l'ingrandimento, la profondità di campo si prolunga in avanti rispetto al "piano focale principale". Poiché molte discontinuità sono tridimensionali, occorre tener presente che l'ingrandimento è esatto solo sul "piano focale principale". Quando le misure delle dimensioni complessive di una discontinuità sono ricavate da una fotografia, il "Piano focale principale" deve coprire larga parte del soggetto.

Evidenziazione dell'immagine Le immagini visuali sono uno strumento di valutazione in vari metodi nei controlli non distruttivi. Le immagini spesso contengono più informazioni di quelle visibili dall'occhio umano causa la limitata capacità dell'occhio di distinguere bordi, colori e livelli di grigio. Ad esempio, le pellicole radiografiche hanno una sensibilità in grado di distinguere differenze di densità da 0.05 a 0.01% (da 1000 a 2000 livelli di grigio). L'occhio umano può risolvere solo livelli di grigio differenti di almeno il 2% (tra i 32 e i 64 livelli di grigio). Una linea di contorno o un bordo può essere individuata dall'occhio umano solo quando le due adiacenti aree dell'immagine differiscono in densità del 12% o superiore. Le principali tecniche per evidenziare i dettagli di una immagine sono: • ingrandimento dell'immagine • processamento digitale.

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Ingrandimento dell'immagine In presenza di una immagine fotografica, il più semplice metodo per aumentare il livello di visione ed i dettagli visibili è l'ingrandimento. Tale procedimento però fornisce i risultati sperati solo se si hanno adeguati livelli di qualità dell'immagine di partenza e/o della pellicola. Nelle immagini analogiche la nitidezza degli ingrandimenti è strettamente legata alla definizione e alla qualità del negativo fotografico. Nelle immagini digitali l'ingrandimento è condizionato dalla quantità di informazioni (risoluzione) dell'immagine originaria (5, 10, ... Mega pixel). Tecniche fotografiche quali la macrofotografia possono operare a distanze molto ravvicinate con scale da 1:10 fino a 10:1 (norme DIN) per ottenere riprese fortemente ingrandite. Processamento digitale Il processamento digitale dell'immagine può essere uno straordinario strumento nell'interpretazione di molti tipi di immagini visuali. I sistemi digitali trasformano una immagine fotografica in dati con formato accettabile dai comuni computer. Una immagine digitale è rappresentata da una matrice di punti chiamati "pixel"; ogni pixel è rappresentato da un valore numerico che lo distingue come livello di grigio (per il bianco e nero) o di colore. I livelli associati ad ogni pixel (fino a 16 milioni ed oltre), ne determinano la gamma cromatica e l'intensità luminosa, mentre il numero di pixel presente su ogni riga e colonna del dispositivo ne identificano la risoluzione. Dopo che le informazioni dell'immagine sono trasformate in appropriati modelli matematici, l'immagine risultante evidenziata è mostrata all'utilizzatore per l'analisi. Nota: PIXEL (Picture element, elemento d'immagine) In un dispositivo di visualizzazione digitale, il Pixel è ciascuno dei punti in cui è composta una immagine, ed a cui è associata un'informazione numerica che ne rappresenta il grado di intensità luminosa (acceso/spento) ed eventualmente un attributo di colore. In termini risoluzioni video si parla di numero di righe e colonne della matrice di rappresentazione (es:1024 x 768). In termini di qualità di stampa si parla di DPI (Dot per Inch - Punti per pollice).

Tecniche migliorative possono essere applicate sulle immagini digitali con programmi di elaborazione fotografica per correggere vari problemi dell'immagine originaria. • • • • • •

Le differenze relative nei livelli di grigio, possono essere accresciute, migliorandone la visibilità. Una gamma di contrasti può essere espansa, per evidenziare dettagli persi a causa della limitata risoluzione della scala dei grigi dell'occhio umano. Bordi e contorni possono essere evidenziati per meglio identificare discontinuità o caratteristiche dell'immagine. Errori di esposizione possono essere corretti con l'uso di modelli matematici del processo fotografico. Errori di messa a fuoco o annebbiamenti possono essere corretti con tecniche digitali. Porzioni dell'immagine possono essere espanse per produrre ingrandimenti (zoom).

Nota SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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CND: CONTROLLO VISIVO BUREAU VERITAS 28/02/2014 La visione umana può distinguere piccole differenze dei livelli di grigio a media intensità, mentre è molto difficile distinguere le differenze nei livelli di grigio se l'intensità dell'immagine è molto alta o molto bassa.

4.3 SICUREZZA NEGLI ESAMI VISIVI Sicurezza - Introduzione La sicurezza negli esami visivi è principalmente legata all'ambiente di lavoro dove l'ispettore deve operare e agli strumenti utilizzati. In particolare l'utilizzo nelle aree di lavoro degli esami visivi di sorgenti di luce artificiale anche di elevate intensità possono determinare pericoli per tutto il personale esposto. Pericoli da sorgenti di luce - Pericoli da sorgenti laser - Pericoli da sorgenti di luce visibile alta luminanza - Pericoli da radiazioni infrarosse - Pericoli da radiazioni ultraviolette Valutazione del rischio - Danni alla retina - Fattore termico - Rischio blu e Foto-sensibilizzatori Raccomandazioni e mezzi di protezione - Raccomandazioni sulla sicurezza visuale - Mezzi di protezione degli occhi Nota Le seguenti informazioni sono fornite unicamente per fini didattici e non devono essere considerate sostitutive della normativa di sicurezza vigente. Prima d'iniziare una attività, dove si utilizzano luci artificiali o sorgenti di radiazioni, è necessario consultare sempre i più recenti documenti sulla sicurezza e la manualistica del costruttore per il corretto utilizzo di tali apparecchiature.

Pericoli da sorgenti di luce Le sorgenti di radiazioni visibili e invisibili che l'ispettore può incontrare nell'industria sono numerose. Con appropriate precauzioni, tutte queste sorgenti possono essere proficuamente utilizzate nei controlli visivi. Errati impieghi o sovraesposizioni, per corti o lunghi periodi, possono invece provocare un indebolimento della vista ed un danno permanente della retina. Una eccessiva esposizione alla luce o ad altre radiazioni può inoltre essere causa di errate valutazioni da parte dell'ispettore. Nota Le principali sorgenti luminose sono: · lampade ad incandescenza; · lampade fluorescenti, · lampade alogene al quarzo; · sorgenti ad arco (simulatrici della luce solare); SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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lampade a discarica d'alogenuri metallici e vapori di metallo (sodio e mercurio); lampade flash.

Pericoli da sorgenti laser Una persona esposta ad una luce laser, può subire un danno alla retina molto grave a causa dell'energia degli impulsi di molti tipi di laser. La probabilità di subire un danno alla vista è relativamente bassa perché, l'area della retina danneggiata è piccola. In generale per prevenire eventuali pericoli da sorgenti laser si deve: - non permettere al personale l'attraversamento del percorso dell'onda laser; - impedire che la luce laser, diretta o riflessa, raggiunga zone in cui vi sia personale; - limitare l'uso della strumentazione laser alle sole persone autorizzate con adeguata conoscenze dei potenziali pericoli e dotati di idonei strumenti di protezione (occhiali e indumenti protettivi). Inoltre, nell'uso di tali strumenti è necessario attenersi alla documentazione tecnica del costruttore ed alle specifiche normative in materia di sicurezza. Nota - Terminato l'iniziale stato di cecità ed il relativo dolore, il risultato dello scotoma (danneggiamento di un'area non ricettiva) può essere dopo un certo periodo ignorato dalla vittima dell'accidente. - La soglia di danneggiamento retinale (vedere figura) per esposizioni da 0.1 a 10 secondi mostra una grande dipendenza dalla dimensione dell'immagine (da 1 a 10 W/cm2 per un'immagine di 1.000 µm e superiore a circa 1 kW/cm2 per un'immagine da 20 µm). - Per valutare la scala dimensionale, ricordiamo che il sole produce sulla retina un'immagine di 160 µm. Nota L'American National Standard Institute (ANSI) ha pubblicato la norma (ANSI Z136.1-1993 "Safe Use of Lasers", per l'uso in sicurezza di sorgenti laser.

I Laser sono sorgenti di luce coerente e collimata dovuta all'emissione di radiazioni da un sistema di atomi eccitati. Sono fissati limiti per l'osservazione sia della luce laser diffusa da una sorgente estesa, che per un fascio collimato in grado di essere focalizzato sulla retina. Nota - La luce emessa da una lampada, una fiamma, o un corpo incandescente è detta incoerente in quanto costituita da atomi che indipendentemente gli uni dagli altri, emettono fotoni in direzioni casuali ad istanti di tempo casuali. - In un laser è invece, l’emissione stimolata assicura che il fotone emesso da un atomo abbia la stessa frequenza e la stessa fase del fotone usato per diseccitarlo. - Il risultato è un fascio di luce costituito da un’onda elettromagnetica monocromatica, molto collimata e coerente, in quanto tutti gli atomi che l’hanno prodotta hanno emesso i loro fotoni in fase.

La norma CEI EN 60825 classifica i laser in cinque classi di pericolosità crescente: Classe 1 Laser sicuri, non pongono problemi anche per osservazione diretta prolungata del fascio. Classe 2

laser a bassa potenza; l'osservazione diretta del fascio non è pericolosa purché sia conservato il riflesso palpebrale.

Classe 3-A L'osservazione diretta del fascio non è pericolosa purché sia conservato il riflesso palpebrale e l'osservazione non avvenga attraverso sistemi ottici. Classe 3-B L'esposizione ad occhio nudo al raggio diretto è pericolosa; non è invece pericolosa la luce diffusa. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Classe 4

Possono provocare danni agli occhi ed alla pelle per esposizione sia al fascio diretto che diffuso. Costituiscono anche un pericolo d'incendio.

CLASSE PRECAUZIONI DI BASE

1

Nessuna precauzione

X

Non osservare direttamente il fascio

2

3-A

3-B

4

X

X

X

X

X

X

X

X

X

Non utilizzare ottiche di osservazione Evitare l'esposizione diretta dell'occhio Evitare l'esposizione di qualsiasi tipo di tessuto

X

Usare precauzioni speciali

X

X

X

X

Nota: il riflesso palpebrale consente normalmente un'interruzione dell'irraggiamento della cornea in un tempo inferiore a 0.25 secondi.

Pericoli da sorgenti di luce visibile ad alta luminanza La probabilità di sovraesposizione a sorgenti di luce ad alta luminanza è maggiore che a quella a sorgenti laser. Spesso sorgenti luminose ad alta intensità sono utilizzate in modo inadeguato, tanto da essere cause di molti pericoli. La normale reazione ad una sorgente di luce d'alta luminanza è la chiusura delle palpebre e il volgere gli occhi lontano dalla sorgente stessa. Nel campo delle prove non distruttive, sono ampiamente usate sorgenti d'illuminazione normali e speciali. Purtroppo, ci sono poche direttive sulla sicurezza nell'uso di numerose sorgenti di luce, nel campo del visibile, rispetto ad altre sorgenti di luce. Di seguito sono riportati I potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della radiazione visibile.

Potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della radiazione visibile Regione spettrale VISIBILE

Effetti occhio

Visibile (da 400 a 780 nm)

Lesione fotochimica termica della retina

Effetti sulla pelle e

Colore più intenso della pigmentazione, reazione di fotosensibilità Bruciatura della pelle

(fonte Comité International d'Eclairage - CIE)

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Pericoli da radiazioni infrarosse Le radiazioni infrarosse sono assorbite da molte sostanze il loro principale effetto biologico conosciuto è l'ipertermia, (riscaldamento) che può essere letale per le cellule dei tessuti. Normalmente, la risposta ad un'intensa radiazione infrarossa che ci colpisce è il dolore e la naturale reazione è l'allontanamento dalla sorgente in modo che la bruciatura non si sviluppi. Vengono riportati i potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della radiazione infrarossa ed i danneggiamenti da esposizione tipici del tessuto oculare.

Potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della radiazione IR Regione spettrale INFRAROSSO

Effetti occhio

IR-A (da 780 a 1400 nm)

Cataratta e bruciatura della retina

IR-B (da 1400 a 3000 nm)

Infiammazione acquosa, cataratta, bruciatura della cornea

IR-C (da 3000 nm a 1 mm)

Bruciatura della sola cornea

Effetti sulla pelle

Bruciatura pelle

della

(fonte Comité International d'Eclairage - CIE)

Tipici danneggiamenti del tessuto oculare da esposizione IR STRUTTURA OCULARE Cornea

DANNI TIPICI Perdita di trasparenza, opacità, sfaldamento, residui

Umore Acqueo Iride

Chiarore Gonfiamento, morte delle cellule, miosis (costrizione pupilla), iperemia / infiammazione

Cristallino

Opacità anteriore, suture più visibili

Umore Vitreo Retina

Opacità Edema, ustioni, depigmentazione

Pericoli da radiazioni ultraviolette Prima dello sviluppo delle sorgenti laser, i principali potenziali rischi, nell'utilizzo d'intense sorgenti luce, erano lesioni agli occhi ed alterazioni della pelle dovute a radiazioni ultraviolette. Molte sorgenti ad arco elettrico, di forte intensità e alcune sorgenti laser possono emettere, assieme alle loro radiazioni tipiche, anche radiazioni ultraviolette, con livelli potenzialmente pericolosi. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Gli effetti foto-chimici che le ultraviolette hanno sulla pelle e sugli sono ancora completamente noti. Sono invece disponibili rapporti sui effetti biologici provocati alle varie d'onda delle radiazioni ultraviolette.

radiazioni occhi non particolari lunghezze

L'intensità d'irradiazione con ultravioletti può essere valutata, nella zona d'interesse, con un radiometro portatile, ed i valori rilevati comparati con il livello d'accettabilità del pericolo da radiazioni ultraviolette. Nota Le principali reazioni biologiche comprendono: - la "cheratocongiuntivite" (conosciuta come lampi da saldatura), con possibile generazione di cataratte, eritemi o arrossamenti della pelle. - fluorescenza temporanea del cristallino, con affaticamento degli occhi e mal di testa provocati da radiazioni ultraviolette con lunghezza d'onda lunga; - invecchiamento precoce della pelle e potenziale aumento del rischio di tumori della pelle possono essere causate da esposizioni persistenti alle radiazioni ultraviolette; - reazioni allergiche si possono sviluppare (anche se molto raramente) in soggetti con notevole foto sensibilità per limitate esposizioni alle radiazioni ultraviolette utilizzate nell'industria. Molte sorgenti di luce visibile d'alta intensità emettono radiazioni ultraviolette, e pertanto non deve essere trascurato il potenziale pericolo d'ustioni al coroide-retinale. Nota La radiazione ultravioletta (luce non coerente) è una radiazione nel campo dell'invisibile, situata oltre la fine dello spettro del visibile dopo il violetto. La radiazione ultravioletta con una lunghezza d'onda fino a circa 185 nm è facilmente assimilata dalla cornea e dai cristallini degli occhi. La radiazione ultravioletta con lunghezza d'onda inferiore a 185 nm è assorbita dall'aria (fenomeno denominato "Vuoto Ultravioletto") e raramente interessa l'ispezione visiva. Nota Livello d'accettabilità Ricerche in questo settore hanno mostrato che l'esposizione di pelle e occhi, ad alcuni tipi di sorgenti ultraviolette, inclusa la luce vicina all'ultravioletto, deve essere limitata ad un massimo di 3 mJ /cm2 d'effettiva irradiazione. Potenziali danni ad occhi e pelle in base alla lunghezza d'onda della radiazione UV Regione spettrale Effetti sugli Effetti sulla pelle ULTRAVIOLETTO occhi UV-C (da 180 a 280 nm)

Eritema (bruciatura pelle) Fotocheratite Aumento pigmentazione

UV-B (da 280 a 315 nm) UV-A (da 315 a 400 nm)

Cataratta fotochimica

Colorazione più intensa della pigmentazione, reazione di fotosensibilità

Processo accelerato di invecchiamento della pelle

(fonte Comité International d'Eclairage - CIE)

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Valutazione del rischio La valutazione del rischio non deve essere intesa come una linea di confine tra condizioni d'esposizione sicure e pericolose, ma deve essere basata, sulla conoscenza delle caratteristiche delle sorgenti, delle condizioni operative e del livello di esposizione e dell'utilizzatore (se ispettore professionale o un comune utente). L'accuratezza della valutazione è limitata da incertezze biologiche come il regime alimentare, foto sensibilità genetica e opportuni fattori di sicurezza devono essere inseriti nell'elaborazione delle raccomandazioni. Esposizioni prolungate a sorgenti di luce visibile determinano come risposta una normale avversione e dolore, pertanto è opportuno proteggere gli occhi e la pelle per prevenire eventuali danni. Per una corretta valutazione del rischio è necessario esaminare i seguenti aspetti • Danni alla retina • Fattore termico • Rischio blu

Danni alla retina La retina umana è normalmente soggetta ad irradiamenti minori di 1 W/m2, ad eccezione di occasionali e momentanee esposizioni al sole, a lampade (ad arco, alogene al quarzo, ad incandescenza, a flash) e a similari sorgenti di radiazione. In normali condizioni di visione, solo alcune sorgenti ad arco sono sufficientemente grandi e brillanti, per costituire un potenziale pericolo di bruciature retinali. Per valutare l'esposizione radiante della retina è necessario considerare la dose stimata spettrale di tutte le lunghezze d'onda che giungo sull'occhio. In pratica la valutazione del potenziale pericolo da bruciature del coroide-retinale può essere semplice o complicato, dipende dalla: • • • •

luminanza e distribuzione spettrale della sorgente; qualità dell'immagine; dimensioni della pupilla e dell'immagine retinale; caratteristiche e fisiologia dell'occhio (umore acqueo, cristallino, umore vitreo, strati retinali)

Nota Distinte regioni della retina hanno differenti ruoli nella visione, pertanto la perdita funzionale di tutte o di una parte di queste regioni hanno importanza diversa. La maggiore acuità visiva è concentrata nella parte centrale (foveale) della visione e di conseguenza la perdita di quest'area della retina, riduce drammaticamente le capacità visive; mentre la perdita di un'area, con le stesse dimensioni, localizzata sulla periferia della retina può risultare di fatto indifferente rispetto alle capacità visive.

Fattore termico Per brevi esposizioni (da 0.1 a 100 secondi) accidentali al sole o a sorgenti artificiali di radiazioni, il meccanismo che provoca generalmente il danno (lesione), è l'ipertermia (surriscaldamento), con possibilità di ustioni retinali. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Il rischio di danno, da sorgente laser o altra sorgente di luce, non differisce se la dimensione dell'immagine, il tempo d'esposizione e la lunghezza d'onda sono gli stessi.

Un arco o un filamento incandescente, se fortemente ingrandito (per esempio da un sistema ottico), possono produrre un irradiamento su un'area della retina sufficientemente grande da provocare delle bruciature. Gli ispettori, non devono pertanto visionare archi di saldatura con binocoli o telescopi né sostare nell'area. Molte situazioni accidentali pericolose, derivano da esposizioni a lampeggi riflessi. Se un ispettore, situato molto vicino alla sorgente, è investito dalla luce di un arco può subire un'ustione retinale. Basse esposizioni, possono produrre un abbassamento della sensibilità nella visione fotopica (luce diurna) ed una marcata perdita, per lungo tempo, della visione scotopica (adattamento all'oscurità). Nota: adattamento all'oscurità E' molto importante che gli ispettori visivi, nel condurre esami critici con particelle magnetiche o con liquidi penetranti fluorescenti, si sottomettano ad un periodo d'adattamento all'oscurità, prima di passare al rilievo delle discontinuità. La pupilla non ha solo il compito di adattare i ricettori della retina al ridotto livello di visibilità in una cabina di controllo, ma quello di conseguire la massima sensibilità di controllo. Questo effetto dura più di mezza ora, dipende dal precedente stato d'adattamento degli occhi.

Rischio blu (Spettro visibile) Lo spettro sia della luce solare che della luce di numerose altre fonti di illuminazione artificiale, è dominato dalla grande energia della componente blu (400 - 520 nm). La luce blu oltre ad essere la maggiore responsabile del fenomeno dell’abbagliamento, costituisce anche un rilevante fattore in alcuni tipi di danni retinici. La luce blu può provocare fino a 100 volte più danni retinali (diminuzione permanente della sensibilità spettrale) delle altre lunghezze d'onda superiori nello spettro del visibile. Il danneggiamento della retina può avvenire anche quando l'intensità non è sufficiente a provocare un danno termico. In molte situazioni sono presenti sia il rischio blu che il pericolo termico, pertanto per calcolare la durata delle esposizioni che non danneggiano la retina vanno valutati congiuntamente. Nota: Retinopatia dei saldatori Una prolungata esposizione alla luce della saldatura ad elettrodo (luce blu) produce una forma di retinopatia (retinopatia dei saldatori) I principali sintomi di tale patologia consistono - annebbiamento visivo con la formazione di una macchia cieca nel campo visivo (scotoma) - visione degli oggetti colorati di rosso (eritropsia) - riduzione dell'acuità visiva fino a 3/10.

Le varie strutture oculari hanno un diverso grado di assorbimento nei confronti delle radiazioni luminose:

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la cornea, assorbe radiazioni di lunghezza d'onda inferiore a 300 nm (nanometri);



il cristallino, radiazioni comprese tra 300 e 400 nm;



la retina, infine è raggiunta da radiazioni di lunghezza superiore a 400 nm. questa parte di spettro è l'unica dunque a colpire la retina in condizioni fisiologiche.

Pertanto le radiazioni ultraviolette possono essere messe in relazione con alcuni danni alla cornea e al cristallino; si ritiene che rappresentino la causa principale della degenerazione giallo-bruna e opacizzazione del cristallino. La luce blu viene messa in relazione ad alcuni danni retinici quali degenerazione maculare, retinite pigmentosa, ipovisione notturna, annebbiamento ed abbagliamento. Nota La curva di trasmissione delle informazioni oculari cresce rapidamente a partire da sotto i 400 nm e non mostra cadute fino a 900 nm, nelle vicinanze dell'infrarosso, in seguito ha un picco a 1.100 nm. Il valore scende poi fino allo zero da circa 1.400 nm, che delimita il campo di lunghezze d'onda potenzialmente pericoloso. Nota Foto-sensibilizzatori In numerosi additivi utilizzati in passato, in saponi e in cosmetici sono stati identificati degli agenti fototossici o foto-allergici che agiscono sotto stimolazione di radiazioni, con lunghezza d'onda lunga, nello spettro del visibile. Coloranti per farmaci e additivi alimentari sono possibili foto-sensibilizzatori per organi sotto pelle, poiché le radiazioni visibili, con lunghezza d'onda lunga, penetrano in profondità dentro il corpo umano.

Raccomandazioni e mezzi di protezione - Raccomandazioni sulla sicurezza visuale La ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) ha proposto due soglie limite di valori (Biological Exposure Indices (BEIs) per la luce visibile non coerente: • una soglia per i danni alla retina dovuti ai meccanismi termici; • una soglia per i danni alla retina dovuti ai meccanismi foto-chimici. Tali soglie sono intese solo per prevenire eccessive esposizioni di durata inferiore alle 8 ore, in individui professionalmente esposti inclusi casi di ipersensibilità individuali. Una corretta protezione da radiazioni ultraviolette si basa nell'adozione di adeguati sistemi di protezione ambientale (schermature sorgenti) e di mezzi di protezione personale (occhiali, guanti, indumenti). Nota - Protezione da radiazioni ultraviolette L'ACGIH (American Conference Governmental Industrial Hygienist) ha stabilito che: un'irradiazione totale nell’UV-A minore di 10 W/m2 e un'irradianza efficace nell'UV-B e UV-C minore di 1mW/m2 non comportano rischi professionali da radiazioni ultraviolette per effetti a breve termine. Sarebbe inoltre utile non esporre i soggetti con una maggiore suscettibilità agli ultravioletti per difetti congeniti o acquisiti (albini, soggetti affetti da porfiria) o affetti da alterazioni oculari recidivanti o lesioni cutanee di tipo cronico.

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- Mezzi di protezione degli occhi In presenza di situazioni di rischio e prima della comparsa dei sintomi di pericolo è necessario predisporre un'idonea protezione per gli occhi. La componente ultravioletta dalle sorgenti di luce può essere attenuata per mezzo di filtri in vetro o plastica che sfruttano la proprietà di assorbire le radiazioni ultraviolette offerta da diversi materiali trasparenti. Sono disponibili molte protezioni in grado di offrire una ottima protezione dalle radiazioni ultraviolette quali: • •

filtri di protezione per gli occhi con gradazioni standardizzate per specifiche applicazioni. filtri speciali per attenuare fasce spettrali con alta intensità in ambienti con alti livelli di luce.

Le protezioni per gli occhi dalle radiazioni laser, sono progettate per avere un'adeguata densità ottica alla lunghezza d'onda del laser e con la maggiore trasmissione visuale ottenibile di tutte le altre lunghezze d'onda. Nota: In alcune situazioni, possono essere utilizzate lenti colorate per accrescere la visibilità dell'oggetto in esame. NORMATIVA Le principali norme in materia di Protezione personale degli occhi sono: EN 166 - Requisiti di base EN 167 - Metodi di prova ottici EN 168 - Metodi di prova non ottici EN 169 - Filtri per saldatura EN 170 - Filtri per raggi ultravioletti EN 171 - Filtri per raggi infrarossi EN 172 - Filtri di protezione solare per uso industriale EN 207 - Filtri e mezzi di protezione dell’occhio contro radiazioni laser (occhiali per protezione laser) EN 208 - Protettori dell’occhio per i lavori di regolazione sul laser e sistemi laser (occhiali per regolazione laser).

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5. ESAMI VISIVI

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5.1 Esame visivo dei prodotti lavorati Gli esami visivi sono impiegati per localizzare le discontinuità superficiali che si formano nelle: - Fusioni (getti) e nei manufatti prodotti con processi di deformazione plastica: - Forgiati (fucinati) - Laminati - Trafilati - Estrusi - Tubi senza saldatura (prodotti con laminazione su mandrino). In questi prodotti alle discontinuità inerenti (presenti nel materiale grezzo e deformate durante la lavorazione) si aggiungono quelle dovute allo stesso processo di lavorazione (discontinuità primarie). Altre discontinuità (secondarie) possono formarsi sui componenti lavorati che sono sottoposti a: - Lavorazioni meccaniche quali tornitura, fresatura, rettifica e taglio. Fusioni (getti)

Le fusioni sono create colando il metallo liquido in forme sono soggette a varie discontinuità inerenti al processo. - Scopo dell'esame - Normativa - Strumenti - Modalità di esame Tipiche discontinuità che appaiono sulla superficie sono: - INCLUSIONI - POROSITA' - RIPRESE FREDDE - STRAPPI A CALDO E CRICCHE DA RITIRO

Scopo dell'esame Esame visivo di getti di acciaio prodotti in forme di sabbia. Scopo dell'esame visivo è la valutazione della qualità superficiale del getto. La valutazione della superficie del getto avviene in relazione a: rugosità superficiale, discontinuità superficiali Normativa: EN 1370 - Fonderia - Controllo della rugosità superficiale per mezzo di comparatori visotattili EN 1559-1 Fonderia - Condizioni tecniche di fornitura - Generalità prEN 1559-2 Fonderia - Condizioni tecniche di fornitura - Prescrizioni aggiuntive per i getti di acciaio Strumenti Comparatori visivi costituiti da repliche di discontinuità: 9 categorie con livelli di severità crescente da 1 a 4 - Inclusioni superficiali - Porosità ai gas SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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-

Ripiegature e giunti freddi: irregolarità superficiali che si manifestano con un aspetto raggrinzito. Sfoglie: irregolarità superficiali in rilievo Inserti: rilevamenti di supporti o di raffreddatori inglobati Saldature

Modalità di esame L'esame viene condotto attraverso il confronto visivo diretto fra la superficie da esaminare ed i comparatori. L'esame della superficie avviene senza l'ausilio di strumenti ottici e con adeguate condizioni di illuminazione (minimo 350 lx). NOTA: Il livello di severità delle discontinuità rilevabili visivamente, dipende dallo stato di rugosità della superficie. In pratica tanto maggiore è il grado di rugosità superficiale tanto minore è la possibilità di rilevare discontinuità con basso grado di severità.

INCLUSIONI Le inclusioni possono risultare dalla sabbia usata per creare la forma, dalle scorie del metallo colato, dai materiali refrattari della forma e da altri materiali che non si fondono e non si legano con il metallo fuso. Le inclusioni appaiono ovunque sulla superficie e conferiscono un aspetto poroso e grossolano. Possono essere metalliche o non metalliche (presenza di materiali estranei). POROSITÀ Le porosità sono il risultato dei gas sprigionati dal metallo fuso che rimangono intrappolati durante la solidificazione. Sono piccole cavità con superfici lisce sferoidali, isolate o in gruppi. Possono essere interne e quindi non individuabili con esame visivo oppure affioranti in superficie. RIPRESE FREDDE Le riprese fredde sono una incompleta fusione del metallo colato che risultano da una interruzione della colata del metallo o da zone dove la solidificazione avviene prima che la colata sia terminata. Le riprese fredde possono apparire ovunque nella fusione, ma si presentano più facilmente nell'area centrale del nucleo ove avviene una interruzione della colata. STRAPPI A CALDO E CRICCHE DA RITIRO Gli strappi a caldo e le cricche da ritiro sono causati da una diversa velocità di raffreddamento o da drastici cambiamenti di spessore del materiale dovuti ad una configurazione irregolare della forma. Sono evidenti di solito in: - aree di tensione come gli spigoli; - aree dove parti di fusioni sono vincolate, - aree dove avvengono forti cambiamenti di spessore.

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Forgiati (fucinati) I forgiati si realizzano mettendo un pezzo di metallo riscaldato tra due stampi e formandolo attraverso operazioni di martellamento o di compressione e stiramento. Diversi tipi di discontinuità possono essere evidenziate durante l'esame visivo dei forgiati: -

RIPIEGATURE FESSURE DA SCOPPIO E LACERAZIONI (strappo da fucinatura)

RIPIEGATURE Le ripiegature sono difetti superficiali simili a fessure, causati da ripiegamenti di spigoli acuti che non si saldano durante il processo di forgiatura. Possono presentarsi ovunque sulla superficie del forgiato ma esse sono più frequenti nel senso della lavorazione e quando le parti dello stampo non si accoppiano bene. FESSURE DA SCOPPIO E LACERAZIONI Le fessure da scoppio sono rotture del materiale che si producono quando la temperatura raggiunta dal metallo prima della fucinatura non è sufficientemente elevata, o quando si provocano drastiche riduzioni di spessore mentre il pezzo viene forzato tra gli stampi. Le lacerazioni avvengono in corrispondenza dell'eccesso di metallo forzato tra i due semi stampi. L'esame visivo degli elementi di collegamento (bulloneria) è approfondito in una sezione a parte. Laminati Le principali discontinuità osservabili nei prodotti laminati sono: -

INCLUSIONI ALLINEATE (Sfogliature) CRICCHE A SPIGOLO FESSURE DI LAMINAZIONE STRAPPI

INCLUSIONI ALLINEATE Le inclusioni allineate si presentano come delle venature lunghe e sottili. Quando sono visibili in superficie si denominano sfogliature. Cause: sono discontinuità inerenti che derivano dalle inclusioni non metalliche che subiscono una trasformazione durante la laminazione. CRICCHE A SPIGOLO Le cricche a spigolo sono fessurazioni orientate nella direzione trasversale rispetto alla direzione di laminazione. Cause: si formano quando si riduce eccessivamente lo spessore senza effettuare un trattamento di ricottura intermedio. FESSURE DI LAMINAZIONE Le fessure dei laminati sono simili a quelle dei forgiati. Si ritrovano negli sbozzati e nei manufatti ottenuti da essi come la bulloneria. STRAPPI Gli strappi hanno un aspetto molto simile alle cricche e si ritrovano prevalentemente nei laminati sottili. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Cause: gli strappi si formano quando le tensioni di laminazione superano la resistenza del metallo caldo. Una lubrificazione impropria delle superfici dei cilindri di laminazione può aggravare questo fenomeno. Trafilati Le tipologie di discontinuità, inerenti o di processo, osservabili nei prodotti di trafilatura sono le medesime che si possono trovare nei laminati. -

INCLUSIONI ALLINEATE CRICCHE A SPIGOLO FESSURE DI LAMINAZIONE STRAPPI

Estrusi Le discontinuità osservabili nei prodotti estrusi sono righe (cricche) o strappi superficiali generati dal processo di estrusione quando la lubrificazione non è adeguata. Le discontinuità inerenti sono piuttosto rare, in quanto l'elevato costo del processo ne limita l'impiego ai soli materiali di alta qualità.

Tubi senza saldatura (laminazione su mandrino) La laminazione su mandrino è uno dei processi usati per la produzione di tubi senza saldatura. All'esame visivo dei tubi è dedicata una sezione a parte.

Lavorazioni meccaniche Tornitura, fresatura, rettifica e taglio sono tutte lavorazioni meccaniche che possono causare discontinuità sui componenti lavorati. -

CRICCHE DA RETTIFICA O DA MOLATURA CRICCHE DA TRATTAMENTO TERMICO LACERAZIONI

CRICCHE DA RETTIFICA O DA MOLATURA Sono dovute ad un eccessivo riscaldamento del componente causato dal processo di rettifica o molatura. Si presentano come sottili e fini incisioni con una direzione perpendicolare al senso di rotazione. Se il riscaldamento causato dalla mola è molto elevato, possono dare origine a cricche più grandi, che si diramano in ogni direzione.

CRICCHE DA TRATTAMENTO TERMICO Sono dovute ai cicli termici cui vengono sottoposti i pezzi nel corso delle lavorazioni che portano al pezzo finito. Poiché sono generate dalle tensioni interne prodotte dalla diversa velocità di raffreddamento le sedi preferenziali risultano essere: - zone di angolo, rigature, ecc. - zone di passaggio tra sezioni diverse - margini delle saldature. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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LACERAZIONI Sono prodotte da eccessive sollecitazioni meccaniche durante la lavorazione.

5.2 Esame visivo dei giunti saldati Mediante il processo di saldatura vengono uniti insieme due (o più) elementi di metallo (getti, lamiere, tubi) a formare un giunto saldato. La giunzione di elementi tramite saldatura potrebbe generare discontinuità in grado di influenzare l'utilizzo del componente realizzato. L'esame visivo della superficie e del rovescio (se accessibile) del giunto, oltre a permettere di individuare eventuali difetti affioranti, facilita (talvolta è addirittura indispensabile) la corretta interpretazione dei risultati di altri tipi di controlli non distruttivi, come l'esame radiografico e quello ultrasonoro. • Normativa di riferimento • Strumenti • Dimensionamento • Discontinuità rilevabili con l'esame visivo • Modalità di esame Normativa di riferimento Ci sono diversi tipi di documenti coinvolti nell'esecuzione degli esami visivi come codici, standards, specifiche, ed altri previsti per registrare i risultati dell'ispezione. L'ispettore dovrebbe essere a conoscenza dei documenti pertinenti prima di eseguire l'esame in modo da poter applicare l'appropriato criterio per determinare l'accettabilità della saldatura. RIFERIMENTI NORMATIVI PER L'ESAME VISIVO DEI GIUNTI SALDATI Direttive 97/23/CE (PED) ASME Boiler and Pressare Vessel Code American Welding Society Structural Welding Code I.S.P.E.S.L. Raccolta "S" UNI EN ISO 5817:2004 - Giunti saldati ad arco in acciaio - Guida sui livelli di qualità delle imperfezioni UNI EN ISO 6520-1:2008 - Saldatura e procedimenti connessi - Classificazione delle imperfezioni geometriche nei materiali metallici - Saldatura per fusione UNI EN ISO 10042:2007 - Giunti in alluminio e sue leghe saldabili, saldati ad arco - Guida dei livelli di qualità delle imperfezioni UNI EN ISO 13919-1 1997 - Saldatura - Giunti saldati a fascio elettronico e laser - Guida dei livelli di qualità delle imperfezioni. - Acciaio UNI EN ISO 13920 2000 - Saldatura -Tolleranze generali per le costruzioni saldate - Dimensioni lineari e angolari - Forma e posizione EN ISO 17637:2011 - Controllo non distruttivo di saldature - Esame visivo di giunti saldati per fusione UNI EN 22553 1997 - Giunti saldati e brasati - Rappresentazione simbolica delle saldature sui disegni

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Strumenti L'impiego di una lente (fino a 10 ingrandimenti) permette un esame più dettagliato, soprattutto per rilevare la presenza di cricche superficiali. Per la verifica delle dimensioni e dei profili sono impiegati calibri per saldatura e profilometri. Un elenco di attrezzature tipiche per misurare dimensioni, incisioni marginali, concavità ed altre caratteristiche delle saldature è riportato nelle tavole di seguito. 5 6

1

2

4

3

Strumenti. Attrezzature per il dimensionamento della saldatura e la misura di discontinuità 1. Calibro Usato per misurazioni su saldature di raccordo o anche per la misura del sovrametallo in saldature testa a testa. I piedini del calibro formano quattro angoli fissi di 60°-70°-80°-90°. Misura 7 spessori di gola di saldature di raccordo con un angolo incluso di °90. 2. Calibro a lame Sistema combinato di calibri per i formati concavi o convessi delle saldature di raccordo. Consente di controllare la lunghezza del lato del cordone e determinare se vi è sufficiente altezza di gola. Consente di controllare il sovrametallo (rinforzo) delle saldature testa a testa, l'altezza di gola e la dimensione delle saldature di raccordo. Adatto per le saldature di raccordo asimmetriche. 3. Calibro Palmgren Consente di controllare il sovrametallo (rinforzo) delle saldature testa a testa, l'altezza di gola e la dimensione (lato) delle saldature di raccordo. 4. Calibro multifunzionale (Cambridge) Strumento per misurare l'angolo di preparazione dei lembi, il disallineamento, le incisioni marginali, il sovrametallo delle saldature testa a testa, l'altezza di gola e la dimensione delle saldature di raccordo. 5. Calibro con ago conico (Gap Gauge) Consente di misurare l'intervallo tra i lembi 6. Calibro tipo HI-LO Consente di controllare e misurare diverse caratteristiche di una saldatura testa a testa, ad esempio l'apertura dei lembi, l'altezza del cordone, il disallineamento tra i lembi nella preparazione del cianfrino SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Dimensionamento Nell'eseguire l'esame l'operatore dovrà prima accertarsi che la configurazione e il profilo del giunto saldato corrispondono al disegno secondo i simboli convenzionali usati (vedi Simbologia della saldatura). Le dimensioni normalmente controllate nel corso di un esame di una saldatura d'angolo includono: -

Spessore del materiale base (A); Lunghezza del cordone (B) e dimensione del lato (C); Dimensione di gola (D); Lunghezza dei tratti di un cordone d'angolo intermittente (E) e spaziatura (passo) fra i tratti (F).

- Dimensioni di una saldatura in cianfrino Le dimensioni normalmente misurate durante il corso di un esame di una saldatura in cianfrino includono: - lo spessore del materiale base; - le dimensioni della preparazione di saldatura, per esempio angolo di smusso, spalla, ecc.; - l'apertura alla radice tra i lembi; - l'allineamento delle parti e disallineamento del diametro interno; - il sovrametallo di saldatura; - la concavità della radice; - il gioco dei materiali di supporto o degli inserti consumabili. Per entrambi i giunti (d'angolo e in cianfrino), i limiti di accettabilità per ciascuna delle dimensioni da verificare possono essere rintracciati nei documenti di fabbricazione. Discontinuità rilevabili con l'esame visivo Non tutte le discontinuità presenti in una saldatura possono essere rilevate visivamente; alcune richiedono l'uso di altre tecniche PnD quali radiografia o ultrasuoni. I seguenti tipi di discontinuità poiché possono tutte apparire sulla superficie costituiscono l'oggetto dell'esame visivo di una saldatura: - FUSIONE INCOMPLETA - PENETRAZIONE INCOMPLETA - SOVRAPPOSIZIONE - PENETRAZIONE ECCESSIVA - INCISIONE MARGINALE - CRATERE - PROFILO IMPROPRIO - CRICCA - INCLUSIONE - POROSITÀ - INNESCO D'ARCO - SPRUZZO - DISTORSIONE/RITIRO

FUSIONE INCOMPLETA (o mancanza di fusione) SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Visivamente si osserva che il metallo d'apporto non si è amalgamato con il metallo base o con l'altro metallo d'apporto. Si può trovare fusione incompleta dovunque o nel metallo di saldatura o all'interfaccia fra metallo d'apporto e metallo base PENETRAZIONE INCOMPLETA (o mancanza di penetrazione) Mancata fusione alla radice del giunto saldato: al vertice se giunto saldato da un solo lato, al cuore per giunto saldato dai due lati. SOVRAPPOSIZIONE (o ripiegatura, o cordone sovrapposto) Un eccessivo flusso di metallo d'apporto che non si fonde col metallo base. Si trova normalmente sul bordo del metallo di saldatura che è a contatto con il metallo base. Visivamente si presenta come metallo non fuso, che appare come "sovrapposto". PENETRAZIONE ECCESSIVA (o fusione passante) Il metallo d'apporto oltrepassa più del previsto la radice della saldatura. La penetrazione eccessiva è localizzata alla radice del giunto saldato. INCISIONE MARGINALE Le incisioni marginali si trovano normalmente sia alla giunzione fra metallo base e metallo d'apporto, sia alla giunzione tra metallo d'apporto e altro metallo d'apporto. L'aspetto è quello di una regione in cui il materiale fuso è scivolato via. Non sono consentite incisioni marginali profonde alla linea d'attacco, poiché possono ridurre seriamente la resistenza del giunto, in particolare quella a fatica. CRATERE Visivamente si presentano come depressioni sulla superficie, alla estremità del cordone di saldatura. Le depressioni possono essere accompagnate da porosità o cricche. Quando si ha una cricca, essa può essere orientata trasversalmente oppure longitudinalmente; a volte può essere formata da una serie di cricche intersecatisi che assumono la figura di una stella. PROFILO IMPROPRIO Tutte le deviazioni del contorno della zona fusa rispetto al profilo ideale prescritto da codici e specifiche (ad esempio: rinforzo, convessità eccessivi). CRICCA Cricche di cratere: sono molte piccole cricche che si propagano da un punto nel cratere (stella) Cricca alla gola: longitudinale, si propaga nella direzione dell'asse, sulla faccia della saldatura Cricca alla radice: non può osservarsi visivamente se non si può esaminare la radice del giunto Cricca lungo la linea di attacco: ha inizio alla linea di attacco della saldatura e si propaga nel materiale di base. Cricca sotto il cordone e in ZTA: non sempre sono visibili durante gli esami visivi INCLUSIONE Le inclusioni normalmente osservate nelle saldature sono inclusioni di scoria e di tungsteno e se non sono sulla superficie non si possono rilevare con gli esami visivi. La scoria è generalmente di colore scuro, diverso da quello del metallo. Le inclusioni di tungsteno, rilevabili anche con esami visivi, sono più facilmente rilevate mediante radiografia. POROSITA' Gli esami visivi rilevano la porosità sulla superficie: uniforme, a grappolo, lineare, a tarli.

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INNESCO D'ARCO Sono fusioni non intenzionali del metallo base fuori dalla regione in cui si deposita il metallo d'apporto. Gli inneschi d'arco possono assomigliare a singoli piccoli crateri circolari o cilindrici o a una serie di piccoli crateri che formano una traccia verso il deposito di materiale d'apporto. La loro struttura dura e fragile potrebbe essere una sorgente di cricche, quindi quando si rilevano bisogna ricercare anche le eventuali cricche che potrebbero propagarsi da questi crateri. SPRUZZO Rilevabili agli esami visivi e da controllare, sia perché possono mascherare altri difetti, sia perché possono indicare che una variabile del processo di saldatura è fuori procedura. DISTORSIONE/RITIRO Variazione dimensioni e modifica della forma, deviazione dalla forma desiderata. Modalità di esame Normalmente viene eseguito un esame diretto del giunto, ma nel caso di inaccessibilità sono possibili anche esami indiretti mediante endoscopi, telecamere ecc. Il giunto esaminato deve essere adeguatamente illuminato (almeno 350 lx, consigliato 500 lx). Per migliorare il contrasto fra la discontinuità e il fondo può essere impiegata una sorgente di luce aggiuntiva. L'esame può avvenire in momenti diversi del processo di saldatura: - preparazione del giunto; per la verifica della forma e dimensione del cianfrino di saldatura - fase di saldatura; per la verifica del processo di saldatura e relativi parametri - saldatura completata; per la verifica dei requisiti di qualità ed accettabilità. L'esame della saldatura deve comunque avvenire appena terminato il processo di saldatura ed eventualmente dopo ogni trattamento superficiale.

5.3 Esame visivo degli elementi di collegamento (bulloneria) Oltre che con il processo di saldatura, i giunti metallici sono realizzati unendo tra loro elementi in metallo mediante bullonatura. L'esame degli elementi di collegamento (dadi, viti) è necessaria in quanto questi potrebbero essere sede di discontinuità potenzialmente dannose per la funzionalità della giunzione. Rigatura: estesa sulla filettatura, diritta con andamento longitudinale Cricca di tempra: estesa trasversalmente sul fondo del filetto Ripiegatura: non ammessa su raccordo interno.

Normativa di riferimento I principali riferimenti normativi (generali e di prodotto) per l'esame visivo degli elementi di collegamento sono indicati di seguito. Ricordiamo che l'operatore deve sapere se viene richiesta l'applicazione di determinate norme (ad esempio norme UNI) o codici (quali l'ASME) o eventualmente di procedure interne appositamente realizzate. In questo caso egli deve attenersi scrupolosamente a quanto prescritto nella normativa, o nella procedura, durante la conduzione dell'esame e la valutazione dei risultati. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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RIFERIMENTI NORMATIVI PER L'ESAME VISIVO DEGLI ELEMENTI DI COLLEGAMENTO NORME GENERALI EN ISO 9712:2012 - Qualificazione e certificazione del personale addetto alle Prove non Distruttive (sostituisce la EN 473) ASME,

Sez. XI, Div. 1 Rules for Inservice Inspection of Nuclear Power Plant Components

Recommended Practice No. SNT-TC-1A Personnel Qualification and Certification in Non Destructive Testing NORME DI PRODOTTO UNI EN ISO 3269 2002

Elementi di collegamento - Collaudo per accettazione

UNI EN ISO 6157-2:2004

Elementi di collegamento - Difetti superficiali - Parte 2: Dadi

UNI EN ISO 10495-2:2004

Prova del carico di prova con appoggio conico sui dadi

UNI EN 26157 Parte 1a, 3a – 1993

Elementi di collegamento Difetti superficiali Viti e viti prigioniere per applicazioni generali

Strumenti L'osservazione di una discontinuità si può migliorare utilizzando specchi e lenti di ingrandimento. Lo specchio è da utilizzare quando non è possibile accedere facilmente alla zona da ispezionare entro i limiti raccomandati dalle normative (60cm a 30°). Inoltre si possono usare strumenti di misura quali regoli, nastri metrici, micrometri, calibri a nonio.

Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (DADI) I principali difetti superficiali rintracciabili con l'esame visivo per i DADI : -

CRICCHE DI TEMPRA CRICCHE DI STAMPAGGIO E DA INCLUSIONI SCREPOLATURE FILATURE RIPIEGATURE

CRICCHE DI TEMPRA CAUSE - le cricche di tempra si possono formare durante il trattamento termico. ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie del dado. Possono presentarsi anche sulla filettatura. CRICCHE DI STAMPAGGIO CAUSE - Le cricche di stampaggio (cricche di ricalcatura) possono formarsi durante le operazioni di troncatura o ricalcatura e si localizzano solo sulle facce di appoggio dei dadi o sulla loro intersezione con le superfici di manovra. Le cricche da inclusioni sono causate da inclusioni non metalliche presenti nel materiale di partenza. ASPETTO - cricca da inclusioni sui piani di appoggio o nelle filettature, cricche di stampaggio sui piani di appoggio. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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SCREPOLATURE CAUSE - le screpolature derivano da difetti superficiali del materiale originario e possono formarsi, durante le operazioni di stampaggio, sulle superfici esterne dei dadi e sul bordo dei dadi con flangia. ASPETTO - Screpolatura FILATURE CAUSE - dipendono dal materiale di partenza con cui sono fabbricati gli elementi di collegamento. ASPETTO - Filatura RIPIEGATURE CAUSE - si formano a causa di spostamenti del materiale durante lo stampaggio dei dadi in corrispondenza o in prossimità delle variazioni di sezione o sulle facce d'appoggio del dado. ASPETTO - Sui piani di appoggio, sul lato, ripiegatura, ripiegatura sul bordo del piano di appoggio dei dadi con flangia. Discontinuità rilevabili con l'esame visivo (VITI) I principali difetti superficiali rintracciabili con l'esame visivo per le VITI: -

CRICCHE DI TEMPRA CRICCHE DI STAMPAGGIO SCREPOLATURE DI STAMPAGGIO RIGATURE, FILATURE, PAGLIE E PIEGHE RIPIEGATURE BUTTERATURE SEGNI DI UTENSILE

CRICCHE DI TEMPRA CAUSE - sono causate da eccessive tensioni prodotte durante il trattamento termico ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di collegamento. Sulla testa generalmente con prolungamento sul gambo o su una faccia della testa Circonferenziale adiacente al raccordo sottotesta Sulla faccia di appoggio Sulla cresta del filetto con stacco di porzione di filetto Sullo spigolo della testa Sul fondo del filetto Longitudinale / Trasversale Radiale nel raccordo sottotesta Sul fondo della scanalatura CRICCHE DI STAMPAGGIO CAUSE - si possono formare durante le operazioni di troncatura o di formatura generalmente sono localizzate sulla della testa delle viti. ASPETTO - Cricca di stampaggio sulla testa SCREPOLATURE DI STAMPAGGIO CAUSE - possono formarsi, durante lo stampaggio, sulle facce di manovra o sugli spigoli della testa di viti a testa esagonale, sulle superfici periferiche di viti a testa cilindrica o flangiata e sul bordo della testa di viti a testa esagonale improntate. RIGATURE, FILATURE, PAGLIE E PIEGHE CAUSE - dipendono dal materiale di partenza con cui sono fabbricati gli elementi di collegamento. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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ASPETTO - Rigatura diritta o leggermente curva con andamento longitudinale RIPIEGATURE CAUSE - si formano durante le operazioni di stampaggio per lo spostamento di materiale dovuto a un'incompatibilità di forme e volumi. ASPETTO - Tipica ripiegatura a quadrifoglio ammessa in una vite con spallamento non circolare Ripiegatura ammessa nell'intersezione tra flangia e faccia di manovra Ripiegatura ammessa sulla superficie dell'estremità della vite / su uno spigolo esterno del profilo Ripiegatura non ammessa su un raccordo interno BUTTERATURE CAUSE - sono generate da compressioni ed impronte di trucioli (bave di taglio), o da ruggine presente sul materiale di partenza. Le butterature non vengono eliminate durante le operazioni di stampaggio o di ricalcatura. SEGNI DI UTENSILE CAUSE - sono causate dal movimento degli utensili di produzione della superficie della vite. ASPETTO - Segno di utensile, Segno di utensile causato da operazione di finitura. LIMITI - nella lavorazione con asportazione del truciolo sul gambo, i segni prodotti dagli utensili sui raccordi o sulla faccia di appoggio non devono presentare una rugosità Ra maggiore di 3,2 µm in conformità alla norma ISO 468. Modalità di esame L'esame (diretto o remoto) deve svolgersi secondo le modalità generali prescritte dalla normativa in relazione a: •

distanza e angolo di osservazione; l'occhio deve essere posizionato a non più di 600 mm dalla superficie da esaminare, con un angolo non inferiore a 30° rispetto ad essa;



illuminamento (naturale o artificiale); il rispetto delle prescrizioni può essere verificato controllando la visibilità di una linea nera della larghezza di 0.8 mm su un fondo grigio neutro al 18%;



pulizia della superficie Gli esami visivi che richiedono superfici pulite e decontaminate devono essere preceduti da adeguati procedimenti di pulizia affinché l'interpretazione dei risultati non risulti falsata. L'esame di superfici verniciate, o ricoperte da altri tipi di rivestimenti protettivi, sarà possibile solo se lo spessore del rivestimento è sufficientemente sottile da non influenzare l'interpretazione dei risultati.

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5.4 Esame visivo dei tubi Questa sezione fornisce alcune regole per il controllo dei tubi senza saldatura o saldati. • Normativa di riferimento • Controllo dimensionale: - Misura delle dimensioni fondamentali - Misura di altre grandezze dimensionali - Tolleranze dimensionali - Tolleranze tipiche dei tubi - Strumenti di misura delle dimensioni fondamentali - Strumenti di verifica delle tolleranze • Discontinuità rilevabili con l'esame visivo • Modalità di esame Normativa di riferimento Sono riportati i principali riferimenti normativi (generali e di prodotto) per l'esame visivo di tubi. Ricordiamo che l'operatore deve sapere se viene richiesta l'applicazione di determinate norme (ad esempio norme UNI) o codici (quali l'ASME) o eventualmente di procedure interne appositamente realizzate. In tal caso l'operatore deve attenersi scrupolosamente a quanto le dette norme (o procedure) prescrivono in merito alla conduzione dell'esame ed alla valutazione dei risultati. RIFERIMENTI NORMATIVI PER L'ESAME VISIVO DEI TUBI UNI EN 10256

2002 - Prove non distruttive dei tubi di acciaio - Qualificazione e competenze del personale per le prove non distruttive di livello 1 e 2

UNI EN 10216-1

2005 - Tubi senza saldatura di acciaio per impieghi a pressione - Condizioni tecniche di fornitura. - Parte 1: Tubi di acciaio non legato per impieghi a temperatura ambiente

UNI EN 10217

2005 - Tubi saldati di acciaio per impieghi a pressione - Condizioni tecniche di fornitura - Parte 1: Tubi di acciaio non legato per impiego a temperatura ambiente - Parte 2: Tubi saldati elettricamente di acciaio non legato e legato per impieghi a temperatura elevata; - Parte 3: Tubi di acciaio legato a grano fine; - Parte 4: Tubi saldati elettricamente di acciaio non legato per impieghi a bassa temperatura; - Parte 5: Tubi saldati ad arco sommerso di acciaio non legato e legato per impieghi a temperatura elevata; - Parte 6: Tubi saldati ad arco sommerso di acciaio non legato per impieghi a bassa temperatura; - Parte 7: Tubi di acciaio inossidabile

UNI EN 10246

2001 - Prove non distruttive dei tubi di acciaio - Parte 1: Controllo automatico elettromagnetico per la verifica della tenuta idraulica dei tubi di acciaio ferromagnetico senza saldatura e saldati - Parte 3: Controllo automatico mediante correnti indotte dei tubi di acciaio senza saldatura e saldati per la rilevazione dei difetti. - Parte 4: Controllo automatico dell'intera superficie mediante trasduttori magnetici/flusso disperso di tubi in acciaio ferromagnetico senza saldatura per la rilevazione dei difetti trasversali. - Parte 5: Controllo automatico dell'intera superficie mediante trasduttori magnetici/flusso disperso di tubi in acciaio ferromagnetico senza saldatura e saldati per la rilevazione dei difetti longitudinali. - Parte 6: Controllo automatico dell'intera superficie mediante ultrasuoni di tubi in acciaio senza saldatura per la rilevazione dei difetti trasversali. - Parte 7: Controllo automatico con ultrasuoni per la ricerca di imperfezioni longitudinali su tutta la circonferenza di tubi in acciaio senza saldatura e saldati. - Parte 8: Controllo automatico mediante ultrasuoni della saldatura di tubi in acciaio saldati elettricamente per la rilevazione dei difetti longitudinali. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it 166

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EN 10893

2011 Controlli non distruttivi dei tubi di acciaio. - Parte 1: Controllo elettromagnetico automatizzato di tubi di acciaio, senza saldatura e saldati (eccetto quelli ad arco sommerso), per la verifica della tenuta idraulica. - Parte 3: Controllo automatizzato mediante flusso disperso sull intera superficie di tubi di acciaio ferromagnetico, senza saldatura e saldati (eccetto quelli ad arco sommerso), per la rilevazione di imperfezioni longitudinali e/o trasversali. - Parte 2: Controllo automatizzato di tubi di acciaio, senza saldatura e saldati (eccetto quelli ad arco sommerso), per la rilevazione di imperfezioni con correnti indotte. - Parte 4: Controllo di tubi di acciaio, saldati e senza saldatura, per la rilevazione di imperfezioni superficiali con liquidi penetranti. - Parte 5: Controllo con particelle magnetiche di tubi di acciaio ferromagnetico, saldati e senza saldatura, per la rilevazione di imperfezioni superficiali. - Parte 6: Controllo radiografico di tubi di acciaio saldati per la rilevazione di imperfezioni nel cordone di saldatura. - Parte 7: Controllo radiografico digitale di tubi di acciaio saldati per la rilevazione di imperfezioni nel cordone di saldatura. - Parte 8: Controllo automatizzato mediante ultrasuoni di tubi di acciaio, saldati e senza saldatura, per la rilevazione di imperfezioni laminari. - Parte 9: Controllo automatizzato mediante ultrasuoni per la rilevazione di imperfezioni laminari sui nastri/lamiere utilizzati per la fabbricazione di tubi di acciaio saldati. - Parte 10: Controllo automatizzato mediante ultrasuoni sull intera superficie di tubi di acciaio, senza saldatura e saldati (eccetto quelli ad arco sommerso), per la rilevazione di imperfezioni longitudinali e/o trasversali. - Parte 11: Controllo automatizzato mediante ultrasuoni del cordone di saldatura di tubi di acciaio saldati, per la rilevazione delle imperfezioni longitudinali e/o trasversali. - Parte 12: Controllo automatizzato mediante ultrasuoni dell'intera superficie di tubi di acciaio, senza saldatura e saldati (eccetto quelli ad arco sommerso) per la misurazione dello spessore.

Controllo dimensionale Misura delle dimensioni fondamentali Le dimensioni fondamentali che si devono controllare sono il diametro esterno e lo spessore. Il controllo del diametro esterno deve essere effettuato su quattro generatrici. Il diametro medio di fabbricazione è dato dalla media delle quattro misure effettuate. Ogni misurazione deve essere eseguita con il calibro perpendicolare all'asse del tubo senza esercitare alcuna pressione sul tubo stesso. II controllo dello spessore deve essere eseguito su di una sezione ottenuta con un taglio perpendicolare all'asse del tubo e successiva eliminazione delle sbavature esterne ed interne. La misura deve essere effettuata su otto generatrici con lo strumento tenuto parallelo all'asse del tubo senza esercitare alcuna pressione. Lo spessore medio di fabbricazione è dato dalla media delle misure effettuate. Misura di altre grandezze dimensionali Dalle misure di diametro e di spessore, eseguite su una medesima sezione trasversale del tubo, se ne ricavano indirettamente altre due: • •

ovalizzazione, definita come la differenza tra il diametro massimo e il diametro minimo rilevati sulla sezione; eccentricità, definita come la differenza tra lo spessore massimo e lo spessore minimo rilevati sulla sezione. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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La rettilineità misura lo scostamento della retta che congiunge i centri delle facce opposte (asse reale) dall'asse di una delle due facce del tubo (asse teorico). Generalmente è ammesso che il tubo sia giudicato diritto a vista. Nel caso sia prescritta una misura, questa viene espressa in permille della lunghezza del tubo. Tolleranze dimensionali Nella lavorazione di manufatti non è mai possibile ottenere un prodotto con dimensioni esattamente corrispondenti ai valori stabiliti di fabbricazione (valori nominali). Ciò implica una differenza (scostamento) tra il valore medio misurato e quello teorico. Per tener conto delle esigenze di lavorazione, ma allo stesso tempo fissare un limite alle possibili deviazioni dai valori nominali, viene introdotto il concetto di tolleranza. La tolleranza è intesa come lo scostamento massimo consentito dalle dimensioni nominali del manufatto. Le tolleranze possono essere espresse in percento % o in valore fisso in più (+) o in meno (-) sulla rispettiva dimensione teorica.

Tolleranze tipiche dei tubi TOLLERANZE SUL DIAMETRO Campo di valori entro i quali può variare il diametro (esterno o interno) del tubo rispetto al valore teorico. E' espressa in % del diametro teorico stesso, oppure in millimetri. MASSIMA OVALIZZAZIONE Valore massimo della differenza tra il massimo e il minimo diametro esterno misurati in una medesima sezione trasversale del tubo. Normalmente è espressa in mm, o in % del diametro medio calcolato come semisomma dei diametri massimo e minimo. Diametro Medio = (Diametro Max + Diametro min) / 2 TOLLERANZE SULLO SPESSORE Valori entro i quali può variare Io spessore del tubo rispetto al valore teorico. Normalmente è espressa in % dello spessore teorico stesso oppure in mm. ECCENTRICITA' MASSIMA Valore massimo della differenza tra lo spessore massimo (Smax) e minimo (Smin) misurati in una stessa sezione trasversale del tubo. Normalmente è espressa in mm e in % dello spessore medio calcolato come semisomma degli spessori massimo e minimo. Spessore Medio = (Smax + Smin) / 2 TOLLERANZE SULLA RETTILINEARITA' Massimo scostamento dell'asse del tubo da quello rettilineo teorico. Normalmente è espressa in x 1000 della lunghezza del tubo. TOLLERANZE SULLA LUNGHEZZA Valori entro i quali può variare la lunghezza del tubo rispetto al valore teorico. Normalmente è espressa in mm.

Strumenti di misura delle dimensioni fondamentali Per la misura delle dimensioni fondamentali si utilizzano i seguenti strumenti di lavoro: - Calibri a corsoio: usati principalmente per il rilievo del diametro esterno. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Micrometri ad arco: in base al range di misura e al tipo dei puntali possono essere utilizzati per il rilievo dello spessore o del diametro esterno. Spessimetri a quadrante: utilizzati per il rilievo dello spessore. Comparatori a bracci tastatori per interni: utilizzati per rilevare il diametro interno del tubo.

Strumenti di verifica delle tolleranze Per la verifica di una tolleranza prefissata gli strumenti utilizzati sono: -

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forcelle passa - non passa (P-NP); per verificare se il diametro esterno si mantiene entro una tolleranza definita; tampone P-NP; per verificare se il diametro interno si mantiene entro una tolleranza definita; spessimetro; per verificare se lo spessore si mantiene entro una tolleranza definita.

Nota Nella verifica del diametro interno del tubo con tampone possono verificarsi i seguenti casi: • l'estremità P entra nella cavità e l'estremità NP non entra; in tal caso il diametro interno rientra nei limiti di tolleranza. • le due estremità entrano entrambe nella cavità e quindi il diametro interno del tubo è superiore al valore massimo consentito. Oppure nessuna delle due estremità entra nella cavità e quindi il diametro interno del tubo è inferiore al valore minimo consentito. In entrambi i casi il diametro interno è fuori tolleranza.

Discontinuità rilevabili con l'esame visivo Sono elencate le tipologie di discontinuità che costituiscono l'oggetto dell'esame visivo dei tubi. • • • • •

DANNEGGIAMENTI E RIVESTIMENTI DIFETTI DI FORMA E DIMENSIONE DIFETTI DI SALDATURA DISCONTINUITA' ALTRI DIFETTI

DANNEGGIAMENTI E RIVESTIMENTI 1. AMMACCATURE 2. AMMACCATURE sul CIANFRINO 3. RIGATURA 4. FILATURA 5. GRAFFI 6. IMPRONTA di CILINDRO 7. ANELLATURA 8. DIFETTI di TAGLIO 9. RIVESTIMENTO DISUNIFORME 10. RIVESTIMENTO SFOGLIATO 11. GRUMI DI ZINCO 12. DECAPAGGIO INSUFFICIENTE

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1. AMMACCATURE Danneggiamento accidentale sulla superficie del tubo ASPETTO - Si presentano come depressioni della superficie con una forma variabile in base alla sagoma dell'oggetto che ha provocato il danneggiamento. CAUSE - Sono prodotte da urti localizzati contro ostacoli accidentali. 2. AMMACCATURE sul CIANFRINO Danneggiamento accidentale sulla superficie del cianfrino ASPETTO - Il difetto si presenta come una deformazione del profilo originario del cianfrino con ricalcamento localizzato del materiale. CAUSE - sono causate da urti della testata del tubo contro ostacoli occasionali o contro altri tubi. 3. RIGATURA Presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di collegamento. ASPETTO - Solchi longitudinali generalmente poco profondi che interessano in genere l'intera lunghezza del tubo. CAUSE - Possono essere originati da: - urti contro guide o parti di impianto - impiego di cilindri usurati o calibrati erroneamente 4. FILATURA Rigature superficiali, nel senso della laminazione. ASPETTO - Si presentano in forma di solchi sottilissimi, rettilinei e paralleli di lunghezza variabile. CAUSE - Si possono formare per la rottura di soffiature sotto pelle. 5. GRAFFI ASPETTO - Solchi (singoli o multipli) di origine meccanica sulla superficie del tubo. CAUSE - Il difetto è causato da strisciamento accidentale contro corpi taglienti. 6. IMPRONTA di CILINDRO Difetto superficiale dei tubi consistente in impronte derivate da cilindri di laminazione. Le impronte spesso risultano ripetute con periodicità. ASPETTO - Presenza di cavità o cricche sulla superficie di lavoro dei cilindri di laminazione (riduttori o trasportatori). 7. ANELLATURA ASPETTO - Traccia a spirale sulle superfici esterne ed interne dei tubi. Il difetto è più evidente nei tubi trattati in bianco (tubi zincati) in quanto il rivestimento appare alternativamente lucido ed opaco. CAUSE - Il difetto può essere causato da: - eccessiva pressione esercita dalla raddrizzatrice - avanzamento troppo elevato alla laminazione - attrezzature difettose in fase di finitura. 8. DIFETTI di TAGLIO Difetto causato da una errata operazione di taglio con deformazione e presenza di bave all'estremità del tubo. CAUSE - L'origine del difetto può essere: - tagliente delle seghe consumato - velocità di avanzamento troppo elevata - eccessivo riscaldamento del materiale - errato posizionamento del tubo nell'operazione di taglio.

9. RIVESTIMENTO DISUNIFORME SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Zone del tubo zincato con diverso spessore di rivestimento. ASPETTO - Il difetto si presenta come placche o gocce ellittiche o circolari di superficie limitata sul rivestimento del tubo. CAUSE - Il difetto è causato da raffreddamenti più rapidi di alcune zone del tubo o da accumuli di zinco. 10. RIVESTIMENTO SFOGLIATO Rivestimento di zinco non sufficientemente aderente al tubo. ASPETTO - Il rivestimento si stacca a scaglie dopo sollecitazioni esterne anche lievi. CAUSE - Il difetto è causato da eccesso di spessore di zinco, provocato principalmente da lunga permanenza del tubo nella vasca di zincatura. 11. GRUMI DI ZINCO Accumuli locali di zinco sulle superfici dei tubi zincati. ASPETTO - Il difetto si presenta specialmente sulla parete interna del tubi. CAUSE - Il difetto è causato da eccesso di zinco che si solidifica in punti preferenziali. Spesso i grumi si formano per rottura di gocce o placche del rivestimento. 12. DECAPAGGIO INSUFFICIENTE Anomalia causata da errata operazione di decapaggio: tracce di scaglia di laminazione rimangono sulla superficie dei tubi. ASPETTO - Il difetto si presenta con l'aspetto di irregolarità della superficie sulla quale si alternano piccoli grumi di ossido con cavità a piccoli crateri diffusi irregolarmente. Talvolta il difetto è orientato lungo una generatrice. CAUSE - Le cause del difetto possono essere: - velocità eccessiva di decapaggio; - soluzione di decapaggio parzialmente esaurita; - temperatura insufficiente del bagno; - ossidi particolarmente aderenti. Nota Il decapaggio è l'operazione di pulizia per eliminare la patina di ruggine dai prodotti siderurgici laminati a caldo. Può essere eseguita con acido e/o altra sostanza chimica oppure con processi meccanici.

DIFETTI DI FORMA E DIMENSIONE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

ECCENTRICITA' OVALIZZAZIONE CAMPANATURA CENTINATURA SVERGOLATURA FORMATURA a TETTO FUORI SQUADRO RIENTRANZE e ONDULAZIONI SALTO di MANDRINO

1. ECCENTRICITA' L'eccentricità è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di coassialità tra diametri esterni ed interni del tubo. E' dovuto ad una variazione eccessiva di spessore lungo raggi nella sezione trasversale di un tubo. ASPETTO - Il tubo presenta forte variazione di spessore nella stessa sezione con massimo e minimo in zone diametralmente opposte. A volte i minimi sono a 90° rispetto ai massimi. CAUSE - Il difetto deriva da: - riscaldamento non uniforme del materiale in fase di estrusione SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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riscaldo disomogeneo prima della foratura foratura fuori centro.

2. OVALIZZAZIONE L'ovalizzazione è un difetto di tipo "dimensionale" che consiste nella mancanza di circolarità del tubo, ossia diametro fluttuante tra un massimo ed un minimo. ASPETTO - La sezione dei tubi si presenta ovale. CAUSE - Il difetto è causato da laminazione con cilindri usurati o da inefficiente calibrazione. Il difetto si manifesta anche a seguito di schiacciamento o accatastamento di tubi ancora caldi. 3. CAMPANATURA Differenza di diametro localizzata in corrispondenza dell'estremità del tubo. ASPETTO - Si presenta con un allargamento od un restringimento della parte terminale del tubo. CAUSE - Il difetto è generalmente dovuto a: - pressione non adeguata nell'espansione del tubo - anello scampanatore non perfettamente calibrato - disuniformità di spessore del tubo. 4. CENTINATURA Mancanza di rettilineità generalmente dipendente dalla saldatura. ASPETTO - La non rettilineità, fa assumere al tubo un aspetto tipico a forma di banana. La concavità sta sempre dalla parte del cordone di saldatura. CAUSE - il difetto è provocato da eccessivo ritiro da parte del cordone di saldatura con conseguente flessione del tubo. 5. SVERGOLATURA ASPETTO - Distorsione a spirale intorno all'asse del tubo. CAUSE - Il difetto è causato da: - una errata regolazione del laminatoio - disuniformità di riscaldo o di raffreddamento. 6. FORMATURA a TETTO Formatura irregolare con angolazione piuttosto accentuata tra i bordi saldati della lamiera. ASPETTO - La sezione del tubo non risulta perfettamente circolare, i lembi accostati lungo la saldatura ricordano la forma del tetto. Il difetto è difficilmente individuabile a vista. CAUSE - Le origini del difetto sono - pressione insufficiente della pressa a formare - resistenze della lamiera al di sopra di quella ammessa. 7. FUORI SQUADRO Alterazione del profilo per mancanza di ortogonalità sulla sezione trasversale dei tubi a sezione quadra o rettangolare. ASPETTO - Si accompagna spesso a deformazioni sulle facce del tubo. CAUSE - In genere il difetto è dovuto a riscaldo disomogeneo od a trafilatura irregolare. 8. RIENTRANZE e ONDULAZIONI Affossamenti sulla sezione dovuti a cedimenti dell'acciaio ASPETTO - Si presentano come ripiegature più o meno numerose (talvolta diametralmente opposte) e di lunghezza variabile (talvolta su tutto il tubo). Le ondulazioni di laminazione (effetto "canna di bambu" ) sono fluttuazioni dello spessore del tubo nella direzione longitudinale, a seguito del processo di fabbricazione. CAUSE - Eccessivo riscaldamento durante la laminazione.

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9. SALTO di MANDRINO Forte variazione dello spessore e del diametro interno dei tubi. Il difetto è localizzato in breve tratto. CAUSA - E' causata da una improvvisa mancanza di presa tra tubo e mandrino. DIFETTI DI SALDATURA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

BOLLA CIANFRINATURA FUORI CENTRO CIANFRINATURA IRREGOLARE RIENTRANZA di SALDATURA SALDATURA INCOMPLETA SCOLLATURA SCORDONATURA INCOMPLETA

1. BOLLA ASPETTO - Escrescenza sulla parte interna del tubo.Il difetto è localizzato nella zona di saldatura. CAUSA - La bolla è causata da una eccessiva temperatura raggiunta alla al momento della saldatura. 2. CIANFRINATURA FUORI CENTRO Cianfrinatura non centrata causata da curvatura del tubo. 3. CIANFRINATURA IRREGOLARE Difettosità o irregolarità dell'angolo e/o della spalla del cianfrino. CAUSA - la cianfrinatura è stata eseguita con un utensile spostato o male affilato. 4. RIENTRANZA di SALDATURA Saldatura rientrante verso l'interno del tubo. ASPETTO - Il difetto si presenta come un affossamento sulla saldatura con una larghezza variabile. CAUSE - Le rientranze sono prodotte da un eccessivo riscaldamento dei bordi che sotto lo sforzo di formatura si ripiegano all'interno. 5. SALDATURA INCOMPLETA ASPETTO - Il cordone di saldatura si presenta con tratti incompleti. L'estensione del difetto è molto variabile. CAUSE - difetti o interruzioni del processo di saldatura 6. SCOLLATURA ASPETTO - I lembi della lamiera sagomata non risultano saldati con continuità, la saldatura risulta a tratti interrotta, con lamine di ossido interposte. CAUSE - Il difetto è dovuto a: - cattiva preparazione della lamiera - insufficiente pressione ai rulli sagomatori - condizioni di saldatura inadeguata. 7. SCORDONATURA INCOMPLETA Vistose tracce di cordone che permangono dopo la scordonatura esterna dei tubi saldati. NOTA: Scordonatura: Asportazione meccanica del cordone di saldatura. ASPETTO - Si presenta come un bordo in rilievo di estensione e spessore variabili sull'esterno del tubo. CAUSE - Il difetto è causato da una non corretta scordonatura, dovuta ad un errato posizionamento degli utensili. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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DISCONTINUITA' 1. CRICCHE 2. INCLUSIONI 3. PAGLIE 4. SCAGLIE (interne/esterne) 5. STRAPPI 6. RIPIEGATURE di LAMINAZIONE 7. ROTTURE “A GRADI DI CAPORALE” 8. STAMPATURE (corpi estranei) 9. STRATIFICAZIONE 10. SDOPPIATURE 11. VAIOLATURA (Bucce di arancia) 1. CRICCHE Soluzioni di continuità, di solito capillari, dovute a rottura del metallo a temperatura non elevata. ASPETTO - Le cricche si presentano come una fessurazioni continue di varia forma, riconducibili ai seguenti aspetti principali: - longitudinale: parallela alla direzione di laminazione - trasversale: perpendicolare alla direzione di laminazione - pagliosa o a Y: biforcata o a strappo. CAUSE - Possono essere originate da : - cricche inizialmente presenti sul lingotto o sulla barra; - tenori troppo elevati di impurezze fragilizzanti; - riscaldi o raffreddamenti inadeguati; - eccessive sollecitazioni in fase di laminazione. 2. INCLUSIONI ASPETTO - Il difetto si presenta macroscopicamente come zone di materiale non metallico più o meno frantumate ed allungate dalla lavorazione plastica a caldo. CAUSE - Sono dovute alla presenza di inclusioni o soffiature già nel lingotto e nel semiprodotto. Inclusioni non affioranti: sono discontinuità dovute a soffiature esistenti nel lingotto Inclusioni affioranti: sono causate dalla presenza di composti di rame, stagno, antimonio, nichel e zolfo, notoriamente bassofondenti. 3. PAGLIE ASPETTO - Lingue metalliche attaccate parzialmente alla superficie del tubo e separate da un sottile strato di ossido. CAUSE - L'origine del difetto è dovuta ad impiego di lingotti con soffiature o di semilavorati con già presenti paglie. Le paglie sulla superficie esterna sono discontinuità superficiali e sub-superficiali preesistenti nel lingotto e non completamente asportate. 4. SCAGLIE (interne/esterne) Formazione eccessiva di strato di ossido sulla superficie dei tubi. Lo strato più esterno della scaglia è talvolta facilmente asportabile. Le scaglie hanno una evoluzione analoga alle ripiegature, ma sono causate dai cilindri di laminazione. ASPETTO - Si presentano con l'aspetto di croste discontinue di ossido aderenti alla superficie dei tubi. CAUSE - Il difetto ha origine da riscaldo a temperatura elevata o troppo prolungato. Le scaglie sulla superficie esterna del tubo possono essere dovute a difetti già preesistenti nel lingotto, che vengono poi accentuate dalle deformazioni subite dal materiale in fase di laminazione a freddo. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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5. STRAPPI Rottura più o meno profonda che si verifica durante la lavorazione plastica. CAUSE - Il difetto è dovuto ad eccessive sollecitazioni o a deficienti caratteristiche del materiale. Lingotti e semiprodotti possono presentare soffiature sottopelle affioranti ed ossidate al riscaldo ovvero fragilità a caldo ed il difetto si trasmette al tubo. 6. RIPIEGATURE di LAMINAZIONE Le ripiegature sono porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappone al profilo senza che le superfici si saldino completamente. ASPETTO - Le ripiegature si presentano come lingue appiattite ed in parte saldate alla superficie, oppure come fessure distinguibili dalle cricche perché le ripiegature presentano un angolo acuto con la superficie. CAUSE - Le ripiegature sono dovute alla chiusura in fase di laminazione di avvallamenti sul forato. 7. ROTTURE “A GRADI DI CAPORALE” E' un difetto molto pericoloso e di difficile individuazione. ASPETTO - Sono di discontinuità a forma di "V" nella direzione dell'asse del tubo. CAUSE - Sono dovute alla variazione di velocità dei cilindri e ad un anormale scorrimento del materiale. 8. STAMPATURE (corpi estranei) Sono discontinuità superficiali dovute a materiale estraneo che si interpone fra cilindro di laminazione e tubo ASPETTO - Il corpo estraneo viene impresso sulla superficie del tubo e nella maggior parte dei casi si distacca lasciando la corrispondente impronta. CAUSE - Il difetto è dovuto al conglobamento di oggetti durante la laminazione. 9. STRATIFICAZIONE Formazione nello spessore del tubo di due o più strati. ASPETTO - Il difetto si presenta come una piccola sdoppiatura ed interrompe localmente la continuità dello spessore. CAUSE - Sono dovuti a discontinuità preesistenti nel metallo. Tipico difetto degli acciai calmati dovuto alla sovrapposizione di prodotti di disossidazione già preesistenti nel lingotto. 10. SDOPPIATURE La sdoppiatura è una fessurazione alle estremità o lungo il corpo di un tubo con separazione del materiale nello spessore. ASPETTO - presentano un andamento irregolare e ramificato sulla superficie dell'elemento di collegamento. CAUSE - Il difetto è dovuto ad un residuo di cavità di ritiro primaria non spuntata sufficientemente, oppure ad una cavità secondaria non saldata. Se la temperatura della billetta al momento della estrusione è troppo elevata, vi può essere uno scorrimento differenziato tra le superfici a contatto con le attrezzature e le zone più interne del materiale che provoca la fessurazione. 11. VAIOLATURA (Bucce di arancia) Difetti superficiali distribuiti su tutta la superficie del tubo ASPETTO - Cavità e depressioni dovute ad impressioni di scaglia durante la laminazione o la calibratura a caldo. Il difetto viene evidenziato quando a seguito del distacco della scaglia compaiono piccole e grosse cavità sulla superficie del laminato. CAUSE - Sono dovute a carenza di lubrificazione durante il processo di estrusione o all'utilizzo di un lubrificante non idoneo. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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ALTRI DIFETTI 1. FILETTATURA FUORI CENTRO 2. FILETTATURA RUGOSA 3. FRESATURA FUORI CENTRO 1. FILETTATURA FUORI CENTRO Questo tipo di difetto si presenta quando l'asse della parte filettata forma un piccolo angolo con l'asse del tubo. CAUSE - Il difetto deriva da una non appropriata presa nella morsa a causa della piegatura del tubo o di spostamento della filiera. 2. FILETTATURA RUGOSA Filettatura con scabrosità e rugosità. ASPETTO - La filettatura si presenta con solchi aventi piccole bave ed intaccature. CAUSE - Il difetto è dovuto a pettini della filiera poco affilati o non adeguatamente fissati alla testa. 3. FRESATURA FUORI CENTRO ASPETTO - Fresatura non centrata rispetto all'asse del tubo. Si può rilevare misurando la diversa lunghezza della fresatura su due posizioni diametralmente opposte del tubo. CAUSA - La causa del difetto sta nella curvatura del tubo sottoposto a fresatura.

Modalità di esame Le seguenti procedure descrivono le regole da seguire e le modalità operative per il controllo visivo e dimensionale di tubi senza saldatura. - Illuminazione - Operazioni preliminari - Controllo visivo - Controllo dimensionale - Non conformità - Valutazione delle difettosità da rimuovere Nota Per i tubi con saldatura tutta la difettologia della zona di saldatura sarà ispezionata e verificata con altre tecniche di controllo non distruttivo.

TIPI DI CONTROLLI Controlli tipo A Da applicare a tutti i prodotti richiesti con specifiche o norme fornite dal cliente (Istruzione scritta). Controlli tipo B Da applicare ai tubi destinati a: - Industria termica: caldaie e scambiatori; - Industria chimica: scambiatori, trasporto fluidi e gas; - Applicazioni petrolifere: tubing e manicotti; - Applicazioni meccaniche di precisione: cilindri e steli. Controlli tipo C Da applicare a tutti i tubi per uso generico, termica generica, senza particolari richieste, o per applicazioni meccaniche generiche.

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- Illuminazione L'illuminazione naturale o artificiale nella zona di lavoro deve essere sufficiente a garantire una visualizzazione certa di ogni tipo di difetto o imperfezione. L 'illuminazione interna del tubo sarà ottenuta con lampade di intensità luminosa adeguata, poste ad entrambe le estremità del tubo. - Operazioni preliminari I tubi sottoposti al controllo visivo e dimensionale devono essere adeguatamente preparati (raddrizzati, decapati, passivati o trattati in bianco ) e messi in condizioni da rilevare a vista d'occhio ogni tipo di difetto o imperfezione non compatibile con la norma e/o la specifica applicata. Inoltre devono pervenire all'operatore accompagnati dalla relativa documentazione scritta. La superficie esterna ed interna di ogni tubo deve presentarsi nello stato previsto dalla specifica scritta. - Controllo visivo L'esame sarà mirato alla ricerca delle seguenti categorie di difetti e discontinuità: - Discontinuità congenite nel materiale - Danneggiamenti e difetti dei rivestimenti - Altri difetti (filettatura, fresatura,..) Il controllo visivo dovrà essere effettuato sia sulla superficie esterna che sulla superficie interna del tubo. Le difettosità riscontrate saranno valutate in relazione alla quantità dei difetti presenti ed in base alla loro dimensione e profondità secondo quanto stabilito dalle specifiche. Le difettosità del tipo scaglie, filature, paglie, rigature, incisioni meccaniche, tagli di laminazione, corrosione e colorazioni dovute a trattamenti o in fase di decapaggio saranno considerate difetti e quindi dovranno essere eliminate mediante asportazione altrimenti determinano un declassamento del materiale. Per le difettosità quali: - vibrature e anellature di trafila - ondulazioni di laminazione - ammaccature dovute a movimentazione l'idoneità dei materiali sarà valutata tenendo come riferimento le tolleranze dimensionali richieste dalle specifiche di controllo. - Controllo dimensionale Le attività previste per il controllo dimensionale sono mirate alla individuazione di difetti di forma e dimensione: a. verifica diametro; negli impianti il diametro del tubo viene verificato in continuo lungo tutto il profilo del tubo e valutato in base ai limiti di tolleranza riportati sulle specifiche. Il diametro viene inoltre controllato alle estremità del tubo con un micrometro o calibro. b. verifica spessore; la verifica dello spessore dei tubi avviene attraverso una misurazione all'estremità del tubo utilizzando uno spessimetro appositamente tarato. c. verificare taglio; la qualità del taglio e l'avvenuta asportazione delle bave viene eseguita controllando la relativa superficie di taglio. d. controllo rettilineità; la rettilineità dei tubi viene normalmente controllata facendo rotolare i tubi sui bancali e affiancandoli fra loro, verificandone il contatto continuo con la superficie di rotolamento e con l'altro tubo. e. verifica lunghezza; la lunghezza del tubo viene verificata (normalmente a campione) con una misura e confronto con quella riportata nelle specifiche. Nota: le linee di finitura sono dotate di strumentazione laser di misura dove sono impostati i limiti di tolleranza previsti. Il sistema di misura laser è basato su una serie di misure in continuo, la selezione è fatta confrontando i valori di tolleranza impostati e il valore medio ottenuto fra un numero di letture eseguite sul tubo. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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- Non conformità I materiali, le cui caratteristiche visive e dimensionali non rientrano nelle specifiche richieste, devono essere separati. In base alla non conformità riscontrata potranno poi essere adottate soluzioni differenti: a) operazioni di ripristino della non conformità e ripresentazione dello stesso materiale ad un nuovo controllo; b) scarto del materiale con evidenza ben visibile della causa ed invio dello stesso alla rottamazione. - Valutazione difettosità da rimuovere Controlli Tipo A In base alle specifiche scritte Controlli Tipo B Difetto isolato: superiore al 5% dello spessore e comunque con profondità superiore a 0,2 mm; Difetto diffuso: superiore al 3% dello spessore e comunque con profondità superiore a 0,1 mm. Controlli Tipo C Difetto isolato: superiore al 10% dello spessore e in ogni caso pregiudizievole per lo spessore minimo richiesto; Difetto diffuso: superiore al 5% dello spessore e che interessi oltre il 20% della superficie del tubo.

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5.5 Esame visivo delle valvole Di seguito sono riportate alcune indicazioni di massima per l'esame visivo delle valvole. • • •

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Normativa di riferimento Struttura e componenti principali Tipologia delle valvole - Valvole a movimento lineare - Valvole a movimento rotatorio Classificazione valvole industriali Ispezioni delle valvole

Normativa di riferimento I principali riferimenti normativi per l'esame visivo delle valvole sono indicati di seguito. Ricordiamo che l'operatore deve sapere se viene richiesta l'applicazione di determinate norme (ad esempio norme UNI) o codici (quali l'ASME) o, eventualmente, di procedure interne appositamente realizzate. In tal caso l'operatore deve attenersi scrupolosamente a quanto le dette norme (o procedure) prescrivono in merito alla conduzione dell'esame ed alla valutazione dei risultati. RIFERIMENTI NORMATIVI PER L'ESAME VISIVO DELLE VALVOLE NORME DI PRODOTTO UNI EN 736-1 2002 - Valvole - Terminologia - Definizione dei tipi di valvole UNI EN 736-2 2002 - Valvole industriali - Terminologia - Definizione dei componenti delle valvole UNI EN 736-3 2008 -Valvole Terminologia - Definizione dei termini Recommended Practice Personnel Qualification and Certification in Nondestructive Testing No. SNT - TC - 1A

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Struttura e componenti principali Gli elementi principali che costituiscono la struttura di una valvola sono il corpo, il coperchio e il dispositivo di chiusura. Il corpo costituisce l'involucro del dispositivo di chiusura e realizza la tenuta principale della valvola, dispone inoltre delle connessioni necessarie da e verso la tubazione dell'impianto. Il coperchio racchiude le parti che azionano e movimentano il dispositivo di chiusura e fornisce l'apertura di accesso per la manutenzione e la sostituzione degli elementi di tenuta. Nelle valvole azionate esternamente, all'interno del coperchio è presente una tenuta secondaria (premistoppa) che agisce sullo stelo preposto ad azionare il dispositivo di chiusura/regolazione.

Il dispositivo di chiusura costituisce il meccanismo di funzionamento della valvola stessa e l'elemento che caratterizza il tipo di valvola. Tipologia delle valvole Le valvole costituiscono componenti delle tubazioni che permettono di controllare e regolare la portata del fluido. In base alla funzione svolta all'interno del circuito idraulico possono essere distinte in: - valvole per apertura/chiusura [A/C] - valvole di regolazione e controllo del flusso [R] - valvole unidirezionali per il passaggio del flusso in una sola direzione [U]. In relazione al tipo di movimento necessario per il loro funzionamento le valvole possono essere distinte in: - valvole a movimento lineare - valvole a movimento rotatorio Nota Le valvole possono essere azionate esternamente o direttamente dal flusso. L'azionamento delle valvole può avvenire in modo manuale o in modo automatico attraverso appositi attuatori. Gli attuatori installati su una valvola, permettono la movimentazione automatica del dispositivo di apertura/chiusura o regolazione della valvola stessa.

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Di seguito vengono riportati i principali tipi di valvole in relazione al tipo di movimento. Valvole a movimento lineare 1. Valvole a saracinesca (apertura/chiusura) Sono costituite da un corpo e da un coperchio in pressione. Il dispositivo di chiusura è costituito da un cuneo che scorre fra due superfici mobili di tenuta. Il cuneo è azionato da stelo che si avvita in una bussola, un premistoppa presente nel coperchio realizza la tenuta secondaria. La valvola è azionata con una rotazione continua del volantino. Il manuale riporta il numero dei giri necessari per una completa chiusura e apertura. 2. Valvole a globo Le valvole a globo hanno una struttura (corpo-coperchio) simile alle valvole a saracinesca. Il dispositivo di chiusura è costituito da tappo o disco, che può assumere diverse forme in relazione alla tipologia dei fluidi da controllare. 3. Valvole a membrana Le valvole a membrana sono in pratica delle valvole a globo nelle quali la funzione del tappo è realizzata da una membrana elastomerica. La membrana, azionata dallo stelo attraverso un inserto semicircolare, si appoggia su un rialzo (stramazzo) presente nella parte bassa del corpo. La presenza della membrana rende la regolazione più uniforme e lineare rispetto a quelle a globo. 4. Valvole di controllo (regolazione) Le valvole di controllo sono utilizzate per la riduzione della pressione, essendo questa la loro funzione principale non sempre dispongono di sistemi di chiusura. Hanno svariate forme e sono tutte caratterizzate da un corpo e un coperchio, mentre sono utilizzati differenti sistemi di regolazione. Il sistema di regolazione più comune è quello a singolo stadio, ma esistono anche modelli con regolazioni a più stadi. 5. Valvole di sfioro (Relief Valves) Le valvole di sfioro (Relief Valves) hanno una posizione normale di lavoro (aperte/chiuse). L'azionamento della valvola avviene automaticamente quando la pressione in ingresso supera il valore di taratura. Ritornano alla posizione normale quando la pressione ridiscende sotto il valore di taratura. 6. Valvole di non ritorno a pistone (unidirezionali) Sono costituite da un corpo in pressione all'interno del quale è inserito il dispositivo di chiusura, Il dispositivo di chiusura è costituito da un tappo mantenuto in posizione di apertura quando il flusso scorre nella direzione stabilita. La presenza di flusso inverso e/o di una pressione differenziale negativa porta il tappo in posizione di chiusura. Il dispositivo di chiusura può avere forme differenti quali pistone, sfera, fungo. Valvole a movimento rotatorio 1. Valvole a maschio (apertura/chiusura) Sono costituite da un corpo e da un coperchio in pressione. Il dispositivo di chiusura è costituito da un inserto (maschio) conico o cilindrico con foro passante. La valvola è azionata con una rotazione di 90° attraverso uno stelo che agisce direttamente sul dispositivo di chiusura. All'interno del coperchio è presente un premistoppa che funge da tenuta secondaria. 2. Valvole a sfera Sono costituite da un corpo in pressione all'interno del quale è ricavata la sede dove è posizionata una sfera forata che funge da dispositivo di chiusura. La sfera è azionata direttamente dallo stelo che facendola ruotare di 90° porta la valvola in posizione di apertura o chiusura. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Il corpo della valvola può avere configurazioni diverse con o senza il coperchio: - corpo unico con coperchio per l'inserimento delle parti interne - corpo unico pezzo con parti interne inserite da una estremità - corpo in due o tre pezzi con giunti a tenuta 3. Valvole a farfalla (chiusura/apertura o regolazione) Le valvole a farfalla hanno un corpo unico con il dispositivo di chiusura costituito da un disco che fa tenuta in una sede cilindrica del corpo stesso. Vengono fabbricate in tre modelli principali: a. tipo a wafer; viene installata bloccandola fra due flange b. tipo a occhiello, viene bullonato su di una flangia c. tipo flangiato, viene installato come le normali valvole frangiate. 4. Valvole di non ritorno a clapet (unidirezionale) Il dispositivo di chiusura è composto da un tappo incernierato al corpo della valvola. Il tappo è mantenuto in posizione di apertura contro la base del coperchio dal flusso che attraversa la valvola. Classificazione valvole industriali In ambito industriale le valvole possono essere classificate in varie tipologie in base a: - il tipo di impiego (industriale, civile) - il tipo di coperchio (imbullonato, a tenuta) - il tipo di connessioni (filettate, flangiate o saldate) - il tipo di materiale (acciaio, ghisa) In base alla funzione svolta le valvole si distinguono in: - valvole di arresto/marcia: normalmente utilizzate per l'apertura e chiusura del flusso. - valvole di regolazione: utilizzate per la regolazione della pressione e della portata del flusso. Categorie OPERATIVE

Categorie FUNZIONALI Apertura/Chiusura

Movimento Lineare

- Saracinesca

Movimento Rotatorio

- Maschio - Sfera - Farfalla

Regolazione - Globo - Membrana - Controllo - Farfalla

Unidirezionali - Non ritorno a pistone - Non ritorno a cerniera

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Valvole di potenza e valvole di processo In relazione al tipo di impiego le valvole sono suddivise in valvole di potenza e valvole di processo Le valvole di potenza sono realizzate in acciaio al carbonio o acciaio al carbonio basso legato in grado di resistere ad alte pressioni e ad alte temperature. Sono principalmente impiegate in impianti a ciclo continuo con variazioni di carico prevedibili, fluidi non molto corrosivi ed alte pressioni operative (es. centrali elettriche). Le valvole di processo sono realizzate in varie leghe, hanno connessioni flangiate per permettere una agevole sostituzione. Sono utilizzate negli impianti di processo di raffinazione e chimici dove sono utilizzate in modo continuo e stazionario spesso in presenza di fluidi con elevata erosione e corrosione. Ispezioni delle valvole Le valvole possono essere ispezionate in diversi contesti e con differenti modalità in relazione al loro impiego ed alla criticità dell'impianto su cui sono installate. • • • •

Ispezioni al ricevimento Ispezioni per immagazzinamento Ispezioni per installazione Ispezione visiva

- Ispezioni al ricevimento Le valvole industriali sono spedite sciolte o in appositi contenitori, al loro ricevimento è necessario procedere alle seguenti ispezioni: - Se la valvola è priva di contenitore verificare lo stato delle superfici di tenuta alle estremità ed i meccanismi di azionamento;

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Se la valvola è ricevuta in contenitore, verificare lo stato del contenitore, in caso di presenza di danni procedere ad una ispezione visiva diretta della valvola. Verificare la presenza di tutte le parti non assemblate (volantini, tenute, ..) Verificare che la valvola sia mantenuta nella posizione preferenziale di spedizione ed immagazzinamento. Nota: Posizione chiusa per le valvole a globo e a saracinesca Per le valvole di non ritorno a pistone o a clapet bloccare il disco nella posizione chiusa per impedire danni alla sede di tenuta durante il trasporto e la movimentazione. Per impedire danni dovuti alla movimentazione in cantiere mantenere al loro posto tutte le protezioni presenti sulle valvola. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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- Ispezioni per immagazzinamento In caso di immagazzinamento per lungo periodo (superiore a 3 mesi) occorre procedere alle seguenti verifiche: - verificare nel manuale del fabbricante le istruzioni di immagazzinamento; - controllare il corretto immagazzinamento di tutte le componenti della valvola; - rimuovere le guarnigioni del premistoppa (baderne) per evitare possibili corrosioni (vaiolatura) dello stelo qualora rimanga per lungo tempo a contatto con la baderna umida; - nel caso di valvole con molle in compressione o in tensione verificare che il rilassamento delle molle dovuto al lungo tempo di inattività non pregiudichi il corretto funzionamento della valvola; - le valvole equipaggiate con dispositivi elettrici, pneumatici o idraulici dovrebbero essere immagazzinate in luoghi interni oppure protette con un involucro impermeabile che impedisca l'ingesso di umidità e polvere. - In caso di immagazzinamento esterno verificare la tenuta degli involucri.

- Ispezioni per installazione Prima dell'installazione dopo un lungo periodo in immagazzinamento è necessario sottoporre al valvola alle seguenti verifiche: - verificare che il periodo di immagazzinamento al quale la valvola è stata sottoposta sia ammissibile con le diverse componenti della valvola (molle, tenute, elastomeri,..) in caso contrario provvedere alla sostituzione; - in caso di immagazzinamento esterno verificare la tenuta degli involucri. In caso di presenza di danni procedere ad una ispezione visiva diretta della valvola. - se le guarnizioni non erano state rimosse verificare al momento dell'installazione della valvola l'assenza di vaiolatura sullo stelo. - verificare la coppia di serraggio dei bulloni in base alle indicazioni del costruttore. - assicurarsi che tutte le parti dell'imballaggio vengano rimosse prima dell'installazione della valvola. - Ispezione visiva Per un adeguata ispezione visiva delle valvole è necessario verificare: - assenza di corrosioni e danneggiamenti nelle sedi delle guarnizioni delle flangie o delle preparazioni di saldatura. - assenza di corrosioni sulle parti esposte dello stelo - assenza di parti allentate o mancanti quali dati e bulloni. - assenza di corrosione o materiale abrasivo (polvere o sabbia) all'interno della valvola.

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5.6 Esame visivo delle pompe Tipologia delle pompe Le pompe sono macchine idrauliche che ricevendo energia meccanica da un motore, la trasmettono al liquido che le attraversa. Le pompe sono impiegate per movimentare fluidi, o per conferire al fluido una maggiore spinta e pressione. In base al funzionamento possono essere distinte in volumetriche o fluidodinamiche. Le volumetriche (o a moto alternativo); sfruttano la variazione di volume o lo spostamento di una camera per produrre un'aspirazione e/o una spinta del fluido. Le fluidodinamiche (o a moto rotatorio); dove il movimento del fluido è prodotto da una azione indotta nel fluido stesso. Negli impianti industriali vengono prevalentemente utilizzate pompe rotative le principali delle quali sono: - pompe centrifughe - pompe ad ingranaggi, - pompe a capsulismi, a segmenti, ecc. Le pompe centrifughe sono attualmente il tipo più utilizzato negli impianti e nelle centrali. Nota Le pompe fluidodinamiche (o a moto rotatorio) non avendo potere aspirante, per funzionare hanno la necessità di dover essere inizialmente riempite di liquido (adescamento).

Caratteristiche delle pompe Le principali caratteristiche di una pompa sono: - Portata (Q) - Prevalenza (H) - Curva di prestazioni - Sottobattente - Livelli di acqua - Immersione - Adescamento - Cavitazione - Perdite di carico - Tenuta meccanica - Portata (Q) Quantità di liquido (in volume o in peso) pompata, travasata o innalzata in un certo intervallo di tempo da una pompa. Normalmente espressa in litri per secondo (l/s), litri per minuto (l/m) o in metri cubi per ora (m³/h). Simbolo: Q. - Prevalenza (H) Quantità di energia trasmessa al liquido dalla pompa, esprimibile in metri di colonna di liquido o in termini di pressione (bar). Simbolo: H. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Prevalenza Statica (metri) Rappresenta la differenza in altezza fra i livelli di aspirazione e di scarico Prevalenza netta di aspirazione (metri) Energia (misurata in metri) necessaria a spingere il fluido nella girante. Le pompe non producono aspirazione e normalmente l'energia in aspirazione è fornita dalla pressione atmosferica e dalla distanza verticale dal livello del liquido. Una insufficiente energia di aspirazione provoca cavitazione.

- Curva di prestazioni Rappresentazione grafica delle prestazioni della pompa. Normalmente rappresenta la curva formata dai valori di portata e di prevalenza, in riferimento ad uno specifico tipo di girante e ad un modello particolare di pompa. - Sottobattente Installazione della pompa ad un livello inferiore a rispetto a quello della vena da cui si preleva l'acqua. In questo caso l'acqua entra spontaneamente nella pompa facilitando l'adescamento. - Livelli di acqua Il livello dell'acqua nella struttura di aspirazione è molto importante per determinare la prevalenza netta disponibile, l'immersione e l'intervallo di funzionamento. I livelli di acqua normalmente indicati sono: - Livello Alto (LA); è il livello più alto a cui la pompa può funzionare. - Livello di Progetto (LP); è il livello di riferimento della potenza nominale e rappresenta il livello per il funzionamento ottimale della pompa. - Livello Basso (LB); è il livello più basso a cui la pompa può funzionare. - Immersione Distanza verticale fra il bordo inferiore della campana di aspirazione ed il livello dell'acqua aspirata. Il controllo di tale misura permette di calcolare la prevalenza netta disponibile oltre al fatto di dover assicurare una sufficiente immersione per evitare la formazione di vortici nella campana di aspirazione. - Adescamento Riempimento della pompa o della tubazione per svuotamento dell'aria presente in esse. In alcun i casi si possono avere anche pompe auto-adescanti, cioè dotate di un meccanismo automatico che facilita l'adescamento e quindi l'avviamento della pompa altrimenti impossibile o comunque molto lento. - Cavitazione La cavitazione è la formazione di bolle di vapore o gas all'interno della pompa causata dalla riduzione di pressione. Le bollicine collassando e provocano vibrazioni rumorose, riduzione della portata, diminuzione del rendimento della pompa fino a produrre gravi danni. Il fenomeno è dovuto ad una insufficiente pressione di aspirazione. - Perdite di carico Perdite di energia causata dall'attrito del liquido lungo le pareti della tubazione. Sono proporzionali alla lunghezza delle linee e al quadrato della velocità di scorrimento e sono variabili in relazione alla natura del liquido pompato. Ogni punto di rallentamento del movimento normale del fluido rappresenta sempre una sorgente di perdite di carico come i bruschi cambiamenti di direzione o di sezione delle tubazioni. Ai fini di un corretto dimensionamento della pompa, la somma di tali perdite va aggiunta all'altezza di sollevamento originariamente prevista. - Tenuta meccanica Tenuta meccanica per alberi rotanti. Viene utilizzata in tutti quei casi dove non è accettabile nessun gocciolamento esterno da parte del liquido. È composta da due anelli con superficie piana, SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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una stazionaria e l'altra rotante: le due facce sono pressate assieme in modo da lasciare solo un sottilissimo film idrodinamico formato da liquido da trattenere con la funzione di lubrificante delle parti in strisciamento. Pompe centrifughe La pompa centrifuga sfrutta il movimento rotatorio di una ruota palettata (girante) inserita nel corpo della pompa. La girante, movendosi ad alta velocità, sviluppa una forza centrifuga che spinge il fluido precedentemente aspirato verso l'esterno. L'energia trasmessa al fluido dipende dalla velocità di rotazione della girante e dalla conformazione delle pale. In base al tipo di girante le pompe si distinguono in: - a flusso radiale; utilizzato per alte prevalenze - a flusso assiale; utilizzato per basse prevalenze - a flusso misto; utilizzato per prevalenze medie Per aumentare la spinta le pompe centrifughe possono disporre di più giranti in base al numero delle girati possono essere distinte in: - pompe mono-stadio (ad un solo girante) - pompe multi-stadio (a due o più giranti) Nota La girante radiale trasmette energia al fluido attraverso la forza centrifuga, mentre la girante assiale fornisce energia al fluido per mezzo delle pale.

Componenti Una pompa centrifuga ha una struttura tipica costituita da un corpo principale (cassa) con all'interno una serie di pale rotanti (giranti). Le giranti sono azionate direttamente da un albero collegato ad un motore esterno. La rotazione dell'albero è assistita da dei cuscinetti, mentre un premistoppa assicura la tenuta fra la cassa e l'albero. Un coperchio ed un telaio di supporto proteggono l'albero e tutto il sistema di tenuta. Tipologia La cassa della pompa può essere di due tipi: - cassa divisa orizzontalmente con doppia aspirazione - cassa divisa assialmente o radialmente In base al pozzo di installazione le pompe centrifughe possono essere distinte in: - pompe con pozzo a secco; pompa e motore sono installati al di sotto del livello del fluido in un pozzo isolato dal fluido stesso; una tubazione di aspirazione alimenta l'ingresso della pompa; - pompe a pozzo umido; la pompa è direttamente immersa nel fluido, mentre il motore è posizionato al di sopra del livello massimo del fluido.

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Pompe a cassa divisa e doppia aspirazione Le pompe a cassa divisa e doppia aspirazione hanno la cassa divisa orizzontalmente ed una girante interna a doppia aspirazione, da ciascuna delle quali entra una metà della portata nominale della pompa. In questo modo viene ridotta la prevalenza netta in aspirazione richiesta per una data portata e velocità nominali e quindi è richiesta una minore profondità del pozzo di installazione della pompa. La manutenzione si esegue aprendo il giunto pompa-motore ed il giunto della cassa in modo da accedere al girante e a tutte le parti interne di usura. Pompe a cassa divisa e singola aspirazione In questo tipo di pompe la cassa è divisa assialmente o radialmente e può essere di tipo fuso o saldata. Le pompe con casse fuse hanno limitazioni di portata e prevalenza legate alla dimensione massima della struttura di fusione realizzabile; le pompe con cassa saldata hanno una capacità di portata teoricamente illimitata. Le giranti sono ad aspirazione singola e possono essere di tipo radiale o misto in funzione della prevalenza richiesta. Normalmente le giranti impiegate sono chiuse, le giranti aperte sono utilizzate in applicazioni dove sono richieste prevalenze molto basse. Il motore può essere accoppiato direttamente o mediante un albero intermedio. Il supporto guida inferiore è all'interno della pompa, mentre il supporto superiore ed il reggi-spinta possono essere sia sulla pompa che sul lato motore. Tutte le parti di usura sono sostituibili eccetto l'anello inferiore che è parte integrante della cassa. Nota L'aspirazione singola necessita di una prevalenza netta maggiore rispetto alla doppia aspirazione e quindi un pozzo di installazione più profondo. La struttura verticale richiede una superficie di appoggio inferiore rispetto alle pompe con cassa divisa.

Pompe a colonna verticale con pozzo umido Le pompe a pozzo umido denominate anche pompe ad immersione o a colonna, sono costituite da un motore installato in testa al pozzo che attraverso una colonna trasmette il movimento alla girante posizionata alla base del pozzo. Il fluido risale attraverso la colonna che funge anche da supporto per l'albero di trasmissione. Generalmente sono pompe mono-stadio, ma possono essere anche multi-stadio con più elementi rotanti lungo la colonna. Il loro principale vantaggio è quello di poter operare in una vasta gamma di livelli di aspirazione. Nota La pompa ad immersione o pompa sommersa è una pompa ad asse verticale, progettata per raggiungere grandi profondità grazie alla lunghezza del suo pescante. Da non confondere con la pompa sommergibile che si caratterizza per la dotazione di un motore a tenuta stagna immerso nello stesso liquido da pompare.

Caratteristiche principali La girante può essere aperta o chiusa, di tipo assiale o misto. Sopra la girante sono presenti delle alette di diffusione per raddrizzare il flusso e ottenere prevalenza cinematica. L'albero è normalmente protetto da una camicia all'interno della quale scorre un flusso di acqua filtrata per la lubrificazione dei cuscinetti. Il corpo della pompa è costituito dalla diverse sezioni della colonna che forniscono anche il supporto per i cuscinetti dell'albero di trasmissione. La colonna termina con un gomito di scarico ruotabile che fornisce il collegamento verso la tubazione di mandata. Lo scarico può essere sopra o sotto il piano di installazione. Nota Le giranti aperte sono installate all'interno di una ogiva che permette di regolare i giochi della girante stessa, mentre le giranti chiuse sono regolate da appositi anelli. SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Impieghi delle pompe

Impianto di generazione di energia a combustibile fossile Circuito a monte della caldaia I principali impieghi delle pompe in ambito industriale sono nei Sistemi di pompaggio delle centrali. Vengono utilizzate per movimentare l'acqua attraverso i due principali sistemi di circolazione dell'impianto: • Sistema del condensato - alimentazione • Sistema acqua di circolazione – Raffreddamento condensatore Le pompe ausiliarie dell'impianto possono comprendere: - Pompe per trattamento acqua di servizio e lavaggio filtri - Pompe di raffreddamento - Pompe per la circolazione - Pompe per trasporto delle ceneri. Ispezioni delle pompe Vista la complessità e la molteplicità di impiego le pompe possono essere ispezionate in diversi contesti e con differenti modalità in relazione al loro impiego ed alla criticità dell'impianto su cui sono installate. • Ispezione al ricevimento delle componenti • Controlli di fabbricazione • Ispezioni dei rivestimenti • Ispezione finale • Spedizione ed immagazzinamento • Ispezione al ricevimento in cantiere - Ispezioni al ricevimento delle componenti Tutte le componenti di fusione delle pompe sono normalmente controllate visivamente in fonderia per verificare la presenza di difetti tipici dei forgiati (cricche, inclusioni di sabbia, soffiature, ritiri, riprese, porosità finitura superficiale, ..) Per ogni discontinuità riscontrata ne viene valutata la natura ed emessa una decisione in merito ad: utilizzare, riparare, rilavorare, scartare o ritornare al fornitore. La decisione è normalmente basata su criteri di non conformità o altre PND. · · · ·

Controllare tutte le superfici per difetti di: Inclusioni, Soffiature, Ritiri, Cricche, Porosità Verifica dimensioni foro del mozzo (diametro, lunghezza) e verifica dimensioni del mozzo (Diametro interno, Diametro esterno) Raccordo dei giunti delle pale, del mozzo e anello di chiusura Verifica anello di chiusura (Diametro interno e diametro esterno) SIMULA - Sistemi informatici e multimediali - www.simula.it

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Verifica uniformità dello spessore delle pale Spaziatura pale, spigoli anteriori e posteriori Controllo finitura di tutte le superfici Verifica senso di rotazione Verifica assenza di talloni delle materozze Verifica assenza di riparazioni sul girante

- Controlli di fabbricazione Nel processo di fabbricazione sono previsti numerosi controlli sulle diverse parti che costituiscono la pompa. La maggior parte di questi controlli sono di tipo dimensionale, gli elementi della parte rotante sono controllati anche per assicurare il corretto gioco e le giuste interferenze fra le varie parti. In particolare sono verificate: • le dimensioni generali e l'estensione dell'albero • i giochi degli anelli e fra albero e cuscinetti • l'asse centrale e lo scarico a pavimento • la posizione delle superfici di accoppiamento • l'accoppiamento girante-ogiva nelle pompe verticali a pozzo umido Un controllo particolarmente importante è l'equilibratura del girante, che viene eseguito ad una velocità superiore a quella di esercizio. Per accertare l'eccentricità sono controllati i mandrini di equilibratura delle giranti prima e dopo l'equilibratura. U

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- Ispezioni dei rivestimenti Per assicurare un elevata resistenza all'abrasione, molti componenti delle pompe sono realizzate in ghisa e in acciaio al carbonio. In ambienti umidi e corrosivi tali materiali necessitano di una adeguata protezione anticorrosiva realizzata con i rivestimenti. Quindi in questo ambito i rivestimenti sono utilizzati non come elemento decorativo, ma come elemento funzionale e quindi necessitano di ispezioni periodiche. La preparazione superficiale e la verniciatura sono controllate con ispezioni in officina. Lo spessore dello strato di verniciatura viene controllato con misuratori di spessore a film umido. U

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- Ispezione finale L'ispezione finale viene eseguita dopo che le pompe sono state assemblate e collaudate prima della preparazione per la spedizione. Nell'ispezione viene verificata tutta la documentazione e le informazioni sui dati targa e di funzionamento. Sono controllate le riparazioni dei rivestimenti, il serraggio degli elementi di fissaggio, il posizionamento dei fori di imbullonatura, gli accoppiamenti che richiedono montaggio scorrevole dell'albero. U

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- Spedizione ed immagazzinamento Tutte le superfici lavorate a macchina vanno protette con prodotto conservante. Le aperture aspirazione e scarico vanno coperte e tutti i collegamenti sui tubi tappati. Se è richiesto un lungo immagazzinamento o spedizione via mare l'elemento rotante è mantenuto separato dal supporto con adeguati spessori. Se la pompa è stata collaudata idraulicamente occorre verificare che non sia rimasta acqua all'interno. Versare antigelo per evitare danneggiamenti derivanti dal congelamento dell'acqua rimasta intrappolata durante i collaudi. U

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- Ispezione al ricevimento in cantiere Al ricevimento in cantiere la pompa deve essere verificata per individuare o possibili danneggiamenti o mancanza di componenti. Devono essere annotati eventuali danneggiamenti degli elementi di bloccaggio, coperchi o tappi, prodotti conservanti,.. Se non viene eseguita l'installazione, la pompa deve essere immagazzinata in base alle indicazioni contenute nel manuale istruzioni. In ogni caso prima dell'immagazzinamento occorre ripristinare le chiusure non efficienti, ritoccare con prodotti antiruggine le superfici lavorate non adeguatamente protette, ritoccare eventuali rigature dei rivestimenti. U

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