Vertebrale Totale [PDF]

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Zitiervorschau

Vertebrale_Longobardi sem 2 (nel sem 1 non ci sono state lezioni di vertebrale) Introduzione In passato a livello del rachide l’Osteopatia veniva vista come un trattamento della colonna che utilizzano vari tipi di approcci: fasciale, viscerale, strutturale, emozionale... Le tecniche strutturali sono quelle che vanno ad invertire parametri della disfunzione, cioè mandano la stuttura nel senso opposto a quello in cui si trova. Spesso si snobbano le tecniche strutturali sulla colonna, perché non si è capaci di farle. In realtà i pochi studi scientifici che sono stati fatti dimostrano che il trattamento osteopatico sulla colonna è efficace almeno quanto la somministrazione di farmaci. Prima di scegliere una tecnica bisogna sicuramente valutare il Pz (farsi un’idea del suo quadro anatomico, fisiologico, emotivo e livello del dolore causato dai suoi sintomi). Una volta fatto questo l’Osteopata deve poi scegliere la tecnica più adatta e nella sua cassetta degli attrezzi non devono mancare, accanto alla lima e alla carta vetrata, il martello e lo scalpello, perché se deve abbattere un muro può farlo in modo efficace solo con il martello. Certo bisogna anche dire che, piuttosto che usare male il martello, è meglio usare la lima. Magari si raggiunge un risultato limitato ma almeno non si fanno danni. Quindi nel corso di base di Osteopatia cercheremo di darvi una competenza più che buona in questi 6 anni di scuola. Colonna vertebrale (CV) Sul piano frontale La CV presenta, nel soggetto sano, un allineamento senza curvature laterali. Sul piano sagittale Ci sono tre curvature fisiologiche: lordosi cervicale, cifosi dorsale, lordosi lombare. La presenza di curvature ha una notevole importanza perché rendono la colonna più elastica e resistente. Nel neonato non ci sono curvature tranne un’unica cifosi dorso–lombare primaria (perché compare per prima) e funzionale (perché sostiene globalmente la colonna). Durante lo sviluppo motorio la cifosi unica si modifica fino alla comparsa della lordosi cervicale intorno al III-IV mese (è una lordosi di compenso perché in questo periodo il bambino comincia a controllare il capo in posizione seduta, per poter dirigere lo sguardo). Durante il passaggio dalla posizione quadrupedica alla posizione eretta si ha la comparsa della lordosi lombare (sempre per adattamento alla gravità). Questo ricalca quello che è stata la filogenesi, quando l’uomo è passato dalla stazione quadrupedica a quella bipede. Le lordosi della colonna Le curve lordotiche (cervicale e lombare), essendo strutture adattative, spesso presentano dei sintomi. Poiché si trovano a contatto inferiormente e superiormente con strutture compattative e contenitive (bacino, torace...), devono avere una funzione adattativa: - alle sollecitazioni - al peso - alle strutture sovra (catena discendente) e sottostanti (catena ascendente) Questo è il motivo della loro vulnerabilità. Ad es. la lordosi lombare è influenzata da: zona prossimale sottostante > bacino zona prossimale sovrastante > colonna dorsale e torace Essendo influenzata da tutti questi fattori, nella valutazione osteopatica si considera non solo la zona del sintomo, ma anche le strutture adiacenti che potrebbero essere causa del sintomo (visceri, organi interni, vertebre adiacenti, sacro, etc etc) Bisogna essere acuti e veloci ad individuare la causa e soprattutto pratici nelle manovre. La colonna che non presenta curvature fisiologiche è ancora più vulnerabile perché diminuisce la sua flessibil1

ità e soprattutto la sua resistenza. In fisica la resistenza di una colonna è pari al numero delle curve al quadrato + 1  R = N2+1 Questo concetto ci porta ad una considerazione pratica ovvero che la presenza di queste curve è fondamentale per il corretto funzionamento della colonna stessa: per es le persone che presentano una colonna completamente piatta o molto verticalizzata sul piano sagittale (spesso corrisponde ad una soggetto alto e longilineo) sono spesso soggette a dolori della colonna vertebrale perché è una colonna più fragile e meno elastica (in quanto le curve donano elasticità alla struttura) e quindi non hanno una colonna priva di sintomatologia. Questo vale sia da un punto di vista costituzionale che da un punto di vista pratico. Per es. chi mantiene una posizione seduta con la schiena iperestesa e utilizza una respirazione toracica (utilizzando i muscoli accessori della respirazione) è sicuramente più predisposto a sviluppare microtraumi della colonna poiché la colonna in posizione iperestesa da un punto di vista meccanico di contatto posteriore con le articolazioni costo-vertebrali è una colonna che presenta un grado di rotazione che diminuisce (poiché non si trova nella sua posizione fisiologica): la rotazione della testa (del rachide cervicale) non è di 90° ma di 50-55°, per poter arrivare ai 90° la rotazione della colonna continua fino all’ultima vertebra lombare che fa 1 grado di rotazione (a livello del rachide lombare abbiamo 5° di rotazione, 1 per ogni vertebra). Ciò ci deve far pensare che una persona che non ruota la testa può avere un problema non solo sul rachide cervicale ma anche nelle porzioni più distanti della colonna. Tornando al soggetto in posizione seduta la rotazione del capo non si esaurisce a livello cervicale ma arriva in modo determinante fino alla IV-V vertebra dorsale e quindi se la schiena è iperestesa si blocca la rotazione di tutta la colonna e quindi viene sollecitata in maniera particolare la regione cervicale. Questo ci dimostra come sia importante che queste curve abbiano un loro grado di adattamento. Se andiamo in un eccesso di gradi allora andiamo verso le ipercifosi o iperlordosi e possiamo parlare di dismorfismo o paramorfismo. Sempre restando sul tema della globalità se ammettiamo che la rotazione cervicale prosegue sul rachide arrivando anche a livello più basso possiamo giustificare dei sintomi che non corrispondono per forza al punto in cui vi è la problematica meccanica-funzionale; quindi ritornando al discorso sulla curva cifotica rispetto alle due curve lordotiche (che sono adattative e secondarie), viene bene da pensare come le due lordosi (la cervicale e la lombare) sono delle curve non solo secondarie ma anche molto adattative ed è per questo che sono le curve in cui compaiono le maggiori sintomatologie. Vi sarà capitato di incontrare molte più persone che denunciano dolore a livello della curva cervicale o lombare rispetto alla curva dorsale. Questo perchè queste regioni sono due aeree meno protette e meno stabilizzate. Prendiamo per es. la regione lombare localizzata tra il bacino, che ha una mobilità relativamente stabile e condizionata dall’appoggio degli arti, e il tronco, la colonna dorsale (costituita dalle costole e dagli organi interni) che è un’altra struttura molto compatta, stabile. Tra il tronco e il bacino abbiamo la colonna lombare che, al di là della struttura muscolare, non ha nessun sostegno osseo (se paragonato per es. al torace che è invece un blocco più solido): quindi la zona lombare, come succede spesso alle lordosi, è una zona adattiva che deve e può adattare quelle che sono le componenti ascendenti e discendenti (pensiamo a quelle meccaniche e viscerali) che rendono la regione lombare più vulnerabile. Tra le altre cose il disco intervertebrale tra la V vertebra lombare e l’osso sacro è quello più soggetto a problematiche: subisce la maggiore sollecitazione, è l’unico disco che presenta una forme cuneiforme, ha infatti uno spessore anteriore che è circa 1,5-2 volte di quella posteriore (gli antropologi dicono che questa forma si sta modificando e magari tra qualche migliaio di anni, visto che è il punto dove è avvenuta di più la sollecitazione dalla stazione quadrupedica a quella bipede, potrà subire ulteriori modificazioni). Non a caso a livello statistico la maggior parte delle problematiche risiede a livello lombare. La stessa cosa avviene a livello cervicale, poichè è una zona adattativa e perchè si trova anch’essa tra due zone più compatte quali il dorso e il cranio, il quale ha un suo peso e un suo volume e che, al di là della mobilità intrinseca del cranio, rappresenta una sfera di un certo peso che si trova appoggiata ad una struttura che anche in questo caso è sostenuta solamente da muscoli come la regione lombare. Ecco perchè a livello cervicale, da un punto di vista meccanico, si hanno tante sintomatologie. Pensate solo che se uno ha una gamba più alta o una spalla più storta, per mantenere l’orizzontalità dello sguardo, dovrà fare degli sforzi adattativi continui del rachide cervicale, che solleciteranno questa struttura in maniera importante. Questo però ci porta a fare un’altra considerazione, che spesso non è sufficiente lavorare a livello delle zone 2

adattative: quando una persona viene da noi con un sintomo, istintivamente siamo portati a mettere una mano sulla zona che fa male, con la palpazione cerchiamo di migliorare localmente la problematica. Invece bisogna sforzarsi di capire quando il problema non è situato come causa nella regione ma può essere l’effetto di una disfunzione che deriva da un’altra regione. Questo approccio (lavorare nella zona che fa male) non è sbagliato in assoluto, non bisogna fare l’errore opposto di avere un atteggiamento distaccato verso la regione dolorante, ma non bisogna neanche ostinarsi a trattare unicamente la regione che procura dolore; posso anche trattare la zona interessata, ma se dopo una settimana o due il Pz torna con lo stesso sintomo, devo andare a ricercare qualche altra cosa. Excursus sulla figura dell’osteopata: noi siamo meccanici, ma anche idraulici ed elettricisti perchè se andiamo a lavorare su una struttura meccanica come una vertebra, che vede affiancate altre strutture come le radici nervose, andremo a ripristinare un corretto funzionamento anche del nervo; si lavora anche sul drenaggio dell’infiammazione poiché l’edema - elemento che mantiene le componenti infiammatorie - che si crea, ostacola il corretto funzionamento della regione interessata dall’infiammazione. Pensate per es. ad un’ ernia del disco che di per sé può essere sintomatologica, poiché il disco intervertebrale ha un’innervazione propria oppure perchè va a premere su alcune strutture importanti, diventando quindi un agente meccanico che va ad influire sull’aspetto elettrico, oppure ancora perchè entra in gioco l’edema che toglie spazio e diminuisce la possibilità della radice di muoversi liberamente. Ciò accade spesso quando parliamo del rachide e delle problematiche a distanza soprattutto quando la regione interessata dal sintomo non ha possibilità di trovare sollievo attraverso il movimento (compensatorio) della regione sovrastante. Ci sono però dei casi in cui l’ernia deve essere operata, ma rispetto all’orientamento che si aveva vent’anni fa, gli ortopedici e i neurochirurghi sono molto più prudenti perchè si è visto che i Pz operati di ernia hanno molto spesso recidive o comunque non risolvono la sintomatologia. Tuttavia i Pz che hanno un’ernia vera, senza altre problematiche, per es. a livello viscerale, stanno bene, a livello del bacino tutto funziona e a livello della colonna non ci sono adattamenti. Sono le persone dove noi possiamo fare veramente poco poiché è veramente l’ernia a creare il problema, e la maggior parte sono destinate all’ intervento, diciamo un 5%. La maggior parte dei Pz si ritrovano molto più impicciati e con una serie di condizionamenti sui quali invece ci si può lavorare (ci sono anche quei Pz che dopo una settimana di riposo e l’antidolorifico stanno di nuovo bene). Il Pz quindi richiede l’aiuto dell’osteopata e/o del fisioterapista che fanno il proprio lavoro e che spesso non agiscono localmente, per es: se si fulmina una lampadina, nel senso che voi avete tutte le lampade accese mentre una è fulminata, la prima cosa che vi viene da pensare è di mettere le mani sulla lampada (cioè di agire localmente) ma se la lampadina funziona è inutile cambiare 10 volte la stessa lampadina perchè quella non si accenderà mai (è inutile insistere sul punto che fa male se non è quello ad originare il dolore), naturalmente uno comincia a muoversi sul circuito per trovare l’interruttore del dolore e per cercare dove si trova la causa. Ciò non è facile da fare perchè spesso, questo interruttore, non è in vista e passa inosservato. Ci sono delle cose molto semplici e delle cose molto complesse, spesso delle cose molto complesse si risolvono anche in maniera inaspettata, per es. persone che vengono con un dolore all’arto inferiore, che hanno fatto un quantità cospicua di analisi ed indagini e nessuno gli ha saputo dare una spiegazione, presentano un semplice scivolamento della tibia. Questo perchè il mal di schiena non è il problema del Pz ma è la manifestazione di un problema/sintomo che spesso non risiede lì quindi bisogna andarselo a cercare. Ritornando alla colonna, questa è una lezione introduttiva così cerchiamo di rendere un pochino più concreto e reale nel lavoro di tutti i giorni quello che noi andiamo a fare, sennò sembra veramente che facciamo solo i meccanici e noi dobbiamo dimostrare con quello che facciamo e con quello che sappiamo che noi non andiamo a fare solamente “CRI-CRAK” (come alcuni ci dicono) ma faccio CRIK perchè c’è una disfunzione osteopatica, che mi condiziona la meccanica, il drenaggio e la conduzione elettrica. La grossa differenza teorica-filosofica tra l’osteopatia e la chiropatrica è una differenza che poi nella realtà non ci dovrebbe essere (parlo non come approccio ma come idea filosofica iniziale). Per l’osteopatia la regola dell’ARTERIA è suprema (Still diceva che il sangue deve arrivare e circolare nei tessuti, dove non arriva o dove arriva male è presente una stasi e si crea il problema) ovunque noi abbiamo un sintomo abbiamo anche una stasi venosa o un’ischemia. Per la visione chiropratica (che fu fondata da Palmer, un allievo di Still) invece è il NERVO che è supremo. Certo entrambi sono due aspetti importanti della problematica, però nella chiro3

pratica questo porta a lavorare praticamente solo sulla colonna vertebrale (adesso di meno perchè anche la chiropratica si è evoluta) e a ragionare sempre sul discorso che bisogna liberare i nervi, mentre in osteopatia si lavora anche e soprattutto per liberare la vascolarizzazione/il drenaggio, ed è questo il motivo per cui Still era fissato su questo discorso dell’arteria suprema. Non è una regola ma una cosa concreta che trova riscontro nella pratica e nella cura dei sintomi che presenta il Pz (lui trattava per es. Pz con dissenteria per liberare le vie di drenaggio dell’intestino, lavorava sui meso e sugli epiploon per cercare di ricreare gli scambi perchè c’era, come spesso accade nei processi infiammatori, una stasi ed un blocco del circuito il quale non riesce a trovare una via d’uscita). Morfologia funzionale della colonna Osservando la colonna su un piano sagittale possiamo distinguere due zone funzionali: pilastro anteriore> che corrisponde alla sovrapposizione dei corpi vertebrali e dei dischi intervertebrali, a costituire la colonna portante del nostro organismo. Dall’alto verso il basso i corpi aumentano di grandezza, dato che il peso da sostenere è maggiore. pilastro posteriore> rappresenta la colonna dinamica è formata dall’arco post, dalle apofisi spinose e dalle apofisi trasverse (che danno inserzione ai muscoli) Tra queste due zone c’è la funzione di protezione della colonna per il midollo spinale e le radici nervose. La colonna vertebrale è composta da: - 7 vertebre cervicali > a livello più alto ci sono le prime due vertebre cervicali, che hanno caratteristiche molto differenti dalle altre, l’occipite poggia proprio sulla prima cervicale, che è l’atlante, a formare la giunzione cranio-cervicale, e di fatto qui l’occipite funziona quasi come una vertebra - 12 dorsali > che si articolano alle 12 paia di coste - 5 lombari - 5 sacrali > fuse tra loro a formare l’osso sacro, e con gli iliaci costituiscono il bacino - 3-5 coccigee. Questa zona è molto importante in quanto: a) è zona di protezione/inserzione del filum terminalis e della dura madre b) è parte posteriore del pavimento pelvico (a forma di rombo, è il diaframma del piccolo bacino), ha una relazione con la funzionalità degli organi del piccolo bacino (delimitato anche dalle tuberosità ischiatiche e dalla sinfisi pubica) c) è un’importante zona viscerale del bacino. Inoltre è la struttura dove termina la colonna vertebrale e punto di corrispondenze neurologiche che poi possono portare influssi su tutta la colonna, come per es. nei Pz che riferiscono mal di testa dopo aver preso una botta a livello del coccige, il quale soffre sia per il trauma diretto che per la compressione della giunzione. La vertebra tipo Le vertebre sono morfologicamente molto differenti tra loro, ma hanno una struttura simile nelle componenti che le costituiscono. Se si scompone una vertebra tipo nelle sue parti costitutive si constata che essa è formata da due parti principali, il corpo vertebrale davanti, e l’arco posteriore dietro.

corpo vertebrale

arco posteriore

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Anteriormente Abbiamo il corpo vertebrale il quale è, a seconda del livello che prendiamo in esame, la zona nella quale avviene il sostegno della colonna ma anche degli arti sup e inf. È formato da un piatto sup ed uno inf costituiti da osso compatto e da una zona interna costituita da osso spongioso. Globalmente si articola con il corpo della vertebra sovra e sottostante attraverso il disco intervertebrale costituito da tessuto fibrocartilagineo. Il corpo vertebrale è attraversato da trabecole ossee che si organizzano a seconda delle forze di pressione e trazione a cui la vertebra è sottoposta. Avremo linee di forza: • longitudinali che si dirigono posteriormente • trasversali e oblique che dal corpo vanno verso le trasverse • dal piatto superiore vanno verso la spinosa e verso la faccetta articolare sup • dal piatto inferiore vanno verso la spinosa e verso le faccette articolari inferiori

Quindi troviamo trabecolature che vanno dai piatti verso la spinosa dai piatti verso gli articolari e dai piatti e dal corpo stesso verso le trasverse. Tutte queste direzioni di forza creano, come abbiamo detto in fisica per le curve della colonna, la resistenza della vertebra che è una resistenza ma nello stesso tempo una struttura meno pesante di quello che sarebbe un osso pieno. L’osso pieno si spacca molto più facilmente rispetto ad un osso che ha un sistema di trabecolature che corrispondono a tutte le forze che la vertebra riceve e restituisce. La cosa importante è che su un piano sagittale tutte queste linee si intersecano nella parte peduncolare (o peduncolo), che di conseguenza è la parte della vertebra più sollecitata e vulnerabile. La rottura di questa zona è detta spondilolisi (congenita o traumatica), cioè una rottura in questa regione della vertebra, che provoca di fatto una soluzione di continuo tra il corpo vertebrale e l’arco posteriore. Spesso però questa soluzione di continuo è mantenuta da altre strutture e in alcuni casi può essere anche di origine congenita per una mancata fusione o meglio una mancata calcificazione dei nuclei di ossificazione che porta ad una minore resistenza del corpo vertebrale rispetto all’arcata posteriore (vi sono poi delle radiografie specifiche che evidenziano la frattura del peduncolo 5

attraverso delle proiezioni oblique). Se alla spondilolisi segue lo scivolamento anteriore del corpo vertebrale parleremo di spondilolistesi. Posteriormente peduncoli apofisi Posteriormente al corpo abbiamo la zona dinamica della vertebra, che si matrasversa terializza in alcune strutture che sono: - il peduncolo = unione funzionale fra il pilastro ant e quello post. È quella regione della vertebra che congiunge la parte postero esterna della vertebra all’arco posteriore della vertebra stessa; è una zona di passaggio indubbiamente molto critica in quanto qui avviene una trasmissione di forze molto importanti. - l’arco vertebrale è la struttura che segue il peduncolo, ed è formato dalle lamine lateralmente, le quali si riuniscono posteriormente nell’apofisi spino- massiccio lamina sa, che è la parte che riusciamo a palpare e visionare dall’esterno. spinosa articolare La regione centrale che va dal peduncolo alle lamine è detta massiccio articolare per la presenza delle apofisi articolari sup ed inf; da questi massicci si distaccano poi lateralmente le apofisi trasverse. L’arco post delimita insieme alla parte posteriore del corpo vertebrale il canale rachideo. Le faccette articolari Hanno un orientamento nello spazio che è differente nei vari livelli della colonna, nel senso che sono orientate su piani diversi. Ci sono delle faccette articolari SUP e delle faccette articolari INF, perché una coppia si articola con le faccette della vertebra sovrastante, e una coppia con quelle della vertebra sottostante. Caratteristiche di una vertebra LOMBARE Nella vertebra lombare si può notare come l’altezza e il diametro del corpo siano maggiori rispetto a quelli delle vertebre toraciche e cervicali. Sul piano orizzontale, il diametro latero-lateralmente è 1,5-2 volte maggiore del diametro antero-posteriore. Inoltre la zona lombare è una zona della colonna adattativa, di sostegno con delle necessità di dinamicità nettamente maggiori rispetto alle altre aree. Ha la forma di una sezione di cilindro (od ovale). Le faccette articolari della regione lombare hanno un orientamento parasagittale (cioè che si avvicina molto al piano sagittale), in cui: la faccetta inf guarda avanti-fuori e leggermente in basso, la faccetta sup guarda dietro-dentro e leggermente in alto. I due orientamenti maggiori sono: - quella inferiore > verso FUORI e - quella superiore > verso DENTRO (ciò spiega perchè parliamo di orientamento su un piano parasagittale). proc. spinoso processo articolare INF

processo articolare SUP forame vertebrale corpo vertebrale

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L2

processo articolare faccetta corpo vertebrale SUP articolare proc. mamillare SUP processo costiforme proc. accessorio processo costiforme peduncolo faccetta articolare INF processo corpo vertebrale articolare zona anulare INF periferica

proc. spinoso

proc. spinoso

L4

faccetta articolare proc. mamillare SUP processo costiforme

proc. accessorio lamina e peduncolo vertebrale

incisura vertebrale superiore

L5 lamina dell’arco vertebrale

faccetta articolare INF processo proc. spinoso articolare INF

forame vertebrale

processo articolare INF faccetta articolare SUP processo costiforme

incisura vertebrale sup

processo articolare SUP

corpo vertebrale

processo costiforme

processo articolare SUP

forame vertebrale corpo vertebrale

proc. spinoso

processo articolare corpo vertebrale SUP

corpo vertebrale

processo articolare SUP processo costiforme

peduncolo dell’arco vertebrale faccetta articolare INF

proc. spinoso

Elementi importanti per la PALPAZIONE 1. Grandezza del corpo vertebrale e orientamento delle faccette articolari. 2. Le spinose delle vert. lombari si trovano, su un piano sagittale, a livello del corpo vertebrale corrispondente (in corrispondenza del bordo inf della vertebra). Inoltre la spinosa lombare è una spinosa massiccia e nella parte posteriore è particolarmente palpabile e larga (è una fettuccia non una punta), tranne la spinosa della V vert lomb che è molto più a punta rispetto alle altre. Avremo quindi degli spazi tra le spinose abbastanza piccoli (anche perché il Pz è prono e sta in lordosi). 3. La trasversa della vert lomb si trova, sempre nella proiezione sagittale, nella parte alta del corpo; ciò significa che la spinosa si trova più in basso rispetto alla trasversa della stessa vertebra. RIEPILOGO 1. corpo vertebrale 2. peduncolo (passaggio dal corpo alla parte dinamica della vertebra) 3. massiccio articolare 4. le tre apofisi: l’apofisi trasversa e le due faccette articolari o apofisi articolari 5. le lamine che sostituiscono la regione post al massiccio articolare e si riuniscono nell’apofisi spinosa

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Legamenti processo articolare inf - Disco intervertebrale: vero e capsula dell’articolaz zigo-apofisaria proprio elemento legamentoso leg longitud. ant con funzione di stabilizzazione. processo articolare inf È una struttura di sostegno tra processo trasverso corpo di una corpo sup e corpo inf al cui in- vertebra processo spinoso lombare terno c’è il nucleo che è la parte leg giallo disco gelatinosa e più vitale del disco. intervertebrale leg interspinoso - Legamento longitudinale ant: leg sovraspinoso leg longitud. ant parte dall’occipite e arriva al foro intervertebrale sacro, è adeso più al corpo vertebrale e meno al disco, limita i leg longitud. post movimenti di estensione. - Legamento longitud. post: parte anch’esso dall’occipite e arriva al sacro. Si trova dietro il corpo vertebrale all’interno del canale midollare. È più adeso al disco e meno al corpo vertebrale (questo determina una maggiore sollecitazione a livello dei dischi con una maggiore percentuale di erniazione), limita i movimenti di flessione. - Legamenti gialli: uniscono lateralmente le lamine (vanno dalla lamina sovrastante alla lamina sottostante) sono detti gialli perchè ricchi di elastina, quindi molto elastici. Hanno la funzione di proteggere del midollo. - Legamenti interspinosi: vanno dalla parte inferiore della spinosa sovrastante alla parte superiore della spinosa sottostante. - Legamento sovraspinoso: è un unico fascio che dal sacro arriva all’occipite (nella parte cervicale prende il nome di leg nucale), unisce globalmente e nella parte più esterna le spinose. - Legamento intertrasversario: disposto lateralmente alla vertebra tra la trasversa sup e la trasversa inf, limita i movimenti di inclinazione. Il leg di dx limita l’inclinaz a sin e quello di sin limita l’inclinaz dx. - Capsula articolare: su ogni articolazione (4 per ogni vertebra) rappresenta il mantenimento dell’articolazione stessa. Tutti i legamenti limitano i movimenti di flessione. Il legamento longitudinale anteriore è l’unico che limita il movimento di estensione perché poi intervengono l’arco posteriore e il contatto delle apofisi spinose. PRATICA Pz prono, reperimento delle spinose lombari a partire dall’alto (D12) oppure dal basso (osso sacro). Approccio alla regione 1. Troviamo le basi del sacro 2. Sopra le basi troviamo le trasverse di L5 (molto difficili da palpare) 3. Dalle SIPS procedo a 45° ca. verso l’alto dovrei intercettare la spinosa di L5 4. Se vado a livello della cresta iliaca e tiro una linea immaginaria che unisce le due creste dovrei trovarmi a livello della spinosa di L4, da qui mi dirigo diagonalm (45° ca.) verso l’esterno e dovrei trovare le spinose di L5. 5. Dalla spinosa, se voglio palpare il processo trasverso, mi dirigo verso l’esterno e leggermente verso l’alto. Un modo per capire se sto su L4, L5 o sul sacro è quello di prendere in considerazione la dimensione della trasversa poiché la spinosa di L5 è molto più piccola della spinosa di L4.

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processo canale vertebrale articolare sup processo corpo vertebrale mammillare processo trasverso

corpo vertebrale foro vertebrale

processo accessorio processo spinoso

lamina processo articolare inf

peduncolo (o radice) processo trasverso processo articolare sup processo mammillare lamina

processo accessorio

processo spinoso

sem 3 Fierro PRATICA

FLESSIONE

ESTENSIONE

Movimenti articolari DIVERGENZA = ANTERIORITA’ = FLESSIONE  allontanamento di una faccetta articolare rispetto all’altra, lo spazio tra le due spinose aumenta. CONVERGENZA = POSTERIORITA’ = ESTENSIONE  si ha quando le faccette articolari si ingaggiano, si avvicinano una all’altra e lo spazio tra le due spinose diminuisce. In entrambi i casi si potranno avere delle disfunzioni simmetriche o bilaterali, cioè che interessano tutte e due le faccette articolari, sia quella di dx che quella di sin, “bilaterali” significa che sono bloccate entrambe. Se faccio un movimento di FLEX le spinose di due vertebre si allontanano, c’è più spazio tra esse; ma in NEUTRALITA’ degli spazi “anomali” possono indicare una probabile disfunzione, a patto però di verificarla con dei test di mobilità, perché possono esserci delle anomalie costituzionali, morfologiche, tali da darmi spazi importanti ma fisiologici in quel soggetto. È importante quindi sempre il concetto di mobilità, mettere la struttura in movimento per definirne la disfunzione. (È molto importante anche considerare la respirazione. Per es durante l’INspirazione globalmente tutte le curve si riducono, e a livello lombare avremo una flessione, mentre a livello dorsale un’ estensione. È importante perché esiste un test di mobilità basato proprio sulla respirazione, in cui, preso appoggio sulle spinose, 9

si va a valutare l’escursione articolare delle vertebre sia nella fase espiratoria che in quella inspiratoria). Disfunzione vertebrale Con questo termine s’intende una vertebra le cui faccette articolari inferiori sono in disfunzione rispetto alle faccette articolari superiori della vertebra sottostante. Perché è importante questo concetto? Perché quando facciamo la tecnica di chiusura in chiave dobbiamo focalizzarla, per liberare la faccetta articolare (o le faccette) che ci interessa, vale a dire le faccette articolari inferiori della vertebra soprastante. Siccome una vertebra ha 4 articolazioni (due superiori e due inferiori), per convenzione - quando si parla di disfunzione - s’intende quanto detto sopra, altrimenti non si saprebbe a quali articolazioni si fa riferimento. Ora stiamo facendo le disfunzioni simmetriche, ossia quelle disfunzioni che riguardano entrambe le faccette articolari inf della vertebra in disfunzione. Questo tipo di disfunzioni seguono la II Legge di Freyette, in cui R=S, ossia la rotazione della vertebra è dallo stesso lato dell’inclinazione (side). È una disfunzione che può interessare anche solo 1 vertebra. Esistono delle disfunzioni simmetriche o bilaterali e delle disfunzioni asimmetriche. Le disfunzioni seguono la prima o la seconda legge di Freyette. Nella I legge di Freyette: inclinazione = rotazione Nella II legge di Freyette: inclinazione = rotazione Un esempio della I legge ������������������������������������������������������������������������������������� è la scoliosi, ���������������������������������������������������������������������� perch����������������������������������������������������������������� é abbiamo la rotazione in un senso e l’inclinazione nel senso opposto. Nella I legge devono essere coinvolte almeno 3 vertebre. Si tratta di una disfunzione che riguarda un gruppo di vertebre, almeno 3. La riduzione si fa sulla vertebra apicale, ossia quella centrale delle 3. Nella II legge può essere coinvolta anche solo 1 vertebra.

Esempi di disfunzioni bilaterali simmetriche

Disfunzione vertebrale bilaterale in F Le faccette articolari sono divergenti (oppure anteriori bilaterali) Lo spazio tra le spinose è ampliato. a) Se ad una vertebra in disfunzione bilaterale in F faccio fare una flessione, avrò la seguente situazione: le faccette articolari divergono ancora di più e lo spazio tra le spinose si amplia ulteriormente b) Se ad una vertebra in disfunzione bilaterale in F faccio fare una estensione, avrò la seguente situazione: le faccette articolari rimangono invariate, non possono convergere perché sono incastrate. Quindi la denominazione di vertebra in disfunzione bilaterale in F significa che la vertebra pu������������ ò ancora andare in F, in avanti, mentre non può andare in E, indietro. Ricordate che la disfunzione denomina il senso della maggiore ampiezza. Disfunzione vertebrale bilaterale in E Le faccette articolari sono convergenti (oppure posteriori bilaterali). Lo spazio tra le spinose è ridotto. a) Se ad una vertebra in disfunzione bilaterale in E faccio fare una flessione, avrò la seguente situazione: le faccette articolari rimangono invariate, non possono divergere perché sono incastrate. b) Se ad una vertebra in disfunzione bilaterale in E faccio fare una estensione, avrò la seguente situazione: le faccette articolari possono avvicinarsi ancora di più.

Valutazione della colonna lombare

Per arrivare a definire una disfunzione lombare si procede così: 1. osservazione globale e movimenti (F del tronco, inclinazione laterale, rotazione, leggera E) 2. palpazione 3. test di pressione 4. test di mobilità Quindi si parte da una zona ampia e si arriva sull’articolazione bloccata, ossia una determinata faccetta articolare inferiore bloccata. 10

Osservazione Osservo i movimenti che può compiere la colonna lombare, vale a dire: flessione, estensione, inclinazione, rotazione. È un’ossevazione di massima. La colonna lombare in posizione di neutralità presenta una lordosi. STATICA_Pz di spalle La colonna lombare è una zona di lordosi, dobbiamo immaginarla in neutralità. Osservo se la lordosi è accentuata, armonica, alta o bassa. Osservo come il tronco è stato montato sul bacino, se è shiftato. Come sono i triangoli della taglia? Immagino un filo a piombo che cade dall’occipite al sacro e verifico se questa linea incontra i corpi vertebrali oppure no. Se non li incontra, ciò significa che anche i dischi vertebrali sono spostati. Se le spinose sono spostate posso immaginare che in quella zona ci siano delle tensioni e forse dolore. Pz di profilo Vedo se la curva è accentuata o no, se il bacino - in senso generico - è in conversione anteriore o posteriore e se c’è un po’ di pancetta. Domanda: la pancetta è un problema di lassità muscolare o c’è dell’altro? Oppure, è la pancetta a causare l’iperlordosi o il contrario? Risposta: pensate che i muscoli sono un accessorio, un po’ come la carrozzeria di una macchina, mentre ad un Osteopata interessa il più delle volte vedere che cosa c’è all’interno. La carrozzeria può avere una piccola ammaccatura e quindi il muscolo presentare un piccolo stiramento, causato da un motivo x, ma quello che ci interessa di più è il cuore della struttura, sono le strutture portanti, il motore (vale a dire i visceri) e tutta la circolazione dei fluidi. Pensate che tutto il pacchetto viscerale è in una sacca, che aderisce alla parete parietale posteriore. Inoltre tutti i visceri hanno dei legamenti, che si chiamano meso, che si attaccano sulla parete parietale posteriore, che è aderente alla colonna e fascialmente ha una continuità su di essa. Quindi se c’è qualcosa che tira verso il basso, la colonna si deve adattare, perché è stata creata apposta come un susseguirsi di vertebre e di articolazioni. La colonna è la risultante di altre problematiche. Si può dire che l’osteopatia non cura l’ernia del disco ma fa una messa a punto in seguito alla quale la colonna trova un assetto migliore e non va a dar fastidio all’ernia. Quindi le tensioni sulla colonna possono avere origine viscerale, fasciale, emotiva. Torniamo alla domanda sulla pancetta. Perché il corpo si mette in questa posizione? In questa posizione lavorano i muscoli accessori della respirazione, localizzati nella parte alta del torace. Di conseguenza il centro frenico del diaframma si abbassa molto. Così facendo va a premere sulla parte alta dei reni dove si trovano le ghiandole surrenali, che producono adrenalina, noradrenalina e cortisolo. L’adrenalina serve a rispondere a situazione in cui ho bisogno di una reazione rapida: di attacco o di fuga, quindi una reazione anche di tipo muscolare. Il cortisolo è il cortisone naturale e serve ad abbassare la soglia del dolore. La reazione di attacco o di fuga dovrebbe essere momentanea e durare poco, mentre il problema nasce quando dura ore, giorni, anni. In una situazione del genere, siccome i muscoli si attaccano sulle vertebre, schiacciano e comprimono e quindi possono provocare un’ernia del disco a livello cervicale, il tunnel carpale, addormentamento delle mani. Questo per dire che quando si tratta una schiena bisogna farsi moltissime domande, perché un mal di schiena può avere una causa banale oppure no. DINAMICA_Flessione Guardo se c’è un’armonia, osservo le spinose. A livello lombare le spinose non sono tanto evidenti. Devo far attenzione se il Pz flette le anche anziché le vertebre lombari, perché questo indica una rigidità lombare. Inclinazione laterale Osservo se ci sono delle vertebre che non seguono. Rotazione L’Osteopata tiene il bacino. Estensione Non è molta a livello lombare però vale la pena valutarla, perché se è assente indica che c’è un blocco. 11

Palpazione_Pz prono Valutazione delle spinose. L’Osteopata appoggia indice e medio di entrambe le mani a dx e sin delle spinose 1) fa una pressione verso il basso, per far uscire la spinosa in esame tra le dita (Fig. 1) 2) fa scivolare la pelle sulle spinose e valuta la spinosa della vertebra superiore e quella della vertebra inferiore (Fig. 2). Si può sentire se sono allineate o se ce n’è qualcuna fuori asse. Se con la punta delle dita si va a sbattere contro una spinosa, vuol dire che quella vertebra è ruotata. Da ricordare che le spinose lombari sono lunghe talvolta anche cm 1,5 - 2. Per la II legge di Freyette������������������������������������������������������������������������������������� :������������������������������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������������������������� inclinazione �������������������������������������������������������������������� = rotazione. Quindi quando si conosce la rotazione si sa anche l’inclinazione. A questo punto manca solo il parametro di F o E. Per valutarlo si deve sentire se c’è spazio tra una vertebra e l’altra. 3) Si mettono gli indici sopra e sotto la spinosa in esame (Fig. 3). Da ricordare che L4 si trova a 45° dalla SIPS. 4) La conferma si ha appoggiando le mani sopra le creste iliache e unendo i pollici al centro: L4 (Fig. 4). La palpazione non dice se c’è una disfunzione ma evidenzia solo la posizione delle vertebre in neutralità. Per evidenziare una disfunzione si devono fare i test di mobilità.

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Test di mobilità

1. Si basa sulla respirazione. In INspiraz la colonna lombare fa una F (in generale in INsp tutte le curve della colonna sono meno accentuate, quindi per appiattire una lordosi bisogna fare una F). Chi invece sente di inarcare la schiena in Insp, deve attribuirlo ad un’ anormalità, dovuta ad una cattiva respirazione diaframmatica. Ricorda: i bambini respirano di pancia. L’Osteopata, con le mani sulle spinose, chiede al Pz di INsp e sente che cosa succede (Flessione) e lo stesso durante l’Esp (Estensione). A quel punto può denominare la disfunzione. sem 3_Longobardi

Fisiologia vertebrale

Nella valutazione di una vertebra, il punto di riferimento è sempre la vertebra sottostante; ma per testare la mobilità, devo considerare la NEUTRALITA’ della vertebra stessa, che è lo stato dal quale si parte per mettere in movimento la struttura. Dello stato di neutralità della vertebra consideriamo principalmente due elementi fondamentali: a) parte STATICA (ant)  la sovrapposizione dei corpi vertebrali tramite i dischi intervertebrali, che determinano la COLONNA STATICA ovvero quello che supporta i carichi; b) parte DINAMICA (post)  la sovrapposizione degli archi, provvisti non a caso di apofisi, muscoli e lega12

menti deputati alla mobilizzazione delle vertebre. Consideriamo lo stato di mobilità o immobilità di una vertebra rispetto alla sottostante con al centro il disco intervertebrale. Notiamo che a livello lombare il nucleo polposo è spostato un po’ indietro. Neutralità È lo stato in cui la vertebra si trova in appoggio discale rispetto alla sottostante. Le faccette articolari sono in stato di quiete. Vi è un equilibrio muscolo-legamentoso a dx e sin. È una condizione ideale per iniziare la mobilità. Parliamo di condizione di neutralità rispetto ai movimenti che si possono produrre, quindi una vertebra in neutralità non avrà né uno stato di flessione, né di estensione, né di rotazione, né di inclinazione, ma risponderà alla forza di pressione con un appoggio discale nel quale si ha una reazione della struttura discale, che come sappiamo ha una duplice funzione, oltre alla funzione legamentosa, in quanto adesa ai piatti vertebrali, ha anche una funzione di ammortizzazione, per cui risponde, con l’appoggio sul condilo discale; anche a livello delle faccette articolari abbiamo una situazione di neutralità, in quanto non essendo in movimento, si trova in una condizione di riposo; la reazione a questo appoggio è anteriore; equilibrio muscolare e legamentoso di tutte le componenti posteriori. La vertebra si trova quindi in uno stato di equilibrio tra tensione e detensione, sia a dx che a sin della vertebra stessa. Neutralità = appoggio discale / reazione alla pressione / non impegno delle faccette articolari / equilibrio delle strutture muscolari e legamentosi alla vertebra connesse. Mobilità vertebrale Dalla situazione di neutralità, mobilizzando la vertebra, si possono avere 2 tipi di movimenti: 1) movimenti simmetrici. Sono quelli in cui la parte dx e quella sin della vertebra compiono lo stesso movimento. Sono i movimenti di flessione e estensione bilaterali (bilaterale perché il movimento fa riferimento alle due faccette articolari) 2) movimenti asimmetrici. Sono quelli in cui la parte dx fa un movimento e quella sin ne fa un altro. Sono i movimenti di inclinazione e rotazione dx o sin.

Movimenti simmetrici

Flessione bilaterale (dalla posizione neutra) Partendo da uno stato di neutralità, durante la flessione, la vertebra sovrastante compie un’inclinazione del corpo vertebrale in avanti, quindi globalmente il corpo vertebrale si inclina in avanti. Lo spazio intervertebrale diminuisce anteriormente, e il nucleo viene sospinto all’indietro. Il corpo vertebrale s’inclina avanti, tanto che la parte ant del corpo vertebrale guarda in avanti-basso, mentre la parte post va in avanti-alto. Poiché anteriormente si riduce lo spazio, il disco è compresso e il nucleo polposo fugge posteriormente. Tutte le strutture legamentose post sono in tensione, vale a dire: leg long post leg interspinosi leg sovraspinosi leg gialli Le faccette articolari inf della vertebra soprastante vanno avanti-alto (si può dire anche in divergenza). Questo movimento avviene teoricamente in 2 tempi: 1) preparazione del movim > le faccette si preparano ad allontanarsi 2) divergenza vera e propria Divergenza = flessione = anteriorità (termini sinonimi) Estensione bilaterale (dalla posizione neutra) È il movimento opposto alla flessione, durante il quale la vertebra sovrastante compie uno scivolamento verso la posteriorità, per cui il corpo vertebrale nella sua porzione posteriore guarda più verso il basso. Lo spazio intervertebrale diminuisce indietro e il nucleo viene spinto in avanti. La vertebra sovrastante s’inclina post, la parte post del corpo vertebrale guarda dietro-basso. Lo spazio intervertebrale è più stretto dietro e più largo davanti, quindi il nucleo del disco è spinto verso l’avanti. 13

Il leg long ant e il contatto delle spinose limitano il movimento di estensione. Le faccette articolari inf della vertebra soprastante vanno dietro-basso (si può dire anche in convergenza). Convergenza = estensione = posteriorità (termini sinonimi) Nei movimenti bilaterali/simmetrici di F e E non ci sono componenti di rotaz e inclinaz.

Movimenti asimmetrici

Inclinazione laterale (si abbrevia con S = side) È un movimento in cui il corpo si inclina sul piano frontale, su un solo lato, determinando una convergenza della faccetta articolare di quel lato ed una divergenza della faccetta articolare opposta (per es. in una inclinazione dx, la faccetta articolare di dx converge e la faccetta articolare di sin diverge). La vertebra soprastante s’inclina su un lato realizzando un movimento di convergenza dal lato dell’inclinazione e di divergenza dal lato opposto. In una inclinaz dx, la faccetta dx va in convergenza e quella di sin va in alto e avanti. I leg intertrasversari dal lato della convessità (o divergenza) limitano il movimento. Il disco intervertebrale viene compresso dal lato della inclinaz per cui il nucleo viene spinto verso la convessità (lato opposto dell’inclinazione). In questo movimento di inclinazione le faccette articolari fanno movimenti opposti: la faccetta dx va in convergenza, vuol dire che scivola in BASSO/DIETRO; mentre la faccetta di sin, essendo in divergenza, va in ALTO/ AVANTI. Quindi non solo le faccette alzandosi da un lato si abbassano dall’altro, ma vanno anche in avanti o in dietro seguendo il movimento, questo vuol dire allora che l’inclinazione non è un movimento puro sul piano frontale (Fryette), ma per le sue condizioni, si accompagna anche alla rotazione. Rotazione laterale È il movimento in cui la vertebra, rispetto alle faccette articolari, si posteriorizza da un lato e si anteriorizza dall’altro, producendo una rotazione del corpo vertebrale, che si definisce dal lato verso il quale ruota la parte anteriore del corpo vertebrale, e coincide con il lato in cui la faccetta articolare si posteriorizza. (per es. in una rotazione dx avrò che la faccetta di dx va in posteriorità, la faccetta di sin va in anteriorità, il corpo ruota a dx nella parte anteriore e la spinosa devia a sin). Una faccetta della vertebra soprastante si posteriorizza (lato della rotazione), mentre l’altra si anteriorizza. La rotazione si definisce dal lato in cui ruota la parte ant del corpo vertebrale. Il corpo gira verso la faccetta che si posteriorizza, mentre la spinosa verso la faccetta che va in avanti. A livello vertebrale, tranne che per l’Atlante, non esistono movimenti di rotaz e inclinaz puri, ma solo movimenti combinati. Quindi non posso ruotare una vertebra se insieme non la inclino. Per es. una inclinazione dx comprende una rotazione dx, se parlo di 2 vertebre. Questi fenomeni sono sempre presenti nella fisiologia del rachide e sono stati codificati da Fryette. Fryette ha studiato i movimenti combinati della vertebra, sia nel caso di una vertebra sulla sottostante, quindi un movimento vertebrale isolato, che nel caso di movimenti di un gruppo di vertebre. Definiamo gruppo di vertebre, un gruppo di almeno 3 vertebre, chiamando apicale o vertebra apice la vertebra che si trova al centro; e limitanti o estreme le vertebre che si trovano all’inizio o alla fine. Se prendiamo in considerazione la colonna lombare, definiamo L3 apicale ed L1 - L5 limitanti. Se abbiamo un gruppo di 4 vertebre le due centrali sono le vertebre apicali, quella sopra e quella sotto le limitanti. H.H. Fryette enunciò le leggi dei movimenti fisiologici della colonna vertebrale. I movimenti della colonna vertebrale sono quelli di Extension-rotation-sidebending (ERS) o di Flexion-sidebending-rotation (FSR). 14

I movimenti ERS e FSR dipendono dalla morfologia della curva nelle quale si trovano le singole vertebre. Il movimento fisiologico di una singola vertebra non dipende dunque da se stessa, ma dalla morfologia della curva di cui si trova a far parte. Nomenclatura convenzionale internazionale: E = estensione, F = flessione, N = neutralità, S = inclinazione (side bending), R = rotazione 1° legge di Fryette Si applica ai gruppi vertebrali. Dato uno stato di neutralità di un gruppo di vertebre, una inclinazione lat è possibile solo se accompagnata da una rotazione opposta delle vertebre occupate nel movimento. Se inclino il rachide lombare a dx, contemporaneamente esso farà una rotazione a sin. In questo movimento, la rotazione massima avviene sulla vertebra apicale, che si inclina di meno; mentre l’inclinazione massima avviene tra le limitanti, che ruoteranno meno. Nel rachide lombare, L3 ruota di più e L1 ed L5 inclinano di più  NSR sin  rotazione sin / inclinazione dx. NSdRs S R Fattori causa di questo movimento: 1. migrazione dei nuclei dei dischi intervertebrali I dischi sono strutture legamentose e sono adesi ai corpi. Il nucleo, che nella neutraltità è un pò dietro, nella inclinaz dx per es. migra nella convessità e poiché è dietro ruota la vertebra a sin. L’inclinazione laterale aumenta la pressione del disco dal lato della concavità; dal momento che anche il disco è cuneiforme, la sua sostanza (anche il nucleo), compressa, tende a sfuggire verso il lato più aperto, cioè verso la convessità, da qui la rotazione. Questo determina durante l’inclinazione, oltre la migrazione verso il lato della convessità, anche una migrazione verso dietro del nucleo, perché il nucleo come parte del disco è adeso ad esso, e ne segue il movimento. È questo il primo fenomeno che spiega la rotazione dei corpi vertebrali, perché le vertebre trovandosi in neutralità, sono in appoggio discale, nel momento dell’inclinazione, il nucleo, che è già posteriore, oltre ad andare verso sin, va in dietro-sin, e se una vertebra la porto dietro-sin, vuol dire che sta ruotando a sin.

2. tensionamento delle strutture lat, in part dei leg intertrasversari, dal lato della convessità

C’è una legge fisica della fisiologia articolare, che si applica anche nella fisica biologica, per cui un corpo che è sottoposto a una forza di trazione o di pressione, modificherà il suo posizionamento nello spazio per evitare il punto di rottura  ADATTAMENTO. Se faccio un’inclinaz a dx i leg intertrasv di sin sono in tensione. Per sfuggire a questa tensione si spostano verso la linea mediana, perché lì diminuisce la divergenza delle trasverse. Siccome sono post al fulcro del movimento, quando si avvicinano alla linea mediana, trazionano i corpi e li fanno ruotare. La trazione avviene sul lato opposto a quello in cui avviene la rotazione dei corpi vertebrali. Questa legge è valida per rachide lombare e dorsale ma non per il rachide cervicale. È da sottolineare che questi due meccanismi (1+2) sono sinergici e contribuiscono, ciascuno a suo modo, alla rotazione nello stesso senso dei corpi vertebrali. Questa rotazione è fisiologica. Tuttavia in certi casi, alterazioni della statica vertebrale dovute sia ad una anomala ripartizione delle tensioni legamentose, che a delle irregolarità di sviluppo, provocano una rotazione permanente dei corpi vertebrali. Si realizza così una scoliosi che associa una curvatura o inclinazione laterale permanente della colonna, ad una rotazione dei corpi vertebrali. L’ NSR è una rotoscoliosi, in cui la rotazione avviene sempre dal lato della convessità della curva, che corrisponde al gibbo posteriore; dal lato dell’inclinazione invece avremo il gibbo anteriore; questo perché, essendo la colonna collegata alle coste, la rotazione di essa, produce un gibbo posteriore, ma la parte dx va in avanti producendo il gibbo ant (anche se non è un vero gibbo quello ant). 15

In una NSR avremo una rotazione massima nella vertebra apicale mentre nelle vertebre estreme o limitanti avremo la massima inclinazione. Immaginando il gruppo di vertebre L1-L5 L3 (vertebra apicale) > massima R minima S L1-L5 (vertebre limitanti) > massima S minima R 2° legge di Fryette Si applica ad una singola vertebra rispetto alla sottostante. Non essendo in neutralità, ci sarà uno stato di F o di E della vertebra. Se una vertebra rispetto alla sottostante si trova in uno stato di F o di E, ad una rotazione è sempre accompagnata un’inclinazione omolaterale. FRdSd S=R ERsSs S=R Abbiamo visto che la convergenza e la divergenza mettono insieme due movimenti. FRSdx  se sono in uno stato di flessione, mi compare una rotazione e contemporaneamente un’inclinazione omolaterale, perché nel momento in cui le due faccette articolari devono tornare alla condizione di neutralità, la faccetta di destra torna, mentre quella di sin rimane li = F / divergenza / anteriorità sinistra. ERSsin  se mi trovo in uno stato di estensione, nel ritorno alla neutralità, qualcosa ad un certo punto rimane in una posizione di blocco su una faccetta articolare, perché una viene avanti e l’altra no = E / convergenza / posteriorità sin. la lettera quindi non indica il lato della disfunzione, ma solo il lato della inclinazione-rotazione della vertebra; non si riferisce alla faccetta in disfunzione. 3° legge di Fryette I parametri della disfunzione sono tra loro inversamente proporzionali e hanno un’importanza maggiore nell’ordine in cui sono scritti. EoF>R>S N>S>R FRS: senza la F non ci sarebbe la disfunzione; NSR: senza la N non ci sarebbe la prima legge; e tutti questi parametri del movimento sono in rapporto di proporzionalità, in quanto la loro somma da un valore specifico X. La 3°Legge specifica meglio quello che avviene durante le prime due leggi. I movimenti delle prime due sono tra di loro inversamente proporzionali e sono d’importanza progressiva in base a come sono enunciati. F ed E sono i primi elementi che vengono fuori e sono più importanti rispetto a R, che a sua volta è più importante di S N 60 30 10 60 30 10 E R S F R S Nella valutazione della mobilità di una vertebra, devo integrare queste leggi ai test di mobilità, al fine di determinare una possibile disfunzione. Le leggi di Fryette non trovano applicaz nel rachide cervicale sup C0 (0 = occ sul rachide)- C1 - C2 e in generale la prima non trova applicaz sul rachide cervicale. sem 4_ Longobardi Non si può mai denominare una disfunzione senza aver eseguito dei test di mobilità. Infatti dal semplice posizionamenti della vertebra non si può definire una disfunzione. Cominciamo con un breve ripasso delle leggi di Fryette. Sono leggi che servono ad interpretare come dalla fisiologia vertebrale si passa a delle situazioni disfunzionali. La 1° legge di Fryette si applica ad un gruppo di almeno 3 vertebre: partendo da uno stato di neutralità (N) quando si produce una inclinazione laterale (S) da un lato avviene una rotazione (R) dei corpi vertebrali in 16

senso opposto. Quindi la vertebra si trova in appoggio discale, con le faccette articolari non ingaggiate, i tessuti molli, cioè le fasce e i muscoli sono in pretensionamento quindi non di impegno né da una parte né dall’altra, da questa situazione di partenza per un gruppo di vertebre un’inclinazione è possibile solo se accompagnata da una rotazione controlaterale dei corpi vertebrali. La rotazione e l’inclinazione sono opposte e l’osservazione mette in evidenza che nel gruppo delle vertebre le 2 vertebre marginali hanno la maggiore inclinazione e la minore rotazione, mentre nella vertebra apicale, che è la vertebra centrale, non si verifica inclinazione ma si ha il massimo della rotazione (se immagino il tratto lombare L1-L5 l’apicale sarà L3, le marginali saranno L1 e L5). Questo ci permette di individuare la vertebra apicale e soprattutto di poter esercitare su questa vertebra una manovra correttiva. Quello che noi chiamiamo NSR altro non è che una scoliosi. In una scoliosi importante, facendo una RX sul piano frontale si potrà vedere la spinosa della vertebra apicale che, a causa della rotazione, sarà osservabile, addirittura sul piano frontale. Nel caso di una disfunzione di un’unica vertebra sulla sottostante facciamo riferimento alla 2° legge di Fryette. Quindi, che sia chiaro quando diciamo: “disfunzione sulla vertebra sottostante”, oppure “inclinata rispetto alla vertebra sottostante” che il riferimento è sempre rispetto alla vertebra sottostante. Si tratta di una disfunzione monovertebrale, cioè rispetto allo stato di neutralità e rispetto al movimento che può fare la vertebra, una delle due faccette articolari rimane in uno stato di flessione (F) o di estensione (E), che a sua volta determina una rotazione e una inclinazione, questa volta, però omolaterale, cioè sullo stesso lato. Ricordiamo anche la 3° legge: quando in un’articolazione intervertebrale abbiamo un iniziale movimento in uno dei piani nello spazio si inibiscono o diminuiscono i movimenti di questa articolazione negli altri due piani dello spazio per cui in una FRS il movimento più importante sarà quello di flessione; rotazione e inclinazione saranno di livello minore. Risposta ad una domanda: per le vertebre cervicali non possiamo applicare la 1° legge perché non esiste lo stato di neutralità, c’è sempre un contatto interfaccettario.

Classificazione delle disfunzioni a livello vertebrale

Al livello vertebrale vi è uno stato di neutralità della vertebra, in cui essa si trova in appoggio discale e le faccette articolari non sono ingaggiate né in F né in E. Da questa posizione si possono avere vari tipi di movimenti sia simmetrici (F o E) che asimmetrici. Tali movimenti possono andare incontro a delle disfunzioni, che sostanzialmente sono di due tipi:

Tipo 1 > 1° Legge > disfunzioni NSRdx o NSRsx (S R)

Sono disfunzioni che si organizzano in gruppi di vertebre (1° legge di Fryette). Sono essenzialmente delle NSR, quindi avremo delle NSRdx e NSRsx dove la S è diversa dalla R (S≠R). Anche se non scrivo NSsxRdx è sottinteso perché la S (side bending) cioè inclinazione è diversa dalla rotazione, quindi la definizione corretta sarà ad esempio NSRdx L1-L5 così saprò che l’inclinazione è a sinistra (S), la rotazione è a destra (Rdx) e sarà indicato anche il gruppo di vertebre interessato (L1-L5) ed io avrò tutti i parametri, inclinazione, rotazione il gruppo di vertebre interessato.

Tipo 2 > 2° Legge > di una vertebra su quella sottostante (ciò non esclude che anche altre vertebre siano in

disfunzione, magari anche con la stessa disfunzione). In uno stato di F o E unilaterale, l’inclinazione è preceduta da una R (= rotaz) unilaterale, quindi si avrà una FRS o una ERS, che significa che una vertebra rispetto alla sottostante fa prima una flessione o un’estensione, a cui segue una R e un’inclinazione (= S, side) omolaterale. Le disfunzioni di tipo 2 possono essere: Tipo 2 > disfunz SIMMETRICHE> F o E bilaterale Per disfunzione simmetrica s’intende che la parte dx della vertebra fa la stessa cosa della parte sin. Il piano di simmetria è il piano sagittale che divide il corpo in due metà. Quindi tutte e due le faccette articolari si bloccano in una stessa direzione (F o E). 17

Tipo 2 > disfunz ASIMMETRICHE> sono quelle in cui la vertebra presenta una disfunzione su una sola faccetta articolare; tale disfunzione può esordire o con una F o con una E. disfunz asimmetriche MONOLATERALI (in cui R = S) FRSdx FRSsin ERSdx ERSsin

disfunz asimmetriche BILATERALI> in questi casi, poiché la componente di F o E è diversa sui due lati, si utilizza il termine di anteriore (flessione /divergenza) o posteriore (estensione/ convergenza) e quindi si definirà la disfunzione come posteriore dx e anteriore sin oppure post sin e ant dx. 1) post dx + ant six 2) post sin + ant dx

Ricapitolando Nelle disfunzioni asimmetriche possiamo trovare questi casi:

1

ERSdx o sin FRSdx o sin MONOLATERALI Sono quelle in cui 1 faccetta è bloccata in F o E e 1 è libera di tornare alla neutralità

2

POSTdx + ANTsin POSTsin + ANTdx BILATERALI Sono quelle in cui entrambe le faccette sono bloccate una in ANT una in POST.

Il fatto che riguardi 1 sola vertebra, non esclude che ce ne possa essere più di 1 in uno stesso segmento. Per es. L3 in disfunzione su L4 che a sua volta può essere in disfunzione su L5. Quindi se trovo più di una vertebra in disfunzione non per forza sarà una disfunzione di tipo 1, ma anche di tipo 2, ad esempio posso aver 2 o 3 vertebre consecutive che hanno una disfunzione di ERS o FRS. Ai test sarò in presenza di una vertebra in disfunzione di F se essa si riallinea durante la F e viceversa in presenza di una disfunzione in E, se la vertebra si riallinea in E. Qualora non si riallinei né in F né in E, sarò in presenza di una disfunzione bilaterale asimmetrica.

SCHEMA I TIPO NSRdx NSRsin

II TIPO a  FLEX ESTENS b  ERSdx/sin FRSdx/sin c  ANTdx + POSTsin ANTsin + POSTdx

Andiamo a vedere qualche esempio di deviazione di una spinosa ed il relativo ragionamento per attribuire e denominare una disfunzione. Ipotizziamo di trovare L3 spostata a sin: rispetto alla linea di simmetria la spinosa a sin ci dice che la vertebra è ruotata a dx e inclinata a dx; le possibilità sono che ci troviamo di fronte a una ERSdx oppure una FRSdx oppure POSTdx +ANTsin. La disfunzione viene nominata SOLO con il test di mobilità. Prima di valutare vertebra per vertebra possiamo fare una leggera pressione a livello lombare che ci potrà evidenziare una zona di restrizione, in questo modo non andremo a valutare le vertebre ma come i tessuti restituiscono il movimento, quindi ricercheremo qualche punto di resistenza, si tratta di una misurazione 18

qualitativa, non quantitativa. Potremo effettuare delle pressioni vertebra per vertebra, a gruppi di due e a mano aperta, valuteremo la risposta che otterremo dai tessuti, cercheremo un punto di resistenza, di maggiore densità delle strutture sotto la mano; per fare un es, se faccio questo tipo di lavoro sulle due ginocchia che informazioni potrei ottenere? Forse uno sarà più caldo, o più gonfio, informazioni qualitative. Torniamo alla nostra spinosa di L3 ruotata a sin, se affermo che si tratta di una FRS dx in base a quali informazioni lo faccio? Vuol dire che al test di flessione la spinosa si è riallineata in F, segno che le 2 faccette articolari sono in grado di fare una flessione bilaterale. Tornando in neutralità vedo che ritorna in rotazione. Faccio allora il test di estensione e vedo che la deviazione aumenta perché la faccetta di sin è rimasta in flex mentre la faccetta di dx, che è libera, è andata in estensione. Per far flettere e ruotare una vertebra a dx bisogna che la faccetta di sin vada avanti. Questo vale in tutti i casi, in una ERSdx se la spinosa dietro è deviata a sin, facendo la F aumenta la rotazione e nell’estensione si riallinea, la faccetta di sin è andata in avanti. Se ne abbiamo una bloccata in flex e una bloccata in est vuol dire la vertebra è ruotata a dx e quindi la causa è che la faccetta di sin è andata in avanti, ed è il caso delle asimmetriche bilaterali che sono illustrate sopra. Altro caso: spazi interspinosi con variazioni negli spazi. Mi sembra che lo spazio fra L2 L3 sia più ridotto degli altri. Faccio il test di mobilità: faccio flettere, cosa succede? Lo spazio si apre? Si. Durante l’estensione cosa succede, si chiude? No La disfunzione sarà L2 in flex bilaterale. Se invece durante la flex non si fosse aperto e durante l’estensione si fosse chiuso avrei avuto L3 in estensione bilaterale. Facciamo un pò di test. Punti di repere per individuare L4 L5 oltre al test con le mani sulle creste iliache, c’è da ricordare che la spinosa di L5 differisce dalle altre: è più puntiforme, le altre sono più quadrilatere ciò la rende ben identificabile, altro punto di repere importante a livello lombare sono le trasverse, alla palpazione le troviamo più in alto della spinosa della stessa vertebra. Se trovo uno spazio più ristretto tra due spinose ma si apre e si chiude vuol dire che non c’è disfunzione. Ricordare che la disfunzione si nomina con il test di mobilità. Quando una spinosa sembra deviata ma non siete sicuri provate a fare così: a prendere la spinosa fra le dita di una mano e mantenendo la spinosa della vertebra inferiore con l’altra mano, date una leggera rotazione a dx e a sin (si sentirà la differenza nella qualità dei tessuti), oppure andate a sentire le trasverse che saranno (in caso di disfunzione) una più anteriore e una più posteriore. Attenzione alle disfunzioni asimmetriche in cui una faccetta è bloccata aventi e l’altra dietro. Gli spazi intervertebrali andranno valutati uno per volta. I test in F ed E potranno essere effettuati anche attraverso dei test respiratori: a volte i Pz hanno dolore per cui chiedere loro determinati movimenti sarà difficile, più facile invece fare i test respiratori. Ecco come vanno effettuati: Pz sul lettino, posizione prona, respirazione più profonda; a livello lombare inspirazione = flessione e si può chiedere anche un’apnea di pochi secondi, espirazione = estensione. A livello toracico sarà l’inverso. Attenzione perché alcune persone hanno una respirazione molto toracica, cosiddetta respirazione paradossa, che può alterare i risultati quindi, magari, chiedere al Pz di fare una respirazione più addominale, gonfiando la pancia. PRATICA Tecnica diretta Ipotizziamo la seguente disfunzione: L3 in ERSdx Posizionamento del Pz Pz in decubito lat (per es. in caso di ERS dx si posiziona il Pz sul lato della rotazione, o della post cioé a dx) 19

Pz in asse dalla testa ai piedi e in equilibrio ancora prima di chiudere le leve

attenzione alla posizione della lordosi lombare, soprattutto nelle donne (un’accentuata lordosi corrisponde ad una E e quindi ad un parametro non ideale). L’Osteop riposiziona la colonna lombare, senza far intervenire il Pz, mettendo le mani all’altezza dell’iliaco appoggiato sul lettino.

si cerca il livello della disfunzione, cioé L3 su L4 (indice e medio della mano craniale sono sulle spinose di L3 e L4)

Chiusura in chiave Si parte dalla leva inf, si sente il movimento tra L4 e L3 e ci si ferma quando si sente l’ultimo movimento su L4 = la barriera articolare (nelle tecniche articolari è importante cercare l’ultimo movimento e non il primo come nelle TEM). Il primo movimento che si percepisce è la barriera viscoelastica (va bene per le tecniche fasciali). Se si facesse una tecnica articolare sulla prima barriera visco-elastica, il risultato sarebbe del tutto inefficace.

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attenzione a non far ruotare il bacino del Pz, perché in tal caso il livello sale e invece di L3-L4 si arriva a L1 posizione errata

posizione giusta

si controlla la leva inf con le gambe (a) oppure fissando il bacino dall’alto con l’avambraccio caudale (b).

a

b

oppure, se il Pz è molto alto, si controlla la leva inf con il bacino

si sposta il braccio del Pz per bilanciare la posizione della gamba

si chiude la leva sup con una presa il più possibile vicino alla spalla e facendo un movimento verso l’alto (per ottenere una R a sin di L3 e invertire il I parametro) si fa fare una piccola F* del tronco (per invertire il secondo parametro)

si posiziona la testa del Pz in asse con la colonna e il mento in asse con lo sterno 21

*piccola perché per la III legge di Freyette il movimento arriva subito, in quanto si è già su L3 attenzione a non lasciare la testa né appoggiata sul lettino né ruotata verso il soffitto

si chiede al Pz di intrecciare le braccia

posizione corretta del braccio craniale (tra il seno e la spalla)

direzione corretta della leva sup e inf - l’Osteopata si posiziona, chiede al Pz di respirare (in INsp mantiene e in Esp aumenta la rotazione) e sente se il posizionamento è sufficientemente preciso tra L3 e L4 22

posizione scorretta del braccio craniale

direzione scorretta della leva sup e inf

se l’Osteopata sente di aver perso il livello, cerca con le sue gambe di muovere la leva inf (o la leva sup) e far risalire (o scendere) il cursore

poi chiede al Pz di prendere aria, espirare e ricontrolla con l’obiettivo di avvicinarsi sempre di più alla barriera articolare. L’Osteopata deve sentire che sopra a L3 e sotto a L4 tutte le vertebre sono chiuse, in modo che la tecnica avvenga solo tra L3 e L4. Quindi è fondamentale posizionare bene il Pz e fare bene la chiusura in chiave.

posizione corretta; le spalle dell’Osteopata sono a piombo sull’anca e la spalla del Pz

posizione scorretta

posizione scorretta

quando l’Osteopata sente di aver messo in tensione i tessuti al massimo, dopo una serie di INsp/Esp, fa un thrust in una fase Espiratoria (un ulteriore aumento piccolo e veloce di R) o sulla leva inf o su quella sup (è indifferente poiché si tratta di L3). Non è sempre necessario fare un thrust a coppia. Il thrust parte dal corpo e non dagli avambracci

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variante della presa in caso di una disfunzione di L5 su S1

nel caso di una disfunzione alta si può partire anche dalla leva sup

Ipotizziamo la seguente disfunzione: L4 in FRS dx

L4 è in R dx

invertendo la R di L4 inverto un parametro

con la derotazione della leva inf la faccetta di L4 va ancora di più in posteriorità, ossia verso la correzione sem 5_Longobardi

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Usiamo le TECNICHE DIRETTE per andare direttamente a invertire i parametri di una disfunzione (rispetto al punto prossimale, su uno o più piani dello spazio). A livello vertebrale ci organizziamo su tre piani dello spazio. Quando prendiamo in esame una vertebra, sia nel test sia nel posizionamento, dobbiamo immaginarci come si posiziona nello spazio rispetto ai tre punti di repere. Quindi le vertebre sono un po’ più complesse da interpretare. L3 in ERS dx: la faccetta in disfunzione è la dx che si trova in posteriorità (o estensione, o convergenza, tutti sinonimi). La vertebra è in rotazione dx (movimento sul piano orizzontale), inclinazione laterale (piano fron-

tale) ed estensione (piano sagittale). Quindi ci sono tanti parametri da considerare quando cerchiamo il posizionamento nella tecnica diretta per invertire i parametri della disfunzione. Cerchiamo sempre di invertirli tutti, ma delle volte saremo costretti a sacrificare uno o due parametri e saremo così limitati nell’efficacia della tecnica (ad es. nelle tecniche per le vertebre cervicali), e qualche volta a sacrificare anche il Pz! (ha-ha-ha tutti a ridere!). Nelle tecniche dirette andiamo a sentire, cercare l’ultima barriera possibile, che è la barriera articolare, che determina prima un detensionamento delle fasce più superficiali, poi un detensionamento delle fasce più profonde fino ad arrivare nella zona dei muscoli monoarticolari vicino alla disfunzione, superiamo anche quella resistenza e facciamo direttamente invertire la posizione alla faccetta articolare in disfunzione: tecnica diretta con thrust (alta velocità bassa ampiezza). In questa tecnica solo l’operatore è attivo: il Pz è attivo solo per quanto riguarda la respirazione.

Tecniche DIRETTE

1. Thrust (es. lombar roll) = tecnica ad alta velocità e bassa ampiezza. 2.Tecniche a energia muscolare (TEM) = utilizza la respirazione e la partecipazione del Pz con una contrazione muscolare. Si fa lavorare il muscolo in contrazione isometr. (in media 3 respirazioni, si può arrivare anche a 5) Passaggi della tecnica: - si chiede al Pz di INspirare (NO una grande inspiraz perché altrimenti si perde la chiusura in chiave) - durante l������������������������������������������������������������������������������������������������� ’������������������������������������������������������������������������������������������������ apnea INspir l���������������������������������������������������������������������������������� ’��������������������������������������������������������������������������������� Osteopata chiede al Pz di spingere contro il suo braccio craniale o caudale o entrambi (3 sec di contrazione); la quantità delle contrazioni da fare sulla leva sup o su quella inf o su entrambe dipende da che cosa si sente con i polpastrelli (se per es. si sente che si sta andando troppo in basso, significa che si sta recuperando troppo sulla leva sup e così nella contrazione seguente si fa lavorare la leva inf oppure se si sente di essere ben bilanciati si può chiedere una contrazione su entrambe le leve) - 3 sec di pausa, mentre il Pz espira - l’Osteopata cerca una nuova barriera visco-elastica Nelle tecniche a energia muscolare facciamo comunque una tecnica diretta perché invertiamo direttamente i parametri della disfunzione, ma a differenza del thrust si chiede la partecipazione attiva del Pz. In questo caso non lavoriamo sulla barriera articolare ma sulla barriera muscolare, sulla barriera visco-elastica, cioè sul muscolo che mantiene la posizione della faccetta articolare in disfunzione. Quindi non parliamo dei grossi muscoli paravertebrali, fasici, superficiali del movimento, tipo gran dorsale, romboidi, dentato, ma si tratta dei muscoli monoarticolari, (es. trasverso spinoso, andare a vederli) i muscoli più profondi della statica, che vanno dalla spinosa alla trasversa, sono legati ad una sola faccetta articolare. In che modo andiamo ad agire su questi muscoli? Andando ad agire su una contrazione isometrica. Ad esempio: nel gomito, disfunzione di flessione è mantenuta dal flessore. Devo far sì che questo muscolo abbia una barriera motrice sempre più vicina alla neutralità. Devo far detendere la tensione del flessore che vince sull’estensore, antagonista. Porto l’articolazione fino a sentire la tensione del flessore. Con la tempistica dei 3sec-3 sec andiamo a recuperare gradualmente sulla tensione del muscolo per avvicinarsi alla neutralità. Se dovessi invece usare una tecnica diretta andrei ad avvicinarmi, stirando il muscolo, alla barriera articolare, e qui farei la tecnica diretta. Quindi mi avvicino alla barriera articolare seguendolo durante 2-3 respirazioni per arrivare al massimo delle possibilità perché dobbiamo superare anche la tensione del muscolo per arrivare alla barriera articolare. Se non si fa una corretta messa in tensione si fa una tecnica sul muscolo, non sull’articolazione, per cui la tecnica non è efficace! La barriera articolare è l’ultima che compare. Quella muscolare è la prima che compare (per tecnica sul muscolo). Quindi entrambe le tecniche sono dirette. Una con e una senza l’ausiliio del Pz.

Tecniche INDIRETTE

1.Tecniche di aggravamento o tecniche funzionali = si avvicinano le inserzioni, in questo modo il fuso muscolare si detende e posso guadagnare in lunghezza. Lavorano su un altro principio: di inibire il muscolo che mantiene la disfunzione ed eventualmente stimolare il circuito dell’antagonista per rinforzare il muscolo vittima della disfunzione. Quindi vado ad aggravare (fare ancora di più una rotazione dx stimolando l’antagonista, il rotatore sinistro). Es. porta in un Saloon: disfunzione di porta aperta. Tecnica diretta: dò un calcio alla porta e la chiudo. Tecnica diretta ad energia muscolare: mantengo la porta aperta, ferma, e agisco sulla molla esterna tirandola di più 25

e siccome non c’è movimento, la molla, quando lascio, mollerà un po’ perché la sto sfiancando, un po’ alla volta cede la molla e si chiude la porta. Se no, tecnica di aggravamento: si dà una spinta e la molla interna si carica, acquisisce energia, e la porta si chiude. Con la tecnica indiretta non solo si aggrava, ma si mantiene l’aggravamento per un certo numero di secondi, si dà il tempo al sistema di riorganizzarsi, per cui il muscolo vittima può recuperare sul muscolo vincitore e riportare la porta (vertebra) in neutralità. NB: Tutte queste sono delle tecniche, non degli approcci! (fasciale, viscerale, craniale..). Es. approccio fasciale, posso lavorare sulle fasce sia con una tecnica diretta o con energia muscolare o di aggravamento usando pur sempre un approccio fasciale. Oppure faccio una tecnica funzionale, prendo i 2 lembi e li avvicino, esasperando l’aggravamento e sento che il sistema riparte nel senso di un allungamento. Non confondere quindi l’approccio col tipo di tecnica che si sceglie (quindi non dire “no io faccio una tecnica dolce, fasciale, perché una tecnica fasciale può anche essere una tecnica diretta!). La tecnica ad energia muscolare: lavoriamo sul muscolo che mantiene la disfunzione. L3 in ERS dx. La vertebra sottostante, ossia L4, è la mia neutralià. Ho la spinosa deviata a sin, e dovrò detendere il muscolo rotatore di dx. Posizionerò il Pz come facevo nelle tecniche dirette. Uso la leva superiore per includere la vertebra in disfunzione (L3). Posiziono il Pz da quale lato? Lato dx, il lato della rotazione, sia che si tratti della posteriorità vera (ERS dx), o relativa (es. FRS dx: la faccetta dx è in neutralità ma è relativamente più indietro della sin che è in disfunzione di flessione, e quindi antero-superiore). Infatti compare la componente di inclinazione: quando la faccetta va in convergenza, la faccetta va indietro e in basso. Quando va in divergenza, va in avanti e in alto. L3 in ERS dx: la faccetta è indietro-basso, quindi compare l’inclinazione dx. Pz sul lato dx perché includendo la disfunzione nella leva superiore vado a realizzare una derotazione: immaginare le spalle del Pz come le trasverse della vertebra, quando il Pz fa la de-rotazione ruota verso sin le spalle. La leva inferiore invece fa una rotazione dx che porta relativamente L3 ancora più in rotazione sin, porta la faccetta in disfunzione ancora di più in anteriorità. Dal lato della disfunzione, L3 va in avanti e L4 va indietro, quindi relativamente si porta verso la correzione. Una volta posizionato il Pz, raggiunta la barriera visco-elastica, chiedo di fare una piccola contrazione o per ritornare verso la disfunzione L3, oppure lavoro sulla leva inferiore nella rotazione opposta, per andare progressivamente a riposizionare la vertebra in disfunzione per portare progressivamente la faccetta dx di L3 verso la neutralità. Serve sentire le spinose, siccome lavoro su un piccolo muscolo monoarticolare, io devo essere preciso! Monitorare costantemente che tutto avvenga tra L3 e L4, quando sento la contrazione, e quando riposiziono L4 sotto a L3 o L3 sopra a L4. Il PROTOCOLLO è: Inspirazione (non profonda), Apnea inspiratoria, Contrazione isometrica per 3 sec, 3 sec di pausa (Pz rilascia la contrazione), Espirazione, durante la quale si recupera la nuova barriera muscolare. Si ripete per 3-5 volte fino a ottenere un risultato soddisfacente. Eventuali scrosci, movimenti che si dovessero sentire non ci devono interrompere! La tecnica va completata. Anche con le tecniche dirette, va portata fino in fondo. L’unica cosa che ci deve frenare è il dolore del Pz, o una gamba che si addormenta, o un dolore riferito, nella gamba… il dolore è sempre un campanello d’allarme che indica che c’è qualcosa che non va, che non avevamo valutato bene o non ci siamo posizionati bene. INDICAZIONE per una TEM: - un Pz molto rigido, che da un punto di vista muscolare ha una primarietà. Contrariamente una TEM potrebbe non essere molto efficace su una persona molto lassa: in queste persone è difficile che il muscolo sia responsabile di una disfunzione (ma non è impossibile) - in Pz che hanno controindicazioni specifiche o aspecifiche a una tecnica diretta. Le controindicazioni specifiche sono: persone anziane osteoporotiche che hanno una struttura ossea degenerata. Persone in corso di trattamenti farmacologici particolari (chemioterapia, trattamenti ormonali, trattamenti per osteoporosi). Poi Pz con controindicazioni, per es. sospetto di un’ernia del disco, che non è una controindicazione assoluta ad una tecnica diretta, ma ci avverte che la tecn. diretta va utilizzata molto prudentemente, anche se l’ernia è sospettata dai test che abbia fatto, o dalle indicazioni cliniche che ci dà il Pz. In questo caso ci guida il dolore, se il Pz fa “Ahi!”, fermarsi. Fierro Osservazione del Pz di spalle Osservazione della STATICA della colonna 26

Prendiamo 3-4 punti che ci interessano della sua zona lombare. - Triangoli della taglia (shift laterale: slittamento del bacino, da un lato> per essere sicuri possiamo anche spingere da una parte il tronco e in direzione opposta il bacino per vedere come va, poi invertiamo le direzioni di spinta e vediamo dove non va) - Altezza delle spalle - Altezza delle creste iliache - Scapole (altezza e vedere se sono sporgenti o no) - Ginocchia (recurvatum a livello ginocchia, spesso lo troviamo quando c’è una rotazione del bacino. Il recurvatum serve per compensare il bacino che fa una rotazione, una gamba se ne va più in dietro e l’altra più avanti. Quindi quello è un indice che su quel bacino ci potrebbe essere un problema strutturale come una scoliosi, o un blocco sacrale, un’ NSR…) In una scoliosi si vede una NSR, ossia un gruppo di vertebre che presenta una Inclinazione (S) da un lato e una Rotazione (R) dal lato opposto (I Legge di Freyette, S è diverso a R), o meglio una NSR non è una disfunzione ma un atteggiamento di più vertebre. Una scoliosi non fa male quando tutto si muove abbastanza bene, mentre se c’è un blocco nell’escursione articolare c’è dolore. Per verificare la NSR si fanno dei test dinamici. Vedere l’atteggiamento generale, il bilanciamento, l’appoggio. Osservazione della DINAMICA della colonna Poi mettiamo la colonna in movimento e tramite il movimento andiamo a vedere che tipo di disfunzione potrebbe essere. Inclinazione laterale Si chiede al Pz di fare una inclinaz laterale prima a dx e poi a sin. Si osserva se c’è un lato in cui inclina meglio, se c’è una limitazione. C’è differenza? Vedere l’armonia della curva della colonna. Flessione Prima la testa, si osserva se ci sono gibbi o se la flessione è falsata, ossia se avviene con le anche mentre la colonna rimane rigida. Spesso il tratto più rigido corrisponde a quello più limitato nell’inclinazione e rotazione. Estensione Non è un movimento ampio. Rotazione L’Osteopata tiene il bacino del Pz e gli chiede di ruotare la colonna. Se troviamo una rotazione da un lato limitata e una inclinazione limitata dal lato opposto allora abbiamo i parametri per una NSR. Hip Drop Test o Test di caduta dell’anca Dà conferma o meno di una NSR. Si chiede al Pz di rilasciare il ginocchio di una gamba e si osserva come si adatta la colonna lombare. Se c’è una zona rigida e il Pz in quella zona ha male, lì c’è una limitazione al movimento. A fine trattamento quando si ripete l’osservazione la situazione del Pz deve essere cambiata. Es. di Hip Drop Test a sin Cade l’anca sin (flessione ginocchio sin), il sacro si posiziona in inclinazione (sin), e devo avere un controbilan27

ciamento della colonna lombare che mi va a contrastare questa inclinazione del sacro. Vediamo come va la curva della colonna. Posso avere che da una parte gira di più (quando è in caduta l’anca a dx), mentre dall’altra (quando è in caduta l’anca a sin) rimane dritta. Quindi in questo caso c’è un’ inclinazione a dx e rotazione a sin. Nell’altro lato la Pz rimane dritta, non c’è possibilità. La facilità nel farlo sarà anche diversa nel rilasciare l’una o l’altra gamba. Perché avendo già quell’atteggiamento della colonna, il suo bacino è già ruotato a sin, quindi avrà facilità nella caduta dell’anca dx (flessione ginocchio dx). Quindi: blocco a livello lombare probabilmente in NSR, che dovrà trovare conferma nel test di palpazione e mobilità, e test Pelvic Roll, da fare sempre. 1. Hip drop test L’Osteopata valuta il comportamento della colonna lombare e il lato da cui è più facile fare il movimento (potrebbe essere perché per es. da quel lato c’è una rotazione di bacino). In questo ragazzo è più facile e più ampio il movimento a sin che a dx, quindi ha una NSRsin (Side a dx e Rotaz a sin secondo la I Legge di Fryette).

S dx R sin

dx_difficile

sin_facile

2. Pelvic roll (= test fasciale) Pz supino. L’Osteopata valuta la qualità della R della colonna lombare. Prende contatto con le SIAS, esercita una spinta unilaterale e perpendicolare a ciascuna di esse, fino a raggiungere la mobilità articolare (il lettino deve essere basso).

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3. Palpazione_Pz prono È utile per sentire le spinose e gli spazi tra di esse. È importante per sentire se la disfunzione riguarda 1 gruppo di vertebre o 1 vertebra sola. Si muovono le dita in sù e in giù per sentire se ci sono delle spinose fuori asse. Fierro riscontra in questo ragazzo una disfunzione di L5 in FRSsin e poi una seconda disfunzione che riguarda un gruppo di vertebre sopra L5. Fierro decide di trattare prima di tutto L5 e in un secondo momento il gruppo di vertebre. Sente che la spinosa di L5 è a dx e questo significa che la vertebra è ruotata a sin, inoltre sente che lo spazio INFdi L5 è molto ampio e questo significa che è in F. Correzione di L5 in FRSsin Si mette il Pz dal lato della rotazione, quindi a sin e si flette il braccio per dare stabilità al Pz.

Si flette la leva INF

L’Osteopata, con la gamba del Pz tra le ginocchia, cerca la giusta posizione della leva inf

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Poi posiziona la leva sup ruotando il braccio del Pz in avanti (e non verso l’alto).

Si fanno intrecciare le braccia del Pz

L’Osteopata ruota il Pz verso di sé avvicinandoselo

...e inclina ulteriormente la zona d’interesse con la mano caudale

Chiede al Pz di inspirare, poi di espirare e alla fine dell’ESpiraz fa il thrust

Anno 2 sem 1 Di Branco In una disfunzione di NSR, un gruppo di vertebre (almeno 3) si trova in neutralità e i corpi vertebrali saranno inclinati (S) da un lato e ruotati (R) dal lato opposto. TEST

Hip drop test o test di caduta dell’anca

Il Pz è in piedi Ci permette di individuare il lato da cui la colonna lombare si inclina con più facilità. Questo è un test che si fa nella prima fase della visita, dopo un esame visivo. Il Pz è in piedi di spalle. Gli si chiede di piegare un ginocchio in modo che l’emibacino cada dallo stesso lato e la colonna di conseguenza si inclini dall’altro. Si fa la stessa cosa dall’altro lato e si vede dove la colonna ha 30

maggiore facilità. In questo modo si amplifica ancor di più (se c’è una disfunzione) l’impossibilità della colonna a fare rotazione e inclinazione. Appena il ginocchio si piega, sulla colonna si forma una curva, se volete una porzione di scoliosi lombare, più o meno ampia. Si nota inoltre se nella scoliosi (1° Legge di Fryette > NSR) c’è una vertebra fuori schema (ossia in 2° Legge di Fryette > FRS o ERS). Se trovo una vertebra in ESR o FSR dovrò prima di tutto ridurla, per riportare la situazione in NSR, ossia ottenere una scoliosi funzionale, una colonna che si muove bene. Pz di profilo Verifico l’atteggiamento del collo oppure se ha la pancia, se c’è un gonfiore addominale o una pancetta che scende verso il basso. La rigidità spesso è dovuta anche al Diaframma (pilastri D12 L1 L2). Oppure può essere una rigidità da contrattura dello Psoas (atteggiamento seduto sull’osso sacro). In tal caso mancherebbe anche la curva lombare o addirittura ci sarebbe un’ inversione della curva dorso-lombare, L3 L2 L1 con apofisi spinose più esposte. Risultati del test 1. Se ho una curva chiusa, ho una plica abbastanza importante e abbastanza stretta, questo significa che ci sono delle strutture, davanti alla colonna lombare, che (dal punto di vista muscolare) sono responsabili di questa tensione. Di solito si tratta del m. psoas accompagnato anche dai pilastri del diaframma, dal m. quadrato dei lombi, etc. Si potrebbe dire che con questo test si forma una curva lombare che è come una porzione di scoliosi lombare.

2. Se la curva è abbastanza omogenea (1) e non vedo delle interruzioni, so che la curva

plica SAC

RO

si adatta secondo una legge di tipo 1 = NSR (le vertebre sono in appoggio solo sul disco e sono libere di muoversi in tutte le direzioni). In presenza di un adattamento di tipo 1(ved. foto) ho la seguente situazione: N = vertebra in neutralità e in appoggio sul disco S = side banding, inclinazione (in questo caso a sin) R = rotazione controlaterale (in questo caso a dx). Quindi, l’hip-drop test ci dice: a) se la colonna sta in NSR b) se c’è una NSR più importante da un lato rispetto all’altro. Visto che parliamo di NSR, quindi di condizionamento vertebrale a distanza, probabilmente la responsabilità di questo aumento della curva (da un lato o dall’altro) sarà di tipo muscolare o meglio muscolo-fasciale (quindi si tratta di adattamenti di tipo osteopatico). Muscolare = muscolo-fasciale = Fasciale= viscerale

3. Se nella situazione 2) compaiono delle baionette (2a) o dei raddrizzamenti (2b) nella

1

NSR, significa che quella vertebra (rappresentata dalla baionetta) o quel gruppo di vertebre (rappresentata dal raddrizz) non può ruotare a dx (es NSRdx) perché è rimasto ingaggiato a sin, quindi ho delle disfunzioni di tipo 2 GENERICHE. In tal caso se sono nella situazione 3) appena descritta, a seguire faccio il test del pelvic roll e poi gli altri test della colonna (per es. sfinge/dorso curvo, palpazione....) per aumentare gli elementi della mia valutazione. 31

NSR

1

baionetta

2a

raddrizzamento

2b

rigidità

3

vertice più alto = baionetta alta

4a

vertice più basso = baionetta bassa 4b

Se c’è, tra la dx e la sin, un lato più rigido (3) significa che su quel lato gli elementi muscolo-fasciali creano delle tensioni e quindi non compare una NSR (come al punto 1).

4. Se trovo delle baionetta o dei rad-

drizzamenti (4a, 4b) sul lato rigido significa che tutte le vertebre ruotano bene a dx tranne la faccetta articolare di una vertebra, che è bloccata in F o E (FRS o ERS > 2° Legge di Fryette). In tal caso dall’altro lato avrò una NSR un pò rigida e una o più baionette.

Per arrivare a queste considerazioni si deve fare il test di mobilità da entrambi i lati.

Nel caso di una spondilolistesi si avrà una zona in disfunzione abbastanza netta e bilaterale tra L5 e S1. Ricapitolando: controllare se la curva è omogenea, se non è omogenea fare il test di mobilità. Questo test sarebbe meglio farlo in penombra, perché così abbiamo più l’informazione dell’ombra articolare, di quello che succede sotto il tessuto. Questo test lo facciamo da D11-D12 al sacro, perché sopra ci sarà un compenso dorsale.

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Hip Drop Test (classe 2A) L’ HIP DROP TEST, anche chiamato TEST DI CADUTA DELL’ANCA, viene utilizzato per definire un’eventuale disfunzione in NSR della colonna lombare. Il Pz è in piedi, con i piedi allargati alla distanza delle teste femorali, in appoggio bipodalico; gli si chiede di flettere un ginocchio e lasciar cadere il bacino dello stesso lato, sostenendo il peso del corpo sull’altra gamba in appoggio, mantenendo la posizione eretta. Quello che l’Osteopata va a valutare è la capacità dei tessuti della colonna, di adattarsi quando si fa “cadere” il bacino da un appoggio bilaterale a unilaterale. È una situazione in cui si evidenziano delle informazioni che l’Osteopata deve interpreplica tare, ovvero: - l’altezza/spessore della plica cutanea, del lato della concavità (quella controlaterale SAC RO alla gamba che cade). Il test è comparativo per cui la valutazione sarà fatta rispetto al controlaterale, tenendo conto che molto spesso non c’è una simmetria del corpo tra i due lati. - l’ampiezza della curva lombare che si crea, spesso la curva è molto importante da un lato e più verticale dall’altro. Al centro si può notare una curva (ideale) della colonna, una NSR, ovvero una curva che segue la 1° legge di Fryette, si tratta infatti del gruppo di vertebre che costituiscono la colonna lombare.  questo test ci dà un’ idea di quanto la colonna è facilitata ad incurvarsi da un lato piuttosto che dall’altro. Le STRUTTURE che a livello lombare mantengono e guidano questa condizione sono fondamentalmente tre: 1) il m. QUADRATO DEI LOMBI 2) il m. PSOAS 3) i pilastri del DIAFRAMMA Queste rendono rigida o elastica la colonna, reagendo agli spostamenti meccanici e alle variazioni metaboliche del visceri. Non a caso partono quasi tutte da L4 e meno da L5. In una condizione di rigidità delle strutture a monte, è a questo livello che le trazioni logorano i tessuti, infatti la maggior parte delle ernie lombari, si manifestano tra L4-L5 e L5-S1. L’hip drop test indica, sul lato che risulta positivo al test, che le strutture muscolo elastiche che si trovano su quel lato e che governano la fisiologia della colonna lombare, sono più tese lì rispetto all’altro lato. Vuol dire che dal lato della positività si inclina maggiormente, perché c’è una maggiore tensione laterale sul mm quadrato dei lombi e anteriore sul mm psoas e il diaframma. Da questo è facile immaginare che un test dei mm psoas potrebbe essere confrontato con l’hip drop test. Infatti uno psoas teso da un lato è spesso supportato dalla positività dell’hip drop dallo stesso lato. Questo vorrebbe dire che è certa la presenza di un accorciamento importante, anche se non se ne conosce ancora la causa. LE POSSIBILITÀ CHE POSSONO RISULTARE DALL’HIP DROP TEST, sono quelle di trovare: - una curva armonica, - una curva che si presenta spezzata o frammentata. Nel secondo caso, l’interpretazione che ne segue è che nel punto in cui la curva è interrotta ci sia: 1) una o più vertebre, che non possono fare la rotazione nel senso dell’NSR richiesta; si avrà quindi una BAIONETTA. Queste vertebre necessitano di essere testate ed eventualmente trattate, perché c’è sotto una disfunzione indotta dal movimento dell’Osteopata.  fatto il test sulla vertebra, si fa ripetere l’hip drop al Pz; qualcosa dovrebbe essere cambiato, un pò come succede per il PELVIC ROLL, test con cui si induce un movimento tale che dia la possibilità di valutare ciò che avviene a livello lombare. 2) Un VERTICE, che può essere presente in qualunque punto della curva. Questo vuol dire che, all’interno di una NSR (provocata in questo caso dall’hip drop test) 1 vertebra fa una rotazione maggiore in quel senso, perché è bloccata in quel movimento e quindi si sposta maggiormente creando il vertice. In questo caso, se si chiede al Pz un hip drop dal lato opposto, si noterà che allo stesso livello del vertice, si forma una baionetta, e questo perché la vertebra che da un lato ruota maggiormente creando un vertice, nella rotazione opposta non può andare, perché è bloccata, e farà una baionetta. 33

Ci sono sempre delle “OMBRE” che si possono notare all’osservazione, perché non esiste una colonna in grado di fare una NSR perfetta, ed è difficile quindi trovare delle curve perfettamente armoniche, ma si trovano appunto delle ombre che devono suscitare la curiosità dell’Osteopata nella sua interpretazione. È importante osservare il Pz da lontano, e non soffermarsi troppo sulle sottigliezze, ma dare importanza alle ombre e contestualizzare il Pz nella sua globalità. Le informazioni che riceviamo da questo test, sono di due tipi: 1) MUSCOLARE ( = viscerale )  che sono quelle che arrivano dall’interno della colonna, le modificazioni tessutali. 2)  ARTICOLARE che sono quelle contenute nel movimento in cui si trova la baionetta, ovvero l’avviso che quella zona, quella vertebra, va testata.

Pelvic Roll_Test fasciale generico

È un test fasciale per valutare la resistenza fasciale meccanica del tessuto intorno alle vertebre lombari e al bacino, quindi: tutta la fascia iliaca, lo psoas, gran parte della resistenza sulla zona lombare indotta dai pilastri del diaframma, etc...Alla palpazione potrebbe sembrare come una resistenza dell’osso iliaco. Pz supino. Lettino basso perché così l’Osteopata può tenere le braccia perpendicolari al bacino del Pz. Non bisogna forzare troppo perpendicolarmente né soprattutto contemporaneamente (come nella foto) perché altrimenti si riceve un resistenza pari all’apertura e chiusura del bacino, come in un test di out-flare.

è ERRATO fare il test sui due lati contemporan.

Rotazione dx mano dx dietro SIPS sin mano sin davanti SIAS dx

SIAS dx SIPS sin Rotazione sin mano sin dietro SIPS dx mano dx davanti SIAS sin

SIPS dx SIAS sin

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La cosa migliore è prendere un appoggio dietro alla SIPS e uno davanti alla SIAS per vedere come ruota il bacino. Si decoapta leggermente e si spinge, per sentire come il bacino globalmente si comporta rispetto alle resistenze elastiche.

Il pelvic roll ci dice se c’è un bacino più resistente in avanti e uno che cede meglio indietro e quindi ci dà un’informazione sulla POSTURA dell’individuo, ma non è utile per denominare esattamente il tipo di disfunzione del Pz.

Pelvic roll (modificato)_Test per la pseudorotazione del bacino

Test specifico per il bacino, per scoprire una PSEUDOrotazione del bacino*, ossia se un emibacino guarda più da una parte piuttosto che dall’altra. Basta inclinare leggermente l’avambraccio nella direzione fisiolog- CORTO B ica del corto braccio

o del lungo braccio, LUNGO B per percepire una disfunzione sulla sacro iliaca dx o sin.

(qui l’iliaco è in direzione del CORTO braccio della sacro iliaca di sin)

(qui l’iliaco è in direzione del LUNGO braccio della sacro iliaca di sin)

La differenza tra un Pelvic Roll e un generico test fasciale o non sul bacino è che nel Pelvic Roll vado a far scorrere, per es. nel caso di una mia spinta sul corto braccio sin, l’iliaco sin sul corto braccio della sacro iliaca sin; mentre se sposto la mia spinta nella direzione del lungo braccio, faccio scorrere l’iliaco sul lungo braccio della sacro iliaca sin. Da non confondere la Pseudorotazione con la Rotazione del bacino che è un adattamento che coinvolge le faccette articolari dell’articolaz sacro-iliaca e che ha come sua conseguenza un iliaco ant da un lato e un iliaco post dall’altro. Globalmente il bacino guarda a dx o a sin. *pseudorotazione del bacino = un adattamento del bacino per motivi muscolo-fasciali, principalmente a carico del m. psoas INNERVAZIONE PSOAS (radici ant di L2 L3)

ORIGINE INSERZIONE A. apofisi trasverse di tutte le A. piccolo trocantere vertebre lombari B. facce laterali dei corpi vertebrali da D12 a L5 + superfici ventrali dei dischi intervertebrali

ILIACO A. i 2/3 sup della fossa iliaca A. superficie lat del tendine (n. femorale, L2 L3) B. labbro int della cresta iliaca dello psoas C. base del sacro B. porzione del corpo del femore distale al piccolo trocantere FUNZIONI catena cinetica aperta: F, Add, RE del femore

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catena cinetica chiusa: inclinaz omolaterale del tronco e rotazione controlaterale, RI del femore ed un’azione di richiamo verso l’alto del femore sull’acetabolo.

Lo psoas si accorcia per problemi metabolici-viscerali (per es. stitichezza...) La retrazione del m. psoas ha un’azione di richiamo del femore verso l’alto, ossia in direzione dell’acetabolo ed è perciò causa di: - adattamenti del sacro (che vedremo più avanti) - accorciamento dell’AI (= arto inf ) Il Pz supino si presenta con un AI virtualmente più corto e una limitazione alla RI, ossia un’anca in RE (da supino, vale a dire in catena cinetica aperta, lo psoas è un RE di femore). Il corpo muscolare si presenta teso alla palpazione sia nella fossa iliaca che a livello del tendine sulle vertebre. L’iliaco, dal lato dello psoas teso, è indietreggiato. Siamo così in presenza di una pseudorotazione del bacino. Con il test pelvic roll trovo una SIAS un po’ più posteriore, sento che da un lato il bacino ruota più facilmente che dall’altro. Inoltre troverò un’anca in RE, un arto virtualmente più corto, una cresta iliaca più alta.

Riduzione di una pseudorotazione del bacino

La sequenza delle manovre: 1) si toglie la causa della pseudorotazione (per es. un problema del colon o un’invaginazione ileo-cecale o un problema degli ureteri o un’intossicazione....) 2) in presenza di una disfunzione dorsale a livello di D12 D11, si fa una riduzione con delle tecniche dirette o muscolari (TEM) 3) si allunga lo psoas (ved. varie tecniche anno 1) 4) si fa la tecnica di Jackson

g

La pseudorotazione si denomina dal lato dell’accorciamento, quindi

g

Pseudorotazione di bacino dx psoas dx accorciato

1. il bacino guarda a dx 2. emibacino dx risalito e indietreggiato

Lo psoas è un muscolo che garantisce una disfunzione di tipo NSR. Ipotesi di una sequenza di trattamento Pz supino 1) faccio il pelvic roll 2) palpo lo psoas (flettendo la gamba del Pz - foto sopra) e sento che è spesso, sia il ventre che i tendini in direzione delle vertebre. Posso fare tutta una serie di test per lo psoas (già visti anno 1) 3) tratto la causa (per es un problema al colon) 4) vedo com’è la zona dorsale bassa e la tratto se c’è una disfunzione 36

5) rifaccio tutti i test da 1) a 4) e se sento che è sufficiente mi fermo 6) se invece sento ancora una facilitazione dei tessuti (e quindi una pseudorotazione) finisco la sequenza con la tecnica di Jackson

Tecnica di Jackson

Ipotizziamo un accorciamento a dx, quindi un’ inclinazione a dx e un iliaco più alto a dx, che si manifesta in statica eretta. 1) L’osteopata fa una contro inclinazione a sin prendendo e sollevando leggermente i piedi del Pz e spostando gli arti verso sin

Dopo aver visto che va bene indietro a dx mentre a sin c’è������������������������������������������������ ��������������������������������������������������� una resistenza, abbiamo ipotizzato un accorciamento a dx; questo significa che dalla parte dove non c’è l’accorciamento del muscolo (a sin) c’è una tendenza all’anteriorizzazione (l’iliaco sin è più anteriore rispetto al dx). 2) L’Osteopata fa una piccola flessione dell’anca sin, sollevando l’arto e incrociandolo sull��������������������������� ’�������������������������� altro in modo da far indietreggiare l’iliaco.

Così facendo si perde un po’ di inclinazione, che bisogna recuperare. 3) Si recupera l’inclinazione verso sin, come al punto 1). L’inclinazione è importante perché senza non si riesce a fare la tecnica

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4) Si fa un’ulteriore inclinazione, o spostando il bacino del Pz a dx

o prendendolo dietro le spalle e spostandolo a sin.

5) Si fa una controrotazione delle vertebre appoggiando completamente l’avambraccio

e si prende un appoggio perpendicolare sulla SIAS

6) Si deruota e a termine espirazione si fa un thrust.

Disfunzioni di 2° tipo Test di mobilità:

1. Localizzazione a) osservazione: vado a cercare qualcosa che sia il più possibile rispondente all’informazione che chiedo; b) palpazione: ugualmente vado a palpare qualcosa non a caso. Ad es: vado a palpare le spinose che sono deviate. È un modo per localizzare il punto che mi interessa. Una volta che ho localizzato il livello, ciò significa che andrò a fare il test su quella vertebra. Ho localizzato L3, quindi farò il test di L3 rispetto alla sottostante (L4). Dico che è una disfunzione di 2° tipo perché non c’è un gruppo di vertebre. 2. Posizionamento L3 in RSsin. A questo ci arrivo valutando se c’è una maggiore rotazione a dx o sin. Possono esserci utili le 38

trasverse, nel caso specifico dovrebbero darmi la dx più avanti, la sin più indietro. Le trasverse di L3 le trovo leggermente più in alto, nella base della spinosa sovrastante. So che L3 è ruotata a sin, che la spinosa è deviata a dx. Quindi, posso già dire che L3 è RSsin. Essendo disfunzione di 2° tipo R = S. 3. Mobilizzazione Si deve basare su tutto quello che ho fatto, quindi può essere una ERSsin, FRSsin, bilaterale asimmetrica. Paziente prono, posiziono le dita sulla spinosa di L3 e L4, chiedo al Pz di inspirare e espirare. Durante l’inspirazione (F) si riallinea, durante l’espirazione (E) ritorna in rotazione sin. Se si riallinea in uno dei due movimenti posso escludere una bilaterale. Si riallinea in F = cioè che entrambe le faccette insieme possono fare la F, è libera dai due lati. Mentre nell’estensione compare una rotazione sin, significa che una faccetta non può fare l’E. La maggiore ampiezza l’abbiamo in F. 4. Denominazione L3_FRSsin

La disfunzione è anteriore dx, è bloccata in divergenza. Com’ è posizionata la vertebra? In FRSsin. Se invece ci troviamo difronte a una ERSsin, nel test troverò che durante l’E si riallinea, durante la F va fuori. La vertebra di sin stava indietro, nel momento in cui faccio una E viene raggiunta dall’altra. Se invece non si riallinea né in E, né in F, abbiamo un bilaterale asimmetrica. Disfunzione L3 in FRSsIn_Tecnica ad energia muscolare. L3 è anteriore dx e ruotata a sin. Lo metto sul fianco sin per deruotare e faccio la chiusura in chiave (punti di repere L3, L4). Chiudo la leva inferiore, chiudo la leva superiore. Lo porto un pò in E, perché c’è una disfunzione in F. Posiziono il braccio craniale sulla spalla del Pz, il braccio caudale sull’anca del Pz, con le dita tengo sempre i punti di repere L3 e L4. Tecnica ad energia muscolare con la leva superiore o inferiore. Faccio inspirare il Pz, in apnea chiedo di spingere contro il mio gomito, faccio espirare, aspetto 3 secondi e guadagno. Se lavoro con la leva inferiore, chiedo di spingere il gluteo contro il mio braccio caudale, sempre nella fase di apnea. Posso farlo anche a coppia, chiedendo di spingere sia con la spalla che con il gluteo. Quante volte si fa con la leva superiore e con la leva inferiore? Se la disfunzione è più alta (tipo L1) faccio spingere più con la leva superiore, perché la disfunzione è alta! Questo teoricamente. Con la disfunzione L3-L4, devo cercare di rimanere su L3-L4, ed è proprio questo che mi fa decidere se spingere sulla leva superiore o inferiore. Se mentre sto guadagnando con la leva superiore, sento che L4 gira, mi fermo e lavoro sulla leva inferiore. Nella tecnica ad energia muscolare quello che mi fa decidere quante volte spingere con la leva superiore e con quella inferiore o con tutte e due, dipende unicamente dal fatto che devo stare concentrato sul livello.

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Aggiungere un parametro di inclinazione In questa disfunzione (FRSsin) la vertebra è inclinata a sin, quindi devo inclinarla a dx. Mi aiuto con la leva inferiore, faccio la controinclinazione sollevando gli arti inf e poi riappoggiando gli arti sul lettino, così ho ottenuto un pò d’inclinazione a dx. Così quando vado a fare la chiusura oltre a fare una rotazione a dx farò pure una inclinazione a dx. Perché è interessante il parametro di inclinazione rispetto a quello di R a livello lombare? Perché a livello lombare le faccette articolari si trovano su un piano para-sagittale; quindi, significa che l’inclinazione rispetto alla R è un parametro più libero. In R il rachide lombare si incastra, in inclinazione si incastra meno; quindi, l’inclinazione è un parametro più importante, perché l’inclinazione laterale di ogni segmento lombare è di 4-5°, la R di 1-2°, quindi posso agire di più sul parametro di inclinazione laterale sia in una tecnica ad energia muscolare, sia in una tecnica diretta.

side + R LINEE GUIDA PER FARE UN BUON TEST DI MOBILITA’ (classe 2A) Per la definizione del test si valutano: (disfunzioni di II grado) 1) LOCALIZZAZIONE È il punto dove si deve fare il test, è necessario localizzare la zona esatta, perché è in quel punto preciso che deve passare la manovra. La localizzazione si ottiene attraverso: - osservazione (test in piedi ecc.) - palpazione (test di pressione ecc.) Il test può essere fatto su un gruppo di vertebre o su una singola vertebra. È importante la localizzazione per poter andare oltre nella definizione del test. Se non si è certi della zona da trattare è inutile proseguire. 2) POSIZIONAMENTO Si tratta di definire la posizione della vertebra, in questo caso si tratta di definirne la posizione STATICA, ovvero come si trova la vertebra rispetto alla sottostante. Per trovare la vertebra da trattare di fa ricorso alla conoscenza dei punti di repere: - SPINOSE  si capisce come è posizionata la vertebra: 40

a) se la spinosa è deviata = orientamento asimmetrico b) valutazione degli spazi = orientamento simmetrico - PROCESSI TRASVERSI  si trovano lateralmente alla spinosa e più in alto, circa all’altezza della base della vertebra sovrastante; la valutazione delle trasverse dà una conferma alla precedente valutazione della spinosa. 3) MOBILITA’ Si tratta del vero e proprio test di mobilità, che si esegue in due modi, secondo l’esperienza dell’Osteopata: a) con il contributo respiratorio b) inducendo una flessione o estensione della colonna (e quindi della vertebra). Una piccola azione dinamica la si può ottenere spingendo la spinosa nel senso delle rotazioni, per confermare qualitativamente che va in un senso piuttosto che nell’altro. Con il contributo respiratorio, il test è contemporaneamente sia qualitativo che quantitativo. Durante l’INsp la INsp = F lombare vertebra fa una F (e si ricentra).

Esp = E lombare

Durante l’Esp la vertebra fa un’E (e ruota maggiormente)

4) DENOMINAZIONE La denominazione della disfunzione è la vera finalità del test. Es. Se c’è una R dx i casi possibili sono: - FRSdx  quindi ant sin - ERSdx  quindi post dx - Bilaterale asimmetrica,  quindi ant sin + post dx Longobardi Facciamo un training su tutte le tecniche dirette, inserendo però anche il parametro di inclinazione laterale, che è un parametro particolarmente importante a livello lombare, per la direzione delle faccette articolari. In particolare per le tecniche dirette, abbiamo notato che in alcuni casi vengono applicate con qualche difficoltà, ossia: Pz infastidito per il dolore, Pz robusto difficile da gestire, Pz rigido che non si rilassa (in quest’ultimo caso risulta più difficoltoso andare ad eseguire la tecnica diretta perché quindi il movimento sarà più limitato)….. La componente che blocca di più il movimento a livello lombare è sicuramente la componente di rotazione, che su questo tipo di Pz risulta essere la componente più fastidiosa. È una componente che irrigidisce ancora di più la colonna della persona e quindi abbiamo una maggiore difficoltà sia per trovare il livello che per trovare il passaggio per la tecnica. Su queste persone dobbiamo partire dal presupposto che la rotazione è la componente che maggiormente blocca il segmento, quindi di conseguenza nelle persone particolarmente lasse è una componente che possiamo utilizzare in maniera più disinvolta. La rotazione è una componente che potrebbe non essere indicata ad es nei problemi discali (che sono di vario tipo: ernia discale, protrusione ecc). Il disco intervertebrale è anche un legamento, orientato orizzontalmente, e ha delle fibre oblique nei due sensi e delle fibre longitudinali e quindi nel momento in cui noi andiamo a torcere, a ruotare in maniera opposta i due piatti vertebrali su cui è inserito il disco, si esercita un effetto di 41

compressione sul disco stesso. Quindi la rotazione è la componente che oltre a dare maggiore rigidità al Pz, stressa di più il disco. Perciò nelle persone in cui non vogliamo essere aggressivi sul disco dobbiamo cercare di non abusare della componente di rotazione. Un altro elemento che ci può portare verso la componente di inclinazione laterale è che su alcuni soggetti la componente di rotazione è una componente nella quale è vero che noi otteniamo una maggiore messa in tensione, ma è pur vero che quando è troppa la rotazione delle volte perdiamo un pò il contatto col Pz (va troppo fuori dal lettino), quindi aggiungere una componente di inclinazione ci aiuta a recuperare il posizionamento del Pz e quindi il livello su cui agire con la tecnica. I problemi discali come detto prima sono di vario tipo e in base a ciascuno vedremo in seguito particolari accorgimenti per effettuare comunque la tecnica. In caso di listesi (scivolamenti vertebrali) si ha un problema organico non funzionale, di ipermobilità, quindi nelle persone che presentano questi problemi bisogna vedere di che grado è la listesi (ci sono tre gradi di listesi) e se il Pz ha delle problematiche di tipo neurologico. In caso di Pz che manifestano un deficit motorio chiediamo la consulenza al medico di famiglia che eventualmente lo manda dallo specialista. Se abbiamo una listesi vecchia da anni che il Pz ormai sa di avere e ha mal di schiena, si può lavorare cercando di modificare un pò l’assetto posturale, cercando di lavorare a monte o a valle; se per es sulla listesi c’è un gruppo di vertebre in F, possiamo lavorare sulla vertebra apicale di questo gruppo per cercare di controbilanciare un pò ma sappiamo benissimo che sono Pz che devono curare anche altri aspetti, come un buon tono dei muscoli addominali, non prendere pesi ecc Pratica Posizioniamo il Pz. Nel lettino dovremmo avere un qualche tessuto in modo che non vi sia attrito tra la pelle del Pz e il lettino. Immaginiamo una L3 in ERSdx. Posizioniamo il Pz sul lato dx (lato della rotazione). Posiziono il Pz vicino al bordo del lettino e ne controllo equilibrio ed allineamento. Ricerco le vertebre su cui devo lavorare, ossia L3 ed L4. Vado a chiudere la leva inferiore fino a quando sento che ingaggio L4 e non L3. Posso mettere un cuscino sotto la testa del Pz. Vado a chiudere la leva superiore fino a quando si ingaggia L3 e non oltre (dò anche un parametro di F visto che ho una disfunzione in E). Essendo un tipo robusto mi aspetto una colonna non ipermobile, quindi faccio una rotazione che non sia esageratamente importante perché essendo i parametri inversamente proporzionali, se metto tutta rotazione poi non avrò più inclinazione, e stessa cosa per la flessoestensione; quindi a maggior ragione metterò una piccola componente di F ma non esagero perche andrò a guadagnarla sull’inclinazione. Una volta chiuso in chiave il Pz starò attento a posizionarne il capo in linea con lo sterno. Ora vado ad inclinare leggermente il bacino tirando la parte che sta sul lettino verso il basso del Pz e vado poi a ricontrollare il livello L3-L4. Mi posiziono bene sopra sul Pz col mio corpo, con le dita sempre su L3-L4 e vado a sentire come va la componente di inclinazione. L’avambraccio craniale poggia sul torace, mentre l’avambraccio caudale è sul bacino: andare a sentire la componente di inclinazione significa dare una leggera “spinta” verso l’alto del Pz con l’avambraccio caudale per quanto riguarda la leva inferiore e una spinta verso il basso con avambraccio craniale per quanto riguarda la leva superiore (sarà una compressione in finale). Chiaramente è molto più efficace il lavoro fatto sulla leva inferiore perché sul torace posso spingere fino a un certo punto. Chiaramente la componente di inclinazione in questo caso mi dà quasi sempre la preferenza di essere attivo nel thrust soprattutto sulla leva inferiore; sulla leva superiore vado a fare un contrappoggio, eventualmente una piccola coppia, ma poco. Quindi la componente di inclinazione è meno facile da mettere sulla leva superiore perché sto sul torace.

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Vado quindi nella direzione della inclinazione sin; sto ruotando a sin e sto inclinando a sin quindi è chiaro che con l’avambraccio craniale non vado a spingere verso l’alto del Pz ma verso il basso. Quindi faccio respirare il Pz e durante l’Esp recupero avvicinando e deruotando. Se mi accorgo che sono troppo alto posso recuperare il movimento aumentando leggermente la chiusura superiore.... a fine Esp darò il thrust come già detto con l’avambraccio caudale; quindi dò una componente in inclinazione ma senza perdere la rotazione, di fatto è leggermente in obliquo. (l’impulso nel thrust è verso l’inclinazione laterale). L’immagine accanto indica la direzione in cui vado, ma andando in questa direzione si incrementa quindi anche la componente di rotazione. Quindi è importante gestire il Pz con tutto il corpo e calibrare bene i parametri. Il braccio craniale gioca sui parametri e si può utilizzare nel thrust anche se più che altro sarà utile per fare un punto fisso durante il thrust e per centrare bene l’impulso e giocare su leve e parametri. Il thrust non è un’azione del solo braccio ma bisogna utilizzare tutto il corpo. È una tecnica nella quale voglio utilizzare molto il parametro di inclinazione laterale. Quindi in una ERS io so che sotto (sotto verso il lettino nella posizione delle foto) ho una convergenza, quindi facendo l’inclinazione laterale io sto mandando in divergenza le faccette articolari (mi interessa molto l’azione di alto-basso con le braccia e mani per far divergere le faccette che sono in convergenza). Se sentiamo che il parametro di inclinazione va bene allora ci dirigiamo verso la tecnica altrimenti correggiamo il bacino come visto prima per poi ricontrollare che il livello sia giusto; quindi potremmo favorire l’inclinazione già dall’inizio. Disfunzione L5 FRS dx (in disfunzione anteriore sin; divergenza in alto a sin) Pz sul fianco dx perché devo deruotare verso sin. Osservare spalle e bacino (linea che unisce le SIPS) che devono essere perpendicolari al lettino. In caso di evidente lordosi cerco di appianare un pochino. Se ho difficoltà a reperire le spinose posso flettere completamente anche e ginocchia del Pz (tenendo i piedi sul lettino), in questo modo le spinose sono più prominenti e quindi più facili da reperire: Una volta identificate riposiziono gli arti inferiori. Chiusura in chiave del Pz fino a sentire il movimento su S1: arrivo fino a L5 e poi ritorno leggermente indietro. Il parametro di inclinazione laterale può essere inserito prima della chiusura o anche dopo, anche se dopo la chiusura potremmo accorgerci che non sarà necessario perché sarà già a livello. Una volta chiuse le leve dò una componente di E visto che ho una disfunzione in F (il Pz porta la mano che sta verso il lettino alla nuca e spingiamo attraverso il gomito per mandare la colonna in E). Ora devo inserire il parametro di inclinazione laterale. Per fare ciò bisogna appoggiarci sul Pz e utilizzare lo spostamento del nostro corpo insieme al braccio, quindi non è un lavoro di gomito. Per il thrust utilizziamo maggiormente la leva inferiore perché per la componente di inclinazione è più efficace, ma per la costruzione della messa in tensione utilizzeremo tutte e due le leve. Dobbiamo avere la sensazione di arrivare sempre più verso la barriera articolare per poi dare il thrust. L5 bilaterale asimmetrica (anteriorità sin, posteriorità dx). Pz sul fianco dx (si posiziona dal lato della rotazione e in questo caso la vertebra è ruotata a dx). Chiudo la leva inferiore e poi la superiore. La differenza rispetto alla disfunzione precedente è che non aggiungo né parametri di F né di E quindi vado semplicemente a lavorare sulla componente di rotazione e di inclinazione. 43

Dobbiamo stare ben poggiati sul Pz col nostro corpo perchè con questo ci aiutiamo nelle tecniche. Faccio respirare il Pz e sento cosa accade. Nel caso in es sento che aumentando l’inclinazione il Pz va troppo in rotazione quindi sento che da L5 passo a L4 quindi lo devo deruotare; ho 2 possibilità: o controllo meglio la rotazione andando col mio corpo un pò verso il Pz oppure se mi accorgo che ho bisogno di stare un pò più fuori perché è troppo alto, posso recuperare o sulla rotazione (chiudo di più la leva superiore) o sulla inclinazione della leva superiore. Alla fine della messa in tensione thrust col mio corpo agendo tramite il braccio sulla leva inferiore. Più la persona è elastica più ci vuole messa in tensione e più è maggiore il valore dei parametri da aggiungere.

NSR

Disfunzione che comprende almeno 3 vertebre che siano in appoggio solo sul disco, quindi in neutralità. Quando induciamo una inclinazione laterale (s= side banding= inclin laterale) essa è accompagnata da una rotazione dei corpi vertebrali dal lato opposto all’inclinazione. Nella NSR esistono dei vertici (alto, basso) e poi esiste un apice della curva che si caratterizza per avere solo un parametro di rotazione massima e nessuna inclinazione. Quindi, se io voglio agire per dar un’informazione correttiva (non tanto di una scoliosi ma di una disfunzione che possa correggersi di tipo N), dovrò tenere conto dei parametri della NSR a livello lombare e invertire i parametri. Dobbiamo fare un trattamento muscolare su una situazione di tipo NSR a livello lombare, quindi usiamo una tecnica TEM. Troviamo la disfunzione, poi troviamo la barriera motrice nel senso della correzione e poi facciamo una contrazione dal lato della disfunzione.

Riduzione di una L3 apicale (NSR)_Tecnica TEM_ Pz decubito laterale

Posizioniamo il Pz sul lato sin, in modo da invertire i parametri di rotazione e inclinazione. Gli facciamo fare una contrazione dal lato della disfunzione, quindi sin. Tener presente che non è una disfunzione di tipo 2, quindi non è L3 che sta in disfunzione rispetto a L4, ma L3 che sta in mezzo a una zona superiore e una zona inferiore. Chiudiamo in chiave il Pz. Il Pz con il bacino farà una contrazione contro la mano caudale dell’Osteopata e con la spalla verso il braccio craniale dell’Osteopata. In una apnea INsp l’Osteopata chiede al Pz di spingere con la spalla (per es) contro il suo braccio, dopodich����������������������������������������������������������������� é STOP, il Pz smette di spingere e l’Osteopata ������������������������������ guadagna. �������� La stessa cosa si fa sul bacino: inspira, apnea e spingi con il bacino, stop e guadagno. Questo discorso spalla-bacino possiamo farlo sia in contemporanea oppure o spalla o bacino. Per ridurre la Riduzione di disfunzione una L3 apicale (NSR)_Tecnica l’Osteopata TEM_Pz seduto deve invertire L’Osteopata visuali parametri, izza la vertebra in per es. mettere disfunzione, per es. un’inclinazione una vertebra inclisin. nata a dx e ruotata a sin

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L’Osteopata contatta posteriorm la spinosa della vertebra in disfunzione.

In tempi successivi, con una presa sulle spalle del Pz l’Osteopata - corregger����������������� à i parametri disfunzionali di inclinazione e rotazione, ossia S sin R dx - chiederà al Pz una contrazione nel senso dell���� ’aggravamento (ossia inclin dx e rot verso sin) sempre attraverso la respirazione.

Riduzione di una L3 apicale (NSR)_Tecnica diretta con thrust_Pz decubito laterale

Il trust si fa sulla spinosa. Il Pz ����� è posizionato sul lato della rotazione (nel nostro es L3 ruotata a sin e inclinata a dx). La disfunzione NSR significa che la vertebra sta soltanto in appoggio sul disco, quindi galleggia nel senso opposto del comando che proviene dai legamenti longitudinali anterichiusura in chiave ore e posteriore, da tutte le fasce che stanno a quel livello e non ingaggia le faccette articolari. Mettendo il Pz sul lato sin, si crea una rotazione dx con inclinazione sin, quindi il corpo vertebrale guarda a dx e la spinosa va verso il lettino. L’Osteopata, dopo aver fatto la chiusura in chiave, deve fare un appoggio a livello della spinosa di L3. Deve mantenere una certa neutralità, per cui deve stare attento a non dare n������� é������ flessione né estensione. Si può prendere l’appoggio in due modi: - con i pollici: è più delicato è preciso - con l’eminenza tenar SI utilizza la respirazione: inspira-soffia e thrust.

appoggio con i pollici

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- appoggio con l’eminenza tenar/ipotenar

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Anno 2 sem 2 Longobardi Colonna lombare gnel caso delle NSR possiamo agire con delle tecniche dirette sulla vertebra apicale che è quella che ha la maggiore rotazione. Possiamo trattare una NSR lombare sia con una tecnica diretta che con una ad energia muscolare. Es: una NSRdx con rotazione massima in L3 a dx. Posso agire sulla rotazione di L3. Oppure posso fare una tecnica ad energia muscolare nella quale vado ad invertire i parametri della disfunzione.

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COLONNA DORSALE Le curve della colonna vertebrale vanno stabilizzandosi dalla nascita e nei primi mesi di vita per poi assestarsi in maniera visiva (l’apparizione delle 3 curve sul piano sagittale) avviene intorno all’età in cui il bambino si mette in posizione eretta. Quindi, nella vita fetale e nei primi mesi di vita il bambino sta in una posizione di colonna di cifosi unica. Successivamente alla nascita il bambino presenta una cifosi complessivamente sviluppata su tutta la colonna. Poi al 3°-4° mese, quando il bambino porta lo sguardo orizzontale, quindi porta la testa ad addrizzarsi sul collo e sulle spalle, compare la prima lordosi: la lordosi cervicale. Successivamente all’età dei 10-12-13 mesi si va a conformare la lordosi lombare, che è l’esigenza che ha il bipede per mettersi nella stazione eretta. Però permane la cifosi dorsale, che è la curva primaria, che compare nel primo momento di vita. Questa rappresenta una curva primaria dal punto di vista di apparizione, e anche perché è una curva che determina meno adattamenti rispetto alle altre 2. Infatti, le due lordosi sono 2 parti della curva vulnerabili, in cui si creano i maggiori sintomi, e sono le parti più adattative. A differenza della colonna dorsale con il torace, che è una struttura consolidata; a livello delle lordosi vi è una diminuzione della stabilità complessiva (la lordosi lombare che si trova tra bacino e torace, la lordosi cervicale tra il torace e il cranio), sono due strutture compatte dove in mezzo c’è una struttura adattativa. Questo determina anche una maggiore frequenza in queste due curve di problematiche artrosiche, instabilità. È difficile vedere una spondilolistesi in una vertebra dorsale, ma a livello cervicale e lombare si. A livello lombare si vedono anche delle instabilità vertebrali, cioè le faccette articolari delle vertebre presentano una regione a contatto che è cartilaginea, nei processi artrosici il rimaneggiamento interfaccettario può determinare una instabilità vertebrale. Le 3 curve sul piano sagittale sono fondamentali: 1) per la stazione eretta, 2) per il posizionamento della persona nello spazio, 3) per la resistenza della colonna. La presenza delle curve rende non solo la colonna più elastica, più ammortizzante, ma anche più resistente; infatti, una colonna con le curve poco accentuate rappresenta una colonna più rigida ma anche più fragile, (una legge della fisica dice che: la solidità di una struttura è esponenzialmente maggiore rispetto al numero delle curve). È importante che queste curve siano in armonia, non troppo accentuate e nemmeno poco accentuate. A livello del rachide dorsale c’è l’articolazione con le coste, per cui è indissolubile il movimento delle coste e delle vertebre. La mobilità del torace ci deve sempre portare a fare una relazione tra le strutture costali e

vertebrali. Il caso più classico è se avete il gibbo (cifosi con rotazione della colonna, con rotazione della gabbia toracica, con un gibbo posteriore e un adattamento anteriore del gibbo), questo è quello che complessivamente avviene in una scoliosi; per es: NSRdx abbiamo una rotazione dei corpi vertebrali a dx e una inclinazione della colonna a sx, quindi si dice che si ha una rotazione dei corpi vertebrali dal lato della convessità della curva, se girano i corpi vertebrali (quindi le trasverse) anche le coste girano. L’angolo costale inferiore e l’angolo costale posteriore, che sono le parti più prominenti delle coste, vanno a formare un gibbo posteriore dal lato della rotazione e un gibbo anteriore dal lato contro laterale. Teorie sullo stato del cranio. Ci sono delle forme del cranio che sono assimetriche, se pensiamo alla parte anteriore e posteriore del cranio come a 2 vertebre, se si vede l’evoluzione filogenetica della specie umana, nella formazione del cranio sembrerebbe l’evoluzione di due vertebre che si sono modificate in 2 blocchi, che per noi sono la sfera anteriore e la sfera posteriore e le rotazioni opposte di queste due sfere a livello del cranio sono di fatto una scoliosi, che è denominata una latero-flessione-rotazione, è una disfunzione della base del cranio che se la si osserva bene da l’idea di una scoliosi. Questo discorso per dire che se abbiamo una scoliosi non possiamo pensare che facendo una manovra sulla vertebra apicale la risolvo. Le scoliosi e le NSR più in generale, sono delle strutture che si mettono in adattamento rapido (per una sciatalgia si crea una NSR, ma una NSR antalgica). Vertebra TORACICA Vertebra toracica e differenze con la vertebra lombare processo spinoso

processi artic sup faccetta costale incisura vertebrale sup trasversaria faccetta costale sup corpo vertebrale processo spinoso

processo articolare inf

foro vertebrale

faccetta artic sup radice dell’arco vertebrale

faccetta costale inf

faccia lat della 6 vertebra dorsale processo mammillare

processo trasverso arco vertebrale faccetta costale trasversaria

corpo vertebrale faccia sup della 6 vertebra dorsale processo spinoso

processi articolare sup processo costiforme incisura vertebrale sup

processo accessorio

processo mammillare processo accessorio processo costiforme faccetta artic sup

incisura vertebrale inf processo spinoso faccetta articolare inf faccia lat dx della 3 vertebra dorsale

corpo vertebrale faccia sup della 3 vertebra dorsale

Sono 12 vertebre dorsali. Il corpo della vertebra toracica è più piccola, e soprattutto le proporzioni del corpo sono differenti.

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Il suo corpo è ovale, quello della lombare è sostanzialmente rotondeggiante e le proporzioni fra le varie dimensioni della vertebra sono abbastanza regolari, cioè che la profondità e l’altezza della vertebra sono complessivamente simili. Anche nel corpo della vertebra toracica individuiamo i due piatti vertebrali superiori e inferiori che sono bucherellati per permettere gli scambi con il disco intervertebrale che si trova sopra, la parte laterale del corpo che è formato da un osso di contatto che si chiama muro del corpo vertebrale. Un’altra differenza con la vertebra lombare sempre riguardo al corpo: la presenza delle faccette costali, la costa si articola con la vertebra in due zone: articolazione costo-vertebrale e costo-trasversaria, , che sono due articolazioni per lato per ogni costa; più che parlare di faccetta costale dobbiamo parlare di una emifaccetta, perché ogni costa si articola con 2 emifaccette: la emifaccetta della vertebra corrispondente e della vertebra soprastante. T1 si articola con k1 e k2. K1 ha o una faccetta unica su T1 o in alcuni casi C7 presenta delle emifaccette per K1. Quindi, K1 lo troviamo nella parte superiore del corpo di T1. K5 si articola con emifaccette superiori di T5 e emifaccette inferiori di T4 e trasversa di T5. K10 si articola con emifaccette superiori di T10 e emifaccette inferiori di T9 e trasversa di T10. T11 e T12 hanno un’unica faccetta costale per le loro coste. T12 presenta un’unica faccetta costale della parte mediana del corpo e non presenta l’articolazione trasversaria. Quindi K11 e K12 si articolano esclusivamente con T11 e T12 le quali presentano un’unica faccetta costale, poiché nella parte inferiore di K10 non c’è faccetta articolare e K11 e K12 si articolano esclusivamente con la vertebra corrispondente. Questo perché le coste basse devono avere una maggiore mobilità oltre che latero-laterale anche verso il basso, quindi devono essere più libere per espandere la parte inferiore della cupola del diaframma, e per rendere più ampio il movimento dell’inclinazione laterale e di flesso-estensione della colonna. Perché non essendo unite allo sterno quindi permettono maggiore elasticità in questa regione.

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Il corpo vertebrale viene seguito dai peduncoli che sono il legame tra la parte posteriore-superiore del corpo vertebrale e la parte dell’arco vertebrale. Il peduncolo insieme al peduncolo superiore della vertebra soprastante rappresenta la zona in cui si forma il forame di coniugazione della vertebra. Il forame di coniugazione è formato tetto dalla parte inferiore del peduncolo della vertebra soprastante, pavimento dalla parte superiore del peduncolo della vertebra sottostante, parte posteriore dai massicci articolari e dalla capsula dell’articolazione interafofisaria, parte anteriore del forame di coniugazione corpi vertebrali, disco intervertebrale. Ai peduncoli fanno seguito le strutture dell’arco posteriore, che sono: massiccio articolare che parte dall’articolare inferiore all’articolare superiore, è tutta la struttura centrale dell’arco che va dalla faccetta articolare superiore alla faccetta articolare inferiore. L’orientamento delle faccette articolari delle dorsali è su un piano para-frontale, mentre quelle lombari para-sagittale. Orientamento faccette superiori delle vertebre lombari: alto-dietro-dentro, quelle inferiori: basso-fuori-avanti, questo per impedire la listesi della vertebra che altrimenti scivolerebbe in avanti. Quando si verifica la listesi significa che questo rapporto si è alterato, le strutture posteriori non mantengono bene la vertebra e complessivamente un corpo vertebrale perdendo una parte del legame inferiore scivola in avanti, questa è una antero-listesi: la più frequente; questo a livello lombare e cervicale è più frequente, è meno frequente a livello dorsale che è quasi solamente traumatico. Le faccette articolari superiori sono orientate come le lombari sempre leggermente in alto-fuori-dietro, le faccette inferiori sono orientate in basso-avanti-dentro. Le trasverse sono abbastanza sviluppate in lateralità soprattutto per le vertebre toraciche medio-alte, intorno a T10-11-12 le trasverse sono meno sviluppate, sono più piccoline. A tutti i livelli tra T1-T10 presentano una faccetta per l’articolazione costo-trasversaria, mentre T11 e T12 non hanno faccette per le coste. L’orientamento delle faccette articolari appena descritte non è uguale per tutte le vertebre toraciche, infatti la 12° presenta delle faccette articolari inferiori uguali a quelle delle lombari cioè che guarda in basso-fuori-avanti. Quindi, la conformazione inferiore nonché la spinosa della 12° vertebra toracica assomiglia già a una vertebra lombare. Le trasverse si trovano nella parte alta della vertebra, più o meno in corrispondenza del piatto superiore della vertebra. L’arco posteriore si chiude tramite le lamine nella spinosa che a livello toracico ha una caratteristica di essere molto prominenti e molto inclinate in basso-dietro. Questo è molto importante per le vertebre dorsali perché rappresenta un punto di repere molto importante; questo determina per il conteggio delle vertebre un riferimento da tener sempre presente perché da T3 a T10 esiste un decapaggio per cui la spinosa della vertebra corrisponde in proiezione al corpo della vertebra sottostante. Ciò significa che se trovo una trasversa ruotata e devo decidere di quale vertebra si tratta, se: la trasversa si trova a livello della spinosa di T5, si tratta della trasversa di T6 (della vertebra sottostante). Se sono sulla spinosa di T6, lateralmente troverò le trasverse di T7. Importante sia per la denominazione della vertebra sia per il posizionamento che noi dovremmo adottare sia nel test che nella riduzione; perché se ho una posteriorità di T6 e spingo la trasversa che trovo a livello di T6, in realtà sto spingendo in avanti T7 quindi sto aumentando la disfunzion; quindi, devo sempre tener presente il decalaggio. Fino a T2 possiamo dire che grosso modo la spinosa si trova a lo stesso livello della vertebra, questo dipende anche se la persona ha un dorso molto piatto il decapaggio aumenta, se ha le curve molto accentuate il decapaggio diminuisce. In un dorso normale si trova T1 e T2 troviamo la spinosa allo 49

stesso livello del corpo, T11 T12 trovano la spinosa a livello del corpo. La T3 ha un decalaggio intermedio, cioè troveremo la spinosa tra il corpo di T3 e T4. La spinosa di T3 si trova più o meno a livello dell’angolo superiore della scapola, l’angolo inferiore si trova a livello della spinosa di T7.

I legamenti

Legamento longitudinale ant: prende tutte le vertebre a partire da quelle cervicali e lombare, va dalla zona anteriore del corpo vertebrale ad aderire più alla vertebra, meno al disco intervertebrale. È un legamento che limita l’E della vertebra Legamento longitudinale post: che si trova dentro il canale vertebrale, subito avanti la dura madre. È più adeso al disco intervertebrale e meno al corpo della vertebra. Limita la F della vertebra. Le capsule delle articolazioni interfaccettarie: che sono delle strutture che rinforzano la stabilità della vertebra a livello delle faccette articolari laterali. I legamenti intertrasversari: che si trovano tra le trasverse lateralmente e limitano il movimento di inclinazione lat. I legamenti gialli: che si trovano fra le lamine, caratteristica di avere una maggiore elasticità rispetto al legamento tradizionale poiché devono rendere flessibile la mobilità della vertebra (rotazione, inclinazione, flessione). Anche il disco intervertebrale oltre ad avere una funzione di ammortizzatore ha una funzione di stabilizzazione (perché aderisce ai 2 corpi) a livello della colonna dei corpi. Legamento interspinoso: va dalla base della spinosa superiore e quella inferiore e legamento sovra spinoso: che ricopre il precedente, che si trova più esternamente ed è un legamento unico che ricopre tutte le spinose toraciche, cervicali e lombari. La mobilità a livello del rachide dorsale è una mobilità in tutti i piani dello spazio. Noi partiamo dallo stato di neutralità della vertebra, che è quello in cui c’è l’appoggio discale: a una spinta della forza di gravità reagisce la reazione del disco intervertebrale e sul fulcro delle faccette articolari risponde il pretenzionamento delle strutture posteriori. Per cui a questo livello delle faccette articolari non vi è impegno, cioè non sono né in F né in E, né in avanti né indietro, né in alto né il basso. Quando la vertebra si muove verso la F si dice che le vertebre vanno in divergenza, cioè le vertebre vanno avanti-alto, quando la vertebra si muove verso l’E si dice che le vertebre vanno in convergenza, cioè le vertebre vanno in basso-dietro. Per cui a livello 50

vertebrale non esiste nel movimento asimmetrico la possibilità di dissociare i due movimenti. La flessione e estensione simmetrici avvengono in un piano dello spazio: il piano sagittale; la rotazione e inclinazione sono combinate. Nella 1° legge NSR, neutralità, in cui una rotazione è possibile sono se preceduta da un’inclinazione contro laterale delle vertebra. Nella 2° legge: ERS, FRS, abbiamo che la rotazione è uguale all’inclinazione. Se faccio un’inclinazione a dx, la vertebra a dx è più bassa, a sx è più alta; so che a dx quando è andata in convergenza è andata anche in dietro, a sx quando è andata in divergenza è andata anche in avanti. Quindi, se è più indietro a dx e più avanti a sx so che ha ruotato a dx. Quindi, il movimento di inclinazione e rotazione a livello vertebrale è sempre un movimento abbinato e combinato, non è mai un movimento puro. Invece, vediamo che nella prima legge di Fryette rotazione e inclinazione sono diversi, perché li agiscono fattori diversi, come: la migrazione del corpo vertebrale, delle faccette articolari, il tensionamento dei legamenti intertrasversari. I movimenti di Inclinazione laterale a livello del rachide dorsale è di 20° a dx e 20° a sx. Rotazione 35° a livello dorsale complessivamente (5°a livello lombare). Flessione dorso-lombare 105°, levati 60° delle lombari, abbiamo circa 55° di flessione dorsale. Estensione dorso-lombare complessivamente 60°, 35° a livello lombare, circa 30° a livello dorsale. L’estensione è molto più ridotta non solo per il contatto delle spinose, del torace e c’è una limitazione maggiore del movimento. A livello delle radici nervose le emergenze del nervo muscolo-motore sono a livello lombare 5 dx e 5 sx, a livello dorsale 12, a livello cervicale 8. Come facciamo la disposizione tra L5-S1 troviamo la radice di L5. Perché si dice che nell’ernia tra L5-S1 c’è una compressione di S1? La sciatalgia è la compressione della radice dello sciatico, nervo ischiatico S1. Questo nervo è normalmente compresso da un’ernia, quindi, spesso si confonde la radice di S1 con la radice tra L5-S1. In realtà nelle ernie più frequenti: le paramediane, la radice dello sciatico viene intercettata nella parte più bassa. Abbiamo la radice di L5, la radice dello sciatico passa nella zona paramediana del disco, quindi a questo livello si ha la compressione dello sciatico. Non perché il disco va a comprimere la radice lateralmente che è la radice di S1; ma in realtà la radice viene compressa tra il disco L5S1. È molto più frequente avere questa tipologia. Nelle ernie mediane spesso abbiamo dei fenomeni diffusi degli arti che sono tipicamente dei sintomi delle ernie mediane. Valutazione colonna dorsale Pz in piedi, vista dorsale. Valutiamo se la persona ha un’asimmetria della colonna, vediamo se ci sono delle cicatrici, vediamo l’allineamento delle vertebre. Vista laterale. Visualizzazione delle curve sul piano sagittale Mettendolo in movimento: - sul piano sagittale inclinando la testa e la spalla e il busto, e con la mano lungo il fianco (inclinazione a dx e sx) vado a vedere cosa succede sulla colonna, veder gruppi di vertebre che non riescono a muoversi oppure singoli punti in cui la colonna perde improvvisamente armoniosità, ma anche la valutazione della dinamica del movimento, cioè potrebbe avere delle accelerazioni del movimento o dei rallentamenti del movimento, oppure degli adattamenti del movimento, es. nell’inclinazione segue anche il bacino. Devo interpretare non solo ciò che succede a fine movimento ma anche quello che succede durante il movimento.

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Vista frontale, sagittale: es: chiedo la F in avanti e valuto la curva. Seduto: - Pz incrocia le braccia al petto e poggia le mani sulle spalle opposte. Osteopata di fronte al fianco del Pz, lo sostiene (afferrando nell’incrocio dei gomiti) e si mette più o meno all’altezza della sua zona dorsale. Con la mano caudale sulla colonna va a sentire, ad es alcune zone particolari viste nella visita precedente in piedi.

Posso fargli fare dei movimenti attivi: è l’osteopata che gli fa fare i movimenti, sono dei movimenti che partono dal busto dell’osteopata: - la flessione - l’estensione - l’inclinazione - le rotazioni

Vertebre DORSALI (classe 2A)

La colonna Vertebrale presenta curve sul piano sagittale ed un allineamento sul piano frontale. Le curve garantiscono elasticità e solidità (l’aumento della resistenza è proporzionale al numero delle curve) Una colonna senza curve sagittali è rigida, meno elastica, meno mobile e più fragile. Una colonna con curve troppo accentuate presenta altri problemi tra cui l’accorciamento delle catene muscolari o situazioni conflittuali a livello degli organi. Nello sviluppo delle curve (ripercorrendo la filogenesi) si evince che la prima curva ad essere presente è la cifosi dorsale che nella vita intrauterina e nei primi 4-5 mesi di vita è presente come una cifosi unica. Poi lo sviluppo porta al raddrizzamento della testa e quindi la comparsa della lordosi cervicale (IV mese, periodo in cui il bambino comincia a sostenere il capo sul collo) Successivamente il passaggio alla posizione quadrupedica porta allo sviluppo della lordosi lombare. Tutto questo permette alla persona il raggiungimento della posizione bipede e la possibilità della colonna di essere piu performante a livello strutturale. Quando si assiste ad uno squilibrio importante delle curve è opportuno intervenire con esercizi posturali e propriocettivi. La cifosi dorsale rimane a livello dorsale. È considerata la curva primaria perché - compare prima - è struttura portante, solida - condiziona il posizionamento delle due lordosi che si trovano in due zone adattative. Il rachide dorsale ha tantissime relazioni con gli organi interni (sistemi sospensori a livello del torace e della colonna) e, a livello di innervazione (soprattutto ortosimpatica), relazioni con gli organi situati all’interno del torace e della zona addominale alta (per la presenza delle emergenze spinali e della catena latero-vertebrale situata ant-lat alla colonna). Si può parlare quindi di interessi posturali e viscero-somatici/somato-viscerali (sistema a doppio senso).

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Caratteristiche della vertebra toracica le vertebre toraciche sono12. Presentano una particolarita eclatante: le faccette costali (emifaccette) sono situate a livello del corpo vertebrale e a livello della trasversa. Ogni costa si articola con due emifaccette di due vertebre consecutive (si articola con il corpo della vertebra sovrastante e sottostante). Per es. K3 si articola con l’emifaccetta di D2 e di D3. A livello della trasversa è presente la faccetta costale che si articola con il tubercolo costale. Il corpo vertebrale ha una forma molto più rotondeggiante (il corpo delle vertebre lombari è molto più ovale) sulle tre dimensioni. Il corpo vertebrale presenta il muro (parte corticale) e i due piatti (sup e inf ) strutturalmente più cribrosi, cioè perforati da una serie di forellini che garantiscono gli scambi osmotici con il disco intervertebrale. Problematiche irritative del disco possono portare a patologie infiammatorie importanti che in alcuni casi possono interessare anche il corpo vertebrale. Questo fenomeno è chiaramente riscontrabile con una RM (pesata in T2 ) capace di mettere in evidenza fenomeni algodistrofici o reattivi del corpo vertebrale in seguito all’imbibizione di liquido infiammatorio causato della sofferenza del disco. Il canale vertebrale ha una forma meno triangolare rispetto alle vertebre lombari (che sono più rotondeggianti). La parte post della vertebra (arco e apofisi, zona più dinamica della vertebra) è collegata al corpo vertebrale attraverso dei peduncoli. Le trasverse sono poco sviluppate nella parte alta (D1 e D2) e bassa (D11 e D12, dove questa particolarità è ancora più evidente). Presentano invece uno sviluppo importante da D2-D3 fino a D10. Anteriormente alla trasversa è presente la faccetta articolare per la costa corrispondente. Nella parte intermedia, cioè nella regione della vertebra chiamata massa laterale (tra il peduncolo, la trasversa e la lamina), è presente la faccetta articolare con la vertebra sovra e sottostante. Le faccette articolari sono orientate su un piano parafrontale, particolarità che rende più difficoltoso un eventuale scivolamento ant-post del corpo.

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Non a tutti i livelli è presente questa situazione: tutte le vertebre si articolano con 1 costa. La costa si articola con la parte sup della vertebra dalla quale prende il nome (k1 si articola con la parte superiore di D1). Questa situazione è presente a livello di tutte le vertebre fino a K10. D11 e D12 presentano un’unica faccetta nella parte mediana del corpo, che si articola con la costa corrispondente. D11 e D12 non presentano un’articolazione costo-trasversaria (se ce l’hanno è molto instabile). Il torace è una struttura che ricerca adattamenti pur non avendo molta capacità adattativa.

L’orientamento delle faccette delle vertebre dorsali è differente da quello delle vertebre lombari. Le faccette delle vertebre LOMBARI sono disposte su un piano paraSAGITTALE, le sup orientate in dietro-dentro e leggerm. alto, le faccette inf in avanti-fuori e leggerm. in basso. Le faccette articolari TORACICHE sono disposte su un p. paraFRONTALE, le sup orientate dietro-fuori e leggerm in alto, le inf orientate avanti-dentro, leggerm. basso. Non tutte le vertebre dorsali presentano questa caratteristica. Le faccette inf di D12 sono orientate come le vertebre lombari, su un piano parasagittale – avanti-fuori. Inoltre D11 e D12 presentano un’unica faccetta articolare per K 11 e K12 e non presentano la faccetta per il tubercolo costale. D1 ha le faccette superiori sullo stesso piano delle altre vertebre toraciche. In questo caso è C7 ad avere le sue faccette inferiori simili a D1.

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La lamina corrisponde alla parte post dell’arco vertebrale. La lamina di dx si unisce alla lamina di sin a livello della spinosa e rappresenta la protezione post per il midollo spinale.

Tra le lamine di due vertebre contigue è presente il leg giallo. La posizione delle spinose è - un repere importante per il conteggio delle vertebre - fornisce informazioni (non preciso) del livello vertebrale su cui ci si trova.

Importante ricordarsi che le spinose dorsali - sono molto sviluppate, soprattutto in lunghezza - sono molto inclinate verso basso-dietro (soprattutto a partire da D4 fino a D10). Questa inclinazione colloca la spinosa in proiezione con il corpo e i processi articolari della vertebra sottostante. - D1 e D2 presentano una spinosa abbastanza allineata con le trasverse. - La spinosa di D3 si trova a metà strada tra le trasverse di D3 e quelle di D4. - D11 e D12 ripresentano le spinose orizzontali e non c’è più il fenomeno del decalaggio (cioè reperimento delle trasverse a partire dalle spinose).

Importante!

Una curva dorsale ridotta presenterà un’ accentuazione di questo fenomeno (le trasverse di D6 si localizzano esternamente alla spinosa di D5) e viceversa (la spinosa di D5 si localizza medialmente alle trasverse di D6). Cenni sull’emergenza delle radici nervose Rispetto all’emergenza delle radici nervose il tratto cervicale presenta 8 radici nervose il tratto toracico ne presenta 12 il tratto lombare 5 Ciò significa che l’emergenza della radice di C1 si trova sulla parte superiore del corpo vertebrale di C1, mentre la radice di C8 si trova sulla parte inferiore della vertebra C7. Di conseguenza la radice di L5 si trova tra L5 e S1. La radice dello sciatico si trova più in basso. Spesso si fa confusione con le ernie. L’ernia paramediana di L5 prende la radice di S1. 55

Apparato Legamentoso Leg longitudinale ant: - si trova nella parte ant dei corpi - è extracanalare - è presente su tutta la colonna (da C1 a S1 S2) - aderisce molto al corpo e poco ai dischi. Leg longitudinale post: - è intracanalare, in relazione con la dura madre - molto adeso ai dischi, meno al corpo vertebrale - teso da C1 a S2-S3. Le strutture legamentose della capsula articolare rendono ogni articolazione intervertebrale (tra le faccette) un’articolazione vera e propria con liquido sinoviale e cartilaginee articolare. Anche a questo livello è possibile trovare artrosi che può dare rigidità o instabilità. Il disco è una struttura legamentosa perché stabilizza le due vertebre tra le quali è situato. I leg intertrasversari danno stabilità nell’inclinazione laterale. I leg gialli sono tesi tra le lamine. I leg interspinosi sono singoli e situati tra due spinose. Il leg sovraspinoso, unico, è situato sulla parte esterna della spinosa, stabilizza in maniera continuativa tutte le spinose delle vertebre. Colonna e movimento Divergenza, movimento di F – il corpo rotola e scivola avanti. 1. Primo grado (inclinazione del corpo ma assenza di scivolamento) 2. secondo grado (le faccette vanno avanti-alto) Convergenza, movim. di E - La vertebra rotola e scivola post e le faccette articolari vanno in basso-dietro. Nell’inclinazione laterale, si mettono in tensione i legamenti laterali (intertrasversari). In questo movimento si prende in considerazione la superiorità e l’inferiorità. Nell’inclinazione dx la vertebra si abbassa a dx e si alza a sin. I movimenti asimmetrici di una vertebra non possono mai avvenire su un solo piano. L’inclinazione e la rotazione, asimmetrici, sono sempre combinati tra di loro: - infatti in una convergenza dx, la faccetta di dx non va solo in basso ma anche dietro. - nella divergenza non va solo in alto ma anche in avanti. La 1° legge di Fryette è la legge di neutralità (NSR). Partendo da una situazione di neutralità (posizione teorica in cui le faccette non sono ingaggiate), ad una inclinazione dx di 3 o più vertebre si assisterà ad una rotazione a sin dei corpi vertebrali. Nella 2° legge > E/FRS si esce dalla neutralità e si prende in considerazione una vertebra rispetto alla sottostante. In questo caso, un’inclinazione è sempre seguita da una rotazione dei corpi omolateralmente. Ciò dipende dall’orientamento delle faccette articolari. Durante l’inclinazione dx c’è anche una rotazione a dx perché la faccetta di dx va dietro oltre che in basso mentre la faccetta di sin va avanti oltre che in alto. Movimenti simmetrici: flessione – a livello del dorso è di circa 60° estensione – 35° 56

inclinazione 20° rotazione 35° Flex dorso-lomb – 105° A livello lombare la rotazione è 5° (dovuto all’orientamento delle faccette articolari). PRATICA – esame visivo_Pz in piedi Anche per la regione toracica si parte da test visivi: per valutare presenza di - curve poco accentuate (mobilità ridotta) - di un gibbo (rot dx, inclinazione sin. Quindi in caso di inclinazione sin, la rotazione dx non solo porta in dietro le trasverse di dx e quindi le coste, ma porterà piu avanti quelle di sin). Trovarsi in queste situazioni fa partire il test da una situazione anomala, da una posizione spaziale delle dita differente. Dalla posizione frontale – si osserva allineamento colonna dorsale scapole simmetriche posizione sagittale – si osserva armonia curve appiombo delle curve

movimento sul piano frontale – svolgimento dell’inclinazione a partire dalla testa. si osserva se ci sono perdite di armonie della curva messe in evidenza da zone rettilineizzate o bruschi cambiamenti di direzione.

il movimento parte dalla testa

se ci sono zone rettilinee

si osserva se la curva è armonica

il Pz potrebbe compensare con il bacino 57

Piano sagittale - Pz in F anteriore della colonna a partire dalla testa. Valutare armonia curva o presenza di tratti di colonna rettilinei e quindi poco mobili.

Test_Pz seduto Posizionando le dita sulle spinose si possono apprezzare e valutare i tratti della colonna che all’esame visivo erano risultati come meno mobili. Si valuta anche l’allineamento o meno delle spinose.

test di pressione a vari livelli Test su un gruppo di vertebre Si chiede al Pz di incrociare le braccia. L’Osteopata fa passare il braccio sotto i cavi ascellari del Pz sostenendogli le braccia. Si fanno test di pressione e si inducono movimenti di F- E -Side.........

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.......Rotazione.

Oppure si testa una singola vertebra.

. vista posteriormente

testa

clavicola

collo

coste tubercolo angolo corpo

Reperi spinosa di D3 > spina della scapola spinosa di D7 > angolo inf scapola

acromion fossa sopraspinata spina

scapola

fossa sottospinata

coste vere

coste false coste fluttuanti

COLONNA DORSALE: Valutazione e test Dopo aver fatto una valutazione del Pz dalla posizione in piedi, in statica ed in dinamica, integrando le informazioni visive con le informazioni palpatorie abbiamo individuato zone e vertebre nelle quali sarà opportuno effettuare una valutazione più approfondita. La volta precedente abbiamo visto che con il Pz seduto possiamo integrare un test palpatorio con un test dinamico. Un leggero movimento ci permette di trovare una facilitazione che può farci pensare ad una complessiva buona mobilità. Infatti se in una zona o su una vertebra trovo movimenti di inclinazione laterale, di rotazione, di flesso-estensione, già penso che in quella zona c’è una corretta mobilità. Una volta individuata la vertebra sulla quale fare il test bisogna procedere per nominare la disfunzione, quindi ci avvaliamo prevalentemente del test utilizzando come punti di repere le spinose e le trasverse delle vertebre. Sappiamo che a livello di palpazione le spinose dorsali corrispondono da D4 a D10 alle proiezioni sulle vertebre sottostanti, per cui se dobbiamo fare il passaggio della valutazione dalla spinosa alla trasversa lo dobbiamo considerare; ad es se prendo in considerazione la spinosa di D7 e mi metto lateralmente ad essa non troverò le trasverse di D7 bensì le trasverse di D8, le trasverse di D7 le troverò più in alto ossia all’altezza della spinosa di D6. Andremo successivamente a paragonare quello che accade a livello della spinosa con quello che accade alle trasverse della stessa vertebra per posizionare la vertebra nello spazio rispetto alla sottostante che è la vertebra che sarà il mio riferimento di movimento, per cui andrò a mobilizzare questa vertebra per vedere se rispetto alla posizione iniziale in cui l’ho trovata e rispetto alla mobilità mi dà delle informazioni definitive per 59

denominare la disfunzione. Ricapitolando: nella prima parte i test mi permettono di individuare una regione, una vertebra; nella seconda parte faccio dei test per denominare la disfunzione. Iniziamo dal ragionare sul posizionamento dorsale, la prima zona da sentire è quella delle spinose: in particolare vado a valutare innanzitutto l’allineamento sulla linea mediana in modo da poter evidenziare eventuali spostamenti laterali della spinosa. 1°ESEMPIO: Troviamo la spinosa di D3 rispetto a D4 deviata a dx. Se si tratta di una disfunzione isolata si può ipotizzare la presenza di una rotazione sin ed un’inclinazione sin e la denominerò come una RSsin. Successivamente andrà valutata la F e l’E per cui faccio effettuare un movimento di F-E dove avrò un allineamento delle spinose durante la F ed un disassamento durante l’E quindi in questo caso ho una FRSsin, perché la disfunzione scompare durante il movimento di F, ciò significa che entrambe le faccette articolari possono fare la F ma non l’E e la disfunzione come sappiamo si nomina nel senso della maggior ampiezza. Se invece troviamo sempre in una rotazione ed inclinazione sin una spinosa che si riallinea in un movimento di E e si disassa in un movimento di F avremo una ERSsin. Faccio un altro test e vedo che la né la F né l’E fanno centrare la spinosa, la situazione peggiora con una disfunzione di bilateralità asimmetrica che si definisce in questo caso una anteriore dx posteriore sin. Ricapitolando: le faccette articolari possono andare sia in F che in E, abbiamo visto che in realtà quando una faccetta va in F va anche in avanti-alto e quando va in E va basso-dietro. 2°ESEMPIO: In questo caso troviamo le spinose che sono sulla linea mediana ma presentano tra loro degli spazi asimmetrici per cui si farà un test di pressione più “fine” dove andrò a testare la zona che mi sembra più asimmetrica partendo dalla vertebra che appare più in disfunzione poiché è meno mobile. A questo punto si effettua il test di F e noto che lo spazio non si apre, faccio il test di E e vedo che gli spazi si chiudono per cui denominerò la disfunzione come una E bilaterale. Viceversa se le vertebre si aprono in flessione ma non si chiudono in estensione avremo una disfunzione di F bilaterale.

Test di mobilità

Pz seduto sul lettino, la testa del Pz durante il test deve essere sempre bilanciata non ruotata né inclinata. Vado a fare prima un test in cui mobilizzo in F-E la colonna e individuo una zona che mi sembra meno mobile;

Pz allineato

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test globale sulla colonna in F-E

su questa zona posso fare inclinazione laterale, rotazione per andare a selezionare su una o 2 vertebre qual è/quali sono quella/e da testare.

conto da K 12

conto da D1 Il risultato è D6 deviata a sin rispetto a D7.

spinosa soprastante spinosa sottostante

D6 è deviata a sin rispetto a D7

Poi denomino il numero della vertebra partendo da D1, oppure (se è molto bassa) partendo da K12, che mi fa arrivare alla colonna su D12. Mi metto sulla spinosa in disfunzione e vedo se è allineata o disassata. Se è disassata ragiono sul centraggio, se è allineata invece ragiono sugli spazi. Se trovo una vertebra con la spinosa deviata a sin, vado a contare partendo dalla prominente (C7) e utilizzando una F minima della colonna. Per valutare la rotazione prendo la vertebra tra la sua spinosa e quella sottostante o metto il dito per vedere se questo rispetto a sotto si riallinea. Fino a D4 posso usare la testa, sotto D4 devo muovere il tronco del Pz con le braccia incrociate.

test di mobilità in E (vert basse_uso le test di mobilità in F braccia) 61

Test di mobilità in E e la vertebra non si riallinea; test di mobilità in F e la vertebra si riallinea. Ho trovato una FRSdx.

Ipotizziamo di voler valutare D4 rispetto a D5: ho uno spazio più aperto tra le spinose, testo lo spazio sottostante che risulta normale, anche quello sovrastante risulta normale, valuto D4 su D5. Con i movimenti del capo vado a vedere se lo spazio si apre (in F) e si chiude (in E); lo spazio si apre e non si chiude questa sarà una flessione bilaterale. Viceversa se lo spazio si chiude ma non si apre è una estensione bilaterale. test di mobilità in E (vert alte_uso il capo) test di mobilità in F (vert alte_uso il capo) Se facciamo un test dorsale usando la respirazione, facciamo mettere il Pz prono con un cuscino sotto la fronte: in questo modo la colonna dorsale non è in tensione. In caso di una FRSsin (per es D3), dovrei trovare a livello di D3 nella parte dx una trasversa più anteriore rispetto a quella di D4; posso paragonare le trasverse di D3 con quelle sottostanti di D4.

Per utilizzare la respirazione nei test dobbiamo tenere presente che durante l’INsp la colonna si allunga, in questo caso la curva dorsale fa un’E; cuscino sotto la fronte 62

durante l’Esp la colonna dorsale farà una F.

Test sulle spinose per valutare l’allineamento. Ipotizziamo di trovare la spinosa di D5 a sin, significa che la vertebra è ruotata a dx

Se D5 è ruotata a dx devo sentire una corrispondenza sulle trasverse, in questo caso la trasversa di sin devo trovarla più avanti. Inoltre devo tener conto del decalaggio per cui le trasversa sin di D5 trasverse di D5 devo cercarle ai lati della spinosa di D4. spinosa di D5

trasversa dx di D5

pollici sulle trasverse

Test di mobilità rachide dorsale (classe 2A)

Introduzione Intanto prima di effettuare il test di mobilità è necessario andare a ricordare quali sono i punti di repere delle vertebre dorsali. A livello spaziale, la spinosa si trova ad un livello inferiore rispetto alle trasverse ed addirittura bisogna tenere conto del decalage da D3/D4 fino a D10 in cui la spinosa corrisponde al corpo e alle trasverse della verte63

bra sottostante (anche leggermente al di sotto delle trasverse che sono posizionate nella parte superiore del corpo). Vedremo due tipologie di test di mobilità: 1. la prima è maggiormente meccanica; 2. una seconda tipologia nella quale si utilizza anche la respirazione. Il test va interpretato; si compone di due fasi: 1. test visivo 2. test palpatorio che approfondendolo ci porta a posizionare la vertebra rispetto alla sottostante. Individuiamo la vertebra rispetto alla sottostante che è il nostro punto di riferimento e andiamo a valutare l’allineamento che ci dà già un idea; a questo punto possiamo richiedere un movimento attivo o indurre un movimento passivo per valutare F o E. Una spinosa maggiormente prominente, a livello dorsale, è un informazione che la vertebra è in una condizione di Flessione. La stessa condizione di prominenza, ma ancora più accentuata può essere segno evidentemente della Lisi istmica o spondilolisi, perché c’è un distacco dell’istmo. Se c’è una condizione in cui ad es. la vertebra è posizionata con la spinosa a dx e lo spazio tra la stessa spinosa e la sottostante è ridotto rispetto allo spazio sovrastante, questo ci dà una informazione ulteriore sulla posizione; ma naturalmente questo elemento non è denominante una disfunzione. Possibili risposte del test (prendendo ad es. la condizione sopracitata, quindi con R sin): 1) faccio la F e la vertebra si riallinea; faccio l’E e la vertebra si disassa ulteriormente FRSsin 2) faccio la F e la vertebra si disassa; faccio l’E e la vertebra si riallinea ERSsin 3) faccio la F e la vertebra Non si riallinea; faccio l’E e la vertebra NON si riallinea Bilaterale asimmetrica Ant dx+Post sin. 4 ) come ultima possibilità, ci troviamo con le spinose allineate sulla linea mediana e con una situazione in cui la distanza tra di esse non è armonica. Non necessariamente, se le spinose sono allineate, è esclusa la possibilità che in flessione o estensione, compaiano delle rotazioni. Ci possono essere delle condizioni poco chiare. Se il test precedentemente fatto ha evidenziato la stessa zona come ipomobile e con una sofferenza tissutale, si va a valutare se la vertebra rispetto alla sottostante può o meno andare in F e in E. Questa informazione ci dirà se siamo in una condizione di F o E bilaterale Non bisogna commettere l’errore, in caso di spazi troppo chiusi o troppo aperti, di confondersi perciò è opportuno andare a valutare uno spazio alla volta. Attenzione!! Il fatto che una vertebra sia in disfunzione, non esclude la possibilità che sia in disfunzione anche la sottostante.

Test meccanico

Dopo aver effettuato il test in piedi, il Pz viene fatto sedere ed è importante prima di tutto, mettere il Pz in appiombo e soprattutto la zona che si sta testando deve avere una proiezione verticale che cade sul bacino. 1. Individuare il livello da testare L’informazione che abbiamo ottenuto con il test visivo in piedi da il punto da testare; a questo vado ad aggiungere una valutazione dinamica che faremo dando movimenti di inclinazione e posizionandoci con le dita

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sulla vertebra e sulla sottostante per individuare quella che ci interessa di più. Per individuare il livello numericamente, potremo andare a utilizzare la flessione del capo che metterà in evidenza la prominente oppure l’estensione del capo che renderà più sporgente D1; da qui inizieremo a contare le vertebre fino ad arrivare a posizionarci sulla vertebra interessata e sulla sottostante. il capo in F evidenzia C7 il capo in E evidenzia D1 2. Individuare la posizione spaziale della vertebra e la restrizione di mobilità A questo punto valuteremo innanzitutto l’allineamento delle spinose; poi potremo effettuare un’inclinazione e rotazione a dx e un’inclinazione e rotazione a sin per valutare il lato in cui ho maggiore o minore difficoltà inclinazione e rotazione a dx

inclinazione e rotazione a sin

A questo punto sposteremo le dita mettendoci lateralmente alle due spinose e andremo a valutare la F e l’E. Utilizzeremo il capo fino al livello D5 o eventualmente con le braccia se dovremo arrivare ad un livello sottostante.

3. È possibile effettuare un test più dinamico Andremo ad effettuare dei movimenti badando bene alla facilità nell’effettuare il gesto e all’adattamento della vertebra rispetto alla sottostante: 1. inclinazione laterale

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2. una rotazione

3.flesso estensione

La cosa essenziale, al di la delle tecniche di valutazione e di test, è: - essere certo del livello che mi interessa e della sua denominazione; - l’orientamento della vertebra nello spazio - anticipare mentalmente il movimento della vertebra nei vari movimenti che vengono indotti. TEST rachide DORSALE con RESPIRAZIONE Come per le vertebre lombari, utilizziamo la respirazione per mobilizzare le vertebre dorsali; immaginando che in INsp avviene una estensione e quindi un raddrizzamento delle curve, ed in Esp avviene una flessione e quindi un’accentuazione della cifosi. Bisogna tenere in particolare attenzione le zone di inversione di curva e di cerniera come la cervico dorsale e la dorso lombare. Una cosa interessante è andare ad individuare se una eventuale deviazione della spinosa, corrisponde ad una omogenea deviazione delle trasverse; questo perché non necessariamente sono corrispondenti. Inoltre l’orientamento spaziale della vertebra può non essere corrispondente alla facilità di movimento della stessa che si verifica con un test meccanico. In alcuni casi delle vertebre possono andare in disfunzione, oltre che sulle faccette articolari, anche sul corpo vertebrale; potremmo avere dunque dei test che non sono completamente logici. Potremmo avere delle sommazioni di disfunzioni o viceversa su una spinosa che è centrata, facendo il test di flesso estensione, compare una deviazione laterale. La cosa migliore è non farsi condizionare da un eventuale orientamento, ma fidarsi delle sensazioni senza preconcetti. Trovo una spinosa deviata; trovo la sottostante come punto di riferimento; faccio fare una inspirazione e dovrei avere un’estensione; faccio fare una espirazione e dovrei avere una flessione chiaramente andrò a verificare in quale fase la vertebra si riallinea e denominerò la disfunzione.

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sem 3 Di Branco_Ernia Parlando di ernie discali, bisogna constatare che sull’ernia effettivamente, non si può fare nulla! Il problema è legato in particolare all’ampiezza del canale vertebrale che è soggettiva. La cosa che emerge e che deve fare riflettere, è il fatto che le ernie si presentino sempre, o quasi, allo stesso livello. Partendo dal fatto che le lordosi sono tali per la presenza nella regione anteriore di strutture che esercitano una trazione come ad es. la regione cervicale che si adatta alle tensioni della guaina viscerale del collo che è correlata alle tensioni derivanti dall’esofago. A livello lombare ci sono grossi gruppi muscolari che agiscono posteriormente come il grande dorsale, lateralmente come il quadrato dei lombi, anteriormente come il m. psoas e i pilastri del diaframma. Dunque in teoria parliamo di una zona molto mobile; ma non è così. L’ernia è di solito posteriore o laterale, è dunque frutto di tensioni che vengono dalla regione anteriore; quindi andiamo a cadere sul m. psoas, tra le fibre del quale ritroviamo il plesso lombare; inoltre ritroviamo l’inserzione dei pilastri del diaframma che origina da D12 e arriva, con qualche fibra in maniera incostante, fino a L4. Il m. psoas discende a livello della fossa iliaca dove si connette con il ventre carnoso dell’iliaco che va a costituire una sorta di pavimento; a questo sono contrapposte superiormente le cupole del diaframma che vanno a costituire il tetto. Abbiamo dunque due strutture che agiscono in maniera similare anche se in sensi diversi. L’azione muscolare del diaframma è guidata dal comportamento dei visceri. È������������������������������������������������������������������������������������������������������������� presente una pressione, positiva o negativa a seconda della fase respiratoria, che mantiene le strutture adese superiormente ed inferiormente; questa pressione è mantenuta dalla tensione e resistenza della parete addominale. Quando la tenuta della parete addominale diminuisce per un qualsiasi motivo (vita sedentaria, esito di un intervento chirurgico, parto ecc.), i visceri si abbassano per la forza di gravità con l’inevitabile conseguenza che ci sia un comportamento medesimo da parte del diaframma (che si poggia su di essi cambiando la sua posizione e azione) e dei pilastri. I visceri scendendo si poggiano sempre più a livello del muscolo iliaco, più da un lato o dall’altro, che reagisce diventando ipertrofico e andando a determinare delle ripercussioni anche a livello delle inserzioni prossimali dello psoas. Questo comporta una verticalizzazione della colonna lombare con due principali conseguente: alterazione dei carichi; se il fenomeno si protraesse per pochi giorni non darebbe problemi particolari, ma mantenendosi nel tempo ha chiaramente degli effetti importanti; altra conseguenza, è la perdita di elasticità del tratto lombare che determina un inevitabile compenso delle strutture sottostanti L4-L5-S1 che non essendo sottoposte a queste forti tensioni muscolari e avendo per struttura una minore mobilità, dovrebbero essere tranquille. Il compenso viene messo in atto, in particolare, nella deambulazione durante la quale c’è una fisiologica alternanza di torsioni iliache e sacrali che non fanno altro che determinare adattamenti su queste strutture compensanti. Il tratto lombare che risulta verticalizzato, determina dei fenomeni di colpi di frusta sulle vertebre L4-L5-S1. È�������������������������������������������������������������������������������������������������������������� importante sottolineare che il disco intervertebrale di L5 si presta a questi fenomeni per la sua conformazione irregolare. Le ernie a livello L4-L5-S1 sono generalmente da usura, mentre a livello dorsale basso e anche risalendo, sono più conseguenza di trauma o di uno sforzo; possiamo avere delle classiche ernie posteriori o delle ernie di Schmorl derivanti da delle invaginazioni del disco che portano a uno sfondamento del piatto vertebrale (gen67

eralmente sottostante). Quest’ultima tipologia di ernie, si può manifestare in conseguenza, ad es., di un salto con un atterraggio non perfetto o senza una preparazione alla fase di appoggio; accade nei soggetti non più giovanissimi ed è abbastanza frequente come fenomeno. Tornando alla “bocca” che si presenta tra psoas e pilastri del diaframma, rappresenta una zona di equilibrio di tensioni e pressioni, che vengono influenzate anche dalle catene muscolari posteriori. La formazione di un’ernia, altro non è che una risposta dell’organismo e uno degli errori che classicamente si fa, è rimuoverla senza andare a riequilibrare le tensioni anteriormente; accade così che si presentano delle recidive o dei fenomeni irritativi legati alla cicatrizzazione ipertrofica. L’ernia non è dunque un elemento prerogativo di dolore! La cosa da tenere presente, è che se il Pz si presenta con una iperreflessia o areflessia, con una perdita della forza o della sensibilità l’indicazione è solo ed esclusivamente chirurgica. Tutto questo discorso fa capire come il nostro organismo lavori sempre alla ricerca di un equilibrio; quando questo viene meno, per un qual si voglia problema, si scatenano i fenomeni algici (discorso a parte per i fenomeni traumatici) nei distretti di minore capacità adattativa del corpo, che, in questo caso, sono i distretti lombari non interessati dalle inserzioni muscolo legamentose di psoas e pilastri del diaframma. Andando più sulla parte pratica, il Pz con lo scatenarsi del fenomeno algico si presenterà da noi con degli atteggiamenti posturali che ci aiuteranno ad avere un’idea della situazione. L’idea fondamentale, nella valutazione della postura, è che il Pz cerca di evitare il dolore e di decomprimere della radice. Potremo avere diversi atteggiamenti: 1. In una condizione di ernia supero-esterna (rispetto alla radice nervosa), il Pz tende ad inclinarsi dal lato opposto rispetto al lato della manifestazione dolorosa, per evitare la compressione e quindi l’aumento di dolore. Si parla classicamente, in questo caso di un ernia supero esterna con atteggiamento antalgico crociato (questo è però un discorso schematico che molto spesso non è così semplice).

2. Ernia infero-interna rispetto alla radice nervosa; il soggetto avrà un atteggiamento di inclinazione omolaterale ma con un sorta di blocco in inspirazione per cercare di comprimere il nervo sulla radice. Si parla di atteggiamento antalgico diretto con ernia infero interna.

3. Pz che si presenta in flessione di tronco, iliaco posteriore e dolore nella fase di estensione; in questo caso 68

penso ad uno spasmo dello psoas che determina la sofferenza della zona di minore resistenza. Gli elementi sopra indicati non sono vincolanti e necessariamente compatibili nella realtà, ma rappresentano dei punti di partenza e di riflessione. Trattamento Partiamo dal fatto che il Pz non dovrebbe arrivare nelle condizioni sopracitate, ma si dovrebbe agire in maniera preventiva; ed è compito dell’Osteopatia mettere il Pz nella condizione di miglior equilibrio globale. Il vero intervento osteopatico mira a valutare il diaframma, i visceri ecc.; ma non si tratta di un trattamento esclusivamente viscerale, infatti bisogna valutare le informazioni che giungono dall’esterno dell’organismo e nello specifico le informazioni dal basso verso l’alto, quindi appoggio dei piedi, ginocchia, anche, bacino e tutto quello che si può valutare in un quadro ascendente. Ma il Pz, nella maggior parte dei casi, arriva in una condizione di emergenza; in questo caso l’Osteopatia mira a mettere la struttura in condizione di mobilizzare i liquidi che passano intorno, perché l’ernia è costituita da una grossa componente liquida. Verranno messe in atto dunque tutte quelle tecniche che agiscono sulla mobilizzazione dei liquidi a partire dalle tecniche craniali sino ai drenaggi viscerali con obbiettivo di drenare la zona di sofferenza e dunque ridurre la compressione. Ricapitolando si andrà a: -valutare la postura antalgica -mai trattare un paziente senza RMN!!! -valutare la topografia radicolare (zona di dolore e di deficit funzionale ad es.); -Test di Lasègue che classicamente è positivo quando il dolore si presenta dai 60° in su; ma in una condizione di emergenza, con ernia espulsa e migrata, nel momento in cui si effettua il test, praticamente nei primissimi gradi, parte il fenomeno algico perché la radice nervosa è sottoposta ad una importante compressione. In una condizione simile, non c’è molto da perdere tempo; bisogna chiedere se si stanno prendendo i farmaci giusti, se è stato dal medico, dall’ortopedico o dal neurologo. L’Osteopata può fare delle cose che vedremo più avanti. In un caso classico, non grave come sopra, nel quale il Pz riesce ad arrivare durante il test ad una flessione maggiore, allora andremo a fare un’analisi differenziale che consiste:

1. fletto l’anca fino al punto in cui parte il dolore, riduco leg-

germente la flessione, rimetto in tensione dando una F dorsale del piede. Risultati: a) se c’è nuovamente il dolore è un problema neurologico; b) se il dolore non ricompare allora si passa alla seconda differenziazione;

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2. fletto l’anca fino al punto di dolore, abbasso leggermente

e faccio una RI di anca + Add di arto inferiore per mettere in tensione il piriforme; la risposta positiva a questo stimolo indica una probabile disfunzione sacrale presumibilmente correlata ai visceri del piccolo bacino. I muscoli pelvi trocanterici reagiscono quando c’è un processo espansivo di qualsiasi natura (stitichezza, fibromi, ipertrofia prostatica, tumori ecc.); potrebbe anche esserci stata una semplice caduta sul sedere che ha provocato una disfunzione sacrale di torsione con la messa in tensione del piriforme.

3. possibilità che non ci sia una risposta in nessuna delle analisi differenziali sopra citate e il dolore ricompare solo riportando l’Arto inf alla F di partenza (quella in cui compariva il dolore nel test). Questa risposta indica una disfunzione sacro iliaca pura o una disfunzione ad esempio di L4.

4. se compare il dolore sulla gamba controlaterale rispetto a quella testata, andremo a effettuare dei test anche sulla controlaterale.

5. se il dolore tende a non sparire mai il problema è più centrale, non a livello della radice nervosa. 6. ultima ma non meno importante, è la possi-

bile risposta negativa a tutti i test sopra citati; a questo punto, per valutare se sia interessato lo psoas, abbassiamo rapidamente l’arto sul lettino; la comparsa del dolore in questo caso è legata al fatto che essendo, in questa ipotesi, accorciato lo psoas, abbassando la gamba velocemente c’è una leva sull’inserzione distale con il bacino che segue inevitabilmente dando un colpo di frusta sulla regione di minore elasticità.

Se il punto 1) è positivo, il problema è neurologico e posso fare ulteriori test: Test di pressione_Pz seduto. L’Osteopata preme sulle spalle del Pz per aumentare la pressione intracanalare e poi, per capire se un lato è più sofferente dell’altro, aumenta la pressione prima a dx e poi a sin.

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Slump test_Pz seduto. L’Osteopata procede così: - preme sulle spalle del Pz (come sopra), - chiede al Pz si INsp e rimanere in apnea - durante l’apnea gli chiede di estendere un Arto inf, per allungare il nervo. Se il Pz ha male il test è positivo. Test della chiave. L’Osteopata esercita una pressione con una chiave negli spazi tra una vertebra e l’altra su tutto il tratto lombare per individuare la zona di dolore. Su quella zona sempre allo stesso modo cerca di capire se il dolore è più a dx o a sin. Approccio all’ERNIA Se c’è un problema di ernia conclamata non espulsa, dobbiamo tenere presente il discorso neurologico, richiedere magari l’esame RMN, fare i tests che abbiamo già visto (come Lasègue) per vedere se è un problema neurologico o sacro-iliaco o di m. piriforme o psoas o fare anche un tests puntiforme, chiamato test della chiave, che ci da proprio la zona di fastidio, di sofferenza e il lato (che a volte non è così evidente) su cui sdraiare il Pz. Poi avevamo parlato del test del non dolore: compressione + respirazione a mantice pieno e mantice vuoto, per verificare se prima e dopo il trattamento la radice si è liberata. Ora vediamo le tecniche che devono semplicemente allontanare, decomprimere la parte fuoriuscita dalla radice nervosa. Normalmente si ipotizzano 2 grandi famiglie ma in realtà ce ne sono abbastanza di più. Cmq, schematizzando, possiamo ipotizzare 1. ernia al di sotto e internamente alla radice 2. ernia al di sopra e esternam alla radice. In base a questo però il discorso cambia poco. Noi dobbiamo visualizzare la disf ma poi la tecnica si basava sostanzialmente su un movimento di respirazione con un’ aspirazione del disco, una presunta o un’ipotetica ispirazione della parte erniata accompagnata da un’ inspirazione ed espirazione. X fare questo il vero accorgimento è cercare di sdraiare il Pz dal lato in cui non ha dolore. A volte l’atteggiamento antalgico crociato o diretto non è così facile da capire per cui si chiede al Pz su quale lato riesce a dormire di notte e quello è il lato del non dolore. Vediamo ora un caso di SUPERO-ESTERNA: questa dovrebbe dare un atteggiamento antalgico crociato cioè il Pz ha dolore a dx e si scansa a sin, ma non sempre quella è la posizione del non dolore x cui noi lo chiediamo sempre al Pz. Se il Pz ha un’ ernia a dx e si sdraia a sin la procedura è: come sempre la mia preoccupazione è quella di creare meno disagio al Pz x cui a volte è necessario piegargli di più le gambe. Chiudiamo “leggermente in chiave” nel pto che ci interessa. L’idea è quella di mobilizzare la 71

radice e allontanare il punto che dà dolore. Durante una fase inspiratoria faccio poco, durante l’espirazione cerco di allontanare con la mano craniale il pto di dolore trazionando verso l’alto del Pz e con la mano podalica traziono sulla direzione della radice nel verso distale quindi entrambe le mani si allontanano tra di loro e dal pto critico. Durante una successiva inspirazione accompagno, quindi torno un po’ indietro e con un’altra espirazione traziono un po’ di più. Questi movimenti sono alternati cioè una volta lavoro sulla radice e una volta allontano l’ernia. Con un lavoro molto selettivo. Altra spiegazione della tecnica Il Pz è disteso sul lato opposto a quello dell’ernia. Se però il Pz riferisce dolore, lo si fa mettere sul lato dove sta meglio. L’Osteopata fa una leggera chiusura in chiave e procede ai 3 passaggi della tecnica: 1) con la mano caudale, chiedendo al Pz di espirare, in 3 tempi espiratori mobilizza il nervo in direzione caudale. L’Osteopata aumenta ad ogni espiraz l’allungamento ed in un 4 tempo espiratorio rilascia i tessuti, 2) con la mano craniale agisce a livello dell’ernia come al punto 1) ma in direzione craniale, 3) con entrambe le mani, in successivi tempi espiratori allunga e rilascia alternativamente nelle due direzioni viste ai punti 1) e 2).

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mobilizzazione del nervo

mobilizzazione dell’ ernia

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mobilizzazione alternata

Questo lavoro serve a mobilizzare l’ernia e, con questo movimento elicoidale serve anche a mobilizzare e drenare la zona liquida dalla radice quindi l’edema periradicolare dall’ernia. Qualcuno dice che l’ernia rientra ma il prof pensa sia molto improbabile infatti la risonanza prima e dopo del trattamento è la stessa. Questa è una tecnica sintomatologica che faremo dopo il trattamento in quanto da Osteopati trattiamo il Pz nel suo insieme e dopo facciamo questo che è sintomatologico a conclusione del trattamento o come soccorso immediato ma non può essere considerato il trattamento dell’ernia Se il Pz si lamenta interrompiamo, mai insistere. Audouard dice che è meglio guardare un attimo la sacro-iliaca che a volte già basta. Ora vediamo un’ernia INFERO-INTERNA. Qui, in teoria, il Pz sente dolore dal lato stesso dell’ernia quindi in teoria potrei farlo sdraiare da questo lato. Se faccio così devo mobilizzare la radice con la mano craniale verso il basso e verso l’esterno del Pz e con la mano caudale verso il basso del Pz con molta precisione quindi metto un pollice sul pungolo nocicettivo e col resto della mano appoggiata traziono. Altra spiegazione della tecnica Il Pz è disteso sullo stesso lato di quello dell’ernia. Se però il Pz riferisce dolore, lo si fa mettere sul lato dove sta meglio. L’Osteopata fa una leggera chiusura in chiave e procede con i 3 passaggi come nella tecnica precedente. In questo caso la direzione in cui si mobilizza il nervo è verso il lettino e non verso l’ Osteopata.

Se il Pz invece si sdraia dall’altro lato quindi lato opposto all’ernia, con la mano podalica sto sulla radice e con la mano craniale “sull’ernia” ad incrocio e il discorso è sempre quello di trazionare la radice e allontanare l’ernia in fase espiratoria. Questo lavoro a volte è molto efficace ma a volte non dà risultati allora facciamo un lavoro anteriore sul m. psoas. Prima di fare questo il prof ha un suo protocollo che consiste nell’andare prima a verificare la sinfisi, poi il sacro e poi mettiamo il Pz supino e x via anteriore facciamo un trattamento entrando col pollice come il 73

trattamento dello psoas.

Il dito va in direzione dietro-dentro-basso, fletto l’anca e la adduco un pò per detendere i mm. addominali. Ogni volta che il Pz detende entro sempre di più fino a sentire la zona da trattare che è più consistente (perché è osso). Una volta arrivati sul pto si aggancia l’anca tirando un pò avanti per detendere lo psoas e porto l’anca in estensione. È sicuramente un discorso molto generico e in casi di ernie espulse o migrate viene a cadere.

Ernia del disco

Cos’è l’ernia del disco? La fuoriuscita del nucleo polposo dal disco (ciò che succede a livello istologico) Può portare a una compromissione radicolare o meno (a livello della clinica neurologica) Si da la colpa: al sovraccarico, difetti posturali, traumi, sovrappeso, cattiva igiene di vita (uno che fa la spesa sempre allo stesso modo, porta sempre gli stessi pesi, le stesse scarpe, ecc..) Può essere sintomatica o asintomatica (spesso sono asintomatiche) Quasi tutte le ernie sono posteriori (perché la nostra vita e tutto ciò che facciamo è proiettato verso l’avanti) Tensioni viscerali Possono risolversi spontaneamente (perché essendo una raccolta liquida tende ad essere riassorbita o scansata) 74

L’ernia si opera perché quando c’è migrazione con espulsione e compressione a livello del canale di coniugazione, a quel punto si creano delle condizioni che mettono a repentaglio la salute del nervo, allora bisogna intervenire in tempi relativamente brevi, altrimenti il nervo può andare incontro a degenerazione che può essere abbastanza invalidante, può essere temporaneo o permanente. Questo avviene quando ci sono i sintomi neurologici, la topografia radicolare si può manifestare sia come dolore della zona o una topografia di innervazione muscolare, quindi calo importante di deficit muscolare. Ci può essere in una prima fase ipereflessia (il nervo cerca di reagire), in una seconda fase ci può essere un rallentamento se non un’abolizione dei riflessi. Quando siamo in queste fasi bisogna fare attenzione. Maggiore interessamento del tratto lombare I livelli più frequenti: L5-S1, L4-L5, zona intestino, conformazione anatomica per la quale tra la base del sacro e la parte lombare si crea un angolo, un passaggio da una zona mobile a una meno mobile. Ogni vertebra lombare ha circa 1 grado di inclinazione e di rotazione. È una zona lordotica, in chinesiologia queste zone sono sottoposte a importanti stress di tipo muscolare. Le cervicali sono molto mobili, le dorsali meno perché ci sono le coste, le lombari da un punto di vista dell’adattamento è abbastanza mobile anche se singolarmente ogni vertebra si muove poco, globalmente però è abbastanza mobile. È una zona sottoposta a delle grosse sollecitazioni di tipo muscolare: psoas, lombi, dorsali, massa comune, pilastri del diaframma. L’ernia normalmente è posteriore quindi sarà normalmente una reazione che avviene davanti; davanti abbiamo l’inserzione dello psoas, in mezzo ci passano le radici nervose.

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Ancora davanti abbiamo l’inserzione del diaframma, a livello lombare i pilastri del diaframma. Si nota che i pilastri del diaframma e le fibre dello psoas si incrociano, sono inserite nella stessa zona (da D12 a L4), quindi abbiamo un diaframma sopra e uno sotto (inteso come comportamento); il comportamento di questi muscoli è di contenere i visceri, i visceri tendono sempre a scendere, abbiamo la controspinta della parete addominale che tiene (se tiene!), se questa tenuta cede un pochino (a seguito di: un parto, la pancia, un trauma, un’operazione), questa zona si vede allontanare i visceri verso il basso, quindi anche il diaframma si adatta scendendo verso il basso, e aumenta un po’ la sua tensione anche sulla colonna lombare che man mano comincia ad invertire la sua lordosi. Questi visceri sono accolti nel bacino, nel bacino c’è lo paoas; quindi questi visceri vanno a premere di più sullo psoas; a seguito di ciò lo psoas inizia a contrarsi sia nelle sue inserzioni con il bacino che nelle sue inserzioni vertebrali e ancora una volta aiuta, diventa sinergico all’azione dei pilastri del diaframma. Quindi, ci troviamo di fronte a una zona che all’origine è mobile, elastica; e invece man mano diventa sempre più rigida, viene perso del movimento, e il corpo in qualche modo cerca di recuperare questo movimento sopra a livello dorsale e cervicale, ma soprattutto mette sotto stress gli unici punti dove l’inserzione muscolare è minore quindi c’è più svincolo, questi punti sono i dischi L4-L5, L5-S1, che faranno da perno. Perché fino a L4 è tutto rigido, quindi questa parte tenderà ad andare in avanti, mentre da L5 tenderà ad andare verso dietro quindi ci sarà una situazione a cesoia; otteniamo il cosidetto “effetto a frusta”, a forza di fare questo lavoro dopo 4-5 volte si spezza. Ecco perché la maggior parte delle ernie si presentano in questa zona. A livello lombare c’è un irrigidimento, questo non è associato a una iperlordisi, anzi nel tempo può avvenire una inversione della curva, cioè diventa una curva dritta, significa che c’è una trazione che inverte una situazione muscolare. Allenare la parete muscolare può aiutare a prevenire. Se dovessimo invece avere un’ernia a livello di L2-L3 o L3-L4 sarà dovuta al fatto che queste zone riescono ad

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ammortizzare poco, o può essersi verificato un trauma importante o una schiacciamento importate, come una caduta sul sedere. Prima di trattare le ernie, il vero lavoro osteopatico sarà quello preventivo. La prevenzione comprende: un’adeguata alimentazione, la riduzione del sovrappeso, ci possono essere problemi al fegato che danno lombalgia. Secondo alcuni autori la protrusione rimane tale non è detto che diventa ernia, secondo altri la protrusione è l’anticamera dell’ernia. L’ernia si forma quando c’è la tendenza della bocca (parte anteriore) a chiudersi; quindi, l’ernia si mette in equilibrio con le tensioni che stanno davanti. Quindi, se togliamo l’ernia, decomprimo, cioè vado a togliere da un contesto di equilibrio creando così un disequilibrio che facilmente mi porterà alla formazione di una recidiva; perché io ho tolto il dolore (l’ernia) ma non ho tolto le cause (es: viscerale). Come identifichiamo la persona che ha l’ernia? Questa è la radice, il fastidio può essere al di sopra e esternamente alla radice: ernia supero-esterna. Questa è una radice dx e io ho sopra un qualcosa che mi infastidisce, quindi, avrete una persona che avrà dolore a dx, irradiazione a dx e si sposta dal lato opposto. Si chiama ernia supero-esterna caratterizzata da atteggiamento antalgico crociato. Questo mi serve quando dovrò mettere le mani, so da che lato la persona ha meno dolore. Posso avere un fastidio che sta sotto la radice (radice dx). Si chiama ernia infero-interna caratterizzata da un atteggiamento antalgico diretto, cioè il dolore è a dx e mi inclino a dx. Può arrivare la persona che sta anche piegata un pò in avanti, in questo caso la situazione è mista e ci può essere un interessamento anche dello psoas. Lo psoas porta su l’iliaco, lo porta indietro, intrarotazione dell’anca. Cosa fare quando la persona viene da noi. L’atteggiamento antalgico ci fa pensare a qualcosa. Ovviamente prima di trattare guardare la risonanza (esame obiettivo strumentale). Topografia radicolare: ha più dolore sulla parte esterna, posteriore, c’è chi non riesce a stare sulle punte, sui talloni, l’abolizione dei riflessi. 77

TEST Test di Lasegue Test positivo se hai dolore sotto ai 60°. Pz supino. L’osteopata di fianco prende l’arto inferiore del paziente e lo porta in flessione d’anca con gamba distesa, e cerca di scatenare il dolore. Quando tiro su l’arto, se tutto è libero, si dice che è lo sciatico (cmq le radici del plesso lombare) debbano scorrere per almeno un centimetro e mezzo (12 millimetri sicuramente!). Quindi, se non ci sono intrappolamenti di scorrimento. Se la radice è libera, quando fletto l’arto di 60° e anche oltre, in genere non succede niente. Attenzione a non confondere con un dolore a livello muscolo-fasciale da tensione dei muscoli ischio-crurali. Se invece, ai primissimi gradi di flessione, il paziente avverte subito dolore, c’è un intrappolamento della radice, e probabilmente questa radice è diventata pure edematosa, quindi c’è una reazione locale che non consente lo scivolamento. A questo punto prima di mettere le mani sul paziente andare a vedersi bene la RMN.

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Con la mano craniale controllo sempre le tensioni dell’anca. Mano caudale afferra la caviglia. a) Se il dolore compare prima dei 60° (fig.1), l’osteopata abbassa di qualche grado l’arto e stiro la radice (fig.2), comprimendo sulla pianta del piede del Pz. Se il Pz avverte dolore anche così, significa che c’è un interessamento radicolare. b) Se il Pz sente dolore prima dei 60° di F, l’Osteopata abbassa di qualche grado l’arto e comprime la radice attraverso una pressione sulla pianta del piede, il soggetto non sente dolore; tiro nuovamente su l’arto e il soggetto sente dolore. È un problema all’articolazione sacro-iliaca. Tramite la tensione dei muscoli ischiocrurali (durante la F dell’arto) tento di far fare una bascula posteriore del bacino, c’è una tensione importante a livello dell’articolazione sacro-iliaca, dei legamenti e probabilmente quello mi crea qualche fastidio a questo movimento. c) Se il Pz sente dolore prima dei 60° di F, l’osteopata abbassa di qualche grado l’arto e comprime la radice attraverso una pressione sulla pianta del piede, il soggetto non sente dolore; tiro nuovamente su l’arto e il soggetto sente dolore. Accentuo il dolore facendo una RI, add dell’arto, il Pz ha dolore. In questo caso c’è un problema al piccolo bacino, che ho messo in evidenza attraverso la tensione del piriforme, che tocca un pochino sul nervo; quindi ho una falsa sciatica a partire dal piccolo bacino, quindi dovrò indagare questa zona (pavimento pelvico, muscoli pelvi-trocanterici, osso sacro*). * osso sacro perché il piriforme ci sta attaccato, quindi basta una bella caduta sul sedere per farvi venire all’inizio una falsa sciatica, ma nel tempo, quando l’osso sacro risale verso l’alto e indietro (quindi va a pinzare ancora di più quella zona che già si muoveva poco, il disco L5-S1), dopo diventa un fastidio insostenibile su un disco che già soffre e diventa una vera sciatica. Soprattutto nella donna la caduta sul sedere è devastante da un punto di vista della salute.

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Il Pz ha sempre un dolore a livello pelvi-trocanterico. Faccio i test che ho fatto precedentemente, il Pz sente dolore, però… allora l’osteopata chiede al Pz se ha dolore quando riporta l’arto velocemente verso il lettino. Se il Pz ha dolore è un problema allo psoas. Essendo accorciato, quando abbasso l’arto, frusta la colonna, chiude ancora di più. Se alcune persone durante il test non riescono a tenere il ginocchio esteso nel momento della F dell’arto, non importa perché comunque l’Osteopata sta già mettendo in tensione le radici sotto la coscia. Pz supino. Faccio sollevare la testa al Pz. Se ho l’ernia che è in supero- esterna, nel momento in cui alza la testa la radice va a sbattere. È un altro modo di fare il test, il prof Di Branco dice: mi limiterei a fare gli altri!

Il midollo termina a livello del piatto superiore di L1, qualche volta a livello del piatto inferiore di L1. Una radice può essere interessata a livello L5, ma può essere interessata durante tutto il tragitto. Dove avrò la zona dolente, sarà li il livello dove è interessata la radice, la zona dolente la metto in evidenza con il test della chiave. Pz prono. Osteopata mette il pollice nello spazio intervertebrale, sposto il pollice a dx e sin, dove c’è dolenzia c’è interferenza discale. Questo test ci dice sia il livello che il lato. Es: vado sullo spazio, dx aumenta, sin non ho niente, quindi es: ho un disco L3-L4 a dx. Test del non dolore In più posso aggravare il test Pz seduto. Osteoin due modi: pata dietro al Pz con 1.Compressione sulla spalla le braccia sopra le dx e richiesta al Pz di estenspalle del Pz, andrà dere il gin dx a comprimere a dx e con piede a martello, a sin. Questo già è un mantice pieno cioè in apprimo test, nei casi in nea inspiratoria. Così un cui c’è molto dolore peso importante mi va a già dice se c’è una comprimere lo scorrimento buona compressione del nervo; quindi vedo a che a quel livello. punto siamo. Chiedo al Pz: inspira, trattieni ed estendi l’arto, soffia e giù la gamba. Lo faccio sia con la gamba dx che sin. Questo test posso farlo prima e dopo il trattamento. Per vedere se ho lavorato proprio bene faccio il test senza aria nei polmoni. 79

2. Chiedo al Pz: inspira, espira ed nello stesso momento estendi l’arto, e giù la gamba. Lo faccio sia con la gamba dx che sin. Questo test lo faccio per vedere quanto ancora mi resta da fare, quando a fine seduta riesco a fargli questi 2 test e vedo che non scateno più il dolore, ho finito il mio lavoro. C’era l’ernia, che ti tieni, ma adesso ti ho messo nella condizione più importante per sistemarti alla prossima seduta. Però è importante uno stile di vita corretto. Trattamento ernia del disco Come ci comportiamo? Il Pz deve venire da noi supportato da esami come risonanza. Il Pz viene con un atteggiamento antalgico (non è sempre così). In un Pz con fastidio della radice nervosa a livello supero-esterno, arriva con un atteggiamento antalgico crociato (mi fa male a sin e mi sposto a dx). Un fastidio infero-interno rispetto alla radice, abbiamo un atteggiamento antalgico diretto. Ciò mi serve per avere un’idea almeno in teoria, il lato antalgico sarà il lato migliore dove poter lavorare. Possiamo fare una topografia radicolare, le zone di elezione del dolore, le zone di anestesia, di ipereflessia, i riflessi, assenza dei riflessi. Test della chiave, per vedere il livello più compromesso. Test di Lasegue Test del non dolore (quando voglio sapere a che grado di gravità è messo il Pz prima, dopo che ho trattato se l’ho liberato). È molto importante che il Pz porti la risonanza, ma se non dovesse averla sarebbe importante fare tutti i test precedentemente citati perché: la cauda comincia sul piatto superiore di L1, sul piatto inferiore di L1, più o meno lì finisce il midollo e iniziano le radici nervose, quindi sotto la discesa di tutte le radici nervose, a livello più basso (che può essere anche L2) ci può essere qualcosa che infastidisce più radici. Ho una radice nervosa e ho una ernia supero-esterna. Almeno da un punto di vista teorico comincio a vedere se posso trattare il Pz con la disfunzione dell’ernia (ernia sin, osteopata a sin), il Pz deve decombere sul lettino su un fianco, in una quasi chiusura in chiave, dal lato del non dolore. Devo vedere se questo è possibile se no sono costretto a mettere il Pz dal lato opposto. Il discorso della posizione del Pz mi deriva da una semplice considerazione: si chiede al Pz: quando ha più dolore? la notte; da che lato dorme? Il lato dove dorme sarà quello del non dolore. La risonanza non mi dice esplicitamente che c’è un’ernia supero-esterna o infero-interna, ma si scopre attraverso i test. Pz prono. Segno una radice, ernia supero-esterna. Vorrei mobilizzare la radice nel forame di coniugazione, allontanare per quanto possibile l’ernia dalla radice, per dare una possibilità alla struttura locale, di poter drenare meglio quest’edema periradicolare che si forma in queste problematiche, la grossa rottura è che la parte acquosa che esce si può incanalare. Se c’è un problema di ernia che non è migrata, non è espulsa ce ne freghiamo, perché ce l’hanno tutti!!! Se, invece, è espulsa e migrata, è problematica perché comincia ad incanalarsi e a comprimere dove non dovrebbe. Va a comprimere nella parte liquida del gel che esce fuori dal nucleo, questa parte liquida in qualche modo devo poterla drenare. Come faccio? Con le mani devo cercare di mettere la struttura nel modo migliore affinchè reagisca. Da un punto di vista dei mezzi tecnici, oltre alle operazioni, ci sono tante possibilità, tra le quali: scaldamento con laser chirurgico dell’ernia che fa evaporare o fa reagire bene le molecole d’acqua che stanno dentro e quindi la parte compressiva diventa meno fastidiosa.

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Abbiamo un’ernia supero-esterna a dx, con atteggiamento antalgico crociato, per cui metto il Pz sul fianco sin. Se il Pz ve lo consente fate una chiusura in chiave molto delicatamente, non dovete dare una torsione perché se c’è già il disco rovinato se torcete fate più danno. Se il Pz non ve lo consente si stabilizza il Pz mettendo le gambe flesse a 90° e lavorate solo sul tronco sup. Mano craniale si infila tra torace e braccio del Pz, contatta l’ernia. Mano caudale contatta la radice. Farò 3 movimenti diversi: 1. deputato alla mobilizzazione della radice: mano caudale sulla radice, farò allungo-allungo-allungo e torno. Inspira, soffia e allungo, mantengo (per 3 volte) e ritorno alla posizione iniziale; 2. deputato alla mobilizzazione dell’ernia: mano craniale sull’ernia, farò scanso-scanso-scanso e torno. Inspira, soffia e scanso, mantengo (per 3 volte) e ritorno alla posizione iniziale; 3. deputato alla mobilizzazione di radice e ernia: entrambe le mani posizionate una sull’ernia l’altra sulla radice, farò un lavoro di andata e ritorno a spugna; un movimento elicoidale per far riassorbire. Cerco di stressare il meno possibile la zona andando a lavorare su vari parametri ma con movimenti piccoli. Questi sono tutti lavori per le ernie contenute. Per le ernie migrate, espulse, con questo lavoro fate ben poco. Quello che funziona bene è: un lavoro diretto sullo psoas (diretto sull’ernia, nella via d’accesso anteriore) e la panca inversa (non dovrei dirlo ma lo dico!!) Se per un problema qualsiasi il Pz non può stare su questo fianco, lo lavoro sull’altro. Stavolta farò un appoggio che mi consenta di allontanare, mobilizzare (fig.1); oppure incrocio, mobilizzo, allontano (fig. 2).

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Si può fare la stessa cosa anche con l’ernia infero-interna. Qualche volta è utile fare queste cose altre volte non serve a niente.

Un lavoro sullo psoas

Pz supino. Mano craniale si posiziona sullo psoas, mano caudale tengo il ginocchio del Pz flesso. Decomprimo un pò la zona finchè non vado giù; con la mano craniale vado in appoggio sui corpi vertebrali, blocco la radice (posizionando il petto dell’osteopata davanti al ginocchio), allungo lo psoas. 81

Facendo questo lavoro 3-4 volte avete un lavoro strepitoso per le ernie (definiamole “non cattive”, non intraforaminali). Riassumendo g prendo un appoggio diretto la sopra, scanso tutto ciò che mi infastidisce, lo porto indietro (verso il lettino), comincio a mobilizzare localmente con la gamba. Questo perché in mezzo allo psoas ci passa il plesso. Basta che io faccia un lavoro diretto su questo muscolo, che crea una situazione locale che libera immediatamente. È un lavoro che si può fare dopo o nei casi gravi prima. Ancora sull’ernia Quando viene una persona con il mal di schiena, si chiede se ha la risonanza magnetica; da li vedete tutto subito e bene. Si chiede da quanto tempo si ha il dolore, la topografia radicolare del dolore: possiamo far camminare il soggetto sui talloni e sulle punte, se cammina su entrambe significa che non c’è un deficit di forza; vedere i riflessi; la sensibilità: la sensazione di pelle cartonata, come se non fosse mia, tipica di certi problemi che si instaurano su L3-L4, bruciore o dolore nella zona. Facciamo il test di Lasegue: spesso anche quando il Pz non ha dolore, quando alzate la gamba del soggetto e poi alzate l’altra sentite una che va e l’altra che è frenata; quindi questo test ci dice qualcosa in più oltre al dolore. Il livello del dolore, facendo il test della chiave, mi dice se il dolore è a dx, sin, al centro o da tutte le parti. Prima del trattamento ci resta da vedere il test del non dolore. Queste tecniche che vedremmo sono abbastanza teoriche, hanno una riuscita al 50% perché dipende dalla caratteristica del problema, ipotizziamo come trattamento sintomatico dell’ernia. Sintomatico perché il trattamento osteopatico dell’ernia è un trattamento dell’individuo, si comincia dal cranio. Però se il Pz viene con un problema alla schiena e l’Osteopata gli tratta il cranio, il Pz lo prende per matto!! È un trattamento sintomatico, meccanico, che andrà fatto alla fine di un trattamento osteopatico. Fare una chiusura in chiave, se non è possibile fare un atteggiamento in chiusura in chiave. Nel caso di un’ernia supero-esterna, mettiamo il lato dolente verso l’Osteopata, però se ha dolore lo facciamo girare dall’altro lato. Posizioniamo mano caudale sulla radice e mano craniale sull’ernia; in 3 movimenti mobilizzo la radice, poi l’ernia, oppure mobilizzo sia ernia che radice. Questo quando il Pz ve lo consente!! Quando l’ernia è infero-interna sta dall’altra parte, il rischio è quello di comprimere verso l’ernia. Vi dovete posizionare sempre in maniera tale che una mano allontana e una mantiene.

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Perché se vado a fare cose come: allontano la radice e l’ernia la rimando sopra, non faccio altro che comprimerla ancora di più. Bisogna visualizzare l’azione che si sta facendo; ribadendo che questa è un’azione di contorno finale di tutto il trattamento osteopatico.

Lo stesso tipo di azione si può fare con il Pz prono. Tutte 4 le possibilità da tutti e 2 i lati.

Lavoro sullo psoas Pz supino. Quando c’è un problema importante, il Pz al minimo movimento (es F dell’anca da parte dell’Osteopata) ha dolore. (fig.1)La prima cosa da fare sarà flettere il ginocchio con la mano caudale, con la mano craniale entrare nell’angolo compreso fra il legamento inguinale e la proiezione del retto addominale, è l’unico punto dove riuscite a entrare senza trovare una grossa resistenza, entrate bene in proiezione della sacro-iliaca. Dopodiché a seconda dei movimenti che fa il paziente, ogni volta che comprime lo psoas sentite il dito che risale. Con la mano craniale dovete fare 3 movimenti: 1 vado verso l’alto, 2 vado verso la colonna, 3 risalite verso la radice che vi interessa. Stiamo parlando di spazi di al max 3 cm, ci spostiamo finchè non becchiamo il punto di max dolore. Bisogna stare attenti perché è una zona viscerale, dove ci passano molte arterie, e con quest’azione andiamo in contatto diretto con i corpi vertebrali, significa aver passato lo strato degli psoas, un doppio strato dove in mezzo transita la radice nervosa. Quindi, agganciando la radice nervosa tramite l’appoggio sullo psoas noi mobilizziamo tutto il tessuto a quel livello cercando di svincolare la radice nervosa dal pungolo nervoso e dall’ ernia. È efficace quando il problema non è compromesso al 100% (è compromesso al 100% quando c’è un’ernia emigrata espulsa ed è diventata intraforaminale, in questo caso qualunque cosa si faccia sarà solo uno spostamento momentaneo del dolore), ci sarà un risultato abbastanza buono intorno a 80-85% di riuscita. (fig.2)Prendo appoggio diretto sullo psoas, fletto la gamba e adduco così andando in appoggio sulla sacroiliaca in proiezione dei corpi vertebrali, dalla smorfia del paziente capite quando siete arrivati.

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(fig.3) Aggancio l’arto inferiore (mano dietro al ginocchio), (fig.4)traziono verso il soffitto, quindi sono ancora più in appoggio; una volta che sono in appoggio sulla radice traziono la gamba distendendola sul lettino (fig.5-6). Si fa per 2-3-4 volte.

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Potete entrare anche così , con 2°-3° dito, anatomicamente sposate perfettamente la zona, solo che poi dopo non potete più lavorare. Questo serve soltanto se dovete massaggiare la zona muovendo il ginocchio effettuando movimenti di F, add, abd, E anca, può essere un trattamento preparatorio.

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TECNICA DIRETTA con parametro d’INCLINAZIONE LATERALE All’interno di una tecnica diretta è importante inserire il parametro di inclinazione laterale, che rende la manovra ancora più efficace, per diversi motivi: - in caso di Pz con un’ernia, si avrebbe la capacità-possibilità, di essere meno aggressivi sul disco intervertebrale. Partendo dal presupposto però, che il disco è costituito da una parte più esterna che è l’anulus fibroso, conformato da fibrocartillagine, con fibre orientate nei vari piani dello spazio, tra i quali si hanno il p. orizzontale, il p. obliquo e un p. longitudinale g le fibre oblique e longitudinali che hanno una loro consistenza, quando si esercita una rotazione, dal momento che il disco ha anche una funzione legamentosa, essendo adeso tra due piatti vertebrali, si allontanano le inserzioni di queste fibre, e quindi si accorcia in un certo senso la loro lunghezza, per cui si ha un’azione di torsione/compressione sul disco (anche se alcuni ritengono che questa componente di torsione/compressione, sia abbastanza resistente e sopportata) che ne comporta poi una sofferenza, che ovviamente ha vari gradi di valutazione, da una semplice compressione per disidratazione del disco, a una protusione, fino ad arrivare a un’ernia, magari espulsa; per cui tanto più è maggiore la gravità della patologia, tanto più è rischioso fare delle tecniche dirette che abbiano un effetto di torsione compressivo sul disco stesso; - di fronte a un Pz con una sofferenza lombare, è bene, tramite i test osteopatici e gli esami strumentali, valutare la condizione del soggetto e prendere le eventuali precauzioni per evitare che la situazione possa magari essere aggravata dal trattamento osteopatico;

- è utile nei casi in cui il Pz è particolarmente rigido, per cui presenta una colonna che potremmo definire marmorea. La componente di rigidità, impedisce la possibilità di posizionare il Pz come si vuole, perché resiste al posizionamento per le sue caratteristiche di poca plasticità, e soprattutto agendo su una componente di per sé poco libera (la rotazione) si rischia, nel mettere la componente di rotazione, di incastrare ancora di più l’articolazione, per cui è poi impossibile ritrovare il livello disfunzionale e la chiusura in chiave, perché si bloccano completamente g sono Pz con i quali si fa molta difficoltà a mettere in tensione; - è utile su tutti i Pz nei quali è richiesta una particolare attenzione a una tecnica meno aggressiva possibile anche sulle strutture osteoarticolari, sia per un discorso puramente biomeccanico, sia in condizioni per cui il Pz è particolarmente rigido, ha una sofferenza discale importante, una patologia ossea metabolica, in molti casi le manovre solo in rotazione possono creare ulteriori problemi per cui è utile che l’Osteopata vada a ricercare la situazione meno aggressiva possibile. Ci sono quindi molte motivazioni valide per cui è fondamentale saper gestire bene anche il parametro di inclinazione laterale. La cosa importante in queste tecniche è che, mentre nelle TEM ci si ferma sulla barriera visco-elastica per cercare di far lavorare in allungamento i muscoli che mantengono la disfunzione, con la tecnica diretta si supera la barriera dei muscoli per avvicinarsi il più possibile a quella che è la barriera articolare. A maggior ragione si deve essere più attivi con tutte e due le leve nella messa in tensione, anche se nel momento della riduzione, si è più attivi ed efficaci sulla leva inferiore, perché la leva superiore dovendo agire sull’inclinazione non può agire in trazione ma in avvicinamento, ed essendo poggiati sul torace si rischia di essere troppo invasivi, si agisce sulla componente di inclinazione rotazione, ma nel thrust si predilige la leva inferiore.

Rachide dorsale_Melis

Suddividiamo il rachide dorsale in 3 zone: rachide superiore, medio e inferiore. Superiore: D1-D4, perché D4 è l’ultima vertebra alla quale arrivano le rotazione del capo, anche se in soggetti particolarmente lassi la rotazione può trasmettersi anche su D5-D6. Medio: D5-D9 Inferiore: D10-D12; distinguiamo medio da inferiore perchè nell’inferiore le tecniche ad energia muscolare possono essere fatte anche in decubito laterale. Le disfunzioni osteopatiche che ci possono essere a livello dorsale sono: - disfunzione simmetriche: impegno bilaterale delle faccette articolari, possono esserci disfunzioni in flessione bilaterale se c’è un’anteriorità o divergenza bilaterale, oppure disfunzioni in estensione bilaterale se c’è una posteriorità o convergenza bilaterale. - disfunzioni asimmetriche DISFUNZIONI ASIMMETRICHE Disfunzioni di tipo 1 o in NSR: in neutralità, non ci sono parametri di flesso-estensione, l’appoggio si farà a livello del disco, quindi senza impegno delle faccette articolari. È un tipo di disfunzione che riguarda un gruppo di vertebre, denomineremo le vertebre apicali che saranno quelle più inclinate, e la vertebra apice che è quella centrale che ha il parametro di rotazione maggiore. È un tipo di disfunzione mantenuta dai muscoli lunghi, (ad es. a livello lombare è mantenuta dai muscoli psoas o dal quadrato dei lombi). Disfunzioni di tipo 2 (ERS, FRS): c’è un parametro di rotazione, c’è l’impegno di una sola faccetta articolare, che può essere posteriore nel caso di una ERS, o quella anteriore nel caso di una FRS. Disfunzioni bilaterali assimmetriche: abbiamo una doppia disfunzione. Es: in rotazione sx, avremmo un disfunzione della faccetta posteriore di sx e faccetta anteriore di dx. Principi di una tecnica miotensiva: - la tecnica ad energia muscolare è una tecnica attiva perché c’è la collaborazione del paziente; - è una tecnica a posizionamento diretto, cioè posizioniamo la vertebra in disfunzione contro la barriera motrice patologica, invertendo i parametri disfunzionali nei 3 piani dello spazio. Se abbiamo disfunzione in ERSsx dovremmo invertire i parametri disfunzionali in una FRSdx; - si effettuerà una contrazione isometrica contro resistenza dell’osteopata, in direzione dei parametri disfunzionali. R=resistenza, C=contrazione, devono essere uguali perché stiamo parlando di una contrazione isometrica (senza spostamento dei capi articolari). 85

Disfunzione ERSsin di D5 su D6 Abbiamo una vertebra in E quindi un avvicinamento della spinosa di D5 su D6; in rotazione sin, con la spinosa di D5 deviata sul lato dx e in inclinazione sin minima. Quindi bisogna visualizzare la disfunzione sui piani dello spazio, poi si posizionerà la vertebra contro la barriera motrice patologica (FRSdx), poi si chiederà una contrazione isometrica minima verso la disfunzione per 3 sec,rilasciamento (3 sec) e cerchiamo nuova barriera patologica incrementando i parametri correttivi, nuova contrazione.. lavoro ripetuto per 3-4 volte. A lavoro terminato si testa nuovamente il segmento in disfunzione e valutiamo se è cambiato qualcosa o meno.

Nelle tecniche strutturali, dirette, dove c’è il thrust, c’è un meccanismo doppio: - da un lato c’è un effetto meccanico, con un’apertura, uno scivolamento delle faccette articolari (la capitazione, lo scrocchio), il passaggio del liquido all’interno della cavità sinoviale, si passa da uno stato liquido a uno stato di gas; andiamo a comprimere tutto, poi il movimento di thrust è molto rapido crea questa dispersione di gas; - un effetto neuro riflesso, che consiste nella diminuzione dell’attività gamma, è un circuito nervoso che tiene un muscolo in ipertono. Sono muscoli restrittori: che mantengono la disfunzione, ad es in una disfunzione di 2° tipo sono i muscoli intertrasversari o interspinosi o trasverso spinosi, sono muscoli molto profondi, questi quando sono in ipertono mantengono la vertebra in disfunzione, funge da tirante, tira su dei punti ossei. Questa riduzione dell’iperattività gamma si trova in quasi tutte le tecniche osteopatiche. Il Pz contrae i muscoli ipertonici (quelli segnati in rosso) che mantengono la disfunzione, li contrae in maniera isometrica su lunghezze progressivamente aumentate, cioè troviamo il segmento in disfunzione: un muscolo ha una lunghezza “x”, un muscolo ha una lunghezza “y”, dobbiamo invertire questi parametri. Io farò flessione, inclinazione e rotazione dx; il muscolo “x” si allungherà e diverrà “x+1”, e l’altro “y+1”. +1 sta per lunghezze aumentate progressivamente. Poi cercherò una nuova barriera motrice e farò contrarre nuovamente e diventeranno “x+1+1” e “y+1+1”. Durante la fase di posizionamento contro la barriera motrice c’è una stimolazione propriocettiva delle fibre intra- ed extra-fusali; durante la fase di contrazione isometrica viene stimolato e disteso il fuso neuromuscolare che è questa sorta di sensore che si trova all’interno del ventre muscolare.

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Al sistema nervoso centrale arrivano simultaneamente due informazioni discordanti, perché una è un’informazione in accorciamento (la contrazione che chiedo) e una in allungamento (la vertebra è messa in un certo modo e la costringo ad aumentare l’inserzione muscolare). Non potendo avere una risposta univoca, il sistema nervoso centrale è costretto a proteggere tutto diminuendo l’attività gamma, di conseguenza indietreggia la barriera motrice patologica. La tecnica ad energia muscolare la facciamo per 3-4 volte, perché

ogni volta si riduce l’attività gamma; la ripetizione della manovra alla fine normalizza il tono dei muscoli che mantengono la disfunzione sino alla liberazione articolare. I vantaggi delle tecniche mio tensive Hanno una minima sollecitazione meccanica; Sono tecniche dolci e molto efficaci a livello della barriera motrice. Gli svantaggi Sono difficili da fare, richiedono molta precisione; Non sono applicabili in fase acuta, il muscolo è ipercontratto ed è meglio non sollecitarlo in questo modo, in questo caso sono preferibili le tecniche funzionali, indirette. Indicazioni per le tecniche ad energia muscolare Possono essere utilizzate come tecniche di prima scelta, oppure come tecniche di preparazione prima di una tecnica strutturale; vengono utilizzate nei bambini (non 2-3 anni, ma un’età sufficiente perché possano collaborare); nei soggetti anziani; tutti quei casi in cui sia controindicato il thrust. I componenti della tecnica da seduto per le dorsali Corretto posizionamento del Pz: seduto Corretto posizionamento dell’Osteopata: convenzionalmente dovrà stare in piedi, spostato lateralmente rispetto al paziente dal lato opposto rispetto al parametro rotatorio della disfunzione. In una ERSsin l’osteopata starà alla dx del Pz. Oppure può essere fatto rispetto alla faccetta articolare in disfunzione. Per una disfunzione in ERSsin, abbiamo un posteriorità a sx, l’osteopata si pone contro lateralmente alla disfunzione, a dx; se è una FRSsin, abbiamo una anteriorità a dx, mi metto omolateralmente, a dx; Fondamentale il corretto posizionamento delle braccia del Pz, questo posizionamento cambierà a seconda che ci interesseremo del rachide dorsale alto o basso. Per la dorsale superiore le braccia possono essere messe lungo i fianchi, mani sulle coscie, l’Osteopata guida il paziente mediante le mani sulla testa. In questa zona alta abbiamo la possibilità di trasmettere i parametri rotatori attraverso il capo. Nella dorsale media e inferiore le mani del paziente sono posizionate sopra le spalle con gli avambracci incrociati. L’osteopata guida attraverso i gomiti o avambracci del Pz, come una sorta di leva. Rachide dorsale alto, disfunzioni in ERS, la mano dell’Osteopata blocca la testa del Pz a livello della bozza parietale. Nelle disfunzioni in FRS, la mano dell’Osteopata blocca la testa del Pz a livello della bozza frontale, devo dare il parametro di F, rotazione e inclinazione, ma soprattutto quando dovrà addrizzare la testa, la F la fa meglio se spinge sulla mano con la fronte. Il posizionamento della mano serve per la spinta. D4 in ERSsin Pz seduto, Osteopata in piedi alla sua dx, mano dx sulla bozza parietale, mano dx sta con dito medio o indice nello spazio interspinoso tra D4 e D5. I parametri di correzione saranno dati in maniera progressiva e graduale tenendo sempre conto della terza legge di Fryette, secondo la quale inserendo un parametro nello spazio si assiste automaticamente alla riduzione degli altri parametri che poi seguiranno. Farò una flessione per includere nella leva superiore D4, cioè fletto finchè non sento che D4 si allontana da D5, ma D5 non la segue. Rotazione dx, con il dito devo percepire la lateralizzazione della spinosa minima e una minima inclinazione dx. Una volta invertiti i parametri disfunzionali, si chiede una contrazione isometrica, si chiede al paziente di raddrizzarsi. D4 in FRSsin Cambieranno soltanto i parametri, inseriremo una estensione, quindi una chiusura dello spazio tra D4 e D5. NSRsin Disfunzione di gruppo, mantenuta dai muscoli lunghi costrittori. Es: D7, D8, D9, ma può essere da D6 fino 87

a D10. Andremmo a lavorare nel punto di max rotazione (che è una scoliosi), nella vertebra centrale, quella apice, perché è quella che si trova più sul piano orizzontale rispetto alle altre. Non dobbiamo dare nessun parametro né di F né di E. Inclinazione e rotazione saranno opposte. Quando devo trattare una disfunzione sul rachide dorsale alto, per trovare la vertebra parto da D1. Devo discriminare D1 da C7. La vertebra più prominente è C7, però ci possono essere delle particolarità. Pz seduto. Mettiamo 3 dita, dove ci sono le vertebre più prominenti e andiamo ad estendere il capo; siccome le vertebre si muovono in base alle faccette articolari, se noi andiamo a indurre un’E del capo, la vertebra che ha le faccette messe su un piano para-orizzontale scivola in avanti quindi sparisce. Tra C7 e D1 la vertebra che ha le faccette su un piano para-orizzontale è C7. T1 le ha para-frontali per cui rimane saliente. Quando devo trattare una vertebra sul rachide dorsale medio e basso, si può fare in 2 modi: 1. risalire seguendo il bordo della 12° costa, quindi reperiamo D12. 2. In alcuni soggetti particolarmente voluminosi o sensibili possiamo andiamo a localizzare lo spazio tra L5-S1 e saliamo. D3 in ERS sin Pz seduto. Utilizzerò il capo del Pz, perché se faccio i movimenti di rotazione, questi movimenti si trasmettono fino alla 4° vertebra dorsale. Osteopata si mette a dx del Pz perché c’è una rotazione sin, mano craniale nello spazio interspinoso tra D3-D4 e controllerò cosa succede nei diversi movimenti, mano caudale a livello della bozza parietale. La vertebra è in E, per cui andrò a fare una F. È una F localizzata, non è esagerata altrimenti oltre ad aprire D3-D4, arrivo fino a L1.

Localizzo il movimento, chiudo D3 nella leva superiore, ovvero sento che la spinosa di D3 sale, ma non sale quella di D4, se volete potete mettere un dito nello spazio tra D3-D4 e uno sullo spazio tra D4-D5; in modo tale che sentiate aprirsi lo spazio tra D3-D4 e non tra D4-D5. Devo posizionare la vertebra contro la barriera motrice patologica, devo invertire i parametri: flessione, rotazione dx (con l’indice posso leggermente spostarmi dal lato dove dovrà ruotare la spinosa, perché se ruoto a dx la spinosa dovrà ruotare sul lato sin, e percepisco appena appena lo spostamento della spinosa), inclinazione dx. Chiedo una contrazione isometrica, chiedendo di raddrizzare la testa spingendo sulla mia mano (1-2-3 stop), 3 secondi di pausa nei quali incremento i parametri di F, R, inclinazione e nuova contrazione. Per 3-4 volte. Non importa utilizzare la respirazione.

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D2 in FRS sin La disfunzione è anteriore dx, quindi l’Osteopata si mette a dx. Con la mano craniale mi metto tra D2 e D3, mano caudale davanti allo fronte. Con la mano davanti allo fronte imprimo una E, R dx e inclinazione dx. Chiedo al Pz di spingere contro la mano che sta sulla fronte.

Ora per un trattamento a livello delle dorsali basse possiamo lavorare così. Pz seduto, poggia le mani sulle spalle con i gomiti verso avanti. L’Osteopata posiziona il suo braccio caudale al di sotto delle braccia del Pz effettuando una presa. O incrociando i gomiti, in base alla tonicità del paziente, alla tensione dei muscoli, all’ingombro del petto.

D8 in ERS sin Con la mano craniale, con l’indice mi metto nello spazio tra D8-D9, posso anche mettere il medio nello spazio tra D9-D10, così sento quando includo la prima vertebra in disfunzione della leva e non devo includere l’altra. Questa volta userò il corpo del Pz, che faccio venire verso di me. Gli dò una componente di F, ruoto a dx (sento la spinosa che si muove e mi fermo), inclino a dx e chiedo al Pz di raddrizzarsi. Chiedo al Pz 3 secondi di contrazione, recupero ancora un pò di parametri e così via. D8 in FRS sin Gli dò una componente in E e sento che si chiude lo spazio tra D8-D9, ruoto a dx e inclino a dx e chiedo al Pz di addrizzarsi. Importante: quando diamo il parametro di R deve essere su un piano orizzontale, quando diamo un parametro di inclinazione deve essere su un piano frontale, questo è importante sia nel test che nella tecnica.

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NSR Stessa cosa, più semplice perché abbiamo un parametro in meno su cui lavorare. NSR sin Ho un’inclinazione dx, con una R sin, ovvero abbiamo una prominenza delle trasverse di sin, avremmo gli spazi intercostali che a dx saranno più chiusi, mentre sulla sin saranno più aperti, avremmo anche i tubercoli intercostali sin più prominenti. In una disfunzione di gruppo avremmo 2 vertebre culmine (D5 e D9), che sono quelle più inclinate. E poi la vertebra centrale (D7) che è la vertebra più orizzontale, che sarà quella più ruotata; quindi noi agiremo su questa vertebra.

Ora sul Pz dopo individuata la vertebra, non faremo né una F né una E, facciamo una inclinazione sin e una R a dx e gli chiediamo di addrizzarsi.

Test generali sul dorso Test di pressione sulle spinose Test di strisciamento del connettivo Test di mobilità globale Questi test ci indicano un livello. In base a questo scegliamo di fare: un test da prono un test da seduto

Pz seduto. Test meccanico passivo. L’Osteopata è laterale al Pz. Conveniente mettere il Pz a cavalcioni sul lettino mantenendo il bacino fisso; soprattutto se dobbiamo fare un test sulle dorsali basse in cui abbiamo bisogno di molta stabilità. Pz prono. Test respiratorio attivo. L’Osteopata è dietro al Pz. Test meccanici per il rachide dorsale alto Pz seduto. Osteopata con le dita della mano craniale negli spazi D1-D2, D2-D3, D3-D4, D4-D5, mano caudale sulla fronte del Pz. Osteopata porta la testa delPz in E e vede se gli spazi si chiudono, in F e vede se gli spazi si aprono.

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Oppure posso fare questo test specificamente dopo aver fatto in precedenza un test di localizzazione della lesione; ovvero faccio un test di mobilità generale sul dorso: Pz incrocia le braccia, osteopata fa una presa al di sotto delle braccia e fa dei movimenti di F-E del dorso. Sento una zona rigida centrale e mi concentro a fare i test su questo livello. Oltre alla F-E, una volta che trovo uno spazio che non si apre e non si chiude, si fanno i test sulle R.

Per il rachide dorsale alto posso usare anche questa presa. Uno soggetto grosso non riuscirà a fare questo!

Test meccanici per il rachide dorsale medio-inferiore Pz seduto, braccia incrociate. Osteopata ha una presa sotto le braccia e farà i movimenti di F-E e le R. Questo test meccanico lo faccio dopo aver precedentemente fatto un test generale sul rachide: un test grossolano, un test di strisciamento ai lati della spinosa, un test connettivo, oppure un test di pressione sulle spinose. E poi, trovato il livello, si fa un test specifico che può essere meccanico o respiratorio.

Test respiratorio Pz prono. Per esempio nei test generali ho trovato questa zona rigida. Si inizia a partire da una deviazione della spinosa, trovo la spinosa deviata sul lato dx, quindi sappiamo che ha una R sin, quindi può essere una ERSsin, FRSsin, NRSsin o bilaterale assimetrica con R sin oppure una deformazione della spinosa perché è punto di inserzione muscolare, se uno ha delle asimmetrie muscolari protratte nel tempo, dall’infanzia, per una gamba corta ecc.., anche i muscoli lavoreranno in maniera asimmetrica, trazioneranno in maniera differente un lato rispetto all’altro, quindi a lungo andare possono portare alla deviazione della spinosa. Tutti i punti di inserzione possono essere più evidenti, a livello della SIAI (inserzione dei muscoli anteriori della coscia), specialmente in persone come i calciatori che utilizzano molto le gambe, che sono destrimani o mancini, si noteranno delle salienze più evidenti in una gamba rispetto all’altra perché quel muscolo è stato sollecitato in continuazione a quel livello, quindi l’inserzione si è sviluppata di conseguenza. Quindi, abbiamo una spinosa deviata sul lato dx, dobbiamo vedere se si riallinea o no. Se non si riallinea può essere una bilaterale asimmetrica. A livello lombare abbiamo una lordosi quindi a una inspirazione corrisponde una F; a livello dorsale c’è una cifosi quindi a una inspirazione corrisponde un’E (la gabbia toracica si allarga avanti e si stringe dietro). Se a una inspirazione la spinosa si riallinea si tratta di una lesione in E. Perché se la spinosa che ho trovato è deviata a dx, devo sapere se è bloccata in 1 o 2 o 1e2. Se si riallinea in inspirazione, durante l’inspirazione la spinosa (3) scende quindi di chiude, ciò vuol dire che il punto su cui avviene il movimento è l’articolare basso a sin; vuol dire che a dx è libera di muoversi mentre a sin no perché durante l’inspirazione si normalizza, ma durante la F peggiora perché la faccetta sin dovrebbe anteriorizzarsi ma non ci riesce, quindi aumenta ancora di più, quindi è bloccata a sin. Situazione opposta se abbiamo una lesione in F: si normalizzerà durante l’espirazione. Se non si normalizza ne in inspirazione che espirazione sarà una bilaterale asimmetrica.

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Trovo una rotazione sin della vertebra Posiziono un pollice sulla parte sx della spinosa, un pollice sulla parte dx di quella sottostante, induco una R sin spingendo da sin a dx e traslando e vedo se riesco a farlo; poi blocco sulla parte sin della vertebra sottostante e induco una R dx sulla vertebra sovrastante spingendo da dx a sin. Se va meglio il movimento della fig. 1 rispetto alla fig. 2 vuol dire che la rotazione è sin.

1

2

TECNICHE CON IL PISIFORME Sono tecniche abbastanza precise e specifiche che hanno una sola necessità: quella da parte dell’operatore di essere quasi sicuro che la vertebra nello spazio e nella sua cinetica sta così, cioè dovete sapere bene dove mettere le mani e che disfunzione c’è; altrimenti quando andrete a fare la tecnica non saprete farla, perché bisogna avere chiara la disfunzione. Pz prono. L’Osteopata con due dita della mano caudale (ai lati delle spinose, spinose al centro) e faccio una palpazione. Se il Pz non sta comodo con le braccia lungo i fianchi (es seno voluminoso la porta a contrarre i dorsali), può mettere le mani davanti alla fronte e può poggiare il mento.

Quando faccio la palpazione devo avere un’idea tridimensionale della posizione delle vertebre, quando sento che c’è una resistenza da una parte, faccio il giro e vedo se sopra o sotto c’è uno spazio grande o piccolo. A quel punto se il Pz ha il mento appoggiato crea un’estensione sulle prime dorsali e se ho uno spazio grande, significa che là molto probabilmente ho una flessione, perché se fosse libero lo spazio si chiuderebbe. Se ho uno spazio grande e la spinosa è deviata a dx ho una FRS dx, quindi in pratica ho fatto il test di mobilità (!). Poi devo vedere come la vertebra si comporta da un punto di vista dinamico. Una volta che ho selezionato la vertebra, per andare sulle spinose, mi sposto lateralmente di 2 dita, e un dito sopra se c’è il decalaggio. Metto le dita sopra la spinosa e spingo sulla trasversa e sento se la trasversa di dx si muove, faccio la stessa cosa con la trasversa di sin, siccome questa è più avanti, spingendo apprezzo se la spinosa si muove. È ovvio che se è più avanti quando spingo sento di meno.

trasversa sin

spinosa trasversa dx

Ora farò il test di mobilità classico: un appoggio sulla spinosa sospetta, uno sulla spinosa sottostante e metterò in movimento la vertebra mettendo il Pz seduto. 92

Il prof non si fida di fare il test con la respirazione!! Pz seduto: testo le vertebre dorsali alte con F, E, inclinazione dx e sin. Secondo la 2° legge di Fryette se faccio una inclinazione dx, significa che il corpo vertebrale ruota a dx (S=R), quindi se la spinosa è libera deve andare a sin. Quando invece, faccio una inclinazione a dx e sento la spinosa che rimane a dx, direi che la vertebra sta ruotata a sin.

S=R A questo punto metto un dito sulla spinosa, uno sulla sottostante e vedo quando si allineano in F e E.

Nel dubbio posso far ruotare le vertebre del Pz, R equivale sempre a inclinazione; quindi quando la vertebra ruota a dx la spinosa va a sin, se la sento che rimane a dx vuol dire che è ruotata dal lato opposto.

side dx

Posso fare anche un test un pò più dinamico, dove vado a creare un’inclinazione locale. Dopodiché pure qua faccio F e E e vedo se si riallineano le vertebre.

controllo se la spinosa è a sin

Tecnica con pisiforme (continua) Visualizzare bene la disfunzione in 3 dimensioni. Queste tecniche hanno una predilezione, per quanto riguarda l’efficacia, più o meno da D4 aD9-D10. Troppo in alto rischiamo di esagerare (è una zona rigida), di dare troppo energia; troppo in basso ci sono cedimenti tissutali dovute alle caratteristiche morfologiche del corpo umano.

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Nel dubbio posso far ruotare le vertebre al Pz, R equivale sempre a inclinazione; quindi quando ruota a dx la spinosa va a sin, se la sento che rimane a dx vuol dire che è ruotata dal lato opposto. Nell’esempio riportato nel disegno siamo in una zona di decalaggio, per cui dobbiamo sapere che le trasverse di D7 le trovo a livello della spinosa di D6. La tecnica con il pisiforme: Pz prono, l’Osteopata deve stare dal lato opposto alla R del corpo vertebrale. Se ho una D7 in ERSdx dovrò fare un appoggio con il pisiforme della mano sin direttamente sulla trasversa dx di D7, sulla posteriorità della vertebra in disfunzione. Pisiforme della mano dx in appoggio sulla trasversa sottostante, quindi sulla trasversa sin (quella opposta) di D8. La tecnica non la faccio a coppia ma solo sulla trasversa di D7, per cui l’appoggio sulla trasversa di D8 sarà semplicemente un contrappoggio. Per evitare di fare una tecnica a coppia, il mio appoggio sulla trasversa di D8 dovrà essere più possibile prossimo alla spinosa, quindi non andrò troppo esterno. Questa tecnica viene definita anche tecnica a farfalla. Il Pz tiene le braccia lungo i fianchi, l’Osteopata prepara il Pz prendendogli il polso con la mano caudale e con la mano craniale su k1, gli scolla la scapola trazionando in dietro e leggermente in avanti. La testa è indifferente dove si gira, va bene in ogni caso perché da una parte aiutate la messa in tensione, dall’altra aiutate il thrust (Di Branco). La testa guarda la disfunzione (Longobardi). Inspira, espira e thrust. La spinta non sarà diretta da dietro verso avanti, ma una spinta tangente più o meno a 45° verso l’alto in direzione della testa del Pz, perché sono faccette articolari frontali.

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Schema delle possibili disfunzioni: 1. situazione di normalità 2. piccolo spazio sotto, grande spazio sopra, una spinosa girata a dx (ERSsin) 3. ERSdx 4. FRSdx 5. FRSsin 6. E bilaterale 7. F bilaterale

8. Bilaterale assi metrica dx 9. Bilaterale assi metrica sin D7 in FRS dx Disfunzione di F > si dà un thrust a coppia sia su D7 che su D8. L’Osteopata si trova dal lato opposto della rotazione del corpo vertebrale o dal lato della disfunzione. In una D7 FRS dx, inclinazione e R sono a dx, la disfunzione è anteriore unilaterale sin. Pisiforme della mano sin in appoggio sulla posteriorità relativa di D7 (trasversa dx di D7), pisiforme della mano dx sulla trasversa sin di D8. Pz sta sul bordo del lettino. Il paziente gira la testa dalla parte della disfunzione, quindi a sin. Con la mano sin cerco di invertire i parametri della vertebra che sta in disfunzione, la porto in rotazione sin e cerco di annullare l’inclinazione; la mano dx mando a cercare la faccetta articolare di D7. Riduzione 45° in alto a coppia.

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Per la stessa disfunzione la tecnica si può fare posizionando l’Osteopata dal lato opposto, dal lato della posteriorità, sta sul lato dx del Pz. Pisiforme della mano sin lo posiziono sulla trasversa posteriore della vertebra in disfunzione, pisiforme mano dx lo posiziono nella trasversa opposta della vertebra sottostante. Sempre tecnica a farfalla verso la testa del Pz, a coppia.

TECNICHE PISIFORME_a farfalla (classe 2A) Valida per le vertebre da D3-D4 a D9-D10 Es. D7 ERS dx Si può scegliere da che parte del Pz posizionarsi. La cosa più importante è visualizzare la disfunzione. Attenzione alla direzione della spinta: essendo tecniche dirette su faccette articolari che stanno su un piano frontale, a seconda della spinta e dell’inclinazione che do, posso rischiare di aumentare i parametri disfunzionali e far qualcosa che possa dar fastidio al Pz quindi attenzione all’incli della spinosa. Se mi metto dal lato dx del Pz con la mano sin appoggio il pisiforme direttamente sulla posteriorità, cioè la trasversa D7 (che sarà al lato della spinosa di D6). L’altra mano, visto che la tecnica la faremo non a coppia ma con un contrappoggio, sulla trasversa opposta alla vertebra sottostante, quindi D8 (cioè accanto alla spinosa di D7). Per essere sicuri che faccio una tecnica singola e non a coppia, anche se personalmente è sempre a coppia, x non dare l’impulso nel pto sbagliato ci metteremo vicino alla spinosa. Se mi metto all’estremità della trasversa è possibile che faccio una tecnica a coppia il che mi dà più possibilità di sbagliare quindi mi metto in prossimità di D7. Non ha importanza dove ruotiamo la testa. Il Pz è prono e vado a cercare la spinosa che mi interessa, in questo caso D7. Due dita all’esterno della spinosa un dito al di sopra e più o meno stiamo li, appoggio il pisi sin sulla trasv e il pisi dx sulla spinosa. Faccio respirare e alla fine dell’espirazione thrust. La spinta non deve essere perpendicolare ma inclinata verso l’alto e l’avanti del Pz. Se mi metto dal lato sin posso poggiare il pisi dx sempre sulla trasv da trattare e il pisi sin da contrappoggio sulla spinosa oppure il pisi dx sulla spinosa e il sin sulla trasversa come sul libro, detta anche tecnica a farfalla, chi è dx forse si trova meglio mettendosi sul lato sin. Es. Osteopata al lato dx del Pz: Pz. Prono. Osteopata alla destra del Pz. La testa del Pz indifferentemente a dx o sin (in un senso si andrebbe verso la messa in tensione, nell’altro si andrebbe verso la riduzione). Si contano le spinose (testa Pz in asse), quando estende la testa sparisce la spinosa di C7, e sono su D1 (normalmente appoggiando le dita sulle spalle, i pollici cadono da sé su D1); arrivato a livello, il Pz può mettere la testa da un lato. 2 dita all’esterno della spinosa, verso dx, e un dito sopra, per trovare la trasversa dx di D7. Appoggio il pisiforme della mano sin (mano attiva) sulla posteriorità assoluta (sulla estensione) della vertebra in disfunzione, quindi sulla trasversa di D7 (che è a lato della spinosa di D6). Con l’altra mano (pisiforme della mano dx) faccio contrappoggio sulla trasversa opposta della vertebra sottostante che è a fianco alla spinosa di D7. La tecnica non è a coppia, la mano “attiva” è solo la sin. Oriento la spinta (un pò verso l’alto) e metto in tensione e a fine espirazione, thrust. La spinta non deve essere verticale (ossia solo verso il pavimento) perché le faccette articolari sono frontali, e si rischia di scatenare dei dolori. 96

Es. Osteopata alla sin del Pz. Pisiforme della mano dx sulla trasversa di D7. Attenzione a non fare niente con la mano sin (di solo contrappoggio) per non far ruotare la vertebra sottostante. (Essendo destrimani ci si potrebbe trovare meglio a far la tecnica da questa parte).

Es. Variante più accademica: la Tecnica a Farfalla. Direzione spinta: in alto-avanti

Come detto, queste tecniche sono efficaci da D4 a D9/D10. Se si scende, bisogna cambiare inclinazione della spinta perché le faccette articolari sono più sagittali. Es su D10 la direzione è un po’ più “verso il pavimento”. Su D11 dovete esser “bravini”, a seconda del Pz che avete sotto (e la spinta deve essere abbastanza importante, il rischio è che la tecnica rimbalzi sui pilastri del diaframma). D11 e D12 le trovo tramite le coste, seguo il profilo delle coste fluttuanti. Es. D7 in FRS dx Disfunzione anteriore unilaterale sin. D7 è in disfunzione su D8, quindi cercare i parametri di D7 e di D8 tenendo presente il decalaggio (quindi serve anche la spinosa di D6 come punto di riferimento). Stavolta la vertebra sta, nello spazio, sempre inclinata a dx e ruotata a dx ma la disfunzione sta dall’altro lato (anteriorità sin), per cui io devo fare una tecnica dove con una mano cercherò di deruotare la vertebra (D7) e con l’altra mano cercherò, sulla vertebra sottostante (D8), di andare verso la disfunzione (mando a cercare la disfunzione). Quindi per le FRS la tecnica è a coppia. In questo caso mi metto a dx. Cerco la vertebra e ricordo che la disfunzione è anteriore unilat sin. Spingo la trasversa sin della vertebra sotto (D8) per cercare la faccetta della vertebra in disfunzione (D7) e spingo la trasversa dx della stessa vert (D7) per cercare di deruotarla. Cerco la trasv di D7 (all’altezza della spinosa di D6) e ci appoggio il pisiforme sin, alla sin di D7; trovo la trasversa di D8 e ci appoggio il pisiforme dx e faccio la tecnica trastando con entrambe le mani sempre in Espirazione. Le mani vanno sempre verso la testa del Pz proprio come una farfalla. Ricapitolando: spingo a sin la vertebra sottostante per andare a cercare la faccetta articolare della vertebra in disfunzione e, a dx, la stessa vertebra per farla deruotare. D7 FRS dx Osteopata alla dx del Pz. D7_ trasv dx (spinosa di D6) Trovo la trasversa dx di D7 a livello della spinosa di D6. Il pisiforme della mano dx è sulla trasversa sin di D8 (lateralmente alla spinosa di D7). Direzione del thrust: verso la testa del Pz. D8_ trasv sin (spinosa di D7) Ora è un thrust a coppia su entrambe le trasverse. Prima una era da contrappoggio. Mi posso posizionare anche dall’altra parte con qualche accorgimento. 97

Pisi dx sulla trasv sottostante e pisi sin su quella da deruotare. Sempre sfarfallando verso la testa del Pz. Osteopata alla sin del Pz: Vi sentirete padroni della tecnica solo dopo che avete VISTO la disfunzione. La dovete .. VEDERE! Divertitevi a sentire anche il calore che sta sulla disfunzione (passando la mano al di sopra della cute, non a contatto). Mani a farfalla

Insisto su 4 cose: - quando dico D7 è sempre disfunzione di D7 su D8; - ricordate il decalaggio; - visualizzate la disfunzione; - il senso della spinta verso la testa del Pz. A differenza delle ERS siamo in appoggio su 2 trasverse non in prossimità delle spinose. Il test respiratorio va accompagnato dal test di mobilità che è il più certo. La palpazione ci serve x visualizzare le vertebre. Revisione Tecniche a Energia Muscolare per le dorsali Es. ERS sin. Sono tecniche (che non amo molto) a “informazione neurologica”; se devono esser fatte han necessità di essere precisissime. Vado a cercare la prima barriera muscolare invertendo i parametri. Dai la contrazione nel senso della disfunzione e poi guadagni. Si dà un’informazione sui muscoli corti restrittori, cioè che mantengono la disfunzione. Non si può stirare subito il muscolo nel senso della correzione perché si rischierebbe di scatenare l’effetto Gamma, riflesso miotattico: stiro il muscolo e il muscolo si accorcia. Quindi sfrutto il tempo refrattario in cui si è scaricato il mediatore chimico, l’Acetilcolina, e la placca motrice si sta ricaricando perciò in quel momento in cui il muscolo non riesce a far niente noi possiamo riallungare le fibre. Prima barriera: con una leggera estensione del dorso chiudo un pò la vertebra rispetto alla sottostante finché non sento che la spinosa si apre (quindi la mando un pò in flessione). Poi ruoto la vertebra in senso opposto verso dx e inclino verso dx. Mi fermo. Chiedo al Pz, in genere sotto a un’apnea inspiratoria, di riaddrizzarsi. 1, 2, 3, soffia, stop, aspetto i tre secondi, e guadagno in flessione, rotazione (dx) e inclinazione (dx).

sem 4 Longobardi

Tecniche dirette vertebre dorsali (DOG)

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Le tecniche dirette più utilizzate per le vertebre dorsali sono le tecniche DOG. Per le vertebre alte D1 D2 D3 si usano solitamente altre tecniche poiché il contatto sulle trasverse a questo livello risulta più complesso.

È una tecnica che è molto simile anche alle tecniche per le riduzioni delle disfunzioni costali. L’Osteopata utilizza una mano per contattare la traversa o le trasverse della vertebra in disfunzione o della vertebra sottostante a seconda del tipo di disfunzione che si deve correggere. In ogni caso, si prende l’appoggio sempre sulla posteriorità vera o relativa. Per reperire correttamente le trasverse è importante considerare il normale decalage delle spinose. Con il torace (zona sternale > porzione xifoidea) l’Osteopata contatta i gomiti del Pz le cui braccia sono incrociate sul petto. Questo contatto serve per trasmettere l’impulso alla mano che è in appoggio sulle trasverse della vertebra in disfunzione.

Per le disfunzioni di

vertebre alte il Pz tiene le braccia così

Il contatto deve essere fatto in modo che la risultante della spinta (effettuata con tutto il corpo) giunga sulla mano che contatta le trasverse.

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La direzione dell’impulso è alto-avanti, perché le faccette delle vertebre dorsali sono su un p. parafrontale. Ovviamente, come in tutte le tecniche, il buon posizionamento e la direzione dell’impulso rende la tecnica efficace. (Melis: per le disfunzioni in E la direzione dell’impulso è alto-avanti, mentre per quelle in F è solo dietro). Posizionamento In questa tipologia di tecnica si sfrutta il posizionamento supino del Pz. L’Osteopata si posiziona di lato al Pz guardandolo e posiziona una mano sulla posteriorità vera o relativa della disfunzione, mentre con l’altra mano controlla la F-E del Pz. Es. lato dx del Pz - mano dx sulle trasverse - mano sin regola la F o l’E del corpo del Pz L’eminenza tenare della mano che contatta le trasverse si posiziona a livello della traversa opposta a quella del lato in cui si trova l’Osteopata.

spazio per la spinosa appoggio dell’altra trasversa eminenza tenar La mano che controlla la F-E si posiziona sulla cerniera dorso-cervicale e accoglie la testa del Pz 100

sull’avambraccio. Le braccia del Pz invece sono ripiegate sul torace. Il Pz ha le braccia incrociate e il braccio che sta sopra è quello opposto al lato in cui si trova l’Osteopata.  nel nostro es. il braccio che verrà posizionato superiormente sarà il braccio sin

1

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repere di D1 facendo estendere la testa

2

si contano le spinose

si arriva sulle trasverse

4

il Pz incrocia le braccia senza tenersi le spalle

braccia del Pz per DOG di vertebre medie-basse

posizionamento

braccia del Pz per DOG di vertebre alte 101

Disfunzione in E BILATERALE Si procede con la valutazione dello spazio tra la vertebra in disfunz e la sottostante, si effettua successivamente il test di mobilità per la flessione e per l’estensione facendo respirare il Pz. In una disfunzione di estensione bilaterale la F risulterà bloccata quindi, lo spazio non si aprirà mentre in estensione si ridurrà lo spazio tra le spinose prese in considerazione. A questo punto si contattano le trasverse della vertebra in disfunzione, con il torace l’Osteopata prende appoggio sui gomiti del Pz e regola la direzione della spinta. Si richiede l’Esp durante la quale si ricerca la messa in tensione e alla fine di essa si procede con l’impulso. Esempio: D5 in E Bil Si valuta lo spazio tra D5 e D6, si effettua il test di mobilità con l’ausilio della respirazione. Si reperisce la spinosa di D4, ci si sposta lateralmente il Pz e si trovano le trasverse di D5 dove si posiziona la mano. Contatto quindi le trasverse di D5 con l’eminenza tenar e con il secondo dito (indice) avente la prima e la seconda falange flesse. Tutte le altre dita rimangono aperte. Si chiede al Pz di Espirare e a fine espirazione, thrust verso l’alto e verso dietro.

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Disfunzione in F BILATERALE Si procede con la valutazione dello spazio tra la vertebra in questione e la sottostante, si effettua successivamente il test di mobilità per la F e per l’E facendo respirare il Pz. In una disfunzione di F bilaterale l’estensione risulterà bloccata quindi, lo spazio non si ridurrà mentre in F si aprirà lo spazio tra le spinose prese in considerazione. Si deve contattare la posteriorità relativa della vertebra sottostante per riportare in tal modo in posteriorità la vertebra in disfunzione. Per fare ciò si deve flettere il corpo del Pz, superare di poco l’appiombo che si sente sulla mano che contatta le trasverse e poi, all’inizio dell’INsp, tornare verso l’estensione dando l’impulso. TECNICHE DOG _Zona dorsale Nelle tecniche dog si ha bisogno di un appoggio preciso a livello della vertebra da trattare. Test. Facciamo una prima valutazione visiva ed eventualmente palpatoria per individuare eventuali zone asimmetriche rilevanti del dorso (gibbo, scoliosi ecc), con paziente in piedi. Inoltre faremo anche dei test dinamici per vedere in modo generale se ci sono delle zone che presentano delle asimmetrie del movimento (non flettono bene, non estendono bene, non inclinano bene…). Queste eventuali zone possono essere poi importanti nel test successivo, più selettivo della zona (magari ho individuato un tratto che ad esempio non inclina o non estende bene, che in quel punto la sinuosità della curva si interrompe, allora questo sarà motivo per andare ad indagare meglio la zona con un test di mobilità). Faccio delle pressioni sulla zona delle spinose (paziente seduto o prono) o col palmo della mano e direttamente col pollice sulla spinosa: in questo modo esercito un impulso di movimento e se la risposta e la mancanza di plasticità vuol dire che la vertebra ha una mobilità ridotta. Controllo l’allineamento delle vertebre (dalle spinose) per capire se sono in una situazione asimmetrica o simmetrica. Dopodiché valuto gli spazi tra le spinose, che più o meno in genere presentano lo stesso spazio: se noto che lo spazio tra la vertebra considerata rispetto alla sottostante è più piccolo o più grande, allora questo sarà il mio elemento di partenza. Potrei trovare quindi due casi: 1. Le spinose non sono allineate 2. Le spinose sono allineate ma ho una palese differenza negli spazi Nel 1° caso, col test di pressione sulle spinose ho sentito una zona di maggior tensione tra D5, D6 e D7, controllo l’allineamento e trovo che D6 non è allineata ma è deviata a destra, quindi la vertebra è ruotata a sinistra; perciò le possibilità di disfunzione di D6 saranno: - FRS sin - ERS sin - Bilaterale asimmetrica (ant dx + post sin) Per evidenziare quale sarà la disfunzione faccio il test di mobilità:

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se in F si riallinea ma non si riallinea in E la disfunzione sarà FRS sin; se sia in F che in E non si riallinea, avrò una bilaterale simmetrica; se in F non si riallinea, in E si riallinea avrò ERS sin. Nel 2° caso se sono sicuro che la vertebra è D6, so già che non c’è deviazione laterale, per cui si tratterà probabilmente di una disfunzione di E bilaterale. Per confermare ciò durante il test di mobilità noterò che: faccio flettere la colonna e lo spazio D6-D7 non si apre, mentre quello sopra e sottostante si aprono, faccio estendere la colonna e gli spazi si chiudono. Quindi vuol dire che tutte le vertebre possono andare in E ma D6 non può andare in F. Nel test di mobilità partiamo quindi dal globale per andare al particolare. Le zone in disfunzione possono essere anche più di una. Per i test di mobilità utilizzerò la respirazione del Pz: • in INsp il rachide si estende • in Esp il rachide si flette Quindi posso valutare i movimenti delle vertebre. Ma devo stare bene attento al tipo di respirazione del paziente: devo sentire che effettivamente durante l’inspirazione si estende e durante l’espirazione si flette. Le zone cerniera sono più difficili da valutare: se per esempio sto valutando D10 e D11 e il paziente fa una respirazione toracica o comunque una respirazione non corretta, potrei avere delle informazioni diverse nel punto di passaggio dorso-lombare rispetto a quelle corrette. Quindi: 1. valutazione visiva 2. test dinamico valutando le zone che ci interessano maggiormente 3. mettiamo le mani per valutare questi punti di interesse 4. individuiamo sempre più selettivamente un punto 5. scegliamo quale è la vertebra sulla quale fare il test 6. facciamo il test dalla posizione seduta e/o dalla posizione prona Esempio. Pz prono. Metto la testa in E: in questa posizione la vertebra più prominente è D1. Partendo da D1 verso il basso analizzo le spinose. Poniamo di trovare una deviazione laterale a sin a livello di D4 rispetto a D5 (quindi ho una rotazione dx). Quindi potrei avere la stessa informazione anche analizzando le trasverse. C’è da sapere però che a partire già dalla seconda vertebra dorsale ma soprattutto dalla terza, si ha un inclinazione delle spinose per cui nelle prime due vertebre dorsali le spinose sono più o meno all’altezza della trasversa corrispondente mentre già dalla terza possiamo notare che la sua spinosa si trova a metà tra la propria trasversa e quella di D4. A partire da D4 e soprattutto fino a D8/D9 la spinosa della vertebra è nettamente a livello della trasversa della vertebra sottostante (per cui troverò la trasversa più in alto rispetto alla spinosa della stessa vertebra). Nel caso in esempio, indagando D4, troverò le trasverse più in alto, e vado a sentire se la trasversa di dx è più posteriore rispetto a quella di sin: questo mi conferma che la vertebra è ruotata a dx.

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Inoltre posso posizionarmi a pinza sulla spinosa di D4 e provare a fare una leggera spinta verso dx e poi verso sin per sentire se ha una minor resistenza a ruotare a dx e una maggior resistenza nel ruotare a sin: questo mi conferma ancor più che vi è una rotazione dx. Faccio respirare il Pz testando la spinosa (mani a pinza come precedente): se in inspirazione la vertebra si riallinea significa che ho una ERS dx. Stessa cosa la posso sentire attraverso le trasverse. Se invece trovo un gruppo di vertebre poniamo tutte estese avrò un gruppo che funziona in 2° legge (tipo D4 su D5, D5 su D6, D6 su D7), poi magari decido all’interno del gruppo quella che mi mantiene più la disfunzione e magari tratto quella. Oppure potrei avere una disfunzione asimmetrica di gruppo (1° legge NSR, un gruppo di vertebre inclina da una parte e ruota dall’altra): in questo caso avrò tutte le trasverse di un lato più posteriori (del gruppo di vertebre), ad esempio le trasverse sin se il gruppo di vertebre è inclinato a dx e ruotato a sin.

Tecnica DOG

Si basa sul principio che noi possiamo dare un impulso correttivo alla vertebra dorsale attraverso il contatto con le trasverse ed in particolare si contattano (a seconda del tipo di disfunzione e poi vedremo come e quali) le trasverse (disfunzione bilaterale) o la trasversa (disfunzione unilaterale) che sono posteriori, cioè quelle che sono più palpabili: quindi quelle più posteriori o in maniera assoluta (vera) o relativa. Cioè se ad es ho una ERS dx, la trasversa che è più posteriore è la dx e lo sarà in maniera assoluta, perché tale trasversa coincide con la vertebra in disfunzione. Se ho una vertebra che ha una disfunzione di anteriorità sin, la sua trasversa di dx sarà più posteriore. Se ho entrambe le faccette in posteriorità saranno entrambe più posteriori. Ma se sono entrambe in flessione, le trasverse sono più anteriori e in questo caso saranno relativamente posteriori le sottostanti. D6 estensione bilaterale. Se ho un’estensione bilaterale significa che entrambe le trasverse della vertebra in disfunzione sono più posteriori, perciò nella tecnica contatterò direttamente le trasverse di D6 per mandarle verso l’anteriorità. Il Pz è in decubito supino. Osteopata sta lateralmente al Pz rivolto verso la testa del Pz stesso: utilizzo la mano interna per poggiarmi sulle trasverse da trattare (abbraccio il Pz); utilizzo il braccio esterno per posizionare il paziente. Quindi se l’Osteopata sta dalla parte dx del Pz utilizza la mano dx (interna) per contattare la vertebra e la sin (esterna) per controllare il Pz. Avrò un appoggio sul Pz tale da materializzare tutta la risultante della spinta a livello della vertebra cui sono in contatto posteriormente. Posizione del Pz Nel caso di D6 est bil entrambe le trasverse sono più posteriori quindi il nostro appoggio sarà direttamente sulle trasverse di D6, per portarla verso la F. Il Pz sarà in decubito supino, verso il bordo del lettino vicino all’Osteopata. Il Pz incrocia le braccia al petto, con il braccio opposto alla nostra posizione che sta sopra e l’altro che sta più in basso (questo perché permette di trazionare meglio il Pz ed avere un appoggio meno fastidioso sul nostro torace).

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Posso anche posizionare le braccia come nella foto accanto, ma questo renderà la nostra tecnica più potente e forse anche più fastidiosa sia per noi (a livello dell’appoggio col torace) che per il Pz.

Per posizionare la mano sulla trasversa vado a ruotare il Pz: ne fletto la gamba opposta alla mia posizione e lo ruoto con appoggio al ginocchio e alla spalla. Estendo la testa in modo da evidenziare D1 (in E del capo è la vertebra più prominente) per poi arrivare a D5 con la mano interna (devo contattare le trasverse di D6 e le troverò lateralmente a livello della spinosa di D5 (decalaggio).

Mettiamo la mano a livello delle trasverse posizionandola a piatto, cercando di fare arrivare le trasverse dalla parte radiale della mano: quindi se devo contattare due trasverse, la spinosa si troverà al centro della mano mentre la trasverse sono sui due lati (nella parte radiale della mano). Ruoto nuovamente il Pz ponendolo bene in posizione supina; mi appoggio col torace sulla braccia incrociate del Pz (le posiziono prima nella maniera meno fastidiosa) e poggio il mio gomito (della mano che contatta le trasverse) sul lettino. Con la mano esterna sollevo il capo del Pz: a questo punto “gioco” col Pz cercandone la posizione che mi permette maggiormente di sentire che la spinta che effettuo col torace va ad arrivare a livello della mia mano posteriore e precisamente nella parte radiale. Una volta posizionato faccio respirare il paziente per sentire se il punto di contatto è quello corretto

Posizione per D8 Più stiamo trattando vertebre alte più il Pz sarà poggiato al lettino con le braccia incrociate più in alto. Più stiamo trattando vertebre basse, più le braccia del Pz saranno incrociate verso il basso e più dovrò flettere 106

la colonna del Pz. Quindi man mano che mi interesso di vertebre più basse non fletterò solo il capo del Pz ma anche la colonna fino a sentire l’appoggio migliore sulla mano post. Attenzione quindi a non tenere la mano interna a livello della nuca del Pz in caso di maggior F, ma sostenere bene sia il capo sia il primo tratto dorsale.

Posizione per D3 Notiamo che per le prime vertebre non vi è bisogno di sollevare la testa del Pz ma basta incrociare le sua braccia un pò più verso l’alto. Da D4-D5 in poi solleveremo sempre più la testa per arrivare man mano a una sempre maggiore F del tronco come ci dirigiamo verso vertebre più basse. Ricorda: - allineare la testa del Pz - appoggiare i gomiti del Pz sullo sterno. l’Osteopata deve sentire che la pressione trasmessa dallo sterno gli arriva sulla mano in appoggio sulle trasverse.

ATTENZIONE il Pz deve “abbracciarsi ma tenere le mani libere, non tenersi alle spalle. Test sulle vertebre dorsali_Di Branco Approccio alle vertebre dorsali da quando il Pz arriva a quando va via. 1. L’osservazione= Pz in piedi, inizialmente un’osservazione statica sul Pz. 2. Si fanno dei test dinamici: F-E per valutare se può trattarsi di una NSR, quindi di un gruppo di vertebre in disfunzione, che si evidenzia con il gibbino; inclinazione dx-sin, vedo le disfunzioni di tipo 2 (le baionette); per vedere eventuali zone di rigidità. 3. Si palpano queste eventuali zone di rigidità. Quando ho all’interno della NSR un tipo 2, vedo una baionetta con vertice, con il corpo vertebrale che ruota dallo stesso lato della NSR, faccio una inclinazione dx tutti i corpi vertebrali ruotano a sx, c’è quella vertebra che ruota a sin ma sta anche appoggiata ad una faccetta articolare, quindi all’interno di una NSR una disfunz di tipo 2. Quando all’interno di una NSR c’è una curvetta, c’è una vertebra o più vertebre che hanno il corpo vertebrale ruotato dal lato opposto rispetto alla curva che vado a bloccare. Questo si vede con delle ombre che compaiono sul profilo della colonna, ombre che spezzano una certa armonicità della curva, ci fa capire che li dobbiamo fare dei test di pressione, per vedere se c’è una densità, questa densità può essere dolente quando c’è da poco tempo o quando effettivamente non è 107

una disfunzione ma c’è un problema diverso; ho una densità non dolente probabile disfunzione antica. Il test di pressione sulle dorsali (da seduto) lo faccio spingendo sulle spinose a seconda del livello: spinose dorsali alte in direzione del corpo vertebrale, in quelle basse che la spinosa scende, dal basso verso l’alto. Dopo faccio i test di mobilità: test respiratorio, non è particolarmente affidabile; test di mobilità meccanico, quello più affidabile; test di pressione, dopo fatto il test meccanico. Nel test di mobilità per le vertebre dorsali alte posso utilizzare la testa, per le dorsali basse faccio inclinazione e rotazione delle vertebre. Una volta individuata bene la zona andate a vedere la disfunzione vera e propria. Faccio il test di mobilità e vedo quando la vertebra si riallinea. Poi sulla base di quello che ho alla palpazione, es: ho un piccolo spazio sotto, una spinosa verso sx, quindi un corpo vertebrale ruotato a dx, si riallinea in estensione (ERSdx); ho un grande spazio sotto, piccolo sopra, spinosa a sin, si riallinea in flessione (FRSdx). Eventuali discostamenti delle spinose dalla linea mediana. sem 5 Longobardi Usiamo le Tecniche Dirette per andare direttamente a invertire i parametri di una disfunzione (rispetto al punto prossimale, su uno o più piani dello spazio). A livello vertebrale ci organizziamo su tre piani dello spazio. Quando prendiamo in esame una vertebra, sia nel test sia nel posizionamento, dobbiamo immaginarci come si posiziona nello spazio rispetto ai tre punti di repere. Quindi le vertebre sono un po’ più complesse da interpretare. L3 in ERSdx: la faccetta in disfunzione è la dx che si trova in posteriorità (o estensione, o convergenza, tutti sinonimi). La vertebra è in rotazione dx (movimento sul piano orizzontale), inclinazione laterale (piano frontale) ed estensione (piano sagittale). Quindi ci sono tanti parametri da considerare quando cerchiamo il posizionamento nella tecnica diretta per invertire i parametri della disfunzione. Cerchiamo sempre di invertirli tutti, ma delle volte saremo costretti a sacrificare uno o due parametri e saremo così limitati nell’efficacia della tecnica (ad esempio nelle tecniche per le vertebre cervicali), e qualche volta sacrificare anche il Pz! (ha-ha-ha tutti a ridere!). Nelle tecniche dirette andiamo a sentire/cercare l’ultima barriera possibile, che è la barriera articolare, che determina prima un detensionamento delle fasce più superficiali, poi un detensionamento delle fasce più profonde fino ad arrivare nella zona dei muscoli monoarticolari vicino alla disfunzione, superiamo anche quella resistenza e facciamo direttamente invertire la posizione alla faccetta articolare in disfunzione: tecnica diretta con thrust (alta velocità bassa ampiezza). In questa tecnica solo l’operatore è attivo: il Pz è attivo solo per quanto riguarda la respirazione. Nelle Tecniche a Energia Muscolare facciamo comunque una tecnica diretta perché invertiamo direttamente i parametri della disfunzione, ma qui facciamo la tecnica con partecipazione attiva del Pz. In questo caso non lavoriamo sulla barriera articolare ma sulla barriera muscolare, sulla barriera visco-elastica, cioè sul muscolo che mantiene la posizione della faccetta articolare in disfunzione. Quindi non parliamo dei grossi muscoli paravertebrali, fasici, superficiali del movimento, tipo gran dorsale, romboidi, dentato, ma si tratta dei muscoli monoarticolari, (es. trasverso spinoso, andare a vederli) i muscoli più profondi della statica, che vanno dalla spinosa alla trasversa, sono legati ad una sola faccetta articolare. In che modo andiamo ad agire su questi muscoli? Andando ad agire su una contrazione isometrica. Ad es: nel gomito, una disfunzione di F è mantenuta dal flessore. Devo far sì che questo muscolo abbia una barriera motrice sempre più vicina alla neutralità. Devo far detendere la tensione del flessore che vince sull’estensore, antagonista. Porto l’articolazione fino a sentire la tensione del flessore. Con la tempistica dei 3 sec-3 sec andiamo a recuperare gradualmente sulla tensione del muscolo per avvicinarsi alla neutralità. Se dovessi invece usare una tecnica diretta andrei ad avvicinarmi, stirando il muscolo, alla barriera articolare, e qui farei la tecnica diretta. Quindi mi avvicino alla barriera articolare seguendolo durante 2-3 respirazioni per arrivare al massimo delle possibilità perché dobbiamo superare anche la tensione del muscolo per arrivare alla barriera articolare. Se non si fa una corretta messa in tensione si fa una tecnica sul muscolo, non sull’articolazione, per cui la tecnica non è efficace! La barriera articolare è l’ultima che compare. Quella muscolare è la prima che compare (per tecnica sul muscolo). Quindi entrambe le tecniche sono dirette. Una con e una senza l’ausilio del Pz. Diverse sono le Tecniche Funzionali, o Tecniche indirette, o Tecniche di aggravamento, che lavorano su 108

un altro principio: di inibire il muscolo che mantiene la disfunzione ed eventualmente stimolare il circuito dell’antagonista per rinforzare il muscolo vittima della disfunzione. Quindi vado ad aggravare (fare ancora di più una rotazione dx stimolando l’antagonista, il rotatore sin). Es. porta in un Saloon: disfunzione di porta aperta. Tecnica diretta: do un calcio alla porta e la chiudo. Tecnica diretta ad energia muscolare: mantengo la porta aperta, ferma, e agisco sulla molla esterna tirandola di più e siccome non c’è movimento, la molla, quando lascio, mollerà un po’ perché la sto sfiancando, un po’ alla volta cede la molla e si chiude la porta. Se no, tecnica di aggravamento: si dà una spinta e la molla interna si carica, acquisisce energia, e la porta si chiude. Con la tecnica indiretta non solo si aggrava, ma si mantiene l’aggravamento per un certo numero di secondi, si dà il tempo al sistema di riorganizzarsi, per cui il muscolo vittima può recuperare sul muscolo vincitore e riportare la porta (vertebra) in neutralità. NB: Tutte queste sono delle tecniche, non degli approcci! (fasciale, viscerale, craniale..). Es. approccio fasciale, posso lavorare sulle fasce sia con una tecnica diretta o con energia muscolare o di aggravamento usando pur sempre un approccio fasciale. Oppure faccio una tecnica funzionale, prendo i 2 lembi e li avvicino, esasperando l’aggravamento e sento che il sistema riparte nel senso di un allungamento. Non confondere quindi l’approccio col tipo di tecnica che si sceglie. (Quindi non dire “no io faccio una tecnica dolce, fasciale. Perché una tecnica fasciale può anche essere una tecnica diretta!). La tecnica ad energia muscolare: lavoriamo sul muscolo che mantiene la disfunzione. L3 in ERS dx. La vertebra sottostante, L4 è la mia neutralià. Ho la spinosa deviata a sin, e dovrò detendere il muscolo rotatore di dx. Posizionerò il Pz come facevo nelle tecniche dirette. Uso la leva superiore per includere la vertebra in disfunzione (L3). Posiziono il Pz da quale lato? Lato dx, il lato della rotazione, o dal lato della posteriorità vera (ERS dx), o relativa (es. FRS dx: la faccetta dx è in neutralità ma è relativamente più indietro della sin che è in disfunzione di flessione, e quindi antero-superiore). Infatti compare la componente di inclinazione: quando la faccetta va in convergenza, la faccetta va indietro e in basso. Quando va in divergenza, va in avanti e in alto. L3 in ERS dx: la faccetta è indietro e in basso, quindi compare l’inclinazione dx. Pz sul lato dx perché includendo la disfunzione nella leva sup vado a realizzare una derotazione: immaginare le spalle del Pz come le trasverse della vertebra, quando il Pz fa la de-rotazione ruota verso sin le spalle. La leva inf invece fa una rotazione dx che porta relativamente L3 ancora più in rotazione sin, porta la faccetta in disfunzione ancora di più in anteriorità. Dal lato della disfunzione, L3 va in avanti e L4 va indietro, quindi relativamente si porta verso la correzione. Una volta posizionato il Pz, raggiunta la barriera visco-elastica, chiedo di fare una piccola contrazione o per ritornare verso la disfunzione L3, oppure lavoro sulla leva inf nella rotazione opposta, per andare progressivamente a riposizionare la vertebra in disfunzione per portare progressivamente la faccetta dx di L3 verso la neutralità. Serve sentire le spinose, siccome lavoro su un piccolo muscolo monoarticolare, io devo essere preciso! Monitorare costantemente che tutto avvenga tra L3 e L4, quando sento la contrazione, e quando riposiziono L4 sotto a L3 o L3 sopra a L4. PROTOCOLLO di una TEM 1. inspirazione (non profonda) 2. apnea inspiratoria 3. contrazione isometrica per 3 sec, 3 sec. di pausa (Pz rilascia la contrazione) 4. espirazione, durante la quale si recupera la nuova barriera muscolare. Si ripete per 3-5 volte fino a ottenere un risultato soddisfacente. Eventuali scrosci, movimenti che si dovessero sentire non ci devono interrompere! La tecnica va completata. Anche con le tecniche dirette, va portata fino in fondo. L’unica cosa che ci deve frenare è il dolore del Pz, o una gamba che si addormenta, o un dolore riferito, nella gamba… il dolore è sempre un campanello d’allarme che indica che c’è qualcosa che non va, che non avevamo valutato bene o non ci siam posizionati bene. INDICAZIONE > si fa una TEM su: - un Pz molto rigido, che da un punto di vista muscolare ha una primarietà. Contrariamente una TEM potrebbe non essere molto efficace su una persona molto lassa: in queste persone è difficile che il muscolo sia responsabile di una disfunzione (ma non è impossibile) - in Pz che hanno controindicazioni specifiche o aspecifiche a una tecnica diretta. Le controindicazioni specifiche sono: Persone anziane osteoporotiche che hanno una struttura ossea degenerata. Persone in corso di trattamenti farmacologici particolari (chemioterapia, trattamenti ormonali, trattamenti per osteoporosi). Poi 109

Pz con controindicazioni, x es. sospetto di un’ernia del disco, che non è una controindicazione assoluta ad una tecnica diretta, ma la tecn diretta va utilizzata molto prudentemente, anche se l’ernia è sospettata dai test che abbiam fatto, o dalle indicazioni cliniche che ci da il Pz. In questo caso ci guida il dolore, se il Pz fa “Ahi!”, fermarsi. PRATICA (c’è il video): Il lettino deve esser adeguatamente posizionato: se l’Osteopata è mediamente alto, e il Pz ha media corporatura, il 2° livello del lettino è ok. L’altezza del Pz deve star più o meno all’altezza della mia vita. Col Pz sul lettino: controllare che sia ben equilibrato, e controllare bene la lordosi lombare o la testa troppo flessa. Mettere magari un cuscino sotto la testa, per non far contrarre i muscoli al Pz. Pz sul fianco dx. Il braccio sin del Pz è già appoggiato sul fianco, così ci inserisco la mia mano sin fino alle spinose. Spinosa di L5 è più piccola, puntiforme. Poi torno su L4. Mi metto sulla spinosa di L3 e di L4. Fletto la gamba sin fino a sentir che il movimento arriva a L4 e non su L3. Per fare il cambio di mani posso appoggiare la mia gamba a quella del Pz così quando lascio la mia mano dx il Pz non cade (rotaz bacino), oppure col mio tenar-ipotenar testro dò un punto fisso sul trocantere sin del Pz reggendolo, e scivolo fino al mio avambraccio che fissa a livello del trocantere sin del Pz. Poi per la leva superiore: faccio fare una rotazione nell’asse, finchè sento che il movimento arriva fino a livello di L3. Solo dopo do l’altro parametro: la flessione tirando un pò verso di me. La testa del Pz: il mento deve stare nell’asse dello sterno. Il mio braccio craniale: sta tra il seno del Pz e la spalla, tangente al torace, contro al torace. Controllo di essere ben posizionato. Chiedo al Pz: prendi aria (poca! È importante l’apnea inspiratoria, più che la quantità di aria presa se prende troppa aria non è più isometrica perché il Pz cambia posizione), apnea, spingi piano contro il mio gomito (leva superiore), stop, fuori l’ aria, e recupero verso dietro con la leva superiore. Poi, la leva inferiore: stesso meccanismo, “spingi col sedere contro il mio gomito”.. e recupero in avanti con l’espirazione. Poi chiedo contemporaneamente leva sup. e inf, più piano di prima, e recupero con tutte e due. Se mi accorgo che il livello è andato troppo in basso, lavoro con la leva inferiore, e viceversa. Se sono ben centrato, faccio lavorare con tutt’e due contemporaneamente. Quindi è l’osteopata che decide quante volte spinge con quella superiore, quante con quella inferiore, e se deve spingere invece con tutt’e due contemporaneamente. Si sta detendendo il muscolo monoarticolare L3-L4. Quindi se arrivo su L5 o L1, non sto avendo efficacia. Continuamente ricerco quel paramentro, sempre aumentando la componente di rotazione. Prossimo anno si mette anche la componente di inclinazione. Qual’ è la differenza tra una tecnica diretta ed una tecnica ad energia muscolare? Sono due tecniche dirette attraverso le quali noi andiamo ad invertire i parametri della disfunzione. Nella tecnica diretta andiamo oltre le componenti fasciali e muscolari, ci avviciniamo il più possibile alla barriera articolare, nell’altra tecnica invece, la TEM, invertiamo sempre i parametri disfunzionali, ma, percepita la resistenza dei tessuti (fasciale-muscolare) che impediscono al distretto interessato dalla disfunzione di muoversi correttamente, agiamo su di essi per raggiungere un equilibrio muscolare tra agonista ed antagonista. La TEM a differenza della tecnica diretta prevede la partecipazione attiva del Pz. Tecnica FUNZIONALE: in questa tecnica andiamo a portare la struttura ancor più in disfunzione per ottenere la correzione. Es: disfunzione di porta aperta > la porta si apre ma non si chiude, se faccio una tecnica diretta vado fuori e con un calcio chiudo la porta. Es: disfunzione di porta del saloon > si aprono e si chiudono tutte e due insieme, ma immaginiamo che una resti aperta e non si chiuda, una molla probabilmente col tempo si è allentata e quindi la molla più forte mi mantiene la situazione di porta aperta, a questo punto dovrò recuperare forza sulla molla che è più debole (vittima), la ricaricherò pian piano fino a quando la sua forza non si avvicinerà a quella dell’altra, andiamo quindi ad inibire il muscolo vincitore, a dare l’impulso verso la disfunzione fino a sentire che il sistema è abbastanza carico e vuole ritornare verso la correzione. Nelle TEM si è progressivi sempre nel senso della restrizione. LUMBAR ROLL Posizionamento del Pz in chiusura in chiave es: L3 ESRdx Includo L4 nella leva inferiore poi faccio la chiusura della leva sup ed includo L3, posiziono ovviamente il Pz sul lato dx perché so già che ruoterò così verso la correzione, per questo tipo di tecnica do preferenza alla derotazione. Dopo aver chiso tutte e due le leve, superiore ed inferiore, durante più atti espiratori, andrò a sentire 110

sempre controllando il giusto posizionamento che la struttura si trova al limite articolare, sto superando tutte le tensioni facendo rilassare il Pz, arrivo quindi alla messa in tensione e faccio o nella leva sup o in quella inferiore la riduzione, il thrust. ESR dx è la faccetta di dx ad essere in disfunzione, non va in F. FSR dx è la faccetta di sin in anteriorità ma sempre ruotata a dx. Nella tecnica ad energia muscolare, TEM, il posizionamento è lo stesso perché si tratta sempre di una tecnica diretta, ma dovrò chiedere la partecipazione al Pz con un’azione muscolare che va ad agire direttamente sul funzionamento e di conseguenza, al progressivo rilassamento dei muscoli che mantengono la disfunzione. Se ho una rotazione dx lavorerò sui trasversi spinosi e tutti i muscoli monoarticolari a questo livello, (mm. della statica), in questo caso non dovrò arrivare alla fine del movimento ma fermarmi all’inizio, il mio scopo non è arrivare subito alla barriera articolare ma farlo progressivamente facendo lavorare quei muscoli che mi mantengono quel solo segmento in rotazione. Reclutare il movimento solo sul punto interessato e non su tutta la colonna. Devo essere preciso sulla vertebra in disfunzione e quella sottostante, faccio la messa in tensione, faccio contrarre ma impedisco il movimento, la rotazione, la contrazione avviene durante una fase di apnea respiratoria, alla fine della contrazione che io mantengo, faccio espirare, aspetto qualche secondo, trovo una nuova barriera e recupero la posizione per essere pronto per una nuova contrazione. Se devo fare una contrazione isometrica vuol dire che farò una contrazione contro resistenza per poi guadagnare verso la riduzione, se ad es ho una rotazione vertebrale a dx, posizionerò il Pz sul fianco dx e lo ruoterò a sin cioè verso la correzione, sia se lavoro sulla leva inferiore sia se lavoro sulla leva superiore, sto lavorando sulla rotazione della disfunzione, sulla derotazione della vertebra sottostante, ma sempre nell’ottica di riposizionare direttamente quello che è avanti in dietro agendo sui gruppi muscolari. TECNICHE USATE DALL’OPERATORE OSTEOPATA Un operatore molto piccolo su una persona molto grande può usare delle tecniche di tipo TEM perché sono più progressive e mi permettono di gestire il Pz con più controllo ed una massa molto voluminosa, ma soprattutto sono tecniche che vengono usate per delle caratteristiche fisiche o per sintomatologie del Pz molto precise. Es: Pz molto rigido problemi posturali di tipo antalgico difficoltà ad arrivare alla barriera articolare sospetto di ernia sospetto di lesione anatomica chi ha subito interventi chirurgici anziani con osteoporosi Pz che fanno cure ormonali chemioterapici Se un Pz una settimana prima è caduto su un fianco e ha dolore al torace, non farò certo un thrust diretto sul dorso. Dobbiamo sempre cercare di avere una documentazione del Pz per capire se c’è una degenerazione del disco intervertebrale. Bisogna farsi guidare dal NON dolore. I Pz rigidi hanno una componente muscolare primaria che non permette di arrivare agevolmente alla barriera articolare, di conseguenza i Pz molto lassi e magri possono beneficiare meno di una TEM, meglio in questo caso una tecnica diretta. Es: Pz sottoposto a laminectomia per togliere un’ ernia, operato da sei mesi.....Se L5 si è tutto ben consolidato, non ci sono controindicazioni per fare una TEM, è un intervento che serve al chirurgo per accedere meglio alla zona con l’ernia, attualmente questo intervento si fa molto meno. L’ottica osteopatica ci dice che: quando ho davanti un Pz con ernia, non ho un Pz con ernia!! Ho un Pz che tra le altre cose ha un’ernia. Il Pz con ernia significa tutto e niente, può essere uno sportivo, una persona molto elastica, avere una gamba più corta dell’altra oppure che soffre di colite, un Pz con problemi posturali; tutte variabili che hanno agito sull’ernia. Il problema dell’ernia è l’apice della sintomatologia del Pz. Pz con sintomatologia da ernia molto acuta, ma che nella nostra valutazione non hanno assolutamente nulla e tutto funziona bene, sono quelli che finiranno di sicuro sotto i ferri. Se invece sono più incasinati, problemi di bacino, stomaco contratto, un angolo colico chiuso, insomma una serie di componenti che sono il risul111

tato di compensi o causa di sintomatologia stessa … possono avere più successo con il nostro intervento. Più vediamo il Pz in ritardo rispetto all’insorgere del problema e più si mettono in moto una serie di compensi, inoltre anche se ha molto dolore ma ha forza conservata, non è certo che debba essere operato. Il deficit motorio è subdolo perché può non essere accompagnato da dolore. Le cicatrici addominali sono grande causa di predisposizione all’ernia. Nelle fasi acute da ernia come in tutti processi infiammatori abbiamo: Rubor > arrossamento dovuto all’aumento di sangue nell’area Dolor > dolore per alterazioni biochimiche locali Calor > aumento della temperatura in seguito all’iperemia e ad un aumento del metab. cellulare Turgor > rigonfiamento dovuto all’edema Functio laesa > inibizione della funzionalità in area colpita TURGOR è la parte che ci interessa di più, una zona gonfia turgida dove c’è un versamento di liquido extracellulare nella regione dell’infiammazione, al livello della radice, l’edema che la comprime, è responsabile di circa il 50% dei casi del mantenimento della sintomatologia; per questo il cortisone migliora i sintomi essendo un farmaco antiedimigeno agisce sulla irrorazione della zona. Da parte nostra il lavoro viene svolto su una componente meccanica generale, rilasseremo i tessuti posteriormente e anteriormente migliorando il drenaggio. Non c’è differenza tra la persona che cammina con ernia e quella che cammina senza se hanno entrambe un buon equilibrio, se l’ernia non comprime le strutture nervose non crea sintomi, tranne gli ultimi anelli del disco intervertebrale, hanno una innervazione autonoma e una sensibilità propria. Il lavoro su un Pz che ha subito un’erniectomia è lo stesso che farò su un Pz che non è mai stato operato ma a maggior ragione cercheremo le componenti adattative che sono quelle che sicuramente provocano una recidiva. La vera ernia da operare corrisponde al 5/10% dei casi, si cura la causa e l’effetto dei sintomi, se si risolvono solo gli effetti, ad es. operando.. il Pz si potrà operare più e più volte. LE TECNICHE DIRETTE Queste sono utilizzate quando non ci sono controindicazioni e quando sul Pz riusciamo ad essere efficaci, ricordiamoci sempre che il DOLORE è una guida nel nostro lavoro. Classifica del dolore - Compare nel posizionamento - Nel posizionamento un dolore già presente si aggrava - Comparsa di altri sintomi Rispetto al dolore anche una TEM può essere fastidiosa per il Pz, il posizionamento è più progressivo è vero ma l’azione muscolare che il Pz deve fare può comunque determinare il dolore. La comparsa di sintomi irradianti, radicoliti sono un campanello d’allarme di cui tener conto. IMPORTANTE > nella tecnica diretta, dopo il posizionamento, mettere in tensione il più possibile e fare un thrust di minor ampiezza possibile. Mi devo avvicinare alla barriera articolare. Nelle tecniche dirette normalmente vi è uno scroscio articolare, se non c’è significa che: non ho fatto un buon thrust non ho fatto bene la tecnica ho mal posizionato il Pz non ho eseguito bene la chiusura in chiave non ho messo bene in tensione fino alla fine la vertebra non è pronta per il thrust (troppo tempo, fasce e muscoli rigide) Disfunzioni asimmetriche_TECNICHE DOG_Longobardi Vediamo delle tecniche sulle disfunzioni unilaterali. Ricordiamo che le disfunzioni possono essere di I e di II tipo. Quelle di II tipo sono le disfunzioni di una vertebra sulla sottostante. Nella classificazione generale avremmo disfunzioni simmetriche (F ed E bilaterali) e asimmetriche (unilaterali di ant e post, e le disfunzioni associate ossia le bilaterali asimmetriche che presentano una disfunzione su tutte e due le faccette articolari ma in maniera asimmetrica, quindi una di F e una in E). Nelle tecniche DOG facciamo un contatto a livello delle trasverse dal lato della posteriorità vera o relativa. Per quanto riguarda le disfunzioni di F bilaterale abbiamo visto che questa posteriorità relativa è la posteriorità della vertebra sottostante. Per i punti di repere 112

dobbiamo ricordare inoltre il discorso del decalaggio, che troviamo a partire da D3 fino a D10 dove essendo le spinose molto inclinate, il contatto con la trasversa deve essere ricercato a un livello superiore rispetto alla spinosa della stessa vertebra. Per le disfunzioni di ESTENSIONE bilaterale, noi andiamo a fare un contatto direttamente sulla vertebra in disfunzione, poiché dobbiamo invertire direttamente i parametri. Nell’immagine accanto abbiamo una E bilaterale di D5. (Le croci indicano dove sta la disfunzione, mentre le frecce indicano dove andremmo a contattare la vertebra per eseguire la tecnica).

Es. di disfunzione di D5 in FLESSIONE bilaterale. Contatteremo ora la vertebra sottostante (D6) che rispetto alla vertebra in disfunzione sarà in relativa posteriorità.

Abbiamo appena visto due es di disfunzioni simmetriche (F ed E), vediamo ora come ci comportiamo per le asimmetriche (rotazione e inclinazione laterale). Nell’immagine accanto c’è l’es di una disfunzione in ESTENSIONE a dx, ossia una ERSdx. Abbiamo perciò D5 che è ruotata a dx; nel test di mobilità abbiamo visto che la vertebra si riallinea in estensione, quindi presenta una disfunzione di posteriorità a livello della croce. In questo caso nella correzione andremo a contattare direttamente la trasversa dal lato della disfunzione, quindi nello stesso punto dove è presente la posteriorità. Con questo posizionamento andremo poi ad aggiungere un parametro di inclinazione laterale (che non avevamo precedentemente poiché la disfunzione era simmetrica): abbiamo infatti una vertebra che è ruotata e inclinata a dx e posizioneremo tutto il moncone superiore e D5 in particolare in una inclinazione sin, fino a includere la vertebra in questa leva superiore. Ricordiamo che in teoria l’espirazione è sempre un movimento passivo, per cui andremo ad agire sulla espirazione: partiremo da una espirazione completa del Pz, in cui cercheremo il punto di applicazione e la messa in tensione; alla fine di questa espirazione prolungata andremo ad applicare la tecnica. Sappiamo che la Esp a livello del rachide dorsale corrisponde ad una diminuzione della curva, quindi ad una F, mentre l’INsp corrisponde ad una estensione: trattasi di una disfunzione in E dovremmo andare a ricercare la F per cui agiremo alla fine dell’Esp (inoltre l’Esp diminuisce la capacità elastica del torace che renderebbe meno precisa la tecnica). Ricordiamo che l’impulso correttivo verrà dato verso il dietro-alto, nella direzione più possibile tangente alle faccette articolari. L’impulso verrà dato col torace ma la mano che posizioneremo posteriormente al Pz sarà una mano attiva che si disporrà nel modo migliore per aiutarci nella tecnica (più o meno flessa o pronata ecc) e ricercare il punto di appoggio. 113

Ipotizziamo ora una disfunzione di D6 in posteriorità sin (D6 in ERS sin). Ricercheremo perciò la trasversa di D6 a sin, partendo dal livello della spinosa di D5 dove lateralmente troveremo la trasversa di D6. A differenza delle tecniche bilaterali in cui avevamo un appoggio con la F delle ultime falangi dell’indice o delle 4 dita che ci serviva per contattare contemporaneamente tutte e due le trasverse, ora faremo un appoggio con la mano aperta, ossia poggeremo solo l’eminenza tenare a livello della trasversa sin di D6.

disfunzione di I tipo

disfunzione di II tipo

Devo inoltre considerare la DIREZIONE nella correzione. Se ho una disfunzione di F la direzione corretta sarà quella di andare dalla F verso l’E: quindi vado verso la F superando anche di pochi millimetri la vertebra in disfunzione, per poi ritornare verso l’E. Nella disfunzione di E andrò dalla E verso la F e arrivato all’appiombo farò la tecnica. Ritornando alla nostra disfunzione, una volta contattata la trasversa di sin, so che il Pz oltre ad avere una rotazione ha una inclinazione a sin, andrò ad imprimere una leggera inclinazione verso dx fino a sentire che il movimento arriva a livello di D6. Andrò verso la F e arrivato all’appiombo farò la tecnica. Andrò a ruotare il Pz verso di me (al solito modo, flettendo la gamba e con l’arto sup davanti al petto): tengo ben saldo il Pz e con la mano dx vado a reperire la trasversa e mi ci posiziono con l’eminenza tenare.

disfunzione di D6 in posteriorità sin (D6 in ERS sin) Riporto il Pz supino e gli chiedo di incrociare le braccia al petto (attenzione a poggiarlo bene sul dorso) prendo appoggio col mio addome sui gomiti del Pz, faccio sollevare la testa del Pz che andrò a sostenere, e darò un parametro di INCLINAZIONE laterale verso dx (per invertire i parametri della disfunzione).

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Faccio espirare il Pz e vado a ricercare bene l’appiombo e il mio appoggio della mano posteriormente e alla fine dell’espirazione dò l’impulso verso dietro-ALTO col mio corpo. Da ricordare che l’appoggio è solamente a livello dell’eminenza tenare

Ipotizziamo una disfunzione di D5 in anteriorità dx (D5 in FRS sin). Per questo tipo di disfunzione abbiamo due possibilità.

I possibilità (la più semplice): come facevo per le lombari, mi

vado a posizionare sulla posteriorità relativa della stessa vertebra in disfunzione (freccia).

Ricordiamo che nel posizionamento la mia mano andrà sulla posteriorità, quindi io sarò dal lato opposto del Pz rispetto a tale posteriorità (se la posteriorità è a sin, mi posizionerò alla dx del Pz). Mi appoggio sulla trasversa sin di D5, faccio una inclinazione verso dx, faccio superare leggermente l’appiombo di 2-3 mm durante l’E, e alla fine dell’E o all’esordio dell’INsp faccio la tecnica andando verso l’E, quindi tornando sull’appiombo. Ruoto il Pz e reperisco la trasversa sin di D5 dove appoggerò l’eminenza tenar della mano dx

disfunzione di D5 in anteriorità dx (D5 in FRS sin)

Riposiziono il Pz supino e ne sollevo la testa Inclino leggermente il Pz a dx, fletto la colonna per superare leggermente l’appiombo; ritorno verso l‘appiombo e a fine espirazione dò l’impulso verso la correzione.

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II possibilità: in questo caso l’appoggio sarà sulla vertebra sottostante sul lato dx, che è relativamente posteriore rispetto alla sovrastante. disfunzione di D5 in anteriorità dx (D5 in FRS sin)

In questo caso devo applicare la tecnica sulla trasversa dx di D6 e quindi sarò alla sin del Pz (sto sempre dalla parte oppostaalla posteriorità vera o relativa). Contatto la trasversa di D6 che è relativamente posteriore, e vado a flettere il Pz; la vertebra è ruotata a sin per cui darò un parametro di inclinazione dx (quindi in questo caso allontanerò il Pz da me, contrariamente alle tecniche viste fin’ora dove contattavamo la vertebra in disfunzione per cui l’inclinazione consisteva sempre nell’avvicinare a noi il Pz). Fletto il Pz superando l’appiombo e alla fine dell’Esp (o inizio INsp) faccio il thrust tornando sull’appiombo, quindi verso l’E. Devo cambiare lato rispetto al Pz. Il procedimento è lo stesso del precedente ma ora devo contattare la trasversa dx di D6. Fletto il Pz superando leggermente l’appiombo e inclino a dx e a fine Esp (o inizio INsp) faccio la tecniche. Tali manovre di posizionamento, quindi ricerca del punto, inclinazione ecc, vengono fatte durante l’Esp del Pz, quindi il tutto è un procedimento abbastanza breve, anche perché la posizione del Pz non è comodissima. La rotazione ci indica il lato della posteriorità.

Nelle tecniche DOG ci posizioniamo sempre nella posteriorità, vera o relativa. Se l’appoggio sull’addome per un qualsiasi motivo è fastidioso possiamo poggiare la mano che in genere sostiene il capo tra i gomiti del Pz e il nostro addome, ma solo se stiamo sulle vertebre alte, fino a D4-D5. Le disfunzioni simmetriche le trattiamo direttamente con un appoggio bilaterale, quindi trattiamo contemporaneamente tutte e due le faccette. Se la vertebra è posteriore a sin e quindi ruotata a sin, vuol dire che è anche inclinata a sin. Nelle immagini non viene eseguito dal prof, ma ricordo che il gomito del braccio posizionato dietro il Pz deve essere poggiato sul lettino. DOG_Disfunzioni Bil Abbiamo visto come reperire le trasverse, e abbiamo precisato che nelle tecniche DOG contattiamo solo le vertebre in posteriorità, vera o relativa (quindi della vertebra in disfunzione o della sottostante). Ricordiamo inoltre il decalaggio: - per D1 e D2 la spinosa è alla stessa altezza delle trasverse della stessa vertebra - da D3 la spinosa comincia ad inclinarsi e grosso modo la troviamo tra D3 e D4 - da D4 in poi la spinosa si trova all’altezza delle trasverse della vertebra sottostante - a livello di D10 il decalaggio si perde e troviamo per D11 e D12 la spinosa all’altezza delle trasverse della stessa vertebra. D6 post bilat: ho una post a livello delle faccette articolari di D6. Quindi per la correzione andrò a contattare direttamente le trasverse di D6 (le più posteriori). Abbiamo notato nel posizionamento della mano che il contatto con le trasverse a livello tenare è più percepito mentre lo si sente meno con l’altra parte della mano verso l’indice.

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Per cui per rimanere in asse andremo a piegare il dito indice e chiuderemo leggermente la mano; inoltre possiamo eventualmente chiudere tutta la mano: comunque sia ricordiamo che il contatto con la vertebra è sempre verso la parte radiale della mano per cui sarà sempre tra l’eminenza tenare 1° possibilità>piegare 2° possibilità>piegare e l’interfalangea dell’indice (la migliore rimane comunque quella solo il dito indice tutte le dita a mano aperta e indice flesso). Chiudendo tutta la mano la difficoltà potrebbe essere che avremo anche un contatto sulla vertebra sottostane con le altre dita, ma il problema non sussiste in realtà perché con l’indice contattiamo la vertebra in posteriorità che dovrà arrivare nella correzione al livello delle altre. Ora proseguiamo verso la correzione della disfunzione D6 post bilat. Seguo lo stesso procedimento visto, ma posiziono la mano con l’indice flesso. Una volta posizionata la mano ripongo il Pz in posizione supina, bene in appoggio senza rotazioni; posiziono il mio torace sui gomiti del Pz, ne fletto il capo e giocando con la flesso-estensione sento qual’ è la posizione che mi permette di indirizzare la mia spinta sulla vertebra in disfunzione e quindi sulla mia mano posta dietro il Pz. Faccio espirare il Pz e nel mentre controllo se il mio appoggio è corretto e a fine Esp do un piccolo thrust, che sarà un impulso col mio tronco verso il punto di appoggio sulla mano post; l’impulso sarà perciò verso dietro ma anche un po’ verso l’alto per rendere meno traumatico l’impulso sulle faccette. Abbiamo detto che a livello dorsale le vertebre in inspirazione vanno verso l’E, in Esp vanno verso la F: quindi in questo caso l’impulso a fine Esp è utile sia perché in Esp si ha un rilassamento sia perché si ha la F, direzione in cui devo mandare la vertebra. D9 post bil Posso arrivare a trovarla anche partendo dal ultima costa quindi D12. A livello della spinosa di D8 trovo le trasverse di D9. La posizione del paziente ora sarà più flessa perché sono a un livello più basso. Se vedo che in soggetti lordotici sfugge l’appoggio, soprattutto quando sono a livello di D10-D11 posso far flettere entrambe le gambe al paziente cosi si riduce la lordosi e ho quindi un maggior appoggio sulla vertebra. Per le disfunzioni bilaterali simmetriche posso scegliere il lato in cui posizionarmi. Per le vertebre alte posso non sollevare la testa del paziente perché ho comunque un buon appoggio sulla vertebra.

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In caso di soggetti molto alti

Comunque sia dipende dal soggetto, in soggetti con dorso piatto andrò a flettere il capo anche se starò su vertebre alte. Abbiamo visto anche che possiamo posizionare le braccia incrociate come nell’immagine 1 sotto.

1

2

Ma in genere non si utilizza sia perché fastidiosa per Pz e Osteopata (comunque è più intensa, e in qualche caso può essere utile), sia perché quando lavoriamo sulle vertebre alte bisogna far si che le scapole del Pz siano il più possibile distanti fra loro e per questo quindi è meglio incrociare come nell’immagine 2 sopra. D6 ant bil (oppure D6 in F bilaterale): in questo caso le faccette articolari sono andate avanti, quindi non potendo contattare delle anteriorità, andrò a contattare come già detto, la posteriorità relativa della vertebra sottostante quindi sulle trasverse di D7 (che troverò lateralmente alla spinosa di D6). La tecnica è leggermente differente: la procedura è identica alle precedenti viste, una volta contattata la vertebra (D7) sollevo il capo del Pz fino a sentire bene l’appoggio su D7. Durante l’Esp vado a sentire bene l’appoggio sulla vertebra, ma vado un pò oltre, verso la vertebra sottostante (ma rimango comunque su D7) quindi aumentando la F del Pz, per poi a fine espirazione ritornare verso l’alto estendendo leggermente il Pz, arrivare sulla vertebra contattata e fare il thrust. Si fa questo perché devo andare verso l’E di D6 agendo su D7. Posso fare anche il thrust a inizio INsp, ma proprio nel preciso istante in cui il Pz cambia da espirazione a inspirazione. DOG_Disfunzioni Bil Asimmetriche Riduciamo le disfunz. bilat. asimmetriche delle dorsali con le tecniche con il pisiforme o con le tecniche DOG. Se abbiamo una disfunzione di anteriorità dx di D6. Nelle tecniche DOG andiamo a contattare: - la trasversa sin di D6 - oppure contatto la trasversa dx di D7, con lo scopo di far indietreggiare la disfunzione di D6 (in ant). - oppure mi posso poggiare sulla posteriorità relativa della trasversa sx di D6, oppure tutte e due

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Se ho una disfunzione bilaterale asimmetrica, significa che ho contemporaneamente 2 disfunzioni (es: posteriorità sin di D6, anteriorità dx di D6): - contattiamo solamente la posteriorità sin di D6 (in modo da correggere sia la posteriorità che di conseguenza l’anteriorità di D6). - oppure fare la tecnica con il doppio appoggio (posteriorità sin di D6, trasversa dx di D7).

Nelle bilaterali simmetriche è indifferente se mi metto a dx o sin del Pz x fare la tecnica. Nelle bilaterali asimmetriche è sempre il caso di mettersi dalla parte opposta all’anteriorità, in modo tale da poter contattare con l’eminenza tenare la posteriorità vera. Disfunzione bilaterale asimmetrica con posteriorità dx e anteriorità sin. Se l’Osteopata fa una tecnica con un doppio appoggio contatta la trasversa dx di D6 e la trasversa sin della vertebra sottostante, ossia D7. È posizionato dalla parte opposta alla posteriorità vera, ossia a sin.

Pz supino, braccia incrociate, piega la gamba dx e si mette sul fianco sin, l’Osteopata si mette sul lato sin del Pz. Blocca le braccia, stabilizza il bacino. L’Osteopata con la mano sin posiziona l’eminenza tenar sulla posteriorità dx e con l’indice flesso sulla trasversa sin sottostante. Ruota il Pz e lo allinea.

La vertebra è ruotata e inclinata a dx, quindi bisogna aggiungere una inclinazione sin; la direzione della spinta è verso alto-dietro. ������� ’������ Osteopata fa insp, esp e a fine Esp dà l’impulso verso alto-dietro.

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Per ridurre una dorsale in disfunzione bilaterale asimm ho 4 possibilità: 1. riduco la posteriorità della vertebra in disfunzione e rifaccio il test per vedere se la vertebra si è normalizzata 2. riduco l’anteriorità della vertebra in disfunzione e rifaccio il test 3. con una sola tecnica, in cui la mano dell’Osteop è come nelle DOG bilat simmetr, riduco sia posteriorità vera della vertebra in disfunzione che la posteriorità relativa della vertebra sottostante 4. tecniche TEM

posizione di una DOG bilaterale

posizione di una DOG bil asimm

impulso con il polso appoggio dell’eminenza tenar appoggio dell’indice piegato Anno 3_sem 1

Torace

Funzione di sostegno, perché a livello dorsale strutturazione della colonna. La curva primaria, la cifosi dorsale, è una curva di sostegno, che insieme agli altri elementi del torace, rappresenta un punto di solidità del sistema corporeo; quindi una zona nella quale ci sono pochi adattamenti (gli adattamenti sono maggiormente richiesti nelle zone di lordosi, che sono più fragili e adattative). Nel torace, ci troviamo in una zona tra i 2 diaframmi: diaframma toracico superiore e toraco-addominale. A questo livello anche l’equilibrio pressorio con le altre strutture, come il pavimento pelvico, mettono in relazione anche con tutti gli organi viscerali. Poiché una posizione del diaframma può contemporaneamente creare dei disturbi funzionali sia nella regione toracica che in quella addominale. Funzione di protezione, pensiamo a traumi esterni che si possono ripercuotere negli organi che vengono protetti dal torace. Oppure le ripercussioni che venendo dagli organi interni vanno a ripercuotersi sulla gabbia toracica; es: un focolaio sul polmone, zona cicatriziale che crea relè fasciali, che portano poi ad avere delle disfunzioni costali, poi a livello sottoscapolare, poi questa persona si ritrova ad avere parestesia/brachialgia che ci fa pensare subito alla colonna cervicale, ma in realtà segue altri circuiti.

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vista anteriormente acromion processo coracoideo scapola

fossa glenoidea collo

incisura giugulare manubrio angolo

sterno

corpo processo xifoideo

incisura fossa sottoscapolare clavicola coste vere cartilagini costali coste false coste fluttuanti

Il torace complessivamente è delimitato posteriormente dalle 12 vertebre toraciche, alle quali seguono da ambo i lati le 12 coppie di coste, con conformazione diversa in vari distretti, si riuniscono in avanti tramite le cartilagini condro-sternali allo sterno, che rappresenta il punto di unione anteriore del torace, che complessivamente danno a tutto il sistema una solidità strutturale, mediata dall’elasticità delle strutture costali e cartilaginee che le collegano allo sterno; elasticità che va perdendosi nel tempo. Lo sterno è un osso piatto formato da 3 porzioni, misura complessivamente (a seconda dell’altezza dell’individuo) 15-20 cm di lunghezza (in età adulta), mediamente 5-6 cm di larghezza nel manubrio, spessore 1-2 cm; è disposto nello spazio dall’alto in basso e da dietro in avanti. Nella parte bassa viene leggermente in avanti. La parte più alta dello sterno: manubrio, nella parte alta concavità dell’incisura giugulare (ci passa il legamento interclaveare). Nella parte superiore 2 faccette laterali per porzione interna della clavicola (che presenta un’articolazione a sella). Un pò più sotto ci sono le 2 faccette per la cartilagine della I costa; ancora più sotto ci sono 2 emifaccette per la II costa (si parla di emifaccette perché la II costa si articola in parte anche con la parte superiore del corpo dello sterno). A questo livello passaggio dal manubrio al corpo, questa giunzione si chiama angolo di Louis, presenta un certo grado di elasticità con un angolo leggermente chiuso posteriormente, minore di 180°; angolo che si modifica durante gli atti respiratori. Il corpo è la parte più grande dello sterno, rappresenta i 2/3 della sua lunghezza; è provvisto di una faccia anteriore leggermente convessa e di una faccia posteriore dove c’è l’inserzione di alcuni legamenti raggiati per le cartilagini e alcune strutture muscolari, ed ha lateralmente 5 coppie di faccette complete articolari che vanno dalla III alla VII cartilagine costale. Il processo xifoideo è un’appendice dello sterno che ha una variabilità anatomica, in alcune persone non è presente o in altre è particolarmente sviluppata, può essere bifida o perforata al centro. Si inseriscono muscoli come il digastrico, quindi ruolo meccanico secondario.

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vista posteriormente

clavicola

testa collo

coste tubercolo

acromion fossa sopraspinata

angolo corpo

spina

scapola

fossa sottospinata

coste vere

coste false coste fluttuanti

Le coste sono inclinate da dietro in avanti, questo porta ad avere dei punti di repere riferiti con la proiezione dell’incisura giugulare (quindi punto più alto del manubrio), che posteriormente arriva al disco intervertebrale tra D2-D3. D2 Angolo interno della spina scapolare D4-D5 Angolo di Louis D7 Angolo inferiore della scapola D9 Xifo-sternale (tra corpo e xifoide) Differenza tra le coste tipo e le prime 2 e le ultime 2 coste. Da D3 a D10 conformazione simile, invece K1 e K2 hanno caratteristiche differenti.

clavicola manubrio

leg. costoclavicolare cavità articolare

1 costa articolazione manubrio sternale 2

Articolazioni della costa: posteriormente si articola con la vertebra tocartilagini costali racica tramite 2 articolazioni: 3 - articolazione costo-vertebrale leg raggiati - articolazione costo-trasversaria; 4 anteriormente si articola con lo sterno in una articolazione condro-sternale. Questo è valido fino a K7, mentre le coste 8-95 10 si articolano indirettamente tramite la VII, mentre la XI e XII non hanno articolazione anteriore. 6 7

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leg. inerclavicolare disco articolare

leg. inter-articolare cavità articolare cavità articolari cartilagini costali

8

processo xifoideo leg costoxifoideo

articol. sterno-costali viste anteriormente

I costa di sin vista superiormente

m.succlavio solchi per vena e arteria succlavie

m.scaleno ant m.dentato ant (I digitazione) II costa di sin vista superiormente m.dentato ant (II digitazione)

m.scaleno medio m.scaleno posteriore

attacchi muscolari origini inserzioni

Le parti costituenti la costa (da dietro in avanti) sono: la testa della costa, testa costituita da 2 emitesta collo faccette per costotubercolo collo tubercolo vertebrale; il collo, angolo angolo porzione che va dalla testa al tubercolo, è meccanicamente superiore inferiore faccetta art. sulla proiezione per il processo faccette articolari trasverso per i corpi vertebrali dell’asse di mobilità della costa; il tubercolo costale, si trosolco costale va subito all’esterno una costa media della trasversa. vista posteriormente

testa collo tubercolo

Dal tubercolo la direzione della costa è basso-fuori. Angolo o arco costale posteriore va all’esterno della costa, dopo di che la costa cambia direzione e si porta in basso-avanti. Poi vi è un altro angolo minore anteriore: dove vi è un ulteriore cambio di direzione che va verso avanti-dentro. Solco costale: zona dove passa arteria e nervo intercostale. Quando si hanno dolori intercostali, dolori al torace, alla braccia o alle gambe, immaginate ci possa essere la possibilità di un herpes zoster, è molto legato al nervo intercostale o di qualsiasi radice nervosa. Il trattamento osteopatico migliora drenando, perché c’è un trauma virale sul nervo, però poi bisogna risolvere il problema virale; normalmente con il trattamento si ha un risultato più sul dolore meno sul rash cutaneo. Nervi e arterie intercostali ganglio spinale radice ant m. erettore della colonna (o sacro-spinale) ramo spinale (o radicolare) dell’arteria intercostale post ramo mediale ramo post dell’arteria intercostale post ramo post del n. toracico ramo laterale m. trapezio leg. costo-trasversario m. grande romboide m. erettore della colonna (o sacro-spinale) n. intercostale arteria intercostale post (o ramo ant del n. toracico) leg. intercostale int. leg. intercostale int. scapola sul m. intercostale est m. sottospinato m. dentato anteriore m. sottoscapolare m. dentato ant

rami comuncanti grigio e bianco aorta tronco del simpatico e suoi gangli arterie intercostali m. intercostale profondo m. intercostale profondo (sezionate) m. intercostale int. m. intercostale int.

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m. intercostale profondo

m. intercostale profondo

m. intercostale interno m. intercostale esterno m. trasverso del torace

sterno

m. intercostale interno m. intercostale esterno arterie toracica int (o mammaria int)

ramo cutaneo lat del n. intercostale

ramo ant del ramo cutaneo lat m. obliquo del n. intercostale esterno dell-addome

ramo cutaneo ramo ant del n. perfointercostale rante

m. grande pettorale

m. retto dell’addome

arteria epigastrica sup

leg intercostale est

m. obliquo esterno dell’addome ramo cutaneo lat dell’ arteria intercostale

arteria intercostale ant

K1 e K2 presentano un corpo molto corto. K1 ha un arco molto chiuso rispetto alle altre coste e ha una dimensione molto più piccola. K2 struttura più chiusa e piccola rispetto alle altre. L’orientamento delle coste è longitudinale, cioè orientato dall’alto in basso per tutte le coste dalla III in poi. K2 ha un orientamento obliquo, da dentro a fuori e dall’alto in basso. K1 è orientata quasi su un piano orizzontale. La I costa presenta ant. il rilievo del tubercolo di Lisfranc, nel quale si inserisce il m. scaleno ant. (anteriormente la vena succlavia e posteriormente l’arteria succlavia), ancora sulla I costa si inseriscono: scaleno medio e succlavio. Lo scaleno post s’inserisce su K2. K1 si articola normalmente con D1, per cui D1 presenta una faccetta nella parte superiore del corpo per K1 e una emifaccetta per K2 nella parte inferiore; qualche volta K1 può avere un’articolazione anche con C7, nel caso c’è una emifaccetta con C7 e una nella parte superiore di D1. Un’evenienza è quella delle coste sovra numerarie (immagine sopra), che possono situarsi o nella parte alta (al di sopra di K1) o presentarsi nella parte inferiore (al di sotto di K11); sono abbozzi costali, normalmente quella inferiore non da problemi, mentre quella superiore (come anche la megapofisi trasversa di C7) può creare problemi di tipo vascolare più che neurologico, può creare problemi neuro-vascolari sull’arto superiore. Le coste K11-K12 non hanno la giunzione a livello della cartilagine con lo sterno, presentano solo articolazione costo-vertebrale e non quella costo-trasversaria, non presentano neanche il tubercolo. Le coste prendono denominazione da: - K1-K7 coste sternali: ognuna raggiunge direttamente lo sterno con la propria cartilagine. - K8-K10 coste asternali: K8 raggiunge la cartilagine di K7 che poi raggiunge lo sterno, K9 raggiunge la cartilagine di K8, K10 raggiunge la cartilagine di K9. - K11-K12 coste fluttuanti, hanno il margine libero

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faccetta costale del processo trasverso per il tubercolo della costa leg costo-trasversario lat

Articolazioni costo-vertebrali

Alcuni testi chiamano K11 e K12 false e K8-K9-K10 spurie, in altri testi K8, K9, K10 le chiamano false. leg intertrasversario Le cartilagini costali (presenti fino a K10) sono formate di carleg costo-trasversario sup tilagine ialina, è elastica, che perde però di elasticità nel corso degli anni, come le coste anche il torace perde complessivamente una delle caratteristiche fondamentali che è l’elasticità.

leg longitudinale ant faccetta costale INF per la testa della costa leg interarticolare faccetta costale SUP per la testa della costa leg raggiato

processo trasverso (sezionato)

faccetta costaleSUP per la testa della costa Vista postero-lat da dx leg raggiato leg costo-trasversario interosseo leg costo-trasversario laterale leg costo-trasversario superiore leg intertrasversario

faccetta articolare SUP della testa della costa leg raggiato

leg costo-trasversario sup (sezionato)

leg costo-trasversario laterale

Nelle RX delle persone anziane si vedono delle punteggiature (delle isole) nella zona anteriore delle coste, in realtà sono delle precipitazioni di sali calcarei che vanno a partire da alcune isole di queste cartilagini a rendere man mano sempre più rigida questa cartilagine costale. La cartilagine ha dimensioni molto differenti, dai 2-3 cm per K1 e K2, fino ad arrivare a 12-14 cm per K7, che ha la cartilagine più lunga. K11 e K12 non hanno un’assenza di cartilagine, ma hanno delle cartilagini nastriformi che si vanno a...... nelle aponeurosi dei muscoli addominali.

leg interarticolare

Le coste anteriormente da cavità sinoviali K1 a K7 hanno articolazioni formate da artrodie doppie tra le cartilagini costali e lo sterno, solo K1 presenta un’artrodia semplice. Queste zone sono fornite di una vera e propria capsula articolare che è poi rinforzata nella parte anteriore e posteriore dal legamento raggiato e da un legamento intrarticolare, cioè Sezione trasversale, vista sup un legamento che si trova nel fondo dell’articolazione. leg costo-trasversario interosseo

Le articolazioni posteriori Costo-vertebrali: sono formate da articolazioni che sono delle artrodie doppie tranne che per K1 (si articola con un’unica artrodia nella parte superiore del corpo di D1), K11 e K12 (hanno unica articolazione con il corpo di D11 e D12). Presentano delle vere e proprie capsule articolari, i legamenti che rinforzano questa articolazione sono: all’interno, nel fondo dell’articolazione, il leg interosseo o interarticolare, tra la testa della costa 125

con la zona ossea dell’articolazione tra la vertebra superiore e la sottostante. Il leg raggiato stabilizza la testa della costa, 3 fasci: superiore (va nella parte inferiore della vertebra sovrastante) inferiore (nella parte superiore della vertebra sottostante) medio (si inserisce sul disco intervertebrale, viene chiamato anche legamento costo-vertebrario) Costo-trasversarie: articolazioni condiloidee (in alcuni libri denominata enartrosi), con superficie convessa e una concava, è provvista di una capsula articolare con cavità sinoviale, quindi una vera articolazione, non è presente per K11 e K12. La capsula articolare è rinforzata dal legamento interosseo che va dalla parte interna della trasversa alla parte interna del collo della costa. Legamento costo-trasversario posteriore o laterale che si inserisce a livello del tubercolo. Legamento costo-trasversario superiore che si inserisce sulla trasversa della vertebra sovrastante. Se sto tra D5 e D6 starò su K6.

Palpazione

Pz supino Parto dall’incisura giugulare, scendo e sento una salienza che è la parte anteriore della giunzione tra manubrio e corpo dello sterno. Vado sulla clavicola, subito sotto la 1° costa e lateralmente la cartilagine di K2, la giunzione condro-sternale tra K2 e lo sterno; seguendo ancora lateralmente la costa sento un’altra salienza che è la giunzione condro-costale. condrosternale condrocostale

K1 nella zona emiclaveare la palpate qui, mentre lateralmente non c’è più e se scendete giù state su K2

Nella parte bassa contare le cartilagini costali, nella donna si sposta un pò la ghiandola. K7 ha un’inclinazione molto importante verso il basso e poi risale lateralmente, se stiamo sopra la cartilagine seguo K7 si sente un piccolo scalino, se invece mi metto sotto la cartilagine seguo K10. K4 lateralmente la troviamo a livello ascellare. Per le coste fluttuanti partire dalla regione postero-laterale della cresta iliaca, risalite sopra fino a sentire la punta di K12 (Pz sul fianco), risalire un pò e sentire la punta di K11.

D2

Pz seduto per palpare la parte posteriore Seguiamo la trasversa e ci mettiamo all’interno del bordo della scapola, cerchiamo una salienza e poi percepiamo la zona del tubercolo. Sull’angolo superiore della scapola stiamo su D2. Sull’angolo inferiore su D7 Pz prono Se facciamo ruotare la testa, normalmente dal lato in cui gira si palpano meglio i tubercoli

Fisiologia del torace

Abbiamo visto nell’anatomia il collo della costa, che visualizza l’orientamento dell’asse di mobilità della costa. Dalle due parti del collo troviamo l’articolazione costo-vertebrale (tramite la testa della costa) e l’articolazione costo-trasversaria. Attraverso queste due articolazioni passa l’asse di mobilità della costa. La costa si muove 126

su queste articolazioni posteriori e su quelle anteriori, dove troviamo l’articolazione condrosternale, che è formata da una doppia artrodia, tra la parte anteriore della cartilagine costale e lo sterno. È un articolazione fibrocartilaginea che presenta oltre alla mobilità articolare (c’è proprio una capsula articolare), una plasticità che abbiamo detto va perdendosi nel corso del tempo; quindi sia la costa che la cartilagine presentano un certo grado di elasticità. Questa elasticità, insieme alle articolazioni anteriori e posteriori rappresentano i punti di mobilità della costa. Complessivamente la costa durante l’inspirazione si eleva e durante l’espirazione si abbassa. Questo movimento però cambia a seconda del livello, perché è guidato dall’orientamento dell’asse di mobilità della costa. L’asse di mobilità, che è l’asse meccanico della costa, per il gruppo alto (da K1 fino a K5) è orientato su un piano parafrontale cioè sempre in avanti e in dentro ed è un’asse che si avvicina al piano frontale. Questo determinerà durante il movimento costale un incremento del diametro antero-posteriore. Quindi la costa oltre ad andare in alto va anche anteriormente, più in avanti (lo percepiamo a livello della linea emiclaveare). Le coste basse invece (da K6 in giù) hanno l’asse orientato maggiormente verso un piano parasagittale, che determinerà sempre un elevamento della costa durante l’inspirazione, ma anche un incremento sulla linea emiascellare, per cui latero-laterale. Le coste alte faranno perciò il movimento che viene detto a braccio di pompa, mentre le coste basse fanno un movimento a manico di secchio. Questo cambiamento d’asse ovviamente non avviene bruscamente, ma in maniera graduale man mano che si va verso le coste inferiori. Questo cambiamento di asse è condizionato dall’orientamento delle trasverse, che diventa sempre più parasagittale man mano che si procede verso il basso.

Per cui, il volume complessivo del torace, durante l’inspirazione si incrementa di più antero-posteriormente nella parte alta, mentre incrementa di più il suo volume latero-lateralmente nella parte bassa. Il movimento del torace viene guidato e azionato dai muscoli respiratori. Normalmente nella respirazione classica, quella in cui non facciamo nessuno sforzo fisico o psichico che può condizionare la nostra ventilazione, noi abbiamo un volume basale, che si chiama volume corrente, ed è il volume di aria che noi mobilizziamo inspirando ed espirando e ci serve per mantenere la respirazione di base. Quando aumentiamo la ventilazione, questo volume deve aumentare vista la maggior richiesta di quantità di scambi a livello del sangue dei tessuti, per cui viene richiesto più ossigeno, e arriviamo a un volume accessorio, aumentando sia l’inspirazione che l’espirazione. Nella respirazione corrente utilizzo maggiormente il muscolo principale della respirazione, ossia il diaframma, insieme ai mm. intercostali esterni (che tirano su le coste). Nella respirazione basica il movimento del torace può anche non esserci, poiché la respirazione avviene prevalentemente a livello diaframmatico: i polmoni sono adesi alla fascia endotoracica e alla parte sup del diaframma con le pleure, quando prendo aria attraverso la respirazione addominale, il centro frenico si abbassa aumentando la pressione intraaddominale e aumentando anche l’espansione dei polmoni e si acquisisce aria. Questa respirazione come detto avviene prevalentemente grazie al diaframma, e in maniera molto limitata grazie ai muscoli intercostali esterni, che sono i mm. inspiratori. La espirazione è passiva e dipende in parte da un collassamento dei polmoni e in parte da un elasticità delle strutture toraciche che riportano a collassare i polmoni. 127

Quando si ha una respirazione più profonda intervengono altri meccanismi. Il centro frenico si abbassa e fa punto fisso a livello del pacchetto viscerale e espande lateralmente le cupole determinando un espansione soprattutto della parte bassa del torace. Intervengono poi i muscoli accessori della respirazione che sono essenzialmente gli scaleni e lo SCOM che innalzano il gruppo alto delle coste, e in parte minore intervengono anche l’elevatore e il piccolo pettorale. Questo permette dopo la prima fase di inspirazione di continuare ad introdurre aria. Se anche l’espirazione viene forzata allora intervengono altri muscoli che sono gli intercostali interni e il gruppo dei mm. addominali (in particolare obliqui e trasverso) che comprimono la parete addominale che manda ancora più in alto le cupole del diaframma e quindi collassa completamente i polmoni. In questo meccanismo interviene anche il retto dell’addome. Normalmente la dinamica respiratoria deve avere queste caratteristiche: 1 una prima fase in cui c’è l’abbassamento del centro frenico 2 una seconda fase in cui il centro frenico si appoggia, espansione delle cupole, intervento dei muscoli accessori della respirazione. Se non avviene questo tipo di respirazione ma vi è una respirazione paradossale, che è molto frequente, il diaframma viene bloccato, quindi non si abbassa il centro frenico, gli addominali rimangono attivi da subito (non danno la possibilità al centro frenico di scendere) e intervengono subito i muscoli accessori della respirazione. Questo fa assumere alla persona una respirazione di tipo toracico, soprattutto toracico alto, che è una respirazione molto dispendiosa. È molto frequente in chi soffre di dolori cervicali, perché hanno costantemente una respirazione di tipo toracico utilizzando sempre i muscoli accessori e vi è sempre una tensione costante del diaframma. È uno stato molto spesso collegato alla situazione di tensione emotiva del soggetto, dove in molti casi il diaframma rimane bloccato e questo determina una tensione costante a livello dei paravertebrali e dei pilastri del diaframma e dei muscoli accessori della respirazione. È inoltre una respirazione che a volte può portare alla sindrome della iperventilazione: persone che fanno delle respirazioni molto veloci e molto frequenti (respirazioni superficiali) e che paradossalmente portano a una iperalcalosi nel sangue quindi ad un eccesso di anidride carbonica nel sangue (il processo di ossigenazione del sangue non si completa mai perché la fase di espirazione non è mai buona e si ha un ristagno di anidride carbonica a livello dei polmoni), con conseguenze varie, anche a livello periarticolari, dove le cartilagini subiscono una minore ossigenazione ecc.. (normalmente sono più le donne a presentare una respirazione più toracica, nonché soggetti fibromialgici e che presentano situazioni ansiogene di fondo). Negli esercizi respiratori la tempistica ideale è due tempi di espirazione, un tempo di inspirazione e un tempo di pausa (in 8 secondi di ciclo espiratorio saranno 4 di Esp, 2 di INsp e 2 di pausa. Vedi immagine successiva); questo esercizio va bene anche negli asmatici dove spesso vi è una sindrome di iperventilazione. Inoltre per gli asmatici si può utilizzare una espirazione soffiata, dove si deve immaginare di soffiare verso la fiamma di una candela posta a circa 25-30 cm, facendola tremare ma senza spegnerla.

Quindi la pausa posso metterla dopo l’inspirazione e andare in senso orario nella figura, oppure dopo l’espirazione e andare perciò in senso antiorario

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I sovracostali vanno dalla parte superiore della costa fino alla trasversa della vertebra sovrastante e hanno la stessa direzione degli intercostali EST: sovracostali e intercostali esterni sono muscoli inspiratori e sono orientati verso basso-fuori. Gli intercostali INT sono orientati in basso-dentro sono dei muscoli espiratori e abbassano la costa. È un muscolo espiratorio anche il triangolare dello sterno che si trova nella parte interna dello sterno, e va dalla parte posteriore dello sterno alle cartilagini costali, che abbassa durante l’espirazione. È bene quindi nei nostri test analizzare la meccanica respiratoria (come si muovono le coste, se si muovono bene e in che direzione) e la dinamica respiratoria (come respira il Pz: toracica addominale, profonda, veloce ecc) Approccio al torace_Osservazione Il test parte sempre da un esame visivo, per cui per prima cosa osserviamo se ci sono particolari da mettere in evidenza: osservo il Pz sia anteriormente che lateralmente e posteriormente. Dopo di che posiziono il Pz supino. Mi posiziono alla sua testa con le mani sul torace a livello emiclaveare.

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In questo modo vado a fare un ascolto della respirazione e valuto la dinamica respiratoria. Valuto poi la capacità delle coste di salire durante l’INsp e di scendere durante l’Esp; posso fare ciò facendo respirare più profondamente il Pz oppure posso testare prima un lato poi l’altro e vado a focalizzare la zona dove sento una minore mobilità. Posso fare questo test anche in maniera meccanica, con delle pressioni sul torace senza interessarmi della respirazione. Dopodiché valuto la parte bassa, e dispongo le mani lateralmente al torace nella sua parte inferiore (perché le coste basse fanno un movimento anche latero-laterale). Per sentire meglio posso chiedere al Pz di fare una respirazione un po’ più ampia, oppure ancora posso aumentare la mia pressione per sentire la zona con maggiore restrizione per quanto riguarda il torace basso.

Se mi posiziono posteriormente nella parte inferiore del torace posso sentire le coste fluttuanti e a questo livello l’espansione sarà oltre che laterale, verso la posteriorità

(quindi in alto linea emiclaveare, linea emiascellare in basso, e posteriormente a livello paravertebrale.) Se sento una zona a maggior densità ovviamente devo pensare anche agli organi sottostanti. Normalmente si dice che se c’è una disfunzione sulla struttura esterna si sente più una resistenza dall’esterno verso l’interno alla pressione, mentre se ho una disfunzione di un organo o un problema fasciale profondo è piuttosto una mancanza di espansione; ma questo riguarda più che altro delle zone vaste (zona del fegato, del cuore ecc) non limitate a una sola costa.

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Poi vado sullo sterno, dove mi posso posizionare come nell’ immagine a sin (la mano caudale è sul corpo mentre la craniale è sul manubrio).

variante Vado a premere verso l’interno e devo sentire che lo sterno durante l’INsp va alto-avanti (e l’angolo di Louis si chiude posteriormente); durante l’Esp lo sterno va indietro-basso (e l’angolo di Louis si apre posteriormente). Se non sento bene posso far fare una respirazione un pò più profonda (potrei sentire ad es. che durante l’INsp l’angolo si chiude e durante l’Esp si apre poco). Dalla posizione come nella foto precedente, posso andare a percepire lateralmente le giunzioni condrosternali, quindi vado a fare il test sulle cartilagini condrosternali di sin e di dx andando a dare più pressione col lato ulnare o radiale della mano. Ricordiamo che più la persona è rigida e meno movimento dovrò fare sia nel test che nella tecnica, al contrario invece quando ho una persona elastica. Il torace è una zona dove dobbiamo essere particolarmente attenti, soprattutto alle coste, e questo anche nei test. Quindi andiamo in maniera progressiva con le pressioni. Nella meccanica respiratoria, la parte posteriore della costa, quindi il tubercolo, compie il movimento opposto alla costa. Quindi se faccio un’INsp il tubercolo si abbassa, mentre se faccio un’Esp il tubercolo si alza. Pz prono. Mi appoggio sul torace come ho fatto precedentemente a Pz supino e sento il torace in maniera globale.

Poi mettendomi lungo l’asse dei tubercoli. Posso sentire ancora il movimento costale ai vari livelli

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A livello dello sterno abbiamo detto che i movimenti principali che testiamo sono la risalita e la discesa dello sterno che ci danno un’idea di come lo sterno si va a mobilizzare all’interno della gabbia toracica, e come si comporta l’angolo del Louis, nonchè come si comportano le cartilagini dai due lati. Se ho una sensazione di tensione sulla zona dello sterno, di difficoltà di apertura e chiusura dell’angolo, posso andare a fare una tecnica di tipo funzionale, cioè andare a posizionare lo sterno in tutte le direzioni che può raggiungere. Quindi per prima cosa metto leggermente in tensione verso l’interno lo sterno, poi: - vado a sentire nel movimento longitudinale quale dei due è più libero, se a dx o sin (sento le cartilagini) - poi aggiungo il movimento di apertura e chiusura dell’angolo - posso inoltre aggiungere un movimento di traslazione, spostando lo sterno a dx e a sin su un piano parallelo al lettino (mantenendo sempre quello che già ho guadagnato, ossia se nel movimento longitudinale è più libero a sin, perciò lo mantengo a sin, se l’angolo si apre bene lo tengo aperto: mantengo sempre lo sterno nella direzione in cui preferisce andare…); - posso ancora aggiungere una bascula complessiva come se avessi un asse latero-laterale - l’ultimo parametro che aggiungo è una torsione lungo un asse antero-posteriore. A questo punto mantengo tutti questi parametri, ovviamente in maniera non molto energica, dando al Pz la possibilità di respirare normalmente. Mantengo questa posizione e questi parametri per circa un minuto e mezzo-due e poi lascio mano a mano tutti i parametri per andare poi successivamente a ritestare. Quindi è una tecnica in aggravamento della disfunzione. Lo sterno è una zona molto legata ai problemi emotivi, quindi è probabile che in certi Pz si scatenino reazione emotive. sem 2 VERTEBRE CERVICALI Nel passaggio dalla posizione fetale alla posizione quadrupedica c’è un’evoluzione nella strutturazione delle curve fisiologiche. Nella vita fetale e appena nato abbiamo una cifosi unica, poi il bambino con il riflesso tonico del collo comincia a posizionare la testa e compare la prima lordosi (cervicale) che serve al bambino per puntare lo sguardo all’orizzontale (intorno al 3° mese). Successivamente nel passaggio alla posizione bipede 132

c’è la comparsa della curva a livello lombare. Quindi le 2 lordosi sono delle curve adattative (la curva cervicale è per eccellenza quella più adattativa fra le due), cioè servono al bambino per stabilizzare la sua postura e quindi vengono secondariamente alla cifosi.

Dividiamo la colonna cervicale in 2 zone: 1. rachide cervicale superiore: C0-C1, C1-C2, è il passaggio cranio-cervicale. La rima del 1° disco vertebrale è fra C2-C3 perché l’atlante (1° vertebra cervicale) non ha un’articolazione con il disco vertebrale (con l’epistrofeo); per cui tutto il segmento osseo superiore che arriva fino alla base del cranio rappresenta tutto l’epistrofeo: il corpo, il dente, la porzione anteriore del corpo dell’epistrofeo con l’arco anteriore del corpo di C1 (l’atlante non avendo il corpo vertebrale circonda il dente dell’epistrofeo). 2. rachide cervicale inferiore: tutta la parte dall’articolazione C2-C3 fino a C7-D1. Divisione che viene fatta non solo per ragioni anatomiche ma anche fisiologiche. Anteriormente all’articolazione C2-C3 abbiamo l’orofaringe con tutti i visceri della bocca; mentre nella parte più bassa abbiamo le 2 cartilagini del collo: tiroidea e cricoidea e l’osso ioide (C3-C4). Anatomia rachide cervicale inferiore Le vertebre cervicali sono 7. La particolarità consiste nella conformazione del corpo vertebrale (a differenza del corpo della vertebra dorsale che è rotondeggiante, con dimensioni abbastanza regolari) che ha la misura trasversale che è circa il doppio di quella antero-posteriore, quindi ha una forma ovale; inoltre ha il muro posteriore che è piatto (quello che determina la parte anteriore del canale vertebrale) mentre nella vertebra toracica è concavo. Il foro vertebrale a livello toracico è tondo, il foro vertebrale a livello cervicale è triangoleggiante (è più piatto in avanti).

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La vera particolarità della vertebra cervicale sono le apofisi (o articolazioni) unciformi o uncus, che sono due piccole corna che si trovano lateralmente, cioè dei prolungamenti laterali da ambo i lati del corpo vertebrale verso l’alto che hanno una faccetta articolare che guarda verso alto-dentro (soprattutto dentro) che corrisponde a una porzione smussa che troviamo nella parte inferiore della vertebra sovrastante. Sono presenti su tutte le vertebre cervicali sino all’articolazione C2-C3, anche l’epistrofeo nella parte inferiore presenta quella parte smussa (nella parte superiore, quindi C1-C2 non le presenta); quindi sono presenti da C2 su C3 fino a C7 su D1 (D1 le presenta nella parte superiore). A livello degli uncus c’è una capsula articolare, è una vera e propria articolazione rivestita di cartilagine. Le vertebre cervicali hanno delle articolazioni che si trovano su un piano orizzontale, non ci sono strutture laterali che limitino il deragliamento; gli uncus sono i binari della mobilità cervicale, ecco perché spesso vanno incontro a problematiche artrosiche (es: spondilouncoartrosi). Se non avessero le superfici articolari e non fossero a contatto non si verificherebbero queste problematiche artrosiche. Gli uncus sono i binari della flesso-estensione e guidano pure la rotazione e l’inclinazione, impediscono alla vertebra di deragliare, la stabilizzano. Altra caratteristica della parte inferiore del corpo di C7, che può presentare una piccola faccetta che si articola con la testa di K1. Un’altra regione un pò particolare delle vertebre cervicali è una zona dove è presente un becco che è un prolungamento antero-inferiore del corpo vertebrale che corrisponde a una porzione smussa che troviamo nella parte antero-superiore della vertebra sottostante. Il foro vertebrale, soprattutto nelle cervicali alte è molto ampio a forma triangolare, molto grosso perché le strutture nervose che passano a livello del rachide cervicale superiore sono delle strutture voluminose; man mano che va giù diminuisce di volume. Il corpo vertebrale finisce nella parte posteriore e si unisce all’arco tramite i peduncoli. I peduncoli sono la struttura che collega l’arco post alla vertebra e a livello vertebrale rappresentano il tetto e il pavimento del forame di coniugazione, il forame dove passa il nervo. Il forame di coniugazione è formato dalle 2 vertebre sovrapposte. Il tetto del forame di coniugazione è la parte bassa del peduncolo della vertebra sovrastante; il pavimento è la parte alta del peduncolo sottostante; la parte anteriore è rappresentata da muro vertebrale e disco intervertebrale con capsula; la parte posteriore dai massicci articolari e dall’articolazione interapofisaria.

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a sin la forma a fagiolo

Infatti, quando a questi livelli si verificano le problematiche osteo-artrosiche il lume del forame di coniugazione si restringe (in genere a livello di C5-C6), si ha questa forma a fagiolo; qui dentro si trovano le problematiche dell’articolazione interapofisaria e del disco e delle opposizioni osteofitarie che si trovano nei corpi delle vertebre. Le apofisi articolari: ai peduncoli seguono i massici articolari (o apofisi articolari o massa laterale), che rappresentano la zona di mobilizzazione della vertebra. L’orientamento del piano delle faccette articolari è para-orizzontale e ha rispetto al piano orizzontale di riferimento una inclinazione verso l’avanti-alto, in modo tale che le faccette articolari inferiori guardano in basso-avanti e le faccette superiori guardano in alto-indietro; questa tra C2-C3 e C7-D1. Questo orientamento inclinato non ha un unico angolo ma presenta un angolo che è progressivamente più inclinato dal basso verso l’alto, cioè a livello di C6-C7 abbiamo un angolo di circa 10°, a livello di C2-C3 abbiamo un angolo di circa 40-45°; questo dipende anche dalla forma della lordosi. Le faccette lombari sono para-sagittali, le faccette dorsali sono parafrontali, le faccette cervicali sono paraorizzontali. Le apofisi trasverse partono dai massicci articolari, esse hanno il foro per l’arteria vertebrale, tutte le cervicali hanno il foro anche C7, anche se il foro su C7 è incostante, anche quando c’è non è attraversato dall’arteria vertebrale. Il foro di C7 può essere rivestito da una membrana. Superiormente l’arteria si inclina per andare a livello della membrana atlanto-occipitale, che poi perfora per entrare dentro il cranio.

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Nelle vertebre cervicali alle lamine segue una spinosa bifida, però non per tutte le vertebre cervicali. C1 non ha la spinosa, C7 ce l’ha unitubercolata. Le cervicali hanno una spinosa un po’ più piccola e sempre orizzontali (non inclinate come le dorsali), C7 ha la spinosa più pronunciata, cosidetta prominente. Riassumendo le particolarità di C7 sono: spinosa prominente presenza della semifaccetta per K1 foro trasversario NON attraversato dall’arteria vertebrale. Fisiologia I legge di Fryette: un gruppo di vertebre in neutralità, cioè in appoggio discale senza impegno articolare. A livello cervicale vi è un equilibrio muscolare che dipende dalle componenti ascendenti che arrivano al collo e dalle componenti discendenti che partono dal cranio. Il centro di gravità della testa (punto G) si trova anteriormente alle faccette articolari delle vertebre cervicali, cosa che sbilancia la testa in avanti, infatti se la testa non avesse il sostegno muscolare tenderebbe a cadere in avanti; a questo deve opporsi un tono muscolare costante dei muscoli nucali, che serve a contrastare la caduta della testa in avanti. Questo produce un effetto risultante che va a manifestarsi a livello delle faccette articolari, che sono costantemente impegnate. Per questo non sussiste a livello cervicale la condizione di neutralità e questo fa si che la prima legge di Fryette non possa essere applicata. Le altre articolazioni che sono sempre impegnate sono le uncoartrosi, che sono l’appoggio laterale del piatto, si trovano leggermente più interne rispetto alle articolari. Per quanto riguarda le inclinazioni dei piani articolari, il movimento avviene su un piano paraorizzontale, ma siccome siamo su un piano inclinato non posso essere in prima legge perché la rotazione e l’inclinazione nelle cervicali devono essere necessariamente omolaterali. Esse funzionano sempre in seconda legge. I legamenti delle vertebre cervicali sono uguali alle altre vertebre: capsule articolari, leg longitudinale ant, leg longitudinale post, leg gialli, leg intertrasversali, leg interspinosi, leg sovraspinosi o epispinosi (che a livello cervicale prendono il nome di legamento nucale); unica differenza a livello delle apofisi unciformi (in rosso) Movimenti di flesso-estensione: movimenti simmetrici, che avvengono su tutti e due le faccette articolari. L’estensione a livello cervicale ha un’escursione di 55°, la vertebra si inclina e scivola posteriormente guidata dalle articolazioni unciformi, le articolazioni interapofisarie convergono e vanno verso dietro e basso e il nucleo del disco è sospinto in avanti; il movimento è limitato dal tensionamento del legamento longitudinale anteriore e dal contatto degli archi delle spinose. La F è di 45°, la vertebra si inclina e scivola anteriormente guidata dalle articolazioni unciformi, le articolazioni interapofisarie divergono e vanno in avanti e alto e il nucleo è spinto verso dietro; il movimento è limitato dal tensionamento del legamento longitudinale posteriore e dai legamenti gialli e interspinosi. La rotazione e l’inclinazione sono movimenti inscindibili tra loro, 50-55° per la rotazione, 35° per l’inclinazione. Nell’inclinazione laterale il nucleo è sospinto nella parte opposta all’inclinazione, con un allontanamento delle trasverse da una parte (limitato dal legamento intertrasversario) e un avvicinamento delle trasverese dal lato 136

dell’inclinazione. Il centro in cui passa l’asse di rotazione è localizzato nella parte posteriore del corpo vertebrale a livello cervicale, a livello dorsale è al centro del corpo vertebrale, a livello lombare è verso la spinosa. Palpazione_Pz seduto Le zone del rachide cervicale che ci interessano nella palpazione sono i massicci articolari. A livello del rachide dorsale e lombare le zone che ci interessano sono le trasverse e le spinose

Per la palpazione del rachide cervicale: Pz seduto, mi posiziono lateralmente al collo del Pz, sono a livello delle trasverse, mi sposto sul collo su e giù.

Se voglio sentire la trasversa di C1, un punto di repere importante è l’arco posteriore, punto importante per conteggiare le vertebre. La trasversa di C1 si trova tra la mastoide e la branca ascendente della mandibola.

Individuiamo le trasverse passando dietro allo SCOM. Partendo dalle trasverse andiamo un pò più indietro e in dentro e a 45° trovate la massa laterale. Possiamo sentirle palpando dall’alto in basso e muovendo il collo del Pz, attraverso delle rotazioni e inclinazioni.

Stessa cosa possiamo farla con il Pz supino. Percepisco le trasverse lateralmente, la trasversa di C1, muovo la testa.

Mi posiziono con le mani a “copetiello” per sentire occipite e arco posteriore di C1, faccio rilassare i sottoccipitali e provo ad andare in avanti e alto in modo da sbattere con i polpastrelli sull’arco post di C1. Poi scendo più sotto con il dito e troverò il massiccio articolare di C2, poi sotto di C3 e così via. Sempre muovendo la testa.

Sentire quando una faccetta articolare è diversamente mobile. Per fare un test di mobilità mi metto sulla faccetta con restrizione di mobilità (sia a dx che a sin) e sulla sottostante. Faccio una F >spingo con i medi in avanti-alto, oppure faccio un contrappoggio sugli indici e faccio una E e vedo se vanno in dietro-basso. Posso fare un’iclinazione laterale (individua meglio il livello).

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STERNO Zona dove spesso si hanno implicazioni di tipo emotivo, va approcciata con molta discrezione e progressività, seguendo i tempi del Pz.

Pz supino. Le mani sullo sterno le posizioniamo una sopra l’altra, il nostro scopo all’inizio è di accordarci al respiro del Pz, l’Osteopata si stabilizza poggiandosi con le cosce sul lettino. Sto in ascolto del tipo di respirazione del Pz, se è una respirazione toracica o addominale, se ha una respirazione profonda, accelerata o poco profonda e veloce.

Posso cercare attraverso il mio appoggio di modificare lentamente questa respirazione, se uno ha una respirazione troppo frequente (intanto si può chiedere di rallentarla) posso cercare di approfondire, ad es: il Pz espira e io vado un po’ oltre, inspira e gli do più possibilità di tornare su. Dopodiché vado a seguire i movimenti di espirazione (aumentando il mio appoggio) e di inspirazione (lasciando l’appoggio) e sento globalmente l’elasticità dello sterno. Poi posso provare a sentire i movimenti nei vari piano dello spazio, per es: sul piano frontale vado verso la parte sin del torace mantenendo quella leggera pressione, ritorno al centro nella fase inspiratoria e nella fase espiratoria successiva traslo lo sterno a dx. Poi faccio una rotazione sull’asse antero-posteriore verso dx, prende aria e la faccio verso sin. Poi posso fare un movimento di torsione lungo un asse longitudinale, quindi vado a poggiarmi di più sulle cartilagini di sin, respira e mi poggio sulle cartilagini di dx. Registro i movimenti che sono più liberi. Poi posso andare, spostando eventualmente anche la mano, a sentire l’angolo: durante l’INsp l’angolo va in alto e si chiude,

durante l’Esp l’angolo va in basso e si apre.

Tecniche per liberare la zona, sono tecniche per lo sterno e per l’angolo, non sono tecniche specifiche sulle cartilagini. Su un Pz che non sembra avere delle problematiche specifiche ma solamente un’esigenza di liberare la zona, si può fare una tecnica di liberazione generale sullo sterno.

Ci poggiamo con le mani sullo sterno del Pz (come nella prima immagine), faccio respirare il Pz un po’ più ampiamente, seguendo il movimento del Pz, chiedo di soffiare tutta l’aria, di mantenere un po’ di apnea e di prendere aria a bocca aperta e lascio il mio appoggio sullo sterno.

La stessa cosa posso farla sull’angolo. Se ho un angolo che al test mi risulta chiuso e non si apre, o risulta aperto e non si chiude, posso andare a fare il movimento nel senso dell’aggravamento, cioè nel senso della maggiore ampiezza, e poi libero in modo tale che la struttura vada nel senso opposto.

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angolo aperto

angolo chiuso

Quando ho un angolo aperto posso rispettare la giusta respirazione, perché quando espira mi va bene aprire l’angolo e vado giù ogni volta che espira e poi all’inspirazione mollo l’appoggio.

Nel caso dell’angolo chiuso devo continuare a chiudere l’angolo ma dovrò comunque farlo andare in espirazione, perché non posso fare una tecnica in cui incamero tensioni nell’inspirazione poi nell’espirazione perdo tutta la tensione. Anche se è parzialmente meno fisiologico, io vado a farlo respirare, durante l’inspirazione chiudo di più l’angolo e durante l’espirazione mantengo. Chiedo di buttare tutta l’aria e successivamente di fare un’inspirazione a bocca aperta e mollo l’appoggio.

Di Branco Torace: le coste

Guardando la parte dx dell’immagine notiamo che a livello alto (da K3 a K5-K6), l’articolazione costovertebrale prevede un appoggio della testa costale sul corpo e un appoggio del tubercolo costale sulla trasversa. Questo appoggio crea un asse che tende al piano frontale. Questo vuol dire che le coste alte, muovendosi su un piano abbastanza frontalizzato, nel momento in cui avviene il movimento costale, aumenta prevalentemente il diametro antero-posteriore del torace, a scapito di quello trasversale. Per questo si dice che le coste alte fanno un movimento a braccio di pompa e si testano lungo una linea emi-claveare (su una linea che passa a metà della clavicola). Su questa linea andiamo a testare le coste alte da K3 a K5 (anche K1 e K2 si comportano in questo modo ma le vedremo in un altro approccio).

Guardando a sin dell’immagine, notiamo che per la zona bassa (da K6 a K10), l’articolazione tra la testa costale e il corpo vertebrale e tra il tubercolo costale e la trasversa, crea un asse che sarà più sagittalizzato rispetto al precedente. Questo asse fa si che il movimento costale a livello delle coste basse sia a manico di secchio, il che favorisce l’ampliamento di un diametro trasversale a scapito di un diametro antero-posteriore: per questo motivo diremo che le coste basse si testano lungo una linea emi-ascellare. Da sempre siamo abituati a pensare al movimento costale come a un movimento che praticamente è indotto soltanto dalla ventilazione meccanica. Ma in realtà non fa soltanto questo, ma bensì si adatta al movimento dei cingoli, e quindi anche durante il cammino (rotazioni dei cingoli), compie dei movimenti. Quindi nel movimento che avviene in quella che chiamiamo “ventilazione ideale”, ossia, un movimento puro e simmetrico 139

di tutto il torace in apertura e chiusura, aggiungiamo il movimento che avviene in adattamento del torace, quindi nelle rotazioni dei cingoli. Ruotando il tronco verso dx, l’emitorace dx andrà ad aprirsi, e andrà a creare un adattamento, attraverso una sorta di ruota dentata, che arriverà fino all’emitorace sin, che andrà perciò a chiudersi. In questo tipo di adattamento noi avremo una simulazione (o adattamento meccanico) di inspirazione nell’emitorace dx e di espirazione nell’emitorace sin. Questo avviene anche nel gesto sportivo forzato (servizio del tennis, golf….) Ancora posso pensare a un movimento di apertura e chiusura su un piano frontale (inclinazioni laterali), in cui un emitorace è aperto e l’altro chiuso. Quindi ricapitolando:

1.Respirazione ideale

2.Adattamento di tutti i giorni (il più fisiologico) dovuto agli adattamenti alle rotazioni dei cingoli

3. Apertura e chiusura su un piano frontale, in cui la griglia costale si chiude dal lato del Side e si apre dall’altro (nell’es. si apre la parte dx)

Questi 3 tipi di adattamenti mi serviranno per testare il torace, e su tutte e tre queste situazioni io posso trovare dei problemi. La costa è orientata da dietro in avanti-basso, per poi risalire in direzione dello sterno. Nella simulazione di INsp grazie all’orientamento delle coste, la costa andrà in alto-indietro, mentre nella Esp andrà basso-avanti. Quindi quando io forzo il movimento nella Esp, la costa scenderà in basso-avanti, ammortizzata energeticamente dalla cartilagine costale. Faremo il test sulla faccetta articolare dietro, sulla faccetta articolare davanti, e sui punti di passaggio tra costa e cartilagine e tra cartilagine e sterno. Posso testare le coste in un momento qualsiasi della respirazione ideale (punto 1): valuto se gli spazi costali si aprono o meno (sento soprattutto a livello laterale e posteriore) Oppure posso forzare io il movimento e vedere se la griglia su un certo punto si apre o rimane chiusa, o vice140

versa. Questo perché è molto riduttivo andare a testare il torace soltanto con la respirazione. Pratica

Ponendo le mani lateralmente al torace sentirò I fase le coste basse Pz supino. Per prima cosa possiamo andare a sentire semplicemente la respirazione poggiando le mani sul torace anteriormente. Vado cosi a testare l’escursione delle coste alte (K3-K4-K5; saltiamo K1 e K2 che vedremo in seguito). II fase (Posso eseguirla prima o dopo la I ma secondo Di Branco va fatta prima) Pz supino. Osteopata in piedi. Vado a forzare la struttura. Essendo una struttura che in qualche modo sospettiamo abbia accumulato energia, perché è andata in inspirazione forzata o espirazione forzata, potremo trovare delle zone di rigidità nei punti in cui tale energia si è caricata. a) zona alta: mani sul torace, imprimo un movimento verso una rotazione dx e rotazione sin del torace e sento dove ho rigidità

Nel caso senta una rigidità vado a sentire anteriormente se trovo quacosa di particolare

b) zona bassa: mani lateralmente al torace e vado a forzare sempre verso la rotazione

se sento una rigidità andrò poi a forzare anche la parte anteriore delle coste basse (attenzione a non andare sulle cartilagini). (quindi testo zona alta e zona bassa, e se sento qualcosa che non va vado poi ad indagare anteriormente alle coste).

III fase. Pz supino. Posso fare delle pressioni a coppia sul torace sia anteriormente nella parte alta, che lateralmente nella parte bassa. Questo nel caso in cui la struttura abbia accumulato energia nel senso di una espirazione forzata: in questo senso molto probabilmente l’energia si sarà accumulata davanti. Con queste prime tre fasi individuo una o più zone dove penso ci possa essere qualcosa.

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Nel caso di inspirazione forzata (movimento di torsione verso dx in inspirazione) testerò la parte alta e la parte bassa come visto poc’anzi.

Se la costa ha accumulato energia nel senso della inspirazione (per es. una torsione forzata a dx), la costa si è schiacciata lungo il corpo vertebrale ed è rimasta in qualche modo incastrata tra corpo e trasversa. Per l’orientamento che la costa ha, diremo che ha fatto una inspirazione forzata (disfunzione di inspirazione).

Se sento una rigidità a un certo livello andrò a testare col Pz seduto. Se ho trovato un problema nella parte posteriore procedo come segue (nell’esempio indago le coste del lato sin). Il Pz è seduto e incrocia le braccia con le mani sulle spalle. L’Osteopata abbraccia il Pz e lo porta in torsione verso dx (Osteopata al lato dx del Pz): in questo modo sto cercando di mandare la costa verso basso-avanti (sto chiudendo emitorace sin, quindi simulo una espirazione a sin, e come detto prima in espirazione le coste vanno basso-avanti). tutte le coste libere andranno basso e avanti, ma quella che non è libera rimarrà in alto e indietro e a un certo punto durante la mobilità noteremo un rigonfiamento, ossia la costa che è rimasta bloccata in alto e indietro. In questo modo posso testare tutte le coste fino a K10 (K1 e K2 si testeranno in un’altra maniera perché hanno un altro tipo di orientamento, ma il principio è sempre lo stesso) La costa in disfunzione presenterà anche una densità differente (la sentiamo alla percussione). A questo punto a livello palpatorio andremo a sentire lo spazio tra angolo costale della costa in disfunzione e angolo di quella sottostante che in caso di disfunzione sarà più chiuso sotto (se sarà più aperto significa che avrò un certo tipo di trauma e non starò più in fisiologia) e più aperto sopra. Se invece troviamo uno spazio aperto sotto e chiuso sopra, avrò la certezza che là avrò una situazione che si è adattata, almeno posteriormente in Esp. Per essere sicuro che è solo dietro e non da altre parti farò il test opposto, sia nella parte alta (lo farò davanti) che nella parte bassa (più lateralmente). Prendo la costa che mi interessa tra indice e medio delle due mani e la faccio andare in alto e indietro

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Quando la costa è libera andrà bene in alto e indietro, quando la costa è compressa la sentirò più bloccata, e anzi, sul passaggio tra osso e cartilagine sentirò un angoletto (là si sarà accumulata energia e sarà dolente alla palpazione. Là sono molto utili recoil e martelleto chiropratico). Se sento tale angoletto allora a questo punto andrò a testare anche l’articolazione tra lo sterno e la cartilagine sempre a quel livello.

Quindi per le coste alte farò questo Portando il tronco in torsione dx (altodietro) in questo caso: dove sento che non segue e rimane in avanti allora là la costa sarà bloccata: ha subito una grossa accelerazione in basso-avanti....

e ha immagazzinato energia a livello anteriore (si crea una torsione con impattamento sulla cartilagine che poi forma l’angoletto costale)

Per la parte bassa (K6-K10) cambio posizione: faccio la stessa cosa praticamente, ma le coste basse si testano su una linea semi-ascellare, perciò mi dispongo un po’ più laterale.

Quindi: se la costa è rimasta indietro, vado a vedere se il blocco è posteriore e quindi muovo la costa in bassoavanti e vedo se ce n’è qualcuna che rimane indietro in disfunz di INsp.

Se la costa è rimasta in avanti la muovo in alto-dietro e se mi rimane avanti è in disfunz di Esp

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oppure dall’altro lato

A questo punto valuto se è presente il gibbino posteriormente, l’angoletto avanti, valuto gli spazi costali sopra e sotto la costa in esame. Quindi consideriamo ad esempio l’emitorace dx: se la costa ha accumulato energia in INsp il problema sarà POST (è andata in alto-dietro e non va in avanti-basso), mentre se ha accumulato energia in Esp sarà ANT, sempre nell’emitorace dx (è andata in basso-avanti e non va in alto-dietro).

Riduzioni delle coste

Vediamo delle tecniche miste. Posso trattare le disfunzioni in vari modi: con delle tecniche di tipo muscolare oppure con delle tecniche dirette (thrust sulla costa). Coste ALTE in INspiro Dò un’informazione alla costa nel senso opposto alla disfunzione. All’altezza dell’angolo di Louis abbiamo K2. In questa fase per coste alte intendiamo K3, K4 e K5. Prendiamo appoggio sulla costa in esame con la colonna del pollice che si appoggia sulla costa. Fletto leggermente la testa del Pz finchè sento che la costa si muove: sarò allora sulla prima barriera motrice. A questo punto chiedo al Pz d’inspirare, e mentre espira io accompagno la costa verso l’Esp. Ricerco la nuova barriera aumentando la F della testa finché sento che si rimuove leggermente la costa. Quando il Pz inspira mantengo il mio appoggio. NB il movimento è stato esagerato per le telecamere Ripeto alcune volte e alla fine quando il Pz espira chiedo una apnea espiratoria, mantengo l’appoggio sulla costa e chiedo al Pz di spingere con la testa sul lettino mentre io mi oppongo ma piano piano retrocedo portando la testa sul lettino (l’altra mano è ancora sul torace del Pz). Appena la testa si poggia sul lettino il Pz inspira e l’Osteopata toglie molto velocemente l’appoggio sul torace.

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Coste BASSE in INspiro L’appoggio stavolta sarà lat al livello che mi interessa.

..... ora oltre a flettere la testa la inclino anche verso il lato opposto a dove sto lavorando finchè sento che la costa si muove. Dopodiché chiedo una apnea espiratoria, poggio il capo sul lettino e chiedo al Pz di portare la spalla omolaterale al lato su cui sto lavorando in alto verso di me (verso il suo orecchio). Come inspira tolgo l’appoggio.

Per le coste alte trovavo la barriera motrice flettendo la testa, .... Pz inspira e durante l’espirazione aumento il mio appoggio sulla costa. Cerco la nuova barriera inclinando il capo e flettendo leggermente. Durante l’inspirazione mantengo il mio appoggio. Ripeto alcune volte.

Ho fatto tutti i miei test e voglio avere la conferma di ciò che ho trovato. Individuo l’angolo costale della costa che penso sia in disfunzione (è una zona più dura e più dolente; alcune sono sempre dolenti, ma comunque quando vi è una disfunzione è evidente) e posiziono le dita tra gli spazi sopra e sotto per vedere se sono aperti o chiusi (se vi è disfunzione dovrebbero essere uno aperto e uno chiuso). Individuiamo la costa anteriormente e poi la spingiamo per sentire se sono a quel livello. vista laterale dx da C2 a T1

dente

3 sem_ Di Branco

curva cervicale fori intervertebrali per i nervi spinali processi spinosi

processi articolari

MASSA LATERALE

MASSA POSTERIORE

articolazioni per i processi articolari articolazioni fra i corpi vertebrali (dischi intervertebrali asportati) faccette articolari per la I costa

Vediamo i test di mobilità, palpazione e TEM sulle disfunzioni cervicali. Nella palpazione individuiamo le spinose, le masse posteriori, le masse laterali (o apofisi trasverse) delle cervicali da C2 a C7. Le masse posteriori le troviamo a fianco alla spinosa, le masse laterali le troviamo d’avanti alle masse posteriori, dietro lo SCOM: scansiamo in avanti lo SCOM per poterle reperire.

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tubercolo ant

corpo

MASSA LATERALE tubercolo post

processo trasverso solco per il n. spinale foro trasversario peduncolo faccetta articolare sup

MASSA POSTERIORE

processo articolare inf lamina vista sup di C4

foro vertebrale processo spinoso

Subito al di sotto della squama occipitale, al centro, abbiamo la spinosa di C2. Con il Pz seduto è abbastanza difficile palpare tutte le spinose, quindi se abbiamo la necessità di sentire soltanto le spinose, dobbiamo flettere leggermente il capo del Pz e portare la spinosa verso la posteriorità. Per fare ciò, ricordando che l’orientamento delle faccette articolari è in altoavanti (o basso-dietro), posiziono una mano alla fronte del Pz e spingo verso dietro-basso, così faccio scivolare tutta la vertebra verso basso-dietro e quindi mi porto la spinosa verso la mia mano posizionata nella parte posteriore del collo. Dopo aver palpato tutte le spinose da C2 a C7, vado a palpare le masse posteriori

Ricordiamo che le spinose sono bifide. Per essere sicuro di essere su C7 estendo il capo e le vertebre cervicali “spariscono” alla palpazione. D1 avendo un altro orientamento delle faccette non sparirà. Se ho bisogno, gioco con i movimenti del capo per essere sicuro. Quando posso vado direttamente posteriormente alla palpazione, quando non posso vado anteriormente, dietro lo SCOM, e individuo le masse laterali o trasverse (dove ricordiamo transitano nervo e arteria). La pressione sul capo la faccio solo quando non riesco a percepire le spinose, non quando sto palpando masse laterali e posteriori. Alla base del collo troviamo una grossa apofisi trasversa, che è quella di C7: alcune volte questa può diventare una costa cervicale e può dare qualche problema. 146

Per identificare bene le masse laterali di C7, più difficili da reperire, mi posiziono come nell’immagine accanto a sin e sposto le mani verso dx e sin.

Per la fisiologia delle vertebre cervicali, una inclinazione laterale dx corrisponde ad una rotazione dx. Quindi quando ho qualcosa che mi colpisce ad un determinato livello, ad es. alla dx di C5, faccio fare una inclinazione a dx e vedo se la massa posteriore di C5 (o il processo trasverso a seconda di dove stiamo a sentire) indietreggia (perché se inclino a dx la vertebra ruota a dx, quindi il lato dx indietreggia, per la precisione va dietro-basso); se non indietreggia vuol dire che sta in avanti. La massa laterale sin di C5, durante l’inclinazione dx deve avanzare, se non avanza vuol dire che sta indietro: sa sta avanti sarà in F, se sta indietro sarà in E. Se agisco invece sulla rotazione, e faccio fare al capo una rotazione dx ad es, mi aspetto che la massa posteriore dx di C5 vada un pò in basso e dietro. Se non ci va vuol dire che è rimasta in avanti e in alto. Dal lato opposto, la massa laterale sin, dovrà andare in avanti e in alto: se non ci va significa che è rimasta in basso e dietro; e viceversa. L’unico problema in questo test, soprattutto nelle donne che sono abbastanza sciolte, è che per sentire bene il movimento facciamo troppa rotazione, e in questi casi è perciò meglio testare utilizzando l’inclinazione. Nel testare possiamo anche utilizzare alcuni artifici fisiologici. Ad es. possiamo fare il test con gli occhi. Praticamente cerchiamo di percepire cosa avviene quando il Pz ruota gli occhi da una parte e dall’altra. Esiste un comando unico neurologico che mette in comunicazione mm. oculomotori dell’occhio, SCOM e parte superiore del trapezio (anche altre strutture, ma in questo caso ora non ci interessano). Questa si chiama cefalogiro. Ad es. se veniamo chiamati e ruotiamo la testa di lato per spostare l’attenzione, ruoterànno da quel lato occhi e collo contemporaneamente: ciò significa che esiste una sinergia tra il movimento dei muscoli oculomotori e i movimenti di alcuni muscoli del collo. Quindi seguendo ciò io posso fare il test attraverso gli occhi del Pz. Testiamo ad es. C5: ci posizioniamo con gli indici sulla massa posteriore della vertebra sottostante (C6), terzo dito sulle masse posteriori di C5 e chiediamo al Pz di ruotare gli occhi verso dx: dovremmo sentire che la massa posteriore dx di C5 indietreggia; se non ci va vuol dire che sta avanti. La massa sin dovrà andare in avanti, se non ci va vuol dire che sta indietro. Facciamo la stessa cosa facendo ruotare gli occhi a sin e valutiamo cosa succede: ruotando a sin la massa post sin deve indietreggiare (e andare in basso) e la massa dx deve andare in avanti (e in alto). Dietro significa E e avanti significa F.

Test con le spalle

Ora il Pz alza ad es. la spalla dx: cosi facendo crea una concavità cervicale a dx. Questa concavità equivale a una inclinazione a dx, quindi se sto valutando C5, alzando la spalla verso l’orecchio mi aspetto che la parte laterale dx di C5 vada indietro: se non ci va vuol dire che sta in avanti. Posso anche abbassare la spalla dx verso il femore e a questo punto creo una convessità cervicale: cosi facendo mi aspetto che la massa post di quel lato (dx nell’es.) vada in avanti (e in alto) se non ci va vuol dire che sta indietro. Facciamo la stessa cosa da una parte e dall’altra. A questo punto io operatore posso aggiungere un movimento latero-laterale a livello della vertebra, per accentuare quella sensazione di posteriorizzazione che abbiamo avuto durante l’inclinazione; questo deve essere coerente con quello che abbiamo visto finora ossia: se creo una concavità a dx (che equivale ad una inclinazione dx) dovrei riuscire a mobilizzare la vertebra in senso latero-laterale verso sin (NON SONO SICURO DI QUESTO PASSAGGIO….) Ora vado a ruotare la testa del Pz: se ruoto a dx, la massa posteriore dx deve indietreggiare (e se non indietreggia vuol dire che sta avanti) e la massa sin deve avanzare (se non avanza vuol dire che sta indietro) e viceversa se ruoto a sin. Quindi riepiloghiamo: testiamo attraverso gli occhi, le spalle, colpettini latero-laterali, rotazione del capo. In ultimo aggiungiamo un altro particolare: vediamo se si allinea in E o se si allinea in F.

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E

F

Se è posteriore a dx e valuto che si riallinea in estensione sarà ERS dx; se è posteriore a destra e vedo che si riallinea in flessione sarà FRS dx. Per fare ciò valutiamo la rotazione ossia la parte della vertebra che è posteriore: se è una posteriorità pura che si riallinea in estensione allora la disfunzione sarà dallo stesso lato; se è una posteriorità relativa che si riallinea in flessione la disfunzione sarà dal lato opposto (FRS dx significa anteriore unilaterale sx). Pz seduto Inclinazione dx = post dx (se non indietreggia sarà anteriore) Rotazione dx = post dx (se non indietreggia sarà anteriore) Idem per il lato sin Pz supino Test occhi: guardo a dx = post dx Spalla alta dx (concavità) = inclinazione dx Spalla bassa dx (convessità) = inclinazione sin Rotazione testa In finale valutare se la posteriorità si riallinea in F o E

Riduzione delle disfunzioni cervicali

Abbiamo varie modalità per fare le riduzioni. Strutturale (thrust), o energia muscolare, che può essere una tecnica a sè o una tecnica preparatoria a una tecnica di tipo strutturale. I principi sono sempre gli stessi validi per le vertebre. Cerco la barriera motrice neuromuscolare verso una correzione, fatto ciò faremo fare una contrazione dal lato dell’aggravamentoe faremo questo lavoro 3-4 volte. Es. C5 ERS dx (vertebra ruotata a dx e inclinata a dx, in estensione) Mettiamo indici sulle masse posteriori di C6 (perché C5 sta in disfunzione su C6) e i medi (falange distale) sulle masse posteriori di C5. Cercheremo di fare un lavoro tra l’interfaccia tra C5-C6. Vado a invertire i parametri: comincio a dare un parametro di F, una rotazione sin e inclinazione sin, tutto su C5 e non su C6, quindi movimenti appena percettibili. Nell’immagine accanto la testa visualizza la disposizione disfunzionale della vertebra Quindi fletto leggermente C5 su C6 (quando sento che la flessione arriva su C6 mi fermo); ruoto leggermente 148

C5 e mi fermo prima che arriva su C6; inclino leggermente C5 e mi fermo prima che arrivi su C6. A questo punto ho due possibilità: 1. chiedo al Pz di guardare in alto e a dx. Cosi facendo il Pz farà una contrazione nel senso della ERS dx per 3 secondi, 3 secondi di pausa e poi vado a guadagnare in F, rotazione sin, inclinazione sin. Ripeto alcune volte. 2. posso chiedere anche una spinta della testa sul lettino verso la E e rotazione-inclinazione dx, quindi verso l’aggravamento della disfunzione; e guadagno in F, rotazione-inclinazione sx) ripeto alcune volte SIMULAZIONE

partenza

direzione della spinta del Pz

direzione della correzione

Le due modalità sono identiche, con la prima, utilizzando gli occhi, lavoro in maniera più leggera e riesco a controllare meglio il movimento. L’importante è che sia un lavoro isometrico, utile a scaricare il mediatore a livello della placca motrice che mi consente poi di riallungare, almeno a livello teorico il muscolo che mi mantiene la disfunzione, senza scatenare il riflesso di allungamento. Es. C5 FRS dx (vertebra ruotata a dx e inclinata a dx, in F) Posiziono gli indici sulle masse posteriori di C6 e i medi sulle masse posteriori di C5 A questo punto invertiamo i parametri: estendo leggermente fino a sentire C5 che si muove senza far arrivare il movimento a C6, ruoto leggermente a sinistra senza ingaggiare C6 e inclino leggermente a sin senza ingaggiare C6. Chiedo al Pz una contrazione dal lato in disfunzione e ho due modalità: 1. chiedo di guardare il piede dx (quindi guardare basso-dx). Lavoro con gli occhi, ma attenzione perché il Pz potrebbe muovere anche un pò il capo, quindi sostenere bene. 2. o chiedo al Pz di cercare di sollevare la testa per guardarsi o la spalla o il piede dx. Quindi chiediamo una F, rotazione dx, inclinazione dx Sempre 3 secondi contrazione e 3 secondi di pausa e guadagno in E, rotazione sin e inclinazione sin (sempre senza ingaggiare C6). Ripeto alcune volte. Se non riusciamo a controllare bene durante la contrazione possiamo fare una resistenza con la nostra mano sulla mandibola del Pz, verso il mento, e chiedendo al Pz di spingere col mento sulla nostra mano, ma attenzione perché ogni volta dobbiamo riposizionare correttamente il nostro appoggio a livello della vertebra. Chiederemo una contrazione dolce e progressiva

Melis Torace - Dietro: 12 vertebre dorsali; - davanti: lo sterno, formato da 3 porzioni (manubro, corpo, xifoide); - 12 paia di coste distribuite, collegate tramite le cartilagini costali allo sterno: dalla I alla VII tramite una propria cartilagine, 8°-9°-10° tramite la cartilagine della VII, XI-XII sono fluttuanti.

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LE COSTE Le coste da davanti verso dietro sono costituite da: le faccette per le cartilagini endosternali, corpo, tubercolo, collo, testa. K1 – K7 coste vere K8 – K10 coste false (spurie) K11 – K12 coste fluttuanti Coste tipiche: K3 – K7 È tipica perché posteriormente presenta 3 articolazioni: - 2 costo-vertebrali, riguardano la testa della costola con i corpi vertebrali della vertebra sopra e sotto; - 1 costo-trasversaria, che riguarda il tubercolo della costa con la faccetta concava dell’apofisi trasversa. Coste atipiche: K1, K2, K8 – K12 - K1 è atipica posteriormente perché ha solo una faccetta costo-vertebrale e anteriormente ha una articolazione dotata di una mobilità limitata; - K2 è atipica anteriormente perché l’estremità anteriore ha una semifaccetta per il manubrio e una per il corpo, a livello dell’Angolo di Luis; - K8 – K10 atipiche anteriormente perché si congiungono tramite una cartilagine comune e contigua; - K11 – K12 atipiche anteriormente perché non si articolano con lo sterno e posteriormente perché non si articolano con la trasversa. Movimento delle coste: - K1 – K5 movimento a braccio di pompa - K6 – K10 movimento a ansa di secchio - K11 – K12 movimento enartrodiale, cioè sono sollecitate verso il basso dalla tensione e dall’azione del m. quadrato dei lombi (attraverso il fascio costo-trasversario). Ci sono questi diversi tipi di movimenti perché essi sono determinati da diversi assi: nel movimento a braccio di pompa abbiamo l’asse parafrontale, per il movimento ad ansa di secchio l’asse parasagittale. Nell’asse frontale quando il Pz inspira c’è un aumento del diametro antero-posteriore del torace; se l’asse è sagittale è un movimento latero-laterale, quando il Pz inspira c’è un aumento del diametro trasversale del torace. L’asse è materializzato dalla testa della costa alla trasversa della vertebra.

Asse parasagittale

Asse parafrontale Lato dx dell’immagine: sezione trasversale vertebra dorsale alta, che si muove a braccio di pompa. Asse parafrontale Lato sin dell’immagine: sezione trasversale vertebra dorsale bassa (le trasverse sono più prominenti), si muove a ansa di secchio. Asse parasagittale

Una disfunzione di costa quali strutture può interessare? Una vertebra, una disfunzione primaria di costa può portare a una disfunzione secondaria di vertebra. Il foglietto parietale della pleura, infatti nella parte alta del torace ci sono i legamenti del domo pleurico: i legamenti costo-vertebro-trasverso-pleurici, sono una continuità fasciale della fascia endotoracica. I nervi intercostali, gangli della catena LV, rami anteriori dei plessi 150

Se abbiamo un problema di costa, anche traumatico, possiamo avere una ripercussione in tutti questi elementi; ad es. difficoltà respiratorie (pleura), dolori intercostali (nervi intercostali), nevralgie intercostali, ad es da frattura osteoporotica; dolore locale (vertebrale), e ripercussione sui rami anteriori.

Le disfunzioni costali in INSPIRO

Al test di mobilità abbiamo una costa che sale ma non scende, lo spazio inferiore rimane aperto e non si chiude in espirazione, il tubercolo si abbassa. L’elemento principale perché si creino queste disfunzioni inspiratorie è muscolare, dei muscoli accessori della respirazione: scaleni: anteriore (trasverse C3-C6 fino al tubercolo di Lisfranc), medio (C4-C7 fino K1 posteriormente al tubercolo di Lisfranc), posteriore (C4-C6 fino a K2 lateralmente), con punto fisso cervicale fa inspirazione, con punto fisso sulle coste, con contrazione unilaterale, fa inclinazione del capo dal proprio lato e rotazione dal lato opposto. Gli scaleni sono come gli psoas, anche strutturalmente: gli scaleni provocano una lordosi cervicale, gli psoas una lordosi lombare, quando vanno in contrazione tutti e due sono lordosizzanti. Quando fanno un punto fisso distale e si contraggono creano una NSR con inclinazione e rotazioni opposte. Negli scaleni passa il plesso brachiale, negli psoas passa il plesso lombare; SCOM (processo mastoideo e linea nucale superiore termina con un capo sternale e uno clavicolare); piccolo pettorale (processo coracoideo della scapola fino a K3, K4, K5), con punto fisso sulle coste fa ante pulsione spalla, con punto fisso sulla coracoide innalza le coste; gran dentato (fossa anteriore scapola fino a I -X costa, la I è incostante), con punto fisso sulle coste fa abd scapola, con punto fisso sulla scapola eleva le coste; gran dorsale (processi spinosi dalla VII-XII vertebra toracica, fascia lombo-dorsale, processi spinosi di tutte le vertebre lombari, cresta sacrale media, fino a cresta della piccola tuberosità dell’omero). Vanno incontro a disfunzioni in inspiro (quindi che utilizzano la muscolatura respiratoria accessoria) persone che hanno problemi respiratori: asmatico, allergico, enfisematoso, BPCO, una persona ansiosa tende a stare in blocco diaframmatico. Generalmente se vediamo soggetti di questo tipo, troviamo le seguenti sintomatologie cliniche: cervicalgie, acro parestesie (formicolii alle mani), eccessiva tensione agli scaleni che schiacciano il plesso brachiale, con interferenze sul piccolo pettorale.

Le disfunzioni costali in ESPIRO

Traumi, classico quando nevica, si scivola e si cade sul dorso, con blocco di un paio di vertebre in espirazione basso; poi ci sono alcuni tipi di disfunzioni che per tensioni fasciali tirano in basso le coste; quindi quando si trova una costa bassa pensare a una causa meccanica poi viscerale. Le disfunzioni in INsp e Esp possono essere: primarie (la causa è la costa) secondarie (causa a partenza vertebrale) Costa e vertebra lavorano insieme, c’è una bi-direzionalità; una disfunzione costale primaria può creare una disfunzione vertebrale secondaria, una disfunzione vertebrale primaria può portare a una disfunzione costale secondaria. Le disfunzioni possono essere: singole (interessano una sola costa) di gruppo (più coste) Se abbiamo una disfunzione in Inspirazione di gruppo, per agire a livello strutturale si agirà sulla costa che sta sotto, es: disfunzione K1-K2 agirò su K2 (K2 è la costa starter). Nelle disfunzioni di Esp di gruppo, agirò sulla costa sovrastante (è la costa starter). La disfunzione in Insp può essere denominata anche in Estensione. Perché il tubercolo va in posteriorità che corrisponde al movimento di estensione della vertebra dorsale. La disfunzione in Esp può essere denominata anche in Flessione.

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TEM K1 K2 K3 K4 K5 K6 K7 K8 K9 K10 K11 K12

INSPIRAZIONE le faremo più avanti - contatto emi-claveare - leva del capo - fase espiratoria - contatto emi-ascellare - leva del tronco - fase espiratoria non esiste!

ESPIRAZIONE - scaleni - piccolo pettorale - gran dentato - gran dorsale

Spiegazione tabella

K1-K2

in INsp: non è stata fatta. In Esp: la costola anteriormente è inferiore, lo spazio è chiuso, il tubercolo (quindi post) è alto, devo riportarla sù grazie all’azione degli scaleni. Si usa l’azione degli scaleni anteriore e medio per correggere K1 con una rotazione della testa fino a 10-15°, mentre per correggere K2 si agisce sullo scaleno post ruotando la testa di 40°; i diversi gradi di rotazione si spiegano perché c’è un’inserzione diversa per lo scaleno post, per cui per arrivare a metterlo in tensione si deve far ruotare di più la testa.

K3-K4-K5

in INsp: anteriormente abbiamo uno spazio maggiore e uno spazio minore dietro. Il Pz è supino, l’Osteopata craniale in piedi o seduto. Mi posiziono sul bordo sup del corpo nella parte ant della costa, contatto nella zona emiclaveale (con il pollice o con le eminenze). Mi oppongo all’INsp e guadagno in Esp con la leva del capo. In Esp: sfrutto il piccolo pettorale.

K6-K7-K8-K9-K10

in INsp: contatto emiascellare, utilizzo la leva del tronco in fase Esp. In Esp: sfrutto il gran dentato.

K11-K12

in INsp: non esiste. In Esp: sfrutto il gran dorsale, sfrutto la leva del braccio. L’inventore delle Tecniche ad Energia Muscolare è Fred Mitchell. Richiedono la collaborazione del Pz, il fine è quello di correggere la disfunzione a livello neuro-muscolare, vado ad agire su un circuito riflesso, un circuito iperattivo, un’iperattività del circuito gamma che tramite la TEM si tenta di rompere; su questi organelli che sono i fusi neuromuscolari, strutture sensibilissime a trazioni di 1 millesimo di millimetro e alla pressione di 1 grammo. La TEM prevede che invertiamo i parametri disfunzionali, che ci sia una contrazione isometrica (o anche isotonica o anche isolitica = è una contrazione eccentrica sotto resistenza) per un tempo di 3 sec, a cui segue un tempo refrattario in cui si ricerca una nuova barriera motrice patologica, si richiede una contrazione nel senso della disfunzione verso i fusi contratti e si guadagna nuovamente. Per sfruttare l’azione di questi muscoli (della tabella sopra) in espirazione, quindi per sfruttare la loro azione di elevatori delle coste, dovremmo fare punto fisso sulla scapola per il piccolo pettorale e gran dentato (perché essi con scapola fissa fungono da elevatori delle coste). Il Pz sarà supino, con il braccio (dalla parte del muscolo) flesso e mano dietro la nuca. Per queste TEM ci sarà sempre: - Paziente supino - Osteopata dal lato opposto - Punto di contatto posteriore cranialmente al tubercolo con una mano (la costa è in espirazione per cui il tubercolo è in alto, lo devo abbassare) - Scapola fissa sul lettino - Altra mano sul gomito 152

Tecnica su K3-K4-K5_ disfunzione di ESPIRAZ.

Tecnica che sfrutta il piccolo pettorale, la disfunzione è a sin, Osteopata a dx del Pz. Prendo il braccio sin del Pz e reperisco (con la mano caudale) la costa in disfunzione: es K4. Mi posiziono sopra il tubercolo di K4, spingo verso il basso e mi appoggio sul lettino. Mano sin del Pz dietro la testa; mano craniale dell’Osteopata sul gomito del Pz. Ora inizia la tecnica!

Tecnica sul piccolo pettorale per le coste da K3 a K5: - durante l’inspirazione accompagno con la mano il tubercolo in basso - nell’apnea inspiratoria chiedo una contrazione isometrica. In inspirazione il tubercolo scende e inoltre sfruttiamo l’azione del piccolo pettorale (perché in apnea inspiratoria il pettorale eleva le coste. Quindi, contrazione di 3 sec. - faccio espirare il Pz e mantengo - alla successiva inspirazione devo guadagnare con una nuova barriera motrice: guadagno spingendo sul tubercolo e con l’appoggio della mano sul gomito del Pz, faccio una inclinazione (verso di me, Osteopata) in modo da spingere il tubercolo dietro e stirare le fibre del piccolo pettorale. Questo per 2-3-4 volte. Da questa tecnica passiamo direttamente a una tecnica strutturale: l’Osteopata posiziona il braccio del Pz flesso davanti al petto, con lo sterno sul gomito del Pz e dà l’impulso.

Tecnica su K6-K7-K8-K9-K10_ disfunzione di ESPIRAZ.

Coste che si muovono ad ansa di secchio. Lo sviluppo della tecnica è identico a quella precedente però, invece di utilizzare il piccolo pettorale, si utilizzerà il gran dentato. Il gran dentato lo contraggo spingendo con il gomito verso il basso. Anche qua successivamente si può fare una tecnica diretta.

spin ta del Pz

Nel caso in cui ci fosse un Pz più grosso di noi, invece di poggiare la mano sul gomito del Pz, la posiziono sul lettino, altrimenti il Pz come contrae ci porta via!

4 sem Di Branco K2-K3 Vedremo tecniche muscolari e strutturali. È una zona che va considerata alla stessa stregua delle cerniere a livello vertebrale: quindi quando sono in disfunzione devono essere trattate subito. 153

Siamo a livello del distretto toracico superiore. Dal punto si vista osseo è delimitato davanti da sterno, clavicola e K1 subito sotto; dietro da D1. Dal punto di vista muscolare abbiamo: SCOM, grande pettorale, trapezio, scaleni, succlavio… Dal punto di vista fasciale abbiamo aponeurosi superficiale e profonda che vanno sulla clavicola, asse aponeurotico centrale, loggia viscerale del collo ecc… Dal punto di vista neurologico il nervo vago, nervo frenico (davanti allo scaleno anteriore), plesso cervicobrachiale Dal punto di vista vascolare arteria e vena succlavia. Dal punto di vista neuro-vegetativo abbiamo C7, ganglio stellato, ganglio cervicale superiore ecc Quindi una disfunzione a questo livello può alterare la fisiologia di vari sistemi arrivando a dare problemi a livello del viso, spalla, collo, arto superiore… Inoltre nella zona è presente l’apice del polmone, con i legamenti costo- vertebro-trasverso-pleurici e quindi anche un problema viscerale per interposizioni attraverso la pleura che arriva nella zona dello stretto toracico superiore, può dare un problema a distanza. Questo stretto toracico superiore è un diaframma, ossia un equilibratore di pressione. Tutto il nostro corpo in maniera semplificata, è organizzato come strutture concentriche, che scorrono una sull’altra (questa prova di scorrimento la notiamo in presenza di cicatrici dove lo scorrimento dei piani viene limitato; ma la si nota anche in presenza di fissatori esterni: infatti questi bloccano lo scorrimento delle varie fasce, per cui nel movimento si sente dolore proprio dovuto a uno stiramento non fisiologico delle fasce). Tutti questi piani di scorrimento quando trovano un intoppo (viscerale, strutturale ecc) a un certo punto hanno dei punti di bilancio che tendono a ristabilire queste tensioni a livello dei diaframmi. I diaframmi dal punto di vista fasciale hanno un importanza vascolare perché garantiscono il ritorno dei liquidi, ma soprattutto sono degli ottimizzatori di scorrimenti verticali delle varie strutture del nostro corpo. In genere vengono considerati come diaframma il tentorio, pavimento della bocca, stretto toracico superiore, diaframma addominale, diaframma pelvico, il ginocchio, il piede. Immagine 01: È interessare notare che la succlavia passa in mezzo, anteriormente e posteriormente tra i due scaleni. Addirittura si parla di una sindrome (anche detta sindrome della succlavia ladra) quando a volte viene a crearsi soprattutto negli sportivi, una ipertrofia dei muscoli del collo che pinza l’arteria e si viene a creare un calo di forza (tempo fa veniva addirittura sezionato il muscolo per eliminare questo problema) Es. Pz che avvertono problemi di tachicardia, cui la notte si addormentano le mani, potrebbero essere causati da posture che vengono alterate da posizioni e contrazioni muscolari anomale che pinzano l’arteria o danno fastidio ai nervi presenti in questa zona del collo.

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n. zigomatico-temporale (V2) nn. temporali profondi (V3) n. masseterino (V3) n. mandibolare (V3) n. dei mm. pterigoideo int e tensore del velo palatino (V3) sez n. zigomatico-faciale (V2) n. mascellare (V2) n. infraorbitale (V2) ganglio pterigo-palatino (o sfeno-palatino) nn. palatini maggiore e minore (V2) nn. alveolari superiori ant, medio e post (V2) n. del m. pterigoideo esterno (V3) sezionato n. buccinatore (V3) corda del timpano (VII) n. linguale (V3) m. pterigoideo int (sez) (quello est è asportato) n. alveolare inferiore (V3) n. mentale (V3) n. milo-ioideo (V3) ganglio sottomandibolare n. glosso-faringeo (IX) e suo ramo tonsillare n. ipoglosso (XII) n. del seno carotico (IX) e glomo carotico n. del m. tiro-ioideo (C1, 2 via XII) rami interno ed esterno del n. laringeo sup (X) ansa dell’ipoglosso Radice sup (o cervicale) (C1, 2, 3) Radice inf nn. per i ventri sup e inf del m. omo-ioideo ed i mm. sterno-ioideo e sterno-tiroideo (ansa dell’ipoglosso) n. laringeo ricorrente (X) tronco del simpatico e ganglio cervicale medio a. carotide comune a. vertebrale

n. auricolotemporale (V3) a. meningea media n. temporale superficiale (sezion.) n. faciale (VII) a. mascellare n. accessorio (XI) (sezion.) 1° n. cervicale (ramo ant) (sezion.) 2° n. cervicale (ramo ant) (sezion.) plesso faringeo composto dai rr. faringei dei nn. vago (X) e glosso-faringeo (IX) e del simpatico a. carotide interna a. carotide esterna n. vago (X) e suo ramo cardiaco cervic sup 4° n. cervicale (ramo ant) (sezion.) n. frenico (C3, 4, 5) a. cervicale ascendente m. scaleno medio m. scaleno anteriore pl. brachiale (sezion.) tronco tiro-cervicale a. succlavia

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Come notiamo nell’immagine seguente anche la clavicola potrà dare perturbazioni in questa zona, in special modo all’arteria e vena succlavia (arteria sta più dietro e vena sta più avanti). Dissezione anteriore dx vena giugulare int a. carotide esterna a. cervicale ascendente n. frenico m. scaleno anteriore a. tiroidea inferiore a. trasversa del collo a. soprascapolare tronco costo-cervicale tronco tiro-cervicale arteria e vena succlavie

ghiandola tiroide (ribaltata) ganglio cervicale sup del tronco del simpatico n. vago (X) a. vertebrale a. carotide comune n. laringeo ricorrente a. anonima (o tronco arterioso brachio-cefalico) vena giugulare int (sezionata)

Veduta schematica laterale dx a. vertebrale a. cervicale profonda (che sale per anastomizzarsi con il r. discendente dell’a. occipitale) tronco costo-cervicale arteria intercostale suprema arteria 1° intercostale arteria 2° intercostale

a. carotide esterna a. carotide interna a. cervicale ascendente a. tiroidea inferiore a. trasversa del collo a. carotide comune tronco tiro-cervicale a. soprascapolare a. succlavia (1° parte mediale, 2° parte posteriore, 3° parte laterale al m. scaleno anteriore) a. toracica int (o mammaria int)

scapola

Una disfunzione a questo livello fa male!! Crea un’impotenza funzionale proprio per lo stretto contatto col ganglio stellato. La peculiarità di K1 è di essere molto obliqua rispetto al resto delle coste: da dietro scende molto in basso verso lo sterno; ciò significa che tra K1 e K2 nella parte più posteriore, c’è un grosso spazio di cui dobbiamo tenere conto quando andiamo a palpare. Ogni costa ha la propria cartilagine, che funge da ammortizzatore di pressioni, trazioni, che durante i movi156

menti di torsione arrivano sullo sterno o vanno verso la colonna. K1 sta subito al di sotto della clavicola. Quindi nel repere mettendo un dito sotto alla clavicola all’altezza dello sterno e spingendo verso dietro sentiamo la K1. K1 sotto la clavicola è immersa in un tessuto muscolo-fasciale che è il succlavio. K1 e K2 vengono considerate a parte perché hanno delle caratteristiche palpatorie e dinamiche leggermente diverse rispetto alle altre, anche perché sono più piccole. Le disfunzioni sono come quelle delle altre coste: saranno soggette a sollecitazioni respiratorie importanti (che a questo livello può avvenire solo a chi ha problemi ventilatori importanti, perchè a questo livello si tratta di muscolatura accessoria) Scaleno anteriore e medio arrivano su K1, scaleno posteriore arriva su K2. K1 e K2 avranno dei movimenti classici di inspiro ed espiro, ma sono sottoposte soprattutto anche a delle forze di torsione, dovute al movimento del cingolo scapolare durante il cammino: questo movimento di torsione provocherà un adattamento che ricorda una inspirazione: il tubercolo si abbassa mentre la parte anteriore si alza…anche se K1 si alza molto poco perché sopra ha la clavicola, infatti più che altro si avrà una torsione e trazione, o una compressione e rotazione a livello della cartilagine costale. Stesso discorso per K2, in inspirazione spinge verso l’alto creando una compressione sulla cartilagine a livello dello sterno. Ma quello che invece crea il danno è come detto l’adattamento in rotazione, torsione, oscillazione, di tutto ciò che arriva a livello del cingolo scapolare. Infatti se pensiamo alla clavicola che è l’unico punto di aggancio osseo dell’arto superiore al torace e subito sotto c’è K1, capiamo subito che qualsiasi azione balistica proveniente dall’arto superiore può creare direttamente un problema su K1 e su K2. Ricordiamo che normalmente, proprio per una contiguità muscolare e fasciale, K1 può creare problemi su K2 e viceversa, e addirittura fino a K3: per cui ogni volta che avremmo problemi sull’arto superiore, non dimentichiamo mai di controllare K1-K2-K3. Anche un trauma diretto può creare quelle condizioni di spostamento della costa e di attivamento dei gangli che stanno a quel livello. Ricorda che K1 si articola con D1. Quest’ultima avrà una faccetta articolare completa per K1 e una semifacetta articolare inferiore per K2; per questo D1 è una delle più difficili da trattare essendo bloccata da 4 coste. In realtà liberando D1 avremo normalizzato anche C7, D2, K1 e K2. Ci sono vari modi di testare K1 e K2. Un test semplice può essere anche la rotazione del collo: quando un collo gira da un lato e gira meno dal lato opposto, questo potrebbe essere indice di una disfunzione a livello costale alto. Pratica Andremo a palpare e reperire K1 e K2. Con le mani orizzontali ci appoggiamo sulle spalle del Pz: il nostro contatto post sarà col pollice alla base del collo, e spostandoci mezzo cm ai lati del collo saremo circa a livello del tubercolo di K1. Prendo appoggio ovviamente attraverso l’interposizione del muscolo trapezio.

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Al davanti, all’altezza dello sterno sotto la clavicola abbiamo la cartilagine costale della punta di K1 e la contatto con l’indice: cosi facendo, con pollice e indice non ho fatto altro che proporre l’anatomia di K1

Il corpo di K1 lo trovo tra la clavicola e il trapezio superiore

Quindi se da qui voglio trovare i leg costo vertebro-trasverso-pleurici dovrò andare leggermente in dentro e indietro in direzione della colonna

repere ant di K1 Vado a palpare perciò i tubercoli e le punte di K1. È facile trovarne la punta, ma non sono cosi sicuro di essere sui tubercoli, perciò con gli indici vado a spingere sulla punta per vedere se il movimento si riproduce sul tubercolo e viceversa (stessa cosa potrò fare per K2). Quando spingo sulle punte o sui tubercoli potremo sentire una differenza tra dx e sin, che potremo valutare e dopo vedremo come e perché. Quando siamo sicuri di essere su K1 facciamo respirare il Pz: in teoria il tubercolo dovrebbe andare in basso e l’apice in alto (in inspiro, viceversa in espiro), ma in pratica abbiamo visto che non sarà cosi; verosimilmente il tubercolo scivola leggermente verso il basso e lo stretto toracico superiore aumenta il suo diametro anteroposteriore (e su K1 ci sarà una trazione della cartilagine perché la costa tende a spostarsi verso dietro Per quanto riguarda K2 mi sposto leggermente verso l’esterno e verso il basso nella parte posteriore, trovando i tubercoli di K2. Anteriormente all’altezza dell’angolo di Louis, lateralmente avrò K2. È abbastanza facile da reperire perché è l’unica vera costa che becchiamo sotto la clavicola. Posso fare su K2 le stesse cose viste su K1. Nell’ascolto del movimento sulla respirazione, sentiremo che la costa si avvicinerà maggiormente al discorso teorico rispetto a K1: quindi sentiremo anche la punta salire e sentiremo meglio anche il tubercolo che scende. Quindi il primo approccio è questo: posizionarci sui tubercoli con i pollici, indici sulle punte e sentire cosa accade durante la respirazione. Attenzione quando ricerchiamo i tubercoli a non contattare la scapola (specialmente l’angolo interno) (zone rigide che sentiamo posteriormente nella parte alta del torace confuse con contratture, in genere sono delle disfunzioni di K1, K2, K3). Test Una volta che abbiamo individuato una zona più prominente dietro o più prominente sopra (se sta indietro 158

abbiamo la contrattura e la prominenza del tubercolo verso dietro, se sta in disfunzione di espiro il tubercolo sarà un pò più alto) quindi dobbiamo andare a sentire sempre sia dietro che in alto. Se stiamo troppo prossimi al collo possiamo incontrare le trasverse di C7, soprattutto se a volte c’è una C7 che ha le trasverse più sviluppate in quella che viene chiamata costa cervicale (nel dubbio facciamo muovere il collo: se ruotando la testa a dx e a sin indietreggia bene e avanza bene allora quella non è la K1 ma sarà più la trasversa di C7 o una costa cervicale). Per essere sicuri di essere su K1 possiamo anche reperire D1: estendo il capo del Pz e la spinosa che sparisce e va in alto e avanti è C7, quella che rimane è la spinosa di D1: ai lati avrò K1. Mi posiziono come già visto con i pollici sul tubercolo di K1 e indici sulla punta della costa e con le due dita seguo il corpo della costa (che in genere è abbastanza dolente). Vado a mettere in movimento la costa. Se sento una superiorità sospetto una espirazione e allora faccio girare il capo al Pz da una parte e dall’altra: in questo caso il collo girerà bene dal lato opposto alla costa in ipotetica disfunzione, mentre quando girerò dal lato della costa troverò una limitazione. Devo sempre tenere a mente però che anche una D1 e una D2 mi possono creare delle disfunzioni adattative a livello di K1-K2. Quindi devo escludere che D1 e D2 siano in disfunzione altrimenti non posso dire che la disfunzione riguardi esclusivamente K1 e K2 Test respiratorio Posizionato come detto precedentemente devo sentire che il tubercolo, se la costa è libera, va in basso e in alto. Se lo sento in alto e quando inspira sento che non scende e quando espira mi rimane in alto sono in disfunzione di espirazione. Se sento il tubercolo in basso, quando inspira scende ancora di più e quando espira mi rimane basso, potrei essere in disfunzione di inspirazione Test dinamico attraverso il capo Se sento una costa, ad es. la dx, disposta con il tubercolo in alto e la punta in basso

tubercolo basso | INsp

Esp | tubercolo alto INsp

il collo girerà bene a sin (perché accompagna la rotazione costale che é in INsp), mentre a dx girerà meno perché la costa rimane nella posizione precedente (cioé in Esp) e non accompagna il movimento

Esp

Esp

INsp

Esp 159

Test forzando la dinamica Se ho il sospetto di una disfunzione posso fare praticamente le stesse cose viste in precedenza ma forzando il movimento. Semplicemente traslo verso dx e verso sin le spalle del Pz abbinando una leggera rotazione del tronco verso l’interno per simulare ancora meglio il movimento costale. Facendo questo sento subito quando il tubercolo fugge in una direzione o resiste al movimento.

Ancora potrei andare a sentire spingendo in avanti i tubercoli (e posso sospettare una disfunzione di inspiro, dove il tubercolo si è abbassato ed è un pochetto indietreggiato) e spingendo verso il basso i tubercoli (e posso sospettare una disfunzione di espiro dove il tubercolo sale verso l’alto).

Esp

INsp Esp

sem 4_Longobardi Nelle tecniche dirette a livello cervicale l’elemento fondamentale è l’applicazione della nostra forza, che viene veicolata in un senso di inversione dei parametri e di correzione, in tali tecniche è importante tutto ciò che è il contesto del posizionamento e direzione dell’impulso. La direzione (a differenza delle TEM) non terrà sempre conto dell’inversione di tutti i parametri, ma l’inversione dei parametri sarà rispettata in un solo parametro e non tutti e 3 come nelle TEM. Quindi è fondamentale come noi indirizziamo l’impulso per la correzione. Le tecniche cervicali dirette sono: TEM tecniche con THRUST, sono delle tecniche articolari, in cui noi andremo direttamente a liberare la disfunzione della faccetta articolare. Ce ne sono diverse, ma la tecnica più classica è la tecnica in cui utilizziamo la posizione supina del Pz. Lettino alto. Il Pz sta con la testa fuori dal lettino sino a livello occipitale circa, così mi permette un’escursione completa del movimento. L’appoggio della testa del Pz sul torace dell’Osteopata è a livello sternale o sotto sternale, con stabilizzazione delle mani e del torace. Osteopata inizialmente si posiziona a livello centrale per poter sospendere la testa del Pz, in modo tale da poter con il corpo gestire le varie posizioni del Pz. Eseguiremo movimenti di flesso-estensione, non facendo il movimento con le mani, ma pie160

gando e estendendo le gambe; con lo spostamento da una parte all’altra faccio l’inclinazione laterale; con il movimento di rotazione delle spalle faccio la rotazione cervicale.

Estensione

Flessione

Inclinazione

Rotazione

Con le tecniche dirette a thrust andiamo ad imporre alla faccetta articolare della vertebra cervicale un diretto riposizionamento in senso opposto ai parametri della disfunzione. Sono tecniche che vanno utilizzate con grande competenza, cioè se ci sono le condizioni: effettuare la riduzione; se vi accorgete che la tecnica non è adatta: ci si ferma al momento opportuno. Evitare di creare dipendenza dalla manipolazione, perché probabilmente stiamo lavorando su un adattamento e non sulla causa primaria; infatti la zona cervicale è una sede molto adattativa. Per le tecniche dirette con thrust a livello cervicale andiamo a contattare (come nelle DOG) sempre la posteriorità vera o relativa, per un contatto diretto, il più vicino possibile all’articolazione. Non invertiamo tutti i parametri della disfunzione, nelle cervicali riusciamo ad invertire un solo parametro della disfunzione. A livello cervicale abbiamo 3 gradi di movimento: flesso-estensione (sul piano sagittale), inclinazione (sul piano frontale) e rotazione (sul piano orizzontale). Utilizzeremo la flesso-estensione per localizzare il livello da trattare, l’inclinazione laterale per aprire l’articolazione, la faccetta articolare nel senso in cui dobbiamo liberarla, la rotazione per invertire i parametri della disfunzione. Per una disfunzione di posteriorità andiamo direttamente a contattare la faccetta articolare o il massiccio articolare della vertebra in disfunzione direttamente nella parte posteriore per fare una manovra correttiva verso l’anteriorità. Ci troviamo in una zona in cui c’è una lordosi, seguendo l’orientamento delle faccette articolari, la spinta ha sempre una leggera direzione obliqua, per cui dobbiamo orientare la direzione del nostro avambraccio quando facciamo la correzione. Per una vertebra cervicale media (C4-C5), partirò con una posizione del collo neutra, per localizzare il movimento nelle vertebre cerv basse darò alla testa una leggera F, per il rachide cervicale alto darò una leggera E. L’appoggio viene fatto a livello dell’articolazione metacarpo-falangea dell’indice, andando a contattare i massicci articolari.

Flessione (rachide cerv basso)

Estensione (rachide cerv alto)

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La direzione dell’avambraccio è più o meno perpendicolare quando tratto le vertebre centrali, quando tratto le vertebre superiori sarà inclinato verso l’alto, quando tratto le cervicali basse sarò inclinato verso il basso.

vertebre alte

Verso l’alto (cerv alte)

vertebre centrali

Perpendicolare

vertebre basse

Verso il basso (cerv basse)

Posteriorità C4 dx Pz supino, testa fuori dal lettino, Pz si sposta a dx del lettino, pure Osteopata si sposta più a dx in modo da avere una facilitazione nell’appoggio. Cerco la vertebra C4: le dita vanno nell’arco posteriore di C1, gli indici vanno su C4, soprattutto contatto a dx il massiccio articolare di C4.

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L’Osteopata localizza con l’indice la disfunzione di posteriorità a dx

Con il suo avambraccio sin sostiene la testa del Pz (ruotandola a sin)

Si abbassa (piegando le gambe) Si posiziona con la mano sin sotto il mantenendo l’appoggio a dx, mento del Pz ruota la testa del Pz a dx

Scivola con la mano dx per avere un Posiziona l’avambraccio perpencontatto con la metacarpo-falangea dicolare a C4 (vertebra media) sul massiccio articolare di C4 A questo punto, regola i parametri di R, F-E, inclinazione laterale. Ho invertito un solo parametro: (la testa in disfunzione era posteriore dx, quindi ruotata a dx) ho portato la testa in rotazione sin; (la testa in disfunzione era inclinata a dx) l’ho lasciata inclinata a dx, perché mi serve per aprire la faccetta e liberare l’articolazione; ho fatto una flesso-estensione indipendentemente dalla disfunzione perché mi serve per localizzare il movimento. Se avessi una disfunzione su C2, essendo vertebra più alta andrò un pò verso l’estensione, anche se è una disfunzione di estensione, perché devo localizzare la direzione nel senso giusto; perché se non estendo C2 non libererò la faccetta articolare; la direzione dell’avambraccio è verso l’alto.

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Dò unicamente importanza alla rotazione per il posizionamento, ciò non significa che la tecnica la faccio solo in rotazione, perché è una tecnica che si fa esercitando un impulso a cassetto. Siccome l’articolazione è piana, quando faccio la tecnica l’impulso non lo darò ruotando la testa ma dando un impulso con la metacarpo-falangea; perché se si fa una iperrotazione: 1 si perderà il livello, 2 esercitate una forza che può creare anche un problema.

Posteriorità C4 sin Posteriorità C6 sin Il Pz si posiziona a sin del lettino, pure l’Osteopata sta spostato a sin. Con la mano sx contatto il massiccio articolare di C6, ruoto la testa a sin, la sostengo con l’avambraccio dx e la ruoto a dx. Essendo su C6 aumenterò un pò la F. Con l’avambraccio sin avrò più una direzione verso il basso, farò inclinazione sin, R dx, F, sento e modifico questi parametri fino ad avere la sensazione che l’irrigidimento è a livello solo di quella faccetta articolare che è arrivata al max delle sue possibilità. All’inizio devo avere la sensazione che la struttura vada nel morbido, ecco perché la F-E mi serve per localizzare il livello e l’inclinazione per liberare, la rotazione; questi parametri li modifico perché devo sentire che mano mano va, e alla fine mi appoggio all’articolazione. Se dovessi sentire il duro all’inizio sto sbagliando uno dei parametri.

errore: spezzare il polso

Posteriorità sin di C3 avambraccio perpendicolare (C4 post)

polso corretto e appoggio sulla mandibola

Posteriorità dx di C4 Posizioniamo il Pz a dx del lettino, cerco la massa laterale dx di C4, ci posiziono l’indice, ruoto la testa a dx per posizionare l’avambraccio sin, scivolo con la metacarpo-falangea dx su C4. Quando ruotiamo la testa i massicci articolari vanno più avanti, quindi stare attenti quando ruotiamo la testa a non andare a dare un appoggio troppo posteriore sulla spinosa. Ecco perché è importante mantenere l’indice sul punto giusto quando ruotiamo la testa. Vado a impilare i vari parametri, per quanto riguarda la flesso-estensione, essendo su C4 sto in neutralità. Ruoto la testa a dx per portare in avanti la faccetta dx di C4, con inclinazione dx. La F-E la utilizzo per regolarizzare il movimento, la rotazione per posizionare la faccetta verso la correzione e l’inclinazione per creare il passaggio. Tre regole importanti in questa tecnica: 1. ci posizioniamo sulla posteriorità vera o relativa 2. invertiamo solo il parametro della rotazione 3. sacrifichiamo gli altri 2 parametri Quando faccio la palpazione non devo già mettere tensione, cioè spingere troppo su quel punto, perché il 164

punto può essere dolente, il Pz si irrigidisce. L’appoggio deve essere preciso, fermo e leggero. Quando provo i parametri non devo forzare.

Disfunzioni di anteriorità

Anteriorità C4 dx: ho una disfunzione di F - R sin e S (inclinazione) sin. Farò l’appoggio sulla post relativa sin di C4; quindi il Pz si sposta a sin del lettino. Farò la R a dx, S sin. Contemporaneamente oltre a dare l’impulso sulla post relativa, aggiungo con la mano dx un aumento di tutti i parametri (direzione parametri nell’immagine), in modo da aiutare a posteriorizzare la faccetta in disfunzione.

Anteriorità C2 sin Pz a dx del lettino, contatto la posteriorità relativa di C2 dx. Ruoto la testa a sin, vado più verso l’E.

Pompage sulla zona cervicale

Lettini più bassi (circa 3° livello). Pz supino, Osteopata seduto alla testa del Pz. Pz mani sulla pancia così rilassa le spalle. Parto da C0, faccio estensione dell’occipite per trovare C1. Poggio la testa e vado lentamente in basso a cercare le articolari fino ad arrivare a C7, poi torno a livello dell’occipite. Poggio una mano a livello occipitale e una a livello sternale e vado a seguire la respirazione (con la mano sullo sterno), andando verso il basso, dx, sin, dove sento che posso liberare e punto fisso a livello occipitale. Poggio una mano a livello occipitale e una a livello clavicolare e vado a lavorare come per distendere la zona degli scaleni. Faccio punto fisso a livello toracico, punto mobile a livello cervicale.

Oppure posso incrociare le braccia, facendo un lavoro diretto e progressivo, sia a dx che a sin. Poi lo facciamo per lavorare meglio nella parte posteriore, sui fasci alti del trapezio. Se durante la palpazione ho sentito una zona più tesa posso andare a localizzare il movimento, cioè mi metto su quella zona cervicale e faccio un lavoro più selettivo. Posso sia guadagnare con la parte bassa sia con la parte alta, con un punto fisso, sempre facendo un lavoro diretto e progressivo.

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Oppure incrociando le braccia

Posiziono una mano al centro del dorso del Pz e una mano sull’occipite. Facendo punto fisso a livello del torace e punto mobile a livello occipitale (che può essere centrale o spostato lateralmente dx o sin a seconda di dove sento che devo lavorare maggiormente). Lavoriamo sempre in senso diretto per aumentare l’escursione articolare. Questo lavoro può essere fatto indipendentemente da una disfunzione cervicale. Oppure se non mi sento di fare una tecnica diretta thrust o una TEM sulle cervicali posso fare questo tipo di lavoro per liberare tutto il passaggio superiore. Può essere fatto su un Pz in cui volete lavorare sulla vascolarizzazione, sul drenaggio. Può essere utilizzato a inizio trattamento per poter fare una tecnica o come manovra di salvataggio dopo aver fatto una “cavolata”.

Ripasso Lombare

L3 in FRS dx con tecnica diretta con thrust: lombar roll La F o divergenza, è una anteriorità sin. Pz in decubito laterale dal lato della rotazione, quindi lato dx. Il livello lo localizzo tra L3-L4 e faccio la chiusura in chiave. Nella tecnica come parametri metto la rotazione, l’estensione e l’inclinazione. Il parametro di inclinazione (1, 3) lo date così (o con il braccio (4), ma il parametro lo do spostando il corpo non spostando il braccio), non così, in questo modo si da il parametro di rotazione (2). La componente di inclinazione posso darla anche con la parte alta (spalla), ma vien meglio farla con la parte bassa (bacino). Inspiro, espiro e thrust impilando tutti i parametri.

1. Parametro d’inclinazione 166

2. Parametro di rotazione

3. Tecnica

4. Tecnica

Di Branco

Disfunzioni cartilaginee del torace

Vediamo le disfunzioni cartilaginee del torace. Queste possiamo interpretarle in due modi. Da un punto di vista tissutale, ossia andremo a ricercare delle rigidità del tessuto e lavoreremo in base a queste. Oppure possiamo cominciare a pensare a quelle che sono state le dinamiche chinesiologiche che hanno causato un certo tipo di adattamento a livello delle cartilagini. Quando abbiamo visto le coste è stato detto che si potevano fare dei test in cui si andava a cercare la costa che fuggiva in basso-avanti o alto-dietro posizionandoci dietro il Pz, oppure potevamo posizionarci a livello circa della linea emiclaveare anteriormente o a livello della linea emiascellare e vedere se la costa riusciva a fuggire in alto-dietro e basso-avanti. Questo è l’adattamento più vero diciamo, perché si presenta anche quando semplicemente camminiamo. Abbiamo detto che considerando l’emitorace dx, l’adattamento in torsioneflessione a sin, l’inclinazione a dx, o la chiusura in espirazione-aumento cifosi, praticamente corrispondevano alla stessa cosa per quanto riguarda l’adattamento delle coste.

emitorace dx in Esp

chiusura in cifosi Questo tipo di adattamenti di chiusura, a livello della cartilagine costale, che troviamo sempre più o meno a livello della linea emiclaveare a tutti i livelli, può portare a una compressione verso lo sterno (quando abbiamo una sollecitazione prevalentemente di Espirazione). o a un allungamento in allontanamento dallo sterno quando abbiamo una sollecitazione in Inspirazione

compressione

allungamento

[a volte paradossalmente la cartilagine tiene e si rompe la parte ossea.] Noi con un semplice test andremo a cercare le zone rigide in tensione, sapendo che quando si presentano con una specie di bombatura, rialzo, ricorderà più una compressione sullo sterno, mentre una zona rigida spianata

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ci farà pensare a un allungamento. Fatto questo test andremo a vedere come possiamo trattare le cartilagini Pz supino. Poggiamo leggermente la nostra mano aperta sullo sterno (senza spingere altrimenti andremo a testare i legamenti retrosternali e la parte viscerale del torace. Immaginiamo di dividere il torace in sei settori, 3 a dx e 3 a sin. Quindi spingiamo leggermente sullo sterno e poi trasliamo verso:

1. Alto fuori sin 2. Fuori sin 3. Basso fuori sin

Facciamo questo non di seguito da un punto all’altro, ma ogni volta che torniamo al centro lasciamo la pressione, per poi ripremere e andare in un’altra direzione. Questo è un test generico che serve per individuare una zona.

1. Alto fuori dx 2. Fuori dx 3. Basso fuori dx

Su quella zona più rigida poi andrò a sentire la cartilagine che mi interessa, una per una, sentendone il decorso insieme alla costa. Nella zona che ci incuriosisce sentiremo l’articolazione che sta tra la costa e lo sterno (condrosternale) e l’articolazione che sta tra costa e cartilagine (condrocostale)

Una volta trovata la zona rigida, che come detto può essere rigida in compressione o in allungamento, a questo punto la cosa che faremo sarà andare ad allontanare: faremo un punto fisso e un punto mobile e allungheremo. Per quanto riguarda ....o col pisiforme l’articolazione (più potente) condro-sternale prenderemo punto fisso sullo sterno e allungheremo la cartilagine facendo un’azione con le dita (più delicato) ...

È un’azione non particolarmente delicata ma neanche tanto potente; questa è una zona elastica e la nostra spinta sarà dosata in base al Pz (in base all’età, al sesso e ad eventuali patologie sia a livello metabolico [metabolismo del calcio] che cardio-polmonare).

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Seguo la zona a livello dell’articolazione condro-costale e faccio la stessa cosa facendo punto fisso mediale e punto mobile laterale con pisiforme...

..... o con le dita

È un lavoro tissutale di allontanamento perché mi interessa ammorbidire la struttura che si è irrigidita. Questo non è un vero trattamento ma una preparazione. Trovata la zona e liberata a livello tessutale con la tecnica vista in precedenza, dopo potrò fare 2 tipi di manovre: recoil e thrust. Se non sono sicuro e il Pz è una persona relativamente debole, molto giovane o molto anziana, non potrò fare delle manovre pesanti e quindi farò il classico recoil. Quando invece i fattori me lo permettono posso fare una sorta di piccolo thrust, dando un piccolo impulso nel senso della restrizione della mobilità, quindi contro la barriera motrice tissutale. Faccio punto fisso sullo sterno, mentre col pisiforme dell’altra mano prendo appoggio sulla costa: allontano con la mano sullo sterno come se volessi allungare la struttura (porto la mano sullo sterno ad allontanarsi dalla mano sulla costa per liberare le strutture) e poi dò un piccolo impulso con la mano sulla costa dopo aver messo in tensione, nella direzione della costa. NON ANDARE PESANTI!! Oriento l’appoggio nella direzione della costa. Durante l’impulso non tengo conto del tempo respiratorio, ma solo del momento giusto in cui trovo il passaggio. Tutto questo se è in compressione. Se invece è in allungamento farà un movimento recoil in rimbalzo di compressionerilasciamento tipo quello che facevamo sullo sterno, e questo lo facciamo sullo sterno (optional) e un po’ più esterno sulla cartilagine che mi interessa; il rimbalzo lo facciamo a inizio INsp

5 sem_Longobardi Coste Alte Raramente può capitare che K1 abbia una emifaccetta anche dal corpo di C7, normalmente ha un’artrodia unica per il corpo di D1.

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Test di mobilità di K1

1. Test respiratorio con Pz seduto: durante l’inspirazione il tubercolo scende e il corpo della clavicola sale

Riduzione di K1 o K2 in INsp_Tecniche TEM Pz supino. L’Osteopata può posizionare la mano sulla costa in due modi: o con il bordo cubitale della mano

2. Test meccanico con Pz seduto: 3. Test respiratorio con Pz supino: con entrambe le mani ruotando “le ci posizioniamo post sul tuberspalle” a sin, testo l’Esp di K1 a dx colo o direttamente o spostando e l’INspir di K1 a sin; ruotando a dx i fasci del m. trapezio cercando di testo l’INsp a dx e l’Esp a sin. Sento arrivarci da sopra, anteriormente meccanicamente il tubercolo che contatto K1 (o K2 se faccio il test sale e scende per K2) ....o come nell’immagine accanto Per K1 e K2 dobbiamo stare più internamente, soprattutto per K1. L’Osteopata si posiziona con la colonna del pollice di una mano sulla costa, con l’altra mano sostiene la testa fino all’interlinea articolare cervico-dorsale. Flette la testa del Pz fino a sentire il movimento sulla costa e, durante una Esp, la manda verso il basso (perché una costa in INsp ha il bordo ant alto); mentre durante l’INsp mantiene. Nell’Esp successiva guadagna sia con la testa che con la costa.

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Alla 3°- 4° respirazione, durante un’ apnea Esp, si chiede al Pz di spingere la testa verso il lettino, mantenendo sempre la mano a livello costale; L’Osteopata accompagnare il movimento fino ad arrivare al lettino. Portando la testa verso il lettino, i tubercoli vengono chiamati verso l’alto, così aumenta la componente di Espirazione.

Riduzione di K1 o K2 in Esp_Tecniche TEM L’azione dei mm. scaleni ant e medio: inspiratori accessori, innalzano le coste, quando fanno punto fisso sulle coste inclinano la testa omolateralmente e la ruotano dal lato opposto. Mentre per lo scaleno post: la componente di rotazione è molto meno evidente, la componente dell’inclinazione è molto importante; comunque dipende dalla posizione della testa, perché se ad es. la testa si trova in antiversione o retroversione, se prendiamo lo scaleno posteriore singolarmente avremmo una maggiore rotazione controlaterale. Pz supino. Osteopata seduto alla testa del Pz. L’appoggio è sopra al tubercolo, utilizzando l’azione muscolare dei mm. scaleni. Parto dalla posizione neutra della testa, se inserisco una rotazione omolaterale creo ancora di più una tensione negli scaleni. Quindi, normalmente in una tecnica ad energia muscolare vado ad allungare i capi del muscolo che mi interessano. Posiziono il muscolo in maniera da aiutare la costa a risalire.

Per K1: cerco posteriormente il tubercolo e lo contatto con la metacarpo-falangea del 2° dito, la mano si trova in atteggiamento di prono-supinazione perché mi migliora il contatto a livello del tubercolo.

Posiziono la testa in maniera tale da mettere in tensione lo scaleno anteriore e medio, quindi per mettere in tensione lo scaleno di dx: inclinerò la testa a sin e la ruoterò a dx. Per posizionare ancora di più il gruppo alto di costole verso l’INsp, si chiede al Pz di portare l’avambraccio dx davanti alla fronte. L’Osteopata può sovrapporre il suo braccio sx a quello del Pz, regolando la rotazione; mentre con l’altra mano regola l’inclinazione. Durante l’INsp si porta il tubercolo in basso / stop / apnea e si chiede al Pz di spingere la testa verso l’alto (cioè di riportarla in asse), ciò tira lo scaleno e l’Osteopata abbassa ancora di più il tubercolo; durante l’Esp si tiene il tubercolo in basso. Poi si trova una nuova barriera motoria e si ripete allo stesso modo con la 2° INsp…. 171

Per K2: si cerca e ci si posiziona sul tubercolo sin di K2, stessi parametri della K1, però si dà maggiore componente di inclinazione perché la rotazione non è così marcata (discorso precedentemente fatto sugli scaleni post). Avambraccio del Pz davanti alla fronte. Tutto come per K1.

sem 5_Tecniche di Sutherland sulle vertebre cervicali_ Di Branco Possiamo agire su qualsiasi vertebra in vari modi: possiamo agire in modo diretto, quindi in posizionamento diretto, contro la barriera motrice articolare, quindi il thrust, e andiamo a stappare come una ventosa che a livello articolare darà quel caratteristico rumore detto “scroscio”; possiamo poi fare delle tecniche funzionali che possono essere a posizionamento indiretto e ad aggravamento, cosa significa ciò? Significa che ho una vertebra ruotata e inclinata in un certo modo, e io metterò tutti i parametri in mia conoscenza per aggravare ancora di più quel tipo di disfunzione, e premerò nel senso dell’aggravamento della disfunzione per circa 90 secondi e accompagnerò questa sollecitazione con una postura aggravante la disfunzione e con un’apnea Esp o Insp aggravante la disfunzione. Tutto nasce dal discorso che nella inspirazione tutte le curve della colonna si appianano, quindi a livello cervicale una inspirazione equivale a una F. Quindi alla respirazione userò una particolare postura delle spalle per aggravare la disfunzione: il ragionamento è che se io alzo la spalla dx vado a creare una concavità cervicale a dx, e questo significa rotazione dei corpi vertebrali (concavità dx = inclinazione dx, che nella fisiologia cervicale equivale anche a una rotazione dx per cui maggior posteriorità a dx…viceversa se abbasso la spalla). Quindi se ho una posteriorità dx, alzando la spalla dx aumenterò la posteriorità (e ovviamente a seconda di quanto la alzo vado ai vari livelli cervicali); dall‘altro lato, se abbasso la spalla, creerò una convessità che equivale a una anteriorizzazione della faccetta articolare. Su queste basi faremo le nostre tecniche. Pratica Ho una posteriorità, e faccio il test per vedere se è assoluta o relativa. Nel caso fosse assoluta, e significa che avrò una estensione, mi comporto come segue. Es di C4 in estensione a dx. Il posizionamento è indiretto perché C4 è indietreggiata, inclinata e ruotata a dx: sul lato sin prenderò direttamente un contatto con la massa laterale sin di C4, per continuare a ruotarla a dx e aggravarla quindi; sul lato dx prenderò un appoggio sulla massa laterale inferiore ossia di C5, che spingerò avanti in modo da far indietreggiare ancora più C4. Per aggravare sfrutterò il tempo di espirazione (l’estensione si aggrava nella espirazione). Manterrò il mio contatto sulle masse laterali su vari tempi respiratori e ogni volta che espira guadagno e quando inspira mantengo. Ora dovrò fare una sorta di chiusura in chiave, che farò con le spalle del Pz: chiedo al Pz di sollevare leggermente la spalla dx verso l’alto, e di abbassare la sin, ovviamente sto in ascolto sul livello di C4. Una volta fatto ciò chiedo al Pz di inspirare, espirare e apnea espiratoria e qui guadagno … inspira e mantengo ciò che ho guadagnato, espira e apnea espiratoria e vado a guadagnare nuovamente: il mio obiettivo e far ruotare ancora di più C4. Essendo questa una tecnica molto prossima ai meccanismi cranio-sacrali, noterò che piano piano riuscirò a ruotare, ma a un certo punto avrò un silenzio tissutale e non riuscirò più a ruotare. La struttura a un certo punto tenterà di riorganizzarsi da sola, 172

ma ora con i recettori che noi con questa tecnica abbiamo resettato. Quindi quando sento che non posso più guadagnare, mollo lentamente la presa e riposiziono il Pz con le spalle in linea. Ovviamente dopo ciò ritesto. Se ho una F bilaterale, prenderò un posizionamento diretto su tutte e due le masse laterali della vertebra (sta in anteriorità e devo mandarla ancora più in anteriorità). Abbasserò le spalle del Pz e farò la tecnica in apnea INsp. Se ho una FRS dx (posteriorità a dx) la disfunzione sta a sin. La chiusura e il posizionamento sarà identico alla E: quindi alzo spalla dx (per far indietreggiare la posteriorità) e abbasso sin: l’unica cosa che cambia rispetto alla E è che qui farò la correzione in un tempo di apnea inspiratoria Se ho una E bilaterale, tutte e due le faccette sono in posteriorità. Per cui prenderò un appoggio sulla sottostante per far indietreggiare relativamente ancor di più la vertebra soprastante. La E la aggravo alzando le spalle e userò un tempo di apnea Esp. Questo contatto sulla vertebra lo mantengo durante varie tappe per almeno 90 secondi.

Ripasso lombare

Nel test lombare non è tanto utile fare un side-bending perché valuto tutta la colonna, mentre con l’hipdrop test mi concentro esclusivamente sulla lombare. Nel nostro caso è più accentuata a sin, per cui pensiamo a uno psoas sin teso, un pilastro, un quadrato dei lombi, sempre a sin, un problema dei meso, oppure potrebbe esserci una pseudo-rotazione del bacino o un up-slip…ancora potrebbe esserci un sacro posteriore unilaterale o una torsione sacrale posteriore (nel momento in cui il sacro va in alto e indietro, per la prepotenza dei legamenti sacro-iliaci l’iliaco ovviamente sale (tranne quando c’è una “diastasi” della sinfisi e allora il sacro si mette in posizione opposta, l’iliaco rimane relativamente indietro perché il sacro si mette un po’ in avanti grazie alla potenza, al tono degli extrarotatori). Controllo eventuali baionette, che significa che ci sono delle vertebre che non possono fare la rotazione che io richiedo sulla NSR che vado a creare perché sono bloccate. La NSR è in appoggio sul disco, trovare una baionetta significa che le vertebre sono in ingaggio sulle faccette per cui in 2° legge, quindi ciò ci porterà a fare un test di mobilità su quelle vertebre. Pz prono. Vado a valutare gli spazi tra le spinose ed eventuali deviazioni di queste. Al di sotto della trasversa di una vertebra lombare abbiamo le articolari inferiori della vertebra (sono quelle che ci danno la disfunzione). Posso andare a palpare le articolari con una pressione in profondità verso il basso avanti e poi leggermente in alto e andare a sentire come stanno le articolari (sento se mi fa passare o meno). Anno 4 _1 sem Di Branco Torace Pz supino. Prendo appoggio sullo sterno con il palmo della mano interna. Dobbiamo stare in sincronia col tessuto, senza essere invasivi, aggressivi o sfacciati, in quanto il Pz tenderebbe a irrigidirsi. L’idea è quella di saldare mano e torace per sentire bene ciò che cerco. Vado a impilare le strutture e ogni tanto mollo e vedo quello che succede. Se percepisco una struttura che viene attirata verso dentro e ritorna con difficoltà verso l’esterno, penserò più a un problema di natura fasciale-viscerale (quindi mediastino, pericardio) che mi trattiene lo sterno. Se invece vedo che si fa comprimere e risale bene ma sento delle rigidità, allora vado a discriminare tali rigidità, ma comunque già saprò che si tratta di problematica di tipo strutturale.

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Quindi spingo per comprimere lo sterno e mantenendo la compressione spingo lo sterno verso alto-dx rispetto al Pz e sento come va. Lascio la pressione. Comprimo nuovamente e induco lo sterno verso dx e poi lascio pressione…cosi via portando poi lo sterno verso basso-dx, basso sin, sin, alto-sin, ogni volta lasciando la pressione e comprimendo nuovamente prima di indurre verso un’altra direzione. Mi aspetto di sentire lo sterno che, o è attirato verso una qualche direzione, e non ritorna, sarà attirato quindi da disfunzioni costali o da stiramenti cartilaginei, dovuti a una simulazione locale di inspiro. Se invece quando lo induco in una direzione e sento che non vi va, che resiste, sarà una compressione costale e poi andrò a vedere dove, se a livello di sterno, tra sterno e cartilagine, oppure tra cartilagine e costa, una compressione costale che è riconducibile a un trauma o movimento importante che ha portato la struttura in una situazione di espiro, quindi testo la sterno-condrale e la costo-condrale di quella zona (ricordiamo che l’adattamento di emitorace dx, vertebre, emitorace sin, mi porterà sempre una simulazione da una parte, e dalla parte opposta una simulazione contraria: se un lato sarà in simulazione di inspiro il lato opposto sarà in espiro). Quando trovo la costo-condrale trovo il “bozzetto” in genere dolente perché il punto d’attacco è in tensione o compressione. Se la trovo arcuata ovviamente sarà in compressione quindi sarà dovuta a una simulazione di espiro, se invece la trovo più stirata avrò una cartilagine che sarà in trazione per cui una costa in disfunzione di inspiro. Quindi testo in maniera generale per trovare delle zone da indagare. Davanti e livello emiclaveare siamo sulla cartilagine, quindi nel test generale precedente in appoggio sullo sterno, durante le mie induzioni laterali la prima cosa che mi arriva sotto la mano è la disfunzione sternocondrale che quindi dovrò mobilizzare. Quindi una volta trovata la zona faccio il trattamento della zona. All’inizio farò un trattamento condro-sternale ma la stessa cosa la farò a livello costo-condrale. Quindi vado in appoggio sullo sterno con la mano craniale mentre la mano caudale è in appoggio sulla cartilagine. La mano craniale fa punto fisso sullo sterno, mentre induco con la mano caudale verso l’esterno e ritorno mano caudale verso l’esterno e ritorno Stessa cosa ma mano caudale verso l’alto

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Poi mano caudale verso il basso

Comprimo (quando comprimo aumento l’energia, la struttura mi diventa più instabile, e se è più instabile la posso manipolare meglio)

Qui posso anche invertire l’appoggio

comprimo gradualmente ........ Dopo ciò basta una vibrazione per resettare la situazione in quella zona per cui faccio un recoil.

In ultimo possiamo anche fare il thrust ma lo vedremo più avanti. Dopo aver fatto questo lavoro abbiamo liberato già un pò lo sterno. Quindi ora andrò con una o entrambe le mani a testare da un punto di vista più fasciale le possibilità dello sterno. Prima abbiamo eliminato le tensioni sulla periferia, ora non sappiamo quello che ci è rimasto e andiamo a vedere come galleggia lo sterno.

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Infatti ci possono essere delle restrizioni, che in genere sono fasciali alte, che obbligano lo sterno ad andare preferenzialmente in una direzione, affossarsi in una direzione, non ritornare ecc. a) Se si affossa e non ritorna ho un problema viscerale da quel lato (ad esempio stomaco); b) se invece si affossa e ritorna subito ho un problema più di legamenti sterno-pericardici ad esempio…. Quindi valuto lo sterno per analizzare come galleggia e in che direzione preferenziale. Lo sterno è il relè fasciale più importante a livello del torace, quindi una volta liberato dalle costrizioni più superficiali, so già che mi potrà dare delle costrizioni che saranno di natura fasciale superficiale o fasciale profonda. Se lo sterno si lascia comprimere e NON ritorna è fasciale profondo. Se si lascia comprimere e ritorna subito è fasciale superficiale. Non parlo più di struttura perché la parte strutturale ormai l’ ho già trattata con la tecnica precedentemente vista. A questo punto andremo a fare un trattamento di aggravamento. Se è un problema fasciale profondo tratteremo l’organo che sarà in quella zona; se è un problema fasciale superficiale faremo un aggravamento direttamente sullo sterno come nella posizione del test e aspetteremo che ritorni. Dopo ciò posso andare a verificare e eventualmente trattare l’angolo di Louis con la tecnica classica. Approccio al torace (ripasso) Quando voglio approcciare il torace, la prima cosa che faccio è valutarne l’elasticità: lo faccio su una linea emiclaveare per indagare da K1 a K5 e su una linea emi-ascellare per K6-K10. Quindi il primo approccio è prendere contatto sul torace e andare a premere (1. test meccanico) prima con una mano e poi con l’altra e valutare cosa si sente. Posso fare la stessa cosa accompagnato dall’atto respiratorio (2. test respiratorio): quando il Pz INsp premo con una mano e poi con l’altra e la stessa cosa durante l’Esp. Stesso discorso lo faccio lateralmente per le coste più basse. Vado quindi a vedere le caratteristiche elastiche sui vari tempi respiratori.

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Mi faccio un’idea della zona più rigida e a questo punto valuto cosa succede localmente e faccio il test respiratorio locale sulla costa e sento non tanto gli spazi, ma piuttosto se ho una costa che mi sale in INsp e che mi scende in Esp ovviamente paragonando con la controlaterale. Per fare ciò mi posiziono a pinza sulla costa con le dita. Mi aspetto perciò una apertura e una chiusura e se un qualche parametro non vi è, vado a vedere anche se è presente o meno sopra e sotto la costa. Questo nella costa lo faccio dove ho il sospetto, quindi o anteriore o più laterale. Quest’ultimo lavoro è meglio farlo al confine esterno della cartilagine sull’osso. Quando c’è una fissazione posteriore importante, mi sposto la gabbia toracica verso di me, e la parte fissata o in ESP o in INSP mi rimane più sul lettino e mi arriverà subito sotto le dita (Pz supino). A questo punto quando la sento, vado a vedere se c’è un piccolo spazio o un grande spazio sotto e sopra (trovo ad esempio un piccolo spazio sotto e un grande spazio sopra, per cui l’impressione è che ci sia una costa in disfunzione, con una fissazione posteriore a livello del tubercolo in inspiro. Ricordiamo che nella simulazione di inspiro la costa tende ad andare in alto-dietro, mentre in simulazione di espiro tende a raggiungere lo sterno in basso e in avanti, e questo test lo farò dinamicamente come già conosciamo per conferma di tutto quello che ho trovato. Quindi a questo punto faccio il test dinamico di chiusura, dove obbligo la costa ad andare in una certa direzione, se ci va è libera, se non ci va sta nella disfunzione opposta. L’ideale sarebbe prendere un appoggio con due dita costa per costa (sopra e sotto): obbligo la costa ad andare avanti-basso (l’appoggio è all’incirca tra tubercolo e angolo costale, nella zona più prominente della costa quindi): se la costa è bloccata mi rimane indietro e in alto e noterò quindi un gibbotto: da qui poi analizzerò il problema quindi vedremo la vertebra, la testa costale, e l’articolazione costo-trasversaria (in genere il problema è in quest’ultima). Faccio poi il movimento opposto e obbligo la costa ad andare in alto e indietro, che se è libera seguirà. Altrimenti se è rimasta compressa, rimarrà più evidente.

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Questo lavoro lo posso fare fino a K5, dopodiché dovrò andare più laterale perché il test non si fa mai sulla cartilagine ma sempre a cavallo tra cartilagine e osso.

Quando abbiamo una costa che non si corregge può essere un problema viscerale oppure un problema meccanico guidato da una disfunzione non convenzionale della vertebra, in genere un tripode > si ha quando una vertebra ruota (ad es. disfunzione doppia, F da un lato ed E dall’altro) ed in più sprofonda avanti, portandosi appresso il corpo vertebrale. In tal caso avrò una zona dolente a tutti i livelli. Qui la prima cosa da fare è portare indietro la vertebra, poi riaddrizzarla e infine tramite il tubercolo riposizionare la costa. Sono disfunzioni molto frequenti negli sportivi e nei traumatizzati. Longobardi Rachide Cervicale Superiore Il primo disco intervertebrale lo troviamo tra C2-C3 (tra C1-C2 non è presente), cioè suddivide il rachide cervicale superiore (o giunzione cranio-cervicale) dal rachide cervicale inferiore. Questo disco intervertebrale si trova circa posteriormente alla orofaringe e al palato molle. In relazione con le strutture vertebrali abbiamo: occlusione, deglutizione, lingua, masticazione; più in basso abbiamo l’accesso al sistema digerente e respiratorio, con la trachea e più posteriormente con l’esofago. Questi elementi sono in relazione con la colonna, ma c’è anche tutto il sistema muscolare e vascolare e nervoso (nervo frenico, plesso brachiale). Ingressi posturali che arrivano al rachide cervicale superiore sono: tutti gli organi di senso (occhi, orecchio, vestibolo). Es: chi soffre di ipoacusia monolaterale, costretti per ascoltare meglio l’interlocutore ad atteggiare la testa in posizione asimmetrica. Ancora legame diretto con la visione e i muscoli del collo, ci sono 2 sistemi: 1. Il sistema visivo, nel momento in cui uno vede meno, fissano la persona con l’occhio cui vedono meglio per cui atteggiando la testa 2. esiste anche la funzione oculogira, cioè ci sono dei legami riflessi tra il movimento dell’occhio e l’inibizione con la stimolazione dei muscoli sottoccipitali. Poi abbiamo tutti gli ingressi posturali che arrivano dal basso: tutte le variazioni angolari mandano segnali al sistema extrapiramidale, tutto il tono muscolare e il sistema tendineo; tutte queste informazioni elaborate vanno poi a dare a livello del sistema di rielaborazione della postura il tono di base. Alla fine arrivano a dover creare degli adattamenti nella zona cervicale superiore in particolare. Nelle vertebre cervicali non si applica la 1° legge di Fryette perché il centro di gravità è avanti rispetto al piano delle articolari, per cui deve essere costantemente controllata dai muscoli della nuca. Vi è inoltre il contatto delle apofisi unciformi: questa condizione contribuisce alla non applicazione della 1° legge in quanto vi è una mancanza di neutralità. Inoltre la rotazione e l’inclinazione sono sempre omolaterali perché sapendo che il piano è obliquo (alto, avanti), l’articolare superiore guarda in basso-avanti, essendo un piano inclinato > quando faccio una inclinazione a dx avrò anche una rotazione a dx. Quindi, si applica la 2° legge di Fryette, ma si può applicare anche la 3° legge: aumentando uno dei parametri automaticamente si riducono gli altri due. Riassumendo: A livello del rachide cervicale superiore le leggi di Fryette non trovano applicazione perché: 1. struttura anatomica e fisiologia. 2. il centro di gravità cade avanti alle articolari quindi i mm. del collo devono attuare un controllo attivo, condizione questa che non consente una situazione di neutralità. 178

3. il contatto delle apofisi unciformi non permette la neutralità. A livello del rachide cervicale Inferiore la 1° legge di Fryette non trova applicazione perchè: 1. il centro di gravità cade avanti alle articolari quindi i muscoli del collo devono attuare un controllo attivo, condizione questa che non consente una situazione di neutralità 2. il contatto delle apofisi unciformi non permette la neutralità. Al contrario trovano applicazione la 2° e 3° legge di Fryette perché inclinazione e rotazione sono omolaterali. NB: i colpi di frusta cervicali che avvengono lateralmente sono peggiori di quelli con meccanismo lesionale antero-posteriore. Atlante Non ha il corpo vertebrale, perché quello spazio è occupato dal dente dell’epistrofeo. Non è presente una vera e propria spinosa, vi è un tubercolo. L’atlante è formato da 2 grossi massicci articolari con annessa apofisi trasversa e 2 archi vertebrali. I massicci articolari sono un segmento di cilindro che contengono 2 faccette articolari, una sopra per l’occipite e quella sotto per l’epistrofeo; lateralmente si collegano con le apofisi trasverse. La parte superiore del massiccio articolare ha 2 faccette glenoidee che si articolano con i 2 condili occipitali. Le faccette glenoidee hanno forma di impronta di scarpa sulla sabbia, che è concava in tutti i sensi ed è orientata con un asse che non è completamente parallelo, ma è orientato avanti-dentro (linea rossa nell’immagine sotto); le due cavità glenoidee sono attraversate da un asse maggiore verso dentro, esse sono orientate in alto-dentro. tubercolo ant faccetta articolare per il dente dell’epistrofeo tubercolo post massa processo laterale trasverso

arco ant processo trasverso

arco post foro vertebrale

tubercolo per il leg trasverso

foro foro trasversario vertebrale foro faccetta arco post trasversario articolare sup faccetta tubercolo ant tubercolo post per il condilo articolare infer. arco ant solco dell’arteria vertebrale occipitale per l’epistrofeo atlante (C1), visto superiormente atlante (C1), visto inferiormente La faccia inferiore del massiccio articolare, presenta le due faccette inferiori per l’epistrofeo, sono leggermente convesse dall’avanti-dietro e leggermente piatte latero-lateralmente; sono orientate in basso-dentro e leggermente indietro. All’interno di questi massicci articolari, in particolare nella parte non articolare, antero-interna dell’atlante, ci sono 2 tubercoli: i tubercoli per l’inserzione del leg trasverso dell’atlante. Le apofisi trasverse sono molto sviluppate, rispetto alle trasverse delle cervicali, possiamo palparle tra la mastoide e la branca ascendente della mandibola. Esse sono molto larghe e sono provviste del foro per l’arteria vertebrale (o foro trasversario). Arteria vertebrale va da C6 a C1: entra tra C7-C6, infatti sulla trasversa di C7 c’è il solco dell’arteria vertebrale, entra attraversa tutte le cervicali fino ad uscire da C2, rientra nel foro di C1, perfora la membra atro-occipitale posteriore. L’arco anteriore va dalla parte anteriore dei 2 massicci articolari, li unisce, è abbastanza corto 1. nella sua parte ant è presente un tubercolo che da inserzione al leg longitudinale ant e al m. lungo del collo 2. nella parte post dell’arco troviamo una faccetta per il dente del’epistrofeo, faccetta ovale (è una vera e propria articolazione). L’arco post è più grande, è costituito da pseudo lamine, si riunisce al centro dando origine a un tubercolo post, che da inserzione al leg nucale. Sull’arco c’è un solco dell’arteria vertebrale, quando esce da C2 passa sopra l’arco di C1 in questo solco, prima di andare a perforare la membrana. 179

Epistrofeo A differenza delle altre vertebre cervicali presenta un corpo di forma quadrilatera che è molto robusto, alto, nella sua porzione antero-superiore presenta un prolungamento verso l’alto che è il processo odontoideo, anteriormente presenta una cresta e delle doccie laterali dove si inseriscono i mm. lunghi del collo. Il dente (si trova nella porzione antero-superiore del corpo) va in alto e leggermente inclinato verso dietro, ha una forma ovoidale, rappresenta il perno dell’articolazione (trocoide, a centro cavo, centro pieno) quindi ha un ruolo centrale. Presenta 2 faccette articolari: una faccetta anteriore che si articola con la faccetta posteriore dell’arco anteriore dell’atlante, è biconvessa (dall’alto in basso, latero-laterale); una faccetta articolare posteriore, convessa latero-lateralmente ma è leggermente concava dall’alto in basso, perché deve accogliere il legamento trasverso. La parte superiore del dente viene chiamata apice, dal quale partirà il legamento apicale. Dalla parte laterale del dente partono altri 2 legamenti: legamenti alari.

I massicci articolari si trovano nella parte laterale del corpo, seguono il peduncolo e sono provvisti di 2 faccette articolari: le faccette superiori hanno una forma convessa da avanti-dietro e piana latero-lateralmente, guardano in alto-fuori-dietro (poco); le faccette inferiori (simili alle altre vertebre cervicali) sono orientate basso-avanti (angolo 40-45° rispetto all’orizzontale), ci sono le due porzioni smusse delle apofisi unciformi, che corrispondono alle apofisi unciformi di C3; quindi la giunzione tra C2-C3 la consideriamo come tutte le altre vertebre cervicali. L’arco posteriore presenta delle lamine un po’ più larghe in altezza e una spinosa bifida molto voluminosa, insieme alla C6 e C7 è quella più palpabile del rachide cervicale. Le trasverse sono orientate un po’ obliquamente verso il basso, per dare l’orientamento all’arteria vertebrale.

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faccetta articolare per il condilo dell’osso occipititale

Legamenti Legamenti cranio-cervicali ESTERNI

1. Legamenti cranio cervicali Anteriori Membrana atlo-occipitale anteriore: tra il margine anteriore del foro occipitale ed il margine superiore dell’arco anteriore dell’atlante Membrana atlo-epistrofica (o atlo-ossoidea*): va dal margine inferiore dell’arco anteriore dell’atlante al margine superiore del corpo dell’epistrofeo, più anteriormente del dente. Capsule laterali del’articolazione atlo-occipitale e atlo-epistrofica. Legamento longitudinale anteriore: va dalla zona della base dell’occipite, anteriormente alle membrane appena descritte, per continuare nel resto dei corpi vertebrali, va più sul periostio che sulla zona discale. 2. Legamenti cranio-cervicali Posteriori Membrana atlo-occipitale posteriore, è più robusta e spessa di quella anteriore, perché deve sopportare uno stress maggiore, va dal margine inferiore, posteriore del foro occipitale al margine superiore dell’arco posteriore dell’atlante. La membrana è forata in corrispondenza della parte latero-inferiore, cioè in corrispondenza del passaggio dell’arteria vertebrale e del nervo sottoccipitale. Membrana atlo-epistrofica posteriore: dal margine inferiore dell’arco posteriore dell’atlante al margine superiore dell’arco posteriore dell’epistrofeo.

Legamenti cranio-cervicali INTERNI

Si trovano all’interno del canale vertebrale, si organizzano su 3 piani: superficiale, medio e profondo, ma questa denominazione si riferisce all’osso non al lume del canale vertebrale. Quindi, guardando la vertebra da dietro per piano profondo intendiamo i legamenti che si trovano più vicini all’osso (se vogliamo più anteriori).

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Per il piano superficiale, sempre vedendo la vertebra da dietro pensiamo di togliere le spinose, le meningi, il midollo, sul fondo troviamo il piano superficiale, che è occupato dalla membrana tettoria (è la denominazione che ha il leg longitudinale a quel livello). La membrana tettoria si va ad inserire su una larga e robusta lamina (che va a protezione del passaggio tra bulbo e midollo osseo), va dal contorno anteriore del foro

occipitale alla faccia posteriore del corpo dell’epistrofeo. Quasi a separare la parte neurologica dalla parte articolare.

Il piano medio lo vedo togliendo la membrana tettoria, è rappresentato dal legamento cruciforme, che è il legamento che si trova a unire e stabilizzare occipite, atlante ed epistrofeo. Le fibre orizzontali del legamento cruciforme sono rappresentate dal legamento trasverso dell’atlante, che va dai 2 tubercoli (che si trovano all’interno dei massicci articolari dell’atlante), dall’un all’altro e va a placcarsi contro la parte posteriore del dente dell’epistrofeo; è un elemento che completa l’articolazione atlo-odontoidea. Le fibre longitudinali superiori o trasverso-occipitali, vanno dal legamento cruciforme alla parte interna del foro occipitale. Le fibre trasverso-ossoidee o porzione inferiore, vanno dalle fibre del legamento trasverso alla parte posteriore del corpo dell’epistrofeo.

Legamento apicale, va dall’apice del dente dell’epistrofeo al punto medio del contorno anteriore del foro occipitale.

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Legamenti alari, vanno da lateralmente al dente dell’epistrofeo in alto-fuori per inserirsi su 2 tubercoli che si trovano nella parte interna dei condili dell’occipite.

*Normalmente si utilizza il suffisso osso per il corpo dell’epistrofeo con le faccette articolari, si utilizza odonto per il dente con l’arco.

Fisiologia dell’occipite_Movimento di C0 su C1

È un’articolazione condiloidea, i 2 condili dell’occipite si posizionano sulle 2 cavità glenoidee dell’atlante, da un punto di vista anatomico sono 2 articolazioni condiloidee ma da un punto di vista funzionale possiamo assimilarle a 2 enartrosi. Possiamo immaginare l’occipite inscritto con i 2 condili in una sfera che va a poggiarsi sui 2 condili occipitali; quindi possiamo immaginare che l’occipite inscritto nella circonferenza è la testa dell’enartrosi mentre i 2 condili sono la cavità glenoidea. Questo ci fa immaginare che il movimento dell’occipite avviene su tutti i piano dello spazio. I 2 movimenti simmetrici, che sono la flesso-estensione: vanno a creare, rispetto al movimento delle cervicali, un orientamento opposto dei condili, cioè se facciamo una F bilaterale dell’occipite i condili occipitali si spostano in dietro-alto, se facciamo E dell’occipite i 2 condili si spostano in avanti-alto, perché la faccetta dell’atlante è concava; quindi sia se rimango in flessione che in E i 2 condili vanno comunque verso l’alto. Questo è il contrario di ciò che avviene nelle faccette delle vertebre cervicali, ad es le faccette di C4 in flessione vanno avanti-alto. Nel movimento di inclinazione laterale: a livello delle cervicali l’inclinazione è sempre associata alla rotazione, a livello dell’occipite abbiamo un movimento di inclinazione puro, cioè in un’inclinazione dx i 2 condili occipitali traslano su un piano frontale verso sin, in un’inclinazione sin si spostano verso dx. Il movimento di inclinazione salta tra C1-C2 (non c’è inclinazione) e va direttamente a C2-C3. Complessivamente l’inclinazione tra C0-C3 è di 8° circa, di cui 3° inclinazione pura dell’occipite. Il movimento di rotazione: in una rotazione sin dell’occipite, il condilo dx va avanti-alto, il condilo sin va dietro-alto; è una rotazione pura, però in questo movimento, il condilo dx andando avanti-alto mette in tensione il legamento alare di dx, per continuare il movimento di rotazione il leg alare traziona il condilo dx verso il centro cioè verso sin, di conseguenza il condilo sin va verso dietro-sin. Quindi, se tutti e 2 i condili vanno verso sin, l’occipite si sta inclinando a dx. Riepilogando R sin l’occipite si inclina a dx R dx l’occipite si inclina a sin, questo nel movimento fisiologico. Se invece parliamo di disfunzioni: F bilaterale dell’occipite, i condili sono posteriori E bilaterale i 2 condili saranno anteriori Side dx i condili vanno a sin Side sin i condili vanno a dx F dx l’occipite fa rotazione dx e inclinazione sin E dx l’occipite fa rotazione sin e inclinazione sin perché sale.

Palpazione

NB: prima di procedere con i test l’Osteopata deve tenere presente l’esame clinico preliminare sia in posizione seduta che in posizione supina.

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1. Posizione seduta esame statico > l’Osteopata esamina il Pz di fronte e nota: orizzontalità occhi ed orecchie asse mediano viso rispetto a corpo esame dinamico > l’Osteopata chiede al Pz di effettuare piccoli movimenti di flesso-estensione della testa. Guarda le orecchie e, molto spesso, la disfunzione è sita dal lato dell’orecchio statico rispetto all’altro.

2. Posizione supina esame statico > l’Osteopata osserva l’asse del viso rispetto al corpo e nota una eventuale rotazione della testa. esame dinamico > si chiede al Pz di alzare la testa in modo da vedere i propri piedi. In certi casi si ha una accentuazione dell’immagine della disfunzione. Ora si può procedere con la palpazione vera e propria mediante test in posizione seduta e supina sapendo che l’occipite si comporta fisiologicamente in modo opposto alle vertebre cervicali. Pertanto la denominazione dei movimenti di F ed E è sempre uguale ed è relativa, anche nel caso dell’occipite, al movimento della testa, ma con parametri direzionali differenti: Flessione Bilaterale Simmetrica: i due Condili Occipitali vanno in POSTERIORITA’ cioè vanno alto-dietro. Estensione Bilaterale Simmetrica: i due Condili Occipitali vanno in ANTERIORITA’ cioè vanno alto-avanti. 1.Posizione seduta Per reperire i condili e l’arco posteriore di C1, Osteopata si dispone dietro al Pz con la mano craniale disposta sul cranio di questo. Con la mano caudale, partendo dalle mastoidi, si dirige in basso-dietro così da contattare la porzione posteriore dei condili occipitali, su quali si posiziona con indice e medio. A questo punto facendo effettuare una flessione del cranio in avanti, la prima spinosa con cui si viene in contatto è quella di C2: quindi rimanendo sempre in posizione mediana posizionandosi tra C2 e l’occipite veniamo in contatto con l’arco posteriore di C1. Test di trazione: l’Osteopata si posiziona con i pollici al di sotto dei condili ed, aiutandosi con le colonne degli stessi effettua una trazione verso l’alto così da saggiare la presenza o meno di una resistenza a questo livello o se c’è un tensionamento della zona sottoccipitale (peraltro molto frequente): questa condizione spiegherebbe una limitazione nei movimenti dell’occipite, che non riesce a staccarsi dall’atlante, ma rimane ad esso fissato. Test di trazione

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Test di flesso-estensione, inclinazione e rotazione: Pz seduto con mani sulle cosce, l’Osteopata gli si pone di lato con la mano craniale in appoggio sul capo così da stabilizzarlo. La mano caudale > con il pollice tra il condilo e l’arco posteriore di C1, mentre con l’indice ed il medio si localizza sull’occipite e sull’arco di C1. Da questa posizione, accompagnandosi con una compressione minima sulla testa del Pz., si possono eseguire i movimenti di: E: si spingono i condili verso avanti-alto; F: con la mano craniale si spinge la testa posteriormente facendo un contrappoggio sull’atlante; inclinazione: si traslano i condili prima con l’indice e poi con il pollice da un lato e dall’altro; rotazioni: per una rotazione dx il condilo sin viene portato in avanti e quello Test di mobilità C0-C1: di dx indietro. Per una rotazione sin il condilo dx viene portato in avanti ed il posizione seduta condilo sin indietro; Se ci posizioniamo tra la masSe si nota che la posizione toide e la branca ascendente della testa è un po’ asimdella mandibola siamo sulla metrica si può chiedere di trasversa di C1. fare una flesso-estensione ampia, per vedere se c’è Facciamo F-E, inclinazione, una zona ad es dove un rotazione, fino a scoprire il più orecchio ha un’escursione possibile la trasversa dai tendini. ampia e l’altro rimane fermo, per vedere se magari c’è una maggiore fissazione di un occipite da una parte rispetto all’altra. 2. Posizione supina L’Osteopata è con i gomiti fuori dal lettino e porta il capo del Pz, poggiato sul lettino, in leggera F in modo che con la parte prossimale dei polpastrelli sia bene a contatto con l’occipite. Successivamente riporta il capo del Pz in posizione di neutralità in modo da andare a “picchiare” con la parte distale dei polpastrelli contro l’arco di C1, avendo dato contemporaneamente una legTest di mobilità C0-C1: posizione supina gera spinta verso il soffitto. Volendo questo tipo di reperimento può essere effettuato anche partendo dalla spinosa di C2 e ponendosi a metà strada tra questa ed i condili si è in contatto con l’arco posteriore di C1. Test di F-E, inclinazione e rotazione: partendo dalla posizione sopra descritta con gli indici sui condili ed i medi a livello dell’arco posteriore di C1 e facendo dei lievi movimenti di flesso-estensione per localizzare al meglio il movimento, si può procedere a testare: F: facendo punto fisso con i medi sull’atlante, si portano i condili dietro-alto con gli indici. E: facendo punto fisso con i medi sull’atlante, si portano i condili in alto-avanti, facendo cadere indietro la testa. inclinazione: è un movimento di traslazione dei 2 condili, in cui il contrappoggio viene effettuato a livello dell’arco posteriore dell’atlante dalla parte in cui si stanno traslando i condili. Es. inclinazione dx: i condili devono essere traslati a sx; con l’indice della mano dx si traslano i 2 condili verso sx su di un piano parafrontale, mentre si effettua un controappoggio con il dito medio della mano sin posto sull’arco posteriore di C1 a sin. Il medio che fa da contrappoggio è sempre quello ipsilaterale al lato e alla direzione in cui si traslano i condili. 185

Inclinazione sin: i 2 condili devono essere traslati a dx; con l’indice della mano sin si traslano i 2 condili verso dx, mentre si effettua un contro appoggio con il dito medio della mano dx posto su C1 a dx. Rotazione: è un movimento che avviene su di un piano più orizzontale. Dopo avere localizzato il movimento si procede come segue: Es. rotazione sin: si spinge sul condilo dx e si esegue un controappoggio sull’atlante a sin. Es. rotazione dx: si spinge sul condilo sin e si esegue un controappoggio sull’atlante a dx. NB: è opportuno fare dei micromovimenti rappresentati dall’esordio del movimento; infatti nell’occipite c’è soprattutto l’idea della qualità del movimento più che della quantità. Occorre dunque non superare il micromovimento per testare correttamente. Test di mobilità CO-C1 da supino_variante con “presa a coppa” Pz con la testa fuori dal lettino in modo che l’Osteopata sia con la mano inferiore appoggiata al limite del lettino con presa ad arco sull’atlante e la mano superiore fuori dal lettino e con presa a coppa sull’occipite. L’Osteopata è disposto leggermente di lato, con il braccio ed il capo che sorreggono la testa del Pz. Da questa posizione, dopo avere effettuato una leggera F-E per localizzare il movimento, si eseguono movimenti di F (è il più difficile), E, rotazione ed inclinazione (in quest’ultimo si deve proprio traslare con la mano occipitale). NB: nell’eseguire una F si fa più una decoaptazione, mentre nell’eseguire una E si fa più una compressione (in avanti in base a come si localizza il movimento). Funzione oculogira I muscoli sottooccipitali sono collegati alla funzione oculogira, cioè esiste una facilitazione del movimento quando questo viene accompagnato dal movimento degli occhi. Sulla base di quanto affermato sarà possibile eseguire i test di mobilità sfruttando questa funzione, perciò: 1. F bilaterale: mentre l’Osteopata porta i condili alto-dietro, si chiede al Pz di rivolgere lo sguardo verso i suoi piedi senza muovere il capo. 2. E bilaterale: mentre l’Osteopata porta i condili alto-avanti, si chiede al Pz di volgere lo sguardo verso l’Osteopata senza muovere il capo. 3. R dx: mentre il Pz volge lo sguardo verso dx, l’Osteopata percepisce una facilitazione del movimento di rotazione verso dx. 4. R sin: mentre il Pz volge lo sguardo verso sin, l’Osteopata percepisce una facilitazione del movimento di rotazione sin. 3 sem Melis Ripasso L’occipite è una sfera, che ruota sui condili, essi sono convessi antero-posteriormente e latero-lateralmente, orientati avanti-dentro. Si articolano con le faccette dell’atlante, sono biconcave, sono congruenti le une con le altre. È un’articolazione enartrosi. Movimenti: F-E, inclinazioni pure, rotazioni combinate. Quando l’occipite ruota a dx, il condilo dx va indietro, il condilo sin avanti, si alza e inclina (per il leg alare). Quando il condilo sin va avanti-alto, il leg alare tira e lo trasla verso l’interno, quindi ad una rotazione dx abbiamo una inclinazione sin, funziona come una NSR. L’occipite si adatta su un piano frontale (asse orizzontale) e piano sagittale (l’asse serve a orientare lo sguardo verso l’orizzonte). Quindi è spesso un’articolazione compensativa di tutti gli squilibri che stanno sotto. Occipite F bilaterale = posteriorità E bilaterale = anteriorità 186

Inclinazione pura dx = i condili traslano verso sin Inclinazione pura sin = i condili traslano verso dx L’occipite è il movimento del SI, C1 è il movimento del NO. C1 si adatta su un piano orizzontale, il movimento principale è la rotazione. Test di mobilità sull’occipite: la difficoltà sta di andare in profondità. Dobbiamo tenere fermo C1 e mobilizzare C0 in flesso-estensione, inclinazione. Mentre il test tra C1-C2 è molto più semplice, per un contatto più solido. I muscoli che possono segnalare una disfunzione cranio-cervicale sono i muscoli sotto-occipitali: muscoli molto piccoli, ma con tanti fusi neuromuscolari e più sensori propriocettivi che in tutto quanto il rachide. Zona che troveremo molto spesso in disfunzione. C0 non fa rotazione pura, se non come adattativa. L’ATLANTE L’atlante è la prima vertebra cervicale, ha forma ad anello, non ha corpo vertebrale perché c’è il dente dell’epistrofeo. Le traverse sono molto sviluppate, infatti è un repere molto importante; si trovano tra gonion e l’apofisi mastoidea, le sue masse laterali si trovano posteriormente allo SCOM. tubercolo ant faccetta articolare per il dente dell’epistrofeo tubercolo post massa processo laterale trasverso

arco ant processo trasverso

arco post foro vertebrale

tubercolo per il leg trasverso

foro foro trasversario vertebrale foro faccetta arco post trasversario articolare sup faccetta tubercolo ant tubercolo post per il condilo articolare infer. arco ant solco dell’arteria vertebrale occipitale per l’epistrofeo atlante (C1), visto superiormente atlante (C1), visto inferiormente L’atlante è costituito da 2 archi: l’anteriore è molto più piccolo del posteriore, si uniscono a livello delle masse laterali e vanno a delimitare il foro vertebrale dove passa il midollo. Il foro vertebrale è delimitato a sua volta nella parte posteriore, dal legamento traverso, va dal bordo mediale di una massa laterale al bordo mediale dell’altra massa; anter. al legamento c’è il dente dell’epistrofeo, posteriormente c’è il midollo. L’arco anteriore presenta due punti importanti: 1. anteriormente troviamo il tubercolo anteriore da cui originano 2 strutture: legamento longitudinale anteriore e le inserzioni dei muscoli lunghi del collo (muscoli che spesso portano alla verticalizzazione del rachide, spesso hanno un effetto traente su C1, con inversione della curva frequentemente a livello di C2-C3, da colpi di frusta o schemi cronici di adattamento); 2. posteriormente troviamo la faccetta articolare per il dente dell’epistrofeo che si chiama la fovea dentis (= lo scavo del dente), arriva la faccia ant del dente dell’epistrofeo. È un’articolazione sinoviale, perché tra la faccia ant del dente dell’epistrofeo e la fovea dentis c’è sinovia, ed è la prima articolazione. Posteriormente al dente abbiamo il leg traverso, lungo 2 cm, largo 8-10 mm, spesso 2 mm. Il legamento è concavo anteriormente, la sua faccia anteriore in rapporto con il dente è incrostata di cartilagine articolare. Il leg traverso stabilizza il dente nell’anello e protegge il midollo dal dente dell’epistrofeo. Spesso nei traumi cervicali importanti può essere molto utile lavorare questa zona, ma non trattare con thrust questa zona se non si ha un quadro completo della situazione, perché possono esserci delle fratture ingranate del dente dell’epistrofeo; anche se è raro che una persona con questa frattura possa muovere il collo, quindi ce ne accorgeremo. Questa frattura la si valuta con un RX transnucale a bocca aperta. Un’altra articolazione è quella tra la faccia post del dente e la faccia ant del leg traverso, è un’articol di semplice contatto, alcuni anatomisti non la considerano un’articolazione. 187

Articolazione atlo-assiale mediana o atlo-odontoidea: dente, arco anteriore, legamento traverso, masse laterali; è l’articolazione tra il dente e l’anello osteofibroso. È la prima articolazione tra C1 e C2; a sua volta si divide in 2 articolazioni, una anteriore e una posteriore, una di tipo sinoviale e una di semplice contatto con il legamento trasverso. È un’articolazione trocoide, quindi a perno. Presenta un segmento pieno (il dente), che è leggermente obliquo in alto-dietro e un segmento cavo che è l’anello osteo-fibroso costituito dalla faccia posteriore dell’arco anteriore, dalle facce mediali delle masse laterali e dalla faccia anteriore del legamento traverso. In realtà sono 2 segmenti cilindri incastrati tra loro, lo spazio compreso tra questi 2 cilindri è riempito da tessuto cellulo-adiposo che consente un certo grado di mobilità in tutte le direzioni, e riduce l’attrito fra dente, legamento e arco. Articolazione atlo-assiale laterale o atlo-ossoidea o atlo-epistrofica propriamente detta: è un’articolazione a sella, in realtà le superfici di C1 e C2 sono rivestite di una cartilagine articolare che è più spessa al centro che al bordo, ciò gli conferisce una forma convessa, quindi diventa un’articolazione biconvessa, le faccette articolari inferiori di C1 convesse orientate basso-dentro e le faccette superiori di C2 convesse orientate in alto-fuori. L’arco posteriore presenta un tubercolo che è un abbozzo di un processo spinoso che non si è realizzato; infatti il primo processo spinoso lo troviamo su C2. In alcuni soggetti molto magri e lassi è appena accennabile la palpazione sul tubercolo di C1. I processi trasversi sono molto sviluppati rispetto alle trasverse cervicali. Nei processi trasversi troviamo i fori trasversali (dove passano arteria, nervo e vena vertebrale), le arterie vertebrali partono da C6, salgono, siccome le trasverse di C1 debordano, devono fare un giro verso l’esterno, entrano dentro insieme al nervo e vena vertebrale; poi decorrono sul tubercolo posteriore nel solco dell’arteria vertebrale. Qua c’è il passaggio del primo nervo cervicale. Le connessioni tra il 1° nervo cervicale con l’apparato labirintico e stomatognatico*, avendo un territorio di distribuzione unico, spesso nel trattare l’apparato stomatognatico e la mandibola troverete dei compensi a livello di C1. Disfunzioni meccaniche a questo livello possono avere ripercussioni sui territori innervati da questi nervi, quindi dolori a livello dell’occhio, mastoide, orecchio, verso la mandibola. Una buona tecnica di riduzione in questa zona risolve parecchie cose, soprattutto le vertigini di tipo meccanico (di tipo propriocettivo). * complesso anatomo-funzionale costituito da organi e tessuti i quali svolgono funzioni digestive: salivazio188

ne, masticazione, deglutizione; funzioni respiratorie e di relazione (fonazione, mimica). Le faccette articolari superiori sono orientate avanti-dentro con superficie biconcava, accolgono i condili occipitali; inferiormente le faccette di C1 sono l’opposto, sono orientate in basso-dentro, quelle dell’epistrofeo sono rivolte in alto-fuori. Rivedere video 27 minuti circa Se l’occipite quando ruota si alza, l’atlante quando ruota si abbassa (come il tappo dell’acqua, quando lo chiudi scende). C0-C1-C2-C3 è un complesso funzionale, quando valutiamo una di queste vertebre dobbiamo valutare pure le altre del complesso, difficilmente troviamo una lesione isolata.

Disfunzioni occipitali

F-E bilat simmetriche e asimmetriche, anteriorità e posteriorità unilaterali, inclinazione e compressione. In tutte queste disfunzioni si troverà sempre una tensione a livello dei muscoli sottoccipitali, soprattutto nelle disfunzioni asimmetriche e negli impattamenti occipitali. Importante prima di fare le manovre, fare un lavoro di inibizione sulla muscolatura.

Le disfunzioni sia in flessione che in estensione bilaterale spesso hanno un peso minore rispetto alle asimmetriche, perché la flessione o estensione bilaterale è un adattamento ad uno schema corporeo particolare. Es: nelle colonne lombari molto verticalizzate, troverete un sacro che può andare in posteriorità, mentre iperlordosi il sacro tenderà ad andare in anteriorità; a livello alto è la stessa cosa. Infatti, in rachidi cervicali in lordosi (es nella cifosi senile), ci sarà un adattamento in flessione bilaterale dell’occipite, per ridurre lo stress a livello dei legamenti nella zona; mentre, nei rachidi cervicali verticalizzati (es nei colpi di frusta) spesso troverete occipiti anteriori bilaterali. Particolarità del rachide cervicale superiore rispetto a quello inferiore è che non segue le leggi di Fryette, perché tutta la fisiologia articolare di questa zona dipende dalla conformazione articolare e legamentosa. Movimenti dell’ATLANTE La flessione e l’estensione avvengono su un asse trasversale che passa al centro del dente. La F dell’atlante è di circa 6-10°. Le faccette articolari inferiori di C1 rotolano in avanti e scivolano indietro, la F corrisponde a una posteriorità. Nella F le masse laterali di C1 vanno post e risultano essere più palpabili dietro agli SCOM. L’arco ant di C1 scende anteriormente sulla faccia articolare del dente, le trasverse di C1 si avvicinano alle apofisi mastoidee, mentre il tubercolo post si allontana dalla spinosa di C2 (questo ci interessa poco perché non è un punto di repere). La F di C1 è limitata dal contatto ant del dente, dalla membrana tettoria, dal leg traverso e dal leg nucale. L’E dell’atlante. Le faccette articolari inferiori di C1 rotolano indietro e scivolano avanti, la E corrisponde a un’anteriorità. L’arco anteriore di C1 risale sulla faccia articolare del dente, le trasverse di C1 saranno più 189

vicine a gonion quindi più anteriori. Il tubercolo post di C1 si avvicina alla spinosa di C2 (non importante perché tubercolo post di C1 non è palpabile). L’E è limitata dal contatto osseo dell’arco ant con il dente, dal contatto osseo delle spinose posteriormente, dalla membrana atlo-occipitale ant e dal leg longitudinale ant. La rotazione dell’atlante. Avviene su un piano orizzontale con asse verticale, l’asse passa all’interno del dente. È una rotazione pura nella quale non esistono parametri né di flesso-estensione né di inclinazione laterale; ed è una situazione opposta rispetto a ciò che accade a livello dell’occipite dove vi è invece una inclinazione pura. Si dice che il 40-50% di tutta la rotazione cervicale dipende dall’articolazione tra C1 e C2. A livello delle articolazioni laterali, la rotazione avviene per una deformazione del sistema legamentoso, ed è di circa 12-20° per lato, dipende da soggetto a soggetto. Nella rotazione dx c’è uno spostamento simultaneo delle faccette articolari inferiori di C1 su quelle di C2, quella di sin avanza e si avvicina a gonion, quella di dx indietreggia e si avvicina alla mastoide, raggiunti i gradi di rotazione si assiste ad un abbassamento di circa 3 mm, è un movimento di rotazione + abbassamento, che avviene in maniera elicoidale. C1 non fa inclinazione, se non come inclinazione adattativa, troviamo minima inclinazione nei casi in cui abbiamo lesioni di unilateralità. Le disfunzioni di 1°-2° grado esistono nelle lesioni acute e subacute, con il tempo si cronicizza e diventa lesione di 3° grado, quindi trova adattamenti su altri piani: sono piani di traslazione, shift anteriore e posteriore, mediale o laterale. Questo a titolo informativo, ma didatticamente C1 NON INCLINA. Le Disfunzioni Simmetriche, asimmetriche (anteriorità o posteriorità unilaterale), rotazione pura. Le disfunzioni simmetriche spesso partono come lesioni unilaterali, con il tempo fanno sì che anche l’altra faccetta articolare vada in fissazione. Le disfunzioni simmetriche o sono degli adattamenti di compenso o lesioni asimmetriche che si sono simmetrizzate. Di questo possiamo accorgerci a livello pratico quando, dovendo scegliere dove si da l’impulso, si sceglie il lato dove vi è una cavitazione molto più forte, che è quella che ha una cronologia più vecchia di lesione. Disfunzione simmetrica in F: le 2 faccette sono bloccate in posteriorità, l’arco posteriore si allontana dalla spinosa di C2, mentre le trasverse si avvicinano alle apofisi mastoidee. Troveremo contratture dei mm. sottoccipitali, sarà difficile l’E del capo, aumento della lordosi del rachide cervicale inf (perché siccome le faccette posteriorizzano, è come se lo sguardo andasse in basso, quindi per recuperare l’orizzontalità dello sguardo la lordosi aumenta). Nel test di mobilità sarà impossibile fare il movimento di estensione e di rotazione, sarà possibile solo accentuare il parametro di disfunzione Disfunzione simmetrica di E: le 2 faccette sono bloccate in anteriorità, le traverse dell’atlante si avvicinano verso gonion. In pratica è difficile evidenziare le disfunzioni bilaterali perché non abbiamo parametri di riferimento. Se noi troviamo le apofisi traverse più vicine alla mastoide o gonion bilateralmente non sappiamo se è una conformazione fisiologica del Pz o una disfunzione. Ciò che ci fa optare per una disfunzione: contrattura dei mm. sottoccipitali, test di mobilità. Sintomi e segni clinici: flessione del capo fastidiosa perché le masse non riescono più ad arretrare, contrattura dei sottoccipitali e una verticalizzazione della curva. Essendo le masse traslate in avanti è come se lo sguardo andasse un pò in alto, quindi per compenso la colonna cervicale inferiore si cifotizza. Nel test di mobilità sarà impossibile fare il movimento di flessione e di rotazione. Disfunzioni asimmetriche: posteriorità unilaterale dx C1: flessione unilaterale dx, rotazione dx, inclinazione dx. Al test di mobilità: la rotazione sin sarà limitata, la anteriorizzazione della faccetta di dx sarà impossibile, durante la F si normalizza il tutto. Palpatoriamente troveremo la trasversa di dx prominente e vicino alla mastoide. C1 si lateralizza dal lato della disfunzione. 190

Disfunzioni asimmetriche: anteriorità unilaterale sin C1: estensione unilaterale sin, rotazione dx, inclinazione sin. Al test di mobilità: la rotazione sin sarà limitata, la posteriorizzazione della faccetta di sin sarà impossibile, durante l’estensione si normalizza il tutto. La trasversa sin sarà prominente e vicino alla branca ascendente della mandibola, perché dove ho la disfunzione C1 scivola. Palpatoriamente quando trovate una traversa più prominente da un lato, questo indica il lato di disfunzione. Trovando una traversa più prominente a dx, possiamo avere: anteriorità o posteriorità dx. Disfunzione rotazione pura dx: non troviamo una traversa più prominente dell’altra perché tutte e 2 scendono. Abbiamo una anteriorità sin e una posteriorità dx. Al test di mobilità è possibile solo una piccola rotazione ovvero un piccolo impattamento dell’atlante, non si modifica né flessione né estensione, non c’è inclinazione. Riepilogo: nelle disfunzioni simmetriche non ci sarà l’inclinazione perché non c’è lateralità, al test di mobilità sarà impossibile il movimento opposto e le rotazioni. Nelle disfunzioni asimmetriche è presente una lateralità perché c’è rotazione, dunque c’è lateralità adattativa. Nelle disfunzioni asimmetriche la faccetta in disfunzione dell’atlante si abbassa da quel lato, si inclina e si lateralizza scivolando da quello stesso lato. Palpazione, test di mobilità su C0 e C1. Palpazione C1 Palpo le trasverse posizionandomi tra gonion e mastoide, palpo le masse laterali andando dietro lo SCOM. Test di mobilità C1 Per fare il test di mobilità bisogna fissare il segmento sotto e muovere la vertebra sopra. Posso fare una presa con indici e medi su C1-C2 oppure una presa a pinza pollici-indici, questo dipende dalla grandezza della mano dell’operatore, della testa del Pz; valuto la F-E e la R di C1. Se ho una disfunzione di anteriorità sin di C1: avrò la trasversa sin più prominente, durante l’E si normalizza, mentre in F si aggrava o rimane tale. Se ho una disfunzione di C1, devo pensare a OM, sacro. Test eseguiti dal prof, chiede al Pz di opporre resistenza alla spinta esercitata sul braccio del Pz, prima con la testa neutra, poi con la testa ruotata ed estesa a dx e sin e valuta la resistenza. Dopodiché chiede al Pz di posizionare l’indice dell’altra mano a livello della spinosa di C1 e valuta nuovamente la resistenza.

testa in posiz neutra

testa in E e R dx

indice su spinosa di C1 testa in E e R sin

Il prof tratta la disfunzione di C1 al Pz e ripete il test di resistenza sul braccio (l’ultimo con indice su C1), e sente che il braccio ancora cede; poi tratta il sacro e ripete il test e la resistenza è maggiore.

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OCCIPITE (C0)

ATLANTE (C1)

Inclinazione pura

Rotazione pura

Si alza

Si abbassa

Legamento alare (durante rotazione)

Legamento trasverso

NO rotazione pura

NO inclinazione pura

Posteriorità bilaterale = Flessione bilaterale

Posteriorità bilaterale = Flessione bilaterale

Anteriorità bilaterale = Estensione bilaterale

Anteriorità bilaterale = Estensione bilaterale

Posteriorità dx= Flessione dx Rotazione dx Inclinazione sin

Posteriorità dx= Flessione dx Rotazione dx Inclinazione dx

Anteriorità sin= Estensione sin Rotazione dx Inclinazione dx

Anteriorità sin= Estensione sin Rotazione dx Inclinazione sin

Rotazione dx= NO Flesso-Estensione Rotazione dx Inclinazione sin (leg alare)

Rotazione dx= NO flesso-estensione Rotazione dx NO Inclinazione

L’occipite compie un movimento di inclinazione pura, in un’inclinazione pura a dx i condili occipitali traslano a sin. Mentre sull’atlante abbiamo una rotazione pura, questo per la conformazione del dente dell’epistrofeo con l’atlante che forma le 2 articolazioni. Quando l’atlante ruota si abbassa (movimento elicoidale), quando l’occipite ruota si alza (per la conformazione dei condili). La maggior parte della rotazione viene fatta dall’atlante, una minima parte dall’occipite, il rimanente dalle vertebre cervicali inferiori. L’inclinazione massima l’abbiamo su C3. Sull’occipite abbiamo il leg alare (dalla faccia mediale del condilo al dente dell’epistrofeo), esso entra in gioco durante la rotazione dell’occipite. Sull’atlante abbiamo il leg trasverso, che ha funzioni molto importanti, ma da un punto di vista biomeccanico non è importante. L’atlante non fa l’inclinazione pura, però in pratica può fare un’inclinazione di tipo adattativo, nel caso delle disfunzioni unilaterali asimmetriche (posteriorità o anteriorità). Mentre l’occipite non farà mai una rotazione pura Posteriorità dx dell’occipite: Flessione dx, Rotazione dx, Inclinazione sin. Posteriorità dx dell’atlante: Flessione dx, Rotazione dx, Inclinazione dx. In alcuni testi anglosassoni potreste trovar scritto che l’atlante in posteriorità unilaterale funziona in 2° legge, ma non ditelo mai! Anteriorità sin dell’occipite: Estensione sin, Rotazione dx, Inclinazione dx. Anteriorità sin dell’atlante: Estensione sin, Rotazione dx, Inclinazione sin. Rotazione dx dell’occipite: NO Flesso-Estensione, Rotazione dx, Inclinazione sx (legamento alare); in questa disfunzione il condilo dx indietreggia e sale, il sx avanza e sale, ma questa rotazione mette in tensione il legamento alare di sin, trazionando il condilo sin, quindi inclinandolo a sin. Rotazione dx dell’atlante: NO flesso-estensione, Rotazione dx, NO Inclinazione.

Test di mobilità (C0)

(C1)

Flesso/Estensione

Flesso/Estensione

Inclinazione/Rotazione

Rotazione

Per i test di mobilità il Pz è supino, punto fisso sulla vertebra sottostante con indici o medi, dipende dalla conformazione della mano dell’Osteopata e dalla testa del Pz, si può fare la presa classica indice-medio su 192

entrambe i lati o una presa a pinza (x test occipite: con una mano prendo le trasverse di C1 e blocco, con l’altra mano induco i movimenti a livello dei condili occipitali). Queste 2 prese valgono sia per l’occipite che per l’atlante. Quando facciamo i test su C0, blocchiamo C1 e lavoriamo con un contatto indiretto sui condili, testiamo la flesso-estensione e l’inclinazione. Quando facciamo i test su C1, più semplice perché più palpabile rispetto a C0. Blocchiamo C2 e lavoriamo con un contatto diretto su C1, testiamo la flesso-estensione e la rotazione. La rotazione è più difficile da testare perché ruota molto, ricordando che la prima rotazione la fa l’occipite, quindi il test lo facciamo quando sentiamo che inizia a muoversi C2. TEM Localizzare livello specifico Lesione 3D (ricordare i parametri disfunzionali) Parametri disfunzionali Contrazioni verso disfunzione Guadagno verso correzione Con quale ordine invertire i parametri? generalmente il parametro principale è quello di flesso-estensione e di rotazione, quello di inclinazione un po’ meno, a meno che non sia un occipite lateralizzato. Disfunzione C0 in posteriorità dx: flessione dx, rotazione dx, inclinazione sin. Ricerco la barriera motrice secondo la correzione (E dx, R sin, S dx). Chiedo al Pz una contrazione verso la disfunzione. Disfunzione C0 in anteriorità sin: E sin, R dx, S dx. Ricerco la barriera motrice secondo la correzione (F sin, R sin, S sin). Chiedo al Pz una contrazione verso la disfunzione. Disfunzione C0 in rotazione dx: R dx, S sin. Ricerco la barriera motrice secondo la correzione (R sin, S dx). Chiedo al Pz una contrazione verso la disfunzione. Disfunzione C0 in posteriorità bilaterale: F bilaterale. Ricerco la barriera motrice secondo la correzione (E bilaterale). Chiedo al Pz una contrazione verso la disfunzione (chiedo di guardare verso i piedi). Disfunzione C0 in anteriorità bilaterale: E bilaterale. Ricerco la barriera motrice secondo la correzione (F bilaterale). Chiedo al Pz una contrazione verso la disfunzione (chiedo di guardare verso l’alto). A studio potremmo fare anche in questo modo: a) disfunzione di posteriorità di C0. L’Osteopata con una mano blocca C1 (presa a pinza pollice-indice per atlante, oppure presa eminenza tenar-medio), con l’altra mano sopra la fronte del Pz, anteriorizza C0. L’Osteopata chiede al Pz di spingere il mento in basso e fa resistenza portando la fronte in dietro.

Eventualmente si può fare pure con la testa fuori dal lettino.

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b) disfunzione di anteriorità di C0. L’Osteopata blocca con una mano C1, con l’altra, sopra la fronte del Pz, posteriorizza C0. L’Osteopata chiede al Pz di spingere la testa verso dietro e fa resistenza, soprattutto con la parte anteriore della mano, portando la fronte in basso.

Occipite impattato

Si ha nei casi traumatici (un trauma locale per con impattamento della cervicale per tamponamento ad es, oppure un trauma dal basso come una caduta sul sacro), molte volte negli interventi, nei Pz depressi o che usano psico-farmaci. C0, come lo sterno e il sacro sono delle zone dove si fossilizzano molte tensioni, hanno un’origine embriologica comune. L’occipite impattato va affrontato in maniera globale piuttosto che localmente perché recidiva, come si fa per un cranio impattato lavorando sul sacro e sui diaframmi. Pz supino. Posiziono una mano a contatto con C0, l’altra mano sullo sterno, e valuto come si inibiscono: faccio una F-E, R, inclinazioni, torsioni anteriori e posteriori sullo sterno e sento che succede sopra, cosa cambia. È un test di inibizione, se ad es portando lo sterno in basso sento che si modifica l’occipite, penserò più ad un’inibizione che viene dal basso. Pz prono. Posiziono una mano sul sacro e una su C0, effettuo i movimenti sul sacro e sento la risposta a livello occipitale.

Se vogliamo fare un trattamento locale per un impattamento occipitale. Pz supino. Eventualmente anche con la testa fuori dal lettino. Posizioniamo 8 dita dietro C0 e facciamo adagiare la testa del Pz, aspettare un attimo che si riduca lo spasmo muscolare e iniziare così a lavorare in profondità e in apertura, eventualmente anche delle piccole trazioni verso l’alto. Attenzioni alle risposte vagali.

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Tecnica rilassante. Posiziono un braccio dietro il collo ed effettuo delle prono-supinazioni, l’altra mano davanti alla fronte del Pz, se sento più duro nella parte sin ruoto testa a sin per essere più su quel lato. È un lavoro di preparazione o a fine trattamento.

Occipite inclinato a dx, condili traslati a sin

Pz supino, Osteopata alla testa del Pz. Faccio punto fisso su C1, inclino verso la correzione e chiedo una contrazione nel senso della disfunzione e guadagno verso la correzione. Se vogliamo possiamo anche fare in un altro modo: medio di una mano contatta C1 a dx, l’altra mano contatta l’occipite (mano aperta poggiata sul lato sin del viso del Pz), ruoto la testa a dx. Chiedo al Pz di fare una contrazione inclinando a dx e guadagno verso l’inclinazione sin, portando i condili verso il basso.

Altro modo: avvolgo il viso del Pz (come nell’immagine accanto) e chiedo un’inclinazione a dx (spingere verso il lettino), guadagno con l’inclinazione a sin. Dopodiché dò un impulso. Di Branco Ripasso occipite Il test sull’occipite risulta più comodo a Pz supino e magari con una presa a pinza bloccando l’atlante. Vediamo un riassunto dei test: 1. Test “a 4 dita”: Pz supino, Osteopata, alla testa del Pz, utilizzo indici e medi: due dita su occipite e due su atlante lateralmente; posso posizionare indistintamente o indici o medi su atlante o occipite. 2. Test “testa fuori lettino”: Osteopata un pò laterale al Pz che sarà supino con la testa fuori dal lettino. La testa sarà sostenuta dalla nostra mano craniale che imprimerà il movimento, mentre la caudale percepirà 195

cosa accade a livello articolare. 3. Test con gli occhi 4. Test “auto-rotazione testa”: Pz supino a occhi chiusi in modo da eliminare afferenza visiva e gravitazionale: si fa “srotolare” l’occipite sulla colonna e quello che ci resta è l’adattamento nello spazio dell’occipite: il Pz infatti ruota la testa a dx e sin varie volte. Al comando dell’Osteopata il Pz si ferma con la testa verso avanti (sempre a occhi chiusi): la posizione in cui si fermerà sarà la sua posizione dell’occipite e quindi già abbiamo un idea di com’è la situazione sopra l’atlante. Da qui guardiamo se la linea mediana del viso corrisponde con la linea mediana del resto del corpo. Questo ci dice, in caso di linea non conforme, che c’è qualcosa da indagare a livello di occipite (anche se potrebbe poi essere non necessariamente a livello di occipite, ma mi da un sospetto) ATTENZIONE: Di Branco in questi test (tranne l’ultimo che tanto sarà a occhi chiusi e poco importa) fa togliere gli occhiali al Pz, altri prof li fanno tenere, vedi Cattaneo che diceva “se il Pz vive con gli occhiali è bene tenerli, se sono occhiali usati più sporadicamente è meno importante”….. 5. Test “scivolamento obbligato dei condili”. Do delle spinte sul capo invogliando i condili a scivolare…Pz supino, indice fa da recettore in prossimità di un condilo occipitale, poniamo sin: con la mano dx mi posiziono sulla bozza parietale dx e spingo in direzione dei piedi: praticamente obbigo il capo ad andare verso l’E, e valuto cosa succede a livello del condilo sin. Sempre con la mano sin sul condilo, stavolta spingo con la mano dx sulla bozza frontale di dx e obbligo condilo ad andare verso la F, spingendo sempre verso i piedi del Pz. Con la mano sin sentirò se il condilo va o meno. Faccio la stessa cosa invertendo le mani, quindi testo il condilo dx e valuto cosa succede confrontando i risultati

bozza frontale > valuto la F spinta bozza frontale opposta

bozza parietale > valuto l’E spinta bozza pariet opposta (mano dx su condilo dx)

Esempio pratico indice sin sul condilo: spinta su_bozza parietale dx, sento se il condilo sin va in E = anteriorità spinta su_bozza frontale dx, sento se il condilo sin va in F = posteriorità indice dx sul condilo: spinta su_bozza parietale sin sento che il condilo dx va in E = anteriorità spinta su_bozza frontale sin sento se il condilo dx va in F = posteriorità Risultato: se a sin avrò un condilo in anteriorità vuol dire che l’occipite è in estensione a sin È bene non fidarci della forma della squama perché in genere è abbastanza asimmetrica, ma basiamoci invece sui condili. Come troviamo i condili? Dietro alla mastoide in direzione di C1 ci sono i condili e possiamo già sentire se qualcuno è sfuggente o prominente Tecniche Tecnica per condilo in F (“posteriorità vera”) Pz supino. Trovo la disfunzione di un occipite posteriore. In pratica devo bloccare C1 e far scivolare a cassetto il condilo che è post. Per fare questo devo fare una chiusura con la testa in E e l’impulso verso la 196

correzione. Bisogna però sapere che mettere troppo in E la testa a questo livello può far chiudere completamente l’arteria che entra nelle vertebre e dopo 3 curve, nel cranio; quindi la tecnica dev’essere abbastanza rapida. La tecnica è simile al trattamento di una vertebra cervicale, mantenendo il capo abbastanza sul lettino. Questa tecnica secondo Di Branco è meno rispettosa dell’arteria. Prendo un appoggio con la metacarpofalangea del 2’ dito sull’occipite: sarà all’altezza della mastoide, vado indietro in prossimità del condilo (quindi sono subito al di sopra del condilo) dal lato della posteriorità. La testa sarà ruotata dal lato opposto e diamo un leggero parametro di E, mentre con l’altra mano sosteniamo e aggiustiamo il capo. L’impulso sarà una compressione verso il lettino questo perché questa tecnica è sfuggente e questo mi permette di recuperare qualche parametro ed essere più preciso (non lascio scampo all’articolazione se non nella direzione che a me interessa)

appoggio

Tecnica per condilo in E (“posteriorità relativa”) Se ad es ho un condilo sin in F, mi troverò sempre il condilo dx leggermente post (relativamente). Quindi la posizione della testa è simile alla tecnica precedente, quello che cambia è che prima ero un pò più attivo sull’appoggio post, adesso l’appoggio post mi fa da contrappoggio in pratica e io apro un po’ l’interlinea e faccio indietreggiare un po il condilo sin che ha pattinato in avanti. Faccio la stessa identica chiusura vista precedentemente. Con la metacarpofalangea del II dito contatto a dx (posteriorità relativa, ma la disfunzione sta a sin): mentre prima davo semplicemente l’impulso con la mano verso le correzione, ora oltre a ciò, con la mano che sostiene il mento dò un leggero impulso in alto-indietro.

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4 sem _ Longobardi Ripasso

Il dente dell’epistrofeo si articola con la parte post dell’arco ant dell’atlante e con il leg. trasverso, quindi è un’articol. osteo-fibrosa, molto importante perché è adattativa.

C1 C2

Lateralmente abbiamo le articolazioni con le faccette articolari dell’epistrofeo (con il corpo dell’epistrofeo), ossia le atlo-epistrofiche o atlo-assoidee, loro caratteristica è di avere le faccette biconvesse;

C1 C2

C0 C1

a differenza dell’articol. atlo-occipitale che è condiloidea, in cui la faccia inferiore dell’occipite è convessa e la faccia superiore dell’atlante è concava.

C0 C1

L’orientamento delle articol. atlo-epistrofiche limita fortemente il movimento di inclinazione laterale, perché la faccia superiore della faccetta dell’epistrofeo guarda in alto-fuori, mentre la faccia inferiore dell’atlante guarda in basso-dentro. Al contrario l’altlante è molto libero nel movimento di rotazione.

articol. atlo-epistrofiche

F bilaterale di C1 su C2

Nella F bilaterale di C1 su C2 (movimento simile a quello dei condili del ginocchio) si ha un rotolamento ant con scivolamento post. A fine flex i condili si trovano dietro-basso. Nell’ E bilaterale: rotolamento post con scivolamento ant A fine F i condili si trovano avanti-basso.

faccia inferiore dell’atlante

E bilaterale di C1 su C2

Questo è molto diverso da quello che succedeva nelle altre vertebre cervicali, no������������������������� ? Il movimento che abbiamo appena descritto è fisiologico ma è chiaro che può diventare anche una disfunzione. 198

Disfunz. di F biaterale: tutte e 2 le faccette sono post e l’arco di C1 si è allontanato dalla spinosa di C2. Ricordate come abbiamo fatto la palpazione delle cervicali. Nella palpazione delle vertebre cervicali, la prima spinosa che si sente è quella di C2 (perch�������������������������������������������������������������� é������������������������������������������������������������� C1 non si sente), poi si sente vuoto perch������������������ é C3-C4-C5 ���������������� si sentono poco, dato che le loro spinose sono piccole e poi per la lordosi fisiologica, e alla fine, proseguendo nella palpazione, si sbatte sulla spinosa di C6. Le spinose di C3-C4-C5 si sentono solo se c’è per es. una F marcata. Inoltre le spinose di C3-C4-C5 hanno la spina bifida e molto piccola. Quindi nella palpazione di una disfunzione di F bilat di C1 sentirete l’arco di C1 che è un pò più distante dalla spinosa di C2. Disfunzione di E bilaterale: è il contrario della F. Tutte e 2 le faccette sono ant e l’arco di C1 si è avvicinato dalla spinosa di C2. Disfunzione di anteriorità dx: l’altante è in estensione dx, rotazione sin, inclinazione dx (se la disfunz. fosse bilaterale NON ci sarebbe l’inclinazione). Disfunzione di posteriorità dx: flessione dx, rotazione dx, inclinazione dx. Disfunzione di anteriorità dx, posteriorità sin: rotazione sin, è una rotazione pura (perché entrambe le faccette scendono). PRATICA sull’Altante I punti di appoggio dell’atlante sono a livello dell’arco posteriore, noi testeremo il movimento in rapporto all’epistrofeo. Con il Pz supino, Osteopata seduto alla testa del Pz, a partire da C2 risale e palpa C1 oppure partendo dall’occipite, estende leggermente la testa del Pz e scendendo con i polpastrelli sbatte sull’arco di C1.

Dopodiché posiziona gli indici sull’arco di C1 e i medi sui massicci articol. di C2,

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o se si preferisce medi su C1 e indici su C2.

TEST di mobilità.

Il movimento parte sempre dalle mani, traziono verso di me l’occipite e C1 per fargli fare la posteriorità o F e con le altre dita controllo l’epistrofeo.

Per fare il movimento di Estensione o anteriorità spingo con il polpastrello verso l’avanti.

Se vogliamo fare un movimento di anteriorizzazione sin, contrappoggio epistrofeo a dx.

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Se abbiamo la sensazione di avere una vertebra ruotata a sin e percepiamo una posteriorità sin, ma non percepiamo bene se c’è anche un’anteriorità a dx è meglio fare il movimento di F-E, altrimenti è difficile su una disfunzione di posteriorità sentire l’anteriorità dall’altra parte. Posteriorità dx di C1 Pz supino, spostato a dx del lettino. Ricordare che su C1 staremo in una condizione di inclinazione maggiore perché la F-E ci serve prevalentemente per localizzare il movimento, l’inclinazione sempre omolaterale al lato in cui viene eseguita la tecnica, la rotazione sempre controlaterale alla disfunzione. Nel caso della posteriorità dx: trovo l’arco posteriore dx di C1, ruoto la testa a sin, con la mano dx scivolo con la metacarpo-falangea dell’indice, stabilizzo con il pollice contro la mandibola (essendo su una cervicale alta); ora regolo la rotazione, la F-E e l’inclinazione, quando sento di essere sul punto giusto do l’impulso verso l’anteriorità. Nel caso ci fosse un’anteriorità sin, vado nella stessa posizione, l’unica differenza è che aggiungerò una piccola rotazione nel momento in cui faccio la spinta a cassetto (cioè do l’impulso in avanti). Questo si può fare anche per una bilaterale asimmetrica (ant sin, post dx).

Tecnica di detensione muscolare Pz supino, Osteopata seduto alla testa del Pz. Osteopata posiziona le mani a coppa con le dita rivolte verso l’alto, in una posizione tale da ricreare la forma dell’arco di C1, le mani sono poggiate con i metacarpi sul lettino, dobbiamo estendere le falangi. Mi posiziono dove c’è l’arco di C1, con i metacarpi poggiati sul lettino, solleviamo su le dita, una volta trovata la giusta posizione dobbiamo tenere le dita dritte e chiedere al Pz di rilasciare la testa, aspettare del tempo in modo tale che i muscoli si detendono e la testa arriva sulle mani. Accolgo la testa con le mani, detensiono le dita in modo tale che la testa poggi solo sulle mani, poi faccio una leggera supinazione e al lontano le mani verso l’esterno in modo tale da far appoggiare la testa pian piano sul lettino. Non lasciare bruscamente la testa perché si crea nuovamente un riflesso di tensione muscolare.

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Tecniche mento-perno

Tecnica che può essere usata nella cerniera cervico-dorsale (dalla C7 fino a D4), dove le tecniche DOG o con il pisiforme hanno maggior difficoltà ad essere applicate. Definita mento-perno, perché viene utilizzato l’appoggio del mento del Pz come un perno di uno delle due leve esercitate per la disfunzione, nel quale si frutta il contatto con la spinosa. Posizione classica è con il Pz prono, tramite il pollice o con il pisiforme a livello della trasversa per avere un punto di fissazione basso, mentre nella parte alta viene sfruttato il mento del Pz e una leva per fare un’azione di contrasto rispetto a quella inferiore. Questa tecnica può essere applicata sia a disfunzioni di E che di F. Nelle disfunzioni di F o anteriorità: creiamo una leva superiore a partire dal perno del mento del Pz fino ad includere la vertebra in disfunzione, nell’intenzione di deruotarla. Es >D1 in anteriorità sin (ruotata a dx), devo ruotare la testa del Pz verso sin e contemporaneamente sulla D2 (vertebra sottostante) eserciterò un contrappoggio sulla spinosa da dx verso sin in modo da contrastare la rotazione che vado a fare sulla vertebra in disfunzione, per evitare che anche la D2 si ruoti. Pz prono. Osteopata dallo stesso lato della disfunzione. Pz ruoterà la testa dal lato della disfunzione. Devo deruotare D1 e impedire che D2 segua la rotazione. Trovo la spinosa di D2 e metterò li il mio contatto con il pollice, posizionando tutta la colonna del pollice sulla trasversa di D2 contro tutta la spinosa di D2, quindi non è un contatto puntiforme, in modo da evitare che il dito scivoli ed è meno fastidioso per il Pz. Dunque blocco la spinosa di D2 da dx verso sin. Poi ruoto la testa del Pz mettendo il mento come perno e regolando con la F-E (attraverso la mano sulla fronte), con maggiore o minore rotazione finchè sento che il movimento si è localizzato fra D1 e D2. Poi vado giù con il gomito perché la mia spinta deve essere perpendicolare alla spinosa. L’appoggio della mano superiore deve essere sullo zigomo del Pz. Se dovessi rendermi conto che c’è ancora del movimento prendo la fronte del Pz e aumento o diminuisco la F-E, la rotazione. Posiziono nuovamente la mano superiore sullo zigomo, posiziono le braccia parallele fra di loro, vado perpendicolarmente con le mani una contro l’altra in modo da ruotare D1 a sin e D2 a dx, faccio una messa in tensione e thrust a coppia in modo da deruotare la vertebra in disfunzione. NB è sbagliato poggiare completamente la testa del Pz sul lettino perché così non c’è più il perno, oppure 202

mettere la testa troppo in flessione o in estensione, fare attenzione che il mento in appoggio deve esserci. D2 FRS sin. La D2 è anteriore a dx, quindi mi posizionerò a dx del Pz. Mi posizionerò sulla D3, abbasso bene la spalla sin del Pz, perchè così prendo spazio per posizionare la mano. Prendo la fronte del Pz, deruoto fino a sentire che il movimento avviene fra D2-D3. Scendo bene con il braccio mettendomi perpendicolare alla testa del Pz e controllo con l’altra mano sulla fronte, regolando bene il movimento; poi mano superiore sullo zigomo, messa in tensione e thrust a coppia. In alcuni casi, per qualcuno viene meglio effettuare la tecnica sul lato opposto, però siccome il Pz ruota la testa dal lato della disfunzione, non sarà possibile controllare eventuali smorfie di dolore o fastidio, l’unico vantaggio può essere di essere più comodi nell’esercitare la spinta.

Nelle disfunzioni di E o posteriorità: mentre tutta la colonna sta ruotando da una parte, la vertebra in disfunzione viene deruotata dall’altra parte. A differenza delle disfunzioni in anteriorità dove vi era un thrust a coppia, nella posteriorità l’impulso è solo sulla vertebra in disfunzione, ed il contatto è direttamente sulla vertebra in disfunzione, non sulla sottostante come avveniva per l’anteriorità. Osteopata sta sempre dal lato della disfunzione, il Pz guarderà sempre la disfunzione. D1 posteriorità dx, Pz guarda a dx, contatto D1 a sin, quindi mentre tutta la colonna è ruotata a dx, blocco D1 e la ruoto a sin. La mano sullo zigomo è solo d’appoggio e messa in tensione, perché non vi è il thrust a coppia, dò direttamente l’impulso su D1.

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D2 posteriore sin

Tecnica con il pisiforme_tecnica con l’Osteopata alla testa del Pz Anteriore D1 dx Pz prono. Ora cambiano gli appoggi, ci mettiamo alla testa del Pz, invece di fare un appoggio pollice-spinosa, facciamo un appoggio pisiforme-trasversa. Quindi ruoto D1 a dx e contrappoggio sulla vertebra sottostante ruotandola a sin, quindi mi poggerò con il pisiforme sulla trasversa dx di D2; prendendo un credito di pelle dall’alto verso il basso, non il contrario. Faccio fare l’estensione della testa e sento che il movimento arriva su D1-D2, faccio il contrappoggio a livello dello zigomatico. Faccio una messa in tensione sia con la mano sulla trasversa che sullo zigomatico e faccio il thrust a coppia. Con l’avambraccio bisogna cercare di essere il più perpendicolari possibili perché dobbiamo agire sulla rotazione, cercare di non utilizzare la componente di alto-basso. In alcuni casi si potrebbe avere un altro posizionamento. Mi posiziono a dx del Pz, in questo caso il credito di pelle lo prendo dall’altra parte (dal basso verso l’alto) con la mano caudale sulla trasversa dx di D2 e con la mano craniale a livello dello zigomo. In questo caso ho una leggera componente in convergenza verso la faccetta e ho sempre la possibilità di fare l’impulso verso la rotazione.

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Posteriorità D3 sin Trovo D3, contatto direttamente D3 a livello della trasversa sx con il pisiforme (D3 è già una vertebra intermedia, la trasversa la trovo tra D2-D3), ruoto la testa a sin, faccio contrappoggio a livello della testa del Pz, ma l’impulso sarà solo a livello di D3. Importante il posizionamento delle gambe dell’Osteopata, una avanti e una indietro.

Di Branco Coste Coste: da 3 a 5, da 6 a 10, in DOG e in TEM. Il punto d’appoggio è a livello dell’angolo costale dove la costa comincia la sua rotazione verso il basso e verso l’avanti (qua vi è un punto di torsione che rende la corticale un po’ più compatta e resistente all’appoggio). Quando la costa è in disfunzione di Esp il tubercolo è alto, quindi prendiamo appoggio sopra il tubercolo. Quando la costa è in disfunzione di INsp il tubercolo è basso, quindi prendiamo appoggio sotto al tubercolo. Dal punto di vista pratico da K1 a K10 (su K1 e K2 poi vedremo che ci saranno più tecniche), possiamo fare tranquillamente questo tipo di manovre in DOG. In genere i lettini sono bassi. Disfunzione di Espiro Individuo le spinose; circa 2 dita all’esterno abbiamo le trasverse e subito all’esterno di queste abbiamo questo angoletto abbastanza prominente e dolente alla palpazione dove noi andremo a prendere l’appoggio. Prendo appoggio sopra l’angolo, nel piccolo spazio delineato tra la costa sovrastante e la costa in disfunzione. Da qui ho 2 possibilità: a) in precedenza si faceva una DOG vera e propria: Pz supino e thrust a fine Esp sulla verticale, con una componente di apertura se la costa stava in Esp, o una componente di chiusura se la costa stava in INsp; b) ora si sono un pò semplificate le cose. Pz supino, mi appoggio al di sopra del tubercolo e blocco la costa: chiudo i gomiti del Pz al petto per aumentare la pressione al davanti e sposto il Pz leggermente in F, in modo che la costa, essendo bloccata da me, si sistema da sola: è molto meno balistica e molto meno traumatica. Perciò ruoto leggermente il Pz verso me e individuo il tubercolo con l’indice della mano caudale e mi pongo nel piccolo spazio al di sopra della costa in Esp.

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Riposiziono il Pz supino e a questo punto noterò che il tubercolo è bloccato sia dalla mia mano che dalla pressione sul lettino. Con la mano craniale sollevo la testa del Pz fino a sentire bene il mio appoggio sulla controlat mano caudale: il Pz espira e a fine Esp aumento leggermente il mio appoggio dando una componente di apertura (= porto il torace del Pz in F e in inclinaz controlat rispetto alla disfunzione) e abbassando il tubercolo col mio appoggio post.

F

Azione

delle

S

mani

mano sul tubercolo per portarlo in basso > è il polso che va in basso. costa

Attenzione: se la costa sta in Esp, è chiusa (vicina alla soprastante) e per ridurla dò una componente di apertura (allontano mani); se la costa sta in INsp è aperta (lontano dalla soprastante) e per ridurla dò una componente di chiusura (avvicino mani). Precedentemente la tecnica era abbastanza simile, stesso posizionamento, stessi parametri ma invece di aumentare il mio appoggio durante la componente di apertura, facevo flettere la testa del Pz, davo una componente di apertura e poi un thrust a fine Esp verso il lettino. Disfunzioni di INspiro Nella tecnica in Esp mi appoggiavo sopra il tubercolo e tendevo ad abbassarlo; ora mi ci appoggio sotto e tendo a sollevarlo.

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1

2

Il problema è che se ho una disfunzione di INspiro, la costa in teoria sta con il tubercolo basso e la parte ant più rialzata (la costa è posizionata come in una delle 3 posizioni dell’immagine accanto); visto che devo cambiare i parametri, dovrò andare a chiudere la griglia costale: se conto che il tubercolo è basso quindi lo spazio è piccolo e in più devo chiudere la griglia, è ovvio che lo spazio del mio appoggio sarà molto più ridotto e potrei facilmente perderlo. Per cuig1. prendo appoggio sotto l’angolo,

3

non chiudo subito la griglia perché non c’è lo spazio

2. apro poi la griglia in INspiro e....

3. dopodichè chiudo il Pz in Espiro sopra l’appoggio.

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Pz sempre supino l’appoggio è come visto precedentemente, ma al di sotto dell’angolo. Apro la griglia per prendere bene l’appoggio sul tubercolo

Apertura della griglia

Mi ci chiudo sopra in Esp sollevando il tubercolo

Movimento della mano per portare il tubercolo in alto Facendola alla vecchia maniera farei lo stesso posizionamento ma andrei direttamente in impulso verso il lettino e in chiusura. Nelle immagini di seguito la ripetizione della nuova tecnica.

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gomiti del Pz in appoggio sullo sterno

Movimento della mano per portare il tubercolo verso l’alto Piccole precisazioni sulle TEM Nelle tecniche in espiro utilizziamo una duplice azione: muscolare davanti che alza la costa (piccolo pettorale e grande dentato), e osteopatica dietro che abbassa il tubercolo. Potrei, invece di prendere appoggio sul gomito prenderlo alla base dell’omero per essere più efficace

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tecnica classica Se la persona è particolarmente sciolta, potrei ancora prendere appoggio direttamente anteriormente alla spalla, con un braccio di leva più corto ma sicuramente più efficace e potente.

Nella tecnica in Esp il tubercolo in teoria lo dovrei abbassare durante l’INsp, ma è difficile perché comunque la zona tende a bloccarsi. Posso provare invece ad abbassarlo nell’Esp, dopo il tempo refrattario di 3 secondi, nel mentre che sto allungando il muscolo in azione nella Tem. Per localizzare meglio la costa, e quindi aprire la griglia potrei traslare le gambe del Pz dal lato opposto a cui sto lavorando (magari incrociando la gamba dal lato che lavoro sopra l’altra). Nella tecnica utilizzando il m. gran dentato (coste basse in Esp) posso lavorare anche con gomito anteposto del Pz bene alto sul lettino in modo che la mano non trovi poi un blocco sul lettino stesso durante il nostro guadagno. Il Pz spinge verso il soffitto e guadagnamo in elevazione.

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Pz più alto con mano fuori dal lettino K1-K2 tecniche dirette (queste tecniche le vedremo meglio più avanti) Disfunzione in Esp Pz seduto. Posso dare una direzione di spinta verso basso-dietrodentro in genere con appoggio della MCF del 2° dito e contrappoggio sulla gabbia toracica dal lato opposto

pollice

posizione per tecnica Disfunzione in INsp. La spinta sarà verso bassoavanti-dentro con appoggio MCF 2����������� °���������� dito oppure col pollice. Secondo Di Branco però in questa tecnica vi è una pò una dispersione di energia (quindi un p���������� ò meno �������� efficace)

MCF 2°dito

In queste tecniche a seconda del tipo di disfunzione dovrai ruotare il capo del Pz: in teoria, in caso di disfuznione di espiro, se il capo guarda la costa in disfunzione vado verso la correzione, mentre se guarda il lato opposto aumento la messa in tensione. Quindi come la posiziono? La verità sta nel mezzo, vado semplicemente a posizionare il capo nello spazio in base a dove sento il miglior passaggio per la tecnica.

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Un’altra tecnica è a Pz sdraiato in posizione prona; è simile a una mento perno: costa in INsp, il capo ruota dal lato opposto alla disfunzione.

Posso girare il capo verso la disfunzione, come se facessi una tecnica col pisiforme, e l’appoggio ora sarà con l’altra mano

appoggio pisiforme

posizione per tecnica

Vi sono tecniche anche a Pz supino

5 sem Ripasso Vertebre dorsali D1 FRS sin Tecnica Mento-perno La disfunzione è anteriore dx, il Pz ruota la testa a dx, l’Osteopata è dal lato della disfunzione. Con il pollice mano sin contatto la spinosa di dx, con la mano dx posiziono la testa del Pz in modo da creare un perno con il mento, ma nello stesso tempo agendo più o meno in flesso-estensione per sentire che il movimento di D1 rispetto a D2 si liberi. Posiziono la mano dx sullo zigomo, le braccia stanno parallele con i gomiti bassi. Eseguirò un thrust a coppia. Stessa tecnica con il pisiforme Osteopata alla testa del Pz, Pz ruota testa a dx. Mano dx sulla trasversa dx di D2, mano sin posiziono la testa e poi contatto lo zigomo. Eseguirò un thrust a coppia. D2 posteriore sin Tecnica Mento-perno Osteopata a sin, Pz ruota la testa a sin. Contatto spinosa di D2 con il pollice della mano dx, con la mano sin posiziono la testa e contatto lo zigomo. Per la posteriorità il thrust viene dato solo sulla vertebra, perché se facessi il thrust a coppia manderei ancora di più in rotazione le altre vertebre. Un’alternativa può essere mettersi dalla stesso lato del contatto della vertebra, quindi in questo caso a dx del Pz, però la tecnica classica è l’altra. 212

Stessa tecnica con il pisiforme Osteopata alla testa del Pz, Pz ruota testa a sx. Con il pisiforme mano sin contatto la trasversa sin di D2 e con la mano dx prima posiziono la testa poi contatto lo zigomo. Thrust non a coppia. Posteriorità D2 dx Pz seduto, Osteopata alle spalle. A differenza di come facevamo con la tecnica da prono, ora con il pollice contatto la trasversa dx di D2, la direzione di spinta è in avanti-dentro, utilizzo la componente di traslazione a sin del busto, mi aiuta a trovare il passaggio della tecnica. Osteopata posiziona il ginocchio sin a contatto con il fianco sin del Pz per stabilizzare il Pz, con la mano sin stabilizzo la testa del Pz. Trovo il livello facendo rotazione dx e inclinazione dx. Ora faccio la traslazione tra la parte alta del collo e il mio pollice, aumento la messa in tensione e impulso solo con il pollice. Anteriorità D2 dx Con il pollice mano dx mi posiziono sulla posteriorità relativa della vertebra sottostante dx; con la mano sin mi posiziono sulla testa del Pz. Trovo il livello sostenendo il Pz con il mio torace, traslo a sin (inclinazione dx), posteriorizzo D2 ma senza ruotare troppo, messa in tensione e thrust a coppia. Con molta pratica queste tecniche possono essere fatte fino a D5-D6, in questo caso l’inclinazione è molto accentuata, quindi traslo tanto il Pz, se la disfunzione fosse posteriore aumenterei la rotazione. Oppure un Pz che è limitato nelle rotazioni, lavoro maggiormente con il parametro di inclinazione. Tecniche DOG D5 in FRS dx La disfunzione è anteriore sin su D5. Vado a lavorare sulla posteriorità relativa della vertebra sottostante; quindi mi poggio sulla trasversa sin di D6. Pz è supino, l’Osteopata sta a dx del Pz; ruoto il Pz per trovare la vertebra e lo blocco con il braccio caudale, il Pz ha le braccia incrociate al petto.

Mano caudale sulla trasversa, mano craniale sostiene la testa; fletto un pò e inclino il Pz a sin. Il Pz prende aria, butta fuori e l’Osteopata nel mentre va un pò in E e dà l’impulso.

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Tecnica con il pisiforme (stessa disfunzione) Pz prono. Mi posizionerò con i pisiformi sulla posteriorità relativa della trasversa di D5 a dx e sulla posteriorità relativa della trasversa di D6 a sin. Faccio ruotare la testa a sin. Con questa tecnica la direzione dell’impulso non è tanto verso il lettino, ma sempre un p���������������������������������������������������� ò��������������������������������������������������� obliquo; quindi ragionare sul lato della disfunzione, sulla convergenza e la divergenza. Sempre meglio che l’Osteopata si posizioni dal lato in cui il Pz ruota la testa. In questo caso D5 è anteriore a dx, cioè è in divergenza, quindi mettendo il mio pisiforme a livello di D6, lo faccio convergere. D6 posteriore dx_tecnica con pisiformi Poggio i miei pisiformi sulla trasversa dx di D6 e sulla trasversa sin di D7. Ora D6 è in convergenza, quindi l’Osteopata deve farla divergere, cioè mandare verso l’alto. L’impulso sarà direttamente e solo su D6 perché stava già in posteriorità vera. D6 posteriore dx_TEM_ Pz seduto L’Osteopata si posiziona dal lato opposto alla rotazione, quindi ora sta a sin del Pz. Pz incrocia le braccia al petto, Osteopata posiziona un braccio sotto le braccia del Pz, con l’altra mano trovo la D6. Metto il Pz dritto, con una leggera flesso-estensione trovo il livello, ruoto e inclino a sin per trovare la barriera. A questo punto chiedo al Pz di ruotare a dx e io guadagno verso la correzione (ruotando e inclinando a sin e flettendo). Trovandoci in una disfunzione NSR l’inclinazione e la rotazione saranno opposte. Ripasso K1-K2 1° regola per localizzare K1 o K2: ci mettiamo alla radice del collo, sapendo che K1 sta in contatto con D1. D1 è una vertebra molto rigida, perché sta in contatto sopra con K1 e sotto ha una semifaccetta articolare per K2. Sia C7 che D1 hanno la spinosa praticamente orizzontale, ma mentre D1 è molto rigida, C7 è molto mobile, anche perchè scivola su un piano paraorizzontale di 10° rispetto all’orizzontale. Quindi per localizzare faccio fare l’iperestensione al capo, all’inizio la faccetta indietreggia, ma poi la tensione muscolare dei muscoli del collo fa scivolare in alto e avanti la C7 per cui diminuirà o sparirà dal nostro contatto e quella che rimane sotto sarà la D1. Da D1 mi sposto ai lati, in direzione del fascio superiore del trapezio, mi posiziono coi pollici come nella foto accanto facendo una leggera pressione verso avanti, cercando di localizzare delle densità rappresentate dai tubercoli di K1 (o K2 se sto più in basso e più in fuori; attenzione in questo caso a non posizionarci sull’angolo supero-interno della scapola). Giusto per localizzare posso anche passare da davanti al muscolo trapezio e dirigermi poi indietro e indentro in direzione delle K1. La K1 sta anteriormente subito al di sotto della clavicola, immersa nel tessuto muscolo-fasciale del succlavio. Subito sotto la clavicola sento una punta che deve essere coerente con quello che sento dietro: se K1 a destra è un po’ in avanti, quindi in simulazione di espiro, dovrei sentire una punta più prominente e più dolente sotto la clavicola, molto aderente allo sterno a destra. Se invece ho una K1 in simulazione di inspiro devo trovare una punta sfuggente e un tubercolo leggermente più indietro e più basso. (ovviamente sospetto, poi per certezza farò il test) K2 sarà più in basso, tra D1 e D2 e diciamo un dito verso l’esterno. Anteriormente arriva a livello dell’angolo di Louiss, inoltre è la prima vera costa che sento (di K1 sento solo la punta). Dalla localizzazione quindi già capisco come sta messa la costa. Inoltre K1 e K2 controllano la rotazione del collo, quindi se dopo i miei test vedo che sulle vertebre cervicali c’è veramente poco e sospetto un problema a livello di K1 e K2, faccio girare la testa: infatti se ad esempio faro girare il capo a destra, avrò una K1 e K2 che vanno in simulazione di inspiro a destra e di espiro a sinistro: ma se ad esempio a destra è bloccata in espiro è ovvio che da quel lato il capo ruoterà meno. 214

Ancora possiamo testare il movimento che avviene sulla respirazione, facendo fare una respirazione leggermente più profonda; possiamo farlo sia da seduti che da sdraiati. Dopodichè posso inoltre forzare la struttura: in appoggio come nell’immagine precedente, traslo da un lato e dall’altro: traslando a destra ad esempio, creerò una simulazione di INsp a sin e di Esp a dx (quando traslo a dx porto anche in leggera rotazione verso sin il tronco).

Correzione di una disfunzione di Esp (dx)_tecnica strutturale_ Pz seduto

Il tubercolo è alto. Devo prendere appoggio con la metacarpofalangea del 2° dito, (alcuni utilizzano il pisiforme). Darò una spinta in basso-dietro-dentro, quindi il Pz tenderà ad andare verso sin e io lo bloccherò con la mia gamba.

Prendo l’appoggio, ruoto la testa da una parte o dalla’altra per cercare il passaggio migliore: prima si diceva che, in questo caso, ruotando a dx vado verso la correzione, ruotando a sin vado verso la messa in tensione: in realtà devo trovare il miglior passaggio su ogni Pz: a questo punto diamo un thrust verso basso-dietro-dentro

Correzione di una disfunzione di INsp (dx)_tecnica strutturale_ Pz seduto

la spinta del thrust non sarà come precedente, ma sarà verso avanti. Mentre nella precedente riuscivo a oppormi allo spostamento laterale del Pz utilizzando la mia gamba, ora non riesco a oppormi allo spostamento anteriore, per cui devo essere molto veloce nella manovra. Prendo appoggio attraverso la trapezio-metacarpale del pollice. La mia posizione è la stessa precedente, sempre con la gamba lateralmente al Pz e cerco il miglior passaggio con la rotazione del capo.

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Correzione di una disfunzione di INsp (dx)_ tecnica strutturale_Pz prono Pz con le braccia lungo il corpo. Posso fare la tecnica in 2 modi.

1° possibilità

Testa ruotata a sin, e già mi porta la costa verso la correzione. Prendo l’appoggio con la MCF del 2° dito con la mano dx, mentre con la mano sin a livello dello zigomo circa dò una piccola estensione del capo come per voler fare una chiusura e localizzare il livello (attenzione al pollice e alla mano dx perché potremmo farci male). Col mio appoggio aggancio da sotto la costa e spingo verso il lettino.

2° possibilità

È un po’ più potente. Il Pz gira la testa a dx, dal lato che stiamo trattando. Il tubercolo costale verrà quindi più indietro. Stavolta mi appoggerò con il pisiforme della mano sin (prima era la dx) sempre sotto al tubercolo; la mano dx è circa al livello dello zigomo e chiude con una leggera estensione per trovare il passaggio. Thrust verso avanti.

Correzione di una disfunzione di Esp (dx)_ tecnica strutturale_Pz prono

Osteopata alla testa del Pz mano dx, sul tubercolo mano sin, a livello circa dello zigomo e controlla il capo. Rispetto alla foto il gomito del braccio dx dovrebbe stare più parallelo al lettino, perché la direzione dell’impulso è in basso.

Tecniche a energia muscolare per disfunzioni di Esp

Sfruttiamo 1° e 2° scaleno per K1 e 3° scaleno per K2. Faremo delle chiusure leggermente diverse perché primo e secondo scaleno stanno più avanti. In genere si dice che gli scaleni facciano una inclinazione da un lato e una rotazione dal lato opposto; sec216

ondo il Kapandji però gli scaleni fanno una inclinazione da un lato e una rotazione dallo stesso lato, quindi in questa tecnica sfruttiamo solamente la fisiologia dell’inclinazione, poi la testa come gira gira!!! In pratica però metteremo in tensione con una rotazione e una inclinazione opposta, quindi in caso di disfunzione a dx avrò un accorciamento dello scaleno a dx.

Correzione di una disf. di K1 (dx) in Esp _ Tecniche a energia muscolare_Pz supino

Prendo appoggio sul tubercolo e con l’altra mano ruoto il capo verso dx e inclino a sin finchè sento che la costa si muove. Il braccio dx del paziente è alla fronte (ed è sempre il braccio del lato della costa che devo trattare).

Posso fare anche la stessa tecnica in modo non ufficiale senza sollevare il braccio del paziente ma farò un contrappoggio io sul suo mento e chiederò di raddrizzare. Stessi principi precedenti. Per K2 sfrutto lo scaleno posteriore quindi l’inclinazione sarebbe stata un pò maggiore, idem la rotazione. L’appoggio sarà leggermente più esterno rispetto alla tecnica per K1 e più in basso, sul tubercolo di K2. Se ci viene difficile fare inclinazione della testa per questioni di attrito possiamo mettere qualcosa sotto il capo.

tecnica non ufficiale Anno 5 sem 1_ Regione cervicale (ripasso) Riprendiamo i test sulla regione cervicale e in particolare ci soffermeremo sulla zona C0-C1 e sulla zona cervicale inferiore che presenta delle difficoltà relative alla presenza di masse muscolari molto sviluppate soprattutto in chi si allena in palestra.

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I nostri punti di repere nella regione cervicale sono i massicci articolari. Qui le spinose sono poco apprezzabili, perche rappresentano una superficie abbastanza irregolare soprattutto per le cervicali più centrali, C3, C4, C5, dove le spinose sono molto profonde ed è difficile valutare tramite il loro movimento. Possiamo però considerare la spinosa per la localizzazione del livello e per la eventuale localizzazione del livello disfunzionale, attraverso una maggiore resistenza che è possibile percepire a livello della spinosa. Per la palpazione, posso tenere il Pz seduto, e partiamo dai fasci alti del trapezio e saliamo fino alla parte cervicale superiore. Più anteriormente al trapezio abbiamo lo SCOM. La zona centrale è la più facile da palpare. Mi dispongo con le dita davanti ai fasci del trapezio nella zona cervicale media: cerco le trasverse e mi metto più dietro rispetto a esse cosi da evitare di sovrappormi ai mm. scaleni: in pratica mi dispongo nel “vuoto” tra trapezio e scaleni. Vado a 45° in direzione avanti-dentro e vado a percepire la zona dei massicci articolari. Stessa cosa la farò dalla parte opposta col pollice.

Man mano che vado verso il basso devo cercare di mantenermi il più possibile vicino ai massicci articolari magari spostando un po’ i fasci del trapezio e posso anche inclinare la testa per detendere la muscolatura. Nella parte superiore riesco ad arrivare bene fino a C2 tramite i massicci articolari mentre per C1 mi metto sull’arco posteriore subito dietro l’inserzione dello SCOM. Oppure se voglio sentire la parte laterale di C, la trasversa, gioco un pò con la F-E del capo per vedere se la riesco a percepire meglio avanti o dietro il tendine. Da questa posizione posso anche testare, apprezzando con un movimento antero-posteriore se c’è una maggiore resistenza a livello delle strutture. Bisogna sapere però che le zone più complesse sono quella superiore a livello di C0-C1 e la regione C6-C7 perché quest’ultima è una regione abbastanza accolta nello strato muscolare per cui è più difficile andare a palpare i massicci articolari.

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Punti di repere: se fletto bene la testa mi trovo in uno strato in cui può essere molto confuso andare ad individuare quale è la spinosa, perché spesse volte potrebbero sembrare tutte e quante uguali.

In questo caso oltre al metodo classico di estendere la testa e valutare la spinosa che sparisce (che sarà C7), posso estendere la testa e partendo dall’alto della zona cervicale scendo verso il basso fino a sentire la prima spinosa palpabile che sarà C6. Mentre per le vertebre cervicale da C1 a C5 ho apprezzato abbastanza bene con una leggera F-E, per le vertebre basse C6 e C7 posso sentire l’inclinazione laterale da un lato e dall’altro, perché è più facile sia da seduto che da disteso andare ad apprezzare il movimento visto che le faccette sono come detto molto profonde. Con una palpazione di questo tipo posso ricercare delle zone più dense che ci danno una percezione differente da C0 a C7. Devo solo individuarle alla palpazione ma non analizzarle. Una volta individuata la o le vertebre vado ad approfondire il test, o sempre da seduto o da disteso. Nel nostro caso le zone con maggior tensione sono sembrate C2 a sin e C7 a dx. Quando poi vado a indagare per bene la zona è sempre meglio dispormi in modo da avere indice e medio dal lato che mi interessa e non solo il pollice, in modo da avere più dita per investigare. Mi posiziono quindi su C2 da entrambi i lati: faccio fare una F e vedo se il movimento segue. Faccio una E e valuto se viene indietro. Se inclino la testa a sin e volendo la ruoto anche leggermente a sin, ottengo una posteriorizzazione a sin, e valuto quindi se la faccetta viene indietro. Faccio lo stesso a dx. Se a sin va avanti e non viene indietro, ho trovato una disfunzione di F a sin di C2. La stessa cosa in questo caso la farò per la C7 che ho trovato a una prima palpazione Valutare con inclinazione e rotazione è più semplice in questa zona rispetto a valutare con la F-E, perché quando facciamo la F si tende molto la muscolatura post e può crearci difficoltà. 219

Pz supino La prima spinosa sotto l’occipite è quella di C2, dopodichè ci sarà un leggero vuoto e la prima spinosa che risentiamo è quella di C6: tra queste due quindi individuo C3, C4, e C5. Facciamo prima una buona ricerca palpatoria

fasci alti del trapezio

SCOM

Il triangolo tra questi due muscoli sarà la zona dove valuterò, più verso il trapezio che verso lo SCOM Di seguito, zona centrale dove valuto: è una zona di vuoto rispetto alla anteriore e alla posteriore: in questa zona vado a cercare le masse

Partiamo da C2: nella palpazione posso avere delle sensazioni di posteriorità di un lato della vertebra, quindi di rotazione, e allora vado a fare più una valutazione di tipo posizionale. Oppure vado ad analizzare il movimento: quindi ad es vado a spingere le masse laterali verso di me praticamente (alto-avanti) in direzione della F. Posso farlo anche con l’inclinazione laterale. In questi modi non sto facendo il test, ma sto testando più la possibilità di movimento dell’articolazione: dove il movimento passa non ci sarà difficoltà.

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A livello basso (dove la mobilità è minore rispetto alla parte alta) posso andare anche a sentire con i pollici.

Per fare il test vado a posizionarmi tra la parte post della massa laterale di C2 e di C3 con indici o con i medi. Per prima cosa vado a localizzare il movimento, l’esordio del movimento. Per fare questo devo aiutarmi coi movimenti del capo, ma mentre per C2 è molto semplice e il movimento è minimo, man mano che scendo sono costretto ad aumentare il movimento della testa per arrivare a dare movimento alla zona che mi interessa. Per limitare questo posso posizionare le mani sotto la testa del Pz, che deve stare rilassata. In questo modo ho dato un pò di F ed è più facile arrivare poi col movimento in inclinazione-R a livello basso. Valuterò perciò con movimenti di inclinazione laterale e R se la vertebra che testo segue il movimento (sempre l’esordio del movimento). Per C6-C7 posso andare a testare anche con gli indici in questo modo

Per la regione alta posso partire dall’occipite, scendere fino a sentire la spinosa di C2 col dito medio, salgo un pò e mi metto al di sopra di essa; sto cosi sull’arco di C1

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A questo punto poggio l’indice affianco al medio

e allargo un pò il medio verso la spinosa

Oppure con i medi che stanno circa a livello dell’arco di C1 devo stare con la sensazione che il polpastrello scivoli e contatti l’occipite. Andando in minima E del capo e spingendo i medi vado cosi a urtare l’arco di C1 con la punta delle dita; a questo punto l’indice lo metto subito sotto a livello di C2. A questo punto con la pressione posso sentire da quale lato c’è maggiore tensione o contemporaneamente coi 2 medi o facendo un leggero movimento di inclinazione. Quando sento qualcosa che mi attira da un lato o dall’altro allora vado a testare. Se ho la sensazione che l’atlante è ruotato a dx, per localizzare il movimento farò sostanzialmente un aumento e una diminuzione della lordosi senza F e E esagerati che mettono in tensione la zona. Quindi valuto se il movimento si allinea o meno. Su C1 con l’inclinazione laterale posso sentire il lato della disfunzione, ma il test è meglio farlo in rotazione o con la F-E (quest’ultima viene molto bene per l’atlante). Se metto i medi sull’arco di C1 e gli indici su occipite posso testare C0-C1. Posso spingere avanti e indietro i condili, posso fare inclinazione laterale e rotazioni.

Posso farlo anche da una posizione più laterale con la testa del Pz un pò fuori dal lettino. Con la mano craniale sto sui condili dell’occipite mentre l’altra mano sta sull’arco dell’atlante.

222

È come se la mano sull’atlante fungesse da piedistallo mentre con la mano su occipite facciamo il movimento: se porto avanti farò l’estensione, se porto verso dietro farò la F; posso fare anche R e inclinazione. Meglio valutare il macroscopico, almeno in prima seduta. Se poi il Pz lamenta particolari sintomatologie nella zona allora potrò indagare più nel dettaglio. Posso fare con la stessa posizione e stessi principi anche C1 e C2

Non dobbiamo portare troppo la testa in avanti e non tendere troppo la muscolatura posteriore. Trovare una posizione comoda per non stancarci.

Possiamo anche trovare una posizione che ci permetta di poggiare le mani sulle nostre ginocchia

Posso mettere indici nella vertebra soprastante e medi nella vertebra sottostante e viceversa. Tecniche dirette sulla regione cervicale In genere nelle TEM dobbiamo invertire i parametri della disfunzione. Es C4 post dx: i parametri della disfunzione saranno E, R dx e inclinazione dx, per cui noi invertendo i parametri nella TEM faremo F, R sin e inclinazione sin. Nelle tecniche dirette cervicali non possiamo invertire tutti i parametri della disfunzione, ma utilizziamo questi parametri per favorirci la tecnica. Il parametro di F-E è un parametro che noi utilizziamo per la localizzazione, ma non possiamo utilizzare tale parametro per invertire la disfunzione altrimenti rischieremo di non essere sul punto. Inoltre dobbiamo creare sulla colonna cervicale una convessità nella direzione in cui liberare la faccetta. Esempio. Se nella mia C4 post dx volessi invertire i parametri io andrei a inclinare a sin, ma facendo ciò io creo una convessità dal lato della disfunzione (a dx) quindi precludo la possibilità di lavorare sulla disfunzione perché la curva mi impedisce di creare la freccia per liberare la zona. Quindi io dovrò creare una inclinazione laterale dal lato della posteriorità per liberare la faccetta articolare verso la concavità dell’appoggio (e la convessità rispetto al passaggio della tecnica): per cui in finale faremo sempre una inclinazione omolaterale all’appoggio. 223

L’unico parametro che invertiamo sempre e comunque è il parametro di rotazione, cosa che però non ci deve trarre in inganno, infatti non è una tecnica in rotazione in cui prendiamo la testa del Pz e la giriamo per dare l’impulso, ma è una tecnica che sfrutta la componente di rotazione inserita in giusto modo con gli altri 2 parametri che vanno dosati bene. È definita una tecnica a cassetto che dà come risultante una rotazione. I lettini vanno tenuti alti. Riduzione per una C4 in posteriorità dx. Il Pz va fatto mettere sulla parte dx del lettino, con l’occipite per metà fuori dal lettino verso l’alto. Partiamo dalla spinosa di C2 e andiamo ad individuare C4. Posiziono l’indice dx sul massiccio articolare dx di C4, ruoto la testa a dx e posiziono l’avambraccio con la mano sin al mento e sposto il mio corpo verso la dx del lettino (in modo che poi il braccio sia posizionato verso l’impulso che dovrò dare) e poi ruoto nuovamente il capo a sin. riposiziono il capo a sin

ruoto testa a dx

Ricordiamo che in base all’altezza su cui lavoro avrò parametri differenti: - per le vertebre alte il capo sarà verso una maggiore E e andrò verso una maggior F man mano che tratto vertebre basse - il braccio che dà l’impulso sarà posizionato con una inclinazione verso l’alto in caso si trattino le vertebre alte quindi per C2 la direzione sarà come nella foto

- un’inclinazione abbastanza orizzontale-trasversale per le vertebre centrali; per C4 quindi sto più o meno in posizione neutra e la direzione sarà questa della foto a dx.

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vertebre centrali

vertebre basse

- un’inclinazione inclinata verso il basso per vertebre basse (C6-C7 soprattutto C7) lavoro quindi un pò di più con inclinazione e flessione. La direzione del braccio sarà questa della foto a sin.

- Insieme a questo però l’avambraccio avrà sempre una direzione verso avanti: l’unico caso in cui stiamo un po’ con l’avambraccio perpendicolare o a volte anche verso il basso è quando lavoriamo su C6-C7. Infatti per C7 in particolare è difficile potersi posizionare contro la massa laterale mettendosi dal basso, per cui dovrò sfruttare un pò di più la componente di inclinazione laterale, di F; potrei trovarmi quindi col braccio in questa posizione (vedi foto accanto) e l’impulso lo darò leggermente verso il basso, trovando il passaggio più verso avanti o più verso dietro.

posizione errata

- Quando lavoriamo da C4C5 in su è meglio stabilizzare con il pollice verso la mandibola e non spezzare il polso (se lo spezzo rischio di appoggiarmi sull’ occipite).

posizione errata

posizione corretta

- Per vertebre basse stabilizziamo il pollice in questo modo (il pollice stabilizza ma non preme). In questo caso C4 è una vertebra centrale per cui il nostro avambraccio sarà abbastanza orizzontale.

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La rotazione non deve essere troppo importante ma serve solo per posizionarmi, dopodichè dovrò diminuirla per cercare meglio il passaggio: non devo cercare la rigidità ma cerco il morbido e alla fine del movimento cerco l’appoggio sul punto che è la disfunzione: se avvertiamo una rigidità significa che uno dei parametri deve essere diminuito (non che deve essere aumentato l’altro!!), quindi evitiamo di premere per sorpassare tale rigidità ma giochiamo coi parametri. Nel mentre che ricerchiamo il passaggio dobbiamo premere e poi lasciare ogni volta che modifichiamo i parametri, ma non dobbiamo tenere premuto nel mentre che ricerchiamo i parametri. Quando sento il morbido allora aumenterò la messa in tensione e darò l’impulso che sarà dato in questo caso solo con la mano dx. Mai trazionare ne lateralmente ne verso l’alto (quest’ultima ancora peggio: è sempre controproducente a livello cervicale). C2 post sin > Pz alla sin del lettino e il mio appoggio sarà a sin. Il fulcro di ogni movimento nel posizionamento della regione cervicale deve essere il nostro appoggio sul punto d’azione. Esercizi per allenarsi a trovare e sentire i parametri Mi posiziono ad es verso la dx del Pz e poggio il mio indice sul massiccio articolare di C4.

Con l’altra mano do la F-E mediante diminuzione o aumento della lordosi. Quando sono arrivato al punto giusto inserisco l’inclinazione laterale (verso dx) e poi la R a sin e provo a sentire il passaggio con l’indice.

Se lo sento poi vado con la metacarpofalangea e provo a cercare il passaggio in questa posizione.

Se ruoto troppo mi renderò conto che il movimento si blocca, stessa cosa se l’inclinazione non starà sul fulcro del nostro appoggio.

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fulcro in inclinazione per C4

fulcro errato per inclinazione per C4

Stessa cosa farò per C2 Per C7 posso sentire anche col pollice Per le disfunzioni di anteriorità o bilaterali asimmetriche dobbiamo modificare qualcosa nella tecnica. Contatteremo la posteriorità relativa nel caso della anteriorità oppure la posteriorità vera della bilaterale asimmetrica. La costruzione della tecnica è identica alla precedente ciò che cambia per le anteriorità è come detto l’appoggio. Ma cambierà anche qualcosa sulla R che dovrà comunque rimanere sempre sul fulcro: infatti il mio impulso sarà come visto precedentemente ma con l’altra mano darò un aumento di R. C4 ant a sin > ����� conC2 post sin tatto la posteriorità ant dx > mi relativa di C4 a dx, posiziono a sin ricerco i parametri: la di C2. Mano sin mano dx dà l’impulso da l’impulso e come precedente mano dx darà e la mano sin sul un piccolo aumento aumenta la R: mento di R tali manovre devono avvenire in contemporanea. Il movimento delle due mani sarà quindi contemporaneo ma dissociato: una fa il cassetto e l’altra la R. sem 2_ (ripasso) C1 post dx: il condilo si presenta in F, inclinazione dx, R dx. Parametro più importante è la F, quindi in una tecnica ad energia muscolare inizierò con l’inversione dei parametri dall’E. C0 post dx: la vertebra si presenta in F, inclinazione sin, R dx. A livello del rachide cervicale superiore utilizziamo le tecniche ad energia muscolare a seconda dell’età, del livello di degenerazione, secondo lo stato vascolare. Secondo Maurice sono tecniche che funzionano benissimo perché la particolarità del rachide cervicale è quello di avere un’ampia libertà di movimento e di adattamento, qua c’è bisogno di avere una grande precisione che si ha con le TEM. 227

Tecniche di Sutherland Sono tecniche funzionali, posizioniamo la vertebra nel senso della disfunzione. Da C2 in giù. Es: C3 post dx: la vertebra si presenta in E, inclinazione dx, R dx. Pz supino, Osteopata seduto alla testa del Pz. 1° parametro sul quale vado a lavorare: la R dx. Posiziono a sin il medio dietro la trasversa di C3, spingo avanti e aumento la R dx. Con la mano dx posiziono l’indice dietro la trasversa di C4 e induco una R sin, di conseguenza facilito la R dx di C3. 2° parametro sul quale vado a lavorare: l’inclinazione dx. Chiedo al Pz di sollevare il moncone della spalla dx, creando una concavità cervicale, che aumenta l’inclinazione dx e anche il parametro rotatorio; chiedo al Pz di fermarsi quando sento che il movimento arriva su C3 e non su C2. Mentre sul lato sin chiedo al Pz di abbassare il moncone della spalla, ciò mi crea una convessità sin, ma soprattutto si crea una anteriorità relativa sin. 3° parametro sul quale lavoro è l’E e lo induco con un’apnea Esp. Chiedo al Pz di soffiare e rimanere in apnea e ogni tanto chiedo al Pz di respirare. Sutherland descrive la tecnica inducendo questi parametri disfunzionali per 90 secondi. L’orientamento della spinta è avanti-alto, per la conformazione delle faccette articolari. Es: C2 FRSdx: la vertebra si presenta anteriore sin, inclinata e ruotata a dx. Mano sin dietro C2 per favorire la rotazione dx. Mano dx prendo appoggio dietro C3 per favorire la rotazione dx di C2. Chiedo al Pz di far scivolare la spalla sin verso il basso fino a che non sento che il movimento arriva su C2 e non su C1. Chiedo di far scivolare la spalla dx verso l’alto. Per il parametro flessorio devo favorire l’apnea inspiratoria. Induco alto-avanti. Funzione Oculo-cefalogira: gli occhi guardano a dx, la testa gira a dx. Bendelletta longitudinale posteriore di associazione: è un fascio nervoso che collega III, IV, VI e XI opposto. Quando comando gli occhi a dx c’è contemporaneamente una contrazione dello SCOM e scaleno sin. Quando abbiamo il torcicollo il Pz è bloccato, non riesce a girare la testa né a dx né a sin. Si può lavorare su questi Pz facendoli lavorare con gli occhi. Pz supino. Chiedo al Pz di chiudere le palpebre e di non muovere il globo oculare. 1. Mentalmente deve pensare di guardare in alto ma non si muove, ritorno e ripeto 3-4 volte. 2. Stessa cosa sempre con i globi oculari fissi, pensare di guardare in basso, a dx, a sin. 3. Ora sempre con le palpebre chiuse chiedo al Pz di guardare in su, basso, dx, sin senza muovere la testa. Anche qua ripeto 3-4 volte. 4. Chiedo al Pz di aprire gli occhi, senza muovere il capo ripetere il tutto con gli occhi aperti. Poi chiedo al Pz di girare la testa a dx e a sin, si riscontra il miglioramento. Questo piccolo trattamento sblocca il collo!!!!! Longobardi Rachide cervicale superiore La difficoltà nelle tecniche sul rachide cervicale superiore è il posizionamento al livello, soprattutto nelle tecniche dirette. Ricordiamo che dobbiamo essere sul movimento di esordio. La componente maggiore è la rotazione. Le denomiano come anteriorità o posteriorità visto che non vi è né 1° né 2° legge. Essenzialmente abbiamo disfunzioni unilaterali (ant e post), bilaterali (simmetriche come la F o E, o asimmetriche ant da un lato e post dall’altro, e la disfunzione di traslazione quando complessivamente i condili vanno a posizionarsi dallo stesso lato). Vi è un’altra disfunzione, non specifica, che riguarda lo stato di tutti i muscoli sottocipitali che vanno dall’occipite all’atlante ed epistrofeo che possono dare una situazione generalizzata di impattamento dell’occipite su C1 e indirettamente di C1 su C2. Non dimentichiamoci anche i muscoli anteriori come i lunghi del collo che spesso sono responsabili della 228

verticalizzazione del rachide cervicale (che in genere è proprio determinata dai muscoli anteriori piuttosto che da quelli posteriori). Anche a livello dell’atlante abbiamo essenzialmente disfunzioni unilaterali (ant e post da un lato o dall’altro) e bilaterali simmetriche (flex e est) e asimmetriche A livello dell’atlante abbiamo una disfunzione di rotazione pura mentre a livello dell’occipite abbiamo l’inclinazione pura (disfunzione di traslazione) La differenza fondamentale con l’occipite è che quest’ultimo nelle varie disfunzioni vista la conformazione delle faccette articolari, va verso l’alto, invece l’atlante tende a scendere durante le disfunzioni. Pratica con tecniche TEM Posizioniamoci dietro tra occipite e atlante e andiamo a sentire se c’è un lato, sia sull’atlante che sull’occipite che ci da una sensazione di restrizione. Ci posizioniamo a livello dell’occipite, tra occipite e atlante (faccio un leggero movimento di flesso-estensione per localizzare il movimento) per andare a trattare una disfunzione di: occipite in posteriorità dx: la faccetta dx va in alto e indietro, quindi l’occipite è flesso, ruota a dx e si inclina a sin. Inverto i parametri e porto occipite in leggera E, R sin e inclinazione dx: micromovimenti! Ora chiediamo al Pz di spingere leggermente in leggera F come se volesse sollevare la testa dal lettino oppure come se volesse avvicinare il mento verso la linea mediana: lavoriamo quindi su un solo parametro. Anche se la spinta è stata fatta su un solo parametro, possiamo rimodulare tutti e tre i parametri (3° legge di Fryette). Ora proviamo a lavorare sulla rotazione che è più facile da gestire. Posizioniamo il nostro pollice sulla tempia di dx e ora il Pz dovrà accennare una R verso dx e noi glielo impediamo. Guadagniamo in R sin, E e inclinazione dx (stiamo riportando il condilo avanti perché era post) Visualizzare sempre la disfuzione nello spazio. Per avere un’idea della F-E possiamo dare una leggera spinta sull’occipite, a dx, sin o insieme rispetto all’atlante e poi a un livello inferiore faciamo la stessa cosa su atlante rispetto a epistrofeo. Disfunzione: posteriorità sin dell’atlante. È una flessione. La faccetta di sin va indietro, scende, quindi compare una R e una inclinazione sin. Manderemo l’atlante rispetto all’epistrofeo (che teniamo fisso) in E (per portare verso avanti) in R e inclinazione dx. Blocchiamo e iniziamo a lavorare su un parametro, per esempio l’inclinazione sin. Guadagno in E, R e inclinazione dx. Contrappoggiamo e blocchiamo bene a dx a livello dell’epistrofeo. Tecniche dirette in thrust Il Pz deve stare con il capo un po’ fuori dal lettino (circa a metà occipite) perché riusciamo a gestire meglio. L’appoggio è importante che sia quanto più possibile con la mano in continuazione con l’avambraccio, senza spezzare il polso o dare parametri di F-E.

Soprattutto per l’occipite può capitare di sbagliare spezzando il polso e mettendo la mano piatta: in questo modo rischiamo di sbagliare la risultante che dev’essere subito dietro il condilo. polso spezzato posizione scorretta

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posizione corretta

Un’altra cosa che possiamo fare, soprattutto se siamo a livello di occipite-C1, è di appoggiare il pollice a livello della mandibola per stabilizzare la mano durante la tecnica. Contattiamo sempre la posterioriorità vera o relativa, e ci posizioniamo col nostro corpo maggiormente spostati da quel lato.

Nella tecnica diretta lavoriamo soprattutto con l’idea di mandare avanti o indietro la faccetta, mentre le componenti di F-E e di inclinazione devono essere gestite per trovare il miglior passaggio (con la F-E localizziamo il livello e con l’inclinazione laterale permettiamo alla faccetta di spingere dalla parte opposta). Se ho una posteriorità occipitale a dx, mi posiziono a livello del punto di contatto, sostengo bene la testa del Pz, introduco i parametri di F-E (in genere vado un po’verso l’estensione), inclinazione laterale e rotazione. MAI fare un movimento di trazione che è sempre controproducente, al limite possiamo dare una leggera compressione. Aumento la messa in tensione e do l’impulso sull’occipite.

Il fatto di trazionare la testa verso avanti, ci crea quasi sempre una localizzazione troppo bassa dell’impulso, se dopo aver trazionato andiamo però nuovamente alla ricerca del livello, ciò ci può servire nelle persone che hanno un collo particolarmente mobile per stabilizzare meglio la parte inferiore, ma è controproducente in chi ha un collo rigido. C1 anteriorità sin. È ralativamente posteriore a dx per cui contatto C1 a dx. Il Pz è più spostato alla dx del lettino. Thrust a coppia con aumento dei parametri favorendo il cassetto, soprattutto R e inclinazione

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Traslazione di occipite a sin. Pz a sin del lettino. Contrappoggio sull’atlante a dx, testa ruotata a dx, contrappoggio a livello dell’occipite dietro i condili a sin, e cerco di spostare i condili verso il lettino cercando il passaggio aumentando l’inclinazione e do un impulso verso il lettino.

sem 3 Distretto della cerniera cervico-dorsale_Pz seduto Sono simili alle mento-perno, si possono usare sia per k1 e K2 sia per la cerniera cervico-dorsale (C7-D1-D2D3), con molto esercizio si possono utilizzare anche per le dorsali più basse (fino a D5-D6). Un vantaggio rispetto alle mento-perno è che non si deve posizionare la testa del Pz tanto in R, ma si utilizza molto di più la componente di inclinazione. Però c’è una più difficile gestione del Pz, perché nella classica posizione prona c’è il lettino che ci fa da supporto, riusciamo a gestire e spostare meglio ilPz; invece nella posizione da seduto il Pz va gestito dall’osteopata che deve contemporaneamente dare un buon sostegno al Pz e introdurre tutti i parametri, creando il punto fisso e il punto mobile. Il lettino basso, l’Osteopata deve avere lo sterno circa all’altezza della nuca del Pz. Per il repere delle vertebre, se la testa è flessa normalmente viene più fuori la C7, se la testa è estesa è più palpabile la D1. Una controprova è con Pz in posizione neutra senza F-E, la C6 è la vertebra cervicale bassa che si sente maggiormente alla palpazione. Mi posiziono con la metacarpo-falangea nel massiccio articolare, ma andando contemporaneamente a stabilizzare il mio appoggio con il pollice, che si trova lateralmente alla spinosa. Posteriorità D1 dx Reperisco D1, la trasversa è molto orizzontale e la trovo leggermente più in alto. Mi posiziono lateralmente a livello del massiccio articolare con la metacarpo-falangea del 2° dito, con il pollice mi stabilizzo contro la spinosa (nella parte interna). Dovrò dare un impulso sull’articolare cercando di dare prevalentemente una componente di inclinazione.

La gamba controlaterale si flette sul lettino, fa da appoggio al busto del Pz;

il braccio controlaterale aggancia il cingolo scapolare, ciò mi aiuta a dare la F-E al Pz; la mano controlaterale poggia sulla testa del Pz e gli da la rotazione.

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Per una disfunzione di post a dx ruotiamo la testa a sin normalmente, se il movimento mi da una buona localizzazione faccio la rotazione a sin, a meno chè il Pz non abbia dolore o mi impedisca il movimento. Quindi, localizzo il movimento con la F-E, creo l’inclinazione laterale a dx, ruoto la testa a sin, creo un appoggio e do l’impulso inclinazione e R ant.

Anteriorità C7dx. Mi posizione su D1 a dx, stesse cose fatte per la posteriorità, inclino il Pz a dx e ruoto a dx, solo che ora darò una leggera E dopo fatta la chiusura; ora darò l’impulso a coppia. L’inclinazione è sempre omolaterale all’appoggio.

posizionamento dell’Osteopata

Coste

Se riusciamo facciamo l’appoggio con la metacarpo-falangea del 2° dito e stabilizziamo con il pollice come se si facesse una pinza.

La mano è ben poggiata sulla spalla e stabilizza.

Se qualcuno non riesce va direttamente con il pollice a livello dell’articolare

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K1 in Esp dx. Il tubercolo è alto. Stesso posizionamento che

per le vertebre: a dx posiziono il pollice sopra il tubercolo, a sin stabilizzo il busto del Pz con la mia gamba flessa al lettino, con il braccio sin aggancio il cingolo scapolare e con la mano sin la testa del Pz. Inclino a dx la testa del Pz e ruoto a dx perché mi aiuta a far scendere il tubercolo e impulso verso il basso a fine Esp (a meno chè non ci sia un Pz troppo lasso, allora agisco nell’Insp).

K1in Insp dx. Il tubercolo è basso, quindi agganciamo da sotto il tubercolo,

anche se non è proprio possibile avere un appoggio sotto il tubercolo essendo una sporgenza. Estendo, inclino dx, ruoto a sin. Do un impulso in avanti.

Test delle coste

più BASSE

Pz seduto con braccia incrociate, Osteopata alle spalle, palpazione tra tubercolo e angolo costale, posso sentire delle zone che mi vado a testare.

Simulo l’Esp portando il tubercolo in avanti-alto, andando in chiusura del torace in avanti e porti il tubercolo verso fuori.

Simulo l’INsp mettendomi all’esterno del tubercolo e portandolo in dietro-basso, creo un’apertura del torace. In questo caso sento che avanti-alto non va per cui è una disfunzione di inspirazione.

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Costa in Inspirazione Pz supino, braccia incrociate al petto. Il tubercolo è basso, quindi ci mettiamo sotto il tubercolo, il torace è aperto, quindi dovrò chiudere il torace (perché la costa anteriormente è alta) e posteriormente portare il tubercolo in alto, l’impulso sarà verso il basso. Costa in Esp Mi posiziono sopra il tubercolo e dovrò aprire il torace, do un impulso verso l’alto.

Per le coste più ALTE Nelle disfunzioni delle coste più alte (es: K3-K4), nella tecnica non è importante prendere la testa del Pz. Alternativa per le coste alte (fino K3-K4) Costa in INsp Pz supino, braccia incrociate. Osteopata si posiziona sotto il tubercolo e contrappoggio con la mano cefalica ant alla costa, do l’impulso e la giro verso l’Esp. Faccio il contrario per una disfunzione di Esp.

sem 4 Tecniche mento-perno_Pz prono Vediamo queste tecniche per la giunzione cervico-dorsale quindi da C7 fino a D2-D3. Da proni facciamo la tecnica con due modalità di appoggio: appoggio sulla spinosa appoggio pisiforme-trasversa. Come tutte le tecniche abbiamo pro e contro. Nella tecnica a posizione prona abbiamo il grosso vantaggio di non dover ricorrere a una grossa componente di rotazione che per alcuni Pz può essere fastidiosa, inoltre vi è una certa stabilità del Pz. Nelle tecniche da seduto dobbiamo avere un maggior controllo del paziente e lavoriamo maggiormente con l’inclinazione laterale. Ricordiamo che a posizione prona possiamo anche fare un test sulla zona. Partendo dal Pz che sta con il capo in posizione neutra (guarda il pavimento), andremo a fare una valutazione delle spinose ed eventualmente delle trasverse; se qualcosa ci colpisce mettiamo in movimento la zona: teniamo le due spinose contigue (quella che ci colpisce e quella sottostante) e facciamo fare una estensione del capo (il Pz appoggia il mento) e una flessione (il Pz appoggia la fronte).

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Disfunzione di anteriorità di D1 a sin_FRS dx, utilizziamo un appoggio e un contrappoggio. Includiamo la vertebra in disfunzione nella leva superiore; il contrappogio sarà col pollice attraverso la leva inferiore. Il movimento sarà quindi tra D1 e D2. Sono alla sin del Pz (lato della disfunzione, e ruoto la testa del Pz dal lato della disfunzione, SEMPRE). Contrappoggio a livello di D2: l’appoggio deve essere completo sia del pollice sia della colonna del pollice e del resto della mano che stabilizza il tutto. Se ruotiamo la testa per andare a fare la tecnica senza prima fare questa stabilizzazione non riusciremo mai a mettere bene in tensione. Quindi stabilizzo D2 e ruoto D1 (il capo ruota a sin) fino al limite senza ingaggiare D2 e poggio il mento sul lettino. Posiziono la mia mano sin sullo zigomo e mi abbasso sul Pz. Messa in tensione e thrust a coppia.

Nella tecnica col pisiforme (stessa disfunzione) i principi e il posizionamento del Pz sono identici. Contatto sempre la vertebra sottostante, ma attraverso il pisiforme sulla trasversa. L’importante nel posizionamento è di prendere un piccolo credito di pelle in modo che poi scivolando arrivo su D2. Il braccio che ha azione sulla trasversa è diretto avanti e leggermente in alto. Sempre stessi principi e thrust a coppia.

Stessi principi posizionandomi alla testa del Pz. La componente maggiore nelle tecniche col pisiforme è verso avanti.

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Disfunzione di post sin di D1_ERSsin (nelle posteriorità contatto direttamente la vertebra in disfunzione). Posizione del Pz sempre secondo i parametri visti prima. L’impulso è solo su D1.

Nella tecnica col pisiforme il discorso è identico alla flessione: mi posiziono però sulla vertebra in disfunzione (D1 in questo caso) e il thrust è sempre solo su questa.

In teoria potrei anche utilizzare un posizionamento opposto (utile a chi ha poca forza nelle braccia): sono più vicino al punto di spinta. Svantaggi: sono più lontano dal contrappoggio e non vedo il Pz in faccia.

Tecniche di Sutherland

Sono tecniche indirette dove si ricerca un aumento dei parametri disfunzionali allo scopo di riequilibrare dal punto di vista neuro-muscolare, agonisti e antagonisti. Gli agonisti che mantengono la disfunzione, vengono accorciati nella tecnica con lo scopo di inibire il circuito gamma e conseguentemente il circuito alfa che risulta essere costantemente stimolato. Si possono utilizzare da C2 in giù. Il tempo medio per ottenere questa informazione è di circa 90 secondi (tempo che si ritrova anche nelle tecniche di Jones).

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Es: posteriorità sin C2 > contatto C2 e C3. Ho un contatto su C2 a dx per posteriorizzarla ancora di più a sin e su C3 a sin, per favorire ancora la posteriorità sin di C2. La spinta è verso avanti-alto. Chiedo al Pz di far scivolare sollevando la spalla sin verso l’alto e di abbassare la spalla dx in modo da inserire un’inclinazione laterale e aggravare ancora di più: tutto questo controllando il livello C2-C3 in quanto ogni modifica o movimento deve concentrarsi a questo livello. Mantenendo la mia spinta sulle vertebre chiedo al Pz di prendere aria, buttar fuori e poi apnea Esp (l’INsp annulla le curve della colonna, quindi a livello cervicale equivale a una F). Nella cervicale la Esp aumenta la lordosi quindi l’estensione e la vertebra va ancora più verso la posteriorità. La mia spinta è sempre presente durante i 90 secondi, mentre ovviamente i cicli respiratori saranno vari mantenendo sempre per qualche secondo un’apnea espiratoria. A fine tecnica rilascio piano le mani e porto passivamente le spalle del paziente in posizione normale, perché se chiedo un movimento attivo rischio di rinnescare il circuito disfunzionale. Tecniche di Jones_ strain e counterstrain. Il concetto è sempre di inibire il circuito gamma delle fibre intrafusali e di rilasciare conseguentemente il circuito alfa. In queste tecniche si parte dal tender point (possono anche non essere nel muscolo in esame ma in zone riflesse e non sono sempre dolorosi. Il trigger point è sempre doloroso e localizzato): inseriamo i parametri in accorciamento ricercando la diminuzione dl tender point. Chaitow invece utilizza i trigger point inserendo varie sequenze di azione. Se ad es ho un trigger point nel fascio superiore del trapezio a dx 1. mi posiziono sul punto doloroso e chiedo al Pz di dirmi quant’è il dolore da 1 a 10. Sempre mantenendo il punto di pressione provo ad accorciare il muscolo (fibre intrafusali) sollevando la spalla dx. 2. chiedo al Pz se è cambiato qualcosa come dolore. Faccio ora una sorta di piccolo massaggio sul trigger point. 3. Chiedo poi di fare una contrazione isometrica portando ad avvicinarsi orecchio dx e spalla dx (fibre extrafusali, contrazione attiva), ho accorciato quindi il muscolo: questo per circa 60-90 secondi. 4. Chiedo poi di rilasciare la contrazione. Posso anche levare la pressione dal punto e da qui vado ad allungare passivamente le fibre inclinando il capo verso sin e abbassando la spalla dx Sto andando ad allungare molto lentamente le fibre per cercare di non far attivare il circuito di stiramento: rimango in allungamento circa 60-90 sec.

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5. Chiedo ora al Pz di usare attivamente gli antagonisti, quindi gli chiedo di inclinare la testa a sin e di portare il braccio dx verso il basso.

Di Branco_Cervicale Quando facciamo le tecniche in thrust a questo livello dobbiamo tenere a mente che quando inseriamo la rotazione stiamo allungando tutta la zona e quindi il nostro distretto risulta più sottotensione piuttosto che più rilassato. Una volta localizzata la vertebra orientiamo la faccetta articolare nel senso della correzione (è inutile flettere troppo il capo del Pz quando facciamo una C7, che a Pz supino sta a circa 10° rispetto all’orizzontale per cui agisco quasi direttamente verso il soffitto, mentre per C2 agisco verso il soffitto e verso di me). Ricordiamoci che le vertebre si muovono secondo la loro inclinazione anatomica: a Pz supino C7 sarà a 10° rispetto al lettino (inclinata verso di noi), C2 sta a 40° (sempre inclinata verso di noi): per cui non posso testare esclusivamente spingendo verso avanti, ma dovrò orientarmi secondo la faccetta. Quando facciamo queste tecniche è bene inserire un pochino di compressione perché in questo modo avvicino i capi articolari e quindi allento i muscoli: mai trazionare! Inoltre il mio impulso non avrà solo una componente in rotazione, ma sarà anche diretto anche verso il basso Nei test posso usare anche la rotazione con gli occhi oppure dare inclinazione sollevando le spalle: se alzo la spalla dx il massiccio articolare di dx deve venire indietro (Rot=incl): se indietreggia va bene, se non indietreggia vuol dire che sta in avanti; se abbasso la spalla dx il massiccio di dx deve avanzare: se avanza è libero, se non avanza vuol dire che sta indietro; stesso discorso a sin, ed è molto utile quando non sono bene sicuro nei test, perché questo è molto semplice. Quando approcciamo le cervicale è importante più che mai che il Pz sia rilassato e per aiutare ciò possiamo usare un piccolo accorgimento: a Pz supino ci posizioniamo con le mani dietro allo SCOM e andiamo a fare delle leggere pressioni-palpazioni ondeggiano la testa del Pz e questo aiuta tantissimo a rilassare il capo.

C7 sta all’attaccatura del collo (è molto evidente come disfunzione)

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Per rilassare > se vogliamo

rilassare la zona disfunzionale possiamo utilizzare una tecnica molto semplice. Poniamo che ci sia una posteriorità a dx, allora posiziono l’indice sulla posteriorità e ruoto il capo a dx ed inclino a dx e mantengo. La sto mantenendo in aggravamento. A un certo punto con l’indice potrei sentire che la vertebra si libera. Anche questa dovrebbe essere tenuta circa 90 sec. Abbiamo avvicinato i capi articolari e i muscoli che mantenevano la disfunzione si sono allentati. Ho scaricato quindi la componente muscolare. Tante volte è difficile fare la tecnica classica in thrust perché a livello cervicale può essere presente artrosi, quindi la zona è alterata dal punto di vista anatomico e dolente. In questo caso non riesco a far scivolare le faccette con la tecnica allora utilizzo una tecnica non ufficiale: invece di avere un contatto omolaterale come sempre, contatto le vertebra col dito medio dell’altra mano, per cui con la mano sin prendo un contatto a dx

La rotazione sarà invertità rispetto al solito: con il pollice della mano sin andrò a percuotere la mandibola sin del Pz in modo che esso focalizzi là la sua attenzione e quindi si rilassi. Quindi vado ad aprire la zona delle faccette articolari.

C1-C2. Le faccette sono biconvesse. Posteriorità di C1 significa flessione, perché indietreggia e scende. Nella zona C0-C1 funzionano benissimo le TEM e il lavoro con gli occhi. Per individuare C1, nel dubbio possiamo far aprire la bocca. Il lato dove fa male vuol dire che là è traslato, questo il più delle volte: C1 in genere si trasla dal lato della disfunzione. Nelle C0 in thrust ci comportiamo come con le altre vertebre. Nella traslazione bilaterale dei condili, che notiamo bene col Pz a occhi chiusi perché in genere a occhi aperti tende sempre a fare un autocorrezione. A Pz supino e occhi chiusi posso chiedere di fare dondolare la testa ruotando a dx e sin per qualche sec239

ondo, diremo poi al Pz di fermarsi rilassato senza bloccare e in genere la posizione in cui si ferma ci dà la disfunzione. Per la traslazione bilaterale posso lavorare in TEM: poniamo una traslazione a sin (quindi capo inclinato a dx): dita su C0-C1, correggo leggermente portando il capo in inclinazione sin e chiedo al Pz una contrazione portando il capo in inclinazione dx. Guadagno in inclinazione sin coi soliti principi. Poniamo una traslazione a dx, e correggiamola in thrust: ruoto il capo a sin: prendo appoggio sul condilo dx mentre l’altra mano è tra il capo e il lettino. Con la mia mano dx devo spingere verso il lettino mentre la mano sin trasla leggermente verso l’alto

Posso testare C0 anche con delle spinte sul capo: spinta sulla bozza frontale > C0 indietreggia (F)

Anche qui in thrust agirò con una mano a cassetto mentre con l’altra in apertura come visto prima con la traslazione.

spinta sulla bozza parietale > C0 avanza (E) sem 5 Ripasso cervicale_Test visivi rispetto a un sintomo cervicale Pz in piedi. Se il Pz ha la testa inclinata a dx, valuto con e senza occhiali; senza va un po’ meglio. Integrare con qualche domanda, tipo: da quanto porti gli occhiali, ecc. Palpazione della regione cervicale Pz seduto > test di mobilità regione cervicale attraverso i massicci articolari. Test di mobilità della C3 rispetto alla C4, inclinando a dx la C3 fa inclinazione e rotazione a dx, quindi la faccetta di dx va in post mentre la faccetta di sin va in ant. Faccio ora una inclinazione sin e valuto, la faccetta di sin non va indietro e la faccetta di dx non va in avanti; quindi abbiamo una disfunzione bilaterale asimmetrica.

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Quando avete un dubPz supino > bio che possa trattarsi test di mobildi una disfunzione in ità: indici su ant ma non riuscite C4, medi su C3 bene a sentire si può dei massicci fare un test posizioarticolari. Prima nando le dita antelocalizzare il riormente ai massicci movimento fra articolari: es inclino la C3-C4 attraverso testa a sin e a sin testo una F-E e dopo la posteriorità (testanfare il test di do da anteriormente). mobilità. Tecnica diretta_C3 posteriore sin. Pz supino, spostato a sin del lettino, con la testa leggermente fuori. Osteopata prende testa Pz con mano dx sul mento, mano sin contatta trasversa sin di C3, dò inclinazione sin, rotazione dx, sentendo il livello stabilizzo e thrust. Per C5-C6-C7 la direzione di spinta è verso il basso. Per le intermedie la direzione è orizzontale. Per le alte la direzione è verso l’alto. Per il parametro di rotazione: più i soggetti sono rigidi meno rotazione ci va; più siamo sulle cervicali basse più ci vuole inclinazione.

Tecnica di Sutherland, tecnica indiretta_C4 posteriore sin Pz supino, Osteopata è attivo sui massicci di C4 a dx e C5 a sin. Chiedo al Pz di portare la spalla dx verso il basso, in modo tale che il massiccio dx di C4 vada più avanti perché si crea una convessità, finchè non sento che arriva a livello di C4. Chiedo al Pz di sollevare la spalla sin in alto perché si crea una concavità, finchè non sento che arriva a livello di C5. Tengo la posizione per 90 secondi e mi aiuto anche con la respirazione, chiedo al Pz di effettuare delle apnee Esp, perché durante l’espirazione aumenta la lordosi, quindi aggraviamo ulteriormente i parametri disfunzionali. Dopo i 90 secondi chiedo al Pz di riportare la spalla sin verso il basso e la spalla dx verso l’alto, riportandole in posizione normale e poi lascio gli appoggi piano piano perché altrimenti rischia di innescare il circuito sbagliato. Flessione bilaterale di C4 Osteopata prende appoggio sulle trasverse di C4 per portarle ulteriormente in avanti, chiede al Pz di portare le spalle in basso e chiedo un’apnea INsp.

Anno 6 sem 1 Spesso disfunzioni cervicali sono dovute a tensioni anteriori sul collo (loggia viscerale del collo, muscoli anteriori come lungo-lunghissimo del collo, scaleno anteriore, e ancora tutto il pacchetto viscerale: vie aeree e vie digestive).

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Test anteriore per le cervicali Pz supino, Osteopata alla testa del Pz. Spostiamo lo SCOM e andiamo ant ai massicci articolari. A seconda del livello regolo la posizione del collo, faccio delle spinte laterali a livello dei massicci articolari e testo eventuali disfunzioni.

È un test che si può fare anche su tutte le vertebre cervicali a seconda della conformazione del Pz, per C1 si può andare a testare anche lateralmente; per C7 si può fare una presa a pinza pollice-indice sulla trasversa, quindi la prendiamo sia ant che posteriormente.

Tecnica indiretta Se abbiamo disfunzioni post estendiamo il collo se abbiamo disfunzioni ant andiamo verso la F del collo. Ruotiamo la testa dal lato opposto alla disfunzione. Per l’inclinazione laterale ci regoliamo in base alla sensazione che noi sentiamo di ammorbidimento. disfunzioni

correzione

post ant

E F

+

R dal lato opposto alla disf S (= inclinaz) dal lato in cui i tessuti si ammorbidiscono

C5 anteriore sin Mano dx Osteopata, tiene la testa del Pz mano sin con il dito indice contatto il massiccio articolare in disfunzione. Mettiamo la testa del Pz in F, finchè nel punto non diminuisce la resistenza, poi dò la rotazione dal lato opposto quindi a dx, poi provo a inclinare a dx e sin, in questo caso inclinando a dx si ammorbidisce. Tengo la posizione finchè non ho la sensazione che il punto ceda. In più si può chiedere al Pz di dare una piccola spinta con la testa contro la mano dx dell’Osteopata. Con questa tecnica si accorciano le fibre muscolari per questo è una tecnica indiretta, si può fare quando si hanno forti dolori, se si ha la sensazione che la disfunzione sia mantenuta da un problema fasciale, se si hanno delle tensioni forti che arrivano nella loggia viscerale del collo. 242

C2 post dx Estendo il collo ma poco perché siamo su C2, ruoto sin maggiore, inclinazione dx.

A volte per disfunzioni delle vertebre più alte può essere utile dare una leggera compressione sulla testa che aumenta un po’ i parametri disfunzionali.

Tecniche a Leva Corta_Melis

È un concetto introdotto da una scuola di Londra, la BSO. Può essere applicato sia alle tecniche strutturali HVLA (alta velocità bassa ampiezza), articolatorie (mobilizzazioni articolari specifiche), armoniche (introdotte sempre in Inghilterra dal Prof Leterman. L’elemento principale delle HVLA è rappresentato dalla bassa ampiezza perché facendo una tecnica strutturale con una velocità bassa il rischio è solo quello di non fare una tecnica efficiente, ma se noi facciamo una tecnica con ampiezza più ampia possiamo creare dei problemi come: 1. distorsioni muscolari soprattutto se effettuata su una zona che è già in disfunzione. Possiamo avere un meccanismo riflesso che praticamente mantiene la zona contratta. 2. stressare le componenti dell’articolazione (capsula e legamenti) Fratture vere e proprie è difficile crearle tranne in situazioni patologiche a livello del midollo o osseo. Dagli studi effettuati a livello lombare si è potuto verificare: prima che la manovra in rotazione faccia fuoriuscire un’ernia dovrebbe esserci una forza tale da rompere le faccette articolari L’elemento principale della leva corta è la bassa ampiezza dell’impulso. Per questo, durante la tecnica, prima di trovare il focus daremo diversi parametri secondari o multipli. Sono anche denominate minimal short level perché i parametri secondari utilizzati nella manovra sono inseriti in minime quantità, con un fine ultimo, quello di ridurre l’ampiezza dell’impulso finale. Questo concetto lo vedremo applicato alle tecniche strutturali: partiremo dalla zona lombare, sacro-iliaca, dorsale, giunzione dorso-cervicale, cervicale media e C0-C1. Finora abbiamo utilizzato le leve classiche chiamate leve lunghe combinate: per librare una zona creiamo una chiusura in chiave ossia una doppia rotazione invertita, una con la leva superiore e una con la leva inferiore. Questo per arrivare ad un fulcro dove poi effettuare la manovra in senso derotativo con un unico inconveniente rappresentato dalle mani poste in una zona molto lontana rispetto alla zona che dobbiamo lavorare. Uno degli elementi fondamentali nell’approccio a leva corta (di tipo anglosassone) sta nella denominazione della disfunzione osteopatica. Finora abbiamo utilizzato come sistema di diagnosi il metodo Fryette, modello quantitativo: vengono date delle leggi (comuni a tutti gli osteopati tranne per gli anglosassoni nella prima e nella seconda legge) che ci permettono di ottenere un modello spaziale della disfunzione. Ad es L4 in ERS dx presenterà una spinosa deviata a sin, la trasversa prominente a dx e affossata a sin, con i mm. intertrasversari di dx accorciati e una faccetta di dx ingaggiata in posteriorità. La manovra correttiva, nel concetto classico a leva lunga, si rifà al concetto di Fryette: invertiamo i parametri di rotazione e infine sfumiamo la tecnica con un po’ di flessione (modello quantitativo più semplice da apprendere. Ecco perche insegnato per prima) La leva corta appartiene a un concetto di tipo qualitativo. La disfunzione articolare classica, in leva corta, viene denominata fissazione articolare. Il principio fisiologico e biomeccanico che sta alla base della tecnica a leva corta è la 3” legge di Fryette: aumentando un parametro nello spazio automaticamente assisto alla riduzione dei parametri che andrò a inserire successivamente (non sono solo due…ma più parametri, 243

come shift laterale e ant- post, compressione ecc..) La fissazione è una zona n cui c’è un’alterata qualità del movimento: una vertebra in disfunzione non rappresenta un vero e proprio blocco (solo in patologie è presente come sinostosi o uncoartrosi) ma un’alterazione qualitativa del movimento (es la porta che si apre con due o tre sassolini sotto). La fissazione si contrappone alla disfunzione articolare. Con questo principio non ci interessa sapere più se una L4 o una D4 o una C3 è in disfunzione di ERS dx o FRS sin, ci interessa sapere se ogni articolazione è in disfunzione una faccetta (dx o sib), o tutte e due oppure nessuna. Su ogni vertebra abbiamo 5 possibilità: 1. libera 2. bloccata a dx 3. bloccata a sin 4. bloccata su entrambe 5. bloccata su entrambe + corpo vertebrale (lesione di IV grado o tripode) Se io trovo una a. L4 in ERS dx, nella leva corta abbiamo una fissazione a dx b. FRS sin di L4 avrò una fissazione a dx c. una bilaterale asimmetrica in rotazione dx avrò una fissazione a dx e a sin In chiropratica viene distinta: sublussazione, riguarda una sola vertebra rispetto alla sottostante fissazione, è una disfunzione di più vertebre (minimo 3) Terminologia Leva Primaria è la direzione dell’impulso finale (thrust). Sarà il primo parametro della manovra che io inserirò per testare l’ampiezza. Quando alla fine della manovra sto per dare l’impulso finale questo parametro dovrà essere ridotto al minimo (in modo tale che verrà rispettato il parametro “A” nella tecnica in HVLA. Leve Secondarie: sono tutti gli altri parametri (ad eccezione di quello utilizzato per la leva primaria) utilizzati al fine di ridurre la leva primaria (impulso finale) Focus: può essere paragonata alla chiusura in chiave nella leva lunga combinata. La chiusura in chiave è il fulcro da lavorare mediante l’ausilio di due leve inducendo due rotazioni opposte (barriera di tipo quantitativo). Il focus è una concentrazione di forze su un punto costruito in maniera progressiva mediante tutte le leve secondarie, punto su cui andremo ad effettuare l’impulso finale. Abbiamo due tipi di focus: a) focus tissutale viene ricercato con tutti i parametri secondari ad eccezione della leva primaria b) focus articolare viene ricercato con tutti i parametri secondari e una compressione Nella ricerca del focus tissutale o qualitativo sentirò il tessuto cambiare consistenza, a questo punto inserirò il parametro di compressione (agisce molto a livello dei tubuli fasciali) per raggiungere il focus articolare. Successivamente darò l’impulso nella direzione della leva primaria La chiusura in chiave classica prevede pochi parametri. Se è una ERS dx: metto Pz sul fianco dx metto una R e inclinazione sin + F Sono tre parametri inseriti in grande quantità. Per una fissazione dx in leva corta utilizzo più parametri ma in minima quantità (F, R, inclinazione, compressione, shift laterale, shift anteriore ecc…)

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Abbiamo diverse barriere: 1. anatomica o articolare (da 0 a 100): data dalle faccette articolari e dalla tensione muscolo-legamentosa. Coincide con il ROM passivo. Un impulso a questo livello può creare un overstretch dei tessuti o una sublussazione perché andiamo oltre il limite fisiologico, 2. muscolare o motrice (da 0 a 95-x). Corrisponde al ROM attivo 3. disfunzionale. La disfunzione osteopatica si colloca all’interno della barriera muscolare In una tecnica strutturale a leva lunga non stiamo mai vicino alla barriera anatomica, ma molto vicino alla barriera disfunzionale: questa è una barriera poco confortevole (stiamo invertendo tutti i parametri; generalmente ciò che mantiene una disfunzione è il fuso neuromuscolare con una iperattività del circuito gamma) perché vengono stirati tutti i fusi neuromuscolari, gli organi tendini del Golgi…più ci avviciniamo alla barriera stirando e più il soggetto soffrirà. In una tecnica a leva corta effettueremo il thrust molto prima: questo ci permette di non provocare dolore perché il Pz sarà più rilassato. Lo svantaggio di questa tecnica è rappresentato dal focus: non essendoci chiusura in chiave sarà più difficile perche dobbiamo costruirci la nostra barriera artificiale (da 0 a 50). La leva artificiale sarà quella barriera che l’operatore deve costruirsi per effettuare una tecnica a leva corta. Esistono diversi tipi di approcci strutturali: leva lunga massima: Tecniche che prevedono l’inversione del parametro completo. In osteopatia queste tecniche non si usano. Solo a livello chiropratico per alcune zone della colonna. Per correggere una vertebra in rotazione dx si darà un parametro di R a sin leva lunga combinata: quella che si utilizza più spesso in Osteopatia. Se abbiamo una ERS sin per correggerla diamo: a. R sin, F, inclinazione sin b. free play: spazio libero (R) in chi esercitare il nostro impulso in R. leva corta: prima di arrivare al free play inserirò più parametri ma in quantità minore. Inclinazione, R, E/F, shift o traslazione ant-post, traslazione laterale, compressione. Il free play rappresenta lo spazio libero in cui esercitare la leva primaria. Le altre sono tutte le leve secondarie. Zona di fissazione L1 ERS sin: fissazione a sin L3 FRS sin: fissazione a dx L4 in E bilaterale: fissazione a entrambe L1 in F bilaterale: fissazione a entrambe Cronologia 245

1. Diagnosi vertebrale: ci permette di individuare una fissazione 2. Scelta della tecnica: ad es faccetta di L4 fisata a sin posso scegliere in base a tanti elementi (es dolore) come porre il Pz: se decido di mettere la fissazione in alto la leva primaria sarà in R se decido di mettere la fissazione sul lettino la leva primaria sarà in inclinazione. 3. Posizionamento o setup Pz: sarà identico sempre! (vale il 25% della capacità di riuscita della manovra) 4. Posizionamento Osteopata (25%) 5. Punti di contatto (25%) 6. Inizio manovra: siccome il principio è quello di ridurre la leva primaria, andrò per prima cosa a testare l’ampiezza della leva primaria (es rotazione: 10). Successivamente tolgo la leva primaria e inizio a testare i diversi parametri uno alla volta: 7. metto inclinazione laterale (prima leva secondaria) 8. mantengo inclinazione e testo leva primaria (diventerà 8) - tolgo leva primaria, mantengo inclinazione laterale e inserisco la F (seconda leva secondaria) - mantengo inclinazione e F e test leva primaria (diventa 6) - tolgo leva primaria, mantengo sia inclinazione che F e inserisco una terza leva secondaria - mantengo le tre leve secondarie e ritesto la leva primaria (diventa 4) - proseguo in questo modo fino a quando l’escursione della leva primaria si riduce a “2” (free play) - la compressione sarà l’ultimo parametro da inserire perché mi permette di raggiungere il focus articolare: è una sorta di spremitura muscolare. Va ad agire sui tubuli fasciali. A questo punto, mantenendo tutti i parametri, farò dei tentativi dinamici (prove di affondo) sulla barriera e darò il mio impulso finale con la leva primaria L’impulso è un altro elemento che contraddistingue la leva corta dalla leva lunga. Nella leva corta l’impulso sarà total body scaricando tutto il peso del corpo sulla zona da trattare. A livello lombare si parla di body drop (caduta verticale dell’operatore). Nelle dorsali sarà un movimento di affondo, nelle cervicali un movimento circolare. È sempre un impulso effettuato con tutto il corpo. Teorie del blocco vertebrale Un segmento vertebrale si fissa per: 1. interesse muscolare (secondo Korr): il problema del blocco vertebrale proviene da uno spasmo muscolare acuto primario 2. problematica discale (Cyriax): il disco invecchia, viene meno il sostegno e il corpo vertebrale si affossa e questo crea sempre un ingaggiamento delle faccette. Il suo trattamento prevede sempre una decoaptazione 3. Lewit: il blocco articolare è dovuto al menisco situato nella faccetta In Osteopatia, una disfunzione articolare, è tridimensionale perché impegna più livelli: agisce sul blocco articolare, sullo spasmo muscolare ecc.. Perchè molto spesso una fissazione articolare non si libera da sola? Quali sono i meccanismi neurofisiologici che sottendono una disfunzione articolare e ne impediscono un ripristino automatico (es trauma)? 1) Effetto meccanico 2) Infiammazione e edema locale. 3) Il tessuto da pastoso diventa fibroso 4) Successivamente il corpo trova un compenso: la zona che risultava dolente ed edematosa non fa più male e diventa una zona silente e fibrosa. Nel test si presenterà come una zona densa e rigida. Il nostro obiettivo è quello di scoprire queste zone mute e deafferenziate: con il nostro impulso dobbiamo informare il SNC (cervelletto) della presenza ed esistenza di questa zona. “siamo una sorta di “terapisti occupazionali per lesioni autistiche”: dobbiamo trovare le lesioni che non parlano Fissazione articolare su L3 a dx Secondo Fryette possiamo avere una ERS dx o FRS sin. Leva primaria in R. Set up 246

Posizione Pz Pz sul fianco sin (opposto alla disfunzione). La faccetta in disfunzione è verso l’Osteopata. Cuscino sotto la testa per rilassare la cervicale del Pz. Leva inferiore AI sul lettino > è flesso all’anca di circa 30 ° con il piede fuori dal lettino AI sovrastante > è in triplice flessione con il collo piede che riposa dietro il tendine d’Achille Leva superiore Braccio dx > in F poggiato sul tronco del Pz Con il braccio sin deruoto leggermente il tronco per portare la scapola a piatto sul lettino Il bacino > è leggermente inclinato di 20-30° verso l’osteopata L’altezza giusta del lettino viene regolata in base all’altezza dell’Osteopata: in piedi dovrebbe sfiorare con le mani il lettino Posizione Osteopata e punti contatto Gambe divaricate con i piedi in direzione della testa del Pz. L’AI craniale > è flesso al ginocchio. L’AI caudale > è disteso al ginocchio. Busto esteso dietro e ruotato verso il Pz Arto Sup craniale > è stabilizzatore: stabilizza la zona da trattare e percepisce la barriera tissutale. L’avambraccio si mette posteriormente alla linea ascellare media del Pz Con la mano contatto il punto da lavorare (generalmente con il pollice) AS distale > è applicatore. Si posiziona sempre un punto sul quale verrà somministrata la forza peso prima di fare la manovra. Con l’avambraccio prende contatto in una zona non dolorosa presente tra il grande trocantere e la cresta iliaca. L’avambraccio è a contatto con il fianco dell’Osteopata. Polso in E: consente di tonificare la superficie volare dell’avambraccio in appoggio La SIAS dell’Osteopata è a contatto con la SIAS del Pz: blocco unico tra avambraccio, bacino dell’Osteopata e del Pz. Inizio manovra_Lombare media I parametri vengono inseriti sfruttando il corpo dell’Osteopata. Parametro rotazione (R) Intenzione di spingere con il braccio e tutto il corpo verso il trocantere dx dell’Osteopata (arto flesso craniale).

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Parametro inclinazione Intenzione di effettuare un affondo con la gamba ant

Parametro flessione Assimilabile come una conversione post delle ossa iliache

F

Parametro estensione

E

Parametro compressione

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1. Test parametro R

2. Inserisco inclinazione e ritesto rotazione 3. Mantengo inclinazione e inserisco flessione 4. Test rotazione 5. Inserisco estensione 6. Compressione 7. Testo rotazione e mantengo 8. Testo barriera 9. Impulso con tutto il corpo

Leva corta_Lombare media Sul fianco sin lavoriamo una disfunzione di ERS dx o FRS sin. In un soggetto normale è rappresentata da L3; in un soggetto molto verticalizzato o con inversione di curva la lombare media può essere rappresentata anche dalle vertebre adiacenti (L2 o L4) Nella lombare media i corpi si trovano su un piano paraorizzontale (L3 lo rappresenta maggiormente) a. posizionamento del Pz b. posizionamento Osteopata - importante mettere il braccio craniale post alla linea ascellare media e con un dito su L3 (punto target). Il dito è attivo e percepisce le varie tensioni durante la messa in tensione dei vari parametri - la cresta iliaca dell’Osteopata è vicina a quella del Pz - braccio caudale si posiziona tra cresta iliaca e grande trocantere L’impulso da effettuare nella tecnica varia a seconda del livello vertebrale. Tratto lombare medio (L3): impulso verso ombelico Tratto lombare superiore (L1): impulso verso l’anca craniale dell’Osteopata (le faccette tendono a frontalizzarsi) Tratto lombare inferiore (L5): impulso verso l’asse femorale del Pz (D= diafisi)

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* Deve essere una caduta del proprio corpo sul Pz verso l’ombelico dell’Osteopata Il parametro di F o E varia in base alla morfologia del Pz. In Pz con rettilizzazione della curva o lordosi normale uso di più la F; nei Pz con iperlordosi faccio E.

Nella preparazione della tecnica i parametri devono essere effettuati con tutto il corpo. 1. test leva primaria = R (verso ombelico) 2. primo parametro secondario: inclinazione 3. ritesto la R 4. secondo parametro secondario: F 5. ritesto la R 6. compressione. Coinvolgo tutto il focus su L3 7. ritesto la R 8. congelo tutti i parametri 9. impulso in R*

Lombare superiore > cerniera D12-L1

La cerniera D-L è spesso in disfunzione perché rappresenta un fulcro di rotazione del torace rispetto al bacino. La maggior parte degli adattamenti meccanici avvengono su piani orizzontali. Gli altri fulcri sul piano orizzontale sono C1-C2, L5-S1 (C0-C1 si adatta soprattutto su un piano ant-post o lat-lat; per es Pz sbilanciati anteriorm hanno C0 ant e quindi in questo caso, essendo C0 adatattivo, non lo correggeremo; invece gli adattamenti lat-lat sono dei compensi del sistema vestibolare e oculare). Ogni volta che troviamo un fulcro in disfunzione dobbiamo controllare anche gli altri. I fulcri sul piano orizzontale sono:

cerniera D-L D12 L5 (in parte) C1 C0 cerniera cranio-cervicale

I fulcri sul piano sagittale sono:

occipite D9 (fulcro della F-E, si controlla spesso nei colpi di frusta) sacro pinza astragalica

Nei casi in cui non posso fare la DOG classica (per es nei soggetti ansiosi, nelle donne in gravidanza, nelle persone con problematiche respiratorie, nei soggetti rigidi o nei pazienti più grossi di me) posso utilizzare questa tecnica a leva corta adatta alle vertebre che si trovano nel tratto D11-L1. Questa tecnica vale per tutte le vertebra comprese tra D11-L1. L’impulso sarà dato in direzione craniale, verso l’anca dell’operatore.

impulso in direzione craniale, verso l’anca dell’osteopata

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D12

mano craniale (stabilizzatore) su D12 side bending

L5 D12

per arrivare su D12

Prima di testare la R dovrò fare un grosso side-bending craniale per concentrarmi sul punto. 1. Side-bending craniale 3. Induco F 5. Compressione

2. Testo la R in direzione dell’anca 4. Testo la R 6. Deroto pochissimo la leva sup

7. Preparazione con piccoli trasferimenti di carico e impulso in side-bending Lombare inferiore (L5-S1) L’impulso verrà dato in direzione della diafisi femorale del Pz. Conviene adottare questo impulso perché anche il peso della coscia flessa del Pz ci facilita perché crea un’apertura dell’ala iliaca.

pollice (stabilizzatore) su L5

L5

impulso in direzione della diafisi femorale del Pz 251

1. Testo la R (la leva primaria) in direzione della diafisi Pz 3. Test di R (= leva primaria) 5. Test leva primaria 7. Ritesto la R 9. Ritesto la R 11. Impulso in R

è la prima leva secondaria che metto per arrivare subito al livello 2. Compressione vertic 4. Side-bending craniale 6. Flessione 8. Side bending caudale* 10. Preparazione *Con il secondo side-bending non annullo il primo. Effettuiamo solo una combinazione e sommazione di parametri.

Tecniche con Leva Primaria in inclinazione Se vogliamo lavorare una ERS sin o FRS dx metteremo la lesione in basso ed utilizzeremo una tecnica in side bending. Lombare media – es L3 ERS sin (abbiamo un blocco in convergenza della faccetta di L3 sin). La tecnica consiste nel creare una convessità verso il lettino fino a quando non trovo un “punto di rottura”. Mano caudale, l’applicatore lo mettiamo sempre tra trocantere e cresta iliaca e da una componente verticale (inclinazione). Mano craniale, lo stabilizzatore è rappresentato dall’eminenza tenare posto a livello della trasversa sin di L4 (vertebra sottostante). Il nostro fine è quello di “rompere“ quest’articolazione. È una tecnica che non dà componenti di torsione a livello del disco e agisce soprattutto a livello del forame intervertebrale. È molto utile quindi ogni qualvolta vogliamo avere un effetto di apertura sul forame (per tutte quelle problematiche in cui abbiamo una congestione della radice nervosa per impegno foraminale, 252

discartrosi ecc..).

Mano craniale porterò la trasversa inferiore in basso. Con l’applicatore e il peso del corpo porterò la trasversa sup in alto. Questo aprirà il forame.

apertura del forame

applicatore

Nell’impulso finale ho due vettori 1. applicatore (avambraccio in appoggio) 2. stabilizzatore = mano craniale su L4

mano craniale su L4 Devo creare una sorta di “effetto forbice” la cui risultante è quella di aprire il forame. Rispetto all’altra tecnica è ancora più complessa e l’altezza del lettino deve essere leggermente più bassa per oltrepassare il piano articolare interessato.

253

L’operatore assume una posizione molto verticale rispetto al Pz 1. Testo il side-bending 3. Testo inclinazione 5. Testo inclinazione 7. Preparazione

2. Primo parametro secondario: R 4.Secondo parametro: F 6. Compressione 8. Impulso in side-bending gambe più avanti nel Pz con iperlordosi

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preparo il bacino

applicatore

stabilizzatore su trasversa di L4

Disfunzioni lomb_Leva corta_inclinazione come parametro principale della riduzione

Il Pz viene posizionato sul lettino in maniera che la disfunzione sia rivolta verso il lettino (per una ERS sin o una FRS dx, il Pz è sul fianco sin; per una ERS dx o FRS sin, il Pz è sul fianco dx). Il parametro principale da utilizzare è applicatore l’inclinazione; quindi, una volta posizionato il Pz l’Osteopata testa i parametri nel seguente modo:

inclinazione R F–E compressione Successivamente esegue il momento con drop e thrust.

stabilizzatore L5 in ERS sin o FRS dx Il Pz è in decubito laterale sin, l’Osteopata effettua la classica chiusura della leva corta e inizia il suo posizionamento: mano craniale (stabilizzatore): con eminenza tenar su sacro e iliaco del Pz; mano caudale (applicatore): tra cresta iliaca e grande trocantere del Pz. La procedura da eseguire è: partire testando la leva primaria, ossia l’inclinazione (l’idea è quella di creare una convessità verso il lettino).

leva primaria

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leve secondarie

parametro di R 1. testare l’inclinazione (creare una convessità verso il lettino)

2. aggiungere il parametro di R

3. testare nuovamente l’inclinazione

4. aggiungere il param di F o E

parametro di F

5. testare l’inclinazione 7. testare l’inclinazione

6. aggiungere il parametro di compressione senza perdere i parametri guadagnati prima

stabilizzatore su sacro e iliaco

8. eseguire il momento, drop e thrust finale creando una convessità verso il lettino. L1 in ERS sin o FRS dx Il Pz è in decubito laterale sin, l’Osteopata effettua la classica chiusura della leva corta e inizia il suo posizionamento: mano craniale (stabilizzatore): con eminenza tenar sulla trasversa inf (sin) di L2; nelle lombari alte l’avambraccio che funge da stabilizzatore è il maggiore responsabile dell’inserimento del parametro della compressione; mano caudale (applicatore): tra cresta iliaca e grande trocantere del Pz. La procedura da eseguire è: 1. indurre un side–bending per raggiungere il livello dell’interlinea L1–L2; testare l’inclinazione (creare una convessità verso il lettino) 2. aggiungere il parametro di R 3. testare nuovamente l’inclinazione

4. aggiungere il param di F o E

5. testare l’inclinazione

7. testare l’inclinazione

6. aggiungere il param di compressione senza perdere i param guadagnati prima 8. eseguire il momento, drop e thrust finale creando una convessità verso il lettino.

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stabilizzatore su trasversa di L2

sem 2 Accortezze nel posizionamento del Pz Importante non posizionare la zona lombare del Pz in lordosi. In queste tecniche dobbiamo creare una lieve cifosi. Se il Pz si adatta poco alla tecnica (già nel setup me ne rendo conto) mi regolo, o aumento i parametri di flessione con tutto il corpo o cambio tecnica. Sacro iliaca (S-I) A livello anglosassone si va alla ricerca di un eventuale problematica a livello dell’interlinea S-I senza preoccuparsi se è un problema di tipo sacrale o iliaco. Generalmente le problematiche di sacro sono di natura discendente (colonna), mentre quelle iliache sono ascendenti (arto inferiore) A questo livello vediamo 2 manovre: 1. è molto utile quando ci troviamo Pz di pari peso o molto più grandi rispetto a noi 2. è più indicata nei casi in cui il Pz è più piccolo dell’operatore In entrambe le tecniche la disfunzione è posizionata verso il basso (interlinea in disfunzione è sul lettino)

Tecnica 1_ sacro-iliaca_bordo ulnare interlinea

Anche se è una tecnica che agisce sulla S-I, ha un effetto maggiore sul sacro. Sarà molto utile per le disfunzioni di sacro (unilaterali, rotazioni o torsioni) Mano caudale (= l’applicatore), il bordo ulnare è posizionato medialmente all’interlinea (sul sacro); con le eminenze tenari afferro il sacro a livello degli apici.

bordo ulnare sull’interlinea

tenar e ipotenar sugli apici sacrali

Mano craniale, è sulla spalla del Pz. L’impulso finale sarà dato in R (rotazione) con tutto il corpo (non con il braccio). Determino un’anteriorizzazione della base sacrale rivolta sul lettino.

rotazione con tutto il corpo Possiamo utilizzare questa tecnica ad es per un sacro post unilaterale sin, sacro dx-dx) Posizione Pz Sul fianco. L’arto del Pz sarà flesso e posizionato tra le ginocchia dell’Osteopata. Il tronco sarà derotato fino all’articolazione S-I (come nelle tecniche a leva lunga). Il tronco del Pz deve essere delordotizzato.

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piano orizzontale

spinta da dietro......

......in avanti

test di R usando il corpo

stabilizzatore

impulso finale con il corpo 1. Test rotazione 3. Ritesto R 5. Ritesto R 7. Ritesto R 9. Provo la tecnica 2-3 volte

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2. Inserisco side bending 4. Compressione verticale. Lavoro con entrambe le mani e il corpo 6. Flessione > sarò attivo con la mano, il corpo e le mie gambe (porto in alto il ginocchio del Pz) 8. Scelgo tra una supinazione e una pronazione della mano. La scelta sarà della mano che chiude meglio 10. Impulso in R con tutto il corpo

test di R

usare le gambe

test di F test di compressione

test in R

In questa tecnica sfrutterò il lettino e il mio peso corporeo. Mettendo l’interlinea sul lettino migliorerò l’attrito e l’unico punto di mobilità che si crea è dato dall’appoggio della mia mano.

impulso in R

con tutto il corpo

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arti inf dell’Osteopata

Note del prof: è ovvio che ad es ogni disfunzione trovata con i test di mobilità va interpretata. Ad es un iliaco dx positivo al TFP può dipendere da una sinfisi pubica, un arto più lungo o più corto, disfunzione L4-L5 ecc…fare un test sulla S-I e non contestualizzarlo in un contesto generale (ad es collegarlo a OM, C0-C1-C2-C3) non serve a nulla. Generalmente le problematiche più croniche e conclamate nel tempo quasi sempre sono collegate alla sfera cranio cervicale. Quando trovo bloccato a dx in basso e in alto generalmente il Pz avverte dolore sul lato sin (più mobile).

Nel caso di un soggetto molto rigido, la preparazione della tecnica è un passaggio molto importante. Curare bene questa fase significa poter rilassare bene il Pz. Una tecnica a secco non serve a nulla. Bisogna prima rilassare i tessuti circostanti, drenare la zona ed eventualmente stordire anche i tessuti circostanti. La memoria della lesione è molto più forte della nostra tecnica. La disfunzione tenderà a ripresentarsi. In Pz molto rigidi possiamo usare una tecnica alternativa. Pz posizione supina con cuscino sotto al bacino. Osteopata dal lato opposto - con il braccio caudale afferra la coscia opposta sopra al ginocchio - con l’avambraccio prossimale sarò in appoggio sul sacro medialmente alla S-I in disfunzione Le mani sono unite tra loro Le messa in tensione avviene con entrambe le mani: - con quella caudale estendo e adduco l’arto inf del Pz - con quella craniale effettuo una spinta in avanti-basso sul sacro Thrust finale Note del prof: attenzione questa articolazione è molto importante. Molto spesso l’articolazione più dolente è quella ipermobile. In questo caso non si può fare nulla ed è meglio non manipolare. È meglio avere una S-I bloccata che ipermobile.

Tecnica 2_sacro iliaca_in contrappoggio iliaco

Si avvicina molto al set up delle lombari in leva corta - anca sul lettino è flessa con piede - delordosizzo - leva sup neutra Mano craniale, (è lo stabilizzatore) viene messa sull’iliaco posto sul lettino (dallo stesso lato all’interlinea da trattare). Spinge l’ala iliaca verso di noi e verso il basso (piedi del Pz) Mano caudale, è l’applicatore. La superficie volare dell’avambraccio si appoggierà sul promontorio sacrale (sull’asse sin del sacro). L’impulso finale sarà effettuato in R con l’intento di posteriorizzare la base sin del sacro Set up di Pz e Osteopata Faccio un contrappoggio sull’iliaco ponendo le eminenze tenari sull’iliaco spingendo verso di me-basso Avambraccio sin sul promontorio sacrale Avvicino a me la SIAS del Pz Busto dritto, mi appoggio sul Pz. I parametri vengono inseriti con tutto il peso del corpo.

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1. Testo leva primaria (R) con tutto il corpo 3. Testo R

2. Side bending 4. F

5. Testo R 7. Mantengo tutti i parametri e provo dinamicamente la tecnica

6. Comprimo con entrambe le mani e il corpo 8. Thrust in R

applicatore

stabilizzatore

stabilizzatore

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Questa tecnica va bene per Pz piccoli, non troppo robusti.

thrust in R

Tecnica 3_sacro iliaca__interlinea in alto

Possiamo creare una tecnica a leva corta per la SI con un appoggio sull’iliaco. Possiamo prendere come riferimento le tecniche classiche che facciamo sull’iliaco (ant e post). L’interlinea da liberare viene posta in alto. È molto utile in quei soggetti in cui il contatto sul sacro è molto difficoltoso da ricercare. La differenza rispetto alla tecnica classica è rappresentata dall’utilizzo di tutto il corpo dell’Osteopata durante la tecnica e dall’inserimento di altri parametri. Pz chiuso in chiave. Mano caudale, il pisiforme è appoggiato sulla SIPS del Pz con vettore di spinta che parte dall’avambraccio diretto verso il pube del Pz Mano craniale, in appoggio sulla spalla del Pz Il ginocchio del Pz è in appoggio le gambe dell’Osteopata. Si utilizza questo appoggio come leva per indurre i parametri nella messa in tensione: ruoto leggermente il Pz verso di me 1. testo leva primaria in R. Importante utilizzare la spinta di tutto il corpo in direzione della mia pancia 2. inclinazione 3. flessione 4. compressione 5. prova della tecnica per 2-3 volte (serve per scegliere ampiezza e intensità) 6. impulso. Non con il braccio ma con tutto il corpo

con questa presa l‘impulso potrebbe arriva sulle lombari 262

meglio un contrappoggio sulla cresta iliaca

Altre modalità di contatto sulla SIPS:

pisiforme

avambraccio

test leva primaria Tecnica 4_sacro iliaca_riduz iliaco ant

L’approccio a leva corta lo possiamo utilizzare anche per l’altra manovra sull’iliaco, iliaco ant. In questa tecnica l’appoggio con la mano caudale sulla tub ischiatica conviene farla se il Pz è piccolo (bambino), altrimenti la contatterò con il mio avambraccio. La chiusura è classica: un avambraccio sulla tuberosità ischiatica contrappoggio con l’altra mano sull’iliaco ruoto il Pz verso di me

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1. testo rotazione 2. inclinazione 3. flessione 4. compressione 5. prova dell’impulso 6. thrust

Test sacro-iliaca_Di Branco Individuare il discorso SI come un discorso su una faccetta articolare è ridicolo. Quando di parla di SI si parla di bacino in assoluto, tenendo sempre in considerazione l’aspetto muscolare e adattativo delle vertebra lombari. Quasi tutti le persone si adattano, aumentano la loro dipendenza dal loro adattamento con un’ amplificazione. Questo adattamento è classico: normalmente nella persona destrimane troviamo questo adattamento - base dx post (con dolore o senza dolore). Punto di partenza della disfunzione che poi porta al dolore Quando mettiamo le mani sul bacino dobbiamo controllare: altezza creste iliache forma nello spazio dell’osso sacro. Abbiamo 2 disfunzioni possibili: 1. osso sacro che risale indietro su un asse trasverso (post puro) 2. osso sacro che risale indietro su un asse obliquo (torsione) Questo ci fa capire la differenza tra la presenza di un falso up-slip e un problema di bacino. Molto spesso quello che passa per up-slip è quasi sempre un problema di osso sacro. Ovviamente questi discorsi posso farli dopo aver controllato la sinfisi. Qualsiasi sia il problema dell’osso sacro la sinfisi va trattata subito. Parassita quello che è l’adattamento del bacino: una volta sbloccata, tutto quello che rimane va a finire sulla sacro iliaca (muscoli, vertebre lombari, sacro) In base a questo adattamento dell’osso sacro ho dei punti di appoggio sull’osso sacro e sulla colonna lombare. Normalmente in questo tipo di adattamento c’è quasi sempre un compenso “punta” su D12-D11 o L1. Per lavorare e resettare la postura di un bacino 1. Lavoro sul sacro: tecnica con la respirazione (classica) da prono o leva corta. Automaticamente il bacino si resetta un pochino e l’altezza delle creste iliache diminuisce rapidamente 2. Lavoro sulla punta più estrema o prominente dell’osso sacro. Tecnica diretta con spinta verso il lettino Se ho un osso sacro risalito in questo modo (tipico dx/sin o sin/ dx), mi poggio con l’avambraccio e faccio abbassare tutto

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3. Lavoro muscolare su psoas e quadrato dei lombi 4. Lavoro sulla postura di una NSR (è quella che poi scatena i disadattamenti o dolori in situazioni patologiche). Tecnica diretta e specifica sulla punta. Questo lavoro ci permette di risolvere un buon 80% di problemi posturali sulla colonna. Una volta aver resettato, probabilmente le spine irritative caleranno il loro dolore. Conclusione: con dolore o senza dolore in quasi tutti i soggetti troveremo questo tipo di postura.

Pratica La prima cosa fondamentale è reperire l’osso sacro e capire la sua disposizione spaziale. È normale che quando un sacro è più alto da un lato si trascina in automatico anche l’iliaco (potenza dei leg sacro-iliaci). Nella teoria si dice che l’osso sacro risale e indietreggia, la sinfisi si apre e l’iliaco va in dietro: questo in pratica non avviene quasi mai. Nel caso di Chiara ho il sacro dx piu alto. Come procedo? 1. Reperisco le creste iliache, SIPS e tuberosità ischiatiche. Avrò tutti i punti più alti a dx 2. controllo un’eventuale punta dolente. Questo significa che se spingo in correzione la vertebra con maggior R, avrò un effetto di correzione sull’osso sacro. Correzione 1. Lavoro sulla sinfisi

2. Correzione della base sacrale post (come se fosse una torsione, apro bene le interlinee) 3. Ricontrollo l’altezza delle creste iliache, SIPS e tuberosità. Dovrebbero normalizzarsi.

4. Lavoro sulla vertebra PUNTA. Tecnica leva corta. Pollice sulla punta e l’altra mano sulla cresta iliaca. Il mio obiettivo è quello di abbassare la punta, portarla in basso. Importante ricordarsi che ogni volta che liberiamo una disfunzione lombare stiamo agendo anche a livello muscolare (psoas, diaframma…). Sono i muscoli che mantengono le disfunzioni. Gambardella L’articolazione SI è sicuramente in relazione al sacro, sinfisi e colonna lombare. La difficoltà nel trattare e testare la SI risiede nella scelta del tipo di tecnica. In Inghilterra si considera la

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S-I come un elemento unico senza considerare nello specifico se è un problema di iliaco o sacro: si ha solo interesse a dare libertà alla SI: a partire da questo posso differenziare una tensione sul corto o lungo braccio rispetto al controlaterale. Test - pelvic roll - test di pressione: aumentando la pressione, oltrepasso l’anca e testo la SI - posizione prona (tralasciando apertura interlinee): vedo su tutta la SI il livello di tensione (faccio un test di pressione su tutta l’interlinea bil discriminando la zona del corto e lungo braccio) Il trattamento parte sempre dalla sinfisi e tengo presente l’influenza delle vertebre lombari (influiscono in maniera importante sull’equilibrio meccanico). Successivamente possiamo pensare al contenuto. Dobbiamo valutare anche l’articolazione dell’anca. L’anca è in relazione al sacro e all’iliaco. Posso fare delle tecniche preparatorie a delle tecniche dirette. 1. Tecnica Pz prono, Osteopata dal lato opposto della SI - evidenzio la tensione sulla SI e mi poggio con la mano craniale - con la mano distale afferro la gamba del Pz (piegata a 90°) e mobilizzo l’anca con dei piccoli movimenti di rotazione per sentire come cedono i tessuti sulla SI 2. Tecnica Pz prono Osteopata dal lato opposto della SI - evidenzio la tensione sulla SI e mi poggio con la mano craniale - con il braccio caudale afferro l’arto inf del Pz sopra il ginocchio e mobilizzo l’anca del Pz su tutti i piani dello spazio per ricercare un rilassamento tissutale 3. Tecnica Pz sul fianco, chiusura in chiave. Avambraccio dell’Osteopata in proiezione del punto evidenziato durante il test. La tecnica consiste nel dare un impulso in proiezione della zona più resistente (verso il lettino). Come out-flair cercando di aprire l’interlinea.

4. Tecnica Possiamo utilizzare la stessa tecnica di stimolazione del sacro usata nel neurovegetativo con il pisiforme. L’obiettivo è quello di aprire l’interlinea e dare un thrust verso il lettino. Importante il TFP può essere positivo in diversi casi: disfunzione iliache disfunzioni di pube gamba corta Quando troviamo positivo in un lato dobbiamo pensare quindi al sacro, iliaco, sinfisi, anca, zona L4-L5. La zona del sacro e iliaco non può essere disgiunta dal collegamento con L4-L5 Per gli anglosassoni la SI è poco mobile. È auspicabile che resti ipomobile invece che ipermobile: se ipermobile sarà molto dolente e non trattabile. È un’articolazione deputata alla stabilità e quindi deve essere poco mobile. Meglio manipolarla poco e con cautela. Quando ci troviamo di fronte a una disfunzione di SI dobbiamo sempre pensare alla cerniera D-L e craniocervicale (C0-C1-C2). Esistono delle leggi di lovet usate maggiormente in chiropratica: esistono delle relazioni fra zone della colonna distanti tra loro. Es (coccige-sfenoide, sacro-occipite, L5-C1, L4-C2, L3-C3). Le prime tre cervicali lavorano conle stesse rotazioni delle ultime tre lombari, mentre le altre hanno rotazioni opposte. Quindi nella pratica è importante tener presente queste relazioni. Lavorare su C0 e C1 significa avere anche un effetto sulla normalizzazione delle eterometrie degli AAII.

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Melis Dopo aver deteso la sinfisi posso valutare la SI discriminando un problema di tipo ascendente (= di pertinenza soprattutto iliaca > iliaco è l’elemento finale dell’arto inf ) o discendente. Problema di tipo ascendente, di pertinenza soprattutto iliaca (iliaco è l’elemento finale dell’arto inf ). Con i pollici sono sotto i talloni ed effettuo un test di pressione lungo l’arto inf del Pz prima da un lato e poi dall’altro. Problema di tipo discendente, deriva prevalentemente dalla colonna e l’elemento perturbato sarà il sacro. Posiziono le mani a livello delle creste iliache e faccio un test di pressione prima da un lato e poi dall’altro. La sommazione di questo test può mettere in evidenza se ci troviamo di fronte a una disf pura o di adattamento (in base alla positività del test) e una volta bilanciato nei due modi ci permette di discriminare una problematica asc o discend. TFP e TFS sempre con i pollici sulle SIPS per discriminare le due catene. Es: TFP positivo a sin e TFS positivo a dx: mi fa pensare a una situazione di adattamento sul bacino come a tante persone. Se fosse stato a sin in entrambi i test potevo ipotizzare un adattamento un po’ più importante Supino - controllo la lunghezza: apparentemente una più lunga a dx. Il TFP positivo dallo stesso lato della gamba corta è fisiologico - test pressione talloni: maggior resistenza a dx - test rotatori: generalmente quando cè una disf importante sulla SI ho uno squilibrio su uno dei rotatori - pelvic roll - valuto la densita della zona mettendo una mano sotto la SI e l’altra sull’iliaco. Do delle spinte in corrispondenza della SI . Prono - test pressione sulle creste: positivo a sx. penso a un adattamento che si è creato per un problema proveniente dall’alto Se nn mi fido del test: - mi metto sull’interlinea e faccio dei test di pressione- oppure mi metto con un dito sull’interlinea e l’altra mano sulla SIAS: posteriorizzo l’iliaco e sento come si comporta il solco.

problema ascendente

problema discendente

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- mi metto con i pollici in corrispondenza delle emibasi e spingo il bacino prima verso dx e poi a sin. Una limitazione in una direzione mi indica un’eventuale disf e blocco S-I

test meccanico sulle anche

Test di DI Derefield (DPLC) Parte dal presupposto che dove c’è una disfunzione S-I c’è un’ipertonia sul retto anteriore femorale. 1. Fletto le gambe a 90° 2. Chiedo una spinta bil verso l’estensione per resettare 3. Stendo le gambe (fuori dal lettino i piedi) e valuto la lunghezza degli AAII controllando talloni e malleoli interni e tengo presente la gamba più corta 4. Fletto di nuovo le gambe a 90° e controllo se c’è variazione dell’eterometria. Vedo cosa fa la gamba corta Il test è positivo sul lato della gamba corta > se la gamba corta si allunga. Il test è positivo dall’altro lato > se la gamba corta non si allunga. La disfunzione SI, durante la F del ginocchio, stira il retto anteriore con conseguente lieve innalzamento dell’arto inf (E dell’anca). Il test è nullo quando le gambe sono della stessa altezza Test di rotazione Osteopata è dallo stesso lato della SI che vuole testare, mette l’ndice sull’emibase sacrale e il medio sulla SIPS. Fa ruotare il Pz verso di sé. Il test è negativo se le due dita si aprono (risposta fisiologica). sacro Il test è positivo se le due dita rimangono vicine.

SIPS

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test su SI dx qui Osteopata controlaterale, ma di solito è omolaterale al test

test su SI sin sem 3 Principi generali DOG_LEVA LUNGA In caso di disfunzioni di 2° tipo noi ci poggiamo sulla post vera o relativa. Nelle bilaterali simmetriche ci appoggiamo: nel caso dell’E bilaterale > sulle post vere nel caso di F bilaterale > sulle post relative della vertebra sottostante Direzione dell’impulso per le disfunz di E: alto-dietro (tangente) per le disfunz di F: più verticale L’effetto dell’impulso è di APERTURA, richiede più forza e possiamo avere anche delle ripercussioni di tipo neurovegetativo.

DOG leva corta

Vi sono alcune differenze che riguardano 1. punto di contatto: con l’applicatore (mano inferiore) ci posizioniamo sempre sulla spinosa della vertebra sottostante. Se la disfunzione è T4 su T5 noi agganceremo sempre la spinosa di T5. Lo stabilizzatore (mano superiore) contatta la leva superiore 2. lato della fissazione: non ci interessa più la sua disfunzione tridimensionale. Quando andiamo a cont-

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attare la vertebra in disfunzione andiamo ad agganciare la vertebra sottostante e impileremo una serie di parametri. L’impulso andrà a liberare una faccetta, o l’altra o entrambe. L’inserimento di tutti questi parametri costringerà la faccetta bloccata a liberarsi 3. posizione dell’operatore: a dx del Pz (per destrimani) o a sin. A seconda della comodità dell’operatore. 4. testa del Pz: rimane poggiata sul lettino per tutta la durata della manovra. Bisogna però controllare il collo: se è molto esteso occorre mettere un rialzo sotto per rilassare la muscolatura cervicale (più la cervicale è rigida più sarà difficile la buona riuscita della manovra) 5. applicatore e stabilizzatore saranno due mani attive: inseriranno entrambe dei parametri opposti tra loro. Durante l’esecuzione dell’impulso, l’applicatore rimane fermo e lo stabilizzatore trasla in alto 6. impulso leva primaria: in trazione craniale. Provochiamo uno scivolamento (SLIDE) delle faccette articolari (una, due o entrambe). Non ci interessa sapere più il tipo di disfunzione. Richiede poca forza 7. leve secondarie: sono dei parametri che inseriamo per ridurre l’ampiezza della leva primaria: side bending (verso l’operatore) molto leggero. Con la mano sotto movimento opposto. rotazione (opposta all’inclinazione) con stabilizzatore. Rotazione opposta con applicatore. flessione con stabilizzatore ed estensione con applicatore compressione traslazione Sono dei parametri inseriti con lo stabilizzatore e applicatore. Sono opposti tra loro. Costruzione della barriera: 1. bisogna testare la leva primaria (LP) 2. inserire leve secondarie (per ridurre l’ampiezza della LP) con entrambe le mani 3. impulso in direzione della leva primaria Da un punto di vista pratico suddividiamo il rachide dorsale in tre zone: alto: le faccette sono oblique medio: è quello che si trova sul piano del lettino. Le articolazioni sono parallele sul lettino basso: le faccette sono oblique

Le prese che possiamo utilizzare sono diverse. È ovvio che la migliore sarà quella meno dolorosa per il Pz e che garantirà un ottimale contatto con la spinosa. Se il Pz ha dolore al mio contatto conviene cambiare tencica. Set-up del Pz Il Pz è supino al centro del lettino appena spostato dal lato dell’operatore. Braccia incrociate e mani sulle spalle; il braccio più lontano dall’operatore è superiore. Gli avambracci non si incrociano ma formano con le braccia ed i gomiti una lettera “V”. Testa in appoggio sul lettino. Se in tensione la cervicale mettere un cuscino dietro la testa. Set-up dell’operatore L’operatore è posto al lato del Pz con gamba craniale flessa in avanti in appoggio sul lettino per stabilizzare il Pz. Punta del piede rivolta verso la testa del Pz. Gamba caudale estesa indietro e con il tallone sollevato. Torsione del tronco con il proprio viso rivolto verso la testa del Pz. Il movimento che farà sarà un affondo. Derota il tronco del Pz senza afferrare la testa e prende appoggio sulla spinosa della vertebra sottostante. Importante non provocare dolore al Pz con l’appoggio. Mano SOTTOSTANTE è posta dietro la schiena del Pz, usando tre possibili prese. È una mano attiva che inserisce parametri minimi 270

Mano SOVRASTANTE è posta sopra le braccia incrociate del Pz ed utilizza i gomiti come leva per introdurre i parametri. Il Pz viene ruotato sopra la mano sottostante. TRE prese possibili Fist o presa a pugno: in cui la spinosa la facciamo posizionare tra la falange e l’eminenza tenare. In questa presa varierò la tensione della mia mano in base alla tipologia di tessuto: se morbido gonfierò la mia mano (maggior tensione) se teso rilasserò la mia mano (sgonfierò).

FIST

PISTOL GRIP

FLAT HAND

Pistol grip: la spinosa va messa tra 3falangi e l’eminenza tenare Flat hand presa a mano aperta: la spinosa sarà tra tenar e ipotenar >(tre varianti: dita verso l’alto, verso il basso o laterali). In un soggetto molto tonico più incrocio i gomiti e più sarà difficile la riuscita della tecnica (si abducono le scapole e i romboidi tendono ad allungarsi con conseguente irrigidimento della zona). In un soggetto molto lasso incrocerò quanto più possibile i gomiti. Il fulcro varierà in base al livello da trattare: per D1-D2 sarà in alto; per D11-D12 lo posizioneremo verso il basso. Con il nostro corpo siamo in appoggio sui gomiti del Pz e ricerchiamo il livello.

Dorsale media (D5-D6-D7-

D8 anche D4 e D9 a seconda della morfologia del soggetto) Disfunzione di D4 su D5 Inizio tecnica: 1. test leva primaria: è assimilabile ad un movimento di affondo. L’ampiezza della leva primaria dovrà ridursi man mano che impilerò i vari parametri

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2. inclinazione verso dx (di noi) con la mano sup e opposta con la mano in appoggio (inclinazione radiale polso)

3. rotazione opposta all’inclinazione (verso sin) con mano sup e opposta con mano in appoggio (pronazione) 4. flessione del tronco fino ad arrivare a livello (con mano sup), estensione con mano inferiore (estensione polso) 5. compressione 6. traslazione a sin con mano sup e dx con mano inf 7. piccoli tentativi (2-3 volte) 8. impulso in direzione della leva primaria Il test della leva primaria viene effettuato successivamente all’inserimento di ogni parametro. La mano in appoggio eseguirà i seguenti movimenti: inclinazione radiale: parametro di inclinazione a sin

pronazione: parametro di rotazione a dx

estensione: parametro di E del polso

estensione

pronazione compressione: spinta verso l’alto shift: spinta da sin verso dx

Dorsale alta (D1-D2-D3)

In questa situazione dobbiamo portare l’interlinea articolare (orientata verso l’alto) piana sul lettino in modo tale da creare un impulso fisiologico. Dare un impulso senza aver prima orizzontalizzare le faccette determina la compressione delle faccette.

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Durante il contatto sulla vertebra (sottostante a quella in disfunzione) andrò a trazionare verso il basso la vertebra stessa, deruotando poi il Pz

Successivamente inserirò i diversi parametri. Didatticamente sono 5 ma vanno scelti e inseriti in base al tipo di soggetto e in base a quelli che ci permettono di chiudere maggiormente la tecnica: inclinazione rotazione non inserisco F ed E poca compressione shift impulso

Dorsale bassa

La posizione del Pz e dell’operatore è simile alle tecniche precedenti. L’unica modifica da apportare è quella di portare i gomiti molto in basso: il fulcro in cui applico la forza dovrà arrivare sulla zona dorsale bassa (sotto xifode come riferimento)

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Se ho un blocco di D11 posiziono la mano a livello di D12 e la traziono in alto con lo scopo di orizzontalizzare le faccette articolari

Devo lavorare molto con il tronco e il parametro principale sarà una flessione (per arrivare al livello desiderato.

Successivamente inserirò solo un secondo parametro, lo shift laterale.

Non viene inserito il parametro di inclinazione e rotazione. La compressione viene inserita insieme alla F. Successivamente allo shift, effettuerò due o tre prove e poi darò l’impulso.

sem 4 Leva corta_CERVICALE Nelle manovre cervicali, abbiamo un informazione di tipo meccanico, dove al 99% dobbiamo sentire il rumore tipico dato dalla cavitazione. Esiste la cavitazione fatta con una manovra dolce ma esiste anche fatto con una manovra violenta. Tutte e due avranno un effetto meccanico inizialmente, ma quella fatta col “crack” violento avrà poi un messaggio nocicettivo dal punto di vista neurologico. Un crack seguito nella maniera corretta ha un effetto meccanico e neurologico a medio e lungo termine. Nelle manipolazioni in leva corta dividiamo il rachide in sup (C0-C1) e inf (C2-C7) e possiamo avere la manipolazione in rotazione (R) o in side bending. Vediamo ora le manipolazioni con una leva primaria in R da C2 a C6, vuol dire che l’impulso finale sarà in rotazione. Il Pz sarà supino e il capo sarà sempre appoggiato sul lettino, mai sollevato. Aggiungeremo una serie di leve secondarie: 274

inclinazione, sempre omolaterale al punto di contatto shift/traslazione laterale, del segmento che ho in contatto F o E, in base al parametro che ci migliora la lava compressione shift /traslazione anteriore squeezing e poi daremo l’impulso Il lettino sarà abbastanza alto. Abbiamo due tipi di prese che variamo in base alla nostra mano e alla conformazione del capo del soggetto: 1. cradle (a culla) 2. chin (tramite il mento) Controlliamo lo stato dei muscoli posteriori del collo: se sono troppo contratti può essere utile posizionare un cuscino sotto la testa. Ipotizziamo una disfunzione di C3 a sin (ricordiamo che nelle leve corte non ci interessa il posizionamento della vertebra ma solo dove sta la disfunzione), quindi potremo avere una FRS dx o una ERS sin. L’applicatore sarà la MCF del 2° dito bordo radiale, con il pollice che riposa sul ramo della mandicradle bola (mano sin). L’altra mano sarà stabilizzante e potrà essere messa in cradle, mani sovrapposte e non intrecciate. Oppure in chin. Questa chin mano deve stabilizzare e la testa non deve mai ballare, quindi è una manovra dove devo stabilizzare bene tutto. Mi posiziono alla testa del Pz ma più spostato verso il lato disfunzionale. La gamba omolaterale all’applicatore è estesa dietro, l’altra è flessa. Il braccio corrispondente alla mano applicatore è adeso al lato disfunzionale mio fianco. Per cui contatto C3 a sin con la mia mano sin, braccio sin adeso al mio fianco e gamba sin estesa. applicatore Testo la leva primaria, ossia la R, con tutto il mio corpo non solo col braccio. Inclino verso sin (omolaterale al mio appoggio) testo la R Shift verso dx, solo sul segmento testo la R in esame, C3 in questo caso testo la R sia per la F che per l’E e scelgo di tenere quella che va meglio testo la R testo la R testo la R

FoE

Shift anteriore, sempre di C3 Compressione Squeezing: è un movimento dove l’applicatore prona e lo stabilizzatore supina Impulso in R con tutto il corpo

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squeezing

posizionamento per disfunzione a dx con presa in cradle

Può accadere che mentre che impilo i parametri mi accorgo che quando sto per arrivare agli ultimi non ho il bisogno di inserirli perché altrimenti perdo gli altri, ciò vale soprattutto per lo shift ant. La manovra è sempre dolce e dobbiamo sentire un rilassamento del disfunzione tessuto: se ciò non avviene la manovra non va mai terminata perché a dx con presa in chin può essere nociva. Dosiamo la nostra forza in base al soggetto che trattiamo. Al primo contatto piuttosto che buttarci subito nella manovra, dobbiamo sentire prima la consistenza dei tessuti, capire da quanto tempo la lesione è presente e quanto è organizzata: più la lesione è cronica e dura e meno la tecnica strutturale sarà efficiente, almeno come primo impatto. La cervicale inoltre è una zona dove si localizzano le disfunzioni belle profonde perché ci avviciniamo al cranio (il centro) e può essere molto carica dal punto di vista emotivo. Valuto sempre se è meglio la presa in chin o cradle in base al Pz. L’atrosi rappresenta quasi una leva secondaria e riducendo i parametri secondari può aiutarci nella manovra, ad es l’uncoartrosi, certo mai in fase acuta. Altra sbobinatura_Rachide cervicale inferiore Principi leva lunga 1. tecnica a cassetto per le disfun di E. C’è un solo impulso con la mano sul mento (applicatore) a cassetto 2. tecniche a coppia per le disfunzioni di F. Ci aiutiamo con la rotazione del mento per far indietreggiare e normalizzare la vertebra in disfunzione. 276

Tecniche a leva corta – Leva primaria (LP) in rotazione (R) L’impulso finale è in R. Suddivideremo il rachide cervicale in sup e inf. Tecniche C2-C6 (LP Rotazione) Il Pz è supino. Il suo capo sarà sempre poggiato sul lettino. Le leve secondarie da inserire sono: - SB o inclinazione (omolaterale al punto di contatto) - shift o traslazione laterale (deve essere solo su quel segmento) - F o E (la scelta verrà effettuata in base al parametro che ridurrà l’ampiezza della primaria) - compressione - traslazione ant - squeezing o spremitura con effetto di compressione sui tessuti per indirizzare i liquidi dei tubuli fasciali verso la lesione. Ci compatta e migliora il focus. Ci permette di rilassare la componente locale muscolare attraverso un avvicinamento delle inserzioni muscolari. Ecco perché questa tecnica diretta sfrutta anche l’effetto di una tecnica funzionale - impulso Pz supino Il lettino è alto Prese CRADLE (a culla) CHIN (tramite il mento) Prima di effettuare la tecnica è molto importante valutare lo stato muscolare cervicale. Se molto contratti è utile posizionare la testa su un cuscino per ammorbidire la zona C3 post a sin (FRS dx o ERS sin) L’applicatore è la metacarpo falangea del secondo dito (margine radiale). Il pollice riposa sull’angolo della mandibola. Lo stabilizzatore possiamo posizionarlo con due prese: - a culla >le mani non sono intrecciate, ma a culla (sovrapposte)

cradle

- in chin (tramite il mento)

chin

applicatore

arto inf omolat teso

cradle

stabilizzatore Tecnica

Posizione Osteopata Se la disfun è a sin anche l’Osteopata sta a sin. La gamba omolat all’applicato è stesa dietro. Il gomito dell’applicat è attaccato al torace. L’altra mano deve stabilizzare durante l’inserimento dei parametri per evitare che durante l’impulso la testa si muova. 277

Deve durare dai 6 a 10 secondi. Importante essere morbidi e precisi sia durante la preparazione che a fine tecnica. Ruoto la testa del Pz per reperire la vertebra in disfunzione e mi posiziono con le mani. Successivamente ritorno con la testa in posizione neutra. - testo la LP con tutto il corpo - inclino e testo LP - shift laterale e testo LP - flessione e testo LP; estensione e testo LP - shift ant e testo LP - compressione (cranio–caudale) - squeezing (è una sorta di pronazione con l’applicatore e supinazione con lo stabilizzatore) > per più volte, come se volessimo far scorrere le mani su una palla o strizzare una sorte di tessuto - impulso con tutto il corpo in R (impulso parallelo alla faccetta). Gomito sempre vicino al fianco.

squeezing

In questo caso la presa deve essere un po’ più delicata, il contatto inizialmente puntiforme e successivamente quando ho un rilassamento tissutale posso pensare a un contatto più importante.

C2 post dx C2 post sin

Il primo contatto è di tipo muscolare e serve a valutare il tipo di consistenza del tessuto, datazione della lesione (più è cronica e dura e meno sarà efficiente la tecnica strutturale per tutta una organizzazione connettivale che impedisce la buona riuscita della normalizzazione). Spesso sulle cervicali troviamo delle disfunzioni molto profonde (il centro è il cranio e le cervicali alte lo sostengono) e di tipo emotivo. Una zona molto dura generalmente non va trattata in prima seduta. C2 a sin 1) Mantengo un appoggio leggero e cerco di valutare qual è la sua presa migliore 2) Scelgo crudle e lo riposiziono in neutro 3) Inserisco i vari parametri: non necessariamente devo inserirli tutti a patto che non perdiamo il focus

C2 a dx_tecnica in chin È molto importante stabilizzare con la mano sul mento. La forza dell’impulso sarà stabilizzata dallo stabilizzatore (fine sbobinat)

278

Vediamo ora le manipolazione con leva primaria in R da C2 a C6, Pz seduto. Le posso fare in tutte le condizioni in cui il paziente non può stare supino. Abbiamo 3 varianti: 1. con i pollici (ci posizioniamo dietro al Pz) 2. con i medi (ci posizioniamo davanti al Pz) 3. con gli indici (ci posizioniamo dietro al Pz) 1. Tecnica con i pollici Il Pz è seduto sul lettino e deve stare abbastanza alto. Immaginiamo una disfunzione di C3 a dx. Contatto con la colonna del pollice dx il massiccio articolare di C3 a dx, l’altra mano fa un contrappoggio col pollice a livello di C3 sul lato opposto, lateralmente alla spinosa (o volendo anche su C4 sempre lato opposto). Il Pz si poggia rilassato su di me. I miei avambracci riposano sulle spalle del Pz.

Testo la R rispettando il piano articolare Inclino e testo R Shift laterale e testo R E o F e testo quello che va meglio Shift anteriore e testo R Compressione e squeezing portando un po’ il Pz a rilassarsi ancor di più verso di noi e thrust in R Importante alleggerire il dorso del Pz su di noi in modo che la muscolatura si rilassi. Questa manovra va benissimo per il tratto da C2 a C5.

Testo la R

impulso in R

Su C6 è meglio una presa del tipo come nell’immagine accanto, ma non è adatto a tutti. Può essere usata anche su C5. Contatto morbido.

279

Lo squeezing è un movimento di spremitura di tipo elicoidale. Con tale spremitura avvicino i capi muscolari e rilasso quindi la muscolatura.

disfunzione a sin

C2 post a sin (pollice sin su trasversa)

contatti per disfunzione a sin

contrappoggio su C3 a dx

E

280

shift ant

shift lat

test in R

impulso

2.Tecnica con i medi, anche detta tecnica del maestro. Il Pz è seduto e sta abbastanza basso rispetto a noi Ci posizioniamo davanti al Pz. Il contatto possiamo farlo in teoria con tutte le dita, ma viene fatto con il medio perché si trova sullo steso asse dell’avambraccio ed è quindi molto più facile. C4 a sin. Mi posiziono dalla parte opposta alla disfunzione quindi spostato a dx. Il medio della mano dx contatta il massiccio articolare di C4 a sin col braccio esteso, mentre l’altra mano si appoggia lateralmente al capo. La gamba omolaterale al braccio teso è tesa anch’essa Il procedimento è sempre lo stesso: inclino e testo rotazione shift laterale e testo R shift anteriore e testo R FoE squeezing impulso finale con la mano dx in R

C4 a dx posizione in caso di Pz alto (per disfunzione a dx) 3. Tecnica con gli indici. Può essere applicata da C2 a C7. C7 a sin L’appoggio sarà su C7 con la mano sin, supinata col palmo verso l’alto e in appoggio con bordo radiale (zona MCF 2° dito). Il pollice è posizionato sul ramo della mandibola. L’altra mano stabilizza lateralmente il viso. testo la R inclinazione laterale e testo rot shift laterale FoE compressione e squeezing impulso finale in R con entrambe le mani

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Per stabilizzare, in caso stessi trattando C7 la mano posso metterla anche in questo modo

Diciamo che più sto agendo a livello basso e più farò contrappoggio a livello basso

La sommità del capo del Pz deve stare all’altezza della mia xifoide, quindi posso far sedere il Pz in maniera un po’ più rilassata.

Tecnica con la Metacarpo Falangea

side

282

side

Disf cervicale a sin_Pz con artrosi_NON inverto R

R

spinta da DIETRO......... in AVANTI impulso da DIETRO......... in AVANTI

stabilizzazione per cervicali alte

.......cervicali medie/ basse

impulso in AVANTI

impulso in AVANTI Manovre con leva primaria in R per C7 o C6. Paziente supino. Abbiamo 2possibilità, o sfruttiamo la flessione oppure l’estensione, in base al soggetto. Posso farla in cradle o in chin, valuto quale va meglio per quel Pz. Testo la R 283

Inclinazione laterale Leggero shift laterale Sfrutto l’E. Nella E la faccetta diventa ancora più con un piano diretto alto-avanti quindi quando darà l’impulso anche alto-avanti questo sarà diretto alto-avanti. Comprimo e squeezing Impulso

disfunzione C7 a dx

leva secondaria in F

Scelgo F o E in base al Pz e questo sarà l’esperienza a dircelo. In linea di massima su un soggetto che ha una lordosi cervicale accentuata forse è preferibile una tecnica in F, perche va a solidarizzare un pochetto la struttura. Su un soggetto con una cervicale verticalizzata potrebbe essere meglio utilizzare un parametro di E.

Vediamo una disfunzione a dx utilizzando la F. La F (cosi come l’E) non la do subito, ma dopo che ho già impilato i parametri precedenti. Se utilizzo la F l’impulso sarà più verso il basso

leva secondaria in E

Altra sbobinatura_Pz seduto Usiamo questa tecnica tutte le volte in cui il pz non può stare supino. Abbiamo 3 varianti: Pollici (da dietro), medi (d’avanti) e indici (da dietro) Tecnica da seduto_pollici Pz seduto sul lettino (alto rispetto all’Osteopata). Per una disfunzione di C3 a dx contatto con la colonna del pollice il massiccio articolare di C3. L’altra mano fa un contrappoggio su C3 o C4 dal lato opposto. I gomiti dell’Osteopata sono in appoggio sulle spalle del Pz

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Tecnica Faccio riposare il Pz sul mio torace per alleggerire il dorso. Questo mi permette di rilassare la muscolatura cervicale. 1. Testo la rotazione rispettando il piano articolare 2. Inclino e testo R 3. Shift laterale e testo R 4. E o flessione e testo R 5. Shift anteriore 6. Compressione e squezeeng (farò più squezzeng perche la compressione è difficile da fare) Viene effettuato con un movimento di spremitura attraverso un movimento elicoidale portando il Pz leggermente indietro (la ricerca dello squezzing viene effettuata portando il Pz dietro-lato-avanti-lato…movimento circolatorio con il tronco del Pz) 7. Alla fine della spremitura, quando il Pz è posteriore, stabilizzo bene con la mano sin ed effettuo la tecnica in rotazione con la mano dx C4 a sin Contatto con i pollici, porto il Pz verso di me e inizio la tecnica.

C6

È una tecnica che va bene da C2 a C5. Da C6 gia diventa più difficoltosa e occorre cambiare appoggio per essere efficaci (vedi immagine)

presa diversa Tecnica da seduto_con i medii o tecnica del maestro Pz seduto su una sedia Osteopata d’avanti al Pz. Il contatto può essere effettuato sia con gli indici che con i medi. Generalmente lo faccio con il medio perché si trova sullo stesso asse dell’avambraccio Per una disfunzione di C4 a sin l’Osteopata si pone dal lato opposto (dx). Con il medio sin sono sulla trasversa sx di C4, l’avambraccio è esteso; con l’altra mano sono in appoggio sulla testa del Pz per indurre i parametri e stabilizzare nella fase finale. Guarda il viso del Pz e inizia la tecnica L’impulso verrà dato con il braccio sin

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Se il Pz è molto alto posso fare una modifica > il contatto con le mani è sempre lo stesso ma l’Osteopata si posiziona più all’esterno è cerca di sollevarsi verso l’alto con tutto il corpo

Tecnica da seduto_indici Può essere applicata da C2 a C7. Ha lo svantaggio: dal punto di vista tecnico ci possono essere delle difficoltà. Appoggio viene effettuato con il bordo ulnare del 2° dito

C7 a sin Pz seduto possibilmente il capo deve arrivare a livello della xifoide dell’Osteopata Osteopata dietro al Pz contatta la trasversa di C7 con il secondo dito e il pollice lungo il ramo mandibolare. L’altra mano stabilizza il viso del Pz

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Per stabilizzare C7 la mano stabilizzatrice posso metterla anche più in basso (immagine accanto) C7 a dx

Disfunzione di C7_tecnica Pz supino Nell’esecuzione di questa tecnica ho la possibilità di sfruttare o la F o l’E. La scelta dipenderà dal soggetto. C7 a dx (parametro estensione)

Scegliendo l’E la faccetta diventerà ancora più craniale e quindi anche il mio impulso sarà alto-avanti

Prendo appoggio su C7 e valuto qual è la meglio posizione per il Pz (chin o crudle).

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C7 a sin (parametro flessione) Se voglio sfruttare di più il parametro di F ricercherò di più l’apertura delle faccette. Userò meglio una tecnica in chin. L’impulso sarà diretto in basso (verso lo sterno) Consigli Un soggetto con un iperlordosi cervicale sicuramente preferisce una tecnica in F. La F andrà a solidarizzare la struttura. Un soggetto con cervicale rettilinizzata è meglio parametro E

Tecniche C2-C6_leva primaria in Inclinazione Con questa tecnica daremo un impulso con effetto di un apertura a livello del forame. Quindi è una tecnica più indicata in caso di irritazione nervosa (es brachialgia cronica ecc.. è da evitare nei casi acuti). È una tecnica favorita dall’uncoartrosi. Es radicolopatia C6-C7 con C6 posteriore a dx: innanzitutto mi accerto che non ci siano ernie espulse e il tipo di Pz. Se con la tecnica precedente, inducendo il primo parametro di inclinazione, il Pz ha dolore posso sfruttare una tecnica con LP in inclinazione opposta (non dolorosa) crando una convessità dal alto della disfunzione: si crea un parametro di apertura e l’impulso che daremo sarà effettuato in inclinazione. C6 post a dx Mi posiziono a sin - applicatore opposto alla disfunzione tra C6 e C7 (proiezione del disco) - stabilizzatore con il palmo a livello del cranio e le dita in proiezione del tessuto di C6-C7. Servono a percepire i cambiamenti tissutali ogni volta che inserisco un parametro. Tecnica - testo leva primaria in inclinazione sfruttando tutto il corpo - induco R a dx (leva secondaria) e testo - inserisco F (privilegio la F perché ha un effetto di apertura) - compressione e squeezing - impulso in inclinazione (importante stabilizzare con l’altra mano. L’impulso è specifico in quel punto)

C6 post a sin

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Tecnica a cesoia per C7-D1 Faremo un punto fisso su D1 (già di per se molto rigida per la presenza della costa) e andremo a liberare C7 attraverso una doppia componente di rotazione (leva in rotazione sup e controrotazione inf )

Es fissazione sin di C7 su D1 (ERS sin o FRS dx) La tecnica prevede un parametro di rotazione a dx per C7 e una controrotazione sin su D1

Pz seduto su una sedia Osteopata di fianco al Pz sul lato opposto alla disfunzione (a dx) Vertex del Pz a livello della xifoide dell’operatore. Interpongo un cuscino tra il mio addome e la testa del Pz - mano sin fa contrappoggio a sin della spinosa di D1 (rotazione sin di D1) - bordo ulnare dell’applicatore (mano dx) fissazione sin di C7 su D1 viene posizionato tra spinosa e trasversa di C7. La mano è supinata per tutto l’arco della tecnica. È una tecnica che non va conclusa con l’azione del bicipite ma dei romboidi (contrazione simultanea dei romboidi. L’avambraccio è obliquo quanto la faccetta articolare di C7

test della

1) Bowing: primo parametro da inserire. Attraverso una sorte di inchino dell’operatore verso il Pz. Si crea un’inclinazione sul lato della lesione e shift mediale 2) Ritesto leva in rotazione 3) Estensione e testo 4) Shift anteriore e testo 5) Compressione e squeezing 6) Impulso finale in rotazione con entrambe le mani (attraverso i romboidi)

rotazione

bowing

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Cerniera C0-C1 e C1-C2_Manovra a cesoia Per C7 le faccette sono disposte su un piano quasi parafrontale. Nella tecnica andiamo a orientare l’avambraccio sul piano articolare di C7. Per il rachide cervicale medio il piano delle faccette articolari è paraorizzontale.

Per C1 le faccette articolari sono più o meno orientate come C7. Trattandosi di superfici biconvesse la direzione dell’impulso sarà identico a C7 con avambraccio direzionato verso l’alto. La tecnica è molto simile a quella per C7. Immaginiamo C1 a sin stabilizzatore: mano pronata prende appoggio con il pollice a livello del massiccio articolare dx di C2. Quando ruoterò C1, questo impedirà di portarsi dietro anche C2. Con la metacarpo falangea dell’indice mi posiziono anteriormente alla trasversa di C2 a sin (ulteriore blocco di C2) applicatore: con il bordo ulnare o pisiforme contatto posteriormente la trasversa di C1 (tra mastoide e gonion). Avambraccio obliquo in alto come per C7 1. Testo la rotazione 2. Piccolo bowing 3. Estendo e testo 4. Shift anteriore e testo 5. Compressione e squeezing 6. Momento: piccolo movimento rotatorio di preparazione alla tecnica 7. Impulso a coppia (ruoto C2 a sin e C1 a dx) sempre con i romboidi

Importante interporre un cuscino tra la testa del Pz e l’addome dell’operatore.

Disfunzioni atipiche_C1 290

In realtà C1 può andare in disfunzione di inclinazione o lateralità pura: disfunzione atipica. È come una sorta di tripode: disfunzione di corpo vertebrale che non riguardano solo le faccette articolari ma coinvolgono soprattutto il corpo vertebrale. Qui si crea un movimento di traslazione o shift. È quasi sempre di natura traumatica e difficile da trovare perche quando facciamo un test di mobilità la vertebra tripode appare come ipermobile. I segni più importanti sono: la posteriorità della trasversa da un lato la spinosa deviata dallo stesso lato dello shift del corpo vertebrale. Queste disfunzioni tripodi hanno un impatto importante a livello NV. Coinvolgendo il corpo abbiamo un effetto importante sulla catena latero vertebrale. Sono molto tipiche a livello del tratto dorsale, a livello di C0 e C1. Poichè C1 è una zona molto adattativa e ricca di fusi neuromuscolari risente di quelli che sono gli squilibri di tipo ascendente e dalle zone contigue (ATM, occhio e vestibolo). Quindi la disfunzione di C1 va prima contestualizzata nel quadro clinico generale, motivo di consulto e altri apparati contigui; una volta esclusa una relazione con questi distretti allora possiamo decidere di trattarla a livello strutturale. Se una disfunzione di C1 tende a recidivare vuol dire che non siamo di fronte a un problema meccanico puro di C1 e quindi non bisogna manipolare. Il rischio di manipolare disfunzioni che si presentano di continuo è quello di creare delle ipermobilità. Manovra in togle recoil Come per l’occipite esiste una manovra chiropratiche che serve a trattare le disfunzioni in lateralità di C1. È l’aggiustamento tramite recoil Se la disfunzione è a dx il Pz viene messo sul fianco sin Contatto C1 con il pisiforme di entrambe le mani. Carico la tecnica verso il basso e poi effettuo il recoil. È un trust caratterizzato da una spinta e successivo rilascio. Altra tecnica Pz supino 1. Osteopata contatta con la metacarpo falangea del secondo dito C1 2. Con l’altra mano contatto con il dito C1 a sin e sento se spingendo c’è corrispondenza tra le due mani

3. Stabilizzo la parte sottostante 4. Ruoto a sin 5. Inclino a dx 6. Estendo 7. Trovo la zona di passaggio con avambraccio perpendicolare 8. impulso

291

Tecnica per C0_impulso a mezzaluna Le faccette articolari sono concave quindi anche l’impulso sarà una sorta di mezza luna. Dovrò far scivolare i condili occipitali in questo senso (vedi immagine). È una delle manovre più difficili a livello vertebrale perche è difficile stabilizzare C1. Nel contatto di C1 generalmente il Pz ha dolore, quindi è importante stringere e stabilizzare questi punti solo un istante prima dell’impulso finale L’impulso sarà a cucchiaio - stabilizzatore blocca C1 con un contatto morbido. Indice o medio davanti alla trasversa sin e pollice posteriormente a C1 a dx - applicatore contatta C0 riposando sullo zigomo e temporale

1. testo rotazione 2. bowing e testo 3. estensione e testo 4. shift anteriore e testo 5. compressione squeezing 6. solo adesso schiaccio C1 per stabilizzare e la deroto 7. impulso in rotazione a coppia, su C0 avrò un impulso a mezza luna

DOG_Pz seduto appoggio sullo sterno

spinosa della pacchetto di fazzoletti sulla vertebra sottostante 292

inclinazione dx

R sin

inclinazione dx

R sin

E

impulso in elevazione

inclinazione sin

Mento perno in leva corta_D1 a sin

shift lat

R dx

E

shift ant

impulso in elevazione

F

impulso 293