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Søren Kierkegaard La Vita Kierkegaard nacque nel 1813 dal ricco commerciante Michael Pedersen e dalla sua seconda moglie Ane Lund. Fin dai primi anni della sua vita venne educato in maniera rigida e strettamente religiosa. Seguì le lezioni di Schelling e inizialmente si interessò della sua filosofia. Ebbe una profonda influenza di pessimismo soprattutto dall’influenza paterna che lo portò ad una vita prestata all’introspezione. Egli si convinse, infatti, che la sua esistenza fosse quasi maledetta forse a causa di un’imprecazione del padre o a causa di aver sedotto la madre. Questo elemento avrà profonde ripercussioni sulla sua vita in quanto arrivò anche ad abbandonare la sua relazione con Regina Ølsen impaurito dalla possibilità di rovinare anche la sua vita. Vittima di tale pregiudizio vivrà dalla rendita dell’eredità paterna in totale solitudine dedicato solo ai suoi studi pubblicando sporadicamente qualche opera in riviste locali. L’esistenza come possibilità e la fede Il filosofo si porrà contro l’idealismo romantico affermando l’importanza dell’individualità dell’uomo e opponendosi all’astrattezza della natura ponendola come qualcosa di concreto. Punto chiave del suo pensiero sarà l’analisi della categoria kantiana della possibilità. Per Kierkegaard non bisognerà parlare unicamente di possibilità che possano avvenire ma anche di quelle che non possano avvenire. Perciò trovandosi nel mezzo tra le due ricadrà nel nulla che si rifletterà sulla sua vita ponendolo in uno stato di angoscia perenne. Egli definirà la sua esistenza ferma ad un punto zero che esprime l’incontro degli estremi opposti e che non gli consentirà di giungere ad uno scopo nella vita chiarendo tuttavia, le possibilità che si prestano agli altri uomini e ponendosi in una condizione contemplativa atta a non poterne prendere arte. Considererà, infine, la cristianità unico spiraglio per l’uscita da tale angoscia che può avvenire o mediante la dottrina della salvezza o tramite l’incontro con Dio. Il rifiuto dell’hegelismo Hegel esprimerà il suo concetto di filosofia in maniera oggettiva e così facendo ridurrà anche gli uomini al loro semplice genere al pari degli animali . Per Kierkegaard al contrario l’uomo deve essere sopra al genere ed identificarsi come singolo mediante un pensiero di tipo soggettivo. Anche il concetto di verità che per Hegel è fine a se stesso, per il filosofo danese sarà un’espressione paradossale ed appassionata del singolo che ne esprimerà le caratteristiche. Il rifiuto di Hegel andrà, in sintesi, ad identificarsi anche con il rifiuto del panteismo poiché è netta la divisione fra infinito e finito. Vita etica e vita estetica L’uomo di Kierkegaard può scegliere due stili di vita: la vita etica e quella estetica. La vita estetica è quella che coglie la fuggevolezza dell’attimo e la sua repentinità. Essa incarna il concetto di cambiamento e di ricerca continua del nuovo e del migliore. La paragona ad un amante, il don Giovanni, che cambia continuamente le sue donne e ne cerca sempre di più. Questo stile di vita, alla lunga, causa però noia che ha come unica uscita il passaggio alla vita etica. Questa vita è basata sulla quotidianità e sulla fedeltà a se stessi che sia incarnata, tornando all’esempio dell’amore, in quella del marito in quanto il matrimonio rappresenta la massima stabilità associato ad un lavoro che è piacevole da svolgere. La scelta della libertà sarà quindi una scelta assoluta che darà all’uomo una storia. Proprio da questa storia si possono cogliere i dolori e le disperazioni che sono un tormento continuo per l’uomo il quale, costretto dagli eventi dovrà passare alla vita religiosa. Vita Religiosa Anche tra vita religiosa e vita etica non ci sono nessi ma c’è, al contrario un abisso profondissimo. Un esempio di vita religiosa può essere dato da quello di Abramo che sacrificherà il suo unico figlio per volere di Dio. Facendo ciò, egli non seguirà alcuna legge morale ma solo quella divina. La conseguenza di ciò può portare gli uomini di fede a trovarsi anche soli perché possono andare anche contro tutti gli altri. La fede è quindi
solitudine ed angoscia che sono rappresentate dal rapporto con Dio che è privato ed unico. Ma qual è la giustificazione dell’esistenza di Dio? Essa si incarna nella domanda stessa in quanto Dio è sostanzialmente fede. L’uomo quindi si trova al bivio del “credere” o “non credere” anche se questa scelta sarà sempre condizionata da Dio stesso. La religione è,infine , la ricerca della propria esistenza che è rivelato da essa ma non è monopolio religioso in quanto reperibile anche nella vita etica e quella estetica e va quindi a essere la sintesi della vita dell’uomo.
L’angoscia La vita dell’uomo è fortemente condizionata dalle possibilità le quali portano quindi all’angoscia. Essa deriva dalle possibile e si incarna anche nel concetto di peccato in quanto lo stesso Adamo, non corrotto dalle possibilità, inesistenti alla sua epoca, cadde nell’angoscia in quanto in preda al nulla e all’”impossibilità”. L’angoscia va ricollegata anche al concetto di tempo in quanto essa esiste solo in relazione al futuro ed è, infine, anche infinita poiché relazionata alle possibilità umane e quindi insuperabile. La disperazione Legata in parte all’angoscia essa esprime la difficile relazione con il nostro io. Noi la subiremmo sempre, infatti, in quanto noi possiamo voler essere noi stessi e quindi cerchiamo una figura di noi sempre maggiore che porta alla disperazione e dall’altro il non voler essere noi stessi non è possibile in quanto siamo congiunti al nostro corpo. Essa è quindi una malattia mortale non in quanto causa la nostra morte ma perché porta alla morte dell’io. Essa nasce da due elementi: Necessità o libertà. Se nasce dalla necessita vagherà verso le possibilità infinite e quindi le contemplerà tutte. Due su tutte quella malinconico fantastica e quella del desiderio. Se essa è invece è libertà avrà come soluzione il possibile. La risoluzione della disperazione la troveremo, quindi, nella fede che è opposta al peccato in quanto solo il contatto con Dio non permette lo scontro fra volontà ed autosufficienza poiché la volontà è supportata da Dio stesso. La fede, infine, è abitata da numerosi paradossi come l’impossibilità della trascendenza di Dio, la sua impossibilità nel farsi uomo o la mancanza di concretezza del peccato che sono destinati a rovesciare il mondo delle possibilità. Egli si pone quindi al di sopra di tutto ciò per mettere ordine e dare un punto fisso all’esistenza. Il rapporto con la storia Il filosofo afferma la sua opposizione alla concezione hegeliana della storia la quale afferma che Dio è da ritrovare nel corso della storia dei popoli. Kierkegaard andrà a dire che Dio si manifesta nell’attimo e che quindi è in una sorta di non verità. Critica anche Socrate che vuole cercare dentro l’uomo la verità la quale, al contrario è da cercare in un uomo esterno. Dio inoltre è lontano da noi e la sua differenza con l’uomo è assoluta e quindi non è possibile in un Dio che diventa uomo.