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Zitiervorschau

Gabriel Ramis

94015 INTRODUZIONE ALLE LITURGIE OCCIDENTALI

Pontificio Ateneo Anselmiano Facoltà di Sacra Liturgia

Roma 1995

2

PRIMA PARTE QUESTIONI INTRODUTTIVE

I - LA PENTECOSTE II - LA VENUTA DI SAN PAOLO ALLA "TARRACONENSE" 1 - Status quaestionis. 2 - I testimoni. III - LA CHIESA IN OCCIDENTE NELLA SECONDA METÀ DEL SECOLO SECONDO FINO ALLA FINE DEL TERZO SECOLO. 1 - La testimonianza di Giustino. 2 - Ireneo, testimone della Gallia. 3 - Tertulliano, testimone dell'Africa. 4 - Origene, un testimone orientale. 5 - La Tradizione Apostolica di Ippolito. 6 - Le lettere di Cipriano. 7 - Fruttuoso e i suoi diaconi, testimoni della Spagna. 8 - Organizzazione della Chiesa in Africa. 8.1 - Battesimo – Eucaristia. 8.2 – Penitenza. 8.3 – Matrimonio. 8.4 - Preghiera della Chiesa. 8.5 - Anno liturgico. 9 - Le istituzioni. 9.1 - I concili. 9.2 - I martiri. 9.3 - Le sedi episcopali. 9.4 - Problemi disciplinari e dottrinali. 10 - Il Concilio di Illiberi. IV - RIFLESSIONE SULL'INSIEME DI QUESTI DATI SOTTO IL PROFILO LITURGICO V - LATINIZZAZIONE DELL'OCCIDENTE. 1 – Premessa. 2 – Definizione. 3 - La traduzione latina della Bibbia. 4 - La traduzione di scritti non biblici.

3 VI - DALLA IMPROVVISAZIONE ALLE FORMULE LITURGICHE. VII - CONTORNO STORICO. 1 - Impero romano. 2 – Invasioni. 3 – Spagna. 4 – Gallia.

SECONDA PARTE LE LITURGIE OCCIDENTALI I - INTRODUZIONE GENERALE 1 - Le cause che sono all'origine delle diverse famiglie liturgiche. 1.1 - La polarizzazione verso un centro. 1.2 - L'elemento linguistico. 1.3 – Le questioni teologiche. 2 - Le liturgie in Occidente. 3 - Periodi di formazione. II - LA LITURGIA AFRICANA. 1 – Nome. 2 – Origini. 3 - Liturgia antenicena. 4 - Liturgia postnicena. 5 – Fonti. 6 - Ordo missae. 6.1 - Schema dalle opere di Cipriano. 6.2 - Schema dalle opere di Ottato di Milevi. 6.3 - Schema dalle opere di Agostino. 7 - Altre celebrazioni. 8 - Anno liturgico. 9 - Scomparsa della Chiesa africana. III – LA LITURGIA AMBROSIANA. 1 – Nome. 2 – Origini. 2.1 - Origine orientale. 2.1.1 - Tesi del Duchesne. 2.1.2 - Tesi del Mercati. 2.2 - Origine romana. 2.3 - Tesi del Triacca.

4 3 - Le fonti. 3.1 – Sacramentari. 3.2 – Lezionari. 3.3 – Ordines. 4 - Tappe principali nella formazione della liturgia ambrosiana 4.1 - Prima tappa. 4.2 - Seconda tappa. 4.3 - Terza tappa. 5 - Il problema delle due basiliche. 6 - Ordo missae. 6.1 - L'ordo missae di S. Ambrogio. 6.2 - L'ordo missae secondo il Beroldus. 6.3 - L'expositio missae canonicae. 6.4 - Messale Ambrosiano (1981). 7 - L'anno liturgico. 7.1 - Domenica e sabato. 7.2 - Festività alla fine del s. IV. 7.3 - L'avvento ed il Natale. 7.4 - Quaresima e Pasqua. 7.5 - Tempo ordinario. 8 - Ufficio divino. 8.1 – Vespro. 8.2 – Lodi. 8.3 – Vigilie. IV - LA LITURGIA GALLICANA. 1 – Nome. 2 – Origini. 2.1 - Tesi del Duchesne. 2.2 - Tesi del Thibaut. 2.3 - Tesi del Pinell. 3 – Fonti. 3.1 – Sacramentari. 3.2 – Lezionari. 4 - Ordo missae. 5 - L'anno liturgico. 5.1 – Avvento. 5.2 - Natale – Epifania. 5.3 – Quaresima. 5.4 - Settimana Santa. 5.5 - Pasqua e tempo pasquale. 5.6 - Tempo ordinario. V – LA LITURGIA ISPANICA. 1 – Nome.

5 2 – Origini. 2.1 - Autori antichi. 2.2 - Autori moderni. 2.3 - La propria tesi. 3 - Fonti 3.1 – Sacramentari. 3.2 – Lezionario. 3.3 – Antifonario. 3.4 – Ufficio divino. 3.5 – Ordines. 4 - Scuole eucologiche. 5 - Le due tradizioni. 6 – Soppressione e ristauro. 7 - L'ordo missae. 7.1 – L'ordo missae in Isidoro. 7.2 – L'ordo missae nelle fonti liturgiche. 7.3 – L'ordo missae nel Messale stampato. 7.4 – L’ordo missae nel nuovo "Missale Hispano- Mozarabicum. 8 - L'anno liturgico. 8.1 – Avvento. 8.2 – Natale Epifania. 8.3 – Quaresima. 8.4 – Triduo pasquale e Settimana Santa. 8.5 – Tempo pasquale. 8.6 – Tempo "De Quotidiano". 9 – L’Ufficio divino. 9.1 – L’ufficio cattedrale. 9.2 – Schema dell’ufficio cattedrale. 9.3 – L’ufficio monastico. 9.4 – Schema dell’ufficio monastico. VI - LA LITURGIA CELTICA. 1 – Nome. 2 – Origini. 3 – Fonti. 4 – L'ordo missae. VII - ALTRE "LITURGIE" OCCIDENTALI. LA LITURGIA DI AQUILEIA 1 – Nome. 2 – Origini. 3 – Fonti. 4 - Dati liturgici. 4.1 - Anno liturgico. 4.2 - Iniziazione cristiana.

6 LE LITURGIE IN TORNO A NAPOLI. 1 – Fonti. LA LITURGIA BRACARENSE. 1 – Nome. 2 – Origini. 3 – Fonti. TERZA PARTE STUDIO COMPARATIVO TRA LE LITURGIE OCCIDENTALI. I - PUNTI CONVERGENTI NELL'ORDO MISSAE. 1 - Proclamazione della Parola di Dio. 2 - Il canto dell'alleluia. 3 - Il rito della pace. II - LA LITURGIA GALLICANA E ISPANICA. III - L'ANNO LITURGICO. 1 – Avvento. 2 – Natale – Epifania. 3 – Quaresima. 4 – Pasqua.

7 PRIMA PARTE QUESTIONI INTRODUTTIVE Nella prima parte del nostro corso studieremo questioni che ci sono utili per introdurci allo studio specifico delle liturgie occidentali, quindi sono questioni per meglio capire l'argomento proposto. Tali questioni sono come l'"humus" nel quale sono nate le liturgie, sono la cornice che inquadra il sorgere delle liturgie in Occidente. Questi argomenti non saranno trattati esaustivamente. Molti degli argomenti trattati in questa prima parte, sono soltanto ipotesi di lavoro. Cronologicamente essi appartengono ai tre primi secoli del cristianesimo; in questo arco di tempo la documentazione non è né abbondante, né esplicita. Quando arriva il cristianesimo nell'Occidente? Come si fondano le Chiese? Come si sviluppa la vita cristiana? Ci facciamo queste domande a partire da un principio teologico e liturgico: dove c'è Chiesa, c'è celebrazione dell'eucaristia e dei sacramenti; diversamente non ci sarebbe Chiesa. Per questo motivo ci interessa il sorgere del cristianesimo in Occidente. Questo vuol dire che la celebrazione sacramentale liturgica è essenziale per costruire e costituire una Chiesa. Logicamente ogni Chiesa, fedele al comando del Signore, organizza la celebrazione sacramentale e liturgica per attuare quello che il Signore ha comandato di fare. Da Gerusalemme e da Antiochia il cristianesimo arriva a Roma. Possiamo dire che il cristianesimo si sviluppa allo stesso tempo in Oriente e in Occidente. Roma diventerà la Chiesa primaziale di tutte le Chiese, dal momento che in essa subirono il martirio gli Apostoli Pietro e Paolo. Tuttavia crediamo che sia utile per noi cominciare con lo studio di codeste questioni.

I - LA PENTECOSTE.

8 Nel capitolo secondo degli Atti degli Apostoli, si descrive la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, e il raduno intorno ad essi di gente da ogni parte del mondo conosciuto (At 2,911) «Parti, Medi, Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma». Quest'arco comprende sia l'Oriente che l'Occidente conosciuto. Tutti questi popoli menzionati dagli Atti ascoltano la prima catechesi di Pietro, si convertono e si fanno battezzare. Mi pare che non sia esagerato pensare che questi pellegrini di Gerusalemme, ritornati nella loro patria, siano i primi germogli della Chiesa di Dio in tutto il mondo. Tra questi pellegrini vi erano quelli romani, cioè i pellegrini di Occidente. Pochi anni dopo sappiamo che Paolo ha l'intenzione di andare sino alla Spagna, cioè la terra Tarragonense, l'estremo Occidente dell'Impero romano. II - LA VENUTA DI SAN PAOLO ALLA "TARRAGONENSE". Questo è un tema molto discusso tra gli studiosi. A noi questo argomento ci interessa dal punto di vista della costituzione della Chiesa (o delle Chiese) in Occidente. Con questo argomento viene messa in causa l'apostolicità delle Chiese dell'estremo Occidente dell'Impero, e noi sappiamo quanto è importante per una Chiesa la nota di apostolicità. Comprendiamo così l'importanza del viaggio di Paolo in Spagna perché, come sappiamo, l'apostolicità di una Chiesa (nel senso di fondazione apostolica), ha anche il suo peso teologico. La domanda, dunque, è questa: si può attribuire a Paolo la fondazione della Chiesa nella terra Tarragonense? Se Paolo ha fondato la Chiesa in terra Tarragonense, ciò vuol dire che alla fine del primo secolo la Chiesa nella penisola Iberica si è già stabilita, ed ha avuto come conseguenza immediata gli inizi liturgici di questa Chiesa, ed anche dell'Occidente europeo.

9 Ma, dato e concesso che questo sia così, sempre ci rimane il dubbio di come si è sviluppata questa Chiesa (o queste Chiese?), perché di questo sviluppo non abbiamo alcun documento che lo attesta. 1 - Status quaestionis Non tutti gli autori condividono la tesi della venuta di Paolo nella terra Tarragonense. Molti l'affermano senza esitazione, ma molti la negano1. Il testo su cui si fonderebbe l'affermazione della venuta di Paolo, è Rm 15, 24.28, dove lo stesso Paolo parla del suo progetto di arrivare fino alla Spagna, anzi, desidera che i Romani appunto gli preparino il viaggio. «Cum in Hispaniam proficisci coepero, spero quod praeteriens videam vos et a vobis deducar illuc si vobis primum ex parte fruitus fuero… hoc igitur cum consummavero et adsignavero eis fructum hunc proficiscar per vos in Hispaniam» (Rm 15, 24.28). Il grave problema inerente a questo testo è che Paolo parla della sua intenzione di arrivare fino alla Spagna, mentre non parla di un viaggio compiuto. Resta per ciò il dubbio se realmente l'Apostolo realizzò il suo desiderio di andare fino ai confini occidentali dell'Impero. 2 - I testimoni Nonostante il dubbio sul viaggio compiuto, i testimoni che affermano la realizzazione del viaggio sono relativamente numerosi. I testimoni si possono dividere in quattro sezioni. Alle due prime sezioni appartengono i testimoni positivi, alla terza i negativi e alla quarta i compilatori. A) La primitiva tradizione romana: Clemente Romano (96c.); 1

Su questo soggetto, cfr. M. SOTOMAYOR, in R. GARCIA VILLOSLADA, Historia de la Iglesia en España I =BAC Maior 16 (Madrid 1979) 156-159; P. DE PALOL, Tarragonese, in DPAC II (1984) 3349-3351; A. MUÑOZ, Estat de la qüestió de l'estudi dels primers segles de cristianisme a Tarragona :AST 67/2 (1994) 413 -432.

10 Il frammento di Muratori (prima del 200). B) La tradizione siro-palestinese: a) Atti degli Apostoli apocrifi: Asia Minore; Roma (?); Actus Petri cum Simone (180-190c.); Passio sanctorum Petri et Pauli (sec. VI-VIII). b) Gli autori dei secoli IV-V: Atanasio di Alessandria (295-373); Cirillo di Gerusalemme (313-387c); Epifanio di Salamina (315-403c.); Giovanni Crisostomo (344/354-407); Girolamo (347-420); Teodoreto di Ciro (347-420). C) Autori che non ammettono il viaggio: Origene (185-254); Innocenzo I (401-417); Gelasio I (492-496); Gelasio che nega il viaggio di Paolo è 70 anni posteriore a Teodoreto che l'afferma. D) I compilatori (s. VI-VII): I compilatori sono autori della fine dell'antichità, e non fanno altro che ripetere in un tono apologetico quello che già hanno detto gli autori più antichi. Actus Xantippar et Polyxenae (sec. VI); Gregorio Magno (540-604c.); Isidoro di Siviglia (560-536); Riportiamo soltanto i testi della sezione A, cioè, i testimoni positivi. «Et praeco factus in Oriente ac occidente, eximium fidei suae decus accepit. Cum totum Mundum docuisset, et AD OCCIDENTIS TERMINOS VENISSET, ac sub principibus martyrium passus est»2. 2

CLEMENTIS, Epistola prima ad Corinthios V, 7 (:PG 1, 219220); Ed. F-X. FUNK, Patres Apostolici I (Tubingen 1905) 107. L'antica versione latina della medesima epistola dice così: Propter zelum et contentionem Paulus bravium ostendit, septies vincula passus, fugatus lapidatus, preco factus in oriente et

11 I termini usati da Clemente nella sua lettera, nella letteratura del suo tempo, si riferiscono a Iberia perché i limiti occidentali dell'Impero erano proprio la penisola Iberica. Il frammento Muratoriano al nostro riguardo è chiaro. «Acta autem omnium apostolorum sub uno libro scripta sunt. Lucas "optimo Theophilo" comprendit, quae sub praesentia eius singula gerebantur, sicuti et semota passione Petri evidenter declarat, sed et profectione Pauli ab urbe AD SPANIAM PROFICISCENTIS»3. Ecco che l'ipotesi resta tale4, anche la relativa abbondanza e chiarezza delle testimonianze, non può lasciarci indifferenti sull'argomento. In base ai dati riportati possiamo almeno formulare l'ipotesi che il cristianesimo arrivò fino ai confini occidentali dell'Impero nella seconda metà del primo secolo. In queste comunità si celebravano i santi misteri. Un altro argomento è il successo di questa predicazione paolina e lo sviluppo del cristianesimo nella Tarragonese e nella Penisola. Su questo non possiamo dire nulla, ci mancano i documenti. III - LA CHIESA IN OCCIDENTE NELLA SECONDA META' DEL SECONDO SECOLO FINO ALLA FINE DEL TERZO SECOLO Diamo adesso uno sguardo alla Chiesa in Occidente a partire dai primi testimoni che abbiamo, allo scopo di avere una veduta di insieme della situazione delle Chiese in Occidente. Dopo la così detta venuta di S. Paolo in Spagna si consolidò in essa realmente il cristianesimo? Da questa ipotetica Chiesa tarragonese si diffuse il cristianesimo in Occidente?

in occidente, fortem fidei suae gloriam accepit, qui docuit iustitiam omnem orbem terrarum, qui ab oriente usque ad fines occidentis venit, et dato testimonio martyrii, sic a potentibus liberavit se ab hoc saeculo, et in sanctum locum receptus est, patientiae factus magnum exemplum. (G. MORIN, Sancti Clementis romani ad Corinthios Epistulae. Versio latina antiquissima = Anecdota Maredsolama 2 (1984) 6-7. 3 Ed. H. LIETZMANN, Kleine Texte, I: Das Muratorische Fragment und die monaschianischen Prologe zu den Evangelien (Bonn 1908/2) 6. 4 Su questo argomento, cfr. J. AMENGUAL BATLE, Els origens del cristianisme a les Balears I (Mallorca 1991) 37-55; è l'ultimo autore che ha trattato questo argomento.

12 In questo periodo di tempo, cioè, tra la fine del primo secolo e l’inizio del secondo, furono fondate altre Chiese? La risposta dovrebbe essere affermativa, benché non possiamo tirare argomenti per la fondazione di altre Chiese dalla venuta di Paolo in Spagna. 1 - La testimonianza di Giustino Prima di affrontare i testimoni liturgici non romani, citiamo la testimonianza di Giustino, il filosofo e martire, che a Roma scrisse la sua Apologia; in essa abbiamo la descrizione del battesimo, l'eucaristia ed anche la domenica. Si deve valutare dovutamente la testimonianza di Giustino; non possiamo trattenerci nello studio approfondito di questi testi, questo ci porterebbe alla questione sacramentaria. Possiamo dire che la descrizione della celebrazione eucaristica è fondamentalmente uguale allo schema che oggi noi abbiamo. Tale schema così si dispone: letture delle memorie degli Apostoli o degli Scritti dei profeti, omelia, preghiere, offerta del pane e del vino ed acqua. Quello che presiede recita la preghiera sul pane ed il vino secondo la sua capacità, e tutti rispondono Amen. Segue la distribuzione della comunione ai presenti ed anche agli assenti; raccolta di denaro per i poveri, orfani e vedove. In questa descrizione della celebrazione della messa si leggono gli scritti dei profeti, si tratta senz'altro della Bibbia; per la preghiera eucaristia non troviamo nessun testo, ma ciò dipende dall'improvvisazione di chi presiede. «A solis, ut dicitur, die omnium sive urbes sive agros incolentium in eundem locum fit conventus, et COMMENTARIA APOSTOLORUM, aut SCRIPTA PROPHETARUM leguntur, quoad licet per tempus [...] et qui praeest, preces et gratiarum actiones TOTIS VIRIBUS emittit, et populus acclamat. Amen».5

Il testo di Giustino, riguardo all’improvvisazione della preghiera eucaristica, è chiaro; colui che presiede, secondo le sue forze, la capacità e le sue possibilità, fa la preghiera.

5

IUSTINUS, Apologia I, 67 (:PG 6, 429-430).

13 La descrizione del battesimo, si presenta collegata alla celebrazione eucaristia. Il battesimo va preceduto da una preparazione, cioè da un’istruzione, dalle orazioni e dal digiuno. Anche la comunità partecipa a questa preparazione. Segue il bagno con l’invocazione trinitaria, e finalmente la partecipazione all'eucaristia. «Quomodo autem nos Deo consecraverimus per Christum renovati, id quoque exponemus; ne quid improbe, si hoc praetermittamus, in enarrandis rebus agere videamur. Quicumque persuasum habuerint et crediderint vera esse, quae a nobis docentur et dicuntur, seque ita vivere posse promiserit, ii precari et ieiunantes priorum peccatorum veniam a Deo petere docentur, nobis una precantibus et ieiunantibus. Deinde eo ducuntur a nobis ubi aqua est, et eodem regenerationis modo regenerantur, quo et ipsi sumus regenerati»6. Nell'Apologia si parla della celebrazione domenicale, e se ne fa la teologia: «Die autem solis omnes simul convenimus, tum quia prima haec dies est, qua Deus, cum tenebras et materiam vertisset, mundum creavit, tum quia Iesus Christus Salvator noster eadem die ex mortuis resurrexit»7. Giustino è un orientale stabilito a Roma, che nella sua Apologia ci dà la descrizione più o meno dettagliata di due sacramenti ed anche la loro teologia. Giustino conosce già la celebrazione domenicale, ed anche la teologia della domenica. Tutto ciò ci dice che anche nell'Occidente, nella metà del secolo secondo c'è già una liturgia abbastanza consolidata. Anzi, l'ordinario della messa di Giustino è il nocciolo a partire del quale si sviluppano tutti gli altri ordinari della messa sia in Oriente che in Occidente. L'apologia di Giustino è indirizzata all'imperatore Antonino Pio (138-161): con tutta probabilità fu scritta fra il 148 e il 1618. 2 - Ireneo, testimone della Gallia Il primo testimone che abbiamo dell'espansione della Chiesa nell'Occidente fuori Roma, è Ireneo. Ireneo è un orientale, asiatico, che lo troviamo nella Gallia, a Lione. Le prime notizie di Ireneo nella Gallia sono del 177, e la data della sua morte è nel 202-203. Dopo esser ritornato da Roma, dove si era recato per intervenire sulla questione quatuordecimana, fu 6 7

IUSTINUS, Apologia I, 61 (:PG 6, 419-420). IUSTINUS, Apologia I, 67 (:PG 6, 429-430). 8 Cfr. J. QUASTEN, Patrologia =BAC 206 (Madrid 1968) 199-200; R-J. DE SIMONE, Giustino filosofo e martire, in DPAC II (1984) 1628-1632.

14 eletto vescovo della sua Chiesa di Lione; infatti c'era stata una persecuzione contro i cristiani nella quale morì anche il Vescovo. La prima constatazione da fare è che nella Gallia, concretamente a Lione, c'è una Chiesa pienamente consolidata con la propria gerarchia ed anche con i suoi martiri, i preziosi frutti di una Chiesa. Ma una Chiesa così solidamente stabilita non è solo in Gallia; Ireneo nel suo Adversus haereses parla delle Chiese di Germania dell'Iberia, dei Celti, di Egitto e di Libia. «Hanc predicationem cum acceperit, et hanc fidem, quemadmodum prediximus, Ecclesia, et quidem in universum mundum disseminata, diligenter custodit, quasi unam domum inhabitans; et similiter credit iis, videlicet quasi unam animam habens, et unum cor, et consonanter haec praedicat, et docet, et tradit, quasi unum possidens os. Nam etsi in mundo loquelae dissimiles sunt, sed tamen virtus traditionis una et eadem est. Et neque hae quae in GERMANIA sunt fundatae ecclesiae aliter credunt, aut aliter tradunt; neque hae quae in HIBERIS sunt, neque hae quae in CELTIS, neque hae quae in Oriente, neque hae quae in EGYPTO, neque hae quae in LYBIA, neque hae quae in medio mundi constitutae; sed sicut sol, creatura Dei, in universo mundo unus et idem est sic et lumen, praedicatio veritatis, ubique lucet, et illuminat omnes homines qui volunt ad cognitionem veritatis venire»9 Questi Celti di cui parla Ireneo, sono gli abitanti di una parte della Gallia, a partire dal secolo IV a.C.; essi abitavano la parte Nord-Occidentale della Gallia, ed erano un popolo diverso dai Germani, che vengono citati per primi. Secondo Ireneo, dunque, nell'"Europa" Occidentale ed Orientale, anche nella Penisola Iberica ci sono Chiese. Ci sono Chiese anche nell'Egitto e nella Libia, evidentemente anche in Palestina e l'Asia Minore. Queste Chiese sono già ben organizzate: credono e consegnano la dottrina ricevuta dagli Apostoli10. La testimonianza di Ireneo è quasi contemporanea a quella di Giustino.

3 - Tertulliano, testimone dell'Africa La testimonianza di Tertulliano che ci fa conoscere una Chiesa africana molto sviluppata, come vedremo è molto importante. Questa testimonianza va dagli ultimi anni del secondo 9

IRAENEUS, Adversus haereses, liber primus X, 2 (:PG 7, 551554). 10 Cfr. A. ORBE, Ireneo, DPAC II (1984) 1804-1816.

15 secolo, agli inizi del terzo secolo. Dopo il 222 noi non sappiamo nulla di Tertulliano. Secondo Girolamo, morì intorno al 240-250 nella vecchiaia. Tertulliano, nel suo Adversus iudaeos (200-206), ci fa l'elenco delle Chiese di Occidente allungando il ventaglio dei popoli credenti in Cristo, rispetto all'elenco che ne fa Ireneo: «Et caeterae gentes; ut iam GETULORUM varietates, et MAURORUM multi fines, HISPANIARUM omnes termini, et GALLIARUM diversae nationes, et BRITANNORUM inacessa Romanis loca, Christo vero subdita, et SARMATARUM, et DACORUM et GERMANORUM, et SCITARUM, et additarum multarum gentium, et provinciarum et insularum multarum nobis ignotarum, et quae enumerare minus possumus? In quibus omnibus locis Christi nomen, qui iam venit, regnat; utpote ante quem omnium civitatum portae sunt apertae, et cui nullae sunt clausae; ante quem serae ferreae sunt comminutae, et valvae aereae sunt apertae»11. Tertulliano cita i Getuli, che sarebbero gli abitanti all'Occidente delle provincie romane dell'Africa. Oggi il Sahara, anche i Bereberes. Dall'Africa sale alla Spagna e alla Gallia e poi alla Bretagna. Tertulliano parla della regione dei Sarmatanorum. Si deve distinguere una Sarmata europea ed un'altra asiatica; con tutta probabilità parla di quella europea, che si estende dal Vistula al mare Baltico, includendo la Polonia ed altre regioni. Poi viene citata la regione dei Dacorum, regione vastissima dell'Europa Orientale, cioè dal Danubio ai monti Carpazi. Oggi corrisponderebbe alla Transilvania, all’Ungheria e alla Moldavia. Finalmente Tertulliano cita i Germani e la regione degli Scitarum. Anche di questa regione chiamata degli Scitarum dobbiamo distinguere una regione europea ed una altra asiatica con lo stesso nome. Tertulliano ci presenta una cornice geografica molto ampia che si estende per tutta l'Europa fino ai confini del continente asiatico. Lui stesso fa notare che queste regioni che non sono ancora soggette ai Romani, lo sono già a Cristo. Può darsi che forse Tertulliano esageri un po’. Tuttavia possiamo credere che l'azione missionaria della Chiesa si era diffusa per tutto l'Occidente.

11

TERTULIANUS, 1355).

Adversus

Iudaeos

VII,4-5

(:CCL

I/2,

1354-

16 4 - Origene, un testimone orientale Origene (185c. - 253-255) nella sua omelia su Ezechiele parla della Chiesa diffusa su tutta la terra, e cita la Bretagna e la terra degli arabi. «Confitentur et miserabiles Iudaei haec de Christi praesentia praedicari, sed stulte ignorant personam, cum videant impleta quae dicta sunt. Quando enim terra BRITANNIAE ante adventum Christi in unius Dei consensit religionem? Quando terra MAURORUM? quando totus semel orbis? Nunc vero propter Ecclesias, quae mundi limites tenent, universa terra cum laetitia clamat ad Dominum Israel, et capax est bonorum secundum fines suos»12. 5 - La Tradizione Apostolica del Ps. Ippolito Benché appartenga alla Chiesa romana, non possiamo non fare un accenno alla Tradizione Apostolica datata intorno al 21513. In essa ci è presentata una Chiesa molto ben strutturata gerarchicamente: in essa vi sono già le figure del Vescovo, del Presbitero, del Diacono, del Lettore, ecc. Lo è anche carismaticamente: in essa sono distinte le figure delle Vedove, e delle Vergini. Si tratta di una Chiesa nella quale, accanto all'iniziazione cristiana, c'è già l'istituzione catecumenale. In questo documento ci sono le prime formule liturgiche dei riti proposti, come gli esorcismi per il catecumenato, la formula battesimale e cresimale per l'iniziazione cristiana, le preghiere di consacrazione per gli ordini della gerarchia, l’anafora per la celebrazione dell'Eucaristia, la preghiera del lucernario, le formule di benedizioni per certi alimenti. Questi riti sono probabilmente esponenti della liturgia romana della prima metà del secolo secondo14. Secondo questa ipotesi, i riti della Tradizione Apostolica si collegherebbero con Giustino. 6 - Le lettere di Cipriano 12

ORIGENES, In Ezechielem homilia IV, 1 (:PG 3, 698). Cfr. J. QUASTEN, Patrologia I =BAC 206 (Madrid 1968) 486489; B. BOTTE, La Tradition Apostolique de Saint Hippolyte. Essai de recostitution :LQF 39 (Münster 1963) XI-XVII. 14 Sulla Tradizione Apostolica di Hippolito cfr. M. METZGER, Nouvelles perspectives pour la pretendue Tradition Apostolique: E Or 5 (1988) 241-259; Enquetes autour de la pretendue "Tradition Apostolique" :E Or 9 (1992) 7-36. 13

17 La lettera 67 di Cipriano (fu Vescovo dal 249 al 258) è una lettera indirizzata al presbitero Felice, ai fedeli di Astorga e di León, ai loro vescovi Basilide e Marziale, che erano "libellatici". Anche questa lettera è indirizzata al diacono Elio e ai fedeli di Merida: AD LEGIONEM ET ASTURICAE ITEM AELIO DIACONO ET PLEBI EMERITAE CONSISTENTIBUS FRATRIBUS IN DNO. S. «Cum in unum convenissemus, legimus litteras vestras, fratres dilectissimi, quas ad nos per Felicem et Sabinum coepiscopos nostros pro fidei vestrae integritate et pro Dei timore fecistis, significantes Basilidem et Martialem libellis idololatriae conmaculatos et nefandorum facinorum conscientia vinctos episcopatum gerer et sacerdotium Dei administrare non oportere [...] Quapropter cum, sicut scribitis, fratres dilectissimi, et ut Felix et Sabinus collegae nostri adseverant utque alius Felix de Cesaraugusta fidei cultor ac defensor civitatis litteris suis significat, Basilides et Martialis nefando idololatriae libello contaminati sint»15. Di questa lettera ci interessano le indicazioni sulle Chiese alle quali è indirizzata. Sono chiese bene organizzate, come quelle di León, Astorga, Mérida, ed anche Saragozza, che si trovano tutte nella penisola Iberica. Questo è un indizio della diffusione e del consolidamento della Chiesa nella Penisola, nel terzo secolo. Queste Chiese erano tanto sviluppate da avere problemi e confronti; a maggior ragione si deve pensare che queste Chiese avevano, senza dubbio, una liturgia più o meno sviluppata. Nell'epistola 68, indirizzata al Vescovo di Lione, Cipriano ci dà notizie delle Chiese della Gallia. «Faustinus collega noster LUGDUNI consistens, fratre carissime, semel atque iterum mihi scripsit significans ea quae etiam vobis scio utique nuntiata tam ab eo quam a caeteris coepiscopis nostris in eadem provincia constitutis, quod Martianus ARELATE consistens Novatiano se coniunxerit et a catholicae ecclesiae veritate adque a corporis nostri et sacerdotii consensione discesserit»16. Da questa lettera sappiamo che c'è un vescovo a Lione, che ci sono altri vescovi nella Gallia, e che il vescovo di Arles era caduto nell'eresia di Novaziano. La stessa riflessione che abbiamo fatto per le Chiese della Penisola Iberica, dobbiamo farla per le Chiese della Gallia.

15 16

CYPRIANUS,Epistula 67, 1.6 (:CSEL 3/2, 735, 740). CYPRIANUS, Epistula 68,1 (:CSEL 3/2, 744).

18 Oltre alle notizie sulle Chiese, queste lettere di Cipriano ci indicano anche l'influsso della Chiesa di Africa su tutta l'area mediterranea17. 7 - Fruttuoso ed i suoi diaconi, testimoni della Spagna La passione del vescovo di Tarragona, Fruttuoso, e dei suoi due diaconi Augurio ed Eulogio, che subirono il martirio il 16 gennaio dell'anno 259, oltre a fornirci indicazioni su una Chiesa ben organizzata, ci offre preziose notizie di organizzazione liturgica. «Et fuerunt in carcere dies sex, et producti sunt die XII kalendas februarias, sexta feria, et auditi sunt [...] Cumque multi ex fraternitate ei offerent ut conditi permixti poculum sumeret, respondit: "non est, inquit, hora solvendae stationis", agebatur enim hora diei quarta, siquidem et in carcerem quarta feria stationem sollemniter celebraverat [...] statim ad eum accessit Augustalis nomine, lector eiusdem, cum fletibus deprecans ut eum excalciaret [...] ingressi sunt ad salutem digni et in ipso martyrio felices, qui sanctarum scripturarum fructum ex repromissione sentirent, similes Ananiae, Azariae et Misaheli extiterunt, ut etiam et in illos divina Trinitas compleretur»18. I dati liturgici che ci interessano a noi sono in primo luogo questi: dalla passio sappiamo che nella Chiesa di Tarragona c'è una gerarchia ecclesiastica già costituita dal vescovo, dai diaconi, e dal lettore. C'è anche un anno liturgico sviluppato, dove sono indicati i giorni di stazione, cioè di digiuno, che si scioglie con la celebrazione dell'eucaristia. Ricordiamo la stretta relazione con l'Africa in questa organizzazione delle stazioni. A questo punto sorge spontanea una domanda: questa Chiesa che presiede Fruttuoso, è la continuazione della ipotetica Chiesa fondata da Paolo? Sono passati quasi due secoli circa (196 anni se il viaggio fu nel 63) e il silenzio su questa Chiesa tarragonese è assoluto. 8 - Organizzazione della Chiesa in Africa Dagli scritti di Tertulliano possiamo ricavare preziose notizie sulla vita e sull'organizzazione delle Chiese almeno in Africa. Le notizie fornite da Tertulliano ci fanno 17

Dobbiamo tener presente questi rapporti della Gallia e della Spagna con Cipriano, cioè, con l'Africa, quando parleremo delle origini della liturgia gallicana ed ispanica. 18 Passio SS. Fructuosi, Augurii et Eulogii, Ed. P. FRANCHI DE' CAVALLIERI, Gli atti di S. Fruttuoso di Tarragona =Studi e Testi 65 (Città del Vaticano 1935) 183-194.

19 capire che la Chiesa era già molto ben sviluppata e consolidata. Perciò, è molto importante lo studio di questa Chiesa. 8.1 - Battesimo - Eucaristia Tertulliano scrive il primo trattato monografico sul battesimo. Quest'opera è datata fra il 198 e il 200. In questo trattato l'autore, oltre le questioni teologiche ed altre questioni minori, ci descrive la celebrazione di un sacramento ben organizzato e ritualizzato secondo questi elementi: ministro, tempo da conferire il battesimo, preghiera sull'acqua, immersione, unzione etc. Ciò che a noi interessa sottolineare è la preghiera sull'acqua. Sappiamo che si adopera un testo eucologico per la benedizione, ma non abbiamo il testo. È il grande problema di questi primi secoli, la mancanza, cioè, di testi liturgici, anche se sappiamo che esistevano per la testimonianza indiretta dei Padri. Certo che in questo periodo le preghiere si improvvisano, secondo un certo schema che però non conosciamo. «Igitur omnes aquae de pristina originis praerogativa sacramentum sanctificationis consequuntur,INVOCATO DEO»19. Nel De Corona Tertulliano ci dà una visione d'insieme dell'iniziazione cristiana, della celebrazione eucaristica, della domenica, dell'anno liturgico, delle messe per i defunti, del digiuno, della preghiera in ginocchio e del segno della croce. «Hanc si nulla Scriptura determinavit, certe consuetudo corroboravit, quae sine dubio de traditione manavit [...] Denique, ut a baptismate ingrediar, aquam adituri, ibidem, sed et aliquando prius in Ecclesia sub Antistitis manu contestamur nos renuntiare diabolo, et pompae, et angelis eius; dehinc ter mergitamur, amplius aliquid respondentes, quam Dominus in Evangelio determinavit. Inde suscepti, lactis et mellis concordiam pregustamus; ex qua ea die, lavacro quotidiano per totam hebdomadam abstinemus. Eucharistiae sacramentum, et in tempore victus, et omnibus mandatum a Domino, etiam antelucanis coetibus, nec de aliorum manu quam praesidentium sumimus; oblatione pro defunctis, pro natalitiis annua die facimus; die Dominico ieiunium nefas ducimus, vel de geniculis adorare. Eadem immunitate a die Paschae in Pentecosten usque gaudemus. Calicis et panis etiam nostri aliquid decuti in terram anxie patimur. Ad omnem progressum atque promotum, ad omnem aditum et exitum, ad calciatum, ad lavacra, ad mensas, ad lumina, ad cubilia, ad sedilia, quaecumque nos conversatio exercet, frontem crucis signaculo terimus»20. 19 20

TERTULIANUS, Liber de baptismo, IV, 4 (:CCL I/1, 280). TERTULIANUS, De Corona, III, 2-4 (:CCL I/2 1042-1043).

20 In questo testo si ripetono dati riguardanti il battesimo (il De Corona è del 211) già conosciuti nel De Baptesimo. Ci vengono offerti elementi preziosi sulla celebrazione dell'eucaristia che si celebra nelle prime ore del giorno e le notizie delle messe per i defunti. Abbiamo notizie anche sull'anno liturgico ed il tempo pasquale. Conosciamo anche i dettagli di venerazione verso l'eucaristia: ad esempio, tutti hanno cura che non cada per terra una briciola di pane oppure una goccia di vino. Sappiamo anche che i cristiani fanno il segno della croce prima di qualsiasi attività. 8.2 - Penitenza Nel De pudicitia, ci parla della penitenza. Questo trattato è del 217-222: «Et tu quidem poenitentiam moechi ad exorandam fraternitatem in ecclesiam inducens, conciliatum et concineratum cum dedecore et horrore compositum prosternis in medium ante viduas, ante presbyteros, omnium lacinias invadentem, omnium vestigia lambentem, omnium genua detinentem, inque cum hominis exitum quantis potes misericordiae inlecebris, bonus pastor et benedictus Papa concionaris, et in parabola ovis, capras tuas quaeris, tua ovis ne rursus de grege exiliat, quasi non exinde iam habeat quod nec semel licuit, caeteras etiam metu comples, cum maxime indulgeas»21. Da questo testo si può dedurre come era organizzata la disciplina penitenziale nella Chiesa africana. Il penitente procede in abito povero, e si presenta davanti tutta la comunità chiedendo perdono. Importante è anche il trattato De poenitentia (a.203), perché appartiene al periodo cattolico di Tertulliano; in questo trattato si contempla la possibilità del perdono dei peccati commessi dopo il battesimo22. 8.3 - Matrimonio Nel libello dedicato alla sua sposa, Ad uxorem (200-206), Tertulliano ci parla del sacramento del matrimonio. Non è un matrimonio, se non è celebrato in Chiesa, durante la celebrazione eucaristica. Tertulliano parla del sacramento del matrimonio: «Dubitandum et inquirendum et identidem deliberandum est, an idoneus sit invectis dotalibus, cui Deus censum suum credidit. Unde sufficiamus ad enarrandum felicitatem eius matrimonii, quod Ecclesia conciliat, et confirmat oblatio, et obsignat benedictio, angeli renuntiant, Pater rato habet? Nam nec in terris filii sine consensuu patrum recte et iure nubunt. Quale iugum fidelium 21 22

TERTULIANUS, De pudicitia XIII, 7-8 (:CCL I/2, 1304). TERTULIANUS, De poenitentia (:CCL I/1, 321 ss.).

21 duorum unius spei, unius disciplinae, eusdem servitutis! Ambo fratres, ambo conservi, nulla spiritus carnisve discretio»23. 8.4 - Preghiera della Chiesa Anche Tertulliano ci parla della preghiera della Chiesa ben organizzata: la terza, la sesta, la nona, e le legitimae orationes nel Liber De oratione. Questo trattato è del 198-200, la stessa data del De Baptismo, ed è indirazzato ai catecumeni: «De tempore vero non erit otiosa extrinsecus observatio etiam horarum quarundarum. Istarum dico communium, quae inter spatia signant, tertia, sexta, nona, quas solemniores in Scripturis invenire est [...] Exceptis utique legitimis orationibus, quae sine ulla admonitione debentur ingressu lucis et noctis»24. 8.5 - Anno liturgico Sempre, secondo Tertulliano, abbiamo un anno liturgico abbastanza sviluppato. Oltre ai dati nel De corona già citato, nel suo trattato De oratione (200-206) ci dà abbondanti notizie: «De genu quoque ponendo varietatem observationis patitur oratio per pauculos quosdam, qui sabbato abstinent genibus. Quae dissenssio cum maxime apud Ecclesias causam dicat, Dominus dabit gratiam suam, ut aut cedant, aut sine aliorum scandalo sententia sua utantur. Nos vero, sicut accepimus, solo die dominico Resurrectionis non ab isto tantum, sed omni anxietatis habitu, et officia cavere debemus, differentes etiam negotia, ne quem diabolo locum demus. Tantumdem et spatio Pentecostes, quare eadem exultationis solemnitatem dispungimur. Caeterum omni die quis dubitet prosternere se Deo vel prima saltem oratione, qua lucem ingredimur? Ieiuniis autem et stationibus nulla oratio sine genu, et reliquo humilitatis more celebranda est»25. «Similiter et stationum diebus non putant plerique sacrificiorum orationibus interveniendum, quod statio solvenda sit, accepto corpore Domini. Ergo devotum Deo obsequium Eucharistia resolvit? An magis Deo obligat? Nonne solemnior erit statio tua, si ad aram Dei steteris? Accepto corpore Domini, et reservato, utrumque salvum est, et participatio sacrificii, et executio officii. Si statio me militari exemplo nomen accipit (nam et militiae Dei sumus, 2Cor X,4; 1Tim I,18) utique nulla laetitia, sive tristitia obveniens castris, stationes militum rescindit. Nam laetitia libentius, tristitia sollicitius administrabit disciplinam»26. 23

TERTULIANUS, TERTULIANUS, 273). 25 TERTULIANUS, 272). 26 TERTULIANUS, 268). 24

Liber II Ad uxorem, IX, 6-7 (:CCL I/1, 393). Liber de oratione, XXV, 1-5 (:CCL I/1, 272Liber de oratione XXIII, 1-4 (:CCL I/1, 271Liber de oratione XIX, 1-5 (:CCL I/1, 267-

22 Nella struttura dell'anno liturgico offertaci da Tertulliano, abbiamo il giorno di Pasqua, ed anche i cinquanta giorni che seguono, fino alla Pentecoste. Sono stabiliti i giorni delle stazioni, i giorni di digiuno, ed anche la celebrazione dell'eucaristia in questi giorni. Nel Liber De ieiuniis27 scritto dopo il 213, Tertulliano parla di nuovo delle stationes come giorno di digiuno. Non c'è dubbio che Tertulliano ci dia abbondantissime notizie sulla vita liturgicosacramentale della Chiesa di Africa. Ci sono le celebrazioni di tutti i sacramenti, della preghiera e l'organizzazione dell'anno liturgico, ma non abbiamo nessuna formula liturgica che, senza dubbio, esisteva. Comunque, dobbiamo tenere sempre presente il problema della improvvisazione, che ci impedisce di avere delle formule liturgiche in questo periodo. In base a questi dati della Chiesa africana, possiamo chiederci fino a che punto questa Chiesa ebbe influsso sulle chiese occidentali vicine; o forse nelle Chiese occidentali ci fu un sviluppo parallelo a quello della Chiesa africana, del quale noi non sappiamo nulla. Ma dobbiamo badare ai dati, e questi ci mostrano la Chiesa africana più sviluppata che le altre Chiese Occidentali. Certo, la Traditio Apostolica è la prova di una notabile evoluzione rispetto ai testi liturgici, ed anche di una grande evoluzione della Chiesa romana. Questa però è una questione sulla quale dobbiamo riflettere, sapendo anche che per ora non abbiamo praticamente alcuna documentazione sulla quale fondare le nostre affermazioni. 9 - Le istituzioni Fino adesso abbiamo studiato le testimonianze delle persone sullo sviluppo della Chiesa in Occidente. Adesso vediamo le testimonianze delle istituzioni. Esse sono prove della solida costituzione delle Chiese occidentali. 9.1 - I concili Nell'Africa, il I° Concilio di Cartagine (218-222) radunò 18 vescovi della Numidia. Il terzo Concilio, presieduto da Cipriano, radunò 81 vescovi della proconsolare, della Numidia e della Mauritania. 27

TERTULIANUS, Liber de ieiuniis, II,3; X; XIII (:CCL I/2, 1258; 1267-1269; 1271).

23 Questo vuol dire che le sedi episcopali si erano moltiplicate, e che nel secolo III la Chiesa si trovava ben consolidata nell'Africa romana. 9.2 - I martiri Lo stragrande numero dei martiri della fine del secolo II in Africa, è una prova della instaurazione del cristianesimo. Nella terra Tarragonese, il 16 gennaio 259 subirono il martirio Fruttuoso vescovo di Tarragona ed i suoi diaconi Augurio ed Eulogio. Gli atti della sua passione ci forniscono pregevoli dati liturgici. 9.3 - Le sedi episcopali Nel secolo III assistiamo ad un grande progresso del cristianesimo, soprattutto in Africa. Nel secolo III nell'Africa romana c'erano almeno ottantuno sedi episcopali, giacché fu questo il numero dei vescovi che assistettero al III Concilio di Cartagine. In Italia, sempre intorno al III sec., le sedi si moltiplicano. Oltre a quelle di Roma, Milano, Ravenna, sorgono quelle di Aquileia, Verona, Brescia. In questo secolo nell'Italia peninsulare c'erano più di settanta Vescovi, almeno fu questo il numero di Vescovi presenti ad un Sinodo a Roma (a. 251) sotto Papa Cornelio. Nella Gallia, tramite le lettere di Cipriano, sappiamo che, oltre le sedi di Lione ed Arles, ve ne erano molte altre diffuse per tutta la Gallia. Sempre dalle lettere di Cipriano conosciamo in Spagna, oltre la sede di Tarragona, le sedi di León, Astorga, Mérida e Saragozza28. 9.4 - Problemi disciplinari e dottrinali In questo terzo secolo sorgono problemi disciplinari ed anche dogmatici all'interno della Chiesa. I problemi disciplinari erano soprattutto quelli degli apostati e quelli dei libellatici. Le persecuzioni contro i cristiani provocarono l'apostasia, e la finzione di sacrificare agli dei, cioè quelli che si procuravano il certificato di aver compiuto il sacrificio. Questo fa si che nelle comunità cristiane sorgano discussioni circa la disciplina penitenziale che si deve applicare a coloro che vogliono ritornare in comunione con la Chiesa.

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Cfr. A. FLICHE - V. MARTIN, Historia de la Iglesia II (Valencia 1976) 186-194.

24 Sorsero anche discussioni dogmatiche, per esempio, quella discussione fra la Chiesa di Cartagine e quella di Roma sulla validità del battesimo conferito dagli eretici. Si trovano in causa anche il montanismo e il donatismo. Il tema era molto serio perché riguardava la stessa appartenenza alla Chiesa. La validità o l’invalidità del battesimo mette in questione la stessa Chiesa. 10 - Il Concilio di Illiberi Questo concilio si celebra nel passaggio dal secolo terzo al quarto secolo, ed è un segno della consolidazione delle Chiese, e della loro esplosione vitale 29. Esso viene messo in causa anche perché è un concilio celebrato prima di Nicea, e ci offre preziosi dati liturgici. Tutti sono d'accordo nell'affermare l'autenticità di questo concilio malgrado la difficoltà che potrebbero rappresentare certi canoni. Il Migne afferma che si dovrebbe parlare di collezione di Elvira più che di Concilio. Il luogo di celebrazione di questo concilio è Granada nel Sud della Spagna. Riguardo la data di questo concilio ci sono due ipotesi: la prima daterebbe il concilio prima della persecuzione di Diocleziano, nel periodo di pace fra il 295-303; per la seconda ipotesi, la celebrazione del concilio sarebbe avvenuta dopo l'abdicazione di Diocleziano e Massimiano, e il Concilio di Arles, cioè, fra il 306-314. Comunque, questo concilio presuppone un’organizzazione ecclesiale già pienamente sviluppata. Per quello che interessa al nostro tema, il concilio tratta i punti seguenti:

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-

Catecumenato, iniziazione cristiana;

-

Disciplina penitenziale;

-

Celebrazione dell'eucaristia, comunione;

-

Anno liturgico;

-

Edifici per il culto30.

Cfr. J. VIVES (Ed.), Concilios visigóticos e hispanoromanos, CSIC (Roma-Madrid 1963) 1-18. 30 Cfr. M. SOTOMAYOR, La Iglesia en la España romana, in R. GARCIA VILLOSLADA, Historia de la Iglesia en España I :BAC Maior 16 (Madrid 1979) 81-97.

25 IV – RIFLESSIONE SULL’INSIEME DI QUESTI DATI SOTTO IL PROFILO LITURGICO.

Partendo dai dati in nostro possesso sulle Chiese occidentali dal secolo secondo fino alla fine del terzo secolo finora ora studiati, possiamo fare questa riflessione. All'inizio del secolo secondo, forse anche alla fine del primo secolo, si comincia l'evangelizzazione dell'Occidente, si fondano Chiese, si organizza la vita ecclesiale. Nel terzo secolo la Chiesa è già ben organizzata e sviluppata in Occidente. Queste Chiese hanno le loro celebrazioni, forse non pienamente strutturate; secondo i dati che possediamo c'è la celebrazione dei sacramenti, dunque c'è la liturgia, ci sono le formule liturgiche con le quali si celebrano i sacramenti, e c'è anche una cornice rituale31. Il problema non è lo sviluppo della cornice rituale, perché la questione centrale, dalla quale si sviluppa la celebrazione, in linea di massima è uguale in tutte le Chiese, a prescindere che siano Orientali o Occidentali. Con Giustino (a. 150) abbiamo la descrizione del Battesimo e dell'Eucaristia, e tutte le Chiese celebrano secondo questo rito-base; cioè la messa ha una proclamazione della parola, l'offerta dei doni, la preghiera del celebrante, la comunione e la raccolta di doni per i poveri. Per il battesimo possiamo andare più indietro fino alla Didaché (a. 70-90), dove c'è una istruzione catecumenale, un digiuno preparatorio, e poi il battesimo nei fiumi e nelle fonti. Il problema si pone nel momento in cui si vuol sapere quando è cominciata la produzione eucologia. E’ certo che ciò è avvenuto pian piano e non si può stabilire una data ante e post. Si pone però un'altra domanda: quelle formule liturgiche anche improvvisate, usate nelle Chiese occidentali nel secolo secondo e terzo, e le strutture rituali delle celebrazioni, sono veramente l'embrione di quelle che abbiamo nei manoscritti ispanici, gallicani, ambrosiani, etc., e che sono arrivati fino a noi? Oppure c'è un taglio, cioè non c'è una continuità tra quei ipotetici testi primitivi e quelli che abbiamo adesso? È un problema proposto di difficile soluzione, per non dire che non ha risposta, perché non abbiamo nessun documento di questi secoli. Per esempio, da Tertulliano sappiamo che ci sono

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Come esempio di formule liturgiche si potrebbe proporre l'esempio biblico del battesimo nel nome di Gesù, At 2,38; 8,16; 10,48; 19,5; 22,16; ed anche il battesimo nel nome della Trinità, Mt 28,19. Anche gli inni inseriti nel testo biblico novotestamentario, si pensi a Fil 2.

26 le ore mattutine (laudes) e le ore vespertine (vespro); che ci sono anche le ore minori di terza, sesta e nona, ma non ci dice quale era il contenuto di queste preghiere. Nel suo De Baptismo, ci avverte che l'acqua per l'abluzione battesimale si benedice, ma non ci indica la preghiera di benedizione. Anche Cipriano ci parla di queste ore di preghiera e ne fa la teologia, però non sappiamo quali erano i salmi che si pregavano, o le preghiere che si dicevano. Al massimo che possiamo fare è rintracciare qualche espressione che ci avvicina a qualche testo liturgico32. È vero, d'altra parte, che ci troviamo in un periodo di improvvisazione, ed in parte è logico che non esistano dei manoscritti nei quali resti compilata l'eucologia. Però non è meno certo, che se questi testi "improvvisati" dai celebranti non fossero stati messi per scritto, oggi non avremmo i sacramentari, che, come sappiamo, cominciano con le compilazione di libelli. D'altra parte, i "testi liturgici" che abbiamo nella Tradizione Apostolica di Ippolito, non fanno altro che ingrandire il problema, perché la così detta anafora eucaristica, per esempio, non ha nulla a che vedere con il canone romano, né con le anafore ispaniche o gallicane, se non con la struttura interna (azione di grazie, anamnesis, epiclesis, etc.). Forse oggi, queste domande rimangono ancora senza risposta.

V - LATINIZZAZIONE DELL'OCCIDENTE33. 32

Un esempio può essere l'articolo di G. MORIN, Une particularitè du "qui pridie" en usage en Afrique au Vè.-Viè. siècle :R Ben 41 (1929) 70-73. 33 Su questo argomento cfr. A. HAMMAN, Traduzioni latine di testi greci: DPAC II (Casale Monferrato 1984) 3503-3505; V. LOI, Latino cristiano :DPAC II (Casale Monferrato 1983) 19011904; ID. Lingua liturgica, in Liturgia: DPAC II (Casale Monferrato 1983) 1990-1994; J. DANIELOU, Les origines du christianisme latin (Paris 1978); C. MOHRMANN, Le latin langue de la chrétienté occidental, in ID. Études suer le latin des chrétiens I (Roma 1961[2]) 51, ss.; ID. Latin vulgaire. Latin des chrétiens (Paris 1952); ID. Notes sur le latin liturgique :Irenikon 25 (1952) 3-19; ID. Le latin liturgique, in B. BOTTE - C. MOHRMANN, L'ordinaire de la Messe. Texte critique, traduction et études (Paris-Louvain 1953) 29-48; ID. Le latin langue de la chrétienté occidental: Aevum 24 (1950)

27 1 - Premessa Mentre la liturgia romana si celebrava in greco, le altre liturgie occidentali si celebravano in latino; bisogna, dunque, parlare del passaggio dal greco al latino in Occidente. 2 – Sviluppo Il cristianesimo nacque in Oriente, ma in Occidente fu annunziato in greco, il greco della "koiné", perché questa era la lingua conosciuta in tutto l'Occidente, oltre il latino evidentemente. Negli anni 64, forse già negli anni 40, quando si fondò la comunità cristiana nell’Urbe, i loro abitanti erano in grande maggioranza greci. Di fatto, Roma era più cosmopolita che occidentale, e più greca che latina. La latinizzazione di Roma si fece pian piano, e per secoli coesistono il latino e il greco. Il N.T. fu scritto in greco, ma prima di Cristo abbiamo la traduzione greca dell’A.T., cioè la traduzione dei LXX. Gli antichi testi cristiani usciti da Roma, delle Chiese più antiche delle Gallie, e delle chiesa dell'Africa attestano che le primitive comunità erano di lingua greca. Così Ireneo, vescovo di Lione (135-202c., alcuni dicono 177) scrisse la sua opera Adversus haereses in greco. I numerosi grecismi nei documenti latini più antichi dell'Africa, sono una prova che in queste comunità si parlava originariamente greco. Ma è la Chiesa di Africa che parlò per prima latino. Tertulliano, Arnobio, Cipriano, Lattanzio, Agostino furono gli autori del vocabolario cultuale e giuridico della Chiesa in Occidente. 133- ;ID. Quelques observations sur l'évolution stylistique du canon de la messe romaine: VC 4 (1950) 1-19; ID. Les emprunts grecs dans la latinité chrétienne :VC 4 (1950) 193-211; ID. Les origines de la latinité chrétienne a Rome: VC 3 (1949) 67-106; 163-183; A. BAUMSTARK, Antik-römischen Gebetstil in Messkanon, in AA. VV., Miscellanea Mohlberg (Città del Vaticano 1948) 301331; C. MOHRMANN, Les éléments vulgaires du latin des chrétiens :VC 2 (1948) 89-101; 163-184; ID. Le latin commun et le latin des chrétiens: VC 1 (1947) 1-12;J. LECLERCQ, Le latin langue d'Eglise: LMD 11 (1947) 55-75; C. MOHRMANN, Quelques traits caractéristiques du latin des chrétiens, in AA. VV. Miscellanea Mercati I (Città del Vaticano 1946) 437-466.

28 Il processo di latinizzazione è chiaramente avviato a metà del secondo secolo sia a Roma che in Africa nord-occidentale, benchè il latino non diventerà lingua ufficiale nella Chiesa romana fino alla metà del secolo IV, con Papa Damaso (366-384). Ma mentre a Roma la liturgia si celebra in greco, in Africa il latino è la lingua della liturgia e della Chiesa. 3 - Definizione Il latino cristiano si creò traducendo i documenti cristiani (Bibbia e scritti non canonici) dal greco al latino. Cosa intendiamo per latino cristiano? Loi ci dà questa descrizione: «Per latino cristiano si intende il latino caratterizzato dai fenomeni lessicografici (ebraismi, grecismi, neologismi formati con normali processi di suffizzazione latina), semasiologici e sintattici peculiari del linguaggio delle comunità cristiane d'Occidente dal II al V secolo, fenomeni sorti e affermatisi nei contesti comunitari della vita di un gruppo religioso caratterizzatosi anche linguisticamente per effetto della propria disciplina e della propria dottrina rispetto alla società pagana»34. 3 - La traduzione latina della Bibbia35 Nell'Africa, alla fine del secolo secondo c'erano delle traduzioni latine dell'Antico Testamento. Le citazioni di Tertulliano e di Cipriano ne sono una testimonianza. Ma anche a Roma si può ipotizzare una traduzione anteriore attestata da Novaziano. Ci risulta, dunque una traduzione latina africana, ed un’altra romana. Tuttavia dobbiamo notare che il cristianesimo si sviluppò in Africa e a Roma in ambiente giudeo; ciò vuol dire che i Giudei avevano già una traduzione latina dell'A.T. Perciò , forse, possiamo parlare di un latino giudeo prima del latino cristiano. Per la traduzione latina del N.T. abbiamo la testimonianza dei Martiri Scillitani: nella loro passio si dice che portano gli scritti degli Apostoli (a. 180) 36. Anche il canone di Muratori ci dice che in questo stesso tempo c'è una traduzione latina del N.T. 34

V. LOI, Latino cristiano :DPAC II (1983) 1901. Cfr. P. SABATIER, Bibliorum sacrorum latinae versiones antiquae (Reims 1745); B. FISCHER, Vetus latina. Reste der altlateinschen Bibel (Beuron 1949); J. GRIBOMONT, L'Eglise et les versions bibliques: LMD 62 (1960) 41-68. 36 Questa passio é il primo documento cristiano in latino non canonico, scritto in Africa. 35

29 Alla fine del secolo secondo abbiamo proprio la traduzione latina di tutta la Bibbia. Se la traduzione latina dell'A.T. fu importante per il latino biblico, quella del N.T. lo fu per il latino cristiano. Così sorgono le traduzioni della Bibbia chiamate Vetus latina, nella Penisola Italiana, nella Penisola Iberica e nell'Africa. Questa versione della Vetus latina africana è databile nella seconda metà del secolo II. Il latino biblico ha, come impegno, la fedeltà letteraria al testo sacro, perciò si conservano termini ebraici liturgici come: Amen, Alleluia, Osanna. In questo latino si tramandano anche molti termini greci: abyssus, extasis. Si coniarono anche termini che fossero in perfetta coincidenza col termine greco, come anástasis = resurrectio, protótokos = primogenitus, monogenés = unigenitus. Si formarono neologismi significativi della ideologia o della disciplina cristiana: per esempio, da sarx = caro, derivano carnalis, carnaliter. Si deve parlare di neologismi semantici; adoperando gli stessi termini latini, viene dato a essi un nuovo significato, come adventus. Questo latino cristiano non si specchia nel latino classico, ma nel latino popolare.

4 - La traduzione di scritti non biblici Ad essere tradotta in latino non fu solo la Bibbia, ma anche altri scritti cristiani primitivi furono tradotti al latino. Questi scritti erano considerati per molte Chiese come scritti canonici. Abbiamo così la versione latina della Didaché. Una versione latina della prima epistola di Clemente è probabilmente dell'inizio del secondo secolo37. Questa versione è il primo testo latino adoperato a Roma. Il Pastore di Erma fu anche tradotto in latino. Di questo documento possediamo due versioni latine: la Palatina, in un latino preciso, ma si tratta di una versione recente, e la Volgata, che è una versione arcaica. La versione latina del Pastore alla fine del secolo secondo è più che probabile. La versione latina della Prima Epistola di Clemente e la versione latina del Pastore sono state fatte probabilmente a Roma. 37

Questo testo fu edito da G. MORIN, Sancti Clementis Romani ad Corinthios Epistulae. Versio latina antiquissima =Anecdota Maredsolana 2 (1894).

30 Abbiamo anche una versione latina dell’Epistola di Barnaba, ma soltanto della sezione esegetica che, citando la Sacra Scrittura, testimonia una traduzione arcaica della Bibbia. Le traduzioni latine della Bibbia e degli scritti dei Padri Apostolici servivano per la lettura personale dei cristiani, e non per la liturgia perché questa almeno a Roma veniva celebrata in greco. La matrice della liturgia latina in latino forse si deve ricercare nell'Africa cristiana38. La grande epoca delle traduzioni latine è il secolo IV con Rufino e Girolamo ed è l'epoca della Vulgata tradotta da Girolamo. Ma costoro non si limitarono a tradurre testi biblici, ma anche la letteratura patristica e monastica. VI - DALL'IMPROVVISAZIONE ALLE FORMULE LITURGICHE Non c'è dubbio che le prime orazioni liturgiche erano improvvisate da colui che presiedeva la celebrazione. Questo è chiaro della descrizione che ci fa Giustino dell'eucaristia: «Deinde ei, qui fratribus praeest, panis affertur, et poculum aquae et vini; quibus ille acceptis laudem et gloriam universorum Parenti per nomen Filii et Spiritus Sancti emittit, et eucharistiae gratiarum actionem, pro his ab illo acceptis donis prolixe exsequitur. Postquam preces et eucharistiam absolvit, populus omnis acclamat: Amen»39. Il primo testo di preghiera eucaristia che abbiamo è quello della Tradizione Apostolica. Ma questo non vuol dire che sia un testo "liturgico" come oggi noi intendiamo. E’ piuttosto un testo esemplare e normativo al quale si deve ispirare chi fa una preghiera eucaristia: «Si quis oleum offert, secundum panis oblationem et vini, et non ad sermonem dicat sed simili virtute, gratias referat dicens»40. Oltre alla preghiera eucaristia si deve accennare alle preghiere di ordinazione di tutti i gradi della gerarchia, anche alle preghiere di benedizione dell'olio, del formaggio e delle olive, dei primi frutti, ed anche alla preghiera del lucernario. Se è certo che colui che presiedeva una celebrazione improvvisava le formule liturgiche, è anche certo che questa improvvisazione veniva fatta entro certe regole, o entro un certo stile di preghiera che forse ha le sue radici nella preghiera giudea. Può darsi che un esempio

38

Cfr. J. DANIELOU, Les origines du christianisme latin (Paris 1978). 39 IUSTINUS, Apologia I, 65 (:PG 6, 427-428). 40 Traditio Apostolica, Ed. Botte, p. 18.

31 concreto lo si abbia dalla cosiddetta preghiera eucaristia di Didaché 9-10, ma soprattutto al c. 1041. D'altronde è certo che l'improvvisazione rimane fedele a certi canoni trasmessi per tradizione orale, come per esempio, gli elementi formali della preghiera eucaristica. L'improvvisazione però fu rischiosa, e perciò apparirono subito ammonizioni e norme per la composizione dei testi liturgici. Nel secolo IV fu una grande fioritura di testi liturgici, soprattutto in Africa; ma questa fioritura di testi spesso non aveva la qualità dovuta. Agostino si lamenta di questo: «Huic respondetur quia, si non sanctificatur aqua, cum aliqua erroris verba per imperitiam precator effundit, multi non solum mali, sed etiam boni fratres in ipsa ecclesia non sanctificant aquam, multorum enim preces emendantur quotidie, si doctioribus fuerint recitatae, et multa in eis repperiuntur contra catholicam fidem. Numquid si manifestetur aliquos baptizatos, cum illae preces dictae super aquam fuissent, imbebuntur denuo baptizari? [...] Multi quippe irruunt in preces non solum ab imperitis loquacibus, sed etiam ab haereticis compositas, et per ignorantiae simplicitatem non eas valentes discernere utuntur eis arbitrantes quod bonae sunt»42. Il Concilio IV di Cartagine, celebrato nell’anno 397, propose uno schema per le formule liturgiche, ed impose una censura previa: «Ut nemo in precibus vel Patrem pro Filio, vel Filium pro Patre nominet; et cum altari assistitur semper ad Patrem dirigatur oratio. Et quicumque sibi preces aliunde describit, non eis utatur, nisi prius eas cum instructionibus fratribus contulerit»43. Anche il Concilio di Milevi raccomanda soltanto che si usino quelle formule approvate nel concilio medesimo, o le formule di preghiera esaminate da uomini competenti o dal concilio stesso. La finalità di questa legislazione è di evitare che nelle preghiere si trovino elementi contro la fede della Chiesa, introdotti per ignoranza o per incompetenza: «Placuit etiam illud, ut preces vel orationes seu missae quae probatae fuerint in concilio, sive prefationes, sive commendationes, seu manus impositiones, ab omnibus celebrentur. Nec aliae omnino dicantur in ecclesia, nisi quae a prudentioribus tractatae, vel comprobatae in synodo fuerint, ne forte aliquid contra fidem, vel per ignorantiam, vel per minus studium sit compositum»44. 41

W. RORDOF - A. TUILIER, La doctrine des Douze Apôtres =SChr 248, cfr. le pagine 38-48 dell'introduzione. 42 AUGUSTINUS, De baptismo, liber VI, XXV, 47 (:CSEL 51, 323). 43 Concilium Carthaginense IV, c. 21 (:Mansi III, 922). 44 Concilium Milevitanum II, c.12 (:Mansi IV, 330).

32 Le formule liturgiche dei libri liturgici dei diversi riti occidentali, evidentemente risalgono prima dalla datazione dei manoscritti. La raccolta di queste formule liturgiche improvvisate qua e la, sono fissate nei libelli, e poi l'insieme dei libelli formano i libri liturgici. Questi libri liturgici subiscono dei mutamenti, perché nelle loro diverse recensioni si aggiungono nuove formule, o alcune vengono sostituite. Per la liturgia romana il fissismo arrivò con il Concilio di Trento. Le altre liturgie occidentali erano già soppresse, e perciò non subirono l'influsso di questo fissismo romano. Appunto

per questo i libri liturgici occidentali non romani ci sfidano all'identificazione dei

suoi strati letterari45. VII - CONTORNO STORICO. Per illustrare e capire un po' meglio la situazione delle Chiese Occidentali, e dell'evoluzione liturgica bisogna presentare una breve cornice storica dell'Occidente. 1 - Impero Romano Il cristianesimo nacque e si sviluppo entro i confini politici dell'Impero Romano. Nato a Gerusalemme (Palestina), subito si trasferì fino ai confini occidentali dell'Impero, come testimoniano i viaggi di Paolo, la residenza di Pietro a Roma, etc. Durante l'Impero Romano ebbero luogo le persecuzioni dei cristiani. Il decreto del 313 fu molto importante per lo sviluppo del cristianesimo. Il secolo IV è il secolo nel quale il cristianesimo da religione perseguitata diventò religione tollerata, e poi finalmente, religione ufficiale dell'Impero. 2 - Invasioni Fra il 400-404 i Vandali Suevi (?) e Alani (?) marciarono sull'Impero. Nel 406 attraversarono il Reno e invasero le Gallie. La Britannia rimase isolata. Nel 409 invasero la Spagna. Dal 409 fino al 411, i Vandali Suevi ed Alani si trovarono per tutta la Penisola Iberica, eccetto nella terra Tarragonese.

45

A. NOCENT, Dall'improvisazione alla fissazione delle formule e dei riti, in AA. VV. Anamnesi 2 (Casale Monferrato 1978) 131135.

33 I Vandali dalla Gallezia scesero alla Betica, saccheggiarono le Baleari, Cartagena, Siviglia e passarono alla Mauritania. I Visigoti occuparono la Moldavia, la Valaquia e la Transilvania. Attraverso il Danubio vollero penetrare nell'Impero Romano. Nel 408, Alarico invase Roma. Nel 415 Ataulfo lasciò Narbona e penetrò nella Penisola Iberica, si fermò a Barcellona ove morì assassinato. Valìa governò i Visigoti e arrivò a Tarifa per andare alle provincie dell'Africa. Questi "barbari" erano ariani (questo fatto viene sottolineato), i quali invasero praticamente tutta la Gallia, la Spagna e l'Italia. (la Gallia comprendeva tutta la Svizzera, il Belgio, l'Olanda e parte della Germania). Ciò è da notare per l'evoluzione delle nostre liturgie occidentali. Tuttavia si deve dire che questi barbari volevano vivere in pace con gli abitanti dei luoghi conquistati. 3 - Spagna Per la Spagna dobbiamo sottolineare il fatto secondo cui l’invasione visigotica cominciò con Eurico (466-484). Nella Penisola coesistevano i Goti o Visigoti con gli Ispano-Romani. Nel 506, venne promulgata la Lex romana visigotorum. Leovigildo volle fondare l'unità nazionale sull'arianesimo, ma Masona vescovo di Merida e Leandro vescovo di Siviglia glielo impedirono. La conversione del suo figlio Ermenegildo per opera della sua moglie e di Leandro, fu un colpo per l'arianesimo. Ermenegildo morì martire per non aver accettato la comunione da un Vescovo ariano. La conversione di Ermenegildo, fu un esempio per i Goti che cominciarono a convertirsi al cristianesimo. Sulle orme di Ermenegildo, Recaredo, figlio di Leovigildo , si convertì al cattolicesimo durante il Concilio III di Toledo (589) e si stabilì così l'unità politica e religiosa della Penisola. Con questa conversione si acquistò l'unità fra l'invasore (i Visigoti) e gli abitanti della Penisola, gli Ispano-Romani. Nel 711 ci fu l'invasione mussulmana della Penisola Iberica. Questa invasione si portò fino alla Setimania, ma i mussulmani vennero sconfitti a Poitiers verso il 730. L'invasione araba diede il nome di mozarabi, a quei cristiani che dovettero convivere tra i musulmani. 4 - Gallia

34 Per la Gallia dobbiamo accennare che, alla fine del secolo VI, nel regno franco c'erano anche gli ariani. Nell'arco di tempo tra il 604 ed l’888 si possono considerare tre periodi nella Gallia: il primo riguarda la perdita dell'egemonia dei Merovingi; il secondo è il periodo durante il quale i reggenti (maggiordomi) del palazzo hanno il potere; il terzo periodo è quello che comincia con Pipino e Carlo Magno.