Introduzione a Sartre [PDF]

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Zitiervorschau

Prima edizione 1973 Terza edizione 1983

INTRODUZIONE A

SARTRE DI

SERGIO MORAVIA

EDITORI LATERZA

Propriet� letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel settembre 1983 neJio stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & FigH, Rari CL 20-0567-0 ISBN 88-420-0567-J

JE AN - PAUL SARTRE

I. IL GIOVANE

SARTRE

E LA RIFORMA DELLA PSICOLOGIA

l. Un intellettuale ventenne fra le due guerre. « Viveva per scrivere ». « La sua missione era di dar testimonianza di tutte le cose » 1 • Incontrando negli anni degli studi universitari ( 1 924-29 ) colui che sarebbe diventato il compagno della sua vita, Simone de Be auvoir rimarrà colpita soprattutto dalla straor­ dinaria tensione intellettuale di Sartre, dalla « pas­ sione tranquilla e f orsennata » con cui egli guardava al suo « destino » di filosofo e di scrittore 2• Il rife­ rimento è tutt'altro che vano. Chi voglia comprendere aspetti essenziali della vita e dell'opera sartriana ( an­ che del Sartre più maturo e vicino a noi nel tempo) non potrà non risalire agli anni della giovinezza. Vi troverà un artista per il quale l'arte si configura come il valore-dovere supremo, un filosofo persuaso che il suo compito sia quello di « esprimere il mondo », un rivoluzionario in attesa di una palingenesi ( senza me­ diazioni) della società.

1

Cfr. Simone de Beauvoir, L'ttd forte, trad. it., Torino

2

Cfr. Simone de Beauvoir, Memorie d'una ragazza per­ pp. 348-9.

1961 .

bene, trad. it., Torino 1968,

7

Certo non si proponeva di condurre un'esistenza d'uomo di studio; detestava le routines e le gerarchie, le carriere, i focolari, i diritti e i doveri, tutto il serio della vita. Non si adattava all'idea di far un mestiere, di avere dei colleghi, dei superiori, delle regole da osservare e da imporre; non sarebbe mai divenuto un padre di famiglia, e nemmeno un uomo sposato [ .. . ] . Non avrebbe messo radici in nessun posto, non si sarebbe gravato di nessun possesso: non per conservarsi oziosamente dispo· nibile ma per sperimentare tutto. Tutte le sue esperienze sarebbero andate a profitto della sua opera, e avrebbe scartato categoricamente tutte quelle che avrebbero potuto diminuirla [ . . . ] . Sartre sosteneva che, quando si ha qual­ cosa da dire, ogni spreco è criminale. L'opera d'arte, l'opera letteraria, era per lui un fine assoluto; essa por­ tava in sé la sua ragion d'essere, quella del suo creatore, e forse anche - questo non lo diceva, ma sospettavo lo pensasse fermamente - quella dell'intero universo. Le contese metafisiche gli facevano alzar le spalle. S'interes· sava alle questioni politiche e sociaJi, e aveva simpatia per la posizione di Nizan, ma la sua missione era seri· vere, il resto veniva dopo l ,

La pagina, a ben pensare, non ci dà il ritratto del solo Sartre. R i trae, invece, una figura emblematica di intellettuale inquieto e déraciné, che ha abitato i l torbido ventennio fra l e due guerre sentendo sì la crisi della cultura e della società europea, ma senza arrivare a individuarne le cagioni profonde, e dunque senza sapere operare le necessarie scelte teoriche e pratiche. Nulla a questo proposito è più significativo dell'atteggiamen to di Sartre nei confronti della poli ­ tica. Certo egli si interessa alle principali vicende del suo tempo. Certo partecipa a incontri e discussioni . Ma più in là non va. È privo di qualsiasi capacità di impegno specifico. Non coglie la necessaria con­ cretezza storica dell'evento e dell'atto politico, la ne­ cessità della mediazione in tersoggettiva. La politica - siamo nel 1 929 - lo « annoiava » •. l

4

lvi, p. 349. Cfr. S. dc Bcauvoir,

L'età forte, 8

cit., p. 16.

L' atteggiament o assunto da Sartre nei confronti della società borghese-capitalistica è profondamente critico. « Sbranavamo la borghesia », « ci augura­ vamo la sua liquidazione », « eravamo anticapitali­ sti » '· Ma la critica si configura piuttosto come ripulsa psicologico-morale che come opposizione politica 6• Dietro, si trova soprattutto un'avver­ sione aristocr aticc:i -nichilista per la civiltà di mas­ sa. Si trovano più Flaubert e Nietzsche che la Ri­ voluzione d'ottobre, pur assai apprezzata 7• Non per nulla nel campo dei raggruppamenti politici le sim­ patie di Sartre vanno agli anarchici e ai trotschisti e n on certo al partito comunista 8• Si definiva, d'altronde, un , come un disturbo irrelato con la restante vita psichica, e dunque come un fatto insignificante. La sua individuazione e analisi arric­ chirà non certo la comprensione del soggetto che lo prova, ma al massimo una determinata tabella classi­ ficatoria. Lo psicologo di indirizzo fenomenologico partirà invece dal presupposto che l'emozione, come ogni altro fenomeno psichico, è un «= · �gani�zato di coscienza.». ln. __ qwnta re'Jo; ,, . · __n�ndrà conslder;;'ra__ ç�!"[le una sçrta_>, «una _delle.. modalità possibili dLtematiz­ zare l'essere reale» 34 • TU:tto·-ciò . rivela l'esistenza, nel soggetto;:'di una certa «capacità ». Qual è la sua funzione? Quali le sue condizioni fondanti? Quale il suo télos? È a questi problemi che, dopo avere col­ l'aiuto di Husserl sgombrato la via ad una «psico­ logia fenomenologica dell'immagine», Sartre dedi­ cherà la sua nuova opera, L'immaginario. In questo saggio, che è certo il suo scritto filosofico più importante prima dell' Essere e il Nulla, Sartre abbandona il piano dei riferimenti storici che aveva caratterizzato L'immaginazione per sviluppare in modo più autonomo e approfondito il proprio discorso teorico. Uno dei temi portanti di tutta l'indagine è l'esame sistematico della differenza esistente tra la funzione immaginativa e la funzione percettiva. Allo scopo di comprendere tale diversità, bisogna per Sartre saper distinguere tra fenomeni a torto consi­ derati analoghi. È un errore, in particolare, ritenere che immaginare significhi «rappresentarsi una cosa che non c'è "· Se voglio pensare all'ultima volta che ho visto il mio amico Pietro prima della sua partenza per Berlino, sono ben ]ungi dal mettere in azione la mia facoltà immaginativa. Cerco, al contrario, di percepire nuovamente i fatti reali relativi a tale incon­ tro. Se invece mi rappresento Pietro quale può essere nel luogo in cui si trova ora, io non torno percetti­ vamente ad alcun fatto reale. Mi formo piuttosto " lvi, p. 128.

23

un'immagine del tutto autonoma dalla realtà: « In questo senso, è evidente, la coscienza immaginativa di Pietro a Berlino [ . . . ] è molto più simile a quella del centauro (di cui affermo l'integrale inesistenza) che al ricordo di Pietro qual era il giorno della partenza » 35• Quella che si è appena fornita non è che un'illu­ strazione molto parziale della peculiarità della fun­ zione immaginativa. Più in generale, deve dirsi che l' mmaginazione è una libera attività della coscienza, c e punta a fini compleÌ.:mente dtverSI da quelli d'ella percezione. - ; Cosl, in particolare, mentre quest'ultima te"iidè"' a d re rappresentazioni parziali-progressive de­ gli oggetti, l'immaginazione offre rappresentazioni si!!: tetico-globali. Mentre, ancora, la percezione è una funzione conoscitiva, l'immaginazione si appaga di cogliere qualcosa nella sua immediatezza, attraverso una "·

Siamo cosl arrivati nel cuore della dottrina sar­ triana. L;!_i,._!!_o!Q_perché '-...trascendentalmente-libéfo ,. �. - ·· · - - -· Ma non si deve credere che l'immaginazione abbia " I vi, p. 282. p. 286. "' lvi, p. 287.

" I vi,

26

il solo merito di rivelare la struttura antologica fon­ damentale della coscienza:- Se· da " iln " latò""ess a ha "indi­ cato nella libertr ·aella coscienza-in-situazione la pro­ d o pria condizione 'essere; da un altro lat essa non tarda a presentarsi a sua volta come la condizione necessaria affinché la coscienza umana sia libera_,l::!!!» _ ]'intuizione_dcLnulla ma l'immaginazione di qual­ co�ajcioè la negazione di qualcosa di esistente per un'« altra» cosa) è l'elemento indispensabile all'eser­ cizio della libertà.

Se fosse possibile concepire per un solo istante una coscienza che non immaginasse, bisognerebbe concepirla come totalmente assorbita nell'esistente e senza possibi­ lità di cogliere altro che l'esistente. Ma è precisamente quello che non è né potrebbe essere: ogni esistente, ap­ pena è posto, è perciò stesso superato. Ma occorre che sia superato verso qualcosiZ. L'immaginario è in ogni caso il dove mostra che la coscienza percepisce i valari artistici di una opera solo sé e quando entra in rapporto con tale opera non già con la percezione, bensl coll'immagi­ nazione; separandola cioè dal suo contesto mondano e" astraendone i contenuti delle loro apparenti sem­ bianze materiali-naturali (un processo analogo compie del resto lo stesso artista). Infatti il bello, contraria­ mente a quanto affermato da tante dottrine estetiche, sta non già nelle componenti concrete-visibili della opera d'arte e neppure nel piacere psicofisico che ne possiamo trarre, bensl nel suo darsi come essenza o struttura oprattutto · a non degradarla a� insieme di condizioni logiche » e a ricondilrla ai suoi concréti modi e · ani inteiizìonali . Tut tavia anche Husserl ha ,, un certo punto « raddoppiato » la coscienza, a�giun­ genJo all'Io psichièò"' un 'Iò-trascendeotale. Tale ag­ giunta oippare del tiùto inutile · ed anzi nociva pro­ prio alla luce delle fondamentali dottrine fenomeno­ logiche. Per questa via Husserl è tornato a « riem­ pire >>, ad « appesantire » una coscienza che deve vkcversa restare in se stessa completamente « vuota >> c « trnsparente ». Per questa via, ancora, e�li ha ri,tpetto la porta all 'intim ismo e al solipsismo, che viVl'no e muoiono con la postulazione e la cancella­ zione di un lo separato dai concreti stati-atti inten­ zionali della coscienza. L'accusa che Sartre sente, conclusivamente, di dover rivolgere ai fenomenologi ( o '' certi fenomenologi ) è grave. Nulla , certo, sarebbe pitt ingiusto del definire idealisti i seguaci di Husserl. Ma purtroppo, « finché l'lo resterà una struttura della coscienza assoluta, si potrà ancora rimproverare alla fenomenologia di essere una " dott rina-ri fugio " , d i trarre ancora u n a particella dell'uomo fuori dal mondo e di stornare cosl l'at temione dai veri pro­ blemi » ". L'innegabile disinvoltura con cui Sartre ha letto 48 lvi, p. R6.

33

i testi husserliani, l'esistenza di testi fenomenologici nettamente anti-idealisti ed anti-solipsisti non annulla il rilievo di questa presa di posizione sartriana. Anche se in modo impreciso e discutibile, Sartre ha colto con lucidità un rischio ognora presente nella dottrina fenomenologica (e presente in particolar modo, chec­ ché si sia detto in contrario, nelle Meditazioni carte­ siane). D'altronde ciò che preme determinare in que­ sta sede non è tanto la precisione filologico-filosofica di Sartre, quanto la sua scelta interpretativa all'in­ terno della complessa (e non omogenea) dottrina feno­ menologica, nonché il « senso » di tale scelta dal punto di vista del suo itinerario filosofico. Orbene, delle varie tesi del pensiero husserliano Sartre predi­ lige (lo sappiamo) la dottrina dell'intenzionalità, né tace il significato e l'obiettivo della sua opzione. L'intenzionalità gli sembra evidenziare il fatto, di ca-f. Tmportanza -i;;· una .. prospettiva anti-ideali­ stica, che la coscienza non si definisce e non acquista la · propria fisionomia e i propri contenuti se non attraverso i propri · concreti rapporti col mondo ". Tale domina, · pertanto, · appare a Sàrtre il balùàrdo migliore contro qualsiasi inclinazione intimistica, con­ tro qualsiasi pretesa di isolare la coscienza. Assolu­ tizzato in più modi da tanta parte del pensiero mo­ derno e contemporaneo, l'Io viene ricondotto cosl agli stati e agli atti ·particolari-esistenziali vissuti dall'individuo : Quando còrro dietro un tram, quando guardo l'ora, quando mi assorbo nella contemplazione di un ritratto, non c'è alcun Io. C'è la coscienza-del-tram·che·deve-essere­ raggiunto, ecc. [ .. . ). Di fatto sono allora immerso nel mondo degli oggetti, sono essi che costituiscono l'unitil delle mie coscienze, che si presentano con dei valori, con delle qualitil attrattive e repulsive; ma quanto a me, sono scomparso, mi sono annientato. Non c'è posto per mt 11 49

Cfr. Sartre, Un'idea fondamentale della /tnomeno/ogid,

cit., p. 280.

34

questo livello, e ciò non deriva da un caso, da una man­ canza momentanea di attenzione, ma dalla struttura stessa della coscienza "'· Stabilito che nella fenomenologia husserliana si annida ( malgrado la dottrina dell'intenzionalità) una ricorrente tentazione coscienzialistica e solipsistica, Sartre si rivolgerà con nuovo interesse alla fenomeno· logia di Heidegger. I debiti sartriani nei confronti del grande filosofo tedesco sono assai rilevanti anche se, come vedremo più avanti, la dottrina contenuta nell 'Essere e il N11/la presenta analogie più formali che sostanziali con quella di Essere e Tempo. In Heidegger Sartre trova anzitutto un rifiuto ben altri­ menti radicale che i n Husserl di qualsiasi assolutiz­ zazione dell'Io, di qualsiasi privilegiamento ideali­ stico o solipsistico della coscienza. Fin dall'inizio della propria riflessione, Heidegger aveva in effetti tema­ rizzato proprio l'eSIStenza de-aSSOTUiizza"tà· del sog­ gerre>"-e il. suò Q!l.t�_gi-�po rtarsi alle �_co�� del . mondo che stavano a cuore a Sartre. Allievo di Husserl;-egliilonnutriva-un interesse specifico per quell'analisi della coscienza in sé e per sé conside­ rata, che qualche volta aveva portato il maestro ad inclinare verso posizioni idealistiche o coscienziali­ stiche. Ed ancora minori propensioni aveva per quel rarefatto studio delle essenze psicologiche nel quale Husserl aveva dato forse i l meglio di sé. La sua passione filosofica era per una problematico di tipo esistenziale-morale piut tosto che per questioni logico­ gnoseologiche. Più ch�,..h_coscienza o le essenze. gli interessavano I'iiomo e)a suà· situazione:iiel-mondp, l'indissolubil6. (perché · non accidentale o secondario, bensl originario-costitutivo) rapporto fra t:uomo e la · _, realtà..__ ---r..; , a ben guardare, proprio quanto cercava Sartre. Anch'egli è sostanzialmente sordo ad una pro!iD Cfr. S�:�rrre,

La lranscendance de l'Ego cit., 35

p. 32.

blematica di tipo logico, di tipo teorico « pu ro » . Anch'egli è attirato d�lla problematica connessa con la collocazione i ntegralmente mondana e relazionale del soggetto, e per le implicazioni psico-morali che ne conseguono. Sotto un altro profilo la dottrina heideggeriana gli appare l'antidoto più energico con­ tro i vizi di fondo della filosofia francese: l'assolu tiz­ zazione dell'uomo, l'inti mismo della coscienza, la tra­ scuranza delle « cose » e delle situazioni reali, la rare­ fazione gnoseologica del filosofare 51• Il soggetto non è più un Io assoluto e solipsistico, dedito essenzial­ mente al rarefatto esercizio del conoscere. La filosofia non ha da essere più vana egologia, astratta episte· mologia " · V soggetto è un Io terreno, « immerso » e coinvolto nel reale, « un esistente rigorOS'iiTien t e contemporaneo del mondo e la cui esistenza ha le stesse caratteristiche essenziali del mondo » ": La fenomenologia, una certa fenomenologia, delinea una nuova decisiva . immagine di noi stessi : Eccoci liberati da Proust . Liberat i nello stesso tempo dalla " vita interiore " : invano cercheremmo, come Amiel, come una bambina che si abbracci le spalle, le carezze e le lusinghe della nostra intimità, perché finalmente t u t to è fuori , tutto! perfino noi stess i : fuori, nel mondo, tra gli altri. Non in un ipotetico rifugio noi scopriremo noi stessi : ma per la strada, per la città, in mezzo alla folla, cosa tra le cose, uomo fra �li uomini ��.

La filosofia dell'lo e della coscienza si fa filosofi� dell'esistenza n el mondo. I l filosofo assume il compito !di analizzare le mod�ità mstjtptjye di questo essere­ �-�Fmonc;!Q._ persuaso che solo in tal modo potd ( fra



�� Cfr. Sartre, Un'idea fondamentale della /enomt·nologia, cit, p. 280. 52 Cfr. Sarrre, Lo transandonce de l'Ego cit., pp. H-·t 53 lvi, p. 86. S4 Cfr. Sartre, Un'ideo fonJpmrnlale dello /t'nomt'nologiu, cit., p. 28 1 .

36

l 'ahro) « fondare filosoficamente una morale e un•• poli t ico.l assol u t amente pos i t i v e �> �;.

I l . L'ESSERE

l.

E I l. N li i . I . A

L 'impi�IIIO J.IJ '« Essere cc jr" gure » do11iinunti.

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le su,·

Negli a n n i che v;umo d,11la vigili,, dd!,, �uerr,, Sartre approfondisce nei loro fondamc: > d teo­ rici i temi che aveva affron t a t o nelle i ndag i m prece­ den t i . Chiamato sotto le a r m i , inviato in A l so1zi;l c poi prigion iero dei nazisti a Tr�ves ( s t ;tbg X I ID. estate d e l '40 ), t rova i l modo d i n o n i n terrompere le sue l e t t ur e ( Ja Marx a llcidegge r ) e le sue ri ilcs­ sioni filosofiche. Non appcn;l l i hcrato, affianca all'im­ pegno pol i t ico nclht Resistenza 1 ,, stesura dci i ' Err> 13• Attraverso la propria « malafede >>, l'omo­ sessuale esprime insomma la fondamentale verità che il per-sé non è l'in-sé, che l'uomo non è una passiva e univoca cosa. Nello stesso tempo egli mostra anche, agendo in un certo modo, che l'irriducibile peculia­ rità dell'essere umano si manifesta nella forma ango-

12

Il

lvi, pp.

lvi,

88-9.

pp. 105-6.

44

sciante della . Questo · modo costitutivo dell'esistenza umana è chiamato nell'Essere e il Nulla « presenza a sé » . Ma la denominazione non inganni. L'uomo, dice Sartre, è presenza a sé come continua disidentificazione, come > (décol­ · lement) di sé da se stesso, come « distanziamento » della coscienza dal proprio essere, dalla propria fatti­ cità. La natura o l'essenza costitutiva dell'uomo è di essere « un essere che non è ciò che è e che è ciò che non è >> 16 • Non .diversamente da quanto è detto in certe tesi della Fenomenologia dello Spirito di Hegel (che Sartre ama molto), J.:.inu�P..i!i tà _ della_ coscie�uno stato - di · radicale - in­ c6iilpletezza, che Sartrecfi1ama . « � nza ». Priva d1 un=Fonaalll �nt9 . invan> da (quelle di ) se medesimo. Questa libertà di realizzare possibilità, cioè di presentificare il fu­ turo, senza mai trovare un appagamento è l'inquie­ tante ,destino dell'uomo. > 22 • L'uomo, insom­ ma, è condannato ad un inesauribile e faticoso ( an­ corché libero) agire. Una condanna, certo, che sembra esaltare la dimensione temporale, se è vero che agire è agire nel tempo. Ma è solo un'apparenza. In realtà quest'uomo sartriano, vitalisticamente ridotto ad atto, incapace di stasi e di permanenza, vive la temporalità in modo assolutamente negativo, come mera >. Anche come esperienza interiore, il tempo si manifesta come mera néantisation: passato come ciò ch'è « perpetuamente negato }), presente come « fuga », futuro come « mancanza >> - �l­ mente, al termine di questa complessa sezione deJJ'Es­ serre-il" Nullii,--tonsacrata a mostrare l'iritégriife . . tem­ .. poralità del soggetto; troviamo ·un soggetto che· nega il · tempo d a · · ogni parte; ponendosi · tendenzialmente come atto « assoluto >> e . ineta-ternpç>Jale: · 5.

La ri/less�one e il rapporto conoscitivo coll'ogget­ tività.

Un'aggettivazione del tempo tuttavia avviene, ed è compiuta dalla riflessione. Nella riflessione, infatti, il soggetto riduce la durata concreta di un atto in durata psichica, fermata nelle sue determinazioni. L'obiettivo, su un piano generale, è quello di bloccare il flusso di coscienza ( preriflessiva) per sottoporre 22

lvi,

p. 179.

52

quest'ultima ad un 'analisi >, >. « Si tratta, insomma, di superare l'essere che sfugge essendo ciò che è al modo di non-esserlo e che scorre via, di tra le proprie dita, essendo il proprio fluire, e di farne un dato, un dato che , insomma, è ciò che è » 23• Ma il tentativo, avverte subito Sartre, è votato all'in­ successo. Pochi altri luoghi dell'Ess ere e il Nulla manifestano più di queste pagine l'ispirazione vitali­ stico-attualistica (o almeno anti-oggettivistica ed anti­ scientifica) di Sartre. Come già in alcuni scritti pre­ cedenti, anche qui egli si mostra assai diffidente e severo nei confronti della riflessione. Essa è per es­ senza ), Come tentativo di fermare ciò che non Tferm�hi le, di rendere oggettivo-positivo ciò che fluisce al di fuori di qualsiasi oggettivazione · e po­ sitività, la riflessione non può che fallire. Essa voleva, in ultima analisi, ridurre a un in-sé il per-sé: il risul­ tato cui perviene è di cogliere nuovamente la radi­ cale > del per-sé, vale a dire l'irriducibile dinamismo « aperto » ed auro-negativo della coscienza. I risultati insoddisfacenti della psicologia intellettua­ listica di Proust, che ha preteso appunto di oggetti­ vare e di analizzare separatamente i singoli stati di coscienza, parlano chiaro. In luogo della scienza psi­ chica ( implicante fra l'altro un impossibile « farsi­ altro >> radicale da se stess i ) , cui tende vanamente la riflessione « impura >>, la riflessione « pura » fornisce la comprensione non intellettualistica, non categoriale del nostro essere, o dell'essere « che dobbiamo essere >>. Tra le conclusioni generali di quanto precede è che il per-sé si pone, anche dinanzi allo sguardo della « ;;;u il » stessa riflessione, come trascendenza. Non può, a q'Jesto punto. non riproporsi con nuova urgenza il ;•robìt•ma iella relazione fra l'in-sé e il per-sé. In qual rnoèo può configurarsi tale relazione, se il secondo polo crascende costitu tivamente il primo polo ( e , dun­ que, viceversa )? Orbene, il primo rapporto che si '-' lvi, p . 206.,

53

pone fra l 'in-sé e il per-sé è di tipo conoscitivo. Nel­ l'esaminare tale rapporto, Sartre si mostra ancora una volta deciso in primo luogo a respingere sia la gno­ seologia idealistica che la gnoseologia materialistica. All'uopo riprende la dottrina husserliana dell'inten­ zionalità, elaborandola assai liberamente. Sia l'idea­ lismo che il materialismo hanno male interpretato il rapporto conoscitivo, in quanto hanno assolutizzato e irrigidito o l'lo conoscente o l'oggetto conosciuto. I n realtà, la conoscenza non è né un 'attività di uno o dell'altro polo, né ( tanto meno) un rapporto. La co­ noscenza è un « modo d'essere » del per-sé, che si de­ termina in quanto un oggetto sia « presente >> alla coscienza, o correlativamente in quanto la coscienza si faccia « presente » all'oggetto 24 • In questa .«1>fe­ senza >> è del tutto vano distinguere ciò che conosce eclò che viene conosciuto : la sola realtà è il cono­ sciuto. È vano, o meglio è impossibile. La conoscenza, infatti, non è una realtà « positiva », che può essere notomizzata. Essa s'identifica invece con una serie di negazioni. Conoscere implica anzitutto prender atto che l'oggetto non-è la coscienza e che la coscienza non-è l'oggetto. Implica poi, nell'atto di intuizione dell'oggetto, la negazione dell'Io come soggetto cono­ scente. Ma . implica altresl una serie di negazioni at­ traverso le quali soltanto l'oggetto si presentifica alla coscienza. Omnis determinati st negatj_o : per in­ tuire l'oggètto-Eìsogn-aritagliar o da un contesto e contrapporlo a uno sfondo ( oltreché, come si è detto, negarne la coincidenza con la coscienza), per cui la definizione fichtiana dell'oggetto come non-io con­ serva un aspetto di verità. Per Sartre, insomma, la conoscenza sembra configurarsi essenzialfuerm:t:nme' · · ·· · attività ne11atrice. ·i\nene !è.. fondamentali categorie o le prime de­ terminazioni conoscitive appaiono, direttamente o indirettamente, dei puri « nulla », o in ogni caso qual-



24

lvi,

pp. 229-30.

54

cosa di interamente dipendente da quella negazione in atto ch'è la coscienza. Cosl ad esempio, la quan­ tità è un « nulla ideale >> e il rapporto di quantità si configura come una > 26• Perfino la qualità, cui Sartre guarda (come tutti i fenomenologi) con anti-scienti­ stica simpatia rivendicandone la costitutiva inerenza all'oggetto e la sua irriducibilità, è definita in modo implicitamente negativo come la realtà oggettiva, a conferirgli (o a evidenziare in essa) i caratteri di inerzia e di opacità propri dell'in-sé, a �c_oprirla · come - « man­ canza » e imperfezione. Non per nulla alla conoscenza -Sartre ·· contrappone ( i n un'ispirazione prettamente idealistico-romantica) l'arte, che sola riesce a >, ancorché a livello puramente · immaginario, una congiunzione « piena » e « perfetta » fra il per-sé · e l'in-sé, fra il soggetto e il mondo. La conclusione di questa sezione dell'Essere e il Nulla non esprime solo la mancata realizzazione della 25 lvi, pp. 248-9. ,. lvi, p. 240. " lvi, pp. 243 e 244.

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conoscenza della realtà da parte del soggetto cono­ scente. Esprime anche, più in generale, la tragica im­ possibilità di. istituire un _;:apporto ·- positivo fra la coscienza e la realtà cosale. Malgrado tutti i suoi sforzi, la cosCienza non è riuscita a stabilire una rela­ zione davvero intima e trasparente con l'essere. Ogni qual volta ha creduto di averne colto l'essenza, vi ha ritrovato se stessa sotto forma delle sue proprie ca­ tegorie e dei suoi valori. Incapace di modificare le proprie premesse ontologiche (la costitutiva, duali­ stica eterogeneità fra in-sé e per-sé), incapace anche di liberare la realtà da quella radicale inumana « asei­ tà » cui l 'ha condannata, Sartre finirà col dipingere nel modo più romanticamente e pessimisticamente eloquente la solitudine e l'infelicità della coscienza: Il conoscere ha per ideale l'essere-ciò-che-si-conosce e per struttura originaria il non-essere-ciò-che-è-conosciuto [ . . . ] . Si vede la pòsizione particolarissima della coscienza: l'essere è dappertutto, contro di me, attorno a me, pesa su di me, mi assedia, ed io sono continuamente riman­ dato da essere in essere [ ... ]. Voglio cogliere questo es­ sere e non trovo che me stesso. Il fatto è che la cono­ scenza, intermediario fra l'essere e il non-essere, mi ri­ manda all'essere assoluto se la voglio soggettiva e mi ri­ manda a me stesso quando credo di cogliere l'assoluto. Il senso della conoscenza è ciò che non è e non ciò che è, perché per conoscere l'essere quale è, bisognerebbe essere questo essere, ma il quale è [tel qu}il est] c'è solo perché io non sono l'essere che conosco e, se lo diven­ tassi, il quale ·è -svanirebbe e non potrebbe più neanche essere pensato 28.

6. La relazione fra l'Io e l'Altro. Senso e funzione dello sguardo. Ma la coscienza non ..incontra l'essere soltanto nel­ l'opaca ed estranea (e dunque · inattingibile) forma " lvi, p. 280

56

della realtà casale. Lo incontra anche incarnato nella realtà dell'« altro », dell'« altra » èoscienza. La speran: za del soggetto di uscire dalla propria solitudine e dalla propria >. La difficoltà di cogliere questa intersoggettività originaria e di esaminarne la com­ plessa fenomenologia è connessa col fatto che l'Altro non è qualcosa di positivo, che può essere conosciuto nella sua positività. La sua essenza è la negazione: infatti, > 29• Per­ tanto l'incontro fra due soggetti si .configura . all'ori­ gine come negazione '.·reciproéa "che coinvolge il loro stesso es�e. Troppi filosofi, da Kant a Husserl, non hanrio · compreso tutto ciò. Solo.JI__e ha saputo co­ gliere la negatività costitutiva del rapporto intersog­ · gettivo ola nella celebre analisi della dialet­ ' tica s.!'I:'-:2:I'adrone contènuta nella �� ia dello Spirito:---KI! a giusta intuizione della natura onta­ logica di questo rapporto (la reciproca negazione fra servo e padrone investe tutto l'essere dei due poli di questa relazione dialettica) ha fatto séguito però uno sviluppo insoddisfacente dello stesso, improntato a un nuovo (e > di credere all'esistenza dell'Altro: trovo in­ vece, nel modo più « coinvolgente » possibile, l'Altro in sé e per sé in quanto inquietante non-me che mi limita e con cui devo fare i conti. Se questo Altro e



,. lvi, p.

296.

58

essenzialmente una presenza (pur negativa), il modo o la funzione con cui il soggetto entrerà in rapporto con lui è lo sguardo. Tutta la trama aurorale delle relazioni intersoggettive verrà pertanto esaminata da Sartre (in un'ispirazione prettamente fenomenologica, che esclude o emargina altri e più importanti modi di contatto) sulla base delle relazioni visive fra l'Io e l 'Altro e delle loro implicazioni esistenzia i i. Allo sguardo del soggetto, l 'Altro comincia col­ l 'apparire come mero >. Non diversamente da quel che fa con le « cose » più inerti e opache del­ l 'in-sé, la coscienza si distanzia dall'Altro, riducendolo ai suoi aspetti più cosali e sentendosi in tal modo trascendente (ma solitaria) signora di ciò che le sta dinanzi . La prima crisi di questo rapporto si ha quando la coscienza vede che questa è pene­ trato nella mia Umwelt, organizzandola secondo u n suo criterio, sottraendola a l m i o monopolio. L'apparizione fra gli oggetti del mio universo di un elemento di disintegrazione di questo universo, è ciò che io chiamo l'apparizione di un uomo nel mio universo. L'>, « oggetto di valori » che non io ho elaborato, « strumento di possibilità che non sono le mie pos­ sibilità >> 33 • L'uomo si sente, costitutivamente, rap� portato con (o meglio, contro) altri. « Cosl lo sguardo ci ha posto sulla traccia del nostro essere-per-altri e ci ha rivelato l'esistenza indubbia di questo Altro per cui noi siamo [ . . . ] . La· nostra realtà · umana esige d'essere simultaneamente per-sé e per-altri [ . . . ] . L'es­ sere che si rivela alla coscienza riflessiva è per-sé­ per-altri » "· L'analisi di alcuni stati di coscienza emblematici serve infine a Sartre per evidenziare le fasi struttu­ rali ( invarianti) dei rapporti fra l'Io e l'Altro. Cosl, il « timore >> è la scoperta del mio radicale stato di " lvi, p. 336. B lvi, p. 338. " l v i , p. 355.

61

oggetto dinanzi alle possibilità dell'Altro. II « pu­ dore >> è il rifiuto di farsi vçdere dallo sguardo altrui in uno stato, la nudità, che mi riduce ad un'> fra soggetto e oggettività, fra progetto e si­ tuazione. Il presupposto teorico di fondo è che l'uomo non è una cosa bensl un essere che agisce certo in rapporto dialettico con la propria situazione, ma in modo relativamente in-determinato, nonché orientato secondo un proprio télos e con propri significati. Se questo è vero, ne consegue che lo studio dell'uomo non può svolgersi sotto la forma (o nella prospettiva) della s.p.i��one, riducente causalisticamente ogni evento al suo antecedente ed ogni complesso alle pro­ prie componenti semplici. Tale studio deve svolgersi invece come jgotprensione; secondo la lezione di fi. losofi come Dilth'èye"Heidegger, nonché di vari espo­ nenti della Gestaltpsychologie e della Daseinanalyse che Sartre tiene qui implicitamente presenti. A differenza della spiegazione, la comprensione non punta • risolvere (o a dissolvere) un determinato fatto (umano ) particolare nella trama delle sue · leggi di produzione e di comportamento, individuate attra­ verso le procedure analitiche e generalizzanti proprie delle scienze naturali. Essa mira invece a cogliere



106

quel fatto nella sua irriducibile specifici tà, nella sua . collocazione all'interno di uri contesto significante, cioè di quel nesso sintetico di situazione-trascendi­ mento-progetto qual è concretamente vissuto dal pro­ getto umano. Ben !ungi dall 'essere un atto oggettivo­ concettuale, la comprensione si realizza attraverso un'Einfiihlung totalizzatrice in cui il soggetto-che-· comprende s'immedesima nel soggetto-da-compren­ dere, sentendosi coinvolto nella sua stessa situazione, . che coglie in base alla propria esperienza, fino ad avverti•e quel soggetto e quella situazione come at­ tive componenti di una realtà al fondo unitaria (cioè mia non meno che sua), la quale si va . continuamente facendo e . oggettivando. > e dell'intellezionc analitico-concettuale: fino a recuperare la vecchia Einfuhlung diltheyana, a far coincidere tendenzial­ mente il soggetto coll'oggetto della conoscenza, e a ridurre la conoscenza a prassi o anzi a vissuto. È alla luce di queste convinzioni che Sartre pronuncia un giudizio assai severo sulle scienze umane, accusate (a parte il già detto) di dissolvere tutto l'uomo in > e sulla base delle sue condizioni materiali. Tuttavia esso presenta oggi una « falla >>, una entro una determinata teleologia totalizzante. Fin dali 'inizio non si tarda poi a comprendere che l'indagine si inscrive in una prospettiva antropolo­ gistica non poco distante dalla Weltanschauung stati­ cistica e marxista cui Sartre si · sforza di aderire. L'ambizione di fondo è di cogliere le condizioni e le strutture invarianti della dialettica storica. Ma tale dialettica si configura non già come indissolubile vicenda di uomini-cose-istituzioni, bensl come « pras­ si », come « attività totalizzante » praticata da sog­ getti - non importa se singoli o associati. Il « resto » è oggettività, è il campo del « pratico-inerte », è « antidialettica ». Per essere compresa, la dialettica (che pure è dialettica storica) va ricondotta per Sartre alla sua scaturigine esclusivamente umana - alla « esperienza diretta e quotidiana » dell'uomo. Il pun­ to di partenza corretto è nella « prassi individuale » . Il presupposto che fonda tutto il discorso sartriano ( troppo spesso sottaciuto da estimatori e avversari della Critica) è « l'identità fondamentale » fra la

1 13

« vita singola & e la « storia umana &. « In ogni grado della nostra esperienza & dobbiamo ritrovare quel particolare nesso di libertà e necessità ch'è la storia. « Se la mia vita, approfondendosi, diventa la Storia, deve scoprire se stessa in base al suo libero sviluppo come rigorosa necessità del processo sto­ rico » 21• Data· questa concezione cosi fortemente antropo­ mòrfica (e qualche volta perfino "esistenziale) della storia, non ci stupiremo se l'obiettivo concreto del­ l'indagine sartriana è quello di comprendere la dia­ lettica storica in immediato rapporto con l'essere umano. Bisogna in primo luogo esaminare la fase più « calda & e attiva (di sapore non tanto, com'è stato detto, lukacsiano, quanto bergsoniano) della dialettica, ch'è detta « dialettica costituente », « quale si coglie nella sua astratta traslucidità attraverso la praxis individuale » 22• Bisogna poi studiare il campo della realtà in quanto realtà oggettiva - la quale, considerata esclusivamente in rapporto alla sogget­ tività dialettico. Maes1genze pratico-materiali determinano dapprima la « relazione » coll'Altro e poi il più intimo rap­ porto di . « r�ciprodtà ». Fondata sulla prassi indivi­ duale, la rectprBcttà appare a Sartre (deciso a supe­ rare ogni solipsismo l la « relazione IJI!Wla -fonda­ mentale ». Essa consiste-- sopratiutto::: neLriconosci­ nleii?o dell'Altro per un verso come soggetto e come prassi e per un altro conie mezzo per raggiungère un fine in rapporto al quale sono anch'io un mezzo. La razionalità e l'intelligibilità di questo rapporto sembrano oscurate dal fatto che spesso la relazione 23 lvi, p. 215.

115

intersoggettiva si configura come antagonismo e come lotta insensata, inintelligibile. Ma l'analisi della mate­ rialità consente ancora una volta di comprendere questa situazione negativa .•.È la rareté, l a . « penuria >> oggettiva · di beni che fonda l'inimicizia dell'uomo coll'uomo. Tutta l'avventura umana - almeno sinora - è una lotta accanita contro la penuria. Cosi a tutti i livelli della materialità lavorata e socializzata, ritroveremo, al fondo di ciascuna delle sue azioni passiVe, la struuura originaria della penuria, come prima unità che sorge nella materia per opera degli uomini e che si ritorce sugli uomini tra­ mite la materia. Per quanto ci riguarda, la contingenza della relazione di penuria non ci disturba: cert-o è logica­ mente possibile concepire per altri organismi e in altri pianeti un rapporto con l'ambiente che non sia la penuria (benché siamo del tutto incapaci solo di immaginare quale potrebbe essere, e benché nell'ipotesi che altri pianeti siano abitati, la congettura più verosimile sia che l'essere vivente, anche Il come qui, abbia a soffrire della penuria) [. .. ]. Resta però il fatto che [ ... ], malgrado la sua contingenza, la penuria è una relazione umana fonda­ mentale (con la Natura e con gli uomini). In tal senso, bisogna dire che è la penuria a fare di noi questi uomini producenti questa Storia e autodefinentisi come uomini. Senza la penuria [scomparirebbel invece il nostro ca­ rattere di uomini 24. L'uso della nozione di penuria è parso a Sartre perfettamente congruente con la dottrina marxista. Ma è difficile condividere quest'opinione. La rareté non appare infatti una realtà di natura esclusivamente e rigorosamente storica, determinata da situazioni sociali ed economiche ben determinate, e quindi ( ten­ denzialmente almeno) annullabili. Sartre sembra farne invece, malgrado certe innegabili ·oscillazioni e aper­ ture, una .. sorta di meta-struttura collocata al di qua della storia; tende a farne un destino ch'è non già . 24

lvi,

pp. 248 sgg.

116

di certi uomini (pochi o molti che siano), bensl dell'Uomo in quanto · tale: dell'Uomo in quanto sog­ getto (astratto) coinvolto in un certo rapporto, neces­ sario e ineludibile, con l'oggettività. Dietro · la negatività · aeltac·penuria si profila, più in gep.erale, la negatività appunto dell'oggettività. Che è, o meglio che continua ad essere ( dai tempi dell'Essere e il Nulla) uno dei temi di fondo de! pensiero sartriano. Nella parte della Critica della ragione dialettica consacrata alla realtà oggettiva in quanto « altra � della soggettività agente-« costituen­ te », Sartre riprende tesi non nuove. Per quanto studiata con occhi più attenti, per quanto conside­ rata « condizione materiale della storicità � e (più ambiguamente) . (( motore passivo ·della storia », la realtà materiale è vista fondamentalmente come alte­ rità assoluta, come inumanità, come campo del « pra­ tico:inerte >>, come fondamento del mutamento ma anchè-itè1l'asservimento e dell 'oppressione. Non diver­ samente da Hegel, anche Sartre tende a scorgere nell'oggettività il fondamento dell'alienazione. L'alie­ nazione, anzi, è vista si fa « istituzione ». Ciò significa che gli « organi », le funzioni e il potere si trasformeranno in istituzioni; che, nell'àmbito delle istituzioni, la comunità tenterà di darsi un RUC?VO tipo JS lvi, p. 362. 36 lvi, pp. 93, 148-9 e soprattutto 242-3.

123

di unità, istituzionalizzando la sovranità, e che l'indivi­ duo comune si autotrasforma in individuo istituzionale 37. Per l'istituzione l'individuo come tale è ormai un « inessenziale ». È anzi un elemento da asservire con spietata energia alle finalità generali. Questa fa se della fenomenologia del gruppo segna il trionfo del­ la « disciplina », del « controllo », di una rinnovata violenza (ad es. sotto la forma dell'. Attribuito esclusivamente ad una « sovranità », il « potere » viene del tutto sottratto agli individui ed assegnato ad un unico ente. L'obiettivo sarebbe di ricostituire un'organica totalizzazione contro la crescente disper­ sione: di restaurare i vincoli fra gli individui del gruppo ormai « roso dalla serialità ». Viceversa l'isti­ tuzione della sovranità distrugge ogni residua inte­ grazione sociale. Infatti la totalizzazione avviene pale­ semente attraverso una prassi e ·intorno a un soggetto che non sono più nel e del gruppo. Gli individui si sentono unificati solo attraverso qualcosa ch'è fuori di loro. A questo punto nasce e si sviluppa la ten­ denza generale ad abbandonare ulteriormente l'inizia­ tiva e la responsabilità individuali, considerate un tempo necessarie a mantenere i vincoli di reciprocità. Non v'è forse chi si è incaricato di rifondare tali vincoli per tutti? Istituita per combattere la tenden­ ziale « frantumazione », . « dispersione », « serializza­ zione » del gruppo, la sovranità finisce pertanto col­ l'accentuare questo processo, ed anzi coll'imperso­ nare nel suo esasperato individualismo l'atomizza­ zione generale ·del gruppo istituzionalizzato. Gene­ rato dalla serie, il gruppo mostra di non aver mai reciso i propri legami con essa. Quel tanto o poco di pratico·inerte che conservava in sé lo condanna in un modo o nell'altro a « degradarsi », a ricadere nella serialità. " lvi, p. 250.

124

La fenomenologia formale del gruppo è cosl con­ clusa, e con essa tutta la Teoria degli insiemi pratici, cioè quella ch'è presentata da Sartre come la prima parte (la sola per ora effettivamente scritta) della Critica della ragione dialettica. In possesso delle « strutture elementari e formali » della prassi umana, e accertata l'intelligibilità della stessa, Sartre scrive di essere ora in grado di analizzaçe concretamente la prassi umana come storia, allo scopo di verificare se questa ha un senso, una verità che si va realizzando intenzionalmente in essa. « Bisogna lasciare ormai che tali strutture vivano liberamente, si oppongano e si compongano tra loro: l'esperienza riflessiva di quest'avventura ancora formale sarà oggetto del no­ stro secondo tomo » 38 • 7. Conclusione. Molti elementi diretti e indiretti fanno capire che, nel delineare la complessa vicenda del gruppo, Sartre ha tenuto presente, in primo luogo, la dina­ mica del partito rivoluzionario e della rivoluzione sovietica. E indubbiamente il fascino di questa parte della Critica della ragione dialettica risiede essenzial­ mente nella grande lucidità psicologica e storico­ politica con cui Sartre ha analizzato un evento­ struttura (se cosl si può dire) capitale dell'età contem­ poranea. D'altra parte, se pure si deve riconoscere la forza di verità del discorso sartriano, non si può non restare -perplessi circa l'atteggiamento assunto da Sartre dinanzi allo sviluppo formale del gruppo. Malgrado ogni sforzo (spesso felice) di cogliere la ratio ptofonda di tutte le fasi percorse dal gruppo, appare chiaro che il momento di vera « positività » di questo è solo il momento iniziale della « fusione » , mentre le fasi successive dell'organizzazione e delli lvi, p.

468. 125

l 'istituzionalizzazione sono presentate essenzialmente ( seppure non esclusivamente) nei loro aspetti « nega­ tivi >> . o almeno contraddittori e destinati allo « scac­ co ». Dietro tale atteggiamento sta un'�y_identc!-mdu:' eia nel .IIl�mento .. teorico.politico · · dell'organizzazione e del partito, considerati ( non senza pezze d'appog­ gio reali, ma certo assai unilateralmente, soprattutto per l'assolutezza meta-storica della presa di posizione) strutture necessariamente alienanti e repressive. E sta anche, dietro tale atteggiamento, un privilegia­ mento attivistico del movimento, della prassi imme­ diatistica, della rivolta a caldo. Intellettuale borghese déraciné, Sartre per un verso continua ad apparire assai sensibile alle nozioni di individuo e di libertà individuale, e per l'altro guarda con evidente parte­ cipazione emotiva ai momenti rivoluzionari in cui ogni soggetto si sente immediatamente solidale con l'Altro, immediamente immerso in un gruppo che opera collettivamente. Ma trascorsa la fase della « fusione » inebriante (inebriante anche perché non si obbedisce a nessuno), l'uomo sartriano · non tarderà nella certo diversa e più meditata fase dell'elabora­ zione organizzativo-istituzionale del movimento a sentirsi « ricadere >> in una sfera oggettiva consi­ derata aprioristicamente alienata, seriale, pratico­ inerte. Negativa per il soggetto, tale sfera è consi­ derata per ciò stesso negativa in sé e per sé. L'indi­ viduo e la sua libertà continuano insomma ad essere la chiave di volta, il metacriterio valutativo della prassi umanà nella storia. Molte cose sono certamente mutate da quando nell'Essere e il Nulla Sartre insisteva sull'assolutezza del soggetto, della libertà, dell'azione umana. La Critica della ragione dialettica dipinge in modo spesso assai efficace la collocazione non metafisica ma storica dell'uomo, la condizionatezza dei suoi progetti e dei suoi atti, la sua complessa vicenda sociale nel tempo. Tuttavia è difficile negare che nell'impalcatura gene­ rale della Critica siano rimasti, anche se sotto forme 126

in parte nuove, taluni dei vecchi schemi. Il pensiero sartriano continua ad essere fondato su una sorta di struttura binaria. Da una parte v'è una soggetti· vità ch'è azione, progetto, libertà; dall'altra v'è una oggettività ch'è ostacolo, inerzia, alienazione. I ten­ tativi sartriani (a volte validi) di mediare i due poli non annullano il fatto· che il centro agente, il centro che ha e conferisce senso e valore, è identifi­ cato sempre (direttamente o indirettamente) nella soggettività. L'oggettività « pratico-inerte " è quali· licata assiologicamente già dalla sua stessa denomi­ nazione. Essa resta, anche contro certe apparenze ed eccezioni, il negativo. L'atto vale più del fatto. L'evento è più « caldo " e positivo della struttura. La prassi è « agita " dagli uomini contro le strutture e le cose. Cosl delineato, il campo della vicenda umana appare come truccato e impoverito. L'umanismo sar­ triano tende ad antropomorfizzare la prassi e la sto· ria. È difficile che il marxismo continuamente evocato da Sartre possa riconoscersi davvero nella filosofia della Critica della ragione dialettica. E questo non soltanto perché la « penuria "• cagione e molla pri­ maria dell'agire umano, è espressamente situata (come si è detto), fuori dell'accadere storico - talché per Sartre l 'antagonismo fra uomo e uomo legato alla rareté si configura come una sorta di condanna inelu· dibile ed eterna. Ma anche perché la prassi ·realiz­ zantesi nella storia appare una prassi esclusivamente di soggetti umani. Una prassi, pertanto, la quale segue ritmi, osserva leggi e assume strutture che hanno poco in comune coi ritmi, le leggi e le strut­ ture ben altrimenti complesse individuate ed analiz­ zate da Marx. A questo proposito viene subito in mente il fatto che, malgrado tutti i riferimenti econo­ mico-sociali contenuti nella Critica, la realtà econo· mico-sociale non appare certo situata da Sartre al centro della dialettica storica. I rapporti intersog· getti vi, le alienazioni e le disalienazioni umane si determinano in base a presupposti e prospettive 1 27

spesso del tutto indipendenti dai mezzi e dai rapporti di produzione. Si sarà osservato anche che, correlativamente a questo impianto a-storico ed a-economico, il prota· gonista della seconda parte della Critica non è la classe ma il gruppo. Si tratta palesemente di una nozione assai generica, tendenzialmente indipendente da specifiche determinazioni genetiche e funzionali di natura storico-economica. Non per nulla l'analisi sar­ triana della prassi umana nella storia si presenta come analisi dei comportamenti intersoggettivi di in­ dividui ( o gruppi di individui) largamente autonomi dalle strutture economiche e di classe della storia. Tale analisi finisce cosl per esprimersi sostanzial­ mente sotto la forma di una serie di considerazioni psicologiche e sociologiche sulla fenomenologia del gruppo sociale e sulle sue implicazioni dal punto di vista dell'essere del gruppo e di quello dei suoi membri. Tali considerazioni, lo si è più volte rilevato, sono spesso assai acute e stimolanti. Ma nella misura in cui il gruppo viene considerato il soggetto (di fatto esclusivo) della prassi storica ne segue che la dinamica fondamentale della storia tende a seguire la dinamica del gruppo, nella cangiante serie delle sue metamorfosi sovrastrutrurali. Probabilmente è anche in base a questa riduzione che Sartre ha presunto di poter dare con la propria riflessione sopra la prassi umana non soltanto (come sappiamo) i « prolegomeni ad ogni antropologia futura », ma anche le « figure » e strutture formali con cui poter interpretare la storia in atto. Ma la storia non è pura prassi umana - e tanto meno pura prassi di individui e di gruppi che si alienano e disalienano. Non è forse un caso che, acquisite quelle figure e quelle strutture, Sartre si sia mostrato incapace (almend per ora) di ridiscen­ dere nel reale concreto, a scoprirvi « il significato profondo della Storia e della razionalità dialettica ».

128

V.

APPENDICE:

' « L IDIOT DE LA

FAMILLE

»

Invece che alla storia e alla sua comprensione filo­ sofica Sartre si è dedicato alla letteratura. Si è, anzi, tornato, a dedicare alla letteratura - perfettamente (e, si direbbe, rassegnatamente) consapevole che questa soprattutto è la sua vocazione di « intellettuale clas· sico » borghese 1 • Nel 1 9 7 1 sono usciti i primi due grossi tomi (2136 pagine complessive) di un'opera da molto annunciata e lungamente attesa su Gustave Flaubert 2• Nel 1972 ne è uscito un terzo volume. Ma non siamo ancora alla fine : in un'intervista recente Sartre ha annunciato di star lavorando a un quarto tomo 3• Sotto un certo profilo, la vastissima monografia flaubertiana è nata da un singolare progetto di con­ fronto metodologico-letterario. Negli anni '50, quando Sartre era stretto compagnon de route del Pcf, Roger Garaudy (allora uno dei più autorevoli intellettuali del Partito) gli propose di scrivere col suo metodo esistenzialistico un saggio su un personaggio dell'arte o della letteratura - al quale Garaudy avrebbe con­ trapposto (o almeno giustapposto) un proprio lavoro sullo stesso personaggio condotto col metodo marxi­ sta. Le vicende soggettive e oggettive degli anni se­ guenti non permisero la realizzazione di questo con­ fronto. Ma a distanza di quasi vent'anni uno dei due contendenti presenta pubblicamente l'opera con­ cepita per quella gara (anche se tale opera va molto al di là, sul piano metodologico, di un'ermeneutica strettamente esistenzialistica). 1 Si veda l'ampia intervista concessa 11. Pierre Bénichou e pubblicata da « L'Espresso-Colore » dell'Il febbr. 1973 sotto il titolo Due o Ire modi di fare il profeta. L'espressione cit. è • p. 3 1 . l J.·P. Sartte, L'Idiot de la /ami/le. Gustaue Flaubert de 1821 .i 1857, Pam 197 1 , 2 voli. (trad. -il., Il Saggiatore, Milano 1977, 2 voli.). 3 Cfr. Due o tre modi di fare il profeta, cit., p. 3 1 .

129

Da un altro (e più sostanziale) punto di vista, i l saggio su Flaubert risponde a un'esigenza molto meno occasionale, molto più profondamente radicata nella biografia intellettuale di Sartre. Come sappiamo da molte testimonianze, Sartre ha letto Flaubert fin dalla prima adolescenza. Lo ha riletto negli anni degli studi universitari, e anche dopo. Lo '·ha ricordato in buona parte delle opere maggiori. Gli ha · dedicato anche qualche saggio recente. L'attuale lavoro d'assie· me (che in realtà concerne, malgrado la mole, soltanto il giovane Flaubert : dalla nascita fino al 1 857, l'anno del famoso processo ) sviluppa e conclude, dunque, un'indagine più che trentennale. Parrebbe, fra l'altro, la testimonianza di un lungo e intenso amore. Si resta quindi assai interdetti nell'apprendere dallo stesso Sartre ch'egli > sull'autore di Madame Bovary. Il suo proposito è di delineare un modo nuovo (o insuf­ ficientemente praticato) di analizzare uno scrittore, la sua opera e i loro rapporti reciproci. I principi gene­ rali di questo modo restano fondamentalmente quelli esposti nelle Questioni di Metodo: non si può com­ prendere un uomo e/o un'opera umana dissolvendoli in categorie generalizzanti; la prassi (anche la prassi artistica) di un uomo emerge dall'intersezione di un progetto e di una situazione; per comprendere un uomo e/o un'opera umana occorre sempre risalire ( « regressivamente » ) a determinati presupposti e guar­ dare ( « progressivamente >> ) a determinate tendenze e realizzazioni ; nella misura in cui questo tipo di ana­ lisi-comprensione concerne un uomo dentro una situa­ zione sociale i fondamentali strumenti ermeneutici sono forniti dalla psicoanalisi e dal marxismo. Alla luce di questi principi Sartre ha riesaminato (sulla base, fra l'altro, di una documentazione impos Cfr. L'Idiot de la {ami/le dt., vol.

132

l,

p, 139.

nente) la vita e l'opera di Flaubert. Respingendo tante interpretazioni piattamente cronologico-evolutive, ha spiegato numerosi aspetti del , 1957, n. 139, pp. 338-4 1 7 ; n. 140, pp. 658-98 (il testo ori­ ginario di questo saggio era comparso, con alcune mo­ difiche, su una rivista polacca ). Les séquestrés d'Aitona, Gallimard, Paris 1960. Critique de la raison dialectique, précedé de Questions de méthode, t. I: Théorie des ensembles pratiques, ivi 1 960. Merleau-Ponty vivant, « Les Temps Modernes », 196 1 , nn. 184-5, pp. 304-76. Théatre, Gallimard, Paris 1962 (comprende i testi del precedente volume del 1 947, e inoltre Les maines sa­

les, Le Diable et le bon Dieu, Kean, Nekrassov, Les séquestrés d'Aitona). Marxisme et exiltentialilme: Controverse sur la dialecti­ que, Plon, Paris 1962 (vol. collettivo: gli altri parteci­

panti al dibattito sono Garaudy, Hyppolite, Orcel, Vigier).

Les mots, Gallimard, Paris 1964. La pensée politique de Patrice Lumumba (importante

1 61 1

saggio introd. a un vol. di testi del rivoluzionario afri· cano, a cura di Jean Van Lierde, Ed. Présence Afri­ caine, Paris 1963. II testo sartriano, pubblicato già nella rivista « Présence Africaine », è stato ristampato in Situations, V, Gallimard, Paris 1964). Situations, IV, Gallimard, Paris 1964. Col sottotitolo Portraits e la fascetta pubblicitaria Littérature et pein· ture, il vol. comprende importanti saggi su Natalie Sar­ raute, Gorz, Gide, Camus, Nizan, Merleau-Ponty, Tin­ toretto, Giacometti, Lapoujade, Masson, Wols, Ve­ nezia). Situations, V, ivi 1964. Come preannuncio il sottotitolo. il vol. comprende vari saggi legati alla tematica Colo­ nialisme et néo-Colonialisme. Fanno spicco quelli de­ dicati a Franz Fanon e a Patrice Lumumba. Situations, VI, ivi 1 964. II sottotitolo è Problèmes dt1 marxisme, l. · Il vol. contiene principalmente Tamplis­ simo saggio su Les communistes et la paix. Lo contor­ nano testi su Roger Stéphane e Juan Hermanos, sul comunismo jugoslavo e sulla democrazia in Francia. Les Troyennes, Gallimard, Paris 1965 (adattamento del· l'omonima opera di Euripide). Situations, VII, ivi 1965. Col sottotitolo Problèmes du marxisme, II, il vol. pubblica vari saggi di grande rilie­ vo: Réponse à Claude Lefort, Opération .Kanapa, Le ré­ formisme et les fétiches, Réponse à Pierre Naville, Le fantome de Staline, Quand la police frappe trois coups. .. , La démilitarisation de la culture, DiscuSJion de la critique à propos de L'enfance d'I van. Que peut la littérature?, U.G.E., Paris 1965 (vol. col­

lettivo: gli altri partecipanti al dibattito sono S. de Beauvoir, Y. Berger, J. P. Faye, J. Ricardo, J. Sem­ prun). Kierkegaard vivanl, Gallimard, Paris 1966 (vol. collet­ tivo: gli altri partecipanti al Colloque, organizzato dai­ I'Unesco, sono J. Beaufret, G. Marcel, L. Goldmann, M. Heidegger, J. Wahl, K. Jaspers, ecc.). Entretien sur l'anthropologie, « Cahiers de Philosophie • , 1966, nn. 2-3, pp. 3-12. L'idio/ de la famille. Gustave Flaubert de 1821 à 1857,

voli. I e II, Gallimard, Paris 1 97 1 .

Situations, VIII, Gallimard, Paris 1972. I I sottotitolo Autour de 68 e la fascetta pubblicitaria La politique

de 64 à 71 indicano chiaramente il contenuto di que­

sta nuova raccolta di saggi. Essi sono divisi in varie sezioni, dedicate rispettivamente alla questione del Vietnam, coi testi preparati da Sartre come membro del Tribunale Russell; alle vicende politiche francesi, e in particolar modo alla rivolta del maggio '68; ai problemi del Medio-Oriente; alla funzione dell'intellettuale. Situations, IX, ivi 1972. Il sottotitolo Mélanges indica il carattere un po' casuale ed eterogeneo della più recente raccolta di saggi. La prima sezione del vol., Sur moi· mème, comprende tuttavia due saggi notevoli: L'écri­ vain et sa langue, e L'anthropologie; la seconda sezione, Textes, contiene scritti su Togliatti, Mallarmé, Tinto­ retto, ecc.; la terza sezione è dedicata a un dibattito intorno al rapporto psicoanalista-paziente: vi parteci­ pano J.·B. Pontalis e B. Pingaud. L'Idio/ de la famille. Gustave Flaubert de 1821 à 1857,

vol. III, Gallimard, Paris 1972.

On a raison de se révolter, Gallimard, Paris 1974 (con·

versazioni con Ph. Gavi e P. Victor). Situations, X, ivi 1976. Il sottotitolo di questa nuova raccolta è Politique et autohiographie. La prima sezione, ' politica ', contiene: Le procès de Burgos, Les maos en France, Justice et Etat, Elections, piège à cons. La seconda, intito]ata « Entretiens sur moi-meme » , con­ tiene tre conversazioni-interviste: Sur fldiot de la Famille, Simone de Beauvoir inte"oge ].-P. Sartre, Autoportrait à 70 ans.

III.

TRADUZIONI DELLE OPERE IN LINGUA ITALIANA

a) Testi filosofici (si indicano solo le prime traduzioni): Immagine e coscienza, trad. di E. Bottasso, Einaudi,

Torino 1948.

L'essere e il nulla, trad. di G. Del Bo, Mondadori, Mi­

lano 1958.

L'immaginazione. Idee per una teoria delle emozioni,

trad. di E. Bonomi, Bompiani, Milano 1962.

Un'idea fondamentale della fenomenologia di Husserl:

162

l'intenzionalità e Materialismo e Rivoluzione, in Che cos'è la letteratura?, trad. di autori vari, Il Saggiatore,

Milano 1963.

L1esistenzialismo è un umanesimo, trad. di P. Caruso,

Mursia, Milano 1963.

Critica della ra�ione dialettica, trad. di P. Caruso, li

Saggiatore, Milano 1963, La trascendenza dell'Ego, Napoli 1 97 1 .

voll. 2. trad. di N. Pirillo, Berisio,

Materialismo e rivoluzione, a cura d i F . Fergnani e

P. A. Rovatti, Il Saggiatore, Milano 1977.

h) Testi letterari: L'età della ragione, trad. di O. Vergani, Bompiani, Mi·

lano 1946.

Il Muro, trad. di G. Einaudi, Einaudi, Torino 1947. La nausea, trad. di B. Finzi, ivi 1948. Il rinvio, trad. di G. Monicelli, Mondadori, Milano 1948. L'ingranaggio, trad. di G. Strehler, A.P.E., Milano 1953 .. La morte nell'anima, trad. di G. Monicelli, Mondadori,

Milano 1954.

Teatro (comprende: Morti senza tomba, La sgualdrina timorata, Le mani sporche, Il gioco è fatto, Il diavolo e il buon Dio, I sequestrati di A/tona), trad. di autori

vari, ivi 1963.

Le parole, trad. di L. De Nardis, Il Saggiatore, Milano 1964.

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trad. di D. Menicanti, Mondadori, Milano 196 1 .

Introduzione a Frantz Fanon, i n F. Fanon, I dannati della terra, trad. di C. Cingetti, Einaudi, Torino 1962. Che cos'è la letteratura?, trad. di autori vari, Il Saggia­

tore, Milano 1963 (comprende il saggio che dà il titolo al volume, meno - incomprensibilmente l'ultimo ampio capitolo; alcuni scritti su Faulkner, Dos 163

Passos, Mauriac, Giraudoux, Camus, Parain, Renard; la Presentazione a « Les Temps Modernes �; Indivi­

dualismo e conformismo negli Stati Uniti; Orfeo Ne­ gro; il breve saggio sull'intenzionalità in Husserl; Ma­ terialismo e Rivoluzione; due scritti su Giacometti). Il filosofo e la politica, trad. di L. Trentin e R. Ledda,

Editori Riuniti, Roma 1964 (comprende vari saggi politici, fra i quali una parte dei Comunisti e la pace,

Il fantasma di Sta/in, Siamo tutti assassini� L�analisi del referendum, La smilitariuazione della cultura, La guerra fredda e l'unità della cultura, Coesistenza pa­ cifica e confronto delle idee, Il pensiero politico di Patrice Lumumba, Discussioni sulla critica a proposito dell'Infanzia di Ivan, e infine il saggio Merleau-Ponty vivo). Santo Genet, commediante e martire, trad. di P. A. Ro­

vatti, Il Saggiatore, Milano 1972.

Due o tre modi di fare il profeta (intervista rilasciata da

Sartre a P. Bénichou per la rivista « Esquire », poi pubblicata con questo titolo da « L'Espresso », n. 6, 11 febbraio 1973). Ribellarsi è giusto, trad. di A. Berardinelli, Einaudi, To­ rino 1975 (conversazioni con Ph. Gavi e P. Vietar). Autoritratto a settant'anni e Simon de Beauvoir inter­ roga Sartre sul femminismo, a cura di M. Gallerani, Il Saggiatore, Milano 1976. (Sono due ampie interviste pubblicate in Situations, X). L'idiota della famiglia. Flaubert dal 1821 al 1857, Il Saggiatore, Milano 1977, 2 voli. IV.

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