125 53 23MB
Italian Pages 640 [642] Year 1988
Traduzione e commento di
L.Alonso Schokel e J. Vilchez Lindez
della stessa collana L. Alonso Sch6kel - J.L. Sicre Diaz I Profeti L. Alonso Sch6kel - J. L. Sicre Diaz
Giobbe L. Alonso Sch6kel - J. Vilchez Lindez Proverbi Rinaldo Fabris Matteo Rinaldo Fabris - Giuseppe Barbaglio Le Lettere di Paolo Rinaldo Fabris
Atti degli Apostoli Pierre Prigent
L'Apocalisse Gianfranco Ravasi
Giobbe
traduzione e commento di L. Alonso Schokel e J. Vilchez Lindez
i Proverbi
boria
Titolo originale:
Proverbios
© 1984, Ediciones Cristiandad, S.L., Madrid
© 1988, Edizioni Boria, s.r.l. via delle Fornaci 50 -
00165 ROMA
Traduzione di Teodora Tosatti (il testo biblico) Pietro Brugnoli (introduzioni e commento) Revisione di Carlo Valentino ISBN 88-263-0568-2
Indice generale
Sigle usate ..................................... pag. Presentazione (L. Alonso Schokel) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . "
9 13
IL MONDO DEI SAPIENZIALI Saggio sulla letteratura sapienziale. Un'offerta di saggezza Alonso Schokel). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
! I,.
I. Un territorio nuovo ....................... II. Un noto parente ......................... III. Il lavoro sapienziale ....................... rv. Sapienza artigianale ....................... V. Artefici della propria vita .................. VI. Fonti della sapienza ....................... VII. Attività umana sapienziale ................. \'III. Atteggiamento dei maestri ................. IX. Dio nel programma sapienziale .............. X. Crisi del lavoro sapienziale ................. Xl. Legge come sapienza ...................... Xli. La Sapienza personificata .................. \I Il. Gesù Cristo, Sapienza di Dio ...............
. . . . . . . . . . . . .
Storia della ricerca sulla letteratura sapienziale Vflchez Undez) .............................. .
I I.
17
,,
28 "
,, ,,
43
,,
44 51 54 58 59
I. Contesto principale: lantico Vicino Oriente ... .
Sapienza e saggi .......................... . Il concetto di sapienza .................... . Natura della sapienza ..................... . Fonti della sapienza ....................... . Relazioni della sapienza .................... . La sapienza e gli altri corpi letterari dell'Antico Testamento ............................. . I X. Fornll' e generi sapienziali nell'Antico Testamento
30 31 34 35 36 40
"
I I. Contesto locale: Israele .................... .
I I I. I V. V. VI. \' 11. \' 111.
17 19 19 21 24 25
" "
62 67 72 78
Indice generale
6
X. Evoluzione della sapienza .................. . XI. Teologia della sapienza .................... .
pag. ,,
Bibliografia .............................. .
82 89
94
PROVERBI Introduzione (J. Vflchez Lfndez) .............................. .
I. II. III. IV. V.
Titolo del libro .......................... Che cos'è un masaP. ...................... Divisione del libro dei Proverbi ............. Composizione, datazione e autori di Proverbi .. Conclusione: Proverbi, libro sacro ...........
107
.
. . . .
Bibliografia .............................. .
,,
Forma dei Proverbi (L. Alonso Schokel) .............................. .
I. Il. III. IV.
Tipi semplici ............................ Passaggio alle forme composte .............. Forme composte .......................... Procedimenti stilistici .....................
. . . .
107 108 110 116 120 122 134
,,
135 156 163 165
TESTO E COMMENTO (L. Alonso Schi::ikel) 177 177
Capitolo 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Titolo e prologo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
PRIMA RACCOLTA
Esordio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
184
Proclama della Saggezza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
188
Capitolo 2 .................................... . . Discorso del maestro ........................... . Caph~o 3.. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..
Doveri verso Dio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
,,
195 199
206 207
Indice generale
Sapienza e prudenza ............................ pag. 214 Doveri verso il prossimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 219 Capitolo 4 ..................................... La tradizione ................................. Le due vie ................................... La retta via ..................................
. . . .
Capitolo 5 ..................................... . La meretrice ................................. . Gioia del matrimonio .......................... . Capitolo 6 ..................................... . Cauzione .................................... . Pigrizia ...................................... . Il perverso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sette cose .................................... . Adulterio .................................... . Capitolo 7 ..................................... . La seduzione ................................. .
"
"
226 226 230 232 235 237 240
245 245
" " "
247 249 250
252 ,,
258
"
258
Capitolo 8 ..................................... . Proclama della Saggezza ........................ . Inno della Saggezza ............................ .
"
269
Capitolo 9 ..................................... . Banchetto della Saggezza e della Follia ............ . Destinatari ................................... .
,, ,,
287 287
,,
298 318 335
"
350
271
273
294
SECONDA RACCOLTA PROVERBI DI SALOMONE petto a quelli brevi ma composti. I. Tipi di enunciato: yes/'ayn, 'is/'iSSa, sostantivo + qualificativo + predicato.
a) Tipo ye'f/'ayn = C'è/ Non c'è. Presenta una nuda constatazioCon un distanziamento innocente o voluto o finto del dato:«~ così, 111 non dico niente»; o «Così è, a te tirarne le conseguenze»; o «E così l' io non ci posso far niente, ci devi far fronte», o anche: «Vi comunico la mia scoperta: c'è chi ... ». lll'.
11, 14 13, 7 16,25
C'è chi largheggia e aumenta la sua ricchezza ... C'è chi si crede ricco e non ha niente ... Ci sono strade che sembrano dritte, e sboccano nella morte.
Si paragonino con alcuni proverbi nostrani: Dal dirT al fan· r'è di mezzo il mare.
Tipi semplici
136
A tutto c'è rimeJio, ma non alla morte, finché c'è vita, c'è speranza.
In alcuni casi lo yes introduce casi particolari; in altri, invece, enuncia un fatto universale, come risulta anche da nostri proverbi citati. Il tipo 'ayn = non c'è, in quanto negativo è universale. La corrispondenza con la nostra lingua è manifesta: 21,301 25,3
Non c'è abilità né prudenza né consiglio da\•anti al Signore. Nou c'è sonda per la mente del re ( = è insondabile). Non Non Non Non Non
c'è c'è c'è c'è c'è
strada senza buche. rosa senza spine. pane senza pena. un male che duri cent'anni. peggior sordo di chi non vuol sentire.
Per il carattere di fatti singolari, ripetuti, può entrare in questa sezione il tipo rabbim = molti. Dove il «molti» deve fare da soggetto, e non da predicato. 29,26 31,29
Molti cercano il favore di chi comanda ... Molte donne ottennero ricchezze ...
Talora è assai difficile decidere se tolto. I lai visto uno precipitato nel parlare? meglio sperare in uno stolto. Il Signore aborre l'arrogante: presto o tardi non resterà impunito. li Signore aborre la mente tortuosa: presto o tardi il malvagio la paga. L'istruzione del saggio è fonte di vita che allontana dai lacci della morte. Rispettare il Signore è fonte di vita che allontana dai lacci della morte. La fortuna del ricco è il suo baluardo, la miseria è il terrore del povero. La fortuna del ricco è il suo baluardo: se la immagina come un'alta muraglia. Rispettare il Signore è fonte viva che allontana dai lacci della morte. Rispettare il Signore è vita: uno dorme soddisfatto e senza incubi. Il Signore aborre il sacrificio del malvagio, la preghiera dei giusti ottiene il suo favore. Sono abominevoli i sacrifici del malvagio, tanto più se li offre con calcolo. L'uomo intelligente cerca il sapere, la bocca dello stolto si pasce di stoltezza. L'uomo intelligente cerca di sapere l'orecchio sensato desidera imparare. Rispettare il Signore è scuola di sapienza: prima della gloria viene l'umiltà. Prima della sventura il cuore fu superbo, prima della gloria fu umile. Ruggito di leone è la collera del re, rugiada sull'erba il suo favore. Ruggito di leone è la collera del re: chi la irrita si gioca la vita.
Passaggio olle forme composte
lùl
22,28 23.10 23,17 23, 18
24,14
16,23
Non spostare gli antichi confini posti dai tuoi padri. Non spostare gli antichi confini né metterti nd campo dell'orfano. Non provare invidia per i peccatori, ma sempre per il rispetto Jcl Signore; . . . cosi avrai un avvemre e la tua speranza non fallirà . . . . così la sapienza e il sapere per il tuo di:siderio; se li consegui avrai un avvenire e la tua speranza non fallirà. L'uomo assennato ha fan:a di prudente, il suo mite parlare aumenta la persuasione. A mente sensata bocca disneta, col suo pari.ire aumenta la persuasione.
Chl" cos'è avvenuto? In termini di evoluzione diacronica, si danno, priori, tre possibilità: espansione, contrazione, vc1rianti. a) 11 compilatore si è trovato davanti un proverbio semplice e lo 11,1 allargato, aggiungendogli un membro parallelo, un antecedente parti,:olarc, dandogli un contesto. h) Di una forma più ampia si è ritenuto solo un breve enunciato. c) Il compilatore ha raccolto due o più varianti già esistenti. Un esempio molto chiaro è costituito dalla presenza dello stesso pro\'crbio in 6,9-11 e 24,33. Nella prima raccolta il proverbio è preceduto ,b un'ammonizione retorica; esso è formato da una coppia di membri doppi, secondo lo scema A+ Ab+ b c +c. Nel capitolo 24 i pezzi b + b l. + c si danno appuntamento nella riflessione provocata dallo spettacolo del «campo del pigro». Ciò presuppone lesistenza conosciuta del pro' erbio. Ci richiama alla memoria il metodo del Qoèlet, che prende dei proverbi semplici, forse tradizionali, per farne i suoi commenti anticon1ormisti. Questi esempi offrono testi abbastanza ampi, che solo per anal11gia possono illustrare il fenomeno nella raccolta 10-22. Dall'insieme dell'analisi precedente deduco che i processi più frequenti sono quelli indicati in a) e e). Per contrazione sarebbe risultata 1111a raccolta di proverbi brevi, più sobri e talvolta meglio indovinati, ,,uasi sempre meno accademici. Possiamo illuminare la nostra ipotesi rifacendoci all'esperienza dei nostri proverbi: dove si è avuta una contrazione, la possiamo riconosce1e facilmente. Anche l'amplificzione si può scoprire facilmente. Presenri amo alcuni esempi di contrazione, ponendo tra parentesi il brano caduto in dismo: .1
Passaggio alle forme composte
162
(Per torbida che sia) non dire: di quest'acqua non berrò. A rubar tanto si fa carriera (a rubar poco si va in galera). Attacca l'asino dove vuole il padrone (e, se si rompe il collo, suo danno). A tutto c'è rimedio (fuorché alla morte}. Chi ha denti non ha pane (e chi ha pane non ha denti). Chi rompe paga (e i cocci sono suoi). Chi ha polvere spara (e salta chi può). li silenzio è d'oro (e la parola è d'argento). Se son rose fioriranno (se son spine pungeranno).
Esempi di ampliamento, di solito con correzione dell'enunciato: Fatti la buona fama e mettiti a dormire (ma non addormentarti per non perderla). Ladro piccolo non rubare (che il ladro grosso ti fa impiccare). Chi ha la farina non ha la sacca (e chi ha la sacca non ha la farina). Chi perde ha sempre torto (e chi vince ha sempre ragione). Cuor contento gran talento (e non sente stentol.
La nostra esperienza ci dimostra che è più facile e frequente la contrazione che non l'ampliamento; e questo perché è la legge stessa del proverbio a esigere che sia breve: «A buon intendi tor ... ». Nel caso della «raccolta salomonica» (10-22), preferisco la spiegazione seguente. Uno o più compilatori si dedicano a raccogliere e unire proverbi in un'unica raccolta, in certo qual senso ufficiale. In questo momento i «dottori» completano i proverbi semplici, per uniformarli al modello binario o bimembro; e per conto proprio ne vanno componendo altri, il più spesso di tipo accademico. Resta anche un'altra possibilità teorica: che non si tratti di proverbi sciolti, ma di trattatelli. In questo caso, l'ipotesi precedente cade. Il lavoro sarebbe da immaginare press'a poco in questi termini: il maestro sviluppa uno o due temi nello stile della sentenza, ossia nello stile tradizionale di versi relativamente regolari e paralleli. Ma contro questa spiegazione vedo due obiezioni serie: a) Per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a identificare questi trattatelli tematici. Al più si arriva a cogliere o congetturare alcune accentuazioni tematiche: per esempio, l'economia domestica, il parlare, il contrasto tra malvagio e onesto, tra saggio e stolto, ecc. Ma queste
Forme composte
163
'-·adenze vengono vistosamente e ingiustificatamente interrotte da proverbi slegati ed eterogenei. b) Come termine di confronto, possediamo esempi di trattatelli tematici nel libro del Siracide e nella prima raccolta del nostro libro (1-9); mentre non troviamo niente di simile a tali trattatelli nella serie «salomonica» di 10-22. In conclusione, mi accontento dell'ipotesi di un lavoro di raccolta, uniformazione e apporto di nuovi proverbi da parte dei maestri. Può anche darsi che si sia trattato di testi scolastici, a disposizione di altri maestri e di discepoli disposti a copiarli o a impararli a memoria. Quando il proverbio binario è tale di natura sua, e non per elaborazione secondaria, le varianti già esistevano nel momento della raccolLt e non sono da attribuire al compilatore o al maestro. Ma è ormai ora di passare dal proverbio semplice e binario alle forme più estese, per numero di versi o di articolazioni. Mi soffermerò sui proverbi numerici, sulle etopee e sul poema alfabetico, facendo anche menzione dei trattatelli.
III. Forme composte 1. Il proverbio numerico. Raggruppo tre tipi: quelli che enunciano il numero globale, quelli che enunciano il numero secondo lo schema 11 1 I, quelli per analogia che non enunciano nessun numero. Nella pri11ia raccolta leggiamo un settenario, 6, 16-19: «Sei cose detesta il Signore e una settima la aborre di cuore». Tale I 11rma domina la seconda parte del capitolo 30: due: 30,15a, La sanguisuga ha due figlie: «dammi, dammi». tre (senza accennare al numero): 32-33; tre più una: 15b-16.18-19.21-23.29-31; quattro: 24-28.
Questa tipologia ricompare nel libro del Siracide: 25,1 (tre cose); .' >,2 (idem); 25,7-11 (dieci beatitudini); 26,5 (tre più una); 26,28 (due
una); 40, 18-27 (dieci paragoni = trenta elementi). Rimandando il lettore a tali capitoli, mi limito a mostrare come tal,· I orma la troviamo anche nei nostri proverbi, esclusa la versione n + 1:
11111
Tl'mpo l' \'l'Ilio, donna e fortuna, cambiano presto. llarro, taharro l' Vcnerl·, riJunmo l'uomo in cenere.
Forme composte
164
Chi nasce è bello, chi si sposa è buono e che muore è santo. Donna danno, sposa spesa, moglie maglio.
2. L'etopea, secondo Maria Moliner, è la «descrizione del cara ttere, inclinazioni e costumi di una persona». Oserei correggere o precisare: non tanto di una persona, quanto di un tipo. In questo senso prendo il termine qui. L'etopea sta alla vignetta come lo sviluppo sta al nocciolo, o al semplice cenno. Non parlo di priorità cronologica per nessuna delle due forme: da una vignetta può nascere un'etopea, come una descrizione può concentrarsi in un paio di tratti. Le migliori etopee del libro sono quelle dell'adultera nel capitolo 7 e dell'ubriaco in 23,29-33. La seconda è abbastanza pura come descrizione, con un solo imperativo. La prima contiene apprezzamenti e fa uso della tecnica del narratore che fa da interposta persona. 3. Il libro si chiude con un poema alfabetico. L'espediente consiste nel cominciare ciascuno dei ventidue versetti con una lettera dell'alfabeto. In altre parole, si tratta di un acrostico costruito sull'alfabeto. Anche il Siracide si chiude con un poema analogo. Come a dire: qui c'è tutto, dall'alfa alla tau, ossia dall'a alla zeta. Tale procedimento è noto soprattutto alle Lamentazioni e a vari salmi. Se i versetti sono ventidue, senza seguire l'acrostico, si parla semplicemente di numero alfabetico, come nel capitolo 2. 4. Nella prima raccolta (1-9), troviamo altre forme meno caratteristiche. L'esordio ampliato, il bando, qualche serie, qualche trattatello, alcuni dittici e quadri contrapposti. Il mondo sapienziale si stacca qui dalla forma breve ed elementare. La semplice esortazione o consiglio si fa parenesi, adottando forme profetiche e artifici retorici. La visione incisiva di un tipo si trasforma in etopea o scenetta di costume. La comparazione si sviluppa in descrizioni della natura, degli animali o del cosmo. La riflessione minuta si fa saggio. L'antitesi si sviluppa in serie contrapposte, di esposizione per contrasto, fino a riallacciarsi alla forma greca della synkrisis. Ci inoltriamo nel libro dei Proverbi come propedeutica per l'esplorazione delle altre opere del corpo sapienziale.
Procedimenti stilistici
' IV. Procedimenti stilistici Sia le forme minori che le maggiori fanno uso di procedimenti di stile, o stilemi, comuni ad altri testi poetici del!' Antico Testamento. Mi soffermerò sul materiale sonoro, sulla concisione, sulla ripetizione, sulla concretezza, sulle immagini. 1. La stilistica del materiale sonoro include il ritmo, la sonorità, i giochi di parole. Comincio con un esempio assai elaborato di sonorità. Una versione interlineare aiuterà a coglierne l'effetto: 12,5
mab5ebot saddiqim mispaf ta/;Jbulot rda'im mirma pensieri di onesti equità tattiche di malvagi tradimento
Per apprezzare meglio il parallelismo sonoro, trascrivo il verso su due righe: ma/;Jsebot ta/;Jbulot
saddiqim mispat re5a'im mirma
Vi dominano le rime consonanti o assonanti e il numero delle sillahe è identico. Il ritmo procede regolarmente: 006 006 oo {supponendo la pronuncia acuta). a) Il ritmo dominante della serie di proverbi è quella del tipo 3 + '; il che significa sei accenti con cesura a metà, o due emistichi di tre accenti ciascuno. Sono pure frequenti i versetti con le formule 4 + 3 l' 4 + 4. 12,23
12,10
Uomo sagace 'adam 'anm1 cuore-di leb Cura il giusto yode' saddiq sentimenti dei werqhme
occulta sapere, kose da 'at insensati grida stoltezza kesilim yiqra' 'iwwelet sostentamento suo-bestiame nepes behemto malvagi spiegati re5a 'im 'akzari
Poco frequente è il tipo 4 + 2: 19, l 7
Prestatore-del Signore compassionevole-del povero: malwe Yhwh bonen dal la ricompensa lo ripagherà t1J?,cmalo yefol/.am-lo
166
Procedimenti stilistici
20,9
Chi dirà: mi yo'mar è puro il mio cuore, sono mondo dal peccato? zikkiti libbi taharti meba!!a 'ti
Il secondo proverbio si può leggerlo con doppia cesura, secondo la formula 2 + 2 + 2. Il versetto 3 + 2 è raro. Lo si suol chiamare «qina», ossia elegia o lamento: 16,3
Affida al Signore le tue attività: gol 'el Yhwh ma'feka prospereranno i tuoi piani weyikkonu mabseboteka
Se si legge l'ultima parola con doppio accento, si ricade nella formula 3 + 3. 17 ,2 per la sua formula 5 + 4, costituisce una specie di rarità: Servo abile comanderà a figlio 'ebed mafkil yimfol beben tra fratelli dividerà l'eredità betok 'abim yab/iq nabla
indegno: mebis
È pure raro 25,20: come sta, si può scandire in 4 + 2 + 4; il testo è tuttavia dubbio. In 22,29 leggiamo un verso con formula 4 + 3 + 3; ma il terzo emistichio è ovviamente una glossa. L'anomalia ritmica aiuta a scoprirla o quanto meno conferma il sospetto. Una variante interessante e non frequente consiste nel dividere un emistichio con cesura minore; ad esempio, con il risultato 2 + 2 + 4 in 25,12 e 27,4: Pendente d'oro e collana preziosa nezem zahab wab/i ketem ammonitore saggio per l'orecchio attento mokib bakam 'al 'ozen foma'at Crudeltà-di collera torrente· d'ira: 'akzeriwyt bema w~setep 'ap chi resisterà alla gelosia? umi ya 'mod /ipne qin 'a
Si possono trovare altre combinazioni, in cui il senso incide vistosamente sulla forma.
Procedim~nti
167
stilistici
Nei nostri proverbi la forma binaria è assai frequente. Molti proverbi si possono anche misurare per sillabe e accenti. Ma si tratta di una decisione ardua, che non arriva a conclusioni assodate. Quando si contano le sillabe, sarebbe da precisare l'uso delle elisioni in epoche antiche. Viceversa, la conta degli accenti è abbastanza sicura, pur lasciando un margine di dubbio dovuto alla pronuncia delle enclitiche e proclitiche, come pronomi. Di fatto, non ci resta che prendere il proverbio come Io usiamo noi, e quello antico come lo leggiamo noi. Così possiamo considerare il numero delle sillabe (abbastanza dubbio), il numero degli accenti (abbastanza probabile) e il taglio della frase. Farò uso di numeri per le due prime misure, e di lettere per il taglio della frase. Gli esempi dei nostri proverbi cadono a puntino per illustrare i fenomeni ebraici. l . A goccia a goccia si scava la pietra (5 + 6 o 2 + 2 a+ a) 2 . Buon tempo, maltempo, non dura tutto il tempo (6 + 7 o 2 + 3 a + a + b) 3 . Il mondo è fatto a scale, chi scende e chi sale (7 + 6 o 3 + 2 a + b +hl 4. Un padre campa cento figli, cento figli non campano un padre (9 + 10 o 4 + 4 a+ a) 5 . L'assai basta, il troppo guasta (4 + 5 o 2 + 2 a+ a) 6. Occhio che piange, cuore che sente (5 + 5 o 2 + 2 a + a) 7. A buon intenditor poche parole (11 o 4)
Il ritmo aiuta a dare forma al proverbio: lo incanala e lo struttura, In lavora e lo rende compiuto. Serve inoltre a farlo accettare e a memo-
rizzarlo. Anche le varianti sogliono rispettare il principio ritmico, ben,·hé cambino le parole. Teoricamente occorrerebbero due elementi per poter produrre la ripetizione che è condizione del ritmo. Nondimeno vi sono forme ritmiche, nei nostri proverbi, come l'ottosillabo, l'eptasillabo e l'endecasillabo, che si riconoscono bene anche sciolti. In altre parole, quando li sentiamo, assegniamo loro un posto preciso entro un dato modello ritmico. In italiano, oltre agli ottosillabi ed eptasillabi, sono as,;11 frequenti gli endecasillabi.
h) Sonorità.La prima osservazione da fare è che il proverbio è un di linguaggio parlato: cioè recitato e memorizzato. La scrittura ·,nve agli eruditi e ai curiosi per raccogliere e fissare, e particolarmente pn consnvare i proverbi orali. Nei repertori troviamo i proverbi a mo' jll'ZZO
Procedimenti stilistici
168
di alimenti congelati, che hanno bisogno di essere riscaldati per farsi commestibili. I proverbi sono preziosi beni di consumo che non si consumano. Gli ebrei erano abituati e allenati ad ascoltare il suono delle loro composizioni poetiche; e anche, forse in grado minore, quello della prosa artistica. Anche noi, del resto, lo siamo. Prima di ogni altra cosa essi guardano al ritmo, che è un fattore sonoro; poi alla rima assonante che comanda in quasi tutti i campi del proverbio, lasciando spazio per consonanze e parti indipendenti. A volte la rima è una questione di «essere o non essere», anche al fine di ricordare o dimenticare; senza rima si hanno sentenze che cessano di essere proverbi. Si confrontino, ad esempio, le due forme possibili: Non cade foglia che Dio non voglia. Non cade foglia se non lo vuole Dio. O ancora: Chi si loda si imbroda. Chi si scusa si accusa. Chi s'assomiglia si piglia. Chi è in difetto è in sospetto. È più la spesa che l'impresa. Né donna né tela a lume di candela. Ospite raro ospite caro.
È ben difficile ottenere la stessa efficacia senza far uso della rima, sostituita con altre parole. Gli ebrei erano più sensibili e allenati ai rapporti consonantici. I rapporti tra vocali sembrano costituire un'eccezione. Fenomeni simili si danno tuttavia anche nei nostri repertori. Siamo tanto abituati alla lusinga e alla comodità della rima che non ci fissiamo negli altri fattori sonori. Giova attirare l'attenzione, con alcuni esempi, su un fatto tanto trascurato. Il lettore provi a sentire, con simpatia o ripulsa, la sonorità degli esempi seguenti: 1. 2. 3. 4.
II mulino non macina senz'acqua. Gennaio secco, massaio ricco. II troppo stroppia. La lingua batte dove il dente duole.
Sono quattro esempi diversi tra loro ma tutti significativi. Abbiamo la ripetizione della m e l'allargarsi dei suoni vocalici nel primo; il gioco vocalico e consonantico nel secondo (eaio, eoo, aaio, ioo, con la forte assonanza ecco-icco); la forte onomatopeia vocalica e consonanti-
Procedimenti stilistici
169
ca (tr-pp) nel terzo; l'onomatopeia delle ne delle t nel quarto, cui si aggiunge la ripetizione delle /. Anche nei proverbi seguenti, scelti tra molti, si può notare l'espressività vocalica e consonantica: 5. Campa, cavallo mio, che l'erba cresce (aaaoio, eeaee, con ripetizione della e dura) 6 . Chi compra sprezza, chi ha comprato apprezza (onomatopeia delle p e delle r) 7 . Chi non risica non rosica (onomatopeia delle r-s-c in assonanza) 8 . Chiodo scaccia chiodo (onomatopeia delle e) 9 . Con niente si fa niente (onomatopeia delle n) 1 O . Fratelli flagelli (consonanza fra-fla con rima) 1 1 . L'acqua corre al mare (onomatopeia delle r e vocalica) I 2 . La mala erba non muore mai (onomatopeia delle m e vocalica) I 3. Non c'è pane senza pena (onomatopeia delle n con assonanza) 14. L'ozio è il padre di tutti i vizi (onomatopeia della z) 1 5 . Parenti serpenti (onomatopeia delle p e r con rima) I 6 . Chi fa falla e chi non fa sfarfalla (onomatopeia delle f e vocalica con rima)
Questi esempi ci possono servire da aperitivo, per poter meglio asgli espedienti ebraici. Giova infatti allenarsi nella propria lingu prima di passare all'altrui. Gli ebrei, già è stato studiato in altri campi, 11sano l'allitterazione, gli inizi uguali, i gruppi di consonanti ripetuti o invertiti, l'insistenza su una particolare consonante (con equivalenze per .1rticolazione), le paronomasie, i giochi di parole. Nel commento versetto per versetto attirerò più volte l'attenzione .11 tali ricorsi sonori. Qui mi basti proporre alcuni esempi traslitterati, , nn versione interlineare ed eventuale commento. ~••porare
17, I
Meglio tozzo di pan secco con pace toh pat bareba weJalwa bah che casa piena di festini litigati mihhct male' zihl;ie rib
Procedimenti stilistici
17,2
170
Servo abile comanderà a figlio 'ebed mafkil yimfo/ beben tra fratelli spartirà betok 'abim yal;liq
indegno mebiS l'eredità
nabla
Nel primo proverbio la sequenza tb-brb - zbb rb sottolinea la contrapposizione (si deve tener conto della somiglianza fonetica t/z). Il secondo ha \ma consonante dominante in ciascuna metà: i s s, b bi bi.
17 ,6
17,11
17, 12
Corona degli anziani figli di figli 'ateret zeqenim bene banim onore di figli i loro padri tip 'eret banim 'abotam Ribelle cerca sventura 'ak-meri yebaqqes ra' gendarme inflessibile gli sarà mandato ma/'ak 'akzari ye'Sullab bo Imbattersi 10 orsa privata dei figli pagos dob sakul be'iS e non 10 stolto nella sua insensatezza we 'al kesil be 'iwwalto
In 17 ,6 spiccano le rime interne -eret e -im. Il v. 11 è raffinato, in quanto raggiunge la consonanza includendo una particella enfatica, più necessaria per il suono che non per il significato: 'ak-meri 'akzari. Il v. 12 gioca sui suoni simili di derubata = privata e stolto, sakul e kesil; cui si aggiungono be'i- be'i-, we'al 'iwwal. 17 ,28
Stolto silenzioso gam 'ewil mabris
25, 13
Come frescura di neve ke$innat seleP, messaggero verace .. . $Ìr ne'man .. .
è tenuto yebaseb (suono dominante bl 10 giorno di mietitura beyoni qa$ir
accorto bakam
La fine della parola e dell'emistichio è la parola che inizia quello seguente. Un grande esempio di gioco di parole è costituito dalla serie ternaria di 30,32-33, basata sul rapporto tra 'ap = ira e 'appaym = narici, e sull'omofonia di bem'a = grasso e bema = collera (tacito). Ci sono proverbi ebraici che tradotti risultano scipiti, poiché il lo· ro incanto sta nella loro sonorità intraducibile e inimitabile.
171
Procedimenti stilistici
Martf nez Kleiser tratta questo tema nelle pagine XV e XIX della sua introduzione. 2. Concisione. Il proverbio è breve, o perché è racchiuso in poche parole essenziali, o perché lascia qualcosa da indovinare. Si tratta o di concisione serrata in se stessa, o di concisione aperta al suggerimento e ali' allusione. La lingua ebraica letteraria è di natura sua breve, se non addirittura concisa. In parte per il fatto che è una lingua meno differenziata di quella greca o della nostra, e in parte perché non ha sviluppato l'abitudine dell'analisi, che si riallaccia piuttosto all'eredità greca. Se prosa e poesia sono solitamente brevi nell'ebraico, il proverbio deve far mostra di tale brevità. Il guaio è venuto con quell'elaborazione di cui si è detto, che si mise a uniformare in schemi binari. Di conseguenza si hanno due parti concise che naufragano nella ripetizione. Dire brevemente per due \·olte la stessa cosa non è certo segno di brevità. Nondimeno restano nel libro moltissimi esempi di brevità, che raggiungono talora forme di concisione indovinatissime. L'esposizione più convincente, è forse quella di sovrapporre una traduzione interlineare, parola per parola, quanto possibile. Il guaio è che in tal modo si ha in italiano una formulazione forzata, anche se non 'pezza la grammatica nell'ebraico. Facciamone la prova verificando le l raduzioni: 15,la 15.2b 15,3 15,13a 15, 15b
Risposta blanda placa ira. Bocca di stolti borbotta stoltezza. In ogni luogo occhi del Signore vigilanti su cattivi e buoni. Cuore contento rallegra volto. Contento cuore, festino perpetuo.
Anche un'intera serie può essere formata di sentenze brevi, come già citato 30, 32s: «Chi sbatte latte, trae panna; chi sbatte naso, trae ,angue; chi sbatte collera, trae lite». La concisione del proverbio ebraico ne rende difficile sia la com1•rl'nsione che il compito della traduzione. Per fortuna i nostri repertori 'li proverbi si fanno anch'essi onore e ci insegnano come tradurre ri.parmiando parole. A scopo di sensibilizzazione, e per chiarire o giustiI 1l·;1rc alcune tecniche di traduzione, presento alcuni frutti del nostro 11L·I
I ;ll'COlto:
I.
I .'unmn per la parola, il toro per le corna.
Procedimenti stilistici
2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.
13. 14. 15. 16. 17. 18.
19. 20.
172
A buona fame non c'è pan duro. Acqua passata non macina più. A brigante brigante e mezzo. Le pecore si contano alla fine. Brutto in fasce bello in piazza. Carta canta, villan dorme. Chi disprezza compra. · Chi la fa laspetti. Chi non risica non rosica. Chi più sa meno crede. Chi prima nasce prima pasce. Chi s'assomiglia si piglia. Chi si contenta gode. Chi serba serba al gatto. Cosa fatta capo ha. Il sangue non è acqua. I più tirano i meno. Lupo non mangia lupo. Necessità fa legge.
Molti di questi esempi mostrano come l'articolo si può mettere o tralasciare senza pregiudizio. Anche il verbo essere può cedere il posto a una semplice virgola, spesso sottintesa. 3. La ripetizione di alcune parole non si oppone, in sé, alla concisione. Ciò nonostante, l'ebraico preferisce la sinonimia alla semplice ripetizione: 11,2 12, 1
13,3 16, 17 17, 19
18, 3 18,22 19,16
Entrò insolenza ed entrò obbrobrio. ba' xadon wayyabo' qa/on Chi ama la correzione, ama il sapere 'oheb musar 'oheb da'at Chi custodisce la sua bocca, conserva la sua vita. no$er piu fomer napfo Chi controlla la sua via, conserva la sua vita, fomer napfo '10Ser darko Chi ama la rissa, ama il delitto, 'oheb pe5a' 'oheb masa Entrando l'empietà, entra il disprezzo bebo, rasa. ba' gam buz Trovò donna, trovò un bene. maia' zssa masa' tob Chi custodisce il precetto, custodisce la vi1.1 fomer fomer miswa
173
Procedi menti stilistici
21,23
Chi custodisce la sua bocca e lingua, fomer
piu
uleJono
si preserva dai dispiaceri fomer
29,16
mi~~arot
Quando comandano birbot
napfo
i malvagi, re'Sa'im
aumenta yirbe
il delitto, peia'
Questi proverbi sono pochi e poco espressivi. Non si possono paragonare a quelli del nostro repertorio: Aiutati che il ciel ti aiuta. Anno nevoso anno fruttuoso. A rubar poco si va in galera, a rubar tanto si fa carriera. Svelto a mangiare, svelto a lavorare. Chi pit1 spende meno spende. Chi prima nasce prima pasce. Chi s'aiuta Iddio l'aiuta. Chi trova un amico, trova un tesoro.
4. Altri aspetti. Il nostro libro di proverbi spicca per ricchezza immaginativa. Ho trattato il tema di passaggio, parlando del tipo «comparazione». L'immagine può essere posta nel predicato: «Tesori mal guadagnati sono fumo che si disperde»; «La bocca della donnaccia è fossa profonda». Può anche racchiudersi in una parola usata come metafora: .. il ciarlatano dà stoccate»; «La via perversa avanza a zigzag»; «Il Signorl· pesa i cuori». A volte l'intera frase è metafora di un'altra situazione u simbolo di molte altre: «L'uomo abile scalerà la fortezza», «Pesi disuguali, misure disuguali», «Sa dolce il pan rubato». Si confrontino due versioni, quella ebraica e quella italiana, sul ca-,ugo: 21,11
Quando il cinico la paga, l'inesperto impara; ma il saggio impara con l'esperienza. In italiano: chi a spese altrui sa imparare, felice si può chiamare.
Rifacendoci all'ambito dei nostri proverbi, così ricchi di immagini, , i sorprende la povertà di immaginazione della raccolta 10-22. Come "l" k· immagini fossero scappate via e si fossero rifugiate tutte nei tre 'apitoli 25-27. l In dato affine è quello della concretezza, per cui una raccolta di
Procedimenti stilistici
174
proverbi viene a costituire un documentario sugli usi e costumi di un popolo in una data epoca. Nel libro dei Proverbi ci imbattiamo da un lato in una moltitudine di qualità astratte, quali soggetto di azione o predicato; dal!' altro abbiamo il ricorso frequente agli organi del corpo. Invece di «stolto», si dice «la bocca dello stolto»; invece di «assennato», si dice «la mente, il cuore del saggio»; invece di n1 >z
'z thntk
lh~ylk
fm"n
'm 'm
'z
/h~y/k
lh~ylk
'm 'z lm"n
ky
ky
Nl·lla prima formula, la clausola finale dipenderebbe solo dall'ulti11Hlizionall'; dm· condizionali· resterebbero quindi senza principa\, ~l.111rnnd1' l'i11izio, pensiamo che la tattica scelta dall'autore sia la .. 11111la. ()11l·s1a tattica suppone n,·ll'autore stesso un calcolo attento,
1111 , ,
Capitolo 2
196
nel declamatore un'intonazione ampia e nell'uditore un ascolto globale dell'insieme. L'autore è partito dallo schema semplice «se-allora-per-poiché», ampliandolo poi con duplicazioni successive: il primo sdoppiamento si muove per clausole anaforiche; il secondo per parallelismi e altri espedienti. In tal modo si arriva al numero previsto di 22 versetti, distribuiti con cura in strofe di quattro-quattro-tre-quattro-quattro-tre versetti. Dalla composizione emergono alcune correlazioni significative e suggestive, ma anche alcune difficoltà di interpretazione. Corrispondenze. Le condizionali sono cumulative oppure semplici aspetti di un'unica condizione. Gli oggetti della duplice comprensione (tabin, vv. 5 e 9) si riuniscono in parallelismo e si presentano come complementari. La liberazione (h$yl, vv. 12 e 16) punta in due direzioni, mettendo in guardia da pericoli su due lati, come vedremo meglio nella spiegazione delle singole parti. Qui era necessario sottolineare la volontà di composizione dell'autore: il suo testo deve suonare come un'unità. Le difficoltà nascono dal materiale stesso e dalla sua relazione con lo schema sintattico. Possiamo distribuire il materiale in quattro categorie generiche, delineate in modo approssimativo, poiché è impossibile evitare interferenze: a) il dato sapienziale: bokma, tebuna, bina, tusiyya, mezimma, da'at, byn: saggezza, prudenza, intelligenza, acume, sagacità, scienza, conoscenza; b) il dato etico: )'eser, mesarim, tob, tam, mispat, $edeq, 'orab. derek, halak, bo'; ra', tahpukot, bosek, 'iqqe'S, naloz, rasa', boged, zara, nokriya: rettitudine, retto, buono, integro, diritto, giustizia, cammino, sentiero, camminare, entrare; cattivo, perverso, tenebre, ritorto, fuorviato, malvagio, traditore, strana, sconosciuta; c) il dato religioso: yir'at Yhwh, da'at 'elohim, basid, berit 'elohim: rispetto del Signore, conoscenza di Dio, leale, alleanza di Dio. d) il dato esistenziale (successo, fallimento): $pn, n$r, smr, magen, h$yl, skn, nwtr; 'el mawt, 'el repa 'im, lo' swb, lo' IJayyim, nkrt, ns/J: tesoreggiante, custodire, conservare, scudo, liberare, abitare, restare: alla morte, alle ombre, non torna, non vive, essere espulso, essere strappato via. Questa distribuzione apparirà meglio in un quadro di insieme, nel quale cercherò di mostrare i paradigmi in verticale, anche sacrificando l'ordine di parole interno al versetto:
197
Capitolo 2 1 'mry 2
pkmh tbwnh bynh tbwnh
3
4 5 bkmh tbwnh twiyh
6
7 8 9
'fhym yfr tm
mIP!
psyd
'rb drk m'gl
myfr mip! bkmh mzmh tbwnh
10 11
yr't Yhwh dopo la visione sublime della Saggezza e del suo gioco meraviglioso, ri-
' ordare la correzione sembra una caduta o ricaduta. In parte si tratta , li un dato convenzionale del genere sapienziale, in parte lo richiede la "aione 1-11, rivolta a tutti gli inesperti. L'innamorato, o trafitto di de.1derio per una signora tanto sublime, non deve rifuggire dalla parte du1.1 del percorso pur di raggiungerla: Sir 4, 17
18
dissimulata camminerò con lui, comincerò a provarlo con tentazioni; quando il suo cuore si darà a me, tornerò a lui per guidarlo e rivelargli i miei segreti;
Si veda, dello stesso autore, anche 6, 18-31. Le beatitudini compe111·1 rano tutto il libro: 3,13; 14,21; 16,20; 20,7; 28,14; 29,18. Anche 111 Sir 14,ls; 14,20; 26,1; 34,8; 48,11; 50,28. Come la Sapienza ha le sue «vie», così ha anche una sua casa dove !1111ora. Si direbbe che non basti ascoltare le sue parole sulla strada o •i Il' tali parole servano appunto a invitare la gente a casa sua. Si vedano •11 ()_36 e 14,21-22. 0
0
Chi presta attenzione alle sue strade e si fissa sui suoi sentieri, esce dietro a lei a spiarla e si apposta vicino alla sua porta.
Vi-56. Come altre conclusioni, anche questo capitolo sfocia nel di1. 111111;1 fondamentale della vita o della morte; e, nell'ambito religioso, 111 •jlll'llo ciel favore divino. Non si dà nessuna vita isolata, ma solo nel 1 •1 •1 •11rto lmono con Dio. Come afferma il Midrash a Proverbi: «Chi viene 111. 11111rato (raggiunto) nelle parole della Tora? Dio, dice Is 55». La Sag1·1 ·,. 11, procedendo da Dio e a lui vicina nel lavoro creatore, si offre ora
Capitolo 8
286
come mediatrice efficace di queste relazioni: «Trovare il favore del Signore»: 12,2; 18,22. Una variante ci è offerta da Sir 4,12: «Quelli che l'amano, amano la vita; quelli che la ricercano, ottengono il favore del Signore». Per antonimia con mwt, il nps del primo emistichio può significare vita, creando in tal modo corrispondenze parallele IJt'y Il fn'y, 'hb Il l)ms, mwt Il npS. «Amare la morte» è un'espressione energica, unica in tale forma concisa. La si può confrontare con Tb 12,10: «I peccatori e malfattori sono nemici di se stessi» (po/emioi tes heauton psyches; Sap 1,16: «Gli empi chiamano (la morte) a voce e con gesti, si consumano per essa credendola loro amica (philon»). Ho indicato più volte alcune relazioni di questo capitolo con 3, 1326. Presento qui una lista di corrispondenze verbali alle quali si aggiungono altre tematiche che una lettura parallela fa scoprire facilmente. 3,13 1 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 26
'sry 'dm mS' ypyq tbwnh ksp brws tbw'h pnynym kl IJpsy l' ysww bh 'sr wkbwd drk ntybwt /Jyym = 22 ysd 'rs knn smym d't bny twsyh mzmh nps tlk Ybwh smr
8,34 35 1 10.19 10.19 19 11 11
18 2.3.20 35 29.27 9.10.12 32.14.12 36 20 35.32.34
Vi sono rappresentate tutte le sezioni, anche quella cosmica. Manca in 3 ogni riferimento etico, salvo il contrasto nel v. 25. La soluzione è religiosa.
CAPITOLO 9
Questo capitolo consta chiaramente di tre sestine, o brani di sei \'ersetti. La prima e la terza si corrispondono strettamente e denunciano la seconda come intrusa. Pertanto leggiamo e commentiamo in primo luogo il dittico calcolato e voluto delle signore Saggezza e Follia (vv. 1-6.13-18).
Banchetto della Saggezza e della Follia
1 La Saggezza si è costruita una casa, ha scolpito sette colonne, 2 ha macellato gli animali, mescolato il vino, imbandito la tavola; 3 ha mandato i servi a proclamare nei punti che dominano la città: 4 «Gli inetti vengano qua, voglio parlare a chi non ha giudizio. 5 Venite a mangiare le mie vivande, a bere il vino che ho preparato. 6 Abbandonate l'insipienza e vivrete, andate dritti sulla via della prudenza». 13 Donna Follia è loquace ingenua, non capisce nulla, 14 sta seduta sulla soglia di casa, su un seggio che domina la città, 15 per gridare a chi passa I/ proclamare a chi va dritto per la sua strada: 16 «Gli inetti vengano qua, voglio parlare a chi non ha giudizio: 17 L'acqua rubata è più dolce, il pane clandestino più saporito». 18 E quegli non sa che nella sua casa ci sono i defunti, i suoi invitati nel profondo dell'Abisso. vl~diamo innanzitutto i due brani nella loro relazione all'interno del capito/o. I~ evidente la sollecitudine di armonizzare il dittico: a) i due brani lia11110
entrambi sci versi; b) si ha una serie di ripetizioni volute, anche
Capitolo 9
288
a costo della perfetta coerenza all'interno del quadro corrispondente: la casa, le alture della città, l'inizio della proclamazione; c) il parallelismo del mangiare e bere, del cammino fisico e morale. D'altra parte, perché la Saggezza non si rivolge anche ai sensati? Dove sta il seggio della Signora Follia? Per ora non possiamo dire che le incoerenze interne dimostrino l'esistenza di testi elaborati in precedenza. I riferimenti incrociati servono all'autore per evidenziare il contrasto tra i due quadri. Entrambe scelgono il medesimo pubblico, ma si servono di tattiche differenti e il loro messaggio è del tutto opposto. a) La Saggezza è diligente e attiva. Se le assegniamo il tiqra ', un yqtol al femminile singolare, otteniamo sette azioni ristrette in pochi versetti: «edifica, scolpisce, macella, mescola, imbandisce, manda, proclama»; è un espediente stilistico noto, che indica totalità. Da parte sua, la Stoltezza se ne sta seduta, senza «intendere» o senza «occuparsi» di niente. b) La Saggezza prende l'iniziativa dell'invito, dispone i suoi servi nei punti strategici dove ordinariamente si collocano i banditori; e in tal modo va in cerca dei propri invitati o clienti; e si aspetta che siano numerosi e come si deve. Donna Follia, invece, aspetta che i passanti transitino davanti a lei per interpellarli dal posto dove si trova senza muoversi; anche se la sua casa si trova situata in un posto strategico, il suo proclama non si diffonde per la città. c) Anche l'offerta appare diversa: la prima offre carne e vino, la seconda pane e acqua. Ma questa seconda offerta può anche attribuirsi al carattere proverbiale dell'espressione (si veda 20, 17; Sir 23, 17) e al valore metaforico delle frasi (senso sessuale). d) È chiara l'opposizione tra il contegno patente e quello nascosto. La Saggezza invita a un banchetto pubblico, dal quale i commensali usciranno pronti a seguire un cammino prudente. La Stoltezza, al contrario, condisce la propria pietanza con gli ingredienti della furtività e del nascondimento; e sullo stesso terreno, benché estremizzato, si hanno le conseguenze: le profondità del regno della morte . .e) Appunto è questo il contrasto culminante: si tratta di vita o di morte, come conseguenza di un insegnamento o di una tentazione. La Stoltezza, approfitta dell'inesperienza per suggestionare con l'inganno e portare alla disfatta finale; i suoi clienti si devono allontanare dalla retta via per nascondersi e poi sprofondare nell'abisso. La Saggezza, invece, chiama gli inesperti per tirarli fuori dalla loro condizione e incamminarli per il retto sentiero. Il contrasto è marcato, né i quadri ammettono sfumature. Giova pure cogliere alcune allitterazioni della prima parte: bnt - bth - tbh - hb. tqr'- qrt, Slbn - slb; la seconda parte presenta soltanto petab - betah e qrt - tqr'. Collocato il dittico al suo posto, vi si accalcano i rapporti con quanto precede e si afferma la loro funzione come conclusiva di uno sviluppo letterario. Essa è preceduta dalla normale opposizione tra saggezza e stoltezza, con Lerminolo-
289
Capitolo 9
gia diversa: ksyl, 1,32; 8,5; 1,22; 3,35; 'wlt, 5,2-'; 'wyl, 7,22; 1,7; bsrlb, 6,32; I, 7. In quanto generico, questo dato è poco significativo. Lo è assai più la personificazione della bokma, che si erge nei punti dominanti di questi capitoli. Davanti a lei si erge non la stoltezza personificata, ma la «donna altrui», la meretrice che perverte con le sue seduzioni. L'asimmetria può suggerire una pista di ricerca: la «donna straniera» rappresenta in qualche modo il contrario di una Sapienza magnifica e generosa? La Stoltezza del capitolo 9 ha i tratti della prostituta? La costruzione di questi capitoli favorisce la reciproca interrelazione delle due figure. La «donna straniera» è andata crescendo, fino a tramutarsi in una figura esemplare, ben più grande di un'anonima prostituta. Quando essa si ritira, il posto viene occupato, in modo breve ma significativo, dalla Stoltezza. :\Ila luce di quanto precede, l'acqua furtiva e il pane clandestino acquistano forti connotazioni sessuali. Se la Stoltezza non spia né «Va incontro», come la la seduttrice del capitolo 7, la sua dimora porta nondimeno ali' Abisso. Si n:dano i seguenti paralleli: Pr 2, 18 5, 5 7 ,27 9, 18
La sua casa piega verso la Morte, i suoi sentieri verso il paese dei morti; i suoi piedi scendono alla Morte e i suoi passi si dirigono ali' Abisso; la sua casa è un cammino verso lAbisso, un pendio verso la dimora della Morte. Nella sua casa ci sono i defunti e i suoi invitati nel profondo dell'Abisso.
Cerchiamo ora di cogliere le relazioni all'interno del blocco 1-9; relazioni che -;cmbrano prendere la forma di leit-motiv o di temi ricorrenti. Le dividiamo in tre gruppi: quelle che toccano i due quadri del dittico, quelle che preparano l'immagine della Stoltezza e quelle che preparano l'immagine della Saggezza. a) Si tratta del proclama e degli interpellati. La migliore spiegazione è quella di ricopiare in parallelo i testi pertinenti: 1,20 La Saggezza conciona per le strade, leva la sua voce nelle piazze: 21 grida nei clamori della città, sulla pubblica piazza proclama: 22 «Fino a quando, inetti ... e voi, stolti ... ?» 7,7 Tra gli inetti ho visto ... uno senza criterio 8,1 Udite, la Sapienza conciona ... 2 in luoghi elevati, presso la via ... 5 Voi inetti, acquistate la sagacia voi stolti, imparate ad avere giudizio 9, ~ ... i servi a proclamare nei punti che dominano la città.
tqr'
ptym, ksylym pt'ym, bsr lb tqr'
pt'ym ksylym hbynw !h tqr'
Capitolo 9
290
4 «Gli inetti ... chi non ha giudizio» pty, bsr lb 14 su un seggio che domina la città, per gridare tqr' 16 inetti ... chi non ha giudizio pty, bsr lb Nei capitoli 1 e 8 è la Sapienza a proclamare; nel capitolo 7 parla la meretrice; nel capitolo 9 parlano sia la Sapienza che la Stoltezza. È chiaro che la Sapienza domina lo schema e che la Stoltezza viene a occupare il posto della meretrice. Il proclama è duplice, decisivo e contrastato. Il pubblico è lo stesso, con leggere variazioni di vocabolario. b) Alcune caratteristiche della meretrice e della Stoltezza sono curiosamente simili, né si direbbero puramente casuali. Eccone i paralleli: 5,8 9,14 7. 11 9,13 5,6 9,13 7,23 9,18 4,17 9,17
non ti accostare alla porta della sua casa seduta sulla soglia di casa loquace e procace donna Follia è loquace senza rendersi conto non capisce nulla ignaro che ne va della vita (il giovane) e non sa che nella sua casa ci sono i defunti mangiano la malvagità come pane (i perversi) e bevono violenze come vino lacqua rubata ... , il pane clandestino
ptb byth lptb byth hmyh hmyh /' td' bi' yd'h mb /' yd' /' yd' lbm yyn mym, lbm
L'ultimo parallelo calza, dal momento che il pane e il vino di un brano rispondono al pane e all'acqua dell'altro. Ciò nonostante è importante notare il valore simbolico del mangiare e del bere, usati nell'ambito etico. Certamente, a rigor di logica, predicare la stessa qualità di due soggetti non comporta che questi soggetti si identifichino. Solo che qui non stiamo maneggiando testi di rigore logico, ma creazioni poetiche. Il meno che possiamo affermare è che la «donna straniera» e la Signora Follia hanno un'aria marcata di famiglia. Possiamo aggiungere altri testi che si rifanno all'immagine del mangiare e del bere: 1,31 5, 15 7, 18
mangeranno il frutto della loro condotta bevi acqua dalla tua cisterna, bevi a gran sorsi dal tuo pozzo andiamo a inebriarci di carezze
y'klw mpry
L'«acqua del proprio pozzo» si contrappone a ciò che è estraneo, illegitti· mo e fraudolento; per questo si applica alla sposa della giovinezza, come sicuro antidoto contro le tentazioni della meretrice. In un altro passo, I' adultt"rio vÌl'ne paragonato al ladro che ruba il bene altrui:
Capitolo 9
291
6,30 9,17
Non si copre d'infamia il ladro quando ruba? gnb ky yngb lacqua rubata è dolce gnwbym
e) Rispetto alla Saggezza, i preparativi minuti sono più scarsi e poco significativi: il tema del mangiare e del bere, usando pane e vino, lbm e yyn, è compensato abbondantemente dal tema della proclamazione e dalla personificazione dominante della bokma. Facciamo ora un bilancio. Di fronte alla voce sonora e attraente di donna Saggezza, la «donna straniera», o meretrice, lancia la propria voce insinuante e ammaliatrice, di antagonista terribile e spregevole. Alla fine essa si ritira, per cedere il posto alla sua parente o alleata, o sosia, la Stoltezza, la quale si scopre e osa pronunciare un pubblico proclama, in cui annuncia e raccomanda I' occulto e la clandestinità. Le sue parole suonano allora come una seduzione amorosa. Fin qui abbiamo considerato quanto ci dice il contesto letterario prossimo del capitolo conclusivo. Allargandoci ora al contesto culturale, più ampio e meno definito, ci si fa strada l'ipotesi o l'interrogativo circa un eventuale significato sessuale o cultuale di tutto il dittico. L'aspetto sessuale e cultuale possono confluire nel culto alla dea dell'amore, !star, in cui onore le serventi del tempio e altre devote praticavano regolarmente o in via eccezionale la prostituzione 'aera. a) Gli indizi non sono forti. A favore del significato cultuale deporrebbero le sette colonne e il banchetto. Colonne, o pilastri lavorati: alcuni le ritengono appartenenti a un tempio e il numero sette sembra essere sacro. Si adducono esempi archeologici di tempi con sette pilastri o sette figure/oggetti all'interno del peristilio. Sono esempi di lieve entità, remoti nel tempo e nello spazio; cui si oppongono altri casi di abitazioni private, forse palazzi, pure dotati di sette pilastri. Le alture vengono interpretate come acropoli. Il banchetto sarebbe sacrificale: 7, 14 chiama le vittime zbb; 9 ,2 usa il termine simile tblJ; Ez 23,41 parla di «mensa apparecchiata», sll)n 'rwk, in contesto cultuale. Ma sono 111dizi senza forza, poiché Sai 2 3, 7 parla anch'esso di 'rk sli)ri nell'immagine ddl'anfitrione (o pastore). Infine, ci si appella alla formula «vivrete», che ha 1111a corrispondenza nella dichiarazione sacerdotale, a mo' di quelle registrate t· adattate da Ezechiele nel capitolo 18. In risposta a tutto questo si deve dire: se poniamo come presupposto il ,ignificato cultuale, vari dati in sé ambigui vengono a specificarsi in tale senso, '"me casa/tempio, altura/acropoli, banchetto/banchetto sacrificale. Ma resta 1111a difficoltà: quella che la Saggezza «costruisce la sua casa»: bkmh occupa il l'•>sto della dea, questa non costruisce ma fa costruire ai suoi devoti; se l;kmh ,. una devota della dea, la casa non è sua, ma della divinità. Se non si presuppo11e il modello cultuale, ci troviamo davanti una matrona ricca, che offre un gran lestino nel suo palazzo nuovo e fiammante. Si tratta del banchetto della Sa1•ienza, in tono maggiore conclusivo, in accordo con le immagini dell'imparare • n111c mangiare e bere, di cui abbiamo un esempio cospicuo in Sir 24,18.21:
18
Venite a mc voi che mi amate, t' saziatevi dci miei frutti ...
Capitolo 9
292
21
Colui che mangia avrà ancora fame colui che mi beve avrà ancora sete
È un'immagine sorella della parola profetica o della legge come cibo (Dt 8,3; Is 55,1-3; Am 8,11; ecc.; Eb 5,11-14). Tenendo conto dell'equazione posteriore Sapienza = Gesù Cristo, si capisce come la liturgia, per analogia, abbia applicato questi versetti al banchetto eucaristico, senza nessuna pretesa di fare un'esegesi storica. b) A favore del significato sessuale, gli indizi sono ancor più deboli. Alcuni suppongono che la Saggezza assuma alcuni tratti della dea dell'amore e che i suoi figli siano le devote, come personaggi sullo stile della meretrice del capitolo 7. Ma si tratta, anche qui, di un'ipotesi poco fondata. Benché la relazione con IJokma assuma alcuni tratti coniugali nei capitoli precedenti (che verranno poi sviluppati da Ben Sira) e benché l'antagonista Stoltezza accentui questi tratti, la Saggezza di questo capitolo è una donna ricca, che può avvalersi di una servitù copiosa e che cerca convitati per il suo splendido banchetto. Niente insinua che le sue parole suonino come un invito amoroso, anche se casto. Lo sfondo politeistico e astrale (le sette colonne, come rappresentazione dei pianeti), con i suoi culti di fertilità, non arrivano a prender corpo nei primi sette versetti del primo quadro; né come allusioni, né ancor meno come modello coerente. Il banchetto della Sapienza continua a costituire la descrizione migliore del quadro. L'interpretazione simbolica o allegorica di queste due figure è antica e tradizionale. Già i rabbini identificarono la prima figura con il tempio e con il culto. Nella tradizione cristiana è stata identificata con la Chiesa universale o locale, le cui sette colonne sono i dottori; e, all'interno della Chiesa, con l'anima del cristiano, le cui colonne sono i sette doni dello Spirito. Nella Chiesa simboleggia pure il banchetto eucaristico. Il punto sta nell'identificazione della casa con il corpo che Cristo assume nell'incarnazione. Da Cristo e dalla Chiesa si passa ulteriormente all'applicazione alla Vergine Maria. In chiave laica, si è identificata la casa con l'enciclopedia delle scienze, le cui colonne sono le sette arti liberali (dove poteva soffermarsi e distinguersi l'ingegnosità dei vari commentatori). A proposito del banchetto, si citavano Mt 22,4; Le 14,13; 22,29.
Dopo quanto abbiamo detto in questo studio d'insieme, ci resta ben poco da aggiungere riguardo a ogni singolo versetto. 1. La forma con finale -ot si può prendere come femminile arcaico, nello stile cananeo o fenicio, con la T finale primitiva e con la vocale A trasformata nel suo derivato fonetico O. fJokmot funziona come nome proprio, senza articolo. Sal 144,12 paragona le figlie a «colonne intagliate (zawiyot mebuf{abot), struttura di un tempio (hCkaf)». Nel numero sette alcuni autori hanno visto un riferimento ai primi sette capitoli (Hitzig), o ali' architettura dell'intero lihro. O' altra par Il',
293
Capitolo 9
'
il numero sette è assai comune e si presta a molteplici applicazioni (i sette cieli, le sette zone terrestri, i sette sacramenti, i sette doni dello Spirito ... : tutte cose proposte dai vari autori. Si veda Delitzsch). 2. Se tbb fosse da distinguere da zbb, starebbe come il non sacrificale rispetto al sacrificale; credo tuttavia che i termini manchino di predsione e determinatezza. Il vino si mescola con l'acqua, si taglia o tempera, secondo un costume antichissimo. Alcuni pensano ad aromi o spezie. Si compari con Ap 14,10: «Vino del furore di Dio, versato senza venir diluito nella coppa della sua collera». Per lespressione «porre/apparecchiare la mensa», 'rk Slbn, si possono vedere Is 21,5; 65, 11; Sai 23,5; 78,19; Ez 23,41. 3. Il verbo qr' gioca tra il significato di chiamare, proclamare e quello specifico di invitare, convitare (1Sam9,13). La forma singolare si riferisce alla Saggezza, che invita per mezzo delle sue serventi. Correggiamo il perfetto in terza persona in yiqtol alla prima persona. 5. Dato che la Saggezza ha ucciso capi di bestiame per il banchetto, il termine lf?m si può intendere nel senso specifico di carne (come in arabo) o in quello generico di alimento, cibo; o anche come espressiolll' di modestia (si vedano Gen 18,5; Gdc 19,5; 1 Sam 28,22). 6. Possiamo prendere pt'ym come plurale in senso astratto (nono' tante la forma ptywt del v. 13), oppure come plurale che designa un ~"ruppo o una classe. Troviamo la triade sapienza-vita-cammino: la Sag;~t:zza orienta al cammino della vita, o cammino che conserva la vita e 'lie conduce alla vita; vita che è un camminare. Il banchetto non fa da I i nale, ma da parata festosa, che ristora le forze per intraprendere o con' i 11uare il viaggio (si veda la fine del salmo 23). 13. Il genitivo ptywt ha valore di opposizione (Delitzsch traduce lri111 Thorheit). Il secondo nome della Stoltezza è ptywt. Alcuni fanno
. lcrivare il sostantivo da pty (qal di pth), con il significato di ingenuità, 111L·spcrienza. Altri lo fanno derivare dal pie!, con il significato di lasci\ .1. dissoluta, meretrice. Il complemento mh ha un valore universale, come •1: 'wmh = nulla; non occorre cambiare mh in klmh = vergogna; il veri••• yd'h può essere inteso nel senso più generico di conoscere/sapere, o 111 quello piì1 specifico di intendere, occuparsi di. 1·l. Disporre di un seggio o sgabello per sedersi suole indicare au-
294
Capitolo 9
torità. Per la struttura del parallelismo, che divide i brani secondo un criterio formale, la descrizione reale ci darebbe: un'altura notevole (plurale superlativo) nella città, e in essa una casa; e davanti alla porta della casa un seggio, con sopra la Signora Stoltezza. Si deve anche tener presente la volontà di eguagliare i due quadri del dittico, soprattutto in 14b e 16. 16. Suona come un proverbio autonomo: ne ha i tratti fondamentali e presenta un senso completo. Il carattere di proverbio gli assicura un valore generale e una pluralità di significati per applicazione, sempre nella sfera etica. Il significato sessuale, come ho indicato in precedenza, sembra dominare; si veda anche 30,20, sull'adultera, come pure il Siracide: 23,18
Chi è infedele al letto matrimoniale, dice fra sé: «Chi mi vede?, loscurità mi circonda, le pareti mi attorniano, nessuno mi vede, che devo temere? ... ».
In termini generici, Gb 20,12.14 commenta: «Gli sapeva dolce la malvagità e se la nascondeva sotto la lingua ... Questo cibo nelle viscere gli si trasforma in veleno di vipera». 18. Il soggetto di yd' è il ragazzo che cede alla seduzione della tentatrice. Come Circe trasformava i suoi ospiti in animali, così donna Stoltezza trasforma i suoi clienti in defunti, in «anime». Non si tratta della relazione misteriosa dell'amore con la morte (La distruzione o l'amore è il titolo di un libro di Aleixandre), bensì della morte come sbocco del1' amore cattivo. La casa edificata sulle alture giace in realtà nelle profondità abissali della morte. Come se una scala fatale obbligasse a discendere nelle profondità. L'uomo, animale ragionevole e con vocazione alla saggezza, rinnega questa sua vocazione razionale, lascia senza si&nificato la propria vita e si rende disponibile all'irrazionalità e alla morte. E tetra e terribile questa parentela tra stoltezza e morte. Su di essa si chiude la prima raccolta del libro, come ci è pervenuto.
Destinatari
Tra i due quadri del dittico qualcuno ha introdotto un cuneo sui destinatari dell'istruzione sapienziale:
Capitolo 9
295
7 Chi corregge il cinico, si tira addosso insulti, chi riprende il malvagio, disprezzo; 8 non riprendere il cinico: ti prenderà in odio, riprendi il saggio, e ti amerà; 9 istruisci chi è dotto, e guadagnerà in dottrina, insegna all'uomo onesto, e imparerà. 10 Principio della Saggezza è rispettare il Signore conoscere il Santo è intelligenza. 11 «Per me prolungherai i tuoi giorni, ti saranno aggiunti anni di vita. 12 Se sei saggio, lo sei a tuo vantaggio, se cinico, sarai tu solo a pagare». Forma. Il numero di sei versetti può suggerire che l'autore ha tenuto conto della forma del dittico e ha cercato di equilibrare, in base ad esso, la propria aggiunta. Non dobbiamo prescindere completamente dal contesto prossimo nella spiegazione di questi versetti. Lo sviluppo è condotto con un tracciato di ripetizioni e di sinonimi che possiamo schematizzare in un quadro, mutando l'ordine sintattico delle parole ;11l'interno dei versetti:
mwkyl; lr!' qlwn//mwm in> twkh hwkp l/?km 'hb lhkm tn wy/.ikm l$dyq lq/? ysp hwd' hkmh yr't Yhwh J•t bynh J•t qdsym ysp bkmt l~t bkmt
7 ysr 8 9 10 11 12
ls lq!? /~
Balza all'occhio lo spazio accordato al saggio e alla saggezza. Il suo oppo-
"l" è il cinico. La saggezza si radica nel rispetto o reverenza verso Dio. Si ha .111che un'altra coppia antitetica, quella dell'onesto/malvagio. Terremo conto , Ii questi dati quando ne spiegheremo il significato. Un altro aspetto formale è quello della distribuzione artificiosa dei primi .c·i emistichi. A dispetto di un paralellismo molto regolare, spicca una disposi,. i1111c di due terne: la prima riferita al cinico e malvagio; la seconda al sensato , 111tl'Sln. Le due terne mostrano l'asimmetria dei due participi di fronte a una 1" •1ihiziom.' e a trl' comandi c:on motivazione. Facciamone la prova proiettando 1•.1 afirnllll'llll' lo sd1dctrn di questa seconda distribuzione:
296
Capitolo';)
7a chi corregge il cinico b chi riprende il malvagio 8a non riprendere il cinico
8b riprendi il giudizioso 9a istruisce il giudizioso b insegna all'onesto
Si vede come l'autore cerchi di sgomberare il terreno da attività inutili prima di raccomandare quel lavoro che vale la pena di fare. Fatto ciò, egli identifica la radice e la sostanza del sapere. La sua riflessione potrebbe finir qui. Ma c'è anche spazio per un versetto conclusivo che eguaglia di nuovo il cinico con l'insensato. Ciò permette di vedere la forzatura del \'. 11, nel suo aspetto formale: la sua ragion d'essere sarebbe quella di completare i sei versetti, allo scopo di fare da collegamento con l'interpellanza nella seconda persona dei vv. 5-6, includendo il tema della vita come premio della saggezza. Gli effetti sonori rendono più compatto il brano: fissandoci sulle consonanti, ascoltiamo mkb - bkm (inversione), mkb - lqb. lqb - qln. Si trovano concentrati nella prima terna.
Significato. Il brano inizia rivolgendosi al maestro o istruttore, particolarmente nella sua funzione, più esigente e delicata, del correggere e riprendere. Il paradigma dei possibili destinatari comprende due coppie di contrari: cinico/sensato, malvagio/onesto. Rispetto ai versetti 1-6, è nuova la figura del cinico o arrogante, le$. Si tratta di una differenza importante. L'ingenuo o inesperto dà speranza; può infatti abbandonare l'inesperienza ( 'zb pt'ym) e imparare la saggezza. È una figura malleabile nel bene e nel male, e per questo se lo disputano sia la Saggezza che la Stoltezza. Invece l'arrogante pensa di sapere già tutto; e tutto disprezza con scherno in base alla propria sicurezza personale. Per questo non ha rimedio. Non ha nulla da imparare e di fatto impara niente. È incorreggibile. Né occorre stare asprecare tempo e fatica con lui. La sua figura e il suo destino vengono definiti in 2,34 (se ne veda il commento). Egli è colpevole in prima persona della sua stessa condotta e dovrà portarne le conseguenze; non invece chi tentò di correggerlo e desistette da un impegno del tutto inutile (v. 12). Quale posto occupa l'altra coppia malvagio/onesto? Credo che i due significati si sovrappongano in un'unica connotazione: il cinico e il malvagio sono lo stesso personaggio e sono lo stesso personaggio il giudizioso e l'onesto. Non si dà infatti nessuna autentica saggezza senza onestà, né alcun cinismo che sia libero da colpa. Appunto questo parallelismo e coincidenza tornano spesso nel libro dei Proverbi . Si aggiunga un altro fattore, quello del significato religioso. Se l'inizio della saggezza è la reverenza verso Dio, ossia il senso religioso, il cinico e il malvagio mancano di questo presupposto fondamentale. E se l'inizio di tutto è il rispetto del Signore, la sostanza è conoscere l"
Capitolo 9
297
riconoscere il Santo. Esercizio e risultato sembrano aggiungere qualcosa di più alla reverenza: e cioè il tratto, la penetrazione, la progressiva scoperta della santità del Signore. Senso religioso e vita spirituale focalizzano l'intera istruzione sapienziale. In tal modo, al piano sapienziale ed etico si sovrappone il piano religioso: è la sintesi del libro al suo stato attuale. Per il titolo qdsym si può vedere 30,3, «Né arrivai a comprendere il Santo»; Os 12,1; Is 6,3; Sai 99. Se il cinico ha raggiunto una situazione definitiva, non è cosl per il saggio: il quale può progredire indefinitamente; appunto per questo vale la pena di istruirlo e correggerlo. Insegnamento e apprendistato sono attività in progressione. Ancor più, vera saggezza è riconoscere i propri limiti e desiderare di superarli. Ben Sira ha sviluppato l'idea contrapponendo allo stolto lassennato: Sir 21,12 13 14
15
Chi non è assennato non impara ... la scienza del saggio è fiumana che cresce ... la mente dello stolto è un vaso rotto che non ritiene nessuna conosce~za. Quando l'assennato sente una massima, la loda e ne aggiunge un'altra; la sente l'imbecille e se ne burla; se la butta dietro le spalle.
I risultati puntano in due direzioni: quella dell'istruttore e quella lel destinatario. Saggio e cinico ricevono il frutto del loro atteggiament ne condotta, con una differenza: che la saggezza è a vantaggio dell'as'cnnato, (ossia gli è di profitto), mentre il cinismo è di tutto danno per il cinico. Credo che l'aggiunta di lbdw nel secondo emistichio del v. 12 ,ja solo dovuta a esigenze ritmiche. Di più, se l'assennato gusta le con-;i.:guenze del suo modo di procedere, colui che lo ha istruito e corretto I ruirà del suo amore e gradimento. L'istruttore si arricchisce, se non nel '"pere, certo nell'ordine delle relazioni umane. Chi corregge uscirà perdente solo se cerca di correggere il cinico. I \·r questo l'istruttore degli istruttori dedica· loro questi versetti. In essi ricorrono temi già ascoltati in 1,2-7; 2,5; 3,16. Sui frutti dell'insegnamento, si veda Sir 37,19-26, che situa i mae"' ri nel tessuto delle relazioni umane.
1
7. Il possessivo dell'ultima parola, miìmo, si può prendere nel sen-
·'' dl·I «suo» disprezzo, come meritato e rispondente alle sue intenzioni. 11 sos1amivo ì: parallelo di qil/011 = insulto.
Capitolo 9
298
9. L'imperativo ten è usato in assoluto, ma implica l'oggetto già menzionato. Gli si dà quello che ha, perché abbia ancor di più. Si ricordi Mt 13,12: «A chi ha sarà dato» (25,29). 11. È difficile capire il ki se lo prendiamo come particella causale o esplicativa. Si dovrebbe supporre un anello implicito: per la saggezza, bi, si compirà quanto promesso alla reverenza o rispetto di Dio: 10,27; 14 ,27; 19 ,23. Un'altra spiegazione è quella già esposta, in funzione del contesto prossimo.
SECONDA RACCOLTA (10,1-22,16) Proverbi di Salomone
CAPITOLO 10
Passando dai capitoli precedenti a questo capitolo, notiamo subito t1n cambiamento marcato. Nella raccolta 1-9 abbiamo scoperto facilmente delle unità tematiche sviluppate con coerenza logica e con ricorsi retoriL·i o parenetici. La prima impressione, leggendo questo capitolo, è che -.i tratti di una serie di sentenze giustapposte, con occasionali ripetizioni verbali e connessioni tematiche. Come se l'unità qui fosse costituita , la! proverbio accoppiato senza sviluppo; e come se le connessioni fossero il risultato di un raggruppamento in base a criteri abbastanza flessi!)ili per temi, con ricorsi stilistici non molto salienti di ripetizioni verba1i contigue o anche distanti tra loro. D'altra parte, se paragoniamo questo capitolo con una pagina delle 11ostre raccolte di proverbi, o con quelli dei seguenti capitoli 25 e 26, '1sserviamo che questa raccolta dà una sensazione di maggiore uniformi1.1 e minore vivacità. Mancano proverbi che spicchino per forte indivi' lualità, capaci di sostenersi da soli, senza bisogno di appoggiarsi a quelli \·icini. È come se le sentenze del capitolo 10 e seguenti, mancando .!1 personalità, si trovino fuse in una massa dai toni uniformi e poco va1 i.1ti. Pare che il movimento si soffermi o ristagni in una sola tematica, • ' 1in paio di temi che si ripetono e si incrociano. Anche i nuovi proverbi • 1 suonano come se già li avessimo sentiti. Sembra che il compilatore abbia immesso alcuni suoi punti di vista .- ;detmi suoi procedimenti nella raccolta del materiale che gli è stato af11, lato o che ha cercato personalmente; e che si sia anche permesso di • rcare dei pezzi nuovi, come sembrano suggerire alcuni enunciati. L'im1" essione è quella di un fiume ristagnante che scorre davanti a un oriz. 111te immobile. La vista abbraccia il cambiamento nei particolari, sen.. 1 pt'rderc di vista il riferimento ad alcuni punti di prospettiva globale. Iniziando i capitoli che seguono dobbiamo combinare insieme tre 1q1i di allcnzionc, senza per questo scombinarci o perdere l'equilibrio: .111 l"llzionc ali' oriz.::rmtc o punti che definiscono la prospettiva; attenzio-
Capitolo IO
300
ne ai blocchi tematici minori; attenzione al proverbio singolo, come membro di un gruppo e di una totalità. Così speriamo di poter rendere giustizia alla raccolta che da qui inizia con il titolo di «Proverbi di Salomone». Cominciamo con l'isolare i primi tre:
1 Figlio saggio, gioia del padre, figlio sciocco, pena per la madre. 2 Tesori mal acquisiti non fanno buon pro, ma la giustizia libera dalla morte. 3 Il Signore non lascia insaziato l'uomo onesto ma respinge lambizione del malvagio.
Nel primo proverbio irrompe sulla scena la categoria sapienziale nella sua antinomia fondamentale stolto/saggio; nel secondo abbiamo l'altra antinomia fondamentale onestà/malvagità, di ordine etico; il terzo introduce la dimensione religiosa, enunciando la sanzione del Signore. L'elemento sapienziale, etico e religioso costituiscono i tre punti di riferimento che non dobbiamo perdere di vista. Ad essi si aggiunge la considerazione esistenziale dei risultati, o conseguenze, di dette antinomie. Le quali definiscono la sorte dell'individuo sia in base a una dialettica interna all'agire, sia per una sanzione dettata dall'alto. Anche se quest'ultimo elemento non è del tutto omogeneo con i precedenti, aggiungendolo ad essi otteniamo un insieme che potremmo paragonare ai quattro punti cardinali. Quale sarebbe l'Oriente, al fine di potersi «orientare»? Forse la sanzione, in quanto segna la direzione o significato della vita; o forse nessuna delle quattro può vantare una funzione direttrice. Il primo proverbio propone le conseguenze nel cuore della famiglia; il secondo si confronta con la morte e con la vita; il terzo parla della necessità e delle ansie radicali dell'uomo. Il primo è del tutto generico; il secondo si specifica alquanto parlando di «tesoro»; il terzo parla della fame nel suo significato reale e simbolico. Nonostante le differenze tematiche, i tre proverbi possono svolgere un compito programmatico, a mo' di frontespizio per quanto segue. Il secondo, in particolare, introduce il tema del possesso, che poi continua nei vv. 4-5; e quanto ci fa considerare il versetto in una nuova connessione, che in certo qual modo lascia isolato il primo proverbio. Il primo versetto è puramente «sapienziale» e notevolmente fami liare. La coppia antinomica l?akiim Il k'sil, con le sue varianti sinonimi
Capitolo 10
che, ci accompagnerà senza sosta fino a stancarcene per dodici capitoli mezzo.
l'
1. «Figlio saggio, gioia del padre; figlio sciocco, pena di sua madre» (secondo una versione più letterale). Avrebbe anche potuto dire 'ys bkm o anche solo f?km. L'autore vuol collocare la propria raccolta in primo luogo nell'ambito della famiglia, quale primo recinto vitale dell'educazione. Né, in ciò, si allontana dalle raccolte precedenti, con la loro reiterata interpellanza «figlio mio!». Il contesto familiare è tanto fondamentale, che il maestro lo riproduce istituendovi una relazione analogica di paternità e filiazione (e anche Dio si presenterà come un padre che educa il proprio figlio in Dt 8). In simile rapporto si parla della ricompensa che i genitori ricevono n la sua apertura, cammina sicuro; mentre chi si nasconde in raggiri ,. ,ntterfugi viene riconosciuto, e ne resta scoperto e smascherato. Ascoltiamo il gioco sonoro del primo emistichio: hlk btm ylk btb, , l1e unifica la condotta con le sue conseguenze. 1
1O Chi chiude gli occhi causa dolore, chi riprende apertamente porta rimedio.
L'espressione qr!i 'yn può significare un gesto di beffa o di minac' 1.1 lSal 35,19; Pr 6,13). Qui significa, come in italiano, disinteressarsi, I .11 I inta di niente, di non saperne nulla. Connivenza permissiva che, I'' 1 evi tare fastidi, arreca gravi mali. 11 secondo emistichio nell'ebraico è un errore del copista, che ha I"' ,,, la frase da 8b. Si deve riguadagnare l'originale, tramite la versio111 1·reca. Si ottiene allora un parallelismo perfetto: colui che riprende • 11.'.1 indugi, benché causi dolore, provoca l'emendamento. Il prover1.,, • l'lltra in tal modo nella serie abbondante dedicata alla riprensione • . •>m·zione; per esempio, 9,7; 24,25; 25,12; 28,23. I I La bocca del giusto è sorgente di vita,
la bocca del malvagio cela violenza
//è una coppa d'aceto.
Capitolo 10
308
Una congettura ingegnosa, mediante un leggero cambio di consonante, ha trasformato yksh bms in kws bm$ (tenendo conto che le sibilanti finali si confondono facilmente, soprattutto nella pronuncia). La correzione stabilisce un'antitesi tra «fonti di vita» e «coppa di aceto». L'ultimo predicato sarebbe entrato per influsso di 6b o per ottenere un'inclusione con esso. Rende pure un significato accettabile il testo masoretico. Esso contrappone violenza e vita, come fonte che sgorga da recinto che nasconde. mqwr byym può significare pozzo d'acqua sorgiva, ossia di acqua non stagnante (f?yym con funzione aggettivale); oppure sorgente di vita, che produce vita, vivificante. L'immagine si fa facile per il rapporto strettissimo esistente tra acqua e vita. Parafrasando: dalla bocca onesta fluiscono parole che danno vita a coloro che ascoltano (come ha sottolineato più volte il maestro nella raccolta 1-9), mentre la bocca malvagia alza una cortina di parole amabili sulle proprie intenzioni di morte. La violenza, infatti, nella sua contrapposizione a «vita», si estende fino all' estremo. Un proverbio simile è quello di 13, 14. L'immagine viene applicata a Dio in Ger 2,13; 17,13; Sai 36,10. L'orizzonte della vita e della morte fa da limite della quarta categoria segnalata in precedenza, quella delle conseguenze. Per questa ragione è frequente nella presente raccolta e in tutto il libro, e già è echeggiata nel v. 2. 12-18. Il v. 12 guarda più avanti, per la ripetizione del verbo ksh e ha di mira il v. 18 per una ripetizione che potrebbe avere il valore di inclusione. Quanto al contenuto, i sette versetti 12-18 non sono omogenei: i primi tre e l'ultimo entrano nel campo della parola. Gli altri si collegano per semplici ripetizioni verbali: mbth in 14 e 15; byym in 16 e 17. A dispetto di questo raggruppamento tanto debole, abbiamo unu continuità tematica che domina in tutto il capitolo. È il tema del lin· guaggio presente nei vv. 6b.8b.11.12.13.14.18.19.20.21.31.32. Dodici su trentadue è una proporzione che invita a dare uno sguardo d'insieme. Il tema della lingua nel capitolo 10. Cominciamo col raggruppare tutti i proverbi pertinenti: 6b 8b 11 b 12 a 13
La bocca malvagia cela violenza. labbra stolte si rovinano. la bocca del malvagio cela violenza// è coppa di aceto. L'odio provoca risse. Sulle labbra del prudente c'è saggezza, una verga sulla schiena ddlo stolto.
>119
Capitolo 10 Il dotto tesaurizza sapere, la bocca dello sciocco è rovina imminente. Labbra bugiarde celano odio, chi diffonde calunnie è un insensato. Nelle molte parole non mancherà peccato, chi si morde le labbra è discreto. Moneta sonante la bocca dell'onesto, mente perversa non vale nulla. Labbra oneste saziano molti, gli sciocchi muoiono per mancanza di criterio. Da bocca onesta sgorga saggezza, lingua che imbroglia sarà tagliata. Labbra oneste sanno di cortesia, la bocca del malvagio, di inganni.
14 18 l9 20 2l
31 32
La bocca, le labbra o la lingua si definiscono mediante le categorie ,kJl'onestà/malvagità, saggezza/stoltezza, e menzogna come forma spe, il ica di malvagità. Il dato più interessante è l'interferenza o sovrappo.11ione di entrambi i campi, della saggezza e dell'onestà. Il v. 21 oppone 1'.li sciocchi agli onesti; il v. 18 qualifica come insensato il calunniatore. 1'11'1 frequente è il campo onestà/malvagità. Quasi tutti i proverbi sono ,il •hastanza generici; anche i più specifici, sul ciarlare o sul calunniare, 111.111cano di vigore espressivo. Si può rilevare quanto il tema abbia preoccupato la cerchia dove 11.1ù1ue la raccolta e chi la compilò, pure senza ispirar loro trovate ecce: 1111iali. Come se avessero badato più alla ripetizione martellante che non .ill.1 qualità di alcune formule indimenticabili. Per continuare lo studio si dovrebbe riunire l'intero materiale del Id 1111. Mi accontento di presentare qui le citazioni, raggruppando il mal• 11 ;de nelle due categorie fondamentali, suddivise in bocca, labbra e I11 "'. 11 :l. /'I'
1/•/
buono cattivo saggio stolto buono cattivo saggio stolto
/111'1/
h110110
8,8; 12,6.14; 13,2; 15,28; 31,9 4,24; 6,12; 8,13; 11,9.11; 19,28; 22,14; 26,28 2,5; 15,23; 16,23; 18,4; 21,23; 31,26 14,3; 15,2.14; 18,6s; 26,7.9 8,6s; 12,19; 16,13; bivalente 18,20 4,24; 5,3; 7,21; 12,13.22; 16,27; 17,4.7; 19,1; 20, 19; 24,28; 26,24; 24,2; 26,23 5,2; 14,3; 15,7; 13,3; 17,28; 16,10.21.23; 22,11; 23,16; 24,26 13,3; 14,7.23; 17,7; 18,6s 15.4; 31.26
Capitolo 10
310
cattivo saggio stolto
6,17.24; 17,4.20; 21,6; 25,23; 26,28; 28,23 16,1; 12,18; 15,2; 21,23; 25,15 12,19
Il materiale è abbondante e si potrebbe aumentare con altri termini, come dbr e 'mr. In qualche caso l'assegnazione è dubbia. Né è raro che il parallelismo accoppi due termini equivalenti, proponendo enunciati antitetici. I dati sono attinti da tutto il libro, e non solo dalla grande raccolta centrale. 12 L'odio provoca risse, lamore dissimula le offese. L'originale dispone gli elementi del versetto in chiasmo vistoso, lasciando alle estremità odio e amore. Riproducendo da vicino l'originale avremmo: «L'odio provoca risse, ogni offesa dissimula l'amore». Il verbo ebraico ksh, con peccato come complemento, significa perdonare: si veda, ad esempio, il salmo 32,1, parallelo di nf. Si intende: i peccati del prossimo, e particolarmente le offese da lui ricevute. kol designa «qualsiasi categoria» di offese. Per questo il proverbio non contraddice il v. 10: una cosa è condiscendere (essere complice, disinteressarsi) e un'altra è perdonare. Il proverbio viene citato da 1 Pt 4,8 nello stesso senso di rapporto con il prossimo, come indicato dal contesto. Pertanto, l'uso che i teologi facevano di questo versetto, per provare che «la carità perfetta perdona i peccati di chi la possiede», è accomodatizio. Anche Paolo dice che «l'amore discolpa sempre» (1 Cor 13,7). Dissimula l'errore e ti farai un amico.
13 Sulle labbra del prudente c'è saggezza; una verga sulla schiena dello sciocco. Se analizziamo il verbo nm$' come reggente entrambi gli emistichi, e se consideriamo correlative le due proposizioni b- e !-, ne risulta un proverbio leggermente ironico. Possiamo rappresentarlo così: nella bocca
del prudente
saggezza si trova
nella schiena dello stolto
una verga
\j
1
Capitolo 10
Bocca e schiena possono opporre ciò che uno ha davanti a sé e pre'cnte a ciò che uno non vede né considera, come nel Sai 50, 16s. Inoltre, k· due prime parole degli emistichi suonano fortemente allitterate: fpt(sbt. 11 proverbio si scinde in due tappe: le conseguenze buone del primo, Li condotta disgraziata del secondo. Un nostro proverbio dice: «Il mulo I( 1 fan lesto le frustate». 14 Il dotto tesaurizza sapere, la bocca dello sciocco è rovina imminente. Il primo emistichio è abbastanza chiaro ma abbastanza scipito. Il "l·condo è più espressivo; ma si accorda con il primo? Possiamo ricercar1· i un'antitesi nella linea dell'occulto e del manifesto: il dotto tesoreg1'.ia, conserva, tiene dentro di sé ed è disposto a metter mano alle sue l'rovvigioni per il bene proprio e altrui; mentre lo sciocco parla conti1111amente (si veda il v. 19) e ciò che va dicendo costituisce una minaccia 1•n sé e per gli altri. La scienza del dotto è ricchezza; il parlare dello .1nlto, pericolo. Inoltre, il secondo emistichio entra in serie con altri del capitolo: .iilla bocca, del giusto e del malvagio (11), dell'onesto e del malvagio I\ l s). Non solo la malvagità, ma anche la stoltezza causa gravi danni; 1wr questo la stoltezza è condannabile nel tribunale etico. 15 La fortuna del ricco è il suo baluardo la miseria è il terrore del povero. Si trova unito al precedente per la parola mbth. A una prima lettu1.1 ,uona come un enunciato antitetico di valori: la ricchezza dà sicurez: .1, la povertà ispira terrore. Non va oltre? Il primo emistichio può spro11.1rt· il giovane educando alla diligenza e suscitare la sua compassione 1 ,., 'o il povero. Ma più importante è completare il presente proverbio , , •11 l'antitesi di 18, lOs, secondo la quale la fiducia del ricco nelle sue 111, liezze è illusoria, mentre il vero baluardo è il nome del Signore. mbth si può intendere sia nel senso psicologico di «terrore» che in '11 w Ilo obiettivo di «Catastrofe». È una parola che ritroviamo sette volte 111 I'rnverbi e quattro nel resto dell' A T. Salazar interpreta che il pove' "· per la sua miseria, si trova esposto alla violenza e all'oppressione, • 1 wr questo prova paura. Dicono alcuni nostri proverbi: 11 rin:o quando vuole, il povero quando può. (:I 1i lia cappa, scappa.
Capitolo 10
312
I poveri s'ammazzano e i signori si abbracciano. Son sempre gli stracci che vanno all'aria.
Col v. 16 comincia un blocco abbastanza compatto, dal tema etico; e si estende fino alla fine del capitolo. In alcuni versetti è presente l' antinomia classica $dyq/rf, 16.20.24.25.28.30.32; altri recano qualche variante o specificazione, come 18, sqr; 19, pf; 27, yr't Yhwh; 29, tm e 'wn; 31, thpwkwt; in altri l'aspetto etico si incrocia con quello sapienziale, 18.19.21. Se poniamo anche 23 nella serie, a motivo di 'fwt z.mh, ne restano fuori ben pochi. Nella serie domina la predicazione esistenziale sulla vita, longevità, speranza, sicurezza e sugli altri valori promessi ai buoni e negati ai cattivi. La serie è abbastanza convenzionale. Giova rilevare come, già all'inizio della raccolta maggiore, il maestro insista ripetutamente sul valore dell'onestà. La serie risulta in tal modo di valore programmatico e può toccare anche enunciati sciolti che suonano come neutrali. 16 Salario dell'uomo onesto è la vita, guadagno del malvagio, la rovina. Abbiamo qui un buon esemplare di elaborazione accademica. Il parallelismo è perfetto, con i tre membri nella stessa posizione: abc = abc. I soggetti sono presi dal settore dell'economia senza un acume particolare e i predicati sono allitterati. Parlando della vita, si arriva subito alla posizione estrema. Per contrasto, si ha pure il fallimento completo della vita o esistenza (si veda Rm 6,21). San Paolo eleva il tema a un piano superiore, dove si contrappongono salario e dono, e la vita è eterna: «Il peccato ripaga con la morte, mentre Dio dona la vita eterna». 17
Chi accetta la correzione è sulla via della vita, chi respinge il rimprovero si smarrisce.
È unito a quanto precede mediante la parola byym, con passaggio al tema sapienziale dell'educazione. Nell'ambiguità della metafora della via può risuonare sia l'aspetto etico che quello esistenziale. La disposizione è chiastica e il ritmo spezzato. Si può anche notare l'allitteraziom· invertita di smr e mwsr. La formulazione non ha meriti strabilianti; non dimeno, il proverbio è programmatico, poiché la correzione e la riprcn sione sono tra gli strumenti fondamentali dell'educazione (Ch 5, 17)
Capitolo 10
18 Labbra bugiarde celano odio, chi diffonde calunnie è un insensato. Nel proverbio abbiamo una sovrapposizione dell'elemento etico di ')dio, menzogna, calunnia e di quello sapienziale del predicato ksyl. Il \1.'.l"SettO è allitterato all'inizio e alla fine: fn- fp- sq, mksh, ksyf, mwsi'. 11 primo emistichio evidenzia le labbra adulatrici o lusinghiere, che dis"i mulano il rancore nascosto: le labbra vengono usate per coprire, non J 'l.T manifestare. Il contrario lo abbiamo nel secondo emistichio, dove la bocca propaga ciò che dovrebbe tenere segreto. Per il verbo ksh si l1a relazione con i vv. 6.11.12. Si veda anche 26,24 e Sai 120,2s. Sulla diffamazione si può vedere il caso esemplare di Nm 13-14 (con il termi11L· dbh in 13,32; 14,36s). 19 Nelle molte parole non mancherà peccato // offesa, chi si morde il labbro è discreto. Il chi è discreto si morde le labbra. Si dà alternativa nell'assegnazione delle funzioni di soggetto e pre' Iic1to. Il parallelismo raccomanda la prima soluzione. Per tematica e J'n il termine fpt il proverbio si collega con quello precedente. Nel se' •lndo emistichio è dubbia l'attribuzione delle funzioni, senza che il si~:11ificato cambi sostanzialmente. In una lettura correlativa, il ciarlatano •11 lcnde un altro; ma questi, se è assennato, si morde le labbra e non J,, ripaga con la stessa moneta. Entrerebbe così in rapporto con il v. 12b if'l'l. Anche questo proverbio sovrappone lo spessore sapienziale a quelIn t'l ico. Chi con molte parole si impegna, spesso si disimpegna.
20 Argento puro la bocca dell'uomo onesto, mente perversa non vale nulla. «Puro»; alla lettera, l'ebraico dice nbl?r = scelta. Il greco traduce •il•/•11 = crogiolata, pura. Continua la serie sul parlare. La correlazione 1w111t·/labbra è normale, né occorre appurarne la contrapposizione. La 11w111t· dell'onesto è una moneta, mentre la bocca del malvagio è sprege-
Capitolo 10
314
21 Labbra oneste saziano molti, gli sciocchi muoiono per mancanza di criterio. Con questo proverbio termina la quartina sul parlare. Vi ritroviamo ancora una volta l'incrociarsi del dato sapienziale con quello etico. Inoltre ci è possibile scorgervi un'inversione di predicati. Ci aspettiamo che i dotti sazino molti e che i malvagi periscano; il proverbio incrocia i brani, forse nell'intento di sorprendere e in parte trascinato dai tre proverbi precedenti. L'onesto può istruire e incamminare altri con le sue parole: è infatti pastore e maestro (si veda Sir 12,10). Per il tema della morte, il versetto si contrappone a 16s e porta i quattro proverbi alle conseguenze estreme. 22 La benedizione divina fa prosperare, nulla le aggiunge la nostra fatica. Con formulazione più enfatica, si può anche tradurre: «La benedizione divina è quella che fa prosperare ... ». Non che la fatica umana sia inutile, ma essa non si aggiunge alla benedizione divina: al più coincide con essa. In altri termini, è la benedizione divina a dare fecondità alla fatica umana, come invoca la fine del salmo 90: «Fà prosperare l'opera delle nostre mani». Dio, invece di far tutto lui, dà la sua benedizione alle creature, e particolarmente all'uomo, affinché siano capaci di operare. «Benedizione» significa innanzitutto fecondità, ben più che efficienza. Si veda una simile logica in 19,21, riguardo ai progetti dell'uomo e ai disegni di Dio. Si può anche ricordare Sai 127,2: È inutile che vi alziate di buon mattino, che andiate tardi a riposare, che mangiate un pane di fatiche;
il Signore lo dà ai suoi amici mentre dormono!
Nel nostro repertorio troviamo proverbi complementari più che con· trapposti: Non per l'alzarsi prima albeggia prima. Aiutati che il ciel ti aiuta. L'uomo propone e Dio dispone
23 Lo sciocco si diverte a porre insidie, l'uomo prudente, con la saggezza.
\J 5
Capitolo IO
La traduzione si basa sulla lettura di un predicato unico, «divertimento/gusto», che si biforca in due soggetti articolati e contrapposti, secondo lo schema: per A, X
è un divertimento per B, Y
La costruzione ebraica con il doppio le- simmetrico accredita tale interpretazione. Altrimenti si deve ricorrere a correzioni, o si ha tautologia in b. Che la saggezza si muti in piacere per l'assennato, viene sviluppato antiteticamente in Sir 6,20.28, dal quale spigolo due frasi: «Allo stolto risulta faticosa ... Ti si tramuterà in piacere». Lo stolto gioisce fal endo ciò che pensa, ma le sue non sono altro che trappole o balordaggi11 i, zmh. Alcuni prendono 'ih zmh nel senso più forte di «commettere 1111 delitto», secondo Gdc 20,6; Ez 16,43; 22,9. Cosl Baynus: «Lo stol10 con tutta facilità, come per gioco, incorre a volte in delitti gravissimi». 24 Al malvagio capita quello che teme, all'uomo onesto si dà ciò che vuole. 25 Passa la bufera, sparisce il malvagio, ma chi è onesto sta saldo per sempre. Leggendo yuttan alla fine di 24b. A meno che non si prenda ytn significato generico di risultare. Due passioni fondamentali, la pau' ;1 e il desiderio, si trovano qui contrapposte con nitidezza. Assegnanl11le rispettivamente al malvagio e ali' onesto, potrebbe suggerire che la p.111ra è propria del malvagio e il desiderio è retaggio dell'onesto; ma ·.1 può anche accettare una lettura correlativa, che estende entrambi i 1•1t'dicati, per inversione, a entrambi i soggetti. Ad ogni modo, l'alter11;1L iva è messa in pieno spicco. Che si compiano i desideri dell'onesto lascia supporre o una visio111· e~cessivamente ottimista, o un'idea assai ascetica dei desideri dell'o111'-;Lo stesso. Non si deve cercare quel che non si può avere. Contro questa .il krmazione e contro altre equivalenti medita e cavilla il salmo 73: «Per J, 111 • non ci sono dispiaceri ... non patiscono le fatiche umane, né soffro"" come gli altri». Si veda anche Gb 3,25. Il soggetto dell'impersonale ytn dev'essere, in ultima istanza, Dio 11t'I
1
, I 1 "•SO.
25. L'uragano si trova fortemente associato alla teofania terribile;
Capitolo 10
316
e credo che in tal senso sia da prendere qui. Si vedano Is 21, 1; 29 ,6; 66,15; Am 1,14; Na 1,3; Sal 83,16. L'uragano sorprende il malvagio, perché egli è senza radici né fondamenta; mentre l'uomo buono è ben fondato, come inculca il finale del Discorso della Montagna: «Cadde la pioggia, venne la fiumana, soffiarono i venti e si avventarono contro la casa; ma essa non crollò, perché era fondata sulla roccia ... La casa si sfasciò, e la sua rovina fu grande!» (Mt 7,25.27): dove vengono contrapposti il saggio e lo stolto, quelli che compiono o non compiono le parole di Gesù. 26: (commentato insieme ai vv. 4-5, cf. p. 305). 27 Rispettare il Signore prolunga la vita, gli anni dei malvagi vengono abbreviati. 28 La speranza di chi è onesto è promettente, l'illusione dei malvagi va in malora.
L'astratto «rispettare il Signore» equivale al concreto; così «l' onesto» e «chi rispetta Dio» coincidono, in quanto l'atteggiamento fondamentale davanti a Dio viene considerato come il fondamento dell'intera condotta etica. La presenza di Dio, che risonava tra le righe nei versetti precedenti, occupa qui il posto decisivo e sanziona l'intero contesto. La longevità è una delle benedizioni fondamentali, all'interno di una visione puramente terrena dell'esistenza. L'esperienza smentisce questo proverbio; Giobbe si ribella contro di esso e solo il libro della Sapienza dà una risposta soddisfacente al problema: «Il giusto, anche se muore prematuramente, avrà riposo ... » (Sap 4, 7-19). Il v. 28 continua quello precedente e riprende il v. 24. La speranza, ciò che si spera, dà senso a una vita nel tempo, perché la orienta e la mette in tensione verso il futuro; la speranza è vitale e attiva. L'onesto può «imbarcarsi» fiducioso nella speranza, perché sa che essa si compirà. Il malvagio, invece, o perde subito la speranza o si urta col proprio fallimento totale. La speranza è un tema fondamentale e tragi· co del libro di Giobbe. 29 La via del Signore è rifugio per l'uomo retto, e terrore per i malfattori. 30 L'onesto non vacillerà mai, il malvagio non abiterà la terra. Per «via del Signore» si intende o il modo di procedere di Dio o il cammino che egli traccia per l'uomo. Nel primo significato, il modo
Capitolo 10
il 7