Dizionario dei proverbi italiani  
 8804567481, 9788804567486 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

DIZIONARIO DEI PROVERBI ITALIANI

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 1 - 04/07/2007

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 2 - 04/07/2007

DIZIONARIO DEI PROVERBI ITALIANI CARLO LAPUCCI

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 3 - 04/07/2007

Coordinamento redazionale: Biancamaria Gismondi Caporedattore: Eugenia Citernesi Redazione: Fabrizio Gonnelli Hanno collaborato: Leandro Casini, Margherita Ferro, Laura Fiorentini, Emanuela Giordano, Fabrizio Gonnelli, Elena Mendes Elaborazione dati e impaginazione: Edigeo s.r.l., Milano I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. L’editore potra` concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre a mezzo fotocopie una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell’ingegno (AIDRO), Corso di Porta Romana 108 - 20122 Milano, e-mail: [email protected] § 2007 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. prima edizione Mondadori DOC agosto 2007 § 2006 Felice Le Monnier, Firenze, Edumond Le Monnier S.p.A. Stampato da Mondadori Printing S.p.A., Via Bianca di Savoia 12, Milano presso lo Stabilimento di NSM, Cles (TN) ISBN 978-88-04-56748-6

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 4 - 04/07/2007

Prefazione Se c’e` un settore dell’editoria che non mostra segni di crisi o di sofferenza, questa e` la lessicografia: non saprei indicare un’altra lingua europea, del presente o del passato, che vanti un numero cosı` alto di dizionari esaurienti e accurati come l’italiano. Fino a ieri questo quadro luminoso presentava solo una macchia, quella del proverbio. Non che siano mancate le pubblicazioni, ma si e` sempre trattato o di repertori compilati con la stringatezza impersonale di un elenco telefonico o di raccolte settoriali, limitate per argomento o per ambito territoriale o, ancora, di ambiziose e complesse opere di taglio enciclopedico, destinate a studiosi e specialisti della materia. Oggi anche questo neo e` stato rimosso e l’opera che qui si presenta e` quanto di piu` innovativo e insieme definitivo si possa offrire al momento in ambito europeo. Non si tratta di numeri, anche se la cifra di 25 mila incute rispetto da sola, ma di qualita`: il lettore trovera` una materia ordinata, sistemata e commentata meglio di quanto sia ragionevole pretendere. I proverbi ci arrivano spesso da mondi ormai remoti e l’ermetismo col quale rappresentano gli aspetti piu` diversi della realta` li puo` rendere enigmatici fino a farli risultare incomprensibili. Un commento che integri e contestualizzi il loro dettato lapidario si rende indispensabile e se ogni proverbio e` un frammento di sapienza popolare, secondo una definizione assurta a luogo comune, si consideri che altrettanta ce ne vuole perche´ il proverbio sia compreso fino in fondo: una sapienza fatta di conoscenze storiche, d’indagine filologica, di acume interpretativo. E` percio` stupefacente che tutto questo sia opera di un solo Autore, per quanto coadiuvato da una redazione esperta e sagace come quella dell’Editore Le Monnier. D’altra parte l’unita` dell’opera poteva essere garantita solo da un’unica mente ordinatrice e da un lavoro paziente e tenace, che ha occupato l’arco di una vita intera. Sarebbe vano quanto pretenzioso cercar di dare un’idea dei contenuti di questo lavoro, sarebbe come tentar di fare il sunto di un’enciclopedia. Il lettore si predisponga a trovarvi tutto cio` che solletica e soddisfa il proprio gusto per una meditazione critica e ironica sulle cose del mondo e anche cio` che mette in discussione le proprie convinzioni ritenute indiscutibili. Il proverbio va dritto allo scopo senza rispetto per le minoranze, senza riguardo per cio` che e` politicamente corretto, senza considerazione per gli idoli della nostra civilta`. La summa di Carlo Lapucci giunge al momento opportuno. Mai, come in questo periodo, la continuita` della memoria collettiva e` stata messa a repentaglio: la possibilita` illimitata di attingere informazioni per via telematica dalle fonti piu` disparate fa sı` che l’acculturazione stia diventando un’avventura individuale al di fuori dei canoni istituzionali, dei paradigmi condivisi. In opere come questa la memoria collettiva ha il suo punto sicuro di riferimento, il suo tesoro inalienabile, il suo monumento. Alberto Nocentini

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 5 - 04/07/2007

AVVERTENZE

VI

.

Avvertenze La raccolta e` ordinata secondo un criterio ‘misto’ nel quale operano allo stesso tempo il criterio formale della parola-chiave e quello semantico delle affinita` concettuali. Secondo il principio delle parole-chiave sono stati selezionati sostantivi, aggettivi, verbi e avverbi sotto i quali sono riuniti proverbi caratterizzati dalla presenza di tali parole (sottolineate in ciascun proverbio). All’interno di ciascuna parola-chiave i proverbi non sono ordinati alfabeticamente ma in base alla rilevanza, fornendo spesso dei raggruppamenti di proverbi concettualmente affini o contrapposti. Secondo il principio della affinita` concettuale sono inseriti spesso in un gruppo anche proverbi che non contengono la parola-chiave ma che documentano modi diversi di esprimere lo stesso concetto. Lo stesso principio concettuale sta alla base dei rinvii collocati per lo piu` alla fine del commento di ciascun proverbio (vedi anche seguito dall’indicazione del proverbio con lettera e numero). In questo modo il lettore e` avvertito della presenza di proverbi concettualmente affini per i quali e` stata scelta una collocazione sotto diversa parola-chiave. E` possibile, inoltre, costruire un ulteriore reticolo di collegamenti fra parole-chiave e singoli proverbi attraverso le indicazioni precedute dalla freccetta posta spesso subito dopo la parolachiave: si tratta di altre parole-chiave sotto le quali ricorrono proverbi in cui e` presente la parola in oggetto. Per cercare le ricorrenze di una certa parola nell’intero corpus, si puo` ricorrere all’indice analitico. Questo e` sostanzialmente completo; solo per alcuni termini di grande ricorrenza, come essere, avere, fare, bene, male, ecc., si e` fatto ricorso alla dicitura passim. Per quanto riguarda il testo dei proverbi, due sono le considerazioni preliminari per il lettore: 1) la divisione in versicoli (talora coincidenti con veri e propri versi della tradizione) intende evidenziare graficamente la natura ritmico-metrica che sta alla base della memorabilita` di tanti proverbi; 2) nel testo ricorrono abbastanza di frequente le parentesi tonde e quadre: quelle tonde indicano una o piu` parole che spesso non sono ne´ registrate dalle raccolte ne´ usate dai parlanti; quelle quadre isolano invece una o piu` parole che sono alternative a quelle precedenti (e dunque indicano una variante). I proverbi dialettali riportati con numerazione autonoma sono presenti in quanto esempi di forme spesso molto diffuse con varianti locali in ampie zone dell’Italia, ma mai, o quasi mai, noti in forma del tutto italianizzata. Nel commento ai proverbi sono citate spesso opere antiche e moderne, in forma completa o abbreviata secondo criteri intuitivi. Mentre per i testi letterari non si da` alcun rinvio bibliografico, per gli studi specifici sui proverbi o sulle tradizioni popolari, talora menzionati solo col nome dell’autore, si rinvia alle due sezioni della bibliografia.

Abbreviazioni abbr. a.C. agg. avv. ca. cfr. cit. com. d.C. ecc. es. fig. lat. n.

abbreviazione, abbreviato avanti Cristo aggettivo, aggettivale avverbio, avverbiale circa confronta citato comune, comunemente dopo Cristo eccetera esempio figurato, figurativamente latino numero

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

passim p., pp. prec. prov. scil. sec., secc. sg., sgg. sign. sin. sost. sott. trad. v. volg.

in diversi luoghi, qua e la` pagina, pagine precedente proverbio, proverbiale scilicet, cioe`, ovviamente secolo, secoli seguente, seguenti significato sinonimo sostantivo sottinteso traduzione verso volgare, volgarmente

pag 6 - 04/07/2007

VII

.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamenti Ringrazio tutti coloro che, consapevolmente o meno, hanno preso parte a questo lungo lavoro con informazioni, indicazioni, soprattutto per quanto riguarda la diffusione dei proverbi e l’uso che ne viene fatto nelle varie localita`. In particolare una grande gratitudine ad Anna Maria Antoni, con la quale abbiamo intrapreso il primo studio sui proverbi, con il volume I proverbi dei mesi (Cappelli, Bologna 1975). Il volume e` stato il nucleo della ricerca successiva, alla quale e` stato costante apporto il suo consiglio, soprattutto nel campo scientifico, e non solo in quello. Ad Alberto Nocentini devo, insieme a un costante incoraggiamento a continuare il lavoro intrapreso e a sostenerlo, competenti suggerimenti nei molti problemi che la materia ha presentato dipanandosi negli anni. Anche all’amico Sergio Pacciani sono grato per informazioni, segnalazioni bibliografiche, consigli e incoraggiamenti. Ringrazio Eugenia Citernesi della Casa Editrice, per la sensibilita`, la cultura, la vera passione che ha prodigato nella revisione di tutto il lavoro, insieme a Fabrizio Gonnelli. Della loro opera, con suggerimenti, precisazioni, indicazioni, si e` giovato con molto vantaggio il volume. Infine resto grato a tutti coloro, e sono tanti, che nel rilevamento orale, nelle verifiche, sono stati disponibili per rispondere alle richieste di spiegazione, informazione, precisazione.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 7 - 04/07/2007

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 8 - 04/07/2007

Introduzione Un ramo di spine in mano all’ubriaco e` il proverbio sulla bocca degli stolti. Proverbi 26.9

1. Generalita` e definizione Il proverbio e` una frase breve di forma lapidaria o sentenziosa, codificata nella memoria collettiva o tramandata in forma scritta, che enuncia una verita` ricavata dall’esperienza e presentata come conferma di un’argomentazione, consolidamento di una previsione, ovvero come regola o ammonimento ricavabili da un fatto. Puo` essere formulato in forma metrica o in prosa ritmata. Ha di solito tradizione antica e una certa diffusione. Si vuole che sia una forma di sapere popolare, e spesso e` vero, in quanto la gente comune ne ha fatto sempre largo uso, ma queste formule sapienziali, a volte antichissime, provengono anche dalla tradizione colta e sono fissate in scritture sacre o in raccolte dotte. Il proverbio dovette essere, in tempi remoti, una forma di cultura elitaria, e non ha cessato mai di essere patrimonio delle persone colte, da Aristotele a Petrarca a Manzoni. C’e` incertezza sull’origine della parola ‘‘proverbio’’: si sa che sulle etimologie sicure i compilatori di dizionari si dilungano, mentre su quelle incerte vanno di fretta. Il proverbio rientra nel secondo caso. Si trovano indicazioni del tipo: vedi verbo; dal lat. proverbium, der. di verbum ‘‘parola’’; oppure: dal latino proverbium, composto di pro e verbum. Probabilmente la parola e` giunta in italiano attraverso il francese, ma non e` certo se quel pro indichi ‘‘al posto di’’ o se invece sia da collegarsi all’aggettivo probatum, nel qual caso ci troveremmo di fronte all’espressione probatum (verbum) ‘‘affermazione provata’’. Il termine ‘‘proverbio’’ ha diverse parole usate come sinonimi, ma non perfettamente coincidenti nei significati propri. Il detto e` propriamente l’enunciato di una regola generale, che governa fatti naturali, meteorologici, somatici, e che permette anche di fare previsioni: per esempio Rosso di sera, bel tempo si spera. L’adagio (dal latino ad agendum ‘‘per fare’’) e` un consiglio, una regola che governa un comportamento, sia morale o giuridico, sia di opportunita`: per esempio Bisogna pelar la gazza senza farla stridere. L’apoftegma e` il detto celebre di un personaggio famoso, passato in proverbio. Confina in modo incerto con la citazione e la facezia proverbiale (wellerismo): per esempio Roma non si riscatta con l’oro, ma col ferro. Il precetto e` un po’ piu` lontano dal proverbio in quanto ha un settore definito, una finalita` e spesso una fonte precisa: i Precetti della Scuola Salernitana, i Precetti della Chiesa. L’aforisma e` una sentenza, un giudizio che riguarda di solito il comportamento umano, un precetto di vita, anche pratica, espresso in modo conciso, con parole e immagini acute, insolite, volte a scoprire le contraddizioni nascoste dalle consuetudini, o gli aspetti insospettati della realta`. Sono celebri gli aforismi attribuiti ad Ippocrate: norme, consigli, osservazioni sulla medicina. La sentenza e` una breve frase che enuncia un principio, una regola di solito di carattere morale. La massima e` un principio, una regola, un precetto ritenuti certi che servono di indirizzo, di guida per la condotta, il comportamento. Cio` si condensa in una sentenza di carattere morale. Cosı` le massime del Vangelo. Puo` essere anche una proposizione fondamentale di un’arte, di una scienza che viene accettata come vera, o evidente.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 9 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

X

L’impresa in araldica e` una rappresentazione simbolica di un’intenzione, di un modo di volersi comportare, un’indicazione di quello che si vuole essere, realizzare, ‘‘imprendere’’ (intraprendere). E` un motto (e con questo spesso si confonde) collegato a una figura in modo che le due forme si spieghino reciprocamente. Fu usata nel mondo classico e riprese vigore in Europa nel Medioevo. Fra il Cinquecento e il Seicento regole precise ne dettarono l’uso araldico. Le imprese ebbero impiego anche in tema amoroso, pedagogico e religioso. La frase, soprattutto se particolarmente felice, si e` col tempo staccata dalla figura, formando un motto, per cui la materia si e` andata sfumando, man mano che e` finita la moda. Una certa confusione ha regnato in passato tra proverbio e modo di dire (o locuzione proverbiale); le antiche raccolte, come quelle di Orlando Pescetti dei primi del Seicento, comprendono le due forme senza la minima attenzione, considerandole materia proverbiale, e solo verso la meta` del Settecento si fa strada l’idea di evidenziare la diversita`. Il proverbio si distingue dal modo di dire per la forma rigida che lo lascia fuori dal periodo in cui viene a trovarsi, come una frase a se´ stante, un’appendice, una premessa o un inciso. Il modo di dire ha una forma diversa da quella del proverbio, anche se non di rado un’espressione si trova sia nell’una che nell’altra. Un esempio di modo di dire e` Chiudere la stalla quando sono scappati i buoi; mentre il proverbio corrispondente e` E` inutile chiudere la stalla quando sono scappati i buoi. Il proverbio rappresenta una regola generale, una verita` che ha una formulazione fissa: Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Qualche termine del proverbio puo` variare (al posto di va si puo` trovare ando`, ecc.), ma la frase si situa per intero nel discorso, senza piegarsi a rapporti con il contesto. Il modo di dire e` invece un ingrediente espressivo della lingua che puo` tenere il posto di una parola: come avesse le ali ai piedi sta per velocemente; fa spesso riferimento a fatti esemplari, favole, fatti naturali, frasi o situazioni celebri, ecc., come Portare vasi a Samo, Vendere la gatta nel sacco, Toccare il cielo con un dito, Esser l’Araba Fenice, ecc. Come tale il modo di dire si adatta al contesto: Andavano come se avessero le ali ai piedi... Ho toccato il cielo con un dito. Il proverbio si distingue inoltre dalla frase famosa o dalla citazione perche´ non ha attribuzione ne´ esplicita ne´ implicita. Cosı` si diversifica dalla facezia popolare (o wellerismo) perche´ non ha la frase introduttiva o la coda del tipo Come disse...

2. Natura del proverbio Pur essendo materia tra le piu` popolari, il proverbio abbraccia domini tanto estesi e diversi che non puo` essere considerato soltanto banale strumento di conoscenza pratica e approssimativa, appartenente al livello incolto della popolazione, fornito solo di conoscenze elementari. Piuttosto, come dimostrano l’impossibilita` di collocarne l’origine in un preciso orizzonte temporale, il fatto di essere stato nei tempi antichi pertinenza di livelli alti della societa`, e, infine, la complessita` delle regole a cui e` soggetto, il proverbio appare non solo un mezzo elementare di ricognizione o verifica, ma anche patrimonio di una e´lite, del ristretto ‘‘mondo di chi pensa’’. La persona che fa molto uso di proverbi, raccomandandosi eccessivamente alle usanze antiche, e` detta proverbiosa, dando al termine un valore negativo, come ‘‘uggioso’’ o ‘‘pedante’’. Vi si risente il peso che ogni regola esercita su chi la subisce e si comprende che al proverbio e` rimasta la caratteristica che dovette avere un tempo, quella di sistema normativo orale di governo delle operazioni umane, del comportamento e dei rapporti di vario genere. Sono rimaste vive ancora certe regolette quasi infantili che stabiliscono rapporti impossibili da regolare con la legge: Chi va via perde il posto all’osteria; ma vi sono anche proverbi calendariali che hanno fino a poco tempo fa regolato i rapporti contrattuali nel mondo agricolo. L’accusa frequente che i proverbi siano contraddittori, e quindi incerti e fallaci, rivela come questa non sia materia per persone che chiedono regole sicure da applicare senza fatica mentale e senza criterio, formule da usare per trovare la soluzione, rendere sicura la scelta. Il proverbio non ha applicazione meccanica: l’immenso quadro d’indicazioni che ci viene squadernato davanti e` un libro da interpretare e comprendere, non da applicare; non e` un formulario.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 10 - 04/07/2007

XI

.

INTRODUZIONE

3. Storia I proverbi, si e` detto, sono antichissimi e si trovano nelle culture primitive come parte fondamentale del sapere, sotto forma di regole e massimari riguardanti le piu` varie branche dell’attivita` e i piu` diversi aspetti del sapere: religione, morale, diritto, attivita` economiche, agricoltura, commercio, lavoro, superstizioni, rituali, meteorologia, caccia, gioco, conoscenza psicologica, sentimenti, ecc. Anche la tradizione scritta dei popoli civilizzati piu` antichi attesta la presenza di proverbi: ne abbiamo testimonianza nel mondo egizio, babilonese, assiro, cinese.

Il proverbio nell’antichita`: Mesopotamia Per secoli si e` ritenuto che i Proverbi della Bibbia rappresentassero la raccolta piu` antica di questo genere, ma grazie ai ritrovamenti delle tavolette d’argilla delle civilta` mesopotamiche, siamo venuti in possesso di parecchie raccolte sumeriche di proverbi, alcune databili verso il XVIII sec. a.C. Pur appartenendo a un popolo con strutture, lingua, idee, usi, economia, religione diversi dai nostri, molte forme proverbiali rivelano caratteri fondamentali simili, tanto che si possono stabilire collegamenti nel modo di conoscenza, riconoscibili poi ovunque, nella sofisticata Cina antica come nelle societa` primitive. Anche soltanto un piccolissimo assaggio di tre proverbi sumerici risulta a questo proposito assai illuminante.1 Non ha ancora preso la volpe e gia` sta preparando il collare. Denaro preso a prestito e` presto rimpianto. Chi possiede molto denaro puo` essere felice, chi possiede molto orzo puo` essere felice, ma colui che non ha nulla puo` dormire.

Egitto La millenaria cultura egiziana ci permette d’intravedere una storia del proverbio all’interno di una stessa civilta`, dai primordi alla fase evoluta e alla decadenza. L’origine e` strettamente legata alla religione e alla morale religiosa, con particolare attenzione ai rapporti con la divinita`; avviene poi un distacco dal mondo della trascendenza, per prospettare un ordine di rapporti condiviso anche al di fuori dell’orizzonte religioso. Infine si giunge a formulare un corpo di regole particolari, di norme pratiche, di situazioni e consigli astratti valevoli per tutti; consigli che sono in parte ancora collegati a una visione religiosa, ma sempre piu` attenti alla vita quotidiana, al governo delle proprie azioni, dei rapporti umani. Accanto a questo tipo di proverbi si hanno formulari pratici riferiti a settori specifici, come la coltivazione, l’attivita` artigianale, il trattamento delle piante, degli animali, dei fenomeni atmosferici. La letteratura sapienziale del piu` antico Egitto risulta piu` lontana dalla nostra per il suo collegamento continuo alla realta` religiosa, mitologica, rituale. Questi aspetti incombono sulla speculazione spontanea ed estemporanea riconducendo tutto alla pieta`, alla ricerca della regola morale intonata al volere divino. Lo sviluppo culturale crea anche in Egitto una progressiva separazione tra la religione e la normativa dei comportamenti quotidiani, la lettura psicologica della vita e i consigli dettati dall’esperienza. Rimane tuttavia una costante che costituisce una evidente diversita` rispetto alla successiva cultura occidentale.2 Frammenti che risalgono alla meta` del III millennio ci mettono a conoscenza di diverse opere del tipo Insegnamenti di...: conosciamo quelli di Ptahhotep, di Herdedef, di Imhotep.3 Nell’Insegnamento di Ptahhotep, databile circa due secoli dopo Cheope, si trova una descrizione della vecchiaia per aforismi che ricorda da vicino le celebri pagine dell’Ecclesiaste. Le massime e le sentenze non sono elencate una dopo l’altra, come spesso avviene nelle nostre raccolte, ma fanno parte di un racconto, spesso come insegnamenti impartiti a un giovane dal padre o da un anziano. Nell’eta` piu` tarda ritroviamo lo stesso schema del padre che educa un figlio nell’ultimo dei libri sapienziali conosciuti in lingua classica, una raccolta di trenta capitoli attribuita ad Amenemope appartenente alla XXII dinastia, e databile circa alla meta` del secondo millennio, o forse ancora prima. Anche qui si notano affinita` con il libro biblico dei Proverbi, ma si sente anche

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 11 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XII

una vicinanza maggiore con forme proverbiali a noi piu` familiari e tuttora presenti nella nostra tradizione: vi si leggono, per esempio, affermazioni molto vicine ai nostri Meglio un uovo in pace che un vitello in guerra, Val piu` un cavolo con amore che un cappone con dolore e simili. Ancora piu` vicine alle nostre formulazioni proverbiali sono quelle piu` tarde degli Insegnamenti di ‘Onchsheshonqy, in demotico, risalenti al IV-V sec. d.C. Si tratta sempre di massime sapienziali che un padre rivolge al figlio; anche il testo e` piu` breve e sintetico, sono indicazioni semplici e precise, volte al comportamento pratico. Molto vicina a noi e` l’usanza egiziana, documentata nel Nuovo Regno, di incidere delle massime sopra gli scarabei, usati come amuleti e suggelli, quasi a identificare in una frase e in un’immagine magica lo spirito della persona che ne ha il possesso. Allo stesso modo noi oggi usiamo porre iscrizioni su boccali, soprammobili, animali di coccio, magliette, libri, lampade, strumenti musicali, candelieri, barometri, specchi. Anche le modeste mattonelle di ceramica smaltata con un’iscrizione sono d’uso antichissimo e si ritrovano un po’ dovunque, dalle taverne pompeiane agli scavi di altre citta` antiche. Nella Bassa Epoca si hanno proverbi assai vicini ai nostri come quelli che compaiono nel Libro sapienziale demotico. Si puo` dire che in forme diverse tutti i popoli abbiano avuto i loro proverbi, che risultano pressoche´ uguali quando vengono a toccare aspetti comuni, situazioni analoghe, sia pure in civilta` diverse. Cio` non implica nulla rispetto alla loro origine; infatti i proverbi stessi possono essere nati nell’ambito di un determinato popolo, oppure essere stati trasmessi dagli uni agli altri, secondo modalita` che a noi restano sconosciute.

Il mondo semitico Il monumento della sapienza giudaica piu` antica e` rappresentato, come si sa, dalla raccolta biblica dei Proverbi. Tale libro e` costituito da un insieme di piu` raccolte: le prime due sono ricondotte dalla tradizione a Salomone, mentre le altre sono inserite a mo’ di appendici e sembrano testimoniare di un interesse verso tradizioni sapienziali anche esterne a Israele; cio` vale in particolare per le sezioni ‘‘Parole di Agur’’ e ‘‘Parole di Lemuel’’, indicate cioe` col nome di sapienti (quasi certamente immaginari) collocati in Arabia. Il rapporto con la sapienza egiziana antica e` certo, e da tempo sono state messe in evidenza le coincidenze fra alcune delle massime di Amenemope e alcuni dei proverbi compresi nella sezione titolata ‘‘Parole dei sapienti’’. Nella lunga parte introduttiva si presenta poi lo schema dei consigli del padre al figlio, gia` visto nei testi egiziani del Medio Regno.4 Nonostante queste relazioni, i Proverbi mantengono una fisionomia del tutto originale, nella quale il monoteismo giudaico svolge, per cosı` dire, una funzione di collante ideologico. Nel mondo arabo la fonte di citazioni e sentenze e` costituita dal Corano, oltre che da alcune grandi opere letterarie e dai compendi sapienziali. Il rapporto con le nostre culture, se si escludono i paesi che furono occupati dagli Arabi, come la Spagna e la Sicilia, non e` diretto e poco rilevante e` stata la penetrazione della cultura letteraria rispetto a quella scientifica. Solo tra il 1704 e il 1717 in Europa, alla corte di Luigi XIV, si comincio` a conoscere Le mille e una notte, per merito di Antoine Galland, uno studioso inviato a Costantinopoli con incarichi diplomatici che durante il soggiorno nella capitale turca raccolse i testi e fece una prima traduzione delle Mille e una notte.5 Ma ben piu` antico e` il testo sapienziale piu` importante del mondo semitico, il Libro di Ahiqar (o anche Achikar, Achiacar, Akhikar, secondo le versioni e le trascrizioni), del quale esistono numerose redazioni. E` un racconto-apologo nel quale la vicenda, che serve da cornice per incastonare una serie di detti, ammonizioni e sentenze, narra di un saggio consigliere di ben due re assiri (Sennacherib e Asarhaddom), che si districa dalle insidie delle corti (in particolare quella dell’Egitto), squadernando le sue risorse d’ingegno e sapienza (si ha addirittura il primo caso di un malvagio ucciso da una ‘overdose’ di proverbi). Elaborato probabilmente in ambiente aramaico, con materia proveniente dal mondo assiro-babilonese e in parte egizio, era gia` noto nel V sec. a.C., ma e` stato composto in epoca ben piu` antica. Se ne trovano rispondenze nella Bibbia (Libro di Tobia e Giobbe, Libro dei Proverbi e Ecclesiastico). Ma ne resta un’eco anche

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 12 - 04/07/2007

XIII

.

INTRODUZIONE

nelle favole esopiche e l’avventura del protagonista in Egitto puo` ricollegarsi con la greca Vita di Esopo. Le versioni di questa raccolta sono moltissime: la siriaca, piu` antica, l’armena, varie arabe e l’etiopica, con diramazioni anche nel mondo persiano.6 Gli Arabi hanno avuto quasi un culto della sapienza, non solo quella dei grandi saggi, ma anche quella pratica, presente nei proverbi, nelle massime, nelle favole. Caratteristica della cultura araba e` la cosiddetta prosa di ‘‘adab’’, compendio di questa cultura sapienziale, che costituisce un settore indefinito, ma assai caratterizzato dell’educazione e della pedagogia. Spiega Francesco Gabrieli: ‘‘Il termine polisenso di ‘adab’ [...] ha tutta una sua storia, che rispecchia il graduale incivilimento degli arabi e l’allargarsi del loro orizzonte culturale. Dal senso originario di norma di condotta, tradizione avita, venne ad assumere tra gli altri, fin dalla prima eta` aba`sside, quello di pratica sapienza e sociale compitezza di vita, e allargando e spiritualizzando questa accezione indico` qualcosa di analogo alla latina e umanistica humanitas, una disposizione dell’animo e una correlativa apertura e disciplina intellettuale. Questa humanitas, distinta dalla scienza religiosa ed esatta, e da qualsiasi singola tecnica, puo` trovare il suo nutrimento nei piu` svariati campi: letteratura amena, narrativa e aneddotica, etica e precettistica, storia della cultura e del costume’’.7 Nella cultura araba le raccolte di ‘adab’ sono numerosissime e spesso di mole notevole; in molti casi riuniscono anche quello che nelle nostre culture e` di solito disperso in mille rivoli, in piccole pubblicazioni, in opere considerate marginali o curiose. Con un lungo lavoro speculativo gli studiosi arabi sono riusciti a fare di questa materia un’area assai vasta dell’educazione e della pedagogia, e a creare casistiche ben definite nei vari settori e nelle diverse discipline, come l’amministrazione della giustizia, il governo, le difficolta` spicciole della vita. Le raccolte di sentenze, fatti, espedienti, astuzie per raggiungere agevolmente uno scopo, da come vincere una battaglia a pesare un elefante, sono frequenti in questa letteratura. L’autore anonimo de Il libro delle Furbizie8 elenca una lunga serie di opere di questo genere e di altre che vi si richiamano nel contenuto: una bibliografia che occupa diverse pagine. I numerosissimi exempla riportati e catalogati ordinatamente (la sapienza di Dio, le astuzie dei califfi, dei re e dei sultani, le astuzie dei visir nella loro amministrazione, le astuzie dei giureconsulti, dei giudici) sono analoghi ai documenti sui quali in Occidente si fonda il diritto consuetudinario: sulla base di una data metafora, opportunamente selezionata e interpretata, l’uomo agisce, sceglie, giudica. Dall’exemplum al proverbio non c’e` che un passo: l’apologo, la favola e l’aneddoto sono spesso le fonti delle massime, dei detti e dei proverbi, e questi ultimi ne rappresentano spesso la morale o la sintesi. Qualcosa di simile hanno rappresentato nella cultura greco-latina raccolte come i Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo (I sec. d.C.), o, seppure in maniera diversa, gli Stratagemmi militari di Frontino (I sec. d.C.) e Polieno (II sec. d.C.).

La Grecia classica In Grecia si possono indicare gia` in Omero (IX-VIII sec. a.C.) e in Esiodo (VIII-VII sec. a.C.) le prime fonti di detti e sentenze, e anche i poeti lirici del VII-VI sec. dimostrano familiarita` con espressioni proverbiali (Archiloco, Alceo e altri). Poco piu` tardi si aggiungono altre figure, con caratteristiche piu` specifiche di amanti della sapienza (i Sette Savi). Nel mondo greco veicolo di questo tipo di sapienza non erano soltanto i proverbi veri e propri, ma anche le favole, gli indovinelli, tutto quello che riguardava l’intelligenza e la capacita` di risolvere problemi, guidare nelle scelte, cogliere quello che sfugge ai piu`. Questa caratteristica e` tipica di una grande figura che sta tra il mito e la realta`: Esopo di Sardi, vissuto verso il VII o il VI sec. a.C. Di lui sono note a tutti le favole (giunte comunque soltanto in redazioni d’eta` imperiale); meno nota e` la sua abilita` enigmistica, dote che non stupisce certo in un profondo indagatore delle cose umane. Il Romanzo di Esopo9 lo rappresenta infatti con alcuni tratti del semitico Ahiqar, narrando della sua gara di sapienza con il faraone egiziano Amasi, aiutato dai sapienti di corte. Proprio da una figura come quella di Esopo si puo` evincere con chiarezza lo stretto rapporto che intercorre tra il proverbio e la favola. E` noto a tutti che le favole esopiche si concludono con una morale. Per quanto cio` possa risalire ad aggiunte in una fase posteriore, e` evidente, comunque sia, che in questi testi favola e proverbio s’incontrano: la prima esemplifica una situazione reale o fantastica, il secondo sancisce con una formula la legge delle cose. In realta` molti proverbi

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 13 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XIV

ancora correnti potrebbero essere a buon diritto sintesi di favole o di apologhi, a cominciare dal noto Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, o anche Quando la gatta e` in paese i topi ballano, E` inutile chiudere la stalla quando sono fuggiti i buoi, Nessuno vuole attaccare il sonaglio al collo del gatto; e cosı` per tanti altri. I greci ebbero molto interesse per i proverbi ai quali dedicarono studi, raccolte, ricerche considerandoli materia importante e necessaria allo scrivere, all’arte oratoria, al teatro. Basti ricordare che fin dall’eta` ellenistica furono raccolte le sentenze contenute nelle commedie di Menandro e Filemone (IV sec. a.C.), mentre Antifane (anch’egli del IV sec. a.C.) scrisse una commedia dal titolo I proverbi. Scrive Renzo Tosi: ‘‘Nella letteratura greca i proverbi avevano rivestito fin dall’epoca arcaica una grande importanza. E` probabile che molti venissero dall’Oriente, eventualmente attraverso la Ionia, e particolarmente cio` e` postulabile per quelli che hanno come soggetti gli animali e per i quali e` quindi immediato l’accostamento all’ainos, la fiaba, un genere che gia` gli antichi – si veda Quintiliano 5.11.21 – sentivano affine al nostro’’.10 I pensatori e i retori provarono qualche diffidenza nei loro confronti, considerandoli materia che male si accorda alla profondita` della speculazione e alla raffinatezza dello stile. Platone segue questa linea, ma la citazione proverbiale si addice al dialogo, ed egli la usa per animare una partitura che potrebbe rischiare la monotonia. Le opere di Aristotele toccano spesso la materia proverbiale e hanno contribuito anche a travasarne qualche forma direttamente nella nostra letteratura. Valga come esempio il proverbio menzionato in Etica nicomachea 7.16: ‘‘Infatti una sola rondine non fa primavera, ne´ un solo giorno; cosı` neppure una sola giornata o un breve tempo rendono la beatitudine o la felicita`’’. Lo cita anche Dante (Convivio 1.9): ‘‘siccome dice il mio maestro Aristotele nel primo libro dell’etica: una rondine non fa primavera’’. Aristotele dette grande importanza ai proverbi, oltre che per il suo interesse nei confronti del lessico, anche perche´ riteneva che tra la civilta` greca e quella arcaica vi fosse un profondo baratro scavato dal Diluvio, per cui nulla si poteva sapere dai documenti di quello che era stato un tempo: solo i miti, i proverbi e le forme popolari affini come le favole e gli indovinelli potevano restituire, sia pure in modo frammentario, quello che erano stati il pensiero e le conoscenze del mondo prediluviano. Aristotele scrisse un libro sui proverbi (non conservato), li studio` comparandoli e interpretandoli e stimolo` nella scuola peripatetica e in altri pensatori un interesse che dette impulso a numerosi studi di raccolta, comparazione, classificazione, interpretazione, con riferimento anche ad altri generi affini della letteratura popolare, come l’indovinello. A tali ricerche lavorarono Teofrasto, Clearco, Demetrio di Falero, Cleante di Asso, Callimaco, Demone l’attidografo, Aristide di Mileto, lo stoico Crisippo, gli alessandrini Aristofane di Bisanzio, Eratostene, Didimo. Si tratta di un’attenzione alla paremiografia che non si ritrovera` facilmente in seguito in maniera cosı` vistosa. Lo studio investı` problemi lessicali e stilistici, l’uso del proverbio come strumento di concisione nel discorso, di potenziamento espressivo, di ornamento, mentre si apriva il dibattito destinato a prolungarsi nel tempo: se il proverbio sia da rintracciare nei testi letterari, linea seguita da Aristotele, o nella tradizione orale. Nel periodo dell’impero di Adriano (prima meta` del II sec. d.C.), il retore ed erudito Zenobio compendio`, adottando l’ordinamento alfabetico, i proverbi greci delle raccolte fatte da Didimo nell’eta` di Augusto e da Lucillio di Tarre qualche decennio piu` tardi. Questo materiale, insieme ai Proverbi alessandrini dello Pseudo Plutarco e a una vasta raccolta anonima attribuita erroneamente al grammatico Diogeniano (II sec. d.C.), venne a formare il cosiddetto Corpus paremiographorum, che e` per noi la fonte essenziale riguardo a proverbi, modi di dire e forme espressive affini della grecita` antica. Raccolte del genere circolarono per tutta l’eta` bizantina, ed ebbero un posto non secondario nella cultura generale (a questo riguardo importante e` la figura di Gregorio di Cipro, alla fine del XIII sec.). L’ultima grande silloge sorse ormai in piena eta` umanistica, ad opera di Michele Apostolio, il quale, giunto in Italia dopo la caduta di Costantinopoli, fu collaboratore di Aldo Manuzio e compilo` una raccolta di proverbi continuata dal figlio Arsenio. Tale scritto rappresenta, come dice Tosi, una sorta di trait d’union fra la paremiografia greca antica e la paremiografia umanistica di cui parleremo piu` oltre. Accanto a questa produzione, nella quale prevale l’attenzione linguistica ed erudita (innanzitutto all’uso e al significato delle espressioni, ma anche al perche´ in quel certo detto compaia quel certo nome, a quale mito alluda quell’altro, quale aneddoto ne giustifichi un altro ancora,

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 14 - 04/07/2007

XV

.

INTRODUZIONE

ecc.; spesso con citazioni da testi classici), fin dall’eta` ellenistica si ebbero raccolte motivate piuttosto dall’interesse per il contenuto etico delle ‘‘frasi famose’’. Si formarono cosı` le raccolte di gnomai, ovvero massime, detti celebri, versi sentenziosi, come la succitata silloge tratta dalle commedie di Menandro, o altre dalle tragedie di Euripide, il piu` sentenzioso fra i tragici. Nonostante vi sia qualche caso di reciproca influenza, le raccolte paremiografiche e gli gnomologi restano sostanzialmente due tipologie letterarie indipendenti, l’una orientata in senso linguistico e filologico, l’altra in senso etico e sapienziale. E` vero pero` che l’utilizzo di tali raccolte pote´ in molti casi essere comune, finalizzato com’era alla formazione retorica. Fra gli gnomologi greci, in genere ordinati per argomento, il piu` celebre e` il voluminoso Anthologion di Stobeo (V sec. d.C.). Nel Medioevo bizantino, poi, tali raccolte si moltiplicarono, con apporti dalla Bibbia, dalle omelie dei Padri greci, dalla letteratura monastica e ascetica, ma senza eliminare del tutto gli apporti della tradizione pagana, soprattutto quella di ascendenza stoica e platonica. Spesso la paternita` sia delle raccolte che delle gnomai in esse contenute e` incerta e gli studi moderni non hanno ancora chiarito del tutto le vicende che stanno dietro questa ricca e intricata produzione. Basti qui citare, fra gli autori dai cui testi sono estratte le massime o alla cui opera si devono iniziative di raccolta, i nomi di Macario Egizio (IV sec.), Giovanni Climaco (VI-VII sec.), Massimo Confessore (VII sec.), Atanasio Sinaita (VII-VIII sec.), Giovanni Damasceno (VIII sec.), Psello (VI sec.), Massimo Planude (XIII sec.).

I proverbi nel mondo latino L’italiano ha una dotazione di proverbi latini che s’intersecano in modo inestricabile con quelli italiani veri e propri, tanto che molti si citano tuttora sia nella forma latina che in quella italiana. Per lungo tempo il latino e` stato la lingua dotta e quindi citare un proverbio in latino era naturale: gli ecclesiastici li usavano nelle prediche, li coniavano, li riprendevano dai testi sacri; i dotti travasavano dai testi classici aforismi e detti. La lingua italiana si e` quindi trovata un bagaglio molto ricco di proverbi ripresi da quella latina, che doveva esserne molto fornita e se ne era arricchita per il contatto con il mondo greco. Tuttavia nel mondo latino, al contrario di quanto era avvenuto in Grecia, la cultura non presto` molta attenzione al proverbio e nessuno se ne interesso` al punto di farlo oggetto di particolari ricerche e di studi linguistico-filologici. Solo qualche dotto come Gellio (II sec. d.C.) o Macrobio (IV-V sec. d.C.) vi appuntarono occasionalmente l’attenzione. Di un perduto De proverbiis di Apuleio non sappiamo niente. Sappiamo pero` dall’esperienza che proprio il momento in cui un genere popolare gode di ottima salute ed e` vivo nella tradizione, e` anche quello in cui di solito viene trascurato e sottovalutato come cosa comune. Tutta la letteratura latina abbonda di proverbi. In particolare le commedie attestano che l’uso di questa forma sapienziale era assai diffuso anche nella lingua parlata; ma poiche´ i Romani non le attribuivano un’importanza storica come i Greci, e quindi non vedevano in essa un patrimonio deperibile ovvero a rischio di scomparire, la considerarono cosa di consumo e le dettero un rilievo limitato. Leggendo i manuali che riguardano la natura, come la Storia Naturale di Plinio e l’Agricoltura di Columella, nonche´ testi poetici come le Georgiche di Virgilio, si nota che una serie molto consistente di precetti viene a formare quasi un codice per regolare la vita della campagna e i lavori agricoli. Le norme e gli avvertimenti dei testi latini, che qui sarebbe lungo esemplificare, ma di cui si da` conto nelle pagine del dizionario, trovano in gran parte il corrispettivo nelle forme italiane, spesso con pochissime differenze. Si puo` dire quindi che l’impianto dei proverbi agricoli, dei proverbi che riguardano i fenomeni naturali e soprattutto dei pronostici contenuti nel nostro sistema proverbiale provenga dalla tradizione latina, fecondata dagli apporti di altre tradizioni, innanzitutto da quella greca. Per quanto riguarda i pronostici del tempo, materia fondamentale per i coltivatori, bisogna rifarsi ad Arato di Soli, poeta greco del III sec. a.C., che si fonda su una visione religiosa di impronta stoica e offre un trattato di cultura superiore riservato ai dotti. I segni del tempo, almeno come li intende Arato, non sono dunque una materia trattabile da tutti sulla porta di casa, bensı` un sapere destinato a chi ha conoscenze astronomiche, scientifiche, letterarie, religiose. Arato scrive per pochi, per un circolo di persone la cui cultura sull’argomento e` di grandissimo livello. Egli vede in una sostanziale solidarieta` universale, per noi in parte incomprensibile, il

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 15 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XVI

fondamento della divinazione, della mantica, dell’arte degli aruspici, di tutte quelle pratiche divinatorie che facevano parte della religione: una realta`, che si trova ad essere in un certo modo, rivela la condizione di tutte le altre che si trovavano in sintonia con essa. Questa materia rientra quasi naturalmente fra gli interessi di un poeta latino sensibile sia alla forza della natura sia al mondo divino qual e` Virgilio, che ne fa argomento di una parte del primo libro delle Georgiche. In Virgilio sopravvive la visione panteistico-religiosa di Arato, ma nel suo poema prevale l’intento di presentare un insegnamento pratico, seppure nei limiti e con gli artifici richiesti dal genere letterario (si tratta sempre di poesia, non di manualistica), quasi un codice per regolare la vita della campagna e i lavori agricoli, in conformita` con la tradizione inaugurata da Le opere e i giorni di Esiodo. I Fenomeni di Arato vengono tradotti e ritradotti da Cicerone, Germanico e Avieno. Quest’ultimo aggiunge elementi, amplifica e definisce le regole, accentua l’aspetto funzionale di un patrimonio di nozioni destinato ormai a un vasto pubblico che lo utilizza senza troppi riguardi. La riprova di una lenta trasmigrazione verso il basso della difficile arte di pronosticare il tempo si ha con Plinio, il quale nella sua Storia Naturale codifica le regole dei pronostici senza toccare il piano trascendente, razionalizzando (nei limiti imposti dalle conoscenze dell’epoca) e soprattutto scartando quanto difficilmente si poteva ricondurre a criteri funzionali. L’Esameron di sant’Ambrogio (IV sec.), spiegando in maniera semplice ma non banale i giorni della creazione secondo il racconto della Genesi, si riallaccia, per impostazione generale, alla linea virgiliana, e riporta in chiave cristiana i pronostici delle Georgiche. Tutto il Medioevo cristiano continuo` in tale senso, inserendo in una visione provvidenziale le varie manifestazioni, cogliendo il linguaggio divino dalle cose che si esprimono con allusioni, segni, simboli, gesti, inserendo tutta la materia nel grande edificio dell’universo simbolico in cui piante, animali, fenomeni naturali sono altrettante espressioni di aspetti della potenza divina. Rufo Festo Avieno, che nel IV sec. d.C. tradusse e arricchı` il testo di Arato nel poemetto Arati phaenomena, ha stabilito gli elementi fondamentali dei pronostici meteorologici che in seguito si ritrovano continuamente e non di rado in esposizioni piu` confuse. La parte piu` interessante della materia e` l’aggiunta che viene fatta nel corso della tradizione millenaria grazie all’osservazione minuziosa e attenta del mondo popolare, condensata in detti, principi, proverbi, credenze che si aggiungono alle indicazioni fissate dai versi dei classici. I proverbi riguardanti la vita della terra (in particolare quelli dei pronostici) non perdono comunque neppure in italiano quel tanto di esoterico e di vagamente misterioso che li distingue dal realismo oggettivo e ne costituisce una nota di fondo. Basta pensare ai proverbi che riguardano la pioggia, al suo ciclo quadragesimale (Terzo aprilante quaranta dı` durante), alla sua azione nefasta in certi giorni come l’Ascensione o la festa di santi particolari, alcuni dei quali governano la sua caduta (sant’Anna) e le tempeste. Se nel mondo latino mancarono vere e proprie raccolte paremiografiche come quelle che abbiamo visto presenti nel mondo greco, tutt’altro che scarsa fu invece la produzione di gnomologi, cioe` di antologie di massime con primario scopo etico e sapienziale. Celebri e diffuse ben presto anche nell’insegnamento scolastico primario furono le Sententiae di Publilio Siro, un celebre autore di mimi del I sec. a.C., dalle cui opere venne tratta nel I sec. d.C. una scelta di versi sentenziosi organizzata per argomenti (amicizia, fortuna, invidia, relazioni umane, ecc.). Forse ancor piu` famosi e molto noti e tradotti per tutto il Medioevo furono i Disticha Catonis, raccolta di sentenze esametriche che sembra aver assunto la forma in cui la conosciamo verso il III sec. d.C. Che risalga a Catone il Censore e` da escludere, ma tale attribuzione pseudoepigrafa e` significativa del fatto che l’antico uomo politico e oratore era divenuto nell’immaginario il prototipo del saggio ‘‘proverbioso’’ dei tempi antichi in cui Roma non era corrotta. Scorrendo le pagine di questo dizionario si troveranno numerosi casi in cui un proverbio italiano puo` essere direttamente confrontato con massime riportate da questi scritti latini.

Il Medioevo Nel clima di un paese mediterraneo giungeva come un vento del deserto la cultura di un popolo semita, con altri aromi, profumi, miraggi, suggestioni, modi di vivere, metafore. Quello che prima filtrava attraverso i mercanti, i viaggiatori, i marinai, costituiva ormai il cuore della nuova

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 16 - 04/07/2007

XVII

.

INTRODUZIONE

religione e si diffondeva capillarmente, attraverso la preghiera, la predicazione, lo studio, la speculazione. I primi secoli del cristianesimo furono d’incubazione e osmosi di queste culture sapienziali, ognuna di tutto rispetto. I popoli semiti che, come si e` visto, hanno sempre mostrato una particolare sensibilita` per il procedimento analogico, curavano con grande attenzione la materia proverbiale e quelle ad essa collegate, di natura gnomica e sapienziale: parabole, indovinelli, sentenze, massime, detti, esempi, venivano raccolti in sillogi, spesso dedicate anche allo studio della politica, dell’amministrazione della giustizia: Salomone, la figura piu` celebre di questa cultura, fu sommo giudice e autore di proverbi, almeno nella tradizione. Il nome ebraico mashal indica questa congerie di forme disseminate nei libri sacri del popolo ebraico e degli altri popoli semiti, come pure nella loro letteratura. In particolare il Talmud rappresenta una cospicua raccolta di questa materia insieme alla codificazione delle norme religiose ebraiche, con le relative discussioni e spiegazioni (gemara). Sono 63 trattati e ne esistono tre diverse redazioni. La prima edizione a stampa del Talmud fu fatta a Napoli nel 1492. Non c’e` dubbio che la Bibbia costituisca una delle fonti piu` consistenti dei proverbi italiani, passati tutti attraverso la lingua latina, e spesso attestati anche in florilegi medievali come il Collectaneum di Sedulio Scoto (IX sec.) o i Libri proverbiorum dello pseudo-Beda e di Otloh di Sant’Emmerano (XI sec.). Il Pitre` ha contato 272 proverbi biblici tra quelli della sua raccolta di proverbi siciliani, ma avverte che potrebbero essere anche molti di piu`. I libri della Bibbia dai quali soprattutto provengono i proverbi sono naturalmente quelli sapienziali: Proverbi, Ecclesiastico o Siracide, Salmi, Ecclesiaste, Sapienza, Giobbe, contenenti tutti proverbi o frasi lapidarie che trovano agevole traduzione in altre lingue. Tuttavia anche gli altri libri del Vecchio testamento riportano formule che nella lingua italiana e nelle altre neolatine si sono volte in forme proverbiali. Nel Nuovo testamento il Vangelo di Matteo spicca per il numero di proverbi del quale e` stato origine; comunque anche gli altri Vangeli hanno dato notevoli apporti, tenendo conto che spesso il testo dei tre sinottici e` molto simile. Proverbi e altre forme sapienziali sono derivati anche dagli Atti degli Apostoli, dalle Lettere e dall’Apocalisse. A questi libri va aggiunto il patrimonio contenuto nei testi talmudici, filtrato nelle culture europee tramite le comunita` ebraiche, vissute a stretto contatto con il mondo cristiano. Proprio la figura di Salomone puo` essere un esempio di questo lento trapianto: attraverso la cultura ebraica e le leggende rabbiniche, collegate agli specifici luoghi biblici, egli diviene in Occidente il prototipo del sapiente e del mago che pronuncia sentenze, dice proverbi governando e comanda ai diavoli. Naturalmente la sua sapienza e` orientale, antica e colta e viene a confronto con quella pratica e contadina dell’Europa medievale. Abbiamo la sintesi di questo scontro dialettico in un testo che, come sappiamo da testimonianze indirette, appare verso l’XI sec. in Francia e si diffonde poi per gli altri paesi: Il dialogo di Salomone e Marcolfo, documentato dal XIII secolo.11 Gia` nei primi secoli dell’era cristiana era apparsa una Contradictio Salomonis, della quale poco si conosce ma di cui si era dovuto occupare Papa Gelasio I condannandola nel 494. Forse era una discussione teologica della quale il Dialogo potrebbe essere la parodia. Il dialogo e` una disputa in proverbi, in lingua latina, tra il re Salomone e il contadino Marcolfo e da questo testo prendera` le mosse nel Seicento Giulio Cesare Croce per le opere Le sottilissime astuzie di Bertoldo e Le piacevoli e ridicolose semplicita` di Bertoldino (1606).12 Lo schema del Dialogo di Salomone e Marcolfo segue quello delle composizioni sapienziali con la contrapposizione tra sapienza dotta e sapienza plebea (che non cede minimamente alla prima), la lode della vita semplice dei poveri contro quella corrotta dei ricchi, la diffusa misoginia che, gia` presente nelle pagine bibliche, trova alimento in ambiente monastico. La letteratura sapienziale viene infatti coltivata soprattutto nei monasteri, come materia dotta e ricreativa e momento di distensione e nobile gioco intellettuale. In ambiente conventuale si compongono indovinelli, si raccolgono proverbi, apologhi popolari, giochi linguistici di ogni genere. Non di rado tutto cio` e` utilizzato a fini morali, per ammaestrare nel vivere e anche per volgere le anime alla riflessione e alla fede. Appunto nei monasteri e nei conventi, e in generale negli ambienti in cui opera il clero, il bagaglio di adagi proveniente dalla Bibbia, dalla tradizione classica dotta e da quella orale,

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 17 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XVIII

viene riversato in formule adatte alla necessita` di impiego nella predicazione e nell’insegnamento della morale e del Vangelo. Il proverbio latino si trasferisce con naturalezza nella nascente lingua italiana passando attraverso la tradizione orale, ma e` chiarissima la presenza di una mediazione che trasferisce nel nuovo linguaggio i patrimoni provenienti da fonti diverse. Un esempio di questa operazione puo` darlo la Scuola salernitana.

La Scuola salernitana La Scuola salernitana e` il leggendario studio di medicina che ha rappresentato in Occidente la piu` grande forza propulsiva della scienza medica, a partire da un imprecisato periodo dell’alto Medioevo fino, possiamo dire, ai giorni nostri. Gia` documenti del IX sec. parlano dell’antica scuola di Salerno, e gli aforismi che vanno sotto il suo nome sono documentati in un codice del Mille. La Scuola fu maestra di medicina in Europa, raccogliendo le fondamentali opere mediche antiche, elaborandone i precetti in nuove forme e preparando esperti monaci, medici, semplicisti e speziali. I promotori furono i monaci di san Benedetto che conservarono e trascrissero gli scritti di maestri classici quali Dioscoride, Ippocrate, Galeno, Plinio, Celio Aureliano, Columella, Celso, attivando i laboratori di erbe mediche e le farmacie dei conventi. La Scuola prese col tempo anche una configurazione laica e divenne una vera e propria universita` che ha rilasciato lauree in medicina fino al 29 novembre 1811, data della sua soppressione da parte di Gioacchino Murat. La citta` di Salerno era nella posizione ideale per disporre agevolmente delle conoscenze e degli apporti del mondo romano, per raccogliere l’eredita` di quello greco, presente nell’Italia meridionale, e conoscere le esperienze e i trattati delle scuole orientali, arabe, ebraiche e spagnole che giungevano dal Mediterraneo attraverso il commercio e le varie guerre. Questi scambi si moltiplicarono con le Crociate e i pellegrinaggi. I celebri versi, che i medici e i saggi d’un tempo sapevano a memoria, sono conosciuti col nome di Regimen sanitatis (‘‘Regola per la salute’’) ma anche come De conservanda bona valetudine, oppure Medicina salernitana e Flos medicinae. Nelle biblioteche sono conservati oltre trecento codici di questo corpus, redatti senza troppi scrupoli filologici, in luoghi diversi e spesso da fonti orali. Quindi non c’e` da meravigliarsi se i detti vengono citati in forme diverse e se il latino non e` proprio ciceroniano.13 Si pensa che la formulazione di queste regole sia avvenuta intorno al Mille, o poco piu` tardi, in 364 esametri leonini, ai quali se ne aggiunsero via via altri fino a formare un corpus di 1639 versi. Sotto il nome di ‘‘precetti della Scuola’’ circolo` poi una miriade di consigli per le cure mediche, l’alimentazione, la salute, al punto che e` difficile stabilire se tali prescrizioni siano davvero da attribuire alla Scuola. Non si tratta sempre di vera medicina, ma piu` spesso di regole di buon senso, o dietetiche, volte piu` alla prevenzione che alla cura dei disturbi. In questo modo la Scuola ha travasato nella nostra cultura i precetti e le regole della medicina antica prelevandoli dai testi di Ippocrate, Galeno, Celso, Dioscoride, Plinio. Molti precetti del Regimen sanitatis, per il fatto di essere citati da prelati, notai, avvocati, medici, speziali, pedagoghi, pedanti e gente simile, sono divenuti proverbi, prima in forma latina, poi anche italiana e dialettale: quando si incontra un precetto di medicina, dietetica, tavola, salute, e` probabile che provenga dal celebre corpus della Scuola, o vi abbia comunque un qualche rapporto.

Il volgare Quando Dante scrive il suo capolavoro il volgare e` gia` ricchissimo di detti. In effetti proprio su proverbi sono costruiti alcuni testi poetici posti alle origini della nostra letteratura (XIII sec.): i proverbi sulle donne di ambiente veneto (noti come Proverbia super natura feminarum), lo Splanamento de li Proverbi de Salamone del cremonese Girardo Patecchio, nonche´ i Proverbi in distici a rima baciata del bisnonno paterno di Petrarca, Garzo dell’Incisa (240 proverbi in ordine alfabetico). Ne´ va dimenticato il volgarizzamento dei Disticha Catonis realizzato in quartine di alessandrini rimati da Bonvesin della Riva. Dante e` tutt’altro che sordo alle credenze popolari (le monachine, le lucciole, Caino sulla luna...), ma le riferisce da dotto, come banali curiosita` e conoscenze primitive del volgo. Cio`

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 18 - 04/07/2007

XIX

.

INTRODUZIONE

nonostante nella Divina Commedia si trova un gran numero di proverbi e anche i versi che sono divenuti proverbiali, con molta probabilita` sono in molti casi forme proverbiali preesistenti che il poeta ha adattato. Nell’opera del Boccaccio (1313-1375) e in particolare nel Decameron la lingua parlata e` ormai entrata nella letteratura, con il suo carico di proverbi. Rimangono nel dottissimo letterato tutte le conoscenze della paremiografia colta, ma ormai il proverbio popolare prende campo e spazio, e vi si radichera` con l’opera dei numerosi novellieri successivi (Sacchetti, Lasca, Straparola, Bandello, Scipione Bargagli) e con i poemi cavallereschi ed eroicomici, a cominciare dal Pulci.14

Umanesimo e Rinascimento Con il Rinascimento, in Italia, la cultura accademica e curiale si separa ancora di piu` da quella del mondo popolare. Al latino che resiste nella religione e nella scienza si affianca il toscano colto che s’impone come lingua comune grazie all’impulso della letteratura. La curiosita` dei dotti verso il proverbio risorge, filtrata pero` dalla cultura umanistica che disdegna il proverbio popolare del volgare e del dialetto come frutto d’una cultura inferiore, e tuttavia esistente, e privilegia essenzialmente come vero e autentico il detto attestato dai classici latini e greci, ovvero quello degli autori posteriori che scrivono in latino.15 Dunque, per l’umanista vi sono le cose serie, che appartengono alla cultura, e le cose di poco conto, scritte in prosa per il popolo, che traggono ispirazione da queste e non dai classici. I proverbi rientrano in questa categoria, e se il Petrarca e` stato uno dei poeti che piu` d’ogni altro ha sparso sentenze e proverbi nel Canzoniere, lo ha fatto dicendo ‘‘dice il volgo’’, scegliendo tra i detti usati dai classici oppure trasformando in elegantissimi endecasillabi quello che aveva trovato enunciato nella lingua popolare. Se si pensa che Petrarca ha dato il tono alla cultura europea per qualche secolo, si puo` facilmente comprendere la valutazione che si dava in tale periodo del proverbio popolare. Il poeta, rifacendosi alla tradizione per cui il proverbio e` la traccia di una cultura dotta antica e va rintracciato nella tradizione scritta dei classici, preferisce detti derivanti dai classici latini. Nella poesia petrarchesca la messe dei proverbi e` abbondante. Alcuni sono di conio del poeta stesso, cioe` sono versi diventati proverbi grazie alla fama e alla diffusione del Canzoniere e dei Trionfi. Scorrendo il dizionario si nota facilmente quanti di questi proverbi provengano da autori classici.16 E` comunque Erasmo da Rotterdam (1466 circa-1536) a offrirci il migliore esempio di come si studiassero i proverbi in un ambiente umanistico.17 ‘‘Il proverbio’’, sostiene Erasmo nella sua prefazione, ‘‘non lo si trova nella strada, in genere se ne sta seppellito e nascosto: sicche´ per poterlo raccogliere lo si deve prima scavare... con infinita fatica...’’. Per Erasmo il campo d’indagine e` costituito dall’immenso tesoro di opere degli autori greci e latini. La` sono i veri proverbi, che devono essere scavati con fatica, attenzione e con grande apparato filologico. I proverbi del popolo hanno valore in quanto sono riflesso di quella sapienza antica, in quanto trovano riscontro nell’uso che ne ha fatto un classico, dal quale possono essere discesi. Di riflesso anche chi voglia studiare i proverbi d’una lingua volgare deve confrontarli con quelli della classicita`. J. Huizinga inquadra bene l’opera di Erasmo nella cultura del tempo, sottolineando anche le motivazioni pratiche che lo spinsero a occuparsi di questa materia.18 L’umanista stesso scrive che, giunto a Parigi dopo tristi traversie, senza soldi, inizia il lavoro sugli Adagi: ‘‘Siccome non avevo niente di pronto, misi insieme in fretta, in un giorno o poco piu` di letture, una raccolta di Adagi, prevedendo che questo libriccino, comunque fosse riuscito, non foss’altro che per la sua utilita` sarebbe andato per le mani degli uomini di lettere’’. Vide giusto perche´ l’opera fu quella che lo rese noto ed ebbe maggiore successo. Scrive Huizinga: ‘‘Nel 1500, presso l’editore Giovanni Philippi, a Parigi, videro la luce gli Adagiorum collectanea [...]. Era una raccolta di circa 800 detti proverbiali, presi dagli scrittori latini antichi, e commentati ad uso di coloro che desideravano possedere un elegante stile latino. Nella dedica Erasmo metteva in rilievo il vantaggio che uno scrittore puo` trarre, sia per il suo stile che per la forza delle sue argomentazioni, dal disporre di un corredo di sentenze consacrate dalla loro antichita`. Questo era l’aiuto che egli intendeva offrire. Ma con quest’opera egli fece molto di piu`: diffuse lo spirito

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 19 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XX

dell’antichita` in ambienti molto vasti, dove il primo umanesimo non era ancora penetrato [...]. Erasmo fece dello spirito classico una moneta corrente. L’umanesimo cesso` di essere monopolio di pochi. [...] Gli Adagi crebbero qualche anno dopo da alcune centinaia ad alcune migliaia, e vi fu inclusa, oltre la sapienza latina, anche quella greca. Nel 1514, con lo stesso sistema, egli pubblico` una raccolta di Parabolae. Era una parziale esecuzione di quanto egli aveva un tempo progettato per completare gli Adagi: metafore, detti, allusioni, allegorie poetiche e bibliche, tutto trattato alla stessa maniera. Al termine della sua vita pubblico` un analogo mosaico di aneddoti spiritosi, di motti caratteristici o di azioni sagge dei tempi antichi, gli Apophthegmata’’. Abbiamo con Erasmo un’idea chiara dell’uso dotto, ma rigoroso e limitato, che il Rinascimento faceva di quel tesoro di sapienza, in altre culture disseminato invece in mille opere, in raccolte estemporanee, e corrente in infiniti rivoli a collegare la tradizione scritta a quella orale e viceversa. Per proverbio s’intende soltanto il motto consacrato nelle pagine dei classici, e solo quello viene preso in considerazione, non al fine di conoscere, consigliare, prevedere, giudicare, ma per uno scopo retorico: rendere viva la pagina, il discorso, l’orazione in modo che vi si trovino solo metafore, detti, formule usati dai classici. L’influenza di Erasmo si fece sentire a lungo in tutti gli studi sui proverbi nei secoli seguenti: si continuo` in sostanza a seguire i suoi criteri, tanto che lo stesso Atto Vannucci continua, ben oltre il tempo del Giusti, i proverbi piu` o meno secondo questi principi.19 Un trattato sulla lingua italiana che e` un vero punto di riferimento, fra consensi e polemiche, per la questione della lingua, l’Ercolano di Benedetto Varchi (1502-1565), trascura del tutto le forme proverbiali, mentre poca importanza da` loro anche il Cortegiano, di Baldassarre Castiglione. In Italia il mondo popolare e quello della cultura ufficiale non trovano una sintesi e continuano a vivere quasi del tutto distinti uno all’altro, mentre diversamente sono andate le cose negli Stati nei quali l’evoluzione politica e sociale procedeva nel senso della costruzione delle grandi monarchie nazionali. In Francia, proprio mentre da noi la cultura accademica e curiale chiude le porte a quella popolare, nasce il Gargantua e Pantagruel, di Rabelais (1494-1553), poema che fonde in un tutto unico il mondo del popolo, con i suoi proverbi, giochi, detti, e la cultura dotta ed esoterica. E prima ancora in Gran Bretagna l’opera di Chaucer (1340/5-1400), in particolare con I racconti di Canterbury, rispecchia il mondo popolare ed e` cosparsa di proverbi. Quella di Shakespeare (1564-1616) costituisce uno dei pilastri della nuova cultura anglosassone, ed e` tutta quanta permeata della vita popolare: dalle commedie alle tragedie, perfino i titoli spesso sono proverbi, oppure lo divengono. Se si leggono con intenzione le varie opere, ci si accorge come Shakespeare abbia fatto tesoro del patrimonio che si trovava alle spalle e lo abbia rinverdito e rinnovato, traendone linfa vitale per la lingua e per l’interpretazione del mondo. In Italia in questo periodo un’altra corrente sensibile al mondo popolare, dal quale riprende forme e tematiche, e` iniziata a Firenze da Luigi Pulci (1432-1484); ad essa si puo` associare anche la poesia carnascialesca e d’ispirazione agreste come quella di Lorenzo il Magnifico, al quale fu attribuita La Nencia da Barberino, o come quella di Francesco Berni (1497-1535). Pulci opero` alla corte medicea, scrisse il Morgante, un poema eroicomico cosparso di proverbi, modi di dire, folette, e altro materiale popolare, in sintonia con le composizioni di argomento cavalleresco ed eroico dei cantimbanchi e poeti popolari, dalle quali il poeta tolse ispirazione. Comincia in questo momento il gusto di trasferire la materia grezza della tradizione popolare, delle fiere e delle serate, nell’ambiente piu` raffinato (ma non ancora sofisticato) delle corti cittadine dei signori. A questo proposito e` esemplare un’opera di incerta attribuzione, alla quale si vuole abbiano messo le mani i due Pulci, Luca e Luigi: il Ciriffo calvaneo, un poema di poco valore poetico e letterario. Disorganico, episodico, di trama contorta, rispondeva pero` al gusto del tempo: travasare le gesta di paladini e cavalieri in poemi adatti a offrire uno svago alle persone della nuova societa` mercantile, che trascorrevano le serate in letture e recitazioni. Il Ciriffo non ha ottava nella quale manchi un proverbio, un detto, un modo di dire, un’espressione colorita, moda che durera` a lungo, fino a poemi burleschi come la Presa di San Miniato e il Catorcio d’Anghiari.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 20 - 04/07/2007

XXI

.

INTRODUZIONE

Si badi pero` che il Pulci nel Morgante, e altri come lui, pur usando proverbi popolari, ai quali attingono piu` volentieri che a quelli dotti del Petrarca, operano tuttavia una selezione e fanno opportune trascrizioni per inserirli in un testo divertente, aperto al vernacolo, ma comunque curato e nobile nello stile. Lungo questa linea continueranno il Berni, anche con i suoi capitoli e nel rifacimento dell’Orlando innamorato, l’Ariosto, e quindi gli epigoni, che infioretteranno le ottave e le sestine di forme proverbiali al punto di richiedere talora apparati critici ed esplicativi piu` estesi dei testi. Va infine ricordato che nella prima meta` del Cinquecento appare una raccolta detta comunemente X Tavole che raccoglie circa 1780 detti popolari veneti. Scrive Manlio Cortelazzo nell’introduzione all’edizione da lui curata:20 ‘‘Sebbene si dichiari largamente italiana, la raccolta e` preponderantemente di tradizione veneziana. [...] Non e` priva, pero`, di abbondanti concessioni alla lingua comune e di qualche accenno a proverbi e modi stranieri’’. La ragione del titolo e la natura del contenuto sono brevemente esposte nella presentazione editoriale: ‘‘nei primi decenni del Cinquecento [...] circolava una serie di dieci grandi tavole, dove in ciascuna erano elencati in flessibile e in autonomo ordine alfabetico circa centocinquanta proverbi, sentenze e modi di dire. Un accorto editore penso` di renderne piu` agevole la lettura e piu` facile la diffusione, trasportando il testo in libretto’’.

Il Seicento e il Settecento Per avere un repertorio di proverbi raccolti in gran parte dalla fonte orale bisogna aspettare la fine del XVI sec., quando compare l’opera Proverbi italiani raccolti per Orlando Pescetti (1598). Orlando Pescetti fu una curiosa figura d’uomo colto. Nato a Marradi nel 1556, si trasferı` a Verona dove ai primi del Seicento fondo`, con il finanziamento del comune, una scuola dalle concezioni pedagogiche non molto originali, ma in contrapposizione con i metodi e i programmi delle scuole confessionali. Fu in sostanza un pedagogo: le sue opere si dirigono in questo senso, ma con una partecipazione viva all’attivita` letteraria del tempo e con interventi apprezzabili nelle polemiche letterarie linguistiche del momento. Il suo libro, piu` volte rifatto e ristampato,21 si ripromette di servire nell’insegnamento della lingua ai giovani e soprattutto agli stranieri che imparano l’italiano. E` un volume scorretto, con refusi, sviste, ripetizioni, spiegazioni sommarie, assenza d’indicazioni delle fonti. Ma non e` su questo piano che bisogna valutarlo. Ha infatti il grande merito d’essere uno dei pochi testi che raccoglie i proverbi dalla lingua parlata piuttosto che dalla tradizione dotta. Come tale, se ai suoi tempi andava contro corrente, per noi invece ha molto valore, proprio perche´ abbandona il criterio, seguito da Erasmo e da altri dotti del Rinascimento, che i proverbi popolari siano cascami dell’antica sapienza dotta, e come tali apprezzabili solo in seconda istanza, rispetto a quanto e` contenuto nei testi classici. Pescetti raccoglie i proverbi popolari come li trova; raramente, come voleva la consuetudine degli studi dell’epoca, li consolida con gli equivalenti latini, tramandandoci un documento della lingua parlata del tempo. Il volume infatti non raccoglie solo proverbi. Buona meta` del materiale e` costituita da modi di dire, fraseologia, metafore, modi di paragone, immagini, frasi pure e semplici che si segnalano per arguzia o vivacita`. Questa confusione di forme era comune in quel tempo e, in parte, lo e` ancora oggi in molti repertori. Il Giusti fu tra i pochi ad avere chiarissima la distinzione tra proverbio e altre forme proverbiali, ma non sono molti ad averlo seguito. Accanto alla cultura ufficiale e riconosciuta nel Seicento si sviluppa una cultura scanzonata che comincia a ospitare i proverbi e altre forme della lingua popolare, come parodia della sussiegosita` dei poemi eroici e della poesia aulica. Giulio Cesare Croce (1550-1609) mostra bene in che senso il XVII secolo amasse il proverbio: era soprattutto un’occasione di divertimento per le categorie colte della societa`, che guardavano con curiosita` la vita dei contadini e della gente umile. Croce ebbe l’idea di compilare un libro di svago rifacendosi a un testo medievale, e quindi di rivitalizzare nella lingua volgare un’opera di compilazione dotta ma di gusto popolare, e tradusse adattandolo, come si e` gia` detto, il dialogo latino Salomon et Marcolfus, creando un libro che diverra` patrimonio della cultura popolare: Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Croce addolcı` i toni crudi, accentuo` la ‘‘scarsa’’ cortigianeria di Marcolfo, creando Bertoldo, cortigiano-contadino che graffia e non morde, tipico buffone di corte italiana. Proseguono

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 21 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXII

anche le raccolte di proverbi, ma sempre con criteri di carattere erudito e con confronti continui con i testi classici. Cosı` Angelo Monosini (Floris italicae linguae libri novem, Venezia presso Giovanni Guerillio, 1604) in un trattato in lingua latina presenta un repertorio considerevole di proverbi italiani, tradotti in latino e studiati nelle loro equivalenze classiche. I poeti eroicomici fanno largo uso di questa materia, come Tassoni (1565-1635) o i parodisti come Giovanbattista Lalli (1572-1637; La Moscheide, L’Eneide travestita), oppure i poeti scanzonati o letterati, come Buonarroti il Giovane nella Fiera. L’uso deriva dal filone popolareggiante che proviene dal Medioevo e prosegue nel Rinascimento col Pulci e i poeti burleschi e satirici. Il Seicento e il Settecento costituiscono una vera biblioteca di opere giocose ed eroicomiche nelle quali la materia popolare e proverbiale, filtrata attraverso la cultura accademica, rifluisce nella cultura ufficiale e vi trova in qualche modo la sua cittadinanza. E` una moda diffusa: in Spagna, all’inizio del Seicento, Cervantes (1547-1616) pubblica il suo capolavoro, Don Chisciotte della Mancia, in cui fa larghissimo uso di proverbi (per caratterizzare, ad esempio, la figura di Sancio), in modo da integrare la cultura popolare e dotta in un tutto unico. Francesco Redi (1626-1698), che scrisse il Bacco in Toscana, ricchissimo di riferimenti a modi di dire, proverbi e altre forme della lingua popolare, compilo` anche il Vocabolario aretino.22 Testo assai noto fu anche Il Malmantile racquistato di Perlone Zipoli (Lorenzo Lippi, 16061665), farcito di espressioni popolari, sul quale fecero esercizio di pazienza vari annotatori, per esempio il Biscioni e soprattutto Paolo Minucci (Puccio Lamoni), trasformandolo in un testo fondamentale per la lingua, con una profusione di chiose a proverbi e modi di dire sempre trattati con la dovuta reverenza e il necessario riguardo alla classicita`.23 Altro testo, meno noto e meno ricco, ma ugualmente importante per la materia, e` il Lamento di Cecco da Varlungo, di Francesco Baldovini (1634-1716), opera che Orazio Marrini corredo` di copiose note.24 Sulla base di questi testi poetici s’impostava poi un lavoro di esegesi delle forme gnomiche e delle altre particolarita` linguistiche, spesso nelle numerosissime annotazioni ai versi satirici o eroicomici che ebbero tanta voga in Italia. Si torna a formare una specie di accademia, non proprio in maniche di camicia, ma a suo modo paludata.25 A queste figure fa seguito nel Settecento una miriade di verseggiatori popolareggianti il piu` noto dei quali (noto allora, ma oggi del tutto dimenticato) e` l’abate Casti (1721-1803), che scrisse novelle in versi licenziose (per quei tempi) e un poema celebratissimo e assai diffuso: Gli animali parlanti, letto in tutta Europa. Riprendendo la metafora antica degli animali, rinverdita dal medievale Roman de Renard, Casti fa una satira della societa` umana e delle corti europee costellata di luoghi comuni e d’artificiosita`, che piacque proprio in quanto triviale e banale quanto basta per farne un libro di successo. Il materiale paremiologico straripa comunque anche da queste pagine, contribuendo a diffondere un corpus di espressioni d’uso comune che furono usate anche oltre i confini italiani. Inoltre i poeti di favole, giocosi, satirici – della fine del Settecento e del primo Ottocento – sembrano proprio aver assunto come regola quella di arricchire i loro componimenti con forme proverbiali e materia linguistica d’origine popolare. Gia` Giovan Mario Verdizzotti (1530-1607), pittore, segretario e discepolo di Tiziano, aveva scritto favole nelle quali la morale spesso e` costituita da un proverbio o dalla parafrasi d’un proverbio. Sull’esempio di La Fontaine una miriade di favolisti stranieri e italiani pubblicano libri di favole, apologhi, novelle morali, ecc. Uno di questi e` Tommaso Crudeli (1703-1745), che raccoglie garbati apologhi, rifacendosi probabilmente a quelli che gia` gli autori di romanzi e poemi cavallereschi (Pulci, Berni, Ariosto ecc.) inserirono nei loro canti. Tutti i favolisti e gli epigrammisti del Settecento, come Lorenzo Pignotti (1739-1812), il Clasio (1754-1825), Giovanni Gherardo De Rossi (1754-1827; Apologhi, novelle ed epigrammi in versi), il Pananti (1766-1837) e poi il Perego, il Passeroni, il Bertola, fanno di questo criterio un uso addirittura esagerato, fino a rendere insopportabili le loro composizioni, per le deformazioni che tali interventi provocano nel discorso, nel verso, dove imperversano i modi proverbiali spesso usati a sproposito. Inoltre le formule sono quelle piu` conosciute e consuete, cosı` ripetitive da prendere l’odore stantio dei luoghi comuni.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 22 - 04/07/2007

XXIII

.

INTRODUZIONE

Figura chiave del genere e` Antonio Guadagnoli (1798-1858), che trapianta nell’Ottocento questa cultura, facendola entrare nelle pubblicazioni popolari come gli almanacchi e scrivendo poesie che vengono lette e imparate anche a livello popolare.

L’‘unita`’ italiana e il Giusti Fu questo il mondo col quale Giuseppe Giusti (1809-1850) dovette fare i conti e subito avvertı` la vecchiaia, la polvere e la muffa di questa cultura. Pressoche´ contemporaneo del Guadagnoli, ne condivise la tendenza a infarcire le composizioni poetiche di modi di dire e proverbi, ma lo fece con ben altra vivacita`, evitando per lo piu` gli effetti scontati, le citazioni obbligate o facili. Non si puo` escludere che nascesse da qui il suo interesse di raccoglitore e studioso di proverbi: Giusti comincio` a metterli insieme senza tanto problematizzare, ma con grande buon senso e fiuto critico. Non avendo basi filologiche, scarto` l’idea di impiantare uno studio di questo tipo e bado` all’aspetto pratico, guardando la materia non con gli occhi del classicismo, ma con gli occhi suoi. Per questa strada non ando` molto lontano, ma fece qualcosa di positivo, cominciando a raccogliere i proverbi dalla viva voce e a confrontarli con quelli della tradizione scritta, non per ridurli a miglior lezione, ma per valutarli per quello che valevano nell’uso corrente. Scoprı` che era stata la letteratura a deformarli e non il contrario. Ai criteri della vecchia accademia Giusti sostituı` un sano gusto per la lingua, il fiuto, il senso dell’espressivita` immediata, non contaminata dalla citazione, dal bagaglio di dottrina. Se la Raccolta e` durata tanto a lungo, e dura ancora sui nostri tavoli, e` dovuto a questa intuizione. Purtroppo i suoi continuatori non lo compresero e fecero di tutto per sotterrare questa tenue luce sotto una nuova farragine di materiale, ancora una volta attinto a caso dalla tradizione scritta, a cominciare dai vecchi manoscritti del Serdonati. Gli addetti ai lavori se ne accorsero. Scrive il Pitre` nella Bibliografia delle tradizioni popolari (1894) a proposito dell’arricchimento apportato alla seconda edizione dell’opera: ‘‘Di questo aumento non si puo` esser contenti, perche´ il sig. Alessandro Carraresi, che lavoro` cosı` sulla prima come sulla seconda edizione, attinse per questa a libri non toscani. Nell’Avvertenza son citate come fonti una raccolta di proverbi spagnuoli, francesi ed italiani del Veneto, stampata a Salamanca, la raccolta del Castagna, quelle di Coletti-Fanzago, del Pasqualigo, le quali danno una prevalenza di proverbi veneti. E di forme venete sono infatti esuberanti molti di questi proverbi voluti toscani, come altri sono ripresi da raccolte siciliane, altri delle province meridionali d’Italia, altri tradotti dallo spagnolo (vedi il prov. Quel che ripara lo freddo, ecc.)’’.

4. L’opera del Giusti come modello delle successive raccolte Pare che la divisione sommaria in grandi capitoli per argomenti (Amicizia; Amore; Astuzia, Inganno; Avarizia...) il Giusti l’abbia ricavata dal Pescetti, il quale, nelle varie edizioni del suo fortunato volumetto, rielaboro` il materiale, ampliandolo e soprattutto distribuendolo per argomenti, in modo da dare una forma e un ordine, sia pure elementari, al complesso piuttosto confuso di proverbi. Probabilmente il Giusti si rifece proprio a questa partizione, che fu modificata e ampliata: era una soluzione di carattere pratico, forse provvisorio; la morte prematura non gli permise di sviluppare una riflessione critica sul materiale raccolto, che finı` quindi nelle mani del Capponi. Tuttavia la soluzione ebbe successo, convalidata dall’autorita` del nome e dalla fortuna dell’opera. Se si guardano bene le varie edizioni di questo libro, anche quelle fornite di repertori e indici, l’opera e` di lettura un po’ faticosa e di consultazione difficile, se non impossibile. Le grandi ripartizioni dividono i proverbi in gruppi di elementi raccolti intorno a un concetto generale, ma di fatto gli elementi rimangono eterogenei, e reperire un proverbio o un tema definito e` quasi impossibile. Nessuno o quasi pero` si e` allontanato da questo schema e le raccolte si sono succedute, per la lingua e i dialetti, quasi con gli stessi criteri. Solo alcuni, e in raccolte limitate, hanno tentato una diversa sistemazione.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 23 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXIV

5. Gli studi moderni Tramontato il sogno risorgimentale di trovare la radice nazionale nei costumi e nelle forme popolari, l’interesse per i proverbi si e` fatto di tipo speculativo e poi antropologico. Rifacendosi a quanto e` stato fatto nelle nazioni piu` evolute, raccoglitori e studiosi creano un consistente movimento di ricerca, che prende le mosse sia dalle motivazioni risorgimentali che dalla corrente positivista. Gli autori di tali studi sono consapevoli dell’esistenza del patrimonio folcloristico e del pericolo che questo scompaia, o sia in parte scomparso. Col primo Risorgimento l’Italia si sta infatti trasformando sia politicamente che industrialmente. Gia` si avverte il terremoto che sconvolgera` i piani sociali e cancellera` ben presto la cultura orale, ma non s’immaginano ancora gli sconvolgimenti della successiva industrializzazione e poi della seconda industrializzazione dei tempi di Giolitti (1900-1910). Si accentua lo studio delle tradizioni popolari in senso antropologico e quindi con presupposti scientifici e perde via via d’importanza quello che piu` interessava ai Romantici, il valore di testi come messaggio proveniente dalla profondita` dell’anima della nazione, il valore di testo poetico, non solo valido esteticamente, ma anche quale profezia, vaticinio, voce del sovrasensibile. Il testo popolare diviene codice decifrabile di una lingua, di una realta` umana, ne´ piu` ne´ meno di una grande biblioteca. Si comincia a non distinguere piu` i testi validi esteticamente da quelli insignificanti, i testi ispirati dalle composizioni occasionali, i testi integri dai testi mutili, dai frammenti, ecc. Tutto e` documento e non piu` messaggio. I testi popolari sono ricercati nelle loro fonti e comparati a quelli antichi di tradizione dotta, per verificarne la dipendenza, la provenienza e le correlazioni. Lo studio diviene di tipo filologico, alla ricerca di regole, di tendenze, delle linee di diffusione delle forme, dei rapporti tra le culture. Giuseppe Pitre` (1841-1916) e` forse l’ultimo compilatore di un grande studio sui proverbi ed e` indubbiamente il piu` grande raccoglitore e studioso italiano di tradizioni popolari, colui che, con Salomone Marino e una rete d’informatori, ha salvato gran parte delle tradizioni popolari siciliane. La Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane (1871-1913) comprende 25 volumi, in particolare i proverbi siciliani con una vasta comparazione con quelli italiani e di altri dialetti (4 volumi). Grande importanza riveste il suo Archivio storico per lo studio delle tradizioni popolari, una rivista (1880-1906) che e` una vera miniera di testi e di studi di materia popolare di tutte le tradizioni dialettali. A Pitre` si deve inoltre una preziosa Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia (1894). Il fascismo si presenta inizialmente come un momento rivoluzionario, innovatore, che mira a svecchiare la societa` e quindi e` poco disposto a dare importanza alla cultura popolare: ama il mito della velocita`, dell’ardimento, dell’industria, della macchina. La sua eta` e` la giovinezza: spirito di avventura, temerarieta` e coraggio. Quanto di piu` antitetico si possa immaginare rispetto al vecchio, calmo, senile, prudente proverbio. La voce di Raffaele Corso sull’Enciclopedia Italiana riflette questo distaccato interesse, senza entusiasmo e senza approfondimento. Come il Risorgimento, il fascismo diffida delle culture locali, parziali, regionali, in quanto pericolose per l’unita` dello Stato, e tende a omologare piu` che a differenziare. Ma nella sua seconda fase, mentre sempre maggior importanza e risalto acquistano il mondo agricolo, le bonifiche, la retorica del romano agricoltore, la battaglia del grano, l’emigrazione, il fascismo fa piu` spazio al folclore, sempre come forma di una cultura etnica locale, ben inquadrata e dipendente dal sistema unitario. Anche Benedetto Croce, che aveva iniziato come studioso di tradizioni popolari (La leggenda di Cola Pesce, 1895, e la traduzione dell’opera del Basile Il pentamerone), in seguito s’interessa meno dell’argomento e ha poco interesse per i proverbi. Continuano tuttavia le pubblicazioni di carattere locale ricche di proverbi nel quadro dell’educazione popolare: manuali, testi di divulgazione, di letture, almanacchi regionali volti all’esaltazione della terra, delle opere d’arte, delle bellezze naturali e del folclore, sempre visto come seconda cultura e inquadrato in una grande cultura nazionale. Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia attraversa una massiccia industrializzazione: il mondo borghese non ha piu` ragioni d’interesse verso una cultura ritenuta ancora minore. La chiusura

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 24 - 04/07/2007

XXV

.

INTRODUZIONE

determinata dal fascismo ha suscitato il desiderio di cultura europea, americana, internazionale: si traduce molto da lingue diverse. Culturalmente nasce una forma di provincialismo insofferente delle dimensioni nazionali e ricettivo di dottrine che vengono da fuori: dal Nord Europa, dalla Francia e dall’America, nonche´ dai paesi dove si e` insediato il comunismo. La sinistra stenta ancora ad accogliere la cultura popolare tradizionale: non vi riconosce i motivi fondamentali della propria impostazione, anzi la vede fortemente condizionata da forme di subordinazione alle culture dominanti e al mondo religioso. In seguito e lentamente rivedra` queste posizioni avviandosi verso un’interpretazione diversa e un’appropriazione su scala piu` vasta. Il periodo cosiddetto ‘postindustriale’, con l’esiliarsi dei vecchi campagnoli nelle citta` dove hanno conquistato una stabilita` economica, permette di guardare con obiettivita` al passato. Risorge l’interesse per la cultura tradizionale, sia come mondo alternativo, sognato a suo tempo dai figli cresciuti della contestazione sessantottina, sia come ricerca culturale delle proprie radici. Le comunita` della campagna e i paesi riscoprono le sagre, le feste, i giochi come attrazione turistica e come vera e propria tradizione: tutto si valorizza e si restaura come patrimonio della comunita` locale che nobilita, identifica e attrae. Si assiste quindi alla pubblicazione di una quantita` strabiliante di studi e raccolte locali, storie, dizionari di parlate, a riempire un vuoto che pareva incolmabile. Gli studiosi di queste piccole realta`, prima da soli, poi con l’interesse degli enti locali, fanno quello che enti maggiori non sono riusciti a fare. Si tratta di un lavoro frammentato, polverizzato, disperso, disorganico, ma le documentazioni sono comparse e continuano ad apparire. Non e` facile valutare il lavoro capillare che si e` fatto e si sta facendo a livello locale nel compilare preziose raccolte di tradizioni in zone circoscritte, raccolte in cui i proverbi hanno spesso una parte consistente. Per quanto riguarda gli studi accademici in Italia si sta attuando una grande iniziativa, l’API (Atlante Paremiologico Italiano), nato fin dal 1968 a Urbino, per iniziativa di Temistocle Franceschi. Si tratta di un nucleo di ricerca impostato sul criterio della geoparemiologia, ossia lo studio dei proverbi e del materiale paremiologico sulla base della distribuzione geografica, con valorizzazione delle varianti, spesso assai numerose. Negli anni Ottanta dall’API si e` sviluppato il Centro Interuniversitario di Geoparemiologia (CIG) dell’Universita` di Firenze, per coordinare la ricerca paremiologica in vari atenei italiani.

6. Delimitazione della materia: lingua e dialetti Affrontando il problema dei proverbi italiani si pone immediatamente la questione della loro definizione o, quanto meno, di che cosa si voglia intendere con l’espressione proverbi italiani, alla quale si puo` dare un significato convenzionale da scegliere tra i seguenti: – Proverbi che si usano nel territorio italiano. – Proverbi che si usano e si sono usati a partire da una certa data nel territorio italiano. – Proverbi che si usano attualmente nella lingua italiana. – Proverbi che si usano e si sono usati a partire da un certo periodo nella lingua italiana. Le varie alternative aprono problematiche complesse e difficili da sciogliere. La presenza dei dialetti ancora vivi nella realta` italiana non puo` consentire una semplificazione tale da mettere senz’altro da parte i proverbi dialettali che, come chiunque puo` riscontrare, vengono usati comunemente in zone determinate e in taluni casi in tutto il territorio nazionale. L’Italia ha ancora oggi un patrimonio circolante di proverbi, in dialetto e in lingua, tale da rappresentare uno dei patrimoni paremiologici piu` ricchi. E` facilmente comprensibile come un repertorio di proverbi che includa le forme dialettali, magari anche solo le piu` note, porrebbe problemi insormontabili per l’estensione, per l’ordinamento e la struttura.26 Si e` reso percio` necessario per noi parlare piuttosto di un repertorio pratico dei proverbi della lingua italiana, che ha come scopo di fornire alle persone colte ma non specialiste uno strumento che oggi manca: una raccolta dei proverbi che l’italiano trova nell’uso comune.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 25 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXVI

Chi abbia anche una minima esperienza in questo campo ha riscontrato come sia difficile definire l’area di diffusione d’un proverbio dialettale, che non sempre coincide con l’area del dialetto stesso. Vi sono proverbi conosciuti e usati, nella stessa forma o con leggere varianti, in zone molto ampie comprendenti piu` regioni e indicate dai raccoglitori con formule assai vaghe del tipo: Area meridionale... Area centro-meridionale... Gia` alla fine del Cinquecento il Pescetti, uno dei primi raccoglitori che si illusero di trattare i ‘‘proverbi italiani’’ in blocco, si accorse della terribile difficolta` che presentava questa materia. Ci sono infatti forme di proverbi in lingua italiana usati in una traduzione dialettale molto vicina alla lingua, proverbi dialettali piu` o meno italianizzati e proverbi dialettali veri e propri. Le varianti sono un altro aspetto spinoso del problema. Ignorarle semplicemente e` gia` una semplificazione: qual e` il proverbio e quale la variante? Non solo: la variante, anche minima, cambia a volte il significato in maniera decisiva e quindi sposta il proverbio in un’area diversa di significato, fatto che si ripercuote poi sull’altro problema della suddivisione e collocazione nella raccolta. Queste difficolta` hanno fatto sı` che l’Italia non abbia avuto un repertorio generale dei suoi proverbi. Forse era proprio questo il sogno inconfessato del Giusti, e molto piu` di chi lo incoraggiava a realizzare l’opera e poi la sfiguro` assumendo la Toscana come patria della lingua italiana e come punto di riferimento per tutte le altre tradizioni. Evidentemente, per quanto possa valere la nostra ipotesi, si sottovalutavano la vitalita` e la capacita` di resistenza dei dialetti italiani. E` un fatto comunque che i Proverbi toscani del Giusti assolsero in qualche modo a tale funzione e le grandi raccolte dialettali che seguirono li ebbero come punto di riferimento costante, segnando spesso puntualmente l’equivalente toscano del proverbio dialettale: dalla raccolta dei proverbi veneti del Pasqualigo a quella dei proverbi siciliani del Pitre`, il quale addirittura riconobbe il poeta come suo maestro. Molti proverbi della lingua italiana provengono dai dialetti: lo rivelano molte cose, come il riferimento a un uso o a un oggetto tipici solo d’una zona, la metrica anomala anche rispetto a quella assai libera usata dai proverbi, le assonanze, le consonanze che negli equivalenti dialettali sono rime perfette, lo scarto della scadenza di una faccenda agricola (semina, potatura, raccolta, maturazione dei frutti) che ha valore per una zona meridionale, ma non per il settentrione, e viceversa. Non pochi proverbi dialettali sono entrati nell’uso comune nella loro forma dialettale e come tali sono stati registrati. Abbiamo esempi frequenti in napoletano: I figli so’ piezz’ ’e co`re (‘‘I figli sono pezzi di cuore’’, titolo di un’opera teatrale di Eduardo); Ogni scarraffone e` bello a mamma soia (‘‘Ogni scarafaggio e` bello per sua madre’’). Oppure i milanesi: Milan l’e` un gran Milan e Tiremm innanz!, frase storica di Amatore Sciesa.

7. Definibilita` delle forme proverbiali Come molti proverbi non hanno significati facilmente definibili, cosı` gli stessi loro enunciati non sono condensati in forme precise e chiuse. Lo stesso proverbio puo` avere come soggetto cose, animali diversi con caratteristiche simili, usare sinonimi per i verbi e le altre parti del discorso, invertire l’ordine consueto delle frasi, iniziare in vari modi (rendendo impossibile una sistemazione alfabetica), presentare varianti nelle circostanze o nei particolari. Inoltre molti detti si giovano di giochi di parole, si basano sull’ambiguita`, restano in sospeso tra il letterale e il metaforico, in un nodo che spesso investe piu` livelli di significato. E` una forma di sapienza che proviene da un mondo arcaico nel quale l’univocita` della definizione e del concetto non erano un valore come per noi. Vigeva una visione dell’universo costruita su analogie, e piu` le analogie si sovrapponevano le une alle altre, piu` era vero lo schema che esse rappresentavano. In definitiva il procedimento e` simile a quello della favola e un’infinita` di proverbi si rifa` a questi modelli esopici. Si coglie qui la parentela stretta che vi e` tra il proverbio e la favola, nella quale spesso un proverbio e` la cosiddetta morale, argomento di cui si e` gia` detto a proposito di Esopo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 26 - 04/07/2007

XXVII

.

INTRODUZIONE

Piu` che spiegato, tanto meno definito, il proverbio va capito al volo: bisogna far parte del mondo nel quale il proverbio vive per afferrarlo immediatamente. Il significato per meta` viene comunicato dal tono della voce, dal gesto, dall’espressione della faccia di colui che lo dice. Il contesto, la situazione spiegano il resto. Il fatto stesso di raccogliere i proverbi in un volume, uno accanto e dopo l’altro, equivale a sradicarli dal loro contesto impoverendoli e depotenziandoli. Il piacere di trovare un fungo sta nel coglierlo nascosto nel suo angolo del bosco: un’emozione neppure lontanamente paragonabile al momento in cui si vede un paniere di funghi in vendita. Sappiamo dunque che spiegare un proverbio e` un po’ avvilirlo: e` di poche parole e vuole un buon intenditore. Questa e` la ragione per la quale molti proverbi decadono quando sono sradicati dal loro ambiente.

8. L’interpretazione e il significato dei proverbi Un aspetto trascurato dagli studiosi e dai raccoglitori e` il significato dei proverbi, soprattutto popolari. In un passato prossimo, diremo fino alla Seconda Guerra mondiale, il senso di un proverbio comune sfuggiva a pochi: l’uso era talmente diffuso che informarsene, se necessario, non era un problema. Peraltro, la cultura agricola alla quale gran parte dei proverbi sono collegati, era nota a tutti in ogni dettaglio e non erano necessarie chiose o note esplicative. In realta`, se dal proverbio comune si sale a quello meno usato, piu` particolare, di argomento morale, spirituale, religioso, ci si accorge che anche in passato le cose non erano cosı` semplici. Il proverbio, che ha gia` di per se´ la caratteristica di assumere sfumature di significato dal modo con cui e` citato e dal contesto nel quale e` usato, puo` assumere interpretazioni diverse in luoghi diversi e a volte perfino significati contrastanti a seconda di chi lo usa. Ci siamo accorti di quanto sia spinosa questa materia, e infatti talvolta abbiamo dovuto dare anche piu` di due significati a uno stesso proverbio, perche´ cosı` era inteso. Le raccolte di cui disponiamo, per quanto riguarda i dialetti e la lingua italiana, sono quasi tutte puri elenchi di proverbi, con qualche rara e succinta spiegazione, oggi divenuta quanto mai utile. Difficile delineare una mutazione semantica di un proverbio; ancora piu` difficile datarla. Un proverbio come Troppe chiacchiere fanno i pidocchi risulta oggi quasi esoterico e necessita di una lunga spiegazione, che parte dal fatto che un tempo l’origine dei pidocchi risultava misteriosa e si indicava nelle cose piu` strampalate, non sapendo che le lendini fossero le uova dei pidocchi. Tra l’altro si credeva che fossero originati da una fantastica vena pidocchina che si apriva sulla testa. Le chiacchiere sono quelle che facevano le donne dei quartieri piu` miseri spidocchiandosi a vicenda sulle scale di casa, o spidocchiando i bambini, per cui s’insinua che i pidocchi venissero proprio dalle chiacchiere. Da qui il significato: le chiacchiere eccessive procurano fastidi, noie, tormentosi come i pidocchi. Per esemplificare quanto i proverbi possano insinuarsi negli usi piu` impensati della vita quotidiana ne citeremo un altro: Con le chiacchiere ci si pulisce il culo. Il detto contiene un’allusione all’uso non da molto tramontato di strappare a pezzi regolari i giornali (pieni di chiacchiere) per metterli nelle latrine ‘ad uso indiscreto’. Il che chiarisce quanto la stampa periodica abbia goduto di stima nel mondo popolare; infatti un altro proverbio conferma: Ogni cosa al suo posto e i giornali alle latrine. Da qui il significato: le chiacchiere sono degne del sommo disprezzo, come le cose che si scrivono sui giornali. Un terzo esempio chiarisce come un proverbio possa essere frainteso comunemente anche nei dizionari, quando non sia piu` chiara la materia alla quale fa riferimento. A cavallo che non porta sella biada non si crivella implica la conoscenza della diversita` tra la biada e il foraggio (fieno, erba, paglia). Richiede anche di sapere che il cavallo da sella era di maggior valore di quello da tiro, al quale si dava cibo vile. La biada, alimento costoso, si dava ai cavalli di valore, per cui: a persona che non vale non si danno le cose importanti. Un altro proverbio conferma: L’orzo non e` fatto per gli asini. I proverbi dunque non sono univoci: per alcuni il significato e` costituito, piu` che da una definizione, da una nebulosa di significati con sfumature spesso indefinibili, tra le quali chi li usa sceglie quella che piu` gli serve. Molti hanno piu` interpretazioni ugualmente legittime (che abbiamo registrato); altri sono intesi diversamente in luoghi diversi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 27 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXVIII

Non e` frequente il caso che il proverbio si limiti al solo significato letterale; di solito quello che vale di piu` e` il senso metaforico, corrosivo, dissimulato in un enunciato magari banale. La metafora a sua volta puo` contenerne un’altra, fino al sovrapporsi di piu` sensi che lasciano stupiti e disorientati. Frequentissime sono nei proverbi le elencazioni di diversi elementi che hanno qualcosa in comune. Bisogna far attenzione: il proverbio punta al valore morale. Di queste cose disparate solo una e` quella che interessa al proverbio, le altre ci sono per dar forza all’affermazione, rendere ingegnoso il detto, stupire e quindi convincere. Cani, cornuti e puttane / in vecchiaia muoion di fame. Qui e` la donna che interessa, al cane non si interessano troppo i proverbi, se non per uso metaforico; a un cornuto non si va certo a dare consigli: ma nelle chiacchiere del vicolo, della piazza, nelle mormorazioni tra donne, nelle liti e nelle contese, e` facile lasciar cadere l’allusione a una donna. Mare, femmina e fuoco / non son cose da poco. Anche qui e` banale affermare che fuoco e mare sono pericolosi: preme mettere in guardia dall’apparenza innocua della donna, che forse presenta pericoli ancor maggiori, se ci si gioca con leggerezza.

9. Linguaggio criptico dei proverbi Il proverbio mantiene il suo crisma antico di dottrina se non per iniziati, almeno per sapienti. Come tale spesso ama nascondere il proprio significato in un gioco di immagini e di allusioni che lo imparenta con l’indovinello. In certi casi, o si conosce il significato o lo si fa spiegare a chi lo conosce, come con un enigma. Prendiamo un esempio banale: Grano in terra non chiede l’elemosina a quello in cielo. Anche per un contadino del passato, al corrente di tutto il ciclo del grano, la comprensione sarebbe stata ardua: il pane in cielo fa pensare a qualcosa di religioso, come l’eucarestia, il pane celeste. Ma si fa semplice allorche´ si considera che le tempeste di vento spesso piegano il grano gia` sviluppato o maturo stendendone in terra interi campi. Bene: quella che agli occhi inesperti puo` sembrare una disgrazia, un raccolto compromesso, non lo e` per chi ha esperienza, poiche´ il grano piegato dal vento non fruttifica meno di quello che sta dritto sullo stelo, anzi, secondo alcuni e` piu` produttivo. In altri campi il fenomeno e` ancora piu` vistoso, al punto che anche la lingua richiede conoscenze particolari, e spesso non bastano. Anna, Baganna, / Rebecca, Susanna, / Lazzaro e Ramo / Pasqua ci siamo. E` un’antica filastrocca proverbiale che serve a contare le settimane che intercorrono tra l’inizio della quaresima e il giorno di Pasqua. Mentre e` difficile trovare un significato ad Anna e Baganna, si sa che Rebecca viene ricordata il sabato dopo la II domenica di Quaresima nella lettura del libro della Genesi (cap. 28); l’episodio di Susanna e i vecchioni il sabato dopo la III domenica nella lettura del libro del profeta Daniele (cap. 13). Lazzaro e la sua resurrezione vengono ricordati il venerdı` dopo la IV domenica nel Vangelo di san Giovanni (11.1-45). Ramo e` la domenica delle Palme, quella precedente la Pasqua. In questa ricorrenza si benedicono i rami d’olivo e si distribuiscono ai fedeli in ricordo dell’entrata di Gesu` a Gerusalemme, dove fu accolto dal popolo in festa che agitava rami di palma. Uta, muta, cananea, / pane, pesse, lazarea, / la domenega d’oliva / e Pasqua fioriva. Cosı` in Istria: secondo Babudri la filastrocca fa riferimento ai Vangeli e alle antifone delle domeniche di Quaresima, ma non spiega come. Uta, muta, forse puo` essere una trasformazione di Immutemur che si trova nell’antifona del mercoledı` delle Ceneri. Cananea e` la donna ricordata dal Vangelo di san Matteo della I domenica, mentre la moltiplicazione dei pani e dei pesci e` nella IV domenica di Quaresima.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 28 - 04/07/2007

XXIX

.

INTRODUZIONE

10. Proverbio e indovinello Il proverbio dunque si avvicina all’indovinello, e per molti aspetti: la forma in versi, la brevita`, l’allusivita` e il ricorso alla metafora. La radice comune piu` profonda e` l’analogia. L’indovinello e il proverbio presentano aspetti formali e sostanziali tanto sorprendenti che molti proverbi appaiono come indovinelli rovesciati e viceversa.27 Dice un proverbio: Il riso nasce nell’acqua e muore nel vino. Un famoso indovinello suona: Qual e` quella cosa / che nasce nell’acqua e muore nel vino? Un altro detto proverbiale recita: Fare come l’ancora che sta sempre nell’acqua e non impara mai a nuotare. Sull’ancora, appunto, c’e` un noto indovinello: Cerco la terra e vo sempre nel mare / eppure non imparo mai a nuotare. Sui dispetti, gli sgarbi, si dice proverbialmente: I piaceri si scordano in una notte / i dispiaceri si ricordano tutta la vita, mentre sullo stesso argomento dei dispetti l’indovinello suona: Chi li fa se li dimentica, chi li riceve se li ricorda. Notissimo e` il proverbio: Baccala`, fegato e uova / piu` che cuoce e piu` che assoda. L’indovinello sull’uovo ricalca: Qual e` quella cosa che piu` che cuoce e piu` diventa dura?

11. La selezione dei proverbi Tenendo conto dell’indirizzo generale col quale e` stata strutturata l’opera, vale a dire quello d’offrire uno strumento pratico a quanti, disponendo di un qualsiasi livello di cultura, cercano risposte, chiarimenti, notizie e anche curiosita` su questo argomento, il criterio d’inclusione dei proverbi nella raccolta e` stato composito. Si doveva rispondere a piu` esigenze, soddisfare le necessita` di informazioni in materia manifestate dall’uomo del nostro tempo. Per la selezione pratica del materiale proverbiale abbiamo di necessita` adottato un criterio molto elastico, che tenesse conto di molte istanze, con il fine specifico d’inserire tutto quello che rientra nell’orizzonte dell’uomo del nostro tempo, scartando non l’inutile (poiche´ tutto sarebbe utile in un repertorio) ma il meno utile, il meno richiesto, in proporzione alla mole precostituita dell’opera. Pur scartando la dizione proverbi italiani, priva di riferimento alla realta`, e tenendosi a quella piu` affidabile di proverbi della lingua italiana, il problema rimane aperto. I vocabolari della lingua italiana sono di poco aiuto nella selezione e nella raccolta: per riportare una forma come proverbio, a loro basta che ne faccia uso un autore d’un certo rilievo, ma chi ci dice che l’espressione usata fosse davvero un proverbio? Basta l’uso che ne fanno due o tre autori? I vocabolari poi sono avarissimi di proverbi.28 I lessicografi o hanno l’antico pregiudizio del classicismo, per cui sono proverbi di diritto quelli usati da autori antichi o dei buoni secoli della lingua, oppure, come il Petrocchi, peccano nell’eccesso opposto, offrendo proverbi pistoiesi in un’ambigua veste italiana. E` questo un territorio quanto mai infido: la singolare situazione in cui si trova la lingua italiana consente meno che per altre lingue di dare un taglio sicuro e preciso, e pare che lasci, anche in questo caso, solo la possibilita` d’un onesto compromesso.29 Talora e` comunque facile seguire il percorso: testo di autore – proverbio latino medievale – proverbio italiano. Questo blocco e` una delle caratteristiche della nostra lingua (anche le parole hanno fatto la stessa strada), per cui ci e` sembrato necessario riportare in moltissimi casi il proverbio latino, anche quando questo e` caduto dall’uso e rimane ormai solo nei testi scritti del passato. Il detto latino non solo documenta e attesta la provenienza del nostro proverbio, ma spesso ne illumina il significato, ne scopre lo slittamento semantico, l’uso spesso un po’ diverso che il tempo gli ha imposto.

12. La raccolta per sinonimi Per rendersi conto di che cosa rappresenti il complesso dei proverbi nati in una cultura non basta apprezzare le varie forme isolate dei detti, prendere in analisi una parte della materia, o condurre

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 29 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXX

studi filologici. Occorre avere davanti in un quadro strutturato quello che i vari proverbi dicono su un determinato argomento. Questo e` possibile con la classificazione per sinonimi e contrari, che permette di rintracciare la struttura del pensiero nelle linee fondamentali e considerarne talvolta anche i mutamenti nel tempo. Allora si coglie agevolmente come i vari proverbi non siano frammenti isolati di riflessioni estemporanee, pietre cadute casualmente dalla cultura dei dotti nello stagno della tradizione popolare, valide solo in quanto acute osservazioni, ma piuttosto si presentino come tessere di un grande mosaico, che hanno il loro posto nel sistema e collegamenti di significati, di forme, di analogie, d’immagini con una imprecisata quantita` di altri. La materia proverbiale si presenta cosı` a suo modo come sistema organico, fuori dall’improvvisazione, dall’occasionalita`, dal gusto individuale, o locale, e dal relativo soggettivismo. Sia che sia stato creato o recepito, il proverbio e` passato al vaglio della collettivita`, che l’ha plasmato alla sua misura e vi si e` riconosciuta. Per avere questa percezione e` necessario avere i proverbi in una sintesi organizzata intorno ai loro temi, cosı` da permettere una lettura dei proverbi come un organismo strutturato. Il complesso proverbiale infatti contiene oggetti, fatti, eventi, verita`, tipi umani, comportamenti, vizi, virtu`, animali, cose, scienze, fantasie, paradossi, leggi, simboli e mille altre cose che assumono valori diversi nelle situazioni diverse e sono contraddittori quanto lo sono la realta` e la vita. Indicano una via, piu` vie, piu` possibilita` che l’uomo puo` scegliere. Sono uno scaffale di medicine che possono diventare veleni: solo la mano sapiente sa scegliere e applicare. Tuttavia anche nelle farmacie gli scaffali e i cassetti, i vasi e i flaconi non costituiscono un coacervo senza ordine ne´ criterio: i medicamenti e i preparati si presentano secondo una disposizione logica. Il problema delle raccolte di proverbi e` quello di realizzare proprio quest’ordine logico, difficile per la natura stessa della materia. Raramente un proverbio si limita al suo significato letterale, quasi sempre ne ha uno metaforico e puo` adombrarne molti altri, per allusione, citazione, rinvio a un fatto storico, a una favola, a un comportamento. Di conseguenza spesso le parole del proverbio hanno scarsa attinenza con il suo significato, che va pescato altrove. Il proverbio e` non di rado un ‘‘testo aperto’’, vale a dire che ha un ventaglio d’interpretazioni, tutte ammissibili o possibili, che permette la sua collocazione in piu` settori collegati al significato. Vi sono poi altri aspetti del problema, come l’ironia, il gioco di parole, l’ammiccamento, il paradosso e cosı` via, che complicano all’infinito il problema. Quasi tutte le raccolte hanno aggirato questo enorme scoglio in maniera assai semplice, vale a dire costituendo delle grandi categorie generali e generiche, dove collocare tutti quei detti che piu` o meno avevano a che fare con l’argomento. Il criterio ha una lunga storia. Pare, come abbiamo detto, che la divisione sommaria in grandi capitoli dedicati a un tema preciso (Amicizia; Amore; Astuzia, Inganno; Avarizia...) il Giusti l’abbia ricavata dal Pescetti, il quale fece varie rielaborazioni ed edizioni del suo volumetto, rielaborando il materiale, ampliandolo e soprattutto distribuendolo secondo argomenti, in modo da dare una forma e un ordine, sia pure elementari, al complesso piuttosto confuso di proverbi. Tutti hanno sentito il limite di questa soluzione, ma le alternative che sono state trovate e offerte non sono risultate molto convincenti, tanto che la maggior parte dei compilatori di raccolte a carattere generale o locale si sono tenuti, piu` o meno, allo schema del Giusti. Raffaele Corso, nell’Enciclopedia Italiana alla voce Proverbio, indica tre tipi di classificazioni: alfabetica, oggettiva e mista; analizza la divisione in serie, in rubriche, in grandi sezioni a loro volta suddivise in sezioni speciali secondo gli argomenti, dando a quest’ultima la sua preferenza.30 Non tiene conto che quasi sempre il proverbio e` metaforico: parla di gatta e di lardo e si riferisce al rischio, per cui, dovendo seguire questo criterio, occorrerebbe ripetere lo stesso proverbio in un gran numero di sezioni. Il criterio di porre i proverbi in ordine alfabetico secondo la parola iniziale di ciascun proverbio31 presenta grandi difficolta`, prima fra tutte il fatto che il proverbio, come si e` detto, spesso non ha una parte iniziale fissa, tale da dare a chi consulta la certezza di ritrovarlo. Le forme proverbiali variabili non accettano un ordine del tipo che si usa per il lessico.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 30 - 04/07/2007

XXXI

.

INTRODUZIONE

Un intervento di Franca Ageno pose diversi anni fa32 il problema della raccolta di frasi proverbiali, materia affine a quella dei proverbi. Si osservava: ‘‘Per la stesura di un repertorio si presentano come possibili vari metodi: a) classificare le frasi in base al significato; b) raggrupparle in rapporto con la provenienza dell’immagine contenutavi; c) distribuirle secondo il procedimento di formazione; d) elencarle in ordine alfabetico tenendo conto della parola principale’’. L’autrice propendeva per l’ultima soluzione, riconoscendo che non e` l’ideale, ma anche che non s’intravede nulla di migliore. Nel nostro lavoro sui modi di dire33 abbiamo usato questo criterio modificandolo consistentemente. Abbiamo infatti creato, con uno dei modi di dire piu` noti e particolarmente significativi, posto in elenco secondo il suo termine caratteristico, una ‘‘testa di serie’’ alla quale abbiamo fatto seguire i sinonimi e i contrari secondo un criterio di opportunita`. Se, ad esempio, esisteva un numero consistente di contrari si formava un’altra serie con opportuni rinvii. E rinvii si facevano a voci simili, affini con sfumature diverse di significati. Un consistente indice analitico completava l’ordinamento e facilitava la consultazione. Il sistema per sinonimi, rinvii, contrari, scopre la struttura organica di tutto un pensiero che cosı` presentato si rivela coerente, in nessun modo arbitrario, concatenato in ogni sua parte, dove ogni elemento si spiega con gli altri elementi e le contraddizioni si rivelano non come incoerenze, ma come sofisticatissimi dettagli, precisazioni, che permettono al proverbio una meravigliosa duttilita` nell’adattarsi alle sinuosita` del caso, ai contrasti della vita, all’infida labilita` delle apparenze.

Effetti della classificazione per sinonimi Se si vuol fare un esempio della finezza e della penetrazione con cui i proverbi riescono a trattare un argomento, si puo` scegliere un problema arduo come quello del tempo. La disposizione dei proverbi secondo sinonimi permette di cogliere non solo un pensiero articolato, ma anche le varie sfumature e le cosiddette contraddizioni, che altro non sono se non i vari punti di vista dai quali viene considerato il tempo. Scorrendo i vari gruppi dei proverbi si coglie facilmente un fatto non da poco: questa realta` immateriale, dichiarata indefinibile una volta per tutte da sant’Agostino e che rimane uno dei grandi problemi del pensiero, e` colta e trattata con un’attrezzatura mentale sconcertante che passa dalla soggettivita` all’oggettivita`, dal realismo alla trascendenza. A mano a mano che l’attenzione si sposta sui vari aspetti della realta` considerata, il tempo si configura come distruttore delle cose materiali, delle glorie, della vita umana, pareggiatore delle diseguaglianze, apportatore della morte. Poi, di contrapposto: creatore della vita e delle varie realta`, regolatore dei cicli naturali, guaritore dei mali, delle piaghe, dei dolori, fonte di danaro e di rinnovamento e tuttavia realta` fugace, inafferrabile, che si disprezza quando e` lunga la prospettiva degli anni da vivere (Chi ha tempo ha vita) e diventa via via il bene piu` prezioso allorche´ s’approssima la fine (Il miglior tempo e` quello che deve venire). Cosı` il tempo appare eterno nell’infanzia, breve nella maturita`, incomprensibile nella vecchiaia, lento nel dolore, fulmineo nella felicita`, ne´ potrebbe essere diversamente. Ponendo a raffronto queste affermazioni si arriva facilmente ad afferrare il senso di questa meditazione collettiva che sono i proverbi: un enorme e fedele specchio di quello che si vede e di quello che non si vede. Da questo esempio appare chiaro anche che un ‘‘sistema proverbiale’’ non e` un trattato scientifico, non enuncia mai regole assolute. E` un evidenziatore che si deposita e si adatta sul mondo: non astrae, non sintetizza, ma accompagna la vita e le cose. Non tende alla generalizzazione, ma all’individuazione, cerca l’eccezione piu` che la regola sapendo che ogni caso fa regola a se´: si dilata e si restringe come il linguaggio, rifugge da un’esattezza impossibile, lasciando largo margine all’interpretazione e alla discrezionalita`. Si potrebbe dire che il presupposto sia anche scientifico, ma in senso molto moderno, in quanto non solo non assolutizza, ma e` disposto a prevedere perfino l’evento contrario.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 31 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXXII

13. Caratteristiche dei proverbi Cancellazione del positivo Una particolarita` che si presenta scorrendo la raccolta e` la violenza con la quale i proverbi si scagliano contro certe categorie umane. La donna, che e` una di quelle piu` bersagliate, ha il suo riscatto in molti proverbi che la considerano oggettivamente anche nelle sue grandi qualita`, nel ruolo essenziale, benefico, nella sua vita tribolata. Cosı` molte altre figure, persino i ladri, i malfattori, le prostitute hanno un proverbio che ne fa vedere un aspetto positivo. Per altre categorie non e` cosı`; si assiste a una sorta di semplificazione per la quale ogni aspetto positivo viene cancellato. Una di queste categorie e` quella dei parenti: Parenti serpenti, fratelli coltelli, cugini assassini, e non ci si ferma qui. Il giudizio dei proverbi sui parenti (esclusi il padre e la madre) e` molto negativo quasi nella totalita`: vano e` rivolgersi a loro per un aiuto materiale o morale; quando poi ci sono di mezzo interessi, come eredita`, la lotta diventa spietata. Se il parente si allontana diviene un estraneo. Sono di gran lunga preferibili gli amici, soprattutto vecchi e vicini. Per i parenti si e` dunque cancellata totalmente la parte positiva, che pure esiste ed e` comunque nell’esperienza comune. Lo stesso accade per i preti. Nei proverbi c’e` una visione del prete piuttosto negativa, in genere del prete cosiddetto secolare, quello che esercita il suo ministero nelle parrocchie. Cio` deriva in parte dal fatto che agli insegnamenti spesso non seguiva un comportamento altrettanto edificante e la grettezza e il vizio sono particolarmente rilevabili nella persona che dovrebbe essere di guida e d’esempio. Vi sono evidentemente ragioni sociali che spiegano questo fenomeno: il rancore, quasi, suscitato da quanti spesso sono stati gli anelli piu` vicini di una catena di schiavitu`; sorprende, pero`, il meccanismo di cancellazione del positivo, che deve rendere guardinghi sull’obiettivita` dei proverbi. Il detto, per raggiungere la chiarezza, semplifica, forza, enfatizza e non e` fedele tanto alla lettera quanto allo spirito di un fenomeno. E` vera, anche se in misura minore, la cancellazione del negativo, al fine dell’esaltazione di certe figure (padre, madre), la` dove ancora la sensibilita` moderna non aveva violato, con la sua spregiudicatezza, i santuari dei ‘‘grandi sentimenti’’.

La creativita` linguistica dei proverbi Il gioco e la creazione linguistica sembrano essere una nota costante della comunicazione.34 Il latino maccheronico, ad esempio, e` rimasto ancora in alcuni proverbi d’uso dotto: Si charta cadet, tota scientia galoppat, ‘Se la carta cade se ne va tutto il sapere’, cioe` la dottrina di chi parla dipende dagli appunti o dal libro che tiene in mano: se viene a mancare, non sa piu` cosa dire. Allo stesso modo si creano le misure immaginarie per indicare l’allungarsi del periodo invernale d’insolazione: passo di gallo, quanto il gallo alza un pie`, passo di gallina, salto di galletto, passo di lupo, passo di demonio. I testi infantili (Giro giro tondo / cavallo imperatondo...) e gli indovinelli sono una miniera di neoformazioni: Dormia Dormicche, / pendea Pendicche, / venia Venicche. E se non era Pendicche / che svegliava Dormicche, venia Venicche / e bastonava Dormicche.35 Anche nei proverbi si trova una vera e propria creazione di parole allusive, imitative di altre, onomatopeiche, alcune delle quali costituiscono veri e propri hapax. Un altro aspetto della creativita` linguistica e` da ricondurre alla migrazione dei proverbi tra i dialetti e dai dialetti alla lingua, che si rintraccia spesso, si e` gia` detto, in assonanze e consonanze che prendono il posto della rima. Alle volte pero`, non potendosi piegare la nuova forma in lingua alla metrica e alle esigenze di rima, si include la parola dialettale nella lingua italiana, dandole una forma accettabile che ne mascheri la provenienza. Non e` da escludere che gli stessi raccoglitori siano ricorsi a operazioni del genere per arricchire le loro raccolte, o per altre esigenze pratiche. Il proverbio seguente puo` rappresentare un chiaro esempio del processo di cui abbiamo parlato. Oggi e` citato per lo piu` in questa forma, che e` poi quella della raccolta del Giusti:

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 32 - 04/07/2007

XXXIII

.

INTRODUZIONE

Per Sant’Andrea / piglia il porco per la se`a; se tu non lo vuoi pigliare / fino a Natale lascialo andare. E` un esempio d’ibridazione dei proverbi operata dai raccoglitori. Proviene infatti dal dialetto veneto, si trova nella raccolta del Pasqualigo, il quale informa di averlo preso dalle X Tavole. Esso e` stato tradotto e inserito nella raccolta del Giusti salvando il termine veneto sea ‘setola’, che viene accentato se`a per la rima, e sostituendo l’iniziale Da con Per.36

Aggettivi Gennaio zappatore / febbraio potatore / marzo amoroso / aprile carciofaio maggio ciliegiaio / giugno fruttaio / luglio agrestaio / agosto pescaio settembre ficaio / ottobre mostaio (bottaio) / novembre vinaio / dicembre favaio. Si indicano cosı` i frutti principali o si elencano le varie faccende della campagna dei vari mesi dell’anno. I proverbi, come si vede, si fanno pochi problemi di correttezza lessicale. Molti degli aggettivi contenuti nel proverbio precedente sono in uso, mentre altri, come fruttaio, agrestaio, favaio, sono quantomeno inconsueti. Ma c’e` di piu`. Febbraio nevoso / estate gioioso. Qui estate e` considerato maschile; lo e` comunque la forma dell’aggettivo gioioso. Altrettanto non si puo` dire del proverbio gemello: Ottobre frondoso / inverno freddoso. ‘‘Freddoso’’ infatti e` registrato nei dizionari della lingua italiana, sia pure come aggettivo antico e letterario. Pasqua marzotica / o moria o famotica. Marzotico e famotico non esistono come forme italiane e provengono probabilmente da forme dialettali.

Sostantivi Anche per i sostantivi la fonte piu` ricca di forme inconsuete o anomale sono i proverbi calendariali. Forse perche´ piu` antichi, forse perche´ piu` noti, validi spesso in ogni zona, sono passati da forme dialettali antiche arrivando all’italiano con deformazioni originali e molto espressive, come il termine merendaggio. San Michele di settembre / leva le merende; San Michele di maggio / riporta il merendaggio. Chi sta in ascolteria / sente cose che non vorria. Cosa di mangiatorio / non si porta in confessorio. Peccato di pappatorio / non si porta in confessorio. Qui addirittura vi sono ben due sostantivi creati per l’occasione (e` un detto probabilmente fratesco, che vorrebbe considerare moralmente irrilevante l’intemperanza a tavola). Febbraio / il sole in ogni ombraio. Qualche raggio di sole comincia a filtrare anche nei luoghi piu` riparati, che nei mesi precedenti erano dominio delle gelate; per qualche ora del giorno sembra rompersi la morsa dell’inverno. ‘‘Ombraio’’ non si trova nel Battaglia. Di gennaio / tutti i gatti vanno in gattaio. Si puo` pensare che la forma riportata in italiano sia il calco di una forma dialettale romanesca dove gennaro rima con gattaro, termine che, con accezione non usuale, designa qui il ‘‘calore’’.

Accrescitivi impropri Una forma curiosa, tipica del linguaggio popolare, e` l’accrescitivo usato impropriamente, per esempio adattato a parti del discorso per le quali di solito questa forma o non si usa, o non ha senso. La versione piu` trasgressiva e` l’accrescitivo del verbo, che si usa comunemente in Toscana: Ci credo? Ci credone!

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 33 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXXIV

A Pistoia i giuramenti sono tre: Che m’accechi. Che m’acceconi. Che m’acceconi da tutt’e due gli occhi. Nei proverbi l’uso si riscontra nei nomi dei mesi. L’accrescitivo viene usato in certo qual modo per ribadire le caratteristiche salienti del mese in oggetto: nel nostro caso il caldo: Ne´ di maggio ne´ di maggione / non ti levare il pelliccione. Aprile aprilone / non mi farai metter giu` il pelliccione. Marzo marzotto / il giorno e` lungo come la notte. Settembre settembrotte / tanto il dı` quanto la notte.

Passaggio da sostantivo a verbo Febbraio / febbraieggia. Dall’insieme del sistema proverbiale, e dall’uso ancora corrente, si nota che il verbo ricavato dal sostantivo indica l’azione corretta che ci si aspetta dai mesi. Febbraieggiare o febbreggiare indica che il mese deve avere le sue caratteristiche, fare il suo mestiere: freddo, neve, vento, gelo, giornate di sole con tramontana. Se febbraio non febbreggia / marzo campeggia. Se febbraio non ferra / marzo spella. San Luca / il tordo trabuca. Questo trabucare puo` essere un aggiustamento di trabuccare, registrato dal Tommaseo-Bellini nel senso di gettarsi giu`, come fanno gli uccelli di passo. Si veda ancora il toscano: All’usanza maremmana / chi ’unn’inceppa ’unn’imbefana. Il significato e` che, se si vuole che torni un regalo per la Befana, bisogna farne uno per Natale. Il Ceppo era l’usanza soprattutto fiorentina secondo la quale il Ceppo portava doni alla famiglia e agli amici, come oggi l’albero di Natale. Un posto a parte occupa il proverbio: Terzo [quarto] aprilante / quaranta dı` durante. Da aprile verrebbe dunque aprilare e quindi il participio. Il detto ha aspetti ermetici, dato il senso inequivocabile riconosciuto: ‘se piove il tre (o il quattro) d’aprile, dura quaranta giorni’. Si puo` pensare a calchi di forme latine del tipo: Sole micante / Virgine purificante / nix erit maior quam ante.37 Altro esempio piuttosto noto puo` essere il toscano (ma diffuso ora a livello nazionale): Senza lilleri non si lallera. Ossia: ‘senza soldi non si puo` fare niente’. Si rifa` all’espressione della lingua parlata: ‘Tra lilleri e lalleri...’ nel senso di ‘tra una cosa e l’altra...’. Lilleri e` dialettale e vale ‘soldi’; lallerare piu` propriamente verrebbe a significare ‘cantare’. Ma il significato e` estensivo e vale: ‘fare qualsiasi cosa’.

Espressioni indefinibili Come esempio di forma difficilmente definibile si puo` citare: San Gallo / quaranta dı` durallo. Il cui senso e` che per la festa di tale santo (16 ottobre), se iniziano le piogge autunnali, possono durare quaranta giorni. Difficile pero` dire cosa sia questo durallo. Viene forse ricalcato sul toscano duralla (durarla!...) nel senso ‘potesse continuare la buona sorte!’. Un altro caso e` il toscano: Quel che vien di ruffa e raffa / se ne va di buffa in baffa. Ovvero: ‘Quello che viene da cose disoneste se ne va in sprechi e cose inutili’.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 34 - 04/07/2007

XXXV

.

INTRODUZIONE

Esiste ruffa, che il Tommaseo-Bellini definisce come ‘calca per prendere qualcosa’, dando la voce raffa come sinonimo di ruffa; buffa e` il ‘soffio di vento’ e anche la ‘burla’, ma baffa e` neoformazione che si spiega solo in questo contesto fonico e ritmico, da illustrarsi forse collegandola con abbuffarsi, sbafo, ecc.

Creazione di nomi propri Su questo aspetto ci limitiamo molto nell’esemplificazione perche´ il materiale e` davvero considerevole.38 Portapari lo verso`. Si ripete per indicare che anche le persone piu` attente e precise commettono degli errori, rompono le cose, sbagliano misure. Precisino casco` dal ponte. Pulitino se la fece addosso. Ser Appuntino si dimentico` di morire. La ricetta del Menanni: / Ognun tenga i suoi malanni. Lunedı` e` San Musone.

Coniazioni apparenti Di giugno / getta via il cuticugno, / ma non lo impegnare / perche´ potrebbe bisognare. Oggi cuticugno puo` apparire come parola creata espressamente per la rima, giocando con cotica ‘cotenna’, mentre e` termine antico che indicava una specie di giubbetto o sopravveste maschile. Chi non fa la lunediana / e` un gran figlio di puttana. Anche la lunediana e` termine proprio: indica un uso invalso nel secolo scorso, che consisteva nell’astenersi dal lavoro il lunedı` da parte degli artigiani, specialmente calzolai, barbieri, sarti, ecc. Era dovuto soprattutto agli eccessi della domenica: bere, mangiare, gioco. C’e` anche una vecchia cantilena che dice: ‘Lunedı`, lunediai, martedı` non lavorai...’. Maggio giardinaio / non empie il granaio. Giardinaio e` sostantivo antico per giardiniere. Per finire diciamo che anche Frate Indovino si e` servito di questa tecnica nei proverbi che inventa o riconia. Nel Calendario del 1970 si legge: ‘Femmina finestrosa e vigna pampinosa: che brutta cosa!’.

Forme autoconsolatorie e scaramantiche Tra i modi proverbiali sono state individuate molte forme che dal punto di vista del contenuto non sono proverbi veri e propri: si tratta delle forme autoconsolatorie e scaramantiche, ossia delle formule che esprimono un modo di farsi una ragione d’un fatto o d’una situazione spiacevoli, ovvero un formulario di scongiuro del malocchio. La frase Tiriamo avanti... (‘prendiamo la vita come viene’) si confonde spesso con Tiremm innanz!, che ha ben altro significato: ‘lasciamo perdere, pensiamo ad altro, lasciamo stare...’. A sua volta Prendiamo la vita come viene e` allo stesso tempo un atteggiamento da ‘‘filosofo’’ e un atto di sottomissione al volere di Dio, volto a stornare il castigo dovuto al sentimento di ribellione. Permane la legge della hybris: gli dei puniscono chi si proclama felice, chi sfida il destino, chi si gloria con tracotanza dei propri successi, chi si sente sicuro. Moltissime formule sono rivolte ad attenuare o a cancellare atteggiamenti o affermazioni che si possono interpretare in tal senso e si travestono spesso da adagi: Sara` quel che Dio vuole; Contentiamoci dell’onesto; Lasciamo fare a Dio che e` santo e vecchio. Le frasi sono in genere strutturate secondo una certa rigidezza e costituiscono delle vere e proprie formule. Vi sono anche quelle scherzose: Meglio cosı` che peggio; Meglio qui che in galera; Meglio che un cazzotto in un occhio.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 35 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXXVI

14. Morfologia Sarebbe troppo affermare che parliamo in poesia, ma le frasi fatte spesso sono davvero dei versi, soprattutto quando si tratta d’invettive e d’imprecazioni. E` logico che una frase abbia un determinato numero di sillabe, ma il fatto e` che tende a conformarsi alla struttura del verso nel rigoroso rispetto di sillabe e accenti. I preferiti sembrano gli endecasillabi: Mi vado a prendere un bicchier di vino; Mi metto due minuti sul divano; Non venitemi a dire che ho sbagliato; Mi permetta di dirle due parole; Ci vediamo domani alla stazione. I proverbi seguono la struttura della poesia e in tale forma li troviamo esposti in quasi tutte le culture. Fuori di questa struttura tendono a degradare a semplici regole pratiche, massime, indicazioni di opportunita`. La base dell’espressione proverbiale e` indubbiamente la metafora. Senza un’immagine viva, curiosa, una similitudine d’immediata comprensione e conosciuta da tutti, quasi non c’e` proverbio, come del resto non c’e` modo di dire. La donna bella e` come la castagna, / bella di fuori e dentro ha la magagna. Tutti sanno che la lingua batte dove il dente duole; espressione la cui efficacia sta tutta nella metafora che da` corpo al concetto: si torna sempre col pensiero e anche involontariamente con le parole a qualcosa che ci affligge. Il proverbio e` quindi nella maggior parte dei casi costituito di due parti: l’enunciato realistico espresso e la verita` allusa, metaforica, ‘‘inespressa’’, che e` compito di chi ascolta intuire e comprendere. Si tratta quasi di una medaglia nella quale una faccia piu` appariscente fa trascurare l’altra, nascosta ma piu` importante, che ne costituisce il valore. Anche l’allegoria e` frequente; spesso nei proverbi si tratta di una metafora complessa, con la descrizione o la rappresentazione di piu` fatti concreti, oppure legata a un fatto esemplare o a una favola che riesce a creare una serie di considerazioni di solito morali: Chi vuol far l’altrui mestiere fa la zuppa nel paniere. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Notevole e` anche la presenza dell’allitterazione, anche se come artificio e` piu` occasionale: alcune lettere che si ripetono in due parole diverse, di solito in cima e in fondo al detto. Alcuni proverbi sono fulminei: Padre padrone. Amore amaro. Dottore dolore. L’allitterazione e` usata non solo come gioco e ausilio mnemonico, ma perche´ nasce da un’idea molto antica e di carattere magico: che la parola contenga il segreto e la natura della cosa che denota, per cui si pensa che due parole unite dal suono (cosa che accade anche nella rima) siano simili e sicuramente collegate tra loro nella realta`, possedendo qualcosa in comune. Le combinazioni sono le piu` varie: Chi mangia more muore. L’orto vuol l’uomo morto. Donna danno, sposa spesa, moglie maglio. La noce nuoce alla voce. Sardo testardo. L’antitesi compare con frequenza e rafforza quel gusto di contrapposizione enfatica che e` tipico dei proverbi, con la relativa semplificazione e annientamento delle sfumature. Brutta in fascia, / bella in piazza. A gran signore / piccolo presente. Chi si loda / s’imbroda. L’iperbole e` piu` un gusto tipico dell’espressione immediata che uno strumento tipico del proverbio, come l’uso degli accrescitivi anche impropri.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 36 - 04/07/2007

XXXVII

.

INTRODUZIONE

Come indica la scelta che abbiamo fatto per la classificazione dei proverbi, a noi non sembra che la vicinanza di un proverbio a un’altra forma espressiva abbia molto valore. Raffaele Corso nell’Enciclopedia Treccani elenca nove tipi di ‘‘prossimita` espressiva’’: proverbi enigmi, proverbi canti, proverbi epigrammi, proverbi canoni, ecc. Si comprende bene che da un punto di vista pratico, di organizzazione e di analisi della materia, queste distinzioni non aiutano molto. Individuano comunque settori di qualche interesse per conoscere le fondamentali tematiche proverbiali e le loro piu` strette parentele. Qualche considerazione a parte e` richiesta dalla particolare forma proverbiale che fu individuata come wellerism e che abbiamo chiamato facezia proverbiale per non usare l’orrenda parola wellerismo.39 L’origine del termine inglese wellerism e` letteraria: infatti si definisce cosı` l’intercalare preferito di due personaggi del Circolo Pickwick di Charles Dickens, il signor Weller e il figlio Sam. La struttura corrisponde a quei detti che si enunciano ...come disse il tale, il talaltro; ovvero ...come disse quello che... La facezia proverbiale si differenzia dalla citazione, dalla frase celebre realmente pronunciata, in quanto si forma prescindendo da una realta` storica, per il gusto di enunciare un’espressione per lo piu` ironica, affermata a dispetto di ogni verita` o attendibilita`. Tanto e` vero che molte forme di questo tipo nascono da attribuzioni paradossali, impossibili, o da stravolgimenti popolari di frasi realmente dette: Pensa per te, diceva Socrate; Un po’ per uno non fa male a nessuno, diceva quello che metteva il veleno ai topi. I primi a studiare queste forme furono i tedeschi, prendendo le mosse proprio dal celebre romanzo inglese. Nel 1876 Moritz Haupt, durante una lezione tenuta a Berlino sul passo di Teocrito (Idilli 1577) che contiene una forma simile, sentenzio` pero` troppo frettolosamente che le lingue neolatine non ne possedevano, o ne erano poco fornite, cosa che non si e` rivelata esatta. Si tratta dunque d’una forma proverbiale arricchita di una seconda parte, che e` stata chiamata coda romantica, e contiene l’attribuzione del detto. Oppure l’attribuzione viene fatta a persona, cosa, animale, in modo tale da scombinare, stravolgere il significato, creare un doppio senso, dare un’esplicazione del tutto insospettata o completamente surreale dell’affermazione precedente: E io che mi perdo coi ragazzi, disse quello che aveva pregato Gesu` Bambino. Questo tipo di espressione e` senza dubbio parte del patrimonio proverbiale e come tale l’abbiamo considerata, inserendo nel presente dizionario le facezie proverbiali che rispondevano ai requisiti di diffusione e d’importanza considerati per i proverbi.

15. La metrica dei proverbi La maggior parte dei proverbi ha un andamento ritmico, evidente o nascosto, caratteristica che e` stata trascurata, se non cancellata, per una sorta di convenzione invalsa tra i raccoglitori poco attenti o improvvisati, oppure spinti dalla necessita` di guadagnare spazio nelle pagine di un volume. In realta`, se non la metrica, il ritmo fa parte integrante di un proverbio: anche quando tale caratteristica non appare immediatamente evidente nel testo attuale, si scopre che era presente nella versione latina, ovvero in quella dialettale, oppure in forme di altre lingue. Il proverbio si ferma nella memoria collettiva quando ha una sua icasticita`, una concisione, una particolare efficacia e soprattutto un’armonia strutturale; anche la rima o l’assonanza possono facilitare la memorizzazione. Non che tali qualita` siano strettamente necessarie, ma si puo` notare come ben di rado un proverbio sia costituito da una frase scolorita, prolissa, disarmonica. Nelle civilta` dove la tradizione orale e` preponderante rispetto a quella scritta simili caratteristiche sono ancor piu` necessarie. Nella trascrizione abbiamo cercato di restituire ai proverbi la loro integrita`, che traspare con evidenza dalle parole stesse, ovvero dal tono di chi le pronuncia, separando in versi distinti le parti dalle quali il detto e` composto. Si tratta tuttavia di una metrica particolare che spesso segue con molta liberta` i metri canonici della poesia, con versi che possono anche essere perfetti, ma in molti casi intercala versi corretti con altri piegati alle necessita` della frase, o ad altre esigenze che spesso e` difficile individuare. Comunque non manca quasi mai una certa cadenza.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 37 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XXXVIII

In taluni casi si tratta di una prosa ritmata, una sorta di salmodia che richiama il tono di una preghiera senza metro, quasi recitata in comune, come un brano liturgico o un salmo. Non e` raro il caso che le sezioni in cui il proverbio si articola seguano il respiro interno delle frasi, trovando un loro ritmo proprio. Se si vuole ricercare l’origine, o comunque qualcosa che nel passato ricordi questo tipo di prosa cantilenata, possiamo rifarci all’eredita` dei Latini, dalla quale sono derivati molti proverbi accolti dalla tradizione orale. Scrive P. Roos: ‘‘La cultura romana delle origini fu essenzialmente orale. Proverbi ed aforismi, leggi e dichiarazioni solenni, preghiere, formule mediche o propiziatorie e di incantesimo erano affidati alla memoria, cui spettava anche il considerevole compito di tramandarli ai posteri. Nei banchetti patrizi e gentilizi si cantavano ritualmente le gesta degli antenati e le cerimonie religiose e funebri osservavano una terminologia fissa, convenzionale che imponeva spesso gli stessi atti e gli stessi comportamenti. Questa produzione e` anonima, oltre che orale; e per quanto riguarda il metro riesce difficile distinguere i confini tra poesia e prosa: l’andamento ritmico di quest’ultima si dimostra in effetti molto accentuato, specialmente per mezzo del parallelismo delle frasi e di allitterazioni, assonanze e rime. Per tal motivo la parola carmen poteva designare nei primi secoli della letteratura latina sia un testo in prosa che una composizione in versi’’.40 Non so se nel tradurre i libri sapienziali della Bibbia, per restituire il passo della salmodia ebraica, san Girolamo si sia rifatto a questa prosa ritmata, che gli doveva comunque essere familiare; certo e` che le due forme hanno molto in comune e si sono venute incontro benissimo allorche´ la liturgia ebraica ha incontrato quella cristiana e altrettanto e` accaduto ai due sistemi sapienziali. Si sostiene che anche il canto religioso della Chiesa abbia un collegamento con la musica liturgica ebraica. Di fatto c’e` stato nella cultura medievale un lento lavoro di adeguamento delle massime e dei precetti provenienti dalla lingua latina in forme adatte al gusto di una societa` nella quale tutto si doveva intonare a una visione trascendente e agli insegnamenti di un solo alto magistero religioso. I versi degli autori latini, i detti senza precisa metrica furono riletti e trasformati in forme meno sintetiche, in versi piu` lunghi, con aggiunta di parole, prediligendo spesso l’esametro leonino: Quod male lucratur, male perditur et nihilatur, dove si vede bene come nella seconda parte il primo verbo e` ridondante di fronte all’assoluto nihilatur. Nei proverbi italiani, formati di distici o piu` versi, spesso la rima, di per se´ non necessaria, e` assente, ovvero sostituita da un’assonanza, oppure si ottiene da una parola deformata in modo arbitrario. Cio` accade perche´, passando da una tradizione dialettale all’altra, o approdando alla lingua italiana, il proverbio viene adattato con disinvoltura pari alla genialita` inventiva, ma spesso deve rinunciare alla felice formulazione primitiva, nella quale aveva trovato la sua forma perfetta. Il caso piu` frequente si ha nei proverbi agricoli e meteorologici, che sono tra i piu` mobili, per la facilita` di trasportarli da una tradizione a un’altra dove si verifichino gli stessi fenomeni: Alta o bassa / e` freddo fino a Pasqua. Quando san Giorgio / semina l’orzo. L’imperfezione formale, nella metrica e nella lingua, e` da considerarsi una caratteristica del proverbio che non e` imputabile ne´ ad ignoranza ne´ ad approssimazione. L’assonanza e la consonanza direi che spesso sono quasi preferite alla rima, talvolta facilmente raggiungibile con la sostituzione di un sinonimo, mantenendo una fedelta` e un collegamento all’improvvisazione della lingua parlata, che altrimenti sarebbero perduti, perche´ farebbero sentire il proverbio non come una naturale prosecuzione del discorso, ma come un’intromissione forzata di un corpo estraneo, lavorato e tirato a lucido, che mal si adatta al contesto. Altre volte e` l’adattamento del proverbio dialettale, o straniero, alla lingua italiana, a generare improprieta`, assonanze, geniali hapax. Gli errori veri e propri, che spesso si trovano anche in raccolte accurate, sono dovuti soprattutto agli slittamenti della memoria quando il raccoglitore non e` soccorso da una conoscenza tale della materia che gli permetta d’individuare l’errore e approfondire l’indagine per poter verificarlo o correggerlo. In tal modo si sono diffuse nella tradizione orale, come in quella scritta, forme ormai accettate di proverbi sostanzialmente

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 38 - 04/07/2007

XXXIX

.

INTRODUZIONE

zoppicanti o impropri. E` compito infatti del ricercatore capire e verificare se il ritmo del proverbio e` naturalmente e volutamente alterato rispetto alla metrica classica, o se e` tale per scarti di memoria ovvero errori dell’informatore. Forse il metro piu` frequente nel proverbio e` l’endecasillabo, cosa dovuta anche al fatto che forse oltre la meta` della poesia italiana e` scritta con questo verso. Duttile e vario per accentazioni, si presta a esprimere ogni sentimento, a chiudere un pensiero in un giro di parole che stanno nelle dita d’una mano. Ma anche i metri corti abbondano, preferiti per la loro concisione; anzi, a ben guardare anche i proverbi formulati in alessandrini si possono facilmente sciogliere in settenari, cosa che da` un tono incalzante al detto e ne facilita la memorizzazione. I detti sono in genere corti, ma si possono anche avere composizioni piuttosto lunghe: non solo proverbi bimembri, trimembri, ma anche quartine e sestine. Spesso questi detti sono adattamenti di insegnamenti biblici e iniziano con la forma Tre cose... Il gusto di creare in certo modo dei codici ha portato alla composizione delle cosiddette litanie proverbiali: di solito serie che possono arrivare anche a una trentina di versi e sono per lo piu` la compilazione in un unico componimento di proverbi piu` corti sullo stesso argomento. Queste composizioni anomale trovano spesso la destinazione ideale nelle iscrizioni su mattonelle di ceramica e provengono da almanacchi e raccolte come quella delle X Tavole; raramente vengono tenute a memoria da una persona, anche se la capacita` mnemonica dell’analfabeta ha del prodigioso. Il fatto e` che il proverbio lungo non si cita e non serve, fermando in maniera artificiosa la conversazione. La lunghezza e` la peggior nemica del proverbio.

16. Il proverbio e la sua evoluzione Il proverbio tende a rarefarsi nelle societa` urbanizzate ed evolute. Salendo nella scala sociale e nelle conoscenze specialistiche, si sente il bisogno di utilizzare un tipo di principi piu` specifici, precisi, dettagliati. I vari settori d’attivita` ricavano metafore dal loro campo di lavoro, e il livello di linguaggio superiore si distanzia da quello popolare, che rimane proprio degli strati di popolazione non educati, esercitanti lavori manuali, considerati anche di scarse capacita` intellettuali. Le comunita` evolute lasciano dunque il sapere collettivo comune e si affidano a rami del sapere piu` elaborato per consigliare le scelte e le azioni: citeranno testi letterari, poesie, trattati, detti famosi piuttosto che ricorrere a proverbi. Si hanno cosı` diversificazioni tra popolazione dotta e popolazione (semi)analfabeta che si rifanno rispettivamente ai propri codici: scientifico di ricerca ed empirico di tradizione. Tuttavia avviene un fenomeno particolare in questa separazione: filamenti, per cosı` dire, dell’una e dell’altra cultura entrano profondamente e si radicano in quella opposta creando un passaggio continuo dall’una all’altra realta`, rendendo quasi impossibile una netta separazione. Qualcosa di simile si era verificata gia` nel Libro dei Proverbi della Bibbia: di derivazione dotta, assume anche metafore della vita quotidiana popolare, espressioni crude, indicazioni pratiche provenienti dal mondo degli analfabeti. La forza persuasiva della forma popolare, sedimentata nella memoria collettiva, verificata nel tempo, esercita un fascino irresistibile sulla cultura astratta, sulla mente irrigidita nella concettualizzazione; cosı` anche il dotto ama ricorrere al proverbio e usarlo per la sua efficacia suasiva. A sua volta la religione, la poesia, la scienza, la letteratura, la storia, ecc., forniscono massime, versi, frasi celebri, regole, detti, che vengono assimilati a livello popolare sotto forma di proverbi. La materia e` enorme: va dalle pratiche calendariali ai sistemi di semina, alla medicina, all’astronomia. E` dunque una convivenza millenaria quella dei proverbi con la cultura dei dotti: cosı` ciascuno dei due mondi ha continuamente esercitato un’attrazione sull’altro, tanto che molti letterati hanno coltivato, raccolto e studiato i proverbi. Se ne trovano brevi sillogi un po’ dovunque: in fondo ai codici, nei documenti, nei libri di conti, posti a riempire gli spazi, ovvero a rompere la monotonia di cifre. Nei tempi a noi vicini un potente strumento di diffusione dei proverbi e` stata una particolare pubblicazione destinata agli agricoltori e comparsa gia` poco dopo l’invenzione della stampa. Inizialmente non era che un semplice foglio, destinato a ricordare le fasi della luna (lunario)

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 39 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XL

fondamentali per regolare le semine, i travasi e le altre operazioni agricole. Piu` ricco e complesso si presenta l’almanacco, spesso dedicato espressamente ad altre attivita`. Oltre a contenere le notizie riportate dal lunario, l’almanacco (termine che deriva dalla parola araba per ‘‘calendario’’) e` piu` ricco di informazioni e si rivolge a persone decisamente alfabetizzate. Insieme alle fasi lunari vi si trovano indicazioni per le varie faccende, lavori, scadenze, feste, adempimenti, ricorrenze. L’almanacco poi si e` andato arricchendo e da quello strettamente agricolo, sono nati almanacchi specifici, con notizie particolari per i diversi settori d’interesse. L’almanacco, come il lunario del resto, si e` arricchito di notizie curiose, storie morali, giochi, indovinelli, e, appunto, proverbi, presentandosi cosı` come strenna piacevole all’inizio dell’anno. I due termini, lunario e almanacco, si usano tuttavia come sinonimi, anche se propriamente l’almanacco e` piu` ricco, piu` specifico, piu` moderno. Vi sono poi pubblicazioni simili che si definiscono ‘‘lunari’’, benche´ in origine con questa parola si indicasse solo un puro e semplice repertorio dei giorni dell’anno, con le lunazioni e qualche altro fenomeno astronomico, come l’ora della levata del sole. Lunari e almanacchi furono sempre molto ricchi di proverbi, che veicolarono nel mondo popolare, e non solo, e operando anche un trasferimento da una regione all’altra dell’Italia: cio` avvenne soprattutto per la necessita` di reperire detti nuovi, piu` appropriati, memoriabili ed efficaci. Queste pubblicazioni contribuirono cosı` anche ad un rimescolamento fra tradizione scritta e orale. Agli almanacchi e ai lunari si affiancarono poi le pubblicazioni e i manuali volti a istruire gli agricoltori sulle nuove macchine e sulle nuove tecniche di coltivazione: anche questi avevano spesso un settore con un corredo di proverbi, a confermare e corroborare i consigli e le regole che venivano proposte. Tuttavia la rivoluzione industriale segna anche l’inizio della crisi del proverbio. L’alfabetizzazione, che inizialmente ne era stata un nuovo veicolo, diviene una ragione dell’abbandono della cultura dell’almanacco, soppiantato da manuali scientifici o divulgativi, dalle cattedre ambulanti d’agricoltura, dalle accademie. In seguito concimi chimici, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici, rendono superflui gl’infiniti accorgimenti per curare le piante, provvedere alle lavorazioni, conservare i prodotti. La cultura dei proverbi viene superata la` dove era stato il suo regno: la campagna. Sparita anche la vita della campagna, dove i proverbi attingevano gran parte delle loro metafore, tagliata loro la linfa, molti detti risultano incomprensibili se non assurdi. Dagli anni Cinquanta in poi del secolo scorso milioni d’italiani si sono mossi migrando verso livelli migliori di vita: contadini verso le fabbriche, campagnoli verso i paesi, paesani verso le citta`, italiani verso altre nazioni. Come se non bastasse, l’industria e lo sviluppo tecnologico hanno mutato rapidamente l’ambiente, immettendo comportamenti, linguaggi, strumenti che nell’arco di pochi decenni hanno cancellato quella che era la vita tradizionale. Anche i proverbi hanno subito questo trauma.

17. L’aforisma contemporaneo Il proverbio si rivela insufficiente a interpretare la modernita` non tanto per la sua struttura quanto per il suo modello analogico di ricognizione. Innanzitutto, mentre il pensiero moderno ricerca definizioni e concettualizzazioni, il proverbio si limita a raccomandarsi al discernimento e al buon senso degli interlocutori. Inoltre sono venuti meno opinioni, giudizi, idee comuni, nonche´ una morale condivisa da tutti. Nel mondo di oggi i precetti sulla salute sono diventati scambi di farmaci; le previsioni del tempo passano attraverso la televisione o Internet; i proverbi agricoli sono scomparsi o quasi, quelli morali hanno poca efficacia per le mutate forme di vita. Si assiste pero` all’affermarsi di una forma antica, che gia` in antico aveva anche colluso con il proverbio: l’aforisma. L’aforisma moderno e` un pensiero firmato, individuale, non piu` condiviso da una societa` intera: rappresenta la visione personale di un saggio, che puo` essere condivisa o meno dalla comunita` o dai gruppi di individui, a seconda delle diverse posizioni sociali, ideologie, forme di pensiero. Oggi questo materiale si propone ancora in certi calendari o agende, ma non e` nemmeno raro

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 40 - 04/07/2007

XLI

.

INTRODUZIONE

che una persona se ne faccia un florilegio personale: qualcuno li scrive sui muri della propria camera, li incornicia nell’ingresso di casa, li ricopia costellandone diario personale, agende, quaderni intimi, li espone intorno alla scrivania sul tavolo di lavoro. Torna sotto altre forme un uso antico, quello delle mattonelle di terracotta con scritte curiose o sapienziali, riflessioni, massime. Ognuno prendeva per quattro soldi quella che faceva al caso suo e se l’appendeva dove gli piaceva. Erano anche meditazioni serie, comunque spiritose, ben congegnate, nelle quali rifulgeva soprattutto l’agudeza. Qualcosa di simile oggi e` piuttosto diffuso in Internet, dove in pagine piu` o meno arabescate si accumulano precetti seri e scherzosi raccolti dalle fonti piu` diverse. Non del tutto scomparse, le vecchie mattonelle, gia` custodi di tante forme proverbiali, hanno passato il testimone al mezzo informatico. Il primo grande libro moderno di pensieri dispersi, non disposti in una forma articolata di riflessione ma costituenti una completa visione del mondo, nasce dal caso. Si tratta dei Pensieri di Pascal (1623-1662): riflessioni che l’autore scriveva e infilava in un ago sul tavolo del suo studio, con il proposito di farne una grande apologia del Cristianesimo; ma la morte in giovane eta` non glielo permise. Le varie edizioni hanno cercato inutilmente di dare un ordine a quel groviglio di lampi di pensiero – ribelli a un ordine piu` o meno come i proverbi –, che sono stati il prototipo moderno di infinite raccolte fatte sullo stesso schema, cioe` senza un dichiarato schema. Dare ordine al mondo e` necessario come operazione orientativa; pretendere di farlo in maniera definitiva e` follia. Nel mondo moderno man mano che sono state abbandonate le grandi filosofie sistematiche che pretendevano di spiegare con un pensiero monolitico l’intera realta`, la storia, la vita, ha preso campo un pensiero meno ambizioso, parziale, frammentario, ma piu` affidabile, dalla forma molto vicina a quella del proverbio. A Pascal appunto si deve un’embrionale, ma chiara individuazione dell’idea d’un pensiero non sistematico, ma che procede per rapide e affidabili intuizioni, seguendo l’esprit de finesse. Se Pascal ha dato le basi della materia, furono i grandi moralisti francesi, soprattutto La Rochefoucauld (1613-1680), La Bruye`re (1645-1696), e i pensatori inglesi, come A. A. C. Shaftesbury (1671-1713) e F. Hutcheson (1694-1746), a elaborare il genere letterario dei ‘‘pensieri’’ come attivita` spontanea, intuitiva e creativa, influenzando anche i tedeschi. Il crescere della speculazione aforistica segue nella sua espansione il sorgere, l’affermarsi e il diffondersi dell’industrializzazione.41 Sembra proprio questo un grande laboratorio dove si formano i proverbi di domani. Alla visione religiosa, che accomunava tutti sui temi fondamentali della vita, si sostituiscono le varie conoscenze dei settori scientifici, le contrapposte ideologie politiche, il pluralismo delle etnie, la compresenza di varie confessioni e religioni. L’uomo non si riconosce piu` in una comunita` presuntivamente universale. Da tutto cio` deriva una naturale diffidenza verso il proverbio, che lo riporta a verita` generali, ovvero lo spinge a diffidare di tutto cio` che contraddice la propria visione. Nella selezione dei pensatori aforistici, l’uomo contemporaneo non segue, e non puo` seguire, una linea precisa: l’aforisma moderno mette sul tavolo pensatori antichi e contemporanei, scettici ed entusiasti. I pessimisti preferiranno leggere La Rochefoucauld, ben piu` amaro di tanti proverbi, gli ottimisti se ne andranno verso teorizzazioni rassicuranti, incolleranno sul tavolo motti di patrioti, filantropi, sognatori, ‘‘profeti’’ moderni. Cosı` nella cultura dei giovani, ad esempio, al posto dei proverbi si trovano, insieme a massime di scrittori e filosofi, frasi di film, di un comico, di una canzone, o magari anche la citazione ironica di un politico. E d’altra parte l’editoria sforna raccolte di ogni tipo per soddisfare questo gusto: dalla sapienza cinese a Goethe, a Leopardi, a Shaw, Nietzsche, Wilde, Kraus, Butler, Lichtemberg, Cioran, e poi Toto`, Petrolini, Flaiano, Maccari, Marchesi, Longanesi e chissa` quanti altri.

18. Conclusione Dovendo rispondere alla piu` banale delle domande che i giornalisti usano fare a un esperto della materia: Dove va il proverbio? bisogna dire che il proverbio sta dov’e`, nella memoria e nella cultura quotidiana e familiare. Oggi risulta molto ridimensionato nella quantita`, nell’interesse e

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 41 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

.

XLII

nell’uso, come lo sono la famiglia e i mondi nei quali e` vissuto finora, e infatti attraversa un periodo di stasi, o di eclissi, peraltro non nuovo nella sua lunga esistenza. Un patrimonio cosı` antico e cosı` ricco non sara` certo rimosso dal posto che occupa da millenni, tantomeno sparira` dalla codificazione scritta: e quindi continuera` a essere presente in ogni campo, a cominciare dalla letteratura. Con il proverbio l’uomo fara` sempre i conti, se non altro come prima ricognizione di un problema, quale iniziale orientamento di una ricerca. I giovani sembrano aver dimenticato i proverbi, ma si rivelano, come si e` detto, collezionisti di aforismi fin dalla tenera eta`: su quaderni, diari e libri si trovano riportate le frasi delle cartine dei cioccolatini accanto alle piu` ciniche e amare considerazioni. Molti florilegi di citazioni e frasi memorabili diffondono detti che provengono da spettacoli, fumetti, film, canzoni; molto materiale di questo genere si diffonde via Internet, e si sedimenta poi in cartigli, scritte, graffiti sui muri, agende, promemoria, diffusi in laboratori, officine, negozi, uffici e altri luoghi pubblici e privati. Lo slogan pubblicitario ha spesso assunto forma proverbiale al punto che, sia pure raramente, e` arrivato a confondervisi nell’opinione comune.42 Segno che il proverbio gode ancora di grande prestigio quale fonte di verita` e al tempo stesso prova di quanto sia difficile, se non impossibile, creare un proverbio nuovo (cosa che invece e` sempre risultata relativamente facile per le parole). E` logico che lo slogan pubblicitario sia pero` legato indissolubilmente al prodotto che reclamizza, e sia quindi quasi sempre destinato a seguirne la sorte.43 Non e` il caso di azzardare previsioni, ma ci sembra di vedere un grande cantiere dove si elabora, si seleziona, si modifica e si adegua un materiale proverbiale aggiornato sulle nuove materie, sulle realta` inedite presentate dalla civilta` industriale e postindustriale, ignote al sistema proverbiale dei secoli trascorsi. I nostri vecchi si son mangiati i polli e ci hanno lasciato i proverbi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 42 - 04/07/2007

XLIII

.

INTRODUZIONE

Note 1

Questi e altri esempi di tale produzione sapienziale in G. Rinaldi, Storia delle letterature dell’antica Mesopotamia, Nuova Accademia Editrice, Milano 1961.

2

S. Donandoni, Storia della letteratura egiziana antica, Nuova Accademia, Milano 1959.

3

P. Roos, Sentenza e proverbio nell’antichita` e i ‘‘Distici di Catone’’, Morcelliana, Brescia 1984, pp. 14-15; vedi passi di questi documenti in: Letteratura e poesia dell’antico Egitto, a cura di E. Bresciani, Einaudi Editore, Torino 1969.

4

Ancient near eastern Texts relating to the Old Testament, edited by James B. Pritchard, Princeton University Press, Princeton – New Jersey 1969.

5

Antoine Galland (1645-1715) tradusse per primo 350 delle 1001 notti del capolavoro della letteratura araba; vedi Antoine Galland. La traduzione de ‘‘Le mille e una notte’’, in: C. Lapucci, Dal volgarizzamento alla traduzione, Valmartina Editore, Firenze 1983. Vedi inoltre: Les milles et une nuits. Contes arabes traduits par Galland. Classiques Garnier, Parigi 1955; Le mille e una notte – Prima versione integrale dall’arabo diretta da Francesco Gabrieli, Einaudi, Torino 1948.

6

James M. Lindenberg, The Aramaic Proverbe of Ahiquar, J. Hopkins University Press, Baltimore 1983.

7

Francesco Gabrieli, Storia della letteratura araba, Nuova Accademia, Milano 1962, p. 215.

8

Il libro delle Furbizie – La strategia politica degli arabi, a cura di R. R. Khawam, Edizioni il Brigantino, Ravenna 1980.

9

Si tratta di una narrazione redatta fra I e II sec. d.C., in cui confluiscono elementi storici e leggendari molto piu` antichi. Vedi Romanzo di Esopo, a cura di Franco Ferrari, Rizzoli, Milano 1997.

10

R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, BUR, Milano 1991, p. X.

11

A. Ferrini, Il dialogo di Salomone e Marcolfo, Editori del Grifo, Montepulciano 1994; Salomon et Marcolfus, a cura di W. Benary, Heidelberg 1914.

12

A queste il monaco Adriano Banchieri aggiunse la Novella di Cacasenno, figlio di Bertoldino (1641).

13

Vedi Regimen sanitatis – Flos medicinae Scholae Salerni, traduzione e note di Andrea Sinno, Mursia Editore, Milano 1987; Regimen sanitatis Salerni – Regola salernitana [con introduzione di Alberto Consiglio], Canesi Editore, Roma 1963; inoltre: Cecilia Gatto Trocchi, Magia e medicina popolare in Italia, Newton Compton Editori, Roma 1983.

14

Innumerevoli espressioni proverbiali sono racchiuse nella messe dei novellieri minori: Gli Ecatommiti di Giovan Battista Giraldi Cinzio, Il Pecorone di Ser Giovanni Fiorentino, I Diporti di Girolamo Parabosco, Le sei giornate di Messer Sebastiano Erizzo, Le novelle di Ascanio de’ Mori, La novella del Grasso Legnaiuolo, le novelle del Doni, del Salvucci, del Magalotti, di Giovanni Bottari, di Sermini, Sozzini, del Fortini, di Masuccio Salernitano, di Sabbadino degli Arienti, di Francesco Sansovino, di Ortensio Lando, di Celio Malespini.

15

L’atteggiamento dell’umanista nei confronti del mondo popolare e` ben sintetizzato dalle parole che scrisse il Petrarca al Boccaccio che gli aveva fatto dono del piu` bel libro di prosa della lingua italiana, il suo Decameron: ‘‘Mentirei se dicessi d’averlo letto; che´ la grossezza del volume e il vederlo scritto in prosa e a uso del popolo mi furon cagione a non distrarmi per esso dalle occupazioni piu` gravi’’.

16

Si potrebbe aprire qui un lungo capitolo che riguarda l’utilizzazione del proverbio nei testi letterari, nell’oratoria, nelle omelie, ma anche nella pubblicita`. Il discorso pero` ci porterebbe troppo lontano. Per quanto riguarda la letteratura ricordiamo solo alcuni esempi, come Cervantes che dissemina il suo capolavoro, il Don Chisciotte, di proverbi, caratterizzando la figura di Sancio. Rabelais nel Gargantua e Pantagruel descrive intere situazioni servendosi esclusivamente di proverbi, come nella celebre pagina che riguarda l’infanzia di Gargantua. Giovanni Verga fa largo uso dei proverbi ne I Malavoglia, romanzo nel quale se ne contano centinaia. Collodi addirittura costruisce capitoli interi di Pinocchio su situazioni definite dai proverbi (vedi Modi di dire e motti proverbiali come tessuto e come paradigmi narrativi della storia di Pinocchio, in: Interni e dintorni del ‘‘Pinocchio’’, Atti del Convegno Folkloristi italiani del tempo del Collodi, Editori del Grifo, Montepulciano 1986). Vi fu anche la moda di costruire interi testi, come lettere, prediche, costituite di soli proverbi, vedi La predica in proverbi, in Teatro popolare minimo, Editori del Grifo, Montepulciano 1989.

17

D. H. R. (Erasmo da Rotterdam), Veterum maximeque insignium proemiarum, id est adagiorum collectanea, I. P. Alemannus, Parigi 1500. Il volume comprende 818 proverbi, dotati di commento ed esplicazione. L’opera rimaneggiata e ampliata fu stampata anche a Venezia presso Aldo Manuzio e a Firenze. Tra il 1500 e il 1703, scrive il Pitre`, furono fatte in Francia, Italia e Germania piu` di 50 edizioni di questa opera.

18

J. Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1943.

19

A. Vannucci, Proverbi latini illustrati, Milano 1880. Il Vannucci e` proprio colui al quale Giusti scrive la lettera autobiografica raccomandando la sua futura memoria.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 43 - 04/07/2007

INTRODUZIONE

XLIV

.

20

Le dieci tavole dei proverbi, a cura di M. Cortelazzo, Neri Pozza Editore, Vicenza 1995.

21

Vedi le opere sui proverbi di Pescetti, Proverbi italiani raccolti per Orlando Pescetti, In Grazia del Molto Illustrissimo Signor il Sig. Conrado a Hobergk gentiluomo Tedesco, Con la dichiarazione di parte de’ piu` oscuri. In Verona, Presso Girolamo Discepolo 1598. Edizione anastatica: Casa editrice G. D’Anna, Firenze 1993. Le altre edizioni: 1602 - Segue nella stessa citta` un’altra edizione. 1603 - Sempre a Verona per la tipografia di Fortunato delle Donne. 1603 - Altra edizione a Verona, a istanza della Compagnia degli Aspiranti. 1603 - Essendo risultate scorrette le precedenti edizioni il Pescetti dette alle stampe questa edizione, con la quale passa la pubblicazione a Venezia: Proverbi italiani, raccolti e ridotti a certi capi et luoghi communi per ordine d’alfabeto da Orlando Pescetti. Venetia, Lucio Spineda, 1603. 1611 - L’edizione precedente, ordinata sia pure sommariamente, e` la base delle successive nelle quali si attua una certa classificazione: Proverbi italiani. Raccolti, e ridotti sotto a certi capi, e luoghi communi per ordine d’alfabeto. Da Orlando Pescetti. E indiritti all’Illust. et eccell. Sig. il Sig. Tobia Scoltetti Dottore dell’una e dell’altra legge, e Poeta Laureato. Di nuovo con somma diligenza corretti, e ristampati. Con licenza de’ superiori in Vinetia, MDCXI. Appresso Sebastiano Combi. 1611 - Altra edizione stampata sempre a Venezia: Proverbi italiani. Raccolti e ridotti a certi capi et luoghi communi per ordine d’alfabeto di nuovo ristampati. Vinetia, per Giacomo Sarzina, 1611. Seguono le altre edizioni simili: 1618 - Venezia 1619 - Verona 1629 - Venezia (postuma).

22

A. Nocentini, Il vocabolario aretino di Francesco Redi, Elite, Firenze 1989.

23

Zipoli Perlone [Lorenzo Lippi], Il Malmantile racquistato, colle note di Puccio Lamoni [Paolo Minucci] e d’altri, Nella stamperia di Luigi Vannini, Prato 1815.

24

F. Baldovini, Lamento di Cecco da Varlungo, Firenze 1817. Vedi ora l’edizione a cura di Olga Silvana Casale (Roma 1991), che pubblica insieme al lamento del Baldovini anche quello di Luigi Fiacchi, piu` noto come Clasio.

25

I frutti tardi appariranno paradossali, vedi G. Giuliani, Delizie del parlar toscano, Firenze 1880.

26

Anche nei repertori specifici di proverbi che mirano a raccogliere con sistematicita` i proverbi della lingua italiana e delle varie tradizioni dialettali, si riscontrano chiaramente i problemi ai quali abbiamo accennato, vedi a questo proposito la raccolta: Buon vino, favola lunga – Vite e vino nei proverbi delle regioni italiane, a cura di M. L. Buseghin, Electa Editori Umbri, Perugia 1992.

27

Vedi C. Lapucci, Indovinelli italiani, Vallardi, Milano 1994.

28

Anche il monumentale Battaglia non abbonda in proverbi, se non in alcune voci, mentre alcune, soprattutto nei primi volumi, ne sono poverissime.

29

C. Lapucci, Problemi relativi alla compilazione di un repertorio pratico di proverbi della lingua italiana, in ‘‘Atti del I convegno di studi dell’Atlante Paremiologico Italiano (API): Proverbi, locuzioni, modi di dire nel dominio linguistico italiano’’, Modica 26-28 ottobre 1995, Il Calamo, Roma 1999. E` il criterio seguito da Temistocle Franceschi nel suo questionario: Atlante paremiologico italiano – Questionario. Ventimila detti proverbiali, cit.

30

31

In questo modo e` organizzata, ad esempio, fra le raccolte piu` recenti, quella di V. R. Schwamenthal, M. L. Straniero, Dizionario dei proverbi italiani, BUR, Rizzoli, Milano 1991.

32

F. Ageno, Premessa a un repertorio di frasi proverbiali, in ‘‘Romance Philology’’, Vol. XIII, n. 3, Febbraio 1960, p. 258.

33

C. Lapucci, Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, Valmartina, Firenze 1969. Ora: Garzanti-Vallardi, Milano 1993.

34

Vedi C. Lapucci, Nota sulle creazioni linguistiche dei proverbi, in ‘‘Studi linguistici: per i 50 anni del Circolo linguistico fiorentino e i secondi mille dibattiti 1970-1995’’, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1995.

35

Il senso e`: un garzone dorme sotto un pero, sta per arrivare il padrone, cade la pera e lo desta evitandogli il castigo.

36

Cfr. C. Lapucci, Introduzione a: G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, Le Monnier, Firenze 1993.

37

Se c’e` sole durante la festa della Purificazione della Vergine, verra` piu` neve di quanta ne sia venuta nel periodo precedente.

38

Molto attento a registrare certi nomi immaginari e` il Petrocchi, cfr. P. Petrocchi, Novo dizionario universale della lingua italiana, Treves Editori, Milano 1931; C. Lapucci, Come fece quello che... Fatti celebri di sconosciuti nei detti proverbiali, Il Grifo Editore, Montepulciano 1990; I santi immaginari, in: L’era del focolare, Ponte alle Grazie, Firenze 1991, pag. 205.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 44 - 04/07/2007

XLV

.

INTRODUZIONE

39

C. Lapucci, Come disse... Dizionario delle facezie proverbiali della lingua italiana, Valmartina, Firenze 1978. Questa forma e` stata studiata per l’italiano da: R. Corso, Wellerismi italiani, in ‘‘Folklore’’, 1947-1948; C. Speroni, Wellerismi tolti dai proverbi inediti di F. Serdonati, in ‘‘Folklore’’, 1949; C. Lapucci, Le facezie proverbiali in ‘‘The posthumous papers of the Pickwick Club’’, in ‘‘Le lingue del mondo’’, n. 4 e 5, 1978.

40

P. Roos, Sentenza e proverbio nell’antichita` e i ‘‘Distici di Catone’’, cit., pag. 24.

41

Tale fenomeno si puo` facilmente seguire per la nostra cultura nella consistente antologia che abbraccia tutta la lingua italiana: Scrittori italiani di aforismi, a cura di Gino Ruozzi, 2 voll., Mondadori Editore, Milano 1994. Col tempo da materie specifiche l’aforisma passa a investire campi sempre piu` vasti assorbendo lo spazio del proverbio, che e` il mondo e la vita. E` il caso, ad esempio, della celebre pubblicita` frutto di una campagna collettiva: Chi beve birra campa cent’anni (1929).

42

43

Per questo poco ha a che fare col proverbio lo slogan commerciale e politico che, a fronte di un’immediata diffusione, gode di vita effimera. Nessuno ormai ricorda piu` slogan formulati in forma proverbiale, in certi periodi notissimi, i quali, per essere legati a una semplice notizia d’informazione, sono scomparsi al cadere della stessa promozione che li ha creati: Con pasta Barilla e` sempre domenica (1957); Sarti Soda: assaggiateli, diverremo amici!; Euchessina: e` buona e fa bene; Vecchia Romagna etichetta nera, il brandy che crea un’atmosfera! (1958, di M. Marchesi); Tra le abitudini piu` salutari prima dei pasti bevi un Campari. Perfino una frase surreale che piacque molto: Chi vespa mangia le mele, e` piombata nell’oblio. Sopravvive qua e la` qualche spezzone di frase pubblicitaria, ovvero qualche calco di proverbio particolarmente riuscito: piu` bianco del bianco; che piu` bianco non si puo`; credevo che il mio bucato fosse bianco...; amarissimo che fa benissimo; riuscirai nelle tue imprese (con la crema Bel Paese); la forza dei nervi distesi (Te` Ati nuovo raccolto). Peraltro queste sono piuttosto formule, frasi fatte che forme proverbiali, e compaiono nell’uso come citazioni, scherzi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 45 - 04/07/2007

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 46 - 04/07/2007

Bibliografia Repertori di proverbi, massime, citazioni e studi sui proverbi AA.VV., Proverbi e modi di dire, Fondazione E. Besso, Roma s.i.d. Alaimo E., Proverbi siciliani, Martello, Milano 1970. Alfani A., Un proverbio illustrato, estratto da Il Mentore dei ciechi, Nº 5 e 4, Tipografia cooperativa, s.i.d. Alfieri V., Voci e modi toscani raccolti con le corrispondenze de’ medesimi in lingua francese e dialetto piemontese, per l’Alliana, Torino 1827 (rist. anastatica Viglongo, Asti 1986). Anastasi R., Proverbi sul vino e sulla vigna, in ‘‘Folklore’’, vol. III, fasc. I-II, 1948. Anonimi toscani, Quella vecchia..., Raccolta di aneddoti curiosi, aforismi e detti popolari toscani, Calcit, Firenze 1996. Antichi proverbi comasc, [Cantella M.], Libreria Meravigli, Milano 1982. Antoni A. M., Lapucci C., I proverbi dei mesi, Cappelli, Bologna 1975. Aquilina J., A comparative Dictionary of Maltese Proverbs, The Royal University of Malta, La Valletta 1972. Arduini M., Leuzzi M. D., Palmisciano M. G., Tradizioni orali a Bomarzo, Amministrazione Provinciale di Viterbo, Viterbo 1983 [contiene un repertorio di proverbi locali]. Argentieri G., La donna nei proverbi, Mondadori, Milano 1970. Arthaber A., Dizionario comparato di proverbi e modi proverbiali italiani, latini, francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi e greci antichi, Hoepli, Milano 1929. Atlante paremiologico italiano – Questionario. Ventimila detti proverbiali raccolti in ogni regione d’Italia, a cura di Temistocle Franceschi, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2000. Babudri F., Proverbi popolari calendaristici, in ‘‘Il Folklore italiano’’, vol. I, 1925. Babudri F., Terzo manipolo di proverbi calendaristici popolari d’Istria, in ‘‘Il Folklore italiano’’, vol. IV-VII, 1931-1932. Baldini M., Proverbi della salute, Delfino, Roma 1996. Balladoro A., Motti dialogati veronesi, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XVII, fasc. I, 1898; vol. XXI, fasc. I, 1902. Balladoro A., Saggio di modi di dire, Verona 1896. Balladoro A., Un mazzetto di proverbi veronesi, in ‘‘Il Folklore italiano’’, vol. I, 1925. Barosso P. A., Proverbi e detti proverbiali, scelti e ristampati, con equivalenti latini, presso l’Editore in Via del Fieno n. 17, Torino 1837. Bebel H., Proverbia germanica, Olms, Hildesheim 1969. Bellabarba R., Proverbi marchigiani illustrati, Olschki, Firenze 1971. Bellabarba R., Proverbi toscani illustrati, Olschki, Firenze 1971. Bellonzi F., Proverbi toscani, Martello, Milano 1968. Beltram F., Matalon N., Proverbi friulani, Giunti Martello, Milano 1978. Bencivenni I., Cento proverbi del nonno, con favolette, dialoghi e racconti morali, Salani, Firenze 1901. Benelli G., Raccolta di proverbi, massime morali, aneddoti ed altro, Tipografia e litografia G. Carnesecchi e Figli, Firenze 1876. Bertini C. L., Proverbi piemontesi, Novara 1896. Bertoldi P., Motti e detti torinesi, Editoriale Delfini, Milano 1967.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 47 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

XLVIII

Bertu`ccioli A., Locutions pittoresques tire´es du langage des marins, Raffaello Giusti, Livorno 1920. Besso M., Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di dire, Olschki, Firenze 1971. Bianchi G., Proverbi e modi proverbiali veneti raccolti e illustrati con massime e sentenze di varii Autori, Tip. Bernardoni di C. Rebeschini e c., Milano 1901. Bianchini E. G., Modi proverbiali e motti popolari toscani, Stabilimento tip. lit. degli Artigianelli, Reggio Emilia 1888. Boggione V., Massobrio L., Dizionario dei proverbi. I proverbi italiani organizzati per temi. 30.000 detti raccolti nelle regioni italiane e tramandati dalle fonti letterarie, UTET, Torino 2004. Boldrini P., Proverbi e detti in uso a Fucecchio, Studio Graphic G.P. 3, Fucecchio 1997. Borgatti M., Folklore emiliano raccolto a Cento, Olschki, Firenze 1967 [contiene una sezione dedicata ai proverbi]. Brianzi L., Breve raccolta di parole, frasi, proverbi, voci di paragone e d’arti e mestieri, Fratelli Dumolard, Milano 1872. Bronzini Giovanni B., Nota sulla ‘popolarita`’ dei proverbi della Divina Commedia, in ‘‘Lares’’, vol. XXXVIII, fasc. I-II, 1972. Bruni T., Proverbi e modi di dire abruzzesi raccolti dal vivo della voce, Adelmo Polla, L’Aquila 1991. Buon vino, favola lunga – Vite e vino nei proverbi delle regioni italiane, a cura di M. L. Buseghin, Electa Editori Umbri, Perugia 1992. Buoni T., Nuovo Thesoro de’ proverbij italiani, G. B. Ciotti Senese, Venezia 1604. Burzio L., Bongiovanni Giuliano E., Alla ricerca del vecchio Piemonte, Richiard, Saluzzo 1973. Burzio L., Alla ricerca del vecchio Piemonte, Parte seconda, Gribaudo, s.i.l. 1979. Buzzelli U., Mai N., Proverbi e detti avezzanesi, Banca popolare della Marsica, Avezzano 1984. Cagliaritano U., Proverbi toscani, Fonte Gaia, Siena 1970. Cahier Le P. Ch., Quelque six mille proverbes et aphorismes usuels, Julien, Lanier et C. E´diteurs, Paris 1856. Cantagalli R., Guida ai detti toscani, Sugar, Milano 1971. Casetti A. C., Un gruzzolo di proverbi leccesi, Tipografia Garibaldi, Lecce 1873. Castagna N., Proverbi italiani raccolti e illustrati da N. C., Napoli 1869. Castellani L., Proverbi marchigiani, Martello, Milano 1973. Castelli R., Modi di dire e consuetudini religiose del popolo, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XXI, fasc. III, 1902. Casucci P., Chianciano e i suoi proverbi, stampato a cura dell’Autore, Chianciano 1990. Cella J., Modi di dire attinenti a cose di mare usati a Cherso, in ‘‘Pagine Istriane’’, vol. IV, 1906. Cella J., Modi di dire del volgare di Cherso, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XXIII, 1906. Cian V., ‘‘Motti’’ inediti e sconosciuti di Pietro Bembo, Merlo, Venezia 1888. Ciattini L., I modi di dire proverbiali di Ludovico Passarini, tesi di laurea discussa con il prof. B. Migliorini, Universita` di Firenze, Anno accademico 1979-1980. Cibotto G. A., Del Drago G., Proverbi romaneschi, Aldo Martello, Milano 1968. Cibotto G. A., Proverbi del Veneto, Aldo Martello, Milano 1966. Cocci G., Folclore della Versilia, V. Lischi & Figli, Pisa s.d. [contiene un repertorio di proverbi]. Consiglio A., Dizionario filosofico napoletano – Detti, motti e proverbi, G. e M. T. Benincasa, Roma 1971. Consolo S. G., Bellezze di modi comici e famigliari, ovvero Tesoretto di lingua e di popolare sapienza a grande utilita` de’ giovani, Tipografia Aurelj Giuseppe e comp., Ancona 1858. Conti G., Detti, motti e proverbi del vecchio Casentino, Grafiche Calosci, Cortona 1974. Contini C., Al So`v. Tradizioni popolari, proverbi, storia, personaggi del Carpigiano, Edizioni del museo delle tradizioni popolari di Carpi, Carpi 1972. Cornazzano A., De proverbiorum origine, Piacenza 1503.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 48 - 04/07/2007

XLIX

.

BIBLIOGRAFIA

Cornazzano A., Proverbi di messer Antonio Cornazzano in facetie, a cura di G. Raya, Libreria Tirelli di F. Guaitolini, Catania 1929. Corsi G. B., Blasone popolare dell’Antico Stato Senese, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XXI, fasc. I, 1902. Corsi G. B., Motti dialogati senesi, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XVII, fasc. II, 1898; vol. XVIII, fasc. IV, 1899. Corso R., Proverbi giuridici italiani, in ‘‘Rivista italiana di sociologia’’, fasc. V-VI, Roma 1916. Corso R., Wellerismi italiani, in ‘‘Folclore’’, vol. II, fasc. II-IV, 1947-1948. Cu`nsolo F., La gastronomia nei proverbi, Novedit, Milano 1970. Cuppari P., Proverbi agrari, in ‘‘Bullettino agrario’’ (Nuova serie), tomo XXIII, nº 5 del ‘‘Giornale agrario toscano’’, G. P. Vieusseux, Firenze 1849. Da Volturno L., La scienza pratica – Dizionario di proverbi e sentenze che a utile sociale raccolse il Padre L. d. V., Stampa a cura dell’Autore, Quaracchi (Firenze) 1894. Dacquati L., Parla`a nustra`an. Modi di dire in dialetto cremonese della rubrica di Radio Cremona ‘‘El canto`on del diale`t’’, Lo Sport Cremonese, Cremona 1979. Dal Pino C., Proverbi toscani illustrati, Libreria Scolastica di G. Scioldo, Torino 1879. Damas Alfonsi P., Proverbi e detti corsi, Robert, Marsiglia 1984. Damiani P., San Lorenzo Antico, Centro culturale ‘‘G. B. Pergolesi e R. Piccinini’’, San Lorenzo in Campo (Pesaro) 1991 [contiene un repertorio di proverbi locali]. De Backer G., Dictionnaire des proverbes franc¸ais, avec l’explication de leurs significations, et une partie de leurs origines, Brusselles 1710. De Barros A., Refranero espan˜ol, Ediciones ibe´ricas, Madrid s.i.d. De Castro M., Proverbi italiani illustrati con un discorso di Niccolo` Tommaseo, Libreria di Francesco Sanvito, Milano 1858. De Castro P., Modi di dire attinenti a cose marinare usati a Pirano, in ‘‘Pagine Istriane’’, vol. V, nn. 56, 1907. De Donno N. G., Prontuario salentino di proverbi amari, aspri, maliziosi, ironici, sarcastici, Congedo, Lecce 1991. De Falco R., Zooverbi cioe` gli animali nei proverbi napoletani, Colonnese, Napoli 1972. De la Me´sange`re P., Dictionnaire des proverbes franc¸ais, Paris 1823. Del Noce A., Proverbi intorno alla vite e al vino, Italia enologica e olearia, Roma 1898. De Mauri L., 5000 proverbi e motti latini, Hoepli, Milano 1979. De Mauri L., Regulae juris – Raccolta di 2000 regole del diritto, Hoepli, Milano 1949. De Nino A., Proverbi abruzzesi raccolti e illustrati da A. D. N., Vincenzo Forcella, L’Aquila 1877. Di Capua F., Sentenze e proverbi nella tecnica oratoria e loro influenza sull’arte del periodare, Napoli 1946. Di Giovanni G., Origine di alcuni proverbi e modi proverbiali castelterminesi, Forni, Bologna s.i.d. Di Mino C., Wellerismi, distici o motti?, in ‘‘Folklore’’, vol. III, fasc. I-II, gennaio-febbraio 1948. Dizionario delle citazioni, a cura di E. Barelli e S. Pennacchietti, Rizzoli, Milano 1997. Dizionario delle sentenze e dei proverbi, Mariotti, Milano 1992. Doumani J., Proverbes & fables traduits de l’arabe, Libraire de l’Oeuvre de Saint-Paul, Paris 1899. Duplessis M. G., La fleur des proverbes franc¸ais recueillis et annote´s, Passard, Libraire-E´diteur, Paris 1851. Erasmo da Rotterdam, Veterum maximeque insignium proemiarum, id est adagiorum collectanea, I. P. Alemannus, Parisiis 1500 [il volume comprende 818 proverbi, dotati di commento ed esplicazione. L’opera fu progressivamente rimaneggiata e aumentata dall’autore che la ristampo` anche a Venezia presso Aldo Manuzio]. Ettori F., Anthologie des expressions corses, Rivages, Marsiglia 1984. Falassi A., Proverbi toscani commentati, Il Vespro, Palermo 1979.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 49 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

L

Fanfani P., Cento proverbi e motti italiani d’origine greca e latina, Tipografia della Gazzetta del Tribunale, Firenze 1887. Fanfani P., Proverbi e motti italiani d’origine greca e latina, Genolini, Milano 1906. Fava F., Proverbi napoletani di tutti i tempi, Il Salice – Libreria Meravigli, Milano s.i.d. Felici S., Sapienza popolare in Val di Chiana, parole e cose che scompaiono, Edito dall’autore, Arezzo 1977 [contiene una parte dedicata ai proverbi]. Ferrando N. e I., I proverbi dei genovesi, illustrati da A. Mangini, Sagep, Genova 1977. Ferrara M., Per la storia del proverbio nel sec. XVI, Frate Benedetto da Firenze e la sua ‘‘Divisio proverbiosa’’, Tipografia Editrice Lucchese, Lucca 1925. Ferrario E., I principali proverbi relativi all’agricoltura, Tipografia del Riformatorio Patronato, Milano 1888. Ferraro G., Superstizioni, usi e proverbi monferrini, Luigi Pedone Lauriel, Palermo 1886. Ferrini A., Il dialogo di Salomone e Marcolfo, Editori del Grifo, Montepulciano 1994. Fiacchi L., Dei proverbi toscani. Lezione di L. F. [...], Dalla stamperia Piatti, Firenze 1820. Finbert E´.-J., Dictionnaire des proverbes du monde, Laffont, Paris 1965. Finzi G., Dizionario di citazioni latine ed italiane, Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1902. Foletti G., Campagna luganese – Vita, dialetto, detti, glossario dialettale, Fontana Print, Lugano 1982. Fontanelli G., Proverbi livornesi, La Fortezza, Livorno 1982. Forconi A., Le parole del corpo – Modi di dire, frasi proverbiali, proverbi antichi e moderni del corpo umano, Sugarco, Milano 1987. Fornari M., Li ditti antichi de lo popolo napulitano, Fiorentino, Napoli 1971. Fort F., Proverbi friulani commentati, Edizioni Il Vespro, Palermo 1979. Fortini A., Dicta praeceptaque juris, Gozzini, Firenze 1906. Franceschi G., Proverbi e modi proverbiali italiani, Hoepli, Milano 1908. Franceschi T., Il proverbio e l’API, in ‘‘Archivio glottologico italianano’’, vol. LXIII, fasc. 1-2, 1978. Frizzi G., Dizionario dei frizzetti popolari fiorentini, Lapi, Citta` di Castello 1980. Fumagalli G., Bibliografia paremiologica italiana, Luigi Pedone, Lauriel, Palermo 1887. Fumagalli G., Chi l’ha detto?, Hoepli, Milano 1958. Fumagalli G., L’ape latina, sentenze, proverbi, motti, divise, frasi e locuzioni, Hoepli, Milano 1936. Fu`rnari M., Li ditti antichi de lo popolo Napulitano, Fiorentino, Napoli 1971. Galanti B. M., Proverbi laziali commentati, Edikronos, Palermo 1981. Gatti G. M., Lingua e Grammatica, Zanichelli, Bologna 1915 [con breve repertorio di proverbi]. Genest E., Dictionnaire des citations, Fernand Nathan, Paris 1967. Ghedini Bortolotti F., Proverbi italiani spiegati al popolo, Treves, Milano 1869. Gherardini G., Voci e maniere di dire italiane indicati a’ futuri vocabolaristi, 2 voll., per G. B. Bianchi e co., Milano 1838-40. Ghirardini G., Motti e detti veneziani, Indirizzi Delfini, Milano s.i.d. Giacchi P., Dizionario del vernacolo fiorentino etimologico, storico, aneddotico, artistico aggiunte le voci simboliche, metaforiche e sincopate dei pubblici venditori, Bencini, Firenze 1878. Gianandrea A., Proverbi marchigiani, Forni, Bologna s.i.d. Gianeri E., Motti e proverbi piemontesi, Piemonte in bancarella, Torino 1976. Giovannetti P., Massime e Proverbi di un eremita, Tipografia del Tintorello, Napoli 1886. Giovine A., Bibbia barese, A. Giovine editore di se stesso, Bari 1962. Giovine A., Proverbi pugliesi, Martello, Milano 1970. Girardi E., Proverbi scelti, Sonzogno, Milano 1964.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 50 - 04/07/2007

LI

.

BIBLIOGRAFIA

Giusti G., Raccolta di proverbi toscani, con illustrazioni cavata dai manoscritti di Giuseppe Giusti ed ora ampliata ed ordinata, Firenze, Le Monnier 1853 (ristampa anastatica presso lo stesso editore 1993). Giusti G., Raccolta di proverbi toscani nuovamente ampliata da quella di Giuseppe Giusti e pubblicata da Gino Capponi, Le Monnier, Firenze 1871. Giusti G., Raccolta di proverbi toscani, Salani, Firenze 1911. Giusti G., Raccolta di proverbi toscani di G. G., con prefazione di A. Falassi, Il Vespro, Palermo 1981. Gleijeses V., I proverbi di Napoli, Societa` Editrice Napoletana, Napoli 1978. Gliozzi E., Raccolta di proverbi calabresi confrontati con i corrispondenti toscani, Palmaverde, Bologna 1967. Gotti A., Aggiunta ai Proverbi Toscani di Giuseppe Giusti, compilata per cura di Aurelio Gotti e corredata d’un indice generale dei proverbi contenuti nelle due raccolte, Le Monnier, Firenze 1855. Grandi R., Motti e detti romaneschi, Edizioni Delfo, Milano 1967. Gravisi G., Modi di dire attinenti a cose di campagna usati in Istria, in ‘‘Pagine Istriane’’, vol. VIII, 1908. Gravisi G., Modi di dire attinenti a cose di mare usati a Capodistria, in ‘‘Pagine Istriane’’, vol. III, 1905. Grifoni O., Proverbi umbri, Libreria ‘‘L’Appennino’’, Foligno 1943. Guastella S. A., Le parita` e le storie morali dei nostri villani, Piccitto & Antoci, Ragusa 1884. Harbottle T. B., Colonel Dalbiac P. H., Dictionary of Quotation (Italian), Swan Sonnenschein & Co., London 1909. Hayet A., Dictons et tirades des anciens de la voile, Denoe¨l et Steele, Paris 1934. Hazlitt W. C., English proverbes and proverbial phrases collected from the most authentic sources, London 1869. Hoyt’s, New Encyclopedia of Practical Quotations, completed revised and greatly enlarged by Kate Louise Roberts, Funk & Wagnalls Company, New York and London 1922. I Proverbi Milanesi, Stamperia Corbetta, Monscia [Monza 1838]. Il raccoglitore, Pubblicazione annuale della Societa` d’incoraggiamento nella Provincia di Padova, Co’ tipi di Angelo Sicca, Padova 1856 [contiene un repertorio di proverbi]. Jacovacci F., Eco Sabina, in ‘‘Il Folklore italiano’’, vol. VII, fasc. I-II, 1932. Jacovacci F., Eco Sabina, in ‘‘Il Folklore italiano’’, vol. VII, fasc. III e VI, 1932. La donna nei proverbi, Mondadori, Milano 1970. Lancia B., I detti del mangiare, 1738 proverbi segnalati da 1853 medici, commentati in chiave nutrizionale da B. Lancia, Editiemme, Milano 1988. Lapucci C., Animali e caccia nei proverbi, Editoriale Olimpia, Firenze 1983. Lapucci C., Cielo a Pecorelle – I segni del tempo nella meteorologia popolare, Garzanti-Vallardi, Milano 1992. Lapucci C., Come disse... Dizionario delle facezie proverbiali della lingua italiana, Valmartina, Firenze 1978. Lapucci C., Come fece quello che... Fatti celebri di sconosciuti nei detti proverbiali, Editori del Grifo, Montepulciano 1990. Lapucci C., Dizionario dei modi di dire della lingua italiana, Valmartina, Firenze 1969 (nuova ed. Garzanti-Vallardi, Milano 1994). Lapucci C., I monti della pioggia: un proverbio meteorologico e la sua eccezione, in ‘‘Studi piemontesi’’, vol. XVI, fasc. 2, 1987. Lapucci C., Proverbi e motti fiorentini, SP 44, Firenze 1993. Lapucci C., Proverbi, Proverbs, Proverbes, Sprichwo¨rter, Proverbios, in ‘‘Le lingue del Mondo’’, vol. XXI, aprile-settembre 1966. Lapucci C., Strutture e conflitti sociali nel sistema proverbiale italiano – Il contadino, la donna, il potere, la religione, in ‘‘Citta` e Regione’’, n. 11, 1976; 3, 1977; 5, 1977; 10-11, 1977.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 51 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LII

Lastri M., Proverbi toscani dei contadini, in Corso di agricoltura pratica, Pagani, Firenze 1787-1790. Lauri A., Wellerismi della media Valle del Liri, in ‘‘Folklore’’, vol. III, fasc. IV, Aprile 1948. Le dieci tavole dei proverbi, a cura di M. Cortelazzo, Neri Pozza, Vicenza 1995. Lo Forte G., Ad hoc – Motti e frasi d’ogni giorno, Sandron, Milano-Palermo-Napoli, s.i.d. Loi S., Proverbi sardi, Martello, Milano 1972. Lucarelli A., Saggio sui ditterii pugliesi, Soc. Tip. Pugliese, Bari 1923. Malecore I. M., Proverbi francavillesi, Olschki, Firenze 1974. Maloux M., Dictionnaire des proverbes, sentences et maximes, Larousse, Paris 1960. Mariani M., Proverbi campagnoli, R.E.D.A., Roma 1958. Martello A., Proverbi milanesi, Fratelli Fabbri, Milano 1981. Martello A., Proverbi piemontesi, Fratelli Fabbri, Milano 1981. Martı´nez Kleiser L., Refranero general ideolo´gico espan˜ol, Fundacio´n Conde de Cartagena, Madrid 1953. Mazzucchi P., Proverbi e modi proverbiali del Polesine, Tocchio, Badia Polesine 1913 (rist. anastatica Forni, Bologna 1981). Menarini A., Proverbi bolognesi, Martello, Milano 1971. Menicanti S., Spiller A., Guida ai detti lombardi, Sugar, Milano 1971. Miccolis P. M., Folklore salentino, Proverbi meteorologici, agricoli e detti inerenti, in ‘‘Lares’’, vol. XXXVII, fasc. I-II, 1970-71. Mille e settantaquattro proverbi milanesi, a cura di L. F., Presso Angelo Gatti, Milano s.i.d. Monosini A., Floris Italicae linguae libri novem, Apud Io. Guerilium, Venezia 1604. Morandi L., In quanti modi si possa morire in Italia, Torino 1893. Morandi L., Saggio di proverbi umbri raccolti ed illustrati da L. M., Tipografia C. Carradetti, Sanseverino Marche 1866. Morina E., Proverbi siciliani con l’aggiunta di un vocabolario siciliano-italiano, Filelfo, Tolentino 1960. Moro F., Proverbi lomellini, SAT, Roma 1977. Nanni P., Pisani P. L., Proverbi agrari toscani – Letteratura popolare, vita contadina e scienza agraria tra Sette e Ottocento, Accademia dei Georgofili, Societa` Editrice Fiorentina, Firenze 2003. Nardi G., Proverbi, frasi e modi proverbiali del ravennate, Imola 1922. Negro C., Uno studioso di proverbi meteorologici sul principio del 1800, in ‘‘Atti della Pontificia Accademia Romana dei nuovi Lincei’’, voll. LXIV-LXV, 1910-1912. Nieri I., Dei modi proverbiali toscani e specialmente lucchesi, Tipografi Giusti, Lucca 1893. Nieri I., Parole e modi propri del parlare lucchese derivati dalla Bibbia e dal rito ecclesiastico, a cura di G. Lera, Azienda grafica lucchese, Lucca 1966. Nieri I., Proverbi Toscani specialmente lucchesi, a cura di G. Lera, Azienda grafica lucchese, Lucca 1965. Otto A., Die Sprichwo¨rter und sprichwo¨rtlichen Redensarten der Ro¨mer, Leipzig 1890. Pagani S., I proverbi milanesi raccolti e annotati da Severino Pagani con l’aggiunta dei piu` caratteristici modi di dire del dialetto Milanese, Ceschina, Milano 1943. Palazzi F., Spaventa Filippi S., Il libro dei mille savi – 8000 massime, pensieri, aforismi, paradossi..., Hoepli, Milano 1943. Pallini M., Guida ai detti abruzzesi, Sugar, Milano 1971. Panckoucke J., Dictionnaire des proverbes franc¸ais, et des fac¸ons de parler comiques, burlesques et familie`res, Chez Savoye, Paris 1758. Panzini M., Proverbi, locuzioni, espressioni e gergo del vernacolo anconitano, Fogola, Ancona 1980. Pasqualigo C., Raccolta di proverbi veneti, 3ª edizione, Zoppelli, Treviso 1882. Pauli S., Modi di dire toscani ricercati nella loro origine, appresso Simone Occhi, Venezia 1740.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 52 - 04/07/2007

LIII

.

BIBLIOGRAFIA

Pavanello M., Proverbi, riboboli e detti proverbiali o sentenziosi raccolti e brevemente illustrati, per Giovanni Rossi, Vicenza 1794. Pecori G., Guida all’arguzia erotica nei proverbi, Sugarco, Milano 1973. Pedronzani E., Proverbi e detti popolari dell’Istria, Del Bianco, Udine 1954. Pellandini V., Tradizioni popolari ticinesi, Grassi & C., Lugano 1911. Pescetti O., Proverbi italiani raccolti per Orlando Pescetti, In Grazia Del molto Illust. Signor il Sig. Conrado a Hobergk gentiluomo Tedesco, presso Girolamo Discepolo, Verona 1598 (rist. anastatica a cura di C. Lapucci, D’Anna, Firenze 1993). Pescetti O., Proverbi italiani. Raccolti, e ridotti sotto a certi capi, e luoghi communi per ordine d’alfabeto... Di nuovo con somma diligenza corretti, e ristampati, appresso Sebastiano Combi, Venezia 1611. Pescetti O., Proverbi italiani. Raccolti e ridotti a certi capi et luoghi communi per ordine d’alfabeto di nuovo ristampati, per Giacomo Sarzina, Venezia 1611. Petri A., Proverbi illustrati, G. Meucci, Livorno 1877. Petrocchi Corradini L., Modi di dire, modi di fare, Maria Pacini Fazzi, Lucca 1982. Pico Luri di Vassano (Ludovico Passarini), Modi di dire proverbiali e motti popolari, Tipografia Tiberina, Roma 1875. Pico Luri di Vassano (Ludovico Passarini), Saggio di modi di dire proverbiali e motti popolari italiani spiegati e commentati da P. L. d. V., Tipografia Sinimberghi, Roma 1872. Pinguentini G., Nuovo dizionario del dialetto triestino, Storico, Etimologico, Fraseologico, Cappelli, Bologna 1969 [contiene un repertorio di proverbi]. Pitre` G., Ancora altri motti dialogati siciliani, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XIX, fasc. VI, 1900. Pitre` G., Ancora modi proverbiali e motti storici di Palermo, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XX, fasc. VI, 1901. Pitre` G., Proverbi siciliani raccolti e confrontati con quelli degli altri dialetti d’Italia, 4 voll., Clausen, Palermo 1870-1913. Pitre` G., Proverbi, motti e scongiuri del popolo siciliano, Torino 1910. Pittano G., Dizionario dei modi di dire, proverbi e locuzioni, Zanichelli, Bologna 1992. Pozzoli G., Romani F., Peracchi A., Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo, 8 voll., Stamperia Vignozzi, Livorno 1824. Predonzani L., Proverbi e detti popolari dell’Istria, Del Bianco, Udine 1954. Procacci P., Proverbi agrari, Cappelli, Rocca di San Casciano 1889. Proto R., Saggezza popolare calabrese. Proverbi e modi di dire del Roventino, Rubettino, Cosenza 1986. Proverbi e modi di dire trascritti e illustrati da bambini italiani e stranieri, a cura di M. Maroni Lumbroso, Fondazione E. Besso, Roma s.i.d. Quitard P. M., Dictionnaire e´tymologique, historique et anecdotique des proverbes, P. Bertrand Libraire-E´diteur, Paris 1842. Quitard P. M., Proverbes sur les femmes, l’amitie´, l’amour et le mariage, Garnier Fre`res, Paris 1861. Raimondi P., Proverbi genovesi, Martello, Milano 1968. Rapelli G., Pillole di saggezza popolare, Demetra, Colognola ai Colli (Verona), 2000. Rat M., Dictionnaire des locutions franc¸aises, Larousse, Paris 1957. Restelli E., I proverbi milanesi raccolti, ordinati e spiegati per cura di Eugenio Restelli coll’aggiunta delle frasi e de’ modi proverbiali piu` in uso del dialetto milanese, Alfredo Brigola e C., Milano 1885. Richelmy T., Proverbi piemontesi, Martello, Milano 1967. Ridolfi L., Cuppari O., De Cambray-Digny, F. Carega, Annuario agrario, a spese dell’Editore, Firenze 1859 [contiene diversi proverbi agricoli commentati]. Roberts K. L., Hoyt’s New Cyclopedia of Practical Quotations, London 1922. Roncoroni F., La saggezza degli antichi, Mondadori, Milano 1993.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 53 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LIV

Roos P., Sentenza e proverbio nell’antichita` e i ‘‘Distici di Catone’’, Morcelliana, Brescia 1984. Rossi Ferrini U., Proverbi agricoli, Casa Editrice ‘‘I fermenti’’, Firenze 1931. Rotondo A.,’A vita e` ’nu ’mbruo`glio, Franco di Mauro, Sorrento 1991. Rotondo A., Bbuono sı`, ma fesso no, Franco di Mauro, Sorrento 1989. Rotondo A., Da capa o pere, Franco di Mauro, Sorrento 1989. Rotondo A.,’O Diavulo e l’Acqua Santa – Proverbi, detti, wellerismi, modi di dire, Franco di Mauro, Sorrento 1991. Rotondo A., Proverbi napoletani, ovvero, la filosofia d’un popolo, Franco di Mauro, Sorrento 1993. Rotta P., Raccolta di frasi, proverbi... in dialetto milanese, s.i.ed., Milano 1893. Ruggeri A. P., Enciclopedia dei proverbi e dei detti celebri, De Vecchi, Milano 1969. Sada L., Scorcia C., Guida ai detti baresi e pugliesi, Sugar, Milano1972. Salomon et Marcolfus, a cura di W. Benary, Winter, Heidelberg 1914. Salvante A. R., Proverbi calitrani, Edizioni ‘‘Il Calitrano’’, Firenze 1986. Samarani B., Proverbi lombardi raccolti e illustrati da prof. S. B., Tipografia Guglielmini, Milano 1858 [quindi presso Gaetano Brigola, Milano1870]. Santoro C., Proverbi milanesi, Martello, Milano 1966. Schwamenthal R., Straniero M. L., Dizionario dei proverbi italiani, Rizzoli, Milano 1991. Scotti G., I mesi dell’anno nei proverbi istriani, Lint, Trieste 1972. Sebesta G., Tassoni G., Proverbi trentini, ladini, altoatesini, Bulzoni, Roma 1986. Sebezio, Motti e detti napoletani, Editoriale Delfini, Milano1967. Seglie G., 4300 proverbi piemontesi, Torino 1913. Selene A., Dizionario dei proverbi, Pan, Milano 1993. Sella A., Raccolta di proverbi e detti popolari biellesi, Centro Studi Biellesi, Biella 1970. Seminati P. F., Proverbj latini ed italiani scelti a comodo degli studiosi e scrittori in ambe le lingue, Tipografia Molinari, Venezia 1825. Sentenze, motti e proverbi latini brevemente illustrati – Supplemento al Vocabolario CampaniniCarboni, Paravia, Torino 1935. Serdonati F., Proverbi italiani, opera inedita in quattro volumi manoscritti che si trovano alla Biblioteca Laurenziana di Firenze. Copia del sec. XVII, dall’originale, forse scomparso, della Bibilioteca Barberini. Una copia di questa copia si trova alla Biblioteca Nazionale di Firenze in 3 voll., e un’altra presso l’Accademia della Crusca. Per ora ne sono state pubblicate solo piccole parti (progetto di pubblicazione integrale in corso presso l’Accademia della Crusca). Seves F., Proverbi piemontesi, in ‘‘Rivista delle tradizioni popolari italiane’’, vol. II, fasc. I, 19041905. Siliprandi O., Aforismi del dialetto reggiano sul tema e sulle stagioni, Stabilimento Tipografia Artigianelli, Reggio Emilia 1938. Smith W. G., The Oxford Dictionary of the English Proverbs, Clarendon, Oxford 1957. Spagnol E., Il libro delle citazioni, Vallardi, Milano 1983. Spallicci A., Proverbi romagnoli, Martello, Milano 1967. Speroni C., Proverbi che si trovano nel dizionario del Petrocchi e non nella raccolta del Giusti, in ‘‘Folklore’’, vol. V, fasc. III e IV, ottobre 1950, marzo 1951. Speroni C., The Italian Wellerism to the End of the Seventeenth Century, University of California, Berkeley-Los Angeles 1953. Speroni C., Wellerismi tolti dai proverbi inediti di Francesco Serdonati, in ‘‘Folklore’’, vol. VI, fasc. III, aprile-settembre 1949. Spezzano F., Guida ai detti calabresi, Sugar, Milano 1972. Spezzano F., Proverbi calabresi, Martello, Milano 1970. Staglieno M., Proverbi genovesi con i corrispondenti in latino e in diversi dialetti d’Italia, raccolti da M. S., Presso Gerolamo Filippo Garbarino Editore-libraio, Genova 1869.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 54 - 04/07/2007

LV

.

BIBLIOGRAFIA

Strafforello G., La sapienza del mondo, 3 voll., Augusto Federico Negro, Torino 1883. Supplemento linguistico 1981-1984, Universita` degli studi di Urbino, Urbino 1985. Tanini F., La donna secondo il giudizio dei dotti e dei proverbi di tutti i popoli, Bianco e Filippo Fratelli Tanini, Prato 1884. Targioni I., I miei ricordi d’infanzia, ovvero i proverbi di Mamma Giuditta, Targioni-Polli, Firenze 1912. Tassoni G., Proverbi e indovinelli del folclore mantovano, Olschki, Firenze 1955. Tassoni G., Proverbi lombardi commentati, Edikronos, Palermo 1981. Tassoni G., Proverbi mantovani, Bottazzi, Suzzara (Mn) 1992. Taylor A., The Proverbs and an Index to the Proverbs, Denrnark 1962. Tentori T., Recupero J., Proverbi toscani, Grafica Editrice, Roma 1959. Tiraboschi A., Raccolta di proverbi bergamaschi, Tipografia Fratelli Bolis, Bergamo 1875. Torquato, Motti e detti milanesi, Indirizzi Delfini, Milano 1966. Tosi R., Dizionario delle sentenze latine e greche, Rizzoli, Milano 1991. Tucci G., Dicette Pulicenella..., Silva, Milano 1966. Ungarelli G., Proverbi bolognesi, ASTP, pagg. 157-160 e 390-396, Vol. X, 1891. Ungarelli G., Saggio di una raccolta di proverbi in dialetto bolognese, pp. 1-40 e 266-312, estratto di ‘‘Atti e memorie della Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna’’, terza serie, vol. X, 1892. Valla F., Proverbi e detti proverbiali tratti dal codice manoscritto 2085 della Biblioteca Angelica di Roma, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. XXI, fasc. III, 1902. Valsecchi Pontiggia L., Proverbi di Valtellina e Valchiavenna, Bissoni, Sondrio 1969. Vannucci A., Proverbi latini illustrati, 2 voll., Tipografia Editrice Lombarda, Milano 1880. Vassalli M., Motti, aforismi e proverbi maltesi, Stampato per l’Autore, Malta 1828. Va´tova G., Saggio sui proverbi istriani, Istituto Tipografico Editoriale San Nicolo`, Venezia 1954. Vignali A., Lettera piacevole in proverbi dell’Arsiccio Accademico intronato, Pietro e Agostino Discepoli, Viterbo 1619 (edizione elettronica on line a cura di T. Flonta, 1995, sul sito www.deproverbio.com). Volpi G., Saggio di voci e maniere del parlar fiorentino, Sansoni, Firenze 1932. Volpini C., 516 proverbi sul cavallo, Hoepli, Milano 1896. Walther H., Lateinische Sprichwo¨rter und Sentenzen des Mittelalters in alphabetischer Anordnung, IV, Vandenhoek & Ruprecht, Go¨ttingen 1963-1967 Walther H., Lateinische Sprichwo¨rter und Sentenzen des Mittelalters und der fru¨hen Neuzeit, I-III, Vandenhoek & Ruprecht, Go¨ttingen 1982-1986 Werner J., Lateinische Sprichwo¨rter und Sinnspru¨che des Mittelalters, Carl Winter’s Univesita¨tsbuchhandlung, Heidelberg 1912. Woole´ver A., Encyclopaedia of Quotations – A Treasury of Wisdom, Wit and Humor, odd Comparisons and Proverbs, David McKay Publisher, Filadelfia 1876. Zanazzo G., Proverbi romaneschi, modi proverbiali e modi di dire, Staderini, Roma 1960. Zanzotto S., Proverbi pavani, Scheiwiller, Milano 1967. Zavatti S., Proverbi meteorologici raccolti nel maceratese, in ‘‘Lares’’ 1970-71. Zeppini Bolelli A., Proverbi italiani, Salani, Firenze 1989.

Principali opere di consultazione AA. VV., Dizionario del dialetto cremonese, Libreria del Convegno, Cremona 1976. AA. VV., L’Enciclopedia delle erbe, Zanichelli, Bologna 1990. Acocella G., Dizionario del dialetto calitrano, Stampato a cura de ‘‘Il Calitrano’’, Firenze 1988.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 55 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LVI

Affronti F., Atmosfera e meteorologia, Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Aeronautica, Roma 1976. Ageno F., Premessa a un repertorio di frasi proverbiali, in Romance Philology, vol. XIII, n. 3, febbraio 1960. Alamanni L., La coltivazione e L’api di Giovanni Rucellai, Presso Giuseppe Formigli, Firenze 1830. Altamura A., I cantastorie e la poesia popolare italiana, Fiorentino, Napoli 1965. Andreoli R., Vocabolario napoletano-italiano, Berisio Editore, Napoli 1966. Antoni A. M., Lapucci C., Erbolario familiare – Storia delle erbe, Ponte alle Grazie, Firenze 1994. Archivio per lo studio delle tradizioni popolari (A. S. T. P.), Rivista trimestrale diretta da G. Pitre` e S. Marino, Clausen, Palermo-Torino 1882-1909. Ardano Ascetti, vedi Casotti A. A. Arlia C., Voci e maniere della lingua viva raccolte da C. A., Carrara, Milano 1895. Arrighini A., Le feste cristiane nella teologia, storia, liturgia, arte, folklore, 2 voll., Marietti, TorinoRoma 1936. Babudri F., Il calendario istriano, in ‘‘Pagine istriane’’, vol. XI, 1913. Balladoro A., Il folklore veronese, Verona 1896, Forni, Bologna 1968. Bargagli G., Dialogo de’ Giuochi che nelle vegghie sanesi si usano fare, per Luca Bonetti, Siena 1572 (ed. moderna Accademia senese degl’Intronati, Siena 1982). Basi A., L’aretino – Piccolo vocabolario, Calosci, Cortona 1987. Battaglia S., vedi GDLI. Battisti C., Alessio G., Dizionario etimologico italiano, 5 voll., Barbe`ra, Firenze 1950-1957. Bellucci G., Amuleti italiani antichi e moderni, Il Vespro, Palermo 1980. Bencista` A., Vocabolario della Valdigreve, Polistampa, Firenze 1992. Bernoni D. G., Leggende popolari veneziane, Filippi, Venezia 1968. Bernoni D. G., Tradizioni popolari veneziane – Racconti, leggende, fiabe, usi, canti, indovinelli, ecc., Filippi, Venezia 1977. Bessi P., Le strutture del proverbio monofrastico – Analisi di millecinquecento formule tratte dall’Atlante Paremiologico Italiano, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2004. Boerio G., Dizionario del dialetto veneziano, Premiata Tipografia di Giovanni Cecchini, Venezia 1856. Bongioanni D., Dizionario dei paragoni in aiuto dei predicatori e dei catechisti, Tipografia Subalpina, Torino 1888. Borgatti M., Folklore emiliano raccolto a Cento, Olschki, Firenze 1968. Bragagli A. G., Pulcinella, Sansoni Editore, Firenze 1982. Brandozzi I., Dizionario dialettale di Ascoli Piceno e territori limitrofi, Grafiche Cesari, Ascoli Piceno 1983. Breindl E., L’erborista di Dio – Santa Ildegarda mistica di Dio, Paoline, Milano 1989. Bruttini A., Alla ricerca delle parola perdute. Il vocabolario dei nostri nonni, Il leccio, Siena 1989. Burgio A., Dizionario delle superstizioni, Ceschina, Milano 1965. Cagliaritano U., Vocabolario senese, Barbe`ra, Firenze 1975. Cairo G., Dizionario ragionato dei simboli, Forni, Bologna 1967. Canestrini G., Asprea V., Marinelli O., Apicoltura, Hoepli, Milano 1940. Cantoni G., Enciclopedia agraria italiana, 8 voll., Unione Tipografico-Editrice, Torino 1880. Cappelli A., Cronologia, Cronografia del Calendario Perpetuo, dal principio dell’Era Cristiana ai giorni nostri, Hoepli, Milano 1930. Cappuccini G., Migliorini B., Vocabolario della lingua italiana, G. B. Paravia Editore, Torino 1965. Carena G., Nuovo vocabolario italiano d’arti e mestieri, Francesco Pagnoni, Milano s.i.d. Casotti A. A., [edito con l’anagramma Ardano Ascetti], La Celidora, ovvero il governo del Malmantile, composto dal Conte Ardano Ascetti, Firenze 1734.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 56 - 04/07/2007

LVII

.

BIBLIOGRAFIA

Casti G., Gli animali parlanti, 2 voll., a spese dell’Editore, Palermo 1848. Caterini F., Ugolini L., Dizionario dialettale degli uccelli d’Italia, Diana, Firenze 1938. Cherubini F., Vocabolario milanese-italiano, Dall’Imp. Regia Stamperia, Milano 1841. Chevalier J., Gheerbrant A., Dictionnaire des Symboles, Robert Laffont/Jupiter, Paris 1969. Chiappini F., Vocabolario romanesco, Edizione postuma delle schede a cura di B. Migliorini, C. E. Leonardo da Vinci, Roma 1933. Chitarella, Revole de iocare a pavare lo Mediatoere e Trassette dello sio Chitarrella co na jonta de lo juoco d’o scopone, Nicola Moneta, Milano 1937. Cinti D., Dizionario delle parole difficili, Sonzogno, Milano 1940. Cocci G., Vocabolario versiliese, Barbe`ra, Firenze 1956. Conti M. N., Ricco A., Dizionario spezzino, Accademia lunigianese di Scienze Giovanni Capellini, La Spezia 1975. Cocchiara G., Il Diavolo nella tradizione popolare italiana, Palumbo, Palermo 1945. Cocchiara G., Storia del folklore in Europa, Einaudi, Torino 1954. Cocchiara G., Storia del folklore in Italia, Sellerio Editore, Palermo 1981. Coltro D., Paese perduto — La cultura dei contadini veneti, 5 voll., Bertani, Verona 1976. Cortelazzo M., Parlare fascista, in: AA. VV., ‘‘Parlare fascista – Lingua del fascismo, politica linguistica del fascismo’’, Atti del Convegno di Genova 22-24 marzo 1984. Cortelazzo M., Zolli P., Dizionario etimologico della lingua italiana, 5 voll., Zanichelli, Bologna 1988. Cortesi F., Botanica farmaceutica, UTET., Torino 1919. Dal Bosco F. di Valdebiadene, detto il Castagnaro, La prattica dell’infermiero, Per Giovan Batista Merlo, Verona 1664. D’Ambra R., Vocabolario Napolitano-Toscano, domestico di arti e mestieri, A spese dell’Autore, Napoli 1873. Dizionario dei Santi, UTET, Torino 1953 [TEA 1989]. Dauzat A., Dictionnaire e´timologique de la langue franc¸aise, Librairie Larousse, Paris 1938. De Bellis A., Apice nel dialetto, B&B, Torrita di Siena 1990. De Bourcard F., Usi e costumi di Napoli, Longanesi, Milano 1977. De Falco R., Del parlar napoletano – Manualetto per tutti, Colonnese Editore, Napoli 1997. De Gubernatis A., Le tradizioni popolari di S. Stefano a Calcinaia, Folzoni e C. Tipografi del Senato, Roma 1894. Del Carlo Q., Il primo vocabolario viareggino, a cura di R. Righini, Tipografia Massarosa, Lucca 1984. Della raccolta de’ secreti di Madama Fochetti per sanare, dirimere infermita` esterne molto comuni, inveterate e difficili da guarire, Per il Prodocimo, Venezia 1697. De Mauri L. (Ernesto Sarasino), 5000 proverbi e motti latini, Hoepli, Milano 1990. De Nino A., Tradizioni popolari abruzzesi, 2 voll., Japatre, L’Aquila 1970. De Toni E., Il libro dei Semplici di Benedetto Rinio, ‘‘Memorie della Pontificia Accademia delle Scienze’’ s. II, vol. V, 1919, pp. 171-279; vol. VII, 1924, pp. 275-398; vol. VIII, 1925, pp. 123-264. Dizionario dei Santi, UTET 1953 [TEA 1989]. Dizionario del Dialetto Cremonese, Libreria del Convegno, Cremona 1976. Dizionario enciclopedico italiano dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma 1955, 12 voll. e appendici. Dizionario Enciclopedico Moderno, 4 voll., Labor, Milano 1940. Dizionario geografico portatile, del Sig. Brouckner, geografo del Re Cristianissimo, a spese Remondini di Venezia 1794. Durante Da Gualdo C., Il tesoro della sanita`, Serra e Riva, Milano 1982. Eliade M., Trattato di storia delle religioni, Einaudi, Torino 1957.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 57 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LVIII

Enciclopedia delle Scienze De Agostini, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1981. Enciclopedia illustrata delle piante medicinali, Vallardi I. G., Lainate (Mi) 1990. Enciclopedia Motta di Scienze naturali, Motta, Milano 1961-64. Ercolani L., Vocabolario romagnolo-italiano, Monte di Ravenna, Ravenna 1960. Errori e pregiudizi popolari, Sonzogno, Milano 1887. Falabrino G., A dir le mie virtu` – 100 anni di slogan pubblicitari, Vallardi, Milano 1992. Falcucci F. D., Vocabolario dei dialetti della Corsica, Societa` storica sarda, Cagliari 1915. Fanfani P., Il Vocabolario novello della Crusca, Libreria Editrice di Paolo Carrara, Milano 1876. Fanfani P., Vocabolario della lingua italiana, Successori Le Monnier, Firenze 1886. Fanfani P., Vocabolario dell’uso toscano, Barbe`ra, Firenze 1863 (rist. anastatica con prefazione di G. Ghinassi, Le Lettere, Firenze 1976). Fanfani P., Voci e maniere del parlar fiorentino, Tipografia del Vocabolario, Firenze 1870. Fatini G., Vocabolario amiatino, Barbe`ra, Firenze 1953. Felici S., Sapienza popolare in Val di Chiana: parole e cose che scompaiono, Stampato a cura dell’Autore, Arezzo 1977. Felici S., Vocabolario cortonese, Edito dall’Autore, Arezzo 1985. Ferrari C. E., Vocabolario bolognese-italiano colle voci francesi corrispondenti, compilato da C. E. F., Tipografia della Volpe, Bologna 1835. Ferraris S., La meteorologia nei proverbi e pronostici popolari, in ‘‘Bollettino della R. Deputazione Subalpina di Storia patria’’, Novara 1935. Ferraro G., Da Tabarka a S. Pietro nasce Carloforte, Musanti, Cagliari 1989. Ferraro G., Folklore dell’agricoltura, in ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, vol. X, 1891 (estratto). Ferrero E., I gerghi della malavita dal ’500 a oggi, Mondadori, Milano 1972. Fidi A., Erbe e piante medicinali, Fratelli Melita, La Spezia 1988. Figuier L., Conosci te stesso, Fratelli Treves, Milano 1885. Figuier L., Storia delle piante, Fratelli Treves, Milano 1882. Fileni M., La medicina popolare nelle Marche Centrali, Gesp, Poggio San Marcello (An) 1990. Fileni M., Tradizioni agricole, Gesp, Poggio San Marcello (An) 1990. Finamore G., Credenze, Usi e Costumi abruzzesi, Libreria internazionale L. Pedone Lauriel, Palermo 1890. Fiori A., Iconographia Florae Italianae, tip. Ricci, Firenze 1933. Fiori A., La nuova flora analitica d’Italia, tip. Ricci, Firenze 1923-29. Flammarion C., Astronomie populaire, Marpon et Flammarion, Paris 1881. Flammarion C., L’Atmosphe`re, Librairie Hachette, Paris 1873. Flammarion C., Le stelle – Curiosita` del cielo, Sonzogno, Milano 1904. Folklore, Rivista di tradizioni popolari diretta da R. Corso, Napoli 1946-1969. Foresti L., Vocabolario piacentino-italiano, Tip. Francesco Solari, Piacenza 1882. Fresa A., La luna, Hoepli, Milano 1933. Fucigna A.,’L Cararin, Artigianelli, Pontremoli 1968. Gabrieli F., Storia della letteratura araba, Nuova Accademia, Milano 1962. Galanti B. M., Mondo popolare nella ‘‘Corografia’’ di A. Zuccagni Orlandini, Bulzoni, Roma 1979. Garzoni T., La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Einaudi, Torino 1996. Gatto Trocchi C., Magia e medicina popolare in Italia, Newton Compton, Roma 1983. GDLI = Battaglia S., Grande dizionario della lingua italiana, UTET, Torino 1961-2002. Geroldi L., Vocabolario del dialetto di Crema, Tipolito Ugge`, Crema 2004. Gigli G., Vocabolario cateriniano, Parte I e II, Giuliani, Firenze 1866.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 58 - 04/07/2007

LIX

.

BIBLIOGRAFIA

Gigli G., Superstizioni, pregiudizi e tradizioni di Terra d’Otranto, Barbe`ra, Firenze 1893. Giglioli G., Trattato elementare della geografia di A. Balbi, compilato su di un nuovo piano da Giuseppe Giglioli, presso Glauco Mosi & C., Firenze 1836. Ginobili G., Demonologia marchigiana, Tipografia Maceratese, Macerata 1969. Ginobili G., Indovinelli, scioglilingua e proverbi marchigiani, Tipografia Maceratese, Macerata 1960. Ginobili G., Tradizioni popolari marchigiane, Tipografia Maceratese, Macerata 1968. Gizzi C., L’astronomia nel poema sacro, 2 voll., Loffredo, Napoli 1974. Gori L., Lucarelli S., Vocabolario pistoiese, Societa` pistoiese di Storia Patria, Pistoia 1984. Graf A., Miti, leggende, superstizioni del Medioevo, Torino 1925 (rist. anastatica Forni, Bologna 1964). Grande Dizionario dei Santi, Piemme, Casale Monferrato 1990. Grani d’esperienza, E. Sonzogno Editore, Milano s.i.d. Grechi Aversa G., Le parole ritrovate. Terminologia rustica di Poppi nel Casentino, s.i.ed., Firenze 1996. Gribaudo G., Dissionari piemonte`is, Editip, Torino 1983. Herbarium Apulei, 1481, Edizioni Il Polifilo, Milano 1979. Herbolario volgare, 1522, Edizioni Il Polifilo, Milano 1979. Hogben L., La matematica nella storia e nella vita, 2 voll., Editore Hoepli, Milano 1939. I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli Medico Sanese, ne i sei libri della Materia Medicinale di Pendaccio Dioscoride Anazarbeo, nella Bottega d’Erasmo, appresso V. Valgrifi & B. Costantini, Venezia 1557. Il Fisiologo, a cura di F. Zambon, Adelphi Edizioni, Milano 1975. Il folklore italiano, Archivio per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane, diretto da R. Corso, Catania 1925-1935. Il libro delle Furbizie – La strategia politica degli arabi, a cura di R. R. Khawam, Edizioni il Brigantino, Ravenna 1980. Il tesoro nascosto, o La vera cabala del lotto, Casa Editrice Bietti, Milano 1872. Il vero libro dei segreti della natura, ossia manuale enciclopedico, Luigi Cioffi Editore-Librajo, Milano 1863. Il vero libro dei Sogni, ossia, l’Eco della Fortu, Nuova edizione composta col sistema rutiliano, Salani, Firenze 1892. Il vero libro della Natura, ossia Manuale enciclopedico, Luigi Cioffi Editore-Librajo, Milano 1863. Iprimi G. L. [Luigi Comparini], Frammenti rimasti della tempimensura popolaresca reggiana, Libreria Nironi & Prandi, Reggio Emilia 1940. Jeux et sapience du Moyen Age, Bibliothe`que de la Ple´iade, par A. Pauphilet, Gallimard, Paris 1951. Kappler C., Demoni, mostri e meraviglie alla fine del Medioevo, Sansoni, Firenze 1983. La leggenda di Dante – Motti, facezie e tradizioni del secoli XIV-XIX, Introd. di G. Papini, Carabba, Lanciano 1911. La Patria nei canti dei poeti italiani, Sonzogno, Milano 1882. La Sorsa S., Caccia e cacciatori nei proverbi delle diverse regioni d’Italia, in ‘‘Folklore’’, vol. III, fasc. I-II, 1948. La Sorsa S., Calendario agricolo popolare, Bari 1951. La Sorsa S., Folklore marinaro di Puglia, in ‘‘Lares’’, 1931. Lacroix P., Science and Literature in the Middle Ages, Bickers & Son, London s.i.d. Lancellotti A., Feste tradizionali, Societa` Editrice Libraria, 2 voll., Milano 1951. Landes D. S., Storia del tempo, Mondadori, Milano 1984. Lapidario estense, a cura di P. Rommasoni, Bompiani, Milano 1990. Lapucci C., Dizionario dei modi di vivere del passato, Ponte alla Grazie, Firenze 1996.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 59 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LX

Lapucci C., Dizionario delle figure fantastiche della tradizione popolare italiana, Garzanti Vallardi, Milano 1991. Lapucci C., Dal volgarizzamento alla traduzione, Valmartina, Firenze 1983. Lapucci C., Indovinelli italiani, Vallardi, Milano 1994. Lapucci C., Introduzione allo studio delle tradizioni popolari, Polistampa, Firenze 2001. Lapucci C., La Bibbia dei poveri, Mondadori, Milano 1965. Lapucci C., La parlata di Montepulciano e dintorni, Editori del Grifo, Montepulciano 1988. Lapucci C., L’era del focolare – Saggi, Ponte alle Grazie, Firenze 1991. Lapucci C., Antoni A. M., Erbolario familiare – Storia delle erbe, Ponte alle Grazie, Firenze 1994. Letteratura e poesia dell’antico Egitto, a cura di E. Bresciani, Einaudi, Torino 1969. Liber usualis pro dominicis et festis cum cantu gregoriano, Typis Societatis S. Joannis Evangelistae, Romae 1939. Libro di cucina del secolo XIV, a cura di Ludovico Frati, Raffaello Giusti, Livorno 1899. Lindenberger J. M., The Aramaic Proverbs of Ahiquar, J. Hopkins University, Baltimore 1983. Lodi G., Piante officinali italiane, Edagricole, Bologna 1986. Lurati O., Storia della lingua e antropologia delle locuzioni italiane ed europee, Clueb, Bologna 2004. Maffei A., La luna e l’agricoltura, in ‘‘Folklore’’, fasc. I-IV, 1942. Maffei A., Un’eccezione alle regole lunari, in ‘‘Folklore’’, fasc. I, 1946-47. Magenta N., Vocabolario del dialetto di Novi Ligure, Arti Grafiche Novesi, Novi Ligure 1984. Malagoli G., Vocabolario pisano, Presso la R. Accademia della Crusca, Firenze 1939. Malenotti I., L’agricoltore istruito dal padron contadino e dai manuali del cultore di piantonaie, del vignaiolo e del pecoraio del proposto Ignazio Malenotti, Presso E. Pacini Tipografo-editore, Colle 1840. Manni Domenico M., Le veglie piacevoli, ovvero, Notizie de’ piu` bizzarri, e giocondi uomini toscani, 4 voll., Nel Negozio Zatta, Venezia 1762-1763. Manno G., Della fortuna delle frasi – Libri tre, Presso l’Unione tipografico-editrice, Torino 1886. Manno G., Della fortuna delle parole, Le Monnier, Firenze 1855. Manuzzi G., Vocabolario della lingua italiana, 4 voll., appresso David Passigli e socij, Firenze, 183340. Martirologio Romano, Libreria editrice vaticana, Roma 1959. Martyrologium romanum Gregorii XIII, Typis Poliglottis Vaticanis, Romae 1923. Mattesini E., Ugoccioni N., Vocabolario del dialetto del territorio orvietano, Opera del Vocabolario dialettale umbro, Perugia 1992. Mattioli P. A., vedi I Discorsi di M. Pietro... Mazzel sac. M., Dizionario ladino fassano (caze´t)-italiano, Istituto Culturale Ladino, Vigo di Fassa 1976. Medicina Salernitana, id est, conservandae bonae valetudinis praecepta, cum luculenta et succincta Arnoldi Villanoviani in singula capita exsegesi, Per Iohannem Curionem recognita & repurgata, apud F. Chouet, Monspessuli 1622. Menarini A., Ai margini della lingua, Sansoni, Firenze 1947. Menarini A., Profili di vita italiana nelle parole nuove, Le Monnier, Firenze 1951. Migliorini B., Storia della lingua italiana, Sansoni, Firenze 1962. Mortillaro V., Nuovo dizionario siciliano-italiano, terza ed., Forte Anelli, Palermo 1881. Motti e facezie del Piovano Arlotto, a cura di G. Folena, Ricciardi, Milano-Napoli 1953. Nardelli G. M., Cultura e tradizione. Demomedicina nell’alta Umbria, Perugia 1987. Negro C., La meteorologia nel folklore, in ‘‘Memorie della Pont. Acc. dei Nuovi Lincei’’, vol. XXIX, 1911; vol. XXX, 1912. Nerucci G., Saggio di uno studio sopra i parlari vernacoli della Toscana, Fajini, Milano 1865.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 60 - 04/07/2007

LXI

.

BIBLIOGRAFIA

Nieri I., Saggi scelti del parlar popolare lucchese, in Scritti linguistici, a cura di A. Parducci, Torino 1944. Nieri I., Vita infantile e puerile lucchese, Giusti, Livorno 1917. Nieri I., Vocabolario lucchese, Tipografia Giusti, Lucca 1902. Nobilio E., Vita tradizionale dei contadini abruzzesi nel territorio di Penne, Olschki, Firenze 1972. Nozioni e curiosita` araldiche, Sonzogno, Milano s.i.d. Oglino C., Nuara... e la so’ Babı`a – Novara e la sua parlata: detti e proverbi dialettali del novarese, Edizione a cura dell’Autore, Novara 1987. Olivieri D., Dizionario di toponomastica lombarda, Ceschina, Milano 1961. Olivieri D., Dizionario etimologico italiano, Milano 1953. Palazzi F., Enciclopedia degli aneddoti, 3 voll., Ceschina, Milano 1946. Pananti F., Rime e prose, per cura di Pietro Gori, Adriano Salani Editore, Firenze 1882. Panzini A., Dizionario moderno delle parole che non si trovano negli altri dizionari, Hoepli, Milano 1935. Parabosco G., I diporti, in ‘‘Raccolta di novellieri italiani’’, Tipografia Borghi e Compagni, Firenze 1832. Passerini N., Meteorologia e climatologia, Milano, Vallardi, s.d. Pazzini A., Storia, tradizioni e leggende nella medicina popolare, Recordati-Laboratorio farmacologico S. A., Correggio 1940. Pecci G. A., Vita di Bartolomeo da Petroio, chiamato dal volgo Brandano, Francesco Quinza ed Agostino Bindi, In Siena 1746. Penso G., Piante medicinali nella terapia medica, Organizzazione editoriale medico-farmaceutica, Milano 1989. Penzig O., Flora popolare italiana, Orto Botanico della R. Universita`, Genova 1924. Petrocchi P., Novo dizionario universale della lingua italiana, Fratelli Treves, Milano 1884-91. Petrocchi Corradini L., Il toscano della Valdinievole, Pananti, Firenze 1979. Pianigiani O., Vocabolario etimologico della lingua italiana, Sonzogno, Milano 1937. Pitre` G., Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia, Barbe`ra-Clausen, Torino-Palermo 1894. Pitre` G., Fiabe e leggende popolari siciliane, Il Vespro, Palermo 1978. Pitre` G., Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, 4 voll., Clausen, Palermo 1870. Pitre` G., La famiglia, la casa, la vita del popolo siciliano, Il Vespro, Palermo 1978. Pitre` G., Medicina popolare siciliana, Barbe`ra, Firenze 1949. Pitre` G., Spettacoli e feste popolari siciliane, Il Vespro, Palermo 1978. Pitre` G., Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Il Vespro, Palermo 1978. Placucci M., Usi e pregiudizi de’ contadini della Romagna, Dal Barbiani, Forlı` 1818. Politi A., Dittionario toscano compilato dal signor Adriano Politi Gentilhuomo sanese. Di nuovo ristampato, corretto, & aggiuntovi assaissime voci, & avertimenti necessarij per scrivere perfettamente toscano. Con privilegio. In Venetia, 1629. Pontificale romanum Clementis VIII et Urbani PP. VIII auctoritate recognitum nunc denuo cura Annibalis S. Clementis presb. Card. Albani, Typis Georgii Fricx, Sacrae Caesareae & Regiae Majestatis Cathlicae Typographi, Buxellis 1735. Prati A., I vocabolari delle parlate italiane, Roma 1931. Premoli P., Vocabolario nomenclatore, Fratelli Treves, Milano 1933. Pretini G., Folklore, spettacolo della memoria, Trapezio Libri, Udine 1990. Proprieta` (Le) degli animali – Bestiario moralizzato di Gubbio, a cura di A. Carrega, Costa & Nolan, Genova 1983. Provenzal D., Curiosita` e capricci della lingua italiana, Eri, Torino 1961. Pucci A., Gli ortaggi coltivati, Tipografia di Mariano Ricci, Firenze 1890.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 61 - 04/07/2007

BIBLIOGRAFIA

.

LXII

Pucci F., Della sapienza d’Ippocrate e della necessita` di ristabilire la medicina ippocratica in Italia – Discorsi, Tipografia Tomassini, Fuligno 1831. Ragazzini S., Un erbario del XV secolo, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1983. Redi F., Il vocabolario aretino di Francesco Redi, a cura di A. Nocentini, E`lite, Firenze 1989. Redi F., Annotazioni di Francesco Redi al ‘‘Bacco in Toscana’’, Ditirambo di F. R., in: Opere di F. Redi, vol. I, Dalla Societa` Tipografica de’ Classici Italiani, Milano 1809. Rengade Dottor G., I bisogni della vita e gli elementi della prosperita` – Trattato pratico, E. Sonzogno, Milano 1889. Rezasco G., Dizionario del linguaggio italiano storico e amministrativo, Le Monnier, Firenze 1881 (rist. anastatica Forni, Bologna 1966). Riccardi P., Pregiudizi e superstizioni del popolo modenese, Modena 1890 (Multigrafica Editrice, Roma 1961). Ricci J., Del vino, delle sue malattie, e de’ suoi rimedi; e dei mezzi per iscoprirne le falsificazioni. – Dei vini artificiali e della fabbricazione dell’aceto, Dalla Stamperia Piatti, Firenze 1816. Righetti M., Storia liturgica, 4 voll., Ancora, Milano 1998. Rinaldi G., Storia delle letterature dell’antica Mesopotamia, Nuova Accademia, Milano 1961. Ripa C., Iconologia, a cura di P. Buscaroli, TEA, Milano 1992. Riva G., Filotea, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo 1909. Rivista delle tradizioni popolari italia, diretta da Angelo De Gubernatis, Roma 1893-1895. Roda G. (Fratelli Roda), Manuale dell’ortolano, UTET, Torino 1911. Rohr Rene´ R. J., Meridiane, Ulisse, Torino 1988 [contiene iscrizioni proverbiali di meridiane]. Sachs C., Storia della danza, Il Saggiatore, Milano 1994. Sacrorum Bibliorum vulgatae editionis Concordantiae, Ugonis Cardinalis Ordinis Predicatorum, apud Nicolaum Pezzana, Venetiis 1710. Saintyves P., Astrologia popolare e influenza della Luna, Casa Editrice Meb, Padova 1991. Salomon et Marcolfus, a cura di W. Benary, Heidelberg 1914. Salvadori T., Fauna d’Italia, II, Gli uccelli, Francesco Vallardi, Milano 1872. Scala A., Compendio delle Costruzioni piu` usitate del giardinaggio e dell’orticoltura, Fratelli Rechiedei, Milano 1878. Scarlatti A., ‘‘Et ab hic et ab hoc’’, 12 voll., Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1926. Scheuermeier P., Il lavoro dei contadini – Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera retroromanza, 2 voll., Longanesi, Milano 1980. Schizzerotto G., Gonnella, il mito del buffone, Accademia lucchese di Scienze, Lettere ed Arti, Edizioni ETS, Pisa 2000. Schonfelder P. e I., Atlante delle piante medicinali, Franco Muzzio Editore, Padova 1982. Se´billot P., Traditions et superstitions del la Haute-Bretagne II, Paris 1967. Segnini D., Dizionario vernacolare elbano, Il Libraio, Portoferraio 1994. Seligmann K., Lo specchio della magia, Gherardo Casini Editore, Roma 1951. Serafini R., La cultura popolare contadina nel territorio di Castiglione del Lago, a cura dell’Autore, Perugia 1986. Siber-Millot C., L’industria dei molini, Hoepli Editore, Milano 1907. Silvestrini M., Vocabolario del dialetto della Val di Pierle, Universita` Italiana per Stranieri, Perugia1983. Strafforello G., Errori e pregiudizi volgari, Hoepli, Milano 1900. Strafforello G., Il libro delle curiosita`, E. Voghera, Roma s.i d. Tamaro D., Orticultura, Hoepli, Milano 1910. Tamaro D., Trattato completo di agricoltura, Hoepli, Milano 1936. Targioni Tozzetti O., Istituzioni Botaniche, Stamperia Reale, Firenze 1802. Testi religiosi egizi, a cura di Sergio Donadoni, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1970.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 62 - 04/07/2007

LXIII

.

BIBLIOGRAFIA

Thomae (S.) Aquinatis, Summa Theologica, 6 voll., Thipographia Pontificia, Augustae Taurinorum 1901. Tommaseo N., Bellini B., Dizionario della lingua italiana, UTET, Torino 1929. Torre D., Medicina popolare e civilta` contadina, Gangemi Ed., Roma 1994. Toschi P., Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia dal 1916 al 1940, Barbe`ra, Firenze 1946. Toschi P., Il folklore, Touring Club Italiano, Milano 1967. Toschi P., Invito al folklore italiano, Studium, Roma 1963. Toschi P., Tradizioni popolari italiane, ERI, Torino 1967. Tradizioni popolari bitontine, Centro ricerche di storia e arte bitontina, Bitonto 1975. Ungarelli G., Vocabolario del dialetto bolognese, Zamorani e Albertazzi, Bologna, [1901]. Vacca Berlinghieri F., Riflessioni su’ mezzi per ristabilire e conservare nell’uomo la sanita` e la robustezza, Presso Gaetano Mugnaini, Pisa 1792. Vidossi G., Ricerche di meteorologia popolare, in ‘‘Atti del IV Congresso Nazionale di arti e tradizioni popolari’’, vol. I, 1942. Vignuzzi U., Il ‘‘Glossario latino-sabino’’ di Ser Iacopo Ursello da Roccantica, Edizioni Universita` per stranieri, Perugia 1984. Villiers E., Amuleti Talismani, Hoepli, Milano 1957. Viola S., Piante medicinali e velenose della flora italiana, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1965. Vocabolarietto milanese-fiorentino del secolo XV, Il Borghini, tipografia del Vocabolario, Firenze 1874-75 (opera del 1485; stampato da P. Fanfani, con riscontri del milanese moderno di P. Fornari]. Waring P., Dizionario delle superstizioni, SIAD, Milano 1979. Zaccaria A., Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti ad uso dei parrochi..., Libreria Editrice Ecclesiastica, Vicenza 1915. Zanazzo G., Tradizioni popolari romane, 3 voll., Torino-Roma 1908-1910 (rist. anastatica Forni, Bologna 1967). Zanazzo G., Tradizioni popolari romane. Appendice, Staderini, Roma 1960. Zanetti F., Tutti i papi attraverso le curiosita` e gli aneddoti, LICE-R. Berruti & C., Torino 1937. Zanon P. F. S., Come parla il popolo nostro del tempo che fa in laguna, in ‘‘Atti del IV Congresso Nazionale di arti e tradizioni popolari’’, vol. I, 1940. Zipoli Perlone [Lorenzo Lippi], Il Malmantile racquistato, colle note di Puccio Lamoni [Paolo Minucci] e d’altri, nella stamperia di Luigi Vannini, Prato 1815.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 63 - 04/07/2007

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 64 - 04/07/2007

A ABATE Ricorrendo alla figura dell’abate, capo assoluto del monastero, i proverbi intendono significare che qualsiasi autorita` civile o religiosa e` responsabile con l’azione e l’esempio del comportamento dei propri sottoposti. f Vedi Antonio, Frate, Monaco, Padreterno.

comunque, i potenti. Di conseguenza: mentre i frati sono sempre piu` magri per i digiuni imposti dalla regola, l’abate diventa sempre piu` grasso. Puo` avere anche questo significato: l’abate si fa ricco risparmiando sulla mensa dei frati; i sacrifici del popolo arricchiscono i governanti.

Come l’abate canta i frati rispondono. Riferimento ai canti liturgici in cui a ogni verso del solista risponde il coro. In senso metaforico, i subordinati si comportano prendendo come modello ed esempio colui che comanda. Con valore simile vedi Quando l’agnello bela la pecora ha belato [A 313].

9 Abate una volta, abate per sempre. Una carica onorevole ricoperta una volta, fa sı` che il titolo rimanga anche in seguito; cosı` ad esempio si continua a chiamare senatore, presidente, onorevole coloro che lo sono stati. Usato anche in senso negativo, vedi Giuda una volta, Giuda sempre [G 708]. E` la traduzione del proverbio latino medievale:

1

2 Tristo abate, tristo frate. Quando l’abate e` corrotto inevitabilmente lo diventano anche i frati che da lui dipendono. In senso generale: se chi e` posto al governo di una societa` e` malvagio, irrimediabilmente lo sono anche coloro che da lui dipendono. 3 Tal abate, tali i monaci. Vedi anche Tale padre, tale figlio [P 34]; Il gregge e` simile al pastore [G 1133]. 4

Tal e` il convento qual e` l’abate.

Quando l’abate beve i frati bevono e giocano, quando l’abate beve e gioca i frati cantano e ballano. Allorche´ chi comanda agisce male, coloro che gli devono ubbidire fanno di peggio. 5

Se l’abate porta i dadi, i frati portano i fiaschi. E` tuttora noto anche un verso latino medievale che esprime il concetto in maniera assai simile: 6

7 Ludendum licite talos abbate ferente. ‘‘Se l’abate porta i dadi il gioco e` lecito’’. Registrato anche nella forma Dum abbas apponit tesseras, ludunt monachi ‘‘Quando l’abate tira i dadi, i monaci giocano’’.

Il digiuno fa dimagrire i monaci e ingrassar l’abate. Le leggi sono rigorose per le persone comuni, ma non toccano coloro che comandano o, 8

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

10

Semel abbas, semper abbas.

ABBAIARE Dietro il cane e il suo abbaiare (o mordere) si celano in questi proverbi tipici comportamenti umani. f Vedi Cane, Luna. 11 Abbaio abbaio, di vento empio lo staio. Si usa per chi parla tanto e realizza poco. Lo staio (vedi la voce) e` una vecchia misura di capacita` che variava da luogo a luogo, usata soprattutto per i cereali e in particolare per il grano, consisteva in un recipiente di legno di forma cilindrica. 12 Chi troppo abbaia empie il corpo di vento. Chi parla tanto non ottiene nulla, non raggiunge lo scopo. 13 Il cane prima di mordere abbaia. Il proverbio che sembra contraddire i precedenti ha valore prevalentemente metaforico di consiglio: e` necessario avvertire prima di colpire; prima di passare ai fatti, di solito, si usano le parole. 14 Prima di picchiare si ragiona. Per analogia. 15 Ogni cane abbaia bene a casa sua. Fa riferimento al cane che i contadini chiamavano ‘da pagliaio’ in quanto nel pagliaio dor-

pag 65 - 04/07/2007

ABBASTANZA

2

.

miva. Di poco valore, inadatti sia alla caccia che alla difesa, erano cani utili solo per avvertire abbaiando dell’avvicinarsi di un estraneo: anche questi animali paurosi erano capaci di braveggiare a casa propria. Nel proprio ambiente, protetti da persone amiche, conoscendo ripari e vie di fuga, si puo` fare la voce grossa. Anche: ognuno parla bene delle proprie faccende, dei propri problemi perche´ li conosce. Vedi anche Anche i cani piccini si senton grossi davanti al proprio uscio [U 264]. 16 Brutto e` il cane che non abbaia. Perche´ piu` facilmente morde quando uno meno se lo aspetta. Si dice di persona che incassa senza reagire affronti, offese, danni e si ritiene che mediti silenziosamente la vendetta: e` quindi pericolosa (brutta). Vedi il reciproco Can che abbaia non morde [C 374]. 17 Can che morde non abbaia. Chi ha intenzione di colpire non minaccia; chi e` determinato a causare un danno non da` avvertimenti. Reciproco del piu` diffuso Can che abbaia non morde [C 374].

Can che vuol mordere non abbaia. 19 Mal si caccia col cane che abbaia. Il cane da caccia deve essere silenzioso: scovare la selvaggina, puntarla, alzarla in silenzio. Se abbaia avverte l’animale che fugge o vola via. Metaforicamente: si fanno pochi affari, si conclude poco con le persone che parlano molto, progettano, fantasticano. 18

ABBASTANZA Per alcuni di questi proverbi il limite soggettivo dell’abbastanza non e` il sufficiente, ma qualcosa di piu`, che si desidera avere e che sconfina nell’abbondanza. In altri, come di consueto, si consiglia la moderazione. f Vedi Mancanza. 20 Nessuno ha mai abbastanza. A nessuno pare sufficiente quello che ha. Per quanto si possieda una cosa in abbondanza se ne vuole sempre di piu`. In particolare si riferisce a ricchezze, denaro.

Non ce n’e` abbastanza se non n’avanza. Se la roba e` appena sufficiente qualcuno rimane insoddisfatto, deve quindi avanzare per essere in misura opportuna. Vedi La roba c’e` quando avanza [A 1558]. Si riferisce in particolare alla tavola, dove deve avanzare cibo nel vassoio. Si usava, per riguardo all’ospite, la21

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

sciare nella zuppiera o nel vassoio una piccola quantita` di vivanda (che veniva chiamata ‘il boccone della creanza’), per far vedere che era avanzata. Vedi anche Il miglior boccone e` quello che si lascia nel piatto [B 688]; Anche se non ne avanza lascia il boccone della creanza [C 2399]. Quando ce n’e` abbastanza ce n’e` per altri tre. Quando si ritiene che una certa quantita` sia sufficiente, e` sempre piu` del necessario, tanta e` la paura che non lo sia. Oppure: se il cibo e` ritenuto abbastanza da chi lo ha preparato, ridistribuendo oculatamente le parti, si possono servire altre tre persone. 22

23 Sazia l’abbastanza come il troppo. Quando e` soddisfatto il bisogno, cio` che e` in piu` non porta alcun giovamento. Consiglio di non esagerare con le provviste e soprattutto nel mangiare. Usato anche in senso metaforico. 24 Abbastanza e` quasi ricchezza. La misura consiste nel limitare il desiderio: anche nel poco, quando uno ottiene cio` di cui ha bisogno si sente come se fosse ricco. 25 Chi non ha abbastanza puo` dirsi povero. Reciproco del precedente. Colui al quale manca anche poco per soddisfare il proprio bisogno o i propri desideri, si trova ancora nella condizione di chi desidera avere e quindi, almeno psicologicamente, e` povero.

ABBONDANZA In un mondo in cui la realta` che corrisponde a questa parola era rara, l’abbondanza era vista con sospetto e diffidenza, come una condizione eccezionale destinata a non durare. f Vedi Avanzare, Mancanza, Ricchezza. 26 L’abbondanza la fa il povero. L’abbondanza degli uni e` dovuta alla poverta` degli altri. Il povero un tempo era in particolare il contadino, il quale produceva molto e viveva di pochissimo. Di conseguenza: chi produce e vive di poco permette ad altri di avere molto. Oppure: la presenza di chi ha meno, o nulla, rende apprezzabile la quantita` di chi possiede i beni: ricchezza e poverta` sono condizioni relative che si determinano vicendevolmente. 27

L’abbondanza genera fastidio.

pag 66 - 04/07/2007

3

.

ABBRACCIARE

Tutto quello che si trova in abbondanza viene col tempo sempre meno considerato, fino a essere valutato poco o nulla.

raccolti seguita da un periodo di scarsita` , come le vacche grasse e magre sognate dal Faraone.

L’abbondanza rende vile ogni cosa gentile. I beni che si trovano sempre in gran quantita` e a poco prezzo si sviliscono fino a essere disprezzati.

38

28

L’abbondanza non fa bene nemmeno al porco. L’eccessiva, continua abbondanza fa male a tutti, come l’eccesso di cibo nuoce perfino al porco che deve solo ingrassare. 29

30 Troppa abbondanza e` castigo di Dio. L’abbondanza puo` essere addirittura nefasta in quanto induce a un tenore di vita che nel tempo forse non si potra` mantenere. 31

Dalla grande abbondanza stai in lontananza.

Se in casa c’e` abbondanza dormi per terra. Cioe` non prendere abitudini costose che non potrai mantenere. 32

Abbondanza fa buon mercato. La massiccia offerta di una merce sul mercato ne fa abbassare il prezzo, di conseguenza cresce la propensione all’acquisto e l’incrementarsi del movimento. 33

34

L’abbondanza fa calare i prezzi.

L’abbondanza rovina il mercato. Deprezzandosi eccessivamente la merce, non rimane piu` margine per chi la produce e scompare anche l’interesse a venderla. 35

Per quanta abbondanza ci sia pensa sempre alla carestia.

39 L’abbondanza fa arroganza. Abbondanza come gran quantita` di ricchezza, che spesso genera superbia e disprezzo verso chi non ha. 40 Abbondanza genera baldanza. Simile al precedente, ma con accezione positiva: la sicurezza della condizione economica da` anche coraggio e forza nell’affrontare difficolta` e ostilita`.

ABBONDARE f Vedi Abbondanza, Avanzare, Troppo. 41 Meglio abbondare che farla mancare. E` bene fare in modo che qualcosa avanzi piuttosto che venga a mancare. Vedi anche Meglio avanzi che manchi [A 1561]; Meglio troppo che troppo poco [T 1039]. 42 Melius (est) abundare quam deficere. ‘‘Meglio tenersi sulla misura abbondante che su quella scarsa’’. Di significato generale, e` tuttora diffusissimo e certamente piu` comune della precedente forma italiana. Ha probabile origine medievale. Usato anche nella forma abbreviata: 43 Melius (est) abundare. ‘‘Meglio abbondare’’.

ABBRACCIARE Il primo anno s’abbraccia, il secondo s’infascia, il terzo s’ha il malanno e la mala pasqua. Riferito al matrimonio: nel primo anno si pensa all’amore, poi nasce un bambino (un tempo i neonati venivano avvolti in fasce) e in seguito arrivano le difficolta` e i problemi della vita, con disgrazie che si sommano una all’altra (cattiva annata e Pasqua infelice). Pasqua, nei tempi passati, venivano chiamate le grandi feste liturgiche: Pasqua di nativita`, Pasqua di epifania, Pasqua di resurrezione, Pasqua di rose (= la Pentecoste). 44

L’abbondanza e` nelle case dei contadini. I contadini, per la loro attivita` un tempo avevano poco, ma, rispetto ai braccianti e ai lavoratori occasionali avevano sempre da mangiare. Si riferisce particolarmente ai periodi di carestia quando anche i cittadini e i piu` abbienti erano costretti ad andare in campagna per avere dai contadini di che sfamarsi. Da noi questo fenomeno si e` ripetuto l’ultima volta in occasione della seconda guerra mondiale. 36

37 Dopo l’abbondanza viene la carestia. Secondo un principio del pensiero popolare il procedere delle cose segue una ciclicita`. Questo era riscontrabile soprattutto per la produzione agricola che era soggetta a ricchezza di

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

45 Chi troppo abbraccia nulla stringe. Chi cerca di avere troppo, senza tenere conto delle sue reali possibilita`, del senso di giustizia, delle aspettative altrui, ma solo spinto

pag 67 - 04/07/2007

ABELARDO

4

.

dalla propria ingordigia, finisce per non ottenere nulla. E` una variante del piu` diffuso Chi troppo vuole nulla stringe [T 1021]. Vedi anche Chi tutto desidera tutto perde [D 220]; Chi troppo tira la rompe [R 894]. ABELARDO Vide historiam Abelardi qui amavit Eloisam. Si tu eris vocativus, illa erit dativa, deinde genitiva, deinde accusativa, deinde ablativa, et tu eris pessimus nominativus. ‘‘Considera la storia di Abelardo che amava Eloisa. Se tu la chiamerai (la donna) essa ti si concedera` volentieri, ma poi concepira`, diventera` la tua accusatrice, ti portera` via il buon nome e quindi sarai condannato ad avere una pessima fama’’. E` una filastrocca proverbiale, citata anche in distici. Di origine dotta, inventata forse da monaci o da pedanti pedagoghi, era soprattutto un modo di elencare i casi delle declinazioni latine: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, ablativo. Il celebre epistolario fra il filosofo Abelardo (1079-1142) e la sua discepola Eloisa fu pubblicato nel 1616, ma la loro romantica storia doveva essere ben nota anche in precedenza). 46

ABELE f Vedi Caino.

ABETE L’abete fa parte degli alberi legati a leggende e credenze popolari che assegnano loro virtu` apotropaiche. Abete dalla punta a croce allontana il fulmine e la disgrazia. Si crede che la parte terminale dell’abete, fatta a croce allontani i fulmini e il maligno. Il segno della croce, anche formato casualmente da oggetti, ha la capacita` di tenere lontane le forze del male. 47

soprattutto il talento, sono solo doti naturali. Anche: le capacita` possono produrre ricchezza e non viceversa. ABISSO 49 L’abisso chiama l’abisso. Un errore crea una catena d’errori. Un male, un peccato ne trascina con se´ una serie infinita, quindi cominciare a fare del male significa rovinarsi. Anche, piu` banalmente: un male tira l’altro. E` citazione dall’Antico Testamento, e talora usata anche nella sua forma latina: 50 Abyssus abyssum invocat. ‘‘L’abisso chiama l’abisso’’ (Salmi 42.8).

ABITO L’abito qui e` inteso non tanto come indumento, ma come apparenza e atteggiamento esteriore. Sono riportate due serie di proverbi che si contraddicono. f Vedi Manica, Mendicare, Veste, Vestire, Vestito. 51 L’abito non fa il monaco. Particolarmente vivo e diffuso. L’aspetto e l’apparenza non bastano a costituire la sostanza. Per quanto uno assuma un atteggiamento nascondendo la sua vera personalita` e fingendo di essere cio` che non e`, inevitabilmente, col tempo, viene scoperto nella sua vera natura. Vedi anche L’apparenza inganna [A 1952]; Non e` tutto oro quello che riluce [O 510]. Con significato un po’ diverso Una rondine non fa primavera [R 900]; Il galantuomo non sta sotto il cappello [G 10]; Non son tutti cacciatori quelli che suonano il corno [C 63]. 52 Il velo non fa la monaca. Per analogia. Si rivolge in particolare ad atteggiamenti femminili di pieta` e d’innocenza che tentano di mascherare una diversa personalita`. 53 La chierica non fa il frate. Per analogia.

` ABILITA f Vedi Arte.

54 La libreria non fa l’uomo dotto. Per analogia. Avere molti libri non significa avere dottrina.

Abilita` e talento valgon piu` d’oro e d’argento. In quanto la ricchezza si puo` acquistare in vari modi e con vari mezzi, mentre l’abilita`, e

55 La barba non fa il filosofo. Per analogia. Un distico elegiaco anonimo, di origine medievale, avverte: Si promissa facit sapientem barba, quid obstat / barbatus possit

48

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 68 - 04/07/2007

5

.

quia caper esse Plato? ‘‘Se la barba fluente fa il filosofo, cosa impedisce che un caprone barbuto possa essere Platone?’’. Ne´ tonaca fa monaco, ne´ chierica fa prete. Per analogia. Menzionato da Tommaso Campanella (Poesie filosofiche, Non e` Re chi ha regno): ‘‘Ne´ frate fan cocolle e capo raso’’. La chierica e` la piccola rasatura rotonda che i membri del clero portavano sulla parte culminante del capo come segno del proprio stato. 56

ABITUDINE

Le cose che provengono da attivita` illecite non danno frutti, non possono essere godute. Vedi anche La farina del diavolo va in crusca [D 283]. ABITUDINE Avvertimenti a controllare le proprie abitudini perche´ col tempo tendono a diventare una seconda natura che ti sopraffa`. f Vedi Cambiare, Consuetudine, Usanza, Uso.

57 La croce non fa il cavaliere. Per analogia. La croce e` il segno distintivo della condizione di cavaliere. Vedi anche Non son tutti cavalieri quelli che portano l’anello al dito [C 1095].

64 L’abitudine e` una seconda natura. L’abitudine si compenetra nel carattere fino a far parte della persona. Attribuito da Aristotele a Eveno (Etica nicomachea 7.10.4). Diffuso anche nella forma latina:

58 L’elmo non fa il capitano. Per analogia. Si e` capitani quando ci si mostra degni di tale compito e responsabilita`: tutti sono capaci d’indossare un elmo.

65 Consuetudo est altera natura. ‘‘La consuetudine e` un’altra natura’’; adattamento di un passo di Cicerone: Consuetudine quasi alteram quandam naturam effici ‘‘Con la consuetudine [puo`] formarsi quasi un’altra natura’’ (De finibus 5.25.74), e` un luogo comune della morale antica che Cicerone esprime con estrema chiarezza anche nelle Tuscolane (2.17.40): Consuetudinis magna vis est ‘‘Grande e` la forza dell’abitudine’’, e che a monte si collega a Aristotele, Retorica 1.11 (1370a 6-8) ‘‘l’abitudine diventa infine come la natura’’. Cfr. anche sant’Agostino: [Consuetudo] quae non frustra dicta est a quibusdam secunda natura (Contro Giuliano 4.103) ‘‘[La consuetudine] che non a torto e` chiamata da alcuni una seconda natura’’. Vedi anche Consuetudo altera lex [U 284].

59 La veste non fa il dottore. Per analogia. I medici, e anche i dottori nelle varie materie, avevano nei secoli passati una veste particolare che li distingueva: mantello, cappello, e altri elementi dell’abito. 60 L’abito fa il monaco. Contrario al primo della serie precedente. Indossando un abito che qualifica uno status la persona acquista dignita` e prestigio. Anche: colui che svolge un compito per il quale non ha le capacita` richieste, col tempo finisce con l’essere condizionato dalla sua funzione fino ad acquistarne i requisiti. Vedi anche I panni rifanno le stanghe [P 351].

L’abito e il riso manifestano l’uomo. Da alcuni elementi si puo` riconoscere una persona: a quale condizione appartenga, quali siano il suo animo e la sua educazione. L’abito rivela la condizione, il gusto e l’educazione della famiglia; il riso la natura dell’uomo: e` proprio degli uomini volgari ridere sguaiatamente, dei perfidi sogghignare, degli sciocchi ridere continuamente, ecc. 61

Chi fa onore agli abiti, gli abiti fanno onore a lui. Se l’uomo si presenta in un abito prestigioso e i suoi atti sono conformi alla dignita`, l’abito conferma ed esalta il valore e l’autorita` della persona. In senso ironico si dice anche di chi e` malvestito e villano. 62

63

L’abito rubato non tiene caldo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Vecchie abitudini e vecchie botti non cambiano. La botte, essendo di legno, assorbe i sapori del vino che conserva, per cui acquista un determinato aroma che conferisce a sua volta al vino nuovo che vi viene conservato. Le vecchie botti spesso hanno odori che, per quanto vengano ripulite, non riescono a perdere. Cosı` l’abitudine: per quanto repressa, riaffiora continuamente. 66

67 Abito vecchio diventa natura. Per analogia. Qui abito e` da intendersi alla latina habitus ‘‘abitudine’’. 68 L’abitudine si fa forte con gli anni. L’abitudine si radica nella persona con gli anni e non puo` essere piu` cambiata. Si riferisce di solito all’abitudine viziosa. 69

Lunga abitudine diviene un tiranno.

pag 69 - 04/07/2007

ABRUZZO

6

.

La vecchia abitudine si lascia solo con la morte. Una vecchia abitudine e` cosı` radicata che solo la morte puo` separarla da chi l’ha acquisita. 70

L’abitudine e` una tela di ragno che diventa una catena. Inizialmente e` leggera e tenue e si crede di potersene liberare facilmente, poi diventa sempre piu` forte fino a imprigionare. 71

72 L’abitudine ha piu ` forza della piena. La piena e` l’acqua del fiume ingrossato: violenta e rapinosa, tale che non si puo` contrastare ne´ deviare. 73 L’abitudine e` una camicia di ferro. Agisce anche a dispetto di chi ce l’ha e non se la puo` togliere.

Il rimedio all’abitudine e` un’altra abitudine. Il solo modo di togliersi un’abitudine e` d’acquisirne una piu` forte che la sostituisca o l’elimini. Vedi anche Chiodo scaccia chiodo [C 1480]. 74

Ognuno segue le sue abitudini. Ognuno segue i comportamenti ai quali e` stato educato. Qui abitudine ha valore di ‘‘usanza, consuetudine’’ piu` che disposizione d’animo. 75

Cane fuggito trascina la corda. Per analogia. Il cane che spezza la catena e fugge trascina i segni della sua servitu`: collare e guinzaglio. L’uomo che cambia condizione porta con se´ molto di quello che apparteneva alla sua situazione precedente. Si usa anche con altri riferimenti, educazione, psicologia, modo di fare... 76

Per abitudine la pecora va dietro all’altra. Il comune comportamento degli uomini e` quello gregario, consuetudinario, di imitazione. La pecora non seguirebbe una saggezza innata, ma farebbe semplicemente quello che vede fare. Tale atteggiamento, tipico del gregge che segue istintivamente l’animale che sta in testa, e` un simbolo antico di conformismo o d’obbedienza. 77

ABRUZZO 78 Abruzzo [abruzzese] forte e gentile. La forza e la gentilezza sono le caratteristiche che tradizionalmente distinguono la gente abruzzese. Il detto e` stato ripreso e diffuso da Primo Levi (omonimo del piu` noto autore di

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Se questo e` un uomo) nel titolo del volume: Abruzzo forte e gentile, impressioni d’occhio e di cuore, Roma 1882 (ristampa a cura di V. Orsini, Sulmona 1976). ABUSARE f Vedi Usare. 79 Chi abusa poco usa. Chi esagera nell’uso di una cosa ne gode per poco: infatti o potra` fargli male, o se ne stanchera`, o finira` per guastarla.

ABUSO f Vedi Uso. 80 L’abuso non toglie l’uso. Per il fatto che talvolta si abusi di una cosa, non si puo` proibirla o toglierla a chi la desidera. Il fatto che taluno si ubriachi, si ammali per l’uso dell’alcol non comporta che se ne proibiscano la vendita o la diffusione. E` una massima del diritto antico che si cita anche in latino: 81 Abusum non tollit usum. ‘‘L’abuso non elimina l’uso’’. E` un brocardo (cioe` un commento giuridico medievale).

ACCADERE Accade in un’ora quel che non avviene in cent’anni [mill’anni]. Quello che pare eterno scompare, crolla in un momento; ovvero mutano e si creano situazioni nuove improvvisamente. Si trova in un aforisma di Publilio Siro (S 26): Solet hora, quod multi anni obstulerint, reddere ‘‘Quello che molti anni hanno tolto spesso si ritrova in un’ora’’, del quale e` registrata anche una variante mediolatina Quod donare mora nequit annua, dat brevis hora ‘‘Quello che non accade nel tempo d’un anno, succede in una breve ora’’. 82

Partorisce un’ora quello che non partoriscon cent’anni. Per analogia. 83

84 In un’ora nasce un fungo. Per analogia. Cioe` viene a esserci quello che non esisteva. I funghi appaiono dopo un acquazzone, in periodo caldo, quasi improvvisamente, nel giro d’una notte e crescono altrettanto rapidamente. 85

Accade raramente che: una donna non abbia malizia,

pag 70 - 04/07/2007

7

.

ACCIDENTE

un poeta non ami la lode, una gallina non razzoli, un vecchio coltello tagli, un cane sia senza pulci, un vecchio non brontoli, un matto non canti, un ricco non abbia amici e un dono sia senza interesse. Proverbio multiplo che individua tendenze, debolezze, o difetti di persone, animali, cose. La composizione tende al gioco, mentre l’intento e` moralistico: donna maliziosa, poeta vanitoso, vecchio noioso, ricco corteggiato, doni fatti per uno scopo.

tutto come esortazione a non trascurare i modesti pericoli. Vedi anche Poca favilla gran fiamma seconda [F 456].

ACCAREZZARE f Vedi Bicchiere, Cane, Carezza.

ACCETTARE

Chi t’accarezza piu` di quel che suole o t’ha ingannato o ingannar ti vuole. Improvvise e ingiustificate attenzioni e gentilezze rivelano l’intenzione di cercare di ottenere qualcosa ingannando la buona fede. Fedro avverte: Habent insidias hominis blanditiae mali ‘‘Le carezze dell’uomo malvagio nascondono inganni’’ (Favole 1.20). 86

ACCATTARE Verbo desueto che significa ‘‘mendicare, chiedere, prendere in prestito’’. f Vedi Imprestare, Mendicante, Mendicare, Mendico, Povero, Prestare. Chi accatta e non rende campa e non spende. Chi prende a prestito e non restituisce vive senza spendere del suo, in altre parole vive sui debiti.

Con un’accetta d’oro s’atterra ogni albero. Variazione del precedente con attenzione posta su un diverso particolare; non la piccolezza dell’oggetto ma la sua materia. Il valore metaforico e`: con il danaro, e in particolare la corruzione, si ottengono tutti i risultati e si abbattono tutti gli ostacoli. Vedi anche Con le chiavi d’oro si aprono tutte le porte [O 520]. 90

91 Chi accetta deve pagare. Chi accetta di sottoscrivere una cambiale si obbliga a pagarla, qualunque cosa accada. Antica regola del diritto consuetudinario. 92 Accettare e` cortesia. Un’offerta va come prima cosa accettata, magari poi declinata con gentilezza, ma mai rifiutata immediatamente. Un brusco rifiuto fa sospettare che non si vogliano obblighi. 93 Chi non accetta non merita. L’offerta fatta a chi non l’accetta e` evidentemente stata indirizzata a una persona che non la merita. Cosı` ci si motiva un rifiuto e si consola l’amor proprio. Vedi anche Chi non mi vuole non mi merita [M 1294].

87

ACCENTO Su qui e su qua l’accento non va; su lı` e su la` l’accento ci va. Vecchia regoletta grammaticale che s’insegnava un tempo (ma e` ancora nota a molti) con i primi rudimenti nella scuola elementare. 88

ACCETTA f Vedi Scure. Con una piccola accetta s’atterra un grosso albero. Un semplice attrezzo, come un’accetta, usato opportunamente, puo` ottenere grandi risultati, come abbattere una quercia. Si ripete soprat89

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ACCIDENTE Nel significato di ‘‘maledizione’’. f Vedi Bestemmia, Maledizione. Gli accidenti son come le foglie: chi li manda li raccoglie. Il male desiderato per altri spesso si rivolge contro chi lo augura: e` una vecchia diceria che confina con la superstizione. Nella visione popolare Dio e Natura sono in stretta connessione: Dio pone le foglie sugli alberi a primavera e le toglie, come riprendendosele, in autunno. La maledizione segue la stessa regola per la specularita` tra positivo e negativo. Un tempo si riteneva che anche solo evocare un male, una disgrazia, fosse pericoloso. Vedi anche La bestemmia, gira, gira torna addosso a chi la tira [B 497]; Chi sputa in cielo gli ritorna in faccia [D 449]; Chi cerca il male degli altri spesso trova il suo [M 288]. 94

pag 71 - 04/07/2007

ACCIDIA

8

.

ACCIDIA Vizio che nel novero dei sette peccati capitali occupa l’ultimo posto. In campo religioso e` la negligenza nel fare il bene. In genere: indifferenza, apatia, indolenza, pigrizia. Nel campo dell’accidia non crescono che ortiche. La negligenza, l’apatia e l’ozio non danno alcun frutto buono, favoriscono solo quelli cattivi. L’ortica e` il simbolo del terreno incolto, lasciato in abbandono. 95

In casa dell’accidia si mangia una volta l’anno. L’accidia porta fatalmente alla penuria, all’indigenza, alla miseria. 96

ACCOMODARSI f Vedi Aggiustare, Rimedio. 97 Tutto s’accomoda fuorche´ l’osso del collo. A ogni inconveniente si trova un rimedio, tranne che per le vere disgrazie, come le malattie gravi e la morte. La rottura dell’osso del collo era un tempo sinonimo di disgrazia irreparabile. Era frequente e dovuta soprattutto alle cadute da cavalcature. 98 A tutto c’e` rimedio fuorche´ alla morte. Per analogia. 99 Chi non ci sta s’accomodi. Chi si trova male se ne vada. Qui s’accomodi significa ‘‘cerchi di sistemarsi in altro modo come meglio puo`’’. In Toscana suona come un invito, e neppure troppo cortese, a levarsi di torno.

ACCUSARE f Vedi Scusa, Scusare.

agnelli che pecore [A 303]; I giovani possono morire presto, ma i vecchi non possono campare molto [G 641]. 102 Cade la pera acerba come quella fatta. Fatta nel senso di ‘‘giunta a maturazione’’.

Chi mangia le acerbe [dure] non mangia le mature. Chi mangia la frutta acerba, non la mangera` quando e` matura: chi non ha pazienza guasta le cose, le adopra quando non sono ancora pronte, rovina per troppa fretta le buone occasioni. Vedi anche Chi vende il vitello fara` a meno del bue [V 1070]. 103

ACETO Il sapore agro, l’odore pungente dell’aceto e il modo in cui si forma servono come metafore della natura umana. Solo negli ultimi due proverbi si riconoscono le qualita` dell’aceto. f Vedi Miele, Vino. Per fare un buon aceto ci vuole un buon vino. Questa osservazione gastronomica ha di regola un uso metaforico: anche per essere malvagio occorrono doti. Anche deteriorandosi, o comunque mutando, le cose conservano le proprie caratteristiche primitive e di conseguenza, cambiando stato, non cambiano la loro natura profonda. Vedi anche Cattivo uovo, cattivo pollastro [C 1078]. 104

105

Buon vino fa buon aceto.

Da buon vino si fa buon aceto; da buon aceto non si fa buon vino. Arricchimento semantico dei precedenti: dal buono si fa agevolmente il cattivo, ma dal cattivo non si fa il buono. 106

107

Chi non e` stato buon vino non sara` buon aceto.

100 Chi si accusa non vuole assoluzione. La persona che confessa spontaneamente la propria colpa crede con questo gesto di esser gia` assolta. Guai in questo caso ad avere verso di lui parole di comprensione o, peggio, di perdono.

Chi non e` stato buon turco non e` buon cristiano. Per analogia. La fede sincera resta tale seguendo qualunque confessione.

ACERBO f Vedi Maturo, Sorba.

Non puo` esser buon cristiano chi non e` stato buon ebreo. Per analogia.

101 Puo` cascare l’acerbo come il maturo. Possono cadere a terra dalla pianta anche i frutti acerbi, non solo quelli maturi. Si usa come traslato: la morte puo` colpire il giovane come il vecchio. Vedi anche Muoiono piu`

Quando il vino manca nessuno pensa all’aceto. Anche se deriva dal vino, l’aceto non puo` sostituirlo, e quindi piuttosto che servirsi di una bevanda cattiva se ne fa a meno. Cosı` non

108

109

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

110

pag 72 - 04/07/2007

9 si ricorre a una persona cattiva, difficile o intrattabile anche quando se ne potrebbe avere bisogno. 111 Guardati dall’aceto di vin dolce. L’aceto ottenuto dal vino dolce e` piu` forte di quello fatto con vino comune. Usato metaforicamente: guardati dall’ira dell’uomo calmo, dalla rabbia dell’uomo paziente, dallo sdegno della persona buona.

Quanto il vino e` piu` dolce tanto fa aceto piu` forte. 113 Dal vin dolce si fa aceto forte. 114 Una botte d’aceto e` dura a morire. Perche´ ovviamente se ne fa un uso abbastanza limitato, soprattutto rispetto al vino. Uso solo metaforico: le cose sgradevoli hanno vita piu` lunga di quelle piacevoli, o cosı` sembra. 112

Una botte d’aceto non finisce mai. Un fiasco [bicchiere] d’aceto guasta una botte di vino. E` sufficiente una piccola quantita` cattiva per rovinarne una grande e buona; basta poco male per guastare un grande bene. Vedi Poco fiele fa amaro molto miele [F 776]. 115 116

117 Prima d’esser aceto fu vino. Riferito a chi prima di diventare malvagio, cattivo o malevolo fu una persona migliore. 118 Ogni aceto fu vino. Ogni persona trista ebbe qualche buona intenzione, comincio` bene prima di corrompersi. 119 Il vino migliore divenne aceto. Di cose promettenti che il tempo, invece di portare a migliorare, ha deteriorato. Consiglia, con tono scaramantico, di non lodare troppo persone o imprese che partono sotto i migliori auspici. 120 L’aceto gratis e` piu ` dolce del miele. Lo pensa l’avaro. In genere: cio` che si ottiene senza mettere mano al portafoglio, anche se di scarsa qualita`, e` preferito a quello che si deve pagare, anche se e` di qualita` superiore.

Aceto rubato e` piu` dolce del latte comprato. Quello di cui ci siamo appropriati senza pagarne il prezzo sembra avere piu` sapore di cio` che abbiamo ottenuto onestamente. Vedi anche Piu` proibito, piu` gradito, piu` appetito [P 2763]; Acqua rubata pare rosolio [R 1054]; Acqua rubata e` come malvasia [A 187]; I frutti proibiti sono i piu` dolci [F 1512]. 121

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ACQUA

Olio, aceto, pepe e sale farebbe buono uno stivale. I quattro condimenti principali della cucina rustica sono capaci di dare sapore, rendere gradevole anche la vivanda piu` vile. 122

Con aceto, sale, pepe e olio e` buono anche il cerfoglio. Il cerfoglio e` un’erba simile al prezzemolo, usata come condimento; quindi e` buono vale: ci sta bene. Ma il proverbio puo` avere un altro significato, riferendosi all’uso di mangiare i tuberi del cerfoglio selvatico, di poco sapore, e quindi bisognosi dei quattro condimenti per essere appetibili. 123

ACHILLE Eroe e valoroso per eccellenza, conosciuto nel mondo popolare soprattutto attraverso i romanzi e i poemi cavallereschi. La lancia d’Achille (prima) feriva e poi risanava. Secondo una versione del mito la lancia d’Achille aveva una prodigiosa capacita`: soltanto essa poteva risanare le ferite che aveva inferto. E` un particolare noto al ciclo epico e a vari autori antichi, e quindi ai manuali di mitologia, ma non si trova in Omero. Il proverbio si usa, ormai raramente, a proposito di persone che prima offendono o fanno del male, e poi trasformano, per volonta` o per caso, gli insulti e i danni in un bene, oppure anche per eventi che dapprima dannosi si rivelano poi propizi. Viene usato anche in riferimento alle vicende dell’innamoramento, quando inizia con una ‘ferita’ che cerca cura nella corrispondenza del sentimento, vedi Le ferite d’amore le puo` sanare solo chi le ha fatte [A 829]. 124

Achille, con un ceffone n’ammazza mille. Toscano. Espressione infantile rivolta a chi fa lo smargiasso, a chi vanta esageratamente la prestanza fisica, oppure minaccia di picchiare, ecc. 125

ACQUA1 L’osservazione dell’acqua di fiumi e sorgenti, sia che scorra silenziosa, sia che ristagni, o che faccia muovere le macine dei mulini, ispira analogie con il comportamento degli esseri umani e richiama inoltre la ciclicita` del tempo e delle cose. Alcuni proverbi esaltano le qualita` terapeutiche dell’acqua in polemica con i bevitori di vino. Infine i pericoli dell’ac-

pag 73 - 04/07/2007

ACQUA

qua comparati a quelli del fuoco. Un solo proverbio parla dei benefici per le colture. Per acqua nel senso di ‘‘pioggia’’ vedi la voce seguente. f Vedi Affogare, Annegare, Bere, Brodo, Fontana, Fonte, Mare, Oca, Onda, Pozzo, Rana, Ranocchio, Riso, Ruscello, Sangue, Sete, Sorgente, Terra, Tevere, Trota, Vino. 126 L’acqua cheta rovina i ponti. L’acqua che scorre silenziosa ma apparentemente ferma, spesso, senza che appaia, erode il terreno del fondo, scalza gli argini e mina i piloni dei ponti. Vedi per analogia Il tarlo sta nascosto e fa danno [T 142]. Il proverbio ha valore soprattutto metaforico: sono dette acque chete le persone che, zitte zitte, vanno per la loro strada, perseguono i loro scopi non sempre onesti, celandosi dietro un’immagine di innocenza o ingenuita`. L’acqua cheta e` il titolo di una commedia in vernacolo fiorentino (1908), poi anche operetta, di Augusto Novelli (1867-1927). 127

L’acqua cheta i ponti sega.

Acqua cheta vermi mena. L’acqua in questo caso e` quella che sta ferma, ristagna nelle pozze, nelle zone paludose. Sotto un’apparenza innocua nasconde materia putrida che produce i vermi nelle viscere di chi la beve. Era uso una volta bere ai ruscelli, purche´ si trattasse di acqua corrente, che era ritenuta sana. 128

129 Acqua corrente non fa dolere il ventre. Reciproco del precedente. 130

10

.

Acqua che corre non porta veleno.

Acqua corrente bevi contento; acqua stagnante bevi tremante. Uno scongiuro dice: Acqua corrente che beve il serpente che manda Iddio ti voglio bere anch’io. 131

L’acqua muta [ferma] affoga il pescatore. Dove il fiume forma anse il pescatore deve evitare di entrare nell’acqua ferma: improvvisamente il terreno sprofonda e le correnti sotto la superficie trascinano a fondo. Nel traslato e` un consiglio a diffidare dell’apparenza tranquilla di cose che possono poi rivelarsi pericolose. 132

133

Non v’e` acqua piu` pericolosa di quella che dorme.

134

Acqua morta, non ci pescare.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

In senso proprio e metaforico, in quanto vi sono nascosti veleni o insidie. Acqua morta si dice di persona chiusa, taciturna, quindi in metafora: non frequentare persona che non parla, non dice nulla di se´. 135 Acqua morta fa la ruggine. Era una credenza diffusa che il ferro arrugginisse soprattutto stando nell’acqua ferma, dando ulteriore prova che essa e` impura, corrode e non deve essere bevuta. 136 L’acqua dove prende e dove porta. Chi abita vicino a un corso d’acqua ora perde, ora guadagna. L’improvvisa piena infatti porta via dai campi, frutti, legname, arnesi, oggetti vari che abbandona a valle per la gioia di chi li trova. Altro significato: la corrente di un fiume corrode la riva da una parte e porta terra dall’altra, poi fa il contrario, alterando i confini delle proprieta`. Non ha senso traslato. 137 L’acqua va dov’e` l’acqua. Per sapere dove finira` l’acqua corrente, basta guardare dove e` l’acqua ferma (mare, lago). Raramente in senso figurato: i soldi vanno ai soldi, la ricchezza a chi e` ricco, la miseria a chi e` povero, ecc. Vedi con significato vicino Piove sul bagnato [P 1856]. 138 L’acqua va [corre] (sempre) al mare. Questo, invece, rispetto al precedente, e` attestato quasi sempre in uso metaforico: le ricchezze, i beni, i denari corrono dove gia` ce ne sono tanti, seguendo, quasi come l’acqua, un’inclinazione naturale. Vedi con significato attinente Tutti i fiumi vanno al mare [F 1000]: Denari fanno denari [D 37]; Tutte le strade portano a Roma [R 865]; Ogni fontana trova il mare [M 680]; Ogni vicolo porta in piazza [V 714].

L’acqua va all’acqua e le pietre alla muriccia. La muriccia era il mucchio di sassi e pietre che i contadini avevano raccolto dal terreno lavorato e ammassato lungo il confine dei campi, dando loro una vaga forma di muretto. 139

140 Acqua passata non macina piu `. L’acqua che e` gia` passata nella gora non fa piu` girare le macine del mulino. Quanto appartiene al passato (ricchezza, onori, bellezza, gloria, potenza), al passato resta e non puo` incidere sul presente ne´ risolvere i problemi attuali; ricordare non conforta ne´ aiuta. Si puo` riferire anche a benefici ricevuti e dimenti-

pag 74 - 04/07/2007

11

.

cati. Vedi anche Lascia che i morti seppelliscano i morti [M 2070]; Il passato non ritorna [P 667]; Quel che e` stato e` stato [E190]. 141 Pesce fuggito non canta in padella. Per analogia. 142 Mais ou ` sont les neiges d’antan? Per analogia. ‘‘Dove sono le nevi d’un tempo?’’ suona un celebre verso di Franc¸ois Villon (1431-1463), che conclude le strofe della Ballade des dames du temps jadis, ripetuto, in contesto colto, anche come motto, col significato dei proverbi precedenti.

In cent’anni e cento mesi torna l’acqua [l’acqua torna] ai suoi paesi. Si osserva qui un altro aspetto dell’acqua, quello della ciclicita`, in apparente contrasto con quanto osservato in altri proverbi. Di uso metaforico: chi viaggia finira` col tempo a tornare al suo luogo d’origine; ma anche, in generale: tutto ritorna, magari dopo molto o moltissimo tempo, gli uomini, le cose, le idee, le mode, le usanze. Il proverbio e` riportato in conclusione di una breve novella del Sacchetti: ‘‘E cosı` rimase la cosa, rimanendo in questo quel proverbio che dice: In cento anni e ’n cento mesi torna l’acqua in suo’ paesi’’ (Trecentonovelle 163). Vedi anche Tutti i tempi tornano [T 324] ; Le montagne stan ferme e gli uomini camminano [M 1847]; Chi non muore si rivede [M 1930]; Ogni fontana trova il mare [M 680]; Tutti i fiumi vanno al mare [F 1000]; La luna di Bologna sta cent’anni e poi ritorna [B 713]. E` adattamento del seguente proverbio mediolatino: 143

ACQUA

Per analogia. 149 Tutto quello che e` stato puo` tornare. Per analogia. 150 La` dov’era l’acqua ritorna. A differenza dei precedenti non sembra riferirsi in maniera generica al ciclo temporale bensı` ad una legge misteriosa del tempo che restituirebbe al mare e alle acque, come se fossero loro, le zone un tempo sommerse. I contadini lo ripetevano infatti trovando nei campi le conchiglie fossili.

Acqua di cisterna ogni mal governa. L’acqua di pozzo era spesso richiesta nelle ricette della farmacopea tradizionale. A differenza dell’acqua stagnante all’aperto, l’acqua di cisterna era sana, ricambiata costantemente dalla vena del fondo, e oggetto di ogni attenzione e cura. Vi era inoltre l’uso comune di bere al mattino un bicchiere d’acqua di pozzo, nella convinzione che depurasse l’intestino. 151

Acqua di cisterna, olio di lucerna, ogni mal governa. Ampliamento del precedente. L’olio di lucerna (vedi Lucerna), che si prendeva in particolare dalle lampade votive delle chiese, era stimato medicamento ancor piu` prestigioso dell’acqua di cisterna. Circola anche senza la menzione dell’acqua: 152

Olio di lucerna ogni mal governa. Per analogia. 153

144

154 Acqua di gelsomini e` buona ai bambini. La tisana di gelsomino era usata per cacciare i vermi, gli ossiuri.

145

Acqua di ramerino al corpo del bambino. Antico farmaco pratico adoperato per lenire i dolori di pancia dei bambini.

Ad fontes redeunt longo post tempore limphae. ‘‘Dopo molto tempo le acque tornano alle loro fonti’’, esametro medievale anonimo. Ogni acqua ripassa dallo stesso mulino.

Dove si e` stati si puo` tornare. Per analogia. 146

Quel che e` stato sara`. Per analogia. Le cose ritorneranno a essere quello che sono. Riecheggia le parole dell’Ecclesiaste (1.9): ‘‘Cio` che e` stato e` quello che sara`’’. Vedi anche Anton Francesco Doni (I Marmi, Ragionamento 4): ‘‘Tutto quello che si scrive e` stato detto, e quello che s’immagina e` stato immaginato’’. 147

148

Quello che e` stato ritorna.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

155

Acqua di mattina buona medicina. Bere acqua a digiuno era consigliato, e tuttora lo e` da molti dietisti, come ottimo sistema depurativo. 156

157 L’acqua non fa ne´ bene ne´ male. Si dice a chi beve acqua, talvolta anche con ironia. 158

Con l’acqua non ci si ammala, non ci si ubriaca e non ci si indebita.

pag 75 - 04/07/2007

ACQUA

12

.

159 L’acqua si chiede e il vino si offre. Solo in casi particolari si offre da bere acqua: la si da` sempre se espressamente richiesta. Non si puo` chiedere il vino, che sarebbe sfacciataggine. Quindi: per educazione si chiede acqua e per cortesia si offre vino.

sua natura e` capace di assolvere i compiti che le sono propri, a prescindere dai meriti particolari o da qualita` piu` o meno evidenti.

L’acqua la beve chi non ha vino (ma non volentieri). Detto dei bevitori di un tempo. Chi lavorava manualmente usava bere vino, sempre previsto nei pasti degli operai non come gratificazione, ma come alimento. L’acqua al piu` veniva mischiata al vino. Per cui: l’acqua si beve solo per necessita`.

Acqua lontana non spegne [estingue] (il) fuoco (vicino). Gli aiuti non a portata di mano sono inutili. Si dice a chi cerca soccorsi impossibili o s’illude d’averli.

160

D’acqua chiara non ne vuole neanche il maiale. Cosı` i bevitori invitano a non bere l’acqua o deridono coloro che la bevono. I maiali vanno a rotolarsi negli acquitrini fangosi e di solito disdegnano le acque correnti e limpide dove raramente si abbeverano. 161

Acqua mia bella lodar ti devo: mi ci sciacquo i coglioni e non ti bevo. Frase dei bevitori di vino. Si dice che l’abbia pronunciata un buffone ubriacone, al quale il signore aveva ordinato di fare una lode dell’acqua. 162

Acqua, femmina e fuoco per tutto si fan loco. L’acqua, la donna e il fuoco sono dotati di una forza incoercibile e prendono campo, si fanno valere e soverchiano se non sono controllati. Vedi anche Da tre F bisogna star lontano: fuoco, fiume e femmina [F 1]. 163

164 Acqua e fuoco Dio gli dia loco. Propriamente e` uno scongiuro: Dio tenga l’acqua e il fuoco nei luoghi loro destinati. Infatti se ne escono fuori sono incontenibili.

L’acqua prende e lascia, il fuoco prende e distrugge. L’acqua, debordando fuori dagli argini, s’impadronisce delle cose, invade i luoghi, ma poi si ritira e restituisce quello che non ha distrutto; il fuoco invece distrugge tutto quello di cui s’impadronisce: e` quindi piu` distruttivo e pericoloso. 165

166 Ogni acqua spegne il fuoco. Non importa che l’acqua sia chiara, dolce o potabile per spegnere il fuoco. Ogni cosa per

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

167 Ogni fontana leva la sete. Per analogia. Per togliere la sete ogni bevanda e` buona, non si guarda la qualita`. 168

Chi col fuoco fa star l’acqua per forza, fa che questa svapora o quel si smorza. Due endecasillabi a rima baciata, di sapore letterario. Due cose incompatibili, costrette a stare insieme, si annullano vicendevolmente o si snaturano. Si riferisce soprattutto a persone di indole diversa che si vorrebbe far stare insieme. 169

Lascia che l’acqua scenda e il fumo salga. Lascia che le cose seguano il loro corso, non ti opporre alla tendenza della natura, ne´ a quelle volonta` che non puoi combattere. 170

171 Lascia che l’acqua vada per la china. Cioe` per la discesa, che segua il suo corso naturale. 172 Lascia che il mondo vada come vuole. Per analogia. Riferito alla vita sociale, alle mode, alla politica, alle tendenze. Vedi anche Bisogna prendere il mondo come viene [M 1801].

Non si getta via l’acqua sporca col bambino dentro. Anche modo di dire: gettare via l’acqua ecc. Tuttora molto usato, anche se l’uso di lavare i bambini nella tinozza, di cui poi si gettava via l’acqua, e` certo ormai dimenticato. Quando si getta via qualcosa che non serve, si deve fare attenzione che non vi sia insieme qualcosa di prezioso, d’importante o di utile. In un affare, in una trattativa non si deve tagliar corto precipitosamente, ma valutare con attenzione. 173

174 L’acqua torba non fa specchio. L’acqua torbida non riflette bene l’immagine. Non ci si deve misurare, specchiare in persone di cattiva condotta, ma nei migliori. Torbo, riferito a persona vale non chiaro, ambiguo, oppure di cattivo umore. 175

Chi vuole dell’acqua chiara vada alla fonte.

pag 76 - 04/07/2007

13

.

Chi vuole la verita` vada a cercarla da chi la sa, dall’interessato e non ascolti le chiacchiere che sono spesso false.

ACQUA

Nella miseria se il pane e` insufficiente (cioe` l’acqua e` la base e il pane l’aggiunta) la vita e` disperata; se invece il pane e` sufficiente e non c’e` altro, la vita non e` bella, ma possibile.

176 L’acqua fa l’orto. L’orto ha bisogno nei mesi estivi di essere annaffiato quotidianamente, altrimenti gli ortaggi non nascono, le piante seccano. Acqua: qui presenza di un ruscello, una sorgente, un pozzo. In senso lato: senza mezzi non si puo` concludere niente di buono.

Chi e` travolto dall’acqua s’attacca a ogni spino. Chi e` in serie difficolta` si rivolge dovunque possa sperare aiuto, anche dove vi sono poche speranze, esili forze.

Ognuno tira l’acqua al suo mulino. Molto diffuso anche come modo di dire, tirare l’acqua al proprio mulino: i mulini di un tempo si disponevano lungo fiumi e torrenti, dai quali prendevano l’acqua per muovere le macine, dirottandola nelle gore. In tempi di magra, di siccita`, ogni mugnaio, nottetempo, dirottava le acque dei mulini a monte del proprio, per poter macinare, dando luogo a un gioco senza fine. Ognuno piega le cose al proprio favore, cerca di fare il suo tornaconto, interpreta secondo il suo interesse, prende quanto piu` possibile. Vedi anche Ognuno porta paglia al suo pagliaio [P 179].

L’acqua e` poca e la papera non galleggia. Frase degli imbonitori da fiera. Dalla tradizione napoletana.

177

Erano tre fratelli e un cugino e ognun tirava l’acqua al suo mulino. Arricchimento del precedente: nemmeno la parentela piu` stretta fa sı` che uno non agisca per il proprio interesse. 178

179 Ogni prete loda le sue reliquie. Per analogia parziale. Le reliquie di santi una volta costituivano un’attrazione per la devozione dei fedeli, per le feste e i pellegrinaggi: avevano quindi il potere si rendere frequentata e famosa una chiesa. Di qui l’interesse del parroco nel lodarle. Ognuno quindi esalta i propri meriti, le cose che ha. Vedi anche Pazzo e` quel prete che biasima le sue reliquie [R 358]. 180 Ognuno loda il suo santo. Per analogia. Ognuno esalta il proprio capo, la propria idea, la parte alla quale aderisce.

Ognuno voga alla galeotta. Per analogia. Si dice vogare alla galeotta, remare tirando a se´ il remo, facendo quindi il gesto di prendere, di chi fa tutto mio. Ognuno quindi cerca di prendere per se´ il piu` possibile. 181

182

Acqua e pane, vita da cane; pane e acqua vita da gatta.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

183

184 Le acque son basse. Esclamazione di scoramento. La riserva d’acqua sta per esaurirsi o l’acqua e` troppo bassa per navigare, o anche per pescare. In senso lato: le possibilita` sono poche, manca il danaro. 185

186 Acqua in bocca! Con l’acqua in bocca non si puo` parlare. Ordine perentorio, di uso molto frequente, perche´ sia fatto assoluto silenzio su un certo argomento. Vi e` connesso un apologo popolare secondo il quale un confessore consiglio` a una penitente recidiva nel peccato della mormorazione di tenere continuamente in bocca dell’acqua presa da una bottiglia che le consegno` come miracolosa. 187 Acqua rubata e` come malvasia. E` buona come un pregiato vin dolce, la malvasia, in quanto ha il sapore del proibito. Cosı` anche la Bibbia: ‘‘Sono dolci le acque rubate e il pane mangiato di nascosto e` piu` gustoso’’ (Proverbi 9.17), parole peraltro messe in bocca alla follia. Vedi anche I baci rubati sono i migliori [B 34]; I frutti proibiti sono i piu` dolci [F 1512]; Piu` proibito, piu` gradito, piu` appetito [P 2753]; Le ciliegie rubate son piu` dolci [C 1581]; Il pane rubato ha piu` sapore [P 332].

ACQUA2 Nel senso di ‘‘pioggia’’. Quando e come deve cadere la pioggia per portare beneficio all’agricoltura; e la pioggia di maggio inoltre ha magici poteri. Per acqua come liquido o corrente vedi la voce precedente. f Vedi Aria, Brina, Cielo, Dio, Lampeggiare, Levante, Luna, Mulino, Nebbia, Neve, Nu-

pag 77 - 04/07/2007

ACQUA

14

.

vola, Pioggia, Piovere, Seminare, Sole, Tempo, Temporale, Terra, Tuonare, Tuono, Vento.

ficato metaforico: le prime disgrazie, i primi dolori, lutti sono quelli che fanno soffrire di piu`.

L’acqua di maggio inganna il villano: par che non piova e si bagna il gabbano. La pioggia di maggio cade leggera e sottile, per cui non ci si fa caso, ma in breve tempo infradicia. Traslato: le cose che si presentano in misura modesta, deboli, semplici, sono quelle che, con la continuita`, ingannano e provocano danni. Il gabbano era, specialmente in area toscana, la veste da lavoro usata da contadini e operai. Vedi anche Tre le cose che ingannano il villano: credenza, buon mercato e piover piano [T 938].

197 Acqua forte poco dura. Quando di una cosa c’e` piu` bisogno o non c’e` o non si trova o non e` a portata di mano. Sottolinea la disdetta, ovvero la malignita` con cui il caso complica o aggrava una situazione difficile.

188

189

Acqua minuta bagna e non e` creduta.

L’acqua che non piove resta in cielo per domani. Se piove molto e con violenza e` probabile che dopo la pioggia il tempo si rimetta; al contrario, la pioggia leggera non esaurisce le nuvole, e quindi il tempo restera` piovoso anche l’indomani. 198

Quando non viene acqua provvedi con la zappa. Se il periodo di aridita` si prolunga, occorre utilizzare ogni breve pioggia, anche la rugiada notturna, e questo si fa rompendo la crosta del terreno zappandolo, in modo che la terra aperta trattenga e faccia penetrare a fondo l’acqua che diversamente scivolerebbe via. 199

Piove dolcemente piove veramente. Per analogia. Il grande temporale con acqua scrosciante non e` gradito ai contadini: l’acqua corre via senza penetrare nel terreno e la campagna rimane di fatto arida. La vera pioggia e` quella che scende leggera, poca e per molto tempo. 190

Quando l’acqua sale dalla valle mena le bestie nelle stalle. Proverbio di chi abita sulle pendici dei monti: se le nuvole salgono dalla valle e` indizio di cattivo tempo prolungato, per cui e` bene riportare al riparo gli animali dal pascolo. Diversamente se le nuvole scendono dal monte. 200

Pioggia cheta passa la terra e la veste. Per analogia. La pioggia non forte e continua penetra nel terreno e negli abiti; a differenza di quella violenta e breve che dilava e fugge. 191

192 Acqua fina bagna e non canta. Non fa rumore, ma innaffia a dovere.

L’acqua di maggio fa diventar belle le donne. L’organismo, rinnovato dalla primavera, si presenta nella sua forma migliore, fuori dai panni pesanti della brutta stagione. 201

Pioggia minuta fa cantar le fonti. Per analogia. Rifornisce i le sorgenti penetrando in profondita` nel terreno. 193

194 Pioggia fina fa correre i fossi. Per analogia. L’acquazzone si disperde, mentre la pioggia continua e lenta riattiva le fonti e il sistema dei fossi che irrigano i campi. 195 Acqua fina, acqua per le lumache. Le lumache e le chiocciole escono quando piove piano piano. Per quanto si e` detto questa e` la garanzia che l’umidita` del terreno si prolunghi, condizione essenziale per gli spostamenti di lumache e chiocciole. 196 La prima acqua e` quella che bagna. Frase scherzosa per sopportare rassegnatamente la pioggia allorche´ uno e` gia` bagnato: da fradici non ci si bagna piu`. Ha anche signi-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

L’acqua di maggio sbianca la tela e fa belle le donne. Era uso sbiancare la tela che le donne tessevano nei telai casalinghi esponendola di notte alla rugiada primaverile, nel presupposto che avesse poteri sbiancanti. 202

203 Acqua di giugno rovina il mugnaio. Se il tempo e` piovoso il grano non matura bene e i chicchi si raggrinzano diventando ‘tutta buccia’, aumentera` cosı` la percentuale della crusca a spese della farina. Nel tradizionale sistema di pagamento per la macinazione, che consisteva nel cedere al mulino una parte del prodotto (compenso detto mulenda), chi ci

pag 78 - 04/07/2007

15

.

ACQUISTO

rimetteva, quasi senza accorgersene, era il mugnaio, che aveva nel suo compenso piu` crusca (di poco valore) che farina.

a niente. Vedi anche Chi piu` spende meno spende [S 1791]; Acquisto caro, buon acquisto [A 215]; Acquisto caro, buon risparmio [A 216].

Acqua di giugno rovina il mondo [tutto]. Rovinando il raccolto del grano, la pioggia faceva mancare il pane a molta gente.

Chi da avaro acquista prende cattiva merce. L’avaro cerca di spendere meno possibile, comprando quindi merce di scarso valore.

Un’ora d’acqua caccia un anno di carestia. Una pioggia anche breve durante il periodo estivo puo` consentire alle piante coltivate di sopravvivere e quindi fruttificare senza soccombere per la siccita`.

Chi acquista senza bisogno paga sempre caro. Chi compra qualcosa che non ha per lui un’utilita` immediata, puo` ascrivere la spesa come pura perdita, un cifra investita senza dare frutto.

204

205

ACQUATO / ACQUERELLO L’acquato, detto anche acquerello, era una bevanda che si otteneva gettando nella vinaccia tanta acqua da riempire quasi il recipiente (botte o piccolo tino). Facendola rifermentare, ne derivava un liquido leggero, dissetante che i contadini usavano al posto del vino durante la stagione fredda, dato che con i primi caldi tendeva a ‘inforzarsi’, cioe` prendere sapore d’aceto. L’acquato era odiato dai bevitori, che lo chiamavano ‘sciacquatura di botte’. f Vedi Mezzone, Vino. Il vino e` vino e l’acquato e` acquato. Le cose hanno tra loro le indiscutibili differenze. E` inutile gabellare l’acquerello per vino, o sostenere addirittura che e` migliore. 206

ACQUISTARE L’arte del comprare. Negli ultimi due proverbi il verbo assume il significato di ‘‘entrare in possesso, ottenere’’. f Vedi Comprare, Vendere. 207 Chi acquista non fa per amicizia. Chi compra fa un affare e pensa esclusivamente al proprio interesse. Mette in guardia da chi dice di comprare una cosa per venire incontro a un bisogno d’un amico, affermando che non ha interesse, che ci rimette, ecc.

Meglio non acquistare che perdere. In un affare incerto e` meglio non rischiare: non ottenere profitto dispiace, ma e` molto piu` amaro perdere il proprio capitale. 208

Meglio acquistar caro che aver niente a buon mercato. Meglio pagare cara una merce buona che averne a poco prezzo una cattiva, che equivale 209

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

210

211

212 Chi mal acquista presto disperde. Qui acquistare ha senso di venire in possesso. Chi si impadronisce di ricchezze con mezzi illeciti, facilmente e in breve tempo dilapida la sua fortuna.

L’arte di conservare e` piu` difficile di quella d’acquistare. La ricchezza puo` arrivare improvvisamente, per un colpo di destrezza o di fortuna. Piu` difficile e` conservarla, preservarla dagli ingannatori, investirla oculatamente e farla fruttare. 213

ACQUISTO f Vedi Comprare, Vendere. Acquisto risparmiato, denaro guadagnato. Il principio basilare dell’economia statica quale era quella antica era che la base del guadagno fosse il risparmio. Quindi non acquistare era di per se´ guadagnare. 214

215 Acquisto caro, buon acquisto. Dovendo fare un acquisto e` preferibile scegliere la merce migliore, e quindi piu` costosa, che dia garanzia di efficienza e di durata. Vedi anche Meglio acquistar caro che aver niente a buon mercato [A 209]; Chi piu` spende meno spende [S 1791]. 216

Acquisto caro, buon risparmio.

Acquisto a buon mercato e` spesso caro. Reciproco del precedente. La merce scadente costringe a ricomprarne altra buona. 217

Acquisto a buon mercato, pensaci due volte. La merce a buon mercato di solito nasconde qualche difetto, altrimenti manterrebbe il suo valore. 218

pag 79 - 04/07/2007

ADAGIO

16

.

Meglio un brutto acquisto che una bella vendita. Vendere un bene non rende di solito tanto che sia sufficiente in seguito a riacquistarlo: la vendita comporta di solito una perdita (si pensa soprattutto a beni immobili, terreni o oggetti di lunga durata). L’acquisto non ha questo rischio e un bene nuovo e` comunque un piacere, l’acquisizione di una cosa desiderata. Vedi anche Meglio un brutto comprare che un bel vendere [V 337]. 219

ADAGIO Il termine proviene da ad agio ‘‘con comodita`’’, e` un avvertimento ad agire senza fretta, con attenzione, unico modo per non perdere tempo. f Vedi Piano. 220 Adagio, disse Biagio. Avvertimento scherzoso e comunissimo. Si dice per invitare a far piano, a procedere con precauzione. Anche: Adagio, Biagio. Tra le varie ipotesi sull’origine del proverbio la piu` probabile pare essere quella che si ricava da una vecchia forma di proverbio rilevato a Firenze dalla tradizione orale: Per la santa Candelora dell’inverno semo fora; ma: Adagio, disse Biagio. La Candelora (vedi la voce) e` il giorno dei pronostici e cade il 2 febbraio, ma aveva forse un certo valore anche il giorno seguente che e` appunto san Biagio. Diversa, ma meno convincente, la spiegazione che ne danno le Note al Malmantile, poema giocoso di Perlone Zipoli (Lorenzo Lippi), pubblicato nel 1679: ‘‘Ci e` una favola notissima d’un contadino nominato Biagio, il quale, perche´ non gli fossero rubati i suoi fichi, se ne stava tutta la notte a far loro la guardia; onde alcuni giovanotti, per levarlo da tal guardia, e poter a lor gusto co`rre i fichi, fintisi demoni, una notte s’accostarono al capannetto di Biagio, mentr’era dentro e discorrendo fra loro di portar via la gente, ciascuno narrava le sue bravure: ed uno di costoro disse ad alta voce: Se vogliamo fare un’opera buona, entriamo nella capanna e portiamo via Biagio. Biagio, cio` udito, scappo` dal capannetto tutto pieno di paura gridando: Adagio, adagio. E di qui puo` forse aver origine il presente dettato Adagio Biagio o Adagio, disse Biagio’’. Probabilmente tutto e` partito dalla rima, come dimostrano alcune varianti dialettali, tipo il campano A passo a passo,

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

diceva Gradasso, e il ligure Fanni come dixeiva prae Giaxo: quando t’e` fuˆga vanni adaxo. Adagio, disse Biagio, che le scale son di vetro! E` un esempio di abbinamento di due diversi modi di dire, come in questi versi del Belli (Sonetti, 84): ‘‘Ch’ede` sta furia? Adacio Biacio: Roma / mica se frabbico` tutt’in un botto’’. 221

222 Adagio, barbiere, che l’acqua scotta. Invito a procedere lentamente nella rasatura. L’acqua calda si usa per sciogliere il sapone da barba. Un tempo anche i poveri si radevano dal barbiere. Era uso farlo due volte la settimana: il giovedı` e il sabato, e in occasione delle feste, alla vigilia. 223 Adagio [pian] a’ mali passi. Cautela nei passaggi difficili della strada. 224 Largo alle cantonate. Per analogia. Consiglio rivolto ai cocchieri, ai carrettieri che, girando troppo stretto ai cantoni, rischiavano di spaccare le ruote o i mozzi. Metaforicamente si dice di una cosa pericolosa, da cui bisogna tenersi alla larga, oppure delle cantonate nel senso di ‘‘abbagli, fissazioni, partiti presi, impuntature’’. 225 Piano alle curve. Per analogia. Nelle strade anche per le cavalcature le curve erano i tratti piu` pericolosi. Vedi anche Piano, che le scale son di vetro [V 647]. 226 Piano, merlo, che la fratta e` poca. Per analogia. La macchia e` piccola e il merlo deve stare ben riparato per non essere visto e preso. Si dice a chi si trova a un rischio. 227 Chi fa adagio fa prima. La fretta fa sbagliare, quindi fa perdere tempo. Vedi anche La fretta e` zoppa [F 1401].

ADAMO Un richiamo all’uguaglianza degli uomini e il ricordo tra il rassegnato e lo scherzoso dell’errore del nostro progenitore. f Vedi Mela. 228 Siamo tutti figli (del seme) d’Adamo. Siamo tutti della stessa pasta, della stessa natura, tutti uomini, al di la` delle distinzioni di censo, potere, fortuna. 229

Siamo tutti parenti per parte d’Adamo.

pag 80 - 04/07/2007

17

.

La frase, come quella precedente, puo` derivare dal Vangelo: ‘‘Siamo tali sia perche´ figli dello stesso Padre celeste e sia perche´ tutti discendiamo da Adamo ed Eva’’ (Matteo 23.8). 230

Tutti siamo figli di Adamo ed Eva.

231 Siamo tutti d’una pasta. Per analogia. Non c’e` differenza sostanziale tra gli uomini, come tra le pagnotte fatte dello stesso impasto. 232 Siamo tutti d’un pelo e d’una lana. Per analogia. 233 Siamo tutti fratelli. Per analogia. Si dice per invitare alla comprensione e al perdono. Frase evangelica.

Tutti siamo figli di Adamo e Eva, ma chi veste di canapa e chi di seta. Come i precedenti ma con l’aggiunta di una osservazione socio-economica: e` vero che siamo tutti uguali, ma le differenze di ricchezza e potere sussistono e gli uomini le fanno sentire. 234

Quando Adamo zappava ed Eva filava, dov’era il nobile? La nobilta` fondata sugli antenati, portata alle estreme conseguenze diviene un assurdo, poiche´ tutti deriviamo dallo stesso ceppo. Argomento contro chi vanta vanamente la propria nobilta`. Di origine francese. Vedi anche Ogni nobilta` viene dalla zappa [Z 15]. 235

Adamo s’ebbe il pomo e noi la penitenza. Adamo si levo` una voglia e fece scontare la pena ai discendenti. Frase consolatoria per chi si lamenta che la vita e` dura e difficile. 236

237 Adamo per una mela perse l’orto. Scherzo sul fatto che il paradiso era un giardino, latino hortus. Adamo non fece un buon affare. Esempio di come per poco si possa perdere molto. 238

Adamo per il pomo perse il giardino.

239 Adamo si salvo`, ma in culo l’ebbe. Romanesco. Infatti Adamo fu punito da Dio per il peccato originale con la perdita del Paradiso: poteva anche andargli peggio, ma non fu certo contento di come si venne a trovare. Indica la condizione poco allegra di chi per salvarsi da una grande sventura ci rimette qualcosa di serio che gli compromette

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ADIRARSI

la vita o il benessere, per cui non sa se essere triste o contento e ripete: ‘‘Per fortuna non e` andata peggio!’’. ADDIO Come formula di saluto. 240 Addio lo disse il nonno quando morı`. Non e` una vera e propria facezia proverbiale, anche se ne ha, in certo modo, la forma. Si dice a chi saluta dicendo Addio! Si preferisce infatti salutarsi con Arrivederci! che indica l’intenzione di rivedersi presto. Tuttavia si usa comunemente salutare anche con Addio!, senza tener conto che cio` significa pensare di rivedersi solo in paradiso. 241

Addio si dice a chi muore.

ADDORMENTARSI 242 Chi s’addormenta non sa se si sveglia. Sottolinea la precarieta` della vita. Con ironia si ripete accennando al fatto che i piu` muoiono a letto, per cui andare a letto sarebbe andare in un luogo pericoloso.

ADIRARSI 243 Chi tosto s’adira, tosto si placa. Come i temporali improvvisi e forti, l’accesso violento d’ira non dura molto e coloro che ne sono soggetti sono anche inclini a calmarsi presto. 244 Acqua presto calda, presto fredda. Per analogia. L’acqua, con la stessa velocita` con cui si scalda, si raffredda: cosı` l’ira.

Chi s’adira apre la bocca e chiude gli occhi. Parla senza riflettere e non ci vede piu` dalla rabbia. 245

246 Non t’adirare a tuo danno. A volte, accecati dall’ira, si rompono rapporti di amicizia, di buon vicinato, si compromettono affari e progetti senza pensare al danno che ne deriva ne´ al fatto che le persone contro cui ci siamo adirati si sentiranno svincolati da obblighi e promesse. 247 Chi s’adira ha torto. Colui che e` portato ad adirarsi e` spesso convinto d’aver comunque ragione, credendo piu` a se stesso che alla possibilita` di comprendere la verita` attraverso il confronto e il ragionamento. In questo senso ha a priori torto. Op-

pag 81 - 04/07/2007

ADULARE

18

.

pure anche: lo scoppio d’ira e` spia psicologica di insicurezza, segno del fatto che uno sa di avere in realta` torto. 248 Chi s’adira non si vendica. Chi mostra lo sdegno mette in guardia l’avversario, il quale potra` prendere opportune contromisure. Perde cosı` ogni occasione di vendetta, la quale si dice per questo che va mangiata fredda (vedi Vendetta). In generale: chi esterna lo sdegno mostra che non vuol vendicarsi, ma solo protestare, e quindi e` meno pericoloso di chi finge di acconsentire.

ADULARE f Vedi Lodare. 249 Chi ti adula ti tradisce. L’adulazione, la lode ingiustificata mostrano che una persona cerca di ottenere la piena fiducia del destinatario di tali attenzioni, con l’evidente fine di servirsene per i propri scopi. Vedi Chi ti loda in presenza ti biasima in assenza [L 841].

ADULATORE La vita dell’adulatore poco tempo resta in fiore. Presto appare la ragione delle eccessive lodi rivolte alla persona adulata, ragioni di solito poco oneste e lodevoli. 250

Adulatori e parassiti sono come i pidocchi. Sia gli uni che gli altri vivono alle spalle della persona che prendono come oggetto delle loro attenzioni; ovvero cercano di sfruttarla quanto piu` possono, senza dare in cambio che la loro presenza sgradevole. 251

profanum. / Parce mero, coenato parum ‘‘Se vuoi vivere sano, evita le preoccupazioni, considera l’ira dannosa, bevi poco vino, mangia sobriamente’’. Tutta la precettistica sanitaria antica si fonda su questi due cardini. Vedi anche Mente lieta, vita quieta e moderata dieta [D 335]. AFFARI Un decalogo per concludere affari senza pentirsene. 253 Gli affari sono affari. Estremamente vivo e diffuso. Gli affari hanno la loro logica nella quale non hanno peso sentimenti come amicizia, compassione, generosita`. Dal mondo anglosassone, tanto che in Italia e` diffusissimo anche nella forma originale inglese: 254 Business is business. ‘‘Gli affari sono affari’’. Attestato dal 1797 (cfr. G. Colmann, Heir at Law III). 255 Negli affari non si conosce amico. Il proverbio sconsiglia non solo rapporti di compravendita con condizioni favorevoli agli amici (‘‘a buon rendere’’), ma soprattutto affari fondati sulla fiducia proveniente dall’amicizia, contratti senza clausole precise alle quali dovrebbe ovviare il rapporto amichevole. 256 La bottega non conosce amicizia. Per analogia.

Negli affari ci vogliono tre C: cominciare, continuare e concludere. Il precetto raccomanda l’iniziativa, la costanza, la concretezza. 257

Prima gli affari propri e poi quelli degli altri. Nelle questioni di soldi i pentimenti, i sospetti, i malintesi sono frequenti, per cui occorre seguire sempre i principi del proprio interesse mettendo quello al primo posto, poiche´, ad affare concluso, ognuno tiene quello che ha ottenuto e non giova recriminare. 258

AFFAMATO f Vedi Fame. AFFANNO Nel significato di ‘‘ansia, pena, assillo’’ e anche di ‘‘fatica’’. Poco cibo e niente affanno sanita` di corpo fanno [danno]. La moderazione nel mangiare e la mancanza di preoccupazioni sono i presupposti della salute. Echeggia i primi versi (1-4) dei precetti della Scuola salernitana, testo fondamentale della medicina medievale: Si vis vivere sanum / curas tolle graves, irasci crede 252

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Il migliore affare e` sempre quello che non si combina. Perche´ e` quello che sempre si rimpiange e che non ha dato alcuna delusione, come invece fanno tutti quelli realmente portati a termine. 259

260

Negli affari e` come al gioco della dama: perde chi pensa solo alle proprie mosse.

pag 82 - 04/07/2007

19

.

AFRICA

E` un errore dei principianti, sia nel gioco, sia nei rapporti economici, guardare solo le proprie azioni, senza immaginare anche le mosse, le risposte della controparte.

Chi si trova nel pericolo estremo e nella necessita` non riflette se quello che fa sia utile o inutile: agisce istintivamente.

AFFERMARE f Vedi Negare.

Chi affoga s’attaccherebbe alle funi [ai rasoi] del cielo. Chi e` in grave difficolta` ricorre a qualunque cosa che lo possa aiutare al di la` di ogni ragionevole speranza. 266

AFFITTARE 261 Chi affitta, sfitta. Ferdinando Paoletti nelle Opere agrarie (1789) spiega questo proverbio dicendo che chi da` in affitto i propri poderi li manda in rovina. A differenza della mezzadria, nella quale il contadino ha interesse alla cura e alla manutenzione del podere, nell’affitto l’affittuario cerca di sfruttarlo quanto piu` possibile, incurante di provocarne l’esaurimento. Per cui sfittare qui e` una creazione linguistica che si richiama a sconfittare, ossia sconquassare, rovinare. Cfr. Tommaseo - Bellini, Dizionario e Battaglia, GDLI alla voce affittare. Ancora usato genericamente per dire che non e` conveniente dare qualcosa in affitto.

Chi affitta il suo podere al vicino aspetti danno, lite o mal mattino. Col vicino esiste un rapporto familiare o confidenziale che comporta il continuo consigliare, riprendere, proibire, imporre la propria volonta` su una cosa che il proprietario continua a sentire come sua. Con chi invece e` estraneo questo avviene in misura minore. 262

AFFITTO 263 Cavalli d’affitto fan corte miglia. I cavalli che un tempo si davano a noleggio erano di solito animali vecchi e sfiancati, dato che non si mettevano buoni cavalli nelle mani di sconosciuti che avrebbero potuto rovinarli. Di conseguenza il rendimento di tali animali era limitato, potevano essere usati per servizi di poca fatica, distanza, importanza. Corte miglia sta per ‘‘poche miglia’’. 264 Affitti e interessi corrono sempre. Qualunque sia l’uso che l’affittuario ne fa, qualunque sia l’investimento della somma ricevuta in prestito, il canone dell’affitto, cosı` come l’interesse corrono ogni giorno.

AFFOGARE f Vedi Bere, Annegare. 265

Chi affoga grida anche se non e` sentito.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

267 A chi affoga non servono consigli. Colui che si trova in pericolo di vita non ha voglia ne´ tempo d’ascoltare chiacchiere su quello che dovrebbe fare.

Chi vuole affogare il proprio cane una scusa la trova. Colui che vuol fare una cosa ingiusta trova facilmente una ragione che lo giustifichi. Vedi anche Chi il suo cane vuole ammazzare qualche scusa deve pigliare [C 409]. 268

269 Troppa acqua affoga il mugnaio. Guastare una cosa esagerando. La quantita` eccessiva, anche di roba buona desiderata, finisce per essere nociva. Affogare il mugnaio significa metaforicamente mettere troppa acqua nella farina per fare la polenta o esagerare nella quantita` d’acqua per altro impasto e di conseguenza: fare la polenta lunga, ecc. Vedi Il troppo stroppia [T 1023]. 270 Ne affogan piu ` nel vino che nell’acqua. Muoiono piu` persone per l’alcol che annegate. Affogare nel senso di ‘‘perdersi in una quantita` eccessiva’’.

AFRICA 271 Se Africa pianse, Italia non rise. E` un verso del Petrarca (Trionfo d’amore 2.83), appena modificato (il testo dice infatti ‘‘Se Africa pianse, Italia non ne rise’’, parole di Sofonisba con cui si congeda dal poeta, nella visione, dopo la rievocazione del suo sventurato amore e il suo suicidio per non cadere in mano dei Romani). Si usa per dire che se uno dei contendenti ha subı`to una sconfitta, l’altro, pur vincendo, non si trova in una condizione migliore per le eccessive perdite o altre ragioni; cioe`, come i due successivi proverbi, anch’essi di tradizione colta, e` usato in caso di cosidetta ‘vittoria di Pirro’. 272

Se Messene piange, Sparta non ride.

pag 83 - 04/07/2007

AGATA

20

.

Calco, divenuto anch’esso proverbiale, del verso petrarchesco precedente (di cui e` sinonimo), fatto dal Monti (Aristodemo, atto II, scena VII). 273 Se Roma piange, Cartagine non ride. Per analogia. Allusivo alle celebri vicende della seconda guerra punica (218-201 a.C.), che vide Roma in serio pericolo.

Dall’Africa viene sempre qualcosa di nuovo. Presenta sempre novita` strane, inconsuete o incredibili. Espressione dotta che riprende quella latina: 274

275 Ex Africa semper aliquid novi. ‘‘Dall’Africa sempre qualcosa di nuovo’’, formulazione medievale, insieme a Quid novi ex Africa?, che deriva da adattamento di Plinio, Storia naturale 8.17, dove, a proposito del fatto che in Africa nascerebbero molti animali strani dall’unione di maschi e femmine di specie diverse, si osserva: Unde etiam vulgare Graeciae dictum semper aliquid novi Africam adferre ‘‘Da cio` deriva anche quel proverbio greco secondo cui l’Africa genera sempre qualcosa di nuovo’’. Il proverbio greco a cui Plinio fa riferimento diceva propriamente ‘‘la Libia porta sempre qualcosa di nuovo’’. Di uso dotto, queste espressioni si usano o per esprimere incredulita` dinanzi a racconti di cose poco verisimili, specie se ripetuti da persone aduse a dirle, oppure per indicare attesa di inconvenienti e guai, che sono sempre pronti nella vita.

AGATA Agata, fanciulla nobile di Catania, destinata a sposare il console romano Quinziano, rifiuto` le nozze per seguire Cristo. Quinziano ricorse a torture efferate, tra cui l’asportazione del seno, piu` frequente suo motivo iconografico. Morı` intorno all’anno 250. Poco dopo salvo` miracolosamente Catania da una grande eruzione dell’Etna. Protegge dal fuoco, dalle eruzioni vulcaniche e dai terremoti. E` patrona dei fabbricanti di campane, operai di altiforni e lavoranti delle fornaci. Per questo si rappresenta anche con una candela accesa, o con una torcia, presso una casa in fiamme. Collegata al suo supplizio e` la protezione delle balie, delle donne che allattano e delle malattie di petto. Figura probabilmente storica, sia pure avvolta nella leggenda, si trova dal V sec. nel canone della Messa, e la riforma del 1969 non l’ha

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

esclusa dal calendario liturgico ufficiale. La sua festa (5 febbraio) si allaccia per molti aspetti a quella della Purificazione, la Candelora (vedi la voce): la Vergine della Purificazione e sant’Agata avvertono che la vita riappare sulla terra: le giornate sono allungate e il contadino gia` vede il muoversi segreto della vegetazione. Per sant’Agata la terra rifiata la merenda e` ritrovata. Durante l’inverno la terra appare come addormentata, chiusa dal gelo, spoglia, ma al suo interno si svolge tutto il segreto lavorio delle gemme e dei semi, tanto che nelle prime giornate di febbraio sembra riprendere respiro (rifiata), mandando i primi segni di vita. E con la buona stagione ritornera` l’abitudine delle merende. Propriamente sarebbe: Per santa Gata, la terra rifiata, mettendo perfettamente d’accordo la rima. In area toscana e` presente la forma Gata, che si origina dal diminutivo Agatina, quindi per sottrazione Gatina, quindi accorciato in Gata, cosı` come ` ngiola attraverso Angiolina), CaAngio`la (A ro`la (Ca`rola attraverso Carolina). 276

277 Per sant’Agata l’oca fa l’uovo. Proverbio segnatempo per indicare che l’oca comincia a deporre le uova per la nuova cova piu` tardi della gallina che inizia in pieno gennaio. Naturalmente la data indica il periodo, non il giorno preciso.

AGGIUSTARE Se non c’e` chi guasta non c’e` chi aggiusta. Chi vive facendo riparazioni ha bisogno che vi siano cose da riparare. Il detto era tipico degli artigiani, allorche´ i clienti si presentavano lamentandosi che si era rotto qualcosa. Allude velatamente anche a una segreta provvidenzialita` del mondo. 278

279 Sant’Aggiusta prega santa Guasta. Le due sante sono immaginarie, creazioni linguistiche popolari, come altre: san Rimedia, san Musone, ecc.

Anche chi aggiusta [il vetraio, il fabbro, ecc.] deve lavorare. Si dice quando si rompe qualcosa. 280

AGLIAIO E` la terra dell’orto piantata ad agli.

pag 84 - 04/07/2007

21 Chi vuole un buon agliaio lo ponga di gennaio. Proverbio segnatempo per l’orto. Consiglia di seminare l’aglio gia` durante il pieno freddo. Si usava metterlo in zone riparate o in cassette, per poi trapiantarlo quando gli steli erano alti circa un palmo. 281

Chi vuol far bell’agliato in gennaio sia gia` nato. Le continue variazioni sul tempo della semina di questa pianta avvengono perche´ l’aglio e` pianta robusta che viene con qualunque stagione: autunnale, invernale, primaverile. Occorre pero` stimolare la pianta perche´ puo` impiegare anche due anni a raggiungere il pieno sviluppo e ognuno ha i suoi sistemi. 282

Chi vuole un bell’aglione lo metta a san Simone. L’aglio si semina anche in autunno (san Simone si festeggia il 28 ottobre), ma se il tempo della semina e` vario, per la raccolta si indica generalmente la fine di giugno, vedi Per san Giovanni si svellono le cipolle e gli agli [A 285]. 283

AGLIO Condimento base nella cucina rustica, viene ricordato sia per le sue virtu` medicamentose sia per il sapore e per l’odore persistente, con le conseguenti analogie. f Vedi Agliaio, Cipolla Quando senti la botte al maglio va’ nell’orto e semina l’aglio. Consiglia di seminare l’aglio molto per tempo, addirittura in settembre. Cioe` nel periodo in cui si preparano le botti per la prossima vendemmia e queste, vuote, risuonano ai colpi del maglio usato per ristringerne i cerchi. 284

Per san Giovanni si svellono le cipolle e gli agli. E` ancora uso raccogliere l’aglio nel periodo in cui cade la festa di san Giovanni (24 giugno): in alcune localita` come nel bolognese in questo giorno si svolge il mercato di agli e cipolle. 285

Chi non compra l’aglio per san Giovanni e` poveretto tutto l’anno. Si diceva che, comprando gli agli in questo giorno (24 giugno), si teneva lontana la miseria. L’uso deve essere antichissimo, se gia` Columella (I sec. d.C.) scrive: ‘‘Ma quando 286

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AGLIO

biondeggiano nei campi le spighe mature del grano... / aglio allora e cipolle, papavero acceso ed aneto / unite, e ancor verdeggianti i mazzi intrecciati vendete, / poi, vendute le merci, cantando le lodi solenni / di ForteFortuna [questa festa della Fortuna si celebrava il 23 giugno sul Tevere] tornate ai vostri giocondi giardini...’’ (De re rustica 10.311 sgg.). 287 Il mortaio sa sempre d’aglio. Il mortaio era usato in cucina per pestare vari ingredienti: pepe, noci, sale, ecc. Soprattutto vi si facevano impasti nei quali compariva sempre l’aglio, del cui odore s’impregnava. Uso metaforico: chi vive in un determinato ambiente, a contatto con le stesse persone diviene simile alle persone che frequenta. Chi ha contratto da tempo un vizio non lo perde mai completamente.

Tanto se ne sa a mangiare uno spicchio che un capo d’aglio. Per odorare d’aglio basta mangiarne uno spicchio, cosı` per conoscere una cosa non importa verificarla tutta, basta spesso un saggio. Il proverbio gioca sul doppio significato di se ne sa: quello di conoscere e quello di avere sapore e odore. 288

Tanto puzza uno spicchio che una resta d’agli. Tanto si e` peccatori per aver commesso una colpa che cento. 289

290 L’aglio e` la spezieria dei contadini. L’aglio da` sapore alle vivande di scarso valore, arricchisce le pietanze povere, nasconde i cattivi sapori ed e` quindi impiegato in molti piatti della cucina contadina. 291 L’aglio e` la farmacia dei contadini. L’aglio ha davvero molti principi medicamentosi e piu` gliene conferiva la medicina popolare. Era impiegato contro i bachi (ossiuri), le contusioni, la tosse facendosene estratti e cataplasmi. Era anche antidoto contro veleni e disinfettante. 292 Chi mangia aglio campa gli anni di Noe`. Per le proprieta` antisettiche mangiare aglio era un preventivo contro le malattie contagiose. Lo si usava (e lo si usa ancora) per regolare la pressione e lo si riteneva capace di tenere lontane le malattie in genere. Si dice che il patriarca biblico Noe` visse 950 anni. Vedi anche Chi mangia aloe` campa gli anni di Noe` [A 491].

pag 85 - 04/07/2007

AGNELLO

22

.

293 L’aglio fa alzare il battaglio. L’aglio e` ritenuto anche un eccitante e un afrodisiaco. Il battaglio, o batocchio, e` la parte mobile appesa dentro la campana di forma vagamente fallica.

Se hai male alla panza mangia aglio in abbondanza; se hai male alla testa aggiungi aglio alla minestra. Il proverbio segue i consigli della Scuola salernitana. 294

Chi vuol morire mangi l’aglio e vada a dormire. L’aglio, mangiato in abbondanza, e` molto indigesto e il sonno non ne facilita lo smaltimento. 295

Per analogia. E` la versione italianizzata di un proverbio di area campana diffuso in tutta l’area meridionale ’A sciorta d’ ’o piecore: nasce cornuto e more scannato. Piu` sfortunato dell’agnello che muore castrato, becco o scannato. 303 Muoiono piu ` agnelli che pecore. Si usa per indicare che la morte non segue la regola dell’eta`: per le guerre e altri incidenti sono molti i giovani che muoiono. Vedi anche Puo` cascare l’acerbo come il maturo [A 101]; I giovani possono morire presto, ma i vecchi non possono campare molto [G 641]. 302

Al macello vanno piu` capretti che vecchi becchi. Per analogia. 304

Ti sapra` d’aglio. Avrai modo di pentirtene. Quando uno fa qualcosa che gli portera` danno. L’aglio lascia a lungo e fortemente amara la bocca.

Muoiono piu` agnelli a Pasqua che pecore in tutto l’anno. Riferito in particolare alla guerra dove muoiono soprattutto i giovani.

T’alleghera` i denti. Per analogia. Qualcosa, un’azione ti risultera` come una sostanza agra.

L’agnello e` sgozzato e la pecora pasce. Ai macelli van piu` bovi che vitelli. Per analogia, ma con significato opposto. Una volta si usava per l’alimentazione piu` la carne di bue che quella di vitello.

296

305

306

297

298 Partisti aglio e tornasti cipolla. Eri cosa da poco prima e lo sei ancora. Si dice a chi non ha profittato di un’esperienza, dell’eta`, di una lezione. Aglio e cipolla simboleggiano cose vili e di scarso valore venale. 299 Partisti in baule e sei tornato in valigia. Per analogia. Di chi ha fatto un viaggio e non ha visto o capito nulla.

AGNELLO Nella breve e sfortunata vita dell’agnello molti proverbi vedono un parallelismo con la fatalita` del destino umano. f Vedi Castrone, Lupo, Pecora. L’agnello e` un animale sfortunato nasce cornuto e (poi) muore scannato. Si dice di chi non ha fortuna nella vita e gliene capitano di tutte, come becco e bastonato. L’agnello, maschio, ha gia` le protuberanze delle corna sul capo, simbolo dell’umana infelicita` coniugale, della quale e` simbolo anche il montone. Gli agnelli sono quasi tutti destinati alla precoce macellazione. 300

301

Il destino del caprone: nasce cornuto e muore scannato.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

307

Cosı` va al mercato la pelle dell’agnello che quella della pecora. Non muoiono soltanto i giovani, ma anche i vecchi. 308

L’agnello piu` vispo e` quello che il lupo mangia per primo. Chi piu` si mette in mostra, si espone, azzarda, sfida il pericolo, e` quello che rischia di piu`, nel caso dell’agnello anche la vita stessa. 309

310 Chi mangia l’agnello non tosa la pecora. Chi macella l’animale quando e` piccolo perde cio` che puo` produrre da adulto. Consiglio a non perseguire un utile immediato che toglie rendite future. Vedi anche Chi taglia l’albero perde i frutti e l’ombra [A 437]; Chi coglie il boccio non coglie la rosa [R 957].

Se vuoi vivere sano coricati con gli agnelli e alzati con le allodole. Vai a letto quando rientra il gregge: all’imbrunire; alzati con le allodole: quando sorge il sole. ` il male dell’agnello: 312 E aumenta la pancia e s’accorcia l’uccello. Una storiella vuole che un agnello, dopo essere stato castrato, si preoccupasse molto 311

pag 86 - 04/07/2007

23 della perdita di una certa prestanza fisica, ma si compiacesse d’ingrassare a vista d’occhio. Intercalare scherzoso che si ripete a chi lamenta qualche male, soprattutto se dovuto alla vecchiaia, cercando di consolarlo ironicamente con due mali dei quali uno verrebbe fatto passare come una fortuna. Toscano. Vedi anche Quando il cocomero cresce il picciolo si secca [C 1692]. Quando l’agnello bela la pecora ha belato. Quando il piccolo parla, hanno parlato i grandi; quando il bambino dice qualcosa l’ha sentita dai genitori. Applicabile anche ad altri ‘mediatori’ di opinioni, o supposti tali, come allievi, seguaci, e gregari vari. 313

Agnello di primo pelo, piccione di primo volo, capretto di primo salto, pollastra di primo canto, fanno la festa d’ogni santo. Quando vuoi far festa e stare bene metti in tavola quanto indica la filastrocca: tutti animali giovani, quindi teneri e saporiti, che ti faranno mangiar bene e fare una bella figura. Vedi anche Piccione di primo salto, e gallina di primo canto fagli la festa come a un santo [P 1626]. 314

AGNESE Sant’Agnese (21 gennaio) fu martire a Roma e gode di un culto antico e continuo nel mondo popolare. Assai bella e giovane subı` la tortura per essersi rifiutata di sposare il figlio del prefetto romano e per non volere abiurare alla fede. Fu uccisa con una pugnalata alla gola, come un agnello ed e` forse per questo che e` raffigurata con un agnello in braccio, simbolo dell’innocenza, della mitezza. Protegge i fidanzati ed e` invocata nei pericoli della navigazione. Da non confondere con l’altrettanto celebre sant’Agnese da Montepulciano, di epoca medievale. Sant’Agnese la lucertola per la siepe. La lucertola farebbe la sua prima apparizione in una giornata soleggiata nel periodo della festa di questa santa. Qualche animale in letargo puo` approfittare anche d’inverno di un periodo piu` mite per fare un’apparizione fuggevole, come si sa che avviene per marmotte, ghiri, castori, spinti dalla fame o da bisogni fisiologici. 315

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AGO

Sant’Agnese il freddo e` per le siepi. La festa di sant’Agnese, corrisponde all’entrata del sole nel segno dell’Aquario, periodo di freddo intenso. 316

Sant’Agnese il freddo e` per le chiese. In questo periodo il freddo e` penetrato dovunque, anche in quei grandi edifici che mantengono a lungo il caldo e il freddo, come le chiese dalle spesse mura. 317

AGO Piccolo e prezioso strumento che viene ricordato in primo luogo per la sua funzione, il cucire, che era spesso di sostentamento a tutta la famiglia. La sua filiforme sottigliezza ne fa la metafora per osservazioni piu` generali di diverso tipo. f Vedi Filo, Nodo. 318 Ago e pezzetta mantengono la poveretta. La pezzetta e` la toppa con cui si usava aggiustare i vestiti rotti, logori, vecchi. Era l’arte delle donne povere quella di sfruttare quanto piu` possibile gli abiti; alcune di loro, non capaci di fare le sarte, si dedicavano per mantenersi alle rattoppature che facevano per pochi soldi. Il senso del proverbio e` che, ove mancano mezzi, arrangiarsi con lavoretti risolve il problema della sopravvivenza. 319 Ago e pezzola tirano avanti la famigliola. Il lavoro casalingo del cucito e del rammendo sono parte importante di un magro bilancio familiare. Pezzola, toscano per ‘‘fazzoletto’’, e` usato come sinonimo di pezzetta, toppa, pur trovandosi raramente in questo significato. 320 Ago e filo sono mezzo pane. Per una donna saper cucire costituiva un’importante integrazione all’economia domestica.

Ago e filo sono mezzo vestire. Talvolta vale l’ago dove non vale la spada. Le cose piccole non sono da trascurare, poiche´ agiscono dove forza e grandezza nulla possono. 321 322

323 Piccolo ago scioglie stretto nodo. Per sciogliere un nodo strettissimo si usa spesso un ago. 324

Le monache danno un aghetto per avere un galletto.

pag 87 - 04/07/2007

AGOSTINO

24

.

Dare un aghetto per avere un galletto e` modo di dire che significa: dare poco per avere assai. Qui la pratica e` attribuita alle monache, note per la loro proverbiale oculata furbizia. Volentieri si da` un ago per avere un palo. Si fa volentieri una piccola rinuncia, un lieve sacrificio, un dono da nulla per avere qualcosa che vale di piu`. 325

326 Non si nascondono gli aghi nei sacchi. Le cose non si possono nascondere dove la loro natura facilmente si rivela: toccando un sacco facilmente ci si sente bucare se vi sono dentro degli aghi. Vedi anche Amore e tosse non si nascondono [A 821]; Fuoco, tosse, amore e rogna prima o poi vengono fuori [F 1650].

Chi nasconde l’ago nel pagliaio non l’avra` ne´ lui ne´ gli altri. Qui il proverbio sconsiglia di nascondere una cosa dove difficilmente potra` ritrovarla anche colui che ce l’ha nascosta. Cercare l’ago nel pagliaio e` modo di dire molto diffuso che significa cercare una cosa che difficilmente si puo` trovare. 327

Aghi in sogno parole amare in arrivo. Superstizione codificata nelle cabale e nei libri dei sogni. Sognare aghi sarebbe segno che qualcuno presto ci rivolgera` parole pungenti, spiacevoli. 328

AGOSTINO Sant’Agostino e` il piu` grande dei Dottori della Chiesa. Nato a Tagaste nel 354, morı` a Ippona, il 28 agosto (giorno in cui ricorre la sua festa) del 430. E` simbolo d’immensa dottrina e dello scrivere libri su libri (‘‘ha scritto piu` di sant’Agostino!’’). Citato continuamente dai predicatori ha goduto di fama indiretta senza essere popolare come Antonio, Francesco, Benedetto, Rita. Di lui si ricorda soprattutto l’incontro con l’angelo sulla riva del mare, quando, nella forma di un bambino, gli disse: – Agostino, e` piu` facile che io versi il mare in questa buca che tu riesca a comprendere la Trinita` divina! Sant’Agostino disse ai ranocchi: ‘‘Non tuffemus in aqua turba’’. Non entriamo in faccende scabrose. ‘‘Non tuffiamoci nell’acqua torba’’, espresso in un latino-italiano comico, e` un invito a non par329

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

lare di cose spiacevoli che possono portare discordia. Entrando nell’acqua torbida di un fiume o di uno stagno non si sa cosa si trova, ne´ quanto sia fonda, percio` e` pericoloso. L’attribuzione a sant’Agostino e` ovviamente scherzosa, deriva da linguaggio pedagogico ecclesiastico. Sant’Agostino disse alle ranocchie: – Codeste non son gambe da stivali. Voi ci avete le gambe troppo storte e fareste impazzir li calzolari. Quartina di endecasillabi con assonanze incrociate. Gioca, come il precedente, sulla tradizione degli apologhi dei santi. Si usa come invito alla sopportazione e alla pazienza quando qualcuno chiede cose non facili da fare; si rifa` probabilmente ad una storiella popolare di tipo esopico in cui le rane richiedono delle calzature, vedi anche La ranocchia ando` dal maniscalco per farsi mettere i ferri [R 193]. 330

331 Sant’Agostino lo mette in dubbio. Per dire ad altri che non siamo proprio certi di quello che affermano. Gli scritti di Agostino erano, nella filosofia medievale, una delle massime auctoritates, la cui citazione confermava un assunto. La frase era usata nel linguaggio ecclesiastico per controbattere un’affermazione data per certa con la posizione dubitativa del santo. Nel pisano la frase assume talvolta altro significato riferendosi alla dentizione dei bambini: se questa avveniva nella stagione calda, intorno alla festa di sant’Agostino (28 agosto), si voleva che fosse difficile, fonte di malattie e pericolosa per la vita stessa del bambino (lo mette in dubbio: non si sa se vivra`). 332 Non c’e` predica senza Agostino. In una bella predica non dovrebbe mai mancare una citazione da sant’Agostino. Si usa quando la conseguenza di una determinata cosa e` naturale, scontata, inevitabile.

Ne´ tavola senza vino ne´ predica senza Agostino. Ampliamento del precedente. Una coppia di cose che non dovrebbero mai mancare; si usa per raccomandare la presenza del primo elemento. 333

(Come disse sant’Agostino:) non ti mettere in cammino se la bocca non sa di vino. Nelle opere del padre della Chiesa non si rintraccia ovviamente insegnamento di que334

pag 88 - 04/07/2007

25 sto genere, ma il consiglio e` saggio, anche se di non profonda spiritualita`. Del resto l’affermazione viene fatta anche senza l’autorita` patristica evocata dalla rima. Un tempo il cammino si faceva in gran parte a piedi e il vino dava tono; e se era freddo era utile ancora di piu`. AGOSTO E` il mese dell’opulenza, ricco di prodotti della terra e di selvaggina. Con il caldo e con la pioggia influenza positivamente i raccolti dei mesi successivi: vino, olio, miele, marroni. Per l’uomo, una serie di avvertimenti: infatti per quanto agosto sia l’apice del caldo (e percio` fiacca l’energia virile) ha gia` in se´ l’embrione del freddo. f Vedi gli altri mesi, Caldo, Leone. 335 Agosto moglie mia non ti conosco. Molto vivo e diffuso. La fiacchezza estiva degli uomini e il desiderio delle donne e` motivo antico della poesia. Esiodo, Opere 586587: ‘‘Le donne sono tutte calde e gli uomini tutti fiacchezza, perche´ Sirio asciuga il capo e le ginocchia’’. Alceo (fr. 347 Voigt, 4-5): ‘‘Solo il cardo e` in fiore: le donne sono piene di desiderio e gli uomini hanno poco vigore...’’. Vedi anche Giugno, luglio e agosto, ne´ acqua, ne´ donna, ne´ mosto [P 2274] ; Quando sol est in leone pone mulier in cantone bibe vinum cum sifone [L 467]; Quando senti cantar la cica piglia il fiasco e lascia la fica [F 704]. 336 Agosto moglie mia stammi discosto. Discosto: lontana.

Alla prima pioggia d’agosto la tortora lascia il bosco e il beccafico gira arrosto. Cominciava la caccia e agosto era tempo di beccafichi. La tortora sulla fine del mese ha finito la sua seconda covata e lascia le zone selvose per radunarsi negli spazi aperti, preparandosi alla migrazione. 337

D’agosto anche l’asino nero diventa rosso. Per il sole forte e continuo. 338

Agosto matura e settembre vendemmia. Si riferisce all’uva che matura in agosto e si vendemmia il mese successivo, vale pero` anche per molti altri frutti. Vendemmiare si usa anche genericamente per raccogliere. 339

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AGOSTO

Fango di maggio, spighe d’agosto. Usato a proposito della coltura del granturco: se piove molto di maggio si vedranno in agosto delle belle pannocchie sulle piante di granturco. Si parla del mais come del grano (spiga) probabilmente perche´ nell’economia povera di alcune zone d’Italia centro-settentrionale la farina di granturco era il sostituto di quella di grano e la polenta rimpiazzava il pane. 340

Agosto empie la cucina e settembre la cantina. Nel mese d’agosto c’e` ricchezza di prodotti della terra: ortaggi, frutta; anche gli animali si trovano in abbondanza, per cui la cucina e` piena di risorse. Il settembre vede l’uomo occupato ai lavori della vendemmia e della vinificazione. 341

Quel che agosto non cuoce settembre lascia crudo. I frutti che non sono maturati in agosto neanche a settembre raggiungeranno la piena maturazione. 342

343 Agosto chiappa, spenna e metti arrosto. Sono tradizionali nelle ricorrenze di agosto gli arrosti di animali sia di cacciagione, sia d’allevamento. Vedi anche Ai primi d’agosto l’anatra finisce arrosto [A 861]. 344 D’agosto l’uva fa il mosto. Nell’acino dell’uva si forma il succo che si trasforma in vino. Per mosto il proverbio intende il succo che sta nell’acino dell’uva, che prende corpo in questo periodo. Vedi anche La vigna d’agosto fa gia` sentire il mosto [V 752]. 345 Agosto ci matura il grano e il mosto. Il grano qui e` da intendersi come granturco, che si raccoglie alla fine dell’estate, mentre il frumento si mette nei granai a luglio. Per mosto vedi il precedente.

Quando piove d’agosto piove miele e piove mosto. La pioggia d’agosto, in giusta misura, permette lo sviluppo dell’uva, mantiene l’erba per gli animali, i fiori per le api. Il miele puo` anche riferirsi al contenuto zuccherino dell’uva, essenziale per la gradazione del vino. Per mosto vedi sopra. 346

347

Se piove d’agosto piove olio, miele e mosto.

pag 89 - 04/07/2007

AGOSTO

Fa bene alle olive che ancora sono piccole e si stanno formando. Per miele e mosto vedi sopra. 348

26

.

Acqua d’agosto fa miele e mosto.

Buono e a tempo come un’acqua d’agosto. Si dice di quello che viene a proposito, dato che l’acqua in questo mese e` benefica, gradita e attesa. 349

Di settembre e d’agosto bevi vino vecchio e lascia stare il mosto. La tentazione di fare un vino primaticcio con l’uva appena matura era particolarmente sentita in questo periodo quando i contadini non avevano piu` vino; ma la bevanda cosı` ottenuta fa male ed e` cattiva. E` proverbio del meridione, dato che altrove non si puo` nemmeno immaginare un’operazione del genere, se non l’antica produzione dell’agresto (vedi la voce). 350

Per un agosto umido non ci fu carestia. Anche se agosto e` piovoso e prevale il cielo coperto, la campagna non sara` meno produttiva e portera` avanti la maturazione dei frutti. 351

D’agosto cento ne ho e una te ne mostro. E` l’olivo che parla dei suoi frutti che in agosto non compaiono evidenti sulla pianta: le olive ci sono, ma nascoste, piccole, e in gran numero. 352

Il sole d’agosto inganna la massaia nell’orto. Il sole caldo nel corso del mese secca gli ortaggi e spoglia l’orto alla massaia che credeva d’avere quanto le necessitava. 353

A mezzo agosto animata a mezzo settembre vergolata. La castagna comincia a prendere forma dentro il riccio (con anima si indica la forma iniziale del frutto o la parte interna del nocciolo) quando il caldo e` al massimo o comincia a declinare (meta` d’agosto). A meta` di settembre e` gia` costituita anche nel suo tipico colore, piu` evidente prima della completa maturazione. L’aggettivo vergolato indica una cosa segnata da sottili striature, anche di diversi colori, oppure ornata con vergole d’oro o di seta. La castagna giovane si presenta proprio in un tono generale sul chiaro, striata di piccole fasce marroni e giallo aurate, rilucenti 354

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

come seta. La maturita` della castagna si ha tra settembre e novembre, dopo le prime brinate, secondo le varieta` delle piante e il clima locale. La loro raccolta prosegue fino a novembre. Vedi Castagna. D’olive, castagne e ghianda agosto ne dimanda. Si prevede in questo mese quale sara` il raccolto autunnale di questi tre prodotti. 355

Chi dorme d’agosto dorme a suo costo. Chi trascura la campagna in questi periodo ne paghera` amare conseguenze nell’inverno, quando gli manchera` cio` che doveva raccogliere in questo mese. 356

Primo d’agosto capo d’inverno. Nonostante sia considerato il mese che presenta le punte piu` alte della temperatura, agosto incrina la morsa della canicola e rompe l’afa: nasce l’embrione del freddo, anche se freddo non fa. Il tempo d’insolazione e` sensibilmente diminuito e basta una pioggia consistente a far apparire una stagione diversa: quella stagione che si presenta amara per chi non ha da coprirsi. 357

Chi si bagna il primo d’agosto non arriva a bere il mosto. Non arriva alla vendemmia, alla fine di settembre. In agosto infradiciarsi sotto la pioggia e anche fare il bagno nei fiumi e` pericoloso essendo tornato inavvertitamente il fresco che provoca con l’acqua un brusco raffreddamento del corpo: con la polmonite un tempo si poteva morire. Vedi anche Chi va al fiume dopo Ferragosto non ha cervello o non ce l’ha a posto [F 594]. 358

359

Chi va all’acqua d’agosto non beve [non vuol bere] il mosto.

La prim’acqua d’agosto pover’uomo ti conosco. Alla prima acqua d’agosto comincia a rinfrescare il clima e il povero va nelle sue casse a cercare di che vestirsi e difficilmente lo trova, mostrando cosı` la sua triste condizione, che non appariva quando ognuno per il caldo si vestiva alla meglio. 360

361

La prim’acqua d’agosto il caldo s’e` riposto.

pag 90 - 04/07/2007

27

.

Il caldo in agosto raggiunge il culmine, ma alla prima pioggia l’aria rinfresca e difficilmente ritornano le temperature elevate dei giorni precedenti. 362

La prim’acqua d’agosto rinfresca il mare e il bosco.

La Madonna d’agosto rinfresca il mare e il bosco. L’Assunzione di Maria (15 agosto) segna tradizionalmente la fine del grande caldo. 363

364

La prim’acqua d’agosto cerca il mantello dove l’hai riposto.

AIUTARE

369 Ahi e guai non mancan mai. Lamenti e disgrazie si trovano dovunque in abbondanza.

Chi dice sempre ahi! non muore quasi mai. Coloro che si lamentano sempre, o sono sempre malaticci, hanno vita lunga. Vedi anche Dura piu` una pentola rotta che una sana [D 1232] ; Sempre malato campa cent’anni [M 220]; Chi e` sempre malatino sotterra anche il becchino [M 221]; Chi dice sempre di morire non si decide mai [M 222]. 370

Chi nasce d’agosto non ha la testa a posto. E` uno di quei proverbi che sembrano fatti solo per la rima. In realta` vi e` un comune pregiudizio per cui coloro che nascono in tempi di festa e d’abbondanza sono un po’ bislacchi, come i nati di domenica, a Natale, a Pasqua, ecc.

AIA L’aia e` lo spazio antistante la cascina che serve per molti usi: ammassare e battere il grano, far sostare i carri, caricare e scaricare il fieno e tutti i prodotti della campagna. Serviva anche per far asciugare il frumento, l’orzo, l’avena e il mais al sole, cosa della quale approfittavano uccelli, polli e formiche per fare incetta di chicchi e frammenti.

AGRESTO L’agresto era fatto con l’uva primaticcia, non ancora ben matura, spremuta e lasciata fermentare. Aveva sapore acidulo e veniva usato come condimento della cucina di un tempo, soprattutto contadina.

Guai a quell’aia che non teme le formiche. Guai a chi non ha quegli inconvenienti che derivano dall’avere, dal possedere. Dove non arrivavano le formiche significava che non c’era nulla da mangiare, ne´ grano ne´ cereali, quindi si trattava di una casa povera. In senso figurato si usa con i piu` diversi riferimenti: ad esempio a chi si lamenta che i giovanotti girino intorno alla sua casa dove ci sono belle ragazze.

365

Chi vendemmia troppo presto non fa vino, ma fa agresto. Chi vendemmia prima che l’uva sia matura fa piu` aceto che vino. 366

AGRICOLTORE f Vedi Contadino. 367 Avaro agricoltor non fu mai ricco. L’agricoltore, quando risparmia eccessivamente sulle sementi, sui concimi, sul lavoro, non ottiene buoni risultati e quindi fa vita grama.

Buon agricoltore rompe la cattiva annata. Chi coltiva la terra con saggezza, preveggenza e operosita`, anche nel caso di una annata cattiva riesce a ottenere raccolti soddisfacenti. 368

AGRIGENTO f Vedi Girgenti. AHI Esclamazione di dolore.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

371

AIUTARE Per ricevere aiuto, sia da Dio che dai propri simili, e` necessario in primo luogo darsi daffare con le proprie forze. L’aiuto a chi ce lo chiede deve essere offerto tempestivamente e in modo concreto, solo cosı` e` efficace, ma anche con oculatezza, cominciando a occuparsi della propria famiglia, poiche´ le nostre possibilita` non sono sufficienti per aiutare tutti indistintamente. 372 Aiutati che Dio [Iddio / il ciel ] t’aiuta Molto vivo ed usato, insegna che all’eventuale aiuto di Dio bisogna unire lo sforzo e la buona volonta`. A questo proposito la tradizione popolare cita spesso la storiella di quel boscaiolo che aveva da portare un carico di legna molto pesante e andava sotto il fardello per il bosco, dicendo: – Signore, aiutatemi voi perche´ non ce la faccio. Ma il carico si faceva sempre piu`

pag 91 - 04/07/2007

AIUTARE

pesante e quello: – Signore, aiutatemi voi... Intanto andava per il sentiero cercando di resistere allo sforzo, parlando tra se´: – Signore, aiutatemi voi... e poi se non mi volete proprio aiutare, vuol dire che faro` due viaggi. La stessa morale e` nella favola esopica 53: ‘‘Un ricco ateniese faceva [...] un viaggio per mare. Si levo` una grande tempesta e la nave si capovolse. Mentre tutti gli altri nuotavano, l’ateniese continuava a invocare Atena [...] Allora uno dei naufraghi [...] gli disse: – Mentre invochi Atena, guarda se muovi un po’ le braccia! Vedi anche La fortuna aiuta il marinaio che rema [F 1226]. 373

28

.

Chi s’aiuta Iddio l’aiuta.

374 Dei facientes adiuvant. ‘‘Gli de`i aiutano coloro che si danno da fare’’. Come i precedenti, ma di ambito dotto: e` citazione presa di peso da Varrone, De re rustica 1.1.4. 375 Dio dice aiutati che t’aiutero` ancor io. In forma appena diversa e` messo in bocca da Manzoni ad Agnese che cerca di convincere Lucia a concludere il matrimonio di nascosto (Promessi sposi cap. 6): ‘‘Che bisogno c’e` di chieder pareri? Dio dice: – aiutati, ch’io t’aiuto’’. Lucia aveva poco prima osservato: ‘‘Tiriamo avanti con fede, e Dio ci aiutera`’’. 376 Aiutati che t’aiuto. Invito a chi si trova in condizioni di bisogno a fare da parte sua il possibile per poter essere aiutato. 377 Chi non s’aiuta s’annega. Colui che non fa il possibile per uscire da un grave pericolo va incontro alla propria rovina, come colui che trovandosi in difficolta` in acqua aspetta che siano gli altri a salvarlo.

Ognuno s’aiuta con l’unghie che ha, disse l’asino. Ognuno adopra i mezzi che ha a disposizione, usa le armi o le difese che la natura o il caso gli offrono. Deriva dalla favola del leone e del somaro. Un leone e un asino viaggiavano insieme e, arrivati a una salita durissima, s’accordarono di farla portandosi a vicenda per meta` del percorso. Tocco` per primo all’asino che, presosi addosso il leone, comincio` a salire. La strada era brutta e dura; il leone sentendosi in terra da un momento all’altro per il traballare continuo della sua cavalcatura, s’aggrappo` decisamente con gli unghioni al collo dell’asino, il quale prese a protestare per 378

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

il male atroce che gli faceva. Ma il leone tranquillo, gli rispose: – Pazienza, compare, ognuno s’aiuta con l’unghie che ha. Tocco` finalmente al somaro a salire in groppa al leone, e anche lui comincio` a darsi da fare con ogni sforzo per non scivolare. A un certo punto il leone senti di dietro qualcosa di forte e prepotente, che proprio non avrebbe voluto sentire e ruggı` al cavaliere: – Amico, che diavolo facciamo? – Eh, caro mio, ognuno s’aiuta con l’unghie che ha! La favola, qui riassunta, si trova, narrata da Sanguino, nella commedia Il candelaio (atto II, scena III) di Giordano Bruno. Del proverbio circolano soprattutto le versioni romanesca Ognuno s’ajuta co’ ll’ogna sue e quella napoletana Ognuno s’aiuta cu l’ogna soia. Dio aiuti i poveri che i ricchi s’aiutano da se´. E` convinzione che il ricco non abbia bisogno d’aiuto in quanto il danaro provvede a tutto. 379

380 Chi aiuta tutti non aiuta nessuno. Per le limitate possibilita` che ha il singolo individuo un vero aiuto si puo` dare solo a pochi, in pochi casi. Chi pensa di soccorrere tutti si limita a distribuire buone parole. 381 Aiuta i tuoi e gli altri se puoi. Un principio solo apparentemente egoista, essendo una regola pratica. L’aiuto indiscriminato, che lascia poi nelle difficolta` coloro che sono piu` vicini, genera incomprensioni, pentimenti, rancori che sono distruttivi soprattutto nella famiglia.

Aiuta prima i tuoi e dopo chi tu vuoi. Precisazione del precedente. 382

A chi non vuole aiutare non mancano le scuse. Non si dice mai di no a chi chiede aiuto, anche quando non abbiamo intenzione di darlo, e la fantasia e l’immaginazione sono fertilissime nel trovare i motivi del rifiuto. 383

Male aiuta gli altri chi non aiuta se stesso. Chi non sa provvedere a se stesso diventa un problema anche per coloro che cerca di aiutare. Per questo la prima cosa che uno deve fare e` di non aver bisogno, poi puo` fare meglio e di piu`. 384

385

Chi non ha s’aiuti con le braccia.

pag 92 - 04/07/2007

29

.

Chi non ha possibilita` soprattutto finanziarie, si dia da fare come meglio puo`. Vada a lavorare. Chi aiuta aiuto aspetti. Colui che e` generoso nell’aiutare chi ha bisogno, trovandosi nella necessita` ricevera` soccorsi insperati, non solo dai suoi beneficiati. Vedi anche Chi fa bene, bene aspetti [B 343]. 386

387

Chi aiuta e` aiutato.

Chi aiuta subito aiuta due volte. L’aiuto pronto e generoso, oltre a essere piu` efficace, cementa la solidarieta` e l’amicizia. Si tratta probabilmente di un calco del piu` noto e antico proverbio: Chi da` subito da` due volte [D 97]. 388

Chi vuole aiutare non aspetta d’esser pregato. Colui che veramente vuole essere d’aiuto non si fa pregare, non indugia, non mette condizioni. 389

390 Chi aiuta i poveri aiuta Dio. Principio evangelico che trova la sua piu` esplicita affermazione in Matteo 25.40: ‘‘ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piu` piccoli, l’avete fatto a me’’. Vedi anche Chi da` al povero presta a Dio [P 2313].

Se il Signor non ci aiuta e ci riveste mostreremo i coglion come le bestie. Intercalare scherzoso per definire ironicamente una condizione precaria, una difficile situazione finanziaria. Forse e` il distico finale di un’ottava, o di una sestina di qualche commedia o di altro componimento popolare. 391

392 Aiuta il povero e caccia il mendico. Aiuta chi, pur dandosi da fare, e` in difficolta`, ma non aiutare chi non vuol lavorare, chi fa il povero di professione.

AIUTO f Vedi Soccorso. 393 Meglio un aiuto che cento consigli. Risposta a chi si limita a consigliare colui che si trova nelle difficolta` senza soccorrerlo praticamente ed efficacemente. 394 Pochi in aiuto e molti a consiglio. Quando ci sono da prendere decisioni, da consigliare o da discutere sono in molti a partecipare, quando c’e` da dare un aiuto pratico allora si presentano in pochi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ALA

395 Molti consigliano molto e aiutano poco. Per analogia.

Chi vuole da molti aiuto faccia di non averne bisogno. Quando la difficolta` e` superata, infatti, molti offrono il loro aiuto; ma nel bisogno non se ne trova uno. Dunque: volendo sentire la solidarieta` intorno, non la si chieda nel momento della necessita`. 396

Ogni aiuto e` buono, tranne quello a tavola. Aiutare qualcuno a mangiare significa portargli via la roba dal piatto. Frase scherzosa per dire che e` gradita ogni forma d’aiuto, purche´ reale ed efficace. 397

398 Aiuto offerto non ha ricompensa. Colui che riceve aiuto senza averlo chiesto non si sente in debito verso il benefattore. Prima di porgere un aiuto bisogna essere certi che uno lo desideri. L’eccessiva sollecitudine nell’aiutare il prossimo puo` generare l’equivoco tra chi aiuta credendo di farsene un merito e chi e` aiutato credendo di non averne bisogno.

ALA Lo strumento che permette il volo diventa il simbolo di quel compendio di doti, capacita`, mezzi necessario a intraprendere un’impresa. 399 Non si puo` volare senz’ali. Non si possono intraprendere azioni, portare a termine imprese, senza i mezzi, gli strumenti necessari per compierle. Spesso si fa riferimento al verso di Dante (Inferno 33.13): chiunque voglia una grazia senza ricorrere alla Vergine ‘‘sua disianza vuol volar senz’ali’’, il suo desiderio e` assurdo. 400 Non bisogna allargare le ali piu ` del nido. Non si deve fare piu` di quanto viene richiesto. Gli uccelli proteggono la loro covata stendendo sopra il nido le ali in modo da coprirlo. Vedi anche con significato vicino Non fare il passo piu` lungo della gamba [P 687]. 401 Fatti crescere le ali e dopo vola. Non tentare un’impresa senza esserti prima procurato le forze e i mezzi necessari. 402 L’uccello non vola finche´ non gli son cresciute le ali. 403 Con l’ali d’oro si vola molto in alto. Con il danaro (oro) si raggiungono mete altrimenti impossibili. Adatta alle ali un modello

pag 93 - 04/07/2007

ALBERGO

30

.

proverbiale molto produttivo, vedi ad esempio Con un’accetta d’oro s’atterra ogni albero [A 90]; Con le chiavi d’oro si aprono tutte le porte [O 520]. ALBERGO Qui e` la locanda di un tempo, dove il viaggiatore al termine di una faticosa giornata di cammino trovava vitto e alloggio; ma per i due ultimi proverbi esiste un altro albergo che attende e accoglie tutti dopo un viaggio piu` o meno lungo. Bell’albergo, oste furfante. L’apparenza ricca e sontuosa spesso nasconde il tentativo di approfittarsi di chi viaggia, dando fumo negli occhi e un trattamento scadente. Ovvero: l’ambiente che non corrisponde alla sua funzione modesta, nasconde attivita` illecite. Vedi anche con qualche attinenza Bella ostessa, conti traditori [O 680]. 404

405 In bell’albergo si beve cattivo vino. Dove si cura molto la forma, l’aspetto, si trascura spesso la sostanza.

Chi arriva tardi in albergo trova una magra cena e un duro letto. Chi arriva in albergo a notte inoltrata deve contentarsi sia nel mangiare sia nel dormire. Anche con significato metaforico, generico. Vedi Chi tardi arriva male alloggia [T 121]. 406

Tutti finiamo nello stesso albergo. Nonostante le differenze unica e` la fine degli uomini: il cammino d’ognuno finisce all’ultimo albergo, il cimitero.

409 L’albero si conosce dal frutto. Traduzione di Matteo 12.33 (e anche 7.20). Dalle azioni si conoscono le persone e dagli effetti le cose. Vedi anche Dall’odore si conosce il fiore [O 139]. 410 L’albero buono da` frutti buoni. Evangelico come il precedente: Matteo 7.17

Da cattivo albero non venne mai buon frutto. Reciproco del precedente. 411

412 Ogni erba si conosce per lo seme. Per analogia. Verso della Divina Commedia: ‘‘Se non mi credi pon mente alla spiga / ch’ogni erba si conosce per lo seme’’ (Purgatorio 16.112-113). Vedi anche Le querce non fanno limoni [Q 162]. 413 All’albero caduto, taglia taglia. Quando uno sta per cadere in rovina, invece di trovare aiuto, vede che la gente asseconda la sua caduta per ricavarci qualche meschino interesse. Tale concetto e` espresso ne La quercia caduta, di Giovanni Pascoli (Primi poemetti). 414

Ad albero caduto ognuno corre con la scure.

415

Ad albero che cade, da`gli da`gli.

416

Ad albero caduto, accetta accetta.

407

L’albergo puo` andare, ma l’oste e` un mascalzone, disse il matto al becchino. E` una facezia popolare: riferendosi al cimitero crea un’ambiguita` di significato tra il becchino che sarebbe l’oste disonesto, e colui (Dio) che invece e` il vero padrone e mette a letto per non ridestare mai piu`. Per questo la blasfema allusione e` riferita a un matto. 408

ALBERO Ricorrente in questi proverbi il paragone tra l’albero e l’uomo: in primo piano i frutti, cioe` le azioni. E poi la sorte, non benevola proprio verso chi si comporta bene (i migliori alberi sono i piu` battuti), e decisamente crudele nei confronti di chi e` caduto in disgrazia. f Vedi Frutto, Pianta.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Sopra l’albero caduto ognuno corre a far legna. Anche nell’Ariosto si legge: ‘‘Come e` in proverbio, ognun corre a far legna / dell’arbore che il vento in terra getta’’ (Orlando furioso 37.106). Si dice anche in latino: 417

418 Arbore deiecta, quivis legna colligit. ‘‘Dall’albero caduto ognuno fa legna’’. Variante mediolatina di un apoftegma dello pseudo-Publilio Siro (52 R.2): Deiecta quivis arbore ligna legit, a sua volta ripresa di uno dei Monostici di Menandro ‘‘Caduta la quercia, ciascuno fa legna’’. Altra variante e` Cadente quercu, ligna quisquis colligit. ‘‘Quando cade la quercia ognuno va a far legna’’. 419

Dell’albero caduto tutti si fan legna.

420

Quando la quercia e` in terra tutti fan legna.

421

Quando la casa brucia tutti si scaldano.

pag 94 - 04/07/2007

31

.

Per analogia. Quando qualcosa va in rovina tutti corrono a prendere quanto e` possibile. Vedi con significato attinente Agli zoppi grucciate [Z 105]. 422 Albero che non fa frutto: taglia taglia. Pianta, persona o animale che non sono di alcuna utilita` trovano tutti d’accordo sul fatto che se ne puo` far bene a meno. Col detto si biasima il comportamento di chi non ha riconoscenza o abbandona qualcuno dopo averne ricevuto benefici.

Chi taglia l’albero di confine taglia la lite. Chi leva l’occasione di contendere riporta la pace. L’albero posto sul confine genera continue contese per l’ombra che getta sul terreno altrui, sul possesso dei frutti che cadono oltre il limite, ecc. 423

Ad albero che non ha frutto ne´ si batton le pertiche, ne´ si tirano i sassi. L’albero produttivo subisce maltrattamenti. I sassi si lanciano per far cadere i frutti e per la stessa ragione si battono le fronde. D’uso metaforico: coloro che non lavorano vivono meglio di quelli che producono.

ALBERO

Le buone abitudini, l’educazione, le virtu` si instillano nella giovane eta` , cosı` un vizio preso in gioventu` difficilmente puo` essere emendato. Paragone ripreso dalla pianta che quando e` ancora tenera puo` essere piegata agevolmente per farla crescere dritta; quando il tronco e` indurito e` inutile tentare di modificarlo. Vedi anche Il salice va piegato quando e` verde [S 105]. 429 Albero cresciuto non si raddrizza piu `. Reciproco del precedente. 430 Albero torto lo raddrizza il fuoco. Solo abbattendolo e facendone legna per il fuoco si raddrizza l’albero torto. Il vizio incallito finisce solo con la morte. 431 L’albero non si giudica dalla scorza. Le cose non si giudicano dalle apparenze, dall’aspetto esteriore.

424

425 I migliori alberi sono i piu ` battuti. Gli alberi da frutto vengono potati come la vite, bacchiati come il noce, ecc. Di valore metaforico: le persone piu` laboriose e piu` utili sono quelle piu` criticate, bersagliate, sfruttate.

Albero grande fa piu` ombra che frutto [frutti]. L’eccessivo sviluppo va a scapito dell’efficienza, della produttivita`, fino a diventare fastidioso (fare ombra). Anche: in certe situazioni una persona importante e ragguardevole da` piu` intralcio che aiuto. L’albero che cresce esageratamente perde la propria energia nello sviluppo delle fronde e delle foglie, per cui da` pochi frutti, non proporzionati alla sua grandezza. Accade agli alberi vecchi. 426

L’albero che ha molti frutti non li matura tutti. L’allegagione (vedi la voce allegare) dei fiori in numero eccessivo sforza la pianta che non riesce a portare a maturazione una parte dei frutti che pendono dai rami. Chi prende troppi impegni, pretende di far troppo, alla fine combina poco. 427

428

L’albero si piega da giovane.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Ne´ da ogni albero fiore, ne´ da ogni fiore frutto. Come una gelata puo` bruciare una fioritura e un fiore puo` restare senza frutto, cosı` nella vita non tutte le promesse, le speranze si avverano. 432

433 Nessun albero ne vuole un altro sopra. Nessuna pianta vuole stare all’ombra di un’altra, come le persone non vogliono essere condizionate da chi le sovrasta. Dare ombra equivale a dare fastidio.

Chi taglia un albero ne deve piantare tre. Per essere sicuro di rimpiazzarlo: due potrebbero morire crescendo. Chi vuole ottenere sicuramente uno scopo non deve fare un solo tentativo, non deve fidarsi di una sola probabilita`. 434

Albero troppo trapiantato mai di frutti e` caricato. I trapianti sono mal sopportati dagli alberi e, se sono grandi, possono anche morirne. Si usa in senso metaforico: una persona che cambia di continuo ambiente, citta`, lavoro difficilmente riesce a dare il meglio di se´. 435

Al primo colpo non cade l’albero [un albero]. Al primo colpo di scure la pianta non si abbatte. Molto diffuso in senso metaforico: le prime operazioni di un lavoro appaiono senza frutto, bisogna procedere con costanza in un’impresa. 436

pag 95 - 04/07/2007

ALCHIMISTA

Chi taglia l’albero perde i frutti e l’ombra. Chi ha fretta nel godersi un bene non ne coglie i frutti. Vedi anche Chi mangia l’agnello non tosa la pecora [A 310]. 437

L’albero cresce anche quando si va a letto. Le cose procedono a nostra insaputa, il mondo cambia anche se non ce ne occupiamo. Suggerisce l’idea che tutto e` in movimento, mentre pensiamo che le cose si fermino insieme a noi. 438

439 L’albero cade dalla parte dove pende. Tutto segue la propria inclinazione. La tendenza principale finisce per prevalere su altre forze, spinte, incoraggiamenti, correzioni. Chi ha un vizio alla fine ne diviene vittima.

ALCHIMISTA Della tradizione alchemica resta nella tradizione popolare solo l’immagine degli alchimisti come maghi che cercavano di tramutare i metalli in oro. L’alchimista era quindi considerato un pazzoide che perdeva il suo tempo e i suoi averi per un’idea assurda. Il termine era sinonimo di perdigiorno, se non d’imbroglione. 440 Guardati da alchimista povero. Se ha trovato come far l’oro un alchimista dovrebbe essere ricco. Guardati da coloro che esercitano un’attivita` smentita dalla loro vita, dalla loro condizione. 441

A tre cose non credere: ad alchimista povero, a medico malato e a eremita grasso.

Guardati da oro d’alchimisti, da recipe di medici, da eccetera di notai, e dalla culata del prete. Toscano. La promessa d’oro degli alchimisti ha fatto perdere patrimoni; le ricette (recipe ‘‘prendi’’, era la formula per indicare le medicine e le quantita`) dei medici ammazzano la gente, l’eccetera dei notai contiene la parte insidiosa dei contratti e la culata e` quella che il prete da` verso la bara inchinandosi davanti all’altare, quando benedice la salma: e` un saluto che non piace a nessuno. 442

443

32

.

Gli alchimisti non trovan quello che cercano, e perdono quello che hanno.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Molti hanno profuso patrimoni nelle ricerche alchemiche, non raggiungendo alcun risultato. Cosı` chi si butta in imprese assurde, perde quello che ha. ALCIONE Per antica credenza si voleva che l’alcione (nome con cui si indicano diverse specie di uccelli alcedinidi, fra cui il martin pescatore) facesse il nido sulle onde del mare, e questo si calmasse sette giorni prima e sette dopo il solstizio d’inverno, per permettere all’uccello di covare. Questa credenza e` testimoniata per la prima volta dal poeta lirico greco Simonide (VI-V seolo a.C.: fr. 3,7 P.), dopodiche´ ne parlano Aristotele (Storia degli animali 542b), Varrone, Plauto, Ovidio, Plinio (Storia naturale 10.47), Columella (11. 2), sant’Ambrogio (Exameron 5.40), Brunetto Latini (Tesoro 1.5). L’alcione e` ricordato anche da Virgilio (Georgiche 1.399) come l’uccello che annuncia la pioggia allorche´ non apre le ali sulla spiaggia al sole. La gente di mare crede che nell’alcione vivano le anime dei marinai morti, per questo egli vola sempre contro vento, indicando ai naviganti la direzione delle correnti alte. Quando fa il nido l’alcione il marinaio ha mezza luna di bonaccia. Quando nidifica l’alcione vi sono quindici giorni (meta` del ciclo lunare) di mare calmo. 444

ALESSANDRIA E` la citta` del Piemonte. Quel camino che fuma e` casa mia e lı` vicino c’e` un’osteria, disse quello d’Alessandria. Lo dicono i vicini, soprattutto gli astigiani, per rimproverare la pretesa spilorceria di quelli d’Alessandria. In generale si usa per rimproverare chi non invita a casa propria o si mostra taccagno. 445

ALLATTARE Si sottolinea quasi a giustificarlo il grande appetito della donna che allatta. Donna che allatta mangia quanto una vacca. Durante l’allattamento la donna per dare alimento al bambino mangia e beve molto. 446

447

Chi allatta va alla madia sette volte al giorno.

pag 96 - 04/07/2007

33

.

La madia era il mobile di cucina dei contadini usato per impastare e conservare il pane. 448

Chi tiene il bimbo al petto non va mai sazia a letto.

449 Il latte viene dalla bocca. Il latte materno dipende dall’alimentazione.

ALLEGARE In campagna si conosceva non solo il tempo del fiorire, della raccolta e del fruttificare, ma anche quello piu` delicato, segreto e misterioso dell’allegagione, vale a dire il momento in cui il fiore, fecondato, trapassa in frutto. E` il periodo cruciale dell’agricoltura: uno sbalzo di freddo, una pioggia intempestiva o altro possono compromettere questa magica metamorfosi. Il mondo contadino seguiva tale fenomeno con una attenzione quasi ossessiva, traducendo in proverbi le sue considerazioni che vanno intese naturalmente come comportamenti tendenziali delle piante e non come regole di precisione scientifica. I proverbi che riguardano questo fenomeno sono numerosi, ma non parlano di solito specificamente di allegagione, di passaggio da fiore a frutto, ma si servono piuttosto di metafore. Vedi Per sant’Urbano (25 maggio) il frumento e` fatto grano [U 238]; Per santa Maria (15 agosto) il marrone fa la cria [M 717]; Per san Barnaba` (9 Giugno) l’uva viene e il fiore va [B 140]; La notte di san Giovanni (24 giugno) entra il mosto nel chicco [G 644]; Per san Lorenzo (10 agosto) la noce e` fatta [L 904]; Per san Giacomo e sant’Anna (25 e 26 luglio) entra l’anima nella castagna [C 998]; Per santa Maddalena (22 luglio) la nocciola e` piena [M 31]; A san Vito (15 giugno) il castagno e` incardito, a santa Maria (15 agosto) inanimito [V 1078]. L’idea di fondo con cui si interpretava questo passaggio e` che esista proprio un momento nel quale avviene una specie di creazione, al modo di altre realta` viventi. L’analogia e` il concepire fisico o della mente: e` il miracolo dell’organizzarsi della materia in un nuovo essere. Naturalmente questo amoroso interesse per certi aspetti della natura non era tutta poesia: c’era la preoccupata attenzione verso fenomeni da cui dipendeva la vita, il pane, la tranquillita` di una annata che poteva essere di pene e di stenti. f Vedi Maggio. 450

Fava e mela coll’acqua allega.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ALLEGRIA

I fiori della fava e quelli del melo allegano bene con la pioggia. Normalmente la pioggia e` nefasta per l’allegamento dei fiori: per la vite e` micidiale in quanto impedisce al vento e agli insetti di diffondere il polline. In questi due casi e` il contrario. ALLEGRIA Dote naturale intessuta di serenita` e fiducia nella vita, l’allegria aiuta in tutte le circostanze, ma non deve essere eccessiva bensı` temprata dalla consapevolezza che lo stato felice e` solo un momento fugace. Cosı` l’allegria puo` anche mascherare un sottofondo di tristezza. f Vedi Riso. 451 L’allegria e` d’ogni male il rimedio universale. L’allegria e la tranquillita` sono i rimedi per i mali del corpo (vedi Poco cibo e niente affanno sanita` di corpo fanno [A 252]) e per problemi pratici di ogni genere, permettendo di affrontarli senza angoscia. Allegria ogni male caccia via. 453 Un’oncia d’allegria sana ogni malattia. 454 Allegria fa campare, la passione fa crepare. Il cruccio continuo mina l’integrita` fisica. Passione nel senso di ‘‘sofferenza’’ e` particolarmente usato nei dialetti toscani. Echeggia il senso di uno dei proverbi biblici (Proverbi 17.22): ‘‘Un cuore lieto fa bene al corpo, uno spirito abbattuto inaridisce le ossa’’. 452

455 L’allegria viene dal cuore. L’allegria e` una disposizione interna dell’uomo che non puo` essere attivata ne´ dipendere da fattori esterni, come fortuna, successo, ricchezza, ecc.

Quando l’allegria e` in casa il pianto e` alla porta. Si tratta dell’allegria in eccesso, del riso esagerato che si traduce spesso in pianto. Si dice spesso ai bambini presi da un accesso di riso. Si usa piu` raramente anche per indicare come spesso l’allegria nasconda una natura malinconica che supera i momenti critici col sorriso o col riso, ma che porta dentro motivi di tristezza. 456

457

Tanta allegria tanta malinconia.

pag 97 - 04/07/2007

ALLEGRO

34

.

458 L’allegria e` la strada della malinconia. L’ostentato buon umore nasconde spesso un temperamento malinconico, se non triste, e l’eccessiva allegria porta sovente a momenti di tristezza. Vedi anche La sera allegria e l’indoman malinconia [L 456].

Allegria e rassegnazione: muore l’asino e resta il padrone. Bisogna accettare con filosofia i casi della vita: l’asino purtroppo e` morto ma il padrone e` ancora vivo. Di fronte alle disgrazie, alle malattie, bisogna osservare quello che avviene comunemente intorno a noi e accettare la regola: la vita segue il suo corso e ognuno vive di solito gli anni che la natura gli assegna.

L’allegria continua, insistente puo` stancare, mentre l’onesta` deve essere costante. 468 Non tutti quelli che ballano sono allegri. Non tutti coloro che portano i segni esteriori della contentezza sono allegri: talvolta e` proprio il contrario.

459

460 Allegria fa bel viso. Lo stato allegro rende il volto piacevole, togliendo i segni, le rughe derivanti dalle tensioni dolorose. Riprende alla lettera un insegnamento biblico (Proverbi 15.13): ‘‘Un cuore lieto rende ilare il volto’’ (Cor gaudens exhilarat faciem nella versione della Vulgata).

Allegria e` dei giovani e dei vecchi che si sposano. L’allegria e` appannaggio naturale della gioventu`; esiste anche nella vecchiaia, ma e` dovuta per lo piu` a momenti brevi, spesso a illusioni. 461

Piacere e allegria presto vengono e presto vanno. La condizione felice e` uno stato improvviso e momentaneo dell’esistenza. 462

ALLEGRO 463 Finche´ si e` allegri non si muore. La fiducia nella vita da` vita. 464

L’uomo allegro non muore mai.

Cuore allegro, sangue sano. L’allegria e la serenita` sono fattori determinanti della salute. Vedi anche Il riso fa buon sangue [R 624]. 465

466 Uomo allegro, buon compagno. La compagnia migliore e` quella delle persone contente, ilari, che non annoiano con le tristezze e i lamenti. L’uomo allegro ha di solito anche un carattere aperto e franco. 467

Allegro al momento e onesto in ogni caso.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ALLELUIA E` parola della liturgia cristiana. Deriva dall’ebraico e significa ‘‘lodate Iddio’’. Si usa come esclamazione gioiosa, di giubilo per una cosa conclusasi bene, per un successo, una felice notizia. 469 Alleluia ogni mal fuia. La Pasqua mette in fuga (fuia) i malanni dell’inverno e i digiuni della quaresima. Nella liturgia pasquale si cantano spesso le antifone gioiose che iniziano con la parola Alleluia. La forma fuia del verbo ‘‘fugare’’ e` senza paralleli, antichi o moderni, in italiano: mantenuta dalla rima, denuncia una probabile origine meridionale. 470 Alleluia, il tempo si rabbuia! Motto scherzoso che si ripete in Toscana quando minaccia un temporale; una sorta di antifrasi anche per dire che le cose si mettono al peggio.

ALLOCCO Uccello rapace, notturno che vive pressoche´ in tutta Italia e s’incontra nei boschi appollaiato sui rami alti. A volte viene addomesticato per servire da zimbello come la civetta. Figura familiare alla gente di campagna, ha grandi occhi rotondi che gli conferiscono un’espressione di eterno stupore. Serve egregiamente a designare lo stupido, colui che rimane intontito, impacciato, senza saper che fare: restare come un allocco; far la figura dell’allocco. La vita notturna, il grido hu-hu di poco fascino, ne ha fatto un menagramo. La merda dell’allocco [dello sparviero] non ha ne´ puzzo ne´ odore. Si dice che ai cani sia difficile individuare la fatta di questo uccello, che peraltro ha anche poco interesse venatorio. 471

Finirono le fave anche all’Allocco che ne aveva quattordici magazzini e ne mangiava una al giorno. Il detto avverte che ogni provvista, per quanto grande, finisce prima o poi, se non viene ricostituita. Si ripete a chi confida troppo nelle 472

pag 98 - 04/07/2007

35 proprie ricchezze, riserve, patrimoni di cui fa uso indiscriminato. Vedi anche Come il povero Ammannato: la roba e` finita e il tempo e` avanzato [A 733]; Finirono le noci a Bacucco che ne aveva sette solai... [N 399]; Il povero Giovanni butto` i quattrini e conservo` gli anni [C 2042]. L’Allocco puo` essere il personaggio di una novella, come pare indicare la vicenda adombrata dal detto e il fatto che sia nota anche una variante col nome Olocco, che potrebbe essere un nome di persona inventato a bella posta per rinviare ad ‘‘allocco’’ (= sciocco). Talvolta si sente ripetere la frase con riferimento ad altri personaggi. 473 La notte e` fatta per gli allocchi. Bisogna essere sciocchi per andare in giro di notte. Si possono infatti fare brutti incontri con male intenzionati. Uscire di notte era considerato indice di vita oziosa e scioperata.

ALLODOLA / LODOLA Tra le diverse specie di allodola presenti in Italia la piu` comune e` la lodola campestre (Alauda arvensis) chiamata comunemente allodola e con molti nomi dialettali: lonara (Sicilia), cantarella (Roma), starlacca (Romagna), giaron (Bologna), taragnola (Umbria). E` un uccello migratore che in parte dimora stabilmente in Italia e in parte l’attraversa verso marzo per risalire dai paesi caldi verso le zone nordiche e a ottobre e novembre quando fa il cammino inverso. L’allodola fa il nido per terra in una depressione dei campi coltivati o delle praterie, tanto che ai contadini era facile prenderla di notte con una lanterna. La sua carne e` molto apprezzata. Caratteristica dell’allodola e` volare altissima in cielo. E` uccello allegro e socievole, ha volo festoso e un canto melodioso. S’avvicina fiduciosa all’uomo che la ripaga preparandole ogni sorta d’insidie: reti, panie, civette, specchi, richiami, fucilate. Ha come nemico il falco (vedi A 482). Vive in cattivita` e impara a ripetere motivi musicali che esegue magistralmente. Nell’immaginario collettivo riveste simboli celesti e religiosi per il suo volare in alto e cantare. Ricco il corredo simbolico. Adulazione: canta col bel tempo e tace quando e` cattivo; anima: si eleva al cielo cantando; canto: il suo canto e` uno tra i piu` armoniosi e per di piu` proviene dal cielo in quanto l’allodola canta volando, a differenza di molti uccelli che per cantare si posano; credulita` fatale: gli specchi che le

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ALLODOLA / LODOLA

preparano i cacciatori e verso i quali l’allodola si tuffa dall’alto, sono strumenti di una tragica fine; salvezza: guardando un malato essa trae a se´ il male e guarisce l’infermo; Francia: dove, insieme al galletto, e` considerata l’uccello nazionale per la simpatia della quale e` fatta oggetto, e che secondo alcuni si spiega con tradizioni religiose celtiche. f Vedi Usignolo. Se le foglie son sul gelso per le lodole e` ancora presto. Nell’Italia centrale il passo autunnale delle lodole avviene verso la fine d’ottobre, in concomitanza con il cadere delle foglie del gelso, pianta assai diffusa un tempo per l’allevamento dei bachi da seta. 474

L’allodola fa il nido in terra e canta in cielo. Pur nidificando in terra, le allodole volano altissime e cantano in stormi che talvolta nella lontananza risultano addirittura invisibili. I cacciatori per farle scendere a portata di tiro usano un mulinello di specchi. Ricorre in poesia il collegamento delle allodole con gli angeli o comunque con uno status sovrumano, per il fatto che sembrano volare verso il sole (vedi, ad esempio, la composizione del trovatore B. de Ventadorn, Can vei la lauzeta mover, e P. B. Shelley, A un’allodola). 475

A chi piace la cornacchia non puo` piacer l’allodola. A chi piace il brutto non puo` piacere il bello. La cornacchia infatti ha un canto sgraziato, mentre l’allodola lo ha melodioso. Si ripete soprattutto nei confronti di chi ama una donna non bella: cornacchia si diceva appunto di una donna brutta e sguaiata. 476

Dove cantano allodole non cantano cornacchie. Dove ci sono belle donne giovani le vecchie e brutte si tengono alla larga. 477

La lodola ha le penne grigie e il canto chiaro. Sottolinea la bellezza del canto in una figura non eccessivamente elegante. I pregi, le virtu` non dipendono dall’aspetto esteriore. 478

Quando l’allodola canta in alto fa bel tempo. Il canto delle allodole che volano in alto e` considerato segno di bel tempo, come il volo alto delle rondini. 479

pag 99 - 04/07/2007

ALLOGGIARE

36

.

Polvere allo scarpone lodole allo sportone. Quando d’autunno non piove e il terreno asciutto impolvera gli scarponi, le allodole arriverebbero ai passi in stormi piu` fitti e numerosi. Lo sportone, accrescitivo di ‘‘sporta’’, e` il carniere. 480

La lodola in primavera non crede piu` al richiamo. La lodola e` uccello curioso che viene attratto dal luccichio e dai riflessi: lo specchietto per le allodole. E` portata a curiosare, senza farsi spaventare nemmeno dalle fucilate. Ma con l’inoltrarsi della primavera, avendo la cova, non risponde ai richiami. Insegnamento venatorio che si usa anche in senso traslato: dopo un po’ di tempo, grazie all’esperienza e a buoni motivi, anche lo sciocco che all’inizio crede a tutto si fa furbo. 481

482 Dove ci son lodole ci son sparvieri. Dove c’e` la preda c’e` il predatore. I falchi sono grandi cacciatori di allodole. Questa connessione e` sottolineata gia` dal mito greco, secondo il quale questo uccello era un tempo una fanciulla di nome Scilla, figlia di Niso, re di Megara; Niso era nato con un capello d’oro (o di porpora) in capo e la citta` non poteva essere presa finche´ quello restava sulla sua testa; Scilla glielo tolse nel sonno e lo consegno` a Minosse, di cui era innamorata. Cosı` Minosse espugno` Megara e Niso, inseguendo furibondo Scilla, fu mutato in sparviero, mentre la fanciulla fu trasformata in allodola. Il temine ciris (nome dell’uccello in cui si trasforma Scilla), indicato da Ovidio e dall’Appendix Vergiliana, non ha avuto infatti un’interpretazione univoca in ‘‘airone’’, come oggi si usa, ma e` stato inteso anche come allodola, per i colori e il ciuffo rossastro sul capo indicati dallo pseudo Virgilio, e in tale forma era diffusa popolarmente la favola, usata per spiegare fantasticamente le stragi che i falchi fanno di questi uccelli; cfr. A. Forcellini, Totius latinitatis lexicon, 4 voll. + 1, Padova 1827. I, p. 584 e il Pozzoli-Romani-Peracchi, Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo, 8 voll., Livorno 1824. V, p. 2744.

Quando la lodola vola troppo in alto incappa nel falco. Chi esagera nel mostrare la sua bravura, chi fa cose spericolate o eccede nell’ambizione, rischia di rovinarsi. Vedi anche Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente [C 77]. 483

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

484 Dove sta l’allodola sta il cuculo. I due uccelli si trovano spesso insieme; il loro canto e` considerato annunciatore della primavera e della buona stagione. In marzo giunge l’allodola e tra marzo e aprile il cuculo fa sentire il suo canto caratteristico. Amano soggiornare negli stessi ambienti, sia pure tra diverse vegetazioni. 485

La carne della lodola piace a tutti.

ALLOGGIARE f Vedi Sosta, Tardi. ALLORO 486 Chi non vuole la festa levi l’alloro. Chi non vuole qualcosa che lo disturba, ne tolga il segno o il richiamo. Con l’alloro si facevano i festoni e la pianta si poneva come ornamento per cerimonie, riti, festeggiamenti, tanto da essere il simbolo stesso della festa.

Quando il fulmine ha da cadere non serve alloro. Quando una disgrazia deve accadere e` inutile prendere precauzioni. Si credeva fin dall’antichita` che la presenza di una pianta d’alloro preservasse dai fulmini la casa presso la quale cresceva. Vedi anche Quando uno s’ha da rompere il collo trova la scala al buio [C 1760]. 487

ALMANACCO E` un calendario con l’indicazione delle festivita` e dei fenomeni astronomici (lune, costellazioni, eclissi, ecc.). Gli almanacchi di un tempo contenevano anche previsioni di vario genere, da quelle sul clima ai pronostici sullo scoppio di guerre, morti di sovrani, epidemie, carestie, ecc. Dio non guarda almanacchi e quando la manda piove. La volonta` divina, il destino non e` prevedibile: quando una cosa deve avvenire, avviene. Negli almanacchi si trovavano le previsioni del tempo, addirittura con le indicazioni dei giorni nei quali erano previsti tempeste e temporali. 488

489 La morte non ha almanacco. La morte non segue regole, scadenze d’eta`, priorita`. 490

L’almanacco inganna.

pag 100 - 04/07/2007

37 Gli almanacchi, per le loro previsioni che non sempre si verificavano, avevano fama d’essere fonti d’inganni. Si diceva fabbricante d’almanacchi una persona fantasiosa o che raccontava fandonie. In generale: non si puo` confidare sulle previsioni. ALOE` L’aloe` (Aloe vera) e` una pianta grassa della famiglia delle Liliacee, originaria dell’Africa, che si dice essere stata importata dai Fenici e diffusa nei paesi dell’area mediterranea. Coltivata anche in Italia, si e` naturalizzata in diverse zone del Meridione. Era nota nell’antichita` agli scrittori e ai naturalisti greci e romani per le straordinarie proprieta` attribuite al suo succo amaro. In particolare il medico e botanico greco Dioscoride (I sec. d.C.), secondo quanto e` esposto nel Mattioli (I Discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli Medico Sanese...1557, Bib., Libro III, cap. 23), ne elenca le numerosissime applicazioni mediche. Il succo e` stato usato per molti secoli, fino alla farmacopea moderna come depurativo, digestivo regolatore dell’intestino, per curare ferite, ustioni, addirittura per fermare la caduta dei capelli. Ancora oggi, pur sconsigliandone l’uso empirico per la sua notevole tossicita`, si usa nelle terapie, estraendosene numerosi principi attivi. Chi mangia aloe` campa gli anni di Noe`. Chi vuole vivere a lungo mangi aloe`, vale a dire assuma il succo medicinale che se ne ricava. Il patriarca biblico Noe` e` scritto che visse 950 anni. Vedi anche Chi mangia aglio campa gli anni di Noe` [A 292]. 491

ALTARE L’altare e` la mensa sulla quale si celebra la messa. La parte sulla quale si consacra deve essere di pietra e contenere in un minuscolo sacello le reliquie di un martire. Il temine altare e` preso proverbialmente come simbolo della religiosita`, della vita religiosa, del ministero ecclesiastico. Anche come centro di una istituzione (parrocchia, convento, o altro in senso metaforico), al quale fanno capo forze, poteri, interessi, essendo spesso l’altare dedicato a un santo del quale la pietra sacra conserva una reliquia, ovvero sta davanti a un’effigie sacra. Essendovi in una chiesa, oltre l’altar maggiore, altri altari si prende per metafora della competizione tra istituti diversi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ALTARE

Si copre un altare per scoprirne un altro. Si rimedia un male e per far questo se ne provoca un altro; anche: si nasconde una colpa rivelandone un’altra, come il prete che adorna un altare coprendolo con tovaglie preziose che toglie a un altro altare della stessa chiesa. 492

Non si scopre un altare per coprirne un altro. Reciproco del precedente. Non si svela un peccato per nasconderne un altro. Vedi anche Non si toglie a san Pietro per dare a san Paolo [P 1712]. 493

Non si fa una buca per metterci la terra di un’altra. Per analogia. Si farebbe un lavoro inutile. Vedi anche Non si puo` fare un buco per tapparne un altro [B 983]. 494

495 Altare rovinato non ha piu ` candele. L’altare in rovina, trascurato non ha piu` devoti che vi accendano candele. Chi ha perso l’onore, la potenza, la ricchezza e` abbandonato da tutti. 496 Chi serve l’altare vive d’altare. Per quanto nobile sia la funzione che uno svolge e` da quella che prende di che vivere. Giustificazione, o riprovazione, degli uomini di chiesa che traggono guadagno dalla loro opera. Deriva probabilmente dal testo di san Paolo: Nescitis quoniam qui in sacrario operantur, quae de sacrario sunt, edunt: et qui altari deserviunt, cum altari participant? (Prima Lettera ai Corinzi 9.13) ‘‘Non sapete che quelli che lavorano per il tempio mangiano cio` che e` del tempio, e quelli che servono all’altare, partecipano dei beni dell’altare?’’. Vedi anche Chi serve la chiesa vive della chiesa [C 1454]. E` resa del seguente detto mediolatino, tuttora circolante: 497 Qui altari servit de altare debet vivere. ‘‘Chi serve all’altare deve vivere dell’altare’’. 498 Chi all’altare serve all’altare mangia. Affine ai precedenti, ma detto soprattutto in senso ironico, riferendosi chi si arricchisce a spese delle istituzioni. 499 Non c’e` altare senza croce. Non c’e` onore, gloria, posizione eminente che non comporti una pena, un inconveniente, una preoccupazione. Sopra l’altare le regole litur-

pag 101 - 04/07/2007

ALTEZZA

giche ordinano che vi sia sempre, piccolo o grande, un crocifisso per potervi celebrare la messa. 500 Altare spoglio, messa piana. Chi si presenta in una forma dimessa, non riceve onori, viene trascurato, ha un trattamento peggiore. La messa piana e` quella comune, con la semplice recitazione delle preghiere da parte di un prete solo. La messa cantata, detta anche solenne, prevede cori, strumenti, piu` celebranti, paramenti ricchi e un altare addobbato con preziosi tovagliati, sontuosi candelieri e fiori. 501 All’altare spoglio non si canta la messa. Piu` drastico del precedente.

Altari e bambini figurano con tutto quel che gli si mette addosso. Gli altari perche´ sono imponenti e hanno bisogno di pochi addobbi; i bambini in quanto sono per natura graziosi. Figurare ha qui il significato di ‘‘fare bella figura’’. 502

ALTEZZA 503 Grande altezza, gran pericolo. Chi sale a grande potenza e grandi onori, corre continuamente il rischio di perderli, cadere in rovina. Vedi Chi troppo in alto sale presto scende [S 108]. 504 L’altezza e` mezza bellezza. Qui si tratta dell’altezza fisica: una persona alta ha maggiore presenza, si impone con la propria figura, anche se non e` molto avvenente, per cui l’altezza conferisce di per se´ una certa attrattiva.

ALTISSIMO L’Altissimo di sopra ci manda la tempesta, l’Altissimo di sotto ci toglie quel che resta e tra questi due Altissimi restiamo poverissimi. La filastrocca e` tipica del mondo rurale, minacciato sia dall’andamento del clima, sia dalle continue tassazioni da parte dei vari potentati. 505

ALTO1 Come avverbio. f Vedi Basso, Cadere, Salire. 506

38

.

Chi e` in alto non pensa mai a cadere.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi si trova ai livelli alti della societa`, al posto di comando, nella ricchezza e` portato a considerare il suo stato duraturo e stabile. Il proverbio fa intendere che si tratta di un’illusione. 507 Chi sale in alto diventa un bersaglio. Una vita mimetizzata nella mediocrita` garantisce dai colpi cui e` soggetta quella di chi ha un posto di rilievo, bersaglio dell’invidia, dell’emulazione, della lotta per il potere, il denaro, gli onori. 508 Chi sta in alto poco dura. La posizione di rilievo, a causa dell’invidia che suscita, e` di poca durata. Vedi anche Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente [C 77]; Chi troppo in alto sale presto scende [S 108]. 509 Chi sta in alto vede lontano. E` ovvio che la posizione elevata favorisce la visibilita`; ma l’uso del proverbio e` metaforico: chi sta a contatto con chi occupa posti importanti e di responsabilita`, vede molto piu` lontano (conosce di piu`, e` meglio informato) di chi vive in una modesta cerchia di persone semplici.

ALTO2 Come aggettivo. f Vedi Basso. Uomo alto serve solo a spegnere le candele all’altare. Era opinione che l’alta statura, pur conferendo bellezza alla persona, si accompagnasse spesso a goffezza e a scarse capacita`, quindi: l’uomo alto e` capace solo la` dove la sua prestanza fisica lo agevola. Sugli altari si ponevano spesso alti candelieri e per accendere e spegnere le candele ci si doveva servire di una canna con in cima lo spegnitoio. 510

Chi vuol nel letto una stanga prenda una donna alta. Nonostante quanto affermato dal proverbio L’altezza e` mezza bellezza [A 504], nell’amore i proverbi sembrano decisamente preferire la donna piccola, vedi Donna. Qui si intende dire che la donna alta si comporta passivamente, come una stanga, un palo, una lunga pertica. Vedi anche La bella donna e` un bel cipresso [D 996]. 511

512

L’uomo alto mangia i fichi e il basso muore di rabbia.

pag 102 - 04/07/2007

39 Di uso metaforico: chi occupa un posto importante ne trae vantaggi e conduce una vita agiata a dispetto di chi ha una posizione inferiore. Chi alta la piglia bassa la lascia. Si riferisce a chi inizia a cantare e prende una tonalita` che non regge, per cui deve calare di tono. In generale: chi presume molto ha un disinganno e ridimensiona le sue pretese. 513

ALTRO 514 Altro e` dire, altro e` fare. La conclusione di un’opera e` cosa ben diversa da quello che si pensa, si dice e si progetta: al momento dell’attuazione infatti vengono fuori problemi e difficolta` che smentiscono le parole. Ovvero: l’importante e` concludere, portare a termine. Vedi anche Tra il dire e il fare c’e` di mezzo il mare [F 263]. 515 Altro e` correre, altro e` arrivare. Le capacita` o le risorse, per quante siano, devono essere tali da far giungere un lavoro in porto. 516 Altro e` tendere, altro e` pigliare. L’immagine e` presa dal mondo della caccia: tendere qui significa infatti ‘‘cacciare al paretaio’’, dove si tendono le reti agli uccelli; ma tendere le reti non basta, bisogna richiamarvi gli uccelli e manovrare con destrezza i congegni per catturarli. 517 Altro e` promettere, altro e` mantenere. Alla facilita` della promessa corrisponde la difficolta` nel mantenerla. E` facile prendere un impegno, difficile e` poi mantenerlo.

ALVEARE Gli alveari non devono essere posti ne´ in pieno sole, ne´ all’ombra, e in cima a un declivio dal quale le api abbiano agio di prendere il volo, lontano dalle acque di pantano, laghi, fiumi. Di solito in area defilata, in modo che questi insetti non disturbino e, a loro volta, non siano disturbati da persone, animali e odori sgradevoli di stalle e di concimaie. f Vedi Ape, Miele. A san Giovanni l’alveare spande, a san Martino l’alveare e` pieno. Giugno e` il mese del volo nuziale della regina dell’arnia, che, fecondata, inizia a deporre le uova, per cui nel periodo intorno al 24 giugno, 518

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ALZARSI

festa di san Giovanni, dall’alveare si diffonde una nuvola di api che portano polline per alimentare le larve. Con il freddo le api si ritirano: per la festa di san Martino (11 novembre) l’alveare e` pieno di api che vi passano il giorno e la notte. Pieno anche di miele che costituisce la riserva alimentare dell’inverno. ALZARSI Dei proverbi qui raccolti, a eccezione dell’ultimo, alzarsi sta per ‘‘svegliarsi e incominciare la giornata’’. Alzarsi presto e andare a letto presto fanno l’uomo sano e ricco. Si ritiene che il lavoro riesca bene durante le ore del mattino: vedi Le ore del mattino hanno l’oro in bocca [M 1006]. Al tempo stesso dedicare al sonno le ore necessarie e` un fattore essenziale per la salute. Proviene probabilmente dall’inglese (quindi con mediazione colta, o semicolta, e in eta` relativamente recente), dove e` diffusissimo il proverbio: Early to bed and early to rise, makes a man healthy, wealthy, and wise ‘‘Alzarsi presto e andare a letto presto rende l’uomo sano, ricco e savio’’. Di questo proverbio inglese si ha la prima attestazione nel 1523 (cfr. The Oxford Dictionary of English Proverbs). 519

Chi vuol vivere e star sano s’alzi presto e mangi piano. Affine al precedente ma con l’attenzione posta sulla salute (la masticazione lunga e lenta) piuttosto che sulla possibilita` di arricchirsi. 520

521 Chi presto si alza fa buona giornata. Chi si alza presto si avvantaggia, ha un punto in piu` rispetto a chi si alza tardi. 522

Chi si alza presto al mattino guadagna pane e vino.

Chi s’alza al mattino guadagna un carlino, chi s’alza a giorno non guadagna un corno. Ma il vantaggio e` relativo: il carlino, in origine (XIII sec.) moneta aurea e argentea diffusa in quasi tutta Italia, divenne nel corso dei secoli moneta di poco valore; qui si rispecchia probabilmente memoria del carlino sabaudo dei secc. XVII e XVIII. 523

524

Chi si alza a notte guadagna due pagnotte.

pag 103 - 04/07/2007

AMANTE

40

.

Chi si alza prima che faccia giorno e si trova all’alba gia` al lavoro, produce di piu`. Valido soprattutto per i lavori agrari.

pio, chi non lo ama), non creda d’aver fatto tutto: deve conservarsi il bene che si e` procurato, perche´ rischia ogni giorno di perderlo.

Chi vuole gabbare il suo vicino vada a letto presto e presto si alzi al mattino. Fa riferimento a un contesto rurale dove era continua la competizione tra i contadini a chi faceva rendere di piu` la terra, a chi aveva il miglior raccolto, ecc. Il segreto per riuscire meglio, vincere (gabbare) il vicino consisterebbe nell’alzarsi e coricarsi sollecitamente.

Gli amanti hanno la borsa legata con un filo di ragnatela. Si riferisce piu` che altro agli uomini, ma non esclude le donne. L’amore puo` portare a spese folli, fino a perdere tutto: l’intera borsa. Il filo di ragnatela indica l’esile legame che l’innamorato ha ormai con i propri averi.

525

Non importa alzarsi presto: l’importante e` arrivare in tempo. E` rivolto contro coloro che fanno dell’alzarsi presto una legge, un principio inderogabile della vita sana e attiva. 526

Chi primo si alza sceglie gli arnesi. Nella famiglia contadina chi andava prima al lavoro poteva scegliere gli arnesi migliori, piu` efficienti, leggeri, ecc. 527

Ne´ per poco alzarsi, ne´ per poco abbassarsi. Non bisogna insuperbirsi per piccoli successi, ne´ abbattersi per piccole sconfitte. 528

AMANTE In questi proverbi si snodano i vari significati della parola amante: chi vuole intraprendere relazioni amorose; chi arde di passione; chi intrattiene relazioni segrete. Anche alcune regole per essere un buon amante o per giudicare il proprio amante. f Vedi Amare, Amatore, Amore. Amante non sia chi coraggio [cuore] non ha. Chi non e` determinato a conseguire l’amore, e` inutile che lo cerchi: l’elemento fondamentale del successo in questo campo e` la risolutezza e il nemico peggiore l’incertezza. Carlo Goldoni: ‘‘Sol l’audace / ha fortuna in amor’’ (Bellisario, atto I, scena IX). Vedi anche Uomo pauroso non bacia donna bella [U 175]. 529

Chi ha paura non va a letto con le belle donne. Vedi, con senso piu` ampio, Audaces fortuna iuvat [A 1536]. 530

Chi piglia l’amante col laccio resti in casa a guardare il catenaccio. Chi raggiunge l’amore con l’inganno o altri mezzi che non sono l’amore (sposa, ad esem531

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

532

Uomo amante uomo zelante. Colui che e` veramente innamorato non trascura nulla per farsi amare e cerca in ogni modo di compiacere l’amata prevenendone i desideri. 533

L’amante e` buono con quattro esse: solo, savio, sollecito e segreto. Si riferisce soprattutto all’uomo, ma interessa anche la donna. L’amante perfetto non interpone tra se´ e l’amata nessun’altra persona, si comporta assennatamente senza fare cose pericolose o compromettenti, e` sempre attento nel conservare il rapporto e difendere il sentimento e infine non deve far parola con alcuno della sua relazione. 534

L’amante mangia poco, dorme poco, tribola parecchio e spende tutto. La letteratura di tutti i tempi e il cinema ridondano delle tribolazioni, delle sofferenze e delle pene dovute all’amore, quando questo e` passione che sovrasta ogni altro sentimento, facendo perdere il sonno, l’appetito e il controllo di se stessi. 535

536 Sdegno d’amante poco tempo dura. Endecasillabo tuttora piuttosto diffuso, per insegnare, sulla scorta di Catullo, che i rapporti amorosi sono segnati di baruffe, liti, sdegni, che di solito accendono ancor piu` l’amore. Sono burrasche passeggere perche´ chi ama comprende e chi comprende perdona. 537 Amantes amentes. ‘‘Coloro che amano sono folli’’. Per quanto molto noto e usato, il detto, di tradizione colta, non si trova in questa forma in autori antichi, ma deriva da adattamento, probabilmente medievale, di una paronomasia che si trova in Plauto (Mercator 82) e Apuleio (Apologia 84): Amens amansque ‘‘pazzo e innamorato’’ ovvero ‘‘innamorato pazzo’’. Possibile anche

pag 104 - 04/07/2007

41

.

l’influenza di un verso di Terenzio (Andria 218) Nam inceptiost amentium, haud amantium ‘‘infatti e` un progetto da pazzi, non da amanti’’. Si registra anche un proverbio mediolatino di simile tenore: Amens nemo magis quam male sanus amans ‘‘Nessuno e` piu` pazzo di un innamorato pazzo’’. 538 Agli amanti fiorai non credere mai. Agli innamorati che portano fiori non prestar fede. Il dono rivela nell’uomo una professionalita` nella seduzione, la conoscenza della sensibilita` della donna a certi omaggi. Di conseguenza non si tratta di un vero, serio amante, ma di un avventuriero. 539 Dami fiorai non ne tenete mai. Per analogia. Damo e` ancora vivo in molte zone della Toscana nel senso di ‘‘fidanzato’’; tenete e` ovviamente imperativo.

Amanti e debitori sprecano il sempre e il mai. Amanti e debitori fanno affermazioni categoriche utilizzando di volta in volta i due avverbi: Ti amero` sempre, Non ti dimentichero` mai, Penso sempre a pagare, Non ho mai un soldo. Naturalmente non sempre o quasi mai degne di fede. 540

AMARE La descrizione del vero amore, con dedizione, passione, timore, e il consiglio di non perder tempo dietro amori non corrisposti. Amare e` scegliere, prediligere, quindi: non tutti e, soprattutto, non se stesso. In ultimo, amare nel senso di ‘‘benvolere, mantenere buoni rapporti’’ o, peggio, ‘‘essere rispettato per paura o per adulazione’’. 541 Chi ama teme. Crede d’avere un bene cosı` grande che ha sempre paura di perderlo. Altro significato: non e` mai sicuro della sua conquista, del sentimento dell’altro, e` geloso. Trova parallelo preciso in una diffusa massima latina, Res est solliciti plena timoris amor ‘‘L’amore e` cosa piena di ansioso timore’’ (Ovidio, Eroidi 1.12). 542 Chi vuol bene ha sempre paura. Per analogia. 543 Chi trova ha poi paura di perdere. Per analogia, ma in senso piu` generale. 544

Chi ama brucia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AMARE

Nel senso che soffre, desidera e teme senza aver pace. Puo` riferirsi anche piu` genericamente al ‘fuoco’ della passione. 545 Chi ama non vede. Meglio sarebbe dire: non vuol vedere. L’amore infatti toglie la volonta` di considerare oggettivamente i difetti dell’altro, i rischi del rapporto, i limiti e le difficolta`. Vedi anche L’amore e` cieco [A 795]. 546 Quanto piu ` s’ama meno si conosce. L’amore nasconde i difetti delle persone amate, scusa, comprende, perdona, non tiene conto delle manchevolezze, minimizza i problemi. Percio` cancella la conoscenza oggettiva dell’altro. 547 Chi non sa nascondere non sa amare. Chi non mantiene il segreto rovina l’amore. Il proverbio tuttavia ha un significato molto ampio. L’amore e` un sentimento segreto e geloso, nel quale non si vuole che qualcuno intervenga e neppure ne conosca gli aspetti intimi. Di conseguenza chi si confida con altri si attira lo sdegno del compagno. Inoltre vi e` un aspetto scaramantico: la felicita` attira l’invidia, per cui non deve essere rivelata. Vi sono anche ragioni pratiche, come quando l’amore deve rimanere nascosto perche´ proibito o contrario alla volonta` della famiglia o della societa`. 548 Chi ama me ama il mio cane. Chi ama una persona deve rispettare i suoi affetti, le sue predilezioni. E` una frase di san Bernardo, che forse riprende un proverbio: Qui me amat, amet et canem meum ‘‘Chi mi ama ami anche il mio cane’’. Molto usato dai cacciatori.

Ama chi t’ama e rispondi a chi ti chiama. Invita a non perdersi dietro a persone di natura, gusti, inclinazioni diversi dai propri, ma a stare con chi facilmente ci comprende e ci cerca. Vedi nel Canzoniere del Petrarca: ‘‘Proverbio, ama chi t’ama, e` fatto antico’’ (105.31). E` il tema della reciprocita` amorosa, di valenza non solo propriamente erotica, ma piuttosto concernente l’intero universo delle relazioni, in primo luogo quelle amicali: si veda, alle origini della letteratura occidentale, Esiodo, Opere 353 ‘‘ama chi t’ama, e frequenta chi ti frequenta’’, il cui primo emistichio era proverbiale e si presenta in innumerevoli riprese e adattamenti. 549

pag 105 - 04/07/2007

AMARE

Ama chi t’ama e chi non t’ama lascia, chi t’ama di buon cuor stringi ed abbraccia. Due endecasillabi di fattura letteraria. E` quasi un gioco di parole. 550

Amare e non essere amato e` tempo perso. Continuare ad amare una persona senza speranza di essere ricambiati non ha alcun senso e quindi bisogna al piu` presto distogliere l’animo da tale sentimento. Affine al proverbio mediolatino Illi poena datur qui semper amat nec amatur ‘‘Soffre una pena chi sempre ama e non e` amato’’, ma con meno drammaticita`. 551

Amare e non essere amato e` come pulirsi il culo e non aver cacato. Versione greve del precedente, che ancor meno si compiace delle pene d’amore. Amare non corrisposti equivale a fare un’azione gratuita e stupida, agire senza motivo e senza ragione. Adotta uno schema molto usato nei detti, del tipo: Cacciare e non prendere e` come leggere e non intendere. 552

553

Amare e non essere amato e` come cacare senza aver mangiato.

554

Tanto e` amare e non essere amato che rispondere e non esser chiamato.

555 Chi ben ama non dimentica. Chi ha amato con vera passione, con sincerita`, non puo` dimenticare tale sentimento e la persona che ne e` stata oggetto, anche se passa il tempo e ci sono stati altri amori. 556

Chi ben ama tardi si scorda.

Chi non ha amato non conosce ne´ paradiso ne´ inferno. L’amore fa conoscere le piu` alte gioie e i piu` grandi dolori. 557

Chi ama suda sotto la neve e trema col solleone. L’amore sconvolge completamente i comportamenti della persona e le manifestazioni fisiche. 558

559

42

.

Chi ama suda al chiaro di luna.

Chi ama spera. Chi ama spera di raggiungere il suo fine e di essere ricambiato. Anche con riferimento a una persona o a un bene ai quali si tiene: per quanto siano in pericolo o destinati a essere perduti, non si abbandona mai la speranza di salvarli. 560

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

561

Chi ama ha le tasche piene di speranza.

Chi ama assai poco favella. E` parte di un verso del Pulci, Morgante 4.82.8 ‘‘Perche´ chi ama assai poco favella’’. E` probabile che sia proverbio antico gia` usato come tale nel poema. Chi ha un grande amore in genere non ne parla molto. Anche: chi ama molte donne nutre un certo riserbo. 562

Ama come se un giorno tu dovessi odiare e odia come se un giorno tu dovessi amare. Non eccedere, sia amando sia odiando, con parole, gesti, affermazioni. Nell’amore come nell’odio bisogna pensare che la situazione non e` mai definitiva e puo` facilmente capovolgersi nel suo contrario, allora dovremo pentirci di quello che si e` detto, fatto, affermato. Gia` Cicerone scrive (Sull’amicizia 16.59) Ita amare oportere, ut si aliquando esset osurus ‘‘E` opportuno voler bene come se prima o poi si fosse destinati a odiare’’, frase citata come risalente a Biante, uno dei Sette Sapienti dell’Antichita`, ma sulla quale Cicerone, convinto del valore assoluto dell’amicizia, dichiara di non essere affatto d’accordo (vedi gia` anche Aristotele, Retorica 2.1395a 28-32). L’ampliamento di questo concetto mediante una seconda parte reciproca della prima, in modo da costituire una struttura chiastica, e` attestato in una sentenza mediolatina Ama tanquam osurus, oderis tamquam amaturus di cui questo proverbio italiano e` la traduzione. 563

564 Amami poco, ma amami sempre. E` usato piu` che altro come invito a moderare gli slanci eccessivi, improvvisi della passione, quasi che il sentimento possa essere un patrimonio da amministrare; ma e` anche un atto di scaramanzia, nella speranza di conservare il sentimento.

L’amata e` latte, la sposa e` burro, la moglie e` formaggio secco. Sono le varie fasi in cui talvolta viene a trovarsi la donna nell’amore, prima e durante il matrimonio, illustrate attraverso riferimenti al latte e ai suoi derivati. Fidanzata: corteggiata in quanto ricca di promesse, come il latte fresco, da cui si possono trarre tanti prodotti diversi prodotti (ma che e` anche deperibile); giovane sposa: oggetto d’attenzioni, tenera e malleabile, ma gia` dotata di una identita` sicura; moglie: un prodotto finito che non ha 565

pag 106 - 04/07/2007

43

.

ulteriori possibilita` di sviluppo, e che, come il formaggio secco, non e` nemmeno molto facile da masticare. 566 Chi ama tutti non ama nessuno. Amare e` prediligere: amando tutti nello stesso modo si esterna un sentimento diffuso di benevolenza, che non e` amore. 567 Dell’amore non si puo` fare a meta`. In quanto e` un sentimento esclusivo. 568 L’amore e la ciliegia non si dividono. La ciliegia si mangia appunto intera e nessuno pensa che si possa dividere. 569 Chi ama se stesso non ama nessuno. L’amore presuppone che si metta al primo posto la persona amata, anche prima di se stessi. L’egoismo e` quindi la negazione dell’amore.

Amato non sarai se a te solo penserai. L’egoismo impedisce la reciprocita` dell’amore e quindi l’egoista spesso resta solo. 570

Chi troppo s’ama non e` amato da nessuno. 572 Meglio essere amato che temuto. Su questo discusso problema il proverbio piu` diffuso si pronuncia per la scelta dell’amore, in quanto si riferisce alla vita privata nella quale l’esistenza e` piu` naturale e facile tra coloro che si amano. Esiste pero`, meno diffuso, anche il contrario: ` meglio essere temuto che amato. 573 E Reciproco del precedente. Questo e` il parere di Machiavelli in un capitolo del Principe (17): ‘‘Nasce da questo una disputa: s’elli e` meglio essere amato che temuto. Rispondesi che [...] e` molto piu` sicuro essere temuto che amato’’. Ma Machiavelli parla del potere e della posizione del principe nello Stato e, naturalmente, la valutazione e` rivolta all’ambito dei rapporti politici. Vedi anche Odino, purche´ temano [T 273]. 571

Ama il tuo vicino, ma non togliere il recinto. Intrattieni buoni rapporti con i vicini, ma non entrare in troppa familiarita` con loro: mantieni l’indipendenza, i confini della proprieta`, il conto del dare e dell’avere, poca chiarezza genera malintesi e quindi liti. 574

575 576

Amate i vicini senza togliere i confini. Alcun non puo` saper da chi sia amato.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AMARO

Nessuno puo` essere sicuro di essere amato, ne´ da chi, dato che l’altro puo` fingere o ingannarsi a sua volta. Verso proverbiale dell’Ariosto (Orlando furioso 19.1), che assume un significato piu` preciso leggendo tutta l’ottava. Il poeta intende specificamente che non puo` essere certo di essere amato colui che si trova baciato dalla fortuna: ‘‘Alcun non puo` saper da chi sia amato, quando felice in su la ruota siede; pero` c’ha i veri e i finti amici a lato, che mostran tutti una medesma fede. Se poi si cangia in tristo il lieto stato, volta la turba adulatrice il piede; e quel che di cor ama riman forte, ed ama il suo signor dopo la morte’’. AMARENA L’amarena e` un tipo di ciliegia di sapore amarognolo, gradevole, ma meno pregiato del frutto detto comunemente ciliegia. Le amarene sono usate soprattutto per mettere in sciroppo. f Vedi Ciliegia. Confettando amarene non si fanno ciliege. Ogni cosa mantiene la propria natura, anche se viene lavorata, adornata, o se vi si aggiungono altri arricchimenti. Confettare propriamente significa ‘‘ricoprire con uno strato di zucchero, come il confetto’’. 577

AMARO Sia come aggettivo sia come sostantivo e` creduto benefico per la salute. f Vedi Amore, Dolce, Fiele, Mare. 578 L’amaro tienlo caro. Si riferisce al vino ma anche ad altri alimenti amari, nelle presunzione che cio` che e` amaro, come la medicina, faccia bene alla salute. 579 Vino amaro tienlo caro. Il vino che ha un fondo amaro e` particolarmente apprezzato. Si produce nel Veronese un vino pregiatissimo chiamato Amarone che esalta proprio questo sapore. 580 Chi vuole il dolce non rifiuti l’amaro. Colui che ricerca un piacevole vantaggio non deve rifiutare gli inconvenienti che esso puo` comportare. 581 Amaro in bocca, salute di corpo. Sentire l’amaro in bocca era considerato segno di un buono stato di salute. Nella pratica

pag 107 - 04/07/2007

AMATORE

44

.

medica del passato era ritenuto sintomo di malattia avvertire un sapore dolciastro. Questo poteva indicare presenza di albumine dovute al diabete, di sangue dovuto a tisi o a emorragie interne, o anche di difterite. 582 In amaritudine salus. ‘‘Nell’amarezza la salute’’. Precetto medico di origine incerta: le medicine, sebbene amare e disgustose, ridonano la salute. Usato anche con significato piu` ampio: un dispiacere puo` avere un buon effetto, puo` portare a un ravvedimento.

AMATORE f Vedi Amante, Amare, Amore. 583 Amatori amano i fiori. Coloro che amano si dilettano dei fiori, li offrono o li ricevono in omaggio. Era uso delle donne innamorate manifestare il proprio sentimento mettendosi un fiore nei capelli. L’uomo lo infilava nell’occhiello della giacca o della casacca. Traduzione del detto seguente detto mediolatino: 584 Amatores amant flores. ‘‘Coloro che sono innamorati amano i fiori’’.

AMBASCIATA Chi mal ti vuole mal’ambasciata ti reca. Chi ti vuole male corre volentieri a portarti la cattiva notizia. E` questa una delle ragioni per cui sono poco amati i messaggeri di brutte notizie e molti evitano di portare cattivi annunci, nonostante quanto afferma il proverbio Ambasciator non porta pena. 585

AMBASCIATORE Ambasciator non porta pena. Vivo e di grande diffusione in tutta Italia. L’ambasciatore e` sacro, non gli puo` esser fatto carico delle pene che reca la notizia non gradita, l’annuncio spiacevole che porta. Il limite di questa affermazione di principio traspare chiaramente dal proverbio precedente. 586

Legatus nec cogitur nec violatur. ‘‘L’ambasciatore non puo` essere ne´ costretto ne´ punito’’. Norma di diritto comune di origine imprecisabile, usata qualche volta ancora oggi per esprimere non responsabilita` riguardo a qualcosa di sgradevole che si e` riferito. 587

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Ambasciatore che tarda notizia buona che porta. Ha valore di buon augurio e si usa per calmare l’apprensione causata dal tardare di una notizia molto attesa. 588

AMBIZIONE Sentimento insaziabile, pericoloso, dissennato che toglie la pace e il senso della realta`. Chi apre il cuore all’ambizione lo chiude al riposo. L’ambizioso non ha mai pace. L’ambizione e` una caratteristica, un modo di essere della persona, che non ha mai fine: quando ha raggiunto una meta prefissa, tende subito a un’altra piu` alta, in maniera tale che l’ambizioso non ha mai tregua e lavora e briga incessantemente. 589

L’ambizione, l’odio e la vendetta muoiono sempre di fame. Perche´ sono insaziabili e non si appagano mai e quindi non si placano, come una fame inestinguibile. 590

591 L’ambizione e la pulce saltano in alto. L’ambizioso ha mire spesso al di sopra delle proprie possibilita`. La pulce, pur essendo piccola, puo` fare salti altissimi per sua natura, cosa che l’ambizioso tenta di fare per smania e vanita`. Ovviamente l’accoppiamento con la pulce vuole essere derisorio e suonare di ammonimento. 592 L’ambizione ubriaca come il vino. Fa perdere all’uomo il senso della realta` e soprattutto quello dei propri limiti e della ragionevolezza, al punto che l’ambizioso delira come un ubriaco, anche se lucidamente.

AMEN Amen e` parola ebraica che chiude le preghiere, i canti religiosi e significa ‘‘Cosı` sia’’. Indica il desiderio di chi prega, e l’assenso di chi esaudisce. f Vedi Preghiera. 593 Passasse l’angelo e dicesse Amen. A Roma si dice che, quando uno desidera qualcosa, se passa un angelo e dice Amen! il desiderio s’avvera. Quindi, vedendo una bella ragazza, una bella macchina... si ripete questa frase per manifestare un desiderio senza esporlo esplicitamente. 594

Il troppo Amen sciupa la messa.

pag 108 - 04/07/2007

45

.

Le cose, anche belle o giuste o appropriate, in misura esagerata guastano l’insieme. L’Amen e` la fine delle preghiere che, nei canti, viene particolarmente enfatizzato. Vedi Il troppo stroppia [T 1023]. Dopo una lunga messa si dice volentieri Amen! Di una cosa noiosa si vede volentieri la fine. 595

I preti chiudon le lettere con un Amen e una benedizione. Si liberano di chi chiede aiuto con buone parole di rassegnazione, con l’invito a pregare e con un nulla di fatto. 596

AMERICA Quando l’America e` scoperta tutti ci sanno andare. Quando una cosa e` fatta tutti la sanno fare. Simile al modo di dire: Come l’uovo di Colombo! 597

Anche in America si fa il brodo con l’acqua. Per demitizzare chi magnifica esageratamente l’America (intendendo comunemente gli Stati Uniti). Piu` specificamente: per quanto uno sia ricco, raffinato, sapiente, moltissime cose le fara` sempre come chiunque altro, e dovunque. 598

AMETISTA Trasparente e di colore viola e` la pietra semi preziosa piu` pregiata tra quelle di quarzo. L’ametista orientale, di maggior valore, e` invece un corindone, ed e` la pietra incastonata nell’anello dei vescovi. Si credeva in antico che avesse la proprieta` di preservare dall’ubriachezza, capacita` dichiarata dall’etimo stesso della parola (dal greco amethystos ‘‘sobrio, non ubriaco’’), di cui e` memoria nei lapidari medievali (Marbodo di Rennes, Bartolomeo Anglico e altri). Ametista, fra le gemme la piu` trista. Ha fama d’essere pietra che porta male, dato anche il suo colore viola che e` legato alla tristezza. Alcuni intendono trista nel senso di ‘‘vile, di scarso valore’’, come specifica il seguente proverbio: 599

600

Ametista tra le pietre la piu` bella, tra le gemme la piu` trista.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

` AMICIZIA / AMISTA

Considerata pietra e` di gran pregio, ma come gemma e` la meno apprezzata. Ametista e` cosa trista, ma se e` chiara e` cosa rara. L’ametista e` piu` apprezzata nel caso che non sia scura. 601

` AMICIZIA / AMISTA Bene raro l’amicizia, da preservare attentamente nella consapevolezza che una volta incrinata non sara` possibile rinnovarla. Va cercata con cura, diffidando degli incontri occasionali, dei potenti, degli sfruttatori, e mantenuta viva con continue attenzioni, segni d’affetto e piccoli reciproci scambi. f Vedi Giustizia, Patto, Quattrini. Amicizia e maccheroni se non son caldi non son buoni. Bisogna che ne´ gli uni ne´ l’altra si raffreddino mai perche´ cio` ne compromette irrimediabilmente la bonta`. I maccheroni freddi e poi riscaldati prendono il sapore di cibo ricotto e l’amicizia, una volta incrinata, non torna piu` alla limpidezza e alla fiducia precedenti. Si dice anche del matrimonio: Matrimoni e maccheroni devon esser caldi [M 979]. 602

Amicizia riconciliata e` una piaga mal sanata [saldata]. E` un sentimento sempre precario e dolorante come una ferita che non e` guarita bene e lascia il ricordo della pena sofferta. Continua l’insegnamento della massima mediolatina Ab amico reconciliato cave ‘‘Attenzione ad un amico con cui ti sei riconciliato’’. 603

Amicizia rinnovata e minestra riscaldata non valgon niente. Rinnovata e` da intendere nel senso di ‘‘riallacciata dopo un dissidio’’. La minestra riscaldata prende cattivo sapore e la pasta si scuoce. 604

Ne´ amici riconciliati, ne´ cavoli ricucinati. Vedi anche Cavolo riscaldato, frate sfratato e serva ritornata non furon mai buoni [C 1215]. 605

La pianta dell’amicizia va annaffiata spesso. Ci vogliono continui segni di affetto, benevolenza e aiuto che rinnovino il sentimento, altrimenti l’amicizia regredisce al livello di conoscenza. 606

pag 109 - 04/07/2007

` AMICIZIA / AMISTA

46

.

607 Vecchia amicizia presto rinverdisce. Un’amicizia interrotta da una separazione dovuta a cause esterne, ritorna subito alla forza dell’antico sentimento. Ottimistico, contrasta con quanto affermato in A 603-604.

Amicizia di potente e vin di fiasco la sera e` buono e la mattina e` guasto. Sono due cose che durano poco, si deteriorano presto; quindi bisogna approfittarne subito e non fidarsene. Una volta il fiasco aveva una capacita` di circa due litri e mezzo e il vino comune da pasto, ottenuto da terreni poco adatti, con mezzi precari, aveva circa dieci gradi. Nel fiasco lasciato a meta`, il vino di debole gradazione a contatto con l’aria prendeva in poco tempo lo spunto, ossia un vago sapore agro d’aceto, e via via degenerava. Il potente e` capace di momentanei segni di benevolenza o generosita` che scompaiono allorche´ torna alla logica del proprio interesse. Charlie Chaplin ha delineato una figura del genere nel milionario del film Luci della citta`. Vedi Amor di donna e` come vin di fiasco: la sera e` buono e la mattina e` guasto [A 801]; Amore di padrone e vin di fiasco... [F 668]. 608

L’amicizia del povero si dimentica presto. Non si rimpiange l’amicizia di una persona dalla quale non si possono aspettare ne´ favori, ne´ aiuti, ne´ protezione. Vedi Ricotta, pesce fresco e amici poveri se ne vanno presto [A 662]. 609

610 Amicizia e non pratica. Consiglio a non eccedere nei rapporti di familiarita` con gli amici, perche´ troppe cose in comune, legami di affari e d’interessi, o la convivenza creano attriti e generano contrasti che guastano poi l’amicizia. Pratica nel significato di ‘‘consuetudine, frequentazione continua’’. 611 Calamita` scopre amista`. Le situazioni di pericolo e di bisogno rivelano i veri amici. Vedi anche Gli amici si conoscono nei bisogni [A 648]; Nella siccita` si conoscono le buone fonti e nelle sventure gli amici [S 2297]; La sventura fa conoscere l’amico [S 2296].

Amicizia improvvisata pentimento sicuro. L’amicizia stretta alla svelta, senza un periodo di prova, di reciproca conoscenza, puo` fondarsi su un malinteso che non tarda a produrre risvegli dolorosi. 612

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Amicizia di viaggio [di vino / di tavola] poco dura. Un’amicizia occasionale, fatta durante un viaggio, un pranzo, ecc. e` di breve durata e cosa di cui non fidarsi. Vedi anche Amico di bicchiere dura quanto un fuoco di paglia [A 675]. 613

Amicizia di giornata presto fatta e presto scordata. Di giornata: fatta per un giorno, in un occasione. 614

Amicizia fatta [stretta] col vino (non) dura dalla sera al mattino. E` il corrispondente italiano piu` vicino al proverbio latino medievale Amicitia inter pocula contracta plerumque vitrea ‘‘l’amicizia stretta fra i bicchieri per lo piu` e` fragile’’. 615

Dalle grandi amicizie nascono le grandi inimicizie. La grande amicizia cancella la partita del dare e dell’avere, fa credere ai due amici di poter contare l’uno sull’altro piu` di quanto e` realmente possibile, di qui le incomprensioni e le inimicizie che sono tanto piu` forti quanto piu` cocente e` la delusione. 616

617

Grande amicizia genera grand’odio.

Se vuoi che l’amicizia si mantenga fai che un paniere vada e l’altro venga. Perche´ l’amicizia sia durevole fai che il rapporto di doni, favori, gentilezze sia sempre reciproco ed equivalente. 618

Prendere e non dare l’amicizia non puo` durare. Una vistosa disparita` tra il dare e il ricevere riduce uno al ruolo di parassita e l’altro a quello di sfruttato. Vedi anche Servizio per servizio fa buon vicinato [S 149]. 619

620 I piccoli doni mantengono l’amicizia. Essendo i segni tangibili di un sentimento, non obbligano reciprocamente in quanto di modesto valore. Vedi anche All’usanza maremmana chi ’unn’inceppa ’unn’imbefana [M 712].

L’amicizia si cerca col moccolo e l’odio si trova senza lanterna. L’amico non e` facile da trovare e bisogna cercarlo con la lanterna (il moccolo e` il mozzicone di candela) come Diogene cercava l’uomo; l’odio ci si procura facilmente, anche al buio completo, vale a dire: a caso. 621

pag 110 - 04/07/2007

47 Finche´ la botte e` piena [la pentola bolle] l’amicizia canta. Finche´ una persona e` ricca e ha molto da offrire, ha la casa piena d’amici che mangiano e bevono e tessono le lodi (canta) dell’anfitrione. Vedi anche In tempi felici non mancano amici [A 669]. 622

623 Finito il guadagno, finita l’amicizia. Quando i rovesci di fortuna colpiscono una persona in modo tale che non c’e` piu` vantaggio a frequentarla, molti di coloro che si dicevano amici spariscono.

Amicizia che ha fine [cessa] non fu mai vera. Deriva dalla convinzione che la vera amicizia debba essere eterna, ed e` ripresa diretta di un luogo di san Girolamo (Epistole 3.6) Amicitia quae desinere potest vera numquam fuit ‘‘L’amicizia che e` potuta finire non e` mai stata vera’’. Si puo` dire anche quando un’amicizia finisce malamente, e il risentimento fa dire che non e` mai esistita, che e` stato un abbaglio, non volendo ammettere d’essersi ingannati fino a tal punto. 624

625 Nessuna amicizia dura cent’anni. Contrario del precedente. Piu` saggiamente questo proverbio ammette che una amicizia segua le vicende umane e non possa vivere se le condizioni esterne, i fatti della vita non lo permettono. 626 L’amicizia e` piu ` forte della parentela. La vera amicizia e` un rapporto che spesso vale piu` della parentela: i parenti ci sono dati e gli amici si scelgono. Inoltre tra gli amici non sussistono questioni di gelosia, divisioni d’eredita`, doveri, ecc., per cui le ragioni di unione sono piu` di quelle d’attrito. Vedi anche Meglio un amico vicino che un parente lontano [A 641]; Val piu` un buon amico che cento parenti [A 639]. 627 Le amicizie si fanno in prigione. Le amicizie nascono nella difficolta`, nella sventura e nella tribolazione. Vero e` che finiscono spesso dietro le sbarre persone che si conoscono e si legano per altri destini, per esempio politici. 628 Amicizia di grandi vicinanza di leoni. L’amicizia con i potenti e` utile, ma pericolosa, dal momento che la sproporzione delle forze mette il debole continuamente in balia del forte. ‘‘Non ci si deve mai fidare della societa`

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AMICO

fatta con il potente...’’: cosı` inizia una nota favola di Fedro (1.6, La vacca, la capretta, la pecora e il leone). Chi ruba per amicizia va alla forca in compagnia. Chi si fa indurre per amicizia a fare il male non ha altro vantaggio che scontare la pena insieme all’amico. La generosita` in questo caso non e` un’attenuante: neanche per amicizia si deve agire male. 629

AMICO Non si puo` vivere senza amici. L’amico devi cercarlo attentamente, praticarlo con assiduita`, coltivarlo, accettarlo con i suoi limiti, aiutarlo nelle difficolta`, ma non potrai mai sapere fino a che punto ti e` amico; anzi puo` diventare tuo gran nemico, anche se il peggior nemico di te stesso sei tu. f Vedi Amicizia, Cane, Nemico, Parente. 630 Chi trova un amico trova un tesoro. Uno dei proverbi piu` diffusi e vivi. Trovare un vero amico e` una fortuna grande e rara che porta infiniti vantaggi pratici di protezione e di consiglio sincero, oltre al piacere del rapporto amicale. E` traduzione dalla Bibbia (Ecclesiastico 6.14): Amicus fidelis, protectio fortis: qui autem invenit illum, invenit thesaurum ‘‘L’amico fedele e` un baluardo invincibile: chi lo trova, trova un tesoro’’, e simili sono attestate in tutte le lingue europee. Il complemento ironico al proverbio e`: ‘‘... ma chi trova un tesoro, trova molti amici’’. Anche questo ha una risonanza biblica: Le ricchezze procurano molte amicizie (Proverbi 19.4).

Trova un amico e troverai un tesoro, dice la Bibbia e son parole d’oro. Anche per questo e` attestata in rima baciata la formula ironica di completamento: ‘‘per altro credo meglio se tu dici: / trova un tesoro e troverai gli amici’’. 631

Meglio amici in piazza che denari in arca. Per vivere e` meglio avere amici nel mondo che sostengono, aiutano, consigliano, che possedere molte ricchezze accumulate ed essere soli. Arca nel significato di ‘‘scrigno’’. La contrapposizione indica che il bersaglio nascosto e` l’avarizia. Meglio essere generosi e avere amici, che avere ricchezze ed essere soli. 632

pag 111 - 04/07/2007

AMICO 633

Val piu` aver amici in piazza che denari in cassa.

I veri amici sono come le mosche bianche. Sono rari in quanto spesso gli amici spariscono nelle difficolta`. Il fenomeno della mosca bianca (raro come una mosca bianca) e` pressoche´ impossibile, l’espressione e` nata forse per analogia con le altre simili: raro come un corvo, un merlo bianco, per questi animali si possono verificare casi di albinismo. 634

635 Gli amici non son mai troppi. Gli amici rendono gradevole la vita, allietano la casa, fanno compagnia, sono buoni consiglieri e anche di aiuto nel bisogno, per questo e` opportuno averne il piu` possibile.

Gli amici fanno comodo anche a casa del Diavolo. Il valore dell’amicizia, che si basa su elementi positivi come la fedelta`, la lealta`, ecc., e` apprezzato anche tra i malvagi. 636

Fatti amici in tempo di pace che ti servano in tempo di guerra. Provvedi a trovare amici sinceri, disinteressati quando le cose sono tranquille in modo che possano aiutarti allorche´ si presenti la necessita`. 637

Uomo senza amici e` castello senza mura. L’uomo che non ha amici non ha chi lo possa sostenere nelle necessita` e proteggere da chi lo aggredisce. Qui castello e` da intendersi come ‘‘villaggio arroccato su un rilievo’’, che puo` essere privo di mura e quindi facilmente conquistato dai nemici. L’immagine e la struttura risentono dei modi espressivi della Bibbia: cfr. Proverbi 25.28 ‘‘Una citta` smantellata o senza mura / tale e` l’uomo che non sa dominare la collera’’. 638

Val piu` un buon amico che cento parenti. La parentela, se non si unisce all’amicizia, e` poco piu` che un nome. Massima che si trova anche formulata nella Bibbia: ‘‘... non ricorrerai al fratello nel giorno della sventura. Meglio un amico vicino che un fratello lontano’’ (Proverbi 27.10). Vedi anche L’amicizia e` piu` forte della parentela [A 626]. 639

640

48

.

Amico provato val piu` d’un parentado.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Meglio un amico vicino che un parente lontano. Vedi anche Vicino. 641

I parenti si trovano gia` fatti e bisogna prenderli come sono; gli amici ci si fanno e si scelgono come si vogliono. Ripete in parte i concetti dei proverbi precedenti. 642

Chi ama l’amico l’onora in presenza, lo loda in assenza, l’aiuta nella necessita`. Senza parere e` un test per la verifica della vera amicizia: e` vero amico colui che e` pronto a riconoscere davanti ad altri le tue qualita` , tiene onorato il tuo nome quando non sei presente, e ti soccorre nel bisogno. 643

L’amico e` come il vino: se e` buono migliora col tempo. Il parallelo tra l’amico e il vino che migliorano invecchiando e` un luogo comune della gnomica, risalente alla Bibbia, Ecclesiastico, 9.10 ‘‘Non abbandonare un vecchio amico, / perche´ quello recente non e` uguale a lui. / Vino nuovo, amico nuovo; / quando sara` invecchiato, lo berrai con piacere’’. L’amico migliora approfondendo la conoscenza, smussando gli spigoli del carattere, affinando i legami reciproci; mentre il vino continua la sua trasformazione degli zuccheri in alcol, perdendo asprezza, acquistando forza e depurandosi dalle scorie. 644

L’amico e` come il vino: piu` e` vecchio piu` e` buono. Anche perche´ vi si puo` riporre fiducia in quanto e` stato provato. 645

646

Amico e vino vogliono esser vecchi.

Amico vecchio e casa nuova. Per l’amico vecchio vedi i precedenti. La casa nuova non comporta tutti i difetti e gli inconvenienti di un vecchio edificio che ha continuamente bisogno di riparazioni. Vedi anche Casa nuova, formaggio di mezza via e amico vecchio [N 620]. 647

Alle nozze e ai funerali si conoscono vecchi amici e parenti lontani. La vita spesso tiene divisi anche coloro che hanno vincoli di parentela e di amicizia. Alcune occasioni, felici o dolorose, inducono tutti a riunirsi, ritrovarsi e a conoscere anche quelli che nel frattempo si sono aggiunti, co648

pag 112 - 04/07/2007

49 niugi, figli, ecc. In generale: i momenti di felicita` o di dolore fanno incontrare coloro che sono lontani. Vedi con senso un po’ diverso Ai funerali e alle nozze si conoscono i parenti [P 438]. 649 Gli amici si conoscono nei bisogni. Molto vivo e diffuso. Gli amici si riconoscono come tali non nella buona sorte, ma quando le cose volgono al peggio: e` allora che si distinguono coloro che nutrono vera amicizia da quelli che hanno altri interessi. Il proverbio si trova in quasi tutti i dialetti italiani. Vedi anche Nella siccita` si conoscono le buone fonti e nelle sventure gli amici [S 2297]; Calamita` scopre amista` [A 611]; La sventura fa conoscere l’amico [S 2296]. Cosı` il detto latino, fonte diretta di quello italiano (e di quelli pressoche´ identici attestati in molte lingue europee), spesso usato in ambito colto:

Amicus certus in re incerta cernitur. ‘‘L’amico vero si conosce nella situazione difficile’’, riportato da Cicerone (Sull’amicizia 17.64) come frammento di una tragedia di Ennio (si tratta infatti di un trimetro giambico), a sua volta echeggiante un verso di Euripide (Ecuba 1226 sg.). Assai diffuso nella tradizione gnomica greco-latina (cfr. ancora, ad esempio, Plauto, Epidicus 113, Orazio, Satire 2.8.73 sg., Publilio Siro A 41), il tema della prova dell’amicizia nelle avversita` e` dichiarato anche nella Bibbia: Ecclesiastico 12.8-9 ‘‘L’amico non si puo` riconoscere nella prosperita`, / ma nell’avversita` il nemico non si nascondera`. / Quando uno prospera, i suoi nemici sono nel dolore; / ma quando uno e` infelice, anche l’amico se ne separa’’. 650

Gli amici certi si vedono nelle cose incerte. Traduzione alla lettera dell’affermazione latina precedente, Da confrontare anche un proverbio mediolatino: In necessitate probatur amicus ‘‘L’amico si prova nelle necessita`’’. 651

L’oro si prova [si affina] nel fuoco e l’amico nella sventura. L’oro si separa dalle scorie e dai metalli vili fondendolo nel crogiolo. Sembra continuare direttamente un monostico di Menandro (385 Ja¨ckel) che dice ‘‘I frangenti vagliano gli amici, come il fuoco l’oro’’. Il ricorso alla prova dell’oro come metafora di una selezione certa e severa e` inoltre di vasta tradizione biblica, cfr. Numeri 31.22, Zaccaria 13.9, Malachia 3.3, Ezechiele 22.18-22. Fra 652

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AMICO

le riprese letterarie piu` significative vedi Ovidio (Tristia 1.5.25-26) Scilicet ut fulvum spectatur in ignibus aurum, / tempore sic duro est inspicienda fides ‘‘E` proprio vero che, come l’oro fulvo si vede alla prova del fuoco, l’amicizia va verificata nei momenti difficili’’ (vedi anche [A 670]), riecheggiato da Metastasio (Olimpiade, atto III, scena III) ‘‘Come del’oro il fuoco / scopre le masse impure, / scoprono le sventure / de’ falsi amici il cor’’. Nei pericoli si vede chi d’amico ha vera fede. Vedi Calamita` scopre amista` [A 611]. 653

Gli amici sono come gli ombrelli: quando ne hai bisogno non li trovi mai. Nel momento della difficolta` molti che si professano amici non si fanno trovare. 654

Gli amici son come le ombre delle meridiane: col sereno si vedono e col brutto tempo spariscono. Lo gnomone, cioe` l’ago della meridiana, solo in presenza del sole proietta la propria ombra sul quadrante segnando le ore. 655

Chi sta fermo in casi avversi buon amico puo` tenersi. Star fermo nel significato di ‘‘mantenere fede, non cambiare partito’’. 656

Amico e amore li conosci nel dolore. Anche il vero amore si rivela nei momenti difficili. 657

Il vero amico entra quando tutti sono usciti. E` colui che arriva quando tutti si sono allontanati spinti dal proprio tornaconto. 658

Chi vuole molti amici ne metta pochi alla prova. Se vuoi vivere tranquillo con molti amici non cercare riscontri, sappi che pochi lo sono veramente, tanto che, se li metti alla prova, finisci col restare solo o quasi. 659

660 Solo lo stolto prova il vetro e la donna. Per analogia. Se il vetro si rompe hai comunque un danno; se la donna cade, la perdi.

Chi e` misero o mendico provi tutti e poi l’amico. Chiedendo aiuto per primo all’amico, si rischia di perdere anche quello e quindi e` bene lasciarsi almeno una speranza. 661

pag 113 - 04/07/2007

AMICO

Ricotta, pesce fresco e amici poveri se ne vanno presto. Ricotta e pesce fresco vanno a male in poco tempo (e` andata si dice della vivanda avariata). L’amico povero per sua necessita` e` spinto a cercare chi lo aiuta ed e` portato verso chi via via puo` giovargli di piu`; oppure, piu` cinicamente: ti viene presto a noia in quanto non ne trai vantaggi, vedi L’amicizia del povero si dimentica presto [A 609]. 662

Per conoscere un amico bisogna averci mangiato tre moggi di sale. Nessuno puo` esser sicuro di un’amicizia se non e` lungamente provata dal tempo. Il moggio e` un’antica misura di capacita` che variava da luogo a luogo, ma era sempre superiore ai trecento litri, per cui qui l’espressione ha valore enfatico: una quantita` enorme. Si trova gia` in Cicerone (Sull’amicizia 19.67) l’affermazione Multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus expletum sit ‘‘Bisogna mangiare insieme molti moggi di sale, perche´ si sia soddisfatto il dovere dell’amicizia’’, precetto che e`, a sua volta, desunto da Aristotele (Etica Nicomachea 1156b 26-28, Etica Eudemea 1238a 2-3). 663

Prima di scegliere un amico bisogna averci mangiato il sale sett’anni. Variante del precedente. 664

L’amico non e` conosciuto fino a quando non e` perduto. Non si puo` dire di un amico quello che e` realmente finche´ non sia finita l’amicizia: o con il tradimento, perche´ allora si sa fino a che punto era amico; o con la morte, perche´ allora si comprende quanto valeva da quanto ci manca. 665

I falsi amici ballano con le lepri e cacciano con i cani. I falsi amici stanno con chi fa loro comodo di volta in volta, con la preda o con i cacciatori, facendo quello che piu` loro conviene. Sul ballo della lepre, vedi La lepre sta nell’ombra della luna [L 497]. 666

Non e` amico di te chi e` amico del tuo. Chi sta con te perche´ ama godere di quello che possiedi, ti abbandonera` se tu dovessi perderlo: quindi ama la tua roba, non te. 667

668

50

.

L’amico del tuo non e` tuo amico.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

In tempi felici non mancano amici. Nella fortuna gli amici abbondano. Si tratta di uno dei piu` antichi temi gnomici, cfr. Ecclesiastico 6.7-8 ‘‘Se intendi farti un amico, mettilo alla prova; / e non fidarti subito di lui. / C’e` infatti chi e` amico quando gli fa comodo, / ma non resiste nel giorno della tua sventura’’. Vedi sopra Gli amici si conoscono nei bisogni [A 649] con i successivi, e anche Finche´ la botte e` piena l’amicizia canta [A 622]; Le donne e gli amici corrono dietro alle borse piene [B 737]; Ognuno e` amico di chi ha buon fico [F 719]; Chi perde la roba perde la compagnia [P 1294]; La ricchezza ha sempre compagnia [R 405]. 669

Tempore felici multi numerantur amici: si fortuna perit, nullus amicus erit. ‘‘Nel tempo felice, si contano molti amici; se finisce la fortuna, non ci sara` piu` nessun amico’’. Probabile adattamento medievale di un famoso distico di Ovidio (Tristia 1.19.5 sg.), il quale aveva potuto sperimentare di persona la verita` di questo insegnamento: Donec eris sospes multos numerabis amicos: tempora si fuerint nubila, solus eris ‘‘Finche´ sarai fortunato, conterai molti amici: se i tempi saranno nuvolosi, sarai solo’’. Ne e` spesso citato tutt’oggi come proverbio solo il primo verso, con felix in luogo di sospes [F 549]. Da segnalare almeno anche i seguenti confronti biblici, dal libro dei Proverbi: 14.20 ‘‘Il povero e` odioso anche al suo amico, / numerosi sono gli amici del ricco’’; 19.4 ‘‘Le ricchezze moltiplicano gli amici, / ma il povero e` abbandonato anche dall’amico che ha’’. 670

Amico di buon tempo mutasi col vento. L’amico del periodo di abbondanza e di ricchezza si allontana al mutare della fortuna. Vedi anche [A 576] nel cui commento e` riportata un’ottava dell’Ariosto che riguarda la sincerita` dell’amore amicale. 671

Amico di buon tempo va e viene come il vento. Variante del precedente. 672

Amico da starnuti: il piu` che ne ricavi e` un Dio t’aiuti. E` l’amico che e` disposto solo a farti un augurio al momento in cui hai qualche difficolta`. Del proverbio si usa anche soltanto il primo verso, oppure vi si aggiunge anche con una 673

pag 114 - 04/07/2007

51

.

coda ‘romantica’: diceva Lorenzo il Magnifico, che lo trasforma in una facezia proverbiale. L’attribuzione al Magnifico e` comunque rara e non documentata. Si trova gia` in uno dei 43 sonetti del fiorentino Pieraccio Tedaldi (1285-1353): ‘‘I’ truovo molti amici di starnuto, / e chi di ‘bene andiate’ e ‘ben vegnate’, chi di profferte e piccole derrate, / mostrando ognun ver’ me il volere acuto’’ (Antologia della poesia italiana, EinaudiGallimard, Torino 1997). Lo starnuto era considerato pericoloso per la salute: si riteneva che potesse causare un infarto o qualcosa di simile, per questo si usa ancora ripetere a chi starnutisce ‘‘Salute!’’. Amico di ventura molto briga e poco dura. L’amico incontrato per caso, in una occasione, si da` da fare per avere qualcosa da te, poi, quando ha visto che non ottiene nulla, ovvero ha ottenuto quel che voleva, sparisce. 674

Amico di bicchiere dura quanto un fuoco di paglia. Amico in occasione di una serata, di un incontro dura poco come il fuoco della paglia che e` vivace, ma effimero. 675

676 Alla svinatura arrivano gli amici. Al momento dell’abbondanza, del benessere: quando si toglie il vino dalla botte e si beve, non quando si lavora nella vigna.

Se vuoi la casa piena d’amici fai che: la tavola sia imbandita, la botte sia piena, giri l’arrosto al fuoco e fumi il camino. Se vuoi essere circondato da amici offri da mangiare, da star bene, favori e vantaggi e ne avrai in quantita`. Qui amici va inteso come conoscenti, compagni, gente di compagnia con cui divertirsi: numerosi proverbi dichiarano che questi non sono veri amici. Vedi anche Amico di buon tempo mutasi col vento [A 671]. 677

678 Chi cade in poverta` perde ogni amico. Finito l’interesse, il vantaggio, l’utile, scompare l’amico. Vedi anche La poverta` non ha parenti [P 2383]; Quand’ero Enea nessuno mi volea [R 407]; Al tempo di zappare e di potare non si vede parente ne´ compare [Z 27]. 679

Chi cade in poverta` perde amici e parentado.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AMICO

Quando il portafoglio e` grosso tutti gli amici ti saltano addosso; quando resta pulito addio compagno e arrivederci amico. 681 Finito il guadagno, finita l’amicizia. 682 Magnato il fico perduto l’amico. Romanesco. 680

Con amici e parenti centottanta chi non ha da mangiare male campa. Per quanto sia grande il numero degli amici e dei parenti nessuno pensi che qualcuno gli dia gratuitamente quello di cui ha bisogno. Una cosa sono i rapporti di parentela e amicizia, un’altra i rapporti economici. Vedi anche Parenti, bei parenti, chi non ha pane si cavi i denti [P 447]. 683

684 Conoscenti molti e amici pochi. Le persone che si frequentano sono molte e di queste solo poche si possono chiamare veramente amici, mentre le altre sono da considerarsi conoscenze: gente con cui si ha pratica, familiarita` e basta.

Per fare un amico basta un bicchiere di vino, per conservarlo non basta una botte. E` facile stringere un’amicizia, difficile e` continuare il rapporto nel tempo, superare le difficolta` che vengono dal carattere, dagli interessi e da cento altri intoppi che si frappongono quotidianamente. 685

686 Amico di tutti, amico di nessuno. Chi si mostra amico di tutti deve necessariamente limitarsi a rapporti superficiali e trascurare le affinita`, i gusti comuni, le aspirazioni e i modi di vedere le cose che sono le basi della vera amicizia.

Amico o non amico, scendi dal fico. Che tu sia amico o meno, non prendere quello che e` mio. Il distico sembra presupporre una storiella popolare nella quale un ladruncolo, sorpreso dal proprietario sull’albero a mangiare fichi, adduce come scusa di essere amico di qualcuno. Un tempo i piccoli furti di frutta nei campi erano molto comuni. Vedi anche Quando il villano e` sul fico non conosce ne´ parente, ne´ amico [V 764]. 687

Chiunque tu sia lascia star la roba mia. Per analogia. Non vi sono ragioni che tengono per appropriarsi della roba altrui. 688

pag 115 - 04/07/2007

AMICO

Meglio perdere un amico che una battuta. Alcuni, pur di non perdere l’occasione di dire un’arguzia, rischiano di ferire un amico fino a offenderlo e perderlo. La frase, variamente citata, viene da un detto latino tuttora citato: 689

Potius amicum quam dictum perdere. ‘‘Meglio perdere un amico che l’occasione di dire un’arguzia’’. Si legge in Quintiliano (Istituzioni oratorie 6.3.28): Laedere numquam velimus, longeque absit propositum illud: potius amicum quam dictum perdendi ‘‘Non vogliamo offendere nessuno, neppure ci tocchi quell’idea che sia meglio perdere un amico che un detto arguto’’; ma gia` Orazio allude a questo detto in Satire 1.4.34-35: Dummodo risum / excutiat, sibi non, non cuiquam parcet amico ‘‘Pur di provocare il riso non risparmiera` se stesso ne´ nessun altro’’; e Aristotele, Etica Nicomachea 4.14 1128a 33-35, descrive il ‘buffone’ come colui che per far ridere non si ferma dinanzi a niente, nemmeno a se stesso. 690

691

52

.

Per un bel detto si perde un amico.

Meglio perdere una battuta che un amico. Contrario dei precedenti. Talvolta si usa capovolgere il concetto di alcuni detti un po’ ‘imbarazzanti’ per farne una massima moralmente piu` accettabile (del resto gia` Quintiliano raccomanda di evitare quanto dichiarato dal detto A 690). 692

Amico beneficato nemico dichiarato. Un eccesso di generosita` squilibra il rapporto stabilendo una dipendenza che porta un’alterazione, un deterioramento del legame di amicizia e spesso la trasformazione nel suo opposto.

amico [N 220]; Ama come se un giorno tu dovessi odiare e odia come se un giorno tu dovessi amare [A 563]. 696

Se vuoi cacciar di casa l’amico pan di granturco e legno di fico. Il pane con la farina di granturco e` cattivo; a meno che con questa espressione non s’intenda proprio la polenta; la legna di fico scalda poco e fa molto fumo. Vedi Col legno di fico non si scalda ne´ moglie ne´ marito [F 721]. 697

Se vuoi gabbar l’amico carne di capra e legno di fico. La carne di capra e` dura e indigesta; per il legno di fico vedi il precedente. 698

Se vuoi provar l’amico carne di troia e legno di fico. Se vuoi vedere se l’amico viene per te o per quello che gli offri, fagli trovare una pessima accoglienza: carne grassa e indigesta e legna che non scalda e fa fumo. La femmina del maiale, che viene destinata alla riproduzione, ha carne dura e molto grassa. 699

700 Tra amici due testimoni e un notaio. Quando devi concludere un affare con un amico non ti fidare mai della sola parola; anzi, proprio perche´ l’amicizia genera facilmente equivoci, fai un regolare contratto con tutti i crismi legali; ovvero: metti tutto in chiaro e per iscritto.

693

694

Chi troppo dona vende un amico e compra un nemico.

Parla all’amico come se dovesse diventar nemico. Con gli amici si e` portati a una piena confidenza, a svelare segreti, punti deboli, malefatte ritenendole sepolte per sempre nel cuore del compagno. Ma spesso l’amicizia finisce, anzi puo` volgersi in inimicizia e tutto quello che fu detto, dato e confidato, diventa argomento e arma in mano dell’altro. Lo stesso vale per l’inimicizia, vedi Nemico. Vedi anche Pensa che un giorno il nemico potra` diventarti 695

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Non dir tutto all’amico che un giorno potra` esserti nemico.

701

Con ognun fai patto, con l’amico fanne quattro.

Se vuoi un amico dagli un fiasco di vino; se vuoi un nemico digli la verita`. L’amicizia, meglio la benevolenza, si acquista anche con un piccolo regalo; la via sicura per procacciarsi l’inimicizia di qualcuno e` dirgli senza mezzi termini cosa si pensa di lui, che giudizio si da` sul suo comportamento, ecc. 702

703 Ogni amico ha un altro amico. Mette in guardia dal confidare troppo nel proprio amico, perche´ ogni amico ha un’altra persona con la quale e` legato dallo stesso vincolo di amicizia e ne condivide i pensieri, gli interessi, i segreti. Quindi bisogna fare attenzione, ad esempio, nel rivelare fatti delicati perche´ facilmente possono passare in altre orecchie; cosı` gli interessi, i giudizi, ecc. 704

Tieniti l’amico col suo difetto.

pag 116 - 04/07/2007

53 Impara ad accettare l’amico anche se ha qualche difetto, perche´ se cerchi l’amico perfetto rimani solo e d’altronde tu non sei senza difetti. Godi l’amico col vizio che ha. L’amico accenna e non balestra. Nel correggere, nell’avvertire, nel riprendere il compagno l’amico fa appena capire, accenna senza offendere, calcare la mano o ferire come un colpo di balestra. Balestrare senza complementi, nel senso di ‘‘colpire con la balestra’’ e` antico e disusato. 705 706

707 Amico perduto lascialo andare. Non ti affannare nel cercare di riallacciare i rapporti con un amico che si e` allontanato da te o vuole allontanarsi. I proverbi sono unanimi nel dire che l’amicizia, una volta compromessa non torna piu` ad essere come era prima.

Quando uno e` solo non sa se e` con un amico o con un nemico. Spesso l’uomo e` il peggior consigliere di se stesso; non ci si puo` sempre fidare di noi stessi, tanto e` vero che chiediamo consigli rivolgendoci ad altri. 708

Il peggior nemico che l’uomo ha e` se stesso. Per analogia. L’uomo deve stare in guardia da se stesso, si deve sdoppiare come se avesse a che fare con un amico e controllare giudizi, impulsi, idee con molta oggettivita`. Ma tutto questo e` assai difficile, e l’uomo s’abbandona ciecamente a se stesso, come consegnandosi nelle mani di qualcuno di cui ha estrema fiducia, e spesso si trova tradito. ` malo amico chi a se´ e` nemico. 710 E Chi non e` in pace con se stesso, e` dibattuto in un dissidio interno, non puo` stabilire un rapporto vero e profondo di amicizia, ne´ essere amico di nessuno. In questo proverbio e nei due precedenti si coglie un’eco della morale stoica (si pensi innanzitutto a Seneca), ma chiari paralleli li offre anche la Bibbia: Ecclesiastico 14.5 ‘‘Chi e` cattivo con se stesso con chi si mostrera` buono? / Non sa godere delle sue ricchezze’’; Proverbi 11.17 ‘‘Benefica se stesso l’uomo misericordioso, / il crudele invece tormenta la sua stessa carne’’. 709

Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. Molto vivo e diffuso. E` facile difendersi dai nemici dichiarati, quasi impossibile difen711

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AMICO

dersi dagli amici subdoli, dai tradimenti dei quali solo Dio puo` salvarci. La preferenza a nemici dichiarati risapetto a falsi amici e` tema abbastanza radicato nella tradizione sapienziale: cfr. Cicerone (Sull’amicizia 24.90) Praestat habere acerbos inimicos, quam eos amicos, qui dulces videantur: illos verum saepe dicere, hos numquam ‘‘e` meglio avere aspri nemici che amici che sembrino affettuosi: quelli dicono spesso la verita`, questi mai’’, insegnamento attribuito a Catone. 712

Peggio [E` peggiore] l’invidia dell’amico che l’insidia del nemico.

Il peggior nemico e` chi finge d’essere amico. L’antichita` e la natura politica di questo insegnamento si evidenziano nelle parole che Ciro il Grande pronuncia secondo Senofonte, Ciropedia 5.3.9 ‘‘in guerra non si puo` far del bene agli amici meglio che fingendo di esser loro nemici ne´ si puo` danneggiare il nemico meglio che facendogli credere di essere amici’’. 713

714 Dal miglior amico la prima sassata. Il primo colpo, allorche´ si cade in disgrazia viene spesso inferto da un amico. La dinamica psicologica piu` comune e` questa: quando sei condannato dall’opinione pubblica quelli che ti sono stati vicini, per non condividere la tua stessa sorte, cercano di dimostrare che non avevano nulla a che fare con te, che ti avversavano, e quindi sono i primi a colpirti. L’esempio piu` celebre e` quello di Pietro che rinnega Cristo. Per la metafora della lapidazione vedi Chi e` senza peccato scagli la prima pietra [P 935]. 715 Dal migliore amico la peggior sassata. Affine al precedente; l’attenzione non e` posta pero` sul fatto che l’amico sarebbe il primo a colpire, ma che, proprio perche´ proviene da un amico, il colpo risulta essere il piu` doloroso.

Gli amici dei miei amici sono miei amici. Per la fiducia che ho nei miei amici, posso considerare i loro amici come miei. Piu` limitatamente: coloro che stanno con me hanno amici che sono dalla mia parte. Talvolta di fronte alla scoperta che una persona e` amica di un proprio amico, si usa il detto per dichiarare la propria disponibilita`. Da tale affermazione ne scaturiscono altre che si citano al bisogno. 716

pag 117 - 04/07/2007

AMMALATO / MALATO

I nemici dei miei nemici sono miei amici. Reciproco del precedente. 717

Gli amici dei miei nemici sono miei nemici. Reciproco del precedente. 718

719 Chi non e` mio amico, e` mio nemico. Il detto puo` essere vero in particolari situazioni nelle quali non stare da nessuna parte implica favorirne una. In altri casi si usa retoricamente.

Chi non e` con me e` contro di me. Per analogia. Frase evangelica (Luca 11.23; Matteo 12.30). Vedi con significato vicino Chi mi vuol ben mi segua! [S 898]. 720

I migliori amici sono quelli che si portano in tasca. Cioe` i soldi. Cecco Angiolieri pensava la stessa cosa riguardo ai parenti: ‘‘I buon parenti dica chi dir vuole, / a chi li puo` aver sono i fiorini: / quei son fratei carnali e ver cugini...’’ (Rime 114). Vedi anche Non c’e` miglior amico che la propria borsa [B 750]. 721

722

54

.

Non trovai amico piu` fidato e caro che m’aiutasse come il mio danaro.

AMMALATO / MALATO Da un lato si descrive lo stato psicologico del malato, dall’altro e` messo in rilievo il diverso e opposto atteggiamento verso le cose della vita tra il malato e il sano. f Vedi Infermo, Malato, Medico. Guai a quell’ammalato che si crede sano. Chi non e` consapevole della propria malattia, non la riconosce o non la vuole ammettere si trova nella situazione di non curarsi o non poter essere curato e quindi corre alla propria rovina. 723

Male per l’ammalato che si crede sano, peggio per il sano che si crede malato. La situazione del malato che non sa di esserlo e` grave, perche´ non si cura e rischia di morire. Piu` grave ancora e` la condizione di chi crede di essere malato e non lo e`, perche´ si rovina con le proprie mani. 724

Credere d’essere malato e` l’inizio della guarigione. Per cominciare a guarire bisogna ammettere la malattia e quindi provvedere alla cura. Vedi il precedente. 725

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

726 L’ammalato porta il sano. Indica la situazione nella quale colui che sta peggio sostiene quello che sta meglio e non viceversa. Con riferimento a una novellina popolare del lupo e della volpe, nella quale i due escono malconci da un’avventura in un pollaio e la volpe, fingendo di stare malissimo, si fa portare dal lupo ingenuo, cantando: ‘‘Ce ne andiamo piano piano / l’ammalato porta il sano’’. Vedi con significato vicino San Francesco fa la carita` al Duomo [D 1216].

I sani fanno di tutto per ammalarsi e i malati fan di tutto per guarire. Chi ha salute non la tiene in considerazione e fa stravizi, sforzi, si trascura fino a prendere qualche acciacco; naturalmente i malati si danno da fare per recuperare la salute. Vedi anche Chi e` sano si da` da fare per ammalarsi e chi e` malato si da` da fare per tornare sano [S 245]. 727

L’ammalato non mangia nulla e mangia tutto. Gioco di parole sul verbo mangiare: l’ammalato non mangia in senso proprio perche´ non ha appetito, ma da` fondo ai risparmi per curarsi, si mangia quello che possiede, il capitale. 728

L’ammalato chiede a Dio una cosa e il sano molte. E` un paradosso curioso, per cui colui che ha piu` bisogno apparentemente chiede meno e chi ha meno bisogno chiede di piu`. All’ammalato interessa una cosa sola: la guarigione e quella soltanto chiede a Dio. Il sano invece per vivere da sano ha bisogno di piu` cose e porge al cielo un nutrito elenco di desideri. 729

Quando l’ammalato muore si grida al medico, quando guarisce si canta ai santi. Sovente le colpe e i meriti vengono attribuiti erroneamente, come quando il medico non riesce a guarire un caso impossibile e gliene viene attribuita la colpa e un santo si prende i meriti della valida opera del medico. Vedi il contrario Dio guarisce e il medico e` ringraziato [M 1133]. 730

L’ammalato cocciuto fa il medico crudele. L’ammalato che si ostina a non seguire le cure induce il medico a usare mezzi drastici, forti. 731

732

L’ammalato non deve pagare il medico.

pag 118 - 04/07/2007

55 L’ammalato, se vuole essere curato bene, non deve pagare anticipatamente il medico. Questi, infatti, fara` di tutto per sanarlo, al fine di non perdere il suo onorario nel caso che muoia. Il detto si riferisce naturalmente ad altri tempi e ad altre situazioni, ma mantiene in parte la sua validita`. AMMANNATO Forse un cittadino dell’antica Firenze, dove Ammannati e` un nome di famiglia ben documentato. Il racconto popolare vuole che egli fece il conto di morire a una certa eta`, sia pure assai tarda, e comincio` a vivere largamente suddividendo il proprio patrimonio in lotti che dovevano bastargli fino alla morte. Questa pero` giunse molto piu` tardi di quello che aveva preventivato e si ritrovo` povero in canna. Come il povero Ammannato: la roba e` finita e il tempo e` avanzato. Si dice di chi cade in miseria per non aver saputo amministrare bene un’eredita`, una ricchezza che gli era toccata in sorte. Vedi anche Finirono le fave anche all’Allocco che ne aveva quattordici magazzini e ne mangiava una al giorno [A 472]; Chi della roba non fa stima e cura piu` della roba la sua vita dura [R 751]. 733

AMMAZZARE f Vedi Ingrassare, Uccidere. Ammazza ammazza, son tutti una razza. Quando in una categoria di persone non se ne salva uno, sono uno peggiore dell’altro. Si usa in particolare quando non si sa che cosa scegliere tra un certo numero di cose, di persone, di possibilita` intendendo che si puo` scegliere a caso, non essendovi differenze sostanziali, essendo tutte della stessa risma. Vedi anche Pietro male e Paolo peggio [P 1717]; Volta la carta e peggiora [P 1060]; Accidenti al meglio! diceva quello che sceglieva i lupi [L 1103]. 734

Chi ammazza cani e gatti fa male i suoi fatti. Chi ammazza questi animali si procura guai. Sopprimere il gatto ‘porta male’, ossia attira su chi lo fa una vendetta. Il gatto e` considerato un animale magico nel quale s’incarnano anime, esseri superiori come i folletti, le streghe e le fate. Queste vecchie credenze mantengono la superstizione che il gatto, come la 735

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AMMOGLIARE

rondine, il ramarro, la tartaruga, non si deve ammazzare. Anche il cane ha aspetti magici, come essere ospite di spiriti diabolici, ma soprattutto e` difeso dal proprio padrone quasi fosse un essere umano: chi ammazza il cane cade nelle ire del suo proprietario. Chi ammazza piu` di quello che sala si ritrova carne fradicia. Chi intraprende un’impresa che supera le proprie possibilita`, sciupa tempo e risorse. Si riferisce all’uccisione e alla salatura del porco: chi ammazza una bestia troppo grossa, o piu` bestie, e poi non ha la possibilita` di lavorarle tutte, si ritrova con una parte di carne che in breve va a male e deve essere buttata via. Salare il porco significa sezionarlo, lavorare la carne, condirla di spezie e sale per poterla conservare sotto forma di salumi: prosciutto, salsicce, salame, ecc. Il sale e` l’ingrediente fondamentale in quanto e` quello che garantisce la conservazione. 736

AMMINISTRARE 737 Chi amministra amminestra. Colui che tiene l’amministrazione ci ricava da vivere e anche di piu`. Il termine amminestrare e` una creazione linguistica che allude a una conduzione disonesta: la minestra e` un simbolo del mangiare. Il toscano gia` anticamente conosce il modo di dire ‘‘fare la (propria) minestra’’ nel senso di ‘‘fare il proprio gioco, spadroneggiare’’ e anche ‘‘sminestrare’’ per dire ‘‘comandare, fare e disfare’’. Quindi amminestrare e` ‘‘provvedere alla famiglia’’, ‘‘condurre a proprio modo una ditta’’, ma anche ‘‘sgraffignare quello che si puo`’’. Vedi anche Chi ha il mestolo in mano fa la minestra a suo modo [M 1390].

AMMOGLIARE 738 Uomo ammogliato, uccello in gabbia. Dai proverbi il matrimonio e` considerato per l’uomo talvolta un elemento di stabilita` e di equilibrio, a volte una condanna a una semiliberta`, una trappola nella quale cade credendo a un’illusione che presto si dissolve. Per la donna le cose vanno anche peggio.

Ammogliati con una uguale e nessun di te dira` male. Sposare una donna di uguale condizione sociale elimina sospetti, chiacchiere e insinuazioni, soprattutto non si parlera` di matrimonio d’interesse. Vedi il ben piu` diffuso Moglie e 739

pag 119 - 04/07/2007

AMO

56

.

buoi dei paesi tuoi [M 1632], che, nonostante espliciti dei limiti di tipo etnico e geografico, nell’uso dimostra significato affine. Gia` in Ovidio, e forse con volonta` di riferirsi ad un insegnamento tradizionale, si legge (Eroidi 9.32) Siqua voles apte nubere, nube pari ‘‘Se vuoi fare un buon matrimonio, sposa una tua pari’’, verso del quale sono attestate diverse varianti mediolatine. AMO Il piccolo uncino a cui viene attaccata l’esca e`, con i suoi allettamenti, inganni, lusinghe, il vero protagonista di questi proverbi, che non si usano per la pesca bensı` metaforicamente per le situazioni della vita.

AMORE Tutto quello che si puo` dire dell’amore i proverbi lo dicono: passione, pene, gioie, tribolazioni, gelosie, sospetti ed altro. f Vedi Gelosia, Guerra, Matrimonio, Miseria, Odio, Pena, Rabbia, Sposare, Soldato, Tenero, Venere. Delle pene d’amore si tribola e non si muore. Le pene d’amore in genere sono tali per cui, prima o poi si guarisce e quindi non e` il caso di preoccuparsi dei propositi insani degli innamorati. Anche dei dolori del parto si dice che si scordano presto, vedi I dolori del parto sono dolori scordoni [P 620]. 746

747

Pesce che va all’amo cerca d’esser gramo. Chi si avvicina al pericolo va in cerca della propria disgrazia.

D’amore sono morti pochi.

740

Quel che non si piglia coll’amo si piglia con la rete. Il pesce che sfugge all’amo, si cattura con la rete. Quello che non si puo` fare con un mezzo occorre farlo con un altro; ogni cosa richiede lo strumento adeguato per essere fatta. 741

Chi tira l’amo troppo presto perde il pesce e l’esca. Chi e` precipitoso nel concludere un’opera la rovina, un affare lo compromette, ecc. 742

Il pesce si prende coll’amo e l’uomo con la parola. Il pesce si prende con l’amo nascosto nell’esca e l’uomo s’induce a fare quello che si vuole nascondendo il fine vero sotto parole di elogio, d’ammirazione, di lusinga. 743

L’amo migliore ce l’ha l’adulatore. Secondo il proverbio sarebbe la vanita` la forza piu` capace di sedurre l’uomo: nessuno resiste all’adulazione. 744

Il pesce che ha morso l’amo mangia sempre di mala voglia. Chi e` scampato a un determinato pericolo, ha in seguito timore nell’avere a che fare con situazioni simili. Vedi anche Gatto scottato dall’acqua calda ha paura di quella fredda [G 243]; Cane battuto ha paura dell’ombra del bastone [O 274]. 745

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

748 D’amore si muore e d’odio si vive. Mentre la pena d’amore puo` portare alla consunzione e alla morte, l’odio accende l’animo alla collera, a uno sdegno inestinguibile che si sazia solo con la vendetta, con la fine dell’avversario. Quindi l’odio puo` diventare uno scopo che riempie la vita.

L’amore arriva a cavallo e l’odio a dorso d’asino. Gli amori spesso si manifestano improvvisamente (colpo di fulmine, amore a prima vista) e prendono totalmente in poco tempo le persone. L’odio, per la sua natura negativa, e` rallentato nel suo nascere, deriva da una somma di fatti, matura lentamente. Il corso del cavallo e` rapido e quello dell’asino proverbialmente lento. 749

750 Il primo amore non si scorda mai. Molto vivo e diffusissimo. La prima passione amorosa, che coincide con la rivelazione dell’amore stesso, resiste nel ricordo e nel rimpianto, non si dimentica e riaffiora continuamente. 751 I primi amori sono i migliori. Affine al precedente. Perche´ sono gli amori ai quali ci si abbandona senza riserve, senza paura.

Tre cose sono difficili a lasciare: l’amico, il gioco e il primo amore. Per analogia parziale. Il distacco piu` difficile e doloroso si ha in questi tre casi, che coinvolgono l’essere nel profondo, compreso il gioco che e` considerato come una malattia. Per l’i752

pag 120 - 04/07/2007

57

.

AMORE

dea contraria, che cioe` i nuovi amori scacciano facilmente i vecchi, vedi anche [A 807808].

zionalmente preso a simbolo del luogo piu` piccolo che ci sia, tuttavia e` sufficiente come nascondiglio per gli innamorati.

L’amore ha il becco di miele e la coda di fiele. L’amore inizia con la dolcezza e poi presenta aspetti amari e dolorosi. Vedi anche Amore e cetriolo stanno a paro: la testa l’hanno dolce e il culo amaro [C 1370].

L’amore e` come un fiore: se non s’annaffia muore. Molto diffuso. Se e` trascurato, se non e` rinnovato con mille attenzioni, l’amore tende ad affievolirsi. Mette in guardia dai pericoli delle lunghe lontananze o della consuetudine, dell’assuefazione.

753

L’amore spinge avanti il miele e tira dietro il fiele. Per la connessione fra amore e amarezza, implicita in questi due proverbi, vedi Amore non e` senza amaro [A 851] e anche Amore amaro come toro tira [A 852]. Gia` in Plauto abbiamo (Cistellaria 69) Amor et melle et felle est fecundissimus ‘‘L’amore e` assai produttivo sia di miele che di fiele’’, che risulta attestato come proverbio nel Medioevo. Ancora piu` indietro si risale con l’aggettivo greco glykypikros ‘‘dolceamaro’’, tipica qualificazione dell’amore e delle sue azioni a partire da Saffo (fr. 130 Voigt) per proseguire con gli epigrammisti, e quindi Catullo (Carmi 68.18) (Venus) quae dulcem curis miscet amaritiem ‘‘(Venere) che mescola alle preoccupazioni una dolce amarezza’’. 754

L’amore comincia con balli e canti e finisce con pene e pianti. Prima con feste e divertimenti, in seguito con le difficolta`, le delusioni e le pene della vita. 755

756 L’amore e` bello per chi lo impara. Il momento piu` bello dell’amore e` quando si trova allo stato nascente, si scopre senza saperne nulla e quindi non se ne conoscono gli esiti e le implicazioni. Poi da incanto e meraviglia diviene un fatto della vita.

L’amore e` bello quando comincia, il prosciutto quando e` a meta` e la predica quando finisce. Per l’amore vedi i precedenti, quanto al prosciutto e` migliore quando il taglio e` verso la meta`: la fetta e` ancora grande ed e` vicina all’osso; la predica di solito e` noiosa e ravviva l’attenzione solo quando si capisce che volge alla fine. 757

Amore si nasconde dentro la cruna d’un ago. Coloro che si amano sanno dissimularlo molto abilmente, se questo loro giova. Lo spazio racchiuso nella cruna di un ago e` tradi758

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

759

760 Il vero amore non si vende ne´ si compra. In nessun modo il vero amore puo` essere frutto di un baratto con altri beni, sia pure di gran valore, altrimenti scade a rapporto ignobile. 761 Amore con amor si paga. L’amore puo` essere ricambiato solo con eguale sentimento. Vedi Ama chi t’ama e rispondi a chi ti chiama [A 549]. A monte di questa formulazione, per cosı` dire, ‘passiva’ (l’amore e` dato da qualcuno e con amore si risponde), sta quella ‘attiva’ (si da` amore per averne) riassunta in Si vis amari ama ‘‘Se vuoi essere amato, ama’’, citata da Seneca (Lettere a Lucilio 9.6) come massima del filosofo stoico Ecatone, che circola come proverbio colto anche in italiano (anche nella variante medievale Ut ameris, ama ‘‘Per essere amato, ama’’).

Percosse per amore non danno dolore. Le percosse che ci si scambiano nelle baruffe amorose non fanno male e subito sono scordate. Vedi anche Calcio di stallone non fa male alla cavalla [C 145]. 762

L’amore e` per chi sogna, la fortuna e` per chi dorme, la ragione e` per chi veglia e il perdono e` per chi muore. L’amore e` bello per chi deve ancora viverlo e lo immagina nella luce del sogno, della speranza, dell’illusione; la fortuna arriva di solito a chi non la cerca (vedi Fortuna e Dormire); la ragione richiede sensi e mente desti; il perdono si addice sia a chi muore verso chi sopravvive, sia a chi vive verso chi muore. 763

764 Amor non ha [non conosce] misura. Non agisce secondo ragione, misurando le cose: pene, mezzi, doni, disponibilita` , ma dona tutto quanto gli si richiede, finche´ ne ha. Anche nel senso che non ha confini, non ha limiti.

pag 121 - 04/07/2007

AMORE

765 Amor vuol fede e fede vuol fermezza. Richiede fedelta` e fiducia, tali che non vacillino di fronte a difficolta`, maldicenza e altri ostacoli. Il detto e` rivolto contro la gelosia. E` un endecasillabo che puo` essere uscito da una composizione poetica. 766 Amor vuol fede e l’asino il bastone. Perche´ il sentimento d’amore proceda e viva e` necessaria la fedelta`, la fiducia reciproca, per far camminare l’asino e` necessaria la forza, la percossa. 767 L’amore e la fede dall’opera si vede. Sono due cose che e` facile manifestare e attestare con le parole, mentre assai piu` difficile dimostrarle e sostenerle con i fatti, in quanto possono essere ostentate per un immediato interesse e svaniscono al primo ostacolo, al primo sacrificio o prezzo da pagare. 768 L’amore vien dall’utile. Dando alla parola utile un senso nobile si puo` dire che l’amore sia generato dal bisogno che si ha di una persona. Qui pare piu` logico che il proverbio intenda come amore la benevolenza, la simpatia, la buona disposizione d’animo: sentimenti che possono essere generati anche da una prospettiva di vantaggio, di utilita`. Ed e` in questo senso che viene per lo piu` usato. 769 L’amore e` forte come la morte. Tutto sottomette alla sua volonta` e passa sopra a qualunque ostacolo. L’amore vero dura in eterno e non si cancella, e` indistruttibile, e da esso non si esce. Frase del Cantico dei Cantici (8.6): ‘‘Perche´ forte come la morte e` l’amore, tenace come gli inferi la passione’’. 770 L’amore vince tutto. Traduzione del motto virgiliano, anch’esso tuttora usato come proverbio: 771 Omnia vincit amor. Da Virgilio (Bucoliche 10.69): Omnia vincit amor, et nos cedamus amori ‘‘L’amore vince tutto e noi soccombiamo all’amore’’. Nel Medioevo e` attestata anche con una aggiunta riduttiva Sed nummus vincit amorem ‘‘Ma il denaro vince l’amore’’, sulla quale e` esemplato l’ancor piu` limitativo proverbio italiano: 772 L’amore puo` molto e l’oro tutto. L’uomo e` spinto a fare quasi tutto per amore, ma tutto per denaro. 773

58

.

Tutto vince l’amore e la fame l’amore.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Correzione dell’ottimistico L’amore vince tutto [A 771]: in questo caso non c’e` atteggiamento moralistico ma presa d’atto della forza delle necessita` primarie. Vedi anche Amore e` una gran cosa, ma la fame passa ogni cosa [F 193]; Quando la fame entra in casa l’amore fa fagotto [F 196]; Senza pane e senza vino l’amore non dura da sera a mattino [A 799]. L’amore vince tutto, il danaro governa tutto, il tempo consuma tutto e la morte vince tutto. Ulteriore ampliamento e correzione: elenca con enfasi gli elementi fondamentali della vita che, per loro natura, hanno una forza incoercibile, alla quale nulla puo` resistere. 774

Alla forza d’amore soggiace ogni valore. Ogni altra forza o virtu` cede all’amore, alla passione. 775

776 L’amore regge il suo regno senza spada. Domina dall’interno e non dall’esterno, non con la forza, ma con l’intima persuasione.

Chi ha amore corre e chi ha pena si ferma. L’uomo in preda alla passione amorosa tende a muoversi senza posa alla ricerca dell’amato bene, mentre chi e` colpito dal dolore si ferma ripiegandosi su se stesso. 777

Chi ama va e chi si duole sta. L’amore non e` bello se non e` liticarello. Cosı` si dice a Roma e in altre regioni. A Napoli si dice stuzzicarello. L’amore si riattiva come un fuoco che, stuzzicato da piccole baruffe, si ravviva e s’infiamma. La schermaglia serve a verificare quanto uno ama, quanto uno e` geloso, ecc. Il concetto va confrontato con una sentenza latina Amantium irae amoris integratio est ‘‘I litigi tra gli amanti sono un completamento dell’amore’’, che e` un verso di Terenzio (Andria 555) confluito anche nelle sentenze di Publilio Siro (nelle quali si trova anche Cogas amatam irasci, amari si velis ‘‘Costringi l’amata ad arrabbiarsi, se vuoi essere amato’’). Vedi anche Senza la gelosia l’amor se ne va via [A 837]; Sdegno cresce amore [S 792]. 778 779

780

Senza baruffa amore fa la muffa.

781

L’amore senza baruffa non ha sapore.

pag 122 - 04/07/2007

59

.

782 Amore senza baci, minestra senza sale. L’amore che non si manifesta in atti concreti e pretende di vivere di sole parole e` qualcosa d’insipido e senza senso.

Amore senza peccato e` un ballo senza musica. L’amore che non conosce eccessi, che ha troppi riguardi, timori, rispetto per le convenzioni, e` una caricatura dell’amore, un non senso. 783

AMORE

Nella sua cecita` l’innamorato vede come vede e non e` possibile rischiarargli la mente con consigli. 792 L’amore ci vede poco e l’odio e` cieco. L’odio toglierebbe l’esatta visione della realta` ancor piu` dell’amore. 793 L’amore non ha consiglio. Consiglio nel significato antico di ‘‘saggezza’’.

L’amore fa impazzire i vecchi e rinsavire i giovani. Richiama una sentenza di Publilio Siro (A 29) Amare iuveni fructus est, crimen seni ‘‘Amare e` un frutto per il giovane, delitto per il vecchio’’. Raffigurazioni di ridicoli vecchi innamorati si trovano nel teatro di tutti i tempi, a partire dalla commedia ellenistica. Lo cita anche Giordano Bruno ‘‘L’amor fa dovenir li vecchi pazzi e li giovani savi’’ (Gli eroici furori, Dialogo I). Vedi anche Non v’e` cosa peggiore che in vecchie membra pizzicor d’amore [A 815]. 794

Quando l’amore c’e`, l’uccello tira. Motto scherzoso che si usa per rimarcare come anche l’amore piu` alto non si contenta di rapporti platonici. Banale, ma indiscutibile. 784

Quando l’amore c’e` la gamba tira il pie`. Quando uno e` innamorato non cede alla pigrizia: la gamba si muove quasi da sola trascinando il piede, portando la persona verso il suo bene. 785

Chi ha amore nel petto ha gli sproni nei fianchi e le ali ai piedi. Chi ama non ha pace: e` sempre in movimento e in fermento e si da` da fare per incontrare chi ama, realizzare i suoi desideri. 786

D’amor lo strale ferisce ogni mortale. Nessuno puo` sentirsi al sicuro dall’amore: le sue frecce possono colpirlo in qualunque momento e in qualunque condizione. 787

788 L’amore e` cieco. L’amore non vede difetti, impedimenti, difficolta`. Eros, dio dell’amore, e` spesso rappresentato bendato. Fra i proverbi piu` diffusi in assoluto, ripete un motto latino Caecus amor, sicuramente antico ma di origine incerta, particolarmente fortunato, anche come impresa in eta` rinascimentale. Un proverbio citato dai paremiografi greci ‘‘Chi ama e` cieco nei confronti dell’innamorato’’ risulta di fatto derivare nientemeno che da Platone, Leggi 5.731e. Vedi anche Chi ama non vede [A 545]. 789 L’amore e` cieco e sordo. Non solo non vede ma neppure ascolta avvertimenti o consigli. 790 L’amore e` cieco e pazzo. Fa perdere la visione e il senso della realta`. 791

L’amore e` cieco e non conosce lume.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

795 L’amore e` cieco, ma guarda da lontano. L’amore non vede, come si e` detto sopra, ma e` capace di osservare sospettosamente da lontano le mosse, la vita, gli incontri della persona amata.

Amor mal impiegato e` mal remunerato. L’amore che si rivolge verso una persona indegna risulta sempre non ricambiato, mal inteso, o disprezzato. 796

797 D’amore nasce amore. Sentirsi amati accende l’amore per la persona che ama. 798 Amor fa amore e crudelta` fa sdegno. L’amore chiama amore, ma il rifiuto, peggio la derisione, produce ira.

Senza pane e senza vino l’amore non dura da sera a mattino; senza vino e senza pane l’amor non dura da sera a mane. Si usa ripetere che senza mangiare e bere l’amore non sopravvive, vedi in proposito Senza Cerere e Bacco e` amor debole e fiacco [V 372]; Il ballo non e` bello quando e` vuoto il budello [B 991]. Qui tuttavia s’intende che in una unione stabile, nel matrimonio, se mancano i mezzi di sussistenza, se si deve combattere con la poverta`, il sentimento e` destinato a logorarsi. 799

pag 123 - 04/07/2007

AMORE

60

.

800 Amor di ganza, fuoco di paglia. L’amore di un’amante dura poco come il fuoco della paglia che e` vivace ma effimero. Ganza vale amante, ma in senso spregiativo, senza che vi sia nobilta` di sentimento, quasi ‘sgualdrina’. Peggio ancora che ganzo.

Amor di donna e` come vin di fiasco: la sera e` buono e la mattina e` guasto. La donna e` incostante nell’amore e in poco tempo puo` guastare, distruggere un promettente rapporto. Il proverbio ha lo stesso schema dell’altro: Amicizia di potente e vin di fiasco la sera e` buono e la mattina e` guasto [A 608]. 801

Sole di marzo, calma di mare, amor di donna: non ti fidare. Queste tre cose possono durare poco: in mare la burrasca in genere e` preceduta dalla bonaccia; il sole di marzo dura poco perche´ la stagione e` ventosa e mutevole e l’amore della donna svanisce. Vedi anche Di quattro cose mai non vi fidate: seren d’inverno, nuvolo d’estate, amor di donna e discrezion di frate [S 1072]. 802

L’amore nato in Carnevale muore in Quaresima. L’amore nato nella spensieratezza, nel gioco, nella festa, ha fine a contatto con le prime avversita`. La Quaresima, una volta tempo di penitenza e di digiuno, segue il Carnevale, periodo di festa e allegria. 803

804 L’amore non e` mai canuto. Non viene meno neppure nella tarda eta`, sia come desiderio che come sentimento, pur affievolendosi i segni e le manifestazioni. Vedi anche Il cuore non invecchia [C 2722]. 805 L’amore fiorisce d’inverno e d’estate. Non ha stagione: puo` nascere in qualunque momento; si riferisce in particolare all’eta` dell’uomo che puo` innamorarsi sia da giovane che da vecchio.

L’amore e` come il sole: scende sulle merde e sulle rose. L’amore colpisce tutti, persone raffinate o volgari, e tutti possono essere oggetto d’amore. 806

807 I nuovi amori fan scordare i vecchi. Con il nascere di un nuovo amore si dimenticano agevolmente quelli passati. Anche in senso generale: i nuovi interessi, le nuove prospettive mettono in second’ordine cio` che interessava precedentemente. Vedi anche

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chiodo scaccia chiodo [C 1480]. Sulla persistenza del primo amore vedi invece A750752. 808

Il nuovo amore scaccia il vecchio.

L’amore sta bene sotto la lana come sotto la seta. L’amore alberga nei cuori semplici come in quelli fieri e nobili, nella poverta` e nella ricchezza. 809

Amore appena nato gia` lotta e vince armato. A differenza di altri sentimenti che crescono e si consolidano lentamente, l’amore nasce gia` forte e combattivo. 810

811 Amore passa muraglie e muraglioni. E` inutile separare chi si ama, poiche´ qualsiasi ostacolo sara` certamente superato dagli innamorati. 812 Amore passa sette mura. Per il tipo di affermazione vedi La benedizione passa sette muri [B 428].

Le frecce d’amore sfondano tonache e corazze. S’innamorano sia uomini rudi e forti, come i soldati, sia le persone consacrate a Dio. 813

L’amore fa passare il tempo e il tempo l’amore. Proverbio che guarda alla realta` in maniera un po’ cruda. Volumi di versi sono concentrati in queste poche parole, efficacemente disposte (dal punto di vista retorico si tratta di una figura di pensiero nota come reversio, non rara nei proverbi, vedi Bisogna mangiare per vivere non vivere per mangiare [M 532]). 814

Non v’e` cosa peggiore che in vecchie membra [in vecchio] pizzicor d’amore. L’amore in tarda eta`, soprattutto se rivolto a una persona piu` giovane, e` un equivoco o d’interessi o di sentimenti, o un miscuglio di questi due, per cui il piu` delle volte e` destinato a un’amara conclusione. 815

Amor di vecchierello trotto di somarello. L’amore del vecchio (e qui si allude specificamente all’aspetto fisico) e` di breve durata, come il trotto del somaro che dopo un breve tratto di strada torna al passo, vedi Trotto d’asino dura poco [A 1400]. Il paragone sottinteso e` col trotto del cavallo che al contrario e` vigoroso e resistente. 816

pag 124 - 04/07/2007

61 Una giovane in mano a un vecchio, un uccello in mano a un ragazzo, un cavallo in mano a un frate son tre cose strapazzate. Il vecchio non ha piu` le capacita` per essere il compagno valido di una ragazza; un ragazzo non ha esperienza per allevare un uccello che serva per la caccia; i religiosi erano notoriamente inesperti di cavalcature. Si parla giustamente di cavallo: infatti i religiosi si servivano di asini o di mule. In generale: non si da` un bene a chi non sa apprezzarlo ne´ usarlo correttamente. 817

L’amore e` delle giovani e le chiacchiere delle vecchie. L’amore appartiene alla giovinezza, mentre nella tarda eta` se ne parla soltanto. In altro senso: le donne giovani vivono i loro amori mentre alle donne anziane restano solo le chiacchiere, la maldicenza, la mormorazione. Il proverbio si usa spesso appunto per tagliar corto sulle maldicenze: ogni eta` vive l’amore a suo modo. 818

Chi fa l’amore con la vecchia trova la strada dell’ospedale. Si vuole che le donne anziane siano insaziabili, per cui chi si cimenta e insiste in certe imprese perde le forza e si ammala. 819

820 L’amore arde e non si consuma. L’amore vero pur bruciando come una vivida fiamma non si esaurisce. L’immagine richiama il biblico roveto ardente presso il quale Mose` ebbe la rivelazione sul Sinai (Esodo 3.2).

Amore e tosse non si nascondono. Per quanto si cerchi di tenerlo segreto, nascosto, l’amore inevitabilmente si rivela con segni inequivocabili, come la tosse che non si puo` reprimere a lungo. Si trova citato dal Sacchetti (Trecentonovelle 16): ‘‘Perche´ bene dice il proverbio che l’amore e la tosse non si puo` celare mai’’. Anche il Pulci (Morgante 3.88): ‘‘E disse vero e` pur che l’uom non possa / celar per certo l’amore e la tossa’’. Secondo il repertorio del Walther e` attestato un proverbio latino medievale che suona: Quattuor abscondi non possunt, tussis, amor, ignis, dolor ‘‘Quattro cose non possono essere nascoste: la tosse, l’amore, il fuoco e il dolore’’, a cui sono affini sia questo che i successivi proverbi italiani. Vedi anche Non si nascondono gli aghi nei sacchi [A 326]; Amore e raffreddore non si nascondono [R 47]. 821

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

822

AMORE

Amore e tosse si fan sempre conoscere.

Amore, tosse e rogna celar non ti bisogna. Non tentare nemmeno di nascondere amore, tosse e rogna. Anche la rogna essendo una malattia della pelle e` difficile da tenere segreta. Vedi anche Fuoco, tosse, amore e rogna prima o poi vengono fuori [F 1650]. 823

Amore, tosse e fumo non si nascondono a nessuno. Anche il fumo non si puo` nascondere e si rivela dovunque. 824

Amor, tosse e pancetta non si celan, dovunque li si metta. La pancetta e` quella rotondita` del ventre che aumenta con l’eta` e che molti s’illudono di mimetizzare. Si richiama probabilmente a un proverbio dialettale, in particolare al veneto Amore, tosse e panza no i se sconde, che pare primario rispetto a questo italiano, dall’andamento un po’ faticoso. 825

Amore non si cela sotto il manto ne´ si nasconde in un canto. I grandi mantelli a ruota di una volta consentivano di nascondere anche cose voluminose. Canto qui vale angolo, cantone dove si mettono le cose di poca importanza. 826

Chi vuole amor celato lo tenga bestemmiato. Per nascondere il proprio sentimento bisogna addirittura mostrare pubblicamente disprezzo verso la persona amata. 827

Assenza e` nemica d’amore: tanto lontan dall’occhio che dal cuore. I proverbi sono discordi sul fatto che la lontananza faccia diminuire o aumentare l’amore. Qui si conferma l’altro ben noto proverbio: Lontan dagli occhi, lontan dal cuore [O 62]. Anche Dante fa dire a Nino Visconti della moglie Giovanna passata a nuove nozze dopo la sua morte: ‘‘Per lei assai di lieve si comprende / quanto in femmina foco d’amor dura / se l’occhio e ’l tatto spesso non l’accende’’ (Purgatorio 8.76-78). Vedi anche Lunga assenza, certa dimenticanza [L 1077]. 828

Le ferite d’amore le puo` sanare solo chi le ha fatte. Si richiama probabilmente a una sentenza di Publilio Siro (A 31) Amoris vulnus idem sanat qui facit ‘‘La ferita d’amore la guarisce lo stesso che la provoca’’, che esprime un con829

pag 125 - 04/07/2007

AMORE

62

.

cetto abbastanza diffuso nella poesia d’amore antica e medievale. Solo chi ha ferito la persona che l’ama puo` porre rimedio al male provocato. Esiste una versione francese del proverbio nella quale e` reso esplicito il collegamento fra questa immagine di amore come feritore-guaritore e la lancia di Achille, le ferite inferte dalla quale, secondo quanto narrato nel mito di Telefo, potevano essere curate solo da essa stessa: L’amour est comme la lance d’Achille qui blesse et gue´rit. Vedi anche La lancia d’Achille prima feriva e poi risanava [A 124].

compromettere un rapporto, in piccole dosi e` tuttavia positivo perche´ da` la misura dell’importanza che riveste una persona per chi manifesta tale sentimento. In questo senso non e` disprezzato, in particolare dalla donna, e contribuisce a ravvivare l’amore. Vedi L’amore non e` bello se non e` liticarello [A 779].

L’amore e` una montagna: chi sale ride e chi scende si lagna. Chi all’inizio avanza, procede sulla strada dell’amore e` lieto e pieno di speranze, chi invece torna indietro, e` sulla china di un amore che finisce, si lamenta e si dispera.

839 L’amore insegna agli asini a danzare. L’amore induce molti a fare cose che non avrebbero saputo ne´ voluto mai fare, al fine di conquistare o compiacere la persona amata. La danza dell’asino e` uno de termini di paragone piu` frequenti per indicare la goffaggine e l’incapacita`.

830

831 L’amore vecchio e` timido. L’amore che dura da molto tempo senza forza e senza passione e` debole e fugge non appena arriva il nuovo.

Amore e signoria non soffron compagnia. Il potere e l’amore non possono essere condivisi, spartiti, non tollerano persone che possono dar loro ombra in qualche modo. 832

833 Amore e maesta` non vanno insieme. La gravita`, la reverenza, la solennita` non s’addicono all’amore, che presuppone la confidenza e l’intimita`. Verso proverbiale del Metastasio (Didone abbandonata, atto III, scena X). 834 Amore e gelosia nacquero insieme. Amore e gelosia si manifestarono insieme fin dalle origini. Quindi, generalmente: al nascere di un amore nasce insieme la gelosia. 835

Amore e gelosia vanno sempre in compagnia.

Amor da` per mercede gelosia e rotta fede. Proverbio pessimista che considera come molti amori vivano nella gelosia o finiscano col tradimento. 836

Senza la gelosia l’amor se ne va via. Senza un po’ di gelosia l’amore langue. La gelosia, sia nella tradizione paremiografica che nella narrativa popolare, se e` un sentimento che offende chi ne e` oggetto e puo` 837

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

838 Il sospetto caccia l’amore di casa. Il sospetto (d’infedelta`, di non essere amato, ecc.) annienta l’amore. Il sospetto di solito ha un oggetto definito e quindi e` piu` grave di un senso vago di gelosia.

840 Si torna sempre ai vecchi amori. Vecchi affetti, vecchie abitudini, ricordi d’infanzia, gusti, luoghi, attivita`, persone della giovinezza esercitano un’attrattiva costante e un richiamo al quale difficilmente ci si sottrae. Francese: On revient toujours a` ses pre`miers amours.

L’amore vero non e` messo in fuga dall’apparire della prima ruga. L’invecchiare non compromette il vero amore che va oltre la bellezza e la fine della gioventu`. 841

842 Amore non sente fatica. Chi e` innamorato non avverte disagi, fatiche, sacrifici nel perseguire il proprio scopo e nel compiacere chi ama. 843 Chi soffre per amor non sente pene. Endecasillabo. Soffrire ha qui valore di ‘‘desiderare, anelare’’.

L’amore e` come le lacrime: nasce dagli occhi e cade nel petto. L’amore nasce dalla vista, dallo sguardo e quindi pervade l’animo. Secondo la tradizione poetica e gnomica e` la vista che genera l’amore, come afferma, ad esempio, Giacomo da Lentini, poeta della Scuola siciliana ‘‘... e li occhi in prima generan l’amore e lo core li da` nutricamento... Ma quell’amor che stringe con furore / da la vista de li occhi ha nascimento’’ (Sonetto in risposta a Jacopo Mostacci e Pier della Vigna). Vedi anche L’occhio attira l’amore [O 119]. 844

845

Ogni disuguaglianza amor agguaglia.

pag 126 - 04/07/2007

63 Endecasillabo. L’amore pareggia tutte le disuguaglianze economiche, sociali, culturali che non risultano impedimenti a un vero e forte sentimento. Amor non guarda lignaggio, ne´ fede, ne´ vassallaggio. Sinonimo piu` antico del precedente. L’amore non considera la discendenza nobile o meno, non tiene conto delle diversita` di fede o di appartenenza a fazioni contrapposte e nemmeno dei rapporti di dipendenza. Merita citare a confronto un verso di Ovidio (Eroidi 4.161) Nobilitas sub amore iacet ‘‘La nobilta` e` sottomessa all’amore’’, usato nel Medioevo come sentenza. 846

L’amore [il fidanzamento] troppo lungo diventa un serpente. Un rapporto che si protrae oltre il suo corso naturale, da cosa buona si tramuta in cosa cattiva, portatrice d’insidia e di veleno come il serpente. Il proverbio intende col termine amore il periodo di fidanzamento, a cui comunemente si allude dicendo che due fanno all’amore. 847

848 Amor senza speranza presto muore. L’amore che non vede alcuna possibilita` di realizzarsi langue, intristisce e quindi muore. E` un invito nascosto a coloro che giocano nelle schermaglie amorose a non togliere completamente le speranze a chi li cerca, per non vedere compromesso del tutto il sentimento. Altri proverbi affermano che il vero amore e` inestinguibile.

L’acqua vuole pendenza e l’amore speranza. L’acqua per correre ha bisogno di pendio e l’amore per vivere necessita di sperare nella sua realizzazione.

.

AMORE

3.109 sg. e Agostino, Confessioni 4.12.18). Nella poesia italiana colpisce l’uso che ne fa Petrarca, Trionfi 1.1.76 sg. ‘‘Quest’e` colui che ’l mondo chiama Amore; / amaro come vedi, e vedrai meglio’’. Vedi anche L’amore ha il becco di miele e la coda di fiele [A 752]; Amore e cetriolo stanno a paro: la testa l’hanno dolce e il culo amaro [C 1370]. 852 Amore amaro come toro tira. Proverbio e gioco di parole. L’amore che fa soffrire e` piu` forte di un sentimento sereno.

Amore senz’amaro, carne senz’osso, farina senza semola, pesce senza bagnarsi, vino senza feccia, legno senza scorza, cappello e cappuccio non si possono avere. Il proverbio elenca una serie di elementi positivi che richiamano immancabilmente aspetti negativi: l’amore e la sofferenza; la carne tenera e l’osso duro; la farina gradevole e il suo scarto che e` la semola (cibo per polli); il pesce e gli inconvenienti del pescare; il vino e il suo deposito che puo` rovinarlo; il legno e la scorza che lo ricopre e deve essere tolta per la lavorazione; infine due oggetti utili che sono alternative: l’uso del cappello (elegante) esclude quello del cappuccio (pratico, comodo). Quest’ultima coppia pare riferita, come le altre, al primo verso, quindi: se si ama una persona non se ne puo` amare un’altra. 853

849

L’amore va e viene (e a volte non ritorna). L’amore e` un sentimento spesso mutevole che s’infiamma e s’affievolisce ma, in queste oscillazioni, talvolta scompare del tutto. 850

851 Amore non e` senza amaro. Non puo` esserci amore senza dolore, sofferenza. Tutto cio` che si ama spesso delude poiche´ ci si aspetta sempre piu` di quanto puo` dare. La paronomasia fra amore e amaro e` alquanto sfruttata in ambito latino, dove troviamo, in Plauto (Trinummus 260) Amor amara dat ‘‘L’amore da` amarezze’’ (ma cfr. anche Cistellaria 68, e poi Virgilio, Bucoliche

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

854 Con l’amore ne´ si desina, ne´ si cena. Consiglio che riguarda il matrimonio: se sposi una persona che ha da offrirti solo l’amore, non avendo ne´ mezzi, ne´ capacita`, finirai col fare la fame. Quindi: l’amore da solo non basta. Desinare, cioe` ‘‘prendere il pasto principale, pranzare’’, e` vivo praticamente solo in Toscana. 855

Il fuoco dell’amore non fa bollire le pentole.

856 Scalda piu ` l’amore che mille fuochi. Gioca sull’equivoco tra l’ardore della passione e il fuoco reale; il primo e` molto piu` forte del secondo. 857 L’innamorato non muore di freddo. Per analogia. In diversi sensi: arde sempre di desiderio e di passione; e` in continua attivita`

pag 127 - 04/07/2007

ANATRA

64

.

per realizzare i suoi progetti, non si cura del freddo pur d’incontrare la persona amata. Vedi Chi ama brucia [A 544]. L’amore e` una malattia dalla quale nessuno vuol guarire. Anche coloro che soffrono per amore non sono disposti a rinunciarvi, perche´ capiscono di perdere qualcosa d’insostituibile. 858

Il primo amore e` quello bello e l’ultimo e` quello vero. Il primo amore e` la rivelazione dell’amore stesso e quindi si fissa nella mente come cosa assoluta e irrepetibile. L’ultimo e` quello profondo, forte che coinvolge completamente, senza essere un’illusione, un abbaglio. 859

ANATRA f Vedi Cappone, Oca. Dell’anatra l’andare, del cappone il volare. A tavola dell’anatra e` buona la coscia, del cappone l’ala. Non c’entrano per niente l’andatura e il volo: il cappone del resto non fa che qualche svolazzo. 860

Ai primi d’agosto l’anatra finisce arrosto. L’anatra, insieme al piccione, era un tempo piatto tradizionale del periodo caldo e delle domeniche d’agosto. Vedi anche Agosto chiappa, spenna e metti arrosto [A 343]. 861

ANCONA Se Iesi avesse il porto Ancona sarebbe un orto. Schema di proverbio che si ripete variandolo per diverse citta`. Se la citta` di Iesi fosse sul mare e avesse il porto, Ancona sarebbe ridotta a una piccola localita` di poca importanza. Iesi, citta` natale dell’imperatore Federico II di Svevia, dalle mura imponenti, florida per attivita` e industrie, di origine antica, rivaleggiava con Ancona. Vedi anche Se Parigi avesse lu meri sarebbe una piccola Beri [B 139]; Se Bergamo fosse in piano sarebbe piu` bella di Milano [B 488]; Se Chiavari avesse il porto di Genova si farebbe un orto [C 1407]. 862

` NCORA A Come l’ancora e` indispensabile per qualsiasi imbarcazione, cosı` per navigare nella vita e` consigliabile premunirsi degli strumenti e dei mezzi necessari all’occorrenza.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

863 Una buona ancora non teme la ruggine. Un valido strumento, un mezzo affidabile non e` compromesso da un inconveniente superficiale; persone capaci non si sgomentano per difficolta` elementari, piccoli ostacoli, compiti facili. 864 Perduta l’ancora non restano che i santi. Perdere l’ancora significa per un’imbarcazione non poter ormeggiare, restare in balı`a del mare. Quando uno rimane senza risorse materiali non resta che sperare in un aiuto divino o nella fortuna.

Chi lascia il porto senz’ancora ci ritorna senza barca. Chi si mette in un’impresa senza i mezzi e gli strumenti necessari, non solo perde quello che vuol ottenere, ma rimane senza quello che ha. 865

La nave e` piu` sicura con due ancore che con una sola. E` sempre bene avere piu` di un rimedio, piu` di un aiuto, di una uscita di sicurezza, che fidarsi di una sola via di scampo, di un solo mezzo di soccorso. Vedi anche Tristo e` quel topo che ha un solo buco per fuggire [T 692]. 866

ANDARE Nei primi proverbi il verbo ha il significato di ‘‘provarci, fare un tentativo’’; in altri quello di ‘‘essere presente’’, ‘‘partecipare’’ e ancora e` usato nel senso di ‘‘intraprendere un viaggio, un’impresa’’. f Vedi Alzarsi, Avanti, Fare. 867 Finche´ la va la va. Finche´ dura non ci si puo` lamentare. Con ampi riferimenti a oggetti, a situazioni, alla vita stessa. 868 Se (la) va, (la) va. Frase con la quale si tenta la riuscita di una azione, correndo il massimo rischio compatibile con quanto si vuol ottenere: ad esempio si cerca di forzare una porta rischiando di rovinarla. Ovviamente si presta a mille usi: Un cameriere scriveva sempre in fondo al conto: s.l.v.l.v. aggiungendo una certa cifra che i clienti pagavano regolarmente. Un giorno un tale gli domando` cosa indicasse quella sigla. Rispose il cameriere: ‘‘Se la va, la va. Purtroppo questa volta non e` andata!’’. Vedi anche O la va, o la spacca [D 204]; O dente o ganascia [D 203]. 869

Don Zurla se va, va; se no e` per burla.

pag 128 - 04/07/2007

65 Si dice di chi ci prova: a rubare, a tentare una donna, a imbrogliare il prossimo, e se gli va male si scusa dicendo che voleva solo scherzare. E` la versione italiana del romanesco Don Zurla, si ffa ffa, si nno bburla. Si vuole che questo Zurla fosse un prete di Roma sotto il pontificato di Gregorio XVI (1831-1846): la notte si travestiva per frequentare luoghi disdicevoli al suo stato sacerdotale e una volta, sorpreso, si scuso` dicendo che intendeva fare uno scherzo. Se non se n’avvede me l’abbo, e se se n’avvede, me la gabbo. Per analogia. Antico e non piu` usato. Se non si accorge dell’inganno, ce l’ho (abbo) (la cosa, il danaro, l’utile, ecc.) e me lo tengo, se invece se ne accorge metto tutto in burletta e dico che scherzavo. Gabbare oltre che nel significato di ‘‘ingannare’’, era usato un tempo anche con la particella pronominale per ‘‘burlare’’, ‘‘schernirsi’’. Il proverbio si trova citato anche in questa forma: ‘‘Se se n’avvede me l’abbo, se non se n’avvede, me la gabbo’’ (Giusti), ma diviene assurdo. Vero e` che i proverbi sono spesso citati in maniera scorretta e si intendono nel loro senso proprio, ma questo detto si trova correttamente riportato nell’ultimo capoverso della novella 174 delle Trecentonovelle di Franco Sacchetti e il contesto concorda con quanto diciamo. 870

Chi ci va ci lecca e chi non ci va si secca. Invito a non mancare laddove si prospetta un utile. Chi si presenta di persona in un luogo, come una festa, un pranzo trova comunque modo di rimediare qualcosa: leccare nel senso di ‘‘prenderne una parte’’ (si dice leccata una mancia, una tangente); chi invece non ci va si dispiace al momento che viene a sapere del bene che ne hanno ricavato gli altri che erano presenti. Vedi anche Chi esce lecca e chi sta a casa si secca [L 315]. 871

Chi va guadagna e chi sta si lagna. Chi e` presente, si muove, partecipa ottiene sempre un vantaggio. 872

Chi non va non vede e chi non prova non crede. Come colui che non si reca di persona a vedere una certa cosa non la vede e quindi non la conosce, cosı` chi non fa la prova di una determinata cosa non se ne puo` convincere con le sole parole. Invito a provare, a verificare. 873

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ANDARE

Chi vuole andar sicuro deve avere: occhio di falco, orecchio di lepre, spalle di mulo, faccia di bertuccia, testa di volpe, lingua di pappagallo e gambe di cervo. Chi vuol procedere nel modo migliore nelle cose del mondo deve avere nell’ordine: buona vista come il falco che adocchia dall’alto la piccola preda; orecchio finissimo come la lepre che, si dice, sente crescere l’erba; la forza del mulo che per il trasporto e` piu` adatto del cavallo; la sfacciataggine della scimmia che e` animale impertinente; l’astuzia proverbiale della volpe; la lingua sciolta del pappagallo, cioe` sapersi cavare d’impaccio con le parole; e la velocita` nel fuggire i pericoli, come quella del cervo. 874

875 Al mercato va piu ` d’un asino. Si puo` cosı` sperare di trovare il modo di combinare un buon affare: comprare a poco, vendere qualcosa difettosa o di scarso valore. Se di asini (sprovveduti) ve ne andasse uno solo sarebbe difficile trovarlo, ma, essendo molti quelli che vi si recano, ci sono buone speranze.

Andare scalzo e seminare fondo non arricchiron mai persona al mondo. Proverbio complesso che e` un invito, nel fare una cosa, a non fidarsi di opinioni e impressioni superficiali, che sono ingannevoli, ma a seguire l’esperienza. L’ingenuo pensa che risparmiare fino all’osso (non usare scarpe, un tempo bene costoso) possa farlo arricchire ma sbaglia perche´ trovera` difficolta` a lavorare oppure si prendera` un malanno o si fara` male ai piedi. Allo stesso modo l’inesperto pensa che il seme, piu` e` posto nel profondo, piu` e` sicuro, piu` facilmente germoglia e la pianta piu` riccamente produce. Non e` vero: ad esempio il seme del grano, posto a eccessiva profondita` non ce la fa a spingere fuori il germoglio e muore. L’agricoltore esperto sa a quale profondita` deporre i semi di ciascuna pianta. 876

Chi vuole andar sano cammini per il piano. Scelga la via in pianura, eviti le strade di montagna che sono pericolose. In senso generale: non si avventuri in imprese troppo ardue. 877

878

Chi puo` andare di passo per l’asciutto non trotti per il fango.

pag 129 - 04/07/2007

ANDREA

66

.

Chi ha modo di fare con agio e sicurezza un lavoro, un’operazione, non agisca di fretta e correndo dei rischi. Portare il cavallo al trotto su strade fangose comporta il pericolo di farlo scivolare e cadere. Chi puo` andare per l’asciutto non vada per il fango. Di senso piu` generale del precedente: esortazione economica a non cercare la strada piu` complicata quando e` possibile evitarla. 879

Chi puo` andare per terra non vada per acqua. Affine ai precedenti, risente di una antica diffidenza verso i viaggi per mare. 880

Chi va piano va sano e va lontano (e chi va forte va alla morte). Chi fa le cose con calma, cammina e avanza gradatamente, arriva lontano senza danni. Chi fa il contrario fa una brutta fine. Mentre la prima parte (fino a lontano, ma anche solo fino a sano) e` diffusissima, la seconda si sente aggiungere raramente. Per il significato trova corrispondenza in un motto mediolatino di origine non precisata Tarde sed tute ‘‘Lentamente ma con sicurezza’’.

Chi va al gioco perde il loco. Chi si alza per andare a giocare perde il posto a sedere. La situazione presupposta fa pensare ad un gruppo di bambini o ragazzi. Loco ‘‘luogo, posto’’, ma in senso figurato anche occasione, opportunita`; forma e accezione denunciano l’antichita` del detto. 887

888 Va come piace a Dio. Risposta a chi domanda: Come va? Significa che, pur non essendo soddisfatti, di meglio non si puo` chiedere, dal momento che le premesse, i dati di fatto, non permettono un risultato migliore. Quindi: va secondo i disegni di Dio e non secondo i desideri dell’uomo.

881

882

Chi vuole andar lontano vada piano.

Chi va dritto non sbaglia strada. Chi mira dritto al suo scopo non erra. Qui andare dritto non ha valore letterale, ma significa ‘‘andare avanti senza pentimenti, deviazioni, senza farsi distogliere da consigli e critiche’’. 883

Va se si unge. Le cose procedono bene se si distribuiscono mance e incentivi a coloro che le devono far andare. La similitudine e` presa dalla ruota del carro che gira meglio sull’asse, scorre piu` veloce, se il mozzo e` unto, cosparso di grasso. 884

Chi va via perde il posto all’osteria. Regola generale secondo la quale chi abbandona il posto comodo in un luogo lo perde e il posto diventa di diritto di colui che lo occupa. Vedi anche Chi lascia il posto lo perde [P 2263]. Molto usato soprattutto dai bambini, che vi aggiungono una postilla: 885

886

Il padrone e` ritornato e il posto va ridato.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ANDREA Sant’Andrea apostolo (30 novembre), fratello di Simon Pietro, fu tra i primi a rispondere alla chiamata di Cristo. In occasione del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci fu Andrea a portare a Gesu` il ragazzo che aveva le poche provviste. Subı` il martirio sulla croce decussata, probabilmente a Patrasso. E` patrono dei pescatori, mestiere da lui esercitato. Nel Medioevo fu assunto come patrono dei guerrieri e la sua croce compare in ordini cavallereschi che portano il suo nome. Sant’Andrea porta neve o la bufera. La festa di sant’Andrea cade infatti nel momento dell’anno in cui di solito il freddo si fa intenso. 889

890 Sant’Andrea, la neve sul pagliaio. La neve arriva anche sui rilievi piu` bassi, vale a dire e` dappertutto. Il riferimento al pagliaio e` paradossale e scherzoso.

Da sant’Andrea in poi statti al caldo quanto puoi. Se puoi, non uscire perche´ il freddo e` rigido. Ovvero: copriti quanto piu` possibile. 891

Disse il freddo alla vecchia: Per sant’Andrea aspettami, se non son venuto aspettami a Natale, se non ci sono a Natale mai piu` non m’aspettare. Secondo i proverbi l’inverno sara` particolarmente rigido se il freddo arriva presto, al massimo a Natale. Diversamente sara` mite. 892

pag 130 - 04/07/2007

67

.

La neve a sant’Andrea aspetta, se non a sant’Andrea, a Natale, se non a Natale, piu` non aspettare. Variante non dialogica del precedente. 893

Sant’Andrea pescatore porta il pesce al Signore: chi non pesca prima pesca poi. Sant’Andrea e` il patrono dei pescatori e il periodo nel quale cade la sua festa e` favorevole alla pesca: anche se al momento il pesce scarseggia, arrivera` comunque piu` tardi. 894

Chi non prende niente affoga sant’Andrea. In passato i pescatori usavano portarsi dietro l’immagine di sant’Andrea, loro patrono. Quando la pesca andava male, per la rabbia immergevano nell’acqua l’immagine del santo a testa in giu`, per punirlo e costringerlo a provvedere per il meglio il giorno seguente. Il proverbio si usa per coloro che incolpano qualcun altro dei propri insuccessi. 895

Per sant’Andrea pescatore va in fregola la trota. E` il periodo degli amori e della riproduzione delle trote, pesce di fiume e di torrenti montani. 896

Per sant’Andrea si leva il montone alle pecore. Le pecore hanno il periodo degli amori in ottobre e quando sono gravide non devono essere infastidite dai maschi che vengono posti in recinto o neutralizzati con una sorta di grembiule che impedisce l’accoppiamento. 897

Per sant’Andrea ti levi da pranzo e ti metti a cena. Il giorno e` brevissimo: ci si avvicina al solstizio invernale. L’uso dei contadini era quello di cenare al calare della luce e quindi, in questo periodo dell’anno, l’ora della cena era vicina a quella del pranzo di mezzogiorno. 898

ANELLO Non tanto come ornamento bensı` come simbolo di una condizione sociale, di una dignita`. 899 Non e` solo l’anello che fa la sposa. Non basta un elemento a qualificare una posizione, una qualita`: non basta mettersi l’anello per essere sposa. 900

Meglio perdere l’anello che il dito.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ANGUILLA

Di due beni e` preferibile rinunciare a quello meno importante, che si puo` rimpiazzare; meglio perdere la propria ricchezza che la salute. Vedi anche E` meglio perdere il dito che la mano [D 653]; Meglio perdere un occhio che la testa [P 1290]. ANGELO Metamorfosi dell’angelo in diavolo. 901 Angelo in casa, diavolo in piazza. Coloro che hanno un contegno irreprensibile, appaiono santi nell’ambiente familiare, sovente si comportano in modo del tutto opposto nel mondo esterno.

Chi fu angelo in giovinezza sara` diavolo in vecchiezza. Coloro che in gioventu` hanno tenuto fermamente sotto controllo i propri istinti spesso, negli anni piu` tardi, come se la natura si prendesse una rivincita, si abbandonano a ogni sregolatezza. 902

903 Fanciulli angeli, in eta` son diavoli. Detto in particolare dei bambini molto tranquilli, di cui si prevede una adolescenza e una giovinezza turbolente.

Anche il diavolo in gioventu` faceva l’angelo. Anche il piu` malvagio ha avuto spesso una giovinezza onesta e morigerata. Il diavolo, prima di esser tale, era un angelo, finito poi cosı` per essersi ribellato a Dio. 904

ANGUILLA L’anguilla e` creatura che a lungo ci ha nascosto la sua sessualita`: i suoi organi femminili furono scoperti nel Settecento dal Mondini, quelli maschili solo nell’Ottocento. Ma non si seppe piu` nulla finche´ Giovan Battista Grassi e Salvatore Calandruccio, alla fine del XIX sec., non identificarono nei leptocefali le larve delle anguille. Dovette passare ancora del tempo per conoscere come avvenisse la riproduzione e, soprattutto, che questa si verifica dopo un viaggio di migliaia di chilometri che l’anguilla intraprende per tornare la` dov’e` nata, nel Mar dei Sargassi. La simbologia antica avrebbe trovato chi sa quali riposti significati in questa incredibile avventura, in questo viaggio d’amore e di morte, ma tutto si e` scoperto nell’arido secolo della scienza e l’universo simbolico non si e` potuto arricchire di questo straordinario emblema. Per la sua

pag 131 - 04/07/2007

ANGUILLA

inafferrabilita` e` personificazione della donna, che sfugge per cui non si puo` dire d’averla ne´ con il cuore, ne´ con la parola. E` poi simbolo di inimicizia: non sta con gli altri abitatori delle acque; della memoria che svanisce: l’anguilla quando muore cade a fondo e ridiventa fango dal quale e` nata; della sedizione: perche´ si trova frequentemente nelle acque torbide. Chi stringe troppo l’anguilla in mano la perde. L’anguilla qui e` il simbolo di una cosa ambita, desiderata, che e` difficile trattenere, come la fortuna. Chi si attacca troppo avidamente a un bene, a un affare finisce per comprometterlo. I contadini per catturare l’anguilla usavano tenere in mano delle foglie di fico, che sono molto ruvide e con le quali evitavano che quella scivolasse via. 905

906

Chi tiene in mano un’anguilla non puo` dire d’averla presa.

Chi crede d’aver preso l’anguilla per la coda puo` dire di non aver preso niente. Nessuno riesce a tenere un’anguilla per la coda, dato che e` scivolosa e si contorce. 907

Chi piglia l’anguilla per la coda e la donna per la parola puo` dire di non aver nulla. Ampliamento dei precedenti. La parola della donna, soprattutto in amore, e` ritenuta assai labile. 908

909

68

.

Chi crede d’avere per la parola la donna e l’anguilla per la coda puo` dire di non avere niente.

Quando l’anguilla ha morso l’amo deve andare dov’e` tirata. L’anguilla, stando sul fondo, spesso, infilandosi tra le pietre e negli anfratti, oppone una lunga resistenza al pescatore che la vuol tirare fuori dall’acqua, ma prima o poi deve seguire la lenza In senso figurato: una volta coinvolto non puoi farti da parte, tirarti indietro. Ovvero: una volta che hai accettato il dono (che hai mangiato l’esca) non puoi fare che quello che ti chiede il donatore. 910

Chi vuol pescare anguille intorbidi prima l’acqua. Chi vuol fare affari non molto chiari non agisca apertamente: prima semini discordia e confusione, poi faccia al coperto le sue manovre. Perche´ nel torbido si pesca molto meglio. Vedi In fiume calmo non pescare [P 1394]. 911

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

912 Sotto il sasso sta l’anguilla. La buona preda va conquistata col sudore, va stanata ed e` dove meno si pensa. Le anguille stanno negli anfratti e sotto i sassi. 913 Sotto il sasso sta il gambero. Per analogia. Probabilmente e` originario del Veneto, area in cui e` registrato Soto sasso sta gambaro, diseva quel Sciaon ‘‘Sotto il sasso sta il gambero, diceva quello Schiavone’’. Col nome di Schiavoni si indicavano propriamente gli appartenenti ad etnie slave dell’Adriatico settentrionale (sclavus - slavus), ma nel XVII sec. il termine passo` a indicare delle truppe speciali della Repubblica di Venezia. 914 Dove meno si crede si prende l’anguilla. Spesso benefici e vantaggi si trovano dove meno ce lo aspettiamo.

Capitone a Natale e anguilla in Quaresima. In molte parti d’Italia e` tradizione mangiare il capitone a Natale e l’anguilla di Quaresima. Il capitone, grosso, grasso e gustoso, e pertanto indicato in un periodo freddo, e` l’anguilla femmina vecchia che non torna in mare per riprodursi: restando nelle acque dolci diviene di notevoli dimensioni. 915

L’anguilla deve nuotare da viva e da morta. Prima nell’acqua e poi nell’olio o nel guazzetto, cioe` nel sugo. Vedi anche Nell’olio, nel vino o nel mare sempre il pesce vuole nuotare [P 1413]. 916

L’anguilla deve navigare da viva nell’acqua e da morta nel vino [nell’olio]. Variante piu` esplicita del precedente. 917

918 Col tempo cattivo l’anguilla cammina. Le anguille sono capaci di lasciare i letti dei torrenti per trasferirsi in rigagnoli, gore, laghetti, altri corsi d’acqua. Lo fanno durante le piogge, nelle notti di cattivo tempo, sfruttando l’acqua che scorre sul terreno; una volta che il campo e` tornato asciutto sembra che lo abbiano attraversato camminando.

L’anguilla che vuol mangiare insalata bisogna che venga a terra. Chi vuole vantaggi deve esser disposto a fare sacrifici a uscire dal suo comodo ambiente. Per il fatto che le anguille si spostano dai ruscelli alle pozze, spesso vengono trovate negli orti fradici di pioggia, tra le piante. Si credeva quindi che mangiassero l’insalata. 919

pag 132 - 04/07/2007

69

.

ANGURIA f Vedi Cocomero. 920 Anguria gelata e caffe` bollente. Le due cose sono buone una molto fredda e l’altra molto calda.

ANIMA La parte segreta, preziosa del proprio essere, che difficilmente si manifesta agli altri, i suoi rapporti con il corpo, con le condizioni materiali, il pericolo di perderla irrimediabilmente barattandola per procacciarsi utili e vantaggi. f Vedi Corpo. 921 Ognuno pensa all’anima sua. Ognuno fa i propri interessi, i propri affari, pensa a se stesso. Rileva il fatto che colui che spera aiuto, generosita` dagli altri, s’illude, vedi Ognuno tira l’acqua al suo mulino [A 177].

L’anima a Dio, il corpo alla terra e la roba a chi se la piglia. E` il sintetico testamento dell’uomo, al quale tutto il rimanente e` postilla. 922

Il corpo alle grole e l’anima a chi la vuole. Il corpo alla distruzione e l’anima dove e` destino che vada. Di provenienza dall’area veneta. Grola e` infatti termine di tale zona che significa ‘‘corvo, cornacchia, uccello che si ciba di carogne’’. 923

L’anima bianca non ce l’ha piu` neanche il sambuco. I tempi sono tali che nessuno piu` e` innocente, neppure coloro che per natura lo sono sempre stati. Anima bianca, candida, vuol dire senza macchia, quindi innocente. C’e` un gioco di parole con il significato di anima come parte interna: la pianta di sambuco ha una parte interna, detta appunto anima, di scarsa consistenza e bianca immacolata. Vedi anche la variante di senso piu` generale L’anima non l’ha piu` nemmeno il sambuco [S 219]. 924

925 Anima e camicia ognuno va con la sua. Sia con la camicia, aspetto esteriore, sia con l’anima, sostanza del suo essere, ognuno ha il proprio modo di regolarsi sul quale gli altri poco possono influire. 926

Le anime belle s’incontrano.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ANIMA

Lezioso: per indicare una coppia ben assortita; ironico: per definire due lestofanti degni l’uno dell’altro o due sposi, due soci, due amici di dubbia morale. Se il medico non puo` salvare il corpo il prete salvera` l’anima. Quando non c’e` piu` speranza di salvare un malato. Non resta che fare quello che e` ancora possibile. 927

Nessuno puo` dire quel che un altro ha nell’anima. Nel segreto dell’anima nessuno puo` mai entrare: nessuno puo` dire se un altro e` buono o cattivo, o perche´ ha fatto una cosa. 928

929 Anima non giudica anima. Nessuno puo` giudicare le motivazioni profonde che muovono un’altra persona. 930 Chi vende l’anima non ha piu ` nulla. Vendere l’anima era un mito medievale: un uomo, in cambio di danaro o potere cedeva al demonio la propria anima con un documento scritto firmato col proprio sangue, come fece Faust con Mefistofele. Piu` semplicemente s’intende: barattare per vantaggi materiali quello che uno ha di piu` geloso, prezioso e sacro nella sua realta` interiore: fede, sentimenti, rapporti. Quando uno ha ceduto questo e` un essere vuoto.

Quando il corpo [la carne] si frusta l’anima s’aggiusta. Capita spesso che in vecchiaia i peggiori peccatori, i viziosi piu` incalliti, cambiano vita, divengono persone giuste e buone, perfino devote. Frustare qui e` nel senso di ‘‘logorarsi, invecchiare’’. Vedi anche Il diavolo quando e` vecchio si fa romito [D 270]; Quando non si puo` piu` si torna al buon Gesu` [G 443]. 931

Quando il corpo si stanca l’anima si fa bianca. Bianca: candida, innocente, pura. 932

Quando la paura e` tanta l’anima diventa santa. La paura aumenta con la vecchiaia e l’avvicinarsi della morte. 933

Quando la gamba appassisce l’anima s’insanisce [s’insantisce]. Quando le gambe non portano piu`, sono incerte, l’anima diventa sana (o santa), prende la giusta via. Il verbo insanire non e` documentato nel significato di ‘‘risanare’’, ma in quello di ‘‘impazzire’’, nel qual caso il proverbio 934

pag 133 - 04/07/2007

ANIMALE

avrebbe il significato che con la vecchiaia anche il cervello s’indebolisce, la mente vacilla. Pero`, sia guardando all’uso del verbo come riflessivo che si fa nel proverbio, sia tenendo conto dell’uso colloquiale toscano del verbo rinsanire ‘‘tornare sano’’, sia all’insistenza dei proverbi sul tema, probabilmente siamo di fronte a un uso improprio del verbo nel significato di ‘‘tornare sano’’, operazione non insolita nel proverbi. Del resto anche insantire e` una neoformazione isolata, forse fatta secondariamente da chi non capiva il senso di insanirsi. 935

70

.

Quando l’eta` e` tanta l’anima diventa santa.

ANIMALE f Vedi Bestia. 936 Ogni animale [bestia] fa il suo verso. Ognuno ha le sue abitudini, le sue usanze, le sue particolarita`, come ogni animale ha il suo canto, il suo richiamo, il suo linguaggio. Anche ironico nei confronti di chi canta male, oppure quando qualcuno urla, ride sguaiatamente o fa qualcosa di sconveniente. 937 Dove ci sono animali ci son quattrini. Rileva che chi pratica l’allevamento e` piu` ricco di chi coltiva la terra, poiche´ gli animali, come la pecora, rendono molto. 938 Gli animali portano la casa. Nell’attivita` del contadino gli animali erano il capitolo fondamentale dell’economia, sostenevano la casa. 939 Gli animali son migliori dei cristiani. Gli animali nel loro comportamento non raggiungono mai la cattiveria e la ferocia di cui si mostrano capaci gli uomini. Ovvero: l’animale e` piu` fedele, riconoscente, affettuoso dell’uomo. Cristiano nel senso di ‘‘essere umano’’ e` sentito come arcaico in gran parte d’Italia.

ANNA Sant’Anna, madre della Vergine, si commemora il 26 luglio insieme allo sposo Gioacchino. Non compare nei testi canonici, ma ne parla il Protovangelo di Giacomo. La tradizione apocrifa vuole che, sterile, in tarda eta` abbia concepito e sia divenuta madre di Maria, ed e` per questo che e` patrona delle partorienti, delle puerpere, dei parti difficili, della maternita` in generale e delle madri di fami-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

glia. Inoltre, nella tradizione popolare e` rappresentata come nonna sollecita, che prepara i panni al Bambino e cuce, lava, fa la calza, per cui protegge straccivendoli, merlettaie, ricamatrici, lavandaie. Avendo portato in dote al proprio matrimonio una benefica pioggia, e` considerata patrona delle acque, e in questa veste la mite immagine di donna anziana si e` forse sovrapposta a qualche divinita` piu` antica, assumendo tratti molto diversi. Sant’Anna riversa ancora la pioggia sulla campagna assetata in occasione della sua festa, ricorrenza a cui tiene molto, tanto da far sprofondare sotto terra, o in fondo ai laghi, i contadini che osano lavorare in tale giorno. Appare quindi una protettrice della campagna, delle messi, dei raccolti, dell’uva, con collegamenti al mondo infero: una sorta di Demetra. Nel Nord Europa e` patrona di naviganti e minatori. Unico attributo costante e` l’anzianita`, ma Leonardo nella tavola del Louvre l’ha ritratta giovane come la figlia. Anna, Baganna, Rebecca, Susanna, Lazzaro e Ramo a Pasqua ci siamo. E` un’antica filastrocca proverbiale che serve a contare le settimane che intercorrono tra l’inizio della Quaresima e il giorno di Pasqua. Mentre e` difficile trovare un significato ad Anna e Baganna, si trova che Rebecca viene ricordata il sabato dopo la seconda domenica di Quaresima nella lettura del libro della Genesi (27). Susanna e i vecchi il sabato dopo la terza domenica nella lettura del libro del profeta Daniele (13). Lazzaro e la sua resurrezione vengono ricordati il venerdı` dopo la quarta domenica nel Vangelo di Giovanni (11.1-45). Ramo e` la domenica delle Palme, quella precedente la Pasqua. In questa ricorrenza si benedicono i rami d’olivo in ricordo dell’entrata di Gesu` a Gerusalemme dove fu accolto dal popolo in festa che agitava rami di palma. Un funzionamento simile dimostra una filastrocca istriana Uta, muta, cananea,/ pane, pesse, lazarea,/ la domenega d’oliva / e Pasqua fioriva. Secondo F. Babudri (Il calendario istriano, 1913), la filastrocca fa riferimento ai Vangeli e alle antifone delle domeniche di Quaresima, ma non spiega come. Uta, muta, forse puo` essere una trasformazione di Immutemur che si trova nell’antifona del mercoledı` delle Ceneri. Cananea e` la donna ricordata dal Vangelo di Matteo della prima domenica, mentre la moltiplicazione dei pani e dei 940

pag 134 - 04/07/2007

71 pesci e` nella quarta domenica di Quaresima. Probabilmente entrambi questo proverbi avevano un uso di scongiuro, oppure hanno preso il posto di scongiuri. Se piove per sant’Anna l’acqua diventa manna. Il periodo in cui ricorre la festa di sant’Anna e` arido ed e` quindi preziosa la pioggia. Si vuole che un temporale si verifichi proprio in questi giorni, in ricordo della pioggia portata in dote dalla santa. 941

Per sant’Anna la rondine va sulla canna. La rondine che migra presto, alla fine di luglio comincia a posarsi sulle cime dei pali, ora sui fili della corrente, formando stormi sempre piu` numerosi per prendere insieme il volo verso le terre calde. 942

ANNATA Nel significato di ‘‘annata agricola’’. f Vedi Anno. L’annata d’abbondanza dura undici mesi e quella di carestia tredici. Il bene e la felicita` passano presto, le difficolta`, i dolori, fanno sembrare il tempo piu` lungo. 943

944 L’annata magra ne mangia tre grasse. Nei tempi passati ci volevano tre annate di abbondanza per rimediare a una di carestia.

Non e` da piangere un’annata se ne viene un’altra. Quando si ha la sicurezza di sopravvivere bisogna sperare e non disperarsi per il male passato. 945

Beata quell’annata che dal vento e` governata. L’annata ventosa sarebbe indice di grande prosperita` e fecondita` dei campi. 946

L’annata fa la roba e alla terra va l’onore. L’abbondanza del raccolto dipende soprattutto dal clima che si e` avuto durante l’anno, mentre spesso si attribuisce al terreno il merito di una ricca messe. 947

Annata tardiva sempre di ben e` priva. Nell’annata in cui il ciclo della vegetazione comincia tardi con la mossa dei germogli, dei semi, della fioritura, non si verificheranno 948

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ANNO

raccolti abbondanti. Ogni anno varia il periodo in cui si muove la vegetazione e questo dipende dall’andamento climatico della fine dell’inverno e dell’inizio della primavera, che e` messo in relazione con le lunazioni, e quindi con la data della Pasqua: se questa cade alta porta con se´ anche un ritardo nella vegetazione delle messi. ANNEGARE f Vedi Affogare. 949 Tanto e` annegar nel mare che nel rio. Quando una cosa piccola produce lo stesso danno di una grande, per chi ne patisce le conseguenze non fa alcuna differenza averlo ricevuto dall’una o dall’altra. 950 Per annegare basta una pozza. Vedi anche Ci si puo` rompere il collo nella propria stanza [S 2018].

Chi entra in mare e non sa nuotare corre il rischio d’annegare. La banalita` del proverbio e` solo apparente: una volta navigare era molto piu` pericoloso di quello che e` oggi e intraprendere un viaggio per mare richiedeva almeno di saper nuotare. Chi intraprende una grande impresa senza avere neppure le minime qualita` per portarla a termine corre il pericolo di perdere tutto. 951

ANNO L’anno, la velocita` del tempo e la lentezza del quotidiano; l’eta`, il sommarsi degli anni che passano con l’arricchimento dell’esperienza e l’inevitabile logoramento. Infine anche anno nel senso di ‘‘annata agricola’’. f Vedi Annata, Giorno, Tempo, Vecchiaia. 952 L’anno e` lungo e i giorni fitti. Si usa per dire che le scadenze giornaliere sono impegnative e incalzanti. Un tempo ci si riferiva in primo luogo al problema di cosa mangiare nelle case della povera gente, dove era difficile trovare tutti i giorni qualcosa da mettere in tavola. Si rileva in generale come sia faticoso andare avanti, trovare ogni giorno il necessario, far fronte al bisogno quotidiano.

L’anno e` lungo e si mangia tutti i giorni. 954 Cent’anni son tanti e passano presto. Nell’ottica della storia, delle generazioni un secolo puo` apparire lungo o corto secondo il punto di vista da cui si guarda. 953

955

Un anno e un pane durano poco.

pag 135 - 04/07/2007

ANNO

Un anno e` relativamente poco in una vita e un pane e` poco come provvista. Si indirizza a chi fa male i suoi conti nelle previsioni sopravvalutando le proprie risorse. Se corti o lunghi gli anni dipende dagli affanni. Gli anni felici sembrano corti e passano presto, mentre quelli tribolati sembrano molto lunghi. 956

Tutti gli anni non sono uguali. Gli anni non sono ripetitivi, ne´ negli avvenimenti, ne´ nella fortuna, ne´ nella salute, ne´ nel clima, nelle condizioni, ecc. 957

958 L’anno passato era il migliore. Il tempo tende a cancellare gli aspetti dolorosi e negativi della vita trascorsa, cosı` che, rispetto al presente, il passato risulta sempre migliore. 959 Gli anni passano per tutti. Un luogo comune che si ripete in particolare quando si rivede qualcuno dopo tanti anni. Mette in luce il fenomeno per cui coloro che non si vedono da tempo rimangono fissati nella mente nell’ultima immagine e non si pensa che possano essere mutati anche loro. 960 Ogni anno e` un anno in meno. Affermazione di filosofia spicciola: ogni anno che passa e` un anno in meno che rimane da vivere. Contraddice la visione comune per la quale ogni anno che passa si dice d’avere un anno di piu`: un anno in piu` vissuto e` un anno in meno in prospettiva. Vedi anche Ogni giorno passa il meglio [D 255].

A cent’anni s’arriva quasi tutti senza naso. Cioe` privi della carne, vale a dire nella tomba. 961

Non si hanno gli anni che si dimostrano, ma quelli che si sentono. L’eta` e` un fatto relativo e non assoluto, vale a dire che l’eta` non e` determinata dal numero degli anni, ma dall’energia, dall’umore, dalla vitalita` di cui uno dispone. Vedi anche La vecchiaia e` di chi la sente [V 158]. 962

Gli uomini hanno gli anni che si sentono e le donne quelli che dimostrano. Il peso dell’eta` l’uomo lo sente dalla mancanza d’energia, e la donna lo avverte con la perdita dell’avvenenza. 963

964

72

.

Anni e danni non li toglie nessuno.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Gli anni che uno ha e i danni che subisce nella persona possono essere compensati, ma non tolti ne´ risarciti. 965 Chi conta gli anni fa i conti con la morte. Sembra paradossale, ma in fondo contando gli anni si cerca d’indovinare quanto rimane da vivere. Il proverbio invita a non contare gli anni, anche per scaramanzia, come dice il motto che segue.

Gli anni e i bicchieri di vino non si contano mai. Per gli anni vedi il precedente, per i bicchieri di vino e` maleducazione contarli agli altri e per se´ bisogna berne secondo il desiderio, non secondo il numero, e fermarsi quando cominciano a far male. 966

967 Gli anni si contano al porco. Si contano a chi deve morire: il porco infatti si uccide a una determinata eta`. 968 Gli anni son fatti per pagar gli affitti. A chi dice che gli anni passano, pesano, sono troppi, ecc., si dice che il computo degli anni si fa solo per ragioni contabili. 969 Gli anni son fatti per gli afflitti. Vale a dire che li contano soltanto coloro che stanno male. 970 Gli anni vengon coi malanni. L’eta` avanzata e la vecchiaia arrivano insieme agli acciacchi e ai malanni.

Chi ha anni ha malanni. Crescono gli anni e crescono i malanni. 973 Passati gli anni del Signore tutti gli anni esce un dolore. Gli anni di Cristo sono tradizionalmente 33. Un tempo questa eta` era considerata circa la meta` della vita umana (si ricordera` che per Dante, il ‘‘mezzo del cammin’’ e` il trentacinquesimo anno), la quale era molto precaria, e la vecchiaia, per le fatiche e le malattie, arrivava molto prima di adesso. Vedi anche Passata la quarantina [cinquantina] ce n’e` una ogni mattina [Q 39]. 971 972

974 Anni e malanni non mancano mai. Vengono da se´ naturalmente senza chiamarli e senza cercarli.

Anni e guai non mancan mai. Segue uno schema che si ripete in diversi proverbi, vedi anche Moglie e guai non man975

pag 136 - 04/07/2007

73

.

cano mai [G 1249]; Capelli e guai non mancano mai [C 585]; Ahi e guai non mancano mai [A 369]. Si trovano espressioni proverbiali piu` accreditate come Corna e guai non mancan mai, ovvero coniate estemporaneamente con altri termini di apertura: figli, malanni, padroni, pidocchi... 976 Gli anni si fanno sentire anche ai sordi. Risposta a chi dice che l’eta` non conta, che si reputa ancora giovane nonostante gli anni. L’eta` pesa anche a chi non la vuol sentire.

ANNO

Conferiscono, se non altro, esperienza, calma, ponderazione. 985 Anno nuovo, vita nuova. Diffusissimo, si dice, quasi come augurio all’inizio di un nuovo anno, o come progetto di cambiare qualcosa del proprio modo di vivere. Spesso si usa in senso generico manifestando il progetto o il desiderio di un cambiamento del sistema di vita in coincidenza di un determinato evento o data.

Anno nuovo le galline fanno l’uovo e quelle che non lo voglion fare nella pentola vanno a cascare. Con gennaio le galline ricominciano a deporre le uova e poi a covare. Alcune tuttavia non fanno piu` uova e non covano, per cui vengono destinate alla pentola. 986

Il mal di cent’anni vien sempre troppo presto. Per quanto sia lunga una vita, quando si giunge all’epilogo pare sempre prematuro. Il mal di cent’anni sarebbe la decrepitezza, che all’interessato pare comunque precoce. 977

Ci siamo fatti gli anni e ci son rimasti i giorni. Dicono coloro che sono molto vecchi con filosofica rassegnazione: abbiamo speso le monete di grosso taglio e sono rimasti gli spiccioli. 978

Anni e peccati son piu` di quelli che si dicono. Nel parlare dei propri fatti ciascuno si presenta nella luce migliore, attenuando le proprie colpe, tacendo i peccati e facendosi piu` giovane dell’eta` che ha realmente. Vedi in senso un po’ diverso Quattrini e santita`, la meta` della meta` [Q 84]. 979

980 Gli anni peggiori non hanno la erre. Cinquanta, sessanta, settanta, ecc. Sono le decine che avvicinano alla vecchiaia. E` invece sottinteso che ‘‘venti’’ e` fra i migliori.

Chi impara musica a ottant’anni suonera` la tromba al Giudizio. Chi apprende un’arte in tarda eta` fa una cosa inutile, come chi impara la musica tardi non avra` altra occasione di servirsi di quanto ha appreso che suonando le trombe che resusciteranno i morti.

Guai a quell’anno che gli uccelli non fan danno. L’annata nella quale gli uccelli non depredano i raccolti, i vigneti, i frutteti segna un periodo di penuria: gli animali, disturbati dal cattivo clima, o non trovando alimento sufficiente, si spostano in altre zone. 987

Anno di neve anno di bene. Il freddo invernale e` necessario e benefico: uccide i parassiti delle piante e consente alle radici di radicare bene e quindi in prospettiva promette un anno di buoni raccolti e di benessere. Vedi anche Sotto la neve pane [N 257]. 988

989

Anno nevoso anno fruttuoso.

990

Annata nevosa. annata fruttuosa.

981

Gli anni sono piu` dei libri. L’esperienza vale piu` dello studio e del sapere. Sono e` da intendere ‘‘valgono di piu`’’. 982

983 Sanno molto piu ` gli anni che i libri. Vedi anche Molto piu` fanno gli anni che i libri [L 654]; Val piu` la pratica che la grammatica [P 2441]. 984

Gli anni portano il senno.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Anno gelato anno tribolato [affamato]. Mentre la neve e` benefica ai futuri raccolti, soprattutto quello del grano, il gelo rigido, che brucia piante e germogli, e` nefasto. 991

Anno di chiocciole anno di gocciole. Quando compaiono chiocciole in gran numero il tempo e` umido e piovoso. L’anno si prospetta quindi misero perche´ l’umidita` favorisce le nebbie e il formarsi delle muffe e dei parassiti. 992

993

Anno di chiocciole carestia di tozzi.

pag 137 - 04/07/2007

ANNUNZIATA

74

.

Vi sarebbe addirittura penuria di pane (tozzi di pane). Anno d’erba anno di merda. Quando cresce molta erba vuol dire che l’inverno e la primavera sono piovosi e umidi, di conseguenza i raccolti saranno scarsi. Erba qui indica tutte le piante erbacee infestanti che si sviluppano precocemente e danneggiano le colture. 994

Anno d’ortiche, anno di spighe. Quando sviluppano rigogliose le ortiche lungo i viottoli, le macchie, ci sara` un buon raccolto di grano. La connessione dei due fenomeni pare piu` magica, o d’occasionale esperienza, o dovuta alla rima piuttosto che fondata su fatti precisi. 995

Anno di nocciole anno di pannocchie. Quando abbondano le nocciole si ha un buon raccolto di granturco. La connessione dei due fenomeni pare piu` magica, o d’esperienza, o dovuta all’assonanza che fondata su fatti precisi. 996

Anno di cavoli, anno di diavoli. Quando nascono cavoli in abbondanza si nota penuria dei raccolti piu` importanti, come grano, lino, olio. 997

Anno di lino anno di vino. Per avere lino in abbondanza ci vuole un periodo piovoso. Il raccolto copioso del lino si accompagnerebbe quindi a una ricca vendemmia. La connessione non e` verificabile. Vedi Bernardino. 998

Anno pulciaro anno granaro. La presenza fastidiosa di un gran numero di pulci e` indice che ci sara` un abbondante raccolto di grano. 999

Anno pulciaio buon granaio. Equivalente del precedente con suffissazione di tipo toscano. 1000

Anno fungaio anno beccacciaio. Nell’anno in cui nascono molti funghi abbondano le beccacce. 1001

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Anno fungato anno tribolato. Nell’anno in cui abbondano i funghi sono scarsi i raccolti, dato che il fungo vuole un tempo caldo umido che favorisce la diffusione dei parassiti e degli insetti. Vedi anche Gran fungaia, gran poveraia [F 1608]. 1002

1003 Anno umido, anno povero. L’anno piovoso e` considerato di solito poco abbondante di raccolti.

Un anno asciutto da` da mangiare a due bagnati. Contrapposto al precedente: un anno con poche piogge compensa la penuria di due anni troppo piovosi. 1004

1005 Anno d’avena, anno d’usura. Quando cresce rigogliosa l’avena sara` un anno di scarsi raccolti, per cui sara` necessario ricorrere ai prestiti degli usurai. 1006 Gli anni magri divorano i grassi. Gli anni di magri raccolti consumano le provviste e i risparmi fatti in periodo d’abbondanza. Come vide Giuseppe nei sogni di Faraone (Genesi 41.1-4): sette vacche magre mangiarono sette vacche grasse, significando la successione di sette anni di carestia a sette anni d’abbondanza.

ANNUNZIATA La festa cade il 25 marzo e questo giorno ricorda l’annuncio dell’arcangelo Gabriele fatto alla Madonna. Anticamente l’anno liturgico aveva inizio in tale data e la formula con cui venivano indicati i vari giorni dell’anno era: ab incarnatione Domini. Scrive M. Righetti (Storia liturgica, vol. 2, p. 391): ‘‘Fin dal III sec. per considerazioni astronomiche e simboliche, era universalmente diffusa l’opinione che al 25 di marzo, giorno dell’equinozio di primavera (nel calendario giuliano), fosse stato creato il mondo, Maria Vergine avesse concepito il Verbo e questi fosse morto sulla Croce... Cio` posto era tanto naturale che si cominciasse a contare il tempo da questa data di capitale importanza’’. f Vedi Madonna, Maria, Veglia. Per l’Annunziata la rondine e` ritornata (se non e` arrivata e` per strada o e` malata). Accosta la festa dell’Annunziata al piu` classico segnale di ritorno della primavera. 1007

pag 138 - 04/07/2007

75 All’Annunziata non ti pettinare il capo e non mettere il filo all’ago. Come si e` detto questa festa era un tempo solenne e oggetto anche di credenze magiche, collegandosi con l’equinozio, la creazione del mondo, l’Incarnazione, l’inizio dell’anno. Era quindi d’obbligo il riposo assoluto. A questo proposito e` da citare qui anche un proverbio di area romagnola Int e’ dla Madona di garzun da viol no cojan pio parche´ a’l perd tot al varto ‘‘Il giorno dell’Annunciazione non cogliere piu` le viole perche´ perdono tutto il profumo’’. Questa giornata era anche detta la Madonna dei garzoni, infatti in questo giorno secondo G.L. Iprimi (Frammenti rimasti della tempimensura popolaresca reggiana, 1940) si aveva ‘‘la costumanza di far coincidere l’assunzione degli aiutanti di campagna, assunzione che si ricollega alla ripresa dei lavori agricoli per l’aprirsi della primavera’’. Cogliere i fiori in tale giorno ‘speciale’ sarebbe quasi un gesto sacrilego. 1008

Per l’Annunziata la zucca e` nata. Le zucche germogliano in questo periodo, si utilizzano gli zucchini nell’estate e si raccolgono a settembre le zucche che servono soprattutto per l’alimentazione degli animali. 1009

Quando piove per l’Annunziata riempirai la botte e la botticella. Le piogge di questo periodo sono benefiche alla vite che e` in piena vegetazione. 1010

La canapa per l’Annunziata o seminata o nata. I manuali d’agricoltura consigliano a marzoaprile la semina della canapa, un tempo pianta tanto importante per l’economia della famiglia. Dove il clima lo consente e` possibile anticiparla anche a febbraio e quindi in questo periodo e` gia` nata. 1011

Dopo l’Annunziata si pianta il granturco. Il granturco si puo` seminare in diversi periodi, a seconda che se ne vogliano utilizzare le pannocchie o che si usi come foraggio. Quello che ora si semina si raccoglie a settembre. 1012

ANSANO Di sant’Ansano martire (1 dicembre), detto anche san Sano, vissuto ai tempi di Diocleziano, poco sappiamo di storicamente certo. Venuto da Roma a predicare il Cristianesimo, fu rinchiuso in carcere a Siena. Di tale diocesi

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ANTONIO

e` protettore. La Pieve di Sant’Ansano a Dofana si trova a una decina di chilometri da Siena e, non distante, una cappella ottagonale sorge sul luogo del martirio del santo dove c’e` una polla d’acqua che sarebbe stata fatta scaturire dalla testa che cadendo era rimbalzata tre volte sul terreno. I resti del santo furono nascosti per sottrarli alle profanazioni dei pagani e dei barbari, e rimasero dimenticati fino a quando, nel 1177, per un miracoloso evento, una pastorella non li scoprı`. Le reliquie furono portate trionfalmente in Siena, meno la testa, che Arezzo volle per se´, essendo avvenuto il ritrovamento in territorio sotto la sua giurisdizione. f Vedi Dicembre. Per sant’Ansano uno sotto e uno in mano. Una volta quando si adoperavano gli scaldini le vecchiette a questo momento dell’anno rinforzavano il loro... impianto di riscaldamento tenendo uno scaldino sotto le gonne e uno in mano. 1013

ANTICO 1014 Onora il senno antico. Ascolta i vecchi che hanno esperienza.

Gli antichi tagliavano il fico per cogliere i fichi. Scherzo che si trova anche sotto forma di modo di dire, per indicare ingenuita` e semplicita` dei primitivi. 1015

1016

Ai tempi antichi mangiavan le bucce e buttavano i fichi.

ANTIFONA L’antifona nella liturgia cristiana e` una breve strofa che si canta prima del salmo e che si ripete a chiusura di esso. 1017 L’antifona e` piu ` lunga del salmo. Quando le premesse, i preamboli si dilungano piu` del necessario.

Chi non intende l’antifona, intendera` il salmo. Chi non capisce alla prima, capira` alla seconda; chi non capisce con le buone, capira` con le cattive. 1018

ANTONIO Sant’Antonio Abate (17 gennaio), da non confondersi col francescano sant’Antonio da Pa-

pag 139 - 04/07/2007

ANTONIO

76

.

dova, e` uno dei santi piu` venerati nel mondo popolare. Nato in Egitto verso il 250 morı` sul monte Quolzoum a 105 anni dopo avere trascorso una vita di ritiro e di penitenza nel deserto. E` considerato il fondatore del monachesimo orientale. Venerato nel mondo contadino come protettore degli animali: fino a pochi decenni fa non c’era stalla dove non fosse la sua immagine, e il giorno della sua festa si portavano gli animali sui sagrati delle chiese per farli benedire dal parroco. La protezione del santo si estende ad allevatori, agricoltori, campanai, macellai, droghieri; e contro le malattie contagiose (vedi fuoco di sant’Antonio). Si rappresenta col saio del monaco, il cappuccio, il bastone, il segno del tau sull’abito, il fuoco che ricorda la sua discesa all’Inferno, il campanello e il porcellino ai suoi piedi. Spesso e` circondato da animali. Una vecchia usanza prevedeva che un porcellino fosse adottato da una comunita`, un paese, e alimentato da tutti. Ingrassato, veniva macellato e diviso tra i bisognosi. Era detto porco di sant’Antonio. Sant’Antonio dalla barba bianca, se non piove la neve non manca. Il giorno della festa del santo rappresenta proprio il cuore dell’inverno ed e` ritenuto il periodo piu` freddo. 1019

1020 Sant’Antonio ha la barba bianca. La barba bianca indica che porta la neve.

Sant’Antonio, la gran freddura; san Lorenzo, la gran calura: l’una e l’altra poco dura. Il 17 gennaio e il 10 agosto (san Lorenzo) sono ritenuti tradizionalmente i due apici, rispettivamente del freddo e del caldo, raggiunti i quali i fenomeni possono decrescere. 1021

Per sant’Antonio la neve o il tempo buono. In questo periodo puo` arrivare un grande freddo, ovvero volgere al bel tempo. La data segna nella tradizione popolare uno dei misteriosi momenti dell’anno in cui si collocano mutamenti climatici. 1022

1023

Sant’Antonio porta il ghiaccio o lo porta via.

1024

Sant’Antonio di gennaio mezzo fieno nel pagliaio, mezzo grano, mezzo vino, poca carne sull’uncino.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Cominciano a calare le riserve di fieno, di grano, di vino e di carne, salata o affumicata, che si usava conservare appesa a uncini. Se piove per sant’Antonio, conserva il grano e il fieno. Perche´ saranno scarsi i raccolti dell’uno e dell’altro. 1025

Sant’Antonio fa il ponte e san Paolo lo rompe. E` detta ponte la superficie gelata che, quando fa molto freddo, copre uno specchio d’acqua e permette di attraversare torrenti e fiumi. Dura pochi giorni nei nostri climi e il proverbio indica che il 25 gennaio, festa della conversione di san Paolo, la crosta gelata che si e` formata per sant’Antonio (17 gennaio) si rompe. Il significato e` il seguente: il freddo rigido di gennaio spesso si puo` smorzare nell’ultima parte del mese in cui si cominciano a sciogliere le gelate. 1026

1027 Prego sant’Antonio che ti salvi il basto. Frase con la quale si da` ironicamente dell’asino a una persona. Il basto e` la bardatura sulla quale si sistema il carico dell’asino.

Per sant’Antonio anche l’ultima gallina si ricorda di far l’uovo. A gennaio le galline riprendono a fare le uova e quelle che non lo fanno vanno a finire in pentola, vedi Anno nuovo le galline fanno l’uovo [A 986]. 1028

Sant’Antonio dalla barba bianca fatemi trovar quel che mi manca. In questo caso si tratta di sant’Antonio da Padova: esiste una pratica d’innocente superstizione secondo la quale, invocandolo e recitando rivolti a lui un Pater o una formula detta l’orazione di sant’Antonio, si puo` ritrovare una cosa smarrita. Tuttavia sant’Antonio dalla barba bianca e` chiaramente sant’Antonio abate. C’e` quindi un po’ di confusione, come capita spesso a livello popolare tra questi due santi. 1029

Troppa grazia sant’Antonio! (disse quello che montava a cavallo). Se cio` che s’implora o si spera va oltre la misura chiesta o desiderata in modo da rovinare completamente l’effetto della fortuna, allora sant’Antonio ha fatto troppa grazia, come concesse a quello che per la pinguedine non riusciva piu` a salire a cavallo. L’uomo, si dice, invoco` fervidamente il santo, poi prese 1030

pag 140 - 04/07/2007

77 una gran rincorsa, salto` sulla cavalcatura e trabocco` dall’altra parte: trovandosi per terra gli parve troppa la grazia. Usato piu` di frequente solo per la prima parte esclamativa. S’intende acqua e non tempesta, disse quello che aveva pregato per la pioggia e lascio` la casa in barca. Per analogia. Per chi ha chiesto la pioggia e la riceve in quantita` eccessiva. 1031

APE L’ape ha sempre avuto notevole importanza nell’economia antica. Il miele si accompagnava al pane e ad altri alimenti ed era, prima della lavorazione della canna da zucchero, l’unico dolcificante usato per la preparazione di dolci e la correzione del latte. La cera entrava nella fabbricazione delle candele, insieme al grasso, ed era utile nella tessitura, nella calzoleria e in altri impieghi. L’alveare e` sempre stato considerato un modello di organizzazione sociale, di operosita` e previdenza, di vita saggia, ordinata e produttiva. Molte cose sono state dette, immaginate e fantasticate sull’ape (si pensi anche solo a quanto ne dice Virgilio nella storia di Aristeo, nel quarto libro delle Georgiche): veramente essa costituisce una meraviglia della natura e si puo` dire che forse la realta` resta superiore alla fama. Mentre e` stato in parte decifrato il modo di comunicare di questi insetti, ancora non sappiamo come si svolga il volo nuziale della regina (che fino all’eta` moderna era ritenuta un re). Essa sale in alto col maschio per accoppiarsi non si sa dove: in aria? su una pianta? Il volo dura dai venticinque ai cinquanta minuti; alla fine di questo, il maschio, estenuato, torna a rimorchio della regina, che porta imprigionato l’organo sessuale maschile. Finiti ambedue a terra, presso l’alveare, la regina, con un brusco e violento movimento, lascia il maschio moribondo ed entra nell’arnia trionfalmente trascinandosi dietro un filamento bianco, segno dell’organo maschile, che viene poi tolto dalle operaie. Questo unico accoppiamento permette alla regina di rinnovare costantemente la popolazione dell’alveare, cosa che comincia a fare dopo qualche giorno al ritmo di duemila e piu` uova ogni ventiquattr’ore. Ha un corredo di simboli che hanno pochi altri animali. Adulazione: perche´ offre il miele e ha il pungiglione nascosto; architettura: edifica mirabilmente l’alveare; assiduita`: lavora in-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

APE

cessantemente tutto il periodo della sua vita, dall’alba al tramonto; clemenza: l’ape regina, pur avendo un pungiglione, non lo usa; colonia: l’ape sciama a primavera formando un’altra arnia e fu il simbolo di coloro che lasciavano la patria per fondare una colonia; eta` dell’oro: quando gli uomini si cibavano di miele che le api donavano spontaneamente; san Giovanni Battista: il santo nel deserto si nutrı` di miele; industria, lavoro: non solo lavora assiduamente, ma con competenza, organizzazione, collaborazione senza commettere errori e senza rovinare mai cio` che fa; regalita`: regina attorniata dalle altre api; risparmio: raccoglie il miele per conservarlo come sostentamento nel periodo invernale; sant’Ambrogio: le api si posarono sulla bocca del santo appena nato alludendo alla dolcezza della parola che sarebbe uscita da quelle labbra; solidarieta`: le api lavorano l’una per l’altra. f Vedi Farfalla. 1032 Non si fa il miele senza le api [pecchie]. Si usa per dire che non si ha un utile senza un incomodo. Tenere le api richiede esperienza e cura, nonche´ attenzione nell’avvicinarsi nell’alveare. Pecchia e` forma arcaica e letteraria derivata dal diminutivo latino apicula.

Chi vuole il dolce del miele deve sopportare l’amaro dell’ape. Perche´ la puntura dell’ape e` particolarmente dolorosa. 1033

1034

Chi teme l’ape non lecca miele.

Chi tiene le api senza custode poco tribola e poco gode. L’alveare produce assai poco senza un’assistenza e una cura continua, fatta soprattutto da chi conosce il mestiere. 1035

1036 Morta l’ape non si ciuccia piu ` miele. Finita una cosa, sia pure scomoda, non ci sono piu` neppure gli utili che questa procurava. Probabilmente per ape morta s’intende la regina dell’alveare, dalla quale dipende la riproduzione delle api, allorche´ invecchiando s’indebolisce e non rimpiazza piu` con nuove nascite le morti che sono continue. 1037 Ape morta non fa miele. Vedi anche Acqua passata non macina piu` [A 140]. ` piu` facile perdonare la puntura 1038 E all’ape che alla vespa.

pag 141 - 04/07/2007

APOLLONIA

78

.

Si perdona volentieri un’offesa, uno sgarbo se provengono da una persona dalla quale ci deriva un utile. Nel caso dell’ape l’utile e` costituito dal miele, cosa che non produce la vespa. Qualcuno dice che la puntura della vespa e` piu` dolorosa, ed e` vero, ma il proverbio guarda piu` che altro all’aspetto dell’utile. Piace piu` il ronzare delle api che quello delle mosche. Conforta l’interpretazione del precedente: il ronzio dell’ape, che ammassa il polline nell’alveare non da` noia come quello della mosca, insetto fastidioso e di fatto inutile. 1039

Chi stuzzica l’ape si trova dietro lo sciame. Chi da` fastidio a un membro di una societa` si attira l’odio di tutti coloro che la compongono. Il pericolo maggiore per chi avvicina gli alveari consiste nel fatto che le api imitano la compagna che punge e il malcapitato si trova addosso in breve tutto lo sciame. 1040

Chi bastona un frate si trova contro il convento. Per analogia. Vedi anche Chi non ha nulla da fare prenda moglie, compri un orologio o bastoni un frate [F 256]. 1041

L’ape ha il miele in bocca e il pungiglione nella coda. Di chi appare dolce nei modi e nasconde invece malignita` e cattiveria. L’ape porta il polline nelle sacche della bocca e ha nella coda il pungiglione velenoso. 1042

1043 Le api nuove fanno fuggir le vecchie. Si dice dei giovani che soppiantano i vecchi. Sono appunto le api giovani, con la loro nuova regina, che a primavera cacciano dall’alveare e fanno sciamare altrove la vecchia regina con le sue api.

Dove va l’ape va il miele. Dove va colui che e` capace, che ha una dote, ecc., va anche l’utile, il vantaggio che porta le sua opera. L’ape va: a primavera la vecchia regina sciamando con le sue api, vola in cerca di un luogo adatto dove posarsi e sistemarsi; la` dove si posa, vi sara` miele. 1044

L’ape che suda d’estate puo` mangiar miele d’inverno. Chi provvede al futuro con il lavoro e la parsimonia quando puo` farlo, vive tranquillo nei periodi di penuria o di bisogno. Era in particolare un invito a provvedere per la vecchiaia, un tempo senza aiuti ne´ protezioni. Vedi an1045

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

che Chi imita la formica d’estate non accatta il pane d’inverno [F 1088]; La formica che lavora d’estate mangia d’inverno [F 1089]. 1046 Quando l’ape punge perde l’aculeo. L’ape nel pungere lascia nella carne l’aculeo e resta senza arma; anzi, poco dopo muore. E` un proverbio didascalico che puo` avere anche valore morale: non si colpisce, non si nuoce senza averne un danno. 1047 Per pungere l’ape perde la vita. Di chi, per danneggiare gli altri, arreca un maggior danno a se stesso. 1048 Le api fanno il miele e il miele le api. E` un consiglio per l’apicoltore. Con la smielatura non si deve asportare tutto il miele dai favi, per non recare danno all’alveare; il miele infatti e` il cibo delle api operaie che senza morirebbero. 1049 Fa piu ` male un’ape che cento mosche. La mosca comune, pur essendo fastidiosa, non ha mezzi d’offesa e appena minacciata fugge, mentre l’ape si avventa e, colpendo col pungiglione, provoca un dolore acuto e un gonfiore della pelle. Quindi: un manipolo di imbelli non provoca il danno che fa uno solo armato e coraggioso.

Quando l’ape si chiude nell’arnia arriva l’inverno. Con il freddo l’ape si ritira nell’alveare dove passa i mesi invernali, uscendo sporadicamente, allorche´ viene una giornata tiepida e soleggiata, per purificarsi con un breve volo. Quando nell’autunno non si vedono piu` le api al lavoro intorno all’arnia e` segno che il freddo sta arrivando. Pare che questi insetti lo avvertano con notevole anticipo. 1050

APOLLONIA Sant’Apollonia fu martirizzata nel 249 d.C. durante la persecuzione di Filippo l’Arabo. E` festeggiata il 9 febbraio. Poiche´ prima di venire uccisa le vennero spezzate le mandibole e infranti i denti, la santa protegge dunque i denti e i dentisti (ma di cio` non e` traccia nell’unico proverbio che la riguarda, che e` del tipo calendariale). Sant’Apollonia leva al monte la tonaca. La festa della santa cade in un periodo nel quale il freddo puo` cominciare farsi meno crudo e quindi inizia a sciogliersi il manto di neve (tonaca) della montagna. 1051

pag 142 - 04/07/2007

79

.

APPUNTINO

APOSTOLO f Vedi sotto i nomi dei singoli apostoli.

nere: chi ha voglia di fare una cosa non ha bisogno di incentivi. Vedi anche La salsa di san Bernardo e` il miglior condimento [F 156].

APPARENZA

1059 Appetito non ha paura di pan duro. Il pane duro era un tempo piu` frequente, facendosi il pane in casa a scadenze di sette o di quindici giorni. Il pane raffermo, anche se non era certo gradito, aveva tuttavia il vantaggio di essere consumato in quantita` minore, e quindi costituiva un risparmio.

L’apparenza inganna. Molto vivo e diffusissimo. Non bisogna giudicare solo dall’aspetto esteriore. Non tutto quello che appare mantiene alla prova quello che promette. Vedi anche L’abito non fa il monaco [A 51]; Al buio tutti i gatti son bigi [G 251]; Non e` tutto oro quel che riluce [O 510]. 1052

L’evidenza inganna. Deformazione anche ironica del proverbio precedente. 1053

Tra il parere e l’essere ci sta quanto tra il cucire e il tessere. Per analogia. Tra quello che appare e quello che e` c’e` una differenza sostanziale: tessere e` fabbricare la tela e cucire e` metterla insieme facendo un abito. Vedi anche Parere e non essere e` come filare e non tessere [P 466].

1060 Mangiando, mangiando passa l’appetito. Motto scherzoso, come se l’appetito fosse un disturbo. Si usa per dire ridendo che si sta mangiando molto, ovvero per sottolineare che uno dei presenti e` una buona forchetta.

1054

APPETITO Sintomo di buona salute, desiderio naturale di cibo, l’appetito va soddisfatto, qualche volta anche stimolato. f Vedi Fame. 1055 L’appetito vien mangiando. Assai diffuso, si trova gia` nel Gargantua (1.5) di Rabelais. Si dice anche in senso proprio, a tavola, per commentare dimostrazioni di notevole appetito, in genere le proprie. Ma anche in senso traslato, o per indicare che facendo una cosa anche controvoglia, poi viene il piacere di continuarla o, piu` di frequente, per dire che uno stimolo, una volta sollecitato, si accresce e puo` divenire assai forte.

Bisogna alzarsi da tavola sempre con un po’ d’appetito. Precetto delle varie scuole mediche antiche: per la salute e il benessere non bisogna mangiare fino alla sazieta`.

L’appetito insegna all’asino a correre e la fame a saltare il fosso. Un piccolo bisogno (appetito) costringe il pigro a darsi da fare mentre la necessita` (fame) lo induce a sostenere fatiche e sacrifici. L’asino e` sempre restio a correre e s’impunta davanti a pericoli o tratti difficili della strada. 1061

1062 L’appetito e` il messaggero della salute. Il presentarsi regolare dell’appetito alle ore dei pasti e` indice di uno stato di buona salute. Nel malato il ritorno dell’appetito, del desiderio e del gusto di mangiare indica che sta recuperando la salute e le forze.

Quel che si mangia con appetito non si racconta al medico. Una regola popolare vuole che quanto si mangia con voglia e desiderio non sia nocivo ne´ rechi disturbo, quasi che l’organismo lo richieda per il fatto che ne ha bisogno. Vedi anche Quello che si mangia bene non fa mai male [M 591]. 1063

1064

1056

Cambiare tavola accresce l’appetito. I cibi ai quali non si e` abituati aumentano il gusto di mangiare; si ricerca quindi la varieta` delle pietanze. 1057

1058 L’appetito non ha bisogno di salse. Chi si siede a tavola con una certa fame non bada troppo al sapore delle vivande, non fa critiche su come sono cucinati i cibi. In ge-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Quel che si mangia con appetito non fa male e non strozza.

Quel che appetisce nutrisce. Vale a dire che nutre senza fare danno. 1065

Mangia all’osteria con l’appetito che hai in tasca. Mangia secondo le tue possibilita` economiche. Misura le tue pretese alle possibilita`. 1066

APPUNTINO f Vedi Preciso. 1067

Ser Appuntino si dimentico` di morire.

pag 143 - 04/07/2007

APRILE / APRILANTE

80

.

Con Ser Appuntino si indica una persona precisa fino alla pignoleria, esasperante nell’esattezza. Questo tipo spesso eccede nelle piccole cose e prende enormi abbagli nelle faccende importanti. Quindi il detto ha due significati: chi guarda le minuzie non vede l’essenziale; chi e` pignolo nei particolari spesso trascura l’importante (a suo vantaggio). Appuntino e` il nome di fantasia ricavato da una frase idiomatica: Esser tutto per l’appunto, comune soprattutto in Toscana per dire ‘‘essere precisino, pignolo, sempre tutto in ordine’’.

Mille lire un tempo erano una cifra enorme. Ancora negli anni trenta del XX sec. una celebre canzone si augurava ‘‘Potessi avere mille lire al mese’’.

APRILE / APRILANTE Le caratteristiche di questo mese sono la pioggia e il clima temperato. L’acqua e` benefica per tutta la campagna, che e` in piena vegetazione; in particolare per la vite e l’olivo. La stagione si e` addolcita, ma bisogna esser cauti nell’alleggerirsi. f Vedi anche gli altri mesi.

La prim’acqua d’aprile vale un carro d’oro con tutto l’assile. La prima pioggia del mese non ha prezzo: pare che le si attribuisse la funzione di risvegliare la vegetazione. Il paragone con il carro d’oro e` misterioso, ma non casuale, dal momento che i proverbi stabiliscono spesso connessioni magiche. Pare faccia riferimento a una leggenda che narra di un carro d’oro di Re David (cfr. Antoni – Lapucci, I proverbi dei mesi, 1975): si tratta di una favola di magia costituita da una complessa serie di vicende in una delle quali il Re dei Mori mette in vendita il palazzo di David; giunti a stimare il suo carro, che era tutto d’oro, nessuno sa dargli un prezzo; sant’Andrea allora chiede di fare la stima e, avuto il consenso, dice: – La prim’acqua d’aprile vale un carro d’oro con tutto l’assile – , parole che rimasero in proverbio. La rima ha indotto assile per ‘‘assale’’, la barra che nei carri, di solito, regge alla sua estremita` i mozzi delle ruote e sostiene il telaio del veicolo. Era la parte piu` consistente e piu` pesante, per questo si sottolinea che era d’oro anche quella.

Terzo [quarto] aprilante quaranta dı` durante. Il tempo che fa il 3 (o il 4) di aprile dovrebbe dare il pronostico per il periodo successivo. In genere pero` s’intende che se piove in questo giorno dovrebbe poi piovere per ben quaranta giorni. La credenza si trova diffusa in Europa con una certa regolarita`, cosa che fa pensare a origini pagane del detto, o a scritture religiose. Il numero 40 e` sempre stato legato alla pioggia, a cominciare dalla narrazione del Diluvio: ‘‘Piovve sopra la terra per quaranta dı` e quaranta notti’’ (Genesi 8.12). Vedi anche San Gallo quaranta dı` durallo [G 166]; Se piove per san Gallo piove per cento giorni [G 167]; Se piove per il dı` dei Quaranta Martiri piove quaranta giorni [M 840]; Quando l’Angiolo si bagna l’ale piove fino a Natale [M 1427]; Se san Medardo o san Gervasio piova dopo quaranta dı` rifa` la prova [M 1079]. 1068

(Acqua d’) Aprile ogni goccia [gocciola] un barile. La pioggia d’aprile e` provvida e benefica piu` che in altri mesi. Per una goccia di pioggia che cade in aprile si ottiene il beneficio che procura la quantita` di un barile che cade in altri periodi. 1069

1070

D’aprile ogni goccia val mille lire.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Quando tuona d’aprile buon segno per il barile. Quando piove in questo mese ci sara` molto vino e buono. 1071

Aprile n’ha trenta, ma se piove trentuno non fa male a nessuno. L’acqua di questo periodo non e` mai troppa e non nuoce alla vegetazione. 1072

1073

Val piu` un’acqua tra aprile e maggio che i buoi col carro. Probabilmente il proverbio si rifa` al precedente, ma ha perduto completamente i riferimenti magici e leggendari e la misura e` divenuta quasi banale. 1074

...le dolci acque d’aprile... valgono piu` che il trono di Salomone. Proverbio con memoria biblica, dove il trono di Salomone e` antonomasia di ricchezza: cfr. Re 1.10.18-20: ‘‘Inoltre, il re fece un grande trono d’avorio che rivestı` d’oro puro. Il trono aveva sei gradini; sullo schienale c’erano teste di vitello; il sedile aveva due bracci laterali, ai cui fianchi si ergevano due leoni. Dodici leoni 1075

pag 144 - 04/07/2007

81

.

si ergevano di qua e di la`, sui sei gradini; non ne esistevano di simili in nessun regno’’. Puo` dirsi in questa forma ridotta o come parte di un proverbio elencatorio sulle virtu` auspicabili in ciascun mese. Vedi Il gran freddo di gennaio... [G 367]. 1076 Aprile una goccia o un fontanile. Aprile e` o avaro o prodigo di pioggia.

Aprile apriletto ogni giorno fa un goccetto. In aprile piove spesso, poco e con regolarita`. 1077

1078 Aprile quando piange e quando ride. Come in tutti i mesi della primavera ora piove a dirotto, ora torna a splendere il sole. 1079

Aprile or piange or ride.

Aprile lunga e fitta deve venire, maggio una buona, adagio adagio. La pioggia scrosciante non e` favorevole alla campagna: l’acqua corre sul terreno e non imbeve la terra, come quella che cade lenta, leggera e a lungo: quella richiesta in aprile. In maggio deve piovere ogni tanto ed e` provvida se l’acqua scende piano piano. 1080

Aprile freddo gentile. E` il mese in cui inizia la vera buona stagione. E` il tempo in cui muore la radice dell’inverno, come se venisse sradicato dagli angoli, dalle stanze, dagli anfratti piu` nascosti dove si annida ostinato il freddo. 1081

1082 Aprile gentile. Variante del precedente: il mese stesso e` definito gentile per il clima e l’aspetto della campagna gia` coperta di verde.

1086

APRILE / APRILANTE

Freddo e umido d’aprile empie lo staio e il barile.

Aprile la spiga, maggio il latte, giugno il seme. Sono le fasi di maturazione del grano: in aprile appare sullo stelo la spiga, in maggio si forma il chicco, all’inizio molle e lattiginoso, a giugno il chicco si consolida. 1087

L’acqua d’aprile il bue ingrassa, il porco uccide e la pecora se ne ride. L’erba tenera che la pioggia d’aprile fa crescere giova ai bovini; nuoce, perche´ li fa gonfiare, ai suini che ne mangiano troppa; le pecore invece sono ormai da tempo al pascolo e non hanno questi problemi. 1088

Aprile piovoso maggio ventoso anno fruttuoso. Aprile e` il periodo della vegetazione delle piante e fa bene la pioggia; maggio e` il mese della fioritura e il vento favorisce l’impollinazione. 1089

D’aprile piove per gli uomini e di maggio per le bestie. Infatti l’acqua in aprile fa bene alle future messi, quella di maggio all’erba, cibo della maggior parte degli animali. 1090

Aprile temperato non e` mai ingrato. Per la campagna e` meglio che il caldo venga gradualmente e non all’improvviso: le piogge frequenti in questo mese portano un clima mite, con punte brevi di caldo e freddo. 1091

Vieni d’aprile ti faro` morire; vieni di maggio ti daro` coraggio. Va inteso come un’affermazione fatta direttamente dal grano al contadino: ad aprile il raccolto appare ancora stento (e percio` fa morire di preoccupazione il contadino), mentre a maggio si presenta rigoglioso, gia` con stelo e foglia, e quindi incoraggia il coltivatore. 1092

Aprile freddo sera e mane da` gran copia di vino e di pane. S’intende un freddo relativo alla stagione. Sera e mane: dalla sera alla mattina, con la notte fredda, mentre il giorno puo` essere mite. Un periodo fresco consente alle piante, in particolare al grano, di consolidare il cestimento o tallimento e il rafforzamento della radice e della struttura prima della maturazione. Per la vite il freddo evita la fioritura prematura che potrebbe essere distrutta da grandine o tempesta. 1083

1084

Il freddo d’aprile appresta al contadino pane e vino.

1085

Aprile freddolino molto pane e molto vino.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Aprile e maggio son la chiave di tutto l’anno. E` questo il periodo delicato per la vegetazione: siccita`, freddo o caldo precoce possono compromettere i raccolti. 1093

1094

Aprile fa i fiori e maggio ne ha gli onori.

pag 145 - 04/07/2007

APRILE / APRILANTE

82

.

I fiori di molte piante che si formano durante l’aprile aprono i bocci a maggio: questo e` detto infatti il mese dei fiori. Aprile fa il fiore e maggio da` l’odore. Il fiore di molte piante si forma nell’aprile, mentre la piena fioritura e il profumo arriva il mese successivo. 1095

Quando mignola d’aprile ammannisci un buon barile; quando mignola di maggio n’avrai tanto per assaggio; quando mignola di giugno t’ungerai appena il grugno. Mignolare e` il verbo che indica il comparire dei piccoli bocci sul ramo dell’olivo. La comparsa tempestiva della mignola e` segno d’abbondanza d’olio. Quindi se la fiorita e` tempestiva: buon raccolto; se piu` tarda: raccolto scarso; se fuori stagione l’olio manchera` quasi del tutto. 1096

1097 Aprile scalda l’acqua nel fontanile. Immergendo le mani in una fontana ci si accorge che in questo periodo non e` piu` gelata come d’inverno. 1098 Aprile non t’alleggerire. Va ricacciata la tentazione di scoprirsi troppo sul mezzo del giorno, dato che il freddo non e` ancora scomparso e puo` tornare e causare un malanno.

Per tutto aprile [D’aprile] non ti scoprire. 1100 Aprile aprilone non mi farai metter giu` il pelliccione. Pelliccione e` l’abito pesante. 1099

D’aprile non t’alleggerire; di maggio non te ne fidare; di giugno fai come ti pare. Per aprile vedi i precedenti; a maggio possono esserci ritorni di freddo nei quali e` pericoloso farsi trovare scoperti; di giugno il freddo e` un fatto soggettivo: ognuno si copre secondo quello che sente. 1101

D’aprile non t’alleggerire; di maggio vai adagio, di giugno getta via il cuticugno, ma non lo impegnare perche´ potrebbe bisognare. La rima con giugno ha mantenuto un termine arcaico come cuticugno, che indica un ‘‘giubbetto o una sopravveste pesante per uomo’’. Questo capo di vestiario puo` essere tolto, ma 1102

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

non eliminato prestandolo o dandolo come pegno, perche´ potrebbe ancora servire per un improvviso calo della temperatura. Vedi anche Fino all’Ascensione non ti levare il tuo giubbone [A 1330]. D’aprile esce la vecchia dal covile (e la giovane non vuole uscire). Le persone anziane tornano volentieri all’aria aperta, nelle ore di sole, sentendo l’aria mite. I giovani vedono cominciare la dura stagione dei lavori. Il covile propriamente e` ‘‘il luogo riparato e caldo dove l’animale si rifugia durante l’inverno’’, qui s’intende ‘‘l’angolo piu` caldo nel canto del fuoco’’. 1103

Chi si scalda d’aprile non vedra` la fava fiorire. Chi sente la necessita` di accendere il fuoco in aprile, allorche´ il clima e` mite, cova una malattia che non lo fara` vivere a lungo. Il proverbio e` catastrofico: la fava fiorisce piu` o meno in questo periodo. 1104

1105 Aprile dolce dormire. Uno dei proverbi calendariali piu` vivi e diffusi. Il tepore primaverile, il benessere e una certa spossatezza che vengono dal primo caldo fanno indugiare volentieri sotto le lenzuola.

D’aprile aspro ragliare e dolce dormire. Verso aprile-maggio gli asini vanno in amore, per cui chi ama indugiare a letto e` allietato dai ragli mattutini degli asini, un tempo comuni e numerosi. Vedi anche Maggio e` il mese degli asini [A 1463]. 1106

Aprile dolce dormire; chi non si puo` riposare avra` un dolce sospirare, se non ha da lavorare. In aprile cominciavano i lavori duri nei campi, soprattutto la zappatura della terra e la cura delle piante. Chi puo` dormire dormira` saporitamente, se non avra` da lavorare. Ma, siccome la primavera rimette nelle creature il desiderio d’amore, il sonno potra` essere turbato da sospiri di desiderio, non di pena. 1107

Aprile dolce dormire e forte sospirare: i granai sono vuoti e le botti cominciano a sonare. Questo sospirare e` diverso dal precedente: e` di preoccupazione per le provviste che si 1108

pag 146 - 04/07/2007

83 esauriscono. Probabilmente questo proverbio e` una risposta ironica al romanticismo dell’altro. La botte vuota, percossa, risuona. 1109 D’aprile ogni uccello fa il nido. E` il periodo della nidificazione e della cova degli uccelli. Ogni uccello fa va inteso nel senso che tutti gli uccelli hanno terminato il nido. Molte specie lo iniziano assai prima. Vedi La domenica dell’olivo ogni uccello fa il suo nido [D 767].

Aprile e conti per lo piu` son traditori. Non sono mai come ci si aspettano e riservano sorprese spiacevoli. Il conto puo` essere eccessivo, aprile troppo freddo o troppo caldo. 1110

Primo d’aprile vanno gli sciocchi per le ville. Si riferisce all’uso antico, ma ancora vivo, di fare il pesce d’aprile. Il primo giorno del mese si mandano in giro gli ingenui con qualche scusa ridicola, come andare a prendere le chiavi dell’alleluia, l’ombra di campanile, un pacchetto di spinteforti, ecc. L’origine del gioco e` oscura. Era molto praticato dagli artigiani per saggiare l’intelligenza dei garzoni. 1111

AQUILA L’aquila, per il suo abitare in luoghi inaccessibili, non ha mai fatto parte dell’esperienza quotidiana diretta, ma, conosciuta per rare apparizioni di rapina tra le greggi e gli animali domestici, e` entrata nel linguaggio comune per il suo volo altissimo e per il suo aspetto nobile e regale. Compare costantemente nell’arte religiosa, nei blasoni, negli ornamenti, nella pittura, nella scultura, nelle metafore poetiche. Nella mitologia greca l’aquila era l’uccello di Zeus e teneva tra gli artigli il fulmine del dio: si associava alla divinita`, alla potenza e alla forza. Fu l’aquila a rapire Ganimede e portarlo a Zeus che lo elesse suo coppiere. I bestiari medievali ne fecero un animale simbolico per eccellenza: la sua immagine si trova sui pulpiti (simbolo della parola, soprattutto di quella dell’evangelista Giovanni) e in capitelli, fregi, portali. Una credenza popolare vuole che l’aquila, quando e` vicina la schiusa delle uova, cerchi sulla terra una pietra detta aetite e la ponga nel nido a protezione dei figli. Si tratta della pietra d’aquila (in greco aeto`s = aquila) o del buon parto, essendo una ‘pietra gravida’: e` una concrezione ovoidale o sferica che contiene una

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AQUILA

pietra libera nel suo interno e, agitata, suona. Cosı` Plinio (Storia naturale 3.4). L’aquila ha molti significati simbolici. Altezza d’ingegno: rappresenta il volo della mente verso cio` che per altri e` inaccessibile; forza, potere sovrano: come tale, compare nelle insegne di eserciti, case regnanti; generosita`: in quanto non pratica vendetta; impero, maesta` regale: e` regina degli uccelli; vista acutissima: nulla le sfugge dall’alto di quello che c’e` sulla terra. Nei bestiari si dice che sia l’unico essere capace di guardare fisso nel sole: quando i suoi aquilotti sono un po’ cresciuti li invita a guardare l’astro e, se uno non ne sostiene la luce, subito lo sopprime. 1112 L’aquila non piglia mosche. Chi ha una posizione elevata per grandezza, dignita`, nobilta`, intelligenza non si degna di occuparsi di cose meschine, di persone volgari. Si confronti, ad esempio, ‘‘Che il leon non combatte con la mosca’’ (F. Bracciolini, Lo scherno degli dei 5.41). Per il debole che non puo` lottare col forte, vedi La capra col leon non puo` far guerra [C 674]; La luna non cura l’abbaiar dei cani [L 1051]; De minimis non curat praetor [L 1053]. E` traduzione del seguente motto mediolatinolatino: Aquila non captat muscas. Vedi L’elefante non va a caccia di topi (non acchiappa i topi) [E 39]. 1113

Le aquile non fanno guerra ai ranocchi.

L’aquila vola sempre sola. L’aquila non e` uccello gregario e si vede volare sempre solitario in alto. Il proverbio ha valore soprattutto metaforico, spiegato bene dal seguente. 1114

1115 La vera grandezza non ha compagnia. Per analogia.

L’aquila volo` in alto, ma lo scricciolo salı` ancor piu`. Chi sa valersi delle energie dei forti, riesce a superarli anche se e` piu` debole. Il proverbio nasce da questa favoletta. Quando furono creati gli uccelli nacque tra loro una contesa su chi dovesse essere il re e non si trovarono d’accordo. Quelli che volavano piu` a lungo non volevano cedere a quelli che volavano piu` in alto, quelli che erano piu` grandi non si volevano sottomettere a quelli piccoli. Ne venne fuori una gran confusione. Andarono tutti dall’Onnipotente e gli posero la questione. Allora il Signore, che aveva altro da pensare, disse: – Sara` re degli uccelli quello che riuscira` a volare piu` in alto. Lo scricciolo, 1116

pag 147 - 04/07/2007

AQUILA

84

.

che e` piccolissimo, perse subito ogni speranza; ma, essendosi posato sopra il dorso dell’aquila, ci rimase zitto zitto, mentre quella, con le ali potenti, si lasciava via via in basso tutti gli altri volatili. Quando l’aquila, stanca, si vide sola nel cielo, penso` d’aver vinto e discese per essere proclamata regina. Ma lo scricciolo, invece di seguirla, prese a sua volta il volo, salendo ancora molto piu` in alto dell’aquila. Gli uccelli che avevano seguito la gara non si rendevano conto come lo scricciolo fosse potuto salire tanto. Ma la legge e` la legge, i fatti sono fatti e gli uccelli litigiosi ebbero per re lo scricciolo, il piu` piccolo di loro, come decreto` il Signore. La favola si trova nella nostra tradizione orale ed ha come protagonista lo scricciolo. La stessa vicenda e` narrata dai Grimm (Le fiabe del focolare 171, Il re di macchia) con molti elementi secondari e una piu` ampia articolazione, facendone come protagonista l’uccellino che e` appunto il ‘‘re di macchia’’. Anche da noi lo scricciolo (Troglodytes Troglodytes) e` chiamato re di macchia in Alta Italia e anche re di usei (Vercellese), e nella stessa zona Re Castagna` o Re Castagne`t; altrove e` detto re di siepi, re di fratte. E anche: uccellino del freddo, forafratte, formacchie, forasiepi. I nomi provengono forse dalle sue abitudini solitarie, indipendenti, e lo stare nel fitto di macchie dove non si avventura alcun altro volatile. Il nome e la leggenda si trovano anche in Sicilia dove l’uccellino e` chiamato riiddu, vedi G. Pitre`, Fiabe e leggende popolari siciliane, p. 388. L’aquila dal cielo vede in fondo al buco del topo. Prendendo spunto dalla vista acutissima dell’aquila, il proverbio intende che qualcuno collocato molto in alto riesce a informarsi anche su cose infime. 1117

L’aquila si libro` sulle sue penne, la roba ritorno` di dove venne. E` forse il finale d’una vecchia favola che si ripete quando un oggetto rubato viene restituito al legittimo proprietario. 1118

L’aquila quando e` malata [vecchia] chiama il gufo fratello. Nella disgrazia non si guardano piu` le differenze di grado, di lignaggio, di posizione, ecc. Pare venga da un’antica favola che e` stata ripresa e narrata da Jean-Pierre Claris de Florian (1755-1794). Ne L’aquila e il gufo (Fa1119

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

vole postume) si racconta di un’aquila caduta in disgrazia che si fa consigliare da un vecchio gufo. AQUILA L’Aquila e` citta` capoluogo dell’Abruzzo, situata al centro dell’omonima conca sopra una grande terrazza ai piedi della quale scorre l’Aterno. A 714 m sul livello del mare, e` una delle citta` piu` alte d’Italia, molto fredda d’inverno. Lo zafferano d’Aquila, le saponette d’Atri, i panni di Arpino, la paglia di Firenze, i merletti di Genova, gli ori di Penne, la carta di Loreto, i vasi di Castelli, l’acciaio di Campobasso, le tavole di Venezia, la maiolica di Faenza sono i migliori di cui si ha conoscenza. Indica i prodotti migliori e i luoghi di origine. Molte indicazioni hanno perduto fama col tempo, come la paglia per cappelli e ornamenti, di cui una volta Firenze aveva il primato nel mondo, i fiori di Penne, la carta di Loreto, i panni di Arpino, i merletti di Genova. Altre cose hanno ancora valore particolare: nella zona dell’Aquila si produce ottimo zafferano, mentre a Faenza e` ancora viva e illustre l’antica produzione di ceramiche. Arpino si trova oggi in provincia di Frosinone: l’industria del pannilani era ancora fiorente nell’Ottocento. Penne e` un antico centro nell’alta Valle del Tavo, dove fin dal XIV sec. si trovavano oreficerie. Atri e` un’antica cittadina romana in provincia di Teramo. Castelli e` un altro centro antico in provincia di Teramo, conosciuta per l’industria ceramica che vi fiorı` dal XV al XVIII sec. La presenza dell’Aquila e di tre localita` del Teramano ne indicano la probabile provenienza abruzzese. 1120

ARANCIA Nell’economia del passato questo frutto delle zone meridionali era considerato nelle altre parti d’Italia un lusso. I fiori d’arancio, simbolo della purezza verginale per il loro candore, sono usati per fare la piccola corona che orna il capo della sposa quando va all’altare. 1121

Dell’arancia quel che vuoi, del limone quel che puoi,

pag 148 - 04/07/2007

85

.

ARARE

della gallina la nera, dell’oca la bigia, della donna la lentigginosa, della vacca magra la lingua e la zampa, del merlo e del tordo quel che non ti piace fai da sordo. Indica quello che si puo` mangiare di vari cibi o quali nel loro genere sono migliori; tra questi alimenti e` elencata pero` anche la donna. Dell’arancia tutto, anche la buccia; del limone tutto quello che consente il palato: non e` facile sostenerne il sapore agro; hanno piu` sapore la gallina dal piumaggio nero e l’oca che lo ha grigio; la donna migliore e` quella con le efelidi sul viso; la vacca non deve essere grassa (vecchia) e le parti speciali sono zampa (bollita) e lingua (salmistrata). Del merlo e del tordo, come del resto degli uccelli in genere, si mangia tutto (a parte le interiora) scattivando appena gli ossi piu` grossi; quindi: se qualcosa non ti piace, mangiala lo stesso: e` tutto buono.

Di uso antico. Chi ara prima che venga il freddo (la vernata, cioe` l’inverno) e quindi semina per tempo il grano, permette al seme di cestire, evitando i danni della stagione delle piogge, e di dare buon frutto e supera nella raccolta (ricolta) tutti gli altri (la brigata, nel senso arcaico di gruppo, compagnia).

L’arancia la mattina e` oro, il giorno medicina e la sera e` veleno. L’arancia e` frutto buono, benefico, ma indigesto. Consigliato la mattina, quando l’organismo lo digerisce facilmente, e` sconsigliato la sera quando il sonno non favorisce lo smaltimento di cibi indigesti. Altri proverbi seguono lo stesso schema, vedi Il cacio la mattina e` oro, a mezzogiorno e` argento e la sera e` piombo [C 68].

Chi ara da sera a mane d’ogni solco perde un pane. Proverbio sibillino, non si riferisce infatti all’aratura notturna che si e` resa possibile solo in questi ultimi tempi con l’uso dei trattori, ma che puo` chiarirsi intendendo da sera a mane come da Ponente a Levante. Sistemando i solchi da Settentrione a Mezzogiorno, le piante si dispongono in file meglio esposte alla luce solare e, di conseguenza, piu` forti e fruttifere, cosa che non avviene quando la coltivazione a porche segue l’opposto orientamento, all’incirca da dove cala il sole a dove sorge. Naturalmente non sempre e` possibile seguire questo criterio (cfr. U. Rossi-Ferrini, Proverbi agricoli, 1931, p. 106).

1122

1123

L’arancia la mattina e` oro, il giorno argento, la sera e` piombo.

1124 L’arancia la sera e` piombo. Del cibo indigesto si dice appunto che e` pesante, e il piombo e` uno dei metalli di piu` alto peso specifico.

Arancia e mandarino infiamman l’intestino. Sia l’una che l’altro sono acidi e, assunti in eccesso, provocano disturbi intestinali. 1125

ARARE Molti ammonimenti per compiere correttamente e con cura l’aratura prima della semina del grano, presupposto fondamentale per avere un buon raccolto. f Vedi Aratro, Aratura, Vangare, Zappare. 1126

Chi ara il campo innanzi la vernata avanza di ricolta la brigata.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1127 Chi male ara peggio miete. Chi non ara profondo, e nel verso giusto, in modo che la pioggia scorra senza fare danno, fara` un cattivo raccolto.

Chi ara a fondo miete giocondo. Bisogna che il vomere entri profondamente nella terra. 1128

1129 Il mietitore segue il bifolco. Per analogia. Il mietitore raccoglie quanto il bifolco, l’aratore, gli ha preparato. 1130

Chi ara un campo non puo` dire se lo mietera`. I casi della vita sono tanti, per cui, per ragioni tristi o liete, nessuno sa se raccogliera` il frutto del proprio lavoro. Sottolinea anche implicitamente che tra il lavoro di preparazione del terreno e la raccolta nel mondo agricolo passa molto tempo. Nove mesi per il grano. 1131

1132 Ara molto e semina rado. Ara bene e profondo e poni i semi non troppo fitti, in modo che le piante non si diano fastidio tra loro: avrai cosı` un buon raccolto.

Chi ara la terra bagnata per tre anni l’ha rovinata. Perche´ la impasta e la chiude quasi murandola e togliendole la naturale traspirazione. 1133

pag 149 - 04/07/2007

ARATRO

86

.

Se non piega la schiena anche il bifolco non sa arare. Qualunque lavoro, anche per chi e` esperto richiede fatica e cura. Il contadino deve stare curvo per far forza sull’aratro. 1134

Chi ara con le vacche va al mulino col sacchetto. La vacca ha poca forza e scarsa resistenza: ara leggero e non in profondita`. L’aratura richiede la forza dei buoi. Vedi Zappare di donna e arare di vacca povero quel campo che c’incappa [Z 35]. 1135

Ara dritto, a fondo e lascia dire il mondo. Fai il lavoro come deve essere fatto e lascia che la gente critichi e dica quello che vuole. 1136

ARATRO L’aratro e` un’antichissima attrezzatura, trainata da bestie, per dissodare e rivoltare la terra. Le forme variano secondo i luoghi e le esigenze del terreno. E` formato dal vomere, una lama d’acciaio (o di ferro, o di legno in quelli piu` arcaici) che taglia orizzontalmente il terreno; dal versoio, o orecchio, che rovescia le zolle tagliate; talvolta e` presente il coltro, lama verticale che rompe la terra davanti al vomere. Il vomere e` fissato a un ceppo da cui parte una stanga, detta bure, collegata al giogo dei buoi. Il bifolco guida l’aratura mediante la stiva, un grosso manico che puo` essere anche doppio, fissato al ceppo. Il profime, infine, e` un palo che mediante un cuneo o una vite, regola l’inclinazione del vomere rispetto alla bure, cosa che determina la profondita` del solco. f Vedi Aratro, Aratura, Lavoro, Vanga. Chi pone mano all’aratro non si volti indietro. Chi mette mano a un’opera non deve guardare che a compierla, senza rimpianti, pentimenti, compiacimenti, distrazioni. Adattamento di una frase del Vangelo (Luca 9.62 ‘‘Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, e` adatto per il regno di Dio’’). L’aratore deve guardare il lavoro da fare e fare il solco dritto, non guardare con compiacimento l’opera gia` fatta. 1137

Aratro lucente fa carestia lontana. Il vomere lucente dell’aratro indica che ha lavorato molto, eliminando la ruggine. Un 1138

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

buon lavoro di aratura procura abbondante raccolto. Di solito nei proverbi ci si riferisce al grano, ma e` valido anche per altre colture. ARATURA L’aratura era un lavoro faticoso che copriva il tempo dalla fine d’agosto fino alla meta`, o la fine d’ottobre, come preparazione dei campi alla semina del grano e degli altri cereali. Serve a smuovere la terra indurita in maniera tale che i semi vi possano affondare le radici e l’acqua piovana penetrarvi. Lavorando col caldo estivo e giovandosi dell’aridita` dei mesi precedenti, si estirpano definitivamente le erbacce, che invece, rimosse a settembre, con le piogge, riattecchirebbero subito: Chi lavora di settembre, fa bel solco e poco rende [S 1224]; Chi vuol lavoro degno assai ferro e poco legno [L 305]. f Vedi Arare, Aratro. Dopo l’aratura ci vuol l’erpicatura. Dopo un lavoro di fondo, di scasso, occorre rifinire l’opera, ripulendo, assettando, ordinando. L’aratura lascia le zolle molto grandi e il terreno sconvolto. Per seminare occorre spianare il terreno e renderlo friabile. Vi si provvede con l’erpice: telaio trainato da buoi che, con denti di ferro, rompe le zolle. 1139

ARCA f Vedi Noe`. 1140 All’arca aperta il giusto ci pecca. Per arca qui s’intende ‘‘forziere’’. Lasciando distrattamente cose preziose incustodite, si mettono nella tentazione coloro che le vedono e anche l’uomo onesto resiste difficilmente all’opportunita` di approfittarne. Vedi anche L’occasione fa l’uomo ladro [O 24].

Nell’arca di Noe` c’erano anche lo scorpione e il serpente. Il mondo e` fatto anche per i malvagi: devono esserci anche loro. In qualunque luogo non mancano cattivi e disonesti. Vedi anche Anche gli Apostoli ebbero un Giuda [G 705]. 1141

ARCO 1142 Bisogna aver piu ` frecce al proprio arco. Usato anche come modo di dire, avere piu` frecce al proprio arco. Per colpire il bersaglio non bisogna far conto su una sola freccia; e`

pag 150 - 04/07/2007

87

.

necessario fornirsi di munizioni diverse, vari argomenti, numerose risorse, piu` espedienti se si vuol riuscire. 1143 Romper l’arco non sana la ferita. E` inutile rifarsela con la causa di un male quando questo e` ormai avvenuto: spezzato l’arco la ferita resta. Per comprendere meglio questo proverbio bisogna tenere conto di operazioni magiche antiche: si credeva, ad esempio, che la morsicatura del cane idrofobo potesse essere guarita ponendo sulla ferita un ciuffo del suo pelo, vedi Mai can mi morse ch’io non ne volessi il suo pelo [C 401]; Piaga per allentar d’arco non sana [P 1538].

Arco sempre teso si sforza. Le cose tenute sotto sforzo si rovinano. Una tensione continua, di applicazione, di sentimenti, sfibra l’uomo. L’immagine ha dietro di se´ una lunga tradizione, di cui paralleli piu` vicini a livello verbale sono un verso di Fedro ((Favole 3.14.10) Cito rumpes arcum, semper si tensum habueris ‘‘Romperai presto l’arco, se lo terrai sempre teso’’ e il proverbio medievale Arcum nimia frangit intensio ‘‘Una eccessiva tensione rompe l’arco’’ riportato nel Liber Proverbiorum di Otloh di Sant’Emmerano (XI sec., Patrologia Latina 146.303b).

Arcobaleno porta [conduce] il sereno. Quando appare l’arcobaleno il tempo cambia e torna la buona stagione. Ma di solito solo quello che viene la sera e` inteso come segno della fine del temporale. 1147

Arco di mattina riempie le mulina, arco di sera tempo rasserena. L’arcobaleno del mattino porta la pioggia, quello di sera il sereno. Riempie le mulina: fa affluire l’acqua nelle gore dei mulini. 1148

1149

Arco di [la] sera buon tempo mena, arco di [la] mattina riempie la marina.

1150

Arco di sera buon tempo spera; arco di mattina burrasca vicina.

1144

1145

Il troppo tirar fa l’arco spezzar.

1146 L’arco soriano tira agli amici e ai nemici. Scherzo per deridere chi sbaglia tiro e da` colpa all’arma. Forse adattamento da qualche poema eroicomico. Si vuole che l’arco venisse dall’oriente e in Soria (nome medievale della Siria) si fabbricassero i migliori archi.

ARCOBALENO La visione magica dell’arcobaleno si riflette nelle credenze e nelle leggende. Numerose e disparate sono inoltre le previsioni meteorologiche che si traggono dal suo apparire dopo il temporale, mentre la predominanza e la brillantezza di uno dei colori dell’iride sono indicazione per i futuri raccolti collegati. Talora risulta evidente la memoria della storia del Diluvio (Genesi 9.8-15), quando Dio, dopo aver fatto inondare la terra fece il patto con gli uomini di non rimandare mai piu` questo castigo e, come segno della promessa, fece apparire l’arcobaleno: Arcum meum ponam in nubibus et erit signum foederis inter me et terram ‘‘Porro` sulle nubi il mio arco e sara` il segno del patto tra me e la terra’’.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ARCOBALENO

Speranza mattutina i fossi alla marina. I ruscelli corrono gonfi d’acqua verso il mare. In alcuni luoghi l’arcobaleno e` detto speranza. 1151

Arco di mane acqua a fontane, arco di sera serena costiera. L’arcobaleno di sera porta sereno sulla costa e addensa le nubi sui rilievi interni. Secondo tradizioni locali anche la collocazione dell’arcobaleno puo` servire per i pronostici, vedi il veneto Arco in mare buon tempo ha da fare; arco in tera piova e nevera. 1152

Arcobaleno o ancora tre di pioggia o tre di sereno. La previsione copre un periodo piu` lungo di tempo. 1153

Arco di san Marco porta bel tempo o pioggia. L’arcobaleno e` detto anche l’arco di san Marco. Previsione pleonastica che nega l’effettiva utilita` del segno, ma esclude, almeno, il tempo incerto. In Puglia e` noto U ua`rche: o vı`inde o ia`cque ‘‘Arcobaleno: o vento o acqua’’, che di fatto corrisponde perche´ la presenza di vento forte prevede l’allontanamento delle nubi e della pioggia. 1154

1155

Dove beve l’arcobaleno c’e` sotterrato un tesoro.

pag 151 - 04/07/2007

ARDERE

88

.

Credenza antica: la` dove posa in terra un braccio dell’arcobaleno si trova sepolto un tesoro. L’immagine dell’arcobaleno che beve e` molto diffusa e legata ad antiche credenze magiche. In Gallura si ritiene che l’arcobaleno beva in mare e porti l’acqua alle nuvole. Si chiama appunto Olcu biendi ‘‘Orco che beve’’. Diffusissima e` l’idea che l’arcobaleno beva l’acqua dei fiumi, dei laghi, delle fontane e la porti in cielo. In Corsica lo si crede un demonio che beve in mare; sulle Alpi e` un assetato che secca le fontane; in Albania si vede nell’arcobaleno un serpente multicolore che beve. Se sorge da uno specchio d’acqua si dice che sta bevendo. Quando l’arcobaleno beve ai monti acqua alle fonti. Se l’arcobaleno sorge dalle montagne e` segno di pioggia. Per bere vedi il proverbio precedente. 1156

Arcobaleno sette ore di sereno, sette notti di cielo scuro, sette anni il mondo sicuro. Scongiuro che si collega alla storia del Diluvio. Dopo che e` venuto l’arcobaleno per sette anni il mondo durera` ancora. 1157

Quando c’e` l’arco di Noe` ci sono ancora sett’anni di mondo. Di origine siciliana. La versione dialettale dice L’arcu di Nue` di lu munnu ancora cci nn’e` ‘‘L’arco di Noe` ancora il mondo ha da durare’’. 1158

Chi passa sotto l’arcobaleno cambia sesso in un baleno. Per i suoi poteri magici. L’arcobaleno e` un fenomeno ottico percepibile da un osservatore secondo una data angolazione e a una certa distanza, per cui e` impossibile raggiungerlo o attraversarlo. 1159

Arcobaleno se c’e` il verde grano e fieno, se e` rosso farai vino, granturco se e` turchino, l’olio verra` col giallo buon anno se e` come la coda del gallo. Questi pronostici si prendono con gli arcobaleni di primavera. Si cerca di stabilire quale sia il colore prevalente nell’iride e da questo si fa la previsione del raccolto piu` fortunato. Ogni localita` associa diversamente colori e prodotti. I seguenti sono i pronostici piu` frequenti, anche se diversi da quelli fissati nel 1160

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

proverbio: se predomina il violetto ci sara` un buon raccolto di uva e vino. Se predomina l’arancione ci sara` un buon raccolto di granturco. Se predomina il giallo ci sara` un buon raccolto di grano. Se predomina il verde sara` un’annata favorevole agli ortaggi e all’erba. Se predomina il rosso ci sara` un buon raccolto di olio. Se predomina l’azzurro ci sara` un buon raccolto di castagne. Se tutti i colori sono vivi ed evidenti, come nella variopinta coda del gallo, ci sara` abbondanza di tutto. ARDERE Chi arde e non lo sente arder possa fino al dente. Maledizione che usano in genere gli innamorati non corrisposti: chi ama senza provare il sentimento come una forza violenta, tormentosa, possa soffrire fin dentro le ossa il fuoco della passione. 1161

1162 Chi non arde non incende. Chi non prova passione non riesce a suscitare in altri alcun sentimento, non comunica fuoco d’entusiasmo, d’amore. Anche: chi non ha provato dolore, amore, passione difficilmente sa partecipare a quello che soffrono gli altri. Incende antico per incendia.

Quando arde in vicinanza porta acqua a casa tua. Quando vedi il pericolo che s’avvicina pensa subito a salvare te e il tuo. 1163

AREZZO Arezzo e` citta` toscana di origine etrusca, che gia` in epoca romana dovette soffrire della sospettosa gelosia dei nuovi dominatori e si ritrovo` nella stessa situazione durante la dominazione medicea, sotto la quale cadde nel 1384, non rivedendo piu` la grandezza che aveva attraversato in epoca etrusca e poi medievale. Citta` di pianura, alle pendici dell’Appennino, nell’ampia zona della Val di Chiana, bonificata dagli Asburgo Lorena, non ebbe forti contrasti con popolazioni vicine e manca quindi di un ricco corredo di blasoni popolari, che nascono soprattutto dalle contese. 1164 D’Arezzo non e` buono nemmeno il vento. La spiegazione e` riconducibile all’antico campanilismo toscano. Il proverbio e` nato in zone vicine ad Arezzo, come il Senese, dove il vento che spira dalla direzione d’Arezzo pare che sia nocivo ai raccolti.

pag 152 - 04/07/2007

89

.

1165 Aretini, botoli ringhiosi. Sarebbero violenti e rissosi. Deriva direttamente da quanto detto degli Aretini da Dante (Purgatorio 14.46-7): ‘‘Botoli trova poi, venendo giuso, / ringhiosi piu` che non chiede lor possa’’: l’Arno scendendo trova gli aretini minacciosi piu` di quanto lo consentisse il loro Stato, che non era grande.

ARGENTO Nei proverbi, che risentono spesso di forme francesi, l’argento, piu` che l’oro, e` sinonimo di denaro (argent), anche perche´ le monete piu` comuni erano di questo metallo. f Vedi Denaro, Oro. Mancamento d’argento porta pena e tormento. La mancanza di soldi porta preoccupazioni e seccature. 1166

Chi fa tela d’argento prende mosche e mosconi. Chi usa trappole, allettamenti, lusinghe servendosi del denaro prende tutti: maschi e femmine, grandi e piccini, gente comune e importante... 1167

Nessuno e` mai contento di quel che ha d’onore e d’argento. Di onori e di ricchezze nessuno e` mai sazio. 1168

ARIA

Nessuno rifiuta l’arrivo o l’offerta di doni, gratificazioni, compensi. L’argento e` la dama con la quale tutti ballano. Nessuno rifiuta di far coppia con la ricchezza. 1173

L’argento porta l’uomo all’inferno e resta fuori. Il denaro porta l’uomo alla perdizione e poi l’abbandona. La bramosia di far soldi conduce a commettere colpe ed errori, ma difficilmente l’uomo puo` godere della ricchezza raggiunta. Nell’inferno vero e proprio il denaro non circola, non ha valore; in quello metaforico non da` felicita`. 1174

1175 Argento di quello che caca il vento. Si dice dell’argento falso, quindi di ogni frutto privo di valore, di qualcosa d’inconsistente. Vedi anche Oro che fugge [O 514].

ARGO Argo e` un gigante mostruoso della mitologia classica di cui si diceva avesse cento occhi distribuiti nel corpo: con cinquanta dormiva e con cinquanta vegliava, quindi vedeva sempre tutto. Fu ucciso da Ermes, ed Era mise i suoi occhi nella coda del pavone. f Vedi Onore. Argo che ha cent’occhi non puo` guardar donna che adocchi. Nessuno puo` far da guardia a una donna molto seduttiva o innamorata, che trovera` sempre il modo di raggiungere il suo scopo. Vedi anche Far la guardia a donne innamorate e` come guardare un sacco di pulci [P 2919]. 1176

L’argento tondo compra tutto il mondo. Con il denaro, l’argento tondo cioe` sotto forma di monete, si compra tutto quel che si vuole. Vi e` un’analogia allusiva tra la rotondita` del mondo e quelle delle monete. 1169

1170 Chi semina argento vuol mietere oro. Chi da` qualcosa vuole avere molto di piu` in cambio. Vedi anche Le monache danno un aghetto per avere un galletto [A 324]. 1171 Ben pesca chi usa amo d’argento. Soltanto metaforico: chi per raggiungere un fine alletta con doni e offerte trova la strada facile e spianata. Con affine metafora e uguale uso e` ben attestato un proverbio greco antico: Combatti con lance d’argento e conquisterai tutto (Diogeniano 2.81; Gregorio di Cipro 1.67; Apostolio 3.91), di cui risulta una traduzione mediolatina Argenteis pugna telis, et omnia vinces. 1172

L’oro e l’argento sono sempre benvenuti.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi fa sempre l’Argo gli fanno fare da talpa. A chi e` troppo curioso si nasconde la verita`, lo si tiene all’oscuro di tutto, anche di cio` che li riguarda. La talpa e` simbolo della miopia e della cecita`. 1177

ARIA Tre i significati di aria. Come elemento che ci circonda, che si respira: deve esser salubre, leggera; come spiffero, corrente d’aria, vento: e` pericolosa, perniciosa alla salute; come sinonimo popolare di cielo: con le varie conformazioni delle nuvole che lo percorrono predice il tempo per l’indomani. f Vedi Fessura, Finestra, Sole, Vento.

pag 153 - 04/07/2007

ARIA

Aria settembrina fresco la sera e fresco la mattina. Avvicinandosi all’equinozio d’autunno le giornate sono piu` corte e piu` fresche: la notte piu` lunga raffredda la terra e la brezza si fa piu` forte. 1178

L’aria fresca di settembre il cacciatore attende. Settembre e ottobre sono i mesi della caccia, soprattutto per gli uccelli di passo che migrano verso i paesi piu` caldi. 1179

Grossa aria, grossa acqua. Si riferisce all’aria pesante, afosa, che rende faticosa la respirazione e che di solito precede qualche temporale. 1180

1181 Aria calda, tempo che muta. Quando l’aria si fa calda al di sopra del consueto, diventa pesante, afosa, vuol dire che e` prossimo un cambiamento di tempo. 1182 L’aria buona e` mezza salute. Abitare dove l’aria e` sana contribuisce per meta` all’essere sani. Principio della scuola medica antica.

Aria pesante come fuoco bruciante. L’aria pesante, con alta pressione e umidita`, soffoca quasi come stare vicini al fuoco. 1183

Aria, moto e sobrieta` tengon l’uomo in sanita`. L’aria salubre, il movimento e la moderazione a tavola sono le basi della salute. Principi che si trovano enunciati gia` da Ippocrate. 1184

A cervello che varia dagli dell’aria. Il cervello balzano, la persona con sbalzi di umore ha bisogno d’aria fina e fresca. Un tempo quello che oggi sono gli esaurimenti o le depressioni si credeva dipendessero dalla scarsa ossigenazione del cervello e si mandavano i malati a rimettersi all’aria aperta, per lo piu` in campagna. 1185

Aria di collina, aria fina. L’aria di collina viene considerata migliore di quella di pianura, che talvolta e` anche malsana, e superiore a quella di mare, che e` umida. 1186

1187

90

.

D’aria non si campa.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Quando uno non mangia, o quando non gli viene dato cibo a sufficienza, o piu` in generale quando mancano i mezzi per sopravvivere, si ripete questo motto che si rifa` a una credenza assai antica secondo la quale le cicale si nutrivano d’aria. Il detto completo si trova nei dialetti: Non si puo` campare d’aria come le cicale. 1188

L’uomo non campa d’aria.

1189

Solo le cicale campano d’aria e di rugiada.

1190 L’aria piu ` fredda e` quella del cantone. Dove una strada s’incrocia con un’altra la corrente d’aria e` piu` forte e puo` essere pericolosa per la salute. Si consiglia di non sedere a riposarsi o a lavorare dove s’incrociano le strade.

Aria di corrente, peggiore d’un accidente. Le correnti d’aria che da uno spiraglio soffiano addosso a una persona che sta ferma sono pericolose e possono portare un malanno. Vedi anche Sole di vetro, aria di fessura portano l’uomo in sepoltura [S 1558]; Aria di finestra colpo di balestra [F 915]. 1191

Aria nella schiena a letto e in chiesa mena. A letto malati e in chiesa morti. Un tempo la polmonite, tipica malattia da raffreddamento, era mortale. 1192

Corrente d’aria contagio di malaria. La corrente d’aria e` pericolosa quanto la malaria, che spesso portava alla morte. 1193

1194 L’aria fa piu ` male della pioggia. Il vento freddo e` per l’organismo piu` pericoloso che essere bagnato da uno scroscio di pioggia.

Guardati dall’arietta che passa la giacchetta. Il fresco dovuto al vento leggero che avverti penetrare sotto la giacca e` pericoloso e puo` causarti un malanno. 1195

Aria rossa o piscia o soffia. Qui aria sta per ‘‘cielo’’, chiamato popolarmente anche l’aria (vedi Aria pecorina se non piove la sera piove la mattina [A 1201]). Se il cielo si presenta con l’orizzonte arrossato, e` vicina la pioggia oppure un periodo ventoso. 1196

pag 154 - 04/07/2007

91

.

Aria rossa o vento o goccia. Vedi anche Quando il tempo e` rosso corre il vento o corre il fosso [T 445]; Cielo rosso acqua nel fosso [C 1572]. 1197

Aria rossa di sera buon tempo mena ma se innalza non aver fidanza. Se il cielo della sera e` rosso e` segno di bel tempo, ma se dall’orizzonte il rosso si estende verso il colmo del cielo non ti fidare. Vedi anche Rosso di sera, bel tempo si spera [R 975] e il bolognese Aria rossa dla sira al bel tempo arriva ‘‘Se il cielo della sera e` rosso arrivera` il bel tempo’’. 1198

Aria a fette lampi e saette. Quando le nuvole si presentano come una massa divisa, quasi fosse stata affettata, e` segno di tempesta. 1199

Aria a scalelli acqua a pozzatelli. Quando le nuvole si dispongono a scale, e` segno che piovera` fino a riempire le buche del terreno e a formare le pozze. 1200

Aria pecorina se non piove la sera piove la mattina. Quando il cielo presenta una nuvolosita` lanosa che pare un gregge di pecore, minaccia la pioggia. Vedi anche Cielo a pecorelle, acqua a catinelle [C 1565]. 1201

Aria e luce nuova acqua conduce. Il cielo luminoso con ventilazione e l’orizzonte aperto dopo la pioggia portano a un nuovo acquazzone. 1202

Aria a pane se non piove oggi piovera` domane. Il cielo con nuvole di forma somigliante a grandi forme di pane e` indice di sicura pioggia. 1203

ARINGA In passato l’aringa era uno dei cibi-rifugio: costando poco e avendo molto sapore, era usata per dare gusto a cibi di poco valore, come la polenta di mais. Essendo un pesce del Nord arrivava conservato in barili sotto sale. 1204

Piu` l’aringa e` salata piu` e` saporita.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ARINGA

Piu` l’aringa e` salata piu` e` gradita, doveva infatti dare sapore a una gran quantita` di cibo poco appetitoso. Si dice anche salata nel senso di ‘‘cara’’: il cibo che costa poco e` spesso disprezzato e quello caro acquista valore; ma solo oggi l’aringa e` diventata un cibo di un certo pregio. 1205 L’aringa non ha bisogno di salsa. Infatti, essendo molto salata non richiede intingoli per stuzzicare appetito, anzi, serve proprio a questo.

Meglio un’aringa che dura d’un cappone che finisce. Paradossale per dire meglio un cibo che si puo` avere sempre che una cosa squisita, ma possibile solo raramente. Meglio qualcosa di accettabile sempre che l’ottimo raramente. Vedi anche Meglio le fave che durano dei capponi che finiscono [D 1231]; Meglio il poco che dura assai, che l’assai che dura poco [M 1157]. 1206

Meglio un’aringa al giorno che un castrone l’anno. Il castrone sarebbe propriamente l’agnello castrato e lasciato crescere per essere mangiato ancora tenero. Si dice anche di altri animali castrati. 1207

Meglio un’aringa al caldo che un cappone al freddo. E` preferibile mangiare cibi poveri in un posto comodo, confortato, che nutrirsi di cibi prelibati in un ambiente sgradevole. Piu` precisamente: meglio piatti semplici avendo intorno il necessario, che strafare nella cucina ed esser privi dell’indispensabile. Vedi anche Meglio un’aringa in casa propria che uno storione alla tavola del signore [A 1209]. 1208

Meglio un’aringa in casa propria che uno storione alla tavola del signore. E` preferibile mangiare cibi di poco valore nella pace della propria casa, dove siamo liberi e non dipendiamo da nessuno, che disporre di piatti prelibati in casa d’altri dove dobbiamo sottostare alle volonta` e ai capricci altrui. Cosı` il libro dei Proverbi (17.1): ‘‘Meglio un boccone di pan secco mangiato in pace, che una casa piena di carni sacrificate e di contese’’. Vedi anche Meglio pane e cipolla in casa tua che arrosto in casa d’altri [P 252]. 1209

Meglio pane e cipolla in casa tua che arrosto in casa d’altri. Per analogia. 1210

1211

L’aringa se non puzza non e` buona.

pag 155 - 04/07/2007

ARLECCHINO

L’aringa ha un odore caratteristico, intenso, che a molti non e` gradito, e tuttavia questo pesce deve avere questo odore. In senso traslato: elementi, che possono sembrare difetti, sono requisiti essenziali di determinate cose. Aringa alla griglia: piatto da re. L’aringa arrostita sui carboni e` veramente squisita per il deciso e gradevole sapore, va pero` mangiata con misura e accompagnata degnamente. 1212

1213 Piu ` aringa mangi piu` sete ti viene. Essendo molto salata e di difficile digestione, l’aringa mette sete e ha bisogno di vino. 1214 L’aringa mangiata vuole bere. Gioco di parole ormai inafferrabile dai piu`. Nel linguaggio popolare mangiato significava che uno aveva mangiato. Sei gia` mangiato? vale: ‘‘Hai gia` mangiato?’’. Oppure: Vieni gia` mangiato? vale ‘‘Vieni dopo aver mangiato?’’. Ancora: Mangiato e spesato di una persona di servizio alla quale vengono fatte le spese e dato gratuitamente da mangiare. Quindi: sarebbe come dire: L’aringa ‘‘dopo che e` stata mangiata-dopo che ha mangiato’’ vuole bere.

Aringa scaldata e salacca bruciata. Prima di consumare l’aringa si usava porla sui carboni ardenti e arrostirla leggermente. La salacca, che spesso nel linguaggio comune si confonde con l’aringa, invece veniva arrostita a lungo. Era infatti cibo poverissimo, simile all’aringa ma meno saporita. Si trattava di solito della cheppia, o di altri pesci del tipo delle aringhe. Per esaltarne il sapore e renderla piu` digeribile si lasciava la salacca a lungo sul fuoco. 1215

Aringa vecchia e aringa nuova hanno lo stesso sapore d’aringa. Quando una cosa vale poco, comunque sia presentata, comunque sia considerata, che sia vecchia o nuova, sempre poco vale. Quando una cosa e` decisamente e chiaramente segnata da un vizio, da una caratteristica negativa, qualunque cosa si faccia non perde la sua natura. 1216

Si vendono piu` aringhe che trote. La merce di poco costo, a buon mercato, si vende piu` che quella di valore, costosa, che solo pochi possono permettersi. 1217

1218

92

.

Dove ci son le aringhe c’e` anche il sale.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Dove c’e` un a cosa c’e` anche un’altra che e` da questa inseparabile. L’aringa era conosciuta in Italia solo sotto sale. ARLECCHINO Maschera celeberrima della Commedia dell’arte, che assunse in scena le funzioni del cosiddetto ‘‘secondo Zanni’’, ovvero del servo malignamente astuto, burlone e confusionario. La sua forza dirompente, connessa con la sua probabile origine antropologica come demone della terra, venne man mano limitata nel teatro moderno e soprattutto nella drammaturgia di Goldoni, alla quale si deve la fortuna di questa maschera fino ai nostri giorni. 1219 Arlecchino dice la verita` burlando. Frase che avverte come qualcuno, sotto forma di scherzo, stia dicendo una verita` che non sarebbe facile dire apertamente. Era questa una delle caratteristiche della maschera d’Arlecchino che, celiando, faceva inghiottire brutti rospi a potenti e prepotenti. Vedi anche Chi burla si confessa [C 2000]; La burla scopre il vero [B 1091]; Burlando si dice sempre qualcosa di vero [B 1094].

Arlecchino si confessa [confesso`] burlando. Di chi, celiando, apre i segreti del proprio animo. 1220

ARLOTTO Figura di una celebre saga popolare, il Piovano Arlotto e` autore e protagonista di molti detti. Appartiene alla storia della tradizione fiorentina. Nato nel 1396, Arlotto Mainardi esercito` la funzione di cappellano sulle galee mercantili, viaggiando molto, e concluse l’esistenza come piovano di San Cresci a Macioli, vicino a Firenze. Persona scanzonata, amo` il vino, il buon mangiare, gli scherzi, le risposte argute e le battute fulminanti. E` sepolto a Firenze, nella chiesa dei Pretoni, sotto la famosa lapide da lui dettata: ‘‘Questa sepoltura il Piovano Arlotto la fece fare per se´ e per chi ci vuol entrare’’. Morı` il 26 dicembre 1484. Come disse il Piovano Arlotto: E’ son migliori i tordi. Detto antico, letterario e ormai desueto. Lo riferisce Francesco Serdonati nei suoi Proverbi italiani, opera inedita in quattro volumi manoscritti che si trovano alla Biblioteca 1221

pag 156 - 04/07/2007

93

.

Laurenziana di Firenze. Si spiega con una facezia del Piovano Arlotto. ‘‘Era una sera a cena il Piovano con molti huomini da bene, in una villa, e cominciando a piovere tutti gli dicevano, che era molto buona, et a proposito quell’acqua alla semenza, veggendo il Piovano, che nessun innacquava il vino, disse, voi lodate tutti tanto quest’acqua, et non ci e` pero` alcuno di voi, che se ne metta una gocciola in corpo. Et essendo alla medesima cena in tavola molti tordi, et assai salsiccia il Piovano assaggiata la salsiccia la comincio` a lodar straordinariamente, dicendo non haver mai mangiato la migliore di sorte, che tutti si missero a mangiarne, et il Piovano intanto mangiava i piu` grassi e migliori tordi che vi fussero; come la salsiccia fu finita si volsero alli tordi, e trovando che il Piovano haveva mangiati i migliori, dissero: – Voi havete lodata la salsiccia, ma havete atteso a mangiar i tordi; rispose il Piovano: – Egli e` vero che io ho detto che la salsiccia e` buona, ma sono migliori i tordi, et ho fatto come voi, che avete lodato l’acqua e bevuto il vino puro’’. Il Piovano Arlotto sapeva leggere solo nel suo libro. Di chi vuole intendere solo le proprie ragioni e non presta orecchio a quelle degli altri. 1222

ARMA 1223 Le armi portano pace. La forza sconsiglia l’aggressione. Essere forti tiene lontano le tentazioni di aggressione da parte dei nemici (forse non quelle proprie di aggredire), vedi Se vuoi la pace prepara la guerra [G 1326]. O in un altro senso: la guerra, una volta finita, porta comunque la pace. 1224 Arma lunga fa buon fante. L’arma con asta (picca, alabarda) sarebbe piu` utile per la fanteria di quella corta (spada, ascia). Ironico: un’arma che tiene a distanza il nemico da` piu` coraggio di una che prevede il corpo a corpo. Vedi il reciproco A uomo audace corta spada [A 1542].

Le armi dei poltroni non tagliano e non feriscono. Le armi di coloro che per ignavia non combattono, anche se si presentano minacciose, non recano alcun danno. 1225

ARMARE 1226

Armiamoci e partite.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ARNO

Frase scherzosa con la quale si irride chi fa grandi programmi onerosi e impegnativi, il cui peso cerca di riversare sugli altri. Attribuita a diversi personaggi di varie parti politiche, e tuttora molto diffusa e usata. Vedi anche La campana chiama chiama, ma non entra mai in chiesa [C 276]. ARNIA f Vedi Alveare, Ape, Miele. ARNO Come e` naturale attendersi, i proverbi centrati su questo fiume sono tutti di area toscana, anche se la diffusione dei testi letterari toscani li ha sparsi. Tutto fa, diceva quella che pisciava in Arno (perche´ aveva il marito in secca a Empoli). Dicono che questa donna avesse il marito, fermo verso Pisa, che non poteva risalire l’Arno, un tempo navigabile, a causa della siccita`. Si ripete ancora di fronte ad aiuti, mezzi, denari irrisori per raggiungere uno scopo (ma la seconda parte e` rara). In Toscana e` molto diffuso il modo di dire tutto fa, sia ironico sia serio, in occasione di contributi, di qualsiasi tipo, giudicati minimi: il proverbio sembra nascere da espansione comica e paradossale di quest’uso. Vedi anche Disse la lucciola: Anch’io fo` lume [L 944]. 1227

L’Arno non cresce se la Sieve non mesce. L’Arno non cresce se la Sieve non lo rifornisce con le sue acque. Le piene dell’Arno sono in buona parte alimentate da questo affluente che ha l’ampio bacino nella valle del Mugello. Lo schema del proverbio si ripete per molti fiumi e fiumicelli italiani, vedi al riguardo Tevere, Brenta, Po, Piave. 1228

1229 Di desideri non s’empie l’Arno. Non basta desiderare per ottenere: chi chiede insistentemente la pioggia non avra` per questo il fiume in piena. 1230 L’Arno non ingrossa se non intorbida. Durante i temporali l’acqua si riversa nei fiumi trasportando terra e detriti. Ha uso traslato: nessuno puo` arricchirsi molto se non combina qualcosa di poco chiaro o di poco pulito. Vedi anche Il fiume non ingrossa d’acqua chiara [F 1010]. 1231

Arno non si fa pieno d’acqua chiara.

pag 157 - 04/07/2007

ARPA

Non son in Arno tanti pesciolini quant’in Venezia zazzere [gondole] e camini. Per dire che Venezia, essendo piena di uomini con i capelli lunghi (ovvero, nella variante, di gondole) e di camini, si presenta come una citta` un po’ vana e amante della vita comoda. Zazzera e` la capigliatura lunga che l’uomo porta cadente sul collo e sulla fronte. Ma ha, soprattutto in Toscana dove si usava il proverbio, valore spregiativo di capigliatura effeminata o trascurata. I pesciolini abbondavano nell’Arno ed erano in cucina la frittura, piatto tipico di Firenze. 1232

ARPA Chi non sa suonare l’arpa suoni il tamburo. Chi non e` buono per le cose raffinate si dia da fare con quelle piu` rozze. 1233

ARRANGIARSI Non tanto ‘‘l’arte di arrangiarsi’’ con espedienti piu` o meno leciti, ma la capacita` di adattarsi alle circostanze, darsi da fare come meglio si puo`, trovando un rimedio alle situazioni incresciose. 1234 La prima arte e` quella d’arrangiarsi. La prima capacita` che uno deve procurarsi e` quella di sapersela cavare da solo, di non aspettare che gli altri gli risolvano i suoi problemi.

Chi s’arrangia col suo non chiede nulla alla vicina. Chi sa cavarsela con quello che ha non dipende dagli altri, in particolare dai vicini. Il proverbio e` anche un po’ ambiguo e un po’ maligno. 1235

Sant’Arrangiati faceva miracoli anche mentre dormiva. Perche´ durante il sonno vengono le idee per levarsi dai guai. Arrangiati e`, ovviamente, un santo immaginario il cui nome deriva dal verbo che esprime l’azione stessa (vedi ad esempio Lunedı` e` san Musone). 1236

Chi s’arrangia qualcosa sempre mangia. Chi tenta di cavarsela da solo, senza aspettare che venga l’aiuto dal cielo, si da` da fare, cerca, qualcosa trova e in qualche modo risolve i propri problemi. 1237

1238

94

.

Prima fregatene e poi arrangiati.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Di fronte a una sventura o a un problema si consiglia, per prima cosa, di non prendersela, di non affliggersi, e quindi di darsi da fare per quanto e` possibile. ARRICCHIRE L’unico modo per diventare ricchi sembra quello di agire con mezzi illeciti, o di rischiare nei commerci e negli affari; ma anche questo ha i suoi lati oscuri. 1239 Di lavoro non arricchı` nessuno. Il mondo e` congegnato in maniera che con il solo lavoro ci si puo` mantenere, ma non ci si puo` arricchire, dato che questo presuppone un altro genere d’affari.

Per arricchire basta voltar le spalle a Cristo. Per avere ricchezze basta rinnegare i principi morali, non tenere conto dei sentimenti, dei comandamenti religiosi. E` quello che si diceva un tempo vendere l’anima al diavolo, vedi Chi vende l’anima non ha piu` nulla [A 930]. Vi e` un implicito riferimento alle parole di Cristo: ‘‘Non potete servire a Dio e a mammona’’ (Matteo 6.24; Luca 16.13) dove per mammona s’intendono le ricchezze elevate a livello di idolo. 1240

Per arricchire bisogna avere mani lunghe e coscienza corta. Aver le mani lunghe significa ‘‘essere ladro’’. Qui vale: essere pronto ad afferrare prima degli altri anche disonestamente, senza avere problemi con la propria coscienza. Questa deve essere corta: non arrivare al limite oltre il quale diventa imbarazzante e fastidiosa. 1241

Chi arricchisce in un anno e` impiccato in un mese. Chi accumula troppo rapidamente ricchezze significa che ha usato mezzi illeciti, per cui, scoperto, paga rapidamente il suo debito alla giustizia. 1242

1243 Chi non rischia non arricchisce. I proverbi sono concordi nel dire che col solo lavoro non si diventa ricchi. Il mezzo per arricchire e` rischiare: comprare, rivendere, investire, commerciare, prestare. Vedi anche Chi non risica non rosica [R 619]. 1244 Di risparmio arricchiscono gl’illusi. Con i risparmi e le privazioni non si raggiunge la ricchezza, anche se molti s’illudono di poterlo fare.

pag 158 - 04/07/2007

95

.

ARROSTO

1245 Piu ` uno arricchisce e piu` risparmia. Accumulare ricchezza fa venir la voglia di averne ancora risparmiando, vedi anche Avaro.

I lavori, le fatiche sono spesso piu` lunghi e piu` duri di quello che si pensa quando si cominciano o si portano avanti.

La prima veste che si fa chi arricchisce e` di asino, la seconda e` di lupo. Colui che diventa ricco prima insuperbisce e prende l’aspetto di ignorante, maleducato, senza garbo verso gli altri, quindi diviene avido e rapace.

ARROSSIRE In tutti i proverbi contrapposto a impallidire, l’uno con il significato di ‘‘provare una salutare vergogna che portera` a emendarsi’’, l’altro con quello di ‘‘subire una sterile umiliazione’’.

1246

Meglio arrossire da giovani che impallidire da vecchi. Meglio avere delle lezioni di buona creanza in tenera eta` che vedersi umiliati in eta` avanzata. 1254

ARRIVARE Vari modi per raggiungere la meta, tutti consigliati dal buon senso e dalla prudenza. f Vedi Tardi. Dove non puoi arrivare tiraci il cappello. Quello che non puoi prendere vincolalo con un trucco, prenotalo, mettici un’ipoteca. Tirare il cappello e` un modo di dire che significa ‘‘occupare con un artificio un posto al quale non si puo` arrivare prima degli altri’’. E` atteggiamento di persona avida, prepotente, che ipoteca o prende piu` di quanto gli spetta. 1247

Non giova tanto correre quanto arrivare. Quello che importa e` raggiungere il traguardo, il fine, e non esibire le proprie doti di abilita`, velocita`, potenza. 1248

1249 Meglio arrivare piu ` tardi e arrivar sani. E` preferibile raggiungere lo scopo senza danno, anche se piu` tardi. Vedi anche Chi va piano va sano e va lontano [A 881]. 1250 Chi mal naviga, male arriva. Chi non sa procedere bene, avanzare, progredire, allorche´ giunge alla meta non e` piu` in grado di godersi i frutti del suo viaggio, della sua impresa. 1251 Meglio arrivare prima che dopo. Meglio arrivare prima e dover aspettare che arrivare tardi e aver perso il treno. Meglio prevenire che curare. 1252 Chi prima arriva, piu ` aspetta. Chi arriva troppo presto a un appuntamento finisce per allungare la sua attesa. Bisogna aver misura nelle proprie azioni e non strafare. Bisogna fare quello che e` necessario: ne´ piu`, ne´ meno. Vedi il contrario Chi tardi arriva male alloggia [T 121]. 1253

Quando credi d’essere arrivato non sei che a mezza strada.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

L’arrossire una volta risparmia d’impallidire cento. Una bella lezione impartita al momento giusto da un genitore, da un maestro evita di prendere un’abitudine che puo` costare molte umiliazioni. 1255

1256

Meglio una volta arrossire che mille impallidire.

Meglio arrossire prima che sbiancare poi. Meglio chiedere, ammettendo di non sapere, che parlare, agire sbagliando. 1257

Chi mi vuol bene mi fa arrossire, chi mi vuol male mi fa imbianchire. Chi mi e` amico mi riprende quando sbaglio e mi fa arrossire; chi mi vuol male non lo fa e mi lascia al rischio di pericoli e brutte figure in situazioni che mi fanno impallidire dalla vergogna o dalla paura. Imbianchire oggi e` raro in luogo di ‘‘imbiancare’’. 1258

ARROSTO Considerato il cibo piu` pregiato, che solo in rare occasioni faceva la sua comparsa in tavola, l’arrosto e` il ‘boccone ghiotto’, sinonimo di affare fruttuoso, cosa ambita. Ma e` saggia condotta non occuparsi dell’arrosto che si trova nel piatto altrui. f Vedi Fumo, Fuoco. 1259 Non c’e` fumo senza arrosto. Dove si alza il fumo odoroso, si trova l’arrosto che cuoce. Molto vivo e diffuso per dire che certi segni autorizzano a dedurre una certa causa precisa che li provoca. Spesso anche nel senso che le dicerie, le voci, per il fatto stesso che ci sono, autorizzano a credere che abbiano comunque un qualche fondo di verita`.

pag 159 - 04/07/2007

ARROSTO

96

.

Vedi anche Non si grida al lupo che non sia can bigio [L 1152]; Nella maldicenza c’e` sempre un po’ di vero [M 267]. Arrosto che non ti tocca lascialo bruciare. Non ti interessare degli affari che non ti riguardano: ne ricaveresti solo grattacapi, inimicizie o danni, senza alcun vantaggio. Vedi anche Quel che non ti brucia, lascia che bruci [B 940] ; Tanto e` il mal che non mi nuoce quanto il ben che non mi giova [M 337]; Non metter bocca dove non ti tocca [B 664]. 1260

Acqua che non ti bagna lasciala correre. Per analogia. Non rimediare guai, non riparare guasti che non ti danneggiano. 1261

Di quel che non ti cale non dir ne´ ben ne´ male. Per analogia. Se non hai interesse su un argomento non ne parlare, non immischiarti: sicuramente non te ne verra` del bene. 1262

Il fuoco che non mi scalda non voglio che mi scotti. Per analogia. Riguardo alle cose che ci sono indifferenti, che non recano alcun utile, si prendano solo le precauzioni necessarie per non ricavarne un danno. 1263

Pelle che non puoi vendere, non la scorticare. Per analogia. Non metterti in un’impresa che sai gia` in partenza di non poter portare a termine, oppure non avviare un lavoro su un bene altrui, in quanto non puoi sapere cosa alla fine ne ricaverai. 1264

Quando e` finita l’ora dei sermoni a chi gira l’ arrosto e a chi i coglioni. Toscano. Quando sono finite le chiacchiere e i bei discorsi ognuno torna a fare i propri interessi. Vedi anche Quando le campane suonano a morto i tegami del prete suonano all’arrosto [C 288]. E` la morale d’una storiella popolare che ironizza sulla pretesa uguaglianza e fratellanza di tutti gli uomini (vedi Siamo tutti figli d’Adamo [A 228]). Un prete fece una commoventissima predica sulla carita`, dimostrando che tutti gli uomini sono figli di Dio e quindi fratelli. Spente le candele e chiusa la chiesa, un contadino ando` a suonare alla porta della canonica e, alla perpetua che gli aprı` disse d’essere il fratello del parroco. La donna voleva chiudergli la porta in faccia, dicendo che il prete non aveva fratelli, ma alle proteste dell’uomo, che riferiva 1265

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

quanto era stato detto nella predica, accorse il parroco, il quale si dette a dimostrargli come la fratellanza fosse solo di carattere spirituale e che non era il caso di confondere, mescolare l’amore con i beni materiali e tante altre sottili distinzioni. Alla fine del discorso il contadino se n’ando`, scuotendo la testa e dicendo: – Quando e` finita l’ora dei sermoni... La storia e` assai diffusa nella tradizione orale; si trova registrata in P. Paolo Stabili, Apologhi caduti in proverbio – Florilegio per la gioventu` studiosa, Napoli 1872. Ed ora che e` finita la messa del preposto a chi gira i coglioni e a chi l’arrosto. Fa riferimento alla storiella del proverbio precedente. 1266

Molti disprezzano l’arrosto e poi vanno in cerca del fumo. Molti disprezzano una cosa, poi si ravvedono e si contentano di una peggiore. Il riferimento nascosto e` alla favola di colui che insaporiva il pane al fumo dell’arrosto che usciva dalla finestra di un osteria e fu richiesto dall’oste del pagamento; il giudice sentenzio` che lo saldasse col suono di una moneta. Il modo di dire: Fare come Pinocchio con le pere, indica lo stesso atteggiamento: il burattino di Collodi prima volle che Geppetto gli sbucciasse le pere, poi, avendo ancora fame, mangio` le bucce. 1267

1268 Chi gira l’arrosto di rado lo mangia. Raramente chi lavora a cose ghiotte e preziose e` destinato a goderne, come il garzone che in cucina era adibito a girare lo spiedo, a cui non toccava di mangiare l’arrosto ma cibi meno appetibili.

Arrosto o lesso: tutto va nel cesso. E` un’argomentazione cinico-stoica, ripresa poi dai Padri cristiani, contro il vizio della gola e il lusso della tavola. L’uso ne seleziona pero` di regola il valore figurato: tutto, sia bello o brutto, finisce. Che si tratti di una cosa qualsiasi o di una persona di valore (l’arrosto e` piatto piu` pregiato del lesso), alla fine tutto ha lo stesso destino: la scomparsa, la morte. Vedi anche Alla fine del gioco va nel sacco tanto il re che la pedina [M 2014]; La morte non guarda in faccia a nessuno [M 2003]. 1269

1270

Per un buon arrostino metti salvia e rosmarino.

pag 160 - 04/07/2007

97 Per fare un arrosto saporito usa la salvia e il rosmarino, steccando il pezzo di carne o farcendo il pollame. Quando arriva fumo d’arrosto si butta l’arpa in un cantone. La prospettiva di vantaggi concreti fa mettere da parte alte aspirazioni e ideali. 1271

L’arrosto in tavola mette tutti d’accordo, meno quelli che rimangono senza. Quando c’e` dell’utile da spartire i membri di un gruppo trovano prima o poi un accordo, salvo coloro che vengono estromessi dalla spartizione. 1272

ARROTINO Artigiano itinerante che percorreva paesi e campagne con una bicicletta adattata a laboratorio per arrotare lame di coltelli, falci, cesoie e altri strumenti. 1273 Arrotino, porta l’acqua e beve il vino. Quando si vede passare l’arrotino vuol piovere. In realta` e` l’arrotino che fa bene le sue previsioni del tempo: come i magnani (che eseguivano piccoli lavori in ferro) e i calderai (che facevano il pentolame), l’arrotino poteva fare affari solo se i contadini erano a casa, per cui preferiva per fare il suo giro i giorni in cui minacciava pioggia, in modo da trovare sicuramente i clienti. Vedi il detto attinente L’avaro fa come l’asino che porta il vino e beve acqua [A 1617].

Quando piove fino fino l’ha nel culo l’arrotino. Perche´, stando sempre all’aperto, si bagna senza accorgersene. La pioggia sottile pare innocua e invece inzuppa gli abiti. Vedi anche Buon mercato e piover piano imbrogliano il villano [M 1272]; Acqua minuta bagna e non e` creduta [A 189]. 1274

ARTE Arte in generale come mestiere, professione, attivita` lavorativa da esercitare con capacita`, abilita`, perizia e destrezza. Conoscere un’arte garantisce sicurezza per il futuro in qualsiasi evenienza: quindi non perdere occasione per imparare e impratichirsi. E` necessario che ciascuno eserciti il lavoro che conosce, senza metter bocca (ne´ mano) in cose che non sa, e che ogni lavoro sia affidato a chi e` esperto in quel determinato campo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ARTE

f Vedi Maestro, Mestiere, Misura. 1275 L’arte passa la natura. Esaltazione delle capacita` degli artefici. Passa nel senso di ‘‘supera’’. 1276 La natura passa l’arte. Reciproco e contrario del precedente. Sono due posizioni antitetiche sulle quali si discute ancora, ma piu` si discusse in passato, senza peraltro arrivare a una soluzione del dilemma se si possa cambiare la natura con l’educazione. Circola al proposito un aneddoto illuminante: Dante sosteneva che l’arte passa la natura; Cino da Pistoia invece era convintissimo che la natura passa l’arte. Il divino poeta, per dimostrare il suo assunto, esercito` una gatta a stare sdraiata sopra il suo scrittoio, tenendo tra le zampe una candela, facendogli lume, mentre lui, di notte, vegliava poetando. Aveva gia` scritto diverse opere con questo sistema e la gatta non era mai venuta meno al suo compito, restando ore e ore ferma con la candela accesa tra le zampe. Allora Dante, discutendo con l’amico, disse che questa era la prova inoppugnabile che l’arte vince la natura, portando una gatta, domata e sottomessa, a non aver paura del fuoco e a far lume come una lanterna. Cino si dimostro` dubbioso e volle vedere la gatta alla prova. La sera stessa, dopo cena, si reco` a casa di Dante, dove il poeta l’accolse, mostrando quel portento con tanto di candela tra le zampe. Cino se ne rallegro` e, non visto, trasse da sotto il mantello una scatola, dalla quale libero` due topolini i quali si misero a correre per la stanza. In un lampo la gatta schizzo` come una molla e, mandata in terra la candela, si mise a dar la caccia ai topi. Cino allora disse: – Caro mio, l’arte puo` piu` della natura, finche´ la natura non si fa sentire! L’aneddoto attinge a una favola ‘universale’, che si trova in varie tradizioni variamente narrata e con altri personaggi. Lo schema si trova gia` nel testo medievale di Salomone e Marcolfo e in Marie de France. Nella tradizione popolare italiana variano i protagonisti: in Sicilia e` un principe che addomestica animali ed e` smentito da un amico con l’espediente del gatto e del topo, vedi L’Arti si parti e la Natura vinci, in G. Pitre`, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani. Nel centro Italia ha come protagonista Dante, che vede interlocutori diversi: qui Cino da Pistoia, altrove Cecco d’Ascoli, vedi Paolo Antonio Appiani (1639-1709), Notizie su

pag 161 - 04/07/2007

ARTE

Francesco Stabili (Cecco d’Ascoli) in Domenico Bernino, Historia di tutte l’heresie, Bernabo`, Roma 1707, Vol. III, p. 451. Contro natura invan arte s’adopra. L’arte fu dono della poverta`. La poverta`, come bisogno, necessita`, stimolo` l’arte, l’ingegno. Vedi anche La poverta` insegno` tutte le arti [P 2395]; La necessita` insegna l’arte [N 182]; Il bisognino fa trottar la vecchia [B 606]; Il bisogno stimola l’ingegno [B 605]. 1277 1278

Fai l’arte che tu sai e, se non arricchisci, camperai. Se tu eserciti l’arte, il lavoro che conosci, forse non avrai ricchezze, ma vivrai decorosamente. Invito a non lasciarsi allettare da facili guadagni abbandonando il proprio mestiere. 1279

1280 L’arte e` lunga, la vita breve. Chi si addentra nei segreti e nelle regole di un’arte, s’accorge sempre, anche se raggiunge alti livelli, che il piu` rimane ancora da imparare. La vita non e` sufficiente a impadronirsi del tutto di un’arte o di una scienza. Deriva dal detto latino, forse ancora piu` diffuso di quello italiano: 1281 Ars longa, vita brevis. Aforisma di Ippocrate (Aforismi 1.1), ripreso da Seneca all’inizio del suo De brevitate vitae. Da notare che nel testo greco originale si nomina prima la brevita` della vita, col risultato di enfatizzare la lunghezza dell’arte (in origine, la medicina), vista come qualcosa che trascende la vita del singolo. Nella versione latina l’accento batte invece sui limiti umani. 1282 L’arte vuole esercizio. Ogni arte necessita di continua pratica, di esperienza: quindi per essere veramente posseduta va esercitata costantemente. 1283 L’arte nasconde l’arte. La vera arte non fa vedere l’artificio. Il vero artista presenta la sua opera senza far apparire lo sforzo, l’espediente, l’accorgimento e l’opera appare eseguita con naturalezza. 1284 L’arte si ruba con gli occhi. S’impara un’arte osservando, guardando come lavora un esperto. Spesso gli artigiani eseguivano di nascosto, cacciando i clienti di bottega, certe operazioni di cui avevano il segreto, quale ad esempio la tempera del ferro. 1285

98

.

Ogni arte ha i suoi segreti.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Non tutti possono sapere come si fa una cosa. Ogni arte implica delle conoscenze che non vengono comunicate a tutti, per mantenere una sorta di monopolio o un primato. Nella ceramica, nella lavorazione del ferro certi segreti si tramandavano di padre in figlio, o da maestro ad apprendista. 1286 L’arte del padre e` mezza imparata. Sia perche´ si ritiene che si tramandi naturalmente per ereditarieta`, sia perche´ il padre ne insegna i segreti al figlio. 1287 Chi e` dell’arte apprezza l’opera. Solo colui che e` esperto di un’arte, di un mestiere e` in grado di valutare appieno gli aspetti positivi del lavoro svolto da un altro, cosa che non puo` fare l’inesperto al quale sfuggono le difficolta`, le finezze, le innovazioni. 1288 Chi ha arte ha parte. Oggi inteso nel senso che chi ha arte ha un posto nella societa`; un tempo, costituendo le arti le varie corporazioni, aveva un significato politico e la parola parte valeva partito. Da confrontare, in contrapposizione, il modo di dire Non avere ne´ arte ne´ parte, a proposito di qualcuno che pare non avere un ruolo preciso nel modo e se la cava con lavori occasionali.

Arte da` parte a chi da lei non si parte. L’arte da` sostanza a chi ha la pazienza d’impararla ed esercitarla. Anticamente con significato politico, vedi il precedente. 1289

1290 Chi ha arte ha sempre una patria. Anche se cacciato dalla propria viene accolto dovunque. 1291 Chi ha un’arte e` un signore. Perche´ puo` disporre di se´, scegliere i committenti, trattare, essere considerato facendo valere la propria abilita`. 1292 Chi ha un’arte ha una fortuna. Ha un bene che lo sostiene e l’accompagna sempre, in ogni situazione. Da menzionare come parallelo, anche a commento del precedente, il detto mediolatino Artem qui sequitur raro pauper reperitur ‘‘Chi coltiva l’arte raramente rimane povero’’. Vedi anche Chi ha un mestiere ha un patrimonio e mezzo [M 1384]; Tutti i mestieri dan da mangiare [M 1387], ed altri affini sotto Mestiere. 1293

Cattiva e` l’arte che non campa il maestro.

pag 162 - 04/07/2007

99

.

L’attivita` che non da` da vivere a chi e` esperto e capace e` un’arte che deve essere abbandonata, che non serve o non e` richiesta. Impara l’arte e mettila da parte; (tempo verra` che ti bisognera`). Molto vivo e diffuso, soprattutto il primo distico. Bisogna saper fare diversi mestieri perche´ prima o poi torna comodo conoscerli. Non perdere occasione d’imparare a fare qualsiasi cosa, perche´ sapere ti sara` certamente utile. 1294

Impara l’arte e mettila la` e quando e` tempo tu la fa. Impara l’arte e quando viene il momento buono giovatene. 1295

1296 Chi non sa l’arte chiuda la bottega. Chi non sa fare il proprio mestiere e` inutile che faccia vista di conoscerlo. Si dice soprattutto di chi fa gran chiacchiere su un argomento e non combina poi niente di buono. La bottega, con l’insegna e la mostra, dichiara l’attivita` che vi si esercita. 1297 A chi e` dell’arte non dire: Bada! Non insegnare l’arte a chi la sa.

Ognuno soffre dell’arte sua. E` frequente il caso nel quale la persona che produce un bene, proprio di questo soffra la mancanza. Vedi anche Ognuno soffre del proprio mestiere [M 1356]; Il cavallo del fabbro non ha ferri e la moglie del calzolaio non ha scarpe [F 28]; Il ciabattino manda la moglie con le scarpe rotte [C 1504]. 1298

1299

Ognun dell’arte sua ne va mendico.

Con l’arte e con l’inganno si vive mezzo l’anno; con l’inganno e con l’arte si vive l’altra parte. La strofetta proverbiale si trova nell’ Esaltazion della Croce (atto IV, scena IX) del commediografo cinquecentesco Giovanni Maria Cecchi. Significa che con gli espedienti, anche poco corretti, e con la capacita` si tira a campare, si sbarca il lunario. Molto popolare e conosciuto, da cui forse deriva il seguente, molto meno noto: 1300

1301

Con l’arte e con l’ingegno s’acquista meta` regno; con l’ingegno e con l’arte s’acquista l’altra parte.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ARTE

Modificazione in senso positivo della strofa precedente: per raggiungere uno scopo si deve usare l’arte, che e` data dalla capacita` insieme all’apprendimento, e quindi anche l’ingegno, vale a dire l’applicazione del metodo, la scoperta dello strumento, del mezzo. 1302 Senza mercede non c’e` arte. E` un avvertimento: se si vuole che un lavoro sia fatto bene, con maestria e impegno bisogna pagarlo. Le cose fatte per favore vengono eseguite con scarso entusiasmo, mentre piu` lauto e` il compenso piu` l’arte interviene ad abbellire e rendere valida l’opera. 1303 Il tuo nemico e` quel dell’arte tua. La rivalita`, la competizione, i conflitti d’interesse nascono tra coloro che esercitano la stessa attivita`. Chi ti porta via il lavoro, i clienti, i segreti, gli aiutanti e` quello che esercita la tua stessa attivita`. 1304 Ognuno e` nemico dell’arte sua. Ognuno ha verso l’attivita` che svolge un risentimento perche´ crede che sia ingrata e richieda troppo sacrificio rispetto a quello che rende, per cui giura continuamente che, se tornasse indietro, non sceglierebbe di fare quel lavoro. 1305 Ognuno ha buona moglie e cattiva arte. Ci si lamenta piu` del proprio lavoro (vedi il precedente) che della moglie sulla quale, al di la` delle battute scontate, l’uomo esprime piu` lodi che biasimi.

Se vuoi arricchire fai un’arte vile. Il mestiere rifiutato da tutti, o al quale pochi si dedicano, offre un mercato con scarsi concorrenti e molti clienti che si raccomandano per essere serviti e pagano bene. 1306

L’arte del giocatore e` bestemmiare, l’arte del mercante e` di fallire, l’arte del marinar morire in mare e l’arte di chi vive e` di morire. Ironico e amaro. Qui arte e` il fine, il senso di un’attivita`, e il modo di concluderla. Il frutto del giocare e` bestemmiare tutta la vita, non essere contento; il frutto del commercio e` il fallimento e la vergogna; quello del navigare e` il rischio di far naufragio e d’annegare; e quello di chi semplicemente vive e` di morire comunque. 1307

1308

Se fosse un’arte non lo potrebbe fare il villano, se facesse male non lo farebbero

pag 163 - 04/07/2007

ARTEMISIA

100

.

i medici, se fosse pericoloso non lo farebbero le monache e se fosse peccato non lo farebbero i frati. E` una specie di maligno indovinello la cui soluzione e`: far all’amore. Ha una forma proverbiale e una lettura acuta delle cose. Il villano e` rozzo e incapace di esercitare un’arte; il medico e` attento a tutto quello che nuoce e, pur consigliandolo ai clienti, si guarderebbe bene dal giovarsene. Da` come certo che le monache all’occasione si levano qualche capriccio, mentre rileva il fatto che sono attentissime nell’evitare pericoli. Anche i frati si danno da fare e sanno che non e` peccato, altrimenti la paura dell’inferno lo impedirebbe loro. Dove toglie natura arte procura. S’intende arte come ‘‘artificio’’: dove non c’e` bellezza, si rimedia con l’ornamento, ecc. Si dice delle donne che si vestono, si truccano, si ornano in modo da apparire piu` belle di quello che sono. Piu` in generale anche: l’uomo rimpiazza con l’ingegnosita` le manchevolezze della natura o il di piu` che desidera. 1309

Dove non giunge natura arte procura. 1311 Tristo e` quel servo che ha l’arte d’aprire senza chiave. Il servitore troppo ‘abile’, capace di aprire porte e cassetti senza chiave non e` un buon servitore. 1310

1312 Chi non ha arte faccia il medico. Eco di una antica tradizione di scarsa fiducia nei confronti dei medici; oggi e` piuttosto applicabile a altre professioni. Ma il proverbio allude forse al fatto che tutti pretendono di dar consigli sulle malattie e ognuno si sente un po’ dottore in medicina.

Un’arte buona e` mangiare alla barba dei coglioni. Piu` che un’arte e` un’astuzia. Si riferisce ai tempi quando mangiare era un problema e fare un buon pranzo una fortuna. Allora farsi invitare a mangiare, infilarsi in qualche modo a una tavola era spesso l’unico modo per levarsi la fame. 1313

ARTEMISIA L’artemisia (Arthemisia vulgaris) e` una pianta perenne comune, che somiglia all’assenzio.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Molto usata nella farmacopea tradizionale che le riconosce numerose virtu` curative. In particolare e` usata per disturbi femminili: provoca i mestrui, accelera il parto, toglie infiammazioni, stimola l’orina ed espelle l’aborto. Se la donna sapesse le virtu` dell’artemisia la porterebbe nella camicia. Se la donna conoscesse le capacita` curative dell’artemisia la terrebbe sempre con se´. L’assonanza fra artemisia e camicia fa pensare che la diffusione del proverbio abbia preso le mosse da area veneta (artemic¸a-camic¸a). 1314

ARTISTA Nella visione popolare l’artista si confonde col pazzo, ma alla pazzia un tempo si dava anche un valore positivo di malattia sacra. Il pazzo era un visionario, diceva verita` incomprensibili, viveva fuori dalle convenzioni sociali e quindi non era falso, ne´ ipocrita. 1315 Artista, pazzo o mendico. L’artista non ha una via di mezzo, natura equilibrata: se e` abile e` stravagante o strano, se non lo e` o non ha fortuna mena vita grama.

Chi dice artista dice matto. Gli artisti salgono per primi sulla barca dei matti. La barca dei matti era quella dove venivano imbarcati gli strani che davano fastidio in un paese, in una citta` e abbandonati alla corrente di un fiume in modo che, arrangiandosi, sbarcavano a valle, in un altro paese. L’uso antico pare abbia dato origine al luogo comune della stultifera navis ‘‘la barca dei folli’’, sulla quale gli artisti avrebbero un posto d’onore. 1316 1317

ASCENSIONE / ASCESA Festivita` che ricorda l’ascesa di Cristo al cielo, ricorre quaranta giorni dopo la Pasqua. Un tempo cadeva di giovedı`, oggi in Italia si celebra la domenica. Nella visione popolare, questo avvenimento era considerato un momento di contatto tra il cielo e la terra, stabilito da Cristo con la sua salita al cielo: le forze della natura, attivate da quelle celesti, avevano poteri straordinari, come l’uovo deposto in questo giorno che risanava ogni malattia. Si riteneva che la natura attraversasse un momento delicatissimo e, se turbata, potesse alterare i suoi cicli. Nel giorno dell’Ascensione bisogna tralasciare qualsiasi lavoro, anche il piu` leggero. Questa proibizione non va spie-

pag 164 - 04/07/2007

101

.

ASCIUTTO

gata solo con l’obbligo del riposo festivo previsto dalla Chiesa, ma con una sopravvivenza pagana di carattere magico, sovrappostasi alla ricorrenza cristiana.

La resta e` l’appendice a punta filiforme, allungata, piu` o meno rigida, che esce dalle spighe di molte graminacee, come il grano, l’orzo e l’avena.

Il giorno dell’Ascensione non si muove neanche il pulcino nell’uovo. Il riposo assoluto e` osservato da tutte le creature, anche quelle non ancora nate.

1328 Per l’Ascensione spiga l’orzo. L’orzo per l’Ascensione fa apparire la spiga.

1318

Il giorno dell’Ascensione l’uccello non si muove dalla cova. Non abbandona il nido neppure per andare in cerca di cibo. 1319

1320

Il giorno dell’Ascensione l’uccello non porta cibo ai figli.

Chi lavora per l’Ascensione tutto il lavoro va in perdizione. Il lavoro compiuto in questa ricorrenza non frutta, anzi porta rovina. 1321

Se piove per l’Ascensione ogni cosa va in perdizione. La pioggia in questo giorno nuocerebbe a tutti i raccolti e alle colture della campagna. Le connessioni tra i vari fenomeni sono indecifrabili e di natura magica. 1322

Se piove il dı` dell’Ascensione ogni spiga perde un cantone. Se piove nella giornata calera` il raccolto del grano: la spiga ha quattro file (cantoni) di chicchi allineati lungo lo stelo. Equivale alla perdita di un quarto del raccolto. 1323

Se piove per l’Ascensa metti un pane di meno sulla mensa. Risparmia il pane perche´ ci sara` meno grano. Un pane di meno pare molto, ma il proverbio dice il vero se si pensa che una famiglia contadina di un grande podere poteva arrivare anche a trenta o piu` persone. Ascensa e` variante regionale di ‘‘Ascensione’’. 1324

Se piove per l’Ascensa molta paglia e poca semenza. Il grano sara` sviluppato nello stelo ma poco ricco nella spiga. Il tipo di rima denuncia l’origine settentrionale. 1325

Se piove il dı` dell’Ascensione saluta la noce. E` perduto il raccolto delle noci. 1326

1327

Per l’Ascensione la spiga (del grano) fa la resta.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Pensa e ripensa di giovedı` cade l’Ascensa. Pareva una verita` banale: il proverbio si usava per deridere chi faceva un’affermazione ovvia. Ma l’ultima riforma del calendario liturgico (1969) ha spostato la festa alla domenica successiva. 1329

Fino all’Ascensione non ti levare il (tuo) giubbone. Fino a questo giorno non toglierti i panni pesanti, perche´ puo` tornare il freddo. Vedi anche Aprile non t’alleggerire [A 1098]; Di giugno getta via il cuticugno, ma non lo impegnare [G 784]. 1330

Fino a Viri Galilei vo’ vestire i panni miei. Fino all’Ascensione voglio tenere i miei panni consueti. Viri Galilei e` chiamato il giorno dell’Ascensione perche´ in tal giorno l’Introito della messa comincia con queste parole: Viri Galilei, qui admiramini aspicientes in caelum? ‘‘Uomini di Galilea, perche´ state a guardare in cielo?’’. Vedi anche Ne´ di maggio ne´ di maggione non ti levare il pelliccione [M 130]; Fino ai Santi Fiorentini non pigliare i panni fini [S 323]. 1331

ASCIA Con due colpi d’ascia Dio fece alla donna il meglio e il peggio per l’uomo. Sono le due aperture, la bocca e il sesso, dalle quali puo` venire all’uomo paradiso e inferno. 1332

ASCIUTTO Come sostantivo (stare all’asciutto, in un terreno non bagnato, in un posto confortevole, sicuro) e come aggettivo. A chi guarda dall’asciutto paiono contenti quelli che son nella pioggia. Chi e` fuori dai guai pensa che chi vi e` dentro ci stia bene. Le sofferenze degli altri paiono, a quelli che le vedono di fuori, molto piu` leggere. L’incontentabilita` dell’uomo fa apparire a chi sta bene che coloro che tribolano abbiano una sorte migliore. 1333

pag 165 - 04/07/2007

ASCOLANO

102

.

Piedi asciutti e borsa piena fanno l’uom di buona lena. Il piede all’asciutto, nella buona scarpa, da` sicurezza nel cammino e la borsa piena, s’intende di denaro, conforta in caso di qualunque bisogno: quindi l’uomo affronta la strada di buona voglia. 1334

1335 Bocca umida e piede asciutto. Un consiglio su come tenersi in salute: mantenere il piede asciutto, cioe` caldo e ben protetto, e non soffrire la sete.

ASCOLANO Ascolano tira il sasso e nasconde la mano. L’abitante di Ascoli sarebbe pronto a far il danno e coprire rapidamente le proprie responsabilita`. Tirare il sasso e nascondere la mano e` un modo di dire che significa ‘‘colpire stando al coperto, agire male nascondendosi furbescamente’’. Vedi anche Non si deve tirare il sasso e nascondere la mano [S 437]. 1336

ASCOLTARE Ascoltare, in genere giudicato utile, contrapposto a parlare, considerato sempre pericolosissimo, da stolti. Ma ci vogliono le dovute precauzioni anche nell’ascoltare, e soprattutto non bisogna mai farlo all’insaputa di chi sta parlando, si potrebbe venire a conoscere il suo vero pensiero. f Vedi Parlare, Sentire. Ascolta molto e parla poco. Ascolta tutto quello che puoi e parla meno possibile. Parlando non si fa che attirarsi dei guai e ascoltando si apprendono fatti e notizie utili. Massima capitale della saggezza popolare che la tradizione greca attribuiva direttamente ad uno dei Sette saggi, Cleobulo, nella forma ‘‘Meglio ascoltare che parlare molto’’. Similmente anche nella Bibbia il Siracide (Ecclesiastico) afferma (5.11): ‘‘Sii pronto nell’ascoltare, lento nel proferire una risposta’’. Vedi anche Odi molto e parla poco [U 56]. 1337

1338

Dall’ascoltare viene sapienza e dal parlare pentimento.

1339

Ascolta molto, parla poco e non credere nulla.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Vale a dire: non credere nulla di quello che senti dire, senza aver fatto una verifica, senza averne le prove. 1340 Orecchie d’asino e bocca di formica. Per analogia. Ascoltare ogni cosa e non dire nulla. L’asino ha orecchie grandi e la formica bocca piccola, per dire l’uso che uno ne deve fare. 1341 Chi ascolta compra e chi parla vende. Chi ascolta e` come se acquistasse, cioe` traesse vantaggi per se´, raccogliendo notizie, idee, pensieri da colui che, invece, parlando da` via qualcosa che puo` essere utile a un altro. Per di piu`: chi ascolta ‘compra’ senza pagare e chi vende non riscuote. Vedi anche Chi parla semina e chi tace raccoglie [S 971]. 1342 Ad ascoltare non si sbaglia mai. Sapere e` sempre comodo.

Chi ascolta, vede e tace passa la vita in pace. Chi sente senza intervenire, vede senza criticare e conserva il silenzio su quello che ha sentito e visto si procura di vivere senza grattacapi e tribolazioni. Vedi anche Chi vede, sente e tutto quel che vede e sente tace vive felice e in pace [T 27]. E` traduzione del seguente detto mediolatino, di cui si registrano continuazioni in quasi tutte le lingue europee: 1343

Audi, vide, tace si vis vivere in pace. ‘‘Ascolta, guarda e taci se vuoi vivere in pace’’. Ne esiste anche una versione ampliata Multa audi, dic pauca, tege abdita, disce minori parcere, maiori cedere, ferre parem ‘‘Ascolta molto, parla poco, conserva i segreti, impara a essere indulgente con i sottoposti, a non resistere a chi e` superiore e a sopportare chi ti e` pari’’, dove per il perseguimento della tranquillita` si menzionano altri concetti chiave dell’adattamento sociale, ben diffusi nella tradizione paremiografica. 1344

1345

Ascoltare, vedere e tacere son tre cose da sapere.

Chi ascolta quello che non deve, sente quello che non vuole. Chi origlia, spia, si impiccia, spesso scopre cose spiacevoli che lo riguardano e sarebbe stato meglio per lui non aver saputo. L’Ecclesiaste (7.22) avverte: ‘‘Non affidare il tuo cuore a tutte le parole che si dicono, perche´ 1346

pag 166 - 04/07/2007

103

.

puoi sentire anche il tuo servo che dice male di te’’. Vedi anche Chi sta in ascolteria sente cose che non vorria [S 1032]. 1347

Chi ascolta ode il suo male.

1348

Chi di nascosto ascolta parlare di se´, spesso non sente le sue lodi.

Chi ascolta all’uscio trovera` disgusto. Chi ascolta all’insaputa degli altri i loro discorsi non avra` di che rallegrarsi. 1349

ASINO

parti. Altri: non dare sentenza in tribunale (per legge) ne´ stendere un giudizio per scritto (per carte) senza, ecc. Il piu` tristo del casato piu` vuol essere ascoltato. Colui che vale meno nella compagnia e` quello che piu` degli altri vuole dire la sua. Chi sa meno, chi capisce meno parla e insiste di piu`. 1355

ASFODELO

1350 Chi ascolta fa la prova a sue spese. Chi ascolta con l’inganno cose che non deve sentire, i segreti degli altri, mette alla prova se stesso senza bisogno e pagandone le conseguenze, dato che non sara` contento di quello che avra` udito.

1356 L’asfodelo porta il grano. L’anno in cui abbonda l’asfodelo sara` ricco anche il raccolto di grano. La pianta cresce nelle zone incolte ed era nell’antichita`, per il colore pallido, il fiore dei morti.

Se ascolti e poi dici ti compri nemici. Se riferisci le maldicenze che senti dire dagli altri ti fai nemici sia coloro le parole dei quali hai riportato, sia coloro che le vengono a sapere, perche´ non e` gradito chi riferisce calunnie o malignita`.

ASINO Bestia intelligente, si e` fatta cattivo nome e cattiva vita per eccessiva bonta`. Piu` intelligente del cavallo e anche piu` coraggioso, l’asino si rifiuta d’essere condotto in battaglia, ma, se si trova nella mischia, se la cava senza paura e senza il tremito che spesso invade il cavallo. Al di la` delle ingiurie, l’asino e` l’animale nel quale l’uomo ha riposto piu` fiducia e confidenza: in ogni aspetto della vita del passato compare l’asino come compagnia quotidiana, aiuto nel lavoro, nel cammino. Le Scritture sacre sono segnate dalla presenza di questo animale a cominciare dalla celebre Asina di Balaam (Numeri 22.22) che parlo` per frenare la stoltezza del padrone. Quindi lo ritroviamo accanto alla mangiatoia di Betlemme, secondo il racconto del vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo. E` sempre un asino che accompagna la fuga in Egitto di Maria, Gesu` e Giuseppe e un asino che porta Cristo a Gerusalemme. Molti i significati simbolici. Fatica e lavoro: la vita dell’asino; ignoranza: le orecchie d’asino sono simbolo di incapacita` d’apprendere e con i termini asino, ciuco e somaro si deride chi e` ignorante; lascivia: il maschio e` straordinariamente dotato negli attributi sessuali; mitezza: sopporta senza ribellarsi lavoro, gravi pesi e percosse; ostinazione, testardaggine: l’asino s’impunta facilmente nel non voler camminare o prendere una strada e cede solo con le brutte maniere; pigrizia: deve essere continuamente stimolato nel lavoro; sobrieta`: vive di poco e di foraggio di scarso valore; tardezza d’ingegno: questo e` dovuto piu` che altro all’ostinazione, mentre e`

1351

1352 Ognuno ascolta a modo suo. Infatti tra due persone che ascoltano lo stesso discorso vengono fuori versioni diverse. Ognuno da` a quello che sente un’interpretazione personale che ne altera il senso. 1353 Ben ascolta chi nota. Ascolta bene chi ricorda, chi tiene a mente e si rende conto. Probabilmente e` un altro proverbio antico ripreso da Dante (Inferno 15.99): ‘‘Lo mio maestro allora in su la gota / destra si volse indietro, e riguardommi; / poi disse – Bene ascolta chi la nota. La frase nel testo dantesco risulta di difficile interpretazione, come sottolinea tra gli altri nel suo commento Natalino Sapegno, tanto che si puo` pensare che Dante inserisca una formula proverbiale preesistente, che la nostra cultura ormai rimanda solo al suo testo. Il proverbio comunque, che si usa sempre come citazione dantesca, non e` preso in considerazione da Giovanni B. Bronzini, Nota sulla popolarita` dei proverbi della Divina Commedia, Lares, anno 37, Fasc. I-II, I972, pp. 9-18.

Non giudicar per legge, ne´ per carte, senza ascoltare l’una e l’altra parte. Non dare giudizi, ne´ emettere sentenze affidandoti alla sola legge o a documenti scritti, senza avere ascoltato direttamente le due 1354

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 167 - 04/07/2007

ASINO

104

.

invece intelligente; tribolazione: fa una vita grama e faticosa; umilta`: e` l’animale dei poveri. f Vedi Ciuco, Frusta, Mulo, Pazienza, Porco, Ragliare, Raglio, Somaro. Meglio un asino vivo che un dottore morto. Meglio una cosa modesta disponibile che una cosa di valore di cui non e` possibile usufruire. Si usa anche con ironia. Probabile calco e adattamento del versetto dell’Ecclesiaste (9.4), divenuto proverbio: 1357

Un cane vivo vale piu` d’un leone morto. Per analogia. 1358

L’asino quando ha mangiato la biada tira calci al corbello. L’uomo gretto, ricevuto un beneficio, maltratta chi glielo ha fatto. Vedi anche Fontana; oppure Per gratitudine il maiale rovescia il secchio [M 175]; Non morder poppe che ti han dato il latte [P 2143]; Non si sputa nel piatto dove si e` mangiato [S 1987]; Quando uno ha mangiato si chiede a cosa serva la cucina [M 503]; Quando il viandante ha bevuto gira le spalle al pozzo [V 679]. 1359

Quando ha mangiato il mulo alla greppia volta il culo. Per analogia. La greppia e` la rastrelliera, situata lungo la parete della stalla sopra la mangiatoia, in cui si pone il foraggio per le bestie; per estensione anche la mangiatoia stessa. Voltare il culo indica un gesto volgare e grossolano di ingratitudine. 1360

Chi lava la testa all’asino perde il ranno e il sapone. Chi compie una azione buona verso persone volgari, rozze, villane perde inutilmente il suo tempo e quello che ha donato, senza che i beneficati si accorgano di quanto e` stato fatto per loro. L’asino di solito non viene lavato, pulito e strigliato come il cavallo. Il ranno si otteneva facendo passare acqua bollente attraverso la cenere; serviva come detergente liquido per lavare panni e altre cose d’uso domestico. 1361

A far (del) bene agli asini si ricevono calci. Fare complimenti e gentilezze a una persona rozza e volgare ha come compenso gesti sgarbati o perfino ingiurie. L’asino e` bestia mite, ma strana, ombrosa, chiusa e non risponde 1362

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

alle gentilezze, come altri animali, anzi improvvisamente e senza ragione puo` sparare calci. Per questo e` considerato irriconoscente. 1363

A strigliare l’asino si ricevono calci.

Chi accarezza la mula rimedia [buschera`] calci. Per analogia. Anche il mulo e` ombroso e strano come l’asino. 1364

Chi liscia il mulo si piglia calci in culo. Per analogia. 1365

Se fai del bene all’asino si sdegna sant’Antonio. Che pure e` il santo protettore degli animali. Per dire che non vanno aiutati gli indegni e gli ingrati. 1366

Chi mette l’asino in casa ne sara` cacciato fuori. Chi si presenta in una casa, a una festa, in cattiva compagnia viene cacciato. Si puo` intendere anche che chi fa entrare in casa propria come congiunto, amico, servitore una persona invadente, senza discrezione, ovvero di non sane intenzioni, si trovera` a mal partito, o dovra` lui stesso fare fagotto. 1367

1368 Dove cade l’asino, cade il padrone. Il padrone spesso segue l’asino a un passo di distanza e, facendosi fare la strada, non vede il pericolo nel quale, cadendo la sua bestia, cade anche lui. Si dice di chi segue per abitudine o comodita` uno stolto o un incapace procurandosi un danno. 1369 Tutti gli asini si somigliano. Delle cose che non hanno valore, qualita`, grazia: una vale l’altra. ` difficile dire qual sia l’asino piu` bello. 1370 E

Tutti gli asini si somigliano, ma non son tutti fratelli. Si somigliano non per essere della stessa madre, ma per le doti che non hanno. 1371

1372 Un asino vale l’altro. Mentre nel cavallo spiccano le qualita` individuali e risaltano le diversita` di prestazioni, i somari servono solo a portare carichi e tra l’uno e l’altro c’e` poca differenza. Quando due persone dello stesso livello cercano inutilmente di risolvere un problema, parlano a sproposito su un argomento, si dice che tra loro non c’e` alcuna differenza. 1373

Un asino bianco ne sa quanto uno bigio.

pag 168 - 04/07/2007

105

.

Quello bianco, anche se piu` raro, sempre asino e`. Asini, donne e noci voglion le mani atroci. Riporta a una societa` primitiva di rapporti basati sul bisogno, l’ignoranza e la brutalita`. Ciononostante, forse anche a causa del caratteristico uso dell’aggettivo atroce nel senso di ‘‘impietoso, duro’’, il proverbio risulta molto noto e diffuso. Vedi anche Donne e bistecche, piu` si battono e piu` diventano tenere [D 1029]. 1374

Le donne, i noci e gli asini non vanno senza pertiche. Cioe` richiedono l’uso di bastoni. 1375

L’asino s’accorse della coda quando non l’aveva piu`. L’uomo rozzo e ignorante s’accorge della bonta` delle cose solo al momento che le perde. Una favola popolare racconta che l’asino chiese a Dio di levargli la coda perche´ non gli serviva. Poi venne il tempo dei tafani e allora s’accorse che non aveva con che scacciarli, e la rivolle indietro. Vedi anche A suo tempo anche la coda serve alla vacca [T 410]. 1376

1377

L’asino non conosce la coda se non quando non l’ha piu`.

A maggio l’asino s’accorge di non aver piu` la coda. Solo quando cominciano a infastidirlo le mosche e i tafani l’asino apprezza la coda. L’ignorante, il rozzo non capisce neppure cio` che gli e` utile o non apprezza i piaceri che gli si fanno. 1378

1379

L’asino che si taglio` la coda s’accorse a che serviva al tempo dei tafani.

1380 Coda d’asino trema, ma non casca. Si dice di qualcosa che pare preoccupante, ma in realta` non lo e` affatto. La coda dell’asino trema quando la bestia e` irritata o ha paura, ma, ovviamente, non cade.

La pelle dell’asino non si vende due volte. Quello che si vende rende una sola volta. Fa riferimento a una favoletta nella quale un pentolaio aveva promesso la pelle dell’asino, quando fosse morto, a un intero paese. 1381

L’asino dove e` cascato una volta non ci casca [ricasca] piu` (la seconda). Si sottolinea la stoltezza dell’uomo che cade piu` volte nello stesso errore, mentre si dice che l’asino, ritenuto (sia pure a torto) il sim1382

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

ASINO

bolo della lentezza d’ingegno, non si lasci ingannare due volte. Vedi anche Gatto scottato dall’acqua calda ha paura di quella fredda [G 243]; Chi inciampa due volte nella stessa pietra non merita compassione [I 135]; Chi inciampa nello stesso sasso non merita compassione [I 136]. 1383

L’asino ci casca una volta sola.

L’asino si fa portare sul ghiaccio una volta sola. La superficie ghiacciata e` pericolosa per gli asini che vi scivolano facilmente rompendosi le gambe. 1384

Non si prende due volte una volpe alla stessa tagliola. Per analogia. Un’accortezza della volpe consiste nel fatto che, sfuggita a un pericolo, non ci ricade piu`, vedi Aristotele, Storia degli animali 9.11. I paremiografi greci registrano ‘‘Non due volte la volpe [sott. si fa catturare]’’, equivalente al medievale Vulpes non iterum capitur laqueo ‘‘La volpe non si prende al laccio due volte’’. Il concetto e` presente in termini molto simili gia` in Orazio, Satire 2.7.70: Quae belua ruptis / cum semel effugit, reddit se prava catenis? ‘‘Quale bestia, una volta che le ha rotte, torna a rimettersi in catene?’’. 1385

1386 Una volta si frega anche la vecchia. Per analogia. Anche chi ha esperienza puo` essere ingannato, ma una volta sola. In questo senso vedi anche Una volta si fa a tutti [V 1310]. 1387 Chi e` asino torna alla stalla. Chi ha una determinata natura, anche se cambia vita, paese, condizione, torna alle sue abitudini e si rivela per quello che e`. L’asino che fugge sta lontano qualche tempo e poi ritorna alla sua stalla.

L’asino porta la paglia e l’asino se la rimangia. Si dice quando qualcuno, maleducatamente, dopo aver portato in dono un dolce o altro cibo, se ne mangia una buona parte quando gli viene offerto. 1388

Il contadino porto` il cacio al padrone e se lo rimangio` tutto a colazione. Per analogia. Fa riferimento alla storia di un contadino che di buon mattino porto` una forma di formaggio in omaggio al padrone; avendogliela messa in tavola col pane e il vino per far colazione, la finı`. 1389

pag 169 - 04/07/2007

ASINO

106

.

Meglio asino tristo che portare il sacco in spalla. Meglio avere un asino malridotto o ribelle che portarsi i pesi addosso. Meglio un aiuto anche da poco che fare una grande fatica tutta da soli. 1390

1391 Chi cavalca l’asino non abbia fretta. Chi si trova con mezzi poco efficienti non creda di poter fare presto a compiere l’opera o ad arrivare a destinazione. Comunque, se non ha fretta, potra` arrivare ugualmente in fondo al lavoro o alla strada. L’asino cammina lento.

L’asino che non ha fatto la coda in tre anni non la fara` (mai) piu`. Questa curiosa e improbabile osservazione naturalistica e` usata metaforicamente: chi a una certa eta` non ha raggiunto equilibrio, saggezza, giudizio, ricchezza, fama, si rassegni perche´ non vi riuscira` mai. Vedi anche Chi di venti non ne ha, di trenta non ne aspetti [V 398]; Il buon dı` si vede dal mattino [D 252]. 1392

1393 Nel paese degli asini il mulo e` podesta`. Dove mancano capacita`, intelligenza, abilita` chi ne dispone anche in piccola parte emerge sugli altri. Il mulo, incrocio tra cavallo e asina, e` piu` robusto, piu` forte e meno strambo dell’asino. Vedi anche In terra di ciechi un orbo e` re [C 1542]. 1394 La sella mal s’adatta all’asino. La roba buona non e` adatta alla gente rozza, a chi non la capisce. La sella e` per il cavallo, mentre l’asino porta il basto. Vedi anche L’orzo non e` fatto per gli asini [A 1407]. 1395 L’asino si gratta e il barile si sfascia. La sbadataggine, l’incuria, l’indifferenza di chi esegue un lavoro possono rovinare i beni del padrone. E` un modo per riprendere chi opera guastando la roba che lavora. La metafora e` presa dal comportamento dell’asino che porta sulla soma barili di vino od olio. Questi animali, presi da prurito sovente dovuto alle punture dei tafani o delle mosche, vanno a strofinarsi ai muri, agli alberi, alle palizzate, scuotendo il carico o urtandolo. Nel caso che si tratti di barili questi si sfasciano e tutto il contenuto va perso.

Asino e mulattiero non hanno ugual pensiero. L’asino pensa di fermarsi e l’asinaio di proseguire, l’asino vuole mangiare e l’asinaio lo spinge avanti col bastone, l’asino pensa di 1396

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

mangiarsi il fieno che porta e l’asinaio gli da` la paglia. Cosı` si comportano due persone che sono interessate o lavorano alla stessa cosa, ma operano con idee diverse, seguendo i propri interessi che sono divergenti. Di solito l’equivoco si rivela al concludersi dell’operazione. Una cosa pensa l’asino e un’altra l’asinaio. Vedi anche Una la pensa il cane e una la lepre [L 514]; Una la pensa il ghiotto e un’altra il tavernaio [O 636]. 1397

Quando tutti dicono che sei un asino, ti convien ragliare. E` inutile opporsi all’opinione comune: anche se e` sbagliata, non vera, sgradevole, occorre consentire perche´ mettersi da solo contro quello che tutti pensano comporta gravi conseguenze. 1398

Se c’e` il sole e tutti dicono che piove, tu apri l’ombrello. Per analogia. 1399

1400 Trotto d’asino dura poco. L’asino non e` un animale veloce, col carico e` molto lento. Anche pungolandolo avvia un trotto modesto e di breve durata. Il suo trotto e` diventato il simbolo delle cose effimere. Vedi anche Trotto di mula vecchia e` come il ballo dello zoppo [M 2230]; Fuoco di paglia e vento di culo durano poco [P 173]; Amor di vecchierello trotto di somarello [A 816].

Trotto di somaro e amor di puttana si stancano presto. La donna facile si stanca presto di un uomo. 1401

Trotto d’asino, fuoco di paglia, amore di signore durano poco. Il fuoco di paglia e` vivido ma di breve durata; la benevolenza del potente finisce presto. Vedi anche Amicizia di potente e vin di fiasco la sera e` buono e la mattina e` guasto [A 608]. 1402

1403 L’asino morto lo piange solo il padrone. Chi non e` amato da nessuno e` rimpianto solo da chi ne traeva utilita`, giovamento. Allude chiaramente al povero, al diseredato.

Quando l’asina vuole l’asino non puole. Quando l’asino puole l’asina non vuole. Si dice di due persone che non si trovano mai d’accordo, specialmente marito e moglie. 1404

1405

Asino punto convien che trotti.

pag 170 - 04/07/2007

107 Di fronte alla necessita` chiunque e` indotto a fare anche quello che non farebbe spontaneamente. Si usava un tempo un bastone appuntito, detto pungolo, per sollecitare l’asino. Come disse l’asino: Come son punto, cosı` cammino. Ognuno agisce secondo il proprio interesse, o in quanto vi e` costretto: nessuno, in genere, fa spontaneamente piu di quello che gli conviene. 1406

La biada [l’orzo / l’avena] non e` fatta [fatto] per gli asini. Le cose buone, belle, di valore non sono destinate a chi e` rozzo, a chi non l’apprezza. Il detto serve soprattutto a rilevare l’inutilita` di offrire oggetti di qualita`, trattamenti gentili a coloro che per natura o per educazione non sono in grado di apprezzarli. L’avena, l’orzo, la segale e la biada sono energetici, ma troppo preziosi, costosi per esser dati ai somari. Vedi anche A cavallo che non porta sella biada non si crivella [B 522]; L’erba del piano non e` per gli asini del poggio [E 97]. 1407

Tre cose sono dure a vincere: spalle d’asino, muso di porco e orecchie di mercante. Il bersaglio del proverbio e` il mercante che, quando non vuole intendere una cosa contraria al suo interesse, e` duro e ostinato (vedi Non c’e` peggior sordo di chi non vuol sentire [S 1659]). Altrettanto dure sono le spalle dell’asino capaci di portare pesi considerevoli senza cedere, e il muso del porco, forte, capace di scavare nel terreno piu` resistente, tra le pietre per trovare radici e animali. 1408

1409 Testa d’asino non vien mai bianca. L’asino ha come caratteristica di imbiancare nella vecchiaia il pelo del corpo, mentre la testa imbianca piu` tardi. La persona che ha poco cervello invecchia piu` lentamente: non lo turbano le cure e i pensieri, la ricerca del sapere. Si voleva che i capelli bianchi fossero dovuti ai dispiaceri, alle fatiche, alle pene e in particolare ai pensieri, al lavoro della mente. 1410 Dall’asino non cercar lana. A nessuno chiedere quello che non ha. 1411 Dall’asino aspettati calci. Dall’asino aspettati quello che puo` dare: calci. Infatti questo animale ha come modo di difesa il calcio, che e` forte, improvviso e dolorosissimo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ASINO

L’asino si alza dalla parte che si e` coricato. L’asino ha un sonno pesantissimo. Si dice di chi non recede da un’idea, ha un chiodo fisso: con quello s’addormenta e con quello si sveglia. 1412

L’asino zoppo arriva, il cavallo veloce chi sa. Se l’asino va gia` piano quello zoppo va pianissimo ma arriva sicuramente, mentre il cavallo che corre veloce puo` anche rompersi il collo. Vedi anche Chi va piano va sano e va lontano e chi va forte va alla morte [A 881]. 1413

Meglio un asino che mi porti che un cavallo che mi getti in terra. 1415 A asino duro bastone di sorbo. Il legno di sorbo e` ritenuto tra i piu` duri e resistenti. Con chi e` testardo e restio ci vogliono le maniere forti. Vedi anche A carne di lupo denti di cane [L 1115]. 1414

Asino duro, bastone grosso. Neanche all’asino piacciono le bastonate. Le cose cattive non sono gradite neppure a coloro che ne hanno lunga pratica. 1416 1417

1418 L’odore della stalla fa trottare l’asino. La prospettiva di un benessere, di un vantaggio fa fare alle persone cose delle quali non hanno voglia, come quando l’asino riconosce o avverte la vicinanza della stalla e si mette a trottare.

Lega l’asino dove vuole il padrone, e se il lupo se lo mangia, suo danno. Se sei sottoposto, fai come ti si comanda e non curarti delle conseguenze, che ricadono su chi ti ha dato l’ordine. Invito a non prendersi responsabilita` con scelte intelligenti, quando vige un rapporto gerarchico, perche´ sono pericolose. 1419

1420 Un asino gratta l’altro. L’ignorante adula l’ignorante, ovvero: quando due ignoranti, sicuri della loro cultura, si danno ragione uno con l’altro, sbagliando. Vedi anche L’ignorante loda l’ignorante [I 16]. Traduzione del seguente, mediolatino, di cui permane un certo uso, soprattutto per indicare in modo scherzoso una situazione di aiuto reciproco (o di reciproca lode) tra ignoranti o incapaci: 1421 Asinus asinum fricat ‘‘Un asino gratta un asino’’. E` la continuazione medievale di quello che dovette essere

pag 171 - 04/07/2007

ASINO

108

.

un proverbio gia` nella latinita` arcaica: Mutuum muli scabunt ‘‘I muli si grattano a vicenda’’, preso da Varrone come titolo di una delle sue Satire menippee. Anche i paremiografi greci conoscono un ‘‘grattarsi a vicenda’’, che spiegano riferendo l’uso degli asini di grattarsi reciprocamente. Un asino trova sempre un altro asino che lo ammira. 1423 Quando il sole tramonta l’asino s’impunta. Il tramonto del sole turba l’equilibrio degli esseri viventi, alcuni dei quali lo manifestano con particolari segni come l’asino che s’impunta (si ferma improvvisamente e non vuole andare avanti), gli uccelli che cantano piu` intensamente, e anche i bambini che piu` facilmente piangono. Comunemente s’intende che, tramontato il sole, il giorno e` finito e non si ha piu` voglia di lavorare. 1422

1424 Ognuno a suo modo e l’asino all’antica. Ognuno faccia come crede e chi e` arretrato, testardo, ostinato faccia come si faceva un tempo. Di chi non accetta le novita` utili, le innovazioni vantaggiose, e si ostina a fare quello che ha sempre fatto e lo vuol fare nello stesso modo.

L’asino della marchesa corre solo quando e` in discesa. Si dice di una persona infingarda, vagabonda, che non fa mai nulla e si muove solo quando le cose sono facili dandosi delle arie. 1425

Quando gli asini parleranno latino la fine del mondo sara` vicino. Si allude allo sdottoreggiare degli ignoranti. 1426

Un asino carico d’oro non e` nemmeno un asino ricco. Si dice di chi si carica di gioielli o li porta immeritatamente. 1427

1428 Un asino carico d’oro e` un asino carico. Non e` quello che porta che lo qualifica, sempre un asino resta.

Anche un pagliaio e` grande e se lo mangia un asino. Quella che sembra una riserva che non ha fine, sottraendone piccole quantita` sparisce. Vedi anche Levare e non mettere fa la spia [L 603]. 1429

Quando la pecora balla coll’asino torna a casa con le gambe rotte. Chi si mette con gli stupidi, gl’incompetenti e gli incapaci non puo` ricavarne che danno. 1430

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1431 Chi asino nasce asino muore. Per chi non capisce non c’e` alcun rimedio. Non si puo` ovviare alla mancanza di doti naturali. Vedi anche Non si leva il sangue dalle rape [R 206]; Chi nasce quadro non puo` morir tondo [Q 5]. 1432 Chi e` stato asino non sara` mai cavallo. Non si cambia l’intima natura di persone e cose. 1433 Asino addobbato non cessa di ragliare. Le insegne onorifiche non riescono a nascondere la vera natura di chi ne e` indegno. Vedi anche L’asino che ando` a Roma torno` ragliando [M 486].

L’asino del comune muore sempre di fame. Un bene che appartiene a tutti finisce presto, perche´ ognuno lo sfrutta e nessuno pensa a conservarlo e custodirlo. Tutti usano l’asino che appartiene a una collettivita` e nessuno si preoccupa di dargli da mangiare, facendo conto che sia un altro a occuparsene. Vedi anche Cane che ha molti padroni va a letto digiuno [C 384]; La vacca di due padroni e` sempre munta [V 23]; La vacca di due padroni muore di fame, e quella di tre muore di fame e di sete [V 25]; reciproco Chi fa bene al comune non fa bene a nessuno [C 1975]. 1434

1435 L’asino di tre padroni morı` tre volte. Perche´ nessuno dei tre aveva provveduto a sfamarlo, quindi per ognuno dei tre era morto. 1436 Chi sa far tutto e` l’asino del comune. Chi riesce a far bene le cose e` chiamato da tutti in aiuto e finisce per lavorare per gli altri. L’asino del comune e` la bestia da soma alla quale toccano tutte le fatiche. 1437 Anche l’asino canta per amore. Anche la persona piu` rozza e primitiva ha i suoi sentimenti. Il raglio dell’asino a maggio e` un richiamo amoroso.

Anche l’asino s’impegna per cantare all’amorosa. Purtroppo sgraziatamente per i nostri orecchi. 1438

1439 L’asino canta per l’asina. Se chi ascolta e` dello stesso livello il canto va benissimo, anche se musicalmente lascia molto a desiderare. 1440 Canta tanto l’asino che l’usignolo. Tutti possono fare una certa cosa, ma il modo col quale viene fatta e` quello che conta.

pag 172 - 04/07/2007

109 Nega piu` un asino di quanto affermino dieci sapienti. E` piu` facile distruggere una teoria, un’ipotesi che affermarne una nuova. Fa riferimento a un gesto consueto dell’asino, preso anche questo come indice di disobbedienza, quello di muovere la testa come si fa per negare emettendo un suono simile allo starnuto. 1441

1442 Tra tanti muli, ci puo` stare un asino. Tra cose, persone, che valgono poco, non sfigura una di valore simile.

L’asino bianco gli va al mulino. Scherzoso. Quello ha tutte le fortune: l’asino che gli serve per andare al mulino e` bianco, cosı` anche se s’infarina non si nota! 1443

1444 L’asino da vivo canta e da morto suona. Sempre male. Si dice di chi non ne fa mai bene una, da giovane come da vecchio. Con la pelle dell’asino si fanno i tamburi.

Tre asini, tre allocchi e tre coglioni fanno un uditorio. Per dare tono a una cerimonia basta la presenza di persone, non importa se siano competenti o meno. Come l’asino anche l’allocco (vedi la voce) ha fama di scarsa intelligenza. 1445

Asini a maggio, gatti a gennaio, donne a carnevale, nessuno li puo` legare. Gli asini di maggio hanno la stagione degli amori, cosı` come i gatti a gennaio; le donne a carnevale cercano balli e feste. Nessuno puo` tenerli fermi. 1446

1447 Un asino insegno` a potare. Anche uno sciocco, un ignorante, una persona semplice possono avere qualcosa da insegnare. Si dice che l’asino, entrato in una vigna, si mangio` i tralci piu` teneri, procurandosi una sonora bastonatura. Ma a ottobre il padrone si accorse che le viti potate dall’asino, dettero un piu` ricco raccolto. Da questo gli uomini impararono a potare la vite. Cfr. G. Pitre`, Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano, III, p. 424. Vedi anche L’asino pota e Dio fa l’uva [P 2264].

Quando l’asino e` troppo felice va a ballare sul ghiaccio. Di solito le persone quando non hanno guai se li vanno a cercare. Vedi per la spiegazione in L’asino si fa portare sul ghiaccio una volta sola [A 1384]. Vedi anche Quando la formica vuol morire mette le ali [F 1106]; Il pidocchio 1448

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

ASINO

sazio va a passeggiare sulla camicia [P 1646]; Chi non ha guai se li cerca [G 1244]; Chi e` al sicuro non vada al pericolo [S 1281]. Asino di montagna caccia il cavallo dalla stalla. I nuovi venuti hanno pretese, improntitudine e prepotenza tali che, facendosi largo a gomitate, cacciano coloro che sono migliori di loro e ne prendono il posto. Vedi anche Lo sbirro nuovo caccia lo sbirro vecchio [S 503]. 1449

Il can di monte caccia quel di corte. Per analogia, ma con significato diverso. Cane di monte indica la ‘‘persona selvatica, ma robusta, forte e efficiente’’ che viene preferita a quella infiacchita da una vita comoda e senza esercizio. 1450

1451 Qui casca l’asino. Espressione proverbiale molto viva e diffusa. Si dice di un punto difficile dove l’inesperto, o lo sciocco, facilmente mostra i propri limiti. Anche di un ostacolo che blocca molti o in cui uno incorre continuamente.

Come asino sape cosı` minuzza rape. Antico. Significa: ognuno fa quello che sa, come puo` e come gli riesce. Si dice che gli asini siano particolarmente goffi, per quanto ghiotti, nel mangiare le rape, dando uno spettacolo esilarante. Sape antico per ‘‘sa’’. Di questo proverbio, scrive il Giusti, si servı` Farinata degli Uberti nel ‘‘discorso di Empoli’’ in cui salvo` Firenze dalla distruzione, insieme all’altro: Vassi capra zoppa se il lupo non la intoppa [C 658]. 1452

Anche agli asini vecchi piace l’erba fresca. Anche agli anziani piace la roba giovane. Si dice di persone anziane che hanno propensione ad amare giovani. 1453

Si vedono molti asini che non portano soma. Tante persone sono asini perfetti, ma cio` nonostante non conducono una vita da asini. La soma e` il carico che portano somari e muli. 1454

1455

Son piu` gli asini con due gambe che gli asini con quattro.

L’asino che starnuta di mattina chiama il sole. Si vuole che lo starnutire degli asini al mattino sia segno di bel tempo. 1456

pag 173 - 04/07/2007

ASINO

110

.

1457 Starnuto d’asino pioggia vicina. Se non e` al mattino lo starnuto dell’asino predice la pioggia.

Quando l’asino scuote le orecchie e sbuffa vuole piovere presto. Altra previsione meteorologica basata sul comportamento dell’asino. 1458

Quando gli asini ragliano la pioggia e` vicina. Il raglio insistente dell’asino sarebbe segno di pioggia che s’avvicina. Probabilmente l’asino avverte una variazione atmosferica. 1459

Nulla sta meglio in campagna dell’asino: se caca concima, se raglia spaventa i passeri, se piscia annaffia, se mangia taglia l’erba e pota le siepi. Scherzoso, ma in parte anche vero in ogni affermazione. 1460

1461 L’asino affamato vede i cardi da lontano. Colui che ha un vivo interesse per una cosa, la scopre, la trova la` dove altri stentano a vederla anche quando viene loro indicata. Gli asini sono ghiottissimi del cardo (vedi la voce). Dice Carducci ‘‘... un asin bigio, rosicchiando un cardo / rosso e turchino’’ (Rime nuove, Davanti San Guido).

Chi va dietro al proprio asino si ritrova in un campo di cardi. Chi segue una persona da poco finisce in un luogo altrettanto squallido, tra gente di scarso valore. L’asino e` ghiotto di cardi (vedi la voce) e questi crescono nei terreni incolti, abbandonati, sulle balze. 1462

Maggio e` il mese degli asini. L’asino e` detto ‘‘il cantor di maggio’’ alludendo al fatto che, entrando nel periodo degli amori, raglia a distesa senza misericordia. Tassoni (La secchia rapita 10.16): ‘‘Va’ tu a condur le rondini al passaggio / e a far innamorar gli asini a maggio’’; quindi: (1.6): ‘‘e s’udian gli usignoli al primo albore / e gli asini cantar versi d’amore’’. Vedi anche Maggio mette cinque gambe agli asini [M 148]. Il periodo degli amori di questo animale si colloca comunque anche un po’ prima, vedi D’aprile aspro ragliare e dolce dormire [A 1106]. 1463

1464 Ad asino bestemmiato lustra il pelo. Le maledizioni, il disprezzo, il malaugurio spesso paiono ottenere un effetto benefico su chi ne e` il destinatario.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Tre asini e un contadino son quattro bestie. Come se anche il contadino avesse difetti simili a quelli dell’asino: testardaggine, poco cervello, lentezza nel lavoro, impuntature, istintivita`. 1465

1466 Rustica progenie sempre villana fu. Per analogia.

Gli asini camminano sempre sui bordi dei precipizi. Le persone, piu` sono ignoranti, piu` si piccano nel voler fare cose difficili. E` vero che gli asini e i muli, come le capre, camminano vicino agli scoscendimenti, ma sanno quello che fanno. 1467

Chi asino alliscia e puttana mena non uscira` mai di pena. L’asino va trattato rudemente, altrimenti non cammina o fa quello che vuole (allisciare, prendere con le buone); la prostituta, entrata in casa (menare vale portare, tenere in casa) porta disordine, risse e discordia. 1468

1469 L’asino si scoprı` dal raglio. In una favola di Esopo l’asino s’era messo addosso una pelle di leone, spaventando gli animali, ma quando volle ruggire emise un raglio che lo fece riconoscere (Favole 267; 279). Per quanto uno cerchi di nascondere la sua vera natura, parlando si rivela. 1470 L’asino si riconosce dal basto [al pelo]. L’uomo si riconosce da cio` che indossa, da quello che fa, da come si presenta. 1471 L’asino si riconosce dalle orecchie. Ci sono segni caratteristici delle cose e delle persone che sono inconfondibili anche sotto un mascheramento.

Tre cose stanno male in tre luoghi: asino nell’orto, cane in chiesa, frate in taverna. L’asino e` ghiotto di germogli teneri e quindi devasta le piante nel loro vegetare; il cane in chiesa disturba, ed essendo ritenuto immondo, viene cacciato a calci (si dice per antifrasi: fortunato come un cane in chiesa); il frate nella taverna, dove si gioca, si beve e si bestemmia, da` scandalo. 1472

1473

Il buon asinaio porta l’asino anche sul ghiaccio.

pag 174 - 04/07/2007

111 L’uomo esperto riesce a fare cose che per altri sono sconsigliate o proibite. Vedi anche L’asino si fa portare sul ghiaccio una volta sola [A 1384]. Quando l’asino incontra l’asina raglia e piscia. Di chi manifesta i propri sentimenti in modo sconcio o sgraziato. 1474

1475 Tra asino e asino non corron che calci. Tra gente rozza, anche se amica, i complimenti sono bestiali. Nella volgarita` i rapporti sono solo volgari.

Gli asini di Cavour non li loda nessuno [non li lodano gli altri]: si lodano da soli. Proverbio piemontese, ripetuto anche in italiano ma soprattutto dialettale, nella forma I asu ‘d Ca`ur a‘s laudu da lur. Si usa per criticare chi si autocelebra, ostenta meriti e virtu`. Il detto nasce dal fatto che il mercato di bestiame di Cavour (paese in provincia di Torino) era famoso soprattutto per la qualita` dei suoi asini: comprare lı` un asino era di per se´ una garanzia e non c’era bisogno delle lodi dei venditori. 1476

.

ASPETTARE

sicuri di ritrovarlo. Espressione che si usa con chi fa rilevare come qualcuno e` da tempo in attesa. Chi aspettar puole ha quel che vuole. Chi ha agio di attendere coglie molte opportunita` e quindi consegue quello che desidera. La forma puole denuncia l’origine toscana. 1480

1481 Il tempo viene per chi lo sa aspettare. Condanna implicitamente l’impaziente per il quale non giunge mai il tempo giusto, opportuno.

Chi buon guadagno aspetta non ha fretta. Chi si aspetta vantaggi e benefici di solito non e` impaziente e manovra con giudizio e calma per non compromettere l’esito atteso. 1482

1483 Chi aspetta vuole il meglio. Chi non si contenta subito, chi attende e indugia spera in qualcosa di piu` di quello che gli viene offerto.

1477

1484 Chi aspetta spera. Sintetizza l’attendere con fiducia una cosa desiderata. In spagnolo per aspettare e sperare si usa lo stesso verbo: esperar.

Asparagi, peperoni e ravanelli consolazion di passere e d’uccelli. L’allusione e` chiara: si dice che questi ortaggi siano gli afrodisiaci dei poveri. Altri alimenti hanno l’effetto contrario, vedi in proposito Rape, zucche, patate, erbe, piselli, non cantan le cicale, ne´ gli uccelli [R 233].

Aspettare e non venire, stare in letto e non dormire, aver cavallo che non vuol ire son tre doglie da morire. Ecco i tre maggiori fastidi: aspettare chi non arriva; non riuscire a prendere sonno; avere una cavalcatura restia, che si ferma, va piano e s’impunta. Da notare la sintassi forzata, con cambio implicito di soggetto, nella prima opposizione, affiancando l’azione dell’aspettare a quella del venire, indipendentemente da chi compia l’azione.

ASPARAGI Asparagi, funghi e granchi spendi molto e poco mangi. Sono alimenti dove c’e` poco da mangiare e molto scarto, oppure di poco rendimento, come i funghi che si riducono nella cottura. In compenso sono generalmente costosi. 1478

1485

Aspettare e non venire e` una cosa da morire. Variamente citato, il proverbio si trova anche in questa forma semplice (cfr. G. Bruno, Il Candelaio, atto IV, scena I). 1486

ASPETTARE Alcuni proverbi sottolineano come l’attendere con pazienza, senza fretta e` l’unico modo per cogliere le opportunita` favorevoli, raggiungere quanto si desidera; altri si riferiscono all’aspettare invano, alla frustrazione dell’attesa. 1479 Chi aspetta non fugge. Chi e` in attesa per avere qualcosa che gli preme, aspetta finche´ non l’ha ottenuta, quindi non c’e` fretta nel servirlo, o nel riceverlo, perche´ anche se passa del tempo siamo

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Aspettar e non venir, star in letto e non dormir, servir e non gradir son tre cose da morir. Qui oltre all’insonnia si aggiunge il servire ‘‘lavorare, prodigarsi per chi non gradisce’’ (gradir come ‘‘risultare gradito’’), non e` mai contento, trova sempre da ridire. 1487

pag 175 - 04/07/2007

ASSAI

Servire e non gradire, aspettare e non venire, stare in letto e non dormire, aver cavallo che non vuol capire, essere in prigione e non poter uscire, aver servitore che non vuol ubbidire, esser malato e non poter guarire, perder la strada quando si vuol ire, aver un uscio che non si vuole aprire, sapere che un amico ti vuole tradire sono doglie da morire. Amplia i motivi di scontento rispetto ai precedenti attraverso la facile concatenazione di rime all’infinito. 1488

Tre cose e` difficile aspettare: la tavola, il fuoco e il letto. Fame, freddo e sonno rendono l’attesa insopportabile. 1489

1490 Per chi aspetta un’ora pare un giorno. Nell’attesa il tempo sembra piu` lungo.

A chi desia ed aspetta sembra indugio anche la fretta. L’attesa per chi aspetta con desiderio e impazienza, anche se breve, pare sempre molto lunga, per cui anche affrettarsi non e` sufficiente. 1491

Un favor molto aspettato e` mal fatto e assai pagato. Chi fa sospirare troppo un dono, un favore invece di attirarsi la riconoscenza e la simpatia, diviene odioso e insopportabile, perche´ fa pesare troppo quello che concede umiliando il destinatario, il quale per questo non si sentira` in debito. Vedi il reciproco Chi da` subito da` due volte [D 97]. 1492

ASSAI f Vedi Molto, Poco. Assai guadagna chi perde vana speranza. E` gia` di per se´ un gran vantaggio lo smettere di sperare in una cosa impossibile o illusoria. Le vane speranze infatti finiscono col condizionare tutta la vita. 1493

Assai vince chi non gioca. Chi non gioca ha una considerevole vincita sicura in quanto e` certo di non perdere. Si riferisce ai giochi d’azzardo. 1494

1495

112

.

Assai presto se assai bene.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Una operazione che si conclude nel migliore dei modi fa dimenticare anche gravi ritardi. Vedi anche Quando bene, sempre presto [P 2600]; Sat cito si sat bene [P 2601] 1496 Assai manca a chi assai desidera. Chi desidera, anche se ha gia` molto, si sente tuttavia mancante di tutte quelle cose che agogna. E` il desiderio a determinare il livello di felicita`, di ricchezza. Vedi anche i numerosi proverbi sull’avarizia e l’avaro (vedi le voci). 1497 Assai ha chi di poco si contenta. Reciproco del precedente. Chi si accontenta del poco che ha e` ricco. 1498 Assai predica chi ben vive. Chi vive rettamente con l’esempio che offre ottiene piu` risultati che se predicasse. Vedi Un buon esempio vale due prediche [E 164].

Chi non tien conto del poco non acquista l’assai. Chi trascura le piccole cose perde le grandi; chi non controlla le piccole quantita` non raggiunge l’accumulazione di molto. Vedi anche Con tanti niente ammazzai l’asino [N 334]. 1499

1500 Assai basta e il troppo guasta. Cio` che e` abbondante e` buono comunque, mentre quello che e` soverchio puo` essere nocivo. Detto in particolare del cibo, della tavola.

Chi assai pone e non custode assai tribola e poco gode. Chi ha in mostra molta roba e non la sorveglia, non vi mette guardiani, lavora e fatica senza ottenere alcun vantaggio. Fa riferimento in particolare alle coltivazioni, ai raccolti che un tempo dovevano essere sorvegliati, soprattutto quelli degli alberi da frutta. Custode per ‘‘custodisce’’ e` del vernacolo toscano. 1501

ASSALTO 1502 Buon assalto, mezza vittoria. All’inizio di una battaglia, di una contesa sferrare un buon attacco deciso favorisce l’esito positivo dello scontro.

Per l’assalto bisogna partire in modo da poter tornare. Quando si attacca, si aggredisce, e` bene pensare anche all’eventualita` di doversi ritirare e predisporre i piani in modo da non rimanere intrappolati in una posizione pericolosa, difficile e senza ritorno. 1503

pag 176 - 04/07/2007

113 1504 Assalto francese e ritirata spagnola. In guerra i galli francesi, orgogliosi e fieri, erano considerati valenti e impetuosi nell’assalto, mentre gli spagnoli, che hanno avuto sempre enormi flotte, numerosissime armate, erano considerati capaci nel muovere gli eserciti con abili manovre, soprattutto nei ripiegamenti. Il proverbio e` assai ironico nei confronti degli spagnoli, ma anche dei francesi che saprebbero iniziare bene la battaglia, ma non concluderla altrettanto bene. Il proverbio presuppone l’esperienza delle occupazioni e delle guerre dinastiche fra il XVI e il XVII sec., ma ha mantenuto a lungo una sua vitalita`. Vedi anche Guerra spagnola: grande assalto e splendida ritirata [S 1739].

ASSENTE Sia per lontananza che per mancata presenza. L’assente e` ogni giorno piu` lontano. L’assenza attenua i rapporti tra le persone e, prolungandosi, le allontana fino a farle sentire estranee, vedi anche Lontan dagli occhi, lontan dal cuore [O 62]. 1505

1506 L’assente e` piu ` morto che vivo. La sua immagine sbiadisce nella memoria, si ricorda sempre meno, fin quasi ad essere considerato come uno scomparso.

Nessun assente ha ragione e nessun presente ha torto. Chi e` assente non potendo difendere le proprie ragioni e` posto facilmente dalla parte del torto, a differenza di chi e` presente che puo` far valere il proprio punto di vista. Vedi anche La colpa e` di chi tace [C 1785]. 1507

.

ASSO

dano. Quindi il senso che traspare e`: se ne dovrebbe avere rispetto ma di fatto si tende a dar loro tutte le colpe. ASSENZIO L’assenzio (Artemisia absinthium) e` una pianta perenne di odore aromatico e di sapore amaro. Fu usata fino dall’antichita` come erba medicinale contro moltissimi disturbi, contro i veleni, i vermi e i mali dello stomaco. La ruta (vedi la voce) e` altrettanto apprezzata come medicinale. Assenzio e ruta contro ogni mal t’aiuta. Le due erbe sono una sorta di panacea che guarisce da tutti i mali. Ma forse, dal momento che anche la ruta e` indicata contro i veleni, il mal e` da intendere come ‘‘veleno’’. 1511

ASSIOLO `. f Vedi Chiu ASSISI Assisi, la citta` detta dei conti, ora s’e` fatta la citta` dei pianti. Umbria. Rileva il cambiamento di ruolo della citta`: da importante sede di potere nel periodo feudale e` diventata poi centro di devozione e meta di pellegrinaggi (pianti come ‘‘penitenza’’), soprattutto per la presenza delle memorie di san Francesco. 1512

ASSO In molti giochi l’asso e` la carta di massimo valore e piu` ambita. f Vedi Carta da gioco.

Gli assenti hanno sempre torto. Si usa in particolare per chi deliberatamente non partecipa a un incontro, a una riunione dove si devono prendere decisioni importanti.

Passato l’asso finito lo spasso. Nel gioco della briscola, una volta giocato l’asso di briscola, finisce gran parte dell’emozione.

1509 Non si dice male degli assenti. E` regola generale che non si debba parlar male di chi non e` presente e quindi non puo` difendersi ne´ far valere le proprie ragioni. Vedi anche All’assente e al morto non si deve far torto [T 780]; Dei morti bisogna sempre parlar bene [M 2094].

1514 Non basta l’asso per vincer la partita. Un’ottima carta non decide il gioco, non e` sufficiente per vincere. Quindi: per riuscire in qualcosa non basta una dote spiccata, la volonta`, un colpo fortunato, ma ci vuole un complesso di elementi.

1508

1513

Chi si lamenta delle brutte carte ha l’asso in mano. Spesso coloro che si trovano nelle condizioni migliori sono quelli che si lamentano di piu`. 1515

Gli assenti e i morti non hanno amici. Gli assenti e tanto piu` i morti non possono difendersi e non hanno persone che li difen1510

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 177 - 04/07/2007

ASSOLVERE

114

.

Nel gioco delle carte cio` avviene per confondere gli avversari, in altri casi della vita per il carattere proprio della persona o per scaramanzia. 1516 L’asso piglia tutto. Regola che vale solo in certi giochi dove e` la carta di maggior valore. Significa: il piu` forte si appropria di tutto quel che vuole. Piuttosto diffuso e vivo anche come modo di dire essere l’asso pigliatutto.

Quando vengono gli assi e i maccheroni non si dice mai di no. Quando arriva la fortuna, quando si presentano cose buone, tutti le accolgono volentieri. Come l’asso in molti giochi e` la carta piu` ambita, cosı` i maccheroni sono un cibo ghiotto e sostanzioso. 1517

ASSOLVERE Meglio assolvere un colpevole che condannare un innocente [un giusto]. Principio del diritto comune: nel dubbio e` meglio che un reo la faccia franca piuttosto che sia punito chi non lo merita. Gia` nella Bibbia, Proverbi 17.15 ‘‘Assolvere il reo e condannare il giusto sono due cose in abominio al Signore’’. Vedi anche Meglio dieci colpevoli in festa che un innocente in prigione [I 304]; Meglio dieci colpevoli liberi che un innocente alla forca [I 303]. 1518

Assolver non si puo` chi non si pente. Qui assolvere vale ‘‘perdonare’’: non si puo` condonare la pena chi non si mostra pentito della colpa che ha commesso. Forse e` endecasillabo da una rappresentazione teatrale. 1519

ASSOMIGLIARE f Vedi Simile.

ASTINENZA 1520 L’astinenza e` la prima medicina. L’astenersi dai cibi che possono fare male, dal bere, dagli stravizi e` il primo passo da fare per recuperare la salute.

Astinenza soverchia, infermita` volontaria. L’eccessiva astinenza, praticata come terapia o come regola ascetica, provoca malattie che sono imputabili alla sola volonta` dell’interessato. Il detto fa riferimento alla castita`, a pro1521

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

posito della quale vi fu un lungo dibattito se poteva essere o meno nociva alla salute, con particolare riguardo alla vita sacerdotale e monastica. Il problema ebbe larga risonanza per il caso del cardinale Giacomo di Portogallo, a motivo di una strana malattia che lo uccise. Fatto cardinale nel 1456, all’eta` di 23 anni, venne mandato da Pio II in Germania come legato pontificio. Fermatosi nel viaggio a Firenze si ammalo` e la diagnosi decise che solo l’infrazione alla sua assoluta continenza sessuale l’avrebbe potuto guarire. Secondo la morale corrente del tempo si sarebbe potuto recuperare in un baleno una salute di ferro, ne´ mancava a Firenze la materia prima che gli venisse in soccorso, ma si discusse se un atto del genere, anche fatto in vista di evitare la morte, fosse o meno peccato. Il cardinale comunque fu irremovibile e preferı` morire a 25 anni, nel 1459, piuttosto che prendere una simile medicina. Fu sepolto nella Chiesa di San Miniato, sui colli fiorentini, in una cappella decorata da Luca della Robbia, in una tomba di Antonio Rossellino. L’epitaffio dice espressamente: Ne se pollueret maluit iste mori ‘‘Pur di non macchiarsi decise di morire’’. Vedi anche Malo mori (potius) quam foedari [E 116]. ASTIO f Vedi Invidia.

ASTRA ‘‘Stelle’’ in latino. f Vedi Fama, Gloria. 1522 Per aspera ad astra. ‘‘Attraverso le difficolta` e i pericoli per arrivare alle stelle’’. Per giungere all’immortalita`, alla gloria, o comunque a un risultato, bisogna sopportare fatiche, attraversare momenti difficili, superare duri ostacoli. Motto latino, tuttora diffuso. L’idea espressa risale gia` ad Esiodo e trova illustrazione in numerosissimi autori, pagani e cristiani, che indicano fatica e virtu` necessariamente unite. Vedi anche A gloria non si va senza fatica [G 876]. 1523 Ad augusta per angusta. ‘‘Alle cose eccelse attraverso le difficolta`’’. Per analogia, e come quello basato su una paranomasia. Forse ispirata dall’insegnamento evangelico riguardo alla porta angusta che porta alla vera vita (Matteo 7.13, Luca 13.24), la frase si incontra nel XVII sec. come

pag 178 - 04/07/2007

115 motto del margravio Ernesto di Brandeburgo e compare nel quarto atto dell’Ernani, di Giuseppe Verdi, dal dramma di Victor Hugo, come parola d’ordine dei congiurati (Ad augusta!, a cui si deve rispondere Per angusta!). Sic itur ad astra. ‘‘Cosı` si va alle stelle, si sale al cielo’’. Cosı` si diventa grandi, celebri (con il coraggio e il valore). Da un verso di Virgilio (Eneide 9.641): sono le parole che Apollo dal cielo rivolge ad Ascanio che ha compiuto una prodezza in battaglia. La frase e` ripresa anche da Seneca, Lettere a Lucilio 48.11 e 73.15, mentre Prudenzio la varia riferendosi al valore cristiano del sacrificio, Cathemerinon 10.92 Ad astra doloribus itur ‘‘Con le sofferenze si sale al cielo’’. 1524

ASTROLOGO 1525 Crepi l’astrologo. Ogni volta che si ascolta una previsione nefasta si ripete questa frase per scongiurarne la possibilita`, forse in ricordo dei tempi nei quali si usava mettere a morte l’indovino che sbagliava le previsioni.

Come l’astrologo di Brozzi che indovinava la merda al tasto e l’ortica al puzzo. Toscano. Scambio di complementi in una frase gia` paradossale. Si ripete per ridicolizzare chi pretende di prevedere, d’indovinare, d’aver visto chiaro quando le cose sono ormai avvenute. Brozzi e` un paese vicino a Firenze, i cui abitanti, almeno una volta, non godevano di molto credito nella citta`. Si definiva ‘‘astrologo di Brozzi’’ Sesto Caio Baccelli, sotto il cui nome si pubblicava, e ancora si pubblica, un diffuso almanacco (vedi la voce), un tempo generoso di previsioni meteorologiche, di terremoti e di altri eventi. 1526

L’astrologo Mezzani se non ci da` oggi ci dara` domani. Si dice di chi fa previsioni a sproposito, soprattutto sul tempo. Si usa soprattutto in Romagna. Dare nel significato di ‘‘dare nel segno, indovinare’’. 1527

ASTUZIA La furbizia, la scaltrezza, l’abilita` nel raggiungere lo scopo, una dote che hanno in comune volpi, donne e contadini, e` vista dai proverbi come qualcosa di positivo che tutta-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AUDACE

via cede, anche sul piano pratico, alla saggezza che e` la ragione perfezionata dal sapere, e ha una visione ampia e lungimirante. 1528 Astuzia di donna le vince tutte. Nei proverbi si attribuisce alla donna la dote dell’astuzia (vedi Donna), che condivide con la volpe e con il contadino (vedi la voce).

In un anno il servo ha tutte le astuzie del padrone. Chi frequenta una persona astuta impara presto a farsi furbo, in quanto le risorse dell’astuto non implicano una creativita` continua, ma solo la conoscenza delle cose e dei loro meccanismi. 1529

1530 L’astuzia vince tutto meno la saggezza. La saggezza ha una visione completa della vita, delle cose e del mondo; tiene quindi conto di cio` che e`, e` stato, sara`, mentre l’astuzia cerca l’immediata soluzione di un problema, senza tenere conto dell’insieme, senza prevederne tutti gli effetti. 1531 L’astuzia imita la sapienza e la peggiora. L’astuzia ha una visione circoscritta dell’ambito in cui opera e agisce con abilita` per raggiungere il suo scopo; la sapienza e` superiore, avendo una visione completa di tutta la realta`, con le implicazioni lontane del proprio operare. 1532 Chi non ha saggezza cerca l’astuzia. Chi non e` saggio, si contenta d’essere abile in vari ambiti limitati. 1533 Non tutte le astuzie vanno a buon fine. Non tutti gli accorgimenti che si usano anche con grande accortezza riescono: possono fallire o essere neutralizzati da chi e` piu` sagace. Consiglio a non confidare troppo nelle proprie risorse. 1534 L’astuzia migliore e` quella nascosta. L’astuzia migliore e` quella che si riesce a celare e quindi giunge inattesa per colui verso il quale e` diretta.

AUDACE L’audacia sollecita la fortuna, ma un eccesso di audacia soprattutto in guerra puo` essere pernicioso. 1535

La fortuna aiuta gli audaci.

pag 179 - 04/07/2007

AUTUNNO

116

.

La fortuna va a chi ha coraggio, rischia e tenta quello che altri non osano intraprendere. Diffusissima traduzione dell’altrettanto noto adagio latino:

Gli audaci abitano in gran parte al cimitero. Conferma il proverbio precedente. Vedi anche D’eroi son pieni i cimiteri [E 120].

1536 Audaces fortuna iuvat. In questa forma esatta si trova per la prima volta in Corippo (VI sec. d.C.) Iohannis 1.561 sg., ma molto simile gia` in Virgilio Eneide 10.284 ricorre Audentes fortuna iuvat, verso mutilo, ripreso da molti autori a sua volta e probabile variazione di un proverbio piu` antico citato nella forma Fortes Fortuna (ad)iuvat ‘‘La Fortuna aiuta i forti’’ (ad esempio Terenzio, Phormio 203, Cicerone, De finibus 3.4.10, Livio 8.29.5, e Plinio il Giovane, Epistole 6.16.11, come parole del celebre zio che con esse esorta il timoniere a tornare indietro per vedere il luogo dell’eruzione del Vesuvio). Da segnalare le riprese del Metastasio (Temistocle, atto I scena XIV) Fortuna e ardir van spesso insieme e di Goldoni (Rinaldo di Mont’Albano, atto I, scena V) ‘‘Il mondo / loda sempre i felici: non si lagni / del suo destin, chi migliorar nol tenta; / che degli audaci e` sol fortuna amica’’. Vedi anche Chi non risica non rosica [R 619].

1542 A uomo audace corta spada. L’uomo audace attacca, assale, combatte corpo a corpo e quindi usa bene la spada corta. Vedi anche il reciproco Arma lunga fa buon fante [A 1224].

1537 La fortuna aiuta chi osa. Come i precedenti, ma piu` vicino al verso succitato di Virgilio: la decisione di osare e` momentanea e da dedurre caso per caso, mentre la tendenza costante ad essere audaci puo` rivelarsi poco proficua, oltre che pericolosa.

La fortuna i forti aiuta e i timidi rifiuta. Cosı` il Pulci (Morgante 21.161): ‘‘La fortuna volentieri aiuta / come dice il proverbio ch’ognun sa / gli arditi sempre, e’ timidi rifiuta’’. 1538

La fortuna aiuta gli audaci e caca addosso ai codardi. Variante greve dei precedenti. Perche´ rimangono beffati per non aver saputo approfittare dell’occasione. 1539

Serve piu` un codardo che un troppo audace. Proverbio ambiguo: oltre al senso letterale allude al fatto che in guerra il temerario va facilmente incontro alla morte e quindi serve per breve tempo, mentre il codardo, per il fatto di esserlo, e` usato in compiti meno rischiosi, e quindi dura di piu`. Comunque non dice audace, ma troppo audace, vale a dire un insensato. 1540

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1541

AUTUNNO Dopo le previsioni meteorologiche e le considerazioni sulla campagna in questo periodo, con la caduta delle foglie e l’allungarsi delle ombre diventa inevitabile il parallelismo con la parabola umana. 1543 Nebbia d’autunno e neve d’inverno. Molte giornate nebbiose in autunno sarebbero presagio di abbondanti e frequenti nevicate invernali. 1544 Autunno caldo, inverno lungo. Il caldo d’autunno fa prevedere un lungo periodo di freddo invernale.

D’autunno appassisce quello che era verde in primavera. Quello che nasce deve morire; quello che prende vita, la perdera`. Insegna a distinguere le piante a foglie caduche dai sempreverdi: quello che a primavera rinverdisce (verde in primavera, quindi non in inverno) deve sparire in autunno, mentre i pini, i lecci, l’alloro, ecc. rimangono verdi. 1545

L’autunno spoglia le piante e veste gli uomini. Il freddo fa cadere le foglie e costringe gli uomini a vestirsi. 1546

1547 Chi pianta d’autunno guadagna un anno. Si dice piantare, non seminare: vale a dire mettere in terra un virgulto che deve attecchire. L’operazione si fa anche a primavera, quando le piante entrano in vegetazione, ma il proverbio insegna che, piantando prima dell’inverno, si guadagna tempo perche´ quando la pianta inizia a germogliare ha gia` posto bene le radici nel terreno (anche se c’e` il rischio che il freddo la bruci). 1548 L’acqua d’autunno fa grossa la castagna. La castagna in fase di maturazione con il tempo piovoso si arricchisce di polpa, ingrossa (ma non diviene piu` saporita). 1549

Ogni primavera ha il suo autunno.

pag 180 - 04/07/2007

117 E` usato in senso duplice, o per dire che il momento della fioritura, della raccolta (anche metaforico) ha sempre bisogno di un periodo di preparazione e di semina, e che non si ottiene risultato senza lavoro; oppure alludendo al fatto che l’autunno segue la primavera: come la campagna si spoglia, cosı` ogni giovinezza ha il suo declino, ogni promessa e speranza hanno la loro delusione. 1550 L’autunno allunga le ombre. L’inclinazione dei raggi solari rende piu` lunghe le ombre sul terreno. Ma si usa in senso figurato: l’avvicinarsi della vecchiaia fa vedere meglio all’uomo gli aspetti piu` negativi della vita, che non scorgeva nel mondo spensierato della giovinezza quando era pieno di salute, di progetti, di illusioni.

L’autunno fa cader le foglie e la vecchiaia fa passar le voglie. L’autunno e` paragonato alla vecchiaia: il primo spoglia le piante e la campagna togliendole lo splendore; la seconda toglie i desideri, le speranze, le mete che rendono bella la vita. 1551

Chi s’ammala d’autunno stenta fino a maggio. Le malattie (si fa riferimento in particolare a quelle dell’apparato respiratorio) che insorgono in autunno non hanno una completa guarigione se non con la stagione calda. Resta comunque piu` ottimista dell’altro proverbio Febbre autunnale o lunga o mortale [F 498]. 1552

AVANTI Avverbio qui esclusivamente legato all’idea di movimento, al progredire, all’andare oltre. Tira avanti e guarda dietro. Procedi e guardati dalle insidie. Invito ad andare diritti per la propria strada senza farsi distrarre da chiacchiere, critiche, o consigli. Vedi anche Tiremm innanz! [T 645]. 1553

Chi va dietro a tutti quanti non puo` mai essere avanti. Colui che segue, imita, ripete quello che vede fare agli altri rinuncia pensare e ad agire con la propria testa e quindi non fa mai nulla di nuovo: rimane sempre dietro a tutti. 1554

Chi sa menar la coda passa avanti a tutti. Chi ci sa fare con i complimenti, adulare, rendersi servizievole, disponibile scavalca tutti gli altri, anche se piu` meritevoli. Si riferisce al cane che scodinzola in segno di conten1555

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

AVANZARE

tezza indicando cosı` l’affetto verso chi lo carezza, lo sfama. Si usa anche malignamente nei confronti della donna che cammina ancheggiando o fa comunque la smorfiosa. 1556 Chi non va avanti va indietro. In molte situazioni fermarsi vale regredire, restare indietro ad altri che proseguono, avanzano. Vedi anche Chi non migliora peggiora [P 1058]. 1557

Quando non si va avanti si va indietro.

AVANZARE1 Nel significato di ‘‘sovrabbondare, essere in piu`, rimanere’’. f Vedi Abbondanza. 1558 La roba c’e` quando avanza. Si ha la certezza che qualcosa e` stata sufficiente solo quando si vede che e` avanzata. Con riferimento particolare alla tavola, dove se cibi e bevande finiscono e` segno che non erano sufficienti. Vedi anche Non ce n’e` abbastanza se non n’avanza [A 21]; Ma anche il contrario Roba poca sempre avanza [P 1961]. 1559

Quando nulla avanza non si sa se ci si e` levati tutta la fame.

1560

Per bastare deve avanzare.

1561 Meglio avanzi che manchi. Nel fornirsi di un bene, nel preparare qualcosa e` meglio abbondare. Tra due errori e` meglio sbagliare per eccesso che per difetto, come dice anche il ben noto Melius est abundare quam deficere [A 42]. 1562 Quello che avanza sazia. Cio` che avanza permette di segnare il punto della sazieta`: se manca si ha il sospetto di averne ancora bisogno. 1563 Il posto c’e` quando avanza. Quando il posto e` completamente occupato dagli oggetti o dalle persone, non e` piu` disponibile; quindi per esserci deve avanzare. 1564 Se me ne avanza ve la do di cuore. Frase con cui si dichiara una falsa generosita`, di solito con intento scherzoso.

Prendete pure quanto volete, tanto noi si da` ai maiali. Altra frase ironica, come la precedente. 1565

1566

Se vi serve qualcosa non vi riguardate: compratevela.

pag 181 - 04/07/2007

AVANZARE

Frase che sottolinea ironicamente una sollecitudine fatta solo di parole, di chi non e` disposto a compromettere minimamente il proprio interesse. Meglio crepi la panza che la roba avanza. Meglio soffrire per eccesso di cibo che farlo avanzare. Una volta si diceva per indurre a finire gli avanzi del pasto quotidiano, che era ritenuto un peccato non consumare fino all’ultima briciola. Un rispetto quasi sacro era rivolto in particolare al pane. Avanza per avanzi e` imposto dalla rima ‘comica’. 1567

Di quel che avanza non si fa elemosina. Non vi e` merito nel dare quello che si butta via. In realta` si puo` anche offrire quello che non si riesce a consumare, ma non ci si deve illudere d’essere per questo generosi. 1568

AVANZARE2 Nel significato di ‘‘procedere’’. 1569 Se avanzo seguitemi. Motto mussoliniano, impresso anche sui francobolli e le medaglie, ripetuto oggi ironicamente in situazioni banali.

AVARIZIA L’avarizia tra i sette peccati capitali occupa il secondo posto dopo la superbia che e` il vizio di Lucifero. Avarizia quindi non solo come eccessivo attaccamento al denaro, ma come bramosia di possedere, cupidigia insaziabile. 1570 L’avarizia e` la fonte di tutti i mali. Avarizia nel senso latino di ‘‘avidita` ’’, ‘‘brama insaziabile di denaro’’: e` traduzione di una frase della Prima Lettera a Timoteo di san Paolo (6.10), che si riconnette ad una tradizione gnomica gia` pagana (affermazioni del genere sono attribuite a Diogene cinico e a Bione, ad esempio). 1571 L’avarizia e` la regina dei vizi. Sfrutta un effetto di richiamo fonico. Usata anche la variante con ordine inverso: Dei vizi e` regina l’avarizia.

Tutto scema con la vecchiaia meno che l’avarizia. Con la vecchiaia diminuiscono le forze, le capacita` dei sensi e anche i difetti si attenuano con l’esperienza e la saggezza: solo l’avarizia aumenta alimentata da se stessa. 1572

1573

118

.

Tutto cala meno l’avarizia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Quando tutti i vizi invecchiano l’avarizia e` ancora giovane. Traduce il latino: 1574

Cum omnia vitia senescunt sola avaritia iuvenescit. L’avarizia addirittura ringiovanisce. Detto di tradizione medievale. 1575

Tanto cresce l’avarizia quanto cresce il denaro. L’accumularsi della ricchezza ha l’effetto di alimentare l’avarizia, non di placarla. 1576

1577 L’avarizia e` un pozzo senza fondo. Anche se gli si donasse tutto quello che chiede, l’avaro non sarebbe contento perche´ l’avarizia non vuole una cosa, vuole avere.

Tutti i beni del mondo non cancellerebbero un’avarizia. 1579 L’avarizia e` la maggiore delle poverta`. Fra i tipi di indigenza la peggiore e` essere avidi, perche´ si e` insaziabili e quindi sempre poveri. 1578

Piu` cresce il danaro piu` cresce l’avarizia. 1581 L’avarizia e` come il fuoco che, piu ` legna ha, piu` brucia. Risulta traduzione di un proverbio francese di larga diffusione. 1580

1582 Con l’avarizia si fa vita da povero. L’avaro che si priva anche del necessario non vive diversamente dal povero che lo fa per necessita` . Vedi Un avaro non e` mai ricco [A 1585]. 1583 L’avarizia e` ricca di quello che le manca. L’avaro possiede paradossalmente in grande abbondanza tutto quello di cui ha fatto a meno. Vedi All’avaro manca quello che non ha e tutto quello che ha [A 1603]. 1584 Per avarizia si perdon le occasioni. Le occasioni sono quelle di acquistare, di vendere quando se ne presentano le condizioni favorevoli. L’avarizia restia nello spendere perde eventuali profitti.

AVARO I proverbi mettono in evidenza la poverta` spirituale e materiale dell’avaro che accumula senza adoperare per lasciare, ironia della sorte, a eredi sperperatori. f Vedi Acquistare, Padrone, Serbare, Spendere.

pag 182 - 04/07/2007

119

.

1585 Un avaro non e` mai ricco. Privandosi sempre di tutto e desiderando d’avere piu` di quello che ha, si trova psicologicamente e materialmente in un continuo stato di bisogno come l’indigente. E` reciproco del ben noto motto latino Semper avarus eget ‘‘L’avaro e` sempre povero’’ tratto da Orazio, Epistole 1.2.56, verso che si chiude con la raccomandazione Certum voto pete finem ‘‘Metti un limite definito al desiderio’’. Nel Liber proverbiorum dello Pseudo-Beda si trova poi la forma ampliata Semper avarus eget, hunc nulla pecunia replet ‘‘L’avaro e` sempre povero, nessuna ricchezza lo sazia’’.

Non c’e` uomo piu` povero dell’avaro. Vedi anche Con l’avarizia si fa vita da povero [A 1582]. 1586

1587

L’avaro tanto e` piu` povero quanto piu` diviene ricco.

L’avaro e` come l’idropico che quanto piu` beve piu` ha sete. Il malato d’idropisia trattiene liquidi nel proprio organismo e tuttavia e` tormentato da una continua sete. Viene preso come immagine dell’avaro che piu` denaro ha, piu` ne vuole. Da chiamare a confronto una nota massima di Giovenale, Satire 14.139 Crescit amor nummi, quantum ipsa pecunia crevit ‘‘Cresce l’amore del denaro quanto piu` cresce la ricchezza’’, che ricorre anche in altri autori. Vedi anche Chi piu` ha piu` brama [A 1589]. 1588

Chi piu` ha piu` brama [desidera]. Il desiderio di ricchezza aumenta via via che si possiede sempre di piu`. Vedi anche Troppo avere fa l’uomo ingordo [T 1041]. 1589

1590

Chi piu` ha piu` ne vorrebbe.

Chi piu` ha piu` vuole. L’insaziabilita` aumenta con il possesso e la ricchezza. Vedi simile, riferito all’avarizia Al povero manca molto, ma all’avaro manca tutto [A 1605]. 1591

1592

Piu` si ha, piu` si vorrebbe.

1593 Piu ` ci si gratta e piu` ci si gratterebbe. Per analogia. Molte cose, come l’avere, facendole o praticandole, accrescono la voglia di farle nel senso che ‘‘ci si piglia gusto’’. Vedi anche, con l’accento spostato sull’inizio dell’azione, A grattarsi e a mangiare tutto sta nel cominciare [G 1097]; Ci vuole un soldo a cominciare e due a smettere [M 1504]; Un soldo per cominciare e cento per finire [M 1505].

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AVARO

1594 Piu ` si mangia e piu` si mangerebbe. Per analogia. 1595

Molti hanno molto, ma nessuno abbastanza.

1596 Chi molto ha molto gli manca. Chi e` molto ricco vede sempre di piu` la possibilita` di avere, di completare i suoi possessi. 1597 Anche il mare chiede acqua. Per analogia. Il mare prende dai fiumi continuamente quasi che l’acqua che ha non gli basti mai. E` un simbolo della sete di avere. 1598

Il mare piu` acqua ha piu` ne vorrebbe.

1599 Porco grasso, mai contento. Per analogia. Il porco ha come caratteristica l’ingordigia che lo porta a divorare piu` che puo`.

Chi ha niente vuol poco, chi ha tanto vuol tutto. Per il povero vale molto un piccolo acquisto e si contenta, e` felice di quello; chi ha molto mira ad avere tutto quello che vede. 1600

Togliere quattrini a un avaro e` come aprire una pina verde. La pigna quando e` verde e` durissima e si puo` aprire difficilmente anche a colpi di mazza. E` uno dei termini di paragone piu` comune per l’avarizia: la pigna serra ostinatamente in se´ i pinoli come l’avaro le monete nelle mani. 1601

L’avaro nasce coi pugni stretti e muore con le mani chiuse. Pugni stretti e mani chiuse sono i segni di chi non vuol cedere, vuol trattenere quello che possiede. 1602

All’avaro manca quello che non ha e tutto quello che ha. Quello che ha non lo usa e quindi e` come se non lo avesse, e quello che non ha e` cio` che lo fa soffrire e che nutre la sua avidita`. Si tratta della traduzione di una massima di Publilio Siro (T 3) Tam deest avaro quod habet quam quod non habet, citata da diversi autori antichi (ad esempio Quintiliano, Istituzioni oratorie 8.5.6 e san Girolamo, Epistole 55.11 e 100.15) e diffusa anche nel Medioevo. 1603

Alla poverta` manca molto, all’avarizia tutto. Il povero e` privo di molte cose che gli sono necessarie, ma l’avaro e` privo di tutto: dato che non usa neppure quello che il povero consuma. E` una sentenza di Publilio Siro (I 1604

pag 183 - 04/07/2007

AVARO

7) Inopiae desunt multa, avaritiae omnia ‘‘Alla poverta` mancano molte cose, all’avidita` tutto’’, che e` ripresa con minima variazione da Seneca, Lettere a Lucilio 108.9 e che, secondo quanto detto da Massimo di Tiro 12.14, risalirebbe direttamente ad Aristotele. Vedi anche Assai manca a chi assai desidera [A 1496]. 1605

120

.

Al povero manca molto, ma all’avaro manca tutto.

L’avaro non mangerebbe per non cacare. Tutto quello che non puo` essere ammassato, conservato, venduto e` considerato dall’avaro perduto.

La sua avarizia lo fa mangiare tanto poco che fa, come dicono a Roma, li stronzi fini. Cacare fino si diceva di chi aveva mangiato poco e quindi aveva poco da smaltire ma si usava anche per chi aveva avuto uno spavento. Secondo altri, ma meno attendibile: da` meno che puo`. 1614 L’avaro caca spaghi e il lunedı` corde. Perche´ anche lui la domenica mangia un po’ meglio.

1606

L’avaro scorticherebbe il pidocchio per berne il sangue. Scorticare il pidocchio e` frase proverbiale per indicare la massima sordida ingordigia, avarizia, il desiderio di approfittarsi meschinamente di qualunque cosa. Il fatto di bere il sangue rinforza il concetto. 1607

L’avaro vende la capra dopo che ha cacato nel suo recinto. L’avaro e` attento a sfruttare ogni minimo vantaggio che gli viene offerto da una cosa, da una situazione: consegna la capra al compratore solo quando ha deposto i propri escrementi nel suo ovile, in modo da poterli sfruttare o vendere come concime. 1608

1609 L’avaro non dorme. Non ha pace per la paura che il suo capitale diminuisca, ovvero che qualcuno gli rubi, gli sottragga qualcosa.

L’avaro ama piu` il suono delle monete che il canto degli usignoli. L’avaro e` poco sensibile ai richiami e agli allettamenti della natura: e` proteso solo al possesso del denaro e in quello trova piacere, stupore e gioia. 1610

Chi mangia dall’avaro non si appesantisce lo stomaco. I pasti dell’avaro sono ovviamente frugalissimi e quelli degli ospiti ancora piu`. 1611

L’avaro muore senza vedersi il buco del culo. Non si concede la minima soddisfazione che comporti una spesa, come questa che prevede il possesso di uno specchio. 1612

1613

Ogni avaro caca fino.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1615 L’avaro sa fare solo le somme. L’avaro sa soltanto aggiungere monete al suo tesoro. E` noto l’epitaffio dell’avaro che gioca sulle operazioni matematiche: Qui giace Tal dei Tali. Sommo`, moltiplico`, mai sottrasse. Gli eredi riconoscenti divisero. 1616 Ungimi tutto! disse l’avaro. E` una frase volta a mortificare l’ingordigia, l’avarizia di chi non sa moderarsi. Si racconta che un avaro, ricevendo l’estrema unzione, era preoccupato per la spesa dell’olio, e s’informo` dal prete se la quantita` di olio santo incideva sulla tariffa. Il prete rispose che per il sacramento poteva, se voleva, dare soltanto un’offerta, ma che tutto, olio compreso, era dato gratis. L’avaro, sollevato, si dispose a ricevere il conforto religioso dicendo: Allora ungimi tutto! A. Lucarelli, (Saggio sui ditterii pugliesi, Soc. Tip. Pugliese, Bari, 1923, p. 190), ne da` la versione pugliese: ‘‘...Nan se pache? Iungeme tutte!’’. Ma la storiella e` diffusa in tutta Italia.

L’avaro fa come l’asino che porta il vino e beve acqua. L’avaro ha molti beni: li accumula, li custodisce e quindi, inconsciamente, li serba solo per trasmetterli ad altri, come l’asino che non gode della roba che trasporta. 1617

L’avaro (e`) come il porco (che) e` buono dopo morto. Il porco ha valore solo per le carni e quindi e` utile solo da morto. Cosı` l’avaro, che e` apprezzato solo quando lascia in eredita` le proprie sostanze, mentre da vivo e` persona poco piacevole, arida, egoista, scostante. Proverbio piuttosto vivo e diffuso che esprime in maniera piu` colorita quanto detto da una massima di Publilio Siro (A 23) ricorrente in quasi tutte le raccolte medievali, Avarus nisi cum moritur, nihil recte facit ‘‘L’avaro non fa nulla di buono se non quando muore’’. 1618

pag 184 - 04/07/2007

121

.

L’avaro e` il custode dei suoi beni, ma non il padrone. L’avaro, a differenza del padrone, che usa cio` di cui dispone, non consumando le sue ricchezze, finisce per esserne solo il custode, rimettendole intatte nelle mani dei propri eredi. 1619

1620 A padre avaro figliol prodigo. Di solito l’erede dell’avaro, essendo stato sacrificato dall’avarizia del defunto, diventa prodigo e con facilita` dilapida il patrimonio. Vedi anche All’avaro accade come allo smeriglio [S 1399]. 1621

La roba dell’avaro finisce in mano dello sprecone.

Piu` digiuna l’avaro e piu` mangiano i suoi eredi. Piu` risparmia l’avaro e piu` lascia nel testamento. Vedi anche All’avaro accade come allo smeriglio [S 1399]. 1622

1623

L’avar fatica e pena per tenere gli eredi a pancia piena.

L’avaro non ha e il prodigo non avra`. L’avaro e` come se non avesse quello che ha e di cui non gode; il prodigo disperdera` tutto e non avra` piu` nulla. 1624

1625 Dona piu ` l’avaro del prodigo. Al prodigo non costa nulla donare, perche´ non conosce affatto il valore di quello che ha. L’avaro invece, se dona, fa un gesto che gli costa infinitamente, perche´ sente l’avere come proprio sangue.

Avaro e maldicente peggio di loro non c’e` gente. L’avarizia e la maldicenza sono gli elementi che generano piu` disagio nei rapporti umani: l’avaro col sordido egoismo e il maldicente col seminare discordia. 1626

Tre sono gli avari: i preti, le monache e chi non ha figli. Sarebbero i piu` avari, i soli avari. Si riteneva un tempo che non volere figli fosse segno d’egoismo; anche preti e monache, per voto di castita`, non hanno figli che li vincolino alla societa` e al futuro. Inoltre: la mancanza di una propria famiglia isola l’individuo in se stesso, lo fa timoroso della solitudine, della vecchiaia in modo tale che vede nell’avere la sua sola salvezza. 1627

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AVEMARIA

AVEMARIA Al suono della campana del tramonto era uso cessare i lavori in campagna e riprendere la via di casa. La sera si suonavano tre campane dette tutte Avemaria: circa un’ora prima del tramonto, al tramonto e un’ora dopo il tramonto (detta un’or di notte, ovvero or di notte). L’Avemaria vera e propria era la seconda. Per le ore canoniche vedi Campana, Ora. Quando suona l’Avemaria o a casa o per la via. Quando suona l’Avemaria, quando comincia a far notte la persona onesta deve essere gia` a casa o per la strada. Proverbio che si rivolgeva in particolare alle donne per evitare brutti incontri. Vedi anche Dalla campana a nona esce ogni persona buona; e dal vespro alla campana esce solo la puttana [P 2995]; Tra vespro e nona non sta fuor persona buona [V 615]. 1628

Quando suona l’Avemaria chi e` in casa d’altri vada via. Per convenienza ed educazione. 1629

Quando suona l’Avemaria torna a casa la compagnia. Si considerava finita la giornata ed era educazione lasciare le case altrui per rientrare. 1630

Gira, gira, all’Avemaria ognun si ritira. Per quanto sia stata una giornata movimentata, di visite o di viaggi, la sera ognuno deve rientrare. 1631

A un’or di notte tutti dentro le porte. L’or di notte era la terza Avemaria, la campana suonava quando la notte era gia` cominciata da circa un’ora; le porte sono quelle delle citta` che si chiudevano dopo il tramonto e non si riaprivano che al mattino. Vedi anche Quando suona l’or di notte si chiudono le porte [O 426]. 1632

All’Avemaria tutti i matti scappano via; all’or di notte tutti i matti dietro le porte. I matti qui sono gli sventati che, avendo fatto tardi, odono la campana e si mettono per strada in furia, correndo. Si tratta di gente che si trova fuori della citta` che chiude le porte all’or di notte (vedi il precedente) e di conse1633

pag 185 - 04/07/2007

AVENA

122

.

guenza stupidamente si trovano fuori delle mura a tempestare di pugni come matti, le porte che non si aprono. Dopo l’Avemaria la tua e` bella come la mia. Quando e` notte la tua donna e` bella come la mia. Vale come Di notte tutte le gatte son bigie [G 251]. Bisogna tenere conto che un tempo nelle camere da letto non si usava tenere la candela o il lume acceso, mentre anche l’illuminazione altrove era precaria, per cui il proverbio non aveva valore solo paradossale, ma anche reale. 1634

AVENA Foraggio che rinforza il cavallo e sfibra il terreno. 1635 L’avena tira e il vino va. Nella strada l’avena rinforza il cavallo che tira il calesse o il barroccio, mentre il vino rende spedito il passo dell’uomo. Quando il barroccio era carico, infatti, il barrocciaio, salvo rare eccezioni, doveva camminare accanto al veicolo, o dietro, se doveva azionare il freno.

Gli asini che s’impuntano mangiano l’avena dei cavalli che corrono. Chi pretende, protesta, e` importuno, crea difficolta`, ottiene piu` di chi fa bene il proprio lavoro, produce senza sollevare problemi. 1636

1637 L’avena fa bello il cavallo. L’avena, cibo sostanzioso per il cavallo, si dice che contribuisca a rendergli folto e lucido il pelo.

Chi vuol d’avena un granaio la semini di febbraio. Consiglia una semina tardiva, dal momento che i cereali si seminano in genere alla fine dell’autunno. 1638

L’avena svena. L’avena impoverisce troppo il terreno su cui cresce, tanto che la coltura che la segue su quel campo sara` meno produttiva. 1639

AVERE Nel significato di ‘‘possedere beni materiali, proprieta`’’, in una parola: essere ricco. f Vedi Avaro, Essere, Possedere, Verbo. Chi ha quel che suona ha quello che canta. Chi si puo` permettere un lusso (suonatore) se ne puo` permettere un altro (cantore). Ma il 1640

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

proverbio si riferisce ai soldi: chi ha danaro sonante ha chi lo serve e altro. Altri intendono quello che canta come uccello, con le sue allegre implicazioni. Avere e` avere da qualunque parte venga. Anche i beni ottenuti con male arti, con mezzi illeciti sono ricchezza, danno benessere, potere. Quando le considerazioni morali sono pretestuose o sterili, si afferma che di fatto colui che ha, bene o male, e` nella condizione di chi ha. Vedi anche Il danaro non ha odore [D 26]. 1641

1642 L’avere da` sapere. Le disponibilita` economiche mettono in contatto con realta` che, bene o male, danno conoscenze e insegnano quello che nella vita serve sapere. 1643 Non c’e` avere che valga il sapere. Corregge il precedente: dato che l’avere si puo` perdere e il sapere invece resta come dote; con il sapere si puo` acquistare l’avere e non viceversa.

Parlare e sapere contan meno dell’avere. Contrario del precedente. Proprieta` di linguaggio e sapere sono le doti della persona intelligente e colta, preparata, capace, ma nelle cose del mondo contano meno della ricchezza. 1644

1645 L’avere torna spesso dond’e` venuto. L’avere torna a chi ha. Il povero che acquisisce per un colpo di fortuna molte sostanze, facilmente le perde perche´ non e` capace di conservarle, le dilapida per imperizia, per sciocca generosita`, per imprevidenza, per cui tornano nelle mani del ricco.

Avessi, Potessi e Fossi erano tre coglioni e giravano il mondo. Sono tre congiuntivi personificati che esprimono speranze e illusioni che non servono a nulla, solo a sfogarsi o a sognare: O, avessi cento milioni! Vedi Bene, Buono e Magari eran tre idioti e facevan lunari [B 339]; Don Credevo e don Pensavo morirono di fame [C 2435]. 1646

Avessi e Avrei uno morı` impiccato e l’altro affogo`. Anche qui due forme verbali personificate, che fecero poca strada e una brutta fine. Vivendo nei sogni e nelle illusioni si finisce male. 1647

pag 186 - 04/07/2007

123

.

1648 Avessi morı` di stenti. Perche´ non aveva nulla.

Sant’Avesse, san Potesse, san Sarebbe e san Fosse, son quattro santi che non hanno fatto mai miracoli. Altre forme di congiuntivo e condizionale personificate a scopo comico; con considerazioni basate su questi verbi non si ottiene nulla: sono pura retorica. 1649

1650 Avere Avuto faceva il povero. Con la personificazione del verbo in un nome fantastico si indica che le ricchezze perdute non contano: chi non le possiede piu` vive in miseria.

Meglio non aver mai avuto che l’avere e aver perduto. La poverta` e` assai piu` penosa per chi ha conosciuto l’agiatezza. Proverbio di notevole vitalita` e diffusione che si applica non solo ai beni materiali ma anche a quelli affettivi. Un chiaro parallelo gnomico latino si trova in Plauto (Rudens 1321) Miserum istuc verbum et pessumum est: ‘‘habuisse’’ et nil habere ‘‘Questa e` un’espressione triste, anzi la peggiore: aver avuto e nulla avere’’, anche se il confronto piu` immediato e` quello con un celebre luogo di Dante, le parole di Francesca nel canto 5 dell’Inferno (121-123): ‘‘Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria’’. 1651

Se avessi quel che non ho, potrei quel che non posso. Ragionamento corretto che si usa ironicamente per sottolineare che e` inutile girare intorno con le parole intorno a cio` che potrebbe essere, quando non puo` essere. 1652

Chi ha, conservi. Chi ha la fortuna di avere pensi costantemente a conservare, perche´ non e` cosa facile. Vedi anche Metti la roba in un cantone che verra` la sua stagione [R 805]. 1653

1654 Tutto quello che hai tientelo caro. Non disprezzare nulla, non buttar via, ne´ distruggere i beni che hai: viene il tempo in cui sono utili. Si riferisce anche alle doti personali, alle capacita`, ecc. 1655

Nessuno ha tutto e nessuno non ha nulla.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AVERE

Non esistono condizioni estreme di assoluto, totale possesso di beni e di completa mancanza: le situazioni si bilanciano, vi sono compensazioni. Avere e non essere e` come filare e non tessere. L’avere, che deriva dalla fortuna, non basta a fare un uomo di valore: ci vuole l’animo generoso e virtuoso, sono necessarie le qualita`, la volonta`, il lavoro. L’uomo soltanto ricco e` una cosa che rimane a meta`, come chi filasse la lana o il lino, senza poi procedere alla tessitura. Vedi anche Parere e non essere e` come filare e non tessere [A 1656]. 1656

Avendone e non spendendone e` come non avendone. Toscano. Chi ha e non spende vive come il povero senza esserlo. Si sottende naturalmente: soldi. Costruzione impropria, e scherzosa, del gerundio, per fare una rima sdrucciola, vedi Col volendo si va al facendo [V 1236]. Per il significato vedi anche Un avaro non e` mai ricco [A 1585]. 1657

Chi ha mangia e chi non ha digiuna (chi non e` amato piange e chi ama guarda la luna). Nessuno o pochi dividono con gli altri quello che possiedono. Il proverbio sottintende un ragionamento del quale e` la conclusione: nonostante le belle parole e i discorsi altruistici, il fatto e` che chi ha si gode quello che ha e chi non ha s’arrangia. E` la legge, enunciata un po’ cinicamente, del comportamento umano. La seconda parte e` un’aggiunta che non sempre si cita e fa un parallelo tra la fortuna nell’avere e in quella in amore. 1658

1659

Chi ha mangia e chi non ha guarda.

Chi ha campa e chi non ha canta. Cantare e` un modo per ingannare la fame. Pare sottinteso un riferimento alla cicala che, nella fantasia popolare, vive di rugiada e di canto. Si dice appunto: Canta che ti passa [C 520]. 1660

Parente o non parente va male a quello che non ha niente. Ognuno si tiene quello che ha ed e` illusione pensare che avendo parenti ricchi si possa cambiare la propria situazione: la parentela sembra non riguardare le sostanze. 1661

1662

Quel che sempre si ha meno si stima.

pag 187 - 04/07/2007

AVERE

124

.

Quello che si possiede e si usa normalmente non lo si tiene in considerazione e non se ne avvertono le qualita` di utilita`, d’interesse, di bellezza, ecc. Quel che si ha si disprezza e quel che non si ha si desidera. Il desiderio amplia il valore della cosa desiderata, mentre la consuetudine diminuisce l’importanza di quello che abbiamo sempre a disposizione.

Chi da povero diventa ricco, o comunque viene a possedere qualcosa, spesso ostenta quello che possiede in modo goffo, esagerato, forse per far dimenticare la sua passata condizione.

1663

1664 Quel che non si puo` avere si brama. Sottolinea che, mentre quello che non si ha si desidera (vedi il proverbio precedente), quello che non si puo` avere si brama, vale a dire che si desidera ancora di piu`, se ne ha un desiderio maggiore ingigantito dall’impossibilita` d’ottenerlo. 1665 Chi ha fa e disfa`. Colui che dispone di sostanze e` quello che ha il reale potere, la possibilita` della scelta, e` quello che decide di fare e di non fare. Se ne puo` dedurre che tutti coloro che detengono le forme del potere (cariche, funzioni) sono condizionati da chi ha il vero potere, quello economico. 1666 Chi ha ha bisogno di chi non ha. Colui che possiede ha dei sottoposti che lavorano per lui, si fa servire e perde quindi la capacita` di operare di persona, per cui e` costretto a ricorrere ad altri, dipende da loro. Constatazione semplice, ma e` la dinamica sociale sulla quale si fonda la dialettica servo-padrone di Marx.

Chi non ha, ha bisogno di chi ha e chi ha, ha bisogno di chi non ha. Ampliamento del precedente. Sposta l’attenzione su rapporti sociali nei quali chi non possiede chiede lavoro, protezione e appoggio a chi ha, mentre chi ha disponibilita` chiede a chi non ne ha di lavorare per lui, di servirlo, di mettere a disposizione le sue capacita` e conoscenze. 1667

Vivi di quel che hai e non di quel che aspetti. Cerca di essere felice godendoti quello che e` a tua disposizione e non aspettare, per essere contento, quello che in futuro speri di ottenere. 1668

1669

Chi non ha mai avuto mostra piu` del dovuto.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. Proverbio napoletano usato ormai dovunque per indicare che alla fine di un rapporto ognuno resta con quello che ha in mano. Col detto si allude spesso al comportamento furbesco di chi sfrutta un sentimento o una situazione per il proprio utile. E` ripreso da una nota canzone napoletana che dice: Basta che ce sta o sole / che c’e` rimasto ’o mare... / chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, / chi ha dato, ha dato, ha dato, / scordammese ’o passato nun ce pensamme chiu`. Anche Carducci scrive: ‘‘Chi ebbe tenga e quel che e` stato e` stato’’ (Giambi ed epodi 1.5, Il Cesarismo). Qualcuno sostiene che sia stato il motto delle Fiera di Senigallia che si teneva dal 10 luglio al 10 agosto e durante la quale si chiudevano i caselli del dazio. Allo scadere del temine si riaprivano e ricominciava l’obbligo del pagamento. Vedi anche Come alla fiera di Senigallia: Chi ha avuto ha avuto [S 993]; La campana a morto dice: Chi ha avuto ha avuto [C 292]. 1670

1671 Quel che non si puo` avere si biasima. Quello che si desidera ma non e` possibile ottenere si tende a disprezzarlo per attenuare la delusione. Lo stesso concetto e` espresso dal modo di dire: Fare come la volpe con l’uva. Anche la volpe, non potendo raggiungere l’uva, che era troppo alta, disse che era acerba (cfr. Esopo, Favole 32). Vedi per il biasimo finalizzato all’acquisto Chi disprezza compra [D 635]. 1672 Chi ha e` soggetto a perdere. Chi possiede si trova nel rischio continuo di perdere quello che ha. Sottolinea lo stato di precarieta` e d’apprensione che genera l’avere. 1673 Chi non ne ha non ne perde. Reciproco del precedente. Chi e` povero non ha nulla da perdere, da questo punto di vista e` tranquillo. 1674

Chi ha la casa vuota lascia la porta aperta.

1675 Chi ha capita sempre bene. Dovunque vada il ricco e` sempre accolto gentilmente e volentieri, anche perche´ puo` esser sempre utile.

pag 188 - 04/07/2007

125 1676

.

Chi ha e` sempre benvenuto.

Abbi fiorini e troverai cugini. Procura d’aver soldi e troverai dovunque chi ti accoglie e ti ama come un parente. 1677

1678

Chi ha roba e` ben visto.

Chi non ha di casa sua non sempre mangia alle sue ore. Chi non e` autonomo, non ha disponibilita` personali deve stare ai comodi degli altri, fare le cose quando puo` e gli altri vogliono, come chi deve mangiare in casa d’altri. 1679

Deus in adiutorium meum intende chi non ne ha canta e chi li ha ne spende. Detto scherzoso. Il primo verso e` quello col quale inizia la funzione dei Vespri (Salmi 69.2), ‘‘Signore vieni in mio aiuto’’. Segue una considerazione consolatoria per chi si trova a corto di quattrini: il canto e` ritenuto un mezzo per sfogare la rabbia e il malumore. Vedi anche Uccello in gabbia canta per amore o canta per rabbia [U 34]. 1680

1681 Chi n’ha, ne spende. Chi ha soldi se li gode, li sperpera, puo` largheggiare, fare molte spese. 1682 Chi poco ha poco da`. La penuria dell’avere condiziona anche la generosita`: non solo chi ha poco da` poco perche´ ha poco, ma anche perche´ ha paura di rimanere senza. 1683 Ognun da` quello che ha. Proverbio con diverse sfumature di significato a secondo delle situazioni: ognuno da` quello che puo`, secondo le possibilita`. Con ironia: per rimarcare la grettezza, la maleducazione di un gesto proveniente da una persona avara o meschina. Con rassegnazione: non si puo` chiedere a una persona quello che non e` in grado di dare; in questo senso vedi anche La botte da` il vino che ha [B 778]. 1684 Quel che non si ha non si puo` dare. Reciproco del precedente. Anche nel senso di doti e di conoscenze.

(Io) Ho solamente quello [quel] che ho dato [donato]. Di ispirazione cristiana: possiedo solo quello che ho donato. Propriamente: ho portato con me (ora che sono morto) soltanto quello che ho dato, il bene che ho fatto. Ma ovviamente si 1685

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AVERE

usa di solito senza questo valore definitivo. Vedi anche Non si porta con noi che il bene fatto [B 371]. Deriva del detto latino seguente: 1686 Haec habeo quae dedi. ‘‘Ho quello che donai’’. Motto mediolatino che D’Annunzio adotto`, facendolo scrivere sull’ingresso del Vittoriale e sulla porta del suo studio. 1687 Meglio l’avuto che l’atteso. Meglio quello che e` stato ricevuto che quello che ci si aspetta, in quanto il primo e` sicuro e si gode, il secondo e` incerto e non serve che a sperare. 1688 A chi ha gliene va. I soldi e le ricchezze vanno per le vie della fortuna (eredita`, vincite, matrimoni) a coloro che hanno gia` disponibilita` e agiatezza. Vedi anche Piove sul bagnato [P 1856]; Ogni acqua va al mare [M 677].

Chi l’ha, chi l’ha avuto e chi lo vorrebbe. Si dice dell’atteggiamento degli uomini verso il denaro, ma si usa con maliziosa ambiguita` riferendolo ad altro nei confronti delle donne. 1689

1690 Meglio avere uno che dover dare due. Meglio avere poco che, per voler molto, trovarsi con i debiti. 1691 Meglio aver da avere che aver da dare. Meglio aver crediti che debiti. Meglio trovarsi a non poter riscuotere che a non poter pagare. Si usa inoltre come un invito alla generosita` anche nei sentimenti: meglio nei rapporti personali essere nella situazione di aver qualcosa da ricevere che sentirsi in obbligo.

Ha noie chi ha da dare e chi ha da avere. Dover restituire, denari o altro, non e` piacevole, ma nemmeno andare a chiedere, cercare di recuperare qualcosa, tanto piu` un debito. 1692

1693 Si va per avere e ci riman da dare. E` la sorte del creditore che va per riscuotere un debito e risulta debitore. Proverbio dei contadini che ogni anno facevano i conti con il padrone e, per miseria loro o malignita` del proprietario, si trovavano sempre in debito. 1694 Molto aver fa molte cure. Chi possiede molti beni e` costretto a occuparsene con sollecitudine ed e` angustiato da preoccupazioni e impegni continui. Vedi anche Grandi ricchezze, poco sonno [R 390].

pag 189 - 04/07/2007

AVVENIRE

AVVENIRE1 f Vedi Accadere. AVVENIRE2 Sostantivo. L’imperscrutabilita` degli eventi futuri nasconde il rimpianto di non poterli conoscere e la rassegnazione. f Vedi Futuro, Indovino. L’avvenire [il futuro] e` nelle mani di Dio [del Signore]. Avvertimento che si da` quando qualcuno fa progetti per il futuro con troppa sicurezza. Vedi anche la forma ampliata L’avvenire e` nelle mani di Dio; cio` che sara` l’uomo non puo` mai dire [U 173]. 1695

L’avvenire sta sulle ginocchia di Giove [degli de`i]. Di ascendenza classica e di uso dotto, riprende alcuni luoghi dell’Iliade che con questa immagine esprimono l’incertezza sul futuro: celebre soprattutto la ricorrenza in Iliade 20.435 nelle parole di Ettore ad Achille prima del duello per lui fatale. 1696

1697

L’avvenire nessuno lo sa.

Quello che deve venire non lo sa nemmeno il piu` vecchio. Per analogia. Non serve neppure l’esperienza per immaginare, predire il futuro. 1698

1699 Sara` quel che sara`. Per analogia. Formula molto comune con la quale, escludendo la possibilita` di prevedere qualcosa, ci si rimette al destino.

Se si conoscesse l’avvenire a nessuno capiterebbe niente. Si sottolinea, con gusto paradossale, come disgrazie e inconvenienti capitano perche´ il futuro e` imprevedibile. 1700

AVVOCATO Gli avvocati sono una categoria professionale molto bersagliata dai proverbi, in particolare perche´ dalle liti, dalle cause, che rovinano i contendenti, alla fine guadagnano solo loro. Sono cosı` visti come uccelli predatori che vivono sulle disgrazie e le sventure della gente comune. f Vedi Medico, Prete. 1701

126

.

Grande avvocato, cattivo cristiano.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Un buon avvocato non puo` avere una coscienza netta: per vincere le cause deve infatti ricorrere a mezzi usando i quali non ci si puo` dire del tutto onesti. L’avvocato e il medico vendono per uno scudo consigli che non comprerebbero per un quattrino. L’avvocato e` largo di consigli anche in casi nei quali non saprebbe cosa fare, dal momento che, comunque vada il processo, intasca la parcella. Lo stesso usa fare il medico, vedi Medico. 1702

L’avvocato ti spoglia e il medico t’ammazza. Tutti e due ti portano alla rovina, il primo economica, l’altro fisica. 1703

Il medico vive di carne malata e l’avvocato di carne infuriata. Il medico vive sulle malattie e l’avvocato sull’ira dei contendenti. 1704

Preti, medici e avvocati si trovan sempre d’accordo. Vivono infatti sulle disgrazie altrui: gli avvocati sulle liti e i testamenti, i medici sulle malattie e i preti sui funerali e i lasciti. Quindi: quando c’e` qualcuno che va all’altro mondo lavorano insieme. 1705

Chi nelle man dell’avvocato va perde fede speranza e carita`. Non crede piu` a nessuno: avvocati, amici, nemici, tribunali, legge, testimoni; ne´ ha speranza che la situazione si possa sbrogliare; ne´ ama piu` nessuno. A contatto con gli avvocati la vita si presenta come la commedia dove tutto puo` essere vero e tutto falso. C’e` anche sottinteso il fatto che l’avvocato aveva fama di persona falsa, profittatrice, capace di vendersi alla controparte, ecc. 1706

Chi va nelle man dell’avvocato vive in miseria e muore dannato. E` un invito a non entrare in una lite, in un contenzioso legale, poi in un processo. Un accordo anche svantaggioso e` preferibile a una vittoria in tribunale. Vedi anche Meglio un magro accordo che una grassa sentenza [S 1021]. 1707

1708

Sta meglio un topo in bocca a un gatto che un cliente in mano a un avvocato.

1709

Chi va dall’avvocato quando gli va bene ci lascia le penne.

pag 190 - 04/07/2007

127

.

Anche se vincera` la causa la parcella lo impoverira`. 1710 L’avvocato mangia carne di cristiano. Vive sui risparmi, le privazioni, i debiti dei clienti: si approfitta dei poveri che si separano dal poco che hanno come dalla propria carne.

L’avvocato miete di gennaio come vendemmia di marzo. L’avvocato non ha stagioni nelle quali semina, pota, concima o ara: raccoglie in ogni stagione; ha un lavoro che rende sempre e comunque. 1711

La penna dell’avvocato e` un coltello da vendemmia. E` un arnese che non lavora mai inutilmente o in perdita, ma guadagna sempre e comunque, come la roncola del vendemmiatore che taglia grappolo su grappolo. 1712

Le mani dell’avvocato sono sempre nelle tasche degli altri. Copre ogni spesa attingendo ai conti dei clienti, addebitando loro anche spese proprie. In altro significato: maneggia sempre i soldi e i beni degli altri, appropriandosi di quanto piu` puo`. 1713

Non c’e` anima d’avvocato che giri per il paradiso. Di avvocati in paradiso ci sarebbe solo il loro protettore, Sant’Ivo o Ivone, che una pseudosequenza latina qualifica come ‘‘avvocato e non ladro, cosa incredibile’’, vedi Sant’Ivone. 1714

Uno tira una mucca per la coda, l’altro per le corna e l’avvocato la munge. I litiganti si contendono un bene e gli avvocati lentamente se ne appropriano con mezzi leciti o illeciti. 1715

Gli stolti e gli ostinati fanno ricchi gli avvocati. La fortuna dell’avvocato si fonda sulla stoltezza di chi crede d’aver ragione e intenta cause senza fondamento e sull’ostinazione dei puntigliosi che preferiscono la rovina piuttosto che cedere accordandosi ragionevolmente. 1716

1717

La veste dell’avvocato e` foderata con l’ostinazione dei clienti.

Con le mani vuote non si va davanti agli avvocati. Ogni parola, ogni consiglio viene fatto pagare dall’avvocato: non ci sono gratuiti preliminari. Una volta era uso, soprattutto da parte 1718

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

AVVOCATO

della povera gente che pagava in natura, di presentarsi all’avvocato con qualcosa che potesse motivarlo a patrocinare la causa, come Renzo che porta quattro capponi ad Azzeccagarbugli, nel cap. 3 dei Promessi sposi. Vedi anche Porta aperta per chi porta e chi non porta parta [P 2199]. Alle porte degli avvocati bisogna bussare con i piedi. Perche´ le mani sono occupate a reggere i doni che si portano loro. 1719

1720 Avvocato, cattivo vicino. In quanto, avendo conoscenza e familiarita` con la legge, fa continuamente valere i propri diritti, ovvero le sue pretese maneggiando a dritto e a rovescio i codici.

Buon avvocato non si fece mai portare davanti a un giudice. L’avvocato evita, per quanto lo riguarda personalmente, di ricorrere in tribunale e arriva a un accordo. Oppure: e` tanto scaltro che non si riesce a portarlo di fronte a un giudice. 1721

Non c’e` cattiva causa che non trovi il suo avvocato. Usato in senso senso generale: non esiste idea tanto balorda che non abbia il suo sostenitore. 1722

Degli avvocati e` piu` facile dirne male che farne a meno. L’avvocato e` un male necessario. Per quanto tutti riconoscano che ricorrere all’avvocato comporta molti inconvenienti, nondimeno al momento del bisogno e` insostituibile. 1723

Avvocato non chiamato con un calcio nel culo fu pagato. Chi s’intromette, non richiesto, negli affari non suoi, anche se offre un valido aiuto, non viene ricompensato, ne´ ottiene riconoscenza. 1724

Sanctus Yvo erat Brito: advocatus et non latro, res miranda populo. ‘‘Sant’Ivone era della Bretagna, avvocato e non ladro, cosa eccezionale per tutti’’. I tre versi (dei quali spesso il primo e` omesso) sono tradizionalmente intesi come critica implicita agli avvocati, ma e` probabile che in origine volessero piuttosto bersagliare i Bretoni, allora considerati tutti furfanti. Ivone di Kermartin, noto anche come ‘‘Avvocato dei poveri’’, visse fra il 1253 e il 1303 e fu canonizzato nel 1347. 1725

pag 191 - 04/07/2007

AVVOLTOIO

128

.

AVVOLTOIO L’aspetto sinistro di questo grosso rapace e la sua abitudine a cibarsi di carogne hanno ispirato nei suoi confronti un senso di ripugnanza. Nell’antichita` invece l’avvoltoio era stato investito di valori sacrali divenendo l’emblema dell’Alto Egitto; presso i Romani era ritenuto sacro al dio della guerra. Nell’alchimia, insieme al corvo, come divoratore delle carni in putrefazione, divenne simbolo di rigenerazione ed equivalente di uno dei misteri fondamentali della natura. Molti significati sono stati dati a questo uccello, che nel linguaggio comune ha solo metafore negative. Invidia: un avvoltoio rode nell’Ade il fegato del gigante Tizio; morte: presso molti popoli l’avvoltoio e` posto a custodia delle tombe; morti: vola la` dove vi saranno eccidi o vi sono carogne; odorato straordinario: sente da lontano, o addirittura prima che avvenga, l’odore del massacro; rimorso: l’avvoltoio becca il cuore dei dannati nell’Ade. 1726 Dove vola l’avvoltoio c’e` la carogna. Dove si aggira un malvagio la` c’e` un delitto, o un imbroglio. Nei Vangeli (Matteo 24.28, Luca 17.37) si legge: ‘‘Dovunque sara` un cadavere, la` si raduneranno le aquile’’, che sembra modificare, volutamente o per una confusione linguistica, proprio questo proverbio, dunque gia` esistente come tale nella tradizione ebraica. 1727 L’avvoltoio giovane ha il becco tenero. Il malvagio, quando inizia la sua carriera, non si tradisce dai modi e dall’atteggiamento. Oppure: anche i malvagi in gioventu` sono stati buoni. 1728 Chi nasce avvoltoio non morira` colomba. Per quanto uno migliori con l’eta`, l’educazione, l’esperienza, non cambiera` mai la propria natura. Vedi anche Chi di gallina nasce convien che razzoli [G 72].

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

La chioccia non piange la morte dell’avvoltoio. Nessuno si addolora sinceramente per le disgrazie che colpiscono il proprio nemico. Non ci si preoccupa dei danni che capitano a chi ci nuoce. Vedi anche La morte del lupo e` la salute del cane [L 1143]. 1729

AZIONE 1730 L’azione rivela la passione. Il gesto, l’atto, piu` delle parole, rivela l’animo, i desideri di una persona che, mentre copre i propri impulsi parlando, li manifesta inavvertitamente con il proprio atteggiamento. 1731 Ognuno e` figlio delle proprie azioni. Ciascuno e` quello che e` in base a quello che ha fatto. Sottolinea la responsabilita` individuale. Vedi Ciascuno e` artefice della sua fortuna [F 1227]; La sorte e` come uno se la fa [S 1681].

AZZURRO Azzurro e oro non guastan lavoro. Vecchio proverbio dei decoratori e dei pittori, secondo il quale nelle decorazioni come nei dipinti, che un tempo erano per lo piu` di soggetto religioso, mitologico o storico, l’abbinamento dei due colori azzurro e oro andava sempre bene, non compromettendo certo la bonta` dell’opera. Compaiono infatti nel cielo stellato, nelle cornici, nei manti, ecc. Azzurro e oro erano due colori estremamente costosi, ricavandosi l’uno dal lapislazzuli e l’altro dalla foglia d’oro. Nel Medioevo e nel primo Rinascimento, commissionando un dipinto veniva stabilita la quantita` di superficie che doveva essere coperta da questi due colori. 1732

pag 192 - 04/07/2007

B BABBO In Toscana, Umbria e Sardegna babbo e` il termine col quale si indica il padre, altrove papa`. f Vedi Figlio, Madre, Padre. 1 Babbo e mamma non campano sempre. Toscano. Si dice ai figli che non si decidono a provvedere per tempo a se stessi, a farsi una famiglia o a rendersi indipendenti. 2

Babbo e mamma non sono eterni.

Tata e mamma nun campeno sempre. Romanesco. 3

` BACCALA Il baccala` e` il merluzzo in tranci salati ed essiccati; assieme all’aringa, la salacca, l’acciuga era il piatto delle mense povere. Viene pescato nei mari del Nord. Baccala`, fegato e uova piu` che cuoce e piu` che assoda. Baccala`, uova e fegato tendono a indurire con il procedere nella cottura. Il verbo al singolare con piu` soggetti e` frequente nel linguaggio popolare: il proverbio viene sempre enunciato in questo modo. 4

Donne e baccala` da Ognissanti in la`. Si consiglia la stagione fredda per un cibo pesante e di difficile digestione; soprattutto se ne sconsiglia l’uso nel periodo caldo: Ognissanti cade il 1º di novembre. Anche gli incontri sessuali sono raccomandati con la stagione fresca, vedi Agosto moglie mia non ti conosco [A 335]. 5

6 Il baccala` non e` buono se non e` battuto. Il baccala`, soprattutto quello di qualita` scadente usato comunemente, era molto duro e doveva essere messo in bagno per ore prima della cottura. Per ammorbidirlo meglio si usava anche pestarlo con un fungo di ferro o qualcosa di pesante. 7

Il baccala` e` buono per chi lo sa fa’.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Il baccala` riesce un ottimo piatto solo per chi lo sa cucinare. Molte sono le ricette regionali che lo vedono protagonista, a cominciare dal celebre baccala` alla livornese (ed e` possibile che lo stesso infinito tronco del proverbio denunci l’area linguistica toscano-meridionale); ma un tempo era cucinato poveramente, spesso solo bollito. All’ora di mangia’ chi corre per il cappone, chi per il baccala`. Povera o ricca la mensa attrae tutti al momento della fame. Chi va per bocconi ghiotti come il cappone e chi per un piatto povero come il baccala`. 8

BACCHETTA Bacchetta come segno di comando (vedi ‘‘comandare a bacchetta’’), come il frustino, il bastone. A mal villano non dar bacchetta in mano. Al contadino, all’uomo di bassa condizione non dare incarichi ne´ potere di comando. Chi ha sempre ubbidito abusa del potere che conquista. 9

BACCHETTONE Bacchettone e` colui che ostenta grande devozione e religiosita`. Il termine proviene forse dalla bacchetta che usavano un tempo i penitenti per frustarsi. Nei proverbi seguenti e` citato con molti coloriti sinonimi: collo torto e` il maniaco delle pratiche devote, cosı` detto per il fatto che prega tenendo la testa inclinata su un lato, posa che compare anche sui santini; baciapile e` chi in chiesa si prosterna a baciare le pile dell’acqua benedetta; leccasanti e baciasanti sono quelli che baciano continuamente immagini di devozione; lo sgranacorone e` colui che ha sempre in mano la corona del rosario. 10

Bacchettoni e colli torti tutti il diavol se li porti; baciapile e leccasanti se li porti tutti quanti.

pag 193 - 04/07/2007

BACCO

130

.

Coloro che ostentano devozione, eccessivo attaccamento alle pratiche religiose, mostrano virtu` e zelo, sono ritenuti pericolosi, poiche´ nascondono altre mire, assai piu` terrene. Per i vari significati vedi sopra. Chi ha il collo torto continua a fare il male anche da morto. Per analogia. Per collo torto vedi sopra. E` talmente maligno che la sua cattiva influenza continua oltre la tomba, mediante testamenti, calunnie e azioni che protraggono gli effetti nel tempo dopo la sua scomparsa. 11

Guardati dalla peste e dalla guerra e dai musi che guardano per terra. Per analogia. La persona che tiene gli occhi abbassati e non guarda in faccia l’altro quando parla era considerata di natura subdola, falsa e capace di nascondere inganni e tradimenti. 12

Guardati dal bacchettone, dallo sgranacorone, da chi nasconde le mani, dalla bocca dei cani e dai culi dei muli. Il bacchettone e lo sgranacorone sono persone infide dalle quale occorre guardarsi. Anche colui che per imbarazzo si tormenta le mani e le tiene nascoste mostra di avere qualcosa di segreto o di cui si vergogna, un’inquietudine sospetta. Bisogna tenersi a distanza dalla bocca del cane perche´ improvvisamente puo` mordere e non stare dietro ai muli per evitare di prendere calci o altro. 13

BACCO Bacco e` la divinita` latina del vino e dell’ebbrezza, simile al greco Dioniso. E` qui spesso accomunato a Venere, dea dell’amore, ambedue fonti di piacere e di perdizione per il genere umano. f Vedi Venere. Bacco, tabacco e Venere riducon l’uomo in cenere. Molto diffuso: il vino, il fumo e l’eros rovinano la salute dell’uomo. Il tabacco un tempo veniva piu` fiutato che fumato: introdotto nel naso rovinava le vie respiratorie. Cosı` Carlo Goldoni (Lucrezia Romana, atto III, scena VI): ‘‘Bacco, Cupido e Venere / fanno l’uomo andare in cenere’’. 14

15 Ne uccide piu ` Bacco che Marte. Il bere un tempo era, tra tutti, il vizio piu` diffuso e faceva piu` vittime della guerra.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Marte era il dio delle armi e della guerra. Vedi anche Ne uccide piu` la gola della spada [G 932]. Quando Bacco prende la testa lega anche i piedi. Quando i fumi del vino bevuto arrivano alla testa si bloccano anche le gambe ed e` difficile camminare. La camminata dell’ubriaco e` instabile, barcollante. 16

Bacco attizza il fuoco e Venere viene al gioco. Bacco prepara la strada e Venere viene volentieri dietro. Il vino da` forza, brio, scalda il sangue, per questo eccita anche i desideri sessuali. I ‘‘giochi di Venere’’ sono appunto le pratiche amorose, vedi anche Senza Cerere e Bacco e` amor debole e fiacco [V 372]. 17

BACIARE Per molti proverbi e` un atto innocente, che non ha conseguenze. f Vedi Bacio, Bocca. 18 Baciar non lascia odore. Il bacio si puo` nascondere agevolmente. Il bacio non ha nessuna conseguenza. Il bacio non comporta la perdita del buon nome, rimane una cosa innocente. Vedi anche Il bacio non lascia macchia [B 27].

Baciar non e` peccato e abbracciar non toglie onore. Baciare, alla luce della morale del passato, non era visto come una colpa e anche la religione lo ammetteva. Abbracciare ugualmente e` uno scambio di affettuosita` che non comportava la perdita dell’onorabilita`. 19

Si bacia il bambino pensando alla mamma. L’uomo, al quale piace la madre, vezzeggia il bambino sapendo che questo le fa piacere. Si accarezza il figlio per poter poi accarezzare la mamma. 20

21 Bacia e riponi. Si dice delle cose preziose che devono essere maneggiate poco e con cura, come le reliquie dei santi, alle quali la frase fa riferimento, i ricordi, le immagini care. Le reliquie venivano esposte all’adorazione dei fedeli solo in rare occasioni, quindi erano gelosamente riposte nei reliquiari. 22

Tal ti bacia la bocca e dietro te l’accocca.

pag 194 - 04/07/2007

131 Di uso antico, come denunciano tal per ‘‘qualcuno’’ e il verbo ‘‘accoccare’’. Qualcuno che ti fa grandi manifestazioni d’affetto, di stima, promesse e giuramenti, dietro sta preparandoti l’inganno. Accoccare propriamente e` aggiustare la cocca, la tacca della freccia nella corda dell’arco, quindi anche: ficcare dentro. L’allusione e` pesante. BACIO Il bacio, pur non essendo di per se´ impegnativo, o esprimendo solo un’affettuosita` o un gioco, e` comunque il segno certo della disposizione affettuosa di una persona verso l’altra e quindi puo` preludere a un rapporto piu` stretto. f Vedi Bocca, Silenzio. I baci sono come le ciliegie: uno tira l’altro. I baci piacciono talmente che, una volta cominciato a darli, non si smetterebbe mai. Vedi anche Una ciliegia tira l’altra [C 1583] ; Chiocciole da succhiare e donne da baciare non posson mai saziare [C 1475]. Si dice anche delle disgrazie, vedi Le disgrazie non vengono mai sole [D 597]. 23

24 Un bacio dato non fu mai perduto. Un segno d’amore, dato o ricevuto, e` sempre qualcosa di bello che ti e` capitato. 25 I baci sono i messaggeri d’amore. I baci sono il preludio dell’amore e annunciano il desiderio intenso di unione. 26

Chi concede un bacio e` pronto a dare di piu`.

27 Il bacio non lascia macchia. Il bacio non compromette l’onore di una fanciulla. Vedi in senso piu` maligno Bacio non fa buco [B 28]; Baciar non lascia odore [B 18]. 28 Bacio non fa buco. Un piccolo amore non fa danno; un bacio non compromette l’onore di una ragazza. Probabilmente deriva dal veneto: 29 Baso non fa buso. ‘‘Bacio non fa buco’’. 30 Pizzichi e baci non fanno pertugi. Per analogia. Vedi anche Baci e pizzicotti non fanno marmocchi [P 1946]. Deriva dal napoletano: 31

Piezzeche e vase nun fanno pertose.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BACO DA SETA

‘‘Pizzicotti e baci non fanno buchi’’. Bacio di bocca spesso cuor non tocca. Non sempre il bacio coinvolge, smuove il sentimento: spesso la paura, la timidezza o altri impedimenti lo rendono un gesto freddo. ` solo il primo bacio che costa. 33 E Nell’amore e` difficile solo il momento iniziale, la rivelazione, il primo consenso, per la paura di se stessi, dell’altro, del sentimento. Questo vale anche per altre cose, vedi Tutto sta a cominciare [C 1848]; Il peggior passo e` quello dell’uscio [P 1189]. 32

34 I baci rubati sono i migliori. I baci dati di nascosto, dati a dispetto di una proibizione o eludendo la sorveglianza, acquistano il sapore di una vittoria. Non si tratta qui di rubarli contro la volonta` dell’altro. Vedi anche Piu` proibito, piu` gradito, piu` appetito [P 2763] ; I frutti proibiti sono i piu` dolci [D 687]; Acqua rubata ha piu` sapore [R 1053].

Bacio per forza non vale una scorza. Questo bacio non e` dato di nascosto come nel proverbio precedente, ma carpito con la forza, contro la volonta` decisa dell’altro, e non e` ne´ bello ne´ piacevole. Una scorza e` un niente, una buccia vuota che si getta via. 35

BACO Il bruco della frutta. f Vedi Mela, Verme intestinale. Quando il baco s’affaccia alla mela trova il becco del merlo. Chi vive chiuso e nascosto nel suo mondo piccolo e limitato, come il verme nella mela, senza conoscenza della realta`, non appena esce dal suo bozzolo, trova subito il malvagio che gli fa del male. I merli sono ghiottissimi di ciliegie e dei bachi che vi si nascondono. 36

Nelle piu` belle ciliegie stanno i piu` grossi bachi. Le cose piu` allettanti nascondono le peggiori magagne; quello che si mostra piu` perfetto e` quello in cui facilmente si annida il male. 37

BACO DA SETA Nella specie allevata in Italia (Bombyx mori), il baco da seta che esce dalle uova e` detto filugello e mangia, anzi divora, foglie di gelso facendosi grosso. Passa attraverso quattro

pag 195 - 04/07/2007

BADIA

132

.

mute, dopo le quali ‘‘sale al bosco’’, ossia va salendo lentamente ad alloggiarsi su rami secchi (spesso di erica) raccolti in un complesso, detto ‘‘bosco’’, che gli viene accuratamente preparato. Qui si ferma e, in circa quattro giorni, fa il bozzolo, che viene raccolto e lavorato. Tra l’apertura delle uova, la comparsa dei filugelli e la salita al bosco, dove i bachi fanno il bozzolo, passano circa trentatre´-trentacinque giorni (ma se ne possono calcolare trentotto per l’intera colonia, quindi altri ventuno circa, nei quali il filugello, imbozzolato e apparentemente addormentato, perfeziona la sua metamorfosi. 38 Chi ha bachi non dorma. Chi alleva i bachi da seta li sorvegli anche la notte. I filugelli infatti possono morire facilmente, per il freddo o altro, quando a primavera si schiudono le uova. Il detto e` anche allusivo: si chiamano bachi anche gli ossiuri, i vermi intestinali che non fanno dormire per il dolore, tanto che il proverbio si trova anche nella forma:

Chi ha bachi non dorme. Chi fa bene bachi e pecchie non s’impicci d’altre bestie. Chi riesce con il baco da seta e con le api, non allevi altri animali. Le cure di questi due allevamenti non consentono di distrarsi con altri impegni e bastano a dare di che vivere. 39 40

BADIA f Vedi Casa, Suora. BAFFO I baffi sono un elemento volto a sottolineare la forza della virilita` completa e matura, mentre la barba richiama piuttosto la ponderazione e la saggezza della vecchiaia, se non la noia. Si dice appunto un uomo coi baffi (non solo come eufemismo) per indicare una persona forte, decisa, capace, che non delude; del resto e` stato detto ‘‘il secolo coi baffi’’ l’Ottocento, per sottolinearne la generale predilezione per le maniere forti, i caratteri impetuosi, gli atteggiamenti generosi e virili. Per questo per la donna, al di la` delle considerazioni estetiche, i baffi rappresentano un segno negativo. Sta’ lontano da cani e da gatti e da donne che portano baffi. I cani e i gatti potevano, specialmente una volta, trasmettere malattie, oltre a mordere e a graffiare. Ma il proverbio ha come bersaglio 41

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

la donna baffuta che sarebbe di cattivo carattere, vedi Donna baffuta, coi sassi la saluta [B 44]. 42 I baffi non crescono a tirarli. Le cose vanno lasciate crescere naturalmente e non se ne accelera lo sviluppo con artifici. Si diceva un tempo ai ragazzi che cercavano di farsi crescere i baffi, considerati segno di virilita`.

BAFFONE In Italia Baffone era il soprannome di Stalin (1879-1953), il dittatore dell’Unione Sovietica dal 1934 al 1953. 43 Ha da veni’ Baffone! Detto che e` stato comunissimo in Italia negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. La frase, che sopravvisse anche alla morte di Stalin (1953), indicava, di fronte a un’ingiustizia, un sopruso, una prevaricazione, l’avvento imminente di chi avrebbe posto fine a uno stato di cose sbagliato, vendicando i torti e rimettendo a posto i prepotenti in una nuova societa`. Tra il serio e il faceto, fu l’intercalare conclusivo dei discorsi sul vivere umano e la minaccia a chi faceva il proprio comodo o sfruttava il prossimo.

BAFFUTO Donna baffuta [barbuta], coi sassi la saluta. La donna con i baffi, o con la barba, sarebbe d’indole perversa. Scriveva gia` ai suoi tempi Tommaseo (Tommaseo - Bellini, Dizionario, alla voce): ‘‘E` inutile dimostrare l’immoralita` di questo dettato’’. Vedi anche Donna col pelo: inferno o cielo [D 900]. 44

Donna baffuta sempre piaciuta. Contrario del precedente. Si dice che la donna baffuta abbia il suo fascino, la sua seduzione, a dispetto del pessimo carattere. Cio` sarebbe confermato dalla coppia di proverbi: Donna pelosa spesso rabbiosa / Donna pelosa tutta amorosa. Proverbio tuttora piuttosto vivo, forse anche perche´ la peluria, a dispetto delle moderne tecniche di maquillage, resta una caratteristica non sempre eliminabile nelle donne mediterranee. 45

pag 196 - 04/07/2007

133 BAGATTO Bagatto e` un arcano maggiore dei Tarocchi, cosı` come il Matto, ma con questo non si spiegano i proverbi seguenti. E` generalmente raffigurato come un giocatore del ‘gioco delle tre carte’, a dimostrazione che il nome e` connesso con bagat(t)ella nel significato antico di ‘‘gioco, gioco di prestigio, gioco dei bussolotti’’. 46 Bagatto per amor divenne matto. Si dice a chi, apparentemente di natura spensierata, se la prende poi troppo per le pene d’amore. 47 Bagat per l’amu ` r a l’e` dventa` mat. ‘‘Bagatto per l’amore e` diventato matto’’. Piemonte.

BAGNARE f Vedi Piovere, Terra.

BALENA La balena come sinonimo di cosa grande, enorme. 48 I granchi voglion morder le balene. Si dice quando piccoli e deboli pretendono ridicolmente d’assalire o combattere grandi e potenti, o li minacciano. 49 La balena non si piglia con la mosca. I grandi risultati non si ottengono con mezzi meschini, come chi volesse pescare una balena usando come esca una mosca. Piu` che con le mosche (ma si usa dire cosı`) si pesca con le larve dei mosconi. 50

Chi pesca coi lombrichi non piglia le balene.

BALIA Nel passato l’uso di far allattare i bambini da una balia era diffuso. Le balie erano per lo piu` donne del popolo che in tal modo raggranellavano qualche soldo, con un vero contratto (contratto di baliatico). Da una mucca e una balia ci corre un par di corna. La mucca, ricchissima di latte di cui ha gonfie le mammelle, e` il simbolo della maternita` e dell’allattamento. Cosı` la balia, che qui viene identificata con il latte che produce. Le balie di solito erano ospitate nelle case di persone 51

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BALLARE

benestanti e vi portavano la loro cultura, che differiva molto da quella dei padroni. Da qui il proverbio. 52 Val piu ` una madre che cento balie. Una mamma non puo` essere sostituita completamente da una balia. Anche: niente e` migliore del latte materno. 53 Se il bimbo non ha fame ingrassa la balia. Si dice di una cura che non fa effetto a chi e` destinata, ma giova indirettamente a un’altra persona. Di solito la balia tenuta in casa veniva nutrita bene in modo che avesse molto latte. Nel caso che il bambino non tirasse (poppasse) ingrassava la balia. 54 Licenziate la balia, il bambino gioca da se´. Scherzoso. Si dice di chi, adulto, si perde in giochi e gusti infantili che non gli si addicono piu`. 55 Non l’ha strozzato la balia. Quando uno muore in eta` veneranda: detto piuttosto vivo, anche se le balie non esistono piu`. Un tempo, invece, non era putroppo caso raro che le balie, soprattutto quelle che in casa propria allattavano il loro figlio insieme a quello di un’altra donna, spossate anche dalle faccende domestiche, si addormentassero vicino a uno dei bambini soffocandolo involontariamente nel sonno.

BALLARE Come per ballare e` necessaria la musica, cosı` per agire ci vogliono le condizioni adatte e le dovute premesse. f Vedi Ballo, Moglie, Suono. Vai a ballare dove senti suonare e a mangiare dove vedi fumare. Impara a distinguere dai segni i luoghi, le case dove puoi trovare quello che cerchi. Specificamente: non cercare qualcosa se non dove pensi o sai che ci possa essere. 56

Quando si suona con una corda si balla con un piede. Quando la musica vale poco anche il ballo riesce male. Uno strumento che ha una corda sola non permette molti virtuosismi. Soprattutto usato in senso generale: con poco si ottiene poco. Vedi con significato vicino Poco cacio fresco, piccolo san Francesco [P 1965]. 57

58

Balla bene quello al quale suona la fortuna.

pag 197 - 04/07/2007

BALLO

Chi ha fortuna non sbaglia mai il passo: anche l’errore si traduce in vantaggio. 59 Chi mal balla ben sollazza. Antico. Chi balla male diverte coloro che lo guardano perche´ e` buffo, ridicolo. Ma anche in senso positivo piu` generale: anche facendo una cosa male si puo` ottenere un risultato positivo. Vedi anche La foca balla come puo` [F 1011]. 60 Bisogna ballare secondo la musica. Bisogna fare quello che e` richiesto dal momento, dalla situazione; conoscere il trescone quando si suona il valzer e` inutile. 61 Bisogna ballare quando c’e` musica. Occorre fare le cose quando e` il loro momento.

Chi balla senza suono e` un coglione bello e buono. Ballare senza la musica e` ridicolo. Chi pretende di compiere un’impresa senza quello che e` necessario per una buona riuscita, chi pensa di risolvere un problema senza le dovute premesse, mostra d’esser stolto, sprovveduto. 62

63

134

.

Ballo senza suoni ballo di minchioni [coglioni].

BALLO Nei primi proverbi il ballo e` sinonimo di situazioni per lo piu` incresciose nelle quali ci si trova coinvolti, immischiati; negli altri, si avverte come danze e feste in abbondanza possano nuocere alla reputazione di una donna. f Vedi Gioco, Invitare, Moglie. 64 Quando si e` in ballo bisogna ballare. Quando uno e` coinvolto in una situazione, in un’impresa, in un lavoro, in una lotta, deve comunque fare la sua parte, anche se non gli piace, cavandosela alla meglio. Molto vivo e diffuso.

Quando si e` in ballo bisogna ballare anche colle scarpe strette. Ampliamento del precedente. Bisogna darsi da fare anche se i mezzi non sono adeguati o limitati e precari, e costano sofferenze.

Vecchia che torna al ballo perde il passo e il cavaliere. La vecchia che dopo tanto tempo torna a ballare si accorge di non esserne piu` capace e che nessuno vuole ballare con lei. Le cose vanno fatte al loro momento: chi le fa fuori tempo si procaccia delusioni. 67

Un dı` dell’anno la vecchia in ballo. Una volta all’anno anche la vecchia puo` andare a ballare. Chiunque puo` fare ogni tanto una pazzia. Vedi anche Semel in anno licet insanire [V 1304]; Una volta l’anno non fa danno [V 1303]. 68

69 La musica porta il ballo. La musica determina i passi della danza. Non si puo` agire di testa propria: ci sono forme, regole e necessita`.

Donna in ballo, donna in fallo. La donna che frequenta troppo i balli e le feste, facilmente cade in tentazione. Vedi anche Chi porta la moglie ad ogni festa e fa bere il cavallo a ogni fontana... [M 1669]. 70

Donna che balla lume e farfalla. La farfalla volando intorno al lume si brucia le ali. 71

Donna ballata farfalla bruciata. Donna che ha frequentato molto i balli e` donna che ha perso il proprio onore, che difficilmente trovera` marito. Ballata (= con la quale hanno ballato in molti) e` forzatura semantica indotta dalla rima. 72

73 Chi vien dal ballo sa come si suona. Chi torna da un luogo, da un certo ambiente, sa cosa vi succede, cosa vi si faccia. Chi ne ha esperienza conosce bene le cose.

65

66 Chi non vuol ballare non vada al ballo. Chi non vuole stare allegro non vada a una festa. Per riprendere e ammonire coloro che si mettono spontaneamente in situazioni delle quali si lamentano.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BALZANO Balzano e` detto il cavallo che ha le zampe segnate sopra lo zoccolo da una striscia bianca, che si chiama appunto balzana. f Vedi Cavallo. 74

Balzan da uno non lo dare a nessuno; balzan da due

pag 198 - 04/07/2007

135 barattalo se puoi, balzan da tre tienilo per te [caval da re]; balzan da quattro caval da matto. Secondo il proverbio il cavallo che ha solo una zampa segnata di bianco e` buono; da dar via, invece, quello che ne ha due; ottimo quello che ne ha tre; strambo e lunatico il vero balzano: quello che ne ha quattro. Da qui il significato di ‘‘stravagante’’ che ha l’aggettivo: cervello balzano. Balzan da quattro o tu lo vendi o tu ne fai baratto. Cerca di disfartene subito in qualsiasi modo. 75

Calze bianche presto stanche. Per analogia. Il cavallo con le balzane si stanca presto; cfr. C. Volpini, 516 Proverbi sul cavallo, 1896, p. 94: ‘‘le balzane calzate [sopra lo zoccolo] sono sempre indizio di poco nerbo; cio` e` dalla pratica confermato’’. 76

BAMBINO Attenti a come si parla e agisce in presenza di bambini. Alcuni consigli sulla loro salute. 77 I bambini sono spugne. I bambini assorbono tutto quello che vedono, che sentono, e lo trattengono nella memoria, riportandolo poi quando uno meno se lo aspetta. 78 Gli occhi piccini vedono tutto. Per analogia. Vedono anche quando si pensa che non sia possibile.

Bambino senza denti ha freddo in tutti i tempi. I neonati non hanno un’adeguata termoregolazione e soffrono il freddo, per cui anche se e` caldo devono stare ben coperti. Data l’alta mortalita` infantile di un tempo si aveva particolarmente timore che i neonati potessero prendere freddo. 79

Quando i bambini stanno fermi, brutto segno. Se i bambini non mostrano la consueta vitalita` , l’irrequietezza, vuol dire che covano qualche malattia oppure che hanno combinato una marachella. Vedi anche Carne che cresce non puo` star ferma [C 781]. 80

81

Per far crescere bene il bambino pane coll’olio e pane nel vino.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BANDO

Una fetta di pane bagnata col vino e con un po’ di zucchero, oppure con l’olio, uno schizzo d’aceto e un po’ di sale, erano le merende povere di una volta, sane e nutrienti. Ogni bambino nasce col panierino. Quando nasce un bambino nasce con la sua fortuna. Anche se chi nasce e` povero, qualcuno pensa a lui, qualcuno gli dona, o aiuta la famiglia. 82

BANDIERA 83 Bandiera rotta [vecchia] onor di capitano. La bandiera vecchia, rovinata e` indice di tante lotte sostenute e di una gloriosa carriera nelle armi. Si ripete ancora oggi per giustificare l’uso di indumenti, arnesi, oggetti ormai malridotti dal tempo e logorati.

Nella bandiera il colore, nel vino il sapore e nella donna il pudore. Sono gli elementi che qualificano le tre realta`: il colore identifica la bandiera, il sapore da` valore al vino e il pudore e` la dote piu` importante nella donna. Al proverbio interessa soprattutto quest’ultima, gli altri elementi danno forza all’asserzione. 84

85 Dalla bandiera si conosce il vento. Da come sventola la bandiera si conosce la direzione del vento. Da come certe cose si muovono si capisce quello che succedera`.

BANDO f Vedi Legge.

Bandi di Bernabo`: per alcuni sı` e per altri no. A proposito di una legge emanata che e` ingiusta, iniqua. Probabile riferimento a Bernabo` Visconti signore di Milano. Dopo una vita passata a combattere con i principi italiani, imperatori e papa, Bernabo` finı` prigioniero nel Castello di Trezzo, processato, infamato e forse avvelenato. Rimase la sua fama di crudelta`, di stravaganze, di violazioni delle leggi che applicava arbitrariamente, vessando la popolazione. Franco Sacchetti lo ricorda nella novella dell’abate e del mugnaio (Trecentonovelle 4), con una certa simpatia: ‘‘e comecche´ fusse crudele, pure nella sua crudelta` avea gran parte di iustizia’’. 86

87

Bandi di Siena: per chi sı` e per chi no.

pag 199 - 04/07/2007

BARA

BARA f Vedi Legno. 88 Fino alla bara s’impara. Finche´ c’e` vita questa ci insegna. Ognuno impara in ogni momento della sua esistenza, anche quando questa finisce: infatti impara e viene a sapere come finisce, che e` forse la cosa che piu` interessava sapere. Una delle numerose versioni proverbiali del celebre detto di Solone ‘‘Invecchio imparando sempre molte cose’’ (fr. 28 Gentili-Prato). Vedi anche D’imparare non si finisce mai [I 59]; Non si e` mai (troppo) vecchi per imparare [I 62]; Piu` s’invecchia (si vive) e piu` s’impara [I 60]. 89 ll morto e` nella bara. Il fatto e` concluso, evidente e chiaro, al punto che non consente discussioni, contestazioni, dubbi.

Morto Pasquale non si faran piu` bare. Si dice celiando sull’abilita` di una persona che fa una cosa talmente bene che nessuno vorra` essere servito da altri quando verra` a mancare, come questo Pasquale che era, evidentemente, un falegname. 90

BARATTARE / BARATTO Scambiare una cosa con un’altra senza fare uso di denaro dice il dizionario, ma in questi proverbi si aggiunge il desiderio di farlo con furbizia, con fraudolenza. Chi baratta imbratta. Chi baratta, scambia cosa con cosa, imbroglia. Normalmente quando uno fa un cambio, vuole cedere una cosa che non gli serve o ha qualche difetto, e cerca di allettare la controparte prospettando uno scambio vantaggioso. Barattare ha anche significato di ‘‘sporcare il gioco, intorbidare, confondere in modo che non si veda’’. 91

92 Lucrosa non est ulla permutatio. ‘‘Nessuno scambio e` vantaggioso’’. Detto mediolatino di origine non identificabile. Solo l’asetticita` del denaro da` un valore preciso alle cose, impedendo trucchi.

Quando si baratta uno frega e l’altro gratta. Tutti e due i contraenti cercano d’ingannarsi a vicenda. Grattare nel significato di ‘‘rubare’’. 93

94

136

.

Baratto con baratto una pecora divento` un gatto.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Cosa scambiata con un’altra cosa scambiata non si sa piu` che valore abbia, perche´ ognuno le da` il valore che crede e nasconde i difetti che ha. Quindi: andando avanti con i baratti si puo` passare da un valore notevole (pecora) a uno irrisorio (gatto). Vedi anche Chi baratta imbratta [B 91]. BARBA La barba e` indice di virilita`, dignita`, saggezza, ma qualche volta e` solo apparenza, per non parlare poi delle barbe rosse (vedi anche sotto Baffo). f Vedi Barbiere, Filosofo. Bacio senza barba e` un salmo senza Gloria. Si vuole che non abbiano sapore per le donne i baci degli imberbi. Il Gloria Patri conclude tutti i salmi che vengono cantati nei Vespri. 95

Un gallo senza cresta e` un cappone e un uomo senza barba e` un coglione. La presenza di pelo sulla faccia e sul corpo dell’uomo e` considerata segno di prestanza e virilita`, la mancanza il contrario, in piu` vi si aggiunge anche la stupidita`. Reciproco di quanto avviene per la donna, vedi Donna baffuta, coi sassi la saluta [B 44]. Ai galli che si accapponavano, oltre ai testicoli, si toglieva anche la cresta. 96

Meglio tornare a casa senza barba che senza testa. Meglio perdere l’onore che la vita. Avere rasa la barba, soprattutto per un soldato, era segno di derisione e di disprezzo. L’offesa era irreparabile, tuttavia era meglio mantenere la testa sul collo. 97

Se la barba facesse il filosofo, il becco sarebbe Platone. Se gli elementi esteriori conferissero anche le qualita` interiori sarebbe semplice per tutti essere eccellenti. Provebio dotto, adattamento di un distico elegiaco anonimo, di origine medievale: Si promissa facit sapientem barba, quid obstat / barbatus possit quia caper esse Plato?. Il becco, il maschio della capra, ha una lunga barbetta. Vedi anche Vedo il mantello e la barba, ma non vedo il filosofo [F 896]; La barba non fa il filosofo [A 55]; L’abito non fa il monaco [A 51]; Il galantuomo non sta sotto il cappello [G 19]. 98

99

La sapienza non sta nella barba.

pag 200 - 04/07/2007

137 Chi barba non ha e barba tocca gli sia dato in sulla bocca. Chi e` giovane e manca di rispetto a un vecchio, sia punito esemplarmente. Dare nel significato di ‘‘tirare una percossa’’. 100

Barba d’uomo e coda di cane guardale bene e non le toccare. L’uomo vedeva nella barba il segno della propria dignita`, della sua virilita` e non accettava lo scherzo, tanto meno lo scherno rivolto alla propria barba. Il cane e` geloso della propria coda che non va toccata nel senso vero e proprio, dato che l’animale puo` rivoltarsi e mordere. 101

A barba folle rasoio molle. Per una barba dura e ispida ci vuole un rasoio cauto e delicato, se non si vuole irritare o rovinare la pelle del viso. In generale: gli ostacoli, le complicazioni piu` si presentano difficili, intrigati, insormontabili piu` vanno affrontati con calma e con cautela se non si vuol finire in rovina. 102

103 Barba insaponata e` mezza fatta. Non rimane che passare il rasoio. Una volta cominciato non si torna indietro perche´ si fa prima a finire che a interrompere. Anche nel senso di Chi ben comincia e` alla meta` dell’opera [C 1839]. 104 Barba rossa, non te ne fidare. Chi ha la barba rossa ha animo difficile e maligno. Pregiudizio nei riguardi di coloro che sono di capigliatura rossa. Vedi anche Rosso mal pelo [R 989].

Dio ci liberi dalla tosse e dalle barbe rosse. La tosse un tempo era assai pericolosa. 105

Barba rossa e mal colore sotto il ciel non fu peggiore. Non ci sono al mondo persone peggiori di coloro che hanno la barba rossa e il colore pallido smorto del volto, che sarebbe indice di una mente che ha pensieri malvagi, risentimenti o cattivi propositi nascosti. 106

Dio ci liberi dalle saette da uomini senza barba e da donne con le basette. Ripete le idee enunciate da altri proverbi: la donna pelosa e l’uomo glabro non sono affidabili, vedi anche Un gallo senza cresta e` un 107

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BARBARO

cappone e un uomo senza barba e` un coglione [B 96] ; Donna baffuta, coi sassi la saluta [B 44]. 108 Poca barba, poco giudizio. In questo caso ci si riferisce ai giovani i quali non hanno ancora o hanno poca barba e per loro natura sono impulsivi e poco riflessivi.

BARBARA Santa Barbara (la cui festa, fino alla riforma liturgica del 1969 che l’ha tolta dal calendario, ricorreva il 4 dicembre) nacque forse a Nicomedia, in Grecia. Convertitasi al Cristianesimo, fu rinchiusa dal padre in una torre; fu poi condannata alla decapitazione e la sentenza venne eseguita dal padre stesso, il quale fu incenerito da un fulmine. Per questo e altri particolari, anche contraddittori, delle varie versioni della sua vita, e` protettrice di artiglieri, minatori, vigili del fuoco, patrona di chi e` minacciato da esplosioni e fulmini. Molto venerata anche in Oriente; il suo corpo fu portato nel X sec. a Venezia nella chiesa di San Giovanni Evangelista. Santa Barbara benedetta liberaci dal tuono e dalla saetta. Invocazione, piu` che proverbio, per richiedere la protezione dai fulmini. L’invocazione prosegue con: Gesu` Nazareno liberaci dal tuono e dal baleno. 109

Santa Barbara piedi al fuoco e guardala. L’imperativo guardala e` indotto dalla rima sdrucciola ed ha senso pregnante, presupponendo come oggetto ‘‘la neve’’ in base al contesto meteorologico-calendariale: per santa Barbara stai accanto al fuoco e guarda la neve; sii cauto nello sfidare il primo freddo. Se l’organismo non e` temprato, lo sbalzo di temperatura puo` provocare malanni. 110

Si a sanda Barbere chjove assa` n’alte e quarant de dı` a da chenda`. In Puglia nel giorno di santa Barbara viene fatto un pronostico sulla pioggia; dicono infatti: ‘‘Se a santa Barbara piove tanto, durera` altri quaranta giorni’’. Vedi anche Bibiana, Terzo aprilante quaranta dı` durante [A 1068]. 111

BARBARO 112

Quel che non fecero i barbari lo fecero i Barberini.

pag 201 - 04/07/2007

BARBATO

Detto di Pasquino, universalmente noto e usato talvolta per indicare uno scempio fatto da persone che non possono addurre come scusa l’ignoranza. Traduce quanto avrebbe affermato il protonotaio mantovano Carlo Castelli a proposito della discutibile politica edilizia di papa Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini, pontefice dal 1623 al 1644): Quod non fecerunt barbari Barbarini fecerunt. In particolare si alludeva alla spoliazione del Pantheon, lasciato intatto non solo dalle antiche invasioni barbariche, ma anche dai Lanzichenecchi del 1527. I rivestimenti di bronzo delle travi del portico di questo tempio pagano furono invece tolti da Urbano VIII per fondervi le quattro colonne e il baldacchino dell’altar maggiore di San Pietro e inoltre per farne canne di cannoni. Ha una certa circolazione anche in una forma latina, adattamento della frase del Castelli che evidenzia la parafonia: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini. Da notare che la diffusione del detto e` indirettamente confermata anche dalla ripresa di Byron Quod non fecerunt barbari, Scotus fecit, dove lo ‘‘scozzese’’ e` Lord Elgin, biasimato per aver portato via dall’Acropoli di Atene il fregio del Partenone. 113

BARBATO Il Barbato il Frecciato il Mitrato: il freddo e` andato. Le ricorrenze di questi tre santi, che sono rispettivamente: sant’Antonio il 17 gennaio, san Sebastiano il 20 gennaio, san Biagio il 3 febbraio, sono considerate le ultime tappe del freddo invernale. Gli aggettivi con cui vengono definiti i tre santi dipendono dal modo in cui sono normalmente rappresentati: Antonio abate (vedi la voce) con la lunga barba; Sebastiano (vedi la voce) coperto di frecce, strumento del suo martirio; Biagio (vedi la voce) con la mitra di vescovo. 114

BARBIERE f Vedi Barba, Garzone, Medico, Radere, Rasoio. 115

138

.

Un barbiere tosa l’altro.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Tra gente dello stesso mestiere ci si spalleggia senza danneggiarsi. Vedi anche Cane non mangia cane [C 421]. Tristo il barbiere che non ha forbici e rasoio. Non bisogna fidarsi di colui che dice di conoscere un mestiere e non ha neppure gli arnesi per esercitarlo. Chi pretende di fare qualcosa senza gli strumenti necessari non e` che un ciarlatano. 116

Chi vuole udir novelle dal barbiere ne dicon belle. Ammonimento per chi dimostra di voler credere a falsita`, panzane o maldicenze. La bottega del barbiere e` sempre stata uno dei centri delle chiacchiere, delle malignita` e delle dicerie dei perdigiorno. 117

Chi vuol esser buon barbiere deve aver piu` d’un rasoio. Chi vuol praticare un mestiere deve avere una ricca dotazione di arnesi, non limitarsi a quelli strettamente necessari. In generale: per lavorare a regola dell’arte, i mezzi e le doti devono essere superiori a quello che richiede lo stretto bisogno. 118

Mano di barbiere, ginocchio di scardassiere, culo di donna e batacchio di campana son sempre freddi. Enumera le cose sempre fredde: la mano del barbiere che tocca continuamente l’acqua; il ginocchio dello scardassiere che, mentre pettinava e cardava la lana, lo teneva appoggiato in terra; il batacchio della campana che e` normalmente di ferro. E fra queste, il sedere della donna, che essendo piu` adiposo di quello maschile e` meno irrorato dai vasi sanguigni e quindi risulta al tatto piu` freddo. 119

120 Il barbiere non si contenta del pelo. Il barbiere non fa il suo lavoro solo per tenersi i capelli tagliati caduti per terra, vuole un compenso. Qualunque lavoro deve essere adeguatamente rimunerato.

Non vi e` barba rasa che un altro barbiere non vi trovi da radere. Non c’e` artefice che approvi il lavoro eseguito da un altro. Per quanto fatte bene, le cose o presentano piccole imperfezioni, o cadono sotto la critica di chi sostiene che le avrebbe fatte meglio. 121

pag 202 - 04/07/2007

139 BARBO Il barbo (Barbus barbus) e` un pesce d’acqua dolce piuttosto comune nei fiumi italiani, caratterizzato da una carne non proprio prelibata, ma neppure immangiabile. f Vedi Pesce, Rana. Chi del barbo mangia l’ova se non muore fa la prova. Bisogna fare attenzione a non pescare le femmine del barbo nel periodo della riproduzione (maggio e giugno), perche´ le uova che portano nel ventre sono velenose. Non e` solo una diceria. 122

123 Barbi e rane mai di maggio. Anche le rane sono da evitare nel periodo della loro riproduzione. 124 Per san Giuseppe barbi e frittelle. Solo toscano. San Giuseppe e` il 19 marzo, la festa cade nel momento in cui la natura si risveglia ai primi tepori. I barbi, come i pesci in genere, d’inverno sono inclini a stazionare fermi sul fondo o nei propri rifugi mangiando solo quello che capita loro a tiro. Col ritorno della buona stagione si muovono ed e` quindi piu` facile pescarli, per cui si puo` imbandire le tavole per san Giuseppe con un piatto di pesce al quale si aggiungono le tradizionali frittelle.

BARCA Come la barca che trasporta uomini e merci deve essere ben solida e avere una guida certa, cosı` in molte situazioni della vita occorrono condizioni sicure e unicita` d’intenti. f Vedi Timone, Vela. 125 Innanzi nel carro e dietro nella barca. Il peso deve essere cosı` distribuito se si vuole procedere sicuri. Infatti se il carico viene posto nella parte posteriore del carro, tende a sollevare il timone mettendo in difficolta` i buoi; posto davanti nella barca, affonda la prua e rende pericoloso affrontare le onde. 126 Barca e carro durano quanto un bosco. Hanno una durata lunghissima, vale a dire da un taglio all’altro di un bosco, qualche decina di anni.

Chi va in barca perdita cavalca. Chi trasporta mercanzia di valore in barca rischia molto: un incidente o un fortunale puo` affondare l’imbarcazione, puo` asportare o bagnare la merce deteriorandola. 127

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BARCA

Dorso di mulo e corso di barca buon per chi n’accatta. Sul dorso del mulo e nella barca si portano mercanzie, quindi va bene per chi ne fa uso, per chi le adopra nel lavoro senza che i mezzi siano suoi, senza averne il carico della manutenzione. Corso nel significato di ‘‘viaggio per mare’’. Accattare nel significato di ‘‘cercare di ottenere in regalo, o di avere in prestito’’. 128

129 Finche´ la barca va lasciala andare. Quando una cosa procede bene da sola e` inutile sprecare energie o crearsi problemi, anzi e` meglio non intervenire. Divenuto il ritornello di una canzonetta sanremese cantata da Orietta Berti, il detto si riconnette a monte a un verso di Ovidio (Fasti 4.18) Dum licet et spirant flamina, navis eat ‘‘Finche´ e` possibile e soffiano i venti favorevoli, che la nave proceda’’, che gia` in antico aveva valenza proverbiale. Vedi Bisogna macinare quando piove [F 602]. 130 Mal va la barca senza timone. La barca che non ha guida finisce male. Quando manca chi dirige, governa, tutto va in rovina. Vedi anche Barca senza timone non trova il porto [riva] [T 613]. 131 A barca grande, vela grande. Quando una cosa e` grande deve avere forze a lei proporzionate che la muovano. Vedi anche A gran campana gran batacchio [C 284].

Ben faremo, ben diremo, ma non va la barca senza remo. Tanti discorsi e tante promesse lasciano le cose al punto in cui sono; invece delle parole e dei propositi occorrono fatica, denaro e impegno. 132

133 A barca disperata Dio trova il porto. Anche a chi dispera di trovare salvezza Dio ha il modo di dare soccorso. La barca disperata e` quella che si trova nella tempesta, o ha perduto la rotta.

Barca con due timoni barca da coglioni. Quando a governare sono in due, le cose sono non solo tragiche, ma anche ridicole, dato che gli ordini contraddittori generano situazioni comiche e danno vita a esibizioni di stoltezza. Si usa per questioni di gestione familiare o commerciale. 134

135

A barca rotta ogni vento e` contrario.

pag 203 - 04/07/2007

BARI

140

.

Quando una barca ha una falla, un guasto, e` rovinata qualunque vento la danneggia o rischia di mandarla a fondo. Detto soprattutto di chi ha la salute fortemente compromessa, quando anche le medicine gli fanno male. 136 Barca rotta il mar l’aspetta. La barca rotta, se continua a navigare, non ha altro destino che finire in fondo al mare. Anche in senso generale.

Quelli che sono nella stessa barca non possono che remare. Quando la sorte e` comune ciascuno non puo` che darsi da fare a cercare la salvezza. Espansione proverbiale del modo di dire ‘‘essere sulla stessa barca’’. 137

Foederis arca, tutt’una barca. Espressione proverbiale toscana che significa: mettiamo tutto insieme, prendiamo anche questo, facciamo tutta una banda, anche se il miscuglio non ha omogeneita`, ne´ senso. I primi due termini sono presi dalle Litanie della Madonna e significano ‘‘Arca dell’alleanza’’; l’altro verso vi si collega solo per la rima. 138

grandine, contro la quale e` invocato. Molto venerato un tempo per le innumerevoli protezioni, tra le quali quella della vite. Per san Barnaba` l’uva viene e il fiore va. La meta` di giugno e` un periodo molto delicato per l’uva, che allegando passa da fiore a frutto. Se la pianta della vite non e` molto robusta o non e` stata ben potata, ha luogo la colatura, cioe` la caduta precoce dei fiori che non portano al frutto. 140

Se piove per san Barnaba` l’uva bianca se ne va; se piove mattina e sera se ne va la bianca e la nera. Durante il processo di allegagione e` molto dannosa anche la pioggia; ne risente in particolare quella bianca che e` piu` delicata. 141

San Barnaba` il piu` lungo della ’sta`. Il giorno piu` lungo dell’estate. Questo proverbio era vero probabilmente prima della riforma gregoriana del calendario e che sia antico lo rivela anche la forma arcaica (’sta). Il solstizio d’estate attualmente cade intorno al 21 giugno mentre la ricorrenza del santo e` l’11. 142

BARI Se Parigi avesse lu meri sarebbe una piccola Beri. Proverbio pugliese con cui i vicini motteggiano gli abitanti di Bari, riprendendo l’eccessiva considerazione che i baresi hanno per la loro citta`. Diffuso anche altrove, spesso pronunciato con imitazione dell’accento barese. Vedi anche Se Iesi avesse il porto Ancona sarebbe un orto [A 862]; Se Catania avesse il porto Palermo sarebbe morto [C 1050]; Se Roma avesse un porto Napoli sarebbe un orto [N 9]. 139

BARNABA San Barnaba, di origine cipriota, viene festeggiato l’11 di giugno, giorno di un anno imprecisato in cui fu ritrovato il suo corpo. Piu` volte nominato negli Atti degli Apostoli, compagno di san Paolo, viene detto apostolo anche se non fa parte dei Dodici. Sarebbe stato in Italia e vescovo di Milano. Fu lapidato tra il 60 e il 70 a Cipro o a Salamina dove il corpo venne ritrovato. Proprio la lapidazione, intesa come grandinata di pietre, deve averlo collegato alla

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BARTOLOMEO San Bartolomeo apostolo (festeggiato il 24 agosto) nacque a Cana e fu martirizzato in Armenia; il suo corpo e` conservato a Roma nell’Isola Tiberina. Ha goduto di grandi onori da parte del popolo, colpito forse dalla singolarita` del suo martirio: venne scorticato vivo con un coltello, attributo che appare nella sua iconografia e che probabilmente lo ha fatto assurgere a protettore di conciapelli, macellai, pellicciai, sarti. f Vedi Rondine. 143 San Bartolomeo riporta la luce in cielo. Nel periodo della festa del santo si avverte decisamente lo scorciarsi delle giornate.

Bartolomeo d’estate porta le patate. La seconda meta` d’agosto e` il periodo nel quale si cavano, cioe` si dissotterrano, le patate, che vengono ammucchiate nei campi, pulite e riposte poi nei magazzini. 144

145

L’acqua di san Bartolomeo poco da` e poco toglie.

pag 204 - 04/07/2007

141

.

Non aggiunge ne´ toglie, cioe` non diminuisce ne´ aumenta qualita` e quantita`: i raccolti sono al sicuro, i frutti maturano sulle piante, non sono ancora iniziati i grandi lavori nei campi e quindi la pioggia e` pressoche´ irrilevante, a meno che non vi sia una tale siccita` da compromettere la vendemmia. In passato il dissodamento dei campi, l’aratura con le bestie cominciava con le piogge autunnali, che ammorbidivano la terra e la pioggia in agosto non avrebbe cambiato nulla. Bartolomme`, non fai per me. Bartolomeo, non mi piaci: sei il santo che porta via la bella stagione. Finisce il caldo dell’estate. La forma del nome tronca e` indizio di origine dialettale. 146

BASTARE Nel senso generale di essere sufficiente; in alcuni proverbi assume il significato piu` particolare di quantita` adeguata, in altri sottolinea la necessita` di andare oltre. f Vedi Assai, Avanza. 147 Per una casa basta un matto. In ogni casa e` sufficiente una persona strana o svitata. Si dice quando qualcuno in famiglia comincia a comportarsi in modo insolito, ricordando che c’e` gia` chi ha problemi del genere (nelle famiglie numerose di un tempo era facile che cio` accadesse). 148

Basta un matto per casa.

Il troppo guasta e il poco non basta. L’abbondanza eccessiva e` nociva e la quantita` scarsa non e` sufficiente. La misura in tutto deve essere quella giusta. Vedi anche Il troppo stroppia [T 1023]. 149

150 Tanto vale un basta che un troppo. La roba quando e` sufficiente soddisfa come quando avanza.

Non basta incominciare, bisogna anche finire. Il buon inizio e` certo positivo al fine di compiere un’impresa (vedi Chi ben comincia e` alla meta` dell’opera [C 1839]), ma bisogna anche portarla a termine. 151

Un gallo basta a dieci galline e dieci donne non bastano a un uomo. L’uomo desidera e forse ottiene piu` del gallo. In un pollaio di numerose galline si tiene 152

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BASTO

normalmente un solo gallo, e` sufficiente per tutte e inoltre due galli difficilmente vanno d’accordo. L’uomo non si contenta della sua donna e tende a intrecciare relazioni con altre, le quali nella vita possono essere molte. Non basta essere onesto se gli altri non lo sanno. Chi e` onesto e non e` conosciuto come tale praticamente e` come se non lo fosse. Non giova avere una virtu`, una dote bisogna che sia anche valorizzata, applicata, altrimenti e` come non averla. Si riferisce tanto all’effetto pratico che al valore morale. 153

BASTARDO Modo spregiativo per indicare il figlio illegittimo, nato fuori dal matrimonio. Sostantivo e aggettivo sono usati anche come offesa. Bastardo buono, ventura; bastardo cattivo, sua natura. E` il pregiudizio secondo il quale il figlio illegittimo era di cattiva indole, mentitore, inaffidabile, per cui, di fronte all’evidenza di un bravo ragazzo, si diceva che era un’eccezione (ventura); di fronte a un cattivo soggetto si confermava la regola. 154

Caldo e freddo non son bastardi: se non vengono presto, vengon tardi. L’offesa bastardo si rivolgeva prevalentemente a colui che simulava, ingannava, non manteneva la parola, si rivelava un traditore che da tempo meditava l’inganno. Il caldo e il freddo invece mantengono sempre la parola: prima o dopo nella loro stagione arrivano, vedi anche Ne´ caldo ne´ gelo rimasero in cielo [C 150]. 155

BASTIANO f Vedi Sebastiano. BASTO Il basto e` la bardatura sulla quale si sistema il carico dell’asino, ma e` anche il peso, il gravame che si porta addosso. E` il simbolo della continua anonima fatica dell’animale da soma. f Vedi Asino, Cavallo. 156 Un basto solo non s’adatta a ogni dorso. Chi ha piu` asini non puo` adattare un basto solo a tutti quanti perche´ a qualcuno non andra` bene. Non tutte le cose, i lavori sono adatti a tutti.

pag 205 - 04/07/2007

BASTONATA

142

.

157 Ad asino vecchio, basto nuovo. Ironico, quando l’oggetto, l’attrezzo migliore si da` al piu` anziano in eta` o in grado.

Quando non si puo` battere l’asino si batte il basto. Per sfogo, per rabbia, per impotenza si colpiscono cose piu` vicine, piu` facilmente raggiungibili, simili o collegate a quelle che si vorrebbe punire e non si puo`. Quando non si puo` colpire il colpevole si condanna l’innocente. Petronio (Satyricon 45.8): Qui asinum non potest stratum caedit ‘‘Chi non puo` picchiare l’asino picchia il basto’’. Il proverbio, sotto altra forma, si trova anche in Arnobio (Adversus nationes 6.9): Fabrum caedere cum ferias fullonem ‘‘Colpire il fabbro malmenando il lavandaio’’. Cosı` il detto greco: ‘‘Per gli sbagli del cuoco ne busca il flautista’’ (attestato nei comici Eubulo e Filillio). Occorre far attenzione alla lieve sfasatura di significato: quello di Petronio, con il detto italiano dicono: non potendo sfogarsi con il diretto responsabile, ce la prendiamo e riversiamo offese e percosse con persone o cose a lui connesse. Negli altri due casi si colpisce una persona per far capire, avvertire di una cosa un’altra persona (e solo secondariamente sfogarsi), piu` vicino quindi al nostro: Dire a nuora perche´ suocera intenda. 158

159

Quando non si puo` dare all’asino si da` al basto.

160

Quando non si puo` battere il cavallo si batte la sella.

161 Chi non puo` dare al basto da` all’asino. Rovesciamento del tipo precedente, con uguale uso, forse per fraintendimento; ma anche con ironia, per dire che uno non si puo` trattenere, non puo` risparmiare i propri ‘colpi’ a chi li merita. 162 Sempre da una parte pende il basto. Il basto dell’asino, comunque lo si carichi, pende sempre dalla stessa parte perche´ l’animale lo porta cosı`. Animali e persone tendono a ripetere i loro comportamenti e i loro errori.

A togliere il basto appaiono i guidaleschi. I guidaleschi sono le piaghe provocate sulla pelle dell’animale dall’attrito delle bardature. Quando scompare una pena, un dolore, un incomodo si spera che tutto sia finito; invece appaiono con evidenza gli effetti, i danni, il male spesso permanente che ne e` derivato. 163

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Basto ferisce e basto guarisce. L’uso del basto fa scomparire i guidaleschi cicatrizzandoli e indurendo la pelle. Una pena, un peso col tempo divengono stabili e l’uomo ci si abitua. 164

L’asino valente porta il basto e non lo sente. Usato piu` che altro come scherzo carnevalesco: dopo aver attaccato di nascosto alla schiena di qualcuno una scritta o una figura ridicola, si prende in giro il malcapitato ripetendo il proverbio finche´ non se ne accorge. 165

166 L’asino cresce e il basto manca. Il basto piccolo dell’asinello non e` piu` adatto quando l’animale si fa adulto. Si dice quando un vestito, un oggetto non si adatta piu` a chi lo porta perche´ e` cresciuto in eta` o in peso. Il paragone con l’asino ironizza sulla persona e la sua intelligenza. 167 Chi e` asino porti il basto. Chi non sa fare altro faccia cio` di cui e` capace, faccia quello che sanno fare tutti. Chi non sa lavorare con l’ingegno, lavori con le braccia.

BASTONATA f Vedi Asino.

BASTONE Rappresenta uno strumento pedagogico un tempo molto usato per insegnare ad animali e persone, ma e` anche un utile sussidio per l’eta` avanzata. f Vedi Asino, Sermone. Contro il mal del mascalzone buon recipe e` il bastone. Contro i vizi e le cattive abitudini la migliore medicina e` la somministrazione di punizioni fisiche. Questo secondo la vecchia scuola. Recipe: indicava la prescrizione del medico che iniziava con questo imperativo latino (‘‘prendi’’), da cui, appunto, il nostro ‘‘ricetta’’. 168

169 Il re di bastoni vince il cavallo. Si riferisce al gioco delle carte. Il re vale dieci e nove il cavallo, ma il significato e` metaforico: colui che bastona di santa ragione la vince sulle ombrosita`, i vizi e le ostinazioni del cavallo. 170

Il re di bastoni vince il cavallo e l’asino.

pag 206 - 04/07/2007

143

.

Ampliamento del precedente. Con le maniere forti si prevale sulle persone di valore (cavallo) e su quelle rozze (asino). Il re di bastoni conta piu` del cavallo di danari. Qui si aggiunge un significato morale: una forte autorita`, una decisa presa di posizione prevale anche sulla corruzione e il denaro. 171

Nel quaderno dei pazzi si scrive col bastone. Quando si deve insegnare qualcosa ai pazzi, per essere certi che se lo ricordino, si usano le maniere forti. Quaderno sta a indicare che si sta facendo scuola, o si insegna un mestiere. Vecchia pedagogia. 172

173 Il bastone fa fuggire il cane dalle nozze. Le maniere brusche cacciano via le persone, gli importuni, i malintenzionati dai luoghi dove non devono stare. Il cane non e` gradito nelle feste, pero` vi si insinua allettato dalla compagnia e soprattutto da quanto puo` cadere dalle tavole del pranzo.

Il bastone e` il sostegno della vecchiaia. Chi e` debole e vecchio cammina aiutandosi col bastone. 174

Il bastone e` la terza gamba. E` quella che aiuta le altre due a camminare. 175

Chi cammina col bastone cammina con tre piedi. 177 Chi cammina col bastone ha meno di due gambe. Corregge la visione edulcorata dei proverbi precedenti: non camminerebbe col bastone chi avesse le due gambe buone. 176

178 Due bastoni fanno una croce. Incrociando due bastoni si puo` formare una croce; ma l’uso e` solo metaforico: due grossi dispiaceri (bastoni = bastonate) portano facilmente alla morte. La croce si mette appunto sulla bara o sulla tomba.

BATACCHIO / BATOCCHIO f Vedi Campana. BATTAGLIA 179 Sole negli occhi, battaglia perduta. Quando uno schieramento e` contro sole, i soldati abbagliati combattono con grande difficolta`: la battaglia puo` dirsi perduta. 180

Cent’anni di guerra e un dı` di battaglia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BATTESIMO / BATTEZZARE

La guerra nel passato era sovente una lunga contesa strategica, episodi, piccoli scontri, marce, spostamenti, manovre che si prolungavano nel tempo per risolversi poi nello scontro finale che durava poche ore. 181 Presto a tavola e tardi alla battaglia. A tavola, giungendo in anticipo, si prendono i posti migliori e non si rischia di restare senza mangiare; alla battaglia e` meglio arrivare a cose fatte. Conviene arrivare presto dove si sta bene e tardi dove si sta male o bisogna lavorare. Vedi anche Presto al mercato e tardi alla battaglia [P 2587].

Molti tornano dalla guerra e non sanno raccontare la battaglia. Molti dicono di esserci stati, di aver partecipato, combattuto, vinto, mentre erano ben lontani dal luogo dove accadevano quegli avvenimenti. Parecchie persone si appropriano di glorie alle quali non hanno diritto. 182

BATTAGLIO f Vedi Campana. BATTESIMO / BATTEZZARE Primo dei sette sacramenti della Chiesa cattolica, con il quale si entra a far parte della comunita` cristiana. Nel mondo popolare si da` importanza al padrino e al gesto del sacerdote che impone al neonato, durante il rito, il sale della saggezza: se ne mette poco la persona sara` ‘‘scema’’, ‘‘sciocca’’. f Vedi Compare, Sale. Chi e` battezzato di domenica riesce dolce di sale. La domenica gli appalti (rivenditorie di sale che un tempo era monopolio di Stato) erano chiusi e il sale non si trovava. 183

184 Era domenica il giorno del battesimo. Vedi anche Chi si battezza di domenica fa a meno del sale [D 764]. 185 Chi battezza diventa compare. Chi porta al fonte battesimale il neonato diviene compare (vedi la voce). Il legame tra padrino e figlioccio era molto sentito. 186 Chi battezza diventa un po’ padre. Il padrino e` una specie di padre, in particolare nel caso della perdita del padre naturale. 187

Carne battezzata dall’inferno salvata.

pag 207 - 04/07/2007

BAULE

Poiche´ il battesimo cancella il peccato originale, e` il primo passo verso il bene e la vita eterna. Si usava in riferimento al battesimo dei convertiti, ma anche per i bambini, un tempo battezzati, in Italia, quasi immediatamente dopo la nascita per evitare che la non improbabile morte li condannasse al limbo. 188 Neppure i santi battezzano il vino. Il vino, per essere apprezzato, deve essere bevuto puro. Ironicamente si dice che il vino e` stato battezzato quando vi e` stata aggiunta dell’acqua.

BAULE f Vedi Valigia, Viaggiare.

BAZZICARE Avere una frequentazione continua di persone o di luoghi. Chi bazzica co’ preti e intorno al medico vive sempre ammalato e muore eretico. La troppa frequentazione e familiarita` con cose importanti e delicate, genera assuefazione e di conseguenza eccessiva faciloneria, o un uso esagerato. Occorre mantenere sempre attenzione e rispetto. Vedi anche Vicino alla chiesa lontano da Dio [C 1442]; Tra tanti santi del Paradiso non si trova un sacrestano [S 34]; Chi abita nella torre non vede l’orologio [T 755]; Col Vangelo si puo` diventare eretici [V 81]. 189

190

144

.

Chi sta insieme al medico e al curato vive malato e muore dannato.

191 I baciasanti cacano diavoli. Per analogia. Si fa riferimento a quelli che ostentano santita` e si comportano in maniera indegna, ma lo fanno nascostamente, come ci si apparta per soddisfare i bisogni naturali. I baciasanti (sinonimo di bacchettoni) sono quelli che baciano continuamente immagini di devozione; cacano nel senso di ‘‘producono’’. 192 Chi mangia santi caca diavoli. Per analogia. Caca: produce.

BEATO Non si puo` dir beato chi prima non e` sotterrato. Non si puo` dire che ha avuto una vita felice, o che e` stato giusto e onesto, colui che non ha ancora concluso la propria esistenza. Una

delle numerose riprese di un tema etico antichissimo, noto a Erodoto e al Siracide: vedi Pria di morte non lice chiamare alcun felice [F 545]. Anche Montaigne (Essais 1.3) condensa l’insegnamento con Nemo ante obitum beatus ‘‘Nessuno (e` ) felice prima della morte’’, ma in italiano si ha in piu` un voluto equivoco fra i significati di beato: fra quello di ‘‘felice’’ e quello di ‘‘degno del paradiso’’. Beato quel corpo che di sabato e` morto. Si voleva che di sabato morissero i giusti, anche se ‘‘Dio non paga il sabato’’. Credenze magiche, non religiose, come quella che di domenica nascessero i poltroni, e simili. 194

195 Beato chi mette il giogo di buon’ora. Felice colui che aggioga i buoi la mattina al primo albore: e` il momento migliore per il lavoro. Anche: beato chi si sposa presto, mette la testa a partito per tempo. Il giogo e` ovvio simbolo del matrimonio (percepibile anche nell’etimo di una parola come ‘‘coniuge’’, cum + iugum).

BECCACCIA / BECCACCINO Uccello di bell’aspetto, riconoscibile dal lungo becco, scende in Italia in autunno e riparte in primavera. La beccaccia (Scolopax rusticola) e` considerata poco intelligente, anche se sospettosa e di difficile avvicinamento, e quindi non facile preda. Abita i boschi impaludati e va lombricando nei pantani, lungo i ruscelli, tra canne e cespugli. Esce al crepuscolo e vive di notte, mentre il giorno se ne sta quieta, solitaria e nascosta nell’intrico della foresta, dove il suo mantello la mimetizza perfettamente. E` stata detta misteriosa per questa riservatezza, per il volo che si alza a colonna e prende una direzione imprevedibile, cosa che spesso la salva dai cacciatori. E` ambita per la carne. Il suo nome e` associato a stupidita` , ottusita` . L’accrescitivo beccaccione, poi, unisce alla stoltezza l’ingiuria di becco: marito tradito. Simile alla beccaccia, della stessa famiglia degli scolopacidi, e` il beccaccino (Gallinago), uccello soprattutto di palude.

193

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

La beccaccia e` la regina [signora] del bosco. La beccaccia e` detta regina dei boschi per il suo comportamento distaccato e misterioso. 196

pag 208 - 04/07/2007

145

.

Rifugge le zone luminose, preferendo la penombra dove si muove solitaria solo nel perfetto silenzio e nella quiete. Nel febbraio la beccaccia fa il nido, nel marzo tre o quattro, nell’aprile pieno il covile nel maggio tra le frasche, nel giugno come un pugno nell’agosto non ucciderla al corso. Complesso proverbio di cacciatori. La beccaccia in marzo ha tre o quattro uova nel nido, in aprile il nido e` pieno di piccoli, nel maggio i nuovi nati stanno nella bassa vegetazione del bosco, di giugno sono grossi come un pugno, d’agosto, quando sono adulti non devono essere uccisi lungo i torrenti, i fiumi (corso per corso d’acqua) dove bevono e pascolano e sono molto vulnerabili: non sarebbe una caccia, ma un’esecuzione. La beccaccia di solito nidifica nel settentrione, ma non e` raro che qualche volta faccia il nido anche nella nostra penisola, particolarmente al centro: depone dalle tre alle cinque uova. Essendo uccello pregiato e raro, il proverbio raccomanda di rispettarlo. In passato fu decimato da reti e lacci. 197

BECCAFICO

Per san Martino passa il beccacino. Il beccaccino e` di passo a novembre (l’11 e` la festa di san Martino), con gli ultimi uccelli migratori. 202

Non sempre la beccaccia si conosce dal becco lungo. Vi sono altri uccelli oltre la beccaccia che hanno il becco lungo e il cacciatore esperto riconosce l’uccello anche con poca luce per la forma, le piume, il volo, il luogo dove staziona, il canto. Non si riconoscono le persone per una sola caratteristica, per un particolare o anche, con altro senso: ‘‘non sempre lo sciocco e` subito riconoscibile’’. 203

204 Il buon pittore conosce la beccaccia. Chi sa l’arte sa tutti i segreti. La beccaccia porta, una per ala, una penna sottilissima detta la penna del pittore; con questa, secondo la tradizione, si puo` tracciare il segno piu` fine che si conosca e che non si potrebbe fare con altri strumenti.

Di beccaccia e di stornello se ne gusta anche il budello. Si e` soliti usare le interiora di alcuni uccelli per dare sapore ad alcuni piatti, cosı` quelle della beccaccia sono ottime per l’impasto dei crostini; qualcuno usa addirittura anche quello che vi si trova dentro (vedi per es. P. Artusi, L’arte di mangiar bene, ricetta n. 112).

BECCAFICO Piccolo uccello, timido, dal canto gradevole, il beccafico (Sylvia borin) vive di solito nei boschi e nelle foreste, dove si avverte appena. Magro e di poca consistenza, verso agosto e settembre accumula grasso per poter sostenere la migrazione e ogni sera esce dai nascondigli per andare a mangiare i fichi, che sono la sua passione. Da qui il nome. Scegliendo i frutti crepati, comincia a vuotarli delicatamente lasciando appese al ramo le bucce vuote. Viene cacciato in questo periodo per il molto grasso che ricopre la carne (si dice appunto di una persona pingue: grasso come un beccafico) e lo rende appetibile, ma resta tuttavia di gran lunga inferiore al tordo. La caccia viene praticata per appostamento presso le piante di fico, piu` per passatempo che per passione, non offrendo la cattura particolari emozioni. Simbologia. Ghiottoneria: e` particolarmente ghiotto di fichi; peccato di gola punito: la sua passione per i fichi rende facili gli appostamenti dei cacciatori e la sua cattura; pinguedine: in settembre e` molto grasso. f Vedi Tordo.

201 Alla beccaccia vai col vento alle spalle. Siccome le beccacce volano di solito contro vento, appostandosi col vento alle spalle si vedono venire incontro e si ha facilitato il tiro.

Ogni uccello di settembre [d’agosto] e` beccafico. Con il nome di beccafico, oltre al beccafico vero e proprio, si intendono vari uccelli. Il

Quando cade la castagna la beccaccia va in montagna. In autunno, tempo di castagne, le beccacce tendono a salire dal piano alla montagna. Proverbio che ha valore soprattutto per il meridione e probabilmente deriva dal calabrese: 198

199

Quannu cade ’i casta`gni ’i beccacci alli munta`gni.

200

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

205

pag 209 - 04/07/2007

BECCAIO

146

.

proverbio viene inteso nel senso che molti uccelli amano in genere beccare i fichi, che sono maturi in questo periodo, ma piu` giustamente pare che si possa anche spiegare come fa il Petrocchi (Dizionario, alla voce) che, quando c’e` una moda e tutti apprezzano una cosa, si prende come tale anche quella che e` simile, o le si avvicina. Quando si parla tanto di una cosa la si vede dappertutto.

dava ai morti, soprattutto durante le pestilenze, per accertarsi che non si trattasse di morte apparente, ma questa pare essere un’etimologia popolare rispetto a quella secondo la quale il becchino e` colui che ‘‘becca’’ o ‘‘si becca’’ il morto, nel senso che se lo prende e se lo porta via, secondo l’uso di beccare nel senso di ‘‘procurarsi’’ sia un vantaggio che un danno, come una malattia.

206 Meglio un beccafico che una cornacchia. Meglio un animale grasso che troppo magro. Si dice a chi compra un animale da lavoro: la bestia deve essere abbondante e non magra, poiche´ in questo caso e` piu` facilmente soggetta alle malattie.

Il becchino loda il morto solo se e` leggero e corto. Ognuno giudica un avvenimento, un fatto secondo il suo punto di vista, ma chi ha un contatto diretto, lo valuta per dati precisi. Al funerale, nel camposanto, tutti lodano il morto, anche se non era un fior di galantuomo, perdonandogli tutto; ma il becchino lo loda solo se gli arreca poco lavoro e gli procura poco fastidio.

207 I beccafichi fanno la spia ai tordi. A settembre dove sono gli uni si trovano anche gli altri, ambedue ghiotti di fichi. I tordi sono piu` pregiati dei beccafichi.

211

L’avvocato scortica i vivi, il becchino scortica i morti e il prete scortica i vivi e i morti. L’avvocato porta via il denaro ai vivi, il becchino riscuote per seppellire i morti e il prete prende da tutti, in quanto a lui ricorre chi nasce, chi si sposa, chi muore. 212

BECCAIO Il beccaio era propriamente il commerciate di carne di becco, di carne ovina, ma per estensione vale ‘‘macellaio’’. 208 Il beccaio non ama il pescatore. Il macellaio vede un concorrente in chi vende il pesce. Chi vende una cosa non ama chi ne vende un’altra che le fa concorrenza.

Il beccaio fa del bove una vitella e il calzolaio fa della vitella un bove. Ognuno cambia le cose, o il nome di queste, secondo quello che piu` gli conviene. Il macellaio vende la carne dura di bue per quella di vitella, che e` tenera; il calzolaio garantisce la pelle di vitella, sottile e debole, come pelle di bue, forte e consistente. 209

La stadera dei beccai non guarda ne´ amici ne´ nemici. La merce costosa si pesa con molta precisione. Un tempo la carne era molto cara, quindi il macellaio difficilmente favoriva nel peso gli amici, e i suoi nemici facevano bene attenzione alla bilancia per non essere ingannati. La stadera, bilancia ormai poco usata, consiste in un solo piatto sospeso a un lungo braccio orizzontale graduato sul quale scorre il peso. 210

BECCHINO Becchino (o beccamorto) era detto l’inserviente e custode del camposanto. Pare che il nome provenga dal pizzico (becca) che si

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi non obbedisce al medico obbedira` al becchino. Chi, quando e` malato, non segue le cure prescritte dal medico seguira` le indicazioni del becchino: andra` dove costui lo mettera` allorche´ muore. 213

BECCO1 Caratteristico per ogni specie di uccello, oltre a essere uno strumento per cibarsi per alcuni e` un’arma di offesa. f Vedi Gallina. 214 Ogni becco torto vive di preda. Parla degli uccelli rapaci (becco torto vale becco ricurvo), ma in metafora anche di chi ha il naso a becco di rapace, che si vuole indice di carattere avido. 215 Dal becco si conosce l’uccello. Ogni specie di uccello ha una forma particolare di becco che lo fa riconoscere. Cosı` da quello che uno mangia e da come mangia si capisce che tipo di persona sia. 216 Dal becco viene l’uovo. Se si vuole che le galline facciano molte uova bisogna dar loro mangime sostanzioso e in

pag 210 - 04/07/2007

147

.

abbondanza. Gioca sul fatto che l’uovo esce dalla parte opposta del becco, ma da questo viene, nasce, e` alimentato. Quel che all’uccello manca nel becco l’ha negli artigli. Becco e artigli sono le armi dei volatili: possono essere piu` sviluppati l’uno o gli altri. Quello che a una persona manca sotto un aspetto viene compensato da un altro. C’e` un equilibrio nella distribuzione naturale dei talenti, delle doti, delle virtu` e dei vizi. 217

Ecco fatto il becco all’oca e le corna al podesta`. Ecco una cosa conclusa e portata in fondo come doveva essere, come si doveva fare, magari anche con qualcosa in piu`. Il detto si presume abbia all’origine una storia e molte se ne raccontano di divertenti e curiose, ma nessuna e` convincente. 218

BECCO

Quando il maschio non e` piu` capace di fare la sua funzione, la femmina lo carica, lo danneggia, lo deride. La capra femmina gode fama di essere animale lascivo e di sessualita` insaziabile, da qui la diceria che se e` scontenta malmeni il maschio. 223 Chi e` becco cozza. Chi e` un ‘‘caprone’’, cioe` ha natura rustica e modi villani, facilmente e` manesco. Metaforicamente: l’uomo tradito e` pericoloso, puo` reagire in modo violento. 224 Becco giovane e montone vecchio. Per avere le capre ben fecondate ci vuole il maschio giovane, per le pecore ci vuole vecchio.

Becco giovane e montone vecchio se vuoi l’agnello bello e il capretto presto. Ampliamento del precedente, con disposizione chiastica degli elementi. 225

BECCO2 Il maschio della capra, detto anche capro o caprone, e` caratterizzato da una lunga e sottile barba e da corna ritorte, grandi e robuste. E` sua abitudine caricare a testa bassa, cioe` cozzare. f Vedi Caprone, Castrone, Fare.

226 Dove e` stato il becco rimane il puzzo. Dove e` stato il caprone rimane l’afrore che manda il suo corpo. Il becco infatti ha un odore particolarmente sgradevole. Dove ha soggiornato una persona sporca, sia fisicamente che moralmente, rimane il suo sentore, restano le sue tracce poco piacevoli.

Il becco si conosce dalle corna. Ogni cosa ha un elemento distintivo che la rivela. Inoltre, poiche´ con becco si indica anche il marito tradito, il proverbio assume un doppio senso: anche senza conoscere l’uomo, dal fatto che viene tradito, si puo` capire che tipo e`.

Un buon becco e` sempre ardito e secco. Un caprone che abbia buone attitudini per la riproduzione (ad altro non serve) ha sempre un atteggiamento baldanzoso, di sfida, ed e` asciutto, non grasso. La pinguedine in genere e` ritenuta nociva per la fecondita` sia delle bestie che degli esseri umani.

219

220 Il becco si conosce dalla barba. Il proverbio solo scherzosamente e` usato in senso metaforico.

I becchi peggiori hanno le corna piu` torte. I caproni con il carattere peggiore si riconoscono dal fatto che hanno le corna piu` attorcigliate. I becchi sono iracondi e caricano improvvisamente a testa bassa anche le persone. In senso metaforico: gli uomini cornuti piu` irascibili e pericolosi sono quelli ai quali la moglie fa le corna nei modi piu` ingegnosi e beffardi, in quanto, insieme al disonore, devono subire anche il ridicolo. 221

222

Quando il becco non ne puo` piu` la capra lo cozza.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

227

Piu` il becco e` vecchio, piu` grosse ha le corna. Le corna grandi indicano l’eta` avanzata del caprone, meno adatto per la riproduzione. In metafora: l’uomo cornuto con l’eta` lo diventa sempre di piu`. 228

Chi fa il becco ortolano, la volpe pollaiola, il gatto macellaio, e il lupo pastore ha poco cervello. Chi pone una persona o un animale nel posto dove non deve stare mostra poco senno e ne ricava danno e scorno. 229

230

Quando il becco fa il giardiniere il padrone non mangia lattuga.

pag 211 - 04/07/2007

BECCO

Vedi anche Non si danno salcicce in guardia ai cani [S 139]. Quando la capra vede arrivare il becco sa quello che cerca. Non ci vuole molto a capire cosa voglia il becco dalla capra. Definisce la situazione nella quale un uomo gira intorno a una donna senza manifestare apertamente le sue intenzioni. 231

Un pazzo munge il becco e un altro regge il vaglio. Una coppia di folli di cui uno fa una cosa stolta e l’altro una piu` stolta ancora: il becco e` maschio e il vaglio essendo un setaccio non trattiene liquidi. Era esempio gia` antico per indicare persone sciocche che collaborano: in Polibio (Storie 33.21.1) e Luciano (Demonatte 28) si trova infatti un’espressione che sicuramente era gia` proverbiale: ‘‘E` piu` sciocco chi munge un caprone o chi vi pone sotto il secchio?’’, mentre il nesso mulgeat hircos, ‘‘munga i capri’’ ricorre in Virgilio (Bucoliche 3.91) come modo per evidenziare la stupidita` di un avversario. Esiste anche il modo di dire, seppure non piu` molto usato, Mungere il becco per ‘‘fare azione sciocca e inutile’’. 232

BECCO3 E` detto becco colui che viene tradito nel matrimonio (anche nel fidanzamento). Il becco, maschio della capra, lascia che anche altri maschi montino le sue femmine, cosa che non permette il montone, maschio della pecora, che lotta per difendere i diritti sul proprio harem. f Vedi Becco2, Geloso. 233 Chi e` geloso e` becco. In quanto e` convinto di venir tradito, altrimenti non sarebbe geloso.

Meglio becco che becca che becco che tribola. Meglio essere tradito con vantaggio economico (becca: ‘‘rimedia, prende’’), che essere un marito ingannato che si affanna per il sostentamento della moglie. 234

Vengano anche le corna, ma che sian d’oro. Per analogia. Le corna d’oro sono appunto quelle che rendono. Ironico. 235

236

148

.

Meglio porco grasso che becco magro.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Meglio trarre vantaggio da situazioni immorali che mantenere una moglie per gli altri. Sarcastico. 237 Tutti i becchi portano l’anello al dito. Inevitabilmente per esser tali bisogna essere sposati, o quantomeno avere una donna.

BEFANA Befana indica sia la festa dell’Epifania (6 gennaio) che la figura fantastica della vecchia che porta i doni ai bambini la notte della festa stessa. E` festivita` antica e solenne che ricorda la visita dei Magi. Una suggestiva usanza era quella dei ‘‘befanotti’’ o delle ‘‘Befane’’ riferita da M. Placucci (Usi e pregiudizi de’ contadini della Romagna, 1818): ‘‘Nella notte della vigilia (dell’Epifania) corrono (i contadini) di casa in casa in folla, giovani ed anziani a fronte della cattiva stagione a cantare la befana con storielle, violini e chitarre; raccogliendo uova, pane, formaggio, salsiccia, ecc.’’. f Vedi Epifania, Pasqua. La notte di Befana nella stalla parla l’asino, il bove e la cavalla. La notte dell’Epifania e` una notte di sortilegi: in varie regioni e` diffusa la credenza che gli animali in questa notte acquistino la parola. M. Placucci (Usi e pregiudizi de’ contadini della Romagna, 1818) riferisce: ‘‘Alla vigilia di detta solennita` (l’Epifania) governano (i contadini) senza risparmio le bestie bovine e tutti gli animali sulla supposizione falsissima che in quella notte parlino, affinche´ non abbiano a dir male ne´ del padrone, ne´ del loro custode’’. In Toscana si riportano le parole che si scambiano i buoi nella stalla: – Biancone! – Nerone! – Te l’ha data ricca cena il tuo padrone? – No, non me l’ha data. – Tiragli una cornata! Vedi anche Alla vigilia di Befana e di Natale vuole doppio mangiare ogni animale [N 114]. 238

Di Befana la rapa e` vana. Le rape, tipico ortaggio invernale, sono migliori all’inizio della stagione fredda, quando hanno sentito soltanto il primo gelo; quindi gennaio e` gia` troppo tardi. Dopo, infatti, fioriscono e perdono il sapore: sara` poi utilizzata la radice a fittone, come cibo per gli animali. Vedi anche Tutto a suo tempo e rape in Avvento [T 320]. 239

pag 212 - 04/07/2007

149

.

Per Pasqua Befanı`a l’anima della rapa se ne va via. Il sapore (anima = ‘‘linfa’’) della foglia, della cima della rapa, si attenua. Befanı`a e` forma popolare di Epifania, attestata gia` nel fiorentino quattrocentesco. Le espressioni Pasqua Befanı`a, Pasqua rosata (nelle quali Pasqua significa genericamente ‘‘festa comandata’’) erano in uso popolare fino a pochi decenni fa. 240

Con la Befana torna il rovaio: e` finito il pan fino ed il pollaio. Con la Befana torna il freddo intenso portato dal vento di tramontana (rovaio): e` finita la scorta di grano e le galline, che ricominciano a fare l’uovo, non si possono piu` mangiare. 241

Befania, tutte le feste le manda via, e santa Maria le ravvia. Vedi anche Epifania tutte le feste le porta via [E 68]. 242

BEFFA La beffa nei primi proverbi non ha tanto un’intenzione scherzosa di presa in giro, ma un significato piu` pesante in cui e` presente la volonta` di offendere, di umiliare. f Vedi Danno. 243 Spesso la beffa arriva col danno. Spesso l’irrisione porta con se´ anche una sventura. Un diffuso modo di dire suona: Avere il danno e le beffe, ponendo il danno come elemento principale e le beffe come aggiunta. Qui invece e` il beffato che aggiunge alla propria irrisione il danno che ne deriva, come la perdita di onore, di prestigio.

BELLA

La bella che si mette in mostra tutti la desiderano e la corteggiano, le danno la caccia. Si dice della donna che sa di essere bella e se ne compiace. Per la bella scodella e collanella. Per far fiorire la bellezza e` necessaria una alimentazione adeguata che non sia povera e insufficiente, e inoltre ornamenti, collane, gioielli, vestiti che la valorizzino. 247

248 La bella esce presto di casa. La figlia bella si sposa presto. 249 Bella in piazza, tribolazione della casa. La donna bella e` la dannazione della casa nella quale vive, perche´ e` corteggiata e genera gelosie; si monta la testa e ha molte pretese; non trova nulla che sia all’altezza dei suoi desideri. 250 Alla bella tocca il brutto. Spesso si vedono belle donne sposare uomini brutti. Il proverbio ne fa una regola.

Le belle sposano i brutti e le brutte i belli. A completamento del precedente. 251

E` scritto sulle pietre del Duomo che la donna brutta sposa un bell’uomo. Per analogia. Sarebbe una legge sancita dall’autorita` sacra, incisa sulla pietra, come anticamente si scolpivano le leggi sui marmi degli edifici pubblici. 252

Il danno e` danno e dolori, ma le beffe sono peggiori. L’irrisione, l’essere ridicolizzato e` piu` cocente del danno vero e proprio.

Bella di natura e` piu` bella se meno si cura. La donna che ha doni naturali di bellezza, se lascia la propria persona senza eccessivi ornamenti, nella semplicita`, e` anche piu` attraente.

Chi lavora da beffa stenta davvero. Chi lavora per burla, fa finta di lavorare, o lavora alla meno peggio, non riuscira` a scamparla e vivra` di stenti. Antico e di area toscana, dove da beffa era in concorrenza con ‘‘per beffa’’.

254 Non tutti i giorni le belle piacciono. La bellezza e` misteriosa: a volte si mostra senza le attrattive consuete e lo splendore abituale. Anche, non sempre la bellezza ha buon gioco come spesso avviene: talvolta le passano avanti altri valori.

244

245

253

Quando la bella fa il bucato se e` bel tempo vien turbato. Quando una bella si trova davanti a una fatica o a una faccenda da svolgere capita sempre qualcosa di particolare che gliela evita. Le donne belle trovano sempre chi facilita loro 255

BELLA Come sostantivo: la donna bella, la bella. 246

La bella della piazza tutti la guardano e ognuno la caccia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

pag 213 - 04/07/2007

` BELLEZZA / BELTA

le incombenze piu` penose. Sullo stesso schema, ma di diverso significato Quando la bella fa il bucato entra il sole in casa [B 969]. Bella in fascia brutta in piazza; brutta in fascia bella in piazza. Quando la neonata e` molto bella, col tempo perdera` la sua avvenenza e da grande non sara` straordinaria. Quando invece e` poco graziosa spesso, crescendo, diventa una donna di bell’aspetto. Le fasce sono il simbolo della prima infanzia; la piazza quello della vita sociale, del luogo frequentato dai giovani e dagli adulti. 256

La bella del Ponte all’Asse non trovo` un cane che la pigliasse [un cane che gli abbaiasse]. Toscano. Si allude a un tipo di donna che, per quanto sia decantata per la sua bellezza, non trova poi da sposarsi, ‘‘sistemarsi’’. Vedi anche Come la sora Camilla [C 240]. 257

` BELLEZZA / BELTA La bellezza nella donna e` una dote sicuramente attraente, ma fugace, spesso accompagnata da orgoglio e presunzione. f Vedi Bella, Bello, Belta`, Brutto, Gioventu`, Onesta`, Vecchiaia. Bellezza e` come un fiore che (presto) nasce e presto muore. La bellezza e` transitoria, appare e sfiorisce rapidamente. In passato, poi, per la vita dura, i disagi, la mancanza di cure, le ragazze invecchiavano assai presto. Il parallelo fra la caducita` dei fiori e quella della bellezza (e giovinezza) degli uomini e` di antica, quanto attestata diffusione (cfr. Virgilio, Bucoliche 2.17; Seneca, Fedra 764-772); vedi anche Non vi fu si bella scarpa che non diventasse una ciabatta [C 1500]. 258

259

La bellezza e` come un fiore: nasce, fiorisce e muore.

260

La bellezza dura poco.

261

La bellezza viene e va.

262

Ogni cosa e` bella per poco.

263 Bellezza svanisce e bruttezza dura. Ironico, quasi la bruttezza fosse una dote, una virtu` che e` bene conservare nel tempo. 264

150

.

La bellezza non bada al tempo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Si oppone ai precedenti, anche se solo parzialmente, in quanto non si riferisce tanto alla bellezza di una persona quanto ai pregi estetici in generale: la bellezza supera il tempo, e` riconosciuta sempre. La bellezza va e viene, la bonta` si mantiene. La bellezza e` labile mentre le doti dell’animo durano nel tempo: invito a privilegiare nel matrimonio i doni dello spirito. 265

Bellezze fino alle porte e virtu` fino alla morte. La bellezza dura fino al giorno del matrimonio, fino alla porta della casa da cui la donna esce ragazza o a quella nella quale entra come moglie. Le qualita` morali devono durare invece tutta la vita. 266

267

Le bellezze fino alle porte, la bonta` fino alla morte.

Bellezza senza bonta` e` come vino svanito. La bellezza alla quale manchino i doni dello spirito, la gentilezza e la bonta`, e` insipida, sciapa, come il vino quando e` invecchiato troppo, che ha perduto il sapore e l’aroma. Quando e` tale il vino si dice svanito, come l’uomo che ha perduto il senno. 268

Bellezza senza bonta` e` come un organo con le canne scordate. E` una stonatura, qualcosa che stride e fa quasi rabbia, come un organo dal quale ci si aspetta melodia ed emette invece suoni sgradevoli. 269

270 Belta` senza grazia e` amo senza esca. La bellezza non accompagnata dalla gentilezza e` un tentativo di allettamento che non riesce perche´ la donna che non ha modi aggraziati, bonta` d’animo, attrattive risulta scostante. Bellezza e bonta` si trovano collegate gia` nel pensiero greco, con la ‘formula’ kalo´s kai agatho´s ‘‘bello e buono’’. 271 Ogni bellezza e` diversa dall’altra. La bellezza (si riferisce a quella della donna) e` varia e si manifesta in mille forme, per cui non ci sono canoni che la possono definire. 272

Si puo` esser belli in tanti modi.

Ognuno e` brutto a modo suo. Reciproco del precedente. Anche la bruttezza segue la stessa regola. 273

274

Belta` e` varieta`.

pag 214 - 04/07/2007

151 La bellezza rifugge dalla ripetizione e dalla monotonia, ma si articola in forme varie e diverse, che sorprendono e coinvolgono. Piu` usata e` la forma latina del detto, di origine medievale: 275 Pulchritudo est varietas. ‘‘La bellezza e` varieta`’’.

La bellezza che non s’adopra e` come gemma che si nasconda e copra. La bellezza e` una dote che se non ha una valorizzazione, una finalita`, rimane sterile. E` rivolto alle donne belle che si compiacciono senza decidersi a sposarsi e rimangono come una gemma conservata gelosamente e inutilmente. 276

Bellezza di donna, fiore e arcobaleno svaniscono presto. La bellezza della donna dura pochi anni; quella del fiore pochi giorni, quella dell’arcobaleno al massimo un’ora. 277

.

BELLINO

Narsete, e solo anni dopo Belisario ebbe di nuovo un comando importante nella capitale, che difese da bulgari e slavi. 282 Date un obolo a Belisario. Belisario avrebbe pronunciato questa frase elemosinando nelle vie di Costantinopoli. E` leggenda non priva di qualche fondamento, dato che Belisario per un certo periodo cadde veramente in disgrazia, anche se e` da escludere che si sia ridotto a mendicare cieco, con una ciotola di legno, come riferisce l’erudito bizantinoGiovanni Tzetze (1110-1180) nella Terza Chiliade delle Variae Historiae (88.339 e sgg.). Detto usato per dire che non bisogna infierire contro coloro che, una volta ricchi e potenti, si ritrovano nel bisogno e nella miseria, anche perche´ a tutti puo` accadere qualcosa di simile. Vedi anche Parce sepulto [M 2071]. Il detto e` conosciuto anche nella forma latina: 283

Date obulum Belisario.

Dove e` bellezza e` superbia. La bellezza genera protervia e superbia, anche disprezzo, ed e` fonte d’infelicita`.

BELLINO La festa di san Bellino, vescovo di Padova, martire intorno alla meta` del XII sec., ricorre il 26 di novembre.

Belta` e follia vanno spesso in compagnia. L’esagerata idea di se´ che puo` generare la bellezza porta anche a una mancanza di senso della realta`, fino alla follia.

Per san Bellino la neve sul camino. La fine di novembre segna l’epoca in cui fa la sua comparsa la neve.

278

279

Forma raro cum sapientia. ‘‘La bellezza raramente si accompagna alla saggezza’’. Di senso vicino a quello del precedente, e` un adagio di origine medievale tuttora ripetuto. 280

284

Per san Bellino nevica con lo scirocco e col garbino. Ormai nevica anche in presenza di venti caldi: lo scirocco e il garbino (nome dato al libeccio sulla costa adriatica) sono venti meridionali. 285

Per san Bellino torna alla stalla il grande e il piccolino. E` finito il tempo del pascolo: tutti tornano nelle stalle e negli ovili. 286

Le bellezze non si mangiano. Sia in senso generale: le cose belle, solo belle, non garantiscono di che vivere; sia in riferimento alle donne, come ammonimento a non credere che dalle proprie bellezze possano derivare molti vantaggi pratici. 281

BELISARIO E` Belisario (500-565), grande generale di Giustiniano protagonista delle guerre contro i Visigoti in Africa (533-534) e contro gli Ostrogoti in Italia, dove, pero`, risulto` vincitore solo in un primo momento e rimase poi bloccato dal re longobardo Totila (536-544); per trame di corte l’imperatore lo sostituı` con

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Il dı` di san Bellino viene tre giorni dopo il Giudizio. A questo santo e` attribuita anche la protezione dei debitori, o meglio, dei ‘‘bindoli’’, gli imbroglioni che non pagano i debiti. Per la sua festa, il 26 di novembre, i debitori fissavano di pagare i debiti. Sulla sua figura reale, evanescente si e` sovrapposta la leggenda scherzosa della sua festa, che lo stesso santo – dice uan storia – per favorire un suo protetto volle spostata a tre giorni dopo il Giudizio Universale. Altri dicono che tale festa sara` celebrata 287

pag 215 - 04/07/2007

BELLO

152

.

da tutti i debitori finalmente liberi dalle loro fastidiose pendenze e osannanti intorno al loro patrono.

BELLO2 Come sostantivo nel senso di ‘‘uomo bello’’, ‘‘il bello’’.

BELLO1 Come sostantivo nel senso generico di ‘‘bellezza’’: mai perfetta e completa, ma sempre apprezzata soprattutto se si accompagna al buono. f Vedi Buono.

298 Tutti i belli si fanno pregare. I belli sono abituati a essere il centro dell’attenzione, a essere sempre richiesti cosı` che si abituano a sentirsi indispensabili, preziosi, e si fanno pregare piu` volte per quello che comunemente gli altri concedono subito.

Il bello piace a tutti. Si usa in maniera ironica quando uno afferma che qualcosa di molto bello gli piace, anche quando un individuo rozzo desidera un oggetto raffinato, ecc. Vedi anche Il buono piace a tutti [B 1056]. 288

Bello e buono piace a ogn’uomo. 290 Le cose belle non vengono mai a noia. Simile ai precedenti. 289

291 Ne´ bello ne´ buono fu mai troppo. Bellezza e bonta` sono qualita` nelle quali l’esagerazione non e` un difetto.

Il bene e il bello non furon mai troppi. Il buono il bel non toglie, anzi accresce le voglie. La bonta`, intesa come onesta`, morigeratezza, non toglie grazia alla persona, neppure ne diminuisce l’attrattiva, anzi aumenta nei suoi confronti l’interesse e il desiderio. 292 293

Del bello e del buono se ne parla dappertutto. Siccome sono cose apprezzate e ricercate tutti le considerano e ne parlano. 294

Il bello ha cento difetti, il brutto ne ha uno solo. Il bello, che viene osservato attentamente da tutti proprio per il fatto di esser tale, presenta inevitabilmente aspetti criticabili, mentre il brutto si liquida considerandone un aspetto solo. 295

In tutti c’e` del bello e dello scemo. Ognuno ha pregi di belta` e difetti di cervello. Non si puo` mai definire qualcuno del tutto brutto ne´ completamente intelligente. 296

297 Il bello allunga il lavoro. Chi vuol aggiungere a quello che fa anche un pregio estetico, una grazia, un ornamento, deve lavorare piu` a lungo, perfezionare, rifinire.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Donna aggraziata vuol esser pregata. Per analogia. La donna bella fa la preziosa. 299

I belli affittano gli uccelli. Proverbio maligno che si riferisce agli uomini. Alla lettera non significa gran che, ma nella metafora afferma che le donne si servono spregiudicatamente dei belli a loro insaputa, mentre gli adoni immaginano d’essere spietati conquistatori. 300

BELLO3 Come aggettivo con riferimento alla relativita` del bello e del brutto. f Vedi Brutto. Tutto e` bello finche´ non s’e` visto, tutto e` buono finche´ non si e` provato. Attraverso le parole tutto si presenta all’immaginazione senza i difetti, gli spigoli che la realta` mostra nell’esperienza diretta; solo questa rivela, sia sulla bellezza che sulla bonta`, i limiti che la fantasia aveva cancellato. 301

Di novello tutto e` bello. Le cose nuove sono tutte belle, comunque interessanti. 302

303 Chi e` bella si vede, chi e` buona si sa. La bellezza si presenta con la stessa persona e non ha bisogno di testimoni. La bonta` invece passa attraverso il giudizio della gente che ne parla e l’attesta.

Chi e` bello e` bello e grazioso, chi e` brutto e` brutto e dispettoso. Chi e` bello attira su di se´ altre lodi immeritate, chi e` brutto deve prendersi i biasimi che non gli sono dovuti. La bellezza infatti genera forte e spontanea simpatia, mentre la bruttezza attiva il sentimento contrario. Questo abbaglio genera spesso amari disinganni dai quali i proverbi mettono in guardia, vedi Bellezza. 304

pag 216 - 04/07/2007

153

.

Chi e` bello e` permaloso, chi e` brutto e` dispettoso. Chi e` bello presume che gli sia dovuto molto di piu` di quello che gli si riconosce e spesso si offende per non essere trattato come si aspetta. Il brutto invece e` stizzito dei propri insuccessi e di conseguenza non e` affatto gentile. 305

Dille che e` bella e sciocca diventera` ella. Ripetendo spesso alla donna che e` bella, questa se ne convince e diviene vanesia, leggera, stupida. 306

307

Donna bella o matta o vanerella.

Belle o brutte, si sposano tutte. La bellezza non e` dote strettamente necessaria alla donna per il matrimonio. Oltre all’importanza delle altre doti, il brutto e il bello sono soggettivi. 308

309

A chi piaccion le belle, a chi le brutte: per questa strada si maritan tutte.

Non v’e` pentola cosı` brutta che non trovi il suo coperchio. Per analogia. Non c’e` donna (ma vale anche per l’uomo) cosı` brutta che non trovi marito. Spesso la gnomica popolare paragona la donna alla pentola in quanto in lei ‘cuoce’ la vita, il nascituro. Vedi anche Ogni pentola ha il suo coperchio [P 1237]; Per trista che sia non resta carne in beccheria [C 771]. 310

La ciabatta nel cantone trova il proprio ciabattone. Per analogia. Anche la donna senza qualita`, fisiche e morali, trascurata e messa in disparte, trova il compagno adatto che e` della sua stessa natura e condizione. Ciabatta e` termine offensivo con cui si designa la donna trasandata, malvestita, sudicia, maleducata: vi e` implicito il senso di vecchiaia, di abbandono. Nel cantone, lasciata in un angolo, da` l’idea di inservibile. Ciabattone e` l’equivalente riferito all’uomo. 311

312 Anche le zoppe si maritano. Per analogia. Vedi anche Con la bella dote si maritano anche le zoppe [D 1143].

Chi bella vuole apparire qualche pena deve soffrire. Chi vuole vestirsi bene, adornarsi non puo` indossare abiti e scarpe comodi, quindi deve 313

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BELLO

rassegnarsi a soffrire un po’. Assai vitale e diffuso: oggi non ci sono piu` corsetti e busti, ma si sono aggiunte le diete e le cure di bellezza, e le scarpe con i tacchi a spillo rappresentano spesso una ‘tortura’. Vedi anche L’abito portato con un nodo di pazienza fa di se´ grata apparenza [N 451]. Se non sei cieco ne´ zoppo sei bello anche troppo. Se non hai difetti invalidanti hai gia` la bellezza sufficiente per vivere. Sbrigativo, di chi non concede niente alle vanita`. 314

315 Chi va bello sempre non va bello mai. Colui che si veste sempre a festa, quando si agghinda per fare impressione non viene notato. Bisogna riferirsi al tempo in cui, per gran parte della gente, tra gli abiti di tutti i giorni e quelli della festa c’era una grande differenza, al punto che i vestiti comuni potevano essere quasi stracci. Di conseguenza quando uno si vestiva a festa pareva un’altra persona e la differenza si notava moltissimo. Vedi anche Chi fa festa tutti i giorni non aspetta la domenica [G 617].

Non e` bello quel che e` bello, ma e` bello quel che piace. Tuttora ripetuto anche in senso scherzoso: il bello e` soggettivo; anche quello che non riteniamo bello puo` piacere. Proverbio che sancisce la relativita` dei gusti. Talvolta vi si aggiunge la coda scherzosa: ‘‘...come dice il Vangelo’’. Vedi anche Tutti i gusti son gusti [G 1357]; All’orsa paiono belli i suoi orsacchini [O 559]; Ogne scarraffone e` bello a mamma soja [S 540]. Il concetto e` espresso in molte forme negli adagi medievali, come il seguente: 316

Si quis amat ranam [cervam], ranam [cervam] putat esse Dianam [Minervam]. ‘‘Se uno ama una rana (una cerva), crede che la rana (la cerva) sia Diana (Minerva)’’, dove la preferenza oscilla fra Diana, dea della caccia, e Minerva, dea della sapienza, entrambe comunque di bellezza divina. Vedi anche Non e` bella Fiorenza quanto e` bella Piacenza [P 1505]. 317

318 Bella testa e` spesso senza cervello. La persona bella e` spesso vana e sciocca. Si richiama alla favola della volpe che, vedendo una maschera esclama: – Oh, che bella testa non ha cervello! (Esopo, Favole 43; Fedro, Favole 1.8).

pag 217 - 04/07/2007

BENE

154

.

Se e` bella non e` fedele e se e` fedele non e` bella. Maligna insinuazione che si rivolge alla donna per indicare che la bellezza la induce a una condotta discutibile. Il proverbio viene spesso riferito alle traduzioni da una lingua all’altra, vedi Traduzione. 319

Bella femmina che ride vuol dir borsa che piange. Quando la donna e` allettante, ammicca, invita significa che la serata non costera` poco. 320

321 La bella donna e` un bel cipresso. Spesso la donna bella e` perfetta, ma fredda, quasi senza anima, con poca vitalita`, brio, oppure, come altri intendono, e` sterile. Il cipresso e` pianta maestosa, alta, ma severa, scura e non vi nidificano gli uccelli, tanto che si pone nei cimiteri; inoltre il cipresso tagliato non ributta alcun virgulto dal ceppo.

Puoi stare sicuro della moglie, o della fidanzata, solo se conduce una vita tranquilla e ritirata. 331 Donna bella ti fa far da [la] sentinella. Di largo impiego: la donna, figlia o moglie o sorella, che e` assai avvenente deve essere sempre sorvegliata. Il concetto e` formalizzato nella tradizione paremiografica almeno a partire da Publilio Siro (M 18): Maximo periculo custoditur quod multis placet ‘‘Con grande rischio si protegge cio` che a molti piace’’.

Chi ha bella donna e castello in frontiera non ha pace in lettiera. Lettiera e` usato nel significato arcaico di ‘‘letto’’. Vedi anche Tre cose tolgono all’uomo il sonno: una vigna davanti alla piazza, un castello in frontiera e una bella mogliera [T 924]. 332

322

333 Bella cosa presto e` rapita. L’oggetto bello, che piace, facilmente viene richiesto, sottratto, rubato.

323

Alle belle per diletto alle brutte per dispetto. Proverbio maligno. L’amore con la bella si fa per il piacere, con la brutta si fa ugualmente ma per far dispetto e per ingelosire una bella che si nega.

Chi e` bella non e` proprio povera. La donna che ha la bellezza ha gia` una dote, una garanzia per il matrimonio. Vedi anche Faccia bella, mezza dote [F 46]. Quando la donna e` bella non e` mai poverella.

Chi nasce bella non nasce pecorella. Pecorella nel senso che ha solo la lana, l’abito che indossa, e null’altro. 324

325 Chi nasce bella nasce con mezza dote. Una volta la dote costituiva per la donna un requisito indispensabile per il matrimonio. Re e signori spesso elargivano doti alle ragazze povere. Vedi anche Faccia bella, mezza dote [F 46]. 326

Chi nasce bella non muore di fame.

327

Chi nasce bella nasce maritata.

328

Chi nasce bella non nasce povera.

Chi ha i buchi nelle gote si marita senza dote. Per analogia. I buchi nelle gote, le fossette che si formano ridendo, sono vezzi che aumentano la grazia di un bel viso, vedi Neo. Gota per ‘‘guancia’’ e` popolare nell’area toscana, ma suona letterario altrove (dove, semmai, e` in uso il nesso cristallizzato ‘‘gonfiare le gote’’). 329

330

Bella o brutta che sia non tenerla in compagnia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

334

BENE1 Come sostantivo, in senso generico: il bene inteso come azione, come comportarsi bene, far del bene agli altri (in che modo farlo, con quali precauzioni e che cosa aspettarci in cambio); il bene come stato, come situazione di benessere materiale e fisico, di vantaggio che si apprezza solo quando e` perduto; il bene come sentimento di affetto verso gli altri o da parte degli altri. f Vedi Bello, Diletto, Male, Meglio. Per bene come avverbio, vedi la voce seguente; per bene nel senso di ‘‘possesso, ricchezza’’, vedi quella ancora successiva. Fai del bene e scordatelo; fai del male e pensaci. Dimentica le buone azioni che hai compiuto, non ricordarle ne´ a te ne´ agli altri, quindi non aspettarti riconoscenza e non ti credere buono, rifletti invece attentamente sul male che hai fatto e pentiti. In sintesi: fai del bene solo perche´ e` bene fare il bene, il male cerca di non farlo mai piu`. Si usa spesso anche solo la prima parte. 335

pag 218 - 04/07/2007

155

.

336 Fai del bene e non guardare a chi. Fai del bene senza distinzione, non scegliere a chi farlo, perche´ potrebbe essere, invece che altruismo, un atto interessato o una gratificazione. Anche: non conoscere neppure il destinatario della tua generosita` per non aspettarti riconoscenza. 337 Il bene che tu sai non e` sprecato mai. Si deve essere coscienti che nessuna azione buona va sprecata; non importa che sia o meno riconosciuta dagli altri, anzi, e` meglio che resti ignota. 338 Molto bene lo fa chi non fa male. Limitandosi a non fare del male gia` si fa, non sapendolo, del bene. Fare del bene e` infatti difficile e si puo` addirittura raggiungere il risultato opposto.

Bene, Buono e Magari eran tre idioti e facevan lunari. Con la personificazione dei tre termini raffigurati intenti a compilare lunari, il proverbio evidenzia la stoltezza e la vacuita` di chi vive in speranze e previsioni illusorie per il futuro. Magari ha valore di ‘‘volesse il cielo!’’ (speranza) e di ‘‘forse’’ (probabilita`). I fabbricanti di lunari (vedi Almanacco) sono coloro che un tempo compilavano gli almanacchi: facevano previsioni di eventi e profezie varie, tutte cose che risultavano piu` o meno fallaci, per cui l’espressione equivale a ‘‘persona che vive di sogni, di chimere’’. Vedi anche Il Forse, il Se e il Ma, son tre coglioni da Adamo in qua [S 796]; Avessi, Potessi e Fossi erano tre coglioni e giravano il mondo [A 1646]; Don Credevo e don Pensavo morirono di fame [C 2435]. 339

340 Dal falso bene viene il vero male. Dal bene simulato, fatto con secondi fini, che si ostenta per nascondere la malvagita`, viene il vero male, dal quale non ci si difende. Oppure, dando un significato diverso all’aggettivo falso: dal fare cio` che erroneamente si crede il bene si genera quello che e` male, quello che puo` avere conseguenze devastanti (come gli errori compiuti dai genitori per troppo affetto). 341 Il bene viene dal bene. Il bene non puo` venire da un’azione malvagia e quindi il raggiungimento di un fine di per se´ buono non giustifica chi compie il male per conseguirlo. 342

Bene fa bene.

343

Chi fa bene, bene aspetti.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BENE

Chi fa del bene puo` aspettarsi che gli venga restituito, secondo la convinzione che nel corso della vita si ritrova il bene e il male compiuti. Rovesciamento in positivo, ma con la stessa struttura, del diffusissimo Chi la fa, l’aspetti. Vedi anche Chi aiuta aiuto aspetti [A 386]. 344

Chi beneficio fa, beneficio aspetti.

Chi ben ripone, ben trova. Chi mette a posto ritrova quello che cerca, ma piu` ancora: chi fa il bene agli altri lo ritrova a sua volta. 345

346

Il bene fatto non e` mai perduto.

347

Il bene trova il bene.

348

Il bene al bene corre.

Un bene mena l’altro. Un’azione buona ne porta un’altra, produce altre situazioni favorevoli. Menare nel significato di ‘‘portare’’. 349

350 Chi fa bene all’ingrato offende il Cielo. Chi insiste a fare del bene a chi si mostra ingrato non fa una cosa giusta. La generosita` esagerata e immotivata produce effetti negativi: l’ingrato, gratificato oltre misura, crede alla fine corretto il proprio comportamento.

Non far mai bene, non avrai mai male. Nel comportarti rettamente non eccedere mai in generosita`. Proverbio cinico (come i seguenti A 352-360), ma che contiene una verita` fondamentale: chi fa il bene si pone spesso in una posizione ambigua perche´ non sa se chi lo riceve lo ritenga veramente tale, o se lo consideri fatto per interesse o per altre ragioni. D’altra parte il benefattore difficilmente compie un atto generoso solamente per spirito di carita`, ma si aspetta poi riconoscenza, o che altri si comportino con lui con altrettanta generosita`. 351

352 Piu ` bene fai, piu` calci prendi. Chi fa il bene si procura del male, non trova che ingratitudine. L’incomprensione e l’invidia sono la risposta piu` comune a un comportamento altruista e generoso. 353 Chi fa del bene muore ammazzato. Piu` drastico del precedente.

Fare il male e` peccato, fare il bene e` buttato. Mentre il male che fai te lo ritrovi sulla coscienza, il bene e` disperso, gettato via. 354

pag 219 - 04/07/2007

BENE

Non far male che e` peccato, non far bene che e` scordato. Il bene viene dimenticato e non c’e` riconoscenza. 355

Fai del bene ai pezzenti e in capo a un anno ti cavano gli occhi. Pezzente e` il povero degenerato, che vive nella degradazione e anche nel vizio. 356

357 Pro bono malum. ‘‘Per il bene male’’. Detto latino usato come impresa cavalleresca o motto; si trova in un’incisione ad ornamento dell’edizione del 1515 dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Le parole stanno attorno alle api che vengono depredate del miele: offrono la dolcezza e in cambio ricevono danno. 358

Piu` bene fai, piu` male ricevi.

359

A fare il bene ci si rimette sempre.

Ci si procura l’odio a fare il male come a fare il bene. Anche perche´ il debito di riconoscenza e` spesso fastidioso e non genera buoni sentimenti. 360

Il bene non fa rumore e il rumore non fa bene. Il vero bene non ‘‘fa notizia’’, non viene sbandierato, passa inosservato; mentre le clamorose manifestazioni d’affetto, di aiuto, di benevolenza sono insincere o quanto meno fuori luogo e non producono effetti benefici. 361

Per fare il bene ci vuol tutto bene; per fare il male basta poco male. Il bene deve esser privo di pecche, mentre basta una minima dose di male per trasformare il bene in male. Segue il principio latino: 362

Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu. ‘‘Il bene procede da una causa interamente buona, il male da qualsiasi mancanza’’. Brocardo giuridico medievale che sottolinea quanto poco basti per alterare una situazione buona. Vedi anche Poco fiele rende amaro molto miele [F 776]; Chi pecca una volta non e` piu` innocente [P 929]; Non giova aver evitato mille scogli se ne prende uno [S 673]. 363

364 Basta una nuvola per guastare il sereno. Per analogia. 365

156

.

Il ben d’un anno va via in una bestemmia.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Una cattiva azione annulla un lungo tempo vissuto nella rettitudine. 366

Il bene d’un anno si perde in un giorno.

Conosco il bene ed al peggio m’appiglio. Pur sapendo cosa sia il bene, cosa dovrei fare per agire bene, non riesco a staccarmi dal male. Endecasillabo che risulta adattamento di un luogo di Petrarca (Canzoniere 264.134136): ‘‘...co la morte a lato / cerco del viver mio novo consiglio, / et veggo ’l meglio, e al peggior m’appiglio’’, (ripreso quasi alla lettera da Boiardo, Orlando innamorato 1.31), che a sua volta riecheggia Ovidio (Metamorfosi 7.20-21) Video meliora proboque, / deteriora sequor ‘‘Vedo cio` che e` meglio e lo lodo, ma faccio quello che e` peggio’’ (parole di Medea). 367

Fa’ bene ai putti e se lo dimenticano, fa’ bene ai vecchi e muoiono. Nella vita si puo` confidare solo nella solidarieta` dei coetanei: al momento del bisogno i giovani hanno dimenticato; gli anziani sono scomparsi. Toscano e antico, come denuncia l’uso di putti. Vedi anche Beneficio passato, beneficio dimenticato [B 434]. 368

Bene fatto per paura nulla vale e poco dura. Il comportamento generoso e altruista dettato da paura, reale o metafisica, non ha alcun merito e termina non appena scompare la causa. 369

370 Il bene fatto val piu ` del predicato. Il bene compiuto ha molto piu` valore di quello lodato e insegnato a parole, prima perche´ e` una realta`, poi perche´ l’esempio e` piu` efficace dell’insegnamento. 371 Non si porta con noi che il bene fatto. Nel corso della vita, e anche nell’aldila`, portiamo con noi nient’altro che il bene compiuto, il nostro unico possesso che non ci puo` essere sottratto. Vedi anche Ho solamente quello che ho dato [A 1685]. 372 Anche il bene viene a noia. Anche il benessere, la fortuna, l’avere tutto generano fastidio. Occorrono anche le difficolta` e i momenti negativi per dar sapore alla vita. 373 Il troppo bene puo` far danno. Come in tutti i campi, anche qui l’eccesso, l’esagerazione puo` essere negativa. Vedi anche Il troppo stroppia [T 1023].

pag 220 - 04/07/2007

157

.

Un po’ di bene e un po’ di male mandan dritta la barca. Permettono di mantenere il senso della realta`, evitano di montarsi la testa, d’insuperbire. 374

Dal male al bene il passo e` breve. Le condizioni che determinano gli stati di felicita` o infelicita`, di salute o malattia, di positivo e negativo, sono spesso poco stabili e le situazioni si possono capovolgere imprevedibilmente quanto rapidamente. 375

Il guado dal male al bene tutti lo passano senza dir nulla; ma in quello dal bene al male tutti imprecano e piangono. Passare da una situazione precaria a una condizione migliore tutti lo fanno volentieri e senza recriminazioni, mentre, nel passaggio inverso, dove piu` dovrebbero valere la saggezza e la maturita`, si sentono pianti e lamenti. 376

Prendi il bene quando viene. Godi la buona sorte quando capita, non aspettarla per un momento preciso; non chiederti se te la meriti: afferrala quando viene perche´ non e` detto che si ripresenti. 377

Prenditi il bene quando viene, che il male prima o poi ti tocca. Ampliamento del precedente: goditi la vita, perche´ sicuramente avrai da soffrire. 378

Tutto e` bene quel che finisce bene. Certamente fra i proverbi di piu` generale diffusione, rassicurante e consolatorio: quello che termina positivamente e` bene, anche se il percorso compiuto e` segnato da errori, incertezze, colpe, dispiaceri, dolori. Titolo di una commedia di Shakespeare: All’s Well That Ends Well. 379

380 Nessun bene dura cent’anni. Nessuna situazione buona, favorevole, felice puo` durare troppo a lungo. Vedi anche Non e` sempre domenica [D 760].

Nel bene prudenza, nel male pazienza. Nella situazione favorevole non bisogna farsi prendere la mano, montarsi la testa, strafare perche´ puo` essere pericoloso; nel male ci vuole calma e rassegnazione. 381

382

Bene perduto meglio conosciuto.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BENE

Il bene di cui si e` goduto una volta, quando lo si e` perduto, lo si apprezza molto di piu` di quando lo si aveva. Il bene non e` conosciuto se non e` perduto. Il bene che si ha da sempre non si valuta quanto merita, lo si apprezza quando non c’e` piu`. 383

384

Il bene si conosce quando non c’e` piu`.

Conosce il bene solo chi ha provato il male, disse Dante. Alcune persone chiesero al poeta quali fossero coloro che conoscevano meglio il bene. – Quelli che hanno provato il male – rispose Dante; l’aneddoto e` narrato da D. Luis Milan, El Cortesano (1561) e riportato in: La leggenda di Dante – Motti facezie e tradizioni del secoli XIV-XIX, introduzione di G. Papini, Carabba Editore, Lanciano 1911, p. 36. Vedi anche Non conosce la pace e non la stima chi provato non ha la guerra prima [P 2]; Conosce il perso dı` quando e` gia` sera [D 256]. 385

386 Il bene si cerca e il male s’aspetta. Il bene ognuno tenta di procurarselo, lo cerca costantemente. Il male, facendo parte delle eventualita` dell’esistenza, come una malattia, si mette nel conto, rassegnandosi quando arriva. 387 Il bene si cerca e il male arriva. Il bene bisogna trovarlo, procurarselo con fatica, il male viene da solo, spontaneamente. 388 Sopporta il male e spera il bene. Sopporta con rassegnazione il dolore e la sofferenza e spera che abbiano termine. 389 Il bene del corpo e` il male dell’anima. Spesso la ricerca del bene materiale e` causa del male morale: per ottenere ricchezze, agi, onori si commettono cattive azioni.

Il bene quando viene, il male quando conviene. Invito a rimettersi al volere del destino senza ribellarsi e sapendo godere di quanto ci e` dato di buono: il bene va goduto quando si presenta, senza rifiutarlo in vista di un bene maggiore, ovvero per stare bene quando decidiamo noi, perche´ difficilmente si realizzeranno i nostri disegni. Il male va sopportato con rassegnazione quando non e` possibile li390

pag 221 - 04/07/2007

BENE

158

.

berarsene. Conviene: e` necessario, bisogna, e` logico, come: Chi di gallina nasce convien che razzoli [G 72].

Frequente. Quando uno racconta la sventura, l’incidente capitato, vuol dire che il pericolo e` stato superato.

Chi ti vuol bene a casa tua viene. La visita reciproca e` il segno della corrispondenza di affetto e amicizia. Chi non si muove per andare a trovare l’amico, il parente, mostra indifferenza e freddezza.

400 Chi sta bene non si muova. Chi e` in una situazione buona non cerchi meglio, perche´ puo` facilmente trovare anche di peggio. Vedi anche Chi e` al coperto quando piove e` un coglione se si muove; se si muove e se si bagna, e` un coglione se si lagna [P 1852].

392 Chi bene mi vuole in casa mi trova. Indica un atteggiamento opposto: chi mi ama mi viene a cercare. La forma categorica lascia intendere che chi viene e` benvenuto, ma l’interessato non ha intenzione di muoversi. Puo` essere anche la ricerca di una prova d’affetto: chi dice di volermi bene venga a cercarmi.

Chi vuol star bene un giorno faccia un buon pranzo, chi vuol star bene un mese ammazzi un porco, chi vuol star bene un anno prenda moglie e chi vuol star bene tutta la vita si faccia prete. Per esser felice un giorno basta un ricco pasto; il porco porta l’abbondanza in casa per circa un mese; la felicita` coniugale perfetta dura fino a quando non nasce il primo figlio, circa un anno. Ironica e` l’ultima notazione: il prete, non avendo moglie, ne´ figli, avendo da mangiare e da bere, vive beato tutta la vita.

391

393 Si puo` voler bene e nasconderlo. Non sempre il bene che si vuole a una persona si manifesta: vi e` chi, per tante ragioni, si chiude nel segreto e spesso vi rimane. 394 Il bene e` di chi se lo fa volere. Per essere amati bisogna sapersi far amare o lasciarsi amare. La mancanza d’affetto da parte degli altri che uno lamenta spesso e` dovuta al suo stesso atteggiamento, al fatto che in maniere diverse si rifiuta a un rapporto col prossimo. 395 Volersi bene non costa tanto. Le ragioni di contesa, di attrito tra gli uomini spesso riguardano questioni inconsistenti o trascurabili, per cui non sarebbe difficile lasciar cadere tali dissidi.

Chi vuol bene ai suoi, vuol bene agli altri. La benevolenza e l’affetto verso gli altri comincia dal rapporto con i familiari e gli amici. 396

Chi vuol male ai suoi non puo` voler bene agli altri. Reciproco del precedente. 397

BENE2 Come avverbio. f Vedi Male. 398 Chi sta bene vuol star meglio. L’uomo e` incontentabile: anche quando uno si trova in una buona situazione si da` pena e si da` daffare per trovarne un’altra migliore. ` andata bene quando si puo` 399 E raccontare.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

401

Prendi moglie e ammazza il maiale son otto giorni di carnevale. Per analogia. 402

403 Chi sta bene crede a pochi. Chi non ha problemi e difficolta` e` portato a pensare che coloro che si lamentano lo facciano per vezzo o per abitudine. Preferisce credere che tutti stiano come lui e che i problemi degli altri, che gli recano fastidio, non esistano. 404 Chi fa bene fa presto. Chi opera con cura e attenzione, evita errori, modifiche, ripensamenti, che lo obbligherebbero a ritornare continuamente sul lavoro fatto. Vedi anche Sat cito si sat bene [P 2601]. 405 Presto e` fatto quel che e` ben fatto. Anche: non conta il tempo impiegato, ma la qualita` e il risultato del lavoro.

‘‘Bene bene’’, e il giorno dopo era morto. A chi risponde bene bene, cercando di rassicurare su una faccenda che si prevede vada invece a finire male. Il detto si riferisce con ogni probabilita` alla favola esopica Il malato e il medico (Favole 249). Un malato disse al medico d’aver sudato e quello disse: – Bene. Il giorno dopo disse d’aver avuto freddo e quello rispose: – Bene anche questo. Il terzo giorno 406

pag 222 - 04/07/2007

159

.

che aveva avuto la diarrea. Rispose: – Benone! Quando il quarto giorno un parente domando` al malato come stava, quello rispose: – A forza d’andar bene me ne vado all’altro mondo. Sempre bene non si puo` stare, sempre male non puo` durare. Riflessione consolatoria: la felicita` continua e completa non e` di questa vita e il male a sua volta non puo` durare a lungo. 407

408 Per star bene si sta male. Per avere un vantaggio siamo disposti a soffrire. Si usa anche per chiedersi se il sacrificio valga poi la pena. 409 Il troppo star bene fa la gente matta. L’eccessiva fortuna, i molti agi, vantaggi e ricchezze inducono l’uomo a perdere il senso della realta`, per cui non sara` piu` capace di ragionare correttamente. 410 A forza d’andar male va tutto bene. Quando il male passa la misura alla fine le cose s’assestano da sole. Contrasta con il detto Al peggio non c’e` fine [P 1041].

Quando le cose vanno bene ognuno e` buono a dar consigli. Quando tutto procede senza difficolta`, per il verso, ognuno e` capace di dare il proprio parere e prendersene il merito. 411

BENE

Quel che vien di penna e stola tosto viene e tosto vola. Per analogia. Anche i beni che provengono dalla pratica delle lettere (penna) sarebbero di facile acquisto e di rapida dissipazione. 415

416

Quel che vien di penna e stola come viene (cosı`) vola.

417 Piu ` beni, piu` pensieri. Chi entra in possesso di beni e ricchezze si trova nella necessita` di conservarli, difenderli e farli fruttare; aumentano cosı` apprensioni, preoccupazioni e paure. 418 Bene ereditato poco dura. Chi riceve un’eredita` spesso non la sa conservare, non la sa gestire e inevitabilmente la perde.

(I) Beni di fortuna passano come la luna. La ricchezza che viene per un colpo di fortuna facilmente si disperde nelle mani di chi la riceve. La luna ogni mese cresce e decresce fino a scomparire. 419

Bene di mal acquisto non arricchisce il tristo. Si vuole che la roba avuta attraverso imbrogli, raggiri, furti, violenze non giovi a chi se la procura, anzi spesso attiri su di lui la sfortuna e la sventura. 420

Del ben di male acquisto non ne gode il terzo erede. La ricchezza acquistata con la disonesta` non dura a lungo nella famiglia, non passa la terza generazione. 421

3

BENE Come sostantivo, nel senso di ‘‘possesso, ricchezza’’: i beni acquisiti non per meriti propri, ma per eredita`, colpi di fortuna o raggiri svaniscono rapidamente. Beni di Chiesa non passano il terzo erede. Patrimoni e ricchezze giunti per eredita` da un prelato, in poche generazioni svaniscono. I beni della Chiesa sono considerati un po’ come un tabu` e vi sarebbe un’oscura vendetta verso chi se ne e` appropriato indebitamente. 412

413 Beni di Chiesa hanno le ali. Vedi anche Ben di campana ben fiorisce, ma non grana [C 290].

Roba di stola presto arriva e presto vola. Per analogia. La stola, simbolo del sacerdozio, e` un paramento che dalle spalle scende davanti fin sotto la vita del celebrante. 414

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Res parata furto durabit tempore curto. ‘‘Quello che e` di provenienza furtiva non procura ricchezza duratura’’. Per analogia. Sentenza medievale. 422

Le pecore di Bacchino per acqua vennero e per acqua se ne andennero. Toscano. La forma andennero denuncia una matrice rustica. Si spiega con una storiella: un tal Bacchino era riuscito a mettere insieme un gregge numeroso allungando con l’acqua del fiume il latte che vendeva. Venne una grande piena del fiume e l’acqua gli riprese le pecore che in altra maniera gli aveva portato. 423

424

Chi corre dietro i beni degli altri e` sempre povero.

pag 223 - 04/07/2007

BENEDETTO

160

.

Chi spera di arricchirsi con le ricchezze altrui fa una vita grama perche´ non gli toccheranno mai. Chi si da` da fare per avere donazioni, chi serve devotamente, chi mira alle eredita`, facilmente viene sfruttato e non ottiene nulla. BENEDETTO Benedetto da Norcia (480-546), fondatore dell’ordine benedettino, e` uno dei santi piu` venerati nel mondo popolare. La sua festa, che coincideva con l’arrivo della primavera (21 marzo, data alla quale fanno riferimento i proverbi), e` stata spostata con la riforma del calendario liturgico del 1969 all’11 luglio, secondo il criterio di festeggiare i santi nel giorno della loro morte. Innumerevoli sono le sue protezioni. f Vedi Niccolo`, Rocco, Rondine. Se piove il giorno di san Benedetto di granturco si colma il sacchetto. La pioggia che cade nel periodo intorno alla festa di san Benedetto assicura un buon raccolto di granturco. 425

Per la festa di san Benedetto si sposano gli uccelli. E` probabilmente una reminiscenza pagana collegata all’equinozio di primavera; il ritorno dei migratori, specialmente le rondini, riempie la campagna, i boschi e il cielo di canti, tanto che pare che gli uccelli festeggino le nozze. 426

Per san Benedetto si distingue il verde dal secco. E` il momento in cui, comparendo o schiudendosi le gemme, i rami iniziano a verzicare, le erbe cominciano a coprire i campi, per cui si riconoscono le piante che sono morte nell’inverno da quelle che sono ancora in vita. 427

BENEDIZIONE La benedizione e` volatile sia perche´ si diffonde superando ogni ostacolo, sia perche´ e` labile, svanisce senza modificare la realta`. Altra cosa e` la benedizione impartita col bastone. 428 La benedizione passa sette muri. E` diffusa credenza popolare che la benedizione impartita dal prete abbia efficacia anche al di la` di un certo numero di ostacoli; questi variano a seconda delle tradizioni locali: sette muri, sette montagne, sette fiumi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

429

La benedizione passa sette valli, sette montagne e sette muraglie.

Tanti quanti ne arriva una benedizione in discesa. Frase scherzosa per indicare una folla sterminata, come se la benedizione in discesa si propagasse con piu` efficacia e arrivasse piu` lontano. 430

La benedizione e` come il cappone: passa e non lascia nulla. La benedizione non ha il potere di modificare la realta`. Il cappone, per quanto castrato, conserva a volte un istinto di virilita` che lo porta a coprire senza alcuna conseguenza le galline. 431

Gli ci vuole la benedizione d’un prete monco. Di chi ha bisogno di una bella grandinata di botte. Il prete monco e` il bastone, il randello che per bastonare si alza e si abbassa come si fa con l’aspersorio per benedire. 432

BENEFICIO Aiuti e vantaggi concessi agli altri non sempre procurano riconoscenza. f Vedi Bene, Dono. 433 I benefici procurano gli amici. Gli aiuti e i favori creano rapporti di amicizia, sono il segno tangibile della solidarieta` e della fiducia.

Beneficio passato, beneficio dimenticato. La riconoscenza e la memoria di un gesto generoso durano poco. Gia` un Monostico di Menandro (477) suona: ‘‘Dopo il dono molto presto invecchia la gratitudine’’. Vedi anche Fa’ bene ai putti e se lo dimenticano, fa’ bene ai vecchi e muoiono [B 368]; Fatta la grazia, gabbato lo santo [S 297]; Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto [A 1670]. 434

435

I benefici invecchiano presto.

436

Beneficio di ieri e` gia` lontano.

437 Chi ricorda i benefici li rinfaccia. Ricordare a una persona il bene che le si e` fatto equivale a pretenderne la riconoscenza, a farla sentire debitrice nei nostri confronti. 438 Chi beneficio accetta liberta` vende. Chi accetta da altri aiuti e vantaggi senza che vi sia un corrispettivo da parte sua, si obbliga a

pag 224 - 04/07/2007

161

.

una riconoscenza, a una dipendenza che annulla la propria liberta`. E` continuazione di una massima latina antica tuttora nota: Beneficium accipere, libertatem est vendere [vendere est]. ‘‘Accettare un beneficio e` vendere la liberta`’’. Si tratta una delle massime attribuite a Publilio Siro (B 5). Vedi Chi prende si vende [P 2524]. 439

440 Beneficio sollecito due volte benvenuto. La prontezza dell’intervento verso chi e` in difficolta` ne raddoppia l’efficacia ed e` doppiamente gradito. Vedi anche Chi da` subito da` due volte [D 97]. 441

Beneficio fatto a tempo e` doppio.

Beneficio tardo non vuol ringraziamento. Reciproco del precedente. E` gia` stato pagato con le richieste e l’umiliazione e spesso si rivela inutile. 442

BERE Quasi esclusivamente riferito al vino (l’acqua e` buona solo contro la paura): quindi consigli e avvertimenti, dal carpe diem all’invito alla moderazione. f Vedi Acqua, Bicchiere, Boccale, Forza, Mangiare, Vino. Mangiamo e beviamo, del doman non ci curiamo. Invito a darsi al bel tempo e a non curarsi dei dolori e degli affanni, ne´ di cio` che ci prepara il domani. Vedi anche Disse Pulcinella: Per mare non c’e` taverna [P 2926]; Bibbamuse e rebbibbamuse et in tera arotolamuse [D 754]; Dopo di me il diluvio [D 393]. 443

Dopo bere ognun vuol dire il suo sapere [parere]. Dopo che uno ha bevuto ama parlare, conversare, raccontare, ecc. Si direbbe che scioglie lo scilinguagnolo. Vedi in senso generale: Ognuno vuol dire la sua [D 553]. La tavola invita alla conversazione, come avverte questa sorta di filastrocca mediolatina: 444

In primum silentium deinde rumor dentium postea rumor gentium (ad finem verba dementium). ‘‘Da prima silenzio, quindi rumore di denti, poi rumore di persone e infine parole di chi ha perso il senno’’. Questo avviene nei conviti: la 445

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BERE

fame porta un certo raccoglimento e mutismo, poi la concentrazione nel mangiare e infine l’allegria. I discorsi di chi ha perso il senno sono quelli di coloro che hanno alzato troppo il gomito. Si usa anche la traduzione italiana: All’inizio tutti silenti poi rumore di denti, quindi strepito di genti e infine discorsi dementi. 447 Visto e rivisto il fondo del bicchiere anche chi non sa nulla da` un parere. Una volta che uno ha vuotato piu` bicchieri parla a proposito o meglio a sproposito. 446

448 Il bere scioglie la lingua. Il bere moderatamente fa venir voglia di chiacchierare, di ridere, scherzare, stare allegri. 449 Chi troppo beve va con la lingua zoppa. Bere esageratamente invece fa perdere ogni controllo e la lingua s’impasta, s’impunta balbettando.

Chi beve bene in osteria canta bene in farmacia. Chi esagera nel bere finisce per cader malato e a frequentare con assiduita` la farmacia. 450

Bevi come i giumenti a sorsi corti e lenti. Bere il vino e` un’arte: una medicina che ha cattivo sapore si butta giu` tutta d’un fiato, in modo da non assaporarla, ma il vino buono si sorseggia a lungo in piccole qualita`, gustandone l’aroma, percependo il retrogusto. La gozzata, la bevuta rapida e` da bettola e non fa bene alla salute. Gli animali, come i bovini, i cavalli, le galline, mettono una particolare calma nel bere, che diventa quasi un gesto rituale. 451

452 Chi beve e chi s’ubriaca. C’e` chi beve per gustare il vino e chi invece lo fa per ubriacarsi: non cerca il piacere, ma l’ebbrezza.

Il mangiare e` da facchino, il bere da gentiluomo. Mentre mangiare lo sanno fare tutti, il vero bere richiede educazione, dominio di se´, sapienza e conoscenza del vino. Vedi anche L’animale divora, l’uomo mangia, il gentiluomo assapora [M 562]. 453

454 Finito di bere si sgronda il fiasco. Toscano. Alla fine di una serata fra amici, prima di salutarsi, si usa fare un’ultima bevuta

pag 225 - 04/07/2007

BERE

162

.

generale per finire il vino rimasto nel fiasco. Ma il proverbio si usa anche per avvertire di non mettersi in viaggio subito dopo il temporale, perche´ di solito, finita la tempesta, c’e` una piccola, breve passatella d’acqua supplementare (la sgrondatura del fiasco) che puo` tradire chi si trova senza riparo. Si bene commemini, causae sunt quinque bibendi: hospitis adventus, praesens sitis atque futura, et vini bonitas et quaelibet altera causa. ‘‘Se ben mi ricordo, le ragioni per bere sono cinque: l’arrivo di un ospite, la sete del momento o quella che verra`, la bonta` del vino e qualunque altra ragione’’. Non manca mai un motivo per farsi una bevuta. Tre esametri di lode del vino, probabilmente di origine umanistica, ripetuti in molti repertori. 455

Bisogna bere il vino alla tedesca: la mattina puro, a desinare senz’acqua, la sera come viene dalla botte. Scherzoso. Non si deve mai annacquare il vino. I tedeschi sono stati sempre considerati forti bevitori. 456

Piu` si beve e piu` si berrebbe. Il bere prende la mano, invita a continuare. Altre cose fanno lo stesso effetto: i baci, le ciliegie, vedi I baci sono come le ciliege: uno tira l’altro [B 23]. 457

458 Piu ` si beve e piu` si ha sete. E`, possiamo dire, una scusa per bere.

Chi non beve in compagnia o fa il ladro o fa la spia. E` un invito a bere insieme agli altri rivolto a coloro che mostrano ritegno, fanno complimenti, ecc. E` comunque una grave scortesia rifiutarsi di bere in occasione di un brindisi; caso mai uno prende un goccio ‘per degnare’. Vedi anche Chi non sta in compagnia viene il Diavolo e se lo porta via [C 1903]; In solitudine non ha sapore il vino [S 1582]. Probabilmente e` una forma purgata dell’altro proverbio: Chi non piscia in compagnia o fa il ladro o fa la spia [B 459]. 459

Chi beve tutto e` sempre all’asciutto. Colui che ha il vizio di bere e` sempre a corto di vino o di altri alcolici. In generale: chi consuma tutto il suo avere resta povero. 460

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi beve senza misura a lungo poi non dura. Perche´ finisce ubriaco o anche perche´ si rovina a causa del vizio. 461

Dell’acqua suole bevere chi non have del vino. Antico detto, o piuttosto anticato nella forma, per ironizzare su chi beve acqua. L’acqua si beve solo quando non si ha vino. 462

463 Chi sempre beve non ha mai sete. Detto furbesco che ripete colui che viene sorpreso spesso col bicchiere in mano, quasi lo facesse come cura preventiva contro la ‘malattia’ della sete. 464 Il bere insegna a mangiare. Durante il desinare bere poco e frequentemente accompagna il cibo, evita la voracita` e da` misura al pasto. Vedi anche Il mangiare insegna a bere [M 520]. 465 Il bere insegna a ribere. Bere invita a bere di nuovo e alla fine si beve troppo. Bere, nel senso di ubriacarsi, porta a ripetere l’intemperanza e quindi conduce al vizio.

Qui bene bibit bene dormit, qui bene dormit non peccat, qui non peccat sanctus est, ergo qui bene bibit sanctus est. Scherzoso sillogismo, probabilmente di origine moderna (XVI-XVII sec.). ‘‘Chi beve bene dorme bene, chi dorme bene non pecca, chi non pecca e` santo, dunque chi beve bene e` santo’’. Vedi anche Chi ben mangia ben beve [M 501]; Mangiare. Ne sono note le due seguenti versioni italiane: 466

Chi beve s’ubriaca, chi s’ubriaca dorme, chi dorme non pecca, chi non pecca va in cielo. Dunque bevete e sarete beati. 467

Chi beve dorme chi dorme non pecca chi non pecca va in Paradiso: ergo chi beve va in Paradiso. 469 Bevi poco per poter bere a lungo. Bevi moderatamente per serbarti a lungo anche in vecchiaia questo piacere. 468

470 Bisogna bere poco e spesso. Riferito al momento in cui si mangia. 471

Inter prandendum sit saepe parumque bibendum.

pag 226 - 04/07/2007

163

.

‘‘Mentre si pranza bisogna bere poco e spesso’’. Esametro del Regimen sanitatis salernitano (verso 92). Meglio bere un goccio tutti i giorni che una gran bevuta ogni tanto. Di nuovo un invito alla moderazione, a mantenersi nel giusto limite: lasciarsi andare anche solo una volta ogni tanto e` pericoloso. 472

Date da bere al prete che il chierico ha sete. Si dice quando l’apparente altruismo cela la ricerca di un utile proprio: chiedendo qualcosa per un altro, si mira indirettamente a procurarsela per se´. 473

474 Bevi, che ti passa la paura! Per indicare che uno e` spaventato. Bere un bicchiere d’acqua aiuta a superare un trauma. Ne e` attestato anche un uso ‘tronco’, Bevi, che ti passa, ironico, esemplato sul piu` diffuso Canta, che ti passa, e che si puo` usare anche per invitare a bere e a dimenticare le preocupazioni.

O bere o affogare. Alternativa tra due cose spiacevoli, per cui accettarne una costituisce piu` una necessita` che una scelta. Evidentemente la bevanda offerta non e` di gradimento. Vedi anche O scendere o predicare, dissero al frate [S 573]; Prendere o lasciare [P 2531]; O cosı` o nulla [C 2385]; O servi come servo, o fuggi come cervo [S 1130]. 475

476 Aut bibat, aut abeat. ‘‘Beva o se ne vada’’; come il precedente nell’uso metaforico. Forse e` una citazione da una composizione teatrale o poetica. 477 O bere o bara. Alternativa drastica: o fare, accettare una determinata cosa o morire. 478

A volte convien bere piuttosto che affogare.

O mangiar questa minestra o saltar dalla finestra. Per analogia. L’associazione di minestra e finestra pare dovuta alla rima, ma bisogna ricordarsi anche delle defenestrazioni. La minestra sta per qualcosa di immangiabile, d’inaccettabile che bisogna prendere per forza. Inoltre la minestra e` spesso rifiutata dai bambini e le mamme insistono per farla loro mangiare: o questo o nulla. 479

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BERGAMO

O rosichi quest’osso o salti questo fosso. Per analogia. Di origine settentrionale. Anche qui osso sta per qualcosa di duro e poco gradevole. 480

481 Per forza o per amore. Per analogia. Questa espressione e le seguenti non presentano alternativa, ma impongono di fare una cosa, spontaneamente o meno. 482

Con le buone o con le cattive.

Spinte o sponte. Con la forza o spontaneamente. Sponte e` parola latina (spontaneamente) sulla quale e` stato coniato il termine spinte, latino maccheronico, che significherebbe ‘‘con la spinta, con la forza’’. 483

484 O dentro o fuori. Alternativa drastica che non concede mezze misure.

BERGAMASCO Il bergamasco ha il parlare grosso e l’ingegno sottile. Il dialetto bergamasco e` piuttosto duro ostico, rispetto ad altre parlate piu` gentili comprensibili. L’ingegno dei bergamaschi pero` vivace. 485

e e e`

486 Bergamaschi, tutti matti. Verso e variante di una strofetta che prende in esame le caratteristiche degli abitanti di alcune citta` italiane, vedi Veneziano.

Di bergamaschi, di fiorentini e di passeri e` pieno il mondo. Bergamaschi e fiorentini si trovavano dappertutto perche´ andavano in giro per affari e per commercio. I passerotti sono gli uccelli piu` comuni, nidificano sui tetti e sono numerosi dovunque. 487

BERGAMO Bergamo Alta, la parte piu` antica, e` posta su un colle a 366 m sul livello del mare, Bergamo Bassa e` la parte piu` moderna ed e` in pianura a 251 m. Se Bergamo fosse in piano sarebbe piu` bella di Milano. Diverse citta` hanno questi proverbi usati dai paesi vicini per ironizzare sul campanilismo dei cittadini. Vedi Se Parigi avesse lu meri sarebbe una piccola Beri [B 139]. 488

pag 227 - 04/07/2007

BERLINGACCIO

BERLINGACCIO E` cosı` chiamato in Toscana l’ultimo giovedı` di Carnevale, il Giovedı` Grasso, che per tradizione si festeggia imbandendo una ricca tavola. Il nome viene dal medio alto tedesco bretling ‘‘tavola’’, diminutivo di bret,’’asse’’; berlingozzo si chiama un dolce toscano, mentre berlengo in lingua furbesca (gergo antico dei ladri) indicava ‘‘pancia piena’’ (dal significato, evidentemente, di ‘‘tavola imbandita di cibi’’). f Vedi Carnevale. Per Berlingaccio chi non ha ciccia ammazza il gatto. Per il giovedı` di Carnevale bisogna mangiar bene e stare allegri. Pur di festeggiare uno ricorre a qualunque mezzo. 489

BERNARDO Salsa di san Bernardo. f Vedi Fame. BERNARDINO San Bernardino (20 maggio) nacque a Massa Marittima l’8 settembre 1380 dalla nobile famiglia degli Albizzeschi. Nel 1400 organizzo` il soccorso agli appestati per la grave pestilenza di Siena; nel 1402 vestı` l’abito francescano. Promosse la devozione al Nome di Gesu` nel monogramma Jesus Hominis Salus: J H S che, inciso su medagliette, o stampato su stoffa e carta, viene ancora distribuito come benedizione e immagine sacra. Il monogramma si trova anche su stendardi, facciate di edifici e sedi di compagnie. Bernardino morı` all’Aquila, dove si era recato per predicare, il 20 maggio 1444. Minuto e piccolo di statura, aveva voce cosı` potente che si vuole sopravanzasse il rumore dei tuoni. Le sue prediche furono trascritte da un cimatore di panni, che, inventato un suo sistema di stenografia, ci ha restituito i sermoni nella loro integrita`. A san Bernardino la fioritura del lino. Il lino fiorisce nella seconda meta` di maggio; viene raccolto a giugno-luglio. 490

491

164

.

Per san Bernardino il lino vuol fiorire alto o piccino.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Il lino a san Bernardino spiga grande o piccolino e quel che non ha spigato fa da concime al prato. Il lino che non va a buon fine viene usato nel sovescio, ossia arato e sotterrato come concime azotante. 492

A sante Livardine vunghile chine chine, si li vunguli sso` bacante sante Livardine non e` sante. Irpinia. ‘‘A san Bernardino le fave sono piene, se sono vuote san Bernardino non e` santo’’. Nel Meridione le fave si raccolgono in questo periodo, mentre a Nord nel mese successivo. 493

BERRETTA f Vedi Calza, Cappello, Pazzo. BERTA A quale donna di nome Berta il proverbio faccia riferimento non e` stato scoperto, e delle molte ipotesi (per es. la madre di Carlo Magno) nessuna presenta qualche seria probabilita` di indicare l’identita` di questa Berta. 494 Non e` piu ` il tempo che Berta filava. Molto diffuso e vivo. Rimpianto dei tempi passati, quando le cose erano piu` semplici, andavano meglio, quando gli uomini erano migliori. Ma anche un invito a stare al passo con la propria epoca e con il progresso.

Passo` quel tempo Enea, che Dido a te penso`. Per analogia. Dalla Didone abbandonata (atto II, scena IV) del Metastasio: ‘‘Passo` quel tempo Enea, / che Dido a te penso`. / Spenta e` la face, e` sciolta la catena / e del tuo nome or mi rammento appena’’. Per dire che non sono piu` i bei tempi, dell’amore, della giovinezza, dell’abbondanza, ecc. Spesso si cita solo il primo verso. 495

BERTUCCIA Piccola scimmia pettegola e curiosa, entrata in molte locuzioni. 496 Come disse la bertuccia: Di nulla! Si usa quando si vuole evitare una risposta precisa a una domanda imbarazzante. Racconta Francesco Serdonati nei suoi Proverbi italiani, opera inedita in quattro volumi manoscritti che si trovano alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, che una volta il lupo, re

pag 228 - 04/07/2007

165 del bosco, aveva trovato l’espediente di chiedere agli animali di che cosa sapesse il suo fiato: se gli rispondevano che sapeva di cattivo, come aveva detto l’agnello, li divorava per lesa maesta`, se invece gli rispondevano che sapeva di buono, come aveva detto la volpe, gli faceva fare la stessa fine, accusandoli d’ipocrisia. La bertuccia, fingendo d’essere raffreddata, rispose invece: Di nulla! E si salvo`. BESTEMMIA f Vedi Accidente, Maledizione. La bestemmia, gira, gira torna addosso a chi la tira. Qui bestemmia vale ‘‘ingiuria, maledizione, accidente augurato’’, rivolti a Dio e ai santi, ma anche a persone. La maledizione torna a colui che la manda. Vedi anche Chi semina vento raccoglie tempesta [S 938]; Gli accidenti son come le foglie: chi li manda li raccoglie [A 94]; Chi sputa in cielo gli ritorna in faccia [D 449]. 497

La saetta, gira gira, torna addosso a chi la tira. Per analogia. Ha lo stesso uso del precedente: saetta sta a indicare un’offesa, una maldicenza o un’azione cattiva. L’idea che un dardo possa finire per danneggiare chi lo tira doveva gia` essere proverbiale nella tarda antichita`, come attesta la frase di san Girolamo (Epistole 52.14): Sagitta [...] interdum resiliens percuti dirigentem ‘‘La freccia talora rimbalzando colpisce chi l’ha lanciata’’, la cui immagine ricorre anche in altri scrittori latini tardi (Tertulliano, Ausonio, Orosio). Vedi Chi semina vento raccoglie tempesta [S 938]. 498

Le bestemmie fanno come le processioni: tornano sempre da dove partono. Di solito, infatti, la processione parte dalla chiesa e torna alla chiesa. 499

500 Se bastassero le bestemmie!... Risposta di chi si trova nei guai all’invito a non bestemmiare. Sottintende che vi ha gia` provveduto in larga misura, ma ci vorrebbero mezzi ancora piu` drastici.

BESTEMMIARE 501 Chi bestemmia prega il diavolo. Imprecando contro Dio e i santi, si rinnegano le forze celesti per affidarsi in pratica a quelle infernali.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BESTIA

Se Dio non m’avesse dato donne e polli non avrei mai bestemmiato, diceva quel contadino. Il proverbio riguarda la donna ed esprime il generico lamento maschile, che e` piu` di repertorio che di vero risentimento. I polli fanno inquietare per piu` ragioni: entrano nell’orto e rovinano gli ortaggi, vanno a fare l’uovo nei posti piu` disparati, si perdono facilmente, lordano dappertutto. 502

A bestemmiare e a mangiare tutto sta nel cominciare. E` facile cadere nella volgarita` e nella maleducazione: basta fare il primo passo; come a tavola anche chi non ha appetito, se comincia a mangiare, ci prende gusto. Vedi anche Il peggior passo e` quello dell’uscio [P 693]. 503

504 Bestemmiando s’arriva in chiesa. Le vie per arrivare alla meta sono imprevedibili: con una cattiva azione si puo` raggiungere un buon fine. Anche: avversando un’idea talora s’arriva ad abbracciarla.

BESTIA Le bestie di questi proverbi sono soprattutto gli animali da lavoro e da allevamento, preziosi per l’economia agricola e quindi accuditi e osservati con attenzione tanto da trarre dal loro comportamento previsioni meteorologiche. Non mancano poi altri tipi di bestie, persone ignoranti, rozze e stupide. f Vedi Animale. Chi non ama le bestie non ama nemmeno i cristiani. Chi non rispetta, non ha considerazione e affetto per gli animali facilmente e` poco disponibile anche verso i propri simili. 505

506

Chi non ha cuore per le bestie non lo ha nemmeno per i cristiani.

507

Chi maltratta le bestie maltratta anche i cristiani.

Le bestie van tenute da bestie e trattate da cristiani. Gli animali devono essere accuditi non come se fossero esseri umani ma secondo le loro naturali esigenze; mentre, nel rapporto, si deve avere verso di loro lo stesso rispetto che si ha verso le persone. 508

509

La bestia vecchia muore nella stalla del contadino stolto.

pag 229 - 04/07/2007

BETONICA

Il danno lo subisce colui che non e` previdente. Una volta la perdita di un animale era un danno gravissimo, per cui, allorche´ si vedeva un bove, un suino, una pecora mostrare segni di cattiva salute, si correva subito ai ripari vendendo la bestia o avviandola alla macellazione, in modo da limitare la perdita. Vedi anche Il cavallo zoppo muore nella stalla del coglione [C 1150]. Quando la bestia starnuta il tempo muta. Lo starnuto che annuncia la pioggia e` in particolare quello degli asini, dei cavalli, dei montoni, ma anche altri animali emettono un verso simile. 510

Quando a vacca a l’erze a testa no sta guai a arriva` a tempesta. ‘‘Quando la vacca alza la testa non tarda ad arrivare la tempesta’’. Liguria. 511

Quando la vacca tien su il muso brutto tempo salta suso. E` il tipico fiutare l’aria allargando le narici, per cui si dice che le bestie sentono la pioggia. Salta suso: salta su, arriva. 512

Quando le bestie giaccion per lo stesso verso, se non piove piove presto. Quando si dispongono distese tutte nella stessa direzione e` segno di pioggia. La versione del maceratese dice: Le vacche tutt’a un verso lo tempo va a traerso. ‘‘Quando le vacche sono tutte per un verso il tempo va al peggio’’. 513

Bestia di buona natura sente il freddo dopo la pastura. La bestia in buona salute, dopo aver mangiato, sente il bisogno di porsi in luogo soleggiato, o in una zona riparata dal vento. 514

Buona greppia fa buona bestia. L’alimentazione ricca e abbondante rende la bestia sana, robusta, tranquilla e mansueta. 515

516 Dove son bestie son quattrini. Per bestie s’intendono sempre gli animali di grossa taglia d’allevamento o da lavoro, che erano la parte piu` consistente del capitale d’impresa per le fattorie e per i contadini. Ma anche, traslato e ironico: dove ci sono zotici e ignoranti c’e` ricchezza. 517

166

.

Le bestie sono carogne da morte; gli uomini da vivi e da morti.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Le bestie diventano carogne dopo la morte. Gli uomini lo sono sia da morti che da vivi, in quanto il termine carogna si usava un tempo anche per il cadavere umano e come traslato significa malvagio, perfido e vile. 518 Piu ` gente entra e piu` bestie si vedono. Frase a doppio senso dell’imbonitore da circo che, all’ingresso del tendone, invitava la gente a entrare, dicendo che con un pubblico molto numeroso sarebbe stato fatto vedere un numero maggiore di belve. Si puo` anche intendere che le bestie che si sarebbero viste in numero maggiore fossero proprio le persone che entravano.

BETONICA La betonica (Betonica officinalis) e` un’erba perenne che un tempo era molto usata nella medicina, popolare e non, come rimedio di vari mali, da cui il detto: aver piu` virtu` della betonica. La radice di questa pianta e` purgativa mentre la polvere che se ne trae e` starnutatoria. Ben attestato fino nel Novecento e` il modo di dire essere noto come la betonica, perche´ la pianta era conosciuta da tutti. Per saper le virtu` della betonica un monaco rimase senza tonaca. La farmacopea antica era appannaggio dei conventi e dei monaci i quali cercavano le erbe curative e le lavoravano nelle farmacie conventuali. Alquanto scherzoso, un po’ per esagerare le virtu` di questa pianta un po’ per alludere al fatto che fa andare di corpo, e quindi per un frate... puo` essere necessario togliersi la tonaca. 519

Per saper le virtu` della betonica perse la sua virtu` anche una monaca. Piu` malizioso. 520

Chi sa le virtu` della betonica allo speziale leva la tonaca. Puo` fare a meno delle altre medicine e dello speziale (= l’antico farmacista). 521

BIADA Biada e` il nome generico dei cereali coltivati per nutrire le bestie. Si tratta di un alimento costoso, nutriente, come l’orzo e l’avena, riservato ai cavalli di qualche pregio, mentre ai cavalli da lavoro o da soma e agli asini viene somministrato in piccole dosi, mescolato con abbondante erba, paglia e fieno. f Vedi Asino, Avena, Cavallo, Orzo.

pag 230 - 04/07/2007

167 A cavallo che non porta sella biada non si crivella. A chi non fatica, non lavora, non si danno ricompense. Vedi Chi non lavora non mangia [L 202]. Cosı` e` spiegato in genere il proverbio ed e` un’interpretazione. Ma il cavallo che non porta sella non e` quello che non lavora, e` quello che porta pesi oppure tira carrozze o carretti, per cui la biada non gli tocca, essendo questa cibo di pregio riservato ai cavalli da sella, da viaggio, che devono essere veloci e far figura. Inoltre il detto dice espressamente: biada non si crivella, ossia non si passa al crivello, al vaglio. Infatti la biada veniva crivellata separandola dalle impurita` e dalla pula, dividendola in migliore e peggiore e la prima serviva per il cavallo del padrone. Quindi si puo` interpretare meglio: chi fatica, chi fa lavori umili non ha diritto al trattamento migliore. Vedi anche La biada non e` fatta per gli asini [P 1355]; L’erba del piano non e` per gli asini del poggio [E 97]. 522

A caval che non vuol sella, biada non si crivella. In questa variante, invece, il riferimento sembra ai metodi per addestrare il cavallo, togliendogli o dandogli cibo secondo la cattiva o buona disponibilita` (cfr. C. Volpini, 516 Proverbi sul cavallo, 1896). 523

BIAGIO San Biagio (3 febbraio), vescovo di Sebaste nell’Armenia, fu martirizzato nell’anno 316, suppliziato con pettini di ferro, per cui e` detto anche ‘‘il Pettinato’’ ed e` diventato per questo il protettore dei cardatori di lana. Si narra che, su richiesta della madre, libero` un bambino da una spina di pesce confittaglisi nella gola: di qui la protezione della gola. f Vedi Adagio. Il giorno di san Biagio si benedice la gola e il naso. Per la festa di san Biagio si usa in chiesa al mattino benedire la gola, come protezione celeste per le vie respiratorie minacciate in tale periodo dal freddo. In alcune chiese vengono distribuiti anche panini benedetti. 524

Per san Biagio il freddo goccia il naso. Il freddo intenso provoca il raffreddore che fa gocciolare il naso. Di parere diverso e` il proverbio: Il Barbato, il Frecciato, il Mitrato, il freddo e` andato.

.

BIASIMARE

San Biagio, se trova il ghiaccio lo disfa` e se non lo trova fa. Se e` freddo porta il clima temperato, se e` mite porta il freddo. Vedi anche Candelora. 526

Biagio era tanto santo che diceva i segreti a chi non li voleva sapere. Potrebbe far riferimento a uno dei miracoli a rovescio, propri dei santi inventati dalla fantasia, che sono numerosi nella tradizione popolare (santa Sacrosanta, santa Susina, san Musone). Ma qui pare che sia piuttosto una figura popolare che si segnalava per ridicola pieta` e amore per la mormorazione e la chiacchiera. 527

BIANCO Sopra il bianco non c’e` colore sopra il nero non c’e` tintura. Non c’e` colore che possa gareggiare in luminosita` col bianco e non c’e` tintura che possa prevalere sopra il nero. Probabilmente si riferisce all’uso frequente un tempo di tingere i tessuti in casa. 528

Bianco di mattina buon tempo s’incammina. E` segno di bel tempo se il sole si alza chiaro nel cielo limpido, se ha un alone grande e distante dalla sua corona. Vedi il correlato: Rosso di sera, buon tempo si spera [R 975]. 529

Il bianco si conosce meglio accanto al nero. Il contrasto esalta i valori delle cose contrapposte. Ha valore morale: la virtu` si apprezza quando si contrappone al vizio, il bene quando combatte con il male. 530

531 Bianco e nero: portatemi a casa. Si conviene che mescolare nelle bevute vino bianco e rosso, o vini diversi, fa male e fa ubriacare facilmente. 532 A testa bianca talvolta il senno manca. Al vecchio incanutito, che e` conosciuto per il senno, l’esperienza e la misura, talvolta manca il giudizio e commette, anche lui, qualche sciocchezza.

525

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BIASIMARE 533 Chi altrui biasima se stesso infama. Per piu` ragioni: si fa la nomea di maldicente; esprime giudizi negativi su azioni che anche

pag 231 - 04/07/2007

BIBIANA

168

.

lui puo` commettere e quindi si autocondanna in anticipo; si mostra invidioso del buon nome altrui. Chi biasima il principe rischia, chi lo loda mente. Comunque si parli del potente si sbaglia, perche´ se lo si critica se ne attira le ire, se lo si esalta si passa per adulatore. Vedi anche Come disse la bertuccia: Di nulla! [B 496]. 534

Nessuno e` biasimato se non viene nominato. La difesa migliore contro la maldicenza e la critica e` vivere in modo tale che non si parli mai di noi. Il maldicente non e` solo colui che parla male di una persona, ma anche chi suggerisce un nome, chiede informazioni, stimola la diceria. 535

BIBIANA Santa Bibiana ha goduto di continua venerazione dai primi secoli del Cristianesimo fino ai nostri giorni. I proverbi che la riguardano sono soprattutto legati al giorno della sua festa (2 dicembre) e alla pioggia, ma hanno larghissima diffusione. La leggenda e la storia si confondono: pare che sia stata di una nobile famiglia cristiana, martirizzata sotto Giuliano l’Apostata (363), flagellata per quattro giorni. La recente riforma liturgica l’ha tolta dal calendario ufficiale. Se piove per santa Bibiana piove quaranta dı` e una settimana. Come molti altri proverbi anche questo prevede una stagione di piogge dovute, oltre che alla rima, anche al fatto che si usava prendere dai primi giorni del mese le indicazioni per il periodo successivo. Per quanto riguarda i quaranta giorni, vedi Terzo aprilante quaranta dı` durante [A 1068]. E` nota anche una versione latina: 536

Ut Bibianae dies sic quadraginta dies. ‘‘Come santa Bibiana, cosı` (sono) altri quaranta giorni’’. Un simile pronostico si trova per il 4 dicembre, santa Barbara, vedi Si a sanda Barbere chjove assa` n’alte e quarantde dı` a da chenda` [B 111]. 537

Santa Bibiana scarpe di ferro e calze di lana. Il freddo e la pioggia impongono di proteggere soprattutto i piedi. 538

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BICCHIERE Pieno, vuoto, da riempire ma sempre di vino. Come nel caso di ‘‘bere’’, si trovano proverbi che invitano alla moderazione e altri che esortano invece al godimento, anche eccessivo, del vino. Un bicchiere, l’uomo beve vino. Due bicchieri, il vino beve il vino. Tre bicchieri, il vino beve l’uomo. Col primo bicchiere si assapora il vino, si gusta; un bicchiere di piu` e` il vino che chiama altro vino; al terzo bicchiere il vino s’impadronisce dell’uomo. 539

Un bicchiere, allegro; un altro, pigro; un altro, porco; un altro, morto. Dal primo bicchiere che da` brio, si passa per gradi al quarto che ti fa cadere per terra. 540

541

Il primo bicchiere sorriso e piacere; bicchiere secondo piu` bello fa il mondo; il terzo boccale ne´ bene, ne´ male e quel che poi viene piu` male che bene.

Semel – mel bis – si vis ter – libenter quater – cave, frater! quinque – relinque sex – prohibet lex septem – reddit ineptem octo – non convenit cum viro docto novem – facit bovem decem – ducit ad necem. ‘‘Una volta e` miele / due, se vuoi / tre, volentieri / quattro, stai attento, amico / cinque, lascia perdere / sei, lo proibisce la legge / sette, rende incapace / otto, non lo si fa con un uomo saggio / nove, ti rende un bove / dieci, t’incammina alla morte’’. Per analogia. Anche se non sono espressamente nominati si parla di bicchieri di vino. Della composizione si trovano frammenti in testi antichi, che fanno pensare a composizioni di vecchia goliardia o a letteratura ricreativa di ambiente monastico. 542

543

Il primo bicchiere accarezza, il secondo bacia, il terzo abbraccia.

pag 232 - 04/07/2007

169

.

BICICLETTA

Il primo bicchiere invita a bere, il secondo coinvolge e stimola, il terzo si impadronisce della persona. Le tre fasi sono in parallelo con il corteggiamento amoroso.

Come i precedenti, secondo un modulo toscano usato sempre in senso ironico.

Chi vuota il bicchiere d’un fiato e` un beone, chi in due e` un bevitore, chi in tre e` un signore, chi in quattro e piu` beve soltanto per compagnia. Dal modo in cui bevi un bicchiere di vino si capisce chi sei.

Con un bicchiere di vino si fa un amico. A volte basta una piccola cosa, un gesto gentile per procurarsi un’amicizia. L’offerta del vino buono e` sempre gradita.

544

Empi il bicchiere vuoto, vuota il bicchiere pieno, non lo lasciar mai vuoto, non lo lasciar mai pieno. Scherzoso. Regola del buon bevitore, con la quale pero` si finisce presto sotto il tavolo. Riecheggia una quartina della Sequentia vini, celebre canto goliardico medievale: 545

Primum gotum, bibe totum, ad secundum, vide fundum, tertium erit sicut primum et sic semper bibe vinum. ‘‘Il primo bicchiere bevilo tutto, il secondo fino a vedere il fondo, il terzo fai come il primo e cosı` sempre bevi il vino’’. 546

Il bicchiere non deve stare ne´ pieno ne´ vuoto. Perche´ deve essere continuamente vuotato e riempito. 547

Al mattino e` buono un bicchierino, a mezzogiorno accomoda, la sera fa bene e la notte non fa male. Una bevuta contenuta e moderata fa sempre bene. 548

Con un bicchiere piccolo si puo` prendere una grande briaca. Basta naturalmente usare le regole prima esposte: riempirlo e vuotarlo continuamente. ` stato l’ultimo bicchiere, disse 550 E l’ubriaco. E` la scusa piu` comune che usano ripetere coloro che si sono ubriacati quando si riprendono dalla sbronza. 549

551

Quello che rovina e sempre l’ultimo bicchiere.

552

Diceva l’ubriaco: quell’ultimo bicchier m’ha rovinato.

553

Non e` il bere, e` il ribere (disse [dice] l’ubriaco).

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

554

L’ultimo goccio e` quello che fa male.

555

Ne affogano piu` nei bicchieri che nel mare. Si rovinano piu` persone per il vizio del bere di quanti muoiono andando per mare. 556

557 Bicchiere vuoto lascia la sete. Se il bicchiere non viene riempito spesso e convenientemente si resta col desiderio. Quando s’invita a bere bisogna essere generosi nell’offrire.

Per quanto sia buono il vino non se ne puo` bere che un bicchiere alla volta. Si riferisce ai piaceri del fiasco, ma si usa soprattutto per quelli amorosi. 558

Tavola e bicchiere tradisce in piu` maniere. Il mangiare e il bere in eccesso possono generare ubriachezza, indigestioni, disturbi temporanei e, con l’abuso, serie malattie. Alla perdita della salute si aggiunge il costo di questi vizi che possono portare all’indigenza. La salute precaria e la miseria inducono a una degenerazione morale, con la perdita del buon nome, del lavoro e dei rapporti umani. Storie piu` frequenti una volta di oggi. Vedi anche Cucina e tavola son la rovina dell’uomo [T 209]. 559

Nei mesi senza la erre lascia la donna e prendi il bicchiere. Tenendo conto anche dei nomi antichi o popolari dei mesi (gennaro, febbraro, marzo, aprile, settembre, ottobre, novembre, dicembre) l’esclusione riguarda i mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, mesi caldi nei quali sono sconsigliati strapazzi sessuali. Vedi anche Quando sol est in leone... [L 467]. 560

BICICLETTA 561 L’hai voluta la bicicletta, pedala. Si dice a chi, dopo aver insistito tanto per aver una cosa, poi se ne lamenta per qualche inconveniente imprevisto. 562

T’e` piaciuto il cacio?

pag 233 - 04/07/2007

BIFOLCO

170

.

Per analogia. Toscano. Con maggior senso di derisione e di rimprovero rispetto al precedente. Frase in origine rivolta al topo che e` caduto nella trappola, attratto dal formaggio.

gesto che poi diventa un’abitudine e una caratteristica, dalla quale un tempo si riconosceva quel mestiere.

L’hai voluto bellino? Mangia il suono dell’organino. Per analogia. Frase che si dice in particolare alla ragazza che ha sposato un giovane bello ma povero.

BINDO San Bindo e` il protettore dei debitori insolventi e pagare il dı` di san Bindo vuol dire non pagare mai. Ovviamente si tratta di un altro dei santi di fantasia che ricorrono nei proverbi, dedotto da bindolare, toscano antico per abbindolare, cioe` truffare; nelle Note al Malmantile (poema giocoso pubblicato nel 1679) si legge: ‘‘Bindolo si prende per uomo aggiratore’’).

563

564 T’e` piaciuto... t’e` piaciuto... Si usa nelle stesse situazioni indicate nei motti precedenti. Ripreso dalle parole di una canzonetta napoletana.

Chi va in bicicletta se non ha cervello, se lo metta. Chi va in bicicletta abbia molto giudizio: una volta le cadute nelle strade sterrate, poco adatte alle ruote sottili, erano frequenti. 565

BIFOLCO Il bifolco e` l’uomo, di considerevole prestanza fisica, adibito all’aratura dei campi con gli animali, lavoro che richiede molta forza e resistenza. Un campo il buon bifolco e il villano qualche solco. Mentre chi sa arare lavora un campo intero, il contadino inesperto fa appena qualche solco. 566

Quando il tempo si guasta il bifolco s’aggiusta. Quando e` brutto tempo finalmente il bifolco riposa perche´ non puo` arare. Anche: quando piove l’acqua rompe la durezza del terreno arido e il vomere penetra piu` agevolmente. 567

Buon bifolco fa dritto solco. Arare con i buoi era un’arte che richiedeva forza, ma anche una certa intelligenza per capire il terreno e renderlo uniforme, in modo da non creare zone di depressione dove l’acqua potesse ristagnare, o lunghe tracce dove l’acqua della pioggia, fattasi rivo, potesse fare erosioni e asportare la semente. Dritto nel significato di ‘‘esatto, giusto’’. 568

Quando il bifolco si rizza ha il cappello di sghimbescio [alla brava]. Per premere con forza il vomere nel terreno il bifolco si piega in avanti sull’aratro e sposta il cappello indietro in modo che non gli cada, 569

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

La festa di san Bindo viene tre giorni dopo il Giudizio. I conti di coloro che vivono sui debiti non vengono saldati mai. Si legge nel Marescalco (atto I, scena VI) dell’Aretino: ‘‘Il dı` di san Bindo, la festa del quale e` tre giorni dopo il dı` del giudicio’’. 570

BIONDA Pregi e difetti della donna bionda nei giochi d’amore, sempre in confronto con la mora, la bruna. f Vedi Mora, Moro. Mora per amorosa, bionda per sposa. I proverbi attribuiscono alle bionde un temperamento meno focoso, meno passionale di quello che hanno le brune, per cui pare che siano meno ardenti come amanti, piu` fedeli come mogli. Vedi anche La mora vuole, la bionda puole [M 1906]. 571

572 La bionda fa l’amore come fa la calza. Senza molta passione, come una faccenda da sbrigare.

Con le bionde si scherza e con le more si fa. L’amore, naturalmente. Il gioco, le schermaglie s’imparano con la bionda ma e` con la donna bruna che lo si prova veramente. 573

Per la bionda salta il fosso e alla mora salta addosso. Per la bionda datti da fare, scherzaci e giocaci, ma quando fai sul serio cerca la bruna. 574

BIONDO Aggettivo.

pag 234 - 04/07/2007

171 Occhio scuro, capello biondo il piu` bello che c’e` al mondo. Canone della bellezza ideale. 575

BIRRA 576 Chi beve birra campa cent’anni. Slogan pubblicitario degli anni Ottanta che viene citato talvolta scherzosamente come un proverbio. Riprende una formula che si applica a diverse piante o preparati per magnificarne i benefici effetti.

BIRRO Birro era detto in passato l’agente di polizia, tristemente noto per arbitri, spiate, crudelta`. Erano spesso veri e propri delinquenti assoldati dallo Stato e continuavano a fare le loro angherie al riparo della legge. Notai, birri e messi non t’impacciar con essi. Non fare amicizia, non stare insieme, non praticare notai, poliziotti e messi. Il notaio era un tempo considerato un po’ come l’avvocato: maestro di raggiri, di astuzie, cavilli, ribalderie. Per il birro, vedi sopra. I messi sono quelli pubblici che recapitano ingiunzioni, avvisi, cartelle delle tasse per conto di privati, ma soprattutto per i tribunali, il comune, le esattorie. Erano un tempo corrotti e sempre portatori di notizie spiacevoli; arrotondavano la loro paga indagando, riferendo notizie, facendo la spia.

.

BISCHERO

BISACCIA La bisaccia e` una grossa sacca doppia che si mette attraverso la cavalcatura. Piu` piccola era usata ponendola sulla spalla a tracolla, una sacca davanti e una di dietro, da pellegrini, contadini e frati da cerca. La sacca anteriore era a portata di mano e si usava comunemente; in quella dietro, che non si vedeva, stavano cose di minore uso. Ognuno ha due bisacce: quella davanti delle virtu` e quella dietro dei vizi. Ciascuno porta davanti le virtu` che ha sempre sotto gli occhi e ostenta, mentre tiene dietro, nascosti, i propri vizi che non vede mai e forse non sa d’avere. Riprende il tema di una nota favola di Esopo (Favole 303: Prometeo plasmo` gli uomini, appunto, con indosso questa caratteristica bisaccia), probabilmente per ripresa colta e non per conservazione autonoma di un filone paremiografico antico. 581

577

Birro, potesta` e messo: tre persone e un birro stesso. Dice chiaramente che il birro agisce d’accordo con l’autorita` che se ne serve per loschi raggiri, cosı` come il messo. 578

579 I birri arrestano e il popolo impicca. Un tempo il popolo partecipava istintivamente all’amministrazione della giustizia, forzandone le decisioni con lo schierarsi apertamente contro coloro che spesso venivano accusati e arrestati senza prove decisive e partecipava in massa alle pubbliche esecuzioni.

I birri sono come le latrine: puzzano, ma son necessari. I poliziotti per il mestiere che fanno sono poco gradevoli, ma non e` possibile farne a meno. 580

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

582 La bisaccia del povero non ha fondo. Per quanto gli possa esser dato, il povero non arriva mai ad avere a sufficienza, perche´ manca di tutto.

La bisaccia dei frati ha sempre la bocca spalancata. I frati da cerca (ma si riferisce anche agli altri) sono sempre pronti a ricevere: rimangono con la bisaccia spalancata, non dicono mai basta. 583

BISCHERO Nel vernacolo fiorentino designa l’organo sessuale maschile e per traslato vale: grullo, scemo, con poco cervello. Il termine in questo significato e` usato soprattutto in Toscana, area da cui provengono i proverbi riportati. f Vedi Buono, Coglione, Furbo, Matto, Pazzo, Scemo, Stolto, Tonto. 584 La ragione e` dei bischeri. Si da` subito ragione a coloro con cui si ritiene che sia inutile discutere, in quanto corti di cervello. Anche: spesso si da` ragione a parole per tacitare chi protesta, rimprovera e continuare a fare come si vuole. 585 Meglio puzzar di merda che di bischero. Meglio essere ritenuto da poco, povero, contadino che lavora con il concime, che avere fama di stupido. E` un caposaldo della filosofia popolare (il proverbio vive in forme diverse):

pag 235 - 04/07/2007

BISCIA

172

.

l’idea d’essere considerato minchione e` insopportabile, forse proprio perche´ si diviene facile bersaglio d’ironia. 586 Tra bischeri s’annusano. Come fanno appunto i cani che sentono al fiuto chi va loro a genio e convalidano l’impressione annusandosi bene da tutte le parti. Si dice quando due poco furbi si mettono insieme, vanno subito d’accordo. Vedi anche Ai matti ogni matto par savio [M 1038].

Per i bischeri [coglioni] non c’e` paradiso. Per i minchioni non c’e` possibilita` di essere felici perche´ trovano il modo di star male anche dove non si potrebbe stare che bene. Vedi anche Per i tonti hanno fatto un paradiso di frasche [T 690]. 587

BISCIA Biscia e` nome comune di vari serpenti non velenosi delle nostre latitudini, di terra o d’acqua. Questi rettili, anche di notevoli dimensioni, sono del tutto innocui e venivano usati sui banchi delle fiere e dei mercati venditori ambulanti che spacciavano medicamenti, rimedi, pozioni, specifici con grande abbondanza di chiacchiere (vedi Ciarlatano). Le serpi, che restavano inerti e tranquille, venivano maneggiate destramente dall’imbonitore in modo da attirare la curiosita` della gente; spacciate come pericolosissime, erano presentate come gli animali dai quali si estraevano i veleni per i medicamenti. f Vedi Serpe. 588 La biscia si ribella al ciarlatano. A volte le bisce esibite nelle fiere s’imbizzarrivano, guizzando e contorcendosi, tanto che la gente scappava per la paura e non s’avvicinava piu`: il gioco si era rivolto contro l’ingannatore. In senso generale: l’inganno torna a danno di chi lo ha teso. Oppure: colui che e` sottoposto pretende di comandare; il debole si ribella al forte. 589 La biscia ha morso il ciarlatano. Colui che credeva di gabbare e` stato gabbato, chi pensava di vincere e` stato vinto. Carlo Goldoni (Il negligente, atto III, scena I): ‘‘La biscia ha beccato il ciarlatano’’.

La mula si rivolta al medico. Per analogia. L’ignorante, l’incapace si ribella al maestro, all’esperto. I medici del pas590

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

sato per andare a visitare i malati si servivano di calessi trainati da cavalcature forti e calme, come le mule. BISCOTTO Due ricette di biscotto per due tipi di vita molto diversi. 591 Non ci si mette in mare senza biscotto. Non si va in mare senza provviste. Non si fanno le cose senza l’occorrente necessario: il biscotto, la galletta era un tempo il pane dei marinai. E` un pane cotto a lungo e lentamente in modo da farlo diventare all’interno secco come la crosta, in tal modo e` conservabile a lungo e veniva usato dai marinai, dai soldati in guerra, dai boscaioli, dai carbonai. 592 Di biscottini non si campa. Di piccole cose non ci si puo` contentare: ci vogliono anche le cose importanti; solo di piaceri e di soddisfazioni non si puo` vivere: ci vuole anche qualcosa di concreto; la vita e` fatta anche di doveri e fatiche. Vedi anche Senza nulla non si fa nulla [N 555]; il biscottino e` un piccolo dolce secco che si usa come accompagnamento a una bevanda, te`, vinsanto, rosolio, oppure come piccolo dono a un bambino per quietarlo. In questo senso vale: contentino, piccolo compenso, dono di consolazione, come intende il proverbio.

BISESTILE / BISESTO Bisesto e` forma popolare invece che bisestile, piu` vicina al latino. Per la riforma giuliana del calendario il giorno in piu` dell’anno bisestile veniva intercalato tra il 24 e il 25 febbraio, ossia dopo il sesto giorno precedente le calende di marzo, per cui era detto bis sextus ante Calendas Martias: quindi giorno, mese e anno bisesto. La tradizione vuole che l’anno bisestile non sia anno fortunato per i raccolti e per altri aspetti, o comunque sia anomalo, non segua regole, se non quella di non averne. Tutto quello che non e` regolare, o eccezionale, non e` visto di buon occhio nella tradizione popolare, per esempio la cometa, la pioggia col sole. f Vedi Innesto. Anno bisesto anno senza sesto. Cioe` senza ordine, fuori dalle regole. Sesto o seste e` il nome antico del compasso. 593

pag 236 - 04/07/2007

173

.

Anno bisesto anno funesto e triste quello che gli viene appresso. Sarebbe cattivo anche l’anno seguente a quello bisestile. 594

595

Anno bisesto tutte le cose van di traverso.

Quando l’anno bisesta molto si vede e poco resta. Nella campagna appare in primavera molta vegetazione, ma i raccolti sono scarsi. 596

Anno bisestile chi piange e chi stride. Chi ha disgrazie e chi soffre nelle traversie. 597

Quando l’anno vien bisesto non por bachi e non far nesto. Nell’anno bisestile non allevare bachi da seta e non innestare piante. Nesto e` forma popolare toscana di innesto. I bachi erano facilmente attaccabili da malattie e gli innesti della vite e degli alberi da frutto, per il freddo o altre ragioni, non sempre attecchivano. 598

Anno che bisesta non si sposa e non s’innesta. Sconsiglia anche il matrimonio. 599

600

Anno bisesto, ne´ baco, ne´ moglie, ne´ innesto.

Anno bisesto che passi presto. Prima finisce e meglio e`. 601

Anno bisesto chi se la cava e` lesto. Chi esce senza danni dall’anno bisestile e` persona avveduta e capace, svelta a capire i pericoli e a uscirne. 602

Annata bisesta la racconta chi resta. Racconta come e` andato l’anno solo chi sopravvive. 603

Anno bisesto tutte le donne senza sesto. Anche le donne risentirebbero l’influsso negativo dell’anno bisestile perdendo equilibrio e misura. 604

BISOGNO Il bisogno, la necessita` sprona gli animi e i corpi, invita all’azione e acuisce l’ingegno. ` , Ingegno, Necessita`. f Vedi Amico, Calamita

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BISOGNO

605 Il bisogno stimola l’ingegno. La necessita` di soddisfare i piu` vari bisogni induce a trovare soluzioni, a inventare sistemi, macchine, ecc. Vale per il singolo, che si ingegna a trovare un modo per soddisfare le proprie necessita`, ma anche in generale, come principio che sta addirittura alla base del progresso umano. Vedi anche L’arte fu dono della poverta` [A 1278] ; Paupertas excitat artes [P 2396] ; La necessita` e` madre delle arti [N 183].

Il bisognino [bisogno] fa trottar la vecchia. La necessita` fa fare a tutti cose che non farebbero per nulla al mondo. Gia` il Sacchetti (Trecentonovelle 166): ‘‘Bisogno fa la vecchia trottare’’; oggi ancora usato e noto. Bisognino e` diminutivo ironico per dire che anche un minimo interesse mette in moto l’attivita` del pigro. Con tale termine s’intende anche un bisogno corporale, che si accorda bene col senso del proverbio. Vedi anche Asino punto convien che trotti [A 1405]; La poverta` insegno` tutte le arti [P 2395]; La necessita` insegna l’arte [N 182]; Il bisogno stimola l’ingegno [B 605]. 606

607 La paura fa correr lo zoppo. Per analogia. La paura fa superare anche gli impedimenti naturali.

Quando l’acqua arriva al culo tutti imparano a nuotare. Per analogia. Quando il bisogno diviene impellente, cadono improvvisamente tutte le difficolta`, le fisime, le incapacita` vere o presunte e le ragioni addotte come scuse. Vedi anche Finche´ l’acqua non tocca il culo non s’impara a nuotare [N 587]. 608

609 La puttana fila. Per analogia. Antico. Quando si vede uno arrabattarsi e darsi da fare, contrariamente alle sue abitudini spinto dalla necessita`. La prostituta non si dedica di solito agli umili lavori domestici. 610 In caso di bisogno va bene tutto. Si accetta tutto cio` che puo` essere di aiuto.

In caso di bisogno il lupo caccia mosche. Ci si accontenta di cose anche insignificanti, come il lupo che non trovando altre prede mangia mosche. Il proverbio non e` poi tanto paradossale: gatti, cani e volpi prendono al 611

pag 237 - 04/07/2007

BOCCA

volo insetti, come mosconi, grilli, libellule e li mangiano. Vedi anche Disse la volpe ai figli: quando a tordi e quando a grilli [V 1278]. Chi ha bisogno [abbisogna] non abbia vergogna. Quando stringe il bisogno non si deve aver remore a chiedere aiuto. 612

613

Chi ha bisogno non si vergogni a chiedere.

614 Il bisogno insegna a pregare. Pregare nel senso di chiedere aiuto, invocare.

Quando il bisogno batte all’uscio l’onesta` si butta dalla finestra. La necessita` puo` anche indurre alla disonesta`, attenuando regole e vincoli morali. Vedi anche Quando la poverta` batte all’uscio, l’onesta` comincia a far fagotto [P 2414]. 615

616

Il bisogno fa il ladro.

Nel momento del bisogno tanti consigli e pochi aiuti. Si trovano mille consiglieri, ma pochi disposti a dare un aiuto concreto. 617

618 Il bisogno insegna. E` un continuo stimolo a cercare una via per uscire dai suoi condizionamenti, per cui attiva le risorse mentali, le ricerche di ogni genere insegnando quello che prima non era conosciuto. 619

Il bisogno fa l’uomo ingegnoso.

620

Il bisogno aguzza [stimola] l’ingegno.

La necessita` aguzza l’ingegno. Per analogia. 621

622 Il bisogno fa far gran cose. Il bisogno spinge a imprese di grande rilievo anche coloro che non avevano intenzione di cimentarvisi.

Il bisogno fa prod’uomo. Rende prode e valoroso anche l’uomo normale. 623

624

Il bisogno da` coraggio.

625

Il bisogno fa buon fante.

Il bisogno caccia di casa. Spinge fuori di casa anche coloro che sono inclini a chiudervisi dentro e a restarvi per indolenza, pigrizia, paura. 626

627

174

.

La roba e` fatta per i bisogni.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Le ricchezze, i capitali, i beni si accumulano per essere usati nel momento del bisogno. Consiglio a non lesinare quando se ne presenta la necessita`. 628 Il bisogno rompe le leggi e le usanze. Leggi, usi e consuetudini, anche antichi, non sopravvivono sotto l’incalzare della necessita`. 629 Necessita` fa legge e tribunale. Per analogia. La necessita`, quando s’impone, e` l’unico criterio di diritto e l’unico giudice.

Tutti hanno bisogno di non aver bisogno. Il proverbio, con la ripetizione della parola, e` ironico e pare alludere al fatto che l’uomo esagera creandosi un nuovo bisogno per paura del bisogno. 630

631 Chi ha piu ` bisogno primo s’arrenda. Il bisogno determina la capacita` di resistenza di un individuo, un esercito, un popolo; quindi spesso non e` il piu` debole a doversi arrendere, a rinunciare ma quello che e` costretto da maggiore necessita`.

Quando i bisogni bisogneranno i pensieri arriveranno. Quando verra` il momento del bisogno, urgera` la necessita`, allora provvederemo, penseremo alla soluzione. E` inutile preoccuparsi prima del tempo. Vedi anche E` inutile fasciarsi il capo prima d’esserselo rotto [F 36]. 632

BOCCA Dalla poesia del bacio i proverbi passano alla prosaicita` del mangiare con le inevitabili riflessioni, poi ai consigli sull’autocontrollo nel parlare e infine alle metafore. f Vedi Baciare, Bacio, Cuore, Gola, Naso, Pranzo, Silenzio. Bocca baciata non perde ventura (anzi rinnova come fa la luna). La donna che ha avuto un amore o una passione non per questo perde la possibilita` d’amare ancora e d’essere felice. Il proverbio puo` riferirsi a situazioni piu` o meno compromettenti. Citato con esagerazione ironica si trova nel Decamerone (2.7): ‘‘Di cio` fece il re del Garbo gran festa, e mandato onorevolmente per lei, lietamente la ricevette; et essa, che con otto uomini forse diecimila volte giaciuta era, allato di lui si corico` per pulcella, e feceglile credere che cosı` fosse, e reina con lui lieta633

pag 238 - 04/07/2007

175

.

mente poi piu` tempo visse. E percio` si disse: Bocca basciata non perde ventura, anzi rinnuova come fa la luna’’. Nel I atto del Falstaff di Verdi, Fenton e Nannetta cantano questo proverbio in un celebre duetto. Ventura: buona sorte. 634 Bocca baciata diventa piu ` bella. Nel senso forse che diviene meno timorosa, piu` arrendevole alla passione o perche´ ha soddisfatto un sogno d’amore.

Chi due bocche bacia una convien che gli puta. Antico e dotto. Chi bacia due bocche alla fine una gli sara` di troppo. Putere e` antico per ‘‘puzzare’’, e puzza si usa per indicare che una cosa viene a noia, non piace. Piu` generalmente: chi ha due attivita` ne trascura una, chi ha due compagnie ne preferisce una, ecc.

il vizio della gola. Vedi anche La gola ha il buco stretto, ma mangia la casa e il tetto [G 926]. Nel collo c’e` un vicolo stretto, ma ci passano navi e bastimenti. Per analogia. 642

La bocca e` piccolina, ma se non la chiudi ti manda in rovina. Per analogia; ma si puo` anche intendere che parlando si possono combinare danni. 643

635

Finche´ la bocca prende e il culo rende si va in tasca alle medicine e chi le vende. Chi mangia, beve e smaltisce regolarmente puo` fare a meno di medicine e farmacisti. Regola non proprio della Scuola salernitana, ma nel complesso attendibile, dato che l’apparato digerente e` di solito il primo a risentire di uno stato patologico dell’organismo. Vedi anche Culo che canta dottore che piange [C 2646]; Chi dorme, piscia, caca e fa scoregge non cerca ne´ dottore ne´ ricette [D 1114]. 636

Chi mangia, beve, dorme e caca bene sta meglio dell’Abate Arrivabene. Arrivabene e` un nome di fantasia che allude a una persona fortunata e felice. Gli abati sono stati proverbiali per condurre vita agiata, comoda e senza pensieri. Vedi anche Mangia bene e caca forte e non aver paura della morte [M 569]. 637

Chi mangia, beve, dorme e caca sta dieci volte meglio del papa. Per analogia. 638

639 La bocca e` il medico della pancia. Il benessere dell’apparato digerente dipende dall’alimentazione. 640

La bocca e` la guardiana delle budella.

Le bocche sono anelli da dove passano campi, palazzi e castelli. Le bocche sono piccole aperture che inghiottono, se non si controllano, enormi sostanze, patrimoni e ricchezze. Ammonimento contro 641

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BOCCA

644

Per una bocca passa una casa col tetto.

Per le bocche si scaldano i forni. Il corpo prende energia e forza dal mangiare. Anche i forni venivano alimentati attraverso l’apertura detta bocca. 645

646 Ogni bocca e` un forno. Vuole essere alimentata. 647 Chi ha la bocca vuol mangiare. Tutti quanti, grandi e piccoli, saggi o ignoranti, dal momento che vivono, hanno bisogno di alimentarsi. Argomento contro chi disprezza il cibo o dice che e` una cosa secondaria. 648 Bocca mia, quel che vuoi tu. Frase che si usa per esprimere la possibilita` di scelta davanti a una grande abbondanza di cose, ma soprattutto di cibi e di leccornie, di fronte a una tavola riccamente imbandita. In genere: programma di una vita di agi, piaceri e lussi. Per esempio: Divennero ricchi e allora... bocca mia quel che vuoi tu! 649 La bocca porta le gambe. Non sono le gambe che portano la bocca, ma il contrario: senza l’alimentazione le gambe sono deboli e non camminano. 650 Sacco vuoto, gambe stanche. Per analogia. Il sacco e` lo stomaco. Vedi anche Lo stomaco pieno raddrizza la testa [S 2093]. 651 A bocca malata tutto pare amaro. A chi e` malato pare tutto poco gradevole, amaro o disgustoso.

Bocca mangia, braccio suda e cervello studia. La bocca pensa all’alimentazione, le braccia al lavoro materiale e il cervello alla conoscenza e all’apprendimento. Ogni cosa ha un 652

pag 239 - 04/07/2007

BOCCA

176

.

suo ruolo e scopo: in generale, pero`, il proverbio non si usa in riferimento alle categorie sociali. 653 Il cervello studia e la bocca mangia. Chi sa provvede anche a chi non sa. Nella vita coloro che sono inetti si giovano di chi ha capacita` e conoscenze.

Cortesia di bocca assai giova e poco costa. La gentilezza delle parole, la cortesia nei modi e nelle risposte non costa niente e aiuta nei rapporti col prossimo, rendendo altrettanto cortesi coloro che ne sono oggetto. 654

Bonta` di vita e onesta` di bocca assai vale e poco costa. Rispetto alla forma precedente vi e` aggiunta la rettitudine della vita, nel senso di osservare le norme comuni di buon comportamento. 655

Chi custodisce la propria bocca custodisce la propria anima. Dalla Bibbia (Proverbi 13.3): Qui custodit os suum, custodit animam suam. Il controllo delle parole permette di conservare integra la propria realta` interiore, i pensieri, i sentimenti che, espressi non correttamente, possono essere oggetto di deformazioni, strumentalizzazione, riso, ecc. 656

I saggi chiudono la bocca nel cuore e gli stolti aprono il cuore sulla bocca. Anche questo dalla Bibbia (Ecclesiastico 21.26): ‘‘Sulla bocca degli stolti e` il loro cuore, i saggi invece hanno la bocca nel cuore’’. Il saggio misura le parole e di quello che sa e che prova dice solo il necessario; lo stolto dice anche quello che non sa e tutto cio` che sente nell’animo, procurandosi spesso dei guai. 657

658 La bocca si lega solo ai sacchi. Non si puo` impedire alle persone di riferire quello che sanno, parlare, giudicare. Si chiama bocca l’apertura del sacco, sulla quale era cucita una cordicella che serviva per legarla. 659 Largo di bocca, stretto di mano. Chi parla, promette, spende facilmente le parole, all’atto pratico si mostra avaro e poco propenso a mantenere quello che ha promesso, o a fare quello che ha detto. 660 Largo a prometter ed ad attender corto. Per analogia. Corto significa ‘‘poco disposto, di scarsa disponibilita`’’.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Bocca chiusa e orecchi aperti. Comportamento saggio, specialmente quando si tratta con persone sconosciute, e` parlare meno possibile e guardare tutto. Vedi anche In bocca chiusa non entran mosche [S 1341]. 661

662 Larghe orecchie e corta lingua. Per analogia. Bisogna parlare poco e ascoltare molto.

Bocca chiusa e lettera sigillata non tradiscono segreti. La bocca che non parla e il documento tenuto e conservato in luogo irraggiungibile sono la garanzia del mantenimento di un segreto. 663

Non metter bocca dove non ti tocca. Nelle cose che non ti riguardano non intrometterti neppure a parole: non ne caverai altro che fastidi. Vedi anche Chi ficca il naso nella pentola altrui spesso lo leva scottato [N 77]. 664

Chi vuol tappare la bocca a tutti deve impastare parecchie cialde. Per far tacere chi ha intenzione di parlare bisogna offrire molti vantaggi. La bocca si tappa con allettamenti, doni, promesse, vale a dire cose dolci (cialde) che invoglino piu` a mangiare che a parlare. 665

Una bocca sporca cerca di sporcarne un’altra. La maldicenza e` contagiosa. 666

Dalla stessa bocca si soffia caldo e freddo. L’uomo e` infido: con la stessa facilita` con cui dice una cosa, puo` dire il suo contrario, se quello e` il suo interesse. Il significato si chiarisce tenendo conto della favola di Esopo L’uomo e il satiro (Favole 60), alla quale il detto puo` fare riferimento. Un satiro, divenuto amico di un uomo, lo vide prima scaldarsi le mani col fiato della bocca, quindi freddare il cibo caldo con lo stesso mezzo. Compreso che l’uomo poteva far uscire dalla bocca cose contrastanti, l’abbandono` come essere ambiguo. 667

668 Tutte le bocche sono sorelle. Siamo tutti uguali: i desideri e le aspirazioni primarie degli uomini sono molto simili. Si usa dire anche quando si beve al bicchiere di un’altra persona per significare che non ha senso un riguardo eccessivo, una precauzione esagerata.

pag 240 - 04/07/2007

177 669

.

Le bocche non son brutte e (tutte) belle, ma son tutte sorelle.

670 Tutti hanno la bocca per traverso. Con l’apertura trasversale sulla faccia. Aver qualcosa di traverso significa ‘‘avere qualcosa che non va bene, essere di cattivo umore’’. Il detto gioca su tale significato per dire che nessuno ha la perfezione assoluta.

Bocca Unta [Boccaunta] non disse mai male di nessuno. Toscano. L’uomo in genere e` ben disposto verso chi gli procura un vantaggio. La bocca unta e` quella di chi ha ricevuto, come si dice, l’untatina, di chi ha mangiato, e` sazio. E` nato cosı` questo immaginario personaggio che, satollo e contento, dice bene di tutti e approva quello su cui altri trovano da ridire. Si dice scherzosamente anche ai bambini che, mangiando, si ungono o si sbrodolano la faccia. Ancora assai vivo nel Senese. 671

672 Bocca Unta non sa dire di no. Perche´ e` spinta dalla mancia. 673 Mal si zufola con la bocca piena. Non e` semplice dir male quando siamo gratificati.

Tra bocca e boccone accadono mille cose. Gli imprevisti possono capitare anche all’ultimo istante: la via tra il piatto e la bocca sembra corta ma puo` essere piena di mille sorprese. Traduzione di un proverbio latino attestato in un frammento di Catone (67.3-6 Jordan) citato da Aulo Gellio (Notti attiche 13.18.1): Inter os et offam multa intervenire posse ‘‘Fra bocca e boccone possono accadere molte cose’’. Gellio chiarisce che si tratta di ripresa da un proverbio greco: ‘‘Molte cose capitano fra il calice e la sommita` delle labbra’’, attestato in tutti i paremiografi greci e noto gia` ad Aristotele, il quale riporta un aneddoto che ne sarebbe stato all’origine (fr. 571 Rose). Vedi anche Nessuno potra` sapere quel che avverra` tra la bocca e il bicchiere [S 378]. Circolo` nel Medioevo anche una traduzione del proverbio greco, tuttora nota: 674

675 Inter calicem et os multa cadunt. ‘‘Tra il calice e la bocca avvengono molte cose’’. 676

Dalla mano alla bocca si perde la zuppa.

677

Dalla mano alla bocca si perde il boccone.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BOCCALE

Vedi anche Non dire quattro se non l’hai nel sacco [Q 136]. 678

Dal piatto [Dalla mano] alla bocca si perde (la fame e) la zuppa.

La bocca dice agli orecchi che il mento tocca il naso. Si dice d’una persona bruttissima nella cui faccia la bocca e` grande, il naso a becco e il mento pronunciato. 679

BOCCALE Grosso bicchiere col manico in terracotta, ma anche la brocca, con manico e beccuccio, per mescere liquidi, in questo caso vino. Sempre usato per metonimia. f Vedi Coccio. Il primo boccale ti toglie la sete il secondo ti da` forza il terzo e` per tuo piacere il quarto e` per la tua vergogna e il quinto e` per la tua pazzia. La pericolosa escalation del bere. Vedi Un bicchiere, l’uomo beve vino. Due bicchieri, il vino beve il vino. Tre bicchieri, il vino beve l’uomo [B 539], e anche gli altri seguenti a questo [B 540-542]. 680

I boccali diventan cocci e i cocci boccali. Secondo le situazioni un oggetto bello si rovina e un oggetto rovinato diventa utile se non c’e` di meglio. Figurato: le persone, secondo la fortuna, scendono e salgono nella scala sociale, senza che vi sia un criterio di valore o una logica. 681

Fatto bene, o fatto male, dopo il contratto si beve un boccale. E` uso antichissimo bere sopra il contratto stipulato. Il brindisi ha ancora funzioni scaramantiche e suggella il rapporto stabilito, dopo il quale non vi sono tra i contraenti risentimenti o pentimenti. 682

Chi beve al boccale beve quanto gli pare. Il significato letterale e` scontato; il detto si riferisce specificamente al gioco della passatella, in cui la regola vuole che colui che beve al boccale puo` bere fin che puo`, pero` senza riprendere fiato. La passatella e` un vecchio gioco d’osteria praticato soprattutto nell’area centro-meridionale a cominciare da Roma. I modi di giocarla sono diversi perche´ le regole sono infinite e, per la natura del gioco, con683

pag 241 - 04/07/2007

BOCCONE

venzionali piu` che logiche, e cosı` la terminologia varia da luogo a luogo. La passatella e` gioco a se´ stante, ma spesso viene abbinato ad altri giochi, quando alcuni, vinta una certa quantita` di vino, ad esempio a carte, non potendo bersela da soli, decidono di dividerla appunto con la passatella; allo stesso modo possono essere divisi altre bevande o cibi, come un dolce, ma l’elemento vero del gioco resta il vino. Il divertimento consiste nel permettere o negare, durante il giro, a determinate persone il permesso di bere il vino comune, facendo andare in bestia che viene preso di mira. I Regnanti, il Padrone e il Sotto sono coloro che comandano le bevute nel gioco. Olmo e` colui che intenzionalmente e con una certa malignita` non viene fatto mai bere, anzi resta deriso con battute maligne. Le bevute concesse, o avute di diritto, possono essere misurate (uno, due bicchieri), o non misurate, nel qual caso uno puo` bere dal caraffone (boccale) anche tutto il vino, ovvero quanto riesce a berne in una tirata (senza riprendere fiato), cioe` beve quanto gli pare. Chi beve all’orciolo beve quanto vuole. L’orciolo e` come il boccale. 684

BOCCONE Come dice il dizionario e` la quantita` di cibo che si puo` addentare o masticare in una volta e quindi deve essere proporzionato alle proprie capacita`. E boccone qui e` il boccone ghiotto, la leccornia, la cosa che piace a tutti e da tutti contesa. In ultimo alcune lezioni di galateo. f Vedi Bocca, Cappone. Per i buoni bocconi si fanno le questioni. Le liti nascono per tutto quello che scatena desideri, voglie, cupidigie: eredita` , belle donne, posti ambiti, onori. 685

686 I buoni bocconi piacciono a tutti. Non solo nel mangiare, ma in tutti i campi. Vedi anche Il buono piace a tutti [B 1056]. 687

178

.

I buoni bocconi piacciono anche ai coglioni.

Il miglior boccone e` quello che si lascia nel piatto. E` quello dal quale ci si astiene senza cedere all’ingordigia. Ma puo` indicare anche qualcosa che si e` dovuto lasciare con un certo rimpianto. Vedi anche per altro senso Non ce 688

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

n’e` abbastanza se non n’avanza [A 21]; Anche se non ne avanza lascia il boccone della creanza [C 2399]. E quindi Il miglior boccone tocca al cuoco [C 2696]; Il boccone migliore e` quello del prete [P 2610]; Sette son le cose buone: pane, zucchero, limone... [S 1197]; Sette son buoni bocconi: carne, pesce e maccheroni... [S 1198]; Ala di cappone, schiena di castrone, sono un gran boccone [C 643]. 689 Il miglior boccone si lascia ultimo. La cosa migliore si gusta per ultima, per chiudere in bellezza.

I bocconi troppo grossi non si possono inghiottire. Cio` che e` al di sopra delle possibilita` di cui si dispone risulta nocivo. Bisogna misurare tutto alle forze disponibili. 690

Quello che affoga non e` un buon boccone. Anche se ghiotto, abbondante, quando il boccone soffoca e` da evitare. Qualsiasi cosa che ti rovina anche se ha l’aspetto della fortuna e` una disgrazia. 691

Bisogna aprire la bocca secondo i bocconi. Bisogna adeguarsi a quanto ti viene offerto. Bisogna misurare le possibilita` ai desideri. Vedi anche Bisogna fare il passo secondo la gamba [P 685]. 692

Boccone rinfacciato non affogo` mai nessuno. Un beneficio fatto pesare non impegna alla riconoscenza, quindi non ti vincola. Affogare nel significato di ‘‘restare soffocati da un boccone andato di traverso’’. 693

Quando il boccone e` caro anche il dolce pare amaro. Qualsiasi cosa ottenuta a un prezzo maggiore del dovuto, con un sacrificio gravoso, conserva un fondo d’amarezza. 694

Alle giovani i buoni bocconi, alle vecchie gli stranguglioni. Nell’amore alle giovani vanno i piaceri legati all’eta`, il fidanzamento, il matrimonio, mentre alle vecchie toccano i singhiozzi dei rimpianti. La perfidia del proverbio sta nella parola stranguglione che indica propriamente il singhiozzo derivato da pesantezza allo stomaco per aver mangiato troppo, quando invece le vecchie sono a digiuno: quindi e` come 695

pag 242 - 04/07/2007

179 se si prendessero, oltre al danno, le beffe. Vedi anche L’amore e` delle giovani e le chiacchiere delle vecchie [A 818]. 696 Non si parla col boccone in bocca. Norma elementare del galateo.

Non si beve col boccone in bocca. Variazione del precedente: e` gesto veramente da osteria ingerire del vino mentre si sta ancora masticando qualcosa. 697

Uno da cento bocconi o cento da un boccone. Si dice quando si deve scegliere il pesce da cucinare: o si sceglie un bel pesce da fare lesso, in umido o arrosto, oppure una frittura di pesciolini minuti. Per fare bella figura bisogna evitare i mezzi tagli e le mezze misure. In generale: o molte cose piccole o una sola grande. 698

BOIA E` qui considerato un serio e competente professionista. f Vedi Mestiere. 699 Chi ha da farsi impiccare e` meglio che vada dal boia. Chi ha da fare una cosa dolorosa, ingrata, difficile e` meglio che si rivolga a un esperto che, se non altro, lo fa soffrire meno. Si dice a persone che credono di evitare spese, sofferenze, rivolgendosi a mestieranti e ciarlatani. Se hai da annegarti cerca il mare profondo. Per analogia. 700

Nell’acqua alta s’affoga meglio. Per analogia. 701

702 Anche il boia e` un maestro. Anche nei mestieri meno apprezzati c’e` una maestria, una regola da imparare, rispettare. Nell’ordinamento medievale delle arti e dei mestieri il boia compariva come maestro. 703 Il boia e` il miglior barbiere. Ironico: esegue una rasatura radicale.

Per avere un gran coltello non si e` boia. Per il fatto che si possieda un oggetto non e` detto che se ne faccia uso; per il fatto che si usi un oggetto non e` detto che se ne faccia un cattivo uso. Pare sia motivato da un aneddoto: un avvocato, per difendere un cliente dall’accusa d’essere un assassino basata sul fatto che possedeva un coltello, disse che lui stesso 704

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

BOLOGNA

usciva ogni mattina di casa con tutto il necessario per commettere uno stupro, ma cio` non comportava che lo facesse. Talvolta anche: per il fatto di possedere gli arnesi non si conosce un’arte. 705

Non e` boia chi ha gran coltello.

706

Ognun che ha gran coltello non e` boia.

BOLOGNA 707 Bologna la grassa. Bologna e` conosciuta come la grassa per le sue rinomate specialita` gastronomiche. La cucina bolognese e` appunto grassa, abbondante e presenta piatti a base di carne di porco, salumi, sughi.

Bologna la grassa, ma Padova la passa. Padova sarebbe superiore anche a Bologna per ricchezza e abbondanza della tavola. 708

Bologna e` la grassa per chi ci sta, ma non per chi ci passa. Qui grassa nel senso di ‘‘ricca, generosa, abbondante, dalle molte possibilita` economiche’’, cose che sono precluse a chi non e` della citta`. 709

710 Bologna (la) dotta. La citta` e` detta la dotta per la sua celebre universita` fondata nel sec. XI, primo studio dell’Europa medievale, dove accorrevano migliaia di studenti d’ogni paese. 711 Bononia docet. ‘‘Bologna insegna’’. Equivale a dire: Bologna la dotta. E` il motto della citta` e compare sul bolognino d’oro coniato nel 1380 e quindi sul mezzo bolognino di rame del 1612.

I primi tempi che si sta a Bologna o la febbre, o la rogna. Il clima e l’aria di Bologna richiederebbero una certa ambientazione per chi vi si trasferisce. 712

La luna di Bologna sta cent’anni e poi ritorna. Si dice di una persona che riappare dopo una lunga assenza, sottintende una lieve ironia o un rimprovero. Si trova gia` nel Monosini (Italicae linguae libri novem, Apud Io. Guerilium, Venezia 1604), ma non se ne conosce l’origine. Vedi anche In cent’anni e cento mesi torna l’acqua ai suoi paesi [A 143]. 713

pag 243 - 04/07/2007

BOLOGNESE

180

.

L’oro di Bologna arrossı` dalla vergogna. Si dice oro di Bologna l’oro falso, o meglio: il metallo che pretende d’essere oro e, perdendo col tempo la doratura, mostra il colore rossiccio del rame. Si chiama anche: oro di Piombino, di Ferrara, oro che fugge (equivocando sulla frase d’uso: oro che rifulge). Vedi anche Oro che fugge [O 514]. 714

BOLOGNESE Per conoscere un bolognese ci vuole un anno e un mese. I bolognesi, dal carattere gioviale ed estroverso, sembrano persone aperte e semplici, invece hanno una complessita` di carattere che solo attraverso una lunga consuetudine si puo` arrivare a conoscere. 715

Par cogno´sser un bulugne`is ai vo´l un an e un me`is e po quand t’l’he` cgnuso´ t’an al cgno´ss brisa cum at cgno´ss lo. Cosı` i bolognesi di se stessi: ‘‘Per conoscere un bolognese ci vuole un anno e un mese, quando poi l’hai conosciuto non conosci lui quanto lui conosce te’’. Tu credi di studiare un bolognese e lui studia te meglio di quanto fai tu. Il proverbio e` ripetuto a proposito di abitanti di varie citta`. 716

Per conoscere un novarese ci vogliono sette anni e un mese, quando poi l’hai conosciuto rimpiangi il giorno che l’hai veduto. Per analogia; come detto sopra, questo proverbio viene adattato di volta in volta per gli abitanti di varie citta`. 717

BONACCIA Assoluta calma di mare, senza onde e senza vento, aria immota. f Vedi Alcione. Gran bonaccia tempesta minaccia. La bonaccia preannuncia un improvviso mutamento nel tempo. Molto usato in senso metaforico, dinanzi a situazioni di calma sospetta. 718

BONIFAZIO f Vedi Cazzo, Pancrazio.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

` BONTA f Vedi Bellezza. 719 Bonta` passa belta`. La bonta` e` superiore alla bellezza. Il proverbio riguarda specificamente le doti della futura sposa. Vedi anche Bellezza senza bonta` e` come vino svanito [B 268].

Contro bonta` e` ardita ogni vilta`. Ardita qui e` nel significato di ‘‘insolente, sfacciata’’. La bonta` di per se´ ottiene come risposta comportamenti nobili, non vili. 720

721 Una bonta` ricerca l’altra. Le persone buone si trovano bene insieme. Anche: un piacere, una gentilezza, un gesto amichevole chiamano una risposta dello stesso genere. 722 La bonta` va per via con poverta`. L’uomo buono non e` gretto, avido, rapace e quindi non approfitta delle situazioni, dei mali altrui per arricchirsi. Quindi e` piu` facile trovare la bonta` tra i poveri che tra i ricchi.

BORA La bora e` un vento secco e freddo che soffia con gran violenza per molti giorni. Scende dalle gole delle Alpi verso il mare, con raffiche di 50-60 m al secondo, ma nelle tempeste raggiunge velocita` anche piu` alte. L’Istria e Trieste sono le zone dove si fa piu` sentire e va poi decrescendo lungo la Dalmazia e l’Albania. Quando la bora se move o uno o tre o cinque o nove. Veneto. ‘‘Quando la bora si muove o uno, o tre, o cinque o nove’’. Indica per quanti giorni puo` durare il vento. Si riportano questi proverbi in forma dialettale, perche´ primaria, ma sono noti anche in varianti italiane regionali. 723

Bora tre dı` dura; se la va de troto la dura piu` de oto. Veneto. ‘‘La bora dura tre giorni, se va di trotto (se e` forte), dura piu` di otto’’. 724

725 La bora come la trova la lassa. Veneto. ‘‘La bora come trova lascia’’. E` un vento che non porta cambiamenti climatici. 726

Bora scura poco dura.

pag 244 - 04/07/2007

181

.

Trieste. La bora con il cielo nuvoloso dura poco. Sereno di bora dura un’ora. Il cielo sereno portato dalla bora dura pochissimo. 727

Quando soffia la bora puo` piovere ogni ora. Quanto tira il vento di bora puo` piovere in ogni momento. 728

BORDELLO Il bordello e` la casa di malaffare dove si esercita la prostituzione. Il termine, usato anche da Dante, indicava il luogo piu` sordido di questo genere, covo di corruzione e di malcostume. Chi ha un piede in bordello ha l’altro in ospedale. Chi frequenta le prostitute finisce per ammalarsi sia per gli stravizi, sia per le malattie infettive che puo` contrarre. 729

Tutti i predicatori si ritrovano al bordello. Coloro che predicano spesso nella vita si comportano peggio degli altri. I censori, i moralisti si ritrovano tutti a peccare nello stesso luogo e nello stesso modo e piu` vergognosamente di coloro che hanno stigmatizzato. 730

Da donna di bordello, da beccata di corvo e da gioco con tre dadi, Dio ci tenga liberati. Toscano. Dio ci salvi dalla prostituta perche´ non ha nessuna remora morale, dalle beccate dei corvi che mirano agli occhi e dal gioco con tre dadi (invece che due) che e` quello preferito dai bari. 731

Bordello e processo, taverna e orinale mandan l’uomo all’ospedale. Bazzicare i postriboli degenera moralmente e fisicamente l’uomo; avere cause in tribunale lo rovina economicamente e lo logora; frequentare taverna lo induce agli stravizi; le malattie alle vie urinarie generano disturbi molto gravi. 732

733

Lingua bordella per sette favella.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BORSA

Gli ignoranti, gli imbroglioni, i maldicenti parlano e sparlano piu` degli altri. Bordella (= da bordello) e` un aggettivo coniato per esigenze di rima. BORSA Quando il denaro era costituito da sole monete di metallo, si portavano in una borsa comunemente legata alla cintola. La borsa e` divenuta cosı` sinonimo di denaro. Prima di contentar la pancia bisogna consultar la borsa. Prima di soddisfare i propri desideri bisogna verificare le nostre disponibilita` di mezzi e capacita`. Vedi anche Bisogna fare il passo secondo la gamba [P 685]. 734

735 La borsa vuota non compra. La borsa senza denaro non provvede a nulla, e` inutile. Il proverbio e` meno banale di quanto sembra: si riferisce a chi aveva e non ha piu`, mantenendo l’apparato esterno della ricchezza, come una bella borsa vuota pendente sul fianco. Vedi anche Acqua passata non macina piu` [A 140]. 736 La borsa va cercata dove si e` perduta. Le cose vanno ricercate negli ambienti che ce le hanno fatte perdere: se hai perduto il tuo denaro col commercio, rifallo commerciando.

Le donne e gli amici corrono dietro alle borse piene. Le donne e gli amici si trovano in gran numero quando si hanno molte disponibilita` finanziarie. Vedi anche Finche´ la botte e` piena l’amicizia canta [A 622]; In tempi felici non mancano amici [A 669]. 737

738 Presto al cappello e tardi alla borsa. Si puo` largheggiare in gentilezze, ma bisogna essere attenti al portafoglio. Nel trattare con il prossimo sii gentile, rispettoso con gesti e saluti, ma vai piano con i prestiti, i regali, gli impegni e gli aiuti finanziari. In senso malevolo si dice invece anche di chi aiuta a parole e incoraggiamenti ma ai fatti si tira indietro. 739

Mano lesta al cappello e lenta alla borsa.

Borsa vuota: strade sicure e porte chiuse. Chi viaggia senza quattrini trova strade sicure da ladri, imbroglioni e malviventi ma al tempo stesso porte di case, locande e alberghi, tutte sprangate. 740

741

Borsa vuota, cattivo passaporto.

pag 245 - 04/07/2007

BOSCO

182

.

E` dovunque una cattiva presentazione, non si entra in molti posti. 742 Borsa piena apre le prigioni. Il potere del denaro assicura l’impunita`. Vedi anche I quattrini e l’amicizia rompon le braccia alla giustizia [Q 102]; Coi quattrini si fan ballare i burattini [Q 70]; Chi ha piena la borsa fa ballar l’orso e l’orsa [Q 71].

Chi mostra la borsa non vuol restarne padrone. E` un invito per i ladri a impadronirsene. La migliore difesa delle proprie cose e` quella di non far sapere a nessuno che le abbiamo. Vedi anche Chi mostra i quattrini mostra il giudizio [Q 127]. 743

744 La borsa vuota fa il cuore vergognoso. La coscienza di essere nel bisogno cancella la baldanza, la sicurezza, l’ardimento. 745 La borsa vuota pesa piu ` di quella piena. Perche´ carica di preoccupazioni, pene, affanni. Vedi anche Carniere. 746 Borsa piena fa cuor leggero. Rende sicuri di se´, appiana gli ostacoli, da` fiducia e speranza. 747 Borsa grossa pensieri piccoli. Piu` denaro hai meno ti preoccupi per il futuro.

Finche´ la borsa suona la casa balla. Finche´ i quattrini fanno musica, tintinnano nella borsa, la famiglia festeggia. 748

749 Finche´ la borsa canta fuma il camino. Si fa fuoco e si cucina.

Non c’e` miglior amico che la propria borsa. Ironico. Il denaro e` quello che soccorre sempre in ogni bisogno, aiuta, agevola, risolve come un grande amico. Cecco Angiolieri pensava nella stessa maniera, vedi I migliori amici sono quelli che si portano in tasca [A 721]. 750

Meglio soli con una borsa piena che in tanti senza un quattrino. Ci si destreggia meglio da soli avendo soldi che in tanti senza soldi. In un’impresa e` meglio esser soli con i mezzi che in tanti senza disponibilita`. 751

BOSCO Abitato da lupi e briganti ma risorsa preziosa di legna per il fuoco, il bosco va rispettato,

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

tagliato secondo precise regole: eliminare i cespugli, i ributti inutili, i rovi, ma lasciare intatte le piante destinate a diventare alberi grandi. f Vedi Fungo, Lupo. 752 In bosco tagliato non si trovano lupi. Il bosco tagliato non ha piu` macchie intricate e oscure, dove lupi, briganti e malviventi possano trovare rifugio. Il bosco quando viene tagliato e` libero da sterpi e arbusti, restandovi solo le giovani piante. 753 Dove ci son boschi ci son lupi. Come nei boschi si trovano lupi, cosı` ciascun luogo ha gli abitanti che gli sono congeniali. Vedi anche Chi per i boschi gira, piu` lupi trova [L 1126]. 754 Un albero non fa bosco. Non e` sufficiente un solo elemento a costituire un insieme. Vedi anche Una rondine non fa primavera [R 900]. Ma il proverbio ha un altro significato pratico: allorche´ si vuol rimboschire una zona brulla, senza vegetazione, bisogna piantare parecchi alberi, in modo che in breve tempo si moltiplichino, attraverso semi o propaggini, e le foglie cadute vadano a formare l’humus propizio alla vegetazione, e facciano bosco. 755 Prendi prendi rovina il bosco. Facendo legna di continuo e indiscriminatamente nel bosco si finisce col distruggere le piante che vengono tagliate male, senza criterio. Quello che e` a disposizione di tutti, che non costa niente spesso viene usato sconsideratamente. Anche: permettendo agli altri di fare quello che vogliono delle nostre cose si finisce per farle rovinare.

Nel bosco si carica e per strada si scarica. Quando si prende e` facile eccedere e fare un fardello troppo pesante, e cosı` durante il trasporto si finira` con l’alleggerirlo. Proverbio di coloro che andavano a far legna, ma usato anche in senso figurato, per esempio e` facile caricarsi di impegni che non si possono mantenere. Vedi anche Chi ha gli occhi piu` grandi della gola... [G 936]. 756

Nel bosco metti, metti e per la strada accidenti maledetti. Accidenti maledetti sono le imprecazioni per il peso e la fatica. 757

758

Il bosco dice ‘‘Carica’’ e la strada dice ‘‘Scarica’’.

pag 246 - 04/07/2007

183 759 Chi carica poco consuma il bosco. Prendendo piu` volte una piccola quantita` si porta a casa piu` legna che con un grosso carico. Per portare a compimento un grosso lavoro e` necessario scaglionarlo nel tempo.

Carico piccolo spoglia il bosco, rompe le ossa il carico grosso. Come il precedente, ma con disposizione chiastica degli elementi. Non solo il grosso carico non e` piu` fruttuoso di tanti piccoli, ma logora per lo sforzo eccessivo. 760

Ci son occhi nel bosco e orecchie nelle fronde. Nei boschi non si deve mai pensare di essere soli anche quando non si vede nessuno: nascosto tra le fronde puo` esserci qualcuno che guarda e ascolta. E` un invito a essere guardinghi anche nelle circostanze che ci sembrano piu` sicure. Vedi anche I muri hanno occhi e le siepi orecchi [M 2251]. 761

Meglio essere uccel di bosco che di gabbia. Meglio essere nella condizione di provvedere a se stessi, anche in modo precario, ma liberi, che avere tutto, vivere bene, ma dover servire, perdendo la liberta`. Tema caro alla favolistica, vedi, per esempio, Esopo Il lupo e il cane (Favole 226), ampliata da Fedro (Favole 50): un lupo vide un cane che mangiava bene, ma aveva un collare e una catena, e rinuncio` volentieri al benessere in cambio della liberta`. 762

BOTTA Colpo, percossa. Botte date botte dimenticate; botte prese botte rese. I colpi ricevuti, fisici o morali, si ricordano sempre e bruciano finche´ non sono stati restituiti; quelli dati invece si dimenticano facilmente. 763

Le parole volano e le botte rimangono dove cascano. Nelle contese e` bene ricordare che corrono parole ma possono essere dimenticate e perdonate; le percosse invece rimangono impresse in che le ha ricevute. 764

765 Le botte son di chi le piglia. Chi riceve delle percosse ha la garanzia che resteranno sue per sempre.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

766

BOTTA / BOTTO

Chi le ha prese se le tiene.

Chi le piglia son sue. Toscano. 767

768 Soldi e botte non tornano indietro. I soldi spesi non potrai riaverli e le botte ricevute dovrai tenertele.

Le botte si danno volentieri piu` di quanto si ricevono. Invito a non trascendere e a pensare che quello che si fa con troppa leggerezza puo` esser ricevuto con rancore e rabbia. 769

` meglio darle che riceverle. 770 E Per analogia. Deforma ironicamente il proverbio E` meglio dare che ricevere [D 89]. Male per chi le da`, peggio per chi le piglia. Per analogia. E` un male morale per chi le da`, ma e` un male fisico e morale (dolore e umiliazione) per chi le prende. 771

772 Botta fresca non sente dolore. Subito dopo un colpo ricevuto, ferita o contusione, non s’avverte in pieno il dolore. In generale: non s’avverte immediatamente in tutta la sua entita` il male che deriva da un’offesa, un danno, un’aggressione.

BOTTA / BOTTO Botta, o botto, e` il termine con cui in Toscana e` anche chiamato il rospo. f Vedi Rospo. Quando cantano le botte il giorno e` lungo come la notte. E` nel periodo intorno all’equinozio di primavera (21 marzo) che si vedono uscire i rospi per l’accoppiamento e spesso, a modo loro, cantano. Vedi anche Marzo marzotto il giorno e` lungo come la notte [M 894]. 773

774 La botta che non chiese non ebbe coda. Chi non parla non ottiene, chi non chiede non riceve. Fa riferimento a un racconto popolare: quando Dio creo` gli animali ascolto` anche le loro richieste e li accontento`. Il rospo avrebbe voluto la coda, ma non ebbe coraggio di chiederla e rimase senza. Vedi anche In bocca chiusa non entran mosche [S 1341]; Chi non la chiese non l’ebbe [C 1423]; Questo mondo e` degl’importuni [I 98]; L’importuno vince l’avaro [I 99]; Chi si vergogna non si satolla [V 501].

pag 247 - 04/07/2007

BOTTE

184

.

Quando canta il botto asciuga piu` in un giorno che non piove in otto. Quando a primavera canta il rospo, non fa tempo a piovere che gia` la terra e` asciutta, essendo gia` piuttosto caldo. 775

Quando canta il botto [rospo] l’inverno e` morto. Il primo canto del rospo verso la fine di marzo, e` considerato l’annuncio della buona stagione. 776

Quand al rosp al canta dla bugnola, dl’inve`ran a sem fora. Forma mantovana, che illustra un tipo dialettale del Nord. 777

BOTTE La botte un tempo era un oggetto quotidiano e non, come oggi, una cosa di cui si sa ma che raramente si vede. La forma caratteristica e il suo contenuto sono facile preda dei proverbi anche per le metafore che offrono. f Vedi Vino, Zipolo. 778 La botte da` il vino che ha. Assai diffuso. Dalla botte si ricava quello che ci e` stato messo, niente di piu`. Non si puo` chiedere a una persona quello che non e` in grado di dare. Una buona botte migliora il vino, ma non lo muta. Benedetto Varchi nell’Ercolano (quesito IX): ‘‘La botte getta del vino che ella ha’’. Vedi anche Anche la donna piu` bella non puo` dare quello che non ha [D 1071]; Non si puo` levare il sangue dalle rape [R 206]. 779 Botte buona fa buon vino. La botte di buon legno migliora il vino. In generale: il buon produttore e il buon mercante, avveduti o rinomati, forniscono merce buona.

Bisogna dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Il bottaio, per cerchiare una botte, alterna martellate sul cerchio di ferro, che deve fasciarla, e sulle doghe, in modo che si stringano. E` detto ancora molto vivo e diffuso, nonostante l’azione sia ormai completamente estranea all’esperienza comune, per dire che e` necessario contentare un po’ tutti, barcamenarsi, in particolare tra due parti opposte, realizzando via via quello che e` possibile. Vedi anche Bisogna accendere una candela ai 780

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Santi e una al Diavolo [C 338]; o l’opposto Non si puo` tenere un piede in due staffe [P 1662]. Quando la botte e` piena si vede dove perde. Solo quando e` in funzione un congegno rivela eventuali difetti. Cosı` solo nell’azione, e non dalle parole, si puo` avere la certezza di cio` che uno puo` e sa fare. 781

782 Botte piena, chiesa vuota. L’uomo quando ha da mangiare e da divertirsi non pensa troppo a pregare. Nei periodi d’abbondanza e di salute languono la fede e la devozione. 783 Botte piena non suona. Cio` che e` positivo non fa troppo rumore. Per saggiare se la botte e` piena o vuota vi si batte sopra: se e` vuota ne esce un suono ampio e cupo, se e` piena flebile e sordo. 784 Sono le botti vuote quelle che cantano. Reciproco del precedente. Chi ha molta sapienza non la ostenta e chi sa poco cerca di mostrare continuamente il poco che conosce. Vedi anche Le spighe vuote vanno tutte a testa alta [S 1895]; Tutte le zucche stanno a galla [Z 125]. 785

Le botti piene tacciono e quelle vuote suonano.

Le botti vuote fan piu` rumore di quelle piene. Vedi anche Vaso vuoto meglio suona [V 117]. 786

Nelle botti piccole [piccine] ci sta il vino buono. Nei recipienti piccoli si conservano le cose rare che si trovano in quantita` limitata, come i vini particolarmente pregiati o di un’annata eccezionale. Con questo si vuol dire che doti e qualita` stanno in uomini di non grande prestanza e soprattutto nelle donne piccole. Il proverbio e` vivo e diffuso ovunque, mentre la forma con piccine e` marcata come toscana. Vedi anche Le spezie migliori stanno nei sacchetti piccoli [S 1870]; Vaso piccolo, unguento raro [V 117]. 787

Nelle botti piccine ci sta il vino buono e a volte l’aceto. Limitativo. L’aggiunta al precedente detto viene fatta per significare che non sempre le persone piccole sono buone: a volte sono intrattabili. Era uso un tempo tenere una botti788

pag 248 - 04/07/2007

185

.

BOTTEGA

cella o un barilotto dove si faceva l’aceto con gli avanzi, gli sgrondi delle botti e delle damigiane.

gioventu` si deve accompagnare gioventu` . Vedi anche Non si mette il vino nuovo negli otri vecchi [O 690].

789 Vaso piccolo, unguento raro. Per analogia. I piccoli flaconi conservano profumi o cosmetici preziosi.

Per mantenere il vino a lungo, bisogna lasciare la botte piena. Scherzo che significa: chi vuole conservare il vino non lo beva.

Piu` forte e` il veleno, piu` piccolo il barattolo. Per analogia. I recipienti piccoli possono contenere anche le cose peggiori, come i veleni, che agiscono in piccole dosi e si preparano in quantita` limitate. 790

Fa piu` miracoli una botte di vino che una chiesa di santi. Qualcosa di buono e ambito, che si da` liberalmente in abbondanza, ha effetti piu` portentosi che tanta devozione e pratiche religiose. Una botte di buon vino puo` rallegrare un’intera compagnia, puo` ottenere o compensare un favore, ubriacare un importuno, far dimenticare dispiaceri... 791

Non si puo` avere la botte piena e la moglie ubriaca. Non si possono avere contemporaneamente due cose delle quali una esclude l’altra. Se si vuol ottenere un vantaggio bisogna pagare quello che e` necessario. Immagina che uno, volendo ubriacare la moglie per tenerla tranquilla, non si decida a metter mano alla botte di vino. Nonostante la singolarita` dell’idea, o anzi forse proprio per questo motivo, il proverbio e` estremamente vitale e diffuso, anche nella forma di modo di dire (di solito volere la moglie ubriaca..., ma anche avere la moglie ubriaca...). Vedi anche Non si puo` cantare e portar la croce [C 511]. 792

793 Non si puo` ragliare e portare il basto. Per analogia. L’asino raglia per amore ma quando ha il basto ha altri pensieri.

Non si puo` avere la pelle, la pecora e la lana. Per analogia. Non si puo` ottenere la pelle senza ammazzare la pecora, che, una volta morta, non dara` piu` lana. 794

Non si puo` avere lo scudo in tasca e la ciambella tra i denti. Per analogia. Lo scudo e` la moneta che occorre per comprare la ciambella. 795

796 A vino giovane botte giovane. Il vino giovane che e` ancora capace di fermentare va messo nei recipienti robusti. A

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

797

La falsa amicizia dura quanto il vino della botte. L’amicizia interessata dura quanto la fortuna e le sostanze di chi viene chiamato amico per comodo. Vedi anche Amicizia. 798

Quando la botte comincia a sonare tutti i compari hanno da fare. Quando la fortuna declina, gli amici scompaiono. Quando la botte battendoci contro suona vuol dire che e` vuota, e gli amici, con la scusa di impegni vari, non si fanno piu` vedere. 799

BOTTEGA La multiforme vita della bottega e l’arte di saper vendere. f Vedi Bottegaio, Roba. 800 Ogni bottega ha la sua malizia. Ogni lavoro, ogni professione, ogni arte ha i suoi trucchi.

In bottega vacci, in campagna stacci. In bottega sii presente nel tempo necessario per sbrigare il lavoro; se invece coltivi la terra devi essere presente sempre, abitare sul posto. Il proverbio si riferisce particolarmente al padrone che deve risiedere vicino alla sua terra per controllarla e curarla assiduamente. 801

Cera, tela e fustagno bella bottega e poco guadagno. Sono merci che farebbero solo bella figura, ma di poco rendimento. 802

803 Chi sta a bottega deve dar retta a tutti. Colui che sta a contatto col pubblico deve ascoltare, servire, accontentare tutti, in quanto ognuno e` un cliente.

Chi non conosce l’arte [non sa vendere] non stia a bottega. Per vendere occorrono doti che sono un miscuglio di tante capacita` che vanno dall’accortezza, all’astuzia, alla gentilezza e si rias804

pag 249 - 04/07/2007

BOTTEGAIO

sumono nella frase ‘‘saper stare al pubblico’’. Chi non ne e` provvisto, va incontro al fallimento. 805 Chi non sa mentire chiuda bottega. Il commercio e` sempre fatto di piccole astuzie, di verita` che non sono tutta la verita`, di affermazioni che sono quanto meno ardite. Chi non e` capace di adeguarsi a questa logica, di dire al cliente quello che vuol sentirsi dire, e` inutile che si dedichi alla mercatura. Vedi anche Buon bottegaio, buon bugiardo [B 818].

In bottega vanno tre clienti: quello che paga, quello che paga ogni tanto e quello che non paga mai. Vi sono clienti di diversa indole, ma clienti comunque. Il proverbio avverte che il mercante deve essere capace di commerciare con tutti, facendo valere le proprie capacita`. Paradossale appare il cliente che non paga mai, ma si comprende considerando che nel mondo del paese e` sopravvissuto a lungo lo scambio: merce con merce, merce con lavoro, per cui puo` essere vantaggioso anche un compenso di questo genere. Il commerciante deve inoltre considerare anche la possibilita` di restare talvolta truffato. 806

807 La bottega e` fatta a mulinelli. I clienti in una bottega non si avvicendano secondo un flusso regolare ma per ondate: un momento la bottega e` piena, poco dopo non c’e` nessuno e cosı` via. Immagine presa dai mulinelli di polvere alzati dal vento, che arrivano e scompaiono improvvisamente. 808 La bottega e` fatta a farfarelli. I farfarelli, in alcuni dialetti del centro Italia, sono i refoli improvvisi di polvere. 809

La bottega va a ventate.

Bottega sul cantone ci campa ogni coglione. La bottega che sta sull’angolo fa arricchire anche il venditore incapace. Il negozio d’angolo ha una posizione privilegiata perche´ richiama maggior numero di avventori. In generale: chi ha una posizione fortunata non ha bisogno di molte risorse intellettuali per vivere bene. 810

811

186

.

Bottega senza roba e` una scarpa senza suola.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

E` la presenza della mercanzia che fa la bottega. Il cliente non deve tornare via a mani vuote, ma deve aver comprato anche quello che non pensava d’acquistare. 812 La bottega non vuole alloggio [alloggi]. Il commercio non vuol chiacchiere e perdite di tempo. Il buon bottegaio serve alla svelta i clienti e non li tiene a parlare. Quando nelle botteghe si fermano persone a ‘dimorare’, a passare il tempo e a conversare, i clienti si sviano e gli affari si perdono.

Pioggia in strada, tempesta in bottega. Allorche´ piove la gente di passaggio e gli sfaccendati si rifugiano nelle botteghe dove non comprano nulla e fanno solo confusione. 813

814

Acqua in strada, fiera in bottega.

Chi provvede a tempo la casa fa una bottega. Chi rifornisce al momento opportuno la casa del necessario fa un affare: bisogna comprare la legna d’estate, il grano al momento del raccolto, il vino alla svinatura, l’olio alla spremitura. Comprando a poco prezzo si avra` vantaggio e si potra` vendere il superfluo facendo un guadagno. 815

BOTTEGAIO f Vedi Bottega. Se vuoi vedere com’e` fatto un ladro guarda un bottegaio. Il bottegaio ha avuto, come l’oste, come il mugnaio, solida fama di ladro, in quanto rubava sul peso, vendeva per buona merce scadente. 816

817 Bottegaio, ladro di giorno. A differenza degli altri ladri che lavorano di notte. 818 Buon bottegaio, buon bugiardo. Bugiardo abile, scaltro, convincente; anche mascalzone. Vedi anche Chi non sa mentire chiuda bottega [B 805].

BOTTONE 819 Il bottone non puo` stare senza occhiello. Quando due cose sono in funzione l’una dell’altra, non hanno senso prese da sole. In particolare: l’uomo non puo` stare senza la donna.

pag 250 - 04/07/2007

187

.

Tanti occhielli, tanti bottoni. Usato con doppio senso. 820

Il nido all’uccello e al bottone l’occhiello. Il doppio senso e` evidente. 821

822

Senza asola il bottone ciondola.

Per avere trovato un bottone non si fa un vestito. Spesso una piccola fortuna, per poter essere sfruttata, richiede un costo tale che in conclusione porta piu` spese che guadagni. 823

Per aver cucito un bottone non si diventa sarti. Non basta aver eseguito un piccolo particolare, un’operazione da nulla, per affermare di saper fare il mestiere che richiede invece un complesso di conoscenze. Non basta un solo elemento per qualificare un complesso di cose. Vedi anche Una rondine non fa primavera [R 900]; Un albero non fa bosco [B 754]. 824

Per attaccare un bottone tutti i fili son buoni. Di uso solo figurato: per mettersi a chiacchierare vanno bene tutti gli argomenti. Attaccare un bottone e` modo di dire che significa ‘‘trattenere una persona con discorsi che non finiscono mai’’. 825

BOVARO Chi nelle fattoria si occupa degli animali da lavoro. Non e` bovaro chi non abbia ribaltato almeno un carro. Per imparare un mestiere bisogna sbagliare; per conoscerlo veramente bisogna averlo fatto anche nelle difficolta` e quindi essersi trovati a commettere anche qualche errore. 826

Bovaro contento se la notte e` serena e il giorno fa acqua e vento. Perche´ quando piove non lavora e la notte, se e` tornato il bel tempo, va a divertirsi all’osteria non essendo stanco. 827

BOVE / BUE La famiglia vaccina, a seconda delle funzioni che le ha assegnato l’uomo, si e` distinta in diverse tipologie, tutte con connotati precisi: la mucca come produttrice di latte e di vitelli; il giovenco e la giovenca come animali da

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BOVE / BUE

carne; il toro come elemento destinato alla sola riproduzione; la vacca come animale da lavoro e da riproduzione. Il bove e` il maschio che e` stato castrato da giovane, divenendo pacifico, mansueto e adattabile al lavoro. Sarebbe cosı` docile perche´ con i suoi grandi occhi vede le cose in misura tripla rispetto a quello che sono, quindi ha paura dell’uomo che gli appare come un gigante. In effetti tanta mansuetudine viene dal fatto che in gioventu` gli furono tolti gli attributi che sono invece rimasti al toro, al quale nessuno s’avvicina. Spesso reliquie e immagini sacre venivano fatte trasportare da buoi o giovenchi bianchi, ritenuti piu` degni d’ogni altro animale a simile funzione; talvolta, giunti a un bivio, questi animali si rifiutavano di seguire la direzione indicata, e portavano l’icona in un determinato luogo, designandolo come santuario, come nel caso del Volto Santo di Lucca. Obbedienti al volere divino, talvolta i bovi s’inginocchiavano o piangevano davanti a un santo. Ogni esemplare della famiglia vaccina ha caratteristiche, simbologie e metafore diverse secondo l’eta` e le funzioni. Il bove ha un copioso corredo simbolico. Agricoltura: il bove e` stato per millenni il principale animale da lavoro; apostoli: hanno preso il giogo di Cristo; mansuetudine: rispetto alla sua forza e` uno degli animali piu` remissivi e docili; san Luca: in quanto collegato all’ufficio sacerdotale; san Tommaso d’Aquino: fu detto ‘‘il bue muto’’; tardezza d’ingegno: per i movimenti e per i riflessi lenti; moneta: nell’antichita` , come si legge nei poemi omerici, l’unita` di misura per un bene di grande valore era il bove. f Vedi Vacca, Vitello. 828 Il bove dice cornuto all’asino. Quando uno, che ha gravi limiti o difetti, offende o critica un altro piu` o meno del suo livello, se non migliore di lui (l’asino non ha le corna). Vedi anche La padella dice al paiolo: fatti in la` che mi tingi [P 17]; Chi ha la camicia sporca dice male di chi ce l’ha pulita [M 356].

La cornacchia dice al corvo che gracchia. Per analogia. Gracchiano sia la cornacchia che il corvo. 829

830 Straccio dice male di cencio. Per analogia. Chi e` da poco sparla di qualcuno che e` peggio di lui. Cencio e` anche un nome di

pag 251 - 04/07/2007

BOVE / BUE

188

.

persona (abbreviazione toscana di Vincenzo) e il proverbio gioca sull’ambiguita` della parola e finge che anche Straccio sia una persona. 831 La merda dice male del culo. Per analogia. Un essere sordido dice cose maligne di chi lo comanda ed e` della stessa risma.

In mancanza di buoi si lavora con gli asini. Quando ci si trova nell’impossibilita` di servirsi delle cose necessarie ci si arrangia come si puo`. Arare con gli asini e` quasi inutile data la loro esigua forza. 832

I bovini quando lavorano la terra o tirano i carri, obbedienti e pazienti, eseguono i comandi di chi li guida senza bisogno di batterli col bastone. Si usa infatti solo il pungolo, per incitarli. 838 Il bue vecchio muove i carri fermi. Le bestie con molti anni sono robuste, resistenti, ma soprattutto sanno come usare le loro forze.

Dai buoi vecchi i giovani imparano ad arare. Si riferisce anche e soprattutto agli uomini: i giovani imparano dagli anziani come si lavora. 839

840 Bove [bue] vecchio, solco diritto. Il bue vecchio ha la forza e il passo per arare. In generale: la persona esperta fa il lavoro a regola d’arte. Per l’importanza del solco dritto, vedi anche Buon bifolco fa dritto solco [B 568].

833 Bove stanco stampa il piede nella terra. L’uomo stanco, come il bove affaticato, ha il passo lento e pesante: camminando lo appoggia a lungo e lo solleva lentamente. E` versione del detto latino Bos lassus fortius figat pedem ‘‘Il bue stanco punti il piede piu` forte’’, citato gia` come proverbio da san Girolamo (Epistole 102.2), per indicare che nei momenti difficili bisogna reagire con pazienza e tenacia. In italiano si e` diffusa la versione con l’indicativo, che si limita a prendere atto dello sforzo dell’animale (ma anche il proverbio latino viene talora citato con l’indicativo figit), seppure esista la variante al congiuntivo esortativo.

842 Bove vecchio e toro giovane. Il bove vecchio fa meglio il lavoro di quello giovane, mentre il toro giovane e` da preferire per la riproduzione.

A chi ha l’occhio del bue una mosca pare un cavallo. A chi non ha una visione corretta le cose non appaiono nelle giuste proporzioni. Chi non ha coraggio vede ingigantiti i pericoli. Si vuole che il bove veda le cose in maniera alterata, ossia piu` grandi di quello che sono, per cui teme tutti.

I bovi vanno adagio, ma tirano grossi carri. Il bue ha il passo lento, ma trasporta sul carro grossi carichi. La grande forza e` calma e solenne. Si dice in particolare a chi vuole fare in fretta lavori pesanti. Vedi anche, vicino come significato, Chi va piano va sano e va lontano [A 881].

Bue che non ha cavezza il collo gli si scavezza. Bue senza guida finisce in un dirupo, cade rovinosamente. La cavezza e` la corda con cui si tiene legato per la testa un cavallo o un asino, il termine e` improprio per il bue. Scavezzare e` forma settentrionale per ‘‘scapezzare’’, nel senso generico di ‘‘troncare’’.

Il bue mangia il fieno perche´ si ricorda che e` stato erba. L’erba fresca e` il cibo preferito dal bove. Chi ha perduto un bene ama il poco che resta nel ricordo di quello che e` stato. Si apprezza anche una cosa che non vale nel ricordo di quando aveva valore. Il detto si usa spesso nei confronti della giovinezza.

834

835

A bue vecchio campanaccio nuovo. Perche´ non faccia brutta figura portandolo sul mercato. Soprattutto in senso figurato: le cose malridotte si agghindano e si aggiustano. 836

837

Bove e vacca, ne´ bastone, ne´ mazza.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

841 Il bove vecchio lavora tutto il giorno. Il bue vecchio lavora calmo e sicuro l’intera giornata, cosa che non fanno le vacche e il bue giovane.

843

844

Quando i buoi non hanno sete e` inutile zufolare. Era uso da parte dei garzoni portare a determinate ore le bestie da lavoro a dissetarsi e, nel caso che queste non avessero voglia di bere, fischiettavano per stimolarle. In generale: quando uno non vuol fare una cosa sono 845

pag 252 - 04/07/2007

189

.

inutili incitamenti e sollecitazioni. In diverse zone d’Italia, soprattutto meridionale e insulare, l’animale chiamato in causa da questo proverbio e` piuttosto l’asino. Vedi anche Non si puo` far cacare il mulo per forza [C 25]. 846

Quando i bovi non vogliono bere non serve fischiare.

Per lavorare non ingrasso` mai ne´ bue ne´ vacca. Ne´ il bove, ne´ la vacca usati per i lavori dei campi offrono buona carne da macello, in quanto la fatica non permette loro d’ingrassare e la carne diventa dura con lo sforzo continuo dei muscoli. 847

Chi compra bue, bue ha: consuma legna e carne non ha. Il bove ha carne molto dura, che e` inutile cuocere molto, consumando molta legna: resta sempre tale. 848

Carne vaccina svergogna chi la cucina. La carne di vacca, come quella del bue, non riesce mai bene cucinata, perche´ le bestie sfruttate dal lavoro hanno carne sempre dura. 849

Chi mette il carro innanzi ai buoi se non se n’accorge prima se n’accorge poi. Chi anticipa le cose, non le fa seguendo l’ordine logico, prima o poi si trovera` in difficolta`. Molto piu` usato del proverbio e` il modo di dire Mettere il carro innanzi ai buoi. 850

E` inutile chiudere la stalla quando sono scappati i buoi [bovi]. Molto diffuso: e` inutile prendere precauzioni quando la disgrazia, il danno, la perdita si sono verificati e non vi sono rimedi che possano porvi riparo. Vedi anche, come esplicito consiglio a intervenire per tempo, Per prender l’ombrello basta che sgoccioli [S 1255]. 851

Quand’uno e` morto e` inutile correre dal medico. Per analogia. 852

Bue, cavallo e porco vogliono aver gran corpo. Per diversi motivi, queste bestie sono migliori se sono grosse. Qualcuno non concorda sul fatto che il cavallo, quando serva alla corsa, debba avere gran corpo. 853

854

Bue lungo e cavallo corto.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BRACCIO

Si apprezza del bue la lunghezza del corpo che consente forza e potenza, nel cavallo si richiede una lunghezza non eccessiva per garantire velocita`. Chi non ha ne´ vacche ne´ buoi fa male i fatti suoi. Chi ha la terra e non tiene bestie vaccine non potra` lavorarla, non avra` latte, concime e neppure il considerevole introito che proviene dalla vendita degli animali. 855

856 Ha perso i bovi e cerca le corna. Detto d’origine napoletana: si usa per chi se la prende per una sciocchezza, mentre si trova in un vero disastro.

Alla vacca piace piu` il toro brutto che il bue bello. La donna preferisce un uomo di non grande avvenenza, ma di grande vitalita`, vivacita` e stimolante sul piano fisico a un bel giovane che sia ottuso, di poca iniziativa e per niente virile. 857

Il bue non vuol sapere ne´ di musica ne´ di lettere. In senso figurato: l’uomo grossolano, tardo, insensibile, dedito esclusivamente al suo lavoro, non si cura di cose belle, anzi le sdegna. 858

BRACCIO1 Braccio al petto e piede a letto. Il braccio rotto, o dolorante, legato al collo, consente di continuare la propria vita, mentre il piede, cioe` la gamba, rotto o malato, costringe a letto. 859

860 Braccio al collo e gamba a letto. Come il precedente ma piu` diffuso. Entrambi da un precetto latino medievale:

Brachium a pectore pendeat, crus in lecto iaceat. ‘‘Il braccio rotto penda dal petto e la gamba sia stesa nel letto’’. 861

A chi ti da` la mano non devi prendere il braccio. Non devi approfittarti di chi ti offre un aiuto, cercando di ottenere di piu`. 862

A chi ti da` un dito non devi prender la mano. Per analogia. Vedi anche Dopo aver ben leccato si vuol mordere [L 326]. Sia questo che il 863

pag 253 - 04/07/2007

BRACCIO

190

.

precedente sono piu` diffusi come modi di dire, in forma di periodo ipotetico ‘‘Se gli do` / dai / diamo... mi / ti / ci...’’.

piccolo frammento infuocato, attaccato al legno, nel primo momento della combustione e quindi particolarmente incandescente.

Lavoro di braccio, lavoro del cazzo. Il lavoro manuale e` in genere faticoso, pericoloso, poco remunerato e ancor meno considerato. L’espressione del cazzo indica cosa di poco valore, spregevole, vile.

869 Ognuno tira la brace ai suoi piedi. Ognuno fa il proprio interesse, piega le cose a suo vantaggio. Quando si stava intorno al fuoco a scaldarsi ognuno cercava di avvicinare i tizzoni ardenti ai propri piedi per aver piu` caldo. Vedi anche Ognuno tira l’acqua al suo mulino [A 177].

864

Fatica e lavoraccio allungano le braccia e accorciano il cazzo. La fatica che logora e un cattivo lavoro che spossa fanno abbandonare le braccia lungo la persona per la stanchezza, ovvero sviluppano le braccia, e riducono le energie vitali. 865

2

BRACCIO Il braccio era una misura variante dal mezzo metro agli 80 centimetri, che si usava prima dell’introduzione del sistema metrico decimale. Ogni citta` in pratica aveva il suo, di lunghezza diversa da quelli delle altre. Il proverbio allude alla relativita` della misura che un tempo non era solo quella delle braccia umane. 866 Ognuno si misura col proprio braccio. Ognuno applica a se stesso le regole, le misure, i criteri che si e` fabbricato da solo e quindi si condanna e si assolve in modo non oggettivo o comunque poco condivisibile dagli altri.

BRACE La brace e` quella parte di legna o carbone che ancora arde lentamente, immagine di passioni o interessi aperti o nascosti. 867 Brace coperta e` quella che scotta. La brace che sta sotto la cenere e arde senza essere vista ha un calore altissimo. Ma il valore e` nella metafora: i sentimenti nascosti, tenuti celati sono piu` forti e violenti e danno sofferenze piu` grandi di quelli che si manifestano. Brace coperta e` locuzione con cui si indica la passione nascosta, l’inclinazione segreta e anche la simulazione.

La brace viva fa le scottature piu` dolorose. La passione nel momento che prende vita, ha inizio, produce le ferite piu` dolorose, fa soffrire di piu` se e` contrastata. La brace viva e` il 868

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BRACHE Nei due diversi significati: di indumento e di pettegolezzo. f Vedi Calzoni. Brache, tela e meloni di settembre non son piu` buoni. Cosı` come i meloni, a settembre gli indumenti estivi terminano la loro stagione, un po’ perche´ s’avvicinano i primi freddi, un po’ perche´ sono logorati dall’uso. Vedi anche Ogni cosa ha la sua stagione [C 2353]; Predica e popone vuol la sua stagione [P 2476]. 870

Il gallo, che non sa l’uso delle brache, quando se le mette se le smerda. Chi non e` abituato a cose raffinate o sofisticate, allorche´ se ne serve o se ne adorna, ne fa un uso goffo o ridicolo. 871

872 Le brache altrui ti rompono il culo. Con brache, in Toscana, s’intendono gli affari riservati, le faccende segrete o private di qualcuno, da cui il verbo bracare, ficcare il naso. Di conseguenza: chi mette il naso nei segreti degli altri trova rogne. 873 Le brache di Burleo stavano bene a tutti. Letterario. Si dice di cosa che si adatta a qualunque necessita`, che viene impiegata per molti e diversi usi; anche di persona, tra buona e ingenua che si rassegna a stare in qualunque situazione anche scomodissima, ovvero si contenta facilmente di quanto gli tocca, senza lamentarsi. Nella Celidora ovvero il governo di Malmantile, poema eroicomico prosecuzione del Malmantile racquistato di Lorenzo Lippi, che l’autore, Andrea Casotti frate domenicano di Prato, pubblico` a Firenze con lo pseudonimo di Conte Ardano Ascetti nel 1734, ricco di proverbi e modi di dire della lingua parlata, si legge: ‘‘... ella non e` gia` qualche babbeo / che dorma dalla sera fino a nona; / ne´ me come le brache di Burleo, che stavan bene addosso a ogni persona’’. Le bra-

pag 254 - 04/07/2007

191

.

che di Burleo vengono ad essere simbolo di una cosa che torna bene a tutti, non come valore, ma come rimedio, come, si direbbe, tappabuchi che fa poco ma per tutto. Per le cure mediche di poco valore che vanno bene a tutto, vedi Il cerotto dei frati fa bene a ogni male [C 1316]; L’unguento del ciarlatano cura l’emorroidi e il mal di gola [C 1516]. In senso negativo, di cosa che danneggia indistintamente si ha lo Schioppo di Malatesta che colpiva amici e nemici [L 107]. BRAMARE f Vedi Desiderare. Col bramare giammai la borsa puoi colmare. Il continuo desiderio non produce nulla di positivo: desiderare d’essere ricco non aggiunge un centesimo al portafoglio. 874

BRANZINO f Vedi Orata. BRAVO Aggettivo, nei due significati di ‘‘capace ed esperto’’ e di ‘‘coraggioso, generoso e onesto’’. Brava, buona e bella una donna non puo` essere. I tre requisiti piu` ambiti da una donna non si possono trovare riuniti nella stessa persona. 875

I piu` bravi muoiono alla guerra. E` la generosita` che li induce a esporsi, a osare, a proteggere gli altri e a condurli a una fine prematura, mentre i codardi e gli egoisti sanno guardar bene al proprio interesse e starsene al sicuro. Vedi anche, ma con tono piu` ironico, I buoni sono tutti in Paradiso [B 1075]; D’eroi son pieni i cimiteri [E 120]. 876

L’uomo bravo e il vino buono finiscono presto. L’uomo bravo si consuma presto da se´ (si espone, vedi il precedente), il vino buono viene consumato rapidamente. Vedi anche Pane buono, vino buono e uomini buoni sono i primi a finire [B 1076]. 877

Troppo bravo ando` tra i santi. Colui che era troppo bravo ebbe la gloria, ma morı` presto. Si dice a chi esagera nel mostrare o ostentare bravura. 878

879

Dopo tutti son bravi.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BRICCONE

A operazione conclusa tutti dichiarano che sarebbero stati capaci di portarla a termine, magari in modo migliore. Equivale al modo di dire Come l’uovo di Colombo. 880 Prima tutti prudenti, dopo tutti bravi. Prima che venga risolto un problema, che si porti a termine un’impresa, tutti stanno sulle loro esprimendo prudenza e sfiducia, consigliando calma e pazienza; poi, a cose fatte, tutti avevano la soluzione in tasca. 881 Tutti bravi a casa propria. A casa propria e` facile essere abili ed esperti, grazie alla conoscenza del posto, dei mezzi e degli attrezzi a disposizione, ma al di fuori del proprio ambiente tutto diventa piu` difficile. Anche: tutti dicono di saper fare a casa propria, mentre non fanno in casa d’altri, con varie scuse. Vedi anche Qui e` Rodi e qui salta [S 147]. 882

Ognuno e` bravo a casa sua.

BRENTA f Vedi Arno, Piave, Po, Tevere. La Brenta no saria Brenta se ’l Cismo`n no ghe desse la spenta. ‘‘Il fiume Brenta non sarebbe tale se il Cismo`n non gli desse la spinta’’. Veneto. Il Cismo`n e` un affluente del Brenta. Lo schema si ritrova in altri detti sui fiumi. 883

BRESCIA 884 Brescia, leonessa d’Italia. La citta` fiera per eccellenza. Esprime l’indomito coraggio con cui Brescia sostenne l’assedio di Enrico VII nel 1311 e combatte´ nelle ‘‘dieci giornate’’, dal 20 al 30 marzo 1849, insorgendo e resistendo agli austriaci. L’espressione si trova ne Le tre fanciulle dell’Aleardi (Canti patrii) e fu ripresa dal Carducci (Odi barbare, Alla vittoria, tra le rovine del tempio di Vespasiano in Brescia).

BRICCONE Scaltri, disonesti e privi di scrupoli i bricconi. f Vedi Cattivo, Furfante, Ladro, Malvagio. Il briccone trova dovunque osteria, prigione e bordello. Il cattivo soggetto ha amici ovunque, trova dappertutto i luoghi a lui congeniali. 885

886

Lascia che il briccone trovi la propria forca.

pag 255 - 04/07/2007

BRIGATA

192

.

Non cercare di raddrizzare i torti che commette l’ingiusto. Lascia che il malvagio proceda per la propria strada: alla fine trovera` da solo la forca a cui s’impicca. Ogni briccone ha la sua devozione. Ogni disonesto, malvagio ha i suoi santi, le sue guide spirituali, i suoi ideali. Anche: i briganti pregano i loro santi e si raccomandano a Dio. 887

D’un briccone il caso fa un arcivescovo. La vita, il caso si divertono a contraddire ogni regola e ogni previsione: a volte da una persona di dubbia moralita`, viene fuori inaspettatamente una figura che si presenta come la somma di tutte le virtu`. 888

I bricconi vanno a cavallo, le puttane in carrozza e le pulci in culo ai signori. La gente di scarsa moralita`, dedita a traffici illeciti, trova sempre posti d’onore o in qualche modo ragguardevoli. Perfino le pulci, a quei tempi una presenza costante e quasi una calamita` , trovano anche loro un posto di rango. 889

I bricconi e le puttane parlano sempre del loro onore. Proprio coloro che ne sono privi parlano del proprio onore e insistono, quando sarebbe meglio per loro tacere. 890

Il briccone parla sempre d’onesta` e la puttana di castita`. Ognuno magnifica la dote che non ha, credendo in tal modo di passare per quel che non e`. 891

Chi vuol fare un briccone metta un brav’uomo in prigione. Per una pesante ingiustizia subita anche l’uomo onesto puo` deviare dalla retta via. 892

BRIGATA Qui la brigata e` un gruppo di amici che si riuniscono per il piacere di fare le cose insieme. Siamo, come si vede, ben lontani dal significato marziale e militare del termine. Poca brigata vita beata. Una piccola compagnia, un ristretto numero di amici riuniti per una festa, una gita, o intorno a un tavolo per studiare un progetto insieme, trovano piu` facilmente l’armonia e 893

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

l’intesa. Vedi anche A tavola un lume in piu` e un piatto in meno [T 206]; A tavola ne´ piu` di nove ne´ meno di tre [N 524]. 894 Pochi e buoni. Per analogia. S’intende di amici. Vedi anche Poco e buono [T 79]. 895 Meno siamo a tavola piu ` si mangia. Per analogia. 896 Meno si e`, meglio si sta. Per analogia.

Piccola compagnia pace e allegria. Per analogia. 897

BRIGLIA Qui come sinonimo di controllo, di freno. Tra briglia e sprone consiste la ragione. La ragione, la misura, l’equilibrio consistono in un giusto dosaggio tra l’impulso ad agire, a correre, a precipitarsi e il controllo, il freno a moderare, misurare, valutare quello che si ha desiderio di fare. 898

899 Briglia al cavallo e moglie all’uomo. Il cavallo si doma mettendogli la briglia, che lo fa di selvaggio mansueto; l’uomo col matrimonio trova limite e regola ai suoi comportamenti che tendono alla sregolatezza.

La briglia al cavallo e la cavezza all’asino. A ciascuno il suo condizionamento, la sua schiavitu`. 900

BRINA La rugiada ghiacciata dal freddo notturno, la brina, che la mattina imbianca i campi, e` spesso indice di una prossima pioggia; quando appare in aprile e` deleteria per i futuri raccolti, ma secondo alcuni puo` risultare di protezione per il grano in crescita. Dopo tre brine acqua a mezzine. Dopo tre brinate arriva la pioggia abbondante. Mezzine sono chiamate in Toscana le brocche di rame che si usavano per attingere l’acqua. 901

Se rannuvola sulla brina piove la sera o la mattina. Se la mattina presto il cielo si copre piovera` in giornata. 902

pag 256 - 04/07/2007

193

.

BROCCOLI

Si rannuvola sopra la brina spetta l’acqua pe’ dumattina. Civita Castellana.

essere sicuri che una cosa finisca bene. Vedi Dalla mano alla bocca si perde la zuppa [M 622].

Prima il vento e poi la brina l’acqua in terra alla mattina. Vento, freddo e poi pioggia.

912 A briscola si gioca coi quattrini. Le cose serie, gli affari si fanno con i soldi, con argomenti concreti. La briscola prevede un premio in palio.

903

904

Brina d’aprile vuota il fienile. Il freddo intenso nella prima mattina delle giornate di primavera incipiente brucia l’erba appena germogliata e ritarda o addirittura cancella la fienagione. 905

906 Brina d’aprile vale una grandine. Distrugge, insieme all’erba, anche gli altri e piu` preziosi germogli.

Brine d’aprile ti fanno morire. Distruggono i germogli teneri, la fioritura.

Briscola vecchia carico aspetta. La briscola che resta ferma in mano al giocatore aspetta una buona occasione per essere giocata. Il carico sono le carte di maggior valore: l’asso (11 punti) o il tre (10 punti) non di briscola. 913

914 Briscola vecchia, sempre comoda. E` sempre bene mantenersi un’opportunita`.

907

908 Brine e gelate non empion cisterne. L’acqua della brina lascia la terra asciutta. Le brine e le gelate in tempo di siccita` non servono a risolvere il problema dell’acqua: l’umidita` che si condensa nelle notti tra inverno e primavera come brina evapora rapidamente.

Quando la brina copre il frumento gode. Quando la brina nelle notti fredde tra inverno e primavera copre il grano, lo preserva da una prematura crescita e lo fa arrivare alle piogge primaverili non troppo sviluppato. 909

Tre brine e una nevicata tre scorregge e una cacata. Tre brinate invernali portano la neve e tre rumori di ventre portano a un bisogno corporale. 910

BRISCOLA La briscola e` uno dei giochi di carte piu` comuni, in famiglia come all’osteria: si gioca in due o in quattro, a coppie. La carta scoperta sul tavolo indica il seme predominante nella partita, che e` detto briscola. f Vedi Asso, Carta. A briscola si puo` perdere con 55 in mano. I punti sufficienti per vincere a briscola sono 61, ma si puo` arrivare all’ultima mano, che e` decisiva, con un alto punteggio e non fare un punto. In generale: fino all’ultimo non si puo` 911

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BRISIGHELLA f Vedi Cesena.

BRIVIDO Brivido lungo, e` passata la Morte. Si crede che un improvviso, ingiustificato e lungo brivido avverta che la morte e` passata vicina. 915

BROCCA f Vedi Croce. BROCCOLI Il broccolo vero e proprio e` una varieta` di cavolo con infiorescenza a forma di palla piccola, verde giallastra e carnosa, con fiori per lo piu` atrofizzati. E` un ortaggio largamente usato a Roma e nel suo territorio, dove, scrive F. Chiappini (Vocabolario Romanesco alla voce Broccolo): ‘‘si chiamano broccoli i cavoli romani (Brassica asparagoides) e broccoletti, ovvero broccoli di rapa, le foglie e i fiori di rapa (Brassica rapa), cibo tradizionale dell’Aretino e della Val di Chiana, dove le spuntature di rapa sono dette pulezze’’. Si tratta di cibi poveri che dovevano essere accompagnati da qualcosa di nutriente dal sapore deciso per poter dare vigore. I due proverbi possono riferirsi ad ambedue le piante. f Vedi Predicatore. 916

Mangia broccoli, vesti caldo e porta zoccoli.

pag 257 - 04/07/2007

BRODO

194

.

Tre consigli popolari per affrontare il freddo e mantenersi in salute. I broccoli sono un cibo sano e depurativo; i vestiti caldi e pesanti preservano dai malanni di petto e dai dolori reumatici; gli zoccoli, con suola rigida e spessa di legno, tengono i piedi asciutti e caldi. 917 Coi broccoli, aringa. Con i broccoli ci vuole un cibo particolarmente saporito, quale l’aringa che rafforza il gusto di un piatto non molto invitante di per se´.

BRODO Gli antichi testi di medicina insistono sul fatto che il brodo non nutre abbastanza e lo consigliano come aperitivo e tonico. Come corroborante veniva somministrato il brodo di piccione, considerato una specie di panacea. f Vedi Gallina, Piccione, Tacchino. 918 Carne vecchia fa buon brodo. La carne dell’animale invecchiato e` molto dura, ma produce un brodo saporitissimo. Vedi anche Gallina vecchia fa buon brodo [G 63]. 919 Brodo di gallina e vino del poggio. Il brodo di gallina, specialmente se vecchia, e` ritenuto il migliore; il vino e` buono se proviene da vigne poste sui dossi, nei declivi ben esposti al sole, non in pianura, peggio ancora a valle. Vedi anche Gallina vecchia fa buon brodo [G 63]. 920 Il brodo non si fa per i garzoni. Per giovani che devono crescere e irrobustirsi il brodo non e` indicato, non e` sufficiente a nutrirli. La vecchia cucina riservava il brodo a persone delicate: a malati, puerpere, convalescenti.

Non ci si deve lamentare del brodo grasso. Non bisogna lamentarsi di una cosa buona, di una fortuna. Il brodo di carne e` di per se´ grasso e per questo era ancora piu` apprezzato un tempo, in cui l’alimentazione era scarsa, di quanto non sia oggi. Si diceva che il brodo ‘‘faceva gli occhi’’ quando il grasso si presentava in anelli dorati sulla superficie, e lamentarsi di questo sarebbe stato considerato quanto meno stravagante. 921

Non ci si deve lamentare della grazia di Dio. Per analogia. 922

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Non ci si deve lamentare della bella giornata. Per analogia. 923

924 Il brodo fu la prima medicina. In antico il brodo veniva dato comunemente ai malati nella convinzione che contenesse la parte piu` nutriente della carne. Il detto si riferisce in particolare al brodo di piccione e a una leggenda popolare che racconta come essendo Eva caduta malata stava piangendo nel suo giaciglio e di giorno in giorno deperiva. Il Signore la vide dall’alto del cielo ed ebbe paura che con la progenitrice si estinguesse il genere umano, per cui mando` sulle terra l’Arcangelo Raffaele a portare ad Adamo una cassetta dove erano raccolte tutte le medicine del mondo: bastava che un malato l’aprisse perche´ ne venisse fuori il rimedio che lo faceva guarire. L’Arcangelo si raccomando` che non la rovesciassero, perche´ altrimenti le medicine si sarebbero confuse. Eva aprı` la cassetta e subito ne volo` fuori un piccione al quale la donna tiro` il collo e, facendone un brodo, torno` in poche ore perfettamente sana. Da allora la cassetta provvide alla salute di tutti. Ma un giorno Caino e Abele, ancora bambini, trovarono la cassetta e ci cominciarono a giocare. Tanto fecero che si rovescio` e le medicine si sparsero sulle erbe che, da quel giorno, ebbero essenze salutari. In altre versioni della leggenda, dalla fuga delle medicine Eva riuscı` ad afferrare solo il piccione. La carne di piccione e` corroborante e l’uso di darne ai malati il brodo era assai diffuso in Italia, dove circolava anche la leggenda, vedi S.A. Guastella, Le parita` e le storie morali dei nostri villani, Piccitto Antoci, Ragusa 1884, cap. 3; G. Pitre`, Fiabe e leggende popolari siciliane, Il Vespro, Palermo 1978, p. 125. 925

Il brodo di piccione resuscita i morti.

926 Brodo lungo e seguitate! Quando aumenta il numero degli invitati e le provviste rimangono le stesse, si allunga e si integra come si puo`. Vedi anche Dove si mangia in due si mangia anche in tre [M 586]. Il detto completo e`:

Padre guardiano e` cresciuto un frate.Brodo lungo e seguitate! Cosı` rispondeva al frate cuoco il padre guardiano tutte le volte che gli veniva detto che alla mensa ci sarebbe stato un frate in piu`. Arrivati a tavola pero` si trovarono davanti a una mine927

pag 258 - 04/07/2007

195

.

BRUCO

stra cotta nell’acqua. Vedi anche Aggiungi acqua, aggiungi farina, farem frittelle fino a domattina [F 363].

Distico che si ripete a chi dice: Ci vorrebbe, ci vorrebbe... Oppure lamentandosi dell’incontentabilita` delle donne o della moglie.

Federico allunga il brodo e invita l’amico. Di chi invita senza farsi problemi limitandosi ad allungare, ad annacquare, a diminuire le porzioni.

Ci vorrebbe un omino d’ottone per pagarci la pigione. Per analogia.

929 Il brodo lungo sciacqua solo le budella. Non ha alcuna sostanza ne´ alcun nutrimento.

BROZZI

928

Dal brodo vedrai se era pecora. Dal risultato ti accorgerai di quanto valevano le premesse. Il brodo di pecora e` quanto di peggiore si possa cucinare. Deriva forse da una storiella di cui si e` perso le tracce. 930

Brodo della scodella fa venir la guancia bella. Si credeva che il brodo contribuisse efficacemente alla bellezza del viso ed era somministrato spesso alle ragazze da marito. 931

Brodo d’orto il malato lo fa morto. Il brodo fatto con le erbe e gli ortaggi ha poche sostanze nutritive, non sostiene l’ammalato. 932

933 Tutto fa brodo. Si riferisce alla situazione in cui si cerca di rimediare alla meglio con qualche avanzo e qualche ingrediente di fortuna. Tutto serve a far numero, ad aumentare la quantita`, quando si guarda all’apparenza e si trascura la qualita`.

Tutto fa brodo! disse quello che gli casco` un moscone nella pentola. Ampliamento del precedente. Tutto serve, tutto si adopra e si utilizza. Si riferisce a chi usa criteri di scelta un po’ grossolani o a chi, per mancanza di meglio, s’accontenta di tutto. Vedi anche Tutto fa [T 1102]; Il poco fa l’assai [P 1976]; A forza di punti si fa la camicia [P 2980]; A granello a granello s’empie lo staio e si fa il monte [G 1032]; Anche un calcio nel culo e` un passo avanti [C 138]. Di quantita` trascurabile che fa danno, vedi Con tanti niente ammazzai l’asino [N 334]. 934

Tutto fa mucchio. Per analogia. Vedi anche Tutto fa, diceva quella donna che pisciava in Arno [A 1227]. 935

BRONZO 936

Ci vorrebbe un omino di bronzo per portare la moglie a zonzo.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

937

Brozzi, Peretola e Campi son la peggio genia che Cristo stampi. Firenze. Per il noto fenomeno che la gente dei paesi vicini e` sempre quella peggio considerata, questa nomea e` toccata in sorte alle tre piccole localita` adiacenti a Firenze, ne´ migliori ne´ peggiori delle altre. Vedi anche Campi. 938

BRUCIARE f Vedi Ardere. Quando la casa brucia si lascia ogni faccenda. Quando si manifesta un grave pericolo, una minaccia, non si puo` pensare ad altro e ci si occupa solo di quello. Quando e` a rischio la sopravvivenza, o quello che si ha di piu` importante non si puo` avere altro pensiero. 939

940 Quel che non ti brucia, lascia che bruci. Di quello che non ti riguarda, non ti tocca personalmente non te ne curare. Occuparsi a fin di bene delle cose degli altri porta sempre fastidi e grane. Vedi anche Arrosto che non ti tocca lascialo bruciare [A 1260]; Non metter bocca dove non ti tocca [B 664].

Non bruciar la casa per far fuggire i topi. Non procurarti un danno grave per ottenere un vantaggio da poco o levarti una magra soddisfazione. Non ci si deve rovinare per una ripicca. 941

BRUCO 942 Chi nasce bruco diventa farfalla. Date le premesse non si puo` che giungere alle dovute conclusioni. Chi viene a trovarsi in una situazione che prevede un determinato sviluppo, inevitabilmente si trovera` a seguire l’itinerario obbligato. Vedi Anche la piu` bella farfalla e` stata un bruco [F 346].

pag 259 - 04/07/2007

BRUMA

196

.

BRUMA Bruma viene da *brevima, forma sincopata per brevissima (dies), giorno assai corto, poiche´ si verifica nel periodo del solstizio d’inverno. Col termine si indica la nebbia, la foschia e piu` in generale la stagione invernale piu` fredda. Mese di bruma: dinanzi mi scalda e dietro mi consuma. Tempo di foschia, di nebbia e di freddo: il fuoco del camino davanti scalda, mentre il freddo dietro tormenta. 943

BRUNO f Vedi Biondo. Il bruno il bel non toglie. Il colore scuro delle vesti non diminuisce la bellezza. Bruno era detto l’abito nero che s’indossava dopo la morte del congiunto in segno di lutto (vestire il bruno). Il proverbio giocando sull’aggettivo bruno potrebbe alludere alla giovane vedova, quindi al colore non solo del vestito ma dei capelli e degli occhi; o anche al colore scuro dell’incarnato, secondo il Cantico dei Cantici (1.4): Nigra sum sed formosa, filiae Jerusalem: ‘‘Sono nera, ma son bella, figlie di Gerusalemme’’. La frase era un tempo assai nota, essendo divenuta un’antifona cantata durante le feste della Madonna.

Contrario al precedente. Il gallo si sveglia per fare il suo lavoro che consiste nel chiamare gli altri al lavoro; prima pensa a se´, a osservare la regola lui, poi guarda gli altri e la impone loro. BRUTTA Come sostantivo. f Vedi Bella. Mentre la bella vien guardata la brutta e` sposata. Mentre la bella si lascia ammirare, civetta, sceglie, fa la ritrosa, la brutta ha gia` pensato a crearsi un rapporto vero e solido. Vedi anche E` piu` facile che si mariti una brutta che una bella [B 958]. 947

948

944

Mentre la bella si specchia la brutta si sposa.

Chi per denaro la brutta si piglia semina grano e raccoglie paglia. Chi fa un matrimonio d’interesse sposando una donna che non gli piace fa un cattivo affare, dando roba buona in cambio di merce scadente. Vedi anche Chi prende una donna brutta per la roba non gode ne´ l’una ne´ l’altra [R 803]. 949

Se si maritassero solo le belle, che farebbero le brutte? Ma non e` soltanto la bellezza a indurre al matrimonio. Vedi anche Belle o brutte si sposano tutte [B 308]. 950

La brutta si lamenta e la bella non s’accontenta. Le donne non sono mai contente: la brutta si dispera perche´ non trova marito, e la bella non e` mai soddisfatta di quello che le viene offerto; ovvero: la brutta si dispera perche´ e` brutta, la bella perche´ non e` mai soddisfatta della propria bellezza. 951

BRUSCOLO Vedi il bruscolo nell’occhio del prossimo e non la trave che hai nel tuo. Direttamente dal Vangelo (Matteo 7.3): ‘‘Perche´ osservi il bruscolo che e` nell’occhio di tuo fratello, e non scorgi la trave che e` nell’occhio tuo?’’. Bisogna pensare prima ai propri difetti e poi, se mai, a quelli degli altri. Vedi anche Ognuno ha due bisacce: quella davanti delle virtu` e quella dietro dei vizi [B 581]; Medico, cura te stesso [M 1098]; Nessuno sente il puzzo della sua merda [M 1285]; Chi si fa Argo nell’onore altrui riesce talpa nel suo [O 373]; Ogni lumaca vede le corna della vicina [L 995]; Il gobbo vede la gobba del compagno e non la sua [G 884]; La padella dice al paiolo: fatti in la` che mi tingi [P 17]. 945

946

Il gallo prima si sveglia e poi chiama gli altri.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BRUTTO Sostantivo. Il brutto viene guardato con ironica simpatia, basta che rimanga entro determinati limiti. f Vedi Bello. Se il brutto dolesse, tu sentiresti che urli. Toscana. Per dire che la bellezza e` cosa rara e preziosa. Alla tanta bruttezza che ci circonda non si fa caso, ma se questa fosse una malattia dolorosa ci accorgeremmo dagli urli e dai lamenti di quanto e` diffusa. 952

pag 260 - 04/07/2007

197 953 Il bello passa e il brutto rimane. Parafrasando il detto che la bellezza passa e la bonta` rimane, questo proverbio da` una scherzosa consolazione a chi bello non e`.

Il bello va e viene, il brutto si mantiene. Vedi anche Bellezza. 954

955 Al brutto si perdona, se non esagera. La bruttezza, non la deformita`, puo` essere attenuata e resa accettabile dal garbo, dalla gentilezza.

.

BUCATO

BUCA La cavita` in un terreno, la tana, ma anche la feritoia, il passaggio stretto; a questi significati correnti qui se ne aggiunge un terzo, quello di foro o strappo. f Vedi Altare, Buco. 963 Dov’e` la buca e` il granchio. Quando c’e` una stretta relazione tra due cose, se se ne vede una si puo` presupporre la presenza dell’altra. Il granchio non si allontana dal suo rifugio.

La volpe non si fa trovare due volte nella stessa buca. Non si deve mai ripetere lo stesso errore. La volpe, una volta che e` stata sorpresa nella sua buca, cerca subito una nuova tana. Vedi anche L’asino dove e` cascato una volta non ci casca piu` [A 1382]. 964

Anche nel brutto non si deve esagerare. Non si deva mai esagerare in nulla, ma nella bruttezza vi e` una soglia invalicabile. 956

BRUTTO Come aggettivo. f Vedi Bello, Fotografia. Brutta di viso ha sotto il paradiso. Secondo il proverbio una donna, non bella di viso, possiede doti nascoste. Sul termine sotto le interpretazioni sono anche spregiudicate, e s’immagina che possano essere bellezza nel corpo e maestria nell’amore; mentre altri interpretano ‘‘sotto l’apparenza, nel profondo’’ dove si nasconderebbero eccezionali doti morali. 957

E` piu` facile che si mariti una brutta che una bella. Forse perche´ non e` capricciosa, vana e difficile come la bella. Vedi anche Mentre la bella vien guardata la brutta e` sposata [B 947]. 958

959 Donna brutta, presto amata. Mostrandosi piu` disponibile e gentile.

Esser brutto e` una disgrazia, peggio ancor non aver grazia. La grazia, l’eleganza dei modi, la dolcezza del carattere sono qualita` essenziali senza le quali anche la bellezza non ha alcuna attrattiva. 960

Brutta stizzosa, donna invidiosa. Bruttezza e cattivo carattere inducono all’invidia 961

962 Il brutto e` dispettoso. Manifesta il disagio del suo stato con ripicche e molestie.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Chi cade in una buca deve tentar d’uscire. Chi cade in difficolta` deve subito cercare di districarsene da solo senza aspettare l’aiuto degli altri. Vedi anche Aiutati che Dio t’aiuta [A 372]. 965

Anche da una buca piccola si vede il cielo grande. Anche da un punto di vista ridotto, misero, meschino la grandezza e` sempre tale. 966

967 Alla buca ce n’avvedremo! Toscano, antico. Quando verra` il difficile, si vedra` se la cosa ti riesce. Un contadino che bestemmiava era stato preso dal Diavolo che lo portava su per il camino, attraverso il quale non era mai riuscito a passare, quando lo puliva. Sicuro che nemmeno questa volta ci sarebbe passato pronuncio`, rivolto al Diavolo, questa frase divenuta proverbiale; la storiella fa parte della tradizione orale. 968 A grosse buche, grosse toppe. In caso di necessita` bisogna ricorrere a mezzi anche dolorosi. A gravi danni, consistenti rimedi; a grandi mancanze, grandi integrazioni. Si riferisce agli strappi negli abiti che un tempo si chiudevano con una toppa, che si cercava di fare piu` piccola possibile, perche´ fosse meno evidente. Vedi anche A mali estremi, estremi rimedi [M 331].

BUCATO Il bucato era una faccenda domestica fondamentale, che di solito prevedeva alcune gior-

pag 261 - 04/07/2007

BUCO

nate di lavoro. Le procedure, come l’attrezzatura, potevano variare a seconda dei luoghi, ma si usava dovunque il ranno prodotto con la cenere e l’acqua bollente. Il sistema piu` seguito prevedeva il mastello, una conca di coccio che aveva nel fondo un vespaio fatto di stecche di legno, sul quale venivano disposti i panni. In cima al recipiente veniva steso un grosso panno di canapa, detto ceneraccio o cenerone, sul quale veniva posta una certa quantita` di cenere pulita. Sulla cenere veniva versata l’acqua bollente che si arricchiva delle sostanze prese dalla cenere (diventando ranno) e colava nei panni fino a essere raccolta nel vespaio del fondo e restituita attraverso il buco del mastello. Il ranno raccolto veniva di nuovo riscaldato e riversato sopra la cenere. Per il ranno vedi sotto [B 973]. f Vedi Bella, Calunnia, Cencio, Conca, Ranno, Sole. Quando la bella fa il bucato entra il sole in casa. Vuole una credenza popolare che quando una bella donna fa il bucato, anche se e` nuvolo, appaia il sole. L’esposizione al sole permette ai panni di asciugarsi presto e bene. Non si sa esattamente a cosa sia dovuto questa credenza che e` molto diffusa nei vari dialetti. Vedi anche, di significato diverso, Quando la bella fa il bucato se e` bel tempo vien turbato [B 255]. 969

970

198

.

Quando la bella fa il bucato il tempo si rifa`.

Il bucato di Donna Oliva che mette la pulce morta e la ritrova viva. Si dice di un bucato affrettato, che agisce solo superficialmente e non pulisce a fondo. Il detto rinvia ai tempi in cui il bucato aveva anche una funzione di disinfestazione della biancheria e delle lenzuola, uccidendo i parassiti con l’acqua bollente. L’esposizione al sole completava l’opera. Se l’acqua era solo tiepida facilmente gli insetti potevano sopravvivere. 971

Chi fa il bucato la mattina mette la pulce morta e la ritrova viva. Il bucato doveva restare almeno una notte intera in ammollo nel ranno.

nere, si otteneva cosı` carbonato di potassio che ha la proprieta` di sciogliere l’unto e addolcire l’acqua calcarea, facilitando l’opera del sapone. La cenere veniva scelta, preferendo quella prodotta da determinate piante, accantonata via via per questo scopo. Bucato soleggiato bucato beato. Una giornata di sole completava felicemente tutta la complessa e faticosa operazione del bucato. 974

Triste e` il bucato dove non ci son le brache d’un uomo. Si riferisce al bucato della donna rimasta zitella, nel quale non compaiono gli indumenti di un uomo, ovvero di una famiglia avviata. 975

BUCO Nei primi proverbi e` evidente il doppio senso, negli altri il buco e` una mancanza, una pecca (uno strappo, un debito, un varco nel recinto) a cui e` necessario metter subito riparo. Ma per il topo rappresenta la salvezza. f Vedi Buca, Chiodo, Ciambella, Pezza, Rammendare, Rattoppare, Toppa. ` piu` grande il buco della toppa. 976 E Il rimedio e` insufficiente per riparare il guasto. Ironico: anche di una donna imponente, statuaria che sposa un mingherlino. Vedi anche A grosse buche, grosse toppe [B 968]; La pezza deve essere sempre piu` grande del buco [P 1501]. A tal buco, tal cavicchio. Le cose che stanno insieme, che sono l’una in funzione dell’altra devono essere proporzionate. Il proverbio assume anche un greve doppio senso quando viene riferito a una donna grande e bella e al suo accompagnatore. Vedi anche A bella campana, bel battaglio [C 283]. Il cavicchio e` un legnetto rotondo, o un ferro, che s’introduce nel buco di un muro e si lascia sporgere per appendervi qualcosa. 977

972

Per fare un buon bucato ci vuole un buon ranno. Per fare una cosa bene ci vogliono buoni ingredienti. Il ranno, detto anche liscivia, era il risultato dell’acqua bollente passata nella ce973

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

978

A buco profondo cavicchio lungo.

979

A buco grande cavicchio grande.

980 Mastro Furia non trovo` mai il buco. Della serratura. Chi ha fretta incorre facilmente in errori che lo portano a perdere tempo. Furia e` un comune soprannome per

pag 262 - 04/07/2007

199

.

indicare una persona che ha sempre fretta, ovvero, per antifrasi, una persona lenta. Anche questo proverbio si puo` usare come i precedenti con evidenti doppi sensi. 981 Il buco chiama il ladro. Il varco lasciato in un recinto, una porta, un cancello aperti invitano il ladro all’azione. Condizioni favorevoli allettano ad agire; eventualmente inducono anche ad azioni illecite.

BUGIA

E` il topo che cerca il buco e non il buco il topo. E` chi ha bisogno che va in cerca di chi l’aiuti e non viceversa. Si dice a chi aspetta la soluzione dei propri guai senza darsi da fare. Il topo nei pericoli cerca sempre un buco dove rifugiarsi. 990

BUE f Vedi Bove.

982 Buco c’e` e buco resta. Commenta il tentativo inutile di rimediare un danno, tappare una falla, estinguere un debito, emendare un difetto.

BUDELLO Propriamente l’intestino, ma qui lo stomaco con le sue richieste. Riempire il budello equivale a riempire lo stomaco.

Non si puo` fare un buco per tapparne un altro. E` inutile chiudere un’apertura aprendone un’altra. Ha di solito senso figurato e si riferisce in genere ai debiti, alle cambiali. Vedi anche Si copre un altare per scoprirne un altro [A 492].

Il ballo non e` bello quando e` vuoto il budello. Il ballo non e` divertente se non e` accompagnato da abbondanza di cibo e bevande per rallegrare la festa e aumentare l’energia. Vedi anche Senza pane e senza vino l’amore non dura da sera a mattino [A 799].

984 Chi non chiude buchino chiude bucone. Chi non provvede a un piccolo inconveniente si trovera` col tempo a doverlo affrontare di proporzioni molto maggiori, ingigantito. Vedi anche Punto messo a tempo ne vale cento [P 2979]; Chi non serra un piccol varco, dovra` serrarne uno grande [S 1108]; Chi non corre coll’ago, corre poi con la pezza [T 728].

992 Budello sfondato fa onore alla mensa. Si usa per ironizzare su chi mostra apprezzamento per quanto e` in tavola piu` con la fame che con la cortesia. Budello sfondato significa ‘‘insaziabile, ingordo’’.

983

Chi non mette punto mette pezza. Per analogia. Chi non da` un punto, non ricuce subito un piccolo strappo col tempo dovra` metterci una toppa. 985

Basta un buco nel tetto per guastare una casa. Piccoli accidenti possono rivelarsi fatali. Qualunque difetto puo` essere causa di danni gravi. Un vizio guasta un carattere. Vedi anche Bonum ex integra causa... [B 363]. 986

987

Per piccolo buco affonda gran nave.

A volte la toppa e` peggiore del buco. A volte il rimedio e` peggiore del male, come una toppa troppo vistosa. 988

Al topo viene a noia entrare sempre per un buco. Le azioni ripetute continuamente, anche se utili e convenienti, vengono a noia. La tana del topo ha sempre piu` buchi d’accesso, ma, ovviamente, servono per trovare scampo, non per fuggire la noia. 989

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

991

BUFFONE 993 I matti e i buffoni hanno liberta`. I matti sono irresponsabili e tutti li lasciano dire; ai buffoni, che un tempo stavano a corte, era consentito di rivolgersi in modo irriverente perfino al principe. Chi non ha cervello e chi scherza puo` fare quello che ad altri non e` consentito. 994 Per i buffoni c’e` sempre pane. Per chi prende la vita allegramente, non considera nulla serio c’e` sempre posto dovunque e da vivere bene. Puo` essere detto malignamente, riferito a chi accetta di passare per ridicolo. Una volta i buffoni avevano posti invidiabili a corte.

BUGIA Un ricco repertorio di bugie: le bugie vere e proprie, grosse o piccole, le mezze verita` che servono per andare avanti nella vita, le bugie dette per cortesia, per educazione e quelle necessarie a coprire una verita` sconvolgente, infine la bugia come illusione, motore della vita e dei rapporti umani.

pag 263 - 04/07/2007

BUGIA f

Vedi Bugiardo, Galantuomo, Menzogna, Verita`.

995 Le bugie hanno le gambe corte. E` difficile che una bugia vada lontano, ovvero non e` facile tenere in piedi a lungo qualcosa che si fonda su una menzogna. E` prosecuzione diretta di varie sentenze mediolatine, riconducibili ad un comune modello: Mendacia curta semper habent crura; questo, a sua volta, si spiega bene come riferimento ad una favola di Fedro (Appendix Perott. 4 = n. 105), in cui si narra come Prometeo plasmo` nell’argilla Veritas, Verita`, mentre il suo aiutante Inganno inizio` di nascosto a fare una statua identica, per i piedi della quale venne pero` a mancare l’argilla: essa venne lasciata mutila e chiamata Mendacium, Menzogna. In italiano si e` instaurato inoltre un equivoco sul doppio significato della parola bugia, che indica anche quel piccolo candeliere casalingo, costituito da un piattino col manico, che si spostava da una stanza all’altra. Aveva in genere gambe cortissime, ovvero piedini, che lo tenevano appena sollevato sul piano del tavolo o del comodino. Vedi Si scopre prima un bugiardo d’uno zoppo [B 1035]. 996

La bugia e` zoppa.

997

La bugia non ha piedi.

La bugia non invecchia. Si scopre facilmente. Muore prima. 998

Le bugie quando vedono il sole muoiono. Quando si fa chiaro, scompare il fumo, la nebbia dei sotterfugi, la bugia si dissolve. 999

Le bugie fanno allungare il naso. Il bugiardo si riconosce facilmente. Deriva dallo scherzo che si fa ai bambini quando dicono una bugia, facendo loro credere che ai bugiardi s’allunghi il naso, e loro cadono nel tranello toccandoselo per verificare se e` vero. Collodi costruı` un capitolo di Pinocchio (17) su questo gioco, facendo allungare il naso al burattino ogni volta che diceva una bugia. 1000

1001

200

.

La bugia ha il naso lungo.

La bugia corre avanti e la verita` viene con calma. La bugia, la notizia falsa, la mormorazione passano rapidamente di bocca in bocca, portate dalla curiosita`, dalla meraviglia, dalle chiacchiere. La verita` si stabilisce con calma e fatica, si fa largo lentamente dopo che si 1002

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

sono fatti tutti i pettegolezzi e le supposizioni. Vedi anche La verita` ha un asino e la menzogna un palafreno [V 534]. 1003

La bugia va a cavallo e la verita` va a piedi.

1004

Cammina piu` la verita` che e` zoppa, della bugia che ha sette cavalli.

La bugia corre, ma la verita` le va sempre dietro. La bugia si diffonde rapidamente, ma la segue sempre la verita`, nella forma di dubbio, di ripensamento, di smentita. 1005

Non c’e` colla per tenere insieme le bugie. Quando le bugie si sommano non stanno piu` insieme. Difficilmente il bugiardo riesce a costruire un sistema coerente di menzogne, una trama solida: alla fine qualche maglia non tiene e crolla il castello di bugie. 1006

Piu` la bugia cammina piu` diventa grande. Passando di bocca in bocca la bugia s’ingrossa perche´ ciascuno riferendola vi aggiunge qualcosa di suo o deforma qualcosa capito male, come nel gioco infantile di passaparola. 1007

1008 Una bugia tira l’altra. E` inevitabile che per sostenere una bugia si debba ricorrere a una nuova menzogna, cosı` che da una bugia parte una catena di falsita`. 1009

Una bugia ne tira dieci.

1010

Una bugia sola non basta mai.

La bugia che ha fortuna e` quella che viene di lontano. La bugia che arriva di lontano ha piu` autorita` ed e` piu` facilmente creduta di quella casalinga: parla infatti di cose remote, o e` riportata da persone estranee e, soprattutto, difficilmente si puo` verificare. 1011

1012 Bugie, solo grosse. La piccola bugia, modesta, attenuata, espressa in modo incerto, dubbioso non e` facilmente creduta, mentre la grossa bufala, detta categoricamente e senza esitazioni viene accolta subito e con facilita`.

Le bugie grosse son credute piu` delle piccole. Vedi anche Conserva la menzogna per quando ti bisogna [M 1245]. 1013

pag 264 - 04/07/2007

201

.

BUGIARDO

1014

Chi ha vissuto, chi ha letto e chi ha veduto puo` dir bugie ed e` creduto. Chi parla di tempi passati a chi non li ha vissuti, chi ha cognizioni e cultura, chi ha viaggiato e visto di persona puo` raccontare il falso ed essere creduto facilmente.

La bugia che serve e` migliore della verita` che scotta. E` sempre aperta la questione se si debba dire sempre e solo la verita` a chiunque, o se si possa o si debba nascondere il vero a fin di bene. Il proverbio e` decisamente d’accordo su questo secondo parere.

Non c’e` bugia cosı` grossa che non trovi qualcuno che la creda. In realta` si tende a credere quello che piace e tutto puo` esser creduto.

1025

1015

1016 Le bugie vanno sapute dire. Anche dire bugie e` un’arte: bisogna essere convincenti, seri, partecipi, entrare nella parte e aggiungere un po’ di verita` per rendere il falso credibile. Soprattutto avere memoria e non entrare in contraddizione, vedi Il bugiardo deve aver buona memoria [B 1032]. 1017 Un po’ di vero fa credere la bugia. Precisazione del precedente. 1018

Un po’ di verita` e` il lasciapassare della bugia.

Tra verita` e bugia si vende mercanzia. Un po’ di verita` e un po’ di bugie animano il commercio, al fine d’invogliare, rassicurare, stuzzicare il cliente, il quale in parte ha anche voglia di stare al gioco. Vedi Buon bottegaio, buon bugiardo [B 818]; Chi non sa mentire chiuda bottega [B 805]. 1019

1020

Non c’e` mercato senza bugie.

Con verita` e bugie si tira avanti e si campa. Nella vita le bugie sono necessarie quasi quanto la verita`, utili per tirare avanti, darsi coraggio, sentirsi migliori, tenere gli altri a bada. 1021

Ci si mette lo stesso tempo a dire una bugia che a dire la verita`. Dire il falso e` facile come dire il vero; avverte che chiunque puo` riuscire a mentire. 1022

Si crede piu` una bella bugia che una brutta verita`. La bella bugia, quella che suscita interesse, meraviglia, scandalo, incredulita`, piace, diverte, rompe la monotonia: e` quello che molti desiderano sentire e quindi e` facilmente creduta. La brutta verita` e` quella scomoda, che implica qualcosa di spiacevole e quindi tarda a essere creduta. 1023

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1024

Meglio una pietosa bugia che una crudele verita`.

Vale piu` una bugia saputa dire che una verita` detta a sproposito. Una bugia che arriva a proposito, per esempio per tamponare una situazione d’emergenza, e non reca danno e` preferibile a una verita` enunciata brutalmente senza nessuno scopo ne´ utilita`. 1026

1027

Meglio una bugia al momento buono che una verita` al momento sbagliato.

1028 Bugia detta per scusa non e` peccato. Una bugia detta al fine di scusarsi, di rimediare a una scorrettezza, a un’indelicatezza, non e` da condannare. 1029 Senza bugie non ci sarebbe il mondo. Proverbio che apre una riflessione sulla struttura della societa`, della vita e del mondo, in cui il falso, l’illusione, la menzogna, l’evanescente non solo si mischiano al vero, ma fanno parte del reale al punto che non e` possibile districare il vero dal falso.

Di bugie si puo` vivere e di verita` morire. La falsita`, l’illusione, la bugia rendono possibile la vita, lo scambio, la convivenza, perfino l’amore, mentre la spietata verita` e` capace di distruggere ogni speranza e ogni rapporto, di far odiare i propri simili. Siamo di fronte a un proverbio filosofico, ad una sorta di meditazione sulla struttura della realta` che puo` richiamare il Della dissimulazione onesta di Torquato Accetto (1641). 1030

Se per ogni bugia cascasse un occhio, sarebbe un mondo di ciechi. Nessuno puo` dire di non aver mai detto una bugia. 1031

BUGIARDO 1032 Il bugiardo deve aver buona memoria. Per non cadere in contraddizione o smentire involontariamente quello che ha detto. Il concetto e` gia` qualificato come detto popolare da Quintiliano (Istituzioni oratorie, 4.2.91) nella

pag 265 - 04/07/2007

BUIO

202

.

forma Mendacem memoren essere oportere ‘‘Bisogna che il bugiardo abbia memoria’’ (citato anche da Apuleio, Apologia 69 e san Girolamo, Contro Rufino 13). Vedi anche Le bugie vanno sapute dire [B 1016]; Ben ricordi e tenga a mente il bugiardo quando mente [M 1236].

giro i compagni gridava al lupo senza che ci fosse alcun pericolo; quando gli amici accorrevano per aiutarlo li derideva come creduloni. Un giorno il lupo arrivo` davvero e il pastore ebbe un bel gridare aiuto: non venne nessuno. Il tema e` stato poi ripreso da molti altri favolisti.

Chi mente tenga a mente. Per analogia.

1042 Chi e` [Ogni] bugiardo e` (anche) ladro. Chi mente ha qualcosa da nascondere e quindi facilmente tende a celare quello che e` uno dei peccati piu` comuni, il furto. Forse anche: il bugiardo ruba, carpisce la buona fede del prossimo. E` diretta prosecuzione della massima medievale Mendax et furax ‘‘Bugiardo e ladro’’, nota anche in una forma piu` distesa: Mendaces aiunt furibus esse pares ‘‘Si dice che i bugiardi siano uguali ai ladri’’.

1033

1034 Chi non ha memoria non dica bugie. Per analogia.

Si scopre prima un bugiardo d’un gobbo [d’uno zoppo]. La velocita` con cui un bugiardo si contraddice lo fa subito riconoscere. Un monostico di Menandro (841 J.) suona ‘‘Nessun bugiardo rimane nascosto per molto tempo’’, mentre gia` un frammento di Sofocle (fr. 62 R.) dichiara che ‘‘Nessuna menzogna giunge alla vecchiaia’’, anticipando di molti secoli un adagio medievale: Mendacium nullum senescit ‘‘Nessuna bugia invecchia’’. Vedi Le bugie hanno le gambe corte [B 995]. 1035

Si prende prima un bugiardo d’uno zoppo. Parlando il bugiardo non va lontano ed entra presto in contraddizione, mentre lo zoppo va piano, ma sicuro. 1036

Per conoscere un bugiardo bisogna farlo parlare tre volte. Sicuramente alla terza sara` caduto in contraddizione. 1037

1038 Al bugiardo non e` creduto il vero. Quando uno ha la fama di bugiardo puo` dire la verita`, ma nessuno ci crede. Una favola di Fedro (11) si apre con un distico ripetuto come massima, con minime variazioni, per tutto il Medioevo: Quicumque turpi fraude semel innotuit / etiam si verum dicit amittit fidem ‘‘Chi una volta si e` reso noto per un turpe inganno, anche se dice il vero non ottiene credito’’. 1039 1040

Chi per bugiardo e` conosciuto anche se dice il ver non e` creduto. Il bugiardo non e` creduto neppure quando dice il vero.

Nessuno credette al bugiardo quando il lupo gli mangio` le pecore. Dalla favola di Esopo, Il pastore che scherzava (Favole 318): un pastore per prendere in 1041

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

Fai parlare il bugiardo e quello si scopre. Piu` il bugiardo parla e piu` cade in contraddizione. E` il principio sul quale si basano gli interrogatori della polizia. Vedi anche Non c’e` colla per tenere insieme le bugie [B 1006]. 1043

Per sapere la verita` ci vogliono due bugiardi. Mettendo a confronto quanto dicono due bugiardi si ottengono tante contraddizioni che possono mettere sulla strada per capire quale sia la verita`. 1044

1045 Ogni uomo e` bugiardo. Nessuno nella vita riesce a essere limpido, chiaro, veritiero sempre in ogni occasione. C’e` sempre qualcosa che una persona vuole che resti segreta o che sia creduta in un certo modo. Espressione che viene direttamente dalla Bibbia (Salmi 116.11 = Vulg. 115.2) ‘‘Ho detto con sgomento: – Ogni uomo e` inganno.’’, e che nella Vulgata suona: 1046 Omnis homo mendax. Usato, come il precedente, per dire che la menzogna accomuna tutti, anche se nel contesto biblico ha particolare pregnanza in quanto oppone questa condizione umana a quella divina, unica fonte di Verita` e salvezza. Il nesso e` stato probabilmente reso ancora piu` famoso dalla ripresa che ne fa san Paolo, Lettera ai Romani 3.4. 1047

Tutti dicono bugie.

BUIO 1048

Ci sono cose che si fan meglio al buio che alla luce.

pag 266 - 04/07/2007

203

.

Proverbio ironico e solo apparentemente paradossale: ci sono azioni che si fanno meglio senza essere visti, delle quali non vogliamo saperne neppure noi stessi. 1049

Quel che si puo` fare al buio non si puo` fare alla luce.

1050 Per rubare ci vuol tempo e buio. Per commettere un’azione malvagia occorrono il momento favorevole e la situazione opportuna che renda facile il misfatto. 1051 I gatti prendono i topi anche al buio. Chi conosce bene un’arte l’esercita anche nelle difficolta`, non si sgomenta degli ostacoli. I gatti sono appunto capaci di catturare i topi nell’oscurita`. 1052 Al buio tanto e` vetro che diamante. Al buio gli oggetti si confondono e i valori si equivalgono. Il buio puo` essere anche metaforico, come l’incapacita` della gente di valutare saggiamente. Vedi anche Di notte tutti i gatti sono bigi [G 251]; Spenta la candela tanto e` la bianca che la nera [G 254].

BULLETTA f Vedi Falegname. 1

BUONO Sostantivo. Cio` che e` buono, il bene, la parte migliore.

BUONO

Nella scala dei valori il buono non e` il grado piu` alto, al di sopra c’e` il meglio, e poi c’e` anche l’eccellenza. Prendi il buono quando ce l’hai che il cattivo non manca mai. Ognuno deve godersi la parte di bene, di felicita`, di fortuna che gli tocca, senza preoccuparsi del domani, perche´ nello stesso modo dovra` accettare pene, dolori sofferenze. Vedi anche Prenditi il bene quando viene [B 377]. 1059

BUONO2 Aggettivo e sostantivo. L’uomo buono, onesto; ma anche colui che e` capace, abile. 1060 Chi e` buono crede che tutto sia buono. Chi e` buono vede tutto nella sua ottica. Vedi anche Chi non mente crede che tutti dicano il vero [M 1235]. 1061

Chi e` buono crede che tutti siano come lui.

Meglio la lode d’un buono che quella di cento malvagi. L’elogio di una persona retta ha piu` valore del plauso di numerosi malvagi che giudicano secondo i propri interessi. 1062

1063 Chi si siede coi buoni si alza coi buoni. Chi frequenta persone rette impara la rettitudine. Vedi in senso negativo Chi pratica lo zoppo impara a zoppicare [Z 107].

Il buono non e` mai troppo. Di fronte a qualcosa di buono nessuno dice mai basta. Oppure: nessuna persona e` mai abbastanza buona.

Coi buoni si fa come si vuole, coi cattivi si fa come si puo`. Mentre con i buoni si ha liberta` d’azione, con i cattivi siamo condizionati e in qualche modo si procede per compromessi.

1054 Il buono viene in fondo. Di solito la parte migliore, di un pranzo, di un racconto, di una mostra arriva o si pone studiatamente per ultima. La parte essenziale per giudicare e` quella finale, che da` senso e valore a tutto il resto. Vedi Dulcis in fundo [D 694].

Batti il buono e lo farai migliore, batti il cattivo e lo farai peggiore. Le correzioni, anche forti come le percosse, non servono a redimere chi e` di natura malvagia: la lezione lo incattivisce piuttosto che portarlo verso la retta via.

Ora viene il buono, diceva quello che cacava il cuore. Paradossale, per cio` che va a finir male.

Loda il buono e diverra` migliore, biasima il tristo e lo farai peggiore. La lode spinge il buono a fare meglio, il biasimo rende piu` cattivo il malvagio.

1053

1055

1056 Il buono piace a tutti. Quello che e` piacevole e vantaggioso e` gradito a tutti. Vedi anche Il bello piace a tutti [B 288]; I buoni bocconi piacciono a tutti [B 686]. 1057

Il buono lo conoscono tutti.

1058

Il buono e` buono e il meglio e` meglio.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1064

1065

1066

Chi e` buono lo e` perche´ non sa essere cattivo. Proverbio un po’ cinico: chi e` buono lo e` perche´ non ne puo` fare a meno, perche´ trova in questo il suo piacere, oppure non ha il coraggio di agire diversamente. Questa spie1067

pag 267 - 04/07/2007

BUONO

204

.

tata analisi non e` priva di fondamento e indaga nelle pieghe nascoste delle motivazioni umane con la spregiudicatezza molto vicina alle massime di La Rochefoucauld. Tre volte buono vuol dire bischero. Detto toscano, che condanna l’eccessiva bonta` come ingenuita` o dabbenaggine. Concetto ripetuto in altri proverbi dialettali. Per bischero vedi la voce relativa. 1068

Tre volte bon vol dir mincion. ‘‘Tre volte buono vuol dire minchione’’. Veneto, a illustrare una tipologia diffusa nel Settentrione. 1069

1070 Il buono e` creduto minchione. Chi si mostra gentile, disponibile, paziente viene considerato ingenuo, sciocco ed e` naturale approfittarsene.

Quand’uno e` buono tutti se n’approfittano. Vedi anche Se sei dolce ti succhiano, se sei amaro ti sputano [D 689]; A chi e` troppo buono glielo mettono in culo [C 2626]. 1071

Buono per natura, vita tribolata e dura. Perche´ tutti se ne approfittano. 1072

I piu` buoni finiscono in croce. E` evidente l’allusione a Gesu` Cristo. In generale: coloro che sono buoni finiscono per essere le vittime degli spregiudicati che abusano della loro disponibilita`. 1073

1074 I piu ` buoni se li mangia il lupo. I migliori scompaiono perche´ si offrono e si prestano generosamente sostituendosi agli altri anche in imprese difficili. Il lupo, nella sua dimensione simbolica, sta per la morte. 1075 I buoni sono tutti in Paradiso. Sulla terra non ne sono rimasti. La frase si ripete a chi afferma la bonta` propria o altrui. Nel proverbio e` implicita la considerazione che i buoni non sono fatti per questo mondo. Vedi anche I piu` bravi muoiono alla guerra [B 876].

Pane buono, vino buono e uomini buoni sono i primi a finire. Pane e vino buoni essendo piu` appetibili si consumano prima di quelli cattivi. Per gli uomini buoni e` la loro generosita` che li porta

a spendersi per gli altri, a esporsi ai pericoli. Vedi anche L’uomo bravo e il vino buono finiscono presto [B 877]. Sembrava buono e morı`: sembrava cattivo e ancora e` vivo. Senza un minimo di grinta la bonta` finisce per portare alla rovina, dato che tutti se ne approfittano. 1077

Chi e` troppo buono con gli altri non lo e` abbastanza con se stesso. Chi esagera nella disponibilita` verso gli altri trascura se stesso, venendo meno al dovere che ognuno ha di rispettare se stesso almeno come gli altri. 1078

1079 Nessuno e` buono dal buco della chiave. Nella vita intima, segreta nessuno e` perfetto.

Non e` buono chi non cerca di diventare migliore. La bonta` e` una tendenza, una tensione verso il miglior comportamento possibile: chi si considera buono ha un codice gia` prestabilito al quale si attiene e non lascia spazio a quello slancio interiore che e` la vera bonta`. Per questo spesso chi si crede buono non lo e`, come formalizza il proverbio seguente: 1080

Chi si crede buono comincia ad essere cattivo. Chi si considera buono crede che tutti gli debbano qualcosa, giudicando il loro comportamento dal presupposto della sua bonta`. Vedi anche Chi non migliora peggiora [P 1058]; Chi non va avanti va indietro [A 1556]. 1081

Dio ci scampi dai tuoni e dai lampi, da idee di coglioni e da quelli che fanno i buoni. Le idee balorde possono sedurre gli ingenui e portarli a sicura rovina, ma anche coloro che si atteggiano a persone rette, onestissime, scrupolose fino all’eccesso possono fare danni gravissimi. 1082

Chi e` reo e buono e` tenuto puo` fare il male e non e` creduto. Non si crede alle cattive azioni di un malvagio che ha fama di essere buono. 1083

1076

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

1084

Fatti un buon nome e piscia a letto: diranno tutti che hai sudato.

1085

Chi ha buon nome [buona fama] puo` pisciare a letto e dire che ha sudato.

pag 268 - 04/07/2007

205

.

Chi non e` buono per se´ non e` buono per gli altri. Chi non sa bastare a se stesso non e` in grado di essere utile agli altri. Qui buono significa ‘‘capace’’. Vedi anche Chi non fa bene i fatti suoi non fara` mai bene i fatti degli altri [F 425]. 1086

1087 Chi e` buono a qualcosa serve a tutti. Chi ha competenza, perizia in un determinato campo offre un servizio che puo` essere utile a tutti. 1088 I buoni sono spesso soli. Perche´ spesso sono guardati con sospetti dagli altri, che non credono nella loro sincera bonta`; o anche perche´ non trovano molte altre persone simili a loro con cui operare.

Quando il buono muore il tristo si ravvede. La sofferenza del giusto serve al ravvedimento del peccatore. Solo quando il malvagio vede gli effetti delle sue cattive azioni comprende il male che ha fatto. 1089

BURIDANO f Vedi Dubitare. BURLA Burle e meraviglia rimangono in famiglia. Gli scherzi che si fanno in casa e le prodezze, le virtu`, le capacita` straordinarie di ciascun familiare non si raccontano agli estranei, i quali potrebbero fraintendere i primi e considerare le lodi come un vanto meschino. 1090

1091 La burla scopre il vero. Una battuta detta per scherzo puo` generare in chi l’ascolta una reazione rivelatrice, un turbamento o un imbarazzo che scopre qualcosa di nascosto. Vedi anche Chi burla si confessa [C 2000]; Burlando si dice sempre qualcosa di vero [B 1094]. 1092 Non vi e` peggior burla che la vera. Niente offende di piu` di quello che gioca su verita` che scottano: veri vizi, veri difetti, vere colpe, ecc.

BURLARE f Vedi Arlecchino. 1093

Chi burla e` burlato.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

BURRONE

Chi non perde occasione di ridere alle spalle degli altri, chiama gli altri al gioco e diviene oggetto delle altrui burle. Burlando si dice sempre qualcosa di vero. Nello scherzo si nasconde sempre qualcosa di vero sia perche´ cosı` il gioco si fa piu` divertente, la puntura piu` acuta, sia perche´ talora questo puo` essere il solo modo per toccare certi argomenti senza colpire la suscettibilita`. Rinvia ad una nota massima medievale Ridendo dicere verum ‘‘Dire il vero ridendo’’, che e` a sua volta adattamento di un luogo di Orazio, Satire 1.1.24 sg. Ridentem dicere verum / quid vetat? ‘‘Cosa impedisce di dire la verita` scherzando?’’. Vedi anche La burla scopre il vero [B 1091]; Arlecchino dice la verita` burlando [A 1219]; Chi burla si confessa [C 2000]. 1094

BURRO Burro di vacca, cacio di pecora, ricotta di capra. Il burro piu` fine e delicato proviene dal latte della vacca, meno pesante di quello della mucca. Il formaggio migliore viene dal latte di pecora, piu` saporito e ricco di aromi grazie alle erbe diverse e selvatiche delle quali si nutre. La ricotta, che e` ricavata dal latte ormai sfruttato, viene maggiormente gustosa dalla capra che offre un latte dal sapore ancora piu` forte. 1095

1096 Le vacche non fanno solo burro. Chi fa qualcosa di buono non fa solo quello; come le vacche, che oltre al latte, partoriscono i vitelli, lavorano nei campi, forniscono carne e pellame. 1097 Il burro non guasta la cucina. Il burro e` un ingrediente che va quasi sempre bene dappertutto: se non migliora un piatto non lo rovina ne´ lo altera negativamente. Quando la cucina era povera di grassi il burro e condimenti simili erano maggiormente graditi.

BURRONE Vicino al fiume e in cima al burrone non si sa chi sia padrone. Piene e frane possono mutare i confini della proprieta`. 1098

1099

Chi fa la casa in cima a un burrone risparmia il notaio per il testamento.

pag 269 - 04/07/2007

BUSILLIS

206

.

Ironico. Chi fa una cosa stolta evita anche qualche fastidio, qualche incombenza noiosa o costosa. BUSILLIS Si racconta che un chierico, dovendo tradurre un brano latino, nella dettatura scrisse la frase In diebus illis (‘‘in quei giorni’’) nella seguente maniera: In die busillis. Tradusse: ‘‘Nel giorno...’’, ma busillis non venne fuori ne´ dal vocabolario, ne´ da altre parti, per cui divenne il nome proverbiale di un rompicapo. 1100 Qui sta il busillis. Questo e` il punto, questo e` il problema.

BUSSARE Si puo` bussare a una porta per farsi aprire, ma si puo` anche bussare sul tavolo per invitare il compagno al tuo gioco, come accade nel tressette. f Vedi Carta da gioco. 1101 Bussate e vi sara` aperto. Abbiate fiducia: chiedete, dite le vostre necessita` e sarete aiutati. Citazione evangelica che invita a non disperare della bonta` umana, della fortuna e soprattutto della provvidenza divina: ‘‘Bussate e vi sara` aperto, chiedete e vi sara` dato... poiche´ chi cerca trova’’ (Matteo 7.7; Luca 11.9). Ha una certa diffusione anche nel latino della Vulgata: Pulsate, et aperietur vobis. 1103 Dove si bussa si torna. Al gioco del tressette bussare e` il segnale che un giocatore fa al compagno per indicare d’avere carte buone in quel seme, questi deve assecondare il gioco mettendo in tavola la sua carta migliore e tornare a quel seme. Ne circola (o circolava) una formulazione latina risalente alle regole del Chitarella o Chitarrella, pseudonimo di un ignoto autore del XVIII sec. 1102

1104 Ubi buxatur, ibi tornatur. ‘‘Dove si bussa, lı` si ritorna’’. Vedi Carta da gioco. Quando nel gioco del tressette il compagno mette sul tavolo una carta battendoci sopra col pugno, l’amico deve giocare la migliore che ha di quel seme, far sua la mano e tornare a giocare una carta dello stesso seme. Bus-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

sando, il compagno l’ha avvertito che ha un buon gioco su quel seme e quindi puo` farsi alcune mani, se gli avversari non sono in grado di arginare il suo potere. Questi segni nel gioco sono necessari in quanto, a diversita` della briscola, il tressette e` rigorosamente muto. Il proverbio si usa anche genericamente per dire: dove si e` trovato qualcosa che ci piace si ripassa volentieri per vedere se ce n’e` ancora. A chi bussa cuori non si risponde picche. A chi fa una profferta d’amore non si risponde con uno scortese o duro diniego. Il proverbio usa la terminologia del tressette dove bussare vuol dire chiedere, chiamare una carta e rispondere vuol dire mettere giu` una carta dello stesso seme: se il giocatore chiede cuori, simbolo dell’amore, non si puo` rispondergli brutalmente picche, segno del rifiuto e del dispetto. 1105

Chi bussa a danari si sente rispondere a bastoni. Chiede soldi e riceve legnate. O anche: domanda una cosa e riceve una risposta del tutto diversa. Sempre ispirato al gioco del tressette: danari e bastoni sono due semi delle carte napoletane. Vedi anche Dove vai? Le son cipolle [C 1643]; Chiama e rispondi! [C 1398]. 1106

BUSTA 1107 Dalla busta si vede la lettera. La busta di una lettera, anche se chiusa, puo` rivelarne la provenienza e in parte anche il contenuto. Dall’aspetto di una persona si vede il suo animo.

Dalla faccia del marinaio si vede la burrasca. Per analogia. Dall’espressione del volto del marinaio si vede se e` una tempesta pericolosa o si tratta di un fortunale passeggero. 1108

BUTTARE 1109 Chi butta via prima, butta via due volte. Gettando via subito un oggetto inutile si ha un doppio vantaggio: ci si libera prima di un ingombro e di un fastidio. Forse un calco di Chi da` subito da` due volte [D 97].

pag 270 - 04/07/2007

C C Le parole a cui si riferiscono i proverbi seguenti prima di essere specificate sono indicate dalla loro iniziale comune. Questo modo di esprimersi puo` forse essere ricondotto molto indietro, fino alla tradizione sapienziale antica che spesso soccorreva la memoria con elenchi di parole contenenti un elemento simile. f Vedi Luna. Con l’eta` all’uomo sono necessari tre C: caldo, comodo, carezze. Passata la prima giovinezza, l’uomo ha bisogno di una vita comoda e di essere circondato d’affetto. C’e` un invito implicito a sposarsi e farsi una famiglia. 1

Tre C sono pericolosi per il matrimonio: compare, cugino, cognato. I personaggi maschili che frequentano con assiduita` la casa (un tempo solo i parenti e gli affini) possono mettere a rischio la fedelta` della moglie. Il compare d’anello, figura di primo piano soprattutto nel Meridione, e` il testimone di nozze, legato da fraterna amicizia con lo sposo, tanto da essere assimilato a un parente. 2

Cacarella, caduta e catarro sono le tre C che insidiano il vecchio. La persona anziana ha tre nemici che possono portarla alla morte: la dissenteria cronica che la sfibra, una brutta caduta che la inferma, e la tosse maligna che la soffoca. Vedi anche Tosse, diarrea e caduta sono la fine dei vecchi [D 267]. 3

CACADUBBI Il termine indica colui che e` sempre incerto e titubante. In area toscana si dice anche Il Sor Tentenna: persona che non si decide mai, torna sulle proprie scelte e rimanda all’infinito. 4 Cacadubbi non prese mai moglie. Colui che e` sempre indeciso e` destinato a non concludere mai nulla. Si usa per esortare qualcuno ad agire lasciando perdere dubbi e incer-

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

tezze. Vedi anche Chi troppo si consiglia giunge alla morte e moglie non piglia [C 2054]; Scaldaseggiole non fece mai nozze [C 5]. 5 Scaldaseggiole non fece mai nozze. Per analogia. Chi non sa decidersi non combina mai nulla. I contadini in Toscana chiamavano scaldaseggiole quei giovanotti che andavano per molto tempo ‘‘a far l’amore’’ (cioe` sedevano la sera in cucina o nel canto del fuoco) con una ragazza senza mai decidersi a sposarla. 6

Scaldaseggiole non prese mai moglie.

CACARE Saggi consigli per espletare bene la funzione fisiologica dell’evacuazione. Ma l’urgenza dello stimolo e l’espulsione di sostanze negative sono pretesti per insegnamenti piu` ampi. f Vedi Pisciare. Chi va al cesso e non caca bene tre volte va e tre volte viene. Chi ha difficolta` di evacuazione va spesso al cesso inutilmente. E` un invito ad agire nell’adempiere un compito con la calma e l’applicazione dovuta, altrimenti la cosa si prolunga senza esiti soddisfacenti. Vedi anche Chi non fa le cose bene cento volte va e viene [F 311]. 7

Chi non caca cachera` e chi caca troppo morira`. In un’ottica di medicina empirica, si nota che in certe funzioni fisiologiche il ritardo e` un segno raramente preoccupante, mentre il contrario puo` essere sintomo di grave malattia, di infezione anche mortale. 8

Piovere e cacare mal chi li deve desiderare. Aspettare con ansia la pioggia o l’espletamento delle funzioni fisiologiche indica la presenza di gravi inconvenienti o disagi, per la campagna o per la propria salute. 9

10

Cacare di mattina e` meglio d’una medicina.

pag 271 - 04/07/2007

CACARE

208

.

Purificare il ventre di mattina, al momento di alzarsi, e` opportuno per la salute. Ricalca un detto latino, rifatto su quelli della Scuola salernitana ma probabilmente di eta` molto piu` recente, che circola anche fra parlanti italiano in questa forma: Defecatio matutina tamquam medicina. ‘‘Evacuare di mattina e` come una medicina’’. Per analogia. 11

A mangiare tutto bene, a cacar sudore e pene. Molte azioni sono piacevoli da compiere, non cosı` gli effetti che producono. Mangiare e` un godimento, soprattutto le cose di cui si e` golosi, ma gli effetti possono essere sgradevoli: infiammazioni, stitichezza, diarrea. Vedi anche A rifarli ti ci voglio, disse la volpe al lupo che ingoiava i rasoi [V 1248]. 12

13 Meglio si mangia e peggio si caca. Le cose buone sono le piu` difficili da digerire. 14

Chi mangia bene caca male.

15

Chi mangia angeli caca diavoli.

Chi mangia da benedetto caca da maledetto. Mangia da benedetto chi si puo` permettere cibi costosi e ricercati, ma comunque destinati a dare pene all’intestino. 16

Non cacare in quella fontana dove dovrai tornare a bere. Non disprezzare quello che poi ti potra` servire. 17

18 Chi mangia uccelli caca penne. Ogni azione ha le sue conseguenze, i suoi effetti. Si riferisce agli animali che divorano gli uccelli con le penne, che non essendo digeribili compaiono nelle fatte. La civetta, ad esempio, ingoia gli uccellini interi e rigurgita le penne lasciandole cadere sotto il nido. 19 Chi tutto mangia tutto caca. Chi tutto consuma tutto finisce. Ammonimento contro la voracita`, ma soprattutto d’uso metaforico, in riferimento allo sperpero di patrimoni (si dice infatti: ‘‘Si e` mangiato tutto’’). 20 S’e` alzato presto per cacare lontano. Ha fatto un sacrificio per fare una sciocchezza. Di chi fa tanta fatica per un risultato da nulla, di chi si affanna e non ottiene niente,

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

implicando anche un giudizio di stoltezza. Vedi anche Cattiva nottata e figlia femmina [M 285]. Di cacare e sposarsi la voglia viene all’improvviso. Ironico. Si dice per giustificare decisioni repentine. L’accento e` posto naturalmente sulle nozze che vengono decise in segreto dai fidanzati e il cui annuncio lascia gli altri sorpresi. 21

Cacare e sposarsi se non si fa subito passa la voglia. Non bisogna rimandare, altrimenti nel primo caso passa lo stimolo, nel secondo l’entusiasmo. Vedi anche Matrimoni e maccheroni devon esser caldi [M 979]. 22

23 Chi mangia la semente caca il pagliaio. Chi consuma il capitale dovra` stentare per vivere. La semente era quella parte del raccolto, in particolare di grano, che si accantonava per seminarla ad autunno e quindi doveva essere conservata. La carestia o la miseria inducevano spesso a usarla come cibo e quindi, poi, non potendo seminare, non si aveva il raccolto successivo di grano e ci si doveva adattare a mangiare erba. Qui il pagliaio indica una grande quantita` di paglia, che era cibo per le bestie da soma.

C’e` chi in chiesa ci puo` cacare e chi non ci puo` dire neanche i paternostri. A chi e` concesso tutto e a chi non e` permesso nulla. A qualcuno (i potenti, i privilegiati) viene permessa ogni sconvenienza, con gentilezza e ossequio; ai miseri e` rifiutato il dovuto, e in malo modo. 24

25 Non si puo` far cacare il mulo per forza. Sulle cose naturali non si agisce con la costrizione. Anche: quando uno non vuol fare una cosa sono inutili incitamenti e sollecitazioni. Il mulo e` una bestia proverbialmente ostinata, si dice infatti Duro come un mulo. Vedi anche Quando i buoi non hanno sete e` inutile zufolare [B 845]; Trenta monaci e un abate non possono far bere un asino per forza [F 1261].

Non cacare nella neve se non vuoi che si scopra. Non compiere azioni che il tempo possa rivelare, quando vuoi che rimangano segrete. Oggi quasi privo di senso, non lo era quando la maggior parte dell’umanita` sbrigava i suoi bisogni all’aperto, nei dintorni della casa 26

pag 272 - 04/07/2007

209 (vedi Orto). La presenza della neve nascondeva temporaneamente quelle brutture che, col disgelo, apparivano davanti all’abitazione. Sono moltissimi i proverbi dialettali su questo argomento. Chi caca nella neve presto e` scoperto. Chi nasconde senza furbizia le sue malefatte viene subito scoperto. Vedi anche Chi nasconde lo stronzo sotto la neve se lo ritrovera` al sole [N 296]. 27

Non e` che per esser morto il canteraro non si cachi piu`. Una perdita, per quanto grave, non puo` cambiare del tutto il corso naturale delle cose. Il canteraro era il fabbricante di canteri: grandi vasi da notte alti e cilindrici, con relativo tappo, che si tenevano in camera per i bisogni fisiologici. 28

Per ben cacare bisogna calar le brache. Per ottenere qualcosa bisogna fare dei compromessi. Calar le brache e` porsi in posizione scomoda e ridicola e l’espressione indica l’atteggiamento di chi cede, si arrende, accetta l’imposizione per necessita` o per vantaggio. 29

CACARELLA La cacarella e` un disturbo passeggero dell’intestino, dovuto a un colpo di freddo o a un cibo indigesto. f Vedi C, Cacare, Uva, Vendemmia. Per fermare la cacarella ci vuole una sporta di pane. Si usava fermare la diarrea mangiando cibi che si riteneva potessero assorbire i succhi gastrici. Genericamente: per guarire dalla diarrea ci vuole il tempo di mangiare una gran quantita` di pane. 30

Cacarella non va d’accordo col culo stretto. Di fronte a necessita` impellenti e` giocoforza cedere. Chi ha la diarrea e` inutile che cerchi di trattenerla: non gli resta che calare le brache. 31

CACATA f Vedi Brina, Durare, Mangiata, Sudore.

CACCA f Vedi Merda. 32

Dopo tre ve`nti viene l’acqua e dopo tre peti vien la cacca.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

CACCIA

Il vento dura tradizionalmente tre giorni, dopo di che cade e viene la pioggia. Allo stesso modo dopo tre rumori viene lo stimolo di evacuare. 33 Dopo tre tuoni vien la pioggia. Per analogia.

CACCIA Grande svago un tempo, unico insieme alla pesca, per la gente di campagna: ma la serie iniziale di proverbi fa riferimento anche al tempo in cui la caccia e la pesca erano mestieri marginali, con i quali non pochi campavano alla giornata, magari unendovi qualche altra attivita` non molto remunerativa. Infine anche caccia nel senso di ‘‘cacciagione’’. f Vedi Cacciare, Cacciatore, Pesca. Chi va a caccia, poco piglia: stenta lui e la famiglia. I vantaggi procurati dalla caccia sono minimi rispetto al dispendio di soldi, di tempo e di energie, al punto che chi ha una passione del genere vive in miseria. Vedi anche Per un piacere mille dolori hanno gli amanti e i cacciatori [C 57]; Lisca di pesce e penna d’uccello fa d’un uomo un poverello [L 778]. 34

Chi va dietro a penna o a lisca perde piu` di quel che acquista. Per analogia. La penna e` quella degli uccelli cacciati, la lisca rappresenta il pesce: in ambedue i casi la spesa e` superiore al guadagno. 35

Chi va dietro a pesce e penne sulla terra mal ci venne. Per analogia. 36

Chi va dietro a lische o penne perde piu` di quel che prende. Per analogia. 37

Andare a civetta e pescare a cannuccia e` come grattare il corpo alla bertuccia. Per analogia. Nella caccia con la civetta ci si serve di questo uccello come richiamo. Cannuccia era detta specificamente la canna da pesca. Grattare il corpo alla bertuccia (= scimmietta) e` perdersi in cose da niente, come trastullare un animale. 38

Chi va a caccia scarpe e vestiti straccia. Chi va a caccia non ha altro risultato che quello di rovinare i propri abiti e consumare le scarpe. 39

pag 273 - 04/07/2007

CACCIARE

210

.

Il mestier dello schioppetto rende l’uomo poveretto. Per analogia. Schioppetto era un fucile leggero e corto del Cinque-Seicento, divenuto arma leggera per la caccia. 40

Chitarra e schioppo, la casa se ne va di galoppo. Per analogia. Oltre alla caccia, anche l’attivita` musicale, di cantastorie o suonatore da osterie, e` vista come causa di rovina economica. 41

Chi segue l’uccello vive povero e miserello. Per analogia. 42

Voi ve´de l’omo meschinello? o pescator di canna o cacciator d’uccello. Per analogia. ‘‘Vuoi vedere l’uomo poveretto? Guarda chi pesca a canna e chi va a caccia’’. Forma marchigiana di un modello proverbiale diffuso anche in altri dialetti. 43

44 La caccia la invento` uno zoppo. Per indicare che in questa attivita` vale piu` l’intelligenza, insieme all’astuzia e alla pazienza, per saper localizzare la selvaggina, piuttosto che fare miglia e miglia a casaccio. 45 Caccia a giorni e pesca a ore. La caccia ha i giorni buoni, durante i quali la selvaggina si muove e si presenta nei luoghi dove la si aspetta. La pesca invece ha ore di particolare fortuna nelle quali il pesce sale in superficie, si muove dai rifugi dove di solito staziona ed e` particolarmente vorace e quindi prendibile. 46 La caccia viva puzza. La caccia (qui nel senso di cacciagione, selvaggina uccisa) va fatta frollare, cioe` attendere che la carne dell’animale entri leggermente in decomposizione, altrimenti risulta dura: quindi e` la caccia morta che manda un certo odore. In effetti pero`, dice il proverbio, quella che veramente puzza, cioe` da` fastidio, e` la cacciagione rimasta viva, ossia quella che e` sfuggita al cacciatore. Vedi anche Il carniere vuoto e` piu` pesante di quello pieno [C 814]; Carniere vuoto scarponi pesanti [C 813].

Nel tempo dell’amore la caccia non ha sapore. Gli animali cacciati all’inizio della primavera, soprattutto nel periodo degli amori, pare che abbiano una carne stopposa e di poco sapore, mentre in autunno, dopo che si sono cibati abbondantemente durante l’estate, 47

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

sono nel momento migliore per essere cucinati. Oggi e` proibito cacciare gli animali nel momento in cui si riproducono. CACCIARE [Nel sign. di ‘‘andare a caccia’’] In questi proverbi il cacciatore non e` fortunato, cattura solo cose evanescenti, quando non diventa preda lui stesso. f Vedi Lepre. Cacciare e non prendere e` come leggere e non intendere. Andare a caccia senza prendere niente equivale a fare una cosa di nessuna utilita` e senza frutto, come chi legge senza capire quello che sta leggendo. 48

49 Altro e` cacciare, altro e` prendere. Una cosa e` sforzarsi di fare un lavoro, un’altra e` riuscire a compierlo, a concluderlo. Chi va a caccia non e` detto che torni con la selvaggina. 50 Altro e` tendere, altro e` pigliare. Per analogia. In questo caso si parla di caccia fatta con le reti, dette tese, nelle quali si inducono a scendere gli uccelli con i richiami. Per tendere le reti si usa ellitticamente tendere: andare a tendere. Vedi anche Una cosa e` filare e un’altra e` tessere [T 542].

Pescare a canna, cacciare a civetta e camminare scalzi son gusti da pazzi. Le attivita` di cattura, caccia e pesca, sono accomunate nella scarsa considerazione in quanto attivita` poco redditizie. Vedi anche Ne´ pescator di canna, ne´ uccellator di vischio hanno mai fatto buon acquisto [P 1386]. Camminare scalzi era un tempo abitudine comune nei mesi estivi; i contadini lo facevano per risparmiare le calzature e anche per comodita`, ma taluni esageravano, andando scalzi anche nei giorni freddi e su terreni pericolosi, col rischio di ammalarsi o di ferirsi. 51

Chi caccia a speranza prende nebbia (e gliene avanza). Chi agisce senza metodo, preparazione, conoscenze, conclude poco. Cacciare a speranza significa solo con la speranza di trovare qualcosa, senza un disegno, un’informazione. I cacciatori usano ritrovarsi, informarsi, far ricognizioni sulla presenza della selvaggina. Prendere, acchiappare, insaccare, imbottar nebbia significano tentare di afferrare qualcosa che non c’e` o e` evanescente, quindi fare 52

pag 274 - 04/07/2007

211 una cosa inutile, vana. ...e gliene avanza significa che prendera` tanta nebbia da non saperne cosa fare. Vedi anche Chi uccella a mosche morde l’aria [M 2126]. Chi uccella a speranza acchiappa [prende] nebbia. Per analogia. 53

Dove si pensa di cacciare si riman cacciati. Dove si crede di agire da furbi si viene gabbati. Si riferisce alla tesa delle panie, operazione nella quale spesso le mani s’invischiavano al punto da non permettere piu` l’operazione, lasciando il cacciatore in mezzo al bosco in una situazione imbarazzante. Vedi I pifferi di montagna andarono per sonare e furono sonati [P 1730]. 54

55 Chi ando` per uccellar resto` impaniato. Per analogia.

Chi caccia coi pallini d’argento raramente sbaglia il colpo. I pallini d’argento sono sinonimo di moneta: chi paga ha quello che vuole, con i soldi si ottiene, quasi sempre, tutto. Ma anche, con specifico e ironico riferimento al mondo venatorio: chi compra la selvaggina e` sicuro di prenderla e portarla a casa. Vedi anche Con un’accetta d’oro s’atterra ogni albero [A 90]. 56

CACCIATORE La passione per la caccia porta ad affrontare sacrifici e difficolta` non sempre ripagati da un adeguato risultato: ma se non si sparano cartucce si possono sempre sparare bugie. f Vedi Cane, Eroe, Fucile, Pernice, Pesca, Pescare, Pescatore, Uccello, Volpe. Per un piacere mille dolori hanno gli amanti e i cacciatori. Gli amanti, e piu` specificatamente coloro che si dedicano ad amori proibiti, e i cacciatori per raggiungere il sospirato obiettivo devono sopportare mille pene e difficolta`. 57

In guerra, nella caccia e negli amori per un piacere, mille dolori. Qui si ampia il numero degli infelici: chi e` in guerra, chi caccia e chi ama. Vedi anche Chi va a caccia, poco piglia: stenta lui e la famiglia [C 34]; Lisca di pesce e penna d’uccello fa d’un uomo un poverello [L 778]. 58

59

Cacciatori e pingisanti sempre indietro e mai avanti.

Mondadori DOC - Dizionario Proverbi

.

CACCIATORE

Cacciatori e pittori senza valore, quelli che dipingono sui marciapiedi alle fiere o nelle feste dei paesi, sono destinati a diventare sempre piu` poveri. Vedi anche Carbonai e pingisanti pochi passi vanno avanti [C 691]; Chitarra e schioppo, la casa se ne va di galoppo [C 41]. Cacciatore va col vento e va col sole. La passione per la caccia spinge a muoversi con qualunque tempo, scegliendo quello piu` adatto a incontrare selvaggina piuttosto che il piu` favorevole alla salute. 60

61 La carica fa il cacciatore. Si riferisce ai tempi in cui quando il cacciatore caricava il fucile ad avancarica con la bacchetta, dosava polvere e pallini secondo la necessita`, assestava il piombo con gli