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Italian Pages 189 [191] Year 2000
STUDIUM BIBLICUM FRANCISCANUM AnaIecta 48
ALFIO MARCELLO BUSCEMI
GLI INNI DI PAOLO UNA SINFONIA A CRISTO SIGNORE
FRANCISCAN PRINTING PRESS
Jerusalem 2000
PREFAZIONE
Una sinfonia! Ho usato tale termine di carattere musicale volutamente, perché gli inni paolini non sono solo poesia, ma soprattutto canto a Cristo Signore, una lode cosmico-ecclesiale. Inoltre, se si lasciano da parte alcuni frammenti (Ef 5,14; lTim 3,16; 2Tim 2,11-13) sparsi negli scritti di tradizione paolina, i quattro inni di Fil 2,6-11; Col 1,15-20; Ef 1,3-14; Ef 2,14-18 si possono considerare come i movimenti di un 'unica sinfonia, che pur nella loro diversità tematica esprimono consonanza nella lode armoniosa di Cristo Signore dell 'universo e della chiesa. Ed è questo il carattere specifico della presente pubblicazione. Infatti, non mancano di sicuro in italiano degli studi critici sugli inni paolini (Heriban, Marcheselli, Fabris e altri), ma per lo più si interessano a ciascun inno in maniera isolata. lo, invece, intendo presentare gli inni nella loro unità ideale di canto a Cristo Signore. Tale prospettiva è maturata in me piano piano, man mano che il mio interesse per gli inni si faceva sempre più consistente. La gestazione, infatti, di questa pubblicazione ha avuto un processo lento, ma continuo nel tempo. Ha avuto inizio in un seminario accademico (1996) ed è stato portato avanti in una serie di conferenze sulla cristologia paolina, tenute in vista del giubileo del 2000 durante l'anno dedicato a Gesù Cristo. Infine, in vista della pubblicazione, ho soprattutto curato la parte strutturale degli inni, in modo da offrire un'analisi esegetica particolareggiata di ciascun inno. È la parte più originale di questo mio lavoro. Spero che esso sia di aiuto a comprendere sempre meglio la lode della Chiesa delle origini a Cristo Signore. Anzi.a tal proposito, nella parte teologica, ho scartato l'interpretazione gnostica o giudeocristiana gnosticizzante, per leggere gli inni paolini come rilettura ecclesiale del mistero di Cristo alla luce degli scritti profeti ci e sapienziali dell' AT. Un grazie va ai miei studenti. Il loro contributo di ricerca mi è stato prezioso per approfondire meglio certi aspetti particolari, storici e ambientali, degli inni. Infine, un grazie anche al mio confratello Stefano De Luca, che ha curato la grafica della copertina. Gerusalemme 6/1/2000 Epifania del Signore
SIGLE E ABBREVIAZIONI
ABI a. C. AnBib ANRW Anton AT ATANT BAGD
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Greek-English Lexicon ofthe New Testament and Other Early Christian Literature, Chicago-London 1979. BETL BGBE Bb Bib BS BSR BZ BU BZNW CAT CBNT CBQ CCSL cfr CNT CTNT DBS d. C. DCB ed. o eds ÉB EDNT Est.Bib
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INTRODUZIONE
Parlare di inni nel NT non è più un problema per nessuno. Anzi, dopo la riforma liturgica del Vaticano II, ciò che poteva sembrare una acquisizione laboriosa e riservata agli studiosi, ora è divenuto, grazie alla liturgia, di dominio pubblico. Nonostante ciò, le nostre idee rimangono vaghe sotto molti aspetti: recitiamo degli inni, ma non sappiamo: quanti inni vi sono nel NTI; quali sono i criteri per dire che una determinata preghiera, tratta dal NT, può essere detta un "inno"2; dove e quando questi inni sono sortP; quale teologia generale e particolare ci presentano; quale funzione ecclesiale: liturgico-battesimale, omologica, catechetica o parenetica,4 svolgono all'interno della comunità credente. A motivo di tutte queste incertezze, la ricerca sugli inni del NT registra a partire dal 1962 dei buoni contributi che aiutano a chiarire meglio sia i problemi formali ed ambientali degli inni che la loro teologia. Così, per esempio, nel 1962 apparve un breve contributo di G. Schille5 , nel 1967 quello di R. Deichgriiber6, nel 1971 quello di J. T. Sanders1, Tale incertezza si riscontra in molti autori che hanno trattato espressamente del problema: cfr Hengel, "Hymns and Christology", 88-89; Martin, "Hymns in the New Testament", 38-39. 2 Su questo punto cfr la buona sintesi di Martin, "Hymns, Hymn Fragments, Songs", 419-423. Il problema è stato affrontato da Hengel, "Hymns and Christology", 88-93, dove si chiede: "H ere we come up against the problem which really concerns uso Is it possible to pursue the origin of the Christ hymn behind the letters of Paul into the obscure peri od between AD 30 and AD 50, where the real decisive christological development took pIace?" (p. 89; cfr anche p. 78); Martin, "Hymns in the New Testament", 34-41; Bradshaw, The Search oj Christian Worship, 42-45. 4 Martin, "Hymns, Hymn Fragments, Songs", 421-423. Fruhchristliche Hymnen; su quest'opera cfr il giudizio molto pesante di Hengel, "Hymns and Christology", 189: "The investigation by G. Schille is a deterrent example of an early Christian 'panhymnology"'. 6 Gotteshymnus und Christushymnus in der jruhen Christenheit. Untersuchungen zu Form, Sprache und Stil der jruhchristlichen Hymnen. Ottimo lavoro, che mette bene in evidenza il genere letterario di ciascun inno e il loro ambiente vitale. Forse insiste troppo nella distinzione tra "inni a Cristo" e "inni a Dio". A causa di tale rigida distinzione, per esempio, Ef 1,3-14 non rientra tra gli "inni cristologici". 7 The New Testament Christological Hymns. Their Historical Religious Background,
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Introduzione
nel 1972 quello di K. Wengst8 , nel 1983 R. P. Martin pubblica il suo studio su Fil 2,5-11 alla luce del culto della Chiesa primitiva9 e M. Hengel pubblica un denso articolo sugli "inni e cristologia"IO, nel 1984 K. Berger fa il punto della situazione della ricerca sugli inni in ANRff'lI. A questi studi generali sono seguiti molti altri contributi relativi a ciascun "inno cristologico" del NTI2. Bisogna riconoscere che essi hanno portato molta luce nel campo dell 'innologia e hanno contribuito a far conoscere il clima di preghiera della comunità primitiva. Aspetti storici degli inni del NT 1) Gli inni cristologici del NT
Di inni cristologici nel NT se ne trovano un po' dovunque: nella tradizione lucana, il Benedictus (Lc 1,68-79), il Nunc Dimittis (2,29-32); in quella giovannea, il Prologo (Gv 1,1-18) e alcuni inni dell' Apocalisse; in quella vicina a Paolo, gli inni di Ebr 1,3-4 e di 1Pt 2,21-25; 3,1820 13 • Ma è proprio in Paolo che si riscontra il numero maggiore di inni rivolti direttamente a Cristo o che lo pongono al centro della lode: Fil 2,6-11; Col 1,15-20; Ef 1,3-14; 2,14-18; 5,14 14 ; lTim 3,16 15 • Tutti questi inni sono nati da un bisogno concreto delle comunità cristiane primiche a mio parere insiste troppo sullo sfondo gnostico degli inni. 8 Christologische Formeln und Lieder des Urchristentums. Carmen Christi: Philippians 2:5-11 in Recent Interpretation and in the Setting 01 Early Christian Worship. Ottimo studio che, oltre a fornire una precisa analisi della forma e del contenuto di Fil 2,5-11, mette bene in luce molti aspetti del culto cristiano della Chiesa primitiva. IO "Hymns and Christology", 78-96; 188-190. Il "Hellenistische Gattungen im Neuen Testament", 1149-1169, che insiste troppo sulla comparazione con i modelli innici del mondo ellenistico-romano. 12 Per la bibliografia cfr l'esposizione dei singoli inni. 13 Oltre ai commentari, cfr G. Delling, UflVOç, 522-531; Hengel, Studies, 227-291. 14 Certamente sorge il problema di sapere se la Lettera ai Colossesi e la Lettera agi i Efesini siano paoline o deutero-paoline. La questione, a mio parere, non si può risolvere in maniera apodittica e tutti gli argomenti che si possono addurre sono tutti ipotetici e spesso di scarso valore argomentativo. Personalmente le ritengo autentiche (cfr Buscemi, Paolo, 244-256); invece, per portare un esempio, Fabris, La tradizione paolina, 97205, le ritiene pseudepigrafe (cfr comunque la mia recensione a quest'opera in Alltoll 72/2 (1997) 317-319). 15 Ef 5,14 e !Tim 3,16, più che inni, sono frammenti di inni c in quanto tali non saranno presi qui in considerazione. Ef 2,14-18 è molto discusso come "inno": alcuni non lo ritengono tale, altri restringono la fonna innica solo ad Ef 2,14-16. Ef 1,3-14 vIene considerato da molti, più che un "inno a Cristo", una "eulogia a Dio Padre".
Aspetti degli inni del NT
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tive di lodare la persona di Cristo, ammirata ed amata per tutto ciò che egli ha compiuto per noi all'interno dell'opera salvifica. L'inno è pertanto celebrazione ecclesiale dell' esperienza di salvezza, vissuta nel Signore morto e risorto e sempre presente tra i suoi. Non una rievocazione drammatico-entusiasta di un'azione salvifica passata, ma UIi grido potente della fede del credente che esperimenta nel Cristo Signore la salvezza, la liberazione, la santità, e proprio per questo il fedele canta e inneggia a colui che lo ha amato e ha dato se stesso per lui, innalza a lui la sua lode e il suo ringraziamento.
2) Testimonianze bibliche e storiche Di tale prassi ecclesiale è testimone lo stesso Paolo, che in 1Cor 14,26 scrive: "Quando vi riunite, ciascuno ha un salmo (\jfuì-Ilov), ha un insegnamento, ha una rivelazione, una lingua (= un discorso in lingua), ha un'interpretazione. Tutto però si faccia per l'edificazione". Il termine \jfaÀ.lloç certamente non può essere preso nel senso letterale greco, in quanto indica uno "strumento a corda", ma piuttosto designa un "canto di lode" e nella tradizione giudaico-ellenistica un "inno religioso" in generale l6 • Quindi, Paolo esorta i Corinzi a innalzare dei "canti" durante le assemblee liturgiche per l'edificazione della comunità l7 • Tale esortazione è confermata da Ef 5,19-20: "Lasciatevi riempire di Spirito, intrattenendo vi fra di voi con salmi, inni e cantici spirituali (Èv \jfuì-Ilo'iç Kuì UIlVOtç Kuì CÌlou'iç 1tvEUfluUKU'iç), cantando e inneggiando (~OOV'!Eç Kuì \jfaì-ì-ov'!Eç) di tutto cuore al vostro Signore, rendendo continuamente grazie a Dio e Padre nostro per tutte le cose, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo", e da Col 3,16: "La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente, ammaestrandovi e ammonendovi a vicenda con ogni sapienza, cantando (~OOV'!Eç) nei vostri cuori a Dio' per la grazia ricevuta con salmi, inni e cantici spirituali (\jfuì-1l0tç Kuì UIlVOtç Kuì CÌlou'iç 1tvEUIlU'!l KU'iç)" 18. È difficile dire se i tre termini \jfaÀ.1l0t, UIlVOt e cPùui indi16 Cfr Schlier, 0311, 441-444; Delling, U)1VOç, 509-512; Hengel, "Hymns and Christology"', 78-79; Balz, IJIcxÀ)10ç, 495-496. 17 Cfr Barbaglio, La Prima lettera ai Corinzi, 733-736; Hengel, Studies, 267-270. 18 Da un punto di vista sintattico, in Ef 3,19 i tre tennini IJICXÀ)10Iç lCcxì u)1VOtç lCcxì 03cxlç 7rVEU)1CXnlCCXlç possono essere uniti ai participi precedenti: òlòaO'lCOV1:Eç lCcxì vOU9nO\lV1:Eç, come fa per esempio la Volgata: " ... in omni sapientia docentes et commonentes vosmetipsos psalmis, hymnis, canti cis spiritualibus, in grati a cantantes in cordibus vestris Deo". Il canto, pertanto, avrebbe una funzione catecheti ca e parenetica (cfr in questo senso anche Schlier, 03r\, 443-44; Deichgriiber, Gotteshymnlls lInd Christushymnlls, 188-196; Hengel, "Hymns and Christology", 94-95; Penna, Efesini, 223; Lincoln,
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Introduzione
chino tre tipi diversi di canto dell'assemblea liturgica; molto probabilmente essi indicano solo i vari canti religiosi che la comunità elevava a Dio o a Cristo l9 • L'importante è che, sotto l'impulso dello Spirit020, il cristiano deve esultare, esprimendo nel canto la gioia dell' essere stato salvato· da Dio, della grazia ricevuta da lui nel Cristo e per mezzo del Cristo. Ma non è soltanto, come già si è detto, un canto dettato da un entusiasmo passeggero e momentaneo, ma un entusiasmo che trabocca dal cuore e ha un rifles.so nella vita quotidiana: "E tutto ciò che fate, sia in parole sia in opere, fatelo tutto nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui" (Col 3,17)21. Unita a lui, compenetrata da lui, tutta la vita dei cristiani diviene un' eulogia, un inno, una liturgia di lode a Dio e a Cristo per le meraviglie del suo amore. La chiesa primitiva visse a lungo in tale entusiasmo carismatico e lo trasmise alle generazioni seguenti, tanto che Plinio il Giovane scriverà nel 119 d. C. all'imperatore Traiano: "(1 cristiani) sono soliti riunirsi in un giorno stabilito, prima dell'alba, per cantare alternativamente tra loro inni e lodi a Cristo quasi fosse un Dio; e si impegnano con un giuramento non già a commettere qualche delitto, ma a rifuggire da furti, assassini, adulterio; a non mancare alla parola data; a non appropriarsi indebitamente di beni loro affidati in custodia''22. La sensibilità morale dello stoico Plinio rileva perfettamente la coerenza tra la vita e la professione di fede dei primi cristiani, espressa nei loro inni. Giustino, nella sua Prima ApoloEphesians, 345-347). Ciò è insinuato, d'altra parte, dalIa precisazione di I Cor 14,26: "tutto si faccia per l'edificazione". Per il testo di Col 3,16 cfr Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone , 275-278; Harris, Colossians & Philemon, 166-170. 19 Cfr Hengel, "Hymns and Christology", 80-81; Balz, \jIa.À.J.lOç, 495. Rutenfranz, UJ.lvoç, 393, ritiene possibile che il testo voglia distinguere i \jIaÀ.J.loi, termine di origine biblica e per lo più indicante i "Salmi di David", dagli UJ.lVOl e ci>Oat, termini elIenistici e indicanti una lode alla divinità. Ma non credo che il tenore del testo possa favorire una simile ipotesi. 20 Con Schlier, ci>OiJ, 442-444, il quale giustamente fa osservare che tali canti non solo erano ispirati dallo Spirito, ma riempivano i fedeli delIo Spirito di Cristo, permettendo ad essi di ripetere il canto di lode di Cristo (cfr anche Schlier, La lettera agli Efesini, 388-392; Hengel, "Hymns and Christology", 81 e 91-93; Balz, \jIaÀ.J.loç, 495-496). 21 Schlier, Efesini, 391, ritiene che "l'assemblea liturgica" a cui si fa riferimento sia quella "eucaristica" e a tale interpretazione non si oppone il fatto che il cristiano deve "rendere continuamente grazie a Dio", perché l'eucaristia deve tradursi nelIa vita di ogni giorno. Per quanto suggestiva sia tale interpretazione, mi sembra che essa speculi troppo sul termine eUxaptm:E1v di Ef 5,20 (cfr anche Penna, Efesini, 224; Lincoln, Eph-
esians, 347). 22 Epistola X, 96,7; cfr anche le osservazioni di Hengel, Studies, 262-264.
Aspetti degli inni del NT
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gia23 , ci fa rivivere il clima della liturgia della Chiesa del I sec., modellata su quella della comunità primitiva, quando scrive: "E nel giorno detto del sole", dopo aver ascoltato le memorie degli apostoli e le scritture dei profeti e celebrata l'Eucaristia, "colui che presiede innalza preghiere e ringraziamenti e il popolo acclama pronunciando l'Amen". E ancor più significativo Tertulliano: "Ci riuniamo per leggere le Scritture Sacre ... e dare nutrimento alla fede con i nostri canti sacri: ci solleviamo a viva speranza, rafforziamo la costanza, la fiducia e, con tali pratiche continue, rinsaldiamo tutta la nostra condotta di vita"24. 3) All 'origine degli inni: una comunità orante Tali testimonianze bibliche ed extrabibliche, ci riportano tutte ad una comunità vivente, che trova il suo centro vitale ed esistenziale nella liturgia. L'ambiente in cui sono sorti gli inni è la liturgia, o me~li~ ancora la comunità che si raduna per ascoltare la Parola e le meravlghe della salvezza operata da Dio in Gesù Cristo Signore e, mos~i dallo Sp~to, proclamare nel canto la propria risposta di fede che cOInvolge la vlta. Non poteva essere differentemente, perché la comunità liturgico-primitiva è in continuità storica con le assemblee liturgiche giudaiche e da esse ha ereditato lo schema essenziale della liturgia: celebrazione della Parola: lettura della Scrittura e omelia, celebrazione delle meraviglie operate da Dio nel canto dei salmi e di altre composizioni liturgico-poetiche25 . Echi di tali usi liturgici cristiani si hanno in Lc 4,14-30; At 13,15-43 e altri testi della missione paolina. Ma la liturgia cristiana si differenzia essenzialmente da quella giudaica, perché è sempre celebrazione della Pasqua, memoria di ciò che Dio ha fatto in Gesù per il popolo della nuova alleanza, memoria dei gesti salvifici di Gesù nell 'ultima cena, gesti che preannunciavano la sua morte e resurrezione in riscatto per moltj26. E in quell' occasione Gesù aveva cantato con loro gli inni dell 'Haggada Pasquale, che in lui divenivano il canto della nuova Pasqua. Apologia I, 67,3-7. Apologeticum, 39,3, anche se il testo parla di "sacris voci bus", che alcuni traducono con "canti sacri" e altri con "parole sacre" (cfr anche Apologeticum, 39/19). 25 Certamente non ci riferiamo ai cosiddetti piyyut, inni religiosi delle Ve VI sec. d. C., ma all'ambiente del I sec., che conosce già gli Hodayoth di Qumran e altri canti religiosi (cfr Hengel, "Hymns and Christology", 89-91; Hengel, Studies, 239-262; Charlesworth, "A Prolegomenon", 265-285, che offre una lunga serie di "inni", anche se molti di essi, rispetto ai nostri inni, sono certamente assai tardivi). 26 Hengel, "Hymns and Christology", 89-91; Martin, "Hymns in the New Testament", 34-37. 23
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Introduzione
Molti studiosi si sono lambiccati il cervello per trovare l'ambiente vitale degli inni cristiani o trovarne la matrice culturale. E pur ammettendo quasi unanimemente la liturgia come ambiente vitale, hanno scomodato i miti gnostici o le credenze dell'ermetismo come matrice culturale degli inni neotestamentari, e molti li prendono sul serio. Ma la loro vera matrice è l'AT, alla luce del quale viene riletta la persona e il senso di Gesù per la Chiesa27 • In particolare essi sono una potente espressione del "mistero di Cristo", della sua preesistenza in Dio e della sua missione redentrice e universale nel tempo e nello spazio, che ha inizio nella sua morte, resurrezione ed esaltazione, che diviene trionfo e vittoria sulle potenze del male (peccato, mondo, carne, legge, elementi del mondo) e sulla morte ultimo nemic0 28 • 4) Inni prepaolini o paolini?
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Una tale descrizione della comunità cristiana primitiva rimane, nonostante tutto, molto vaga. Infatti, molti esegeti continuano a sostenere che gli inni cristologici, presenti nell'epistolario paolino autentico o deutero-paolino, sono tutti prepaolini. Ciò significa, in termini storici, che dobbiamo far riferimento alla comunità cristiana degli anni 30-50 d. C., cioè ad un periodo molto oscuro della storia del cristianesim029 • Il dato di 1Cor 14,26, il quale attesta che la comunità si raduna per celebrare l'agape e che durante tale raduno i suoi membri sono esortati a cantare dei \jf(XÀllOt, è da collocare verso gli anni 53-54 d. C.30 e quindi si riferisce ad una prassi databile verso gli anni 50-52. Ef 5,19 e Col 3,16 sono certamente più tardivi, sia che le due lettere, a cui appartengono, vengano considerate autentiche o pseudepigrafe31 . Ciò significa che l'unica fonte di riferimento rimangono solo gli Atti. Ma il resoconto degli Atti per ciò che riguarda il nostro periodo è spesso sotto forma di "sommario", per cui molti dati sfuggono ad una precisazione storica. Così, At 1,14 ci fa sapere che i membri della piccola comunità (circa 120 persone in base ad At 1,15) "erano assidui e concordi alla preghiera C'n] 1tpOcrEuxfj) con Maria, la madre di Gesù, e i suoi fratelli". Qualche Hengel, "Hymns and Christology", 90-91.94-96. Hengel, "Hymns and Christology", 81-88; Martin, "Hymns in the New Testament", 39-41. 29 Ciò è ammesso pacificamente da Hengel, "Hymns and Christology", 89; la maggioranza non si pone neppure il problema, anche se continua a parlare di "inni prepaolìni". 30 Cfr Buscemi, Paolo, 161 nota 38. 31 Per la mia posizione su tale argomento cfr Buscemi, Paolo, 244-256. 27
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Aspetti degli inni del NT
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dettaglio in più ci viene dal sommario di At 2,42-48: "Erano assidui nell' ascoltare l'insegnamento degli apostoli ('t'Q ùtOUX'Q 'trov (X1tO1t òvo/lan 'IllO'ou: la preposizione Èv in quest'espressione assume o un senso strumentale (ebraismo): "con la menBDR,254,1. Da um:p con l'idea di "eccesso" (Buscemi, Preposizioni, 99; Howard, A Grammar, Il, 327) + il verbo denominativo fattivo UIjIOW = "innalzare" = "innalzare oltre misura/oltre il limite") = in senso intensivo perfettivo: "esaltare", esaltare immensamente", "superesaltare" (Bertram, uIjIOW, 793-81 I). 29 Il verbo Xapiçol-lat ha qui un senso più forte di quello di "donare"; quindi è meglio interpretarlo nel senso di "conferire" (cfr Conzelmann, xaptç, Xapiçol-lat, GLNT, XV, 590, anche se non riesco a comprendere perché in 2,9 il termine sia prepaolino, dato che il termine nel NT appare solo 20 volte, di cui 13 in Paolo e 7 in Luca). 30 Cfr il senso della preposizione um:p + ace., che prende qui il senso metaforico di "superiorità" e un'idea sottintesa di "comparazione": "al di sopra" (BAGD, Lexicon, ad vocem um:p 2; BDR, 230; Buscemi, Preposizioni, 99). ]I Cfr Gnilka, Filippesi, 220-222; Heriban, Retto I/IPOVl'lV, 331-334.
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Fil 2,6-11
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zione del nome di Gesù" o temporale: "mentre si nomina/nel professare il nome di Gesù"32; forse meglio questo secondo senso: tutti gli esseri, appena si nomina il "nome" che Dio ha attribuito a Gesù 33 , debbono prestare il segno dell'adorazione. nav yovu Ka~1\"1:J: "ogni ginocchio si pieghi"; è una metonimia: la parte per il tutt034, in quanto "tutto l'essere" dei celesti, dei terrestri e dei subterrestri si deve piegare dinanzi a Gesù per adorarlo. 'E1tOUpaVtffiV KaÌ, ÈmyEtffiV KaÌ, Ka'tax90vtffiV: "dei celesti, dei terrestri e dei subterrestri": l'espressione, un efficace iperbato (il complemento di specificazione staccato dal suo nome reggente), indica la totalità degli essere, il cosmo intero. L'adorazione di Gesù, elevato alla "dignità divina", deve essere universale. v. 11: KaÌ, 1tacra yìdòcrcra ÈSOI-LOÀOy"crrl1:at on: "e ogni lingua professi". È una proposizione finale-consecutiva coordinata. nacra yÀoocra: altra metonimia: "tutto l'essere" dei celesti, dei terrestri e dei subterrestri, per mezzo della "lingua", proclama la "signoria" del Cristo. 'ESOI-wÀoy,,crrrrat: in senso intensivo perfettivo tecnico, "confessare", "proclamare", "riconoscere"; è seguito qui da un cm recitativo, che conferisce più enfasi a ciò che segue. La homologhia è una professione di fede, una proclamazione cultuale e quindi va resa con "lodare", "celebrare", "proclamare lodando". Questo senso sembra il migliore, dato che il nostro testo letterariamente dipende dalla formulazione di Is 45,23 (LXX): "a me si piegherà ogni ginocchio e ogni lingua proclamerà lodando Dio". Allora, la proskynesis e la homologhia hanno un solo fine: la proclamazione della "Signoria di Gesù Cristo"35. Kuptoç 'Il'lcrouç Xptcr'toç: la frase è ellittica per enfasi e quindi va integrata nelle nostre lingue. Con essa l'inno raggiunge il punto massimo del climax dell'esaltazione e in conseguenza anche dell'antitesi con la kenosis di 2,6-8. In tal modo, l'affermazione che Gesù Cristo è il "Signore" illumina l'espressione "il nome che (è) sopra ogni nome" di 2,9: il nome che Dio ha conferito a Gesù Cristo è "Signore". Tale nome appartiene solo a Dio ed esprime la sua "dignità, autorità e potenza divina". Cristo, ricevendo tale nome, è reso partecipe di tale "dignità, autorità e potenza divina". Per questo tutto il cosmo deve proclamarlo e prostrarsi dinanzi a lui. Abbiamo qui BAGO, Lexicol1, ad vocem OVOJ.HX 1,4cg; Thayer, Lexicol1, ad vocem ovolla 1-2; BOR, 206,2,4. 33 'l'lcWU è un genitivo adnominale possessivo o di detenninazione personale. 34 BOR, 495,4; Smyth, Greek Grammar, 3033. 35 Heriban, Retto rjJpovt:ìv, 351-357. 32
Capitolo I
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una proclamazione di fede della comunità, che viene estesa a tutto l'universo, il quale per volere di Dio è reso partecipe a tale lode. Eiç ooçav eeou 1tu'tpoç: "a gloria di Dio Padre": indica lo scopo o il fine della proclamazione36 della Signoria di Gesù Cristo: essa ha come ultimo destinatario Dio stesso, il Padre del Signor nostro Gesù Cristo. Analisi tematica
L'analisi letteraria precedente mi sembra che evidenzi in Fil 2,6-11 soprattutto tre linee di contenuto: uno schema teologico ben definito: abbassamento-esaltazione, linea portante e progressiva di tutto l'inno, un'accentuazione evidente sul dato cristologico e infine un'orientamento teologico che dà senso e coronamento sia allo schema di base come anche alla cristologia tutta protesa "alla gloria di Dio Padre". 1) Lo schema biblico-teologico dell'abbassamento-esaltazione
Particolare interesse è stato riservato dagli studiosi allo sfondo storicoreligioso dell'inno, determinandone la struttura formale e i contenuti teologici. È vero che sono state fatte molte proposte a tale riguard037, ma quelle che hanno avuto una certa rilevanza sono tre, provenienti da un ambiente biblico e giudaico, il più consono ad un testo neotestamentario: a) il carme del Servo di Jahvé di Is 52,13-53,12; b) la tipologia di Adamo-Cristo o Satana-Crist0 38 ; c) la tradizione apocalittico-sapienziale del Figlio dell'uom039 o della Sapienza divina40 • Senza escludere nessuna di queste ipotesi,
36 Smyth, Greek Grammar, 1686; Humbert, Syntaxe, 519; Buscemi, Preposizioni, 44; BAGD, Lexicon, ad vocem etç4f. Cfr il quadro tracciato da Heriban, Retto IPpoviìv, 131-134, specialmente la nota 87. 38 Si tratta di un parallelismo tipologico di contrasto: i cristiani non debbono avere né l'atteggiamento di Satana né quello di Adamo, ma quello di Cristo. A mio parere, però, tale rapporto antitetico è insufficiente a spiegare lo sviluppo progressivo di Fil 2,6-11 e soprattutto lo schema essenziale: abbassamento volontario - esaltazione da parte di Dio. Neppure l'idea gnostica dell'«Adamo primordiale» riesce a spiegare l'idea teologica di fondo del nostro inno. Anche se riesce a spiegare il tema dell'abbassamento volontario, non credo che l'idea del "redentore redento" collimi con il tema dell'esaltazione del Cristo e della sua Signoria universale. 39 Il paragone con il Figlio dell'uomo della profezia apocalittica di Dan 7,13-14 è molto suggestivo e spiega molto bene il tema della preesistenza del Cristo e la sua esaltazione. Il Figlio dell'uomo, però, non si spoglia affatto della sua dignità, né si umilia volontariamente fino alla morte. In altre parole, manca nel parallelismo lo sviluppo progressivo antitetico: abbassamento-esaltazione. La stessa cosa bisogna dire riguardo al parallelismo con la Sapienza divina: può avere qualche contatto con alcuni elementi dell'inno, ma è certamente
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Fil 2,6-11
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dato che ciascuna a suo modo può portare una certa luce al testo di Fil 2,6Il, mi sembra chiaro che lo schema teologico più completo lo offre Is 52,13-53,1241 , uno dei testi più utilizzati e meditati dalla comunità primitiva42 • Ciò significa che tra Fil 2,6-11 e Is 52,13-53,12 non bisogna ricercare tanto la concordanza letterale, quanto piuttosto lo schema biblico di fond0 43 : umiliazione volontaria del Servo di Jahvé fino al sacrificio di se stesso - esaltazione dello stesso Servo da parte di Dio. Tale concordanza schematica in primo luogo la si nota tra Is 53,2-9 e Fil 2,7 -8: entrambi parlano dell' abbassamento e umiliazione rispettivamente del Servo di Jahvé e di Gesù Cristo, ma mentre il testo isaiano si dilunga a descrivere le sofferenze del Servo, il testo di Fil 2,7-8 li tratteggia con rapidi tocchi e con un crescendo molto ben rifinito, che va dalla preesistenza del Cristo alla sua incarnazione e alla sua umiliazione fino alla croce. In ogni caso, l'elemento comune essenziale tra i due testi non sta nella descrizione dell'abbassamento, ma nella libera volontarietà di tale abbassamento. Così, del Servo di Jahvé è detto: "egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (Is 53,4), "la nostra iniquità" (53,11), "consegnò se stesso (la sua vita) alla morte". In Filippesi, Paolo insiste su tale abbassamento volontario del Cristo: "svuotò se stesso" (Fil 2,7), "umiliò se stesso" (Fil 2,8). Il parallelismo è certamente stretto, tanto che qualche esegeta stabilisce un'equivalenza tra l'espressione di Is 53,12: "consegnò se stesso alla morte" con "svuotò se stesso" di Fil 2,7, così da pensare che in Fil 2,7-8 non si parli tanto dell'incarnazione, ma della morte sacrificale di Cristo. Da un punto di vista filologico, la cosa è possibile, ma non credo che il parallelismo tra i due testi debba essere spinto fino ai dettagli formali
insufficiente a spiegare la dinamica dell 'inno, come riconosce lo stesso Feuillet che l'ha proposto. 40 Una buona esposizione di questi tentativi esegetici la si può trovare in Feuillet, "L 'Hymne christologique", 352-380; Heriban, Retto rppovElv, \3 1-162. 41 Qualche esegeta ha mostrato con molto zelo le differenze esistenti tra il testo paolino e il testo isaiano, ma in verità non ha mostrato con altrettanto zelo le somiglianze tra i due testi, in particolare lo schema teologico di fondo. A tale riguardo mi sembrano molto indicativi gli studi di Dupont, "Jésus-Christ dans son abaissement", 426-437; Feuillet, "L 'Hymne christologique", 356-365; Heriban, Retto rppOVElV, 145-162. 42 Cfr Dodd, Secondo le Scritture, 92-100. 43 Cfr in questo senso anche Murphy O'Connor, "Christological Anthropology", 45-46; Marcheselli Casale, "Cristo Gesù Signore", 361-379, anche se mi sembra un po' troppo drastica la sua conclusione: "Fil 2,6-11 può implicitamente alludere al servo di 1s 52,1353,12 e solo a livello tematico".
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Capitolo I
e a negare le evidenti differenze di contenut044 • Il confronto, a mio parere, deve rimanere solo a livello di schema teologico: Cristo, come il Servo di Jahvé, ha volontariamente abbassato se stesso al punto da non "considerare un vantaggio la sua uguaglianza con Dio" (2,6) nella sua condizione divina preesistente, da "svuotare se stesso prendendo la forma di servo e divenendo uomo" (2,7) nell'incarnazione, da "umiliare se stesso" in un'ubbidienza spinta fino al sacrificio di se stesso nella morte di Croce (2,8). Allo stesso modo, anche Fil 2,9-11 trova una corrispondenza a livello di schema teologico. La sola concordanza verbale tra {nv6ro di Is 52,13 e ù1tCpu\jI6ro di Fil 2,9 non credo che sarebbe sufficiente per stabilire un qualsiasi rapporto letterario. Ma tale parallelismo, se è letto alla luce dello schema generale, assume grande rilevanza nel confronto. Così, come all'umiliazione volontaria del Servo di Jahvé segue la sua esaltazione da parte di Dio (ls 53,12), allo stesso modo in Fil 2,9-11 il Cristo è sovraesaltato da Dio e riceve un "nome" che gli conferisce la dignità divina (Fil 2,9), tanto da ricevere l'adorazione di tutti gli esseri del cosmo (Fil 2,10) e la proclamazione universale della sua Signoria (Fil 2, Il). Di tutti questi elementi non c'è alcuna traccia in Is 52,13-53,12, ma l'idea dell'esaltazione conseguente all'abbassamento e all'umiliazione volontaria è comune a tutti e due gli inni. E inoltre, sembra essere uno schema molto caro a Paolo, che lo applica con molta spontaneità e lo può variare con altrettanta libertà in 2Cor 8,9 e in altri testi 45 • 2) Cristologia funzionale di Fil 2.6-11
Non c'è dubbio, Fil 2,6-11 è un inno cristologico, una proclamazione di fede del ruolo centrale di Cristo nella vita del cristiano e una celebrazione liturgica di Cristo Signore. Si tratta di un vertice della confessione della fede cristiana primitiva che con immediatezza e profondità mette in evidenza i tratti fondamentali della cristologia neotestamentaria: preesistenza, incarnazione, sacrificio volontario e Signoria universale di Crist046 • Così, qualche esegeta (Dupont, "Jésus dans son abaissement", 509-512; Feuillet, "L'Hymne christologique", 359-362) vorrebbe riferire "svuotò/annientò se stesso" non tanto all'incarnazione, ma al "sacrificio di Cristo"; credo però che questa idea è più legata a Fil 2,8 e non a 2,7. Inoltre, è inutile voler trovare in Fil 2,7 l'idea dell'incarnazione alla maniera dei nostri trattati dogmatici. Tutte le fasi del mistero di Cristo: preesistenza, incarnazione, morte sacrificale, sono viste in maniera sintetica e funzionale. 45 Cfr Dupont, "Jésus dans son abaissement", 509-512. Cfr anche Mt 23,12; Lc 14,11; 18,14. 46 Cfr in questo senso anche Cullmann, Cristologia, 271-280 (in particolare p. 278); Schnackenburg, "Cristologia", 392-408. 44
Fil 2,6-11
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a) La preesistenza di Cristo Si potrà discutere a lungo se l'immagine del Cristo preesistente tratteggiata da Fil 2,6-11 abbia come modello la figura dell "'uomo celeste" della dottrina giudaica dei "due Adamo" (cfr 1Cor 15,49), del Messia pre~sisten te delle tradizioni rabbiniche47 o forse meglio le speculazioni biblico-ellenistiche sulla "sapienza" (Prov 8,22-31; Sap 7,22-8,l; 9,1-18; Sir 24,1-30). Nessuna ipotesi può essere esclusa, ma mi sembra più probabile che su questo punto Paolo si sia servito del modello biblico-sapienziale, anche se da un punto di vista formale non è escluso un accostamento all'''Adamo celeste", come dimostra il fatto che Paolo continua a parlare di "forma". In ogni caso, tutti questi paralleli dimostrano solo una cosa: l'idea di preesistenza non è estranea al mondo concettuale e religioso del tempo di Paolo. Ma ciò che mi sembra più importante è il fatto che Paolo non parla di preesistenza di Gesù, ma di preesistenza divina di Gesù. Fil 2,6, a tal riguardo, ha delle espressioni inequivocabili. Gesù, prima della sua kenosis volontaria, era "nella forma di Dio" (èv IlOPD 8COù), "era uguale/alla pari a Dio" ('tò et v àopa1Ou, 1tpoHéJ'WKOç 1taO"T]ç K'tlO"Effiç,
2) v. 16: motivazione esplicativa o'tt Èv u1YraÀi} (l, 18a), àpxi! (l,18b), npò nav'Lrov (l,17a), '{va yÉvllWt ... npro'tt:urov (l,18d). 2) Anche la suddivisione della pericope non è difficile a stabilirsi ed è basata su elementi formali e contenutistici: a) Lo schema oç È T)Y àyt{fl,
3) v. 14: Conclusione: lo Spirito, caparra della nostra eredità
oÈO"'tt v àppa~ò)V 1:f1ç KÀllPovoJllaç T)Jlrov, dçàrroÀu'tproO"tv 'tf1çrreptrrot iJO"eroç, Eiç ErratVOV 'tf1ç M~l1ç all'Wl).
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Capitolo III
Osservazioni suDa struttura l7
1) L'unità della pericope non è difficile a dimostrarsi: a) La pericope Ef 1,3-14 infatti, nonostante che sia stata divisa dagli editori con punti e virgole, è da un punto di vista grammaticale un solo periodo; quindi la punteggiatura rispecchia solo il punto di vista esegetico dell'editore che l'ha adottata l8 • Così, solo per rilevare gli attacchi principali l9 : l°) il KaOcbç causale di 1,4 è in stretto collegamento con 1,3, in quanto offre la motivazione della nostra eulogia a Dio; 2°) l'infinito finale di 1,4b: etvat TtJ..la.ç e il participio congiunto: 1tpoOptcr Xptat che chiude l'infinitiva di 1,10 e poi dall'Èv aut della frase pleroforica conclusiva di 1,10.
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Capitolo III
quanto esso - sia che abbia valore modale, temporale o causale determina non solo un passaggio della temporalità: dal presente all'aoristo, ma soprattutto l'inserimento dell'evento della redenzione nel vasto quadro della "rivelazione del mistero di Dio". d) L'ultima parte dell'inno, come già si è visto, è introdotta formalmente dalla proposizione relativa év q) Kaì éKÀ:llPro8rU1Ev di 1,11, che da una parte si aggancia ad év a\YCe!> di l, lO, ma dall' altra, ritornando rispetto a l, lO al soggetto plurale 1Ì~EtC;, lo fa progredire verso un nuovo sviluppo concettuale. La ripresa di 1Ì~EtC; in l, Il, a mio avviso, è solo formale, perché da un punto di vista contenutistico tale 1Ì~dc; si riferisce non più a tutti i credenti, ma ad una parte di essi, precisamente a "quelli che hanno sperato per primi nel Cristo": cioè i giudeo-cristiani. L'insistenza formale, in 1,11-12, sui composti con il preverbio temporale 1tpO- non è casuale, ma voluta e sottolineata. Così, i giudeo-cristiani41, secondo la decisione sovrana e insondabile del piano prestabilito (1tpo81low) da Dio, sono stati predestinati per primi (1tpOOptO"Sév'tEc;)a manifestare e ad essere gloria di Dio, essi che per primi hanno posto la loro speranza (1tpOllÀ1ttKo'tac;) in Cristo. Ciò è rafforzato ulteriormente dal parallelismo dell'espressione: év q) Kaì u~dC; di 1,13, che certamente si rivolge ad un gruppo diverso da quello indicato con 1'1Ì~dC; di 1,li-12: cioè, i pagani, che, dopo aver ascoltato la parola e aver creduto, sono stati segnati (da Dio) per mezzo dello Spirito santo della promessa. Fin qui, cioè in 1,11-l3, ha dominato l'aoristo, mentre in 1,14 inaspettatamente appare di nuovo il presente indicativo e di nuovo 1'1Ì~dc;42, per giunta riferito a tutti i cristiani: lo Spirito, infatti, è una realtà del presente per tutti i credenti; è la caparra dell'eredità promessa a tutti i figli di Dio (cfr 1,5) in vista della redenzione definitiva e della gloria di Dio. Se tale ricostruzione è vera, l'ultima parte dell'inno è suddivisibile in tre parti: l°) 1,11-12: i giudei scelti per primi. In essa sono interessanti alcuni fenomeni letterari: l'uso marcato di parole composte con il preverbio 1tpO-; l'inclusione letteraria tra év q) di l, Il e év 'te!> XptO"'te!> di 1,12; l'altra inclusione formale tra il participio congiunto 1tpOOpt0"8éV'tEC; di l, Il e quello predicativo del soggetto dell 'infinitiva 1tpOCfr anche Penna, Efesini, lO 1-102; in contrario Montagnini, Efesilli, 110, ma il suo ragionamento non mi sembra molto convincente, dato che bisogna far leva nell'interpretazione non tanto sull'aspetto "polemico", ma sul "fatto storico": nessuno può contestare che i primi cristiani provenivano dal giudaismo e quindi la loro "pre-elezione" è un dato che risulta sia dagli Atti degli Apostoli che dali' epistolario paolino, in particolare dalla Lettera ai Romani. 42 Penna, Efesilli, 104, il quale però registra solo il ritorno del "noi", ma non dà alcun peso al ritorno del presente indicativo. 41
Ef 1,3-14
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11ÀmKo,t Kat; infine si noti anche la posizione centrale che assume l'espressione 'tò euayyÉÀwv 'tflç O"ro't11Pt Kat uJlElç B Kat mO"'teuO"av'teç A' Èm!>payt0"911'te 'tq, 7tVeulla'tl 'tflç È1t 1Ìya1tll/lÉvql, Sul concetto di eÉÀru.la CIT Schrenk, eÉÀT]IHX, 263-311; Miiller, "Volontà/eÉÀ.payicr81l'tE 'tQ) 1tVEUllan Tfìç É1taYYEÀtaç 'tQ) payiçffi significa: "porre il sigillo" e da qui due diversi sensi: a) chiudere con sigillo", "sigillare"; b) "segnare con il sigillo", "contrassegnare"135. Questo secondo senso è da collegare sia con l'immagine profana del padrone che pone il sigillo sulle persone e cose che gli appartengono, sia con quella religiosa di una persona che, segnata con il sigillo della divinità, passa in suo possesso e sotto la sua protezione. Su questa linea troviamo che nell' AT la circoncisione è il sigillo de Il 'alleanza di Dio con Abramo (Gen 17,116), in Is 44,5 ed Ez 9,4-7 sugli eletti viene posto il sigillo escatologico del tau: entrambi indicano che Israele è divenuto proprietà speciale di Dio e gode della sua protezione l36 . Allo stesso modo il cristiano, dopo aver ascoltato la parola della salvezza e aver creduto in essa, riceve il segno della sua totale appartenenza a Dio: lo Spirito santo promesso e che realizza la promessa 137 • Con esso il Padre nel battesimo l38 lo ha segnato in vista della liberazione totale che lo renpendenza sintattica: l°) può riferirsi direttamente all' espressione che lo precede: 'tò EùayyÉÀtov 'tiìç 6'tep(X; inoltre, è punto di congiungimento di tutta l'argomentazione di 2,11-13 e 2,19-22. 3) Genere letterario
La discussione sul genere letterario di Ef 2,14-18 è una questione aperta. Così, c'è chi considera il brano una normale prosa e, facendo leva sul yap e su u~'iv w'iç ~(XJ(pàv J(Xt eìPrlVT]V 'toìç Èyyuç, vi vede una normale continuazione del pensiero svolto da Paolo in 2,11-227; altri, pur accettando la possibilità che si possa parlare di "inno", lo limitano solo ad Ef 2,14-16 8; altri ancora, e sono la maggioranza, tenendo conto dello stile del brano e della sua composizione, ritengono che Ef 2,14-18 ha tutte le caratteristiche degli altri "inni paolini". In effetti, non si tratta di un vero e proprio "inno", ma di una "prosa ritmata" che presenta, rispetto al brano in cui è inserito (Ef 2,11-22), delle peculiarità che la distinguono sia da ciò che precede (2,11-13) che da ciò che segue (2,19-22). Tra queste peculiarità possiamo enumerare9 : l'apertura enfatica lO paolinismo aggiunto dopo. 5 Deichgraber, Gotteshymnus und Christushymnus, 166. Deichgraber, Gotteshymnus llnd Christushymnus, 166. Così, per esempio, Deichgraber, Gotteshymnus umi ChriStushymnus, 165-167, che cita anche il parere di Conzelmann e di Dibelius - Greeven; Penna, Efesini, 140, lo considera un "excursus cristologico"; Montagnini, Efesini, 174-175, si mostra alquanto scettico sul carattere "innico" del brano (cfr comunque p. 176, dove parla di "genere innico"). 8 Così, per esempio, Testa, "Gesù pacificatore universale", 18-22; Sanders, The New Testament Christological Hymns, 14-15; Lincoln, Ephesians, 128; Karris, A Symphony, 92-95. 9 Lincoln, Ephesians, 127. Barth, Ephesians 1-3,261, enumera più fenomeni di quanti se ne trovano nell'inno. Non si trovano, infatti, né relative né sinonimi; inoltre, il carattere cristologico o il carattere trinitario riguarda il contenuto non i I genere letterario innico. In quanto alle possibili o probabili interpolazione, bisogna ripetere che, anche ad ammetterne la possibilità, l'inno onnai va esaminato nella sua struttura definitiva. lO Senza negare la possibilità che il yo.p possa avere valore causale (Deichgraber, Gotteshymnus und Christushymnus, 166), credo che ciò non sia strettamente necessario, per cui lo si può ritenere come "esplicativo: infatti" o meglio ancora come "inferenziale: certamente".
Capitolo IV
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dell'inno con at')'to~, che introduce un soggetto diverso da quello di Ef 2,11-13 11 e inneggia a Cristo attribuendogli il titolo: "nostra pace", il vocabolario particolare del brano con diversi hapax-legomena, la cOstruzione parallelistica delle frasi, l'uso abbondante e variato dei participi, diverse costruzioni sintattiche alquanto fuori del normale (cfr per esempio 2,14d) per dare enfasi a qualche elemento dell'inno, una certa pleroforia nel fraseggiare per creare parallelismi e ritmo. Tutto ciò fa pensare ad un "inno di lode", un encomio che acclama Cristo come "Colui che è la pace" della comunità cristiana ("nostra pace"). 4) Struttura letteraria/ 2
A. Ef 2,14-15a: presentazione di Cristo nostra pace A u'tò~ yap ÈO"nv " EtPllVll "J.leOv, Ò 1tot1l0"a~ 'tà o'tEpa EV Kaì 'tò J.lEO"o'totXOV 'tou t1>payJ.lOU MO"a~, 'tilv EX9pav Èv 'tl} O"apKÌ au'tou, 'tòv VOJ.lOV 'teOv Èv'toÀ.eOv Èv 06YJ.laO"tv Ka'tapYllO", che i codici FG pc latt hanno cambiato in Èv Éu\Yt. Tale variante è una facilitazione del testo e di per sé non può essere accettata. Ma, se si tiene conto che il soggetto della frase è sempre Cristo, allora il senso del pronome è proprio quello del riflessivo. D'altra parte, può essere anche che l'autore abbia usato la forma Èv U\J1: per esprimere contemporaneamente le due idee teologiche: la prima creazione e la nuova creazione sono avvenute "nel Cristo"; la nuova creazione, poi, ha come causa efficiente originante Cristo stesso. Comunque, cfr anche la proposta e l'interpretazione di Montagnini, Efesini, 183. 54 Cfr in questo senso anche Foerster, Knçw, 1327; Barth, Ephesians 1-3, 266. 55 Cfr BDR, 157,5, anche se purtroppo non registra tale costruzione con KTiçw, ma la registra per ltOlÉW che certamente è un equivalente (cfr Cignelli, "La grecità biblica", 207); Montagnini, Efesini, 181, trova la costruzione involuta e inconsueta.
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Capitolo IV
Crist056 , in cui tutti noi siamo riconciliati con Dio mediante la sua croce e formiamo un solo corpo (Ef 2,16), per avere in un solo spirito accesso al Padre (Ef 2,18). In lui, non sono annullate le differenze, ma valorizzate in vista della "nuova creazione" dell "'uomo nuovo"57. ITOtrov EipTlvllv: "facendo la pace": è un'aggiunta in linea con lo stile pleroforico sia dell' inno che della Lettera agli Efesini. Si tratta di un participio congiunto probabilmente58 di valore causale: "perché la pace sia stabile". In tal modo, il senso dell'espressione è alquanto idiomatico: "stabilire la pace" e più liberamente: "essere stabili nella pace". Tale stabilità della pace è continua e duratura, come sottolinea l'aspetto del presente59 . In conclusione, Cristo ha fatto in se stesso dei giudei e dei pagani un solo uomo nuovo, perché in lui la pace sia stabile (Ef 4,3; Col 3,15), anzi egli stesso è per sempre la loro pace (2,14a). Kuì (X1tOKU'taÀ.À.cXç1] 'tOùç àllO'tÉpouç èv Évì Ecrtç, GLNT, I, 1353-1362. Buscemi A. M., "EXAIREOMAI: verbo di liberazione", (J 979) 298-304.
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