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Zitiervorschau

Marco Monterosso

Feudi e famiglie nobili del territorio siracusano Processi d’investitura secoli XIII- XIX

La nostra terra

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Feudi e famiglie nobili del territorio siracusano Processi d’investitura secoli XIII-XIX

di Marco Monterosso Edizioni LA NOSTRA TERRA Siracusa (SR) Italia Finito di stampare nel mese di settembre 2017 In copertina:

Mappa della Sicilia (1580 circa) Galleria delle mappe, Musei Vaticani TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL’AUTORE

A Tancredi e Niccolò

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Indice Presentazione Premessa

pag. 11

Introduzione

pag. 12

I feudi siracusani pag. 43 pag. 43 pag. 47 pag. 49 pag. 52 pag. 54 pag. 55 pag. 58 pag. 62 pag. 64 pag. 66 pag. 67 pag. 71 pag. 72 pag. 73 pag. 75 pag. 78 pag. 81 pag. 83 pag. 86 pag. 88 pag. 92 pag. 95 pag. 97 pag. 100 pag. 103 pag. 107 pag. 108 pag. 111 pag. 113 pag. 117

Almidara (Noto) Arbiato (Noto) Arcimusa (Lentini) Armiggi (Lentini) Baulì (Noto) Belfronte (Siracusa) Belliscara (Noto) Belludia (Noto) Benalì (Siracusa) Benisiti (Noto) Bibia (Noto) Bibino Magno (Noto) Bigemi (Augusta) Bimmisca (Noto) Binvini (Noto) Biviere di Lentini (Lentini) Bombiscuro (Noto) Bondifè (Augusta) Bonfalà (Noto) Bonfalura (Noto) Bosco di Schifano o di Alfano (Lentini) Bufalefi metà (Noto) A Bufalefi metà (Noto) B Bulgarano (Lentini) Buonvicino (Lentini) Burgio - Maucini (Noto) Burgio - Torrevecchia (Noto) Buscaglia (Augusta) Busulmone (Noto) Caddeddi metà (Noto) A Caddeddi metà (Noto) B 5

Cadra o Cadera (Lentini) Callari (Lentini) Callura (Lentini) Cammaratini (Noto) Camolio (Noto) Canali (Noto) Canicattini (Siracusa) Capopassero (Noto) Carancino-Belvedere (Siracusa) Carcicera (Noto) Cardinale (Noto) Carmito (Lentini) Carrubba (Lentini) Casal Gerardo (Noto) Cassibile (Siracusa) Castellana (Lentini) Castelluccio (Noto) Catatausi (Noto) Cava della Donna (Siracusa) Cipolla (Noto) Ciurca (Noto) Commaldo (Noto) Cucco (Lentini) Diddino (Siracusa) Ferla tumoli 12 di terre del feudo (Noto) Fiumefreddo (Lentini) Floridia (Siracusa) Formica (Noto) Frescuccia (Siracusa) Frigintini (Noto) Galermo (Noto) Galerno (Lentini) Gisira (Noto) Gisira di Pagano (Noto) Gisirotta di Pagano (Noto) Grampoli (Noto) Graneri (Noto) Grottaperciata (Siracusa) Gualtieri-Baruni (Lentini) Imposa (Noto) Ingegno (Lentini)

pag. 119 pag. 123 pag. 126 pag. 129 pag. 131 pag. 131 pag. 132 pag. 134 pag. 137 pag. 141 pag. 144 pag. 147 pag. 149 pag. 152 pag. 156 pag. 159 pag. 160 pag. 164 pag. 166 pag. 168 pag. 170 pag. 172 pag. 174 pag. 175 pag. 178 pag. 179 pag. 183 pag. 187 pag. 189 pag. 189 pag. 192 pag. 192 pag. 195 pag. 197 pag. 198 pag. 198 pag. 199 pag. 201 pag. 203 pag. 203 pag. 204 6

Iroldo (Lentini) Lauro (Lentini) Leone (Lentini) Leone metà (Lentini) Leone 2/3 di metà (Lentini) Leone 1/3 di metà (Lentini) Longarini (Siracusa) Maccari (Noto) Maeggio (Siracusa) Magnisi (Siracusa) Magrentino (Siracusa) Mandra di Donna (Noto) Mangino o Maucini (Noto) Melilli metà (Noto) Melilli metà (Noto) Meti e Santa Domenica (Noto) Milocca (Siracusa) Misilini metà (Noto) A Misilini metà (Noto) B Molisena (Noto) Monaco o Lupponaro (Lentini) Monastero (Siracusa) Monastero Germano (Noto) Monteclimato (Siracusa) Montesano o Pulichi (Noto) Moriella (Siracusa) Muni o Limone (Lentini) Murgo (Augusta) Palazzelli (Lentini) Pancali (Lentini) Pantano o Pantano Salso (Lentini) Pantano etc. 5/9 di 1/5 (Lentini) Pantano etc. 4/9 di 1/5 (Lentini) Passaneto (Lentini) Passaneto salme 30 di terra (Lentini) Passanitello (Lentini) Pedagaggi (Lentini) Pilaida metà o Mezzapilaida (Lentini) Pilaida metà o Mezzapilaida (Lentini) Pira (Siracusa) Pirato inferiore (Noto)

pag. 205 pag. 207 pag. 207 pag. 208 pag. 208 pag. 208 pag. 209 pag. 212 pag. 216 pag. 219 pag. 220 pag. 222 pag. 223 pag. 223 pag. 223 pag. 223 pag. 224 pag. 227 pag. 229 pag. 231 pag. 234 pag. 235 pag. 239 pag. 240 pag. 243 pag. 247 pag. 249 pag. 251 pag. 255 pag. 255 pag. 259 pag. 265 pag. 266 pag. 268 pag. 271 pag. 272 pag. 275 pag. 275 pag. 275 pag. 276 pag. 276 7

Pirato superiore (Noto) Pittari (Lentini) Poggio dell’Ipso (Augusta) Prato o Santamino (Noto) Priolo (Augusta) Ramasuli o Comito (Lentini) Randazzini (Lentini) Randè o Cardonetto (Lentini) Rapisi (Lentini) Regalcaccia o Spinagallo metà (Siracusa) A Regalcaccia o Spinagallo metà (Siracusa) B Renda (Noto) Rettilini (Noto) Rigilifi (Siracusa) Rosolini (Noto) Rovetto (Noto) Sabuci (Lentini) Saccolino (Noto) San Basilio (Lentini) San Cusumano (Augusta) San Dimitri (Lentini) San Giacomo di Belmineo (Noto) San Giorgio (Lentini) San Giuliano (Augusta) San Lorenzo (Noto) Sant’Alfano (Noto) San Marco lo Celso o Catarchini (Noto) Santa Domenica (Noto) Santarelli (Lentini) Santolio (Lentini) Scarpello (Lentini) Scibini e Bimmisca (Noto) Sigona metà (Lentini) Sigona metà o Lauro (Lentini) Solarino (Siracusa) Spalla (Siracusa) Staffeuda metà (Noto) A Staffeuda metà (Noto) B Stellaini già Scalaymo (Noto) Tardello (Noto) Targia (Siracusa) 8

pag. 276 pag. 276 pag. 276 pag. 277 pag. 280 pag. 283 pag. 285 pag. 289 pag. 290 pag. 293 pag. 297 pag. 300 pag. 303 pag. 306 pag. 310 pag. 312 pag. 316 pag. 318 pag. 321 pag. 324 pag. 326 pag. 328 pag. 331 pag. 332 pag. 334 pag. 336 pag. 340 pag. 342 pag. 342 pag. 342 pag. 343 pag. 345 pag. 349 pag. 351 pag. 353 pag. 356 pag. 358 pag. 361 pag. 363 pag. 365 pag. 367

Timparussa (Noto) Torrevecchia (Noto) Trifiletti (Noto) Tummarello (Lentini) Vausi o delle Balze (Noto) Vignali (Augusta) Vignali di Belludia (Noto) Xirumi (Lentini)

pag. 371 pag. 371 pag. 371 pag. 373 pag. 375 pag. 375 pag. 375 pag. 377

Tabelle

pag. 381

Appendice

pag. 405

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Premessa Questo studio intende focalizzare la propria attenzione sui feudi come unità terriere circoscritte, legate alle sorti dei lignaggi familiari che le possedettero. Due le linee guida, terre e famiglie, l’analisi di un binomio indissolvibile che ha segnato profondamente i processi storici del territorio siciliano. Oltre a queste linee guida, altre coordinate ne definiscono ulteriormente il campo d’azione, si è scelto di circoscrivere l’analisi ai soli feudi “rusticani” il cui territorio ricadeva all’interno delle città demaniali ora parte della provincia siracusana - Siracusa, Noto, Augusta e Lentini - ripercorrendone i “fideomaggi” ed i processi d’investitura susseguitesi dalla fine del Duecento alla costituzione abrogativa del regime feudale del 1812. Attraverso i processi d’investitura, è possibile seguire oltrechè i variegati passaggi di proprietà dei possedimenti feudali, anche i diversi rimaneggiamenti territoriali, l’estensione delle prerogative connesse al possesso e più in generale le complesse relazioni intra ed extra familiari dell’aristocrazia siracusana. In riferimento ai soli feudi laici, e tra questi quelli rusticani, sono stati esclusi quelli “poggianti” su beni territorialmente non definibili o su opifici di varia natura, i cosiddetti “meri titoli”, gli uffici, le rendite e le “terre” feudali, sia di nuova che di antica fondazione. Nella parte introduttiva sono analizzate brevemente alcune specificità del feudalesimo siciliano, in relazione all’evoluzione di tale istituto nel corso dei secoli, in appendice, oltre a tabelle e grafici, credo possano facilitare il lettore, due schemi, uno riepilogativo “famiglie-feudi”, ed uno riportante le probabili localizzazioni dei singoli feudi, attraverso la persistenza dei toponimi, nelle carte topografiche dell’I.G.M. 1:25.000.

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Introduzione La lunga era del feudalesimo siciliano costituì, per gli oltre sette secoli della sua esistenza, una realtà politica, territoriale, giuridica ed economica che non mancò di segnare indelebilmente il tessuto sociale isolano.1 Appare tuttavia indispensabile una opportuna contestualizzazione dei vari aspetti citati, il feudalesimo non può considerarsi infatti una istituzione monolitica e immutabile nell’incedere dei secoli.2 L’alternarsi delle dinastie regnanti e dei più generali scenari internazionali in cui la Sicilia fu di volta in volta inserita, le congiunture economiche, a cui sono connessi gran parte dei più significativi movimenti demografici, ma anche ragioni di carattere prettamente locale se non di fazione, incisero profondamente sugli sviluppi del feudalesimo siciliano. Nell’XI secolo la suddivisione di porzioni del territorio conquistato dai normanni, ancor prima della definitiva disfatta araba, a congiunti e compagni d’armi degli Altavilla, evidenzia la principale ragion d’essere dell’instaurazione del sistema feudale: il riconoscimento tangibile dell’impegno militare degli alleati degli Altavilla nella conquista della Sicilia.3 La contemporanea ricostituzione delle diocesi, eclissatesi durante il dominio mussulmano, rispondeva anch’essa a logiche di natura politico-militare piuttosto che a ragioni puramente religiose. Riconoscendosi vassalli del papato gli 1 La letteratura sul feudalesimo siciliano risulta certamente vasta, tra le diverse opere appare fondamentale la lettura di: M. BLOCH, La società feudale, Torino 1949 H. BRESCH La feudalizzazione in Sicilia dal vassallaggio al potere baronale, in Storia di Sicilia, Vol.III, Napoli 1980 R. GREGORIO, Considerazioni sopra la storia di Sicilia dai tempi normanni sino ai presenti, in Opere scelte, Palermo 1853 D.ORLANDO, Il feudalesimo in Sicilia. Storia e diritto pubblico. Palermo 1847, (Rist.anast. Bologna 1970) 2 A tal proposito appare molto significativa la critica mossa da Carmelo Trasselli contro certa storiografia: ...Il falso più grossolano fu fabbricato a proposito della feudalità che venne presentata come se fosse stata sempre uguale, sempre identica a se stessa, come se il feudo non si fosse evoluto dagli Angioini ai Borbone, come se gli uomini, cioè i feudatari e i loro vassalli, non avessero subito alcun mutamento dal XII al XIX secolo”. C.TRASSELLI, Siciliani fra quattrocento e Cinquecento, Messina, 1981 3 Sull’argomento vedasi tra gli altri: AA.VV., La monarchia normanna e sveva, in: Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, in Storia d’Italia, a cura di G. GALASSO, vol. III, Torino 1983 AA.VV. “Quei maledetti Normanni”. Cavalieri e organizzazione militare nel Mezzogiorno normanno, in L’altra Europa, a cura di G.Galasso, IV, Napoli 1989. D. MATTHEW, I Normanni in Italia, Bari 1997 J. J. NORWICH, I Normanni nel Sud 1016-1130, Milano 1971. J. J. NORWICH, Il Regno nel sole 1130-1194, Milano 1972. S. TRAMONTANA, La Sicilia dall’insediamento normanno al Vespro (1061-1282), in Storia della Sicilia, vol. III, Napoli 1980

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Altavilla assicurarono infatti alla loro impresa, e non di meno al loro casato, fino ad allora considerato certo non di primo piano, quella legittimità di cui necessitava.4 La concessione dei feudi quale “diritto di conquista” sopravvisse ben oltre l’età normanna si riprodusse infatti, seppur nelle forme e negli usi propri di ogni nuova dinastia regnante, con la venuta degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi che avviarono veri e propri rivolgimenti nel tessuto feudale isolano insediando nel possesso territoriale elementi di spicco delle nuove élites dominanti.5 Alla conquista seguiva sempre, oltreché un nuovo assetto istituzionale, anche una redistribuzione territoriale, seppur su basi via via meno totalizzanti, confermandosi nei loro possedimenti quelle famiglie che, nonostante espressione di precedenti dinastie, avevano saputo opportunamente adeguarsi ai mutati rapporti di forza. Gli atti attestano delle significative assegnazioni feudali praticate dai primi sovrani aragonesi, il giorno dell’incoronazione dei sovrani Giacomo I e Federico II, a cavallo tra XIII e XIV secolo, vennero creati circa quattrocento nuovi militi rivestiti della dignità feudale.6 La definitiva affermazione aragonese seguita al periodo di anarchia feudale incarnato dai quattro vicàri, avviò un vero e proprio rivolgimento del ceto feudale, con il dirompente inserimento tra le sue fila di nuovi elementi, che scalzarono le antiche famiglie insediatesi nel corso dei quasi tre secoli trascorsi dall’instaurazione del feudalesimo. Le grandi famiglie siciliane che avversarono i disegni egemonici dei primi sovrani aragonesi, anche quando di origine iberica esse stesse, accusate di tradimento o fellonia, furono sottoposte a repentine spoliazioni dei loro feudi che la corte itinerante dei sovrani si affrettò a concedere ad elementi loro fedeli. Al definitivo tramonto dei Chiaramonte con la decapitazione nel suo palazzo dello Steri a Palermo di Andrea Chiaramonte e la conseguente disfatta della loro agguerrita fazione, al “tradimento” di Jaymo Alagona e di Guglielmo Raimondo Moncada, che segnò una temporaneo tramonto dei loro casati, seguì la repentina ascesa delle famiglie Cabrera, Luna, Cardona, Requesens, Nava e Santapau solo per citarne alcune. Gli studi di Domenico Ligresti sulle dinamiche delle famiglie feudali, comparando la composizione dei ruoli feudali del 1335 e del 1408 con l’elenco dei partecipanti al parlamento del 1499, mostrano chiaramente del forte rivolgimento impresso al ceto feudale dai Martini. Nel corso del XIV secolo la grande feudalità isolana, quella cioè investita di feudi abitati, e come tale titolare di un seggio in parlamento, vide uscire 4 Vedasi: S.TRAMONTANA, Ruggero il Gran Conte e l’inizio dello Stato normanno, Atti delle giornate normanno-sveve 1975, Bari 1991 N. KAMP, I vescovi siciliani nel periodo normanno: origine sociale e formazioni spirituali, in G. ZITO (a cura) Chiesa e società in Sicilia, vol. I, L’età normanna, Atti del I Convegno internazionale dell’Arcidiocesi di Catania 1992, Torino 1995 5 Vedasi: AA.VV., L’aristocrazia militare del primo Trecento: fra dominio e politica, atti del convegno di studi “Federico III d’Aragona re di Sicilia (1296-1337)” Palermo 1996, Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1997 E. SIPIONE, La smobilitazione del servizio militare della feudalità siciliana (1342), in Archivio storico siracusano, I, 1971 6 D.ORLANDO, op. cit., cita B. DI NEOCASTRO, Historia Sicula, cap. 102

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di scena il 67% dei suoi componenti che furono rimpiazzati per il 56% da elementi “ispanici”, per l’8% da elementi “italiani” e per il restante 36% da elementi provenienti dagli “uffici, dall’attività bancaria e mercantile e dal patriziato urbano”.7 L’azione normalizzatrice degli Aragonesi avviò un epoca di relativa ma generalizzata accettazione dello status quo impresso dai Martini, non mancarono invero, almeno fino alla metà del XVI secolo, fazioni più o meno apertamente ostili ai regnanti, tuttavia non si verificarono più nel corso dei secoli significativi rivolgimenti dell’ordine feudale siciliano. Se i massicci interventi regi nell’ottica della redistribuzione terriera di conquista sfumarono sempre più, si fecero invece più significativi i mutamenti legati all’evolversi dei rapporti dei feudatari con gli altri protagonisti dell’età feudale siciliana, primo tra tutti, con il potere centrale. Il rapporto tra sovrano e feudatario, avviatosi quale forte legame politico tra le parti, dominato dall’autorità regia e vissuto su basi emminentemente personali, divenne sempre più labile, i feudatari riuscirono ad ottenere una progressiva, ma sostanziale, gestione diretta dei loro feudi, fino a riconoscere al sovrano un dominio meramente simbolico. Allo stesso tempo, lungo gli oltre sette secoli di vita del regime feudale le diverse case regnanti non mancarono di riformare anche bruscamente, le prerogative economiche, fiscali e giuridiche vantate dai feudatari siciliani. Se la feudalità siciliana riuscì ad avere mano libera nella gestione diretta dei suoi feudi già alla fine del duecento e ottenere nel 1458 una ampia sanatoria sulla dubbia legittimità dei titoli di possesso di molti dei suoi membri, subì allo stesso tempo significative limitazioni da parte sovrana. Estensioni e limitazioni delle prerogative e dei doveri dei feudatari si successero così le une con le altre all’interno di quegli inarrestabili processi di modernizzazione cui tendono tutte le società.

7 D. LIGRESTI, Feudatari e patrizi nella Sicilia moderna. Secoli XVI-XVII. Catania 1992. Secondo Ligresti l’esasperata mobilità del ceto parlamentare siciliano, con ricambi nell’ordine del 90% per il Val di Mazzara, appare mitigata in Val di Noto dove il 50% degli antichi lignaggi del XIII e XIV secolo continuarono a mantenere, ancora agli albori del Cinquecento, il possesso dei loro feudi popolati.

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1 I Feudi Secondo una consolidata vulgata il termine feudo sarebbe sinonimo di grande estensione terriera o latifondo. In realtà, da un interpretazione “ortodossa” delle fonti di diritto feudale, il feudo non è altro che una concessione “da un signore al suo vassallo al fine di procurargli il legittimo mantenimento e di metterlo nelle condizioni di fornire al signore il servizio richiesto”8. Oggetto di concessione non era dunque sempre e soltanto un bene fondiario ma anche una fortezza, una autorità o ufficio, un opificio, una rendita. Alla base della concessione del feudo stava dunque non tanto una proprietà quanto un diritto che consentiva il legittimo (poichè proveniente dal potere sovrano) esercizio delle prerogative connesse. Nella prima fase del feudalesimo i feudi furono distinti in feudi e subfeudi, concessi questi non già dal sovrano ma da grandi signori titolari di estesi possedimenti, tra quelli cosiddetti de “jure francorum” e quelli de “jure longobardorum”, con differenze inerenti la possibile frammentazione successoria. Tra feudi ecclesiastici e laici e questi ultimi a loro volta tra rusticani e feudi abitati, detti nobili. La possibilità di subinfeudare terre,9 negata già da re Ruggero con la sua costituzione Scire Volumus,10 fu nel tempo oggetto di numerosi provvedimenti regi. Con la Constitutionem divae memoriae dell’imperatore Federico, fu sancita l’impossibilità di subinfeudare nuovi territori limitandosi tale pratica, ai feudi già concessi in tal modo. La Quia frequenter, sancì la proibizione di imporre servizi ai vassalli, mentre la Post mortem, stabilì che alla morte di qualunque suffeudatario il suo bene venisse ricondotto al demanio per essere da questo concesso nelle dovute forme. Nonostante i numerosi provvedimenti tale pratica pare sopravvisse, seppur marginalmente, almeno fino al XVII secolo, per il territorio siracusano, sono attestate, nel 1395, delle cosiddette “patenti comitali” rilasciate dai Moncada a membri dei Landolina per i feudi Belliscara e Burgio. I feudi di diritto franco venivano considerati beni indivisibili e come tali da assegnare ad un solo erede, con precedenza per il maschio primogenito, mentre quelli di diritto longobardo potevano essere frazionati tra diversi coeredi. L’esistenza di due diversi modi di intendere la successibilità ai feudi, va ricercata nella composizione stessa delle armate normanne, composte da elementi di origine franca ma anche da genti longobarde. Gli Altavilla concessero infatti ai loro alleati nella conquista del mezzogiorno d’Italia, la possibilità di vivere secondo le consue8 F.L. Ganshof, Che cos’è il feudalesimo, Einaudi 1989, p.117. 9 Vedasi: E. MAZZARESE FARDELLA, Osservazioni sul suffeudo in Sicilia, in Rivista di storia del diritto italiano, n° 34, 1961 10 Le antiche costituzione non avevano in realtà un vero e proprio titolo, generalmente vengono indicate con le prime parole del loro testo. “Scire volumus Principes nostros, Comites, barones, Archiepiscos ...” Vedasi: H. ENZENSBERGER, Il documento regio come strumento del potere, in Potere, società e popolo nell’età dei due Guglielmi, Atti delle quarte giornate normanno-sveve, Bari - Gioia del Colle 1979, Bari 1981

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tudini dei loro popoli. Nello specifico, sia i feudi concessi secondo l’uso dei franchi, che quelli secondo l’uso longobardo, escludevano dalla successione le femmine, allo stesso modo, in caso di mancanza di eredi maschi, entrambe le due specie di feudi ritornavano al patrimonio regio. I sovrani aragonesi, sotto la pressante spinta della stessa feudalità isolana, avviarono un generale processo di riforma del diritto di successione.11 La costituzione In aliquibus di re Federico, seppur confermando la preferenza dei maschi sulle femmine, ammise nella successione le donne con precedenza sui maschi collaterali e riconobbe loro una dote detta di “paraggio” alla successione del fratello.12 La Si aliquem di re Giacomo, limitò fortemente la riconducibilità dei feudi al demanio, estendendo fino al sesto grado di parentela la possibilità di successione. I sovrani espressero anche una chiara preferenza per l’indivisibilità dei feudi, concedendoli soltanto secondo l’uso franco, e considerando tali, anche quelli già concessi, senza specificare il modo di regolarne la successione cosi come è possibile vedere dalla concessione del feudo Callari in territorio di Lentini, assegnato a Giovanni Guarna da re Federico, nel 1312. Secondo la già citata Scire volumus di re Ruggero, confermata poi dalla costituzione Divae memoriae dell’imperatore Federico, tutti i feudi, sia laici che ecclesiastici, appaiono nella prima età feudale inalienabili, i feudatari ne erano cioè possessori, ma non proprietari. La liberalizzazione del mercato dei possedimenti feudali fu avviata solo nell’ultimo scorcio del Duecento, in età aragonese, con il capitolo Volentes di re Federico, che introdusse di fatto la possibilità per il feudatario di vendere o donare a chiunque il feudo anche senza l’autorizzazione sovrana.13 Superati i problemi legati 11 Due celebri giuresperiti siracusani, Bernardo de Medico e Guglielmo Perno furono, tra il XV ed XVI secolo, tra i maggiori studiosi dell’istituto della successione feudale. Del primo si ricorda tra le altre opere il testo Super caput Volentes regis Federici del 1537, del secondo i Consilia Feudalia del 1537 ed il Tractatus de Feudis del 1601. 12 Altra dote, spettante però ai figli cadetti del feudatario deceduto, e dovuta dal maggiore, unico successore, era la cosiddetta “vitamilizia”, rendita annua sui frutti del patrimonio ereditato che si estingueva alla morte dell’avente causa. 13 Il capitolo di re Federico stabiliva che: “… qualsiasi Conte, Barone, Nobile o feudatario avente feudi, potesse, senza alcuna permissione o licenza sovrana, pegnorare il feudo intero o quella parte che possedesse, vendere, donare, permutare, lasciare per testamento, o legare e trasferire a qualsiasi titolo, purché la trasmissione per atto tra vivi o per causa di morte avesse avuto luogo in favore di una sola persona, più degna o della stessa dignità dell’alienante, con esclusione però delle chiese e delle persone ecclesiastiche. Era però dovuta la decima parte del prezzo di vendita a favore del fisco, al quale era anche riservato, nel caso di vendita, di poter comprare entro un mese il feudo, allo stesso prezzo di vendita convenuto tra le parti contraenti.” In riferimento ai titoli nobiliari, solo nel 1788, fu fatto divieto di “porre in vendita o donare titoli di qualunque onorificenza si siano.” C. ARNONE, La storia dei titoli nobiliari e dei feudi nobili di Sicilia e l’opera del Duca Don Francesco San Martino, in: F. SAN MARTINO DE SPUCHES, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, dalla origine ai nostri giorni. Palermo, 1941, 10 Voll. Sul fenomeno noto come “allodizzazione del feudo” vedasi: H.BRESCH, Un monde méditerranéen. Economie et societé en Sicilie (1330-1450), 2 Vol., Palermo 1986

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ad una pressoché assoluta alienabilità dei feudi, e ad un loro mantenimento in ambito intrafamiliare, con il capitolo 456 di re Alfonso fu fortemente ristretta anche la possibilità che questi fossero ricondotti al regio demanio, limitandola ai soli casi di “fellonia, lesa maestà e colpa grave”. Anche i feudi ecclesiastici discendevano dalle prime concessioni effettuate dai conquistatori normanni,14 intendendo garantirsi con i frutti del feudo la sussistenza economica delle diocesi. I feudatari di condizione ecclesiastica godevano delle stesse prerogative e degli stessi obblighi cui erano sottoposti i feudi laici, nella prima fase del feudalesimo infatti anche questi furono soggetti tra gli altri all’obbligo dell’investitura e del servizio militare.15 Nel corso del XV secolo tuttavia i feudatari ecclesiastici riuscirono ad affrancarsi da tali obblighi, nel 1457 un capitolo di re Alfonso li sollevò dall’obbligo dell’investitura, mentre i documenti non attestano più della presenza di ecclesiastici nella presentazione di armati per il servizio militare, già dai primi decenni del Quattrocento. I feudi laici erano generalmente distinti in rusticani e nobili, questi ultimi popolati da vassalli, i feudi popolati potevano essere sia di antica che di nuova fondazione, e consentivano al loro signore di sedere tra le fila del parlamento siciliano. Il seggio parlamentare non appare tuttavia, di per sé, connesso al possesso di una terra abitata, sia di antica che di nuova fondazione, ma la sua concessione rispondeva a logiche più complesse, generalmente riconducibili all’elaborato intreccio di esenzioni ed immunità a vario titolo rivendicate dalle città demaniali siciliane nei confronti del potere centrale. Il ruolo della città di Siracusa appare a tale riguardo emblematico, i feudatari siracusani colonizzatori di nuove terre non sedevano infatti tra le fila del parlamento siciliano, almeno quando possessori di sole “terre siracusane”, credo proprio in ossequio alla immunità dai donativi vantata dal senato cittadino sin dal 1298 e 16 confermata nel 1518 e 1520. I feudi potevano essere popolati solo dietro autorizzazione sovrana, fino a tutto il XVI secolo attraverso la cosiddetta “nobilitazione del feudo”17 istituto che tendeva, T.DAVIES, Famiglie feudali siciliane. Patrimoni, redditi, investimenti tra ‘500 e ‘600. Roma 1985 14 I diplomi di ricostituzione delle diocesi siciliane da parte dei normanni includevano anche estesi territori soggetti al potere secolare dei prelati, inoltre nel corso dei secoli numerosi documenti attestano delle generose donazioni dei discendenti degli Altavilla ai nascenti monasteri dell’isola. 15 Un diploma del 1393 attesta la partecipazione al servizio militare del vescovo di Girgenti, che intervenne con dieci balestre e dell’arcivescovo di Palermo con otto armati appiedati. D.ORLANDO, op.cit. pag. 144 16 Sui privilegi della città di Siracusa vedasi, presso la Biblioteca comunale di Siracusa, Liber Privilegiorum et Diplomatum nobilis et fidelissima Syracusarum urbis. - De exemptione ab omni jure dohane per totum regnum (1298) Vol. I, foglio 19 - Esenzione dal donativo (1518) Vol. III, foglio 187. - Conferma dell’esenzione dal pagamento del regio donativo (1520) Vol. II, foglio 269 17 M.RENDA, I nuovi insediamenti nel ‘600 siciliano. Genesi e sviluppo di un comune (Cattolica Eraclea) in: M.GIUFFRÈ (a cura) Città nuove di Sicilia XV-XIX secolo, Palermo 1979

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più che ad un effettivo popolamento colonico a fini produttivi, a creare capisaldi fortificati nell’immenso territorio spopolato dell’isola. Tutte le concessioni riportavano infatti la possibilità, o forse meglio la necessità, di costruire nella nuova terra un vero e proprio sistema difensivo: “...costruere Castellum seu turrim vel casam fortem cum 18 mergulijs barbacanis, fossatis vel sine...” La lunga serie di concessioni regie in favore dell’istituto feudale nel corso dei secoli interessò la natura stessa dei beni infeudabili e il loro supposto rango, fino alla formale determinazione di considerare di carattere esclusivamente venale gran parte dei rapporti di natura feudale. Il feudalesimo cambiava radicalmente faccia: da alleanza politico-militare tra sovrano e vassallo basata sul possesso di un bene, da intendersi come ricompensa ed indispensabile fonte di sostentamento per quest’ultimo, a status sociale. Uno status conquistabile non più attraverso la “spada” ma attraverso la “borsa”, e come tale aperto agli esponenti dei ceti mercantili e bancari, agli esponenti delle professioni ed ai detentori di pubblici uffici. Se l’aspetto motivazionale dei borghesi e dei togati va generalmente ricercato nell’affermazione su base locale dei loro affari, è indubbio che conducesse anch’esso verso il feudo, verso cioè quel mito del possesso terriero su vasta scala, anche quando le condizioni congiunturali lo indicavano chiaramente quale investimento poco redditizio se non proprio fallimentare. Ultima tappa nella sfrenata corsa verso l’affermazione sociale del proprio lignaggio consisteva nel passaggio alla ristretta élite dei detentori di feudi abitati, titolari di un seggio in parlamento. L’acquisto di una “terra”, cosi venivano chiamati i feudi popolati, seppur praticato, fu fortemente limitato, la vendita generalizzata delle licentiae populandi19 aprì invece uno spiraglio di nobilitazione parlamentare ad un gran numero di famiglie. In poco più di due secoli vennero fondate oltre 130 nuove città, anche se spesso si trattava di borghi abitati da poche decine di abitanti e dunque di investimenti poco remunerativi, tale fenomeno attesta della dinamicità e della fondamentale apertura, della classe feudale siciliana.20

18 Dall’atto di nobilitazione del feudo Rosolini, concesso a Margherita de Podio e al marito Antonio Platamone il 15 Gennaio 1485, da re Ferdinando il Cattolico. Riportato in: F. MALTESE, Memorie storiche sulla origine di Rosolini, consultabile presso la biblioteca comunale di Rosolini. 19 Editto di Filippo III dell’11 Novembre 1611 20 Riguardo al fenomeno delle fondazioni feudali in Sicilia vedasi tra gli altri: C.A. GARUFI, Patti agrari e comuni feudali di nuova fondazione in Sicilia, in Archivio storico siciliano, II-III, 1947 T.DAVIES, La colonizzazione feudale della Sicilia, in “Storia d’Italia”, Annali VIII, 1978 G.GIARRIZZO, La Sicilia dal viceregno al regno, in AA.VV, Storia della Sicilia, Napoli 1978, Vol.VI pagg.95-98 M.GIUFFRÈ (a cura) op. cit. M. AYMARD, Le città di nuova fondazione in Sicilia, in “Storia d’Italia”, Annali VIII, 1985 F. BENIGNO, Vecchio e nuovo nella Sicilia del Seicento: il ruolo della colonizzazione feudale, in “Studi storici” I, 1986

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2 I processi d’investitura L’istituto dell’investitura del feudo, sancito già nelle primordiali norme di diritto feudale, rappresentava il riconoscimento formale della dipendenza esistente tra il sovrano ed i suoi feudatari ed era richiesta ogni qualvolta interveniva una variazione sia nella persona del concedente che in quella del concessionario. Tale istituto si aggiunse prima, per poi definitivamente sovrapporsi, all’originario obbligo per i feudatari di prestare personalmente il cosiddetto fideomaggio,21 un giuramento di “fedeltà ed omaggio” di cui si osservano tracce già dall’epoca della conquista normanna. Con il primo giuramento il feudatario riconosceva il concedente quale suo signore e se ne dichiarava dipendente, con il secondo s’impegnava solennemente a difenderne la vita e l’onore ma sopratutto a prestargli aiuto militare, se ciò fosse stato richiesto. Nella prima fase del feudalesimo il fideomaggio era dovuto anche per i suffeudi, già una costituzione dell’imperatore Federico sancì tuttavia che era dovuto alla sola persona del re.22 Se il fideomaggio rappresentava una manifestazione pubblica del rapporto scaturito dalla stessa concessione feudale, l’obbligo dell’investitura rivestiva invece il carattere di una sorta di attestazione di legittimità cui erano tenuti i discendenti dei primi concessionari. Con il trascorrere dei secoli le rinnovazioni delle prime concessioni avvenivano non più personalmente ed alla presenza del sovrano ma attraverso una richiesta formale, cioè documentale, che il feudatario rivolgeva alla corona. I feudatari attestavano il loro titolo di possesso allegando tutti quegli atti, testamenti, dotali di nozze, donazioni e così via, che rimontavano dal primo concessionario fino a loro, non mancando però di dichiararsi vassalli del loro sovrano (omaggio) e promettendo di soccorrerlo in caso di necessità (fedeltà). L’investitura si affiancò così prima, per poi definitivamente sovrapporsi, all’originario obbligo del fideomaggio che restò formalmente in vita soltanto quale simbolico istituto che, attestando la dipendenza dei singoli feudatari ad un unico sovrano, sanciva una sorta di primordiale schema di stato unitario, slegato dalle logiche di fazione che sempre avevano preceduto i mutamenti di case regnanti. Nonostante, secondo le antiche costituzioni del regno, la mancata investitura comportasse la devoluzione del feudo alla corona, numerosi feudatari evasero nel tempo tale norma, causando, specie dagli albori del XV secolo, un vasto processo di riconduzione al demanio. Il giro di vite impresso dai sovrani aragonesi spinse il parlamento del 1452 a farsi portavoce delle difficoltà del corpo feudale siciliano, richiedendo alla corona di reintegrare nel loro possesso i feudatari privati dei beni, che ogni feudatario potesse investirsi e prestare fideomaggio entro un anno, un mese, una settimana ed un 21 La nota 4 al capitolo VI de Il Feudalesimo di Diego Orlando, a cui si rimanda, riporta la formula di una cerimonia di Fideomaggio. 22 Costituzione Comite vel barone viam universae carnis dell’imperatore Federico.

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giorno, che le investiture fossero indirizzate e concesse dal viceré, infine che la pena per chi non si fosse investito fosse non già la perdita del feudo ma di un anno di rendita del feudo stesso. Re Alfonso il Magnanimo accordò ai feudatari una generale sanatoria per le precedenti mancate investiture, stabilì che questa dovesse essere presa entro un anno ed un giorno e che fosse facoltà del viceré accordarla o respingerla, portando la questione, qualora ciò fosse ritenuto necessario, all’attenzione dello stesso sovrano attraverso il sacro regio consiglio. Se le disposizioni di re Alfonso sanavano le posizioni di quei feudatari che non avevano voluto investirsi, nessuna novità apportavano in riferimento a quelle investiture che non potevano essere richieste perché mancanti dei pregressi atti di possesso, cosicché lo stesso parlamento del 1452 richiese al sovrano di rinnovare i titoli di tutti quei feudatari che, nonostante la mancanza dei loro antichi privilegi, dimostrassero di esserne in possesso da almeno trent’anni. Ancora una volta Alfonso il Magnanimo accordò il suo consenso alle richieste del corpo feudale, tutti i titoli dei feudi siciliani, formalmente rinnovati, furono riuniti in quello che venne chiamato “libro delle confirme”.23 Nel 1458, il corpo feudale siciliano ottenne un ulteriore ed importante successo, re Giovanni, dietro supplica del braccio baronale del parlamento siciliano, dispose infatti che da allora in poi nelle richieste d’investiture fosse riportato soltanto l’ultima causale del passaggio del feudo omettendo tutti i titoli precedenti che risalivano fino al primo possessore. Nel 12° capitolo di re Giovanni, da alcuni considerato formalmente abrogativo dell’obbligo dell’investitura, era inoltre accordata una proroga di altri tre mesi per sanare le mancate investiture ed evitare la confisca del feudo. È indubbio che le conseguenze di tale disposizioni semplificarono sensibilmente l’istituto, la mole di documenti da allegare alle richieste d’investitura diveniva con il trascorrere dei secoli di difficile gestione da parte degli uffici preposti, tuttavia dietro la richiesta del braccio baronale traspare la malcelata volontà di sanare l’usurpazione di vaste aree del territorio siciliano, praticata da un gran numero di famiglie dello stesso corpo feudale. Confermare nel possesso di un determinato territorio, o altro bene immobile, quei feudatari i cui antenati non potevano dimostrare una originaria concessione sovrana consentì infatti una generale e formale legittimazione dei loro supposti titoli, ma soprattutto un sostanziale consolidamento dei loro diritti di possesso e godimento.24

23 D.ORLANDO, op.cit. pagg.122-123 24 Per i feudatari che potevano dimostrare le loro originarie concessioni sovrane, apparve in ogni caso vantaggioso evitare le spese, necessarie alla trascrizione degli innumerevoli antichi atti da allegare alle investiture.

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3 Il territorio feudale siracusano Se l’indubbia evoluzione dell’istituto feudale lungo gli oltre sette secoli della sua esistenza impedisce generalizzazioni omnicomprensive del fenomeno, un’ampia ricognizione sulla consistenza del patrimonio feudale siciliano dei secoli XIV e XV è stata favorita dallo studio di alcune fonti documentali, in grado di fornire informazioni di carattere generale sui feudi allora esistenti, sui loro possessori e sulle loro rendite. La Descriptio feudorum sub rege Friderico, riferibile al 1335, l’Adohamentum sub rege Ludovico, probabilmente compilato alla fine del 1345 e l’Amplissima sub rege Martino Feudatariorum, omniumque feudorum recensio del 1408,25 seppur al centro di un intenso dibattito sulla loro dubbia datazione,26 sono comunemente utilizzati quali utili quadri generali di riferimento, trovandosi ampi riscontri delle notizie riportatevi. Anche I Capibrevi di Gian Luca Barberi,27 compilati nel primo decennio del Cinquecento, ed editi dal Silvestri tra il 1879 e il 1888, considerabili come la più completa rassegna dell’intero corpo feudale siciliano del tempo, appaiono strumento utilissimo di consultazione. L’analisi degli archivi del protonotaro del regno e della camera reginale,28 in cui venivano riportati ufficialmente tutti i processi d’investitura dei feudi siciliani, è stata invece limitata dalla dispersione già dal cinquecento, come riportato dallo stesso Barberi, degli antichi registri relativi al regno di Federico III (1296-1337) e dei suoi predecessori.

25 Pubblicati a stampa da R. GREGORIO, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia sub imperio Aragonum gestas rettulere, 2 voll., Palermo 1791-1792, pag. 464-470, 486-497. cit. B. MUSCIA, Sicilia nobilis sive nomina et cognomina Comitum, Baronum et Feudatariorum Regni Sicilie Anno 1296 sub Friderico II vulgo III. Et anno 1408 sub Martino II Siciliae Regibus, Roma 1692. 26 In merito alla disputa sulla datazione di tali manoscritti vedasi: I.PERI, La Sicilia dopo il Vespro. Uomini, città e campagne 1282-1376, Bari-Roma 1981, pag. 293 e seguenti. A.COSTA, Sul catalogo dei feudi siciliani al tempo di Martino I, in “Medioevo. Saggi e Rassegne”, 9-1984, pag. 135-147. Allo stato la datazione indicata da Marrone sembra la più convincente si è scelto così di riferire la Descriptio di re Federico al 1335. Vedasi: A. MARRONE, “Sulla datazione della descriptio feudorum sub rege Friderico (1335) e dell’Adohamentum su rege Ludovico (1345)” in Mediterranea, Anno I, Giugno 2004 27 Gian Luca Barberi, maestro notaro della regia cancelleria dal 1491 fino a pochi anni prima della morte avvenuta nel 1523, compilò, su sollecitazione di re Ferdinando il Cattolico, una accurata ricognizione dello stato dei feudi siciliani, al fine di determinarne la legalità del titolo di possesso, attraverso i pregressi processi d’investitura. Vedasi: G. STALTERI RAGUSA (a cura) G.L. Barberi Il ‘Magnum Capibrevium’ dei feudi maggiori, Documenti per servire alla storia di Sicilia, I s. – diplomatica – 23, 2 voll., Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1993. 28 Dotario nunziale concesso da Federico III d’Aragona alla moglie Eleonora d’Angiò nel 1305, comprendente le terre di Siracusa, Lentini, Mineo, Vizzini, Paternò, Castiglione, Francavilla, oltre ai casali di Linguaglossa e Santo Stefano, alcuni tenimenti della città di Messina, più l’isola di Pantelleria. Le terre della Camera reginale furono ricondotte al demanio, con capitoli di Carlo V, nel 1537.

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Il monumentale studio di Francesco San Martino de Spuches,29 seppur spesso carente dal punto di vista di una razionale organizzazione delle informazioni contenutevi, ripercorrendo i processi d’investitura dei feudi siciliani, rende invece possibile una veloce ma efficace comparazione dei dati. L’informatizzazione dei dati tratti dalle opere citate, riferibili ai possessori dei feudi ricadenti all’interno dei territori delle città demaniali siracusane,30 integrati con recenti studi sulle dinamiche feudali dei secoli XIII e XIV,31 ha consentito di fissare delle “istantanee” che rendono possibile lo studio particolareggiato di un determinato territorio o famiglia feudale. Si è scelto di scattare queste istantane, nel 1335 e nel 1408, attraverso i due ruoli feudali, nel 1622 (successione al trono di Filippo IV), e nel 1812 32 (abrogazione del regime feudale siciliano), in modo da poter dare continuità allo studio comparato dei singoli patrimoni feudali, già ampiamente praticato attraverso i ruoli feudali, anche in età moderna. È cosi possibile cogliere, almeno per il territorio siracusano, cioè per i feudi ricadenti all’interno delle citta demaniali di Siracusa, Noto, Lentini e dagli inizi del XV secolo Augusta, il complesso sviluppo dei beni infeudati, la loro permanenza all’interno di determinate famiglie, ma anche confutare o meno, su base locale, le più generali tendenze studiate fin quì per il territorio siciliano. Il ruolo di re Federico riporta un elenco di 246 feudatari siciliani in possesso di 438 feudi,33 con l’indicazione del loro reddito ed in alcuni casi della loro localizzazione. I possessori di feudi siracusani sono 56 (compresa la regina Eleonora), titolari di 75

29 F. SAN MARTINO DE SPUCHES, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, dalla origine ai nostri giorni. Palermo, 1941, 10 Voll. 30 Una netta delimitazione dell’antico territorio feudale entro i confini dell’attuale provincia siracusana è apparsa oltrechè di difficile attuazione anche riduttiva. Si è scelto così di analizzare e computare anche quei feudi i cui territori ricadevano solo parzialmente all’interno dei confini dell’odierno territorio provinciale. In ogni caso si è scelto di rispettare la localizzazione indicata dalle fonti. A tal proposito si rimanda al quadro indicante, attraverso le carte topografiche I.G.M. 1/25.000, le probabili localizzazioni dei feudi. 31 Vedasi: A. MARRONE, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Archivio Mediterranea, Palermo 2006 A. COSTA L’ira del re e la fedeltà dei sudditi. Un quaternus di fideomagi della metà del Quattrocento , Archivio Mediterranea, Palermo 2013 32 Tale data deve intendersi a carattere puramente indicativo dato che la granparte delle investiture si fermano intorno alla seconda metà del Settecento. Le note del De Spuches riportano tuttavia notizie sui legittimi possessori ben oltre l’abolizione del regime feudale. Vedasi grafico 5. 33 Pare ormai accertato che nel ruolo feudale del 1335 manchino numerose trascrizioni di possedimenti feudali, quelle del territorio siracusano sarebbero: - Matteo Palizzi per i feudi Castelluccio e Churca - Martina di San Silvestro per i feudi Bimisca, Arbacamea, Maccari, Binurrati, Bonfallura e Bimeria - Teobaldo Speciale (o il figlio Francesco) per il feudo Sacculino. A. MARRONE, “Sulla datazione della descriptio feudorum sub rege Friderico (1335), Op.cit. pag. 145

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feudi,34 17 casali,35 5 terre (Avola, Buccheri, Ferla, Palazzolo e Sortino, escludendo Giarratana) e 4 tenimenti di terre. Tra i feudi sono compresi due “pantani” mentre tra i “tenimentis” 1 salina ed un pantano. Il numero dei casali è certamente in difetto come si puo desumere dall’annotazione del conte di Passaneto iscritto per i “casalibus” di Palagonia e Passaneto e degli eredi di Accardo de Barba che oltre a Casal Gerardo possedevano il “casalium, que habuit a ditto Berardo de Ajuto”. Augusta e Melilli, in possesso di Guglielmo Raimondo Moncada e del fratello Perriconio, sono indicati col termine “feudis” (e come tali sono stati considerati) anzichè “terrae”. Graf.1

34 Il feudo Sabuci e il casale di Cadra posseduti in “metà”, sono stati considerati come distinti possedimenti feudali. Di un ipotetica metà del feudo “Cannatini”, di cui sarebbe stato in possesso Giovanni Landolina, oltre a non riscontrarsi la proprietà della rimanente parte, si rimanda a pag. 26. Nel ruolo feudale del 1335, il feudo che Barberi chiama Bulgilfeza, relativo ai beni di Pietro Mohac, è a mio avviso indicato due volte, erroneamente indicato come Barchiferse e Burchiferse o Bulchiferse. 35 I beni feudali indicati quali casali appaiono, specie nei ruolo feudale del 1335, distinti dai semplici feudi detti, da alcuni autori, “piani”. Con tale termine s’indicavano dei latifondi dotati di abitazioni e opifici vari, abitati da pochi contadini stabilmente residenti, spesso legati al proprietario da vincoli di villanaggio. I casali medievali, derivazioni culturali delle villae romane e delle massae bizantine, persistettero con i rahal mussulmani, per essere progressivamente abbandonati già dall’età normanna-sveva, seppur in Val di Noto persistettero almeno fino al 1350. Tra gli altri vedasi: M. AYMARD - H. BRESC, Problemi di storia dell’insediamento nella sicilia medievale e moderna, 11001800, Quaderni storici Vol. 8, Nr. 24, Archeologia e geografia popolamento (Sett./Dic.1973), pp. 945-976 H. BRESC, La feudalizzazione in Sicilia dal vassallaggio al potere baronale, Storia della Sicilia, vol. III, Napoli 1980 M.GAUDIOSO, Per la storia del territorio di Lentini nel secondo Medioevo. Catania 1926 (rist.anast. Catania 1992) pag. 31 e segg.

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Le famiglie sono 46, i Cassaro appaiono presenti con Giovanni, titolare del feudo e del castello omonimo, e con i fratelli Nicolò e Jacopino titolari in comune del feudo Didino. I de Mulocta con Antonio per il feudo omonimo (Milocca) e il feudo Cipolla, Francesco per il feudo Tardello, gli eredi di Bongiovanni per i feudi Canicattini, Regalcaccia, Baruni e Rachalgeri. I Rosso presenti con Andrea per i casali lentinesi di Pedagaggi, Randazzini e Xirumi e gli eredi di Guglielmo per il feudo Pancali. I Fimetta sono rappresentati da Ruggero per il feudo Passanelli e metà Limini e da Simone per Fiumefreddo. Guglielmo Raimondo Moncada “e fratello” posseggono diversi feudi tra cui Augusta e Melilli. I Sigona posseggono i feudi Montis Peregrini, Timonelli e Rayalmichi con Federico e il feudo Sigona con Michele, anche i Landolina sono due con Giovannuzzo (Joannucius, Joanucius, Joannutius, Joannicus) titolare di Grampoli, Frigintini, Cammaratini e altre terre a Ragusa e Giovanni indicato però anche lui come titolare di Frigintini “D.nus Joannes de Landolina de Notho pro feudo Fragintini oz 15”. Ad un errore di trascrizione è probailmente da ascrivere l’annotazione di Giovannuzzo per medietate feudi Cannatini di cui non si trovano ulteriore tracce e che andrebbe letto Cammaratini, feudo che, quando correttamente riportato, è però indicato una volta in territorio di Siracusa un altra in quello di Ragusa. 36

Possedimenti feudali dei Landolina nel 1408

36 Una plausibile localizzazione dei tre feudi dei Landolina nel 1335 evidenzia però come il feudo Cammaratini, posto lungo l’asse viario tra Ragusa e Noto, era equidistante tra le due città demaniali, mentre Frigintini e particolarmente Grampoli sono proprio a ridosso dell’abitato di Ragusa.

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La ratio che sembra trasparire dalle annotazioni del ruolo feudale di re Federico, a parte evidenti errori di trascrizione e localizzazione, sembra essere quella di indicare i diversi feudatari raggruppandoli in relazione all’appartenenza, di un determinato feudo, o gruppo di feudi, ad una citta demaniale. La Descriptio del 1335 cerca di organizzare il territorio feudale elencando dapprima i feudi dell’area lentinese poi quelli siracusani per poi passare a quelli di Noto, subito dopo i quali vengono elencati quelli di Ragusa. La composizione del corpo feudale, evidenzia l’affermarsi di numerose famiglie discendenti da quei catalani e navarresi che giunsero in Sicilia durante la conquista di re Pietro o subito dopo che, attraverso aderenze a corte e spesso ottimi matrimoni, assunsero un ruolo di primo piano nel regno. La granparte dei feudatari del 1335 sono discendenti da antiche ed illustri famiglie siciliane già protagoniste delle recenti vicende legate al Vespro e possedevano estesi possedimenti perlopiù nell’area lentinese. Altri ancora sono esponenti di quel patriziato siciliano che attraverso il controllo delle cariche pubbliche cittadine sopravvissero agli sconvolgimenti istituzionali seguiti alla morte dell’imperatore Federico. Il conte Ruggero (II) di Passaneto, il più facoltoso tra i feudatari “siracusani” presenti nel ruolo del 1335, era nipote di quel Riccardo Passaneto capitano di Lentini nel 1283 e giustiziere della Valle di Agrigento nel 1287 che ricoprì la carica di “magister marescallarum et araciarum” dal 1285 al 1292. Creato già nel 1301 conte di Garsiliato (esteso possedimento feudale comprendente i feudi degli attuali comuni di Niscemi, Mazzarino e San Cono) si spogliò dei suoi beni, dopo essere divenuto frate dell’ordine militare di S. Giacomo, rimanendo un punto di riferimento della nobiltà siciliana. I lentinesi Simone e Ruggero Fimetta discendevano da quel Ruggero Fimetta che esiliato dall’imperatore Federico II al suo ritorno in Sicilia, nel 1255 ottenne da papa Alessandro IV i castelli di Modica, Palazzolo, Scicli e Vizzini. Protagonista delle vicende del Vespro, Simone Fimetta, detto anche “da Calatafimi”, perchè avendo sposato la figlia del castellano di quel luogo ne aveva ereditato la carica, fu coinvolto nella cospirazione antiaragonese di Gualtiero di Caltagirone e decapitato nel 1284. Nicola Lancia, nel ruolo del 1335 proprietario di numerosi feudi in Val di Noto, che risulta nel 1321 giustiziere del Val di Mazara e dal 1343 al 1345 maestro razionale, discendeva da un antica famiglia normanno-sveva, consanguinea di re Manfredi, che subì la confisca dei suoi beni in età angioina. Andrea Rosso, signore di tre casali lentinesi, la cui famiglia è attestata in Sicilia gia dal 1222, era nipote (figlio di Damiano) del messinese Enrico de Rubeo, che alla fine degli anni settanta del Duecento era stato secreto in Calabria con gli angioni, e dopo essere stato anch’egli uno dei protagisti del vespro, maestro razionale dal 129697 al 1312 per gli aragonesi. Esponente di spicco di quelle famiglie catalane giunte in Sicilia subito dopo il vespro, Guglielmo Raimondo (II) Moncada, era nipote del marchese di Aitona e figlio di Guglielmo Raimondo (I) che, per il suo matrimonio con Lukina di Malta, 25

era stato signore delle isole di Malta e Gozzo finchè, nel 1319, le aveveva restituite alla corona in cambio della signoria di Augusta. Guglielmo Raimondo (II) dopo la compilazione del ruolo di re Federico, nel 1337, ottenne il titolo di conte di Augusta e ricoprì la carica di regio vessillifero che probabilmente mantenne fino alla morte. Catalani pure i de Jaconia (Giaconia) signori di Bufalefi, Caddeddi e Regalcaccia, i de Linguida, dal 1299 in possesso del casale di Bulgarano e gli Arbes signori di Monasteri. Di origini navarresi invece gli Assyn (o Asiain) che con Gilio erano entrati in possesso di Floridia nel 1307.37 Gli eredi di Sancho d’Aragona, figlio naturale di re Pietro I appaiono possedere estesi possedimenti (Cammarata, San Marco e Scibene) in Val Demone e Val di Mazzara. Guglielmo d’Aragona, figlio di re Federico III, nel testamento del padre dettato nel 1334, nonostante costituito erede della contea di Calatafimi e dei castelli e terre di Noto e Spaccaforno, di tutte le pertinenze di Capo Passero, e anche del castello e della terra di Avola (quest’ultima solo dopo la morte della regina Eleonora), non risulta invece iscritto. Nel ruolo feudale di re Federico quattro feudatari sono appellati “miles”, dodici “dominus” (oltre alla domina regina Eleonora), Bernardo de Syracusia è il solo indicato con il titolo congiunto di “dominus miles”. Ruggero Passaneto è indicato“comes” (di Garsiliato), il solo altro conte attestato nel ruolo è Francesco Ventimiglia, conte di Geraci. Tre feudatari sono indicati con l’appellativo “filus”. Cinque feudatari sono indicati quali messinesi: Rosso, de Guerchis, Bivjola, Mustacius, e Ansalone. Tre come lentinesi: Januensis, Sigonia e Fimetta, due sono indicati come residenti a Noto: de Barba e Castellanus. Nove infine come siracusani: Sylvagius, Marrasius, Aspello, de Cassaro, de Baldo, de Guigia, Oliva e de Mulocca (Franciscus e Antonius). Dodici patrimoni feudali sono considerati in possesso di “heredes”, mentre uno proviene da dote. La distribuzione del patrimonio feudale non appare certamente uniforme, il solo Nicola Lancia dichiarava infatti di possedere nel territorio siracusano: 2 terre (Ferla e Giarratana, quest’ultima allora in territorio di Noto), 2 casali, 8 feudi e 1 salina. È altresì indubbio che feudi e terre possedute non determinavo la medesima rendita, il conte Ruggero di Passaneto con una rendita di 900 Onze38 appare nell’ultimo scorcio del Trecento uno dei più facoltosi feudatari siciliani, seguito da Guglielmo Raimondo Moncada e dal fratello, con una rendita di 400 Onze, mentre Nicola Lancia dichiarava una rendita di “sole” 300 Onze. Oltre al Lancia due feudatari erano tassati per una rendita tra 399 e 300 Onze, uno da 299 a 200, otto da 199 a 100, dieci da 99 a 50, diciotto da 49 a 20 e dodici da 49 a 3. Per Gamunti Lombardus 37 L. SCIASCIA, Nobili navarresi nella Sicilia di Federico III, in: https://dialnet.unirioja.es

38 Il conte Francesco Ventimiglia, per Sperlinga, Cristia e Pettineo dichiarava un reddito di 1500 Onze, Matteo Sclafani, per Paternò e Centuripe, 1200 Onze, Pietro Lancia per i “proventi delle terre” di Naro, Caltanissetta e Delia un reddito di 1000 onze.

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“pro medietate feudi quod dicitur Bulcusina” non è indicata nessuna rendita. L’analisi dei redditi dei feudatari siracusani iscritti nel ruolo di re Federico, mostra come ben il 52% della rendita totale era posseduta da sole sei famiglie cioè il’13% del corpo feudale siracusano: Passaneto, Moncada, Lancia, Modica, Siracusa e Santo Basilio. Il caso della regina Eleonora, iscritta per la terra di Avola, il casale Silvestro, ed i feudi di Castelluccio e Gisira, tassata per 120 Onze di reddito, evidenzia però la difficoltà nel valutare le reali rendite fornite dai feudi siracusani quando queste siano poste esclusivamente in relazione alla tassazione militare.39 Graf.2

Il ruolo del 1408 riporta un elenco di 421 feudatari siciliani titolari di 686 beni infeudati, con l’indicazione della loro localizzazione ma non del loro reddito. A meno di un secolo dal precedente ruolo, nel 1408 la situazione appare sensibilmente mutata, i feudatari siracusani sono 84, le famiglie passano da 46 a 61 (escludendo la regina Bianca). I Landolina sono presenti con 5 esponenti, con 2 esponenti le famiglie De Baldo, Montalto, Ricca, Rosso, Salonia,Sigona, Speciale, Truxello e Ventimiglia. Due nuove famiglie gli Arezzo e gli Spatafora risultano iscritte rispettivamente con 4 e 3 esponenti. titolari di 12 feudi. 39 In riferimento al reddito del feudo, da determinarsi al fine della prestazione del servizio militare, deve notarsi come spesso i feudatari, specie in ragione delle loro aderenze a corte o della loro supposta “consanguineità” con i monarchi, riuscirono a ridurre notevolmente il servizio militare connesso alle loro terre essendo tenuti a presentare falchi, guanti o speroni, ed anche, in taluni casi, ad esserne totalmente esentati. A tal proposito appare emblematico, tra i tanti, il caso di Nicolò Speciale, signore di Castelluccio, che si era visto accordare, con privilegio di re Alfonso, dato da Napoli il 4 Aprile 1422, non solo la “nobilitazione” del suo feudo netino ma anche la riduzione del servizio militare ad un paio di speroni dorati, tassati per soli 15 Tarì.

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I feudi sono 127, numero certamente in difetto come si può desumere dall’iscrizione di Albario de Redia per il feudo di Bibino “ed altri”40, 5 terre, solo 4 casali41, 4 tenimenti, 1 corso d’acqua, 4 castelli, di cui 3 annessi a terre popolate, 2 mulini, 3 pantani o saline e una gabella, gli eredi di Arnaldo de Marino, “pro gabellis Rei et Archi Bombicis nella città di Noto” Agli albori del Quattrocento permangono, almeno nella denominazione, solo i casali Silvestro, Cadra e Francofonte in territorio di Lentini e in territorio di Noto il casale Muragello, nei pressi dell’odierna Pachino. Il casale Ossino, di Lentini, è ormai indicato come feudo, Buscemi, che continua ad essere in potere dei Ventimiglia, è indicata come “terra”, cioè come città popolata, e non più come casale. Graf.3

Il drastico ridimensionamento del numero dei casali attesta, anche per il Val di Noto, il fenomeno, gia ampiamente compiuto in altre parti della Sicilia, dell’insediamento 40 Oltre al citato caso di Albario De Redia titolare del feudo Bibino “ed altri”, Giacomo Ariccio appare possessore del feudo Carantino “e supplimenti” (probabilmente Belvedere). Il feudo Sigona risulta suddiviso in due metà, in potere di Pino Campolo e Federico Sigona, anche il feudo Misilini, che dopo la “ribellione” di Orlando Traversa nel 1398, venne frazionato in due metà dalla stessa corona, appare nel ruolo del 1408, in potere dei fratelli Giovanni e Nucio Landolina e di Giovanni Truxello. Inoltre alcuni feudi, accorpati nell’opera del De Spuches, appaiono nel ruolo del 1408 separati, come San Giacomo e Beimmeo. 41 Secondo alcune stime, tra il 1282 e il 1434 la popolazione siciliana subì un crollo valutato attorno al 60%, tale crisi demografica portò già alla fine del Trecento all’abbandono di buona parte dei vecchi casali. Il fenomeno, ampiamente marcato in Val di Noto, favorì lo sviluppo di un economia estensiva dominata dalla pastorizia. Nel 1407-08 Siracusa, con i suoi 1400 cantari (circa 110 Tonnellate) di formaggio esportati dal suo caricatore “fuori regno”, risulta essere l’area di maggior produzione casearia della Sicilia. O. CANCILA, Baroni e popolo nella Sicilia del grano, Palermo 1983

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della popolazione all’interno delle terre fortificate. Nel ruolo del 1408 non figurano 17 feudi registrati nel ruolo precedente tra cui Augusta e Melilli, ricondotti al demanio nel 1407, e Sortino. Di 9 si perdono le tracce tra i due ruoli feudali, 1 verrà considerato frazione del feudo Francofonte (Bulfida) di cui si continuano a seguire i processi d’investitura fino all’abbolizione del regime feudale. Appaiono invece per la prima volta 43 nuovi feudi, di questi 3 sono del nuovo territorio di Augusta (Buscaglia, San Cusumano e San Giuliano più Curcuragi staccato da Melilli e nel 1335 considerato del territorio di Lentini), 6 di Siracusa, 10 di Lentini (tra cui due mulini) e 24 di Noto (tra cui una gabella) I feudi Cadra e Sabuci iscritti in due metà nel ruolo del 1335 appaiono nel 1408 in possesso di un unico feudatario, mentre vengono frazionai i feudi Sigona e Misilini Il feudo di Cassibile, nel 1408 in potere degli Arezzo, è considerato in territorio di Noto, mentre nel precedente ruolo era indicato come feudo siracusano. Il gran numero di nuovi feudi, evidenzia il peso del fenomeno della feudalizzazione delle terre delle città demaniali conseguente al periodo dei vicàri attuato, specie nell’area netina, da esponenti degli Alagona e dai loro seguaci Capoblanco e Landolina.42 Il cinquantennio del dominio pressochè assoluto esercitato dagli Alagona sul territorio siracusano, cosi come l’effimera ascesa dei loro sodali Capobianco, non lascia quasi traccia se posto solo in relazione ai due ruoli feudali del 1335 e del 1408. Dominio, quello degli Alagona, costruito proprio a cavallo tra i due ruoli ed esercitato fino a quando, attraverso l’uso politico delle accuse di tradimento, i Martini riuscirono a ristabilire il potere sovrano sull’isola. Giunti in Sicilia con Blasco (I) nel 1291, gli Alagona ricevettero dalla corona estesi possedimenti in Val di Mazzara, nella prima metà del Trecento con Blasco (II), maestro giustiziere del regno, fissarono definitivamente la loro dimora in Sicilia43 - Il figlio Artale (II) conte di Mistretta e maestro giustiziere (carica divenuta ereditaria) fu uno dei quattro vicari e capo della parzialità dei catalani nel 1377, entrò in possesso di numerosi feudi tra cui, in Val di Noto, i castelli e le terre di Mineo (1365) e Augusta (1384) ed il feudo di San Cusumano ad Augusta. - Manfredi subentrò al fratello nel vicariato, nella carica di maestro giustiziere e nella castellania di Lentini e Siracusa. Sposò nel 1356 Lukina Moncada, da cui ereditò i feudi Bulfida, Scordia Soprana e Gilermi. Nel 1361 gli venne assegnata la castellania del castello vecchio di Noto e nel 1366 anche quella del castello nuovo. Nel 1363 ricevette l’investitura del feudo Billudia, nel 1371 acquistò metà del feudo Gisira, nel 1373 ebbe legati da Martina de Truxellis alcuni feudi presso Noto: Maccari, Bimisca, Rovetto e Bonfallura. Nel 1375 ottenne il feudo Bulchachemi, nella marina 42 Sul territorio netino nel periodo XIV-XV secolo vedasi: P. CORRAO, Uomini e poteri sul territorio di Noto nel tardo medioevo, 2001, in Contributi alla geografia storica dell’agro netino, distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”. 43 Nel 1345 il conte Blasco, domiciliato a Catania, contribuì all’adoa con 15 cavalli armati (pari a 300 onze di reddito). A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Op. cit. pag 27

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di Noto, in cambio del feudo Bonfallura, l’anno successivo ebbe in feudo anche tutti i proventi doganali della terra di Noto e del litorale sino a Vendicari. Nel 1392 re Martino lo dichiarò, col figlio Artale, ribelle confiscandogli i feudi Bimisca, Xibeni, Renda, Billudia, Galermo e Larbiato che furono assegnati a Gallardet Monteclup. - Blasco (III), altro figlio di Blasco II, risulta signore della terra di Montalbano nel 1356 e dal 1369 anche della terra di Monforte. Subentrò nel 1389 nella contea di Mistretta e di Butera avendo nel 1366 già ricevetto l’investitura feudale di 50 Onze di reddito sul porto di Siracusa. Possedette il feudo Scarpello in territorio di Lentini. Dichiarato ribelle nel 1392, re Martino gli confiscò i beni.

Possedimenti feudali degli Alagona nella seconda metà del XIV secolo

- Giacomo ricevette dal fratello Artale II i proventi della secrezia di Siracusa, ricevette in dote dalla moglie Giovanna Lanza, le terre di Ferla, e Giarratana. Nel 1365 fu nominato, a vita, capitano di Siracusa, nel 1376 gli vennero assegnati i diritti sul pontile del porto di Siracusa e sempre nelle stesso anno la terra di Avola in cambio della gabella del vino di Siracusa concessagli nel 1369, che valeva 400 Onze. Giacomo Alagona figura cancelliere del Regno in vari periodi dal 1376 al 1387. Possedette i feudi Bumfalà e Baulì in territorio di Noto e il tenimento Castellana, presso Siracusa. Ribellatosi contro re Martino, Giacomo Alagona ebbe confiscati i feudi e fu decapitato nel 1393.

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- Matteo Alagona, altro figlio di Blasco II, ricevette da questi il casale Silvestro, dove ottenne di costruire un fortilizio, nel 1365 fu creato capitano con cognizione delle cause criminali di Lentini. mentre nel 1370 risulta barone della terra e del castello di Palazzolo e dei feudi Bibino, Bibinello, e Favara. Alla sua morte anche la moglie Bartolomea Montaperto e i figli Macciotta, Blasco e Giovanni furono dichiarati ribelli subendo la confisca dei loro beni. Anche i Moncada, che con gli Alagona avevano esercitato un esteso dominio territoriale nel periodo dei vicàri, ridimensionarono notevolmente il loro peso nell’area siracusana. Accusati anch’essi di ribellione nel 1397, subirono la confisca dei loro beni. Riabilitati di li a breve, attraverso la complessa transazione che portò alla permuta di Augusta, che ritornerà al demanio, con Caltanissetta, sposteranno i loro interessi in Val di Mazzara, mantenendo per diversi secoli un ruolo di primo piano tra la maggiore feudalità siciliana.44 33 famiglie, su 46 iscritte nel ruolo feudale del 1335, non sono presenti nel ruolo del 1408, mentre ne entrano 48 di nuove. Un notevolissimo ricambio, con un indice di mobilità che sfiora l’80% e che conferma, anche, per il territorio siracusano, del notevole rivolgimento impresso dai Martini all’intero corpo feudale siciliano. Tra le maggiori famiglie iscritte nel ruolo di re Federico, escono definitavamente dalla scena feudale siracusana, i Mohac (Modica), i de Barba, i de Mulocta, i Lamia ed i Fimetta. Permangono nei due ruoli solo 13 famiglie: de Baldo, Castello, Guerchis, Lancia, Landolina, Moncada, Montalto, Passaneto, Rosso, Santo Basilio, Sigona, Ventimiglia e Cacciaguerra. Subirono un forte ridimensionamento dei loro patrimoni due delle più antiche e facoltose famiglie siciliane: i Lancia, attestati come signori di Paternò gia nel 1234, che trasferirono gran parte dei loro feudi siracusani a Giacomo Alagona per il suo matrimonio con Giovanna (figlia di Nicola Lancia) e i Passaneto che perdettero anche il loro feudo omonimo, in territorio di Lentini, dopo che il conte Ruggero (III) si ribellò a re Martino, feudo che fu concesso nel 1392 a Berengario Cruillas. Nel 1408 i Lancia ed i Passaneto sono ormai in possesso solo di marginali possedimenti feudali, Magrantino e il casale Ossino “maritale nomine” (i Passaneto), Reddini e Rachalmandara (i Lancia). I Sigona, i San Basilio e i Cacciaguerra riuscirono a mantenere il loro patrimonio feudale pressochè inalterato. Incrementarono i loro possedimenti sempre nell’area nord del siracusano i Rosso, che entrarono in possesso di Rachalusio e Callura nel territorio di Lentini e di Buscala, San Giuliano e Curcassi in territorio di Augusta. Anche i Montalto incrementarono i loro possedimenti con l’acquisto, nel 1365 da Bernardo Rubeo, del feudo Prato, e con i feudi Milocca e Arcimusa provenienti loro, per via marimoniale, dai de Mulocta. Preponderante invece nell’area sud l’ascesa dei Landolina che incrementarono considerevolmente i loro possedimenti netini, degli 44 Giovanni Moncada, terzogenito del conte “fellone”, appare nel 1408 possessore del castello e della terra di Ferla, del casale Muragello e del feudo Burgio Mangino.

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Ariccio (Arezzo) e dei Sortino che irruppero sulla scena feudale dalla seconda metà del Trecento. Grandi benificiari degli Alagona, e successivamente dei Moncada, i Landolina, presenti nel ruolo del 1335 con Giovanni e Giovannuzzo, titolari di tre feudi, non solo riuscirono ad uscire indenni dalla “caduta” degli Alagona e dei Moncada ma ottennero conferma dei possedimenti già avuti, mediante “patenti comitali”, oltrechè nuove concessioni regie. Dopo aver ottenuto dal sovrano i feudi di Malta e Noto confiscati ai de Barba, nel 1357 Giovanni Landolina ottenne anche le saline di Capopassero già dei Romano. L’anno successivo, capitano e castellano di Noto, fu ucciso, probabilmente presso il fortilizio di Castelluccio, dai seguaci dei Chiaramonte. Nel primo decennio del Quattrocento i Landolina, che continuarono a mantenere i loro feudi posti nell’entroterra verso il ragusano (Grampolo, Frigintini e Cammaratini), appaiono ormai aver spostato il baricentro dei loro interessi feudali a ridosso della fertile valle del Tellaro (Gisira, Staffeuda, Misilini, Belliscala, Carcicera) fino a spingersi ancora più a sud con il feudo Burgio, ricevuto dai Moncada e poi riconcesso dalla corona, e con le saline di Capopassero, nel 1408 già in potere dei siracusani Ruffino. Nel ruolo di re Ludovico i Landolina sono presenti con 5 esponenti titolari di 10 feudi, tutti in territorio di Noto, provenienti dai patrimoni dei Barba, (Staffenda) dai Monachella, (Carcicera), dai Dena (Misilini) e dai Capoblanco (Belliscali). L’ingresso tra il ceto feudale siracusano degli Arezzo appare prorompente, così come l’ascesa dei Landolina. Provenienti dal ceto togato, nel 1392 Giacomo Ariccio è indicato quale notaio, dopo essere entrati in possesso per via matrimoniale, da Franca Cappello, dei feudi netini di Molisena, Alfano e Bombiscuro, acquistarono, nel 1393 dai Capoblanco il feudo Cardinale mentre l’anno successivo ricevettero dalla corona il feudo Rettilini sempre in territorio di Noto. Nel 1398, ricevettero Cassibile dalla corona e acquistarono Carancino, dalla camera reginale nel 1405, quando Giacomo Arezzo riveste ormai l’alta carica di protonotaro del regno. Anche i Sortino entrano con forza tra i grandi proprietari feudali del siracusano, provenienti da Palazzolo, che difesero nel 1397 da un assedio di Guglielmo Raimondo (II) Moncada, nel 1408 risultano possedere estesi possedimenti nella area netina provenienti dai patrimoni degli Alagona e dei Capobianco: Bibino, Renda, Maccari, Scibini, Bimmisca, Rovetto, Billudia (una parte), Longarini, Mutaxari, Pantano de Gallis, Canilla e Saline del Conte Enrico. Gli Aragona discendenti da re Federico III sono presenti con Giovanni signore dei feudi Rachalmudica, Bonfala, Baulì, Lausi, Bochini, per la terra di Avola e, per conto della moglie, per il feudo Monastero. I singoli patrimoni familiari appaiono già frazionati, se nel ruolo del 1335 solo sette famiglie sono presenti con più esponenti, nel successivo ruolo appaiono iscritti oltre ai già citati Landolina, quattro membri della famiglia Arezzo, tre dei Ricca, e due delle famiglie: De Baldo, Castello, Montalto, Rosso, Salonia, Sigona, Spatafora, Speciale, Truxello, Ventimiglia e Sortino. Nove feudi ed un corso d’acqua sono pos32

seduti da 8 feudatari per conto delle rispettive mogli, due feudi, una metà di feudo ed una gabella sono posseduti da “eredi”. Cinque feudatari sono indicati con il titolo di “nobile”, altrettanti come “don”, uno come “conte” (Passaneto), ed uno con il titolo congiunto di “nobile don” (Calcerando Santapau). La situazione nel 1622 appare ancora mutare, i feudi passano da 127 a 142, le famiglie da 61 a 63, escono di scena 46 famiglie, rimpiazzate da 48 nuove, mentre permangono nel possesso di feudi siracusani 15 famiglie tra cui quattro già presenti nel ruolo del 1335 e 11 da quello del 1408. Le grandi baronie siracusane, nel ruolo del 1408 ancora pressochè intatte, ma anche feudi di dimensioni alquanto modeste, iniziano un inarrestabile processo di frazionamento. Nel 1432 re Alfonso smembrò il feudo Bondifè dalla ex contea di Augusta vendendolo a Guterra Nava, nel 1453 i figli di Accardo e Muzio Landolina, che insieme, nel 1408, risultano possessori di Staffeuda s’investono ognuno di una metà del feudo. Nel 1555 i feudi Caddeddi, Bufalefi e Regalcaccia vennero definitivamento divisi in due metà dopo essere gia stati, dal 1453, posseduti “in comune e indiviso” dalle famiglie Ricca e Pompeo. Nel 1559 dal feudo Burgio (o Maucini) fu staccata una sezione denominata Torrevecchia per dotare Francesca Landolina andata in sposa a Stefano Monreale Tra la fine del ‘500 e gli inizi del secolo successivo gli Alagona, oramai rientrati in possesso di molti dei loro feudi, ottennero di poter alienare alcune “sezioni” della loro enorme baronia di Bibino Magno: Camolio nel 1552, Bibia nel 1600, Mandra di donna e Monastero Germano nel 1609. Nel 1607 fu smembrato dalla baronia di Francofonte il feudo Iroldo (o Giroldo) di cui prese investitura l’anno successivo Michele Gravina, nel 1622 Antonino Romeo prese invece investitura del feudo Bigemi, acquistato dai conti di Augusta, che lo smembrarono dalla loro baronia di Melilli. Sono attestati per la prima volta il feudo siracusano di Rigilifi, di cui i Traversa ottennero “conferma di possesso” nel 1418 e il feudo netino di San Lorenzo, concesso dalla corona ad un oscuro Giovanni de Liria nel 1438. Tra le famiglie iscritte nel ruolo del 1335 solo i Landolina, i Montalto, i Rosso, i Sigona ed i Ventimiglia, continuano a possedere feudi siracusani, anche se solo i Rosso mantengono ininterrottamente per oltre tre secoli, all’interno del loro patrimonio il feudo Xiruni. Tra quelle iscritte nel ruolo del 1408, permangono nel possesso di feudi del territorio siracusano, le famiglie, Arezzo, Bonfiglio, Borgia, Campolo, Cappello, De Marchisio, Gioeni, Salonia, Santapau, Sortino e Statella. I feudi Cardinale (Arezzo), Galerno (Borgia), Bonfalura (Cappello), Castelluccio (De Marchisio), Belliscara (Landolina), Milocca (Montalto), Xiruni (Rosso), Fegotto (Salonia), Sigona metà (Sigona) continuano nel 1622 a rimanere nel possesso delle famiglie già iscritte nel ruolo del 1408. Incrementarono i loro possedimenti feudali i De Marchisio con l’acquisto dei feudi Rapisi, nella prima metà del ‘400 e San Marco nel 1588. Mantennero le loro posizioni, seppur all’interno di un vasto rivolgimento dei loro estesi possedimenti, gli Arezzo 33

ed i Landolina, mentre appaiono retrocedere i Montalto che riuscirono a conservare il solo feudo siracusano di Milocca dopo aver perso la terra di Buccheri ed il feudo Arcimusa, i Sigona costretti nel 1568 a cedere metà della loro baronia omonima ai Cutelli, ed i Rosso che conservarono il solo feudo Xiruni (sin dal 1335), dopo aver alienato nel corso del XV secolo i loro numerosi feudi in territorio di Lentini (i casali Randazzini, Callura e Pedagaggi), ed Augusta (Buscaglia e San Giuliano). Netta anche la retrocessione dei Ventimiglia e dei Sortino che, a causa di successioni femminili, perdettero gran parte dei loro possedimenti siracusani.45 Preponderante l’ascesa delle due famiglie protagoniste della lotta per la supremazia cittadina su Siracusa nell’ultimo scorcio del Cinquecento, i Platamone ed i Bonanno 46. L’abolizione della camera reginale nel 1537 aveva attirato in città quelle famiglie emergenti che, dopo aver consolidato le loro posizioni economiche tra XV e XVI secolo, ritenevano di poter sfruttare l’apertura di un nuovo mercato rifornendolo delle provviste granarie prodotte nei loro feudi dell’entroterra. I catanesi Platamone, discendenti da GiovanBattista presidente del regno nel 1436, fecero il loro ingresso tra le file della feudalità territoriale attraverso ottimi matrimoni. Nel 1453 Antonio sposò Margherita de Podio (de Puig) ereditera di Rosolini e Commaldo in territorio di Noto, nel 1511 Francesco sposò Caterina Imposa che gli portò in dote i feudi di Rettilini e Almidara sempre nel netino, nel 1580 entrano in possesso di Priolo, poco lontano da Siracusa, e Buscaglia, in territorio di Augusta, per il matrimonio di Silvio con Caterina de Gulfis. Nel 1622 sono in possesso, oltre dei feudi già citati, anche di metà di Staffeuda, ancora una volta portato in dote, questa volta da una Landolina. I Bonanno giunti a Siracusa con Filippo, barone di Canicattì, nella prima metà del ‘500, tra l’altro proprio grazie ad un matrimonio con una Platamone, consolidarono definitivamente la loro posizione con GiovanBattista. Questi sposò in prime nozze Isabella La Rocca con cui generò Filippo e Pietro ed in seconde nozze Giovanna Gioeni, vedova di Fabrizio Colonna, barone di Montalbano, con cui generò Orazio e Giuseppe. Giovanna Gioeni, la cui figura è stata a mio avviso sottovalutata da granparte degli studiosi che si sono occupati delle vicende siracusane tra ‘500 e ‘600, dopo aver fatto maritare le sue due figlie (Antonia e Maria), ereditiere di Montalbano, con i figli di primo letto del marito (Filippo e Pietro) si assicurò che anche i propri figli (Orazio e Giuseppe) entrassero in possesso, finanziandone le acquisizioni, di Linguaglossa nel 1606 e Carancino nel 1615. 45 I Ventimiglia per il matrimonio di Giulia con Bernardo Requesenz perdettero nella prima metà del Cinquecento la terra di Buscemi ed il feudo Biffara, i Sortino, con la successione di Ippolita nel 1558, perdettero i loro estesi possedimenti netini, nel 1408, 8 feudi, tre tenimenti di terre ed una salina. 46 Sulla disputa per la conquista dell’oligarchia cittadina siracusana tra Bonanno e Platamone vedasi: F. GALLO, Le gabelle e le mete dell’Università di Siracusa, in Il governo della citta, a cura di D. Ligresti, CUECM, Catania, 1990

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Nel 1622 i Bonanno possedevano i feudi Arcimusa, Longarini, Floridia e Carancino, su questi due ultimi feudi, di li a breve, otterrano la “licentia populandi”. Nel periodo esaminato un solo feudo siracusano appare di proprietà ecclesiastica, la compagnia di Gesù di Noto, erede universale di Antonio de Florenza, s’investì infatti del feudo Saccolino, il 4 Febbraio 1622. Graf.4

L’ultima istantanea del territorio feudale siracusano, scattata oramai al crepuscolo del feudalesimo siciliano, mostra una situazione in cui le famiglie feudatarie passano da 63 a 65, i feudi da 142 a 167. Escono di scena 41 famiglie, sostituite da 43 nuove, ne permangono 22. Solo i Landolina i Montalto ed i Ventimiglia continuano a possedere feudi siracusani sin dal 1335, tra quelle iscritte nel ruolo del 1408 confermano la loro presenza, oltre alle già citate famiglie provenienti dal ruolo del 1335, solo gli Arezzo e gli Statella. Scompaiono dalla scena feudale i netini Salonia e Pipi, mantengono le loro posizioni i Landolina e gli Arezzo. Incrementano i loro possedimenti i Bonanno che entrano in possesso per via matrimoniale di San Basilio (dai Balsamo) nel 1647, di Bulgarano (dai Mugnos) nel 1688 e di Maeggio (dai Landolina) nella prma metà del ‘700 e i Platamone che entrano in possesso di Passaneto, Longarini e Cipolla, seppur vendettero nel 1727 a Giuseppe Gargallo il feudo Priolo. Preponderante l’ascesa sociale di due nuove famiglie i Francica-Nava e i Trigona nell’area netina. I Francica-Nava (a Giovanni Francica, per il suo matrimonio con Giovanna Nava fu imposto di unire al suo nome anche quello 35

dei Nava) acquisirono nel 1674 attraverso una complessa vicenda giudiziaria contro Simone Montaperto, marito di Violante Falcone, ultima discendente della sua famiglia, il feudi Carrubba, Cava della donna, Magrentini e Tardello. Nel 1761 acquistarono dai Morreale i feudi Burgio-Torrrevecchia e Belliscara. I piazzesi Trigona, attraverso l’ottimo matrimonio contratto da Gaspare con Anna Deodato, entrarono in possesso nella prima meta del ‘700, dei feudi Baulì, Frigintini, Maccari, metà Misilini e metà Staffeuda tutti in territorio di Noto. Il grande incremento numerico dei feudi, da 141 a 166, la gran parte provenienti dallo smembramento delle baronie di San Basilio e Ferla, attesta anche per il territorio siracusano del completo sviluppo del fenomeno del frazionamento, tendenza già ampiamente riscontrabile nei due secoli precedenti. Tale fenomeno comportò, almeno dalla seconda metà del Settecento, l’effettivo smembramento dei feudi maggiori e delle antiche baronie con la conseguente parcellizzazione del territorio feudale. La grande baronia di Bibino Magno, (ultima investitura nel 1789) di cui si è gia detto e che fino al XV secolo si estendeva grossomodo nel quadrilatero delimitato dalle terre di Palazzolo e Sortino e dai feudi Canicattini e Solarino (non ancora popolati), fu frazionata in 6 parti. L’antica baronia di San Basilio in territorio di Lentini (ultima investitura nel 1740), posta all’asta pubblica nel 1761, fu parcellizata in una vera costellazioni di feudi, Giuseppe La Iacona acquistò metà dei feudi Leone, Cucco, Monaco, Palazzelli, Randè e San Giorgio, riuscendo poi ad entrare in possesso delle rimanenti metà. Nel 1771 il feudo Leone, posto anch’esso all’asta pubblica, fu acquistato da Giuseppe Branciforte che nel 1793 lo rivendette a Salvatore Montaperto, questi nel 1811 vendette metà del feudo a Paolo Catalano, 2/3 di metà a Francesco Cannizzaro ed 1/3 di metà a Gioacchino Caffarelli. Dalla baronia di Passaneto (ultima investitura nel 1787) furono smembrati 30 salme di terre, elevate in feudo nel 1791, e il feudo Pilaida, in due metà dette “Mezzapilaida” nel 1794. Dalla baronia di Ferla furono distaccati il feudo Pirato nel 1807, a sua volta frazionato in due metà dette “superiore” ed “inferiore”, e “12 tumoli di terre irrigue e 14,10 Onze annuali di censi dovuti su 4 salme di terre della stessa baronia”. Il feudo Pantano, già frazionato in due parti nella seconda metà del Quattrocento, riunificato nel 1608, ed ancora smembrato di una porzione di 1/5, porzione a sua volta divisa in 5/9 e 4/9, fu invece riunificato nel 1803 da Giovanni Ipellizzeri. Se non mancarono nei secoli precedenti significativi smembramenti territoriali, nel corso del XVIII secolo si assiste, almeno in gran parte dei casi, ad una sorta di “frazionamento fittizio”, le investiture di tale epoca mostrano infatti come, pur permanendo all’interno del patrimonio della stessa famiglia, ma anche nella disponibilità di un unico feudatario, le grandi unità terriere feudali del territorio siracusano vengano artificialmente frazionate in feudi o marcati, anch’essi poi elevati alla dignità feudale. Appare superfluo sottolineare come un tale incremento del numero dei feudi, non comportò un corrispondente allargamento del territorio feudale, vero e proprio ampliamento appare invece il fenomeno, seppur anch’esso di modeste 36

dimensioni, dell’innalzamento in feudo degli allodi di Busulmone (Francesco Sortino, 1621), Ingegno (Mario Ingastone, 1651), Vignali (Pietro Rossi, 1763), Santolio (Giuseppe Magnano, 1765), Poggio dell’Ipso (Tommaso Tumscitz, 1766), Pira (Vincenzo Scandurra, 1767) e Meti (Melchiorre Sirugo, 1790), mentre appare dubbia Graf.5

l’infeudazione dell’allodio delli Vausi concesso, nel 1713, a Clemente Di Pietro.47 Se il frazionamento feudale appare, almeno nei suoi tratti più esasperati, fenomeno circoscitto all’ultima fase del feudalesimo siciliano, il ruolo della colonizzazione feudale e della “migrazione” dell’aristocrazia siracusana verso la capitale assunsero, nei secoli XVII e XVIII, tratti che segnarono profondamente il territorio feudale. Nell’odierno territorio siracusano furono popolati: Floridia nel 1626, Belvedere nel 1627, Canicattini nel 1681, San Giuliano (Villasmundo) nel 1711, Rosolini nel 1713, Scibini (Pachino) nel 1758, Solarino nel 1770 e Priolo nel 1809.48 Non ebbero invece successo, tra altre, le colonizzazioni del feudo Monasteri appartenente alla famiglia Gaetani e quello di Targia degli Arezzo. Tale imponente fenomeno colonico avviò un autentico processo di mutazione del territorio feudale, con la costituzione di vere e pro47 Se l’infeudazione di un allodio poteva garantire la necessaria nobilitazione per quei borghesi provenienti dalle professioni o dalla intermediazione fondiaria su vasta scala, non appare tuttavia fenomeno a “senso unico”. Alcuni feudatari per sottrarsi all’obbligo dell’investitura, ed ai costi a questa connessi, dichiaravano infatti la natura allodiale di certi loro possedimenti. A tal proposito, nel territorio siracusano, appare emblematico il caso di Diego Padro, feudatario di Trifiletti, che prese investitura del suo possedimento netino, solo dopo una sentenza intimativa del tribunale del real patrimonio del 1657. 48 Sulla fondazione delle città nuove del siracusano si rimanda, oltrechè alle diverse pubblicazioni edite tra la fine del XIX secolo e la prima metà del Novecento, a: F. GALLO, Dal feudo al Borgo, Floridia 1997 M. MONTEROSSO, La fondazione di una città feudale. Il caso di Belvedere. Siracusa, 1999 G. DRAGO, Gli Starrabba di Rudinì, Siracusa, 1996

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prie enclaves che le maggiori famiglie feudali seppero opportunamente sfruttare anche per sottrarsi alla pressione fiscale delle città demaniali. Il trasferimento dell’aristocrazia maggiore a Palermo e Napoli avviò un processo di progressivo distacco dei feudatari siracusani dal centro dei loro interessi economici, con la conseguente concessione in gabella dell’amministrazione dei loro feudi e terre. Agli albori dell’Ottocento nessuna delle maggiori famiglie, titolate di feudi popolati, risiedeva oramai stabilmente a Siracusa, con la cosidetta collettazione delle terre feudali49, abolito l’istituto feudale con la costituzione del 1812, anche ai feudatari siracusani fu possibile raggiungere il traguardo di essere nominati pari del regno, con il loro accesso nel braccio baronale del parlamento siciliano.50 Effimero e tardivo riconoscimento di un obiettivo che i loro antenati dovevano essersi posti quale ulteriore e copsicuo beneficio socio-politico del loro impegno di colonizzatori.

Tab.1

Tab.2

Tab.3

Tab.4

49 Sul lungo processo riformatore che condusse alla legge eversiva della feudalità vedasi tra gli altri: R. CANCILA, Autorità sovrana e potere feudale nella Sicilia moderna, Quaderni – Mediterranea Ricerche storiche, 2013 50 Nel 1812 risultano le seguenti “parie” siracusane: Avola: da dichiarare , Belvedere: Bonanno, Buccheri: Alliata, Buscemi: Requesenz, Canicattini. Daniele, Cassaro: Statella, Ferla: Tarallo, Floridia: Grifeo, Francofonte: Gravina Pachino: Starabba, Palazzolo: da dichiarare, Rosolini: Platamone, Solarino: Requesenz, Sortino: Gaetani, Villasmundo: Asmundo-Paternò Vedasi anche la nota 16 del presente volume

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Città demaniali Città feudali di “antica” fondazione Città feudali di “nuova” fondazione Rappresentazione schematica (senza nessuna corrispondenza con gli attuali confini dei diversi comuni)

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FEUDI SIRACUSANI Schede

Siracusa, sala del consiglio reginale

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A

LMIDARA (Noto) Vedasi IMPOSA

A

RBIATO (Noto)

Federico de Mustacio: Il miles Federico Mustaccio di Messina iscritto nel ruole feudale di re Federico ricavava 18 onze di reddito dai feudi Tumbarello e Rahalbiato. Incaricato della custodia delle macchine di guerra, morì il 18 Settembre 1349. Manfredi Alagona: si sconoscono i suoi titoli di possesso, dichiarato ribelle da re Martino, subì la confisca dei beni. Gagliardetto de Monteclup (Moncada): re Martino gli concesse Arbiato insieme al feudo Galermo, con privilegio dato a Catania l’8 Agosto 1392, a condizione che i redditi superiori alle 100 onze venissero devoluti alla corona. Gagliardetto con successivo privilegio del 20 Novembre 1394, ottenne la piena cessione “in solutum” dei due feudi. Mainitto Sortino: acquistò i due feudi dal precedente, atto in notaio Antonio Cappello del 28 Dicembre 1396. La corona approvò con privilegio dato a Catania il 28 Maggio 1397. Guglielmo Boyra (Borgia): risulta possessore nel ruolo feudale del 1408. Acquistò il feudo denominato allora Larbiato, insieme a Galermo dal precedente per la somma di 154 onze, atto in notaio Antonio Cappellano del 28 Dicembre 1396. Il re ratificò la vendita con suo privilegio dato a Catania del 29 Maggio 1397. Giovanni de Tudisco: in esecuzione di una sentenza del tribunale del concistoro “loco Magnae Curiae” contro Giovanna, moglie di Enrico de Tudisco e Attardo Borgia, che ne rivendicavano il possesso, prese investitura l’11 Maggio 1423.

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Enrico La Senna: presentatosi al governatore della Camera reginale, affermò che il padre Simone e l’avo Federico avevano posseduto “animo domini” il feudo Arbiato. Ottenne privilegio di possesso dato a Siracusa il 4 Agosto 1453. S’investì il 4 Giugno 1479. Giovanni de Bonajuto: giurò fedeltà alla regina Giovanna il 16 Aprile 1510. Eleonora Statella: prestò giuramento alla regina Giovanna l’11 Dicembre 1511, s’investì il 12 Gennaio 1516. Alfio Sgalambro: prese investitura il 26 Marzo 1532 ed ancora il 31 Agosto 1537. Matteo Sgalambro: fratello del precedente, prese investitura il 29 Agosto 1538, il 16 Settembre 1555 ed ancora il 6 Novembre 1557. Giuseppe Sgalambro: figlio del precedente, s’investì il 17 Febbraio 1564. Morì a Lentini il 5 Settembre dello stesso anno. Giovanni Luca Sgalambro: prese investitura il 12 Agosto 1565. Biagio Scamacca: figlio di Antonia Sgalambro, forse sorella del precedente, prese investitura l’11 Luglio 1587. Matteo Scamacca: figlio del precedente, prese investitura il 14 Giugno 1597, si reinvestì il 31 Luglio 1600. Biagio (Blasco) Scamacca: figlio del precedente, s’investì il 7 Novembre 1603 e l’11 Febbraio 1622. Sposò Raffaella Amesuca. Matteo Scamacca: figlio del precedente, prese investitura il 27 Luglio 1628. Si reinvestì il 16 Settembre 1666.

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Giuseppe Blasco Scamacca: figlio di Matteo, quale suo donatario s’investì il 12 Dicembre 1680. La donazione avvenne quale dote per le sue nozze con Caterina Francica, atto matrimoniale redatto dal notaio Francesco Parisi di Lentini del 26 Novembre 1679. Si reinvestì il 13 Novembre 1688, morì a Palermo, senza figli, il 26 Gennaio 1716 donando in punto di morte i suoi beni alla moglie. Raffaella Scamacca: sorella del precedente, vedova di Francesco Vincenzo Buglio dei marchesi della Bifara, a seguito di sentenza in suo favore emessa dalla gran corte il 6 Aprile 1717, prese investitura il 3 Agosto dello stesso anno. Morì a Palermo il 20 Marzo 1739. Mario Buglio: figlio della precedente, prese investitura il 21 Ottobre 1739. Morì a Palermo il 5 Settembre 1744. Emanuele Francesco Buglio: figlio del precedente, prese investitura il 23 Settembre 1745. Morì a Palermo, senza figli, il 10 Ottobre 1774. Maria Gioacchina Gaetani: per la morte del precedente, suo zio materno, s’investì il 12 Ottobre 1775. Sposò in prime nozze Ferdinando Gravina dei principi di Palagonia, in seconde Pietro Ascenzo dei baroni di Santa Rosalia. Morì a Palermo il 31 Agosto 1803. Salvatore Gravina: s’investì nel nome maritale di Maria Provvidenza Gravina, figlia della precedente, il 30 Agosto 1804. Morì a Palermo il 24 Aprile 1805. Francesco Paolo Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 10 Marzo 1807.

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MONCADA

Pietro

(Elisenda de Pinas) Marchese di Aitona

Guglielmo Raimondo (+13481376) (Giovanna Peralta) (Allegranza Abate)

(Beatrice Alagona) (Stefania ?)

Conte di Augusta Conte di Adernò (1360)

Giovanna

(Raimondo de Prades)

Conte di Augusta (1337)

Costanza Pietro Elvira

(Antonio Ventimiglia)

Antonio

Guglielmo Costanza

(Giovanna E. Luna)

(Federico Chiaramonte)

Perriconio (+1384)

(Isabella Palizzi) Signore di Naso

figlio naturale

Manfredi

Luchina

(Luchina Moncada) Signore di Mirto, Aci, Monterosso, Francofonte, Calatabiano e Vizzini

Giacomo

Costanza

Blasco (III)

Signore di Montalbano e Monforte

Margherita

Giacomo (+1393)

(Nicola Peralta)

(Giovanna Lanza) Signore di Ferla, Avola e Giarratana

Maciotta Blasco Giovanni

Matteo (+>1383)

(Bartolomea Monteaperto) Signore di Palazzolo e Assoro

Rodorico (+1361)

Artale (+1350) (Mansueta ?)

Signore di Valcorrente e Monforte

Signore di Valcorrente e Monforte

Ardoisia

(Diamante Cannarizzo)

Blasco

Benincasa Oria

(Rosso Rubeo)

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Rodorico (+>1335) Signore di Valcorrente e Monforte

B

IGEMI (Augusta)

Guglielmo Raimondo Moncada: Bigemi insieme ad altri trentasei feudi componeva nel XIV secolo la contea di Augusta. Agata de Herbes: sorella del vescovo di Siracusa Tommaso de Herbes, ricevette Bigemi insieme ai limitrofi feudi di Spalla, Priolo e Mustrari dopo che nel 1397 una sentenza della gran corte aveva dichiarato ribelle il Moncada, confiscando i suoi beni. Da allora fino al 1622 non si trovano ulteriori investiture Antonino Romeo: si investì il 9 Aprile 1622, a seguito di vendita fattagli dal duca di Montalto quale procuratore dei conti di Augusta che smembrarono il feudo dalla baronia di Melilli di cui faceva parte. Da tale circostanza sembra si possa affermare che il feudo era rientrato in potere dei Moncada. Pietro Romeo: si investì il 27 Maggio 1627 per la morte dello zio di cui ereditò i titoli. Francesco Romeo: fratello del precedente, si investì l’11 Febbraio1644. Ignazio Romeo: figlio del precedente, si investì il 10 Aprile 1683. Questo feudatario ottenne il titolo di marchese di Magnisi. Marco Antonio Romeo: figlio del precedente, si investì il 22 Novembre 1709. Ignazio Romeo: figlio del precedente, prese investitura il 9 Agosto 1715. Orazio Romeo: fratello del precedente, si investì il 19 Marzo 1761.

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Giuseppe Impellizzeri Daniele: si investì il 14 Dicembre 1762 come dichiaratario di Paolo Impellizzeri, questi agiva come procuratore di Giuseppe Costa Napoli. Il Costa aveva acquistato il feudo il 13 Ottobre 1761 “pro persona nominanda” dopo che questo era stato posto all’asta pubblica su istanza del precedente. Nicolò Placido Branciforte: figlio di Francesco dei duchi di Santa Lucia e di Caterina Caterina Branciforte: figlia del precedente, si investì il 29 Settembre 1727. Sposò Ercole Michele Branciforte, morì a Palermo l’11 Maggio 1763. Salvatore Branciforte: figlio della precedente, prese investitura il 16 Agosto 1763. Morì a Napoli il 15 Gennaio 1799. Ercole Michele Branciforte: figlio della precedente, si investì il 12 Maggio 1801. Morì a Napoli il 9 Giugno 1814.

B

IMMISCA (Noto) Vedasi SCIBINI

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B

INVINI (Noto)

Nella descripito feudorum del 1335 appaiono possessori del feudo gli eredi di Corrado Aspello Ermanno Aspello: possessore del feudo ante 1366 Alferio Colomba: il feudo, ritornato nelle disponibilità della corona, gli fu concesso il 4 Agosto 1366 Pietro Capoblanco: entrò in possesso del feudo probabilmente per via maritale, in seguito rivoltatosi contro re Martino, gli vennero confiscati i suoi beni feudali. Rinaldo Landolina: ricevette il feudo in dono da Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Augusta, l’1 Dicembre 1395. Re Martino confermò la donazione con sua “real cedola” del 17 Novembre 1396. Mainitto Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 15 Luglio 1453, assumedo l’obbligo del servizio militare. Rainaldo Landolina: figlio del precedente, si investì il 14 Maggio 1489. Giovanni Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 9 Dicembre 1507. In conseguenza di un grave delitto ebbe confiscati i beni. Paola Landolina: sorella del precedente, s’investì il 20 Maggio 1533 ed il 25 Giugno 1558. Sposò Michele Landolina ed in seconde nozze Francesco Tornabene, che s’investì del feudo il 9 Settembre 1571. Francesca Landolina: figlia di primo letto della precedente, prese investitura il 18 Settembre 1593, si reinvestì il 28 Settembre 1600 ed ancora il 4 Febbraio 1622. Sposò Stefano Morreale dei 73

baroni di Castrofilippo. Maurizio Morreale: nipote della precedente, prese investitura il 31 Marzo 1640. Sposò Margherita Montaperto, morì nel Dicembre del 1656. Domenico Morreale: figlio del precedente, prese investitura il 22 Maggio 1663. Fu governatore della compagnia dei bianchi di Palermo nel 1676 e del monte di pietà nel 1681. Sposò Melchiorra Montaperto. Damiano Ferrara: prese investitura il 9 Giugno 1666, acquistò il feudo dal precedente, atto in notaio Matteo D’Ippolito di Palermo del 11 Gennaio 1666. Morì a Noto il 30 Agosto 1667. Giovanni Vincenzo Ferrara: figlio del precedente, prse investitura il 6 Febbraio 1668. Morì a Noto il 26 Luglio 1669. Damiano Ferrara: figlio del precedente, s’investì il 14 Giugno 1670. Morì a Noto il 24 Luglio 1672. Girolama Ferrara: sorella del precedente, prese investitura il 24 Settembre 1672. Sposò Lorenzo De Lorenzo il quale prese investitura, maritale nomine, il 2 Ottobre 1667. Girolama Ferrara, rimasta vedova, prese ulteriore investitura il 5 Marzo 1694. Pietro Maria De Lorenzo: figlio della precedente, prese investitura il 20 Marzo 1709. Girolama De Lorenzo: figlia del precedente, s’investì il 30 Luglio 1732. Sposò Francesco Saverio Riccioli, morì a Noto il 14 Maggio 1746. Ascanio Riccioli: figlio della precedente, prese investitura il 6 Marzo 1747. Francesco Saverio Riccioli: figlio del precedente, prese investitura l’1 Maggio 1804. Fu senatore di Catania nel 1798-99 e 1804-05.

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B

IVIERE DI LENTINI (Lentini)

Il Biviere di Lentini è un lago artificiale probabilmente risalente alla fine del XII o all’inizio del XIII secolo, quando i Templari, a seguito di una donazione fatta da Rainaldo da Modica, (1195 o 98) ricevettero alcuni terreni nel territorio di Lentini, siti tra il basso corso del fiume San Leonardo e la costa ionica. I monaci templari, per realizzare una grande riserva d’acqua da utilizzare per la caccia e la pesca sbarrarono, dapprima con opere precarie, l’alveo del fiume Trigona-Galici qualche centinaio di metri prima che le sue acque confluissero nel San Leonardo. In un diploma successivo (1210) Federico II riconfermava all’ordine dei Templari, precisandone ulteriormente i confini, la precedente donazione fatta dal conte Rainaldo da Modica, dando ad essi anche il possesso del “pantanum salsum”, il diritto di pescare per “totum fluvium Lentini” (il San Leonardo con i suoi principali affluenti), e la licenza di utilizzarne le acque per incrementare il “parvum pantanellum” quest’ultimo da identificare proprio come il biviere che restò, fino alla fine del Trecento, di proprietà regia. Monastero di Santa Chiara di Lentini: nel 1363 la regina Costanza concesse il pesce del lago alle suore del monastero. Riccardello Filangeri: sposò Portulesia, damigella della regina Costanza e, a complemento delle doti assegnate dalla stessa regina, nel 1370 gli assegnò il reddito di 20 onze da riscuotere annualmente sul Biviere di Lentini. Manfredi Alagona: Federico IV, divenuti inesigibili le 360 Onze di reddito in precedenza concessi allo stesso sui proventi della terra di Noto, nel 1375, assegnò in sostituzione 200 onze da riscuotere sui proventi delle gabelle e dei diritti di Vizzini e 100 onze da riscuotere sui proventi della gabella del biviere di Lentini. (Nel 1383 Manfredi Alagona venne esentato dal versare al fratello Matteo 50 onze annuali sui redditi e i proventi del biviere di Lentini) Huguetto Santapace: nel parlamento tenutosi a Siracusa il 3 Ottobre 1398 il Santapace ottenne in cambio della terra di Vizzini il castello e la terra di Occhiolà (Grammichele) e lo stagno di Lentini. Il sovrano si riservò in ogni tempo il diritto di riscatto corrispondendo una rendita di 160 onze annuali.

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Raimondo Santapace: figlio del precedente, si investì il 20 Agosto 1453 e il 26 Giugno 1465. Sposò Eleonora Valguarnera dei baroni di Assoro. Raimondo Santapace: figlio di Ponzio Santapace fratello del precedente. Prese investitura l’11 Novembre 1472 ed il 6 Giugno 1489. Ponzio Santapace: figlio del precedente, si investì l’8 Aprile 1496. Ugo Santapace: zio del precedente, prese investitura il 24 Maggio 1507. Nel 1509 versò alla corona 6000 ducati d’oro ottenendo la cessione “in solutum” del Biviere di Lentini. Ponzio Santapace: figlio del precedente, si investì il 13 Febbraio 1510. Ambrogio Santapace: figlio del precedente, prese investitura il 29 Agosto 1542. Si reinvestì il 16 Novembre 1557. Francesco Santapace: fratello del precedente, si investì l’8 Luglio 1565. Morì senza prole nell’anno 1590. Francesco Lo Campo: quale procuratore di Fabrizio Branciforte si investì del Biviere di Lentini il 7 Dicembre 1591. Fabrizio Branciforte aveva ottenuto il feudo quale figlio di Dorotea Barresi questa a sua volta figlia di Antonia Santapace sorella del precedente. Il proprietario si reinvestì il 26 Agosto 1600 e il 12 Febbraio 1622. Sposò Giovanna d’Austria nipote dell’imperatore Carlo V. Morì a Palermo il 4 Gennaio 1625 Margherita Branciforte: nipote del precedente, si investì il 15 Gennaio 1625. Sposò Federico Colonna dei principi di Palliano, Gran connestabile del regno di Napoli. Morì a Roma senza figli il 24 Gennaio 1659. Giuseppe Branciforte: cugino della precedente, figlio di Giovanni Branciforte figlio a sua volta del suddetto Fabrizio Branciforte. In virtù di una sentenza del Tribunale della gran corte del 2 Ottobre 1660, prese investitura il 17 Dicembre 1661. Morì a Mazzarino il 20 Aprile 1675. 76

Carlo Caraffa: nipote del precedente, figlio di Fabrizio Caraffa dei marchesi di Castelvetrano e Agata Branciforte sorella di Giuseppe, prese investitura il 4 Aprile 1676. Morì a Mazzarino 2 Giugno 1695 Giulia Caraffa: sorella del precedente, prese investitura il 10 Novembre 1695. Sposò Federico Caraffa. Nicolò Placido Branciforte: figlio di Francesco dei duchi di Santa Lucia e di Caterina Branciforte, figlia di Fabrizio dei principi di Butera, prese investitura l’11 Marzo 1705, in forza di una sentenza del tribunale della gran corte del 21 Febbraio dello stesso anno. Caterina Branciforte: figlia del precedente, si investì il 29 Settembre 1727. Sposò Ercole Michele Branciforte, morì a Palermo l’11 Maggio 1763. Salvatore Branciforte: figlio della precedente, prese investitura il 16 Agosto 1763. Morì a Napoli il 15 Gennaio 1799. Ercole Michele Branciforte: figlio della precedente, si investì il 12 Maggio 1801. Morì a Napoli il 9 Giugno 1814.

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B

OMBISCURO (Noto)

Il feudo Bombiscuro insieme ai feudi Alfano e Molisena era posseduto nel 1335 per due terze parti dagli eredi di Sancio Dena e per un terzo dagli eredi di Luca Falixi. Tale proporzione, non essendo esplicitamente indicata nella descriptio feudorum, si ricava dal reddito del feudo. Luca Falixi (Filesio): iscritto nel ruolo feudale di re Federico. Damiata Filesio: forse figlia del precedente, non prese investitura. Giacoma Filesio: sorella della precedente, sposò Arnaldo de Biocta. Franca Filesio: sorella della precedente, si investì il 23 Aprile 1333. Re Ludovico emanò privilegio di possesso in suo nome, il 26 Novembre 1344. Sposò Nicolò Cappello. Rainaldo Cappello: figlio della precedente, entrò in possesso dell’intero feudo non prese tuttavia investitura. Francia Cappello: figlia della precedente, non prese investitura. Sposò Benedetto Arezzo. Rainaldo Arezzo: figlio della precedente, non prese investitura. Antonella (moglie di Davide Sottile): non si conoscono i suoi titoli di possesso, prese investitura il 12 Luglio 1418. Nicolò Sottile: figlio della precedente, si investì il 20 Ottobre 1453. Francesco Sottile: figlio della precedente, morì in tenera età, non prese investitura. 78

Laura Sottile: prese investitura il 27 Agosto 1470, sposò Giovanni Antonio Barresi dei baroni di Pietraperzia. Matteo Barresi: figlio della precedente, si investì il 14 Gennaio 1517. Girolamo Barresi: figlio della precedente, si investì il 7 Giugno 1533. Pietro Barresi: figlio della precedente, prese investitura il 3 Novembre 1550, si reinvestì il 16 Novembre 1557. Dorotea Barresi: sorella germana del precedente, sposò Giovanni Zunica che si investì maritale nomine l’11 Aprile 1579. Francesco Santapau: acquirente di Bombiscuro con atto in notaio Alessandro Taschetta del 2 Marzo 1577. Si investì il 2 Maggio 1579. Imara Benavides: moglie del precedente, ricevette i beni del marito in attesa che il nipote Francesco Velasquez figlio di Pietro e Camilla Santapau, questa figlia del precedente, compiesse 22 anni di età. Imara Benavides tuttavia si investì il 29 Novembre 1591 ed ancora il 20 Luglio 1600. Morì a Messina il 23 Aprile 1619. Francesco Ruffo: figlio di secondo letto di Camilla Santapau, figlia della precedente. Non prese investitura. Isabella Landolina: acquistò il feudo da Giovanna Ruffo, tutrice di Francesco Santapau. Atto in notaio Francesco D’Amico di Palermo del 6 Luglio 1638. Carlo Landolina: figlio della precedente, si investì il 6 Ottobre 1640.

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Giuseppa Cutelli: si investì il 16 Settembre 1666, per donazione da parte del sacerdote Mario Cutelli. A questi il feudo perveniva da Carlo Landolina a seguito di cedola di secondo decreto della regia gran corte del 21 Gennaio 1665. Giuseppe Landolina: non si conosce il motivo della sua investitura avvenuta il 30 Luglio 1682. Carlo Landolina: figlio del precedente, si investì il 15 Novembre 1692. Domenico Landolina: fratello del precedente, prese investitura il 14 Marzo 1698. Morì a Noto l’1 Luglio 1706. Guglielmo Ruffo: si investì il 14 Dicembre 1744, per sentenza a lui favorevole emessa dal giudice deputato dello stato di Palazzolo e ciò per una causa di credito nei confronti di Francesco Landolina, fratello del precedente e suo erede. Guglielmo Antonio Ruffo: nipote del precedente, ricevuto Bombiscuro in dono, con il consenso del padre Carlo Antonio Ruffo, si investì il 30 Marzo 1748. Sposo Lucrezia Reggio dei principi di Campofiorito. Fulco Antonio Ruffo: figlio del precedente, prese investitura il 10 Marzo 1787. Fulco Giordano Ruffo: figlio del precedente, si investì l’8 Aprile 1804. Giuseppe Landolina: prese investitura il 20 Dicembre 1806, per restituzione fattagli da Francesco Ruffo con transazione agli atti del notaio Filippo Lionti e Papè di Palermo del 30 Aprile 1806. Pietro Landolina: figlio del precedente, si investì l’1 Luglio 1809.

80

B

ONDIFÈ (Augusta)

In antico il feudo faceva parte della contea di Augusta. Guterra Nava: re Alfonso smembrò il feudo dalla contea vendendolo al Nava con atto redatto a Barcellona il 24 Maggio 1432 e reso esecutivo nel regno il 14 Ottobre 1433. Il compratore per il prezzo di 600 fiorini d’Aragona acquistava anche il diritto di imporre gabelle sul pane, sul vino e sulla carne. Gondisalvo Nava: dopo oltre un ventennio di possesso venne privato del suo feudo da una sentenza della Regia curia. Re Giovanni, per i servizi prestati a lui e a re Alfonso, con privilegio dato a Barcellona il 3 Gennaio 1460, glielo concesse definitivamente “per sé e per i suoi eredi”. Gondisalvo Nava aveva acquistato da Antonino Bellomo proprietario del castello e dell’agro d’Augusta, il casale e le terre di Melilli, mezza montagna di Melilli ed il feudo di Santa Caterina per 500 onze. Queste ultime terre furono restituite alla Regia corte con provvedimento del 28 Giugno 1453 reso esecutivo a Palermo il 23 Luglio dello stesso anno, il re ordinò che fossero restituite le 500 onze sborsate dal Nava per la compera di dette terre. Guterra Nava: figlio del precedente, entrò in possesso con privilegio regio del 22 Aprile 1468. Giovanni Nava: fratello del precedente, ottenne lettera di possesso da parte del viceré Giugno 1510. Gaspare Nava: figlio del precedente, chiese ed ottenne lettere di possesso dal viceré che furono spedite agli ufficiali di Augusta e Melilli il 4 Giugno 1538. Giovanni Nava: figlio del precedente, si investì il 13 gennaio 1543 per donazione paterna. Si reinvestì il 21 Gennaio 1558. Giovanni Nava: nipote del precedente, prese investitura il 14 Marzo 1596. Si reinvestì il 20 Luglio 1600.

81

Mario Nava: figlio del precedente, prese investitura il 13 Ottobre 1625. Sposò Giovanna Falcone. Giovanni Nava: figlio del precedente, si investì il 22 Ottobre 1638. Francesco Nava: fratello del precedente, si investì il 27 Giugno 1643. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Giovanna Nava: figlia del precedente, prese investitura il 28 Luglio 1673. Sposò Giovanni Francica, al quale fu imposto di unire al suo nome quello dei Nava. Don Giovanni, maritale nomine, si investì il 16 Ottobre 1674. Ignazio Francica Nava: figlio della precedente, si investì il 9 Aprile 1721. Sposò Grazia Montalto, fu senatore, giurato e capitano di giustizia di Lentini nel 1703-16, 1730-46 e senatore di Siracusa nel 1746-47. Richiese lettere di possesso con la possibilità di imporre le gabelle su “pane, carne e vino” l’1 Luglio 1748. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, successe jure proprio ma non prese investitura. Sposò Anna Maria Arezzo. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, non vi sono tracce della sua investitura. Sposò Eulalia Beneventano dei baroni di Montone. Giovanni Francica Nava: figlio del precedente, sembra non si sia investito. Sposò Caterina Guttadauro dei principi di Reburdone.

82

B

ONFALA’ (Siracusa)

Manfredi Lancia: risulta in possesso del feudo nel 1293 Nicola Lancia: iscritto quale signore di Bonfalà nel ruolo feudale del 1335 Giacomo Alagona: antico possessore, per essersi reso ribelle alla corona ebbe confiscate le sue terre, fu decapitato nel 1393. Giacomo Arezzo: notaio, ricevette il feudo da re Martino con privilegio dato a Catania il 29 Settembre 1392. Giovanni Aragona: iscritto quale possessore “maritale nomine” di Bonfalà nel ruolo del 1408. Probabilmente si tratta di quel Giovanni d’Aragona signore di Avola dal 1392. Giovannella Aragona: figlia del precedente, sposò Perio Gioeni dei baroni di Castiglione. Non vi sono tracce di sue investiture. Mazzullo Pipi: prestò giuramento di vassallaggio nell’anno 1459. Giorgio e Bartolomea Pipi: ricevettero il feudo indiviso dal precedente, loro padre, e se ne investirono il 5 Ottobre 1479. Alla morte di Bartolomea, Giorgio Pipi se ne investì, il 31 Agosto 1483. Pietro Pipi: figlio del precedente, si investì il 21 Marzo 1514. Antonino Pipi: figlio del precedente, prese investitura il 24 Marzo 1544. Mariano Pipi: fratello del precedente, prese investitura il 20 Ottobre 1557. 83

Antonino Pipi: figlio del precedente, si investì il 10 Gennaio 1587 ed il 26 Giugno 1592. Margherita Pipi: sorella del precedente prese investitura il 18 Maggio 1599. Sposò Prospero Landolina che si investì il 5 Febbraio 1602 ed il 15 Marzo 1622. Rinaldo Landolina: figlio della precedente, prese investitura, il 18 Maggio 1633. Giovanni Filippo Landolina: a seguito di revoca della donazione in favore di Rinaldo Landolina, ottenne il feudo Giovanni Filippo che si investì il 6 Luglio 1637. Morì a Noto il 6 Febbraio 1663. Prospero Landolina: figlio del precedente, si investì il 22 Maggio 1663. Agata Landolina: figlia del precedente, prese investitura il 28 Gennaio 1686. Maria Landolina: sorella della precedente, non è precisata la data della sua investitura. Corradino Nicolaci: comprò il feudo all’asta pubblica nel 1701. Giacomo Nicolaci: figlio del precedente, si investì il 23 Febbraio 1718. Fu giurato di Noto nel 1741-42, morì in quella città, il 6 Novembre 1760. Ottavio Nicolaci: fratello del precedente, si investì il 21 Gennaio 1761. Morì a Noto il 31 Ottobre 1767. Corradino Nicolaci: figlio del precedente, prese investitura il 3 Marzo 1768. Fu capitano di giustizia a Noto nel 1774-75, morì a Palermo il 18 Aprile 1797. Ottavio Nicolaci: figlio del precedente, si investì il 29 Novembre 1798. Sposò Anna Trigona dei marchesi di Canicarao.

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Noto, palazzo Nicolaci di Villadorata, lapide sepolcrale Giacomo (+1760)

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B

ONFALURA (Noto)

Giovannuccio di San Silvestro: Il 28 Aprile 1295 ebbe conferma da re Federico III dei beni feudali ricevuti in dote dalla moglie Baronessa, sorella del miles Rolando Unda e cioè i casali Binurrati, Limaccari, Bimena e Bimiska e del tenimento di terre denominato Bunfallura. Soprano di San Silvestro: probabilmente figlio del precedente, risulta in possesso del feudo nel 1334. Sposò Martina Truxellis, morì in data anteriore al 30 Ottobre 1340. Martina Truxellis il 21 Aprile 1373 istituì erede nei feudi Maccari, Bimisca, Ruvetto e Bonfallura Giacomo Alagona, il quale avrebbe dovuto godere dell’usufrutto durante vita e poi trasferirli al figlio. In realtà quei feudi furono avocati al fisco e assegnati a: Federico (d’) Aragona: con privilegio dato a Messina il 18 Settembre 1373 da re Federico II ebbe assegnati i feudi Bimisca, Bonfallura, Rovetto e Maccari, già appartenuti a Martina Truxellis. Fu ucciso dalla popolazione di Avola nel 1375. Manfredi Alagona: un privilegio dato da re Federico III nel 1375, stabilendo l’inefficacia del precedente, assegnò, in virtù delle volontà testamentarie di Martina Truxellis, il feudo agli eredi di Giaimo Alagona, tra cui Manfredi. Lo stesso 4 Giugno del 1375 permutò il feudo di Bonfallura con quello di Buchalchemi nella marina di Noto. Ruggero de Berlione: dottore in legge, per sua asserzione donatario di re Martino, anch’esso permutò il feudo con denaro e altre terre di proprietà del notaio Antonino Cappello. La transazione fu ratificata dallo stesso re Martino con suo privilegio dato a Catania il 4 Giugno 1393. Bartolomeo Cappello: figlio di Antonino Cappello, si investì il 22 Febbraio 1454. Antonello Cappello: figlio del precedente, si investì il 21 Maggio 1483. Giovanni Cappello: fratello del precedente, prese investitura il 28 Gennaio 1500. 86

Sigismondo Cappello: figlio del precedente, si investì il 29 Ottobre 1511 ed ancora il 17 Gennaio 1517. Eleonora Cappello: essendo minorenne il 3 Marzo 1548, si investì di Bonfalura la madre Isabella. Il 31 Gennaio 1558 e l’11 Settembre 1600 si investì direttamente Eleonora Cappello. Girolamo Cappello: figlio di Baldassarre Cappello, si investì il 9 Aprile 1615. Baldassarre Cappello: figlio del precedente, si investì il 4 Marzo 1621 ed il 21 Marzo 1622. Mori il 20 Gennaio 1666. Girolamo Cappello: figlio del precedente, si investì il 29 Agosto 1666. Morì il 4 Dicembre 1693. Antonia Cappello: figlia del precedente, prese investitura il 21 Marzo 1751. Sposò Giuseppe Salonia che fu giurato della città di Piazza (Piazza Armerina) nel 1705-06. Antonia Cappello morì a Piazza il 9 Ottobre 1750. Rosa Salonia: figlia della precedente, si investì il 21 Marzo 1751. Sposò Romualdo Trigona, morì a Piazza il 12 Gennaio 1770. Domenico Trigona: figlio della precedente, si investì il 10 gennaio 1770. Fu maestro giurato del Val di Noto carica che dava diritto al titolo di barone. Sposò Agata Strazzeri dei principi di S.Elia, morì a Piazza il 27 Marzo 1774. Romualdo Trigona: figlio del precedente, si investì il 20 Marzo 1775. Morì anch’egli a Piazza l’11 Aprile 1801. Domenico Trigona: figlio del precedente, prese investitura il 27 Settembre 1801.

87

B

OSCO DI ALFANO O DI SCHIFANO (Lentini)

Simone Januensis: possessore del feudo nel ruolo feudale di re Federico. Giovanni Schifano: possessore al tempo di re Martino. Antonio de Bifaro: notaio della regia cancelleria, ebbe concesso il feudo con privilegio dato a Catania il 16 Gennaio 1397, poiché Giovanni Schifano dichiarato ribelle ebbe confiscati i suoi beni. Giovanni Schifano: appare possessore nel ruolo feudale del 1408, probabilmente graziato dai sovrani ebbe restituito il feudo. Pino Schifano: figlio del precedente, non prese investitura. Nicolò Parisio alias “lu Vairu”: marito di Giovanna Schifano, sorella del precedente, ricevette conferma di possesso dal governatore della Camera reginale con privilegio dato a Siracusa il 29 Ottobre 1453. I due coniugi si investirono il 16 Dicembre 1459, mentre Giovanna Schifano, rimasta vedova, si reinvestì il 18 Novembre 1461. Giovanni Guglielmo Parisio “lu Vairu”: figlio del precedente, non prese investitura. Giovanni Baldu “lu Vairu”: prese investitura il 5 Dicembre 1480 come tutore di Franceschiella Parisio. Franceschiella Parisio: figlia di Giovanni Guglielmo Parisio, prese investitura il 24 Maggio 1507, il 16 Aprile 1517 ed ancora il 5 Giugno 1538. Sposò Bartolomeo Porco dei baroni di Limina, rimasta vedova, ad appena un anno dalle nozze sposò, dietro dispensa pontificia, il cognato Giaimo Porco.

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Bartolomeo (Calcerano) Falcone: acquistò il feudo dalla precedente il 25 Settembre 1548. Prese investitura il 16 Ottobre 1548. Mario Falcone: figlio del precedente, minore emancipato, ricevette in dono il feudo dal padre e se ne investì il 12 Dicembre 1553. Bartolomeo Falcone: Il medesimo di cui sopra si reinvesti del feudo Carrubba l’11 Ottobre 1557 ed il 19 Agosto 1569. Nicolò Falcone: figlio del precedente, prese investitura il 9 Novembre 1573. Matteo Beneventano: entrò in potere del feudo con “cedola di secondo decreto ricevuta presso la curia di Siracusa” il 27 Novembre1591. Non prese investitura, sposò Vincenza Bonfiglio. Vincenzo Beneventano: figlio del precedente e cessionario delle sorelle Ramondetta, Camilla, Pietra e Margherita, non prese investitura. Fu proconservatore di Lentini nel 1620. Vincenza Bonfiglio: vedova di Matteo Beneventano, madre del precedente, prese investitura il 21 Maggio 1599 come donataria del figlio. Si reinvestì il 28 Agosto 1600. Vincenzo Beneventano: figlio della precedente (forse di seconde nozze) prese investitura il 22 Ottobre 1609. Matteo Beneventano: figlio del precedente, prese investitura il 12 Febbraio 1622. Morì, senza figli, a Lentini il 26 Agosto 1690 dove fu sepolto nella chiesa di San Francesco d’Assisi. Vincenzo Beneventano: figlio della precedente quale suo donatario, s’investì il 27 Maggio 1634. Si reinvestì il 16 Settembre 1666, morì a Scicli il 3 Ottobre 1689 e li sepolto nella chiesa del Gesù. Matteo Beneventano: figlio del precedente, prese investitura il 20 Gennaio 1691.

89

Guglielmo Beneventano: fratello del precedente, morto senza eredi diretti, s’investì il 10 Luglio 1694. Morì a Modica il 20 Novembre 1727. Vincenzo Beneventano: figlio della precedente, prese investitura il 12 Febbraio 1729. Sposò Eulalia Rosa. Morì a Palermo il 31 Gennaio 1752. Guglielmo Maria Beneventano: figlio terzogenito del precedente, s’investì dei feudi di famiglia (Bosco, Monte Climato, Didino, Casalgerardo e Moriella) il 30 Dicembre 1752. Morì a Siracusa l’8 Gennaio 1799. Francesco Maria Benventano: figlio del precedente, prese investitura il 10 Luglio 1799. Fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1802-03.

90

Siracusa, palazzo Beneventano del Bosco

91

B

UFALEFI metà (Noto) “A”

Roppertus de Jeconia: iscritto nel ruolo feudale del feudale del 1335, pro feudis Racalcachi (Regalcac-

cia) Rachaldede (Caddeddi) et Bucales (Bufalefi)

Giovanni (Nucio) de Ricca ed Artale Pompeo: figli di Margherita de Jaconia e questa forse figlia di Roppertus, iscritti nel ruolo feudale del 1408 per i feudi Cardedda e Ciccaleff, siti in territorio di Noto. Rinaldo de Ricca e Giovanni Nicolò Pompeo: figli dei precedenti, Bufalefi e Caddeddi, furono infeudati, in comune ed indivisi, con provvedimento viceregio del 10 Luglio 1453. Giovannello de Naro: figlio di Bartolomea Pompeo (di Giovanni Nicolò) e Rinaldo de Naro, prese investitura il 19 Maggio 1492 della metà dei Pompeo. Eleonora de Naro: sorella del precedente, insieme al marito Pietro de Martinis, prese investitura, per donazione, il 6 Marzo 1509 ed il 19 Gennaio 1517. Palamone Ricca: forse nipote di Rinaldo, ottenne la metà di Caddeddi per rinuncia da parte del fratello Bernardo, prese investitura il 30 Settembre 1526. Bartolomeo de Martinis: s’investì dell’intero feudo di Caddeddi il 23 Giugno 1530. Le due metà del feudo gli pervennero come donatario di Eleonora de Naro, sua madre, e da Margaritella Ricca, sua moglie e figlia del precedente. Eleonora de Martinis: figlia del precedente, prese investitura dell’intero feudo il 15 Aprile 1532 ed il 21 Ottobre 1533. Antonio de Balducchio: si investì di metà del feudo Bufalefi, ma anche di metà di Regalcaccia e Caddeddi, il 6 Ottobre 1555. Ciò a seguito di una sentenza della Gran corte contro Isabella de Martinis. Si reinvestì della metà dei tre feudi il 18 Gennaio 1557. 92

Bartolomeo Costa: per vendita fattagli dal precedente, agli atti del notaio Giuseppe Scannavino di Siracusa del 5 Novembre 1557, si investì di metà di Bufalefi il 7 Febbraio 1558. Leonarda Costa: moglie del precedente alla sua morte prese investitura il 6 Novembre 1587. Giovanni Pietro Costa: figlio della precedente, per donazione si investì il 7 Ottobre 1590. Giuseppe Sauli Caponetto: per vendita fattagli dal precedente prese investitura il 28 Settembre 1600. Aurora Caponetto: figlia del precedente, si investì il 26 Settembre 1601. Sposò in prime nozze un Cannizzaro ed in seconde Vincenzo Miccichè. Si reinvestì il 18 Dicembre 1621. Anna Maria Miccichè: per donazione fattagli dalla precedente e dal consorte, prese investitura il 10 Settembre 1635. Girolamo Domenico Calascibetta: per “donazione irrevocabile tra vivi” da parte di Vincenzo Miccichè, si investì il 20 Maggio 1652. Tommaso Impellizzeri: per vendita fattagli da Simone Calascibetta per conto del figlio Girolamo Domenico Calascibetta, si investì il 12 Marzo 1656. Stefano Impellizzeri: padre del precedente, per la morte del figlio avvenuta a Palermo il 10 Luglio 1658, prese investitura l’8 Agosto 1659. Francesco Impellizzeri: figlio del precedente, per donazione agli atti del notaio Giuseppe Agnello da Noto dell’8 Luglio 1659, si investì il 20 Luglio 1660. Carlo Impellizzeri: fratello del precedente, prese investitura il 2 Agosto 1661. Si reinvestì il 16 Settembre 1666.

93

Tommaso Impellizzeri: figlio del precedente, come suo donatario, si investì l’1 Settembre 1685. Giuseppe Impellizzeri: fratello del precedente, prese investitura il 17 Ottobre 1732. Morì a Noto 10 Dicembre 1762. Francesco Rao: prese investitura l’8 Gennaio 1767, per la morte senza discendenti diretti del precedente. Francesco Rao marchese di Ferla, era figlio di Isabella Impellizzeri sorella del precedente. Sposò Angelica Arezzo dei baroni della Targia, fu patrizio di Noto nel 1787-88. Simone Rao: figlio del precedente, prese investitura il 9 Marzo 1795. Fu tesoriere di Noto nel 1801-02.

94

B

UFALEFI metà (Noto) “B”

Roppertus de Jeconia: iscritto nel ruolo feudale del feudale del 1335, pro feudis Racalcachi (Regalcac-

cia) Rachaldede (Caddeddi) et Bucales (Bufalefi)

Giovanni (Nucio) de Ricca ed Artale Pompeo: figli di Margherita de Jaconia e questa forse figlia di Roppertus, iscritti nel ruolo feudale del 1408 per i feudi Cardedda e Ciccaleff, siti in territorio di Noto. Rinaldo de Ricca e Giovanni Nicolò Pompeo: figli dei precedenti, Bufalefi e Caddeddi, furono infeudati, in comune ed indivisi, con provvedimento viceregio del 10 Luglio 1453. Giovannello de Naro: figlio di Bartolomea Pompeo (di Giovanni Nicolò) e Rinaldo de Naro, prese investitura il 19 Maggio 1492 della metà dei Pompeo. Eleonora de Naro: sorella del precedente, insieme al marito Pietro de Martinis, prese investitura, per donazione, il 6 Marzo 1509 ed il 19 Gennaio 1517. Palamone Ricca: forse nipote di Rinaldo, ottenne la metà di Caddeddi per rinuncia da parte del fratello Bernardo, prese investitura il 30 Settembre 1526. Bartolomeo de Martinis: s’investì dell’intero feudo di Caddeddi il 23 Giugno 1530. Le due metà del feudo gli pervennero come donatario di Eleonora de Naro, sua madre, e da Margaritella Ricca, sua moglie e figlia del precedente. Eleonora de Martinis: figlia del precedente, prese investitura dell’intero feudo il 15 Aprile 1532 ed il 21 Ottobre 1533. Isabella Giurato de Martinis: si investì per donazione materna di metà del feudo di Bufalefi il 22 Dicembre 1551. Insieme al marito si investì il 21 Agosto 1600.

95

Giovanni Alliata: figlio della precedente, si investì di metà di Caddeddi per donazione fattagli dalla madre. Si reinvestì il 22 Marzo 1622. Giuseppe Impellizzeri: figlio di Tommaso che aveva sposato Diana Alliata, sorella del precedente. Si investì l’8 Maggio 1624. Tommaso Impellizzeri: figlio del precedente, prese investitura della metà dei due feudi il 13 Gennaio 1638. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Donò la metà del feudo Caddeddi al figlio Simone che se investì il 13 Febbraio 1679. La metà di Bufalefi al figlio Giuseppe che non ne prese investitura. Tommaso Impellizzeri: nipote del precedente, si investì della metà di Bufalefi, insieme alla baronia di San Giacomo Belmineo, il 5 Novembre 1680. Giovanni Impellizzeri: figlio del precedente si investì l’11 Agosto 1744 insieme ad una metà del feudo Caddeddi. Giuseppe Salvatore Impellizzeri: figlio del precedente si investì il 23 Giugno 1785. Giovanni Impellizzeri: figlio del precedente, si investì il 2 Dicembre 1789.

96

B

ULGARANO (Lentini)

Gugliemo de Balena e Manfredi di Serrasina (o Frasina): possessori del casale in data anteriore al 1299, ribelli alla corona subirono la confisca del feudo. Marco Peris de Linguida: ottenne il feudo da re Federico nel dicembre 1299. Peres Garsia de Linguida: ottenne concessione regia il 20 Novembre 1305. Pietruccio de Linguida: possessore nel 1335. Berengaria del Linguida: possedette il feudo nel 1357. Orlando de Linguida: possessore ante 1366. Pietro de Regio: possessore post 1366. Costanza de Linguida: figlia del precedente, sposò Giovanni de Axono che chiese ed ottenne, con privilegio dato a Catania il 6 Marzo 1392, lettera regia di possesso. Pietro de Axono: figlio della precedente, appare nel ruolo dei feudatari del 1408 quale possessore del feudo Bulgarano. Giovanni de Axono: forse figlio del precedente, signore del castello di Camastra. Dichiarato ribelle ebbe confiscati i suoi beni con diplomi del 20 e 27 Settembre 1395, successivamente, sottomessosi all’autorità regia, li ebbe restituiti. Antonio de Axono: zio del precedente, non prese investitura. 97

Caterina de Axono: figlia del precedente, sposò Antonio Sardo che ottenne conferma del possedimento con diploma dato a Siracusa il 20 Febbario 1454. Giovanni Giliberto Sardo: figlio della precedente, si investì nel 1478 e successivamente l’1Giugno 1507. Giovanni Antonio Sardo: figlio del precedente, prese investitura il 6 Luglio 1510. Nicolò Andrea da Palermo: si investì il 13 Settembre 1516 per vendita, con diritto di riscatto, fattagli dal precedente. Giovanni Gilberto Sardo: forse figlio di Giovanni Antonio Sardo, prese investitura il 6 Maggio 1538, dopo averne preteso riscatto. Nicolò Andrea Sardo: si investì il 12 Marzo 1545 per donazione “propter nuptias”, fattagli dal padre. Si reinvestì il 21 Gennaio 1558. Pietro Sardo: figlio del precedente, si investì il 3 agosto 1570. Pietro Mugnos: acquistò il feudo dal precedente il 19 Novembre 1583 previa licenza del governatore della camera reginale del 12 Novembre 1582. Non prese investitura. Giovanni Battista Mugnos: figlio del precedente, prese investitura il 10 Giugno 1593. Pietro Gaspare Mugnos: essendo minorenne si investì del feudo la madre Beatrice il 13 Agosto 1610. Raggiunta la maggiore età Pietro Gaspare Mugnos si investì il 15 Febbraio 1622 ed il 13 Ottobre 1668. Francesco Mugnos: figlio del precedente, si investì il 30 Maggio 1674.

98

Rosa Maria Mugnos: sorella del precedente, prese investitura il 16 Novembre 1688. Sposò Vincenzo Bonanno dei principi di Linguaglossa. Vincenzo Bonanno: figlio di Giuseppe questi della precedente, si investì l’1 Marzo 1736. Sposò Vittoria Vanni dei Marchesi di San Leonardo. Morì a Palermo il 23 Novembre 1777. Giuseppe Bonanno: figlio del precedente, non si investì essendo premorto al padre. Sposò Anna Maria Alliata dei Duchi di Salaparuta. Vincenzo Raffaele Bonanno: figlio del precedente, s’investì il 21 gennaio 1778. Sposò Vittoria Naselli dei Principi di Aragona.

99

B

UONVICINO o Casale Silvestro (Lentini)

Guglielmo Riera: denominato negli atti “chirurgo”, ante 1292 possedeva il casale Silvestro, che venne occupato ingiustamente da Ruggero Loria e resogli solo dopo l’intervento di re Giacomo con sua lettera del 18 Ottobre 1292. Gualtiero Pantaleone: ebbe assegnato il feudo nel 1300 da Carlo d’Angiò. La regina Eleonora: iscritta nel ruolo feudale di re Federico. Matteo Alagona: ricevette il feudo in forza di un codicillo testamentario del padre Blasco (II) del 21 Ottobre 1355, del quale si sconoscono i titoli di possesso. Matteo, creato capitano con cognizione delle cause criminali di Lentini nel 1370, ottenne di costruire un fortilizio sul suo feudo allora denominato Silvestro. Alla sua morte la moglie Bartolomea Montaperto e i figli Maciota, Blasco e Giovanni si ribellarono a re Martino che confiscò i loro beni feudali. Bernardo de Brugheroles: ottenne il feudo dai sovrani con privilegio dato a Catania il 17 Aprile 1393. Morì senza discendenti, il feudo fu ricondotto al demanio. Guglielmo Asmari (de Asmar): nel 1405, per la somma di 250 Onze, acquistò il feudo da Aloisio de Rajadellis, che lo aveva precedentemente acquistato da Arnaldo di Santa Colomba. Re Martino ratificò la compravendita con suo privilegio del 14 Aprile 1406. Aloisio Asmari: figlio del precedente, prese investitura il 24 Agosto 1453. Eleonora Asmari: figlia del precedente, prese investitura il 28 Novembre 1483. Sposò Giovanni Tudisco. Francesco Asmari: non si conosce la sua parentela con la precedente, prese investitura il 29 febbraio 1484. 100

Costanza Tudisco: figlia di Eleonora Asmari e Giovanni Tudisco, non prese investitura. Sposò Giacomo Campolo dei baroni di San Teodoro. Giovanni Francesco Campolo: figlio della precedente, non prese investitura. Girolamo Campolo: fratello del precedente, prese investitura il 23 Luglio 1510. Sposò in prime nozze Parisiella Saccano dei baroni di Monforte, in seconde nozze, Bernardina Stagno. Il regio fisco, per ragioni che ignoriamo, gli “mosse lite”, il Campolo tuttavia restò in possesso del feudo a seguito di due sentenze in suo favore emesse una dalla gran corte il 19 Settembre 1521 e l’altra dal tribunale del concistoro il 9 Agosto 1522. Giacomello Campolo: figlio del precedente, s’investì il 30 Settembre 1534. Girolamo Campolo: figlio del precedente, prese investitura il 22 Settembre 1588. Fu senatore di Messina nel 1585-86. Giacomo Campolo: figlio del precedente, prese investitura il 10 Gennaio 1595 ed il 5 Marzo 1622. Fu governatore della “tavola pecuniaria di Messina” nel 1615-16 e senatore di quella città nel 1623-24 e 1626-27. Pietro Campolo: figlio del precedente, prese investitura il 7 Maggio 1629. Giacomo Campolo: padre del precedente, per la morte del figlio si reinvestì del feudo il 30 Aprile 1631. Carlo Campolo: figlio del precedente, prese investitura il 3 Maggio 1639. Sposò Lucrezia Avarna, dichiarato ribelle subì la confisca dei beni.

101

Giovanni Andrea Massa: s’investì il 2 Settembre 1679, fu dichiarato vero possessore da Francesco Perrone, acquirente “pro persona nominanda”, dalla regia corte il 26 Ottobre 1678. Il 15 Maggio 1679 lo stesso Perrone acquistò per conto di Giovanni Andrea Massa il mero e misto impero sulla baronia di Buonvicino. Sposò Giulia Galletti, morì a Plaermo il 28 Maggio 1682. Francesco Paolo Massa: figlio del precedente, s’investì il 22 Agosto 1682. Sposò Agata Grimaldi dei principi di Santa Caterina. Cristoforo Massa: fratello del precedente, morto senza figli, prese investitura il 20 Ottobre 1690. Fu “governatore della pace” nel 1712, sposò Rosalia La Farina dei marchesi di Madinia ed in seconde nozze Rosalia Caccamo dei principi di Castelforte. Morì a Palermo il 14 Dicembre 1742. Giuseppe Emauele Massa: figlio del precedente, prese investitura il 17 Febbraio 1743. Fu “governatore della pace” nel 1753, sposò Ippolita Valguarnera dei principi di Niscemi. Morì a Palermo il 21 Settembre 1785. Salvatore Massa: figlio del precedente, prese investitura il 24 Marzo 1788. Fu “governatore della pace” nel 1773, sposò Maria Teresa Castiglione dei marchesi di Vallelonga, in seconde nozze una figlia del duca Valentino di Napoli. È l’ultimo investito.

102

B

URGIO - MAUCINI (Noto)

Manfredi Lancia: possessore del feudo nel 1293. Nicolò Lancia: iscitto nell’antico ruolo dei feudatari quale signore di Burgio Mangino. Il feudo aggregato al territorio di Noto, insieme al feudo Scibini, entrò in possesso di: Guglielmo (d’) Aragona: figlio di re Federico III, nel testamento del padre, dettato il 29 Marzo 1334, fu costituito erede della contea di Calatafimi e dei castelli e terre di Noto e Spaccaforno e di tutte le pertinenze di Capo Passero, e ancora del castello e della terra di Avola dopo la morte della regina Eleonora, e dei ducati di Atene e Neopatria. Morì a Palermo il 12 Maggio 1338. Giovanni (d’) Aragona: altro figlio minore del re Federico III, nel testamento del padre fu costituito erede della contea di Mineo, dell’isola Pantelleria e del castello di Aci, che avrebbe dovuto ereditare alla morte della madre la regina Eleonora. Nel giugno 1337 fu insignito dal padre Federico III d’Aragona, poco prima di morire, del titolo di marchese di Randazzo e di tutta la valle di Castiglione e Francavilla, e inoltre conte di Mineo e signore di Troina. Nel maggio 1338 ereditò i beni del fratello Guglielmo, e cioè il ducato di Atene e Neopatria e la ducea di Calatafimi e la signoria sulla terra di Noto e del capo Passero. Sposò Cesarea Lancia, fu vicario del re Ludovico dal Settembre 1342 fino alla morte, avvenuta nell’Aprile 1348. Federico (d’) Aragona figlio del precedente, possessore del feudo nel 1348. Alla sua morte senza figli, avvenuta l’1 Luglio 1355 a Catania, i suoi beni feudali vennero incamerati al regio fisco In data imprecisata, ma verosimilmente nella seconda metà degli anni cinquanta, i beni feudali e burgensatici appartenenti ai traditori Muchio, Paolo e Pietro de Barba di Noto, e ubicati nel territorio di Noto, di Malta e di Gozo furono assegnati al dominus Giovanni Landolina. I figli del Landolina, Thumio e Vassallo, chiesero al sovrano che venissero loro confermati i feudi già appartenuti ai Barba di Noto e già assegnati al padre, ma il re Federico III il 31 Luglio1358 rimise la questione ad Artale di Alagona, preposto al governo delle stesse terre. 103

Pietro Capobianco: il 31 Agosto 1363 (conferma regia del 27 Dicembre 1363) acquistò per 204 onze i feudi Mangino e Burgio, e le saline esistenti nel feudo da Caradonna, vedova del nobile Giovanni Landolina di Messina, la quale stipulò la vendita anche a nome dei figli. Giovanni Paternò: il re Martino e la regina Maria gli concessero il feudo Burgio, con annesse saline, con loro privilegio dato a Catania il 22 Novembre 1393. Il privilegio fu confermato nel 1395 quando una sentenza della gran corte dichiarò legalmente la confisca dei beni di Paolo Capobianco, figlio e successore di Pietro. Guglielmo Raimondo Moncada: sostenne di essere il legittimo possessore del feudo, cosicchè i sovrani gli lo concessero, promettendo di ricompensare adeguatamente Giovanni Paternò. Rainaldo Landolina: con patente comitale, emessa dal precedente conte di Augusta, dell’1 Dicembre 1395 ricevette in dono il feudo. I sovrani ratificarono la donazione con loro privilegio dato a Siracusa il 17 Novembre 1396. Intanto il Moncada, incolpato di fellonia, subì la confisca dei propri beni, il Landolina ottenne però nuova concessione dagli stessi sovrani, con privilegio dato a Catania il 4 Gennaio 1397. Mainitto Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 15 Luglio 1453. Rainaldo Landolina: figlio del precedente, si investì il 14 Maggio 1489. Mainitto Landolina: figlio primogenito del precedente, ebbe in dono il feudo. Prese investitura il 12 Luglio 1504, ed ancora il 29 Gennaio 1517. Vincenzo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 31 Gennaio 1558. Valerio Landolina: figlio di Giovanni, fratello del precedente, ricevette il feudo in dono, si investì il 4 Dicembre 1574, si reinvestì il 23 Settembre 1600. Giovanni Landolina: figlio del precedente, si investì il 17 Novembre 1607. 104

Antonino Landolina: figlio del precedente, suo donatario, prese investitura il 4 Giugno 1624. Agnese Landolina: figlia del precedente, prese investitura il 7 Agosto 1646 ed il 16 Settembre 1666. Morì a Noto il 7 Ottobre 1667. Vincenzo Deodato: figlio della precedente, s’investì il 5 Ottobre 1668. Morì a Siracusa il 3 Novembre 1677. Antonino Landolina: a seguito di sentenza in suo favore emessa dalla gran corte contro Violante Sortino, il 28 Gennaio 1678, prese investitura il 18 Marzo 1678. Nacque da Pietro Landolina e da una sorella del precedente. Agnese Landolina: sorella del precedente, prese investitura il 27 Agosto 1691. Sposò Rinaldo Deodato. Carlo Deodato: figlio della precedente, s’investì il 9 Agosto 1701. Sposò Girolama Moncada, morì a Noto il 22 Ottobre 1740. Bonaventura Deodato e Girolama Moncada: presero investitura il 18 Febbraio 1741 come tutori del minore Giacomo Deodato che però morì in giovane età. Presero così ulteriore investitura, in nome del secondogenito di nome Gaetano, il 28 Luglio 1744. Girolama Deodato: figlia di Gaetano, prese investitura il 20 Marzo 1802. Sposò Giovanni Lucchese-Palli.

105

BURGIO (suddivisione del feudo in 2 metà “Torrevecchia” e “Mangino”) (A.S.) Rainaldo Landolina (1396) (S) Mainitto (1453) (S) Rainaldo (1489) (S) Mainitto (1504) MANGINO

TORREVECCHIA (S) Michele

(S) Vincenzo (1558)

(S) Giovanni (D) Valerio (1574)

(DN) Francesca Landolina (1559) (Stefano Morreale)

(S) Giovanni (1607)

(S) Michele Morreale (S) Maurizio Morreale ( >1663)

Legenda A.S.: assegnazione sovrana S: successione D: donazione C: compera ?: incerto R: riscatto A.G.: assegnazione giudiziaria A.P.: “antico possessore” D.N.: dotali di nozze

(D) Antonino (1624)

(S) Agnese (1646) (Franc.Maria Deodato)

Sorella (?) (Pietro Landolina)

(S) Vincenzo Deodato (1668)

(S) Antonino (1678)

(S) Agnese (1691) (Rinaldo Deodato) (S) Carlo Deodato (1701)

106

B

URGIO - TORREVECCHIA (Noto)

Dal feudo Burgio (o Maucini) fu staccata una sezione denominata Torrevecchia per dotare Francesca Landolina che sposò Stefano Monreale nel 1559. Francesca Landolina: non prese investitura, figlia di Michele Landolina, sposò Stefano Morreale. Michele Morreale: figlio della precedente, non prese investitura Maurizio Morreale: figlio del precedente, non prese investitura. Domenico Morreale: figlio del precedente, si investì di Belliscara e Burgio o Torrevecchia il 22 Maggio 1663 ed il 16 Settembre 1666. Sposò Melchiorra Montaperto dei principi di Raffadali. Maurizio Morreale: figlio del precedente, prese investitura il 5 Ottobre 1684. Giuseppe Morreale: fratello del precedente, si investì il 4 Dicembre 1698. Sposò Ippolita Valguarnera dei principi di Niscemi. Domenico Morreale: figlio del precedente, prese investitura il 3 Agosto 1740. Sposò in prime nozze Caterina La Farina dei marchesi delle Madonie ed in seconde nozze Felicia Paternò dei principi di Biscari. Morì a Castrofilippo il 12 Ottobre 1746. Maria Anna Morreale: sorella del precedente, si investì il 21 Ottobre 1752. Sposò lo zio Francesco Morreale. Morì a Palermo l’11 Agosto 1763. Giuseppe Maria Francicanava: acquistò il feudo con atto di permuta in notaio Gaetano Filippone di Palermo del 17 Settembre 1761 dalle mani di Giacomo Mariano Baiada ed Emanuele Morreale tutori e curatori della minorenne Maria Anna Moreale. Prese investitura l’8 Febbraio 1761. Sposò Concetta Montalto dei baroni di Milocca, morì a Siracusa il 17 Luglio 1777. 107

B

USCAGLIA (Augusta)

Guglielmo Raimondo Moncada: antico possessore Lancia Chilona: risulta possessore del feudo nel 1340 Isabella Chilona: re Martino le accordò, il 31 Marzo 1408, privilegio di possesso quale figlia ed erede di Giovanni Chilona, forse figlio del precedente. Sposò Muchio de Fachio ed in seconde nozze Filippo Rosso che risulta iscritto quale signore di Buscala nel ruolo feudale del 1408. Antonello Rosso: figlio della precedente, sua donante, con atto in notaio Giovanni de Mantea del 13 Luglio 1408. La donazione avvenne alle seguenti condizioni: 1) Che morendo senza figli, succedesse altro figlio o figlia che saranno per nascere, da detta Isabella; 2) che il maschio sia preferito alla femmina; 3) morendo i genitori e il detto Antonello, senza figli, vi succeda Matteo de Fachio, figlio di primo letto di detta Isabella. Re Martino approvò e confermò la donazione con regia cedola dell’1 Agosto 1408. Pina de Fachio: non si conosce la sua parentela con i precedenti, prese investitura il 21 Gennaio 1479. Simona de Aula: donataria della precedente, atto in notaio Antonio de Chel dell’8 Dicembre 1498, s’investì il 9 Dicembre 1501 ed il 19 Gennaio 1517. Girolamo de Aula: figlio della precedente, prese investitura il 23 Giugno 1530, si reinvestì il 23 Gennaio 1558. Antonio de Gulfis: come “più stretto in grado di consanguineità”, prese investitura il 31 Agosto 1570. 108

Silvio Platamone: marito di Caterina de Gulfis, erede del precedente, s’investì il 3 Gennaio 1580. Francesco Platamone: figlio del precedente, s’investì il 13 Agosto 1594 ed il 28 Novembre 1600. Sposò Vincenza Falcone. Andrea Platamone: figlio del precedente, prese investitura il 7 Settembre 1605. Sposò Francesca de Gante. Antonio Platamone: figlio del precedente, prese investitura il 28 Febbraio 1648. Francesco Platamone: fratello del precedente, s’investì il 29 agosto 1652 ed il 16 Settembre 1666. Sposò Eufemia Deodato dei baroni di Frigintini, in seconde nozze Francesca Marini, dei duchi di Gualtieri. Antonio Platamone: figlio del precedente, s’investì il 15 Aprile 1684. Fu senatore di Siracusa nel 1686, sposò Costanza Requisenz dei principi di Pantelleria. Eleonora Platamone: sorella del precedente, prese investitura il 20 Maggio 1704. Sposò Francesco Moncada dei principi di Larderia, maestro razionale del real patrimonio e vicario generale della città di Messina nel 1718. Letterio Moncada: figlio della precedente, prese investitura l’1 Febbraio 1737. Sposò Rosalia Branciforte dei conti di S.Antonio. Fu capitano della città di Palermo nel 1746, dove morì il 13 Giugno 1762. Francesco Moncada: figlio del precedente, prese investitura il 12 Giugno 1763. Sposò Concetta Branciforte dei principi di Butera. Fu gentiluomo di camera con esercizio, consigliere di commercio nel 1792, ministro plenipotenziario a Roma. Morì a Napoli il 5 Luglio 1798.

109

Rosalia Moncada: figlia del precedente, prese investitura il 26 Agosto 1798. Sposò Baldassarre Platamone dei duchi di Belmurgo. Questi fu senatore di Palermo nel 1777 e 1780, governatore del monte di pietà nel 1782, deputato delle strade, capitano giustiziere di Palermo nel 1786-87 e pretore nel 1793. Michele Platamone: figlio della precedente, prese investitura il 16 Marzo 1803. Sposò Maria Carolina Ventimiglia dei principi di Gran Monte, morì a Palermo il 16 Dicembre 1858.

110

B

USULMONE (Noto)

Francesco Sortino: con privilegio reale del 15 Giugno 1621 ottenne l’infeudazione del suo allodio di Busulmone. Prospero Sortino: figlio del precedente, per donazione se ne investì il 13 Maggio 1630. Premorì al padre senza eredi. Orlando Maria Sortino: fratello del precedente, s’investì il 22 Gennaio 1636. Morì a Noto il 7 Aprile 1660. Francesco Maria Sortino: figlio del precedente, prese investitura il 10 Ottobre 1660. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Orlando Maria Sortino: figlio del precedente, s’investì il 2 Gennaio 1682. Guidonia Sortino: sorella del precedente, prese investitura il 13 Ottobre 1710. Antonio Montalto: per l’estinzione della casa Sortino e riconosciuto il fidecommesso sancito da Francesco Sortino, Antonio Montalto ottenne il possesso di Busulmone. Fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1743-44 e giurato nobile nel 1746-47. Morì il 27 Aprile 1763. Giuseppe Montalto: figlio del precedente, s’investì il 3 Dicembre 1763. Morì a Siracusa il 25 Aprile 1775. Antonio Montalto: per la sua minore età, il 21 Aprile 1776, s’investì di Busulmone la madre Anna. Fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1790-91.

111

Siracusa, Chiesa di San Tommaso, sepoltura di Guidonia Sortino baronessa di Busulmone

112

C

ADDEDDI metà (Noto) “A”

Salvador de Brignoles e Bertrand de Rotondo: possessori del feudo Racaldedo nel 1271 Bartolomeo Gagliano: dominus miles di Siracusa, sposò la nobile Francesca consanguinea di Raimondo Marketti (Marquet) Raimondo Marquet: ebbe assegnato il feudo dalla corona, prima del 1292 Roppertus de Jeconia: iscritto nel ruolo feudale del feudale del 1335, pro feudis Racalcachi (Regalcac-

cia) Rachaldede (Caddeddi) et Bucales (Bufalefi) Berengario Monterubeo: possessore del feudo nel 1361.

Giovanni (Nucio) de Ricca ed Artale Pompeo: figli di Margherita de Jaconia e questa forse figlia di Roppertus, iscritti nel ruolo feudale del 1408 per i feudi Cardedda e Ciccaleff, siti in territorio di Noto. Rinaldo de Ricca e Giovanni Nicolò Pompeo: figli dei precedenti, Caddeddi e Bufalefi, furono infeudati, in comune ed indivisi, con provvedimento viceregio del 10 Luglio 1453. Giovannello de Naro: figlio di Bartolomea Pompeo (di Giovanni Nicolò) e Rinaldo de Naro, prese investitura il 19 Maggio 1492 della metà dei Pompeo. Eleonora de Naro: sorella del precedente, insieme al marito Pietro de Martinis, prese investitura, per donazione, il 6 Marzo 1509 ed il 19 Gennaio 1517. Palamone Ricca: forse nipote di Rinaldo, ottenne la metà di Caddeddi per rinuncia da parte del fratello Bernardo, prese investitura il 30 Settembre 1526.

113

Bartolomeo de Martinis: s’investì dell’intero feudo di Caddeddi il 23 Giugno 1530. Le due metà del feudo gli pervennero come donatario di Eleonora de Naro, sua madre, e da Margaritella Ricca, sua moglie e figlia del precedente. Eleonora de Martinis: figlia del precedente, prese investitura dell’intero feudo, il 15 Aprile 1532 ed il 21 Ottobre 1533. Il feudo fu smembrato ancora una volta, di questa metà di Caddeddi s’investì: Antonio de Balduccio (Balducci): dopo sentenza in suo favore emessa dalla gran corte il 3 Aprile 1555, prese investitura della metà del feudo proveniente da Palamone Ricca, il 6 Ottobre 1555. Con il nome di Antonio Ricca de Balduccio prese nuova investitura il 18 gennaio 1557. Quale amministratore del figlio minore Baldassarre, prese ulteriore investitura il 10 Dicembre 1582. Carlo Balducci: per rinunzia da parte del fratello Baldassarre, fattosi gesuita, prese investitura il 31 Luglio 1600. Fu giurato di Siracusa nel 1627-28. Gaspare Balducci: figlio del precedente, quale dotale di nozze, prese investitura il 10 Marzo 1615, si reinvestì il 15 Marzo 1622. Fu giurato di Siracusa nel 1637-38 e capitano di giustizia nel 1648-49. Melchiorre Balducci: figlio del precedente, prese investitura il 26 Giugno 1649. Morì a Siracusa l’1 Agosto 1655, dove fu sepolto nella chiesa di S.Andrea. Vincenzo Balducci: fratello del precedente, non prese investitura. Giovanni Matteo Malandrino: s’investì di metà di Caddeddi il 21 Febbraio 1656, per donazione fattagli dal precedente, atto in notaio Giovanni Domenico Rebrara di Siracusa del 19 Dicembre 1655. Morì a Noto il 26 Luglio 1664.

114

Giuseppe Malandrino: quale tutore di Egidio Malandrino, figlio del precedente, prese investitura il 6 Settembre 1666. Giovanni Antonio Paredes: come marito di Sigismonda Malandrino a cui il feudo era pervenuto per donazione da parte di Corradino Malandrino figlio di Egidio, prese investitura il 20 Novembre 1714. Francesco Paredes: figlio del precedente, prese investitura il 9 Novembre 1733. Fu patrizio e giurato di Noto dal 1743 al 1746. Concetta Paredes: sorella della precedente, per la morte in tenera età dell’unica figlia di questi, prese investitura il 14 Gennaio 1748. Benedetto Cuella: figlio della precedente, prese investitura il 29 Agosto 1761. Ignazio Abela: prese investitura l’1 Aprile 1769, dopo sentenza del tribunale del concistoro del 9 Febbraio 1762 e successiva del tribunale della gran corte criminale e cause delegate del 14 Luglio 1765, sentenze emesse contro il precedente. Antonino Abela: figlio del precedente s’investì il 30 Aprile 1775. Francesco Borgia: prese investitura della metà di Caddeddi, “o meglio su 85 onze annuali di censo su detto feudo”, a seguito di compera con atto in notaio Rosario Avarna di Palermo del 6 Luglio 1775. Fu giurato di Siracusa nel 1783-84. Giuseppe Maria Borgia: fratello del precedente, prese investitura il 19 Dicembre 1788. Simone Attardo Borgia: figlio del precedente, ricevette in dono il feudo, non è certo che si sia investito.

115

BUFALEFI - CADDEDDI - REGALCACCIA Bartolomeo de Jaconia Ruggero de Jaconia (1335) Bufalefi,Caddeddi e Regalcaccia Regalcaccia

Bufalefi e Caddeddi

Margherita de Jaconia

Giovanni de Ricca (1408)

Muchio e Artale Pompeo (1408)

Rinaldo Ricca (1453) Bufalefi,Caddeddi e Regalcaccia (in comune ed indivisi) Turgisio Ricca (1486) 1/2 Bufalefi,Caddeddi, Regalcaccia “A”

Giovanni Nicolò Pompeo (1453) Bartolomea Pompeo (1492) (Rinaldo de Naro) 1/2 Bufalefi,Caddeddi, Regalcaccia “B”

Antonio Ricca (1498) Bernardo Ricca (1509)

Giovannello de Naro (1506)

Eleonora de Naro (1508) (Pietro de Martinis)

Palamone Ricca (1526) Bufalefi,Caddeddi Bartolomeo de Martinis (1530) Margherita Ricca (Bartolomeo de Martinis) e Regalcaccia (Margherita Ricca) 1/2 Bufalefi,Caddeddi, Regalcaccia “A”

1/2 Bufalefi,Caddeddi, Regalcaccia “A”

Antonio de Balducchio (1555)

Eleonora de Martinis (1532)

Melchionella Balducchio (1576)

Isabella de Jurato (1551) (Mariano Alliata)

Carlo Balduccio (1600) 1/2 Caddeddi e Regalcaccia “A”

Giovanni Alliata (1604)

Bartolomeo Costa (1578) 1/2 Bufalefi “A”

Tommaso Impellizzeri (1680) 1/2 Bufalefi “B”

Tommaso Impellizzeri (1638)

Vincenzo Paternò (1648) 1/2 Regalcaccia “B”

116

Diana Alliata (1627) (Giuseppe Impellizzeri )

Simone Impellizzeri (1678) Caddeddi 1/2 “B”

C

ADDEDDI metà (Noto) “B”

Salvador de Brignoles e Bertrand de Rotondo: possessori del feudo Racaldedo nel 1271 Bartolomeo Gagliano: dominus miles di Siracusa, sposò la nobile Francesca consanguinea di Raimondo Marketti (Marquet) Raimondo Marquet: ebbe assegnato il feudo dalla corona, prima del 1292 Roppertus de Jeconia: iscritto nel ruolo feudale del feudale del 1335, pro feudis Racalcachi (Regalcac-

cia) Rachaldede (Caddeddi) et Bucales (Bufalefi) Berengario Monterubeo: possessore del feudo nel 1361.

Giovanni (Nucio) de Ricca ed Artale Pompeo: figli di Margherita de Jaconia e questa forse figlia di Roppertus, iscritti nel ruolo feudale del 1408 per i feudi Cardedda e Ciccaleff, siti in territorio di Noto. Rinaldo de Ricca e Giovanni Nicolò Pompeo: figli dei precedenti, Caddeddi e Bufalefi, furono infeudati, in comune ed indivisi, con provvedimento viceregio del 10 Luglio 1453. Isabelluccia de Jurato: si investì per donazione da parte della madre Isabella de Martinis di metà del feudo di Caddeddi il 22 Dicembre 1551. Insieme al marito, Mariano Alliata, si investì il 21 Agosto 1600. Giovanni Alliata: figlio della precedente, si investì insieme ad una meta di Bufalefi per donazione fattagli dalla madre il 13 Agosto 1604. Si reinvestì il 22 Marzo 1622. Giuseppe Impellizzeri: figlio di Tommaso che aveva sposato Diana Alliata, sorella del precedente. Si investì l’8 Maggio 1624. 117

Tommaso Impellizzeri: figlio del precedente, prese investitura il 13 Gennaio 1638. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Tommaso Impellizzeri fu capitano di giustizia a Noto nel biennio 1645-46. Simone Impellizzeri: come donatorio del padre si investì i il 24 Febbraio 1678. Tommaso Impellizzeri: prese investitura il 5 Novembre 1680. Giovanni Impellizzeri: figlio del precedente, s’investì l’11 Agosto 1744. Morì a Noto il 16 Dicembre 1784. Giuseppe Salvatore Impellizzeri: figlio del precedente, prese investitura il 23 Giugno 1785. Giovanni Impellizzeri: prese investitura l’8 Aprile 1793. Fu senatore di Noto nel 1798-99.

118

C

ADRA o Cadera (Lentini)

Guido Murtillano: da un diploma di Federico II dato da un campo presso Avellino, nel Settembre del 1229, era riconosciuto nel possesso di metà del feudo Chadra, in “nomine et pro parte Lotheringe uxoris sue”, l’altra metà del feudo “pro indiviso” spettava a donna Verdimura sorella di Lotaringia. Matteo Montebiano (Murtillano): possessore del casale nel 1270. Giacomo Montebiano (Murtillano): fratello del precedente, possessore del casale nel 1273-74. Il 26 Gennaio1283 re Pietro chiamò a contribuire alla necessità della guerra la baronessa di Cadra segno che Giacomo (forse marito) era morto. Tra i feudatari chiamati a contribuire alla chiamata alle armi (adoa) del 1283 vi era, senza specificarne il nome, la baronessa di Cadra, che da documenti successivi il Gaudioso identifica in Jacopa Murtillano. Donna Jacopa sposò, al tempo dell’insurrezione del vespro tale Virgilio, detto negli atti del tempo indifferentemente da Scordia o da Catania. Con privilegio di Roberto d’Angiò del 11 Ottobre 1299, Virgilio ebbe confermato il possesso del feudo “nomine dotis” Secondo il Gaudioso nel Marzo del 1300 con diploma di Federico II dato a Messina, il feudo fu assegnato a Matteo Mortillaro, tuttavia nel ruolo feudale del 1335 appaiono possessori di una metà indivisa dei feudi Cadra e Sabuci, Adinolfo Mortillaro e Nicolò de Lamia Alloisia Mortillaro e Giovanni de Lamia: sorella di Adinolfo la prima, figlio di Nicolò il secondo. Nel 1369 i due feudatari giunsero ad una transazione, i Mortillaro cedettero ai Lamia la loro metà del feudo Cadra in cambio della metà non in loro possesso, del feudo Sabuci, di altre terre e della somma di 600 Fiorini d’oro.Tale transazione si rese necessaria a seguito della costruzione da parte di Giovanni de Lamia (che sembra avesse avuto il preventivo consenso dei comproprietari) di un “fortilizio con torre”, all’interno del feudo Chadra. Nicolò Lancia: figlio di Giacomo questi fratello di Giovanni. Con diploma dato a Catania il 17 Febbraio 1377 Federico III lo confermò nel possesso del feudo. Seguace della fazione chiaramontana, nel Settembre del 1392 subì la confisca dei suoi beni. 119

Berengario Cruyllas: seguace di re Martino, in ricompensa dei servigi resi contro i chiaramontani, ottenne nel 1392 il feudo ed il casale di Passaneto mentre il 10 Novembre 1394 con privilegio dato a Catania , re Martino gli assegnò i feudi di Chadra proveniente dai beni di Ruggero de Lamia, e Francofonte dei Moncada. Da allora i destini del feudo seguirono quelli di Francofonte spesso confondendosi. Giovanni Cruyllas: figlio del precedente, ricevette il feudo per donazione paterna , ebbe conferma sovrana con privilegio dato a Barcellona il 16 Luglio 1400. Sposò Maria Alagona di Artale, dei conti di Mistretta e di Agata Chiaramonte, dei conti di Modica. Risulta iscritto nel ruolo feudale del 1408. Fu capitano generale di guerra in Sicilia e stratigoto di Messina. Morì forse nello stesso feudo di Chadra nel 1423. Berengario Cruyllas: figlio del precedente, prese investitura il 20 Luglio 1453. Sposò tale Giovanna con cui generò cinque figli, in seconde nozze Eufemia Abatellis. Morì a Francofonte, dove fu sepolto nella chiesa di S.Antonio, il 26 Novembre 1453. Giovanni Cruyllas: figlio del precedente e di Eufemia Abatellis, prese investitura l’11 Aprile 1463, si reinvestì il 15 Gennaio 1479. Sposò Costanza Moncada dei signori di Ferla, ottenne nel 1460 il diritto di esercitare il mero e misto impero sui suoi feudi lentinesi. Morì a Francofonte nel Luglio del 1491. Isabella Cruyllas: figlia primogenita del precedente, prese investitura nel Febbraio del 1492. Giunse a transazione con altre quattro sorelle definendo l’eredità paterna, con atto in notaio Paolo Cosentino del 23 Gigno 1498. Sposò Luigi Acugna, figli di Ferdinando, vicere di Sicilia. Dianella Acugna: figlia della precedente, rimase orfana in tenera età restando sotto la tutela dei suoi zii Francesco de Veniero e Vitale Cruyllas. Nel 1494, all’età di 2 anni, fu promessa in sposa a Ferdinando Moncada, di 5 anni, secondogenito di Guglielmo Raimondo, conte di Caltanissetta.

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Contissella Moncada: figlia della precedente, prese investitura della terra di Francofonte e del feudo Cadera il 17 Aprile 1517. Sposò Girolamo Gravina dei baroni di Palagonia. Il 3 Settembre 1538 ebbe conferma del diritto di mero e misto impero su Francofonte e Cadera. Morì a Francofonte il 19 Gennaio 1557. Girolamo Gravina: marito della precedente, prese investitura, maritale nomine, il 24 Gennaio 1533. Sposò in seconde nozze Eleonora Isfar dei baroni di Siculiana, fu governatore di Augusta, Licata e Caltagirone, capitano di giustizia di Catania. Il 2 Giugno 1565 ebbe concesso il titolo di marchese di Francofonte. Giovanni Gravina: figlio del precedente e di Contissella, prese investitura il 19 Marzo 1558 per la morte della madre. Ferdinando Gravina: fratello del precedente, morto senza eredi. Prese investitura il 18 Aprile 1572. Fu vicario generale del regno e pretore di Palermo nel 1597, sposò Beatrice Gioeni. Luigi Gravina: figlio del precedente, fu primo principe di Palagonia nel 1629. Morì giovane, senza figli. Ignazio Gravina: fratello del precedente, prese investitura il 24 Settembre 1630. Sposò Emiliana Alliata dei principi di Villafranca. Comandante generale e maestro di campo, morì nel 1685. Ferdinando Francesco Gravina: prese investitura del marchesato di Franconfonte e del castello di Cadra il 27 Agosto 1655, per donazione paterna. Sposò Costanza Amato dei principi di Galati. Ignazio Sebastiano Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 9 Giugno 1673. Sposò Anna Maria Bonanno dei principi di Roccafiorita ed in seconde nozze Lucrezia Gravina dei duchi di San Michele. Si reinvestì il 7 Agosto 1686. Ferdinando Francesco Gravina: figlio del precedente, s’investì il 26 Aprile 1695. Sposò Anna Maria Lucchese dei marchesi di Delia. Fu cavaliere del toson d’oro, capitano di giustizia di Palermo nel 1700 e pretore nel 1709 e 1716. Morì a Palermo il 4 Febbraio 1736 e sepolto nella chiesa dei cappuccini. 121

Ignazio Sebastiano Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 22 Gennaio 1737. Sposò in prime nozze Margherita Alliata dei principi di Villafranca, sposò in seconde nozze Agata Cottone dei principi di Castelnuovo. Fu capitano di giustizia di Palermo nel 1733 e pretore ne 1744, grande di Spagna di prima classe, maggiordomo maggiore della regina Amalia, morì a napoli il 29 Ottobre 1744. Ferdinando Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 6 Marzo 1747. Sposò Maria Gioacchina Gaetani dei conti di Racalmuto, che ereditò i marchesati di Bifara e di Entella. Ferdinando Gravina morì a Palermo il 1° Maggio 1788. La marchesa Maria Gioacchina sposò in seconde nozze Pietro Ascenzo da Modica, cavaliere di Malta e governatore del monte di pietà di Palermo. Giovanni Grasso: quale giudice del tribunale della regia gran corte civile, prese investitura il 28 Aprile 1789 per la morte del precedente e in nome e per conto del legittimo successore ancora da dichiarare. Il 15 Settembre 1789 fu riconosciuta nel possesso dei beni Maria Provvidenza Gravina, figlia del precedente e sposa dello zio Salvatore Gravina. Morì a Palermo il 24 Aprile 1805. Francesco Paolo Gravina: figlio della precedente, prese investitura il 20 Giugno 1806. Sposò Maria Nicoletta Filingeri dei principi di Cutò. Morì a Palermo senza figli il 15 Aprile 1854. Lasciò gran parte dei suoi beni in favore dei poveri di Palermo edificando il ricovero di Malaspina.

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ALLARI (Lentini) Investiture congiunte con il feudo BACCARATI in territorio di Piazza (Armerina). Ugolino de Callaro: fu signore di Noto, Buscemi, Ferla, Palazzolo e del castello di Callaro, posto in territorio di Lentini; a fine 1296, avendo preso le parti di re Giacomo contro re Federico, subì la confisca del feudo. Riccardo Guarna: ricevette il feudo dalla corona. Giovanni Guarna: figlio del precedente, risulta possessore di Callari nel ruolo feudale del 1335. Con privilegio dato a Messina il 13 Luglio 1312 re Federico lo confermò nel possesso del feudo alle seguenti condizioni: a) Servire la regia corte in capite (cioè personalmente) b) Considerare il feudo concesso secondo il diritto dei franchi c) Apprestare il consueto servizio militare d) L’obbligo d’incollaggio (abitare nel regno non assentandosi per oltre un anno) e) Prestare fideomaggio alla corona e curare di investirsi del feudo per ogni succes sione sia del sovrano sia della famiglia f) Riservare al demanio il diritto di far legna e d’impiantare saline e miniere, le antiche difese e il lido del mare per jactum batistae, il diritto di pascere per gli animali e le cavalcature delle masserie e delle scuderie reali. Filippo Guarna: si sconosce la sua parentela con il precedente, non prese investitura. Nicolò Guarna: figlio del precedente, non prese investitura. Sandrella Guarna: sorella del precedente morto senza figli, non prese investitura.Sposò Tommaso Massaro. Nicolò Massaro: figlio della precedente, non s’investì. Francesca Massaro: sorella del precedente, morto senza figli. Sposò Pietro Bonfiglio con cui generò Nicolò che morì a soli due anni. 123

Secondo le norme del tempo il feudo ritornò in potere della corona che lo concesse, nel 1402, a Pietro Chiaramonte, castellano del castello Ursino di Catania. Pietro Bonfiglio: marito della precedente, resistette in giudizio contro l’assegnazione del feudo a Pietro Chiaramonte, ottenne sentenza in suo favore dal tribunale della gran corte, che lo riconobbe erede del figlio morto in tenera età. Con privilegio di re Martino dato a Messina il 15 Luglio 1404 ottenne conferma del possesso. Risulta iscritto quale barone di Callari e Baccarati nel ruolo feudale del 1408. Filippo Bonfiglio: fratello del precedente, ricevette gli interi possedimenti del precedente dopo che Giovanni Bonfiglio, altro suo fratello e coerede rinunziò in suo favore. Nicolò Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura l’1 Agosto 1447. Giovanni Filippo Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura il 20 Settembre 1453, si reinvestì il 24 Novembre 1479. Tommaso Bonfiglio: fratello del precedente, s’investì il 25 Settembre 1482. Girolamo Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura il 16 Aprile 1512 ed il 18 Luglio 1516. Tommaso Bonfiglio: figlio del precedente, s’investì il 18 Settembre 1538 ed il 9 Ottobre 1557. Giuseppe Maria Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura il 22 Giugno 1560. Fu protoconservatore di Messina nel 1592. Sposò Vittoria Staiti. Tommaso Bonfiglio: ricevette in dono i due feudi dalla madre che se li era visti riconoscere nel 1595 a pareggio della sua dote, con sentenza della corte straticoziale di Messina. Prese investitura ben quattro volte il 16 Settembre 1598, il 31 Luglio 1600, il 18 Ottobre 1621 ed il 18 Ottobre 1631. Fu principe dell’ordine della stella, senatore di Messina nel 1612-13, 1620-21, 1629-30 e 1633-34.

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Ottavio Minutoli: figlio di Ascanio Minutoli-Bonfiglio dei baroni di Motta regina (Calabria) e di Betarice Porzio, prese investitura, come “più prossimo in grado” con il precedente, il 16 Febbraio 1634. Sposò Prospera Romeo. Giovanni Minutoli: figlio di Antonino e questi del precedente, prese investitura il 2 Aprile 1645. Bandito dalla città di Messina, con sentenza della corte straticoziale di quella città nel 1656, fu succesivamente graziato. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Antonino Minutoli: figlio del precedente, prese investitura il 18 Dicembre 1656 a seguito della condanna al bando del genitore. Si reinvestì l’11 Gennaio 1684 alla morte del padre. Sposò Cornelia Di Giovanni dei baroni del Solazzo. Giovanni Minutoli: entrò in possesso dei feudi alla morte del precedente, suo padre, che lasciò invece erede dei suoi beni “liberi” l’altro suo figlio di nome Andrea, gran priore dell’ordine gerosolimitano di Messina ed autore delle celebri “Memorie del gran priorato di Messina”. Giovanni Minutoli prese investitura il 24 Settembre 1715, sposò Rosalia Cicala dei principi del Tiriolo. Morì a Messina il 19 Febbraio 1742. Antonino Minutoli: figlio del precedente, s’investì il 17 Febbraio 1743. Sposò Maria Le Calze, fu cavaliere di Malta, barone della terza dogana di Catania e regio maestro notaro della città di Messina. Morì il 23 Dicembre 1769. Andrea Capece Minutoli: figlio secondogenito del precedente, antepose al suo cognome quello dei Capece per affermare la provenienza della sua famiglia da Napoli ed unificarla a questa. S’investì il 24 Febbraio 1771, sposò Angela Vianisi dei duchi di Montagna reale. Fu tenete colonnello del regimento Val di Mazzara nel 1800, morì a Messina il 27 Novembre 1810. Giovanni Capece Minutoli: figlio del precedente, prese investitura il 20 Settembre 1811. Fu cavaliere dell’ordine militare di San Giorgio, maresciallo di campo dell’esercito regio, gentiluomo di camera di re Ferdinando I e cavaliere dell’ordine di San Gennaro. Fondò a Messina un ospedale per gli “storpiati ed i poveri” di quella città, morì nel 1825 lasciando un ingentissima somma a detto ospedale.

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ALLURA (Lentini)

Giovanni de Callura: antico possessore. Giletta Callura: possedette il feudo nel 1278. Giovanni de Ferula: possessore del feudo ante 1292 Aloisio de Limogiis: nel 1283 notaio della zecca di Messina, iscritto nel ruolo dei feudatari di re Federico, ricavava 100 onze di reddito dai feudi Callura e Racallusi. Paoletta de Limongiis: figlia del precedente, sposò Chaus Teutonico ed in seconde nozze Andrea Rubeo. In forza del testamento paterno dovette provvedere alle doti delle due sorelle minori, ricevette in prestito somme dalla regina Elisabetta, la qule concesse i diritti di riscossione a Riccardello Rosso, nipote di Andrea. Agatuccia Rosso: figlia di Andrea, possedette il feudo nel 1356. Riccardello Rosso: figlio del miles Gandolfo, di Messina, nipote di Tommasa, vedova di Riccardo Rosso, la quale lo istituì erede universale.Il 31 Agosto1348 aveva come tutore Andrea Rosso. Ereditò dallo zio Andrea Rubeo e dalla figlia di costui Agatuccia, i casali Pidagachi e Randachini, e i feudi Rachaglusu e Callura. Fu contrastato da altri nel possesso dell’eredità, ottenendo il 6 Aprile1358 lettere di assicurazioni reali. In seguito alla rivolta del conte Enrico Rosso contro Federico IV, alla quale partecipò anche Riccardello Rosso, fu privato dei suoi beni feudale. Giovanni Lamia: “miles di Lentini”, nel Gennaio 1365 ottenne, da re Federico, in quanto cugino di Paola Limogis, vedova di Andrea Rubeo, la concessione dei feudi Ragagliusu (sito presso Militello in VN) e Callura essendo stati dichiarati traditori Enrico Rubeo, conte di Augusta, e Riccardello Rubeo.

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Riccardello Rosso: ritornato alla fedeltà regia, Riccardello il 14 Ottobre 1367 ricevette l’esonero dal pagamento dello ius relevii dei feudi Pidagachi, Randachini, Rachagliusu e Callura Il 31 Agoso1369 ottenne la remissione dal pagamento dello ius addoamenti relativo ai feudi avuti in eredità dallo zio Andrea, in ricompensa dei gravi danni che aveva subito e della fedeltà dimostrata al sovrano. Damiano Rosso: figlio del precedente, fu riconosciuto nel possesso del feudo dal presidente del regno come proprietario “per antico possesso”, prese investitura il 15 Febbraio 1416. Risulta iscritto quale signore di Callura nel ruolo feudale del 1408. Guglielmo Rosso: figlio di Aloisio, questi di Guglielmo barone di Cerami e fratello del precedente, non vi sono tracce di una sua investitura. Guglielmo Rosso: figlio del precedente, non prese investitura. Adamo Asmundo: cognato del precedente, acquistò il feudo, gravato del diritto di riscatto da parte del venditore, investendosene nel 1441. Nicolò Antonio Asmundo: figlio del precedente, ancora minore rappresentato dalla madre, ebbe conferma di possesso il 31 Agosto 1453. Prese investitura il 18 Giugno 1459. Isabella Asmundo: sorella del precedente, sposò Nicolò de Carosio (Caruso), barone di Spaccaforno (Ispica). Questi s’investì del feudo il 16 Agosto 1465. Vincenzo Caruso: figlio della precedente, non prese investitura. Antonello Caruso: fratello del precedente, morto senza figli, prese investitura il 14 Marzo 1506. Isabella Caruso: figlia del precedente, prese investitura il 12 Settembre 1537. Sposò Francesco Statella dei baroni di Mongiolino.

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Ercole Statella: figlio della precedente, donatario della precedente, prese investitura il 10 Dicembre 1537 ed il 25 Ottobre 1557. Biagio Statella: figlio del precedente, s’investì il 19 Giugno 1561. Francesco Statella: figlio del precedente, prese investitura nel 1579 alla morte del padre ed ancora il 28 Settembre 1600 ed il 10 Febbraio 1622. Antonio Statella: figlio del precedente, prese investitura il 13 Giugno 1626. Francesco Statella: figlio del precedente, prese investitura il 22 Aprile 1651. Antonio Statella: figlio del precedente, s’investì il 3 Febbraio 1654. Francesco Statella: figlio del precedente, prese investitura il 7 Settembre 1665 ed il 16 Settembre 1666. Antonio Statella: figlio del precedente, s’investì il 25 Aprile 1711. Francesco Maria Statella: figlio del precedente, s’investì il 21 Dicembre 1732. Antonio Statella: figlio del precedente, prese investitura il 18 Settembre 1773. Francesco Maria Statella: figlio del precedente, prese investitura il 3 Dicembre 1794.

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AMMARATINI (Noto)

Anselmo Landolina: antico possessore, subì da parte di Carlo d’Angiò nel 1271 la confisca del feudo. Pierre de Turryes: ricevette il feudo dalla corona nel 1271. Giovanni Landolina: fu riconosciuto legittimo possessore dalla corona nel 1335, come tale risulta nel ruolo feudale di re Federico. Vassallo Landolina: figlio del precedente. Giovanni Landolina: figlio del precedente, iscritto nel ruolo dei feudatari del 1408, prese investitura il 5 Agosto 1418. Vassallo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 3 Agosto 1453. Bernardo Landolina: figlio di Giovanni Antonio questi figlio del precedente, premorto al padre. Prese investitura il 20 Febbraio 1476. Beatrice Landolina: sorella del precedente. Sposò Baldassare Settimo dei baroni di Giarratana, che “maritale nomine” prese investitura del feudo il 10 Ottobre 1497 e il 19 Gennaio 1517. Pietro Settimo: figlio della precedente, per donazione si investì il 3 Giugno 1532. Il 19 Gennaio 1543 prese investitura la madre per restituzione, in seguito a nuova donazione Pietro Settimo s’investì il 29 Marzo 1544. Giovannello Settimo: figlio del precedente, prese investitura il 4 Dicembre 1546 ed il 26 Ottobre 1557. Sposò Celidonia Platamone. Fu giurato di Siracusa nel 1572-73.

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Pietro Settimo: figlio del precedente, si investì il 11 Luglio 1584. Giovanni Pietro Settimo: figlio del precedente, si investì il 17 Novembre 1592 ed il 26 Agosto 1600. Tali investiture furono prese per suo conto da Andrea Buglio Minafria, suo tutore testamentario. Pietro Settimo: figlio del precedente, prese investitura il 13 Gennaio 1631. Giovanni Settimo: figlio del precedente, s’investì il 15 Maggio 1654 ed il 16 Settembre 1666. Caterina Giovanna Settimo: figlia del precedente, sposò il cugino Trajano Settimo che in suo nome prese investitura il 20 Febbraio 1708. Ruggero Settimo: figlio della precedente, non vi sono tracce di sue investiture. Sposò Maria Anna Gioeni, fu capitano e pretore di Palermo. Morì a Palermo, senza figli, il 23 Agosto 1765. Trajano Settimo: figlio di Girolamo e questi fratello del precedente, prese investitura il 10 Febbraio 1766. Capitano di giustizia di Palermo nel 1775-76, fu superiore della confraternita dei Bianchi. Sposò Maria Teresa Naselli dei principi di Aragona, morì a Palermo il 5 Dicembre 1783. Girolamo Settimo: figlio del precedente, prese investitura il 3 Ottobre 1785. Fu governatore del monte di pietà nel 1796, superiore della confraternita dei Bianchi nel 1798, ricoprì le cariche di senatore (1797-98), pretore (1803) e capitano di giustizia (1799) della città di Palermo. Sposò Felicia Napoli dei principi di Resuttano.

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AMOLIO (Noto) Marcato del feudo Bibia della baronia di Bibino Magno Violante Abela: s’investì il 24 Gennaio 1552, per “restituzione di dote” da parte del marito. Paolo Abela: figlio di Giuliano e questi di Paolo, prese investitura dei marcati Camolio, Mandra di donna e Monastero Germano il 13 Gennaio 1609. Antonino Abela: figlio di Antonio e questi di Paolo, prese investitura del marcato il 20 Maggio 1666, anche in virtù di sentenza del tribunale della gran corte, del 13 Marzo 1666. Ignazio Abela: figlio del precedente, prese investitura l’8 Gennaio 1709. Antonino Abela: figlio del precedente, s’investì il 30 Aprile 1775. Morì a Siracusa il 5 Aprile 1799. Giuseppe Abela: fratello del precedente, morto senza figli, prese investitura il 4 Gennaio 1802.

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ANALI (Noto) Vedasi CIURCA

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ANICATTINI (Siracusa)

Nella decriptio feudorum il feudo appare di proprietà degli eredi di Bongiovanni de Mulocta. Violante de Mulocta: figlia di Bongiovanni, insieme al marito Tommaso Capichi, possedette il feudo dal 1335 al 1374 circa. Marino Capichi: figlio della precedente, quale donatario appare titolare del feudo nel 1374. Morì l’anno successivo. Pandolfina Capichi: sorella del precedente, alla sua morte ricevette in dono il feudo, insieme al altri tre, dalla madre Violante Migliotta, atto in notaio Tommaso De Balena di Siracusa del 14 Agosto 1375. Sposò Francesco Mohac (Modica) ed in seconde nozze Bartolomeo Altavilla, giudice della gran corte. Bartolomeo Altavilla: marito della precedente, ottenne da re Martino privilegio di possesso dato a Catania l’1 Agosto 1393. Guarnuccio De Ala: nel 1403 acquistò il feudo per la somma di 150 Onze, dai fidecommissari testamentari del precedente, morto senza eredi. Non prese investitura. Allegranza De Ala: figlia del precedente, ricevette in dote il feudo per il suo matrimonio con Giovanni Castello. Non prese investitura. Perruccio Daniele: acquistò il feudo dalla precedente, atto in notaio Lorenzo Di Noto di Catania del 18 Ottobre 1413. Prese investitura il 12 Luglio 1453. Guglielmo Daniele: forse figlio del precedente, s’investì il 19 Ottobre 1463. Pietro Giovanni Daniele: figlio del precedente, prese investitura il 5 Dicembre 1510 ed il 19 Gennaio 1516. 132

Sposò Laura Traversa, fu giurato di Siracusa nel 1525-26. Girolamo Daniele: figlio del precedente, quale suo donatario prese investitura il 18 Gennaio 1558. Lucia Daniele: figlia di Michele e questi del precedente, prese investitura il 2 Ottobre 1560 ed il 7 Agosto 1600. Sposò Alonso D’Eredia che maritale nomine prese investitura del feudo Canicattini il 28 Agosto 1604. Lucia Daniele, per restituzione di dote prese nuova investitura il 9 Aprile 1615. Girolamo Daniele: cugino della precedente, prese investitura l’11 Gennaio 1617 ed il 12 Febbraio 1622. Nicolò Daniele: figlio del precedente, prese investitura il 7 Luglio 1636 ed il 20 Maggio 1666. Fu maestro notaro della regia cancelleria nel 1661, morì a Siracusa il 13 Gennaio 1668. Mario Daniele: figlio del precedente, s’investì il 10 Gennaio 1669. Sposò Anna Pallavicino, fondò la nuova città di Canicattini. Giuseppe Daniele: figlio di Nicolò, che in stato vedovile divenne sacerdote, e questi del precedente, prese investitura il 31 Ottobre 1720. Antonio Daniele: figlio terzogenito del precedente, prese investitura il 19 Maggio 1726 quale nominatario di tale Stefana D’Angelo che aveva acquistato il feudo all’asta pubblica. Sposò Anna Calascibetta, fu capitano di Giustizia di Siracusa nel 1733. Giuseppe Daniele: figlio del precedente, prese investitura il 15 Ottobre 1735. Fu capitano di Giustizia di Siracusa nel 1782-83. Girolamo Daniele: zio paterno del precedente, a seguito di sentenza in suo favore, che annullava la precedente assegnazione a Stefana D’Angelo, s’investì l’8 Ottobre 1758. Morì a Canicattini il 5 Febbraio 1799. Giuseppe Daniele: figlio del precedente, prese investitura il 23 Marzo 1801. 133

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APOPASSERO (Siracusa)

Guglielmo (d’) Aragona: figlio di re Federico III, nel testamento del padre, dettato il 29 Marzo 1334, fu costituito erede della contea di Calatafimi e dei castelli e terre di Noto e Spaccaforno e di tutte le pertinenze di Capo Passero, e ancora del castello e della terra di Avola dopo la morte della regina Eleonora, e dei ducati di Atene e Neopatria. Morì a Palermo il 12 Maggio 1338. Giovanni (d’) Aragona: altro figlio minore del re Federico III, nel testamento del padre fu costituito erede della contea di Mineo, dell’isola Pantelleria e del castello di Aci, che avrebbe dovuto ereditare alla morte della madre la regina Eleonora. Nel giugno 1337 fu insignito dal padre Federico III d’Aragona, poco prima di morire, del titolo di marchese di Randazzo e di tutta la valle di Castiglione e Francavilla, e inoltre conte di Mineo e signore di Troina. Nel maggio 1338 ereditò i beni del fratello Guglielmo, e cioè il ducato di Atene e Neopatria e la ducea di Calatafimi e la signoria sulla terra di Noto e del Capo Passero. Sposò Cesarea Lancia, fu vicario del re Ludovico dal Settembre 1342 fino alla morte, avvenuta nell’Aprile 1348. Federico (d’) Aragona figlio del precedente, possessore del feudo nel 1348. Alla sua morte senza figli, avvenuta l’1 Luglio 1355 a Catania, i suoi beni feudali vennero incamerati al regio fisco Tommaso Romano: Nell’aprile 1357 re Federico IV, dopo che Tommaso Romano prese volontario domicilio a Messina occupata dai nemici, gli confiscò le saline poste nella contrada di Capo Passero ed il casale di Cesarò. Ottenuto il 18.2.1361 il perdono reale Tommaso Romano tornò in possesso di Cesarò ma non delle saline di Capopassero Giovannuccio Landolina: Il 24 Aprile 1357 re Federico IV gli assegnò le saline di Capopassero. Sposò Caradonna, e suoi figli furono Bartolomeo (o Thumio) e Vassallo. Capitano e castellano di Noto, venne ucciso nel 1358. Ruggero Ruffino: si sconoscono i suoi titoli di possesso, non prese investura.

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Enrico Ruffino: figlio del precedente, chiese al governatore della camera reginale, conferma ed investitura che ottenne il 13 Settembre 1453. Bartolo Ruffino: forse figlio del precedente, prese investitura il 5 Gennaio 1461. Negli atti risulta “barone del mare di Siracusa” Giovanni Ruffino: prese investitura il 10 Febbraio 1506, il 26 Gennaio 1517 ed il 17 Giugno 1538.Fu capitano di Siracusa negli anni 1519-20 e 1526-27 e Senatore nel 1523-24 e 1527-28 Carlo Ruffino: figlio del precedente, per donazione prese investitura il 15 Luglio 1545. Girolamo Ruffino: fratello del precedente, prese investitura il 6 Marzo 1549 del feudo denominato “li mari di lu Capupassero”. Giovanni Ruffino: figlio di Antonio Ruffino, prese investitura il 26 Aprile 1550. Girolama Ruffino: s’investì della tonnara di Capopassero il 7 Agosto 1553. Aveva ricevuto in dono il feudo dal precedente con atto in notaio Onorio Faraone del 17 Agosto 1552. Si reinvestì il 21 Gennaio 1558. Ottavio Bellia: figlio della precedente, non prese investitura. Pietro Bellia: fratello del precedente morto senza figli, prese investitura il 22 Marzo 1622. Silvio Ruffino: prese investitura il 7 Marzo 1639 in base a cedola di secondo decreto ricevuta agli atti della Gran Corte del 22 Febbraio 1638. Pietro Bellia: il feudo ritorno in suo potere ma se ne ignorano le motivazioni. Il suo possesso si ricava da inventario ereditario redatto dal notaio Vincenzo Ajello da Palermo del 20 Gennaio 1666. 135

Cesare Bellia: figlio ed erede universale di Francesco, forse figlio del precedente. Francesco nomino erede il figlio Cesare con testamento redatto in notaio Nicola Bonfiglio da Palermo del 13 Febbraio 1712. Vincenzo Rao: s’investi della tonnara di Capopassero l’1 Novembre 1726 come nominatario di Michele Marsala, questi ottenne il feudo con cedola di secondo decreto della Gran Corte del 9 Ottobre 1725 da potere di Cesare Bellia. Maria Bellia: figlia di Cesare, sposò Carlo Rao forse figlio del precedente. Maria Bellia prese investitura l’11 Febbraio 1747 in forza di sentenza del tribunale della gran corte civile del 16 Marzo 1737 che dichiarava nulla l’aggiudicazione del feudo a Vincenzo Rao. Morì a Palermo il 21 Aprile 1791. Corradino Nicolaci: prese investitura il 9 Febbraio 1774 quale enfiteuta di Giovanni Rao e della madre. Contratto di enfiteusi in notaio Domenico Nicolò Cirafici da Palermo del 21 Maggio 1772. Giovanni Rao: probabilmente figlio di Maria Bellia e Carlo Rao, prese investitura il 10 Gennaio 1808 dopo che diverse sentenze, negli anni 1793-94, dichiaravano “nulla ed improduttiva di effetto” l’enfiteusi della tonnara concessa a Corradino Nicolaci nel 1772.

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ARANCINO (Siracusa)

Giovanni Marrasi: possessore del feudo Maranchino nel ruolo dei feudatari di re Federico. Giovanni Teutonico: il 27 Ottobre 1339 re Pietro II, alla morte del precente, accordò a Giovanni Teutonico, elemosiniere della regina Elisabetta, il diritto posseduto dal Marasio sul porto di Siracusa, ritornato in potere della Curia. Probabilmente entrò in possesso anche del feudo Carancino. Nicolò Marrasi: non si conosce la sua parentela con Giovanni, risulta possessore del feudo tra il 1345 e il 1375. Bartolomea Marrasi: figlia del precedente, sposò Bartolomeo (o Tommaso) de Bisocto, proprietario del limitrofo feudo di Belvedere. Diez Sanchez de Porto Carrero: comperò per 134 onze dalla precedente i due feudi forse già unificati. “Bansalone” (cognome sconosciuto): moglie di Nicolò Marrasi, rivendicò il possesso di Carancino in virtù dell’atto matrimoniale, il feudo era infatti posto in garanzia per la eventuale mancata restituzione della sua dote. “Frarone” (cognome sconosciuto): sorella della precedente, moglie di Andreolo Possu. Promosse, per il recupero del suo credito, un giudizio di esproprio all’asta pubblica per un valore di 200 onze. La camera reginale: esercitando il suo diritto di prelazione entrò in possesso del feudo. Giacomo Arezzo: per compera dalla camera reginale, con il consueto obbligo di apprestare il servizio militare di un cavallo armato per ogni 20 onze di rendita, privilegio dato da Re Martino in Catania, il 25 Settembre 1405. Carancino fu definitivamente accorpato da questo feudatario, che ricoprì l’incarico di cavaliere protonotaro del regno di Sicilia, al feudo di Belvedere. 137

Niccolò Arezzo: figlio del precedente, si investì il 23 Gennaio 1418. Laurina Arezzo: sorella del precedente, non prese investitura. Sposò Corrado Lanza. Petruccio Lanza: figlio della precedente, ottenne privilegio di possesso il 14 Agosto 1453. Giovanni Lanza: si investì il 14 Agosto 1460 per compera da Valore Lanza, che a sua volta l’aveva ricevuto in pegno dal fratello Petruccio per costituire la dote della nipote Margherita, andata in sposa ad Antonio Ventimiglia, dei Signori di Sinagra. Giovanni Bonaiuto: si investì del feudo il 13 Novembre 1462 dopo averlo acquistato dal Giovanni Lanza per 111 onze e 20 tarì. Il venditore si riservò in qualunque momento il diritto di riscatto sul feudo. Bartolomeo Bonaiuto: prese investitura il 22 Febbaraio 1510, ma dall’investitura non risulta il suo grado di parentela con il precedente. Si investì ancora di Carancino il 28 Gennaio 1532 e il 17 Agosto 1537. Giovanni Bonaiuto: figlio del precedente si investì a Palermo il 10 Marzo 1549. Fu mastro secreto della camera reginale. Bartolomeo Bonaiuto: figlio del precedente, prese investitura il 15 Giugno 1558. Lucio Bonaiuto: fratello del precedente, si investì il 29 Ottobre 1560. Giovanni Bonaiuto: per donazione del padre Lucio si investì il 28 Novembre 1586, si reinvestì del feudo di Carancino il 18 Dicembre 1600 per il passaggio della Corona. Francesco Branciforte: quale rappresentante di Giovanni Lanza riscattò il feudo ma non ne prese investitura.

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Giuseppe Bonanno: per compera dal precedente nel 1615, si investì il 26 Marzo 1622. Sposò Cornelia Settimo dei marchesi di Giarratana, Eleonora Platamone dei baroni di Rosolini e Dorotea Gravina dei signori di Palagonia. Ricoprì le cariche di giurato, capitano di giustizia e procuratore di Santa Lucia. Nel 1627 fondò la “nuova terra” di Belvedere. Domenico Bonanno: nipote del precedente successe al nonno nel 1642 per la morte del padre nel 1641, non vi sono tuttavia tracce della sua investitura. Sposò Dorotea Nava, fu senatore di Siracusa nel 1662. Vincenzo Bonanno Nava: si investì il 2 Giugno 1687 per rinunzia del padre, sposò Maria Rosa Mugnos dei baroni di Bulgarano. Maria Rosa Mugnos, Domenico Bonanno e Vittoria Mugnos: si investirono il 30 Dicembre 1690 per la minore età di Giuseppe Bonanno Mugnos figlio del precedente. Giuseppe Bonanno: sembra non si sia investito, sposò Giulia Filingeri dei Principi di Cutò. Vincenzo Bonanno: figlio del precedente, si investì il 5 Maggio 1741. Sposò Vittoria Vanni dei Marchesi di San Leonardo. Giuseppe Bonanno: figlio del precedente, non vi sono tracce della sua investitura. Sposò Anna Maria Alliata dei Duchi di Salaparuta. Vincenzo Raffaele Bonanno: investitosi il 21 gennaio 1778 fu l’ultimo ad investirsi, sposò Vittoria Naselli dei Principi di Aragona.

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Siracusa, Fraz. Belvedere, Facciata chiesa parrocchiale con araldica Bonanno

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C

ARCICERA (Noto)

Pietro Monachella: iscritto nel ruolo feudale di re Federico, quale possessore del feudo Racalchichira. Giovanni Landolina: capitano e castellano di Noto, possessore il feudo ante 1358 quando venne ucciso Vassallo Landolina: figlio del precedente. Muchio Landolina: figlio del suddetto, ebbe conferma, per sé ed i suoi eredi, nell’anno 1418. Vassallo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 2 Aprile 1456. Eleonora Landolina: sorella del precedente, si investì il 16 Dicembre 1479. Sposò Nicolò Lulianti. Beatrice Lulianti: figlia della precedente, si investì il 23 Dicembre 1488 ed il 22 gennaio 1517. Sposò Baldassare Settimo. Rainaldo Lnadolina-Settimo: ebbe in dono il feudo dalla madre di cui, forse per disposizioni testamentari o perché sancito nell’atto di nozze con Baldassare Settimo, assunse il cognome come principale. Non vi sono tracce della sua investitura. Matteo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 25 gennaio 1519. Raimonda Landolina: sorella del precedente, si investì il 2 Dicembre 1523. Giovanni Giacomo Landolina: figlio secondogenito di Matteo Landolina, si investì il 12 Agosto 1545.

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Antonina Landolina: sconosciuta la causa della sua successione nel feudo, non prese investitura. Sposò Giovanni Speziali. Clara Speziali: figlia della precedente, per donazione, si investì del feudo il 17 Gennaio 1556. Giovanni Francesco D’Amore: figlio della precedente, prese investitura per donazione, il 18 Aprile 1575. Clara Speziali: per rinunzia da parte del precedente si reinvestì il 23 Magio 1578. Isabella D’Amore: vedova di Giovanni Francesco, si investì come curatrice del proprio figlio Desiderio il 30 Dicembre 1591. Lucrezia Speziali: figlia di Antonina Landolina e di Giovanni Speziale venne riconosciuta nel possesso del feudo di Carcicera con sentenza della Gran Corte. Si investì il 27 Settembre 1594, il 28 Settembre 1600 ed ancora il 10 marzo 1622. Giuseppe Scarrozza: figlio della precedente,si investì, insieme alla moglie Diega Zummo, il 28 Settembre 1624. Lucrezia Scarrozza: insieme al marito, Aurelio Landolina si investì l’11 Maggio 1630. Desiderio Landolina: figlio della precedente, si investì il 24 Novembre 1632. Girolamo Landolina: fratello del precedente, benché primogenito era stato escluso dalla successione perchè ritenuto incapace, si investì il 16 Luglio 1639. Girolamo Landolina: forse nipote del precedente, si investì il 10 Febbraio 1644. Sposò Susanna Deodato, si reinvestì con il nome di Girolamo Palmerino de Landolina nel 1666.

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Anna Pizzi: suora terziaria del Carmine, si investì come dichiarataria di Prospero Sortino. Questi a sua volta era succeduto come dichiaratario di tale Maria Masi che aveva ottenuto il feudo da Girolamo Landolina. Il feudo ritornò poi in potere di Girolamo Landolina avvalendosi questi del diritto di riscatto contenuto nell’atto di vendita Aurelio Landolina: figlio di Girolamo Landolina (Palmerino), prese investitura il 3 Ottobre 1714. Sposò Giovanna Alberti dei marchesi di Pintodattili. Girolamo Landolina Alberti: figlio del precedente, si investì il 9 Settembre 1723. Francesco Parisi: marito di Giovanna Landolina, figlia del precedente. Si investì il 15 Settembre 1780.

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C

ARDINALE (Noto)

La contessa Adelasia, nipote del granconte Ruggero, donò il casale Cardinale, insieme alla chiesa di Santa Lucia, al vescovo di Cefalù. Pietro Capobianco: antico possessore nella seconda metà del Trecento. Paolo Capobianco: figlio naturale del precedente, rivoltoso contro re Martino i feudi in suo possesso gli vennero confiscati. Francesco de Ariccio (Arezzo): lo acquistò dal precedente il 10 Marzo 1393 per 150 onze d’oro. Il feudo era soggetto ad un censo annuale di 40 onze d’oro dovute alla chiesa di Santa Lucia. Francesco Arezzo risulta possessore, maritale nomine, nel ruolo del 1408. Perello Arezzo: figlio del precedente, non prese investitura. Giovanni Arezzo: fratello del precedente, prese investitura l’11 Luglio 1418. Nell’atto d’investitura sono elencate, oltreché il consueto servizio militare, le seguenti condizioni: a) Detto Giovanni ed i suoi debbono servire la Regia Corte in Capite; b) Debbono vivere col diritto dei Franchi; c) Che abitino nel regno; d) Con le solite riserve a favore della Regia Corte. Francesco Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 22 Luglio 1456 ed il 1°Giugno 1459. Giovanni Arezzo: figlio del precedente, prese investitura l’8 Dicembre 1492. Francesco Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 6 Marzo 1494. Si reinvestì il 19 Gennaio 1517.

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Enrico Arezzo: figlio del precedente, quale suo assegnatario, s’investì il 16 Febbraio 1525. Sposò Beatrice de Gargano che gli portò in dote i feudi Spalla, Regalcaccia e Fiumetorto. Francesco Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 22 Febbraio 1549 per rinunzia in suo favore, si reinvestì il 27 Gennaio 1558. Sposò Costanza de Gulfis che portò in dote il feudo di Gisira Pagano. Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 3 Agosto 1559. Giovanni Antonio Maglio: acquistò il feudo di Cardinale dal precedente, con atto in notaio Giuseppe Scannavino di Siracusa del 9 Marzo 1575. S’investì l’11 Luglio 1576. Antonio Maglio: prese investitura il 31 Ottobre 1588. Fra Agostino Maglio: zio del precedente, prese investitura il 13 Giugno 1593. Mario Arezzo: fratello di Giuseppe s’investì del feudo riscattato dal fratello, il 7 Agosto 1600. Francesco Arezzo: figlio del precedente, prese investitura l’11 Ottobre 1610. Si reinvestì il 21 Gennaio 1622. Mario Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 14 Gennaio 1645. Morì a Siracusa, senza figli, il 27 Dicembre 1657. Corradino Deodato: si aggiudicò il feudo all’asta investendosene il 15 Luglio 1657. Successivamente restituì il feudo a Mario Arezzo. Giuseppe Arezzo: fratello di Mario, prese investitura il 14 Dicembre 1658. Morì a Siracusa il 18 Ottobre 1661.

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Francesco Maria Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 28 Agosto 1662. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Domenico Capobianco: acquistò il feudo dal precedente, prese investitura il 10 Luglio 1670. Rosalia Arezzo: quale erede universale del precedente, suo zio, s’investì il 25 Febbario 1713. Domenico Arezzo: fratello della precedente, per rinunzia in suo favore s’investì di Cardinale il 2 Ottobre 1721. Giuseppe Arezzo: fratello del precedente, prese investitura il 18 Settembre 1760. Francesco Arezzo: non prese investitura. Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 2 Luglio 1809.

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C

ARMITO (Lentini)

Nicola de Aloisio: possessore del feudo nel ruolo feudale del 1335, ricavava 10 onze di reddito dai feudi Burdiscato e Carmito. Era marito di Giacoma e domiciliato a Ragusa. Nell’adoa del 1345 risulta invece residente a Catania e tassato per un cavallo armato (pari a 20 Onze) Pietro de Regio (Rigio): acquistò il feudo dal precedente per 228 onze, atto redatto in notaio Guglielmo Bonajuto del 27 Agosto 1350. Re Ludovico ratificò la vendita con suo privilegio dato da Catania il 13 Dicembre 1353. Il 5 Marzo1369 gli vennero sequestrati e venduti diversi beni per somme che doveva alla Regia Curia. Fu nominato maestro razionale a vita nel 1363 ed attestato in questa carica fino al 4 Maggio 1375, data in cui ottenne l’esonero del pagamento di un agostale sul mulino Parrafaldo (o Barrafaudo) sito in territorio di Lentini, e posseduto dai suoi predecessori Nicolò Rigio: figlio del precedente, entro in possesso del feudo nel 1375. Non prese investitura. Anfilisia Rigio: figlia del precedente, insieme al marito Nicolò Bonfiglio, prese investitura il 2 Maggio 1418. Pietro Bonfiglio: figlio della precedente, s’investì il 17 Luglio 1453. Guglielmo Raimondo de Randisi: s’ignora la causa per la quale entrò in potere del feudo, prese investitura il 24 Novembre 1461. Nicolò Bonfiglio: figlio di Pietro rientrato in possesso del feudo, prese investitura il 7 Ottobre 1462. Giovanni de Quatrino: nel nome maritale di Giovanna Margherita Bonfiglio s’investì il 16 Gennaio 1474. Guglielmo Raimondo de Randisi: lo stesso di cui sopra, s’investì di metà del feudo il 5 Novembre 1491.

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Nicolò Bonfiglio: lo stesso di cui sopra, prese investitura l’1 Giugno 1507. Isabella Marullo: si sconosce la causa della sua investitura avvenuta il 16 Febbraio 1517. Nicolò Antonio Bonfiglio: si sconosce la sua parentela con i precedenti, s’investì il 26 Luglio 1538. Giovanni Bonfiglio: figlio del precedente, per donazione prese investitura il 16 Gennaio 1539. Eleonora Bonfiglio: vedova del precedente, in nome del figlio minore Nicolò, prese investitura il 20 Ottobre 1546. Nicolò Bonfiglio prese investitura il 30 Settembre 1557. Giovanni Bernardo Bonfiglio: figlio di Nicolò, entrò in possesso del feudo per donazione ma non ne prese investitura. Sebastiana Bucceri: vedova del precedente, per “restituzione di dote” prese investitura l’11 Settembre 1591. Si reinvestì il 7 Ottobre 1600. Marcello Bonfiglio: figlio della precedente, s’investì il 4 Settembre 1608 ed il 4 Aprile 1622. Giuseppe Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura l’11 Gennaio 1648 ed il 16 Settembre 1666. Cesare Antonio Bonfiglio: figlio del precedente, prese investitura il 31 Ottobre 1669. Francesco Bonfiglio: fratello del precedente, morto senza figli a seguito del terremoto del 1693, prese investitura il 17 Ottobre 1693. Morì a Lentini il 5 Gennaio 1710. Giovanni Bernardo Bonfiglio: figlio del precedente, s’investì il 20 Marzo 1717. Vendette il feudo, ma non il connesso titolo di barone, a Lorenzo Interlandi, arcidiacono della chiesa collegiata di San Nicolò di Militello, che l’acquisto in nome del minore Nicolò Interlandi dei principi di Bellaprima. 148

C

ARRUBBA (Lentini)

Berardo de Syracusia: il dominus miles Berardo Syracusia di Trapani è attestato come signore di Collesano e del feudo Carruba da cui ricavava un reddito di 300 Onze. Sposò Aloisia di Caltagirone, morì in data anteriore al 19 Aprile1337. Aloisia Caltagirone: moglie del precedente, possedette il feudo in nome del figlio minore Giovannuccio. Rainero de Acasa: acquistò il feudo dalla precedente nel 1344. Pino Schifano: subì la confisca del feudo in data anteriore al 1398. Enrico Statella: ricevette il feudo dal sovrano quale sue fedele suddito, venne però “vinto e allontanato” dal feudo da Guglielmo Raimondo Moncada. Giovanni Schifano: figlio di Pino Schifano, ricevette il feudo da potere del conte Moncada. Giovanni Taranto: ricevette il feudo dal sovrano ma presto vi rinunziò restituendolo alla corona. Enrico Statella: con privilegio dato a Catania l’1 Marzo 1397, ricevette il feudo per se e per i suoi eredi con l’obbligo di apprestare il consueto servizio militare. Nicolò Parisio alias “lu Vairu”: nel nome maritale di Giovanna Schifano, figlia di Giovanni e sorella di Jacopino, ricevette conferma di possesso dal governatore della camera reginale con privilegio dato a Siracusa il 29 Ottobre 1453. I due coniugi si investirono il 16 Dicembre 1459, mentre Giovanna Schifano, rimasta vedova, si reinvestì il 18 Novembre 1461. Giovanni Guglielmo Parisio “lu Vairu”: figlio del precedente, non prese investitura.

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Giovanni Baldu “lu Vairu”: prese investitura il 5 Dicembre 1480 come tutore di Franceschiella Parisio. Franceschiella Parisio: figlia di Giovanni Guglielmo Parisio, prese investitura il 24 Maggio 1507, il 16 Aprile 1517 ed ancora il 5 Giugno 1538. Sposò Giacomo Porzio dei baroni di Limina di cui restò vedova solo dopo un anno dalle nozze. Bartolomeo Falcone: acquistò il feudo dalla precedente il 25 Settembre 1548. Prese investitura il 16 Ottobre 1648 ed ancora il 27 Ottobre 1557. Mario Falcone: figlio del precedente, minore emancipato, ricevette in dono il feudo dal padre e se ne investì il 12 Dicembre 1553. Bartolomeo Falcone: Il medesimo di cui sopra si reinvesti del feudo Carrubba l’11 Ottobre 1557 ed il 19 Agosto 1569. Francesco Falcone: forse nipote del precedente, si investì il 18 Dicembre 1585 ed il 28 Settembre 1600. Bartolomeo Falcone: figlio del precedente, prese investitura il 5 Luglio 1615 e il 14 Febbraio 1622. Lucio Falcone: fratello del precedente, si investì il 23 Febbraio 1623. Morì a Siracusa il 13 Marzo 1655. Violante Falcone: sorella del precedente, si investì l’1 Agosto 1657 a seguito di sentenza del tribunale della gran corte dell’8 Aprile 1656. Insieme al marito Simone Montaperto si reinvestì il 16 Settembre 1666. Violate Falcone morì a Palermo il 22 Aprile 1672. Giovanni Francica, come marito di Giovanna Nava si investì il 16 Ottobre 1674 dopo una sentenza emessa dalla Gran corte avverso Simone Montaperto, del 28 Maggio 1674. Giovanna Nava morì a Siracusa il 25 Febbraio 1720. Ignazio Francica Nava: figlio del precedente, si investì il 20 Marzo 1701. Morì a Siracusa il 16 Settembre 1754. 150

Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, prese investitura l’1 Settembre 1755. Giovanni Francica Nava: figlio del precedente, prese investitura il 3 Febbraio 1778.

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C

ASALE GERARDO o Casale (Noto)

Accardo de Barba: iscritto nel ruolo dei feudatari del 1335, il feudo sembra gli sia pervenuto come dote dal “dominum Fridericum Mustacium de Leontini” di cui sposò la figlia. Dionisio de Barba: figlio del precedente. Violante de Barba: sorella del precedente, sposò Bartolomeo Landolina. Torgisio Montalto: acquistò, in data imprecisata, il feudo da Violante de Barba e Bartolomeo Landolina. Giovanni Landolina: figlio di Bartolomeo e Violante Barba, nei Capibrevi del Barberi risulta feudatario per antico possesso. Probabilmente ricevette, nella seconda metà degli anni cinquanta, i beni feudali e burgensatici appartenenti ai traditori Muchio, Paolo e Pietro de Barba di Noto, e ubicati nel territorio di Noto, di Malta e di Gozo. I figli del Landolina, Thumio e Vassallo, chiesero al sovrano che venissero loro confermati i feudi già appartenuti ai Barba di Noto e già assegnati al padre, ma il re Federico III, il 31 Luglio 1358, rimise la questione ad Artale di Alagona, preposto al governo delle stesse terre. Guglielmo Boyra (Borgia): con atto in notaio Nisio de Melio da Catania del 16 Febbraio 1403, acquistò il feudo, dai Landolina, per 200 onze. Re Martinò approvò la compravendita con suo privilegio dato a Catania il 26 Maggio dello stesso anno. Attardo Borgia: figlio del precedente, non prese investitura. Rainaldo Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 15 Luglio 1453. Giovanni Borgia: non prese investitura.

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Nicolò Borgia: figlio di Attardo e questi del precedente, premorto al padre. Prese investitura il 30 Dicembre 1504, si reinvestì il 22 Gennaio 1516. Sposò Paolilla Daniele, fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1504-05. Giovanni Giacomo Borgia: figlio del precedente, s’investì il 2 Marzo 1553 ed ancora il 31 Gennaio 1558. Fu senatore di Siracusa nel 1506-07. Ottaviano Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 22 Gennaio 1583 ed il 23 Settembre 1600. Sposò Belladama Alagona, fu senatore di Siracusa nel biennio 1562-63. Giacomo Borgia: figlio del precedente, s’investì il 12 Luglio 1632. Sposò Maria Montalto, fu senatore di Siracusa nel 1632-33. Pietro Borgia: figlio secondogenito del precedente, per rinunzia del fratello Giuseppe prese investitura l’8 Ottobre 1640. Giuseppe Borgia: per la morte del fratello prese investitura del feudo Casale il 15 Settembre 1646. Gregorio Borgia: fratello del precedente, s’investì il 27 Marzo 1649. Sposò Francesca Bonanno, morì a Siracusa il 2 Giugno 1660 e sepolto nella chiesa del convento di San Domenico. Giacomo Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 20 Giugno 1661 ed ancora il 16 Settembre 1666. Nunzio Maria Borgia: figlio del precedente, s’investì il 3 Marzo 1711. Giuseppe Maria Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 2 Marzo 1725. Fu giurato nobile di Siracusa nel 1754-55.

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Francesco Borgia: non prese investitura, fu giurato nobile di Siracusa nel 1783-84. Giuseppe Maria Borgia: non prese investitura, con privilegio dato a Napoli il 20 Gennaio 1798 fu insignito del titolo di marchese che pose sul suo feudo del Casale. Nunzio Ottaviano Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 10 Giugno 1807.

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Siracusa, palazzo Borgia del Casale

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C

ASSIBILE (Siracusa)

Giuliano d’Alessandro: dopo il vespro gli furono concessi da Carlo II d’Angio, il 2 Maggio 1300, i casali Lungarini e Cassibari. Garsia Pomar: i suoi eredi risultano possessori di Cassibile nel ruolo di re Federico. Bernarda Pomor: figlia del precedente, possedette il feudo nel 1345. Orlando (d’) Aragona: figlio di Federico III, risulta vicegovernatore e stratigoto di Messina nel 1343 Il 23 Aprile1361 ricevette l’investitura della terra di Avola ed il 16 Giugno dello stesso anno gli venne assegnato un reddito di 500 onze annue sulla secrezia di Randazzo. Risulta vivente il 30 Luglio 1361, morì qualche mese dopo. Federico (d’) Aragona: Il 26 Novembre 1361 il sovrano assegnò il castello e la terra di Avola, il feudo di Cassibile e altri feudi appartenuti ad Orlando d’Aragona ai figli naturali ma legittimati Alfonso, Federico e Giovannuccio. Il 4 Aprile 1366 Federico Aragona ottenne solo per sé la signoria della terra e del castello di Avola e del feudo Cassibile, estromettendo dall’eredità i due fratelli Alfonso e Giovannuccio. Fu ucciso dalla popolazione di Avola nel 1375 e i suoi beni ritornarono alla corona. Guglielmo Raimondo Moncada: risulta possessore del feudo fino al 1397 quando lo ebbe confiscato per essersi ribellato alla corona. Giacomo Ariccio (Arezzo): ottenne il feudo da re Martino in cambio dei suoi servigi come protonotaro del regno e come compensazione di alcuni suoi crediti nei confronti della corte. Cedette alla corona, i feudi Binvini e Biliscari. La concessione fu data a Catania il 18 Gennaio 1398 e successivamente confermata con privilegio datato 14 Maggio 1399. Giacomo Arezzo appare quale possessore di Cassibile nel ruolo feudale del 1408. Nicolò Arezzo: figlio del precedente, s’investì il 10 Gennaio 1418. 156

Laurina Arezzo: sorella del precedente, sposò Corrado Lanza, non prese investitura. Pietro Lanza (alias Modica): figlio della precedente, ottenne dal viceré privilegio di possesso in data 14 Agosto 1453. Calcerando de Villanova: s’ignorano i motivi che lo portarono ad investirsi il 6 Giugno 1459 ed ancora il 15 Dicembre 1461. Vassallo Speciale: per 900 onze acquistò metà del feudo da Pietro Lanza, atto in notaio Antonio de Aprea da Palermo del 28 Luglio 1467. Si sconosce come entrò in possesso dell’intero feudo che gli fu riconosciuto con privilegio del 4 Ottobre 1469. Vassallo Speciale fu capitano di giustizia di Caltagirone nel 1444-45, senatore di Siracusa nel 1469-70 e 1472-73, nel 1460 fu uno degli ambasciatori di Sicilia presso re Giovanni. Giovanni Matteo Speciale: figlio del precedente, prese investitura il 10 Giugno 1475. Fu capitano di giustizia di Palermo dal 1458 al 1461. Nel 1486 donò il feudo alla moglie Bianca che ricevette privilegio di conferma dal vicere, questa si investì il 19 Gennaio 1516. Nicolò Speciale: figlio del precedente, non prese investitura. Catarina Speciale: sorelalla del precedente, si investì il 14 Dicembre 1523. Sposò Antonio Barresi dei baroni di Militello, con il nome di Caterina Ventimiglia si reinvestì il 20 Ottobre 1557. Caterinella Barresi: nipote della precedente, figlia di Carlo Barresi, s’investì il 10 Dicembre 1580. Sposò Fabrizio Branciforti dei principi di Pietraperzia. Giuseppe Branciforti: acquistò il feudo dalla precedente, atto in notaio Alessandro Taschitta di Licodia del 19 Marzo 1576, investendosene il 16 Dicembre 1580. Sposò Beatrice Barresi dei baroni di Militello ed in seconde nozze Agata Lanza dei principi di Trabia.

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Nicolò Placido Branciforti: figlio del precedente, prese investitura il 16 Agosto 1597. Si reinvestì il 23 Settembre 1600 ed ancora il 18 Dicembre 1621. Nel 1610 fondò la nuova città di Leonforte sul suo feudo di Tavi. Giuseppe Branciforti: figlio del precedente, per donazione si investì del feudo di Cassibile il 5 Marzo 1630. Francesco Branciforti: fratello del precedente, s’investì il 2 Dicembre 1652 ed ancora il 16 Settembre 1666. Nicolò Placido Branciforti: figlio del precedente, prese investitura il 17 Febbraio 1685. Maria Rosalia Branciforti: figlia del precedente, prese investitura il 9 Ottobre 1727. Sposò Salvatore Branciforti dei principi di Pietraperzia. Questi “maritale nomine” s’investì di Cassibile il 4 Dicembre 1743. Ercole Branciforte: marito di Caterina Branciforti, sorella della precedente, prese investitura il 16 Novembre 1750. Salvatore Branciforti: figlio del precedente, prese investitura il 4 Agosto 1763. Giacomo Dolce: razionale della regia dogana e razionale onorario del real patrimonio, ricevette in dono il mero titolo di barone di Cassibile con atto in notaio Francesco de Miceli di Palermo del 21 Agosto 1766. Prese investitura il 29 Agosto 1766. Silvestro Loffredo: il feudo ritornato in potere dei Branciforti fu posto, su loro istanza, in vendita ed acquistato “pro persona nominanda” da tale Placido Longo con atto in notaio Giuseppe Gioacchino Filippone di Palermo del 24 Novembre 1784. Con atto in medesimo notaio del 7 Marzo 1785 il feudo entrò in potere di Silvestro Loffredo che se ne investì il 9 Aprile successivo. Il 4 Dicembre 1794 fu creato marchese di Cassibile.

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C

ASTELLANA (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio II feudo Castellana é espressamente citato solo nelle investiture prese per la baronia di San Basilio da: Filippo Bonanno: il 17 Settembre 1666; Francesco Bonanno: il 5 Dicembre 1711; Giuseppe Bonanno: il 24 Dicembre 1740. Nell’atto rogato dal notaio Giacomo Pincitore di Palermo il 2 Marzo 1772 e relativo alla nomina di Giuseppe La Iacona per le tenute di Randè o Cardonetto, questì è appellato barone di Castellana.

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C

ASTELLUCCIO (Noto)

Enrico Ventimiglia: antico possessore, subì la confisca dei suoi beni per aver partecipato alla rivolta contro gli angioni al tempo di re Manfredi (1267-68). Pierre de Lemanon: ottenne il feudo da Carlo I d’Angiò. Jean de Monfort: risulta possessore del feudo nel 1280. La regina Eleonora: iscritta nella descriptio feudorum di re Federico, quale feudataria di Castelluccio. Matteo Palizzi: risuta possessore del feudo tra il 1335 ed il 1353 anno in cui il 19 Luglio fu ucciso a Messina con la moglie Margherita e alcuni suoi figli. Venezia e Isabella Palizzi: figlie del precedente ricevettero il feudo, insieme ad altri in Val di Noto, nell’agosto 1355 da re Ludovico. Lo stesso sovrano confermò ulteriormente l’infeudazione il 12 Agosto1356. Francesco (II) Ventimiglia: possessore del feudo nel 1361. Guglielmo Raimondo (III) Moncada: s’ignora il suo titolo di possesso, ebbe confiscati i beni. Silambenio e Tommaso de Marchisio: iscritti quali possessori dei feudi Castelluccio, Ciurca e Granieri nel ruolo dei feudatari del 1408. Ricevettoro i feudi con privilegio di re Martino del 13 febbraio 1397. Nicolò Speciale: acquistò il feudo dai precedenti, ricevendo conferma di possesso con lettera vicereale del 20 Ottobre 1417. Re Alfonso il, 4 Aprile 1422, concesse la “nobilitazione del feudo” la possibilità cioè di popolarlo costruendovi un castello. Il 18 Febbraio 1426 lo stesso sovrano gli concesse inoltre il “mero e misto impero” sui suoi vassalli e ridusse il servizio militare connesso al reddito del feudo ad un paio di speroni d’oro. 160

Pietro Speciale: figlio del precedente, ottenne conferma di possesso con privilegio di re Alfonso dato da Castelnuovo di Napoli il 6 Febbraio 1454. Giovanni Matteo Speciale: di Nicolò e questi del precedente, prese investitura il 9 Giugno 1475. Nicolò Speciale: figlio del precedente, non prese investitura. Caterina Speciale: sorella del precedente, per la morte della sorella maggiore di nome Bianca, prese investitura il 12 Dicembre 1505 ed il 18 Gennaio 1516. Sposò in prime nozze Antonio Barresi dei signori di Militello ed in seconde nozze di un membro della famiglia Ventimiglia, con il nome di Caterina Ventimiglia s’investì infatti dei feudi Castelluccio, Granieri, San Marco e Cassibile il 20 Ottobre 1557. Cesare de Marchisio: entrò in potere del feudo alla morte della precedente “sua ava” investendosi il 23 Novembre 1580. Ferdinando de Marchisio: fratello del precedente s’investì il 28 Agosto 1593. Sposò Caterina Settimo dei signori di Giarratana. Francesco de Marchisio: figlio del precedente, s’investì il 5 Dicembre 1606 ed il 10 Marzo 1622. Blasco (Biagio) de Marchisio: fratello del precedente, prese investitura l’11 Novembre 1627. Sposò Laura Valdina. Felicia de Marchisio: figlia del precedente, prese investitura il 25 Marzo 1647. Sposò Giovanni Ventimiglia dei marchesi di Geraci che, maritale nomime, s’investì il 30 Ottobre 1648. Mariano de Lorenzo: acquistò il feudo con atto redatto dal notaio Pietro Graffeo da Palermo del 26 Giugno 1655. Con successivo atto, in notaio Giacomo Buscarello di Noto del 16 Giugno 1656 dichiarò di aver agito per conto di Corrado de Lorenzo, che prese investitura del feudo il 29 Giugno dello stesso anno.

161

Giuseppe de Lorenzo: figlio di Corrado, si investì il 12 Agosto 1694. Giuseppe de Lorenzo: forse cugino del precedente, s’investì l’1 Aprile 1786. Nicola de Lorenzo: figlio del precedente, prese investitura nel 1786. Il 15 Novembre 1803 gli fu concesso il titolo di marchese di Castelluccio.

162

Noto, palazzo de Lorenzo del Castelluccio

163

C

ATATAUSI già (Noto)

Antonio Cacciaguerra: signore di Cattatausi nel ruolo di re Federico da cui traeva 3 Onze di reddito. Nell’adoa del 1345 il Cacciaguerra, domiciliato a Noto, era tassato per un “cavallo alforato” Antonio Cacciaguerra: nipote del precedente, chiese al sovrano di essere confermato nel possesso del feudo di cui, a causa della guerra, si erano perduti gli antichi documenti. Re Martino accordò quanto richiesto, nel 1396, obbligando il feudo al servizio militare di un “balestriere pedestre”. Francesco Cacciaguerra: figlio del precedente, non vi sono tracce della sua investitura. Guidone Cacciaguerra: figlio del precedente, iscritto nel ruolo del 1408, prese investitura l’1 Agosto 1418. Giovanni Barbulato: figlio di Aurelia Cacciaguerra e questa del precedente, prese investitura il 10 Settembre 1453. Muchio Barbulato: figlio del precedente, prese investitura il 19 Giugno 1456. Giovanni Barbulato: figlio del precedente, s’investì il 17 Giugno 1499. Vincenzo Barbulato: figlio del precedente, non prese investitura. Antonella Barbulato: sorella del precedente, non prese investitura. Giovanni Landolina: figlio della precedente, s’investi alla morte della madre nel 1544 e il 20 Ottobre 1557. Vincenzo Landolina: figlio del precedente, sembra non si sia investito. 164

Valerio Landolina: fratello del precedente, morto senza figli, prese investitura il 23 Settembre 1600. Ottaviano Boyra (Borgia): acquistò il feudo dal precedente non curandosi di prenderne l’investitura. Flora Majo: acquistò il feudo dal precedente, prese investitura il 15 Febbraio 1622. Gaspare Diamante: donatario della precedente, s’investì il 20 Dicembre 1627 ed il 20 Maggio 1666. Morì a Palermo il 20 Settembre 1667. Vincenzo Diamante: fratello del precedente, prese investitura il 18 Settembre 1668. Giovanbattista Diamante: figlio di Ignazio e questi fratello del precedente, prese investitura l’1 Aprile 1681. Ignazio Diamante: figlio del precedente, s’investì il 17 Marzo 1712. Giuseppe Diamante: fratello del precedente, non prese investitura. Domenico Diamante: fratello del precedente, sembra non si sia investito. Mario Grimaldi: figlio di Vincenza Diamante, sorella del precedente, e di Giuseppe Grimaldi dei baroni di Volta della monaca, prese investitura il 21 Dicembre 1775. Giovanbattista Grimaldi: figlio del precedente, s’investì il 14 Maggio 1796.

165

C

AVA DELLA DONNA (Siracusa)

Simone Moncada: antico possessore insieme alla moglie Damieta. Filippo de Naro: acquistò il feudo dai suddetti per 120 onze d’oro il 5 Marzo 1439. Ratificò l’atto di vendita il conte di Adernò Guglielmo Raimondo Moncada. Betta de Naro: figlia del precedente, con privilegio del governatore della camera reginale dato in Siracusa il 12 Febbraio 1454, ottenne di essere riconosciuta legittima proprietaria. Sposò Nicolò Spadafora che si investì di Cava della Donna il 9 Giugno 1459. Girolamo de Naro: quale procuratore di Bartolomea Spadafora, figlia della precedente, prese investitura il 4 Giugno 1491. Giacomo Zummo: forse marito di Bartolomea Spadafora, prese investitura il 19 Luglio 1503, il 31 Marzo 1508 ed ancora il 21 Aprile 1521. Girolamo Zummo: figlio del precedente, prese investitura il 14 Luglio 1526. Giovanna Zummo: prese investitura il 10 Marzo 1549, sposò Antonino Platamone. Violantella Platamone: figlia della precedente, si investì il 29 Ottobre 1561, si reinvestì il 28 Settembre 1600. Francesco Falcone: figlio della precedente, si investì il 30 Agosto 1607 Bartolomeo Falcone: figlio del precedente, prese investitura il 6 Luglio 1615. Lucio Falcone: forse fratello del precedente, prese investitura il 23 Febbraio 1623 166

Violante Falcone: sorella del precedente, si investì l’1 Agosto 1657 dopo aver ottenuto sentenza favorevole di possesso da parte della Gran Corte l’8 Aprile 1656. Si reinvestì il 16 Settembre 1666, sposò Simone Montaperto. Morì a Palermo il 22 Aprile 1672. Giovanna Nava: prese investitura di Cava della Donna il 16 Settembre 1674 a seguito di sentenza in suo favore emessa dal tribunale della gran corte il 28 Maggio 1674, contro Simone Montaperto. Giovanna Nava sposò Giovanni Francica, morì a Siracusa 25 Febbraio 1720. Ignazio Francica Nava: figlio della precedente, si investì il 9 Aprile 1721. Sposò Grazia Montalto, fu senatore, giurato e capitano di giustizia di Lentini (1703-16, 1730-46) e senatore di Siracusa nel 1746-47. Morì a Siracusa il 16 Settembre 1754. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, prese investitura il 5 Settembre 1755. Sposò Concetta Montalto, morì a Siracusa il 17 Luglio 1777. Giovanni Francica Nava: figlio del precedente, si investì il 3 Febbraio 1778. Sposò Maria Arezzo. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, sembra non si sia investito. Sposò Eulalia Beneventano dei baroni di Montone. Giovanni Francica Nava: forse figlio del precedente, non prese investitura, sposò Caterina Guttadauro dei principi di Reburdone.

167

C

IPOLLA (Noto)

Filippo Castellano: signore di Chipulle nella descriptio feudorum di re Federico da cui ricavava 3 Onze di rendita. Rainaldo Cappello notaio, possedette in feudo intorno al 1360, successivamente gli venne confiscato. Antonio Flocta (alias Schimichi): entrò in possesso del feudo a seguito di decreto della magna curia. Enrico Grasso insieme alla moglie Antonia de Capite Albo (Capobianco) acquistò il feudo dal precedente. Nicolò Speciale: acquistò il feudo dai precedenti per 36 onze, atto in notaio Nicolò de Anghesa da Siracusa dell’11 Marzo 1405. Con privilegio di re Martino dato a Catania il 9 Agosto 1407, fu riconosciuta la proprietà dello Speciale, riservando alla corona il diritto di far legna e di impiantare miniere e saline. Pietro Speciale: figlio del precedente, prese investitura il 25 Giugno 1453. Fu maestro razionale del regno. Giovanni Matteo Speciale: figlio di Vassallo e questi fratello del precedente, non prese investitura. Nicolò Speciale: figlio del precedente, non vi sono tracce della sua investitura. Sposò Eleonora Platamone. Caterina Speciale: figlia del precedente, s’investì il 30 Marzo 1508. Carlo Barresi: figlio della precedente, non prese investitura. Fabrizio Branciforte: nel nome maritale di Caterina Barresi, figlia del precedente, prese investitura il 10 Dicembre 1580. 168

Diego Ibarra: in rappresentanza del minore Francesco Ibarra, figlio di Eleonora Barresi-Ibarra che aveva acquistato il feudo dal precedente con atto in notaio Blasco Favara da Militello del 27 aprile 1582. S’investì il 16 Settembre 1593 ed il 28 Settembre 1601. Carlo Ibarra: fratello del precedente, prese investitura il 4 Novembre 1626. Diego Ibarra: figlio del precedente, s’investì l’11 Maggio 1641. Eleonora Ibarra: sorella del precedente, prese investitura il 2 Maggio 1643. Antonio Ibarra: figlio della precedente, s’investì il 24 Marzo 1665 ed il 16 Settembre 1666. Anna Maria Idiaquez: figlia del precedente, prese investitura il 2 Maggio 1687. Eleonora Ibarra: non si conosce la sua parentela con la precedente, non prese investitura. Giovanni Battista Oneto: acquistò il feudo nel 1733 dall’arcivescovo di Palermo, fidecommissario testamentario della precedente. Letterio Moncada: acquistò il feudo dai fidecommissari testamentari di Eleonora Ibarra che rivendettero il feudo per la somma di 840 onze. Prese investitura il 18 Dicembre 1749. Francesco Moncada: figlio del precedente, prese investitura il 12 Giugno 1763. Rosalia Moncada: figlia del precedente, prese investitura il 26 Agosto 1798. Michele Platamone: figlio della precedente, s’investì il 16 Marzo 1803.

169

C

IURCA (Noto) Investiture congiunte con il feudo CANALI Matteo Palizzi: antico possessore, resosi ribelle subì la confisca del feudo. Guglielmo Raimondo (III) Moncada: ebbe assegnato il feudo dalla corona. Matteo de Facio: acquistò il feudo dal precedente, ribelle, lo ebbe confiscato. Salimbenio de Marchisio: con privilegio reale dato a Catania il 13 Febbraio 1397, ebbe concesso il feudo. Fu protonotaro del regno. Marchisio de Marchisio: figlio di Giovanni e questi fratello del precedente, prese investitura il 16 Marzo 1431. Antonella de Marchisio: figlia del precedente, ottenne il feudo dal fratello Salimbenio, quale “pegno di dote”, il fratello s’impegnava cioè a corrisponderle 150 onze entro tre anni, rientrando in possesso così del feudo. Giulio Sancio Platamone, nel nome della moglie, prese investitura il 27 Ottobre 1445. Giovanni Andrea Tedesco (Tudisco): ricevette il feudo in dono dalla madre, che lo aveva acquistato da Salimbenio de Marchisio, rientrato in possesso del feudo all’avverarsi della condizione precedentemente posta. Giovanni Andrea Tedesco prese investitura il 9 Agosto 1493. Giacomo Tudisco: donatario del precedente, che si riservò l’usufrutto del feudo, prese investitura il 18 Giugno 1545. Accursio Statella: s’investi nel nome maritale di Agatuccia Tudisco, figlia del precedente, il 12 Aprile 1552 ed il 22 Gennaio 1558. Rimasta vedova Agatuccia sposò in seconde nozze Erasmo Inguanti, investendosi del feudo il 30 Novembre 1563.

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Innocenza Tudisco: sorella di Agatuccia, prese investitura il 4 Aprile 1567 ed l’1 Aprile 1574. Del feudo s’investì tuttavia anche Erasmo Inguanti il 14 Aprile 1568. Alberico Paternò: figlio della precedente, prese investitura il 28 Febbraio 1601 e l’8 Gennaio 1622. Sposò Francesca Bellocco. Francesca Bellocco: vedova del precedente, s’investì del feudo il 22 Novembre 1644 ma come donataria del figlio Prospero. Pietro de Lorenzo: acquistò il feudo dalla precedente, prese investitura il 29 Novembre 1645. In questa investitura si parla pure del feudo denominato Canali, che da allora seguì sempre le investiture di Ciurca. Corrardo de Lorenzo: donatario di Pietro de Lorenzo suo zio paterno e fratello del precedente, prese investitura l’8 Febbraio 1651 ed il 16 Settembre 1667. Sposò Caterina Salonia dei baroni di Renda. Giuseppe de Lorenzo: figlio del precedente, non si conosce la data della sua investitura. Giuseppe de Lorenzo: si sconosce la sua parentela con il precedente, s’investì il 25 Settembre 1754. Morì a Noto l’1 Aprile 1786. Nicolò de Lorenzo: figlio del precedente, prese investitura il 30 Settembre 1786.

171

C

OMMALDO già CUGNI D’INCUMBAU (Noto)

Diaterma e Giovanni de Aspello: antichi possessori, dichiarati “felloni” ebbero confiscati i loro beni dalla regia corte. Gumbau de Puig: (de Podio) ebbe concesso il feudo da re Federico il 13 Agosto 1300, risulta iscritto signore del feudo Grignorum nella descriptio feudorum del 1335. Antonio de Podio: non prese investitura. Giovanni de Podio: risulta iscritto nel ruolo feudale del 1408, ebbe conferma del suo possesso con privilegio dato a Catania il 24 Agosto 1418. Margherita de Podio: figlia del precente, s’investì il 5 Lugio 1453, sposò Antonio Platamone. Francesco Platamone: figlio della precedente, prese investitura il 7 Febbraio 1511. Sposò Caterina Imposa ereditiera dei feudi Rettilini e Almidara. Girolamo Platamone: figlio del precedente, prese investitura dei feudi Rosolini, Commaldo, Rettilini e Almidara il 19 Agosto 1530. Petruccio Platamone: figlio del precedente, prese investitura dei quattro feudi il 18 Gennaio 1557. Maria Platamone: figlia del precedente, s’investì il 27 Gennaio 1561. Sposò Diego de Silva che “maritale nomine” s’investì di Rettilini, Rosolini e Cugni d’incumbau il 5 Maggio 1574. Maria Platamone si reinvestì dei quattro feudi il 7 Agosto 1600. Detta Maria donò il feudo d’Almidara al cugino Andrea Platamone riservandosene l’usufrutto.

172

Andrea Platamone: il 22 Settembre 1619 prese due investiture, una per il feudo d’Almidara vista la donazione, e la morte - stante l’usufrutto- di Maria Platamone, l’altra per il feudo Commaldo e per la baronia d’Imposa composta dai feudi Rosolini, Rettilini, Timparussa e Galermo. Dopo disputa con il nipote Andrea, di Francesco, si reinvestì il 17 Febbraio 1622 solo di Rosolini, Commaldo, Timparussa e Galermo. Andrea Platamone: figlio di Francesco, fratello del precedente, prese investitura di Commaldo e degli altri feudi il 6 Novembre 1640. Antonio Platamone: figlio del precedente, s’investì della baronia d’Imposa composta dai sei feudi di Rosolini, Rettilini, Timparussa, Galermo, Commaldo e Almidara il 28 Febbraio 1648. Francesco Platamone: figlio del precedente, prese investitura il 29 Agosto 1652 ed ancora il 16 Settembre 1666. Sposò Eufemia Arezzo dei baroni di San Michele, in seconde nozze Francesca Morini dei duchi di Gualtieri. Fu creato principe di Rosolini con regio diploma del 20 Ottobre 1673. Antonio Platamone: figlio del precedente, prese investitura il 15 Aprile 1684. Eleonora Platamone: figlia del precedente, prese investitura il 20 Maggio 1704. Sposò Francesco Moncada principe di Larderia. Letterio Moncada: figlio della precedente, s’investì il 29 Aprile 1736. Francesco Moncada: figlio del precedente, prese investitura il 12 Giugno 1763. Rosalia Moncada: figlia del precedente, prese investitura il 26 Agosto 1798. Sposò Baldassarre Platamone dei duchi di Belmurgo. Michele Platamone: figlio della precedente, si investì il 16 Marzo 1803.

173

C

UCCO (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio La prima attestazione dell’esistenza della baronia di Cucco, è il ruolo feudale del 1408, in cui risulta possessore della baronia di San Basilio e del feudo Lucucco, Antonio di San Basilio. Le succesive investiture vennero prese insieme a quelle della baronia di San Basilio, di cui il feudo faceva parte. Giuseppe Bonanno, prese investitura il 24 Dicembre 1740. Giuseppe La Iacona: s’investì di metà del feudo Cucco, insieme a metà dei feudi San Giorgio, Randè o Cordonetto, Monaco o Lupponaro e Leone il 15 Giugno 1761. Ricevette il feudo da tale Francesco Testagrossa, acquirente all’asta pubblica “pro persona nominanda”, atto in notaio Cesare Milana di Palermo del 4 Giugno 1760. Successivamente acquistò la metà rimanenete del feudo e delle tenute di cui sopra, non prendendone però investitura. Antonio La Iacona: figlio del precedente entrò in possesso del feudo quale suo donatario, non prese investitura. Vincenzo La Iacona: figlio secondogenito del precedente, prese investitura del feudo insieme ai feudi San Giorgio, Monaco o Lupponaro, Randè o Cardonetto, il 26 Gennaio 1779

174

D

IDDINO (Siracusa)

Nicola, Manfredi e Giacobino de Cassaro: appaiono possessori del feudo Diodini nel ruolo feudale di re Federico, quali eredi del dominus Giovanni de Cassaro. Pietro Cassaro: aderente alla fazione dei Chiaromonte, re Federico il 19 Giugno 1361 gli riconcesse i beni feudali in precedenza confiscati. Il 31 Gennaio 1374 fu nominato familiare del re. Cesaria Cassaro: forse figlia del precedente, abbadessa del monastero di San Benedetto di Siracusa, risulta possedere il feudo nel 1365. Anselmo Spadafora: legittimo successore come “più prossimo in grado” con Pietro Cassaro, sentenza del Tribunale della gran corte del 13 Novembre 1397. Il de Spuches afferma, tuttavia, che nello stesso anno il feudo e il castello di Monteclimato con il feudo Diddino, erano entrati in potere di Guglielmo Raimondo Moncada. Dopo la devoluzione dei beni del conte d’Augusta i sovrani lo concessero a Corrado de Castella (Castello) e questo con privilegio dato a Catania il 10 Febbraio 1397. In effetti quest’ultimo risulta il legittimo possessore di Diddino nel ruolo feudale del 1408. Vassallo de Speciali (Speciale): nel nome maritale di Cesarea Castello, (di Pietro, di Corrado) con privilegio del 2 Agosto 1453 fu riconosciuto feudatario di Monteclimato - terra e castello - e Diddino. Giovanni Matteo Speciale: figlio del precedente, prese investitura il 20 Gennaio 1477. Pietro Speciale: figlio del precedente essendo minorenne fu rappresentato dalla madre, certa Bianca Flora, prendendo investitura il 15 Ottobre 1493. Colella Speciale: fratello del precedente, prese investitura il 30 Luglio 1496. Sposò Eleonora Platamone.

175

Antonio Platamone: padre di Eleonora, prese investitura il 12 Dicembre 1505 di metà del feudo Diddino per conto di Caterinella Speciale, secondogenita del precedente. Dell’altra meta del feudo Diddino non si hanno più notizie fino al 1665. Nella stessa data prese investitura di Monteclimato, per conto di un’altra sua nipote, di nome Antonella. Il 27 Aprile 1507 lo stesso Antonio Platamone prese investitura dei due feudi in nome di Caterinella, succeduta alla sorella, probabilmente morta senza figli. Caterinella Platamone s’investì dei feudi il 21 Gennaio 1516, sposò Antonio Pietro Barresi dei baroni di Militello. Da questa data al 1580 non si hanno più notizie, quando ne prese investitura Eleonora Barresi Ibarra: s’investì il 26 Dicembre 1580, si sconosce il suo legame di parentela con i precedenti. Sposò Diego Ibarra. Diego Ibarra: quale tutore di Francesco, suo figlio e della precedente, prese investitura il 16 Settembre 1593 ed il 28 Febbraio 1601. Gli Ibarra risiedevano stabilmente a Madrid. Carlo Ibarra: fratello di Francesco, prese investitura l’8 Novembre 1626. Sposò Bianca de Cardona. Bianca de Cardona: vedova del precedente, quale tutrice del figlio Diego, prese investitura l’11 Maggio 1641. Eleonora Ibarra: sorella del precedente, prese investitura l’8 Maggio 1643. Antonio Pimentel: figlio della precedente, prese investitura il 31 Marzo 1665. Questa investitura fu pressa per l’intero feudo di Diddino, si sconosce tuttavia come rientrò in possesso dell’intero feudo. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Sposò Anna Maria Idiaquez, morì a Madrid il 18 Febbraio 1686. Anna Maria Idiaquez: vedova del precedente, quale tutrice della figlia minore, Maria Antonia, prese investitura il 12 Maggio 1687.

176

Giuseppe Gennisi: quale procuratore di Vincenzo Beventano, prese investitura il 20 Aprile 1736, della baronia di Monteclimato e Diddino con i feudi Frescuccia e Belfronte. Il Beneventano aveva stipulato un contratto di concessione enfiteutica, con patto di riscatto, ma che dava diritto al titolo di barone, con il sacerdote Matteo Basile, esecutore testamentario di Eleonora Barresi, moglie di Diego Ibarra. Vincenzo Benventano morì a Palermo il 31 gennaio 1752. Eulalia Beneventano: moglie di Vincenzo, prese investitura il 30 Dicembre 1752. Morì a Buccheri il 3 Gennaio 1772. Guglielmo Maria Beneventano: figlio della precedente, per rinunzia del fratello primogenito, e per la morte del secondogenito, prese investitura il 30 Luglio 1772. Morì a Siracusa il 30 Aprile 1798. Francesco Maria Beneventano: figlio del precedente, prese investitura il 10 Luglio 1799.

177

F

ERLA TUMOLI 12 DI TERRA DEL FEUDO Salvatore Motta: con atto in notaio Salvatore Cirafici di Palermo del 9 Luglio 1802, acquistò da Salvatore Tarallo, barone di Ferla, 12 tumuli di terre irrigue e 14,10 Onze annuali di censi dovuti su 4 salme di terre della stessa baronia. Con dispaccio reale del 22 Novembre 1802 il sovrano approvò la vendita, l’acquirente s’investì l’8 Maggio 1809.

178

F

IUMEFREDDO o Flumen frigidus (Lentini)

Aloisia Fimetta: sorella di Ruggero Fimetta, espulso dal regno da Manfredi nel 1258, risulta possedere il feudo nel 1270 Simone Fimetta: nipote della precedente, conosciuto come Simone da Calatafimi era figlio di Gerardo, altro fratello di Ruggero Fimetta, che aveva sposato la figlia del castellano di Calatafimi, Roberto de Ariano, e ne aveva ereditato la carica. Giovanni e Goffredo Fimetta: nipoti del precedente, figli della sorella Aloisia e di Perino di Malta possedettero il feudo nel 1284. Il 26 Gennaio 1283 re Pietro aveva disposto infatti l’arresto di Simone Fimetta di Calatafimi, coinvolto nella cospirazione antiaragonese di Gualtiero di Caltagirone. In un secondo momento il Fimetta fu perdonato dal sovrano, che gli concesse il totale reintegro dei beni posseduti in val di Noto, ma in ultimo fu decapitato alla fine del 1284. Simone Fimetta: iscritto nel fuolo feudale del 1335 ne ricavava un reddito di 80 Onze Matteo e Blasco Alagona: possessori del feudo nella seconda metà del Trecento. Giacomo Campolo: maestro secreto del regno, ebbe concesso il feudo il 28 Settembre 1392 permutandolo, con la corona, con i suoi diritti sulla gabella della farina e dei cuoi di Siracusa. Il feudo era annualmente tassato con un paio di guanti di cuoio. Cristoforo Montaperto: notaio lentinese, si sconosce i suo titolo di possesso. Guglielmo Lisiart: definito “armigero”, si sconosce i suo titolo di possesso. Morto senza figli il feudo rientrò in potere della corona.

179

Pietro Durgull: ottenne il feudo con privilegio reale dell’11 Settembre 1402. Sostenne una lite per il possesso del feudo, con gli eredi di Cristoforo Montaperto, ma la gran corte considerati falsi i documenti prodotti dai Montaperto li fecero bruciare sulla pubblica piazza di Catania. Adriana Durgull: figlia del precedente, ottenne conferma di possesso dal governatore della camera reginale il 1° Febbraio 1454, prese investitura il 22 Febbraio 1459. Sposò Michele Bonaccolto, che prese investitura l’8 Maggio 1461. Nicolò Bonaccolto: figlio della precedente, prese investitura il 15 Dicembre 1462. Michele Bonaccolto: figlio del precedente, per la sua minore età la madre, Laura, prese investitura il 1° Maggio 1486. Raggiunta la maggiore età prese investitura il 25 Otobre 1512 ed il 21 Gennaio 1516. Mariano Bonaccolto: si sconosce la sua parentela con il precedente, prese investitura il 22 Settembre 1527 e il 2 Giugno 1538. Giaime Bonaccolto: figlio del precedente, prese investitura il 6 Giugno 1546. Iguterra La Valle: prese investitura l’8 Giugno 1546, per averlo acquistato dagli eredi del precedente. Vincenzo La Valle: figlio del precedente, prese investitura il20 Aprle 1550. Eleonora Statella: moglie del precedente, s’investì, per donazione “pro tempore” da parte del marito, il 18 Maggio 1565. Francesco La Valle: come tutore del minore Giovan Battista, figlio del precedente, prese investitura il 16 Febbraio 1566.

180

Eleonora de Bonaccoltis: figlia di Giaime Bonaccolto , ottenne il feudo a seguito di accordo con i tutori di Francesco La Valle. Prese investitura insieme al marito, Michele Statella, il 29 Marzo 1571. Francesco Gravina: ottenne il feudo con “cedola di 2° decreteo della regia gran corte” del 15 Marzo 1581. Non prese investitura. Vincenzo Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 7 Agosto 1600. Sposò Giuseppa Ortolano. Ascenzio Tudisco: acquistò l feudo all’asta pubblica il 4 Novembre 1606, prese investitura il 12 Dicembre 1607. Guglielmo Ortolano: acquistò il feudo dal precedente con atto rogato l’8 Febbraio 1611. Non prese investitura. Giuseppa Ortolano: figlia del precedente, ottenne il feudo quale dotale di nozze. Il marito Vincenzo Gravina, prese investitura il 18 Febbraio 1612. Vedova, prese investitura del feudo il 4 Aprile 1622. Francesco Statella: ricevette il feudo da parte di tale Vincenzo Cicale che se l’era aggiudicato all’asta pubblica. Prese investitura il 9 Ottobre 1632. Giuseppa Ortolano: riuscì a riscattare il feudo. Francesco Maria Arezzo: prese investitura il 30 Agosto 1666, sposò Caterina Statela. Ottenne il feudo attraverso i seguenti passaggi di proprietà:

181

Giuseppa ORTOLANO (subì la vendita del bene) Margherita SPALLETTA (acquistò il feudo all’asta pubblica) Caterina OSSORIO (+1648) (nominataria della precedente) Antonio STATELLA (+1649) (successione testamentaria dalla precedente) Caterina STATELLA (+1706) (donazione dal precedente) Francesco Maria AREZZO (maritale nomine) Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 10 Marzo 1707. Sposò in prime nozze Angelica La Valle ed in seconde Francesca Valenza. Morì a Siracusa il 1° Novembre 1748 e li sepolto nella chiesa del Monte Carmelo. Antonino Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 30 Giugno 1749. Sposò Margherita Deodato. Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 28 Luglio 1761. Sposò Maria Anna Arezzo, morì a Siracusa il 1° Gennaio 1787 e sepolto nella cattedrale. Gaetano Maria Arezzo: figlio del precedente, s’investì del feudo il 16 Giugno 1787. Sposò Maria De Grande dei baroni di Grotta Perciata.

182

F

LORIDIA (Siracusa)

Corrado de Camera: “equites siracusano” risulta possessore del feudo quando fu chiamato da re Pietro, nel 1283, a prestare il servizio militare. Giulio de Assyn (Gil Asiain): per la morte senza eredi del precedente, il feudo ritornò alla corona che lo concesse con privilegio dato a Messina il 16 Aprile 1297 a Giulio de Assyn. Gli atti attestano dell’esistenza di un casale all’interno del feudo. Nella descriptio feudorum del 1335 risulta in possesso degli eredi di Giulio de Assyn. Guglielmo de Assyn: possessore del feudo nel 1345. Paola de Assyn: figlia del precedente, ricevette privilegio di possesso dato a Siracusa il 15 Novembre 1396. Sposò Giovanni Perno. Guglielmo Perno: risulta iscritto nel ruolo feudale del 1408, non prese investitura Giavanni Perno: figlio del precedente, non prese investitura Valore Perno: figlio del precedente, ottenne privilegio di possesso dal governatore della camera reginale il 4 Agosto 1453. Prese investitura del feudo il 22 Giugno 1459 ed il 22 Novembre 1503. Valore Perno: figlio o nipote del precedente, prese investitura di metà del feudo, pro indiviso, il 21 Febbraio 1506, il 27 Aprile 1507, il 23 Gennaio 1516 ed il 17 Agosto 1537.

Bernardo Perno: figlio o nipote del precedente, s’investi di metà del feudo il 16 Febbraio 1506 ed il 27 Aprile 1507

Giovanni Leonardo Perno: figlio di Valore, prese investitura il 2 Marzo 1545

Girolamo Perno: figlio di Bernardo, prese investitura il 16 Febbraio 1516

183

Giovanni Nicola Perno: fratello del precedente, prese investitura il 30 Maggio 1554.

Giacomo Perno: figlio del precedente, prese investitura il 2 Settembre 1558.

Francesco Corso: come curatore di Antonello Perno di Bernardo e questi del precedente, prese investitura il 22 Dicembre 1557. Sposò Isabella Perno.

Giacomo Perno: come tutore del figlio Giovanni Nicolò s’investì il 6 Luglio 1579.

Girolamo Perno: nonno di Antonello morto in giovane età, prese investitura l’8 Febbraio 1558.

Francesca Perno: forse figlia del precedente, vi sono tracce di una sua investitura presa il 13 Gennaio 1574 ma tale atto è introvabile presso l’archivio del protonatoro della camera reginale. Sposò Giuseppe Bonaiuto.

Isabella Perno: sorella del precedente e vedova di Francesco Corso prese investitura della nuda proprietà di metà del feudo Floridia il 3 Settembre 1569. Vincenzo Parisi: si sconosce la sua parentela con i precedenti, prese investitura il 23 Dicembre 1570.

Flavia Bonaiuto: figlia della precedente, prese investitura dell’intero feudo il 5 Dicembre 1597 ed il 31 Luglio 1600. Sposò Lucio Bonanno dei baroni di Canicattì, a cui il re concesse nel 1628 il titolo di duca di Floridia. Filippo Bonanno: figlio della precedente, s’investì il 7 Marzo 1656 ed il 16 Settembre 1666. Sposò Lucia Diamante dei marchesi di Terrasena, fu senatore di Siracusa nel 1649, morì a Palermo il 10 Ottobre 1672.

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Lucio Bonanno: figlio del precedente, prese investitura il 20 Gennaio 1675. Sposò Eleonora Scamacca, fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1665-66 e senatore nel 1678. Morì a Siracusa il 25 Novembre 1678. Antonio Bonanno: fratello del precedente, prese investitura il 13 Gennaio 1680. Sposò Polisena Landolina, fu senatore di Siracusa dal 1681 al 1684. Morì a Floridia 29 Agosto 1694. Michele Bonanno: figlio del precedente, prese investitura il 15 Febbraio 1696. Sposò Antonia Spadafora dei principi di Maletto, morì a Floridia il 12 Marzo 1716. Giacomo Bonanno: figlio del precedente, s’investì il 6 Marzo 1717. Sposò in prime nozze Antonia Moncada dei principi di Calvaruso ed in seconde Maria Letteria Ventimiglia dei principi di Belmontino. Aiutante di campo di re Carlo III, morì a Napoli, senza discendenti, il 6 Luglio 1746. Francesco Maria Paternò: giudice del tribunale della gran corte, amministratore dei beni del precedente, prese investitura, in nome del legittimo successore, ancora da nominare, il 3 Ottobre 1747. Lucia Bonanno: sorella del precedente, con sentenza della gran corte del 23 Novembre 1747 fu dichiarata legittima erede, a condizione di soddisfare i crediti vantati dalla vedova Maria Letteria Ventimiglia. Sposò Ignazio Migliaccio dei duchi di San Donato, morì a Floridia il 24 Dicembre 1750. Vincenzo Migliaccio: figlio della precedente, prese investitura il 24 Dicembre 1751. Sposò Dorotea Borgia dei baroni di Casale, morì a Siracusa il 12 Febbraio 1775. Lucia Migliaccio: figlia del precedente, per la morte in giovane età del fratello Ignazio, prese investitura il 26 Novembre 1776. Sposò a soli undici anni Benedetto Grifeo dei duchi di Cimmina, in seconde nozze, morganaticamente, re Ferdinando IV.

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Siracusa, palazzo Migliaccio

186

F

ORMICA (Noto)

Roberto de Montoro: antico possessore, nel 1271 subì la confisca dei beni da Carlo d’Angiò. Dominique de Ferrand: ebbe concesso il feudo dalla corona nel1271. Pietro Cassaro: non si conoscono i suoi titoli di possesso, probabilmente ricevette il feudo dalla corona, a cui era stato ricondotto, nel 1282. Guglielmo Spallitta: acquistò il feudo dal precedente per 55 Onze in data anteriore al 6 Luglio 1373, giorno in cui risulta già morto. Roberto Spallitta: iscritto nel ruolo dei feudatari del 1408. Giovanni Spallitta: prese investitura il 24 Agosto 1418. Ruggero Spallitta: figlio del precedente, s’investì il 30 Luglio 1453. Pina Spallitta: figlia del precedente prese investitura il 21 Agosto 1501. Sposò Pietro de Barbulato, in seconde nozze Mazullo de Adinalfo che maritale nomine prese investitura del feudo 29 Gennaio 1516. Francesco Deodato: donatario di Pina Spallitta, prese investitura il 26 Aprile 1531. Antonino Deodato: figlio del precedente, s’investì il 19 Gennaio 1557. Giovanni de Silvestro: acquistò il feudo da Francesco Deodato di cui si sconosce la parentela con il precedente, prese investitura 10 Dicembre 1575. 187

Antonio de Silvestro: figlio del precedente, ricevette il feudo quale dotale di nozze, se ne investì il 2Agosto 1587. Margherita de Silvestro: moglie del precedente, prese investitura alla morte del marito prendendo investitura il 5 Dicembre 1596. Si reinvestì il 20 Novembre 1600. Antonino Alagona: figlio di Carlo che l’aveva ricevuto dalla precedente, s’investì il 9 Ottobre 1652 ed ancora il 16 Settembre 1666. Sposò Girolama Bonaiuto, morì a Siracusa il 17 Agosto 1669. Carlo Alagona: figlio del precedente, prese investitura il 16 Ottobre 1669. Francesca Alagona: prese investitura il 13 Settembre 1715. Ricevette il feudo dal sacerdote Ottavio Ximenes che se l’era aggiudicato da Francesco de Blasio il quale l’aveva ricevuto da Francesco Alagona, figlio del precedente. Antonino Alagona: prese investitura il 24 Novembre 1736. Giovanni Antonio Bianco: dopo sentenza in suo favore emessa dal tribunale della gran corte civile, s’investì il 19 Dicembre 1742. Antonino Bianco: figlio del precedente, prese investitura il 3 Marzo 1761. Paolo Salvatore Cappellani: per averlo acquistato dal precedente con atto in notaio Vincenzo Innorta di Siracusa del 24 Settembre 1771, prese investitura l’1 Marzo 1772. Dottore in legge, morì a Palazzolo dove fu sepolto il 12 Novembre 1786. Giuseppe Cappellani: quale erede del precedente ed a seguito di due sentenze in suo favore emesse dai tribunali del concistoro e della gran corte, s’investì il 31 Agosto 1790.

188

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RESCUCCIA (Siracusa)

Giuseppe Gennisi: quale procuratore di Vincenzo Beventano, prese investitura il 20 Aprile 1736, della baronia di Monteclimato e Diddino con i feudi Frescuccia e Belfronte. Il Beneventano aveva stipulato un contratto di concessione enfiteutica, con patto di riscatto e con diritto al titolo di barone, con il sacerdote Matteo Basile, esecutore testamentario di Eleonora Barresi, moglie di Diego Ibarra. Vincenzo Benventano morì a Palermo il 31 gennaio 1752. Dall’investitura di Giuseppe Gennisi del 1736 non furono prese ulteriori investiture per il feudo Frescuccia.

F

RIGINTINI (Noto)

Bartolomeo Landolina: il 23 Gennaio 1301, con privilegio di Federico III, dato nel’accampamento militare posto durante l‘assedio di Aidone, ricevette i feudi Frigintino e Grampolo, che erano stati confiscati a Tommaso Pesce Giovanni Landolina: figlio del precedente risulta in possesso del feudo nel ruolo feudale di re Federico. Fu ucciso nella difesa di Noto dai chiaramontani nel 1358. Bartolomeo Landolina: figlio del precedente, non prese investitura Attardo Landolina: figlio del precedente, non prese investitura Nicolò Landolina: chiese investitura per “antico possesso” ottenendo riconoscimento viceregio dato a Palermo il 3 Luglio 1453.

189

Giovanni Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 29 Ottobre 1457. Francesco Landolina: forse figlio del precedente, prese investitura il 16 Febbraio 1480. Giovanni Landolina: prese investitura, dopo sentenza giudiziale in suo favore, il 7 Settembre 1503 secondo questa discendenza

Bartolomeo Landolina (1301) Giovanni Bartolomeo

Muzio

Attardo

Giovanni

Nicolò (1453)

Ruggero

Giovanni (1457)

Giovanni (1503)

Francesco (1480) Ruggero Landolina: figlio del precedente prese investitura il 24 Novembre 1516. Inguterra Landolina: figlio del precedente, morto senza eredi diretti. Bartolomea Landolina: sorella del precedente, sposò Giovanni Deodato. Pietro Deodato: figlio della precedente si investì, dopo loro donazione, il 10 Marzo 1543. Si reinvestì il 31 Gennaio 1558. Nicolò Deodato: figlio del precedente, si investì il 17 Aprile 1578.

190

Bartolomeo Deodato: fratello del precedente, si investì il 10 Giugno 1593 ed il 20 Luglio 1600. Sposò nel 1593 Susanna Petruso. Pietro Deodato: figlio del precedente, prese investitura il 23 Maggio 1608 ed il 28 gennaio 1622. Sposò Costanza Arezzo dei baroni della Targia. Bartolomeo Deodato: figlio del precedente, prese investitura il 29 Luglio 1644. Morì a Noto il 15 Gennaio 1665 dove fu sepolto nella chiesa di S.Francesco d’Assisi. Pietro Deodato: figlio del precedente, prese investitura il 1° Marzo 1666. Bartolomeo Deodato: figlio del precedente, prese investitura il 1° Luglio 1706. Gaspare Maria Trigona quale marito di Maria Deodato, figlia del precedente, prese investitura il 20 Maggio 1739. Bernardo Maria Trigona: figlio del precedente, prese investitura il 6 Marzo 1773. Morì a Noto il 25 Marzo 1791. Vincenzo Maria Trigona: figlio del precedente, si investì il 9 Luglio 1791. Fu senatore di Noto nel 1793.

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G

ALERMO (Noto) Vedasi IMPOSA

G

ALERNO o Galermo (Lentini)

Guglielmo di Malta: antico possessore. Lukina di Malta: figlia del precedente, sposò Guglielmo Raimondo (I) Moncada entrambe risultano possessori del feudo ante 1308. Guglielmo Raimondo (II) Moncada: figlio della precedente, risulta iscritto, quale signore di Galermi, insieme al fratello Periconio, nel ruolo feudale di re Federico. Manfredi Alagona: antico possessore, accusato di “fellonia” subì la confisca di tutti i suoi beni. Gagliardetto de MonteClup (Moncada): ebbe concesso il feudo Galerno, insieme ad altri sette, da re Martino con suo privilegio dato a Catania l’8 Agosto 1392. Mainitto de Xurtino (Sortino): acquistò tutti gli otto feudi concessi da re Martino al precedente per la somma di 626 onze, atto in notaio Antonio Cappella del 28 Dicembre 1398. Mainitto Sortino dichiarò che i feudi Galerno e Larbiato, in territorio di Noto, li aveva acquistati per conto del nipote Guglielmo Boira (Borgia) che aveva provveduto a pagargleli 154 onze. I sovrani succesivamente confermarono la dichiarazione con loro privilegio, riconoscendo il possesso di Guglielmo Borgia. Attardo Borgia: figlio di Guglielmo, non prese investitura.

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Rainaldo Borgia: figlio del precedente, non è certa la sua investitura. Giovanni Borgia: figlio del precedente, non prese investitura. Nicolò Borgia: figlio di Attardo e questi del precedente, premorto al padre. Prese investitura il 18 Dicembre 1503, il 7 Agosto 1507, il 28 Gennaio 1516 ed ancora il 16 Agosto 1538. Morì a Noto il 7 Settembre 1552. Giovanni Giacomo Borgia: figlio del precedente, s’investì il 2 Marzo 1552. Ottaviano Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 22 Gennaio 1583, il 14 Settembre 1600 ed il 17 Febbraio 1622. Giacomo Borgia: figlio del precedente, s’investì il 22 Gennaio 1633. Morì a Siracusa l’8 Luglio 1639. Pietro Borgia: figlio secondogenito del precedente, per rinunzia del fratello Giuseppe prese investitura l’8 Ottobre 1640. Morì a Noto il 16 Settembre 1645. Giuseppe Borgia: per la morte del fratello prese investitura del feudo Casale il 7 Settembre 1646. Gregorio Borgia: fratello del precedente, s’investì il 27 Marzo 1649. Sposò Francesca Bonanno, morì a Siracusa il 2 Giugno 1660 e sepolto nella chiesa del convento di San Domenico. Francesca Bonanno-Borgia: vedova del precedente, prese investitura il 20 Giugno 1661 nel nome del figlio minore di nome Giacomo. Questi prese investitura il 16 Settembre 1666, sposò Melchiorra Malandrino. Nunzio Maria Borgia: figlio del precedente, s’investì il 4 Febbraio 1712. Sposò Dorotea Salonia, morì a Siracusa il 26 Febbraio 1724.

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Dorotea Salonia-Borgia: prese investitura, in nome del figlio minore, Giuseppe Maria, il 3 Marzo 1725. Francesco Borgia: non prese investitura, fu giurato nobile di Siracusa nel 1783-84. Giuseppe Maria Borgia: non prese investitura, nel 1798 fu insignito del titolo di marchese che pose sul suo feudo del Casale. Sposò Felicia Rao, morì a Siracusa il 9 Febbraio 1807. Nunzio Ottaviano Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 20 Giugno 1807.

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G

ISIRA (Noto)

La regina Eleonora: nel ruolo feudale del 1335 per il casale Silvestro, la terra di Avola, i feudi Castelluccio e Gisira e altre terre in tenimento di Ragusa ricavava 120 Onze di rendita. Morì nel 1341. Rainaldo Landolina: possessore del feudo ante 1371. Manfredi Alagona: il 14 Aprile 1371 acquistò dal precedente e dalla moglie Sibilla, metà del feudo per 60 Onze. Rinaldo Landolina: figlio di Rainaldo (o Arnaldo), emancipato, ricevette in dono il feudo dal padre, di cui sconosciamo il nuovo titolo di possesso, nel 1403. Risulta iscritto nel ruolo feudale del 1408. Giovanni Landolina: figlio del precedente, non vi sono tracce di sue investiture Simone Landolina: zio del precedente morto senza figli, ottenne da re Martino riconoscimento di possesso, con privilegio dato a Catania il 23 Aprile 1408. Giovanni Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 10 Luglio 1453. Rainaldo Landolina: sconosciuta la sua parentale con il precedente, sembra non si sia investito. Giovannello Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 12 Gennaio 1479. Rainaldo Landolina: figlio del precedente, s’investì il 20 Febbraio 1495.

195

Nicolò Landolina: sconosciuta la sua parentale con il precedente, sembra non si sia investito. Giovannello Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 30 Luglio 1528, si reinvestì il 18 Settembre 1557. Giovanni Filippo Landolina: nipote del precedente, prese investitura il 22 Settembre 1561. Lucrezia Landolina: moglie del precedente, prese investitura come madre e tutrice di Prospero Landolina il 5 Novembre 1594. Rinaldo Landolina: prese investitura il 18 Maggio 1633 per donazione fattagli dal padre Prospero. Prospero Landolina: prese investitura, per revoca della precedente donazione, il 16 Maggio 1646. Giovanni Filippo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 3 Aprile 1653. Morì a Noto il 6 Febbraio 1663. Prospero Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 22 Maggio 1663, si reinvestì il 16 Settembre 1666. Agata Landolina: figlia del precedente, s’investì il 28 Gennaio 1686. Maria Landolina: sorella della precedente, prese investitura il 20 Dicembre 1687. Sposò Adamo Asmundo Paternò ed in seconde nozze Bernardo Trigona dei marchesi di Cannicarao. Michele Asmundo: figlio della precedente, prese investitura il 6 Agosto 1730. Adamo Benedetto Asmundo: nipote del precedente, figlio di Giuseppe, prese investitura il 30 Giugno 1777.

196

G

ISIRA DI PAGANO (Noto) Investiture congiunte con il feudo GISIROTTA DI PAGANO (Vedasi) Pachicio de Girisia (Gisira): iscritto nel ruolo feudale di re Federico Marco De Gulfis: attestato vivente fino al 2 Agosto 1375, possedette il feudo allora detto Zarbactar Marco (Marchetto) de Gulfis: possessore del feudo dal 1392, iscritto nel ruolo del 1408. Bartolomeo de Gulfis: figlio del precedente, prese investitura il 2 Luglio 1417 e ottenne riconoscimento vicereale di possesso con privilegio del 3 Giugno 1459. Giovanni de Gulfis: si sconosce la sua parentela con il precedente, prese investitura il 13 Gennaio 1479. Antonello de Gulfis: figlio del precedente, s’investì il 13 Maggio 1497. Girolamo de Gulfis: fratello del precedente, s’investì il 31 Dicembre 1502 ed il 19 Gennaio 1516. Giovanni Francesco de Gulfis: figlio del precedente, prese investitura il 6 Marzo 1537. Costanza de Gulfis: sorella del precedente, prese investitura il 27 Agosto 1545, si reinvestì il 4 Settembre 1600. Mario de Aritio (Arezzo): figlio della precedente, prese investitura il 19 Giugno 1607. Francesco Arezzo: figlio del precedente, s’investì l’11 Ottobre 1610 ed ancora il 21 Gennaio 1622. Morì a Siracusa il 21 gennaio 1644.

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Mario Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 14 Gennaio 1645. Giacomo Nicolaci: per mezzo dei suoi tutori acquistò il feudo posto all’asta pubblica, su istanza dello stesso Mario Arezzo, per soddisfare i suoi diversi creditori, investendosene il 14 Giugno 1724. Ottavio Nicolaci: fratello del precedente, s’investì il 21 Gennaio 1761. Morì a Noto il 31 Ottobre 1767. Corradino Nicolaci: figlio del precedente, prese investitura il 27 Marzo 1768. Morì a Palermo il 26 Aprile 1798. Ottavio Nicolaci: figlio del precedente, prese investitura il 25 Novembre 1798.

G

ISIROTTA DI PAGANO (Noto) Vedasi GISIRA DI PAGANO

G

RAMPOLI (Noto) Investiture congiunte con il feudo FRIGINTINI (Vedasi)

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G

RANERI (Noto)

Probabilmente Graneri era “ab antiquo” una frazione del feudo di Castelluccio di cui, nel ruolo feudale del 1335, risulta feudataria la regina Eleonora. Il feudo passò di mano ai Palizzi (tra il 1335 ed il 1356) e poi ai Ventimiglia (1361) finchè giunse in potere di Guglielmo Raimondo (III) Moncada Silambenio de Marchisio: per la “ribellione” di Guglielmo Raimondo (III) Moncada ricevettoro i feudi con privilegio di re Martino del 13 febbraio 1397. Risulta iscritto, insieme al fratello Tommaso quale possessore dei feudi Castelluccio, Ciurca e Granieri nel ruolo dei feudatari del 1408. Nicolò Speciale: acquistò i feudi dai precedenti, ricevendo conferma di possesso con lettera vicereale del 20 Ottobre 1417. Pietro Speciale: figlio del precedente, ottenne conferma di possesso con privilegio di re Alfonso dato da Castelnuovo di Napoli il 6 Febbraio 1454. Giovanni Matteo Speciale: di Niccolò e questi del precedente, prese investitura il 9 Giugno 1475. Nicolò Speciale: figlio del precedente, non prese investitura. Caterina Speciale: sorella del precedente, per la morte della sorella maggiore di nome Bianca, prese investitura il 12 Dicembre 1505 ed il 18 Gennaio 1516. Sposò in prime nozze Antonio Barresi dei signori di Militello ed in seconde nozze di un membro della famiglia Ventimiglia. Con il nome di Caterina Ventimiglia s’investì infatti dei feudi Castelluccio, Granieri, San Marco e Cassibile il 20 Ottobre 1557. Antonio de Marchisio: sposò Antonina figlia della precedente, non vi sono tracce di sua investitura. Cesare de Marchisio: forse figlio del precedente, entrò in potere del feudo alla morte di Caterina Speciale, “sua ava”, investendosi il 23 Novembre 1580. 199

Ferdinando de Marchisio: fratello del precedente s’investì il 28 Agosto 1593 e il 16 Settembre 1600. Sposò Caterina Settimo dei signori di Giarratana. Francesco de Marchisio: figlio del precedente, s’investì il 5 Dicembre 1606 ed il 10 Marzo 1622. Blasco (Biagio) de Marchisio: fratello del precedente, prese investitura l’11 Novembre 1627. Sposò Laura Valdina. Felicia de Marchisio: figlia del precedente, prese investitura il 25 Marzo 1647. Sposò Giovanni Ventimiglia dei marchesi di Geraci che, maritale nomime, s’investì il 30 Ottobre 1648. Mariano de Lorenzo: acquistò il feudo con atto redatto dal notaio Pietro Graffeo da Palermo del 26 Giugno 1655. Con successivo atto, in notaio Giacomo Buscarello di Noto del 16 Giugno 1656 dichiarò di aver agito per conto di Corrado de Lorenzo, che prese investitura del feudo il 29 Giugno dello stesso anno. Giuseppe de Lorenzo: figlio di Corrado, si investì il 12 Agosto 1694. Giuseppe de Lorenzo: forse cugino del precedente, s’investì l’1 Aprile 1786. Nicola de Lorenzo: figlio del precedente, prese investitura nel 1786. Il 15 Novembre 1803 gli fu concesso il titolo di marchese di Castelluccio. E’ l’ultimo investito.

200

G

ROTTA PERCIATA (Siracusa)

Francesco de Cipro: risulta possessore del feudo nel 1335 Da allora non si hanno più tracce di investiture fino a: Caterina de Pignone: si investì il 18 Febbraio 1465 dopo aver acquistato il feudo da Francesca de Boira per 52 onze, si reinvestì il 23 Maggio 1466. Bernardo Maniscalco: quale possessore di Cava della Donna prestò giuramento di fedeltà alla regina Giovanna il 18 Marzo 1481. Guglielmo Maniscalco: prestò giuramento alla regina Isabella il 17 Dicembre 1501, si investì il 22 Aprile 1506. Giacomo de Grandi: si investì il 17 Agosto 1537, in tale investitura si parla di suo precedente atto di fedeltà alla regina Germana del 16 Marzo 1526. Lucia de Grandi: figlia del precedente si investì il 23 Luglio 1587 ed il 31 Luglio 1600. Sposò Vincenzo Bon. (?) Antonino de Grandi: per cessione fattagli dalla precedente si investì il 12 Ottobre 1601. Giuseppe de Grandi: prestò giuramento di fedeltà per il feudo di Cava della donna l’8 gennaio 1622. Pietro de Grandi: fratello del precedente, si investì il 18 Agosto 1649 per la morte della nipote Faustina. Antonino de Grandi: figlio del precedente, si investì il 14 Aprile 1665 ed il 31 Agosto 1669.

201

Pietro de Grandi: figlio del precedente, si investì il 13 Gennaio Aprile 1710. Diego de Grandi: figlio del precedente, si investì il 18 Settembre 1722. Giulia de Grandi: figlia del precedente, prese investitura il 28 Aprile 1788. Gaetano Arezzo: marito di Maria de Grandi, sorella della precedente, si investì il 10 Marzo 1812.

202

G

UALTIERI o BARUNI (Lentini) Vedasi RAPISI

I

MPOSA (Noto)

Il De Spuches alla voce Rosolini cita quale primo documento, attestante l’esistenza della baronia d’Imposa, l’investitura di Andrea Platamone del 22 Settembre 1619, comprendente i feudi Rosolini, Ritillini, Timparussa e Galermo. (quadro 815) Alla voce Imposa il De Spuches invece fa risalire la prima investitura della baronia ad Antonio Platamone, avvenuta il 28 Febbraio 1648, comprendente oltrché i quattro feudi di cui sopra anche quelli di Commaldo e Almidara. (quadro 485) Francesco Platamone: figlio di Antonio, prese investitura il 29 Agosto 1652 ed ancora il 16 Settembre 1666. Sposò Eufemia Arezzo dei baroni di San Michele, in seconde nozze Francesca Morini dei duchi di Gualtieri. Antonio Platamone: figlio del precedente, prese investitura il 15 Aprile 1684. Eleonora Platamone: figlia del precedente, prese investitura il 20 Maggio 1704. Sposò Francesco Moncada principe di Larderia. Letterio Moncada: figlio della precedente, s’investì il 29 Aprile 1736. Francesco Moncada: figlio del precedente, prese investitura il 12 Giugno 1763. Rosalia Moncada: figlia del precedente, prese investitura il 26 Agosto 1798. Sposò Baldassarre Platamone dei duchi di Belmurgo. Michele Platamone: figlio della precedente, s’investì il 16 Marzo 1803. 203

I

NGEGNO (Lentini)

Mario Ingastone: il 13 Settembre 1651 ottenne l’elevazione in feudo del suo fondo chiamato Ingegno, con le seguenti prerogative e condizioni: 1) Obbligo di prestare giuramento di fedeltà; 2) Nessun obbligo di prestare servizio militare; 3) Esclusione di qualunque giurisdizione, eccetto quelle già eventualmente possedute; 4) Obbligo di apprestare un cavallo alla milizia urbana; 5) Obbligo di pagare le gabelle e le tasse dovute all’università. Felice Ingastone: figlio del precedente, prese investitura il 5 Settembre 1671. Ignazio Ingastone: fratello del precedente, quale suo donante, prese investitura il 25 Giugno 1692. Morì a Palermo il 19 Agosto 1693. Margherita Ingastone: moglie del precedente, prese investitura il 29 Novembre 1696, il 16 Febbraio 1703 fu insignita del titolo di marchesa dell’Ingegno. Francesco Ingastone: figlio della precedente, prese investitura il 20 Giugno 1709. Sposò Francesca Bonanno dei baroni di Poggiodiana. Antonio Lo Faso: s’investì nel nome maritale di Margherita Ingastone, figlia del precedente, il 24 Novembre 1750. Fu governatore del monte di pietà, morì a Palermo il 17 Gennaio 1755. Francesco Leonardo Lo Faso: figlio del precedente, prese investitura il 30 Novembre 1799. Sposò Margherita Pietrasanta dei principi di San Pietro. Giuseppe di Cristofalo: prese investitura l’11 Novembre 1808. Fu nominato possessore del feudo da Michele Calì che lo aveva acquistato dal precedente, con atto in notaio Salvatore Milana di Palermo del 21 Ottobre 1808. 204

I

ROLDO o Giroldo (Lentini)

Un diploma di Tancredi del 1104, in favore della diocesi siracusana indica, senza specificarne il nome, un casale in territorio di Lentini ceduto da tale Giroldus de Gentina. In un rescritto di papa Alessandro III del 1169, probabilmente lo stesso casale, appare invece denominato Millarino. Non si hanno ulteriori notizie del feudo, nell’ultimo scorcio del Trecento pervenne in potere dei Cruyllas, nel 1408 Giovanni Cruyllas risulta iscritto nel ruolo feudale con in nome de Crucillis Il feudo, probabilmente accorpato al feudo di Francofonte, pervenne in potere dei Gravina. Michele Gravina: acquistò il feudo da Bellingario Gravina, marchese di Francofonte, atto in notaio Giuseppe Lauria di Caltagirone del 24 Aprile 1607. Prese investitura il 9 Giugno 1608. Sposò Fenisia Bonanno. Michele Gravina: nipote del precedente, prese investitura l’11 Gennaio 1610 ed il 7 Febbraio 1622. Sposò Costanza Platamone dei signori di Racalbono. Sancio Gravina: figlio del precedente, s’investì il 22 Novembre 1625. Domenico Ottavio Gravina: acquistò il feudo, con patto di riscatto, dal precedente, atto in notaio Francesco Scorello di Palermo del 17 Marzo 1649. Prese investitura il 9 Aprile 1666 (di una precedente investitura non è certa la data). Sposò Emanuela Valentia, morì a Mineo il 10 Ottobre 1672. Sancio Gravina: figlio del precedente, prese investitura il 23 Marzo 1673. Morì a Lentini il 29 Agosto 1687. Mario Bottiglieri: prese investitura l’11 Febbraio 1690 quale marito e donatario di Girolama Gravina, assegnataria del feudo a seguito di sentenza in suo favore emessa dalla gran corte il 20 Dicembre 1688, contro la vedova del precedente. 205

Domenico Ottavio Bottiglieri: figlio del precedente, s’investì il 25 Gennaio 1745, per rinunzia del fratello secondegenito, erede universale del precedente. Morì senza figli a Catania il 15 Luglio 1764. Teresa Maria Virgilio Bottiglieri: vi successe quale figlia di Emanuela Bottiglieri chiamata a succedere quale sostituta nel testamento di Mario Bottiglieri. Prese investitura il 24 Luglio 1764. Sposò Gaetano Starrabba dei principi di Giardinelli, morì a Piazza l’11 Agosto 1769. Pietro Starrabba: figlio della precedente, prese investitura il 24 Agosto 1770. Giovanni Gravina: prese investitura il 26 Luglio 1779, dopo transazione con Giuseppe Antonio Requesenz, di cui si sconoscono i titoli di possesso, atto in notaio Carlo Galasso di Palermo del 27 Marzo 1778. Sposò Eleonora Napoli dei principi di Resuttana. Salvatore Gravina: figlio di Girolamo e questi del precedente premorto al padre nel 1787, s’investì il 14 Febbraio 1808. Sposò Giuseppe Bonanno dei principi di Cattolica, morì a Palermo il 31 Gennaio 1848.

206

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AURO (Lentini) Vedasi SIGONA metà

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EONE (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio. Giuseppe La Iacona: s’investì di metà del feudo Leone il 15 Giugno 1761. Ricevette il feudo da tale Francesco Testagrossa, acquirente per suo conto, insieme a metà delle tenute Monaco o Supponaro, San Giorgio, Cucco, Randè o Cordonetto, da potere di Giuseppe Bonanno, atto in notaio Salvatore Domenico Bruno di Palermo del 15 Maggio 1760. Successivamente acquistò la metà rimanenete del feudo Leone e delle tenute di cui sopra, non prendendone però investitura. Antonio La Iacona: figlio del precedente, entrò in possesso del feudo quale suo donatario, non prese investitura. Ercole Branciforte: acquistò il feudo all’asta pubblica il 20 Luglio 1771. Non prese investitura. Giuseppe Branciforte: figlio del precedente, s’investì il 16 Settembre 1781. Il 16 Maggio 1788, Stefania Valguarnera, moglie e procuratrice generale di Giuseppe Branciforte, donò a Benedetto Li Chiavi il solo titolo di barone di Leone. Questi ne prese investitura il 15 Giugno 1788.

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EONE metà (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio Salvatore Montaperto: prese investitura il 26 Agosto 1794, quale erede del padre Antonio. A questi perveniva da parte di Domenico Caprotta, acquirente del feudo da Giuseppe Branciforte, atto in notaio Lorenzo Testaferrata dell’1 Ottobre 1793. Paolo Catalano: acquistò il feudo dal precedente con atto in notaio Giovanbattista Merito di Palermo del 14 Agosto 1811. Il compratore dichiarò successivamente di aver acquistato metà del feudo per proprio conto, mentre la restante parte, divisa in ulteriori 2/3 ed 1/3 per conto di altre persone. Tale complessa transazione fu approvata dalla corona con dipaccio del 17 Febbraio 1812.

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EONE 2/3 di metà (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio. Francesco Cannizzaro: fu nominato possessore di 2/3 di metà del feudo Leone da Paolo Catalano, acquirente del feudo da potere di Salvatore Montaperto, atto in notaio Giovanbattista Merito di Palermo del 14 Agosto 1811. Transazione approvata dalla corona con dipaccio del 17 Febbraio 1812.

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EONE 1/3 di metà (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio. Gioacchino Caffarelli: fu nominato possessore di 1/3 di metà del feudo Leone da Paolo Catalano, acquirente del feudo da potere di Salvatore Montaperto, atto in notaio Giovanbattista Merito di Palermo del 14 Agosto 1811. Transazione approvata dalla corona con dipaccio del 17 Febbraio 1812.

208

L

ONGARINI o Lungarini (Siracusa)

Gualtiero Caltagirone: antico possessore, figlio di Bernardino signore di Butera, sposò Ioletta figlia di Giovanni Lentini. Fu uno dei protagonisti del Vespro, il 22 Maggio 1283, accusato di sedizione, fu decapitato a Caltagirone. Pietro Ansalone: “iuris peritus e iudex” di Messina, ricevette il casale Longarino, da re Giacomo, il 31 Maggio 1288. Anzalono de Ansalone: iscritto quale possessore di Longarini nel ruolo dei feudatari di re Federico. Gemma de Ansalone: figlia del precedente, sposò Federico Giordano, possedette il feudo nel 1375. Gerardo Giordano: figlio della precedente, iscritto nel ruolo dei feudatari del 1408. Costanza Giordano: sorella del precedente, sposò Giacomo Arduino. I due si investirono di Longarini il 10 Gennaio 1418. Gerardo Arduino: figlio della precedente, non prese investitura e morì senza discendenza. Il feudo fu devoluto alla regia corte. Pietro Portus (Porco): lo acquistò dalla corona, ottenendo privilegio di possesso dato a Tivoli il 10 Giugno 1447, il compratore era obbligato a prestare il servizio militare di un cavallo armato per ogni venti onze di rendita del feudo. Pietro Porco si investì il 18 Aprile 1459, in tale investitura si fa riferimento ad un ulteriore privilegio reale dell’8 Ottobre 1454, con la quale si esentava il feudatario di Longarini dal prestare il servizio militare. Pietro Portus (Porco): figlio di Bartolomeo, questi del precedente, premorto al padre. Prese investitura il 7 Marzo 1470.

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Bartolomeo Portus (Porco): figlio del precedente, si investì l’1 Dicembre 1474. Girolamo Portus (Porco): fratello del precedente, sembra non si sia investito. Minuchia Portus (Porco): figlia del precedente, si investì il 24 Aprile 1507 ed il 9 Febbraio 1516. Sposò Alfonso Siscar dei conti di Ajello. Antonio Siscar: figlio della precedente, si investì il 30 Agosto 1542. Tommaso Porzio: si investì il 7 Maggio 1548 dopo aver acquistato il feudo dal precedente con atto del Notaio Francesco Calvo da Messina il 22 febbraio 1547, reso esecutivo con lettera viceregia del 29 Febbraio successivo. Isabella de Floris: per compera dal precedente con atto in notaio Antonino Partixano da Siracusa del 11 Luglio 1559, si investì l’11 Dicembre 1559. La vendita fu ratificata dal viceré con sua lettera del 19 Settembre 1559. Successivamente il feudo dovette ritornare al venditore. Giuseppe e Andrea Porzio: figli di Tommaso Porzio, si investirono il 14 Dicembre 1561. Pietro Bonanno: acquistò il feudo dai suddetti, atto in notaio Arcangelo Castania da Palermo del 17 Settembre 1602, ratificato con atto in notaio Giuseppe Guzzetta da Siracusa del 29 Novembre 1602, non ne prese investitura. Erasmo Bonanno: figlio del precedente, si investì il 15 Dicembre 1616 ed il 2 Marzo 1622. Sposò Antonia Scamacca. Pietro Bonanno: figlio del precedente, si investì il 18 Marzo 1631.

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Francesca Settimo: vedova di Pietro Corbonoro, barone di Pirainito, si investì il 14 Ottobbre 1655. Francesca era entrata in possesso del feudo quale creditrice di Sigismonda Mazzarella questa a sua volta quale creditrice di Pietro Bonanno. Francesco Platamone: si investì il 12 Marzo 1664 ed il 16 Settembre 1666. Aveva acquistato il feudo da Leonarda di Fiore, questa l’aveva ricevuto quale compenso dei debiti vantati nei confronti di Polissena Diamante, decreto della corte civile di Siracusa dell’11 Gennaio 1662. La Diamante lo aveva ricevuto quale creditrice di Francesca Carbonaro, decreto della corte civile di Siracusa del 2 Dicembre 1658. Francesco Platamone sposò in prime nozze Eufemia Deodato dei baroni di San Michele ed in seconde Francesca Marini dei duchi di Gualtieri. Antonino Platamone: figlio del precedente, si investì il 15 Aprile 1684. Sposò Costanza Requsens dei principi di Pantelleria, fu senatore di Siracusa del 1686. Eleonora Platamone: figlia del precedente, si investì il 20 Maggio 1704. Sposò Francesco Moncada dei principi di Larderia. Ignazio Vincenzo Abbate acquistò il feudo (o il solo titolo ?) prendendone investitura il 18 settembre 1723. Sposò Anna Rivarola Giardina figlia di Francesco Barone di Rafforosso. Mariano Abbate figlio del precedente, sposò Agata Branciforte dei principi di Scordia. Prese investitura dopo il 1757.

211

M

ACCARI (Noto)

Giovanni de Ferula: possedette il feudo nel nome maritale della moglie Giacoma ante 1292, ribelle al re, subì la confisca dei suoi beni feudali Giovannuccio di San Silvestro: Il 28 Aprile 1295 Federico III gli confermò l’obbligazione dei beni feudali ricevuti in dote dalla moglie Baronessa, sorella del miles Rolando Unda, e cioè i casali Binurrati, Limaccari, Bimena e Bimiska e del tenimento di terre denominato Bonfallura. Soprano di San Silvestro: figlio di Giovannuccio, proprietario del feudo nel 1334. Sposò Martina Truxellis. Martina, morta senza discendenti diretti assegnò il feudo di Maccari (ed altri) a Giaimo Alagona, il quale avrebbe dovuto godere dell’usufrutto durante la vita e poi trasferirli al figlio. In realtà quei feudi furono avocati al fisco. Federico Orlando Aragona: con privilegio dato a Messina il 18 Settembre 1373 re Federico II gli concesse il feudo di Maccari. Manfredi Alagona: un privilegio dato da re Federico III nel 1375, stabilendo l’inefficacia del precedente, assegnò, in virtù delle volontà testamentarie di Martina Truxellis, il feudo agli eredi di Giaimo Alagona, tra cui Manfredi. Gargliardetto de Monteclup: dopo che l’Alagona, dichiarato ribelle, ebbe confiscati i suoi beni, ricevette il feudo da re Martino con privilegio dato a Catania l’8 Agosto 1392. Mainitto Sortino: acquistò Maccari dal precedente, insieme ai feudi Bimmisca, Scibini, Renda, Belludia, Larbiato e Roveto, per 626 onze. Atto in notaio Antonio Cappello del 28 Dicembre 1396. La vendita fu ratificata dalla corona con privilegio dato a Catania il 28 Maggio 1397. Rainaldo Sortino: figlio del precedente, prese investitura il 28 Gennaio 1454

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Imperia Sortino: sorella del precedente, si investì il 4 Settembre 1498 ed il 22 Gennaio 1516. Sposò Antonio Daniele. Paolilla Daniele: figlia della precedente, per il suo matrimonio con Nicolò Borgia dei baroni del Casale ricevette in dono il feudo. Il marito, in nome del loro figlio Giovan Giacomo, si investì d’Imbaccari il 6 Luglio 1531. Giovanni Giacomo Borgia: figlio della precedente, si investì il 31 Gennaio 1558, fu senatore di Siracusa nel 1562-63 e nel 1566-67. Ottavio Borgia: figlio del precedente, prese investitura il 22 Gennaio 1583, il 23 Settembre 1600 ed il 17 Febbraio 1622. Fu senatore di Siracusa nel 1558, sposò Belladama Alagona. Giacomo Borgia: figlio del precedente, s’investì il 12 Luglio 1632. Fu senatore di Siracusa nel 1632-33, sposò Maria Montalto dei baroni di Miloca. Pietro Borgia: figlio del precedente, per rinunzia del fratello maggiore Giuseppe, prese invesitura l’8 Ottobre 1640. Giuseppe Borgia: fratello del precedente, prese investitura il 15 Settembre 1646. Gregorio Borgia: fratello del precedente, prese investitura il 27 Marzo 1649. Sposò Francesca Bonanno, morì a Siracusa il 2 Giugno 1660. Bartolomeo Deodato: per vendita fattagli dal precedente, prese investitura il 7 Marzo 1650. Pietro Deodato: figlio del precedente, si investì l’1 Marzo 1666. Bartolomeo Deodato: figlio del precedente, prese investitura l’1 Luglio 1706. 213

Gaspare Maria Trigona: quale marito di Maria Deodato, figlia del precedente, si investì dei feudi Frigintini, Imbaccari, Misilini, Baulì, Grampoli e metà di Staffeuda il 20 Marzo 1739. Bernardo Trigona: figlio del precedente, si investì il 6 Marzo 1773. Morì a Noto il 25 Marzo 1791. Vincenzo Maria Trigona: figlio del precedente, prese investitura il 9 Luglio 1791. Fu senatore di Noto nel 1793.

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Noto, palazzo Trigona di Canicarao

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M

AEGGIO (Siracusa)

Giovanni de Ferula: antico possessore, ante 1292 Lando de Ferula: figlio del precedente risulta in possesso del feudo nel 1292 Guido de Baldo: appare possessore del feudo nel ruolo dei feudatari del 1408. Paolo de Baldo: figlio del precedente, non prese investitura. Guido de Baldo: figlio del precedente, chiese ed ottenne dal governatore della camera reginale di essere riconosciuto titolare del feudo per antico possesso, privilegio dato il 25 Luglio 1453. Si investì il 6 Giugno 1459 ed ancora il 13 Ottobre 1461. Francesca da Noto: moglie del precedente, quale tutrice del figlio minore di nome Giovannello, prese investitura il 9 Agosto 1471. Per la morte di Giovannello ed in nome della figlia Maria si reinvestì il 27 Settembre 1473. Orlando Scarrozza: marito di Maria da Noto, prese investitura, maritale nomine, il 28 Giugno 1490. Fu castellano di Noto nel 1500. Nicolò Sacarrozza: figlio del precedente, si investì quale donatario il 13 Gennaio 1503. Si reinvestì il 3 Maggio 1507, il 20 Gennaio 1416 e ancora l’8 Luglio 1538 Giuseppe Scarrozza: figlio del precedente, si investì il 12 Agosto 1556. Giovanni (o Giovanbattista) Scarrozza: figlio del precedente, prese investitura del feudo Maeggio il 10 Ottobre 1584, il 26 Agosto 1600 ed il 22 Marzo 1625.

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Giuseppe Scarrozza: figlio del precedente, si investì il 25 Settembre 1628. Lucrezia Scarrozza: sorella del precedente, si investì il 29 Luglio 1641. Cassandra Scarrozza: sorella della precedente, si investì il 20 Giugno 1643. Eleonora Scarrozza: si investi il 16 Settembre 1666 per sentenza data dal tribunale della Gran Corte del 16 Settembre 1665. Sposò Mario Alagona. Girolamo Nava: si investì di Maeggio il 18 Marzo 1673, come nominatario e rinunciatario di Caterina Sances, questa l’aveva acquistato, per conto di “persona da nominare”, da Antonia Nava con decreto della curia delle cause civili di Siracusa del 29 Febbraio 1672. Antonia Nava a sua volta aveva acquistato il feudo, con decreto della medesima curia, da Eleonora Scarrozza che successivamente riuscì a riscattare il feudo rientrandone in possesso. Filippo Tristaino Bonaiuto: quale marito di Teresa Alagona, figlia di Eleonora Scarrozza, prese investitura il 2 Marzo 1670 Teresa Alagona: moglie del precedente, per la morte del marito, si investì il 15 Febbraio 1696. Michele Gayangos: marito di Anna Tristaino prese investitura il 28 Maggio 1733. Giovanbattista Bonanno: secondogenito del principe di Linguaglossa Domenico Bonanno, entrò in possesso del feudo a seguito del suo matrimonio con Saveria Landolina ma non ne prese investitura. Saveria Landolina aveva ricevuto il feudo in dono dal fratello sacerdote Francesco Landolina Rao, al quale spettava come dichiaratario di Rosaria Buscemi, che l’aveva acquistato da Giuseppe La Rocca nella sola proprietà, stante l’usufrutto che la venditrice, Anna Tristano vedova di Michele Gayangos, si era riservato. Giuseppe Bonanno: si investì il 30 Aprile 1782 avendo ricevuto il feudo in dono al fratello Gaetano, Vescovo di Siracusa dal 1802 al 1806. 217

Giangiacomo

Cesare

BONANNO

Francesco Bartolomeo

Perna D’Agostino

Giacomo Cesare Francesco Calogero (+1511) Ramondetta de Crescenzio BARONI DI CANICATTI’

Filippo (+1555) Eleonora Platamone Gianbattista (+1597) Isabella La Rocca Giovanna Gioeni

Pietro

Maria Colonna

Lucio (+1658) Flavia Bonaiuto DUCHI DI FLORIDIA

Filippo (+1619)

Antonia Colonna DUCHI DI MONTALBANO

Orazio (+1628)

Giuseppe (+1642)

Maria Moncada PRINC. DI LINGUAGLOSSA

Cornelia Settimo Eleonora Platamone Dorotea Gravina BARONI DI CARANCINO-BELVEDERE

Francesco (+1633)

Vincenzo (+1641)

Silvia La Rocca

Angela Grimaldi

Domenico (+1699) Dorotea Nava

GiovanBattista

Saveria Landolina BARONI DI MAEGGIO

218

Vincenzo (+1689) Maria Rosa Mugnos

M

AGNISI (Siracusa)

Ignazio Romeo: con privilegio dato a Madrid il 19 Agosto 1685 ottenne il titolo di marchese di Magnisi, piccola penisola tra Augusta e Siracusa, aggregata al feudo di Bigemi, già di proprietà dei Romeo. Ignazio Romeo acquisì l’ufficio di luogotenente del protonotaro del regno con annesso titolo baronale, fu governatore del monte di pietà di Palermo nel 1694-95 e nel 1701. Sposò Caterina Miccichè dei baroni di Grottacalda Marco Antonio Romeo: figlio del precedente, si investì il 22 Novembre 1709 ed ancora il 9 Agosto 1715. Fu governatore del monte di pietà di Palermo nel 1706-08, sposò Isabella Vanni. Ignazio Romeo: figlio del precedente, non prese investitura. Sposò Anna Maria Assenso dei baroni di Santa Rosolia, morì a Palermo il 22 Novembre 1750. Orazio Romeo: fratello del precedente, si investì il 19 Marzo 1761. Sposò Maria Maddalena Romeo, morì a Palermo il 24 Febbraio 1777. Salvatore Giusino: figlio di Antonia Romeo e di Antonino Giusino, prese investitura il 13 Settembre 1777.

219

M

AGRENTINO (Siracusa)

Nel ruolo dei feudatari del 1408 appare quale titolare di Magrentino la moglie del conte di Passaneto Giovanni Tiurgico e Goffredo de Barbulato: il 3 Agosto 1453 richiesero al governatore della camera reginale di essere riconosciuti nel possesso del feudo di Magrentino. Dichiararono che questo era appartenuto a Regale de Ribaldo e da questi era passato a Giovanna de Ribaldo, a questa sarebbero successi poi Giovanni Tiurgico e la sorella Margherita sposa di Goffredo de Barbulato. Il viceré accettò la richiesta riconoscendoli nel possesso, Goffredo de Barbulato si reinvestì l’1 Settembre 1459. Pietro Barbulato: di cui si sconosce la parentela con il precedente, si investì di metà di Magrentino il 4 Novembre 1506. Vincenzo Barbulato: si investì della metà indivisa del feudo il 14 Agosto 1512, si reinvestì il 16 Gennaio 1516. Filippo Tiurgico: si investì dell’altra metà del feudo il 28 Aprile 1507, anche di questi si sconosce la sua parentela con i precedenti. Pietro Platamone: si investì dell’intero feudo di Magrentino il 17 Agosto 1537, da detta investitura apprendiamo di una precedente del 16 Maggio 1516. Antonio Platamone: si investì il 30 Marzo 1558, sposò Giovanna Zummo dei baroni di Cava della Donna. Violantella Platamone: figlia del precedente, prese investitura il 29 Ottobre 1561. Francesco Falcone: figlio della precedente, si investì il 30 Agosto 1607. Bartolomeo Falcone: figlio del precedente, prese investitura il 6 Luglio 1615. 220

Lucio Falcone: forse fratello del precedente, prese investitura il 23 Febbraio 1623. Violante Falcone: sorella del precedente, si investì l’1 Agosto 1657 dopo aver ottenuto sentenza favorevole di possesso da parte della Gran Corte l’8 Aprile 1656. Si reinvestì il 16 Settembre 1666, sposò Simone Montaperto. Morì a Palermo il 22 Aprile 1672. Giovanna Nava: prese investitura di Cava della Donna il 16 Settembre 1674 a seguito di sentenza in suo favore emessa dal tribunale della gran corte il 28 Maggio 1674, contro Simone Montaperto. Giovanna Nava sposò Giovanni Francica, morì a Siracusa 25 Febbraio 1720. Ignazio Francica Nava: figlio della precedente, si investì il 9 Aprile 1721. Sposò Grazia Montalto, fu senatore, giurato e capitano di giustizia di Lentini (1703-16, 1730-46) e senatore di Siracusa nel 1746-47. Morì a Siracusa il 16 Settembre 1754. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, prese investitura il 5 Settembre 1755. Sposò Concetta Montalto, morì a Siracusa il 17 Luglio 1777. Giovanni Francica Nava: figlio del precedente, si investì il 3 Febbraio 1778. Sposò Maria Arezzo. Giuseppe Francica Nava: figlio del precedente, sembra non si sia investito. Sposò Eulalia Beneventano dei baroni di Montone. Giovanni Francica Nava: forse figlio del precedente, non prese investitura, sposò Caterina Guttadauro dei principi di Reburdone.

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ANDRA DI DONNA (Noto) Marcato del feudo Bibia della baronia di Bibino Magno Paolo Abela: per donazione da parte del padre Giuliano insieme ai marcati Camoli e Monastero Germano, prese investitura il 13 Gennaio 1609. Antonio Statella Tiburzio: per compera dal precedente il 9 Settembre 1649. Antonino Abela: nipote di Paolo Abela, entrò in possesso esercitandone il diritto di riscatto. Nicoletta Abela: sorella del precedente, investitasi il 5 Dicembre 1665 per donazione, con diritto di revoca, da parte del fratello. Antonino Abela: avvalendosi del suo diritto revocò la donazione alla sorella, investendosi il 20 settembre 1669. Lucia Alagona: per aver rivendicato nel 1689 sentenza di possesso già riconosciuto alla madre Maria dal Tribunale del Real Concistoro nel 1639, contro Antonino Abela. Vincenzo Denti: si investì della baronia di Bibino Magno composta dai marcati: Mililli, Santo Lio, Monastero Germano, Mandra di donna, Comuni di San Giovanni e Comuni delli feudi, il 25 Giugno 1767. Vincenzo Denti: nipote del precedente, si investì il 30 settembre 1789. Questo feudatario ottenne di poter smembrare e vendere parte della baronia di Bibino Magno con licenza reale del 13 Marzo 1800. Vincenzo Navantieri: per vendita dal precedente, ne prese investitura il 20 Dicembre 1802. Francesco Navantieri: fratello del precedente, per donazione, se ne investì il 15 Aprile 1808. 222

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ANGINO O MAUCINI Vedasi BURGIO - MANGINO

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ELILLI metà (Noto) Marcato del feudo Bibia della baronia di Bibino Magno Giuseppe Catalano: si investì della metà indivisa del feudo Melilli, il 19 Marzo 1776, a seguito di compera giudiziale su istanza degli stessi proprietari, Vincenzo Denti e Marianna Lucchese, coniugi. Antonio Francesco Catalano: figlio del precedente, minore si investì a mezzo della madre, sua tutrice, il 6 Agosto 1781. È l’ultimo investito. Francesco Catalano: figlio del precedente, risulta possessore del feudo nel ruolo dei donativi del 1806

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ELILLI metà (Noto) Marcato del feudo Bibia della baronia di Bibino Magno Vincenzo Navantieri: si investì della metà indivisa del feudo Melilli, il 19 Marzo 1776, a seguito di compera giudiziale, su istanza degli stessi proprietari, Vincenzo Denti e Marianna Lucchese, coniugi. Francesco Navantieri: fratello del precedente, per donazione, se ne investì il 15 Aprile 1808.

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ETI (Noto) Investiture congiunte con il feudo SANTA DOMENICA Melchiorre Sirugo: il 15 Dicembre 1790, ottenne l’inalzamento in feudo di un suo allodio, ubicato nei pressi della città di Noto, senza ulteriori obblighi d’investitura. 223

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ILOCCA (Siracusa)

Antonio (de) Mulocta: possessore di Milocca nel ruolo feudale di re Federico, ricavava 30 onze di reddito dai feudi Mulocta e Cipunia Giovanni (de) Mulocta: risulta possessore del feudo ante 1356 Bernardo (de) Mulocta: fratello del precedente, possessore nel 1356. Ribelle, subì la confisca del feudo. Safira Landolina: figlia di Giovanni Landolina e moglie dello stesso Bernardo Mulotta, ricevette il feudo da re Federico IV il 9 Dicembre1356. Bernardella Mulocta: probabilemente figlia dei precedenti, sposò nel 1377, Troisio de Montealto (Montalto), che risulta titolare di Mulotta e Chimusa nel 1392 ed iscritto nel ruolo dei feudatari del 1408. Antonio Montalto: figlio del precedente, non vi è traccia della sua investitura. Giovanni Montalto: figlio del precedente, chiese ed ottenne dal governatore della Camera reginale di essere riconosciuto nel possesso di Milocca. Il privilegio fu dato a Siracusa il 14 Agosto 1453, con l’obbligo di apprestare il consueto servizio militare di un cavallo armato ogni 20 Onze di reddito annuale. Giovanni Montalto fu Giurato di Siracusa nel 1457-58, Senatore nel 1463-64 e Capitano di giustizia nel 1469-70 e 1472-73. Antonio Montalto: figlio del precedente, prese investitura il 23 Giugno 1466. Giovanni Battista Montalto: figlio del precedente, prese investitura il 12 Marzo 1483. Si reinvestì il 27 Aprile 1507.

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Girolamo Montalto: figlio del precedente, si investì per rinunzia del padre l’1 Settembre 1522, il 13 Maggio 1529 ed ancora il 17 Agosto 1537. Sposò Diana Balbi, fu giurato di Siracusa nel 1530-31 e senatore nel 1531-32. Giuseppe Montalto: figlio del precedente, si investì il 17 Luglio 1553 ed il 21 Gennaio 1558. Sposò nel 1550 Isabella Bellomo. Antonio Montalto: figlio del precedente, si investì il 6 Settembre 1581. Nell’interesse del figlio Giuseppe si investì della nuda proprietà di Milocca il 12 Novembre 1590 ed il 20 Dicembre 1600, riservando per se l’usufrutto del feudo. Giuseppe Montalto: figlio del precedente, si investì il 24 Novembre 1604, si reinvestì il 14 Febbraio 1622. Maria Caggio-Montalto: vedova del precedente e in nome del figlio Antonio si investì il 6 Settembre 1625. Antonio Montalto si investì il 16 Settembre 1666, fu senatore di Siracusa negli anni 1650-58-67. Giuseppe Montalto: figlio della precedente, si investì il 22 Dicembre 1670. Sposò Carmela Crescimanno, morì a Siracusa il 26 Agosto 1699. Carmela Crescimanno: vedova del precedente in nome del figlio Antonio prese investitura l’8 Gennaio 1700. Antonio Montalto fu capitano di Giustizia di Siracusa bel 1743-44 e giurato nel 174647. Morì a Siracusa il 4 Luglio 1763. Giuseppe Montalto: figlio del precedente, si investì il 3 Dicembre 1763. Sposò Anna Grimaldi, morì a Siracusa il 25 Aprile 1775. Anna Grimaldi: vedova del precedente, quale tutrice del figlio Antonio prese investitura il 25 Luglio 1776. Antonio Montalto fu capitano di giustizia di Siracusa nel 1790-91.

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Siracusa, palazzo Mergulese-Montalto

226

M

ISILINI metà (Noto) A

Francesco Cipro: iscritto nel ruolo feudale del 1335. Orlando Traversa: entrò in possesso del feudo intorno al 1360, resosi ribelle lo ebbe confiscato. Giovanni de Truxello: ebbe assegnato da re Martino metà del feudo,“già dei suoi avi”, con privilegio dato a Caltagirone il 18 Ottobre 1393. Appare possessore di metà di Misilini nel ruolo feudale del 1408. Bricius de Truxello: forse figlio del precedente, il 5 Luglio 1453 chiese ed ottenne dal vicere riconoscimento di possesso. Guglielmo de Truxello: si sconosce la sua parentela con il precedente, prese investitura il 20 Agosto 1479. Nicolò de Truxello: figlio del precedente, prese investitura il 7 Gennaio 1508. Nicolò Belloc: figlio di Eleonora de Truxello e questa del precedente, prese investitura il 9 Agosto 1531. Giovannella Belloc: sorella del precedente, prese investitura il 10 Marzo 1543. Andrea Farfaglia: figlio della precedente, prese investitura il 28 Agosto 1581. Il monastero della SS. Annunziata e la chiesa del SS. Crocifisso di Noto: a seguito di donazione dal precedente, atto in notaio Francesco Tommaso di Noto del 13 Dicembre 1580, presero investitura il 19 Novembre 1584.

227

Giovanni Pipi: concessionario del monastero della SS Annunziata di Noto, transazione stipulata in notaio Giovanni de Quadro di Noto del 23 Maggio 1611, s’investì il 5 Luglio 1612 e l’8 Marzo 1622. Anna Pipi: figlia del precedente, prese investitura il 19 Luglio 1652. Violante Salonia: figlia della precedente, prese investitura il 2 Dicembre 1677. Sposò Orazio Gaetani dei principi di Cassaro. Luigi Gaetani: figlio della precedente, prese investitura il 19 Febbraio 1689. Maria Gioacchina Gaetani: figlia di Luigi, fratello del precedente, prese investitura il 17 Maggio 1749. Sposò Ferdinando Gravina dei principi di Palagonia. Maria Provvidenza Gravina: figlia della precedente, prese investitura il 30 Agosto 1804. Francesco Paolo Gravina: figlio della precedente, prese investitura il 20 Giugno 1806.

228

M

ISILINI metà (Noto) B

Francesco (de) Cipro: iscritto nel ruolo feudale del 1335. Orlando Traversa: entrò in possesso del feudo intorno al 1360, resosi ribelle lo ebbe confiscato. Vassallo Landolina: ebbe assegnato da re Martino una metà di Misilini con privilegio dato a Caltagirone il 18 Ottobre 1393. Giovanni e Nucio Landolina: sono iscritti per metà di Misilini nel ruolo feudale del 1408 Giovanni Landolina: forse figlio di Vassallo, si investì il 5 Agosto 1418. Vassallo Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 3 agosto 1453. Bernardo Landolina: figlio di Giovanni Antonio questi figlio del precedente, premorto al padre. Prese investitura il 20 Febbraio 1476. Beatrice Landolina: sorella del precedente, si investì il 19 Gennaio 1516. Sposò Baldassare Settimo. Pietro Settimo: figlio della precedente, per donazione si investì il 3 Giugno 1532. Beatrice Landolina: per cessione da parte del precedente rientrò in possesso della metà di Misilini prendendo investitura il 13 Gennaio 1543. Pietro Settimo: figlio della precedente, per donazione,s’investì il 29 Marzo 1544.

229

Giovannello Settimo: figlio del precedente, prese investitura il 4 Dicembre 1546 ed il 26 Ottobre 1557. Giovanfrancesco Pietro Settimo: figlio del precedente, si investì il 17 Novembre 1592. Andrea Buglio Minafria quale suo tutore prese investitura il 26 Agosto 1600. Pietro Deodato: acquistò il feudo dal precedente investendosene il 17 Luglio 1621. Giovanfrancesco Pietro Settimo: riscattò il feudo dal precedente, se ne investì il 10 Febbraio 1622. Pietro Deodato: per vendita fattagli dal precedente, si investi il 22 Giugno 1626. Sposò nel 1612 Costanza Arezzo dei baroni della Targia. Bartolomeo Deodato: figlio del precedente, si investì il 29 Luglio 1644. Pietro Deodato: figlio del precedente, si investì l’1 Marzo 1666. Bartolomeo Deodato: figlio del precedente, prese investitura l’1 Luglio 1706. Sposò Agata Deodato. Gaspare Maria Trigona: nel nome maritale di Maria Deodato, figlia del precedente, si investì il 20 Marzo 1739. Morì a Palermo il 21 Gennaio 1777, fu sepolto a Santa Croce. Bernardo Trigona: figlio del precedente, prese investitura il 6 Marzo 1773. Morì a Noto il 25 Marzo 1791. Vincenzo Trigona: figlio del precedente, prese investitura il 9 Luglio 1791. Fu senatore di Noto nel 1793.

230

M

OLISENA (Noto)

Il feudo Molisena, insieme ai feudi Alfano e Bombiscuro era posseduto nel 1335 per due terze parti dagli eredi di Sancio Dena e per un terzo dagli eredi di Luca Falixi. Tale proporzione, non essendo esplicitamente indicata nella descriptio feudorum, si ricava dal reddito del feudo. Luca Falixi (Filesio): iscritto nel ruolo feudale di re Federico. Damiata Filesio: forse figlia del precedente, non prese investitura. Giacoma Filesio: sorella della precedente, sposò Arnaldo de Biocta. Franca Filesio: sorella della precedente, re Ludovico emanò privilegio di possesso in suo nome, il 26 Novembre 1344. Sposò Nicolò Cappello. Rainaldo Cappello: figlio della precedente, entrò in possesso dell’intero feudo non prese tuttavia investitura. Francia Cappello: figlia del precedente, sposò Nieto de Ariccio (Arezzo), il quale risulta possessore del feudo, detto La Molisina, maritale nomine, nel ruolo feudale del 1408. Davide Sottile: sposo di Antonella Arezzo, questi figlia di Rainaldo, di Nitto e Franca Cappello. Ricevette conferma di possesso dal vicere il 12 Luglio 1418, secondo tale discendenza. Nicolò Sottile: figlio del precedente, prese investitura il 20 Ottobre 1453. Laura Sottile: figlia del precedente prese investitura, forse come dotale per le sue nozze con Giovanni Antonio Barresi dei baroni di Pietraperzia, il 27 Agosto 1470.

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Matteo Barresi: figlio della precedente, s’investì il 14 Gennaio 1517. Girolamo Barresi: figlio del precedente, prese investitura il 7 Giugno 1533. Pietro Barresi: figlio del precedente, prese investitura il 3 Novembre 1550 ed ancora il 15 Novembre 1577. Dorotea Barresi: sorella del precedente, s’investì il 25 Gennaio 1573. Sposò Giovanni Zunnica. Francesco Santapau: acquistò il feudo dai precedenti con atto in notaio Alessandro Taschetta di Licodia del 2 Marzo 1577. Prese investitura il 2 Maggio 1579. Imara Benavides: moglie del precedente, s’investì il 20 Luglio 1600. Isabella Landolina: acquistò il feudo dal principe di Palazzolo, Francesco Santapau, con atto in notaio Francesco D’Amico di Palermo del 6 Luglio 1639. Prese investitura il 9 Agosto dello stesso anno, morì a Noto l’1 Aprile 1660. Antonino Landolina: figlio della precedente, prese investitura il 17 Maggio 1663. Si reinvestì il 16 Settembre 1666. Michele Landolina: prese investitura il 25 Luglio 1670. Ricevette il feudo da tale Francesca Nilano che se l’era aggiudicato per cedola di 2° decreto della gran corte civile contro Margherita Giuseppa Landolina, questa donataria del precedente. Giovanbattista Landolina: figlio del precedente, prese investitura il 10 Dicembre 1678. Michele Landolina: nipote del precedente, s’investì il 14 Giugno 1704.

232

Seguirono nel possesso di Molisena senza investirsene: Giovanna Landolina: tutrice e curatrice del nipote minore Michele Landolina. Felice Reginello: possessore con cedola di 2° decreto della gran corte civile di Noto del 17 Dicembre 1705. Luigi Grimaldi: nominatario del precedente. Stefano Falbo: possessore con cedola di 2° decreto della gran corte civile di Catania del 20 Marzo 1708. Pietro Giordano: nominatario del precedente. Antonia Bellio: con cedola di 2° decreto della gran corte civile di Siracusa del 17 Febbraio 1724. Francesco Giordano: nominatario della precedente, prese investitura il 2 Marzo 1725. Ignazio Cannarella: nipote del precedente, s’investì l’8 Ottobre 1749. Giuseppe Landolina: per transazione stipulata con il precedente, agli atti del notaio Giuseppe Maria Cavarretta di Palermo del 9 Febbraio 1791, prese investitura il 22 Giugno 1781. Pietro Landolina: figlio del precedente, prese investitura l’1 Luglio 1809.

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ONACO o Lupponaro (Lentini) Feudo della baronia di San Basilio Giuseppe La Iacona: s’investì di metà del feudo Monaco o Lupponaro insieme a metà dei feudi Leone, San Giorgio, Cucco e Randè o Cordonetto, il 15 Giugno 1761. Ricevette il feudo da tale Francesco Testagrossa, acquirente all’asta pubblica pro persona nominanda, atto in notaio Cesare Milana di Palermo del 4 Giugno 1760. Successivamente acquistò la metà rimanenete del feudo e delle tenute di cui sopra, non prendendone però investitura. Antonio La Iacona: figlio del precedente entrò in possesso del feudo quale suo donatario, non prese investitura. Vincenzo La Iacona: figlio secondogenito del precedente, prese investitura del feudo Monaco o Lupponaro, insieme ai feudi San Giorgio, Cucco e Randè o Cordonetto, il 26 Gennaio 1779.

234

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ONASTERO (Siracusa)

Corrado de Camera: Monastero insieme al limitrofo di Xiridia (Floridia) formava in antico un luogo di “sollazzo reale”. Re Pietro I lo concesse a Corrado de Camera con l’obbligo di apprestare il consueto servizio militare. Alla morte di questo feudatario (o forse amministratore ?) tali territori ritornarono in potere della corona ed amministrati dal vice segreto di Siracusa. Gilio de Asyn: ricevette il feudo dalla corona nel 1297. Michele Peris de Arbis: i suoi eredi risultano possessori di Monastero nel ruolo dei feudatari di re Federico, ricavandone una rendita di 25 Onze. Giovanni Aragona: iscritto quale possessore “maritale nomine” di Monastero nel ruolo del 1408. Probabilmente si tratta di quel Giovanni d’Aragona signore di Avola dal 1392. Giovannella Aragona: figlia del precedente, sposò Perio Gioeni dei baroni di Castiglione. Non vi sono tracce di sue investiture. Bartolomeo e Enrico Gioeni: figli della precedente, non presero investitura. Filippo Denaro: dottore in medicina da Caltagirone, acquistò il feudo dai precedenti per 480 Fiorini con atto stipulato dal notaio Nicolò Francavilla di Catania il 12 Marzo 1431. La vendita era stata autorizzata con licenza viceregia data a Catania il 22 Febbraio dello stesso anno. Filippo Denaro chiese alla regina Maria privilegio di possesso che gli fu accordato il 20 Ottobre 1432. Elisabetta Denaro: figlia del precedente, sposò Nicola Spadafora. Questi chiese ed ottenne riconoscimento di possesso ed investitura il 9 Giugno 1459.

235

Margherita Muleto: figlia di una discendente della precedente e di Nicolò Muleto dei baroni di Cassaro. Portò in dote il feudo al marito Pietro Siracusa che si investì l’8 Ottobre 1491 ed il 12 Agosto 1507. Giovanni Pietro Gaetani: il 24 Gennaio 1516 si investì nel nome maritale di Beatrice Siracusa figlia della precedente. Si reinvestì il 17 Settembre 1537. Cesare Gaetani: figlio del precedente, prese investitura il 10 Dicembre 1543. Si reinvestì il 18 Gennaio 1557. Pietro Gaetani: figlio del precedente, si investì il 4 Febbraio 1581. Sposò Giovanna Moncada. Cesare Gaetani: figlio del precedente, si investì il 24 Settembre 1585. Giovanna Moncada: madre del precedente, acquistò il feudo dal figlio con atto in notaio Lazzara di Palermo datato 4 Marzo 1585 ratificato dall’acquirente con atto in Notaio Antonino Failla da Sortino del 26 Marzo 1586. Prese investitura il 23 Febbraio 1587. Cesare Gaetani: ritornò in potere del feudo per donazione da parte della madre Giovanna. Si investì il 25 Novembre 1588 ed ancora il 9 Agosto 1600. Giuseppe Gaetani: figlio del precedente, per donazione si investì il 5 Giugno 1632. Premorì al padre il 27 Ottobre 1634, fu sepolto a Sortino. Cesare Gaetani: quale tutore del nipote, suo omonimo, si investì il 29 Gennaio 1641. Aloisio (Luigi) Gaetani: per rinunzia del padre Cesare fattosi gesuita, prese investitura il 26 Aprile 1652. Si reinvestì il 26 Aprile 1652. Cesare Gaetani: figlio del precedente, non prese investitura. 236

Pietro Gaetani: figlio del precedente, quale donatario si investì il 4 Giugno 1707. Cesare Maria Gaetani: figlio del precedente, si investì il 16 Dicembre 1750. Antonino Crescimanno: quale giudice del tribunale della gran corte, nominato amministratore generale di tutti i beni del precedente, si investì il 29 Gennaio 1777 a nome del successore ancora da dichiararsi. Antonio Maria Statella: venne riconosciuto successore di Cesare Maria Gaetani con sentenza del tribunale della gran corte 27 Giugno 1778. Il 22 Luglio 1780 effettuò transazione definitiva con Maria Cristina Lucchese vedova del barone di Monastero concedendogli lo stato di Sortino e il mulino di Palermo. Antonio Statella morì a Palermo il 2 Dicembre 1793 Francesco Maria Statella: figlio del precedente, si investì di Monastero il 29 Novembre 1794.

237

ARAGONA Sancio

(zio di Costanza) Conte di Girgenti (1210)

Federico II Imperatore (Costanza d’Aragona) (Bianca Lancia)

Nugno

Re Manfredi

Conte di Ragusa e Noto (1210)

Re Pietro I (III d’Aragona) (Costanza, figlia di Manfredi)

figlio naturale

Sancho (+1335) (Macalda Palizzi) Signore di Militello e Cammarata (1320)

Re Federico Re Giacomo Re Alfonso III di Sicilia II di Sicilia III d’Aragona (Eleonora d’Angiò)

Giovanni (+1350) (Umana Esculo) Signore di Scibene

Federico (+1335)

Alafranco (+>1395) (Venturella)

Alaimo

Onofrio Giovanni Antonio

(Giovanna Platamone)

Antonino (+>1408)

Giacomo (+ Curia > Guillaume Olivier + Jean Riquier (1271) > Curia (1282). Carlo I d’Angiò confiscò a Bartolomeo Galioto un tenimentum presso Avola, che nel 1271 fu assegnato a Guillaume de Olivier e Jean de Requier (RA, I, 256; RA, VIII, 73).

BASARI (Vasari): (VN). Feudo in territorio di Buscemi. Feud.: Palatino de Truxello (ante 1361) > Guglielmo Truxello (ante 1363). Guglielmo Truxello fu barone del feudo Basari (o Vasari) sito presso la terra di Buscemi, del feudo Guffora (?), e di metà del feudo Misilino (sito presso il feudo Staffeuda). Il 16.9.1363 ottenne da re Federico di poter vendere il feudo Basari, in conformità a quanto aveva disposto il padre (Asp, C, 7, 305r).

407

BILLITTI (Bullitti): Barberi, I, 279 (VN). Feudo in territorio di Lentini. Feud.: Regina Eleonora > notar Nicola (1363) > Bartolomeo de Fiso (1363) > Curia > figlio di notar Nicola (1365) > Infilisia de Fiso > (occupazione: Riccardello Lamia (ante 1367) >) Ruggero Lamia (1367) > Macalda de Fiso + Ambrosiano Sicaminò (1368) > Gerardo Sicaminò. Bartolomeo (o Bartuccio) de Fiso il 12.1.1363 (I ind.) ricevette in concessione dalla regina Eleonora il feudo Billitti e le terre di Campana (entrambi siti nel territorio di Lentini, VN) (Barberi, I, 280-281)253. Alla morte di Bartolomeo successe la figlia Infilisia de Fiso moglie di Vitale Falcone (Asp, P, 13, 40v). A Infilisia successe la sorella Macalda de Fiso, figlia di Bartuccio de Fiso, alias di Santa Cecilia o di Santa Sicilia, la quale sposò Ambrosiano Sicamino e gli portò in dote i feudi Campana e Billitti (Asp, C, 11, 105; Barberi, I, 281). Il 20.2.1368 il re Federico IV ordinò che il tenimento detto Campana, che era stato occupato da molti durante la guerra, fosse restituito a Macalda, con l’obbligo del servizio militare (Asp, C, 11, 106v-107r). A Macalda successe il figlio Gerardo Sicaminò, che il 31.1.1373 vendette il tenimento di terre la Campana a Tuchio Timera (Asp, C, 13, 40v). Una lettera regia scritta nell’agosto 1365 (non meglio databile, anche perché il documento è mutilo: Asp, C, 4, c. 123r-v, cui fa seguito il f. 122r) rende poco chiare le vicende concernenti i feudi Billitti e Campana. In esso si dice che la regina Costanza, moglie di Federico IV, concesse a un non meglio precisato notar Nicola (manca il cognome) e ai suoi eredi il tenimento Campana, sotto il censo annuo di 4.8 salme di frumento e 2 salme di orzo, e che la regina Eleonora, moglie di Federico III, il 12.1.1363 gli concesse il tenimento Billitti per 5 salme di frumento e 2.8 salme di orzo. Morto il detto notaio gli successe Bartuccio de Fiso (ignoriamo se fra i due vi fosse parentela), e morto anche Bartuccio, dato che questi non aveva provveduto a pagare il canone dovuto, quei tenimenti furono reintegrati alla R. Curia, che il 26.5.1365 li concesse al figlio del notaio Nicola, col solo obligo di corrispondere ogni anno alla stessa R. Curia un paio di speroni dorati (cfr. Barberi, I, 279-280). Le diverse versioni sul destino dei due tenimenti di terre si possono però comporre, anche perché esplicitamente si dice in un altro documento del 20.2.1368 che durante gli anni precedenti quelle terre erano state occupate da diverse persone (Asp, C, 11, 106v-107r).

408

BIMENA: (VN). Casale e feudo, in territorio di Noto. Feud.: Gualtiero Charaviti > Rolando Unda (1288) > Baronessa Unda + Giovannuccio di San Silvestro (1295) > Soprano di San Silvestro (1334) > Martina moglie di Soprano > Martina + Facio Anglora (1343) > Martina Truxellis (ante 1373) > Curia > Federico di Orlando di Aragona (1373). Il 28.4.1295 Federico III confermò a Giovannuccio di San Silvestro l’obbligazione dei beni feudali ricevuti in dote dalla moglie Baronessa, sorella del miles Rolando Unda, e cioè i casali Binurrati, Limaccari, Bimena e Bimiska e del tenimento di terre denominato Bonfallura (Sciascia, 1994, 110). BINURRATO: (VN). Casale e feudo, in territorio di Noto. Feud.: Baronessa Unda + Giovannuccio di San Silvestro (1295) > Soprano di San Silvestro (1334) > Martina moglie di Soprano > Martina + Facio Anglora (1343) > Martina Truxellis (ante 1373) > Curia > Federico di Orlando di Aragona (1373). Il miles Gualtiero Charaviti di Noto possedette nei primi anni ottanta del Duecento il casale Binurrato, con i casali e territori ad esso pertinenti (Binurrato, Limaccari, Bimena e Bimiska. L’8.5.1288 re Giacomo concesse con i consueti obblighi militari al giudice Rolando Unda de Chalcis di Messina, figlio di Bartolomeo de Chalcis di Agrigento, il casale di Binurrato con i suoi casali e territori adiacenti, prima appartenenti a Gualtieri di Noto, e il casale Bonfallura, in territorio di Noto; di essi sono descritti i confini (La Mantia, 1917, 404-407; Sciascia, 1994, 111). Il 28.4.1295, sui beni feudali comprendenti i casali Binurrati, Limaccari, Bimena e Bimiska e il tenimentum terrarum Bonfallura, re Federico III confermò l’obbligazione contratta da Orlando Unda di darli in pegno, in conto di onze 100 di dote assegnate alla sorella Baronessa Unda per le nozze con Giovannuccio di San Silvestro (Sciascia, 1994, 110-112). Negli anni trenta del Trecento questi casali risultano in possesso di Soprano di San Silvestro, figlio di Giovannuccio.

BRACANECCHIO (in RA; Bracanachi): (VN). Casale in territorio di Lentini. Feud.: Giovanni Fimetta > Maria Fimetta + Roberto di Thionville (1270). Giovanni Fimetta, titolare del casale Bracanecchio in territorio di Lentini, nel 1270 ne costituì dote per la figlia Maria sposa di Robert de Thionville (RA, VI, 31).

409

BRUCUSANA (Bulcusina in ms Bsp, Bulfusina): Barberi, I, 499 (VN). Feudo, ora contrada Belfusina in territorio del comune di Francofonte. Feud.: a) ? Gualterio Lamia (1335) > Nicola Lamia > Antonio de Tinera (1393) b) ? Gamunti Lombardo (1335). Nicolò Lamia Possedette il feudo Cartularo (in VD e in territorio di Castroreale), il casale Linguaglossa, e il feudo Brucusana (nel tenimento della terra di Lentini), che dava un reddito di 10 o 12 onze (era appartenuto al dominus Gualtiero Lamia, vedi). Ribellatosi al sovrano, questi beni gli furono confiscati: Cartularo fu concesso il 14.11.1393 al messinese Enrico Rubeo (Barberi, II, 83); Linguaglossa fu concessa il 29.9.1392 al messinese Nicoloso Crisafi (Asp, C, 20, 180-181); il feudo Brucusana fu assegnato l’8.1.1393 al lentinese Antonio De Tinera (Barberi, I, 499-500) Dominus Bamunti (?) Lombardo secondo la D. F. del 1335 da metà del feudo Bulcusina (Brucusana, in Barberi, I, 499) ricava un reddito non segnalato, e il suo nominativo non compare nel ms Bcp, ma solo nel ms Bsp, inserito nell’elenco delle persone che tenevano «gabellas et iura spettancia ad officium secretie Sicilie». BUCHALCHEMI (Bulchachemi) (VN). Feudo presso Marina di Noto, nell’attuale territorio di Noto. Feud.: Manfredi Alagona (1375). Manfredi Alagona il 4.6.1375 ottenne il feudo Bulchachemi, nella marina di Noto, in cambio del feudo Bonfallura BUFFATO: (VN). Feudo in territorio di Noto. Feud.: Pietro Monachella (1335-45). Pietro Monachella (o Monakella, in ms Bsp) secondo la D. F. del 1335 ricavava un reddito di onze 30 dai feudi Buffato e Racharchitira (o Rachalcitira, in ms Bsp), nel tenimento di Noto. Nell’adoa del 1345 lo stesso Monachella, domiciliato a Siracusa, fu tassato per un cavallo alforato (onze 10 di reddito).

BULFIDA: (VN). Feudo e casale, nel territorio dell’odierno comune di Francofonte. Feud.: Mastro Anselmo > Alberto De Catania (1233) > Aloisia Fimetta > Simone Fimetta (1270) > Aloisia Fimetta > Guglielmo di Malta (1284) > Lukina di Malta + Guglielmo Raimondo I Moncada (ante 1308) > Guglielmo Raimondo II Moncada + Periconio Moncada (1335) > Lukina Moncada + Manfredi Alagona (1375) 410

Guglielmo Raimondo I Moncada, figlio secondogenito di Pietro marchese di Aitona, venne in Sicilia subito dopo il Vespro. Re Federico III il 23.2.1303 gli concesse tutti i proventi della R. Curia provenienti dalla terra e dai tenimenti e pertinenze di Troina, sotto servizio militare, e il 27.4.1306 il reddito annuo di 300 onze, comprese le 50 onze godute su Troina, con l’obbligo militare di 15 cavalli armati416. Sposò tra il 1300 e il 1308 Lukina figlia di Guglielmo di Malta che le portò in dote le isole di Malta e Gozo, e i casali di Bulfida, Scordia Soprana, Gilermo (Galermo, in VN territorio di Lentini) e Murgo. Malta e Gozo, su richiesta della Corona, furono rese alla Curia e il Moncada il 23.3.1319 (II ind.) ottenne in cambio la castellania della terra di Augusta e i redditi di questa terra spettanti alla Curia (Barberi, MC, pp. 240241, 245-266; De Barberiis, 1966, 275-276), il castello e terra di Altavilla, il casale di Melilli e inoltre il reddito di 100 onze annue sui proventi dell’assisa della baiulazione di Caltagirone. Il 2.4.1310 Gerardo Montalto, dominus seu baro casalis Bukerii, «fu condannato a restituire a Guglielmo Raimondo Moncada, signore di Bulfida, delle terre spettanti a quest’ultimo in base all’inchiesta ordinata da re Federico» (Sciascia, 1994, 150). Il feudo, nel ruolo feudale del 1408 in potere di Giovanni Cruyllas, successivamente verra accorpato alla baronia di Francofonte di cui seguirà i passaggi di proprietà BULFIRA: (VN). Feudo ubicato tra Noto e Buscemi. Feud.: Palaxino Trussello > Artale Truxello (1361). Artale de Truxello il 9.3.1361 (XIV ind.) doveva onze 6 per ragione di decima e relevii alla R.C. per i feudi Bulfira e Misilino (si tratta dell’altra metà del feudo Misilino), siti in prossimità delle terre di Noto e Buscemi, per la morte di Palatino de Trussello barone dei feudi predetti (Asp, C, 4, f, 66).

CAMAT (Chamat): (VN). Tenimento di terre nel territorio di Augusta. Feud.: Lukina Moncada > Enrico Montemurro > Guglielmo Raimondo Moncada (1330). Il 22.4.1330 il circospectus vir «mastro Enrico de Montemurro, col consenso dei figli maggiorenni Ricco e Paolo, vendette a Guglielmo Raimondo Moncada tre tenimenti di terre contigui, chiamati rispettivamente Lu Munti, La Gisira e Chamat, in territorio di Augusta, che gli erano stati dati in seguito all’assegnazione di 20 onze annue, fatta da Luckina Moncada, madre dell’acquirente, per il prezzo di onze 80» (Sciascia, 1994, 225). 411

CAMPANA: Barberi, I, 279 (VN). Tenimento di terre presso Lentini. Feud.: Regina Costanza > notar Nicola (1363) > Bartolomeo de Fiso (1363) > Curia > figlio di notar Nicola (1365) > Infilisia de Fiso > Macalda de Fiso + Ambrosiano Sicaminò (1368) > Gerardo Sicaminò > Tuchio Timera (1373). Bartolomeo (o Bartuccio) de Fiso il 12.1.1363 (I ind.) ricevette in concessione dalla regina Eleonora il feudo Billitti e le terre di Campana (entrambi siti nel territorio di Lentini, VN) (Barberi, I, 280-281)253. Alla morte di Bartolomeo successe la figlia Infilisia de Fiso moglie di Vitale Falcone (Asp, P, 13, 40v). A Infilisia successe la sorella Macalda de Fiso, figlia di Bartuccio de Fiso, alias di Santa Cecilia o di Santa Sicilia, la quale sposò Ambrosiano Sicamino e gli portò in dote i feudi Campana e Billitti (Asp, C, 11, 105; Barberi, I, 281). Il 20.2.1368 il re Federico IV ordinò che il tenimento detto Campana, che era stato occupato da molti durante la guerra, fosse restituito a Macalda, con l’obbligo del servizio militare (Asp, C, 11, 106v-107r). A Macalda successe il figlio Gerardo Sicaminò, che il 31.1.1373 vendette il tenimento di terre la Campana a Tuchio Timera (Asp, C, 13, 40v).

CANDAFIRIO (in ms Bcp; Caudiferio in ms Bsp): Feudo, ubicato verosimilmente presso Lentini. Feud.: Berardo De Ajuto > Accardo Barba > eredi di Accardo Barba (1335). Accardo (o Actardo o Attardo) Barba ricevette l’investitura del feudo Tabaria, sito nell’isola di Malta, il 21.1.1316 (XIV ind.) (Barberi, III, 438-440), ma possedette molte altri feudi in Sicilia: i feudi Stafeuda (presso Spaccaforno in VN), Cachartini (o Tachartini; in VN, territorio di Noto), Changemi, Pantano (di questi ultimi due feudi nulla ci è noto; per Pantano, si tratta forse del feudo La Salina sive Pantanum Ruvecti, cfr. Barberi, I, 157); il Casal Gerardo (che egli aveva avuto in dote dal «dominum Fridericum Mustacium de Leontini»); il feudo Candafirio (o Caudiferio, come in ms Bsp; si tratta forse del feudo Prato o Santanino, che fu poi posseduto da Dionisio Barba (Asp, P, 2, 309)) e altri casali, che ebbe da Berardo di Ajuto (o Ayto) (cfr. infra). Il feudo Cachartini fu assegnato ad una sua figlia andata sposa al medico Bartolomeo Barbalato (o Barbulato) di Noto (Asp, C, 4, 195v). Accardo Barba risulta già morto al momento della D. F. del 1335, quando i suoi eredi, domiciliati a Noto, dichiaravano un reddito di 100 onze dai loro feudi: il feudo Tabatia nell’isola di Malta; i feudi Stafeuda, Cachartini, Changemi, Pantano, Casal Gerardo, Candasirio e altri casali. .

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CASTELLANA: Barberi, I, 161 (VN). Tenimento di terre presso Siracusa. Feud.: Giacomo Alagona > Curia > Iacopo de Aricio (1392). Giacomo Alagona Possedette il feudo Bumfala, in territorio di Noto, e il tenimento Castellana, presso Siracusa (Barberi, I, 161); il feudo Bauli, in territorio di Noto (Barberi, I, 184); il feudo Belmonte, in VN presso Palagonia (Barberi, I, 298). Ribellatosi contro re Martino Giacomo I Alagona ebbe confiscati i feudi, e fu decapitato nel 1393. Dopo la confisca re Martino fece le seguenti concessioni: il 29.9.1392 il feudo Bumfala e il tenimento Castellana al notaio Giacomo Aricio di Siracusa (Barberi, I, 161); il 19.11.1392 il feudo Bauli a Rainaldo Landolina (Barberi, I, 184); il 12.10.1392 il feudo Belmonte a Giacomo Campolo (Barberi, I, 298); Giarratana a Bernardo Cabrera (Barberi, MC, 84); i diritti sul pontile del porto di Siracusa furono assegnati a Giacomo de Colle (Barberi, I, 521). CHIMIMELLO: Barberi, I, 374 (VN). Feudo ubicato tra Vizzini e Buccheri. Feud.: Dionisio Barba > Violante Barba + Bartolomeo Landolina > nr Jacopo di lu Buccheri (1371) > Pietro Di Not. Rainero (1399). Alla morte di Dionisio Barba senza figli, Casal Gerardo, Stafeuda e probabilmente altri feudi già appartenuti a Attardo Barba, passarono alla figlia di questi Violante Barba, che sposò Bartolomeo Landolina. Essi, in quanto eredi di Dionisio Barba vendettero (in data non precisata nel documento) il feudo Casalgerardo a Torgisio Montalto, e il feudo Chimimello a notar Jacopo di lu Buccheri: ai nuovi proprietari venne richiesto il 3.4.1371 il pagamento dello ius relevii

CURCURACI : Barberi, MC, 253 (VN). Feudo, ora contrada Curcuraggi, nel territorio dell’attuale comune di Melilli. Feud.: Chiesa di Siracusa > Galvagno de Lando (1296) > Guglielmo Raimondo II Moncada + Periconio Moncada (1335). Galvagno de Lando nel 1296 ebbe infeudato il feudo Curcuraci, appartenente alla chiesa di Siracusa (Bresc, 1986, 898). Guglielmo Raimondo II Moncada sposò Margherita Sclafani, che gli portò in dote beni per 1800 onze: il loro contratto matrimoniale fu stipulato il 23.10.1324 (Asp, Moncada, 816, 6). Egli col fratello Periconio (la segnalazione della comunità di beni col fratello solo in ms Bcp) era accreditato secondo la D. F. del 1335 di un reddito di 400 onze proveniente dai feudi Scordia superiore, Bulfida e Galermo (Calarino, in 413

ms Bcp), dalle terre di Augusta e Melilli, dal feudo Curcuraci (oggi contrada Curcuraggi del Comune di Melilli, cfr. Castelli, 2001, 396), comprese anche le 20 onze sui proventi delle antiche assise di Caltagirone. CUZULUTU (Cazulutu): casale vicino Noto o Lentini (Amari, 2004, 92). Feud.: Pietruccio Linguida (1335). Pietruccio Linguida, che secondo la D.F. del 1335 dai casali di Crimasta, Cazulutu e Burgaramo ricavava 130 onze di reddito. Nell’adoa del 1345 Pietro Linguida, domiciliato a Lentini, contribuiva con 7 cavalli armati (pari a 140 onze), ma la metà del contributo gli venne rilasciato (Barberi, MC, 8). Il 4.12.1353 fu nominato maestro razionale della Curia (Asp, P, 2, 293). Pietro de Linguida risulta già morto in data anteriore al 7.9.1356 DACHALA (Dochari): (VN). Tenimento di terre nei pressi di Lentini. Feud.: Guglielmo Passaneto > Regina Costanza > Eximenes Viotta (1363). La regina Costanza il 10.3.1363 concesse il tenimento di terre dette Li Dochari (o La Dachala), in territorio di Lentini, già appartenuti al traditore Guglielmo Passaneto, a Eximenes de Viotta e i suoi eredi. Eximenes ne ricevette conferma da re Federico IV il 14.8.1363 (Asp, P, 1, cc. 106; 161-162). FAVARA (Fabaria): (VN). Casale in territorio di Palazzolo. Feud.: Parisio Castillar > Matteo Alagona (1370). Nell’adoa del 1345 Parisio Castellar residente a Palazzolo fu tassato per 6 cavalli armati (pari a 120 onze di reddito). Lo stesso milite Parisio Castellar, signore della terra di Palazzolo, figura destinatario di lettere della regina Eleonora il 29.10.1356 (Giuffrida, 1980, 22). Alla morte di Parisio Castellar, che possedette oltre la terra e il castello di Palazzolo, anche i feudi Bibino, Bibinello e Favara, gli successe (ma non conosciamo le ragioni) Matteo Alagona che possedeva quei feudi il 12.3.1370 (Asp, C, 12, 50v; Barberi, MC, 573).

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GISIRA (Gissira in ms Bcp e ms Bsp; La Gisia): Barberi, I, 456 (VN). Tenimento di terre o feudo, in territorio di Augusta. Feud.: Lukina Moncada > Enrico Montemurro > Guglielmo Raimondo Moncada (1330) > Camera Reginale (1335) > Rainaldo Landolina (ante 1371): 1/2 Rainaldo Landolina (1371-1403) + 1/2 Manfredi Alagona (1371) > Arnaldo Landolina (1408: Muscia, 1692, 96). Il notaio Enrico Montemurro è attestato a Malta in occasione del testamento di Guglielmo di Malta nel 1299 (Bresc, 1986, 625). Ricoprì la carica di regio secreto e maestro procuratore nel 1309-10, 1311-12, 1312-13, 1313-14 (Acfup, 1, 140; Asp, C, 2, cc. 106v, 107v-108r; Asp, C, 2, cc. 106v, 108, 109). Il 12.12.1322 la Magione di Palermo locò a mastro Enrico di Montemurro per 29 anni e per un censo annuo di onze 1.15 un mulino nel territorio di Palermo (Toomaspoeg, 2003, 760). Il 22.4.1330 il circospectus vir «mastro Enrico de Montemurro, col consenso dei figli maggiorenni Ricco e Paolo, vendette a Guglielmo Raimondo Moncada tre tenimenti di terre contigui, chiamati rispettivamente Lu Munti, La Gisira e Chamat, in territorio di Augusta, che gli erano stati dati in seguito all’assegnazione di 20 onze annue, fatta da Luckina Moncada, madre dell’acquirente, per il prezzo di onze 80» (Sciascia, 1994, 225). LANSI (Laufi, Lanfi, Lilansi): Barberi, I,192 (VN). Casale, nei pressi di Noto. Feud.: Bartolomeo Parisio > Curia (1271) > Guillaume Isnard (1271) > Curia (1282) > … > Giovanni Aragona (1408: Muscia, 1692, 96). Nel 1271 Carlo d’Angiò confiscò a Bartolomeo de Parisio i casali di Burgilluso (in VN, cfr. Barberi, I, 192) e Laufi probabilmente da identificare col feudo Lilausi (in VN, cfr. Barberi, I, 192) (RA, VIII, 72). MARGOLLI: (VN). Feudo in territorio di Siracusa. Feud.: Bartolomeo de Gallano > Raimondo Marquet (ante 1292) > eredi di Berengario Marquet (1335) > Calcerando Marquet (1345). Bartolomeo de Gallano, dominus miles di Siracusa, sposò la nobile Francesca, una consanguinea del barcellonese Raimondo Marketti (Marquet) (Battle, 1983, II, 176: 10.5.1295). Il Gallano possedette, in territorio di Siracusa, i casali Margolli, Favarocta, Rachadeti, Gemelli. Anche questi feudi passarono in data anteriore al 1292 a Raimondo Marquet (La Mantia, 1956, 227). La nobile Francesca, vedova di Bartolomeo Gallano, il 10.5.1295 cedette al nobile Bernardo Market, figlio di Raimondo, le rendite del suo casale Mulgella (si tratta di Margolli ?) in cambio della fornitura di alimenti e vestiti in vitalizio (Battle, 1983, II, 176). 415

MONTE PEREGRINO (in ms Bsp; Peregni in ms Bcp; Monte Pillirino): Barberi, I, 475 (VN). Casale, feudo, presso Buscemi. Feud.: Matteo de Peregrino (1277) > … > Federico Sigonia (1335). L’8.9.1277 Matteo de Peregrino, feudatario del casale disabitato di Monte Peregrino, «dovette chiedere licenza di matrimonio per poter sposare Alberica, figlia del fu Giacomo di Sinibaldo di Lentini, benché questi non avesse possedimenti feudali» (Catalioto, 1995,132; RA, XIX, 249). Abbiamo notizie del miles Fredericus de Sygona de Lentino come teste in un atto stipulato ad Agrigento il 14.2.1318 (I ind.) (Pace, 1996, 244). Il miles Federico Sigonia di Lentini secondo la D. F. del 1335 ricavava 60 onze di reddito (reddito non segnato in ms Bsp) dai feudi Monte Peregrino (o monte Pillirino, VN presso Buscemi), Mutomelli (Timonelli, in ms Bsp) e Rabalmitri (Ralbamitri o feudo Armiggi in VN, territorio di Lentini; cfr. San Martino De Spucches, I, 156); nel 1345, sempre domiciliato a Lentini, corrispondeva l’adoa per 2 cavalli armati (pari a 40 onze di reddito). Giovanni de Podio che figura nel ruolo feudale del 1408 come titolare dei feudi Cugni, Lussanitto (sic!) e Monte Peregrino (Muscia, 1692, 96) ed ebbe conferma del feudo li Savini il 16.8.1418 (Barberi, I, 106) e del feudo Li Cugni il 24.8.1418 (Barberi, I, 104).

MOTESI (in ms Bcp; Mothesi in ms Bsp): (VN). Feudo in territorio di Siracusa. Feud.: Filippo Ebdimonia > eredi di Filippo Ebdimonia (1335-45). Gli eredi di Filippo Ebdemonia (Timonia, in ms Bsp) secondo la D. F. del 1335 godevano di un reddito di 50 onze sui feudi Motistino e Motesi, siti presso Siracusa, in VN. Anche nel 1345 l’adoa fu corrisposta dagli eredi di Filippo de Dimonia, domiciliati a Palermo, per due cavalli armati (pari a 40 onze di reddito).

MOTISTINO (in ms Bsp; Momlisano in ms Bcp): (VN). Feudo in territorio di Siracusa. Feud.: Filippo Ebdimonia > eredi di Filippo Ebdimonia (1335-45). Gli eredi di Filippo Ebdemonia (Timonia, in ms Bsp) secondo la D. F. del 1335 godevano di un reddito di 50 onze sui feudi Motistino e Motesi, siti presso Siracusa, in VN. Anche nel 1345 l’adoa fu corrisposta dagli eredi di Filippo de Dimonia, domiciliati a Palermo, per due cavalli armati (pari a 40 onze di reddito).

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MUNTI: (VN). Tenimento di terre in territorio di Augusta. Feud.: Lukina Moncada > Enrico Montemurro > Guglielmo Raimondo Moncada (1330). Il notaio Enrico Montemurro è attestato a Malta in occasione del testamento di Guglielmo di Malta nel 1299 (Bresc, 1986, 625). Ricoprì la carica di regio secreto e maestro procuratore nel 1309-10, 1311-12, 1312-13, 1313-14 (Acfup, 1, 140; Asp, C, 2, cc. 106v, 107v-108r; Asp, C, 2, cc. 106v, 108, 109). Il 12.12.1322 la Magione di Palermo locò a mastro Enrico di Montemurro per 29 anni e per un censo annuo di onze 1.15 un mulino nel territorio di Palermo (Toomaspoeg, 2003, 760). Il 22.4.1330 il circospectus vir «mastro Enrico de Montemurro, col consenso dei figli maggiorenni Ricco e Paolo, vendette a Guglielmo Raimondo Moncada tre tenimenti di terre contigui, chiamati rispettivamente Lu Munti, La Gisira e Chamat, in territorio di Augusta, che gli erano stati dati in seguito all’assegnazione di 20 onze annue, fatta da Luckina Moncada, madre dell’acquirente, per il prezzo di onze 80» (Sciascia, 1994, 225).

MURBANO (in ms Bcp e ms Bsp; Morbano): Barberi, I, 320 (VN). Feudo ubicato tra Vizzini e Buccheri. Feud.: Guillotta Chaulo > Lando De Ferula (1375) > Giacomo Serra > … > Nicola Castagna (1408: Muscia, 1692, 88). Guillotta (Guililmotta, in ms Bsp) Chaula secondo la D. F. del 1335 dal feudo Murbano (sito tra Vizzini e Buccheri in VN) ricavava 4 onze di reddito. Alla sua morte il feudo Murbano fu acquistato il 18.6.1375, col consenso di re Federico IV, da Lando de Ferula (Asp, C, 8, 165). MURRAGELLO (in ms Bsp; Murchella in ms Bcp, Muragello): Barberi, I, 486 (VN). Casale, ubicato presso Noto. Feud.: Nicola Lancia (1335) > … > Giovanni Moncada (1408: Muscia, 1692, 100). Il dominus Nicola Lancia, giustiziere del Val di Mazara nel dicembre 1321 (Acfup, VI, 6-7), secondo la D. F. del 1335 ricavava un reddito di onze 300 dalle terre di Giarratana e Ferla (Ferula), dai casali di Osino (Oxino in VN), Murchella (Murragello, in ms Bsp), dalla salina del conte Enrico, dal bosco di Boali (si tratta del feudo Bauli), e dai feudi Donna Scala, Mangino (VN), Burgio (VN), Bonfalo (Bumfala), Longarino, Mutataxati (Mutaxati in ms Bsp), Pantano di Gallo e Taguida (Canigla, in ms Bsp).

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Si tratta probabilmente del territorio e annessa salina, posto sulle rive del mare, nei pressi dell’attuale Pachino di cui persiste il toponimo “Muredda” MUSTRARI: Barberi, I, 241 (VN). Feudo in territorio di Augusta. Feud.: Guglielmo Raimondo III Moncada > Curia (1397). Guglielmo Raimondo (III) Moncada, sposò il 3.9.1367 in prime nozze Beatrice Alagona, figlia di Giovanni e di Isabella Palizzi (figlia di Matteo Palizzi). Ella gli portò in dote 1200 onze e, in occasione delle nozze, Guglielmo Raimondo Moncada ebbe dal padre Matteo donazione irrevocabile tanto della contea di Augusta e delle terre d’Altavilla e Melilli, quanto della contea di Adernò e Centorbi per cui verteva ancora causa nella R.G.C. (Asp, Moncada, 127, 225; Asp, Moncada, 397, 251). Da Beatrice ebbe Matteo, Giovanni, Isabella, Giovanna ed Eleonora. Sposò in seconde nozze Stefania da cui ebbe Guglielmo Raimondo (IV) Montecateno. Fu signore della terra di Novara (Barberi, MC, 312); del feudo Thimonia (in VM, confinante con i feudi Casata, la Montagna di Cani, Valzina e Favarocta, e col territorio di Misilmeri) (Barberi, III, 261); del tenimento Ruzulino, in territorio di Mazara (Barberi, III, 283); del tenimento Li Manchi con il Vignale Li Casi di Lu Castello, in territorio di Castrogiovanni (Barberi, III, 285); del tenimento di terre Summaro, nel territorio di Agrigento, con censuali per onze 2.10 (Barberi, III, 404); del feudo San Giuliano (in VN e territorio di Augusta), che possedeva insieme ad Antonio di Xacca (Barberi, I, 264-265); del feudo Curcasi, presso Augusta (Barberi, I, 500); del castello di Castelluccio di Noto con suoi feudi e pertinenze, e del feudo Churca, appartenuti a Matteo Palazzi (Barberi, I, 87-93); dei feudi Spalla, Bigeni, Mustrari e Priolo, in VN e territorio di Augusta (Barberi, I, 241); del feudo e del castello di Monte Climato, in VN (Barberi, I, 352-3); del feudo lu Murgo, nel territorio di Lentini (Barberi, I, 358); del feudo e del castello di Cassibile (Barberi, I, 145). MUTAXATO (Mutaxari): tenimento di terre, presso Noto. Feud.: Nicola Lancia (1335) > ... > Mainitto Sortino (1408: Muscia, 1692, 99). Il dominus Nicola Lancia, giustiziere del Val di Mazara nel dicembre 1321 (Acfup, VI, 6-7), secondo la D. F. del 1335 ricavava un reddito di onze 300 dalle terre di Giarratana311 e Ferla (Ferula), dai casali di Osino (Oxino in VN), Murchella (Murragello, in ms Bsp), dalla salina del conte Enrico, dal bosco di Boali (si tratta del feudo Bauli), e dai feudi Donna Scala, Mangino (VN), Burgio (VN), Bonfalo (Bumfala), Longarino312, Mutataxati (Mutaxati in ms Bsp), Pantano di Gallo e Taguida (Canigla, in ms Bsp).

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MUXIA (Mugia o La Musìa): Barberi, I, 114 (VN). Feudo in territorio di Noto. Feud.: Nicola Siracusis (1345) > Filippo Siracusis > Simone Siracusis (1366) > Filippo Siracusis > Antonio Nicola de Salonia (1370) > Nicola Salonia (1408: Muscia, 1692, 97). Al tempo di Federico IV figura feudatario del feudo Muxia (o Mugia, nel territorio della città di Noto) il notaio messinese Filippo di Siracusis che alla sua morte ebbe come erede il figlio Simone, che ricevette l’investitura sovrana l’11.12.1366 (Asp, C, 13, 102v; Barberi, I, 114).Antonio Nicola de Salonia di Noto il 7.8.1370 acquistò per onze 70 da Filippo Siracusis il feudo Muxia, nel territorio di Noto. La moglie del Siracusis, Giacobina e le figlie Agnese, Cara ed Agata il 28.9.1372 confermarono la vendita al Salonia, che ricevette conferma reale il 5.10.1372 (Barberi, I, 115). Cola di Salonia, signore del feudo La Musìa, ne risulta titolare il 25.5.1392 (Barberi, I, 440). Gli successe il figlio Nicola Salonia che ottenne investitura il 20.3.1418 (XI ind.). OXINO (in ms Bsp; Osino in ms Bcp): Barberi, I, 476 (VN). Casale nel territorio del comune di Lentini (contrada Ossena, a sud di Scordia). Feud.: Nicola Lancia (1335) > ... > contessa di Passaneto (1408: Muscia, 1692, 85). Il dominus Nicola Lancia, giustiziere del Val di Mazara nel dicembre 1321 (Acfup, VI, 6-7), secondo la D. F. del 1335 ricavava un reddito di onze 300 dalle terre di Giarratana311 e Ferla (Ferula), dai casali di Osino (Oxino in VN), Murchella (Murragello, in ms Bsp), dalla salina del conte Enrico, dal bosco di Boali (si tratta del feudo Bauli), e dai feudi Donna Scala, Mangino (VN), Burgio (VN), Bonfalo (Bumfala), Longarino312, Mutataxati (Mutaxati in ms Bsp), Pantano di Gallo e Taguida (Canigla, in ms Bsp). PRATO (Manistalla): Barberi, I, 324; Barberi, MC, 600 (VN). Feudo presso Siracusa. Feud.: Pandolfino Selvaggio > Sera Martines di Viscarra + Bernardo Russo (1363) > Filippo Montalto (1365) > Turgisio Montalto (1377-93). Sera Martines di Viscarra, moglie di Bernardo Russo, l’8.7.1363 ricevette in concessione dalla regina Costanza il feudo Prato con orto e case chiamate Manistalla (già appartenuto a Pandolfino Silvaggio), sito in territorio di Siracusa, e ne ebbe conferma da re Federico IV il 17.8.1363 (Asp, P, 1, cc. 110; 181-182; Asp, Pergamene varie, 171). Il catalano Bernardo Russo (o Rubeo), in quanto marito di Sera Martines di Viscarra possedette il feudo Prato con orto e case chiamate Manistalla, in territorio di Siracusa (Asp, P, 1, 110). Il 29.3.1365 il siracusano Filippo Montalto acquistò dal catalano Bernardo Rubeo 419

il feudo Prato con orto e case chiamate Manistalla, in territorio di Siracusa per 250 fiorini. Il 28.2.1377 il nobile Filippo Montalto, sposo di Simona, emancipò dalla patria potestà il figlio Turgisio donandogli il tenimento Prato, le terre dette Joseph in contrada Mulotta e l’orto Manistalla (Asp, Pergamene varie, 173). RACALMADARI (Rachalmadari, Rohamildar, Ramaldari in ms Bsp; Rilmadali in ms Bcp; Rayhalmandari): Barberi, I, 140 (VN). Casale, poi feudo (1408), presso Noto. Feud.: Guido Mohac > Raymond de Roubion + Raymond de Levens (1270 c.) > Curia (1282) > … > Pietro II Modica (1335) > … > Pietro de Faudo (1392). Guido de Mohac, la cui famiglia possedeva dei beni feudali fin dal tempo dell’imperatore Federico e di re Manfredi, si era ribellato agli Angioini. Alla fine del 1270 fu perdonato e riammesso nel godimento di taluni beni (RA, VI, 187) da Carlo d’Angiò, che però assegnò alcuni suoi feudi a militi d’oltralpe: il casale Redidino (Reddino, in contrada Respensa, nel territorio di Ragusa), assegnato a Bertrand Actanulfo, che lo restituì alla Curia nel 1274, in cambio del castello di Montesecco in Abruzzo (RA, VIII, pp. 71, 190-191; RA, XI, 95); il casale Rohamildar (cfr. sotto: Rilmadali), fu assegnato a Raymond de Roubion e Raymond de Levens (RA, VIII, 73; Catalioto, 1995, pp. 86, 104, 116, 119); mentre il casale Favarotta (VM, presso Licata; Barberi, III, 72), che Guido Mohac, fin dal tempo dell’imperatore Federico, aveva ereditato dalla moglie, figlia di Silvestro di Donnabalzana, fu assegnato a Isnardo de Trenca La Boyre (Catalioto, 1995, 294; RA, VIII, pp. 72, 191). Pietro (II) Modica, figlio di Pietro, aveva un ruolo di primo piano fra i familiari del re nel dicembre 1314 (Mirazita, 1983, 120 ss.). Figura come stratigoto di Messina il 6.3.1324 (Salvo, 1992, 95). Secondo la D. F. del 1335 egli ricavava onze 300 (reddito segnato solo nel ms Bcp) dal feudo Barchifersa (Burgilfeza)397, dai casali Rididino, Bermineo, Rilmadali, Buxello398, Bulchiferne e dalla terra di Xortino (Sortino, ora Sciortino)399, tutti in VN. Alla sua morte la terra di Sciortino e gli altri beni feudali passarono al già citato Federico Modica. Pietro de Faudo il 24.5.1392 risulta titolare del feudo Rahalmadara, in territorio di Noto (Gregorio, 1791-92, II, 478). Perruccio Modica (IV), ereditò dallo zio i feudi Buxella e Monaco, la terra di Sciortino, di cui ricevette conferma dal duca Martino il 2.11.1391 (Barberi, MC, 595), e i feudi Belmineo, Rachalmadari, Rididino e Burgilfersam, quest’ultimo in VN e territorio di Modica (Barberi, I, 340).

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RACALMEDI (Rachalmedica, Rachalmedi in ms Bsp, Rachalmudica): Barberi, I, 192 (VN). Feudo nel territorio di Noto. Feud.: Baldassare de Baldo (1335) > ... > Balduccio de Baldo (1392). Baldassare de Baldo di Siracusa secondo la D. F. del 1335 ricava 15 onze di reddito dai feudi Billudia (VN) e Rachalmedi (Rachalmedica, in VN) (feudo e feudatario figurano solo in ms Bsp). Non è attestato nell’adoa del 1345. Guglielmo de Baldo ricopriva l’incarico di sindaco di Siracusa il 12.9.1343 (Bcs, Liber privilegiorum, I, 115-116); non conosciamo il grado di parentela con il precedente e successivo feudatario. Fu certamente erede e successore di Baldassare de Baldo il Balduccio de Baldo che il 25.5.1392 risulta titolare dei feudi Belludia e Rahalmedica, e di un reddito feudale di 30 onze gravante sulla R. Curia (Gregorio, 1791-92, II, 478), ma già l’8.8.1392 il feudo Billudia risulta infeudato da re Martino a Guaglardetto Monteclup (Barberi, I, 151). Successivamente Balduccio de Baldo riacquisì la signoria sul feudo Belludia come si evince dal ruolo feudale del 1408 (Muscia, 1692, 97).

RACALMENI (Rachameno in ms Bsp e ms Bcp, Rachalmeni, Rajalmeni): (VN). Casale, poi feudo (1408) presso Buccheri (ora Ragameli). Feud.: Gerardo Montalto > Riccardo Montalto (1335) > Artale Alagona (1337) > Riccardo Montalto > Giovanni Montalto (ante 1361) > Riccardo Montalto (1361) > … > Giovanni de Crucillis (1408: Muscia, 1692, 84). Il 2.4.1310 Gerardo Montalto, dominus seu baro casalis Bukerii, «fu condannato a restituire a Guglielmo Raimondo Moncada, signore di Bulfida, delle terre spettanti a quest’ultimo in base all’inchiesta ordinata da re Federico» (Sciascia, 1994, 150). Successivamente, in data 25.2.1314 (XII ind.), considerati i meriti e i servizi prestati al re dal detto Gerardo, questi fu investito della terra di Buccheri «sub consueto militari servitio ana scilicet oz XX pro quolibet equo armato secundum annuos redditus illius» (Barberi, MC, 635). Nel 1321 ritroviamo Gerardo Montalto in controversia con i suoi vassalli (Asp, Villafranca, 260). Sposò Francesca, titolare di alcuni feudi presso Sciacca, fra cui probabilmente Rachalmaymuni (Asp, P, 2, 407). Gerardo ebbe due figli: Riccardo, il maggiore, e Giovanni (Barberi, MC, 635-637). Morì in data anteriore alla D. F. del 1335, quando gli eredi del milite Geraldo Montalto, che godevano di un reddito di 160 onze, avevano la signoria della terra di Buccheri (Barberi, MC, 635-637) e del casale Rachamemi, presso Lentini. Il casale Rachalmemi toccò al primogenito Riccardo che il 19.9.1337 lo vendette per 200 onze ad Artale Alagona (Giuffrida, 1978, 26-27; Bresc, 1986, pp. 811, 820). 421

A Giovanni successe come barone di Buccheri il figlio Turgisio (o Trogisio o Troisio) Montalto. Il 30.4.1361 re Federico IV gli ordinò di consegnare allo zio Riccardo, da poco reintegrato nella fama, nelle cose e nei beni burgensatici e feudali, il casale Rachalmemi, che era stato assegnato in precedenza a Giovanni Montalto (Asp, P, 2, 71). RACHILGIDIDI (Racalgia in ms Bcp; Rachalchia in ms Bsp): Barberi, I, 107 (VN). Feudo, ora contrada Fontana di la Mortilla in territorio del comune di Siracusa. Feud.: Bongiovanni Migliotta (ante 1335) > Violante Migliotta + Tommaso Capichi > Marino Capichi (1375) > Pandolfina Capichi > Lucia Capichi (1385). Nell’adoa del 1345 gli eredi di Bongiovanni Migliotta (Muglacca, per errore, in ms Bsp) risultano essere Tommaso Capichi, domiciliato a Augusta e marito di Violante, figlia o parente del Bongiovanni, tassati per un cavallo armato e mezzo (onze 30 di reddito). Morto Tommaso Capichi, la vedova Violante lasciò alla figlia Pandolfina Capichi quattro feudi: Chandicactini, Racalveti, li Baruni e la Funtana di li Mortilla, tutti in VN (Barberi, I, 107). Morto Tommaso Capichi, la vedova Violante, con una donazione irrevocabile fatta in data anteriore al gennaio 1374 lasciò i feudi Chandicattini, li Baruni, Raboceti (Rachalveti), Rachilgididi detta la Fontana de la Mortilla, al figlio Marino Capichi (Asp, C, 12, 189). Marino Capichi di Siracusa, che sposò la figlia di Ansaldo Campolo, il 10.1.1374 ebbe rilasciato lo ius relevii sui feudi Chandicatini, li Baruni, Rachalgididi e Rachalveti (Asp, C, 12, 189), risulta vivente il 2.8.1375 (Asp, C, 13, 203), e morì qualche giorno dopo. Morto Marino, la madre Violante con altra donazione irrevocabile del 14.8.1375, confermata da re Federico IV il 12.12.1375, lasciò quattro feudi (Chandicactini, Racalveti, li Baruni e la Funtana di li Mortilla, tutti in VN) alla figlia Pandolfina Capichi Bartolomeo Altavilla iudex iurista e iurisperitus, di Corleone, fu giudice della M.R.C dal 1356 al 1393 almeno. Sposò Pandolfina Capichi, già vedova di Francesco Mohac, la quale aveva ereditato i feudi Chandicactini, Racalveti, li Baruni e la Funtana di li Mortilla, tutti in VN (Asp, C, 5, 252-254). Pandolfina fece testamento il 10.7.1385 e lasciò il feudo La Fontana di La Mortella alla sorella monaca Lucia e come esecutore testamentario e fidecommissario il marito Bartolomeo Altavilla che l’1.8.1393 ricevette l’investitura dei tre feudi Chandicattini, li Baruni e Rachalveti (o Rachilveri) (Barberi, I, 107-9; Asp, C, 4, 87). Il giudice Bartolomeo Altavilla fece testamento il 24.8.1396 (Sardina, 1995, 212).

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RAOLETO (Laureto in RA): casale presso Augusta. Feud.: Guglielmo e Pietro Amico (1271) > Curia (1282). I fratelli Guglielmo e Pietro d’Amico ottennero nel 1271 i feudi Baiamonte Cifo, Rugibles (Bulgifers), Saracena (per la terza parte) nella baronia di Mohac, il feudo appartenuto a Guglielmo Tornatore, oltre al casale di Raoleto (Laoretus) e al mulino detto «di Marcellino», che erano ubicati un po’ più a settentrione, nel territorio di Augusta (Catalioto, 1995, 150; RA, VIII, pp. 71, 188)49. Guglielmo d’Amico, attestato per la prima volta nel giugno 1230 come figlio del conte Amico de Amicis (Sciascia, 1994, pp. 46-48, 72-73), risulta già morto in data 30.4.1273; suoi figli ed eredi furono Filippo, Giovannino, Contessa, Rossella e Isolda (Sciascia, 1994, 72). SALINA DEL CONTE ERRICO: (VN), presso Noto. Feud.: Nicola Lancia (1335). Dominus Nicola Lancia, giustiziere del Val di Mazara nel dicembre 1321 (Acfup, VI, 6-7), secondo la D. F. del 1335 ricavava un reddito di onze 300 dalle terre di Giarratana311 e Ferla (Ferula), dai casali di Osino (Oxino in VN), Murchella (Murragello, in ms Bsp), dalla salina del conte Enrico, dal bosco di Boali (si tratta del feudo Bauli), e dai feudi Donna Scala, Mangino (VN), Burgio (VN), Bonfalo (Bumfala), Longarino312, Mutataxati (Mutaxati in ms Bsp), Pantano di Gallo e Taguida (Canigla, in ms Bsp). SAN CALOGERO: Barberi, MC, 247 (VN). Feudo, ora contrada nel territorio del comune di Lentini. Feud.: Ughetto Lanzano (1357) > … > Guglielmo Raimondo Moncada (1396). l’1.7.1357 re Federico IV concesse al catalano Ughetto Danzano e ai suoi eredi il feudo San Calogero con la motta (Asp, P, 2, 87; Asp, P, 2, 424). Il Lanzano possedette anche il Lago o Pantano di Lentini, che successivamente re Federico IV concesse il 26.5.1366 a Matteo Montecateno (Asp, Moncada, 127, 193; Barberi, III, 332).

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TIMOGNI: Barberi, I, 354 (VN). Tenimento di terre nel territorio di Noto. Feud.: Orlando Traversa (fino a 1393) > Curia > Muchio Landolina. Orlando Traversa possedette metà del feudo Misilino che gli venne confiscato e il 18.10.1393 fu assegnato a Vassallo Landolina (Barberi, I, 328); possedette il territorio o tenimento di terre Li Timugni, in territorio di Noto, che dopo la rivolta fu assegnato a Muchio Landolina il 6.5.1398 (Barberi, I, 354). TIMONELLI (in ms Bsp; Mutonelli in ms Bcp): (VN). Feudo presso Lentini ? Feud.: Federico Sigonia (1335). Abbiamo notizie del miles Fredericus de Sygona de Lentino come teste in un atto stipulato ad Agrigento il 14.2.1318 (I ind.) (Pace, 1996, 244). Il miles Federico Sigonia di Lentini secondo la D. F. del 1335 ricavava 60 onze di reddito (reddito non segnato in ms Bsp) dai feudi Monte Peregrino (o monte Pillirino, VN presso Buscemi), Mutomelli (Timonelli, in ms Bsp) e Rabalmitri (Ralbamitri o feudo Armiggi in VN, territorio di Lentini; cfr. San Martino De Spucches, I, 156); nel 1345, sempre domiciliato a Lentini, corrispondeva l’adoa per 2 cavalli armati (pari a 40 onze di reddito).

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