Storia Del Teatro Italiano [PDF]

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Zitiervorschau

Il teatro italiano da Machiavelli ai giorni nostri

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Introduzione Il termine “teatro” ha tre sensi. Prima, è un luogo sistemato o è un edificio costruito per la rappresentazione di uno spettacolo. Ma, il teatro è anche un arte che permitte presentare a un pubblico uno spettacolo, secondo accordi precise e variabili secondo i luoghi e gli epoche. Qui, i personaggi sono incarnati per attori. Alfine, è possibile parlare di “teatro” per una obra che presenta un’azione drammatica, generalmente sotto forma di monologhi o di dialoghi tra personaggi; l’obra teatrale è destinata a essere rappresentata su una scena. Durante anni e secoli, il teatro come arte (che sia d’Italia o d’altri paesi) si ha trasformato. Questa evoluzione si vede tanto dal punto di vista dell’interpretazione o della scritura. E’ possibile vedere la nascita del teatro nell’antica Grecia con il dramma satirico. Questa forma d’arte della letteratura teatrale ha compiuto tra trasformazioni per giungere fino a noi. Con i secoli, le tragedie e le commedie si sono adatte ai periodi storici ed ai gusti dei spettatori. Malgrado di questa evoluzione, il teatro non ha perso il fascino e il potere di affascina l’uomo. Ora con l’avvento di nuovi mezzi espressivi come il cinema o la televisione, la grande parte della popolazione ha disertato i luoghi di rappresentazione teatrale. Tuttavia, gli appassionati è certamente importanta. Durante il Medievo, il teatro è marcato per il commediografo MUSSATO, che tentò l’imitazione in latino delle tragedie di SENECA1 (60 avanti Christo – 39 dopo Christo). Poi, il Rinascimento è marcato per MACHIAVELLI (1469-1527), che fa (nelle sue opere) una critica della società de su epoca. L’eredità di MACHIAVELLI è visibile ancora oggi. Ma, qual’è l’evoluzione del teatro italiano dal Rinascimento a oggi, cioè dal’epoca di MACHIAVELLI ai giorni nostri? E’ per questo che vedremo la storia del teatro italiano dal Rinascimento (I) e poi studieremo tre autore che hanno marcato il teatro (II): MACHIAVELLI, GOLDONI e PIRANDELLO.

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Il Teatro Italiano da Machiavelli ai giorni nostri I)

CRONOLOGIA DEL TEATRO ITALIANO A) RINASCIMENTO ED ETÀ BAROCCA

Durante i periode precendente, due tipi di teatro si sono divelopati: il teatro più o meno religioso e il teatro goffamento buffonesco. Col Rinascimento, è contro questi due tipi di teatro che s’afferma il teatro erudico. Nato dal studio dei classici greci e latini, il teatro del Rinascimento foggia tre forme proprie: il dramma pastorale, la commedia umanistica e la tragedia. Il teatro deviene allora un divertimento dei signori, dei principi, dei cardinali e dell’adirittura dei Papi. In fatto, è possibile dire che (senza escludere il gran pubblico), il teatro sia un fenomeno di corte per eccelenza. Al Rinascimento, gli interpretazione e gli interpreti sono varie. Dapprima, gli interpreti sono gentiluomini, accademici o studenti. Poi, c’è una evoluzione con il cardinale Ippolito d’Este: fa recitare a Roma dai suoi domestici, cuochi e stallieri, una commedia del Molza e del Tolomei. I rappresentazione di queste obre attraggono tante gente che che si deve trattarnerle con le guardie. A ogni modo si tratta di attori amatorri. Gli spettacoli del genere sono promossi non da impresari, ma da mecenati e da enti culturali come accademie.

Scena della Commedia dell’Arte Nella Commedia dell'arte, ci sono i costumi e gli accessori (particolarmente le maschere) che permettono l’indentificazione immediata dei personaggie e che sottolineano, fino alla caricattura, i loro tratti di carattere principali. Cardoni (a sinistra) e Maramao (a destra) sono in mezzo ai personaggi di questo tipo teatrale.

Ma già nella prima metà del seccolo XVI s’è rivelato un fenomeno nuovo: l’apparizione degli attori professionali e dunque della Comedia dell’Arte. Da molti storici si è parlato di costore come di genialissimi ma rozzi improvvisatori, emersi della farsa plebea. In realtà, è nella seconda metà del seccolo che questi attori hanno avuto un enorme successo in quasi tutte i paesi d’Europa. Interpreti acclamati di opere regolari, essi conseguirono la massima fama come si sa nella cosidetta commedia improvvisa, dove i personaggi sono stilizzati in altretanti tipi fissi o maschere. Ma questo non erano possibile senza la trasformazione dei caratteri della 5

commedia classica con le loro regole attinte, le loro sceneggiature o intrecci. Si aggiunga che i più famosi attori “dell’arte” son quasi tutti colti e letterati: pur non avendo creato opere di poesie in quanto riunciarono a scrivere, essi adempirono tuttavia al compito di trasmettere dall’Italia a tutta l’Europa le formule e i modi dell’eterna sostanza comica ereditata dalle letterature classiche. La commedia dell’arte è anche interessante come documento sociale e morale in quanto la sua abituale sconcezza può dare un idea del costume dell’alta società nei seccoli XVI, XVII e XVII. Questo (ma anche la vita nomade e irregolare des comici) provoca contro la professione dell’attore i rigori della Chiesa, con censure e scomuniche. Gli attori si difesero riparandosi dietro lo scopo morake o religioso o benefico, e riccorendo alla protezione dei sovrani. Questi al canto loro accordarono spesso la loro protezione al teatro. Ma, in contro, ne regolarono la vita e l’organizzazione con leggi e privilegi che si tradusse in retrizioni dificili per le altre, e spesso in un vero e proprio regime di monopolio: altrove si è esposto come i re di Francia e d’Inghilterra abbiano disciplinato questa materia delle licenze a un dato numero di teatri e di compagnie e non più e delle sovvenzioni ad essi accordate. Intanto, nel nuovo tipo di teatro a palchetti che gli architetti italiani hanno creato doppo la nascita del melodramma, si rispecchia lo spirito d’una società gerarchica e fastosa. E’ anche possibile vedere in este teatro la separazione delle classe in vigore nella società di questa epoca. La sala illuminata, non meno sfarzosamente del palcoscenico e popolata, è già uno spettacolo essa stessa. Sovente le stampe dell’epoca fatte per documentare lo splendore d’una messinscena, si danno cura di riprodurre anche il teatro e gli spettatori. D’altra parte, in periodo di Controriforma, si delinea il fenomeno del teatro edificante che si rifugia nei collegi. La tradizione si può far risalire a Rosvita, ma le sue origini prossiùe sono italiane. Essa è coltivata specialmente dai gesuiti e dagli altri ordini religiosi che si dedicano all’insegnamento, maschile e feminile. La moda dei taetrini di corte si diffonde pure nell’alta società del Settecento. Nelle massime città, l’autentica arte drammatica è (salvo rari periodi) inaccessibile alla maggioranza della popolazione. Quanto gli attori, il contegno della società a loro riguardo è incerto e contraddittorio. Sospetti all’autorità civile e respinti dalla Chiesa, gli attori sono idolatrati dal pubblico e divengono familiari ai sovrani. B) RIVLOUZIONE FRANCESE E ROMANTICISMO La Rivoluzione Francese riporta il gran pubblico a teatro. Esso evenamento vuol fare il teatro non più per le “élites”, ma per il popolo. Di più, proclama di voler trasformarlo, da scuola di corruzione a uso della classi gaudenti e corrotte, a scuola di vertù. Il rinnovamento del teatro non è solo francese ma europeo. Questa trasfromazione si deve al Romanticismo. Per esso, il dramma vuol diventare l’agitatore dei grandi problemi proposti dagli spiriti più vigili all’anima delle folle. Da esso moverà il teatro dell’Ottocento. La caratteristica di esso teatro è il suo profondo desiderio di creare una nuova morale e di esercitare una profonda influenza sociale. I primi bandi e squili in questo senso sono partiti dalla seconda metà del secolo XVIII. In Italia, questa evoluzione è possibile grazie a (per esempio) ALFIERI². In Italia, il teatro romantico diede i suoi massimi fiori nei due capolavori essenzialmente mancati (ma ricchi di particolari stupendi) d’Alessandro MANZONI3. Presto dai cauti accenti religiosi, di carità e giustizia cristiana, il teatro passa agli soggetti più nazionali. Le sale degli spettacoli italiani ospitarono (travestit e compressi) gl’inni alle idee del Risorgimento. Queste idee sono più o meno politichi secondo le opere. C) IL TEATRO DELL’OTTOCENTO Gli entusiasmi della rivoluzione di 1848 trovanno sfogo nel melodrama; gli applausi a una ballerina nascondanno un’affermazione di partito, le parole d’un coro sumanno (donde i comici rigori della censura) significati politici. 6

Non è detto tuttavia che il tono del teatro dell’Ottocento sia stato sempre lo stesso; al contrario. La Rivoluzione Francese ha dato l’eguaglianza al “terzo stato” (il teatro) invece di darla ai cittadini, ossia la rivoluzione ha creato la nuova società borghese. E come la costituzione politica di quasi tutti i paesi europei ha finito col modellarsi su quella della Francia, così il teatro drammatico che la Francia esporta nell’Ottocento sulle scene di tutto il mondo ha caratteri essenzialmente borghesi. Sulle stesse orme marcia il teatro italiano. La tradizione, la regola e la legge sono messe in stato d’accusa: non mai un teatro è stato così intinamente rivoluzionario. La borghesia intellettuale che anda a applaudirlo, applaude al crollo di tutte le ragioni della sua stessa esistenzia. Tra la fine del seccolo XIX e i primmi anni del XX, la crociata è bandita contro il naturalismo e il verismo, per un ritono al senso di mistero (con Maurice MAETERLINCK4) o all’estetismo (Con Oscar WILDE5) o all’aventura eroica (con Gabriele D’ANNUNZIO6) o alla satirica brillante (con George Bernard SHAW7), … La crociata ha caratteri oltre che estetici: ha caratteri morali. Durante la Prima Guerra Mondiale, il teatro europeo ha avuto la sua parte, come aveva la sua patre nell’affermazione di molte nazione minori, ingrandite o resse independenti. I cosidetti “teatri nazionali” sonno stati i pionieri della riscossa politica. Si deve poi rammentare che il carattere di fasto e di trattenimento è rimasto (come lasciato in eredità dai secoli precedenti) al teatro lirico. Il lusso degli abbigliamenti di spettatori, l’etichetta e le parate delle serate “di gala” rimangono una consuetudine pressoche esclusiva del teatro di musica. Invece, quello di prosa assume (nelle sue sale) aspetti sempre più democratici e talvolta addirittura dimessi: chi vi decide dei successi dell’arte nuova è sovente un’intellettualità rappresentata da piccoli borghesi, più disposti a considerarlo come una palestra, una cattedra, un pulpito che non un ritrovo elegante e galante. Ma è proprio nell’organizzazzione del teatro di prosa che l’Ottocento viene compiuttalente attuata in tutti i paesi d’Europa, con le sole eccezioni della Spagna e dell’Italia. E’ una riforma già iniziata nei seccoli precedenti: la creazione (almeno nelle città principali) di teatri stabili che sostituiscono le antiche compagnie nomadi. A ciò si deve l’adozione di nuovi criteri nell’interpretazione scenica, secondo quei consegli della regia moderna, di cui GOETHE8 era stato un antesignano. E’ possibile notare inoltre che questa stabilità del teatro ha corrisposto anche una maggior dignità riconosciuta all’atore, il quale (non essendo più lo zingaro e il girovago d’una volta) ha riassunto la considerazione d’artista che gli compete. Trattato alla pari e onorato dalla società, insignato di decorazioni cavalleresche dallo stato, l’attore moderno è stato riaccolto anche dalla Chiesa: fioriscono oggi in molti paesi (America, Franci, Italia) associazioni o comitati di attori catolici come d’altre chiese, per attività religiose che nessuno più si sogna di trovare incompatibili con la loro professione. Alla fine del secolo XIX, va poi notato un fenomeno nuovo: gran parte dei movimenti per il rinnovamento della scena e anche del dramma hanno origine da piccoli teatri, detti “d’avanguardia”, “d’eccezione”, … Frequentati almeno sul principio come veri e propri cenacoli da gruppi di amatori e di “iniziati”, alcuni teatri hanno avuto la sorte di rivelare correnti imortanti o autore famosi. D) DOPOGUERRA La corsa al piacere (che caratterizza in quasi tutti i paesi d’Europa i primi anni di dopoguerra) diede grande incremento agli spettacoli teatrali. I principi della “libertà” socialdemocratica favorono l’apparizione d’un teatro beffardo o convulso o cinico o nichilista, talvolta ossessionato dai problemi sessuali, quasi sempre espressione dello sfacelo spirituale che si respira allora in Europa. Anzi in qualche paese dovè si era già avuto un mutamento di reginme, si usci dal campo del mero dibattito d’idee e critica di costumi per arrivare alla vera e propria propaganda sovversiva.

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Il soppravvenire della crisi economica mondiale e una rapida stanchezza del pubblico deluso dall’insistenza su stravaganze o follie, possono interessare un restrito numero d’intellettuali, lo distolsero ben presto da un siffatto teatro. Da allora comincia (o rincomincia con più generale allarme) quella deplorata “crisi del teatro” che nell’ultimo decennio è stata oggetto di infinite, polemiche, progetti, libri e congressi. Si sono denunciati come causa del rincrudito fenomeno il cinema e lo sport; si sono evocati aiuti dallo stato; soppratutto è accusato il cerebralismo degli autori che non parlano più alle folle, cui il teatro sarebbe per definizione destinato. E’ anche per questo si è partiti in guerra contro i piccoli teatri ai quali può riconoscersi un compito utile solo se sussidiario, ossia di laboratori sperimentali; ma sempre in fuzione del vero teatro ch’è quello ch’è quello grande, e non mai come fine a sé stessi. A questa reazione taluno ha tentato di far assumere forme iperboliche anche in Italia: Mussolini vollero promuovere spettacoli all’aperto nei quelli agivano immense masse d’attori e presentare progetti per la costruzione di teatri che dovrebbero esattamente contenere ventimile perne. In realtà, l’appello (rivolto dal Duce agli autori italiani esortarli a tornare agli eterne setnimenti delle folle) è di natura spirituale. Il teatro di masse è quello che (comunque) si rivolga all’anima della folla. Perché il teatro ritorna alle folle, alle masse, al popolo, i generali appelli hanno avuto nel resto d’Europa accento sociale, nazionale, religioso, ma rimendo (appunto) appelli e inviti senza carattere di costruzione. Un organismo internazionale è sorto, originariamente all’ombra della Società Dei Nazioni (SDN): la Société Universelle du Théâtre, che dal 1927 in poi ha indetto congressi in importanti città d’Europa promovendo scambi d’idee e tavola interessanti festival internazionali. Al festival musicali e drammatici vanno suscitando l’interesse del pubblico internazionale con spettacoli al chiuso e più spesso al aperto. Vi si interpretano opere classiche, vi si fanno esumazioni e riduzioni di sacre rappresentazioni medievali, vi si danno saggi di spettacoli moderni. Si scelgono per sedi teatri antichi o anche ruderi classici, piazze monumentali o caratterisitche, giardini e chiostri, … Iniziative private o sovvenzionate da enti pubblici e dallo stato, tentano di riportare al gusto del teatro perfino il popolo dei villaggi e delle campagne. Di un tono assai diverso e ciò costituiti sopprattutto a scopo di studio, sono i piccoli teatri universitari che vivono presso molti atenei. II) TRE IMPORTANTI AUTORI DI TEATRO Si trata qui di vedere tre autori che hanno marcato il teatro. A) RINASCIMENTO: MACHIAVELLI 1) BIOGRAFIA

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MACHIAVELLI è nato in 1469 a Firenze. Era di origine della piccola borghesia, cioè che non apparteneva al “popolo grasso” degli Arti Maggiori. Firenze è una Repubblica sotto il principato travestito dei MEDICI. In 1494, vede l’ingresso di Carlo VIII in Firenze e l’esilio dei MEDICI. MACHIAVELLI è contemporaneo di SAVONAROLA9, questo “profeta disarmato” predicanto una democrazia teocratica. MACHIAVELLI concorre in 1498 per il posto di segretario alla cancelleria. La sua efficacia è riconosciuta. In 1502, è instaurato a Firenze un governamento popolare diretto per Soderini. Machiavelli può imporre le sue idee militari ed è incaricato di organizzare una milizia popolare. La carriera di MACHIAVELLI se crolla con la repubblica in 1512, con la disfatta del Prato: gli spagnoli mettono la milizia in rotta e devastanno la città durante tre semani, facendo 4 000 vittime. MACHIAVELLI è torturato e esilato. I MEDICI ritornanno al potere. E’ a partire di 1512 che, in esilio, MACHIAVELLI intraprende la redazione di libri filosofoci come Il Principe (finito in 1513 e pubblicato dopo la morte del autore). Poi, compone un importante commento della storia romana: i Discorsi sopra prima la Prima Deca di Tito Livo. Machiavelli rompe a poco a poco il suo isolamento e participa di nuovo alla vitta fiorentina. Da 1515 a 1519, frequenta reunioni organizzate nelle giardine del palazzo Rucellai, presediette per Cosme di MEDICI. E’ in questo climato che scrive Dell’arte della guerra. In novembre 1520, sulla domanda del cardinale Giulio di MEDICI, l’Academia di Firenze domanda a MACHIAVELLI di scivere la sotria della città. MACHIAVELLI è anche l’autore di due opere di teatro delle qualli La Mandragola (1518). In 1527, MACHIAVELLI sube ancora la disgrazia quanto la Repubblica è proclamata per causa (questa volta) delle sue compromessi con i MEDICI. Morre il 22 giugno 1527 di un abuso di pillole di camfro. 2) MACHIAVELLI: DAL REALISMO POLITICO ALLA FORTUNA E ALLA VIRTÙ Come prendere il potere e serbarlo? Per MACHIAVELLI, è la grande domanda politica, cioè quella della stabilità dello Stato. La laicizzazione del potere si accompagna di una impresa di razionalizazione: lo Stato è reduto ai macchinismi di conquista è di conservazione, e la politica è reduta ai techniche che permettono di governare. Mettando lo Stato su un piedistallo, MACHIAVELLI lo vota nel stesso tempo di tutta sostanza morale. Come l’uomo politico dove darsi pensiero dei macchinismi del potere, non dove inquietarsi di una norma morale che è conformatta alla vita politica. In effetto, basterebbe che questa norma sia contraria alle circostanze o alla natura dello Stato per condurre questo Stato alla sua perdita. MACHIAVELLI è così conduto a condanare fermamente (al nome della “verità effettiva” delle faccende umane) tutte le politiche fondate su un proggetto morale e particolarmente tutte le riflezzioni sulla città ideale. E’ dunque possibile domandarsi si MACHIAVELLI vanta l’imoralismo della politica. Non è realmente vero. MACHIAVELLI non dice che i governanti devono fare il male, devono mentire, devono opprimare, ecc… Per MACHIAVELLI, questi uomini non devono (nei loro giudizie e nelle loro atti) tener conto delle dosiderazioni morali. Dunque, morale e politica sono due cose distinte. La politica è moralmente neutra. Faccendo riferimento a KANT10, se potrebbe dire che l’azzione politica rialza di “l’imperativo ipotetico” che subordina l’azzione di una fine esterna (per Machiavelli è l’interesso allo Stato) e non di “l’imperativo categorico” che prescrive un’azzione come necessaria in se stessa. Dal punto di vista avvenimenziale la fortuna sembra regire la prosperità o la rovina degli Stati, lo successo o il fiasco degli azzioni politici. Questo concetto significa il caso, le circostanze e la materia che resiste a l’uomo politico. Ma la fortuna non è un destino. MACHIAVELLI è opposto a una vizione fatalista della storia. Il librio arbitrio e la volontà degli uomini partecipanno anche a creare questa vizione. E’ questo contributo che MACHIAVELLI chiama la virtù. Non si trata qui di una disposizione per agire di manera morale, anche se la 9

virtù supponga qualità morali come il coraggio. La virtù indica una attitudine a adattarsi e a utilizzare le circostanze, e una forza capasce d’imponere la sua legge alla fortuna (cioè alle circostanze). La fortuna è dominanta allorchè la virtù è debole. 3) UNA OPERA TEATRALE: LA MANDRAGOLA (1518) La Mandragola è composta nel gennaio-febbraio 1518 e rappresentata per la prima volta durante le rappresentazioni teatrali organizzate per le nozze di Lorenzo de' MEDICI con Margherita DE LA TOUR D'AUVERGNE nel settembre dello stesso anno. La fortuna della Mandragola è rapida e di grande importanza; le rappresentazioni più importanti avvennero nel 1520, durante il carnevale di Venezia del 1522. La mandragola è una commedia in prosa in cinque atti con una canzone iniziale quattro Canzoni che chiudono i primi quattro Atti, e un Prologo nel quale si narra agli spettatori la vicenda, ispirata alle novelle del Decameron di BOCCACCIO11: il giovane e ricco Callimaco torna da Parigi a Firenze attirato dalla fama della bellezza di Lucrezia, moglie fedele e devota la marito, più vecchio di lei, sciocco e pieno di sè. Per sedurre Lucrezia gli viene in aiuto Ligurio, un "astuto perdigiorno e profittatore", che nella fattispecie sfrutta la buonafede del credulone Messer Nicia e la sua voglia di avere un bambino. Nicia crede ormai che la moglie sia sterile, ma Ligurio gli dice di conoscere un bravo medico, molto celebre in Parigi, che potrebbe guarire la sterilità della moglie. Callimaco, fingendo di esaminare l'urina di Lucrezia, detta la cura che questa avrebbe dovuto seguire: bere una pozione di mandragola, efficace contro la sterilità ma dagli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con la donna la prima notte dopo aver bevuto la pozione. Per evitare il luttuoso evento i due suggeriscono a Messer Nicia di far giacere la moglie con uno sconosciuto; riescono a convincere Messer Nicia e Lucrezia, dopo molte resistenze e con l'aiuto di Sostrata (la madre della sposa) e del corrotto frate Timoteo, lautamente pagato; a questo scopo organizzano un rapimento durante la notte per le vie della città e ... rapiscono un giovane deforme e robusto sotto le cui spoglie si nasconde proprio Callimaco. Tutta la notte giace Callimaco con Lucrezia e al mattino le svela l'inganno e il suo grande amore per lei, e promettendole di sposarla, nel caso in cui Dio avesse voluto chiamare a sé il vecchio Nicia, le chiede di poter continuare ad amarla: Lucrezia allora, che aveva potuto provare quale differenza passasse fra il guacere col marito e il giacere con un giovane forte oltre che coraggioso, gli risponde: "Poiché la tua astuzia, la stupidità di mio marito, l'ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per una sera, voglio che sia per sempre". Callimaco diventa compare di Messer Nicia proprio su consiglio di Lucrezia, e ciascuno ottiene quello che maggiormente desidera. B) IL ROMANTICISMO: CARLO GOLDONI (1707-1793) 1) BIOGRAFIA

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Carlo GOLDONI nasce il 25 febbraio 1707 a Venezia, da Giulio e da Margherita Salviani. A nove anni raggiunge il padre medico, a Perugia e qui inizia gli studi presso i Gesuiti. Dal 1723 al 1725 è allievo del Collegio GHILISIERI DI PAVIA e frequenta la facoltà di Giurisprudenza, ma a causa di una violenta satira, Il Colosso, diretta contro le famiglie della nobiltà pavese, è costretto ad abbandonare la città. Nel 1731, la morte improvvisa del padre lo obbliga a riprendere gli studi interrotti e a laurearsi in legge a Padova. Dopo qualche anno di mediocre pratica dell’avvocatura e di viaggi in numerose città, si stabilisce a Milano e nel 1734, ha occasione di incontrare il Capocomico Giuseppe Imer, per il quale, negli anni successivi, scriverà intermezzi comici, tragedie e tragicommedie. Nel 1736 sposa a Genova Nicoletta Conio. E’ solo nel 1738 che Goldoni si dedica alla commedia e scrive Momolo Cortesan, in cui la parte del protagonista era scritta quasi per intero, dando così inizio alla «riforma tecnica» che lo condurrà in seguito ad abbandonare per sempre l’improvvisazione della Commedia dell’Arte. Nel 1747 conosce Gerolamo Medebach, che a Venezia teneva Compagnia a Sant’Angelo, e si convince a collaborare con lui. In questo periodo nascono: La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama. Nel 1750 scommette col pubblico di sfornare 16 commedie in un solo anno; promessa che manterrà, dando vita tra le altre, a: La bottega del caffè, Il bugiardo e Pamela. Nel 1753 nasce la Locandiera, proprio al termine del periodo che lo vede al fianco di Medebach. Nel periodo successivo assume un impegno di 10 anni con il teatro SanLuca e qui mette in scena alcuni capolavori come Il campiello, I rusteghi, La trilogia della villeggiatura, Le baruffe chiozzotte. Alcuni insuccessi e l’ormai irriducibile disputa con GOZZI, convincono il commediografo ad abbandonare Venezia e raggiungere Parigi, invitato dal Tèâtre-Italien, per il quale però dovrà riprendere a scrivere “a soggetto”. Nel novembre del 1771 il Bourru bienfaisant viene rappresentato alla Comédie Italienne, e suscita l’ammirazione di Voltaire. Sempre a Parigi scrive, in francese, le sue Memorie, iniziate nell’1784 e pubblicate nell’1787. Luigi XV gli accorda una modesta pensione annua, che però gli sarà tolta nel 1792, in piena Rivoluzione.Muore quasi in miseria a Parigi, nel 1793, il giorno prima della restituzione, da parte dell’Assemblea costituente, della pensione regia. 2) L’IMPORTANZA DI GOLDONI NEL TEATRO Usando termini moderni, si potrebbe affermare che Goldoni è un conservatore incline al progressismo. Dotato di cultura non vastissima, ma di ingegno raffinato e di grande buonsenso e amore per la vita, si connota come letterato investito del compito di traghettare il suo pubblico da un momento storico e culturale ad un altro, per mezzo, soprattutto, di quella riforma che si attua con un graduale abbandono della Commedia dell’Arte. Tale processo di rinnovamento avviene con la progressiva eliminazione di tutti gli elementi fantastici e inverosimili e dell’improvvisazione, la quale sarà sostituita da una completa scrittura delle parti degli attori. La riforma si presenta anche come riforma ideologica, infatti i personaggi goldoniani, durante il corso della sua produzione artistica, diventano sempre più realistici, le storie più verosimili, e la borghesia rappresentata in scena prende il sopravvento sulla ormai irrequieta e vacillante aristocrazia. Tale cambiamento storico-politico però, non dobbiamo dimenticarlo, non si realizza in modo indolore, e la nobiltà veneziana, ormai consapevole della propria decadenza, tenta strenuamente di conservare privilegi e potere. In questa complessa situazione, GOLDONI si vede costretto a trasformare in toscani o napoletani, i nobili che intendeva ridicolizzare, in modo da evitare le reazioni della censura veneziana.

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Interessante altresì, è il ritorno di GOLDONI alla “classicità”: egli infatti fa in modo che le sue opere si svolgano nello stesso luogo e nello spazio temporale di un giorno, e che l’intreccio principale non venga affiancato da altre narrazioni parallele. Infine, a fianco del rinnovamento tecnico e di quello ideologico, nelle commedie di Goldoni, si realizza anche un cambiamento linguistico, spesso criticato e discusso: egli infatti passa con gradualità, dal plurilinguismo al monolinguismo, riscrivendo talvolta le sue commedie in “toscano”, che però fu considerato troppo scolastico, convenzionale e non appartenente alla lingua viva. Molto diverso è invece il suo veneziano, che conosce perfettamente, e che pur risultando come un compromesso tra il linguaggio colto di una parte della popolazione e quello spontaneo e vivace di un’altra, non perde mai aderenza alla vita reale. 3) UNA OPERA: LA LOCANDIERA La locandiera viene messa in scena al teatro Sant’Angelo di Venezia il 26 dicembre 1752, al termine dei cinque anni trascorsi da GOLDONI come poeta di corte nella compagnia di Guglielmo Medebac, la cui moglie e prim’attrice, era stata ispiratrice ed interprete fino ad allora di molte sue commedie. Il deteriorarsi dei rapporti con MEDEBAC e l’ingresso in compagnia, nel 1751, della “servetta” Marliani, fanno sì che GOLDONI, abbandonata la sua musa: rivolga le sue attenzioni alla giovane Marliani, donna nuova e vivace, e le ricami addosso il personaggio di Mirandolina. Ne La locandiera, GOLDONI sembra compiere appieno quell’opera di riforma tecnica che consisteva nella sostituzione di commedie scritte a quelle improvvisate della Commedia dell’Arte. Ma, oltre la tecnica, ne La locandiera e nella sua protagonista, si visualizza, attraverso l’artificio scenico, quel mutamento, già ampiamente in atto nella vita reale, che vede la borghesia conquistare maggior spazio a danno della nobiltà veneziana, dapprima quasi pacificamente coesistendo, per poi acquisire un primato che andrà via via consolidandosi negli anni successivi. D’altra parte, la storia di una donna che rifiuta Conti, Marchesi e Cavalieri, per impalmare Fabrizio, umile borghese quanto lei, al fine di governare meglio la locanda, non può che essere una tipica allusione alla novità dei rapporti tra borghesia e nobiltà, in quel particolare momento storico. Quanto al realismo a cui allude Petronio e di cui la critica ha lungamente discusso, significativa e dissonante è invece la posizione di S. D’AMICO, che descrive le ambientazioni e le atmosfere goldoniane, senza eccezioni. Mirandolina è un’ottima locandiera, tesa soprattutto a far funzionare alla perfezione il suo albergo, e con grande senso pratico, mescolato al sapiente uso dell’ingegno finisce per chiedere a Fabrizio, onesto innamorato senza illusioni, di sposarla, facendosi beffe di tutti gli altri spasimanti. Sono gli altri personaggi invece, a risultare irritanti e condannabili: il Conte parvenu e spendaccione; il Marchese spocchioso visionario d’una antica ricchezza e d’una presente, inutile nobiltà e il Cavaliere misogino, sprezzante, ma più di ogni altro raggirabile e ingenuo. E Mirandolina, su tutti, tesse la sua tela di donna esperta e pratica, che non si fa incantare da nulla, che intuisce ogni menzogna e che, per suo unico piacere si diverte a conquistare il cuore di uomini presuntuosi, che poi inevitabilmente rifiuterà. L’immagine che Mirandolina mostra di sé, ammiccando con il pubblico e con la storia, zittisce ogni commento critico sul suo personaggio: la locandiera, più che onesta o crudele, più che infida o virtuosa, è un’efficiente donna d’affari, che pone la locanda al centro della sua vita e che al suo buon andamento, subordinerà sempre e oltre qualsiasi apparenza, ogni motteggio ed ogni lusinga. In questo forse, è riconoscibile uno dei primi veri ritratti di donna moderna che il teatro ci ha offerto. C) IL NOVECENTO: LUIGI PIRANDELLO (1867-1936)

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1) BIOGRAFIA

Al principio, Luigi PIRANDELLO è un professore di litteratura italiana. Incomincia a scruvere solamente in 1910. La riconoscenza internazionale viene in 1921 con la opera Sei personaggi in cerca d’autore. In 1934, l’autore ottiene il Premio Nobelle di litteratura. PIRANDELLO fa evoluzionare conderevolmente la tecnica teatrale rigettando le regole imposte per il realismo. Permette anche al teatro del suo tempo di liberarsi dei accordi fuori di moda. Di più, l’autore prepara la via al pessimismo esistanzialista di SARTE12 e di ANOUILH13, la via alle comedie assurde di IONESCO14 e di BECKETT15, la via al teatro in versi di ELIOT16. Nelle sue opere di teatro, PIRANDELLO mette in scena la perdita di segni degli individui moderni. I personaggi vivono una esistenzia piena di contraddizioni grottesche. L’autore vede l’individuo non come una realtà definita, ma come una combinazione di personalità natte della moltitudine dei riguardi portati su l’individuo. Questo relativismo rimanda i personaggi di PIRANDELLO a essi stessi: obbligati a cercare la realtà al fondo del loro proprio essere, cappiscono che sono esseri instabili e inesplicabili, ma anche che la realtà estera è alla loro imaggine. PIRANDELLO arriva a comunicare di manera umoristica il pessimismo profondo e la pietà che l’autore sente nella confusione del genere umano. Le opere i più importante di PIRANDELLO sono quelle dove si abbandonna il “teatro nel teatro”, cioè dove l’illusione teatrale costituisce lo soggetto della opera. Questo stilo è illustrato in Sei personaggi in cerca d’autore (1921), opera che ha una influenza determinanta su l’evoluzione del teatro europeano. Questa opera constituisce un tipo di trilogia con Come qui (o come questo) (1924) e con Questa notte se improvvisa (1930). Pirandello è anche conosciuto per le sue novelle, riordinate in una raccolta: Novelle per un anno (postumo). Inoltre, è l’autore di saggi critici sul lavoro del scrittore come Umorismo (1908). E’ anche un autore di poemi di una certa tonalità lirica. Finalmente, è l’autore di romanzi come l’Esclusa (1901), Fuoco Mattias Pascal (1904) e I Viecchi e i giocchi (1913). 2) IL TEATRO DI PIRANDELLO Il teatro di PIRANDELLO è un teatro della provocazione e della contestazione. Sembra che l’autore sia totalmente conscio di compiere una rivoluzione nel mondo del teatro. Le critiche di questa epoca definiscono esso nuove tipo di teatro come una negazione della valore dei caratteri e della rimessa in causa della nozione di personaggio. Tuttavia, PIRANDELLO metta in scena questa conscienza critica della nozione di personaggio nella opera Sei personaggi in cerca d’autore: sei personaggi vengono interropere sulla scena i repetizioni del Gioco dei Ruoli per contestare la validità degli attori pretendando giocare quello che non sono. Questo “nuove teatro” può anche definirsi con il suo carattere reflessivo e intellettuale: non si rappresentamo più i conflitti d’interessi e di passioni, ma è possibile rappresentarsi i conflitti interni del pensiero e la crisi della conscienza. Dunque, questa definizione permette di rimettere in causa il teatro tradizionale.

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Il teatro nel teatro ha allora un carattere provocatore. Al tempo della prima rappresentazione di Sei personaggi in cerca d’autore, come se ha precisato sui cartelli “comedia da fare”, i spettatori interrompono la rappresentazione perchè estimano che si burla di essi. Più tarde, in Questa notte, S’improvvisa, il pubblico può participare senza nessuna precizione dell’autore. E’ questo momento che è una rivoluzione nel teatro. Ma i borghesi sono rapidamente conquistati per questa rivoluzione formale che gli permette fare (allorche l’Europa guarda con inquietudine lo svolgimento della Rivoluzione Russa) la loro autocritica senza rimettere in causa le struttire economiche e sociali. Da questo momento, tutta l’Europa adotta nell’entusiasmo il “Pirandellismo”. 3) UNA OPERA: SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE L’opera mette l’accento sulla separazione tra la finzione e la realtà. Insista anche sulla lotta tra due elementi distinti: i personaggi di una opera drammatica qualunque e gli attori incaricati d’interpretare questi personaggi. Sulla scena di un teatro senza ornamento, allorche gli attori ripettono una opera, un grupo di persone (probalmente della stessa famiglia) fa irruzzione: il Padre, piccolo borghese di cinquant’anni; la Madre, un può smorta e trista; la Figlia, ardente e bella; il Figlio e due altre bambini più giovanni. Il Padre spiega al Direttore-di-scena, stupefatto, che la sua famiglia è nata della imaginazione di un autore. Quest’ultimo ha datto vita ai sei personaggi, ma non ha riuscito a sciogliere la loro storia. Come sono consegnati a loro stessi, si sono messi alla ricerca di un drammaturgo per sortir del caos. E’ per questo che se affidano al Direttore-di-scena. In fatto, ciascuno è preoccupato di chiarire il suo proprio caso, di giustificarsi e di intenerirsi su luistesso. Tutto l’intrigo si riasume in uno stato di fatto, in una volta miserabile e tragico in tutta la sua nudità: si tratta di un raccorciato della vita umana nella sua volgarità. La Madre ha sposato il Padre e le aveva dato un figlio. La Madre, poi, si ha innamorato dello segretario del suo marito e le da tre bambini. Poi, i genitori si sono perduti di vista. Alla morta del amante, la Madre è ritornata installarsi nella città. E’ allora che la Figlia incontra una certuna Signora Pace che, sotto l’insegna di un comercio di moda, tiene una casa di appuntamento. E’ qui che il Padre e la Figlia (ignorando la loro parentela) si ritrovano. Frattanto, la Madre soppravviene e dice la verità. Vergognoso delle sue desideri, soccombendo sulle accuse di sua figlia, il Padre decide di accogliere la famiglia nella sua casa. Ma il Figlio non vuole tollerare la presenzia di queste persone che considera come intruse. Mentre la Madre supplica suo Figlio di essere meno intransiggente, un doppio dramma si svolge. Questo dramma costa la vita ai due bambini: la Bambina si annega cadendo nello stagno del giardino, e suo fratello si tira un pallottola nella testa. La Figlia sola torna in se, ma per partire subito con uno scoppio di risa amaro. Questo è l’embrione della commedia che il Direttore-di-scena si sforzarà di fare vivere ma invano, perche la vita si adatta male al languaggio utilizzato per il teatro. Infatto, Pirandello non cessa d’ironizare sulla leggerezza con la quale il Direttore-di-scena e gli attori si sforzano di fare entrare nel loro universo convenzionale esse crature vivante che sono i personaggi.

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Conclusione L’evoluzione del teatro si vede grazie a molti elementi: la scritura, il gioco degli attori e il pubblico. C’è un legame tra questi tre gruppi. In effetto, possiamo dire che c’è una certa di critica della società nelle opere teatrali. I problemi che affronta MACHIAVELLI non sono mai problemi astratti, non sono mai problemi che si pongono sul piano delle categorie universali, ma sono problemi collegati alla valutazione e alla soluzione di una situazione storico-politica concreta, quella dell'italia nei primi decenni del sec. XVI. Per questo, non è la scoperta della categoria dell'utile diversa e distinta dalla categoria della morale l'elemento caraterizzante del pensiero machiavelliano: Non già che il problema dell'autonomia della politica, rispetto alla morale, non sia stato effettivamente da lui posto. Basterebbe pensare al capitolo del principe dedicato a coloro che sono venuti al Principato per scelleranza all'esaltazione del Valentino o al capitolo XVIII della sressa opera dove si pone il problema se i principi debbano mantenere gli impegni presi. Certo i personaggi di GOLDONI non hanno l’universalità degli archetipi tracciati da MOLIÈRE17, né nei protagonisti IBSEN18 (per esempio), ma la nozione del tipico, come sostiene Lunari, può in certi tratti emblematici, sostanziarsi anche in loro. Altro aspetto su cui i critici hanno molto discusso, è la cosiddetta moralità di cui GOLDONI avrebbe rivestito la sua locandiera. In realtà GOLDONI sembra, con questa stessa osservazione, strizzare l’occhio al suo pubblico, dichiarandosi in seguito, egli stesso rassegnata vittima di quel tipo di donna che tanto vitupera. L’immagine di MIRANDOLINA che la commedia ci rimanda, non è certo quella di una donna crudele o subdola, anzi, è implicito nell’esprimersi della protagonista, un’adesione dell’autore all’intelligenza, al buon senso e al fascino che la caratterizzano. Sei personaggi in cerca d’autore di PIRANDELLO è, dapprima, una rimessa in causa del teatro che è possibile chiamare il “teatro tradizionale”. In efetto, questa opera mostra realmente (e di manera moderna) come un attore rientra nella pelle del personaggio che dove giocare. Si tratta anche di vedere come una compagnia è dirita e come si svolge una repetizione. A questa rifflessione si aggiunge una rifflessione filosofica. Si tratta di una rifflessione sul’essere (la sua faccia nascosta e la sua esistenzia). In questa opera, PIRANDELLO mostra anche la parte d’icosciente grazie ai sei personaggi (la cosciente è rappresentata per la compagnia e per il suo direttore-di-scena). Con questi tre autore, possiamo vedere che c’è un punto commune: nelle opere o nel pensiero del autore, c’è una critica della società. Dicevo ante che l’evoluzione è possibile grazie al autore: quest’ultimo (come PIRANDELLO) rimette in causa i regole del teatro. E’ dunque una evoluzione tanto dal punto di vista della critica della società che della rivoluzione interna al teatro.

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Note Biografiche 12345678-

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SENECA: scrittore dei Contreverses (documenti su l’educazione oratoria alla seccolo I). Vittorio ALFIERI: scrittore italiano (1749-1803), autore di tragedie che propongono un ideale di volontà e d’eroismo. Alessandro MANZONI: scrittore italiano (1785-1873), autore di di un romanzo storico (I Fidanzati, 1825-1927) che è un modello per il romanticismo italiano. Maurice MAETERLINCK: scrittore belga d’espressione francesa (1862-1949). Va dello simbolismo al misticismo nelle sue tragedie. Oscar WILDE: scrittore irlandese (1854-1900). Adepto dell’estetismo, celebre tanto col suo personaggio quanto la sua opera: novella, teatro, romanzo. Fu incarcerato per un processo di costumi e s’esiliasse in Francia. Gabriele D’ANNUNZIO: scrittore italiano (1863-1938). Autore di poesie, di opere teatrali e di romanzi dove è possibile vedere il culto della belezza e il raffinamento simbolisto applicato alla vita e alla opera d’arte. George Bernard SHAW: scrittore irlandese (1856-1950). Autore di romanzi e di opere teatrali dove si manifesta il suo spirito e il suo pessimismo. Johann Wolfgang VON GOETHE: scrittore tedesco (1749-1832). Grazie alla sua esperianza dell’Italia, della Rivoluzione Francese, della politica e delle sue richieste scientifiche evolua verso un arte più classico che prende una forma autobiographica e simbolica. Girolamo SAVONAROLA: domenicano italiano (1452-1498). Priore al covento di SanMarco a Firenze, predicatore ardente. Le sue sermoni combattono l’arte e tutte le vanità. Stabilisce a Firenze una nuova costituzione, insieme teocratica e democratica (14941497). Scomunicato sotto Alessendro VI, è impiccato e poi bruciato. Immanuel KANT: filosofio tedesco (1724-1804). Riceve di sua madre una educazione morale rigorosa. Mette la raggione al centro del mondo. Uomo impegnato nei dibattiti del suo seccolo, KANT ha una influenza determinanta sulla modernità grazie alla sua opera. Giovanni BOCCACCIO: scrittore italiano (1313-1375). Autore d’idilli mitologiche, alegoriche o psicologiche e del Decameron. Fu il primo grande prosatore italiano. Jean-Paul SARTRE: filosofio e scrittore francese (1905-1980). La filosofia di SARTRE è marcata per la fenomenelogia. Jean ANOUILH: scrittore drammatico francese (1910-1987). Il suo teatro cammina dalla fantesia delle opere “rosa” allo pessimismo delle opere “nere”. Eugène IONESCO: scrittore francese (1912-1994). Il suo teatro denunzia l’assurdità dell’esistenzia e delle relazioni sociali grazie a un universo parodico e simbolico. Samuel BECKETT: scrittore irlandese (1906-1989). Autore (in inglese e poi in francese) di romanzi e di opere teatrale che sperimentano l’assurdità della condizione umana. Thomas Stearn ELIOT: poeta inglese (1888-1965). Fa una critica della societa con la mitologia antica. Jean-Baptiste POQUELIN, dit MOLIÈRE: autore drammatico francese (1622-1673) Figlio di un tappezziere, fa studie di giurisprudenza prima tornarsi verso il teatro. Crea colla famiglia di attore i Bejart l’Illustre-Théâtre (1643), teatro che falle. Dirige allora durante 15 anni (1643-1658) un gruppo di attore ambulanti. Henrik IBSEN: autore norvegese (1828-1906). Autore di dramme d’inspirazione dilosofica e sociale.

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