"Musica Spettrale e Anatomia Del Tempo" - Intervista Con Gerard Grisey, Di A. Verrengia - Versione T [PDF]

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MUSICA SPETTRALE E ANATOMIA DEL TEMPO Intervista con Gerard Grisey di Andrea Verrengia "Interwiew with Gerard Grisey by Andrea Verrengia

Andrea Verrengia ci offre un ritratto del compositore francese, autorevole rappresentante di quella tendenza compositiva della musica cosiddetta "spettrale".

LA DEFINIZIONE "SPETTRALE" SI RIFERISCE DIRETTAMENTE ALLA NOZIONE FISICOACUSTICA DI "SPETTRO ARMONICO" DI UN SUONO (E CIOE' LA RILEVAZIONE SCIENTIFICA DELLE COMPONENTI ARMONICHE, LO SPETTROGRAMMA DI UN SINGOLO, QUALSIASI, SUONO), EVIDENZIANDO COSI' LA PROVENIENZA DEL MATERIALE MUSICALE DALLE PROPRIETA' DEL SUONO STESSO.

Ciò, però, non circoscrive l'ambito creativo di Grisey che, peraltro, incentra il suo modus operandi compositivo su una peculiare concezione del tempo: tempo psicologico e suo valore relativo, tempo reale e tempo immaginario, contratto e dilatato, cronometrico e relativo, "buchi di tempo "scheletro, carne e pelle" del tempo. Tuttavia non possiamo non rilevare come la nozione scientifica di spettro armonico innervi, per così dire, l'intero

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corpo storico della musica occidentale, dato che già Pitagora teorizzò il fenomeno degli armonici, e quanto grande sia stata la sua influenza sulla gran parte della nostra storia musicale e in particolare sullo sviluppo del sistema armonicotonale (da Zarlino a Rameau, a J.S. Bach, a Kirnberger, a Schönberg, a Hindemith). Dunque gli spettri armonici dei suoni ci sembra si integrino in quel concetto di "scheletro del tempo" che, come ci dirà lo stesso Grisey, concerne "tutto quello che vive nella musica da sempre".

Ho ascoltato il brano Modulations per 33 musicisti. Come lei stesso afferma il pezzo è composto da numerosi processi di modulazione, articolati secondo diversi principi fisico-acustici, orientati ad affermare un tempo musicale psicologico (e non cronometrico) che fa del vuoto e della distanza tra attimo percepito e attimo seguente, il suo humus essenziale. Cosa intende per "tempo psicologico e suo valore relativo"?

In un articolo che ho scritto nel 1980 facevo una distinzione fra lo scheletro del tempo, la carne del tempo e la pelle del tempo. Tutto quello che vive nella musica da sempre e che è presente nella musica di oggi e in quella del passato (le divisioni matematiche, le proporzioni razionali e tutti quei moduli come ad esempio la

serie di Fibonacci) è lo Scheletro del Tempo. La Carne del Tempo è il materiale usato che incide sul modo di percepire il tempo. La nozione di "grado di cambiamento ", indicata da Stockhausen e derivata dalla teoria dell'informazione, svolge un ruolo importante rilevando la differenza che esiste tra un avvenimento e il prossimo che dà qualità al tempo. La Pelle del Tempo è costituita da tutti quei fattori contingenti all'atto musicale in sé e che vanno dall'acustica della sala al tempo individuale del direttore d'orchestra e, non ultimi, tutti quei fattori, anche quotidiani, che condizionano psicologicamente la percezione della musica da parte dell'ascoltatore.

Nella sua musica fa uso di spettri armonici e di parziali in un'altra sua composizione, Partiel, ha usato ampiamente lo spettro di parziali di un'altezza definita, il Mi Hz41,2. Si potrebbe dire che questi procedimenti cristallizzino il sistema tonale naturale (non temperato) e forse è a questa cristallizzazione che si deve la particolare trasparenza timbrica della sua musica? Non le sembra che questo contesto sonoro affondi direttamente le sue radici nel substrato del sistema armonico-tonale occidentale? E a questo proposito qual'è il suo rapporto con la nostra tradizione musicale?

Il mio rapporto con la tradizione musicale è molto disinvolto, non mi sento legato alla tradizione in modo diretto anche se, come tutti, ho analizzato e continuo ad analizzare la musica del passato. Il punto di partenza della mia musica è sempre stato il suono armonico con tutte le sue implicazioni. Tutti gli spettri armonici sino a quello più complesso, il rumore bianco, sono implicati nella mia musica. Questo esprime certamente un tipo di ambiguità che a me piace: se si ascoltano i primi suoni armonici si ode naturalmente l'accordo maggiore con la relativa settima di dominante che però è l'unico punto di riferimento alla musica tonale. Bisogna tener presente che la musica tonale esprime un sistema di funzioni armoniche che non corrisponde semplicemente all'uso autonomo di un accordo maggiore A mio avviso, va distinto nettamente il concetto di consonanza da quello di tonalità, sono due cose molto diverse. I miei processi armonici inoltre sono basati anche su altezze non temperate, come quarti e ottavi di tono, ma comunque, anche se casualmente si originano momenti musicali che suonano come cose già sentite, non mi dà assolutamente fastidio e le lascio passare come il risultato di un modo di pensare che non ha niente di diverso da quello della musica tonale. Ad esempio, la musica tonale ha

una capacità incredibile, che non ha mai avuto la musica seriale, e cioè la modulazione, che non è altro che la possibilità di riservarsi un campo di altezze mai usate e di portarlo alla realtà uditiva in certi momenti del pezzo, e quindi cambiare radicalmente l'angolo visuale del pezzo stesso. Ci sono molte altre cose della musica tonale che possiamo allargare e pensare come bene per il mondo musicale di oggi.

Olivier Messiaen, di cui lei è stato allievo al Conservatorio di Parigi, può essere considerato il precursore, se non il padre, della serialità integrale con il suo Mode de valeurs e d'intensité. Che cosa pensa della serialità più o meno integrale o, più in generale, del procedimento compositivo che pone a fondamento la classificazione e l'esaurimento di un dato materiale sonoro?

Negli anni 70, quando studiavo con Messiaen, quasi tutti consideravamo morta la tecnica seriale. Oggi invece viene considerata una tecnica "sopravvissuta " che le nuove generazioni possono imparare in un modo molto analitico e approfondito, grazie anche all'ausilio del computer impensabile e difficile per noi in quel periodo; la si usa per scrivere dei pezzi fatti senz'altro benissimo, con tutti i trucchi, ma è la sostanza e la

necessità storica che manca a questo tipo di scrittura. Nel 70 il mio rapporto con la musica seriale è stato abbastanza diverso. Il mio punto di riferimento era Gruppen di Stockhausen (per 3 gruppi orchestrali) e mi chiedevo se, arrivati ad un punto di complessità tale, dovessimo ancora andare “oltre”, comporre un "supergruppen" per 6 orchestre o più ancora : poiché se con il nastro magnetico è sempre possibile mettere insieme più tempi, più note, più accordi, più quant'altro, è altrettanto probabile che si sia ormai arrivati al limite della percezione umana.

Qual è il “peso” della ricerca musicale nella sua musica? Pensa di aver trovato una sua peculiare metodologia compositiva?

Il punto di partenza di molti miei lavori è stato dato dall'analisi di spettrogrammi strumentali, ma il mio rapporto con la ricerca, sia essa fisica, acustica, linguistica, percettiva, è un po' simile a quello con la tradizione, e cioè disinvolto... perché non sono scientifico per niente. Tuttavia la ricerca e la riflessione sulla fisica del suono, sulla fenomenologia della percezione e su diversi aspetti scientifici, siano essi pure non strettamente musicali, ha esercitato sempre un grande fascino su di me dandomi una spinta incredibile nel mio lavoro compositivo. Ad esempio, adesso sto lavorando ad una composizione ispirata alla

Madonna del Parto di Piero della Francesca, basata sugli spettrogrammi delle vocali e delle consonanti che formano il nome del pittore. A mio avviso vi è un'analogia con quanto succedeva nell'Ottocento con la letteratura che dava la spinta a compositori come Schumann a cui la lettura di un poema poteva suggerire un'idea musicale; adesso siamo in un'epoca scientifica e, per quanto mi riguarda, la cultura scientifica mi stimola moltissimo, sia essa pure cosmologia o la vita di una stella.

Le due composizioni citate precedentemente, Modulations e Partiel, fanno parte di un ciclo di 6 composizioni intitolato Les Espaces Acoustiques che sembra abbia tutte le caratteristiche dell'opera paradigmatica. Che cos'è lo spazio acustico per Gerard Grisey?

Quando ho cominciato a comporre Les Espaces Acoustiques (1974-1981), sentivo il bisogno di fare un ciclo musicale che si svolgesse su piani sonori differenti: cominciando con un pezzo “a solo” (per viola) via via sino ad arrivare a due pezzi per grande orchestra. Non volevo, con questo, esaurire la problematica degli spettri, però penso che all'inizio avesse bisogno di un certo grado di sistematizzazione. Oggi, vedendolo con un certo distacco, lo giudico,

complessivamente, un po' troppo prevedibile. Comunque nella nostra epoca, ritengo assolutamente necessario cominciare il proprio lavoro compositivo con cose abbastanza prevedibili, in modo da poter deviare in seguito ed aggiungere nuove problematiche musicali. Ai suoi tempi la musica tonale era integralmente un linguaggio, che ognuno, più o meno, conosceva e nel quale Beethoven ha potuto fare delle sorprese all'ultimo momento, aggiungendo quelle cose che fanno sì che Beethoven sia Beethoven. Dunque c'era una base di prevedibilità conosciuta da tutti. Oggi, invece, quando facciamo un solo pezzo, l'ascoltatore non sa niente di ciò che lo aspetta; quindi, se si comincia e si va avanti di sorpresa in sorpresa, è la sorpresa stessa a perdere di valore e di significato. La prevedibilità di Les Espaces Acoustiques soddisfaceva il bisogno di ricominciare da capo: uno spettro armonico è uno spettro armonico; una periodicità non è, una aperiodicità; una terza minore non è una quinta; un rumore bianco non è uno spettro di campana ecc... Non è, comunque, una musica che fa una "lista" di queste possibilità, ma è vero che c'è un aspetto paradigmatico ed anche un po' didattico. Les Espaces Acoustiques esprime, però, un altro aspetto, che io non ho mai controllato personalmente, ma che alcune persone mi hanno fatto notare e che concerne la "percezione dell'ineluttabilità del percorso del tempo": l'aspetto più tragico,

probabilmente. I fenomeni fisico-acustici sono al centro del suo lavoro compositivo. Qual'è il suo rapporto con la musica elettronica e come si avvale dei mezzi elettronici ed informatici per i suoi fini compositivi? Quando parlo con amici astronomi o fisici constatiamo di avere quasi lo stesso linguaggio: un compositore oggi parla di coagulazione, di processi, di dissoluzioni, di allargamenti, di densità... ma mio rapporto con la musica elettronica è di amore-odio. La mia musica e molto influenzata dalle ricerche acustiche e dall'informatica, la cui nozione di processo, che fa parte del linguaggio del computer, ho utilizzato molte volte. Ma io non sono dotato per queste cose in quanto manco assolutamente di pazienza con la macchina. Poi c'è un altro problema nel rapporto con il computer e cioè la lista enorme di possibilità nella quale devi assolutamente districare i tuoi bisogni, mentre lui, imperterrito, ti dà tutto, tutte le possibilità e subito. Attualmente quali sono i suoi rapporti con l'Ircam? Ne condivide la posizione culturale? Ho realizzato un pezzo all'Ircam (nel 1982) che si intitola Chants d'amour per dodici voci e una voce sintetica realizzato con un programma che si chiama Chant, fatto all'Ircam con l'aiuto di J.B. Barrière e P.F. Baisnée e sviluppato da X. Rodet. L'Ircam rappresenta senz'altro un mezzo fortissimo

per la conoscenza, il "contatto" con i moderni mezzi tecnologici. Per me, però, la questione non è Ircam sì o no, ma Ircam come: infatti considero attualmente l'apporto pedagogico molto più rilevante dell'apporto artistico, che è addirittura un po' povero. Secondo me questa situazione è dovuta ad un certo livellamento delle problematiche compositive, probabilmente in virtù anche della presenza di una grande personalità come quella di P. Boulez che, per così dire, 'fa ombra" a molti compositori che si limitano ad imitarlo.

Vuole parlarci del suo ultimo lavoro? Ho composto un pezzo per i Percussionisti di Strasburgo che si intitola Le noir de l'étoile che è stato eseguito a Bruxelles il 16 marzo scorso nell'ambito del Festival "Ars Musica". I musicisti sono accanto al pubblico in una sorta di environnement, con incluse luci e scenografia. E' un lavoro di un'ora che utilizza suoni di stelle, di pulsar, che vengono captati dal radio-telescopio di Nancy e radiotrasmessi in diretta durante il concerto, secondo le prescrizioni della partitura: "i suoni di stelle" vengono sia immessi in ascolto sia recepiti dai musicisti in modo indipendente con delle cuffie, alfine di realizzare dei movimenti ritmici autonomi degli esecutori. Ma la cosa che più mi ha interessato è stato il fatto stesso di legare totalmente l'ora del concerto al

passaggio della stella: il relegare il concerto ad un evento fenomenico così straordinario. Andrea Verrengia : Musica spettrale ed anatomia del tempo - Intervista con Gerard Grisey - (Spectral music and the anatomy of time ) Piano Time n° 105 Jan. 92.

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