Opere. Frammenti postumi 1869-1874 [Vol. 3.3.1] [PDF]

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Zitiervorschau

Friedrich Nietzsche Frammenti postumi 1869-1874

íå Adelphi

Volume Ill. torno III. parte I -Opere di Friedrich NietzscheEdiziono Italiana condotta sul tosto critico stabilito da Giorgio Colli e Mazzino Montinarl

Questo volume contiene alcune delle più importanti novità fra gli scritti postumi di Nietzsche. Si tratta di testi in gran parte centrati sulla Grecia antica. Come sa ogni lettore della Nascita della tragedia, quel libro presuppone una visione globale, altamente articolata di tutta la civiltà greca - e non solo nelle sue forme letterarie. Ma scrivere sulla Grecia fu per Nietzsche, sin dall'inizio, anche scrivere contro il mondo

che lo circondava. Cosi, mentre le figure di Dioniso e Apollo sempre più spesso si pongono al centro della scena, sempre più aspra diventa in Nietzsche la contrapposizione fra la /oro Grecia e quella edulcorata ed eutemizzata che continuava a dominare la cultura europea. Intorno a sé, Nietzsche riconosceva allora due sole esperienze affini, nel pensiero e nella forma:

quella di Schopenhauer e quella di Wagner. Di fatto, è proprio questo il periodo della sua massima vicinanza a Wagner, come testimonia la prima versione, ben più ampia e definitiva, della Prefazione a Richard Wagner della Nascita della tragedia, che qui si potrà leggere. Assistiamo dunque, nei quaderni presentati in questo volume, al prendere forma di una visione grandiosa, che possiamo seguire momento per momento, prima che si cristallizzi nella prima, abbagliante opera di Nietzsche.

CLASSICI 55

OPERE DI FRIEDRICH NIETZSCHE EDIZIONE ITALIANA CONDOTTA SUL TESTO CRITIGO ORIGINALE STABILITO DA GIORGIO COLLI E MAZZINO MONTINARI i

VOLUME III - ToMo III - PARTE I A CURA DI MARIO CARPITELLA

FRIEDRICH NIETZSCHE

FRAMMENTI POSTUMI 1869-1874 PARTE PRIMA

VERSIONE DI GIORGIO COLLI E CHIARA COLLI STAUDE

Ir. , ADELPHI EDIZIONI

Edizione critica delle «Opere complete» e dei testi finora inediti di Friedrich Nietzsche, condotta sui manoscritti originali. Tutti i diritti di riproduzione, di traduzione e di utilizzazione

sono riservati per tutti i paesi compresa l”U.R.S.S. © 1989 ADELPII1 EDIZIONI s.I›.A., MILANO, PI-:R LA LINGUA ITALIANA © WALTER DE GRUYTER & CO., BERLIN, PER LA LINGUA TEDESCA

© ÉDn¬IoNs GALLIMAIID, PARIS, PER LA LINGUA I=I1ANcIasI: © I-IAKUSUISI-IA PUBLISHING COMPANY, TOKIO, PER LA LINGUA GIAPPONESE ISBN 38-459-0725-2

CRITERI DELL” EDIZIONE

In questa prima parte del terzo tomo del terzo volume delle «Opere complete di Friedrich Nietzsche» sono tradotti i frammenti postumi del periodo compreso tra l'autunno 1869 e la primavera 1872. La traduzione si fonda sul testo tedesco pubblicato presso Walter de Gruyter, nel quadro dell'edizione critica a cura di Colli e Montinari: Nietzsche, Werke. Kritische Gexanttawgabe, sezione III, volume 3, Berlin, 1978 e comprende 980 frammenti postumi, dei quali solo 291 già noti attraverso la pubblicazione nel vol. IX dell'edizionc Naumann-Kröner (Grossoktav-Ausgabe, 1894. sgg.) promossa dall'Archivio Nietzsche di Weimar. Se a questi si aggiungono i cinque frammenti autobiograflci del gruppo 4[1-5], pubblicati nel III volume (Brieƒe) della Historiseh-Kritisehe Gesamtausgabe, München, 1933 sgg., e i tre lunghi frammenti 1o[1], 11[1] e 12[1], pubblicati da H._]. Mette in F.N., Socrates und die griechisehe Tragoedie, München, 1933, risulteranno 579 frammenti inediti fino a oggi. Tutti i frammenti sono da noi pubblicati integralmente, così come si trovano nei manoscritti di Nietzsche e seguendo un criterio cronologico. Nel presente volume il lettore troverà i lavori preparatori (salvo quella parte di essi riportata in nota nei voll. III, I e 111, 2) alla Nascita della tragedia e a quegli scritti in cui Nietzsche elaborò per la prima volta, senza pubblicarli, i pensieri che dovevano portare a.ll'opera maggiore (inclusi, però, nella nostra edizione de La filosofia nell 'epoca tragica dei Greci), e inoltre gli appunti preparatori perla serie di conferenze Sull 'avvenire delle nostre scuole, gli appunti filosofici e i risultati delle letture nel periodo della sua attività di insegnante a Basilea e del suo incontro con Wagner. Tutti i manoscritti di Nietzsche sono conservati nell'Archivio Goethe-Schiller di Weimar (Repubblica Democratica Tedesca), che oggi accoglie anche i fondi dell'ex Archivio Nietzsche. Anche dopo la morte di Helmut Holtzhauer, il nostro

XII

CRITERI DELL' EDIZIONE

lavoro a Weimar ha trovato Pappoggio amichevole del nuovo direttore delle «Nationale Forschungs- und Gedenkstätten der klassischen deutschen Literatur››, professor Walter Dietze e dal marzo 1982 del suo successore, professor Werner Schubert, che qui intendiamo ringraziare. Al professor Karl-Heinz Hahn, direttore dell'Archivio Goethe-Schiller, esprimiamo pure la nostra gratitudine. Un valido aiuto per la decifrazione di alcuni passi controversi ci è venuto dalla signora Anneliese Clauss, dell'Archivio Goethe-Schiller. Il nostro ringraziamento va anche al dottor Hans Henning, direttore della «Zentralbibliotek der deutschen Klassik» di Weimar: in questa biblioteca si conservano le bozze e le prime edizioni delle opere di Nietzsche e tutto quanto è rimasto della sua biblioteca personale.

PIANO i>E1.L'oP1-:RA Vol. 1: Scritti giovanili e studi filologici fino al 1868. Vol. 11, tomo 1: Lezioni universitarie e studi filologici dal

1869 al 1873. Vol. 11, tomo 11: Lezioni universitarie e studi filologici

dal 1874 al 1878. Vol. 111, tomo 1: La nascita della tragedia. Considerazioni inattuali, 1-111. Vol. 111, tomo 11: La filosofia nell'epoca tragica dei Greci e Scritti dal 1870 al 1873. Vol. 111, tomo 111, parte 1: Frammenti postumi 1869-1874. Vol. 111, tomo 111, parte 11: Frammenti postumi 1869-1874. Vol. Iv, tomo 1: Considerazioni inattuali, Iv (Richard Wagner a Bayreuth). Frammenti postumi (1875-1876). Vol. Iv, tomo 11: Umano, troppo umano, 1. Frammenti postumi (1876-1878). Vol. iv, tomo 111: Umano, troppo umano, 11. Frammenti postumi (1878-1879). Vol. v, tomo 1: Aurora. Frammenti postumi (1879-1881). Vol. v, tomo 11: Idilli di Messina. La gaia scienza. Frammenti postumi (1881-1882). Vol. V1, tomo 1: Così parlò Zarathustra. Vol. V1, tomo 11: Al di là del bene e del male. Genealogia della morale. Vol. v1, tomo 111: Il caso Wagner. Crepuscolo degli idoli. L'anticristo. Ecce homo. Nietzsche contra Wagner. Vol. v1, tomo Iv: Ditirambi di Dioniso. Poesie dal 1882 al 1888 (con testo a fronte). Vol. vI1, tomo 1, parte 1: Frammenti postumi 1882-1884. Vol. V11, tomo 1, parte 11: Frammenti postumi 1882-1884. Vol. V11, tomo 11: Frammenti postumi 1884. Vol. v11, tomo 111: Frammenti postumi 1884-1885. Vol. V111, tomo 1: Frammenti postumi 1885-1887. Vol. v111, tomo 11: Frammenti postumi 1887-1888. Vol. V111, tomo 111: Frammenti postumi 1888-1889.

SEGNI E SIGLE USATI NELLE NOTE E NEL TESTO

Testo interrotto (anche nel testo) Una parola indecifrabile nel manoscritto (an[-1 che nel testo) Due parole indecifrabili nel manoscritto (anche [- -l nel testo) [---l Tre o più parole indecifrabili nel manoscritto (anche nel testo) Lacuna nel manoscritto presumibilmente di [+1 una parola (anche nel testo) [+++] Lacuna indeterminata nel manoscritto (anche nel testo) Integrazione degli editori (solo nel testo) (> BN Libri della biblioteca di Nietzsche KGW Kritische Gesamtausgabe Werke GT GMD ST DW BA CV PHG DS HL MA

La nascita della tragedia Il dramma musicale greco Socrate e la tragedia La visione dionisiaea del mondo Sull 'avvenire delle nostre scuole Cinque prefazioni per cinque libri non scritti La filosofia nell 'epoca tragica dei Greci David Strauss, l'uomo di fede e lo scrittore Sull 'utilità e il danno della storia per la vita Umano, troppo umano

FRAMMENTI POSTUMI 1869-1872 VERSIONE DI GIORGIO COLLI E CHIARA COLLI STAUDE

[1 =P II lb. AUTUNNO 1869]

1 [1]* Chi parla oggi o sente parlare di Eschilo, di Sofocle, di Euripide, involontariamente li concepisce

anzitutto come poeti letterari, avendoli conosciuti dal libro, nel testo originale o in traduzione: ma questo è più o meno lo stesso che parlare del Tannlzäuser rife-

rendosi al solo libretto. Bisogna quindi parlare di quegli uomini rwn come librettisti, bensì come compositori d'opera. Ma certo so bene che parlandovi di «opera» vi presento una caricatura, anche se solo pochi di voi lo ammetteranno fin dall'inizio. Anzi sarò contento se vi convincerete alla fine che le nostre opere, rispetto

al dramma musicale antico, non sono che caricature. Già l'origine è caratteristica. L'opera è nata senza alcun modello concreto, seguendo una teoria astratta, con la consapevole intenzione di raggiungere così gli

effetti del dramma antico. E quindi un homunculus, essa è proprio il coboldo maligno del nostro sviluppo musicale. Ecco un esempio che ci mette in guardia contro i danni della diretta scimmiottatura de1l'antichità. Attraverso tali esperimenti innaturali, le radici di un'arte inconscia che emerse dalla vita popolare risultano tagliate o per lo meno gravemente mutilate. Un esempio si trova nell'origine della tragedia francese, fin dall”inizio un prodotto di erudizione che doveva contenere la quintessenza del tragico allo stato di concetto puro. Anche in Germania dopo la Riforma è stata scalzata la radice naturale del dramma, ossia la commedia carnevalesca; fino all'epoca classica, e questa compresa, si è tentata una creazione ex novo per via puramente erudita. Al tempo stesso abbiamo qui la prova che, anche in un genere artistico mancato e innaturale com'è il dramma di Schiller e Goethe, un genio indistruttibile come quello tedesco riesce a farsi strada: la stessa cosa si può vedere nella storia dell'opera. Se la forza che è sopita nel profondo è ve-

4.

FRAMMENTI POSTUMI

ramente onnipotente, riesce a superare anche queste intromissioni estranee: a prezzo della lotta più faticosa, spesso addirittura convulsa, la natura ottiene la

vittoria, sia pure con grande ritardo. Ma se si vuol descrivere in breve che cosa sia quella schiacciante ar-

matura, sotto la quale tutte le arti moderne tanto spesso crollano, o procedono tanto lentamente e perdendo la via, bisogna dire che si tratta dell'erudizione, del freddo sapere, della polimatia. Presso i Greci le ori-

gini del dramma risalgono alle incomprensibili manifestazioni degli istinti popolari: in quelle feste

orgiastiche in onore di Dioniso si era in tale misura fuori di sé - regnava un tal grado di ëxorototç, che gli uomini si comportavano e si sentivano come trasformati per incantesimo: condizione questa che non è ri-

masta estranea neanche alla vita popolare tedesca, senza però raggiungere una tale fioritura: per lo meno in quei danzatori di San Giovanni e San Vito che passavano di città in città, ballando e cantando in una moltitudine enorme e sempre crescente,* non vedo altro che un simile movimento di esaltazione dionisiaca, anche se l'odierna medicina parla di quel fenomeno come di un'epidemia del Medioevo. Da una tale epidemia è fiorito l'antico dramma musicale: e la vera disgrazia delle arti moderne consiste proprio nel non derivare da una tale fonte misteriosa. 1 [2] Quell'idea errata, quasi il dramma abbia acquistato il suo carattere sublime, altamente lirico, soltanto col tempo, quasi la farsa sia l'origine del dramma. Essa è piuttosto l'eccitato ed estatico estro carnevalesco. Quanto più quest'istinto si affievolisce, tanto più freddo, intrigante, borghese-familiare, diventa lo spettacolo. Il gioco della spettacolo diventa una specie di gioco degli scacchi. *

AUTUNNO 1369 i[i-7] 1 [3]

5

Valore della fede greca negli dèi: si lasciava

metter da parte con leggerezza e non impediva il filo-

sofare. I [4]

La tragedia era un credere nell'immortalità el-

lenica, prima della nascita. Quando si abbandonò questa fede, spari anche la speranza nell'immortalità ellel'llC2..

1 [5] Odisseo col tempo è diventato uno schiavo astuto (nella commedia). 1 [6] Il riso era l”anima della commedia nuova, il brivido era l'anima del dramma musicale. Sofocle come vegliardo della tragedia.

Morte della tragedia con l'Edipo a Colono, nel bosco sacro delle Furie. Sofocle raggiunge individualmente un punto d'equilibrio. «Demone delirante». * L'epoca di Sofocle è quella della dissoluzione. La retorica sopraffå il dialogo. Il ditirambo diventa il campo dove si esibisce il musicista specifico: ha luogo una seconda nascita artificiale del dramma musicale. Seconda fioritura. Ormai la musica sparisce del tutto dalla tragedia, come ogni tendenza idealistica. 1 [7]* Socrate e la tragedia. - Euripide è molto amato dalla commedia nuova e ha grande influsso su di essa: è lui che ha dato un linguaggio alla gente, egli fa partecipare lo spettatore alla tragedia. Fino ad allora un passato ideale della grecità: adesso Atene si guarda allo specchio. Sofocle ed Eschilo erano xoputoi, Euripide xonárexvov. Il suo punto di vista di poeta critico e di spettatore

6

FRAMMENTI PosTUM1

sta nell'unità. nel prologo, nella musica, ecc., nei dialoghi retorici. - Nella lista di Aristofane.* Sofocle è il « secondo ››. - Fa il giusto consapevolmente. - Socrate è sospettato di aiutarlo: è suo amico e suo spettatore.

- Secondo l”oracolo è ancora più saggio, dal punto di vista della consapevolezza. - Disprezzo dell'inconscio* nell'uomo (nella disputa) e nell'artista (apologia). * Gli artisti sono cacciati dallo Stato platonico, da Platone, che riconosce lafollia, ma ironizza su di essa.* Il poeta tragico nello stesso tempo poeta comico. Solo il filosofo è poeta.* - Di conseguenza Socrate appartiene ai Sofisti. Il

demone («dàtti alla musica››),* mondo alla rovescia. (La sua morte non è tragica). - Il socratismo influisce sulla distruzione della forma in Platone e nei Cinici. (Socrate stesso non scrive). - Il dialogo della tragedia: la dialettica penetra gli eroi della scena, essi muoiono di una ipertrofia logica. In ciò Euripide è ingenuo. La dialettica si estende all'intera struttura: l”intrigo. Odisseo: Prometeo. Lo schiavo. - L'etica non sviluppata: la coscienza è troppo potente, vale a dire ottimistica. E questo distrugge la tragedia che è pessimistica. - Non si può costringere la musica nel dialogo e nel monologo: in Shakespeare è diverso. La musica come madre della tragedia. - Disgregarsi delle arti: ciò avviene prima di Sofocle: l'arte assoluta è segno che l'albero non può più reggere il peso dei suoi frutti: contemporaneamente decadono le arti. La poesia diventa politica, discorso. Ha inizio il regno della prosa. Prima anche la prosa era poesia. Eraclito, la Pizia. Democrito. Empedocle.

AurUNNo isso 111-ii]

7

1 [8] Il socratismo della nostra epoca è la credenza che tutto sia ormai condotto a termine: l'arte è compiuta, l'estetica è compiuta. La dialettica è la stampa, l'etica è Faggiustamento ottimistico della visione cristiana del mondo. Un socratismo che non ha il senso della patria, ma soltanto il senso dello Stato. Senza simpatia per l'avvenire dell'arte germanica.

1 [9]

Meravigliosamente sana è la poesia greca (e

la musica): non ci sono generi coesistenti, ma soltanto stadi preliminari e realizzazione, infine declino, che qui significa disintegrarsi di ciò che era cresciuto da un unico germoglio. I [10] Introduzione alla letteratura greca. L'intero organismo nel suo crescere e decadere. 1 [11] Io mostro una caricatura. Non con l'idea che tutti la riconoscano come tale: sperando che alla fine a ciascuno sia chiaro che è una caricatura. Essenza, più tardi declino. 1 [12]* 1. 2. 3. 4.

Origine naturale. Contenuto religioso e atmosfera solenne. Rappresentazioni periodiche. Teatro popolare e quindi una dimensione enorme. 5. Unità interna, anche fra la musica e le parole.

I [13]* Eschilo ha introdotto il libero panneggiarnento dell'animo. I [14] L'apparato scenico del teatro antico era molto simile allo scenario, consacrato da sempre, dei comprensori dei templi.

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FRAMMENTI POSTUMI

1 [15]* Per la tragedia e per il dramma musicale in

genere, Socrate fu l'elemento disgregatore: ancor prima di nascere* La mancanza di musica, e d'altro lato l'esagerato sviluppo monologico del sentimento, resero necessaria la comparsa della dialettica: il pathos musicale manca nel dialogo. Il dramma musicale antico perisce per i difetti del suo

principio. Mancanza dell'orchestra: non c'era modo di fissare la situazione di quel mondo del canto.

Il coro predomina musicalmente. I [16]

Dramma musicale e opera.

Il primo è un passo verso il giusto, la seconda vive non nella sfera dell'arte, ma dell'artif1cio. 1 [17]* Eschilo inventò la grazia e il decoro della to-

ga,* e in ciò fu seguito dai sacerdoti e dai tedofori. Prima i Greci seguivano i barbari nell'abbigliamento e non conoscevano il libero panneggiamento. Ci sono tre forme fondamentali: il perizoma, la camicia, il manto. La sottana delle donne e i pantaloni degli uomini hanno questa origine dal perizoma. Il chitone deriva dalla camicia: l'abito dei sacerdoti cattolici è la stessa cosa del doppio chitone asiatico. Il manto, in Asia, è costituito da uno scialle (lo scialle di cachemire delle nostre signore). Il passaggio al libero panneggio fu il risultato di una improvvisa comprensione del bello artistico: tutto il progresso della Grecia fu improvviso, dopo che per lungo tempo era rimasta indietro rispetto ai popoli vicini più civili. Visione policroma dell”antica architettura e scultura,

AuruNNo isso i[is-22]

9

secondo la quale esse non apparivano nude, col colore del materiale usato, ma coperte di un rivestimento di colori. Disprezzo sovrano per l'arte barbarica, che dimentica Fammirazione che gli stessi Greci, con Erodoto, Senofonte, Ctesia, Polibio, Diodoro, Strabone, tributano alla grandezza e all'armonia di queste opere barbariche. Il giudizio dato dai Greci deve servire da metro per la valutazione di quelle opere. Ma ora si è più ellenici dei Greci stessi: la barbarie è una specie di cannibalismo modificato.

1 [18]* Per gli antichi l'autorità di un'opera d'arte dipendeva molto dalla magnificenza della costruzione, dai costi del materiale usato e dalla difficoltà della lavorazione. Prezzo alto, difficoltà di lavorazione, rarità dei materiali. Il tempio di Delfi terminato intorno al 520 a.C. 1 [19]* Agone famoso fra Apelle e Protogene. Semper, Textile Kunst, p. 470. Plinio, xxxv, 10. 1 [20] Basta che un tedesco scopra un nuovo campo, il cui studio richiede un enorme zelo, ma che si può amministrare con poco spirito, ed ecco che diventa celebre, poiché trova innumerevoli seguaci. Di qui la fama di Otto _]ahn,* così brav'uomo, ottuso e privo di slancio. 1 [21]* «L'atmosfera furnosa delle candele di carnevale è la vera atmosfera dell'arte››. Semper, p. 231. 1 [22] Che tempi per l'arte dell'attore, quando Sofocle ed Eschilo in persona recitavano le parti principali!

I [23]

Sulla storia dei filosofi e dei poeti greci.

Quaderno 1. Omero come contendente. Quaderno 11. Sulla storia dei filosofi.

Quaderno 111. Estetica di Eschilo. Quaderno Iv. 1 [24]* Socrate è lo «sputasentenze» ideale: un'espres-

sione, questa, che deviessere intesa con la dovuta delicatezza. Socrate come colui che «non scrive››: egli non vuole comunicare nulla, ma soltanto interrogare.

1 [2 5]* Trivialità del processoz* atteggiamento straordinariamente ingenuo di Socrate, il dialettico fanatico. La forma è distrutta dal contenuto: o meglio, l”arabesco artistico è distrutto dalla linea retta.*

Il socratismo distrusse già la forma in Platone, e ancor più i generi stilistici nei Cinici. 1 [26] Lo sviluppo della melodia dell”opera rappresenta il paganesimo nella musica. 1 [27]* La musica assoluta e il dramma quotidiano: le due parti separate a forza del dramma musicale. La fase più felice fu il ditirambo e anche la più antica produzione tragica di Eschilo. Con Socrate si fa strada il principio della scienza: ciò significa guerra all”inconscio* e sua distruzione. 1 [28] Il dramma musicale greco. Il dramma musicale in sé: parte 11 Fannientamento.

AUTUNNO 1869 i[23-31]

11

Mancanza di un'etica più approfondita. Lo sviluppo della musica moderna è artzƒzcioso. Presso i Greci c'è una differenza enorme fra la conoscenza estetica e l'effettivo creare.

Perciò lo svilupparsi dei generi artistici era naturalmente giusto. L0 svilupparsi dei generi artistici 1'un0 dall'altro: ogni nuova fase che fiorisce distrugge quella precedente. Noi possediamo solo generi poetici di imitazione. Il dramma musicale rappresenta il culmine: esso viene dissolto dall°ampliarsi della riflessione e dalla stasi

dello sviluppo etico. 1 [29]

La Grecia ha per noi il valore che hanno i santi

per i cattolici. 1 [30] * La più bella espressione tedesca per designare l”uomo d'on0re (XIII secolo dal Meier Helmbrec}zt):* « Se mi vuoi seguire, lavora con l'aratro! Allora tanti trarranno giovamento da te, sicuramente il ricco e il povero, il lupo e l'aquila e certamente tutte le creature››. Uhland, p. 72. Toccante detto contadino del 1519 contro i topi di campagna. «Ai topi che si ritirano è accordata una scorta per essere al sicuro dai cani e dai gatti, e per le gravide e i piccini un rinvio di 14 giomi››.* 1 [31] È impossibile che l'elemento poetico, astratto dall'epos e dalla lirica, contenga al tempo stesso le leggi valide per la poesia drammatica. Nel primo caso ogni cosa viene detta in riferimento alla fantasia

dell'ascoltatore, che poi la ricreerà: nel secondo caso, tutto è presente e ben visibile: la fantasia viene repressa dalle immagini mutevoli.

I2

FRAMMENTI POSTUMI

1 [32]* I Germani, che vivevano isolati, vedevano nelle dispute e nei dibattiti del tribunale un dramma: la loro più antica poesia drammatica segue questa analogia, si pensi per esempio al contrasto fra l'inverno e l'estate, fino a che Venere non concilia la lite (Uhland, p. 21). 1 [33]* Il salto dalla rupe di Leucade trova un paral-

lelo nei danzatori di San Vito che si gettavano nelle acque tempestose, e nei danzatori della tarantella: «Portatemi al mare se mi volete guarire, via al mare! Così mi amerà la mia bella. Al mare, al mare! Ti amerò finché avrò vital», Uhland, p. 402.

1 [34]* I cortei orgiastici di Dioniso assomigliano alle danze di San Giovanni e San Vito (Cronaca di Colonia,

stampata nel 1491): «Ecco San Giovanni tutto fresco e lieto, ecco San Giovanni››: questo era il ritornello dei loro canti. Cfr. Hecker, Die Tanzwuth eine Volkskran/clieit im Mittelalter, Berlin, 1832. 1 [35]* Il canto degli uccelli ha il potere di risvegliare lo spirito degli eroi. L'usignolo lancia il suo appello: «ocihi ocihi››, colpisci a morte, «fier fier››, colpisci. Ai figli degli eroi orfani e senza patria diventa percettibile la voce della natura selvaggia. 1 [36]* Uno scolio greco: «Ah, se fossi una lira d'oro, ecc. ›› assomiglia molto a certe canzoni augurali tedesche. Uhland, p. 282. 1 [37]* Il banale e sciocco Gervinus ha parlato di uno «strano errore ›› di Schiller,* quando costui assegna il destino dell'annientamento a ciò che è bello sulla terra.

AUTUNNQ isso i[32-41]

13

1 [38] «La musa poetica di Shakespeare ha un'altra compagna con sé: la musica; quella di Goethe la scultura». Fantastico! 1 [39] La delicatezza del sentimento e la tendenza al simbolismo gli facevano apparire significativa anche l”azione insignificante. Perciò è poco adatto per la scena. 1 [40]* Il coro greco è anzitutto la cassa di risonanza vivente e poi il megafono tramite il quale l°attore grida enormemente amplificati i suoi sentimenti allo

spettatore, in terzo luogo è lo spettatore stesso che ha la parola, lo spettatore che canta, appassionato, in uno stato d'animo lirico. 1 [41]* Nel 1549 un italiano dice: assomigliano più ai gatti in gennaio, che ai fiori profumati di maggio.

Nel 1564 una commissione di otto cardinali stabilì che le parole sacre del canto dovessero essere percepite in maniera chiara e continua. A questa esigenza ottemperò Palestrina. Le composizioni di Palestrina sono fatte per un certo contesto, per un momento preciso del culto. Carattere drammatico delle azioni liturgiche. Le forme della frase artificiale hanno cessato di essere fini a se stesse: sono mezzi di espressione. L'espressione va cercata nella totalità dell'opera. I pezzi erano ripetuti regolarmente ogni domenica e perciò molto familiari. È importante se un'opera è stata creata per un'unica rappresentazione 0 per rappresentazioni ripetute: i drammi dei Greci erano senz'altro concepiti e composti per essere ascoltati una sola volta: e immediatamente erano anche giudicati.

14.

FRAMMENTI POSTUMI

Lotta terribile fra la melodia e l'armonia: quest'ulti-

ma penetrò fra il popolo e dappertutto diffuse il canto polifonico, sicché il canto monodico andò perduto del tutto, e con esso anche la melodia.

La musica corale drammatica presso i Greci è anch'essa più recente del canto singolo, ma cosa del tutto diversa dal canto corale testé ricordato; essa era unisono: quindi semplicemente la voce singola moltiplicata per

cinquanta. Una lotta fra melodia e armonia i Greci non l'hann0 mai conosciuta.

1 [42]

Nel 1600 si riscopre la melodia.

1 [43]* La tragedia greca trovò in Socrate la sua di-

struzione. L'inconscio* è più grande del non sapere di Socrate. Il demone è l”inconscio, che però si oppone ogni tanto all'oggetto della coscienza al solo scopo di ostacolare: ciò non ha un effetto produttivo, ma soltanto critico. Stranissimo mondo alla rovescia! Di solito è sempre l'inconscio l'elemento produttivo e l'oggetto della coscienza quello critico. L'esclusione degli artisti e dei poeti da parte di Platone è conseguente. L”oracolo di Delfi assegna il premio della saggezza secondo il grado di consapevolezza. Il processo non è di portata storica. 1 [44]* Socrate e la tragedia greca. Euripide come critico dei suoi predecessori. Particolari: il prologo, l'unità. Euripide il Socrate drammatico. Socrate fanatico della dialettica. Socrate distruttore della tragedia. Aristofane ha ragione: Socrate faceva parte dei Sofisti.

AUTUNNO 1369 i[-ti--ie]

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Eschilo fa il giusto senza saperlo: Sofocle quindi crede di fare il giusto sapendolo. Euripide pensa che Sofocle abbia fatto inconsciamente ciò che non è giusto, egli invece coscientemente il giusto. Il sapere di Sofocle era soltanto di natura tecnica: Socrate aveva tutti i diritti di opporglisi. Nella scala della divina consapevolezza, l'oracolo di Delfi definiva Sofocle meno saggio di Euripide.

1 [45] * Purtroppo siamo abituati a godere le arti isolate l'una dall'altra: assurdità delle gallerie d'arte e

delle sale da concerto. Le arti assolute sono un triste vizio moderno. Tutto si smembra. Non esistono organizzazioni che coltivino insieme le arti come arte unica, che coltivino cioè i campi dove le arti si unificano. Ogni arte percorre un tratto di strada da sola, un al-

tro in compagnia delle altre arti. In epoca moderna, per esempio, i grandi trionfi italiani rappresentano una simile unificazione delle arti. Il dramma musicale antico trova un'analogia nella messa solenne cattolica: con la differenza che l'azione viene rappresentata ormai solo simbolicamente, 0 addirittura solo raccontata. Basta questo per dare un'idea dell”antico godimento del teatro all'epoca di Eschilo: tutto era però assai più luminoso, più solare, più sicuro e chiaro, certo anche meno interiore, intenso, infinitamente enigmatico. 1 [46] In che cosa si distinguono la ritmica del movimento e quella della stasi (cioè la visione)? Le grandi relazioni del ritmo le può comprendere soltanto la visione intuitiva. Invece la ritmica del movimento è molto più esatta e matematica nel particolare e nel dettaglio. La sua caratteristica è la battuta.

16

FRAMMENTI POSTUMI

1 [47] Che cos'è l'arte? La capacità di produrre senza volontà il mondo della volontà? No. Essa è la capacità di produrre nuovamente il mondo della volontà,

senza che il prodotto voglia nuovamente. Si tratta quindi di una produzione di ciò che è privo di volontà mediante la volontà e in modo istintivo. Quando ciò avviene coscientemente, si parla allora di opera manuale. D'altro canto appare chiara l'aff1nità con la pro-

creazione: in questo caso, tuttavia, sorge nuovamente ciò che è pieno di volontà. 1 [48] solo per delicatezza che tutte le cose più sconvolgenti non venivano rappresentate sulla scena

attica? In sostanza: non c”era azione, ma veniva rappresentato e detto solo quello che precedeva e seguiva l'azione. Sulla scena inglese succedeva il contrario. 1 [49]* Qual è l'azione della musica? Essa risolve una visione in volontà. La musica contiene le forme universali di tutti gli stati del desiderio: essa è il puro simbolismo degli istinti, e come tale è del tutto comprensibile per chiunque, nelle sue forme più semplici (battuta, ritmo). Essa è quindi sempre più universale di ogni singola azione: per questo la possiamo capire meglio di ogni singola azione; quindi la musica è la chiave del dramma. L'esigenza dell'unità, ingiustificata, come abbiamo vi-

sto, è fonte di tutte le assurdità dell'opera e del canto. Si vide l'impossibilità di ripristinare l'unità del tutto: si passò allora a porre l'unità nei pezzi e a spezzettare il tutto in tanti pezzi a sé, scomponibili. Euripide procede parallelamente, anch'egli pone l'unità nel singolo pezzo del dramma. Il dramma musicale greco è uno stadio preliminare

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della musica assoluta, una forma nell'intero proces-

so. Le parti lirico-musicali hanno anzitutto un contenuto generale, oggettivo-contemplativo: dolori e gioie, impulsi e repulsioni* di tutti. L'occasione era immaginata dal poeta, perché egli non conosceva musica e lirica assolute. Egli fingeva una situazione passata nella

quale questo o quello stato d'animo generale richiedesse la propria espressione lirica e musicale. Questa doveva essere una situazione di esseri affini e fami-

liari: ma nulla è più affine del mondo mitico, riflesso delle nostre situazioni più generali, viste in un passa-

to ideale e idealizzante. Con ciò quindi il poeta afferma l'universalità delle disposizioni lirico-musicali per tutti i tempi, fa cioè un passo verso la musica assoluta. In ciò sta il limite della musica antica: essa rimane musica d'occasione, si presuppone cioè che ci siano certe situazioni musicali e certe altre non musicali. E come misura vale la situazione in cui l”uomo canta. In questo modo si ottenevano due mondi l'uno accanto all'altro che grosso modo si alternavano, sì che spariva quello dell'occhio quando iniziava quello dell'0recchio e viceversa. L'azione serviva soltanto per giungere alla sofferenza, e l'erompere del pathos rendeva necessaria una nuova azione. La conseguenza era che non si cercava la mediazione fra i due mondi, ma la loro netta contrapposizione; una volta delimitato il dominio del cuore, anche la mente doveva far valere i suoi diritti; Euripide introdusse nel dialogo la dialettica, il tono delle aule del tribunale. È qui che si vede l'incresciosa conseguenza: se si separano in maniera innaturale il cuore e la mente, la musica e l'azione, l'intelletto e la volontà, ogni parte separata si atrofizza. Ed è così che ebbe origine la musica assoluta e il dramma familiare, dallo smembramento del dramma musicale degli antichi.

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FRAMMENTI POSTUMI

1 [50] Unità di poeta e compositore. L”epoca presente sarebbe per prima in grado di comprendere questa unità, in quanto abbiamo un mediatore fra noi e l'idea (ciò che i cattolici chiamano un santo, un exemplum classico), se non fosse stata presa dal terrore al

manifestarsi di questa strapotente forza della natura, e non cercasse di liberarsi della sua paura con un fracasso da Coribanti: tuttavia il santo vive e muore, sconosciuto, ma destinato a lasciare un commovente ricordo alla posterità! 1 [51] La toccante simpatia per l'animale in Richard Wagner giunge fino allo spasimo. - Uno dei nemici ebrei di Richard Wagner gli aveva annunziato per lettera l'avvento di un nuovo germanesimo, il germanesimo ebraico.

1 [52] Il punto supremo, che sia stato raggiunto dall'etica cosciente degli antichi, è la teoria dell'amicizia: questo, senza dubbio, è il segno di uno sviluppo davvero distorto del pensiero etico, grazie al musagete Socrate! 1 [53]* L'esigenza dell”unità nel dramma è una pretesa della volontà impaziente, che non vuole contemplare con calma, ma vuole slanciarsi senza ostacoli sulla strada intrapresa, sino alla fine. La bella composizione del dramma: si è tentati e allettati a disporre le scene successive l'una accanto all'altra, come quadri, e ad analizzare questa immagine complessiva secondo la sua composizione. Questa è una vera confusione di princìpi artistici, in quanto si applicano alla successione le regole della coesistenza. Non si cerchi di abbracciare con lo sguardo la pura successione, per esempio un pezzo di musica: è un erro-

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re parlare qui di una visione architettonica del tutto; lo stesso vale per il dramma. Dove si trovano le leggi della successione? Ad esempio nei colori che contrastano l'uno con l”altro, nelle dissonanze che esigono una risoluzione, nel fluire dei sentimenti. Unità apparenti, ad esempio molte sinfonie. Si tratta di quattro parti, il cui carattere fondamentale costituisce un'unità schematica. Si richiede un focoso al-

legro, un sublime o delicato adagio; poi forse un'umoresca; e infine un baccanale. Analoghi sono già i contrasti nel nomos pitico di Sacadas.* La successione esprime la volontà, la coesistenza l'acquietarsi nell”intuizione.

Donde deriva lo sforzo effettivo dei drammaturghi greci per raggiungere l'unità? Dato soprattutto che non c'era ancora alcuna esigenza imposta dalla filosofia? Epoca meravigliosa, in cui le arti ancora si sviluppa-

vano, senza che l'artista trovasse teorie dell'arte già pronte! Un tale dramma antico è una grande opera musicale: ma la musica non si godeva mai in assoluto, ma sempre posta in relazione con il culto e l'ambiente o la società. In breve, era musica d'occasione. Intuizione importantissima! Il dialogo che lega tutto serve solo a creare le occasioni, quelle cioè per i pezzi di musica, ciascuno dei quali conservava il suo netto carattere occasionale: unità del sentimento, pari intensità dell”emozione. 1 [54] .La tragedia originaria contiene e richiede diverse unità: quella della parte lirico-musicale, quella del racconto epico, quella delle immagini mimiche. Anche per la vista esistono due mondi che procedono di pari passo, parallelamente e non in unità: il mondo della scena e quello dell'orchestra.

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FRAMMENTI POSTUMI

Ma i Greci non conoscono neppure la statua assoluta, anch'essa ha rispetto all'architettura una posizione

di parallelismo, come la scena rispetto al coro. E un vizio moderno la necessità di godere le arti teo-

ricamente divise le une dalle altre, ognuna di per sé: esso dipende dalla formazione delle capacità individuali. Caratteristica dell'ellenico è l”armonia, dei moderni la melodia (come carattere assoluto). 1 [55]

Il poeta tragico è più esposto alla noia del poe-

ta epico, perché a quest'ultimo è lecito presentare cose molto più varie. 1 [56]* Perché il dramma greco non prese le mosse dalla rappresentazione epica? Irnportantissimo. L”azione entrò a far parte della tra-

gedia soltanto col dialogo. Ciò dimostra come fin dall'inizio in questo genere artistico non si mirasse affatto al òpãv: bensì al rcáfioç. All'inizi0 non era altro che lirica oggettiva, cioè un canto sorto dallo stato di certi esseri mitologici ed eseguito quindi anche con il loro costume. Dapprima loro stessi indicavano il motivo del loro stato d'animo lirico: più tardi si distaccò un personaggio: così si poté portare a unità di contenuto un ciclo di canti corali. Il personaggio così distaccato raccontava le azioni principali; al racconto di ogni avvenimento importante seguiva lo sfogo lirico. Anch'egli aveva un costume: ed era considerato signore del coro, come un dio che narra le sue gesta. Quindi: Cicli di canti per coro legati da un racconto: ecco l'origine del dramma greco. La processione inscenata a regola d'arte, il rcpooóòiovz non ha forse questo un influsso sul dramma? A parte il fatto che lo spettatore non accompagna la processione, ma sta seduto? Forse da lì ha preso origine la

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commedia, forse anche la tragedia: il senso è questo:

sempre nuovi gruppi, con nuovi canti, ma il tutto è un'unità, un'unica storia. Si confrontino le rappresentazioni sui bassorilievi. Tali processioni mascherate presupponevano che il

fondamento, la materia mitica fosse comprensibile a ttitti. I [57] Sul dramma satiresco. I postludi di uno o due atti sono in uso presso i Francesi. Così anche le pic-

cole farse di Garrick. L”Amleto, a detta di Rapp,* è quasi una parodia del dramma antico (Orestea). 1 [58]* Shakespeare nel Troilo e Cressida caratterizza

come difetto capitale della grecità le forze morali ancora senza vigore. 1 [59] L'epoca di Euripide è quella del crepuscolo degli dèi: egli ne ha la sensazione. Egli si rivolge energicamente contro l”oracolo di Delfi e la veridicità di Apollo.* Le Baccanti messe in scena al teatro di corte di Archelao. * 1 [60] Per lungo tempo i Romani assistettero agli spettacoli in piedi: star seduti era considerato una mollezza. 1 [61]* Il sepolcro di Euripide fu colpito dal fulmine, ciò significa che chi vi giaceva era prediletto dagli dèi e il luogo era sacro. 1 [62]* «Secondo l'opinione degli antichi, l'arte non deve mirare al godimento personale, il suo posto è negli zigoni ed essa esiste per il diletto di molti. Il pubblico che giudica abbassa il livello dell'artista››. In Euripi-

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FRAMMENTI POSTUMI

de si assiste al tentativo insolito di nuotare contro la

corrente e di mutarne il corso. Per il filosofo era possibile dedicare la sua opera al tempo, ma il poeta del dramma musicale doveva contare sul presente.

1 [6 3]* La Tptloyíot sta a dimostrare una fase più antica: una connessione fra l'epica dei rapsodi e la lirica. Il rapsodo entrava tre volte sulla scena: e narrava un grande passato. Si alternava al coro, che celebrava i momenti lirici. E importante che il rapsodo dell'epos facesse le sue comparse in costume: più tardi

anche nel teatro. 1 [64] Parole conclusive adatte a Euripide (Platone, Phaedr. , 245, Schleiermacher): « Il terzo invasamento e delirio ispirato dalle Muse si impadronisce di un'anima tenera e santamente integra per eccitarla ed infiammarla, e, celebrando con solenni canti e altre opere dell'arte poetica le mille imprese degli antenati, educa i discendenti. Ma chi si ritrova senza questa follia delle Muse nelle anticamere dell”arte poetica, ritenendo che per diventare poeta gli basti la sola arte, non è certo un iniziato, e anche la sua poesia, quella dell'uomo d'intendimento, è oscurata da quella del folle ››. I [6 5]* Secondo Aristotele, la scienza non ha nulla a che fare con l”entusiasmo, poiché non si può fare assegnamento su questa forza insolita: l'opera d'arte è il prodotto di una profonda conoscenza artistica, in un'adeguata natura di artista. Che piccineria! 1 [66]* L'unità non è fin dall'inizio il Tšloç proprio della tragedia, ma si trova sulla strada della sua evoluzione, e così fu inevitabile scoprirla. Cos'è l'unità nella poesia lirica? Quella del sentimento. Ma nella composizione lirica più vasta?

AUTUNNO 1369 i[e2-sa]

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1 [67]* È molto significativa l'antica denominazione della commedia: -cpu°fo_›8íot, cioè «canto del mosto››: essa mi fa pensare a una nuova derivazione di -cpotyogöia, cioè «canto dell'aceto››. Tápyccvov vuol dire ti aceto ››, quindi -totpycpöíot si tramuta poi in Tpaycpötot. Allora cadrebbe l'origine dal dramma satiresco: importantissimo! Antichissimi canti di vendemmia, gli uni dolci e briosi come il mosto, gli altri aspri e astringenti come l'aceto. Ma sono soltanto immagini, non ha senso che il mosto fosse il premio del vincitore. E importante che a Sicione vengano cantate poesie

per Adrasto, trasferite poi ufficialmente a Dioniso. Non si trattava però di drammi satireschi: che cosa aveva a che fare Adrasto con i Satiri? Si trattava appunto di misteri. Esisteva una forma di poesia in cui fossero latenti, come in un germe, la tragedia, il dramma satiresco e la commedia? Il dramma satiresco sarà lo stadio preliminare della

tragedia e della commedia? La nascita della tragedia dal ditirambo non è forse una falsa deduzione, che si appoggia sullo sviluppo reale del dramma dal ditirambo ai tempi di Timoteo, ecc.? La falsa etimologia Tpáywv è forse sorta di qui? Importante è l”impulso che dovettero dare i misteri. Azione sacra, con effetti teatrali, in uno spazio chiuso, alla luce, con effetti di illuminazione. E verosimile che il dramma sia sorto come mistero pubblico, come reazione contro la segretezza dei sacerdoti, per una difesa della democrazia da parte del potere supremo. Io penso che i tiranni abbiano introdotto questi «misteri pubblici», per opporsi ai sacerdoti dei misteri. Noi sappiamo che Pisistrato è stato favorevole a Tespi.

1 [68]

I più antichi organi medioevali avevano dei

24.

FRAMMENTI POSTUMI

tasti larghi mezzo piede, separati da spazi considerevoli, e si dovevano azionare con i pugni e con i gomiti. Contrapposizione fra il canto secolare monodico e la musica erudita che conosce soltanto il canto polifonico. Gli strumenti d'accompagnamento all”unisono con la voce. La musica corale si sviluppa dapprima secondo le regole dell'arte. Ma mai v'è coincidenza fra testo e musica. Tutto ciò vale per gli Olandesi. Un'indifferenza assoluta, addirittura un odio per le parole del testo, che si cantano senza senso mescolandole e defor-

mandole. E molto originale il modo in cui si cercava di ovviare alla mancanza di espressione: si coloravano le note con

i colori delle cose di cui si parlava, * verde per le piante, i campi, i vigneti, color porpora per la luce`, il sole, ecc. Era musica letteraria, musica da leggere. E importantissimo che anche la musica abbia seguito nel suo sviluppo questa via innaturale, come è avvenuto per il dramma tedesco. Rispetto a tutti questi punti di vista, i Greci sono esempi imperituri. Il cardinale Domenico Capranica diceva a Papa Nicola V: « quando li sento cantare tutti insieme mi sembrano tanti maialini in un sacco, perché sento un rumore terribile e uno squittire e un urlare confuso, ma non riesco a distinguere nemmeno un suono articolato ››. * 1 [69] L°origine dal dramma satiresco mi appare singolarmente strana: eppure già il nome lo dice. In ogni caso il ditirambo e i phallica debbono essere cose diverse. E il fatto che il dramma satiresco venne restaurato più tardi ufficialmente, in modo arbitrario? Non si tratta

forse di ttufioiroiioc?

AUTUNNo isso i[sa-ro]

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La -cpotycgòtot dev'essere stata in un primo tempo un gruppo mascherato che cantava. I phallica erano processioni, che si aggiravano cantando, accompagnate da buffoni. L'elemento dialogico è quindi naturale sin dal principio, l”ambiente è mutevole, le occasioni per burle e scherzi, di natura del tutto personale, si rinnovano sempre: si tratta insomma di una commedia carnevalesca, di una mascherata che attraversava la città. Sono forse gli åšápxovraç -coñ 3t8upáp.ßou,* che debbono spiegare in un primo tempo l'insieme, il gruppo

che canta? Ad esempio, in un prologo euripideo? O al contrario, quest'ultimo è stato designato a torto come prologo arcaico? Credo che sia così. Come accade, che le rappresentazioni si connettano soltanto al ditirambo, e non ai peani, ecc.? 1 [7o]* Nella tragedia greca la fantasia è quanto mai

misurata: non già perché essa manchi, come dimostra la commedia, ma per un principio cosciente. La sua antitesi è costituita dalla tragedia inglese, con il suo realismo fantastico: quest'ultima è assai più giovanile, più impetuosa sensualmente, più dionisiaca, più ebbra di sogno. La danza religiosa del coro con il suo andante, limitava la fantasia del tragico greco: immagini viventi, sulla scorta di quelle dipinte sulle pareti dei templi. Musica continua per le immagini viventi: ciò rende possibile un certo corso di sviluppo e un'intima vita patetica nell'andante. Espressamente, Euripide non vuole avvincere con la novità della materia e con le sorprese della trama: bensì con le scene patetiche, che egli trae dalla nuda favola. Soprattutto poi Euripide vuole, con il prologo, insegnare all'ascoltatore come egli ha rimodellato la trama: perché l'ascoltatore non

assista allo spettacolo con false aspettative.

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FRAMMENTI POSTUMI

I [71]* È assai importante che il dramma non sorga immediatamente dalla poesia epica: come avviene invece nel dramma inglese, tedesco e francese: bensì da una poesia epica che è musicale e lirica. Pensiamo al

nomos pitico di Sacadas: a ciò che rappresentava qui la musica si aggiungevano immagini; naturalmente si dovevano assumere materie conosciute, perché non rimanessero troppi elementi da sviluppare, e la pura

effusione dei sentimenti trovasse piuttosto una rapida e facile motivazione di fronte agli occhi e alla me-

moria di tutti. Mi sembra che la commedia abbia un'origine essenzialmente diversa: la sua influenza trasmette alla tragedia l'elemento dialogico-dialettico. 1 [72]

A proposito del deus ex machina. Negli Stati retti

a monarchia, nello spettacolo spesso il deus ex machina sarà stato soltanto il principe: ad Atene mai. Peri Greci soltanto i re possono capire veramente il tragico della

vita, perché essi sono abbastanza in alto: ecco perché i Persiani si svolgono alla corte di Dario e di Serse. 1 [73] * In Inghilterra i giovani aristocratici fumavano sulla scena (1616 anno della morte di Shakespeare): le loro sedie stavano sul palcoscenico. * Fletcher se ne lamenta. - Gli spettacoli erano di pomeriggio: la borghesia* pranzava alle undici e cenava alle sei: lo spettacolo aveva luogo nel frattempo* 1 [74]* Chiaramente Shakespeare non è stato abbastanza capito dai suoi contemporanei: lo dimostrano i capricci del pubblico, le parodie dei suoi lavori, ecc. 1 [75]* Risoluzioni davanti al re in veste di giudice, molto fre Cl uenti nella commedia in 8lese, una s P ecie di deus ex machina.

AUTUNNo isso mi-rs] 1 [76]

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Differenze importanti del teatro greco: le rap-

presentazioni erano periodiche - con grandi intervalli: non c'era una suddivisione degli spettatori secondo il rango: il tutto in accordo e in sintonia_con la reli-

gione popolare, con i sacerdoti; il poeta non poteva contare su nessun guadagno in denaro; gli spettatori

erano uomini; i giudici in ogni caso uomini anziani; le donne per bene erano escluse: l'azione si svolgeva interamente all'aperto; lo spettacolo si svolgeva in pie-

no giorno; pochi attori, che dovevano assumere molti ruoli e avevano bisogno di tempo per riposarsi: maschere, senza tratti individuali: dimensioni enormi, e perciò molte scene plasticamente lente e calme:

tutto secondo un ritmo lentissimo: dominava Fandante. Puro teatro popolare. 1 [77]

Le immagini della passione sulle vie che con-

ducono ai santuari: se si immagina che esse si muovano e che lo spettatore resti fermo, si ha un preludio del dramma. 1 [78]* Ritorno sempre all'idea che Euripide abbia voluto mettere esageratamente in luce le conseguenze della fede popolare; soprattutto nelle Baccanti: egli mette in guardia dai miti, mostra ad esempio Afrodite che manda in rovina un giovinetto puro, Hera ed Iris che rendono Eracle forsennato, tanto da fargli strozzare la moglie e il figlio. I seguenti versi delle Baccanti non sono forse ironici? Ciò che ci è stato insegnato da padri devoti, ciò che [è stato consacrato dal tempo, sin dall'antichità, non può essere rovesciato [da sottile ragionamento,

quand'anche lo escogitasse il più alto spirito umano. *

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FRAMMENTI POSTUMI

1 [79] Bernhardy ›l= definisce Euripide portavoce e descrittore dei costumi dell'oclocrazia, e considera la sua poesia il degno monumento di essa. O. Müller* osserva che Euripide intende il mito non più come un fondamento e una profezia del presen-

te, ma coglie soltanto l'occasi0ne per piacere agli Ateniesi, esaltando i loro eroi nazionali e denigrando gli eroi dei loro nemici. 1 [8o]* Rapido sviluppo della tragedia: la regina Elisabetta d'Inghilterra, durante il suo regno, ha visto

svilupparsi il dramma dalle marionette fino al suo massimo culmine. Il teatro francese medioevale, i misteri, di contenuto sacro e profano, si estinguono col dialetto. La fioritura della rappresentazione carnevalesca tedesca cade nel XV secolo. Essa è ancora viva nel XVI e muore nelle lotte della Riforma. Tutte e due le letterature sono dialogiche: fiorirono senza aver seguito. Il teatro spagnolo prende inizio in Portogallo ai primi del XVI secolo, poi attraverso l”Andalusia arriva in Castiglia dove, dopo inizi modesti, si sviluppa quasi contemporaneamente al teatro inglese. Si sviluppa indisturbato, fiorisce per tutto il XVII secolo e soltanto all”inizio del XVIII si esaurisce e muore. E rimasto in vita per quasi 200 anni. L'antico teatro inglese sorge alla metà del XVI secolo e con l'inizio del XVII raggiunge il suo culmine. Muore violentemente a metà di questo secolo per via della rivoluzione politica. La sua fioritura è di 100 anni

scarsi. 1 [81]* Importanza del teatro popolare. In Spagna e in Inghilterra il teatro prese le mosse da un fondamento del tutto popolare e divenne col tempo teatro di cor-

Auruuuo 1369 1179-ss]

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te. In Francia il dramma popolare medioevale si era

estinto col dialetto. Corneillc s'impossessa della scena in maniera puramente erudita e assume dalla Spagna la forma teatrale già fissata; sfortunatamente si trattava già fm dall'inizio di teatro di corte che non riuscì mai più a ritrovare la base popolare. La rappresentazione carnevalesca in Germania è sradicata dalla Riforma: restano tentativi isolati di eruditi, fino a Lessing. Ora c'è l”influsso di Shakespeare. Grazie a lui

il teatro è sfuggito a quella restrizione dovuta all'imitazione degli antichi, che aveva incatenato la scena, spagnola di origine, dei Francesi. (Nobiltà degli spet-

tacoli attici). Influsso delle donne. Sulla scena dell'antico teatro inglese le parti da donna erano rappresentate da giovinetti, e, proprio per questa istituzione originariamente moralistica, la rappresentazione degenerava nell'in-

decenza più smisurata. Le oscenità di Aristofane sono singoli accessi di focosa esuberanza in confronto all'immoralità della più recente scuola dell'antico teatro inglese. 1 [82] * Dice Winckelmann che per gli antichi la bellezza era l”ago della bilancia dell'espressione. I [83]* La grazia del terribile - le «Grazie terrificanti››: cosa che conobbero bene solo gli antichi. I [84]* Tratti fauneschi della disperazione: per esempio nella lettera di congedo di Kleist, oppure in Lessing nell'immagine della morte del fanciullo insieme alla madre. I [85] * Il filosofo trova pace e riposo soltanto nel bosco sacro delle Furie, come Edipo tormentato ed esausto.

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FRAMMENTI POSTUMI

I [86]* Schlegel definisce la poesia di Sofocle bosco sacro delle oscure dee del destino, dove verdeggia l'alloro, l'olivo e la vite, e dove ininterrottamente cantano gli usignoli.

i [87] * «La perfezione nell'arte e nella poesia si può paragonare alla cima di un monte scosceso, dove un peso, spinto a fatica fin lassù, non può restare alungo fermo, ma subito rotola giù inarrestabile dall'altra parte. Ciò avviene velocemente e con leggerezza e si guarda con piacere, poiché la massa segue la sua

tendenza naturale: mentre dà un certo qual senso di pena assistere al faticoso salire verso la cima». I [88]* Platone accusaipoeti tragici di gettare gli uomini in balìa delle passioni e di rammollirli ponendo in bocca ai loro eroi lamenti eccessivi.

i [8g]* «La rappresentazione euripidea si prende delle confidenze nei confronti degli dèi». I [go]* Lessing a proposito dei prologhi: Euripide si affida soltanto all'efficacia delle situazioni e non conta sulla tensione creata dalla curiosità. - Secondo Schlegel questo modo lo si può avvicinare ai cartigli che escono dalla bocca delle figure di certi antichi dipinti. A torto: un'immagine storica rimane senza effetto fintanto che non abbiamo collocato i personaggi nel contesto dell'azione: questo è un compito che si può pretendere per i dipinti, ma non per gli spettacoli che ci passano davanti: infatti, finché stiamo a calcolare non possiamo godere lo spettacolo. Per Schlegel gli dei ex machina venivano elevati al di sopra degli uomini solo grazie al librarsi della macchina.

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i [gi]* ii. Dice il comico Filemone: «Se i morti avessero davvero ancora delle sensazioni, come alcuni credono, mi farei impiccare per vedere Euripide».

i [92]* Enorme audacia di Euripide quella di emanciparsi dall'o1acolo di Delfi. Tuttavia secondo l”oraco-

lo egli è saggio quasi quanto Socrate. I [g3]* II. Dice Aristofanez* «Oh vita, oh Menandro, chi di voi due ha imitato l'altro?››.

I [g4]* Dice Lessing: è uno spettacolo veramente disgustoso vedere un ragno che ne divora un altro (due critici che vogliono ammazzarsi a vicenda).

I [95] * Secondo Schlegel la paura del ridicolo è la coscienza dei tragici francesi. La paura del terribile era la coscienza del teatro sen-

timentale borghese dei Greci. I [96]* Sulla retorica di Euripide: «La dignità convenzionale è una corazza che impedisce al dolore di penetrare nel profondo. Gli eroi della tragedia francese assomigliano ai re delle vecchie incisioni franche: si mettono a letto col mantello, la corona e lo scettro». I [g7]* Schlegel trova che non viene abbastanza onorata la «sacralità del momento ››: nell'antica tragedia invece ci sono pause liriche a questo scopo. I [g8]* Ogni eroe e ogni eroina si trascina dietro un confidente, come un ciambellano al proprio servizio. I [9g]* Per tanti prologhi di Euripide vale quello che Chaulieu dice del Rhadamiste di Crêbillon: * «il dram-

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FRAMMENTI i=~osTUMi

ma sarebbe chiarissimo se non avesse l”esposizione››. i [ioo]* La tragedia euripidea è costruita su un con-

cetto astratto, a somiglianza di quella francese. Dice Schlegel: «Esigevano dignità tragica e grandezza, si-

tuazioni tragiche, pathos e passioni nude e pure, senza alcuna aggiunta eterogenea››. 1 [ioi]* Euripide rifletté: ognuno deve già possedere le premesse per poter fin dall'inizio simpatizzare vivamente. Se deve acquistarle con un lungo calcolare, va

perso frattanto il sentimento: e la cosa peggiore è che si può sbagliare nel calcolo. Così si spiega il prologo. I [102] * Come si riempiva il vuoto formatosi nel dramma francese in seguito all'abbandono dell'elemento lirico? Con l'intrigo.

I [io3]* La sciocca dottrina della giustizia poetica rientra nella commedia familiare borghese, nel suo riflettere l'esistenza filistea: essa è la morte della tragedia. i [io4]* Era in uso che i nobili avessero i loro posti proprio sul palcoscenico da entrambi i lati e che per l'azione lasciassero agli attori uno spazio di nemmeno dieci passi. Per via di questo coro, non si cambiava la scenografia! Tutti gli effetti teatrali hanno bisogno di una certa distanza: quindi erano impossibili. Il compito consisteva nel rendere efficace un dipinto a olio osservato col microscopio. Il palcoscenico diventa in tutto e per tutto come un'anticamera. i [io5]* Uno spirito che faccia la sua apparizione all'ora di colazione si rende ridicolo. Splendida imma-

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gine di Schlegel: nella poesia l'epos omerico è come il bassorilievo nella scultura, la tragedia come il gruppo a tutto tondo. - Il bassorilievo è senza limiti, lo si può continuare in ogni direzione, perciò gli antichi lo usavano di preferenza per soggetti che si possono espan-

dere indefinitamente, come per esempio processioni sacrificali, danze, serie di battaglie, ecc. Perciò hanno anche adornato superfici tonde come vasi, fregi di una rotonda, con bassorilievi dove i due estremi so-

no nascosti dall'incurvatura, e quindi, mentre noi ci muoviamo, l'uno appare e l'altro sparisce. A questo girare intorno assomiglia molto la lettura dei canti

omerici, che ci tengono sempre inchiodati a quanto ci sta dinanzi e fanno sì che il prima e il dopo spariscano. i [io6]* Ii. In Socrate l'ingenuo razionalismo di ciò che è etico. Tutto deve essere cosciente per essere etico. II. Euripide è il poeta di questo ingenuo razionalismo. Nemico di tutto ciò che è istintivo, cerca l'elemento intenzionale e cosciente. Le sue persone sono come parlano, niente di più. ii. I personaggi di Sofocle e di Eschilo sono molto più profondi e più grandi delle loro parole: parlando di sé balbettano. ii. Euripide crea i suoi personaggi facendoli sorgere anatomicamente: in essi non c'è nulla di nascosto. ii. Socrate è nell'etica ciò che Democrito è nella fisica: una grettezza appassionata, una superficialità entusiastica: ma questi giudizi di « gretto›› e « superficiale» li esprime soltanto la posterità tedesca, che d'istinto è più ricca e più forte di quella ellenica: il fanatico della conoscenza. II. Euripide è il primo dei poeti drammatici a seguire

coscientemente un'estetica.

34.

FRAMMENTI POSTUMI

ii. La mitologia di Euripide come proiezione idealistica di un razionalismo etico. II. Da Socrate Euripide ha imparato Pisolamento dell'individuo. i [io7]* i. Il coro della tragedia: render pubblica tutta l'azione: tutto viene deliberato all 'aperta

i. La necessità di ideare un gruppo di uomini o di donne strettamente collegati agli attori. Non lo spettatore ideale, ma la cassa di risonanza lirico-musicale del dramma, cioè di chi agisce.

1. Bisogna cercare frequenti occasioni per far erompere il sentimento di massa, cioè più che altro la disposizione alla preghiera. I. L'origine religiosa e la celebrazione del culto fissavano i canti corali. I satiri si sono trasformati dapprima in figure serie non bacchiche: l'origine della serietà

tragica sta nel coro. Le tragedie approfondiscono tutta la serena mitologia popolare omerico-olimpica. Rispetto all'epoca eschilea che è sentimentale, quella omerico-ciclica è ingenua. 1. I tipi delle grandi figure tragiche sono forniti dai grandi uomini contemporanei: gli eroi di Eschilo rivelano un'affinità con Eraclito. i [io8]* La filosofia etica dei poeti tragici: qual è il suo rapporto con i filosofi riconosciuti? Esteriormente non esisteva alcun rapporto (fuorché in Euripide); poesia e filosofia venivano separate. L”etica apparteneva alla poesia, ed era perciò una parte della pedagogia. ii. Il dramma filosofico di Platone non appartiene né alla tragedia né alla commedia: manca il coro, l'elemento musicale, l'ispirazione religiosa. Si tratta piut-

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tosto di epica, alla scuola di Omero. Si tratta del romanzo antico. Soprattutto è un qualcosa non`destinato alla pratica, bensì alla lettura: una rapsodia. E il dramma letterario.

I [Io9]* Trilogia. All'epoca della fioritura, nelle grandi Dionisie (feste principali delle rappresentazioni drammatiche), era usanza che ogni poeta tragico rappresentasse quattro

drammi, tre tragedie e un dramma satiresco, mentre i poeti comici partecipavano con uno solo. Di tali liste parecchie sono conservate: per caso non di Sofocle. In Euripide non c'è alcuna relazione fra i singoli drammi. Invece sempre in Eschilo. L”0restea. Creazione della tetralogia. Eschilo sceglieva dunque un argomento mitologico, lo divideva in quattro parti, tre visioni di tonalità seria e tragica, e un'immagine serena dello stesso argomento. Così si otteneva mediante

la successione dei drammi il movimento drammatico: tre atti. Il dramma satiresco è un°esigenza del culto dionisiaco. I [Iio]* Considerazioni sull'antichità. L'estetica di Aristotele. Gli studi sull'antichità. Sull'estetica dei tragici I il La personalità di Omero. Pessimismo degli antichi. Lirica greca. Democrito. Eraclito. Pitagora. Empedocle. Socrate. Vendetta di sangue.

L'idea della stirpe.

36

FRAMENTI i›osTUMI

Suicidio.

Socialità e solitudine. Artigianato e arte. Amicizia.

Mitologia di Esiodo. I filosofi come artisti.

I [III] Filologia del presente e dell'avvenire. Storia della letteratura nell'antichità. Questione omerica. Dramma musicale.

Socrate e il dramma. L”estetica di Aristotele. Pessimismo. Sull'estetica della musica. La grecità costruita a priori.

I [II2]* 1870 Aprile - Philologus: Democritea. Febbraio - Fleckeisenz* Frammenti di Alcidamante. Testo. Marzo - Rheinisches Museum: sulla forma dell'agone. Maggio, ecc. in autunno: conferenza su Esiodo e Omero, agone. I [II 3]

Democritea Laertiana

30 pagine'

I [II4]* Stato di idealilà repressa, 1869. Conoscenza di ciò a Natale, a Tribschen.

[2 = P I iib. INVERNO 1869-70-PRIMAVERA 1870]

2 [I] Il cristianesimo, che era originariamente una questione di talento, dovette essere democratizzato. Una lotta lenta per diventare religione universale, solo a patto di estirpare tutto ciò che v'era di profondo,

di esoterico, di accessibile al solo individuo pieno di talento. - E così riapparve anche l'ottimismo, senza il quale una religione universale non può mantenersi

in vita. Le sue creazioni sono il purgatorio e la xoctáctoiciç. 2 [2] Il Certamen Hesiodi et Homeri. La questione omerica.

La questione esiodea. Democrito e i Preplatonici. Socrate e la tragedia.

Concetto dell”amicizia. Musica e culto. La religione cristiana come democrazia etica. Questione platonica. L'estetica aristotelica. Delfi come focolare della religione di Stato. Il culto di Bacco e la spedizione di Alessandro. Lo Stato platonico (lo Stato cretese come Stato della musica). 2 [3] La democrazia che vince in quanto razionalismo e che combatte contro l'istinto: quest'ultimo si straoolge. 2 [4]

Introduzione. « Il maestro». (Il mondo ger-

manico). La schiavitù è qualcosa di istintivo nel mondo ellenico. Idealizzazione dell'istinto sessuale in Platone.

4.0

FRAMMENTI POSTUMI

Alessandrinismo della poesia romana.

La grecità egittizzante. 2 [5] Il cristianesimo si affermò come religione rivelata non mistica su un mondo che era diventato totalmente mistico.

Influsso straordinario della scienza: per il Gewpmixóç* bisognò dapprima creare un modo di vita; nella Grecia primitiva questa figura era impossibile.

2 [6]

Le idee illusorie greche come misure preventi-

ve dell”istinto, necessarie e salutari per la Grecia. La grecità deve perire dopo le guerre persiane. Queste furono il risultato di una forte idealità, in fondo

non greca. L'elemento fondamentale, il piccolo Stato, amato ardentemente e violentemente, che si affermava nella lotta contro gli altri piccoli Stati, fu superato nelle guerre persiane, soprattutto eticamente. Sino a quel momento era esistita soltanto la guerra di Troia. Dopo di allora, la spedizione di Alessandro. La leggenda aveva ellenizzato i Troiani: quella guerra era stata una gara fra gli dèi ellenici. Culmine della filosofia negli Eleati e in Empedocle. La «volontà» di ciò che è greco risulta spezzata dalla guerra persiana: l'intelletto diventa stravagante e tracotante.

U'\›-l>~QOI\D›-AIO

[7]* Comiderazioni sull'antic}zità. Omero e la filologia classica. Omero come contendente. Il dramma musicale greco. Socrate e la tragedia. Democrito.

2 [8]* Inverno 1870-7I Estate 1870 Inverno 71-72

6 conferenze. una conferenza. 6 conferenze.

Estate 1871

2 conferenze.

Estate 1872

2 conferenze. 17

Quindi le «Considerazioni» possono essere termina-

te nell'autunno I872. Devono uscire nell'inverno. Nell'autunno del '70 deve uscire: Omero come contendente. Nell'autunno '7I Diogene Laerzio. Nel1'autunno '72 Considerazioni. 2 [9]

Il dramma musicale nell'antichità greca.

Socrate e la tragedia greca. 2 [Io]* La musica e un linguaggio, che è capace di essere infinitamente chiarificato. Il linguaggio spiega solo attraverso concetti, attraverso il mezzo del pensiero sorge dunque la simpatia. Ciò pone un limite al linguaggio. Quanto sopra vale soltanto rispetto alla lingua oggettiva scritta, mentre la lingua parlata è sonora: e gli intervalli, iritmi, i tempi, l'intensità e l'accentuazione sono altrettanti simboli del contenuto sentimentale da rappresentare. Tutto ciò appartiene al tempo stesso alla musica. Ma la massa prevalente del sentimento non si esprime attraverso parole. E anche la parola accenna soltanto: essa è la superficie di un mare mosso, che è tempestoso nelle sue profondità. Questo è il limite del dramma non musicale. Incapacità di rappresentare una coesistenza. Straordinario processo di invecchiamento nella mu-

sica: tutto ciò che è simbolico può essere imitato, e

4.2

FRAMMENTI POSTUMI

in tal modo ucciso: sviluppo continuo della « frase». In ciò la musica è una delle arti più fuggevoli, anzi ha qualcosa dell'arte del mimo. Solo che la vita sentimentale dei maestri, di solito, anticipa di gran lunga i tempi. Sviluppo che dall'incomprensibile geroglifi-

co conduce sino alla frase. La poesia segue spesso una strada che conduce alla musica: quando ricerca i più delicati concetti, e in questo campo la materialità grossolana del concetto quasi SV3.l'IlSC€ -° _' _

2 [II] Parola e musica nell'opera. Le parole debbono chiarirci la musica, e la musica d'altronde esprime l'anima dell”azione. Le parole in verità sono i segni più difettosi. Mediante il dramma veniamo eccitati allafantasia della

volontà, espressione apparentemente assurda; attraverso la poesia epica veniamo spinti alla fantasia dell'intelletto, specialmente dell'occhio. Un dramma letto non può disporre rettamente la fantasia della volontà alla commozione e alla creazione, poiché in tal caso la fantasia visiva risulta troppo stimolata. Nella lirica non usciamo fuori di noi stessi, ma veniamo spinti a produrre certe nostre disposizioni d'animo, per lo più attraverso åváuvnciç. 2 [12]

Lessing l'erudito ideale, Herder il dilettante ideale.

2 [13] Chi non ha più il coraggio di vivere miracoli - si rifugi nel Protestantenverein* - ultima ratio ratio7115 _

2 [14] Nella musica, in un°arte cioè in cui il dominio dell'istinto è strapotente, si vede ogni giorno che

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 2[10-15]

l'individuo pronunzia il suo veto contro gli artisti e

le opere d'arte, quando giunge al confine tra ciò che è compreso e l'incomprensibile. Noi saremmo davvero abbandonati da tutte le Muse di quest'arte, se esse dovessero chiedere il nostro permesso: ma esse giungono volontariamente, amichevoli e consolatri-

ci, e non hanno disimparato quel vigoroso linguaggio, con cui in un tempo lontano si rivolgevano ai contadini della Beozia: voi pastori di campagna, pigra e disgustosa marmaglia ingordal

2 [15]

Quello stesso istinto che trovava il suo appa-

gamento nell'ascoltare la poesia epica, lo ritrovò più tardi nel dramma. Cosi il dramma si dimostra la forma compiuta dell'epos. Una realizzazione di quei quadri fino ad allora soltanto immaginati:

I. L°opera, nata da un artificiale accostamento al passato, impedisce il generarsi naturale del dramma musicale, perché assorbe le forze a ciò necessarie. 2. L'elemento drammatico sorge da un forte istinto, da una fede nell'impossibile, nel miracolo: fase di sentimento più elevata che nell'epos, del quale raccoglie per intero l'eredità. Con ciò l'epos era morto, perché esaurito. 3. Siccome la fantasia non è troppo impegnata nell'ascolto del dramma (come invece nel caso dell'epos), è più facile l'immedesimazione del nostro io nell'oggetto estraneo: dimenticare se stessi è la premessa per entrambe le arti, in un caso grazie alla massima attività fantastica, nell'altro con il massimo impegno del sentimento. Il dramma è uno stimolo produttivo per la volontà, l'epos per la facoltà intuitiva. Si confronti il racconto di un suicidio con la visione diretta di esso.

44

FRAMMENTI i›osTUM1

2 [16]* La presunta divisione in nature creative e cri-

tiche è illusoria, ma si tratta di un'illusione molto concreta e giustamente amata dagli spiriti di media collocazione.

Tutto ciò serve solamente a chiarire quanto sia importante e decisiva per il giudizio che possiamo farci noi, posteri, ogni notizia che ci chiarisca il comportamento personale dei grandi artisti e pensatori, gli

uni verso gli altri. Per essi conta più di tutto l'infallibile saggezza del loro istinto, con la quale scoprono ciò che è schietto e buono come qualcosa di familiare, anche sotto un involucro poco appariscente e per quanto grandi siano le distanze nello spazio e nel tempo. Con la bacchetta magica di questo istinto indica-

no luoghi oscuri del passato dove ci sono tesori da scoprire e con la stessa bacchetta tramutano in nero carbone ciò che per il presente vale come oro colato. Questa piccola comunità di genii sparsi in tutti i secoli, che pure si tendono lealmente la mano, esercita un duro e inesorabile governo oligarchico, dal quale non c'è riparo se non nell'inganno momentaneo dell'illusione. Ma senza questa illusione quegli spiriti intermedi e inferiori, già menzionati, non potrebbero sopportare la propria esistenza: per loro essa è un filtro magico anestetico che sorseggiano per poter vivere; se il suo potere si rivelasse improvvisamente vano essi precipiterebbero subito giù dalla scala sui cui gradini si arrampicano a fatica. In questo stato di sogno essi vedono gli scalini superiori e i genii che stanno lassù: ma a chi è accecato dall'illusione, costoro appaiono meno lontani, e pieni di macchie nere, con l'espressione di basse passioni nei tratti del volto, sempre in disaccordo e gelosi. Queste sono le premesse fondamentali per una ricerca storico-letteraria: i giudizi tramandatici dall”anti-

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 2[16-19]

chità o ci sono congeniali oppure no, e in questo caso necessariamente deformanti, tendenti ad appiattire, panegirici e pignoli, ostili, ecc. Ora mi chiedo immediatamente: sotto quel racconto simbolico dell 'agone Omerico si nasconde il parto di quell'illusione oppure la testimonianza infinitamente preziosa di un grande genio circa l'altro? Omero che - - 2 [17]

Deprimendo moralmente il genio non si sen-

tono più accecati di fronte al suo intelletto, ma assai vicini a lui. ` NB. E necessario descrivere meglio quest'illusione:

nel suo effetto storico-letterario, nello sforzo di rendere il più oscuro possibile tutto ciò che risplende. 2 [18]

la testimonianza di un genio etico, piena di

estremo coraggio di fronte a1l”opinione pubblica; non si tratta di un giudizio estetico, perché Omero ed Esiodo sono soltanto nomi per dei contenuti, non differenze formali. Soltanto sulle cime c'è pace: nelle regioni intermedie dello spirito tutto si scontra in una lotta violenta. 2 [ig]* Tutto ciò che è incompiuto, debole, zoppicante, viene sgretolato senza pietà da questi tiranni: non c'è despotismo maggiore di quello nel regno dello spirito. L'unica salvezza di fronte ad essi È: la cecità, l'illusione del singolo. In questa illusione l”accecato non vede l'abisso. Un felice accecamento vela i suoi occhi. E una superstizione credere che la signoria di questi spiriti esista di diritto, grazie alla sovranità della massa: si sono eletti da sé, come si sono eletti da sé quei Sette Sapienti dell'antichità, riconoscendo l°uno all”al-

4.6

FRAMMENTI POSTUMI

tro l'onore della coppa d'oro e del premio del più saggio fra i mortali, finché il cerchio si chiuse secondo il principio universalmente valido: per riconoscere il sapiente bisogna essere sapienti.

2 [20]

I grandi genii sono inafferrabili e davvero im-

prevedibili perle mosche comuni. Se, nonostante ciò, si afferma a poco a poco una valutazione giusta di costoro, si tratterà di spiriti loro affini che li hanno riconosciuti. Tutto l'insieme dei giudizi estetici si può far risalire ai grandi genii: esistono pochi tipi fonda-

mentali. Per questo è così straordinariamente importante la posizione dei grandi spiriti l'uno verso l'altro. Il loro giudizio nasconde un istinto più forte e un'in-

tuizione più profonda e cosciente. Gli antichi hanno custodito con cura questi giudizi. 2 [21] Non ci sarebbe nulla da stupire se un grammatico avesse immaginato anche un incontro fra Esiodo e Omero. 2 [22] La stima sicura e mai venuta meno che i Greci del periodo più antico avevano per Omero è un grande enigma, sempre che essa sia mai esistita. Ma il dominio esclusivo dell'Iliade e dell'Odissea è stato riconosciuto solo più tardi, evidentemente dai poeti del ciclo. E ciò dimostra meglio di ogni altra cosa quanto essi stiano in alto. L”apprezzamento incondizionato di Omero da parte dei Greci (anche nell”epoca migliore) è puro istinto. Chissà come avranno sentito questo mondo omerico? E stupefacente! Il massimo capolavoro proprio sulla soglia della letteratura greca.

1NvI-;RNo 1369-70 _ i›iuMAvERA iavo 2[i9-23]

47

2 [2 3]* Chi vede che una valutazione nel complesso appropriata dei grandi maestri dell'arte e del pensiero, è patrimonio di tutti gli uomini cosiddetti colti, chi trova diffusi tanti giudizi esatti e riesce a meravigliarsi della loro diffusione e della loro validità incon-

testata: costui, continuando a riflettere, arriverà anche non già a farsi un”opinione migliore della capacità di giudizio del volgo, bensì a cercare l'origine dei giusti giudizi alla giusta sorgente, cioè presso quei grandi

genii stessi, della cui valutazione si tratta. Il successivo diffondersi delle buone intuizioni da essi manife-

state per scritto o a voce avviene con l”aiuto della vanità e dell”affettazione dello spirito, spesso anche per un furore di venerazione servile che subentra più tardi, ecc. Le singole voci di quei grandi artisti e pensatori sovrastano la storia del mondo, nonostante tutto il rumore e la confusione che essa può produrre col suo strepito guerresco e con le sue azioni di Stato. Esse si aprono un varco, sebbene contro ogni genio si levi un confuso clamore da parte delle menti mediocri predominanti, sebbene di fronte al suo giudizio errori innumerevoli conclamati a gran voce pretendano riconoscimento e onore: si aprono un varco, come una nota di organo che rimane imperturbabile ed irremovibile fra il più scrosciante caos di voci e che finisce per emergere e trionfare eroicamente. L'estetica dominante di un'epoca semicolta, in quanto si basa su giudizi e valutazioni delle opere dei grandi, non è altro che una raccolta, presentata dogmaticamente e messa insieme sistematicamente, dei detti delle menti veramente capaci di giudizio, cioè dei creatori stessi di quelle grandi opere, ma come tale mai compiuta, bensì sempre aperta alla revisione e al perfezionamento da parte del prossimo genio.

4.8

FRAMMENTI Posi¬UMI

2 [24] Ad ogni creare inerisce qualcosa di oscuro, di elementare. La coscienza di sé ha una benda davanti agli occhi. Omero è cieco. Questo vale anche per le epoche che hanno più riflettuto. Della coscienza estetica dell'epoca omerica non ci si potrà mai fare un'idea abbastanza ingenua. Lì tutto era istinto. Gli ascoltatori erano ancora meno riflessivi: come bambini che ascoltano le novelle, essi giudicavano i can-

tori secondo il miglior contenuto. Ma il cantore passava per loro assolutamente in seconda linea: quello che cercavano era il contenuto. I concetti di ciò che

è proprio e di ciò che e estraneo non sono ancora sviluppati presso i poeti di tali epoche. Tutti i modi di vedere la questione omerica che partono da Omero come genio poetico non riescono a spiegare Omero.

Il senso del contenuto è espresso nell'antica leggenda dell'agone: La concezione di Welcker* un åvaxpoviopóç, il «poeta» di Hoffmann* è superfluo. 2 [2 5]* E assurdo parlare di un'unificazione di dramma, lirica ed epos nell'antico canto eroico. Perché per drammatico qui s'intende il tragico: mentre la prerogativa del drammatico è soltanto l'elemento mimico. La conclusione terrificante, qaóßoç e š')\eoç non hanno niente a che fare con il dramma: e sono propri della tragedia non in quanto dramma. Qualunque storia può avere in sé questi elementi: ma soprattutto la lirica musicale. Se il lento ma quieto dispiegarsi di un'immagine dopo l'altra è una caratteristica dell'epos, allora l'epos sta più in alto come opera d'arte in genere. Per ogni arte è necessario un «essere fuori di sé ››, una ëxcractç; da qui si passa al dramma, per il fatto che non torniamo in noi stessi bensì in un essere estraneo,

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 2[24--27]

nella nostra šfxctaciç; agendo come sotto un incantesimo. Da ciò deriva quello stupore profondo nell°assistere al dramma: il suolo vacilla e vacilla la fede nell'indissolubilità dell”individuo.

Anche nella lirica ci stupiamo che si torni a provare i nostri sentimenti più intimi, che essi ci vengano rinviati da altri individui.

2 [26]

Bisogna chiarire come si sono formati i prin-

cìpi fondamentali del dramma. Le grandi processioni con rappresentazioni erano già dramma. L'epos vuole che ci sorgano immagini davanti agli occhi.

Il dramma che presenta subito le immagini qual è la mia intenzione guardando un libro di figu-

re? Lo voglio capire. Dunque inversamente: capisco il narratore epico e ricevo in mano un concetto dopo l'altro: ora mi aiuto con la fantasia, sintetizzo tutto e ho un'immagine. Così è raggiunto lo scopo: capisco l'immagine in quanto l'ho prodotta io stesso. Nel dramma parto dall'immagine: se qui sto a pensare a che cosa significhi questo o quello, mi sfugge il godimento. Tutto deve «andare da sé». 2 [27] Pare che ci siano delle persone che prima di leggere il libro leggono la prefazione, senza obbligarsi con ciò a leggere poi il libro, e altre persone che fanno per principio soltanto la prima cosa. Non è che vogliano imparare qualcosa, sono soltanto incuriosite dagli estranei, specialmente in tali prefazioni presuntuose, esibizioniste e roboanti: come del resto anche fra i qailolóyot spesso la causa di tanta loro çtloloyía è soltanto l'avidità per l'elemento personale.

50

FRAMMENTI POSTUMI

Perché la prima categoria sappia come io la stimi, e

l'altra come la disprezzi, d”ora in poi nella prefazione non parlerò affatto di me - - 2 [28] I più antichi poeti. Gli antichi filosofi. 1 _ _ _

2 [29]

Per la storia dei poeti e filosofi greci.

Gli Orfici. Omero ed Esiodo. Democritea.

2 [30]

Sulle òtoiöoxafl* Posizione dei filosofi nella vita

borghese. Posizione dei poeti.

Estetica indogermanica: il dramma rispetto alla lirica e all'epos. Laerzio. Suida ed Esichio. 2 [31] Introduzione. Storia dell'evoluzione della visione estetica presso i Greci. Collegata a ciò l'evoluzione delle idee sugli antichi epici. Lo sviluppo dell'apollineo che diviene dogma. Esiodo sta a Omero come Socrate sta alla tragedia.

[3 = P I 15a. INVERNO 1869-70-PRIMAVERA 1870]

3 [I]* Purtroppo siamo abituati a godere le arti iso-

late l'una dall'altra, fatto che si manifesta nella sua stoltezza più crassa nelle gallerie d'arte e nel cosiddetto concerto. In questo triste vizio moderno delle

arti assolute manca ogni organizzazione che coltivi e sviluppi le arti come arte globale. Forse gli ultimi fenomeni di questo tipo sono stati i grandi trionfi italiani, al presente l'antico dramma musicale trova una pallida analogia soltanto nell”unificazione delle arti nel rito della Chiesa cattolica. Tale dramma antico è una grande opera musicale; ma

la musica non si godeva mai in assoluto, bensì sempre in relazione con il culto, l'architettura, la scultura e la poesia. Era insomma musica d”occasione, il dialogo che legava insieme le parti si limitava a crea-

re le occasioni per quei pezzi musicali, ciascuno dei quali manteneva il suo spiccato carattere occasionale. L'unità dell'insieme non è mai ricercata all'origine, nel primissimo stadio dell'arte. In che cosa si distinguono i misteri e le rappresentazioni sacre dai ditirambi greci? Nel primo caso si trova sin dalle origini un'azione. Dapprima la parola serve di appoggio e poi viene ad affermarsi sempre di più. Nel secondo caso, si tratta in origine di gruppi di cantori mascherati. In un primo tempo si ha l'illustrazione per la fantasia, ottenuta mediante la parola, cui si aggiunge, in un secondo tempo, l'illustrazione mediante l'azione. Il godimento estetico e l'arte di ascoltare erano già stati fortemente sviluppati presso i Greci dai rapsodi epici e dai poeti melici. D'altra parte, la fantasia riproduttiva era in essi assai più attiva e vivace, aveva molto meno bisogno dell'evidenza dell'azione. L'antico tedesco, per contro, sentiva assai meno la necessità di veder rappresentata fuori di sé un'espressione di interiorità, e ciò per il fatto che egli aveva

54.

FRAMMENTI POSTUMI

un eccesso di ricchezza interiore. I Greci assistevano alla tragedia antica per concentrarsi, i Germani volevano uscir fuori di sé per distrarsi. I misteri e le rappresentazioni sacre, nonostante la materia, erano assai più mondani, si andava e si veniva, non si parlava affatto di un principio o di una fine, nessuno voleva

un insieme, né lo forniva: presso i Greci accadeva l'inverso, quando si assisteva alla tragedia si era disposti religiosamente, si trattava di una cerimonia solenne e alla fine giungeva l”esaltazione del dio, che tutti dovevano attendere. Si è tentati e allettati a disporre le scene successive l'una accanto all”altra, come quadri, e ad analizzare questa immagine complessiva secondo la sua composizione. Questa è una vera confusione di princìpi artistici, in quanto si applicano alla successione le regole della coesistenza. L”esigenza dell'unità nel dramma è una pretesa della volontà impaziente, che non vuo-

le contemplare con calma, ma vuole slanciarsi senza ostacoli sulla strada intrapresa, sino alla fine. 3 [2] L”azione entrò a far parte della tragedia soltanto col dialogo. Ciò dimostra come fin dall'inizio in questo genere artistico non si mirasse affatto al òpãv, bensì al náßoç. All'inizio non era altro che lirica oggettiva, cioè un canto sorto dallo stato di certi esseri mitologici ed eseguito quindi anche con il loro costume; dapprima gli stessi cantori in costume indicavano il motivo del loro stato d”animo lirico, più tardi si distaccò un personaggio per raccontare l”azione principale; al racconto di ogni avvenimento importante seguiva lo sfogo lirico. Anch”egli aveva un costume ed era considerato capo del coro, come un dio che narra le sue gesta. Il dramma greco quindi ai suoi inizi è un ciclo di canti per il coro legati da un racconto.

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[1-5]

Il dramma musicale greco è uno stadio preliminare della musica assoluta. Le parti lirico-musicali sono - - 3 [3]* L'arte come festa giubilante della volontà è la più forte seduttrice alla vita. Anche la scienza è do-

minata dall'impulso alla vita: il mondo è degno di esser conosciuto: il trionfo della conoscenza tiene attaccati alla vita. La storia, essendo l'inesauribile infinito senza tempo, è il campo favorito delle orge scientifiche. 3 [4]* Bisogna rappresentare la lotta fra arte e scienza in Grecia. La categoria di Oewpmixoí nel suo sviluppo. Il titolo potrebbe essere Socrate e la tragedia.

3 [5]* Il suicidio non è confutabile filosoficamente. Esso è l'unico mezzo per liberarci da questa momentanea configurazione della volontà. Perché non dovrebbe essere permesso sbarazzarsi di qualcosa, che il più casuale evento della natura può infrangere in ogni minuto? Un soffio d'aria fredda può essere mortale: il capriccio di gettar via la vita non è pur sempre più razionale di un siffatto colpo d'aria? Non è davvero la stupidità assoluta, quella che getta via la vita. L'abbandonarsi al processo del mondo è altrettanto sciocco quanto la negazione individuale della volontà, poiché il processo del mondo è un semplice eufemismo per significare processo dell'umanità, e poiché la morte dell'umanità non reca alcun vantaggio alla

volontà. L'umanità è qualcosa di altrettanto piccolo quanto l'individuo. - E se il suicidio fosse soltanto un esperimento! Perché no! Oltre a ciò la natura ha avuto cura che coloro che si decidono a questo atto non siano troppi, e che pochissimi siano coloro i quali sono indotti al suicidio dalla

56

FRAMMENTI POSTUMI

conoscenza pura del «tutto è vano ››. - La natura ci irretisce da ogni parte: i doveri, le riconoscenze, tutte queste cose sono lacci con cui l'onnipotente volontà ci tiene prigionieri.

3 [6]* Il socratismo è la celebrazione ininterrotta del sacrificio della tragedia antica. La perfezione in ogni suo grado nella poesia greca. Il vero segno di salute è la bella morte, l'eutanasia: e questa è la caratteristica delle arti e delle forme poetiche greche. E la morte del dramma musicale è terribile: non lascia nessuna nobile discendenza. Questo ci addita una debolezza della sua natura. Quella di: scendenza avverte il proprio legame con Euripide. E

la giusta valutazione di Euripide che ci deve indicare quella debolezza. Il compianto per quella perdita si trova in tutte le composizioni dei comici. Si litiga sul valore dei poeti: si permette il dilettantismo, pur sapendo di sbagliare. - Lo spettatore era salito sulla scena. La poesia si era perduta: la si ricercava. Si inviarono nell'Ade gli epigoni affamati, per andarvi a cercare le briciole. Il tramonto del tragico consiste nella degenerazione. 3 [7] Contro la tepidezza di pensieri e di sentimenti della filologia comparata, ma anche della filologia classica. Il sistema di opinioni e di giudizi che sta alla base della filologia classica (per esempio nella questione omerica). 3 [8] Visione del mondo dell'epoca di I-Iegel. Visione del mondo del periodo classico. Il ceto degli eruditi e la società. L”ottimismo delle teorie dello Stato e dell'economia.

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[5-10]

La vita per lo Stato e la vita dell'elemento nazionale. Il cosmopolitismo è un ideale, per i più un'illusione. 3 [9]

Iniziare i quaderni: 1. Sulla politica e la storia. . Questioni etiche. . Questioni estetiche. Questioni biografiche. Sulla storia della religione.

. Questioni metriche. . O*00\I›g1›-[>L›;.›o g. io.

Questione omerica. Grammatica greca. Grammatica latina. Questione platonica.

II. Filosofi preplatonici. 12. Erga. 13. Edipo re.

14.. Storici greci. 15. Lirici. 16. Lucrezio.

I7. Orazio. 18. Su Diogene Laerzio. 3 [Io]* La perfetta conoscenza uccide l'azione: anzi, quando si riferisce al conoscere stesso, essa uccide se stessa. Non si potrà mai muovere un membro del corpo, se prima si vuol conoscere compiutamente che cosa si richiede per muoverlo. Ma la conoscenza perfetta è impossibile, ed è perciò che risulta possibile l'azione. La conoscenza è una vite senza fine: dal momento in cui essa viene messa in attività comincia ogni volta un processo infinito: perciò non si potrà mai giungere all'azione. - Tutto ciò vale soltanto rispetto alla conoscenza cosciente. Se io mi propongo di indicare le ragioni ultime di un mio respiro, dovrò

morire prima di trarre tale respiro.

58

FRAMMENTI POSTUMI

Ogni scienza che si attribuisca un'importanza prati-

ca non è ancora scienza: tale, per esempio, è il caso dell”economia politica. 3 [1I]* Lo scopo della scienza è l'annientamento del

mondo. Con tutto ciò, accade senza dubbio che l'effetto immediato sia analogo a quello di piccole dosi di oppio: un potenziamento dell'affermazione del mon-

do. Così oggi, nella politica, siamo a questo stadio. Occorre dimostrare che in Grecia il processo si era già compiuto, in piccolo: sebbene questa scienza gre-

ca significhi poco. L”arte ha il compito di distruggere lo Stato. Anche questo è già avvenuto in Grecia. La scienza dissolve in seguito anche l'arte. (In certe epoche sembra perciò che lo Stato e la scienza procedano assieme: epoca dei Sofisti - e nostra epoca). Non devono esserci guerre, perché finalmente si assopisca il senso dello Stato, che è continuamente attizzato. 3 [I2]* Il gioco con l'ebbrezza: Apollo come dio dell'eSPIHZIOIIC .

L'uomo dionisiaco vedeva in preda a un incantesimo se stesso e ciò che lo circondava. Sussidi artistici come la maschera (il coturno) e la scenografia, né l”una né l'altra ingannano in quanto arti dell'apparenza. Ma - se solo entriamo un poco nell'ebbrezza, crediamo nella realtà, in un mondo incantato. Lo stesso vale per la mimica, per il gesto della danza: essa istintivamente imita poco la realtà: l'opera d'arte va incontro all”ebbrezza: non richiede il suo massimo grado: la scarica. La musica non è quella completamente orgiastica, ma è più inebriante di quella apollinea.

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[10-16]

Il coro non rappresenta il popolo, bensì un simbolo della massa. * (Ormai soltanto il singolo raggiunge l'ebbrezza dionisiaca). Il tutto è uno scaricare questi istinti: che essi esistano è una premessa. 3 [13] Formazione del simbolismo del suono: con l'esercizio si fissa la sensazione che corrisponde a certi

suoni. Qui il testo influisce molto, per esempio - - 3 [14] * Nell'armonia la volontà sta nella pluralità che

si è fusa in un tutto unico. In questo, il carattere di ogni suono differisce un poco nelle armoniche superiori: nello stesso modo il carattere di ogni singolo essere differisce un poco da quello dell'insieme. 3 [15]* Dal grido e dal gesto concomitante è sorto il linguaggio: qui con l°intonazione, l”intensità, il ritmo, si esprime l'essenza della cosa, con il movimento della bocca si esprime la rappresentazione concomitante, l'immagine dell'essenza, l'apparenza. Simbolismo infinitamente imperfetto, formatosi secondo fisse leggi di natura: nella scelta del simbolo non si mostra nessuna libertà, ma soltanto l”istinto. Un simbolo contrassegnato è sempre un concetto: si concepisce ciò che si può designare e distinguere. 3 [16]* Grido e controgridor la forza dell'armonia. Nel canto l'uomo naturale riadatta i suoi simboli alla pienezza del suono, mentre tiene fermo soltanto il simbolo delle apparenze: la volontà, l'essenza è rappresentata di nuovo in maniera più piena e più sensibile. Nell'elevazione dell'affetto l'essenza si rivela con maggior chiarezza, e perciò anche il simbolo, il suono, si fa innanzi più decisamente. Il recitativo è in certo senso

60

FRAMMENTI POSTUMI

un ritorno alla natura, è sempre il prodotto di una commozione più elevata. Ma si aggiunge un altro elemento: la successione delle parole deve essere il simbolo di un accadimento; la ritmica, la dinamica, l'armonia sono a loro volta

necessarie in questa elevazione a potenza. La cerchia più ampia domina ora sempre di più quella inferiore, si rendono cioè necessarie una scelta e una disposizione delle parole. Così ha inizio la poesia, interamente sottomessa alla musica. Due generi principali: saranno immagini o sentimenti

ad essere espressi da essi? Il recitativo non consiste in una successione ordinata dei suoni delle parole: una parola ha infatti un tim-

bro e un suono del tutto relativo; nella parola tutto dipende dal contenuto: la relazione fra il suono e la parola è la stessa che fra la melodia e la successione delle parole. Cioè a dire: l'armonia, la dinamica e la ritmica creano un'unità più grande, alla quale è subordinata la parola. La lirica e l'epos: conducono rispettivamente al sentimento e all'immagine. 3 [17]* Se ogni piacere è soddisfazione della volontà e stimolo della stessa, che cos”è il piacere del colore? che cos'è il piacere del suono? Il colore e il suono devono aver stimolato la volontà. 3 [18]* Hartmann: p. 200. « Solo in quanto traducibili, i sentimenti e i pensieri sono comunicabili, se si prescinde dal linguaggio istintivo dei gesti, comunque del tutto insufficiente: infatti solo in quanto traducibili, i sentimenti e i pensieri possono essere espressi in parole». Davvero?

INvERNo 1369-70 - PRIMAVERA 1870 3[i6-20]

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Gesti e suono! Piacere comunicato è arte.

Che significato ha il linguaggio dei gesti: è un linguaggio di simboli universalmente comprensibili, forme di movimenti riflessi. L'occ}zio deduce subito lo stato che genera il gesto. Lo stesso per i suoni istintivi. L'orecchio fa subito la stessa deduzione. Questi suoni sono simboli. 3 [I9]* I sentimenti sono aspirazioni e rappresentazioni di natura inconscia. La rappresentazione diventa

simbolo nel gesto, l”aspirazione nel suono. Ma l`aspirazione si manifesta come piacere o avversione, nelle

loro svariate forme. Queste forme sono quelle di cui il suono è simbolo. Forme che esprimono dolore (un terrore improvviso) colpi crampi sussulti punture ferite morsi stimoli. Bisogna distinguere piacere e avversione dalle percezioni dei sensi. Il piacere sempre uno, forme intermittenti del volere - Ritmica Quantità del volere - Dinamica Essenza - Armonia 3 [2o]* Movimenti di imitazione: riproduzioni. Espressione del viso e gesto: simboli prestabiliti, soprattutto lo sguardo. Rafforzamento dell'espressione e del gesto per mezzo del suono. Potenziamento fino al godimento: impulso alla bellezza: piacere per l'esistenza in una forma determinata. Che cos'è il piacere per ciò che risplende, per il colore? Che cos”è il piacere per il suono? Com'è possibile il piacere nella compassione? Partecipare è la premessa di ogni piacere; anche del piacere estetico dell'occhio.

62

FRAMMENTI POSTUMI

Il ritmo ha già un effetto simbolico. Il simbolo è la trasposizione di una cosa in una sfera del tutto diversa. Nella musica c'è un continuo processo di accordo sul

nuovo simbolismo: continuamente il processo ridiventa l†lL`07lSCl0.

3 [21]

Nella musica e nella lirica dionisiaca l'uomo

si vuole esprimere come essere appartenente alla specie. Il fatto che cessi di essere un uomo individuale è rappresentato simbolicamente nelle turbe dei satiri; diventa uomo della natura fra uomini della natura. Ora parla servendosi della mimica (simboli) ed imita l'umanità in generale. Il linguaggio più chiaro del ge-

nio della specie è il suono come voce di seduzione e di lamento: questo è il mezzo più importante per liberarsi dell'individualità. 3 [22]* La nascita della tragedia. I filosofi dell 'età tragica. Sull 'avvenire delle nostre scuole. 3 [23]* Uno dei due lati del mondo è puramente matematico, l'altro è soltanto volontà, piacere e avversione. La conoscenza che ha un valore assoluto consiste unicamente nel numero e nello spazio, la restante conoscenza è invece il riconoscere gli istinti e il valutarli. Nel primo caso, soltanto causa ed gfifetto, logica assoluta; nel secondo caso, soltanto cause finali. Paragone con la musica: da un lato numero puro d'altro lato volontà pura. Rigida separazione dei due mondi.

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[20-29]

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3 [24] I grandi pensatori dell'età tragica riflettono sugli stessi fenomeni che sono anche oggetto dell'arte. 3 [25] * Nella visione del mondo di Sofocle sia Apollo che Dioniso riuscirono di nuovo vincitori: essi si riconciliarono. Si era creato un abisso smisurato fra il mondo della bellezza (del sublime) - che si spingeva fino alla saggezza più profonda - e il mondo degli

innalzati, degli uomini. La verità, la cui immagine terrorizzante Dioniso aveva portato nel mondo, in quanto saggezza divina era tornata ad essere incono-

scibile: l'apparenza di quel mondo divino non era più la bella parvenza, esso appariva ingiusto, atroce, ecc. L'uomo credette alla verità degli dèi; la bellezza tornò ad essere dell'uomo. 3 [26]

Sulle Coeƒore.

3 [27]* L'antico ditirambo è puramente dionisiaco: è davvero trasformato in musica. Ora si aggiunge l'arte apollinea: essa introduce l'attore e il coreuta, imita l'ebbrezza, aggiunge la scena, con l'insieme del suo apparato artistico cerca di avere il sopravvento: soprattutto con la parola, con la dialettica. E trasforma la musica in serva, in un fiòuoua: - - 3 [28]* L'uomo inebriato come opera d'arte senza pubblico. Cos'è che recepisce l'opera d'arte? Con che cosa afferriamo l'opera d'arte? Con la conoscenza e la volontà riunite. 3 [29]* L'ipotesi schopenhaueriana: il mondo della volontà è identico al mondo del numero: il mondo del numero è la forma in cui appare la volontà.

64.

FRAMMENTI POSTUMI

Mondo rappresentativo dell'Uno primordiale - privo di vera realtà, tutto quel mondo di numeri è privo di Vera realtà.

La Volontà però - - Il nostro intelletto corrisponde alle cose, cioè è sorto come analogo alle cose, ed è diventato sempre più analogo alle cose. Esso è costituito dalla stessa materia delle cose, logica, ecc., è un servitore incondizionato della volontà. Esso rientra nel regno del numero.

3 [3o]

Il pensiero tragico. L'opera d”arte tragica. O3U1›F~L›0

La commedia. Il coro.

3 [31] L'imprecazione e la risata. L'atroce e il ridicolo. Raccapriccio disgusto riso. Pessimismo di fronte al presente. L'assurdo in forme grottesche. 3 [32]* La tragedia è il rimedio naturale contro il dionisiaco. Bisogna avere la possibilità di vivere, quindi è impossibile la pura esistenza dionisiaca. Infatti il pessimismo è illogico in pratica e in teoria. Perché la logica è soltanto la p.11)(_otv'í1* della volontà. 3 [33]* Qual era la mira della volontà? che pure in definitiva è unitaria. Il pensiero tragico, che è salvezza dalla verità mediante la bellezza, sottomissione incondizionata agli dèi olimpici, frutto di una conoscenza raccapricciante, fu portato adesso nel mondo. Con ciò la volontà riacquistò una nuova possibilità di essere: il consapevole volere la vita nell'individuo, secondo il pensiero tragico naturalmente non in modo diretto, ma attraverso l'arte.

INVERNO 1369-70 - PRIMAVERA 1870 3[29-36]

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Perciò adesso sorge una nuova arte, la tragedia. La lirica fino a Dioniso e la via che porta alla musica apollinea. Incantesimo: la sojferenza risuona, a differenza dell°a-

zione dell'epOs: l'«immagine›› della cultura apollinea viene rappresentata dall°uomo mediante un incantesimo. Non esistono più immagini, ma metamorfosi. Tutto ciò che è oltre misura si deve esprimere in suoni. L'uomo deve aver terrore della verità: bisogna arrivare ad un risanamento dell”uOmO: arrivare alla pace

lasciando sfogare le furie, brama dell'apparenza provando terribili emozioni.

Il mondo degli dèi olimpici si tramuta in un ordine etico del mondo. Il misero uomo gli si prosterna dinanZ1.

3 [34] Il nostro sistema scolastico è sotto l'influsso di concezioni medioevali, in generale tutto il nostro sistema culturale. 3 [35]* Dioniso e Apollo. L'idea tragica e la musica. 3 [36]* La musica diventa parola. Apollo come divinatore. La verità e Apollo si avvicinano: epoca dei Sette Sapienti. Nascita della dialettica. La tragedia è distrutta dalla dialettica: il greco continua a vivere come ôív0pO›11:oç 0eo›p111:ixóç.* La dialettica come arte dell'«apparenza››, distrugge la tragedia. « L”apparenza della verità››, «l'arte dei concetti», cioè delle «immagini delle cose››. In Platone si ha la massima esaltazione delle cose in quanto modelli, il mondo cioè viene considerato completamente dal punto di vista dell'occhio (di Apollo).

66

FRAMMENTI PosTUM1

3 [37]* Ciò che risplende, ciò che riluce, la luce, il

colore. Come le cose singole stanno alla volontà, così le cose belle stanno alla cosa singola.

Il suono deriva dalla nottez* Il mondo dell'apparenza mantiene salda l'individuazione. Il mondo del suono fa da legame: deve essere più affine alla Volontà. Il suono: il linguaggio del genio della specie. Il suono è come un richiamo che alletta all”esistenza.

Segno di riconoscimento, simbolo dell'essere. Come lamento quando è in pericolo l'esistenza. La mimica e il suono: entrambi simboli di moti della

volontà. 3 [38] 1. Il dramma antico e quello moderno. Soffrire e agire: antitesi di fondo, l”uno ha origine dalla lirica, l'altro dall'epica. In un caso parole, nell'altro mimica. Forse bisogna partire dalla definizione aristotelica. (Bernays).* II. Origine. (Epicarmo, Lorentz).* III. Musica nel dramma (Handel, Gervinus).* iv. Dramma in confronto agli altri generi poetici. (Commedia e tragedia e dramma satiresco. Pindaro. Il ciclo). V. La lingua nella tragedia. (Gerth). * Breve sommario dei dialetti. V1. Effetti e imitazioni del dramma antico. Opera. La tragedia francese, Goethe, Schiller. V11. I tre tragici nell'antichità (Aristofane. Esemplare di Stato. Alessandrini). V111. Vita di Sofocle. IX. Eschilo e Sofocle. La tetralogia. x. Sofocle ed Euripide. Il socratismo. XI. I sette drammi di Sofocle.

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[37-42]

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XII. La visione morale-religiosa di Sofocle. Destino.

X111. Le premesse dell'Ea'ipo re analizzate. xiv. Cenni preliminari di metrica. 3 [39]*

Socrate e la tragedia greca di

Friedrich Nietzsche. 3 [4o]* La musica apollinea - affine per importanza ritmica alle arti figurative. L'abbandonarsi al sentimento non fu mai lo scopo della musica apollinea, semmai l'effetto pedagogico. Al contrario l'effetto orgiastico della musica. Nel carattere delle diverse scale musicali, si mostra istin-

tivamente l”ARMoNIA. 3 [4.I]* La musica e il pensiero tragico. 3 [42] La religione per la vita: del tutto immanente: religione della bellezza come fioritura, non della carenza. Né pessimisti né ottimisti. Il terribile. (Fuga dal mondo). Il pensiero tragico, commisurato all'epos, contraddice la religione: è una conoscenza nuovissima: in forma pura in Sofocle. Il suo carattere. Da dove viene questa novità? La lirica musicale-dionisiaca: null'altro che musica a cui si aspira, definita più precisamente mediante concetti. Musica ricavata da una materia tragica - non è più la bellezza ad essere spiegata, ma il mondo: per questo dalla musica sgorga il pensiero tragico che con-

traddice la bellezza.

68

FRAMMENTI PosTUMI

3 [43]* Venerazione del VINO, cioè venerazione dei

narcotici. Questo è un principio idealistico, una strada che conduce all'annientamento dell'individuo. Mirabile idealismo dei Greci nella Venerazione dei narcotici.

3 [44]

La schiavitù dei barbari (cioè la nostra).

La divisione del lavoro* è un principio barbarico, dominio della meccanicità. Nell'organismo non vi sono parti divisibili.

Individualismo dell°epoca moderna e il contrario nell'antichità. L'uomo del tutto isolato è troppo debole e cade nelle catene della schiavitù: per esempio di una scienza, di un concetto, di un vizio. Con il potenziamento della cultura conoscitiva un organismo non si rafforza, ma piuttosto si indebolisce. Diventa forte, piuttosto, con un'attività continua priva di conoscenza.

Ingenuità degli antichi nella distinzione fra schiavi e liberi: noi siamo prude e vanagloriosi: la schiavitù è il nostro carattere. Gli Ateniesi se la cavarono, poiché erano impegnati in ogni direzione, il confine dei bisogni non era così ristretto. Tutti questi bisogni erano peraltro geperali. 3 [45]* Il mondo greco è una fioritura della volontà. Donde giunsero gli elementi dissolvitori? Dalla stessa fioritura. L'enorme senso della bellezza, che assorbiva in sé l”idea della verità, a poco a poco la lasciò libera. La visione tragica del mondo è il punto discriminante: bellezza e verità stanno in equilibrio. Dapprima la tragedia è una vittoria della bellezza sulla conoscenza: i brividi suscitati dall'avvicinarsi di un mondo dell'al di là sono provocati artisticamente, e

con ciò viene evitato il loro eccesso dissolvitore. La

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 am-51]

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tragedia è la valvola della conoscenza mistica e pessimistica, manovrata dalla Volontà. 3 [46]* L'essenza della musica come essenza delmondo - la Visione pitagorica.

L'arte poetica. 3 [47]

L'Ostilità di Platone verso l'arte è qualcosa

di assai significativo. La sua tendenza didattica, la strada che porta alla verità attraverso il sapere, trova la sua più grande nemica nella bella parvenza.

3 [48]* Detto di Goethe: in una letteratura mondiale i Tedeschi hanno da perdere più di tutti. 3 [49]* L'uomo è veramente uomo solo quando gioca, dice Schiller: il mondo degli dèi olimpici (e la gre-

cità) rappresentano ciò. 3 [5o]* Formazione della poesia letteraria, fissata da Platone (attraverso l'ôív0p6›1coç Öempnrixóç). 3 [51] Il pessimismo è la conseguenza che si trae dall'aver conosciuto l'assoluta mancanza di logica nell'ordine del mondo: il più vigoroso idealismo si getta nella lotta contro la mancanza di logica, con la bandiera di un concetto astratto, come per esempio la verità, la moralità, ecc. Il suo trionfo è la negazione dell'illogico, inteso come qualcosa di apparente e non essenziale. Il «reale» non è che un'iòšot. - Il «demonico›› di Goethe! * Si tratta del «reale ››, della « Volontà ››, dell 'åvá'yx11. La volontà che muore (il dio morente) si sminuzza nelle individualità. * La sua aspirazione è sempre l”unità perduta, il suo 'cåloç è sempre un'ulteriore sud-

7O

FRAMMENTI POSTUMI

divisione. Ogni unità conquistata è il trionfo della volontà, soprattutto l'arte, la religione. In ogni fenomeno c'è un impulso supremo ad affermarsi, sino a che esso Viene infine sacrificato al télioç.

3 [52] Fondazione di un supremo tribunale dell'umanità: lo Stato platonico è diventato realtà. Ma da esso l'arte è bandita. Oggi quest'ultima Vuole soggiogare lo Stato.

3 [53]

§. La teleologia della tragedia per la grecità. §. Origine e relazione con la lirica e la musica. §. Decadenza e passaggio al dramma romantico. Unità.

Coro. . Contro Aristotele. . Culto di Dioniso e Apollo (idealismo dei Greci). . Visione ellenica del mondo. L'artista. Giustizia poetica. Narcotismo. C%fläDù€üâ0ß>üC'-fl5å0C0fiD 3 [54] La bellezza è del tutto estranea alla sfera della musica. Il ritmo e l'armonia sono le componenti principali, la melodia è soltanto una semplificazione dell'armonia. Il potere trasfigurante della musica che fa Vedere trasformate tutte le cose. 3 [55]* Distruzione del mondo attraverso la conoscenza! Nuova creazione attraverso il rafforzamento dell'in-

INVERNO 1869-70 - PRIMAVERA 1870 3[51-60]

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conscio! L'« ingenuo Siegfried» e gli dèi sapienti! Il pessimismo come brama assoluta del non essere è impossibile: soltanto brama di un'esistenza migliore! L'arte è qualcosa di sicuramente positivo in confron-

to a un desiderabile Nirvana. La questione si pone soltanto per le nature idealistiche: dominio sul mon-

do attraverso un'azione positiva: anzitutto attraverso la scienza, in quanto distrugge l'illusione, e in secondo luogo attraverso l'arte, in quanto è l”unica forma di esistenza che rimanga: perché non si dissolve ad opera dell”elemento logico.* 3 [56]* Socrate e la tragedia greca. 3 [57]

Il racconto - una Via all'arte figurativa. La lirica - una Via alla musica.

Tramite “dea '

Il dramma - una via alla musica - tramite l'arte figurativa. - una via all'arte figurativa - tramite la musica. 3 [58]* Il sogno - il modello della natura per le arti figurative. L'estasi (ebbrezza) - per la musica. 3 [59] Questione principale: come poté sussistere la tragedia presso i Greci? Perché ad Atene? Perché decadde? ' 3 [60] Unica possibilità della vita: nell'arte. Altrimenti non c”è che da allontanarsi dalla vita. L'impulso delle scienze tende a un completo annientamento dell'illusione: ne seguirebbe il quietismo - se non ci fosse l'arte.

72

FRAMMENTI POSTUMI

La Germania come vera sede dell'oracolo dell'arte. - Scopo: un'organizzazione statale dell'arte - l'arte come strumento educativo - eliminazione della cultura specificamente scientifica. Dissoluzione dei sentimenti religiosi ancora vivi tra-

sponendoli nel campo dell'arte - ecco lo scopo pratico. Cosciente distruzione del criticismo dell'arte, mediante un'accresciuta consacrazione dell'arte. Provare che tale è l'impulso dell'idealismo tedesco. Si tratta cioè di una liberazione dal predominio del-

l'äv0posTuMI Riforma degli studi sull”antichità. Winckel-

mann. Lo studio della lingua lo capisco. Ma un filologo classico dev'essere assai di più che -un uomo di scienza:

dev”essere l”insegnante tipico. O anche dev'essere molto di meno: un raccoglitore senza pretese, che non deve protestare quando uno spirito più ardito gli sottragga ciò che egli ha raccolto. Critica d'arte - assurdità! Ma che cosa mai può essere insegnato!

Come possiamo esistere in quanto « insegnanti ››! I filosofi greci ci servono di modello. Appello ai miei amici. - Se la filologia non vuol essere un misero mestiere o un'ipocrisia, non è allora possibile continuare a vi-

vere con essa nel vecchio ambiente. A lungo andare, «Lessing›› non è possibile.* 7 [75]* È coerente che la scienza del linguaggio non voglia avere nulla a che fare con la filologia classica. Soltanto le mezze nature cercano un compromesso. «Si deve avere una propensione per gli antichi», al che io devo aggiungere: tale propensione non deve però essere troppo forte. Altrimenti non si diventa certo un «filologo classico». In questo senso io metto in guardia dalla filologia. 7 [76] * Occorre menzionare anche la pederastia degli antichi, come una necessaria conseguenza di quell”istinto straripante. 7 [77]* Origine della lingua. Omero ed Esiodo. Filologia classica. Ritmica.

Platone.

7 [78]

Da Omero a Socrate.

Un saggio estetico. Prefazione a Richard Wagner. Cap. I. Omero. Cap. 2. Origini della lirica. Cap. Socrate e la tragedia. Cap. '!*“.*° Sulla rinascita dell'antichità greca. 7 [7g]* Il fatto che Friedrich August Wolf abbia affermato la necessità della schiavitù nell'interesse di una civiltà, costituisce una delle intuizioni più vigorose del

mio grande precursore, per comprendere le quali gli altri filologi sono troppo effeminati. 7 [80] Il misticismo assoluto, sebbene prenda lo spunto e la designazione dall'Oriente, si rivela, nella creazione totalmente greca del Vangelo di Giovanni, come un frutto di quel medesimo spirito onde erano

nati i misteri. 7 [8I]* Edipo - il mago e la sfinge - l'uomo saggio è il fine a cui tendono i misteri (dopo il dilaniamento, la trasfigurazione). Gli oracoli (gli dei conoscono il suo atroce destino). Edipo crede che l”istinto politico voglia la sua distruzione.

La donna. Simbolicamente Edipo soffre per la volontà: quindi ogni eroe è simbolo di Dioniso.* Gellert:* «A colui che non ha molto giudizio», ecc. Questa è la caratteristica delle figure dell'antichità, nascondere dietro di sé un dio. Come perisce il dramma, l'accordo fra Apollo e

Dioniso? I caratteri perdono il rapporto col dio.

I6O

FRAMMENTI POSTUMI

Le Baccanti - Dioniso come åyptóvtoç å›p.r|c-:~í1ç* e ustlíxtoç. Protesta contro il socratismo. (Menzionare l'offerta sacrificale di Temistocle). Il fine dell'esistenza non si può mai conoscere, sono

sempre nuove mete parziali. Questo è l'apollineo: sempre nuove illusioni che si frappongono. Dall'altra parte è il dio che soffre, Dioniso. Gli eroi epici visti come sofferenti. 7 [82] La bellezza sopravviene quando i singoli istinti corrono parallelamente senza contrapporsi tra loro. Ciò è un godimento della volontà.

7 [83]* Prometeo - uno dei Titani che ha dilaniato Dioniso, e perciò soffre in eterno come le sue creature, e, contro Zeus, presente l'avvento di una religio-

ne universale. Soltanto grazie al dilaniamento ad opera dei Titani è possibile la civiltà, la razza dei Titani viene perpetuata con la rapina. Prometeo - al tempo stesso lo sbranatore di Dioniso e il padre degli uomini prometeici. 7 [84.]* In un mondo siffatto compare Socrate - l'individuo apollineo che di nuovo si oppone a Dioniso, come Orfeo, e anche lui viene sbranato dalle Menadi. La sua morte non è causata da ragioni ma da sentimenti: solo dei miserabili vollero trovare le ragioni. Ma lui vinse ugualmente. A lui è legata la decadenza della tragedia. L”unità della tragedia. 7 [85] Apollo Dioniso. Mondi degli dèi. Il pensiero tragico. Lo schiavo.

FINE 1370 -APRILE 1871 7[s1«91]

i6i

Lo Stato. La donna l'oracolo.

I misteri. Edipo Prometeo Baccanti. Euripide. Socrate. La scienza. Il bello.

Il sacro. L'educazione.

7 [86] Ogni scienza ricerca Papparenza, nel senso che si attiene strettamente all'individuazione, e non riconosce mai l'unità dell”essere. In questo senso è apollinea. 7 [87]* «Quando i bambini hanno teste da vegliardi».

7 [88]

I) Potrei immaginarmi che da parte tedesca

la guerra sia stata condotta per liberare la Venere dal Louvre, come una seconda Elena. Questa sarebbe l'interpretazione pneumatica dell'ultima guerra. La bella inflessibilità antica dell'esistenza è inaugurata da questa guerra - comincia l'epoca della serietà - e noi crediamo che sarà anche l'epoca dell'arte. 7 [89] Finora i Greci hanno fatto presa su di noi soltanto con un lato del loro modo di essere. 7 [90] I) Un'armonia senza intrinseca sofferenza, priva di uno sfondo di terribilità - ecco che cosa cercano i nostri «Greci» negli antichi! 7 [gi] Non esiste superficie che sia bella senza la terribilità degli abissi.

162

FRAMMENTI POSTUMI

7 [92] I) La trasparenza, la chiarezza, la determinatezza e l'apparente superficialità della vita greca sono come l'acqua chiarissima di lago: il fondo appare molto più alto, tutto sembra più appiattito che nella realtà. Ed è proprio ciò l'effetto della grande chiarezza. 7 [93] La grande calma e determinatezza è un effetto dell'insondabile profondità della loro disposizione naturale. 7 [94] 2. Nella tragedia sofoclea il linguaggio è, rispetto ai personaggi, per così dire l'elemento apollineo. Il linguaggio tra-duce quei personaggi. Essi di per sé sono abissi, come ad esempio Edipo. In questo senso

si può dire che una tragedia di Sofocle in certo modo riproduca l'immag'ine dell'essenza greca. Tutto ciò che appare in superficie sembra semplice, trasparente, bello. Il loro danzare è sempre bello - come nella danza la forza più grande è solo potenziale, ma si svela nella flessuosità e nella ricchezza dei movimenti - così l'essenza greca è esteriormente una bella danza. In questo senso i Greci sono un trionfo della natura, che in loro è pervenuta alla bellezza. La motivazione della tragedia è puramente apollinea. Il dialogo è il regno dell'apollineo. Lo spirito della musica tende più all”interiorità. Schiller* a proposito del coro come ricettacolo della riflessione. 7 [95] coreta.

Il bello, il dramma come visione dell'ana-

7 [96]* 2. Socrate è colui che si oppone ai misteri: scongiura la paura della morte con le ragioni. 7 [97] La saldezza dellaforma è una conseguenza dell'apollineo: un tenere a freno le motivazioni, le ragioni.

FINE isvo - APRILE 1371 7[92-100]

163

2. L'evento dei misteri si traduce in un sogno analogo, e il sogno è raccontato a sua. volta da uomini in stato di veglia. Il coro parla il linguaggio del sogno. Come l'anacoreta nella contemplazione traduce le ap-

parenze del mondo in sé in persone che gli sono familiari - così le figure dionisiache vengono tradotte nelle figure apollinee. Questo vale per le maschere, per Edipo. Vale anche per il dramma in genere: il coro, inteso dionisiacamente, l'unità di individui che soffrono uno stesso dolore

l'eroe, dionisiacamente l”«individuo››, il piacere della volontà, è Dioniso stesso l'unità di danzatore, cantore e poeta, in senso dionisiaco la suprema espressione gestuale della natura

intera l'unità dell'azione - l'unità del mondo, il dissolversi dell'individuazione

gli attori sono pochi - poiché l'individuazione è infranta, esiste un solo Dioniso, al massimo due manifestazioni. Non sono individui (gli individui sono ridicoli), l'idea platonica come coscienza popolare. 7 [98] Contro gli aridi pensatori logici, che sfruttano tutto, e contro gli scettici sorridenti e ben pasciuti. 7 [9g]* Voltaire. «Le superflu, comme est nécessaire!››. 7 [Ioo]* I. Combattere l'opinione che lo scopo dell”umanità sia nel futuro, ad esempio una totale negazione en masse. L'umanità non esiste per se stessa, lo scopo è nelle sue vette, nei grandi santi e negli artisti, quindi né prima né dopo di noi. La volontà tende al risanamento, a godimenti supremi, privi di dolore. Per-

164.

FRAMMENTI POSTUMI

ciò ha bisogno delle rappresentazioni illusorie, che,

come meccanismi fallaci, crescono fino alla santificazione e all'opera d'arte. 7 [Ioi] Le maschere. Le maschere euripidee. Socrate, l'avversario di Dioniso. La tragedia apollineo-dionisiaca. La scienza come impulso apollineo (in quanto apolli-

nea si oppone all'arte). Il bello (partire dal disprezzo dei moderni, una catti-

va forma di conoscenza). Qual è l'unica forma di conoscenza che può render giustizia all'arte? La scienza tragica, che come Empedocle si precipita nell'Etna. Il sapere senza misura e senza confini. E proprio questo istinto anzi a generare l'arte come guaritrice. E così che va inteso il nostro compito culturale. Distruzione di ogni manifestazione libertina e di debolezza, educazione alla serietà e all'orrore, come per i viaggiatori del deserto. Stare in guardia che non si affacci l'elemento apollineo della scienza. Possibilità dell'educazione. Terrorismo della conoscenza tragica. «Oh amici, non questi accenti!››,* ecc. L'idillio dei filosofi.

7 [io2]

Sul mondo degli dèi olimpici poterono sca-

ricarsi tutte le opinioni scettiche. Diversamente avviene in Socrate, il quale è ostile ai misteri, e per il resto si attiene ad Apollo (come i cigni, servitori di Apollo).

7 [io3]* «Lessing» a lungo andare è impossibile: finora ha rappresentato l'ideale.

FINE 1870 - APRILE 1871 7[l00-111]

165

7 [Io4]* Strani visionari, che nella morte dell”umani-

tà vedono la salvezza e lo scopo della volontà! 7 [105]

Il popolo greco aveva una propensione per

l'idea platonica, come dimostrano la maledizione ereditaria, lo Stato, icortei orgiastici di Dioniso. La loro mitologia. 7 [Io6]

Per la teoria del sogno: Lucrezio, V* e Fi-

dia, Eracle, poi Sofocle. 7 [107]

Sofocle è venerato come servitore di Asclepio.

7 [Io8]* Similitudine con la peste. 7 [log]

Serenità greca. *

Con una prefazione a Richard Wagner. Di Friedrich Nietzsche Professore ord. di filol. a Basilea. 7 [iio]* I-Io il sospetto che le cose e il pensiero non siano adeguati tra loro. Nella logica domina infatti il principio di non contraddizione, cheforse non vale rispetto alle cose, che sono qualcosa di diverso e di contrapposto. 7 [III] Nelle forme supreme della coscienza viene ricostituita l”unità: nelle forme inferiori essa si frantuma sempre più. L'annullamento o l'indebolimento della coscienza equivale quindi all'individuazione. La coscienza tuttavia è d'altro lato unicamente uno strumento per la continuazione dell”esistenza di indivi-

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FRAMMENTI i>osTuMI

dui. In questo caso la soluzione è la seguente: l'illusione comanda di considerare l'intelletto come mezzo. 7 [112] Il meccanismo della rappresentazione. Filosofia dell'arte.

L'elemento religioso. L'etica. 7 [113] I) Dal mio Stato ideale vorrei cacciare i cosiddetti «uomini colti ››, come Platone voleva cacciare i poeti: questo è il mio terrorismo. 7 [114] Il romanzo tedesco modemo come frutto dell'hegelismo: la cosa principale è il pensiero, che ora

viene esemplificato artificialmente. Tale è lo stile di Freytag: uno smorto concetto generale, abbellito con un paio di parolette realistiche. L'}wmunculus goethia-

no. Questa marmaglia, lodando la creazione del romanzo come l”unica creazione adatta alla nostra epoca, costruisce sui propri difetti un'estetica. Gutzkow, come filosofo fallito, è il transformed disformed, e risulta in complesso una caricatura del rapporto schilleriano fra filosofia e poesia. In Shakespeare: quando egli fornisce pensieri, si tratta spesso di un'immagine indebolita, anzi intenzionalmente distrutta. (La lirica anonima). 7 [II5]

Serenità greca.* La natura germanica.

7 [116] Non esiste un bello di natura. Ma esiste certo il brutto perturbante, e un punto di indifferenza. * Si pensi alla realtà della dissonanza, rispetto all'idealità della consonanza. Produttivo è dunque il dolore, che

genera il bello come un colore contrapposto, ma affi-

FINE 1370 - APRILE 1871 7[111-117]

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ne - da quel punto di indifferenza. Esempio eccentrico fornito dal santo martirizzato, il quale prova un”estasi priva di dolore, anzi piena. di delizia. Sino a che punto giunge questa idealità? Essa vive e cresce con-

tinuamente, è un mondo nel mondo. Ma in tal caso la realtà è forse soltanto il dolore, onde è nata la rappresentazione? E allora, di quale natura è il piacere? Il piacere che si prova in qualcosa di non reale, di soltanto ideale? E forse ogni vita, in quanto è piacere, non sarà altro se non una siffatta realtà? Qual è quel punto di indifferenza, che è raggiunto dalla natura?

Com'è possibile l'assenza di dolore? L'intuizione è un prodotto estetico. E in tal caso che cosa è reale? Che cos'è ciò che intuisce? La pluralità del dolore e la sua indifferenza sono possibili come stati di un essere? E

che cosa è mai quest'essere, in quei punti di indifferenza? Forse che il tempo, così come lo spazio, si può spiegare partendo dai punti di indifferenza? E la pluralità del dolore sarà forse anch'essa derivabile da quei punti di indifferenza? A questo proposito e importante confrontare l'opera d'arte con quel punto di indifferenza, onde essa sorge, e confrontare il mondo partendo da un punto privo di dolore. È qui che si produce la rappresentazione. - La soggettività del mondo non è una soggettività antropomorfica, bensì una soggettività mondana: nel sogno del dio, noi siamo le figure che indovinano quale sia il suo sogno. 7 [II7] Il piacere artistico deve sussistere anche senza uomini. Il fiore variopinto e la coda del pavone stanno rispetto alla loro origine nello stesso rapporto in cui l'armonia sta rispetto a quel punto di indifferenza,* ossia nello stesso rapporto in cui l'opera d”arte sta rispetto alla sua origine negativa. Nell'a.rtista agisce

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FRAMMENTI POSTUMI

ciò che crea in quel caso, che crea artisticamente. Ma che cos'è l'opera d'arte? Che cos'è l'armonia? In ogni caso, si tratta di un qualcosa che è altrettanto reale quanto il fiore variopinto.

Se peraltro il fiore, l'uomo, la coda del pavone, hanno un'origine negativa, essi sono allora proprio come le «armonie» di un dio, in altre parole, la loro realtà è una realtà di sogno. In tal caso noi abbiamo bisogno di un essere che produca il mondo come opera d'arte, come armonia, e allora la volontà genera per così

dire dal vuoto, dalla Havíot, l'arte come lI6poç.* Tutto ciò che esiste è un'immagine della volontà, anche nella forza artistica. Il cristallo, le cellule, ecc. Direttiva dell'arte, per superare la dissonanza: il mondo del bello, sorto dal punto di indifferenza, cerca di attrarre nell'opera d'arte la dissonanza, che è l'elemento in sé perturbante. Di qui il gusto man mano crescente per la tonalità minore e per la dissonanza. Lo strumento è l'idea illusoria, e in generale la rappresentazione fondata sulla creazione di un'intuizione delle cose priva di dolore. La volontà, in quanto dolore supremo, produce da sé un'estasi, che si identifica con l'intuizione pura e con la produzione dell'opera d'arte. Qual è il processo fisiologico? In qualche luogo dev'essere prodotta un'assenza di dolore - ma in che modo? Si produce qui la rappresentazione, come mezzo per giungere a quell'estasi suprema. Il mondo peraltro consiste al tempo stesso di entrambe le cose: nell'intimo, esso è quell'unica volontà ter-

ribile, e come rappresentazione è il mondo diffuso della rappresentazione, dell'estasi. La musica dimostra che tutto quel mondo, nella sua pluralità, non è più sentito come dissonanza. Ciò che soffre, lotta e si dilania, è in ogni caso soltan-

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to la volontà unica: essa è la perfetta contraddizione, come fondamento primordiale dell'esistenza. L'individuazione è dunque il risultato della sofferenza, non già la causa. L'opera d 'arte e l'individuo sono una ripetizione del pro-

cesso primordiale, onde è sorto il mondo, sono, per così dire, un°onda circolare che noi suscitiamo nell'onda marina. 7 [II8] Che cos'è il senso dell'armonia? Da una parte togliere la risonanza delle armoniche superiori, dall'altra non sentirle individualmente.

7 [iig]

«Serpens nisi serpentem comederit, non fit draco››.* ORIGINE E scoPo DELLA TRAGEDIA. Un saggio estetico con una prefazione a Richard Wagner.

Di Friedrich Nietzsche Professore ord. di filol. a Basilea. Lasciati biasimare per le cose buone e lodare per quelle cattive: Se questo o quello ti riesce troppo difficile, spezza la tua lira. Hebbel. 7 [120] Tragedia e ditirambo drammatico. Dionisiaco apollineo. Il genio apollineo e la sua preparazione. Il genio dionisiaco e la sua nascita.

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FRAMMENTI POSTUMI

Il genio duplice. L'opera. La tragedia. Il ditirambo. Il dramma: Euripide.

Shakespeare. Richard Wagner. 7 [I2i]* La pianta, che nella lotta incessante per l'e-

sistenza riesce a dare unicamente fiori intristiti, ci guarda improvvisamente, quando da una sorte felice viene

sottratta a questa lotta, con l'occhio della bellezza. Ciò che la natura deve dirci, con questa volontà di bellezza ovunque ed istantaneamente prorompente, sarà da noi discusso solo più tardi: qui ci basti aver attirato l°attenzione su questo impulso, poiché da esso possiamo imparare qualcosa riguardo allo scopo dello Stato. La natura si sforza di giungere alla bellezza: e se da qualche parte la bellezza viene raggiunta, si preoc-

cupa allora di riprodurla: per far ciò, la natura ha bisogno di un meccanismo estremamente complicato tra il mondo animale e quello vegetale, quando si tratta cioè di perpetuare un singolo fiore bello. * Io riconosco un meccanismo simile, ma assai più complicato ancora, nell'essenza dello Stato, il quale mi sembra essere, quanto al suo scopo supremo, un'istituzione di difesa e di cura per individui, ossia per il genio, sebbene la crudele origine e il barbarico comportamento dello Stato accenni davvero poco a tali scopi. Anche in questo caso dobbiamo distinguere tra un'immagine illusoria, che cerchiamo di raggiungere con desiderio ardente, e uno scopo reale, che la volontà cerca di raggiungere attraverso di noi, e forse persino in antitesi alla nostra coscienza. Anche nell'enorme apparato da cui la stirpe umana è circondata, nel selvaggio intrecciarsi di fini egoistici, si tratta in definitiva di

FINE 1370 - APRILE 1871 7[12o-121]

i7i

individui: la natura ha tuttavia avuto cura che questi

individui non si rallegrino di questa loro posizione eccezionale. Anch'essi, in conclusione, non sono altro se non strumenti della volontà, e debbono subire in sé l'essenza della volontà: tuttavia in essi c'è qualcosa

di fronte a cui viene eseguita, come uno spettacolo, la ridda delle stelle e degli Stati. Anche su questo punto il mondo greco è più schietto e più semplice di quello

degli altri popoli e delle altre epoche: del resto, i Greci hanno in comune con i genii di essere fedeli e veritieri come i fanciulli, e in quanto fanciulli. Sennonché si deve essere capaci di parlare con loro, per poterli comprendere. Con la sua opera, l'artista greco non si rivolge all'individuo, bensì allo Stato: e d'altro canto l'educazione dello Stato non era altro se non l”educazione di tutti a godere l”opera d'arte. Tutte le grandi creazioni, tanto

della scultura e dell”architettura, quanto delle arti musicali, prendono in considerazione grandi sentimenti popolari, coltivati dallo Stato. Soprattutto la tragedia è ogni anno un atto solenne, preparato a cura dello Stato e destinato a riunire l'intero popolo. Lo Stato era uno strumento necessario della realtà artistica. Ma se dobbiamo designare come il vero scopo della tendenza statale quei singoli, cioè quegli uomini che si eternavano nel lavoro artistico e filosofico: allora anche l'enorme forza dell'impulso politico e patrio, nel senso più stretto, deve apparirci come una garanzia che quella serie successiva di singoli genii è continua, e che il suolo, l”unico onde essi possano sorgere, non è squassato dal terremoto né impedito nella sua fecondità. Perché l'artista possa sorgere abbiamo bisogno di quella classe simile ai fuchi, sottratta al lavoro da schiavi: perché possa sorgere la grande opera d”arte, abbiamo bisogno della volontà concentrata di quella

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FRAMMENTI POSTUMI

classe, cioè abbiamo bisogno dello Stato. Soltanto questo, difatti, come forza magica, può costringere gli in-

dividui egoistici ai sacrifici e ai preparativi che la realizzazione di grandi piani artistici presuppone: si può

dire che il primissimo di questi elementi sia costituito dall'educazione del popolo, lo scopo della quale è di far comprendere la necessità della posizione eccezionale di quegli individui, e di fornire al tempo stesso la rappresentazione illusoria che sia la massa stessa

a dover favorire con la sua partecipazione, con il suo giudizio e la sua cultura, lo sviluppo di quei genii. In

questo campo io vedo ovunque unicamente l'effetto di una sola volontà, la quale, per raggiungere il suo

scopo, cioè la sua propria glorificazione nelle opere d'arte, impone agli occhi delle sue creature numerose immagini illusorie, intrecciate fra loro, che sono assai più potenti che non la giudiziosa convinzione di

essere ingannati. Ma quanto più forte è l'impulso politico, tanto maggiormente garantita è la successione continua di genii: sempre che l'istinto troppo straripante non prenda a infierire contro se stesso e non conficchi i denti nella sua propria carne: nel qual caso segue la maledizione delle guerre e delle lotte partigiane. Ma sembra quasi che ogni tanto la volontà senta il bisogno di questo dilaniarsi come di una valvola, rimanendo fedele anche in ciò alla sua natura terribile. Per lo meno di solito, tenuto a freno da tali avvenimenti, l'istinto politico si mette all'opera con forza nuova e sorprendente per preparare la nascita del genio. In ogni caso però c'è da constatare che proprio nel sovraccaricare l'istinto politico dei Greci la natura dà prova di quanto esiga da questo popolo nel campo dell'arte: in questo senso l'orrendo spettacolo delle fazioni che si dilaniano a vicenda ha in sé qualcosa di venerando: infatti dal mezzo di questa ressa incalzante s'innalza inaudito il canto del genio.

FINE 1870 - APRILE 1871 7[12l-122]

7 [I22]*

.

173

Nella concezione platonica della donna

c'è senza dubbio un aspetto che sta in netto contrasto con il costume greco: Platone fa partecipare pienamente la donna ai diritti, alle conoscenze e ai doveri degli uomini, limitandosi a considerare la donna co-

me il sesso più debole, che in ogni campo non può andare troppo lontano: senza per questo contestarle

il diritto di partecipare ad ogni campo della vita. A questa strana visione noi non dobbiamo tuttavia attribuire un'importanza maggiore che alla cacciata degli artisti dallo Stato ideale: si tratta di linee collaterali, disegnate arditamente, ma in modo sbagliato, per così dire di deviazioni di una mano altrimenti così sicura, di vaneggiamenti di un occhio che altrimenti contem-

pla con serenità, e che talvolta invece, rivolgendosi al maestro morto, si turba e perde la sua equanimità: in questo stato d'animo egli porta all'esagerazione i paradossi di Socrate, compiacendosi per un ec-

cesso di amore di accentuare le sue dottrine in modo del tutto eccentrico, sino alla temerarietà. Ma la cosa più intima che Platone abbia potuto esprimere come Greco sulla posizione della donna rispetto allo Stato, fu l'esigenza che nello Stato perfetto debba venir meno lafamiglia. Prescindiamo per ora dal modo in cui egli, per realizzare perfettamente questa esigenza, abolì il matrimonio stesso, sostituendolo con solenni accoppiamenti, disposti a cura dello Stato, tra gli uomini più coraggiosi e le donne più nobili, allo scopo di ottenere una bella discendenza. In quel principio fondamentale, peraltro, egli ha indicato nel modo più chiaro - troppo chiaro anzi, chiaro in modo urtante - una importante misura preliminare della volontà greca per la procreazione del genio. Anche nel costume del popolo greco, d'altronde, i diritti della famiglia sugli uomini e sui fanciulli erano ristretti ad

174.

FRAMMENTI POSTUMI

una misura minima: l'uomo viveva nello Stato, il fan-

ciullo cresceva per lo Stato ed era condotto per mano dallo Stato. La volontà greca si prendeva cura che il bisogno di cultura non potesse trovare una soddisfa-

zione nel distacco appartato di una cerchia ristretta. L'individuo doveva ricevere tutto dallo Stato, per restituire tutto ad esso. Per lo Stato la donna significa quindi ciò che il sonno significa per l”uomo. Nell'essenza della donna sta la forza risanatrice, che ricosti-

tuisce ciò che si è logorato, la calma benefica, in cui trova un limite tutto ciò che è privo di misura, l'eterna uniformità, che dà una regola a ciò che è eccessivo e stravagante. In essa sogna la futura generazione. La donna è più affine alla natura che non l'uomo, e

rimane uguale a se stessa in tutto ciò che è essenziale. A questo riguardo la cultura è sempre un qualcosa di esteriore, che non tocca il nucleo eternamente fedele alla natura: per tale ragione, la cultura della donna poteva apparire all'Ateniese come qualcosa di indifferente, anzi - come qualcosa di ridicolo, quando si voleva guardare da vicino la cosa. Chi da ciò si sente spinto a dedurre senz'altro che la posizione della donna presso i Greci non era dignitosa e risultava troppo dura, non dovrà tuttavia assumere come criterio la « culturalità» della donna moderna e le sue pretese, contro le quali basta richiamarsi alle donne olimpiche, e inoltre a Penelope, Antigone ed Elettra. Senza dubbio queste sono figure ideali: ma chi potrà mai trarre dal mondo odierno siffatti ideali? - Si deve poi considerare quali figli siano stati generati da queste donne, e di quali donne debba quindi essersi trattato, per poter generare tali figli! - La donna greca, in quanto madre, doveva vivere nell'oscurità, poiché l'impulso politico, e lo scopo supremo di questo, volevano così. Essa doveva vegetare come una pianta, in una cer-

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chia ristretta, come un simbolo della saggezza epicu-

rea: Ãáße ßubcsaç. Nell°epoca moderna, di fronte al disfacimento completo della tendenza statale, la donna è dovuta nuovamente intervenire in aiuto: la famiglia, come ripiego in favore dello Stato, è opera sua:

e in questo senso anche il fine artistico dello Stato si è dovuto abbassare a quello di un'arte casalinga. Di qui si spiega come la passione amorosa, l'unico campo pienamente accessibile alla donna, abbia a poco a poco determinato sin nelle più intime fibre la nostra arte. Da ciò si spiega altresì che l°educazione della famiglia si atteggi quasi come l'unica naturale, tollerando

l'educazione dello Stato solo come un discutibile intervento nei suoi diritti: tutto ciò è giusto, in quanto appunto si tratta qui dello Stato moderno. - In tutto ciò, l”essenza della donna rimane uguale, ma la po-

tenza delle donne è differente a seconda della posizione dello Stato di fronte ad esse. Esse d'altronde hanno realmente la forza di compensare in qualche modo le lacune dello Stato - seguendo sempre fedelmente la loro essenza, che io ho paragonato al sonno. Nell”antichità greca esse presero la posizione che veniva loro assegnata dalla suprema volontà dello Stato: perciò esse sono state esaltate, come mai più in seguito. Le dee della mitologia greca sono le loro immagini, riflesse da uno specchio: la Pizia e la Sibilla, così come la Diotima socratica, sono le sacerdotesse onde parla una divina sapienza. Si può comprendere ormai perché Porgogliosa rassegnazione della donna spartana all'annunzio che il figlio è morto in battaglia non può essere una favola. La donna si sentiva nella posizione

giusta di fronte allo Stato: è per questo che essa aveva allora più dignità di quanta ne abbia avuta mai la donna in seguito. Platone, che eliminando la famiglia e il matrimonio accentua ancor più quella posizione

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FRAMMENTI POSTUMI

della donna, sente ormai tanto rispetto di fronte ad esse, che è mirabilmente indotto, con la sua successiva dichiarazione che pone su uno stesso piano uomini e donne, ad abolire nuovamente il posto gerarchico che spetta alle donne: è questo il trionfo supremo della don-

na antica, aver sedotto anche l'uomo più saggio! Sintanto che lo Stato rimane in una situazione ancora embrionale, la donna prevale, in quanto madre, e determina il grado e i fenomeni della civiltà: allo stesso modo che la donna è destinata ad integrare l'opera dello Stato, quando questo è in decadenza. Ciò che Tacito* dice a proposito delle donne germaniche: «inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant nec aut consilia earum aspernantur aut responsa

neglegunt», si applica in generale a tutti i popoli che non sono ancora divenuti veri Stati. In tali situazioni si può avvertire tanto più fortemente ciò che del resto risulta osservabile occasionalmente in ogni epoca, che cioè gli istinti della donna, che tendono a difendere la generazione futura, sono indomabili, e che attraverso di essi parla soprattutto la natura, con la sua preoccupazione di conservare la stirpe. Sino a qual punto giunga la forza di questo presentimento, viene

determinato, a quanto pare, dal grado di consolidamento dello Stato: nelle situazioni disordinate e più arbitrarie, dove il capriccio o la passione di un singolo uomo trascina con sé intere stirpi, si presenta allora improvvisamente la donna, come profetessa ammonitrice. Anche in Grecia vi fu peraltro una preoccupazione mai assopita: che cioè l'impulso politico terribilmente straripante disperdesse in polvere e in atomi i piccoli organismi statali, prima che essi potessero raggiungere in qualche modo i loro scopi. A questo riguardo la volontà greca si creò sempre nuovi strumenti, con cui essa parlava per appianare, mo-

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derare e ammonire: ed è soprattutto la Pizia, in cui la forza che ha la donna di integrare lo Stato si manifestò con un vigore mai più ripetuto. Che un popolo così suddiviso in piccole stirpi e comunità cittadine

fosse nel suo più intimo fondamento una totalità, e che nella divisione non facesse che assolvere al compito della sua natura, è garantito da quel mirabile fenomeno della Pizia e dell°oracolo delfico: in effetti, sintanto che la natura greca poté creare le sue grandi opere d'arte, essa le espresse, come un 'unica Pizia, con una sola bocca. A questo riguardo non possiamo fare

a meno di riconoscere e di presentire che l'individuazione è per la volontà una grande e impellente necessità, e che la volontà, per raggiungere quegli individui, ha bisogno di una scala infinita di individui. Ci vengo-

no senza dubbio le vertigini, se consideriamo che forse la volontà, per giungere sino all'arte, ha dovuto riversarsi in questi mondi, in queste stelle, in questi corpi

e in questi atomi: ma per lo meno dovrebbe allora risultarci chiaro che l'arte non è necessaria per gli individui, bensì perla volontà stessa: visione sublime, questa, su cui ci sarà permesso di gettare ancora una volta uno sguardo, secondo un'altra prospettiva. Frattanto ritorniamo ai Greci, per dirci quanto sia ridicolo, di fronte alla Pizia, il concetto moderno delle nazionalità, e come sia inopportuno il desiderio di considerare una nazione come una visibile unità meccanica, fornita di un vanaglorioso apparato di governo e di fasto militare. La natura si esprime, se veramente sussiste questa unità: ma si esprime in modo più segreto che nelle votazioni popolari e nelle grida di giubilo dei giornali. Il fatto stesso che noi possiamo aver colto il concetto moderno di nazionalità, è un accenno della natura, io temo, con cui essa ci ha detto che noi non le stiamo davvero a cuore. In ogni caso, la

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FRAMMENTI POSTUMI

nostra volontà politica non è sovraccarica, e ciò sarà ammesso con un sorriso da ciascuno di noi: l'espressione di questo intristimento e di questa debolezza è appunto il concetto di nazionalità. In tali epoche, il genio deve diventare un solitario: e chi si preoccupa che egli non sia sbranato nel deserto da un leone? Guardando indietro alle ultime considerazioni fatte, noi riconosciamo che la Pizia è la più chiara espressione e il centro comune di tutti i meccanismi messi in movimento dalla volontà greca per giungere all'arte: in questa donna profetica l'impulso politico trova una regola, per non esaurirsi dilaniando se stesso, e per

non venir allontanato dal suo compito; in essa si rivela Apollo, non ancora come dio dell'arte, ma come dio politico che risana, riconcilia e ammonisce, come dio che mantiene lo Stato sempre sulla strada dove dovrà incontrarsi con il genio. Ma Apollo non si manifesta soltanto come Pizia, come divinità che prepara e apre la strada. Qua e là egli si presenta in altre figure, come «individuo››, come Omero, Licurgo, Pitagora: si conoscevano le ragioni per cui a questi eroi toccavano templi e li si adorava come dèi. Nella rappresentazione del popolo greco, Apollo si presenta poi ancora nella nota figura dell'«individuo››: come «cieco cantore››, oppure «cieco veggente››: * la cecità dev'essere qui senz”altro intesa come simbolo di quell”isolamento. E così, con siffatti venerabili rispecchiamenti dell'«individuo›› nell'incerto passato del popolo, Apollo si preoccupava che nel presente lo sguardo della massa restasse affinato per la conoscenza dell'«individuo››, così come d'altro lato si sforzava incessantemente di produrre, attraverso nuove configurazioni, nuovi «individui››, circondandoli, con miracolosi segni premonitori, di un incantesimo protettivo. Tutti questi apprestamenti apollinei hanno in sé qualcosa del carattere dei misteri. Nessuno sa propriamente

FINE 1870 - APRILE 1871 7[122]

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per chi viene rappresentato il terribile spettacolo di Stati che combattono, di popolazioni calpestate, di

moltitudini di popoli che si formano faticosamente, rimane anzi oscuro, se tutti siano attori oppure spet-

tatori. In tal modo gli individui sono tratti fuori, per l'intervento di una mano invisibile e in base a un fine misterioso, da tutte quelle schiere che lottano e incalzano. Ma mentre l'individuo apollineo viene in tutti

i modi tenuto al riparo dall'orribile conoscenza che quella confusione di esseri che soffrono e si dilaniano trovi in lui un termine e uno scopo, la volontà dionisiaca utilizza invece proprio questa conoscenza, per portare i suoi individui ad uno stadio ancora superiore, e per glorificarsi in essi. Accanto a quell”ordi-

namento apollineo di misteri, completamente velato, corre dunque parallelamente un ordinamento dionisiaco, che è simbolo di un mondo svelabile solo a pochi individui, del quale mondo, tuttavia, si poteva parlare di fronte a molti uomini mediante un linguaggio simbolico. Quell'ebbrezza estatica delle orge dionisiache si è per così dire insinuata nei misteri: da una parte e dall'altra domina il medesimo impulso, si manifesta la medesima sapienza. Non si può non avvertire questo sottofondo della natura greca nei suoi monumenti artistici! Quella quieta semplicità e quella nobile dignità che hanno entusiasmato Winckelmann rimangono qualcosa di inspiegabile, se si trascura la realtà metafisica dei misteri, che continua ad agire in profondità. Qui il Greco trovava un'incrollabile e fiduciosa sicurezza, mentre di fronte ai suoi dèi olimpici egli si comportava con maggior libertà, ora giocando e ora dubitando. La profanazione dei misteri era perciò da lui considerata come il vero delitto cardinale, che gli appariva anche più terribile che la distruzione del demos.

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FRAMMENTI POSTUMI

7 [12 3]* Risulta ora senz'altro chiaro che solo una piccolissima schiera di eletti può essere iniziata ai gradi supremi dei misteri, e che la grande massa dovrà rimanere eternamente nei vestiboli; altrettanto evidente risulta poi che senza quegli epopti della suprema sa-

pienza è del tutto fallito lo scopo di quella venerabile istituzione, mentre ciascuno degli altri iniziati, aspi-

rando ad una felicità personale o sperando in una bella sopravvivenza individuale, spinto cioè da un impul-

so egoistico, sale coraggiosamente la scala delle conoscenze, sinché deve arrestarsi là dove il suo occhio non

sopporta più il terribile splendore della verità. A questo limite si separano dagli altri gli individui, i quali, po-

co preoccupati di sé, sono introdotti in quel micidiale chiarore da un pungolo che li spinge dolorosamente in avanti - e ritornano poi indietro con lo sguardo

trasfigurato, come un trionfo della volontà dionisiaca, che mediante una mirabile illusione riesce a piegare e a spezzare la punta estrema della sua conoscenza che nega l'esistere, la lancia più forte che sia rivolta contro Pesistenza stessa. Per la grande massa valgono seduzioni o minacce del tutto diverse: tra queste, la credenza che i non iniziati saranno immersi dopo la morte nel fango, mentre gli iniziati potranno attendersi una felice esistenza futura. Già più profonde sono altre immagini, dove l”esistenza in questa vita era paragonata ad una prigione, e il corpo a un sepolcro dell”anima. Vengono poi i veri miti dionisiaci, di valore immortale, che noi dobbiamo considerare come il sottofondo dell'intera vita artistica della Grecia: come quello che presenta il futuro dominatore del mondo in figura di fanciullo (Dioniso Zagreus) fatto a pezzi dai Titani, e dice che in questa forma egli deve essere venerato come Zagreus* Il mito aggiunge che tale dilaniamento, la vera sofferenza dionisiaca, è

FINE 1s7o - APRILE 1871 7[12s]

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come una trasformazione in aria, acqua, terra, pietra, pianta e animale; in base a ciò, lo stato di individuazione appare quindi come la fonte e la causa prima di ogni sofferenza, come qualcosa in sé detestabile.

Dal sorriso di Phanes sono stati creati gli dèi olimpici, e dalle sue lacrime gli uomini. In quello stato, Dioniso ha la doppia natura di un demone crudele e

selvaggio, e di un mite dominatore (come åyptóvtoç e d›p.11os"rUM1

rà dissanguato, assieme ai suoi più rudi fratelli, a causa di quella potenza inflessibile cui si è accennato sopra;

e noi rinunzieremo volentieri alle piccole attrattive e alle inclinazioni buone che esso possiede, purché si

sgombri dalla strada del genio questa dottrina che è veramente contraria alla civiltà. - E a che cosa dovrebbe mai servire quell'inflessibile potenza, risorta

continuamente attraverso i secoli dalle violenze, dalle conquiste e dai bagni di sangue, se non a preparare la strada per il genio? Ma quale strada!

Forse il nostro futuro eroe della conoscenza tragica e della serenità greca sarà un anacoreta - forse egli convincerà le più profonde nature tedesche ad andare nel deserto - fortunata l'epoca in cui un mondo interiorizzato attraverso tremende sofferenze ascolterà il canto di quel cigno apollineo! Mio nobile amico, sino a questo punto mi sarò espresso

anche secondo le Sue intenzioni? Potrei quasi supporlo: e ogni sguardo che io getto sul Suo Beethoven mi riporta alle parole: «il tedesco è ardimentoso: lo sia dunque anche nella pace. Disdegni di sembrare ciò che non è. La natura gli ha precluso la piacevolezza; in compenso egli è profondo e sublime». Questo ardimento, assieme alle qualità nominate sopra, è l'altro pegno delle mie speranze. Se è vero ciò che si può chiamare la mia professione di fede, ossia che ogni più profonda conoscenza è terribile, chi altri se non il tedesco potrà porsi in quel tragico punto di vista della conoscenza che io esigo come preparazione del genio, come nuovo scopo formativo di una gioventù dalle nobili aspirazioni? Chi altri se non il giovane tedesco* avrà l'impassibilità dello sguardo e lo slancio eroico verso l'immane, così da volgere le spalle a tutte le cagionevoli dottrine della comodità

FEBBRAIO 1371 11 1

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dell”ottimismo liberale in ogni forma e «vivere riso-

lutamente›› in modo totale?* Nel far ciò, egli, l'uomo tragico, mentre educherà se stesso alla serietà e al terrore, non mancherà di desiderare altresì, nella

figura di Elena, la serenità greca che noi intendiamo, e dovrà esclamare con Faust: E non dovrei, con la più anelante violenza, trarre in vita la forma unica fra tutte?*

Lugano, 22 febbraio 1871, genetliaco di Schopenhauer

Friedrich Nietzsche

[12 = Mp Xii id. PRIMAVERA 1871]

12 [i]* Ciò che abbiamo qui stabilito circa il rapporto fra linguaggio e musica deve valere, per le stesse

ragioni, anche riguardo al rapporto fra mimica e musica. Anche la mimica, in quanto potenziato simbolismo dei gesti dell”uomo, risulta, se paragonata al-

l'eterna importanza della musica, solo un simbolo, che non può esprimere in alcun modo il più intimo segreto della musica, ma soltanto il suo aspetto ritmico esteriore, e anche questo soltanto in modo molto superficiale, fondandosi cioè sui movimenti passionali del corpo umano. Ma se facciamo rientrare sotto la categoria del simbolismo corporeo anche il linguaggio, e accostiamo, conformemente al canone da noi stabilito, il dramma alla musica: potrà allora presentarsi nella luce più vivida un passo di Schopenhauer

(Parerga, volume II, p. 465):* «Si può ammettere, sebbene ciò non sia richiesto da uno spirito puramente

musicale, che vengano associate e sottoposte al puro linguaggio dei suoni, pur non avendo questo, nella sua autosufficienza, alcun bisogno di aiuto, parole, e persino un'azione rappresentata in modo evidente, affinché il nostro intelletto, che intuisce e riflette e che non ama rimanere del tutto inoperoso, trovi in ciò un'occupazione facile ed analoga, grazie alla quale l'attenzione possa tener dietro e aderire più saldamente alla musica; e al tempo stesso venga posta alla base di ciò che vogliono significare i suoni, nel loro universale linguaggio del cuore, che non ha immagini, un”immagine intuitiva, per così dire uno schema, quasi un'esemplificazione di un concetto universale. Tutto ciò, anzi, accentuerà l'impressione della musica››. Se prescindiamo dalla motivazione razionalistica ed esteriore, in base alla quale il nostro intelletto, che intuisce e riflette, non ama rimanere del tutto inoperoso ,

ascoltando la musica, e l attenzione, se guidata da

372

FRAMMENTI POSTUMI

un'azione intuitiva, risulta più avvinta - senza dub-

bio è pienamente giustificata questa caratterizzazione di Schopenhauer, il quale considera il dramma, rispetto alla musica, come uno schema, come l'esem-

plificazione di un concetto universale: e quando egli aggiunge: «Tutto ciò, anzi, accentuerà l”impressione della musica››, la straordinaria universalità e origina-

rietà della musica vocale e del collegamento del suono con l'immagine ed il concetto garantiscono la correttezza di questa dichiarazione. La musica di ogni popolo è all'inizio sempre alleata con la lirica, e molto tempo prima che si possa pensare ad una musica assoluta, essa attraversa i più importanti stadi di sviluppo in quella alleanza. Se noi intendiamo questa lirica primitiva di un popolo, come del resto dobbiamo fare, come imitazione dei modelli artistici forniti

dalla natura, in tal caso la duplicità essenziale del linguaggio, prefigurata dalla natura, dev'essere da noi considerata come il modello primitivo di quella unione fra musica e lirica: in questa essenza del linguaggio penetreremo ora più profondamente, dopo aver discusso la posizione della musica rispetto all'immagine. Nella pluralità delle lingue* si rivela immediatamente il fatto che parola e cosa non coincidono completamente e necessariamente, e che piuttosto la parola è un simbolo. Ma che cosa è simboleggiato dalla parola? Certo si tratta soltanto di rappresentazioni, non importa se coscienti oppure, come avviene nella maggior parte dei casi, inconsce:* in effetti, un simbolo verbale come potrebbe mai corrispondere a quella più intima essenza, di cui noi stessi e il mondo siamo immagini? Noi conosciamo quel nucleo solo in forma di rappresentazioni, e possiamo accostarci ad esso solo nelle sue espressioni simboliche: al di fuori di ciò, non

PRIMAVERA 1371 i2[i]

373

esiste da nessuna parte un ponte che ci conduca direttamente sin là. Anche l'intera vita istintiva, il gioco dei sentimenti, delle sensazioni, degli affetti, degli atti della volontà - come devo obiettare qui contro Schopenhauer* - ci risultano noti, se indaghiamo noi

stessi con la massima esattezza, unicamente come rappresentazione, non nella loro essenza: e possiamo ben dire che persino la «volontà» di Schopenhauer non sia altro se non la massimamente universale forma dell”apparenza* di un qualcosa che è per noi del re-

sto completamente indecifrabile. Anche se per ciò noi dobbiamo adattarci alla rigida necessità di non poter mai oltrepassare le rappresentazioni, ci è tuttavia possibile distinguere due generi principali nella sfera delle

rappresentazioni. Le prime rappresentazioni si rivelano a noi come sensazioni di piacere e di avversione e accompagnano, come un basso continuo, tutte le altre rappresentazioni. Questa forma più universale dell'apparenza, l'unica partendo dalla quale e sotto la quale noi possiamo comprendere ogni divenire e ogni volere, e per la quale noi vogliamo conservare il nome di «volontà ››, ha la sua propria sfera simbolica altresì nel linguaggio: e questa sfera, precisamente, è per il linguaggio altrettanto fondamentale, quanto quella forma dell'apparenza lo È: per tutte le altre rappresentazioni. Tutte le gradazioni di piacere e di avversione - manifestazioni di un unico fondamento primordiale, per noi imperscrutabile - trovano un simbolo nei suoni di chi parla: mentre tutte quante le altre rappresentazioni vengono designate attraverso il simbolismo dei gesti di chi parla. In quanto quel fondamento primordiale è il medesimo in tutti gli uomini, anche il sostrato sonoro è universale, e comprensibile nonostante la diversità delle lingue. Da tale sostrato si sviluppa il simbolismo dei gesti, più arbitrario e non

374

FRAMMENTI i›osTUMi

del tutto adeguato al suo fondamento: con questo simbolismo prende inizio la molteplicità delle lingue, la cui pluralità noi possiamo paragonare ad un testo, composto di strofe, per quella melodia primordiale del linguaggio del piacere e dell'avversione. L'intero campo del consonantismo e del vocalismo noi crediamo di poterlo ricondurre al simbolismo dei gesti - senza il suono fondamentale, necessario più di ogni altra cosa, le consonanti e le vocali* non sono altro se non posizioni degli organi vocali, o in breve gesti -; non appena pensiamo che la parola sgorghi dalla bocca del-

l°uomo, si produce allora per la prima volta la radice della parola, il fondamento di quel simbolismo dei ge-

sti, ossia il sostrato sonoro, l'eco delle sensazioni di piacere e di avversione. Nello stesso rapporto in cui l'intera nostra corporeità sta rispetto a quella forma massimamente originaria dell'apparenza, ossia alla «volontà››, così pure sta la parola costituita di consonanti e vocali rispetto al suo fondamento sonoro. Questa forma massimamente originaria dell'apparenza, la volontà, con la sua scala di sensazioni di piacere e di avversione, giunge peraltro, nello sviluppo della musica, ad un'espressione simbolica sempre più adeguata: a questo processo storico corre parallela la continua aspirazione della lirica, a trasporre la musica in immagini: questo duplice fenomeno, in base alla spiegazione fomita or ora, si trova originariamente prefigurato nel linguaggio. Chi ci ha seguito di buon grado, con attenzione e con una certa fantasia, in queste difficili considerazioni integrando con benevolenza, là dove l'espressione è riuscita troppo scarna o troppo implicita -, avrà in comune con noi il vantaggio di poter esaminare alcune interessanti controversie dell'odierna. estetica, o meglio, degli artisti contemporanei, in modo più se-

PRIMAVERA 1871 12[1]

375

rio di quanto avvenga di solito, e di poter dare una risposta più profonda a tali questioni. Dopo tutto quello che si è presupposto, dobbiamo pensare che sia davvero una bella impresa, il voler musicare una poesia, cioè il voler illustrare una poesia attraverso la musica, per aiutare in tal modo la musica a procurarsi un linguaggio concettuale: un mondo alla rovescia, insomma! Un'impresa, a mio parere, simile a quella di un figlio che volesse generare suo padre! La musica può produrre da sé immagini, che saranno poi sempre unicamente schemi e per così dire esempi del lo-

ro vero contenuto universale. Ma come potrebbe l'immagine, la rappresentazione, produrre da sé la musica! Tanto meno poi si potrà affermare che il concetto, oppure, come è stato detto da alcuni, l'« idea

poetica››, sia in grado di fare ciò. Se è certo che dal misterioso castello del musicista si stacchi un ponte, il quale conduce verso la libera terra delle immagini - e il lirico passa proprio su questo ponte -, è però impossibile percorrere la strada inversa, sebbene possano esistere alcuni che credono di averla percorsa. Si potrà popolare l'aria con la fantasia di un Raffaello, si potrà contemplare, come egli ha fatto, la Santa

Cecilia che ascolta estatica le armonie dei cori angelici - ma nessun suono verrà fuori da questo mondo, apparentemente perduto nella musica, anzi, se noi immaginassimo che davvero, per un miracolo, cominciasse a risuonare quell'armonia, dove mai spari-

rebbero d'un tratto Cecilia, Paolo e la Maddalena, dove scomparirebbe lo stesso coro degli angeli che cantano! Noi cesseremmo subito di essere dei Raffaelli! E come in quel quadro gli strumenti mondani giacciono a terra spezzati, così la nostra visione pittorica, vinta da qualcosa di superiore, impallidirebbe e si spegnerebbe come un'ombra. - Ma come potrebbe mai

FRAMMENTI POSTUMI

accadere questo miracolo! Come potrebbe il mondo apollineo, completamente immerso nell'intuizione, il mondo dell'occhio, produrre da sé il suono, il quale simboleggia una sfera che viene vinta ed esclusa proprio dal perdersi apollineamente nell'apparenza! Il piacere per l'apparenza non può suscitare il piacere per la non apparenza: la delizia del contemplare è delizia solo per il fatto che nulla ci ricorda una sfera in cui

l'individuazione è spezzata e annullata. Se la nostra caratterizzazione dell'apollineo in antitesi al dionisiaco è in qualche modo giusta, dovrà ora apparirci stravagante e falso il pensiero che voglia in qualche modo attribuire all'immagine, al concetto, all'apparenza, la forza di produrre spontaneamente il suono. Per confutarci, non si potrà richiamare il caso del musicista il quale mette in musica poesie liriche già esistenti: dopo tutto quello che si è detto, noi dovremo infatti sostenere che il rapporto tra la poesia lirica e la com-

posizione del musicista deve essere in ogni caso differente da quello che corre tra il padre e il figlio. Ma quale sarà questo rapporto? A questo punto possiamo essere attaccati, sulla base di una diffusa concezione estetica, con il principio seguente: «non è la poesia, ma è il sentimento prodotto dalla poesia, ciò che genera la composizione musicale ››. Non sono d'accordo: il sentimento, l'eccitazione più o meno forte di quel sostrato di piaceri e di avversioni risulta in genere nel campo dell'arte creativa l”elemento in sé non artistico, è anzi la sua completa esclusione, ciò che può rendere possibile la completa concentrazione e l'intuire disinteressato dell'artista. Mi si potrebbe forse obiettare a questo punto che io stesso ho dichiarato poco fa, a proposito della «volontà», che nella musica essa giunge ad un'espressione simbolica sempre più adeguata. La mia risposta, rias-

PRIMAVERA 1871 l2[l]

sunta in un principio estetico, è la seguente: la «volontà» èoggetto della musica, ma non è l 'origine di essa, parlo cioè della volontà nella sua massima universalità, in quanto è la forma più originaria dell”apparenza, con

la quale si deve intendere ogni divenire. Rispetto a questa volontà, ciò che noi chiamiamo sentimenti è già compenetrato sino alla sazietà di rappresentazioni coscienti ed inconsce,* e perciò non è più direttamente oggetto della musica: tantomeno poi esso potrà produrre da sé la musica. Si prendano ad esempio i sentimenti dell'amore, del timore e della speranza: per

via diretta la musica non può più trarne nulla, tanto sovraccarico di rappresentazioni è ormai ciascuno di questi sentimenti. Essi possono tuttavia servire a simboleggiare la musica: è questo che fa il lirico, il quale traduce nel mondo simbolico dei sentimenti quel dominio concettualmente e figurativamente inavvicinabile della «volontà››, ossia il vero contenuto e oggetto della musica. Simili ai poeti lirici sono tutti quegli ascoltatori di musica che avvertono un'azione della musica sui loro affetti: per costoro, la potenza lontana e remota della musica si appella ad un regno intermedio, che fornisce loro per così dire un gusto anticipato, un concetto simbolico anticipato della musica vera e propria, cioè al regno intermedio degli affetti. Tenendo presente la «volontà››, l'unico oggetto della musica, si potrebbe dire che costoro stanno, rispetto a questa volontà, in un rapporto analogo a quello in cui il sogno mattutino, secondo la teoria schopenhaueriana, sta rispetto al vero e proprio sogno.* A tutti coloro che sono soltanto in grado di accostarsi alla musica con i loro affetti, si deve peraltro dire che essi rimarranno sempre nel vestibolo, e non avranno alcun accesso al sacrario della musica: * l'affetto, come ho detto, non è in grado di indicare questo Sacrario, ma soltanto di simboleggiarlo.

FRAMMENTI POSTUMI

Per quanto riguarda invece l°origine della musica, io ho già dichiarato che non potrà mai ritrovarsi nella

« volontà ››, ma che si trova piuttosto in seno a quella forza che crea fuori di sé, sotto la forma di «volontà ››, un mondo di visioni: l 'origine della musica si trova

al di là di ogni individuazione, proposizione, questa, che si dimostra da sé, dopo le spiegazioni da noi fornite riguardo al dionisiaco. In questo luogo vorrei permettermi di porre ancora una volta l'una accanto all”al-

tra, in modo perspicuo, le asserzioni decisive cui siamo stati indotti dallo studio sull'antitesi fra dionisiaco e apollineo.

La « vo1ontà››, in quanto forma massimamente originaria dell'apparenza, è oggetto della musica: in questo senso la musica può venir chiamata imitazione della natura, ma della forma più universale della natura. La «volontà» come tale e i sentimenti - in quanto manifestazioni della volontà già compenetrate di rappre-

sentazioni - sono del tutto incapaci di produrre da sé la musica: d”altro canto, alla musica è completamente negato di rappresentare sentimenti, di avere come oggetto sentimenti, poiché il suo unico oggetto è la volontà. Chi si procura sentimenti come effetti della musica, trova in essi per così dire un simbolico regno intermedio, che può fargli pregustare la musica, ma che al tempo stesso lo esclude dai sacrari più intimi di essa. Il poeta lirico interpreta per se stesso la musica attraverso il mondo simbolico degli affetti, mentre egli stesso, nella quiete dell'intuizione apollinea, è sottratto a quegli affetti. Di conseguenza, quando il musicista compone la musica di una poesia lirica, egli, in quanto musicista, non è mosso né dalle immagini né dal linguaggio senti-

PRIMAVERA 1871 1211]

379

mentale del suo testo: piuttosto, una commozione musicale che gli giunge da sfere del tutto diverse sceglie quel testo poetico in quanto espressione simbolica di se stessa. Non si può quindi parlare di una relazione necessaria tra poesia e musica; poiché i due mondi, qui posti in relazione, del suono e dell'immagine sono troppo lontani per poter entrare in qualcosa di più di un rapporto esteriore; la poesia è soltanto un simbolo e sta rispetto alla musica nello stesso rapporto in cui il geroglifico egiziano del coraggio sta rispetto al guerriero coraggioso. Di fronte alle supreme rivelazioni della musica noi sentiamo anzi senza volerlo

la grossolanità di ogni espressione figurata e di ogni affetto che si voglia addurre per analogia: gli ultimi quartetti di Beethoven, per esempio, si lasciano completamente dietro ogni perspicuità, e in genere l°intero

mondo della realtà empirica. Di fronte al dio supremo, che si rivela davvero, il simbolo non ha più alcun significato: anzi appare ormai come un°esteriorità offensiva. Spero che nessuno se ne avrà a male se, partendo da questo punto di vista, noi prenderemo in considerazione, per parlarne con tutta franchezza, altresì l'ultimo tempo, inaudito e non analizzabile nei suoi effetti magici, della Nona Sinfonia di Beethoven. Che al giubilo ditirambico di questa musica, giubilo per la redenzione del mondo, sia del tutto incongruente la poesia schilleriana Alla gioia, che anzi essa venga sommersa, come una smorta luce lunare, da quel mare di fiamme, è per me il più sicuro fra i sentimenti, che nessuno potrà togliermi. In generale, poi, chi vorrà mai contestarmi che quel sentimento, quando si ascolta la suddetta musica, non giunge ad esprimersi clamorosamente solo perché noi, resi dalla musica del tutto incapaci di immagini e di parole, non ascoltiamo ormai

38O

FRAMMENTI POSTUMI

più nulla della poesia di Schiller? Tutto quel nobile slan-

cio, la sublimità anzi dei versi schilleriani, agisce in modo perturbante, inquietante, persino grossolano e oltraggioso di fronte alla melodia popolare, autenticamente ingenua e innocente, della gioia: sennonché il fatto che i versi non vengano uditi, per il dispiegarsi sempre più pieno del canto corale e della massa orchestrale, tiene lontano da noi quel senso di incongruenza. Che cosa dobbiamo dunque pensare ri-

guardo a quell'orribile superstizione estetica secondo cui Beethoven stesso, con quel quarto tempo della Nona, avrebbe fatto una solenne ammissione sui limiti della musica assoluta, anzi avrebbe in tal modo di-

schiuso in un certo senso le porte ad una nuova arte, in cui la musica sarebbe capace di rappresentare per-

sino l'immagine e il concetto e quindi si renderebbe accessibile allo «spirito cosciente››?* E che cosa ci dice Beethoven stesso, ponendo un recitativo all”inizio di questo canto corale? «Amici, non questi accenti: intoniamo un canto più gradevole e più gioioso! ›› Più gradevole e più gioioso! Per fare questo, egli aveva bisogno del suono persuasivo della voce umana, aveva bisogno dell'innocenza del canto popolare. Il sublime maestro non fece ricorso alla parola, bensì al suono «più gradevole», non cercò il concetto, ma la voce più intima e più ricca di gioia, nell'intenso desiderio di giungere ad una sonorità piena e totalmente espressiva della sua orchestra. E come lo si poteva fraintendere! Si può dire piuttosto, riguardo a questo tempo, proprio ciò che ha detto Richard Wagner riguardo alla grande Missa solemnis, da lui chiamata «un'opera puramente sinfonica del più autentico spirito beethoveniano» (Beethoven, p. 4.7). «Le voci del canto sono qui trattate completamente nel senso di strumenti umani, che è l'unica funzione che Schopen-

PRIMAVERA 1871 12[1]

381

hauer molto giustamente voleva assegnata ad esse: il testo sottoposto al canto, proprio in queste grandi composizioni religiose, non viene inteso da noi nel suo significato concettuale, ma serve piuttosto, nel senso dell'opera d'arte musicale, unicamente come mate-

riale per il canto, e non turba il nostro sentimento musicalmente determinato solo per il fatto che non ci spinge in alcun modo a rappresentazioni razionali, ma

ci tocca, come d'altronde è richiesto dal suo carattere ecclesiastico, solo con l'impressione di ben note formule simboliche di fede». Non dubito d'altronde che Beethoven, nel caso che avesse scritto la sua progettata decima sinfonia - e ne esistono ancora degli schiz-

zi -, avrebbe scritto appunto la decima sinfonia. Dopo queste osservazioni preliminari, avviciniamoci ora alla discussione dell'opera, per poter procedere in seguito, partendo da essa, verso la sua controparte, la tragedia greca. Ciò che avevamo da osservare nell'ultimo tempo della Nona, dunque al vertice supremo dello sviluppo della musica moderna, che cioè il contenuto verbale si sommerge senza essere udito nel mare universale del suono, non è nulla di isolato e di singolare, bensì costituisce la norma universale ed eternamente valida per la musica vocale di tutti i tempi, l'unica norma conforme all'origine della poesia lirica. L'uomo eccitato dionisiacamente, come pure la massa popolare orgiastica, non ha affatto un ascoltatore cui abbia da comunicare qualcosa: tale comunicazione, senza dubbio, è presupposta invece dal narratore epico, e in generale dall'a.rtista apollineo. Sta piuttosto nell'essenza dell'arte dionisiaca il non tenere in considerazione l'ascoltatore: l'entusiastico seguace di Dioniso, come ho detto in una precedente occasione, viene compreso soltanto dai suoi simili. Se invece immaginiamo un ascoltatore che assista a quegli

382

FRAMMENTI POSTUMI

sfoghi endemici dell'eccitazione dionisiaca, dovrem-

mo predirgli un destino quale toccò a Penteo, scoperto a spiare: il destino cioè di essere sbranato dalle Menadi. Il poeta lirico canta «come canta l'uccello››, da

solo, spinto dalla più intima necessità, e deve ammutolire, quando gli compare di fronte un ascoltatore che pretende qualcosa. Sarebbe perciò del tutto innaturale chiedere al poeta lirico che siano comprese altresì le parole del testo del suo canto, innaturale, poiché questa è una richiesta dell'ascoltatore, il quale di fron-

te allo sfogo lirico non può far valere alcun diritto. Ci si domandi allora una buona volta onestamente, tenendo in mano le poesie dei grandi lirici antichi, se

ad essi può mai essere venuto in mente di chiarire il loro mondo di immagini e di pensieri alla moltitudine popolare che stava intorno ad ascoltare: si provi

a rispondere a questa seria questione, tenendo lo sguardo fisso su Pindaro e sui canti corali di Eschilo. Queste arditissime e oscurissime tortuosità di pensiero, questo vortice di immagini che si riproduce impetuosamente in forme sempre nuove, questo tono oracolare dell'insieme, che noi, senza essere distratti dalla musica e dalla danza, così spesso non riusciamo ad afferrare, nonostante l'attenzione più tesa - tutto questo mondo di miracoli doveva forse essere trasparente come il vetro, risultare anzi un”interpretazione simbolico-concettuale della musica per la moltitudine greca? E con quei misteri di pensiero, quali sono contenuti in Pindaro, forse che il meraviglioso poeta voleva chiarire ancora di più la musica già in sé efficacemente chiara? Non si dovrebbe forse in questo caso riuscire a comprendere profondamente che cosa è il lirico, cioè l'uomo artistico, che deve interpretare per se stesso la musica mediante il simbolismo delle immagini e degli affetti, ma che non ha nulla da comuni-

PRIMAVERA ieri 12[ 1]

383

care all'ascoltatore: e che dimentica addirittura, nel suo completo rapimento, chi stia avidamente ad ascoltare nelle sue vicinanze. E come il lirico canta il suo inno, così il popolo canta il suo canto popolare, per

se stesso, spinto da un impulso intimo, e senza preoccuparsi se la parola sia comprensibile per chi non partecipa al canto. Pensiamo alle nostre proprie esperienze nel campo della più alta musica d'arte: che cosa pos-

siamo comprendere del testo di una messa di Palestrina, di una cantata di Bach, di un oratorio di Hãndel se non partecipiamo noi stessi al canto? Una lirica, una musica vocale esiste soltanto per chi partecipa al canto: l'ascoltatore sta di fronte a tutto ciò come di fron-

te ad una musica assoluta. L'opera, peraltro, secondo le più chiare testimonianze, prende inizio dalla pretesa dell ,ascoltatore di comprendere le parole. *

Ma come? L'ascoltatore pretende? La parola dev'essere compresa?

[13 = Mp XII 1a. PRIMAVERA-AUTUNNO 1871]

13 [1]

A conclusione dell”introduzione:

Colui che non abbandoni, genio, lo innalzerai al di sopra del sentiero fangoso, con le ali di fuoco;

si aggirerà, i suoi piedi saranno come fiori, al di sopra del fango di Deucalione, dando la morte a Pitone, egli, il leggero, il grande Apollo pizio.*

13 [2]* E che cosa dobbiamo imparare innanzitutto dai Greci? Non forse ad evitare che la nostra filosofia ci conduca al quietismo dell'inazione e che la nostra musica ci porti al delirio orgiastico? La tragedia deve

salvarci dal buddhismo, così come il mito nella tragedia deve salvarci dall”orgiasmo musicale. Il popolo delle guerre persiane ha bisogno della tragedia. Portare come esempio il Tristano, terzo atto: languore estenuato, mano tremante del morente, soffio che si esala in singhiozzi. La nostalgia della patria originaria: la danza bucolica della metafisica. «Anelare morire ››, tensione spasmodica dell'anima per evadere, spuntano le ali.* A questo punto, per il nostro acquietamento, il mito frappone l'immagine e la parola. - Gli eroi del mito assomigliano ad Atlante, portano il peso del mondo sulle loro spalle. E ne scaricano noi. - Si capisce così perche' la musica abbia l'esigenza di immagini: essa vuole Apollo risanatore. Questo è il rapporto fra dramma e musica. Noi abbiamo vissuto questo processo nella massima purezza: solo adesso possiamo comprendere il significato che ha la tragedia per l'aria greca, pregna di

388

FRAMMENTI PosTUMi

musica. E nata da essa per guarirla. Adesso comprendiamo perché i Greci, allevati in un clima di musica

continua, si circondavano delle sculture più splendide. Noi, che abbiamo la massima disposizione alla musi-

ca, vediamo in essa l'unica e universale speranza per l'arte. La musica ci ha di nuovo generato il mito: così soccombe lo spirito della scienza. In tutte le arti non siamo che critici: ma nella musica siamo ancora uomini nel pieno della vitalità. In essa sono riposte tutte le speranze.

Dai Greci possiamo imparare ciò di cui noi stessi facciamo esperienza. Essi interpretano per noi le nostre

esperienze. Sofocle è visitato da Asclepio. Così bisogna capire la rinascita della tragedia ad opera di Wagner. Da uomini socratici dobbiamo ridiventare uomini tragici - e per noi Tedeschi questo è come il ristabilimento di tutte le cose. Le nostre guerre persiane sono appena incominciate.

Soltanto nella musica non siamo ancora scienziati e storici: viviamo ancora con Palestrina: una prova che in essa siamo ancora realmente vivi. * Perciò la massima festa tedesca dell”arte a Bayreuth ha un carattere unico: qui gli uomini tragici celebrano la loro consacrazione, a significare che una nuova civiltà sta iniziando. Lo slancio di un ritorno alla salute. La posizione dell'uomo tragico rispetto al sapere: egli tende alla profondità più profonda e non si lascia spaventare da nessuna illusione di conoscenza né si perde in vasti spazi - poiché egli possiede il suo vero mezzo per sopportare l'esistenza. Verità che non conosce riguardi. . I3 [3]

Racconto singolare su Buddha* che, al tem-

po della festa dell'inizio di primavera, con la quale

PRIMAVERA-AUTUNNO 1371 i3[2-7]

389

si festeggia la lotta vittoriosa del fondatore della dottrina contro tutte le false dottrine - - - Q_ui egli si dedica a rappresentazioni drammatiche. Sacerdoti in preda all'ubriachezza e alla sfrenatezza orgiastica: lo

stesso Buddha parla della sua redenzione di innumerevoli uomini, otto giorni di sollazzi mondani. «Ruota bolla d'acqua, linea concava di arco ››. I3 [4]

4. Dürer, cavaliere, morte.*

I . «Verso Roma o verso l'India››. Restaurazione del mito. Tristano. I vivi nella musica. owuigooa

Bayreuth.

13 [5] Che significato ha per noi la tragedia? Dai Greci dobbiamo capire l'opera d'arte wagneriana. La nascita della tragedia.

Il significato della tragedia. La confusione attuale.

13 [6] 19.

1 . Verso Roma o verso l°India. 2. Tristano. 3. Restaurazione del mito. 2o. 1 _ I vivi. 2. Dürer, cavaliere, morte. 3 . Bayreuth. 13 [7] Palestrina e i pittori del Rinascimento. La confusione su Wagner. Ha inizio una nuova civiltà; per prima cosa devono esserci i mezzi per poter vivere in essa.

[i4= P 1 ieb. PRIMAVERA 1871 _ iN1z1o 1872]

14. [1]* Andamento. Influsso dell”effetto musicale sul mondo delle immagini. La forza di creare dei miti.

Il coro innalza tutta la tragedia sul coturno. L'attore che parla va spiegato: un effetto completamente diverso dal nostro melodramma. Entra sulla scena come rapsodo apollineo. I due stili artistici si contrappongono.

È una manifestazione religiosa del dio. Non va confuso con i suoi seguaci in estasi. 14 [2] Il deus ex machina traduce la soluzione metafisica nell'ambito terreno. Con ciò finisce la tragedia. Gli impulsi essenziali che bisogna dedurre dall°origine

del dramma: 1. La costruzione del dramma: efcsoòoç del coro, €icaioóòiov del dio. 2. L'unità, la tetralogia. 3. L'eroe come rapsodo. 4.. Il coro come orchestra. 14 [3] Tra la gran copia di queste idee, cui Richard Wagner, a conferma della loro eterna verità, ha dato il suo sigillo nel Beethoven,* metterò in risalto un passo che è di somma importanza per spiegare l'origine della tragedia. La musica, secondo Schopenhauer,* fa risaltare ogni dipinto, anzi ogni scena della vita reale e del mondo, dandogli immediatamente un significato più elevato: e ciò ovviamente tanto più quanto più perfetta è l'analogia fra la sua melodia e lo spirito interno dei fenomeni considerati. Se ora pensia-

mo alla musica giunta al suo grado più sublime, ciò offrirebbe un mezzo, per dirla in breve, di trasformare in un mito ogni immagine del mondo e di farle

394

FRAMMENTI PosTuM1

esprimere una verità universale ed eternamente vali-

da. Questo potere straordinario della musica lo vediamo finora, nella storia del mondo, giungere per due volte alla creazione di miti: e noi abbiamo la fortuna di

vivere di persona questo prodigioso processo in uno di quei momenti, e partendo da qui spiegarci analogicamente anche quel primo momento. Chi, se ha sperimentato soltanto una volta qualcosa di questo effetto veramente religioso della musica creatrice di miti, sarà

14 H1*

2o pagine Sull'apollineo e il dionisiaco.

12 pagine Descrizione della tragedia.

6 28

Morte della tragedia. 2 pagine di passaggio. Wagner.

14 [5]* 24 Sul dionisiaco e l'apollineo. 7 Avviciniamoci adesso - al labirinto. 12 2 pagine Passaggio alla morte. 27 pagine Morte della tragedia. 72

14 [6]* Introduzione: Parte principale: { Parte principale: Conclusione: Wagner

8 21 21 27 20

E

PRIMAVERA 1371 - IN1z1o 1372 i4[3-9] 14 [7]* I.

395

pp. 1-21 Il dionisiacoel'apollineo. L'ingenuo. Il poeta lirico.

22-43 Il coro, 1'eroe e il mito. 44-7o Euripide e Socrate.

14 [8]*

Due impulsi: quello scientifico L'epoca della quello tragico È tragedia. Adesso va diversamente: l'impulso scientifico è vicino ai suoi limiti, quello tragico `è raggiunto.

E possibile una riunificazione. E nato il « mito ››. 14 [9]* Con la fine della tragedia la musica decade. Arriva all'imitazione delle cose visibili. Nella tragedia la musica aveva raggiunto il suo culmine.

Con Euripide al posto dell'emozione dionisiaca subentra l'eccitazione in sé. Al posto della calma apollinea, la freddezza del pensiero. Egli vuole per sé l”intera sfera della musica e si appropria di tutto ciò che è efficace, crea cioè una mescolanza di stili. Abbandona il mito infinito e lo sostituisce con la novella.* Declino della musica, del mito e della tragedia. La considerazione seria del mondo è dovuta fuggire agli Inferi. Osserviamo uno sviluppo sorprendente della scienza: il mito è completamente sparito. La poesia ha carattere erudito. Rinnovamento della concezione seria del mondo: finora siamo sotto gli effetti del Rinascimento. Ma la nostra musica e la nostra filosofia ci additano un nuovo regno. Scopriamo che il genio tedesco ha bisogno di essere liberato anche dal mondo ottimistico del Rinascimento. La scoperta dell 'antichità greca in successione inversa.

14 [1o]*

Sull'avvenire delle nostre scuole. Appunti. Autunno '71

14 [11]

Educazione e cultura.

È necessaria una restrizione che si opponga alla tendenza all'estensione. Alla base di questa tendenza all'estensione sta

1) l'ottimismo degli economisti politici - conoscenza nella massima quantità possibile - produzione nella massima quantità possibile - felicità nella massima

quantità possibile 2) la paura dell'oppressione religiosa 3) la fede nella massa e la diffidenza nei confronti del

genio. Contro questa tendenza operano per una diminuzione: I) la divisione del lavoro, anche per la scienza*

2) le diverse Chiese 3) la paura del socialismo come di un frutto di quell”ottimismo. Il nostro punto di vista è quello della restrizione e della concentrazione, quindi raflorzamento (contro 2.) e restrizione (contro 1.). Qui si pronunzia la NATURA. Quelle sono aspirazioni, queste sono verità. Tutte le nostre scuole (che sono nate da quelle aspirazioni) vanno misurate rispetto a questa verità originaria. Ma il valore della verità è, secondo le volte, molto diverso: i princìpi che sono alla base di queste aspirazioni pretendono di essere veri anch'essi, e quindi nascondono la verità. Ambedue le aspirazioni, prese come massime educati-

ve, potrebbero comunque aver l'effetto di abbassare il livello dell'aristocrazia spirituale e di attenuare la sua influenza.

PRIMAVERA 1871 - INIZIO 1372 14›[10-13]

Perché anche l'aristocrazia di nascita dello spirito deve avere un'educazione e un valore che le si addicono. Il

giusto principio educativo può essere soltanto quello di porre la gran massa nel rapporto giusto con l”aristocrazia spirituale: questo propriamente è il compito della

cultura (secondo le tre possibilità esiodee); l'organizzazione dello Stato dei genii - questa è la vera Repubblica platonica. 14 [12]

Intendo cultura etica e intellettuale.

Le manifestazioni della cultura etica sono assai diverse, a seconda dello sfondo intellettuale. Cultura al servizio dello Stato.

Cultura al servizio della società. Cultura al servizio del guadagno. Cultura al servizio della scienza. Cultura al servizio della Chiesa. Da queste subordinazioni contro natura risultano due direzioni: estensione e diminuzione. In comune hanno di non averfede nel genio: in ciò tradiscono la loro mancanza di naturalezza: e al tempo stesso un grande ottimismo. 14 [13] 1. Portare a compimento il genio per mezzo della cultura. Spianare la strada 2. rendere possibile la sua azione per mezzo di una giusta venerazione 3. scoprirlo. Dal punto di vista del non-genio: 1. Imparare l'obbedienza e la modestia. (Esiodo). 2. Una conoscenza corretta dei limiti di ogni professione. 3. Raccogliere materiale per il genio.

3

FRAMMENTI POSTUMI

14 [14] «Organizzazione delle caste intellettuali» compito eterno della cultura, indipendentemente dalla Chiesa e dallo Stato del momento. 14 [15]

La cultura classica.

La cultura suprema è qualcosa di perfettamente inutile: privilegio del genio. Della propria cultura nessuno può usufruire per una professione che gli offra da

vivere. Così Socrate si immagina il sapiente, colui che non si fa pagare. L'erudito al posto dell”uomo di cultura L'insegnante di professione al posto del sapiente esemplare.

Segni distintivi del Medioevo

Le nostre scuole sono organizzate secondo questo principio medioevale. Il risultato è stata la formazione di una specifica classe di insegnanti.

Erudito può diventare quasi chiunque, pochi possono diventare uomini di cultura. Generalizzazione dell 'erudizione - la vecchia meta deIl'educazione. Addestrare il maggior numero possibile di eruditi - il vecchio compito supremo dell'educazione. La vita schiava della scienza. Di qui nacque il ginnasio, la scuola non nazionale che forma l”erudito. La pretesa di una cultura classica è una cosa del tutto

moderna ed è una perversione della tendenza liceale. Nel frattempo è evidente che non c'è bisogno del latino per giungere alla scienza, così com'è evidente che l'erudito e l'uomo di cultura non sono la stessa cosa. Adesso un'audace mossa: si tramuta il vecchio liceo in scuola formale. Grande menzogna pubblica: gli antichi sono Veramente, in grado ancora più elevato, i nostri veri maestri e insegnanti: ma non per ragazzi.

PRIMAVERA 1871 - INIZIO 1872 14›[14›-20]

I nostri insegnanti liceali (i migliori) non hanno queste pretese. Ora come prima educano degli eruditi, ma in sostanza sempre solo dei filologi. Volendo essere onesti, bisognerebbe trasformare pri-

ma o poi il liceo in istituzione professionale storicofilologica, al servizio della scienza. 14 [16] Più la cultura di un uomo è elevata, più egli è solo: cioè ha rapporti con i grandi di tutti i tempi e questa illustre compagnia lo rende un po' circospetto.

Non è un uomo « corrente». 14 [17]

Non bisogna turbare troppo presto il rapporto

ingenuo con la natura.

Occorre imparare presto le arti. 14 [18]

Gli esami con le loro pretese intellettuali di

massa garantiscono la sottomissione etica di una massa enorme in vista di un futuro impiego al servizio dello Stato. Chi in questa occasione si dimostra sottomesso, è già segnato. 14 [19]

Un po” di cervello - preparazione dei licei.

14 [20] La scuola tecnica. * Il nome è una protesta contro la presunta scuola formale che sarebbe il liceo moderno. Nondimeno, nella sostanza, essa è ancora un guazzabuglio che cerca di colmare l'enorme lacuna lasciata dal liceo. Data l'immensa vastità del campo che vuol abbracciare, è costretta a rimanere un po' sul generico, e così ridiventa praticamente formale. Non è la scuola tecnica, ma un gran numero di scuole specializzate che devono colmare questa lacuna: sia scuole professionali, sia scuole per eruditi. Il loro ap-

4.00

FRAMMENTI POSTUMI

parire è perciò una grande necessità ed è un segno

che il vecchio liceo è stato riconosciuto. La nebulosità della forma di questa scuola mostra quanto giovane sia ancora quest”idea. Si tratta per lo

più di opache immagini riflesse del liceo. Ciò è dimostrato particolarmente dalle medesime pretese, come scuola militare e come istituto propedeutico all'università.

L'università e il liceo hanno una base comune, non però l'università e la scuola tecnica. Perciò quest'ultima, se è coerente, deve rifiutare l'autorità esclusiva

dell'università. Il politecnico è qualcosa che con l'università ha un rapporto analogo a quello della scuola tecnica col liceo. Giovane, ancora immaturo. Sono necessarie innume-

revoli forme di politecnico, cioè scuole specializzate, scientifiche. Oggi dappertutto si mette ancora troppo l'accento sull”educazione e culturaformali : per via di una generalità eccessiva. Opposizioni giustificate contro l'educazione formale

dei licei: la scuola tecnica contesta il monopolio culturale del liceo. Chissà se l'istruzione tecnica avrà mai insegnanti così bravi? La scuola tecnica non vuole essere scuola specializzata: ma tuttavia non perde di vista le professioni nella loro concretezza. Tutto può all”occasione diventare utile: pensiero importante!

14 [21] La scuola elementare. L'insegnante astratto. La separazione della società. L'utilizzazione della Chiesa.

PRIMAVERA 1871- INIZIO 1872 14›[20-25]

401

14 [2 2] Riorganizzazione della stampa. Soltanto il punto di vista più elevato rende la cosa sopportabile e sottrae alla pressione dell'istante. Sub specie aeterni, - - -

14 [23]

L”insegnante.

L'insegnante assoluto. - La classe degli insegnanti.

L'influsso dello Stato. L'esame - in nome dello Stato. Segno di sottomissione. Emancipazione degli insegnanti dallo Stato.

L'esercito nazionale colto - un triste concetto. I privilegi di chi ha dato esami fra i militari. Con gli esami e l'anzianità si tengono a freno nello Stato gli ambiziosi. 14 [24] L”università. Degenerata come istituzione statale.

L'accademia. Istituzione di approvvigionamento e di assistenza. Come somma potenza in opposizione allo Stato è completamente logora e distrutta. 14 [25] Risultati. Le nostre scuole indirizzano verso una ancora maggiore divisione del lavoro. Si tende perciò sempre più di rado ad una cultura piena: non c”è nessuna scuola che si prefigga questo compito. Anzi, non si sa neppure che partito prendere, quando si cerca un materiale didattico per questa cultura piena. Di conseguenza, la potenza dell°uomo universale che collega le cose fra loro, del giornalista, potrebbe per un

certo tempo crescere ancora di più: costoro riuniscono le sfere più differenti: in ciò consiste la loro essenza e il loro compito.

4.02

FRAMMENTI POSTUMI

Tanto più vigorosamente dovrà un giorno risollevarsi l”uomo pieno, non già come mediatore di tutti gli ambienti, bensì come guida del movimento. Per queste guide non esiste oggi alcuna organizzazione. Si po-

trebbe pensare ad una scuola degli uomini più nobili, puramente inutile e priva di pretese, un Areopago per la giustizia dello spirito - questi uomini della cultura non dovrebbero tuttavia essere giovani. Essi dovrebbero vivere come modelli: come vere e proprie autorità dell'educazione. Questa suprema cultura, sinora, io la riconosco soltanto in un risveglio della grecità. Lotta contro la civilizzazione. Da questo foro si deve decidere entro quali limiti occorra favorire in genere la scienza: la soflerenza peculiare del sapere viene senza dubbio assai indebolita dalla divisione del lavoro. Ai due estremi sono necessarie organizzazioni essenzialmente nuove: per l'educazione dei fanciulli occorre

eliminare l'istruzione astratta, per l'educazione superiore deV'esserci la possibilità di una vita in comune. Al centro, lo sviluppo seguirà il suo corso. Una classe di insegnanti elementari è senz'altro un male. L”istruzione dei fanciulli è un dovere dei genitori e della comunità: il compito principale consiste nel conservare la tradizione. Al vertice, la visione dev'essere grandiosamente libera. Le due cose si accordano benissimo. Questa aristocrazia spirituale deve altresì ottenere la libertà dallo Stato, che oggi tiene a freno la scienza. 14 [26] I fondamenti della nuova cultura. Non vivere storicamente, ma interiormente. Le «divine unilateralità››. 14 [27]* §2. Preparazione dell”uomofilosofzco. Platone pensa che inizialmente il maestro di sapienza, per pudore, si sia nascosto sotto altri nomi.

PRIMAVERA 1371 - INIZIO 1872 14[25-27]

4,03

Il poeta come filosofo. Antichissima saggezza in forma di sentenze. Esiodo Teognide Focilide. Il sacerdote come filosofo: la genealogia, i diversi sapienti del mondo, funzione normativa di Delfi. La sapienza misterica. È sempre arbitrario dire che questo o quello è il pri-

mo filosofo. Si sceglie Talete, perché stabilisce un principio. Ma è un punto di vista molto posteriore far valere per primo il pensatore sistematico (definizione che proviene dalla sfera aristotelico-platonica). Anteriormente esiste una quantità di visioni singole del mondo: il problema del divenire è già stato espresso

da una lunga storia sotto mitici veli, è già comparsa anche la forza del pensiero sistematico. Come stadio preliminare troviamo il poeta sacerdote. In sostanza tutta la Grecia è filosofa: innumerevoli sentenze. Poi la lotta dei diversi culti religiosi: mondo olimpico e mondo dei misteri. I miti tragici. Perché Talete? La forza di stabilire un principio e di sistematizzarlo, prima. Perché non è mitico. Il poeta deve essere superato. Contemplazione in concetti. Egli non si esprime soltanto in sentenze. Non è soltanto uno dei Sette Sapienti. L'immagine del filosofo si sviluppa lentamente a partire da Museo, Orfeo, Esiodo, Solone, i Sette Sapienti. 1) La forma mitica della filosofia. 2) La forma della filosofia in sentenze, lo sporadico filosofare in forma sistematica. Uomini così diversi sono cocpoí.

4.04.

FRAMMENTI POSTUMI

14 [28]* Filosofi preplatonici. Come giungono i Greci alla filosofia? A quale filosofia?

Contemporanei al loro periodo`classico (VI e V secolo) sono proprio i Preplatonici. E caratteristico come un'epoca accolga i suoi grandi uomini. Le concezioni originali di questi filosofi sono le visioni più elevate e più pure che mai siano state raggiunte. Questi uomini sono

Vere e proprie incarnazioni della filosofia e delle sue diverse forme. Domanda: come si distingue il filosofo fra gli Elleni classici? Da Platone in poi a questa doman-

da si può rispondere con minor determinatezza. Allora esisteva una classe di eruditi con la quale quella dei filosofi poteva coincidere. Lo stadio preliminare: il sacerdote e il cantore. Gli uomini sapienti che nominava l'oracolo di Delfi, come

catechismi viventi. Essi ci rivelano la grecità non in maniera diretta: perché non parlano di costumi, ecc. , ma mostrano la filosofia nata come impulso di conoscenza, non pungolata dal peccato o dall'affanno della vita. Colgono i problemi eterni e anche le soluzioni eterne. Innumerevoli individui. Come pensatori consapevoli rivelano meno che come uomini inconsapevoli, nelle loro azioni 14 [29]* Primo periodo.

Il divenire suscita il 0otup.6cCeiv. Filosofi ionici. Secondo periodo. E riconosciuto il problema del divenire. Metafisica. Terzo periodo. La teleologia, lo scopo del divenire. Quarto periodo. La dialettica come la cosa più sicura. Senza conoscenza nessuna capacità. La filosofia si fa riformatrice, imperativa e aggressiva.

PRIMAVERA 1871 - 1N1z1o 1872 14[2a-30]

405

Platone tenta la prima riforma del mondo. Un circuito scettico - tentativo quadruplice. 14 [3o]* Lieder di Goethe messi in musica per il mio amico Erwin Rohde da F.N.

1. Prima perdita. 2. Voluttà della me-

Sol o meglio fa diesis maggiore. La maggiore.

lanconia. Canto notturno del Si bemolle minore. viandante. Sentimento autunnale. Sol minore.

[15= U 1 ea. LUGLIO 1871]

15 [1]*

Alla Malinconia

Non offenderti con me, Malinconia, se la penna affilo per lodarti,

e se non siedo come un eremita, a capo chino, sopra un ceppo. Spesso così m'hai visto, ancora ieri, al caldo raggio del sole mattutino: avido gridava lo sparviero nella valle,

su morto palo sognando morta preda. T'ingannavi, uccello selvaggio, sebbene io me [ne stessi come una mummia sul mio tronco, immoto! Tu non vedevi l'occhio che, inebriato,

fiero e orgoglioso ancora cerca intorno. Se esso non giungeva alle tue altezze, spento per le nubi più lontane,

sempre più sprofondava a illuminare in sé, fulmineo, l'abisso della vita. Così sedevo spesso, in un fondo deserto, curvo e sgraziato, qual barbaro sacrificante, la mente fissa a te, Malinconia, un penitente, seppur giovane d'anni! Degli sparvieri mi rallegrava il Volo, delle valanghe la caduta e il tuono. Tu mi parlavi senza il mentire umano, veracemente, ma terribile e severa. Oh aspra dea, roccia selvaggia, ti piace, amica, d'apparirmi accanto; minacciosa mi mostri di sparvieri l'orma, e la valanga che gioiosa mi annienta. Brama assassina intorno a me digrigna i denti:

410

FRAMMENTI POSTUMI

lacerante bramosia di conquistarsi vita!

Seducente laggiù, su dura roccia, il fiore agogna le farfalle. Tutto ciò io sono - con un brivido lo sento farfalla sedotta, fiore solitario, sparviero e gelido torrente, lamento di bufera - tutto per la tua gloria, oh irosa dea, che io lodo, tra brividi e lamenti,

chino, cantando, con il volto a terra, solo per la tua gloria, perché senza tr egua

ardo di sete, e anelo vita, vita, vita! Non ti offenda, oh dea crudele, ch'io t” intrecci graziosi versi. Alla tua vista orrenda trema colui cui t'avvicini. E si ritrae convulso colui cui porgi la malvagia destra.

Tremo e balbetto, canto sempre nuovi canti sussulto e danzo in ritmiche figure: l'inchiostro scorre, schizza la penna aguzza lasciami, oh dea, dea, lasciami libero! Gimmelwald (Estate 1871) 15 [2]

Dopo un temporale notturno

Oggi, opaca dea, col tuo velo di nebbia, copri la mia finestra tutta. Paurosa la torma di pallidi fiocchi, pauroso il boato del torrente in piena Incantatrice, al bagliore improvviso dei lampi, al fragore indomito del tuono, nei vapori della valle hai preparato la pozione letale, umida di veleni!

LUGLIO 1871 15[1-2]

4II

Rabbrividendo udivo a mezzanotte i tuoi gemiti di piacere e i tuoi lamenti, vedevo gli occhi scintillanti, e nella destra balenare la folgore tagliente.

E così ti avvicinasti al mio squallido letto, tutta in armi vestita, scintillante, battesti alla mia finestra con ferrea catena, e mi dicesti: «Odi chi sono! Io son la grande eterna Amazzone, mai femminea, né molle colomba. Combatto con odio e sdegno virile, vincitrice e tigre insieme! «Calpesto ovunque a morte ciò che calpesto, fiaccole scaglia l'ira dei miei occhi,

stilla veleni la mia mente - in ginocchio! Prega! Oppur, verme, marcisci! Fuoco fatuo, estinguiti!››

[16 = P II 8b. ESTATE 1871 -PRIMAVERA 1872]

16 [1]

« La nascita della tragedia dallo spirito della

musica››. «L'agone omerico››. «RitI'n0››.

«L'avvenire delle nostre scuole». 16 [2]* L'avvenire dei filologi. Il liceo.

Stile tedesco. Ritmo greco. Omero.

Esiodo. Wagner.

Schopenhauer. Poesia ed erudizione. 16 [3] 7. Sofferenza dell 'individuo agonistico. 7. Il Filottete di Sofocle - Va inteso come canto dall 'esilio. Il greco comprendeva ciò. Le Trachinie non sono una tragedia della gelosia. L'incanto amoroso si trasforma in infelicità. L'amore acceca la donna, spingendola ad una azione dissennata. L'annientamento per amore. L”Elettra - la donna eroica, creata da Sofocle. Aiace - il grande individuo - i Greci che cosa non consentivano al grande individuo! Dopo cinquanta versi, oggi un Aiace sarebbe impossibile.

I frammenti di Sofocle contengono cose eccellenti, per esempio sull'amore, cosa che è da mettere in relazione con la dichiarazione di Sofocle nella Repubblica di Platone, I.*

16 [4]

Esiodo e - - -

I Gesuiti - loro antica educazione - l'ambizione e l”agone nell'educazione. Il problema della gara.

416

FRAMMENTI POSTUMI

7. Artisti in gara. (Da noi raramente per mancanza

di grandi: Schiller e Goethe). Omero ed Esiodo. 7. L'oracolo di Delfi che giudica sull'arte. 7. Il giudizio sul contenuto - morale in senso profano. 7. Critica e arte. Eschilo e Sofocle presso Aristofane. Inconsapevolezza degli antichi nell'estetica.

16 [5] 4. Gli antichi su Omero. 4. I miti omerici e i miti esiodei. Il culto di Omero. Il poeta come maestro di verità.

Interpretazione simbolica, poiché egli deve sempre aver ragione. 7. Nell'agone, il giudizio non è estetico, bensì uni-

versale. 7. Il poeta viene giudicato come «uomo supremo», il suo canto è vero, buono, bello. 7. Il giudizio è giusto sintanto che il poeta e il suo pub-

blico abbiano tutto in comune. 7. I poeti drammatici tornano a desumere la loro materia dall'epos, concentrandola nuovamente. 4. I poemi omerici sono il risultato di canti agonistici. Anche quelli di Esiodo. Uno solo è il cantore dell'1liade, e lo stesso si dica per l'Odissea. I nomi Omero ed Esiodo sono premi della vittoria. 4. Dimostrare che l'arte della composizione in Esiodo (Erga) è più cosciente, ma peggiore. 16 [6] 7. L'artista e il non artista. Che cos”è un giudizio artistico? Questo è il problema generale. Il poeta è possibile solo per un pubblico di poeti. (Effetto dei Nibelunghi di Wagner). Un pubblico ricco di fantasia. Quest'ultimo è per così dire la materia formata dal poeta. Il poetare, come tale, è soltanto uno

stimolo e una guida della fantasia. Il vero godimento

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 16[4-9]

417

consiste nel produrre immagini, sotto la guida del poeta. Il poeta e il critico formano dunque un'assurda antitesi - si deve parlare piuttosto di scultore e marmo, di poeta e materia. La decisione dell'o°t'yó›v non significa altro che la con-

fessione seguente: il tale ci rende maggiormente poeti: noi lo seguiamo, e così creiamo più rapidamente le immagini. Si tratta dunque di un giudizio artisti-

co, acquistato in base ad uno stimolo della capacità artistica. Non in base a concetti. Il mito continua così a Vivere, col poeta che trasferisce il suo sogno. Tutte le leggi dell'arte si riferiscono ad una trasposizione. L°estetica ha senso solo in quanto scienza naturale: come l”apollineo e il dionisiaco. 16 [7] Agone fra Omero ed Esiodo. Prefazione a Cosima Wagner.

Riveritissima signora. Il profano e l'artista. 16 [8] 6. Il rapsodo come ònuioupyóç dell'arte - come vero e proprio genio non viene preso in considerazione, perché altrimenti si fonderebbe con l'eroe primordiale di ogni poesia, Omero. Strano. Essi vietano l'esistenza all'individuo poetico. L'agone mette in luce gli artigiani. Solo dove esiste un mestiere, esiste anche un agone. Vivi in modo veramente individuale sono soltanto gli eroi. In essi si riconosce il presente, e in essi continua a vivere. Da quando sorge l'individuo presso i Greci? 16 [9] L'agone! E questo rinnegamento dell'individuo!

418

FRAMMENTI POSTUMI

Non si tratta di uomini storici, bensì di uomini miti-

ci. Anche l'elemento personale viene celebrato (come in Pindaro) solo quando è avvolto in lontani miti. L'agone! E l'aspetto aristocratico, l'importanza della nascita, la nobiltà presso i Greci! Non sono gli individui che lottano tra loro, bensì le idee. 16 [io]

Il cristianesimo non è creativo in materia di

miti.

16 [11] L'apollineo e il dionisiaco. L”agone - come ritmo - onore, individuo. Il ritmo. 16 [12]

Gli Egizi come Vero e proprio popolo di co-

struttori. 16 [13] L”i`nconsciaforza costitutiva diforme si rivela nella procreazione: proprio qui è attivo un impulso artistico. 5. L'impulso che costringe l'artista a idealizzare la natura, e l'impulso che obbliga ogni uomo ad un'intuizione figurata di se stesso e della natura, sembrano costituire un medesimo impulso artistico. Questo impulso deve aver provocato in definitiva la costruzione dell”occhio. L'intelletto si rivela come una conseguenza di un apparato originariamente artistico. Il risvegliarsi dell'impulso artistico differenzia le creature animali. Nel vedere la natura a questo modo, così artisticamente, noi ci distinguiamo da qualsiasi altro animale. Tuttavia esiste anche una gradazione artistica degli animali. Vedere le forme - è il mezzo per superare la continua sofferenza dell'istinto. Tale mezzo si crea degli organi.

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 16[9-16]

419

Le cose stanno diversamente riguardo al suono! Esso non appartiene al mondo dell'apparenza, ma parla, in un modo che si può intendere sempre, di ciò che non appare mai. Esso congiunge, mentre l'occhio divide. 16 [14]

2. Gli antichi strumenti dell 'educazione' l'agone

e l'amore. La buona Eris - come va intesa? 7. Sofocle, il poeta delle sofierenze dell 'individuo agonistico.

16 [15]

La questione omerica.

Artista e pubblico.

L'individuo: impulso apollineo che differenzia, crea forme e quindi - apparentemente - individui.

4. L'Omero apollineo è unicamente il continuatore di quel processo artistico universalmente umano, cui noi dobbiamo l'individuazione. Il poeta precede, inventa il linguaggio, differenzia, 5. Il poeta supera la lotta per l'esistenza, idealizzandola come un libero agone. In tal caso l'esistenza per cui si combatte ancora è l'esistenza nella lode, nella gloria della posterità. Il poeta educa: egli sa trasferire nella buona Eris l'impulso del Greco a sbranare come una tigre. 5. Il popolo di Apollo è anche il popolo degli individui.

Espressione dell'agonismo. 5. La ginnastica è la guerra idealizzato. 5. Il principio degli Stati consiste soprattutto nella eris di piccole sfere di culti divini. 16 [16]* Gli strumenti contro l”egoismo smisurato dell 'individuo. L'istinto della patria,

420

FRAMMENTI POSTUMI

il carattere pubblico della Vita, l'agone,

l'amore cpilíoi. In tutti i punti Alessandro si rivela una barbarica caricatura: in lotta con gli dèi dell'antico passato. 16 [i7]*

I filosofi preplatonici.

Filosofia all”interno del linguaggio. Epoca parallela alla tragedia. Il saggio come vegliardo, re, sacerdote, ma-

go. Identità di Vita e filosofia. Ma sempre entro i confini della sfera ellenica. Fino a Platone, che combatte l'elemento ellenico. Filosofia nella mitologia. 1. Talete. Lotta contro il mito. L'uomo di Stato.

2. Anassimandro. Scuola. Pessimismo. 3. Pitagora. I Greci e gli altri Paesi. Mistica religio-

sa. Spiegazione dell”ascesi con la Volontà. Fede nell'immortalità. La migrazione delle anime e la migrazione della materia. 4. Eraclito. Trasfigurazione dell'agone. Il mondo, un gioco. Il filosofo e le donne. 5. Senofane. Il rapsodo come creatore di immagini. Lui e Platone in lotta contro Omero. 6. Parmenide. Desolazione dell'astrazione. Dialettica. 7. Anassagora. Storia naturale del cielo. Libertà di pensiero ateniese. Teleologia. 8. Empedocle. Natura agonistica. Il retore. 9. Democrito. Conoscenza universale. I filosofi come scrittori di libri. io. I Pitagorici. Ritmo e misura. Padronanza dell'ictus. 11. Socrate. Amore e cultura. Il concetto sovrano. Il primo filosofo negativo ed aggressivo. Rottura con l”elemento greco. Infine Platone.

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 16[16-20]

421

16 [18] Come la natura greca sa utilizzare tutte le qualità TERR1B11.1: la furia annientatrice della tigre (delle stirpi, ecc.) nell'agone

gli istinti innaturali* (nell”educazione del giovinetto da parte dell'uomo), l'orgiasmo asiatico (nel dionisiaco), l'ostile isolamento dell”individuo (Erga) nell'apollineo.

L'impiego di ciò che è dannoso per giungere a ciò che è utile è idealizzato nella visione del mondo di Eraclito. 7. Conclusione: ditirambo in onore dell'arte e dell 'artista: perché soltanto essi creano compiutamente l'uo-

mo e trasferiscono tutti i suoi impulsi nella civiltà. 16 [19]* 7. Imparare dal maestro, riconoscersi nell'avversario!

Le scuole artistiche e insieme l'agone! 7. La öiaöoxfi delle scuole. Loro possente influsso soprattutto nell'arte plastica, dove l'impulso socratico riuscì a penetrare soltanto alla fine. 7. Le scuole e l”agone come premessa delle arti. La celebrità panellenica. (Inni omerici. Teognide). 2. L'agone portato in giudizio. 7. Il dialogo della tragedia è sorto dall”agone. L'ostracismo dal punto di vista dell'agone. (L”agone è reso impossibile dall'emergere del singolo, Ermodoro di Efeso). Lo sviluppo di Eris. 3. Le gare degli dèi. La Eris esiodea è di solito intesa male: quella che spinge gli uomini alla guerra e alla rissa è la Eris cattiva: quella che li spinge all'azione ambiziosa, la buona. * 16 [20] * La concezione cristiana dell°ambizione, della gara, ecc. Usare la fosca atmosfera dei contadini beoti per caratterizzare il mondo preomerico.

422

FRAMMENTI POSTUMI

16 [21]* Cap. 1. Eraclito.

Il concetto di agone dev'essere sviluppato partendo da Eraclito.

Cap. 11. L'agone presso i Greci.

Poi l”agone nello Stato, nel culto, nell'educazione, nella cultura (Platone e i Sofi-

sti). Cap. 111. Lotta del ca-

Prima che si risvegli l'indivirattere mitico-eroico contro duo, si risveglia il mondo del ”individuo. gli eroi, inteso come mondo di individui. Lotta fra il carattere eroico-rappresentati-

vo e l”individuo agonistico: in Pindaro e anche in Omero. La Eris di Esiodo. Cap. IV. La leggenda dell 'agone.

Cap. v. Delfi come sede della civiltà. Cap. V1. Il rapsodo e la composizione.

L'individuo dura fatica a ri-

svegliarsi: lo impedisce la forma mitica. Residui del carattere mitico. Pitagora Epimenide Empedocle Pisistrato Platone. Leggenda che proviene dall'epoca della concezione mitica di Omero - la leggenda dell'agone. La soluzione úbfica che sta alla base. Il rapsodo. La composizione dell'Iliade. Nascita degli Erga. Il rapsodo si presenta come Omero. Il Ciclo, e il concetto di Omero, che sempre più si purifica. Gli individui vengono a galla come l'elemento deteriore. (I nomi dei rapsodi).

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 l6[2l-23]

423

Cap. V11. Il giudizio

Che cos'è il giudizio estetico?

estetico.

I giudici nella tragedia.

L°agone fra artisti presuppone il pubblico giusto. Se questo pubblico manca, l°artista è allora in esilio (Filottete).

Tutte le leggi dell'arte si riferiscono ad un trasferire (non già alle ebbrezze e ai sogni originari).

16 [22]* 2. Mirabile processo, per cui la lotta generale di tutti i Greci riconosce a poco a poco, in tutti i campi, una åíxnz onde proviene quest'ultima? L'a-

gone scatena l”individuo: e al tempo stesso lo doma secondo leggi eterne. Le discordie degli dèi. Le lotte dei Titani non sanno ancora nulla dell'agone. La Grecia più antica mostra il più crudo Scatenamento di Eris. 2. Le feste panelleniche: unità dei Greci in base alle norme dell'agone. 2. Lotta difronte a un tribunale. 16 [23]* åyóv è forse il «pesare» (Wägen). Il carro (Wagen) e la bilancia (Wage) derivano forse dalla stessa radice? L'invidia è molto più accentuata nei Greci: Platone, Pindaro. Il concetto di giustizia è presso di loro assai più importante che presso di noi: il cristianesimo anzi non sa che cosa sia la giustizia. L'invidia nell'Iliade, o nell°Aiace.

424 16 [24]

FRAMMENTI PosTUM1 Descrizione del mondo preomerico

poi di quello omerico: poi avvento dell'agone. Desiderio d'amore (q›i)\ó'mi;), illusione (årcá-m). Vecchiaia ed Eris - tutti figli della notte. Rappresentazione preomerica: quattro dee esercitano il loro dominio rovinoso sui mortali: l”Illusione, la Brama amorosa, la Vecchiaia, la Discordia. Le crudeli leggende della teogonia sono un esempio della

più antica fantasia greca, abituata all'orrendo. Che esistenza terrena esse rispecchiano! Da qui ha origine una cor-

rente che spinge all'ascesi, alla purificazione (Orfeo, Pitagora). Una fantasia crudele, da tigri! E insieme voluttuosa e cupa! L'espiazione dell 'omicidio è la parte più antica del diritto. 16 [25] 2. IGreci errabondi. Essi sono conquistatori per natura.

16 [26]

1. PROBLEMA: com'è che la volontà, la terribile,

si purifica e si ajfina, cioè viene trasferita e trasformata in impulsi più nobili? Mediante un mutaniento del mondo della rappresentazione, mediante la grande distanza del suo fine, cosicché la Volontà, tendendosi oltre misura, deve nobilitarsi. Influsso dell'arte sulla purificazione della volontà. L”agone sorge dalla guerra? Come un'imitazione e un gioco artistico? Il presupposto dell'agone. Il « genio ››! Esiste in quelle epoche? Importanza infinitamente superiore dell'onore nell'an-

tichità. I popoli orientali hanno caste. Le istituzioni come le scuole, òiotòoxctí, non servono alla classe, bensì all'individuo.

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 16[24-28]

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16 [27]* Triplice attacco contro Omero, per qailovaixía, allo scopo di prendere il suo posto. Platone. Se dell”antichità ci fosse stato tramandato soltanto Platone, giudicheremmo Omero come giudichiamo i Sofisti.

Senofane ha l”intenzione di mettere se stesso al posto di Omero e di Esiodo. In ciò vediamo la sua tendenza vitale. Aristotele caratterizza chiaramente questo modo di sentire (nel dialogo Dei poeti). Esiodo. Introduzione alla Teogonia.

La leggenda dell'agone. Quest 'ultima - è già una prova dell'ic1o)(povíot per Erodoto, e addirittura per gli stemmata, dunque è antichissima. Il mondo degli Erga è originariamente identico all'età degli eroi: prima di esso l°età dei Titani, l°età del bronzo: l'età del ferro è il presente. 16 [28] L 'antico crudele mondo preomerico lascia ancora la sua traccia in Orfeo e in Museo, e nella loro natura sacerdotale di espiazione e di ascesi. A tutto ciò che già esiste in questa direzione, si riallaccia poi la corrente dionisiaca. Per il mondo preomerico bisogna studiare gli Etruschi: gli sono affini. (Probabilmente neanche il popo-

lo greco-italico è vissuto per essere sereno). La civiltà asiatica ha contribuito molto a mitigare quel crudele mondo preomerico. Il mondo esiodeo (negli Erga) è ancora una pallida eco di quello stato non omerico. Il più delle volte si travisa anche il mondo omerico, accentuando il suo aspetto morale; esso non è bello, né armonioso né buono. Ma, considerato dal punto di vista artistico, offre una incredibile pienezza, serenità, purezza e fermezza di linee.

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FRAMMENTI PosTUM1

16 [29]* 7. Sconfinata libertà dell 3 attacco personale

nella commedia. L'invidia degli dèi. Un segno che i Greci sentivano diversamente riguardo all'odio e all'invidia.

16 [3o]* Il luogo dell”odium figulinum. L°invidia degli dèi.

L'ostracismo. Platone e i Sofisti. 16 [31]* Le più antiche leggende agonistiche: Apollo e Marsia, Tamiri e le Muse, Niobe.

Qui l'i'›rcapßowíoc di Eris, che confronta addirittura il divino. 16 [32] 2. Poiché l'odio e l”invidia sono molto più grandi, anche la giustizia è una virtù infinitamente più grande. lo scoglio sul quale s'infrangono l”odio e l'invidia. 16 [ 3 3] Uno dei mezzi principali di Omero per rappresentare l'astio profondo è in generale quello di rappresentare una lunga durata, facendo accadere nel frattempo qualcosa di completamente diverso, per esempio nel primo libro: Achille se ne sta iroso sulla riva, e intanto Viene intrapresa l'ambasciata presso Crise. 16 [34] I nemici dell'arte additano i Greci e dicono: vedete, questa è la loro moralità! Ecco dove arriva l'uomo con tutta la sua arte e la sua civiltà!

ESTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 16[29-4-0]

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16 [3 5]* La genialità politica interamente istintiva di Temistocle, come la descrive Tucidide. L°agone fra Temistocle e Aristide.

Pericle è infinitamente più artificiale e costruito. L'agonismo di Temistocle: gli allori di Milziade non lo lasciano dormire. Ambizione sfrenata. Il profondissimo disonore alla fine della sua vita, lo

si può capire soltanto con quel senso agonistico. 16 [36] La procedura giudiziaria è un åyáiv, probabilmente con usi derivati dalle gare. La tendenza a non trattare il caso particolare (ma al contrario a giudicare l'intero passato e la persona) è uno dei tratti essenziali dei dicasti ateniesi in assemblea. 16 [37] Molta fama è per il Greco qualcosa che turba l'animo. La fortuna inebria il Greco e lo rende immorale. La forza straordinaria del sentimento presente nelle assemblee popolari greche. 16 [38]* Si applica l'ostracismo quando vi è pericolo che uno degli antagonisti si lasci trascinare, per il fervore della lotta, a usare mezzi pericolosi. 16 [39] La rivoluzione di Corcira come lotta di annientamento fra due partiti. Ad Atene invece una sorta di gara. Grote,* 3, p. 536. Poi il massacro totale, per la gelosia personale dei generali. 16 [40]

Conferenze: l'agone presso i Greci. Lotta dell'individuo mitico contro quello agonistico.

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FRAMMENTI POSTUMI

La leggenda dell'agone Omero.

di

Delfi come sede della civiltà. Il rapsodo e la composizione

della poesia epica. Il giudizio estetico. L°etica sotto l'influsso dell'arÈC.

Trasfigurazione dell'agone in

Eraclito. 16 [41] I Greci come stilisti. I Greci come uomini religiosi. 16 [42]

Ogni inclinazione, amicizia, amore, è al tem-

po stesso qualcosa di fisiologico. Noi tutti ignoriamo quanto in alto o quanto in basso possa arrivare la physis. 16 [43]* Alessandro è soltanto la caricatura del mondo omerico. Guerra ed agone. Eros e la formazione degli amici. Il ritmo da tempi antichissimi agisce nella lingua: parlare muoversi agire. 16 [44]*

La rinascita della Grecia dal rinnovamento dello spirito tedesco.

Nascita della tragedia. Ritmo. Agone di Omero. Religione e arte. Filosofia e vita greca.

Le scuole superiori. L”amicizia e la cultura.

EsTATE 1871 - PRIMAVERA 1872 ie[40-46] 16 [45]

Platone e Dionisio.

16 [46]

Invidia degli dèi.

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L'emulazione ambiziosa, ingenua in tutta la storia, riconosciuta ufficialmente nell°ostracismo (Efeso).

Tutta l'educazione, ma anche gli educatori (Platone, i Sofisti). L'agonismo delle città, che spesso ricade nella lotta. Il non-agonismo è pericoloso per i Greci: Milziade, Atene, Sparta.

[17 = N I 2. SETTEMBRE-OTTOBRE 1871]

17 [1] 17 [2] 17 [3]

Sta' quieto, briccone,

o sentirai il bastone. Pacifico muggisce il largo ruscello, corre il briccone dietro al morello. Sul terrazzo se ne sta il cane, nella bocca tiene un salame.

E la mucca sta sul tetto, fuma e mangia un salsicciotto.

17 [4]

Il brav'uomo se la spassa

perché ha i soldi nella cassa.

17 [5]

Giubila il cavallo in fondo alla miniera, nei suoi Verdi occhi splende una luce fiera

17 [6]

Uno scherzo cordiale

17 [7]

Il divino splendore dello stivale sinistro sia dato adesso al tuo piede. Ti ringrazio, o nobile messere, perché adesso posso di nuovo camminare.

17 [8]

Se non ci fosse il bravo Gesù, la nostra fine sarebbe immediata.

emana dal cuore scherzoso.

17 [Q1