Lezioni Di Fisica Tecnica [PDF]

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Zitiervorschau

TERMODINAMICA APPLICATA TRASMISSIONE DEL CALORE CONDIZIONAMENTI AMBIENTALI (Collana diretta da Vittorio Betta)

Gaetano Alfano, Vittorio Betta, Francesca R. d’Ambrosio, Giuseppe Riccio

Lezioni di Fisica Tecnica

Liguori Editore

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2. Trasmissione del calore

I. Titolo

Aggiornamenti: ————————————————————————————————————————— 15 14 13 12 11 10 09 08 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

Indice

Prefazione 1.

2.

3.

Fondamenti per i calcoli 1.1. Unità di misura 1.1.1. Il sistema Internazionale di misura 1.1.2 Fattori di conversione 1.1.3 Aspetti formali 1.2 Operazioni con numeri che rappresentano misura di grandezze fisiche 1.2.1 Cifre significative 1.2.2 Misura di una grandezza 1.2.3 Operazioni 1.3 Esempi 1.3.1 Operazioni 1.3.2 Conversioni tra unità di misura Esercizi Generalità e definizioni 2.1 Sistemi termodinamici 2.2 Equilibrio termodinamico 2.3 Proprietà 2.4 Equazioni di stato 2.5 Trasformazioni - Calore - Lavoro 2.6 Energia totale di un sistema - Energia interna 2.7 Temperatura 2.8 Capacità termica - Calore specifico 2.9 Trasformazioni quasi statiche 2.10 Lavoro di variazione di volume per trasformazioni quasi statiche - Piano di Clapeyron 2.11 Trasformazioni reversibili ed irreversibili Esercizi Bilanci di massa e di energia - Primo principio della termodinamica 3.1 Significato di bilancio

XIII 1 1 1 5 5 6 6 7 7 8 8 9 11 13 13 14 15 17 18 21 22 23 24 26 29 30

35 35

VI

Indice

3.2 3.3

4.

Bilancio di massa - Equazione della continuità Bilancio di energia per sistemi chiusi - Primo principio della termodinamica per sistemi chiusi 3.4 Bilancio di energia per sistemi aperti - Primo principio della termodinamica per sistemi aperti 3.5 Calori specifici cv e cp 3.6 Applicazioni del primo principio ad alcune trasformazioni 3.6.1 Trasformazioni di sistemi isolati 3.6.2 Trasformazioni adiabatiche 3.6.3 Trasformazioni a volume costante 3.6.4 Trasformazioni a volume specifico costante 3.6.5 Trasformazioni a pressione costante 3.6.6 Trasformazioni a temperatura costante 3.6.7 Tasformazioni cicliche 3.6.8 Generalità su alcuni componenti degli impianti Esercizi

36

Secondo principio della termodinamica 4.1 Limiti del primo principio 4.2 Enunciati del secondo principio della temodinamica 4.3 Calcolo della variazione di entropia 4.4 Sorgenti termiche e serbatoi di energia meccanica 4.4.1 Il serbatoio di energia meccanica 4.4.2 Il serbatoio di energia termica 4.5 Verso delle trasformazioni: enunciato di Clausius 4.6 Limitazioni alla conversione di energia termica in energia meccanica: enunciato di Kelvin-Planck 4.6.1 Conseguenze del postulato di Kelvin-Planck 4.7 Indici di prestazioni dei cicli 4.7.1 Rendimento dei cicli diretti 4.7.2 Coefficiente di prestazione dei cicli inversi 4.8 Equilibrio termodinamico stabile 4.9 Bilancio di entropia per sistemi aperti 4.10 Piano entropico 4.10.1 Generalità 4.10.2 Rappresentazione dei cicli diretti sul piano entropico 4.10.3 Rappresentazione dei cicli inversi sul piano entropico 4.11 Considerazioni riepilogative 4.12 L’exergia 4.12.1 Introduzione 4.12.2 Bilancio di exergia

65 65 66 67 68 68 69 70

38 41 45 46 46 47 48 49 50 52 52 55 57

71 72 74 74 75 77 79 81 81 82 84 84 85 85 86

Indice

4.12.2.1 Sistemi chiusi 4.12.2.2 Sistemi aperti 4.12.3 Il Teorema di Gouy-Stodola 4.12.4 Rendimento exergetico Esercizi

VII

87 88 88 90 91

5.

Sostanze pure: generalità 5.1 Definizioni 5.2 Tensione di vapore 5.3 Piano termodinamico p,T 5.4 Piano termodinamico p,v Esercizi

93 93 93 96 100 101

6.

Sostanze pure: i gas 6.1 Generalità 6.2 Equazione di stato tra p, v, T 6.2.1 L’equazione di stato applicata ad una trasformazione isocora 6.2.2 L’equazione di stato applicata ad una trasformazione isobara 6.2.3 L’equazione di stato applicata ad una trasformazione isoterma 6.3 Energia interna ed entalpia 6.3.1 Espressioni per il calcolo della variazione di energia interna ed entalpia per i gas a comportamento piuccheperfetto 6.4 Entropia 6.4.1 Espressioni per il calcolo della variazione di entropia per i gas a comportamento piuccheperfetto 6.5 Trasformazioni 6.5.1 Trasformazioni politropiche 6.5.2 Trasformazione di sistema isolato per gas a comportamento perfetto 6.5.3 Trasformazione adiabatica reversibile per gas a comportamento piuccheperfetto 6.5.4 Trasformazioni adiabatiche non reversibili di gas piuccheperfetti 6.5.5 Trasformazione a volume specifico costante per gas a comportamento piuccheperfetto 6.5.6 Trasformazione a pressione costante per gas a comportamento piuccheperfetto

103 103 104 105 105 106 106

106 108

109 110 110 115 115 117 118 119

VIII Indice

6.5.7

Trasformazione a temperatura costante per gas a comportamento piuccheperfetto 6.6 Miscele di gas perfetti 6.6.1 Generalità 6.6.2 Equazione di stato tra p, v e t 6.6.3 Relazione tra composizione massica e composizione volumetrica 6.6.4 Energia interna, entalpia, entropia Esercizi 7.

8.

Sostanze pure: vapori, liquidi e solidi 7.1 Vapori saturi 7.1.1 Il volume specifico 7.1.2 L’energia interna specifica 7.1.3 L’entalpia specifica 7.1.4 L’entropia specifica 7.1.5 Il calcolo delle proprietà dei vapori saturi con l’uso di Tabelle 7.2 Liquidi 7.2.1 Il calcolo delle proprietà dei liquidi 7.3 Vapori surriscaldati 7.3.1 Il calcolo delle proprietà dei vapori surriscaldati 7.4 Il diagramma entropico 7.5 Il diagramma di Mollier 7.6 I solidi Esercizi Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 8.1 Bilancio di energia meccanica su sistemi aperti 8.2 Perdite di carico nel moto di fluidi in condotti 8.2.1 Regimi di moto di fluidi in condotti 8.2.1.1 Regime laminare 8.2.1.2 Regime turbolento 8.2.1.3 Numero di Reynolds 8.2.2 Calcolo delle perdite di carico nel moto di fluidi in condotti 8.2.2.1 Perdite di carico distribuite 8.2.2.2 Perdite di carico concentrate o localizzate 8.3 Laminazione 8.4 Rendimenti isoentropici ed exergetici di turbine, pompe e compressori

120 121 121 122 125 126 127 133 133 134 135 135 136 136 138 139 141 142 143 144 146 147

153 153 156 156 156 157 158 160 160 161 162 164

Indice

IX

8.5 Scambiatori di calore Esercizi

166 169

Introduzione alla trasmissione del calore 9.1 Generalità 9.2 Meccanismi di scambio termico 9.2.1 Conduzione 9.2.2 Irraggiamento 9.2.3 Convezione 9.3 Semplificazioni adottate nella trattazione dello scambio termico 9.4 Meccanismi in serie e/o parallelo. Analogia elettrica 9.4.1 Circuito con resistenze in serie 9.4.2 Circuito con resistenze in parallelo 9.5 Leggi fondamentali dello scambio termico 9.5.1 Conduzione 9.5.2 Irraggiamento 9.5.3 Convezione 9.6 Meccanismi combinati di scambio termico 9.7 Valutazione dell’andamento della temperatura in un sistema Esercizi

173 173 174 174 175 176

10.

Trasmissione del calore per conduzione 10.1 Postulato di Fourier 10.2 Pareti piane a regime permanente 10.3 Pareti cilindriche a regime permanente 10.4 Sistemi con generazione di energia termica 10.5 Sistemi a regime non permanente Esercizi

191 191 193 197 202 204 207

11.

Trasmissione del calore per irraggiamento termico 11.1 Generalità 11.2 Definizioni 11.2.1 Irraggiamento 11.2.2 Interazione delle radiazioni con i corpi 11.2.3 Emissione delle radiazioni dai corpi 11.3 Corpo nero 11.4 Leggi del corpo nero 11.5 Corpi reali 11.6 Corpo grigio 11.7 Potenza termica radiante scambiata da superfici piane parallele indefinite

211 211 212 212 213 214 215 218 220 221

9.

177 178 179 181 183 183 184 185 186 189 189

223

X

Indice

11.7.1 Due superfici, entrambe nere 11.7.2 Due superfici, delle quali una nera 11.7.3 Due superfici, entrambe non nere 11.8 Superfici non indefinite 11.8.1 Fattori di vista 11.8.2 Superficie grigia convessa contenuta in altra superficie grigia 11.9 Effetto serra 11.10 Considerazioni conclusive Esercizi

223 225 226 227 228

12.

Trasmissione del calore per convezione 12.1 Introduzione 12.2 Convezione forzata 12.3 Convezione naturale 12.4 Convezione naturale in cavità Esercizi

241 241 242 246 249 250

13.

Dimensionamento degli scambiatori di calore 13.1 Generalità 13.2 Il coefficiente globale di scambio termico 13.3 L’andamento delle temperature 13.3.1 Differenza media delle temperature 13.4 Alcuni tipi di scambiatore a superficie 13.4.1 Fattore di correzione 13.5 L’efficienza degli scambiatori Esercizi

253 253 254 256 262 263 266 268 268

14.

Principi di impianti termici motori ed operatori 14.1 Introduzione 14.2 Impianti termici motori con turbina a vapore: ciclo Rankine a vapore surriscaldato 14.2.1 Metodi per aumentare il rendimento del ciclo Rankine 14.2.1.1 La rigenerazione 14.2.1.2 Il surriscaldamento del vapore 14.3 Impianti termici motori con turbina a gas: ciclo Joule o Brayton 14.4 Impianti frigoriferi e pompe di calore: ciclo inverso a compressione di vapore 14.4.1 Metodi per aumentare il coefficiente di prestazione dei cicli inversi

271 271

232 232 234 237

273 278 278 279 280 285 291

Indice

XI

14.5

Motori alternativi a combustione interna 14.5.1 Il ciclo Otto 14.5.2 Il ciclo Diesel Esercizi

291 293 296 297

15.

Aria 15.1 15.2 15.3

umida Generalità Proprietà dell’aria umida Equazioni di stato 15.3.1 Titolo 15.3.2 Entalpia specifica 15.3.3 Volume specifico 15.3.4 Massa dell’aria umida 15.3.5 Temperatura di rugiada 15.4 Diagramma psicrometrico 15.5 Trasformazioni elementari dell’aria umida 15.5.1 Generalità 15.5.2 Riscaldamento a titolo costante 15.5.3 Raffreddamento a titolo costante 15.5.4 Raffreddamento con deumidificazione 15.5.5 Umidificazione adiabatica 15.5.6 Riscaldamento ed umidificazione 15.5.7 Mescolamento adiabatico 15.6 Misura dell’umidità dell’aria Esercizi

301 301 302 306 306 307 308 309 309 310 311 311 314 314 315 315 316 316 317 318

16.

Impianti di condizionamento dell’aria 16.1 Introduzione 16.2 La qualità dell’aria negli ambienti confinati 16.2.1 Generalità 16.2.2 Sistemi per l’ottenimento di una buona qualità dell’aria 16.2.3 Accettabilità degli ambienti: la norma UNI EN 15251 16.2.4 Normativa 16.3 Comfort termoigrometrico 16.3.1 Cenni di termoregolazione del corpo umano 16.3.2 Bilancio di energia termica sul corpo umano 16.3.3 Comfort termoigrometrico globale 16.3.4 Discomfort locale 16.3.5 Criteri di accettabilità di un ambiente 16.4 Proporzionamento di un impianto di condizionamento totalmente centralizzato senza ricircolazione

321 321 322 322 325 329 330 331 331 331 335 338 339 340

XII Indice

16.4.1 16.4.2 16.4.3 16.4.4

Introduzione Individuazione dei punti (A) ed (E) Calcolo del carico termoigrometrico Determinazione del punto (C) e calcolo della portata d’aria 16.4.5 Determinazione dei processi da realizzare nel gruppo condizionatore 16.5 Impianto di condizionamento con ricircolazione Esercizi Appendice

340 341 342 345 346 350 352 353

Avvertenza: Gli svolgimenti e le soluzioni degli esercizi contenuti nel presente volume sono reperibili nelle ultime pagine di questo ebook.

Prefazione

Questo testo, che si prefigge finalità prevalentemente didattiche, rispecchia l’impostazione ed i contenuti che gli Autori hanno dato ai corsi da loro tenuti nelle Facoltà di Ingegneria ed Architettura nell’ambito del cosiddetto Nuovo Ordinamento degli Studi Universitari. Tradizionalmente, lo studio della Fisica Tecnica nei corsi di primo livello si articola nei tre macroargomenti: termodinamica applicata, trasmissione del calore ed impianti termici e di climatizzazione, che costituiscono le parti in cui questo testo si può considerare suddiviso. In particolare, dopo un’introduzione dei concetti fondamentali necessari per affrontare con un approccio ingegneristico le operazioni di calcolo su grandezze fisiche, vengono presentati i bilanci di massa, energia ed entropia per i sistemi chiusi ed aperti e la termodinamica degli stati; a quest’ultimo argomento il testo dedica particolare attenzione, in quanto gli Autori lo ritengono fondamentale per l’applicazione delle leggi della termodinamica ai processi ingegneristici. La trasmissione del calore viene inizialmente illustrata nella sua globalità, per poi passare ad una trattazione più approfondita dei tre meccanismi fondamentali di scambio termico; la necessità di questa impostazione, seguita da quasi tutti i testi di trasmissione del calore, deriva dal fatto che i meccanismi di scambio termico sono quasi sempre contemporaneamente presenti e, quindi, l’assenza di un preliminare studio unitario non permetterebbe di comprendere i casi reali e di risolvere problemi tecnicamente significativi, se non alla fine dell’intera trattazione. A chiusura del capitolo, viene affrontato il dimensionamento degli scambiatori di calore. Gli ultimi capitoli sono poi dedicati agli impianti, sia termici che di climatizzazione. Per quanto riguarda gli impianti termici (motori ed operatori), l’impostazione data all’argomento è tale da poterlo considerare sia un’applicazione dei principi di termodinamica e scambio termico precedentemente trattati, sia un’utile premessa ai successivi corsi di Macchine nell’ambito dell’Ingegneria Industriale; alla stesura di questo capitolo ha collaborato il prof. Renato Della Volpe, docente di Macchine presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II, cui va il vivo ringraziamento degli Autori. Lo studio degli impianti di climatizzazione è suddiviso in due capitoli: il primo, propedeutico, che affronta la termodinamica dell’aria umida,

XIV

Prefazione

ed il secondo che descrive i criteri per il proporzionamento dei suddetti impianti. In questa seconda parte è dato ampio spazio alle tematiche della qualità dell’aria e del comfort termoigrometrico che permettono di specificare le condizioni ambientali che gli impianti di condizionamento devono realizzare. Gli Autori ritengono che, per la comprensione e la maturazione degli argomenti presentati, sia indispensabile accompagnare allo studio teorico l’applicazione numerica. A tale scopo, alla fine di ciascun capitolo sono riportati testi di esercizi il cui svolgimento dettagliato, che si consiglia di consultare solo come verifica del procedimento adottato e dei risultati ottenuti, è disponibile in rete, all’indirizzo internet dell’editore1. Il numero complessivo di esercizi svolti supera i 150. Gli Autori consigliano di svolgere gli esercizi fino al risultato numerico, senza limitarsi alla semplice impostazione, che il più delle volte maschera le reali difficoltà dei problemi. In appendice sono infine riportati diagrammi e tabelle che raccolgono tutti i dati necessari allo svolgimento delle applicazioni numeriche, senza la necessità di consultare manuali ed opere più vaste. Questo testo potrà essere migliorato nel corso degli anni; a questo scopo, si invitano coloro che lo utilizzeranno ad inviare agli Autori suggerimenti e critiche. Napoli, luglio 2008 gli Autori

1

www.liguori.it/schedanew.asp?isbn=4061, seguendo le istruzioni riportate sulla scheda allegata al volume.

Capitolo primo Fondamenti per i calcoli

1.1 Unità di misura 1.1.1 Il Sistema Internazionale di misura La descrizione dei sistemi fisici richiede l’individuazione di particolari “enti”, denominati grandezze, dei quali si può dare una definizione quantitativa attraverso una misura; ogni grandezza è individuata da specie, misura e unità di misura: • la specie caratterizza la qualità della grandezza; l’appartenenza di due grandezze alla stessa specie ne rende possibile il confronto; • la misura è il numero che esprime il rapporto tra la grandezza data ed una della stessa specie assunta come unità di misura; ad esempio, la base b e l’altezza h di un rettangolo sono due grandezze della stessa specie, lunghezza, e possono essere espresse numericamente dalle rispettive misure, b = 2 m e h = 3 m, a loro volta espresse nella stessa unità di misura, m. In questo corso si adopererà il Sistema Internazionale di misura (SI), adottato dalla Comunità Europea con una direttiva del 1971 ed ormai accettato praticamente in tutto il mondo. Grandezze fondamentali del Sistema Internazionale, di interesse per questo corso, sono: • la lunghezza, • la massa, • il tempo, • la temperatura termodinamica, • il numero di moli, le cui unità di misura sono rispettivamente il metro, il kilogrammo, il 1 secondo, il kelvin o il grado celsius e la mole e i cui simboli sono rispettivamente L, M, θ, T, n. 1

La recente normativa prescrive che non si parli più di grado kelvin, ma semplicemente di kelvin.

2

Lezioni di Fisica Tecnica

A partire dalle grandezze fondamentali è possibile dar luogo a grandezze derivate: dette x1, x2, …, xn le grandezze fondamentali ed y una generica grandezza derivata, il loro legame funzionale è rappresentato da una relazione del tipo:

[y ] ≡ ⎡⎣ x a1 ⋅ x b2 ⋅ ... ⋅ x kn ⎤⎦

(1.1)

in cui gli esponenti a, b, …, k, comprensivi di segno, prendono il nome di dimensioni della grandezza fisica y rispetto alle grandezze fondamentali x1, x2, …, xn e esprimono quindi il legame funzionale che intercorre tra la specie della grandezza data e quella delle grandezze fondamentali. L’applicazione formalmente più corretta della (1.1) è quella che fa apparire al secondo membro tutte le grandezze fondamentali di interesse del particolare settore tecnico, eventualmente con esponente 0 se la grandezza non entra in gioco. Si consideri ad esempio l’accelerazione lineare, a, grandezza derivata in quanto definita come rapporto tra una lunghezza ed un tempo al quadrato; dalla (1.1) si ricava: [a]≡[M0⋅L1⋅θ–2⋅T0⋅n0]

(1.2)

che generalmente viene espressa come: [a]≡[L1⋅θ–2]

(1.3)

Un’espressione analoga si ottiene sostituendo alle grandezze al secondo membro le corrispondenti unità di misura: [a]≡[m⋅s–2]

(1.4)

Nel linguaggio tecnico corrente, le tre ultime espressioni vengono dette dimensione o equazione dimensionale. Le unità di misura ed il corrispondente simbolo per le grandezze fondamentali prima richiamate sono riportate nella Tabella 1.1, quelle per le grandezze derivate aventi unità di misura con nome e simbolo particolari (in genere riferiti ad uno scienziato) nella Tabella 1.2, quelle per le grandezze derivate le cui unità di misura non hanno un nome ed un simbolo particolari nella Tabella 1.3. Si noti che l’unità di misura della massa è il kg, che formalmente è un multiplo del grammo. Nella pratica ingegneristica, spesso, si utilizzano grandezze i cui valori, se espressi nelle unità di misura del Sistema Internazionale, risultano di alcuni ordini di grandezza superiori o inferiori all’unità. Per questo motivo, si fa uso dei multipli e dei sottomultipli decimali, che sono individuati

Fondamenti per i calcoli 3

da prefissi convenzionali cui corrispondono potenze di 10 (positive per i multipli, negative per i sottomultipli). Nella Tabella 1.4 vengono riportati i prefissi previsti dal SI per alcuni multipli e sottomultipli. Tabella 1.1 – Alcune grandezze fondamentali del Sistema Internazionale. grandezza

unità nel SI

lunghezza

metro

simbolo unità m

massa

kilogrammo

kg

tempo

secondo

s

temperatura termodinamica

kelvin

K

numero di moli

mole

mol

Tabella 1.2 – Alcune grandezze derivate con unità aventi nome e simbolo particolari. grandezza

unità nel SI

forza

kgm/s

2

nome

simbolo

newton

N

pressione

N/m2 (kg/ms2)

pascal

Pa

energia, lavoro, calore

Nm (kgm2/s2)

joule

J

potenza

J/s (kgm2/s3)

watt

W

Tabella 1.3 – Altre grandezze derivate. grandezza

unità nel SI

velocità

m/s

accelerazione lineare

m/s2

densità

kg/m3

costante universale dei gas

J/kgmoleK

costante dei gas

J/kgK

portata volumetrica

m3/s

portata massica conducibilità termica conduttanza termica conduttanza termica unitaria resistenza termica resistenza termica unitaria

kg/s W/mK W/K W/m2K K/W m2K/W

viscosità dinamica

Pas

viscosità cinematica

m2/s

In alcuni casi, per indicare il multiplo o il sottomultiplo si usa un nome particolare: si pensi alla tonnellata, che è il megagrammo; in Tabella 1.5

4

Lezioni di Fisica Tecnica

sono riportati i casi di interesse per questo corso. Alcuni di questi multipli vengono normalmente a loro volta trattati come unità di misura base, nel senso che ne vengono considerati multipli e sottomultipli: per esempio, per il bar, multiplo del pascal, è molto frequente, nelle applicazioni metereologiche, l’uso del millibar. Tabella 1.4 – Prefissi per i multipli ed i sottomultipli nel Sistema Internazionale. nome preÞsso

simbolo

fattore

MULTIPLI tera

T

1012

giga

G

109

mega

M

106

kilo

k

103

etto

h

102

da

10

deca

SOTTOMULTIPLI deci

d

10–1

centi

c

10–2

milli

m

10–3

micro

μ

10–6

nano

n

10–9

pico

p

10–12

È da notare che per la grandezza tempo non si usano i multipli decimali ma il minuto (simbolo “min”), l’ora (simbolo “h”) ed il giorno (simbolo “d”). Va infine detto che esiste un insieme di unità di misura che, pur non essendo coerenti con il Sistema Internazionale, sono molto utilizzate nella pratica, anche se ci si augura che con il tempo scompaiano; di esse, nella Tabella 1.6, sono riportate quelle di interesse per questo corso. Negli esercizi svolti di questo testo vengono talvolta utilizzate, a puro scopo didattico, unità di misura non appartenenti al Sistema Internazionale. Tabella 1.5 – Multipli con un nome proprio e trattati come unità di misura. unità

relazione

simbolo

litro

= 10–3 m3

L, l

tonnellata bar

= 1 Mg

t

= 105 Pa

bar

Fondamenti per i calcoli 5 Tabella 1.6 – Alcune importanti unità di misura incoerenti con il SI. unità kgf o kp

grandezza forza

atm

pressione

mm(Hg)

pressione

kcal

energia

Wh

energia

CV

potenza

1.1.2 Fattori di conversione Nei calcoli numerici, quando le grandezze che compaiono nelle relazioni non sono espresse nelle stesse unità di misura, vanno utilizzati i fattori di conversione riportati nella Tabella A.1 dell’Appendice. I fattori di conversione sono dimensionali e la loro dimensione è espressa dal rapporto fra la dimensione dell’unità di misura che si vuole ottenere e quella da cui si è partiti.

1.1.3 Aspetti formali Nel seguito si riportano considerazioni e raccomandazioni puramente formali, che si consiglia comunque di seguire, anche perché sono previste da norme e regolamenti: • i simboli delle unità di misura che derivano da nomi propri vanno scritti con la maiuscola (Pa, non pa); • quando si scrive un’unità di misura per esteso non va usata la lettera maiuscola, anche quando il simbolo è maiuscolo (pascal, non Pascal); • nel prefisso del multiplo 1000 la lettera kappa è minuscola (kg, non Kg) e per esteso si scrive kilo e non chilo, come in Tabella 1.4; • al simbolo della temperatura espressa in kelvin non va anteposto il simbolo del grado (K, non °K); • dopo i simboli delle unità di misura non va mai usato il punto (m e non m., kg non kg., etc.); • metri quadrati e metri cubi vanno scritti con l’esponente e, ovviamente, senza il punto (m2, non mq.; m3, non mc.); • il simbolo per il secondo è s (non sec); • l’unità di misura, quando non accompagnata dal valore numerico, si deve scrivere per esteso (“pochi secondi”, non “pochi s”); • la parte decimale di un numero va divisa dalla parte intera con la virgola e non con il punto (4,187 non 4.187).

6

Lezioni di Fisica Tecnica

1.2 Operazioni con numeri che rappresentano misura di grandezze fisiche 1.2.1 Cifre significative Qualunque numero reale può sempre essere scritto nella forma N1,N2,N3...Nh...Nn∙10k

(1.5)

con: 1 ≤ N1 ≤ 9 0 ≤ N2,N3,Nh,Nn ≤ 9 –∞ ≤ k ≤ +∞ Ad esempio, il numero 547 si scrive 5,47∙102; il numero 0,00347 si scrive 3,47.10–3. Posto in questa forma, il numero si dirà ad n cifre significative; nella Tabella 1.7 vengono riportati alcuni esempi. Tabella 1.7 – Esempio di numeri espressi nella forma dell’Eq. 1.1 con indicazione del corrispondente numero di cifre significative. numero

numero nella forma (1.5)

n. di cifre signiÞcative

347302,12

3,4730212·105

8

0,006431

6,431·10–3

4

6431,00

6,43100·103

6

Un numero ad n cifre significative si approssima ad m cifre significative eliminando le ultime n-m cifre ed aumentando di un’unità la m-esima se la (m+1)esima è maggiore di 5; nel caso in cui la (m+1)esima cifra sia 5, la scelta tra il troncamento e l’approssimazione per eccesso è arbitraria. Ad esempio il numero 4,765596 si approssima così: m=1→5 m = 2 → 4,8 m = 3 → 4,77 m = 4 → 4,766 m = 5 → 4,7656 m = 6 → 4,76560

Fondamenti per i calcoli 7

1.2.2 Misura di una grandezza Ogni misura è inevitabilmente affetta da incertezza, per cui è opportuno che il numero che la rappresenta contenga un’informazione sul valore di quest’ultima; a questo scopo, in questo testo viene usata la convenzione che l’incertezza della misura sia contenuta nell’ultima cifra significativa del numero. Ad esempio, dire che un tavolo è lungo 2,37 m, significa che il risultato della misura è affetto da una incertezza sui centimetri. Dire invece che il tavolo è lungo 2,371 m, significa che la lunghezza del tavolo è stata misurata con una incertezza sui millimetri. È quindi evidente che 3 m, 3,0 m e 3,00 m non sono numeri uguali: la lunghezza è stata misurata nel primo caso con un’incertezza sui metri (quindi non si sa nulla su decimetri, centimetri e così via), nel secondo con un’incertezza sui decimetri (non si sa nulla su centimetri, millimetri, etc.), nel terzo caso con un’incertezza sui centimetri (non si sa nulla su millimetri, etc.).

1.2.3 Operazioni In base a quanto detto al paragrafo precedente, quando si eseguono operazioni con numeri che esprimono la misura di grandezze, si devono seguire le seguenti regole: Addizione e sottrazione – Dopo aver espresso gli operandi nella stessa potenza di 10 dell’unità di misura, gli operandi, oppure il risultato, vanno approssimati all’ultima cifra significativa dell’operando con il minor numero di decimali. Ad esempio dovendo sommare 3,52 kg a 16 g ed a 0,0421 t, innanzitutto bisogna esprimere i tre numeri nella stessa potenza di 10, ottenendo 3,52 kg, 0,016 kg e 42,1 kg; quindi questi tre valori vanno approssimati ai decimi, diventando 3,5 0,0 e 42,1 la cui somma è 45,6 kg. Allo stesso risultato si perviene effettuando prima la somma, il cui risultato è 45,636, e approssimando poi quest’ultimo valore ad un solo decimale. Lo spirito della regola è la conseguenza del significato del numero di cifre significative: 42,1 significa che per questa massa non si conoscono né i decagrammi né i grammi, pertanto il 2 di 3,52 ed il 16 di 0,016 non possono essere sommati a qualche cosa di cui non si conosce il valore. Moltiplicazione e divisione – Il risultato ha un numero di cifre significative pari a quelle dell’operando che ne ha di meno. Ad esempio, il risultato della moltiplicazione 4,74∙2,7 non è 12,798 (come risulta dalla calcolatrice) ma 13, perché il primo operando ha 3 cifre significative, il secondo ne ha 2 e quindi il risultato va approssimato a 2 cifre significative.

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Lezioni di Fisica Tecnica

Lo spirito della regola è questo: se il numero di cifre significative rappresenta, come si è visto, il grado di precisione della misura, il prodotto e il quoziente non possono avere che la precisione dell’operando meno preciso, in quanto un’operazione aritmetica non può comportare un aumento della precisione delle misure. Si noti che le approssimazioni sopra indicate possono essere effettuate in via preventiva sui singoli operandi o, dopo aver eseguito l’operazione, sul risultato. Entrambi i procedimenti sono corretti; il risultato può differire di qualche unità sull’ultima cifra significativa, coerentemente con il significato di questa.

1.3 Esempi 1.3.1 Operazioni ◊ Addizione e sottrazione • Come si è visto al punto 1.2.3, gli addendi vanno posti nella stessa potenza di 10 dell’unità di misura ed approssimati all’ultima cifra significativa dell’addendo con il minor numero di decimali: 53,7 + 1,7⋅10–3 = 53,7 + 0,0017 = 53,7 • L’addizione può portare ad un aumento del numero di cifre significative: 57,3 + 64,2 = 121,5 • La sottrazione può portare ad una diminuzione del numero di cifre significative, tanto più elevata quanto minore è la differenza tra i due operandi: 75,5 – 60,0 = 15,5 75,5 – 68,2 = 7,3 74,5 – 75,3 = 0,2 • Esempi: 523 + 0,0689 = 523 + 0 = 523 523 + 0,689 = 523 + 1 = 524 523 + 689 = 1212 820,4 + 8 = 820 + 8 = 828 830 + 2,28⋅102 = 830 + 228 = 1058 689 – 0,0623 = 689 – 0 = 689 689 – 0,623 = 689 – 1 = 688 689 – 6,23 = 689 – 6 = 683 689 – 623 = 66 1240 – 3,37⋅102 = 1240 – 337 = 903

Fondamenti per i calcoli 9

◊ Moltiplicazione e divisione • Richiamando quanto già esposto al punto 1.2.3, il risultato di un’operazione di moltiplicazione o di divisione ha un numero di cifre pari a quello dell’operando che ne ha di meno: 1227 ⋅ 1,7⋅10–3 = 2,1 • Esempi: 48,5 ⋅ 22 = 1,1⋅103 2,35 ⋅ 1,0333 = 2,43 0,032 ⋅ 4356 = 1,4⋅102 0,435 ⋅ 82 = 36 428 / 20 = 21 4280 / 20 = 2,1⋅102 0,367 / 4128 = 8,89⋅10–5 0,022 / 375 = 5,9⋅10–5 ◊ Logaritmo • Nel calcolo del logaritmo il numero di cifre significative dipende, seguendo rigorosamente i teoremi sui logaritmi, dalla caratteristica. In via approssimata, utilizzando le comuni calcolatrici, si può approssimare il logaritmo a tante cifre significative quante ne ha il numero di cui si è calcolato il logaritmo: ln 1,02⋅1012 = 27,7 • Esempi: ln 10,2 = 2,32 ln 125 = 4,83 ln 0,0042 = –5,5

1.3.2 Conversioni tra unità di misura Per convertire il valore di una grandezza, da una unità di misura ad un’altra, lo si moltiplica per il fattore di conversione che si trova nella tabella dei fattori di conversione, relativi alla grandezza considerata, all’intersezione tra la riga contenente l’unità di misura nota e la colonna in cui appare l’unità di misura desiderata. Ad esempio, volendo esprimere una forza di 100 kp (kilopond) in newton, si utilizza la Tabella 1.8. 100 = 100 ⋅ 9, 807 = 981 N kp = kp ⋅ =N kp 100 kp = 981 N

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da cui risulta chiaro quanto affermato al paragrafo 1.1.2 a proposito delle dimensioni dei fattori di conversione Tabella 1.8 – Fattori di conversione dell’unità di misura della forza, dalla Tabella A.1 dell’Appendice Forza 1N

1 kp

1N

1

1,020⋅10–1

1 kp

9,807

1

Esempi: • da kcal a kJ: 30 kcal = 1,3⋅102 kJ infatti: 30 = 30 ⋅ 4,187 = 1,3⋅102 kJ kcal = kcal ⋅ = kJ kcal • da CV a kW: 130 CV = 95,6 kW infatti: 130 = 130 ⋅ 0,735 = 95,6 kW CV = CV ⋅ = kW CV • da atm a Pa: 2,5 atm = 2,5⋅105 Pa infatti: 2,5 = 2,5 ⋅ 1,013⋅105 = 2,5⋅105 Pa atm = atm ⋅ = Pa atm • da atm a kPa: 3,10 atm = 3,14⋅102 kPa infatti: 3,10 = 3,10 ⋅ 1,013⋅105 ⋅ 1⋅10–3 = 3,14⋅102 Pa kPa atm = atm ⋅ ⋅ = kPa atm Pa

Fondamenti per i calcoli 11

kcal W a 2 : 2 hm K m K kcal W 23, 0 = 26, 7 2 2 hm K m K infatti: 23,0 = 23,0 ⋅ 1,163 = 26,7 W m2K kcal kcal W = ⋅ = 2 2 2 2 hm K hm K kcal hm K m K

• da

(

(

)

)

oppure, nel caso non sia disponibile la Tabella di conversione della grandezza derivata che si vuole trasformare, si può procedere convertendo singolarmente le unità di misura: 1 4,187 = 23,0 ⋅ 23,0 = 23,0⋅4,187⋅1⋅103 ⋅ 1⋅103 = 3600 3600 = 23,0⋅1,163 = 26,7 = 26,7 kcal kcal kJ J 1 kcal Jh kcal J h/ = ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ = ⋅ = 2 2 2 2 hm K hm K kcal kJ s hm K kcal s hm K kcal s h J W = = sm 2 K m 2 K

Esercizi ESERCIZIO 1.1 – Effettuare le seguenti addizioni e sottrazioni: 230,5 + 1,57 ⋅ 103; 0,0053 + 1,24 ⋅ 10–3; 0,0053 + 1,26 ⋅ 10–3; 560,85 + 781,4; 1,273 ⋅ 10–2 + 9,28 ⋅ 10–5; 7,50 + 8,50; 230,5 – 1,57 ⋅ 103; 0,98 – 3,857 ⋅ 10–6; 1280 – 727,6; 3,75 ⋅ 106 – 7,374 ⋅ 104; 0,00587 – 1,52⋅10–3

ESERCIZIO 1.2 – Effettuare le seguenti moltiplicazioni e divisioni: 2237,6 × 0,00568; 5,23 ⋅ 10–5 × 2,7 ⋅ 10–3; 2,557 × 0,000251; 39,557 × 4,7 ⋅ 103; 4,551 × 70⋅000; 3,217/0,21; 1,000 ⋅ 103/4,230; 1,00 ⋅ 103/4,230; 1,0 ⋅ 103/4,230; 0,00550/5,04 ⋅ 10–3

ESERCIZIO 1.3 – Calcolare i logaritmi naturali dei seguenti numeri: 10; 100; 1000; 10000; 0,100; 0,0100; 0,00100; 357,21; 2,54 ⋅ 106; 2,56 ⋅ 10–6

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ESERCIZIO 1.4 – Effettuare le seguenti conversioni: 2,57 m2 in cm2; 0,965 ⋅ 104 dm2 in m2; 13,5 kg/cm3 in kg/m3; 1,28 cm3/g in m3/kg; 3,5 km/h in m/s; 2,38 ⋅ 102 kg/h in kg/s; 3,00 kWh in kcal; 2,8 kJ in kWh; 7,6 kcal/hmK in W/mK; 2,21 ⋅ 102 W/mK in kcal/hmK; 2,200 ⋅ 103 cal/kgK in kJ/kgK; 0,854 m3 in cm3; 135 l in m3; 3,70 atm in Pa; 3,500 bar in atm; 3,25 ⋅ 108 cm3/h in m3/s; 1280 l/s in m3/h; 7530 kcal/h in kW; 230 CV in kW; 30,0 kcal/hm2K in W/m2K; 2,50 ⋅ 103 W/m2K in kcal/hm2K; 50 kcal/kgK in kJ/kgK

ESERCIZIO 1.5 – Determinare l’unità di misura della grandezza espressa dalla relazione: x=

α ⋅ρ ⋅ V k⋅A

dove le grandezze al secondo membro sono espresse nelle seguenti unità di misura: α in W/m2K; ρ in kg/m3; V in m3; k in W/mK; A in m2.

Capitolo secondo Generalità e definizioni

2.1 Sistemi termodinamici La termodinamica è la scienza che si occupa delle trasformazioni subite da un sistema in conseguenza di scambi di materia, calore e lavoro con l’ambiente. In termodinamica si intende per sistema operativo, o più brevemente per sistema, una definita quantità di materia, o una definita porzione di spazio, su cui si vuole operare per particolari fini. Il sistema è delimitato da superfici, dette anche pareti o confini, che possono o meno coincidere con superfici di corpi reali. Tutto ciò che è esterno al sistema ed è in grado di interagire con esso viene indicato con il nome di ambiente o esterno. L’insieme del sistema e del suo ambiente viene chiamato universo. Ad esempio, nel caso di una persona, il corpo è il sistema e la stanza in cui questo si trova è l’ambiente; corpo più stanza costituiscono l’universo. Evidentemente, in termodinamica il termine ”universo” ha un significato diverso da quello, più noto, che assume in geografia astronomica. Si definiscono due tipi di sistemi: i sistemi chiusi, delimitati da superfici impermeabili al passaggio di materia, ed i sistemi aperti, i cui confini sono, almeno parzialmente, permeabili alla materia; ambedue i sistemi possono avere i confini permeabili all’energia. I sistemi chiusi, detti anche a massa di controllo, sono caratterizzati dalla costanza della massa: una bombola con metano, se ben chiusa, costituisce un sistema chiuso. Un caso particolare di sistema chiuso è quello le cui superfici, oltre ad essere impermeabili alla materia, impediscono anche lo scambio di ogni forma di energia con l’esterno: in questo caso si parla di sistema isolato; un sistema isolato non ha ambiente e coincide con l’universo. I sistemi aperti, chiamati anche a volume di controllo, hanno, come detto, le pareti che, almeno parzialmente, consentono il passaggio di materia. Ad esempio, nello studio del flusso di un fluido attraverso un condotto, il sistema può essere individuato dalla porzione di spazio delimitata dalla superficie interna del condotto e da due superfici ideali,

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normali all’asse, poste a distanza arbitraria; si noti che in questo caso i confini del sistema sono costituiti in parte da superfici reali ed in parte da superfici ideali, e che solo queste ultime sono permeabili alla materia. Un altro esempio è quello della bombola con metano di cui si è parlato come sistema chiuso: la stessa bombola, infatti, può diventare un sistema aperto in quanto la valvola di chiusura, se aperta, costituisce un elemento di superficie permeabile alla materia. I confini dei sistemi possono essere permeabili ad alcune forme di energia ed impermeabili ad altre; nel caso di pareti impermeabili solo al calore si parla di sistemi adiabatici. Le pareti che delimitano un sistema chiuso possono consentire qualsiasi variazione di volume e di forma, oppure essere rigide; queste ultime, a loro volta, possono risultare fisse o mobili. Un palloncino a pareti sottili è un esempio del primo caso, una bombola metallica un esempio del secondo ed un cilindro entro cui scorra a perfetta tenuta un pistone un esempio del terzo; la perfetta tenuta è ovviamente richiesta dalla definizione stessa di sistema chiuso. Un sistema si definisce omogeneo od eterogeneo se è costituito rispettivamente da una o più fasi; esso sarà detto poi ad n componenti se n sono le specie chimiche presenti. Una miscela di ossigeno ed azoto in fase gassosa è un esempio di sistema omogeneo a due componenti; un miscuglio di acqua e ghiaccio un esempio di sistema eterogeneo ad un componente. Infine, un sistema chiuso è detto semplice se al suo interno risultano trascurabili gli effetti dei fenomeni elettrici, magnetici e gravitazionali.

2.2 Equilibrio termodinamico Un sistema chiuso è in equilibro se le sue condizioni permangono indefinitamente invariate qualora non si abbiano variazioni nelle condizioni dell’ambiente. L’equilibrio è detto stabile se il sistema, in seguito ad una momentanea piccola perturbazione esterna, ritorna nelle condizioni iniziali, altrimenti è detto instabile. Un esempio di equilibrio instabile è costituito da una miscela di aria e vapori di benzina in un sistema chiuso in equilibrio con l’ambiente: una scintilla può innescare la reazione chimica che allontana definitivamente il sistema termodinamico dallo stato iniziale; se il sistema comprende solo azoto, lo scoccare di una scintilla comporta invece un allontanamento solo momentaneo dallo stato iniziale: in questo caso si è nel caso di equilibrio stabile. Un sistema chiuso in equilibrio stabile viene anche detto in equilibrio termodinamico. L’equilibrio termodinamico comporta in particolare:

Generalità e definizioni 15

• l’equilibrio meccanico, che si verifica quando non esistono forze non equilibrate all’interno del sistema e, se le pareti non sono rigide e fisse, fra il sistema e l’ambiente; • l’equilibrio chimico, che si verifica quando non si hanno cambiamenti della struttura della materia (reazioni chimiche) o spostamenti di materia da una parte del sistema ad un’altra (diffusione o passaggio in soluzione); • l’equilibrio termico, che si verifica quando non vi sono differenze di temperatura all’interno del sistema e, se le pareti non sono adiabatiche, fra il sistema e l’ambiente.

2.3 Proprietà Per descrivere un sistema è necessario disporre di un insieme di coordinate, di natura sia termodinamica che meccanica, che ne individuino lo stato, rispettivamente termodinamico e meccanico. Le prime sono concettualmente misurabili da un osservatore all’interno del sistema ed in quiete rispetto ad esso, le seconde da un osservatore esterno al sistema, eventualmente in moto relativo rispetto a questo. Un sistema chiuso semplice in equilibrio termodinamico nel quale, per quanto detto al punto 2.2, sono nulli i gradienti di temperatura, di pressione e di composizione, è descritto da un insieme di coordinate che assumono un unico valore in tutto il sistema, dette proprietà interne o termostatiche, e da un insieme di coordinate che determinano la posizione del sistema nello spazio e nel tempo rispetto ad un opportuno sistema di riferimento inerziale, dette proprietà meccaniche o esterne. Tra le prime, si ricordano massa, densità, temperatura e pressione; tra le seconde la quota rispetto ad un piano di riferimento e la velocità del sistema, ovvero l’energia potenziale gravitazionale1 e quella cinetica2. Un sistema aperto non è mai rigorosamente in equilibrio termodinamico, dal momento che in esso sono presenti se non altro gradienti di pressione, necessari a realizzare il moto. In ogni caso, nella maggior parte dei problemi ingegneristici, l’errore che si commette assumendo che in ciascun punto del sistema sia verificata la condizione di equilibrio termodinamico (ipotesi di equilibrio termodinamico locale) è trascurabile. Le proprietà si suddividono anche in estensive ed intensive. Si dicono estensive quelle dipendenti dalla estensione del sistema, cioè dalla sua 1

In seguito detta semplicemente energia potenziale. Si noti che se gli effetti gravitazionali non sono trascurabili, e quindi il sistema non è semplice, anche in condizioni di equilibrio la pressione ed altre proprietà risultano non uniformi all’interno del sistema. 2

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massa, che godono della proprietà additiva3; ne sono esempi il volume, la massa, il peso, le energie di tutti i tipi. Le intensive sono quelle che non dipendono dalla estensione del sistema, quali la pressione e la temperatura. Per le proprietà estensive, che riferite all’intero sistema vengono dette proprietà totali, è possibile definire le corrispondenti proprietà specifiche, riferite all’unità di massa o di volume, che, non dipendendo dall’estensione del sistema, sono anch’esse proprietà intensive e non godono quindi della proprietà additiva. Ad esempio, si parla di volume o volume totale, V, riferendosi ad un generico sistema di massa m, mentre si parla di volume specifico, v, riferendosi all’unità di massa4. Ovviamente è: v=

V m

(2.1)

Generalmente, le proprietà estensive totali si indicano con le lettere maiuscole e le relative proprietà specifiche con la corrispondente lettera minuscola. Sulla base di queste considerazioni, è possibile dire che un sistema in equilibrio termodinamico può essere descritto in ciascun istante mediante le sue proprietà termostatiche intensive che ne definiscono lo stato termodinamico5. Dalla precedente definizione di stato di un sistema discende che ciascuna proprietà intensiva può avere uno ed un solo valore in ciascuno stato, motivo per cui è anche detta funzione (o grandezza) di stato; analiticamente è una funzione potenziale ed i suoi differenziali sono differenziali esatti. Poiché le osservazioni sperimentali mostrano che esistono relazioni funzionali fra tutte le proprietà termostatiche intensive di un sistema, non è necessario, per individuare lo stato del sistema in equilibrio, specificare il valore di tutte le proprietà termostatiche intensive. Viceversa, le proprietà esterne o meccaniche non sono funzionalmente collegate l’un l’altra; questo succede perché tali proprietà sono per così dire sovrapposte al sistema e pertanto sono indipendenti dalle proprietà interne e tra loro. Si noti che sia le proprietà interne che quelle esterne sono indipen-

3 Se il sistema è costituito da più sistemi parziali, la grandezza estensiva relativa al sistema totale sarà la somma delle grandezze relative ai singoli sistemi parziali. 4 È molto usato il reciproco del volume specifico, la densità ρ, espressa dal rapporto tra la massa ed il volume totale. 5 Nel seguito di questo testo, considerato che i termini cinetici e potenziali sono spesso trascurabili, si parlerà genericamente di stato.

Generalità e definizioni 17

denti dalla storia del sistema, ad esempio dalle modalità con le quali il sistema ha raggiunto lo stato che si sta prendendo in esame. È importante notare che, per quanto detto, calore, lavoro e flussi di massa non sono proprietà termostatiche.

2.4 Equazioni di stato Come detto nel paragrafo precedente, l’esperienza dimostra che le proprietà termostatiche intensive non sono generalmente tutte indipendenti tra di loro; per esempio, in un sistema chiuso monocomponente costituito da una massa di un gas in equilibrio termodinamico, fissati i valori del volume specifico e della temperatura la pressione risulta univocamente determinata e può essere variata solo modificando almeno una delle altre due grandezze. In generale, in un sistema monocomponente all’equilibrio, scelte arbitrariamente tre proprietà termostatiche intensive, se ne possono far variare indipendentemente solo due, il che implica l’esistenza di una relazione funzionale che lega le tre proprietà e che permette quindi di considerarne una dipendente dalle altre due. Relazioni di questo tipo sono dette equazioni caratteristiche o equazioni di stato. Si tenga presente che queste equazioni, che saranno esaminate nei capitoli successivi, sono dedotte non da leggi termodinamiche ma da indagini sperimentali e che solo raramente sono esprimibili in forma analitica semplice, per cui spesso risulta conveniente ricorrere ad una loro rappresentazione grafica o tabellare. Per l’individuazione dello stato termodinamico di un sistema monocomponente sono necessarie e sufficienti due proprietà termostatiche intensive indipendenti e la composizione chimica; per la determinazione di proprietà termostatiche totali è poi necessario conoscere la massa o un’altra proprietà termostatica estensiva. Per quanto detto, per un sistema ad un componente: • è possibile rappresentare lo stato termodinamico su un piano cartesiano avente sugli assi coordinati due proprietà termostatiche intensive; diagrammi di questo tipo vengono detti diagrammi di stato. • le equazioni di stato sono relazioni funzionali fra tre proprietà termostatiche intensive e pertanto, in un riferimento cartesiano in uno spazio a tre dimensioni, avente come assi tali proprietà, rappresentano una superficie detta superficie di stato o superficie caratteristica, tutti e solo i punti della quale rappresentano possibili stati di esistenza del sistema in equilibrio. Per un sistema a più componenti è necessario conoscere, oltre alla composizione chimica, anche la massa di ciascun componente.

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2.5 Trasformazioni - Calore - Lavoro Si dice trasformazione termodinamica o processo termodinamico, o più semplicemente trasformazione di un sistema, la variazione di almeno una delle sue proprietà termostatiche; la trasformazione si dice infinitesima o finita se tale variazione è rispettivamente infinitesima o finita. Ad esempio, un sistema costituito da un fluido che cambia posizione nello spazio, senza altre conseguenze, rappresenta senz’altro un fenomeno fisico ma non una trasformazione: dal punto di vista termodinamico, infatti, gli stati del fluido nelle due posizioni sono identici; analogamente, una eventuale variazione di forma non accompagnata da variazione di volume non rappresenta una trasformazione. Una trasformazione finita che riporti il sistema nello stato iniziale si dice trasformazione chiusa o trasformazione ciclica o ciclo. All’energia che durante una qualsiasi trasformazione attraversa le superfici del sistema si dà il nome di calore o di lavoro: si parlerà di calore se l’energia è trasferita in conseguenza di una differenza di temperatura esistente tra sistema ed ambiente, altrimenti si parlerà di lavoro. Per la definizione data, il calore ed il lavoro sono energia in transito attraverso le pareti di un sistema sede di trasformazione. È dunque senz’altro errato parlare di «calore di un sistema» o di «lavoro di un sistema», dovendosi invece parlare di «calore scambiato da un sistema in una trasformazione» e/o di «lavoro scambiato da un sistema in una trasformazione». Ciò conferma che il lavoro ed il calore non sono proprietà di stato ed è quindi errato anche parlare di «variazione di calore» o di «variazione di lavoro». Un tipo di lavoro che si incontra molto frequentemente è quello connesso allo spostamento di una o più pareti del sistema in seguito ad alterazione dell’equilibrio meccanico; il lavoro in questo caso viene detto lavoro (meccanico) di variazione di volume e, in assenza di attrito, risulta uguale al lavoro delle forze esterne agenti sulle pareti che si spostano. Si consideri ad esempio il sistema di Figura 2.1, costituito dal fluido contenuto nel cilindro con pareti adiabatiche; inizialmente (Figura 2.1.a) il sistema è in equilibrio termodinamico ed in particolare in equilibrio meccanico: la pressione del fluido equilibra la pressione delle forze esterne, che nell’esempio sono solo forze peso. Successivamente, si aumenta la forza esterna mediante aggiunta di un ulteriore peso: l’equilibrio meccanico iniziale viene a mancare ed il sistema subisce una trasformazione (Figura 2.1.b) fino a raggiungere una nuova condizione di equilibrio termodinamico, e quindi meccanico (Figura 2.1.c). Durante la trasformazione, nell’ipotesi di assenza di attriti, viene trasferita dall’ambiente al sistema una quantità di energia uguale al lavoro delle forze esterne. L’energia potenziale dell’ambiente è diminuita in maniera proporzionale alla variazione di quota del pistone e dei corpi posti su di esso.

Generalità e definizioni 19

In presenza di attrito, solo un’aliquota del lavoro delle forze esterne si trasmette al sistema come lavoro di variazione di volume, in quanto la rimanente parte serve a vincere le forze di attrito. "#! "$

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Figura 2.1 – Esempio di lavoro di variazione di volume: a) stato iniziale, b) trasformazione, c) stato finale.

Un altro tipo di lavoro è il lavoro (meccanico) di elica, connesso alla rotazione di una o più pareti del sistema, in seguito ad alterazione dell’equilibrio meccanico. Si consideri il sistema di Figura 2.2a, costituito dal fluido contenuto nel recipiente: inizialmente, il sistema è in equilibrio termodinamico e quindi meccanico; successivamente, abbassando il peso, P, l’equilibrio meccanico iniziale viene a mancare, il filo si svolge, l’albero e le palette ruotano fino al ripristino dell’equilibrio termodinamico. Durante la trasformazione, a causa degli attriti tra le superfici in rotazione ed il fluido, dall’ambiente al sistema viene trasmessa una certa quantità di energia, che nell’ipotesi di puleggia priva di attrito corrisponde alla

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Figura 2.2 – Esempio di lavoro di elica a) in sistema chiuso, b) in sistema aperto.

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diminuzione di energia potenziale del peso. Si noti che il lavoro di elica per un sistema chiuso può comportare trasferimento di energia solo dall’ambiente al sistema, mai viceversa. Nel caso di sistemi aperti, invece, si possono avere trasferimenti di energia in ambo i sensi (Figura 2.2b); esempi di sistemi con lavoro compiuto sul sistema sono i ventilatori, i compressori e le pompe, mentre esempi di sistemi con lavoro compiuto dal sistema sono le turbine. Per il calore ed il lavoro si utilizzano i simboli Q ed L, le cui dimensioni sono ovviamente quelle dell’energia, joule, J, e spesso kJ. Benché il calore ed il lavoro non siano proprietà di stato, pur tuttavia ha significato considerare la quantità di calore scambiata per unità di massa del sistema, q6, ed il lavoro scambiato per unità di massa del sistema, l, anche detto lavoro specifico. Per i bilanci di energia è necessario dare un segno al valore numerico del calore e del lavoro. La convenzione più usata, che è adottata anche in questo testo, è di considerare il calore positivo se l’energia è somministrata al sistema, negativo nel caso opposto e di considerare il lavoro positivo se l’energia è somministrata all’ambiente, negativo nel caso opposto. Con questa convenzione, il lavoro di elica dei ventilatori, delle pompe e dei compressori è negativo, così come quello nei sistemi chiusi, mentre il lavoro di elica delle turbine è positivo; il lavoro di variazione di volume è positivo se il sistema subisce un’espansione, negativo se il sistema subisce una compressione. Poiché come si è detto il calore ed il lavoro non sono funzioni di stato, la quantità infinitesima di calore scambiato e la quantità infinitesima di lavoro compiuto in una trasformazione infinitesima non sono differenziali esatti e pertanto in molti testi vengono indicati con i simboli δq, δQ, δl, δL, anziché con dq, dQ, dl, dL. In questo testo verrà usato il simbolo “d” per le quantità infinitesime sia delle grandezze di stato, sia delle altre. Nel seguito verrà adottata la seguente simbologia: Qi = Qu = Li = Lu =

calore in ingresso; valore assoluto del calore in uscita; valore assoluto del lavoro in ingresso; lavoro in uscita;

ovviamente, con le lettere minuscole saranno indicate le corrispondenti grandezze specifiche. Utilizzando la stessa simbologia relativamente a più trasformazioni si avrà, in generale:

6

Come si vedrà, per calore specifico si intende, anche se impropriamente, un’altra grandezza.

Generalità e definizioni 21

Q = Qi – Qu > 0 Q = Qi – Qu = 0 Q = Qi – Qu < 0

se se se

Qi > Qu Qi = Qu Qi < Qu

se se se

Lu > Li Lu = Li Lu < Li

Analogamente per: L = Lu – Li > 0 L = Lu – Li = 0 L = Lu – Li < 0

Va evidenziato che la convenzione qui adottata di considerare di segno diverso il calore ed il lavoro in ingresso nel sistema, o in uscita da esso, che potrebbe apparire non coerente, è dovuta all’applicazione della termodinamica ai problemi ingegneristici. Infatti, uno dei campi tradizionali di applicazione della termodinamica di interesse per gli ingegneri è quello che riguarda macchine ed impianti per la produzione di energia meccanica a partire da energia termica, per cui è conveniente considerare come positivi il calore in ingresso ed il lavoro in uscita; se si adottasse per lavoro e calore lo stesso segno, risulterebbe, per esempio, che la potenza di un motore sarebbe indicata da un numero negativo.

2.6 Energia totale di un sistema - Energia interna Le particelle elementari costituenti qualunque elemento di materia possiedono energia in varie forme; ad esempio, le molecole possiedono energia cinetica di traslazione, rotazione e vibrazione, gli elettroni energia cinetica di rotazione intorno al nucleo ed intorno al proprio asse, i nuclei, gli atomi, gli elettroni e le molecole energia potenziale, in quanto soggetti a forze di attrazione e repulsione. Questi vari tipi di energia posseduti a livello microscopico dalle particelle costituenti i corpi normalmente non sono evidenti. Si dice energia totale, E, di un corpo la somma delle energie possedute a livello sia macroscopico (cinetica, Ec, e potenziale, Ep)7 che microscopi7

Si ricorda che è: Ec = 1/2⋅m⋅w2

con: m = massa, kg; w = velocità, m/s; Ep= g⋅z con: g = accelerazione di gravità, m/s2; z = quota rispetto ad un piano di riferimento equipotenziale, m.

22

Lezioni di Fisica Tecnica

co; quest’ultima viene detta energia interna ed indicata con U: E = Ec + Ep + U

(2.2)

Tutte le energie sono proprietà estensive e quindi esistono e si utilizzano le relative grandezze specifiche e, ec, ep, u. Le energie si misurano ovviamente in J (o kJ); le energie specifiche in J/kg (o kJ/kg).

2.7 Temperatura La temperatura è una proprietà termostatica dei sistemi termodinamici in equilibrio. Il sistema internazionale prevede come unità di misura fondamentale della temperatura termodinamica8, detta anche temperatura assoluta, il kelvin (K) e consente anche l’utilizzo della temperatura Celsius (t) definita, in relazione a quella termodinamica (T), dalla relazione t = T – 273,15 K, come anche chiarito nella Figura 2.3. !

01!

2!

#..!!

+*+,#-!

.!!

$*+,#-!

/$*+,#-!

.!!

Figura 2.3 – Confronto tra la scala celsius e quella kelvin.

L’ampiezza del grado nelle due scale è coincidente, per cui nelle grandezze laddove compare la differenza di temperatura si può usare indifferentemente il kelvin o il grado celsius. La dizione, per entrambe le scale, di centigrada, non è più accettata dal Sistema Internazionale in quanto la differenza di temperatura, alla pressione atmosferica, tra ghiaccio fondente ed acqua bollente, è risultata, da misure recenti, seppure di pochi centesimi di grado, minore di 100 gradi. 8

La denominazione nasce dalla possibilità di derivare tale scala delle temperature da considerazioni esclusivamente termodinamiche.

Generalità e definizioni 23

Il kelvin è definito come 1/273,16 della temperatura del punto triplo dell’acqua, pari a 273,16 K, cioè 0,01°C9.

2.8 Capacità termica - Calore specifico Per un sistema che subisca una trasformazione termodinamica infinitesima si definisce capacità termica, C, il rapporto: C=

dQ dT

(2.3)

fra la quantità infinitesima di calore scambiata dal sistema e la conseguente variazione infinitesima di temperatura del sistema stesso. La capacità termica rappresenta la resistenza di un corpo a variare la propria temperatura in seguito ad uno scambio di energia termica: tra due corpi che ricevono una stessa quantità di calore, quello a capacità termica minore avrà un maggiore aumento di temperatura10. La (2.3) viene spesso utilizzata nella forma finita: C=

Q ΔT

(2.4)

La capacità termica è una grandezza estensiva: la relativa grandezza intensiva, c, dovrebbe chiamarsi capacità termica specifica mentre viene detta, impropriamente, calore specifico ed è definita quindi come: c=

dQ mdT

(2.5)

Analogamente a quanto detto per la capacità termica, il calore specifico in forma finita è dato dalla relazione: c=

9

Q mΔT

(2.6)

Come si vedrà al capitolo 5, la differenza di 0,01 gradi fra la temperatura del punto triplo dell’acqua e quella di equilibrio acqua-ghiaccio alla pressione atmosferica, assunta come 0 nella scala Celsius, deriva dal comportamento del ghiaccio che presenta l’abbassamento della temperatura di fusione al crescere della pressione. 10 Si pensi agli scaldabagni che contengono un’elevata massa di acqua: una volta raggiunta la temperatura desiderata, quest’ultima resta a lungo inalterata anche staccando l’alimentazione elettrica (ovviamente, purché l’acqua calda non venga utilizzata). Analogamente, le pareti delle chiese antiche, caratterizzate da spessori elevati, anche nella stagione più calda, rimangono molto fresche.

24

Lezioni di Fisica Tecnica

La capacità termica ed il calore specifico possono assumere qualunque valore compreso tra +∞ e –∞. L’esistenza di valori negativi è dovuta al fatto che la variazione di temperatura del sistema non dipende solo dalla quantità di calore scambiata, ma anche dal lavoro compiuto; si può avere ad esempio un aumento di temperatura conseguente ad una somministrazione di energia meccanica e ad una contemporanea sottrazione di energia termica: essendo dT>0 e dQT2) ed energia meccanica con un serbatoio di energia meccanica

Anche per il ciclo inverso, così come per quello diretto, è utile definire un coefficiente di prestazione di riferimento, che è quello del ciclo inverso reversibile, o ciclo di Carnot inverso5, per il quale, essendo la produzione entropica nulla, vale la relazione: Sgen =

5

Q1 Q2 − =0 T1 T 2

(4.26)

Il ciclo di Carnot inverso presenta le stesse caratteristiche di quello diretto, a meno del verso di percorrenza che è antiorario.

Secondo principio della termodinamica 77

combinando la (4.23) e la (4.24) con la (4.26) si ottiene: COPf,rev =

T2 T1 − T 2

(4.27)

COPp,rev =

T1 T1 − T 2

(4.28)

A questo punto, è possibile definire il COP di 2° principio che assume la forma: COPII =

COP COPrev

(4.29)

da specializzare nei due casi di impianto frigorifero e a pompa di calore. Da quanto detto si evince che è sempre: COP < COPrev

(4.30)

e che in particolare, come risulta dall’esame delle (4.27) e (4.28), gli estremi dell’intervallo di variazione dei coefficienti di prestazione sono i seguenti:

COPf

⎧→ 0 per T2 → 0 K ⎪ ⎨ ⎪→ ∞ per (T − T ) → 0 K 1 2 ⎩

COPp

⎧→ 1 per T1 → ∞ o T2 → 0 K ⎪ ⎨ ⎪→ ∞ per (T − T ) → 0 K 1 2 ⎩

4.8 Equilibrio termodinamico stabile Resta da rispondere al 3° quesito posto nel paragrafo 4.1, cioè come si può determinare, per un sistema in condizioni di non equilibrio termodinamico, quale sarà la condizione di equilibrio termodinamico finale fra tutte quelle compatibili con il 1° principio. Per comprendere il problema si farà ricorso a qualche esempio.

78

Lezioni di Fisica Tecnica

Si abbia un sistema isolato come quello in Figura 4.5. Inizialmente, un setto rigido ed adiabatico divide il sistema in due parti occupate da due sostanze a diversa temperatura, TA e TB, con TA > TB; in seguito, il setto viene reso permeabile al calore, rimuovendo il vincolo dell’adiabaticità. L’esperienza insegna che il sistema si porta ad un unico valore di temperatura, Tequil, in corrispondenza del quale la quantità di calore ⏐Q⏐* ceduta dal sottosistema A è uguale alla quantità di calore che il sottosistema B riceve mentre, in base al primo principio, essendo L = 0, sono possibili tutte le infinite situazioni, con temperature finali diverse, purché sia rispettata la condizione –ΔUA = ΔUB. Una volta raggiunto l’equilibrio termico, si supponga di rendere il setto mobile: il setto si sposta fino a quando le pressioni nei due sottosistemi diventano uguali, mentre per il primo principio il setto potrebbe spostarsi variando le pressioni ma non necessariamente fino ad uguagliarle. Infine, si supponga che le sostanze in A ed in B siano diverse e si immagini, raggiunto l’equilibrio meccanico, di eliminare il setto: si sa che le due sostanze diffondono l’una nell’altra benché per il primo principio esse potrebbero rimanere non mescolate o mescolarsi in misura diversa da quella che si sa per esperienza essere la condizione di equilibrio finale. Alla soluzione di questo problema si perviene utilizzando il 2° assioma, dal quale si deduce che in condizioni di equilibrio stabile il valore dell’entropia di un determinato sistema isolato è il valore massimo per quel sistema; infatti, se ciò non fosse vero, sarebbero possibili ulteriori trasformazioni spontanee che necessariamente comporterebbero un aumento di entropia del sistema.

W!

h!

! Figura 4.5 – Schema di sistema isolato costituito da due sottosistemi A e B.

Si consideri ancora il sistema di Figura 4.5. Nella condizione iniziale 1, con setto fisso, rigido ed adiabatico, ciascun sottosistema è in equilibrio termodinamico e la sua entropia avrà il valore massimo; indicando con sA,1 e sB,1 i valori dell’entropia specifica rispettivamente del sottosistema A e del sottosistema B, l’entropia totale del sistema è data da: S1 = SA,1 + SB,1 = mAsA,1 + mBsB,1

(4.31)

Secondo principio della termodinamica 79

dove con mA e mB si indicano le masse delle sostanze in A ed in B. Rimosso il vincolo dell’adiabaticità, come si è visto, ci sarà uno scambio termico irreversibile tra i due sottosistemi fino a che essi avranno raggiunto lo stesso valore di temperatura; per la presenza del setto rigido i valori delle pressioni saranno in generale ancora diversi. Una volta che i due sottosistemi abbiano raggiunto le nuove condizioni di equilibrio, 2, l’entropia del sistema sarà aumentata raggiungendo il massimo relativo alla nuova condizione di vincoli e sarà: S2 = SA,2 + SB,2 = mAsA,2 + mBsB,2 > S1

(4.32)

Rendendo il setto mobile, i due sottosistemi si porteranno ad una nuova condizione di equilibrio, 3, con uguali valori oltre che della temperatura anche della pressione. Si avrà: S3 = SA,3 + SB,3 = mAsA,3 + mBsB,3 > S2

(4.33)

Infine, eliminando il setto, in modo da rendere possibile il mescolamento delle due sostanze, saranno rimossi tutti i vincoli e l’entropia del sistema raggiungerà un’ulteriore condizione di equilibrio, 4, con S4 = SA,4 + SB,4 = mAsA,4 + mBsB,4 > S3

(4.34)

Si osservi che i valori assunti dall’entropia nelle diverse condizioni di equilibrio sono dei massimi relativi; man mano che vengono rimossi i vincoli, il sistema subisce altre trasformazioni spontanee, attestandosi ad un nuovo massimo relativo. Il valore S4 è il massimo assoluto per il sistema in esame, mentre S1, S2 e S3 sono i massimi relativi ai vincoli esistenti. Si noti anche che mentre è S4 > S3 > S2 > S1, non è detto che sia ad esempio SA,2 > SA,1, in quanto il singolo sottosistema non è un sistema isolato. In definitiva la risposta al 3° quesito del paragrafo 4.1 è fornita dalla ricerca di un massimo, relativo od assoluto, dell’entropia del sistema in esame.

4.9 Bilancio di entropia per sistemi aperti Con riferimento ad un sistema aperto con una sezione di ingresso ed una sezione di uscita ed al generico intervallo di tempo dθ, nell’ipotesi di regime stazionario, il bilancio di entropia si esprime nella forma: ! dθ + S! fl. ter.dθ + S! eff. diss.dθ = s2 m ! dθ s1 m

(4.35)

80

Lezioni di Fisica Tecnica

con: s1 s2 S! fl. ter.

= entropia specifica del fluido nella sezione di ingresso, J/kgK; = entropia specifica del fluido nella sezione di uscita, J/kgK; = generazione di entropia nel volume di controllo dovuta agli scambi termici con l’ambiente, può assumere valori positivi, nulli o negativi; J/sK; S! eff. diss = generazione di entropia nel volume di controllo dovuta agli effetti dissipativi, sempre positiva; J/sK. ! s, detto Dividendo la (4.35) per dθ, indicando con S! il prodotto m anche portata entropica e misurato evidentemente in J/sK, ed indicando con S! V.C. la somma S! fl. ter + S! eff. diss , si ha: ! (s2 – s1) = S! 2 – S! 1 = S! V.C. m

(4.36)

Nel caso considerato di un’unica sezione di ingresso e di un’unica sezione di uscita è possibile dividere per la portata ottenendo: ! s2 – s1 = S! V.C. / m

(4.37)

Per i sistemi aperti la (4.6) si può scrivere: S! V.C. + S! amb ≥ 0

(4.38)

dove S! amb è la generazione di entropia dell’ambiente. Il significato fisico della (4.38) è lo stesso della (4.6): l’entropia dell’insieme sistema più ambiente non può diminuire e rimane costante solo nel caso ideale di reversibilità. Naturalmente per i sistemi aperti vale quanto si è già visto per i sistemi chiusi: • S! V.C. può essere negativa, ma ovviamente per la (4.38) ad essa dovrà corrispondere una S! amb positiva ed in valore assoluto maggiore; • cause di S! V.C. + S! amb ≥ 0 (ovvero cause di produzione di entropia) sono gli effetti dissipativi e gli scambi termici non quasi statici; • nel caso di sistemi aperti adiabatici, in presenza di effetti dissipativi ovvero sempre nei casi reali, è certamente S! V.C. > 0 e quindi, per le (4.36) e (4.37), S! 2 > S! 1 ed s2 > s1; • per finire, nel caso di sistemi con più sezioni di ingresso e di uscita, la (4.34) si scrive:

∑ S! u − ∑ S! i = S! V.C. u

i

(4.39)

Secondo principio della termodinamica 81

4.10 Piano entropico 4.10.1 Generalità Un diagramma di stato molto usato in termodinamica è quello temperatura assoluta-entropia specifica, detto piano di Gibbs, o più frequentemente, piano entropico o piano T,s, nel quale si riporta la temperatura assoluta in ordinata e l’entropia specifica in ascissa. In questo diagramma di stato le isoterme sono ovviamente segmenti di retta paralleli all’asse delle ascisse; le adiabatiche reversibili, essendo isoentropiche, sono invece segmenti di retta paralleli all’asse delle ordinate. Poiché, come si è visto, per una trasformazione internamente reversibile è: dq T

(4.3)

∫ Tds

(4.40)

ds = si ha: 2

q1,2 =

1

quindi, in un diagramma entropico l’area compresa tra la curva rappresentativa di una generica trasformazione reversibile, l’asse delle ascisse e le ordinate estreme, mostrata in Figura 4.6, rappresenta il calore scambiato dall’unità di massa del sistema; il sistema assorbe energia termica quando il verso della trasformazione è quello dell’entropia crescente, la cede nel

!! J!

! B!

-!

! !

&!

Figura 4.6 – Rappresentazione grafica nel piano T,s del calore scambiato in un processo internamente reversibile.

82

Lezioni di Fisica Tecnica

caso contrario. La coincidenza fra l’area sottesa dalla curva rappresentativa di una trasformazione e la quantità di calore scambiata nella trasformazione sussiste esclusivamente per le trasformazioni internamente reversibili, per le quali valgono la (4.1) e la (4.3); nel caso di trasformazioni adiabatiche non internamente reversibili, per la (4.5), poiché è sempre Δs > 0, il punto finale della trasformazione sarà sempre spostato verso destra rispetto al punto iniziale, indipendentemente dal tipo di processo adiabatico e dal verso della trasformazione.

4.10.2 Rappresentazione dei cicli diretti sul piano entropico Nel caso di un ciclo, per considerazioni analoghe a quelle svolte al paragrafo 2.10 per il lavoro, l’area racchiusa rappresenta l’energia termica globalmente scambiata per ciascun ciclo dall’unità di massa del sistema, che è positivo se il verso è quello orario, negativo se il verso è quello antiorario. Ovviamente, per il primo principio della termodinamica, l’area racchiusa rappresenta anche il lavoro specifico compiuto nel ciclo. Nel piano entropico un ciclo di Carnot, qualunque sia la sostanza che evolve, è rappresentato da un rettangolo. J!

-!

'

B

' A!

AX!

Y!

' YX!

&!

Figura 4.7 – Rappresentazione nel piano T,s di un ciclo di Carnot.

Un altro importante vantaggio del piano entropico è quello di fornire facilmente il valore del rendimento termodinamico di un ciclo reversibile. Si faccia riferimento al ciclo di Figura 4.8: l’area 1'1233' rappresenta la quantità di calore assorbita per unità di massa, Σqi, l’area 1234 il lavoro specifico del ciclo e quindi risulta:

Secondo principio della termodinamica 83

η=

area 1 2 3 4 area 1' 1 2 3 3'

Nel caso particolare di ciclo di Carnot, con riferimento alla Figura 4.7, risulta ovviamente: η=

area 1 2 3 4 area 1 2 3' 4'

J! B! Y!

-! A!

YX!

-X!

&!

Figura 4.8 – Rappresentazione nel piano T,s di un generico ciclo.

Col piano entropico si può facilmente dimostrare graficamente che un generico ciclo termodinamico internamente reversibile ha un rendimento minore o al più uguale a quello del ciclo di Carnot diretto reversibile operante tra le stesse temperature estreme: si faccia riferimento al generico ciclo 1234 rappresentato in Figura 4.9, che evolve tra le temperature estreme T2 e T4, il cui corrispondente ciclo di Carnot è il 5-6-7-8. Per quanto detto prima si ha:

∑ Qi < Q1C

(4.41)

∑ Qj

(4.42)

I

e > Q2C

J

dove con Q1C e Q2C si indicano le quantità di calore in valore assoluto assorbite e cedute nel ciclo di Carnot. Si ha quindi:

84

Lezioni di Fisica Tecnica

Q2c < Q1c

∑ Qj J ∑ Qi

(4.43)

i

da cui, ricordando l’espressione del rendimento, si ottiene:

ηC = 1 −

Q2C > η = 1− Q1C

∑ Qj J ∑ Qi

(4.44)

i

J! J-!

Q

B

\

-! Y! JB!

`!

A!

_!

&! Figura 4.9 – Rappresentazione nel piano T,s di un generico ciclo reversibile e di un ciclo diretto di Carnot internamente reversibile entrambi operanti tra le stesse temperature estreme.

4.10.3 Rappresentazione dei cicli inversi sul piano entropico Quanto detto a proposito della rappresentazione grafica del ciclo di Carnot diretto, vale anche per il ciclo di Carnot inverso, rappresentato in Figura 4.9, salvo a percorrerlo in senso antiorario.

4.11 Considerazioni riepilogative Quanto esposto nei paragrafi precedenti si può in generale così ricapitolare:

Secondo principio della termodinamica 85

• le trasformazioni in sistemi isolati possono classificarsi in ideali (reversibili), reali (irreversibili) o impossibili a seconda che la produzione entropica risulti uguale, maggiore o minore di zero; • gli effetti dissipativi, di qualunque tipo, comportano sempre una generazione di entropia, o produzione entropica, positiva nel sistema e/o nell’ambiente a seconda che l’effetto dissipativo sia interno e/o esterno; • gli scambi termici quasi statici, cioè quelli che avvengono in conseguenza di una differenza infinitesima di temperatura, comportano nei due sottosistemi che scambiano energia variazioni di entropia in valore assoluto uguali e non danno luogo ad una produzione di entropia; viceversa, gli scambi termici non quasi statici, cioè quelli che avvengono per una differenza finita di temperatura, comportano variazioni di entropia in valore assoluto non uguali nei due sottosistemi e danno perciò luogo ad una produzione di entropia. Si può inoltre affermare che l’utilizzazione della funzione di stato entropia consente di dare compiuta risposta ai quesiti non risolti dal 1° principio.

4.12 L’exergia 4.12.1 Introduzione L’esigenza del risparmio energetico, di un uso razionale dell’energia e della salvaguardia dell’ambiente, ha evidenziato l’opportunità di introdurre, nello studio dei processi energetici, affianco al tradizionale rendimento ottenibile alla luce del 1° principio della Termodinamica, altri criteri di valutazione. È ormai divenuto di uso comune in campo energetico la funzione di stato “exergia”, sulla quale ci si intratterrà per brevità in forma schematica, indicandone l’utilità per la migliore definizione dei rendimenti dei processi termodinamici e per la individuazione e valutazione delle perdite dovute ad irreversibilità dei processi. Il primo principio della termodinamica stabilisce l’equivalenza fra le varie forme di energia. Il secondo principio fissa i limiti entro i quali una forma di energia può essere trasformata in un’altra. Alcune forme di energia, come l’energia meccanica e l’energia elettrica, sono completamente trasformabili in tutte le altre forme. Il calore, invece, e così l’energia interna di un sistema, non possono essere completamente trasformate in altre forme di energia. La frazione di energia che è completamente trasformabile in ogni

86

Lezioni di Fisica Tecnica

altra forma, si chiama “exergia”; la frazione non trasformabile si chiama “anergia”. Quanto più alta è la frazione di “exergia” in una certa forma di energia, tanto più questa è pregiata dal punto di vista tecnico ed economico. Si può quindi dire che l’energia elettrica e l’energia meccanica costituiscono exergia pura. L’exergia di una quantità di calore è invece tanto più elevata quanto più alta è la temperatura alla quale il calore è disponibile (rispetto alla temperatura esterna di riferimento) in quanto è più elevata la possibilità di trasformazione in energia meccanica. Un processo è termodinamicamente ideale se non comporta perdite di exergia. In tutti i processi reali vi è sempre una perdita irrecuperabile di exergia, dovuta essenzialmente a fenomeni di attrito nel moto dei fluidi e a processi di scambio termico con differenze finite di temperatura. L’ottimizzazione termodinamica di un processo comporta la conservazione dell’exergia e non dell’energia, perché questa, in accordo con il primo principio, non si distrugge ma solo si trasforma. L’espressione “conservazione” o “risparmio di energia” è, strettamente parlando, errata. Occorre parlare di conservazione di exergia. Le espressioni del 1° e del 2° principio, pertanto, possono essere poste nel modo seguente: 1° principio: la somma della exergia e dell’anergia si mantiene costante durante ogni processo. 2° principio: se un processo è reversibile l’exergia rimane costante; se un processo è irreversibile, una parte di exergia è trasformata in anergia. L’anergia non può mai essere trasformata in exergia. Il calcolo dell’exergia e, quindi, le analisi energetiche, richiedono la definizione di uno stato di riferimento che è rappresentato dall’equilibrio con le condizioni ambiente, di temperatura e di pressione.

4.12.2 Bilancio di exergia Per poter eseguire il bilancio della grandezza exergia occorre innanzi tutto individuare i modi in cui essa può attraversare i confini del sistema; per questo motivo, considerato inizialmente un sistema chiuso in grado di scambiare energia con l’ambiente in modo lavoro e calore e successivamente un sistema aperto che può scambiare energia con l’esterno in modo lavoro, calore, e con flussi convettivi, si valuteranno i flussi di exergia associati a questi flussi di energia. Allo scopo di semplificare l’analisi in entrambi i casi si supporranno trascurabili i termini cinetici e potenziali e raggiunte le condizioni di regime; per il sistema aperto si considererà inoltre un’unica sezione di ingresso e di uscita.

Secondo principio della termodinamica 87

4.12.2.1 Sistemi chiusi Exergia associata ad un trasferimento di energia nella sola forma lavoro Dalla definizione di exergia è immediato dedurre che ad un flusso energetico nella forma lavoro è associato un flusso di exergia coincidente proprio con l’energia trasferita (sia in valore assoluto che in segno); poiché i due flussi coincidono il simbolo usato è lo stesso. Si ha pertanto: L = m ex = EX

(4.45)

con: ex = exergia specifica, in J/kg o kJ/kg; EX = exergia totale, in J o kJ. Exergia associata ad un trasferimento di energia nella sola forma calore La parte trasformabile in lavoro, ossia l’exergia di una quantità di calore Q disponibile a una temperatura T1, è data da: ⎛ Ta ⎞ EX Q = Q ⎜ 1 − ⎟=L T1 ⎠ ⎝

(4.46)

con: EXQ = exergia scambiata dal sistema a seguito del trasferimento di una quantità di calore, J; = temperatura dell’ambiente, K. Ta L’exergia rappresenta il lavoro netto che si può ottenere se la quantità di calore Q è impiegata in un ciclo reversibile di Carnot, operante tra una sorgente superiore a temperatura T, e una sorgente inferiore, costituita dall’ambiente a temperatura Ta. Ogni quantità di calore disponibile alla temperatura T1 può quindi essere considerata composta di due frazioni: ⎛ Ta ⎞ una prima, exergia, pari a: Q ⎜ 1 − ⎟ T1 ⎠ ⎝ una seconda, anergia, pari a: Q

Ta T1

⎛ Ta ⎞ dove l’espressione tra parentesi, ⎜ 1 − ⎟ , è detta fattore di Carnot. T1 ⎠ ⎝

88

Lezioni di Fisica Tecnica

4.12.2.2 Sistemi aperti Si consideri un flusso di massa in ingresso in un sistema aperto con un’unica sezione di ingresso ed un’unica sezione di uscita. Nell’ipotesi di regime permanente si supponga di portare tale flusso, mediante una trasformazione internamente reversibile, dalle condizioni iniziali p1 e T1 alle condizioni pa e Ta di equilibrio termodinamico con l’ambiente esterno, facendolo interagire solo con l’ambiente. L’energia meccanica relativa a tale trasformazione si ricava dal bilancio di energia: ! a = L! + m ! h1 + Q ! ha m

(4.47)

Il bilancio di entropia risulta: ! s1 + m

!a Q ! sa =m Ta

(4.48)

! a dalla (4.48) e sostituendolo nella (4.47), risolta rispetto Ricavando Q ad L! , si ottiene: ! [(h1–ha) – Ta(s1–sa)] L! = m

(4.49)

Il valore di L! così calcolato rappresenta proprio il flusso di exergia associato al flusso di massa; la quantità [(h1–ha) – Ta(s1–sa)] è l’exergia specifica della sostanza nello stato 1. Si ha pertanto, in generale: ex = (h–ha) – Ta (s–sa) .

! ex EX = m

(4.50) (4.51)

con: . EX = il flusso exergetico convettivo, W.

4.12.3 Il Teorema di Gouy-Stodola Nel precedente paragrafo sono state individuate le modalità secondo le quali l’exergia può fluire attraverso i confini del sistema. Per valutare ciò che accade all’interno del sistema stesso, si postula che l’exergia non è una proprietà conservativa, ma può essere distrutta: .

EX dis ≥ 0 dove il segno di uguaglianza vale per le trasformazioni reversibili.

(4.52)

Secondo principio della termodinamica 89

Il postulato (4.52), unitamente all’individuazione dei flussi exergetici, consente di formulare il bilancio di exergia per un sistema aperto. In analogia con .quanto. previsto nel Capitolo 2 per i termini Q ed L, ponendo . EX Q = EX Qi − EX Qu : .

.

.

.

.

EX i + EX Qi = EQQu + L + EX dis

(4.53)

Al fine di correlare exergia distrutta ed entropia generata si combinino il primo ed il secondo principio della termodinamica; i bilanci di energia e di entropia, relativamente al sistema di Figura 4.10, possono essere così scritti: n

! j +Q ! a = L! + m ! hi + ∑ Q ! hu m

(4.54)

j= 1

n

! si + ∑ m j= 1

!j Q ! Q ! su + a + S! gen = m T j Ta

! EIJ!-!

! !

EIJ!1!

EIJ!m!

!#! "

!

(4.55)

! !! "

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!$! " 4!

! ! ! &! !

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3$6'%1*%!

Figura 4.10 – Schema per i bilanci di energia e di entropia per un sistema aperto.

con: ! j = generica potenza termica scambiata con una sorgente a temperaQ tura Tj, W.

90

Lezioni di Fisica Tecnica .

Evidenziando Qa dalla (4.55) si ha: n !j ⎤ Q ! a = ⎡⎢ m ! (su − si ) − ∑ Q − S! gen ⎥ ⎢⎣ ⎥⎦ j= 1 T j

(4.56)

che, sostituita nella (4.54) fornisce: n ! j ⎛⎜ 1 − Ta ⎞⎟ − Ta S! gen ! [(h i − Ta si ) − (h u − Ta su )] + ∑ Q L! = m Tj ⎠ j= 1 ⎝

(4.57)

Confrontando la (4.57) con la (4.53) si ottiene la relazione: .

EX dis = Ta S! gen

(4.58)

correntemente indicata come teorema di Gouy Stodola. Dalle (4.52) e (4.58), si ricava che nella (4.57) la somma dei primi due termini a destra dell’uguale rappresenta. il limite superiore cui può tendere L! ; questo limite è raggiunto quando EX dis = 0 ( S! gen = 0 ), ovvero quando la trasformazione è reversibile. In tal caso, la (4.57) diventa: .

L! = L! id − EX dis

(4.59)

L’exergia distrutta rappresenta quindi una misura del grado di irreversibilità termodinamica.

4.12.4 Rendimento exergetico Nei paragrafi precedenti è stato evidenziato che l’irreversibilità termodinamica di una trasformazione può essere espressa o da una misura entropica, S! gen, o da una misura energetica, Ta S! gen; può comunque risultare più utile, al fine di confrontare differenti situazioni, quantificare tale irreversibilità con un rendimento. Si definisce rendimento exergetico di un processo il rapporto fra l’exergia prodotta dal processo e l’exergia spesa: ηex =

ex prod ex spesa

(4.60)

Secondo principio della termodinamica 91

Esercizi ESERCIZIO 4.1 – Un sistema isolato è costituito da due sorgenti termiche rispettivamente a t1= 85,2°C e t2= 25,4°C. Si calcoli la produzione entropica conseguente ad uno scambio di energia termica di 45 kJ. Esercizio 4.2 – Un sistema isolato è costituito da tre sorgenti termiche rispettivamente a 350, 400 e 450°C. Si calcoli la variazione complessiva di entropia conseguente ad uno scambio di energia termica di 200 kcal tra la sorgente a 450°C e quella a 350°C: 1. nel caso che lo scambio avvenga direttamente tra le suddette due sorgenti (senza interessare cioè la terza sorgente); 2. nel caso che lo scambio avvenga attraverso la sorgente a 400°C cioè prima quella a 450° scambia 200 kcal con quella a 400°C, poi questa scambia 200 kcal con quella a 350°C). ESERCIZIO 4.3 – Si esamini un ciclo reversibile di Carnot. Per ciascun ciclo è ottenibile un lavoro di 40,0 kJ. Nel caso che il rendimento sia di 0,350 e che la temperatura della sorgente fredda sia di 40°C, si determinino: 1. la temperatura della sorgente calda; 2. le quantità di calore scambiate. ESERCIZIO 4.4 – Un sistema, sede di trasformazioni cicliche, è in grado di scambiare calore con due sorgenti termiche A e B (rispettivamente alle temperature TA e TB) e lavoro con un serbatoio di energia meccanica: il tutto costituisce un sistema isolato. Alla luce del I e del II Principio della Termodinamica si dica quali dei seguenti casi sono possibili e quali non sono possibili: 1. QA > 0; QB > 0; L = 0 2. QA > 0; QB < 0; L = 0 3. QA > 0; QB = 0; L = 0 4. QA > 0; QB > 0; L > 0 N.B. I segni delle quantità di calore e del lavoro sono riferiti al sistema; il sistema, in tutti i casi, compie un numero intero di cicli. ESERCIZIO 4.5 – Un sistema, relativamente ad un periodo di osservazione corrispondente ad un numero intero di cicli, converte 100 kJ di energia termica prelevata da un SET 1 a 1100 K in energia meccanica, scaricando 70 kJ in un SET 2 a 300 K. Si determinino: 1. il rendimento, 2. il rendimento di secondo principio.

92

Lezioni di Fisica Tecnica

ESERCIZIO 4.6 – Una macchina di Carnot riceve energia termica da una sorgente 1 alla temperatura di 650 ºC; il 60% di questa energia viene convertita in lavoro meccanico, mentre il rimanente 40% viene scaricato in un pozzo 2. Si determini la variazione percentuale rispetto al valore iniziale del rendimento se la temperatura della sorgente 1 scende a 500 K, a parità di temperatura del pozzo.

ESERCIZIO 4.7 – Una pompa di calore, relativamente ad un periodo di osservazione corrispondente ad un numero intero di cicli, preleva 300 kJ da un SET 1 a 273,0 K e 100 kJ da un SEM, fornendo energia termica ad un SET 2 a 293,0 K. Si determinino: 1. il coefficiente di prestazione; 2. il coefficiente di prestazione di 2° principio.

ESERCIZIO 4.8 – In un piano p,v, avente le seguenti scale: 1 cm = 1 bar e 1 cm = 1 m3/kg, l’area di un ciclo reversibile risulta di 7,5 cm2. 1. Quale è il lavoro specifico complessivo per ciclo? 2. Quale è l’area dello stesso ciclo in un piano T,s avente le seguenti scale: 1 cm = 50 K, 1 cm = 0,20 kJ/kgK?

ESERCIZIO 4.9 – 10000 kg/h di un fluido attraversano un condotto posto in un ambiente alla temperatura costante di 20°C. Il condotto non è coibentato e quindi il fluido scambia calore con l’ambiente. Nel condotto il fluido non compie alcun lavoro. Conoscendo le seguenti proprietà del fluido all’ingresso ed all’uscita del condotto, determinare la produzione entropica del processo in kW/K: proprietà

t (°C)

p (bar)

h (kJ/kg)

s (kJ/kgK)

all’ingresso (i)

250

2,50

315

1,60

all’uscita (u)

120

2,00

130

1,12

Capitolo quinto Sostanze pure: generalità

5.1 Definizioni Una sostanza si dice pura quando è caratterizzata da composizione chimica uniforme ed invariabile; può esistere in tre stati di aggregazione, detti anche fasi: aeriforme1, liquido o solido, o in varie combinazioni di queste. Nelle considerazioni che seguono si riterrà sempre verificato l’equilibrio termodinamico, la qual cosa comporta, nel caso di presenza di più fasi, che esse siano in mutuo equilibrio tra di loro. Quando una sostanza pura passa da una fase ad un’altra in conseguenza di modificazioni delle condizioni esterne, si dice che subisce un cambiamento (passaggio) di fase. Impropriamente si parla anche di cambiamento di stato (sottintendendo di aggregazione). La nomenclatura più consueta dei passaggi di fase è quella riportata in Figura 5.1.

5.2 Tensione di vapore Si immagini di introdurre in un recipiente in cui sia stato praticato il vuoto una piccola quantità, dm, di acqua liquida; il recipiente, dotato di manometro e termometro, sia a pareti permeabili al calore, ovvero diabatico, e si trovi in un ambiente termostatato alla temperatura t1: immediatamente tutte le molecole di liquido evaporano e la pressione, inizialmente nulla, raggiunge all’equilibrio un valore dp. Ripetendo lo stesso processo, si continua ad assistere all’evaporazione del liquido e al graduale aumento della pressione (che non essendoci altra sostanza sarà proprio la pressione esercitata dal vapore d’acqua) fino a quando questa non 1

Come si vedrà, per aeriforme si intendono sia i vapori che i gas.

94

Lezioni di Fisica Tecnica

raggiungerà un valore, al quale un’eventuale ulteriore quantità di acqua liquida introdotta nel recipiente resterà sul fondo, ancora in fase liquida; questo valore di pressione, che ovviamente non aumenta in quanto non c’è ulteriore evaporazione di acqua, viene detto tensione di vapore del liquido o pressione di saturazione, pvs, a quella temperatura e per quella particolare sostanza2. ;9*$%&" CR!GSR'

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Figura 5.1 – Nomenclatura dei passaggi di fase

Se si ripete quanto sopra per una qualunque sostanza in fase liquida, si assiste sempre allo stesso fenomeno e ciò che cambia è solo il valore della pressione di equilibrio; si può pertanto concludere che ogni liquido tende ad evaporare finché la pressione del vapore non risulta uguale al valore di equilibrio, che è appunto la tensione di vapore del liquido a quella temperatura, e che rappresenta la tendenza delle molecole del liquido a passare in fase vapore. Si noti bene che la tensione di vapore è una proprietà del liquido e come tale è indipendente dalla presenza o meno di vapore. La dipendenza tra la tensione di vapore e la temperatura è biunivoca; le condizioni di equilibrio tra le due fasi sono anche dette di saturazione e le due fasi vengono dette sature. In realtà, in presenza delle due fasi si verificano contemporaneamente 2

I valori della pressione di saturazione dell’acqua sono riportati nella seconda colonna della Tabella A.6 dell’Appendice, in funzione dei valori di temperatura (in prima colonna); dalla Tabella si ricava, ad esempio, che alla temperatura di 20°C la pressione di saturazione è pari a 0,02337 bar, ovvero 2337 Pa.

Sostanze pure: Generalità 95

due fenomeni: il passaggio di molecole dalla fase liquida a quella aeriforme e quello inverso dalla fase aeriforme a quella liquida; in particolare, quando le due fasi sono in equilibrio, il numero di molecole che nell’unità di tempo passano dalla fase liquida a quella vapore, è uguale a quello delle molecole che dalla fase vapore passano a quella liquida. Se l’evaporazione ha luogo in un sistema chiuso a volume costante, si raggiunge, come visto, un equilibrio dinamico con un valore della pressione del vapore uguale a quello della tensione di vapore del liquido; invece, se lo spazio a disposizione è sufficientemente grande, può accadere che il liquido evapori tutto, dal momento che la pressione del vapore, che rappresenta in definitiva la tendenza delle molecole del vapore a passare in fase liquida, non riesce ad uguagliare mai la tensione di vapore del liquido. Per chiarire ulteriormente questo concetto, si immagini ora di avere sul fondo del recipiente dell’acqua liquida in condizioni di equilibrio a 20°C; per quanto detto, il manometro segna una pressione di 2337 Pa, che è contemporaneamente il valore della pressione esercitata dal vapore d’acqua nello spazio sovrastante il liquido ed il valore della tensione di vapore del liquido. Portando il sistema alla temperatura di 40°C, alla quale il valore della tensione di vapore dell’acqua è pari a 7374 Pa, maggiore di quello della pressione del vapore, l’equilibrio viene meno e il liquido evapora fino a quando la pressione non raggiunge il valore di 7374 Pa o fino alla completa evaporazione. Al contrario, se sul fondo del recipiente l’acqua liquida è inizialmente in condizioni di equilibrio alla temperatura di 20°C e viene poi raffreddata fino a 10°C, temperatura alla quale la tensione di vapore dell’acqua vale 1227 Pa, il sistema ha una tensione di vapore minore della pressione del vapore: pertanto, una parte del vapore condensa fino a quando la pressione del vapore non diminuisce ed eguaglia la tensione di vapore del liquido. Si consideri infine un sistema cilindro-pistone per il quale, a differenza del sistema a pareti rigide e fisse finora considerato, il valore della pressione del sistema, all’equilibrio, è sempre uguale a quello della pressione esterna. Si immagini che il sistema, costituito da acqua liquida e vapore in equilibrio, si trovi inizialmente ad una pressione di 7,01∙ 104 Pa, cui corrisponde una temperatura di 90°C, e che la pressione esterna venga aumentata fino al valore di 1,00 bar, lasciando costante la temperatura: la fase vapore scompare, poiché la pressione, certamente uguale a quella esterna, è maggiore della tensione di vapore del liquido, rimasta inalterata perché inalterata è la temperatura; ciò significa che la tendenza del vapore a passare in fase liquida, pressione del vapore, è diventata maggiore della tendenza del liquido a passare in fase vapore, tensione di vapore, e quindi la fase vapore è scomparsa. Al contrario, se dalla condizione di equilibrio a 0,701 bar e 90°C, si riduce la pressione a temperatura costante fino a 0,500 bar, si assiste alla scomparsa della fase liquida, in quanto la tensione di vapore del liquido è maggiore della pressione del vapore.

96

Lezioni di Fisica Tecnica

Come si può verificare esaminando i valori della tensione di vapore dell’acqua liquida, la tensione di vapore di un liquido per tutte le sostanze risulta sempre funzione crescente, di tipo esponenziale, della temperatura. Da quanto detto si ricava anche che mentre in un sistema monocomponente monofasico conoscere una qualunque coppia di valori di pressione e temperatura, che sono proprietà indipendenti, è sufficiente a definirne univocamente lo stato termodinamico, nei sistemi bifasici ciò non è più vero, in quanto pressione e temperatura risultano biunivocamente legate. Quanto detto a proposito della tensione di vapore del liquido e dell’equilibrio tra fase liquida e fase vapore si può ripetere identicamente per la tensione di vapore dei solidi e per l’equilibrio solido-vapore.

5.3 Piano termodinamico p,T Il campo di esistenza delle varie fasi di una sostanza pura, in funzione della pressione e della temperatura, è chiaramente rilevabile nel diagramma qualitativo riportato in Figura 5.2, detto piano delle fasi o piano p,T. La curva AT, detta di sublimazione, è rappresentativa delle condizioni di equilibrio delle fasi solido e vapore e fornisce la legge di variazione della tensione di vapore del solido al variare della temperatura; la curva TB, detta di fusione, fornisce le condizioni di equilibrio delle fasi solida e liquida ed indica l’influenza della pressione sulla temperatura di fusione; infine la curva TC, detta di vaporizzazione o di evaporazione, rappresenta le condizioni di equilibrio delle fasi liquido-vapore ed indica la legge di variazione della tensione di vapore del liquido al variare della temperatura e l’andamento della temperatura di ebollizione3 del liquido al variare della pressione. Il punto T rappresenta lo stato di coesistenza delle tre fasi, detto punto triplo. Il punto C, detto punto critico, è rappresentativo dello stato critico, caratterizzato dalla temperatura critica, Tc, massima temperatura di coesistenza della fase liquida con quella vapore, e dalla pressione critica, pc, valore massimo della tensione di vapore del liquido4. Tc è anche la massima temperatura di esistenza del liquido, qualunque sia la pressione.

3

La temperatura di ebollizione di una sostanza è definita come la temperatura alla quale la tensione di vapore uguaglia la pressione atmosferica. 4 Negli stati termodinamici caratterizzati contemporaneamente da valori di temperatura e pressione maggiori dei corrispondenti valori critici, si parla genericamente di fluido, senza distinzione tra liquido e gas.

Sostanze pure: Generalità 97

Va sottolineato che la curva TB è quasi verticale, con debole pendenza verso destra per le sostanze che solidificando diminuiscono di volume, verso sinistra per quelle, che come l’acqua, il bismuto, l’antimonio e il gallio, solidificando espandono5 e per le quali, di conseguenza, il solido galleggia sul liquido. La fase aeriforme di una sostanza pura viene convenzionalmente definita gas per temperature superiori alla temperatura critica, vapore surriscaldato per temperature inferiori a questa, e, come si vedrà nel Capitolo 7, vapore saturo secco nel caso di condizioni di equilibrio con il solido o il liquido (curve AT o TC di Fig. 5.2). È importante sottolineare che il piano di Figura 5.2 è indicativo del comportamento di ogni tipo di sostanza pura. Al variare della sostanza la forma delle curve si modifica solo leggermente, mentre assumono valori notevolmente diversi le pressioni e le temperature del punto triplo e del punto critico, come si ricava dalla Tabella 5.1 dove sono riportati i valori della temperatura e della pressione del punto triplo e del punto critico per alcune sostanze. ='

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A' p2, il lavoro, e quindi l’area che lo rappresenta, risulta positivo.

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'

8'

0'

'

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Figura 8.1 – Espressione grafica del lavoro connesso all’espansione in un sistema aperto nel caso di fluido comprimibile.

Sulla base di quanto presentato in questo testo, il termine vdp può essere integrato, in maniera semplice, solo per liquidi (nell’ipotesi di comportamento incomprimibile) e per gas piuccheperfetti interessati da trasformazioni politropiche. La perdita di carico R non compare nell’espressione del I principio in quanto non costituisce un flusso di energia che attraversa le superfici del sistema ma rappresenta l’energia meccanica che, nel volume di controllo, si trasforma per attriti in energia interna. Si noti anche che la conoscenza del processo che avviene nel volume di controllo non è necessaria nell’applicazione delle equazioni della continuità e del primo principio in condizioni di regime permanente, mentre 3

Si noti che R è l’unica grandezza specifica che, in questo testo, viene rappresentata da una lettera maiuscola.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 155

è richiesta per applicare l’equazione di bilancio dell’energia meccanica 2

nel caso di fluidi comprimibili, a causa dei termini R e – ∫ vdp ; nel caso 1

di fluidi incomprimibili, ovviamente, tutto ciò vale solo per le perdite di carico in quanto risulta: 2

– ∫ vdp = v(p1 – p2)

(8.2)

1

Nel caso di fluido a comportamento incomprimibile, l’equazione di bilancio dell’energia meccanica risulta: gz1 +

w 12 w2 + p1v1 = gz2 + 2 + p2v2 + R + l 2 2

(8.3)

che nel caso anche di perdite di carico trascurabili e di lavoro nullo diventa: gz1 +

w 12 w2 + p1v1 = gz2 + 2 + p2v2 2 2

(8.4)

nota come equazione di Bernoulli. Dividendo tutti i membri della (8.4) per g si ottiene un’ulteriore espressione dell’equazione di Bernoulli, espressa nelle unità del Sistema Tecnico: z1 +

w 12 p1 w2 p = z2 + 2 + 2 + 2g γ 1 2g γ 2

(8.5)

con γ peso specifico, nella quale tutti i termini sono lunghezze, ovvero energie per unità di peso di fluido e quindi espressi in kpm/kp, ovvero in metri. La (8.5), nel caso di presenza di perdite di carico, risulta ovviamente: z1 +

w 12 p1 v 1 w2 p v R = z2 + 2 + 2 2 + + 2g g 2g g g

(8.6)

In idraulica, disciplina nella quale le equazioni (8.5) e (8.6) trovano vasta applicazione, generalmente si adotta la seguente terminologia: z1, z2

= quote geometriche delle sezioni 1 e 2;

156

Lezioni di Fisica Tecnica

w 12 w 22 , 2 2

= quote cinetiche nelle sezioni 1 e 2;

p1 v 1 p 2 v 2 , g g

= quote piezometriche nelle sezioni 1 e 2;

R g

= perdita di carico per unità di peso fra le sezioni 1 e 2;

le quote geometriche, cinetiche e piezometriche sono misurabili sperimentalmente in modo semplice, il che consente di calcolare per differenza le perdite di carico.

8.2 Perdite di carico nel moto di fluidi in condotti 8.2.1 Regimi di moto di fluidi in condotti Il moto di un fluido si può svolgere secondo due modalità che vengono definite: regime laminare e regime turbolento. 8.2.1.1 Regime laminare I1 moto si dice in regime laminare qualora le particelle di fluido seguano traiettorie ben definite, costituenti delle linee regolari, immobili rispetto alle pareti del condotto e parallele a queste. In tale tipo di moto in ogni punto la componente della velocità del fluido normale all’asse del condotto è nulla. Allorquando un fluido si deforma a causa del moto e dell’applicazione di forze esterne, si manifestano effetti di attrito causati dal moto relativo di ciascun elemento di fluido rispetto agli altri. Questi effetti si rilevano in tutti i fluidi reali e sono dovuti alla viscosità. Per comprendere il significato di questa grandezza si consideri un sottile strato di fluido compreso fra due superfici parallele di area! A, poste a distanza dy, come mostrato in Figura 8.2. Una forza costante F applicata parallelamente ad una! delle superfici dà luogo ad un moto uniforme della stessa nel verso di F , con velocità dw! rispetto alla superficie fissa. In condizioni di regime, la forza esterna F è bilanciata da una eguale forza interna dovuta alla viscosità del fluido. L’intensità di tale forza tangenziale per unità di area risulta proporzionale alla derivata della velocità dw/dy mediante un coefficiente di proporzionalità detto viscosità dinamica del fluido, μ: τ=

F dw =μ A dy

(8.7)

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 157

Dalla (8.7) risulta che nel Sistema Internazionale la viscosità dinamica è misurata in Ns/m2 ovvero in kg/ms. Il moto laminare di un fluido a viscosità non nulla, in prossimità di una superficie fissa, è caratterizzato dallo scorrere del fluido stesso lungo vene fluide ciascuna dotata di velocità diversa da quella ad essa adiacente. Gli elementi fluidi a contatto con la superficie solida sono ad essa solidali, assumendone quindi la velocità.

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Figura 8.2 – Schema per la comprensione della (8.7).

È opportuno mettere in evidenza che lo sforzo tangenziale può anche essere espresso come flusso di quantità di moto in quanto, per la 2a legge di Newton, la forza può essere interpretata come variazione di quantità di moto nell’unità di tempo. Nel caso del moto laminare tale flusso è normale alla direzione della velocità. 8.2.1.2 Regime turbolento Qualora il moto del fluido avvenga non secondo filetti regolari e paralleli ma seguendo traiettorie irregolari, casualmente variabili nel tempo, si parla di moto in regime turbolento. In questo tipo di moto gli elementi di fluido sono dotati di movimenti irregolari che si sovrappongono alla direzione principale del moto e assumono velocità istantanee con componenti sia parallele che perpendicolari all’asse del condotto. Appare chiaro che nel caso di regime turbolento non si possono mai ravvisare le condizioni di moto permanente. Se però si estende l’osservazione ad un intervallo di tempo non troppo breve, si può constatare che, mentre il valore medio delle componenti perpendicolari all’asse del condotto è nullo, quello della componente lungo l’asse non lo è; in particolare, qualora tale valore medio risulti costante nel tempo, e risulti costante nel tempo anche il valore medio di ogni grandezza termostatica, si può parlare di moto mediamente permanente. È bene però chiarire che a rigore può definirsi moto permanente solo un moto in regime laminare

158

Lezioni di Fisica Tecnica

nel quale può essere verificata l’effettiva costanza nel tempo, in ogni punto, sia della velocità che delle proprietà termostatiche. Da quanto detto, risulta evidente che ogni qual volta nel moto turbolento mediamente permanente si parla di proprietà del fluido in un punto, si intende riferirsi al valore medio nel tempo di quella proprietà nel punto. 8.2.1.3 Numero di Reynolds La presenza di vortici in seno al fluido in moto turbolento comporta trasporto di quantità di moto e di massa, oltre che eventualmente di calore, che si sovrappone al trasporto che si ha su scala molecolare. Il trasporto che avviene a livello molecolare è anche detto diffusivo o conduttivo, quello dovuto alla turbolenza viene detto turbolento o convettivo. Nel fluido gli sforzi tangenziali, dovuti alla viscosità, tendono a stabilizzare il moto laminare, mentre le forze d’inerzia, legate alla densità ed alla velocità del fluido, tendono a distruggere tale moto per cui il moto avviene secondo il regime laminare o turbolento al prevalere rispettivamente delle forze viscose o di quelle d’inerzia. È stato sperimentalmente verificato che l’instaurarsi di uno dei due regimi di moto in una sezione di un condotto percorso da un fluido dipende dai valori assunti dai seguenti parametri nella sezione in esame: • velocità media, W; • densità media, ρ; • viscosità media, μ; • diametro equivalente del condotto, definito come Deq = 4Ω/P, dove Ω è l’area della sezione e P il perimetro bagnato (per tubi circolari completamente riempiti risulta Deq = D). In particolare, i dati sperimentali (dovuti inizialmente al Reynolds) hanno consentito di verificare che il regime di moto che si determina nella sezione dipende dalla seguente particolare combinazione di questi parametri: w Deq ρ μ

(8.8)

detta numero di Reynolds, adimensionale, ed indicata simbolicamente con NRe o, più frequentemente, con Re. Nel moto in condotti, per valori di Re inferiori a circa 2300 il moto è generalmente laminare, mentre per valori superiori a circa 2300 è generalmente turbolento; tale valore, detto valore critico e normalmente assunto come indicatore della transizione fra i due regimi di moto, rappresenta in realtà una media fra numerosissimi dati

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 159

sperimentali, per cui è difficile definire a priori quale regime di moto si instauri nell’ambito dei numeri di Reynolds compresi fra 2000 e 4000, dipendendo tale circostanza da ulteriori fattori difficilmente valutabili. Nel numero di Reynolds compare il rapporto di due proprietà termostatiche, μ/ρ, indicato con ν, chiamato viscosità cinematica. La viscosità cinematica è misurata nel Sistema Internazionale in m2/s. In definitiva si ha: Re =

w Deq ρ w Deq = μ ν

(8.9)

Nella Tabella 8.1 vengono riportati i valori di viscosità dinamica e cinematica per l’aria alla pressione atmosferica e per l’acqua in fase di liquido saturo in funzione della temperatura. A conclusione di questo paragrafo si noti che in questo testo i sistemi aperti sono stati sempre trattati considerando le proprietà del fluido uniformi in ciascuna sezione normale alla direzione del moto e variabili quindi solo lungo la direzione del moto stesso. Infatti nell’equazione di bilancio di materia, nel 1° e 2° principio della termodinamica e nell’equazione dell’energia meccanica non si è mai considerata la distribuzione delle proprietà nella sezione perpendicolare alla direzione del moto: si è fatta cioè l’ipotesi di moto unidimensionale. Ora si può precisare che per fluidi in condotti tale ipotesi è verificata nella pratica con buona approssimazione se il moto è in regime turbolento; infatti, nel caso di moto turbolento, in ogni sezione, l’andamento dei valori medi nel tempo di ogni grandezza si presenta sufficientemente appiattito, con una brusca variazione solo in prossimità della parete, e l’appiattimento è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di Reynolds. Viceversa, nel caso di moto laminare, l’andamento delle proprietà è variabile con continuità dalle pareti all’asse del condotto, poiché in tutta la sezione si risente l’effetto della parete, per cui l’ipotesi di moto unidimensionale non è accettabile in regime laminare. Tabella 8.1 – Valori di viscosità dinamica, μ, e di viscosità cinematica, ν, per l’aria alla pressione atmosferica e per l’acqua in fase di liquido saturo. T (°C) 0 25 50 100 150 200

aria alla pressione atmosferica ν⋅106 (m2/s) μ⋅103 (kg/ms) 0,0173 13,4 0,0185 15,6 0,0197 18,0 0,0219 23,2 0,0240 28,8 0,0260 34,8

acqua in fase di liquido saturo μ⋅103 (kg/ms) ν⋅106 (m2/s) 1,79 1,79 0,911 0,904 0,576 0,582 0,287 0,300 0,186 0,203 0,138 0,160

160

Lezioni di Fisica Tecnica

Quanto ora detto è evidenziato dalla Figura 8.3, nella quale è rappresentato qualitativamente il variare del profilo della velocità al variare di Re.

8.2.2 Calcolo delle perdite di carico nel moto di fluidi in condotti Per quanto concerne il calcolo delle perdite di carico nel caso di moto in condotti, si noti che questi ultimi sono generalmente costituiti da tronchi a sezione costante e ad asse rettilineo tra i quali sono inseriti brevi tratti nei quali la vena fluida subisce variazioni brusche di sezione o di direzione per la presenza di valvole, raccordi, gomiti, diramazioni, ecc. Le perdite di carico che si determinano nei tratti a sezione costante ad asse rettilineo vengono dette perdite di carico continue o distribuite; quelle che si verificano nei tratti nei quali si hanno variazioni brusche di sezione o direzione vengono dette perdite di carico localizzate o accidentali.

A"'_'0FZZ' A"'M'0FZZ' A"'MM'0FZZ'

Figura 8.3 – Andamento dei profili di velocità in un condotto a sezione circolare al variare del numero di Reynolds

8.2.2.1 Perdite di carico distribuite Le perdite di carico distribuite sono calcolabili mediante la relazione: R=λ

L w2 Deq 2

(8.10)

dove L rappresenta la lunghezza del tronco di condotto in esame, Deq il suo diametro equivalente, w la velocità media e λ un coefficiente adimensionale detto coefficiente di attrito.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 161

Sperimentalmente si è visto che il coefficiente di attrito è funzione della viscosità cinematica e della velocità del fluido, delle caratteristiche geometriche e della scabrezza delle superfici interne del condotto. Tale dipendenza è esprimibile in funzione di due soli gruppi adimensionali: il numero di Reynolds e la scabrezza relativa della parete, rapporto fra la dimensione media delle asperità della parete, ε, detta anche scabrezza assoluta4, ed il diametro equivalente del condotto, Deq. La determinazione di λ in funzione del numero di Reynolds e della scabrezza relativa è effettuata generalmente mediante 1’abaco di Moody, riportato in Figura A.3 dell’Appendice. Nell’abaco di Moody, che è in scale logaritmiche, si distinguono tre zone: la zona del regime laminare, nella quale λ dipende solo da Re e non dipende dalla scabrezza, una zona, detta di transizione, nella quale λ dipende sia da Re che da ε/Deq, ed infine una zona, detta di completa turbolenza, nella quale λ dipende solo da ε/Deq ed è indipendente da Re. È opportuno precisare che la (8.10) vale per tratti di condotti per i quali la velocità del fluido ed il coefficiente di attrito siano costanti; naturalmente, la costanza del coefficiente di attrito richiede la costanza del numero di Reynolds e della scabrezza relativa. 8.2.2.2 Perdite di carico concentrate o localizzate Le perdite di carico concentrate o localizzate si calcolano con la seguente relazione, analoga alla (8.10): R=ξ

w2 2

(8.11)

dove ξ è un coefficiente adimensionale, funzione delle caratteristiche geometriche della particolare discontinuità ed, in generale, del numero di Reynolds. Generalmente, nelle applicazioni tecniche, per il calcolo delle resistenze concentrate si considera il moto completamente turbolento: in tal caso il valore di ξ risulta indipendente da Re. Nella Tabella A.13 dell’Appendice si riportano i valori di ξ per alcune geometrie. Spesso, nei calcoli si preferisce considerare la perdita di carico connessa a ciascuna resistenza localizzata come se fosse dovuta a perdite di tipo distribuito nell’ipotesi che la tubazione sia più lunga che nella realtà. Si definisce così la lunghezza equivalente, Leq, ad una certa discontinuità come la lunghezza di tubazione, del tipo di quella nella quale la discontinuità stessa è inserita, che dia luogo alla stessa perdita di carico. Si pone cioè: Nella Tabella A.12 dell’Appendice si riportano alcuni valori tipici di ε utilizzabili per il calcolo della scabrezza relativa. 4

162

Lezioni di Fisica Tecnica

ξ

L eq w 2 w2 =λ 2 Deq 2

(8.12)

da cui risulta: Leq = ξ

Deq λ

(8.13)

Alcuni manuali riportano Tabelle di valori di lunghezze equivalenti che, per la (8.13), risultano funzione, oltre che del tipo e delle caratteristiche geometriche della discontinuità, anche del diametro della condotta e del particolare valore di λ.

8.3 Laminazione Se nel condotto in cui fluisce un fluido esiste una brusca riduzione di sezione, data per esempio dalla presenza di una strozzatura o di un setto poroso, come schematizzato nella Figura 8.4, si ha un processo chiamato di laminazione.

0'

8'

Figura 8.4 – Schema di un condotto con brusca riduzione di sezione.

La strozzatura, o il setto poroso, dà luogo ad una perdita di carico localizzata per cui, trascurando le variazioni di energia cinetica e quelle di energia potenziale5 ed essendo anche nullo il lavoro, dalla (8.1) risulta: 2

– ∫ vdp = R

(8.14)

1

5

Tali variazioni sono rigorosamente nulle se il sistema di Figura 8.3 è orizzontale e se le sezioni sono tali da rendere w1=w2.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 163

che per il teorema della media si può sempre scrivere come: R = v (p1 – p2)

(8.15)

con v opportuno valore medio del volume specifico. Essendo R, come si è visto, certamente positiva, da questa relazione si ricava che a valle della strozzatura o del setto poroso la pressione è certamente minore della pressione a monte (p1 > p2) ed è tanto minore quanto maggiore è la perdita di carico, cioè la strozzatura. Se le sezioni 1 e 2 sono sufficientemente lontane dall’ostacolo da poter considerare in esse il moto unidimensionale e se non vi sono, o sono trascurabili, gli scambi di calore tra le sezioni 1 e 2, essendo l = 0, il 1° principio della termodinamica fornisce: h1 = h2 +

w 22 − w 12 + g(z2 – z1) 2

(8.16)

Se, come avviene generalmente nei processi reali, le variazioni di energia cinetica e di energia potenziale sono trascurabili rispetto a quella all’entalpia specifica, ovvero, rigorosamente, se le sezioni del condotto a monte ed a valle della strozzatura sono tali da realizzare l’uguaglianza della velocità in 1 e 2 e se il tratto di condotto è orizzontale, si ottiene: h1 = h2

(8.17)

il che non significa che il processo di laminazione è isoentalpico, ma semplicemente che, scelte opportunamente le sezioni di ingresso e di uscita del condotto, in tali sezioni i valori delle entalpie sono uguali. Infatti, il processo di laminazione è certamente irreversibile, in quanto la perdita di carico è un effetto dissipativo; pertanto, non è possibile definire il valore di h durante la trasformazione. Per il processo di laminazione, che è adiabatico irreversibile, dal secondo principio della termodinamica si ha infine: s2 > s1

(8.18)

ovvero a valle della strozzatura l’entropia specifica è maggiore di quella a monte, ed è tanto maggiore quanto maggiore è la strozzatura. Se il fluido che viene laminato è un gas perfetto, per il quale l’entalpia specifica è funzione solo della temperatura, dalla (8.17) si ha anche: t2 = t1

(8.19)

164

Lezioni di Fisica Tecnica

Invece, se il fluido laminato è un gas che non ha comportamento da gas perfetto, la temperatura a valle della strozzatura può aumentare o diminuire. L’argomento esula però dalla trattazione di questo testo. Se invece il fluido laminato è un vapore surriscaldato, come si può vedere dal diagramma T,s o dal diagramma h,s, diminuendo la pressione a parità di entalpia, si ha una diminuzione della temperatura; al diminuire della pressione iniziale ed all’aumentare del surriscaldamento, la diminuzione di temperatura si va riducendo, fino a diventare trascurabile quando il comportamento del vapore surriscaldato tende a quello del gas perfetto. Se il fluido laminato è un vapore saturo, come si può vedere dal diagramma T,s o dal diagramma h,s, alla fine della laminazione il fluido può rimanere vapore saturo o diventare surriscaldato; in ogni caso la temperatura diminuisce. Se il fluido laminato è un liquido, la temperatura rimane praticamente costante in quanto, essendo per i liquidi l’entalpia quasi indipendente dalla pressione, a un Δh = 0 corrisponde un ΔT = 0. A conclusione di questo paragrafo, va sottolineato che la laminazione è un fenomeno della massima importanza nell’ingegneria, in quanto si verifica in modo più o meno vistoso ogni qualvolta vengono ad interporsi ostacoli al flusso di un fluido in un condotto. Da quanto detto, potrebbe sembrare che la laminazione sia in assoluto un fenomeno indesiderato; in alcuni casi, invece, è utilizzato per ottenere in modo semplice una desiderata riduzione di pressione: un esempio tipico lo si ha negli impianti frigoriferi, che si esamineranno nel Capitolo 14.

8.4 Rendimenti isoentropici ed exergetici di turbine, pompe e compressori Nelle turbine e nei compressori, rispettivamente macchine motrici ed operatrici definiti nel paragrafo 3.6.8, la potenza termica scambiata è trascurabile rispetto a quella meccanica e pertanto il processo che avviene si può considerare adiabatico6; inoltre, generalmente, in queste macchine le variazioni di energia potenziale gravitazionale ed energia cinetica sono trascurabili rispetto al lavoro, per cui il 1° principio della termodinamica per sistemi aperti fornisce: " (h2 – h1) L" = – m

(3.43)

6 Il fatto che queste macchine possano essere considerate adiabatiche è già stato accennato e si capirà meglio quando, nei capitoli successivi, si affronteranno le tematiche dello scambio termico.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 165

dove L" assume valori positivi nel caso delle turbine, che trasferiscono all’esterno energia meccanica prelevata al fluido che le attraversa e negativi nel caso dei compressori, che trasferiscono energia meccanica dall’esterno al fluido che le attraversa. Nella realtà, ovviamente, i processi sono irreversibili e quindi, essendo anche adiabatici, per il 2° principio della termodinamica sono ad entropia crescente e lo stato termodinamico finale del processo reale, a differenza di ciò che avviene per quello ideale isoentropico, non è facilmente individuabile. Per questo motivo tradizionalmente i processi reali vengono riferiti a quelli isoentropici mediante dei coefficienti detti rendimenti isoentropici o rendimenti adiabatici. Per le turbine il rendimento isoentropico, ηT,is , è definito dalla relazione: ηT,is =

L" h − h2 = 1 " L is h1 − h 2,is

(8.20)

mentre per le pompe e i compressori il rendimento isoentropico, rispettivamente ηP,is ηC,is, è definito dalla relazione: ηP,is = ηC,is =

L" is h 2,is − h1 = h 2 − h1 L"

(8.21)

con L" e L" is potenze meccaniche scambiate e h2 e h2,is entalpia specifica finale rispettivamente nel processo reale e in quel processo isoentropico che avvenga tra le stesse pressioni del processo reale. I due rendimenti assumono valori sempre minori di 1, in quanto a causa della generazione entropica, ovvero a causa degli effetti dissipativi: • nella turbina il lavoro specifico ottenuto è sempre minore di quello ottenibile con un processo reversibile, • nella pompa e nel compressore il lavoro specifico speso nel processo reale è sempre maggiore di quello che sarebbe necessario in un processo reversibile. In definitiva, nella pratica, per turbine, pompe e compressori è possibile valutare la potenza termodinamica reale dalla conoscenza dello stato termodinamico iniziale, della pressione finale e del rendimento isoentropico. Un approccio alternativo è quello di considerare il rendimento exergetico, che per le turbine è dato dalla relazione: ηT,ex =

h1 − h 2 (h1 − h 2 ) − Ta (s1 − s2 )

(8.22)

166

Lezioni di Fisica Tecnica

e per le pompe ed i compressori dalla relazione: ηP,ex = ηC,ex =

(h 2 − h1 ) − Ta (s2 − s1 ) h 2 − h1

(8.23)

da cui si può ricavare che i rendimenti exergetici risultano maggiori dei corrispondenti rendimenti isoentropici. La spiegazione del valore più elevato del rendimento exergetico è data dal fatto che nelle trasformazioni irreversibili la temperatura finale del fluido è sempre maggiore di quella che si avrebbe nella corrispondente trasformazione reversibile, il fluido in uscita possiede quindi un’energia maggiore che può essere ulteriormente sfruttata per produrre lavoro. Nei testi di macchine a fluido, di solito, si fa riferimento più frequentemente al rendimento isoentropico, anche se rigorosamente, è il rendimento exergetico il vero rendimento derivante dal secondo principio, rapporto tra ciò che si è ottenuto e ciò che si è speso nello stesso processo, mentre nel rendimento isoentropico si pongono a confronto due processi diversi fra loro, il processo reale e quello ideale.

8.5 Scambiatori di calore Gli scambiatori di calore, come accennato al paragrafo 3.6.8, sono apparecchiature che consentono il trasferimento di energia termica tra fluidi a temperature differenti e che vengono utilizzati in un gran numero di applicazioni ingegneristiche. Generalmente, lo scambio termico fra i due fluidi avviene attraverso una superficie di separazione, piana o tubolare, che è realizzata con un materiale di elevata conducibilità termica e che ha lo scopo di evitare il mescolamento tra i due fluidi; scambiatori di questo tipo sono detti recuperatori o scambiatori a superficie. Esistono molti tipi di scambiatori a superficie: qui7 si parlerà solo di quello a correnti parallele, costituito da due tubi cilindrici coassiali, in ciascuno dei quali scorre un fluido; i due fluidi sono separati dalla parete del tubo interno, attraverso la quale avviene lo scambio termico, e possono fluire nello stesso verso, nel qual caso lo scambiatore si dice in equicorrente, o in versi opposti, nel qual caso lo scambiatore si dice in controcorrente. In Figura 8.5 è schematizzato uno scambiatore del tipo descritto, anche detto monotubolare, in equicorrente ed è riportato l’andamento delle temperature dei due fluidi che lo attraversano, in funzione della lunghezza dello scambiatore o della superficie di scambio. 7

La teoria degli scambiatori di calore è affrontata in maniera più completa nel Capitolo 13 di questo testo.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 167

4+?$'

46?$

46?7

4+?7 , -+?$' ' ' ' ' ' -6?$' Z'

;

-+?7' ' -6?7'

a'

Figura 8.5 – Schema di uno scambiatore monotubolare con andamento delle temperature in assenza di passaggio di fase.

Gli scambiatori a superficie talvolta assumono nomi particolari che ne individuano la funzione. Si chiamano infatti evaporatori gli scambiatori di calore nei quali un liquido evapora o un vapore saturo aumenta di titolo; si chiamano condensatori gli scambiatori di calore nei quali un vapore saturo condensa; si chiamano desurriscaldatori gli scambiatori di calore nei quali un vapore surriscaldato si raffredda. Qualunque sia il tipo di scambiatore si dice fluido caldo il fluido che cede calore, fluido freddo quello che riceve calore. Gli aggettivi caldo e freddo stanno quindi per più caldo e più freddo, in quanto un fluido caldo ad esempio può essere a –20°C se il fluido freddo è, per esempio, a –40°C. Applicando il primo principio della termodinamica rispettivamente al fluido freddo, indicato con il pedice f, ed al fluido caldo, indicato con il pedice c, nelle ipotesi di regime permanente, di trascurabilità dei termini cinetici e potenziali e di adiabaticità dello scambiatore verso l’ambiente si possono scrivere i seguenti bilanci di energia:

168

Lezioni di Fisica Tecnica

"f = m " f hi,f + Q " f hu,f m

(8.24)

"c = m " c hi,c + Q " c hu,c m

(8.25)

"f e Q "c dove i ed u indicano le condizioni di ingresso e di uscita e Q " le potenze termiche scambiate dai due fluidi, dove evidentemente Qf è " c è negativa. positiva e Q Per l’ipotesi di adiabaticità verso l’ambiente risulta: " f = −Q "c =Q " Q

(8.26)

" potenza termica o potenzialità dello scambiatore e quindi: con Q " =m " f (hu,f – hi,f) = m " c (hi,c – hu,c) Q

(8.27)

che, nell’ipotesi di calori specifici costanti, può anche essere espressa come: " =m " f cp,f (Tu,f – Ti,f) = m " c cp,c (Ti,c – Tu,c) Q

(8.28)

Le equazioni (8.27) e (8.28) correlano sei grandezze: le due portate massiche e le entalpie delle sezioni di ingresso e di uscita dei due fluidi; pertanto, note cinque delle sei grandezze, permettono di ricavare la sesta. È bene sottolineare che le (8.27) e (8.28), essendo dei bilanci di energia, prescindono dalla geometria del sistema e quindi, pur essendo state ricavate con riferimento ad un particolare tipo di scambiatore a superficie, quello monotubolare e in equicorrente, conservano la loro validità per qualsiasi scambiatore di calore a superficie, purché siano verificate le ipotesi di condizioni di regime permanente, trascurabilità dei termini cinetici e potenziali ed adiabaticità verso l’ambiente. Per gli scambiatori non è possibile definire un rendimento isoentropico, in quanto le trasformazioni avvengono sotto una differenza finita di temperatura; è possibile, invece, definire il rendimento exergetico come . rapporto tra il flusso exergetico EX i guadagnato dal fluido freddo ed il . flusso exergetico EX u ceduto dal fluido caldo: " ⎛⎜ 1 − Ta Q Tf EX i ηex = . = ⎝ " ⎛⎜ 1 − Ta EX u Q Tc ⎝ .

⎞ ⎟ ⎠ ⎞ ⎟ ⎠

(8.29)

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 169

Esercizi ESERCIZIO 8.1 – Una pompa comprime una portata di 300 kg/h di acqua dalla pressione di 1,00 atm alla pressione di 20,5 atm. Le sezioni di ingresso e di uscita sono praticamente alla stessa quota ed hanno uguale diametro. La temperatura dell’acqua all’ingresso della pompa è di 30°C. Si calcoli: 1. la potenza meccanica teorica necessaria, in kW, nella ipotesi di compressione adiabatica reversibile; 2. la variazione di temperatura subita dall’acqua. ESERCIZIO 8.2 – In una tubazione cilindrica orizzontale di 20,0 cm di diametro interno è convogliata una portata d’acqua di 70,0 l/s alla pressione di 1,50 atm ed alla temperatura, praticamente uniforme, di 22°C. La tubazione, nuova e di acciaio galvanizzato, è lunga 120 m e presenta 5 curve a 90° con raccordo circolare di 0,80 m di raggio di curvatura. Calcolare la potenza meccanica dissipata per vincere le perdite di carico. ESERCIZIO 8.3 – Determinare la portata d’acqua in una tubazione orizzontale di diametro interno D = 10 cm, lunghezza L = 200 m, quando alle sue estremità è applicata una differenza di pressione p1–p2 = 0,40 bar. La pressione finale è di 1,00 atm. La temperatura dell’acqua è costante e pari a 14°C. La tubazione è di acciaio saldato ed è nuova. ESERCIZIO 8.4 – Dell’acqua viene laminata fino alla pressione di 1,00 atm. Calcolare la temperatura ed il volume specifico a valle della laminazione per le seguenti condizioni iniziali dell’acqua: 1. p1,1 = 10,0 bar, x1,1 = 0,300; 2. p1,2 = 10,0 bar, x1,2 = 0,990; 3. p1,3 = 10,0 bar, t1,3 = 300°C. ESERCIZIO 8.5 – In un condotto fluisce del vapore d’acqua. In una certa sezione un manometro ne misura la pressione ed un rubinetto permette di spillarne una parte per determinarne le caratteristiche. Qualora il manometro segni una pressione di 39,8 bar ed un termometro misuri per il vapore spillato una temperatura di 125°C, quali sono le caratteristiche del vapore nel condotto? ESERCIZIO 8.6 – 120 kg/s di acqua alla pressione di 40,0 bar e 450°C espandono in una turbina, il cui rendimento isoentropico è di 0,87, fino alla pressione

170

Lezioni di Fisica Tecnica

di 0,500 bar. Sapendo che l’ambiente si trova alla temperatura di 300 K, determinare: 1. la potenza termodinamica ottenuta; 2. la temperatura all’uscita dalla turbina; 3. la generazione oraria di entropia; 4. il rendimento exergetico. Rappresentare le trasformazioni sui piani T,s e h,s.

ESERCIZIO 8.7 – Una turbina, nella quale entrano 10,0 m3/s di aria a 900°C e 20,0 bar, ha una potenza di 32,4 MW. Qualora la generazione oraria di entropia sia di 14,0 kW/K, calcolare i rendimenti isoentropico ed exergetico della turbina assumendo per l’ambiente la temperatura di 30°C. Rappresentare la trasformazione sul piano T,s.

Esercizio 8.8 – Un compressore aspira 15,0 m3/s di aria a 20,0°C e 1,00 bar e la porta a 6,00 bar. Sapendo che il rendimento isoentropico è di 0,75 e che la temperatura dell’ambiente è di 293 K, calcolare: 1. la potenza meccanica necessaria; 2. la temperatura dell’aria all’uscita del compressore; 3. la generazione oraria di entropia; 4. il rendimento exergetico. Rappresentare la trasformazione sul piano T,s.

ESERCIZIO 8.10 – Si vuole utilizzare una portata di 200 kg/h di acqua alla pressione di 1,50 bar ed alla temperatura di 170°C per riscaldare una portata di 3000 kg/h di azoto inizialmente alla temperatura di 30°C ed alla pressione di 3,00 bar. Volendo utilizzare uno scambiatore a flussi paralleli in equicorrente, calcolare, nell’ipotesi di pressione costante: 1. le condizioni di uscita dell’acqua per una temperatura di uscita dell’azoto di 90°C; 2. le condizioni di uscita dell’acqua e dell’azoto nella situazione limite di superficie di scambio infinita.

ESERCIZIO 8.11 – Con uno scambiatore a superficie si vuole raffreddare una portata di 10,0 kg/min di olio di calore specifico 0,50 kcal/kg°C da 120 a 40°C. Come fluido freddo si adopera acqua disponibile a 18°C e che si vuole che all’uscita sia a 55°C. La pressione è praticamente uniforme e pari ad 1,00 atm. Calcolare la portata d’acqua necessaria.

Bilancio di energia meccanica e prime applicazioni di termodinamica 171

ESERCIZIO 8.12 – 300 kg/s di vapore d’acqua di titolo 0,950 ed alla temperatura di 55°C, vengono inviati in un condensatore da cui escono in condizioni di liquido saturo. Il fluido freddo è aria alla temperatura di 15°C e alla pressione atmosferica. Calcolare la minima portata d’aria necessaria.

Capitolo nono Introduzione alla trasmissione del calore

9.1 Generalità Quando in un sistema esistono differenze di temperatura o quando due sistemi a temperature diverse sono in grado di interagire, si ha trasmissione di energia dalle zone a temperatura maggiore verso quelle a temperatura minore. Poiché, come si è visto nel Capitolo 2, si chiama calore l’energia che si scambia a causa di una differenza di temperatura, lo studio di questo fenomeno rappresenta la branca della scienza che viene chiamata trasmissione del calore o scambio termico1. Come si vedrà nei Capitoli seguenti, la Trasmissione del Calore trova applicazione in campi diversi; per esempio, in campo industriale permette di: • stabilire le geometrie e le modalità di scambio termico in grado di evitare il superamento di una determinata temperatura, assegnata la potenza termica generata da un sistema o trasferita a quest’ultimo; è il caso del raffreddamento dei trasformatori elettrici di grande potenza o dei microchip, così come della protezione delle capsule spaziali al rientro in atmosfera; • realizzare il trasferimento di potenza termica fra due fluidi a temperatura diversa con il minimo ingombro e/o il minimo costo; è il caso del proporzionamento degli scambiatori di calore; • massimizzare la potenza termica che si può sottrarre ad un sistema di determinate caratteristiche al fine di ottimizzarlo tecnicamente ed economicamente; è il caso del raffreddamento dei reattori nucleari; in campo civile consente di: • calcolare la potenza termica che si trasmette attraverso una struttura o un sistema del quale si conoscono temperature di interfaccia, dimen1 La prima dizione, senza dubbio la più diffusa, è in realtà inesatta, in quanto, come detto, il calore è di per sé energia trasmessa; sarebbe quindi più corretto, quindi, parlare di”scambio termico”.

174

Lezioni di Fisica Tecnica

sioni e materiali; per esempio, nella progettazione di un impianto di riscaldamento di un edificio per valutare la potenza termica dispersa nella stagione invernale attraverso le pareti esterne; • dimensionare un sistema o una struttura in modo che la potenza termica non superi un certo valore; per esempio, nella progettazione dell’involucro edilizio la scelta dei materiali e la determinazione del loro spessore nel rispetto della legislazione sul contenimento dei consumi energetici; • valutare l’andamento della temperatura in una struttura o in un sistema; per esempio, nella progettazione dell’involucro edilizio per verificare che non si abbia formazione di condensa sulla superficie o all’interno dello stesso. In questo testo per lo studio della trasmissione del calore viene seguito il cosiddetto metodo globale: in questo capitolo introduttivo verranno esaminati, in modo semplice e sintetico, tutti gli aspetti della materia, che verranno poi ripresi, analizzati ed approfonditi nei capitoli successivi. L’opportunità di questa impostazione deriva dal fatto che i meccanismi di scambio termico sono quasi sempre contemporaneamente presenti; affrontare la materia meccanismo per meccanismo non permetterebbe di comprendere i casi reali e di risolvere problemi tecnicamente significativi, se non alla fine dell’intera trattazione.

9.2 Meccanismi di scambio termico I meccanismi di scambio termico sono tre: conduzione, irraggiamento e convezione.

9.2.1 Conduzione La conduzione è il meccanismo con il quale il calore si propaga in un mezzo o tra mezzi a diretto contatto. È dovuta alla cessione di energia cinetica dalle molecole che si trovano nelle zone a temperatura maggiore a quelle adiacenti che si trovano nelle zone a temperatura minore. Nei metalli a questa componente si aggiunge e prevale la componente elettronica dovuta alla diffusione degli elettroni dalle zone a temperatura maggiore a quelle a temperatura minore2. Nei solidi opachi la conduzione è il solo meccanismo di scambio ter2

trica.

Nei metalli esiste una stretta analogia tra la conduzione termica e quella elet-

Introduzione alla trasmissione del calore

175

mico; nei fluidi e nei solidi non opachi si ha ancora conduzione, ma associata alla convezione e/o all’irraggiamento.

9.2.2 Irraggiamento L’irraggiamento, o più correttamente l’irraggiamento termico, è l’unico dei tre meccanismi di scambio termico a non richiedere un supporto materiale, potendo avvenire anche attraverso il vuoto. La maggior parte dei corpi emette energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche; per i solidi non trasparenti, come si vedrà meglio nel seguito, il fenomeno è superficiale. Generalmente, l’ammontare e le caratteristiche dell’energia raggiante emessa dipendono dalla natura del corpo, dalle caratteristiche e dalla temperatura assoluta della superficie. Elemento distintivo importante delle onde elettromagnetiche, così come di tutti i fenomeni ondulatori periodici, è la lunghezza d’onda, λ, legata alla frequenza f ed alla velocità di propagazione c3 dalla relazione: c = λf

(9.1)

con c in m/s, λ in m e f in s–1. La trasmissione del calore per irraggiamento tra due corpi A e B, rispettivamente caratterizzati da temperature superficiali TA e TB, avviene in conseguenza di due trasformazioni successive dell’energia. Infatti, una parte dell’energia interna del corpo A viene emessa dalla sua superficie sotto forma di radiazione elettromagnetica e, incidendo sulla superficie del corpo B, viene in parte da questa assorbita e convertita in energia interna del corpo; analogamente, dalla superficie di B si ha una emissione di radiazione elettromagnetica che viene parzialmente assorbita da A e convertita in energia interna del corpo. La differenza tra i flussi di energia radiante assorbiti dalle due superfici rappresenta proprio l’energia termica scambiata per irraggiamento tra A e B, ovviamente sempre nel verso delle temperature decrescenti. Si parla di irraggiamento termico se l’emissione delle onde elettromagnetiche dipende solo dalla temperatura dei corpi; pertanto, non rientrano nell’ambito della trasmissione del calore per irraggiamento termico fenomeni quali la fluorescenza, la fosforescenza, l’emissione di onde radio, l’emissione di raggi X per bombardamento di metalli con elettroni, etc. Rientrano invece nell’irraggiamento termico le radiazioni luminose, definite come radiazioni elettromagnetiche in grado di sensibilizzare l’occhio umano. 3

La velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto, c0, è indipendente dalla lunghezza d’onda e vale 3,00⋅108 m/s.

176

Lezioni di Fisica Tecnica

Si noti che le molecole gassose monoatomiche ed alcune biatomiche, come quelle dell’ossigeno e dell’azoto, non emettono onde elettromagnetiche e non interagiscono con esse, nel senso che non le assorbono e non le riflettono: sono cioè trasparenti alle radiazioni elettromagnetiche. Ne deriva che l’aria, essendo costituita essenzialmente da ossigeno e azoto, può essere considerata trasparente alle radiazioni, a meno che i percorsi di queste ultime non siano dell’ordine dei kilometri, nel qual caso non si può più trascurare la presenza nell’aria di sostanze quali il vapor d’acqua, l’anidride carbonica, il pulviscolo atmosferico; nell’ipotesi di trasparenza, quindi, l’irraggiamento termico in presenza di aria è praticamente lo stesso che si avrebbe se ci fosse il vuoto.

9.2.3 Convezione La convezione è il più importante meccanismo di scambio termico tra un solido o un liquido ed un fluido a diversa temperatura ed è conseguente al movimento del fluido stesso. Si consideri una parete la cui temperatura superficiale sia, ad esempio, superiore a quella del fluido circostante: lo strato di fluido a diretto contatto con la parete riceve da essa per conduzione energia termica che, a sua volta, cede agli strati di fluido immediatamente adiacenti a temperatura minore; questi strati di fluido, la cui energia interna e la cui temperatura aumentano, si spostano verso zone del fluido a temperatura minore e, mescolandosi con queste, cedono parte dell’energia acquisita. La convezione si dice naturale o libera se il movimento del fluido si ha solo a seguito delle spinte archimedee dovute alle differenze di densità conseguenti alle differenze di temperatura rispetto alle zone circostanti, forzata se lo spostamento è dovuto all’azione di un agente esterno, quale un ventilatore, una pompa, il vento. Nel caso di convezione naturale il fluido è generalmente in movimento solo nelle immediate vicinanze del corpo a diversa temperatura, in quiete altrove. Dalla descrizione fatta si comprende che, rigorosamente, la convezione non è un terzo meccanismo di scambio termico ma è una combinazione di conduzione e di mescolamento. Qualunque siano i meccanismi di scambio termico, il loro effetto è un livellamento della temperatura; infatti, lo scambio termico, comportando un trasferimento di energia dalle zone a temperatura maggiore verso quelle a temperatura minore, tende a rendere uniforme la temperatura. Se invece, sottraendo o fornendo energia termica, vengono mantenute costanti le differenze di temperatura, si stabilisce un flusso termico costante nel tempo dalla regione più calda a quella più fredda. È il caso di un ambiente dotato di un impianto di riscaldamento: nella stagione invernale, l’impianto, fornendo energia termica, mantiene la temperatura

Introduzione alla trasmissione del calore

177

interna pari a circa 20 °C e, poiché la temperatura esterna è più bassa, si ha un flusso termico continuo dall’interno all’esterno; se si interrompe il funzionamento dell’impianto, e se non ci sono altre sorgenti di energia, la temperatura interna decresce e tende ad uguagliare quella esterna.

9.3 Semplificazioni adottate nella trattazione dello scambio termico La complessità della trattazione dei problemi di scambio termico nei quali, come già detto nel paragrafo 9.2, possono essere coinvolti più meccanismi con variabilità della temperatura non solo nello spazio ma anche nel tempo, induce a ricercare possibili semplificazioni sia sostanziali che formali. In generale, è T = T (x,y,z,θ); in questo testo, viene illustrata e utilizzata una trattazione dei problemi termici preliminare, e come tale semplificata, che comporta una drastica riduzione del numero di variabili. In primo luogo viene eliminata la variabile tempo, e quindi ci si riferisce sempre a fenomeni in regime permanente4; in secondo luogo si affrontano geometrie semplici, quali piastre indefinite a superfici piane e parallele e cilindri retti di lunghezza infinita, con condizioni al contorno semplificate, in modo che, come si vedrà meglio nel seguito, i problemi si presenteranno geometricamente monodimensionali anziché tridimensionali5. Così facendo, si passa da T = f (x,y,z,θ) a T = f (x), con enorme semplificazione nella trattazione. È bene precisare che, utilizzando le suddette drastiche semplificazioni, è comunque possibile affrontare, con approssimazioni ingegneristicamente accettabili, una molteplicità di problemi di scambio termico, in campo sia industriale che civile. Alle semplificazioni sostanziali di cui si è detto, si aggiungono alcune semplificazioni formali che consistono nella unificazione della trattazione dei tre meccanismi, che ne consente uno studio agevolato. A livello internazionale, considerato che lo scambio termico dipende dalla differenza di temperatura, si è convenuto di inquadrare ogni meccanismo di scambio termico mediante le seguenti due relazioni:

4

Si ricorda che l’ipotesi di regime permanente comporta che tutte le proprietà del sistema risultano costanti nel tempo, per cui, tra l’altro, risulta nullo ogni termine di accumulo. Sarà fatta nel seguito un’unica eccezione nel paragrafo 10.5, dove si tratterà un fenomeno transitorio di particolare interesse per l’ingegnere. 5 I corpi indefiniti, ai quali spesso si fa riferimento, sono un’astrazione; nella realtà, si possono assimilare ai corpi indefiniti quelli per i quali esiste una dimensione trascurabile rispetto alle altre due, per esempio una piastra caratterizzata da valori elevati della lunghezza e della larghezza e da piccolo spessore, per i quali risultano trascurabili i cosiddetti “effetti di bordo”.

178

Lezioni di Fisica Tecnica .

Q=

ΔT R

.

Q = K⋅ΔT con: . Q ΔT R K

= = = =

(9.2)

(9.3)

potenza termica trasmessa, W; differenza di temperatura, °C o K; resistenza termica, K/W; 1/R = conduttanza termica, W/K.

Facendo riferimento allo scambio termico relativo alla superficie unitaria, cosa che risulta spesso conveniente, si ha: .

Q ΔT q! = = A AR

(9.4)

.

Q KΔT q! = = = hΔT A A con: q! A AR h

= = = =

(9.5)

flusso termico, W/m2; area della superficie di scambio termico, m2; resistenza termica unitaria, m2K/W; conduttanza termica unitaria, = K/A, W/m2K.

A seconda del tipo di meccanismo le grandezze R, K, h, prenderanno generalmente il pedice k per la conduzione, r per l’irraggiamento, c per la convezione.

9.4 Meccanismi in serie e/o parallelo. Analogia elettrica Poiché la presenza contemporanea di più meccanismi di scambio termico crea una certa complessità di trattazione, spesso si considera didatticamente conveniente utilizzare la cosiddetta analogia elettrica, che consiste nello schematizzare i fenomeni termici come se fossero elettrici e che nasce dalla constatazione che i due fenomeni sono descritti da equazioni formalmente identiche6. Infatti, per le (9.2) e (9.3) si ha: 6

È possibile anche utilizzare l’analogia idraulica.

Introduzione alla trasmissione del calore .

Q=

ΔT = KΔT R

179

(9.6)

formalmente simile all’espressione che fornisce l’intensità di corrente elettrica in un circuito in corrente continua: I= con: I ∆V Re Ke

= = = =

ΔV = KeΔV Re

(9.7)

intensità di corrente elettrica, A; differenza di potenziale elettrico, V; resistenza elettrica, Ω; conduttanza elettrica, Ω-1.

Dal confronto tra la (9.6) e la (9.7) risulta evidente che nell’analogia elettrica l’intensità di corrente prende il posto della potenza termica, la differenza di potenziale quello della differenza di temperatura e le resistenze e conduttanze elettriche quello delle rispettive grandezze termiche. Nel seguito si esamineranno due tipologie di circuiti elettrici, cui corrispondono due tipologie di circuiti termici, la prima con resistenze disposte in serie, la seconda con resistenze disposte in parallelo7.

9.4.1 Circuito con resistenze in serie In tale tipo di circuito, in condizioni di regime permanente, la grandezza estensiva in esame (l’intensità di corrente nel caso elettrico, la potenza termica nel caso termico, la portata d’acqua nel caso idraulico) deve necessariamente, per le leggi di conservazione dell’energia e della massa, attraversare tutte le resistenze mantenendo lo stesso valore. In riferimento alla Figura 9.1, applicando la legge di Ohm alle singole resistenze si ottiene: I=

ΔV1 R1

I=

ΔV2 R2

I=

ΔV3 R3

(9.8)

7 Per semplicità, in entrambi i casi si considereranno circuiti con 3 resistenze; ovviamente i risultati potranno essere generalizzati ad un qualsiasi numero di resistenze.

180

Lezioni di Fisica Tecnica

dalle quali, esplicitando le differenze di potenziale, si ricava: ∆V = ∆V1+ ∆V2 + ∆V3= I (R1 + R2 + R3)

(9.9)

e quindi: I=

ΔV1 + ΔV2 + ΔV3 ΔV = R1 + R 2 + R 3 + R eq

(9.10)

con: Req = resistenza elettrica equivalente alle tre resistenze in serie, Ω. che rappresenta la legge di Ohm applicata all’intero circuito. Dalle (9.8) e (9.10) si ha inoltre: ΔV1 R 1 = ΔV R eq

ΔV2 R 2 = ΔV R eq #M7"

#MG"

ΔV3 R 3 = ΔV R eq

(9.11)

#MH"

$# 37#

3G#

3H 7

#M"

Figura 9.1 – Circuito con resistenze in serie: analogia elettrica

Generalizzando ad un circuito con n resistenze in serie, indicando con i la generica resistenza, dalle (9.8) e (9.10) si ha: ΔVi Ri

(9.12)

ΣΔVi ΔV = ΣR i R eq

(9.13)

Req = ΣRi

(9.14)

I=

I=

Sostituendo alle differenze di potenziale le differenze di temperatura, all’intensità di corrente la potenza termica ed alle resistenze elettriche

Introduzione alla trasmissione del calore

181

quelle termiche, si hanno le corrispondenti relazioni valide per un generico sistema termico a regime permanente costituito da n resistenze in serie, ottiene ! = ΔTi Q Ri

(9.15)

! = ΣΔTi = ΔT Q ΣR i R eq

(9.16)

Req = ΣRi

(9.17)

Dalle (9.15) e (9.16) si ha infine: ΔTi R = i ΔT R eq

(9.18)

da cui si ricava che in condizioni di regime permanente, poiché la potenza termica è costante nei vari elementi del circuito, ciascuna differenza di temperatura è proporzionale alla relativa resistenza e l’incidenza di ciascuna differenza di temperatura sulla differenza totale coincide con quella della corrispondente resistenza sulla resistenza totale.

9.4.2 Circuiti con resistenze in parallelo Un circuito costituito da più resistenze si definisce in parallelo se la grandezza potenziale che determina il fenomeno (differenza di potenziale nel caso elettrico, di temperatura nel caso termico, di pressione nel caso idraulico) è la stessa per tutte le resistenze. In analogia a quanto già fatto per i sistemi con resistenze in serie ed in riferimento alla Figura 9.2, applicando la legge di Ohm alle singole resistenze si ottiene: I1 =

ΔV R1

I2 =

ΔV R2

I3 =

ΔV R3

(9.19)

Sommando le tre espressioni si ha: 1 1 ⎞ ⎛ 1 I = I1 + I2 + I3 = ∆V ⎜ + + ⎟ ⎝ R1 R 2 R 3 ⎠

(9.20)

182

Lezioni di Fisica Tecnica

da cui, ricordando che è K = 1/R si ottiene la relazione: I = ∆V (K1 + K2 + K3) = ∆V Keq

(9.21)

dove Keq rappresenta la conduttanza termica equivalente alle tre resistenze in parallelo. 37#

3G# #

$#

3H#

#M

Figura 9.2 – Circuito con resistenze in parallelo: analogia elettrica.

Per un circuito termico costituito da n resistenze in parallelo si ha: ! i = ΔT = K i ΔT Q Ri

(9.22)

! = K ΔT Q eq

(9.23)

Qi K = i Q K eq

(9.24)

da cui:

che evidenzia come in un circuito in parallelo le potenze termiche che attraversano ciascuna resistenza abbiano sulla potenza termica totale la stessa incidenza che la relativa conduttanza ha sulla conduttanza totale. In base a quanto precedentemente esposto, appare evidente che, mentre nei processi in serie risulta conveniente riferirsi alle resistenze, per quelli in parallelo è preferibile, anche se non obbligatorio, utilizzare le conduttanze; infatti, per il sistema in parallelo di Figura 9.2 si può scrivere anche:

Introduzione alla trasmissione del calore

R eq =

1 1 1 = = 1 1 1 K eq K 1 + K 2 + K 3 + + R1 R 2 R 3

183

(9.25)

espressione corretta, ma formalmente più pesante.

9.5 Leggi fondamentali dello scambio termico 9.5.1 Conduzione La relazione fondamentale della trasmissione del calore per conduzione è il postulato di Fourier, che verrà analizzato nel Capitolo 11, la cui forma integrata più semplice è quella relativa al caso di una parete piana, omogenea e indefinita di spessore s, con superfici isoterme, in condizioni di regime permanente: ! k = kA (T1 − T2 ) Q s con: !k Q A T1, T2 k

= = = =

(9.26)

potenza trasmessa per conduzione, W, area della superficie della parete, m2, temperature delle superfici della parete, con T1> T2,°C o K, conducibilità termica o conduttività termica del materiale di cui è costituita la parete8, W/mK;

Dalla (9.26) si ricava che la conducibilità termica rappresenta la potenza termica che attraversa l’unità di superficie di una parete in corrispondenza di un gradiente termico unitario; in Tabella 9.1 sono riportati gli ordini di grandezza della conducibilità termica per alcune categorie di sostanze. Evidentemente, confrontando la (9.26) con le (9.2) e (9.3), si deduce che per conduzione in pareti piane risulta: Rk =

s Ak

(9.27)

Molto spesso la conducibilità termica viene indicata con il simbolo λ. In particolare, nel settore edilizio, per il calcolo delle dispersioni termiche attraverso le pareti, i valori medi delle conducibilità vengono ricavati da norme UNI che utilizzano appunto il simbolo λ. 8

184

Lezioni di Fisica Tecnica

Kk =

Ak s

(9.28)

Tabella 9.1 – Ordine di grandezza della conducibilità termica, k, per alcune categorie di sostanze. Tipo di sostanza gas alla pressione atmosferica liquidi non metallici e materiali isolanti solidi non metallici leghe metalliche metalli puri

k W/mK 10-2 10-1 1 10 102

ovviamente, la resistenza termica conduttiva unitaria è data da: RkA =

s k

(9.29)

con: RkA = resistenza termica conduttiva unitaria, m2K/W; si noti che la conduttanza termica conduttiva unitaria, Kk/A, che nella (9.5) è indicata con il simbolo h, viene sempre espressa come rapporto k/s.

9.5.2 Irraggiamento Come si vedrà nel Capitolo 11, un’importante relazione per lo scambio termico radiativo è la legge di Stefan-Boltzmann, che consente di affermare che la potenza radiante emessa da un corpo è proporzionale alla quarta potenza della temperatura della superficie del corpo, T, espressa in kelvin, e all’area della superficie di scambio, A, espressa in m2: ! emessa ∝ AT4 Q

(9.30)

Poiché, come si è detto, tutti i corpi solidi ed in generale i liquidi emettono, e poiché le radiazioni emesse da un corpo che incidono su un altro vengono in parte assorbite da quest’ultimo, la potenza termica scambiata per irraggiamento tra due corpi, 1 e 2, rispettivamente alle temperature T1 e T2, è data da una relazione del tipo: ! r = Φ (T 4 – T 4) Q 12 1 2

(9.31)

Introduzione alla trasmissione del calore

185

dove il coefficiente Φ12 dipende dalle aree delle superfici, dalle caratteristiche di emissione e di assorbimento, dalla geometria e dalle rispettive posizioni geometriche9 dei due corpi. Per quanto detto al paragrafo 9.2.4, la potenza termica scambiata per irraggiamento può essere espressa come: ! r = Ah (T – T ) Q r 1 2

(9.32)

con: hr = conduttanza termica unitaria radiativa, W/m2K; ovviamente, risulta: hr =

(

Φ 12 T 41 − T24

)

(9.33)

A (T1 − T2 )

Per valutazioni di prima approssimazione, in Tabella 9.2 sono riportati gli ordini di grandezza della conduttanza termica radiativa unitaria per lo scambio termico tra una superficie calda ed una superficie a temperatura ambiente. Tabella 9.2 – Ordine di grandezza della conduttanza termica radiativa unitaria per lo scambio termico tra una superficie calda ed una superficie a temperatura ambiente. Temperatura della superÞcie calda °C temperatura ambiente 200 900

hr W/m2K 1* 10 100

* per superÞci a temperatura ambiente il valore di hr è pari a circa 1 per superÞci rißettenti e a circa 5 per superÞci quali il corpo umano, le murature, i metalli verniciati o ossidati.

9.5.3 Convezione La relazione fondamentale per lo scambio termico convettivo tra la superficie di un solido o di un liquido, di area A ed alla temperatura Ts, ed un fluido, alla temperatura Tf, è la legge di Newton: ! c = A h (T – T ) Q c s f 9

La valutazione di Φ12 verrà affrontata nel Capitolo 11.

(9.34)

186

Lezioni di Fisica Tecnica

con: hc = conduttanza termica convettiva unitaria, anche detta coefficiente di scambio termico convettivo, W/m2K, ! c alla La (9.34), in definitiva, sposta il problema del calcolo di Q valutazione di hc, del cui calcolo ci si occuperà nel Capitolo 12. Gli ordini di grandezza dei coefficienti di scambio termico convettivo sono riportati in Tabella 9.3. Tabella 9.3 – Ordini di grandezza dei coefficienti di scambio termico convettivo. Fluidi gas e vapori surriscaldati a pressione atmosferica liquidi diversi dall’acqua acqua liquida liquidi in ebollizione e vapori saturi

hc W/m2K convezione naturale 10 102 103 104

hc W/m2K convezione forzata 102 103 104 > 104

9.6 Meccanismi combinati di scambio termico Come si è già detto, nella pratica spesso si hanno contemporaneamente più meccanismi di scambio termico, con elementi in serie ed in parallelo. Qui di seguito saranno esaminati casi estremamente semplici, appartenenti al nostro quotidiano, nei quali si è in presenza di meccanismi sia in serie che in parallelo. Si consideri, ad esempio, il caso, schematizzato in Figura 9.3, di una parete esterna di un edificio costituita da tre strati di diversi materiali: due fodere di mattoni, (a) e (c), con interposto un isolante termico (b). Nella stagione invernale, dette Ti e Te le temperature rispettivamente dell’ambiente interno e di quello esterno, risulta Ti>Te; quindi, il calore fluisce dall’ambiente interno alla superficie interna della parete, 1, per convezione e per irraggiamento (per convezione dall’aria e per irraggiamento dalle altre pareti dell’ambiente, opache o trasparenti che siano, oltre che dalle persone e da ogni altro oggetto presente nell’ambiente10);

10 Si sta facendo l’ipotesi che tutte le superfici, sia quelle delle pareti che quelle delle persone e degli oggetti siano ad una temperatura maggiore di quella della superficie 1; se si considera il caso di un ambiente con una superficie vetrata, nella stagione invernale tale superficie sarà presumibilmente ad una temperatura inferiore a T1 e quindi lo scambio radiativo tra la superficie vetrata e la 1 avrà un verso opposto rispetto a quello indicato in Figura 9.3.

Introduzione alla trasmissione del calore

187

questi due meccanismi, che agiscono contemporaneamente, risultano tra loro in parallelo. Attraverso gli strati a, b e c della parete, che sono solidi opachi, il calore fluisce solo per conduzione; questi meccanismi sono in serie tra loro ed in serie ai due meccanismi (convezione-irraggiamento) ambiente interno-superficie interna. Infine, dalla superficie esterna della parete, 4, all’ambiente esterno il calore fluisce ancora per convezione ed irraggiamento (per convezione con l’aria esterna, per irraggiamento con gli altri edifici, con le strade, gli alberi, etc.). Come evidenziato in Figura 9.4, nella quale è riportato lo schema dei percorsi del flusso termico, il sistema, in termini di resistenze, può essere suddiviso in tre parti: la A e la C, costituite da resistenze in parallelo, e la B, costituita da tre resistenze in serie; un sistema di questo genere viene generalmente indicato con il nome di meccanismo combinato serie-parallelo o, più semplicemente, meccanismo combinato.

# # # ,%&-'%(#

-0&-'%(# .#

7#

Z#

G#

2#

H#

8#

Figura 9.3 – Schema di parete a tre strati che separa l’ambiente interno da quello esterno.

Un sistema del tipo di quello di Figura 9.4 si risolve generalmente riducendo i paralleli a serie, sostituendo, cioè, alle resistenze in parallelo le relative resistenze equivalenti; ricordando quanto esposto nel paragrafo 9.4.2 si ha: Keq= Kc+ Kr

(9.35)

dalle quali, passando alle resistenze, si ottiene: R eq =

1 1 = 1 1 K eq + Rc Rr

(9.36)

188

Lezioni di Fisica Tecnica

in tal modo, la resistenza equivalente del sistema, che risulta ridotto a 5 resistenze in serie, è: Req= Req,i+ Rk,a+ Rk,b+ Rk,c+ Req,e

_#

.#

"

_ 2=,

"

Z#

2#

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P,#

P7#

1#

1#

,%&-'%(#

PG# PH# 1

"

_ 2= - #

"

P8#

P-#

1

1

_# -0&-'%(#

"

"

_ ' =- #

_ ' =, # b#

1

(9.37)

c#

[#

Figura 9.4 – Schema dei percorsi del flusso termico per la parete di Figura 9.3.

Quindi, la potenza termica scambiata attraverso il sistema è data da: Ti − Te ! = ΔT = Q R eq R eq,i + R k,a + R k,b + R k,c + R eq,e

(9.38)

e il flusso termico si calcola con la: q! =

! Q Ti − Te Ti − Te = = A A (R eq,i + R k,a + R k,b + R k,c + R eq,e ) 1 + Sa + Sb + Sc + 1 h i ka k b k c h e

(9.39)

Evidentemente, questa procedura si può applicare a qualunque sistema costituito da n resistenze e permette di risolvere la quasi totalità dei casi di problemi di scambio termico in pareti piane in regime stazionario, in campo sia civile che industriale. Va ricordato che negli scambi superficie-ambiente ed ambiente-superficie la conduttanza equivalente, Keq, viene generalmente considerata in riferimento all’unità di superficie; in questo caso, viene indicata con h oppure α e prende il nome di conduttanza termica unitaria superficiale

Introduzione alla trasmissione del calore

189

totale o coefficiente di scambio termico superficiale o adduttanza unitaria. La sua espressione è: heq = hc + hr

(9.40)

9.7 Valutazione dell’andamento della temperatura in un sistema Come si è precedentemente detto, spesso è necessario conoscere come varia la temperatura in un sistema; in particolare, va valutato l’andamento di temperatura in corrispondenza sia delle superfici che delimitano le pareti, dette superfici di interfaccia, che negli strati che costituiscono la parete stessa. Nell’ipotesi di regime permanente, se sono note la potenza termica che fluisce attraverso la parete e le resistenze dei singoli tratti, con la (9.15) è possibile calcolare le differenze tra le temperature di interfaccia; se poi è nota almeno una temperatura, è possibile calcolare anche le singole temperature di interfaccia. Un metodo alternativo e più semplice per calcolare le differenze tra le temperature di interfaccia, che va comunque utilizzato se non si conosce la potenza termica ma sono note tutte le resistenze e la differenza totale di temperatura, consiste nell’applicare la (9.18); anche in questo caso, se è nota almeno una temperatura, è possibile calcolare anche le singole temperature di interfaccia11. Questo secondo metodo ha il vantaggio di richiedere solo il calcolo delle resistenze termiche e permette di individuare rapidamente l’andamento di temperatura nei diversi tratti.

Esercizi Esercizio 9.1 – Con riferimento allo schema di Figura 9.1, ponendo R1 = 1,00 Ω, R2 = 10,0 Ω, R3 = 100 Ω, ΔV = 500 V, calcolare: 1. I, 2. ∆V1,∆V2, ∆V3.

In ogni caso è importante ricordare che il tratto per il quale si considera il ΔT deve essere lo stesso del quale sono note le resistenze termiche e che tale tratto può comprendere uno o più strati della parete. Per esempio, a ΔT1-2 corrisponde R1-2, a ΔT2-n corrisponde R2-n. 11

190

Lezioni di Fisica Tecnica

Esercizio 9.2 – Con i dati dell’esercizio 9.1 calcolare l’incidenza percentuale delle singole cadute di potenziale.

Esercizio 9.3 – Utilizzando gli stessi valori di resistenze e di differenza di potenziale totale dell’esercizio 9.1, per il sistema-circuito di Figura 9.2 calcolare: 1. I, I1 , I2 , I3. Esercizio 9.4 – Ripetere l’esercizio 9.3 nel caso in cui al circuito elettrico ! . venga sostituito un circuito termico. Calcolare Q ESERCIZIO 9.5 – Una parete piana, avente dimensioni 5,0 m × 3,0 m, divide un locale a 21°C dall’ambiente esterno a 5°C. La resistenza termica della parete è di 4,0⋅10–2 h°C/kcal e le conduttanze unitarie relative alle superfici interna ed esterna valgono rispettivamente 12 W/m2K e 17 W/m2K. Determinare: 1. la potenza termica che attraversa la parete; 2. la temperatura della superficie esterna. ESERCIZIO 9.6 – Una piastra metallica di area A = 10 m2, ricoperta sul lato esterno da un isolante termico, separa del vapor d’acqua saturo a 7,92 bar dall’ambiente esterno, a 21°C. La conduttanza superficiale unitaria lato vapore è di 2900 W/m2K; la resistenza termica della piastra è pari a 1,70 ⋅ 10–5 K/W, quella dell’isolante a 4,30 ⋅ 10–2 K/W e la conduttanza superficiale unitaria lato ambiente è di 23,0 W/m2K. Calcolare la temperatura delle superfici interna, esterna e quella dell’interfaccia di separazione piastra-isolante. ESERCIZIO 9.7 – Una piastra piana, di area A = 15 m2, disposta orizzontalmente e perfettamente coibentata nella parte inferiore, assorbe per irraggiamento dal sole una potenza termica di 9,42 ⋅ 103 W. Sapendo che la temperatura dell’aria è 27°C e che la conduttanza unitaria superficiale tra la piastra e l’ambiente è di 12 W/m2K, si determini la temperatura della piastra in condizioni di regime permanente.

Capitolo decimo Trasmissione del calore per conduzione

10.1 Postulato di Fourier La legge fondamentale della trasmissione del calore per conduzione è rappresentata dal postulato di Fourier: ! " k = −Ak grad T Q

(10.1)

con: ! " k = vettore potenza termica, W, Q A = area di superficie isoterma, m2, k = conducibilità termica, W/mK, T = temperatura, °C o K. dal significato dell’operatore gradiente si comprende l’esatto significato del postulato di Fourier: in un corpo nel quale la temperatura1 non è uniforme si trasmette dell’energia termica che in ogni punto fluisce: • normalmente alla superficie isoterma passante per il punto considerato, • nel verso delle temperature decrescenti, • con un’intensità direttamente proporzionale all’area della superficie isoterma, alla conducibilità termica del materiale di cui è costituito il corpo ed al gradiente di temperatura. Come è noto, il gradiente può essere espresso in funzione del versore della normale alla superficie isoterma nel verso delle temperature ! crescenti, n o :

1 Il postulato di Fourier sottolinea che la temperatura rappresenta il potenziale nei fenomeni di scambio termico conduttivo: laddove si crea una differenza di temperatura, si ha conseguentemente un flusso termico.

192

Lezioni di Fisica Tecnica

! ⎛ ∂T ⎞ grad T = n o ⎜ ⎟ ⎝ ∂n ⎠

(10.2)

oppure in funzione dei versori i , j e k della generica terna di assi cartesiani x, y e z: ! ⎛ ∂T ⎞ ! ⎛ ∂T ⎞ ! ⎛ ∂T ⎞ grad T = i ⎜ ⎟ + k⎜ ⎟ + j⎜ ⎟ ⎝ ∂x ⎠ ⎝ ∂z ⎠ ⎝ ∂y ⎠

(10.3)

Dalla (10.1) e dalla (10.2) si ottiene la relazione scalare " k = −Ak ∂T Q ∂n

(10.4)

Il segno meno che compare nelle (10.1) e (10.4) deriva dal fatto che il flusso termico ha verso opposto a quello della derivata della temperatura ∂T/∂n: assumendo, come si è detto, come verso positivo dell’asse n quello delle temperature decrescenti, evidentemente ∂T/∂n è negativa. La derivata parziale nella (10.4) si comprende ricordando che in generale la temperatura è funzione del punto e del tempo, cioè è T = T(x,y,z,θ) ovvero anche T = T(n,θ). Nel caso che il corpo si trovi in condizioni di regime permanente, è T = T(n) e la (10.4) diventa: " k = −Ak dT Q dn

(10.5)

La conducibilità termica, k, definita dal postulato di Fourier, è una proprietà del materiale e rappresenta la quantità di calore che nell’unità di tempo attraversa l’unità di area della superficie isoterma con una derivata della temperatura, rispetto alla normale alla superficie stessa, unitaria; quindi, per una fissata distribuzione di temperatura all’interno di un corpo, quanto maggiore è il valore della conducibilità termica tanto maggiori saranno i flussi termici. In Tabella 9.1 è riportato l’ordine di grandezza della conducibilità termica di alcune categorie di materiali; nella Tabella A.5 dell’Appendice, invece, sono riportati i valori per alcune sostanze in fase solida a temperature prossime a quelle ambientali. Nel seguito si farà sempre riferimento a solidi omogenei ed isotropi, cioè con proprietà uniformi ed indipendenti dalla direzione.

Trasmissione del calore per conduzione 193

10.2 Pareti piane a regime permanente Si consideri una parete o una lastra piana di spessore s con le superfici esterne, 1 e 2, isoterme alle temperature T1 e T2 con T1 > T2, schematizzata in Figura 10.1. In questo tipo di sistema ogni piano parallelo alle superfici esterne sarà anch’esso isotermo e pertanto, per il postulato di Fourier, il vettore flusso termico, e quindi l’asse n, è in ogni punto perpendicolare alle superfici esterne della parete. Generalmente si assume una terna cartesiana con x coincidente con n. Il fenomeno è quindi unidimensionale, in quanto la temperatura non dipende più da x, y e z ma soltanto da x.

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$ $ $

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Figura 10.1 – Schema di una parete piana.

La (10.5) si scrive: " k = −Ak dT Q dx

(10.6)

" k dx = −Ak dT Q

(10.7)

separando le variabili si ha:

ed integrando tra i valori di T1 e T2, corrispondenti a x=x1 e x=x2, si ottiene: x2



x1

T2

" k dx = − Ak dT Q ∫ T1

(10.8)

194

Lezioni di Fisica Tecnica

" k è costante nella dinella quale, per l’ipotesi di regime permanente2, Q rezione del flusso termico; essendo poi l’area A costante e x2–x1=s, assumendo k costante, dall’integrazione si ha: " k s = –kA (T – T ) Q 2 1

(10.9)

che, eliminando il segno meno ed isolando a primo membro la potenza termica, diventa: " k = kA (T1 − T2 ) Q s

(9.26)

relazione incontrata nel paragrafo 9.5.1, dove si è anche detto che per pareti o lastre piane la resistenza termica, Rk, la conduttanza termica, Kk, e la conduttanza termica unitaria, RkA, assumono le seguenti espressioni: Rk =

s Ak

(9.27)

Kk =

Ak s

(9.28)

k s

(9.29)

RkA =

Il postulato di Fourier permette di ricavare anche l’andamento della temperatura nella parete; infatti, dalla (10.6) si ricava la relazione: " dT Q =− k dx kA

(10.10)

" k è costante lungo x, la superficie A è conella quale, come si è detto, Q stante e, per le applicazioni che interessano questo testo, si può assumere k costante; ne deriva che la curva T,x in una parete piana è a pendenza costante, cioè ha un andamento lineare. 2

Considerando due qualunque superfici parallele alle superfici esterne, i flussi termici attraverso queste superfici sono certamente uguali: se non lo fossero nel volume di controllo compreso tra queste due superfici ci sarebbe accumulo positivo o negativo di energia, ovvero variazione dell’energia interna e della temperatura, contro l’ipotesi di regime permanente.

Trasmissione del calore per conduzione 195

Dalla (10.10) si ricava anche che nel caso di parete piana multistrato, nella quale come si è visto la potenza termica è la stessa in ciascuno strato, le pendenze della funzione T(x) nei diversi strati sono inversamente proporzionali alle conducibilità termica dei materiali con i quali tali strati sono realizzati. Per esempio, per la parete schematizzata in Figura 10.2, l’andamento della temperatura è indicativo del fatto che lo strato a è quello caratterizzato dal valore massimo della conducibilità termica e lo strato b da quello minimo. %$

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O$

0$

%W$

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5$

W$

J$

Figura 10.2 – Esempio di andamento della temperatura in una parete a tre strati, con ka >kc >kb.

Sempre dalla (10.10) si ricava che l’andamento della temperatura in una parete, oltre che dalla conducibilità termica, dipende dalla potenza " k /A, e non dalla potenza termica. termica per unità di superficie, Q Per quanto detto al paragrafo 9.4.1, nel caso di parete piana multistrato si può parlare di resistenza termica equivalente o totale della parete che, per meccanismo in serie, per le (9.14)3 e (9.27) risulta: R k, parete = ∑ i

si Aki

(10.11)

La conduttanza termica equivalente o totale della parete piana multistrato sarà ovviamente data dalla relazione: 3

R eq, ser =

∑R i

i

(9.14)

196

Lezioni di Fisica Tecnica

K k, parete =

1 R k, parete

(10.12)

Si consideri infine una parete realizzata con due diversi materiali, a e b, del tipo di quella schematizzata in Figura 10.3: la zona centrale è costruita con il materiale b ed ha spessore sb e superficie di area Ab, mentre le zone laterali sono costituite dal materiale a ed hanno spessore sa e superficie di area totale Aa= Aa1 + Aa2. Nelle tre zone i percorsi del flusso termico avvengono in parallelo, per cui, volendo calcolare la conduttanza termica equivalente o totale della parete, dalla (9.23)4 si ottiene: K k, parete =

ka A a k b A b + sa sb

T':$

T'!$

'

(10.13)

TO$ O

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Figura 10.3 – Esempio di una parete costituita da due zone attraversate da flussi termici in parallelo.

Si tenga presente che le relazioni presentate in questo paragrafo si basano sull’ipotesi di isotermicità delle due superfici esterne della parete, ipotesi che non è mai rigorosamente verificata nella realtà sia perché le pareti non sono mai indefinite e quindi, in corrispondenza dei bordi, risentono delle temperature delle pareti adiacenti o dell’ambiente, sia perché non sempre le pareti sono costituite da materiali omogenei (si pensi ai mattoni forati o alla presenza della malta); in ogni caso, sia analiticamente che sperimentalmente, si è verificato che l’errore che si commette facendo l’ipotesi di isotermicità delle superfici esterne è dell’ordine di qualche unità per cento e quindi senz’altro accettabile in molte applicazioni ingegneristiche. 4

" = K eq ΔT Q

(9.23)

Trasmissione del calore per conduzione 197

10.3 Pareti cilindriche a regime permanente Per pareti cilindriche si intendono corpi delimitati da superfici cilindriche coassiali; nella tecnica sono importanti perché comprendono le tubazioni e le canalizzazioni cilindriche. In riferimento alla Figura 10.4, nell’ipotesi che le superfici cilindriche interna ed esterna, 1 e 2, di raggio rispettivamente r1 e r2, siano isoterme alle temperature T1 e T2 con T1 > T2, ogni altra superficie cilindrica coassiale sarà anch’essa isoterma e pertanto, per il postulato di Fourier, il vettore flusso termico, che è in ogni punto perpendicolare alle superfici cilindriche, è diretto radialmente; l’asse n qui si indicherà perciò con r. Z

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Figura 10.4 – Schema di parete cilindrica

Nell’ipotesi di regime permanente la (10.5) si scrive: " k = −Ak dT Q dr

(10.14)

ovvero, separando le variabili T ed r, e ricordando che l’area della superficie cilindrica è data da 2π rL: " k dr = −kdT Q 2πrL

(10.15)

ed integrando tra i valori di T1 e T2, corrispondenti a r = r1 e r = r2, si ha: r2



r1

T

2 " k dr = − kdT Q 2πrL T∫1

(10.16)

198

Lezioni di Fisica Tecnica

" k costante nella direzione del flusso termico5 per l’ipotesi Essendo Q di regime permanente ed assumendo k costante, dall’integrazione si ha: "k r2 Q ln = −k (T2 − T1 ) 2πL r1

(10.17)

che eliminando il segno meno ed isolando a primo membro la potenza termica, diventa: " k = 2πkL (T1 − T2 ) Q ln (r2 / r1 )

(10.18)

nella quale, moltiplicando numeratore e denominatore dell’argomento del logaritmo per 2π L, si ottiene: " k = 2πkL (T1 − T2 ) Q ln (A 2 / A1 )

(10.19)

con A2 e A1 area delle superfici esterna ed interna. Moltiplicando numeratore e denominatore per (r2-r1), essendo 2π L(r2–r1)=A2–A1, si ha in definitiva: " k = k (A 2 − A1 )(T1 − T2 ) Q (r2 − r1 )ln (A 2 / A1 )

(10.20)

Ricordando che (A2-A1)/ln(A2/A1) rappresenta la media logaritmica6 tra A2 e A1, che si indica con Aml, ed essendo r2–r1 lo spessore, s, della parete cilindrica, la (10.20) si può mettere anche nella seguente forma: " k = A ml k (T1 − T2 ) Q s

(10.21)

5 Si noti che nel caso di pareti cilindriche a regime permanente la potenza è costante ma non lo è il flusso termico, dal momento che varia l’area delle superfici isoterme. 6 Dati due numeri M e N, dire media di M e N non ha significato, in quanto bisogna specificare il tipo di media. Esistono infatti: la media aritmetica, (M+N)/2, la media geometrica, MN , le medie pesate, aM+bN con a e b coefficienti di peso caratterizzati dall’essere minori di 1 e dall’essere a+b=1, la media logaritmica, (M–N)/ln(M/N). In ogni caso, la media tra M e N è un numero certamente compreso tra M ed N.

Trasmissione del calore per conduzione 199

che ha il vantaggio di essere formalmente uguale alla (9.26)7*; la differenza sta nell’area, che, nel caso di pareti cilindriche, è la media logaritmica delle aree delle superfici interna ed esterna. Dalla (10.18) e dalla (10.21) si deducono le due espressioni, ovviamente equivalenti, della resistenza termica, Rk, di una parete cilindrica: Rk =

ln (r2 / r1 ) 2πkL

Rk =

s A ml k

(10.22)

(10.23)

Ovviamente, la conduttanza della parete cilindrica assume le seguenti espressioni: Kk =

2 πkL ln (r2 / r1 )

(10.24)

A ml k s

(10.25)

Kk =

Si noti che la media logaritmica assume un valore sempre minore della media aritmetica e si potrebbe dimostrare, ma l’argomento esula dalle finalità di questo testo, che la differenza percentuale tra la media aritmetica e quella logaritmica dipende solo dal rapporto tra i due numeri e tende a zero al tendere a 1 di questo rapporto. Nella Tabella 10.1 viene riportato un esempio numerico: confrontando la media aritmetica, ma, e quella logaritmica, ml, per due numeri, M e N, con N sempre uguale a 20,0 ed M che diminuisce. Nell’ultima colonna è riportata la differenza percentuale tra le due medie. Nelle applicazioni tecniche, generalmente, per (A2/A1) T∞; b) Ts< T∞.

Dall’analisi del processo di convezione forzata risulta che il coefficiente hc dipende da almeno sei variabili, che sono la velocità del fluido, w, quattro proprietà del fluido (viscosità dinamica, μ, densità, ρ, calore specifico a pressione costante, cp, conducibilità termica, kf), e la geometria della superficie solida, che nella pratica viene individuata da una lunghezza caratteristica. In definitiva, in un’indagine sperimentale sulla convezione forzata andrebbero valutate almeno sette grandezze, cioè hc e le sei variabili che la determinano. Quando le variabili di un problema sono molte, è pratica comune raggrupparle in numeri adimensionali, in modo da ridurre il numero di parametri da considerare nell’analisi sperimentale. Si dimostra, ma la dimostrazione esula da questa trattazione, che ogni equazione fisica, necessariamente omogenea dal punto di vista dimensionale, può porsi nella seguente forma: f (π1, π2, …, πn) = 0

(12.3)

dove n rappresenta il minimo numero di gruppi adimensionali, fra loro indipendenti, in grado di descrivere il fenomeno; n è dato dalla differenza

244

Lezioni di Fisica Tecnica

fra il numero di variabili che influenzano il fenomeno ed il numero di grandezze assunte come fondamentali, necessarie ad esprimere le variabili stesse.

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Figura 12.2 – Andamento della velocità in un fluido che scambia energia termica con una superficie a temperatura Ts.

Nella convezione forzata, essendo sette le variabili e quattro le grandezze fondamentali (M, L, T, Θ), i gruppi adimensionali in grado di descrivere il fenomeno sono tre, qui di seguito descritti. Il numero di Nusselt, Nu, definito dalla relazione: Nu =

hc L kf

(12.4)

con: L = lunghezza caratteristica della geometria del solido in esame, m. Il numero di Reynolds, Re, già visto nel Capitolo 9: Re =

wL ν

(12.5)

Pr =

μc p kf

(12.6)

Il numero di Prandtl, Pr:

Trasmissione del calore per convezione 245

che è proporzionale al rapporto tra lo spessore dello strato limite fluidodinamico e quello dello strato limite termico. Questo numero, essendo costituito da sole proprietà termostatiche, è anch’esso una proprietà termostatica. Si noti che il pedice f è stato usato solo per la conducibilità k, anche se le variabili ν, μ e cp sono anch’esse riferite al fluido, per evitare l’errore di confondere la conducibilità del fluido con quella della parete. È anche dimostrabile che il legame funzionale fra i numeri dimensionali, espresso dalla (12.3), è un prodotto di potenze che, nel caso di convezione forzata, può essere posto nella forma: Nu = aRebPrc

(12.7)

con a, b e c coefficienti adimensionali che vanno determinati sperimentalmente. Nella Tabella A.16 sono riportate alcune relazioni del tipo della (12.7) ottenute sperimentalmente per quattro geometrie. Nella prima colonna è descritta la geometria e nella seconda sono riportati gli intervalli di valori di Pr e di Re per i quali sono applicabili le relazioni della terza colonna. Nella quarta colonna è indicata la lunghezza caratteristica utilizzata per ricavare la relazione e infine, nella quinta colonna sono riportate le condizioni alle quali sono state calcolate nella sperimentazione le proprietà del fluido che compaiono nei tre gruppi adimensionali; ovviamente ciascuna relazione deve essere applicata utilizzando la lunghezza caratteristica e le condizioni corrispondenti. Si noti che il numero di Nusselt riportato nella terza colonna della Tabella A.16 è un valore medio, per cui il valore di hc ottenibile con le relazioni riportate in Tabella è un valore medio relativo a tutta la superficie, mentre i valori locali di hc possono differire anche considerevolmente da punto a punto. Si pensi ad un cilindro investito ortogonalmente da un flusso di gas: si intuisce che le condizioni termofluidodinamiche nelle zone investite direttamente dal fluido sono diverse dalle condizioni delle zone opposte; pertanto, qualora sia necessario conoscere il valore di hc in corrispondenza di un punto, si deve ricorrere ad altre relazioni nelle quali il numero di Nusselt locale è espresso non solo in funzione di Pr e Re, ma anche di un’ascissa geometrica adimensionalizzata. Nelle Tabelle A.17, A.18 e A.19 sono riportati, in funzione della temperatura, i valori delle proprietà necessari per calcolare i tre gruppi adimensionali e quindi il coefficiente di convezione, rispettivamente per l’aria, il vapor d’acqua e l’acqua. Si noti che le relazioni riportate in Tabella A.16 forniscono valori di hc con un’approssimazione del ±20%. Pertanto, non ha significato calcolare hc con più di due cifre significative.

246

Lezioni di Fisica Tecnica

12.3 Convezione naturale Nel processo di scambio termico per convezione naturale o libera il moto del fluido è causato da gradienti di densità dovuti a differenze di temperatura, che in un campo di forze, per esempio gravitazionale, danno origine a spinte di galleggiamento archimedee da cui dipende appunto il moto convettivo. Questo fenomeno è presente in molte applicazioni ingegneristiche ed in molti processi naturali: è infatti di fondamentale importanza nei più diffusi sistemi di riscaldamento ambientale così come nel raffreddamento di componenti e apparecchiature elettriche ed elettroniche, oltre che nei moti che si verificano negli oceani, all’interno della crosta terrestre e, in parte, nell’atmosfera. Nella convezione forzata, pur non essendo nota la distribuzione di velocità nello strato limite, risulta quasi sempre nota, in quanto imposta, la velocità w∞ che consente il calcolo del numero di Reynolds. Nella convezione naturale la distribuzione delle velocità nello strato limite non è nota né facilmente determinabile; il problema viene risolto sostituendo alla velocità le grandezze che determinano il moto del fluido: • la differenza di temperatura, |Δt|= |ts – t∞|, tra la temperatura della superficie del solido e quella del fluido: maggiore è questa differenza, maggiore è la variazione di densità del fluido, • il coefficiente di dilatazione cubica a pressione costante del fluido, β, definito dalla relazione: β=

1 ⎛ ∂v ⎞ ⎜ ⎟ v ⎝ ∂T ⎠p

(12.8)

e misurato in K–1 (a parità di |ts – t∞| per un fluido più dilatabile è maggiore la variazione di densità; non si ha convezione naturale con un fluido non dilatabile, quale l’acqua liquida a 4°C)1, • l’accelerazione di gravità, g (all’interno di una navicella spaziale orbitante intorno alla terra, essendo g = 0, non si ha convezione naturale). Queste tre grandezze compaiono nel numero di Grashof, Gr, dato dalla relazione: Gr =

1

βg ΔT L3ρ2 μ2

=

βg ΔT L3 ν2

(12.9)

Si noti che per i gas a comportamento perfetto, che sono quelli studiati in questo corso, dalla (12.8), risulta β = 1/T, con T in K.

Trasmissione del calore per convezione 247

che appunto non contiene la velocità del fluido ma le grandezze, β, g e ΔT, da cui dipende il campo di velocità. L’andamento della velocità del fluido, nel caso di superficie che riscalda il fluido, è quello riportato in Figura 12.3: la velocità è nulla in corrispondenza della superficie del solido, quindi aumenta allontanandosi da questa per poi diminuire riacquistando asintoticamente il valore nullo ad una certa distanza dal solido, dove il fluido è in quiete (in questo caso, il movimento del fluido è diretto verso l’alto in quanto la spinta archimedea prevale sulla forza peso; ovviamente, nel caso di superficie più fredda del fluido circostante il movimento del fluido è diretto verso il basso). '()"(*!+,-,(.! 2+3,4*4,5"-,/*!

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Figura 12.3 – Andamento della velocità e della temperatura nella convezione naturale da una piastra verticale più calda del fluido.

Gli altri due numeri adimensionali utilizzati sono ancora i numeri di Nusselt e di Prandtl. Sperimentalmente si è visto che generalmente nella convezione naturale Nu non dipende separatamente da Gr e da Pr ma

248

Lezioni di Fisica Tecnica

dal prodotto GrPr, che viene anche chiamato numero di Rayleigh, Ra. Pertanto, per il calcolo del coefficiente di convezione, hc, in convezione naturale si ricorre a relazioni del tipo: Nu = a(GrPr)b= a(Ra)b

(12.10)

Nella Tabella A.20 sono riportate alcune relazioni ottenute sperimentalmente per sei geometrie. Come in Tabella A.16, nella prima colonna è descritta la geometria, nella seconda sono riportati gli intervalli di valori di Ra=GrPr nei quali sono applicabili le relazioni della terza colonna, nella quarta colonna è indicata la lunghezza caratteristica che è stata usata nella sperimentazione. Infine, nella quinta sono indicate le condizioni per le quali sono state calcolate le proprietà del fluido che compaiono nei tre gruppi adimensionali; ovviamente, anche in questo caso ciascuna relazione può essere applicata solo utilizzando le caratteristiche geometriche corrispondenti; la temperatura di film è sempre data dalla media aritmetica tra quella della superficie e quella del fluido indisturbato. Anche questa Tabella, come la A.16, fornisce valori di Nu medi e non locali e permette quindi di ottenere valori di hc medi e non locali. Si noti che, generalmente, nella convezione naturale le velocità del fluido assumono valori piuttosto bassi e quindi i coefficienti di scambio hanno valori minori di quelli in convezione forzata per cui lo scambio termico per convezione naturale risulta meno efficace di quello per convezione forzata; tuttavia in alcune applicazioni, per esempio nel raffreddamento di componenti elettronici, si preferisce usare comunque la convezione naturale che non richiede l’impiego di sistemi per la movimentazione del fluido. Si noti infine che oltre ai casi già citati, esistono altre due situazioni, che si riscontrano in edilizia, in cui non si ha convezione naturale: • il caso di un soffitto caldo, in quanto le particelle di fluido riscaldate per conduzione tenderebbero a salire ma il loro movimento è impedito dal soffitto, • il caso di un pavimento freddo, perché le particelle di fluido che si raffreddano per conduzione tenderebbero a scendere, ma il loro movimento è impedito dal pavimento; in questi due casi lo scambio avviene per sola conduzione. Analogamente a quanto detto per la convezione forzata, le relazioni riportate in Tabella A.20, forniscono valori di hc con un’approssimazione del ±20%. Pertanto, non ha significato calcolare hc con più di due cifre significative.

Trasmissione del calore per convezione 249

12.4 Convezione naturale in cavità La trasmissione del calore per convezione naturale nelle cavità presenta aspetti particolari perché sulle due superfici che si fronteggiano si hanno due fenomeni di trasmissione per convezione che, se la cavità ha uno spessore limitato, interagiscono tra loro e vanno perciò trattati complessivamente. Le cavità rivestono una notevole importanza nella tecnica, in quanto spesso utilizzate: si pensi alle intercapedini esistenti in molte tipologie di pareti di edifici, ai doppi vetri, ai collettori solari, ai thermos che sono costituiti da due pareti cilindriche coassiali o da due pareti sferiche concentriche. Se si indicano con t1 e t2 le temperature delle due superfici della cavità, il flusso termico che per convezione si trasmette dalla superficie 1 alla superficie 2 si calcola con la relazione: q! = hc(t1 – t2)

(12.11)

nella quale hc si ottiene da relazioni sperimentali tra gruppi adimensionali. In questo caso i numeri adimensionali sono ancora Nu, Gr e Pr; nel caso delle cavità verticali interviene un’ottava variabile, l’altezza della cavità, H, per cui i gruppi adimensionali diventano quattro e il quarto è il rapporto H/δ, al quale non è stato attribuito alcun nome. Nella Tabella A.21 sono riportate le relazioni ottenute sperimentalmente per cinque tipi di cavità. Come nelle Tabelle A.16 e A.20, relative rispettivamente alla convezione forzata e a quella naturale, nella prima colonna è descritta la geometria, nella seconda sono riportati gli intervalli di valori di Pr, Gr, Pr ed eventualmente H/d nei quali sono applicabili le relazioni della terza colonna; la temperatura del film, ovvero la temperatura alla quale vanno calcolate le proprietà del fluido che compaiono nei tre gruppi adimensionali e che per le cavità è sempre pari a (t1 + t2)/2 e la lunghezza caratteristica è sempre uguale allo spessore della cavità, δ. Si noti che per bassi valori di Gr ⋅ Pr risulta Nu = 1; ricordando la definizione del Numero di Nusselt (12.3), ciò comporta: hc =

kf δ

(12.12)

ovvero la trasmissione del calore avviene per conduzione; infatti, al diminuire dello spessore della cavità i moti convettivi si riducono fino ad annullarsi. Si noti pure che per cavità rettangolare orizzontale con la superficie più calda in alto, che è la seconda delle cinque geometrie della Tabella

250

Lezioni di Fisica Tecnica

A.21, è sempre Nu=1; infatti, in questo caso, come detto alla fine del paragrafo 12.3, i moti convettivi non riescono ad attivarsi in quanto le particelle che si riscaldano sono quelle in alto, limitate nel movimento dalla superficie superiore dell’intercapedine.

Esercizi ESERCIZIO 12.1 – Un tubo di diametro esterno 8,0 cm e con una temperatura della superficie esterna di 95°C viene investito ortogonalmente da una corrente d’aria, alla temperatura di 20°C ed alla pressione atmosferica, che ha una velocità di 2,0 m/s. Calcolare: 1. il coefficiente di convezione aria-parete esterna del tubo; 2. il valore della velocità del fluido al quale il valore calcolato del coefficiente di convezione si raddoppierebbe.

ESERCIZIO 12.2 – In un tubo di rame di 6,0 cm di diametro interno e 0,40 cm di spessore è convogliata mediante un compressore una portata di 50,0 kg/h di aria a 1,0 atm. Il tubo è lambito esternamente da vapore d’acqua saturo a 2,0 atm. Si calcoli la potenza termica che in un tratto di 20 cm si trasmette all’aria quando questa è alla temperatura di 80°C.

ESERCIZIO 12.3 – Una parete piana in calcestruzzo di 20 cm di spessore separa un ambiente interno dall’esterno. Nell’ambiente interno vi è aria, alla temperatura di 60°C, che lambisce la parete con una velocità di 2,0 m/s. Nell’ambiente esterno vi è aria alla temperatura di 20°C, che lambisce la parete con una velocità di 5,0 m/s. Il coefficiente di convezione aria-superficie 1, è di 18 W/m2K. L’irraggiamento termico è trascurabile. Sapendo che per il calcolo di entrambi i coefficienti di convezione, hc, è applicabile la relazione: Nu = costanteRe0,80, con l’altezza della parete come lunghezza caratteristica, e che si possono considerare trascurabili le variazioni delle proprietà dell’aria con la temperatura, calcolare la temperatura della superficie, 2, rivolta verso l’ambiente esterno.

ESERCIZIO 12.4 – Un elemento riscaldante costituito da una piastra di altezza 1,00 m è disposto verticalmente in un ambiente in cui vi è aria in quiete alla temperatura di 20°C ed alla pressione atmosferica. Calcolare la potenza termica che, per unità di superficie, è trasmessa per convezione all’aria nel caso di temperatura superficiale della piastra di:

Trasmissione del calore per convezione 251

1. 50°C; 2. 80°C.

ESERCIZIO 12.5 – Per mantenere la temperatura dell’acqua in una piscina termale al valore di 35,0°C è previsto un tubo orizzontale di rame di 5,0 cm di diametro esterno, di piccolo spessore, percorso da vapore d’acqua saturo alla pressione di 1,00 atm. Calcolare la potenza termica somministrata all’acqua della piscina per metro di lunghezza di tubo.

ESERCIZIO 12.6 – Dell’aria alla temperatura di 15,0°C viene impiegata per raffreddare un conduttore di rame del diametro di 12,0 mm disposto orizzontalmente. Il conduttore è percorso da una corrente di 365 A ed ha una resistenza di 0,160 Ω/km. Potendosi trascurare l’irraggiamento termico, calcolare: 1. il coefficiente di convezione necessario perché la temperatura della superficie esterna non superi i 35,0°C; 2. la corrispondente velocità dell’aria, 3. quale potrebbe essere il massimo valore della corrente elettrica perché la temperatura della superficie esterna non superi i 35,0°C in aria stagnante.

ESERCIZIO 12.7 – Una finestra a doppio vetro, larga 2,00 m ed alta 0,80 m è composta da due lastre di vetro separate da un’intercapedine d’aria di spessore 2,00 cm alla pressione atmosferica. Essendo le temperature delle due superfici del vetro affacciate nell’intercapedine rispettivamente di 12 e 2°C, calcolare: 1. la conduttanza termica convettiva unitaria della finestra; 2. la potenza termica che si trasmette attraverso la finestra, assumendo i vetri a comportamento grigio con ε = 0,90.

ESERCIZIO 12.8 – Due sfere concentriche, di diametro 20,0 e 30,0 cm, sono separate da aria alla pressione atmosferica. Le temperature delle due superfici che si fronteggiano sono 47 e 7,0°C. Calcolare il coefficiente di convezione.

Capitolo tredicesimo Dimensionamento degli scambiatori di calore

13.1 Generalità Nel paragrafo 8.5 è stato descritto un particolare scambiatore di calore, del tipo a superficie a correnti parallele. Utilizzando poi il primo principio della Termodinamica per sistemi aperti, si è ricavata una relazione fra le portate massiche e le entalpie di ingresso e di uscita dei due fluidi nelle ipotesi semplificative, ma usualmente accettabili, di regime permanente, trascurabilità dei termini cinetici e potenziali ed adiabaticità dello scambiatore verso l’ambiente esterno. Tale relazione, purché siano verificate le ipotesi sopra elencate, è valida per le altre tipologie di scambiatore di calore a superficie, La potenza termica scambiata tra i due fluidi, sempre per lo scambiatore descritto al paragrafo 8.5 ed a parità di ipotesi, è data anche dalla relazione: ! = UA (T –T ) Q c f media con: ! Q

= potenza termica scambiata, W,

U

= coefficiente globale di scambio termico, W/m2K,

A

= superficie di scambio, m2,

(13.1)

(Tc–Tf)media = differenza media di temperatura fra il fluido caldo ed il fluido freddo, K. detta equazione di progetto, che permette di dimensionare lo scambiatore. Nei successivi paragrafi vengono innanzitutto trattati i termini della (13.1) che richiedono, per la loro specificità, un adeguato approfondimento e vengono poi presentati i principali tipi di scambiatore di calore a superficie, per i quali sarà particolarizzata la (13.1).

254

Lezioni di Fisica Tecnica

13.2 Il coefficiente globale di scambio termico La trasmissione del calore in uno scambiatore avviene per convezione tra i due fluidi e la parete che li separa e per conduzione attraverso quest’ultima; ciò è vero solo per scambiatori nuovi in quanto, nel tempo, i fluidi che attraversano lo scambiatore tendono a sporcarne le superfici mediante depositi di varia natura: calcarei nel caso di acqua, carboniosi nel caso di gas di scarico di motori a combustione interna, asfaltici nel caso di prodotti petroliferi. In fase di progetto è pertanto necessario prevedere appositi termini che tengano conto di questo fenomeno, detti fattori di “fouling” o di sporcamento. I vari meccanismi di scambio possono essere espressi da resistenze termiche che, essendo in serie tra loro, danno luogo ad una resistenza termica equivalente, ottenibile dalla loro sommatoria. Nel caso di scambiatore del tipo a cilindri coassiali, un esempio dei quali è schematizzato in Figura 13.1, si ha: R eq =

rfi ln (re / ri ) rfe 1 1 + + + + hi Ai Ai 2 πkL Ae he Ae

(13.2)

con: Req hi ,he

= resistenza termica equivalente, K/W, = coefficienti convettivi rispettivamente sul lato interno ed esterno della parete di separazione, W/m2K, Ai, Ae = aree delle superfici cilindriche di scambio rispettivamente sul lato interno ed esterno della parete di separazione, m2, rfi, rfe = fattori di fouling rispettivamente sul lato interno ed esterno della parete di separazione, m2K/W, ri, re = raggi delle superfici cilindriche di scambio rispettivamente sul lato interno ed esterno della parete di separazione, m2, k = conducibilità termica della parete, W/mK, L = lunghezza dello scambiatore, m,

tale espressione è raramente usata in quanto, dato il piccolo spessore della parete, di solito di almeno 2 ordini di grandezza minore di re ed ri, risulta Ai ≅Ae; per questo motivo, con modestissimo errore, si utilizza generalmente la seguente relazione, valida per parete piana: 1 1 =U= 1 s 1 AR eq + rfi + + rfe + hi k he

(13.3)

Dimensionamento degli scambiatori di calore 255

con: A = area della superficie di scambio, m2, U = coefficiente globale di scambio, W/m2K, s = re – ri = spessore della parete, m. I4,2/*8?J$

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Figura 13.1 – Schema di uno scambiatore monotubolare.

Gli ordini di grandezza dei fattori di fouling, che sono funzione del fluido che attraversa lo scambiatore, sono riportati in Tabella 13.1. Tabella 13.1 – Ordine di grandezza del fattore di fouling per alcuni fluidi. ßuido

ordine di grandezza

acqua

10–4 m2K/W

prodotti petroliferi

10–3 m2K/W

gas di scarico di motori a combustione interna

10–3 m2K/W

Per quanto detto nel al paragrafo 9.5, i termini 1/hi ed 1/he assumono ordini di grandezza compresi tra 10–1 e 10–4; inoltre, la resistenza conduttiva unitaria s/k, per il piccolo spessore e per la elevata conducibilità dei materiali impiegati negli scambiatori, assume ordini di grandezza intorno

256

Lezioni di Fisica Tecnica

a 10–5 e può essere trascurata nella valutazione di AReq . In definitiva, per il calcolo di U si utilizza l’espressione: U=

1 1 1 + rfi + + rfe hi he

(13.4)

L’ordine di grandezza di U per alcuni fluidi è riportato in Tabella 13.2. Tabella 13.2 – Ordine di grandezza del coefficiente globale di scambio per alcuni fluidi. ßuidi

ordine di grandezza 103 W/m2K

acqua-acqua

10 ÷102 W/m2K

acqua-gas

10 W/m2K

gas-gas

13.3 L’andamento delle temperature Nel paragrafo 8.5, in Figura 8.5, è riportato l’andamento delle temperature dei fluidi caldo e freddo in uno scambiatore monotubolare nel caso di equicorrente. Dalla figura si rileva che la differenza di temperatura fra i due fluidi decresce spostandosi dalla sezione di ingresso a quella di uscita e si intuisce che, se la superficie di scambio tendesse all’infinito, la differenza di temperatura tenderebbe a 0. Questa variabilità della differenza di temperatura, che è presente nella maggior parte dei casi di interesse ingegneristico, impone la valutazione di un opportuno valore medio di tale differenza, ai fini del calcolo della superficie di scambio con la (13.1). Nel seguito verranno esaminati tutti i possibili andamenti delle temperature riscontrabili in scambiatori a superficie a correnti parallele del tipo monotubolare. Tali andamenti dipendono dalla capacità termica oraria, C! , dei due fluidi definita come il prodotto del calore specifico a pressione costante per la portata massica: !c =m ! c c p,c C

!f =m ! f c p, f C

(13.5)

con: ! c ,C ! f = capacità termiche orarie del fluido caldo e del fluido freddo, C W/K, ! c,m ! f = portate massiche del fluido caldo e del fluido freddo, kg/s, m

Dimensionamento degli scambiatori di calore 257

cpc, cpf = calori specifici a pressione costante del fluido caldo e del fluido freddo, J/kgK. Nel caso che i due fluidi abbiano capacità termica oraria infinita, la qualcosa può avvenire se sono entrambi in passaggio di fase, con il fluido caldo vapore saturo che condensa ed il fluido freddo vapore saturo che evapora, la temperatura dei due fluidi rimane costante1 sia per scambiatori in controcorrente che per scambiatori in equicorrente, come è mostrato in Figura 13.22, dove sulle ordinate è riportata la temperatura dei due fluidi e sull’ascissa la superficie di scambio. Nel caso invece che uno dei due fluidi sia in passaggio di fase, quindi ! =∞, mentre l’altro abbia una capacità termica finita, essendo vapore con C surriscaldato o gas oppure liquido, l’andamento è quello riportato nelle Figure 13.3 e 13.4: la temperatura del fluido a capacità termica finita tende asintoticamente a quella del fluido a capacità termica infinita. La Figura 13.2 è relativa ad uno scambiatore che ha contemporaneamente funzione di condensatore per il fluido caldo e di evaporatore per il fluido freddo; la 13.3 ad uno scambiatore con funzioni di condensatore, mentre la 13.4 ad uno scambiatore con funzioni di evaporatore, così come anticipato al paragrafo 8.5. In tutti questi scambiatori l’andamento delle temperature è indipendente dall’essere il flusso equicorrente o controcorrente.

G&A'[!

.A'[! ! ! FA'[!

>A'[!

Esercizi

173

e quindi: A=

! 6 −1 Q 4, 20 ⋅ 10 4 = = 4, 5 ⋅ 10 2 m 2 U(t c − t f )ml 3, 00 ⋅ 31

8. Considerando una superficie di controllo che racchiude tutti i componenti dell’impianto, il bilancio entropico è il seguente: ! Q ! raffr si = m ! raffr su P! + 2 − 5 + m T2 − 5 da cui: 293 7,16 ⋅ 10 − = 41 − 38, 2 = 3 kW/K P! = 280 ⋅ 4, 2 ⋅ ln 283 1793 4

9. Nel caso di risurriscaldamento, con riferimento alla Figura qui riportata, il rendimento !J! con la (3.68) è dato da: η=

.!

(h 8 − h 9 ) + (h 5 − h 7 ) (h 5 − h 2 ) + (h 8 − h 7 )

Dalle Tabelle A.6 ed A.8 si leggono i seguenti valori per le entalpie specifiche:

@!

S!

P! R!

>(F!

h7 = 2,61 ⋅ 10 kJ/kg h8 = 3,45 ⋅ 103 kJ/kg h9 = 2,25 ⋅ 103 kJ/kg

!/!

L!

3

0!

pertanto si ha: η=

(3, 31 − 2, 95) + (3, 31 − 2, 25) 1, 56 = = 0, 433 (3, 31 − 0, 21) + (3, 45 − 2, 95) 3, 60

Esercizio 14.2 – Un impianto a turbina a gas a circuito chiuso, avente l’aria come fluido evolvente, ha un rapporto di compressione di 8,00, una temperatura dell’aria all’ingresso del compressore di 27°C ed una temperatura dell’aria all’ingresso della turbina di 1027°C. L’impianto fornisce una potenza di 1000 kW. Nell’ipotesi di trasformazioni isoentropiche, determinare: 1. la temperatura all’uscita del compressore ed all’uscita della turbina; 2. la potenza termica somministrata e quella ceduta nello scambiatore; 3. il rapporto tra la potenza del compressore e quella della turbina; 4. il rendimento termodinamico.

174

Lezioni di Fisica Tecnica

Dati: β = 8,00 t1 = 27°C Incognite: t2 , t4 , Q! 2-3 , Q! 4-1 , L! 2-1 / L! 3-4 , η

L! = 1000 kW

t3 = 1027°C

F!

@! !

[!

>!

J!

W1!

a

P!

1. Le temperature dell’aria all’uscita dal compressore e dalla turbina si possono calcolare considerando che le trasformazioni si ipotizzano isoentropiche. Pertanto, assumendo per k il valore di 1,400, con la (6.46), si ha: 0,40

T2 =T1(p2/p1)(k–1)/k = 300 ⋅ (8, 00) 1,40 = 544 K ≡ 271°C 0,40

T4 =T3(p4/p3)(k–1)/k = 1300 ⋅ (1/8, 00) 1,40 = 718 K ≡ 445°C 2. La potenza termica somministrata e quella ceduta nello scambiatore, per il primo principio della termodinamica, risultano rispettivamente: ! 2-3 = m(h ! 3 − h 2 ) = mc ! p (T3 − T2 ) Q ! 4-1 = m(h ! 1 − h 4 ) = mc ! p (T1 − T4 ) Q e quindi richiedono il calcolo della portata d‘aria che fluisce nell‘impianto, è calcolabile dalla potenza dell‘impianto con la relazione: ! [(h1 − h 2 ) + (h 3 − h 4 )] L! = m da cui: ! = m

L! 1000 = = 2, 91 kg/s [(h1 − h 2 ) + (h 3 − h 4 )] 1, 01 ⋅ (27 − 271) + 1, 01 ⋅ (1027 − 445)

e quindi: ! 2-3 = m(h ! 3 − h 2 ) = mc ! p (T3 − T2 ) = 2,91 ⋅ 1,01 ⋅ (1027 – 271) = 2,22 ⋅ 103 kW Q ! 4-1 = m(h ! 1 − h 4 ) = mc ! p (T1 − T4 ) = 2,91 ⋅ 1,01 ⋅ (27 – 445) = –1,23 ⋅ 103 kW Q

Esercizi

175

3. La potenza del compressore e quella della turbina sono date dalle relazioni: ! 1 − h 2 ) = 2, 91 ⋅ 1, 01 ⋅ (27 − 271) = −717 kW L! com = m(h ! 3 − h 4 ) = 2, 91 ⋅ 1, 01 ⋅ (1027 − 445) = 1, 71 ⋅ 10 3 kW L! tur = m(h e quindi il loro rapporto risulta: L! com 717 = = 41, 9% ! 1, 71 ⋅ 10 3 L tur 4. Il rendimento termodinamico è dato dalla (14.18): η = 1−

T1 300 = 1− = 44, 8% T2 544

o dalla (14.19): ⎛p ⎞ η = 1−⎜ 1 ⎟ ⎝ p2 ⎠

k −1 k

0,400

⎛ 1 ⎞ 1,400 = 1−⎜ = 1 − 0, 552 = 44, 8% ⎟ ⎝ 8, 00 ⎠

o, ancora, come: η=

L! L! − L! com 1710 − 717 = tur = = 44, 7% ! ! 2-3 2220 Q2-3 Q

ESERCIZIO 14.3 – In un impianto si devono produrre 5,00 ⋅ 104 frigorie/h. A tale scopo si vuole installare un impianto frigorifero a vapore saturo di R-134a, con un ciclo teorico compreso tra le pressioni di 2,0 e 10,0 bar. Calcolare: 1. il COP del ciclo; 2. la portata di fluido frigorigeno; 3. la potenza teorica del compressore; 4. la potenza termica ceduta dal fluido. 5. Quale può essere il campo di valori della temperatura nell’ambiente da refrigerare? 6. Quale può essere la massima temperatura del fluido freddo nel condensatore? Dati: R-134a Q! = 5,00 ⋅ 104 Frig/h p1 = 2,0 bar Incognite: ! , L! 1-2 , Q! 2-4 , campo di tSET,inf , tmax fluido freddo COPf , m

p2 = 10,0 bar

1. Dal diagramma riportato nella Figura A.2 dell’Appendice o dalla Tabella

176

Lezioni di Fisica Tecnica

A.11 e con riferimento alla Figura 14.17, per questo ciclo si hanno seguenti valori dell’entalpia specifica: h1 = 391 kJ/kg

h2 = 428 kJ/kg

h5 = h4 = 256 kJ/kg

per cui si ha: COPf =

h1 − h 5 391 − 256 = = 3, 6 h 2 − h1 428 − 391

2. Per l’evaporatore, dal 1° principio della termodinamica si ha: ! 5-1 = m(h ! 1 − h5 ) Q da cui: ! = m

! 5−1 Q 5, 00 ⋅ 10 4 ⋅ 1,163 ⋅ 10 −3 = = 0, 431 kg/s h1 − h 5 391 − 256

3. Per il compressore, dal 1° principio della termodinamica si ha: ! 1 − h 2 ) = 0, 431 ⋅ (391 − 428) = −16 kW L! 1-2 = m(h Si ricorda che il COP si può anche calcolare come rapporto tra le potenze termica e meccanica, per cui la risposta alla domanda 1 può essere anche ricavata come: ! Q COPf = 5−1 = 3, 6 L! 1− 2 4. Per il condensatore, dal 1° principio della termodinamica si ha: ! 2-4 = m(h ! 4 − h 2 ) = 0, 431 ⋅ (256 − 428) = −74.1 kW Q 5. La temperatura dell’ambiente da refrigerare deve essere superiore alla temperatura di evaporazione, cioè alla temperatura degli stati 5 ed 1, cioè deve essere superiore a –10°C, che è la temperatura di saturazione dello R-134a. 6. Nel condensatore l’R-134a passa dalla temperatura di 50°C degli stati 3 e 4 alla temperatura di 40°C. Pertanto il fluido freddo di questo scambiatore deve essere ad una temperatura minore di 40°C.

ESERCIZIO 14.4 – Si vuole che la temperatura di un locale sia di 20°C quando l’ambiente esterno è a -5,0°C. A tal fine è necessario fornire al locale una potenza termica di 43,0 kW e si vuole usare un impianto a pompa di calore che usi come fluido frigorigeno l’R-134a. Nell’ipotesi che si voglia che tra fluido caldo e fluido freddo, sia nell’evaporatore che nel condensatore, la differenza minima di temperatura sia di 15°C, si valuti:

Esercizi

177

1. la potenza meccanica che deve fornire il compressore; 2. il COPP. Dati: R-134a Q! 2,4 = 43,0 kW Incognite: L! 1-2

tSET,sup = 20°C ∆tinf = 15°C

tSET,inf = –5°C ∆tsup = 15°C

1. Il locale deve essere a 20°C. Ricordando che è il condensatore a cedere calore al locale e volendo che la differenza tra fluido caldo e freddo sia di 15°C, si ha che la temperatura minima nel condensatore deve essere pari a 35°C. Analogamente, poiché è l’ambiente a cedere calore all’evaporatore e poiché si vuole che la differenza minima tra fluido caldo e freddo sia di 15°C, si ha che la temperatura nell’evaporatore deve essere di –20°C. Il ciclo risulta allora determinato e dal diagramma riportato nella Figura A.2 dell’Appendice e dalla Tabella A.11, con riferimento alla Figura 14.17 si ottengono i seguenti valori dell’entalpia specifica: h1 = 385 kJ/kg

h2 = 430 kJ/kg

h5 = h4 = 250 kJ/kg ! 1 − h 2 ) , per cui è La potenza meccanica è data dalla relazione L! 1-2 = m(h necessario calcolare la portata massica, ricavabile dal primo principio della termodinamica applicato al condensatore-desurriscaldatore: ! 2-4 = m(h ! 4 − h2 ) Q da cui: ! = m

! 2−4 Q −43, 0 = = 0, 239 kg/s h 4 − h 2 250 − 430

Quindi: ! 1 − h 2 ) = 0, 239 ⋅ (385 − 430) = −11 kW L! 1-2 = m(h 2. Il COPp è dato da: COPp =

h 2 − h 4 430 − 250 = = 4, 0 h 2 − h1 430 − 385

ovvero: COPp =

! 2−4 Q = 3, 9 L! 1− 2

178

Lezioni di Fisica Tecnica

Capitolo 15 - Esercizi

ESERCIZIO 15.1 – 15,3 m3/h di aria si trovano alla pressione di 1,00 atm ed alla temperatura di 25,0°C. Il grado igrometrico è del 70%. Calcolare: 1. il titolo; 2. la portata massica di aria secca; 3. la portata massica di aria; 4. la portata entalpica oraria; 5. la temperatura di rugiada. Dati: aria umida t = 25°C Incognite: ! as , m, ! H! , tr x, m

V! = 15,3 m3/h φ = 70%

p = 1,00 atm

1. Il titolo è dato dalla relazione: x = 0, 622

pvs p − φpvs

nella quale è incognita la tensione di vapore dell’acqua che si ricava dalla tabella A.6: t = 25°C ⇒ pvs = 0, 03166 bar da cui: x = 0, 622 ⋅

0, 70 ⋅ 0, 03166 = 1, 4 ⋅ 10 −2 kg v /kg as 1, 00 ⋅ 1, 013 − 0, 70 ⋅ 0, 03166

2. La portata massica è data da: ! as = m

! V v

nella quale il volume specifico si calcola con la (15.21): v=

287, 0 ⋅ (25, 0 + 273 ) 1, 00 ⋅ 1, 013 ⋅ 10 5 − 0, 70 ⋅ 0, 03166 ⋅ 10 5

= 0, 86 m 3 /kg as

Esercizi

179

quindi: ! as = m

! 15, 3 V = = 18 kg as /h v 0,86

3. La portata massica dell’aria umida si calcola dalla (15.24): ! =m ! as (1 + x) = 18 ⋅ (1 + 1,4 ⋅ 10–2) = 18 kg/h m

4. la portata entalpica oraria è data dal prodotto: ! =m ! h H nella quale l’entalpia specifica è data dalla (15.18): h = 1,01 ⋅ 25,0 + (2500 + 1,93 ⋅ 25,0) ⋅ 1,4 ⋅ 10–2 = 61 kJ/kgas In definitiva: ! = 18 ⋅ 61 = 1,1 ⋅ 103 kJ/h H

5. Per determinare la temperatura di rugiada si calcola, dalla (15.25), la tensione di vapore dell’acqua alla tr e poi, con il valore calcolato, si entra nella Tabella A.6 ottenendo, per interpolazione rispetto alla tensione di vapore, il valore cercato: pvs(tr) = 0,70 ⋅ 0,03166 ⋅ 105 Pa ⇒ tr = 19°C

ESERCIZIO 15.2 – Ripetere l’esercizio 15.1 adoperando il diagramma psicrometrico in Appendice. Dati: aria umida t = 25°C Incognite: ! as , m ! , H! , tr x, m

V! = 15,3 m3/h φ = 70%

p = 1,00 atm

Per la corrente assegnata sono note la temperatura di bulbo asciutto ed il grado igrometrico e, quindi, è possibile riportare sul diagramma il punto A, rappresentativo dello stato termodinamico, intersecando l’isoterma tba = 25°C, con la curva a grado igrometrico φ = 70%.

180

Lezioni di Fisica Tecnica

b!

K!

6;%!!

6;%!=!F.Z[!

Individuazione sul diagramma dello stato termodinamico A b!

!b!=!>P!

gv kg as

K!

6;%!!

Valutazione del titolo nello stato termodinamico A

1. Il titolo dell’aria umida si legge direttamente sull’asse delle ordinate nel punto in cui viene intersecato dall’isotitolo (x = costante) passante per il punto A: x = 14 gv/kgas = 1,4 ∙ 10–2 kgv/kgas 2. Per calcolare la portata massica di aria secca bisogna determinare il volume specifico. Dal diagramma si ricava che il punto A è compreso tra le isocore v1 = 0,860 m3/kgas e v2 = 0,880 m3/kgas; interpolando graficamente tra v1 e v2 si ottiene:

Esercizi

v = 0,863 m3/kgas da cui: ! as = m

! V 15, 3 = = 17, 7 kg as /h v 0,863 b!

)F! )>!

K!

!)!=!A5S/@!3@DB2%0!

6;%!!

Valutazione del titolo specifico nello stato termodinamico A

b!

!-!=!/>!BCDB2%0! K!

6;%!!

Valutazione dell’entalpia specifica nello stato termodinamico A

3. La portata massica dell’aria umida si calcola dalla (15.24): ! =m ! as (1 + x) = 17,7(1 + 1,4⋅10–2) = 17,9 kgas/h m

181

182

Lezioni di Fisica Tecnica

4. L’entalpia specifica, necessaria per calcolare la portata entalpica della corrente, si ricava tracciando l’isoentalpica passante per il punto A fino ad incontrare l’asse delle entalpie specifiche: h = 61 kJ/kgas quindi: ! = 17,7 ⋅ 61 = 1,1 ⋅ 103 kJ/h H

5. La temperatura di rugiada è data dall’ascissa del punto, B, in cui l’isotitolo, passante per il punto A, interseca la curva di saturazione (φ = 100 %): tr = 19,1°C. b!

K!

6+!=!>L5>Z[!

6;%!!

Valutazione della temperatura di rugiada nello stato termodinamico A

ESERCIZIO 15.3 – 400 m3/h di aria umida nelle seguenti condizioni: p = 760 mmHg, t = 10°C, φ = 0,90 vengono riscaldati a titolo costante ed a pressione costante fino alla temperatura di 40°C. Calcolare la potenza termica somministrata. Dati: aria umida ti = 10°C Incognita: Q!

V! = 400 m3/h φi = 90%

p = 760 mmHg tf = 40°C

Esercizi

183

La potenza termica fornita al sistema si ricava dal bilancio di energia (15.26), nell’ipotesi che non ci sia acqua in ingresso né in uscita: ! =m ! as h i + Q ! as h f m nel quale sono incognite le entalpie specifiche nei due stati e la portata massica dell’aria secca il cui calcolo, noto il valore della portata volumetrica nello stato 1, richiede la conoscenza del volume specifico nello stato iniziale. Poiché la pressione è quella atmosferica ed è costante, per la soluzione del problema si può utilizzare il diagramma psicrometrico. Innanzitutto si riportano sul diagramma i punti I ed F, rappresentativi degli stati iniziale e finale della trasformazione subita dalla corrente d’aria; il punto iniziale, I, è individuato dalla intersezione dell’isoterma ti = 10°C con la curva a grado igrometrico costante φi = 90 %. Il punto finale, F, poiché la trasformazione in esame è un riscaldamento a titolo costante, è individuato dalla intersezione dell’isotitolo passate per I con la isoterma tf = 40°C. Una volta noti i punti rappresentativi degli stati iniziale e finale è possibile leggere dal diagramma tutte le grandezze d’interesse: stato i

stato f

v (m3/kgas)

0,811



h (kJ/kgas)

28

58

La portata massica di aria secca è data da: ! V 400 ! as = = m = 493 kg as /h v 0, 811 La potenza termica somministrata alla corrente d’aria è: ! =m ! as (hf- hi) = 493 ⋅ (58 – 27) = 1,5 ⋅ 104 kJ/h = 4,2 kW Q Non disponendo del diagramma psicrometrico, si può procedere come segue. Come si è visto nel paragrafo 15.5.3, non essendovi né umidificazione né deumidificazione, l’aria umida può essere anche trattata come aria secca; con la (6.1) si calcola vi: vi =

R Ti 287, 0 ⋅ 283 = = 0, 802 m 3 /kg as p 1, 013 ⋅ 10 5

da cui: ! = m

!i V 400 = = 499 kg as /h v i 0, 802

Per la variazione di entalpia specifica, con la (6.12), si ha: hf – hi = cp(tf – ti) = 1,01 ⋅ (40 – 10) = 30 kJ/kgas

184

Lezioni di Fisica Tecnica

e quindi: ! =m ! (hf – hi) = 499 ⋅ 30 = 1,5 ⋅ 104 = 4,2 kW Q b!

^!

c!

6;%!!

Riscaldamento a titolo costante

ESERCIZIO 15.4 – 200 kg/h di aria avente grado igrometrico 70% sono portati dalla temperatura di 30°C alla temperatura di 5,0°C. Durante la trasformazione la pressione è costante e pari a 760 mmHg. Determinare la potenza termica da sottrarre. Dati: aria umida ti = 30°C Incognita: Q!

! = 200 kg/h m φi = 70%

p = 760 mmHg tf = 5,0°C

Per calcolare la potenza termica da sottrarre bisogna conoscere le entalpie specifiche negli stati iniziale e finale. La pressione, costante e pari a quella atmosferica, consente di utilizzare il diagramma psicrometrico. Il punto rappresentativo dello stato iniziale, I, è individuato sul diagramma dall’intersezione dell’isoterma ti = 30°C con la curva φi = 80 %. Per individuare il punto rappresentativo della condizione finale si consideri che la trasformazione cui è soggetta l’aria si compone: di un raffreddamento a titolo costante sino a raggiungere le condizioni di saturazione (segmento IA) e di un raffreddamento con deumidificazione in cui l’aria segue la curva di saturazione fino a raggiungere lo stato finale, F, individuato dalla intersezione della isoterma tf = 5,0°C con la curva φ =100 % (curva AF).

Esercizi

185

Individuati i punti rappresentativi degli stati iniziale e finale si ricavano le grandezze d’interesse: stato i

stato f

x (gv/kgas)

18,8

5,5

h (kJ/kgas)

78

19

I bilanci di massa e di energia, considerando che vi è acqua in uscita dal sistema, si scrivono: ! as x i = m ! as x f + m ! H2 O,u m ! ! as h i = m ! as h f + m ! H2 O,u h H2 O,u + Q m nella quale sono ancora incognite la portata massica dell’aria secca e la portata massica e l’entalpia specifica dell’acqua condensata. La portata massica dell’aria secca, dalla (15.24), è data da: ! as = m

200 kg = 196 −2 h 1 + 1, 88 ⋅ 10

La portata massica dell’acqua si calcola dal bilancio di massa: ! H2 O,u = m ! as (xi–xf) = 196 ⋅ (1,88 ⋅ 10–2 – 5,5 ⋅ 10–3) = 2,61 kgas/h m La Tabella A.6 fornisce il valore dell’entalpia dell’acqua: t = 5, 0°C ⎫ ⎬ ⇒ h H2 O,u = h l = 21,0 kJ/kg p = 1, 01 bar ⎭ b!

K!

c!

^!

6;%!!

Raffreddamento con deumidificazione

186

Lezioni di Fisica Tecnica

In definitiva, la potenza termica sottratta, dal bilancio di energia, è: ! = 196 ⋅ (78 – 19) – 2,61 ⋅ 21,0 = 1,2 ⋅ 104 kJ/h = 3,3 kW Q

ESERCIZIO 15.5 – 500 m3/h di aria nelle seguenti condizioni: p = 1,00 atm, t1 = 30°C e φ1 = 40 %, entrano in un umidificatore in cui vengono nebulizzati 8,0 kg/h di acqua a t = 20°C e p = 1,00 atm. Immaginando il sistema adiabatico e la pressione uniforme, determinare le condizioni di uscita e la minima portata di acqua necessaria per raggiungere le condizioni di saturazione. Dati: aria umida φ1 = 40% Incognita: stato 2

V! = 500 m3/h ! H2O = 8,0 kg/h m

p = 1,00 atm t H2O = 20°C

t1 = 30°C pH2O = 1,00 atm

Lo stato 1 è definito, in quanto sono note pressione e temperatura; il punto che lo rappresenta sul diagramma psicrometrico (utilizzabile sulla base dell’ipotesi di pressione uniforme e pari ad 1,00 atm) è dato dall’intersezione dell’isoterma t1 = 30°C con la curva a grado igrometrico φ1 = 40%:

stato 1

v (m3/kgas)

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

0,873

10,6

58

Nell’ipotesi che non vi sia acqua liquida in uscita, il titolo finale sarebbe dato da: x ′2 = x 1 +

! H2 O,i m ! as m

nella quale la portata di aria secca è calcolata da: .

V 500 ! as = = m =573 kg as h v 0,873 con v letto dal diagramma psicrometrico; si avrebbe quindi: x ′2 = x 1 +

! H2 O,i m 8,0 = 1,06 ⋅ 10 −2 + = 2,5 ⋅ 10 −2 kg v kg as = 25g v kg as ! as m 573

Per verificare l’ipotesi posta, ricordando che l’umidificazione adiabatica con acqua liquida è praticamente isoentalpica, si può condurre dal punto (1) una isoentalpica che intersecherà la curva di saturazione nel punto (2) di Figura.

Esercizi

187

b!

b/F !

bF !

F! >!

6;% !

determinazione dello stato termodinamico 2 con l’uso della pendenza della trasformazione

stato 2

t2 (°C)

φ (%)

x2 (gv/kgas)

h2 (kJ/kgas)

20,2

100

14,7

58

Il valore del titolo del punto 2, calcolato nella ipotesi di assenza di acqua liquida in uscita, risulta essere maggiore di quello calcolato tracciando la trasformazione di umidificazione, quindi l’ipotesi precedentemente posta non è verificata, ciò comporta che solo una parte dell’acqua alimentata è passata in fase vapore, la restante parte è rimasta allo stato liquido. La minima portata di acqua necessaria alla saturazione della corrente è data da: ! H2 O,min = m ! as (x 1 − x 2 ) = 573 ⋅ (14,7 ⋅ 10 −3 − 10,6 ⋅ 10 −3 ) = 2,3 kg/h m La portata di acqua in uscita dall’umidificatore è pari a: ! H2O,u = m ! H2O,i − m ! as = 8, 0 − 2, 3 = 5, 7 kg/h m

da cui si ricava che degli 8,0 kg/h si acqua in ingresso solo 2,3 vaporizzano, mentre i restanti 5,7 rimangono liquidi e vengono spurgati dal fondo dell’umidificatore. ESERCIZIO 15.6 – Una portata di 1,00⋅104 kg/h di aria a 16°C, 760 mmHg e grado igrometrico 0,75, si mescola a 50 kg/h di acqua alla temperatura di 135°C ed alla pressione atmosferica; contemporaneamente si ha una somministrazione di 5,00⋅104 kcal/h. Determinare:

188

Lezioni di Fisica Tecnica

1. la temperatura finale; 2. il grado igrometrico finale, nell’ipotesi che la pressione sia costante. Dati: aria umida t1 = 16°C tH2O = 135°C Incognite: t2 , φ2

! = 1,00 ⋅ 104 kg/h m φ1 = 75% pH2O = 1,00 atm

p = 760 mmHg ! H2O =50 kg/h m Q! = 5,00 ⋅ 104 kcal/h

L’ipotesi sulla pressione consente di utilizzare il diagramma psicrometrico. Per determinare le condizioni dell’aria all’uscita si fa l’ipotesi di assenza di acqua in uscita. Dal diagramma ricaviamo le grandezze di interesse relative all’aria all’ingresso dell’umidificatore, punto 1: v (m3/kg)

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

0,830

8,6

38

stato 1

b!

F!

>!

6;%!!

Dalla Tabella A.6 si ricava che l’acqua è alimentata come vapore surriscaldato e la sua entalpia, dalla Tabella A.8, è: p = 1,01 bar ⎫ 3 ⎬ ⇒ h H2 O,i = 2, 75 ⋅ 10 kJ/kg t=135°C ⎭ La portata massica dell’aria secca dalla (15.24) è:

Esercizi

! as = m

189

1, 00 ⋅ 10 4 = 9, 9 ⋅ 10 3 kg as /h 1 + 8, 6 ⋅ 10 −3

Questo esercizio può essere risolto sia mediante un metodo grafico numerico che per via assolutamente numerica; entrambi i metodi si avvalgono del diagramma psicrometrico. a) Metodo grafico numerico La pendenza della trasformazione, nell’ipotesi che non vi sia acqua liquida in uscita, è data dalla (15.37): ! Δh Q 5, 00 ⋅ 10 4 ⋅ 4,187 = + h H2 O,i = + 2, 75 ⋅ 10 3 = 6, 9 ⋅ 10 3 kJ/kg = 6, 9 kJ/g ! H2 O,i Δx m 50 Dal bilancio di massa sull’acqua, (15.30), si ricava il titolo dell’aria in uscita dall’umidificatore: x 2 = x1 +

! H2 O,i m 50 = 8,6 ⋅ 10 −3 + = 1,36 ⋅ 10 −3 kg v /kg as = 13, 6 g v /kg as ! as m 9,9 ⋅ 10 3

Noti il Δh/Δx ed il titolo x2 si riportano sul diagramma la pendenza della trasformazione passante per il punto 1 e l’isotitolo x2 = 13,6 g/kg; l’intersezione delle due rette, che fornisce il punto rappresentativo della condizione di uscita dell’aria, si trova al di sotto della curva di saturazione (φ = 100%) e, quindi, l’ipotesi posta è verificata: non vi è acqua in uscita dall’umidificatore. Dal diagramma si ottengono la temperatura ed il grado igrometrico della corrente in uscita:

stato 2

t (°C)

φ (%)

37,7

34

b) Metodo numerico Nell’ipotesi di assenza di acqua liquida in uscita, per le (15.35) e (15.36) si può scrivere: h 2 = h1 +

! ! H2 O,i h H2 O,i 5, 00 ⋅ 10 4 ⋅ 4,187 + 50 ⋅ 2, 57 ⋅ 10 3 m Q + = = 13, 7 kJ/kg as ! as ! as m m 9, 9 ⋅ 10 3 x 2 = x1 +

! H2 O,i m 5, 00 ⋅ 10 3 g = 8, 6 ⋅ = 13, 7 3 ! as m kg 9, 9 ⋅ 10

Entrando nel diagramma con tali valori si legge: t2 = 37,6°Χ

φ2 = 34%

190

Lezioni di Fisica Tecnica

per cui, essendo il grado igrometrico minore del 100%, l’ipotesi iniziale risulta valida.

ESERCIZIO 15.7 – In un ambiente arrivano due correnti (1 e 2) di aria umida; la corrente 1 ha una portata di aria secca di 2000 kg/h, una temperatura di 30°C ed un grado igrometrico di 0,50; la corrente 2 ha una portata di aria secca di 1000 kg/h, una temperatura di 10°C ed un grado igrometrico di 0,20. Le due correnti si mescolano ricevendo dall’esterno 5,23 kW. La pressione è praticamente uniforme e pari a 1,013 bar. Calcolare per la corrente uscente: 1. la temperatura; 2. il grado igrometrico. Dati: aria umida φ1 = 0,50 φ2 = 0,20 Incognite: t3 , φ3

! 1,as = 2000 kg/h m ! 2,as = 1000 kg/h m p = 1,103 bar

t1 = 30°C t2 = 10°C Q! = 5,23 kW

Le caratteristiche della corrente uscente possono essere determinate sia tramite le equazioni di bilancio che graficamente. Innanzitutto si riportano sul diagramma psicrometrico, utilizzabile poiché la pressione è di 1,013 bar, i punti rappresentativi delle due correnti entranti nell’ambiente e si leggono le grandezze d’interesse ad esse relative: x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

stato 1

13,4

64

stato 2

1,5

14

Di seguito si riportano i due metodi di soluzione del problema. metodo analitico I bilanci di massa, sull’aria secca e sull’acqua, ed il bilancio di energia, per il sistema in esame, si scrivono rispettivamente: ! a1 + m ! a2 = m ! a3 m

! a1 x 1 + m ! a2 x 2 = m ! a3 x 3 m ! =m ! a1 h1 + m ! a2 h 2 + Q ! a3 h 3 m

Esercizi

191

andando a sostituire i valori numerici si ha: ! a3 = m ! a1 + m ! a2 = 2000 + 1000 = 3000 kg as /h m x3 =

! a1 x 1 + m ! a2 x 2 2000 ⋅ 13, 4 + 1000 ⋅ 1, 5 m = = 9, 43 g v /kg as ! a3 m 3000

h3 =

! 2000 ⋅ 64 + 1000 ⋅ 14 + 5, 23 ⋅ 3600 ! a1 h1 + m ! a2 h 2 + Q m = = 54 kJ/kg as ! a3 m 3000

Noti il titolo e l’entalpia specifica si può individuare sul diagramma il punto 3, rappresentativo della corrente in uscita, e quindi ricavare le grandezze richieste: x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

t (°C)

φ (%)

9,43

54

30

35

stato 3 metodo grafico

Lo stato della corrente uscente può essere determinato graficamente considerando il processo (mescolamento e riscaldamento) idealmente composto da due trasformazioni: mescolamento adiabatico delle correnti entranti, 1 e 2, e riscaldamento della corrente risultante, come mostrato in Figura: >! K!

F!

@!

! ! 0

b!

>! K! @! F! 6;%!!

Soluzione con il metodo grafico

192

Lezioni di Fisica Tecnica

Per quanto riguarda il mescolamento, il punto A, rappresentativo dello stato di fine mescolamento, deve dividere il segmento 12 nei segmenti 2A ed A1 le cui lunghezze, nota quella del segmento 12 , sono calcolabili dalle relazioni seguenti: !1 m ⎡ 2A ⎤ = ⎡12 ⎤ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦m ! 1 +m !2 !2 m ⎡ A1⎤ = ⎡12 ⎤ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦m ! 1 +m !2 dove con ⎡⎣12 ⎤⎦ , ⎡⎣ A2 ⎤⎦ e ⎡⎣ A1⎤⎦ si sono indicate le lunghezze dei segmenti. Leggendo dal diagramma la lunghezza del segmento è possibile posizionare il punto A tramite una delle precedenti relazioni. Le proprietà nello stato A sono le seguenti:

stato A

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

t (°C)

φ (%)

9,4

48

23,5

52

Una volta caratterizzata la corrente A si passa ad esaminare il riscaldamento a titolo costante; dal bilancio di energia: ! Q 5, 23 ⋅ 3600 ! =m ! 3 (h 3 − h A ) ⇒ h 3 = h A + = 48 + = 54 kJ/kg as Q !3 m 3000 oppure, non essendovi variazione del titolo, è possibile considerare l’aria umida come secca (paragrafo 15.5.a) calcolando direttamente la temperatura alla fine del riscaldamento: ! Q 5, 23 ⋅ 3600 ! =m ! 3 c p (t 3 − t A ) ⇒ t 3 = t A + = 23, 5 + = 29, 7°C Q ! m 3cp 3000 ⋅ 1, 01 Il punto 3, rappresentativo della corrente uscente dal sistema, è immediatamente individuato dalla intersezione dell’isotitolo xA = x3 = 9,4 g/kg con l’isoentalpica h3 = 54 kJ/kg, o con l’isoterma t3 = 29,8°C, ottenendo:

stato 3

t (°C)

φ (%)

29,8

35

ESERCIZIO 15.8 – Una corrente di aria, caratterizzata da una temperatura di 10°C, da un grado igrometrico di 0,65 e da una portata di aria secca di 3,5⋅103 kg/h, entra in un condizionatore dove viene umidificata e riscaldata: in essa vengono spruzzati 22 kg/h di acqua a 12°C che evaporano completamente;

Esercizi

193

delle batterie di riscaldamento le forniscono 40 kW. In tutto il sistema la pressione è pari ad 1,00 atm. Determinare le caratteristiche dell’aria all’uscita dal condizionatore. Dati: aria umida φ1 = 0,65 Q! = 40 kW Incognita: stato 2

! as = 3,5 ⋅ 103 kg/h m ! H2O = 22 kg/h m p = 1,00 atm

t1 = 10°C tH2O = 12°C

Per determinare le condizioni di uscita si devono calcolare la pendenza della trasformazione ed il titolo x2. La pendenza, non essendovi acqua in uscita, si ottiene dalla (15.37): ! Δh Q = + h H2 O,i ! H2 O,i Δx m nella quale va calcolata l’entalpia dell’acqua che, alla temperatura e alla pressione assegnate, è sicuramente in condizioni diliquido non saturo. Il titolo è calcolabile dal bilancio di materia sull’acqua (15.34): x 2 = x1 +

! H2 O,i m ! as m

noto che sia x1. Lo stato termodinamico della corrente in ingresso al condizionatore è noto, quindi è possibile riportare sul diagramma psicrometrico il suo punto rappresentativo, 1.

stato 1

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

5,0

23

Per lo stato 2 si ha quindi: h H2 O,i = c t H2 O,i = 4,19 ⋅ 12 = 50 kJ/kg ! Δh Q 40 ⋅ 3600 = + h H2 O,i = + 50 = 6, 6 ⋅ 10 3 kJ/kg = 6, 6 kJ/g ! H2 O,i Δx m 22 x 2 = x1 +

! H2 O,i m 22 = 5, 0 ⋅ 10 −3 + = 1,13 ⋅ 10 −3 kg v /kg as = 11, 3 g v /kg as ! as m 3, 5 ⋅ 10 3

194

Lezioni di Fisica Tecnica

b!

F!

>! 6;% !

Il punto rappresentativo della corrente in uscita dal condizionatore, 2, è individuato dall’intersezione della retta di pendenza Δh/Δx con l’isotitolo x2 = 11,3 g/kg: stato 2

t (°C)

φ (%)

v (m3/kgas)

h (kJ/kgas)

34,5

33

0,888

63

ESERCIZIO 15.9 – Si vuole portare ad un grado igrometrico del 90 % una corrente di 1200 m3/h di aria umida, caratterizzata da una temperatura di 20°C e da un grado igrometrico di 0,40, mediante spruzzamento di acqua. Supponendo che il sistema sia termicamente isolato, si determini: 1. la portata minima di acqua necessaria nei seguenti casi: a. temperatura 0°C e pressione 1,00 atm; b. temperatura 20°C e pressione 1,00 atm; c. temperatura 180°C e pressione 1,00 atm. Dati: aria umida V! as =1200 m3/h φ2 = 90% p = 1,00 atm Incognite: ! H2O,0°C, m ! H2O,20°C, m ! H2O,180°C m

t1 = 20°C pH2O = 1,00 atm

φ1 = 0,40

La portata di acqua necessaria per l’umidificazione è data da: ! H2 O,i = m ! as (x 2 − x 1 ) m

Esercizi

195

nella quale il titolo nello stato 1 e la portata massica di aria secca sono indipendenti dalle condizioni dell’acqua di umidificazione, mentre il titolo x2 va ricavato caso per caso, utilizzando la pendenza della trasformazione (dello stato finale è noto il valore di una proprietà) che, trattandosi di una umidificazione adiabatica, è data dalla relazione: Δh = h H2 O,i Δx Vanno quindi innanzitutto ricavati dal diagramma psicrometrico i valori del volume specifico e del titolo nello stato 1: v (m3/kg)

x (g/kg)

0,838

5,8

stato 1 da cui: ! as = m

! 1 1200 V = = 1, 43 ⋅ 10 3 kg as /h v 1 0, 838

1a. L’acqua di umidificazione è allo stato di liquido non saturo e la sua entalpia si ricava dalla tabella A.6: t H2 O,i = 0°C,} ⇒

{A.6

→ h H2 O,i = h l = 0, 00 kJ kg

quindi: Δh = 0, 00 kJ/kg = 0, 00 kJ/g Δx Nota la pendenza della trasformazione, il punto rappresentativo della corrente uscente, 2, è dato dalla intersezione della retta di pendenza Δh/Δx, passante per il punto 1, con la curva a grado igrometrico φ = 90%; le proprietà valgono:

stato 2

t (°C)

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

13,2

8,5

35

La portata di acqua di umidificazione è quindi: ! H2 O,i = 1,43 ⋅ 103 ⋅ (8,5 ⋅ 10–3 – 5,8 ⋅ 10–3) = 3,9 kg/h m Essendo Δh/Δx = 0,00, l’umidificazione adiabatica con acqua liquida a 0°C è una trasformazione rigorosamente isoentalpica. 1b. Ripetendo il procedimento si ha: t H2 O,i = 20°C,} ⇒

{A.6

→ h H2 O,i = h l = 83, 9 kJ kg

196

Lezioni di Fisica Tecnica

da cui: Δh = 83, 9 kJ/kg = 8, 39 ⋅ 10 −2 kJ/g Δx L’intersezione della retta rappresentativa della trasformazione con la curva φ = 90% fornisce un punto 2' praticamente coincidente con quello individuato al punto a); ciò è dovuto alla pendenza della trasformazione che è prossima a zero e quindi, in questo caso, la trasformazione pur non essendo rigorosamente isoentalpica, può essere considerata tale.

stato 2'

t (°C)

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

13,2

8,5

35

! ′H2 O,i = m ! H2 O,i = 3, 9 kg/h m Dai risultati ottenuti ai punti a) e b) si evince che, nel caso di umidificazione adiabatica con acqua liquida a temperatura ambiente, la trasformazione può essere considerata isoentalpica e, quindi, non è necessario calcolare la pendenza della trasformazione. 1c. In questo caso l’acqua è alimentata come vapore surriscaldato. Ricavando l’entalpia specifica, per interpolazione lineare, dalla tabella A.8 ed applicando nuovamente il procedimento precedente si ha: t H2 O,i = 180°C pH2 O,i

⎫ ⎬ ⇒ = 1, 00 bar ⎭

{A.8

→ h H2 O,i = h l = 2, 84 ⋅ 10 3 kJ kg

quindi: Δh = 2, 84 ⋅ 10 3 kJ/kg = 2, 84 kJ/g Δx L’intersezione della retta della trasformazione con la curva φ = 90 % fornisce il punto 2'', rappresentativo dello stato termodinamico della corrente uscente:

stato 2''

t (°C)

x (gv/kgas)

h (kJ/kgas)

23

16

64

La portata di acqua necessaria è data da: ! H2 O,i = 1,43 ⋅ 103 ⋅ (1,6 ⋅ 10–2 – 5,8 ⋅ 10–3) = 15 kg/h m

Esercizi

197

b!

FYY!

FgFY!

>!

6;%!!

ESERCIZIO 15.10 – Con un igrometro ad appannamento si effettua la misura dell’umidità di un ambiente nel quale regna una pressione di 760 mmHg. I due termometri misurano le temperature di 20°C e 30°C. Determinare: 1. il grado igrometrico dell’ambiente; 2. la temperatura che misurerebbe il termometro a bulbo bagnato di uno psicrometro posto nello stesso ambiente. Dati: aria umida p = 760 mmHg Incognite: φ, tbu

ta=30°C φ2 = 90%

tr=20°C pH2O = 1,00 atm

1. L’igrometro ad appannamento misura la temperatura di bulbo asciutto e quella di rugiada (paragrafo 15.6), cioè la temperatura cui l’aria, se raffreddata a titolo costante, diverrebbe satura; evidentemente, la temperatura di rugiada è minore o al più uguale a quella dell’aria. Nota la tr, dal diagramma psicrometrico è possibile ricavare il titolo dell’aria come intersezione dell’isoterma tr con la curva di saturazione, punto A in Figura. Il punto 1, rappresentativo dello stato termoigrometrico dell’aria, è dato dalla intersezione dell’isotitolo con l’isoterma ta, temperatura di bulbo asciutto dell’aria. t r = 20°C ⎫ x 1 =14,8 g v /kg as ⎫ ⎬ ⇒ x 1 =x A =14,8 g v /kg as → ⎬ ⇒ φ1 = 55% φ = 100%⎭ t1 = 30°C ⎭

198

Lezioni di Fisica Tecnica

2. La temperatura di bulbo bagnato è data dall’intersezione dell’isoterma a tbu = costante passante per il punto 1 con la curva di saturazione (punto B) t1 = 30°C ⎫ ⎬ ⇒ t bu,1 =23°C φ1 = 55%⎭ b!

h! K!

!6;'=F@Z[! 6+=FAZ[!

6;%!!

6;%=@AZ[!

Si noti che per individuare la isoterma di bulbo bagnato si può sfruttare il fatto che per φ=100 è tbu=tba (cfr. paragrafo 15.2); si noti anche che le curve a tbu costante (che in pratica sono segmenti di rette) sono quasi parallele alle isoentalpiche.

Esercizi

199

Capitolo 16 - Esercizi

ESERCIZIO 16.1 – Si desidera condizionare un locale per la stagione invernale. Sono disponibili i seguenti dati: tE= 5°C, φE= 50%, tA= 20°C, φA= 50%; numero di persone presenti: 40; potenza dispersa dell’impianto di illuminazione e delle macchine presenti: tra 4,0 e 7,5 kW; dispersioni termiche: 9,2 kW. Assumendo per i carichi dovuti alle persone 80 W/persona e 50 g/h⋅persona, definire: 1. lo schema del condizionatore; 2. la potenzialità dei relativi componenti. Dati: tE = 5°C φE = 50% tA = 20°C φA = 50% n. persone = 40 carico elettrico = 4,0÷7,5 kW dispersioni = 9,2 kW carico termico = 80 W/persona carico igrometrico = 50 g/h ⋅ persona Incognite: Schema condizionatore, potenzialità componenti 1. Il carico termico è dato dalla somma di quello elettrico e di quello dovuto alla presenza delle persone: ! * = 40 ⋅ 80 ⋅ 10–3 + 4,0 – 9,2 = –2,0 kW Q dove, trattandosi di situazione invernale, per i carichi sono stati scelti i valori più bassi; con lo stesso criterio, il carico igrometrico è dato da: ! H2 O = 40 ⋅ 0, 050 = 2, 0 kg/h ≡ 0, 56 g/s m per cui la pendenza risulta: Δh −2, 0 = + 2,56 ⋅ 103 = –1,0 kJ/g Δx 0, 56 Per determinare le condizioni C di immissione in ambiente, vanno calcolate la portata di ventilazione e il titolo xC. La portata minima di ventilazione, considerando il numero di persone presenti, è data da: ! v = 41 ⋅ 40 = 1,6 ⋅ 103 m3/h V da cui, essendo vA= 0,84 m3/kg, si ottiene: !v= m

1, 6 ⋅ 10 3 = 1, 9 ⋅ 10 3 kg as /h 0, 84

200

Lezioni di Fisica Tecnica

Il titolo si ricava dalla seguente relazione: Δx =

! H2O m 2, 0 = = 1,1 ⋅ 10 −3 kg/kg ≡ 1,1 g v /kg as 3 !a m 1, 9 ⋅ 10

dalla quale, essendo xA= 7,3 g/kg, si ottiene: xC = 6,2 gv/kgas Il punto C, intersezione tra la retta di pendenza –1,0 kJ/g e l’isotitolo x = 6,2 ⋅ 10–3, è caratterizzato quindi da una temperatura tC= 27°C, che rispetta il criterio sulla differenza tra tC e tA; ne deriva che non è necessario prevedere una portata d’aria superiore a quella minima di ventilazione: !a =m !v m

Supponendo di disporre per l’umidificazione di acqua a 20°C, l’aria può essere portata nelle condizioni C mediante il riscaldamento a titolo costante EF seguito dall’umidificazione adiabatica FC, dove il punto F è identificato dall’intersezione tra l’isoentalpica per C (che rappresenta l’umidificazione con acqua liquida) e la isotitolo passante per E (rappresentativa del riscaldamento a titolo costante). A questo punto è possibile calcolare la potenzialità della batteria di riscaldamento: ! =m ! a (h F − h E ) = 1,9 ⋅ 103 ⋅ (44 – 12) = 61 ⋅ 103 kJ/h = 17 kW Q e la portata di acqua di umidificazione: ! H2O = m ! a (x C − x F ) = 1,9 ⋅ 103 ⋅ (0,0062 – 0,0027) = 6,6 kg/h m b!

K!

\

[!

^! 6;%!!

In alternativa, per un miglior controllo dell’umidità si può adottare un diverso schema che prevede il preriscaldamento EG, seguito dalla satu-

Esercizi

201

razione adiabatica GH e dal post-riscaldamento HC, con il punto H dato dall’intersezione tra la verticale passante per il punto C con la curva di saturazione e il punto G dato dall’intersezione tra la isoentalpica passante per H con la verticale passante per E. "!

*! &

(!

'! ) #$%!!

In questo caso, la potenzialità della batteria di preriscaldamento è data da: !1 =m ! a (hG − h E ) = 1,9 ⋅ 103 ⋅ (23 – 12) = 21 ⋅ 103 kJ/h = 5,8 kW Q la portata di acqua di umidificazione è data da: ! H2O = m ! a (x H − x G ) = m ! a (x C − x F ) = 6, 6 kg/h m e la potenzialità della batteria di post-riscaldamento è data da: !2 =m ! a (hC − h H ) = 1,9 ⋅ 103 ⋅ (44 – 23) = 40 ⋅ 103 kJ/h = 11 kW Q Si noti che essendo hC ≈ hF e hH ≈ hG risulta che la somma delle potenzialità delle due batterie previste in questa seconda ipotesi praticamente uguagliano la potenzialità della batteria di riscaldamento prevista nella prima ipotesi.

ESERCIZIO 16.2 – Un locale deve essere mantenuto a 25°C con un grado igrometrico del 50% quando all’esterno si hanno 32°C con φ= 60%. Nel locale, adibito a sala conferenze, è prevista la presenza di 120 persone. Il carico termico per irraggiamento solare, trasmissione attraverso le pareti ed impianto di illuminazione è stato calcolato in 13,5 kW. Assumendo per i carichi dovuti alle persone 65 W/persona e 75 g/h⋅persona, calcolare le potenzialità delle batterie di raffreddamento e di post-riscaldamento:

202

Lezioni di Fisica Tecnica

1. per impianto a tutt’aria esterna; 2. per impianto con ricircolo. Dati: tE = 32°C φE = 60% tA = 25°C φA = 50% n. persone = 120 carico termico solare, elettrico e dispersioni = 13,5 kW carico termico = 65 W/persona carico igrometrico = 75 g/h ⋅ persona Incognite: Potenzialità batterie di raffreddamento e post-riscaldamento per impianto a tutt’aria esterna e per impianto con ricircolo. Per determinare le condizioni C di immissione in ambiente, va calcolata la pendenza della trasformazione: !* Δh Q = + h H2O ! H2O Δx m dove: ! * = 13,5 + 120 ⋅ 65 ⋅ 10–3 = 21,3 kW Q ! H2 O = 120 ⋅ 0,075 = 9,0 kg/h ≡ 2,5 ⋅ 10–3 kg/s m per cui: Δh 21, 3 = + 2,56 ⋅ 103 = 11,1 ⋅ 103 kJ/kg = 11,1 kJ/g Δx 2, 5 ⋅ 10 −3 Il punto C si trova sulla retta avente la pendenza appena determinata e sarà caratterizzato dal valore della temperatura: tC = tA – 7 = 25 – 7 = 18°C quindi dal diagramma di Figura A.4 dell’Appendice si ottiene: xC = 8,9 gv/kasg hC = 40 kJ/kgas Una volta individuate le condizioni C, la portata d’aria risulta univocamente determinata e si può ricavare sia dal bilancio di massa sull’acqua: ! a xC + m ! H2O = m ! axA m che dal bilancio di energia per la trasformazione AC: !* +m ! a hC + Q ! H2O h H2O = m ! a hA m

Esercizi

203

dai quali si ricava rispettivamente: !a = m

! H2O m x A − xC

!a = m

!* +m ! H2O h H2O Q h A − hC

in questo caso si utilizzerà la seconda relazione, in quanto dalla prima si otterrebbe un risultato ad una sola cifra significativa; dal diagramma psicrometrico si legge: hA= 50 kJ/kgas per cui risulta: !a = m

21, 3 ⋅ 3600 + 9, 0 ⋅ 2, 56 ⋅ 10 3 = 1, 0 ⋅ 10 4 kg as /h 50 − 40

valore compatibile con le esigenze della ventilazione, in quantosi può assumere per quest’ultima un valore di 41 m3/h per persona, ovvero: !v= m

41 ⋅ 120 4, 9 ⋅ 10 3 = = 5, 7 ⋅ 10 3 kg as /h va 0, 86

con va letto sul diagramma di Mollier. Risulta quindi che la portata d’aria è superiore a quella minima di ventilazione: La trasformazione teorica che deve avvenire nel condizionatore per portare l’aria dalle condizioni E alle condizioni C di immissione nel locale è costituita dal raffreddamento a titolo costante EF, seguito dal raffreddamento con condensazione FD lungo la curva di saturazione e quindi dal riscaldamento a titolo costante DC. b!

\

^! K!

H! [!

6;%!!

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Lezioni di Fisica Tecnica

1. Nel caso di impianto a tutt’aria esterna la potenzialità della batteria di raffreddamento è data dalla relazione: ! =m ! a [(h D − h E ) + (x E − x D )h1D ] = 1,0 ⋅ 104 ⋅ [(34,5 – 78) + Q + (18 – 8,9) ⋅ 10–3 ⋅ 50,6] = – 4,3 ⋅ 105 kJ/h ≡ – 1,2 ⋅ 102 kW nella quale i valori delle proprietà dell’aria umida sono stati letti sul diagramma psicrometrico; l’entalpia dell’acqua liquida è quella relativa alla temperatura di 18°C, media tra 23°C e 13°C, che sono le temperature di inizio e fine condensazione dell’acqua. La potenzialità della batteria di post-riscaldamento è data da: ! =m ! a (hC − h D ) = 1,0 ⋅ 104 ⋅ (40 – 34,55) = 5,5 ⋅ 104 kJ/h = 15 kW Q 2. Nel caso di impianto con ricircolo, secondo lo schema di Figura 16.8 si preleva dall’esterno la portata di aria di ventilazione e la si miscela prima dell’ingresso nel condizionatore con una portata di ricircolo pari a: !R =m ! a −m ! v = 1, 0 ⋅ 10 4 −5, 7 ⋅ 10 3 = 2, 7 kg as /s m per cui le condizioni di ingresso nel condizionatore sono caratterizzate dai seguenti valori: xM =

! vxE + m ! RxA m = 1, 4 ⋅ 10 −4 = 14 g v /kg as ! R +m !v m

hM =

! v hE + m ! R hA m = 6614 kJ/kg as ! R +m !v m

La potenzialità della batteria di raffreddamento nel caso di ricircolo diventa quindi: ! =m ! a [(h D − h M ) + (x M − x D )h1D ] = −3,1 ⋅ 10 5 kJ/h = −86 kW Q mentre quella della batteria di post-riscaldamento resta immutata. Va sottolineato che con la ricircolazione la potenzialità della batteria di raffreddamento si è ridotta di circa il 30%, con risparmio sul costo di impianto e ! a >> m ! v i risparmi risultano soprattutto su quello di gestione. Nel caso di m ovviamente più elevati.