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Italian Pages 174 [191] Year 2008
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LE SfIDE DELLA
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Dello stesso autore presso Jaca Book Il cammino del!' evoluzione umana, 1985, nuova ed. 1994 J; uomo. Le origini, 1990 La religiosità nella preistoria (con M. Gimbutas, J.K. Kozlowski, B. Vandermeersch), 1991 Premesse per una Paleoantropologia culturale, 1992 Paleoantropologia e Preistoria. Dizionario enciclopedico (in collaborazione con A. Beltran e A. Broglio), 1993 J;Uomo (testo di), 1993, rist. 2004 Miti e ritz' della preistoria. Un secolo di studi sul!'origine del senso del sacro (in collaborazione con P. Magnani), 2000 Origini del!' uomo ed evoluzione culturale. Profili scientifici, filosofici e religiosi, 2002, rist. 2004 La vita quotidiana 2 milioni di anni fa. La giornata di un Homo habilis, 2002 La vita quotidiana 400.000 anni fa. La giornata di un Homo erectus, 2002 La vita quotidiana 70.000 anni fa. La giornata di un Uomo di Neandertal, 2003 La vita quotidiana 15. 000 anni fa. La giornata di un Homo sapiens sapiens, 2003 Le origini del!' uomo e !'evoluzione culturale, 2006
Fiorenzo Facchini
LE SFIDE DELL'EVOLUZIONE IN ARMONIA TRA SCIENZA E FEDE.
Il Jaca Book Il
©2008 EditorialeJaca Book SpA, Milano tutti i diritti riservati Prima edizione italiana aprile 2008 In copertina Famosa ricostruzione dello Ziniantropo (oggi Australopithecus Boisei) fotografata nella gola di Olduvai in Tanzania, presso il luogo delle scoperte. Pubblicata in Donald C. J ohanson, Gli Australopiteci: problematica attuale, «L'Umana Avventura», Autunno, Jaca Book, Milano 1989.
Impaginazione Jo.type srl, Pero (Milano) Stampa e confezione Ingraf srl marzo 2008
ISBN 978-88-16-30458-1 Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a EditorialeJaca Book S.p.A., Servizio Lettori, via Frua 11, 20146 Milano - tel. 02/48.56.15.20/29 - fax 02/48.19.33.61 e-mail: [email protected] - sito Internet: www.jacabook.it
INDICE
Introduzione
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Parte prima L'EVOLUZIONE DELLA VITA E DELL'UOMO Le origini e l'evoluzione della vita L'esplosione della vita nel Cambriano e le origini dei Vertebrati I Primati L' ominizzazione Ominoidei vicini alla divergenza Le forme australopitecine Il genere Homo Homo habilis!Homo rudolfensis Homo erectus in Africa Homo erectus in Asia Homo erectus in Europa I Neandertaliani classici L'umanità moderna Modalità dell'evoluzione umana Lo sviluppo della cultura Evoluzione della cultura 5
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Indice
La comparsa dell'uomo Il linguaggio umano Punti acquisiti e punti in discussione nella evoluzione umana Parte seconda INTERPRETAZIONI, TEORIE, PROBLEMI Argomenti a favore della evoluzione della vita Modalità dell'evoluzione della vita Cause e fattori del processo evolutivo La spiegazione darwiniana secondo la sintesi moderna Il darwinismo come visione generale del mondo Darwinismo e lamarckismo alla prova delle nuove conquiste della biologia Oltre Darwin Parte terza EVOLUZIONE E CREAZIONE Orizzonti e metodi di studio Il messaggio biblico della creazione I sei giorni della creazione (Gell' 1-2,4a) L'uomo e la donna nel secondo racconto della creazione (Gen 2,4b e 3) Rapporto della natura con il Creatore Progetto e finalismo L'Intelligent Design Oltre il disegno intelligente: un progetto superiore Parte quarta L'EVENTO UOMO Identità dell'uomo nell'approccio preistorico Quando l'uomo? L'uomo: un evento fortuito? L'emergenza dell'uomo: tra continuità e discontinuità Trascendenza Monogenismo, poligenismo 6
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97 99 105 106 108 11 O 114 119 124
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Indice
L'uomo, coscienza del creato Umanizzazione Il problema ambiente
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Parte quinta EVOLUZIONE ED ETICA Evoluzione e valori morali Biologia e comportamento etico Contenuti ed espressioni del comportamento etico a) Istanze valoriali connesse con la condizione umana b) Cooperazione e altruismo La cooperazione nella storia evolutiva dell'uomo Cooperazione e competizione nella preistoria Per concludere: le sfide dell'evoluzione e dell'eugenetica
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Bibliografia
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A mia sorella Lucia
INTRODUZIONE
Una seconda rivoluzione copernicana è stata chiamata l'~volu zione darwiniana: come la terra dopo Copernico non è più da considerarsi al centro del sistema solare, così, secondo alcuni studiosi, dopo Darwin l'uomo non potrebbe più essere considerato al vertice dei viventi o al centro della natura 1. L'uomo, secondo la visione darwiniana, si trova sulla terra per caso, è un evento fortuito nella storia dell'universo e della vita sulla terra, dovuto a coincidenze altamente improbabili che si sono verificate per eventi del tutto naturali, in un pianeta che presentava condizioni favorevoli allo sviluppo della vita intelligente. Questo modo di vedere rappresenta una estensione della teoria darwiniana sull'origine delle specie per mezzo della selezione naturale.-Essa, andando oltre la teoria stessa, enfatizza la casualità dèlle variazioni e l'azione della selezione naturale nel processo evolutivo della vita facendone una chiave interprétativa di tutta la natura, uomo compreso. «Con Darwin», ha osservato Schonborn (2007b), «l'uomo viene ricondotto nella natura. Egli è un figlio della stessa natura che ha prodotto tutte le altre cose. Che poi tale In ogni caso andrebbe distinta la discussa centralità sul piano cosmologico e l'antropocentrismo sul piano filosofico e teologico, come peculiare rapporto dell'uomo con la natura che lo circonda, non assimilabile a quello di qualunque altra specie sul piano ecologico.
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Introduzione
riconduzione dell'uomo nella natura oltrepassi i limiti ed appiattisca così la peculiarità stessa dell'uomo è un passo nella direzione sbagliata». Altri, pur ammettendo l'evoluzione, riconoscono l'interesse della spiegazione darwiniana, ma non la ritengono sufficiente per rendere ragione della complessità delle strutture viventi e dell'uomo e neppure per la formazione della vita sulla terra. Le modalità evolutive sostenute dal neodarwinismo non sarebbero 'le uniche. In ogni caso, è proprio vero che l'evoluzione rende superflua la creazione? L'idea fu avanzata da alcuni contemporanei di Darwin e tuttora viene sostenuta da vari studiosi, ma Darwin non l'ha mai esclusa, anzi ne parla. Creazione senza Dio, è stato affermato paradossalmente (Telmo Pievani, 2006). Si portano avanti le ragioni per non credere (Dawkins, 2006). Non c'è alcun bisogno di un Creatore. La natura viene vista come sufficiente protagonista dell'avventura della vita, senza dover ricorrere a cause superiori. Non è un'idea nuova. La concezione di una natura autosufficiente e creativa la si ritrova in forme diverse in epoca antica, presso alcuni filosofi naturalisti presocratici, e nell'età moderna. Nella formula di Spinoza «Deus sive natura» Dio viene identificato nella natura stessa. Di qui la grande sfida del pensiero moderno alla creazione, intesa come origine della natura e dell'uomo. La esclusione di una causa superiore esterna implica che qualche forma di materia o realtà fisica sia esistita da sempre e che a un certo momento abbia sprigionato un'energia che poi si è trasformata nella realtà che ci circonda. La formazione della vita sulla terra sarebbe dovuta ad autoriproduzione, ali' aggregazione di atomi e molecole favorite da circostanze ambientali. La selezione operata dall'ambiente e il tempo spiegherebbero ogni trasformazione futura. In questo modo di vedere non ci sarebbe bisogno di creazione. A parte la formazione di elementi vitali sulla terra, che di per sé potrebbe non richiedere interventi diretti di una causa superio10
Introduzione
re, la esclusione di qualunque riferimento al trascendente non è certamente richiesta dalla scienza. Vi sono scienziati che sostengono l'armonizzazionè dell'evoluzione secondo la versione darwinista èon la fede cristiana. Altri, pur accettando il darwinismo, non lo ritengono sufficiente a spiegare il processo evolutivo nelle sue preparazioni remote (le condizioni del pianeta terra) e nel suo svolgimento e invocano altri meccanismi sempre nell'ordine naturale. Interpretare in termini di pura casualità la formazione delle condizioni fisiche, chimiche, astronomiche, geologiche che rendono possibile la vita sulla terra, o riferire alla pura casualità le proprietà della materia e dei corpi a livello infra-atomico, molecolare e di corpi celesti, appare del tutto incongruente e arbitrario. L'evoluzione stellare non può essere paragonata a quella delle forme viventi sulla terra per essere spiegata con analoghe modalità. Per la formazione della vita sulla terra si discute se essa possa attribuirsi soltanto a fortunate combinazioni di elementi in particolari condizioni ambientali, come tanti sostengono (cf. De Duve, 2006), o abbia richiesto una causa superiore esterna o addirittura sia da collegarsi a germi provenienti dall'esterno, come suggerito da Crick. Sono da ammettersi leggi di ordine fisico e biologico. Come si sono formate? Chi sostiene che l'uomo non è da considerarsi al centro della natura dovrebbe dire perché la specie umana è l'unica, fra le tante che popolano la terra, che è in grado di intervenire coscientemente nel modificare l'ambiente, per sfruttarne le risorse e per adattarlo a sé. Ha osservato Dobzhansky (1973) che, mentre le altre specie si adattano ali' ambiente cambiando i geni, l'uomo si adatta cambiando l'ambiente. La gestione dell'ambiente è una prerogativa e una responsabilità dell'uomo. · C'è chi vede nella evoluzione dei Primati e dell'uomo una direzione privilegiata della evoluzione, espressa dalla cerebralizzazione, cioè da una crescita del cervello, nelle sue dimensioni e funzioni, che ha raggiunto la sua espressione più alta nell'uomo. Tutto si 11
Introduzione
è svolto come se l'uomo rappresenti un punto di arrivo, se non una direzione privilegiata (Piveteau, Teilhard de Chardin). Le probl~matiche poste dall'evoluzione sono molte. L'evoluzione è un fatto, una serie di eventi del passato che la scienza va scoprendo. Non si tratta di una curiosità intellettuale. L'evoluzione della vita è la chiave di lettura degli esseri viventi. Secondo il concetto di evoluzione, «tutti gli esseri viventi discendono da una forma ancestrale unica» (De Duve, 2006). In biologia, ha notato Dobzhansky, nulla ha senso se non alla luce dell'evoluzione. Essa si inserisce in un quadro più ampio, rappresentato dai fenomeni di ordine fisico e chimico, a livello atomico e molecolare, e nella evoluzione del nostro sistema solare e dell'universo. Viene chiamato in causa il significato dell'universo e della vita, il rapporto con una causa trascendente. Non è indifferente che si riconosca o non si riconosca questo rapporto. Ne va della concezione stessa dell'uomo, se egli debba considerarsi arbitro assoluto di sé e della storia, se cioè non debba rispondere a nessuno o debba fare riferimento ad altri. L'uomo è costituito con cellule e organi di una natura che si è autoformata oppure la sua evoluzione e la sua comparsa hanno un riferimento con un essere più grande di lui? Riconoscere questo riferimento ha delle implicazioni nella vita individuale e sociale.
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Parte prima L'EVOLUZIONE DELLA VITA E DELL'UOMO
. Le origini e l'evoluzione della vita Nel XIX secolo l'evoluzione fu sostenuta da molti scienziati (da Buffona Lamarck, a Darwin, a Wallace, Huxley, ecc.). Essa maturò in un ambiente culturale permeato dall'idea di progresso, in cui si faceva strada la concezione dinamica di una natura ricca di potenzialità e capace di trasformazioni. Parallelamente, in campo astronomico l'idea di evoluzione era stata avanzata da Kant per la genesi del sistema solare e in campo geologico Nicolò Stenone prospettava una evoluzione del paesaggio. I dati paleontologici arricchivano le conoscenze sulla storia della vita, ma le prime intuizioni si basava~o essenzialmente sulle somiglianze morfologiche fra le specie viventi più che sui fossili 1• L'ambiente culturale comprendeva anche correnti legate alla concezione del creazionismo. Linneo, grande studioso della sistematica dei viventi, sosteneva l'origine delle specie per creazione. Altrettanto il paleontologo Cuvier, che per spiegare i fossili ammetteva vi fossero stati in passato eventi catastrofici e successive creazioni di specie. Anche i dibattiti sulla generazione spontanea vedevano schierati nei secoli XVII e XVIII, in posizioni contrapposte, preformisti, come Vallisneri, Redi, oppositori della teoria della generazione spontanea e più vicini al fissismo delle specie (in una visione di creazione, che ispirerà Linneo), e sostenitori della generazione spontanea, meglio inquadrabili in una visione trasformista delle specie (cf. Omodeo, 1984, 2007). .
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L'evoluzione della vita e dell'uomo
Darwin e, contemporaneamente, ma in modo indipendente, Wallace ne intuirono le modalità riferendo il processo evolutivo alla selezione naturale operante sulle piccole variazioni che si formano spontaneamente in natura nelle diverse specie. La natura agisce come un allevatore, che sceglie determinate razze e le fariprodurre. In una discendenza da antenati comuni e da forme più elementari viene sostenuta l'idea della formazione di strutture più complesse di vita, dai Batteri ai Vertebrati, ai Mammiferi, uomo compreso. L'interpretazione evolutiva si è venuta arricchendo nel tempo di nuove evidenze, in vari settori della scienza, dalla paleontologia alla zoologia, alla botanica, alla genetica evolutiva, alla biologia molecolare. Giovanni Paolo II in un messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze del 22 ottobre 1996 riconosceva che alla luce degli sviluppi delle scienze moderne si può parlare di teoria, e non più di ipotesi (come aveva fatto Pio XII nella enciclica Humani generis del 1950), perché essa «si è progressivamente imposta ali' attenzione dei ricercatori a seguito di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere». Non si tratta ovviamente di un pronunciamento magisteriale, ma di una presa d'atto dello stato di avanzamento delle conoscenze scientifiche sulla evoluzione. Continuano però a muoversi obiezioni alla teoria evolutiva, puntando il dito sui meccanismi evolutivi che non sarebbero ancora chiariti in modo pienamente soddisfacente o sulla successione degli eventi evolutivi di non facile ricostruzione nei diversi passaggi. Un concetto largamente invocato sia a favore sia contro l'evoluzione è quello degli anelli mancanti (o missing link). Ha sempre attirato l'attenzione degli studiosi; perché l'assenza di vere forme di congiunzione viene vista come argomento contro l'evoluzione, mentre la scoperta di nuovi fossili interpretabili come forme intermedie o possibili anelli di congiunzione fa esultare di gioia i sostenitori dell'evoluzione. Emblematica per l'evoluzione umana la 16
Le origini e levoluzione della vita
scoperta dei fossili di Giava nel 1891 e anni seguenti, dovuta a Dubois, che si era recato in Indonesia proprio per la ricerca del1' anello mancante tra scimmia e uomo. La denominazione di Pitecantropo (uomo-scimmia), data ai primi reperti rinvenuti a Giava, lascia intendere il concetto che ispirava le vedute del tempo. Ma il concetto di anello mancante fa pensare a uria successione lineare nella evoluzione, un'idea che è attualmente superata come modello interpretativo generale. Quello che ci sta offrendo la documentazione fossile è piuttosto una ramificazione a partire da forme più antiche e meno specializzate, tra le quali si possono individuare alcune con caratteri intermedi, interpretabili come forme di transizione o come forme imparentate. Non è facile ipotizzare le parentele stesse, ma sarebbe impensabile pretendere di ricostruire tutti i passaggi nelle trasformazioni di una specie. In alcune serie i fossili di cui si dispone lo consentono con una buona approssimazione. Ad esempio, la serie del cavallo viene ricostruita dallo Hyracotherium di 55 milioni di anni fa all' Equu~ attraverso vari fossili. I cavalli più antichi avevano zampe con quattro dita, erano piccoli, vivevano in ambiente forestale, poi con il passaggio ad ambiente aperto di savana o steppa si ebbe una riduzione delle dita, fino all'attuale cavallo che ha un solo dito. Non va dimenticato che il processo della evoluzione non si sviluppa su tutto il fronte dei viventi. Essa viene riconosciuta a grandi linee in alcune direzioni evolutive. Nei Vertebrati può avere un riferimento nel processo di cerebralizzazione, che trova nei Primati e nell'Uomo una direzione privilegiata, ma non si riconosce in altre linee evolutive. In alcune linee l'evoluzione si è arrestata (ad esempio nelle Trilobiti, nel Celacanto, nelle Platirrine) e si ritrovano oggi le stesse forme del passato. Numerose le specie fossili che si sono estinte. Teilhard de Chardin parla di complessificazione, come di una caratteristica del processo evolutivo dei viventi. Essa viene suggerita anche dai tempi di comparsa delle varie classi dei viventi che a grandi linee riflettono una crescita di complessità. 17
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Per lunghissimi tempi sulla terra non esistevano le condizioni per la vita terrestre. I primi esseri viventi, i Batteri e i Procarioti (privi di nucleo), anaerobi, vivevano 3,5-4 miliardi di anni fa nelle acque utilizzando l'energia luminosa per produrre materiale organico da sostanze inorganiche. Si tratta di Batteri fotosintetici che producevano ossigeno e cambiavano la composizione dell'atmosfera. Circa 3 miliardi di anni fa compaiono tracce di Batteri aerobi (Cianobatteri). Due miliardi di anni fa si svilupparono i primi Eucarioti unicellulari, forniti di nucleo e di citoplasma, che utilizzavano l'ossigeno. L'avventura della vita ha una svolta con la fotosintesi operata nel·mondo vegetale dalle Alghe. Seicento milioni di anni fa inizia un periodo di forte raffreddamento, caratterizzato da una lunga glaciazione (la terra può essere pensata come una grande palla di neve), durante il quale la vita si rifugia presso i vulcani e le sorgenti calde sottomarine. Nel successivo riscaldamento della terra moltissime forme viventi costituite da più cellule eucariotiche pullulano nelle acque del pianeta. A questo periodo risale la fauna di Ediacara, rappresentata da animali vermiformi con corpo soffice. Ci troviamo al1' inizio del Paleozoico, nel Cambriano, tra 570 e 540 milioni di anni fa.
J; esplosione
della vita nel Cambriano e le origini dei Vertebrati
Intorno a 579 milioni di anni fa si assiste come a un'esplosione della vita, la prima grande radiazione evolutiva riconoscibile nella fauna di Burgess, un importante giacimento scoperto nel 1909 nelle Montagne Rocciose del Canada. Esso racchiude i resti fossili di vari animali con corpo molle che popolavano i fondali dei mari. Troviamo Invertebrati forniti di conchiglia, organismi protetti da gusci (Trilobiti, Ammoniti, Alghe rosse), che accumulandosi e cementandosi nel fondo degli oceani riemergeranno come monta18
L'esplosione della vita nel Cambriano e le origini dei Vertebrati
gne calcaree nell'orogenesi del Terziario. Molto rappresentati gli Invertebrati, specialmente gli Artropodi, veri dominatori dei mari in quell'epoca. Compare l'animale che viene ritenuto ancestrale di tutti i Cordati, compreso l'uomo: Picaia, un animale pluricellulare caratterizzato da metameria del corpo, cioè dalla successione di parti, anche con funzioni diverse, lungo l'asse del corpo. Non si può parlare di un nostro progenitore, ma di un progenitore di molti, di varie linee, quelle rappresentate dai principali ordini di animali che esistono attualmente. I primi Vertebrati li troviamo 500 milioni di anni fa nelle acque del pianeta nell'Ordoviciano e continuano nel Siluriano: gli Ostracodermi. Avevano una corazzatura ossea esterna che copriva la testa e parte del corpo e doveva difenderli dai grossi Artropodi; la bocca, circolare e immobile, filtrava l'acqua o il fango e consentiva la nutrizione. In seguito compaiono Pesci con la bocca mobile e corazzatura ossea: i Placodermi, veri dominatori dei mari nel Devoniano (400-350 milioni di anni fa). Da essi originarono nel Carbonifero due nuovi gruppi di Pesci con scheletro interno: quelli con scheletro cartilagineo, oggi rappresentati dagli Squali (Condroitti), e quelli con scheletro osseo, oggi rappresentati dai Teleostei (Osteitti). Ai Tetrapodi del Devoniano (forniti di quattro zampe) vengono collegati i primi Anfibi, che escono dall'acqua intorno a 350 milioni di anni fa e conquistano le terre· emerse dove già si erano portati gli Artropodi e dove prosperavano prima le Psilofite (piante alte poche decine di centimetri), poi le Pteridofite (Licopodi, Equiseti, Felci arboree) e le Gimnosperme ·(Conifere). Siamo nel Carbonifero. Agli Anfibi, verso la fine del Carbonifero, vengono ricollegati i Rettili, che si espandono pel Permiano. Tra i Rettili alcuni presentano somiglianza con i Mammiferi, i Terapsidi, animali forniti di quattro arti. Il passaggio è graduale: da Pesci con qualche aspetto di tetrapode a Tetrapodi con qualche aspetto di pesce. 19
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Il Panderichthys di 385 milioni di anni fa è considerato il fossile di pesce più vicino ai Tetrapodi. Vengono ricordati anche altri, come l'Ichthiostega, l'Acanthostega di circa 365 milioni di anni fa della Groenlandia. Sono fra più antichi rappresentanti, a cui si è aggiunto di recente, nel 2006, il Tiktaalik del Canada di 380 milioni di anni fa, intermedio fra pesce e tetrapode. L'espansione dei Rettili si ha con i Dinosauri (circa 200 milioni di anni fa, Mesozoico). Da Rettili terapsidi originarono i più antichi rappresentanti dei Mammiferi (ovipari) circa 200 milioni di anni fa, quando la terra era sempre popolata di foreste di Gimnosperme. Essi si trovarono a competere con i Dinosauri e furono soccombenti, eccetto piccoli Mammiferi che si ritirarono in habitat notturni e crepuscolari. I Dinosauri furono i grandi dominatori del Mesozoico. Si conoscono molti tipi di Dinosauri: marini, terrestri e volanti, di dimensioni grandi e piccole. La loro estinzione alla fine del Cretaceo, intorno a 65 milioni di anni fa, viene riferita all'impatto di un grande asteroide qtduto nel Messico che ha sconvolto l'ambiente atmosferico creando condizioni sfavorevoli alla vegetazione, necessaria per i Dinosauri erbivori. Da Rettili dinosauri si originarono gli Uccelli. Il primo fossile che ha suggerito questa derivazione è l'Archeopteryx, scoperto in Baviera nel 1861, risalente a 145 milioni di anni fa, un fossile con caratteristiche scheletriche di dinosauro e con penne. Numerosi altri fossili simili e più recenti confermano la fase di passaggio rettile-uccello. La fine dei Dinosauri segna l'inizio di una rapida evoluzione dei Mammiferi, già presenti in alcune aree, negli spazi lasciati liberi, mentre a una parte delle foreste a Gimnosperme vanno sostituendosi piante con fiori e frutti (Angiosperme), sia erbacee che arboree. Siamo nel Cenozoico (Era terziaria), che interessa gli ultimi 70 milioni di anni. La biosfera che si sviluppa con le Angiosperme comprende la produzione di sostanze vegetali attive sul metabolismo e sul com20
I Primati
portamento degli animali terrestri che si nutrono di piante, in modo particolare dei Rettili e dei Mammiferi. Oltre ai Mammiferi ovipari più primitivi, i Monotremi (i cui rappresentanti attuali, Echidna e Ornitorinco, possono essere considerati fossili viventi), vanno ricordati i due grandi raggrup.pamenti: i Marsupiali e i Placentati. I primi Marsupiali comparvero nell'America del Nord circa 130milioni di anni fa e colonizzarono l'America del Sud, poi l'Antartide e l'Australia, continenti che allora erano uniti. Attualmente si ritrovano nelle Americhe e nell'Australia. I Placentati, originatisi oltre 100 milioni di anni fa come piccoc li insettivori nell'Eurasia, forse nella Mongolia, si diffusero in Europa, nelle Americhe e nell'Antico Continente, ma non riuscirono a raggiungere I'Australia perché questo continente si era isolato dalle altre terre. Quando poi l'America del Sud si staccò dall'America del Nord, l'evoluzione dei Placentati si svolse in modo indipendente nei due continenti.
I Primati Tra gli antichi Mammiferi Placentati si riconoscono i Primati, con il Purgatorius del Montana (USA), antenato dei Lemuridi (Proscimmie), vissuto intorno a 65-70 milioni di anni fa in ambente forestale all'inizio del Terziario. In quell'epoca (Paleocene, Eocene inferiore) America settentrionale ed Europa formavano un unico continente, separato sia dall'America meridionale che dall'Africa. Il Purgatorius aveva le dimensioni di un ratto e un aspetto simile a quello degli insettivori. Vi sono altri reperti attribuibili a Proscimmie e meglio conosciuti, come i Plesiadapidi, grandi come scoiattoli, e gli Adapidi, trovati sia nell'America settentrionale (tra 54 e 47 milioni di anni fa) sia in Europa (tra 40 e 35 milioni dianni fa). Sono ritenuti gli antenati delle Proscimmie che attualmente vivono in Africa e nell'Asia sudorientale. 21
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Dalle Proscimmie agli Ominidi di alcuni milioni di anni fa ·il cammino è molto lungo e passerà attraverso i Simiformi, antenati delle Catarrine e delle Platirrine attuali, evolutesi probabilmente nell'ambito degli Omomiidi. Il continente africano, dove le Proscimmie si erano portate dall'Europa nell'Eocene superiore, dopo che l'America settentrionale si era separata dall'Eurasia, diventa il crogiuolo in cui si formano i diversi rami delle Scimmie catarrine, un raggruppamento composito che si irradia nel continente euroasiatico fino alle regioni sudorientali, mentre nell'America meridionale si sviluppano le Platirrine, ricollegabili o agli Omomiidi dell'America del Nord o a un ceppo africano di Protocatarrine. Quella delle Platirrine è una linea che si è fermata presto nella evoluzione, perché le Platirrine attuali non differiscono da quelle di 20 milioni di anni fa. Per le Catarrine c'è anche chi sostiene una origine asiatica. Durante l'Oligocene il ceppo africano dei Simiformi appare ben rappresentato e anche differenziato. Il deposito di Qatrani del Fayylim (Egitto), con uno spessore di 300 metri, ha dischiuso fossili di notevole interesse, come il Propliopiteco, l'Oligopiteco, l'Egittopiteco. Un altro deposito di Simiformi è stato individuato a Taqah (Oman). Intorno a 32-30 milioni di anni fa si sviluppano le principali linee che hanno portato alle attuali Cercopitecine (dall'Oligopiteco), agli !lobati del Sud-Est asiatico (dal Propliopiteco), alle Antropomorfe e agli Ominoidei (dall'Egittopiteco attraverso i Proconsulidi). Intorno a 17 milioni di anni fa si stabilisce un ponte tra Africa e Asia in corrispondenza dell'Arabia a seguito della formazione della valle del Rift africano, la grande fenditura longitudinale che si formò nelle regioni orientali, collegandosi a una precedente spaccatura in senso ovest-est nel golfo di Aden. La conseguenza di tali fenomeni fu lo scivolamento della piattaforma afro-arabica verso il continente eurasiatico, con la formazione di un ponte di terra che permise il passaggio di fauna dall'Africa all'Eurasia. 22
L' ominizzazione
Gli Ominoidei del Miocene sono documentati da una galleria di personaggi ritenuti di qualche interesse per la evoluzione delle Antropomorfe e degli Ominidi: il Kenyapiteco, l'Uranopiteco, il Ramapiteco, l'Otavipiteco, il Samburupiteco, l'Oreopiteco, il Pieralopiteco. Essi non formano una discendenza lineare, ma una rete di linee evolutive sviluppatesi in Eurasia, oltre che in Africa, e caratterizzate da una dentatura adatta all'ambiente forestale, con qualche modificazione nell'apparato locomotore, o nella linea della, brachiazione o verso un raddrizzamento del corpo, che fa preludere alla locomozione bipede, caratteristica degli Ominidi pliopleistocenici. È interessante notare come l'antichità del ceppo africano che ha portato alle Catarrine dell'Antico Continente corrisponda a quanto si desume dallo studio del genoma del Macaco. Le origini della linea del Macaco vengono fatte risalire a circa 3O milioni di anni fa, la stessa epoca che in base alla paleoantropologia viene indicata per le più antiche Catarrine (Oligopiteco, Propliopiteco, Egittopiteco). ,
J;ominizzazione
La parentela che viene ammessa tra le Antropomorfe africane e gli Ominidi suggerisce un ceppo comune da cui si sono separate le due linee evolutive. È il problema della divergenza, che può essere affrontato sia con lo studio dei fossili, sia con le analisi del DNA su Primati antropomorfi e uomo attuale. C'è una certa concordanza nelle conclusioni che suggeriscono una divergenza intorno a 6-7 milioni di anni fa. In quell'epoca l'ambiente africano a ovest della valle del Rift era forestale e a est era aperto, di savana o prateria, a motivo delle minori precipitazioni nelle regioni orientali. Yves Coppens ha richiamato l'attenzione sulla diversità di questi ambienti, che può spiegare la differente evoluzione dei Primati che in essi vivevano. A ovest l'ambiente forestale favorì l'evoluzione delle Antro po23
L'evoluzione della vita e dell'uomo
morfe, caratterizzate da uno spostamento per brachiazione nelle foreste, mentre a est l'ambiente aperto di savana o prateria era favorevole al bipedismo, una modalità di locomozione caratteristica degli Ominidi. Non è a caso che in questo ambiente non si siano trovati resti riferibili a Prescimpanzé o Pregorilla. È la teoria della East Side Story o dell'evento (H)Omo, perché in questo modo si sono create le condizioni per la comparsa del genere Homo nella valle del fiume Omo. La spiegazione di Coppens, che punta sulla selezione naturale, è in linea con la teoria di Darwin, ma c'è chi sostiene che il raddrizzamento del corpo sia anche più antico. Qualche cenno di raddrizzamento sarebbe riconoscibile in Primati arboricoli, come Pieralopiteco trovato in Toscana e risalente a oltre 10 milioni di anni fa. In ogni caso, se il bipedismo si è affermato, è certamente in relazione a un ambiente aperto. Deve esserci stata una coincidenza tra fattori genetici e ambiente favorevole per il raddrizzamento della colonna vertebrale. Resta però sempre da spiegare l'insorgenza di strutture idonee al bipedismo, che richiede mutazioni a livello genetico. L'acquisizione del bipedismo viene ritenuta il passo decisivo nel processo della ominizzazione. Con la liberazione della mano dalle funzioni di sostegno o di appoggio, essa può essere utilizzata per svariati scopi, tra i quali emergono quelli connessi con la raccolta di cibo, con la manipolazione degli oggetti e l'utilizzazione di pietre e bastoni, anche a scopo di caccia e di difesa, con qualche scheggiatura rudimentale. La mano entra in dialogo con il cervello. Passerà ancora molto tempo per una tecnologia a carattere intenzionale, ma alcune condizioni anatomiche stanno realizzandosi in attesa di un adeguato sviluppo cerebrale. La stazione eretta consente inoltre di guardare a un orizzonte più vasto, di avvistare ostacoli o pericoli e quindi un migliore controllo del territorio. Si incrementano i vincoli sociali e familiari, perché la stazione eretta si apprende dai genitori. Il bipedismo richiede adeguate strutture anatomiche, ma, essendo un comporta24
Ominoidei vicini alla divergenza
mento appreso, necessitò di un rapporto parentale più stretto e prolungato. Probabilmente anche la vita di gruppo aiutava ad affrontare i pericolosi felini della savana. L'acquisizione del bipedismo ha richiesto un cammino lungo con modificazioni che incominciano a manifestarsi nella colonna vertebrale lombare, innanzi tutto, poi nella posizione della testa sulla colonna, nelle articolazioni degli arti, specialmente quelli inferiori, e nella conformazione del piede, in cui si forma la volta plantare con lo sviluppo delle ossa del tarso e si ha l'allineamento dell'alluce con le altre dita. Tali caratteristiche, evidenti nell'uomo, vengono acquisite con il tempo e si osservano spesso solo in modo parziale nei reperti rinvenuti a motivo della loro frammentarietà.
Ominoidei vicini alla divergenza
Gli Ominoidei più vicini alla divergenza tra la linea che ha portato alle Antropomorfe e quella degli Ominidi sono rappresentati dal Sahelanthropus, dall'Orrorin tugenensis, dall'Ardtpithecus kadabba. I reperti di Sahelanthropus sono stati rinvenuti in Ciad nel 2004 e risalgono a 6-7 milioni di anni fa. Sono rappresentati da un cranio incompleto, in cui si notano canini grandi e un foro occipitale in posizione alquanto avanzata. Sulla interpretazione influisce la diagnosi sessuale: se fosse femminile dovrebbe avvicinarsi di più alle Antropomorfe, nelle quali i canini sono di minori dimensioni, mentre se fosse maschile potrebbe avvicinarsi di più a un ominide, i cui antichi rappresentanti dovevano presentare un certo dimorfismo sessuale. Più definita la struttura locomotoria di Orrorin tugenensis, sempre di 6-7 milioni di anni fa, trovato in Kenya nel 2001, rappresentato da alcuni denti (i canini sono più piccoli di quelli dei Panidi attuali) e da vari reperti dello scheletro postcraniale in cui 25
L'evoluzione della vita e dell'uomo
si possono riconoscere chiare tendenze al bipedismo, specialmente nel collo del femore e nella sua articolazione (tav. 1). I!,Ardipithecus kadabba, riferibile pure a 6 milioni di anni fa, è stato trovato in Etiopia nel 2004 ed è rappresentato da pochi reperti.
Le forme australopitecine I predecessori del genere Homo possono essere visti nel raggruppamento delle Australopitecine, che si è rivelato complesso e ricco di reperti i cui rapporti filetici sono oggetto di interpretazioni diverse in ordine alla linea umana. Caratteristiche comuni sono il bipedismo, a volte associato al1' arrampicamento, e una tendenza alle caratteristiche umane nella dentatura (riduzione dei canini, assenza del diastema), ma la faccia è piuttosto prognata e la capacità cranica nell'ordine di quella delle Antropomorfe. Australopiteci sono stati rinvenuti. in varie regioni dell'Africa (Sudafrica, Tanzania, Kenya, Etiopia, Ciad, ecc.). Alcuni distinguono forme arcaiche o più antiche, forme gracili e forme robuste. Fra le arcaiche la più nota è l'Australopiteco afarense, la famosa Lucy, trovata in Etiopia nel 1974 e rappresentata da qualche frammento del cranio e da numerose ossa postcraniali che attestano una struttura locomotoria adatta al bipedismo, anche se con qualche aspetto che denota una familiarità con l' ambiente arboreo (tav. 2). All'Afarense vengono riferiti altri reperti trovati in Tanzania (Laetoli) e in Sudafrica, e anche Australopithecus bahrelgazhalensis, segnalato nel Ciad nel 2004 a grande distanza dal Rift. Le forme gracili comprendono l'Australopiteco africano, il primo reperto segnalato nel 1925 in Sudafrica da Dart, e altri esemplari della stessa regione (Australopitehcus transvalensis o Plesiantropo di Sterkfontein e Australopithecus prometheus di Makapansgat). 26
Le forme australopitecine
Le forme robuste, così definite, soprattutto per lo sviluppo di inserzioni muscolari in relazione alla masticazione, comprendono Australopiteco robusto o Parantropo del Sudafrica (Swartkrans e Kromdraai), l'Australopithecus Boisei (o Ziniantropo) trovato a Olduvai in Tanzania nel 1959 (risalente a 1,8 milioni di anni fa) e in altre località dell'Africa orientale (tav. 4), e l'Australopithecus aethiopicus o preBoisei, vissuto 2,5 milioni di anni fa, trovato a ovest del lago Turkana. Le forme arcaiche sono state precedute da altri Ominidi, come Ardipithecus ramidus con reperti di 5,5 e 4,4 milioni di anni fa (antenato dell'Afarense?), Kenyanthropus, Australopithecus anamensis (o Preantropo) del Kenya con reperti di 3,9 e 4,2 milioni di anni fa. Il Kenyantropo ha un faccia alquanto appiattita e l'Anamense ha caratteristiche più orientate verso il bipedismo rispetto all'Afarense (fig. 1). Dal punto di vista filetico alcuni autori (Senut, Pickford) distinguono due linee: una caratterizzata dal bipedismo e dall' arrampicamento (A. afarense, da cui A. africano) e un'altra più decisamente bipede (Orrorin e Anamense), che vengono viste come· forme ancestrali del genere Homo. In questo modo di vedere l'Afarense sia dell'Etiopia (Hafar) che della Tanzania (Laetoli) e forse anche del Sudafrica sarebbe antenato non in linea diretta, ma solo collaterale di Homo, una posizione che si distacca da quella più comune che vede nell' Afarense un antenato dell'uomo (fig. 2). Gli Australopiteci si nutrivano di piante e piccoli animali della savana che cacciavano, ma anche di carogne di animali abbandonate dai felini. Quelli robusti dovevano avere una dieta fortemente coriacea, come denota la dentatura assai robusta, specialmente i premolari e molari. Gli Australopiteci vivono per un lungo arco di tempo nella savana africana e si portano sia a ovest lontano dal Rift, come attesta Ì' Australopiteco del Ciad, sia nell'Africa del Sud, ma si estinguono intorno a 1,5 milioni di anni fa, mentre si vanno affermando le forme del genere Homo (habilis, rudol/ensis, ergaster). 27
L'evoluzione della vita e dell'uomo
H. sapiens sapiens
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Fig. 1. Ipotesi di ricostruzione della filogenesi degli Ominidi.
28
6
Il genere Homo
Probabilmente se gli Australopiteci sono stati soccombenti nella competizione con l'ambiente è stato perché non erano in grado di sviluppare le strategie della cultura, come gli Ominidi del genere Homo, come propende a ritenere anche Coppens. Per la documentazione del bipedismo un particolare significato assumono le impronte di piede umanoide lasciate nel tufo vulcanico a Laetoli, in Tanzania, 3 ,6 milioni di anni fa da alcuni Ominidi. Si tratta di una camminata scoperta da M. Leakey nel 1978, le cui impronte evidenziano una volta plantare ben sviluppata con l'alluce allineato con le altre dita. Non è facile stabilirne l'attribuzione, ma la presenza di forme arcaiche di australopiteco in quell'epoca suggerisce che ad esse possano essere riferite tali impronte attestanti il bipedismo. Le Australopitecine costituiscono come i rami di un cespuglio le cui connessioni resta difficile stabilire. Alla frammentarietà dei reperti, si aggiunge la collocazione in un arco di tempo di alcuni milioni di anni, almeno quattro. Di fatto esse si sono estinte, ma ad alcune di esse vengono ricongiunte le prime forme del genere Homo, le cui origini vengono riconosciute in Africa.
Il genere Homo Le specie del genere Homo vengono comunemente identificate in habilis, erectus e sapiens. Si ammette una successione nel tempo, ma si tratta di una successione a grandi linee, perché anche in questi raggruppamenti vi sono differenze nei diversi continenti che lasciano intravedere intersezioni e parziali sovrapposizioni. Ciò premesso, c'è da osservare che si tratta di una classificazione che si ispira alla nomenclatura binaria linneana di genere e di specie in uso nella sistematica botanica e zoologica, e utilizzata in paleontologia. Ma poiché il criterio per distinguere una specie è la interfecondità, nel caso di esseri vissuti nel passato non può trattarsi che di una supposizione, dedotta dal grado di differenze 29
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Homo sapiens sapiens
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Fig. 2. Ipotesi di separazione delle linee di Ominidi del Terziario in relazione alla locomozione, secondo B. Senut (da Aux Origines de l'humanité, sous la direction de Y Coppens et P. Pick, Fayard, Paris 2001). Praeanthropus corrisponde all'Australopiteco anamense. 30
Il genere Homo
morfologiche. La specie paleontologica viene supposta, pur nella continuità genetica con quelle che l'hanno preceduta, nel senso che le differenze che si stabiliscono gradualmente con il tempo potrebbero indicare a un certo momento un' avvenuta speciazione. In paleontologia umana c'è stata per un certo tempo la tendenza a classificare i nuovi reperti con la nomenclatura binaria, facendo riferimento a qualche caratteristica morfologica o geografica, per cui le denominazioni di specie umane si sono moltiplicate sia in senso diacronico che sincronico. La difficoltà a identificare le specie nella linea evolutiva umana deve indurre a una maggiorè cautela nell'uso della nomenclatura tassonomica. In questo senso si è espresso recentemente anche Tim White (2003 ). Le differenze che si osservano nel tempo potrebbero corrispondere più a variazioni morfologiche o di grado che a vere specie Gelinek, Ferembach, Coppens, ecc.). È pure da osservare che, a prescindere dal significato biologico di specie, la denominazione di erectus non si riferisce a una caratteristica funzionale (la stazione eretta era già stata acquisita dagli Australopiteci), ma ha un riferimento storico al Pitecantropo trovato a Giava nel 1891 (e denominato erectus) e negli anni seguenti, ritenuto una forma umana primitiva. Ominidi di questo tipo, caratterizzati da calotta cranica bassa, torus sopraorbitario e occipitale, faccia prominente, bassa capacità cranica, sono stati identificati in molti reperti del Pleistocene inferiore e medio. Per i rappresentanti più antichi di erectus del1'Africa è stata proposta la denominazione di Homo ergaster. La forma sapiens del genere Homo viene identificata nell'ominide che non presenta caratteri di rozzezza come Homo erectus e ha maggiori somiglianze con l'uomo attuale, sia che si ritrovi attualmente come sapiens sapiens, sia che si sia estinto, come i Neandertaliani. Per quanto si riferisce a Homo habilis la denominazione fu proposta nel 1964 da Leakey, Tobias, Napier per alcuni fossili trovati nella gola di Olduvai nel 1961 e 1963 rappresentati da calotte craniche con maggiore capacità degli Australopiteci (tav. 5) e ac31
L'evoluzione della vita e dell'uomo
compagnati da industria su ciottolo (choppers e chopping tools). Essi furono contemporanei di Australopihtecus Boisei. La scoperta di aree di macellazione e abitazione confermava l'attribuzione di questi reperti al genere Homo. Seguirono altre scoperte in Kenya, Etiopia, Sudafrica, Malawi. Homo habilis rinvenuto a Koobi Fora a est del lago Turkana nel 1972 e anche altri più cerebralizzati (770 cc) furono attribuiti a Homo rudol/ensis da Wood (1992), che riprendeva una denominazione data da Alexeev (1978) distinguendoli da Homo habilis sensu stricto (quelli di Olduvai e alcuni di Koobi Fora; tav. 6). Recentemente Wood e Collard (2003) hanno proposto di abbassare fileticamente sia Homo habilis che Homo rudol/ensis al livello di Australopiteci, per cui il genere Homo inizierebbe con ergaster/erectus. Come si vede, la tassonomia del genere Homo è un problema aperto. Inoltre quando si parla di genere Homo non si può fare tout court una identificazione con l'uomo in senso filosofico. A questo riguardo occorrono criteri che non possono essere solo quelli morfologici, come si vedrà in seguito. Quanto agli aspetti morfologici, di carattere strutturale e funzionale, si fa riferimento ai seguenti caratteri: un incremento del volume dell'encefalo, con una crescita differenziata di alcune aree, specialmente nel lobo frontale e parietale (come quelle del linguaggio articolato), una riduzione nelle dimensioni dei denti premolari e molari, oltre che dei canini, strutture locomotorie orientate a una deambulazione eretta, piena capacità di presa di precisione della mano (cf. Coppens, 1981; Tobias, 1984). Secondo Wood (2003) una specie fossile si può includere nel genere Homo se si può dimostrare che è più vicina a Homo sapiens che agli Australopiteci nella massa corporea e nelle proporzioni, nella dentatura e nell'apparato masticatore, se lo scheletro postcraniale ha una morfologia coerente con il bipedismo e scarsa capacità di arrampicamento, se possiede un periodo di crescita e di sviluppo vicini a quelli dell'uomo attuale. Dagli aspetti morfologici non vanno disgiunti a nostro modo 32
Homo habilis/Homo rudol/ensis
di vedere quelli comportamentali, connessi con particolari caratteristiche morfologiche, come la lavorazione sistematica della selce e l'organizzazione del territorio, che entrano nel rapporto con l'ambiente e quindi possono assumere un significato ai fini dell'isolamento genetico necessario alla speciazione.
Homo habilis/Homo rudolfensis
I primi fossili denominati come Homo habilis sono stati segnalati a Olduvai, come sopra ricordato, e risalgono a circa 2 milioni di anni fa. La maggiore capacità cranica (secondo Tobias circa il 40% in più degli Australopiteci) e l'associazione con industrie su ciottolo rappresentano la loro precipua caratteristica. Le forme più cerebralizzate del Turkana (Homo rudolfensis) evidenziano una maggiore irrorazione sanguigna, un innalzamento della fronte e dei parietali. La dentatura mostra una riduzione dei denti_ laterali rispetto alle Australopitecine e un'usura che denota alimentazione di tipo onnivoro. Secondo Tobias il calco endocranico di Homo habilis presenta un certo sviluppo delle aree encefaliche relative al linguaggio articolato (area di Broca per la motricità nella corteccia frontale inferiore sinistra, area di Wernicke per la comprensione del linguaggio nella regione parietotemporale sinistra). Possedeva dunque le basi neurologiche del linguaggio articolato e ciò si accorderebbe con un certo sviluppo della vita sociale e della tecnologia strumentale. Reperti alquanto frammentari attribuiti a Homo habilis sono stati segnalati in altre regioni africane, come l'Etiopia, il Kenya, il Sudafrica. A Homo rudol/ensis viene riferita una mandibola trovata nel Malawi e risalente a 2-2,5 milioni di anni fa. Molto probabilmente Homo habilislrudol/ensis praticava forme elementari di caccia a piccoli animali. Le, zone preferite per gli insediamenti erano vicine a corsi d'acqua e fiumi. Era in grado di fabbricare intenzionalmente utensili in pietra. Si tratta dell'indu33
L'evoluzione della vita e dell'uomo
stria su ciottolo (pebble culture) o cultura olduvaiana (dal nome della località dove è stata. segnalata). Il ciottolo può essere di varie dimensioni e presenta qualche scheggiatura intenzionale con modalità diverse: nei choppers i tagli sono lungo un margine e limitati a una faccia; nei chopping tools sono sempre lungo un margine, ma su entrambi i lati (tavv. 7 e 8). Possono essere ottenuti per percussione diretta con un percussore duro secondo una certa angolazione. Lo strumento che si ottiene può avere funzioni diverse: tagliare, scuoiare, incidere, scarnificare. Nella fabbricazione di tali industrie vengono identificate catene operative. Esse non sono quindi prodotti casuali, ma rispondono a un progetto. La fabbricazione intenzionale di utensili e la loro utilizzazione per farne altri non viene riconosciuta nelle forme australopitecine, che peraltro avevano possibilità di utilizzare pietre e forse anche di scheggiarle in qualche modo. Ma la lavorazione sistematica del ciottolo va attribuita a Homo habilis, con il cui livello evolutivo appare più coerente (fig. 3). L'organizzazione di luoghi di abitazione e di frequentazione, anche solo per breve tempo, è ben documentata ed è espressione di una vita sociale che si fa più intensa. Cerchi di pietra, ritenuti basi di capanne, sono stati segnalati a Olduvai (I strato, risalente a 1,8 milioni di anni fa) e a Melka Kunturé (Gomboré I, correlabile con il I di Olduvai). A quale antenato debba ricollegarsi Homo habilis resta ancora da chiarire. Secon_do Tobias ad Australopiteco africano, secondo Johanson all'Afarense, ma se quest'ultimo aveva un sistema locomotorio misto, non definito quanto al bipedismo, Homo habilislrudolfensis potrebbe ricollegarsi a un antenato comune ali' Afarense e al genere Homo, o forse al Preantropo, che è più antico dell' Afarense e aveva maggiore attitudine al bipedismo.
Homo erectus in Africa Il passaggio da habilis a erectus o ergaster (volendo utilizzare il 34
Homo erectus in Africa
4 1
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Fig. 3. Industria olduvaiana antica di Olduvai Bed II: 1 e 2 protobifacciali; 3 chopping-tools; 4-7 schegge ritoccate (da Broglio e Kozlowskz; 1986). 35
L'evoluzione della vita e dell'uomo
secondo termine per le forme più antiche) può essere avvenuto gradualmente. C'è un aumento generale delle dimensioni del corpo e una maggiore robustezza nel cranio (torus sopraorbitale e occipitale). Homo erectuslergaster è anche più cerebralizzato. Il 3733 di Koobi Fora, a est del lago Turkana, datato a 1,6 milioni di anni fa, ha una capacità cranica di 850 cc. (tav. 9). Altri reperti della stessa epoca provengono da un giacimento a ovest dello stesso lago, dalla formazione Shungura, lungo il bacino del fiume Omo, e da Melka Kunturé (Etiopia). Altre forme di Homo erectus africane più recenti provengono da Olduvai (II strato; 1,2 milioni di anni fa: capacità cranica: circa 1.000 cc), da Swartkrans (Telantropo), dall'Etiopia (Daka: circa un milione di anni fa) e dall'Eritrea (Buia: circa un milione di anni fa; tav. 10), dalla Mauritania (Atlantropo: 600.000 anni fa). A un'epoca più recente risalgono i crani di Rhodesia e di Saldanha, con il caratteristico torus sopraorbitario e occipitale, di incerta datazione. Qualche aspetto più evoluto della calotta preanuncerebbe Homo sapiens. Fuori dall'Africa l'uomo deve essersi portato in epoca molto antica. La rotta verso l'Asia e l'Europa dovette essere la stessà seguita dagli Ominoidei del Terziario: la piattaforma afro-arabica. I recenti rinvenimenti di Dmanissi in Georgia sembrano risalire a 1,6-1,8 milioni di anni fa, denotando una forma intermedia tra habilis ed erectus. Nella cultura strumentale continua l'industria su ciottolo, ma si ha un'evoluzione verso le industre bifacciali e su scheggia. I bifacciali, evolutisi dai chopping tools attraverso i protobifacciali, sono strumenti a forma di mandorla (amigdale o asce a mano), ritoccati lungo il margine e su entrambe le facce, dapprima in modo grossolano, poi in modo più affinato. I ritocchi sulle facce rispondono a criteri di simmetria più che di funzionalità e possono rivelare qualche senso estetico (fig. 4). L'industria su scheggia, con lavorazione monofacciale, evolve nella tecnica Levallois, con cui la forma della scheggia che si vuole staccare dal nucleo viene preparata con qualche stacco eseguito 36
Homo erectus in Africa
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2
Fig. 4. Bzfacciali del giacimento di Castel di Guido (Paleolitico inferiore), da A.M. Radmilli e G. Boschian, Gli scavi a Castel di Guido, Ist. St. Preist. e Protost., Firenze 1996. 37
L'evoluzione della vita e dell'uomo
sul nucleo stesso. Questa tecnica con cui si ottiene una scheggia di forma predeterminata consente una maggiore economia della .materia prima. Le più antiche industrie Levallois sono segnalate nell'Africa meridionale (intorno a 600.000 anni fa). Con Homo erectus sono ben documentati luoghi di frequentazione e di lavorazione della selce, come nella località Gomboré I di Melka Kunturéin Etiopia. Da segnalare l'uso preferenziale della mano destra, documentato in schegge olduvaiane di Koobi Fora, in. un sito datato a 1,5 milioni di anni fa. Le schegge sono destrorientate: ciò si deduce dal confronto con i prodotti dei tagliatori di pietra che utilizzano la mano destra (Toth e Sik, 1993).
Homo erectus in Asia Nella storia della paleoantropologia vi sono stati momenti in cui l'Asia è stata ritenuta culla dell'umanità. Attualmente, alla luce delle scoperte riguardanti il ceppo umano e le sue parentele con i Primati non umani, le origini dell'uomo sono viste in Africa, e precisamente nell'Africa orientale. Il popolamento dell'Asia è dipendente dall'Africa, da cui l'uomo si irradiò verso nord-est, nell'Eurasia, in epoca molto antica, intorno a 1,6-1,8 milioni di anni fa, tenendo conto del giacimento di Dmanissi in Georgia che potrebbe rappresentare un crocevia verso l'ovest e verso l'est. Forse anche transitando a sud del Caucaso l'uomo si portò nel suo lungo viaggio fino alle regioni del Sud-Est asiatico e del lontano Oriente. Sulle tappe intermedie conosciamo poco. Il giacimento di Narmada in India è del Pleistocene medio. La Cina ha dischiuso in vari depositi documenti sull'uomo preistorico di epoche assai antiche, come ilframmento di mandibola trovato a Longuppo (1,8 milioni di anni) e l'Uomo dello Yunnan (alcuni denti di 700.000 anni fa). Ma i reperti più celebri sono indubbiamente quelli trovati nella grotta di Choukoutien nel 1929 con la fortunata scoperta di una calotta cranica immersa nel travertino, da parte di un' équipe del servizio geologico cinese, for38
Homo erectus in Asia
mata da Black, Teilhard de Chardin, Young e Pei. Alla scoperta ne seguirono altre fino al 1936. Gli scavi sono ripresi dopo la guerra e hanno confermato il grande interesse del deposito. La calotta cranica ha una capacità tra 800 e 1.100 cc, la fronte è bassa e sfuggente. L'abbondante presenza di crani e mandibole e la quasi assenza di ossa postcraniali ha indotto a pensare che la grotta fosse frequentata per riti particolari (pasti a carattere funerario? culto dei' crani?). Cacciatori paleolitici la frequentarono in periodi successivi, fra 460.000 e 250.000 anni fa. Abbondanti sono gli strati di cenere, che attestàno la domesticazione del fuoco, e numerose le industrie su pietra e su osso. Tra gli altri reperti della Cina possono essere ricordati quelli di Lantian, più antico (600.000 anni fa) e più rozzo del Sinantropo, e di Yunxian. Più recenti quelli di Longtandon e di Dali. I reperti di Homo erectus dell'isola di Giava rappresentano una serie evolutiva di incomparabile interesse, anche se le circostanze del ritrovamento, specialmente per le prime scoperte, sollevano qualche problema di datazione. Le scoperte datano dal secolo scorso e le prime si devono a Eugène Dubois, medico olandese recatosi in Indonesia per trovare l'anello di congiunzione tra uomo e scimmia. Fu premiato nella sua intuizione, perché ebbe la fortuna di rinvenire nel 1891 una calotta cranica con aspetti 'scimmieschi (bassa, con fronte sfuggente) e un femore tipicamente umano poco distante dal luogo in cui era stata scoperta la calotta. La denominazione di Pithecanthropus erectus, data da Dubois nel 1894, voleva evidenziare la singolare associazione della statura eretta con una calotta poco evoluta. Le discussioni a non finire a cui diedero luogo si accrebbero con le successive scoperte di numerose calotte da parte di von Koenigswald negli anni Trenta del XX secolo, che confermarono la particolare mot;fologia dei Pitecantropi e la variabilità nel tempo, giacché i reperti trovati si distribuiscono in periodi geologici diversi (Djetis/Perning, Trinil/Sangiran, Ngandong), riferibili al Pleistocene inferiore, medio e superiore. Negli anni Settanta veniva data una cronologia di 1.800.00, 700.000 e 200/100.000 anni 39
L'evoluzione della vita e dell'uomo
per i tre livelli. Studi successivi hanno ringiovanito il deposito, che non sarebbe più antico di 1.200.000 anni, eccetto forse il Megantropo. Ulteriori elementi confermerebbero un'età antita (oltre un milione di anni, per i primi strati) e un'epoca tra 100.000 e 50.000 anni fa per Ngandong. Ma è soprattutto la variabilità morfologica che si osserva nel tempo che impressiona. Gli strati più antichi includono sia forme ritenute umane, come il Pitecantropo IV (modjokertensis), sia un reperto non umano, rappresentato da un frammento di mandibola, il Megantropo. Più evoluti, ma sempre con caratteri di rozzezza specialmente nella calotta, priva di fronte, i•reperti di Trinil raccolti a Sangiran, tra i quali figura la prima calotta segnalata nel 1891. Notevole il torus occipitale. La capacità è di 800-900 cc. Più evolute le calotte di Ngandong, che conservano la morfologia delle precedenti, ma presentano un innalzamento della volta cranica con capacità da 1.100 a 1.300 cc. Dal medesimo strato proviene il Pitecantropo VIII, l'unico di cui si conserva la faccia quasi completa. Purtroppo le industrie litiche sono alquanto scarse, ma ce ne sono. È probabile che i resti scheletrici trasportati con materiale alluvionale siano andati a finire lontano dai luoghi frequentati dai Pitecantropi. Sono stati riferiti agli ultimi Pitecantropi alcuni reperti trovati tra il 2004 e il 2005 nell'isola di Flores, attribuiti a vari individui, caratterizzati da piccola capacità cranica (400 cc) e una statura di circa 1 metro. La loro datazione li colloca tra 74.000 e 18.000 anni fa. La presenza di strumenti di pietra e Ia somiglianza nella forma dell' endocranio con Homo erectus depongono per capacità cognitive umane. La loro interpretazione è assai discussa: si tratta· di nanismo? Di microcefalia connessa con statura molto bassa? Sono veramente discendenti dei Pitecantropi? La riduzione di taglia potrebbe essere un fenomeno connesso con la insularità, come segnalato in alcune specie del mondo animale? L'Uomo di Flores rimane enigmatico. Per lui è stata coniata la specie Homo fioresiensis. 40
Homo erectus in Europa
La cultura litica di Homo erectus dell'Asia è rappresentata da nuclei, punte, ciottoli lavorati. Non si trovano bifacciali, a differenza di quanto si osserva in Africa, anche se qualche raro reperto è stato segnalato. Ciò ha indotto a ritenere che gli Ominidi passati in. Asia dall'Africa non avessero ancora realizzato la lavorazione bifacciale e quindi il passaggio sia stato molto antico, forse già con ergaster o anche prima.
Homo erectus in Europa L'uomo raggiunse l'Europa risalendo le coste orientali del Mediterraneo e portandosi nelle regioni orientali europee, poi nelle altre. Ma è probabile che anche Gibilterra abbia offerto la possibilità in qualche momento di raggiungere l'Europa. Il passaggio potrebbe essere avvenuto con Homo ergaster e forse anche prima con habilis, se si tiene conto che industrie molto antiche, di oltre 1,5 milioni di anni, sono documentate in varie regioni europee (Chillac, Roussillon, Vallonet, Monte Poggiolo, ecc.) e nei recenti ritrovamenti a Dmanissi in Georgia. In questa località negli ultimi anni sono stati rinvenuti vari reperti scheletrici e industrie litiche che attestano la presenza umana 1,7 milioni di anni fa. A Dmanissi, in stratì sottostanti una superficie antropica medievale, sono stati trovati numerosi reperti rappresentati da crani, mandibole e industrie. Presentano una certa variabilità nelle dimensioni. Alcuni crani sono piuttosto piccoli. La morfologia appare intermedia fra Homo habilis e Homo ergaster, una posizione che si accorda con la cronologia. È discussa la collocazione filetica. È stata proposta una nuova specie: Homo georgicus. Risale a circa 800.000 anni fa il giacimento di Ceprano, nel Lazio, che ha dischiuso nel 1994 una calotta assai interessante, riferibile a Homo erectus. Le potenti arcate sopraorbitarie e i parietali espansi ne fanno un rappresentante di umanità arcaica, certamente ricollegabile a forme africane, che va differenziandosi verso 41
L'evoluzione della vita e dell'uomo
il tipo europeo del Pleistocene medio (Homo heidelbergensis), ritenuto antenato dei Neandertaliani. Alla medesima epoca, 800.000 anni fa, risale il cranio della Gran Dolina di Atapuerca, trovato nel 1994, con caratteristiche di erectus. La faccia evidenzia qualche tendenza verso Homo heidelbergensis, ma anche verso la forma moderna e perciò è stato denominato Homo antecessor. Anch'esso proverrebbe dall'Africa. Nella stessa località, nella grotta Sima de los huesos («pozzo delle ossa»), databile a 400.000 anni fa, sono stati trovati resti riferibili a 27 individui con caratteristiche dentarie decisamente orientate verso il tipo neandertaliano. L'accumulo delle ossa potrebbe essere dovuto a catastrofe naturale oppure potrebbe essere intenzionale. Nel secondo caso ci si potrebbe trovare di fronte a trattamenti particolari dello scheletro (cannibalismo?). Recenti datazioni del deposito lo farebbero risalire a 600.000 anni fa. Ciò confermerebbe la grande antichità del ceppo neandertaliano. A circa 600.000 anni fa risale la mandibola trovata a Mauer nel 1907 in Germania presso Heidelberg, una mandibola piuttosto grande con denti relativamente piccoli, battezzata come Homo heidelbergensis, riferibile a Homo erectus e ritenuta alle origini del ceppo neandertaliano. A questo proposito c'è da osservare che i Neandertaliani europei vissuti fra 100.000 e 35.000 anni fa non compaiono all'improvviso e non vengono dall'esterno. Un modo di vedere attualmente largamente condiviso è che essi rappresentino una specializzazione di una umanità sviluppatasi nelle regioni europee in un'area di relativo isolamento delimitata dal Mediterraneo a sud e dall'oceano a ovest e a nord-ovest, in un ambiente caratterizzato da climi piuttosto freddi, come quelli delle glaciazioni del Quaternario. Di conseguenza gli antenati dei Neandertaliani sono da ricercarsi nell'umanità del Pleistocene medio, che ne rappresenta i precursori. La morfologia neandertaliana sembra sempre più doversi ricondurre a un unico modello. In questo modo di vedere non ci si sorprende più se l'Uomo di Tautavel (400.000 anni fa) ha una faccia che annuncia il tipo ne42
Homo erectus in Europa
andertaliano (tav. 11), se il torus sopraorbitario neandertaliano si osserva già in Tautavel e Bilzingsleben (400.000 anni fa), se i denti di Sima de los huesos sono ormai neandertaliani, se la fossetta soprainiaca, caratteristica dei N eandertaliani, la si ritrova in Steinheim di circa 250.000 anni fa. Effettivamente gli Ominidi che si conoscono per l'Europa nel periodo tra 600.000 e 100.000 anni fa mostrano, sia pure in grado diverso, qualche carattere neandertaliano. In questa grande fascia di umanità preistorica rientrano i reperti di numerosi giacimenti: - i reperti della grotta di Tautavel nei Pirenei orientali, caratterizzati da torus sopraorbitario, protrusione del mascellare che sembra annunciare il tipo neandertaliano, mento sfuggente, capacità cranica di circa 1.150 cc; ~ i reperti di Bilzingsleben, in Germania, riferibili a cacciatori del Pleistocene medio, con toro sopraorbitario notevole; - l'occipitale di Vértesszollos (Ungheria) di circa 300.000 anni fa, con spessore notevole e torus; - il cranio di Petralona (Grecia), di datazione discussa (600.000 o 200.000 anni fa), con torus sopraorbitario, e aspetti della faccia che preludono al Neandertaliano; - il cranio di Steinheim (Germania) del Mindel-Riss, riferibile a individuo giovane di sesso femminile con qualche carattere arcaico (visiera sopraorbitaria, volta bassa, naso largo) associati ad altri più evoluti (arrotondamento dell'occipitale, mascellare non in estensione), forse una forma di transizione verso il tipo neandertaliano classico (tav. 13); - il cranio di Swanscombe (Inghilterra) di circa 270.000 anni fa; - l'Uomo di Fontéchevade (Paleolitico inferiore); - la calotta di Reilingen (Germania) del Riss; - i reperti di Lazaret (Francia) di 130.000 anni fa; - i reperti di La Chaise (Francia) di 245.000 anni fa, ritenuti preneandertaliani. Con il passare del tempo le caratteristiche neandertaliane di43
L'evoluzione della vita e dell'uomo
ventano costanti e nei Neandertaliani classici, quelli tra 130.000 e 35.000 anni fa, presentano grande uniformità. La cultura di Homo erectus delle regioni europee è ben documentata sia nei prodotti della tecnologia (industrie bifacciali e su scheggia), sia nella organizzazione del territorio (campi familiari e campi base per la caccia), sia nei laboratori per la lavorazione della selce. Bene accertata la domesticazione del fuoco. Sono segnalate anche attività attinenti la sfera astrattiva e simbolica. Ci si potrebbe chiedere con quale denominazione possano essere classificate le forme preneandertaliane: come espressioni o variazioni di Homo erectus oppure come sottospecie di Homo sapiens, analogamente a quanto alcuni ritengono per i Neandertaliani classici? Ma forse è meglio non insistere troppo su queste classificazioni, che rivelano sempre più i loro limiti.
I N eandertaliani classici
La morfologia tipica dei Neandertaliani, annunciata per qualche carattere nel corso di centinaia di migliaia di anni, appare ben definita nel periodo tra 130.000 e 35.000 anni fa, nelle regioni europee e nel Vicino Oriente. Sono i Neandertaliani «classici», che hanno dominato sulla scena europea nell'ultimo interglaciale e nella prima parte della glaciazione del Wiirm (tra 130.000 e 40.000 anni fa). Prendono il nome dalla calotta di Neandertal, trovata nella località omonima in Germania nel 1856. Altri reperti simili erano stati segnalati in precedenza (Gibilterra, Spy), ma fu il ritrovamento di Neandertal a suscitare la maggiore attenzione e a orientare nell'interpretazione di altri uomini fossili già segnalati. Le scoperte di reperti simili che si sono susseguite (La Chapelle, Le Moustier, La Ferrassie, La Quina, Ehrinsdorf, Krapina, Saccopastore, ecc.) consentono di t_ratteggiare in modo piuttosto preciso la morfologia dei Neandertaliani: struttura corporea robu44
I Neandertaliani classici
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sta, sporgenza o torus sopraorbitario, fronte sfuggente, faccia massiccia senza fosse canine, sviluppo del cranio in senso lateroposteriore, fossetta soprainiaca, buona capacità cranica. La struttura corporea (statura bassa, tronco lungo e arti corti) viene messa in relazione con climi freddi e anche con stress biomeccanici dovuti a un'attività fisica particolarmente impegnativa2 • Intorno a 100.000 anni fa si spinsero nell'Asia occidentale: i N eandertaliani sono segnalati in vari territori del Vicino e Medio Oriente (Israele, Iraq, Uzbekistan), ove appaiono coevi con la forma umana moderna, presumibilmente proveniente dall'Africa. Le manifestazioni culturali, caratteristiche del Paleolitico medio, denotano uno sviluppo delle industrie litiche con le tecniche già affermatesi in precedenza, specialmente quelle su scheggia. La pratica della sepoltura, anche se non generalizzata, è documentata in vari siti: La Chapelle-aux-Saints, La Ferrassie, Le Régourdou, Shanidar, Tabun, Amud, Kebarà, Teshik Tash, ecc. Sono segnalate pratiche di cannibalismo, fors~ a carattere rituale, con scelta preferenziale di alcl;lne parti, come il cranio. Si conoscono cristalli e minerali conservati e manufatti con impronte di fossili (figg. 5 e 6). Sono anche segnalate incisioni intenzionali su ossa con carattere simbolico, non riferibili a pratiche di scarnificazione (fig. 7). Non si può ritenere che l'umanità neandertaliana fosse inferiore a quella moderna, anche se certe manifestazioni culturali appaiono di livello più avanzato nella forma moderna. Con la scoperta del Neandertaliano di Saint-Césaire, il livello castelperroniano del Paleolitico superiore che lo accompagna è da riferirsi ai Neandertaliani. È però vero che la forma moderna (o Homo sapiens sapiens) si Recenti analisi sul DNA nucleare in due Neandertaliani geograficamente lontani e vissuti circa 50.000 anni fa hanno individuato i geni responsabili del colore rosso dei capelli e azzurro degli occhi, quindi di una scarsa pigmentazione. Se questo fosse generalizzabile, significherebbe che i Neandertaliani avevano acquisito nel tempo una scarsa pigmentazione come si ammette dal punto di vista adattativo per le popolazioni che vivono in regioni temperate.
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L'evoluzione della vita e dell'uomo
Fig. 5. Bi/acciale del periodo acheuleano ritrovato a West To/ts, Nor/olk (Inghilterra). Al centro l'impronta di un bivalve del Cretaceo superiore (da Oakley, 1981).
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I Neandertaliani classici
è affermata in tempi relativamente rapidi e che i Neandertaliani si sono estinti. Certamente nell'ultimo periodo (a partire da 40.000-35.000 anni fa) vi furono contatti fra gli ultimi Neandertaliani e l'uomo moderno proveniente dall'Oriente. Vari reperti di umanità moderna -Bambin~ di Velho in Portogallo di 24.000 anni fa, reperti di Zaffaraia (Spagna) di 27 .000 anni fa, crani di Pestera Mujeri (Romania) di 31.000 anni fa, di Cioclovina Uscata (Romania) di 28.000 anni fa - mostrano qualche reminiscenza morfologica neandertaliana che fa pensare a incroci fra le due popolazioni. Secondo Tattersall (2002) e altri autori si tratterebbe di scambi occasionali e non vi sarebbe stata vera mescolanza di popolazioni. Si ammettono fenomeni di acculturazione con passaggio di elementi culturali moderni in aree neandertaliane. Del resto i Neandertaliani si sono attardati nelle regioni meridionali delle penisole italiana e iberica in epoche in cui nell'area padana e nelle regioni centrali europee era già presente l'umanità moderna. Dal punto di vista biomolecolare l'analisi del DNA su sequenze del genoma ricavato da reperti neandertaliani e moderni depongono per l'assenza quasi totale di sequenze neandertaliane nell'uomo moderno. C'è chi ha voluto dedurne che i Neandertaliani e l'uomo moderno appartengano a specie diverse. Ma in queste analisi qual è il grado di diversità che può indicare diversità di specie? Sui Neandertaliani grava l'enigma della loro estinzione piuttosto rapida. C'è chi ha pensato a un genocidio, ma non se ne hanno le prove. Più che a una eliminazione si potrebbe pensare che i Neandertaliani siano stati «geneticamente sommersi» dagli uomini moderni invasori. Così ci si può spiegare perché alcune caratteristiche neandertaliane si ritrovino in uno o in un altro reperto di Homo sapiens o perché alcuni caratteri moderni siano presenti in un Neandertaliano o nell'altro (Tattersall, 2002). È stata ipotizzata una specie di emarginazione culturale da parte dell'uomo moderno per la sua superiorità (simbolica e tecnologica), che lo avrebbe premiato sul piano demografico.
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L'evoluzione della vita e dell'uomo
Fig. 6. Raschiatoio in quarzo con impronta di/assile trovato a Schweinskopf Karmelenberg (Germania), Musteriano (da Schafer, 1996).
Fig. 7. Frammento osseo con incisioni intenzionali di Pech de l'Azé (Dordogna, Francia), Musteriano (da Bordes, 1972).
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L'umanità' moderna
Si è pensato anche che l'uomo moderno fosse portatore di malattie per le quali i Neandertaliani non avevano difese. A prescindere dal grado di diversità genetica necessario per specie diverse, c'è da ricordare che il ceppo neandertaliano ha avuto una propria storia di qualche centinaio di migliaia di anni: in base ad analisi biomolecolari, la separazione del ceppo di erectus europeo, che porterà ai Neandertaliani, da quello africano, a cui viene ricollegato l'uomo moderno, risalirebbe a 500.000600.000 anni fa, un arco di tempo piuttosto lungo in cui possono essere avvenute molte variazioni.
J; umanità moderna
La fase evolutiva che conclude il processo della ominizzazione portando all'umanità attuale è quella che viene riferita a Homo sapiens sapiens o tout court a Homo sapiens. Le sue radici vanno viste nell'Africa, nel ceppo di Homo erectus. Alcune caratteristiche della faccia e della fronte sembrano annunciarlo in fossili riferiti a Homo erectus (ad esempio in Rhodesia) di 200.000 anni fa. Aspetti ormai moderni si possono riconoscere a partire da circa 160.000 anni fa in reperti che vengono riferiti a Homo sapiens arcaico, come quelli di Hidaltu (Etiopia) di circa 160.000 anni fa, i crani della valle del fiume Omo e di Laetoli di 120.000-100.000 anni fa. Altri reperti provengono da Border Cave (100.000-40.000 anni fa) e da Klasies River Mouth, da Florisbad in Sudafrica (50.000 anni fa), da Djebel Irhoud nel Maghreb a nord del Sahara (40.000 anni fa). Intorno a 150.000-100.000 anni fa alcuni rappresentanti di questa umanità ormai moderna si portarono in Eurasia, presumibilmente attraverso le regioni di Israele, dove troviamo reperti di Homo sapiens arcaico a el-Zuttiyeh (150.000 anni fa) e di umanità ormai moderna vissuta 90.000 anni fa a Qafzeh, vicino a Nazaret, e a Skhul, sul monte Carmelo (tav. 12). Essi hanno aspetto protoPaleolitico medio li accomunava cromagnonoide. La cultura
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L'evoluzione dellà vita e dell'uomo
ai Neandertaliani, ma con il tempo le manifestazioni culturali assumono caratteristiche più evolute dal punto di vista tecnologico e anche più ricche dal punto di vista simbolico. Dal Vicino Oriente Homo sapiens si diffuse a ovest nelle regioni orientali dell'Europa, intorno a 40.000 anni fa, e successivamente in tutto il territorio europeo e a est nelle regioni dell'Asia. Un lungo cammino migratorio porterà Homo sapiens in tutte le regioni della terra. Il popolamento dell'Australia viene fattorisalire a circa 45.000 anni fa e quello dell'America a circa 40.'000 anni fa. È probabile che vi siano state diverse ondate migratorie verso . l'America attraverso la Beringia. Il maggior contingente umano sarebbe passato 18.000 anni fa, quando si ebbe il massimo abbassamento del livello del mare. Intorno a 9.000 anni fa l'istmo di Behring fu sommerso. Si ammettono però apporti di gruppi umani anche per via transpacifica, dall'Australia e dalla Melanesia, ma in epoca più recente. Homo sapiens è ben conosciuto da numerosi reperti dislocati nei diversi continenti. Le loro caratteristiche annunciano quelle che si ritrovano nelle popolazioni attuali dei diversi territori, di cui furono i diretti antenati. Per quanto si riferisce all'Europa sono note alcun tipologie riconosciute in varie località, come l'Uomo di Cro-Magnon, l'Uomo di Combe Capelle, l'Uomo di Chancelade. Ma si tratta di variabilità all'interno della stessa specie. Le espressioni culturali sono rappresentate da una tecnologia avanzata nella lavorazione della selce, attraverso il distacco lamellare e laminare, e dall'uso di percussori duri o teneri. Aumenta il numero dei manufatti che si ottengono da una stessa quantità di selce. Inoltre si ha la lavorazione sistematica dell' osso e del corno, soprattutto di cervo e di renna, con largo impiego del bulino. Frequenti le sepolture accompagnate da corredo. La più antica e più nota è quella di una donna, con infante ai piedi, trovata a Qafzeh e risalente a 90.000 anni fa (tav. 14). A Kebara, sempre in Israele, viene segnalata la sepoltura di un Neandertaliano di 60.000 anni fa (tav. 15). 50
Modalità dell'evoluzione umana
Le manifestazioni simboliche si arricchiscono nell'arte mobiliare e parietale. Tuttavia il simbolismo non nasce con Homo sapiens. Già con i Neandertaliani sono note manifestazioni di simbolismo (denti perforati, collane, ecc.). A Blombes, nell'Africa del Sud, circa 70.000 anni fa veniva usata l'ocra con qualche significato. In Algeria e in Israele sono state trovate conchiglie perforate riferibili a 130.000 anni fa. Tuttavia negli ultimi 40.000 anni i documenti sul simbolismo appaiono più numerosi e complessi. La grotta fu un luogo privilegiato per lasciare sulle pareti affreschi che rivelano una vita sociale ricca e complessa. Quanto alle radici dell'uo~o moderno, le analisi della biologia molecolare e dei polimorfismi genetici concordano nel riferire l'umanità moderna a un ceppo africano che intorno a 100.000 anni fa si diffuse negli altri continenti. Ciò si ricava sia da analisi del DNA mitocondriale, sia dal DNA del cromos9ma Y, sebbene questo ultimo indicatore denoti una uscita più recente dall'Africa (intorno a 70.000 anni fa). Dal punto di vista paleoantropologico sono state formulate varie ipotesi sulle origini dell'uomo moderno. Stringer ha sostenuto la provenienza africana della forma moderna, che si sarebbe diffusa negli altri continenti sostituendo le forme precedenti dei diversi territori; Brauer e Schmidt propendono ad ammettere un'origine africana, ma con qualche mescolanza con le popolazioni delle regioni dove l'uomo moderno si portava. Altri, come Wolpoff, hanno proposto la teoria regionalista, secondo la quale l'umanità moderna si sarebbe sviluppata da Homo erectus delle diverse regioni. Questa teoria sembra meno accordarsi con le recenti scoperte dei fossili umani e con gli studi di biologia molecolare.
Modalità dell'evoluzione umana
Le modalità con cui si è svolta l'evoluzione umana, sia nella fase che ha portato al genere Homo sia in quella che è seguita fino alla forma moderna, evidenziano modalità non riconducibili a 51
L'evoluzione della vita e dell'uomo
un unico modello. Come nelle Australopitecine, nel processo dell'ominizzazione l'evoluzione non appare lineare, ma ramificata o reticolare, pur ammettendosi a grandi linee le fasi evolutive identificate secondo lo schema classico in habilis, erectus e sapiens. Già si è rilevato che sembra fuori luogo parlare di vere specie sia in senso diacronico che sincronico. Sono da ammettersi fenomeni di flusso genico anche tra popolazioni di differenti aree. La modalità gradualistica o anagenesi, coerente con la spiegazione darwiniana e con il concetto di specie allocronica di Mayr, è stata messa in discussione anche per l'uomo con la teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge. Secondo Tobias potrebbe esserci stato un momento di rapida speciazione intorno a 3-3 ,5 milioni di anni fa in Africa in relazione al cambiamento del1' ambiente, che si fece più secco e arido e avrebbe favorito la formazione di diverse specie di Ominidi, quali l'Australopiteco afarense, I'Australopiteco gracile e I'Australopiteco robusto. In ogni caso il modello gradualistico non escluderebbe che possano esservi stati momenti di accelerazione evolutiva, come potrebbe essere avvenuto per la formazione dell'umanità moderna intorno a 150.000 anni fa. Nei processi di speciazione, specialmente per l'uomo mod~r no, alcuni propongono il modello cladogenetico, secondo il quale si ha una divisione di una specie in due o più specie, un modello a cui si ispirano le analisi statistiche multifattoriali. È probabile che l'evoluzione umana abbia seguito diversi modelli in tempi diversi: I'evoluzione per salti con cladogenesi intorno a 3 milioni di anni fa; I' evoluzione graduale (per anagenesi con cronospecie consecutive: Homo habilis, erectus, sapiens); l'evoluzione reticolare, per l'uomo del Pleistocene medio e l'uomo recente con continuità regionale e flusso genico tra le popolazioni; l'evoluzione a mosaico con ritmi evolutivi diversi in una stessa linea o fra linee diverse. L'evoluzione mostra alcuni trend o andamenti evolutivi. Ad esempio, la crescita del cervello, che in poco più di due milioni di 52
Modalità dell'evoluzione umana
anni triplica le sue dimensioni e 100.000 anni fa raggiunge valori medi che sono quelli dell'umanità attuale. Un altro trend evolutivo, secondo Brace e Tobias, può essere visto nella diminuzione di alcune sovrastrutture craniali, espressioni di robustezza (torus sopraorbitario, torus occipitale, dimensioni dei denti, soprattutto premolari e molari). Si osserva una certa gracilizzazione dello scheletro facciale, presumibilmente in relazione alla minore richiesta di robustezza dell'apparato masticatore, forse in ragione della cottura dei cibi. In uno sguardo generale si direbbe che l'evoluzione biologica tende a rallentare negli ultimi 500.000 anni, interessando soprattutto le strutture cranio-facciali, e il cranio neurale fino a circa 100.000 anni fa. Con il Paleolitico superiore, intorno a 40.000 anni fa, l'evoluzione somatica sembra ormai conclusa per dare luogo a differenze che hanno un significato di adattamento geografico. Diversa si presenta l'evoluzione culturale, che procede lentamente per alcune centinaia di migliaia di anni, forse anche per i condizionamenti ambientali, poi intorno a 100.000 anni fa e soprattutto negli ultimi 40.000 anni procede intensamente con importanti innovazioni (fig. 8). Vi è una certa continuità nell'attitudine alla cultura espressa dalla capacità progettuale sia nella tecnologia strumentale sia nel1' organizzazione del territorio e nelle strategie di caccia. Ma si notano anche discontinuità o innovazioni, come la lavorazione bifacciale, la tecnica Levallois, la tecnica lamellare, la sepoltura, le manifestazioni simboliche.
Lo sviluppo della cultura
L'umanità preistorica può essere studiata attraverso i reperti scheletrici che consentono di ricostruire le tappe delle trasformazioni che hanno portato all'uomo attuale, ma anche attraverso i segni lasciati dal comportamento dell'uomo, cioè le sue manifestazioni culturali. È possibile ricostruire le tappe di una evoluzione 53
L'evoluzione della vita e dell'uomo • Evoluzione culturale
I
5
I I I
4
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Evoluzione somatica
/ /
3
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/ / /
2
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--
...... ......
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6
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35x103
= 8x103
anni fa
Fig. 8. Ipotesi di rappresentazione grafica del!' evoluzione somatica e del!' evoluzione culturale. In ordinata: qualificazione delle modificazioni somatiche e culJurali. In ascissa: i tempi in scala logaritmica.
culturale che incomincia con le prime forme del genere Homo e sono documentate essenzialmente da reperti costituiti da materiale che si conserva nel tempo, come possono essere le selci, pure se l'uomo ha sempre utilizzato anche materiale deteriorabile, come legno e arbusti. L'uso di pietre o bastoni a scopo di difesa o per procurarsi il cibo è conosciuto anche presso le Scimmie antropomorfe, ma la fabbricazione sistematica di utensili e il progresso in questa tecnologia è proprio dell'uomo. La caccia è stata per lunghissmo tempo l'attività prevalente dell'uomo, come pure la raccolta di prodotti della natura. A questo scopo si rivelò utile la fabbricazione di strumenti atti a spezzare, tagliare, incidere, scavare, scuoiare. La scarnificazione di carcasse di animali con strumenti di pietra pare essere molto antica. Le manifestazioni culturali dell'uomo preistorico vengono classificate in tre grandi periodi: Paleolitico (pietra antica o roz54
Lo sviluppo della cultura
za), Neolitico (pietra recente o levigata) e una fase intermedia, il Mesolitico. Le prime manifestazioni del Paleolitico vengono riconosciute nell'industria olduvaiana, identificata nella gola di Olduvai in Tanzania e rappresentata da choppers e chopping tools, praticata da Homo habilis e da Homo erectus per lungo tempo. Essa comincia dunque alla fine del Pliocene. Ma prima ancora dell'industria olduvaiana sono segnalate industrie litiche arcaiche in alcune regioni dell'Africa orientale: a Gona nel' Afar dell'Etiopia, nel bacino del fiume Omo a est e a ovest del lago Turkana, risalenti a 2-2,5 milioni di anni fa (industria preolduvaiana secondo De Lumley). Esse sono costituite da schegge e choppers ottenuti con tecniche elaborate. I reperti consentono di mettere in evidenza le catene operative per la loro produzione (Roche, 2003 ). Ai livelli olduvaiani, accanto alla lavorazione strumentale, si hanno documenti sulla organizzazione del territorio con tracce di antichi abitati risalenti a 2-1,5 milioni di anni fa (cerchi di pietre a Olduvai, e a Melka Kunturé in Etiopia). Essi sono interpretati come basi di capanne o di accampamenti. Come già è stato ricordato, gli sviluppi tecnologici del Paleolitico seguono due grandi linee: quella dei bifacciali e quella delle industrie su scheggia. Le prime ind4strie bifacciali sono strumenti a forma di amigdala, con facce scheggiate con tagli sinuosi e larghi (Chelleano) che con il tempo appaiono meno ampi e abbelliti con ritocchi sulle facce e sui margini (Acheuleano; fig. 5). Homo ergasterlerectus dell'Africa viene ritenuto l'artefice. A lui vengono riferite anche le industrie su scheggia con tallone ampio, liscio e obliquo. Una evoluzione delle industrie su scheggia è la tecnica Levallois, di cui si è parlato. Anch'essa viene riferita a Homo erectus e si ritroverà largamente nelle fasi successive del Paleolitico, sia in Africa che in Europa. Al Paleolitico inferiore risale la domesticazione del fuoco, una cohquista di grande valore per l'uomo. Una prima tappa proba55
L'evoluzione della vita e dell'uomo
bilmente fu rappresentata dal controllo del fuoco, sorto per cause naturali, e dalla sua utilizzazione e conservazione. Ma presto l'uomo incominciò a produrlo provocando scintille per frizione di corpi duri o percuotendo piriti mediante selce o quarzo. La documentazione più antica dell'uso del fuoco è stata trovata in Africa. A Chesowania presso il lago Barinco risalirebbe a 1,4 milioni di anni fa. Alla stessa epoca risalgono numerose ossa di animali bruciati trovate a Swartkrans (1,5-1 milione di anni fa). Le evidenze si fanno più numerose e anche più certe nelle epoche successive (Yuanmou: 700.000 anni), Escale (750.000), Terra Amata (400.000) Torralba (400.000), Choukoutien (450.000250.000). Mezzo di difesa dagli animali carnivori o per dirottare mandrie verso trappole (come pare sia avvenuto a Torralba nella caccia di elefanti 400.000 anni fa), ha avuto largo impiego nella cottura dei cibi, che in questo modo diventavano più assimilabili e dunque aumentava il potere nutritizio. Ciò comportava una minore attività masticatoria e si rendevano meno necessarie robuste strutture scheletriche e muscolari in ordine a tale funzione. È da ammettersi qualche correlazione tra la gracilizzazione dello scheletro facciale e la dieta. Neppure va dimenticata l'importanza del fuoco come elemento di coesione sociale della famiglia e del gruppo. Intorno al fuoco si rafforzavano i vincoli sociali e si svilupparono miti e simboli, anche di natura spirituale e religiosa. Come già è stato accennato, il Paleolitico medio delle regioni europee è rappresentato dal Musteriano ed è associato ai Neandertaliani, anche se vi sono state forme moderne che l'hanno praticato (ad esempio in Palestina) e vi sono stati Neandertaliani che hanno realizzato industrie castelperroniane del Paleolitico superiore (a Saint-Césaire). Nel Paleolitico medio continuano le tecniche di scheggiatura del Paleolitico inferiore con manufatti bifacciali e su scheggia, con utilizzazione anche della tecnica Levallois. I vari tipi di utensili possono ritrovarsi in proporzioni diverse nei vari giacimenti musteriani. Al Paleolitico superiore vengono riferite le espressioni cultura56
Lo sviluppo della cultura
li che troviamo a partire da circa 35.000 fino a 10.000 anni fa in vari livelli. La lavorazione della selce utilizza la tecnica lamellare e laminare, che consente di realizzare manufatti piccoli e sottili (leptolitico), una industria ~olto affinata. Largamente utilizzati l'osso e il corno, specialmente per la creazione di propulsori, zagaglie e punte. In questo periodo continuano le pratiche funerarie e fioriscono le manifestazioni dell'arte mobiliare e parietale. Si ritrovano oggetti decorati con incisioni, statuette femminili, pitture parietali nelle grotte frequentate dall'uomo. Vi è anche un largo uso dell'ocra, che non doveva limitarsi alle pitture sulle pareti dei sottoroccia o delle grotte. La sua presenza sugli inumati o nelle sepolture doveva avere un significato simbolico nella evocazione della vita o comunque qualche significato rituale. I temi figurativi dell'arte mobiliare e parietale sono rappresentati da animali che l'uomo caccia o che vivono nel suo ambiente. Frequente la figura umana femminile nelle statuette in pietra, osso o avorio note come «Veneri». Sono state ritrovate in varie località nel periodo aurignaco-perigordiano, fra le quali ricordiamo Lespugue e Brassenpouy (Francia), Galgenberg e Willendorf (Austria), Dolni Véstonice (Repubblica Ceca), Kostienki Mal'ta (Russia), Grimaldi (Italia). Sono esaltate le parti connesse con la maternità (seno, natiche, anche). Si tratterebbe di un simbolismo legato a credenze magico-religiose (tav. 17 e fig. 9). Un mondo simbolico complesso è quello che sta dietro le raffigurazioni dell'arte parietale del Paleolitico superiore, che rappresenta animali temuti o cacciati dall'uomo. Quelle della grotta Chauvet risalgono a 32.000 anni fa e rappresentano il leone, il rinoceronte, il mammut. Le pitture dell'arte maddaleniana sono più recenti (18.000-15.000 anni fa) e prediligono il cavallo, il bisonte e i bovidi. Eseguite in caverne anche profonde, talvolta lunghe centinaia di metri, dovevano richiamare aspetti importanti per la vita sociale, forse con qualche finalità magico-religiosa (ad esempio per la propiziazione della caccia o della fecondità). Secondo Leroi-Gourhan il cavallo sarebbe simbolo del maschio, il bisonte simbolo della femmina. Ma sono stati anche ipotizzati simbolismi 57
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Fig. 9. A sinistra, bassorilievo dell'Aurignaziano superiore da Laussel (Dordogna, Francia). Altezza 43 cm. Rappresenta una donna matura, con un corno nella mano destra. Al centro, «Venere» di Willendor/ (Austria) dell'Aurignaziano superiore. E in calcare e misura 11 cm di altezza. I lineamenti anatomici delle parti connesse con la maternità sono ben rappresentati; se pur con evidentè enfatizzazione. A destra, «Venere» in argilla bruciata alta 11 cm, proveniente da DolnfVéstonice (Cecoslovacchia). Si noti il volto stilizzato. Risale a circa 24.000 anni/a.
di tipo sociale, nel senso che gli animali poteva rappresentare gruppi sociali (gente del cavallo, gente del bisonte, ecc.). Scarse le figure umane (asessuate o anche con sesso non ben distinto) e di qualità artistica inferiore a quella degli animali. In Africa l'arte rupestre sembra anche più antica: placchette in pietra con pitture di animali sono state scoperte in Namibia (circa 30.000 anni fa) e pitture rupestri in Tanzania risalgono a circa 40.000 anni fa e ad epoche successive (arte dei cacciatori arcaici), ma blocchi di ocra dipinta in Africa del Sud (a Blombes) sarebbero anche più antichi (70.000 anni fa). Conchiglie forate sono state segnalate, come sopra ricordato, in Algeria e in Israele, risalenti a epoche più antiche (130.000 anni fa). 58
Evoluzione della cultura
L'arte del Paleolitico superiore è un'arte naturalistica, in cui la rappresentazione di animali è fortemente intrecciata con interessi e motivi della vita sociale e religiosa.
Evoluzione della cultura L'attitudine alla progettualità e alla simbolizazione improntano l'attività dell'uomo fin dalle origini e offrono manifestazioni che via via si presentano più affinate e ricche. Sembra un cammino lento, ma può essere visto in continua crescita, a differenza dell'evoluzione somatica o morfologica che con il tempo si è attenuata. Le manifestazioni della cultura si incrementano nel tempo e raggiungono l'espressione più elevata nell'uomo preistorico del Paleolitico superiore, la forma umana alla quale si ricollega direttamente l'uomo moderno. N elio sviluppo della cultura si possono riconoscere delle innovazioni interpretabili come discontinuità dovute alla capacità creativa dell'uomo. Dai choppers si passa ai bifacciali e all'industria su scheggia intorno a 1,5 milioni di anni fa (tavv. 7 e 8). Al Paleolitico inferiore risale la domesticazione del fuoco, come ricordato. Nel Pleistocene medio c'è stata una innovazione con la tecnica Levallois. Nel Paleolitico superiore la tecnologia strumentale conosce la lavorazione lamellare e laminare. Il medesimo periodo vede fiorire l'arte mobiliare e parietale (tavv. 16 e 18). Nel Neolitico si ha lo sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento, preceduti dalle prime forme di sedentarizzazione. Lo sviluppo della cultura potrebbe essere rappresentato da un diagramma in cui segmenti di retta si susseguono nel tempo, scalati fra loro, ma con la stessa pendenza. La pendenza sta a indicare la medesima attitudine alla cultura, mentre le variazioni di distanza dall'asse delle ascisse indicano le innovazioni o discontinuità che si possono osservare nella evoluzione culturale. Tali discontinuità possono essere viste, in via ipotetica, nella lavorazione bi59
L'evoluzione della vita e dell'uomo
1cm I
Fig. 10. La Dea gravida con le mani posate sul ventre rigonfio. Originariamente era seduta su un trono. Questa figurina mascherata ~solcata da due linee sulla spalla. Inizio della cultura di Sesklo, Grecia settentrionale (Achilleion lb, Tessaglia; 640Ò-6200 a.C.) (da Gimbutas, 1991).
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Evoluzione della cultura
facciale, nella tecnica levalloisiana, nella sepoltura, nell'arte, nella tecnica lamellare, nella sedentarizzazione, nell'agricoltura e nel!' allevamento (fig. 11). Considerando insieme l'evoluzione somatica e quella culturale si vede che la prima tende a diminuire e a smorzarsi con il passare del tempo, mentre l'evoluzione culturale dopo lunghi tempi in cui è proceduta lentamente accelera fortemente negli ultimi 40.000 anni. Si osserva una coevoluzione ma con ritmi diversi. Si parla di evoluzione culturale nel senso di un progressivo sviluppo delle manifestazioni culturali. Si sono cercate delle analogie con l'evoluzione biologica applicando alla cultura la teoria darwiniana. Secondo Dawkins non vi sarebbe solo analogia tra informazione genetica e informazione culturale nella loro trasmissione. L'informazione culturale avrebbe il carattere di replicatore e potrebbe essere chiamata «meme». La cultura secondo Dawkins si sviluppa attraverso i «memi», che sono le idee che caratterizzano la cultura della società. Essi andrebbero visti come istruzioni culturali racchiuse nel sistema nervoso. Non si tratterebbe solo di aspetti fenotipici, ma di vere informazioni residenti nel cervello. Tra queste vi sarebbe anche quella di Dio. Il «meme» viene visto da Dawkins come l'unità fondamentale di informazione che regola le manifestazioni culturali. In realtà non esistono replicatori culturali nel senso che pensa Dawkins, come istruzioni preformate. Non ce n'è alcuna prova. Possono esserci analogie del «meme» con il gene. Forse più che di analogie si dovrebbe parlare di forzatura o di qualcosa che è superfluo ai fini della cultura e della sua trasmissione, che non è legata a geni, ma alla società in cui si vive. L'eredità culturale è legata al vantaggio che può offrire all'uomo e alla società, ma ciò che viene trasmesso è frutto dell'attività creativa dell'uomo e non si trasmette per via genetica. Le modalità con cui la cultura si trasmette richiamano il modello lamarckiano più che quello darwiniano. «Tutto ciò che dobbiamo fare è riconoscere che esiste l'eredità culturale e che le sue strade sono diverse da quelle della genetica» (Shennan, 2002). 1
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L'evoluzione della vita e dell'uomo livelli culturali
5
4
3
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I
L------~~~--,,--~~~-.-~~~~-.-~~~,..-~~~..--~~~
2x106
5x105
35x103
8x103 anni fa
Fig. 11. Ipotesi di rappresentazione grafica del!' evoluzione della cultura (itempi; calcolati in anni/a, sono in scala logaritmica; la pendenza dei segmenti di rette è assunta come costante; la quantificazione delle innovazioni culturali è fatta attribuendo punteggi diversi a seconda dell'importanza delle innovazioni stesse). Livelli culturali: 1. protobzfaccialz; organizzazione del territorio, industria su ciottolo; 2. domesticazione del fuoco, tecnica levalloisiana; 3. sepolture; 4. arte parietale, arte mobiliare, tecnica lamellare; 5. villagg~ ceramica, allevamento, agricoltura. 62'
La comparsa dell'uomo
La comparsa del!' uomo Come già notato, quando si riferisce un reperto al genere Homo non si può affermare che si tratti dell'uomo nel senso filosofico del termine. L'identità dell'uomo non è soltanto di ordine fisico, ma interessa anche il comportamento. Sono aspetti che non vanno disgiunti e il comportamento dell'uomo preistorico è documentato dalle manifestazioni della cultura. Identità biologica e culturale caratterizzano l'uomo preistorico, come quello attuale, ma sui criteri per riconoscerla nella fase preistorica non c'è accordo fra gli studiosi. C'è chi riconosce l'uomo già nelle prime forme di habilis, c'è chi lo vede in Homo erectus, c'è chi lo riconosce solo in presenza di chiara attività simbolica di tipo spirituale, come quella espressa dalla forma moderna o al massimo nei N eandertaliani. Sul piano anatomico certamente non basta il bipedismo, presente già nelle forme australopitecine, occorre una certa organizzazione del cervello. In passato si è parlato di Rubicone cerebrale, come soglia minima per l'uomo. Identificato dapprima in 800 cc (Vallois) è stato portato a 750 (secondo Keith), ma alla luce di nuove scoperte, come quelle di habilis e anche di Dmanissi e Flores, diventa sempre più problematico fissare un valore soglia. A questo proposito Piveteau (1993) notava che il criterio anatomico non può essere che impreciso e fonte di incertezze. Meglio affidarsi al criterio culturale, vale a dire guardare al comportamento, quando cioè le sue espressioni sono da ritenersi umane. Ma anche su questo criterio non c'è unanimità di consensi, perché c'è chi vede l'uomo solo quando seppellisce i morti o affresca le pareti delle grotte. A nostro modo di vedere il criterio culturale può fare riferimento a due caratteristiche del comportamento umano che si rivelano nell'uomo preistorico come in quello di oggi: la progettualità e il simbolismo. Sono queste le caratteristiche della cultura. La progettualità va riconosciuta nella produzione di manufatti come nell'organizzazione del territorio, quando vengono predisposte 63
L'evoluzione della vita e dell'uomo
certe operazioni in modo intenzionale in vista di un fine, che può essere la costruzione di uno strumento o l'allestimento di un' abitazione. È importante che sia pensato ciò che si vuole realizzare. In queste operazioni c'è coscienza di un'azione differita, ha osservato Piveteau, il quale assume il criterio enunciato da Bergson (2002) per riconoscere l'intelligenza astrattiva propria dell'uomo anche alle origini: «L'intelligenza, considerata per quello che sembra essere il suo momento originario, è la facoltà di fabbricare oggetti artificiali e in particolare utensili atti a produrre altri utensili e di variarne indefinitamente la fabbricazione». Quando c'è uno scopo prefissato che si raggiunge mediante la predisposizione di determinati atti, quando c'è varietà e progresso nei prodotti ottenuti, quando vengono conservati e fanno parte del contesto di vita dell'ominide, si può parlare di tecnologia progettuale caratteristica dell'uomo. · Insieme con la progettualità va sottolineato il simbolismo, che però non va limitato alle manifestazioni spirituali, quali la sepoltura e l'arte (un simbolismo che potremmo chiamare spirituale), ma che possiamo riconoscere anche nei prodotti della tecnologia. Ciò che l'uomo realizza mediante la tecnica ha anche un valore simbolico. Lo strumento rimanda a diversi scopi e concetti: la selce lavorata rimanda alle funzioni per le quali potrà essere impiegata, la penna rimanda allo scrivere, l'orologio alla nozione del tempo. Lo strumento assume significato nel contesto di vita. In questo caso abbiamo proposto di parlare di simbolismo funzionale, perché legato a qualche funzione. Vi è poi anche un'altra forma di simbolizzazione, quella della comunicazione sociale, in modo particolare il linguaggio (simbolismo sociale). Alla luce di quanto sopra esposto potremo ritenere che già con Homo habilis, quando siano documentate industrie intenzionalmente realizzate e una certa organizzazione del territorio, si possa riconoscere la presenza dell'uomo. Se si passa alla forma di Homo erectus, la documentazione si arricchisce e il giudizio si fa più sicuro. L'umanità del Pleistocene medio rivela già interessi che vanno oltre la pura sopravvivenza. 64
La comparsa dell'uomo
Fig. 12. Frammento di tibia di elefante con segni intenzionali trovata nel sito di Bilzingsleben, Germania. (Da D: Mania, U. Mania, E. Vlcek, 1999).
Vi sono particolari trattamenti di parti scheletriche. Le. stesse strategie di caccia rivelano capacità di riflessione. È documentato l'uso dell'ocra, a cui viene riconosciuto qualche valore simbolico. Una tibia di elefante a Bilzingsleben (400.000 anni fa) riporta misteriose incisioni intenzionali (fig. 12). Alcuni Neandertaliani di Krapina (130.000 anni fa) praticavano sul cranio una serie di tacche in prossimità della linea sagittale di oscuro significato, come è stato ricordato. Espressioni simboliche sono documentate 130.000 anni fa in Algeria e in Israele in oggetti ornamentali. Con la forma moderna il simbolismo raggiunge la sue espressioni più alte, come già è stato ricordato. La cultura va vista come un elemento di discontinuità nella evoluzione della vita. Essa esprime delle strategie adattative, ma 65
L'evoluzione della vita e dell'uomo
non si esaurisce in esse. La cultura, negli elementi che la contraddistinguono, contiene aspetti extrabiologici, che non sono regolati da modalità o leggi di ordine biologico. Dobzhansky (1967) parla di trascendimento, nel senso che le società umane non sono più regolate da leggi biologiche. Analogamente si esprime Ayala (2004), che vede nei segni della evoluzione culturale una trascendenza dell'uomo. Sul piano fenomenologico si può parlare di discontinuità segnata dalla cultura. Mediante la cultura si innesca nella natura un processo di umanizzazione (Martelet, 2003), nel senso che la cultura consente di rendere l'ambiente adatto all'uomo, e quindi di migliorare la qualità della vita umana. È un processo che è venuto avanti con l'uomo e, pur con tante contraddizioni e involuzioni, ha portato l'umanità nel suo insieme a un livello più elevato di vita.
Il linguaggio umano
Il linguaggio, in quanto espressione simbolica, è espressione di un soggetto che pensa e comunica ciò che ha pensato, quale che sia il mezzo di cui si serve: suoni, segni, mimica. È una proprietà dell'uomo e ha caratteristiche bioculturali, perché richiede strutture anatomiche, ma richiede anche un'attività cognitiva di tipo riflesso e un apprendimento. Si ereditano le strutture anatomiche, che rendono l'uomo capace di linguaggio dal punto di vista strutturale e funzionale, ma non si eredita l'esercizio del linguaggio, che invece si apprende. Per quanto riguarda l'uomo preistorico, alcuni autori sostengono che il linguaggio sia un'acquisizione recente avvenuta con la forma moderna di Homo sapiens (Lieberman, 1985). Neppure i Neandertaliani ne sarebbero stati dotati. Tattersall (2002) ritiene che i Neandertaliani, pur essendo capaci di simboli, non dovevano avere una familiarità con il linguaggio come noi. I simboli non rappresentavano un fattore importante per la loro esistenza. 66
Il linguaggio umano
Tuttavia vi sono buone ragioni per ritenere che una forma di comunicazione linguistica sia molto antica. A questo riguardo disponiamo di evidenze dirette, per quanto riguarda l'aspetto anatomico, e di evidenze indirette.per quanto riguarda la sua utilizzazione. Gli organi della fonazione, essendo parti molli, non si conservano nei fossili, ma un argomento a favore del linguaggio è costituito dalla discesa della laringe, che si ha nell'uomo e lo differenzia dalle Scimmie antropomorfe. In questo modo si allarga lo spazio faringeo per la formazione dei suoni. Ciò, secondo Laitman e Heimbuch (1982), può essere documentato dalla flessione della base cranica che è stata riconosciuta già nella forma di Homo erectus/ergaster di Koobi Fora di 1.600.000 anni fa e in altri reperti di erectus (Etiopia) di 600.000 anni fa. Secondo Tobias (1984, 1987, 1996) e Falk (1983) lo sviluppo delle aree cerebrali di Braca e Wernicke nell'emisfero sinistro, desunto dalle relative impronte nell' endocranio di Homo habilis (la prima per la motricità del linguaggio, la seconda per la comprensione dei suoni), rappresenta una prova che Homo habilis possedesse le basi neurologiche del linguaggio (fig. 13). In un fossile, nel Neandertaliano di Kebarà (vissuto 60.000 anni fa), è stato ricuperato l'osso ioide, che fa parte degli organi della fonazione e non differisce da quello della forma moderna. Vi sono però anche evidenze archeologiche indirette sul linguaggio umano, costituite dalle industrie litiche e dalla documentazione sulla vita sociale. Lo sviluppo tecnologico e le forme di organizzazione sociale che si hanno a partire da Homo habilis si accordano con una forma di comunicazione e trasmissione attraverso il linguaggio e non solo con l'imitazione. La vita sociale di Homo erectus, ma anche dell' habilis, documentata da campi base per la caccia, da officine litiche e da luoghi di macellazione degli animali, è rivelatrice di sistemi di organizzazione e di vita sociale che dovevano richiedere qualche forma di comunicazione verbale a carattere simbolico. Linguaggio e utensili sono correlati anche neurologicamente (Deacon, 1992). I centri 67
L'evoluzione della vita e dell'uomo
Fig. 13. Emisfero sinistro e aree del linguaggio con il lobo frontale a sinistra. Il lato mediale del!' emisfero è visto come se fosse riflesso al di sopra. (F Rol. = scissura di Rolando o scissura centrale; F Sylv. =scissura di Silvio; FA= fascicolo arcuato). La corteccia motoria primaria (Ml) è illustrata a livello della corteccia precentrale anteriormente al solco centrale all'interno del quale si estende in profondi(à. Anteriormente rispetto a Ml, è indicata la corteccia premotoria (CPM) con l'area supplementare motoria (ASM) estesa soprattutto sulla faccia mediale dell'emisfero. (Da Pen/ield e Roberts, 1959, modificata).
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Punti acquisiti e punti in discussione nella evoluzione umana
nervosi motori del linguaggio e della manualità sono localizzati nell'emisfero frontale sinistro. Il linguaggio parte dal pensiero e il pensiero si materializza nel linguaggio. In un approccio globale che tiene conto degli aspetti anatomici, della tecnologia e della organizzazione sociale vi sono buone ragioni per ritenere che Homo /aber sia stato anche loquens3. Nell'uomo la vita sociale si fonda sulla comunicazione verbale. In ogni caso è difficile fare una cesura nelle fasi dell'uomo preistorico dal punto di vista della cultura per la continuità con cui si susseguono le sue manifestazioni. Tobias sostiene che una forma di linguaggio, anche accompagnata da segni, risalga a Homo habilis, anche se con l'uomo moderno si è sviluppato nella forma attuale.
Punti acquisiti e punti in discussione nella evoluzione umana
In tema di evoluzione umana vi sono punti· da considerarsi acquisiti e punti in discussione. A nostro modo di vedere sono punti acquisiti i seguenti: - l'uomo, come ogni altra specie vivente, ha una sua storia evolutiva e affonda le sue radici nel ceppo dei Primati; - l'evoluzione rappresenta la spiegazione più plausibile della documentazione fossile esistente ed è coerente con le vedute di diverse discipline scientifiche, dalla paleontologia all'anatomia comparata alla zoologia, dalla genetica dello sviluppo alla genetica molecolare e alla biologia molecolare; - la culla dell'umanità viene identificata in regioni dell'Africa; Secondo alcuni autori vi è una stretta relazione tra la fabbricazione degli strumenti, il comportamento sociale, il linguaggio e lo sviluppo neuronale (Gibson e Ingold, 1993; Calvin, 1991). Secondo Deacon (1992) vi sarebbe una relazione tra lo sviluppo dell'area di Broca e I' abilità di costruire strumenti sia in Homo habilis che in erectus (cf. Facchini, 1996). Per alcuni spunti sulla evoluzione delle strutture anatomiche per il linguaggio si veda Tattersall (2002).
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L'evoluzione della vita e dell'uomo
- la cultura rappresenta una novità che contraddistingue l'uomo nel suo comportamento intenzionale e simbolico. Sono punti in discussione: - a quale livello evolutivo può essere vista la comparsa della forma umana; - quali e quante specie, anche in senso paleontologico, si debbano ammettere nel corso della evoluzione; - le origini della forma moderna e il suo rapporto con i N eandertaliani. Vi sono poi alcuni problemi aperti che possono andare anche oltre gli aspetti di ordine filetico. Quali sono stati i fattori della evoluzione umana? In modo particolare, come può esser spiegato il processo della cerebralizzazione? Secondo le vedute attuali si ammette che siano di ordine genetico: mutazioni, ricombinazioni geniche, e che i cambiamenti genetici siano stati selezionati dall'ambiente. Una grande importanza viene riconosciuta alla dieta e alla cultura. Presumibilmente un insieme di fattori ha agito. In ogni caso l'uomo rappresenta un evento assai improbabile e del tutto casuale? ' Nella visione del darwinismo, che tutto riconduce alla casualità, l'evento uomo non può essere che puramente fortuito. Si è formato per la selezione operata dall'ambiente su strutture che si sono evolute analogamente a quanto viene ritenuto per le altre specie. Tuttavia la paleontologia sembra indicare nella linea umana una direzione privilegiata sviluppatasi nell'ambito dei Primati, una direzione segnata dalla cerebralizzazione crescente che caratterizza l' ominizzazione e si accompagna alla cultura, mediante la quale l'uomo può contrastare progettualmente la selezione naturale. Un caso veramente unico nei viventi che lo rende protagonista dell'ecosistema di cui fa parte, con tutte le responsabilità che derivano dalla gestione dell'ambiente. Paleontologia ed ecologia concorrono a fare della specie umana qualcosa di singolare e unico, non comparabile con altre specie viventi. 0
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Punti acquisiti e punti in discussione nella evoluzione umana
Ha osservato Piveteau (1996): «Se non si può affermare che il suo evento fosse inevitabile, esso è strettamente legato al movimento evolutivo. Non si può dire che questo movimento sia la causa dell'uomo, ma questi appare proprio come la sua conseguenza naturale». E ancora lo stesso autore afferma: «L'uomo aveva creduto un tempo di essere il centro del mondo; poi gli sembrò di non avere nessuna misura con la natura trovandosi sperduto in un angolo dell'universo. La paleontologia gli restituisce in una nuova forma una preminenza in cui non credeva più». Teilhard de Chardin vedeva nell'uomo la freccia dell' evoluzione. Ma in questo caso l'evoluzione sarebbe orientata. Per quali fattori? Senza pensare ad agenti preternaturali, possono esserci fattori di ordine naturale, interni al processo evolutivo, che noi ancora non conosciamo? Viene spontanea anche un'altra domanda, se si ammette una discontinuità o un trascendimento di tipo culturale. Di quale natura può essere questa discontinuità? A che cosa va riferita? Di fronte a domande di questo tipo ci rendiamo conto che non sarebbe facile trovare una risposta rimanendo sul piano delle scienze naturali. Non potrebbe il discorso allargarsi ad altri approcci, come quelli di ordine filosofico o religioso, che si affacciano su orizzonti di significato? Ma non è questo il momento per affrontarÌi.
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Parte seconda INTERPRETAZIONI, TEORIE, PROBLEMI
Argomenti a favore della evoluzione della vita
Le somiglianze che la sistematica zoologica mette in evidenza fra i vari gruppi fanno pensare a una parentela, a qualche rapporto di ordine filetico, anche se la ricostruzione delle genealogie delle diverse specie rimane ardua. . Fu questa osservazione a suggerire alla fine del XVIII secolo l'idea di evoluzione a Buffon, Lamarck e vari studiosi, un'idea non condivisa da altri, tra cui Linneo, convinto fissista («tot numeramus species quot creavit ab initio infinitum ens»). Restava però problematico individuare le cause dell'evoluzione. Lamarck l'attribuiva all'influsso dell'ambiente e alle risposte dell'organismo alle sue sollecitazioni, attraverso l'uso e il non uso degli organi, pur ammettendo fattori interni alle strutture viventi. Darwin, sulla base di numerose osservazioni raccolte nel suo lungo viaggio, durato al 1831 al 1836, sosteneva che piccole variazioni possono formarsi spontaneamente in una specie, senza alcun orientamento favorevole o sfavorevole, e indicava nella selezione naturale il fattore che faceva sopravvivere quelle adatte ed eliminava quelle meno favorevoli 1. Nel pensiero di Darwin vengono riconosciute influenze della teoria attualista di Lyell, secondo la quale gli stessi fattori che oggi agiscono nella modificazione del-
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Interpretazioni, teorie, problemi
Sulla stessa linea si muoveva contemporaneamente e in modo indipendente Alfred Russel Wallace con puntuali osservazioni. Entrambi presentarono le loro teorie il 1° luglio 1858 alla Linnean Society di Londra. Ma Darwin precedette Wallace nella pubblicazione dell'opera I} origine della specie premessa della selezione naturale l'anno seguente (1859). Oltre alle somiglianze tra i viventi, la documentazione sulla storia della terra e le testimonianze fossili su forme di vita nel passato rappresentano un altro argomento a sostegno dell'evoluzione. La terra, nei suoi quattro miliardi di anni di vita, ha subìto notevoli cambiamenti messi in luce dalle ricerche geologiche e paleogeografiche. La vita sulla terra, a partire dalle sue espressioni più semplici, i Batteri, è andata incontro a grandi trasformazioni fino alle specie viventi che conosciamo. Le testimonianze dei fossili scoperti negli ultimi due secoli documentano, come è stato visto, una serie di cambiamenti: specie che si sono estinte e non hanno alcun riscontro con quelle attuali, specie che si sono conservate e specie che possono essere ritenute precursori di quelle ora viventi. Fra le forme estinte alcune possono considerarsi intermedie rispetto ad altre forme estinte o a forme viventi e fanno pensare a qualche rapporto filetico che gli studi paleontologici cercano di ricostruire. Così ad esempio il raggruppamento delle Australopitecine rispetto all'uomo. Questa documentazione suggerisce che la vita sulla terra abbia avuto una evoluzione. Gli studi dell'anatomia comparata mettono in evidenza organi l'ambiente hanno operato lentamente nel lungo tempo in cui si è svolta l'evoluzione. Anche la pratica degli allevatori è stata ben presente a Darwin, che paragona la selezione naturale alla cernita che fa l'allevatore delle specie da far riprodurre. Inoltre nella teoria di Darwin si riconoscono influssi della concezione di Malthus, secondo la quale le popolazioni si accrescerebbero in proporzione geometrica, mentre le risorse crescono in proporzione aritmetica. Di qui l'idea della lotta per l'esistenza. Ma anche la concezione di evoluzione della società umana sostenuta da Spencer, benché sulla linea lamarckiana, influenzò il pensiero di Darwin.
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Argomenti a favore della evoluzione della vita
Fzg. 14. Schema delle ossa omologhe nell'arto anteriore di balena, rana, cavallo, leone, uomo, pipistrello e uccello. I pezzi sono sempre gli stessi ma variano in lunghezza, forma e altro secondo i particolari adattamenti.
omologhi nei Vertebrati che fanno pensare a qualche rapporto nella loro genesi lontana. Vi sono elementi ossei che hanno la stessa derivazione embriologica e si sviluppano diversamente nelle varie classi dei Vertebrati. Ad esempio, le parti dell'apparato scheletrico masticatore o degli arti (fig. 14) o dell'apparato respiratorio o digerente. Inoltre negli organismi possono esserci organi vestigiali, senza alcuna funzione, interpretabili come residuo di una fase di sviluppo comune che è poi regredita. Così le vertebre coccigee, che possono documentare una fase attraversata nella formazione della classe dei Mammiferi dai Rettili, e l'appendice vermiforme, che nell'uomo è senza funzione, mentre nei conigli e in altri erbivori entra nella digestione della cellulosa. · Altre suggestioni vengono dalla biogeografia. Le condizioni di isolamento che possono verificarsi per il distacco di interi continenti, come l'Australia, o di piccole aree (isole; arcipelaghi) possono portare a diffèrenze che si affermano con il tempo per fenomeni di tipo evolutivo in condizioni di isolamento (fig. 15). Negli ultimi decenni le analisi molecolari hanno messo in evidenza somiglianze e differenze sia a livello di proteine ed enzimi, sia nel DNA. Le ricerche di biologia molecolare consentono di ricostruire i rapporti filetici o di parentela tra le diverse specie e, 77
Interpretazioni, teorie, problemi
Fig. 15. Una tavola del libro di Mayr e Diamond (2001) sugli uccelli della Melanesia settentrionale. Le specie qui presentate sono i Passeriformi mangiatori di nettare, not~ in italiano, sotto il nome di uccelli dagli occhiali o anche occhialini e costituenti la famiglia degli Zosteropidi.
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Modalità dell'evoluzione della vita
ammettendo che le differenze si siano formate per mutazione secondo un certo tasso di mutazione, è possibile ricostruire i tempi di separazione delle diverse linee. Nelle prime ricerche i tempi ricavati dalla biologia molecolare non coincidevano con quelli forniti dalla paleontologia, ma con l'affinamento delle tecniche si sono ottenuti risultati che presentano buone approssimazioni. Così, ad esempio, la separazione della linea delle Antropomorfe da quella degli Ominidi viene.stimata in circa 7 milioni di anni fa sia in base alla biologia molecolare che con i metodi paleontologici, e l'antichità delle Cinomorfe (Macaco), stimata a circa 30 milioni di anni fa sulla base del DNA, è vicina a quella della loro possibile forma ancestrale, l'Oligopiteco, con i metodi della paleontologia.
Modalità del!' evoluzione della vita Le evidenze paleontologiche suggeriscono che la vita si sia sviluppata da forme più semplici, simili ai Batteri, e che abbiano preso corpo forme via via più complesse in tempi lunghi. Le maggiori differenziazioni, certamente in relazione alle mutate condizioni ambientali, si sono avute negli ultimi 570 milioni di anni, a partire dal Cambriano. Si parla di albero della vita, ma forse è più corretto parlare di arborescenza, sviluppatasi su una larga base. Le prime fasi della vita sono rappresentate da un mondo batterico, immenso e inimmaginabile, caratterizzato da trasferimenti orizzontali dei geni più che da trasferimenti secondo una eredità verticale. Su questa larga base si sono sviluppate le forme di vita più complesse, gli Eucarioti, e i primi organismi. · Non si deve pensare a un fronte generalizzato dell'evoluzione, quasi che abbia interessato tutti i viventi allo stesso modo. A parte l'universo batterico, che costituisce anche oggi la forma vivente più diffusa, vi sono gruppi che sono comparsi in epoche molto antiche e sono giunti fino a noi senza sensibili cambiamenti, come più sopra ricordato (ad esempio certi Brachiopodi, le 79
Interpretazioni, teorie, problemi
Platirrine). Vi sono specie del passato che non esistono più, ma vengono considerate possibili antenati di specie viventi. Vi sono specie o linee che si sono estinte senza lasciare discendenza. Il fronte evolutivo non appare continuo e neppure costante nel tempo. Certamente sono da ammettersi cambiamenti a livello genetico. Ma se l'ambiente non fosse pure cambiato, creando nuove condizioni a cui le specie si sono adattate, non vi sarebbe stata evoluzione. Quando l'adattamento non è stato possibile si è avuta l'estinzione. Nel caso di organismi che non si sono evoluti si può ritenere che la loro struttura abbia realizzato un rapporto di equilibrio con l'ambiente, conservatosi nel tempo. Del resto non tutti gli ambienti acquatici o terrestri sono cambiati in periodi molto lunghi di tempo. È possibile quindi che certe forme si siano conservate senza andare incontro a evoluzione. La teoria degli equilibri punteggiati proposta da Gould e Eldredge (1977), secondo la quale vi sarebbero. stati periodi di rapida speciazione alternati a stasi evolutive, non è esplicativa del1'evoluzione, ma soltanto descrittiva. Possono essere supposti rapidi cambiamenti ambientali che hanno favorito i processi di selezione e di evoluzione, ma i fattori evolutivi nel pensiero dei proponenti rimangono quelli della teoria darwiniana. In tutta la storia della vita il tempo rappresenta il grande alleato dell'evoluzione. Tempi lunghi sono necessari sia per cambiamenti sensibili dell'ambiente sia per l'adattamento ai nuovi ambienti.
Cause e fattori del proces'so evolutivo
Nello studio della natura la ricerca delle cause che determinano i fenomeni che si osservano è il primo obiettivo da raggiungere. Non ci si può accontentare di descrivere i fatti. Ora, se è possibile una descrizione, sia pure sommaria, della 80
Cause e fattori del processo evolutivo
storia della vita, è legittimo chiedersi che cosa stia ali' origine, quali siano le cause che hanno determinato i fenomeni evolutivi, perché il fiume della vita si sia così ramificato giungendo fino a noi. Come pure ci si può chiedere quale significato possa avere tutto ciò. Le cause o i fattori dello sviluppo della vita possono essere cercati nelle strutture della vita e nell'ambiente. Sono queste le grandi coordinate dei processi evolutivi. Se le strutture vitali e l' ambiente fossero rimasti costanti nel tempo, non vi sarebbe stata evoluzione. Si devono ammettere dei cambiamenti ed è legittimo cercarne le cause all'interno del sistema della natura senza ricorrere a fattori esterni o preternaturali. La paleogeografia e la geologia cercano di descrivere le modificazioni ambientali che si sono avute nel tempo e di trovarne le cause. Sono queste modificazioni che hanno sollecitato dei cambiamenti negli organismi viventi. Ma in quale modo? Con· quali meccanismi? Non possono bastare eventi limitati al fenotipo. I cambiamenti debbono essere trasmessi alla discendenza. È sul modo con cui interagiscono questi due ordini di cause, strutture biologiche e ambiente, che si differenziano le vedute del lamarckismo e del darwinismo. Il primo ha richiamato l'attenzione sulla eredità dei caratteri acquisiti nell'adattamento; il secondo sostiene che le modificazioni dell'organismo (individuate secondo la sintesi moderna nelle mutazioni) insorgono spontaneamente senza alcuna relazione con l'ambiente, il quale svolgerà un ruolo selettivo in base al vantaggio o allo svantaggio che potranno portare alla specie in quell'ambiente. La selezione operata dalla natura con i condizionamenti geografici, vegetazionali e faunistici nella lotta per l'esistenza favorirà le variazioni che si rivelano vantaggiose ed eliminerà quelle meno favorevoli, proprio come fa l'allevatore che seleziona le specie che vuole ottenere. La visione darwiniana si caratterizza per l'assoluta assenza di qualsiasi orientamento nelle variazioni spontanee della specie. 81
Interpretazioni, teorie, problemi
complessi/icazione delle strutture viventi
Evoluzione verticale (o filetica)
Mutazioni selezione naturale
+ ......... .
Mutazioni e selezione naturale ~-----------------biodiversità
Evoluzione orizzontale Fig. 16. Rappresentazione schematica di modalità evolutive.
Sarà l'ambiente a selezionare e orientare verso strutture via via più complesse (non ortogenesi, bensì ortoselezione). Il lamarckismo, oltre a sostenere l'ereditarietà dei caratteri acquisiti sotto la pressione dell'ambiente, ammette fattori interni al processo evolutivo e quindi qualche finalismo. Può essere ricordata anche la teoria neutralista di Kimura (1979), secondo il quale la maggior parte delle mutazioni sarebbe neutra in rapporto alla selezione naturale. Esse sarebbero raramente portatrici di valore selettivo e l'evoluzione sarebbe il risultato. di fenomeni aleatori (caso senza necessità). Come si vedrà più avanti, i moderni studi sul genoma portano ·elementi utili per la spiegazione dei meccanismi evolutivi riprendendo qualche aspetto delle. due vedute fondamentali, il lamarckismo e il darwinismo, che hanno guidato lo studio dell'evoluzione. Certamente il modello darwiniano rappresenta quello oggi più accettato, perché trova riscontri a livello microevolutivo in esperi-. menti condotti su batteri e virus e nella genetica delle popolazioni. Si potrebbe riconoscere una evoluzione verticale (o filetica) con una crescita di complessità e una evolu~ione orizzontale con 82
La spiegazione darwiniana secondo la sintesi moderna
una differenziazione essenzialmente morfologica (diversità biologica). Mentre per l'evoluzione orizzontale il modello evolutivo del darwinismo è valido, esso potrebbe non essere adeguato per spiegare la complessità formatasi in tempi relativamente brevi e in determinate direzioni (evoluzione verticale o filetica (fig. 16).
La spiegazione darwiniana secondo la sintesi moderna Nella sintesi moderna o neodarwinismo, elaborata alla luce delle scoperte sull'eredità mendeliana e sul gene (Simpson, Huxley, Mayr, Dobzhansky, ecc.), i fattori. genetici responsabili delle piccole variazioni supposte da Darwin sono stati identificati nei geni presenti nei cromosomi. È attraverso i geni che si trasmettono le caratteristiche biologiche, e i geni sono costituiti da molecole di DNA dalla struttura di due filamenti a doppia elica. Ogni filamento del DNA è costituito da una sequenza di nucleotidi che consistono di una base (adenina, timina, guanina, citosina), di una molecola di fosfato e di uno zucchero desossiriboso. Il DNA replica, suddividendosi, i due filamenti agendo come stampo per l'RNA, che a sua volta agisce da stampo per le proteine ·da codificare. La diversità delle proteine dipende dalle sequenze delle coppie di base, in cui l'adenina è sempre unita con la timina e la guanina alla citosina. Il DNA contiene le informazioni che attraverso l'RNA passano alle pròteine. Eventuali errori nella replicazione del DNA e nella trasmissione dell'RNA, le mu.tazioni, provocano variazioni che possono essere vantaggiose o svantaggiose. La selezione naturale opera su queste variazioni. Essa ha un ruolo molto importante perché secondo la teoria della sintesi moderna non soltanto elimina le variazioni svantaggiose, ma conserva e incanala quelle vantaggiose, per cui possono formarsi e affermarsi strutture via via più complesse. Tuttavia i processi naturali che intervengono nell' evoluzione non sono in se stessi casuali. Come osserva Ayala (2006), la selezione deve essere vista non come un processo puramente negati83
Interpretazioni, teorie, problemi
vo, ma come un processo creativo, nel senso che essa realizza combinazioni adattative che altrimenti non vi sarebbero. In questo modo di vedere la selezione non è un processo governato da eventi puramente casuali. «Essa è un processo che promuove adattamento mediante la selezione di combinazioni che hanno senso, cioè che sono utili all'organismo» (ibid., p. 62). In questo caso la crescita della complessità non è conseguenza della selezione naturale, ma emerge occasionalmente attraverso vari gradi per adattamenti di tipo opportunistico. Si possono formare anche direzioni evolutive, ma sempre per processi casuali. Secondo Dawkins (1986), «l'evoluzione è guidata dalla sopravvivenza non casuale di piccoli cambiamenti ereditari casuali verso direzioni adattativamente non casuali» (tr. it. p. 49). Una graduale evoluzione così realizzata può accumulare sensibili cambiamenti sia morfologici che funzionali. A seconda che l'informazione genetica riguardi strutture proteiche o funzioni, i geni vengono indicati come strutturali o regolatori. Ai fini della evoluzione e della morfogenesi i geni regolatori di piani organizzativi sono certamente i più importanti. Nella evoluzione è il fenotipo che viene selezionato, ma resta il gene l'unità base di selezione, ha notato Dawkins, il quale vede gli organismi come macchine per la propagazione e la sopravvivenza del gene (l'unità di selezione naturale che può sopravvivere per molte generazioni) e parla metaforicamente di «gene egoista» (1986). In realtà è stato osservato che «i geni non possono essere egoisti o non egoisti, non più di quanto gli atomi possano essere gelosi, gli elefanti astratti o i biscottì teleologici» (Midgdey, 1979). Sono strutturati per essere trasmessi e dare continuità alla specie. Potrebbero essere visti anche come donatori universali. Il processo evolutivo nella visione darwiniana non ha una finalità, è cieco, anche se si sviluppa secondo determinate direzioni. Esso è opera della selezione naturale. «Se si può dire che svolga il ruolo di orologiaio in natura, è l'orologiaio cieco» (Dawkins, 1986). 84
Il darwinismo come visione generale del mondo
Il darwinismo come visione generale del mondo
È stato osservato che dopo Darwin il mondo non può essere più visto come prima. Darwin viene visto come uno spartiacque nella concezione della vita e della società. L'eliminazione di ogni finalismo nelle cause genetiche del processo evolutivo porterebbe a escludere qualunque finalismo di ordine generale nella storia della vita e nella stessa concezione del mondo. Le direzioni evolutive che si formano sarebbero esclusivamente il prodotto della selezione naturale. In una lettera a J. Hookes (1870) Darwin scrive: «Non posso guardare all'universo come al risultato di un caso cieco. Ma non posso vedere alcuna evidenza di un disegno benefico o, invero, alcun disegno di qualsiasi genere in dettaglio». Simpson (1949), uno degli autori che hanno proposto la nuova sintesi o neodarwinismo, afferma: «L'uomo è il risultato di un processo materialistico e senza progetto, che nessuno ha avuto in mente. Egli non è stato programmato». Della stessa opinione J. Huxley (1953): «A prima vista il settore della biologia sembra pieno di progetti. Ma come il genio di Darwin ha dimostrato, il pro" getto è soltanto apparente». Jacob (1971) afferma: «L'essere vivente rappresenta sì l'esecuzione di un disegno, ma di un disegno che nessuna mente ha concepito; esso tende verso un fine che nessuna volontà ha scelto». Si tratta sempre di prodotti della selezione naturale. Secondo lo stesso autore, il processo evolutivo ha la natura di bricolage, cioè assembla le sue costruzioni con quello che trova. Monod e J acob parlano di teleonomia che va a sostituire ogni teleologia. In questa linea si muove anche Ayala (2004), il quale fa un distinzione fra teleologia interna e teleologia esterna. Nella teleologia interna gli aspetti teleologici sono il risultato di un processo esclusivamente naturale. La teleologia interna o naturale ha il carattere di necessità (ad esempio, lo sviluppo embriologico) o di contingenza, quando è il risultato della selezione fra alternative diverse; 85
Interpretazioni, teorie, problemi
nella teleologia esterna interviene un agente esterno alla cause naturali, come può essere l'intervento dell'uomo. Secondo l'autore per la evoluzione si deve parlare di teleologia interna. Teleologia esterna si avrebbe introducendo un fattore del tutto esterno alla natura, come avviene nella teoria dell'Intelligent Design. · Nella visione neodarwinista non si nega che nell'evoluzione si formino strutture ordinate. Non può essere contestata la stretta relazione tra forma e funzione. A questi livelli, come pure nel ciclo riproduttivo delle piante e degli animali, non si possono non riconoscere delle finalità oggettive. Ma quello che viene raggiunto con l'evoluzione è per cause fortuite, non c'è alcuna intenzionalità esterna. Il finalismo è solo apparente. Eliminata la causa finale, rimane la causa efficiente, che viene identificata nella selezione naturale operante sulle variazioni casuali della specie. Ma se si ammette una causalità efficiente nello sviluppo della vita sulla terra, come è possibile escludere un fine? Si può pensare a una finalità interna ai processi della natura, senza ricorrere a un agente esterno continuamente all'opera. La riflessione filosofica può aiutare. Come osserva Possenti (2007), «la finalità è connessa alla causalità. Non vi è causalità senza teleologia interna, né teleol~gia senza causalità». Di fatto, riportando la finalità all'interno dei processi evolutivi si riapre la strada al finalismo generale della natura, sostenibile per ragioni di ordine filosofico. Secondo il neodarwinismo il mondo appare senza scopo, e anche l'.uomo è un evento fortuito, accidentale, come le altre specie, formatosi per la selezione naturale. L'uomo non può essere quindi visto come vertice o fine dell'evoluzione, se la sua struttura biologica si è formata per casualità di eventi genetici, sia pure selezionati dall'ambiente con l'esito di un essere umano. È una vera detronizzazione rispetto alla mentalità comune. Darwin (1871) parla di origini umili: «l'uomo nella sua struttura corporea porta il marchio indelebile della sua umile origine». Dalla teoria dell'evoluzione second6 il modello darwiniano alcuni passano quasi insensibilmente a una visione puramente naturalistica della vita, dell'uomo, dell'universo, con esclusione della 86
Il darwinismo come visione generale del mondo
dimensione trascendente. È quello che sostenitori del darwinismo fanno in una lettura totalizzante della storia della vita andando oltre il dato empirico. Anche la formazione dell'universo dovrebbe essere riportata ad eventi puramente naturali che sono seguiti al Big Bang, anch'esso autoformatosi. In realtà, qui la selezione naturale non c'entra più. Ci muoviamo in un campo propriamente filosofico. Viene fatta una estrapolazione: dalla negazione di un finalismo nella storia della vita alla negazione di ogni finalismo nel cosmo, Un mondo senza scopo è quello che secondo molti suoi seguaci sembra emergere dalla concezione di Darwin, per il quale si rende superfluo Dio. Dopo D.arwin non c'è più bisogno di credere in Dio, viene affermato da non pochi darwinisti. Secondo Jaki (2005) non può esservi dubbio alcuno sul fatto che Darwin volesse favorire il materialismo. La sua posizione era ideologicamente qualificata, vista con favore da Marx e da Engels. Di per sé la teoria evolutiva di Darwin non comporta un' opzione materialista per l'origine dell'universo, della vita, dell'uomo. Sarebbe una estrapolazione indebita, anche se viene sostenuta da non pochi studiosi. Secondo McGrath (2006), «La questione delle implicazioni religiose della visione del mondo darwiniana è controversa. Essa può essere interpretata in chiave cristiana, agnostica o atea». Per quanto riguarda la posizione personale di Darwin sulla religione e sul Creatore il suo pensiero appare ondeggiante. Nella conclusione della prima edizione dell'opera J; origine della specie, dopo avere rilevato che «vi è qualcosa di grandioso in queste considerazioni sulla vita», non nomina Dio, mentre nella seconda edizione (1860) alla frase riportata aggiunge: « ... e sulle varie facoltà di essa, che furono impresse dal Creatore in poche forme od anche una sola». Ma nel 1879 mentre lavorava alla sua autobiografia propende a definirsi agnostico, come farà il suo discepolo Thomas Huxley2 • Darwin riconosce: «Il mio giudizio è spesso fluttuante ... e persino nelle mie flut-
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Interpretazioni, teorie, problemi
Diversamente pensano alcuni sostenitori del darwinismo. Dawkins afferma che il darwinismo obbliga a essere atei. Orlando Franceschelli (2007) sostiene «la plausibilità scientifica, filosofica ed etica del naturalismo moderno emancipatosi dall'ipotesi di lavoro Dio» e parla «di una coscienza adulta e svezzata dall'ipotesi-Dio e dalla scommessa, più o meno pascaliana, a favore della sua esistenza». Convinto assertore del naturalismo darwiniano, ne fa una concezione di vita. Nella stessa linea si muove Telmo Pievani (2006), che parla di «creazione senza Dio». Ma in questa impostazione come non vedere una visione ideologica che si vuole derivare dalla scienza, ma va ben oltre l' orizzonte della scienza? Perché non riconoscere apertamente che ci si porta in un altro campo, quello di una filosofia della natura preclusa alla sfera trascendente? . Quando si passa dalla evoluzione darwiniana a una visione totalizzante della realtà si compie una operazione di tipo ideologico, anche se di per sé la teoria di Darwin non porta né ali' ateismo né al materialismo. Di qui le riserve espresse da molti studiosi e anche da voci autorevoli della Chiesa. Ci si può chiedere: è possibile liberare Darwin dalla ideologia, come molti auspicano? Per molti darwinisti sarebbe un non senso, forse perché il darwinismo ideologico fa da sponda a un certo modo di pensare che lo precede. Ma una volta liberato dall'ideologia, il darwinismo, anche nella sua formulazione moderna della teoria sintetica dell'evoluzione, andrebbe integrato e ampliato, come si dirà fra breve3 . tuazioni più estreme non sono mai stato ateo nel senso di negare Dio. Credo che in generale (e sempre di più con il passare degli anni), ma non sempre, la mia posizione possa essere descritta più appropriatamente con il termine agnostico» (cit. da McGrath, 2006). Sulla sua posizione deve avere molto influito il problema del dolore, particolarmente dopo la perdita della figlia Annie all'età di 10 anni. 3 Nella posizione di Franceschelli e Pievani si parla di un naturalismo evoluzionistico che riceve la sua plausibilità dalla scienza (Franceschelli, 2005, p. 48), del «carattere non certo ideologico, bensì criticamente plausibile del moderno disincanto naturalistico, ossia di una concezione soltanto naturale del mondo e dell'uomo»
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Il darwinismo come visione generale del mondo
A ben riflettere il problema di Dio non può essere affrontato con i metodi della scienza empirica. Lo stesso Huxley (1894, cit da McGrath) lo riconobbe e propose il termine di agnostico per «descrivere le persone che, come me, sono consapevoli della loro irrimediabile ignoranza riguardo alle questioni su cui i metafisici e i teologi dogmatizzano con estrema sicurezza». Circa il naturalismo alcuni parlano di un naturalismo metodologico, che è anche riduzionistico e caratterizza il metodo della scienza, e di naturalismo filosofico che è il materialismo e si colloca fuori dall'orizzonte scientifico. Questa ragionevole distinzione è sostenuta da vari Autori, fra cui Pigliucci (2007) e Rhonheimer (2007). Ayala (2006) osserva: «la scienza è metodologicamente materialistica o meglio metodologicamente naturalistica». La seconda espressione secondo l'autore andrebbe preferita perché evita problemi filosofici. «La scienza infatti», afferma I' autore, «non implica un materialismo metafisico». Secondo Gould, la scienza non può né affermare né negare l'esistenza di Dio. Si tratta di ambiti diversi che seguono metodologie diverse per rispondere a domande che sono diverse. Si possono vedere come due magisteri: quello della scienza e quello della fede. Gould parla di principio NOMA (Non-overlapping Magisteria). Ma in realtà non si tratta di due ordini di conoscenza che nulla hanno a che vedere tra loro. Possono esserci punti di contatto e di dialogo, ha osservato il cardinale Schonborn (2007): «La fede in un creatore, nel suo progetto, nel suo governo universale, nel suo condurre il mondo a un obiettivo da lui preposto, non può restare senza punti di contatto con la ricerca concreta del mondo. Per questo non ogni variante della teoria dell'evoluzione è conciliabile con la f~de nella creazione»4 . (Franceschelli e Pievani, 2007, p. 117). I termini usati sembrano voler trarre dalla evoluzione, cioè dalla scienza, una concezione ideologica che in realtà rappresenta una lettura o interpretazione filosofica della realtà estrapolando una teoria scientifica. Plausibilità è un termine che vela la vera natura dell'operazione, che rappresenta una estensione arbitraria della teoria evolutiva fuori dal campo biologico. 4 Lo stesso cardinale Schonborn (2007a) osserva che, anche se fosse vero che la
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Interpretazioni, teorie, problemi
Vero è che il limite tra teoria scientifica e posizione ideologica viene spesso valicato, facendo passare come scientifico quello che è orientamento o opinione personale. Certe posizioni dogmatiche dei darwinisti sono di stampo ideologico ed esorbitano dal terreno della scienza. Vengono presentate spesso come derivate o collegate alla scienza, ma non è corretto. Si dovrebbe riconoscere che si parte da alcuni dati della- scienza, ma che ci si porta su un altro ambito, quello filosofico e interpretativo. Se invece si volesse trarre dalla scienza argomenti per sostenere una visione esclusivamente immanentistica, escludendo la dimensione trascendente, si compirebbe un'operazione di tipo fondamentalista, analoga a quella che compiono i sostenitori dell'Intelligent Design, che introducono nel dibattito scientifico sull'evoluzione argomenti che non sono di ordine scientifico.
Darwinismo e lamarckismo alla prova delle nuove conquiste della biologia
Nel dibattito sulla evoluzione occorre tenere conto delle nuove vedute e dei nuovi problemi che si aprono con il progredire delle conoscenze scientifiche sia in campo genetico che paleontologico. Di notevole interesse le ricerche di biologia evolutiva dello svilupbiologia o in generale le scienze della natura sono materialistiche soltanto a livello metodologico, «resta comunque chiaro che questa opzione metodologica è un atto spirituale che presuppone ragione, volontà, libertà». «Basta già questo a dimostrare che limitando il metodo delle scienze naturali a processi meramente materiali non si può venire a capo della totalità della realtà» (ibidem). Va pure ricordato che al darwinismo si ispirano anche dottrine o posizioni in campo sociale che assumono la selezione attraverso la competizione sociale come criterio di valore per lo sviluppo della società (darwinismo sociale). Anche in campo pedagogico, quando la competizione viene presa come unico criterio per la crescita culturale dei giovani e per il successo dei migliori, si compie un'operazione analoga, che non tiene conto delle differenze e d~i valori della persona utilizzando il principio della lotta per l'esistenza e la selezione dei migliori. Si tratta di pericolose, ma non pertinenti derivazioni dalla teoria darwiniana.
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Darwinismo e lamarckismo alla prova delle nuove conquiste della biologia
po, conosciute con l'acronimo evo-devo (evolutionary developmen~ tal biology), che combinano insieme l'approccio evolutivo e quello del controllo genetico dello sviluppo di un organismo (Boncinelli, 2001). Gli studi sul genoma mettono in 'evidenza che vi sono geni multifunzionali, geni regolatori di piani organizzativi, geni architetti (geni Hox o omeotici) responsabili dello sviluppo segmentale del corpo (ad esempio regione cervicale, toracica, addome, arti). I geni sono gli stessi negli Artropodi come nei Vertebrati e sono disposti nello stesso ordine sul cromosoma. Sono segnalati effetti di trascinamento di una singola mutazione su vari organi. Sono quindi da ammettere dei vincoli entro i quali· possono avere successo cambiamenti. casuali che regolano lo sviluppo,. che non dipenderebbe solo dalla selezione naturale, per non parlare della necessaria coincidenza di condizioni ambientali favorevoli. Esperimenti eseguiti su crostacei hanno messo in evidenza che basta anche una semplice mutazione di ùno di questi geni per indurre modificazioni nei piani di sviluppo. Come osserva Duboule (2007), «passiamo lentamente da una teoria centrata esclusivamente sulla selezione naturale a una teoria in cui contano anche le variazioni vincolanti nel passaggio dagli organismi semplici a quelli complessi». Secondo Margulis, le novità nella evoluzione non sarebbero tanto le mutazioni, quanto l'acquisizione e l'integrazione stabile di interi genomi conseguente ad una associazione simbiotica (simbiogenesi). Sul piano paleontologico vengono segnalate convergenze evolutive, cioè la formazione di strutture simili anche in linee che hanno seguito evoluzioni indipendenti, su cui Mivart (1871) aveva richiamato l'attenzione e, recentemente, Conway Morris (2003). Un caso classico è l'evoluzione dei Mammiferi marsupiali e dei Mammiferi placentati. I primi hanno avuto una evoluzione autonoma nel continente australiano e nell'America del Sud. Ebbene, fra i Marsupiali fossili dell'Australia si ritrovano forme simili a quelle che ·si osservano nei Placentati: scoiattoli, insettivori, tigri 91
Interpretazioni, teorie, problemi
dai denti a sciabola sviluppatisi nell'Antico Continente dopo che era avvenuta la separazione dall'Australia. La struttura dell'occhio, secondo Conway Morris, rivela forti somiglianze, dall'occhio semplice degli Insetti e dei Cefalopodi al1' occhio composto dei Mammiferi. Ci troviamo di fronte a una evoluzione che a livello genetico potrebbe non essere regolata esclusivamente dalla casualità. Essa appare canalizzata o in qualche modo orientata, se l'evoluzione può dare luogo più volte a strutture simili anche in discendenze lontane geograficamente e nel tempo. Inoltre dal punto di vista paleontologico l'evoluzione maggiore si realizzerebbe non in modo graduale, come sosteneva Darwin, ma con momenti di rapida speciazione alternati a lunghi periodi di stasi evolutiva. Così secondo la teoria degli equilibri punteggiati proposta da Gould e Eldredge e già ricordata. Un altro filone di ricerche si rivolge all'influsso dell'ambiente, non tanto nel selezionare i caratteri che nel lungo tempo si rivelano utili alla specie, accrescendone la fitness, quanto nel determinare cambiamenti a livello genetico. Sono note mutazioni indotte da agenti esterni su cellule somatiche dell'organismo. Esse però se non passano nella linea germinale non si trasmettono alla discendenza. Sono state però segnalate mutazioni somatiche trasferite nelle cellule germinali mediante retrovirus. Si parla di selezione somatica (Steele, 1979), chiaramente nella linea dellamarckismo. L'influsso dell'ambiente viene visto non solo nella selezione dei caratteri che nel lungo periodo si rivelano utili alla specie, ma anche nel determinare o favorire le espressioni dei geni. Ritorna il concetto di epigenesi, che, secondo Waddington, include tutti i processi di cambiamento durante il ciclo vitale dell'organismo le cui istruzioni non siano contenute nella sequenza del DNA. Come sostengono Jablonka e Larnb (2007), nonostante che le sequenze di DNA non siano cambiate, gli organismi acquiscono informazioni che possono passare nella progenie. Ciò per un~ interazione tra diversa espressività dei geni e fattori esterni. Si ammette un sistema di eredità epigenetica che interviene anche nell'evoluzione. A 92
Darwinismo e lamarckismo alla prova delle nuove conquiste della biologia
ciò è da aggiungere l'eredità comportamentale, che pure influenza l'espressione di alcuni geni, e nel caso dell'uomo l'eredità simbolica. Così secondo Jablonka e Lamb, che parlano di evoluzione a quattro dimensioni (genetica, epigenetica, comportamentale, simbolica). Esisterebbero sistemi di trasduzione dei segnali extragenomici (extracellulari, ambientali in senso lato) al genoma, capaci di provocare rimaneggiamenti nel genoma stesso (Redi e altri, 2002). È stata formulata anche l'ipotesi di mutazioni pronte a rispondere a determinati fattori ambientali. In questa prospettiva il caso è certamente diverso da quello che intendiamo per le mutazioni secondo il neodarwinismo, come ha notato Coppens (2007). Queste prospettive, che sembrano inserirsi in un neolamarckismo, potrebbero integrare il neodarwinismo, che. a livello di popolazioni o microevolutivo rappresenta una spiegazione soddisfacente, ma può sollevare qualche problema nella formazione delle grandi direzioni evolutive. Certamente fanno apparire più complesso il processo evolutivo, non riducibile alla pura interazione fra mutazioni e ambiente. Oltre ai fattori genetici e ai fattori ambientali, va sottolineata per lo sviluppo della vita l'importanza della cooperazione. Secondo Novak (2006) la cooperazione, le mutazioni e la selezione naturale rappresentano i tre grandi fattori d~ll' evoluzione biologica. Nuovi livelli di organizzazione evolvono quando le unità in competizione a un dato livello incominciano a cooperare. La cooperazione, che rappresenta una espressione particolare della relazionalità propria di ogni essere vivente, può esprimersi in vari modi. Novak ne riconosce cinque: la selezione di parentela, la selezione di gruppo, la reciprocità di rete, la reciprocità indiretta, la reciprocità diretta. Queste due ultime forme, in quanto condizionate da una capacità cognitiva, sono tipiche delle società umane. Nella reciprocità indiretta entra in gioco la reputazione, l'immagine di sé, che diventa motivo che stimola a cooperare con chi si comporta in questo modo. Nella reciprocità diretta si dà per essere ricambiati. Alcune espressioni di queste forme di reciprocità sono se93
Interpretazioni, teorie, problemi
gnalate anche in Primati non umani. Ma nell'uomo si incrementano in ragione· della sua capacità cognitiva e del linguaggio, che consente di stabilire rapporti più forti in ordine alla reciprocità. Un problema non risolto rimane quello delle origini della vita, che secondo alcuni, tra cui di recente Walker (2006), deve avere richiesto un intervento diretto di Dio. Altri ritengono che possano essersi avute le condizioni necessarie in un lontano passato per la formazione delle prime molecole proteiche e successivamente delle forme prebiotiche e dei primi Batteri. Così anche recentemente si è espresso De Duve (2006), il quale ipotizza le possibili fasi di formazione delle prime forme viventi dall'assemblaggio molecolare e multimolecolare alle molecole capaci di replicazione (DNA), alle variazioni nella replicazione, alla formazione di nuove linee soggette alla selezione naturale. Le variazioni sono accidentali, ma spesso hanno cause precise, anche se sprovviste di intenzionalità. Si tratterebbe di un processo che si svolge secondo le leggi naturali e non ha bisogno di alcun intervento esterno (Schuster, 2007). A mio modo di vedere potrebbe non essere stato necessario un intervento diretto di Dio. La formazione della vita in determinate circostanze può rientrare nel piano del Creatore. Potrebbero bastare le proprietà della materia creata da Dio. Se ciò sia di fatto avvenuto o no sta alla scienza approfondirlo. Ma, come osserva Schuster, nel caso che un intervento esterno ci sia stato, non può essere oggetto delle considerazioni delle scienze naturali, le quali non possono affermarlo e neppure contestarlo. Va però osservato che nella fase prebiotica non avrebbe senso parlare di evoluzione negli stessi termini con cui se ne parla per la formazione delle specie.
Oltre Darwin
Potrà apparire politicamente non corretto pensare che si debba andare oltre Darwin, ma se si guarda il panorama che si apre nel campo della biologia evolutiva si ha la sensazione che il mo94
Oltre Darwin
dello suggerito da Darwin, anche nella formulazione della sintesi moderna e rimanendo sul piano strettamente scientifico, richieda integrazioni e ampliamenti, come viene riconosciuto onestamente da molti scienziati della stessa matrice. La spiegazione darwiniana non è smentita, ma occorre integrarla sulla natura delle variazioni o mutazioni (che non sono sempre di piccola portata), sui tempi (che non sono segnati sempre da gradualità), sulle cause delle mutazioni (che possono dipendere anche da fattori ambientali), sulle modalità con cui si producono (vi sono vincoli per il loro successo e possono ripetersi anche a distanza di luogo e di tempo), sulle conseguenze delle mutazioni (che possono trascinare diversi cambiamenti), sulla traduzione del genotipo nel fenotipo (in cui può rivelarsi una diversa espressività dei geni in relazione al contesto di sviluppo), sulla trasmissione di informazioni senza cambiamenti nelle sequenze del DNA (eredità epigenetica). Del resto il pensiero di Darwin non era affatto ispirato a schemi troppo semplificati. Egli ammetteva che le selezione naturale non è l'unico processo di modificazione, ammetteva l'effetto delle condizioni esterne, tra cui l'uso e non uso degli organi sulle variazioni delle specie, come pure aveva ben presenti le correlazioni tra le diverse parti dell'organismo, per cui le modificazioni di una parte portano con sé anche altre modificazioni (legge dello sviluppo correlato; cf. Buiatti, 2008). Una certa enfatizzazione del pensiero di Darwin (che si accrescerà nel 2009 in coincidenza con le celebrazioni del bicentenario della nascita e dei 150 anni della pubblicazione de !;origine della specie) non deve indurre a ritenere che siano definite tutte le risposte alle numerose domande che si pongono sulla evoluzione della vita. Del resto Darwin stesso si è espresso sulla «necessità di mantenere la mente libera in modo da poter abbandonare qualsiasi ipotesi a prescindere da quanto amata ... >; (Autobiografia). Ciò senza nulla togliere alla genialità del grande scienziato e alla validità del modello, almeno a livello microevolutivo. Forse però al successo delle idee di Charles Darwin, 150 anni 95
Interpretazioni, teorie, problemi
fa come oggi, contribuisce anche la concezione di una natura che si autoforma e che sembrerebbe avere meno bisogno di un riferimento trascendente, per cui il darwinismo è stato e viene utilizza~ to in funzione ideologica, quasi a rendere superflua la creazione, anche se su questo punto, come già rilevato, Darwin è stato più cauto dei suoi seguaci e non tutti i suoi sostenitori sono d'accordo su questa estensione. A nostro modo di vedere questa estensione non· è richiesta né dalla teoria evolutiva né dalla teoria darwiniana. È l'estrapolazione di un modello empirico di lettura della storia della vita sulla terra a una visione filosofica della realtà, .in cui si va oltre gli aspetti scientifici.
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1. I resti scheletrici dell'ominoideo Orrorin tugenensis.
2. Ricostruzione del cranio di L ucy, eseguita da Tim White riunendo numerosi / rammenti di individui diversi ritrovati nel 1975 nel sito denominato A.L. 333, della regione di H adar, Etiopia (larghezza 75 mm). Calco del Museo di A ntropologia dell'Università di Bologna.
3. Confronto tra i crani di Australopithecus afarensis, Homo herectus e Homo sapiens.
4. Cranio di Zinjanthropus, o Australopithecus boisei.
5. Cranio di Homo habilis, siglato OH-13, rinvenuto nel primo strato di Olduvai, in Tanzania (larghezza 70 mm). Calco del Museo di A ntropologia dell'Università di Bologna. 6. Cranio di Homo rudolfensis, con sigla KMN-ER 1470, trovato a Koobi Fora, in Kenya (altezza 120 mm), Calco del Museo,di A ntropologia dell'Università di Bologna.
7. Choppers del Paleolitico inferiore provenienti
da Gaborone, Botswana. Museo di A ntropologia dell'Università di Bologna.
8. Bifacciali del Paleolitico inferiore provenienti da Gaborone, Botswana. Museo di Antropologia dell'Università di Bologna.
9. Cranio di Homo ergaster/ erectus visto di profilo e di fronte (altezza 150 mm). Ritrovato in Kenya, a Koobi Fora, è probabilmente di sesso femminile e, fino ad ora, è il cranio più completo e antico (1.600.000 anni/a) riferibile a Homo erectus. Calco del Museo di Antropologia dell'Università di Bologna. 10. Cranio di Homo erectus appartenente a un individuo di sesso f emminile ritrovato a Buia, in Eritrea, risalente a circa 1 milione di anni fa.
11. Ricostruzione del cranio dell'Uomo di Tautavel, un comune a poca distanza da Perpignan (Francia), sulla base dello scheletro facciale e del parietale destro trovati nella grotta di Arago. 12. In alto: osso frontale e frammenti di scheletro facciale ritrovati nella grotta di Mugharet-el-Zuttiyeh a Tabgha, presso Cafarnao, in Palestina. In basso: crani provenienti dalla grotta del monte Qafzeh, presso Nazaret, in Palestina. Calchi del Museo di A ntropologia dell'Università di Bologna.
13. Cranio di Steinheim, Germania, 250. 000 anni fa. 14. Qa/zeh (Israele). Duplice sepoltura di una ragazza e di un bambino. I due soggetti sono stati sepolti insieme, e la disposizione delle ossa è compresa nei ùmiti diunafossa rettangolare (fotografia: Centre de Recherche Français di Gerusalemme). 15. Kebara (Israele). Rilievo di uno scheletro neandertaliano il cui cranio è stato intenzionalmente rimosso poco dopo l'inumazione (disegno di D. Ladiray).
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16. Dalla grotta Pekarna (Ochoz, Repubblica Ceca), databile tra 12.400 e 1i.000 anni fa, da sinistra a destra: un bastone forato con decorazione zoomorfa, oggetto interpretato come raddrizzatore di frecce o come insegna del comando; tre arpioni, con un ordine di dentz; con due ordini
e con tre. Gli arpioni potevano essere realizzati in osso o in corna di cervo. Museo Moravo di Brno. 17. Dal primo strato di Kostienki Mal'ta, Russia, scultura in calcare caratterizzata da profili più articolati rispetto alle statuette dell'Europa occidentale.
18. Particolare di un immenso toro nero - che intero misura 300 cm - associato a un segno, interpretato come ideogramma; Dalla grotta di Lascaux, in Dordogna, Francia.
Parte terza
EVOLUZIONE E CREAZIONE
Orizzonti e metodi di studio
Evoluzione e creazione: due termini che si escludono a vicenda? Dopo la pubblicazione dell'opera di Darwin sull'origine della specie alcuni scienziati sostennero che l'evoluzione rendeva superflua la creazione. Molti darwinisti l'hanno pensato e continuano a pensarlo, come è stato più sopra ricordato. «Ma quando degli studiosi negano la creazione sulla base di teorie evolutive o rigettano l'evoluzione in difesa della creazione essi fraintendono la creazione o l'evoluzione o entrambe» (Carroll, 2006). Il concetto di evoluzione appartiene alle scienze della natura e include le trasformazioni degli esseri viventi a partire da forme più semplici, anzi da una forma ancestrale unica. Esso parte dal1' osservazione di fenomeni della vita nella natura e utilizza i metodi delle scienze empiriche, l'osservazione diretta mediante le tecniche a disposizione, il metodo induttivo, il metodo comparativo. Il concetto di creazione è filosofico e religioso. Sul piano filosofico viene affermata la dipendenza radicale dell'essere contingente, che non ha in sé la ragione dell'esistere, da un altro essere superiore che viene identificato in Dio. La realtà che ci circonda, la natura, non è sempre esistita, si dimostra mutevole e provviso99
Evoluzione e creazione
ria. Non avendo in sé la ragione del suo esistere, deve averla ricevuta da un altro, il Creatore, che a sua volta deve averla in sé. Per quanto si riferisce alla creazione dell'universo, si dovrebbe distinguere tra le origini dell'universo (dipendenza metafisica dal Creatore) e l'inizio dell'universo, o i suoi primi momenti, a cui è legato il tempo, che può essere indagato dalla scienza. Nella visione tomistica Dio fa esistere le cose con le proprietà che le caratterizzano. La dipendenza è radicale, non riguarda solo gli inizi, ma l'esistere attuale. Non si deve pensare che il Creatore abbia fatto esistere le cose e poi sia cessato il suo rapporto con esse, come avviene per l' artigiano e la sua opera. E neppure si deve pensare che le realtà create restino stabili nel tempo e non vadano incontro a cambiamenti. Il rapporto di dipendenza continua nel tempo. Notava il cardinale Ratzinger quasi quarant'anni fa in una trasmissione radiofonica: «La creazione, considerata a partire dalla nostra comprensione del mondo, non è un lontano inizio e neppure un inizio suddiviso in vari stadi, ma essa concerne I' essere in quanto temporale e in divenire: l'essere temporale è abbracciato come un tutto dall'unico atto creativo di Dio che nella sua divisione gli dona anche l'unità, in cui nel contempo c'è anche il suo senso» (cit. da Schonborn, 2007b). . Nella riflessione filosofica di san Tommaso d'Aquino, Dio, come causa prima, fa esistere le sue creature, che agiscono, come cause seconde, secondo le loro proprietà, ciascuna secondo il proprio modo di operare, per cui l'operare delle creature è da riferirsi a Dio, come causa prima, e alle realtà create, come cause seconde. Non si deve pensare che un certo effetto sia da riferirsi in parte a Dio e in parte all'agente naturale, ma è pienamente da riferirsi ad entrambi secondo modalità diverse (cf. Summa contra Gentes, III,70,8). «Dio opera nelle e per mezzo delle cause seconde» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 308). Questo concetto ~etafisico di creazione corrisponde a quanto la rivelazione cristiana insegna. Tutta la realtà che ci circonda vie100
Orizzonti e metodi di studio
ne da Dio, che viene presentato nella prima pagina della Genesi come creatore del cielo e della terra. Il termine creazione non si trova molte volte nella Bibbia, ma il concetto è incluso in molti insegnamenti. Quello più puntuale lo troviamo nel Libro dei Maccabei: «Ti scongiuro figlio mio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti: tale è anche l'origine del genere umano» (2 Mac 7,28). Lo troviamo anche nel Libro della Sapienza. Si dice che Dio 'ha creato dal nulla, cioè senza utilizzare materia preesistente, come potevano insinuare mitologie del tempo. Un concetto nuovo anche rispetto al pensiero dei filosofi naturalisti del mondo ellenico. Il concetto di creazione dal nulla è stato sviluppato nella riflessione filosofica di sant' Agostino e di san Tommaso d'Aquino. Non c'è prima il nulla e poi l'essere. Non è che Dio abbia creato il mondo in un dato momento, prima del quale esisteva solo lui. Non c'è un prima e un poi, un tempo