La scrittura e la differenza
 8806114735, 9788806114732 [PDF]

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Zitiervorschau

• I

Jacques Derrida

La serillara e la dilierenza Traduzione di Gianni Pozzi Introduzione di Gianni Vattimo

Titolo originale L ',"(rittlre et La difference ([) 1967 Editions du Seuil ({~)

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Giulio Einaudi editc're s. p. a.) Torino ISBN 88~o6~I '473~5

Indice

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VII

Derrida e l'oltrepassamento della meta/isica di Gianni Vattimo

La scrittura e la differenza 3

39 8I

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Forza e significazione Cogito e storia della follia Edmond Jabes e la interrogazione dellibro Violenza e metafisica Saggio sui pensiero di Emmanuel Levinas

I99 2I9

255 299

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«Genesi e struttura» e la fenomenologia Artaud: la parole soufHee Freud e la scena della scrittura II teatro della crudelta e la chiusura della rappresentazione Dall'economia ristretta all'economia generale Un hegelismo senza riserve

377

La struttura, il segno e il gioco nel discorso delle scienze umane Ellissi

385

Indice dei nomi

'359

Derrida e l'oltrepassamento della metafisica

La scrittura e fa differenza e uscito per Ia prillliL'ioJta nel H)'{17, ed e state stampato in questa traduzione nel 1971. Nei vent' anni, pili 0 meno, che sono passati, l' opera di Derrida si e accresciuta, ed e cresciuta anche Ia sua recezione nella cultura contemporanea; il «decostruzionismo» e penetrato Iargamente anche in aree culturali che inizialmente sembravano refrattarie al suo stile e aIle sue tematiche. Sono anche usciti numerosi ottimi Iavori che presentano criticamente il pensiero derridiano; e molti che, in qualche modo, 10 proseguono Una introduzione alIa riedizione de La scrittura e fa differenza non puo non tener conto di tutta questa Wirkungsgeschichte - per usare il termine di Gadarner - cioe della «storia degli effetti» entro Ia quale l' opera, oggi, ci e consegnata. Cia anzitutto significa, probabilmente, che non e il caso di tentare qui una descrizione preliminare del pensiero di Derrida che avvii a una «prima Iettura» deIl'opera. Non si tratta solo del fatto che bisognerebbe comunque far entrare in gioco anche tutto illavoro che l' autore ha compiuto dopo questa libro; 0, all' opposto, tentare di collocarsi nel punto di vista di un ideale , n. 217-18, gennaio-aprile 1987 (ora nel volume Etica dell'interpretazione, Rosenberg, Torino 1989).

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Gianni Vattimo

trovato da ultimo espressione nella «dialettica negativa» adorniana e in molto pensiero radicale francese dei decenni recenti, ivi compreso il decostruzionismo derridiano. Avanguardistico e il «modello» del coup de des mallarmeano, che Derrida richiama molto spes so " e che e uno sfondo costante di tutto il suo modo di concepire e praticare Ia filosofia. Ma quando, come ormai e accaduto anche per effetto della ricezione dell' opera di Derrida, questa avanguardia diventa «ortodossia» (seppure accademicamente ancora debole in Francia, come Derrida spesso privatamente Iamenta; ma certo Iargamente affermata ed egemone quanta aIla diffusione dei suoi testi e delle sue tematiche in tutta Ia cultura, anche accademica, europea e americana), aIlora essa si trova confrontata con richieste in quaIche sen so «sistematiche », ci si aspetta che fornisca risposte, tesi, non soIp, provocazioni e domande. LTutto cio per dire - con Ie cautele preparatorie che il soggetto richiede, e che del resto egli stesso mette in opera nell' avvio di molti suoi saggi, anche in quelli contenuti in questa volume -che proprio Ia ricezione e Ia diffusione che ha avuto il decostruzionismo (usiamo qui, in modo del tutto provvisorio e approssimativo, questa «etichetta» per indicare il pensiero di Derrida) nella cultura attuale sembra giustificare oggil'esigenza di ricostruire Ia decostruzione; 0, evitando il bisticcio, potremmo dire l' esigenza di « secolarizzarla», non solo togliendola daIl' atmosfera auratica in cui inevitabilmente il suo aspetto di coup de des tende a collocarla (c'e sempre qualcosa di «geniale» nelle scelte deco~truttive di Derrida, almeno nel deliberato cominciare senza «introdu~ione», senza Iegittimazione argomentativa esplicita); rna anche, pili semplicemente, collocandola nel secolo, provando a domandarsi come risponde a richieste, aspettative, esigenze che in qualche modo (e sia pure con tutta Ia problematicita che il Derrida di oggi non mancherebbe di rimproverare a un simile concetto) si annunciano nella nostra epoca. Per quanta dunque consapevoli dei rischi che I'impresa comporta, riconosciamo I'esigenza ricostruttiva come un tratto determinante della stessa fortuna attuale (0 Wirkungsgeschichte) della decostruzione; e, aIla Iuce di tale Wirkungsgeschichte, riassumiamo questa esigenza nella questione su Derrida e l' oltrepassamento della metafisica. Questa domanda, se anche non condurra, almeno qui, a una soIuzione del problema ricostruttivo nei termini ampi e articolati che meriterebbe, aiutera alme, Cfr. per esempio vari saggi contenuti ne La disseminazione (1972), trad. it. a cura di S. Petrosino, Jaca Book, Milano 1989 (per esempio pp. 95, 299); e efr. I'insistenza suI gioco nella conferenza su La dif jerance (1968), contenuta in Marges de la philosophie, Minuit, Paris 1972.

Derrida e I' oltrepassamento della metafisica

XI

~o ~d avvia~e e 'prep~rare, 0 anche solo a giustificare pili ampiamente, 1 eSl?enza d~ cm p~rhamo. La scelta di questo tema specifico per ricos~rulre Derr~da ha vantaggio di collocarlo nel quadro di quelle filosof~e ch~, quall che SIano poi Ie specificazioni, gli sono comunque pili vi~ne. E d:I resto anche Ia domanda con cui egli si misura in quella sorta dl opera maugurale che e Ia prima parte di Della grammatologia'. Di «oI~repassamento della metafisica», come si sa, ha parlato soprattutto Heidegger - rna al di Ia di lui Ia questione, nel senso in cui concerne anche Derrida, e comune a pen sa tori come Nietzsche, Levinas Foucault, ai quali Derrida si richiama esplicitamente; e a filosofi che ~li sono per tanti aspetti affini, come Adoroo'. Nell' assumere quasi come scontato il compito, per il pensiero, di 01t~epassare Ia metafisi2-.che sono scritti dagli uomini; non solo: IDa questa persistente idea di una inferiorita dellibro scritto dall'uomo si riverbera anche nella subordinazione del singolo segno alia totalita del libra, che permette di capirne il vero senso; e che dunque rappresenta ancora sempre l' espressione di un predominio della presenza, nella £ormaaella totalita, fosse pure solo Ia totalita di un sistema disegni scritti. Contro l'idea dellibro come «protezione enciclopedica della teologia e Hellogocentrismo », bisogna Iasciar agire «1' energia dirompente, afori~tica della scrittura» (G 2 I). (In fondo, si puo ricordare qui solo di passaggio, nell'idea di una verita aforistica della scrittura, contro la totalita dellibro, si cela unodei puntidi contrasto di Derrida con Heidegger: Ia concezione che quest' ultimo, e poi forse il suo discepolo Gadamer, hanno dell' essere come Ueber-lie/erung, tradizione-trasmissione di messaggi Iinguistici scritti, e ancora Iargamente improntata al modello del libro). La prospettiva dell' emergere della scrittura, dalla quale Derrida fa specificamente l' esperienza della chiusura della metafisica, determina anche il suo modo di pens are l' essenza della metafisica stessa. Il nascondersi dell' essere mentre fa apparire gli enti, che in Heidegger e un concetto assai difficile da spiegare, e che si e sempre tentati di illustrare e

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iustificare con l'indebitoricorso a metafore £otologiche (per Ie quali il elarsi dell' e.s. sere e com~ il ce!arsi ?ella fonte di Iuce, che proprio co sf asciavederele cose cheillUlllina) SI connota..(anche se, ancora una volta, non si «spiega») in Derrida come il fatto dell'istituirsi d~'origi~e che immediatamente si da come origineprima, nascon4endo il proprto carattere di istituzione e, in definitiva, di iscriziane. E Iecito, e forse inevitabiledomandarsi se anche qui siamo in presenza di una metafora (come quella fotologica che domina e caratterizza Ia metafisica): .~fgia dasempre in essa, la ripetizione finalmente avvertita, e portata finalmente aIle dimensioni della cultura mondiale, di una sorpresa di proporzioni diverse da ogni altra da cui prese Ie mosse quello che viene chiamato il pensiero occidentale; questa pensiero il cui destino consiste tutto neII'estendere il suo regno, a mana a mana che l'Occidente riduce il suo. Nella sua intima intenzione e come ogni interrogazione suI linguaggio, 10 strutturalismo sfugge dunque a quella storia classica delle idee che ne presuppone gia la possibilita, che appartiene in-modo irigenuo alIa sfera dell'interrogato ed e proferita in essa. Tuttavia, per tutta una zona che in esso e irriducibile di irriflessione e di spontaneita, per l'ombra essenziale del non manifesto, il fenomeno strutturalista dovra essere pres~ in esame dallo storicodelle idee. Bene o male. Sara necessario prendere in esame tutto quello che in questa fenomeno non e trasparenza di per se della interrogazione, tutto quello 2

1 Nell'Univers imaginaire de Mallarme (Ed. du Seuil, Paris 1961 p. 30 nota 27) J.-P. Ri. chard difatti, scrive: «Saremmo lieti se iI nostro lavoro potesse offrir~ qualche nuovo materiale per quella storia futura dell'immaginazione e della sensibilitii, che non esiste ancora per il XIX secolo, rna che ctrto dovrii portare avanti Ie ricerche di Jean Rousset suI barocco, di Paul Hazard suI XVIII secolo, di Andre Monglond suI preromanticismo». 2 d'truttura - nota Kroeber nella sua Anthropology (Harcourt, Brace and World, New York 1948, p. 325) - sembra non denatare altro che I'indulgenza di fronte ad una parola dalla significa. zione perfettamente definita rna che improvvisamente assume, per una deeina d'anni, una seduzio· ne di mcda - allo stesso modo ehe la parola "aerodinamica" - e in seguito tende ad essere appli· eata indiscriminatamente nel periodo che resta in voga, per I'attrattiva delle sue consonanze », Per afferrare la profonda necessitii che si eela sotto iI fenomeno, d'altronde incontestabile, della moda, bisogna operare dapprima per «via negativa»: la scelta di questa parola e, da principio, un insieme - certamente, strutturale - di esclusioni. Sapere perche si dice «struttura» e sapere perche si vuole smettere di dire eidos, «essenza», «forma», Gestalt, «insieme», «composizione», «com· plesso~), «costruzione», «correlazione», «totalita», «Idea», «organismo», «stato», «sistema», ecc. Bisogna comprendere perche mai ognuna di queste parole si sia rivelata insufficiente, rna anche perche la nozione di struttura continui ad attingere da esse a!cune significazioni implicite c a lasciarle soprawivere in se.

Forza e significazione

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che, nelI'efficacia di un metodo, implica quel genere di infallibilita che si suppone nei sonnambuli e che in passato si attribuiva alI'istinto, asserendo che era tanto pili sicuro quanta pili cieco. La dignita di quella scienza umana che e chiamata la storia sta fra l'altro, nel privilegio che Ie compete di interessarsi, negli atti e nelle istituzioni dell'uomo, dell'immensa regione del sonnambulismo, di quel quasi-tutto che non e il puro stato~cli,;.X~.8.~La, l'acidita sterile e silenziosa deIl'interrogazione stessa, il.quasi-nictJ1P. Poiche viviamo nella fecondita strutturalista, e troppo presto per eccitare il nostro sogno. Dobbiamo immaginare in esso quello che poirebbe significare. Forse domani 10 si potra interpretare come un rilassamento, se non un Iapsus, nell>attenzione aIla forza, che e tensione della forza stessa. La"forma affascina quando nonsi ha pili Ia forza di cpmprendere Ia forza iictsuo interno. Cioe di creare. Ecco perche'Ia critica Ietteraria e strutturalista in ogni epoca, pel' essenza e destino. Essa non 10 sapeva; incomincia a capirio ora, e pens a se stessa in quanta concetto, in quanto sistema e in quanta metodo. Sa ormai di essere separata dalla forza e si vendica, taIvolta, dimostrando'con protondita e serieta che Ia separazione e Ia condizione dell'opera e non soltanto del discorso sull'opera '. Si spiega in tal modo Ia nota profonda, il pathos malinconico che e possibile cogliere attraverso Ie grida di trionfo del1'~g~.!1gsita tecnica 0 della sottigliezza matematica che talvolta accompagnano certe analisi cosiddette «strutturaJi». Come Ia malinconia per Gide, tali analisi non sono possibili che in seguito a una certa sconfitta , SuI tema della separazione dello scrittore, efr, in particolare iI cap. III dell'Introduzione di ]. Rousset a Forme et signification (Corti, Paris 1962). Delacroix, Diderot, Balzac, Baudelaire, Mallarme, Proust, Valery, H. James, T. S. Eliot, V. Woolf sono chiamati qui a testimoniare che 1a separazione e esattamente I'opposto dell'impotenza critica. Insistendo su quest. separazione tra I'atto critico e Ia forza creatrice, non facdamo che segnalare I. pill banale necessitii d'essenza ~ al· trC, ece., aspirazione passionale, qualitativa, intensiva, ecc., trovi la sua forma nel movimento a spirale. Ma allora, dire che questa unit a - che d'altra parte autorizza ogni metafora di elevazione - e la difJerenza propria, l'idioma di Corneille, e dire molto? E se l'essenziale del «movimento corneliano» fosse qui, dove sarebbe Corneille? Perche si trova pili bellezza nel Polyeucte che in «un percorso a doppio anello corretto da un movimento verso I'alto»? La forza dell'opera, Ia forza del genio, e in generale ogni forza generatrice sta in cio che fa resistenza alla metafora geometrica, ed e l'oggetto proprio della critica Ietteraria. In un sensa diverso da Poulet, anche Rousse£ sembra avere talvolta «uno scarso interesse per l'arte». A meno che Rousset non ritenga che ogni linea, ogni forma spaziaIe (rna ogni forma e spaziale) sia bella a priori, a meno quindi che non reputi, come faceva una certa teologia del medioevo (Considerans, in

Forza e significazione

La scri ttura e Ia differenza

drammatica» (p. 47). «II vero Marivaux ne e.ancora pressoeehe ass~n­ te» [il corsivo e mio). «Nella nostra prospett1va~ un solo fatt~ da d'lir vare ... »(p. 47). Seguono una analisi ~ una.citazlOne a proposlto. e a quale si conclude: «Questo abbozzo dl un dlalo~o sopra 1a testa del ~er­ sonaggi, attraverso una narrazione interrotta, m CUI 1a ~resenza e 1~s~ senza dell'autore si alternano, e l'abbozzo del vero M~t1v~ux ... COS1.S1 tratteggia, in una prima forma rudimenta1e, 1a combmaz10n~ propnamente marivaudiana dello spettacolo e dello spettatore, dell osservato e dell'osservatore. La vedremo perfezionarsi ... » (p. 48). Le difficolta crescono, e insieme i nostri dubbi, qu~ndo R?~ss~t '1~r cisa che questa «struttura permanente di Marivaux;> be~che mV1s1 1e o latente nelle opere giovanili, «fa parte», come «dlSS01vlmento voluto dell'illusione romanzesca», della «tradizione burlesca» (p ..50 ; efr. anche p. 60). L'originalita di Marivaux che non «co?serva» dl questa tradizione che «i1libero svolgimento di u?a n~rraz10ne, che mostra neyo stesso tempo illavoro dell'autore e 1a nflesslOne dell.autor~ suI suo a: voto ... », e Ia «coscienza criti.ca» (p. 51!. L'idioma,?l Ma:IVa'llx non ~ quindi nella struttura in tal modo desctltta ma nell mtenzlOne .c~e amma una forma tradiziona1e e crea una nuova. stru~tura. ~a_,~erlt!l?eHa struttura generale COS1 restaurata non defimsee 1orgams mo maflvaudlano nelle sue proprie linee. Meno ancora nella sua ~orza.. . S1 invece: «II fatto di struttura COS1 rilevato: 11 dOPPlO reg.lstro, appa~e come una costante ... Esso eorrisponde nello stesso ter:zpo [11 corsivo e mi01 aHa conoscenza che I'uamo mari~audiana ?a dl se s~esso: un " euore" senza sguardo, preso nel campo dl ~na cosclenza ch~ ~ puro Ma in che modo un datto dl struttura» trad1z10na1e sguard0» (p. 64) . .' d ' l' bb a quell'epoca (se si ammette che defimto m t.al mo 0, tlSU, t1 a astan,za determinato e origin ale per essere pertmen.te ad. un epoca), puo «corrispondere» aHa coscienza dell'«uomo manVaU?lano~>? L~ strqttUfa corrisponde veramente all'intenzione pili pecuhare dl Manvaux?

partico1are) che 1a forma sia trascendenta1mente bella, perche essa e e fa essere e perche l'Essere e Bello, di modo che i mostri stessi - si asseriva - sono belli per que! che sono, grazie a una linea ad una forma che e testimonianza dell'ordine dell'universo create e rifl~tte 1a 1uce divina. FormQSUJ significa bello. Non dira anche Buffon, nel suo Supplement it l'histoire naturelle (t. XI, p. 410): «La maggior parte dei mostri sono tali con simmetria 1a sproporzione delle parti sembra essersi prodotta con ordine»? ' Ora Rousset non sembra affermare, nella sua Introduzione teorica, che sia bella ogni forma, ma soltanto quella che si accotdaconII senso quella che si 1ascia comprendere da noi in quanto e fin da1 principio i~ accordo con i1 senso. Perche aHora, ancora una volta, questa privilegio del g~ometra? E supponendo, a1limite, che 1a bellezza si lasci sposare 0 esautlte da1 geometra, nel caso del sublime, - e si dice che Corneille sia sublime - il geometra deve fare atto di violenza. E poi non si perde que1 che epiu importante in nome di un «movimento corneliano» essenziale? In nome di questa essenzialismo 0 di questa strutturalismo teleologico, si riduce in effetti all'apparenza inessenziale tutto cio che non obbedisce allo schema geometrico-meccanico: non soltanto i testi drammatici che non si 1asciano ridurre a curve e giri di vite, non soltanto la forza e laqualira, che sona il senso stesso, ~a l~ d.ur(jfa.~ tut:o quell~ che, ~el movimento, e pura eterogeneira qualttatlVa...Rousset mtende tl mOVlmento teatrale 0 romanzesco come Aristotele intendeva il movimento in genera1e: passaggio all'atto che e ripo so della forma desiderata. Tutto si svolge come se nella dinamica del senso corneliano e in ogni dramma di Corneille, ogni cosa si animasse in direzione eli una pace finale, pace della 'EVEPYELa. strutturale: PolyeNete. F~ori di questa pace, prima e dopo di essa, i1 movimento stesso, nella sua pura durata, nel travaglio della sua organizzazione, non e che ab~oz~o 0 residuato. Dissipazione perfino, errore 0 peccato nei confron11 dl Polyeuete, «primo risultato impeccabile». Rousset annota sotto 1a parola «impeccabile»: «Cinna pecca ancora a questo ptoposito»

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1 Ecco dcune formlilazioni di qu~sta «sttu,ttura p~rmane~te;" «~,ove 1~~"{t s~~::b\ ~h~ trale? Sta nella sov:imp,ressihone nffll e di una si praducono tta dl eSSl e c e CI 0 rono I t gni dramma di Marivaux potrebbe essere S ~'ia~i si avvicinano tra lora gradualmente fino duplice lettura» (56). « ... Da, qj.est p~nto. ,I definito ~n o~ganlsmo aldopp{o Ive 0 dr: cfil !sc:~uando i due piani si confondono doe quando alia ConglUnzlOne comp eta. a comme la nl. r d i ersonaggi spettatori. II vero i1 gruppo degli .eroi os.serva,ti vhedo~o ~e stessl come ~u:~d;ac~la sipario, rna I'incontro tra il 'I dId mma sui due registri che cpilogo, non e !1 matnmOnlO c e CI. vI~ne 'promes~o ~uore e sguar?o» d(5 8 ). « ... Siam'llrl~tldisi~~~:~eeldt:~r~~~~r 1a importanza, illoro lind sono propostl da u.e curv~ para e e, a 'd l'altra disegnata in tutta la sua comples, guaggio e la loro funz!On~: I una .traCClat.a r~pI amente; ded la seconda la quale ne restituisce sita, la prima ta~e, da ,Iasc!ar ~gfi!~e,Ia dQez!~negf~~o Pdf~iflessi interni c~ntribuisce ad assicurare l'eco in profondlta eMil s.enso Ie nlt1VO~om~~:i~ rigorosa ed elastica, e nello stesso tempo collega al testo teatrale dl artvaux a sua ? ' " () strettamente i due registri perfino net movlmenU dell amore» 59·

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(p. 12).

mtT~~a~~~~es~~:i~udiP~~~'a~;~~i~~e binoc~lare

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Preformismo, teleologismo, riduzione della forza, del valore e della durata: tutto cio fa una cosa sola col geometrismo, tutto cio fa struttuE. S~ruttura di latto che domina a differenti livelli tutti i saggi di questo llbro. Tutto cio che, nel primo Marivaux, non presenta 10 schema del «doppio registro» (narrazione e sguardo sulla narrazione) e «una serie di esercitazioni romanzesche giovanili» attraverso Ie quali «egli prepara non solo i suoi romanzi della maturita, ma anche 1a sua opera

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Forza e significazione

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La scrittura e Ia differenza

Marivaux non equi, piuttosto un huon esempio - e aHora sarebbe necessario spiegare perche l'esempio ebuono - di una struttura letteraria dell'epoca? e, attraverso essa, di una struttura deH'epoca stessa? Non affiorano qui, irrisolti, mille problemi metodologici pre1iminari allo studio strutturale individuate, alla monografia di un autore 0 di un'opera? Se il geometrismo affiora soprattutto nei saggi su Corneille e su Marivaux, a proposito di Proust e di Claudel trionfa il preformismo, E, questa volta, in una forma pill organicist a che topografic'a','"Jrt questa forma risulta anche pill fecondo e pill convincente, Innanzitutto perche la materia che permette di dominare epiu rieca ed eesplorata piu intimamente, (Ci sia tuttavia concesso di rilevare: abbiamo l'impressione che Ie cose migliori di questa libro non derivino dal metodo, rna dalla qualita di una attenzione), E poi perche l'estetiea proustiana e l'estetiea claudeliana si accordano in profondita con quella di Rousset, In Proust stesso -la dimostrazione che ci viene data qui non ci lascerebbe al proposito alcun dubbio, se ne avessimo ancora -l'esigenza strutturale era costante e consapevole, e si manifestava attraverso miracoli di simmetria (ne vera ne falsa), di rieorrenza, di circolarita, di illuminazioni di rimando, di sovrapposizioni, senza adeguazione, tra iI primo e l'ultimo ecc, La teleologia, in questa caso, non eproiezione del critieo, rna tema del1'autore, L'implicazione della fine nell'inizio, gli strani rapporti tra i1 soggetto che scrive illibro e il soggetto dellibro, tra Ia coscienza del narratore e quella del protagonist a, tutto riehiama 10 stile del divenire e la dialettiea d~,'«llOi» nella Fenomenologia dello y!irita. E appunto della fenomenologia di uno spirito che qui si tratta: «Si scoprono altre ragioni ancora dell'importanza che attribuiva Proust a questa forma circolare di un romanzo in cui la conclusione si riallaccia all'inizio, Nelle ultime pagine si vedono il protagonista e i1 narratore congiungersi anch'essi, dopo un Iungo cammino in cui andarono alIa rieerca uno dell'altro, qualche volta molto vicini tra loro, rna pill spes so molto distanti; coincidono nella conclusione, che eil momento in cui il protagonista sta per diventare il narratore, vale a dire l'autore della propria storia, II narratore eil protagonist a rivelato a se stesso, e colui che il protagonista, durante tutta la sua storia, desidera rna non puo mai essere; egli prende ora il posta di questa protagonista e puo ormai meta costruire l'opera che si conclude e, prima di tutto, a scrivere quel Combray che eall'origine del narratore come del protagonista, La con" clusione del libro rende possibile e comprensibile l'esistenza dellibro, Questo romanzo econcepito in modo tale che la sua nne genera il suo principio» (p, I44), Innne, il metodo cdtieo e l'estetica proustiana non

tersl

, 'I cuore stesso della creazione: «Proust sono un accessono, rna sono I d 11 0 era romanzesca» fara di questa estetiea i1 ~o~et~ll: c~s~~:nz~ filosofica, critiea,

rete

~ffleI!s?J~,~~~ ~t:~i~~~ uOn~ s~~~rd~~uile ?pera~ioni e ~~~ ~r;b: dli;~

1a storia, E ,gella sua storia che s~ tratta, pr~:~~t~uJ~li'opera, coin~ide remmodieendo che ques~a estetlca, come a e a unto, se posso dir cos1, esattament~ con quella ~l Rous~et, ;t'~~:imo ~~Pitolo dell'ultimo libro un prefQrmIsmO esso tn p,ratzca'bito dopo il primo capitolo del primo _ rileva Proust - e stato sctItta, su estato sctIttO dopo», £" dottrina Il'bro , Tutto il resto , ', d' ppunto pre ormlsmo, P,er preformIs1l)O, nOIIllten lamo, a , d 1 quale la , ''" d n eplgenetlsmo, e secon 0 a bio1ogica ben nota, ,oPJ?'d~ta ~ u 'bbe c _uta nell' embrione, inl!!to totalita_di~ei car~tte{~;d~ttl:a~h~a~~ttavia rispetterebbero gia Ie forme e e sotto menSlon , L ria dell'incastro era al centro Ie proporzioni del~'adulto £utU!O, " aci;eQ 'fa sorridere, Ma di che cosa di questo preformlsmo ~he ~1 ?lOrnO oggldubbio rna anche di vedere si sorride? dell'a,dulto III iIlllatira, sed~a " dell~ finalita: Ia provvi" attribuito alla VIta natur~ e qU lisa 1 :;~re Ma quando si tratta di de!lza in atto e l'~r~e COSClente e e sd~ l'arti~ta e un uomo e quando un'arte c~e non ImIta 1ci natu~t, q~f:mismo non fa piu sorrid~re, 11 ela coSClenza c~e pr,o uC,e, 1 p~ i' es ortato perche e un concetto ).,Oyoc; cr7tEPl1Il't'~xoc; e III lUI, ,nonde p u ~re messo in evidenza, nella antroesw~ornco, Ad, esemplO: u~~~e~;ssita della ripetizione, Rousset composlzlOne proustla,na~ td~th' l' rtificio che introduce Un amour de scrive: «Comunque sl glU lC 1 a" r anieo il nesso che Swann, 10 si dimentiea subito, tanto e s~~~;aehtle~t~r~ della Recherche, collega la parte al tutta: Una vo~a ttterdi un episodio isolabile; senza di ci si accorge che ?on SI tratt~ a a 0 'bile Un amour de Swann e esso, l'insieme tlSulterebbe IllcomPrensl 'adro rieorda non tanto 0 un qua dro ne l qu .. " un romanzo ne1 romanzo, 'nzieri del xvn e XVIII secolo queUe storie a incastro che ~un:erosl r?~~sto uelle storie interne che inserivano nelle l~rod na;;az,lOnt, ~~ ~~lzac 0 inqGide, Proust colloca ad si 1eggono nella V,ze e artanne, iecolo s ecchio convesso che 10 u,no de~li i~gres~l del su06)0~:n~~t~~~a e l'op~razione de1l'inc~stro ,s~ nflette 1ll SIllteSl» ~p, I4, 1 sostituire loro una immagIlle, pm sono imposte, anc e se SI, msc co rime i1 medesimo rapporto di imn~e, p,iu adeIguatl~ m~ che d~ ~~~pe~~~famento e di rappresentazione, in, phcazlOne, rr:f',.I~31~lo.ne . questo caso, " l'estetica di Rousset concord a con quella di , Per 1e stesse raglOnt,

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La scrittura e la differenza

Claude1. L'estetica ptoustiana e d' 1 . gie su CIaudeI E Ie aflinl't' ~dtra ~arte defintta aH'inizio del saga sono eVl entl a1 d' l' d' . I1tema deHa «monotonia strutt 1 .' 1 a 1 tutte Ie differenze. pensando aHa monot~nia deHe 0 ura e>~ n~ssu~e qu.este aflinita: «E riche i grandi Ietterati non hann per~ dl ~tnteU1I, splegavo ad Albettine g1i~ titratto atttavetso ambient~ X~~~~o ot~o he un'opera sola, 0 mee~sl recano al mondo» (p. Ill) CI d l~a e ezza .sempre uguale che d or sotto un'altra forma Ri' au eli «Le soulter de satin e The Partage de midi. E anche'Ia c~~ume. ne o.stesso tempo The d'or e poeta non fa che sviluppate un ~IuslOne dl:~rtage de midi» ... «Un Questa estetica che neuttali plano presta lItto» (p. Il2). tra Ia ghianda e Ia quercia, non ;z:u~~ durata. e a forza, ~ome diJl0:fl1Pl duce una metafisica. n «tern H noma tn toust e tn Claude1. Trache l'~.intemporaIe» 0 l'«eter~~>: ~ stat~ puro», Proust 10 chiama ansenso del tempo Ia.t.~e. mp' .'" ,/.: a vema del tempo non temporale 1 ( , o r a Ita pura non e tern 1 I d . ogo rna analogo solarnente) i1 t pOt~ e. n mo 0 ananon e, secondo Claudel ch :1 r emp~o come succeSSlOne irreversibile c, d I , e 1 renomeno 1'epiderm 'd 1" . supe~Ilcle e Ia vetita essenziaIe deH'Uni' '. \ e, lmmagtne in da, DlO. Questa verita e Ia simult ". vets] quale e pensato e creato creatore e compositore ha «i1 gu:t~e~allasso uta'hCo~e Dio, Claude}, (Art pohiquer.' e e cose c e eSlstono insieme» In ultima analisi, questa intenzio fi'" un~ serie di mediazioni l'intero sa ~e meta SIca glUstlfica, atttaverso gg cate aHa «scena fonda~entale d I 0 su PrOust,. tutte Ie analisi dedi«stato puro deHa struttura c1audeli teatro c audel.lano» (p. 183), aHo I717 ) tn Partage de midi, e, alla totalita di questo teatro nel ia>d~p· C poliamo il tempo come una'fi qua~, Ice aude1 stesso, «noi maniore durano e i giorni vengono sjrm?n(lca, a nostro piacere» e dove «Ie B . e USl» p. 18 I ) en tnteso, non analizzeremo in se stes sa . teologia deHa temporalita Ch l' . h questa metafisica 0 questa f d 11 . e estetlca c e ne dip end . 1 . . ,econ a ne a Iettura di Proust 0 di CIa d 1 . ~ Sla eglttlma e e Ia loro estetica, figlia (0 madre) della~ ~ , va t1CO~OSClU~O. senz' altro: ,.' I anche agevolmente che qui si ttattad'If 0 me~~slc~. Cl .Sl. conceded strutturalismo 0 ad ogni gesto str tt e a meIta SlC~ lmphclta ad ogni ! 1 • U ura lsta. n particolare, una Iettura

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Citato a p. r89. Rousset commenta . per tutt~ gli ordini di realta. Tuttog~Ubb~ili~~~e~ll< qna sim!le dichia:a~ione, non isolata, e ta, come e la legge del Creatore Perche I'un' a, egge dl composzzlone, la legge del

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stanzapslanho, conglUntJ dalla loro simultaneita e allonro aI?met~ere che due esseri separati dalla diC orne rou eze e Rodri ". a rtsuomno come Ie d d' gue, In un rapporto inesauribile" » ue note 1 un accardo,

Forza e significazione

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strutturale presuppone sempre, si richiama sempre, nel SUO momento proprio, a questa simultaneita teologica dellibro e si teputa priva dell'essenziale quando non vi accede. Rousset: «Ad ogni modo, la lettura, che si sviluppa nella durata, dovra, per essere globale, considerare 1'0pera come simultaneamente presente in tutte Ie sue parti... Illibro, simile a un "quadro in movimento" , non si mostra se non in frammenti successivi. 11 compito dellettore esigente consiste nel rovesciare questa tendenza naturale dellibro, di modo che quest'ultimo possa presentarsi nella sua interezza allo sguardo dello spirito. Non c'e lettara com.pleta se non trasforma illibro in un reticolo simultaneo di relazioni reciproche: solo allora scaturiscono Ie sorprese ... » (p. XIII). (Quali sorprese? In che modo la simultaneita puo riservare delle sorprese? Si, Inl.tta, piuttosto, qui, di annullare Ie sorprese del non-simultaneo. Le sorprese scaturiscono dal dialogo tra i1 noncsimultaneo e il sim.llltan~o. Basta dire che la simultaneita strutturale eanch' essa rassicurante»). Richard: «La difficolta di ogni analisi strutturale deriva dal fatto che bisogna descrivere di seguito, successivamente, do che di fatto esiste insieme, simultaneamente» (op. cit., p. 28). Rousset si riferisce dunque all~ dif· ficolta di accedere, nella lettura, al simultimeQ che e la verita; Richard alla'difficolta di render conto, nella scrittura, del simultaneo che e laverita. In ambedue i casi la simultaneita e il mito promosso a: ideale~clatore di una lettura 0 di una descrizione totali. La ricerca del simultaneo spiega il potere di seduzione esercitato dall'immagine spaziale: 10 spazio non e forse «l'ordine delle coesistenze» (Leibniz)? Ma dJCendo «simultaneith invece di spazio, si tenta di concentrare il tempo invece di dimenticarlo. «La durata prende COS! la forma illusoria di un mezzo omogeneo, e illegame tra questi due termini, spazio e durata, e la simultaneita, che si potrebbe definire l'intersezione del tempo con 10 spazio» 1. In questa esigenza del piatto e den'orizzontal~, e appunto la ricchezza, l'impHcazione del volume che risulta intollerabile allo strutturalismo, doe tutto quello che della significazione non e possibile esporre nella simultaneita di una forma. Ma eforse un caso se il libro e prima di tutto, v91ume? 2. Ese il senso del senso (nel senso generale di senso e non di segnalazione) el'implicazione infinita? II rinvio indefinito da significante a significante? Se la sua forza e una certa 1 H. BERGSON, Saggio sui dati immediati della coscienza, trad. di G. Bartoli, Boringhieri, Torino 1964, p. rr6. 2 Per I'uomo dello strutturalismo letterario (e forse per 10 strutturalismo in genere), la lettera dei Iibri - movimento, infinito, labilita e instabilitli del senso avvolto in se nella scorza, nel volume - non ha ancora sostituito (rna puo farlo?) Ia lettera della Legge spiegata, fissata: la pre' scrizione sulle Tavole.

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La scri ttura e la differenza

equivocita pura e infinita ch l' . cato impegnandolo nIl' e no? aSCla tre,gua, nposo al senso signifi' , Tranne ch' e 1a Lpropna dt'lf ertre? 'b ' economta .1">'"'''''''''' .J a fare ancora segno e a "'dO' ,,;,., e ne t ro lrreauzzato da Mall' . 1 entlta a se dello scritto. arme, non eSlste Irrealizzato: cia non signifi h M 11 ' . lizzare un Libro che f ca c ~ a arme non Sla riuscito a reah osse uno con se, MaUarme sem lic 1 p,U em;nte non .0 . a v~I~to. Ha irrealizzato I'unita dellibro facend tn CUI Sl credeva di poterla pensare in mod . 0 vaCl are Ie categone 0 raSSlcurante: ne mom en to t . . 1" ~'bsO ,tn cu1 par a dl una «ldentita con se» del Libro sottolinea che il 1 ro e neI10 stesso tempo «10 ste l' 1 ' se» Esso' . sso e a tro», essendo «composto con . non Sl espone qUI soltanto a n d '. ma attravero di esso di M U ' / a«. oppla tnterpretazione», dieci volte questo d~pp~~ voru~:~~t «r 0 ~emtno per cOSI dire qua e Ia ' '1 d eo» . Abb lamo 1 iritto di as d lismo questa metafisic sumere a ~eto 0 g~nerale dello strutturaProust e a Claudel' Ma ,e ques~a estetlca che Sl adattano cOSI bene a cui abbi '-1 . a e prop no queUo che fa Rousset neUa misura in d' amo a meno tentato di dimostrarlo decide d"d d'

tel~~~o~~~;c c~ep~~~:i:~t~~ff;~i~: as\~ I~c~ d~~1~ :ch~~~

:~;:~s1:~i~~~~s~~dust eda ~Idaudedl,. saggi.guidati dUa~l:nse::~~t~;:~7~ . '. eve eCl ere conslderare co ' d ' d' 1

~:~e~~:v;~:u:~:~~~tio, ~gni personaggio» di cui si do~;ebb~c~?; errando, perdu to perche questa v?lta, non e scritto su11a sabbia rna (il che e la stessa cosa) «sull'acqua», dIce Platone, che non crede neppure lui ai «giardini di scrittura» e a

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Edmond Jabes e la interrogazione dellibro

La scrittura e la differenza

coloro che vogliono seminare servendosi di una canna). Lasciare la scrittura, vuol dire non esser presente che per darle il passo, per essere l'elemento diafano del suo procedere: tutto e nulla. Nei confronti dell'opera, 10 scr'ittore e nello stesso tempQ tutto e nulla. Come Dio: «Se talvolta - scriveva Reb Servi - tu pensi che Dio non ti vede e perche esso si e fatto tanto umile che tu lo confondi con la mosca che ronza sul vetro della tua finestra. Ma quella ela prova della Sua onnipotenza; poiche Egli e, nella stesso tempo, il Tutto e il Nulla». Come Dio, 10 scrittore: «Quando io scrissi, da ragazzo, per la prima volta, it mio nome, ebbi coscienza di incominciare un libro. Reb Stein ... » « ... Ma io non sono quest'uomo perche quest'uomo scrive e 10 scrittore non enessuno».

«lo, Serafino l'assente, sono nato per scrivere libri». «(Io sono assente poiche sono il narratore. Solo il racconto ereale )>>. E tuttavia (e solo un esempio dei postulati contraddittori che lacerano senza fine Ie pagine del Livre des questions; Ie lacerano necessariamente: Dio infatti si contraddice), solo 10 scritto mi permette di esistere, dandomi un nome. Dunque e vero che Ie cose quando vengono nominate, nascono all'esistenza e nello stesso tempo perdono l'esistenza. Sacrificio dell'esistenza alIa parola, come diceva Hegel, rna anche consacrazione dell'esistenza per mezzo della parola. Del resta non basta essere scritto, bisogna scrivere per avere un nome,. Bisogna chiamarsi e cio presuppone che «ll mio nome e una interrogazione ... Reb Eglal». « ... Senza i miei scrini, io sono pit4 anonimo di un lenzuolo al vento, piu trasparente del vetro di una finestra». Questa necessita di scambiare la propria esistenza con 0 contro la letter a - di perderla e di vincerla - s'impone anche a Dio. «Non ti ho cercato, 0 Sara. loti cercavo. Attraverso di te, io risalgo all'origine del segno, alta scrittura non formulata cbe traccia il vento sulla sabbia e sul mare, alta scrittura selvaggia delt'uccello e del pesce che guizza. Dio, Signore del vento, Signore della sabbia, Signore degli uccelli e dei pesci, attendeva dall'uomo illibro che l'uomo attendeva dall'uomo; l'uno per essere finalmente Dio, I' altro per essere finalmente l'uomo ... » «Tutte Ie lettere formano l'assenza. Cosi Dio eil figlio del Suo nome ». Reb Tal.

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Maestro Eckhart diceva:«Dio diventa Dio solo quando Ie creature dicono Dio». Questo soccorso portato a Dio dana scrittura dell'uomo non e in contraddizione con l'impossibilita che quella ha di «soccorrersi» (Pedro). 11 divino -la sparizione dell'uomo - non si rivela forse in questa disperazione della scrittura? Se l'assenza non si lascia ridurre dalla lettera e perche ne costituisce l'etere e la respirazione. La lettera e separazione e limite in cui si libera i1 sen so, gia prigioniero nella solitudine aforistica. Perche ogni scrittura e aforistica. Non c'e «logica», non c'e rigoglio di Hane connettive che . possa venire a capo della sua discontinuita e della sua inattualita essenziali, della natura dei suoi silenzi sottintesi. L'altro collabora originariamente al senso. Esiste un lapsus essenziale tra Ie significazioni, che non e la semplice e positiva impostura di una parola, e neppure la memoria notturna di ogni linguaggio. Pretendere di ridurlo per mezzo della narrazione, del discorso filosofico, dell'ordine delle ragioni 0 della deduzione, vuol dire non conoscere illinguaggio, e il fatto che esso e la rottura stessa della totalita. 11 frammento non e uno stile 0 uno scacco determinato, e la forma dello scritto. A me no che Dio non scriva a sua volta; e anche in questo caso, occorre che sia i1 Dio dei filosofi classici, che non si e interrogato e interrotto da se, che non si e mozzato i1 respiro come quello di Jabes. (Ma proprio il Dio dei classici, la cui infinita attuale era intollerante·di fronte all'interrogazione, pon provava la necessita vitale della scrittura). Contrariamente all'Essere e al Libro leibniziano, la razionalita del logos di cui e responsabile la nostra scrittura obbedisce al principio di discontinuita. Non soltanto la cesura compie e fissa il senso: «L'aforisma - dice Nietzsche -la sentenza in cui sono considerato un maestro tra i Tedeschi, sono forme dell'eternita». Ma, prima di tutto, la cesura, fa nascere il senso. Non da sola, certo; rna senza l'interruzione - tra Ie lettere, Ie parole, Ie frasi, i libri - non potrebbe sorgere nessuna significazione. Supponendo che la Natura rifiuti i1 salto, si capisce perche la Scrittura non sara mai la Natura. Essa non procede, se non per saIti. E proprio questo fatto che la rende pericolosa. La morte si aggira tra Ie Iettere. Scrivere, quello che si chiama scrivere, presuppone l'accesso allo spirito grazie aI coraggio di perdere la vita, di morire alla natura. J abes e particoIarmente attento a questa feconda distanza tra i segni. «La luce enella loro assenza cbe tu leggi ... » « ... Tutte Ie lettere formano l' assenza ... » L'assenza e il permesso concesso alle lettere di compitarsi e di significare, rna e anche nell'involgersi su di se dellinguaggio, cio cbe Ie let-

La scrittura e 1a differenza

tere dicono: esse esprimono la liberta e la vacanza concessa, quel che esse «formano», stringendolo nella loro rete. Assenza finalmente come respiro della terra, perche la lettera vive. «E necessario che il nome germogli, altrimenti {:falso», - dice Breton-. Significando l'assenza e la separazione, la lettera vive in qualita diafor!s,[I!\l: Essa e solitudine, dice la solitudine e vive di solitudine. Sarebbe lettera morta fuori della differenza e se interrompesse la solitudine,. se interrompesse l'interruzione, la distanza, il rispetto, il rapporto all'al~ tro, vale a dire un certo non-rapporto. C'e dunque una animalita della lettera che assume Ie forme del suo desiderio, della sua irrequietezza e della sua solitudine. «La tua solitudine eun alfabeto di scoiattoli ad uso delle foreste». (La clef de voltte, in Ie batis ma demeure). Come il deserto e la citta, la foresta, in cui brulicano i segni impauriti, esprime senza dubbio il non-Iuogo e I'erranza, l'assenza di strade prestabilite, l'erezione solitaria della radice offuscata, fuori dalla portata del sole, verso un cielo che si nasconde. Ma Ia foresta, oltre Ia rigidita delle righe, degli alberi in cui si impigliano Ie Iettere smarrite, e anche il Iegno che I'incisione poetica incide. «Essi incidevano il frutto nel dolore dell' albero della solitudine ...

Come il marinaio che aggiunge un nome Su quello dell' albero Nel segno tu sei solo». L'albero dell'incisione e dell'innesto non fa pili parte del giardino; e l'albero della foresta 0 della nave. L'albero naturale sta all'aIbero della nave come il deserto sta alIa citta. Come l'Ebreo, come il poeta, come l'uomo, come Dia, i segni non hanno altra scelta che quella tra una solitudine naturale e una solitudine istituita. Allora essi sono segni e l'altro diventa possibile. Certo, I'animalita della lettera puo sembrare dapprima una metafora tra Ie altre. (Per esempio, in Ie batis ma demeure, il sesso e una vocale, ecc. oppure: «Talvolta, aiutata da un complice, la parola cambia sesso e anima», 0 ancora: «Le vocali, sotto la loro penna, assomigliano a musi di pesci fuor d' acqua che l'amo ha trafitto; Ie consonanti a squame spogliate. Vivono allo stretto nei loro atti, nei loro tug uri

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d'inchiostro. L'infinito Ie ossessiona ... ») Ma essa e soprattutto la metafora stessa, l'origine dellinguaggio come metafora, dove l'Essere e il Nulla condizioni, ultra-metafora, della metafora, non si dicono mai dirett~mente. La metafora 0 animalita della lettera, e l'equivocita prima e infinita del significante come Vita . Sovvertimento psichic.o della Ietteralita inerte, cioe della natura 0 della parola ridiventata natura. Questa sopra-potenza come vita del significante si produce nell'irrequietezza e nell'erranza dellinguaggio sempre pili ricco in confronto al sapere, e sempre in movimento per arrivare pili Iontano della certezza tranquilla e sedentaria. «Come dire quel che so! can parole che hanno una significazione I molteplice?» Gia tradita dalla citazione, la potenza organizzata del canto, nel Livre des questions, elude il commento. Ma e possibile forse interrogarsi sulla sua origine. Essa non nasce qui, in particoIare, da una eccezionaIe confluenza che preme sullo sbarramento delle parole, sulla singolarit.a puntuaIe dell'esperienza di Edmond Jabes, sulla sua voce e suI suo suIe? Confluenza in cui si congiungono, si legano insieme e si rievocano la sofferenza la riflessione millen aria di un popolo, quel «dolore», gia, «il cui pa;sato e la cui continuita si confondono.con quelli della scri:tura» il destino che interpella I'Ebreo e 10 insetlSce tra la voce e la C1-.. fra; ed egli piange Ia voce perduta con lacrime nere come traccia ~'in~ chiostro. 10 costruisco la mia dimora, e un verso tratto dalla VOtX de I' encre (I 949). E il Livre des questions: «Tu indovini che io do forse piu importanza a quello che edetto che a quello che ~ seritto; percke in quello che escritto, manca la mia voce e io credo tn essa, - Voglto dire la voce creatrice, non la voce complice che euna schiava». (Si ritrovera in Levinas Ia stessa esitazione, 10 stesso movimento inquieto nella differenza tra il socratismo e l'ebraismo, tra la miseria e l'altezza della Iettera, la pneumatica e Ia grammatica). Nell'afasia originaria, quando manca la voce del dio 0 del poeta, er:ecessario accontentarsi di questi sostituti della parola: il grido e la senttura. E il Livre des questions, Ia ripetizione nazista, la rivoluzione poetica del nostro secoIo la straordinaria riflessione dell'uomo che oggi tenta finalmente - e pe~ 'sempre invano - con tutti i mezzi, attraverso tutte Ie strade, di riprendere possesso del suo linguaggio, come se cio avesse un sen so e di rivendicarne la responsabilid contro un Padre del Logos. Per ese~pio, e possibile leggere nel L!vre de l' ~bsent: «Un~ batta.glia decisiva in cui i vinti, traditi dalle feme, desenvono, accasc1andos1, Ia

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La scrittura e la differenza

pagina di scrittura che i vincitori dedicano all'eletto che l'ha scatenata a sua insaputa. Di fatto eper affermare la supremazia del verbo sull'uomo, del verbo suI verbo che il combattimento ha avuto luogo». E questa confluenza, il Livre des questions? No. II canto non canterebbe pili se la sua tensione fosse solo quell a della confluenza. La confluenza deve ripetere l'origine. Quel grido canta perche lascia affiorare, nel suo enigma, l'acqua di una roccia spezzata, la sorgente unica, l'unid di una rottura che sgorga. E dietro di esse Ie «correnti», gli «affiuenti», Ie «influenze». Una poesia corre sempre il rischio di non aver sen so e non avrebbe alcun val ore senza questo .rischio. Perche la poesia di Jabes rischi di avere un senso, perche almeno la sua interrogazione rischi di avere un senso, e necessario presupporre la sorgente e il fatto che l'unita non sia un semplice incontro, rna che a questa incontro oggi subentri un altro incontro. Incontro primo, incontro unico soprattutto perche esso e stato separazione, come quello tra Sara e Yuke!. L'incontrQg ~eparazione. Una simile proposizione che contraddice la «logica», rompe l'unid dell'Essere - nella fragile giuntura dell'«b> - accogliendo l'altro e la differenza alla sorgente del senso. Ma, si did, e sempre necessario pens are gia l'essere per dire queste cose, l'incontro e la separazione, di che cosa e di chi, e soprattutto che l'incontro eseparazione. Certo, rna quel «e necessario sempre gia» significa precisamente l'esilio originario fuori dal regno dell'essere, l'esilio come pensiero dell'essere, e che l'Essere non e ne si manifesta mai esso stesso, non e mai presente, in questa momento, fuori della differenza (in tutti i sensi indispensabili oggi a questa espressione). Che sia l'essere 0 il signore dell'essente, Dio stesso e, si manifesta come quello che e nella differenza, vale a dire come la differenza e nell'occultamento. Se col sovrapporre alcuni miserabili graffiti ad una immensa poesia, come ora stiamo facendo, ci proponessimo di ridurla alIa sua «struttura tematica», come si usa dire, dovremmo riconoscere che in essa non c'e nulla di originale. L'interrogazione in Dio, la negativid in Dio come liberazione della storicita e della parola umana, la scrittura dell'uomo come desiderio e interrogazione di Dio (e la doppia genitivita e ontologica prima ancora di essere grammaticale 0 meglio e il radicarsi dell'ontologico e del grammaticale nel graphein), la storia e il discorso come collera di Dio che esce da se, ecc. ecc., sono tutti motivi sperimentati a sufficienza: non sono forse, prima di tutto propri a Boehme, al romanticismo tedesco, a Hegel, all'ultimo Scheler, ecc. ecc.? La negativid in Dio, l'esilio come scrittura, la vita della lettera infine, stanno gia nella Cabala. II che significa nella «Tradizione» stessa. E. Jabes e cosciente

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degli echi cabalistici del suo libro. Talvolta se ne compiace perfino (efr. per esempio il Livre de I' absent, I2). , . Ma la tradizionalita non e l'ortodossia. Qualcuno potra nlevare tutti i punti in cui Jabes si allontana anche dalla comunid ebraica,. ammes: . so che questa nozione abbia qui un senso ~ il suo ~enso ~lass1c~. Egh non se ne allontana soltanto per quel che nguarda 1 dogml. Ma 1ll modo ancora pili profondo. Per Jabes, che riconosce di aver scoperto solo in ritardo di far parte in qualche modo dell'ebraismQ,.l'~breo. e s~l? un'allegoria sofferente: Voi siete tutti Ebrei, comprest gIt antzsemt!z, perche siete stati designati per il martirio.1?e.ve avere allora ~?~ sp1egazione con i suoi fratelli di razza e con rabb1ll1 che non sono plu 1mmaginari. Tutti gli rimprovereranno quell'universalismo, quell'essenzialismo, quell'allegorismo scarnificati; quell a neutralizzazione dell'avvenimento nel simbolico e nell'immaginario. «Rivolgendosi a me, i miei fratelli di razza hanno detto: Tu non sei Ebreo. Tu non frequenti Ia sinagoga ...

. . . . . . . . . . . . . . . . ............ I rabbini di cui citi Ie parole, sono dei ciarlatani. Sono mai esistiti veramente? E tu ti sei nutrito delle loro parole blasfeme» ... ... «Tu sei Ebreo per gli altri ma molto poco per noi». «Rivolgendosi a me, il pitt equilibrato fra i miei fratelli di razza mi ha detto: It fatto di non riconoscere nessuna difJerenza tra un Ebreo e colui che non lo e, non significa gia non essere pitt Ebreo?» Ed essi hanno aggiunto: «Fraternita significa dare, dare, dare e tu non potra~ mai dare se non quello che sei» I Colpendomi il petto con un pugno, to ho pensato: I do non sono nulla. I Ho la testa mozzata. I Ma un uomo non vale un altro uomo? I E il decapitato, il credente?» J abes non e un accusato in questa dialogo, egli porta in se stesso il dialogo e Ia contestazione. In questa non-coincidenza di se con se, egli epili ebreo e menD ebreo dell'Ebreo. Ma.ridentit~ a se d.el~'~?r~o forse non esiste. Ebreo sarebbe l'altro nome d1 questa 1mposs1b1hta d1 essere se stesso. L'Ebreo e spezzato e 10 eprima di ,tutto tra queste due dimensioni della lettera: I'allegoria e illetterale.l La sua storia non sarebbe che una storia empirica tra Ie altre se egli si stabilisse, se ~i stat~zza~se nella differenza e nella letteralita. Non avrebbe affatto stona se S1 estlllguesse nell'algebra di una universalid astratta. Tra la carne troppo viva dell'avvenimento letterale e la pelle fred-

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La seri ttura e la differenza

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da de~ concetto.corre il senso: In questo modo trapassa neIlibro. Tutto (~v ~vlene neI hb:o .. Tutto dovra trovar domicilio neIlibro. Anche i !lbn. Per questo 11 hbro non e mai finito. Rimane sempre in sospeso e m attesa. «- Una luce esuI mio tavolo e la casa sta nellibro. - Abitera tinalmente la casa».

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