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Italian Pages 389 [196] Year 1989
Pubblicazioni del
CENTRO DI RICERCHE DI METAFISICA (nato nel 19 31 e Il nome d 1. Werner Beierwaltes , . . , d. M Umverslta di filo sofia nell . d 11. onaco d. . pro f essore f di Baviera) si è imposto ra qu~ 11l eg l stu tosi ·· La .bsua . aud t. pnmo p iano a livello in ternaziOnale. . d torità risulta collegata so prat tu tto ar contr~ utt . a lui dati per la conoscenza del Neoplatomsmo m tl.colare e in oenerale per la conoscenza della par ·o · non so lo ne Il' a~ b.tto d el storia dei 'suoi· mflusst, pensiero antico, ma anche nel corso _dell r?tero arco del pensiero occidentale: dall~ ftlo_softa tardoantica cris tiana al medioevo , al nnasctmento, alla filosofia moderna e contemporanea. Il taolio e l'impostazione della sua indagine hanno 0 uno spessore teoretico notevole, su basi. storic~ mente e filologicamente be n fondate, e, tn particolare, hanno un interesse squisitamente metafisica. In questo libro Beierwaltes dimostra che il pensare metafisica è, fin dalle sue origini, determinato in maniera veramente essenziale dalla domanda che concerne il nesso antologico sussistente fra l'Identità e la Differenza, sia che, come ad esempio in Parmenide , la Differenza (o Alterità) non risulti affatto legittimabile, sia che, come ad esempio in Platone, si pensi la Differenza come un costitutivo strutturalmente necessario dell'essere. Questo problema dell ' Identità e della Differenza e del loro nesso viene trattato da Beierwaltes so tto differenti aspetti e secondo differenti ottiche: viene studiato nel Platonismo e nel Neoplatonismo, nella trasformazione che esso subisce mediante la te_ologia cristiana in Mario Vittorino, in Agostino, m Eckhart, oppure sotto vari influ ssi di istanze moderne in Cusano e in Bruno o nell' Idealismo tedesco di Schelli ng e di H~gel. [segue nell'altro risvolto]
Sezione di Metafisica e storia della metafisica 4.
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CENTRO DI R.I CERCHE DI METAFISICA dell'Università Cattolica del Sacro Cuore Largo A. Gemelli, l - I-20123 Milano
Comitato scientifico: Adriano Bausola Carla Gallicet Calvetti Virgilio Melchiorre Angelo Pupi Giovanni Reale Mario Sina
Werner Beierwaltes
Identità e Differenza
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Traduzione di Presidente: Gustavo Bontadini
Direttori: Adriano Bausola Giovanni Reale
SAL v ATORE SAINI
Introduzione di ADRIANO BAUSOLA
Sezione di Metafisica e storia della metafisica diretta da Adriano Bausola e Virgilio Melchiorre
VITA E PENSIERO Pubblicazioni della Università Cattolica del Sacro Cuore Milano 1989
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Titolo originale: Identitii.t un d Differen z ( 1980)
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HENRY DJEI>, e quindi all'«essere» come «differente». Senonchè, nell'interpretazione di Heidegger della storia del pensiero occidentale emerge una lacuna cospicua, che la rende non solo unilaterale, ma artefatta e quindi antistorica. Heidegger, come risulta da tutte le sue opere che finora sono state pubblicate, mostra non solo di ignorare ma addirittura di rimuovere largamente il Neoplatonismo e i suoi influssi storìci. Heidegger su questo tema si è fermato agli schemi della manua!istica dei suoi tempi, peraltro già largamente superati da Th. Whittaker, da W.R. lnge, da R. Arnou, da E. Bréhier e da altri. Ma P/olino e il Neoplatonismo, con una analisi storicamente adeguata e filosoficamente corretta dei loro testi, stanno proprio contro la tesi di Heidegger, in quanto puntano proprio su quel fondamento dell'essere, che secondo Heidegger la filosofia occidentale avrebbe obliato. È evidente che solo un conoscitore come Beierwaltes del Neop!atonismo, riguadagnato non solo su un piano filologico e storico, ma pensato a fondo anche nella sua dimensione speculativa, poteva confutare Heidegger in questa sua tesi, che ancora oggi alcuni pensano di dover ritenere valida ed addirittura indiscutibile. Ecco il passo in cui Beierwaltes riassume queste sue critiche; conviene legger/o con attenzione, perché costituisce uno dei più cospicui contributi di questo libro: «Se con "differenza antologica" si intende la distinzione tra "essere" ed "essere dell'ente", dove la distinzione è ciò che produce proprio la loro differenza, se inoltre il "nulla", "che cooriginariamente è la stessa cosa dell'essere", deve essere pensato come il "totalmente altro rispetto all'ente" o come "il non dell'ente", allora mi sembra legittima la domanda: l'intento del concetto neoplatonico dell'Uno e degli enigmatici nomi cusaniani del principio (non aliud, idem, possest) non è proprio quello di mettere anzitutto in evidenza l'assoluta differenza proprio di questo principio da ogni ente e non solo dì "rappresentare" qualcosa di superlativamente "differente" che fosse
INTRODUZIONE
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incluso all'interno della stessa dimensione, cioè insieme all'ente? L 'Uno plotiniano in quanto[. . .] altro rispetto a tutto l'altro, nulla di tutto - dunque esattamente il "non dell'ente" -, è identico al cusanìano non-aliud o alla coincidenza quale tratto fondamentale dell'esse absolutum, "prima" dì ogni differenza di essere ed ente (esse et id quod est), essere e nonessere. Da questo fondamentale concetto del pensiero neop!atonico non può in ogni caso essere asserito, in un argomentare fondativo, che l'essere della "metafisica" sia sempre e solo l'essere dell'ente, e lo sia sempre attraverso questo nesso». Dunque, la tesi heideggeriana dell'oblio dell'essere di tutta la metafisica occidentale non è più sostenibile in alcun modo, giacché il principio per i Neoplatonici non è l'ente, ma addirittura il sopra-ente, e dunque il fondamento è una realtà che è sopra l'ente. A questo proposito, le osservazioni sì potrebbero moltiplicare: il guadagno, dal punto di vista storico e filosofico, della storia del Platonismo, modifica notevolmente molte convinzioni impostesi nel passato. A/lettore verrà spontanea, a questo punto, la domanda: quale è la posizione teoretica di Beierwaltes? Ci sembra che la risposta possa essere questa: egli cerca di riproporre, da un punto di vista moderno, proprio la !ematica platonica di cui il nesso metafisica identità e differenza risulta un asse portante, e con quella sensibilità che la problematica e la metodo!ogia del P/atonismo nella sua Wirkungsgeschichte hanno portato in primo piano; questo, pur riconoscendo espressamente che in questa !ematica manca «la fondazione logica del pensiero metafisica con le sue implicazioni», e manca l'indagine della identità e differenza «come fenomeno de/linguaggio, come principio strutturale del tempo e modello interpretalivo dell'evoluzione storica». Ma, in particolare, la sensibilità teoretica e il taglio dell'indagine metafisica di Beierwa/tes emergono nella maniera in cui viene studiata, approfondita e comunicata la storia del concetto, che, come tale, viene presentata come essenziale per un fare filosofia. «L 'accertamento storico del pensare- scrive Beierwaltes- è... essenziale ad esso stesso, e viceversa /'oggetto del pensiero è presente anche al suo auto chiarimento storico». È questo un modo di far filosofia che ci sembra ben condivisi-
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ADR IANO BAUSOLA
bile. Un ultimo punto resta da rilevare. Fin dalle prime battute in cui viene scandito il problema del nesso de/l'identità e differenza risulta la stretta connessione che esso ha con il problema del nesso fra unità e molteplicità. Beierwaltes ha, di conseguenza, chiamato assai spesso in causa anche questo problema, la cui soluzione storica e filosofica ha sviluppato nel suo ultimo libro Denken des Einen (Frankfurt am Main 1985), già citato. Qui non possiamo occuparcene; ma è utile richiamare, per concludere, il sottotitolo, che risulta in certo senso emblematico: Studien zur neuplatonischen Philosophie und ihrer Wirkungsgeschichte. In effetti, qui sta uno dei più significativi e costruttivi punti chiave delle concezioni di quanti ripropon gono la problematico metafisica, e un recupero di quella che si può chiamare henologia, con un riesame dell'antologia anche in questa ottica. Il grande oblio del pensiero occidentale non è quello che nasce dall'aver confuso l'essere con l'ente, come dice Heidegger, ma, semmai, in certa misura l'uno con l'essere, con tutta una serie di conseguenze. Questo non significa, dunque, che si debba contrapporre la metafisica dell'uno (con tutte le implicanze che ne derivano) alla metafisica dell'essere; ma significa che, commisurandosi con la Wirkungsgeschichte della metafisica platonica dell'Uno, la metafisica dell'essere potrebbe trovare una nuova ricchezza dì spunti e di aperture. E già questo volume sulla Identità e differenza di Beierwaltes offre alcuni di questi spunti. Adriano Bausola
IDENT'ITÀj. E DIFFERENZA
Prefazione
II pensiero metafisica risulta, sin dalle sue origini, definito, in modo sostanziale, dalla domanda circa il nesso di identità e differenza. E questo sia che - come in Parmenide - la differenza o l'alterità sembri assolutamente non legittimabile filosoficamente, sia che - come in Platone - si pensi la differenza come ciò che costituisce necessariamente l'essere nell'intero. Tale domanda è, anch'essa sin dalle origini, unita inseparabilmente a quella che concerne l'unità e la molteplicità, il senso e la funzione degli opposti. Il «logos» di Eraclito - almeno nel suo contenuto - deve essere inteso come alternativa all'uno, ossia all'essere indifferenziato o alla pura identità di Parmenide, proprio in quanto esso riconduce l'opposizione, la molteplicità in sé differenziata, all'unità. «Congiungimenti: intero non intero, concorde discorde, armonico disarmonico, e da tutte le cose l'uno e dall'uno tutte le cose» 1 - è questo che definisce l'operare del logos. Anche il proposito di Platone, di assumere nell ' essere il non essere inteso come essere altro o come diversità, deve essere concepito in modo analogo a quella concezione del vuoto che Democrito sviluppava, al fine di chiarire il processo cosmogonico e, in generale, fisico, in opposizione al concetto parmenideo di essere. Solo in questo modo un movimento intelligibile, una relazione di idee come forme intelligibili esistenti e di concetti nel linguaggio, possono essere pensati con evidenza, e, 1
Fr. B IO Diels-Kranz, Fragmente der Vorsokratiker, Berlin !9609, I, p. 153, IO ss. [ed. it. a cura di G. Giannantoni, I presocratici, Testimonianze e frammenti, Bari 1981 , r, p. 198].
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PREFAZIONE
PREFAZIONE
di conseguenza, la partecipazione del logos (della proposizione) al vero e al falso essere ritenuta plausibile e filosoficamente fondata. Se - come suggerisce il Sofista platonico - l'essere corrisponde a ciò che è identico, ed il non essere a ciò che è differente, allora la risposta, che, quand'anche non «parricida», trasforma la comprensione parmenidea dell 'essere, rappresenta lo sviluppo primo, ed insieme ricco di conseguenze, del nesso di identità e differenza: con la scoperta della differenza l'identità è diventata una unità non più fissata in sé, un punto di riferimento di una relazione molteplice. Nella filosofia di Plotino tale concezione viene ad operare quale elemento strutturale del nus atemporale, assoluto: lo Spirito è quell'essere delle idee che pensa se stesso. Ogni singolo intelligibile, ogni idea da pensare, è unito a ciò è che altro, attraverso il pensare, in un atto atemporale. Il pensare, o l'autoriflessione, fonda, dunque, l'unità dell' intero attraverso la differenza del singolo. Lo Spirito è, di conseguenza, un'unità che si riflette nella differenza o un'identità attraverso la riflessione della differenza. Tale identità riflessjva nella differenza è in modo analogo al rapporto esistente tra l'idea platonica di Bene e le rimanenti idee - separata dal principio universale, che è anche il suo principio, proprio mediante questo essere della differenza: essa è «la prima alterità» nei confronti dello stesso Uno, di modo che l'alterità diviene determinante anche per il proprio essere interno. La teologia cristiana filosoficamente caratterizzata (ad esempio Mario Vittorino) nel concetto di un Dio che trinitariamente riflette se stesso ha serbato la diversità dell'unità indifferenziata del principio rispetto alla differenza che riflette su se stessa. In esso la differenza è ridotta al momento coessenziale, ma «necessario», dell'unità. La differenza, che determina l'essere nell'intero insieme all'identità, appare come reale proprio attraverso l'atto della creazione: come libero porre la differenza da parte di una unità riflessiva, trinitaria. Questo abbozzo del nesso di identità e differenza illustra la prima grande fase del suo sviluppo storico: la· configurazione della struttura di fondo del problema e della dimensione concettuale nel «platonismo» e la sua trasformazione nella teologia cristiana, la quale, proprio per questo, deve essere intesa come una teologia filosofica. Il nesso di identità e differenza,
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concepito filosoficamen te, è diventato infatti anche fondamento filosofico del dogma teologico centrale. Superando una rigida presentazione di platonismo e cristianesimo come «confessioni» intransigenti, deve essere, in modo del tutto netto, mostrato che la teologia cristiana, senza i contenuti filosofici che sono costitutivi della sua peculiare nuova forma, non potrebbe essere se stessa, almeno nella misura in cui vorrebbe essere una riflessione implicita o esplicita sulla fede. Che una assunzione puramente formale di contenuti filosofici sia un processo ermeneuticamente inverosimile e difficile da fondare - eventualmente nonostante la resistenza strutturale ed apologetica della teologia - lo rende lampante non solo una riflessione sulla Trinità e sulla creatio. Né la «confusione» secondo il motto «nil novi sub idea» né la separazione estrema di posizioni di coscienza storicamente diverse può avere un senso quale principio ermeneutico, ma piuttosto lo ha l'accettazione di una fusione dialettica di orizzonti la quale lascia scorgere proprio ciò che è nuovo ed inaspettato. A partire da questa prospettiva si dovrebbe ancora difendere il termine «platonismo cristiano» - come forma storica di identità nella differenza e della differenza che mantiene ed insieme determina ciò che è essenziale per la struttura originaria del pensiero . Tale questione - la filosofia come realtà determinante il contenuto in teologia- si incontra, nel momento in cui si segue il filo conduttore di identità e differenza, anche all'interno della seconda fase dello sviluppo del problema: nel primo medioevo sino al suo compimento ed al passaggio all'epoca moderna - nel corso delle mie riflessione esemplificata con Agostino, Meister Eckhart e, soprattutto, Nicolò Cusano. Certo dovrebbe essere qui incluso anche Eriugena: questi ha, infatti, sviluppato, proprio con la sua co ncezione del mondo come «teofania», il pensiero della differenza, che opera nel «manifestarsi», ma, ad un tempo, ha pensato a questa nel suo inseparabile nesso con la sua origine. L'atto di questa ad esso immanente è concepito come una identità, o una unità, che diviene oggetto a se medesima e si differenzia nell'altro come l'inizio- condizione per il suo manifestarsi nel mondo come fondamento di questo stesso: occulti manijestatio 2 • 2
Cfr. a riguardo: W. Beierwaltes, !:legati affirmatio: We/t a fs Metapher. Zur Grundlegung einer mitte!alterlichen Asthetik durch Johannes Scotus Eriugena, in : «P hil. Jahrb. », 83 (1976), pp. 237-265.
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PREFAZIONE
Cusano rappresenta per molteplici aspetti la «meta» della storia dell'influsso della concezione platonica e neoplatonica di identità e differenza - insieme alla concezione di una «riflessione trinitaria assoluta», ma anche quale cardine nello sviluppo verso l'idealismo tedesco. In questo il nesso di identità e differenza - nel contesto del passaggio della logica nella metafisica e della religione nella filosofia - è l' «anima viva» del pensare. Tale posizione diventa chiara in modo paradigmatico nella recezione di Schelling del concetto di unità di Giordano Bruno, la quale si collega alla sua intenzione di esplicare l'unità delle opposizioni nell'io e nell'assoluto, ma in misura non minore diventa chiara anche nella dialettica di Hegel, per il cui movimento la differenza come negazione è costitutiva, per giungere, per suo tramite, all'autocomprendersi del concetto nell'idea assoluta. Questa identità è dialettica o concreta (in opposizione a quella astratto-formale), poiché, nello stesso tempo, supera e mantiene in essa la differenza. Il diventare-altro-dase-stesso mediante negazione produttiva e la mediazione che ritorna all'inizio, in quanto inizio concepito, sono, dunque, i momenti di una riflessività assoluta, la quale è intelligibile tanto logicamente come anche teologicamente. Si chiude qui il cerchio di Plotino, Proclo, Dionigi, Mario Vittorino e Cusano - nonostante la diversità ad esso intrinseca. All'interno della filosofia contemporanea la domanda circa l'identità e la differenza si è mantenuta un tema dominante soprattutto in Heidegger ed Adorno. Heidegger ha pubblicato le conferenze La proposizione dell'identità e La concezione onta-teo-logica della metafisica con il titolo complessivo Identità e Dijjerenza 3 • Entrambe sono parte del tentativo di «portare alla memoria» l'ESSERE e, quindi, di illustrare la «comune appartenenza» di identità e differenza. Heidegger sviluppa la propria concezione dell'ESSERE come «avvenimento» «nell'ambito della tradizione»\ nonostante il fatto che a volte si sottragga e s'allontani da essa. Oltre alle tesi di grande portata che concernono la storia della
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metafisica 5 , a caratterizzare questo tentativo sono le peculiari interpretazioni di Eraclito e di Parmenide. Per la visione di Heidegger dell'evoluzione storica di identità e differenza è istruttivo un accenno al lasso di tempo tra Platone ed Hegel. Platone ha formulato nel Sojista l'autoidentità di categoria dell'essere e categoria del linguaggio e, quindi, anche l'autoidentità di ogni ente con cxìrtò É.cxu-r0 -rcxth6v 6 • Heidegger mette giustamente l'accento sul dativo riflessivo - lo stesso a se stesso («ogni cosa essa stessa con se stessa la stessa cosa» [HeideggerJ)1 - mediante il quale Platone pone una relazione nella identità stessa. Dal punto di vista della storia della filosofia la conclusione di Heidegger suona allora: ·'« prima che, tuttavia, la relazione della ipseità con se stessa (dell'identità con se stessa) regnante (presente) nell'identità, preannunziata già agli albori del pensiero occidentale, venisse (pervenisse) decisamente alla luce ed in modo definitivo (in un modo ben definito), cioè come tale mediazione, prima che persino si trovasse una dimora per questo apparire della mediazione nell'ambito dell'identità [precisamente nell'idealismo speculativo], il pensare occidentale ha impiegato più di duemila anni» 8 • Ritengo che le mie riflessioni storiche intorno al concetto di identità e differenza possano per alcuni aspetti rendere evidente che queste parole di Heidegger, gravide di conseguenze per quanto concerne la storia della questione, sono parte della «violenza necessitante». In dee~ posizione contraria si trova il concetto """) , neoplatonico di spirito~ nel quale l 'identico trova se stesso in altro ed attraverso esso, e, in misura non minore, l'identità f " o l'unità trinitaria, per la quale risulta costitutivo il riflessivo ~ venire-posto-di-fronte-a-se-stesso attraverso il quasi-altro. Più che da Leibniz e Kant, la dialettica di Hegel è stata oggettivamente «preparata» da questa concezione - filosofica nella sua struttura di fondo - , essendo in essa il pensiero dell'automediazione pen_s ato attraverso riflessione. Heicteggef, invece, conseguentemente alla sua costruzione della storia della metafisica, ha dissolto i contenuti filosofici neoplatonici.
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5 3 Pfullingen 1957. [trad . it. di E. Landolt: Heidegger, Identità e differenza, in: «Teoresi», 1966, pp. 3-22; 1967, pp. 215-235]. - -4 Identitiit und Differenz, p. 34 [trad . it. p. 22].
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8
Per un confronto, vedi qui sotto pp. 365 ss. Sojista, 254 d 15. ldentitiit und Dijferenz, p. 14 [trad. it. p. 10]. !bi, p. 15 [trad . it. p. 10].
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PREFAZIONE
Per Adorno, l'opposizione al concetto di identità di una «metafisica», o «filosofia prima» da lui stesso impoverita conduce ad una elevazione del «non-identico» a categoria fondamentale del pensiero, ossia ad appagante punto prospettico di tutte le intenzioni. La realizzazione del non-identico viene creduta una forza capace di «dirompere» il «vincolo di identità», sotto il quale l'uomo pena nell'attuale situazione sociale. Io cerco di analizzare il non-identico di Adorno come paradigma del nesso di identità e differenza nel pensiero contemporaneo: esso eleva una pretesa di universalità riguardo alla spiegazione dei fenomeni teoretico-conoscitivi, estetici, e - invadendo questi ultimi - storici e sociali. Intenzionalmente antihegeliano, si basa nondimeno sulla dialettica hegeliana, perfino nella negazione. Heidegger ed Adorno non sono sempre da considerare come antipodi. Nonostante i diversi presupposti e le diverse conseguenze della loro critica alla metafisica, perseguono, in un ambito essenziale delle loro riflessioni critiche, l'identico fine. Potrebbe essere mostrato come l'unica cosa, con cui, per mezzo di termini propri della dimensione concettuale di identità e differenza, dovrebbe essere espressa l' «alienazione dell'uomo» dovuta al «dominio dell'essenza della tecnica moderna» (Heidegger) o al «rapporto di irretimento o di accecamento» della società (Adorno), non deve essere solo spiegata, ma come attraverso la riflessione intorno ad identità e differenza potrebbero essere realizzati impulsi ad un nuovo «essere». La «coerente coscienza della non-identità», che spezza l'alienazione o per lo meno avvicina la resurrezione dell'uomo, si incontrerebbe, secondo Adorno, almeno con l'intendimento di Heidegger di «salvare» l'uomo dalla costrizione del «pianificare e calcolare» tecnico: per mezzo di un «pensare che prima di ogni cosa si volga a ciò che viene incontro, come allocuzione dell'essenza dell'identità di uomo ed essere» 9 • L'«identità» indica l'invischiarsi nell'ESSERE, l' «appartenere-insieme» di uomo ed ESSERE 10 , che, secondo Heidegger, è dato al pensare come ... l' «evento», come la «distinzione», «differenza come differenza». La prospettiva fondamentale, che determina tutte le mie anali9
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/bi, p. 34 (trad. it. p. 22]. /bi, p. 32 [trad. it. p. 21).
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si intorno a identità e differenza, ~(}
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AGOSTINO
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Dio» 9 ; se la parola è momento dell'autoesplicazione dell'identità divina o dell'unità dell'essere, mediante l'abbozzata interpretazione di in principio viene allora posta in risalto anzitutto l'assoluta spontaneità, l'autonoma capacità di dare origine da parte di Dio. L'interna autoesplicazione passa nell'«esterna»; la parola interna si aliena in quanto pone ciò che è altro nel tempo. Il creatore crea attraverso se stesso e non a partire da una cosa che è altro, allorché crea «i n principio», ma l'auto noma capacità interna di dar origine si esprime in ciò che è altro e creato nella parola. Tale creativa alienazione di ciò che è interno viene indicata col termine virtus (dynamis), che ha lo stesso significato tanto teologico che filosofico 1o. In modo del tutto generale può ora essere detto della dottrina agostiniana della creatio: il concetto biblico di un Dio creatore, insieme alla concezione filosofica di un principio che è anche vouç (pensiero, Spirito) ed è origine dell'ente, è stato in essa disposto in modo da formare l'unità di un nuovo pensiero. 4. Eternità e tempo La struttura di questo pensare e parlare creatore deve ora, per alcuni aspetti, essere analizzata in una maniera più precisa. E ciò è possibile in parte con riferimento agli stessi testi che sono già stati inizialmente discussi. Con la domanda: quomodo dixisti?, viene postulata anche una risposta sulla differenza e sul rapporto di atemporalità (eternità) e temporalità. Analogamente all'esclusione di un creare in una materia preesistente o in uno spazio già esistente, Agostino esclude che la parola che si compie e si manifes ta nel tempo sia la parola creatrice. Infatti la parola creatrice è essen9
Cfr. l'autocostituzionc trinitaria in Agostino ed in Cusano pp. 102 ss., 166 ss., 187 ss. L'incremento di questa concezione nel se ipsum creare di Dio come parola o ambito de lle idee (causae primordiales) in Scoto Eriugena, De div. nat., II 20, PL 122, col i. 683 A; 684 B. 10 Conf, XI 9. Il riferimento biblico: E br. l, 3: Portansque omnia verbo virtutis suae ( = Filius). Virtus Altissimi: Luc. l , 35. Chrisrus Dei virtus et Dei sapientia: I Cor. l, 24. Dal punto d i vista filosofico la potentia, o dynamis, è sempre pensata volta all'alienarsi, pendant di r.p6oòo;, cfr. ad es. lo stesso Uno come ovvOtf.ltç -:wv r.: «Sicuramente possiamo affermare che l' universo è tutto cen tro, o che il centro de l'universo è per tutto, e che la circonferenza non è in parte alcuna per quanto è differ ente da l centro, o pur che la circonferenza è per tu tto, ma il centro non si trova in quanto che è differente da quella» 124 • In modo analogo alla coincidentia oppositorum e a l possest, quali enunciati intorno alla infinità condizionata dell'universo, viene dato rilievo, anche tramite la sphaera infinita, alla «divinit à», alla infinità ed unità estensiva dell'universo, benché non venga, con essa, immediatamente intesa anche l'identità assoIuta di Dio. L'aporia inerente al nesso di identità e differenza, della quale sin dall'inizio si parlava, è attiva, come domanda - per lo meno implicita - , in tutt e le fasi dell' opera, metafisicamente rilevante, di Bruno nel contesto dei concetti di unità ed infinità. Essa non è, tuttavia, né lasciata in sospeso, né univocamente fissata. Da ciò deriva la di fficoltà, nel comprendere Bruno, di trovare un «equilibrio» che gi ustifichi testi che appaiono spesso divergenti. Il fatto che questa intenzione non debba condurre ad un livellante «tanto - quanto », che leviga la differenza, potrebbe essere reso evidente ac costando il De la causa, p ur mantenendo desta l'attenzione anche nei confronti degli scritti latini. In ogni caso, l' enfasi bru niana riguardo all'unità non deve nasco nd ere il suo legame con la tradizio ne neoplatonica, che è di particolare importanza per u n'oggettiva valutazione della sua po sizio ne storica.
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c.,
100, 5-11; 145, 8-13.
PARTE QUARTA
Trasformazioni e sviluppi della problematica dell'identità e differenza nell'idealismo tedesco Schelling - Hegel «!:errore fondamentale dell'intera fi losofia sta nel presu pporre che l'identità assoluta sia realmente uscita da é e nel tentare di rendere comprensibile questo uscire, in qualunque modo esso avvenga. !:identità assoluta non ha ora mai smesso di essere e tutto ciò che è, è in sé - e non la manifestazione dell'identità assoluta, ma essa stessa, e dal momento che è tipico della natura della filosofia considerare le cose come esse sono in sé, ossia per quanto sono infinite e identità assoluta stessa, così, dunque, la vera filosofia consiste nel dimostrare che l'identità assoluta (l'infinito) non è uscita da se stessa e che tutto ciò che è, per quanto è, è la stessa infinità» . Schelling, Darstellung meines Systems der Philosophie (1801), § 14. «Il concetto è... dapprima l'assoluta identità con sé in modo che questa è tale identità solo come negazione della negazione o come infinita unità della negatività con se stessa ... quella mediazione assoluta che è appunto ... assoluta negatività». Hegel, Logica (1816), III, pp. 38-40. «Lo spirito assoluto è identità che è a ltrettanto eternamente in sé, quanto deve tornare ed è tornata in sé». Hegel, Enciclopedia (1830), § 554.
.i
1. Identità assoluta Implicazioni neoplatoniche nel «Bruno» di Schelling
1. La riscoperta di Bruno da parte di Schelling Giordano Bruno «è rimasto, dopo la sua morte, a lungo in una falsa luce , inascoltato e incompreso, sino a che Friedrich Heinrich Jacobi accrebbe i suoi molteplici meriti nel risveglio di uno spirito filosofico vivace, spontaneo, strappando dall'oblio quest'uomo e le sue idee, ormai considerate quasi solo come curiosità letterarie e sottratte ad ogni possibilità di rinascita spirituale, e dirigendo l'attenzione dei contemporanei agli scritti di Bruno» 1 • Nel 1789 Jacobi pubblicò , come «supplemento» alla seconda edizione delle sue Lettere sulla dottrina di Spinoza degli estratti, in forma di parafrasi, del De la causa di Bruno. «Scopo principale» dichiarato di questi estratti fu «di esporre ... , mediante il confronto tra Bruno e Spinoza, la summa della filosofia dell' hen kai pan. È ben difficile dare una traccia più bella e più pura del panteismo, nel senso più ampio, dì quella delineata da Bruno» 1• Gli estratti permettono una visione autentica delle concezioni centrali del dialogo bruniano. L'accusa dì panteismo rivolta da Jacobi a Spinoza doveva essere ancora più intensificata attraverso la filosofia di Bruno; ed infatti lo stesso Bruno venne accusato di ateismo. Il proposito di Jacobi si risolse, invece, contro se stesso: in questo «ricco compendio» infatti, Schelling, si imbatté in un pensare che scoprì essergli congeniale. Egli si identifica con una proposizione chiave di Bruno, la quale gli appare come 1 J .F. H. Schlosser , Versuche von Obersetzungen aus de m Werke d es Giordano Bruno, in: Studien (a cura di C. Daub e F. Creuzer), VI, Heidelberg 1811, p. 448. 2 .Jacobi, Werke, IV (Leipzig 18 19) l, 10. [trad . it. di F . Capra: Jacobi, La dottrina di Spinoza. Lettere al signor Moses Mendelssohn, Bari 19!42, p. 27).
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IDE TITÀ E DIFFERENZA
il «simbolo della vera filosofia»: «per penetrare i più profondi misteri della natura, non bisogna stancarsi di studiare gli estremi opposti e contraddittori delle cose; ciò che è più importante non è trovare il loro punto di unione, ma sapere dedurre da quest'ultimo l'alt ro punto opposto; in questo consiste il segreto vero e più profondo dell'arte» 3 • Se la storia della fortu na non significa solo una conoscenza o un'esposizione di testi (accompagnata forse d a epoche'), ma una acquisizione produttiva , che influisce sul proprio pensiero, allora essa, in un senso differenziato, trova, nel caso di Bruno , la sua realizzazione vera solo nella filosofia di Schelling. Redatto anch'esso in forma dialogica, lo scritto di quest'ultimo, Bruno o il naturale principio delle cose, pubblicato nel1 802, non è in un rapporto soltanto esterno col pensiero bruniano. Esso appartiene a quella fase del pensiero di Schelling, nella quale fu particolarmente significativa l '~laborazione della questione dell' identità, d ell 'unità e, quindi, dell'assoluto. Dunq ue, può essere inteso come tentativo di inclusione delle tesi centrali di Bruno e delle sue implicazioni neoplatoniche nell'orizzonte della «filosofia dell 'identità». II fine delle seguenti riflessioni non consiste in un'interp retazione del Brun o di Schelling che pretenda d'essere completa e pretenda di riflettere ogni movimento del pensiero; esse cercano piuttosto - conformemente alla questione intorno al nesso di identità e differenza, unità e molteplicità - di chiarire che Schelling, proprio col richiamo a Bruno, ha, indi rettamente, assunto nel suo pensiero elementi genuinamente neoplatonici. A partire dalla sua seconda fase (dal 1801), il filosofare di Schelling, nella sua forma di pensiero e in alcuni concetti, rivela una particolare affinità con il neoplatonismo, e in parti3
Schel_ling, Bruno (a_bbrcviato: B), in: F. W.J. Schelling, Siimtliche Werke, a cura d1 ~ :F.A. Schelh~g, Stuttgart e Augsburg 1859 (trad. it. di F. Waddington , terza edlZione a cura d1 A. Valori, Bruno, ossia un discorso sul principio divino e _na~urale de!le ~o~e, :o~i no 1906, pp. 152 e 156]. Con riguardo a Jacobi p. 4:l, n~petto a1 «fm1 ulttmi delle cose» Schclling ha invero tralasciato quella part'?r, ~ il modo per rendere evidente ciò che è senza concetto quale vero e proprio fine del comprendere, e avrebbe la funzione, ND., p. 25 [trad. it., p . 15]. Cfr. sopra, pp. 325, 327. 3 AT., p. 113 [t rad. it., p. 123]. 4 Come alcun altro filosofo del presente, Adorno ha rivolto il suo impegno concettuale non solo all'inter pretazione della musica moderna, ma anche a quella delle epoche passate . Qua le allievo di Alban Berg, ed egli stesso compositore , possedeva degli strumenti adeguati per l'esatta in terpretazione specifica delle opere d'ar te musicali . Le sue riflessioni di fi losofia della mus ica si possono dire rilevanti tanto filosoficamente (o sociologicamente) come musicologicamen_te_._ __ l
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che oltrepassa e supera se stessa, di preparare a «ciò che è essenziale» 5 , pur dovendosi pure distinguere essenzialmente da ciò che è in sé senza concetto e dalla realizzazione artistica di questo. Ciò che è provvisorio, oscillante e (in rapporto al suo telos) paradossale nella filosofia è proprio il fatto che essa s'è affermata, anche nella teoria estetica, attraverso il concetto. Se la filosofia prescrive o usa - in opposizione critica ad una determinazione precipitosa - il concetto, esso è lo strumento nel quale deve compiersi l'interpretazione dell'arte come riflessione su ciò che è senza concetto per essere comunicabile e per poter rinviare in modo plausibile alla di versità dell'arte. «La filosofia, che volesse imitare l'arte, che volesse diventare di per sé opera d 'arte, cancellerebbe se stessa» 6 • La riflessione intorno alla struttura delle opere d'arte musicali deve, proprio per questo, prestare in misura particolare attenzione al fatto che la «logica» 7 - i cosiddetti linguaggio e sintassi - musicale è in generale una logica assolutamente «frao-ile» rispetto a quella filosofica. Sebbene la musica abbia ad ~ggetto proprio ciò che è senza concetto, parlare di un linouaggio e d'una logica della musica è legittimo e produttivo fuori dalla analogia solo se ad essa spettasse un proprio linguaggio ed una logica che siano sovraformati in modo non eteronomo dal linguaggio e dalla logica discorsiva, o modellati su di essa. La struttura che scaturisce dalla premessa di concezioni determinate è leggibile nell'opera d'arte musicale in quanto «logica» di quel tipo. Nel particolare linguaggio e nella particolare logica della musica, tesa a ciò che è senza concetto e a ciò che è l'inesprimibile, Adorno vede l'elemento che l'accomuna alla teologia: «la musica è, rispetto al linguaggio dell'os Denominata o meno con questo ter min e, anche la filoso fia eli Ad orno va in cerca di esso (cfr. sopra p. 324, nota 11 eli p. 320 e nota 22 eli p. 349). Indice d'ogni pensiero realmente «impegnato». Non per ultimo, questo non permette di chiarire proprio la polemica, spesso sin troppo aggressiva, contro il «gergo essenzialista». L'impegno per la realtà non ha, _invero, la sua pro~a né in una fissa zione ideologica né in una costruzione esotenca d'una nuova mitologia (riguardo ad una tale tenden za, da Holderlin sino ad Heidegger: \\'. Brocker, Dialektik, Positivismus, Mythologie, Frankfun 1958, p. 89). 6 ND., p. 24 [taci. it. , p. 14]. 7 Intorno alla metafora che articola questo complesso, cfr.: H .H . Eggebrecht, Musik als Tonsprache, in: «Arch. f. Musikwissenschaft », lR (1961), pp. 73-100. F. Reckow, «Sprachdhnlichkeil» der i'vfusik als terminologisches Problem, Freiburg 1977.
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pinione, un linguaggio di tipo del tutto diverso. In esso è presente il suo aspetto teologico. Ciò che la musica afferma, è nascosto e, ad un tempo , determinato come realtà che si manifesta. La sua idea è la forma del nome divino . È preghiera etimologizzata, liberata dall'incantesimo dell'agire; il tentativo umano, anche vano come sempre, di dar nome, non di partecipare a significati» 8 • Proprio tramite questo linguaggio aconcettuale e, rispetto a ciò che il discorso è, inintenzionale, la musica è, con particolare intensità, espressione del non-identico. Non è, al pari del linguaggio della parola e del concetto, più o meno univocamente determinabile: la sua struttura ha un significato «disordinato», ma nondimeno comprensibile, direttamente traducibile in linguaggio discorsivo. Proprio in questo si mostra l'avversità del non-identico verso un totale trasformazione in concetto: cosa che minaccerebbe di «sostituire» in modo inespresso l'opera d'arte. Il convincimento, condizionato alla dialettica negativa, che l'arte debba fare le veci del non-identico e che proprio in questo si trovi la sua funzione critica rispetto all'esistente, ha nella filosofia della musica, come conseguenza, che Adorno sì interessi proprio a quella musica che sembra più di ogni altra assecondare tale concetto: alla scuola di Vienna tra i moderni, a quegli aspetti della musica del passato che non mettono in mostra una concordanza facile e positiva con ciò che viene conseguito, ma si aprono un varco nella «situazione storica». Ma, con questo, intende anche che un tale tipo di musica, che in misura particolare si opponeva al suo tempo, non poteva contare sull'immediato consenso del pubblico; la cosa, dunque, che è eventualmente in opposizione al suo tempo e nella quale può emanciparsi da esso, o quella cosa che permette di intravedere ciò che già annuncia il futuro. Ma tutto questo deve essere tipologicamente chiarito in uguale misura tanto in
s Quasi una janrasia, Fragment uber Musik und Sprache, p . l l. La somiglianza con Walter Benjamin sarebbe certo da chiarire sulla scorta della concezione del «nome divino», che a Benjamin era nota per ciò che di esso v'è nella cabala, cfr. Ober Sprache, in Angelus Novus, Frankfurt 1966, pp. 9 ss., in particolare 13 ss. [trad. it., pp. 55 ss., 58 ss.]. La filosofia del linguaggio ha, qui, il suo più intimo legame con la fi losofia della religione (con la creazione Dio rese conoscibili le cose nel loro nome ... la natura è «percorsa da un linguaggio muto»; p. 26) .
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Bach, Beethoven o Mahler come nelle opere della scuola di Vienna. Lo sguardo all 'aspetto emancipatorio del non-identico in una musica non ha nulla a che vedere con il modo di dire riduttivo, banale, di colui che afferma: «qui Haydn (ad es.) ha un suono già beethoveniano» . II non-identico in musica s'evidenzia in modo particolare per il suo fondamentale tratto utopico. Qui Adorno, come potrebbe essere delineato, è fedele nella sostanza a Lo spirito dell'utopia di Ernst Bloch . Nella misura in cui spinge verso qualcosa di agognato, di desiderato come possibile - e questa è una concezione che è agli inizi dell'evoluzione del pensiero di Adorno , presente già nel 1928 - la musica di Schubert «registra l'annuncio del mu tamento qualitativo dell'uomo ... Piangiamo senza sapere perché; perché noi non siamo ancora come quella musica promette, e nell'innominata felicità secondo cui la musica ha bisogno d' essere solo in modo d'assicurarci di ciò: che noi un tempo saremo così» 9 • Il .qualcln~pr.),ijp't]ç), va fuori di sé nella sua bontà amorosa (rpwç i.xo-ra·nx6ç): l' essere e ciò che gli appartiene è, perciò , ojjerta (owp~&): De div. nom., VIII 6; PG 3, 893 BD. II Il; 649 C. IV 13; 712 A. V 6; 820 C. - Una tale questione non dovrebbe dar adito al sospetto che a parti re dalle sue domande, e da simili, Heidegger venga interpreh_ tato di punto in bianco secondo il comodo modello «secolarizzante», che lascia inoltre disatteso l'elemento esistenziale della storicità in Heidegger. Solo in questo contest o si possono intendere questi accenni di critica alla fondamentale ricostruzione storico-filosofica di Heidegger .
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l'ente e perciò assoluto (~ò &1t6À:nov absolutum) 23, e - come si è evidenziato nel contesto positivo e storìco del pensiero neoplatonico - da Cusano: Essere, Uno e Dio sono senza distinzione identici. Anche se Plotino e Proclo si attengono al non-essere, cioè al sopra-essere ~ell'Uno, poiché !'«essere» viene pensato come un modus della differenza, tuttavia Io stesso Uno o la pura identità di essere e unità come essenza di Dio ; dòvrebbe essere paragonabile, per Io meno «topologicamen- ) te» 24, all'Essere (seyn) di Heidegger. Ciò certameiife--non·-significa che l'intenzione propria di Heidegger sia stata già anticipata o conseguita da Plotino o da Cusano; piuttosto farà soltanto apparire i!!'!_deguatal'ass~r_E_gn~--~(oriogrgficg__che caratterizza il pensiero heideggeriano e secondo la quale la «metafisica» non pensa la «differenza» . È certo che la metafisi- " ca @,n pensa la «differenza», come «conclusione» «fattuale» ,_..., di elsere ed ente in un nesso immediato con l'essere umano "-' determinato dal tempo in quanto «esistente». Di fronte a ciò deve essere mantenu1a 1.§1. consapevolezza che è uno scopo fon:damentale della metafisica di impronta appunto ne.oplatonica pensare la differenza assoluta e la sua molteplice media~ zione finita. Tale fatto viene però risolutamente nascosto dal~-