Introduzione Allo Studio Della Bibbia La Bibbia Nel Suo Contesto [PDF]

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Zitiervorschau

La Bibbia nel suo contesto Luis Alonso Schòkel Jesus Asurmendi Bruno Chiesa Fiorentino Garcia Martinez Joaquin Gonzàlez Echegaray José Manuel Sànchez Caro Julio Trebolle Barrerà

La Bibbia nel suo contesto Luis Alonso Schòkel Jesus Asurmendi Bruno Chiesa Fiorentino Garcia Martinez Joaquin Gonzàlez Echegaray José Manuel Sànchez Caro Julio Trebolle Barrerà Edizione italiana a cura di Antonio Zani

Paideia Editrice

ISBN 8 8 . 3 9 4 . O 5 I O . O Titolo originale dell’opera: J. Gonzalez Echegaray, J. Àsurmendi, F. Garda Martmez L. Alonso Schòkei, J.M . Sànchez Caro, J. Treboile Barrerà La Biblia eri su entorno Traduzione italiana di Teresa D ’Alessandro Revisione di Antonio Zani © Editorial Verbo Divino, Estella 19 9 0 © Paideia Editrice, Bresda 19 9 4

Sommario

9 n

Presentazione dell’opera Premessa al volume primo Parte prim a G EO G R A FIA E ARCH EO LO G IA BIBLICH E

17

C a p ito lo I La geografia biblica

59

C a p ito lo n Archeologia biblica Parte seconda STORIA E ISTITU ZIO N I DEL POPOLO BIBLICO

103

Introduzione

10 9

C a p ito lo in L ’epoca premonarchica

ixtì

C a p ito lo iv L a monarchia

155

C a p ito lo v L ’ ultimo periodo della dinastia davidica

18 8

C a p ito lo v i L ’esilio e la restaurazione di Giuda sotto i persiani

206

C a p ito lo v i i La Palestina sotto la dominazione greca ( 3 3 3 - 3 6 7 a.C.)

zzi

237

C a p ito lo v m Restaurazione nazionale ed espansione asmonea (16 7 -6 3 a.C,) C a p ito lo ix La Palestina sotto la dominazione romana (Ó3 ”4 a.C.)

151

C a p ito lo x Da Erode il Grande alla guerra contro Roma (4 a.C. - 66 d.C.)

Sommario

67

C a p ito lo XI Le guerre contro Rom a ( 6 6 -13 5 d.C.) C a p ito lo

84

x ii

II contesto religioso del N uovo Testamento Parte terza B IB B IA E LETTERATURA

15

C a p ito lo x i i i La Bibbia come letteratura Parte qu arta IL TESTO D ELLA BIBBIA

76

C a p ito lo x iv Lingue e scritture bibliche

94

C a p ito lo xv Testo e critica testuale dell’Antico Testamento

37

C a p ito lo x v i d esto e critica testuale del N uovo Testamento

^4

C a p ito lo x v i i Versioni dell’Antico e del N uovo Testamento

*3

Indice del volume

Presentazione dell’opera

L'Introduzione allo studio della Bibbia, inaugurata da questo volume de­ dicato al contesto biblico, è nata come progetto durante il seminario triennale di cultura biblica tenuto da un gruppo di biblisti agli inizi degli anni ottanta neWambito delle riunioni annuali della Instiiución San Jerónimo para la Investìgación Biblica. In quelle sessioni di lavoro molti pro­ fessori dì Sacra Scrittura espressero la loro insoddisfazione per i manuali attualmente esistenti, i quali, benché soddisfacenti, non presentavano gran parte dei progressi della ricerca biblica degli ultimi ventìcinque anni né accoglievano tutti i risultati ricavabili dalla costituzione sulla Divina Rivelazione del concilio Vaticano IL Non va dimenticato che a quell'e­ poca si utilizzavano ancora manuali scritti negli anni sessanta. Questa costatazione c indusse a discutere i fondamenti su cui elaborare Popera dt cui tutti avvertivamo la mancanza. Si domandava un sufficiente livello scientifico, l'assunzione dei risultati conseguiti dalla piti recente ricerca biblica e teologica, un'esposizione a un tempo chiara, completa nei punti essenziali e orientativa per lo studente di Sacra Scrittura e per quanti de­ siderano accostarsi alla conoscenza della Bibbia. Era quindi necessario raccogliere ì progressi della scienza bìblica e gli orientamenti introdotti e suggeriti dal concilio Vaticano IL Per Vorganizzazione dell'opera venne nominato un consiglio di reda­ zione, composto da cinque biblisti della Instìtucion San Jerónimo, che su­ bito dispose dt modificare il nome in Asociación Biblica Espahola —Institución San Jerónimo. Il consiglio, ancora attivo, è formato da José Ma­ nuel Sànchez Caro (Pontificia Università di Salanianca), Julia Trebolle Barrerà (Università Compìutense), Rafael Aguirre Monasterio (Università di Deiisto), Alfonso de la Puente Adanez (Instituto San Dàmaso di M a­ drid) e Santiago Guijarro (Direttore della Casa de la Bibita). Costoro ela­ borarono U disegno iniziale, discusso nelle successive riunioni dell*Asso­ ciazione Biblica Spagnola e da questa approvato nel 1986. A tale progetto partecipano oggi una ventina di studiosi della Bibbia, tutti spagnoli, che rappresentano una vasta gamma di specialisti e docenti dei centri di ricer­ ca spagnoli. L'Introduzione alio studio della Bibbia è concepita come un esteso ma­ nuale, elaborato in otto maneggevoli volumi, ai quali se ne aggiungeran­

IO

Presentazione dell’opera

no due supplementari. Nostro intento è che possano servire da testo base nelle facoltà di teologia, nei seminari e in qualsiasi altra istituzione di li­ vello universitario o equivalente in cui si seguano studi biblici. Auspichia­ mo altresì un manuale sufficientemente leggibile e chiaro, un libro di con­ sultazione per chiunque desideri un'informazione di base aggiornata sui problemi suscitati attualmente dallo studio della Bibbia in generale e da ognuno dei libri biblici in particolare. I primi due volumi sono dedicati allo studio delle questioni generali poste dalla Bibbia; il primo riguarda problemi di tipo concreto, attinenti all'ambiente storico e letterario; il secondo affronta questioni più speci­ ficamente teologiche. Seguiranno tre volumi dedicati ai libri dell1Anti­ co Testamento e altri tre a quelli del Nuovo Testamento. L'opera verrà completata da due supplementi, uno dedicato al mondo della letteratura giudaica intertestamentaria, l'altro alla letteratura cristiana connessa al­ la Bibbia. Nell'elaborazione metodologica si è preferito distinguere, quando pos­ sibile, un'esposizione organica dei risultati conseguiti dalla crìtica attuale dalla presentazione della storia della ricerca con i problemi che3 come per ogni scienza viva, rimangono aperti. Si è pure fornita una bibliografia commentata, per sollecitare l'approfondimento dello studio. La realizzazione del lavoro, come in genere accade per le opere a più mani, non è stata facile e, soprattutto, ha sofferto di alcuni ritardi impre­ visti. Ma già oggi possiamo presentare l'inizio di un progetto che ci augu­ riamo sia un utile apporto alla scienza biblica e un abituale compagno per quanti si dedicano a questo studio per professione o, semplicemente, per interesse verso un libro che è e sarà sempre letto con passione. II consiglio di redazione, presentando con questo primo volume /In­ troduzione alio studio della Bibbia* desidera rendere omaggio ai biblisti di ogni tempo, consapevole di collocarsi sulla strada già tracciata dai loro sforzi e dalle loro conquiste. Desidera, inoltre, ringraziare l'Associazione Biblica Spagnola, la quale ha inserito tra ì suoi già numerosi progetti an­ che l'attuale, e l’Editorial Verbo Divino, che ha reso possibile con gene­ rosità, comprensione ed efficienza la realizzazione dell'opera.

Premessa al volume primo

II presente volume, primo dell3Introduzione allo studio della Bibbia, esa­ mina tutti gli aspetti che favoriscono una migliore comprensione della Bibbia come libro umano. / suoi estesi capitoli intendono presentare lam bito biblico generale, il «contesto» che rende possìbile un primo ap­ proccio a questo libros lontano da noi nel tempo e nella cultura. Questo avvicinamento avviene per gradì successivi. La prima parte introduce aWambiente fisico in cui ebbe origine la Bib­ bia, offrendoci una breve e interessante presentazione della geografia e archeologia bibliche. Ne è autore il prof. Joaquin Gonzàlez Echegaray, direttore d e ll Istituto dì Ricerche Preistoriche (Santander-Chicago) e membro del consiglio della sezione archeologica dellIstituto Biblico e Archeologico Spagnolo di Gerusalemme, noto specialista di archeologia preistorica spagnola e biblica e conoscitore diretto dei luoghi biblici, do­ ve ha trascorso lunghi e frequenti periodi come archeologo. Si tratta di un contributo nuovo n e ll ambito degli studi biblici spagnoli, a cui fino ad oggi praticamente mancavano una geografìa e archeologìa bibliche. Nonostante non sia più che un compendio, e da sottolineare che si tratta di un lavoro originale, sviluppato con indubbia sensibilità biblica. La seconda parte, più estesa, è dedicata alto studio della storia del po­ polo biblico, dalle origini fino alla seconda rivolta giudaica contro R o­ ma, conclusasi n e ll anno 13 j d.C . Anche in questo caso il contributo e di particolare interesse. L ’esposizione, necessariamente concisa, intende sot­ tolineare i grandi momenti utili a inquadrare le pagine bibliche, senza tralasciare le principali questioni oggi discusse e altre letture che consen­ tono di ampliare gli orizzonti della conoscenza. Sono autori dì questa se­ zione il prof. Jesus Asurmendi, docente alllstituto Cattolico di Parigi, e il doti. Fiorentino C arda Martmez, attualmente impegnato presso VIstitutodi Qitmran dell Università di Groningen in Olanda. La terza parte è un primo tentativo di collocare la Bibbia nelVampio contesto della letteratura del suo tempo. In questo caso abbiamo potu­ to contare sulla breve ma preziosa collaborazione de! prof. Luis Alonso Schokel, del Pontificio Istituto Biblico di Ramai tino dei maestri che han­ no aperto la via alPimmenso e stimolante campo degli studi della Bibbia come letteratura. Il suo contributo consiste nelPesaminare la Bibbia come

tz

Premessa al volume primo

fenomeno letterario. Le letterature contemporanee o che hanno influen­ zato VA.T e il N.T. sono succintamente descrìtte dai due storici sopra menzionati, mentre il prof. José Manuel Sànchez Caro, della Pontificia Università di Salamanca, presenta un saggio in cui vengono descritti e classificati i ptù importanti generi letterari presenti negli scritti biblici. L'ultima parte, che esamina la storia del testo biblico3 offre un intro­ duzione alla complessa scienza, o arte, della critica testuale, accompagna­ ta da una breve presentazione delle versioni bibliche. Anche in questo ca­ so si tratta di un apporto originale alla crìtica testuale. L'autore, il prof. Julio Trebolle Barrerà, dell'Università Complutense di Madrid, ha elabo­ rato una pregevole per quanto sintetica trattazione, benché a volte, da­ to l'argomento illustrato, possa apparire arida a una prima lettura. Per quanto si riferisce alle versioni della Bibbia, con eccezione di quelle anti­ che, si e preferito dare maggiore spazio alla rassegna delle versioni italia­ ne, con il contributo originale del prof, Bruno Chiesa, delPUniversità di Pavia (parte che in questa edizione italiana sostituisce quella del prof’ Jo ­ sé Manuel Sànchez Caro, dedicata alle versioni spagnole della Bibbia). Si tratta, in breve, di un lavoro interdisciplinare —dì qui Pintervento dei diversi autori —, proteso a delincare succintamente e con chiarezza il contesto del libro biblico. Un volume, insomma, in cui, per la prima vol­ ta, un gruppo di biblisti tratta importanti questioni offrendo una visione d'insieme che non ha precedenti negli attuali studi biblici. Questa premessa non sarebbe completa se non menzionassimo Pim­ portante contributo del doti. Lorenzo Amiga Espada, professore di Filo­ logia Ebraica alla Facoltà Biblica Trilingue della Pontificia Università di Salamanca. Il suo lavoro di revisione dei testi e i suoi preziosi suggeri­ menti hanno notevolmente migliorato il volume; a lui, quindi, i più senti­ ti ringraziamenti del consiglio di redazione. La nostra gratitudine va an­ che alPallìeva dì teologia della medesima Università, Maria José Fernàndez-Montes, che nelPultima fase di elaborazione dell'opera ha efficace­ mente coadiuvato il professor José Manuel Sànchez Caro, a cui si deve la forma definitiva del volume e la cura dei necessari collegamenti tra le va­ rie parti. È doveroso, infine, ringraziare vivamente per la revisione finale, sempre puntuale e competente, il prof. Alfonso de la Fuente Adànez, che, oltre ad altri validi contributi, ha preparato Poriginale per la stampa. Voglia Dio che il lavoro di tante persone risulti utile e appassionante a quanti si avvicinano a quest'opera in cerca di un ausilio e di un orien­ tamento per meglio comprendere quanto qui ci sta propriamente a cuore, la Bibbia.

Abbreviazioni e sigle

Abbreviazioni dei libri biblici A b. Abacuc.

Abd. Abdia.

Atti Atti degli Apostoli. tera ai Colossesi.

Agg. Aggeo.

Bar. Baruc.

i , 2 Cor. Prima, seconda lettera ai Corinti.

Ebr. Lettera agli Ebrei. Esd. Esdra,

Dan. Daniele.

Eccl. Ecclesiaste. Est. Ester.

Film. Lettera a Fìlemone.

Ez. Ezechiele.

Gen. Genesi.

Ger. Geremia.

Giob. Giobbe.

Gion. Giona.

Gios. Giosuè.

Is. Isaia.

Deut. Deuteronomio.

Lam. Lamentazioni.

gelo di M arco.

M ich. Michea.

Neeru. NeemJa.

Num . Numeri.

Gd. Lettera di Giuda.

Giac. Lettera di Giacom o. Giud. Giudici.

Le. Vangelo di Luca.

Prov. Proverbi. Rut Rut.

Sai. Salmi.

M t. Vangelo di Matteo. Os. Osea.

M e. V an ­

N aum Naum .

1 , 2 Pt, Prima, seconda lettera 1 , 2, 3 , 4

Rom. Lettera ai

1 , 2 Sani. Primo, secondo libro di Samuele.

Sir. Siracide (Ecclesiastico). T o b . Tobia.

Sof. Sofonia.

1,

i , 2 Tun. Prima, seconda lette­

2 Tess. Prima, seconda lettera ai lessalonicesi. Tit. Tito.

Lev. Levitico.

1 , 2 Re Primo, secondo libro dei Re.

Sap. Sapienza di Salomone. ra a Timoteo.

Gl. Gioele.

M al, M alachia.

Regn. Primo, secondo, terzo, quarto libro dei Regni (L X X ). Romani.

Es.

1 , 2, 3 G v. Prima, seconda, terza lettera di G io ­

x, 2 M acc. Primo, secondo libro dei M accabei.

di Pietro.

1 , 2 Cron. Pri­

Fìl. Lettera ai Fiiippesi.

Gal. Lettera ai Galati.

G v. Vangelo di Giovanni.

Col. Let­

Ef. Lettera agli Efesini,

Gdt. Giuditta.

vanni.

Apoc. Apocalisse.

Cant. Cantico dei Cantici.

mo, secondo libro delle Cronache. Esodo.

Am, Amos.

Zacc. Zaccaria.

Altre abbreviazioni Accad. accadico.

Ant. Mavio Giuseppe, Antiquìtates ludaicae.

Giuseppe, Contra Apionern,

sio ìsaiae, trattato).

arab. arabo,

A .T . Antico Testamento.

Bell. Flavio Giuseppe, De bello ludaico.

tolo del trattato). soretico.

L X X Septuaginta.

Asc. Ts. Ascen-

b Talmud babilonese (segue molo del

Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, stamento.

arani. aramaico.

Ap. Flavio

ebr. ebraico.

Hist. ecd.

j Talmud di Gerusalemme (segue ti­

ms(s). manoscritto/i.

t Tosefta (segue titolo del trattato).

T g . Targum .

N .T . N uovo T e ­ T .M . testo ma-

V g. Volgata.

(segue)

Sigle A N E P Ancient

A A S O R Annusi of thè American Schools of Orientai Research.

Near East in Fictures relating to thè Old Testament. A N E T Ancient Near Eastern Texts relating to thè Old Testament. A N R W Aufstieg und Niedergang der Ròmischen Welt. B A Bìblical ArchaeoJogist. B A R Bonner Altademische Reden.

B A S O R Bulletin of thè American Schools of Orientai Research.

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B T T Bible de tous les temps.

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IE J Israel Exploration Journal.

JA O S Journal of American

JB L Journal of Biblical Literature.

J T S Jou rnal of Theological Studies.

H U C A Hebrew Union JJS Journal of Jewish

L T h K Lexikon fur Theologie

und Kirche. PEQ Palestine Exploration Quarterly, P O A J. Briend, Israel y Judà en los textos del Fróximo Oriente antiguo, Estella 19 8 z. R B Revue Biblique.

RBenS Revue Renedictine, Supplément.

R E T Revista Espariola de Teologia.

R E J Revue des Etudes Juives.

PJvBibl Rivista Biblica.

R S L R Rivista

di Storia e Letteratura Religiosa.

R SR Recherches de Science Religieuse.

Revue Théologique de Louvain.

T R A T W . Beyerlin (ed.), Testi religiosi per lo

studio dell3Antico Testamento .

T R E Theologiscbe Realenzyklopàdie.

Verbum Domini. ments.

V T Vetus Testamentum.

RTL VD

V T S Vetus Testamentum, Supple-

Parte prima

Geografia e archeologia bibliche Joaqutn Gonzàlez Echegaray

Per comprendere con più ampia visione d’insieme e maggiore profondità possibile il messaggio della Sacra Scrittura si deve conoscere il «contesto» in cui 1 libri sacri furono scritti e trasmessi: le circostanze storiche e cultu­ rali del popolo che fu il diretto protagonista delia letteratura biblica, la mentalità, la terra in cui viveva, la lingua che parlava, il tipo di scrittura impiegato e la trasmissione di tali documenti nel corso della storia. È necessario iniziare dalle origini, presentando la realtà fisica del paese della Bibbia, che, come si sa, coincide fondamentalmente con quanto si suole chiamare Palestina. Tuttavia, in un secondo momento, bisognerà compiere un percorso a ritroso nel tempo e ricostruire, per quanto possi­ bile, i nomi, i confini territoriali, i centri abitati della terra biblica nei tempi passati, precisamente nelPepoca in cui i diversi libri furono scritti, così da verificare e comprendere i riferimenti geografici in essi contenuti. Ma la «terra» non è solo descrizione topografica e toponomastica, an­ che se con echi lontani di tempi passati. La terra conserva nelle sue visce­ re i residui fisici, i resti archeologici della presenza degli uomini che la abitarono: le rovine delle città con le loro mura e le loro case, le tombe, i resti dell’arredo domestico. Tutto questo affascinante mondo archeologi­ co è indispensabile per ricostruire il passato e capire così la mentalità de­ gli autori sacri, comprendendo in tal modo quanto in ogni momento essi intesero dire.

Capitolo i

La geografia biblica

I. G E O G R A F I A F I S I C A

La regione naturale comunemente conosciuta con il nome di Palestina è collocata nella zona meridionale della costa più orientale del Mediterra­ neo, suddivisa attualmente tra i moderni stati di Israele e Giordania, in­ teressando in piccola parte anche il Libano e la Siria. La sua peculiare caratterizzazione geografica è determinata principal­ mente dalla presenza di un bacino idrografico chiuso (il sistema Giordano - Mar Morto), pressoché parallelo alla costa mediterranea e incassato in una profonda fossa tettonica. Questa è un tratto della cosiddetta Rift Valley, sistema di faglie continue, con affossamento parziale della crosta terrestre che, procedendo dal sud della Turchia, continua a ovest della Si­ ria e dà origine al bacino dell’Oronte (arab. Nahr el-Asi),1 tra le catene del Gebel en-Nusairiyeh e del Gebel ez-Zawiyeh, per proseguire nel Liba­ no attraverso la valle della Beqà* tra le alte catene del Libano a ovest e dell’Antilibano a est. Tale solco funge da bacino collettore per il fiume Oronte, che scorre verso nord, e per il LitànI, che scorre verso sud. En­ trambi i corsi fluviali terminano deviando bruscamente verso occidente, per sfociare nel Mediterraneo. Solamente a partire di qui il sistema del Giordano costituisce un vero bacino chiuso. Più a sud la fossa prosegue, dando origine al Golfo di ‘Aqaba e al Mar Rosso, e penetra infine nel continente africano, che attraversa da nord a sud nella sua parte centro­ orientale, pressoché parallela alla costa dell’Oceano Indiano. Si trova in stretta relazione con l’esistenza dei più caratteristici fenomeni geografici dell’immenso continente, tra i quali i grandi laghi ai confini di Kenia, Tanzania e Uganda. V

v

i . Per la toponomastica adottata si ponga attenzione a quanto segue: i nomi con equivalente ita­ liano (ad es. Betlemme) consertano perlopiù questa forma; in altri casi, per località situate in ter­ ritorio israeliano ci si è attenuti alla forma ebraica attuale, per luoghi geografici situati in territo­ rio arabo si è di solito preferita la denominazione araba. Sussistono eccezioni per talune denomi nazioni, tanto neiPuna che nell1altra lingua, già consacrate dall’uso generale. Per Ponomastica del periodo biblico si sono seguiti prevalentemente Y . Aharoni - M . Avi-Yonah, Atlante della Bibbia, Casale Monf. 1 9 8 7 ; V . Fritz, Introduzione all1archeologia biblica, Brescia 1 9 9 1 ed E. Schùrer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (17 5 a.C. - 1 3 j d.C.), Brescia 19 8 5 ss.

i. Il bacino del Giordano Il fiume Giordano nasce alle pendici dell’Antilibano, ai piedi del mon­ te Hermon (Cebel esh-Sheikh, 2759 m). Ha tre sorgenti principali: elHasbani, ruscello cbe scende con cascate e precipizi dalla Beqà1, Ti­ tàni e Bànyas, che discendono dalle falde del Hermon, in mezzo a un bel paesaggio montano rivestito di boschi. Nel punto della loro confluen­ za, i tre ruscelli formavano, in una splendida pianura, il Lago Utile, lungo 4 km ca. e poco profondo, oggi prosciugato artificialmente. Il fiu­ me prosegue verso sud incassandosi in una stretta gola basaltica, attra­ verso la quale scende precipitosamente fino a sboccare nel Lago di Genezaret. In un tratto di ca. r6 km scende più di 200 m, giacché la superficie del Lago di Genezaret si trova a 2 1 1 m sotto il livello del Mediterraneo (misurazione del 1986). Tale lago, conosciuto anche con i nomi di Tiberiade o di Mare di Galilea, ha un'estensione approssimativa di 21 km di lunghezza per circa 12 di larghezza. Sulla sua riva occidentale si apre una fertile piana. Il lago, la cui profondità raggiunge poco più di 40 m, è di acqua dolce e abbonda di pesci. Il Giordano riprende il suo corso partendo dalla riva meridionale del lago e con numerosi meandri va scorrendo attraverso la suggestiva de­ pressione del Giordano, conosciuta anche con il nome di el-Gór, per un tratto di circa 100 km fino a sfociare nel Mar Morto, La sua superficie si può calcolare, a tutt’oggi, sui 403 m sotto il livello del Mediterraneo (mi­ surazione del 1984), costituendo la depressione più profonda del nostro pianeta. La larghezza della valle è disuguale, da ca. 3 km nella zona piu stretta, fino a ca. 20 nella più ampia, ormai alla fine del suo percorso. Il Mar Morto ha una lunghezza di ca, 85 km e una larghezza massima di ca. 15 . Le sue acque sono molto salate, mancano di fauna ittica e i fonda­ li giungono sino alla profondità di 400 m (ca. 800 m sotto il livello del Mediterraneo), sebbene nella zona meridionale, a partire dalla penisola di el-Lisàn, situata sulla riva orientale, la profondità decresca in modo considerevole. A sud del Mar Morto s’incontra una specie di reiterazione del Giorda­ no. È il Wiidi el-£Àrabah, solco impressionante con un alveo secco che dal Golfo di ‘Aqaba va scendendo fino al Mar Morto in senso inverso al Giordano, evidenziando la continuità della grande fossa tettonica. Il fiume Giordano, di acque perenni, riceve i suoi principali affluenti a sinistra. Essi sono: lo Yarmuk (arab. Sheri‘at el-Menàdire), che riversa le sue abbondanti acque nel Giordano poco dopo l’uscita di questo dal Lago di Genezaret; il Nahr ez-Zerqa (ebr. Yabboq), a metà strada tra i due grandi laghi; il Sei el-Mogib (ebr. Arnon), che sfocia direttamente nel Mar Morto, sulla riva orientale, attraverso una gola impressionante. Gli

Geografia fìsica

*9

affluenti di destra sono invece trascurabili e privi di acque perenni (bor­ ri secchi per la maggior parte deiranno). Si distinguono solo il Nahal Harod e il Wàdl el-Fàrca (ebr. Nahal Tirsa). 2. La regione cisgiordana A ovest della valle Giordano - Mar Morto fino al Mediterraneo è collo­ cata la regione cisgiordana o Palestina propriamente detta. Una catena montuosa parallela alla valle si dispiega poco più a sud dell’uscita del corso del Giordano dal Lago di Genezaret fino all’estremità meridionale del Mar Morto. Le cime più alte del sistema, conosciuto con i nomi di Montagna di Samaria o di Efraim a nord e Montagna di Giuda a sud, so­ no il òebel el-‘Azur (ebr. Ba‘al Hasor) di 10 16 m sul livello del M e­ diterraneo nella parte settentrionale e una punta di 1020 m nella zona meridionale del sistema presso la città di Hebron. Poiché la distanza tra questa serie di vette e la depressione del Giordano è di appena 20 km. in questo breve spazio il dislivello è notevole, giungendo fino ai 1400 m. A occidente, invece, le montagne declinano più dolcemente, dando luo­ go a un paesaggio collinare denominato la Shefela. Gli sono contigui la pianura costiera, a volte disseminata di dune, e infine il M ar Mediterra­ neo. In questa zona mancano buoni porti naturali. Sulla costa sfociano piccoli corsi d’acqua, dei quali soltanto lo Yarqon merita di essere citato. Di solito sono alimentati alle loro testate da vari torrenti che scendono dalla montagna attraverso strette valli, di questi il Wàdl Nàtuf è uno dei più noti. A mano a mano ci si muove verso sud, la linea costiera si allontana a occidente, per cui la zona collinare e la pianura si ampliano. All’altezza della parte meridionale del Mar Morto si può dire che la montagna sia scomparsa. La costa, a sua volta, si è allontanata definitivamente nel mo­ mento in cui piega verso ovest formando un angolo retto e dando inizio alla sponda del litorale nordafricano. Siamo in una vasta regione che si estende fino al Golfo di ‘Aqaba e riceve il nome di Negev. E delimitata a oriente dall’Araba e a ovest dalla penisola del Sinai. Nei pressi dei confini di questa regione egiziana emergono alcuni importanti massicci montuosi (Har Ramon, 10 35 m). Un grande e complesso sistema idrografico di alvei normalmente sec­ chi convoglia le acque di buona parte del Negev settentrionale verso il Mediterraneo: è il bacino del Nahal Besor, che sfocia a sud di Gaza. D ’altra parte, il Negev centrale e meridionale fa confluire le sue acque verso l’Araba attraverso un’infinità di torrenti, tra i quali il Nahal Paran si distingue per ampiezza. A nord della Montagna di Samaria si estende una grande e fertile pia­

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La geografia biblica

nura detta dì Izreel o di Esdrelon, che con andamento trasversale mette in comunicazione la pianura costiera con la valle del Giordano, a sud del Lago di Genezaret. Questa pianura si addossa a una catena di rilievi che, partendo dai monti dì Samaria, prosegue con una serie di alture collinari e termina poi con la catena del Carmelo. Va in direzione nord-ovest e si dirige verso il Mediterraneo, nel quale penetra con un promontorio pres­ so Haita. Verso sud-est, la pianura di Izreel si restringe per la presenza dei Monti di Gelboe, che avanzano al di sopra di essa, partendo dalla Montagna di Samaria. Alle falde di questi rilievi si trova Bet Shan, presso cui scorre il Nahal Harod* che convoglia le acque della pianura verso il Giorda­ no, mentre un altro fiume, il Nahal Qishon, scorre nella parte settentrio­ nale della medesima, in direzione opposta, andando a gettare le sue ac­ que nei Mediterraneo presso Haifa. A nord di questa grande pianura si trova un altra estesa zona di colline e rilievi di media altezza, uno dei quali, il Tabor (588 m), supera gli altri dominando la piana. Si tratta della regione chiamata Galilea Inferiore, compresa tra i porti naturali di Haifa e di San Giovanni d’Acri (ebr. Akko), situati in un’ampia pianura costiera, a occidente, e il Lago di Gene­ zaret a est. Più a nord il paesaggio ridiventa accidentato, con alcune ci­ me, come Har Merom (arab. òebel Germaq) che raggiunge i 1208 m e separa di nuovo le pianure della costa dalla valle del Giordano. È la Gali­ lea Superiore. 11 paesaggio va poi progressivamente addolcendosi a nord fino all'alveo del fiume Lìtànl. Siamo ormai in territorio libanese. 3. La regione transgiordana A est della depressione del Giordano la struttura morfologica risulta me­ no complessa, poiché si configura in un immenso altipiano, interrotto di tanto in tanto dai solchi fluviali cui abbiamo accennato sopra. La piatta­ forma in questione, sul suo fianco occidentale, discende a valle abbastan­ za bruscamente, mentre a oriente si prolunga fino a confondersi con il Gran Deserto siro-arabo. La zona a oriente della regione compresa tra le sorgenti del Giordano e la riva meridionale del Lago di Genezaret corrisponde alle alture del G e­ lati. Nella parte settentrionale si osservano anche le ultime propaggini della catena dell Antilibano e alcuni crateri vulcanici spenti; tuttavia l’al­ tipiano è, complessivamente, uniforme e fertile e si estende verso oriente col nome di En-Nuqra ormai in territorio siriano. Termina in una zona inospitale, di formazione vulcanica, chiamata El-Leha, presso la quale si erge maestoso il Monte Druso (òebel el-Druz, 1839 m). Quest’area rice­ ve il nome generico di El I tawran.

Geografia fisica

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Tra i fiumi Yarmuk e Zerqa si incontra la regione chiamata ‘Aglun, pianeggiante a nord e montuosa a sud, ove si innalzano cime considere­ voli, come il òebel Urnm el-Darrah (124 7 m). La regione di Balqa* corrisponde al tratto di altipiano tra i fiumi Zerqa e Mogib. In generale, il bordo sovrastante la depressione del Giordano è più elevato e presenta alcune cime montuose. E il caso del cosiddetto Monte Nebo (808 m). A sud del fiume Mogib si trova Paltipiano di Kerak. Al di là del WàdI el-Hesa si estende l’elevato altipiano di Edom, diviso in due dalla de­ pressione di Feinan (ebr. Punon), che vi si incunea a partire dall*Araba. Sull’altipiano vi sono aree montuose con cime non trascurabili, come il òebel el-Ataita (16 4 1 m), il òebel Mubarak (1727 m) e il òebel el-Yaman (1665 m), dal quale prende avvio verso oriente una derivazione se­ condaria di questa catena. Tra i due sistemi di piattaforme e montagne si estende una zona relativamente bassa, pianeggiante e desertica, nota col nome di Hisma. 4, Clima e vegetazione Il clima della Palestina è determinato dalPinfluenza contrapposta di due importanti fattori geografici: il Mar Mediterraneo e il deserto. Separati l’uno dall’altro dalla breve distanza di ca. 13 0 km in media, determinano la grande diversità di paesaggi esistenti nel piccolo paese e le variazioni climatiche stagionali. La costa è dominata dai venti umidi del mare e, di conseguenza, è ferti­ le, verde e di clima mediterraneo, con temperature invernali tra i ro e i 15 gradi centigradi ed estive tra i 27 e i 32. L ’aria umida sale dalla Shefela e dalle colline di Galilea, per penetrare poi, attraverso la valle di lzreel, ver­ so l’interno, creando una zona fertile coperta parzialmente da boschi in prevalenza di querce, con una media pluviometrica annua di 1200 mm. Più a nord, sopra i pendìi scoscesi del Libano e dell5Antili bario si estende­ vano un tempo i famosi boschi di cedri. I monti di Samaria e, soprattutto, quelli di Giuda, sebbene dominati dal vento del mare, sono, a causa della loro altezza e della natura del ter­ reno, regioni aspre e con vegetazione piuttosto povera, dove si coltiva la vite, si fa crescere Pulivo e abbondano i cipressi. A Gerusalemme la media annua di pioggia è di 600 mm. La temperatura, benché in estate possa es­ sere elevata (30 gradi a Gerusalemme), scende notevolmente durante la notte (r8 gradi a Gerusalemme). Se da un parte le nubi rimangono bloccate nella parte esterna della ca­ tena, mentre il versante est della medesima ne rimane per cosi dire al ri­ paro, dall’altra Passai accentuato dislivello che questa zona montuosa

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presenta a oriente produce un effetto del tutto peculiare in meteorologia: l'aria, nello scendere, si riscalda di un grado ogni io o m e di conseguenza diventa secca. Perciò la vegetazione scompare creando un paesaggio de­ sertico estremamente arido e frastagliato soprattutto nella parte meridio­ nale (Deserto di Giuda). Questi pendìi, inoltre, sono direttamente esposti ai venti secchi provenienti dal Gran Deserto siro-arabo e buona parte di essi si trova già sotto il livello del Mediterraneo, il che comporta un'ele­ vata pressione atmosferica. Ciononostante, in inverno può piovere sal­ tuariamente per qualche giorno; l'acqua scorre allora impetuosa sul fon­ do delle valli scoscese e strette che costituiscono il tipico paesaggio del Deserto di Giuda e rimangono asciutte per tutto Panno. Per le condizioni sopraindicate le pianure del Giordano si configurano come paesaggio desertico, tranne a settentrione, attorno al Lago di Genezaret, dove penetra Paria umida principalmente attraverso la valle di Izreel. La stretta fascia che accompagna il corso del Giordano con i suoi innumerevoli meandri costituisce un nastro verde e rigoglioso con un mi­ croclima tropicale. Va impoverendosi a mano a mano ci si avvicina al Mar Morto, nelle cui vicinanze non c’è vegetazione, costituendo uno dei paesaggi più desolati del mondo. Alcune sorgenti in luoghi isolati della depressione creano suggestive oasi; è il caso di Gerico, dove, tuttavia, la temperatura media estiva è di 40 gradi. In questa località la media annua di pioggia è di 200 tnm, A sud del M ar Morto arriva solo a 50 mm. Al contrario, la Galilea è di clima mite e paesaggio verdeggiante, espo­ sta com’è al benefico influsso del Mediterraneo. La modesta differenza di altezza tra le colline e il livello del Lago di Genezaret non consentono il fenomeno della desertificazione registrabile nel corso inferiore del Gior­ dano. Solo sulla riva settentrionale del lago il paesaggio mostra maggiore aridità. Il Negev, per la sua situazione geografica, non è beneficato dai venti umidi del Mediterraneo; perciò è un enorme deserto che le attuali tecni­ che d’irrigazione dello stato d’Israele hanno potuto trasformare solo par­ zialmente e in misura molto marginale. La media pluviometrica annuale a Beersheba è di 143 mm. A est della valle del Giordano segue, con carattere semidesertico, il pendio che sale al grande altipiano di Transgiordania. Tuttavia, a mano a mano ci si innalza in quota dominando i monti della Cisgiordania, i pendii e successivamente l’altipiano si trasformano in una regione fertile, esposta ai venti del Mediterraneo, creando un paesaggio di una certa au­ sterità (molto simile alla meseta castigliana) ove si ottengono buoni rac­ colti di cereali. Sulle colline a nord del WàdI Zerqa si vedono i resti del­ l’antico bosco di Galaad, costituito principalmente da querce. Più a est, si

Geologia

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presentano i venti orientali del deserto che bloccano gli influssi del Medi­ terraneo. Inizia così una zona stepposa, che va confondendosi con la grande estensione desolata conosciuta col nome di Gran Deserto, il quale a oriente continua fino a [f Eufrate e a sud penetra nell5Arabia Saudita. L’alterno dominio di influssi marini o desertici non solo, come andia­ mo dicendo, determina la diversità di paesaggio, ina influisce anche sulle variazioni atmosferiche durante Panno. L’equilìbrio tra i venti mediter­ ranei o desertici non è sempre costante. Sul!'altipiano cerealicolo trans­ giordano per gran parte dell'anno dominano i venti dell’est, freddi in in­ verno e torridi in estate. Abbiamo già detto che nel deserto di Giuda in Cisgiordania soffiano periodicamente anche questi venti, che salgono fino alle cime della catena e si dirigono verso la costa, creando un ambiente afoso, soprattutto in alcuni giorni di primavera e di autunno. E il tipico vento di terra, chiamato hamsin. In generale, e per riassumere, possiamo dire che l’inverno in tutta la Palestina è breve, relativamente freddo nelle zone più alte e con precipitazioni molto intense. Sulla Montagna di Giuda può capitare che nevichi. La primavera è temperata, tranne i giorni di hamsin, benché in montagna la temperatura continui ad abbassarsi abba­ stanza durante la notte. Normalmente non piove, salvo le cosiddette vpuigge tardive», a carattere limitato. L ’estate è calda in tutto il territo­ rio. Soltanto le zone piu elevate godono durante le notti del sollievo deri­ vante dalla loro posizione favorevole. Anche Pautunno è secco, ma meno caldo, tranne i giorni di hamsin; tuttavia già cominciano a spirare su quasi tutto il territorio i venti mediterranei, che finiscono per portare dapprima in forma discontinua le «piogge precoci» e infine le precipita­ zioni dell’inverno. I I. G E O L O G I A

In Palestina non rimangono che scarsi resti delia primitiva piattaforma continen­ tale del Precambrico, costituiti da rocce metamorfiche, nella regione del Golfo di (Àqaba e nei suoi dintorni. Del Giurassico, in piena Era Secondaria, sono i terreni sedimentari di arenaria a est del M ar M orto e nella valle del WàdI Zerqa. N on o ­ stante ciò, la maggior parte delle formazioni geologiche del paese, almeno la par­ te più caratterizzante, appartiene al Cretaceo. Del Cenomaniano (Cretaceo M e­ dio) sono la maggioranza delle rocce calcaree dei M onti di Giuda, Samaria, G aiaad e buona parte della Galilea e il Carmelo. A esse di solito si sovrappone il Turouiano. Del Senoniano (ormai ne! Cretaceo Superiore) abbiamo altri calcari te­ neri, caratteristici del Deserto di Giuda e di gran parte delPaltipiano ftansgiordano, oltre il bordo che guarda verso la depressione del Giordano. Nel Terziario, durante l’Eocene, gran parte della Palestina era coperta dal m a­ re, ma già allora si determinavano le spinte responsabili dei ripiegamenti nel blocco di strati depositati sul fondo marino. A quest’epoca risalgono certi terreni

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calcarei del Negev, del ‘Agiati e della Galilea. N d Miocene si sviluppò la più im­ portante fase orogenetica all’orìgine di pieghe e fratture in tutti gli strati piu anti­ chi, la quale fece emergere le terre del paese, a eccezione delle pianure costiere. Ciò permise la risalita della lava vulcanica che ha dato origine ai basalti nei din­ torni del Lago di Genezaret, di HQle e nel massiccio del óebel Druz. Allora si produssero le grandi faglie che da nord a sud formarono la fossa tettonica del Giordano, con tutta la serie di faglie secondarie orientate in diverse direzioni. Tra esse si può citare quella che separa la Shefda dai M onti di Giuda, pressoché pa­ rallela a quella del Giordano, e la grande faglia a nord del Carmelo, che determi­ na l'orientazione obliqua, rispetto al sistema, della pianura dì Izreel. Durante il Quaternario, n d Pleistocene e allim zio dell’Olocene, si formarono le pianure costiere, a causa del fenomeno planetario delle glaciazioni e dei movi­ menti che mutarono ripetutamente il livello marino. Un enorme lago, conosciuto oggi col nome di Lisàn, che occupava tutta la depressione del Giordano, finì per frammentarsi e dar luogo al sistema attuale di laghi e al corso fluviale propria­ mente detto. À sua volta la depressione andò affossandosi progressivamente e gli affluenti furono costretti a scavare le loro tipiche gole, tra le quali si distingue quella di M ogib, che raggiunge una profondità di 700 m. Alla fine del Pleistocene ha inizio una fase d ’inaridimento progressivo nel clima del paese, che, con alcuni intervalli, continua fino all’epoca attuale.

IH . G E O G R A F I A P O L I T I C A A T T U A L E

La Cisgiordania è oggi occupata dallo stato d’Israele, fondato nel 19 4 8 . 1 suoi confini sono il risultato della guerra arabo-israeliana e del conse­ guente armistizio del 1949. Nel 1967 e dopo la cosiddetta «guerra dei sei giorni», Israele occupò nuovi territori, stabilendo come confine con la Giordania il corso del Giordano. Questi territori rimangono sotto un’am­ ministrazione speciale, senza essere integrati completamente entro lo sta­ to, e la popolazione continua a essere arabo-palestinese. D ’altro canto, Israele ha annesso pienamente al suo stato le alture del Golan, un tempo della Siria. Il numero di abitanti dello stato d’Israele è calcolato intorno a tre mi­ lioni e mezzo; tre milioni circa sono ebrei, il resto è costituito da arabi e altre minoranze. A queste cifre bisogna aggiungere approssimativamente un milione di abitanti nei territori occupati: Giudea, Samaria e Gaza. Le città più importanti sono: Tel Aviv con 450000 abitanti, Gerusalemme con 400000 e Haifa con 2,30000. La Transgiordama, per parte sua, costituisce lo stato denominato Re­ gno Hashemita di Giordania. Dichiarato emirato di Transgiordania nel 1 9 1 1 , si trasforma in regno nel 1946 e adotta il nome di Giordania nel 1949. Conta attualmente tre milioni di abitanti. Ne è capitale Amman con un milione di abitanti.

r v . G E O G R A F I A S T O R IC A B I B L I C A

Si tratta ora di ricostruire sulla carta geografica della Palestina i riferi­ menti territoriali che si incontrano nel testo sacro e di localizzarvi i prin­ cipali toponimi citati. Il differente valore storico dei vari racconti biblici non è qui oggetto di analisi e discussione, poiché verrà trattato in altri ca­ pitoli di quest’opera. Ci limiteremo esclusivamente alPidentificazione to­ pografica e alPambientazione geografica dei fatti, siano questi reali o leg­ gendari. Anzitutto bisogna dire che la Palestina si trova in una delle estremità che Breasted definì a suo tempo «mezzaluna fertile». Si tratta in realta di un’ampia zona dell’occidente asiatico a forma di enor me mezzaluna, con le estremità rivolte a sud, costitmta da un insieme di paesi relativamente fertili, nella cui concavità è situata una delle regioni più aspre e desolate del pianeta, l’immenso deserto siro-arabo. L ’estremità orientale di questa mezzaluna fertile è formata dalla Mesopotamia, quella occidentale dalla Palestina e dal Libano. La valle del Nilo potrebbe essere considerata un ulteriore prolungamento, che si addentra nell’Africa. La parte centrale è costituita dalle valli superiori dell'Eufrate e del Tigri, che si collocano all’interno degli attuali stati di Sìria, Turchia e Iraq. Nell’antichità la Palestina fu sempre luogo di passaggio tra il potente impero egiziano e gli altri imperi orientali: ruttiti, assiri, babilonesi, per­ siani ecc. Le vie di comunicazione piu importami erano, con nomi bibli­ ci,1 la «via del mare» o via marìs (7s. 9,1), denominata anche «via dei Fi­ listei» (Es. 13 ,17 ) , che dall’Egitto seguiva la costa della Palestina fino al Monte Carmelo. Qui, evitandolo, attraversava un passo angusto, in pros­ simità della città di Megiddo, per giungere alla pianura di Izreel. Percor­ reva la bassa Galilea e si dirigeva verso il corso superiore del Giordano, vicino al Lago di Hule, per salire alla BeqìT o per inoltrarsi in Siria, strada di Damasco. L ’altra arteria importante era la «strada del re» (.Num . 20,19) che, procedendo dal Golfo di ‘Àqaba, saliva all’altipiano transgiordano dall’Araba e proseguiva parallela al sistema M ar Morto Giordano, a poca distanza dal bordo della fossa. Infine, si univa al prece­ dente percorso nelle alture del Golan. Esistevano inoltre altri itinerari se­ condari e in diversi punti diramazioni di interconnessione tra una strada e l’altra. È inoltre da aggiungere che il nome Palestina, qui ampliato ed estrema­ mente generalizzato per designare la regione che andiamo studiando, non2 2. È incerto se queste fossero le denominazioni che contraddistinguevano abitualmente tali strade e se corrispondessero all’intero percorso. D ’altra parte, più che di srrade costruite, si dovrebbe parlare di «itinerari». Fino all’epoca ellenistica o romana non si trasformeranno in vie o stiade maestre vere e proprie.

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compare mai nella Bibbia. Si trova piu facilmente in fonti romane del il secolo d.C. e probabilmente deriva dal termine pristini (filistei). Nella letteratura biblica il paese è designato con vari nomi, il più comune dei quali nelFÀ.T. è Terra di Canaan (ebr. ’Eres K cna‘an). i . Antico Testamento a) ì patriarchi I racconti della Genesi sulFepoca patriarcale riflettono un ambiente di popoli nomadi dediti alla pastorizia, che si muovono attraverso un terri­ torio in cui esistono varie città-stato, lutto il quadro risale all’incirca all’anno 1900 a.C., più o meno agli inizi del Bronzo Medio o periodo delle invasioni degli hyksos. Il clan semita di Abramo, che vive in tende, si muove da Harran nell’alto Eufrate e, si dice, ancor più da lontano, da Ur di Sumer. Percorre il paese attraverso la montagna da nord a sud, so­ stando nei luoghi che diverranno poi famosi come santuari. Si tratta, ap­ punto, della giustificazione del carattere sacro di tali luoghi per mezzo di distinte teofanie. Abramo è presente a Sichem (oggi I eli Balatah presso Nabius), sulla Montagna di Samaria, esattamente a un crocevia, dove la strada che se­ guendo la montagna va da sud a nord («la strada da Betel a Sichem» se­ condo Giud. 2.1,19) si unisce con l’altra che dal Giordano sale attraverso il Wàdl Fàr‘a, Questa, a sua volta, si collegava con il percorso che dall’al­ tipiano transgiordano scendeva verso !a fossa del Giordano attraverso la valle dello Yabboq (arab. Wadi Zerqa). Il patriarca si sposta per circa 50 km da Sichem a Betel (oggi Bétln, a nord-est di Ramalla). Da qui, attra­ versando la Montagna di Giuda, si inoltra nel Negev, da dove penetrerà in Egitto. Di nuovo ripercorre il cammino fino a Betel, dove si separa dal nipote Lot, che scende verso la pianura del Giordano. Àbramo si muo­ ve di nuovo verso sud e si accampa presso Hebron, importante località della Montagna di Giuda, che ancor oggi conserva questo nome, L ’episodio della campagna dei quattro re orientali, che con una spedi­ zione punitiva attaccano gli stati a sud del Mar Morto, consente alcune identificazioni topografiche, tra cui il caratteristico grande lago che ac­ quista il tipico nome di Mare Salato (ebr. Yàm ham-Melah), le mon­ tagne di Seir nella zona di Petra o forse, piu all’interno verso la penisola del Sinai, el-Paran a est di Àraba. Si menzionano i refaim, zamzumrnim, emim, horrei, antichi popoli segnalati anche a est di Araba in Deut. 10 -12 , e la città di Qadesh (‘Ain el-Qudeirat) nel Negev. Sodoma e Go­ morra potrebbero essere presumibilmente sepolte sotto il Mar Morto, a sud della penisola di Lisan, in una zona di acque poco profonde e di pro­ babile sprofondamento in epoca relativamente recente. Abramo inseguì

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Pesercito vincitore fino a Dan, in prossimità delle sorgenti del Giordano. Viene ricordata anche Hobah, a nord di Damasco. Più tardi fa la sua comparsa Melkisedeq, sacerdote e re di Shalem (Gerusalemme), e viene fatto riferimento al suo incontro con Abramo nella valle di Shaweh, nei pressi di questa città. Il patriarca prosegue il suo viaggio attraverso il Negev e giunge a Hebron, al querceto di Mamre; di nuovo si spinge fino alle vicinanze di Qadesh e Sur, si muove verso la costa in Óerar, oggi Tel Haror farab. Teli Abu Hureireh), tra Beersheba e Gaza, nei dintorni dell’attuale Nahal Òerar. Ritorna a Beersheba, giunge al Monte Moria, che una successiva tradizione collocherà a Gerusalemme nel luogo in cui sorgerà il tempio, e infine sia lui sia la moglie Sara verranno sepolti a Hebron, nella grotta di Malcpela. Mancano notizie letterarie sulla partenza di Isacco dal Negev; qui pre­ se come sposa Rebecca, che veniva da Harran, nell’alta Mesopotamia, e da qui si mosse verso Cerar, attraverso un itinerario che ripercorre la vi­ cenda del padre. In seguito sembra insediarsi a Beersheba. Da qui parte il figlio Giacobbe verso Harran. Seguendo il percorso della montagna, giunge a Betel, dove passa la notte ed è protagonista di una teofania. Pro­ babilmente da Sichem, attraverso la strada già menzionata che attraversa il Giordano e sale all’altipiano transgiordano, si dirige verso il corso su­ periore dell’Eufrate. In effetti, questo percorso sarà descritto minuziosa­ mente come quello seguito da Giacobbe al suo ritorno, menzionando il nome del fiume Yabboq e le città transgiordane di Penuel (oggi Teli edDahab) e Sukkot (oggi Teli D e icAllah), entrambe nei basso Yabboq, co­ me le città di Sichem e Betel. All’arrivo, si dirige immediatamente a Efrata, probabilmente un villaggio nel territorio di Beniamino, in cui que­ st’ultimo patriarca nascerà e la madre Rachele morirà di parto. Una tra­ dizione relativamente antica ne colloca la tomba a Betlemme; a essa si ri­ ferisce il testo di Gen. 35,19 . Esaù, da parte sua, appare come patriarca del popolo di Edom o Seir, in Transgiordania, a sud-est del Mar Morto. Giuseppe, inviato dal padre Giacobbe incontro ai suoi fratelli, segue il medesimo percorso, attraverso la montagna, da Hebron, dove risiedeva il padre, fino Sichem e di qui a Dotan (oggi Teli Dolan, a 8 km da Genin). Raccolto da una carovana di mercanti «ma diani ti», viene condotto in Egitto e venduto come schiavo. Sembra che Giacobbe continui a vive­ re a Hebron e, scendendo in Egitto per incontrare il figlio, sosti a Beer­ sheba, in cui ha luogo una teofania. Verrà infine sepolto a Hebron ac­ canto ai suoi antenati, benché al riguardo sembri esservi un’altra tradi­ zione (Gen. 50,5).

b) L ’esodo Oggi si ritiene che non tutte le tribù israelite fuggirono dall’Egitto nella migrazione nota con il nome di «esodo». Alcune erano già in Palestina, altre probabilmente si unirono alla migrazione nel deserto, senza aver mai posato piede nelle terre del Nilo. Dal punto di vista geografico, la strada dell’esodo e Pidentificazione di tutte le tappe citate nella Bibbia costituiscono un problema ancora insolubile. La questione principale sta nella precisa identificazione del monte sacro della teofania, chiamato nei testi Sinai dalla tradizione jahvista, e Horeb dalla tradizione elohista e nel Deuteronomio. La tradizione cristiana, che identifica il Sinai con il Cebel Musa, nella parte meridionale della odierna penisola del Sinai, non gode di un solido fondamento. Se la teofania è in relazione con un’eruzione vulcanica, come si potreb­ be dedurre dalle fonti jahvista e deuteronomista (Es. I9 ,i8 -Z 2; Deut, 4,1 i - i i ), allora non può certamente trattarsi dell’attuale Sinai, che non è zona vulcanica. Bisognerebbe cercare il monte nella Penisola arabica, vi­ cino alla costa, poco prima dell’insenatura del Golfo di cAqaba, nel mas­ siccio del Gebel Harab, dove in epoca storica vi sono stati vulcani attivi, come il Hala el Redr. Se, invece, la teofania è collegata a una forte tor­ menta, come la descrive l’Elohista (Es, 19 ,16 ), può essere avvenuta sia sul óebel Musa sia sul massiccio a nord di questa penisola, o in qualsiasi altro luogo del Negev. Si è pure parlato del Óebel Halal, a ovest di Qadesh, o della «montagna sacra» di Har Karkom, a sud-est del precedente, sebbene i ritrovamenti archeologici qui recuperati datino al ili millennio a.C. e non all’epoca dell’esodo. Si osservi, tuttavia, che il territorio di Madian, con il quale si pone in relazione direttamente il Sinai (Es. 3,1), era certamente nella Penisola arabica, precisamente nella regione di Ha­ rab, ancor oggi denominata Madian. Esiste al riguardo un'antica tradi­ zione giudaica, ben documentata, di cui in ultima analisi si fa portavoce Paolo quando dice; «Il monte Sinai è in Arabia» (Gal. 4,15). In ogni caso è possibile parlare verisimilmente delle prime tappe della fuga dall’Egitto e delle ultime dell’arrivo in Palestina, Come punto di par­ tenza si segnala la città di Ramses, Pi-Ramses, che è Tanis o i suoi dintor­ ni (Qantir). Si tratta della famosa grande città egiziana nella zona orien­ tale del Delta del Nilo. A Qantir, residenza di Ramses n, questo faraone aveva il suo palazzo, le cui rovine si conservano ancor oggi. La prima stazione menzionata sulla strada è Sukkot, probabilmente Pitom-Teku, la città del dio Atum, localizzata in Teli el-Maskhutah, a est del Delta, già via dei Laghi Amari. Questa città era citata anche nell’Eso­ do come uno dei luoghi in cui esisteva una colonia ebraica, che lavorava per gli egiziani. Si trattava di una fortezza per la sorveglianza della via

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del deserto. Tutta questa regione, nel Wàdi Tumìlat, dovette essere la Terra di Goshen, indicata anche nella Genesi come luogo di insediamenti ebraici. La seconda tappa è Etam, Si è parlato di una nota fortezza egizia­ na, Htm, a sud di Teku, citata dai testi, che potrebbe essere la stazione biblica, ma rimane incerto. La terza tappa è «Pi-hahìrot, tra Migdol e il mare», di fronte a Baal Sefon (Es. 14,2). Pi-hahirot sembra la corruzio­ ne di un nome egiziano, ma il luogo non è ancora localizzato. Migdol, al contrario, è ben noto e indica una fortificazione di frontiera del faraone Seti 1 a Teli el-Her, nei pressi di Pelusio, nel nord. Anche Baal Sefon, nome di una divinità fenicia che aveva un suo culto a Dafne, è una città a nord-est del delta. Ciò indicherebbe un itinerario in direzione del Medi­ terraneo attraverso la via maris o strada dei filistei; dò contraddice il te­ sto di Es. 1 3 ,17 -18 , che parla di una strada del deserto, senza dubbio me­ ridionale, Ma vi sono anche altre testimonianze sull'uso assai frequente nella zona di questi toponimi. Qui ha luogo il «passaggio del Mar Rosso» (ebr. Yàm Suf). Etimologi­ camente può significare «Mare di canne» e potrebbe riferirsi ai Laghi Amari e all acquitrino circostante (oggi inglobati nel canale di Suez) o alle paludi vicine al Mediterraneo nella zona di Pelusio, ipotesi che collime­ rebbe con la «strada settentrionale», o anche con lo stesso Mar Rosso nel Golfo di Suez, precisamente in una zona paludosa tra questo e i Laghi Amari sottoposta al regime delle maree del primo. Partendo da questo punto, il resto delle soste è di dubbia identificazio­ ne, rimanendo impossibile individuare la vera strada e la precisa localiz­ zazione del Striai. Tra 1 molti toponimi citati (piu di cinquanta stazioni) vi sono due punti inequivocabili, Qadesh-Barnea e Esion-Geber. Il pri­ mo si deve identificare con 4Ain Qudeirat, un'oasi a ovest del Negev cen­ trale; il secondo era un porto nel Golfo di ‘Àqaba, vicino a Elat. Sono co­ nosciute anche le ultime soste, sulTaltipiano di Transgiordania, A Qadesh il popolo israelita rimane accampato a lungo (Deut. 1,46). Da qui viene compiuto un tentativo di penetrazione nella terra promessa, messo in atto dai famosi esploratori (Num. 13 e 14), e probabilmente un'effettiva inva­ sione del clan di Caleb, dei keniti e dei kenizziti di Otoniel e, forse, di tut­ ta la tribù di Giuda e di parte di quella di Simeone (Num. 20,2; 2 1,1- 3 ; Gios. 14,6 ss.; Giud. 1,9 -17). Ma nemmeno si può scartare l'ipotesi che già allora fossero insediate nel paese, e in buona parte smembrate, le tribù di Simeone e di Levi, che in altri tempi avrebbero vissuto sulla Montagna di Samaria (Gen. 34,25-29). L’altro gruppo di tribù, comprendente Ruben, Efraìm, Manasse e Be­ niamino, dovette giungere, guidato prima da Mosè e poi da Giosuè, at­ traverso la cosiddetta «via dell'esodo», le cui ultime tappe, a partire da Qadesh, sono trasmesse da una duplice tradizione contraddittoria. Se­



La geografia biblica

condo Num. 10,14-2-3; 2 1,4 e Deut. 2,1-25, g^1 israeliti non attraversaro­ no i territori di Edom e Moab. SÌ diressero prima verso quello che più tardi sarebbe stato Esion-Geber nel Mar Rosso, passando forse dal ter­ ritorio delle miniere di rame di Punon, oggi Feinan, vicino all'Araba; o meglio, come sembra ancor più logico, attraversando Timna nella stessa valle dell'Àraba, ma molto più a sud e nella parte occidentale, dove ebbe luogo l’episodio del serpente di bronzo (Num. 21,4-9). Da ‘Aqaba si in­ camminarono per la «via del deserto», costeggiando i territori di due vil­ laggi fino oltre l’Ainon. Da qui, addentrandosi verso occidente, giunsero alle «steppe di Moab» nella valle del Giordano di fronte a Gerico, sulla riva orientale del fiume. La seconda tradizione, contenuta in Num. 33,41-49 e in Num. 2 1 ,1 0 ­ 20, suppone che il popolo attraversasse i territori di Edom e Moab per la «strada reale», passando anche per la città di Dibon. Si è detto che i due percorsi potrebbero alludere a due diverse migrazioni, una condotta da Mosè con le tribù di Lia e 1 altra da Giosuè con le tribù di Rachele. Non sembra che ciò abbia fondamento. Per di più si può pensare che la secon­ da tradizione sia successiva (appartiene al documento sacerdotale) e ob­ bedisca a una ricostruzione «dotta» del percorso che utilizzerebbe un iti­ nerario di viaggio esìstente all’epoca, totalmente diverso dal vero percor­ so delle tribù. In queste fonti affiorano alcune località ben conosciute, co­ me Paran, il torrente Zered (Wàdl el-Hesa), PArnon (Wàdi el-Mogib) e Dibon (DIbàn) a nord di questo fiume. c) La conquista I primi territori in cui s’insediarono gli israeliti provenienti dalla peregri­ nazione attraverso il deserto si trovano in Transgiordania. Comprendono una parte delPaltipiano, nell’area conosciuta come El-Belqa, a nord-est del Mar Morto. Per questo debbono affrontare il re cananeo di Hesbon, chiamato Sihon; lo sconfiggono a Iahas e ne occupano il territorio. Hesbon è identificato con Hesbàn, a nord di Madaba. Iahas, non loca­ lizzata, potrebbe essere a sud-est di Hesbon. La conquista di un ipotetico regno di Basan, ottenuta sconfiggendone il re Og, sembra un‘interpolazione successiva, senza reale fondamento storico né rispondente localizzazione geografica. Si può solo dire che Ba­ san è un territorio a oriente del Lago di Genezaret, ed Edrei, il luogo della battaglia, è Dera’a nell’alto Yarmuk. Sembra invece che gli israeliti occu­ passero la regione dei pascoli di lazer, a nord di Hesbon, e Gala ad, più a nord, ma senza superare, in quest’epoca, il corso dello Yabboq. Si com­ pleta, cioè, l’insediamento in tutto il territorio di El-Belqa, se, come sem­ bra piu probabile, non erano già insediati altri «israeliti» che non aveva-

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no partecipato alla comune marcia attraverso il deserto e con i quali il grosso della migrazione fraternizza al suo arrivo. Questi «israeliti» sareb­ bero la tribù di Gad. La storia di Balaam, la narrazione di Baal-Peor e la guerra contro i madianiti sono racconti recenti, privi di corrispondenza con la realtà dei fatti del periodo della conquista. Mosè non condusse il popolo oltre il Giordano. Contemplò la terra di Canaan solo da una montagna, il Monte Nebo, che la tradizióne localizza nella vetta oggi denominata Ras el-Siyaguh a nord-est di Madaba ( 7 11 m), da dove certamente si ammira una splendida vista sulPincavo del Giordano e sulla Cisgiordania. Probabilmente Nebo nel testo non signifi­ cava in origine altro che monte in senso generico. Il Giordano venne attraversato di fronte a Gerico. La città, situata su una collina nelPomonima oasi (Teli es-Sultàn), era allora, in pratica, un modesto villaggio, che venne facilmente conquistato. Successivamente, gli israeliti salirono sulla montagna e occuparono alcuni territori. Il testo riflette una tradizione eziologica, secondo la quale le rovine dell’antica e importante città di Ai (oggi Khirbet et-Tell), distrutta e abbandonata già un migliaio di anni prima che vi giungessero gli israeliti, sarebbero la te­ stimonianza probante delle vittorie nella campagna di conquista. Altre città, come Gabaon (Podierna El-òib), caddero senza combattere. M a una coalizione di re cananei provenienti dalla Shefela fu sconfitta da Gio­ suè nella valle di Bet-Horon, una delle più famose vie di comunicazione dalla montagna verso la Shefela, a nord di Gerusalemme. Che i «re» sconfitti coincidano con quelli citati nel testo è discutibile. Le città con­ segnate sono: Gerusalemme, Hebron, Yarmut, Lakish ed Eglon. La fu­ ga del nemico attraverso Aialon si concluse ad Azeqa. Yarmut è Tel Y ar­ mut, nei pressi di Azeqa, quasi sicuramente l’attuale Tel Azeqa (antico Teli Zakarlyeh), entrambe a sud di Bet-Shemesh. Bet-Horon e Aialon sono ancor oggi denominate così. Ma la presenza dei re di Gerusalemme e di luoghi più lontani, come Hebron, Lakish (Teli ed-Duwér, a ovest di Hebron) ed Eglon (forse Teli el-HésT, a ovest del precedente), va presa con molte riserve. In realtà, sembra trattarsi più di un artificio let­ terario dell’autore al fine di unire in successione la presa di queste città dei sud, la cui conquista non si deve al clan di Giosuè, ma agli sforzi della confederazione di Giuda. Forse alcune, come Hebron (G iud. 1,10 - 15 ) , vennero conquistate in quel lasso di tempo, ma altre, come Lakish, Eglon e Libna, non lo furono se non molto più tardi. La conquista del nord fu opera di un altro gruppo di tribù: Zàbulon, Issacar, Neftali e Àser; non giungevano dall’Egitto né avevano vissuto l’esperienza sinaitica. Vivevano nel paese dall’epoca patriarcale o, ancor meglio, vi entrarono provenendo dal deserto in un momento imprecisato, in ogni caso prima della «conquista» di Giosuè.

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Dopo il patto di Sichem, in cui gli uni e gli altri - quelli della migrazio­ ne di Giosuè e quelli del nord — adottano il culto di Jahvé, le tribù del nord si sollevano contio i cananei, con i quali avevano coabitato in pre­ cedenza, e, dopo la battaglia delle Acque di Merom (le sorgenti da cui si somministrava l’acqua per la città di Merom, probabilmente Teli elKureibeh, nei pressi del óebel Marun, a ovest di Hasor), divengono pa­ droni di questa famosa città. Hasor è perfettamente localizzata c ripor­ tata alla luce a sud-ovest del Lago di Hule. Nel racconto del suddetto patto si allude alle due montagne ai cui piedi si trova la città di Sichem (Teli Balatah}. Sono il Garizim e l’Ebal (rispettivamente 881 e 940 m), designati ancor oggi con gli stessi nomi. d) La Palestina alPepoca dei giudici La situazione della Palestina intorno all’xi secolo a.C., dopo che vi si era stanziato Israele, era dominata dalla presenza di quattro grandi ceppi di popoli. I cananei, che occupavano le zone più fertili e di maggiore impor­ tanza strategica della Cisgiordania, insediati in piccole città-stato. Le più importanti di queste erano, tra le altre, Gezer (Tèi Gezer), Bet-Shemesh (Teli er-Rumeileh) nella Shefela; Megiddo (Teli el-Mutesellim), Ta'anak (Teli T a‘annek) e Bet-Shan (Teli el-Husn) nella pianura di Izreel; Dor (El-Burg) e Akko (San Giovanni d’Acri) sulla costa e la stessa Gerusalem­ me sulla montagna. I filistei o «popoli del mare» erano allora insediati sulla costa in cinque città: Azoto o Ashdod, Àsqelon e Gaza sulla riva del mare, città che an­ cor oggi conservano l’antico nome; Akkaron o Eqron (oggi Qiryat ‘Eqron) e Gat (forse Tèi Negila), un po’ più nell’interno. Dall’altro lato del Giordano vi erano popoli apparentati con Israele. Gli aramei al nord, divisi in vari stati, una delle cui città era Damasco; gli ammoniti nel El-Belqa nord-orientale con Rabbat Ammon (l’attuale Am­ man) per capitale; i moabiti, sull’altipiano di Kerak, che avranno a lungo come frontiera il fiume Arnon al nord e il Wàdi el-Hesa a sud, benche talvolta siano riusciti a oltrepassare il confine settentrionale; gli edomìti, che dal Wàdi Hesa giungevano fino a ‘Aqaba. La loro città più importante era Bosra, l’odierna Buseira, a sud di Tafila. In sostanza Israele occupava il territorio più povero della Cisgiorda­ nia, ossia la montagna, e una limitata zona della Transgiordania. Era co­ stituito da una confederazione di dodici tribù, le cui frontiere appaiono definite nel libro di Giosuè, nel quale in proposito si confondono due do­ cumenti: quello dei «confini delle tribù» e la «lista delle città». Il primo descrive le delimitazioni territoriali di alcune tribù; con il secondo, che

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enumera le città delle altre, sì completa il panorama dell'occupazione israelitica del paese. Da nord a sud ci imbattiamo, prima di tutto, nella piccola tribù di Dan, che occupava l'omonima città (precedentemente chiamata Leshem) e il suo territorio, nei pressi delle sorgenti del Giordano. Questa occupa­ zione è successiva alla battaglia di Merom (ca. 1200 a.C.). Dan aveva an­ che un piccolo territorio nella Shefela, tra Sorea ed Eshtaol (G iud, 13 , 25), a sud del Wàdì Natuf, area di origine del piccolo gruppo che emigrò verso nord. Nella regione dei laghi di Hule e di Genezaret era stanziata la tribù di Neftali, che con Dan figura nella tradizione quale discendente di Bila, la schiava di Rachele. La tribù di Aser (discendente di Zilpa, la schiava di Lia) occupava la zona montuosa più occidentale della Galilea. Zàbulon e Issacar («figli di Lia»), tribù molto unite, abitavano sulle colline della Bassa Galilea. La loro presenza, attestata nella valle di Izreel, è probabil­ mente dovuta al fatto che lavoravano in quella zona per conto dei cana­ nei, come avveniva nella pianura di Akko per Zàbulon e Aser. A nord della Montagna di Samaria, compresa la città di Sichein, abita­ va la tribù di Manasse. Un altro clan di questa tribù —Maldr —emigrò verso la Transgiordania, presso i monti di Galaad. Efraim occupava, in­ vece, la parte meridionale della Montagna di Samaria, ma acquisirà una sempre maggior importanza e un territorio più ampio soprattutto a spese di Manasse. In Efraim si trovava allora l’importante santuario di Silo. Da parte sua, Beniamino (un’altra delle tribù di Rachele) possedeva la parte centrale della montagna tra la Samaria e Giuda, ossia il territorio a nord di Gerusalemme, e la sua giurisdizione giungeva fino alla valle del Giordano. Tra le città più importanti figurano Betel, Gabaon, Mispa (Teli en-Nasbe) e Gerico. Giuda, assieme ai clan che aveva inglobato (keniti, calebiti e kemzziti), possedeva la montagna omonima, dalla zona a sud di Gerusalemme fino al Megev, dove si mescolava con la tribù sorella di Simeone, praticamente assorbita da quella di Giuda. La terza tribù sorella, Levi (tutte e tre di­ scendenti da Lia), mancava di territorio proprio. Le città tradizionali di Giuda furono Betlemme e Hebron. Al di là del Giordano e a sud di Manasse si trovavano Gad, che occu­ pava la zona settentrionale di El-Belqa, e Ruben, insediato nella zona me­ ridionale, a nord delPArnon. Ruben praticamente scomparve a seguito delle contìnue pressioni di Moab da sud e di Gad da nord. L ’espansione dagli sterili territori israeliti verso le zone più ricche, oc­ cupate dagli altri popoli, fu un processo molto lento che in qualche caso non giunse mai a termine. Per il momento, all’epoca dei giudici l’attività israelitica fu soprattutto di difesa. Il kenizzita (giudaica) Otoniel combat-

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te con successo contro Edom (e non «Aram», come a causa di una confu­ sione di lettere scrive il testo ebraico attuale). Il beniaminita Eud affronta i moabiti nella valle del Giordano, sui confini in cui questi erano giunti durante le loro incursioni «imperialiste». Probabilmente la scena bibli­ ca si svolge a Gerico, cui va riferito l’appellativo di «città delJe palme» (Gìud. 3,13). Debora, sulla montagna di Efraim, sprona Baraq a riunire Nettali e Zàbulon contro Sìsera (supposto generale del re di Hasor e, in realtà, forse un capo guerriero dei «popoli del mare»), che riescono a sconfiggere nei pressi del fiume Qishon nelle vicinanze di Megiddo. Ge­ deone, della stirpe di Manasse, sbaraglia le orde madiamte (nomadi del deserto) che, originarie dei territori al di là della Transgiordania, devasta­ vano il paese. La battaglia avvenne a Nahal Harod, ossia scendendo da Izreel verso il Giordano. La persecuzione dei vinti prosegui anche in quella pianura e, quando tenteranno di risalire la valle dello Yabboq pas­ sando da Sukkot e Penuel, anche li verranno inseguiti e catturati dalle truppe reclutate da Manasse, Zàbulon e Aser. Jefte, invece, che viveva nell5«antico» Galaad, a sud dello Yabboq, è un gadita il quale, benché si fosse rifugiato a Tob, probabilmente un villag­ gio sulla montagna di Gala ad, a nord di quel fiume, deve scontrarsi con l’espansione degli ammoniti. Consegue la vittoria ad Aroer e ad Abel Keramim. La prima non è la torre omonima che domina PArnon, in seguito una roccaforte di Moab, ma un’altra fortezza in prossimità di Amman (probabilmente Khirbet el-Beder); la stessa cosa vale per Abel (forse Kom Yadhaz). La città di Mispa di Galaad, dove venne seppellito Jefte sa­ rebbe Khirbet ò e ’ad, a sud dello Yabboq. Lo scenario delle avventure e delle lotte del danita Sansone contro i fi­ listei si colloca nelle note città di Sorea e Timna, entrambe attualmente identificate con questo stesso nome, nella Shefela vicino a Bet-Shemesh, e in Asqelon e Gaza sulla costa. e) La monarchia 11 giudice Samuele rappresenta il passaggio dalla federazione o anfizionia

tribale alla monarchia israelitica. Coincide precisam ente con il momento di maggior potere dei filistei. Samuele è un efraimita di Rama (probabil­ mente Rentis nella Shefela, a nord-est di Lidda). Trascorrerà la sua vita nella città santuario di Silo (oggi Selun, sulla Montagna di Samaria). Si narra che lì partecipasse alle vicende della guerra contro i filistei dì EbenEzer, forse Izbet Sartah dì fronte ad Afeq alle sorgenti dello Yarqon, dove Israele perde Parca. Quest'ultima verrà portata attraverso le famose città filistee di Ashdod, Gat e Akkaron, finché non sarà restituita a Israele in Bet-Shemesh (nei pressi dell’attuale omonima città nella Shefela, a ovest

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di Gerusalemme). Da lì sarà in seguito trasportata a Kyriat-Iearim, verso la montagna, probabilmente nel luogo ancor oggi così denominato, nei pressi di Abu Gos. Samuele esercita la funzione di giudice in Israele in modo itinerante tra la città di frontiera di Betel e le città beniaminite di Mispa, Rama di Be­ niamino (rodierna Er-Ràm) e Gaigaia (luogo non identificato, nelle vici­ nanze di Gerico). In questo ambiente di predominio beniaminita fa la sua apparizione il primo re, Saul, nativo di Gabaa (ebr. Gib‘ah), oggi Teli el-Fùl, in prossi­ mità (a nord) di Gerusalemme, diversa da Geba o G ifiat Ha-Elohim (og­ gi òeb ae), roccaforte dei filistei, a nord-est dell’altra. Da Gabaa il re or­ ganizza spedizioni militari contro gli ammoniti per liberare Iabesh di Galaad (di incerta identificazione, nel ‘Aglun transgiordano, forse Teli elMaqlùb); contro i filistei, scendendo a Mikmash (oggi Muhmàs, percorso da Betel per il Giordano) e contro gli amaleciti, ai confini del Sinai e del Negev. La battaglia finale, nella quale Saul e il figlio Gionata trovano la morte, ha luogo a nord della Montagna di Samaria sul monte Gelboe, che si affaccia sulla valle di Izreel. I filistei stavano accampati a Shunam (oggi Sulam, a est di Afula) nella valle e Saul si era recato a consultare una pi­ tonessa che viveva a Endor alle falde del Tabor. Le spoglie del re vinto e morto e del figlio furono appese ai muri della vicina città di Bet Shan, nella valle del Giordano, dove vennero raccolte da alcuni israeliti di Transgiordania, di Iabesh di Galaad. Davide, nativo di Betlemme in Giuda, compare nella battaglia del Te­ rebinto, nelle vicinanze di Azeqa, nella valle di Elah, tra Betlemme e Gat; più tardi ad Adullam, dove sconfigge i filistei. Quindi, perseguitato da Saul, vaga nel deserto di Giuda e nelle zone limitrofe, giungendo da un lato fino a Engaddi sul M ar Morto e dall’altro fino a Karmel (El-Kirmil), a sud di Hebron. In seguito si arruola come mercenario al servizio dei filistei di Gat e combatte contro gli amaleciti a Siklag, città di discussa individuazione nel Negev. Infine Davide è proclamato re a Hebron e Ishbaal, il figlio di Saul, a Mahanaim, città di non facile identificazione, in Transgiordania sullo Yabboq (forse Teli ed-Dahab el-Ghardi). A Gabaon (El-Òib) si consuma il breve scontro fra le truppe dei due re nei pressi della famosa sorgente della città. Più tardi Abner, generale e ambasciatore di Ishbaal, è assassi­ nato a Hebron. Proclamato re di tutto Israele, Davide conquista la città gebusea di Ge­ rusalemme per farne la capitale del regno e da qui comincia una sequela di azioni militari che lo porteranno a costituire quasi un piccolo impero nel Vicino Oriente. Vince i filistei nella valle di Refaim, uno dei pendii più importanti verso la Shefela, a sud di Gerusalemme, e li insegue fino al■



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l’entrata di Gezer (a sud-est di Ramla). Pacifica il Negev, controllando gli amaieciti, e intraprende una serie di campagne vittoriose in 1 ransgiordama conquistando Ammon ed Edom e sottomettendo a tributo Moab e i regni aramaici del nord, incluso Damasco. Durante il suo regno ebbe luogo la rivolta del figlio Assalonne. Procla­ mato re a Hebron, si dirige a Gerusalemme. Davide, attraversando il Cedron e il Monte degli Ulivi, fugge verso il Giordano, lo attraversa e si muove alla volta di Mahanaim in Galaad. A nord dello Yabboq, nel fitto bosco di lecci, divampò una lotta cruenta fra le truppe di Davide e quelle di Assalonne. Quest’ultimo, rimasto impigliato a uno degli alberi, fu ucciso. Salomone non riuscì a tenere sotto controllo tutto l’impero paterno, perse infatti buona parte di Edom e Aram; ciononostante, fortificò città come Hasor, Megiddo e Gezer. Per agevolare Fazione fiscale suddivi­ se il territorio in dodici distretti, non corrispondenti all’antica divisione in tribù. Giuda ne rimaneva escluso. I distretti erano i seguenti: la Monta­ gna di Efrairn, Gezer nella Shefela, Hefer e Dor sulla costa, Megiddo in Izreel, Ramot Galaad e Mahanaim in Transgiordania, Neftali, Aser, Issacar in Galilea, Beniamino nel suo tradizionale territorio, e Gad a est del Mar Morto. Favorì il commercio costruendo il porto di Esion-Geber nel golfo di ‘Aqaba da dove inviava navi a Ofir, forse sulla costa arabica o, in Africa, su quella somala. La regina di Saba, nello Yemen, visitò Salomone a Ge­ rusalemme. L ’alleanza con il re fenicio di Tiro, che gli forniva materiale (soprattutto legname di cedro) per la costruzione del tempio, lo costrinse infine a cedere a costui «venti città» nella pianura di Akko. Alla morte di Salomone, dopo un’assemblea tenutasi a Sichem, il regno fu diviso in due: Israele e Giuda. Il confine attraversava Beniamino, la­ sciando Betel e Gerico in Israele e Gezer, Aialon, Mispa, Rama e Gaaba in Giuda. Gerusalemme era la capitale di Giuda, Sichem di Israele. I due piu importanti santuari d’Israele, ampliati per offuscare il prestigio del tempio di Salomone, furono quelli di Betel e Dan. Tra j due stati scoppia­ rono guerre di frontiera. Abias, re di Giuda, conquistò Betel, riconquista­ ta dopo breve tempo da Baasa, re d’Israele, che s’impadronì anche di R a­ ma di Beniamino e la fortificò. Perseguitato dal re aramaico di Damasco, che aveva espugnato varie piazzeforti d’Israele nel nord del paese (Dan, Kinneret vicino al lago omonimo, Abel-Bet-Ma‘akah a nord di Hasor e probabilmente anche quest’ultima), si vide obbligato a sguarnire la frontiera meridionale. Asa, re di Giuda, approfittò dell’occasione per ri­ conquistare Rama e, utilizzando il materiale portato dagli israeliti per la fortificazione di questa piazzaforte, fece costruire mura nelle città di Gabaa e Mispa. Baasa trasferì la capitale di Israele a Tirsa (Teli el-Fàrca,

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nella valle omonima). Alcuni anni dopo, il re Omri la spostò a Samaria, oggi Sebastiye, a nord-ovest di Sichem. In Transgiordania, frattanto, oltre alle città aramaiche del nord, anche Ammon e Moab si erano rese totalmente indipendenti. A Israele rimane­ va solo il territorio di Galaad; per difenderlo il pruno re israelita, Gerohoamo, aveva fortificato la piazzaforte di Penuel, nella valle dello Yabboq. A quanto sembra, Giuda continuò a mantenere un certo controllo su alcuni territori di Edom, il cui re era un suo vassallo, Acab, re d’Israele, ebbe vari scontri bellici con il re aramaico di Dama­ sco. Uno nelle vicinanze della capitale Samaria e un altro di fronte alla città di Afeq nella valle dello Yarmuk. In entrambi riusci vittorioso, ben­ ché incontrasse qualche difficoltà nel tentativo di recuperare la vecchia città israelitica di Ramot di Galaad (Teli Rdmit, a sud dello Yarmuk), grazie anche all’aiuto di Giosafat re di Giuda. Acab morì combattendo. Giosafat di Giuda si assicurò invece il dominio su Edom e ricostruì il por­ to di Esion-Geber. Aiutò pure il nuovo re d’Israele, Ioram, ad attuare una spedizione punitiva contro Mesha, re di Moab, che aveva occupato alcune postazioni a nord dell’Arnon, nel territorio transgiordano d’Israe­ le. Si unì a loro anche il re vassallo di Edom. Attraversarono il Negev, ag­ girarono la riva meridionale del mar Morto e attaccarono Moab da sud. Più tardi, un’incursione di moabiti, aiutati da ammoniti ed edomiti, tra­ verso i guadi del Mar Morto, nei pressi della penisola di Lìsàn. Ne per­ corsero la riva occidentale fino alla sorgente di En-Gedi e risalirono at­ traverso il deserto con l’intento di penetrare nella Montagna di Giuda, giungendo fino a Teqoa, ove furono sconfitti da Giosafat. Il figlio loram subì una nuova ribellione di Edom, questa volta con esito favorevole per il nemico, che riuscì a sconfiggere Giuda in Transgiordania. Molti poi si schierano in favore dei filistei, che conquistano la citta di Libna (di incerta identificazione), nella Shefela, vicino al confine filisteo. Alcuni anni dopo, il re dì Giuda Amazia si vede costretto a compiere una nuova spedizione contro Edom, per controllare le miniere di rame nell’À ­ raba. Il re sconfigge gli edomiti nella valle del Sale (a sud del Mar Morto) e conquista Sela‘, di localizzazione incerta. Israele, a sua volta, continuò le lotte contro gli aramei, che tornarono ad assediare la città dì Samaria, ma finirono per abbandonare Timpresa. Poco tempo dopo, Ioram, re d’Israele, intraprese un’altra spedizione con­ tro Ramot di Galaad, durante la quale venne ferito. Ritornò al suo palaz­ zo estivo a Izreel (località situata nella pianura omonima e ancor oggi co­ si denominata), dove ricevette la visita del nipote Acazia, re di Giuda. Più tardi Iehu, re d’Israele, subirà un terrìbile attacco aramaico nel territorio israelitico di Transgiordania. L’incursione giunse fino a ‘Aro‘ei s u II’ A t non. Ioash, re d’Israele, riuscirà a sconfiggere i siriani e recupererà le città

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che il padre Ioacaz aveva perduto. Suo figlio, Geroboamo 11, ripristinerà le antiche frontiere del regno quasi nella loro totalità e Acazia, re di Giu­ da, farà altrettanto presso il confine filisteo e a Edom. Nel ix secolo a.C. Israele è percorso dai profeti Elia ed Eliseo. Il primo 10 incontriamo a Galaad, in Samaria, Izreel, Betel, Gerico, Beersheba e in una peregrinazione al Monte Oreb o Sinai, di cui, una volta ancora, non viene chiarita la localizzazione. Incontriamo invece Eliseo a Betel, presso 11 Giordano, sul Carmelo, in Samaria. In quel tempo ha luogo la rivolta di Iehu. causata dal profeta. Iehu, proclamato re a Ramot di Galaad, at­ traversa il Giordano, si dirige a Izreel; qui si scontra con i due re d’Israele e Giuda. Il primo, Ioram, viene ucciso durante la battaglia, mentre Acazia fugge e, cercando scampo sulla montagna, viene ferito. Riesce a rifugiarsi a Megiddo, dove però muore. Iehu prende possesso della capitale, Sama­ ria, e stermina l’intera famiglia di Acab. La frontiera giudeo-israelitica torna a essere punto d’attrito, mentre erano re dei due stati Amasia e Ioash. Quest’ultimo, re d’Israele, conqui­ sta la città di Bet-Shemesh e con una rapida spedizione giunge a saccheg­ giare la stessa Gerusalemme. A questo punto è necessario accennare ai percorsi seguiti dalle truppe provenienti dai grandi imperi, che in questo periodo fanno la loro appari­ zione nei paese. L ’Egitto, alla morte di Salomone, invia prontamente il suo esercito in Palestina per un’operazione punitiva e di controllo. Il fa­ raone attraversa il territorio filisteo, sale sulla montagna simultaneamen­ te da Bet-Shemesh e Bet-Horon, passa vicino a Gerusalemme, dove il re Roboamo lo placa con tributi, si reca a Gabaon e Betel, quindi a Sichem e Tirsa. Scende il Wàdi Pària fino alla valle del Giordano e conquista al­ cune città come Penuel, risale lungo il Nahal Harod, si impossessa di Bet-Shean, percorre la pianura di Izreel, espugna Megiddo e seguendo la via del mare ridiscende verso l’Egitto. Una seconda campagna punitiva dello stesso faraone Shishaq, attraverso il Negev, è attestata soprattutto dall’archeologia. Il complesso delle campagne assire per il controllo del paese risultò più significativo per le sue conseguenze, giacché portò alla distruzione del re­ gno d’Israele. Già nel ix secolo a.C. gli assiri avevano effettuato incursioni nel regno aramaico di Damasco e lo stesso Iehu aveva dovuto pagare tributi a Salmanassar in dopo un’incursione assira giunta fino al Carmelo. M a le più importanti campagne ebbero luogo nell’v n i secolo. Sotto Acaz il regno di Giuda si trova pressato da nord dagli attacchi congiunti d’Israele e Si­ ria (guerra siro-efraimita), da sud a causa delle rivolte in Edom, da ovest per l’espansionismo dei filistei. Questi ultimi si appropriano di gran parte della Shefela, conquistando alcune piazzeforti lungo le direttrici obbligate

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provenienti da Gerusalemme, cioè nelle zone di Bet-Horon e Bet-Shemesh. Trovandosi in una situazione tanto critica, il re di Giuda chipde l’aiuto di Tiglat-Pileser in, re di Assiria, che compie tre memorabili cam­ pagne per pacificare il paese. Nella prima discende dalla Fenicia attraver­ so la cosca fino ai «torrente d’Egitto», conquistando le città e creando la nuova provincia assira di Duru, con capitale Dor. L'anno seguente, 733 a.C., conquista praticamente tutto Galaad e la Galilea. Con quest’ultima crea una nuova provincia chiamata Maggidu, di cui era capitale l’antica roccaforte di Megiddo. Il terzo anno annette Damasco e la Transgiordania, formando la circoscrizione di Qarnini e Haurina, Solo la Montagna di Samaria rimaneva sotto la giurisdizione del re d Israele. Un ulteriore campagna del nuovo re assiro Salmanassar v, continuata dal successore Sargon, pone fine al regno d’Israele, con la caduta delia città di Samaria dopo tre anni di assedio (721 a.C.). Samaria fu appunto il nome della nuova provincia assira, includente anche l’antica Duru. Nella Filistea fu allora creata la provincia di Ashdudu (Azoto). Restava indipendente soltanto il piccolo regno vassallo di Giuda, ridot­ to alle terre alte della Montagna. Anche Edom e Moab godevano di una certa autonomia. Ai tempi di Sennacherib una nuova campagna assira raggiunse Gerusalemme senza riuscire a conquistarla. Era allora re di Giuda Ezechia. Gli assiti avevano assediato Lakisli (Teli ed-Duwèr, nella Shefela meridionale) e Libna (forse Teli Kornat, un po’ più a nord). Il terzo esercito a penetrare nel paese è quello babilonese. Prima di ciò accade un «incidente» che costa la vita a Giosia, re di Giuda. Il faraone Nekao, coalizzato con PAssiria, accorre m aiuto del suo esausto alleato, che necessita di un appoggio nella regione siriaca. Giuda si era già in­ grandito a spese delle conquiste assire e aveva assorbito buona parte del­ l’antico regno d’Israele. Giosia,, ritenendo che il passaggio degli egiziani dal suo territorio per dare manforte agli assiri rompesse Palleanza con Babilonia, decide di sbarrare il cammino all’esercito egiziano nella strate­ gica postazione di Megiddo. La battaglia è favorevole agli egiziani e Gio­ sia muore nel combattimento. Alla fine giungono le truppe babilonesi, dopo aver sconfitto gli egiziani a Karkemish, dapprima si accontentano di accerchiare il paese e costrin­ gere i loro alleati e antichi nemici d'Israele, Atnmori, Moab e Edom, ad attaccare il piccolo regno. Poi interviene lo stesso re Nabucodonosor po­ nendosi al comando del suo esercito (597 a.C.) e Gerusalemme si arren­ de-, il re loiaqin viene deposto e deportato in Babilonia. Nel 589 a.C. il nuovo re Sedecia si ribella; cto dà luogo a una nuova invasione del pos­ sente esercito babilonese. Le città di Lakish e Àzeqa sono poste in assedio e la stessa sorte tocca a Gerusalemme. Due anni dopo la capitale cade ed è interamente distrutta, mentre la maggior parte della popolazione viene

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deportata in Mesopotamìa. Il regno di Giuda diventa così provincia del­ l’impero, con capitale Mispa. Prima di concludere questo paragrafo è bene ricordare la patria di al­ cuni profeti del periodo monarchico: Amos era di Teqoa (Tuqua, a sud di Betlemme); Michea di Moreshet Gat (odierno Teli el-Gudeidah, nella Shefela, a nord di Maresh); Geremia di ‘ Anatot (oggi Ras el-Harrùbeh, a nord di Gerusalemme). f) // ritorno dall’esilio Durante la dominazione dell’impero persiano, periodo in cui alcuni grup­ pi giudei ritornano dall esilio, la Palestina apparteneva alla V satrapia, nota con il nome di «Tra nseufrate» o «l’altro lato del fiume» (aram. Abar Nahara), a sua volta suddivisa in varie province. Corrispondevano alla Palestina: Sidone, che occupava parte della costa strettamente pale­ stinese, con Dor e Joppe; Tiro, comprendente anche la zona del Carmelo e Asqelon; Akko, che era una fortezza reale; Samaria; lehud (Giuda); Ashdod, che dominava quasi tutta la Filistea; Idumea, che includeva Edom; Ammoni tide in Transgiordania. La Bibbia riferisce il sistematico ostruzionismo che i governatori di Sa­ maria e di Idumea e altri funzionari delle province di Ashdod e di Ammon opposero alla ricostruzione di Gerusalemme. La provincia di Giuda com­ prendeva Betel a nord, Gerico a est, e Bef-Sur verso il mezzogiorno (la­ sciando allTdumea la città di Hebron); verso ovest giungeva fino alla parte settentrionale della costa, includendo la città di Lod. L Ammonitide abbracciava non solo quello che in precedenza era stato il regno di Am­ mon, ma anche tutto il Galaad. A quell’epoca in Transgiordania stava nascendo un nuovo popolo di stirpe araba, il nabateo, che avrà molta im­ portanza nei secoli successivi. I nabatei occupavano il territorio degli edomiti, scacciati verso il Negev (Idumea), ma con il tempo il loro domi­ nio si estenderà a quasi tutta la Transgiordania. Nel 332. a.C. Alessandro Magno, dopo la battaglia di Isso, percorre la costa mediterranea da nord a sud, penetra in Palestina da ) ilo e occupa le città di Akko, Torre di Stratone (più tardi Cesarea Marittima), Azoto, Asqelon e Gaza. Più tardi entrerà in Egitto. Durante questa spedizione sottomette pacificamente Gerusalemme e la sua provincia. Al suo ritor­ no, percorrendo la via della Mesopotamìa, conquista e distrugge la città di Samaria. Dopo la morte di Alessandro la Palestina rimane sotto il controllo delia dinastia macedone dei Tolemei, proclamati re d’Egitto. Apparteneva a un’estesa regione, chiamata «Sìria e Fenicia», comprendente varie pro­ vince (eparchie). Tra queste, per ciò che riguarda la Palestina, si trovava­

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no: Fenicia, che includeva la città di Akko, la quale da questo momento si chiamerà Tolemaide; Galilea; Giuda; Àshdod, la cui capitale è in que­ sto periodo la città di Jabne (oggi Yibnà, a sud di Joppe) e Idumea, tutte in Cisgiordania. In Transgiordania: la Traconitide, PAuranitide e la Baranea, tutte a nord e praticamente fuori dei confini di Palestina; al suo in­ terno la Gaulanitide nel Golan, la Galaaditide nel Galaad, con Gadara come capitale, la Moabitide (Moab) e Gabalitide. Inoltre esistevano le città autonome di Samaria, Dor, Joppe, Asqelon e Gaza. Tra le principali città del paese, oltre Gerusalemme, figuravano Maresha (oggi Tèi Maresha), Joppe, Samaria, Gerico, Abila (oggi Khirbet el-Kefrein, discendendo da Amman verso il M ar Morto), Tiro (oggi Iraq el-Amir, a ovest di Am­ man), Gadara, Berenice (Pantica ‘Esion cioè Elat), Pella (oggi Khirbet Fahil, nella valle del Giordano tra lo Yarmuk e lo Yabboq), Filadelfia (Pantica Rabbat Ammon, oggi Amman), Scitopoli (Pantica Bet Shan) e altre ancora. In un secondo momento e a partire dalla battaglia di Panias, nella qua­ le Antioco ni sconfigge Scopa, generale di Tolemeo iv, il paese entra nelle dipendenze del regno dei Seleucidi, la cui capitale era Antiochia di Siria. La Palestina viene allora inserita nella «strategia» di Celesiria e compren­ de le seguenti eparchie: Paralia, con la costa dalla Fenicia a Gaza, eccet­ tuato il territorio di Jabne e Azoto, sottoposte alPldumea, la cui città più importante continua a essere Maresha; Samaria, che ingloba ora la Giu­ dea, la Samaria, la Galilea e la Perea, quest’ultima in El-Belqa, dall’altra parte del Giordano (peran tou lordanou), da cui le deriva il nome. Il resto della Transgiordania Torma l’eparchia di Galaaditide. In quest’epoca ac­ quisiranno enorme importanza le città semiautonome di Transgiordania e di Cisgiordania. In tale contesto scoppia la rivolta indipendentista maccabaica. Matta­ na, il patriarca della dinastia maccabaica, dà l’avvio all’agitazione nella città di Modin, nella Shefela, e si rifugia con i figli sulle alture di Samaria —le colline di Gofna —, donde inizieranno le incursioni nella Giudea. An­ cora ima volta Bet Horon diventa famosa per la battaglia che metterà in luce la figura di Giuda Maccabeo nel 1 66 a.C. Altri celebri scontri di questo condottiero si collocano a Emmaus (165 a.C.), oggi Latrun, a me­ tà strada tra Gerusalemme e Ramla, a Bet-Sur (165 a.C.), oggi proba­ bilmente Khirbet et-Tubeiqeh, a nord di Hebron, a Ja ‘zer, probabil­ mente oggi Khirbet es-Sar, a ovest di Amman; a Rafon (oggi Er-Rafeh, nel Golan), a Bet Zaccaria (oggi Beit Zakàriya, tta Betlemme e He­ bron), nei 1 6z a.C,; a Cafarsalama (oggi Khirbet Salameh, vicino a ElGib, a nord-ovest di Gerusalemme), pure nel 16 2 a.C.; ad Adasa (oggi Khirbet ‘Adàseh, nelle vicinanze della precedente); a Eia sa (oggi Khirbet el-cA$sy, poco più a nord), in cui Giuda Maccabeo perse la vita ( 16 1

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a.C.). Le battaglie dei suoi seguaci, come Gionata, si situano a Bet-Basi (oggi Khirbet Beit Bassah, a sud-est di Betlemme); a Jamnia (tra Ashdod e Ramla) e a Hasor; a Cedron (Tel Qatzah, nei pressi dell’odierna Gedera) ai tempi di Simone. Nell’epoca di Giovanni Ircano viene annessa alla Giudea una parte del­ la Transgiordania, a nord deirantico Moab, con la città di Madaba; Pldumea, con Maresha, Hebron e Beersheba; e la Samaria, incluso il Car­ melo e Scitopoli. Dopo la conquista della Galilea da parte di Aristobulo (104-103 a.C.) il regno di Alessandro Janneo arriverà a occupare pratica­ mente tutta la Palestina. A nord, lungo la costa, confinava con la Fenicia, che giungeva fino al Carmelo, nonostante che all’ in terno il regno giudaico si addentrasse fino alle fonti del Giordano in Bànyàs. A sud includeva Beersheba, confinando con il territorio dei nabatei. A est incorporava il Golan, Galaad, la Perea e l’antico territorio di Moab. La zona di Asqelon, sulla costa mediterranea, rimaneva al di fuori del regno. z. Nuovo Testamento a) Divisioni amministrative della Palestina Nell’anno 63 a.C. il generale romano Pompeo occupò la Palestina. Pro­ veniva da Damasco e scendendo attraverso la valle dello Yarmuk si dires­ se verso il Giordano, da dove salì a Gerusalemme. Il paese rimase allora suddiviso in Giudea, comprendente, oltre a questa regione, la Galilea, la Perea e la parte orientale delPldumea; Samariaycon capitale Sichem, in un certo senso indipendente; Iturea, nella zona del Golan e Rànyàs; le città greche autonome come ) olemaide (che comprende il Carmelo), Dora, Torre di Stratone e Apollonia (oggi Pel Àrsaf, a nord di Tel Aviv), Joppe (oggi Giaffa, un quartiere meridionale di Tel Aviv), Jamnia, Azoto, Asqeton, Maresha, Gaza e la confederazione della Decapoli, formata dalle cit­ tà di Hippos (oggi QaPat el Husn nei pressi della riva orientale del Lago di Genezaret), Dion (Teli el-As ari) nell’alto Yarmuk, Abila (Teli Àbil, a sud-ovest della precedente), Gadara (Urnm el-Qeis, a sud dello Yarmuk, presso la valle del Giordano), Pella (Teli Fahl), Scitopoli (Bet-Shan) e Gerasa (Gerash), nell’alto Yabboq. Tutto ciò apparteneva alla provincia romana di Siria, con capitale An­ tiochia. La Giudea era relativamente autonoma, sotto l’autorità del som­ mo sacerdote. Una nuova divisione del territorio in synedria o distret­ ti, con capitali a Gerusalemme, Gerico, Adora (oggi Dura, a sud-ovest di Hebron), Ammathus (in Transgiordania, nella piana del Giordano, a nord dello Yabboq), e Sepphoris (Sippori, in Galilea a nord di Naza­ ret), non fu duratura. A partire dall’anno 40 a.C. Erode, proclamato re da Roma, possiede un

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ampio territorio semindipendenie che comprende, oltre alla Giudea e all Idumea occidentale, la Samaria, Jamnia, Joppe, Azoto, Gaza, Antipatride (Tel Afeq, a est di Tel Aviv), Torre di Stratone, oggi denominata Cesaiea, Gaba (vicino al Carmelo), Gadara, Hippos; nella zona del Golan la Ratanea, la Traconitide, PAuranitide e presso le sorgenti del Giordano la Gaulanitide. Esbus, l'antica Heshbon (oggi Hisban, a nord di Madaba), è infine un territorio incorporato da Erode al suo regno, dopo che Febbe sottratto ai Nabatei, suoi potenti nemici, con i quali il regno confi­ nava a oriente e a sud. Alla morte di Erode il Grande (4 a.C.) il regno viene diviso tra i figli. Archelao ottiene la Giudea, FIdumea e la Samaria; Erode Antipa la Gali­ lea e la Perea; Filippo la Galaunitide, la 1 raconitide, la Batanea e FAuranitide, la cui capitale Panias assumerà il nome di Cesarea di Filippo (oggi Bànyas presso le sorgenti del Giordano), mentre Salome, sorella di Erode il Grande, riceve il territorio di Jamnia e Azoto. Frattanto, Hippos, Ga­ dara, Gaba, Gaza ed Esbus tornano a dipendere direttamente dal procon­ sole di Siria, governatore della provincia. NelPanno 6 d.C. Archelao fu privato del titolo di tetrarca e il territorio si trasformò nella provincia procuratoria denominata Giudea. Frode Agrippa 1 ereditò, anzitutto, la tetrarchia di Filippo, poi quella dì Antipa e nel 4 1 d.C., con il titolo di re, si appropriò dei territori delF antica provincia procuratoria, giungendo a dominare un'estensione ter­ ritoriale solo lievemente più ridotta del regno del nonno, Erode il Gran­ de. Alla sua morte, nel 44 d.C., tutto il territorio divenne provincia pro­ curatoria, retta da un procuratore o praefectus romano. Il dominio del re Agrippa 11, figlio del precedente, si sarebbe dovuto limitare solo al piccolo territorio della Calcide nel Libano; in realtà egli riuscì a ottenere da Ro­ ma Pamministrazione di altri territori: Abila vicino Damasco, la tetrar­ chia di Filippo e, infine, una porzione importante della Galilea orientale, comprendente !e rive del lago e il sud della Perca. Dopo la grande guerra del 66-73 d.C. la Giudea, riunendo analmente 1 vari territori, divenne una provincia «imperiale» romana senza Io specifi­ co carattere «procuratorio», ma con le connotazioni amministrative, giu­ ridiche e militari da esso implicate. Soltanto con la seconda ri volta {13 z135 d.C.), la provincia muterà il nome da Giudea in Palestina. b) Geografìa dei vangeli I cosiddetti «vangeli delF infanzia» menzionano le città di Nazaret, Be­ tlemme e Gerusalemme. Nazaret era allora un piccolo villaggio, sulla ci­ ma di una catena di colline, la cui popolazione, di stirpe giudaica, si de­ dicava prevalentemente alla coltivazione di ulivi e viti. Il nucleo urbano

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consisteva in povere capanne che si giovavano delle numerose grotte na­ turali per ampliare le abitazioni e ospitare botteghe, silos e cisterne. N a­ zaret si trova a soli io km dalP impor tante citta di Sepphoris, capitale del­ la Galilea occidentale. Tiberiade, fondata da Antipa intorno al 20 d.C. sulle rive del lago e situata a una trentina di chilometri da Nazaret, era la capitale della Galilea orientale. E possibile che, essendo Giuseppe e Gesù artigiani e non agricoltori, si recassero spesso a lavorare in questi due im­ portanti centri. Betlemme, invece, all'epoca di Gesù era una piccola citta della Monta­ gna di Giuda. Situata a circa 8 km a sud di Gerusalemme, sulla strada dì Hebron, era un luogo di antica tradizione; fu la patria del re Davide e vi si venerava la tomba di Rachele. Non molto distante dalla città Erode aveva edificato un palazzo-fortezza, PHerodium, che dominava dal fondo il paesaggio di Betlemme, La cirta era situata sopra una colli netta e ai suoi piedi si estendevano terreni coltivati a grano e orzo, oltre che uliveti e vigneti. Aveva una certa importanza economica, soprattutto come mer­ cato di bestiame minuto, giacché i pastori di pecore e capre, che percorre­ vano con i loro greggi il vicino deserto di Giuda, erano soliti accamparsi nei dintorni del villaggio. Si può pensare che le case fossero in genere umili e che molte abitazioni utilizzassero le numerose piccole caverne del­ la zona per ampliare gli annessi e le stalle. Forse Betlemme a quell’epoca era circondata da mura. Di Gerusalemme, all’epoca di Gesù grande città, abbellita soprattutto da Erode il Grande, si parlerà particolareggiatamente più avanti, nel pa­ ragrafo che ne descrive la topografia. I racconti evangelici, riferendo la «missione di Galilea», menzionano come centro delPattività di Gesù la città di Cafarnao. Situata sulla riva nord-occidentale del Lago di Genezaret, in un terreno piuttosto arido, era una piccola città dedita alla pesca e per certi aspetti importante, poiché situata in una zona di frontiera vicino alla strada che dalla tetrarchia di Galilea si dirigeva verso 1 territori della tetrarchia di Filippo. Di fatto, vi erano servizi di dogana (Mt. 9,9) e una guarnigione militare (Mf. 8,5-9). L ’abitava gente dedita all’agricoltura, come hanno dimostrato gli scavi archeologici. Gli apostoli Pietro e Andrea risiedevano a Cafarnao. Tutta la riva settentrionale del lago fu molto frequentata da Gesù. E il caso di Corazin, poco più a nord e un po’ piu all interno; di Betsaida (og­ gi Et-Teli) sulla medesima costa, ma sulla sponda opposta della foce del Giordano, patria d origine dei fratelli Pietro e Andrea, oltre che di Filip­ po. Gesù predicò anche a sud di Cafarnao, nei pressi della città di Gene­ zaret, zona verdeggiante e fertile, dove la tradizione ambienta il discorso del monte, la moltiplicazione dei pani e dei pesci e altri avvenimenti della storia evangelica. Un po’ più a sud si trovava l’importante città di Mag-

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dala, patria di Maria Maddalena. Non è attestata la predicazione di Gesù a Tiberiade e un solo riferimento indica la sua presenza nella zona meri­ dionale del lago; qui Gesù giunse in nave, per curare l’indemoniato di Gadara e non «Gerasa» (Mf. 8,28). Nel vangelo s’incontrano diversi rife­ rimenti alle improvvise tempeste che si scatenavano sul lago (fenomeno ancor oggi ricorrente), alle pesche miracolose (la pesca e le fabbriche di salatura costituivano una delle principali ricchezze della regione), al tra­ ghetto di gente sul lago, e parabole relative alla vita dei campi e del mare. Queste allusioni hanno una chiara ambientazione in questa bella regione della Galilea. Gesù visitò il villaggio di Cana a nord di Nazaret e il Tabor a est. In un’occasione si addentrò certamente nella tetrarchia di Filippo, fino a raggiungere la capitale, Cesarea, alle sorgenti del Giordano. Percorse an­ che la costa mediterranea del Libano, visitando le città di Tiro e Sidone. Nei racconti evangelici la «salita» di Gesù a Gerusalemme riveste un’importanza particolare. I sinottici la limitano a un unico viaggio al termine del suo ministero, ma Giovanni descrive varie volte il tragitto di andata e ritorno dalla Galilea alla Giudea. Gli evangelisti però concorda­ no nel presentare l’inizio dell’attività pubblica di Gesù nel basso Giorda­ no. Qui egli venne battezzato da Giovanni Battista e da qui si ritirò per qualche tempo nel deserto di Giuda. Il viaggio dalla Galilea a Gerusalemme, quando interessava i giudei, si effettuava normalmente scendendo nella valle del Giordano, per non at­ traversare la Samaria. Si proseguiva lungo la riva sinistra del fiume, situa­ ta nel territorio di Perea e si giungeva a guadare il Giordano di fronte a Gerico. Da qui si saliva a Gerusalemme. Gerico, in effetti, è menzionata più volte nel vangelo. Città ubicata a circa 30 km da Gerusalemme sulla via romana, era allora un centro di una certa importanza, proprietà del sovrano. Erode il Grande vi aveva costruito un magnifico palazzo d’in­ verno, edifici pubblici (teatro, ippodromo ecc.) e fortificato la roccaforte difensiva. Gerico si trova in una ricca oasi, assai rigogliosa. La strada tra Gerusalemme e Gerico era difficoltosa e non scevra di pericoli, poiché bi­ sognava discendere lungo il tragitto più di 1000 m di altitudine e attra­ versare il deserto. Il vangelo di Giovanni, tuttavia, segnala che Gesù seguì la strada del Giordano, ma, altre volte attraversò la Samaria. Il famoso dialogo con la samaritana (Gv. 4) ebbe luogo nel villaggio di Sicar, dove è situato il poz­ zo di Giacobbe (oggi ‘Askar, vicino all’antica città di Sichem). Altre località citate dal vangelo sono Betania e Betfage, due villaggi ben localizzati, nei pressi di Gerusalemme, sul versante opposto del Monte degli Ulivi. Entrambi sono oggi conosciuti con il loro nome biblico e il primo è divenuto una grossa borgata e ha assunto il toponimo arabo di

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El-'Azarfyeh. L ’Emmaus del vangelo probabilmente non è la città citata nell’A.T. (j Macc. 3,38; 9,50) che, identificata con Latrun, daterebbe troppo da Gerusalemme, bensì il villaggio di Qoloniya, vicino a Motza, a 5 km da Gerusalemme (30 stadi), la quale, secondo Flavio Giuseppe {Bell. 7 ,z i 7) si chiamava pure Emmaus quando fu trasformata in una sorta di colonia per alcuni veterani delle truppe di Vespasiano. La distan­ za di 60 stadi di certi manoscritti di Luca farebbe riferimento al tragitto di andata e ritorno a Emmaus. La correzione in 160 stadi presente in al­ tri manoscritti costituirebbe un tentativo d’identificare la località con i 3 1 km che separano Latrun da Gerusalemme. Le diverse identificazioni di Emmaus, come Abu Gosh o el-Qubeibeh, a 60 stadi di distanza (11,5 km) sono di epoca medievale. c) Geografìa degli Atti degli Apostoli Oltre Gerusalemme, le città palestinesi più citate negli Atti sono Samaria e Cesarea Marittima. Tutte e tre rappresentano senza dubbio le città più importanti della regione. Samaria, edificata sull’antica capitale d’Israele sulla montagna omonima, all’epoca di Gesù era una grande città. Rico­ struita da Erode il Grande per i veterani stranieri, aveva il nome di Seba­ ste (odierna Sebastiyeh), cioè «Augusta». Gran parte della sua popolazio­ ne era pagana. Cesarea, denominata «Marittima» per distinguerla da Cesarea di Filip­ po, era stata fondata da Erode il Grande nel luogo dell'antica Torre di Stratone. Nel 1 secolo fungeva da capitale e da residenza del procuratore romano e costituiva il porto più importante della regione e la città più moderna e sviluppata. Era ben collegata, per mezzo di strade maestre, con Sepphoris, Samaria e Gerusalemme. Buona parte della sua popolazione non era giudaica. Le sue fondamenta e le sue rovine monumentali si tro­ vano sulla costa a metà strada tra Haifa e Tel Aviv. Altre città ricordate negli Atti sono: Joppe (oggi Giaffa), il porto tradi­ zionale della Palestina, già da allora un po’ decaduto; Lidda (oggi Lod, a sud-est di Tel Aviv); Azoto (Ashdod) e Gaza (\Azzah), le due antiche città filistee della costa a sud di Giaffa - Tel Aviv, ancor oggi di una certa im­ portanza. Fuori della Palestina la città più citata è Antiochia, capitale della pro­ vincia di Siria e a quell’epoca una delle maggiori città del mondo. Situata nel nord della Siria, sul basso Oronte, non era molto distante dalla costa. Viene menzionata anche Damasco, che aveva un’indubbia importanza nella strada commerciale che conduceva a Palmira e all’oriente; un’altra è la colonia romana di Tarso in Cilicia, essa pure città prestigiosa. Per evidenti ragioni di spazio e perché il tema trascenderebbe l’ambi­

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to geografico qui preso in esame, non possiamo esaminare minutamente i viaggi di Paolo. Alcuni itinerari paolini, poi, continuano a suscitare di­ scussioni tra gli specialisti. In linea generale, i viaggi di Paolo sono sche­ matizzabili come segue. Le prime attività di Paolo, ormai cristiano, si concentrano a Damasco; da qui parte per Gerusalemme e dopo alcuni giorni per Cesarea, dove s'imbarca in direzione della sua Tarso. Dopo qualche tempo si dirige ver­ so Antiochia, quindi ritorna a Gerusalemme. Tra gli anni 4 6 e 48 d.C. si colloca il cosiddetto «primo viaggio». Paolo e Barnaba, partendo da Antiochia, si recano al vicino porro di Seleucia e qui si imbarcano per Cipro. Sbarcano a Salamina, sulla costa orientale dell’isola, attraversano tutto il territorio e si trattengono a Pafo, capitale della provincia, sulla costa occidentale. Riprendono il viaggio via mare per l5Anatolia, sbarcano a Perge di Panfilia, alPincirca nella parte centrale della costa meridionale delPAnatolia. Dalla Panfilia si inoltrano nel pae­ se, giungendo nella Pisidia, dove visitano le città di Antiochia, Iconio, Listra e Derbe. Il ritorno segue la medesima via, questa volta senza toccare Pisola di Cipro e partendo dal porto di Attalia a ovest di Perge. Il «secondo viaggio» inizia pure ad Antiochia e si svolge tra gli anni 49 e 52. Paolo percorre la via di terra, attraversando la Siria e la Cilicta, per ritornate di nuovo in Pisidia, nelle città di Derbe, Listra e Iconio. Da qui, viaggiando attraverso la Galazia e la Frigia, giunge all’estremità occiden­ tale delPAnatolia. Si imbarca nel porto di Troade e fa rotta verso la città macedone dì Neapolis; da questa passa alla colonia romana di Filippi. Quindi, transitando per le città di Anfipoli e Apollonia, giunge a Tessalonica, capitale della Macedonia, e da qui alla vicina città di Berea. Proba­ bilmente s’imbarca e giunge ad Atene, la città culturalmente più presti­ giosa di tutto l’impero; da Atene si reca nella grande città di Corinto, in cui si trattiene per qualche tempo. Da Cenere, città un po’ più a sud, sem­ pre nel Peloponneso, s'imbarca in direzione di Efeso, la popolosa città della costa anatolica occidentale. Da qui prènde un’altra nave che lo con­ duce al porto palestinese di Cesarea; sale a Gerusalemme e intraprende la via del ritorno verso Antiochia. Anche il «terzo viaggio» (dal 53 al 57 d.C.) inizia ad Antiochia. Paolo percorre via terra tutto l’altipiano anatolico da est a ovest e giunge a Efe­ so, dove si trattiene per piu di due anni. Da qui si dirige in Macedonia, si reca a Corinto, ritorna attraverso la Macedonia, visita Filippi, s’imbarca facendo rotta verso la Troade e da questa, per via di terra, giunge al porto di Asso, dove riprende la medesima nave sulla quale viaggiavano i suoi compagni. Fa scali a MitiJene, C hio, Samo e Mileto. Quindi, proseguendo per ma­ re, costeggia la parte occidentale delPAnatolia, tocca Cos, Pisola di Rodi

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e infine Patara, sulla costa meridionale dell’Anatoha. Abbandonando le rotte di traffico, s’imbarca su un’altra nave che, passando vicino alla co­ sta cipriota, lo conduce al celebre porto di Tiro in Fenicia. Per terra si di­ rige inizialmente verso Tolemaide, Vantica Akko, e poi a Cesarea. Da qui sale a Gerusalemme. Nel 59 ha luogo il viaggio da Cesarea a Roma, durante il quale Paolo è già prigioniero. La narrazione di Atti 27 costituisce uno dei documenti più completi di tutta la letteratura antica su temi nautici. La nave tocca Sidone, naviga a distanza da Cipro e arriva a Mira, sulla costa meridio­ nale delFAnatoiia. Con un’altra nave, diretta in Italia, inizia un nuovo periplo, costeggiando l’isola di Cnido e il litorale di Creta, da capo Sal­ mone a oriente fino a Buoni Porti, vicino a Lasala sulla costa meridiona­ le; prosegue la navigazione giungendo al porto di Fenice. Qui inizia la ve­ ra navigazione di altura, già fuori tempo per la stagione avanzala, e i viaggiatori sono sorpresi da un impressionante tempesta descritta con dovizia di particolari tecnici di inestimabile valore dal punto di vista nau­ tico. Avvistano Pisoletta di Cauda e, lottando per allontanarsi dalla peri­ colosa costa africana, si rifugiano a Malta, dove la nave naufraga in uno dei fondali vicini al litorale. Passato Pinverno, con una nuova imbarca­ zione riprendono il viaggio, toccando Siracusa in Sicilia, Reggio Calabria e infine attraverso il Mar Tirreno arrivano a Pozzuoli, vicino a Napoli. Da qui intraprendono via terra il viaggio per Roma, sostando al Foro d5Appio e alle Tre Taverne. Da Roma, e recuperata la libertà, Paolo compie senza dubbio altri viaggi, di cui mancano notizie certe. Quasi sicuro è il suo arrivo è in Spa­ gna; si trattava infatti di un suo preciso disegno quando giunse a Roma (Rom. 15,^4.28). Una tradizione locale parla del suo sbarco a Tarragona. È assai verisimile, poiché questa città era la piu importante di Spa­ gna, capitale della Provincia Citeriore e porto preferito per gli scambi con ] Italia (è nota la tendenza di Paolo a predicare nelle grandi città). 3. Topografìa di Gerusalemme L’indiscutibile importanza di Gerusalemme nella storia biblica richiede uno specifico paragrafo sulla topografia della città. a) Descrizione Gerusalemme si trova sulla Montagna di Giuda, sul suo asse centrale, a un’altezza di circa 760 m in media sul livello del Mediterraneo. La deli­ mitavano due profonde valli: quella del Cedron e quella del suo affluente Hinnom (Ge-Henna), che si uniscono in prossimità della sorgente di ‘Ain

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Rogel. Il primo, dopo un breve tragitto ovest-est, piega sensibilmente in direzione noid-sud; il secondo, che inizialmente viene da nord, cambia bruscamente La direzione in senso ovest-est, per confluire perpendicolar­ mente nel Cedron. A est del Cedron si trova il Monte degli Ulivi (815 m sul livello del mare) e, poco più a sud, il Monte dello Scandalo. A nord­ est della città, al di là della sorgente del Cedron, sorge il Monte Scopus; a sud, al di là dell’Hinnom e ai piedi del Monte del Cattivo Consiglio, si trova su un pendio il Campo di Haqeldama. Benché la città antica si ri­ ducesse allo spazio racchiuso tra i due precipizi, attualmente si estende molto di più e oltrepassa questi limiti tanto a nord quanto a ovest. Gerusalemme è edificata su colline il numero delle quali varia nelle di­ verse epoche storiche, dal momento che da una primitiva collinetta, quel­ la di Ofel, la città è andata riunendo un numero sempre maggiore di col­ line contigue. La parte piu caratteristica della Gerusalemme odierna è circondata da una bella muraglia in pietra che, nel tratto visibile, risale al x v j secolo, edificata dal sultano turco Solimano il Magnifico tra il 15 3 7 e il 1540. Buona parte della cinta, soprattutto nei basamenti, conserva tuttavia una struttura muraria di età molto più antica. Vi sono otto porte. Da nord; Porta Nuova, Porta di Damasco (arab. Bab el-Amud, Porta della Colon­ na) e Porta di Erode (arab. Bab ez-Zahr, Porta Fiorita). Da est: Porta di Santo Stefano e Porta Aurea (attualmente murata). Da sud: Porta dei Magrebim o Magrebi (conosciuta anche come «Porta del Letame») e la Porta di Sion. E da ovest: Porta di Giaffa (arab. Bab el-Khalil, Porta de «L’Amico» [Hebron]), L'interno del recinto è attraversato da nord a sud da una stretta e pit­ toresca strada, che segue il tracciato del cardo maximus della città roma­ na, dalla Porta di Damasco, popolarmente conosciuto nel suo primo trat­ to con il generico nome di II Mercato {Suq). A ovest di questa via si situa­ no, in successione, il quartiere cristiano e il quartiere armeno, separati dalla strada di Davide. A est si trovano il quartiere musulmano e il quar­ tiere ebraico, delimitati dalla strada Bab al-SilsiJa, alla cui estremità orientale si estende la grande spianata del tempio, nota con il nome di Haram esh-Sharìf. Ma la zona più antica della città si sviluppava verso sud oltre le mura, fino al dirupo dell’Hinnom. Tale zona è divisa in due da un canale, chia­ mato Tyropeon, che corre in direzione nord-sud provenendo dalPinterno della citta compresa dalle mura, in cui separava il caseggiato dalla spia­ nata del tempio, e s’inoltra per circa 600 m fino al fondo del dirupo alla confluenza del Cedron con PHinnom. A est del Tyropeon si trova la col­ lina di Ofel e a ovest la collina chiamata impropriamente di Sion, la parte più elevata di tutta la città.

b) La città antica dalle origini fino al V II secolo a.C. La Gerusalemme preisraelitica, chiamata Rushalimun nei testi egiziani di esecrazione (sec. x ix a.C*) e Urushalim in quelli di Teli el- Amàrna (sec. x iv a.C.), era occupata dai gebusei prima della conquista da parte di Da­ vide; da qui la denominazione di Jebus, impiegata pure pei riferirsi alla città. La sua privilegiata collocazione topogralìca e strategica e l’impor­ tanza politica di trovarsi alla frontiera tra Giuda e Beniamino, fecero sì che Davide la trasformasse in capitale del suo regno (ca. 997 a.C.). In quel tempo la città era circoscritta alla collina di Ofel. Sono stati scoperti resti del muro del sec. xvnt a.C. (scavi di Kenyon), ma vi sono ritrova­ menti isolati risalenti fino al Bronzo Antico e al Calcolitico. Queste mura che, sembra, erano dotate di torri dì difesa, servirono poi come base e fondamenta a mura successive. La sorgente di Gihon, che forniva acqua alla città — oggi popolar­ mente conosciuta come «Fontana della Vergine» —, si trovava ai piedi delle mura sopra il torrente Cedron. Come in altre città cananee, si era costruito un pozzo alFinterno dell’abitato per accedere direttamente alle acque delia fonte (pozzo di Warren), al fine di assicurare approvvigiona­ menti in tempo di assedio, quando risultava impraticabile l’abituale usci­ ta dalle mura in cerca di acqua. Approfittando di questa istallazione, le truppe di Davide penetrarono furtivamente nella città (2 Sam. 5,8). Davi­ de dovette ricostruire le mura ed edificò il suo palazzo nella parte alta della collina. Dell’acropoli davidica si conservano forse alcune rovine, come sembrano dimostrare i recenti scavi alla sorgente del Gihon (sca­ vi dì Shiloh). Nell’vili secolo a.C. fu edificato un altro muro dietro al precedente e a un’altezza maggiore di quello, come bastione di difesa contro gli attacchi assiri. Ai tempi di Ezechia venne messa in opera una grande opera idrau­ lica, consistente in una galleria che dalla sorgente del Gihon conduceva l’acqua all’interno della atta, benché, per ovvie ragioni, alla sua parte più bassa, cioè nella zona d angolo tra il Cedron e iTiinnora. Detto canale, scavato nella roccia, ha una lunghezza di 512, m e sbocca nella cosiddetta piscina di Siloe. Di ciò danno testimonianza la Bibbia (2 Re 20,20; 2 Cron. 23,30) e un’iscrìziune ebraica commemorativa dell’incontro delie due squadre di minatori che, dalle due estremità, iniziarono lo scavo del tunnel, conservata nel Museo di Istanbul. Oltre questo complesso sistema idraulico ne esisteva un altro più sem­ plice - il terzo —, databile all’epoca di Salomone, chiamato «Canale di Siloe». Questo, senza attraversare interamente la collina, portava le acque da un luogo all’altro attraverso un tunnel superficiale collegato al pen­

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dio, con dispositivi di controllo e sbocchi verso l’esterno, servendo cosi all’irrigazione degli orti situati ai piedi della città. Già al tempo di Davide si iniziò Pampliamento della città a nord verso la collina, dove attualmente si trova la spianata del tempio. Fu terminato da Salomone con l’edificazione del tempio stesso e, a sud, dei palazzi rea­ li e con il riempimento della piccola depressione che, sembra, separasse le due colline, il Millo, se quel terrapieno (1 Cron. 11,8 ) non si riferisce ai muri di sostegno, recentemente scoperti, destinati a basamento delle case sul versante est della collina, pur sempre entro le mura. Nella vecchia cit­ tà di Davide esistevano almeno due porte: quella dell’Acqua sopra la sor­ gente del Gihon e quella della Valle sopra il Tyropeon, i cui resti sem­ brano localizzati negli scavi di Crowfoot. Nella zona della nuova acropo­ li salomonica dovevano esserci anche altri ingressi. c) Tra il V II e il I secolo a.C . La città crebbe dopo la caduta di Samaria, dato che molti israeliti, essen­ do ormai distrutto il regno del nord, cercarono riparo nel sopravvissuto regno di Giuda e soprattutto nella capitale Gerusalemme. Questa circo­ stanza è attestata dai reperti archeologici, che documentano una notevole espansione della città verso ovest, al di là del Tyropeon, fino a quello che impropriamente viene oggi chiamato Monte di Sion (la vera Sion è la Cit­ tà di Davide, cioè l’ Ofel). Sono stati rinvenuti un buon tratto di mura, di 7 m di spessore sulla strada Plugat Hakotel del quartiere ebraico e una grande torre di difesa, un po’ più a nord, con tracce archeologiche che ri­ velano l’assalto delle truppe babilonesi nel 587 a.C. (scavi di Avigad). Al ritorno dall’esilio la città, le cui mura vennero restaurate da Neemia, era considerevolmente più piccola, forse più piccola anche della città salomonica. In ogni caso le mura orientali sull’Ofel erano situate sopra il dirupo a un’altitudine maggiore di quelle precedenti all’esilio (scavi di Macalister e Duncan); ciò fa supporre un perimetro più ridotto per il ca­ seggiato interno. Una descrizione delle mura e delle otto o dieci porte si riscontra in Neem. 3,1-3 2 . Nell’epoca maccabaica, dopo la riconquista definitiva di tutta Gerusa­ lemme (14 1 a.C.), venne edificato un gran muro per unire la vecchia città ai nuovi quartieri occidentali esterni alle mura. Questo muro coincideva, praticamente, con Tantico e ormai diruto muro del sec. viti a.C. Si è det­ to che sull’erroneamente denominato «Monte Sion» potrebbe essere sta­ ta edificata una nuova città ellenistica, forse «Antiochia» di 2 Macc. 4 1, presidiata dalla fortezza conosciuta con il nome di Aera, tante volte citata nei libri dei Maccabei. Si costruì anche un ponte che, attraversando il Ty­ ropeon, univa la nuova città con la spianata del tempio. I più recenti sca­

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vi archeologici non accreditano l’ipotesi della città ellenistica e, per quan­ to concerne l’Acra, la situano leggermente più a sud del tempio. Nell’an­ golo nord-occidentale della spianata del tempio venne edificata la fortez­ za di Baris, più tardi sostituita dalla «Torre Antonia», Resti delle nuove mura della città sono stati rinvenuti in vari punti, soprattutto sulla strada di Davide (scavi di Warren), nella Cittadella (scavi di Johns e di Amiran ed Eitan), sopra FHinnom (scavi di Modsley) e nel vecchio «quartiere ebraico» (scavi di Avigad). Durante l’assedio di Gerusalemme da parte di Pompeo (63 a.C.), la fa­ zione di Ircano aprì ai romani le porte della nuova «Città Alta», ma i se­ guaci di &ristobulo si asserragliarono nella fortificata «Città Vecchia» e tagliarono il ponte di unione. Alla fine Pompeo ebbe la meglio e occupò la città. d) Uetà erodiana Erode il Grande, il monarca costruttore per antonomasia ed emulo del­ l’opera di Salomone, trasformò in buona parte anche la città di Gerusa­ lemme. La più importante delle sue realizzazioni fu la ricostruzione del tempio, per il quale fece una nuova piattaforma o spianata, sostenuta da mura impressionanti, come il cosiddetto «muro del Pianto», di cui alcune enormi pietre pesano più di cento tonnellate. L ’area era il doppio della precedente. Era interamente circondata da portici con colonne, aperti verso Pinterno. Nella parte meridionale il portico si trasformava in una vera e monumentale basilica, chiamata «Portico Reale». Nella spianata si trovava un imponente pavimento centrale rialzato, cui si accedeva me­ diante alcuni gradini: era il grande cortile del tempio. Al suo centro e in direzione est-ovest s’innalzava Pedificio del tempio propriamente detto. Era costituito da un vestibolo attraverso il quale si entrava in un cortile, ove si trovavano l’altare per Pimmolazione delle vittime e 1 ingresso al santuario vero e proprio. Gli accessi alla spianata erano: uno a nord, la Porta chiamata Tadi, inutilizzata. Altri due a levante: la Porta di Susa (al­ l’altezza dell’attuale Porta Aurea, che risale all’epoca dei Califfi) e l’Uscita del Capro Espiatorio sopra un elevato precipizio. La prima, in realtà, do­ veva essere usata solamente per il passaggio rituale della «vacca rossa» e la seconda non dava direttamente accesso al recinto, bensì alle cantine e alle zone di servizio del tempio. Sul lato meridionale si aprivano le porte di Hulda, dette Porta Tripla e Porta Doppia, utilizzate rispettivamente per l’entrata e l’uscita, a cui si giungeva attraverso grandi scalinate. Erano gli ingressi usati dai fedeli. A ovest era situata una spettacolare scalinata che saliva dal fondo del Tyropeon, piegava ad angolo retto e, superando Favallamento mediante un grande ponte (arco di Robinson), immette­

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va non proprio alla spianata ma all’angolo sud-occidentale del portico. Un’altra entrata con caratteristiche simili, benché un po’ meno spettaco­ lare, corrispondeva al cosiddetto arco di Wilson. Tra le due esisteva una porta più modesta, all’altezza della strada del Tyropeon, che attraverso un condotto sotterraneo, come le porte di Hulda, portava non ai portica­ ti, ma alla spianata. Era, probabilmente, l’accesso utilizzato dagli stranie­ ri autorizzati, denominato Porta di Coponio e corrispondente all’odierna Porta di Barclay. Oltre l’arco di Wilson esisteva un’ultima semplice porta per il servizio del tempio, oggi nota come porta di Warren. Erode costruì anche la Torre Antonia, addossata all’angolo nord-occi­ dentale della spianata del tempio ed edificata sopra un’altura, in cui ai tempi degli Asmonei era situata l’antica fortezza di Baris. Il ritrovamento in quest’area di una pavimentazione a grandi piastrelle (prospezioni di Vincent) ha fatto supporre si trattasse del cortile centrale dell’edificio, ai cui angoli sorgevano quattro torri. Questo lastricato venne identificato con il Litostroto dove Pilato emise la sentenza contro Gesù (G v . 19 ,13 ). Tutti i dati sono attualmente sottoposti a revisione e si intraprendono nuovi studi, poiché sembra sempre piu imporsi l’idea che quella pavimen­ tazione possa appartenere a una piazza deli’Aelia Capitolina del periodo adrianeo sulla la quale era stata posta a mo’ di arco di trionfo un’antica porta della città, il cosiddetto «Arco dell’Ecce Homo», conservato sulla Via Dolorosa e all’interno della chiesa del convento delle Dame di Sion. Erode il Grande costruì, inoltre, un palazzo privato in quella che oggi è denominata la «Cittadella», a nord del quartiere armeno, nella Città Al­ ta. Il palazzo poggiava sulle mura ed era protetto a nord da una fortezza con tre torri, la maggiore delle quali, detta di Fasael, ancor oggi in buona parte si conserva, inglobata nell’attuale struttura della Cittadella; allora faceva parte del muro. Sulle altre due torri, Ippico e Mariamme, mancano dati precisi. Le loro designazioni si riferiscono a personaggi legati a Ero­ de: Marco Antonio suo protettore, Fasael suo fratello, Ippico suo amico e Mariamme sua moglie. In questo palazzo, divenuto la residenza abituale dei procuratori romani all’epoca di Cristo, probabilmente si colloca il pretorio in cui Gesù fu condannato a morte e non nella Torre Antonia; la questione in ogni caso rimane ancora aperta. Altre importanti opere gerosolimitane di Erode il Grande furono il tea­ tro e lo stadio, che, sembra, non erano collocati nei pressi del Tyropeon, come talvolta si è supposto, bensì in qualche luogo sconosciuto nei din­ torni della città. Per la cinta muraria di Gerusalemme è necessario tener conto della mi­ nuziosa descrizione di Flavio Giuseppe (Bell. 5 ,14 2 -15 5), che parla di una triplice cinta muraria. Il Muro 1, attribuito da Giuseppe all’epoca davidico-salomonica, è il muro asmoneo, precedentemente descritto. Il Muro

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il, a nord-ovest del tempio, annetteva alla città un nuovo quartiere chia­ mato Mishna. Partiva dalla Torre Antonia e andava verso nord fino alla muraglia attuale, coincidendo visibilmente con questa alla Porta di Da­ masco. In questo luogo sono stati rinvenuti i resti dell’antica porta e le torri di difesa (scavi di Hamilton e Hennesy). À partire da qui, il muro si dirigeva verso sud e, con andamento tortuoso, giungeva alla torre Ippico nel palazzo di Erode. Uno di questi angoli escludeva dalle mura il Golgo­ ta o Calvario, piccola altura in una zona di vecchie cave di pietra vicino alla quafe si trovavano alcuni sepolcri; senza dubbio corrisponde all’area dell’attuale basilica del Santo Sepolcro. La localizzazione del cosiddetto «Calvario di Gordon» o «Tomba del Giardino» a nord della Porta dì Da­ masco, benché questo sia un luogo suggestivo e commovente, manca di ogni fondamento storico. Probabilmente questo Muro n venne edifica­ to all’epoca di Erode il Grande, ancorché Flavio Giuseppe non lo dica espressamente, ed esisteva già al tempo di Gesù. Il Muro ni, inizialmente una costruzione molto solida, fu ultimato frettolosamente; il suo scopo era di includere nella città i quartieri proliferati a nord del Muro n. Ven­ ne costruito da Erode Àgrippa i (41-44 d.C.) e la sua traiettoria è minu­ ziosamente descritta. Si dice che corresse vicino alla tomba di Elena, re­ gina di Adiabene. In effetti, poco più a sud di questa tomba e a nord dell’École Biblique si ttovano i resti di torrioni e di una grande muraglia che continua verso est, nella zona delTAlbright Institution, e verso ovest nei pressi dell’Ospedale Italiano (scavi di Sukenik e Mayer, di Ben Arieh e Netzer). Non mancano altre interpretazioni relative all’identificazione di ognuna di queste tre cinte murarie, descritte da Giuseppe; quella da noi riportata sembra la più attendibile e, senza pregiudizi, la più vicina alle testimonianze. Altri luoghi sono connessi alla vita di Gesù; la piscina di Betesda (Gv. 5,1-4), vicino alla chiesa di Sant’Anna, poco più a est della Fortezza An­ tonia e già fuori delle mura della città erodiana. È una doppia vasca con cinque portici: quattro la circondano da ogni lato e un altro, centrale, se­ para le due sezioni. Era di epoca asmonea e ne sono state riportate alla luce le rovine. Nelle sue vicinanze si trovava una specie di balneario, di cui si sono conservati 1 resti e in cui può essere ambientato quanto e nar­ rato dalla pericope evangelica. Al tempo di Adriano fu trasformato in un santuario dedicato a Esculapio. Va pure ricordata la «via a gradini», che discende dalla collinetta orientale della Citta Alta e, nella sua parte piu antica, può risalire a irepoca erodiana. Fu percorsa da Gesù, forse la not­ te del giovedì santo, allorché, lasciato il cenacolo, si diresse all’Orto del Getsemani, sul pendio occidentale del Monte degli Ulivi, sull’altro lato del Cedron. La localizzazione del cenacolo nella Città Alta si basa su una solida tradizione, ma fino ad oggi non si sono ritrovati sufficienti indizi

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archeologici. Più incerta, senza dubbio, è l'esatta localizzazione del Palaz­ zo di Caifa. Solitamente lo si identifica con la chiesa di San Pietro in Gal­ lic a n i, vicino alla via a gradini appena menzionata, dove si trovano resti di una casa di una certa importanza, databile all’epoca erodiana, se non è del sec. n d.C., come pure è possibile. E necessario ricordare, anche se di sfuggita, le numerose tombe scavate nella roccia, sparse nei dintorni della città. Alcune - non molte - datano a epoca precedente all’esilio, come la cosiddetta «Tomba della figlia del faraone» a Siloe, di fronte all’Ofel; sono ben più numerose quelle del pe­ riodo asmoneo, erodiano e anche successivo. Tra le altre sono da segna­ lare la tomba della regina Elena di Adia bene e quelle dette del Sinedrio a nord della città, la tomba della famiglia di Erode e quella di Giasone a ovest, quella di Bene Hezir e quelle conosciute come di Assalonne, Zacca­ ria e Giosafat nella valle del Cedron, così come la necropoli del «Dominus flevit» a mezza costa nel Monte degli Ulivi. e) Dalla prima rivolta giudaica Durante l’assedio di Gerusalemme del 70 d.C. le truppe romane di Tito, accampate sul Monte Scopus, occuparono inizialmente la zona compresa nel Muro ni; da qui penetrarono nel quartiere racchiuso dal Muro 11. In seguito costruirono una cinta per isolare il resto della città. Conquistaro­ no poi la Torre Antonia, irrompendo successivamente nel tempio e di­ struggendolo; s’impossessarono quindi dell’Ofel e della Città Bassa nella valle del Tyropeon; infine espugnarono la Città Alta, dove si erano asser­ ragliati gli ultimi difensori. Gerusalemme fu rasa al suolo e nell’attuale quartiere armeno, nella Città Alta, venne istallato Paccampamento permanente della x legione Pretensisi qui lasciata a presidio. Dopo la seconda rivolta, all’epoca di Adriano ( 13 1- 13 5 ) , la città fu totalmente trasformata e prese il nome di Aelia Capitolina, in omaggio al nome della famiglia dell’imperatore. Il nuovo caseggiato venne costruito entro un perimetro più ridotto, seguen­ do sostanzialmente i muri della cinta attuale, lasciando pertanto fuori l’a­ rea meridionale, comprenderne buona parte della Città Alta, la Città Bas­ sa e l’Ofel. Resti del muro, costruito vari anni dopo - forse all’inizio del ni secolo —, sono ancora visibili nelle file inferiori delle mura attuali, so­ prattutto nella Porta di Damasco, che conserva a vista uno degli archi di entrata. In epoca bizantina (sec. vi) venne riassorbita per qualche tempo la zona meridionale, che nuovamente andò per la maggior parte perduta durante il Medioevo e rimase definitivamente esclusa dalla cinta con la costruzio­ ne del muro attuale nel xvi secolo.

V. V I A G G I A T O R I E D E S P L O R A T O R I

Lo studio del paese biblico, l’identificazione dei Luoghi dove si ambientarono gli avvenimenti più importanti della storia della salvezza, i resti dei monumenti e de­ gli oggetti dell’epoca biblica hanno suscitato da sempre la curiosità e l'interesse degli studiosi. Nel corso dei secoli la Palestina si è trasformata in un polo di at­ trazione e di continue visite. T pellegrini in Terra Santa possono costatare de visti l’ambiente e le impronte materiali della storia biblica. Alcuni tra loro si sono preoccupati in particolare di indagare su questi temi e hanno lasciato per iscritto la testimonianza delle loro esperienze. Riferiremo brevemente di questi ultimi. La storia si può far iniziare dal iv secolo, in cui va ricordato l’anonimo «Pelle­ grino di Bordeaux», che nel 3 3 3 offre già importanti informazioni, e soprattutto la monaca o vergine spagnola, di nome Egeria o Eteria, che viaggia nel 3 9 3 -3 9 4 e scrive il famoso Itinerarium , di valore inestimabile per la storia dei «Luoghi San­ ti». A questo periodo appartiene pure Gerolamo, traduttore e commentatore delia Bibbia, che dal 38 6 visse a Betlemme e nei suoi scritti ospita numerosi dati dì pri­ ma mano concernenti questi argomenti. Altri pellegrini scrittori sono Eucheria, nel 440, e l’Anonimo Piacentino, nel 570 . Intorno al 70 0 il francese Arculfo visita la Terra Santa, lasciando numerose osservazioni e dati. Più tardi vanno ricordati Villibaldo (72 1-72.7), Bernardo il Savio {867), Saewulf ( 1 1 0 2 -1 :1 0 3 ) e Sigurdo il Crociato ( 1 1 0 7 - m i ) . Sono inol­ tre da segnalare il rabbino spagnolo Benjamin de Tudela (x 1 6 0 - 1 1 7 3 ) , Sir John Maundevìlle ( 1 3 2 2 - 1 3 5 6 ) , Bertrando de la Brocquière ( 1 4 3 2 - 1 4 3 3 ) e Henry Maundrell (16 9 7 ). Lina nuova fase nelLesplorazione del paese, compiuta con criteri più scientifici e moderni, si deve al viaggiatore spagnolo Domingo Badia, conosciuto con lo pseudonimo di Ali Bey, che visitò la Palestina nel 1 8 0 7 , all’esploratore Ulrich Jasper Seetzen, che percorse la zona tra il 18 0 5 e il 18 0 9 , e infine al famoso J.L . Burckhardt, esploratore svizzero scopritore del tempio di Abu Simbel in Egitto e della città di Petra. Costui visita la Palestina tra il 18 io e il 1 8 1 2 . Questa fase cul­ mina con una figura di singolare importanza: il nordamericano Edward Robin­ son, che tra il 1 8 3 4 e il 1 8 5 2 pubblica studi sulla regione. Da allora inizia la fase moderna, imperniata su molteplici ricerche specialisti­ che, geografiche e archeologiche. Tra i precursori in campo geografico è doveroso citare, per quanto attiene alla cartografia, il generale Kitcbener per la Cisgiordania e G. Schumacher per la Transgiordania; G. Ebers, H. Guthe, G. Adam Smith e Fr. Buhl per quel che concerne l’opera descrittiva. Per l’ archeologia vanno ri­ cordati Ch. W arren, cui risalgono i primi scavi a Gerusalemme tra il r 8 6 8 e il 18 7 0 , e il francese Clermont-Ganneau a partire dal 3 870. E impossibile menzionare i ricercatori successivi, data l’ amplissima bibliografia esistente al riguardo. Indicheremo soltanto le principali istituzioni che appoggia­ no il lavoro di ricerca nella regione: la British School of Archaeology, erede del Palestine Exploration Fund, PÉcole Biblique et Archéologiquc F r a n o s e , FAmerican School of Orientai Research, il Deutsches Evangelisches Institut, il Deutscher Palàstma Verein, la Jewish Palestine Exploration Society (più tardi Israel E x ­ ploration Society), oltre alle università ebraiche della regione e all’Israel Depart-

Teologia della ^Terra Santa*

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ment o£ Antiquities and Museums, al Department of Antiquities di Giordania, al­ la Mission Archéologique F r a n o s e , allo Studium Biblicum della Flagellazione dei Francescani, alPInstituto Espanol Biblico y Arquelógico ecc. V I. T E O L O G IA D E L L A «T E R R A SA N T A »

In tutta la Bibbia il tema della «Terra Santa» occupa un posto importante nella teologia, tanto che, insieme alla teologia della Terra, esiste anche una mistica del­ la Terra. E l’impulso che, presente pure in tempi postbiblici, ha originato il feno­ meno dei pellegrinaggi, non solo tra i cristiani, ma anche tra musulmani ed ebrei; Ha determinato le Crociate; sta alla base de! movimento sionista ed è la causa più o meno diretta di buona parte dei proverbiali conflitti del Vicino Oriente. Gli ap­ pellativi Terra Santa e Terra Promessa sono di per sé sufficientemente espressivi e sembrano desunti in una forma o nell’altra dalla stessa Bibbia (Es , 3 ,5 ; Num . 1 4 ,1 6 ; Deut . i,8 ; 3 1 , 1 0 ; 3 4 ,4 ; Gios. 1,4 ecc.). Uno degli aspetti fondamentali della trama della storia della salvezza è la pro­ messa di Dio ad Abramo, padre del popolo eletto, la cui attuazione nel tempo co­ stituisce il filo conduttore dell’ intera storia biblica. Tale promessa implica diversi temi e uno dei più importanti è il possesso della Terra di Canaan, insieme alla moltiplicazione della discendenza e alla lontana e sfumata figura del messis, la cui identità andrà progressivamente definendosi. Per un seminomade come À bra­ mo non esiste traguardo piu prezioso che essere proprietario esclusivo del suolo per il quale vaga senza possederlo e giungere a formare un popolo numeroso e potente per difendere i suoi diritti su questa terra. Il primo passo per la messa in atto di quanto rimase fino allora una promessa è Pacquìsto di un campo con la grotta di M akpela in Hebron, per seppellirvi Sara e gli altri membri del clan. La Bibbia attribuisce grande importanza simbolica a questo avvenimento (Gen . 1.3 ,1-2 0 ; 2 5 ,9 -1 0 ; 5 0 ,1 2 - 1 3 ) . Un secondo momento può essere la sepoltura di Giacobbe, il cui corpo è solennemente trasportato dal­ l’Egitto { G en . 5 0 ,4 -14 ). Il concetto di Terra Promessa, tuttavia, assume tutto il suo valore quando il popolo d’ Israele in massa, condotto da Mosè, fugge dall’ E ­ gitto e s'incammina, attraverso il deserto, alla volta della Terra di Canaan. La lunga permanenza nel deserto come «passaggio», purificazione e preparazione «ascetica» per prendere felice possesso della Terra, nella storia d’Israele si con­ verte in un nuovo simbolo. Infine, si spartisce la terra e si prendono misure affin­ ché tale ripartizione sia sempre equa e il popolo permanga fedele all’ antica al­ leanza del Sinai. Alcuni oppositori ai possesso della Terra non scompaiono con la conquista, Le lotte interminabili con i popoli dì Canaan e la loro cultura sono l’ argomento sto­ rico dell’epoca dei giudici e della monarchia. Solo se il popolo è fedele all’alleanza Jahvé darà pieno compimento alla sua promessa. I peccati del popolo, infine, in­ ducono Dio alla decisione di sradicarlo dalla Terra e inviarlo in esilio. M a la pro­ messa continua: Jahve perdona il popolo e lo riconduce nella Terra Promessa. La storia deve ripetersi e — già nel N uovo Testamento —anche 1 vangeli alludono alla minaccia di una nuova distruzione di Gerusalemme, seguita dall’esilio. Durante tutta questa sfortunata storia, la Terra si è sempre presentata, fonda­

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mentalmente, come sinonimo di felicità. Vista dal deserto, è una terra ricca, co­ perta di pascoli e di fiori, la terra in cui scorrono latte e miele (£s. 3,8 ; Lev. 2 0 ,2 4 ; Num. 1 3 , 2 7 ; Deut. 6 ,3; Gios. 5,6 ecc), il cui possesso fisico è simbolo di tranquillità. Per questo motivo, quando al tempo di Salomone Israele giunge al­ la meta del suo benessere, si dirà che «Giuda e Israele vissero tranquilli, ciascuno sotto La propna vite e il proprio fico, da Dan sino a Bersabea» (1 Re 5,5; cfr. 2 Re 18 ,3 2 ). Secondariamente, Padempìmento da parte di Dio della promessa di pos­ sesso della terra è garanzia del compimento delle altre promesse, compresa quella messianica, giacché lo stesso Messia «mangerà» latte e miele {/s. 7 ,1 5 ) . Adempiuta la promessa messianica, il N .T . non lascerà il tema della Terra pri­ vo di nuovi contenuti. A partire da questo momento verta a simbolizzare la pie­ nezza della felicità, soprattutto nell’altra vita. È la Gerusalemme celeste, alla qua­ le è destinato il nuovo popolo di Dio, il quale, guidato da Cristo, cammina attra­ verso il deserto del mondo verso il pieno godimento del nuovo cielo e della nuova terra. Questo è, ad esempio, il tema sviluppato nella lettera agli Ebrei. La descri­ zione della N uova Terra e della N uova Gerusalemme affiora in modo particolar­ mente suggestivo nell’ Apocalisse. V II. B I B L I O G R A F I A

Per la geografìa della Palestina è fondamentale l’opera di Y . Àharoni, The Land ofthe Bible. A Historiai Geography, London *1979- Ancora classica e utile rima­ ne l’opera di F.M . Abcl, Géographie de la Palestine, 2 voli., Paris 1 9 3 2 . 1 9 3 8 , co­ sì come quella di G . Adam Smith, The Historìcal Geography of thè Holy Land, London lfii 9 i o (tr. sp. Valencia 19 8 5). Tra gli atlanti della Palestina segnaliamo: P. Lemaire - D. Baldi, Atlante bibli­ co. Storia e geografia della Bibbia, Torino *19 6 4 ; E.R . Galbiati - A. Aletti, Atlan­

te storico della Bibbia e deirantico Oriente. Dalla preistoria alla caduta di Geru­ salemme nell*anno 70 d.C,, Milano 1 9 8 3 ; J.B. Pritchard (ed.), Atlante del mondo biblico, Torino-Leumann 1 9 9 1 . Molto utile è l’atlante curato da Y . Aharoni - M . Avì-Yonah, Atlante della Bibbia, Casale M onf. 19 8 7 . U n’opera non ristretta sol­ tanto all'aspetto geografico ma comprensiva di dati storici, archeologici ecc. di tutto d Vicino Oriente connesso alla Bibbia e ancora molto consigliabile è M . Noth, Die Welt des Alien Testaments, Berlin * 19 5 7 e rist. (tr. sp. Madrid 19 7 6 ). M a l’opera che fornisce oggi l’ informazione piu completa su tutti gli aspetti stori­ ci e culturali del Vicino Oriente antico e quella di M . Liveram, Antico Oriente. Storia società economia, Bari 19 8 8 . Per i suoi immancabili e costanti riferimenti geografici e archeologici alla più antica fase della storia d’Israele è di estrema uti­ lità R. de Vaine, Htstoire ancienne dTsraèl} r, Des origines à Pmstallation en Ca­ naan, Paris 1 9 7 1 ; IL La période des Juges} Paris 1 9 7 3 . La guida pratica della re­ gione con descrizioni dei monumenti più aggiornata è J. M utphy-O ’ Connor, The Hoìy Land. An Archaeoìogical Guide front Earliesi Times to 17 0 0 , Oxford - N ew York 2i9 8 6 . U n‘eccellente opera che all’analisi dei problemi geografici e archeo­ logici unisce una visione coerente della teologia della le r r a Santa è A. Gonzàlez Lamadrid, La fuerza de la Tierra (Geografia, il istoria y Teologia de Palestina), Salamanca 1 9 8 1 .

Capitolo il

Archeologia biblica

L N O Z IO N I G E N E R A L I E T E C N IC H E

L’archeologia è, come indica l’etimologia, la scienza che studia l’antichità non attraverso i racconti storici o 1 testi conservati, ma mediante i reperti materiali lasciati dall’uomo nella sua occupazione della terra, siano que­ sti rovine di costruzioni o oggetti d’uso. Si comprenderà facilmente che l’archeologia è necessariamente vincolata alla terra e che il suo normale espletamento si concretizza nell’attività di scavo. L ’uomo, occupando un luogo, esteso o ridotto - a seconda del numero degli occupanti —, normalmente si comporta seguendo quelle che potrem­ mo definire due «leggi». La prima inerisce all 'accumulazione delle strut­ ture e degli oggetti. Se necessita di nuove costruzioni, in genere l’uomo non distrugge del tutto le vecchie, le riutilizza in parte o, almeno, spiana il suolo a una certa altezza, lasciandone interrate le fondamenta e i rude­ ri. In tal modo gli oggetti inservibili e altri residui dell’occupazione ven­ gono gettati e sepolti non lontano dal posto dove venivano utilizzati o, quanto meno, in un vicino immondezzaio ad hoc. La seconda «legge» ri­ guarda una ricorrenza abitativa. Nel comportamento umano qualcosa sollecita il gruppo ad andare a stabilirsi negli stessi luoghi abitati dai pro­ pri antenati; su ciò influiscono senza dubbio le condizioni favorevoli del territorio prescelto. Queste due leggi etologiche determinano l’esistenza di «insediamenti archeologici», zone tri cut si trovano resu di costruzioni e di aggetti, imputabili a un’intensiva occupazione umana, in genere per più generazioni. Naturalmente in un insediamento i reperti delle diverse epoche d’occu­ pazione sono «stratificati» a differenti livelli, alcuni distinguibili dagli al­ tri solamente per le impronte dovute all'azione umana che costruì e allar­ gò lo spazio in ogni «momento» e, m altri casi, per la particolare natura geologica del terreno di ogni strato. Ovviamente i più profondi corri­ spondono alle epoche piu antiche, quelli piu superficiali ai periodi più re­ centi. Risulta, quindi, che la stratigrafia di un insediamento archeologico è —secondo un noto aforisma —come le pagine di un libro, in cui è do­ cumentata la storia dei popoli che vi abitarono, la cui cronologia va dal­ la maggiore alla minore profondità. Conviene tuttavia segnalare che gli

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Archeologia biblica

strati di un insediamento non sono necessariamente orizzontali né tutti delio stesso spessore, poiché Luna e Paltra circostanza dipendono dalla natura del terreno e dal tipo di occupazione, dall’intensità dì quest'aldina e dalla sua durata per ogni fase. Il passaggio da uno strato a un altro di­ pende da diverse cause geologiche, da catastrofi di origine umana (come distruzioni o guerre) o dal semplice abbandono del luogo per qualche tempo. L’esempio piu tipico di insediamento nel Vicino Oriente è il teli. Si. tratta di una collina, nella maggior parte dei casi non naturale ma antro­ pogena, determinata dallo stanziamento continuato nel luogo di gente, le cui abitazioni, distrutte una o più volte, furono riedificate sopra le anti­ che, «spianando» il terreno. Questo processo, perdurato per secoli e mil­ lenni, determina resistenza materiale di una caratteristica collina. I suoi strati inferiori a volte sono al di sotto del livello attuale della valle, poiché questa si è successivamente riempita di sedimenti e la primitiva istallazio­ ne non era collocata sopra alcuna collinetta naturale, come a volte capi­ ta. La persistenza nell’occupazione umana di uno di questi teli si deve so­ litamente, a parte altri fattori di carattere culturale, all’esistenza di sor­ genti di acqua potabile nelle vicinanze e a condizionamenti di tipo strate­ gico, legati soprattutto alla presenza di strade naturali o passaggi obbli­ gati. Ne sono un esempio Teli es-Sultan (Gerico), la cui altezza «artificia­ le» supera 1 1 5 m, e Megiddo, che conta un numero di distinte stratifica­ zioni superiore a venti. Bisogna tener conto, inoltre, di una terza «legge» del comportamento umano per «capire» i fondamenti del metodo archeologico. E la tendenza nativa dell’uomo a cambiare parzialmente le forme delle sue costruzioni o del suo corredo abitativo, in conformità al passare del tempo; si tratta di quanto chiamiamo volgarmente «moda». Questa circostanza c fonda­ mentale per gli studi archeologici, poiché vi si basano i modelli del muta­ mento culturale nel corso del tempo. Di fatto, la comparazione dei «livel­ li» e la loro posizione entro la stratigrafia dell’insediamento, insieme alla mutevole varietà di forme da uno strato all'altro, consente di «fissare» i periodi. Bisogna inoltre confrontare tra loro vari insediamenti per evitare l’ostacolo —possibile e ricorrente —che ogni insediamento non presenti «tutti» 1 periodi e necessiti di integrazioni per quanto concerne determi­ nate epoche, da parte di un altro più completo. G’è un’archeologia storica e un’archeologia preistorica. La prima è ine­ rente a epoche dell’antichità di cui si conoscono dati attraverso la storia e la letteratura. La seconda si limita allo studio dei periodi più antichi, per i quali non si possiede nessun dato, poiché precedono la conoscenza della scrittura. Evidentemente il passaggio dall’archeologia preistorica a quella storica varia da una regione all’altra del mondo. In Spagna, ad esempio,

Nozioni generali e tecniche

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la storia comincia nella regione cantabrica con la conquista romana di Augusto tra il 19 -19 a.C., mentre in Andalusia inizia mille anni prima, con la venuta dei fenici. Per la Palestina la preistoria abbraccia soltanto l’Età della Pietra (Paleolitico e Neolitico); le Età del Bronzo e del Ferro, invece, entrano già nella fase storica, poiché di quest’epoche possediamo documenti scritti. Al contrario, nell’Europa atlantica e centrale le Età del Bronzo e del Ferro sono ancora in piena preistoria. È infine necessario sottolineare un fatto che si discosta un poco da quanto finora detto. L ’archeologia richiede Fapplicazione di una sofisti­ cata tecnica di scavo per poter recuperare tutti ì dati in maniera esatta, senza confondere strati né epoche. Non si tratta, quindi, semplicemente di scoprire rovine monumentali o recuperare oggetti preziosi, come suc­ cedeva nel xix secolo, agli inizi dello sviluppo della scienza archeologica. È necessario cercare di conoscere scrupolosamente tutte le implicazioni e le conseguenze deducibili dalla posizione spaziale e cronologica dei di­ stinti ritrovamenti. Per modesti che questi appaiano, possono rivelarsi di valore scientifico non inferiore a quello di scoperte spettacolari. Lo scavo archeologico non è pertanto alla portata di chiunque, ma solamente di studiosi molto specializzati e di grande esperienza. L’archeologia non solo possiede mezzi per determinare la cronologia relativa («questo appartiene a un periodo piu antico o più recente dì quello»), derivati dal confronto tra insediamenti differenti, ma anche mezzi per una datazione assoluta («questo risale approssimativamente al tal anno»). Le iscrizioni reperibili neirinsediamento o ridentità manifesta tra le rovine od oggetti scoperti e la toro descrizione nelle fonti letterarie antiche sono dati cronologici per l’archeologia storica. La tecnica moder­ na offre inoltre anche metodologie applicabili indistintamente all’archeo­ logia storica o a quella preistorica. Tale è il caso della datazione con il C 14, fondata sull’analisi radiometrica della materia organica ritrovata nel­ l’insediamento. Queste date sono fornite dai laboratori atomici, con un margine di errore dipendente dalle condizioni del campione. Così, per esempio, Fanalisi di materia organica proveniente dal vecchio «strato della torre» di Gerico (Neolitico Preceramico A) fornì questo risultato: 10 30 0 ± zoo B.P. (LM-106). Ciò significa un’antichità di 10 30 0 anni ri­ spetto a oggi (l’ «oggì» è teoricamente sempre l’anno 1950), cioè 8350 a.C., più o meno zoo anni di errore; BM -106 sono i dati identificativi del campione e del laboratorio che eseguì lo studio; in questo caso: reperto n° 106 del Rrilish Museum Research Laboratorv. Altri procedimenti propri dell’archeologia attuale sono il paleomagne­ tismo per la ceramica, l’analisi del fluoro per le ossa e Fanalisi radìometrica potassio-argon per certi sedimenti di origine vulcanica, tutti con lo scopo precipuo di fornire una cronologia. Lo stesso vale per l’analisi sedi-

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Archeologia biblica

mentologica degli strati, del loro contenuto di particelle di polline, per lo studio botanico di semi o di resti di piante, per ['analisi minuziosa delle ossa ecc., con finalità di tipo ambientale, per conoscere cioè l’ambiente climatico e fisico in cui si sviluppò una cultura. Ciò fornisce talvolta an­ che informazioni di carattere cronologico, se si tratta di periodi ben co­ nosciuti dalla geologia o dalla paleoclimatologia. II. I L M E T O D O A R C H E O L O G I C O

Dal punto di vista pratico, l’archeologo che lavora in Oriente deve posse­ dere una competenza specialistica. Non gli basta la conoscenza delle tec­ niche dell’archeologia in generale o la competenza archeologica richiesta per altre regioni del mondo (Europa, America ecc.). Tutto questo può es­ sergli molto utile, ma è insufficiente. Deve possedere una grande prepara­ zione sul Vicino Oriente, non solamente ricorrendo all'estesa bibliografia in proposito (libri e soprattutto riviste), ma anche frequentando musei e osservando collezioni di oggetti rinvenuti in altri scavi: utensili di selce, reperti di ceramica in tutta la gamma delle sue varietà, manufatti orna­ mentali, come collane ecc., manufatti metallici ecc. Le sue conoscenze non devono limitarsi a una determinata epoca, nella quale il suddetto ar­ cheologo si considera specialista, ma, seppure in minor grado, devono abbracciare tutti 1 periodi dell’antichità, poiché può accadere che nell’in­ sediamento da lui scavato non appaiano specificamente gli oggetti dell’e­ poca che egli presumeva di trovare, ma anche altri di periodi differenti. In ogni caso, per giungere allo strato di presenza degli oggetti e delle strut­ ture da lui ricercati - del Bronzo Antico, ad esempio - è necessario scava­ re precedentemente gli strati corrispondenti al Ferro, al Bronzo Recente e al Bronzo Medio. All’archeologo si richiede grande capacità per condurre bene i suoi sca­ vi, anche se non possono ascriversi a materie di sua stretta competenza. Solo per ulteriori approfondimenti e per la pubblicazione delle scoperte l’archeologo può affidare questa parte a un collega specialista. Ma il ri­ trovamento, Pidentificazione e l’interpretazione sono compito dell’ar­ cheologo responsabile dello scavo, benché né lui né nessun altro della sua équipe sia uno specialista - per continuare con l’esempio precedente — dell’Età del Ferro. L ’archeologo orientalista deve inoltre conoscere il pae­ se, i costumi, Pambiente, il clima, la natura delle terre dove scava, la to­ pografia ecc. Un archeologo preparato a scavare in Oriente non si forma improvvisamente, ma dopo lunghi studi ed esperienze e, anche in tal ca­ so, con difficoltà se manca l’aiuto di un buon maestro. Se lo scavo non viene eseguito in un insediamento archeologico già co­ nosciuto e scavato in precedenza da una qualche équipe scientifica, che ha

Il metodo archeologico

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pubblicato accuratamente i risultati delle ricerche, l’archeologo deve co­ minciare a cercare un suo proprio insediamento; ciò presuppone di solito campagne preliminari di prospezioni, denominate survey in inglese. Se si desidera trovare un insediamento preistorico, bisogna recarsi in zone di caverne o presso le sponde dei laghi o dei corsi d’acqua, così da localizza­ re luoghi adatti. Se si tratta di scoprire insediamenti dell’Età del Bronzo o dei Ferro, si dovrà cercare un teli, osservando il paesaggio per distinguere le colline naturali da quelle che non Io sono. Se si cercano insediamenti di epoche più recenti, ad esempio ellenistici o romani, questi solitamente so­ no evidenziati in superficie dalla presenza di ruderi; è dò che gli arabi del territorio chiamano un khirbet e designano talvolta come un deir (con­ vento), credendo si tratti di un’antica abitazione di monaci. Frequente­ mente si trovano sulla sommità di colline naturali o in connessione con gli attuali stanziamenti. In ogni caso, per localizzare insediamenti di epo­ che storiche è necessario collazionare te fonti letterarie antiche, allo scopo di verificare i popoli e le città che, situati in determinate aree, sono anco­ ra da scoprire, e gli avvenimenti storici in relazione con essi, cosi come le potenzialità strategiche del sito (comunicazioni, risorse ecc.), poiché tutto può servire come traccia essenziale. Ispezionando il terreno è necessario porre particolare attenzione al suolo, per raccogliere piccoli resti di solito sparsi sul terreno, che costituiscono in definitiva l’indizio piu sicuro che si tratti di un insediamento. Se è preistorico, avrà soprattutto scici scheg­ giate; se é un villaggio di epoca storica, abbonderanno piccoli frammenti di ceramica che un esperto può subito attribuire con sicurezza a un deter­ minato periodo. Il dato piu probabile sarà allora che non tutti questi frammenti appartengono alla stessa epoca: alcuni risaliranno all'Età del Ferro e altri, ad esempio, a quella del Bronzo Medio. Questo può indicare la presenza di un vero e proprio teli. Localizzato I insediamento o scelto tra Ì vari possibili il piu prometten­ te, organizzata logisticamente la spedizione (contatti con la popolazione locale, istallazioni, approvvigionamenti, mano d operà ecc.), si procede alla campagna di scavi propriamente detta. In passato, un archeologo po­ teva avere il coraggio o la necessità di affrontare da solo la direzione e la responsabilità dei lavori scientifici in una spedizione archeologica. Oggi questo è impraticabile e, in certi casi, sconsigliabile. Il direttore deve con­ tare su un'équipe scientifica di persone qualificate e in alcuni casi anche dividere la propria direzione con altri archeologi. In questa équipe vi sa­ ranno anche topografi, fotografi, giovani archeologi che seguono corsi di specializzazione, studenti e, possibilmente, un geologo, un chimico, uno zoologo e un botanico, oltre che un epigrafista, qualora si tratti di un in­ sediamento di epoca storica. Lo scavo dev’essere preceduto da un rilevamento topografico dell’inse­

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Archeologia biblica

diamento, che permetta la localizzazione precisa del piano di lavoro e dei ritrovamenti cui si deve pervenire. Per questo si suole suddividere la su­ perficie di scavo utilizzando un sistema di quadrati, designati con un nu­ mero (sull’ascissa) e una lettera (sull’ordinata). Tali quadrati possono avere una superficie maggiore o minore, in rapporto alle dimensioni delPinsediamento. Nell’archeologia preistorica i quadrati corrispondono di solito a un metro quadro; per i periodi più recenti possono interessare una superficie di nove metri quadri. All’interno di ogni quadrato, natu­ ralmente, vanno compiute tutte le suddivisioni e le localizzazioni per una migliore definizione. Il lavoro di scavo vero e proprio richiede un’attenzione accurata e tutta una serie di tecniche che in questa sede non è possibile descrivere. Sia suf­ ficiente ricordare che nell’archeologia preistorica non si utilizzano picco­ ni, ma minute piccozze, coltelli, pennelli e perfino aspiratori. Queste tec­ niche vengono applicate anche al resto dell’archeologia, quando lo richie­ dono le circostanze. Nel processo di scavo s’impiegano due metodi. Lo «scavo in verticale» consiste nella realizzazione di profondi fossati, sufficientemente ampi per assicurare stabilità e che procurano una relativa abbondanza di resti. Questo metodo ha il vantaggio di permettere il controllo della stratigrafia sulle pareti, cioè di visualizzare la sovrapposizione dei diversi strati corri­ spondenti alle differenti epoche di occupazione dell’insediamento. Possie­ de, viceversa, l’enorme svantaggio di consentire con difficoltà la ricostitu­ zione dell’ambiente in cui si svolgeva la vita durante ognuna di queste oc­ cupazioni. Lo «scavo in orizzontale», invece, mette allo scoperto grandi estensio­ ni dell’insediamento e offre la possibilità di verificare le condizioni e le modalità d’insediamento nell’abitato. Ha, senza dubbio, lo svantaggio di presentare ogni volta un unico momento della sua storia (un’occupazio­ ne) e presenta il rischio di confondere con maggiore facilità i distinti stra­ ti, mancando di sezioni stratigrafiche evidenti. Per ovviare a queste difficoltà si è soliti combinare i due metodi, facen­ do in alcune parti dell’insediamento trincee che consentano di stabilire la stratigrafia e riservando le altre aree a uno scavo estensivo, così da osser­ vare nel suo insieme la struttura delle edificazioni. Questo solitamente viene condotto per piani terrazzati, ognuno dei quali corrisponde a un di­ stinto momento cronologico. Perciò il profano in visita agli scavi di un teli incontra talvolta difficoltà a «capire» le rovine; ogni area, infatti, può appartenere a fasi distinte di occupazione dell’abitato, D ’altro canto bisogna tenere presente che, nello scavo «orizzontale», l’orizzontalità non va intesa geometricamente, ma nel senso di seguire «un piano naturale di occupazione», che ovviamente potrebbe avere le

Periodi archeologici

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sue irregolarità, come le ha la superficie attuale di una qualsiasi città o villaggio (pendìi, declivi ecc.). Un elemento essenziale neirarcheologia è inoltre il facto che ogni scavo di un insediamento abitato per molto tempo presuppone necessariamente una distruzione, per cui, nello scavare alla ricerca di strati o livelli più antichi, è inevitabile distruggere i resti di fasi più recenti. L ’archeologo, perciò, deve eseguire dei rilievi di tutto ciò che scava, posizionandovi sia le rovine sia gn oggetti trovati tanto in profon­ dità come in estensione, sulla base di coordinate cartesiane. Così, anche dopo aver distrutto lo strato, questo potrà essere ricostruito e interpretato in qualsiasi momento dagli archeologi del futuro. È quindi estremamente pertinente il paragone, molte volte citato, secondo cui l’archeologo è co­ me il lettore di un codice antico, costretto a sciupare ogni foglio che leg­ ge. In archeologia non si può passare alla pagina successiva (riportare alla luce un altro strato) senza distruggere la precedente; da qui la responsa­ bilità che questa pagina, destinata alla distruzione, sia letta in maniera corretta e scrupolosamente riportata nei rilievi, senza perdere l’informa■ » zione m essa contenuta. Il lavoro dell’archeologo non termina con l’attività di scavo. Si calcola che un mese di lavoro scrupoloso e lento rappresenta almeno un intero anno dedicato a studi di laboratorio sui reperti. In effetti, gli oggetti rin­ venuti, debitamente etichettati e imballali, passano al laboratorio, dove saranno sottoposti a un’accurata pulizia, alla ricostruzione (rimettendo insieme, ad esempio, i frammenti di un vaso di ceramica), alla siglatura per la loro identificazione, al disegno e fotografia, all’analisi fisica o chi­ mica secondo il caso e infine allo studio, alla classificazione e compara­ zione con oggetti simili provenienti da altri insediamenti. La sintesi di questi e di tutti gli altri dati raccolti nei rilievi, nelle annotazioni ecc. du­ rante il processo di scavo costituisce Poggetto della monografia archeolo­ gica, di cui si suole offrire ima parziale anticipazione (rapport prelimina­ re) in una rivista specializzata. Così si spiega il ritardo di alcuni anni delle monografie e anche, talvolta, la possibilità del decesso del direttore di uno scavo prima della pubblicazione della relazione finale. Tutto ciò, senza contare le ricerche specialistiche degli epigrafisti e dei filologi, che devono leggere c studiare le iscrizioni ritrovate nello scavo: su pietra, su oggetti metallici, su vasi di ceramica, mattoni (le famose «tavolette») e più rara­ mente su papiri e pergamene. III. P E R IO D I A R C H E O L O G I C I

x. Preistoria Come già si è detto, in Palestina la preistoria corrisponde esclusivamente all’Età della Pietra. Questa si divide in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico e

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Archeologia biblica

Calcolitico. Ognuno di questi grandi periodi può ulteriormente venire suddiviso in molteplici sotto-periodi. Molto in breve presentiamo qui le caratteristiche che tali periodi assumono nella regione, facendo riferimen­ to ai ritrovamenti più noti. a) Paleolitico In Palestina i resti più antichi conosciuti, attribuiti al Paleolitico Inferio­ re, hanno un’età non inferiore a 700000 anni. Furono scoperti nell’inse­ diamento di Ubeidiya, a sud del Lago di Genezaret. Sono costituiti da strumenti molto grezzi di selce e da alcuni resti umani molto primitivi. L ’industria denominata Acheuleana, con asce manufatte in selce, accura­ tamente scheggiate nelle due facce, appare prevalentemente negli insedia­ menti di Evron e della Grotta di El Tabun sul Carmelo. Ma sono stati rinvenuti reperti anche nella grotta di Umm Qatafa nel Deserto di Giuda. Durante il Pleistocene nella zona del Vicino Oriente si determinano ta­ luni fenomeni climatici che danno avvio a periodi molto umidi, chiamati «pluviali», intervallati da altri a clima secco, definiti «interpluviali». En­ trambi corrispondono a quanto in Europa e in altre aree temperate si de­ signa col nome di periodi glaciali e interglaciali. NelPultimo interpluviale, 1250 0 0 anni fa, compare un tipo particolare di industria litica, foriera di nuovi sviluppi. Si tratta dello Yabrudiano e dell’Amudiano. Da allora, e soprattutto durante la prima metà dell’ultimo pluviale, si determina lo sviluppo di un’importante industria, conosciuta con il nome di LevalloisMusteriano, con utensili in pietra di dimensioni più ridotte e con ritocchi più accurati (sono le cosiddette «punte» e «raschiatoi»). Gli insediamenti più importanti di questa fase, conosciuta anche con il nome di Paleolitico Medio, si trovano nelle grotte di El Tabun, Skul e Kebara sulle pendici del Carmelo, e in quella di Qafzeh a Nazaret. Particolare importanza rivestono i ritrovamenti di scheletri umani di quest’epoca, molto famosi poiché manifestano caratteri intermedi o ibri­ di tra l’uomo di Neanderthal e YHomo sapiens sapiens, che hanno in Eu­ ropa la tipologia più rappresentativa nel Cro-Magnon. I ritrovamenti si localizzano nelle citate grotte di El Tabun, Skul, Qafzeh, Kebara c in quelle di Amud e Zuttiyeh, vicino al Lago di Genezaret, e appartengono a più di trenta individui del tipo conosciuto come Homo sapiens Palestinensis. Nel Paleolitico Superiore si determina un forte cambiamento nella cul­ tura dei popoli cacciatori, che giungono a possedere un’accurata industria su lame di selce ben ritoccate e di utensili in osso. Gli insediamenti sono situati tanto a nord della Palestina (soprattutto la grotta di El-Wad e Ke­ bara sul Carmelo e di Qafzeh a Nazaret), quanto nel Deserto di Giuda

Periodi archeologici

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(El Khiam ed Erq el-Ahmar nel Wàdl Kareitun) e nel Negev (Boker, Ein A q c v ed En-Avdat). La cultura dominante è quella Àurignaciana caratte­ rizzata da forti particolarità regionali. Infine appare un aspetto locale, chiamato Atlitiano. Il Paleolitico Superiore è compreso tra il 33000 e il 14000 a.C. b) Mesolitico Il Mesolìtico rappresenta un periodo di transizione nel quale l’industria litica si caratterizza per le sue dimensioni minuscole e molto curate (mi­ croliti). Si presta particolare cura alla raccolta del grano selvatico come base economica dei vari gruppi umani e si hanno le prime prove evidenti di insediamento in villaggi. Comprende soprattutto le culture Kebariana e Natufiana, quest’ultima momento di grande apogeo culturale, con la rea­ lizzazione anche di pregevoli manufatti artistici come piccole sculture e con la sepoltura scrupolosa e rituale dei morti, dei quali nei vari insedia­ menti si sono ritrovati resti appartenenti a piu di 3 individui. La cro­ nologia si estende dal 13000 a l l ^ o o a.C. Gli insediamenti più famosi sono: Ein Gev, Kebara, Nahal Cren ed El Khiam per il Kebariano; ElWad, Ain Mallàha e Hayonim per il Natuliano. c) Neolitico Gli inizi del Neolitico segnano una tappa qualitativamente differenziata nella storia dell5umanità, nel corso della quale si pongono le basi della successiva civilizzazione. Il Neolitico è segnato da una rivoluzione econo­ mica che implica la trasformazione della società raccoglitrice di alimenti in una società produttrice, alla quale si perviene con l’allevamento e l’a­ gricoltura, che presuppongono l’ addomesticamento di animali e piante. Questo sorprendente cambiamento determina la crescita e lo sviluppo in­ terno dei gruppi umani, i quali iniziano a creare dei veri e propri agglo­ merati in cui si svolge una fiorente vita produttiva, che accorda particola­ re attenzione all’aspetto religioso e alle esigenze di carattere strategico. I utto ciò comporta lo sviluppo dell’architettura e di certe tecniche parti­ colari per la fabbricazione di manufatti. Le principali specie domestiche, dal punto di vista botanico, sono il grano, l’orzo e le lenticchie e, per ciò che si riferisce agli animali, la capra, la pecora e solo successivamente d maiale. Il Neolitico si divide in Preceramico e Ceramico: il carattere distintivo si fonda sull’impiego o meno della terracotta. Al contrario di quanto si possa supporre, il Neolitico Preceramico, dall'8300 fino al 6000 a.C. (di­ viso a sua volta in due periodi: A e B), ammette in Palestina una fase di

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A r c h e o l o g i a b ib lic a

maggior sviluppo culturale del vero e proprio Neolitico ceramico (pure diviso in A e B), dal 6000 al 4000 a.C. Gli insediamenti del Preceramico più famosi sono Gerico, Nahal Cren, E 1 Khiam, Salibiyah, feeda, En Gazai, Beisamoun e Abù Gósh. Nel Neolitico Preceramico A, Gerico era già una «città» con mura e con alPinterno una torre circolare di 8,5 rn di altezza. Nel periodo B, i crani, tramutati in ritratto del defunto mediante un’artistica applicazione di gesso e altri materiali, erano devotamente sotterrati sotto le ricche pavi­ mentazioni delle case, a volte pitturati. I più ricchi insediamenti del Neo­ litico Ceramico sono quelli di Gerico e Sha‘ar ha Golan alla confluenza dello Yarmuk con il Giordano. La ceramica di queste popolazioni, molto abbondante, si riduce a grandi ciotole e giare, a volte decorate combinan­ do colori rossicci e crema. Successivamente appare una decorazione incisa a fasce. L5architettura è di qualità molto inferiore rispetto a quella dei predecessori e mancante di senso urbanistico. d) Calcolitico L ’ultimo periodo dell’Età della Pietra è il Calcolitico; già vi si impiegano, insieme agli utensili di pietra, 1 primi strumenti in rame. La ceramica e di buona qualità, ben cotta, a volte con decorazioni impresse e incisioni o con pitture geometriche. Ha forme molto varie, alcune veramente origi­ nali, come la cosiddetta «giara dell'uccello», che si ritiene venisse utiliz­ zata per la fabbricazione del burro. Gli abitati, benché non cinti da mura, presentano una discreta concentrazione di case. Queste sono, in genere, di pianta quadrangolare o trapezoidale, alcune con pareti dipinte raffigu­ ranti uccelli, stilizzazioni umane o temi astrali, come a Telélàt Gassul nel­ la valle del Giordano. In altri casi abbiamo colli popolati da costruzioni semisotterranee, come ad Abù Màtar, vicino a Beersheba. L ’economia era basata non solo sull’allevamento e sulla coltivazione dei cereali, ma anche su alberi fruttiferi, come l’ulivo. Rispetto alle prati­ che di inumazione sappiamo che venivano impiegate, come ossari, casset­ te dì ceramica a forma di casa con tetto a spiovente; ne sono un esempio quelli ritrovati a Hederah, nella pianura costiera. La cronologia di questa importante fase si estende dal 4000 al 3200 avanti Cristo. w

m

1 f

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2 voli., Paris 1 9 7 1 . 1 9 7 3 .

h) La pisana di Gabaon (2 Sam. 2 ,12 -18 ). Abner e Ioab s’incontrano con i loro rispettivi eserciti davanti alla bocca del pozzo o serbatoio di Ga­ baon. Stando gli uni di fronte agli altri, decidono un combattimento tra dodici beniamimti e dodici giovani dell’esercito di Davide. Accanto alle mura di El-Gib, ossia Gabaon, si conserva ancor oggi la monumentale piscina, scavata nella roccia, la cui apertura ha un diametro di i i ,3 m. Una scala a spirale, poggiata alle pareti, discende mediante 79 gradoni fino alia sorgente, situata a una profondità massima di 24,4 m. Il serbatoio dalle dimensioni uguali alla bocca s’immerge fino a una pro­ fondità di xo,8 m. Il grande serbatoio fu costruito probabilmente nell’età Ferro 1A (12 0 0 -115 0 a.C.); Pawenimento cui si riferisce il testo biblico sarebbe avvenuto verso il 1005 a.C. Bibl.: M . À vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavattons in thè Holy Land , 4 voli., Gerusalemme 1 9 7 6 ; Enfi I, 1 2 1 - 1 3 2 ; tu, 5 2 7 - 5 3 3 .

G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B i b b i a

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i) D a v id e conquista G eru salem m e (2 Sam . 5,8; 1 Cron. 11,5-6 ). Davide

promette una ricompensa al primo che riuscirà a penetrare nella città at­ traversando il tunnel. Ioab consegue la vittoria e occupa Gerusalemme. Dietro i muri «gebusei» della città vi è l’accesso a un pozzo che con­ duce alla fonte di Gihon, ormai all’esterno (il cosiddetto «Pozzo di Warren»). Questo passaggio risale probabilmente alla fine del Bronzo Recen­ te. Di qui dovettero penetrare gli uomini di Davide, riuscendo a sorpren­ dere i difensori della città, Bibl.: A . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedìa o f Archaeological Excavations in thè Holy Land, cit.; EnB m , 7 9 8 -8 9 1.

(x R e 6,1-38). Vengono descritte pianta, carat­ teristiche e misure del tempio, situato accanto al palazzo reale. Nella città israelitica di Arad, confinante con il Deserto del Negev, gli scavi hanno portato alla luce un’acropoli dell’epoca di Salomone, con un palazzo fortezza e un tempio che si avvicina alle descrizioni bibliche di quello di Gerusalemme. Il tempio è situato a nord-ovest della cittadella e guarda verso occiden­ te. Ha di fronte un doppio cortile; in quello esterno si trova l’altare dei sacrifici. Possiede le medesime misure attribuite a quello di Gerusalemme ed è costruito allo stesso modo (pietre non lavorate). Il tempio propria­ mente detto comprende un b ek a l o santuario, al cui ingresso erano due colonne, e un d eb ir o santo dei santi; prima di entrare in questo si in­ contravano due altari per l’incenso e all’interno del recinto una m asse ha. Il tempio venne distrutto nella seconda metà del v ii secolo a.C., quando si rinnova e si ricostruisce la cittadella; si tratta di un aspetto si­ gnificativo, poiché corrisponde all’epoca di Giosia (639-609 a.C.). Re­ centemente l’interpretazione stratigrafica è stata però rivista e ciò induce a una maggior cautela nelle conclusioni.

/) I l tem pio d i Salom on e

Bibl.: M . Avi-Yonah (ed.), Encyclopedìa o f Archaeological Excavations in thè Holy land , cit.; A. Parrot, Le tempie de Jérusalem , Paris 19 5 4 .

k) M e g id d o , H a so r e G ez er (x R e 9,15). Sono anzitutto le citta fortifica­

te da Salomone. Gli scavi archeologici di Megiddo hanno mostrato che nello strato ivB la città non fortificata era protetta da una muraglia del tipo a casematte e con una porta ben fortificata. Secondo il dato archeologico, questo corri­ sponde alla seconda metà del x secolo a.C., tra gli anni 950 e 924, pre­ cisamente all’epoca di Salomone (965-928 a.C.). A Hasor lo strato x presenta una muraglia a casematte, con porte a quadrupla tenaglia a pro­ tezione di una città che stava rinascendo, ma priva di difesa fino a questo momento. A Gezer l’area in ha conservato i resti di una porta sulle mura

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A r c h e o l o g i a h ib lic a

a quadrupla tenaglia, come quelle di Megiddo e di Hasor, attribuita anch’essa all’epoca di Salomone. BibL: M . A vi-Yonah, Encyclopedia o f Ar ehaeological Excavattons in thè Hoiy Land , citq EnB iv, 10 6 0 -10 6 9 . 1 0 6 9 - 1 0 8 3 ; iti, 9 9 1-9 9 6 . l)

L e scuderie di Salom on e (z Re 10,26). Salomone organizza un eserci­

to di cavalleria, composto di 1400 carri e 120 0 0 cavalli, acquartierato in alcune città fortificate. Gli scavi di Megiddo portarono in luce un «quartiere della cavalleria’» con due ampie stalle, perfettamente disposte con greppie alle quali si le­ gavano i cavalli. La stalla è predisposta per 492 cavalli e vi sono rimesse per 15 0 carri. Le piu recenti prospezioni archeologiche, tuttavia, attribuiscono questa costruzione al livello ivA, del tempo di Acab (sec. ix a.C.), sebbene non si possa scartare l’ipotesi che le costruzioni siano iniziate già nel prece­ dente strato salomonico, il ivB. BibL: M .A . Negev, Ar eh aeological Encyclopedia o f thè Holy Land, Jefusalem 1 9 7 2 , s.v. Stables; K .M , Kenyon, Archaeology ofthe Holy Land, London * 19 6 5 .

m) Il re A sa fortifica M ispah (1 R e 15 ,16 -17 .2 1-2 2 ). Nella guerra tra i

re di Giuda e di Israele, rispettivamente Asa e Baasa, il secondo cominciò a fortificare Rama. Incalzato dal re di Damasco, abbandonò le opere nel­ la cirtà di frontiera. Allora Asa disfece le fortificazioni di Rama e con le pietre recuperate costruì le muraglie di Geba e Mispah. A Rama (Er-Ra) e Geba di Beniamino (Geba1) non sono stati fatti sca­ vi sistematici, ma a Mispah (Teli en-Nasbe) è stato rinvenuto un enor­ me muro, risalente al 900 circa a.C. (il regno di Asa è compreso tra il 908 e 1*867 a.C.). E di costruzione accurata. Consta di grosse pietre con calci­ na e il suo spessore supera i 4 m. Doveva essere assai elevato, a giudicare dalle rovine conservate. Aveva dieci torri difensive, Bibl.: M . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Arehaeological Excavations in thè Holy Land , cit.; EnB iv, 1 2 2 4 - 1 2 2 5 .

n) O m ri trasferisce la capitale de! suo regno (z R e 36,23-24). Il re di

Israele Omrì, che ha la sua capitale a Tirsa, dopo sei anni interrompe i lavori in questa città e trasferisce la capitale a Samaria. Negli scavi di Teli el-Fàr‘a (Tirsa), nello strato in, corrispondente al­ la fine del sec. x e agli inizi del ix (Omri e del 882-871 a.C.), si e potuto chiaramente verificare che la arra venne praticamente abbandonata, non distrutta, lasciando anche edifici costruiti a metà. Tra questi c’è un’im­ portante costruzione, con cortile centrale e tre grandi stanze intorno. E

Gli in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia

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un’opera molto curata con pietre lavorate talvolta nello stesso stile del palazzo reale di Samaria. Forse era il palazzo di Omri. Bibl.: M . A vi-Yonah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavations in thè Holy Land , cit.; EnB in, 2,58-2,65.

o) Il canale di Ezechia (2 Re 20,20; 2 Cron. 32,2-4.20.30). Ezechia, re di Giuda, fece costruire un serbatoio e un canale per far giungere l’acqua a Gerusalemme. Questo canale sotterraneo scavato nella roccia unisce la fonte di Gihon con la piscina di Siloe, a sud della città, è all’interno delle mura e si conserva nella sua interezza. Ha una lunghezza di 5 12 m. Già vicino al suo sbocco venne alla luce un’iscrizione coeva, in ebraico (conservata al Museo di Istanbul), commemorativa dell’incontro delle due squadre di minatori. Essa recita: «(Questa è) la perforazione. Ecco la storia della costruzione. Gli scavatori scavarono con i loro picconi gli uni di fronte agli altri e, quando restavano solo tre cubiti di separazione tra le due squadre, si udì la voce di uno scavatore che ne chiamava un altro. Il suono attraversava la roccia da parte a parte. Così il giorno che perfora­ rono la roccia, gli scavatori s’incontrarono, batterono piccone contro piccone e l’acqua irruppe dalla sorgente verso la piscina, per 120 0 cubi­ ti. L ’altezza della roccia sulla testa degli scavatori era di 100 cubiti». Bibl.: J. M urp h y-O ’Connor, The Holy Land. An Archaeological Guide from Earliest Times to iy o o , Oxford - N e w York * 19 8 6 ; EnB vi, 4 6 2 -4 6 6 .

p) Uassedio di Lakish (2 Re 18 ,13 - 17 ; 19,8-9). Il re assiro Sennacherib attacca Giuda e assedia la città di Lakish; da questa invia messaggi al re di Gerusalemme affinché si arrenda. Di fronte alla notizia dell’arrivo del­ l’esercito egiziano, Sennacherib toglie l’assedio di Lakish. Nella città di Ninive, nel palazzo di Sennacherib, tu ritrovato un pre­ zioso rilievo murale, raffigurante l’assedio di Lakish. Si vede la città cinta da mura con torri e, dietro i merli, arcieri che lanciano frecce e altri di­ fensori che scagliano pietre. Sotto sta attaccando, imponente, l’esercito assiro, diviso in colonne; in prima linea avanzano le macchine per l’asse­ dio. Le truppe assire, ben vestite ed equipaggiate nella loro uniforme, si distinguono in differenti corpi o armi: arcieri, lancieri (questi ultimi con l’elmo e un grande scudo rotondo) e frombolieri. Tre giudei fuggitivi sono stati impalati. In un’altra zona del grande pannello, Sennacherib, seduto sul trono, riceve il bottino della città consegnato da alcuni abitanti, ingi­ nocchiati o prostrati davanti a lui. In primo piano si scorge il passaggio di una fila di cavalli. Bibl.: C .J. Davey, Lachischy in Das Grosse Bibellexikon u, Wuppertal-Giessen

1988, 860 ili.

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A r c h e o l o g ìa b ib lic a

q) La caduta di Lakish (G er. 34,7). Il profeta Geremia trasmette un ora­ colo al re Sedecia a Gerusalemme, mentre resecato babilonese di Nabucodonosor stava assediando questa città, come Lakish e Azeqa. Nella porta-torre della città di Lakish vennero alla luce 18 lettere su cocci di ceramica (ostraca), dirette al comandante in campo durante Pinvasione babilonese del 588-587 a.C. In una di esse (ostracon rv) il co­ mandante di un posto avanzato informa che «stiamo vigilando i segnali di Lakish secondo le istruzioni che il mio signore ci ha dato, poiché non possiamo vedere ‘Azeqah». È un messaggio di battaglia, B ib L :

C.J.

D avey,

ibidem .

r) Giovanni predica il battesimo (Mt. 3,1-6 ; Me. 1,4-8; Le. 3,2-3)- Gio­ vanni il Battista appare nel Deserto di Giuda come un anacoreta che pre­ dica la conversione, annunciando la prossima venuta del messia e appli­ cando il rito del battesimo con acqua. In quella stessa regione è stato scavato il grande monastero di Qumran, dove i monaci o anacoreti giudei, che vivevano nelle grotte del deser­ to, formavano una comunica, probabilmente di tipo esseno. Si riunivano per celebrazioni collettive, tra le quali figuravano le abluzioni rituali; rapprovvigionamento abbondante dì acqua, infatti, costituiva una delle loro principali preoccupazioni. Nelle rovine del monastero si contano nientemeno che 14 cisterne o piscine. La conversione e la speranza del messia figurano come argomento nei testi trovati a Qumran. B ib L : F . G a r c i a M a r t m e z - J . T r e b o lle B a r r e r à ,

L o s hom bres de Qum ran. Literatura ,

eslructura social y concepciones religiosas, M a d r i d 1 9 9 3 (tr . it. in p r e p a r a z io n e ).

s) Gesù ritenuto figlio dì Giuseppe (Le. 3,23; 4,22; Mt. 13,55). «Gesù, fi­ glio di Giuseppe» sembra il nome «ufficiale» di Gesù (Gv. 1,45). All’epoca la medesima designazione era abbastanza frequente. Un «Gesù, figlio di Giuseppe» figura nell’iscrizione di un ossario ora nel mu­ seo Rockfeller di Gerusalemme, la cui datazione è incerta: tra il 200 a.C. e il 200 d.C. Epitbaphe prétendu de N .S .J.C . : A tti -R e n d ic o n t i d ella P o n ti­ fìcia A c c a d e m i a R o m a n a dì A r c h e o lo g ia 7 ( 1 9 2 .9 } z i 5 - z 3 9 ; A . P a r i o t , Golgotha et Samt-Sépulcre , P a r is I 9 5 5 B ib L : L .H . V in c e n t,

f) La casa di Pietro a Cafarnao (Mf. 4 ,13 ; 8 ,5.14 ; 9 ,1.2 8 ; 17,24-25; Me. 1,2 1.2 9 ; 2 ,1 tee.}. Gesù fa di Cafarnao il centro della sua predicazione in Galilea e si stabilisce nella casa di Pietro. Sulla stessa strada di Cafarnao dove si trova la sinagoga del in secolo d.C., edificata sopra un’altra del 1 secolo, gli scavi archeologici hanno scoperto, due isolati più in là, una basilica di pianta ottagonale, del vi se­

G li in s e d ia m e n t i a r c h e o lo g ic i e la B ib b ia

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colo. Questa fu costruita sopra una chiesa domestica del iv secolo, che ri­ cordava la «casa di Pietro». A sua volta essa corrisponde a una delle stanze di una casa del i secolo, che potrebbe essere Palloggio occupato da Gesù nella casa di Pietro. Bibl.: A. N icacci e altri, La Terra Santa. Studi di Archeologia , Roma 1 9 8 3 ; S. Loffreda, Cafarnaùm , la ciudad de Jesus, Jerusalem 19 8 0 - Idem, Recovering Ca pharnaum, Jerusalem 1 9 8 5 .

u) La cattedra di Mosè (Mt. 23,2;. Gesù afferma che «sulla cattedra di Mosè» si sono seduti gli scribi e i farisei. Gli scavi nella sinagoga di Corozain hanno dimostrato che non si tratta semplicemente di linguaggio figurato. Qui, in effetti, è stato ritrovato uno scanno riservato, scolpito nel basalto, con un’iscrizione che lo identifica come «sedia di Mosè». Bibl.: À . Negev (ed.), Archaeological Encyclopedia o f thè Holy Land , Jerusalem 1 9 7 2 ; EnB 11, 5 7 2 - 5 7 3 .

v) Il litostroto di Pilato (G v . 1 9 ,1 3 ; cfr. M t. 27,27; Me. 15 ,16 ). Gesù è giudicato da Pilato nel pretorio, conosciuto con il nome di Litostroto (la­ stricato), in ebraico (aramaico) Gabbatha (altura). Scavi archeologici condotti nella zona di Gerusalemme dove l’attuale tradizione segnalava il pretorio (prima stazione della Via Crucis) dettero come risultato il ritrovamento di un grande cortile coperto da enormi la­ stre, che faceva parte di un edificio identificato come la Torre Antonia. La posizione rispetto al tempio, che essa dominava, ne giustificherebbe il nome di Gabbatha. Alcuni archeologi moderni, tuttavia, sono inclini a credere che il lastricato appartenesse a un foro della città dell’epoca del­ l’imperatore Adriano (Aefia Capitolina). Bibl.: S. Aline de Sion, La forteresse Antonia à Jérusalem et la questìon du Prétoire> Jerusalem 1 9 5 5 ; EnB iv, 7 2 4 -7 2 7 .

x) La crocifissione (Mt 27,35.38; Me. 15 ,2 5 .2 7 ; Le. 23,33; G ì/. 19 ,18 . 32). Giunti al Golgota, crocifiggono Gesù e con lui due ladroni, ai quali, dopo qualche tempo, s’infligge il crurifragìum o frattura delle gambe. Nel 1968 apparve a Giv'at ha-Mivtar, a nord di Gerusalemme, una se­ poltura con i resti di due persone, un bambino e un adulto maschio morto crocifisso. Gli studi condotti sul cadavere consentono di provare che la croce utilizzata era dotata di sedile, un piccolo appoggio sul quale «sali­ va» il crocifisso; ciò faceva sì che le gambe stessero separate. Al giustizia­ to fu inflitto il crurifragium o frattura delle gambe. I chiodi destinati alle mani attraversavano non le palme, ma i polsi. Vi era un solo chiodo mol­ to lungo per i due piedi, introdotto orizzontalmente nella croce e poi ri­

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A r c h e o lo g ia b ib lic a

torto a forma di gancio per comprendere entrambi i piedi e fissarli. Il le­ gno della croce era d’olivo e il crocifisso si chiamava «Giovarmi figlio di Haggol». La datazione è compresa tra il sec. 1 a.C. e il sec. i d.C. Bibl.: V. Mòller-Chistensen, Skeletal Remains from Giv^at ha-Mivtar: IEJ z6 (19 76 ) 3 5 -3 8 . Si vedano osservazioni e rettifiche recenti in J. Zias ed E. Sekeles, The Crucified man from Giv'at ha-Mivtar: A Reappraisah IEJ 35 (19 8 5 ) 2 1 - 2 7 .

y) I sepolcri giudaici alPepoca di Gesù (Mt. 27,59-60; Me. 15,46; 16 ,1 ­ 5; Le. 23,53; 2 4 ,1-2 ; Gv. 19 ,39 -4 1; 20,1.4-7). Gesù viene parzialmente imbalsamato e posto in una tomba scavata nella roccia. Una pietra chiu­ de il sepolcro. Quando all’alba della mattina di domenica giungono le donne con altri unguenti per continuare l’imbalsamazione, la grande pie­ tra è spostata, un angelo è seduto sulla destra dentro il sepolcro, le bende sono sparse al suolo, ma il sudario è ripiegato e ben sistemato. Nei dintorni di Gerusalemme si conservano e sono stati studiati molti sepolcri dell’epoca; alcuni sono identici a quello descritto dagli evangeli­ sti. Questi sepolcri sono per lo più collettivi; quello di Gesù era singolo. Sono scavati nella roccia a forma di caverna. Vi si penetra generalmente scendendo alcuni gradini; l’apertura è chiusa da una grossa pietra roton­ da, che può essere spostata solo con molta forza e s’incastra in un piccolo incavo predisposto per accoglierla. Compiuta questa operazione, da una piccola apertura si entra m una camera quadrangolare abbastanza am­ pia, con un sedile che corre tutto intorno. Da qui parte l’accesso alla ca­ mera o alle camere mortuarie propriamente dette, il luogo della sepoltura 111 due forme possìbili: un acrosolio alla parete con una mensola a mezza altezza, dove veniva deposto il cadavere avvolto in lenzuola, o una o più nicchie (loculi) nella parete. La camera mortuaria e, in questo caso, la se­ poltura era accessibile ai familiari, essendo accertato l’ impiego massiccio di unguenti e profumi per attenuare gli effetti della decomposizione del cadavere. Nella parete sopra la sepoltura si trovava una piccola cavità triangolare su cui collocare una lampada a olio. Bibl,: A.

Parrot,

Golgotha et Saint-Sepulcrey Paris 1955.

2) Proibizione ai gentili di entrare nel tempio di Gerusalemme (Atti 2 1, 27-30). Paolo viene arrestato nel tempio per avervi introdotto dei gentili; è il motivo della richiesta di morte da parte del popolo. Era vietato ai non giudei oltrepassare il cosiddetto «atrio dei gentili», pena la morte. Due iscrizioni in greco, trovate nella piazza del tempio, re­ citano: «Proibito a ogni straniero oltrepassare la barriera ed entrare nel recinto del santuano. Chiunque venga sorpreso, sarà lui stesso responsa­ bile della morte che gli verrà data». Bibl.: A. Parrot, Le tempie de Jérusalem, Paris 1954.

V. BIBLIO G R AFIA

Riguardo ai temi strettamente archeologici segnaliamo due opere ormai classi* che, di carattere generale: W.F. Albright, Archaeology o f Palestine, Harmondsworth ^ 19 5 6 (tr. sp. M adrid 19 6 2 ), un po’ antiquata ma ancora utile per una so­ lida conoscenza di base dell’argomento; K .M . Kenyon, Archaeology o f thè Holy Land , London *19 6 5 (tr. sp. Barcelona 19 6 3 ), fondamentale per un approfondi­ mento delle diverse tappe archeologiche e soprattutto dell’evoluzione della cera­ mica. In italiano, come introduzione generale aggiornata ai metodi e ai problemi dell’archeologia biblica, con abbondanti bibliografie ragionate, si veda V . Fritz, Introduzione all’archeologia biblica , Brescia 1 9 9 1 . Utile anche la lettura del breve compendio di P. Arata Mantovani, Introduzione all*archeologia palestinese. D al­ la prima età del Ferro alla conquista di Alessandro Magno (1200 a,C. - 3 3 2 a.C.), Brescia 19 9 2 . M a l’opera più completa e aggiornata sull’archeologia pale­ stinese è quella recentemente pubblicata (in due tomi) nel ^Handbuch der A rchàologie»: H. Weippert, Palàstina in vorhellenistiscber Zeit , con un contributo di L. Mildenberg, Miinchen 19 8 8 e H.-P. Kuhnen, Palàstina in griechisch-rómischer Zeit , con contributi di L. Mildenberg e R. Wenning, Mùnchen 19 9 0 : en­ trambi i volumi illustrano esaurientemente qualsiasi aspetto dell’archeologia p a ­ lestinese, con completezza di indicazioni bibliografiche e abbondante apparato iconografico. Imprescindibile è la consultazione di due enciclopedie: M . A v i-Y o nah (ed.), Encyclopedia o f Archaeological Excavations in thè Holy Land , 4 voli., Jerusalem 1 9 7 6 ; A . Negev, Archaeological Encyclopedia ofthe Holy Land , Jerusalem 1 9 7 2 . Quest’ ultima, data la sua concisione, è più maneggevole della prece­ dente, che peraltro resta fondamentale ed estremamente utile. II lettore può anche consultare con profitto l’ Enciclopedia della Bibbia , 6 voli., Torino 1 9 6 9 - 1 9 7 1 , contenente molti articoli di carattere archeologico, redatti da autorevoli esperti. Ragioni di spazio non consentono la segnalazione dell’ abbondondantissima bi­ bliografia archeologica su temi specialistici nelle diverse lingue. Una informazione più completa è reperibile nella bibliografia specialistica indicata nel paragrafo precedente («I grandi insediamenti»). Dal 19 8 4 la rivista Henoch (Biblioteca P. Kahle, Istituto dì Orientalistica del­ l’Università di Torino) pubblica, a cura di P. Arata Mantovani, una rassegna an­ nuale di archeologia: L ’archeologia siro-palestinese e la storia di Israele .

Parte seconda

Storia e istituzioni del popolo biblico Jesus Asurmendì e Fiorentino G arda Martmez

Introduzione

i. Fonti Il problema fondamentale che lo storico deve affrontare concerne le fon­ ti. Si potrebbe subito pensare che lo storico della storia d’Israele trovi il problema già risolto, poiché la prima fonte principale a sua disposizione è la Bibbia stessa. Per molti secoli la storiografia biblica ha ricavato i dati necessari quasi esclusivamente da tale tonte. Negli ultimi 150 anni, tutta­ via, si sono andate via via precisando, a volte parallelamente, la metodo­ logia storica e l’importanza delle fonti extrabibliche. Le scoperte archeo­ logiche del Vicino Oriente hanno fornito, e di continuo forniscono, una infinità di dati e documenti in gran parte non decifrati. Le fonti extrabibliche sono essenziali per la ricostruzione della storia d’Israele, poiché questa si svolse in continua relazione con i popoli e gli avvenimenti del Vicino Oriente. Pretendere oggi di scrivere una storia d’Israele senza esaminare con lo stesso interesse le fonti bibliche e quelle extra bibliche è un controsenso. Tra le fonti, l’archeologia merita un posto particolare. L’attività degli archeologi ha spesso avuto come scopo, soprattutto ai suoi inizi, il ritro­ vamento di oggetti e di testi. Attualmente, invece, alla ricerca archeologi­ ca interessano tutti quei reperti materiali che possono consentire di com­ prendere i modi di vita e l’evoluzione culturale dei popoli. L apporto che l’archeologia fornisce alla storia, per quanto indiretto, diventa estrema­ mente importante. Per il periodo che da Alessandro Magno giunge fino a Bar Kochba il problema delle fonti si complica. La fonte primaria del periodo anteriore, l’ Antico Testamento, è di ben poca utilità. Solamente alcune allusioni, isolate e non sempre chiare, dei profeti più recenti, come Zaccaria, posso­ no essere poste in relazione con gli avvenimenti del periodo ellenistico. A parte ciò, soltanto il libro di Daniele e i primi due libri dei Maccabei si occupano, ognuno a modo proprio, della storia dei secoli in e 11 a.C. Il cap. i r di Daniele riflette l'impressione lasciata nei circoli apocalittici pa­ lestinesi dagli avvenimenti del periodo di dominazione tolemaica e seleucida. Il primo libro dei Maccabei descrive la storia degli anni 17 5 - 13 5, il secondo quella di un periodo un po' più breve, approssimativamente dal

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Storia e istituzioni del popolo biblico

180 al 1 6 1. Dei libri del Nuovo Testamento solo i vangeli offrono alcuni elementi unii a una ricostruzione storica. Da qui il carattere imprescindibile delle fonti extrabibliche per cono­ scere questo periodo. Il voi. i della Storia del popolo giudaico di SchtirerVermes (pp. 42,-174) contiene una descrizione particolareggiata di tutte queste fonti. La più importante è senza dubbio l’opera dello storiografo Flavio Giuseppe, senza del quale sarebbe impossibile scrivere una stona del periodo compreso tra il 333 a.C. e il 13 5 d.C. Nel De bello ìudaico egli narra la grande guerra contro Roma (libri 3-7) e al tempo stesso si occupa del periodo precedente la ribellione (libri 1-2), da Antioco rv fino alla morte di Erode, Nelle Antiquitates ludaicae viene presentato un qua­ dro della storia del popolo giudaico dalla creazione fino al 65 d.C., e 1 li­ bri 12-20 sono dedicati al periodo che ci interessa. È importante sottoli­ neare che Flavio Giuseppe impiega e cita numerose opere di altri storici, come Nicola di Damasco, in molti casi oggi perdute. Offrono interessanti informazioni per la storia della Palestina di questo periodo Polibio, Dio­ doro Siculo, Sirabone, Tito Livio, Plutarco, Tacito, Svetonio, Appiano e Dione Cassio, per limitarci soltanto ad alcuni dei piu importanti storio­ grafi greci e latini. Unitamente alle opere degli storici, particolarmente interessante è la letteratura apocrifa (una traduzione in lingua italiana, in via di completa­ mento, è disponibile in P. Sacchi (ed.), Apocrifi dell3Antico Testamento, della quale sono finora stati pubblicati i primi due volumi dei cinque pre­ visti). Questi scritti rivelano il complesso panorama religioso del giudai­ smo dell epoca e la vitalità di certi gruppi successivamente dimenticati. Tra le fonti letterarie extra bibliche un altro importante documento t dato dalla letteratura rabbinica. Nei targumim, nella Mishna, nella Tosefta, nei midrashim, nel Talmud di Gerusalemme e di Babilonia si trova­ no riferimenti alla storia di questo periodo. Benché la redazione di queste opere sia abbastanza lontana dagli avvenimenti, le tradizioni contenute spesso risalgono a epoche precedenti e conservano elementi storici vera­ mente pregevoli. Vi si trova delineata l’immagine di un giudaismo ancora in formazione, che si svilupperà pienamente solo dopo la distruzione del tempio e l’insuccesso della rivolta di Bar Kochba. Parallelamente a queste fonti letterarie, già note anticamente, le sco­ perte archeologiche degli ultimi tempi hanno fornito materiali abbondan­ ti e importantissimi per la storia del periodo. Le monete e le iscrizioni ri­ trovate offrono all’interpretazione storica un aiuto indiretto per com­ prendere gli sviluppi economici e sociali dell’epoca. Il rinvenimento di va­ ri manoscritti ha colmato le più importanti lacune per La conoscenza di questa età. Tra i più significativi citeremo:

Introduzione

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1 papiri del W idI ed-Dàliye, dal 375 al 335 a.C.; essi chiariscono la si­ tuazione di Samaria nel sec. iv e confermano la distruzione della città da parte delle truppe di Alessandro; i papiri dell’archivio di Zenone. Mostrano la situazione economica e amministrativa della Palestina nel sec. in a.C.; i manoscritti di Quniran: documentano il mondo religioso di un grup­ po settario, rappresentandone gran parte della biblioteca costituita da opere scritte tra il in secolo a.C. e il 1 d.C.; i documenti dì Murabba‘at e di Nahal Hever; documentano il perio­ do delia rivolta di Bar Kochba ( 13 1- 13 5 d.C.) e contengono anche alcune sue lettere autografe. 2. Metodologia Le fonti extrabibliche sono talmente essenziali che senza di esse sarebbe impossibile stabilire una cronologia degli avvenimenti di cui si dà notizia nei testi biblici. Per tale ragione lo storico deve continuamente confronta­ re i dati della Bibbia con quelli delle altre fonti. Sulle fonti bibliche sono necessarie alcune considerazioni. Poiché non esiste un unico testo biblico e le varianti sono talvolta importanti, primo lavoro dello storico è determinare il testo più corretto, che diviene il pun­ to d'inizio della ricerca. Una seconda fase essenziale, ma spesso trascura­ ta, è la critica letteraria del testo. Prima di enunciare qualsiasi tipo di conclusione storica, se ne deve esaminare la composizione, la struttura, le relazioni con altri testi e la funzione che svolge; la medesima critica lette­ raria va applicata alle fonti extrabibliche. Solo dopo il confronto dei ri­ sultati ottenuti si potranno ricavare i dati che permettono di elaborare una stona in senso scientifico. È inoltre doveroso tener conto di alcune caratteristiche peculiari dei te­ sti biblici. Anzitutto la Bibbia non è un libro che intese «fare una storia». Essa mette semplicemente in risalto il pensiero e i modi di vita di un po­ polo alta luce della sua fede; la sua finalità è religiosa, non storica. Nei testi biblici si parla di personaggi, di avvenimenti e di luoghi storici, ma l’intento fondamentale è di evidenziare il significato religioso di tutto ciò per Israele. Questa prospettiva essenziale dei testi biblici ne spiega il ca­ rattere selettivo. Sì tralasciano fatti basilari nello sviluppo storico d’Israe­ le e se ne ricordano altri di esigua importanza da questo punto dì vista, ma fondamentali per il sentimento religioso della vita del popolo. Un'al­ tra caratteristica importante dei testi biblici risiede nella loro genesi. È necessario tener presenti le riletture, i completamenti, le aggiunte e le di­ verse redazioni; costituiscono tutti un elemento chiave nella storia della loro elaborazione.

ro 6

Storia e istituzioni del popolo biblico

Benché lo studio di questi aspetti competa soprattutto alla critica let­ teraria, la loro vastità è tale da incidere nel modo stesso di affrontare e concepire la storia d’Israele. Ignorarli equivarrebbe a non fare storia. Nel periodo che da Alessandro Magno giunge a Bar Kochba i problemi metodologici dipendono dalla natura delle sue fonti. Quanto si è detto fi­ nora si applica alle fonti bibliche, dell’Antico e del Nuovo Testamento. Tuttavia la prospettiva apocalittica e il linguaggio criptico fatti propri da Daniele rendono comprensibili i suoi dati solo quando è possibile rap­ portarli a quelli extrabiblici. Lo stesso accade per buona parte della lette­ ratura apocrifa, i Maccabei fu esplicitamente scritto per legittimare la di­ nastia asmonea. Perciò il libro ha un carattere polemico e apocalittico da tener presente nel momento in cui si tenta di verificarne il valore storico. L ’impronta leggendaria di z Maccabei rende complessa l’estrapolazione degli elementi storici senza dubbio presentì e derivanti, soprattutto, dal­ l’opera di Giasone di Cirene, lì riassunta. L ’attendibilità dei dati trasmessi da Flavio Giuseppe è discussa a causa della disparità di fonti utilizzate, secondo l’epoca di cui tratta, la libertà e insieme l’arbitrarietà dell’impiego di tali fonti, il ricorso a documenti fal­ si, gli errori cronologici introdotti e, soprattutto, il carattere chiaramente tendenzioso e apologetico dei suoi scritti. Bisogna tener conto di questi fattori nel valutarne la testimonianza, peraltro inestimabile. I noti problemi di datazione della letteratura rabbinica sono uno dei molteplici aspetti che rendono difficoltoso l’affrontare apertamente una ricostruzione storica. I problemi letterari di questa letteratura sono an­ cora più complicati. Le reinterpretazioni e la pluralità di versioni di una stessa tradizione ne rendono ancor piu difficile l’impiego. Tale letteratura è inoltre unilaterale, quindi selettiva e tendenziosa nella presentazione dei fatti, dei gruppi e delle persone non integrate nel grande movimento fari­ saico, che imporrà la sua impronta sul giudaismo successivo alla distru­ zione del tempio. I problemi metodologici sollevati dai nuovi testi sono di ordine diver­ so. In questo caso siamo in presenza di documenti di prima mano, non ancora ben conosciuti. Solamente una minima parte dei papiri del WàdT ed-Dàliye e dei testi dì Nahal Hever sono stati fino ad oggi pubblicati. Quanto ai manoscritti di Qumran, la metà della biblioteca della comunità rinvenuta nella grotta 4 rimane ancora inedita. Tutto ciò impone grande cautela nell'impiego di materiali già conosciuti, non solo perché i testi an­ cora inediti potrebbero apportare nuovi dati, ma anche perché potrebbe­ ro modificare sensibilmente l’interpretazione di quelli già noti. Nelle pagine che seguono, necessariamente concise, si è preferito pre­ sentare la storia d’Israele nell’ordine cronologico c lineare in cui un letto­ re non pratico di scienze bibliche ritiene si siano svolti i fatti. Ma, a rigor

Introduzione

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di termini, non e possibile iniziare una storia senza disporre di un mimmo di dati utili dal punto di vista storico. A voler essere rigorosi, si dovrebbe quindi iniziare la storia d Israele a partire dall'insediamento e dalla pre­ senza delle tribù israelitiche in Canaan. Per le età precedenti, quanto più si retrocede nel tempo tanto più la visione storica diviene oscura, fino a giungere a una nebbia pressoché assoluta nel periodo definito «epoca pa­ triarcale». L'ultimo lasso di tempo della storia del popolo biblico qui trattato coincide con la nascita del cristianesimo e la formazione del Nuovo Te­ stamento. Nonostante Pimportanza capitale dì questi fatti per i cristiani, il filo conduttore della ricostruzione storica non può essere la prospettiva cristiana, che trasforma la «storia» in «storia della salvezza». Come nei periodi precedenti, il centro di gravità del divenire storico sarà il popolo giudaico in generale. Aggiungiamo infine che, salvo rare eccezioni, ci limiteremo a presenta­ re 1 dati accolti dalla maggioranza degli studiosi. Le diverse fasi metodo­ logiche indicate, tuttavia, restano sempre sullo stondo di una presenta­ zione storica che talvolta può apparire trasparente e senza problemi. 3.

Bibliografia generale

J.A . Soggin, Storia d'Israele . D alle origini a Bar K ochbà, con due appendici di D. Conrad e H. Tadm or, Brescia 19 8 4 è sull'argomento Popera storiograficamente più aggiornata; un intero paragrafo è dedicato a «Le storie d’Israele, oggi» (pp. 6 4 -6 7 ); dì recente ne è uscita una nuova edizione inglese, aggiornata rispetto alla italiana [An hitroductìon to thè H istory o f Israel and Ju d a b , London 19 9 3 ). M . Noth, Storia d ’Israele, Brescia 1 9 7 5 : opera classica di un grande esegeta dell’Annco Testamento, la cui metodologia sottolinea Paspetto letterario delle tradizio­ ni; J. Bright, A History o f Israel , Philadelphia-London 3i 9 S i ftr. sp. Bilbao *19 70 ): anche questo un classico che sottolinea l'importanza dell’apporto archeo­ logico; R, de Vaux, Histotre ancienne d*Israel , 2 voli., Paris 1 1 9 7 1 , n 1 9 7 3 : ope­ ra voluminosa e ricca, comprensiva del periodo che giunge solamente fino alJ'epoca dei Giudici; considerata talvolta eclettica, rimane di grande interesse; S. Herrmann, Storia dì Israele . I tempi dell Antico Testam ento , Brescia 3i9 9 z : bre­ ve, ma densa, offre una buona sintesi; H. Cazelles, Storia politica d ’Israele dalle origini ad Alessandro M agno , Roma 1 9 8 5 : densa e ricca di dati e informazioni a prescindere dalla sua brevità; Popera fornisce una bibliografia estremamente nu­ trita; J.H . Hayes - J.M . Miller (edd.), Israelite and Judaean History , PhiladelphiaLondon 1 9 7 7 : testo abbastanza ampio, frutto del lavoro di vari specialisti del­ le diverse epoche storiche, di grande utilità; H, Donner, Geschtchte des Volkes Israel und seiner N achbarn, Gottingen 1 19 8 4 , 11 19 8 6 : fautore, buon conoscito­ re d’Israele e dell’Oriente antico, ha pubblicato numerosi saggi di alto interesse scientifico; nonostante la densità delPopera, le opinioni dell’autore non si posso­ no ignorare e sono sempre solidamente fondate.

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Storia e istituzioni del popolo biblico

Tra le numerose storie generali del periodo compreso tra Alessandro Magno e Bar Kochba, segnaliamo: E. Schiirer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù, edizione diretta e rive­ duta da G. Vermes, F. Mìllar e M . Black, Bresaa i 1 9 8 5 , 11 1 9 8 7 : l’opera più in­ fluente per un secolo intero, oggi completamente aggiornata; benché voluminosa, rappresenta il miglior manuale esistente, denso, completo e molto ben documen­ tato; F.M . Abel, Histoire de la Palestine depuis la conquète d*Alexandre jusqu a Vinvasion arabe , 2 voli., Paris 1 9 5 2 : opera classica, continua a essere utile canto per Paccurata esegesi dei libri dei Maccabei e di Flavio Giuseppe, quanto per i particolari geografici, archeologici e topografici; J. Maier, Il giudaism o del secon­ do tempio, Storia e religione , Brescia 1 9 9 1 : sintesi breve e ricca, tra quelle dispo­ nibili Ja più aggiornata e adeguata all’odierna storiografia, con ampia bibliografia per ogni periodo e argomento, così come sulle fonti letterarie, destinata agli stu­ denti; C. Saulnier - C. Perrot, Storia d'Israele , m . D alla conquista di Alessandro alla distruzione del tempio ( 3 3 1 a.C. - 1 3 3 a .C .), Rom a 1 9 8 8 : opera pedagogica­ mente molto ben presentata, contiene una buona collezione di testi importanti e numerose schede di lavoro per V approfondimento dello studio; A. Paul, Il mondo ebraico al tempo di Gesù. Stona e politica , Roma 1 9 8 3 : buona presentazione sin­ tetica, con «excursus» interessanti. Le opere specìfiche più importanti verranno segnalate a) termine di ogni capitolo. Per la stona del V ia n o Oriente ci limitiamo alle opere fondamentali: M . Liverani, Antico Oriente. Sforza società econom ia , Bari 19 8 8 : è sull’argo­ mento la trattazione più recente e più completa; opera di uno studioso attrezzato sui fronti dell’archeologia, della filologia e delia metodologia storiografica, forni­ sce una ricostruzione storica solida e approfondita. La trattazione classica e par­ ticolareggiata deila storia del Vicino Oriente antico (ormai da aggiornare) è ac­ cessibile anche in italiano: Università dì C am bridge , Storia antica del M edio Oriente, M ilano 1 9 8 1 . Più sintetiche ma ancora utili l’opera collettiva (edita nella Storia Universale Feltrinelli, voli. 2-4): Glè im peri dell'A ntico O riente , Milano 1 19 6 8 , il 19 6 8 , in 19 6 9 e P. Garelli - V . Nikiprowetsky, L e Procbe-O rient astatique , Paris 1 19 6 9 , 11 1 9 7 4 : opera che si distingue per ia chiarezza e la sua visione d’insieme, offre una bibliografia completa, pedagogicamente molto efficace.

Capitolo in

L ’epoca premonarchica

I. I C I C L I P A T R IA R C A L I

Si dà il nome di cicli patriarcali alle distinte unità letterarie che il libro della Genesi dedica ai vari patriarchi considerati quali antenati d’Israele. È praticamente impossibile fare storia in senso stretto solo partendo da questi testi. Il loro studio al massimo consente, da un punto di vista stori­ co, di stabilire un punto di riferimento entro cui collocare il tipo di vita ivi descritta. I cicli patriarcali, di fatto, interessano più l’etnologo che lo storico, a motivo dell’assenza di dati o di prospettive utili alla scienza storica. Nei cicli patriarcali due serie di elementi consentono di delineare il quadro di vita dei personaggi e, soprattutto, dei gruppi: le genealogie e i toponimi con gli itinerari. Nel mondo antico il modo più ricorrente per situare una persona nel tempo è l’ordine genealogico. La sequenza padrefiglio sottolinea la continuità delle generazioni. Tuttavia questa succes­ sione non indica necessariamente una continuità biologica. La genealogia serve a esprimere una relazione commerciale, sociale, religiosa o tutte queste assieme. E il mezzo ideale per trasmettere nel tempo un legame esistente o per crearlo. Il sistema genealogico svolge un ruolo importante nella Bibbia, non solo nella Genesi, ma anche in testi più recenti, come i libri delle Cronache. Per quanto concerne gli antenati d’Israele conosciuti come «patriarchi», oggi si ritiene che la struttura genealogica sia imposta dal narratore ed esprima le relazioni stabilitesi tra i diversi gruppi in un arco di tempo più o meno esteso. Le tradizioni, patrimonio dei vari clan, s’intrecciarono e si armonizzarono nella misura in cui questi entravano in relazione tra loro. 1 toponimi e gli itinerari consentono di situare ogni gruppo in uno spa­ zio determinato. Oggi la critica letteraria ammette senza difficoltà che il ciclo d’Isacco si sviluppa intorno a Beersheba, mentre quello di Abramo si localizza a Hebron-Mambre. Quello di Giacobbe si colloca probabil­ mente in Betel, mentre i testi relativi a Israele (gruppo o clan con identità propria e diverso da Giacobbe) ruotano intorno a Sichem. Queste diffe­ renze geografiche percettibili nei testi, così come oggi si presentano, esi­ gono la distinzione di tradizioni patriarcali. Essendosi imposto con il

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L’epoca p re monarchica

tempo il sistema genealogico, si stabilisce una cronologia lineare, con re­ lazioni tra padri e figli, e vengono modificate le tradizioni, affinché tutti i personaggi, considerati dalla posterità come antenati, «passino» attraver­ so i luoghi di origine dei vari patriarchi. Si danno due gruppi di tradizioni patriarcali: uno nel sud, con Àbramo e Isacco, Taltro nel nord, con Giacobbe e Israele. I racconti su Giacobbe e Labano permettono di farsi un’idea chiara sulle relazioni tra i gruppi e sul meccanismo con il quale un individuo fonda un clan partendo da un altro già esistente (Gen. 2,9-31). Tra i gruppi detentori delle tradizioni patriarcali e le tribù coeve all'in­ sediamento in Canaan esiste continuità e frattura. Frattura, poiché nessu­ na delle tribù ha come nome quello di un antenato; mai nella Bibbia ver­ ranno usati i nomi di questi antenati. Nessun patriarca, inoltre, ha un no­ me teoforo con Jhwh e neppure con Baal, fatto ricorrente a partire dall'e­ poca delle tribù. Questi due dati esprimono in modo inequivocabile resi­ stenza di una frattura reale tra il gruppo dei patriarchi e quello delle tribù che formeranno in seguito il popolo d’Israele. Ma, allo stesso tempo, vi è ima continuità: le tribù hanno raccolto e fatto proprie quelle tradizioni. Il problema è che oggi ignoriamo su quale piano si collochi tale continuita e come si sia costituita storicamente, ira 1 epoca in cui vissero 1 gruppi patriarcali e quella in cui nacquero tali tradizioni bisogna supporre un periodo di tempo abbastanza esteso, per consentire il passaggio dalla vita seminomade all’insediamento e alla sedentarizzazione, ma abbastanza breve per impedire alle tradizioni di diluirsi. II. E G IT T O E D E S O D O

La figura predominante negli ultimi quattro libri della Torà è, senza alcun dubbio, Mosè. Egli è l'asse principale della storia d’Israele in Egitto, nel­ l’esodo e nell’attraversamento del deserto fino alFarrivo a Canaan. L'esi­ stenza storica di Mosè è stata messa in dubbio per il carattere leggendario di molte sue azioni e il miscuglio di tradizioni che lo riguardano, il che pone problemi complessi o di soluzione impossibile. In tutte le tradizioni della fondazione d’Israele, tuttavia, Mosè ha un importanza tale che, co­ me disse Sòderblom all’inizio del secolo, «se la tradizione non dicesse nulla di Mosè, bisognerebbe inventarlo». In ogni modo, ciò non toglie al­ la figura di Mose di collocarsi ai «limiti della veridicità storica». x. Nascita e nome di Mosè Es. 2 ,1-10 è una tipica leggenda sulla nascita dell’eroe. I parallelismi, so­ prattutto con il mito della nascita di Sargon di Agade, sono stati messi in

Egitto ed esodo

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luce da molto tempo. Tuttavia, benché le ongini e la nascita di Mosè si perdano nella nebbia dei tempi, rispetto alla sua persona ci sono alcuni dati storici inconfutabili. In primo luogo, la sua nascita in Egitto. Tutti gli indizi convergono in questo senso, e non c’è nessuna ragione per cui la tradizione situasse senza alcun fondamento storico la nascita del suo eroe salvatore in Egitto. Tanto più che il nome proprio dell’eroe, Mosè, è egi­ ziano di origine e formazione. L ’etimologia di Es. 2,1 non ha nessun va­ lore da! punto di vista linguìstico e storico. Mosè storicamente nacque in Egitto, ha nome egiziano e i suoi genitori erano «ebrei». 2. Mose e Madian Es, 2 ,11- 2 2 riferisce la fuga di Mosè dall’Egitto, il suo arrivo a Madian, raccettazione dell’ospitalità offertagli dal sacerdote madìanita (Reuel o letro secondo le tradizioni) e il matrimonio con una delle sue figlie, Sippora. Da questa unione nacque un figlio, Gershom, Geograficamente Madian deve collocarsi con tutta probabilità a sud del Negev (cfr. 1 Re n ,r 8 ) , a nord del deserto di Paran. Le relazioni di Mosè con Madian sono state messe in dubbio: si è af­ fermato che il suo nome fu inserito in queste tradizioni e testi soltanto più tardi. Ma in epoche successive Madian fu uno dei nemici tipici d’Israele e l’ostilità dei madianiti divenne proverbiale (cfr. Num. 25.6-9 con il rac­ conto dt Baal Peor; Num. 3 1 e la guerra santa tra i due popoli; e, soprat­ tutto, Le tradizioni su Gedeone, G ìud. 6-8, rievocate molto più tardi in Is. 9,3). In questo contesto appare inverisimile attribuire alla tradizione l’in­ venzione delle relazioni del proprio eroe fondatore con i nemici ereditari e il suo successivo matrimonio con una delle figlie «del sacerdote di M a­ dian». Mosè, quindi, intrattenne relazioni con i madianiti. Lo stesso dobbiamo dire del suo matrimonio in Madian. È impossibile ricondurlo a un’mvenzione, a differenza delPunione con una kenita, con cui si cercava dì controbilanciare l’impressione negativa del matrimonio madianita (cfr. Giud. 1,16 ). L ’integrazione dei keniti nella tribù di Giuda è infatti abbastanza sicura. Si è parlato frequentemente anche dell’origine madianita (talvolta keni­ ta) della religione j ah vista trasmessa da Mosè al suo popolo dopo i con­ tatti con il «sacerdote di Madian». Storicamente non si può dire nulla di certo su questo punto, poiché non sappiamo niente sulla religione dei madianiti dell’epoca; in più il titolo «sacerdote di Madian» è probabil­ mente un anacronismo e, a ogni modo, non offre alcuna base solida per tale affermazione. Restano peraltro senza spiegazione i motivi alla base dell’uscita di Mosè dall Egitto e il suo arrivo a Madian.

3. L'esodo Le tradizioni sull’esodo degli ebrei d’Egitto sono tanto varie e numerose quanto complesse. I conflitti tra i clan ebraici e le autorità egiziane costi­ tuiscono J fondamento e ii punto di partenza dell’esodo. La ragione del conflitto nei testi è esposta chiaramente: gli egiziani costringono gli ebrei a lavorare in condizioni insopportabili (Es. 1 , 1 1 - 1 4 ; z,2.3; 3,7). Secondo Es. i , i i , gli ebrei furono obbligati a lavorare alla costruzione delle città di Pi-Tom e Ramses. Il dato, sebbene non possa essere storicamente pro­ vato, ha molti risvolti oggettivi. Non è il primo caso conosciuto dell’Egit­ to antico in cui le autorità reclutassero, piu o meno con la forza, le tribù seminomadi che girovagavano per il Delta del Nilo. Questa condizione lavorativa era difficile da tollerare per genti abituate alPindhpendenza dei pastori seminomadi. È quindi molto probabile che tentassero la fuga. I testi delPEsodo, parlando delio scontro tra Mosè e il faraone, riportano che gli ebrei chiesero al sovrano di lasciarli andare verso il deserto: «Così dice il Signore d'Israele: lascia partire il mio popo­ lo affinché mi celebri una festa nel deserto» (Es. 5,1). Il motivo, o prete­ sto, per la fuga fu la celebrazione di un atto di culto nel deserto. Si tratta del sacrificio pasquale di primavera, sacrificio preisraelitico? E verisimile. La risposta negativa delle autorità indusse alla fuga. Due sarebbero quin­ di le componenti alla base dell’esodo: la schiavitù e il culto. Il popolo, i clan ebraici che piu tardi formeranno Israele, poiché gli egiziani non li la­ sciavano liberi di praticare i propri riti ancestrali e stanchi delle condizio­ ni di lavoro, decisero di fuggire nel deserto per celebrare la loro festa. Gli egiziani non potevano restare inerti di fronte alla scomparsa di una manodopera tanto a buon mercato. Inseguirono i fuggitivi (Es. 14,5-8). I clan ebraici, vedendosi gli egiziani alle spalle, «morti di paura gridarono verso Mosè» (Es. 14 ,10). Quanto accadde in quella circostanza non si sa­ prà mai. In seguito, i fuggitivi conobbero una liberazione tanto reale quanto insperata nelle miserabili condizioni in cui si trovavano; ciò dette loro la spinta per proseguire e dare avvio a una fase nuova della loro sto­ ria. Questo schema è storicamente il più verisumle. Tuttavia la realtà non possiamo che immaginarla con la sequela di dati e amplificazioni leggen­ darie e cultuali che, nel corso della storia, andarono accrescendo la nar­ razione primitiva di quella esperienza. ì gruppi ebraici saranno stati im­ portanti, ma non poi al punto da far uscire Pescrcito del faraone alla loro ricerca. Che alcuni distaccamenti di frontiera si lanciassero alPinseguimento è probabile, ma niente dì più. Le dimensioni dell’avvenimento fu­ rono, senza dubbio, molto modeste, salvo per coloro che provarono la li­ berazione. Un’altra tradizione, tuttavia, presenta l’esodo non come fuga, ma come

Egitto ed esodo

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conseguenza di un’espulsione decretata dal faraone. Nei testi attuali le due tradizioni appaiono mescolate. In Es. 6,1 Dio dice a Mosè: «Presto vedrai che cosa farò al faraone: grazie a una mano forte li espellerà dal suo paese». Storicamente questa è una contraddizione, poiché, se gli egi­ ziani necessitavano di manodopera, rimane un controsenso l’espulsione ebraica. A prima vista questa tradizione sembra trovare la sua origine nella cacciata degli hyksos, semiti che dominarono l’Egitto nel xvn seco­ lo avanti Cristo. Le tradizioni dell’esodo e, più specificamente, t conflitti con il faraone trattano ampiamente delle famose piaghe. La composizione letteraria che li riguarda è complessa. Storicamente non se ne può dire nulla. È possibi­ le che alcuni fenomeni naturali siano serviti da punto di partenza per la creazione di questo ciclo letterario leggendario e popolare. 4. Il monte di Dio In Es. 18,5 si dice che Ietro, suocero di Mosè, «andò a visitarlo nel deser­ to dove erano accampati, presso il monte di Dio». In Es. 19 ,1-3 si rac­ conta come gli ebrei giunsero nel deserto del Sinai e si accamparono vici­ no al monte. Mosè «sali al monte di Dio». Queste sono le notizie reperi­ bili dal punto di vista storico sul luogo in cui le tradizioni collocano l’in­ contro d’Israele con il suo Dio. Il «monte di Dio» è il luogo in cui Mosè ebbe il suo primo incontro con il Dio d'Israele (Es, 3,1) e, secondo la tra­ dizione elohista, gli venne comunicato il nome di Dio, punto di partenza della missione affidata in quell’occasione al liberatore del popolo. Si trat­ ta quindi di un luogo sacro nel quale, probabilmente, i vari gruppi umani della regione, nomadi o seminomadi, avevano l'abitudine di celebrare le loro feste cultuali. Quanto alPeffettivo nome del monte si può dire ben poco. Le tradizio­ ni jahvista e sacerdotale lo chiamano «Sinai», ma la denominazione si applica meglio alla regione, come sembra in Es. 19 ,1-3 . Sì è detto che «Horcb» era la designazione utilizzata dai testi elohisti e deuteronornici. Bisogna precisare che «Horeb» viene utilizzato nei testi della scuola deuteroriomista e che, nella maggior parte dei casi, si tratta sempre di ag­ giunte. È possibile, come sostiene R. de Vaux, che l’assonanza Sinai/Sin (dio lunare) spingesse i Deuteronomisti ad attribuire un altro nome al «monte di Dio». 5. Mosè e il decalogo Le diverse tradizioni collocano sul «monte di Dio» e nei suoi dintorni una serie di avvenimenti fondamentali e fondanti per la vita del popolo. Uno

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L’epoca premonarchica

di questi è il dono del decalogo da parte di Dio a Mosè. Nonostante i nu­ merosi elementi che la tradizione biblica unisce al «monte di Dio», si nota una reale insistenza dei testi nel separare i «dieci comandamenti» per porli in stretto rapporto con Mosè. La relazione tra il decalogo e la teofania del «monte di Dio» è proba­ bilmente artificiale, dato che Es. 2,0,1-17 (decalogo) si inserisce fra il rac­ conto del cap. 19 e la sua prosecuzione logica in 2.0,18. La storia del decalogo è complessa. I) suo legame con Mosè è plausibile e, in questo senso, la tradizione biblica lo sottolinea senza dar luogo a dubbi. Tuttavia mancano prove decisive sull’origine mosaica del decalo­ go. Quanto al contenuto, la sua importanza è da ricercare nel quadro storico entro cui lo inseriscono le tradizioni e nella relazione con la fede jahvista in cui le tradizioni lo innestano. 6 . Il Dio di Ài osé e il Dìo dei padri A partire da Es. 3, con l’eccezione di quella jahvista, le altre tradizioni del Pentateuco danno al Dio d’Israele il nome che egli stesso ha rivelato a Mosè sopra «il monte di Dio»: Jahvé. In questi passi, pertanto, Jahvé s’i­ dentifica con il «Dio dei vostri padri». I testi (soprattutto Es. 6,3, sacer­ dotale) sottolineano la distinzione tra la fede in Jahvé e la fede nel Dio dei padri. Se si confrontano le narrazioni dei patriarchi e il resto dei testi biblici, le differenze balzano agli occhi. 1 testi insistono sull identità, ma è difficile comprendere il processo d’identificazione. La fede degli antenati manifesta un’apertura verso il futuro, fondata soprattutto sulle promesse di una terra e di una discendenza. Le vicende dell’esodo, in cui gli ebrei videro la mano di Jahvé, liberatore di Mosè, si prestavano a riconoscere in lui la concretizzazione delle promesse fatte agli antenati dal «Dio dei padri». È difficile essere più precisi. 7. Qadesh e le steppe di Moab Qadesh è una località a sud-ovest di Beersheba, il cui nome si e conserva­ to fino ad oggi. Nell’epoca monarchica 1 re di Gerusalemme vi costruiro­ no fortezze difensive, riportate alla luce alcuni anni fa; qui passava allora la frontiera meridionale del regno. V'ari testi collocano in questo luogo una delle tappe piu importanti del gruppo guidato da Mosè sulla strada di Canaan dopo l'uscita dall’Egitto. Giud. 1 1 ,1 6 - 1 7 presenta un compen­ dio della sosta a Qadesh. Le tradizioni vi ambientano diversi avvenimen­ ti: la morte di Maria, sorella di Aronne (Num. 20,1), l’esplorazione di Hebron e del suo cerritorio (si spiega e si chiarisce così il suo possesso da parte del gruppo di Caleb, elemento fondamentale della futura tribù

Il contesto socio-politico limitrofo

di Giuda, e si riferisce che alcune tribù penetrarono in Canaan dal sud) e, infine, l’invio di messaggeri a Edom per chiedere il permesso di attraver­ sare il suo territorio e procedere verso Moab (Num. 20,14 -21). Gli avvenimenti più importanti successivi alla sosta a Qadesh si situano nelle steppe di Moab (Num. 2 1 , 1 1 ss.; 22). È ditficile ricostruire l’itinera­ rio seguito dal gruppo guidato da Mose. Gli episodi narrati, ambientati nelle steppe di Moab, non sono storicamente verificabili. Soltanto uno è incontestabile: la morte di Mosè. Il fatto che l’eroe nazionale muoia nelrultima tappa, prima della fine del viaggio, non ha migliore spiegazione che la sua realtà storica. III . I L C O N T E S T O S O C I O -P O L I T I C O L IM I T R O F O : I CANANEI

La terra promessa dei testi biblici non era disabitata quando gli israeliti vi giunsero. Il mosaico di popoli era nutrito. Non c’è da dimenticare, tut­ tavia, che alcune denominazioni riscontrabili nella Bibbia (horrei, ad esempio) potevano essere nomi geografici dei territori circostanti utilizza­ ti successivamente senza troppa precisione. È probabile che il termine «it­ tita» definisca alcuni gruppi provenienti dall’antico impero ittita, scom­ parso con l’invasione dei popoli del Mare. I gebusei, abitanti di Gerusa­ lemme, sono quelli descritti con maggiore nitidezza. I gabaoniti di G ios. 9-10 e 2 Sam. 2 1 sono certamente cananei. Per altri gruppi etnici man­ cano dati per precisarne la localizzazione. Riguardo ai filistei si veda sot­ to, cap. iv, 1,1. L ’insieme del cosiddetto paese di Canaan era stato per molto tempo sottoposto all’autorità egiziana, come mostrano i testi egiziani di esecra­ zione e, soprattutto, le lettere di EPAm àrna. Grazie a questi testi è possi­ bile concludere che il sistema politico dominante era quello di «città-sta­ to». Ognuna comprendeva la città e un territorio più o meno ridotto alle sue adiacenze. Tra le città piu volte menzionate nelle sopracitate lettere si possono ricordare: Megiddo, Hebron, Asqelon, T acanak (associate a nomi di principi indoariani). Gerusalemme (con un principe dal nome hurrita), Sichem, Gezer, Laku, Hasor e Pella (con principi dal nome se­ mitico) . Al momento dell’arrivo degli israeliti in Canaan l’indipendenza di que­ ste città-stato era totale. L ’esistenza di federazioni di diverse città di fron­ te a un comune pericolo è assai probabile, come lasciano intendere alcuni testi biblici. L ’archeologia ha dimostrato che l’urbanizzazione e la cultura di que­ st’epoca in Canaan (Bronzo Recente) era ricca e addirittura raffinata. In varie città si constata la distruzione e una frattura culturale, dovuta prò-

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L’epoca premonarchica

babilmente alla conquista israelitica. Gli ultimi arrivati non possiedono il livello culturale dei loro predecessori cananei. IV . L ’ I N S E D I A M E N T O IN C A N A A N

La stele del faraone Merneptah (1224-1204) è il primo testo cxtrabiblico in cui appare il nome «Israele». Il determinativo che accompagna il termine segnala che si tratta di un gruppo umano e non di un paese o di una citta. In questa testimonianza egiziana si e spesso ravvisata una con­ ferma della presenza in Canaan delle tribù israelitiche uscite dall’Egitto. Attualmente le cose appaiono molto meno certe. In effetti, il nome d’I­ sraele non indica prima dell’epoca di Davide l’insieme delle tribù. Ai tem­ pi di Merneptah le tribù non erano ancora costituite, ma si trovavano per la maggior parte nel loro periodo di formazione e, a fortiori, il loro nu­ mero, dodici, non era ancora fissato. Non si può tuttavia negare resisten­ za storica di un gruppo chiamato Israele. Si constata, d’altra parte, che il termine servirà per designare 1*insieme delle tribù dopo l’integrazione con esse del gruppo d'Israele. I particolari della vicenda sono molto difficili da determinare. 1. Le tribù del centro Ancora una volta dobbiamo rinunciare a una spiegazione particolareggiata. Ci li­ mitiamo a segnalare ì risultati conseguiti dalla critica storica attuale. Per quanto riguarda le tribù della parte centrale di Canaan, il lettore della Bib­ bia si trova di fronte ad affermazioni generiche. La casa di Giuseppe è situata in un luogo primordiale in questa zona centrale della Palestina. M a Giuseppe non è nome di una tribù, bensì di una persona. La denominazione «casa di Giuseppe» comprende le tribù di Manasse e di Efraim. Ora, da dove nasce la denominazione «casa di Giuseppe»? I testi più antichi che la utilizzano (Giud. 1 ,2 2 ; 2 Sani. 19, 2 1 ; 1 Re 1 1 ,2 8 ) , risalgono probabilmente all’epoca di Davide e la loro intenzio­ ne è di istituire un parallelo con la «casa di Giuda». Manasse è nome di persona (cfr. il figlio di Ezechiele, re di Giuda). Il territorio è descritto in Gios. 1 7 , 7 - 1 3 . Il suo centro si trova in Sichem, benché la città venga conquistata all’epoca di Abimelek. Il clan di M akir costituisce uno dei gruppi più importanti di questa tribù, il cui territorio è a volte collocato in Cisgiordania, al­ tre volte in Galaad, sull’altra sponda del Giordano. L ’antico testo del cantico di Debora (Giud. 5 ,14 ) ne attesta Limportanza e l’autorevolezza (cfr. Num , 3 2 ,3 9 ;

Gios. 1 7 ,1 ) . Efratm è nome geografico, come mostra l’espressione «montagna di Efraim». Silo si colloca sul confine tra Manasse ed Efraim. Betel è il centro cultuale più im­ portante di Efraim (Gius. 16 ,5 -10 ). Continui furono i conflitti per l’egemonia tra Manasse e Efraim (cfr. Giud- 8 ,1 - 3 ; 1 2 ,1 -6 ) . À poco a poco Efraim raggiunse la supremazia. Giosuè l’efrainiita e Geroboamo 1, pure.

L’insediamento in Canaan

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La terza tribù del centro è Beniam ino , denominazione geografica («figlio della destra»), cioè «quello del sud» dal punto di vista di Efraim. Il suo territorio si colloca fra Betel e Gerusalemme; qui si trovano le quattro città gabaonite (G io s . 9 ,17 ) . Questa tribù segue per importanza quella di Efraim (Giud. 5 ,14 ). Saul era beniaminita. Di queste tribù del centro, una parte molto importante dovette dimorare in Egitto e partecipare agli avvenimenti dell’esodo, della marcia attraverso il deserto e la Transgiordania e della conquista dell’area centrale di Canaan.

2.

Le tribù del sud

Il punto di riferimento essenziale del sud è G iuda. L a denominazione è geografica e servì per indicare un gruppo di clan che costituirono la tribù di Giuda. Il nucleo primitivo di tale tribù sembra essere un clan di Efrata (Gen. 3 5 ,1 9 ; 4 8 ,7 ; M ich. 5 ,iJ appartenente alla tribù di Beniamino. Gen. 3 8 ,1 afferma che «Giuda si è se­ parato dai suoi fratelli», allusione probabile all’insediamento sulla montagna di Giuda, a Betlemme. Altri clan vennero aggregandosi a quello di Efrata sulla mon­ tagna di Giuda che va da Betlemme a Hebron. Il più importante è quello dei ca­ lchiti, di cui s ’è parlato a proposito di Qadesh e che occupò Hebron e il suo ter­ ritorio (Num. 1 3 - 1 4 ; D eut. 1 ; Gios. 1 4 ; 15 ). Imparentati con questi, appaiono i kenizziti (G/os. 1 5 , 1 7 ) , affini agli edomiti del sud {Gen. 3 6 ,12 ) . Gli ieracmeeliti sono localizzati a sud di Hebron (1 Sam. 30 ,29 ), come i keniti {G iud. 1 , 1 6 e j

Sam. 30 ,29 ). Il legame di Giuda con gli avvenimenti dell’esodo deriverebbe dalle tradizioni del clan efrateo e, forse, dai calebiti. L ’importanza della tribù di Giuda acquisirà dimensioni considerevoli con Davide, fino a rimanere praticamente sola dopo la scomparsa del regno del nord. Sim eone , nome di persona, figura accanto a Levi nell’episodio narrato in Gen. 3 4 , 2 5 - 3 1 , difficile da spiegare dal punto di vista storico. U suo territorio si trova­ va nella zona di Beersheba, secondo G iud. 1 , 3 . 1 7 . Secondo Gios. 1 9 , 1 , tuttavia, il suo territorio si collocava «in mezzo all’eredità dei figli di Giuda», formula in­ dicante, senza dar luogo a dubbi, che Simeone fu assorbita da Giuda. E possibile che gruppi simeoniti fossero stati in Egitto. Dan è nome di persona. Il suo territorio si trova nella Shefela {Gios. 19 ,4 0 -4 6 ). Per cause non chiare, tutta la tribù o una parte di essa decide di emigrare. E l’uni­ co racconto noto di emigrazione {Giud. 18 ). Si istallano nella città di Laish e nel suo territorio, nel nord del paese, alle sorgenti del Giordano. Cambiano nome al­ la città, che assume quello della tribù. L ’espressione «da Dan a Beersheba» desi­ gnerà, a partire da Salomone, i confini settentrionali e meridionali del regno.

3. Le tribù del nord Quattro tribù occupano la regione settentrionale del paese. La tribù di A ser si estendeva, secondo Gios. 1 9 , 2 4 - 3 1 , dal Carmelo verso nord, fino a Tiro. I dati sono tuttavia piuttosto nebulosi. Vivono mescolati ai cananei e lavorano per loro

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L'epoca premonarchica

(Giud. 5 j 17). Insediatisi da tempo nella zona, non parteciparono agli avvenimen­ ti dell’esodo. La tribù di Zàbulon , secondo Gios. 1 9 ,1 0 - 1 6 , si stabilì nella zona dell’attuale Nazaret, sotto il controllo dei cananei della valle di Izreel. Giud. 5 , 1 4 .1 8 loda questa tribù per la partecipazione alla battaglia. Neppure loro vissero le vicende dell’esodo. La tribù di Neftali , il cui nome è probabilmente di origine geografica, è situata a est del Lago di Hule. Nettali occupa un posto importante nel cantico di Debo­ ra (Giud. 5 ,18 ). Baiaq, che divenne comandante delle truppe, era di questa tribù. Anch’essa ignora gli avvenimenti dell’esodo. Issacar, il cui appellativo richiama il lavoro salariato, si era insediata nella par­ te orientale della pianura di Izreel. È incerto se conobbe gli avvenimenti delLesodo.

4. Le tribù transgiordane Oltre M akir — clan di Manasse, come sì è visto — le tribù di Gad e Ruben si stan­ ziarono nella regione di Galaad (Gios. 1 3 ,8 - 1 3 ) . La tribù di Levi , tribù senza ter­ ritorio, originariamente profana, si specializzò nel culto.

V . D A L L O S T A N Z I A M E N T O IN C A N A A N A LLA M O N A R C H IA

Il lettore del libro dì Giosuè trae la conclusione che l’insediamento delle tribù israelitiche in Palestina fu il risultato di una conquista paragonabile a una passeggiata trionfale, salvo alcuni incidenti minori come quello del cap, 7, la storia della violazione dell’anatema da parte di Àkan. Al con­ trario, chi legge attentamente il libro dei Giudici giunge a una conclusio­ ne molto diversa, giacché questo libro evidenzia largamente le difficoltà delio stanziamento. L ’incapacità delle tribù a controllare effettivamente il territorio assegnato appare sottolineata con una certa insistenza in Giud. 1. È tuttavia da riconoscere che nel libro di Giosuè in alcuni casi partico­ lari si parla anche di questo. Riguardo allo stanziamento delle tribù israelitiche in Canaan i ricerca­ tori sono giunti a due diverse conclusioni. Alcuni pensano che gli ebrei s’insediarono lentamente e progressivamente nelle zone disabitate e che solo con Davide si sarebbe giunti alla conquista militare propriamente detta delle città cananee. Altri sottolineano la presenza di racconti biblici che dimostrano come dato di fatto la conquista militare e la conferma da parte del l’archeologia dei testi di Giosuè e dei Giudici. Non esiste con­ traddizione tra le due tesi. È difficile negare che l’infiltrazione fu un siste­ ma in importanti circostanze, come l’occupazione deila montagna di Efraim. Ma nel contempo bisogna accettare la conquista militare di alcu­ ne citta, come Hasor al nord e, probabilmente, Hebron al sud.

La religione nell’epoca premonarchica

119

Il famoso testo di Giud. 4-5, la guerra contro Sisara e il cantico di De­ bora, presenta la trama complessiva degli avvenimenti deirepoca. Benché gli israeliti fossero in un primo momento relegati nelle zone montane, le loro incursioni nella pianura, controllata dalle città cananee, non poteva­ no non renderle inquiete. Lo scontro diventava inevitabile e, in alcuni ca­ si come questo, il risultato era favorevole ai nuovi arrivati. Tuttavia, rispetto a simili racconti biblici bisogna assumere grande cautela e sottoporli a profonda critica letteraria e storica per accertare la finalità della narrazione e, nei limiti del possibile, i fatti storici. Gli esem­ pi più noti sono Gerico e Ai. All’epoca dell’arrivo degli israeliti, Ai non era abitata né fortificata. Gerico non aveva mura. Ammesso che la finali­ tà di questi testi non è fare storia nel senso attuale del termine, lo storico deve cercare di scoprire la funzione sociale e religiosa di tali racconti. V I. L A R E L IG IO N E n e l l ’e p o c a p r e m o n a r c h ic a

1. Introduzione È impossibile studiare la religione d’Israele indipendentemente dalla sua storia. Gli avvenimenti storici tracciano in forma essenziale lo sviluppo della religione d’Israele. La situazione è simile a quella presente nello stu­ dio di tutte le religioni; nel caso d’Israele il fenomeno ha, tuttavia, carat­ teristiche peculiari. Nel suo divenire la religione d’Israele non soltanto è intimamente lega­ ta agli avvenimenti storici, ma la storia costituisce il nucleo fondamentale di questa religione. La nascita d’Israele e della sua religione si radicano nella storia e i fatti storici sono parte del contenuto stesso della religione. La fonte principale per il loro studio è la Bibbia. Ma non si deve mai perdere di vista il fatto che la Bibbia non offre una presentazione sistema­ tica della religione d’Israele né un panorama strutturato delle teologie via via riscontrabili nella storia del popolo. La Bibbia è un insieme di testi­ monianze di personaggi o di gruppi che plasmarono attraverso lo scritto le esperienze di fede, le profonde riflessioni sopra queste esperienze in rapporto alle necessità della comunità in determinati momenti. Questa ri­ conobbe in detti testi l’espressione autentica della fede d’Israele e la paro­ la del suo Dio. Ciò porta a riconoscere una grande difficoltà che ogni studioso della religione d’Israele deve affrontare. I testi biblici sono di epoche diverse e, per avere un’idea chiara e organica della religione d’Israele, bisognerà te­ nere presenti le varie epoche dei testi per non attribuire erroneamente le stesse credenze e le stesse pratiche ai differenti momenti della religione d’Israele. Su questo punto così delicato l’opinione degli autori è spesso

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L ’epoca premonarchica

divergente. Le linee generali sono tuttavia accettate dalla maggior parte degli studiosi contemporanei. Nella breve presentazione che segue, questa unanimità sarà sufficiente a fornire gli elementi fondamentali della reli­ gione d’Israele. Da quanto detto si deduce che la trattazione qui presentata delio studio della religione d’Israele sarà storica e non teologica. Come la religione d’Israele è intimamente legata alla sua stona, così questa è parte di quella del Vicino Oriente. Perciò è imprescindibile il ricorso ai testi dei popoli vicini per ordinare le credenze e le pratiche della religione israelitica nelle sue distinte fasi. Gli elementi di comparazione si fanno di volta in volta pm numerosi grazie alle scoperte archeologiche, che spesso forniscono te­ sti e dati di estrema utilità. In questo lavoro comparativo non bisogna dimenticare i pericoli insiti in ogni confronto. Un elemento comune in riti di popoli diversi non pre­ suppone obbligatoriamente la stessa funzione del rito né Tidentità delle credenze in esso esplicitate. Ogni elemento della comparazione dev’essere situato nello stesso ambito in cui si svolge e le conclusioni in rapporto al­ le analogie o alle differenze nei diversi piani dovranno tener conto del contesto e della finalità. Anche quando è il testo biblico il punto d’avvio dello studio della reli­ gione d'Israele, non si può tralasciare l’archeologia quale importante fon­ te per questa ricerca. Non bisogna dimenticare che il testo biblico rappre­ senta in un certo modo il testo ufficiale, l’espressione normativa della re­ ligione israelitica. Le pratiche e le credenze concrete degli israeliti nelle loro distinte fasi storiche, tuttavia, non coincidono necessariamente con l’espressione ufficiale della religione stessa. Questa distinzione metodologica trova conferma nel confronto della religione d’Israele, quale si riflette nei testi biblici, con alcuni risultati of­ ferti dagli scavi archeologici. La discrepanza tra le due realta e da tener presente nello studio della religione israelitica, per non offrire una visione idealizzata delle pratiche e delle credenze d’Israele, non corrispondenti cioè alla realtà storica. Una caratteristica essenziale della religione d’Israele, comunemente ac­ cettata, è il suo particolarismo. Israele si presenta come un popolo appar­ tato, separato, differente, non soltanto nella sua storia ma soprattutto nei suoi modi di vita e nelle credenze religiose. Simili affermazioni vanno sfumate. Delle pratiche religiose d’Israele (feste, riti, sacrifici e altre istituzioni dell’ambito religioso), nemmeno una gli è peculiare, salvo forse alcune delle più recenti, in cui andrebbero ricercati influssi stranieri. Israele adottò le istituzioni e le pratiche religiose dei gruppi confinanti. La pianta dei santuari, compreso quello di Gerusalemme, l’istituzione e la funzio­

La religione nell’epoca premonarchica

IZI

ne del sacerdozio, i diversi sacrifici, le feste, come la pasqua, gli azzimi, quella della raccolta e altre, esistevano fra i popoli vicini e Israele se ne è appropriato. Israele adotto riti, feste e istituzioni di altri popoli, ma conferì loro un contenuto radicalmente diverso: feste, riti e istituzioni si trasformano nel­ la relazione tra Dio e il suo popolo, relazione che nasce e vive nella sto­ ria. Israele non celebra miti, ma i fatti storici del suo incontro con Dio. Questa è la pretesa caratteristica della religione d’Israele. Un’ultima osservazione preliminare. La religione d’Israele è pluralisti­ ca. Alla fine dell’epoca veterotestamentaria esiste una evidente unità, un corpo di credenze e di modi di vivere ampio e consistente; questa unità, tuttavia, è il frutto di una lunga storia di assimilazione e integrazione di differenti apporti al patrimonio che divenne comune a tutti quei gruppi che formarono il popolo d ’Israele. Tale unità non significa uniformità e anche nell’epoca neotestamentaria il modo di vivere e interpretare il pa­ trimonio comune non era omogeneo. z. L'epoca dei patriarchi Scarsi sono i dati sulla religione dei gruppi patriarcali. Come per tutti i problemi riguardanti quest’epoca. La trattazione sulla religione è piu et­ nologica che storica. Alla stregua dei vari gruppi seminomadi, i patriarchi veneravano un dio personale, un dio-padre o meglio un «dio del padre», cioè il dio dell'ante­ nato fondatore del gruppo. Questo dio assumeva una funzione eminente­ mente protettrice del gruppo, che «accompagnava» nelle peregrinazioni in cerca dei pascoli e dell’acqua per le greggi. I seminomadi non avevano santuari propri, frequentavano quelli dei sedentari, poiché intrattenevano con essi contatti regolari dovuti alle re­ lazioni commerciali. Così, in Gen. 12 ,5 ^ 9 , troviamo Àbramo in località come Sichem, M o­ re, Betel, celebri santuari cananei preisraeliti. Lo stesso si può dire di Be­ tel e Giacobbe (Gen. 28,10-22). In entrambi i casi il testo biblico presenta i patriarchi nell’atto di erigere altari e stele commemorativi della manife­ stazione divina che li ha coinvolti. Giacobbe unge la pietra su cui ha dor­ mito dopo averla eretta a stele. Le pietre e gli alberi sacri furono, sembra, elementi importanti per que­ sti clan seminomadi. Erano considerati manifestazioni della presenza del­ la divinità. Di quest’epoca e di questi gruppi si conosce una festa fondamentale: la festa di primavera, la festa di pasqua. Era una festa tipica di allevatori di bestiame (pecore, capre) destinata a tutelare il bestiame e soprattutto la

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1/epoca premonarchica

sua fertilità. Il sacrificio di un animale del gregge costituiva il pranzo cul­ tuale del gruppo e ii sangue con cui si spalmavano i picchetti delle tende doveva proteggere uomini e animali dallo spirito distruttore. È molto probabile che questi semi nomadi presentassero anche offerte non cruente. 3. Egitto > Mosè e Vingresso in Canaan La religione dell’epoca patriarcale non conteneva nessun elemento pecu­ liare della religione d’Israele. Il momento chiave, fondamentale per una serie di gruppi che più tardi formeranno il nucleo del popolo dlsraele e gli daranno il tono religioso, è la liberazione dall’Egitto. Israele considera sempre più la salvezza sperimentata con l’uscita dall’Egitto come punto di partenza e nucleo essenziale della sua fede. I gruppi che sperimentarono tale salvezza furono essenzialmente quelli chiamati in seguito «la casa di Giuseppe»; intorno a loro si aggregarono gli altri che accettarono l’esperienza della liberazione dall’Egitto vissuta dai primi come base della nuova fede. A questo nucleo fondamentale si aggiunsero via via elementi prove­ nienti dai diversi gruppi o dai vari santuari, allorché quanti giunsero a Canaan s’insediarono nel territorio disponibile. Antiche tradizioni in ori­ gine prive di connessione con gli israeliti erano recuperate e integrate nel quadro della nuova fede, dopo un indispensabile adattamento del loro specifico carattere. Come oggetto cultuale di quest’epoca si può citare Parca. Simboleggia la presenza protettrice del dio d’Israele, spesso rappresentato in quest’e­ poca con gli attributi di un dio guerriero, che porta a compimento le pro­ prie battaglie («le guerre del Signore») a bemficio del suo popolo, Israele. L’arca può essere considerata anche sotto un altro aspetto. Probabil­ mente rappresentava il fondamento della presenza invisibile del dio pro­ tettore del gruppo. I gruppi usciti dall’Egitto, come altri seminomadi, avevano una religione carente di immagini. Questa caratteristica generale si convertirà a poco a poco in una delle sue peculiarità essenziali e riceve­ rà un contenuto teologico del più alto livello. La figura di Mosè, depositario di una rivelazione di tipo legislativo e religioso, andò plasmandosi in quest’epoca in maniera sistematica. È tut­ tavia molto difficile riscontrarvi storicamente componenti chiare e con­ crete della religione d Israele, eccetto la sua presenza nell’ avvenimento storico della liberazione dall’Egitto, la quale si trasformerà a poco a poco nel nucleo essenziale della religione degli israeliti.

V II. S T O R IA D E L L A R IC E R C A

Sotto l’aspetto della storia della ricerca vanno segnalati due temi importanti. Il primo riguarda i cicli patriarcali e la loro storicità. Per queste narrazioni si è spes­ so manifestata una evidente o, quantomeno, inconsapevole preoccupazione di ti­ po apologetico: affermarne o negarne la veridicità storica. N ell’ affrontare questo problema lo storico dev’essere quindi estremamente cauto. Il metodo più utilizzato per fondare la storicità dei cicli patriarcali è la com pa­ razione dei dati offerti da questi testi con quanto i documenti extrabiblici, ormai da ini secolo e mezzo, hanno fatto conoscere. L ’esistenza di certi nomi è l’argo­ mentazione maggiormente addotta. N om i di tipo semitico simili negli elementi e nella struttura della loro composizione, come Abramo o Isacco, si sono riscontra­ ti con una certa frequenza nei documenti extrabiblici del li millennio a.C . Per questo si è voluto collocare in quest’epoca i racconti patriarcali. Quest’ unico da­ to, pur insufficiente a determinare la storicità delle narrazioni della Genesi, in quanto il parallelismo onomastico si trova m ugual misura in testi molto più re­ centi, non giustifica nemmeno che si debba situare la composizione di queste nar­ razioni nel vi secolo. I costumi e le norme sociali presenti nei cicli patriarcali hanno i loro paralleli nei documenti giuridici dell’antichità come, tra gli altri, nel codice di Hammurabi, in quello di Lipit-Ishtar, nei testi di Nuzi e nelle leggende di Eshnunna. Anche in questo caso si giunge alla medesima conclusione: le somiglianze esistono, ma non sono sufficientemente originali né significative. Simili paralleli si possono stabilire con altri testi di epoca molto più recente. Nella sua Storia antica d 3Israele R. de V au x sviluppa ampiamente questo me­ todo comparativo, giungendo in ogni punto alla stessa conclusione: con questo metodo e questi dati non si può né provare né contraddire la storicità fondamen­ tale delle tradizioni. II secondo problema classico verte sui rapporti tra la Bibbia e l’archeologia. L ’attività archeologica nella zona dei paesi biblici, specialmente nell’attuale sta­ to d’ Israele e nei territori occupati, è intensa. 1 primi scavi iniziarono nel secolo scorso; il loro ritmo e qualità scientifica si sono considerevolmente accresciuti. È innegabile che il motivo di tale attività, maggiore che negli altri paesi, dipende es­ senzialmente dal fatto che si tratta del paese della Bibbia. Agli inizi, e in molti ca­ si ancor oggi, obbiettivo dell’ attività archeologica era offrire prove concrete della storicità della Bibbia. Gli esiti archeologici avevano come compito di «provare e mostrare» la verità delia Bibbia. Libri apparsi non molto tempo fa con titoli come L a B ibbia aveva ragione e La Bibbia estratta dalia sabbia danno un’idea della mentalità dominante. Gli archeologi in molti casi, e soprattutto i divulgatori di scienze bibliche e archeologiche, mettono in diretta relazione l risultati dell’ar­ cheologia con i testi biblici, considerati questi senza alcuna distanza critica, cioè con un atteggiamento fondamentalista. M a, come già si è detto in questo capitolo, la Bibbia non pretende dì fare storia nei senso moderno del termine. I testi della Scrittura sono L’espressione della fede di un popolo. La critica letteraria e la critica storica permetteranno di stabilirne il significato e solo allora potranno essere confrontati con i dati dell’archeologia,

1 2.4

L’epoca premonarcbica

senza lasciarsi affascinare dalle interpretazioni degli archeologi, spesso non esenti da una certa fantasia. V ili. B IB L IO G R A F IA

i, l cicli patriarcali R. de V aux, Histoire ancienne dTsraelì Paris ! 1 9 7 1 , U 1 9 7 3 : studio approfondito ed esponente ben documentato del metodo comparativo, distaccato ma con gran­ de moderazione e realismo; T b .L . Thomson, The Historicity o f thè Patnarchal Narratives, Berlin - N ew York 1 9 7 4 : esamina con estrema scrupolosità gli argo­ menti comparativi e ne individua la debolezza; estremamente utile, benché non proponga nessuna visione d’insieme; J. Van Seters, Abraham in Htstory and Tra-

dition , N ew Haven - London 1 9 7 5 : studio con caratteristiche analoghe al prece­ dente, sebbene indipendente da esso. L ’autore propende per situare la creazione delle tradizioni dei patriarchi in epoca tarda (dell’esilio o dopo l'esilio}. Cade così nel difetto opposto a quello imputato ai suoi predecessori. Per una prima infor­ mazione si veda R de V aux, i patriarchi ebrei e la stona, Brescia 19 6 7 .

z. Esodo e Mosè Oltre alla storia d ’Israele di de V aux, già citata, segnaliamo H. Cazelles, Alla ri­ cerca di Mosè, Brescia 1982,: misurata presentazione di problematiche complesse da parte di un grande conoscitore dei testi e deila cultura biblica ed extrabiblica, sebbene a volte si attribuisca un eccessivo valore storico a dati problematici. Una raccolta di studi sulla figura di M osè e la sua storia, impostati con differenti me­ todi e distinte prospettive, è offerta da R. M artin-Achard (ed.), Figure de Moi'se; Écriture et relectures, Genève 1 9 7 8 . Tre problemi fondamentali dei testi dell’Eso­ do sono accuratamente esaminati da W .H . Schmìdt, Exodus , Sinai und Mose: Erwdgm gen zu E x 1 - 19 und 2 4 , Darmstadt 1 9 8 3 . Sul decalogo si veda Popera recente di W .H . Schmìdt (in coll, con H. Delkurt e À. Graupner), Die Zehn Gebote tm Rahmen alttestamentlicher Ethik, Darmstadt 19 9 3 (tr. it. in prep.) e gli studi di F. Lothar Hossfcld, Der Dekalog, Gòttingen 1 9 8 2 e H. Schiingel-Straumann, Decalogo e comandamenti di Dìo , Brescia 1 9 7 7 . Come introduzione alPesodo, si veda Cl. Wiener, in Cuadernos Biblicos 54: lettu­ ra contìnua del libro dell’esodo, alla luce degli ultimi studi sulla questione.

3. L ’insediamento in Canaan e il perìodo cosiddetto dei «giudici» Oltre a de V aux, cfr. M . Weippert, Die Landnahme der israelitischen Stdmme in der neueren wìssenschaftiichen Diskussion , Gòttingen 1 9 6 7 ; N .K . Gottwald, The Tribes o f Yahweh. A Sociotogy o f thè Religion of Liberateci Israel ( 1 2 5 0 - 1 0 5 0 bc.), London 19 8 0 : interessante studio che utibzza modelli sociologici per spiega­ re la costituzione d'Israele quale gruppo indipendente; si basa sugli studi e sui ri­ sultati classici dei testi biblici cui adatta i propri modelli; fino a che punto, tutta-

Bibliografia

12-5

via, è applicabile la sociologia a fatti occorsi più di tremila anni fa, il cui resocon­ to è molto posteriore ai fatti? (per di più tati resoconti non cercano di presentare semplicemente i fatti); l’autore apre valide prospettive, pur restando vittima dei suoi modelli; W Richter, Traditionsgescbidilliche Untersuchungen zum Richterbuch , Bonn 2iy 6 6 : studio esemplare e significativo della storia della redazione del libro dei Giudici.

4. Bibbia e archeologia Cfr. il cap. 11 di questo volume.

5. La religione d'Israele H. Ringgren, Israele . / padri, l'epoca dei re, il giudaismo , Storia delle Religioni 1 1 , M ilano 1 9 8 7 ; Pautore, della scuola esegetica svedese, organizza il suo studio in prospettiva decisamente storica, attribuendo grande importanza a! culto e al­ l’alleanza davidica come luoghi teologici chiave della religione d’Israele; G. Fohrer, Storia della religione israelitica, Brescia 1 9 8 5 : opera d'insieme con prospetti­ ve storiche chiare; Pautore lavora su ampie sezioni del testo biblico e offre una vi­ sione coerente, senza eccessive sbavature, di grande valore; W . Ziinmerli, The History o f hraelìte Relìgton , in G .W . Anderson (ed.), Tradìtion and Interpreta £/om, O xford 1 9 7 9 , 3 5 1 - 3 8 4 : eccellente paronamica degli studi sulla religione d’ìsraele, dei metodi, delie tendenze e dei risultati tra il 1 9 5 1 e il 1 9 7 3 ; H. Cazelles, Religion d ’israel, DBS x ( 1 9 8 1 ) , Z40-2.77: la sintesi più recente sulla religione d’I­ sraele, redatta da un eccellente conoscitore e ricercatore dei molteplici problemi che il tema solleva; bibliografia copiosa e specialistica. È impossibile indicare una panoramica bibliografica completa dei diversi aspetti della religione d’Israele. Nelle opere fondamentali citate si troveranno ele­ menti bibliografici sufficienti per approfondire lo studio.

Capitolo iv

La monarchia

J. N A S C I T A D E L L A M O N A R C H IA

i , I vicini d ’ Israele L'insediamento più o meno stabile delle tribù israelitiche non esaurisce lo sviluppo della loro realtà sociale e politica. I contatti con i popoli e i gruppi della regione introdurranno progressivamente in Israele istituzioni analoghe a quelle dei loro vicini. La più importante sarà la monarchia. In Transgiordani a sono presenti tre gruppi sociali che avranno conti­ nue relazioni con Israele nel corso di tutta la sua storia. In primo luogo* gli ammoniti. Delle loro origini si conosce ben poco. L'onomastica è, sen­ za dubbio, semitica e probabilmente imparentata con quella aramaica. Il loro territorio, difficile da definire con precisione, era forse situato nelle vicinanze della valle dello Yabboq. Il commercio di carovane doveva es­ sere la principale fonte economica. L’istituzione monarchica è già presen­ te all’epoca di Saul. Nella guerra degli ammoniti contro Iabesh di Galaad, Saul dimostrerà le sue capacita (i Sotti. 1 1 ,1 - 1 3 ) . Nahash non ha cer­ tamente il titolo di re, ma si comporta come tale. Il problema e sapere se già in quell’epoca il potere di Nahash fosse ereditario e se, pertanto, la monarchia dinastica si fosse già affermata. Il caso di Moab è un po’ diverso. La parentela con gli ammoniti sembra probabile, se teniamo conto di testi come Gen. 19,30-38 e Deut. 23,4. Ed evidente risulta anche raffittita tra i moabiti e gli antenati di Davide (Rut 4,18-22). I confini del territorio moabita variarono nel tempo. Talvolta, a settentrione, giunsero fino a Heshbon, anche se la loro frontiera tradi­ zionale a nord è PArnon. A sud, Moab giungeva alla depressione dello Zered; a est, fino al deserto; a ovest, al Mar Morto. La monarchia eredi­ taria sembra avere radici abbastanza antiche. Per alcuni rìsale al xm se­ colo, benché non ancora ben consolidata (Num. 21,26-30). Gli edotti iti compaiono nei testi egiziani già nel xm secolo. Il loro terri­ torio è collocato a sud dello Zered. Le tribù nomadi della zona furono senza dubbio i nuclei che formarono il regno di Edom. La Bibbia presenta gli edomiti come discendenti di Esau (Gen. 36 ,10-19 ). Essi non sono con­ siderati «abominevoli» (Deut. 23,8) come gli ammoniti e i moabiti. Ai tempi di Davide, gli edomiti hanno ima monarchia ereditaria (1 Re 1 1 ,

Nascita della monarchia

12 7

14), benché se ne ignori Forigine. L ’elenco dei re di Edom di Gen. 3 6 ,3 1­ 39 lascia intendere che probabilmente, nelFepoca precedente a Davide, il principio dinastico non era ancora consolidato. La capitale del regno sa­ rebbe cambiata con ciascun capo. I filistei prendono parte all’ irruente ondata che devastò ì paesi del M e­ diterraneo orientale. L ’impero ittita e la città di Ugarit, tra le altre, furono loro vittime. Ramses in subì grandi disfatte combattendo contro costoro. Un gruppo di quesr'orda, conosciuto generalmente con l’appellativo di «Popoli del Mare», 1 filistei, si stanziarono sulla costa cananea e nelle pianure circostanti. Gli insediamenti filistei più importanti costituivano una associazione di cinque città: Gaza, Ascalon, Ashdod, Gat ed Eglon. Ognuna di queste era amministrativamente autonoma, governata da seranim (termine forse corrispondente al greco «tiranno») (Gios. 13 ,3 ; Giud. 16 ,5 .18 ; j Sam. 6 ,4.16.18). È importante sottolineare come questo ter­ mine appaia sempre al plurale, per cui si può supporre l’esistenza di una specie di federazione Lra 1 capi filistei. Senza dubbio, Aids, di Gat, viene menzionato in tutti i testi col titolo di «re». Poco si sa della loro lingua, salvo che non era semitica e sembra possedere elementi affini con altre dell’area egea. Riguardo alla religione, i pochi dati disponibili mostrano che i filistei adottarono le religioni semitiche di Canaan, come attestano gli dèi che veneravano: Dagon (Gm d. 16 ,2 3 ; 1 Sam. 5,2), Astarte (j Sam. 3 1,10 ), Baal Zebul di Eglon (2 Re 1,2). Questo dato è importante, giacché indica un certo assorbimento delle tradizioni locali, sebbene la direzione politica e militare fosse senza dubbio in mano ai filistei. Il potenziale bellico fili­ steo era rafforzato dalla qualità della sua organizzazione e daLParmamento di cui disponevano. Le prime testimonianze di lavorazione del ferro in Canaan sono da associare all’occupazione filistea. I filistei ne introdusse­ ro la tecnica di fusione, acquisendo così una schiacciante superiorità mi­ litare per la qualità delle loro armi. Se vi si aggiunge che possedevano «carri da combattimento» (1 Sant. 13 ,5 ; 2 Sam. 1,6), non è difficile im­ maginare quale pericolo costituissero per gii israeliti. L'espansione filistea in Canaan si può seguire attraverso i reperti di ce­ ramica rinvenuti in diversi luoghi della regione. Basti segnalare i punti estremi dell’espansione: Debir (Teli Ber Mirsim) e Bet-Shemesh, nella Shefela giudaita; Megiddo, ai piedi della catena del Carmelo, che domina Pomommo passo strategico; Bet Shan, sulla sponda destra della valle del Giordano, all’uscita della valle di Izreel; Deir ‘ Alla, la Sukkot biblica, all’altezza di Sichem in Transgiordania. Non è da dimenticare che questa ceramica filistea ha un indubbia parentela con quella micenea. Meritano speciale menzione le città della costa fenicia. Alcune, come Ugarit, sparirono sotto la pressione dei Popoli del Mare. Altre, invece,

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La monarchia

approfittarono della caduta degli irriti e della debolezza degli egiziani per instaurare una politica commerciale e marittima che le portasse col tem­ po fino al lato opposto del Mediterraneo. Tra queste città, Sidone ini­ zialmente e più tardi Tiro esercitarono una certa egemonia. Furono im­ portanti anche Arwad, Biblo e Beirut. Queste sono in sostanza tutte cittàstato governate da una monarchia ereditaria. 2 . 1 primi tentativi Il libro dei Giudici (Giud. 6-9) offre una serie di tradizioni su Gedeone e Abimelek nelle quali appaiono i primi tentativi israelitici di istituire la monarchia. Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che il libro dei Giudici presenta una sequela di personaggi chiamati «giudici» le cui azioni mili­ tari, benché episodiche, sono affini a quelle dei re. Nei testi attuali s’iden­ tifica Gedeone con un certo Ierubaal {Giud. 7,1). Se si trattasse dello stes­ so personaggio, la sequenza degli avvenimenti sarebbe stata la seguente: Gedeone, appartenente a un clan della montagna di Efraim, abitava in Ofra. Spinto dalle drammatiche circostanze in cui si trovavano la sua gente e i suoi vicini a causa delle devastanti incursioni dei madianiti (Giud. 6,3-6), decide di fronteggiarli e cacciarli dal territorio con una guerra (Gm d. 7-8). Dopo la vittoria, gli uomini d’Israele offrirono la re­ galità dinastica a Gedeone. Questi la rifiutò, dicendo: «Vostro capo sarà il Signore» (Giud. 8,23). Gedeone aveva una concubina di Sichem che partorì Abimelek (= mio padre è re). Morto Gedeone, Abimelek rivendica di fronte ai notabili di Sichem il titolo di monarca (Giud. 9,1-3). La sua argomentazione è chiara: quelli di Sichem vogliono essere governati da un loro consanguineo e non da uno straniero. Abimelek fu proclamato re. Dopo l’eccidio di tutta la sua famiglia, Abimelek si trova in conflitto con la popolazione dì Sichem, che non era israelita (9,23-41). Poco dopo na­ scono nuovi contrasti tra 1 notabili di Sichem e Abimelek. Questi reagisce brutalmente; passa a fi] di spada la popolazione e distrugge la città (9, 42.45). L’archeologia conferma una distruzione di Sichem in quest’epo­ ca. Il carattere ibrido della monarchia di Abimelek, israelita e sichemita, non dovette favorirlo. Da allora Sichem appartenne a Israele. Altri autori pensano che si debba distinguere Gedeone da Ierubaal. Abimelek sarebbe figlio di quest’ultimo, israelita di Ofra e con una con­ cubina sichemita. Il potere di Ierubaal su Sichem sarebbe paragonabile a quello esercitato da Labaya ai tempi di El^Amdrna. I governanti non hanno il titolo di re, ma esercitano un potere effettivo mediato da un consiglio di notabili della città, «i signori di Sichem» (9,3). Il potere di1 1. R. de Vaux, Utstoire ancienne d ’hnièl, il La période des Jugest Paris 1973^ 10 9 -n i .

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Labaya si estendeva praticamente a tutta la montagna di Efraim. È la si­ tuazione che Abimelek avrebbe voluto ricostituire a proprio vantaggio. Benché rimanga incerto chi fosse suo padre, la sua effìmera monarchia appare chiaramente come una copia delle monarchie cananee. 3, Saul (ca. 10 2 5 -10 10 ) I tentativi più seri per istituire una monarchia stabile in Israele risalgono a Saul, della tribù di Beniamino. Tre racconti biblici narrano la sua ascesa al potere: 1 Sani. 9 -10 .16 ; 10,17-2,7; 1 1 . Le tradizioni su Saul sono state oggetto di molteplici rielaborazioni e bisogna partire da una rigorosa cri­ tica letteraria per trarre conclusioni storiche. I tre racconti della designa­ zione a re di Saul presentano già tre diversi livelli d’interpretazione dei fatti. Li si può compendiare dal punto di vista storico come segue. Gli ammoniti assediano Iabesh di Galaad, città israelitica della Transgiordania (i Sam. 1 1 ) . I suoi abitanti, dì fronte alla disperata situazione, chie­ dono aiuto alle tribù israelitiche dell’altra sponda del Giordano. Il mes­ saggio giunge a Gabaa, patria di Saul e questi si appella ai connazionali d’Israele per combattere gli ammoniti e salvare Iabesh di Galaad. Sconfìt­ ti gli ammoniti, i vincitori si recano a Gaigaia, dove incoronano re Saul (1 Sam. 1 1 ,1 5 ) . Negli altri due racconti interviene Dio: in indiret­ tamente, per mezzo della sorte; in 1 Sam. 9 -10 .16 direttamente. Ma l’ori­ gine storica della regalità di Saul si trova nella sua vittoriosa azione con­ tro gli ammoniti. La situazione era delicata, dal momento che i filistei penetravano sem­ pre più profondamente nei territori degli israeliti e minacciavano Benia­ mino attraverso la pianura di Izreel. Era quindi necessaria una risposta efficace che poteva scaturire soltanto da un'azione coordinata e centraliz­ zata. La vittoria iniziale fece subito apparire Saul come la persona adatta a questa impresa. Saul organizza un esercito permanente, benché al ri­ guardo 1 dati non siano del tutto chiari, e in un primo momento cerca di espellere dalla Palestina centrale i filistei, i quali avevano riempito la zona di postazioni militari (1 Sam. 13 e 14). Ciononostante, Pattività militare di Saul si espande ugualmente verso sud. In effetti, 1 Sam. 15 narra delle sue battaglie contro gli amaleciti a sud di Hebron e r Sam. 17 della campagna contro i filistei nella Shefela di Giuda. Queste imprese consentono a Saul di accattivarsi la tribù di Giuda, protetta con queste imprese dalle incursioni dei nomadi amaleciti a sud e dalla pressione filistea a ovest. Non bisogna dimenticare che Ga­ baa di Beniamino, patria di Saul, si trova 15 km a nord di Betlemme. Questi rapporti con la tribù di Giuda spiegano probabilmente la pre­ senza di Davide, efraimita di Betlemme, tra 1 soldati di Saul. Il disaccordo

tra i due personaggi è noto e le ragioni risultano comprensibili. Da un la­ to Davide, giovane e guerriero eccezionale, non poteva non suscitare le gelosie del suo capo, nonostante ne avesse preso in moglie la figlia M ikal, Anzi, il m atrim onio suscitò in Saul nuovi timori nei confronti di Davide. Dall*altro lato, l ’amicizia tra Davide e G ionata, figlio e probabile erede di Saul, non sfuggi alla patologica suscettibilità ( i S am . 1 6 ,1 4 - 2 3 ; 1 8 ,6 - 1 7 ; 19 ,8 - 13 ) del beniam inita. In effetti, se le qualità militari di Saul non pos­ sono essere messe ni dubbio, la sua nevrastenia cronica gli impediva af­ fatto di consolidare la monarchia cui aveva dato avvio con grande energia dopo il trionfo a labesh di G alaad. Saul viene anche messo a confronto con Samuele, personaggio di rilievo per la storia d’ Israele. Le sue funzioni —susseguenti o sincrone —di sacer­ dote, profeta e giudice sono state rilette dalla tradizione attraverso Tesperienza successiva. I testi cercano di spiegare un fatto chiave: Saul fallì e nessuno dei suoi figli gli successe al trono. Perché? Due racconti cercano di spiegare la perdita della legittimazione divina. N el prim o (1 Sam. 1 3 , 7­ 15 ) si narra la disubbidienza di Saul all’ ordine di Samuele di non sacrifi­ care in G aigaia prim a del suo arrivo, giacché solo Samuele, in qualità di sacerdote, poteva offrire sacrifici. N el secondo racconto (1 Sam, 1 5 , 1 3 ­ 35) Saul non adempì le regole delTanaiema: distruggere il bottino e ucci­ dere i prigionieri, secondo le leggi della guerra santa. L a prim a spiegazio­ ne è anacronistica, poiché in quell’epoca tutti i capi fam iglia potevano o f­ frire sacrifici; a m aggior ragione il re. La seconda suppone una concezio­ ne della guerra santa un p o ’ artificiosa e schematica, e presenta il conflitto storico che opporrà costantemente il re al profeta, particolarm ente nel re­ gno del nord. Saul dovette poi confrontarsi un'ultima volta eoa 1 filistei. Questi sape­ vano perfettamente che, a causa degli armamenti israelitici (carri da guer­ ra) e della loro tecnica (guerriglia), per vincere la battaglia dovevano com ­ battere nella pianura (r Sam. 28; 29; 3 1) . La pianura d ilzreel era 1! luogo ideale per loro. Saul e i suoi figli m orirono sul monte Gelboe, 1 filistei ap­ pesero i loro corpi alle mura di Bet Shan. G li abitanti di labesh di G ala­ ad, riconoscenti a Saul, li recuperarono e dettero loro onorevole sepoltura ( j Sam . 3 1) . Il prim o serio tentativo monarchico in Israele si concludeva con un fallim ento. La situazione delle tribù del nord di fronte alla minac­ cia filistea si era fatta ancor più preoccupante che non prim a di SauL 4. D avide ( i o i o - ca. 9 7 o) a) D avide e Saul I conflitti di Saul con il giovane Davide costrinsero quest'ultim o a fuggire verso sud e a rifugiarsi negli aridi dintorni del deserto di Giuda (j Sam.

Z 4 ,i; 2 3 ,14 ) , dopo essersi nascosto nella grotta di A ^ u. r . f . ,* \ r , ■ i^ il fuggitivo m a fai( j barn. 2,2,1). Saul tenta ripetutamente di ca ttu ra^ _ ^ lisce ( 1 barn. 2 3 ,19 - 2 8 ; 24). Stando alla tra d iz io n i ( s il lusso di lasciare Saul in vita per rispetto «all'unto de ’ 2 4 ,n ) . al futuro. G i à ad N onostante i conflitti con Saul, D avide si pret>ata ‘ 1 , . . , . ■ r -1- ■ 1 V.P «quattrocento uoAdullam si unirono a lui parenti e rammari oltre in • , stenta delia vita» { mini circa, gente in ristrettezze o piena di debiti o s c ° Sam> 2 2 ,2 -3 ). C °n queste forze libera la città di Qed^ a J ^ as-CG^° * toò 13 ,5 ^ J- C 1 ■ n -1 prende una drastica M a la persecuzione di Saul si accentua e D avide r Ai ■ L , 1 - ■ . ■ * .! ■ re d* G at, A kish ( 1 decisione: con la sua truppa si mette al servizio cieJ - ■ Al ' k Sam. 2 7 ,1-8 ). Seppure gli studiosi moderni non s& n° SiCU^ C . ! “ ‘aS*‘ fosse filisteo, la tradizione lo presenta come tale; ad ° S fl1 n*° . 1Sr\ 1*! i 1 j ■ ■ * * 1 1* vita Saul e 1 suoi hterverra nella battaglia decisiva in cui perderanno 13 ■ / ^ f. T . . . £t. ? ^ -1 4; intervenirvi (r Stfm. gli. 1 principi filistei non permetteranno a Davide di 1 2 9 ) , r e n d e n d o g li c o s ì un e n o r m e f a v o l e .

Akish aveva dato in feudo a D avide la citta di biQr , i tt 1 l’efram ita dì Betlemme doveva com battere contro gl* 15121 1 r * F U 11 bottino al suo signore Akish. La tattica di Davide tu u . „ i nomadi dei con fini del N egev, offre una parte del sM,> 1 ^ ^ 1 C^ della tribù di Giuda e l’ altra al suo signore (z Sani- 3 ° '^ \ 3 ta preparato ti terreno, alla morte di Saul, Davide tcmproclam ato re di Giuda a H ebron (2 barn. 2 ,1-4 3 ). . . *. . . I Com incia allora una nuova fase dell'attività di D ^ * e‘ ~ r i i ’ e delle truppe di Saul, si era rifugiato in TransgiordaU^1 c01? f , aa/ ® 10 di Saul, e lo aveva incoronato re d Israele. M a la pel . * 1 ■ . rmm e le circostanze tacevano si che il potere e la c^F 1■ ■ manessero nelle mani di Abner. D opo una serie di Ì ° tte f a U nm? . 1 Àbner e quelli di Ioab, generale di Davide, la bilanci^ e ^ Pre P1U c j i i- TT i_ a. . , affinché le genti di favore del re di Hebron. Abner organizza a d u n a rti , Tl 1 . 1 . i ­ r 1 * * FA -3 I ; o 7 ^ 2 1 . Il desiderio di Israele riconoscano D avide come loro re (2 barn. 3> , di to ~L vendetta e l ’ invidia portano Ioab a eliminare Abnef- J aCCa • 5 > 6 ^^ 1. rx -j senza dubbio impedì teva essere interpretato come m anovra di Davide, , ■ che gli accordi si concludessero velocemente. Sc t ^ un C m° / ° Ishbaai venne assassinato e eli autori del crimine co** , r ■« , . . . , nensa. Davide invece, D avide sperando certamente in una cospicua ricorUF^. t 1 un . *. T• • * --v ■ A H p im en to et probabilda abile stratega, li giustizio in punizione del loro trau mente, per disfarsene (2 Sam . 4). . » 1 I capi delle tribù d ’Israele non avevano altra s o l ^ one ^ ^ ornare a D avide. Cosi avviene, e Liavide è unto re d ’ Israele a.m ‘r ” ” ^ Ue sto m odo Davide si trasform a in re di Giuda e d ‘I$rae e* a S ° na coeva

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presenta vari altri esempi di questo regime politico detto di «unione per­ sonale». Un unico uomo riunisce nella sua persona le corone di due terri­ tori o città diverse. b) La guerra contro i filistei È probabile che i filistei non vedessero negativamente la consacrazione di Davide come re di Giuda, poiché in questo modo si frantumava Puntone delle tribù israelitiche. La proclamazione di Davide a re d’Israele, d'altro canto, destava grandi preoccupazioni. Perciò i filistei prontamente tente­ ranno di dividere le due parti del regno di Davide, occupando la valle di Refaim, a nord di Gerusalemme, e separando così il territorio di Giuda da quello di Beniamino. Davide attacca e sventa il tentativo filisteo. Dopo questa sconfitta i filistei si sottomisero al potere di Davide, ma il loro territorio non venne annesso ai possedimenti del re. 2 Sani. 5,25 af­ ferma solo che «Davide sconfisse i filistei da Gabaa fino alt ingresso di Gezer». È probabile che la sottomissione dei filistei prevedesse il paga­ mento di un tributo, è certo invece che le conquiste di Davide s’indirizza­ no verso il nord e Test e non tanto verso l'ovest, territorio dei filistei. c) La conquista di Gerusalemme (2 Sani. 5 ,5 -12 ) Un fatto importante nella vita di Davide fu la conquista della città cana­ nea di Gerusalemme. Non si sa con certezza se l’antica città gebusea cad­ de nelle mani di Davide prima oppure dopo le guerre da lui condotte contro i filistei. Sicuramente Poccupazione della città fu un'azione politi­ ca della massima importanza, dal momento che Gerusalemme non si tro­ vava nel territorio di nessuna delle tribù israelitiche. Davide con ì suoi uomini riuscì a espugnarla e la elesse capitale del suo regno, trasforman­ dola nella «città di Davide». Nessuno se non il te poteva avanzare pretese sulla nuova capitale. Nel tentativo di organizzare il regno intorno alla sua persona, Davide compì un passo importante trasportando Parca di Dio a Gerusalemme. Ovviamente la città aveva il suo culto, il proprio tempio e sacerdozio. Al­ cuni ritengono Sadoq, il quale è al seguito di Davide senza che nulla si sappia sulla sua origine, il sacerdote del tempio gebuseo di Gerusalemme. E possibile. Certo è, invece, che con l’arrivo dell’arca Davide conferisce alla sua capitale un carattere religioso israelìtico, che prima Gerusalemme non poteva vantare. Non bisogna dimenticare che, in quanto oggetto di culto, Parca era l’unico simbolo tangibile della fede comune delle diverse tribù d’Israele. Per la sua presenza nella nuova capitale tutti gli sguardi dei fedeli israeliti avevano un ulteriore motivo, particolarmente impor­

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tante, per volgersi verso la città di Davide. Si consolida in questo modo sempre più 1 unità del regno intorno alla persona del re e alla sua capitale (2 Sani. 6). Il testo biblico non menziona la conquista di altre città cananee. Più tardi, ai tempi di Salomone, esse compaiono come parte integrante del territorio. Se teniamo conto che il successore di Davide non brillò certo per le imprese militari, la cosa più probabile è che l’msieme delle enclaves cananee fosse già passato nelle mani di Davide (ad esempio, Megiddo, IVanak, Bet Shan e le città gabaonite). d) Politica internazionale La stabilità e il consolidamento del potere di Davide suscitava inquietudi­ ne nei suoi vicini. Àmmon rappresenta un caso tipico. Alla morte di Nahash, già re di Ammon ai tempi di Saul (1 Sam. 1 1 , 1 ) , Davide invia un messaggio di condoglianze al figlio Hanun (2 Sam. io). Questi, inspie­ gabilmente, taglia mezza barba a ognuno degli inviati da Gerusalemme. Di fronte a un tale insulto Davide non rimase indifferente. L occasione era irripetibile. Davide conquista la capitale di Ammon, Rabbat, e stabili­ sce la sua signoria sul regno transgiordano. A sud di Ammon anche Moab venne sottomesso al potere di Davide (2 Sam. 8,2). Edom, dopo duri combattimenti, subi la stessa sorte (2 Sam. 8 ,13-14 ). Gli ammoniti, vedendosi attaccati da Davide, chiamarono in aiuto gU aramei di Siria. La regione era smembrata in piccoli regni. Davide scon­ fisse quelli accorsi in appoggio di Ammon (2 Sam. 10 ,15 -19 ), gli aramei di Shobak, il cui re si chiamava Hadadezer. Il trionfo è tale che il re di Hamat, Tou, si dichiara vassallo di Davide (2 Sam. 8,9). Il re Talmai di Geshur sancì un patto con Davide, dandogli in moglie la figlia Maaka; da quest’unione nacque Assalonne. Evidentemente l’impero davidico, assai esteso oltre le frontiere classi­ che dei territori israelitici, potè costituirsi grazie alla debolezza delle grandi potenze della regione. Queste campagne militari e i successivi vas­ sallaggi non sembrano ad ogni modo scaturire da un deliberato progetto di Davide, bensì rappresentare per certi aspetti il frutto della sua forza e delle circostanze. e) Organizzazione dello stato I dati disponibili sono scarsi e abbastanza eterogenei. 2 Sam. 7 ,1- 17 è un testo famoso: la profezia di Natan. Costituisce la magna charta della di­ nastia davidica, il testo religioso che legittima i discendenti di Davide. Ma

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in questo passo si descrive anche il progetto di Davide di edificare un tempio al Dio nazionale. I suoi progetti manifestano una certa coerenza. La nuova dinastia doveva onorare il Dio nazionale e dinastico costruen­ dogli un tempio o riparando i suoi antichi santuari. Una nuova capitale con un nuovo tempio, nel quale collocare l’arca, costituiva uno degli ele­ menti portanti della politica organizzativa di Davide. Perché non lo fece? Per mancanza di tempo? Per l’opposizione di certi gruppi i quali non gra­ divano che l’arca (oggetto itinerante, simbolo di un Dio che accompagna il suo popolo) fosse rinchiusa in un tempio da cui sarebbe poi difficilmen­ te uscita? Una risposta sicura rimane impossibile. 2 Sam. 8 ,15 -18 enumera una serie di funzionari della corte di Davide. Malgrado i diversi ritocchi testuali e l’inesattezza di alcuni dati possiamo osservare che Toab, capo dell’esercito, è al primo posto, prova dell’impor­ tanza assunta dai militari nei regno di Davide. In secondo luogo si nomi­ na Giosafat, l’araldo. La presenza di Sadoq e Abiatar sottolinea la par­ tecipazione di questi due sacerdoti di origini diverse, ma ugualmente inte­ grati nel seguito di Davide. Seraia figura come segretario e Benaia come capo della guardia personale di Davide, formata da mercenari non israe­ liti. Come si può vedere, il numero dei «ministri» era limitato. f) La crisi della successione Non tutto nel regno di Davide fu gloria e splendore. Lasciando da parte la possibile implicazione di Davide negli omicidi di Àbner e soprattutto di Ishbaal, il problema piu squallido del suo regno fu la vicenda della successione al trono. Non basta l’instaurazione del principio dinastico per la successione né è possibile precisare il funzionamento di tale principio. Sebbene Davide non abbia avuto tempo per costruire il tempio di Gerusalemme, lo trovò, e molto, per avere figli. Da lì derivarono, come di solito accade, i p r i n c i ­ pali problemi del suo regno. Normalmente è il primogenito a ereditare il trono. Amnon, primogenito di Davide, ebbe il poco discernimento di vio­ lentare la sorellastra Tamar, sorella di Assalonne (2 Sam. 13 ); questi non tardò a ucciderlo. Dopo una riconciliazione piuttosto sofferta con il pa­ dre, Assalonne, ora figlio maggiore, si ribellò contro di lui (2 Sam. 1 5 , 1 ­ 12). Il re dovette fuggire, ma poco dopo le truppe di Assalonne furono sconfitte e il ribelle venne ucciso (2 Sam. 18 ,1-17 ). Rimanevano ancora due figli: Adonia, il maggiore, e Salomone. Gli alti funzionari del regno e i personaggi influenti della corte si divisero in due fazioni: Ioab e Abiatar con Adonia. Con Salomone, Sadoq, Benaia, Natan e sua madre, Betsa­ bea. Adonia commise l’imprudenza di proclamarsi re senza consultare il padre. Quest’ultimo si rivolse allora alla fazione contraria e ordinò di un­

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gere re Salomone, associandolo così al trono. La successione era decisa. Alla morte di Davide, Salomone non dovrà far altro che consolidare l'e­ redità del padre, eliminandone gli avversari (1 Re i-x), t

5. Salomone (971-933) Terminata con la morte di Davide la parentesi della diarchia e scomparsi uno dopo Paltro gli avversari di Salomone, il re ebbe le mani libere per attendere alla propria politica. Il primo libro dei Re dedica nove capitoli alle molteplici attività del successore di Davide. La storia della redazione è complessa e si sviluppa in un lungo arco di tempo. a) Sapienza di Salomone 1 Re 3 è interamente dedicato alPillustrazione della sapienza di Salomo­ ne. L ’intento è evidente: mostrare fino a che punto il re possiede al massi­ mo grado la qualità fondamentale per un sovrano. La sua capacità d* di­ scernere, e quindi di governare, risulta emblematica nella storia delle due madri (3,16-2,8). Ma questa sapienza era, secondo l’ideologia reale, un dono dei Dio dinastico e nazionale. Il sogno di Gabaon spiega questa te­ si. I due testi, quello del sogno in particolare, hanno subito nel corso del tempo aggiunte e complementi. I più recenti studi di critica letteraria da­ tano alla seconda metà del sec. vili anche il testo piu antico. Lo conferma la terminologia del testo, mostrando così che occorre sottolineare Pimportanza della sapienza reale come dono di Dio in momenti nei quali i di­ scendenti di Davide non brillano per capacità di discernimento. b) Amministrazione (1 Re 4) La lista dei ministri di Salomone è, chiaramente, più lunga di quella del padre. Il primo posto è occupato da Azaria, figlio di Sadoq, sacerdote. Questa funzione sembra ereditaria. Abiatar, sacerdote di Davide, fuggì poiché si era schierato dalla parte di Adonia, avversario di Salomone nel­ la competizione per il trono. L’importanza del tempio spiega forse la ra­ gione per cui Azaria è il primo nell’elenco. Il secondo posto, quello di se­ gretario, è occupato da Elihoref e Ahia, tìgli di Shausha. Il nome del padre è un appellativo di funzione che si trasforma m nome proprio, ma sia i) suo nome sia quello di Elihoref sono di origine egiziana. Questo dà risalto alPinfluenza egiziana nelPamministrazione di Gerusalemme. I nomi dell’ «araldo» e del capo dell'esercito sono gli stessi presenti nella li­ sta dei funzionari di Davide. Il caso del secondo è attendibile, quantome­ no nella prima parte del regno di Salomone.

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L’indicazione del v. 4b è una glossa, trovandosi in contraddizione con il primo dell’elenco e con quanto si conosce da altri testi. La novità della lista sì riscontra nella menzione di Azaria, figlio di Na­ tan (molto probabilmente il profeta), come capo dei prefetti delle provin­ ce. Così si suppone che Salomone divise il suo territorio in province rette da prefetti, il cui elenco si trova in 1 Re 4,7 ss. Altra innovazione del governo di Salomone, che costerà cara a lui e so­ prattutto al figlio, è l’istituzione del lavoro forzato, sul quale si tornerà in seguito, al cui coordinamento pose Adoniram. Questo nome, come quello del padre, è di origine fenicia. Si tratta di operai specializzati che Salomo­ ne ebbe in uso dal re di Tiro per le sue costruzioni. L ’elenco contiene il nome di Zabud, altro figlio di Natan, sacerdote e consigliere speciale del re. Quest’ultimo titolo suppone probabilmente una funzione specifica, ma difficile da delineare e precisare, benché se ne trovino chiari paralleli in Egitto e in altre corti della regione. Altra qualifica di governo al tempo di Salomone è quella di «maggior­ domo» di palazzo, di cui è titolare Ahishar, Questa funzione è conosciuta anche in altri luoghi; col tempo, il «maggiordomo» diverrà il personaggio più influente nella corte. c) Costruzioni e lavoro forzato A partire da 1 Re 6 il testo biblico si dilunga nella descrizione delle co­ struzioni di Salomone, compendiata in 9 ,15 ss. La costruzione più famosa del suo regno è senza dubbio quella del tempio di Gerusalemme. Gran parte del materiale (soprattutto quello di valore) e gli operai specializzati per detta opera furono ottenuti dal re di Tiro, Hiram (1 Re 5,15-32). Evi­ dentemente 1 testi primitivi concernenti i lavori e le foste d’inaugurazione dei nuovo santuario furono largamente integrati nei secoli successivi. Tra la pericope relativa alla costruzione del tempio e quella concernente la sua consacrazione si menzionano brevemente le opere del palazzo di Sa­ lomone, per le quali si impiegò una grande quantità di materiali preziosi ( j Re 7 ,1-12 ). Altra attività edificatrice di Salomone fu costituita dairampliamento delle mura di Gerusalemme. La configurazione del terreno obbligava a estenderle verso nord; in quella direzione il nuovo sovrano costruì il suo palazzo e, ancora più a nord, il tempio. L’allargamento della cinta mura­ ria inglobava nel perimetro della città le nuove costruzioni (9,15). Il testo parla anche della costruzione di un terrapieno, ma non si sa con certezza di che cosa si tratti. Le tre città menzionate in j Re 9 ,15, Hasor, Megiddo e Gczer (città ricevute in dote da Salomone per le nozze con la figlia del faraone), sono

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state scavate accuratamente. In tutte si sono scoperti resti di importan­ ti costruzioni dell’epoca salomonica. In particolare, il sistema di difesa con le porte a triplice tenaglia e le mura a casematte mostrano l’alto livel­ lo qualitativo delle opere di Salomone. Tutte queste costruzioni necessitavano di manodopera. Gli operai spe­ dalizzati, come già detto, vennero dalla Fenicia, ma gli altri furono reclu­ tati in Israele. Per loro Salomone istituì il lavoro forzato (1 Re 5,2,7 ss.). Un gruppo di operai lavorava a turno nel Libano e 1 altro, formato da carrettieri e tagliapietre, in Israele. Questo differente trattamento dovette portare con sé una certa discriminazione. Ad ogni modo i provvedimenti presi non dovettero risultare graditi alla popolazione e Geroboamo, no­ minato da Salomone sorvegliante del lavoro obbligatorio della Casa di Giuseppe in Israele, parteggiò per i lavoratori e dovette fuggire in Egitto (r Re 11,2.6-40}. d) Commercio L ’aspetto più appariscente dell’attività economica di Salomone riguarda il commercio marittimo. 1 Re 9,26 riporta che Salomone fece costruire una flotta in Esion-Geber, nella parte più settentrionale del Golfo di Aqaba (o Elat), e che i servitori di Hiram di Tiro formavano l’equipaggio insieme alle genti di Salomone. Lo scopo era di procurarsi l’oro di Ofir, probabilmente nell’attuale Somalia. Come si può notare, Salomone e Hi­ ram costituirono una prospera società commerciale. Un altro dato biblico presenta con diversa sfumatura le relazioni commerciali fra i due sovrani. In effetti, 1 Re 9 ,10 -14 parla di una cessione di terre e città da parte di Salomone a Hiram. Il testo attuale ha subito consistenti rimaneggiamen­ ti. Storicamente è assai probabile che Salomone abbia ceduto una zona della Galilea, denominata nel testo biblico Kabul (esiste un piccolo paese omonimo a est di San Giovanni d’Acri), in cambio di denaro, come riferi­ sce 9,14. Salomone non solo necessitava di tecnici, ma anche di denaro per le sue molteplici attività e le sue costruzioni. Si ritiene che il testo sia stato in seguito riveduto, poiché le generazioni successive non potevano capire molto bene la ragione che indusse Salomone a vendere parte del territorio degli antenati. L’episodio della regina di Saba (1 Re io) può contenere alcuni elemen­ ti storici. Di fatto in origine i sabei erano nomadi probabilmente insedia­ tisi verso il x secolo nel sud dell’Arabia dedicandosi al commercio. Saiomone controllava 1 uscita delle loro carovane presso il M ar Rosso e la vi­ sita della regina non era di pura curiosità. D’altra parte i testi assiri tal­ volta parlano di regine d’Arabia. Un altro aspetto del commercio di Salomone riguarda i cavalli e i carri

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da combattimento ( j Re t o^zj-zy). Sembra che Salomone si rifornisse di cavalli nei piccoli regni di Cilicìa e di carri in Egitto. e) Luci e ombre del regno di Salomone È evidente che le redazioni successive dei capp. 3-10 del primo libro dei Re hanno in larga misura idealizzato 1 immagine di Salomone nei diversi aspetti fin qui esposti. Questo atteggiamento si ritrova per l’appunto nel­ l’ultima redazione di quanto generalmente si definisce la storia della suc­ cessione al trono di Davide (cfr. bibliografia), il cui tono dominante è pro­ salomonico. Lo scopo è di giustificare e legittimare l’ascesa di Salomone al trono (jl Re 3-10), discolpando il nuovo re della violenta scomparsa dei suoi contendenti e facendo in definitiva credere che Salomone ereditò il trono per volontà di Dio. L’ultima redazione prò salomonica della storia della successione a! tro­ no di Davide non ha tuttavia sistematicamente soppresso il testo prece­ dente. Lì si possono cogliere posizioni assai diverse e apertamente ostili alla persona e all’opera di Salomone. 1 Re 1 1 costituisce un condensato delle critiche e degli aspetti negativi del suo regno. Il testo contiene una vicenda complessa e i dati che presenta vanno esaminati con estrema at­ tenzione. Il primo elemento critico, ampiamente trattato dal testo, riguarda le donne di Salomone. L ’accusa afferma che il re ebbe molte donne e queste sviarono il suo cuore verso gli dèi stranieri. 2 Re 1 5 ,1 3 mostra che questo pericolo non fu pura invenzione. Ma il fatto di avere molte donne, un ha­ rem ben assortito, e la possibilità per ogni principessa di continuare ad adorare 1 propri dèi erano per quell’epoca elementi del tutto normali. Il matrimonio di Salomone con la figlia del faraone (Siamon?) sembra rien­ trare in un trattato tra i due sovrani per controllare t filistei. Le redazio­ ni successive (della scuola deuteronomista) attribuirono a questi fatti la frantumazione del regno alla morte di Salomone (1 Re 1 1 , 1 1 - 1 3 ) . Tale redazione suppone tuttavia una riflessione teologica chiaramente poste­ riore ai fatti. Gli altri avvenimenti narrati nel capitolo si riferiscono alla sfera politi­ ca. Hadad, l’edomita, rifugiatosi in Egitto dopo la vittoria di Davide su Edom (11,14 -16 ) , fu ben accolto dal faraone e, alla morte di Davide e Ioab, gli chiese il permesso di tornare alla sua terra. Ignoriamo il nome del faraone, ma probabilmente è il medesimo che diede in sposa la figlia a Salomone; da qui le sue reticenze a lasciarlo partire. In ogni caso, Hadad non costituì un serio pericolo per Salomone. Lo stesso si può dire di Rezon. Ribellatosi a Hadadezer di Soba, vassallo di Davide, si proclamò re dì Damasco. Il redattore sottolinea l'importanza di Rezon come avversa-

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rio di Salomone. È poco probabile. Tuttavìa, anni dopo gli aramei di Da­ masco saranno temibili nemici del futuro regno d’Israele. L ’ultimo elemento negativo del regno di Salomone è la rivolta di Geroboamo, conclusasi in un pruno momento con la fuga di quest’ultimo. Po­ co prima della fuga in Egitto, un profeta, Ahia di Silo, si era presentato a Geroboamo alPimprovviso e gli aveva annunciato che sarebbe stato re delle dieci tribù d’Israele {1 Re 11,29 -39 ). L’episodio e discusso e l’attuale redazione è oltre tutto molto tarda. Mancano tuttavia sufficienti motivi per negare ogni storicità all’intervento di un profeta, se si considera la si­ tuazione generale sociale e politica del regno e delle ingiustizie che il lusso e la grandezza di Salomone dovettero necessariamente provocare. Tutto ciò si aggravò ulteriormente a causa del lungo regno di Salomone. Alla sua morte la situazione politica, economica e militare era delicata. 6. Problemi aperti a) La conquista di Gerusalemme Gtud . 1,8 afferma che la tribù di Giuda assediò e conquistò Gerusalemme dopo la morte di Giosuè. Storicamente il testo non ha valore, poiché la conquista di Ge­ rusalemme si deve a Davide e ai suoi uomini (2 Sam. 5,6 -10 ). L ’unico facile ac­ cesso alla città era a nord, ma logicamente era anche il piu difeso. Nonostante al­ cune recenti ipotesi,1 la famosa espressione «basteranno i ciechi e gli zoppi a re­ spingerti» (2 Sam 5,6) mostrerebbe semplicemente la difficoltà di conquistare Gerusalemme. In realtà essa si trova sulla cima di un picco roccioso terminante a punta verso il sud, con un’impressionante precipizio verso est, il Cedron, e l’al­ tro, meno importante, verso ovest, il Tyropeon. Il testo di 2 Sam. 5,8 è molto dif­ fìcile. Si è pensato che il termine sinnor significasse «canale, tunnel», ma non è affatto sicuro. Secondo questa ipotesi, Ioab (1 Cron. 1 1 ,6 ) si sarebbe calato da quel canale e avrebbe sorpreso i gebusei di Gerusalemme. Nel 1 8 6 7 a Gerusalem­ me vennero scoperti, nella zona dell'antica città gebusea, una galleria e un pozzo che conducevano alla fonte della città, Gihon. Subito si collegarono i due ele­ menti, pensando che la conquista di Gerusalemme fosse stata la conseguenza del­ l’ inaspettata invasione attraverso il canale ritrovato, dato che la fonte era situata fuori delle mura. Ciononostante, recentemente Y . Shiloh3 ha cercato di far chia­ rezza tornando a esplorare il famoso accesso alla fonte e, per verificare l ’ipotesi della conquista di Gerusalemme attraverso il canale, ha tentato la risalita dalla sorgente attraverso il pozzo fino alla galleria. Per far questo dovette chiedere aiu­ to ad alpinisti professionisti, dimostrando che 2 Sam. 5,8 non implica che la presa di Gerusalemme sia avvenuta in quel modo. Probabilmente si trattò soltanto di arrivare alla fonte e togliere l'acqua, M a, al momento, nessuna ipotesi spiega in modo convìncente l’espugnazione di Gerusalemme. a.. Cfr. Y, Yadin, The Art of Warfare tn Biblica! Lands in thè Tight of Archeologi ceti Discoveries London 19 6 3.

3. The kedtscot/ery of Worren’s Sbaft BAR V11/4 (19K1) 24-29.

b)

Rivolta di Assalonne e ruolo dì flebron e Giuda

Il testo attuale sulla ribellione di Assalonne sottolinea con pressante insistenza che i suoi sostenitori nella rivolta contro il padre Davide, re d ’Israele e di Giuda, erano le tribù del nord, i popoli d’Israele (2 Sam, 1 5 , 1 0 . 1 3 ; 1 6 , 1 5 . 2 2 ; 1 7 ,1 5 .2 .4 ; 1 8 ,6 .7 .1 fr; 19,9 ecc.). Nonostante le doti politiche di Davide, è molto probabile che le tribù dei nord fossero state relegate in secondo piano rispetto a Giuda. Ciò spiegherebbe la strategia di Assalonne, che cercò di accattivarsi prima di tutti quelli del nord (2 Sam . 1 5 ,1 - 6 ) . M a non significa, come suggeriscono alcuni passi del testo, che Giuda fosse stata sempre e sinceramente con il re e non avesse preso parte alcuna alla ribellione di Assalonne. Non è possibile presentare qui la corri­ spondente critica letteraria. Basti segnalare alcune circostanze. Da una parte, il fatto della scelta di Hebron come luogo dell’incoronazione di Assalonne non desta meraviglia. Perché andare all’antica capitale del regno di Giuda quando tutti i partigiani di Assalonne, secondo il testo attuale, erano d’I­ sraele? N on era più logico averlo fatto in Sichem, come più tardi succederà con Geroboamo? L ’unzione di Assalonne in Hebron, d’ altra parte, suppone un certo consenso, almeno di una parte della popolazione e dei responsabili della città. 2 Sam . 1 5 , 1 1 aggiunge che duecento uomini di Gerusalemme si schierarono dalla parte di A s­ salonne «innocentemente, senza sospettare nulla». In tali circostanze, tanta inno­ cenza è più che sospetta, dato che tutti conoscevano le peripezie di Assalonne (2 Sam. i5 ,r -2 ) . A l ritorno di Davide, dopo la morte di Assalonne, 2 Sam 1 9 , 1 2 - 1 5 afferma chiaramente che egli dovette inviare messaggeri in Giuda, affinché i suoi compa­ trioti mostrassero tanto entusiasmo come avevano farro quelli d’ Israele ricevendo il re a Gerusalemme: «non siate gli ultimi nel ricevere il re...». E il v. 1 5 - «D avi­ de cambiò l ’opinione della gente di Giuda» - significa che in precedenza gli erano contrari. Per i redattori posteriori era problematico accettare che la tribù di Giu­ da, in momenti tanto difficili, non fosse stata incondizionatamente dalla parte di Davide. Era più facile gettare tutte le colpe della ribellione di Assalonne su quelli del nord, tanto più che la rivolta successiva avrebbe condotto alla separazione dei due regni. Ebbene, dal punto di vista storico la rivolta dt Assalonne fu appoggiata da gen­ ti del nord e di Giuda e solo un pugno di sostenitori e adepti, oltre alla guardia personale di Davide, continuarono a essere fedeli al re. Il valore e l’abilità strate­ gica di questi consentirono il ristabilimento della situazione.

c) Le stalle di Salomone a hiegiddo In 1 Re 9 ,19 si dice che Salomone assunse operai per costruire «centri di vettova­ gliamento, le città con quartieri di cavalleria e carri..,». Sono dati confermati dai ritrovamenti archeologici di alcune città e, particolarmente, di Megiddo. In effet­ ti, negli scavi di questa città si scoprì una serie di sale con colonne e una sorta di

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recipienti interpretate in un primo momento come stalle. È l’ opinione più diffusa, soprattutto a livello divulgativo. Gli scavi posteriori e la stratigrafia di Y . Yadin situano queste costruzioni al tempo di Acab. Viceversa, J.B . PritcharcP le ritiene dei magazzini. N on tutti gli archeologi concordano su questo punto.4 5

7. Storia della ricerca Tre aspetti possono essere segnalati, tra gli altri, in questo paragrafo. In primo luogo, la critica testuale dei libri dei Re. Storia complessa e fino a pochi anni fa non affrontata nel suo insieme.6 Il secondo punto riguarda i testi biblici com e let­ teratura storica. Secondo alcuni autori la Bibbia si presenta come il primo testo nel quale si assiste alla nascita della storia nel senso moderno del termine. I vari generi, le diverse fasi letterarie che conducono alla scrittura della storia propria­ mente detta sono stati analizzati da P. Gibert.7 Un terzo aspetto della storia della ricerca riguarda i racconti della successione al trono di D avide . L ’ottica di questi studi è la critica letteraria, che consente di giungere a una storia della redazione a partire dalla quale lo storico può delimitare, con maggiore o minore precisione, le varie correnti che contribuirono alla creazione del testo attuale. L. Langlam et89e certamente lo studioso che più si è dedicato allo studio di questi testi. '1 uttl i suoi lavori presuppongono gli studi precedenti, in particolare quelli di E. Wurthwein* e T. Veijola.10

8. Bibhografia G. Buccellati, Cities and Nattons m Ancìent Syriay Roma 1 9 6 7 : opera importante per tutto quanto sì riferisce all’ organizzazione sociale e politica della regione; R. de V a u x, L e istituzioni d ell’Antico Testam ento , Torino 19 6 4 : opera di consulta­ zione indispensabile per qualsiasi studio storico e sociologico su Israele; F. Lang4. The Megiddo Stables, in Lsstfys in bottor of Nelson Glueckì New York 1970, 268 276. 5. Un buon riassunto del problema si trova in EJ manda de fa Biblici 1 5 : La arqueologta y la Bi­ bita. Cten anos de irtvestigaciàn, Valencia 1 9 8 fi, 43 ss.

6. Su questo punto si potrà consultare con profitto J.C. Trebolle, Salomon y JeraboamySalamanca-Jerusalem 1980; Idem, Jehù y Jods. Texto y composietón literaria de 2 Reyes 9 -11. Valencia 1984; D. Barthélemy, Cntique textuelle de TAncien Testamenti Freiburg-Gòttingen 1982. 7. La Bible à la naìssance de l'histoire, Paris 19795 un compendio delle tesi dell'autore si trova in Los lìbros de Samuel y Reyes (Quaderno Biblico 44), Estolla 1984.

8. Paitr ou contre Salomon f: RR 83 (1976) 321-379. 481-528; Idem, Absalom et les concubines de $on pére: RB 84 (1977) lf}1 Idem, David et la maison de Saiih RB 86 (1979) 1 9 4 -213. 385-436. 4 8 1 -5 1 3 ; 87 (1980) i b i - n o , 88 (1981) 3 2 1 332; Idem, Affinnés sacerdotales, deutéronomìques, élobistes dans l'histoire de la succession, in Pestschrift H. Cazelles, 1981, 233-246; Idem, Ahitofel et Houshai, in Mélanges S.E. Loewenstamm, 57-90; Idem, 2 Samuel 15 -/7, in Stu­ dici in Bible and thè Ancìent Near East^ Jerusalem 1978, 57-90. 9. Die Erzdblung von der Thtonfolge Davids, theologiscbe oder politische Geschichtsscbreibungf, Ziirich 1974. 10. Dìe eivige Dynastie. David und dìe Entstehung seiner Dynastie nach der deuteronomìstiseben

Darstellung, Helsinki 19 7 5 .

14 z

La nionarchia

lamet, Les réats d $institution de la royauté ( i Stri y - i 2)] RE 7 7 (19 70 ) 1 6 1 -2 0 0 ; T .N .G . Mettmger, Solom onìc State Officiate, Lund 1 9 7 1 : importante per quan­ to attiene all’organizzazione amministrativa degli inizi della monarchia in Israe­ le, soprattutto di Salomone; W . Dietrich, Propbetie und G escbicbte , Gòttmgen 1 9 7 2 : studio della stona della redazione dei libri dei Re, benché l’opera si riferi­ sca soprattutto ai testi che esamineremo nel capitolo seguente. Una serie di articoli del Supplém ent al Dìctiottnaire de la B ible potranno essere consultati con profitto: Philistins (M. Delcor), vn (19 6 6 ), 1 2 3 3 - 1 1 8 8 ; Prophètes (A. Caquot), v n i { 1 9 7 2 ) , 2 7 3 -2 8 6 ; Rois (Ltvres des) (M. du Buit), x {19 8 5 ) , 6 9 5 ­ 740 . Cfr. inoltre i commenti a 1 e 2 Re. Per tutto ciò che si riferisce all’ archeologia si può consultare la Encyclopedia o f Archaeologtcal E xcavatiom in tbe H oly L a n d , edita da M achael Avi-Yonah ed Ephraim Stern, 4 voli., London 1 9 7 5 - 1 9 7 8 , con bibliografia scelta. Sul piano di­ vulgativo la rivista «Il M ondo della Bibbia», edita anche in italiano dal 19 9 0 , può essere un eccellente strumento di preparazione ai problemi storici e archeologici; gli articoli di archeologia sono sempre redatti dai migliori specialisti e, molto spesso, dagli stessi responsabili degli scavi.

I l, I D U E R E G N I F I N O A L 7 2 2

i . La situazione a lla m o rte d i S a lo m o n e

Come osserva H. Cazclles, sappiamo del nutrito harem di Salomone, ma pochissimi sono i dati riguardo ai figli. li sovrano non ebbe problemi da parte di Giuda affinché Roboamo, figlio suo e di una principessa ammo­ nita, ereditasse il trono paterno (1 Re 14 ,2 1; 2 Cron. 12 ,13 -14 ). Le diffi­ coltà con alcuni vassalli erano iniziate già negli ultimi anni dell’epoca di Salomone (1 Re 11,14 -2 5 ) e il nuovo faraone d'Egitto avrebbe entro bre­ ve fatto parlare di sé. Salomone, inoltre, più che militare era stato ammi­ nistratore e costruttore e le circostanze esigevano un uomo forte per fron­ teggiare gli avvenimenti che sì avvicinavano e per dimostrare il reale do­ minio della dinastia davidica sui suoi possedimenti. Le potenzialità dell’e­ redità ricevuta da Roboamo erano consistenti per affrontare tale situa­ zione. Ma al nuovo sovrano necessitavano abilità e decisione. 2.

La rottura nord/sud

Nessuna di queste qualità caratterizzava la personalità di Roboamo, co­ me s’intuisce dal suo comportamento nel corso delS’assemblea di Sichem. Non si deve dimenticare che la riunione di tutte le tribù sotto l’autorità di Davide era il frutto di un accordo e i due gruppi, Giuda e il resto delle tribù, avevano conservato la loro propria individualità. D ’altra parte, già ai tempi di Davide si davano casi di separazione politica, dovuti sempre

I due regni fino al 72.2.

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alla presenza di entrambi 1 gruppi (2 Sant. 15,1-6 ). In una cale situazione, a Sichem Roboamo si presenta di fronte «a tutta Tassemblea d’Israele» (2 Re 12 ,1-3 ), che chiede al futuro monarca di «allentare la schiavitù» cui Salomone li aveva costretti, come conseguenza della sua politica di pre­ stigio. Anziché ascoltare gli anziani consiglieri del padre, sostenitori di una linea moderata, Roboamo subisce l’influsso dei giovani, imbevuti probabilmente di una concezione assolutistica della monarchia, e brusca­ mente rifiuta la richiesta dell’assemblea. Di conseguenza le tribù del nord rifiutano la dinastia davidica (1 Re 12 ,16 -17 ). Lo sviluppo di questi avve­ nimenti dimostra Tincapacità e la cecità del nuovo monarca. Per recupe­ rare quello che Giuda doveva considerare come un bene proprio, Roboa­ mo invia il capo delle «brigate di lavoratori». Il carattere provocatorio di tale provvedimento appare chiaro se si ricorda che una delle questioni delle popolazioni d’Israele riguardava precisamente il lavoro obbligatorio (r Re 12 ,17 -19 ). Il risultato di questo tentativo di repressione fu esplosi­ vo. Adoniram, capo delle brigate, fu catturato, il re dovette fuggire pre­ cipitosamente con il suo carro per rifugiarsi in Giuda. Riunirà nella sua persona le tribù del nord, per formare un nuovo regno, un ribelle delle brigate dei lavoratori. 1 Re 11,2 6 racconta che «Geroboamo, figlio di Nebat», era «efraimita» ed essendo «caposquadra di tutti 1 caricatori della casa di Giusep­ pe..., si ribellò contro il re». Fugge in Egitto cercando la protezione del faraone Shishaq, poiché Salomone lo ricerca per ucciderlo. Seppure i testi biblici discordino sulla presenza di Geroboamo nelPassemblea di Sichem, nella quale Israele rompe con la dinastia di Davide (1 Re 12 ,2 e 20), certo è che il fuggitivo è acclamato re dall assembla israelitica. Ogni tentativo di Roboamo di recuperare il nord con la forza fallisce. Il testo biblico at­ tribuisce ciò all’esortazione di Semeia, un profeta. E più probabile che il rapporto di forze fosse favorevole a Geroboamo e ti figlio di Salomone si fosse reso conto che non c’era più nulla da fare. Geroboamo (9 33-9 11) s’insedia prima in Sichem e poco più tardi in Penuel (2 Re 12,25), in Transgiordania. j Re 14 ,17 suppone che Gero­ boamo cambiasse ancora una volta residenza, scegliendo infine Tirsa, a nord-est di Sichem. L ’andare e il venire in cerca di una capitale rivela probabilmente l’intento del nuovo re di ristabilire le relazioni tra le tribù. Geroboamo eleva a «santuari reali» due antichi templi ricchi di storia e di teologia: Dan e Betel, situati alle frontiere nord e sud del nuovo regno (1 Re 12,26-33). Questi provvedimenti sono aspramente criticati dal re­ dattore del libro dei Re. Per i contemporanei, tuttavia, le decisioni di Ge­ roboamo furono probabilmente viste come qualcosa di assolutamente normale. La definizione dei confini dei regni fratelli fu motivo di lotte per vari anni (j Re 14 ,30 ; 15 ,16 -17 ).

3- Il regno d ’Israele a) Fino a Omri Morto Geroboamo, gli succede il figlio Nadab (i Re 15,25), 9 11-9 10 . Nel giro di due anni, la dinastia di Geroboamo, Eefraimita, si estingue in modo violento. Baasa, della tribù di Issacar, assassinò Nadab mentre questi assediava Gibbeton (1 Re 15,27). Regnò a Tirsa dal 9 10 all’ 887. Secondo il testo biblico citato, la città di Gibbeton apparteneva ai filistei. Questo dato testimonia che Israele cercò di attuare una politica espansio­ nistica verso sud, anche se i suoi sforzi risultarono inutili. D figlio di Baasa, Eia, regnò in Israele per due anni (887-886), Zimri, capo di mezza divisione di carri da combattimento, cospirò contro Eia e lo uccise mentre si ubriacava in casa del suo maggiordomo (1 Re 16 ,9 ­ 10); distrusse tutta la famiglia del re, come avveniva in certe circostanze, e s’impossessò del trono. Ma l’esercito, che assediava ancora una volta la città filistea di Gibbeton, proclamò subito Omri re d’Israele. Il passo se­ guente consisteva nel prendere la capitale e disfarsi di Zimri. L ’assassino di Eia riuscì a resistere per soli sette giorni nella città di Tirsa. Veden­ dosi perduto, incendiò il palazzo e morì (1 Re 16 ,18 ). Il conflitto continua poiché l’esercito è diviso: una metà parteggia per Omri, l’altra per Tibni. Il testo biblico lascia intendere che la crisi fu ab­ bastanza lunga, fino alla morte di Tibni, probabilmente assassinato, e Omri viene riconosciuto da tutti come re d’Israele. Una nuova dinastia s’instaura nel regno del nord. b) La dinastia di Omri Si è talvolta sostenuto che Omri fosse un mercenario non israelita. Talal­ tra, al contrario, lo si è ritenuto originario della tribù di Issacar, come Baasa ed Eia. I dati biblici non consentono ima soluzione definitiva. E tuttavia più probabile che il fondatore della nuova dinastia fosse israeli­ ta, senza che si possa precisarne l’appartenenza tribale. Uno degli avvenimenti più significativi del regno di Omri fu l’edifica­ zione di una città, Samaria, nuova capitale del regno. La scelta ricadde su una collina di cui era proprietario un certo Shemer (1 Re 16,24). La nuo­ va città apparteneva alla corona, dato che il nuovo re aveva comprato il terreno con il proprio denaro. Il fatto riveste caratteristiche simili alla conquista di Gerusalemme da parte di Davide. In entrambi i casi si tratta d’installare la capitale del regno in una città neutrale sulla quale le diverse tribù e clan non potessero accampare alcun diritto di precedenza. Nel contesto delle rivalità tribali del nord questo provvedimento dimostra la grande abilità politica di Omri.

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Il testo non si dilunga sul regno del nuovo sovrano di Samaria. In x Re 16 ,2 7 ne vengono solo ricordate, molto succintamente, le imprese milita­ ri. Fortunatamente un testo del re di Moab chiarisce le relazioni tra i due regni. Secondo la stele di Mesha, re di Moab (cfr. TR A T 303 ss.), Omri oppresse Moab a lungo, poiché Kemosh (divinità moabita) era adira­ to contro il suo paese. Il dato è estremamente interessante e mostra un aspetto dell’attività di Omri, consistente nel recupero non soltanto dei territori delPaltro lato del Giordano tradizionalmente israelitici, ma nelFandare oltre fino a sottomettere a vassallaggio Moab. Nonostante l’esa­ gerazione delle cifre della stele di Mesha, non c’è dubbio che il tributo che questi dovette pagare a Samaria fosse cospicuo e costituisse una note­ vole fonte di finanziamento per il regno d’Israele. Oltre alle imprese militari Omri avviò alcune relazioni politiche e com­ merciali di grande importanza per Israele. Di fatto l’economia d’Israele e delle città fenicie della costa era complementare. L ’agricoltura costituiva la grande ricchezza di Samaria sia per la quantità sia per la varietà dei prodotti, mentre le città fenicie erano pratiche nel commercio ma prive di terreni per la produzione di alimenti per la popolazione. L ’alleanza tra le due potenze si concretizzò come di consueto con le nozze di Gezabele, fi­ glia del sacerdote Etbaal, usurpatore del trono di Sidone, e Acab, figlio di Omri (r Re 16 ,3 1). L ’interesse per questa alleanza non si limita all’aspet­ to economico, dato che permette nel contempo di stabilire un solido fronte politico e forse anche militare. Il re Acab (875-853) non ebbe fortuna con quanti ne raccontarono la storia. 1 Re 16,29-33 ospita il resoconto del suo regno e 1 Re 22, 39-40 ne trasmette le formule conclusive. Nei due testi e negli altri in cui si parla del figlio di Omri i narratori hanno delineato un ritratto di Acab particolarmente negativo, facendone il prototipo del re empio. Nell’ambito diplomatico Acab continua la politica di alleanza del pa­ dre, aggiungendo nuovi alleati al suo programma. Sua figlia Atalia si spo­ serà con il re Ioram di Gerusalemme, assicurando la pace nel corso di tut­ to il suo regno (x Re 2,45). D’altra parte, il regno di Acab è testimone per breve tempo della crescita del potere assiro. Per contrastarlo si formerà un’importante lega anti-assira alla quale Acab fornirà aiuti di uomini e materiali. L ’elemento motore di quest’impresa sarà il re di Damasco, Hadadidri. L ’alleanza con Damasco è evidentemente opportunistica e interessata, con Pobbiettivo di far fronte al nemico comune. Il testo biblico non parla di questi avvenimenti, ma gli annali assiri di Salmanassar ni (ANET 278­ 280; PO A 17) li ricordano con sufficienti particolari. Acab appare al ter­ zo posto nella lista dei coalizzati. Partecipano alla battaglia di Qarqar con

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duecento carri. Ciò accade nell’anno 85 3. La coalizione non portò né una vittoria né una sconfitta, ma fece si che per qualche tempo gli assiri non potessero costituire un pericolo. Secondo la stele di Mesha già citata, Moab pagò il tributo a Israele durante tutto il regno di Acab. L’archeologia ha peraltro confermato l’attività di Acab nell’ambito dell’edilizia. A Samaria non solo si sono scoperti i resti del suo palazzo e di imponenti fortificazioni coeve, ma anche preziose placche m avorio riccamente scolpite, segno evidente del livello di vita di certe classi socia­ li della capitale. Le difese e i sistemi di adduzione d’acqua di Megiddo e Hasor, ad esempio, dimostrano l’efficienza e il livello della politica inter­ na del re. Ma i testi biblici rivolgono l’attenzione a un aspetto importante nel quale il re e la corte non furono campioni di virtù. La presenza dì Geza­ bele che, come indicano il nome e ! origine, era adoratrice di Baal, ebbe probabilmente un’influenza decisiva nella ripresa della religione cananea in quest’epoca. È molto probabile che al riguardo Acab si vedesse costret­ to non solo dallo zelo della sposa, ma anche da una parte della popola­ zione del suo regno, di origine cananea. Doveva compiacerla e al tempo stesso accondiscendere ai fedeli jahvistì, in ossequio all’ armonia comune. Certo e che, secondo 2 Re 16 ,32, egli costruì un tempio dedicato a Baal in Samaria. D’altra parte, nei testi chiamati comunemente «ciclo di Elia* (1 Re 17 -19 ; 21), Acab appare come l’antitesi del fedele jahvista impersona­ to dal profeta Elia. In questo senso la storia della vigna di Nabot costitui­ sce un esempio della politica sociale del re, contraria alla tradizione jah­ vista e della quale Elia, secondo i testi, è il rappresentante legittimo e di­ namico. In questa situazione non appare strana la formazione di gruppi di op­ posizione coagulatisi in un’accanita resistenza alla monarchia, nella quale alcuni circoli profetici svolgeranno un ruolo decisivo. c) lehu e i suoi discendenti La situazione peggiora rapidamente dopo la morte di Acab. Acazia, il primogenito, gli succede al trono (853-852), ma muore subito dopo a se­ guito di una caduta accidentale (1 Re 22,52-54 e 2 Re 1). Il testo biblico (2 Re 1,1) ricorda l’insurrezione di Moab contro Israele alla morte di Acab. È molto probabile, e la stele di Mesha sembra confermarla. Di fatto alla morte del signore il vassallo cercava quasi sempre di recuperare l’in­ dipendenza, approfittando dei conflitti per la successione. Ad Acazia successe il fratello Ioram (852-841). La situazione non mi­ gliorò durante il suo regno. Un unico testo biblico si riferisce all’attività

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politica e militare di loram: precisamente alla guerra contro Moab (2 Re 3,1-27). Di fronte alla ribellione di Mesha di Moab, loram decide di se­ dare la ribellione unendo le sue forze a quelle del re di Gerusalemme, probabilmente Giosafat, suocero di sua sorella Atalia, e con quelle del vassallo Edom. li testo è abbastanza complesso per la presenza del profe­ ta Eliseo, che appare, nella trama attuale dei racconto, uno dei protago­ nisti principali. Il percorso seguito dagli israeliti, dai loro amici e vassalli non finisce di sorprendere. Per raggiungere Moab, infatti, compiono un aggiramento dal sud. Ciò significherebbe semplicemente che Mesha, co­ me indica nella sua stele, avrebbe fortificato le sue difese a nord, renden­ do pin difficoltoso un attacco, soprattutto riguardo allo sviluppo concre­ to dell'azione. Certo è che Moab si libera del giogo israelitico. Secondo il testo biblico (2 Re 3,26) Mesha chiese aiuto agli aramei per liberarsi degli israeliti. E il preludio delle guerre aramaiche contro Israele. Subito dopo la battaglia di Qarqar, a Damasco le cose erano cambiate, poiché Hazael, un usurpatore, aveva assunto il potere (2 Re 8,15). Ve­ dendosi momentaneamente liberi dalla pressione assira, gli aramei si lan­ ciano in una politica di conquiste verso alcuni territori israelitici della Transgiordania. Hazael assedia Ramot di Galaad. loram d’Israele, ferito, si rifugia nei suoi possedimenti di Izreel (2 Re 9 ,14 -15). Un generale del­ l'esercito, Iehu, viene unto m gran segreto da un inviato del profeta Eliseo e, apprendendo la notizia, gli altri ufficiali proclamano Iehu re d’Israele (2 Re 9,15). Dovevano esservi seri motivi di malcontento nell'esercito per­ ché gh ufficiali accettassero tanto rapidamente reiezione dell’inviato di Eliseo, anche se non si deve ignorare la schematizzazione del testo bibli­ co. Iehu regnerà ventotto anni (841-814). Il passo successivo della cospirazione è l’eliminazione di loram. Iehu si presenta in Izreel e incontra non solamente loram d Israele, ma anche suo nipote Acazia di Giuda, venuto a visitarlo. Nell incontro Iehu sostiene come motivo della rivolta «le stregonerie e gli idoli di sua madre Gezabe­ le» j la cospirazione sarebbe quindi motivata dal desiderio dì Iehu di libe­ rare il regno dal culto di Baal. Iehu approfitta lo stesso dell’occasione per assassinare il re di Giuda, che portava nelle sue vene sangue di Omri (2 Re 9,24-27). In seguito deve disfarsi della famiglia reale e ottenere la sot­ tomissione della capitale Samaria e soprattutto dei tunzionari; il testo presenta questi avvenimenti con una buona dose di particolari. Il cinismo e la crudeltà di Iehu appaiono in tutta la loro pienezza. Se la cospirazione di Iehu e l’entusiasmo dell’esercito alla sua elezione furono motivati dal desiderio di rafforzare la politica d’Israele di fron­ te agli aramei, queste speranze vennero subito frustrate. Da testi assiri (ANET 280; PO A 20) sappiamo che Iehu dovette pagare un tributo a

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Salmanassar in. Il testo di 2 Re 10 ,32-33 attribuisce unicamente agli ara­ rne] lo smembramento de! territorio d’Israele. È probabile che, con il tri­ buto pagato agli assiri, Iehu cercasse di accattivarseli per attenuare la pressione aramaica. Nonostante tutto, secondo 2 Re 10 ,33, Iehu Perse interamente i possedimenti israelitici di Transgiordania. Ioacaz (814-803) succede al padre Iehu. I testi biblici (2 Re 13,1-9 ) ri­ portano che nel corso del suo regno gli aramei oppressero Israele. Nono­ stante 2 Re 13,4-6, eli redazione più recente, durante il regno di Ioacaz la situazione restò sostanzialmente immutata. Per altro verso, le cifre del v. 7 probabilmente corrispondono alle clausole del trattato di vassallaggio imposto dagli aramei a Israele. 2 Re 6,24-7,17 e i Re 2 0 ,1-2 1 presentano due resoconti di assedi di Samaria, capitale d’Israele. Entrambi i testi vanno sottoposti a critica let­ teraria approfondita per potervi trarre dati storici. Si può dire che le due narrazioni si riferiscono a un unico assedio di Samaria condotto proba­ bilmente da Ben-Hadad, successore dì Hazael di Damasco. Alla morte di quest’ultimo, Israele avrebbe tentato di liberarsi dal vassallaggio. Gli ara­ mei reagiscono e assediano Samaria. Il nuovo re di Samaria, Ioash (803­ 787), chiede aiuto a Àdad Nirari m , re d’ Assiria, per liberarsi ancora una volta degli aramei. Questi dati si conoscono da qualche tempo grazie ad una stele del sovrano assiro. In tali circostanze, il re di Samaria potè in­ traprendere la riconquista di una parte almeno dei territori perduti da Ioacaz in Cisgiordama. 2 Re 13,24-25 e 1 Re 20,26-34 menzionano que­ sti avvenimenti. d) II regno di Geroboamo I I (787-747) Tra il 780 e il 745 il pericolo assiro non si farà sentire in Siria-Palestina. Le divisioni interne e la pressione dei vicini del nord-est spiegano questa inattività. À causa dei continui scontri con gli assiri anche gli aramei han­ no perso forza e capacità aggressiva. In queste circostanze i quarantan­ ni di regno di Geroboamo 11 offrono un’occasione ideale per restaurare il dominio d’Israele. 2 Re 14 ,253 afferma che Geroboamo «ristabilì la frontiera dTsraele da Lebo-Hamat fino al Mar Morto». Il dato sembra storicamente fondato (cfr. Am. 6, soprattutto 6,14). Queste conquiste, che consentirono il recupero degii antichi territori e dell’influenza perduta dai tempi di Davide (r Re 8,65), riattivarono il commercio e 1 economia del regno. Ciò non implica, tuttavia, un corrispettivo miglioramento della situazione sociale. Le differenze tra le varie classi si accentuano e aumen­ tano le ingiustizie di ogni tipo, come dimostrano le predicazioni di Osea e, soprattutto, di Amos. m

e) Storia della ricerca Benché il problema trascenda ampiamente l’epoca presa in esame, la presenza dei gruppi profetici implicati nel colpo di stato di Iehu consente di analizzare le ca­ ratteristiche peculiari della monarchia in Giuda e in Israele. Per molti anni la concezione di A. A ltTI sulle differenze della monarchia nel nord e nel sud si è imposta con forza ed è ancor oggi sostenuta. Per questo stu­ dioso Pinstabilità politica e dinastica del regno del nord è dovuta semplicemente al sistema di successione al trono, che non sarebbe dinastico ma «carismatico». Dal punto di vista della fede d’Israele, il monarca del regno del nord era conside­ rato legittimo solamente se «eletto» con l’ intervento di un profeta (un ispirato), che ne legittimava in tal modo il potere. Si tratterebbe di un ritorno al sistema ri­ scontrabile talvolta nel libro dei Giudici. Questo supporrebbe un rifiuto del siste­ ma di successione dinastica, contrariamente a quanto accadeva nel regno di Giu­ da, dove la famiglia di Davide di fatto regnò senza interruzione fino alla rovina di Gerusalemme (587). La teoria di A . Alt, malgrado l’influenza esercitata su molti autori, è priva di fondamento. In nessun testo relativo al regno del nord, infatti, si dubita del prin­ cipio di successione dinastica né si utilizzano le formule o il lessico impiegati nel libro dei Giudici per i «capi carismatici». L a successione dinastica, inoltre, vigeva nel nord, nella maggior parte dei casi, sin dall’epoca di Saul. L ’ uso della locuzione «casa di jc», infine, per parlare di un re (si veda il testo certamente antico di r Re r é ,1 1 ) indica chiaramente che la concezione dinastica era la norma. L ’instabilità politica del nord si spiega con la sua complessità tribale e con le lotte dei diversi clan e tribù per impossessarsi del potere. Il ruolo dei profeti, messo in luce da A lt nella sua teoria, è poi spiegabile alla luce di due ragioni diverse. In primo luogo, per il ruolo crescente assunto dai cir­ coli profetici nel nord, la cui influenza nella redazione deuteronomistica dei libri dei Re è evidente. In secondo luogo, questa influenza non si esercitò soltanto nel­ l’ambito della redazione letteraria e della teologia. N el regno del nord i profeti acquistano un’autorità morale così grande, per lo meno sul piano ideale, da tra­ sformarsi nei veri depositari del potere legittimato dalla divinità. Di conseguenza, perfino i re passano in secondo piano, ricevendo, in taluni casi, la ratifica del po­ tere dalle mani del profeta. Quanto nel rituale d’incoronazione era probabilmente pura formula liturgica si tramuta in ideale teologico di legittimazione. N onostan­ te tutto, la monarchia sopravvisse con maggior o minor fortuna tanto a nord quanto a sud grazie al principio di successione dinastica.

4. Giuda: da Roboamo a Ozia Una volta avvenuta la rottura nord/sud, il regno di Roboamo (933-915) è ricordato unicamente, secondo 1 Re 14 ,2 5 -2 6, per l’incursione militare che il faraone Shìshaq effettuò in Palestina. Non bisogna dimenticare che1 1 1 . A. Alt, Die Staatenbildung der Israeliten in Palàstìna, 1930 =Kleine Schriften 11, 18 53, 1-65.

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il fondatore del regno del nord fu suo protetto e che l’egiziano avrebbe considerato la divisione dell impero di Salomone l’occasione propizia per recuperare la presenza egiziana in Palestina. L ’incursione del faraone rag­ giunse i due regni. E possibile che Geroboamo i, alParrivo delle truppe egizie, si rifugiasse a Penuel, sull’altra sponda del Giordano. Certo è che Roboamo si salvò pagando un considerevole tributo. D ’altra parte, se­ condo 2 O o«. 1 1 ,5 - 1 2 , Roboamo fortificò una serie di città del suo re­ gno. Le lotte con il nord e la paura di una nuova incursione egiziana ne sarebbero I3 causa. Il discendente di Roboamo, suo figlio Abia (9 15-9 13), continuò la po­ litica del padre nèli Impegno di consolidare le frontiere con il regno del nord. fi secondo figlio, Asa (9 13-8 71), non si comportò diversamente. In questi tentativi Asa pagò il tributo a Ben-Hadad di Damasco perché at­ taccasse Israele dal nord, obbligando così Baasa ad abbandonare la forti­ ficazione di Rama, nel territorio di Beniamino. Asa si impossessò dei ma­ teriali con cui fortificò altre città del regno. Non sembra che la situazione sia molto mutata dopo questi fatti. Giosafat (870-846), contrariamente ai predecessori, si riconcilia con il regno fratello e, come si è detto parlando della dinastia di Omri, la pace viene sancita dalle nozze della figlia di Acab con il figlio di Giosafat. Du­ rante il regno di quest’ ultimo si cerca di organizzare una spedizione in cerca d’oro, ma le imbarcazioni vengono distrutte da una tempesta (1 Re 22,49). In quest’epoca Edom è vassallo di Giuda, quantunque per poco tempo. Ioram (846-841) perse Edom e la città filistea di Libna (2 Re 8,22). Acazia (841), figlio suo e di Atalia, fu assassinato da Iehu. L ’uccisione di Acazia provocò grandi sconvolgimenti in Giuda. 2 Re 1 1 riferisce con ampiezza del regno di Atalia e delia cospirazione che la detronizzò e ucci­ se. La critica letteraria di questo difficile capitolo ha individuato varie re­ dazioni di epoche e interessi diversi. “ Molto probabilmente il responsabi­ le degassassimo della famiglia reale di Giuda fu Iehu, com’è chiaramente indicato in 2 Re 10 ,13 - 14 , e non Atalia, contrariamente a quanto detto in z Re i i , i , benché non tutti i particolari di 2 Re 10 ,13 -14 vadano presi alla lettera. Certo è che Atalia, regina-madre imparentata con l’ultimo re di Giuda, non era della dinastia di Davide. Allo stesso tempo il nuovo si­ gnore di Samaria non poteva gradire che una discendente diretta degli Omridi occupasse il trono di Gerusalemme. La cospirazione di Ioiada, che una redazione posteriore presenta come12 12 . Cfr. C. Leviti, D ét Sturz der Kònigin Atalja, Stuttgart 19 8 2 ; J. Trebolle, Jehu y Jods, Valen­ cia 19 84.

I due regni fino al 711

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sacerdote, ha per scopo il ristabilimento sul trono di un rappresentante puro della dinastia di Davide. È probabile che non rimanessero in molti con queste caratteristiche, quindi la storia della zia che nasconde Ioas è problematica. Oltre a quelli già citati, i protagonisti di questi fatti vanno ricercati nel­ l’esercito. Nei momenti decisivi Ioiada si appella alPesercito. Non bisogna dimenticare neppure un gruppo menzionato varie volte, «il popolo del paese». Seppure questo gruppo non compaia nel racconto più antico, è certo che il suo appoggio fu estremamente utile a Ioiada per imporre il suo candidato sul trono di Davide. 2 Re ix riporta vari dati sui riti d’incoronazione dei re, anche se, evi­ dentemente, il suo scopo non è di illustrare il rituale. L ’età del nuovo re Ioas e il preponderante ruolo avuto da Ioiada nella sua ascesa al trono spiegano l’influenza di quest’ultimo durante il regno di Ioas (2 Re 12,4). 2 Re 12 ,18 - 19 segnala una spedizione militare degli aramei in territorio fi­ listeo e contro Gerusalemme. È l’inizio delle guerre aramaiche, delle qua­ li Israele sarà la vittima principale; Ioas opta per il pagamento di un tri­ buto, per sentirsi libero dai pericolosi nemici. Ma viene assassinato all’età di 46 anni dai suoi ufficiali. La successione dinastica funziona normal­ mente e il figlio Amasia sale al trono (796-781). Secondo 2 Re 14,5 Amasia, assunto saldamente il potere, uccise gli uf­ ficiali assassini del padre. È una implicita allusione alla sua difficoltà di conservare il potere. Il nuovo re cercò di concludere una politica dinami­ ca (2 Re 14,7) e, soprattutto, di vendicare Tassassimo dei suoi antenati da parte di Iehu. Per questo provocò Ioas, nipote di Iehu, ma subì una ver­ gognosa sconfitta: una parte delle mura di Gerusalemme furono distrutte e dovette pagare a Samaria un ingente tributo. Amasia morì assassinato come il padre, nonostante fosse fuggito a Lakish per salvarsi. Gli successe il figlio Ozia (781-740). Costui, chiamato a volte Azaria, ebbe un lungo regno e approfittò della debolezza delle gran­ di potenze dell’epoca. 2 Re 15 ,1- 7 non offre molti particolari sulla sua attività. Tuttavia, 2 Cron. 26,6-15 propone una nutrita panoramica delle sue imprese. Gii storici accettano il fondamento storico del testo e l’ar­ cheologia ha confermato alcuni dati del libro delle C ro n a c h e . Fortificò Gerusalemme, danneggiata durante la guerra contro Ioas d’Israele; co­ struì fortificazioni e insediamenti agrari sulla sponda occidentale del Mai­ Morto e perfino a Qadesh Barnea; fece di Elat un importante porto com­ merciale per Giuda e si impose sui filistei e su altre tribù arabe del sudovest del suo territorio. In data incerta contrasse la lebbra e il figlio Iotam regnò col padre fino alla sua morte nel 704. «Suo figlio Iotam era capo del palazzo e giudicava il popolo». Sono formule tecniche per esprimere l’esercizio del potere regale.

5- Restaurazione del potere assiro. Fine d'Israele e vassallaggio di Giuda a) Restaurazione del potere assiro La situazione generale del Vicino Oriente cambia radicalmente con l’a­ scesa al trono deirAssiria di Tiglat-Pileser jii (745-727). Dopo quaran­ tanni di quasi totale inattività esterna e di lotte interne, il nuovo re rico­ struisce l’unità del paese e crea un esercito permanente. D’ora 111 poi non si tratterà più di accontentarsi dei tributi sporadici di paesi piu o meno vicini. Se la regione sottomessa si ribella o compaiono tentativi d’indi­ pendenza, la pressione assira giunge addirittura ad annettere il territorio nemico. Lo si trasforma in provincia assira, se ne deporta una parte degli abitanti in altri territori deU’impero e coloni portati da lontano vengono insediati nella nuova provincia. b) Fine d'Israele e vassallaggio di Giuda La dinastia di Iehu, dopo il brillante regno di Geroboamo ir, sarà vittima come tutte le precedenti di un massacro. L ’ultimo rappresentante, Zacca­ ria (747), regnò per sei mesi. Sul trono usurpato, il suo assassino, Sallum, non rimase che per un mese. Menahem assassinò il suo momentaneo predecessore e s’impossessò del potere ( 7 4 7 - 7 3 7 ) . Il succedersi di assassi­ ni! evidenzia nuovamente l’instabilità politica del nòrd che, unitamente alla minaccia assira sempre più concreta, si concluderà con la distruzione del regno d Israele. Secondo i testi assiri (cfr. ÀN ET 282-284; POA 24) già nel 738 Menahem dovette pagare un tributo ai nuovi padroni del­ l’oriente; lo conferma 2 Re 15 ,19 : qui il monarca assiro riceve il nome di Pul, con il quale Tiglat-Pileser ni si fece incoronare re di Babilonia. L ’im­ posta fu molto elevata e, per pagarla, il sovrano di Samaria impose una tassa ai ricchi del regno. L ’anno seguente Menahem muore, ma lo si trova ancora designato in una stele del re assiro. Il figlio Peqahia gli succede al trono per soli due anni ( 7 3 7 - 7 3 5 ) . Pro­ babilmente il nuovo re continuò la politica di subordinazione agli assiri avviata dal padre. I piccoli regni di Siria-Palestina, tuttavia, non renden­ dosi conto della grandezza del potere assiro, decidono di organizzare una lega per liberarsi dalla sua presenza e dalle imposte. In queste circostanze sembra probabile un complotto fomentato da Damasco per mettere sul trono di Samaria un re favorevole alla lega antiassira. Peqahia viene as­ sassinato; gli succede Peqah ( 7 3 5 - 7 3 2 .) , che con Damasco, Tiro, Gaza e altri cerca di spingere Giuda a partecipare alla cospirazione. Questi ten­ tativi dovettero aver luogo nel 7 3 5 , quando Iotam era ancora in vita. Il re di Giuda si rifiuta e muore poco dopo. Gli succede il figlio Acaz ( 7 3 5 -

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7 15). Poco prima della sua incoronazione ufficiale Samaria e Damasco tentano di imporre un mutamento di dinastia a Gerusalemme, per inse­ diare sul trono un sostenitore delTalleanza antiassìra (Is. 7,1-7). Di fronte alla gravità della situazione, il profeta Isaia si presenta ad Acaz, che non lo ascolta e si rivolge al re assiro perché lo liberi dai nemici pronti ad as­ sediare Gerusalemme (2 Re 16,7). Tiglat-Pileser profittò delPoccasione per far pesare la sua presenza nella zona. Cominciando dalla città di Ga­ za, s’impadronì di quattro quinti del territorio del regno dei nord, la­ sciando soltanto Samaria e le zone limitrofe al nuovo re, Osea, figlio di Ria (732-723), che assassinò Peqah e assunse il potere in un disperato tentativo di salvare qualcosa dalle mani assire. Gerusalemme si liberò dei coallzzati antiassiri e divenne vassallo di Tiglat-Pileser. 2 Re 16 ,10 -15 racconta come Acaz si recò a Damasco, dopo che gli assiri l’ebbero con­ quistata, per rendere omaggio al re assiro e prendere nota di alcune rifor­ me da introdurre nel tempio di Gerusalemme. Osea di Samaria rimase tranquillo per alcuni anni. Morto Tiglat-Pileser, cercò di spezzare d giogo assiro con l’aiuto dell’Egitto (2 Re 17,4). Il nuovo re assiro, Salmanassar v (727-722), raggiunse Samaria, cattu­ rò Osea e pose in assedio la città fino alla sua capitolazione, avvenuta tre anni dopo, nel 722. Salmanassar v muore e il successore, Sargon li, s’in­ carica di organizzare i territori conquistati, di deportare buona parte del­ la popolazione e di condurre coloni dalla parte opposta dell’impero. Nel frattempo in Giuda regna la calma. Acaz ha capito la lezione e ri­ mane vassallo fedele degli assiri per tutta la vita. Un gran numero di rifu­ giati del nord s’insedia a Gerusalemme e in Giuda. Altri riparano in Egit­ to. I primi portano con sé testi e tradizioni delle loro tribù, dei loro san­ tuari e dei loro profeti. L ’influenza sociale e teologica che si apprestano a esercitare in quanto resta del popolo d’Israele sara grande. 6. Problemi aperti L ’espressione tradotta letteralmente con «popolo del paese» ricorre 5 r volte nei testi dell’Antico Testamento. È utilizzata soprattutto nel secondo libro dei Re, nel corrispondente secondo libro delle Cronache, in Geremia ed Ezechiele. Il ricorso della formula nei diversi testi porta a costatare che non si riferisce mai al regno del nord. D ’ altra parte nei testi preesilici l’espressione affiora con frequenza nel contesto delle diverse cospirazioni ambientate in Gerusalemme (2 Re 1 1 , 1 4 . 1 8 . T9.20, soltanto 1 ultimo cesto appartiene al racconto antico; 2 1 ,2 4 l2 volte]; 2 3 , 3 0 .3 5 ; 2 4 ,1 4 ; 2 5 ,3 ; 2 5 ,1 9 [2 volte]). In tutti i casi «il popolo del paese» appare come un gruppo compatto, difensore della dinastia davidica e ostile ai progetti degli assassini del monarca legittimo. Nei testi postesilici l’espressione cambia di significato. Tn Esd. 4,4 la formula designa la popolazione locale ostile alla comu­ nità degli esiliati e assume, perciò, un significato spregiativo. N ell’epoca del N .T .

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l’espressione connota il gruppo di persone che praticano attività sgradite a un giudeo religioso e osservante della legge. Secondo R. de V an x (Istituzioni, 78) si tratterebbe delTmsieme degli uomini li­ beri, che godono di diritti civili in un determinato territorio. La definizione è ac­ cettabile, benché un poco generica. Senza poter giungere a conclusioni precise e definitive, bisogna riconoscere che «il popolo del paese» si mostra in varie occa­ sioni come particolarmente fedele alla legittimità dinastica, in particolare alla ca­ sa di Davide, ostacolando con la sua azione i progetti dei congiurati. In questo contesto si può riconoscere una certa opposizione tra «il popolo del paese» e la capitale del regno, soprattutto con i funzionari, i militari e i cortigiani. Al riguardo non è possibile affermare nulla di più, S ’ignora, infatti, come si concretizzasse questa opposizione e se «il popolo del paese» avesse la sua esisten­ za e opposizione istituzionalizzata per mezzo di rappresentanti qualificati.

7.

Bibhografia

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Capitolo v

L ’ultimo periodo della dinastia davidica

I. P R IM A F A S E : F I N O A L L A R I F O R M A D I G IO S IA

i . Ezechia3 Assiria ed Egitto a) I fatti La cronologia del regno di Ezechia è abbastanza complessa. 2 Re 1 8 ,1 at­ testa che Ezechia salì al trono nel terzo anno del regno di Osea d’Israele, ossia nel 729/728. 2 Re 18 ,13 afferma che Sennacherib invase Giuda nel quattordicesimo anno del regno di Ezechia, cioè nel 7 0 1, se si devono ritenere attendibili i dati dei testi assiri (ANET 287; POA 39). Ciò fa sup­ porre che Ezechia avesse cominciato a regnare nel 7 16 / 7 15 . La spiega­ zione comunemente accettata è quella di considerare il 729 come Tanno in cui Ezechia fu associato al trono da suo padre Acaz e il 7 16 / 7 15 come il momento nel quale Ezechia, alla morte del genitore, salì al trono. Durante Tepoca di associazione al trono Ezechia assecondò la politica paterna prima di tutto sottomettendosi a Tiglat-Pileser in e quindi a Salmanassar v. L ’atteggiamento di Ezechia si modificò una volta assunti i pieni poteri o, perlomeno, a partire da questo momento potè iniziare una politica personale. Sargon 11 sale al trono assiro nel 722. Nel 7 16 è in ter­ ritorio filisteo e gli egiziani gli pagano tributi. Verso il 7 13 un vento di ri­ volta soffia nelle città filistee, appoggiate probabilmente dalTEgitto. Sar­ gon s’impadronisce di tre città filistee (ANET 286 s.; POA 35). Sembra che Giuda, che aveva aderito alla congiura, non si fosse troppo compro­ messo (cfr. Is. 20,1-6); perciò le conseguenze non furono gravi. A partire dal 704 Ezechia si ribella apertamente agli assiri, capeggiando la coalizione appoggiata dalTEgitto e a cui partecipavano varie città fili­ stee. In questo contesto si colloca probabilmente Tattività bellica di Eze­ chia contro i filistei, menzionata in 2 Re 18,8. Vi si afferma che «sconfis­ se i filistei sino a Gaza, devastando tutto il loro territorio dalle torri di guardia sino alle roccheforti». Forse che con tali imprese Ezechia ricon­ quistò quanto, secondo 2 Cron. 28,18, il padre aveva perduto? E proba­ bile. Di certo Tattività di Ezechia andava ben oltre col porsi a capo della lega antiassira. Considerando quanto riferiscono i testi assiri su questo punto non ci sono dubbi. Sennacherib ci dice che gli abitanti della città filistea di Eqron avevano

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L’ultimo periodo della dinastia davidica

deposto il re, fedele vassallo di Assina, consegnandolo a Ezechia che lo aveva imprigionato a Gerusalemme (ANET 287 s.; POA 39). Lo stesso testo riferisce che gli egiziani in questa occasione non si limitarono a pro­ muovere la congiura, ma parteciparono alla battaglia del Elteqe e vennero sconfitti dalle truppe assire- La ribellione doveva ritorcersi gravemente contro Ezechia, poiché Sennacherib, da poco salito al trono, non poteva permettere insubordinazioni ai lati del suo impero, soprattutto con la partecipazione dell’Egitto, il quale non era nel suo momento migliore: le divisioni politiche ne minacciavano la capacita militare; esso, tuttavia, continuava a fomentare cospirazioni e a promettere un aiuto che non po­ teva permettersi di concedere. Non è strano che Isaia, non soltanto per motivi religiosi, critichi duramente l’alleanza politica di Giuda con l’Egit­ to (cfr. Is. 30 ,1-7 ; 3 1,1-3 ). La campagna di Sennacherib fu rapida ed energica. Tutti 1 coalizzati cedettero uno dopo l’altro. L ’ultimo a cadere fu Giuda e la sua capitale. L ’assiro, recuperato il territorio filisteo, avanzò verso Giuda entrando dalla Shefela. Il bassorilievo della conquista di Lakish (ANEP 372- ss.) e i testi assiri danno un’idea dello svolgimento di tale campagna. Il cerchio si strinse intorno a Gerusalemme, e Sennacherib, con le sue parole, «lo rinchiuse a Gerusalemme, sua città reale, come un uccello nella sua gab­ bia» (ANET 288; POA 35). I testi biblici e assiri concordano su questo punto e riconoscono che Gerusalemme si salvò all’ultimo momento gra­ zie al forte tributo pagato da Ezechia a Sennacherib (2 Re 18 ,13 - 16 ; cfr. AN ET 288; POA 35). Gli assiri concessero gran parte del territorio di Giuda ai filistei, rimasti fedeli a loro. Dopo queste lotte per i’indipendenza, Giuda era fortemente indebolito e dipendente dagli assiri più di pri­ ma. Il risultato non poteva essere più avvilente. b) Problemi aperti 1 testi biblici si soffermano sulla cosiddetta riforma di Ezechia. 2 Re 18 ,4 ­ 6 ne fa un breve riassunto; 2 Cron, 29,31 si dilunga nei vari particolari. È difficile negare totalmente i esistenza stessa della riforma. Il problema e conoscerne esattamente la portata. Dal punto di vista storico 2 Re 18,4-6 offre garanzie maggiori del secondo libro delle Cronache; quest’ultimo infatti descrive la riforma di Ezechia sulla traccia di quella di Giosia (cfr, 2 23). Il fatto di ricordare la distruzione del serpente di bronzo in oc­ casione della riforma offre allo storico un dato incrollabile, poiché, oltre a essere un fatto molto concreto, non si vedono ragioni per la sua inven­ zione da parte di qualcuno. Tanto più che inizialmente se ne accetta l’ori­ gine inosaica e, pertanto, positiva. Gli altri elementi della descrizione del­ la riforma sono molto più generici e difficili da inquadrare. Non è irnpos-

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sibile comunque che —grazie alla caduta di Samaria e al profondo trauma sociale, religioso e politico che questo avvenimento comportò agli abitan­ ti di Giuda —il re avesse tentato una purificazione della pratica religiosa di Giuda. D'altra parte G er. 2 6 ,17 -19 riferisce il racconto popolare se­ condo cui Ezechia ascoltò l’invito alla conversione del profeta Michea. Sarà stato questo il punto d'avvio della riforma? Il dato merita d’essere tenuto in considerazione. La riforma religiosa concorda per l’appunto con i tentativi politici e militari d’indipendenza, giacché il nazionalismo coin­ volgeva inevitabilmente entrambi gli aspetti. Questi tentativi riformisti potrebbero al tempo stesso perseguire l’obbiettivo di offrire una risposta ai rifugiati a Gerusalemme dal regno del nord, recentemente scomparso, dai quali uscirà il Deuteronomio, completamente allineato con la rilorma attribuita a Ezechia. È utile segnalare che il figlio di Ezechia, suo succes­ sore al trono, si chiama Manasse, nome della più importante tribù del nord che formava con Efraim la «casa di Giuseppe». Al contrario, la celebrazione della pasqua menzionata in 2 Cron. 3 0 ,13 ss. risulta molto incerta dal punto di vista storico. 2 Re 18,4-6 non ne fa assolutamente cenno e soprattutto in 2 Re 23,22, parlando della pasqua di Giosia, si dice: «una pasqua simile non era stata celebrata dal tempo in cui i giudici governavano Israele e neppure per tutto il periodo dei re d’I­ sraele e di Giuda». A proposito di quella celebrazione della pasqua, il li­ bro delle Cronache racconta che Ezechia inviò emissari nei territori di Efraim, Manasse e perfino di Zàbulon, per invitarli alla celebrazione. Il testo stesso riconosce che il risultato fu molto modesto (2 Cron. 30,5­ 12). Se la pasqua è dubbia, è probabile che Ezechia avesse tentato di rico­ stituire l’unità nazionale intorno alla propria persona, soprattutto sotto l’aspetto politico. Ma l’annotazione del libro delle Cronache mostra che l’invito non ebbe il riscontro auspicato. c) Bibliografia J. Rright, A H istory o f Israel, Philadelphia-London 31 9 8 1 (tr. sp. 19 6 6 , 3 1 5 - 3 1 9 ) , è un classico sostenitore della duplice campagna contro Gerusalemme. Costitui­ sce uno studio molto importante sulla campagna di Sennacherib, fondato sui dati archeologici, N . N a ’amam, Sennacherib"s Cam paign to Ju dah and thè D ate o f t h e

Imlk Stam ps : V T 29 (19 7 9 ) 6 1-8 6 .

2. Settantanni di normalizzazione La situazione che Manasse riceve in eredità dal padre Ezechia non è af­ fatto brillante. Gli assiri sono all’apice del potere quando il dodicenne Manasse (cfr. 2 Re 2 1 ,1 - 1 8 e 2 Cron. 33,1-20) sale al trono (687). I testi

i 58

L ’ultimo periodo delia dinastia davidica

che lo riguardano polarizzano la loro attenzione sulla sua attività religio­ sa. Manasse appare come il tipico esempio di re empio. 2 Re 2 1 ,1 - 1 8 è probabilmente il frutto di redazioni successive, che nsottolinearouo l’em­ pietà del re. Il biasimo religioso di cui e oggetto Manasse è articolabile in due ten­ denze. Da un lato Manasse avrebbe promosso i culti di Baal e Àstarte (2 Re 2 1,3.7 ), della religione cananea. Il re non soltanto abbandona la poli­ tica paterna di centralizzazione, ma dà spazio a culti non israelitici, Dal­ l’altro, 2 Re 2 1,3 afferma che egli «rese culto a tutta la milizia celeste». Questa indicazione sembra presupporre un’influenza assira sul compor­ tamento religioso del re. A tal riguardo l’atteggiamento del re è spiegabile in modo diverso. Manasse porrebbe essersi comportato come adoratore delle divinità astrali costretto dalla sua condizione di vassallo degli assiri. Così in genere se ne è intesa la condotta. Tuttavia la presunta intolleranza religiosa degli assiri verso i loro vassalli è stata recentemente posta in dubbio. 2 Cron. 3 3 ,1 1 ricorda un’azione militare degli assiri contro Manasse, il cui risultato avrebbe procurato al re di Giuda svariati mesi di prigionia in Babilonia. Il dato è generalmente considerato attendibile dal punto di vista storico. La notizia del libro delle Cronache presuppone che Assurbanipal avesse nuovamente conquistato la Babilonia. Il fatto lascia inten­ dere che Manasse avesse partecipato a una certa cospirazione antiassira approfittando delle lotte interne alla corte assira dell’epoca. L’episodio è da collocarsi posteriormente al 648. Morto Manasse, gii succede il figlio Amon. Era ventiduenne e regnò per due anni soltanto (2 Re 2 1,19 -2 5 ; 2 Cron. 33,21-25). Il libro dei Re rimprovera ad Amon gli stessi errori del padre, mentre il testo delle Cro­ nache considera che, a differenza del padre, Amon non si convertì. Il fi­ glio di Manasse venne ucciso dai suoi ufficiali. La spiegazione di questo assassinio è da porre in relazione con la situazione politica generale. In effetti, i testi assiri segnalano una serie di rivolte contro Assurbanipal da parte degli stati di Siri a-Palestina; Ashdod, Tiro e alcune tribù arabe, tut­ te appoggiate dalPEgitto, cercano di liberarsi dal giogo assiro. I cospira­ tori di Gerusalemme, probabilmente filoegiziani, avrebbero cercato di at­ tuare una politica anti-assira, come a suo tempo Ezechia, e per questo non avevano altro espediente che disfarsi di Amon, il quale alla pari del padre continuava a essere fedele alPAssiria. In questo contesto si spieghe­ rebbe ugualmente Pelezione di Giosia a successore di Amon (2 Re 2 1 ,1 4 ­ 26; 2 Cron, 33,25). Tanto piu che Giosia salì al trono a otto anni soltanto e la giovane età lasciava il potere nelle mani di quanti Pavevano incoro­ nato, servendo da garanzia per gli assiri. L’intervento profetico di Nahum verso il 660 e, soprattutto, il rifiniste-

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ro del profeta Sofonia sosterranno le riforme religiose che il giovane re, compatibilmente con la sua età, intraprenderà. Nel suo libro Sofonia ri­ flette la situazione religiosa e politica della prima parte del regno di Gio­ sia (640630), quando i culti e persino i costumi stranieri invadono il paese diffondendosi specialmente tra le classi dirigenti. Sofonia si presen­ ta ugualmente come un anti-assiro convinto (Sof", 2 ,13 -15 ), mentre nulla si dice dell’Egitto nel suo libro, così come è giunto, eccetto un versetto mutilo (2,12). 3. Fine del potere assiro Le lotte interne all’impero assiro e gli attacchi esterni saranno la causa della rapida decadenza del suo potere. A partire dal 639 scompaiono le grandi iscrizioni di Assurbanipal, che lascia il potere e il titolo di re di As­ siria al figlio Asuretelilani nel 630, conservando per sé il potere in Babilo­ nia. La morte di Assurbanipal si data solitamente al 627. Gli succede sul trono di Babilonia Sinsariskun, il quale già nel 626 deve cedere il posto a Nabopolassar, il fondatore della nuova dinastia babilonese che regna fino al 605. La perdita del trono di Babilonia non impedisce a Sinsariskun di aspirare al trono di Assiria con l’appoggio di Nabopolassar. Regnerà, di fatto, sull’Assiria dal 623 al 6 12 . L ’ultimo re di Assiria sarà Assuruballit (6x2-609). A partire dal 630 il potere di Assiria è ovviamente pura finzione, so­ prattutto nelle zone al confine dell’impero. In una simile situazione gli antichi vassalli cercano di recuperare, in tutto o in parte, la propria indi­ pendenza. Gli altri protagonisti della politica internazionale non si ac­ contentano tuttavìa di osservare gli sviluppi della situazione. I caldei di Nabopolassar, saldamente insediati in Babilonia, si alleano con i medi di Ciassarre. Nel 614 i medi s’impossessano di Assur e nel 6 12 medi e babi­ lonesi, al comando di Ciassarre e Nabopolassar, conquistano Ninive. Il resto degli assiri, con a capo Assuraballit, si rifugia ad Harran. Frattanto gli egiziani assistono con inquietudine alla disgregazione dell’impero assi­ ro, temendo che i babilonesi possano ereditarne forza e potere. Di qui il tentativo di ostacolare Nabopolassar e di sostenere i loro antichi nemici, gli assiri. Necao 11 (610-595), successore di Psammetico i, che era riuscito a ripristinare l’unità egiziana, interviene personalmente contro i babilo­ nesi. Nel 609 attraversa la Palestina. A Megiddo, Giosia, re di Gerusa­ lemme, lo affronta e muore in battaglia. Per alcuni anni Gerusalemme di­ viene vassallo dell’Egitto.

4- Giosia e la riforma a) La riforma Non è da escludere che, in questa situazione, la storia del regno di Giuda dipenda dai mutamenti della politica internazionale. Il regno di Giosia si distingue per la ricerca d'indipendenza politica e per la riforma religiosa che ne consegue. 2 Re 22,3 segnala che il re mandò lo scriba Shafan al tempio di Geru­ salemme per occuparsi del denaro delle collette allo scopo di proseguire le opere del tempio. Il fatto si colloca nel 622. In quell’occasione viene sco­ perto il libro della legge, che servirà da documento atto a legittimare la riforma del re. Questo fatto è stato spesso ritenuto il punto d’inizio della riforma di Giosia ma, pur non retrocedendo tanto come il Cronista (2 Cron. 34,3) che colloca l’avvio della riforma nel 632 senza fornire ele­ menti di giustificazione a una data tanto alta, bisogna riconoscere die es­ sa dovette cominciare prima del 622, poiché la scoperta del libro della legge coincide con l’esecuzione dei lavori nel tempio, ì quali rientrano nelle riforme intraprese dal re. Molto probabilmente, secondo Io stesso testo di 2 Croti. 34,3, occorre collocare l’inizio del rinnovamento nel do­ dicesimo anno del regno di Giosia, ossia nel 628, Tenuto conto che a partire dal 630 il potere assiro è diviso, la data del 628 per l’inizio delle riforme è perfettamente plausibile. Tutti questi mutamenti politici e reli­ giosi si collocano nel contesto favorevole del tramonto del potere assiro. L ’aspetto politico della riforma non può essere scisso dalla dimensione religiosa. In entrambi ì casi si tratta di un tentativo di ripresa nazionale. Dal punto di vista politico la presenza in Giuda di un cospicuo numero di rifugiati dell’antico regno del nord dovette avere un suo peso nel tenta­ tivo di recuperare gli antichi territori, un tempo sotto il potere di Davide e Salomone. Il territorio di Betel cadde senza dubbio facilmente nella ma­ ni di Giosia (cfr. 2 Re 3 3 ,15 ss.}, come Samaria (2 Re 2,3,19) e forse Megìddo (2 Re 23,29). Il libro dei Re ricorda questi aspetti territoriali nel momento stesso in cui illustra la riforma religiosa di Giosia; la sua distruzione dei santuari locali fu una delle principali imprese che lasciò il tempio di Gerusalemme unico luogo di culto. Al redattore del libro dei Re interessa in particolare la dimensione religiosa della riforma. Tenendo conto che 1 redattori dei libri dei Re appartengono alla scuola deuteronomista, non é da escludere che il rinvenimento del libro della legge, in cui tutti vedono il nucleo pri­ mitivo del Deuteronomio, funga da freno della riforma di Giosia. La scoperta del rotolo del libro della legge induce il monarca a inviare una delegazione dalla profetessa Hulda, che viveva nel quartiere nuovo di Gerusalemme, abitato soprattutto da rifugiati del regno del nord (2 Re

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22,14). Questo dato è considerato da molti autori come an indizio dell o­ rigine del famoso rotolo che, nascosto probabilmente nel tempio all’epo­ ca di Ezechia, contiene tutta una serie di tradizioni teologiche radicate nel regno del nord. Quando inoltre si confronti il libro del Deuterono­ mio, anche nelle sue sezioni più arcaiche, con il libro di Osea, non emer­ gono dubbi sulla provenienza dell’opera: il regno del nord. Centralizzazione del culto e rifiuto del contatto politico e religioso con gli altri popoli, per non separarsi dall5unico Dio d’Israele, costituiscono alcuni elementi chiave dell’opera. Nel libro della legge è palese l’influenza della predicazione profetica e dell’esperienza del regno del nord. La celebrazione della pasqua rappresenta un momento chiave del mo­ vimento riformista. 2 Re 2 3,21-23 narra che nell’anno stesso della sco­ perta del libro della legge a Gerusalemme si celebrò la pasqua in modo speciale: «una pasqua simile non era stata celebrata dal tempo in cui i giudici governavano Israele e neppure per tutto il periodo dei re d’Israele e di Giuda» (2 Re 23,22). Con bastante probabilità tale celebrazione si colloca dopo la lettura solenne del libro della legge, di cui parla 2 Re 23,2 ss. Questa celebrazione introduce varie innovazioni fondamentali. In pri­ mo luogo la sua celebrazione a Gerusalemme. Secondo il rito del libro dell’Esodo (Es. 12,1-28 ) la pasqua è una festa familiare celebrata nel luo­ go di residenza della famiglia. Con la riforma di Giosia la pasqua si tra­ muta in un pellegrinaggio associato alla festa degli azzimi e tale rimarrà a partire dall’esilio. Ma questa celebrazione assume comunque una dimen­ sione nazionale di cui prima era priva. Il fatto di essere convocata dal re attribuisce alla cerimonia un carattere decisamente nazionale, mentre in antecedenza la pasqua significava la costituzione di un gruppo di genti in popolo di Dio. b) Problemi aperti Alla stregua della predicazione di Sofonia che con probabilità influì concretamen­ te sulla preparazione della riforma di Giosia, anche la partecipazione di Geremia a tale riforma è accolta da vari autori.1 Le cose tuttavia non sono così evidenti. Alcuni testi importanti di Geremia sono certo destinati alla popolazione delPantico regno del nord (soprattutto i capp. z-6 e 3 0 -3 1) e la predicazione coincise con i tentativi politici di Giosia di recuperare gli antichi territori del regno d’Israele. Geremia, d ’altro canto, apparteneva a una famiglia sacerdotale di Anatot (Ger . 1 ,1 ) , con la quale si scontrò (Ger. 1 1 , 2 1 ; 12 ,6 ). M a fu la riforma deuteronomica, squalificante i santuari locali e il suo personale, la ragione dello scontro di Gere­ mia con la propria famiglia? Le cose non sono chiare. Di certo il profeta si rese 1. Cfr. H. Cazelles, Storia politica di Israele dalle origini ad Alessandro Aiagnoi Roma 1 9 8 5 , 1 8 2 e n. 84, con abbondante bibliografia.

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L ’ultimo periodo della dinastia davidica

conto rapidamente della scarsa incisività di una riforma imposta autoritariamen­ te. Il piccolo gruppo di riformatori convinti dovette affrontare il fallimento e il ri­ torno a una situazione tanto grave come quella precedente o ancora peggio. II. S E C O N D A F A S E : F I N O A L L A C A D U T A D I G E R U S A L E M M E

1. La lotta per la supremazia in Oriente Con la scomparsa degli assiri dalla scena politica nel 609, il problema della supremazia in Oriente non è risolto. Varie forze si affrontano e nes­ suna possiede la capacità d’imporre il proprio dominio sulle altre. I medi restano acquartierati nel nord della Mesopotamia e i protagonisti delle guerre saranno gli egiziani e i babilonesi. l a Cronaca babilonese pubbli­ cata da Wiseman (cfr. bibliografia) narra con obbiettività gli avvenimenti di questi anni. Tra il 606 e il 605 egiziani e babilonesi si affrontano sulle rive dell’Eufrate. I babilonesi avevano costruito una serie di roccheforti attaccate e prese dagli egiziani, come avviene per Kimuhu. I babilonesi contrattaccano e s’impadroniscono di postazioni egiziane. La battaglia decisiva si consuma a Karkemish nel 605. Le truppe egiziane sono scon­ fitte e alcuni soltanto riescono a riparare ad Hamat. Sebbene la Cronaca babilonese esageri, dicendo che le truppe di Nabucodonosor non lascia­ rono un solo egiziano vivo, certo per un po’ di tempo i babilonesi con­ trolleranno totalmente la Siria-Palestina. L ’ 8 agosto del 605, approssimandosi la morte del padre, Nabucodono­ sor deve rientrare rapidamente in patria. Una volta insediato sul trono, torna in Siria per consolidare l’occupazione. Tra il 603 e il 6oz Nabuco­ donosor è di nuovo in Siria-Palestina. I filistei fanno appello all’Egitto, come attesta il papiro di Saqqara. Gli egiziani decidono d’intervenire. La battaglia ha luogo nel 601 e il risultato è incerto. Nabucodonosor, come riferisce la stessa Cronaca babilonese, ritornò nel suo paese senza esser riuscito a vincere gli egiziani e, di conseguenza, con i piccoli stati di Pale­ stina in rivolta. L ’anno successivo la Babilonia recupera le forze e riorga­ nizza le proprie truppe. Nel 599 Nabucodonosor invia parte delPesercito insieme a bande aramaiche, moabitiche ed edomitiche (cfr. 2 Re 24,2) quale preannuncio del suo intervento personale contro Gerusalemme nel 598. Nell’autunno di quell’anno i babilonesi pongono Gerusalemme in stato d’assedio e conseguono un dominio effettivo su tutta la regione (cfr. 2 Re 24,7 e Cronaca babilonese, 5° e 6° anno di Nabucodonosor). 2. Giuda tra due fronti La collocazione geografica e la modesta imoortanza politica spiegano sufficientemente, negli ultimi anni del vìi secolo, il continuo passaggio di

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Giuda dalle mani egiziane a quelle babilonesi, e viceversa. Come ai tempi di Ezechia nelPvm secolo, alla corte di Gerusalemme si fronteggiano due partiti. Geremia è un difensore accanito della sottomissione ai babilonesi, finché il partito filoegiziano non riuscirà a trascinare il paese nella sua politica antibabilonese, tanto da condurlo al disastro totale. Dal 609 al 605 grazie alla supremazia militare del faraone Necao sulla Siria-Palestina, Gerusalemme vive sotto il giogo egiziano. Alla morte di Giosia nel 609 il favore popolare si riversa non sul suo primogenito ma su Ioacaz. Tuttavia Necao attira quest’ultimo a Ribla, in Siria, dove ha stabilito il proprio quartier generale, lo imprigiona e lo invia in Egitto, dove muore (2 Re 23,30-35). Il faraone impone come re il figlio maggiore di Giosia, Eliaqim, cambiandogli il nome in quello di Ioiaqim, e mettendo così in evidenza la sua condizione di vassallaggio (2 Re 23,35). Ma la battaglia di Karkemish, di cui si è fatta menzione nel paragrafo precedente, scon­ volge di nuovo tutti i ruoli e Ioiaqim diviene vassallo di Babilonia pagan­ do un forte tributo. Le cose rimangono immutate fino all’incerta battaglia del 601, di cui Ioiaqim approfitta per non pagare il tributo a Nabucodonosor. Con l’arrivo dei babilonesi a Gerusalemme nel 598 la situazione assume aspetti drammatici. 3. La prima deportazione Secondo i dati riportati dalla Cronaca babilonese, le truppe di Nabucodonosor si diressero verso la Siria-Palestina e accerchiarono «la città di Giuda» nell’anno settimo nel mese di Kislimu (18 dicembre 5 9 8 - 1 5 gen­ naio 597). Il 2 di Addar (16 marzo 597) i babilonesi si impadronirono della città. 2 Re 2 4 ,12 colloca questi avvenimenti nell’anno ottavo di Nabucodonosor, ma la Cronaca babilonese e Ger. 52,28 parlano del settimo anno di Nabucodonosor. Quest’ultima è la data più probabile. Poco prima dell’assedio di Gerusalemme il re Ioiaqim muore. Gli suc­ cede il figlio diciottenne Ioiakin, che regnerà tre mesi soltanto (2 Re 24,8). Vista la situazione, l’unica cosa possibile per salvare quanto resta­ va del regno era arrendersi a Nabucodonosor prima che fosse troppo tar­ di. La Cronaca babilonese informa che il re di Babilonia fece prigioniero il sovrano, mise al suo posto un altro di sua fiducia e impose un pesante tributo che portò con sé a Babilonia. 2 Re 2 4 ,10 -17 conferma questi dati, fornendo maggiori particolari. Soprattutto, il testo biblico parla della de­ portazione. Contrariamente al costume assiro, Nabucodonosor non fa insediare in Giuda deportati da altre parti del suo impero. Si accontenta di trasferire in Babilonia, oltre a tutti i tesori trafugati, il re deposto e tut­ ta la sua famiglia, i servitori, e quanti, dal punto di vista politico ed eco­ nomico, potevano rappresentare una forza capace di organizzare ribellio-

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L ’ultimo periodo della dinastia davidica

ni. Artigiani, politici e sacerdoti partono per Babilonia; tra loro il sacer­ dote Ezechiele, futuro profeta. Il numero degli esiliati varia secondo le fonti. 2 Re 24 ,14 : 10000 deportati; 2 Re 24,16: 7000 + 1000; Ger. 52, 28: 3023 giudei deportati. Il nuovo re di Gerusalemme, zio di Ioiakin, si chiamava Mattania. Nabucodonosor gli cambiò il nome in Sedecia, mostrandone in tal modo la condizione di vassallo. D’ora in avanti, e fino al crollo finale, la comunità giudaica si troverà a essere divisa in due: gli esiliati e gli abitanti di Giu­ da e Gerusalemme. La situazione politica è stabile per quel che riguarda il rapporto di for­ ze tra babilonesi ed egiziani. Alla corte di Gerusalemme si affrontano due partiti: i sostenitori della sottomissione e i propugnatori della ribellione. L’Egitto, benché impotente, continua ad appoggiare da lontano i tentati­ vi di rivolta dei piccoli stati palestinesi. Il nuovo re, Sedecia, non mostra pienamente la sua personalità. Il lega­ me con Geremia, almeno nei primi momenti di regno, appare solido; vale a dire che la sua opzione politica era appunto quella della sottomissione ai babilonesi, ai quali doveva fra Taltro il trono. Il partito filoegiziano continua tuttavia a tessere trame, appoggiandosi su due basi fondamen­ tali. Da una parte sulla coscienza popolare e di certi circoli di riflessione teologica che, partendo dagli avvenimenti del 7 0 1, proclamano e senLono una sicurezza a tutta prova nell’inviolabilità di Gerusalemme, dovuta alla presenza del Dio nazionale nel tempio della capitale (Ger. 7; 26; 28; Ez. 1 1 ,1 4 - 1 5 ) . Il secondo sostegno della ribellione si fonda sulla cospirazio­ ne che prende corpo nel 594/593 e alla quale partecipano esplicitamen­ te Edom, Moab, Ammon, Tiro e Sidone. I loro ambasciatori tengono un’importante riunione a Gerusalemme e Geremia riceve Tmcarico, da parte del suo Dio, di presentarsi in quell’assemblea per esortare alla sot­ tomissione (Ger. 27). Sedecia si compromette sempre più nella trama an­ tibabilonese, appoggiato da una forte corrente popolare alimentata da profeti e sacerdoti di Gerusalemme e di Babilonia (cfr. Ger. 27; 28; 29). La Cronaca babilonese attesta che Nabucodonosor si presentò in SiriaPalestina nel 594/593. Sedecia implora perdono per salvare la pelle (Ger. 51,59). In tutto questo tumulto il faraone Psammetico rimane inattivo. 4. La fase conclusiva Il cambiamento di sovrano in Egitto suscitò senza dubbio una nuova oc­ casione per cospirare contro 1 babilonesi. I! nuovo faraone Hofra dimo­ stra un vivo interesse per gli affari oltre frontiera. Si organizza una nuova congiura alla quale partecipa Ammon (Ger. 4 1,10 ; Ez. 2 1,2 3 ss.). La rea­ zione dei babilonesi non si fa attendere. Nel gennaio del 588 Nahucodo-

Fina A h caduta di Gerusalemme

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nosor torna a porre in assedio Gerusalemme. La predicazione di Geremia non è servita a nulla. Viene addirittura incolpato di tradimento (Ger. 3 7 ,1 1 ss.) e Sedecia, nonostante la pusillanimità che lo caratterizza, lo li­ bera dalla prigione nella quale i sostenitori della ribellione contro i babi­ lonesi l’hanno rinchiuso (Ger. 3 1,17 -3 8 ,18 ). l ’assedio fu interrotto dall’intervento delle truppe del faraone Hofra (Ger. 37,5-10), ma la pausa fu di breve durata. Gli egiziani si ritirano e l’assedio si fa ancor piu insopportabile. Le difese della citrà cedono il giorno 9 del quarto mese dell’ anno 1 1 di Sedecia; alla fine di giugno del 587 Sedecia con un gruppo di soldati fugge a est attraverso il Cedron. Nella pianura di Gerico sono raggiunti e condotti a Ribla, dove Nabucodonosor aveva stabilito il suo quartier generale. I figli di Sedecia sono de­ capitati davanti al padre e quest’ultimo viene accecato, incatenato e con­ dotto a Babilonia, dove muore. A Ribla vengono pure giustiziati molti funzionari di Giuda (Ger. 5 2 ,7 - 11; 2 Re 25,3-7). Con tutto ciò, Ger. 5 2 ,12 data l’arrivo di Nabuzardan, capo della guardia del re babilonese a Gerusalemme, al io del mese seguente. Non è facile spiegare tale ritardo. Il tempio è incendiato e le mura abbattute. I babilonesi decretano una nuova deportazione. Ger. 52,29 parla di 832 giudei deportati, cifra assai inferiore a quella del 597. Probabilmente in questa occasione i giustiziati furono molto più numerosi che nella pri­ ma presa di Gerusalemme. Questa volta il bottino fu enorme; venne sot­ tratto tutto il metallo esistente nelle varie parti del tempio, compresi gli elementi decorativi, Gli utensili facilmente trasportabili furono portati in­ tatti a Babilonia e il resto venne fatto a pezzi per comodità di trasporto (Ger. 5 2 ,17 -2 7 ; 2 Re 2 5 ,13 -17 ). Gerusalemme conquistata, le mura di­ strutte, il tempio e gran parte delle case incendiate, il re in prigione e le strutture statali disfatte, con il fior fiore della popolazione in esilio: tale fu il glorioso risultato di una ribellione senza senso. I babilonesi riorganizzano il resto della popolazione e pongono a capo della provincia Godolia, nipote di Shafan, del partito riformista, protet­ tore e amico di Geremia (2 Re 25,22). Nabucodonosor e Nabuzardan, capo della guardia, erano informati su Geremia e le sue opinioni, proba­ bilmente dai giudei disertori (2 Re 2 5 ,1 1 ; G er. 38,19). Nabucodonosor ringraziò per i suoi servigi il profeta, lasciandolo libero di agire e procu­ randogli mezzi di sussistenza (3 9 ,11-14 ). Ma gli ammoniti, alleati dì Gerusalemme nell’ultima cospirazione, non cessarono nel loro impegno e incitarono gli ultimi ribelli a disfarsi di Godoha in un vano tentativo di resistere ai babilonesi (Ger. 40). La popola­ zione unitasi a Geremia ebbe paura e, nonostante le dissuasioni del profe­ ta, fuggì in Egitto per timore di rappresaglie da parte dei babilonesi, co­ stringendo il profeta ad accompagnarla (2 Re 25,22-26; Ger. 42 e 43).

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L ’ u lt im o p e r io d o d e lla d in a s t ia d a v id ic a

Se ne ignorano le ragioni, ma Ger. 52,30 ricorda un’ultima deportazio­ ne: 745 giudei deportati nel 582/581. 5. Problemi aperti a) La caduta di Gerusalemme La data esatta della caduta di Gerusalemme fa problema. 2 R e 2 5 ,8 afferma che Nabucodonosor giunse a Gerusalemme (e la conquistò) Tanno 1 9 del suo regno, ossia nel 5 8 6 (cfr. Ger. 5 2 ,1 2 ) . A l contrario, secondo Ger. 5 2 ,2 8 -2 9 , N abucodo­ nosor deportò i giudei Tanno 18 del suo regno, vale a dire nel 5 8 7 . Alla luce di questi dati non esistono argomenti decisivi né in un senso né nell’ altro. Ebbene, i testi biblici affermano chiaramente che Sedecia regnò undici anni (2 R e 2 4 ,18 ) e Tassedio dei babilonesi durò fino alTanno undici di Sedecia (2 R e 2 5 ,2 }. Eviden­ temente Tanno undici di Sedecia corrisponde al diciottesimo di Nabucodonosor e in tal modo si confermano le date riportate da Ger. 5 2 ,2 8 -2 9 .

b) La morte di loiaqim È presentata in maniera differente nei vari testi biblici. 2 R e 24,6 lascia intendere chiaramente che loiaqim morì tranquillamente nel suo letto; la formula «addor­ mentarsi con i suoi padri» è solitamente usata dal redattore per indicare la morte naturale della persona in questione. 2 Cron. 3 6 ,6 .7 fa credere che loiaqim venne deportato e morì a Babilonia. Ger . 2 2 ,1 9 sembra indicare che loiaqim fu lasciato fuori della città senza sepoltura. Il testo del libro delle Cronache pare confondere avvenimenti differenti, mentre Toracolo di Geremia è una profezia di castigo, di adempimento evidentemente aleatorio, come succede in altri oracoli profetici. 2 Re 24,6 è probabilmente il testo più attendibile.

6. Bibliografìa Oltre alla bibliografìa specifica già segnalata sulla campagna di Sennacherib del 7 0 1 e alle diverse storie d’Israele, si possono consultare, sugli aspetti esaminati nel capitolo, P. Garelli - V . Nikiprowetzky, L e Proche-O rient asiatique> Paris 1 1 9 6 9 ,1 1 1 9 7 4 . D .J. Wiseman, Chronicles o f Chaldaean Kìngs (626-556 B .C .) in thè British M useum , London 1 9 5 6 ; A . M alam at, The last Kings o f Ju dah and thè Fall o f Jerusatem . A n historical-chronological Study: IEJ 1 8 (19 6 8 ) 1 3 7 - 1 5 6 ; Id., The Tu/ilight o f Ju d a h : in thè Egyptian-Babylonian M aelstrom , V T S 28, Leiden

1975 , 1X3 T45in . l ’ is t it u z io n e m o n a r c h ic a

L ’instaurazione della monarchia non coincide affatto con gli inizi della storia d’Israele. La sua durata sarà relativamente breve, perfino entro il quadro temporale dell’Antico Testamento. Nonostante ciò, la monarchia

L'istituzione monarchica

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avrà un ruolo decisivo durante la sua storia e dopo la sua scomparsa. Con varianti più o meno essenziali, l’istituzione monarchica sì sviluppò come funzione sociale e religiosa in modo eguale nei regni d’Israele e di Giuda. Ciò si deve essenzialmente al fatto che la monarchia nella storia d’Israele e un istituzione ricavata dai modelli esistenti in queirepoca nel Vicino Oriente. La peculiarità della monarchia in Israele e Giuda va ricercata nel dato seguente: la regalità non è mai concepita come la mediazione supre­ ma e ultima tra il Dio nazionale e il popolo. Con la caduta di Gerusalemme nel 587 la monarchia scompare dalla storia d’Israele, I tentativi di restaurazione al ritorno dall’esilio c l’episo­ dio della monarchia asmonea attestano in modo tangibile che la monar­ chia non può più essere vissuta in Israele se non nell’ambito della speran­ za escatologica. 1. .Riri d ’incoronazione Il testo biblico non contiene un rituale preciso e rigoroso delle cerimonie d’incoronazione. Le notizie al riguardo si colgono specialmente in due racconti basati su precisi avvenimenti storici: Pincoronazione di Salomo­ ne e di Ioas di Giuda (1 R