Introduzione allo studio della diffusione nei liquidi [PDF]


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Introduzione allo studio della diffusione nei liquidi [PDF]

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Zitiervorschau

FONDAZIONE ALBERTO BENEDUCE CORSI

DI

PERFEZIONAMEN TO ALL'ESTERO

! 5 .1 COLLANA DI STUDI DEGLI ASSEGNATARI DELLE BORSE

VINCENZO VITAGLIANO

INTRODUZI ONE ALLO STUDIO DELLA DIFFUSIONE NEI LIQUIDI

TI P . G . D ' AGOS T I NO · NAPOLI 1 9 !5 9

I

Iniziata nel 1953 con una interessante ricerca sulla distribuzione dei redditi nel Regno Unito e negli U.S.A., la collana di studi si ar-

PROPRIETA' LETTERARIA

ricchisce oggi di un quinto volume. Ne è autore il Dott. Vincenzo ViFONDAZIONE ALBERTO BENEDUCF.

tagliano, assistente ordinario presso l'Istituto di Chimica Fisica della Università di Napoli e vincitore della Borsa "Beneduce" per l'anno accademico I954-55. L'argomento trattato dal dott. Vitagliano è di notevole interesse e il giovane studioso ha tratto cospicuo materiale dalle esperienze effettuate presso la Yale University di New Haven nel laboratorio del Prof. H. S. Hamed. Siamo certi che quanto è esposto nelle pagine seguenti darà un valido apporto ai ricercatori italiani sulla fenomenologia della dif· fusione.

STAR. TrP. C. D"AcosTJNo - V1A TRoNF. Al.L-' SA.LUTF..

6 - NAPOLI

,\l i è grato mzzzare la stesura di qu este poche pagine informative

sull'argomento da me studiato durante la mia permanenza in America ringraziando la Fondazione "A . B eneduce ", e per essa il suo presiden. te ing. Giuseppe Cenzato, che mi ha consentito con larghezza di mezzi di frequentare i laboratori di chimica della " Yale University" in New Haven (Connecticut) durante gli anni 1955 e 1956. Il contatto quotidiano con una delle scuole più progredite nello studio della termodinamica e dei fenomeni di trasporto (basterà ricordare che Gibbs fu professore alla Yale) e la guida oculata e sicura dei profj. H. S. Harned e P. A. Lyons mi hanno permesso, in un tempo rela. tivamente breve, di impadronirmi di un argomento attualmente di n0tevole interesse teorico. I suddetti professori, ai quali sono profondamente grato, mi hanno consentito di prolungare il mio soggiorno in America facendomi conseguire una borsa di studio della " Atomic Energy Commission ". Nella letteratura italiana mi sembra manchi oggi una trattazione a carattere generale ed introduttivo del fenomeno della diffusione. Ho creduto quindi opportuno scrivere alcune note informative sui feno"!eni di diffusione nelle soluzioni liquide. La monografia risulta essenzialmente divisa in due parti. Nella prima parte ho trattato il problema dal punto di vista teorico ponendo in particolare rilievo la termodinamica della diffusione. Nella seconda parte ho illustrato i metodi ottici più importanti e più precisi per la misura dei coefficienti di diffusione, con particolare riguardo al metodo interferometric o di Gouy. Mentre questa pubblicazione era in corso di stampa, è immaturamente scomparso il prof. Ugo Beretta che fu per me direttore pa. 1erno e che anche da lontano mi ha sempre seguito amorevolmente con consigli ed aiuto. A Lui vada con la mia riconoscenza il mio pen. siero riverente e commosso. •

Dicembre 1959.

VINCENZO VITAG LIANO

IL FENOMENO DELLA DIFFUSIONE

INTRODUZIONE

La diffusione è quel fenomeno per il quale si ha trasporto di materia da un punto ad un altro di un sistema come conseguenza del moto disordinato delle molecole. Si può facilmente dimostrare tale fenomeno con un classico esperimento. Se mettiamo in un cilindro di vetro una soluzione di permanganato di potassio e vi stratifichiamo sopra, con attenzione, dell'acqua pura, noteremo a principio la soluzione colorata al fondo e l'acqua inçolore sopra, con un n_e tto strato di separazione. Col passare del tempo si potrà notare che anche l'acqua comincia ad assumere colorazione violetta e che lo strato limite non è più netto come all'inizio. Dopo un tempo sufficientemente lungo non vi sarà più distinzione tra acqua e soluzione di permanganato , ma vi sarà una unica soluzione omogenea, conseguenza del completo mescolamento. Se si potesse osservare un singolo ione permanganico, si vedrebbe che questo è animato da un moto disordinato senza alcuna direzione preferenziale. Pur tuttavia, nella soluzione vediamo che l'elettrolita si muove mediamente verso gli strati a concentrazione minore. Questo può essere facilmente compreso immaginando il cilindro diviso in vari strati a concentrazioni diverse. Se il moto degli ioni è completamente disordinato significa che in ogni strato eguali frazioni f degli ioni presenti si allontaneranno per spostarsi nella sezione contigua a concentrazione minore ed in quella a concentrazione maggiore. Ma considerando due sezioni, a concentrazioni c1 e c2 < c1 , gli ioni provenienti dalla sezione a concentrazione maggiore saranno. in nu-

-

IO-

-li-

mero f C1, quelli che dalla sezione a concentrazione minore ritorneranno nella prima saranno f c2 • Ma f Ci > f c2 ; quindi come pura conseguenza del moto disordinato si avrà trasporto di ioni permanganici dalle zone a concentrazione maggiore a quelle a concentrazione minore. Nella realtà le cose sono molto più complicate perchè il moto non è completamente disordinato e la grandezza f non è indipendente dalla concentrazione. Qualitativamente, però, la spiegazione data del fen0meno continua sempre ad essere valida e logica .

ed il prodotto À v, rappresenterà la velocità media di spostamento delle particelle; quindi, la corrente (•) del componente i attraverso una generica sezione del cilindro (cioè il numero di particelle di i che attraversa l'unità di superficie normale ad x in corrispondenza dell'unità di tempo) è data dalla differenza tra il numero delle particelle passanti lungo la direzione crescente delle x _ (3)

e quello della particelle passanti in direzione contraria CONSIDERAZIONI QUANTITATIVI::

Per poter esprimere il fenomeno della diffusione in formule matematiche consideriamo una soluzione formata da n componenti contenuta in un tubo .cilindrico ed indichiamo con e, la concentrazione del componente i. Dividiamo il cilindro in tanti strati di spessore ), (da considerarsi macroscopicamente piccolo ma microscopicamente abbastanza grande) (•). Le concentrazioni del componente i in tre sezioni contigue saranno rispettivamente : e,

ae, ax

-À--

e,

a c. J, =

ax

À2

(

-

v, -

ax

(e, +

ae, ) ax

a v, e, -

-

a e, a"• \ -

ax

(3a)

À --

), -

-

ax ax

(4)

) (•)

Poichè i gradienti di concentrazione non sono troppo grandi posar, 3 '1 • siamo trascurare, nella (4), il termine di ordine superiore À - - - - - •

_J

X

8

X

La (4) può quindi scriversi : (la)

+ À--

av,) (·v , + À -a-x-

(I)

J, = -

ac,

r,

À

-

)..~

( v,

~+ ax

e,

a v, ax

(lb)

Essendovi una variazione di concentrazione da sezione a sezione, vi sarà, conseguentemente, diffusione. Possiamo indicare con v, la frequenza con la quale le particelle del componente i abbandonano una deter. minata sezione, tale frequenza sarà, in generale, funzione della concentrazione di tutti i componenti presenti: (2) (•) Qui, come lungo turte queste pagine, considereremo sempre la diffusione unidirezionale; questo semplifica tutte le trattazioni matematiche e d'altronde rispecchia pure le condizioni fisiche clella maggior parte delle esperienze di diffusione che generalmente si eseguono.

3 ( v, e,) )

(4a)

sx

Ricordando le (2) otteniamo in definitiva per le correnti le seguenti espressioni : J,

ax

(i=l,2, .. . n)

(5)

(") In queste p agine abbiamo preferito usare la parola • corrente • per tradurre l'inglese • Bow • ; le grandezze J sono infatti dei vettori, quindi non è corretto indicarle con il termine • flussi a. inquantocchè il e flusso • in fisica è una grandezza scalare. Lungo queste 'pagine abbiamo, talvolta, usato anche la parola • Busso • , desideriamo tuttavia far notare il diverso concetto &sico Ghe acquista detta parola per indicare le J .

-

12-

espress ioni che posson o anche essere seri tte

13-

dove con v si indica la velocit à • di massa • [unzion e di x e del tempo t

ac,

J,

D .. - -

(i = I. 2, . . . n)

ax

(5a)

Le (5a) sono una general izzazio ne della legge di Fick (29) ; come si vede, la corrent e del compo nente i dipend e non soltant o dal gradien te di concen trazion e di i ma anche da quello di tutti gli altri n-1 component i. Le grande zze D,, sono dette coeffic ienti di diffusio ne. Vedrem o tra breve come dalle (5a) si ottiene , nel caso di due com. ponent i, la legge di Fick. ~·e~uazione (5a) esprim e soltant o il moto relativ o dei vari componenti, bisogn a tener conto anche di una eventu ale corrent e • di massa . dovuta ad un aumen to o ad una diminu zione nel volume della soluzione in seguito al fenome no diffusiv o. Questo moto di espans ione o di contraz ione di tutta la soluzio ne è

dai~. Infatti, ax ·Se indichi amo mn K la comprc~~iùiliLà, abbiam o la seguen te espress ione: causato dal formar si di gradien ti di pressio ne provoc ati

.

K grad p = l V, grad e,

=-

l D,, grad e,

+

v ( x, t) e,

Voglia mo ora far vedere come, data l'esiste nza di relazio ni tra ·concentraz ioni e volumi parzial i molari , sia possibi le ridurre il numer o dei coeffic ienti di diffusio ne da n2 ad ( n -1 )2. Per semplif icare il proble ma introdu rremo alcune ipotesi restritt ive, verifica te genera lmente nell'esp erienza . Consid eriamo che la diffusio ne avveng a tra soluzio ni per le quali le differe nze di concen trazion e siano piccole , in tal caso si parla di diffu. sione differen ziale, i coefficienti D .. , che in genera le dipend ono dalla concen trazion e, posson o ritener si costant i, si può ammet tere che non vi sia variazi one nel volume totale in seguito al me.sco lamento e quindi che non vi sia velocit à • di massa • nella soluzio ne; le (5a) descriv eran. no comple tament e il fenome no. E le seguen ti equazio ni restritt ive: V

I

K dp

8

v

f1

aP _

dn,

~ fl, - -

dove n, è il numero di molecole di i.

f1

J,

o

(9)

lv,

(7)

K grad p

e,

.

== l

V,

(IO) grad e , = O

(.. )

(Il)

permet tono di scriver e delle relazio ni tra le colonn e della matrice D, •.

V, è

la frazione di volume occupata da una mole di i, J, è la V, J, è il volume occupato dalla spede i che attraversa l'unità di superfic ie nell'unit à di tempo. l V, J 1 è il volume totale che attraversa l'unità di superfici e nell'unit à di tempo ed eguaglia ')()]uzione, in ciascun punto, come un tutto_. eguaglia la velocità di spostam ento della cioè quella che abbiamo chi.a~ mato velocità • di massa •. (••) Se vi è variazio ne

  • non cambia nulla nei ragiouamcnt l, data la costanza dl I ·

    la grand ezza d ( l.L

    -42fJ> Y1 , y1 sono i coefficienti di attiv ità rispe ttiva ment e nelle unità N (fraz ione mola re), m (mol alità) , e (conc entra zione mola re). La veloc ità di una parti cella del comp onen te I sarà data dal prodotto della sua mobi lità per la forza appli cata, dalla (90) e (91) :

    (92) Bisog nerà però notar e che la a , in gene rale, non è affat to una co: 1 stant e, ma dipen derà da vari fatto ri inclu so, pure , la visco sità. Per man. tener e il ragio name nto assol utam ente gene rale non farem o quin di nessuna ipote si limit ativa sulla a • 1 Molt iplic ando la (92) per c avrem o la corre nte del comp onen te I 1 attra verso una sezio ne per la qual e sia nulla la corre nte di mass a (10• 63 ), potre mo cioè scriv ere

    d e,

    RT

    C1

    ----

    @, dx

    9t

    .-;1 YJ

    RT

    de,

    ~i

    v, +

    C2

    V2

    =I

    N, + N,

    d In e,

    =

    = N, (%)

    V2c1

    che sosti tuito nella (9!1) dà

    UJ, = - - - -

    si ricav a la segu ente espre ssion e per il coefficient e di diffu sione


  • b

    B

    B

    RT ln y e

    (l20a)

    + ---d In e

    !• M

    == a ii +





    b

    (121)

    +

    yc=yycc

    (1.22)

    ABAB

    bB

    Per il fattore termod inamic o si avrebb e d In (1 - °')

    MM

    I

    y

    d In°'

    (

    M

    + ------- = a

    I

    yA)

    + --- d In e

    d ln e

    M

    M

    = ac

    = be

    e

    M

    B

    si ha a

    b

    a+b

    .,

    yy

    b

    (123)

    MM

    medio • definit o da Si può introd urre un • coefficiente di attivit à •+b

    .4B

    = yA

    b

    y B

    (124)

    e

    AB

    ~

    A2

    ~ ••• .•

    A,

    ~

    ... . . A.

    (127)

    A, del compo nente La forza motric e nella diffusi one di ciascu na specie o, la veloci tà sarà chimic iale potenz di nte A sarà il rispett ivo gradie

    -

    ed una •conce ntrazi one media • a+b

    M.

    te sotto diverse speImmag iniamo di avere un compo nente presen cioè cie in equilib rio tra loro ; si abbia A1

    y

    8

    d lnc

    ASSOCIATO DIFFU SIONE IN UN SISTE MA PARZ IALM ENTE

    M

    y e =ab c

    d ln ~y )

    (126a)

    e poichè

    e

    M

    e s1 ignori l'avve nuta dissociazione.

    e qumdi b

    (126)

    non è più valida Nel caso della presen za di un equili brio la (121) non prende remo massa; di ione dell'az legge la e dalla (120a) si ricava sso. Notere mo comple qui in esame tale caso che si dimos tra piutto sto anche qui il (107). . dell'eq caso il sempli cemen te che, in analog ia con misuraquello ia eguagl M ciata indisso specie della potenz iale chimic o ne soluzio sulla ecc.) bile con metod i global i (ebullioscopici, crioscopici, comdel olari molec pesi dei misura qualor a si scelga M come unità di M~aA

    B

    ...f

    d In e

    ponen te

    o



    dlnyA B)

    M

    ente nel caso di dissociazione totale si avrà ovviam o

    +

    .1 =(a +b) (

    v,

    = w,

    grad µ,

    (128)

    e la corren te a

    b

    = a b e

    a+b

    M

    (125)

    -

    J,

    (129)

    -

    50-

    -

    Se vogliamo misurare le concentrazioni rispetto alla formula A 1 avremo

    51 -

    COEFFICIENTI DI AUTODIFFUSIONE (1· 84, 88)

    = a.,

    e,

    e

    dove e è la concentrazione totale di A ed forma A,, quindi

    (130) et,

    la frazione presente sotto

    - J,

    (131)

    e per la (109) e (Ili) - J, = '"' i

    et,

    e grad µ. 1

    Immaginiamo di avere una soluzione binaria a concentrazione cstante, immaginiamo che in una zona della soluzione vi siano delle particelle del componente 1 riconoscibili dalle altre, per esempio, vi sia un isotopo radioattivo di uno degli elementi costituenti le molecole di I. Se si ammette che, a parte la proprietà di essere distinguibili, le particelle contrassegnate (radioattive pèr es.) non differiscono in nulla dalle altre, osservando come. queste diffondono si può calcolare la mobilità della specie 1 quando non vi sia un gradiente di concentrazione.

    (132)

    Si definisce il coefficiente di autodiffusione

    La corrente totale del componente A sarà data dalla somma delle varie correnti J 4

    J A

    =

    RT

    = ::S J, = -

    e grad µ. 1 ::S '"' i

    et,

    (136)

    a"

    (133)

    dove

    ~ w, i

    a:, ( 1

    +

    d ln y, )

    e grad e

    (134)

    d ln e

    Il termine dato dalla sommatoria non è altro che la mobilità del componente A, cioè l'inverso del coefficiente di attrito. L'equazione (134) lega i coefficienti di attrito delle singole specie in equilibrio al coefficiente medio (TO) ùl

    4

    = ::s i

    a. w,

    D; con la equazione :

    J; indica la corrente della parte contrassegnata del componente

    e: la sua concentrazione.

    I coefficienti di autodiffusìone presentano un notevole interesse teorico, infatti si può ammettere che le soluzioni di molecole conteuenti i~otopi differenti 5iano 5oluiioni ideali. In tali soluzioni, perciò, non esistono gradienti di potenziali chi. miei dovuti ai gradienti di concentrazione delle specie contrassegnate, quindi il coefficiente di autodiffusione mobilità della specie contrassegnata:

    D: dà una misura diretta della

    (135) (137)

    i a., (135a)

    Si è già detto che l'unica differenza tra i due tipi di molecole è la possibilità di distinguerle, quindi anche la mobilità delle molecole

    L'equazione (135) è applicabile quando le varie specie sono libere di muoversi le une indipendentemente dalle altre; non vale per esempio nel caso degli elettroliti dove la presenza di un campo elettrico obbliga anioni e cationi a procedere alla stessa velocità anche se le mobilità sono diverse.

    non contrassegnate è w1 • Esistono numerosissimi lavori sui coefficienti di autodiffusione {84} sia di sostanze pure sia di sostanze in soluzione; le tecniche sperimentali utilizzano per lo più isotopi radioattivi, talvolta anche non radioattivi, ed in tal caso è necessario lo spettrografo di massa per misure quantitative. I dati, purtroppo, sono molto meno precisi di quelli che attualmente si possono ottenere con i metodi ottici nelle misure dei coefficienti dì diffusione.

    --= 'I' A

    ~

    'I'•

    .

    -

    52-

    -53-

    A. W. Adamson (1) ha proposto che i coefficienti di autodiffusione possano coincidere con quelli di diffusione intrinsechi corretti per la non idealità della soluzione. Dalla (96) e (96a) si avrebbe cioè d In / 1

    li Laity fa notare che svolgendo la (139) si ottengono dei termini ( L •• + L .. ) J , J. di talcliè soltanto le somme ( L .. + L .. ) hanno si: gnificato nel calcolo della funzione ti.•s. Tra i termini L,. devono sussistere, oltre alle relazioni di reciprocità, anche le relazioni seguenti :

    )

    (138)

    l L .. c. = O

    dN 1

    Prima di lasciare definitivamente questo argomento vogliamo an. cora far rilevare una differenza sostanziale tra i due tipi di coefficienti, differenza che si manifesta in modo inequivocabile quando si tratta di elettroliti. Nella diffusione si deve manifestare un fenomeno di trascinamento da parte degli ioni sulla loro nuvola ionica, trascinamento che si esercita sul solvente; nell'autodiffusione, invece, si deve considerare lo ione quando esce dalla sua nuvola. Nel primo caso si dovrà tener conto di un effetto elettroforetico, nel secondo di un tempo di rilassamento per il riassestamento della nuvola ionica (37,, 97).

    Le (141) sono analoghe alle (58), esse ci dicono che, qualora le velocità di tutti i componenti fossero uguali, non vi sarebbe produzione di entropia (•). 2 Moltiplicando ciascuna delle equazioni (141) per J,f c, e sottraendole poi tutte dalla (139), l'espressione per A'S diventa: A'S

    =l

    •.•

    L,. J, ( J, - e, J, /e,)

    Le forze motnc1 nel processo di diffusione, cioè potenziali chimici, saranno date dunque da grad !«

    TRATTAMENTO TERMODINAMICO DELLA DIFFUSIONE SECONDO LAITY

    =-

    .

    l L,. ( J. - e, J, / e, )

    R. W. Laity inizia la sua trattazione partendo dall'espressione per la produzione di entropia in un processo irreversibile scritta secondo la notazione di Onsager (98)

    c.

    X,

    •.•

    L,, ( J, J, )

    =l

    gradienti dei

    - v,)

    (144)

    (139)

    = C N,

    (145)

    dove N , è la fra zione molare del componente k , e chiamando: r ..

    =l

    .

    = - ::: L,. c. ( v,

    (143)

    Le (144) possono essere ancora trasformate : se infatti indichiamo con C il numero totale di moli per unità di volume avremo

    (88, 88')

    t!i.'S

    (141)

    si avrà grad J.L,

    =l



    = CL,.

    (145a)

    r ,. N , (v, - v.)

    (146)

    (1 40)

    L .. J ,

    Le forze sono cioè espresse come combinazioni lineari dei flussi ; quindi la matrice delle L,. è là matrice inversa delle R,. ; [L .. ] [R .. ]- 1 ; anche tra i coefficienti della [L .. J, ovviamente, sussistono le relazioni di reciprocità (•).

    Le forze, nell'equazione (146), sono scritte in un modo particolarmente interessante perchè sono date come combinazioni lineari di coef.

    =

    (") Vedi H . MORCENAU and G. M . MuRPHY , The Mutliernutics of Physics and Chemistry. D. Van Nostrand Co. Inc., New York (1953). capitolo IO. pag. 287 e seg.

    (•) Infatti sapendo che J,

    = u, e,,

    la (139) si trasforma in : (142)

    La (142) sarà sempre nulla soltanto se i coefficienti delle nulli, cioè se sarà verificata la (141):

    e, saranno tutti ugualmente

    -

    54-

    ficienti r,. ciascuno dei quali prende in considerazione soltanto il moto relativo della specie i rispetto a quella k. Ciascun termine r .. quindi può considerarsi come un e coefficiente (termodinamico) di attrito• tra la specie i e quella k. Esso soprattutto non dipende dalle coordinate di riferimento scelte per descrivere il fenomeno della diffusione, poiè:hè, qualsiasi coordinata si scelga, la differenza ( v, - v,) rimane immutata. E' anche interessante notare che nell'espressione delle forze spariscono tutti i coefficienti r., di attrito interno di ciascuna specie con se stessa. Nel trattare la diffusione in un sistema binario Laity definisce, in: nanzitutto, un • coefficiente termodinamico di (inter) diffusione • che; analogamente al coefficiente della legge di Fick, è uguale per ambedue i componenti. Per fare ciò egli sceglie come coordinate di riferimento quelle rispetto alle quali la corrente totale ::S J', è nulla : J'1

    Il coefficiente di attrito r 12 è legato al coefficiente termodinamico di diffusione dall'espre5sione r 12

    D' c1 grad (In a 1 )

    (82, 10