Introduzione a Descartes [PDF]

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Zitiervorschau

Introduzione a

DESCARTES di Giovanni Crapulli

Editori Laterza Mauritius_in_libris

I FILOSOFI Ogni volume di questa collana co- ~ stituisce un ampio capitolo di storia ~ della filosofia, dedicato a un autore o a una corrente di pensiero. Le singole «Introduzioni» offrono gli strumenti critici essenziali per intendere lopera dei filosofi alla luce delle più recenti prospettive storiografiche. 0

I SBN 88- 420- 3307-3

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Lire 18000 (i.i.)

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I FILOSOFI 50

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© 1988, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 1988 Quinta edizione 1996

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l'autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.

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INTRODUZIONE A

DESCARTES DI

GIOVANNI CRAPULLI

EDITORI LATERZA

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Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nell'ottobre 1996 Poligrafico Dehoniano - Stabilimento di Bari per conto della Gius. Laterza & Figli Spa CL 20-3307-0 ISBN 88-420-3307-3

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RENÉ DESCARTES

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ABBREVIAZIONI

AT = Oeuvres de Descartes par Ch. Adam et P. Tannery (Paris 1887-1913), 1964-74, 12 voll. AM = Descartes, Co"espondance par Ch. Adam et G. Milhaud, Paris 1936-63, 8 voli. CM = Co"espondance du P. Marin Mersenne religieux minime, publiée et annotée par C. de Waard, Paris 1933-83, 15 voll.

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I. FORMAZIONE GIOVANILE E PRIMA FASE DI RICERCA

Descartes ha delineato le tappe della sua formazione intellettuale nel Discours de la méthode del 163 7, lungo un periodo di studi e ricerche di circa venti anni, attraverso il quale è divenuto «cartesiano». Una visione retrospettiva non esente certo dal condizionamento della riflessione matura in un tempo in cui, in possesso di risultati ormai raggiunti, si cerca di definire una linea giustificativa di sviluppo e di approdo. È più che naturale che l'attendibilità storica di tale ricostruzione destasse l'attenzione critica degli studiosi cartesiani, con valutazioni tra loro più o meno contrastanti'. Non manca tuttavia la possibilità di orientare una soluzione plausibile del problema, confrontando il resoconto autobiografico del Discours con le altre fonti documentarie riportabili al periodo in esame: i frammenti giovanili, la corrispondenza, il ]ournal di Isaac Beeckman, e con le prime biogra' Cfr. H. Gouhier, La question de l'historicité du 'Discours' in Descartes. Essais sur le 'Discours de la méthode: la métaph-Jsique et la morale, Paris 1973', pp. 283-86. Strettamente connesso al problema della «storicità» del Discours è quello più generale della «sincerità» di Descartes circa le affermazioni relative allo sviluppo del suo pensiero e all'originalità delle sue ricerche e dei risultati conseguiti, specie in considerazione delle varie accuse di plagio da parte sia di alcuni suoi contemporanei (Beaugrand, Roberval) che di pensatori posteriori (Leibniz, Christiaan Huygens); cfr. G. Milhaud, La question de la sincerité de Descartes, nella sua raccolta di saggi Descartes savant, Paris 1921, pp. 9-24.

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fie cartesiane che ci hanno trasmesso gran parte di questa documentazione e altre testimonianze. Nell'inventario dei manoscritti di Descartes redatto a Stoccolma il 14 febbraio 1650, tre giorni dopo la sua morte, viene descritto «un petit registre en parchemin», non pervenutoci, che portava nel verso della copertina la data del 1° gennaio 1619 e in cui il giovane Descartes, da un anno in Olanda e da circa due mesi in collaborazione di studi con Beeckman, veniva trascrivendo in più sezioni distinte da titoli diversi - riflessioni, risultati di ricerca, particolari eventi: Parnassus (denominazione allusiva alle muse cartesiane: geometria, algebra, meccanica; cfr. AT X 153 15, 154 3, 162 4), Olympica (considerazioni ed episodi di ordine superiore, in contrapposizione a quelli «terreni»), Democritica, Experimenta, Praeambula. Initium sapientiae timor Domini 2 • Probabilmente nel dare inizio a questo quaderno di appunti volle seguire l'esempio dell'amico Beeckman, più anziano di lui di otto anni, che dal 1604 redigeva un Journal, minuto rendiconto, redatto in latino o in olandese, di letture, eventi vari, riflessioni, esperimenti, che continuerà fino al 1634 (morirà tre anni dopo a Dordrecht), prezioso e ricco documento della cultura scientifica dell'epoca3. Alcuni frammenti del «petit registre» vengono riportati 2 Per l'inventario di Stoccolma v. Oeuvres de Descartes par Ch. Adam et P. Tannery, t. X, pp. 1-14 (d'ora in poi AT con l'indicazione del volume, delle pagine ed eventualmente delle righe). Per «il piccolo quaderno in pergamena», descritto nell'inventario alla lettera e, cfr. H. Gouhier, Les premières pensées de Descartes, Paris 1958, pp. 11-18. ' Il manoscritto di 535 fogli (nel corso di redazione Beeckman non mancava di mostrarlo a studiosi che lo visitavano, come a Gassendi e a Mersenne nei loro viaggi in Olanda), per quanto il fratello Abraham alcuni anni dopo la sua morte, nel 1644, ne avesse pubblicato una raccolta di note con il titolo Mathematico-physicarum meditationum, quaestionum, solutionum centuria (Trajecti ad Rhenum apud Petrum Danielis Sloot), rimase ignorato fino al 1905, anno in cui venne rinvenuto nella Provinciale Bibliotheek Zeeland di Middelburg e portato a conoscenza del giovane studioso Comelis de W aard, che avendovi riscontrato annotazioni e frammenti di o su Descartes, un breve trattato di musica di quest'ultimo (Compendium musicae) e

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da Adrien Baillet nella sua ampia biografia cartesiana 4 e raccolti in AT X 171-204, altri, unitamente a opuscoli e frammenti cartesiani di diverso periodo (compreso quello giovanile), ci sono pervenuti nella trascrizione eseguita o fatta eseguire a Parigi (a partire dal 1676) da Leibniz dagli originali in possesso di Claude Clerselier, che attendeva dal 1657 alla pubblicazione degli scritti inediti di Descartes'. Negli Opuscula posthuma physica et mathematica di Descartes apparsi ad Amsterdam (ex Typographia P. & ]. Blaev) nel 1701 si pubblicava per la prima volta nell'originale latino il trattato delle Regulae ad directionem ingenii con una raccolta di frammenti, Excerpta ex ms. R. Des Cartes, in gran parte anteriori al 1929 (AT X 277-328). Altra fonte principale diretta del periodo di cui ci stiamo occupando è la corrispondenza (si è già accennato alle poche lettere conservate nel ]oumal di Beeckman dei primi mesi del 1619), che prende consistenza a partire dal definitivo trasferimento di Descartes in Olanda (1628-29). Tra le fonti indirette rimane fondamentale la biografia già menzionata di A. Baillet, anche se non sempre attendibile 6 , che oltre a valersi alcune lettere scambiate tra i due amici nei primi mesi del 1619, ne informò Ch. Adam, che inserì i testi segnalati nell'edizione delle opere cartesiane in corso di pubblicazione (AT X 1908 15-169, 329-348). Lo stesso studioso olandese attese all'edizione del manoscritto che apparve in 4 volumi negli anni 1939-45 presso M. Nijhoff all'Aja: Joumal tenu par lsaac Beeckman de 1604 à 1634, publié avec une introduction et des notes par C. de Waard. V. recensione di B. Rochot in «Rev. phil.», aprile 1947, pp. 233-39. • A. Baillet, La Vie de Monsieur Des Cartes, Paris 1691, 2 voll. ' Foucher de Careil rinvenne le copie manoscritte dovute a Leibniz nella Koenigliche Oeffentliche Bibliothek (attualmente Niedersaechsische Landesbibliothek) di Hannover e ne pubblicò la quasi totalità dei testi (Oeuvres inédites de Descartes, précédées d'une introduction sur la méthode par Louis A. comte Foucher de Careil, Paris 1859-60, 2 tt.), testi che corretti e annotati da Ch. Adam furono inseriti in AT X 206-276. • «Erudito scrupoloso e storico sospetto [ ... ] L'erudito ha saputo riunire una preziosa documentazione, ma lo storico non sa tacere quando la sua documentazione lascia delle lacune [ ... ] la sua opera non è una 'fonte', ma le sue 'fonti' restano il punto di partenza di ogni ricerca», H. Gouhier, Les premières pensées..., cit., p. 20.

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degli inediti cartesiani in suo possesso disponeva di numerose testimonianze di personaggi che ebbero rapporti diretti con Descartes e si servì delle due brevi biografie esistenti, quelle di Daniel Lipstorp e di Pierre BoreF, anch'esse basate in parte su testimonianze dirette. Confrontando l'excursus autobiografico del Discours de la méthode con la documentazione di queste fonti, se si prescinde dall'enfasi e dal voluto rilievo del progressivo evolversi di una formazione secondo una prospettiva ben determinata, la sua attendibilità storica soffre più di omissione e reticenza, che di ricostruzione ideale. Molte sono le integrazioni da apportare, che se arricchiscono maggiormente di interessi e risultati il curriculum formativo e di ricerca del giovane Descartes, mettono in evidenza fattori esterni che vi concorsero in misura non irrilevante. Ciò nonostante, alcuni momenti non trovano una sufficiente documentazione e lasciano libero campo d'interpretazione ai critici. Le tappe rilevabili dalla ricostruzione autobiografica possono ridursi alle seguenti: 1) formazione al collegio di La Flèche; 2) periodo dei viaggi; 3) soggiorno definitivo in Olanda. Da tener presente preliminarmente che Descartes di norma quanto alla determinazione cronologica si limita a indicare eventi, la durata e la successione nel tempo, senza dare in linea di massima una datazione in assoluto; ciò che induce ad operazioni di calcolo, per la verità con leggero scarto nella determinazione da parte degli storici, a seconda dei punti di riferimento accertati che vengono assunti a preferenza di altri. La stessa datazione della redazione del Discours de la méthode da porsi tra il novembre 1636 e il marzo 1637 determina una oscillazione nella definizione cronologica, quando Descartes l'assume come punto di riferimento per riportare nel tempo un evento precedente, restando incerto se tener conto dell'uno o dell'altro anno. ' Danielis Lipstorpii Lubecensis Specimina philosophiae cartesianae. Quibus accedit ejusdem authoris Copemicus redivivus, Lugduni Batavorum, apud J. & D. Elzevier, 1653, in 2 tt. La breve biografia di Descartes è data come Appendix a pp. 69-94 del I tomo. Vitae R. Cartesii summi philosophi compendium, authore Petro Bore/lo, medico regio, Parisiis, apud I. Billaine, 1656.

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1. Formazione al collegio di La Flèche 8

Secondo la testimonianza di Descartes i suoi studi al collegio dei gesuiti si svolsero nell'arco di «quasi» nove anni 9 , e nove anni in effetti duravano complessivamente i corsi: sei di umanità (grammatica e retorica) e tre di filosofia10. Il «quasi» induce a ritenere che Descartes sia entrato • Cfr. C. de Rochemonteix, Un collège de Jésuites au XVII' et XVIII' siècles: le college Henri IV de La F/èche, Le Mans 1889, 4 voll. Il collegio fu istituito con privilegio da Enrico IV tra la fine del 1603 e l'inizio del 1604, nell'intento di erigere una cittadella universitaria cattolica in contrapposizione a quella protestante di Saumur. Divenne _prima del Collège de dermont, fonaato a Parigi nel 1619, «una delle scuole più celebri d'Europa», come riconoscerà lo stesso Descartes (cfr. G. Cohen, Ecrivains français en Ho/lande dans la p_remière moitié du XVII' siècle, Paris 1920, p. 361). L'ordinamento didattico era retto dalla Ratio atque institutio studiorum per tutti i collegi della Compagnia di Gesù (cfr. Ratio studiorum et institutiones scho/asticae Societatis Jesu per Germaniam diu vigentes collectae concinnatae dilucidatae a G.M. Pachter S.]., in Monumenta Germaniae paedagogica, II, V, IX, XVI, Berlin 1887-94). L'iscrizione al collegio prescindeva da ogni distinzione di classi sociali: tra i primi allievi del 1604 figurano il fratello maggiore di Descartes, Pierre, figlio di consigliere al Parlamento di Bretagna, e Marin Mersenne, figlio di contadini di Oizé nel Maine (studierà al collegio fino al 1609 circa), il futuro «secrétaire de l'Europe savante». Sui principi educativi dei gesuiti v. Fr. de Dainville, La naissance de /'humanisme moderne. Les Jésuites et l'éducation de la société /rançaise, Paris 1940 (rist. Genève 1969); E. Garin, L'educazione in Europa, 1400-1600, Bari 1966, pp. 192-97; Fr. de Dainville, L'éducation des jésuites, Paris 1978. • Cfr. le lettere del 22 luglio 1640 al p. Julien Hayneuve (AT III 100 18-22) e del 2 maggio 1644 al p. Grandamy (AT IV 122 9-13). ' 0 In filosofia si seguiva in linea di massima Aristotele nella interpretazione tomistica, salvo a distaccarsi in alcuni punti, come quanto al problema del principio di individuazione, desunto nella concezione ilemorfica non dalla materia (secondo S. Tommaso), ma dalla forma (secondo Suarez). Descartes adotterà la tesi suaresiana. Cfr. G. Lewis, L'individua/ité se/on Descartes, Paris 1950, pp. 9-36. Nel primo anno del triennio filosofico, dedicato allo studio della logica, i manuali in uso erano la Introductio in dialecticam Aristotelis di Francisco Toledo e le Institutiones dia/ecticarum di Pedro da Fonseca; nel secondo anno si studiava la fisica con lettura e commento di brani dagli otto libri della Fisica, dal De Caelo e dal De generatione di Aristotele; nel terzo anno lo studio della metafisica si basava su brani della Metafisica, del De generatione e del De anima, integrato da un corso complementare di morale. Ai testi scolastici

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in collegio solo ad anno inoltrato, sulla fine dell'inverno del primo anno, per lo stato cagionevole di salute cui accenna Baillet nella sua biografia cartesiana 11 • Tra le proposte avanzate dagli storici sugli anni di inizio e di fine le più probabili sono quelle che riportano l'entrata al collegio alla Pasqua del 1606 o del 1607 e l'uscita al 1614 o 1615 12 • Descartes include nel resoconto critico della sua formazione giovanile anche gli studi di diritto, che non rientrano propriamente nei nove anni di La Flèche ma che si svolsero in seguito all'università di Poitiers, università di cui però non fa alcuna menzione. La rievocazione cartesiana ha una impostazione critica e si svolge in due tempi, secondo lo schema premesso al brano autobiografico 13 • Prima, passando in rassegna le sinstudiati al collegio Descartes accennerà nella lettera a Mersenne del 30 settembre 1640, a cui chiedeva informazioni sui manuali di corsi di filosofia più seguiti nell'insegnamento dai gesuiti: «[ ... ] io non mi ricordo più che dei Conimbricensi, Toledo e Ruvio» (AT III 185 11-12; cfr. ivi 194-196 l'elenco dei Commentarii collegii conimbricensis, ossia del corso di filosofia peripatetica dettato al collegio dei gesuiti di Coimbra nel Portogallo dal 1592 - «summa ampia e aggiornata, non solo della cultura scolastica, ma anche delle discussioni dei secoli XV e XVI», E. Garin, Vita e opere di Cartesio, Roma-Bari 1984, p. 13 -, nonché delle opere di Toledo e Ruvio). Le matematiche venivano insegnate nel secondo anno con i manuali di Clavius, nei quali si metteva in evidenza la posizione privilegiata delle matematiche fra le altre discipline. In Descartes le matematiche per questa loro peculiarità assumeranno un ruolo esemplare nella fondazione della epistemologia. «Poiché le discipline matematiche - scriveva Clavius - ricercano e coltivano con tanto zelo la verità da non ammettere non solo ciò che è falso, ma anche ciò che è solo probabile e non sia confermato e reso solido da dimostrazioni certissime, non può esservi dubbio che debba loro riconoscersi il primo posto fra tutte le altre scienze» (Opera mathematica, Maguntiae 1611, t. I, Prolegomena, p. 5). Cfr. Regulae ad directionem ingenii, AT X 362 5-16, e nella mia edizione (d'ora in poi C) 3 15-25. 11 Cfr. A. Baillet, op. cit., I 28. 12 Cfr. H. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., pp. 158-59; G. Rodis-Lewis, Quelques questions disputées sur la jeunesse de Descartes, «Archives de philosophie», 1983, pp. 613-19. " «Sono stato allevato nello studio delle lettere sin dalla fanciullezza, e poiché mi si faceva credere che con esse si poteva conseguire una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò che è utile alla vita, avevo un desiderio estremo di apprenderle. Ma non appena ebbi concluso

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gole discipline - non sempre indicandole con la propria denominazione -, Descartes ne rileva gli aspetti positivi che potevano giustificare il desiderio di apprenderle e l'interesse di applicarvisi. Poi, riesaminandole nello stesso ordine, adduce le ragioni per cui il loro studio ingenerò invece insoddisfazione e delusione. Per intendere la portata delle considerazioni critiche e attenuare il contrasto con i ripetuti apprezzamenti dell'insegnamento impartito dai gesuiti, che ricorrono nella corrispondenza posteriore al Discours 14, credo che sia legittimo pensare che Descartes, pur riportandosi direttamente nella rievocazione agli anni della sua formazione al collegio di La Flèche, tenga presente, astraendo dal contesto e generalizzando, anche il sistema didattico del suo tempo, in particolare quello del suo nuovo paese di adozione, l'Olanda (aveva già soggiornato a Franeker, Amsterdam, Leida, Deventer, Utrecht, tutte sedi universitarie o di «scuole illustri»)". Del resto le considerazioni critiche sono di ordine generale, e pur rivolte direttamente alle discipline in quanto tali e ai loro programmi' 6 , alludono ad un tipo di questo intero corso di studi, al termine del quale si è di solito annoverati tra i dotti, cambiai completamente opinione: mi trovavo infatti in tale groviglio di dubbi e di errori da avere l'impressione di non aver ricavato altro profitto, mentre cercavo di istruirmi, che scoprire sempre più la mia ignoranza» (AT VI 4 21-31). " V. le lettere del 14 giugno 1637 al suo ex professore di filosofia di La Flèche (AT I 383-384), del 22 febbraio 1638 al p. Vatier (ivi 565), del 22 luglio 1640 al p. Julien Hayneuve (AT II 100), del 2 maggio 1644 al p. Grandamy (AT IV 122); ed anche il brano della lettera cui si rimanda nella nota seguente. " V. lettera del 12 settembre 1638 ad ignoto corrispondente che gli chiedeva consigli sull'«educazione» del figlio (AT II 377-378). •• La consuetudine con la letteratura e la storia antica estrania dal tempo in cui si vive; la tendenza a presentare gli eventi del passato parzialmente, limitandosi agli aspetti più meritevoli di considerazione ed ammirazione, falsa il giudizio e induce a formare modelli di azione che eccedono la ordinaria disponibilità umana; l'eloquenza e la poesia sono «doni dell'animo più che frutti dello studio»; le matematiche, cui era particolarmente interessato «per la certezza e l'evidenza delle loro dimostrazioni», non vengono debitamente utilizzate; la morale degli antichi esalta le virtù; «ma ciò che chiamano con un sì bel nome spesso non è che insensibilità, o orgoglio, o disperazione, o parricidio»; le verità rivelate di cui si occupa la teologia superano la ca-

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impostazione didattica che mira più a procurare una cultura nozionale (eruditio) che a formare un atteggiamento critico e soprattutto a promuovere l'iniziativa personale nella ricerca. Della sua attitudine alla ricerca in questi anni testimonia una annotazione del «petit registre» con una fugace allusione alla genesi del suo metodo: «Da giovane, quando mi si presentava qualche scoperta ingegnosa (ingeniosis inventis), mi domandavo se io stesso non fossi in grado a trovarla da me (per me possemne invenire), anche senza apprenderla dalla lettura (non lecto auctore), per cui poco alla volta mi resi conto di servirmi di alcune regole fisse (certis regulis)» AT X 214 1-3' 7 • Il giovane allievo del collegio di La Flèche non limitò il suo impegno allo studio delle discipline in programma: «[ ... ] vi avevo appreso tutto quello che gli altri vi apprendepacità dell'intelletto umano e non possono essere sottoposte a valutazione critica; quanto alla filosofia, «pur coltivata dalle menti più elette da secoli e secoli [ ... ] non vi è affermazione alcuna che non sia controversa e quindi dubbia», per cui le scienze che ne desumono i principi, non possono aver costruito nulla di solido (AT VI 6-9). «La verità è - osserva Garin (Vita e OR.ere ... , cit., p. 17) - che, buon allievo di La Flèche, Cartesio studio la filosofia che i manuali e i commenti gli offrirono, e ne trasse una immagine che, stranamente, insieme conservò e respinse, senza andare alle fonti, senza approfondire». 17 In questo frammento emergono tre temi complementari: «in primo luogo ciò che interessa il giovane Descartes non è soltanto sapere ma trovare, inventare ciò che sa, invenire; poi constata che invenzione si oppone a erudizione, per me a auctore; in fine, man mano che si esercita a trovare da sé si accorge che certe regole dirigono Io spirito, per cui invenire non introduce affatto casualità nella vita del pensiero», H. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., p. 22. L'annotazione del «petit registre» verrà poi ribadita e sviluppata nelle Regulae ad directionem ingenii: «Confesso di essere nato con tale disposizione, di aver sempre riposto la maggior soddisfazione, studiando, non nell'ascoltare le ragioni altrui, ma nel ritrovare le medesime direttamente applicandomi e industriandomi. Poiché questa era l'unica attrattiva, quand'ero ancor giovane, ad apprendere le scienze, ogniqualvolta un libro prometteva nel titolo una nuova scoperta, prima di procedere oltre nella lettura, provavo se mai riuscissi a trovare qualcosa di simile in virtù di una certa sagacia innata e mi guardavo bene che una lettura anticipata mi privasse di questa onesta soddisfazione» (AT X 403 12-21, C 34 20-26); cfr. anche Discours de la méthode, AT VI 3 3-11.

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vano; anzi non contentandomi delle scienze che c'insegnavano, avevo scorso tutti i libri, capitatimi fra le mani, che trattano delle scienze più curiose e più rare 18 • D'altra parte sapevo come gli altri mi giudicavano e mi rendevo conto che non mi stimavano affatto inferiore ai miei condiscepoli, anche se ve ne fossero alcuni già destinati ad occupare il posto dei nostri maestri» (AT VI 5 3-13). Del suo effettivo profitto negli studi a La Flèche - ciò che porta a ridurre o a riconsiderare sotto una angolatura compatibile le sue valutazioni negative nel periodo della formazione al collegio sono testimonianza la padronanza del latino, in cui redigerà sia le opere giovanili che le opere maggiori della maturità, una consuetudine con le opere di autori classici che citerà nella corrispondenza e nelle opere, una discreta conoscenza della scolastica della cui influenza risentirà il suo pensiero filosofico nonostante il palese e sostanziale atteggiamento critico e la cui terminologia verrà utilizzata, anche se non intesa nell'accezione corrente - e non mancherà talora lui stesso di avvertirne il lettore -, ma soprattutto una buona formazione matematica, che deve presumersi - come vedremo - anteriore alle iniziali ricerche fisico-matematiche con Beeckman nel primo soggiorno in Olanda (1618-19). La formazione umanistica al collegio di La Flèche fu completata con gli studi di giurisprudenza all'università di Poitiers, che Descartes frequentò probabilmente per un anno, se non per un biennio, conseguendo i titoli accademici •• «Si chiamano 'scienze curiose' quelle che sono note a J;>OChe persone1 hanno segreti particolari, come la chimica, una parte dell'ottica che ta vedere delle cose straordinarie per mezzo di specchi e lenti, e molte vane scienze con cui si pensa di vedere il futuro, come l'astrologia giudiziaria, la chiromanzia, la geomanzia, e vi si aggiungono anche la cabala, la magia, ecc.», dal Dictionnaire universel di Furetière ( 1690) citato da Gilson (R. Descartes, Discours de la méthode. Texte et commentaire par E. Gilson, Paris 1930, p. 109). Per una o due ore al giorno gli allievi si applicavano a letture e studi di loro gradimento; cfr. Fr. de Dainville, La naissance ... , cit., p. 290. Probabilmente dalla lettura della Magia naturalis (nella vers. fr. apparsa a Rouen nel 1611) di G.B. Della Porta Descartes desunse l'esempio dell'antipatia tra lupi e pecore nel Compendium musicae che redigerà alla fine del 1618 (AT X 90 3-7); cfr. G. Rodis-Lewis, L'Oeuvre de Descartes, 1971, I, pp. 22-23.

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di baccelliere e licenziato in diritto canonico e in diritto civile il 9 e il 10 novembre 1616: «examinatus ad 40 theses de testamentis ordinandis in utroque jure. Pure et simpliciter de justitia et jure. Et laudetur» 19 • 2. Periodo di viaggi Descartes nel suo excursus autobiografico fa decorrere questo periodo dalla fine dei suoi studi letterari. «[ ... ] Non appena l'età mi permise di uscire dalla tutela dei miei insegnanti, abbandonai completamente lo studio delle lettere. E risolvendomi a non cercare alcun'altra scienza che quella che si potesse trovare in me stesso, o nel gran libro del mondo, impiegai il resto della mia giovinezza a viaggiare, a vedere corti ed eserciti, a frequentare persone di indole e condizioni diverse, a raccogliere varie esperienze, a provare me stesso nei casi che mi offriva la sorte e a riflettere su quanto mi capitava in ogni luogo, in modo da poterne trarre qualche profitto» (AT VI 9 17-28). Questo lungo periodo di viaggi, che come vedremo si concluderà, secondo la cronologia dell'excursus, verso il 1629, viene suddiviso a sua volta in due decorsi di tempo da un accadimento cui Descartes attribuisce particolare rilevanza, l'inverno 1619-20 trascorso in un villaggio della Germania. Seguendo il desiderio «di apprendere a distinguere il vero dal falso per veder chiaro nelle azioni e procedere con sicurezza in questa vita», aveva trascorso prima «alcuni anni a studiare nel libro del mondo e ad acquistare qualche esperienza». La descri19 Nella stessa università tre anni prima aveva preso gli stessi titoli accademici, con la stessa menzione «et laudetur>>, il 7 e 1'8 agosto suo fratello maggiore Pierre (AT XII 40, nn. a-b), che diverrà il 10 marw 1618 consigliere al parlamento di Bretagna, funzione che già rivestiva il padre Joachim dal 6 dicembre 1585 (AT XII 11-12). Recentemente è stato trovato a Poitiers il «placard» per la licenza conseguita da Descartes con dedica allo zio materno, René Brochard, manifesto che contiene quindi il primo testo conservato del giovane Descartes, che dà prova della sua recente formazione umanistica; v. «Archives de philosophie», 1987, 1, Bulletin Cartésien, XV, pp. 1-4: testo latino con versione francese e note di J.-R. Armogathe e V. Carraud.

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zione e il consuntivo di questa prima fase di «alcuni anni», che precedono l'inverno 1619-20, restano piuttosto generici: «[ ... ] in questo continuo considerare il modo di agire e di pensare (!es moeurs) degli altri non trovavo quasi nulla di cui essere sicuro e notavo quasi tanta diversità quanta ne avevo prima costatata tra le opinioni dei filosofi»; il profitto maggiore fu di «liberarmi a poco a poco di molti errori che possono offuscare la nostra luce naturale e renderci meno capaci di comprendere» (ivi 10 12-26). Primo soggiorno in Olanda, 1618-19. Molto di più concreto si desume dalle altre fonti risalendo di «alcuni anni» dall'inverno 1619-20. L'evento più rilevante - e peraltro l'unico che si può documentare dopo i gradi accademici conseguiti a Poitiers - nell'orientamento e nell'impostazione delle prime ricerche personali di Descartes, è il primo soggiorno in Olanda dal 1618 all'aprile 1619, di cui si hanno larga documentazione nel ]ournal di Beeckman e nei frammenti giovanili e una rievocazione, anche se di rettifica polemica, nella stessa corrispondenza cartesiana. Quanto alla scelta di Descartes dell'Olanda come prima meta dei suoi viaggi non si può prescindere dall'attrazione esercitata sui francesi dalla Repubblica delle Province Unite alla fine del XVI sec. e nei primi decenni del secolo successivo, con viaggi, prolungati soggiorni di studio o di pratica militare, partecipazione didattica nelle università di recente istituzione20. All'inizio del 1618 Descartes si arruolava volontario a Breda, in Olanda, in uno dei due reggimenti francesi che facevano parte dell'esercito olandese sotto il principe Maurizio di Nassau. Ma per la tregua dei dodici anni (14.IV.1609-21) nella guerra contro la Spagna gli adempimenti militari si riducevano ad esercitazioni pratiche. A destarlo dal grigiore della routine giornaliera fu il casuale incontro, il 10 novembre, con l'olandese Isaac Beeckman (Middelburg, 10.XII.1588 - Dordrecht, 19.V.1637), da poco laureatosi in medicina all'università di Caen (6 settem20

G. Cohen, op. cit., p. 358.

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bre), dopo aver frequentato l'università di Leida (iscritto come «linguarum et philosophiae studiosus» e «studiosus bonarum litterarum» nell'Album studiosorum rispettivam,ente il 21.V.1607 e 29.IX.1609). Tra i due si annodò ben presto un rapporto d'amicizia sulla base di un comune interesse per alcuni settori della ricerca scientifica, che si concretizzò nello scorcio dell'anno in colloqui diretti e nei primi mesi dell'anno successivo, dopo il ritorno di Beeckman nella nativa Middelburg, nello scambio di corrispondenza. Il ruolo di Beeckman sia nella formazione del pensiero scientifico di Descartes sia più in generale nello sviluppo della ricerca nella prima metà del XVII sec. ha ottenuto dalla critica storica un riconoscimento di grande rilievo, man mano che si è venuta diffondendo la conoscenza del suo ]ournal 21 • Quanto all'influenza esercitata su Descartes non è facile definire obiettivamente quanto quest'ultimo deve alle informazioni e alla collaborazione dell'amico olandese, più avanti negli anni, come già notato, e con un tirocinio di studi più lungo e di diversa formazione. L'effettiva preparazione e lo sviluppo di conoscenze di Beeckman all'epoca dell'incontro possono ricostruirsi dalle testimonianze del suo Journal; non altrettanto si può dire di Descartes, i cui primi scritti di cui si ha notizia risalgono a questo stesso periodo, ma che comprovano già una matura consuetudine di problemi e di informazioni soprattutto nel campo della matematica, della musica e della meccanica, che gli consentono di prendere posizione nelle discussioni con Beeckman e di procedere ad una consapevole programmazione di studi ulteriori e che non possono giustificarsi con una estemporanea iniziazione alla ricerca. Descartes valutò diversamente il suo debito e i suoi rapporti con Beeckman. All'epoca della collaborazione fu generoso nelle espressioni di riconoscenza per avere ridestato l'interesse alla ricerca (AT X 162-163), " Rinvio al lavoro complessivo più recente sull'opera dello studioso olandese, peraltro corredato di ampia bibliografia: Klaas van Berkel, Isaac Beeckman (1588-1637) en de mechanisering van het were/dbee/d, with a summary in English, Amsterdam 1983. L'autore riconosce in Beeckman il primo ricercatore moderno che abbia formulato una concezione meccanicistica del mondo.

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ma fu altrettanto severo, dieci anni dopo, nel sottolineare le carenze della sua formazione scientifica e matematica22 • Nell'excursus autobiografico - in cui peraltro non si riscontra alcun riferimento a personaggi concreti con cui Descartes era stato in rapporti - non si farà alcun accenno alla collaborazione con Beeckman. La riconciliazione nell'ottobre 1631 non porterà alla ripresa di una effettiva ricerca in comune come in passato. Beeckman morirà il 19 maggio 1637, poco prima della pubblicazione del Discours. Di varia natura furono gli argomenti su cui si svolse la collaborazione nella discussione e nella ricerca, dalla fisica nel campo della statica e della dinamica alla musica, riguardanti in linea di massima problemi che già avevano interessato Beeckman. Un orientamento di massima si può notare nella loro impostazione, ossia il ricorso alla matematica, che ha caratterizzato queste ricerche come «fisico-matematiche». Senza cadere nella simplicistica assegnazione della parte fisica a Beeckman e di quella matematica a Descartes, forse il merito di tale impostazione metodologica spetterebbe più a quest'ultimo. Comunque è alla matematica e alla sua utilizzazione, sia nella soluzione dei problemi fisici che in generale nell'esame delle questioni metodologiche ed epistemologiche, che Descartes volgerà di preferenza la sua attenzione nelle ricerche successive. Uno dei primi problemi su cui converse l'interesse dei due amici fu la legge della caduta dei gravi nel vuoto, problema di cui Beeckman si era già da tempo occupato e per la soluzione del caso particolare che proponeva ( «quanto spazio un grave percorre cadendo in un'ora, sapendo quanto ne percorra in due ore») avanzava alcune condizioni preliminari, che costituivano come i fondamenti di una sua concezione meccanicistica dei fenomeni naturali: esistenza dello spazio vuoto, principio della conservazione del movimento («ciò che è in movimento nel vuoto continua a muo" Tra il 1629 e il 1630 i buoni rapporti tra i due si interruppero bruscamente: Beeckman si era attribuita la paternità del contenuto del Compendium musicae. V. le due lettere di Descartes a (Beeckmann) del settembre-ottobre 1630, AT I 154-167.

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versi in esso»), principio della costanza o permanenza della forza traente (la forza che attrae il grave verso il centro della terra - Beeckman accoglie la tesi dell'attrazione della terra formulata da Gilbert nel De magnete del 1600 - gli imprime un nuovo impulso ad ogni istante della caduta). Dai testi della soluzione conservati sia nel Journal, che nei frammenti giovanili di Descartes e nella stessa corrispondenza di quest'ultimo, sembra che non vi sia stata una chiara e consapevole intesa tra i due sin dalla stessa impostazione del problema. L'apporto di Descartes nella discussione e nella proposta risolutiva consisterebbe nella prospettiva geometrica in cui inquadra il problema, nella considerazione degli infinitesimali, nel ricorso alle coordinate nel definire i rapporti tra le grandezze variabili del movimento, salvo poi a sbagliare nell'assegnare alle ascisse le variazioni dello spazio anziché quelle del tempo e quindi a dare diverso valore alla integrazione delle figure geometriche risultanti. In conseguenza nella soluzione cartesiana il movimento uniformemente accelerato nella caduta di un grave viene inteso come movimento la cui velocità aumenta proporzionalmente allo spazio percorso e non al tempo trascorso 23 • Di un certo rilievo fu anche un problema di idrostatica, e propriamente quello della pressione esercitata dall'acqua sul fondo di vasi, di uguale peso ma di diversa conformazione e variamente colmi, e del peso complessivo di ciascuno, problema desunto da Simon Stevin (De beginselen des waterwichts, Leyden 1586, o Vierde stuck der wisconstighe gedachtnissen van de weegconst, Leyden 1605). Si conservano i testi della soluzione di Descartes Uournal I 364, IV 52-55; AT X 67-74, 228-229), in cui è da rilevare in primo " Testi in AT X 58-61, 75-78; Journal, I 262-264, 360-361, IV 49-52. Cfr. G. Milhaud, op. cit., pp. 25-34; A. Koyré, Studi galileiani, trad. it. di M. Torrini, Torino 1979, pp. 107-36. L'interesse di Descartes per la legge della caduta dei gravi nel contesto delle premesse poste da Beeckman andò scemando col tempo sia per la sua riluttanza a fare astrazione dalla resistenza dell'aria e a tener conto dell'ipotesi del vuoto che riteneva impossibile (P. Tannery), sia per l'abbandono del principio della costanza della forza traente, che aveva accettato provvisoriamente (G. Milhaud).

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luogo il richiamarsi ai «suoi fondamenti della meccanica», da cui ricava le premesse, e poi la conseguente impostazione, diremmo, «more geometrico»: premesse con postulati (in particolare: «fingendum est corpus quod gravitare dicitur deorsum moveri, et illud in primo instanti motus considerandum est») e definizioni (di «gravitare» e «gravitatio»: «vis qua in primo instanti impellitur motus»), proposizioni che vengono enunziate e dimostrate. Come in altri frammenti giovanili la dimostrazione viene riassunta in forma sillogistica, attitudine che richiama gli anni non lontani di filosofia scolastica a La Flèche 24 . Come strenna per l'inizio del nuovo anno, 1619, Descartes offrl all'amico un breve trattato di musica, il Compendium musicae, in cui aveva dato ordine e sistemazione a problemi, in parte già noti a Beeckman, interessato da tempo alla musica (in particolare al rapporto tra consonanze e stati emotivi) e di cui certamente avevano discusso nei precedenti incontri. In esso Descartes seguiva una impostazione inconsueta nei manuali tradizionali, con il prevalente interesse per la determinazione matematica dei rapporti tonali (intervalli, consonanze, dissonanze). Il considerare le relazioni dei suoni e le risultanti sensazioni gradevoli dal punto di vista di una valutazione puramente quantitativa, esprimibile in relazioni di ordine numerico, segna nel contempo un passo ulteriore nel superamento della tradizionale fisica basata sulle «qualità» verso una concezione meccanicistica2'. All'impostazione matematica si sovrappone un ordine di considerazioni di natura estetica. La partenza di Beeckman per Middelburg il 2 gennaio 1619, se non interruppe i rapporti che continuarono per via epistolare, indusse Descartes, al di fuori di una collaborazio-

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2 • Cfr. G. Milhaud, op. cit., pp. 34-37. " Rispondendo il 24 gennaio alla prima lettera che Beeckman gli scriveva da Middelburg, ponendogli dei quesiti sugli intervalli musicali, Descartes riportandosi al suo Compendium ne sottolineava l'impostazione matematica: «se considerate attentamente ciò che ho scritto sulle dissonanze e il resto della mia Musica, troverete che tutto ciò che ho annotato sugli intervalli delle consonanze, dei gradi e delle dissonanze è dimostrato matematicamente» (AT X 153 9-12).

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ne diretta, ad un impegno di ricerca più personale, lottando contro la sua indolenza naturale, ricerca dei cui risultati non mancherà di tenere al corrente l'amico olandese, con il quale peraltro aveva concordato un piano di lavoro. «[ ... ]Indolente al mio solito - lo informava il 24 gennaio -, ho appena apposto il titolo ai libri che scriverò secondo i vostri suggerimenti» (AT X 151 9-10). La novità e l'originalità rispetto o contro l'apporto della tradizione o l'erudizione mutuata dai libri 26 , l'impostazione che tende a trascendere il particolare per l'universale, ad ampliare sempre più l'ambito d'indagine da configurare progetti tali da apparire incredibili e al di sopra delle possibilità di un singolo individuo, il crescente interesse per il procedere metodico nell'ambito dell'uso della ragione sono le note ricorrenti nella corrispondenza e nei frammenti di questo periodo. Nel contempo si delineava in lui la consapevolezza della situazione ambigua, in cui era indotto a vivere, tra il comportamento anodino nell'ambiente militare e l'intensa partecipazione interiore al suo lavoro di ricerca, consapevolezza a cui già alludeva nel concludere il Compendium musicae (AT X 140-141) e che esprimeva nel frammento: «come gli attori, chiamati sulla scena, per nascondere il rossore sulla fronte indossano la maschera, cosl io sul punto di salire sulla scena del mondo, in cui finora sono stato spettatore, avanzo mascherato 26 A Burman dichiarerà - commentando un passo dell'excursus autobiografico relativo al periodo che stiamo esaminando - che non aveva con sé alcun libro da cui apprendere e pertanto doveva avvalersi delle sue capacità inventive per progredire nella conoscenza della matematica (AT V 176). D'altra parte da un frammento giovanile si rileva quale apprezzamento faceva dei libri: «per conoscere tutto il contenuto della maggior parte dei libri basta leggere poche righe e dare uno sguardo alle figure; tutto il resto è stato aggiunto per riempire la carta» (AT X 214). Sottolineando la disponibilità, senza preclusioni, ad ogni ambito di ricerca, Gouhier osserva: «Descartes è un dilettante ('amateur') nel vero senso della parola: i soli maestri nel suo lavoro sono l'ispirazione e la curiosità; non è quindi mai l'uomo di una sola pista: il suo spirito resta sempre aperto alle molteplici questioni che solleva una scienza nuova e senza specializzazioni» (Pour une histoire des Méditations métaphysiques, «Revue des sciences humaines», 1951, 1, p. 9).

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(/arvatus prodeo 27 ) (AT X 213 4-7). Nella lettera a Beeckman del 26 marzo si soffermava sullo sviluppo delle sue ricerche: in breve tempo aveva scoperto (brevi tempore adinveni) servendosi dei compassi di sua invenzione «quattro dimostrazioni notevoli e del tutto nuove»: la prima relativa alla divisione dell'angolo in parti uguali, le altre tre alle equazioni cubiche (trascritte nella tradizionale notazione cossica). Si riprometteva con un approfondimento ed una applicazione più estensiva del procedimento di queste ultime dimostrazioni di redigere una trattazione completa, esponendo «una scienza non nel genere dell'Ars brevis di Lul1028, ma una scienza del tutto nuova, con la quale si possano risolvere in generale tutte le questioni proponibili in qualsiasi specie di quantità, sia continua [in geometria] che discreta [in aritmetica], ciascuna secondo la sua natura [ ... ] È certo un'opera infinita, né di un solo individuo. Incredibile, quanto ambiziosa; ma nell'oscuro caos di questa scienza ho 27 Il motivo del larvatus prodeo è stato sviluppato in tesi interpretativa della personalità di Descartes e del suo pensiero, nonché della cerchia dei suoi amici e corrispondenti, da M. Leroy nella monografia del 1929, Descartes, le philosophe au masque: un filosofo di alta levatura mentale che nasconde, aietro la maschera di un razionalismo rispettoso della fede tradizionale, un genuino agnosticismo. «Rinunziare a decifrare, di reticenza in reticenza, la vita autentica di quest'uomo straordinario, che ha formulato lui stesso la teoria della reticenza mentale, nell'interesse della verità, di una verità pericolosa, è condannarsi, a nostro avviso, a non veder_ mai il suo volto, a non conoscere la sua anima intima, il suo pensiero» (I p. 8). E. Garin che richiama il giudizio di G. Cantor su quest'opera - «molto curiosa, ma molto utile» - dopo aver sottolineato la prospettiva deformante di Leroy, osserva: «Ciò non toglie che di fronte alla figura umana del pensatore, come dinanzi a non poche sue pagine, rimanga incancellabile una impressione di ambiguità: di qualcosa di sfuggente, di inafferrabile» (Vita e opere... , cit., pp. 4-5). 2 • Sull'opera di Lullo Descartes ritornerà con la lettera del 29 aprile chiedendo informazione a Beeckman, dopo il suo incontro a Dordrecht con un loquace vecchietto che si vantava, servendosi dell'arte lulliana, di poter parlare per un'ora intera di qualsiasi argomento e di poter svolgere lo stesso tema in modo sempre diverso J>Cr altre venti ore (AT X 164-168). Nell'excursus autobiografico (AT VI 17 19-20) formulerà un severo giudizio: «l'arte di Lullo serve a parlare, senza giudizio, di ciò che in realtà si ignora anziché ad ap_prendere verità non conosciute o a trasmettere verità note». Cfr. P. Rossi, Clavis universalis, Milano-Napoli 1960, p. 143.

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intravisto uno spiraglio di luce 29 con cui ritengo di potere diradare queste densissime tenebre» (AT X 156 7 - 158 2). L'altra invenzione di cui informava Beeckman, a cui chiedeva cosa ne pensava dei suoi scritti di meccanica (i frammenti già ricordati del 1618 o altro scritto andato perduto?), riguardava l'arte della navigazione, in particolare il modo di «riconoscere dalla sola ispezione degli astri di quanti gradi ci si era spostati verso oriente o verso occidente a partire da una posizione nota». Con la lettera del 23 aprile nel congedarsi tracciava una specie di programma di lavoro per il futuro, nell'intesa di mantenerlo informato fino alla ripresa della collaborazione diretta, dopo aver viaggiato per l'Europa (Danimarca, Polonia, Ungheria, Germania): «Se mi fermerò in qualche luogo, come spero di fare, vi prometto di accingermi senz'altro a dare ordine ai miei scritti sulla meccanica o sulla geometria»(«[ ... ] me Mechanicas ve! geometriam digerendam suscepturum [ ... ]») (AT 162 13 - 163 15). Lasciando l'Olanda, Descartes riprendeva i suoi viaggi all'estero della durata di circa tre anni, periodo che coincide in parte con la prima fase della guerra dei Trent'anni, cui avrebbe partecipato - secondo gli antichi biografi, nel contesto di una continuità con il servizio militare nelle guarnigioni di Breda'0 - arruolandosi nelle truppe di Massimiliano di Baviera. Avrebbe preso parte alle operazioni di guerra, come alla decisiva battaglia della Montagna Bianca (8 novembre 1620), che con la vittoria dell'esercito della Lega cattolica su quello boemo al comando di Cristiano di Anhalt segnò la fine dell'effimero regno dell'elettore palatino Federico V. Più certa e documentata la prosecuzione delle sue ricerche, soggiornando in località nella zona centrale europea tra Baviera e Boemia, in cui non si èra ancora dissolta 29 Nell'impianto della sua algebra geometrica raccordava quantità numeriche e figure geometriche, prospettava una classificazione ordinata sia dei numeri (razionali, «sordi» o irrazionali e «immaginari», ossia le radici delle equazioni di grado superiori a 4, secondo G. Enestrom, v. nota in AT X 157) che delle curve, la cui esposizione svilupperà nella Géométrie del 163 7. ' In effetti i suoi viaggi all'estero verranno considerati con questa principale motivazione, l'esercizio delle armi; v. oltre, p. 41 n. 60.

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l'atmosfera culturale di matrice rinascimentale con la morte di Rodolfo II (1612) 31 che ne era stato promotore e con l'ascesa al trono di Boemia del fanatico arciduca Ferdinando di Stiria ( 1617 ). Inverno 1619-20. Nell'excursus autobiografico Descartes ci riporta all'inverno 1619-20, che segnerebbe secondo la sua ricostruzione un momento decisivo nello sviluppo della ricerca e della riflessione filosofica, per quanto la documentazione dei frammenti, in parte già esaminati, legittimerebbe piuttosto l'interpretazione di una maggiore connessione, se non di una continuità senza soluzione, con il periodo immediatamente precedente. «Dopo aver impiegato alcuni anni a studiare così nel libro del mondo e a cercare di acquistare qualche esperienza, presi un giorno la decisione di studiare anche in me stesso e di impiegare tutte le forze del mio spirito a scegliere le strade che dovevo seguire» (AT VI 10 26-31). Siamo all'inizio dell'inverno, dopo i festeggiamenti a Francoforte dell'incoronazione dell'imperatore Ferdinando II (20 luglio - 9 settembre 1619). Descartes si era fermato in una confortevole abitazione del ducato di Neuburg al nord della Baviera «sui bordi del Danubio», dove raccolto nella solitudine, senza alcuna distrazione o preoccupazione di sorta, «se ne stava tutto il giorno in una stanza ben riscaldata intrattenendosi con i suoi pensieri». Nel Discours si sofferma a lungo a svolgere una delle prime riflessioni che aveva attirato la sua attenzione: «spesso non vi è tanta perfezione nelle opere composte di più pezzi e fatte dalla mano di diversi artefici, che in quelle in cui ha " Rodolfo II aveva trasferito la corte imperiale da Vienna a Praga. Particolarmente interessato alle scienze «curiose», aveva arricchito di biblioteche e di gabinetti magico-scientifici la nuova sede imperiale, che divenne centro di studi alchemici, astrologici ed esoterici di ogni specie, cui approdavano studiosi da ogni parte d'Europa, come John Dee, Edward Kelly, Giordano Bruno, Keplero. Praga sotto Rodolfo fu una città rinascimentale, dalle caratteristiche proprie dell'Europa orientale, un crogiuolo di idee, potenzialmente fecondo di nuovi sviluppi (Cfr. A. Yates, The rosicrucian en/ightenment, London 1972, p. 17). V. il catalogo Prag um 1600. Kunst un Ku/tur am Ho/e Rudolfs Il (Essen, Luca Verlag Freren, 1988, pp. 624) dell'esposizione svoltasi a Essen dal giugno all'ottobre 1988.

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lavorato uno solo», riflessione che illustra con diversi esempi: edifici, città, leggi, religioni, «scienze dei libri», con varie disgressioni tematiche. L'ultimo esempio riguarda le «sciences des livres»: «[ ... ] pensavo che le scienze contenute nei libri, almeno quelle i cui argomenti non sono che probabili e che non hanno dimostrazione alcuna, venendo a comporsi, con graduale accrescimento, delle opinioni di più persone diverse, non si avvicinano alla verità come i semplici ragionamenti che può fare naturalmente un uomo di buon senso riguardo alle cose che si presentano. Inoltre pensavo che, poiché siamo stati tutti fanciulli prima di essere adulti e abbiamo dovuto essere guidati dai nostri istinti e dai nostri insegnanti, spesso in contrasto gli uni con gli altri e che forse non sempre ci consigliavano per il meglio né gli uni né gli altri, è quasi impossibile che i nostri giudizi siano cosi genuini e così solidi come sarebbero stati, se avessimo avuto l'uso completo della nostra ragione dal momento della nascita e fossimo stati sempre guidati solo dalla ragione» (AT VI 12 25 - 13 12). Tuttavia - osservava - non basta un semplice atteggiamento critico e indistintamente da parte di chiunque a legittimare l'iniziativa di demolire e rifondare o innovare una istituzione umana esistente, come riformare dalle fondamenta uno stato, il corpo delle scienze, l'ordine dell'insegnamento istituito nelle scuole. Il procedimento per analogia sembra allontanare Descartes dall'intento di giustificare «la risoluzione di disfarsi di tutte le opinioni ricevute in precedenza» e il discorso rientra nell'ambito del privato (dichiarerà esplicitamente: «il mio disegno non si è esteso oltre l'intento di riformare i miei propri pensieri e di costruire in un fondo tutto mio»). «Quanto a tutte le opinioni ricevute e accolte fin allora nella mia credenza non potevo far di meglio che intraprendere una buona volta di disfarmene, al fine di sostituirle con altre migliori o con le stesse, una volta riassunte e ristabilite al livello della ragione. E credetti fermamente che in questo modo sarei riuscito a condurre la mia vita molto meglio che se avessi costruito su vecchie fondamenta e mi fossi basato su principi di cui mi ero lasciato convincere 22

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nella mia giovinezza senza aver mai esaminato se fossero veri» (AT VI 13 25- 14 6). Ribadendo il carattere personale della decisione, Descartes non intendeva porsi come modello, anzi sconsigliava di seguirlo sia coloro che presumevano indebitamente di avere le capacità richieste, sia coloro che pur fomiti di attitudini adatte si ritenevano per eccessiva modestia meno capaci. Lui stesso non volle iniziare a mettere in atto la revisione critica radicale delle sue opinioni, senza aver prima impiegato molto tempo «a fare il progetto dell'opera che intraprendeva e a cercare il vero metodo per pervenire alla conoscenza di tutte le cose di cui sarebbe stata capace la sua mente» (AT 17 7-10). Il progetto, non meglio precisato, in conformità al maturarsi di una propensione per una vita orientata alla ricerca e alla riflessione, pur nel contesto scarsamente partecipato della vita militare (dall'arruolamento nelle milizie di Maurizio di Nassau a Breda a quello nelle truppe del duca di Baviera), doveva superare i limiti della matematica e della meccanica, di cui si era fin allora maggiormente, se non esclusivamente, interessato, per estendersi all'intero campo della filosofia. A sua volta la ricerca metodologica, già impegnata nella riflessione sulle procedure per la soluzione dei problemi di geometria e di algebra, allargava l'ambito visuale - modellandosi sulle caratteristiche della «logica, dell'analisi dei geometri o degli antichi e dell'algebra dei moderni» - a tutto il conoscere, in cui ricorrano, come nelle matematiche, le stesse «lunghe catene di ragioni» che assicurano una conoscenza certa ed evidente. Nel contempo la mathesis universalis da scienza universale della quantità come tale che abbraccia tutte le discipline specifiche matematiche tendeva a divenire espressione dell'unico sapere razionale. Secondo l'excursus alla formulazione dei seguenti quattro precetti si riducevano i risultati dell'indagine metodologica. «Il primo era di non accogliere mai alcuna cosa per vera, senza conoscerla con evidenza come tale, vale a dire di evitare accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non includere nei miei giudizi se non ciò che si presentasse alla mia mente con tale chiarezza e distinzione, da non avere motivo alcuno di metterlo in dubbio. Il secondo, di

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dividere ogni problema da esaminare in tante parti possibili per meglio risolverlo. Il terzo, di condurre con ordine i miei pensieri cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, fino alla conoscenza dei più complessi e supponendo un ordine anche tra quegli oggetti che non hanno alcun rapporto di dipendenza naturale. E l'ultimo, di fare ovunque enumerazioni così complete e rassegne così generali, da essere sicuro di non aver omesso nulla» (AT VI 18 16 - 19 5). La formulazione di questi precetti deve ritenersi senz'altro posteriore: «la loro introduzione storica nel Discours è l'opera del filosofo di quarant'anni» 32 ; rispecchia piuttosto in sintesi le indicazioni metodologiche esperite nei primi anni di ricerca e sviluppate negli anni successivi, indicazioni che gli apportavano soddisfazione «per la certezza di usare in tutto la sua ragione, se non perfettamente, almeno quanto poteva», mentre constatava che nel metterle in pratica la sua mente si abituava gradualmente a concepire più distintamente i suoi oggetti con lo stesso esito positivo conseguito in quelli dell'algebra (AT VI 21-27). Descartes tenterà di raccoglierle organicamente, utilizzando annotazioni ed abbozzi redazionali, nelle incompiute Regulae ad directionem ingenii 33 • All'inverno 1619-20 nell'excursus autobiografico si riporta anche la formulazione delle massime della morale provvisoria, formulazione che sembra modellarsi quanto alla ricostruzione storica cartesiana su quella dei precetti del metodo, suggerendo considerazioni analoghe. Occorre distinguere l'istanza di una morale provvisoria dalla formulazione di determinate norme, quali quelle che vengono presentate nella III parte del Discours 34 • " Cfr. H. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., p. 60. " V. oltre, p. 49. ,. «È molto probabile che nel 1636 all'epoca della redazione del Discours, il filosofo abbia formulato in massime la lezione della sua propria vita dopo una quindicina d'anni [ ... ]. Che uno stoicismo pratico abbia governato la sua volontà è un'attitudine più che naturale per un giovane umanista che ha letto Cicerone e Seneca presso i Padri» (H. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., p. 65). In questo contesto si rende meno problematica l'interpretazione della dichiarazione di Descartes a Burman circa l'inserimento delle massime nel Di-

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Descartes si accingeva a sottoporre ad una rev1S1one critica le opinioni ricevute per ricostruire sul «proprio fondo» un sapere solido procedendo con metodo nella ricerca della verità. È nella coerenza di questa impostazione far risalire a questo periodo l'intento di proporsi delle ragionevoli norme di comportamenton «per non restare irrisoluto nelle azioni durante il tempo in cui la ragione l'avrebbe obbligato a esserlo nei suoi giudizi» prima di raggiungere quelle verità fondamentali che potessero definire e legittimare un comportamento pienamente razionale, massime che quindi dovevano costituire una «morale par provision» (nella versione latina del 1644: ethicam quamdam ad tempus), una morale provvisoria, «per continuare a vivere nel modo più felice possibile» («le plus heureusement que je pourrais»; vers. lat.: quam felicissime fieri posset). Il carattere «provvisorio» di questa morale non comporta di per sé la negazione o una riduzione della sua validità, ma solo la mancanza della conoscenza dei fondamenti razionali delle sue norme; è una morale «di attesa» (secondo l'accezione lessicale dell'espressione «par provision» dell'epoca) resa necessaria dalle esigenze della vita pratica, indilazionabili, in attesa dei risultati di una ricerca filosofica alla cui luce queste massime possono risultare fondatamente valide 36 • scours, così resa dal suo giovane interlocutore: «l'autore non scrive volentieri di etica, ma a causa dei pedanti e di gente della stessa risma fu costretto a inserire queste regole, perché altrimenti avrebbero detto che era un individuo senza religione, senza fede e che con il suo metodo voleva sovvertirle» (AT V 178): il timore dei paedagogi nel 1636 più che indurlo a ideare tatticamente delle massime, gli aveva fatto capire che non era inopportuno porre in luce quali erano le norme provvisorie del suo comportamento. " Nel frammento giovanile: «le sentenze dei saggi possono essere ridotte a ben poche regole 11enerali» (AT X 217 23-24) alcuni ravvisano un'allusione alla morale provvisoria (Sirven, Mesnard), altri al metodo (Cohen, Gouhier). •• In un brano delle II Responsiones, in cui si richiama esplicitamente al Discours, riassumendo nel contempo le massime della morale provvisoria, Descartes distinguerà due ordini di situazioni in cui la volontà deve comunque decidersi, quello dell'usum vitae, in cui non è richiesta la previa evidenza da parte dell'intelletto, e quello della contempla/io veritatis in cui non può prescindersi da questa evidenza (AT VII 149 3-13).

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«La morale provvisoria del Discours - osserva Gilson ci appare non come un espediente, né come una precauzione facoltativa, ma come una stretta necessità [ ... ] La vita induce la volontà ad esercitare continuamente la sua scelta, per cui la vediamo decidersi nell'ordine dell'azione anche senza il soccorso dell'intelletto [ ... ] pertanto tutte le regole della morale provvisoria presenteranno questo duplice carattere: di non essere delle verità dimostrate e quindi di essere senza valore teorico, ma di assicurare praticamente all'uomo che non conosce il bene con certezza, o che persino lo ignori completamente, moltissime probabilità di incontrarlo»37. In effetti negli anni della maturità, quando più direttamente sarà impegnato nella impostazione razionale della morale, Descartes riprenderà in considerazione queste stesse massime, ma in una riformulazione conforme a un più approfondito riconoscimento del «retto uso della ragione» rispetto ai criteri estrinseci prevalenti in questa morale del Discours. «La prima massima era di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese, continuando ad aderire saldamente alla religione nella quale Dio mi ha fatto la grazia di essere educato sin dalla mia infanzia, e orientandomi in ogni altra cosa secondo le opinioni più moderate e più lontane dall'eccesso, che fossero seguite in pratica dalle persone più sensate fra quelle con cui avrei dovuto vivere» (AT VI 22 30 23 7). Questo conformismo è di natura pratica: non impegna il convincimento, non comporta l'adesione alle opinioni, tien conto più del comportamento effettivo che del modo di pensare degli uomini; né sacrifica la libertà personale, «annoverando tra gli eccessi tutte le promesse con cui si recide qualcosa della propria libertà» 38 • L'uso della vita - «poiché spesso le azioni non consentono alcun rinvio» - se può prescindere dall'evidenza non Commentaire ... , cit., pp. 233-34. '" Su quest'ultima considerazione con cui non intendeva contestare la validità dei voti e dei contratti «che obbligano a perseverarvi• Descartes si vedrà costretto a precisare il suo pensiero nella lettera a Mersenne del 30 agosto 1640 (AT III 166-167). Cfr. Gilson, Commentaire ... , cit., pp. 240-41. 17

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può mancare del carattere di risolutezza nella determinazione della volontà che le deriva naturalmente dall'evidenza stessa. La seconda massima prescrive pertanto di «essere il più fermo e il più risoluto possibile nelle azioni e di seguire le azioni più dubbie, una volta determinatisi per esse, con non minore risolutezza che se fossero certe». All'obiezione sul pericolo cui si andrebbe incontro nel seguire anche le opinioni più dubbiose - «se sono false o cattive, più le si seguirà più ci si impegnerà nell'errore o nel vizio» (lettera del febbraio 1638 di Pollot a Reneri per Descartes, AT I 510 - 511 6) - il filosofo risponderà con una minuta analisi di rettifica all'interpretazione sommaria data al testo del Discours. Non ha inteso prescrivere l'ostinazione nei propri giudizi: «ho detto tutt'altra cosa, ossia essere risoluti nelle azioni, anche quando si è irrisoluti nei giudizi [ ... ] E non è da temere che questa fermezza nell'azione ci impegni sempre più nell'errore o nel vizio, in quanto che l'errore non può essere che nell'intelletto, che suppongo, ciò nonostante, restar libero e considerare dubbio ciò che è dubbio. Senza dire che io rapporto questa regola principalmente alle azioni della vita che non tollerano alcun rinvio e di cui mi servo provvisoriamente nell'intento di cambiare le mie opinioni, non appena potrò trovarne di migliori e di non perdere alcuna occasione di cercarne» (AT II 34 17 - 35 19). D'altra parte senza prescrivere un atteggiamento risolutivo e fermo nelle proprie azioni avrebbe provocato un'altra obiezione o fraintendimento del dubbio metodico da lui proposto per la ricerca della verità: «mi avrebbero obiettato che questo dubbio cosl universale poteva ingenerare una grande irrisolutezza e una grande sregolatezza dei costumi; per cui non mi sembra di aver dovuto essere più cauto di quanto sono stato nel porre l'atteggiamento risoluto, in quanto è una virtù, tra i due vizi che le sono contrari, ossia l'indeterminazione e l'ostinazione» (lettera di aprile o maggio 1638 di Descartes a Reneri per Pollot, AT II 34 10 - 36 2). La terza massima, tenuto conto dei chiarimenti e sviluppi nelle risposte di Descartes ai suoi critici, riflette più direttamente temi acquisiti nella riflessione metafisica sulla natura della coscienza umana, pur nell'ambito della influen27

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za stoica, e in conseguenza risente meno la caratterizzazione «provvisoria» riconosciuta alla morale del Discours: «cercire sempre di vincere me piuttosto che la fortuna e di mutare i miei desideri piuttosto che l'ordine del mondo, e in generale di abituarmi a credere che non vi è nulla che sia interamente in nostro potere oltre ai nostri pensieri, di modo che dopo aver fatto del nostro meglio riguardo alle cose a noi esterne, quanto non riusciamo a fare esorbita del tutto dalle nostre possibilità» (AT VI 25 20-28). A queste tre massime, esplicitamente numerate, è da aggiungersi un'altra, che per il suo carattere più strettamente personale non viene espressamente indicata come quarta39. Rispecchia più direttamente l'esperienza 'vissuta dei primi anni di ricerca. Descartes s'impegnava a continuare nel genere di vita già scelto, coltivare la sua ragione e cercare la verità seguendo il suo metodo. «A conclusione di questa morale volli fare una rassegna delle diverse occupazioni degli uomini nella vita per poterne scegliere la migliore. Ma senza voler dir nulla di quelle seguite dagli altri, pensai che non potevo far meglio che continuare in quella stessa in cui mi trovavo, ossia impiegare tutta la mia vita a coltivare la mia ragione e progredire per quanto possibile nella conoscenza della verità secondo il metodo che mi ero · prescritto» (AT VI 27 3-13). Nel resoconto autobiografico del Discours Descartes non fa parola del memorabile giorno del 1O novembre 1619 (un anno dopo l'incontro con Beeckman a Breda) e i sogni della notte successiva, che invece narrava e commentava nel «petit registre en parchemin» alla rubrica «Olympica». Il 10 novembre scopriva «i fondamenti di una scienza meravigliosa» («X novembris 1619, cum plenus forem enthusiasmo, et mirabilis scientiae fundamenta reperirem, etc.», AT " Nell'iniziare l'esposizione della morale «par provision» aveva asserito che questa consisteva di tre o quattro massime, di cui si accingeva a rendere partecipi i lettori. Nella ripresa di queste massime nella lettera del 4 agosto 1645 alla principessa Elisabetta (AT IV 265; v. più oltre, pp. 184-85) le «regole della morale» saranno tre, ma nello sviluppo delle considerazioni rientrerà il contenuto di questa massima che possiamo considerare come quarta.

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X 179). Non è rimasta alcuna indicazione diretta nei frammenti conservati da Baillet sul significato di questa mirabilis scientia. Varie congetture sono state avanzate 40 • Ci sembra attendibile l'ipotesi che si ispira all'epitafio che Chanut, confidente di Descartes nell'ultimo periodo della sua vita, compose per il monumento funebre a Stoccolma alla morte del filosofo: «E nel riposo del periodo invernale - in riferimento quindi all'inverno 1619-20 -, accordando i misteri della natura con le leggi della matematica, osò sperare di dischiudere con una medesima chiave gli arcani dell'una e dell'altra» (AT XII 590). Descartes, continuando nello studio teorico dell'algebra geometrica e nelle applicazioni di procedimenti risolutivi nei problemi della meccanica non solo veniva definendo delle norme metodologiche nella ricerca, ma, riscontrando nello statuto delle matematiche il modello esemplare delle scienze, veniva rendendosi consapevole del carattere unitario del sapere umano, nella cui prospettiva le varie scienze venivano a unificarsi non solo rispetto al soggetto della conoscenza, la mens o ingenium 4 ', ma anche considerate in se stesse, in quanto strettamente legate tra loro e strutturate in un nesso conseguenziale a partire da primi principi. Pensiamo che una intuizione abbia reso coerente un contesto di riflessioni sviluppatesi nei mesi precedenti e intensificatesi negli ultimi giorni. Questa intuizione dovette avere uno sviluppo tematico che troviamo formulato nel commento alla prima delle Regulae ad directionem ingenii: «[ ... ]tutte le scienze non sono altro che l'umana sapienza che permane sempre una e identica per quanto differenti siano gli oggetti cui si applica, senza per

° Cfr.

G. Rodis-Lewis, L'oeuvre ... , cit., I, pp. 46-48. Il termine ingenium ricorre abbastanza frequentemente negli scritti giovanili, nell'accezione della mente come soggetto della ricerca, suscettibile di essere guidata secondo norme (cfr. AT X 140 26, 151713, 163 2 16, 214 12 17, 215 5 7), talora connesso esplicitamente al verbo invenire. Rientrerà nel titolo della maggiore opera giovanile, Regu/ae ad directionem ingenii, ove ricorrerà, anche se non sempre nella stessa accezione, ben 60 volte contro le 41 occorrenze di mense le 51 di intel/ectus. Cfr. J.-R. Armogathe, J.-L. Marion, Index des Regu/ae ad directionem ingenii de R. Descartes, Roma 1976. 4

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questo riportare in sé da parte degli oggetti una distinzione maggiore di quella che la luce del sole trae dalla varietà delle cose che illumina [ ... ] Tutte le scienze sono tra loro cosl connesse, che è molto più facile apprenderle tutte insieme, che separarne una sola dalle altre» (AT X 360 7 - 361 14, e 2 5 - 3 2). Nella notte successiva, tra il 10e1'11 novembre, Descartes ebbe tre sogni, che riassumiamo brevemente (v. l'esposizione dettagliata in AT X 179-188). Nel primo sognava di essere ostacolato da fantasmi mentre avanzava, inclinato sul fianco sinistro, verso la chiesa di un collegio per pregare; accortosi di aver oltrepassato un conoscente senza salutarlo, nel tentativo di ritornare indietro ne veniva impedito da un vento impetuoso che lo sospingeva a forza verso la chiesa; nel cortile si sentiva chiamato a nome per recarsi dal sig. X che gli darà qualcosa, un melone portato da un paese straniero. Del secondo sogno, dopo essere rimasto sveglio per circa due ore pregando Dio di preservarlo dai malanni in punizione dei suoi peccati e riflettendo «sui beni e sui mali di questo mondo», non ricordava altro che un acuto fragore come un colpo di tuono che lo risvegliava; aprendo gli occhi percepiva molte scintille di fuoco diffuse nella stanza. Nel terzo sogno vedeva sul tavolo un dizionario e una raccolta di poesie dal titolo Corpus poetarum: aprendo quest'ultimo, la sua vista cadeva sul verso: Quod vitae sectabor iter?, inizio di una poesia di Ausonio, poesia che dichiarava essere più bella dell'altra poesia dello stesso poeta, che uno sconosciuto citava e vantava: Est et non; mentre cercava nel Corpus la prima poesia per mostrarla allo sconosciuto, sfogliando scorgeva una serie di piccoli ritratti incisi, non presenti nell'esemplare da lui usato; nel frattempo scomparivano i due libri e lo sconosciuto. Non ancora risvegliato, iniziava ad interpretare quest'ultimo sogno: il dizionario era l'insieme delle scienze; il Corpus poetarum la filosofia e la saggezza unite fra loro, riconoscendo ai poeti la capacità di esprimere pensieri più gravi e sensati di quelli che si trovano negli scritti dei filosofi, «in virtù della divinità dell'entusiasmo e della forza dell'immaginazione, che dischiude i semi della saggezza - semi insiti 30

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nell'animo di tutti gli uomini come le scintille di fuoco nei ciottoli - molto più facilmente ed anche con maggiore perspicuità che non possa fare la ragione nei filosofi» (ivi p. 184 ). La poesia che inizia con il verso Quod vitae sectabor iter? veniva interpretata come «il buon consiglio di un saggio o anche la teologia morale». Svegliatosi proseguiva nell'interpretazione. Con la poesia Est et non intendeva la verità e la falsità nelle conoscenze umane e nelle scienze profane. I primi due sogni venivano riferiti alla vita passata, «che poteva non essere stata dinanzi a Dio così innocente come dinanzi agli uomini». Il vento era il cattivo genio che cercava di sospingerlo a forza dove intendeva recarsi di sua volontà e a cui resisteva con l'aiuto dello Spirito di Dio. Interpretava lo spavento per il fragore del secondo sogno come «la sua sinderesi, ossia i rimorsi della coscienza per i peccati che poteva aver fin' allora commessi; il fulmine di cui aveva inteso il tuono come il segnale dello Spirito di verità che discendeva su di lui per possederlo» (ivi p. 186). Ancor più dell'identificazione della mirabilis scientia ha attirato l'attenzione degli studiosi cartesiani l'evento dei sogni, generalmente intesi in un contesto di crisi mistica42 • Da alcuni (G. Persigout, P. Amold) 43 fu negata la stessa esistenza dei sogni, che sarebbero invece una finzione letteraria, sul modello dei sogni parabola dei Rosacroce diffusi in Germania (ad es. Johann Valentia Andreae, Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz, 1616; Rhodophilus Staurophorus, Raptus philosophicus, 1619), di cui Descartes sarebbe stato a conoscenza e che avrebbe voluto imitare. Gouhier contesta sia le tesi variamente formulate di «misticismo» che la pretesa imitazione rosacrociana: Descartes espone e interpreta una esperienza religiosa - non mancano segni che vengono dall'alto - nel momento in cui prende coscienza della sua vocazione alla ricerca della verità. E l'interpretazio" Cfr. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., pp. 32-41, e l'aggiornamento nella bibliografia (v. più oltre, p. 261 [Olympica]). 43 Cfr. G. Persigout, L'illumination de René Descartes rosi-crusien. Contribution à l'étude de /'imagination créatrice, «Congrès Descartes», 2, 1937, pp. 123-30. P. Amo!a, Le 'songe' de Descartes, «Cahiers du Sud», n. 312, 1952, pp. 274-91.

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ne dei sogni data da S. Freud può in definitiva integrare sia il senso loro dato da Descartes che le considerazioni di Gouhier. «I sogni del nostro filosofo - osservava Freud nella lettera a M. Leroy che lo aveva interpellato - rientrano nel tipo chiamato 'sogni dall'alto' (Traume von oben), sono cioè formazioni ideative che avrebbero potuto essere create sia durante lo stato di veglia, sia durante lo stato di sonno, e che soltanto in certe parti hanno tratto il loro contenuto da stati psichici abbastanza profondi. Questi sogni, dunque, presentano per lo più un contenuto dalla forma astratta, poetica o simbolica. L'analisi dei sogni di questo tipo ci conduce di solito a questo: noi non siamo in grado di comprendere il sogno, ma il sognatore - o il paziente - è capace di tradurlo immediatamente e senza difficoltà, dato che il contenuto del sogno è prossimo al suo pensiero cosciente. Rimangono allora soltanto alcune parti del sogno, a proposito delle quali il sognatore non sa che cosa dire, e si tratta proprio delle parti che appartengono all'inconscio [ ... ]» 44 • Il restante periodo invernale 1619-20 Descartes l'avrebbe dedicato alla composizione di un trattato, che sperava di portare a termine per la Pasqua (AT X 218 3-5; nel 1620 la Pasqua cadeva il 19 aprile), trattato per la cui pubblicazione già pensava di cercare degli editori, ma che venne poi interrotto e restò incompleto 45 • Secondo il biografo Daniel Lipstorp in questo stesso periodo Descartes avrebbe conosciuto ad Ulma, non molto distante da Neuburg, il matematico Johannes Faulhaber " S. Freud, Opere, voi. X, Torino 1978, p. 530. Proseguendo nell'esame di alcuni elementi «bizzarri e quasi assurdi» dei sogni, ritiene inesatta l'interpretazione data da Descartes al «melone di un paese lontano» come raffigurazione delle «attrattive della solitudine, presentate però con allettamenti esclusivamente umani», e ravvisa in questa stessa associazione di idee da parte di Descartes, posta in relazione con la sua condizione di colpevolezza, la possibile «raffigurazione di un'immagine sessuale che abbia occupato la fantasia del giovane solitario». " Cfr. Baillet (I 86), che esclude che si tratti degli Olympica. Sull'identificazione con il Thesaurus mathematicus, v. H. Gouhier, Les premières pensées .. ., cit., pp. 104-10; M. Leroy, Descartes, le philoso· phe au masque, cit., I, pp. 73-74.

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(1580-1635) - un incontro, anche se di minor impegno e durata, che presenta qualche analogia con quello di Isaac Beeckman a Breda. Queste conversazioni l'avrebbero portato alla conoscenza non solo delle opere di Faulhaber, dei matematici Peter Roth e Beniamin Bramer, ma anche di ingegnose apparecchiature, di cui si ha notizia nei frammenti giovanili (AT X 241-242, 252-255). L. Gabe ha dato particolare rilievo al contesto di questo incontro, in merito alla formazione del pensiero giovanile di Descartes. Intervenendo nella controversia di Faulhaber con Joh. Bapt. Hebenstreit, rettore del gymnasium di Ulma, sulla possibilità delle predizioni astrologiche, Keplero si era pronunziato in favore della tesi affermativa. Descartes, che pure apprezzava le opere di chi riconoscerà suo «primo maestro in ottica», coinvolto nella disputa - direttamente conversando con Keplero o con i contendenti - avanzava invece delle riserve e l'esigenza di una indagine preliminare sui limiti dell'intelletto umano, tematica che svilupperà nel commento all'VIII regola delle Regulae ad directionem ingenii, nucleo della prima formulazione del suo metodo: «Non può esservi nulla di più utile che cercare cosa sia la conoscenza umana e fino a che punto si estenda[ ... ] E nulla mi sembra più vano che discutere accanitamente sui segreti della natura, sulla influenza dei cieli su questo mondo inferiore, sulla predizione del futuro, etc., come fanno molti, senza essersi mai chiesti se la ragione umana sia in grado di svolgere e risolvere queste ricerche» (AT X 397 27 - 398 10, C 30 11-21) 46 • Una probabile influenza di Faulhaber sembra doversi riscontrare in un breve scritto di Descartes (redatto tra il 1620 e il 1623 ), i Progymnasmata de solidorum elementis 47 , diviso in tre parti: la prima è dedicata alle proprietà generali dei poliedri e alle relazioni numeriche tra facce, vertici e •• L. Glibe, Descartes' Selbstkritik. Untersuchungen zur Philosophie des jungen Descartes, Hamburg 1972, pp. 12-19. 47 V. la recente edizione critica con versione francese e commento di P. Costabel, che ritiene parziale l'influenza del matematico tedesco, nei cui scritti non trova alcun riscontro l'applicazione del metodo dello gnomone ai modelli poliedrici (p. 54 ).

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angoli solidi, la seconda ai numeri poliedrici, la terza contiene una tavola di formule. Ripresa dei viaggi, 1620-29. Definiti i precetti metodologici da applicare nella ricerca e le massime della morale provvisoria da seguire nel comportamento, Descartes - secondo l'excursus autobiografico - ritenne di poter intraprendere a disfarsi liberamente di tutte le sue opinioni, ad eccezione «delle verità della fede, che erano state sempre le prime nella sua credenza». E poiché sperava di poter riuscire nel suo intento più proficuamente conversando con gli uomini che restando nel chiuso della sua stanza riscaldata, «non era ancora finito del tutto l'inverno - quindi tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo 1620 - che mi rimisi in viaggio. E in tutti i nove anni seguenti non feci altro che vagare qua e là per il mondo, cercando di esservi spettatore piuttosto che attore in tutte le commedie che vi si rappresentavano; e riflettendo in particolare, in ogni argomento, su ciò che poteva renderlo sospetto ed essere per noi occasione di errore, venni sradicando dalla mente tutti gli errori che vi si erano potuti inserire in passato. Non che con questo imitassi gli scettici che non dubitano che per dubitare e ostentano di essere sempre irrisoluti; al contrario, tutto il mio disegno non tendeva che ad essere certo e a scartare la terra mobile e la sabbia, per trovare la roccia o l'argilla». E del lavoro o programma generico di ricerca svolto in questi nove anni rilevava una applicazione concreta: «[ ... ] mi riservavo di tanto in tanto alcune ore, che impiegavo per applicare (il mio metodo) in particolare a problemi di matematica o anche in altri che potevo assimilare ai problemi matematici, scindendoli da tutti i principi delle altre scienze, che non trovavo abbastanza solidi [ ... ]» (AT VI 28 23 - 29 29). Queste linee autobiografiche del periodo di viaggi «per il mondo» dal marzo 1620 al marzo 1629, in cui va quindi incluso anche l'ultimo soggiorno a Parigi - da tener presente che Descartes scriveva il Discours de la méthode in Olanda dove si era stabilito definitivamente dal marzo 1629 vanno integrate, come per i periodi precedenti, con quanto si desume dalle altre fonti documentarie. 34

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Nel recensire l'inventario di Stoccolma Baillet. a proposito degli Olympica rileva che in margine al testo già esaminato: «X Novembris 1619, cum plenus forem enthusiasmo et mirabilis scientiae fondamenta reperirem, etc.» vi era l'annotazione, di inchiostro più recente, ma della stessa grafia dell'autore: «Xl Novembris 1620, coepi intelligere fundamentum inventi mirabilis». Ed aggiunge: «di questa nota né Clerselier né gli altri cartesiani ci hanno potuto dare finora una spiegazione» (I 50-51) 48 • L'esame di alcuni frammenti giovanili (Olympica, Thesaurus mathematicus, Studium bonae mentis) riportabili al periodo dei viaggi in Germania o agli anni immediatamente successivi, ha sollevato il problema dei legami di Descartes con i Rosacroce, un movimento culturale che si delineava all'inizio del XVII secolo in Germania, «fase intermedia nella storia della cultura europea tra la rinascenza e la cosiddetta rivoluzione scientifica [ ... ], fase in cui la tradizione ermetico-cabalistica rinascimentale subl l'influsso di un'altra tradizione ermetica, quella dell'alchimia» nella prospettiva di un programma di rinnovamento del sapere 49 • Un altro significativo momento di confronto per Descartes dopo quello con l'opera di Lullo, in un contesto di analogie di interessi e orientamenti, che legittimano almeno la curiosità da parte del giovane ricercatore. Varie le proposte interpretative avanzate dai critici, non sempre chiaramente definibi•• Due ipotesi principalmente sono state avanzate dagli studiosi cartesiani moderni: 1) la soluzione dei problemi solidi del terzo e quarto grado per mezw della parabola e del cerchio (Liard, Hamelin, Gouhier); 2) l'intuizione dei principi risolutivi dei problemi di ottica leggendo le opere di Keplero (Milhaud). Cfr. G. Milhaud, Descartes savant, cit., pp. 89-102; H. Gouhier, Les premières pensées ... , cit., pp. 73-78. 49 Fr. A. Yates, The rosicrucian enlightenment, cit., pp. XI-XII. Dalla Germania il movimento si diffondeva in Francia negli anni '20, creando sia interesse e curiosità fino a determinare atteggiamenti di moda, sia apprensione e sgomento nei difensori dell'ortodossia tradizionale. Il gesuita François Garasse nella prolissa opera La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps, ou prétendus tels (Paris 1623, finita di stampare il 18 agosto), in cui inveiva contro le opere di Pomponazzi, Paracelso, Machiavelli, Cardano e Charron, già menzionava questa «perniciosissima magorum societas».

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li per ciascuno a motivo dell'oscillazione nel valutare l'atteggiamento di Descartes, come di pura e semplice informazione o di influenza subita o di adesione e affiliazione (qualora fosse esistita una forma associativa nel movimento), e nel definire l'epoca dei rapporti. Alcuni hanno avanzato la tesi che Descartes era a conoscenza dei Rosacroce sin dal periodo del suo soggiorno a Breda, che anzi uno dei motivi dei viaggi in Germania sarebbe stato l'interesse o la curiosità di incontrare qualcuno dei membri della confraternita (G. Persigout, P. Arnold). Altri hanno ritenuto che Descartes fosse lui stesso un rosacroce, desumendolo da alcuni aspetti del suo comportamento, in cui si rifletterebbero caratteristiche proprie degli affiliati, come la pratica gratuita della medicina, l'intento di prolungare la vita almeno fino ai cento anni, il frequente cambiamento di residenza che sinn:ilerebbe la proprietà o pretesa degli adepti di essere «invisibili» (Ch. Adam). Altri infine, pur ammettendo che Descartes oltre ad essere informato della letteratura rosacrociana aveva avuto conoscenza e rapporti con adepti o simpatizzanti della confraternita teosofica o mettono in dubbio la sua affiliazione (G. Cohen) o la negano recisamente (J. Sirven, H. Gouhier). Gouhier oltre a confutare gli argomenti delle analogie in favore dell'affiliazione - «perché cercare fuori del cartesianismo le ragioni di una condotta cosl conforme allo spirito della scienza nuova?» - nega che si possa parlare anche di influenza: «Che Descartes speri di asservire con la scienza le forze della natura, prolungare la vita umana e ricondurre all'unità la molteplicità delle conoscenze praticamente separate, che anche queste siano ambizioni antichissime degli alchimisti e degli occultisti, ciò non prova affatto che Descartes abbia preso coscienza di queste ambizioni leggendo i libri degli alchimisti e degli occultisti. A più forte ragione ciò non prova che egli abbia conosciuto le ambizioni degli alchimisti e degli occultisti nel corso degli incontri con i Fratelli o attraverso la letteratura rosacrociana» 50 • Una posizione intermedia, forse più consona all'insieme dei frammenti giovanili rimasti a documentare l'evolversi ' 0

H. Gouhier, Les premières pensées .. ., cit., p. 157.

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della formazione cartesiana, è quella di Garin: pur riconoscendo che la direzione del pensiero cartesiano non vada rintracciata in quella delle «scienze curiose» (dall'alchimia alla magia alla cabala dei tedeschi, di cui è fatta menzione negli Excerpta mathematica, AT X 297), «è altrettanto pacifico che, in quegli anni di formazione, Descartes non si muoveva solo nell'ambito dei manuali di filosofia scolastica dei buoni padri della Compagnia di Gesù. Al suo lavoro, che possiamo anche indicare nei termini del Gouhier, di liberazione della scientia mirabilis dalla science curieuse, offrirono non pochi stimoli e materiali proprio i disprezzati novatores, come il Cardano o il Della Porta, da cui traeva 'testualmente' - lo ha dimostrato la Rodis-Lewis - le ricette di quegli experimenta di cui Leibniz ci ha conservato menzione ("faire paroistre la muraille verte, jaune etc.")»' 1 • Al problema dei rapporti di Descartes con i Rosacroce è legato «un ampio frammento» dal titolo Studium bonae mentis, che non ci è pervenuto, ma a cui Baillet nel corso della sua biografia cartesiana si riporta più volte, riassumendo dei passi (raccolti in AT X 191-203)' 2 • Incerta ne è la datazione (sia in considerazione del tempo dei rapporti medesimi, sia per l'identificazione del destinatario del trattato sotto l'appellativo di Museus, qualora si tratti di un personaggio reale). Baillet così ne riepiloga il contenuto: «sono considerazioni sul desiderio che abbiamo di sapere, sulle scienze, sulle disposizioni della mente per apprendere, sull'ordine da osservare per acquistare la saggezza, vale a dire la scienza con la virtù, unendo le funzioni della volontà con quelle dell'intelletto. Il suo disegno era quello di aprire un " E. Garin, Vita e opere ... , cit., p. 45. Cfr. G. Rodis-Lewis, Machinerie et perspectives curieuses dans leurs rapports avec le cartesianisme, «XVII' siècle», 6, 1956, pp. 461-74. " Secondo Baillet (I 108) le voci a Parigi sull'appartenenza del filosofo alla setta degli «invisibili» corsero al tempo del suo ritorno dalla Germania, dicerie che Descartes mise a tacere con il «rendersi visibile a tutti e principalmente ai suoi amici, che non vollero altro argomento per convincersi che non era dei fratelli della Rosacroce o invisibili; e si servl della stessa ragione della loro invisibilità per scusarsi presso i curiosi per non essere riuscito a scoprirne alcuno in Germania».

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cammino tutto nuovo, ma pretendeva di non lavorare che per se stesso, e per l'amico a cui dedicava il suo trattato sotto il nome di Museus, che gli uni hanno identificato con Is(aac) Beeckman, rettore del collegio di Dordrecht, altri con Midorge o il p. Mersenne» (II 406) 53 • Rileviamo da Baillet i punti più salienti. In primo luogo la classificazione delle scienze in tre classi: le scienze cardinali o originali, «ossia le scienze più generali che si deducono dai principi più semplici e più noti alla comune degli uomini; le scienze sperimentali, ossia quelle i cui principi non sono chiari o certi a tutti, ma solo a coloro che li hanno appresi in base alla loro esperienza e alle loro osservazioni, per quanto tali scienze da alcuni siano note per via dimostrativa; in fine le scienze liberali, ossia quelle che oltre la conoscenza della verità, richiedono una prontezza d'animo o almeno un'abitudine acquisita con l'esercizio, quali la politica, la medicina pratica, la musica, la retorica, la poetica e molte altre, che si possono comprendere sotto il nome di arti liberali, ma che non hanno in sé altra verità indubitabile, che quella che traggono dai principi delle altre scienze». Nelle scienze cardinali rientrano la vera filosofia, che dipende dall'intelletto, e la vera matematica, che dipende dall'immaginazione. Altro punto notevole nel trattato quello relativo alla memoria, in cui alcuni critici hanno rilevato la dipendenza da testi di Cardano'4, ossia la distinzione della memoria in corporea (corporelle), dipendente dal corpo, da coltivare «con esercizi che richiedono frequenti ripetizioni per ingenerare abitudini», e intellettiva (intellectuelle)", non dipendente che " Sul tema della sagesse, tipicamente rinascimentale, e sulla dedica a Museus, cfr. ]. Sirven, Les années d'apprentissage de Descartes, Paris 1930, pp. 292-93; E. Garin, op. cit., pp. 58-59. " Cfr. E. Garin, op. cit., p. 58. " Il brano esemplificativo della memoria corporea («credeva che di tutte queste specie, che servono alla memoria alcune possono essere in diverse altre parti del corpo - oltre che nella ghiandola chiamata Conarium -, come l'abitudine di un suonatore di liuto non è soltanto nella sua testa, ma anche nei muscoli delle sue mani, contribuendo la facilità acquisita con l'abitudine di piegare e disporre in maniere diverse le dita a fargli ricordare ciò che deve fare», AT X 201) chiarisce l'inciso nel commento alla prima delle Regulae ad

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dalla sola anima e di per sé non suscettibile di aumento o di diminuzione. L'unica citazione diretta del trattato, anche se riferita da Baillet in terza persona, riguarda il giudizio di Descartes sui Rosacroce. Il riferimento agli adepti di questa società la cui fama avrebbe attirato la curiosità di Descartes, secondo l'esplicita dichiarazione del suo biografo («[ ... ] gli si fece credere che erano persone che sapevano tutto, e che promettevano agli uomini una nuova saggezza, vale a dire la vera scienza non ancora scoperta»), rientrava nel contesto della tematica del trattato. Nel giudizio riferito da Baillet' 6 , pur contestando la sua adesione alla società, nonostante o a causa del suo dichiarato disprezzo per quanti ostentassero un vano sapere, Descartes rinunziava ad un atteggiamento di indifferenza nei dguardi dei Rosacroce: «se erano degli impostori, non era giusto lasciarli godere di una reputazione male acquisita a spese della buona fede della gente; se invece apportavano qualcosa di nuovo al mondo, che valesse la pena di essere conosciuto, sarebbe stato per lui disonesto voler disprezzare tutte le scienze, fra le quali se ne poteva forse trovare una di cui avrebbe ignorato le fondamenta» (AT X 193-194). Ritornato in Francia, Descartes soggiornava a Parigi dalla fine di febbraio alla fine di maggio 1623, ospite di un directionem ingenii sulla diversa caratterizzazione delle scienze e delle arti: «le stesse mani non possono impiegarsi insieme al lavoro dei campi e al suono del liuto o a più altre applicazioni del genere cosl agevolmente e proficuamente, che se il loro uso fosse limitato ad una sola di esse» (AT X 360 1-3, C 1 14 - 2 1). Baillet d'altra parte, riferendosi ad un passo dello Studium bonae mentis, nel delineare il pensiero di Descartes sull'uso delle facoltà conoscitive nelle scienze e sulla distinzione tra méditation («Descartes appellait !es études d'imagination méditation») e contemplation («et celles d'entendement contemplation») collegava questo trattato con quello delle Regulae: «Coloro che desidereranno maggiori dilucidazioni sull'argomento, saranno soddisfatti dalla pubblicazione che si potrà fare dei trattati incompleti che Descartes ha lasciati sulla direzione della mente per cercare la verità e sullo studio del buon senso» (Il 487). •• Baillet si diffonde sulla storia dei Rosacroce, desumendo le notizie principalmente dall'Instruction à la France sur la vérité des Frères de la Rose-Croix (Paris 1623) di Gabriel Naudé.

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amico di suo padre, Nicolas Le Vasseur, «seigneur d'Etioles, receveur général des finances», tramite il quale veniva a conoscere il matematico Didier Dounot. Non è da escludere che già in questo periodo sia entrato in relazione con il matematico Claude Mydorge e con il padre Marin MersenneH. In questo stesso periodo (o nei primi mesi del viaggio in Italia) avrebbe letto alcune opere di Campanella58 • Del suo viaggio in Italia dall'autunno 1623 al maggio 1625 si sa ben poco di sicuro 59 • A Roma conobbe forse il p. Pierre de Bérulle, il fondatore della Congregazione dell'Oratorio, che negoziava la dispensa per il matrimonio di MarieHenriette, sorella di Luigi XIII, di religione cattolica, con l'anglicano Carlo I d'Inghilterra. Nella visita a Firenze non incontrò Galilei, contrariamente a quanto afferma il biografo Borel: nella lettera a Mersenne dell'l 1 ottobre 1638, sostenendo di non aver desunto nulla dallo scienziato pisano, Descartes dichiarerà esplicitamente «di non averlo mai visto, né di aver avuto alcun rapporto con lui» (AT II 388 23-26). Rientrando in Francia nell'attraversare le Alpi per il valico del Moncenisio, fu colpito dal fenomeno delle valanghe che descriverà nelle Météores (AT VI 316 e 320-321). " Nato a Oizé nel Maine 1'8 settembre 1588, frequentò il collegio di La Flèche dal 1604 al 1609 (di ricordi di anni qui trascorsi in comune con Descartes non si ha traccia alcuna). Entrato nella Congregazione dei Minimi nel 1611 a Parigi, fu ordinato sacerdote l'anno seguente. Negli anni 1614-19 insegnò filosofia e teologia nel convento di Nevers. Verso la fine del 1619 ritornò definitivamente al convento di Piace Royale .a Parigi, ove dedicandosi ad una intensa attività di erudizione e di ricerca in vari campi dello scibile, promosse rapporti e collaborazione delle personalità più in vista nel mondo della cultura in Francia e all'estero («segretario generale d'Europa», secondo la definizione di Hauréau). Morl il 1° settembre 1648, lasciando numerose opere ed una vasta corrispondenza. Cfr. R. Lenoble, Mersenne ou la naissance du mécanisme, Paris 1971'. '" Sulla lettura delle opere di Campanella e il giudizio negativo di Descartes, in particolare in riguardo al De sensu rerum et magia, apparso nel 1620, v. AT II 47-48, 659-660; inoltre II 436 e CM VIII 200. ,. Sul probabile pellegrinaggio a Loreto cfr. H. Gouhier, Descartes. Essais ... , cit., pp. 290-91. Dell1talia e degli italiani in generale nella corrispondenza cartesiana ricorrono giudizi piuttosto negativi; cfr. ATI 204 17-27, II 493 14 - 494 2, 623 22 - 624 2, III 584 6-10.

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Il periodo dei viaggi all'estero si concludeva con un soggiorno di circa tre anni a Parigi, tra il 1625 e il 1628, anni che stando alla cronologia dell'excursus autobiografico del Discours rientrano quindi, come già notato, nei «nove anni successivi» all'inverno 1618-19. Nei primi mesi del suo rientro in Francia dovette maturare la scelta definitiva della «via da seguire», una vita dedicata alla ricerca scientifica e alla riflessione filosofica, senza impegni professionali, tanto più che i discreti proventi da rendite patrimoniali gli assicuravano un tenore di vita agiato senza preoccupazioni di ordine economico (ATI 1-5). Tale scelta aveva comportato la rinunzia a due diverse impostazioni già sperimentate, la magistratura e la carriera militare 60 • Ritornato a Parigi, dopo un breve soggiorno in provincia, s'imponeva un tenore di vita riservato, piuttosto schivo della frequentazione mondana, cauto nella scelta dei rapporti sociali, dando la preferenza a studiosi che condividevano i suoi stessi interessi di ricerca, primo fra tutti Mersenne. Erano gli anni in cui il religioso del convento di Piace •• Gli anni di vita militare («exercice de porter l'épée») verranno presi a pretesto da alcuni suoi avversari per screditare la sua pubblicazione del 1637: «cosa poteva attendersi da un individuo come Descartes che aveva passato una parte del suo tempo fra i soldati?». Nicolas Poisson ne prenderà le difese: «Non è vero che ha trascorso un cosi lungo periodo, e due o tre anni in cui ha portato le armi non hanno ritardato di molto i suoi studi»; e dopo aver richiamato come esempi recenti «Messieurs d'Eigby, Boyle, de Pagan et plusieurs autres scavans de ce siècle» annoterà: «Ho nelle mani delle memorie composte da Descartes in guerra, in cui si può vedere quanto questa professione sia utile a un uomo che sa fare uso di ogni cosa e che una mente ben dotata trova nell'ambiente di un Campo di che interessare anche coloro che frequentano il Liceo» (Commentaire ou remarques sur la Méthode de René Descartes, 1670, p. 76, cit. in AT X 255-256). Da parte sua invece Descartes si servirà di questo suo passato militare, quando, incorrendo nell'accusa di empietà da parte di alcuni teologi calvinisti di Leida, ricorderà il contributo di sangue francese nel liberare i Paesi Bassi dall'inquisizione spagnola e rileverà il caso singolare, riferendosi a se stesso, di «un francese che, dopo aver portato un tempo anche lui le armi per la stessa causa, viene ora sottoposto all'inquisizione dei ministri d'Olanda» (lettera a Servien del 12 maggio 1647, AT V 24-26; cfr. sull'attendibilità di questa dichiarazione di Descartes G. Cohen, op. cit., pp. 371-74).

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Royale, dopo aver pubblicato le Quaestiones celeberrimae in Genesim (1623) e L'impiété des déistes (1624), dava alle stampe La vérité des sciences contre les sceptiques ou PY"honiens (1625), la Synopsis mathematica (1626) e il Traité de l'harmonie universelle ( 1627), con cui si concludeva il primo periodo della sua intensa e voluminosa produzione scientifica. È nell'opera La vérité des sciences che Mersenne sembra alludere a Descartes: «Piaccia a Dio di farci rinascere in questo secolo qualche nuovo Archimede, che conduca le matematiche fino alla loro ultima perfezione» (p. 750) 61 • Nell'estate 1626 gli sottoponeva il problema della ricerca delle medie proporzionali tra due grandezze date - nella Vérité des sciences ne riassumeva la storia a partire dai matematici greci che ne avevano proposte varie soluzioni -, unitamente al problema della trisezione dell'angolo. Descartes non tardò a soddisfare le due richieste e presentò i risultati di ricerche precedenti: oltre alla costruzione della trisezione dell'angolo, «la construction permettant de trouver deux moyennes proportionnelles entre trois droites dont l'une est double de l'autre», che faceva conoscere poi a Mydorge e a Claude Hardy 62 • Ma l'ambito di ricerca cui Descartes si dedicò particolarmente in questo periodo parigino fu quello dell'ottica, peraltro al centro di interesse nei circoli culturali, grazie anche alle sollecitazioni del solerte Mersenne, lui stesso autore di un trattato, Optica, andato perduto. Descartes, riprendendo studi ed esperienze precedenti 63 , si occupò dei fenomeni di riflessione e rifrazione dei raggi luminosi, sia dal punto di vista teorico (variazione quantitativa e rapporti 61 Cfr. CM I 149. In un manoscritto inedito (la redazione risalirebbe al 1626) Mersenne riporta le considerazioni di un «excellent

mathématiciem• sui rapporti matematici degli intervalli musicali, considerazioni che ci sono note come di Descartes dal ]oumal di Beeckman e dal Compendium musicae (CM I 401-403). 62 Mydorge ne darà in seguito una dimostrazione, che farà conoscere a Mersenne e a Descartes. Questi a sua volta tra il 1628 e il 1629 ne renderà partecipe Beeckman, che ne inserirà il testo nel suo ]oumal (CM I 269-273, II 546). 61 Cfr. in AT X 242-243 i frammenti giovanili riportabili agli anni 1618-21.

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tra angoli di incidenza e angoli di rifrazione, determinazione delle curve secondo cui configurare le lenti per ottenere determinati effetti ottici, come la determinazione della linea anaclastica che consente la convergenza in un sol punto di un fascio di raggi paralleli dopo rifrazione), che dal punto di vista tecnico-operativo (procedimento di taglio e molitura delle lenti, di difficile attuazione per quelle ellittiche e iperboliche; progettazione di strumenti e macchine adatte), avvalendosi tra l'altro delle opere di Keplero, che lui stesso riconoscerà, come già ricordato, suo «primo maestro in ottica» (lettera a Mersenne del 31 marw 1638, AT II 86 9-12) 64 e della collaborazione di studiosi come Etienne de Villebressieu e Mydorge («le plus exact à bien tracer une figure de mathématique qu'on puisse trouver»), le cui esperienze nel campo dell'ottica erano già state segnalate da Mersenne nelle Quaestiones celeberrimae in Genesim ( 1623 ), e dell'artigiano Jean Ferrier («un faiseur d'instruments de mathématiques», come il precedente giudizio, nella lettera a Huygens del 1635 che citeremo tra breve). La sua scoperta della legge della rifrazione o dei seni (il rapporto dei seni degli angoli di incidenza e di rifrazione è costante) deve essere anteriore alle esperienze del 1627 che la presuppongono6', esperienze eseguite con Mydorge e Ferrier nel taglio al tornio di una lente iperboli, pp. 147-55. 4.2 Opere di carattere generale O. Hamelin, Le système de Descartes, Paris 1911, 1921 2 • E. Gilson, La liberté chez Descartes et la théolagie, Paris 1913, 1982 r. E. Gilson, Etudes sur le role de la pensée médiévale dans la formation du système cartésien, Strasbourg 1921, Paris 19302 , 1951 r. H. Gouhier, La pensée religieuse de Descartes, Paris 1924, 19722 • H. Gouhier, Essais sur Descartes, Paris 1937, 1949 r. F. Olgiati, La filosofia di Descartes, Milano 1937. J. Laporte, Le rationalisme de Descartes, Paris 1945, 19502 • F. Alquié, La découverte métaphysique de l'homme chez Descartes, Paris 1950. G. Lewis, L'individualité selon Descartes, Paris 1950. G. Lewis, Le problème de l'incoscient et le cartésianisme, Paris 1950. A.G.A. Balz, Descartes and the modem mind, New Haven 1952, Hamden 1967 r. N. Kemp Smith, New studies in the philosophy of Descartes, Descartes as pioneer, London 1952. M. Gueroult, Descartes selon l'ordre des raisons. I. L'ame et Dieu. II. L'ame et le corps, Paris 1953, 2 voli. F. Alquié, Descartes, l'homme !t l'oeuvre, Paris 1956, 1969 r. R. Lefèvre, La vocation de Descartes, Paris 1956; L'humanisme de Descartes, ivi 1957; Le criticisme de Descartes, ivi 1958; La métaphysique de Descartes, ivi 1959, 19662 ; La bataille du 'Cogito', ivi 1960. H. Gouhier, La pensée métaphysique de Descartes, Paris 1962, 1978 3 • 252

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75:

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de

solidorum

elementis

(AT

X

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INDICE

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RENÉ DESCARTES

Abbreviazioni

2

I.

3

Formazione giovanile e prima fase di ricerca 1. Formazione al collegio di La Flèche, p. 7 . 2. Perio-

do di viaggi, p. 12

II. III. IV. V.

Metodologia ed epistemologia. Il Discours de la méthode e gli Essais

48

La filosofia naturale. Il meccanicismo cartesiano

69

La «macchina del corpo umano» e lo studio della medicina

82

La metafisica

1O1

Meditationes de prima philosophia, p. 120

VI.

Le controversie con i teologi di Utrecht e Leida

162

VII. La morale. Le passioni dell'anima. Il pensiero politico

171

Cronologia della vita e delle opere

221

Storia della critica

229 291

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Bibliografia

245

Abbreviazioni

246

1. Opere di carattere bibliografico, p. 247 - 2. Edizioni delle opere in lingua originale, p. 248 - 3. Principali traduzioni in lingua italiana, p. 251 - 4. Studi critici, p. 251

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I FILOSOFI 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46.

Husserl di Renzo Ra~giunti Schopenhauer di lcillo Vecchiotti Berkeley di Mario Manlio Rossi Socrate di Francesco Adorno Lukécs di Giuseppe Bedeschi Weber di Nicola M. De Feo Hume di Antonio Santucci Talete, Anasslmandro, Anasslmene di Renato Laurenti Cusano di Giovanni Santinello Heldegger di Gianni Vattimo Schelllng di Giuseppe Semerari Hobbes di Arrigo Pacchi Carnap di Alberto Pasquinelli Moore di Eugenio Lecaldano Whltehead di Massimo A. Bonfantini Tommaso d'Aquino di Sofia Vanni Rovighi Wlttgensteln di Aldo G. Gargani Dewey di Alberto Granese Sartre di Sergio Moravia Pascal di Adriano Bausola Abelardo di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri Aristotele di Giovanni Reale Rousseau di Paolo Casini Gentile di Aldo Lo Schiavo Parmenide di Antonio Capizzi Leibniz di Vittorio Mathiéu Ockham di Alessandro Ghisalberti Feuerbach di Claudio Cesa Platone di Francesco Adorno Kant di Augusto Guerra Epicuro di Domenico Pesce Marx di Giuseppe Bedeschi Labrlola di Stefano Poggi Locke di Mario Sina Comte di Antimo Negri Klerkegaard di Salvatore Spera Spinoza di Filippo Mignini Plotino di Margherita lsnardi Parente Vico di Nicola Badaloni Croce di Paolo Sonetti Nietzsche di Gianni Vattimo La Scuola di Francoforte di Giuseppe Bedeschi James di Patrizia Guarnieri Ruggero Bacone di Franco Alessio Dlltlley di Franco Bianco Anselmo d'Aosta di Sofia Vanni Rovighi Mauritius_in_libris

47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68.

Il Positivismo di Stefano Poggi Herbart di Renato Pettoello Hegel di Valerio Verra Cartesio di Giovanni Crapulli Proclo di Giovanni Reale Newton di Maurizio Mamiani Russell di Michele Di Francesco Il Tradlzlonallsmo francese di Marco Ravera Lo Storicismo di Fulvio Tessitore Casslrer di Giulio Raio Il Nlchlllsmo di Federico Vercellone Pelrce di Rossella Fabbrichesi Leo Lo stoicismo ellenistico di Margherita lsnardi Parente Frege di Mauro Mariani Fichte di Claudio Cesa Bergson di Adriano Pessina Marsilio da Padova di Carlo Dolcini Paracelso di Massimo Luigi Bianchi I Pitagorici di Bruno Centrone Bruno di Michele Ciliberto Ortega y Gasset di Armando Savignano Bayle di Gianluca Mori

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