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Italian Pages 396 [400] Year 2006
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«Spinoza è ranomalìa. Se Spinoza, ateo e maledetto, non finisce le sue giornate in galera o sul rogo, a differenza di altri innovatori rivoluzionari fra il Cinquecento e il Seicento, ciò è solò indicativo del fatto che la sua metafisica rappresenta la polarità effettiva di un rapporto di forza antagonistico^ già consolidato: nell'Olanda del Seicento lo sviluppo dei rapporti di produzione e delle forze produttive conosce la tendenza di un avvenire di antagonismo^ In questo quadro la metafisica materialista di Spinoza è dunque l'anomalia potente del Seicento: non anomalia marginale e sconfitta, bensì anomalia del materialismo vincente, dell'essere che procede e che costituendosi pone la possibilità ideale di rivoluzionamento del mondo».
Questa libro raccoglie tutti gli scritti di Antonio Negri sul pensiero del filosofo olandese Baruch Spinoza: L'anomalia selvaggia (1981 ); Spinoza sovversivo ( 1 9 9 2 ) ; Democrazia ed eternità in Spinoza (1995).
Nella sua lettura Negri stringe il pensiero spinoziano in un rapporto unitario di produzione-costituzione. Il problema che Spinoza pone è quello della rottura della unidimensionalità dello sviluppo capitalistico e dell'Istituzione del suo potere. L'opera di Spinoza è la definizione di un progetto rivoluzionario che attraversa il moderno, nell'ontologia, nella scienza, nella politica. L'immaginazione produttiva è potenza etica. Spinoza la descrive come una facoltà che presiede alla costruzione e allo sviluppo della libertà, che sostiene la storia della liberazione. Essere vuol dire essere partecipi della moltitudine. La nostra esistenza è sempre, in sé, comune. Spinoza insegna che vivere è la selvaggia scoperta di sempre nuovi territori dell'essere,
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territori costruiti dall'intelligenza, dalia volontà etica, dal piacere dell'innovazione, dallo slargarsi del desiderio, mostra la vita come sovversione - è questo il senso dello spinozismo cfuale Negri lo intende, al presente.
Antonio Negri, già docente di Dottrina dello Stato a Padova, ha insegnato in importanti Università europee. I suol libri dì filosofia politica sono stati tradotti in molte lingue. Tra le sue ultime opere (con Michael Hardt) impero e Moltitudine.
I libri di DeriveApprodi I edizione: novembre 1998 II edizione: gennaio 2006 © DeriveApprodi srl piazza Regina IVIargiierita27,00198Roma tei 06.85358977 fax 06.97251992 e-mail: [email protected] sito internet: www.deriveapprodi.org Le prefazioni di Gilles Deleuze, Pierre iVIacherey, Alexandre Matiieron sono state tradotte dal francese da Ilaria Bussoni Progettograficoe impaginazione: Andrea WOhr Immagine di copertina: Particolare di un ritratto di Baruch Spinoza, anonimo. XVII sec. ISBN88-88738-86-X
DeriveApprodi
Antonio Negri
Spinoza L'anomalia selvaggia Spinoza sovversivo Democrazia ed eternità in Spinoza
Prefazioni di Gilles Deleuze Pierre Macherey Alexandre Matheron
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Prefazioni
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I Gilles Deleuze
H libro di Negri su Spinoza, scritto in prigione, è un grande libro, che sotto molti aspetti rinnova la comprensione dello spinozismo. Qui, vorrei insistere su due delle tesi principali che sviluppa. 1. L'antigiuridismo dì Spinoza L'idea fondamentale di Spinoza è quella di uno sviluppo spontaneo delle forze, almeno virtualmente. Ciò significa che, in via di princìpio, non c'è necessità di mediazione per costituire i rapporti corrispondenti alle forze. Al contrario, l'idea della necessità di una mediazione appartiene essenzialmente alla concezione giuridica del mondo, quale è elaborata da Hobbes, Rousseau, Hegel. Questa concezione implica: 1) che le forze hanno un'origine individuale o privata; 2) che devono essere socializzate per produrre i rapporti adeguati che corrispondono loro; 3) che, quindi, c'è mediazione di un Potere ("Potestas"); 4) che l'orizzonte è inseparabile da una crisi, una guerra o un antagonismo di cui il Potere si presenta come la soluzione, ma la "soluzione antagonista". Spinoza è stato spesso presentato, tra Hobbes e Rousseau, come appartenente a questa filiera giuridica. Seguendo Negri non è così. In Spinoza le forze sono inseparabili dalla spontaneità e dalla produttività che rendono il loro sviluppo possibile senza mediazione, cioè la loro composizione. Sono elementi di socializzazione in quanto tali. Spinoza pensa immediatamente in termini di "moltitudine" e non di individuo. Tutta la sua filosofia è una filosofia della "potentia" contro la "potestas". Essa si inserisce in una tradizione antigiurìdica che passa da Machiavelli e approda a Marx. È per intero una concezione della "costituzione" ontologica, o della
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"composizione" fisica e dinamica, che si oppone al contratto giuridico'. In Spinoza, il punto di vista ontologico di una produzione immediata si oppone a ogni riferimento a un Dover-Essere, a ogni mediazione e a ogni finalità ("con Hobbes la crisi definisce l'orizzonte ontologico e lo sussume, con Spinoza la crisi è sussunta sotto l'orizzonte ontologico"). Benché s'intuisca l'importanza e la novità della tesi di Negri, il lettore potrebbe temere l'atmosfera utopica che ne deriva. Per questo Negri sottolinea il carattere eccezionale della situazione olandese e ciò che rende possibile la posizione spinozista: contro la famiglia degli Grange che rappresenta una "potestas" conforme all'Europa monarchica, l'Olanda dei fratelli de Witt può tentare di promuovere im mercato come spontaneità delle forze produttive o un capitalismo come forma immediata della socializzazione delle forze. Anomalia spinozista e anomalia olandese... Ma in un caso come nell'altro, l'utopia non è la stessa? Qui interviene il secondo punto forte dell'analisi di Negri. 2. L'evoluzione dì Spinoza Il primo Spinoza, quale appare nel Breve Trattato e all'inizio delVEtìlica, rimane effettivamente nella prospettiva dell'utopia. Tuttavia egli la rinnova, perché assicura una massima espansione alle forze, elevandosi a una costituzione ontologica della sostanza e, attraverso la sostanza, dei modi (panteismo). Ma precisamente, in virtù della spontaneità dell'operazione, o dell'assenza di mediazione, la composizione materiale del reale concreto non si manifesterà come potenza propria, e la conoscenza e il pensiero, anziché aprirsi al mondo, dovranno ancora ripiegarsi su se stessi, assoggettati a una produttività solamente ideale (idéelle) dell'Essere. È per questo che il secondo Spinoza, quale appare nel Trattato teologico-politico e si afferma nel corso deìl^Ethica, sarà riconoscibile da due temi fondamentali: da un lato, la potenza della sostanza è ripiegata sui modi ai quali serve d'orizzonte; dall'altro, il pensiero si apre sul mondo e si pone come inmiaginazione materiale. Qui cessa l'utopia, a vantaggio delle premesse di un materialismo rivoluzionario. Non che vengano ristabiliti l'antagonismo e la mediazione. L'orizzonte dell'Essere sussiste immediatamente, ma come luogo della costituzione politica e non più come utopia della costituzione ideale (idéelle) e sostanziale. I corpi (e le anime) sono delle forze. In quanto tali, non si definiscono solo attraverso i loro incontri e i loro scontri casuali (stato di crisi). Si definiscono attraverso i rapporti tra l'infinità di parti che compongono ogni corpo e che caratterizzano già come "moltitudine". Ci sono, quindi, dei processi di composizione e decomposizione dei corpi a seconda che i loro rapporti caratteristici concordino www.ivzCéd.comlBaz«ch_8013
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o discordino. Due o più corpi formeranno un tTitto, cioè un terzo corpo, se essi compongono i loro rispettivi rapporti in circostanze concrete. Ed è questo il più alto esercizio dell'immaginazione - il punto in cui essa ispira l'inteUetto - fare in modo che i corpi (e le anime) s'incontrino secondo rapporti componibili. Da cui, l'importanza della teoria spinozista delle nozioni comuni che è una parte maggiore dell'Ef/izca dal II libro al V. L'immaginazione materiale stringe la sua alleanza con l'intelletto garantendo al contempo, sotto l'orizzonte dell'Essere, la composizione fisica dei corpi e la costituzione politica degli uomini. Ciò che Negri aveva fatto incisivamente per Marx a proposito dei Gnmdrisse, lo fa ora per Spinoza: la totale rivalutazione del posto che il Breve Trattato e il Trattato teologico-politico occupano nell'opera di Spinoza. E in questo senso che Negri propone un'evoluzione di Spinoza: da un'utopia progressista a un materialismo rivoluzioimrio. Negri è probabilmente il primo a conferire il suo pieno senso filosofico all'aneddoto secondo il quale Spinoza si era lui stesso disegnato nel rivoluzionario napoletano Masaniello (si veda ciò che dice Nietzsche suU'importanza degli "aneddoti" legati al "pensiero nella vita di un pensatore"). Delle due tesi di Negri, ho dato una presentazione estremamente rudimentale. Non credo convenga discuterle e apportare frettolosamente obiezioni o conferme. Queste tesi hanno il merito evidente di rendere conto della situazione eccezionale di Spinoza nella storia del pensiero. Queste tesi sono profondamente nuove, ma ciò che ci fanno vedere, è innanzi tutto la novità di Spinoza stesso, nel senso di una "filosofia dell'avvenire". Mostrano il ruolo fondatore della politica nella filosofia di Spinoza. Il nostro primo compito dovrebbe essere quello di apprezzarne la portata e capire ciò che Negri ha così trovato in Spinoza, in cosa egli sia autenticamente e profondamente spinozista.
I. F.ric Ailicz, Sfntiozn au-dt'làdt-Marx, in "Criliriuo", ngosio-seU. I 9 8 I . n ' •! 11-1 in nuxlocccelli-nte questa anlitesi.
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analizza
Pierre Macherey
Spinoza presente
"Un qualcosa di sproporzionato e sovrumano", così Antonio Negri caratterizza l'avventura teorica nella quale Spinoza si è impegnato; e le restituisce, in tutta la sua forza, quell'eccezionale virulenza d'evento che, facendo irruzione nel tempo, ne infrange l'apparente continuità e, attraverso questa provocante dismisura, chiama noi stessi a ritornare al movimento da cui sorge. Potremmo riprendere gli stessi termini per presentare l'interpretazione che Negri ci dà di questa esperienza, poiché la sua s e l v a ^ a potenza sconvolge gli ambiti consueti attraverso i quali si capisce una filosofia, e non solo quella di Spinoza: essa ci forza a rileggerla in una prospettiva rovesciante e ci fa scoprire, al posto di questa dottrina che credevamo conoscere bene, ordinata nel repertorio immobile dei sistemi, "un pensiero vivente" che appartiene effettivamente alla storia, alla nostra storia. Cosa significa concepire Spinoza come un pensatore storico? Evidentemente significa esporlo al suo tempo, all'Olanda della seconda metà del XVII secolo, in rottura con l'ordine economico, politico e ideologico del mondo feudale, rispetto al quale inventa le forme di tma società nuova con i modi di produzione, di scambio e di coscienza che gli corrispondono: è in questa "straordinaria matrice di produzione metafisica" che interviene Spinoza coniando lui stesso dei concetti e delle maniere di ragionare che gli permettono di contribuire a questo processo di trasformazione. Ma da questo tempo in rivolta contro il proprio tempo, e contro il tempo, lui stesso deve prendere le distanze, proiettandosi verso un altro tempo che non è più solo il suo ma anche il nostro. Negri, parlando della costituzione politica del reale di Spinoza - il risultato di tutto il suo pensiero - afferma la sua "straordinaria modernità": se questa filosofìa è "una fìlosofia dell'avvenire", è perché essa si pone "in una determinazione che supera i limiti del tempo storico". Spinoza rappre-
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senta i] suo tempo nella misura in cui eccede i limiti di una semplice attualità: è ciò che gli permette di esistere - così come per noi - non solo al passato ma al presente. Occorre leggere Spinoza al presente, quindi. Questo significa che dobbiamo attualizzarlo, cioè trasporlo in un'altra attualità, la nostra, recuperandolo per il nostro tempo attraverso un'interpretazione ricorrente, necessariamente riduttrice? In nessun modo. Perché non è questa attualità il presente di Spinoza, che fa che, nel suo tempo come nel nostro, egli sia sempre presente. Questa presenza non è quella di una permanenza atemporale, ma quella di una storia che, nella misura in cui conserva un senso, prosegue irresistibilmente la sua marcia in avanti in lui e in noi. Che cos'è sempre presente o, se vogliamo, "eterno" nel pensiero di Spinoza? La sua istorici tà, cioè quella potenza immanente che lo porta al di là dell'ambito fisso di un'attualità data e da cui trae anche la propria produttività teorica. Spinoza non è nella storia come un pimto immobile su una traiettoria che avrebbe U suo corso al di fuori di lui, ma è la storia che in lui continua il suo movimento, proiettandolo verso questo avvenire che è anche il suo presente. Negri ci fa scoprire Spinoza dopo Spinoza, passando da una "prima fondazione" a una "seconda fondazione". Spinoza dopo Spinoza non è Spinoza secondo Spinoza, ricondotto a se stesso, e in qualche modo ripiegato su se stesso nella giubilazione speculativa e speculare di un'identità immaginaria. Identità nella quale i commentatori trovano la loro soddisfazione e il loro riposo, con la cattura definitiva di una struttura compiuta che essi chiamano "sistema". Negri fa implodere questa struttura affermando la dismisura dell'opera di Spinoza, eccedente l'ambito ristretto nel quale si cerca di riportarla. Perché una filosofìa è tutta una storia, con la quale non si ha mai finito di fare i conti, e che non si è mai stanchi di raccontare, se si tratta di un pensiero vivente il cui processo non cessa di compiersi attraverso i lìmiti che lo costituiscono ed è la sua stessa esistenza a rimettersi in gioco. L'interpretazione che Negri ci propone della filosofia spinozista è sconvolgente perché ne rivela la processività che dall'interno del proprio ordine la mette in movimento e la sposta. Ora, questa processività è immanente, corrisponde "alla maturazione interna del pensiero di Spinoza": non risulta dalla pressione delle circostanze esterne, da ima storia oggettiva e indipendente che ne piegherebbe l'orientamento, ma è la conseguenza di una "crisi" che la filosofia condivide con il proprio tempo, di fronte alla quale sviluppa il proprio progetto e costituisce il suo oggetto. Così "la dis-misura non deriva tanto dal rapporto - relativamente - sproporzionato con il tempo di crisi, quanto dall'organizzazione assoluta che la coscienza della crisi imprime al progetto di superarla": la metafisica spinozista non riceve la sua dimensione politica da un colpo di forza arbitrario, 10
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ma dalla violenza che fa a se stessa e che la costringe a ricostruire tutto il suo edificio. In uno dei capitoli più straordinari del libro, Negri l e ^ e il Trattato teologico-politico non dopo VEthica o a lato di questa, ma neWEthica, cioè nell'intervallo che la "disproporzione" del suo ragionamento e dei suoi concetti scava: mostra così come la teoria politica giochi il ruolo di un operatore metafisico, poiché essa è al contempo il sintomo e l'agente della sua trasformazione. "Misura e dismisura dell'istanza spinoziana: la teoria politica risucchia e proietta questa anomalia nel pensiero metafisico. La metafìsica, portata sulla prima linea della lotta politica, contiene in sé la proporzione sproporzionata, la misura smisurata, che è propria di tutto Spinoza". Se la filosofìa di Spinoza non è solo dell'ordine della teoria, ma anche della pratica, è perché, disgiungendosi da se stessa, scopre nel proprio sistema l'urgente necessità di trasgredirlo. Questa maturazione intema non è uno sviluppo continuo: come abbiamo ^ detto, essa deriva da un "crisi", crisi di un tempo che è anche crisi del pensiero e in lui provoca questa sfasatura intema che è al contempo rottura teorica e frattura pratica. "D tempo storico si stacca dal tempo reale della filosofia spinoziana. La dismisura resasi consapevole nella crisi, riorganizza i suoi termini progettuali. E si definisce come tale, appunto, per differenza, per stacco". Prendendo distanza dal proprio tempo e da se stesso, procedendo a ima "rifondazione metafisica del suo sistema", che lo porta a "mettere in crisi il processo di produzione deUe cose dalle essenze" e a dare luogo a un nuovo progetto costitutivo, Spinoza opera "un salto logico di enorme portata". Se il suo pensiero è talmente efficace e vero, quindi sempre presente, è perché esso è animato da una tale volontà di rottura. Raddoppiandosi con questa scissione, la filosofia fa ritomo a se stessa, non per richiudersi nella certezza riconciliata del proprio sistema, ma per aprirsi alla tensione e al rischio del suo progetto. Quando a livello della "seconda fondazione", nel passaggio del libro V deWEthica consacrato alla conoscenza di terzo genere, Negri ritrova gli elementi della "prima fondazione" di cui si occupavano i libri I e n , egli interpreta questa ripetizione - in un senso molto vicino a quello che gli darebbe la tecnica analitica - come "incidente a funzione catartica". "Siamo di fronte alla riproduzione della cesura teorica del pensiero spinoziano, simulata per essere sublimata", "quasi a stipulare definitivamente, nella continuità di un'esperienza, la differenza di fasi o di contenuti, di propositi e di soluzioni", in ima sorta di "dramma didattico". Affrontando tale prova, la filosofia raggiunge il reale, conquista una realtà: attraverso questo movimento che l'esteriorizza in se stessa, essa si realizza, non in una prospettiva hegeliana di risoluzione, ma fino alla manifestazione di quello scarto insormontabile che dà luogo alla storia affinché essa vi si avveri. È alla produzione di una tale verità che tende tutto il pensiero di Spinoza, che per Negri non è solo pensiero teorico del conattis - la www.ivzCéd.comlBaz«ch_8013
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cui nozione è formulata, nel libro IH deU'£f/»ca, nel momento stesso in cui la dottrina entra in crisi - ma anche pratica vissuta del conatus, come espressione dello squilibrio dinamico di imo stato momentaneo che si proietta verso un avvenire necessario. "Non essenza finalistica, in ogni caso: bensì esso stesso atto, dato, emergenza cosciente deU'esistente non finalizzato". "L'esistenza pone l'essenza, dinamicamente, costitutivamente, quindi la presenza pone la tendenza: la filosofia si sbilancia sull'avvenire". Nel momento stesso in cui forgia l'idea dello squilibrio, la filosofia di Spinoza si lancia nella breccia che si è così aperta e precipita verso quel presente che oltrepassa la sua semplice attualità. Occorre notare che tale coincidenza pone un problema: saldando strettamente la dottrina a se stessa, nella fusione di una teoria e di ima pratica con la quale non ci resta che identificarci, non ricorda l'illusione di una teleologia immanente del vero, garante del suo senso e della sua unità? Questa è la domanda che potremmo porre a Negri. Ma prima di cercare una risposta a questa domanda, lasciamoci invadere dalla tensione irresistibile di una lettiu^ devastatrice, che spinge il discorso di Spinoza all'estremo limite di ciò che può, "come se, dopo una lunga accumulazione di forze, un terribile temporale fosse al limite dell'esplosione". Ascoltiamo il temporale.
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I Alexandre Matheron
Vorrei qui parlare della mia profonda ammirazione per il libro di Negri, del mio accordo su ciò che mi sembra essere l'essenziale della sua interpretazione di Spinoza, e, in via accessoria, delle poche riserve che questa può ispirare a uno storico della filosofìa, professionalmente sempre tentato di restare alla letteralità dei testi. Ammirazione, nel senso classico e nel senso corrente della parola, per la straordinaria analisi marxista con la quale Negri rende intelligibile il rapporto tra l'evoluzione del pensiero di Spinoza e le trasformazioni storiche intervenute nella situazione olandese del suo tempo. Sfortunatamente, sono troppo incompetente in materia per permettermi di giudicare della verità o della falsità della sua ipotesi. Ma è certo che essa è molto feconda: permette allo stesso tempo di introdurre una logica intema in ciò che già sapevamo e di mettere in evidenza il carattere significativo di certi dati di fatto, che fino ad o ^ , passavano troppo spesso per marginali. Essa ci fa innanzitutto capire come r"anomalia olandese" possa rendere conto della persistenza tardiva nei Paesi Bassi del panteismo utopista di tipo "rinasdmentale" che, effettivamente, con molta confusione e incertezza è probabilmente stato quello di Spinoza nelle parti più arcaiche del Breve Trattato. Ci fa capire, inoltre, come la tardiva comparsa in Olanda della crisi del capitalismo nascente possa rendere conto della dislocazione di questo panteismo iniziale e della necessità che Spinoza ha sentito - come l'ha effettivamente sentita - di operare una riartìcolazione concettuale molto difficile. Ci fa capire, infine, come larivoltadi Spinoza di fronte alla soluzione assolutista che nel resto d'Euuropa era stata data alla crisi, e che rischiava di darsi in Olanda, possa rendere conto del risultato finale di questa riartìcolazione concettuale. Quindi, tralasciando l'ipotesi stessa, credo che, nell'essenziale, i fatti sui quali essa attira la nostra attenzione siano molto consistenti e molto importanti. 13
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Ciò è vero in primo luogo per lo sviluppo finale (o relativamente finale) della filosofìa di Spinoza: per ciò che Negri chiama la sua "seconda fondazione". Su questo punto, fatta eccezione per ima riserva sulla quale ritornerò, sono fondamentalmente d'accordo con lui. Li questa "seconda fondazione" non solo Spinoza ha rotto con tutto ciò che sopravvive dell'emanazionismo neoplatonico (cosa che tutti i commentatori seri riconoscono), ma non ammette più la minima trascendenza della sostanza rispetto ai suoi modi, in qualsiasi forma essa si presenti: la sostanza non è un fondo di cui i modi sarebbero la superfìcie; noi non siamo delle onde sulla superficie dell'oceano divino, ma tutto èriassorbitonella superficie. La sostanza senza i modi è solo astrazione, esattamente come lo sono i modi senza la sostanza: la sola realtà concreta sono gli esseri naturali individuali che si compongono gli uni con gli altri per formare ancora altri esseri naturali individuali, e così via all'infinito. Ma questo non significa che l'interesse delle analisi anteriori fosse nullo; questo vuol dire che tutto ciò che era attribuito a Dio è ora investito nelle cose stesse: non è più Dio a produrre le cose sulla superficie di se stesso, ma sono le cose stesse che divengono, almeno parzialmente, autoproduttrici e produttrici di effetti nell'ambito delle strutture che definiscono i limiti della loro autoproduttività. Possiamo ancora parlare di Dio (come fa Spinoza e come dal suo pimto di vista ha ragione di fare) per designare questa attività produttrice immanente alle cose, questa produttività infinita e inesaiuibile di tutta la natiu-a, ma a condizione di ricordarsi cosa questo significhi: la natura naturante è la natura in quanto naturante, la natura considerata nel suo aspetto produttore isolato per astrazione; e la natura naturata, o i modi, sono le strutture che essasi dà dispiegandosi, la natura in quanto naturata; ma nella realtà ci sono solo degli individui più o meno composti, dove ciascuno (naturante e naturato allo stesso tempo) si sforza di produrre tutto ciò che può e di prodursi e riprodursi producendo tutto ciò che può: l'ontologia concreta comincia con la teoria del conatus. Per questo Negri ha ragione nel caratterizzare questo sviluppo finale dello spinozismo come una metafisica dellaforza produttiva', e questo in opposizione a tutte le altre metafisiche classiche che sono sempre più o meno delle metafisiche dei rapporti di produzione nella misura in cui subordinano le produttività delle cose a im ordine trascendente. Che questa metafisica della forza produttiva giochi a tutti i livelli dello spinozismo è ciò che spiega splendidamente Negri. Ci mostra, seguendo il filo degli ultimi tre libri deWEihica, come in quell'essere natiu^e molto composto qual è l'uomo si costituisca progressivamente la soggettività; come il cowafwj umano, diventato desiderio, dispieghi intorno a sé, grazie al ruolo costitutivo (e non più semplicemente negativo) dell'immaginazione, un mondo umano che è veramente una "seconda natura"; come i desideri individuali, sempre grazie all'immaginazione, si compongano tra di loro per introdurre 14
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in questa "seconda natura" una dimensione interumana; e come grazie airarricchimento così portato all'immaginazione dalla produzione stessa del mondo lunano e interiunano, il nostro conatus possa diventare sempre più autoproduttore, cioè sempre più libero, facendosi ragione e desiderio razionale, poi conoscenza del terzo genere e beatitudine. In questi ultimi tre libri dell'£ellcs lettres,Paris. 197.'^. Ringrazio Tino C!osta e tutti gli altri amici che hanno contrihnito a sistemare le note. Ringi a/.iocon profondo allctto.
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Capitolo primo
L'anomalia olandese
1. Il problema di un'immagine Studiare Spinoza è porsi il problema della sproporzione nella storia. La spropor7.ione di un pensiero rispetto alle dimensioni storiche e ai rapporti sociali che ne definiscono la genesi. La cosa risulta e\idente anche solo se la si guarda da un punto di vista empirico. Il pensiero di Spinoza, attestano le cronache, è mostruoso, in positivo o in negativo. ''Chaos impénélrabk", "un monstre de confusion et de lénèbres, per gli uni: con gl ande maestria Paul Vérnière ci ha fatto la storia di questa tradizione nel pensiero francese prima della Rivoluzione.' Ma d'altro lato si |3ai la "dhin homme illusLi-e scavànL, qui à ce que ì'on m'asseure, a un grand nomine deSpectateurs, qui soni entièrem/^nt attàchez à ses sentimens"- e l'epistolario spinoziano ridonda di dimostra7.ioni dell'assunto. In ogni caso le cronache ci descrivono un aspetto e un pensiero, un'inmiagine e una valutazione, che rendono un carattere sovrumano. E duplice. Di volta in volta satanico: CO.SÌ il ritratto di Spinoza è corredato di una divisa che suona "/knediclys de Spinoza, Amstelodamensis, Gente et ProfessioneJudasus, postea coetuì Christianonimseadjungens, primisystemathinteì-Atheo Architecins"Oppin e, al conti-ario, " il lui attribue assez de verlm pour fairr.naitreauLecteurl'enviedes'écriei-SaricleSpinoza, o)-«/;ro no/»'5".'Su questa linea potremmo condnuare fino a sottolineare aspetti decisamente non teoretici del culto di Spinoza ancora nel Pantheismusslreit e in Herder e in Goethe, per non parlare dell'idea di uno Spinoza "ateo virtuoso e santo della ragione laica", rimessa in circolazione nell'Europa della belle epoque.'' L'immagine doppia e.sce dalla cronaca per enuare nella storia della filosofia con un andamento altrettanto vario: la storia delle interpretazioni del pensiero di Spinoza è così lunga ormai, e conu a.31
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stala, chc su di essa potrebbe essere tessuta una vera e propria stona della lìlosofia moderna." Di nuovo l'eleinento centrale non è semplicemente la duplicità della figura filosofica, facilmente definibile ovunque l'enij^ia panteista venga in superficie. E bensì la du]ìlicità ma dislocata in mostruosità, nell'assolutezza di un'opposizione che si rivela nella duplicità. Forse, meglio di ogni altro, è Ludwig Feuerbach che interpreta questa situazione, cogliendo da im lato il pensiero di Spinoza come materialismo assoluto (il rovescio dell'hegelismo),'considerando (di contro) il rovesciamento quale forma del natiualismo spinoziano e la sublimazione che ivi si opera nel piissaggio "dalla negazione all'affermazione di Dio"." Bene, è proprio con questa assolutezza, con questo estremismo che la duplice realtà del pensiero di Spinoza ci colpisce. A questo punto un'ipotesi: di fatto ci sono due Spinoza. Se solo riusciamo a re.spingere e ad as.soggettaj-e le insinuazioni o le apologie che la storia ei udita produce, .se ci mettiamo sul solido terreno della consapevolezza cntica e storiogi-afica del nostro tempo, questi due Spinoza sono sbalzati a tutto tondo. E non appartengono piìi alla storia demonizzata o santificatii dei secoli bui che precedono la Rivoluzione. Sono due Spinoza che partecipano della cultura contempoi-anea. Il primo esprime la più alta coscienz.a che la rivoluzione scientifica e la civiltà del Rinascimento abbiano prodotto. Il secondo produce una filosofia dell'avvenire. Il primo è il prodotto del pili alto e disteso sviluppo della storia culturale del suo tempo. Il secondo è dislocamento e proiezione delle idee di crisi e di rivoluzione. Il primo è autore dell'ordine del capitalismo, il secondo è forse l'autore di ima costituzione futura. Il primo è il più alto sviluppo dell'idealismo. Il secondo partecipa della fondazione del materialismo rivoluzionario, della sua bellezza. Ma questi due Spinoza sono una sola filosofia; eppure due, reali tendenze. Reali? Costitutive del pensiero di Spinoza? Implicate nel rapporto con il suo tempo? All'approfondimento di questa ipotesi clo\Temo lavorare. Non saranno l'orizzonte empirico della storiografia erudita né quello continuista e categoriale della storiognifìa filosofica a renderci la vera dualità del pensiero di Spinoza. L'ideologia non ha storia. La filosofia non ha storia. L'ideologia e la sua forma filosofica possono solo essere storia. Storia di chi le ha prodotte e ha attraversato con il suo pensiero lo spessore di una prassi determinata. Alla complessità di quella prassi, di quella situazione possiamo attingere, ma fra quel ieri e questo oggi c'è solo la continuità di una nuora prassi determinata. Siamo noi che prendiamo un autore e gli poniamo delle quesiioni. Che cos'è che pemiette quest'uso di Spinoza? Questa conne.ssione della sua e della nosu a piiissi filosofica? Sono le condizioni che la collocazione storica del pensiero di Spinoza osser\'a. La duplicità del pensiero di Spinoza, quello scatto interno che ne disloca il significato su diversi orizzonti, è un'anomalia così forte e così specifica del 32
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pensiero spinoziano da renderlo insieme vicino a noi, possibile per noi, e irriducibile a qnalsiasi meccanismo di filiazioni e di sistemi dell'ideologia storica. Kim dato di eccezionalità assolnta. Questa anomalia si fondasti! inondo nel quale Spinoza vive e sviluppa il stio pensiero. Anomalia spinoziana-anomalia olandese. "Chi ptiò ricordare", si chiede Huizinga, "un altro popolo che, appena nato, abbia raggiunto il vertice del suo sviluppo civile? Il nostro stupore per questo fatto sarebbe forse minore se la civiltà olandese del Seicento fosse perfetta e purissima espressione della forma di civiltà allora dominante in Europa. Ma a ben gtiardare non è così. Al contrario, pur trovandosi tra la Francia, la Germania e l'Inghilterra (prescindiamo qui dall'Italia e dalla Spagna), la terra dei nostri padri, piti che un esempio e un modello, rappresentò una deviazione rispetto al tipo generale di civiltà dell'epoca, un caso speciale sotto molti aspetti".'^ Che cosa significa questo? Cominciamo innanzitutto a valutare l'affermazione in relazione ai comportamenti culturali, agli aspetti più tenui della civiltà del secolo d'oro. L'apologia enidita ci mostra uno Spinoza ritenuto e schivo: ed è vero, - lo confermano l'epistolario e le piti ampie testimonianze. Ma non è leggenda né può essere apologia perché è la società olandese che è così: il filosofo non è piti nascosto di quanto sia socializzato e inserito in una società culturale affatto adeguata e ampia. Kolakowski, come vedremo, ci ha raccontato la vita religiosa e le forme di comunità costituite dagli strati colti della borghesia olandese'": Spinoza vive questo mondo nel quale semplicemente, socievolmente le amicizie e le corrispondenze ampiamente si incrociano. Ma, per determinati strati della borghesia, la dolcezza della vita colla e ritii-ata si accompagna senza alcuna contraddizione alla frequentazione e alla tensione di un potere capitalistico e.sercitato in termini affatto maturi. La condizione dell'uomo borghese olandese è questa. Dell'altro genio dell'epoca, di Rembrandt van Rijn, si può dire lo stesso: nelle sue tele la potenza della luce si concentra con intensità sulle figure di un mondo borghese in fantastica espansione. Una società prosaica ma potenti.ssima, che fa poesia senza saperlo perché ha la forza di farlo. Huizinga giustamente sostiene che il Seicento olandese non conosce il barocco, non cono.sce cioè l'interiorizziizione della crisi. Ed è vero. Se durante il primo Seicento l'Olanda è la terra di elezione di tutti i libertini dì Europa e di Descartes stesso in cerca di libertà," nulla comunque ci troverete del clima culnirale francese, della crisi che lo splendore malamente ricopre e che la nuova filosofia solamente esorcizza. Si potrebbe forse dire che il Seicento non è mai giunto in Olanda. Qui c'è ancora la freschezza dell'umanesimo, intera. Del grande umanesimo e della grande Rinascenza. Ci sono ancora il senso e l'amore della libertà, nel suo significato piti pieno, umanistico appunto, del costruire, del riformare. Ci sono ancora, immediatamente visi-
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bili e operami, quelle rivoluzionarie virtù che negli altri paesi la crisi sottilmente svigorisce e che l'assolutismo monarchico lenta in generale di annullare nel suo sistema politico. Un solo esempio. L'assolutismo, in questo tempo, tenta di chiudere e di riplasmare il movimento di rinnovamento nelle Accademie, nel progetto di unificazione e di controllo dell'unità letteraria e scientifica dello Stato. Quimio, filosofi e storici della filosofia, hanno da allora passeggiato accanto alle Accademie con invincibile desiderio di potervi sedere! Il pensiero e l'arte olandesi del secolo d'oro non solo risiedono fuori dalle Accademie ma, nella massima parte, anche fuori dalle Università.'-' Spinoza, per tutti, rispondendo negativamente all'eccellentissimo e nobilissimo signorj. L. Fabritius, che a nome dell'Elettore Palatino gli offre una cattedra di Heidelberg, gli ricorda che l'assolutezza della libertà di filosofare non è in nessun modo limitabile.'-'Al che tm altro uomo di Corte non può che, irritato, malignamente sussurrare: "Use trouvail bien mimx en HolUmde où... il avo'Uune liherté mtihe d'enirelenir de ses opiniom àf de ses niaximes, les l urieux que le vmloienl, (sf de/aire de loits ses Disripks, mi des Déisles, oìi des Aìhées".'' E esattamente quello che pensa Spinoza (Traitalo politico, capitolo articolo 49) : "Le accademie che si fondano a spese dello Stato, si istituiscono non tanto per coltivare le menti, qiianto per imbrigliarle. Ma in ima libera repubblica le scienze e le arti saranno coltivate nel modo migliore, se si darà il pennesso a chiunque lo chiederà di insegnare pubblicamente, e ciò a sue spese e a rischio della sua reputazione". Ma questa anomalia olandese non è solo appunto tranquillità e socievolezza. E ima grande potenza commerciale e industriale quella che qui consideriamo. Leida, Zaan, Amsterdam sono fra i piti grandi centri industriali d'Europa. E il commercio e la pirateria spaziano dalla Vistola alle Indie Occidentali, dal Canada alle Molucche.''' Qui l'ordine capitalistico del profitto e l'avTentura selvaggia dell'accumulazione sui mari, la fantasia costruttiva che i commerci producono e lo stupore che induce alla filosofia, - tutto ciò si coniuga. Le grandi e selvagge dimensioni comportano un salto di qualità che può essere straordinaria matrice e caratterizzazione di produzione metafisica. A differenza di quanto iiffenna Camimori sulla falsariga di Huizinga, ho l'impressione che il Crozio internazionalista riesca a spiegar meglio del Grozio scriitore di pii trattali quest'epoca"': perché è su questa dimensione che qui l'anomalia si fa selvaggia. All'esterno e all'interno. Thalheimer, iniroducendo allo studio di Spinoza, sottolinea l'intensità della rivoluzione sociale in atto. Rivoluzione borghese, ma in fonna appunto anomala: non protetta dal potere assoluto ma assolutamente svolgentesi nella vastità di un progetto di dominio e di riproduzione selvaggia. 1-a lotta di classe è, per un lungo periodo, risolta in termini dinamici, espansivi, nella forma politica dell'olig-archia o in quella della monarcliia M
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(di tipo "bonapartista", soggiunge Thalheimer!) d i e gli Orange installano a partire dal '72, comunque ad altissimo livello di socializzazione capitalistica (Olanda e Venezia: quanto, politici e inoralisti, hanno inseguito nei secoli della "crisi della coscienza europea" il sogno di uno sxàliippo dentro la "forma immediata" della socializzazione del capitale! Torneremo presto su questo).'" Ora, non sto a discutere la proprietii, o meno, delle definizioni di Thalheimer: il problema qui è altro. Ed è che la materia di questa xdta olandese, di questa socievolezza culturale è sovradetenninata dalle dimensioni della rivoluzione in corso. Così, se il filosofo non è alla Accademia ma a bottega, e se questa bottega tanto assomiglia a quella nmanisdca (pur accettando la raccomandazione di Huizinga di non confondere l'iunanesimo del Nord, erasmiano, con quello italiano o tedesco), pure la bottega dell'umanista non è piti artigiana. Come vedremo, già le grandi tendenze culturali e filosofiche che il pensiero di Spinoza domina, quella giudaica e quella rinascimentale, quella controriformata e quella cartesiana si presentano a questa sintesi in ima figura trasformata, quali filosofie che cercano di essere adeguate alla rivoluzione in corso. In Spinoza la trasformazione è data. La bottega dell'umanista non è pili artigianale. Certo, lo spirito che la anima è costrutdvo, rinascimentale: ma quale distanza, già qui, ora, nello stesso collocarsi davanti al sapere, nello ste.sso fissare l'orizzonte costruttivo del pensiero, dal pur grande artigianato di Giordano Bruno o dell'ultimo Shakespeare, solo per stare agli esempi piìischietd e tornid di quell'ultima stagione rinascimentale, - che Francis Yates va con tanta bravura descrivendo!"Qui invece, in Olanda, in Spinoza, la rivoluzione ha assunto le dimensioni dell'accumulazione su scala mondiale e l'anomalia olandese consiste in ciò: in questa sproporzione delle sue dimensioni costruttive e appropriatrici. C'è un concetto fondamentale che va in proposito forse utilmente ricordato e sul quale largamente torneremo. E il concetto di ''mulùtudo". Esso appare soprattutto nel Trattalo politico, l'opera più matnra di Spinoza, ma è concetto che vive in tutta la u amatura della sua filosofia. Ora, è appunto questo un concetto nel quale l'intensità del lascito rinascimentale (il senso della nuova dignità del soggetto) si coniuga in estensione: questa nuova qualità del .soggetto si apre cioè al senso della molteplicità dei soggetti e alla potenza costruttiva che promana dalla loro dignità, intesa come totalità, - fino a collocare il problema teoretico ed edco sulla soglia della comprensione della dismisura radicale dello .sviluppo in corso. E sulla base di questa forza materiale che la filosofia di Spinoza è comprensibile, come potenz.a e come anomalia a fronte di tutto il pensiero del razionalismo moderno. Un razionalismo irrimediabilmente condizionato e stretto nelle limitazioni dello sviluppo mercantilistico.'" Certo, come vedremo, anche in questo Seicento olanwww.scri6d.eomlBarueÀ_2013
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dese che non è Seicento, anche in questa glande prima esperienza dell'mw capitalistico e dello spirito borghese, corre il momento della cinsi e la rivelazione dell'essenza critica del mercato.-" Ma l'atiomalia si prolunga anche sul bordo della crisi dello s\iluppo: questo s'è infatti tanto spinto in avanti, l'apice della rivoluzione ha di tanto debordato i termini dell'andamento ciclico - saltando la bassa congiuntura del 1660-1680 e ambiguamente incrociando nel 1672 la crisi delle forme polidche preassoludstiche - a fare, in Spinoza, della crisi non il peccato originale della filosofia razionalista (come già in Descartes o nella contemporanea cultura francese): da determinare invece, attraverso la coscienza della crisi, l'innesto di una superiore, assoluta considerazione della realtà. Il tempo storico: questo suo paradosso che più volte, dai piti diversi pund di vista, Huizinga sottolinea, quando ci dice che "la Repubblica aveva, per così dire, scaviilcato il mercantilismo"-' e direttamente avrà accesso, muovendo dall'accumulazione originaria, alla fase del mercato monetario o ancora, in altra prospettiva, il tempo storico che vede, al principio del Seicento, defìnidvamente sepolti i roghi per le streghe, in Olanda, - bene, questo tempo storico si sottomette al tempo critico e per la sua anomalia cosdtutiva permette all'anomalia spinoziana di scavalcare gli stessi limid della cultura e della filosofia borghese, di nutrire e di trasfigurare la dimensione selvaggia e aperta ed enoniie dellasua base verso una filosofia dell'awenire. Ci sono dunque due Spinoza? E possibile che vi siano. Sul ritmo dell'anomalia olandese si determina infatd un potenziale teoretico che, nel mentre affonda la stra radice nella complessità dello sxiluppo capitalisdco originario e nella pienezza del suo involucro culturale, si svolge quindi in ima dimensione futura, in ima determinazione che supera i limiti del tempo storico. La crisi dell'utopia della genesi borghese, la crisi del mito originario del mercato-questo punto essenziale nellastoria della filosofiamoderna-non sono in Spinoza ripiegiunento ma scavalcamento, avanzamento, proiezione futura. La base si scompone e lascia liberi il senso della produtuvità umana, la materialità della sua speranzii. La crisi distrugge l'utopia nella sua determinatezzastorica borghese, ne dissolve lasuperficialitàcondngente e l'apre invece alla deterniinazione della produtdvità umana, collettiva: la filosofia cridca instaura questo destino. I due Spinoza saranno naUiralmente un passaggio interno al suo pensiero. 2. La bottega spinoziana Gli strimienù e le componend del pensiero di Spinoza si assemblano all'apice della rivoluzione olandese. Come abbiamo visto, del pensiero di Spinoza c'è una base storica: da essa e con essa c'è una figura originaria, stiiuturale che il processo genetico ci mostra venir fuori. Il pensiero percorre le nei-vatin e di quel sostrato e le ri36
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conosce crilicaiiientc. L'analisi e la produzione filosofiche prevedono una totalità materiale nella quale districarsi per uscirtie capaci di sintesi, - ed eventualmente di dislocamento. La sintesi spinoziana è potente nella sua adegiiaiezza alla specifica potenzialità della sua epoca: ed è questo che ora va visto. Adeguatezz.a alla potenza e alla tonalità del suo tempo. Età aurea, .secolo d'oro? "E proprio il nome di epoca aurea che non va bene. Puzza di quella aurea aelas, di citiel mitologico paese di cuccagna che già ci annoiava un po' quand'eravamo ragazzi e leggevamo Ovidio a scuola. Se il periodo della nostra fioritura deve proprio avere un nome, sia dal legno e dall'acciaio, dalla pece e dal catrame, dai colori e dall'inchiostro, dall'ardimento e dalla pietà, dall'intelletto e dalla fantasia. Età flureaandrebbe meglio per il secolo XVIII, quando l'oro monetato stava ammucchiato nei forzieri". Così Huizinga, - e Cantimori sottolinea rintelligenza dell'approccio.-- E dunque dentro quest"'aura", così densa e determinata, che si ritrovano e .salgono sul proscenio Spinoza e i suoi interlocutori. Qui non c'è, in questa società olandese e dentro questi strati borghesi, quella rigida divisione del lavoro che la contemporanea intellettualità europea, e francese soprattutto, investiti! dalla crisi e dalla ristrutturazione assolutistica, rivela. O, almeno, non c'è in quella misura. Lo sperimentalismo non è ancora, in nessun .senso, pura specializzazione né tantomeno atdvità di Accademia e neppure spesso atdvità professorale. Lo studio delle leggi della riflessione fa parte del lavoro degli ottici, costruttori di lenti, Jelles e Spinoza; Schuller, Meyer, Bouwmeester e Ostens sono medici, intend a quelVementkiliode] corpo che deve investire anche la mente; De Vries fa parte di una famiglia di mercanti ed esercita la mercatura ai più alti livelli, Bresser è un birraio, Blyenberg un biadalo; Hudde è un matematico che applica il suo studio ai tassi di interesse sulle rendite e con l'amicizia di de Witt raggiunge la carica di borgoma.st.ro di Amsterdam. E così entriamo nell'uldmo e più alto strato del circolo spinoziano: quello che vede i membri dell'oligarchia partecipi dello sxiluppo filosofico, dal de Witt, a Burgh, a van Velthuysen fino agli Huygens e Oldenburg, ormai attratti nell'orbita della cultura cosmopolita.-'Scienza, tecnologia, mercato, polidca: il loro nesso e il loro ardcolarsi non dobbiamo coglierli in una miscela instabile che la scienza del potere è in via di scindere (co.sì come avviene negli altri paesi europei) ma direttamente agend come sfaccettature di una concezione della vita, della sua forza, della sua potenza non ancora corrotta. Come atdvità produtdva, come lavoro. La biblioteca di Spinoza-' corrisponde a questa situazione in due sensi. Non è una biblioteca specialisdca alla maniera dell'accademico seicentesco'-': è piuttosto la biblioteca del mercante colto, dove i cla.ssici ladni e i politici italiani (Machiavelli vi troneggia), i poeti spagnoli e la filosolia urnanisdca e contemporanea si mischiauiww.seribd.eom/Barueh_20l3
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no, - una biblioLcca di consultazione, di stimolo, di stile rinascimentale. Ma, in secondo luogo, non è ima biblioteca della crisi rinascimentale. non è una biblioteca barocca: lo scrittoio di un intellettuale flella prima metà del secolo era tuli'altro,-"-ciiii non ci sono i maghi, né c'è la mnemotecnica. Insomma, è tuia biblioteca tnnanistica, dentro la continuità di quel progetto, fuori della crisi che esso ha altrove subito. E una cultiu a ancora offensiva. Se ora veniamo alla definizione delle componenti culturali dell'arsenale spinoziano, ne van colte almeno quattro: la giudaica, l'nmanistico-rinascimentale in senso proprio, quella scolastica (attinente alla filosofia e teologia tradizionali, rinnovate dalla Controrifonna) e quella cartesiana. .\]la cultura ebraica Spinoza è f ortemente legato. Egli fa parte di quella ricca comunità di Amsterdam che direttamente partecipa del potere.-' l.a famiglia degli Spinoza è di alto rango.™ Spinoza riene educato nelle scuole ebraiche e certamente partecipa alla polemica religiosa che ivi è aperta.® Ora, le fond ebraiche del pensiero di Spinoza .sono al centro di una ormai secolare polemica: dajoel a Wolfson l'analisi è conumque molto proceduta,"'-e tutto questo ha portato a importanti risultati. Ancor più importante è lo studio delle discussioni aperte nella cultura ebraica olandese e in particolare nella comtuiità di Amsterdam: le figLire di Uriel da Costa e di Juan de Prado sembrano decisive per cosdtuire quel coagulo di problemi attorno ai quali la modernità del dibatdto si definisce. " Eppure, quando abbiamo ben risto tutto questo, non siamo ancora arrivati al centro del problema, così come Spinoza specificamente l'intende. Esso è altro da come posto nella tradizione giudaica: è tm problema della cultura seicentesca senz'altro, è quello dell'incontro e dello scontro di una filosofia dell'es.sere, tradizionale, finalistica, con la rivoluzione umanisdca, il suo nominalismo concettuale e il suo realismo dell'essere. Quando si parla deirinfltienza del pensiero giudaico sulla filosofia di Spinoza, .sulla sua fonnazione, è quasi impossibile tenere separata questa dall'influenza umanistica. Come tutta la cultura, l'ebraismo è stato investito dall'umanesimo: tanto più quanto piti la comunità ebraica è aperta al mondo, - la filosofia del mercato, le prime scintille dello spirito del capitalismo non potevano non determinare anche qui fertili conne.ssioni. Ed è su questo che po.ssiamo porre tm punto fenno, forse rilevante per intendere la stessa espulsione di Spinoza dalla comunità. In Spinoza, fin dall'inizio, la concezione dell'essere si .sgancia dalle due forme tradizionali in cui la met;tfisica ebraica l'aveva co.struita: sia cioè dal finalismo teologico espresso nella forma dell'immanenza, sia da quello espres.so nella forma del neoplatonismo, per raggiungere invece una concezione realistica e prodtutiva dell'essere. Un realismo produttivo, il cui senso non può venir inteso .se non ripercorrendo tutta la ricenda che conduce dal primo umanesimo alla ri38
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voliizione scientifica e che in questo processo si separa defiiiiiivarnente da ogni supporto teologico. Ora, la concezione dell'immanenza della divinità all'essere è presente nella tradizione metafisica ebraica e trova soprattniio in Maimonide il suo supremo niosolo'-; così, d'alua parte, la tradizione cabbalistica, con una grande emergenza nel pensiero di Crescas, porta in pieno imianesimo l'idea della creazione-degradazione di ispirazione plotiniana": bene, Spinoza conosce entrambe queste varianti metafìsiche della tradizione giudaica, ma solo per liberarsene. L'incontro fra umanesimo e filosofia ebraica è simboleggiato da Leone Ebreo. Spinoza possiede i suoi Dialoghi.'" E da qui che probabilmente viene quella definizione produttiva dell'essere che è caratteristica di tiuta la sua prima filosofia. Quest'inccmtro è certamente decisivo per quanto riguarda la filosofia della conoscenza laddove lasintesi "inluilid', "imaginatio", "mito" appare a determinare una costante del pensiero spinoziano®: la tradizione del Simposio platonico si stabilizza così nella grande filosofia moderna. Ma, in fondo, c'era già entrata con Bruno, si potrebbe obiettare! E da Bruno sembra che Spinoza abbia tratto molto.'^' Eppure qui c'è di più che in Bruno, di piti di quello che fosse possibile trarre dal pensiero di Bruno: la produttività dell'essere che Biaino definisce non si libera mai dall'analogia con la produzione artigiana o con la creazione estetica, e decade conseguentemente sul terreno dell'animismo universale. '' La concezione dell'essere in Spinoza è invece una concezione sovradetenninata, fuoii da ogni possibile analogia o metafora: è la concezione di un essere potente, che non conosce gerarchie, che conosce solo la propria forza costitutiva.^ Ed è chiaro che, con ciò, anche la tendenza naturalistica che percorre la filosofia dell'Umanesimo e del Rinascimento, quella che fa capo a Telesio e a Campanella, si esaurisce, quali che siano le puntuali influenze che possono essere registrate nell'opera di Spinoza. Bene, e allora riapriamo qui il problema dei due Spinoza, mettendo in rapporto il primo e il secondo: paradossalmente a\Temo in ogni caso "essere produttivo" contro "essere produttivo". Che significa? Significa che Spinoza assume fm dall'inizio una concezione radicalmente ontologica, non finalizzata, produttiva. Quando poi si avrà nn ulteriore passaggio, la concezione che ne deriva è tale che, pur mantenendosi la corposità dell'es.sere, ogni residuo di trascendenza ne verrà eliminalo. La trascendenza gnoseologica non ha pili spazio già nel pi imissimo Spinoza (tranne forse nella concezione dell'attributo). Altrettanto vale per ogni po.ssibile momento di trascendenzii etica. Il pas.saggio alla fase matura della filosofia di Spinoza consisterà nel raschiamento di ogni pur minimo residuo di dil'fereiiza ontologica, dello ste.sso concetto di produttività ontologica quando questo si ponga come categorialmente articolato. L'e.ssere produttivo del secondo Spinoza sarà solo costituzione ontolowww.seribd.eom/Barueh_2013
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gica della prassi. Dalla cultura a lui conlcmporanea Spinoza recupera, depura, fissa una prima fondamentale e fondante polarità ontologica, assume una concezione sostanzialistica dell'essere dalla tradizione giudaica e la svolge alla maniera umanistica nel senso della produttività. Esaspera il naturalismo fino a superarlo. Ma la seconda fase segnerà un salto di qualità: il problema infatti, a un certo livello della raffinazione criuca del concetto di essere, diviene quello del materialismo sviluppato. Questa prima polarizzazione culturale della filo.sofia spinoziana, nella sua genesi, è insieme confennatii e messa in crisi dalle influenze che un secondo grande gruppo di dottrine determina: quelle della scolastica controriformata e quelle cartesiane. Anche in questo caso le due dottrine si intrecciano, soprattutto nell'ambiente culturale olande.se, e formano un pesante chiaroscuro a sottofondo del pensiero spinoziano.^" Ora, il punto fondamentale è questo: entrambe queste dottrine rompono l'unità dell'essere. L'ima attraverso una rielaborazione della teoria della trascendenza ontologica e la fondazione di una metafisica del possibile, l'altra attraverso la teoria della trascendenza epistemologica. Spinoza incontra forse il pensiero della Controriforma già da giorane: nel 1652 è a scuola di Franciscus van den Enden, un ex gesuita che probabilmente univa all'eleganza del laùno e dell'olandese reminiscenze della filosofia dell'ordine S.J." Ma quel pensiero poteva comunque respirarlo largamente diffuso nella cultura universitaria, filosofica e teologica contemporanee.^- E qui occon e fare attenzione: questa corrente di pensiero punta infatti su elementi che saranno paradossalmente fondamentali nella genesi della seconda fondazione dcWEthica,'^ quando l'unità assoluta dell'essere panteista cercherà di aprirsi al problema della costituzione del reale, e affronterà perciò la tematica del possibile e tenderà verso ima filosofia dell'awenire. Nel pensiero politico dello Spinoza maturo .sarà poi fondamentale segnare l'influenza delle teorie della Controrifonna. Maperora, nel primo Spinoza, l'urgenza è piuttosto opposta: bisognava liberarsi di questo pensiero, scolasùco controriformato e reazionario, dell'ordinata irrealtà dell'essere che es.so descriveva, delle gerarchie e delle gradualità ontologiche, degli ordini dell'immaginario. Parimenti il quadro teorico andava liberato dalla cartesiana ragionevole ideologia. "In Descartes, Dio è senza dubbio oggetto della pili chiara e della più distinta delle idee, ma questa idea ce lo fa conoscere come incomprensibile. Noi tocchiamo l'infinito, non lo comprendiamo. Questa incomprensibilitii si espande in onnipotenza, che, posta al di sopra della nostra ragione, la colpisce di una precarietà di principio e non le lascia altro valore che quello di cui l'ha investila con un decreto arbitrario. Da Dio, il mistero si diffonde nelle cose. Fatto per conoscere il finito, il nostro inlelletto, inca40
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pace di decidere se le cose sono finite o infinite, si trova ridotto alla prudente iiffermazione dell'indefinito. Infine, nel basamento stesso del nosti o essere, la nostra natiira psico-fisica mette in evidenza l'incomprensibilità d'una tmiouc sostanziale fia due sostanze incompatibili. L'onnipotenza incomprensibile di Dio si manifesta qui in un effetto singolare, e la ragione è costretta a limitare se stessa per liconoscere in questa sfera la primalità del sentimento. Così, in alto, in biLsso, e anche al centro, la nostra ragione resta ovtuique confrontati! al mistero"." La tivoluzione al suo apice non permette questi cedimenti. 11 Dio di Cartesio è ptuamente e semplicemente "(isylum ignorantiM come il Dio dei superstiziosi e degli ignoranti. Tradotto in prosa: il rapporto, visto da parte borghese, vuole la totalità, vuole risolversi immediatamente. Se confrontiamo questo Spinoza con i suoi contemporanei europei, ci troviamo di fronte a un'assolutezza e a una immediatezza nella concezione dell'essere che distruggono ogni illusione tattica. La tattica è l'essere che non è risolto: è Descartes."' È il pauroso soglio che domina il progetto dei /•o/;/n5davanti alla crisi del mercato, davanti al primo apprezzamento degli efTetti della lotta delle classi, - e, conseguentemente, davanti all'accettazione della mediazione assolutistica. Tanto meno, per completare il ragionamento, si accetteranno allora, al vertice del processo livoluzionario, nei Paesi Bassi, concezioni che comunque vedano l'essere espoi-si su un vuoto di esistenza incolmabile, nel niisucismo, ebraico o cristiano, che il secolo ptu'sempre produce. Se l'utopia sorge è ancora utopia positiva. Se l'e.ssere si presenta, è un es.sere pieno. Questa compattezzii dell'essere va bensì aggredita in via metodica ma il metodo è esso stesso pienezza ontologica: non c'è artificio in ogni caso, il senso ontologico della fìsica galileiana espelle il metodologismo formale di Descartes." Nulla di Descartes, dunque, neppure su questo lato. Ne.ssun metodo come ipotesi. Nessuna morale provNnsoria. Nessun permesso all'indefinito di presentarsi come scorcio dell'esistenza, né sul terreno ontologico, né tanto meno — su quello etico. Il mondo francese e continentale hanno camminato sul terreno del compromesso necessario. Qui in Olanda la co.sa non ha senso. In verità il classicismo detui'pa l'ordine della ragione, toglie quell'originalità produtdva che è propria dell'intelligenza rivoluzionaria. Il pensiero e l'esperienza della crisi sono ancora ben lontane da questo Spinoza. Tomianio così al centro motore del pensiero di Spinoza nella sua genesi. E un pensiero rinascimentale, in cui rimmanentismo naturalistico è spinto al limite di una concezione insieme assolutamente ontologica e assolutamente razionalistica. E un assieme potente quello che costituisce questa sintesi: dato sulle dimensioni della rivoluzione capitalistica e della sua maturità olandese nel processo dell'accumulazione primitiva. Eppure tutto questo perderebbe alctme essenziali connotazioni www.ieri6d.eom/Barueh_2013
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se dimemicassiino un'altra componente di questa sintesi: una componente formale eppure fondamentale. Quella religiosa. Qui la vicenda filosofic-a e C]uella biografica si incrociano nuoramente e in maniera deieniiiuantc. Quando, il 26 luglio IB.'iB, Spinoza sarà espulso dalla conuuiità ebraica di Amsterdam e, con tutta probabilità, anche dal milieu commerciale ebraico — trovandosi così in ristrettezze economiche - , verrà formandosi attorno a lui un gruppo di compagni con i quali egli comincia espressamente il primo cammino della sua ricerca. Attorno al 1660, ridrandosi in Rijnsburg, la piccola comunità si consolida e diviene filosoficamente importante. Ad Amsterdam si riunisce un altro gruppo. Ora, questa comunità è religiosa. Collegianti, arminiani? La stessa definizione di questi termini è problematica." In realtà si tratta di una solida e nuova esperienza: solida perché ripete i caratteri di una religiosità "settaria", ormai acquisita alla socievolezza olandese; nuova jjerché traduce questa esperienza nel formidabile esperimento del rigore razionalistico applicato al comportamento religioso. Ma dire esperienza religiosa non significa in alcun caso ritenere confessionale questa comunità'"'; e dichiarare che questa comunità non è confessionale non significa d'altra parte affennare che essa sia composta di esprits Uhm, quasi libertini alla francese, certo né collegianti né riformatori religiosi.'" Kolakowski,-'' riprendendo le conclusioni di Meinsma,''- ci racconta la storia di questa comunità. Ora, egli soggiunge, tra mennoniti non ha neppure senso porre il problema della distinzione fra comunità e rifoiTna interiore, e - in questo clima - sia pure al limite, non ha neppure senso distinguere fra riformatori religiosi e liberi pensatori deisti. Il fatto è che l'atteggiamento non confessionale è fondamentale e su di esso si articolano le varie figure della sintesi fra razionalismo e religiosità. Se però i membri del circolo spinoziano non si ritengono crisdani, nulla può farci tirare la con.seguenz.a che fossero liberdni o pri\i di preoccupazioni religiose.-'' Eccoci dunque nel formale della sintesi spinoziana. Il razionalismo e l'ontologismo assolud prendono la forma della religiosità: ma essa percorreva già questo pen.siero, su dall'Eros di Platone al Demone di Diotima nuovamente raccontato da Leone Ebreo. Qui tuttavia la connessione è insieme appagata e ulterioniienie tesa: appagata nella concezione della pienezza dell'essere, nella consapevolezza della maturità della rivoluzione. Ma nuovamente, ulteriormente tesa perché lo stesso solido presentarsi del progetto rivoluzionario esige un superamento, un dislocamento complessivo. È strano! Nessuno, a fronte di questo Spinoza, ha voluto cogliere gli elementi selvaggi che già questa prima compiaciuta sintesi tratteneva. Erano elementi spuri per il razionalismo, eppure presenti, e con quale rilevanza! Il circolo spinoziano è attraversalo da spunti di religiosità chiliastica, da una tensione interna che non potremo non leggere nello stesso Spinoza maturo."' Ma, forse, molti 42
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altri elementi andrebbero qui considerali e, non ultimo, il fatto che Rijnsburgsia a un passo da Leida, ora centro tessile e manifatturiero di prima grandezza, e già terra anabattista per eccellenza. E la terra parla la sua stona. Su tutto questo dovremo tornare larg^amente. Per oi-a, ciuello che va ribadito è che la forma religio.sa del pensiero di Spinoza attiene alla forma della cultura olandese all'apice del proce.sso rivoluzionario. Questa religiosità sovradetemiina la materiale specificità del proces.so rivoluzionano co.sì come letto da Spinoza. E insieme raffinato razionalismo teologico e vasta popolare adesione e discussione. Come ricorda Huizing-a, il calvinismo è stato qui riappropriato e trasfigurato dalla tradizione dell'umanesimo popolare. In effetti l'anomalia olandese consiste in questa straordinaria continuità della vigenza del mito imnanistico, del quale il primo Spinoza è l'apologeta. 3. La rivoluzione e il suo bordo La forma politica della Repubblica dei Paesi Bassi non è certo al livello della maturità della rivoluzione sociale ed economica. Tutti gli autori lo .sottolineano.'"' Ma qual è questa forma polidca? In realtà, nel periodo che ci interessa e che va dalla morte di Guglielmo li (1650) alla "grande As.semblea" del 1651, che attraversa tutto il periodo dell'egemonia di Johan de Witt (1653-1672) e vede infine la vittoria di Guglielmo IH e della casa di Grange, la forma polidca della Repubblica olande.se non riesce a definirsi. Essa resta un assieme di figure e di strutture, federate o gerarchizzate, comunque tenute collegate secondo schemi che evitano ogni carattere funzionale e .semplicemente risultano dal cumularsi di esperienze tradizionali, in pardcolare di quelle esperienze isdtuzionali che erano dpiche dello sviluppo comunale, intercalato al permanere di forme tardomedievali: di volta in volta l'equilibrio dei poteii o la centralità di un potere viene fissato sulla stregua dei rapporti di forza. '' A fronte di questo coacen'o cosdtuzionale, anche le dizioni più usuali, come quelle di "repubblica oligarchica" o di "monarchia bonapardsta" (nel .senso di Thalheimer), mi seni brano dunque eccentriche e inadeguate. In realtà la costituzione olandese manca di un a.ssieme formale di regole e vive piuttosto del permanere - ormai molto inerte - della dinamica istituzionale propria del proce.s.so rivoluzionario. "Gli Olandesi, per la conquista della libertà, ritennero sufficiente di escludere il Conte e di recidere il capo al corpo dello Stato, .senza pensare a riformarne il resto. Essi lasciarono invece tutte le sue membra tali e quali erano state costituite, co.sì che continuò ad esistere in Olanda la contea senza il Conte, come un corpo senza testa, vale a dire il medesimo Stato di prima, privo soltanto del suo nome. Sicché non è a stupire se la più parte dei sudditi non sapessero chi fossero i detentori del sommo potere dello
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Stato": così Spinoza.'""' Ma da ciò nasce anche il potenziale di crisi della costitnzione, come sottolinea ancora Spinoza e come insiste de Witt in maniera continua a partire dal fallimento della "grande /Vssemblea". '" Bisogna tuttavia che l'essenza negativa della cosa, fin qui sottolineata, riveli anche quella positiva, che le è inevitabilmente connessa se è comunque vera l'effettualità potente dell'esistenza e dello sviluppo della Repubblica. Ora, io non credo di usare categorie del tutto inadeguate se insisto su un'ipotesi: la costituzione politica della Repubblica olandese è, in questo periodo, completamente implicata nella sua costituzione economica. Le forme politiche sono relativamente neutrali, "congiunUirali" - per dirla con Keynes-Hamilton quando ap]3inito studiano il rapporto genetico capitalistico in relazione con la forma-Stato.''" De Witt o Guglielmo III: sono essi stessi fenomeni congiiniturali, laddove la costituzione formale (per quel poco che sia liconoscibile) è completamente subordinatiì alla materialità costituzionale dei rapporù economici. Non pretendo che questo costituisca una legge: è anzi im segno 111,1 quanto importante! - dell'eccezionalità, dell'anomalia olandese. Quanto alla forma della ideologia, a fronte della su-aordinaiia forza anticipatrice dei rapporti di produzione, essa resta vecchia: sia il democradsmo di scuola aldiusiana (ma su alcuni aspetd di questa tradizione, per altri versi fondamentali, dovremo ritornare),'" sia i nuovi tentativi di teorizzazione assolutistica dei fratelli De la Court o del von Insola"' non toccano quelli che sono i reali ra|> porti di forza polidci. Non è una battuta fuori luogo insistere sul fatto che la struttura della Compagnia delle Indie Orientali mostra caratterisdche formali piti adeguate di qualsiasi altra figina cosdtuzionale, intesa in sensostretto, piti di qualsiasi ideologia propriepoWtica, per indicarci la verità della costituzione olandese. Se vogliamo andare piti a fondo, anche da questo punto di xista, la base di comprensione dalla quale muovere è umanistica e rinascimentale. E l'idea del mercato come spontaneità delle forze produttive, come loro vigorosa e immediata socializzazione e come deterniiniizione di valore atUaverso questo processo. La filosofia della appropriiizione si dipana naturalmente da quella del mercato. II mercato è la virtuosa coincidenza dell'appropiiazione individuale e della socializzazione della forza produiUva."^ Se la "Respuhlira" è in realtà un insieme di "res publimi", poco male: fondamentale è il nesso lisolutivo che deve imporsi su questo rapporto, l'unità dinamica e valorifica - valorizzante per tutti i suoi partecipi - che questo rapporto non può non determinare. L'effettualità di questa raj> presentazione è imponaiUe dal punto di \istii dell'analisi: registra infatti il funzionamento che le fasi alte dello s\iIuppo e una certa istituziovialità commerciale (le Compagnie ad esempio o la Borsa di Amsterdam) producono a qualificazione della realtà. Qua] è Io schema cultiu ale, filosofico, ideologico che regge que44 www.ieri6d.eom/Barueh_2013
sia rappresentazione?'" A fronte di queste rappresenia/ioni della realtà noi siamo abituati a ragionare in termini dialettici: il mercato è dialettica. Non così nei Seicento. Lo schema filosofico che meglio si adegua a questo tipo di immaginario reale è, in quella situazione, quello neoplatonico. Un neoplatonismo rinnovalo, concepito come disegno dell'universale conispondenz.a delle cause e degli efFetti, vissuto come nesso continuo fra esistenza soggettiva ed essenza oggettiva, fra individualità e collettività. La storia della filosofia, da Dilthey a Cassirer a Paolo Ro.ssi,'" ha seguilo l'importanza della rappresentazione neoplatonica del mondo che attraversa trionfante la Rinascenza e si riarticola nelle filosofìe che ne derivano. Quello che qui mi sembra vada ulteriormente sottolineato, perché rappresenta per noi im elemento fondamentale, è il fatto che queste funzioni di connessione tmiversale, intei-pretate dal neoplatonismo, abbandonano di piìi in più, nel periodo che consideriamo, quella pesante connotazione ontologica che vedeva, nell'originaria tradizione plotiniana, l'universale connessione inquadrarsi nel processo metafisico di creazione-degradazione dell'e.ssere, la dimensione della relazione "orizzontale" sottoposta a quella della creazione e della gerarchizzazione "verticali". Come ha ben dimostrato Deleuze,"" c'è nello sviluppo del neoplatonismo la tendenza a trasformarsi in filosofia dell'espressione, in pensiero della superficie, a eliminare l'aspetto trascendentale, gerarchico, emanativo, degradativo. Ora, mi sembra che la prima ideologia del mercato quest'ideologia con straordinari effetti di efficacia costituzionalesia connessa a questo piano ideologico. Nel primo Spinoza avremo modo di cogliere e valutare questa prospettiva. Ma di ideologia pur sempre si tratta, di utopìa borghese. Ideologia di classe che vuole funzionalmente disU'uggere la contraddizione e l'aiuagoiiismo reali dei quali e.ssa si nutre. Verso il 1660 si apre in Olanda, come nel resto delle economie europee, un ciclo economico discendente: durerà fino al 1680 circa. Questo ciclo discendente non comporta certo una recessione economica feroce, o qualche altro fenomeno patologico analogo, in un paese dalle strutture capitalistiche forti come .sono i Paesi Bassi. Ma, accumulandosi con altre contraddizioni aperte sul livello internazionale (vanno in particolare ricordati la seconda guerra anglo-olandese attorno a problemi eli concorrenza marittima - 1665-1667 - e il pesante conflitto franco-olande.se che, in fomie diverse e con alterne fortune, si prolunga dal 1670 al 1676), la crisi compare e risulta particolarmente efficace nel colpire e distruggere la specificità dell'esperienza e dell'ideologia politica olandese.''" Vale a dire che va essenzialmente in crisi il sogno di una .socializzazione lineare degli effetti dello sviluppo capitalistico, va in crisi quel modello espansivo dentro il quale il conflitto di classe era compreso e compensato. La rivoluzione capitalistica mostra il suo bordo: anche in Olanda, con www.ieri6d.eom/Barueh_2013
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un trentennio circa di ritardo lispetto alla cesura che nella stona europea rappresentano gli anni Trenta del secolo diciassettesimo,"" ma con non minore efficacia. La sconfitta di de Witt e la soluzione orangisia della crisi cosiituzionale nel 1672 non rappresentano certo il momento puntuale e decisivo della crisi: già dalla metà degli anni Sessanta la stessa politica di de Witt s'era piegata funzionalmente alle nuove dilTicoltà dello sviltippo. Né, d'altra parte, la soluzione orangista rappresenta un'uscita dal marasma istituzionale: non è una riforma costituzionale ma una restam-azione. In effetti l'uno e l'altro, de Witt e Guglielmo III, sono momenti di tuia congiuntura. ma di una congiuntura critica, destinata a divenire sempre piti pesantemente critica. Fine dell'anomalia olandese? Comuncjtie sdano le cose, è certo che, deriUo questo passaggio, pur con tutte le specificità che conserva, la situazione olandese comincia ad avvicinarsi a ciucila europea. Man mano la teoria polidca si piega all'accettazione di quel pensiero che meglio interpreta, con la crisi, la natm-a da allora inevitabilmente critica dello sviluppo della classe borghese: Hobbes diviene dawero, a questo punto e da questo punto di vista, il Mare della borghesia. L'istanza borghese di appropriazione chiede, per .svilupparsi o solo per conservarsi e stabilizzarsi, un rapporto di soggezione. Tutto questo si dà nell'ideologia: simulazione del rapporto politico che storicamente è \dsstito come crisi del precedente sviluppo rivoluzionario. Lo sviluppo rivoluzionario stesso, la gloria dell'offensiva appropriatrice umanisdca e rinascimentale, sono considerati come stato di gueixa, società della violenza naturale dalla quale liberarsi: la crisi dello sviluppo è proiettata sulla genesi, a qualificare l'insufficienza, di un processo, i limiti di un progetto, la cattiva coscienza che segue il disvelarsi di una misuficazione-che pure era stata illusione."" Sul bordo del processo rivoluzionario, sul limile della crisi, Spinoza rifiuta la conclusione hobbesiana, rifiuta la conclusione borghese. Rifiuta la borghesia? E certa comunque una cosa: il suo pensiero va al di là dei limiu determinati dalla riflessione sulla crisi. Non che questa non sia apprezzata, non che l'atomismo meccanicisdco e potente dei presupposU hobbesiani non sia accettato - e che dunque la crisi, come possibilità ed attualità del suo concetto, non sia trattenuta nella filosofia. Ma in Spinoza il bordo della rivoluzione non può essere ridotto aerisi, non può essere semplicemente rinchiuso nelle dimensioni della crisi. La definizione del soggetto storico non può, in Spinoza, es.sere racchiusa nel concetto di crisi. Laddove la borghesia, sulla cesura seicentesca, a.ssume la crisi come elemento costitutivo di definizione di se stessa, Spinoza opera un dislocamento della forza comple.ssiva detenuta dal precedente progetto, dalla pienezza dello sviluppo: una filosofia dell'avvenire si innesta sulla base precostituita, la pulsione rivoluzionaria conùnua a darsi, la crisi è un ostacolo non un'essenza. L'essenza è costruttiva, 46
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la crisi è accettata solo per essere superata. Lil discontinui tà è l'occasione per un salto in avanti. Per limitiirci al livello propriamente filosofico. Abbiamo visto come l'ideologia del mercato si dia originariamente in forma neoplatonica. L'assunzione spinoziana di questo orizzonte è tuttavia tale, proprio in corrispondenza alla potenza dell'anonialia olandese, da esasperare la strulttn-a stes.sa del neoplatonismo, da spingerlo al limite di tm pensiero di superficie. Ora, quando intervengono l'esperienza e il pensiero della crisi, questa superficie è dissodata da tuia forza distruttiva che nega ogni linearità dei processi costitutivi,e ogni loro spontaneità. Le soltizioni, a questo pimto, sono due: o restaurare la linearità e l'essenzialità dei processi cosdtutivi attraverso la mediazione e la sowadeteniiinazione di una funzione di comand o , - e d è qtiesta la lineamaestra dall'utopia borghese del mercato;'" oppure, ed è la lineaspinoziana, identificare nel passaggio dal pensiero della superficie verso tuia teoria della cosdtuzione della prassi, lavia del stiperamento della crisi e della condnuità del progetto rivoluzionario. Jn Hobbes la crisi connoti! l'orizzonte ontologico e lo sussume: in Spinoza la crisi è susstmta nell'orizzonte ontologico. Forse è proprio questo il luogo di nascita del materialismo rivoUrzionajìo modenio e contemporaneo. Conninque, qtii i modelli di società ajjpropriativa si differenziano in termini ontologici: in Hobbes la libertà si pieg-a al potere, in Spinoza il potere alla libertà. E strano: ancora una volta il pensiero di Spinoza ci si rivela come una gigantesca anomalia. Infatti questa definizione, che stiamo dando del suo pensiero, è quasi un negarne la storicità. Il pensiero di Spinoza, assolutamente egemone nel momento in cui interpreta il trionfo dell'ideologia rivoluzionaria, diviene minoritario, viene escluso dalla vicenda storica dell'ideologia borghese non appena coglie, svolge e stravolge in senso emancipativo lo stesso concetto di crisi, non appena si irrigidisce sui contenuti rivoluzionari della proposta umanistica. Ma sappiamo quanto vana sia la storia dell'ideologia! Sappiamo di contro quanto forte sia la speranza di verità ed emancipazione! Il paradosso del pensiero di Spinoza appare intero a questo punto: la sua ci si presenta come una filosofia postborghese. Macherey'' ci dice: tuia filosofia postdialettica. Ed è così: perché la dialettica è in realtà la forma nella quale l'ideologia borghese, in tutte le sue varianti - fossero pin-e quelle di una dialettica puramente negativa di crisi e di gtierra-sempre ci si presenta. La trasfigurazione materialistica che Spinoza opera sui contentili rivoluzionari dell'umanesimo spinge invece il suo pensiero oltre ogni configurazione dialettica. Spinge la speranza e la prassi umane trasfonnatrici oltre ogni forma dialettica. Oltre ogni mediazione sovradeterminata. Che è come dire, oltre il concetto di borghesia, così come esso si è formato in maniera egemone nei secoli passati. Gitmgiamo così a definire im'ultiniaserie di concetti che dovrewww.ieri6d.eom/Barueh_2013
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mo approfonrlire. La filosofia rli Spinoza, in qnanio filosofia uinanisl.ica e rivoluzionaria, è prima di tutto una filosofia dell'appropriazione. Come la filosofia di Hobbes. La difTerenza consiste, lo abitiamo già visto, nella divaricazione del senso omologico dell'appropriazione: in Hobbes questa si presenta come crisi e quindi va rilegittimata a partire dai potere, dalla soggezione. L'orizzonte valorifico è il comando sul mercato. In Spinoza la crisi amuilla invece il senso della genesi neoplatonica del sistema, Lrasfigtu-a distruggendola ogni precostituita concordanza metafisica e non pone piìi il problema del potere per la libertà bensì il problema di una costituzione della libertà. Questa clivancazione presuppone tuttavia una serie di nuovi concetti. Vale a dire che lo schema hobbesiano è insuperabile quando ci si attenga al punto di vista dell'individualità. Il dislocamento spinoziano del problema dovrà quindi fondare, con ima fenomenologia delia prassi costitutiva, un nuovo orizzonte ontologico sul quale (juesta fenomenologia possa tenere. Questo orizzonte è collettivo. E l'orizzonte della libertà collettiva. Di im collettivo non problematizzato, - semplice traslazione dell'indistinto spontaneo sogno dell'utopia rivoluzionaria dell'umanesimo? No. L'idea della crisi, sussunta nel processo ontologico, agisce in esso: mette in moto tutti i meccanismi necessari alla costituzione del collettivo. L'idea di "muli il MÌO" trasforma il potenziale rina.scimcntale, utopico e ambiguo da cui è caratterizzata, in progetto e genealogia del collettivo, come articolazione e costituzione coscienti del complesso, della totalità. La rivoluzione e il suo bordo sono perciò in Spinoza il terreno sul quale si fonda una straordinaria operazione di prefigurazione del problema fondamentale della filosofia nei secoli a lui successivi: la costituzione del collettivo come prassi. E, da questo punto di xdsta, davvero una filosofia senza tempo, quella spinoziana: il suo tempo è il futuro!
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1. P. Vernière, Sfmiuza et lapenséefran(ahe avrmi In Révolutimi, voli. 2, Paris, 1954. Utft-as tala è di Ma.ssilloii. in VerniiM e, 1, pag. 1. 2. .'K. van der Linde, Hmedicltts Slnriozn. lìibliograjie, Nieuwkoop, 1961 (riprod. ana.staiic dell'fd. 1871 ). Ui Irasc riporiala è n-atia dalla testimonianza di van Sioiijje, cil. a pag. 19. 3. Ui.paR. 29. 4. h i . pag. 3.S. 5. Così giusianicnic ajinoia P. Dì Vuna nella bibliogralia i clatìra al suo contributo su H. Spinoza nella Sloria della fiìnsiifiii. direna da M. Dal Pi-a. voi. VII, pag. 901 (Milano, 197.5): il riicrimen to è soprattutto alle opere di V. Dclbos e di L. Bmii.schvicg. In Italia può essere ricordalo, in quc.sto quadro, il contributo di G.Rensi {Modena, 1929). 6. l.o sottolinea N. Altwickcr nel suo contributo (Spirurza. Tmdmxen derSpinoznrnefJlioii un Kritik) che appare come Eintrilung, pagg. 1-58, nel volume Tate znr Geschkhte des Spinv smm, Dannsladt, 1971, da luì stesso runuo. 7. L. Keuerbach. Sdmil. Weriie, a cura di W. Bolin e F.Jodl. voi. 3 (Stuttgart, 1959, pag. 322). 8. Ivi, pag. .384. 9 . J . Huizinga, Lu rivillù oUiridi-sr ddSeicev.to, u ad. it., Torino, 1967, pagg. 5-6.
10.L.Kolakowski. Chrcliens.'mn.sKglJse. iMconsdeiìcereti^use.HlfUnìcnnfessioiineln rle, trad. IVanc., Paris, 1969. Mavedi anche iniporuintiaiinolazioni in G. Solari, Studistorìri difilosofiadfl diritto, Torino, 1949, pagg. 73-80,95-7 (sulle caratteristiche degli scritti di Solari su Spinoza torneremo più tardi); K. Meli, Spinirzii e dm- anlecedaili ilaliani delli> ijnm stm, Firenze, 1934; C. Signorile, Politica e ragioni'. Spinoza e il fnimato della politila,
19()8. con notevoli riferimenti bibliograrici. U . C . Schneidcr, Il libertino. IW una itaria sonale della cultura borghese nel XVI e X tr;ul, ìt., Bologna, 1970. Ma soprattutto vedi G. Cx)hen, Énivainsfrmifaù m flollande dans la pmiiiiTemoiliédn XVllsiicle, Paris-Den Haag, 1921. 12. Olu e alle annotazioni del Kolakowski, cfr, il fondamentale P. Dibon. Laphilosophie néerInndnisenu sièeled'or, Amsterdam, 1954, per la prima parte del secolo. 13. Epistole 47-*S, pagg. 221-3 (nella ed. curata da A. Droetto, Spinoza. Epistolario, Torino, 1951 ). ((k;bliardt.vol. IV, pagg. 234-6). 14. A. \-an der Linde, op. cit., pag. 26. 15.11 rinvio in pioi^osìto non può che es.sere alle minierose opere di E. H. Kossmann. Cfr. inolti e, a complemento. CullureandSociety in tlwDutrh Republicduririgtliel 7tliCentury don. 1974, d i j . L. Price.
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16. D. Camimori. nella sua l'ivfazinne all'op. cil. di Hui/jnga sottolinea l'invorsiono d i e in quesi 'autore si produrrebbe del ^indizio su Hugo De Grooty. considerato più che come famoso inl.enia/ionaìista, come '"atitoredi un Df vmlaU'itUfftuùrhrisliaruwiihi:, In latino o in linfTua patria, \eniva portato in giro per il mondo dai nurrcanli o dai marinai olandesi ai (|uali e i a alFidalo, per propagare tuia religiosità tollerante e razionale, di tipo nmanislico ed erasmiano" (pag. X I X ) . Ma ctr. anche V,. -Solari, ojx cil.. pagg. 93sgg. e pasiim. 17. A. Thalheinier. Dir KlmsriwnàhUiiisse iinrl ili,' KlnKsmhiimjtfr in iJeii Mfdrrirwri ntali, in T h a l h e i m e r - Dcliorin. Spinoui Slellunf; in ilir Vorff^rJiichteiliv ilitiMilìsrJmi smiis. Wien-Berlin, 192H. pagg. I l-.W. hi generale poi sulle condizioni sociali olandesi nel Seiccniovedianches.von Diuiin-Borkoraki, S/^jhojo, vcil. 3,/Sm ^/™ Vh/fPH, Mijnsier. 193.3. Vale la pena di aggiungere qualche consiclerazjoncsuiriiinnaginano reladvo alla sociiilizzazione inimediatit della .socializzazione capitalistica, ma solo per osseiA-are come per esso ;i] cune dimensioni del processo rivoluzionario della Ijorgliesia s o n o - per così dire - abbellite e insieme ailenuate, consape\'olmente ricondotte alla continuità temporale dello sviluppo delle fonile istituzionali. Questosembra uno dei ruoli l'ondaniciitali giocati nell'ideologia dall'imniagine di Venezia e del suo governo (cui ra comunque aggiunta l'altra immagine, non meno iinporuuite soprattutto negli ambienti dominati dalla borghesia finanziaria: quella di Genomi): progresso senza anenture. riibrnie nella comintiità, equilibrio dei poteri, - insomma i tipici modelli di un moderatismo ricco e funzionalmente progressivo. Spinozii non ne è indetuie, sopratumo nella prima f;i.se del suopensiero. Ma in generale cfr. TrattalopoUUco. cap. \'ll,ait. 20,cap. Vili, arti. 18,27.29 ecc. C. Signorile, op. cit., pagg. 21fisgg., si sofTenna utilmente su questo argomento, sopi-atuitto in riferimento a due testi in proposito fondamentali (quello di Chabod e quello di Braitdel) riportando e commentando una larga bibliogi-alìa. \'a qui ulterionnentc svolta una notazione sul libro di Signon'Ie. ottimo d;il punto di ^sta dell'informazione, e da noi utilmen te usato. Ma e.s.so è fondato su una lesi del primato della polidca alle origini del pensiero borghese che è concetto quanto meno forzato, soprattutto (ma non solo) quando sia riferito al pensiero di .Spinoz.;!. Di conseguenza, l'analisi del pensiero di Spino/.a è dal Signorile quasi completimiente blrima di Spinoza. Ciò d i e è interessante notare è l'uso c h e della polemica può essere l'alto da .Spinoza; mi uso c h e in iiessmi ciiso t o m a alla determinatezza del problemi sollevati (nella fattispecie, con tutta piobabilit.à, il problema della iinmonalità individuale dell'anima) ma li riprende solo d e n t r o un sostanziale (lislocamento metalisico della problematica. Da ([tiesto plinto di vista \-a a n c h e sottolineato c h e solo in questa prospeitira s o n o utili analisi g e n e a l o g i c h e e ricostruzione di singoli filoni tematici, fra il pa,ssato e il presente, fra la cultura tradizionale ebraica e il sisteinaspinoziano.
3 2 . .Si veda in propositi] soprattutto .S. 'Zac, L'idee de vie dans hi jihihsafihie de S/JÌÌWZU, Pari U«W, pagg. 2;)-38. 3 3 . h i , pagg. Ma in proposito soprattutto H. A. Wolfson. 34. Cfr. Roijen, op. cit., pag. 132. 3 5 . R. Hoenigswald. Sfiinoza; Hàlmg zur Frage seincr jtwbleniff'ScInchUirhen Sleltiin zitr Ckschicht/-da Sfnnozi.mnis. ciL, pagg. sgg. 3 6 . S o n o , in proposito, a n c o r a attuali le analisi di C;hr. .Sigwart (con la sua tesi su Sfiim/z/i. Gotlia, 1866) e di R. Avenarius. Uelier die beiden mtni l'Iutam des SpimaUchen Panlhe iind das Vcrhàllim derzweiteri zurdritim Phme, Ij.-ipz.ig. 1868. 3 7 . B e n e S. Zac, op. eli., pagg. 90-3. 3 8 . R. Hoenigswald, op. cit., pagg. 91 sgg.. anche se questa idea della sovTadetenninazione dell'essere spesso viene considerata dall'A. più in termini qualitati\i c h e in termini di intensità ontologica. Sul rapportoS]>inoza-lJruno, insiste F. Alquié, Nnluwet vétUédam la philosopliie de Spinoza. "Les cours de S o r b o n n e " , Paris. 1971. in part. pagg. 14-!j. l a tesi è (]uella di un ecce.ssivo matematismo nella definizione spinoziana del contesto metafìsico, - determinazione traila dal B r u n o e, c o m e nel B n i n o , sviluppata in l e n n i n i produttivi. Ora, v-al la pena di riporiare qui alcune annotazioni relativamente airinterpretiizione di Al(|uié. Il fatto c h e Alquié assuma una influeirza diretm del pensiero di B r u n o su quello di Spinoza è infalli rile\"ante per tutta la sua inierpreiazione; una interpretazione c h e considera il pensiero spinoziaiio c o m e pensiero di una trascendenza panteistica dell'essere rispetto alle sue successive rielerminazioni (sostanza tr.Lscendente tispelto agli attribuii, dualismo nella c o n c e z i o n e d e l l ' i d e a - idea ideae-, sproporaione nel rappoi'to fra intelletto e ridessione, dualismo netto fra ragione e passione) : in.somma. nel pensiero di Spinoza l'idea della tra.sccndenza dell'essere domina la meiafìsica. la Irascendeivza religiosa domina l'etica (su questo secondo punto, F. .•Mquieci b a d a t o tm altro corso di lezioni: Semiliideel ìihertè sehii Spitìoza). È importante sottolineare questi punti d ' i n t e r p r e i a z i o n e (contro i quali l'opera di Mailial Giieroult svolge una rigorosissima critica) per vedere in che senso l'influenza di B r u n o può essere considerata: c o m e m a n i e n i m e n l o di un orizzonte religioso, irriducibile, c o m e naturalismo religioso, - s e c o n d o Alquié ciiiesta p e r m a n e n z a brimiaira. rinascimeniale fa sì c h e la rilosofia di .Spinoza, lungi dal risolv ere i dualismi del cartesianesimo. vi rifluisca c o m p l e t a m e n t e . Non v'è spazio, naturalmente, nella mia lettuia di Spinoza (e neppui e in quella di B n i n o ) per questa iiileipretazione. 3 9 . È del c:a.ssirer ( Stnria dellafilosofia imxleriia, \'ol. Il, trad. it.. Torino, 1958, pagg. 1 (KWi) l'i dea di una streila connessione del pensiero di Spinoza con quello di Telesio e di Ciuiipanella. F.. Ciissirer riprende questa convinzione essenzialmente da W. Dilthey c h e considera Spinoza c o m e "la c o n c l u s i o n e " della grande stagione del naturalismo rinascimentale.
4 0 . Si veda in particolare il parere c h e ha espresso passim il Di \'ona a questo proposito, negli articoli da lui preparati per la Sloria dellafiiiimfia, voi. VII, cit., del Dal Pra. Di Vona è attendibile data la sua profonda conoscenza insieme della lilosonas|)iiK)ziana e della filosofia della .seconda scolastica.
4 1 . \'edi le biografie dì Spinoza, e comunf|ue Di Vona, op. cit.. pagg. 5S9-tì(). Ha b e n e insisdto su (jiiesto rapporto A. R;wà, Sludi su Spinoza el'tehUi, Milano. 19.58. pag. 118. 4 2 . Grande insistenza sulle referenze d e l l a s e c o n d a scoUistica nel pensiero di Spinoza si ha nel fondamentale ]. Freudenthal, Spinoza nm! ilie SclmUtstik. Leipzig. 1886. La tematica fu poi largiimenle ripresa dal Diinin-Borkowski. 43.Vedi;H/ra,capp.Vsgg. 4 4 . M. Giieroult. Spinoza. Dien (Ellìique l). Paris, 1968. pagg. 9-10. Di Gueroiilt è inoltre da tener prl^senle il M-condo volume Spinoza. lameiElhiqueZj, Paris. 1974. C o m e h o già notato.
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ricorilanclo (sii/mi, nota 38) i lavori di Fercliiumd /Vlquió, qui -1- cioò suirinterprctazionc del rappoi lo Siiinoza-Descanes - s i incrocia un elemento Ibntiamitntali- per la letttira di Spinozii. È eridente d i e lorneretno ancora su questo problema. Ma la citazione di Giiefoiilt, fatta liei testo, e la mia sostanziale accettazione 68; deir"/rf«/ vera": paragrafi 69-73); il secondo di distinzione dell'idea vera, o comunque del segno di verità, laddove diverse forme di percezione si siano l'una sull'altra cumulate (ideae immaginario: paragrafi 74-76; ''ùkaduina ... "Inliscarlesiana sensalio": paragrafi 77-80; idea, memoria e oblio: paragrafi 81-87; idea, parola, immaginazione: paragrafi 88-89) e sia pertanto necessario non tanto distinguere diversi gradi di chiarezza quanto separare - ma per ciò stesso di nuovo scavare, ricostruire, riplasmare potenze conoscitive diverse e / o concorrenti. Per la prima volta, nella storia della filosofia moderna, .si fonda in questo Spinoza quel procediinento di analisi trascendentale della coscienza che perverrà al suo apice espositivo in liant: ma si fonda anche, per la U"asparenza ontologica nella quale il fatto conosciuvo vuol sempre essere considerato, la relazione fenomenologica della funzione trascendentale. Si badi bene: questo è un inizio. Inolue, come abbiamo accennato e presto rivedremo, non è questa la linea principale dell'indagine. Questo saggio di analisi fenomenologica è quindi, in Spinoza, precario, nervoso: eppure mi sembra importiinte .sottolineare di nuovo qui quel carattere qualitativo, selvaggio che l'utopia porta con sé. E la totalità umana, dalla sensazione alla ragione, dal senso all'immaginazione all'idea, che è messa in gioco, - e quando l'analisi procede, es.sa evidenzia la sua complessità interna, esibisce l'anima, mostra la ragione in tutta la sua selvaggia potenza. Le esemplificazioni non hanno qui l'elegante andamento della metafora barocca ben.sì la densità pluralisdca qualitiitiva della fantasia pittorica di Hyeronimus Bosch. Quando Deleuze parla, a questo propo.sito, di riemergenza del filone scotista della filosofia classica colpisce nel segno!"" Non ci si deve quindi stupire quando vediamo Spinoza proporci un materiale di anali.si che è il mondo stesso del delirio o la dimensione dell'opinione piti fantastica o decisamente pazzesca: è proprio quest'approccio che evidenzia non l'illuminismo astratto di un progetto di dominio intellettuale bensì la volontà di .sapere, di conoscere, attraverso la totalità del inondo, verso il grande esterno dell'avs'entura e dello scoprire, verso il sublime interno della coscienza. Ma, con tutto ciò, il quadro fondamentale, il tessuto strutturale non si arricchiscono: ché, anzi, e un meccanismo riduttivo quello che dirige l'analisi nella sua linea maestra. Lo abbiamo già visto: la distinzione ha inizialmenie due cammini, quello analidco e quello www.scri6d.eom/BarueÀ_2013
fenomenologico. Ma quello analitico è collocato in posizione di supremazia ontologica. Man mano che questa supiemazia vien fuori, entriamo in un orizzonte di astrazione conoscitiva. A fronte di tm mondo così ricco, la conoscenza preferisce darsi separatamente e quindi awolgersi e svolgersi su se stessa. "Nam, qtiod id spectat, quod fonnam veri constituit, certum est, cogitationem veram a falsa non tanttim per denominadonem extrinsecam, sed maxime per intrinsecam distingui. Nam si quis faber ordine concepit fabricam aliquam, quamvis talis fabrica nunquam exstiterit, nec etiam unquam exsdturasit, ejus nihilominuscogitano vera est, et cogitatio eadem est, sive fabbrica existat, sive minu.s".™ La conoscen/ji cercala connotazione intrinseca della verità: ma ciò distrugge l'esperienza reale della "fabrica . Vale a dire che la produttiwtà del sapere, la riassunzione della causalità al pensiero che il TmUalomeive così potentemente in luce, dopo aver tentato di distendersi in progetto comprensivo nel mondo, dopo aver lanciato questa strategia, rientra: la produttività del conoscere si piega sulla esclusività e la specificità della potenza del pensiero. La crisi del Trattalo è qui. Si colloca su questo scarto fra produttività del sapere e capacità di mostrarla all'opera. Si determina attorno al fatto che l'idea di verità - definita nella totalità, intensiva ed estensiva dell'ontologia panteistica - ha la capacità di distendersi definitivamente in funzione fenomenologica, non ha la capacità di darsi definitivamente come potenza fisica. Il IraUalo àniicìpa molti temi, insieme critici e costruttivi, che avremo piti avanti, studiando la maturità del pensiero di Spinoza, la possibilità di ritrovare e di approfondire. Ma qui il progetto si blocca, subisce uno scarto. E si nod come questo blocco si dia soprattutto ogniqualvolUi la complessità del reale penetra così profondamente nell'anima da rendere questa tuia tumultuosa sintesi psichica, rigida e irresolubile a fronte del tentativo di procedere alla separazione di funzioni superiori. Il metodo della disunzione deve allora prendere le distanze: non è piti il problema della pesantezza dell'anima che va prc.so in considerazione. Lo si saltii. Il pensiero fugge da ima complessità che gli risulta incontrollabile. L'anima è così di nuovo condannata alla passività: di nuovo, dopo che la ricerca l'aveva, per così dire, allettata affinché nella sua totalità mostrasse forza espressiva e produttiva. Aveva presunto troppo?" Ma, allora, non può davvero lacostrutùx'itàclel metodo convivere con il panteismo? A questo livello della ricerca non lo può. Quello spazio fenomenologico che si era aperto, si chiude. Dal dominio che la conoscenza pretendeva sul mondo, si trascorre nuoramente (e tradizionalmente) al dominio che la conoscenza ha di se stessa. L'idea di adeguazione fa a questo pimto luogo a quella di concatenazione: certo, il reale si rispecchia nell'idea, e quindi la concatenazione delle idee corrisponde a quella reale. 08
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J9t5 "Niminim quia proprictates rcmm non intelligunUir, qiiamdiii eariirn cssentiae ignorantur. Si aiitem has praetemiittimu.s, necessalio concatenaiioncm inlellecuis, quac Nalurac concalenationem rel'crrc dcbcl, pcnerleniiis, et a nostro scopo proi siis abei nibiimis".'' Doppia concatcnazioue: ma questo c ov\io, l'idealismo non è acosmismo. Ma poiché il polo ideale è ora in balìa di se stesso, così il reale è in balìa dell'idea. Il reale non è negato: è ridotto a stregua dell'idea. L'inferenza logica, proprio nel momento nel quale vorrebbe costruirsi in maniera perfetta, mostra l'incapacità di regolarsi sul reale: di\'iene un'esperienza logica protocollare ed impoverisce il reale a protocollo." Il peso dell'ideale nell'a-ssolutezza della concatenazione panteistica impedisce al concreto di mostrarsi come potenza materiale. La produttività dell'essere è completamente recuperata alla produttività ideale. La l'icostruzione dell'essere appare come progetto di costruzione di regole logiche di montaggio metafisico. L'essere è immutabile ed eterno non come orizzonte e nonna positiva di produzione ma come norma formale di concatenazione. "Quoad ordinem vero, et ut omnes nostrae perceptiones ordinentnr et iniantur, requirittn-, ut, quamprimum fieri potest et ratio postulai, inquiramus, an delnr quoddam Ens, et simul quale, quod sii omnitnn rerum causa, ut ejus es.sentia objectiva sit eiiam causa omnium nostrarum ideariun; et tum mens nostra, uti diximus, quam maxime referet Naturam: nam et ipsius essentiam, et ordinem, et unionem habebit objective. Unde possumus videre, apprime nobis esse necessarium, ut semper a rebus physicis, si ve ab entibus realibus, omnes nostras ideas deducamus, progrediendo, quoad ejus fieri potest, sectmdum seriem causarum ab uno ente reali ad aliud ens reale, et ila quidem, ut ad abstracta et tuiiversaiia non transeamus, sive ut ab iis aliquid reale non concludamus, sive ut ea ab aliquo reali non conckidantur: iitrumque enim veruni progressum intellectus internmipit. Sed notandum, me hic per seriem causaiiim, et rcalium eniium, non intellegere seriem rerinn singularium mulabilium;sed taniummodo seriem renun fixarum aeternarumque. Seriem enim singiilarium mutabilitmi impossibile foret luimiuiae imbecillitati assequi, cum propterearmn omnem numerum superantem multitudinem, tum propler infinitas circumstantias in una et eadem re, quarum unaquaeque potest esse causa, ut res existat, aut non existat. Quandoquidem earimi existentia nullaui habetconnexionem cum eanmdem essentia, sive (uljam diximus) non est aeterna veritas"."' Così termina la analisi del 1. piuiio del metodo. Il passaggio al punto II. non fa che confermare lo scarto che la trattazione e la sua dimensione reale hanno fin qui subito: anzi, l'accentua. Dalla distinzione alla defhiizione dell'ordine: ma questo canmiino è verso l'eterno, perché l'ordine è fondato nell'eterno e la conoscenza www.scri6d.eom/BarueÀ_2013
verso quel limite procede. Donde un'analisi dell'immediatezza del segno della verità e la deduzione conseguente delle regole - in realtà non sono altro che proprietà dell'intelletto nella sua apprensione della v e r i t à - c h e l'intelletto propone a se stesso nella conduzione del progetto metodico.'"' '"Reliqiin (lesideraniuf: il Traltalu si Ferma qui. In pieno idealismo. La potenza formativa della ragione si sviluppa interamente su se stessa. Qui si blocca con.seguentemente l'inversione spinoziana del cartesianesimo. Ora, Spinoza è perfettamente consapevole della contraddizione nella quale il procedimento metodico elaboralo nel Trattato è pngioniero. Il procedimento melodico ha finito per essere tutto chiuso nell'intelletto: ma come può l'intelletto sostenere l'intera tensione dell'utopia? "Finora noi non siamo stati in possesso di regole per scoprire le definizioni, e poiché non le possiamo stabilire senza conoscere la natura, la definizione e la potenza dell'intelletto, ne segue che o la definizione dell'intelletto dev'essere per se stessa chiara, oppure che noi non possiamo conoscere nulla. TuttaNia quella perse stessa non è assolutamente chiara".'" Qui comprendiamo la ragione dell'interruzione del Trallaln. Su quella determinata base ontologica, l'idealismo è necessario a superare la difficoltà della definizione. Ma l'idealismo è contrario all'iuopia, che è umanisdca e rivoluzionaria e vuole scontrarsi con le cose. La strategia ha subito uno scarto: occorre rifiettere. Una pausa. A chi insiste per la pubblicazione del Tmtlalo, ricordando la libertà olandese come garanzia della possibilità di pubblicazione, Spinoza risponde con gentilezza: in realtà le stesse lettere dimostrano che, in questo caso, la mancata pubblicazione del Trattalo non è questione di prudenza.'^ Finché, nel 1666, nella lettera a Bouwmeester, Spinoza chiude in fretta il discorso sul metodo, rinviando l'interlocutore a un'affermazione fondamentale: "Onde segue che le percezioni chiare e distinte che noi formiamo dipendono dalla nostra sola natura e dalle sue leggi certe e fisse, ossia dall'assoluta nostra potenza".'" Ma questo significa che la concezione dell'essere è mutatii: esso si dà come potenza. Una trasformazione della fondazione ontologica ci permette ora di dire che "la definizione dell'intelletto è assolutamente chiara". 3. Lo spessore ontologico I Principia ACWT^filosofiacartesiana, dimostrati secondo il metodo geometrico, con un Appendice che compendia delle riflessioni metafisiche: i Cogitalo. Melaphysica escono a stampa nel 1663, con una prefazione di Ludwig Mever.'- Sembra questa un'opera incidenuile: è l'unica pubblicata e firmata in vita da Spinoza, ed è il frutto di un corso di lezioni impartite a tale Caesarius."" Per quanto lo siano molto meno di quanto nella sua prefazione sosteng-a il Meyer,"' 70
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J9t5 pure i Principia sono fedeli ai Prìndpi cartesiani, seguendone la linea argomentativa. Quanto al metodo geometrico, qui utilizzato nell'esposizione, non può sfuggire quanto tale uso sia artificioso, e mi sembra chiara la ragione: quanto più Spinoza riprende fedelmente il contenuto teorico del pensiero di Descartes, tanto più il metodo geometrico risulta sproporzionato alla lettura, spaesato. Ma su ciò torneremo. Opera incidentale, dunque? Non sembra sia così. Se infatti, da un punto di vista biografico, l'opera rappresenta un'(jccasione solamente, e fonse neppure ricercata, pin e, la sua collocazione nella genesi del pensiero spinoziano e nella vicenda del circolo è comunque estremamente importante. Essa rappresenta infatti quella pausa di riflessione critica che è richiesta dalla crisi del tentativo metodologico del Traclaius de Intelle.ctus Enwndalione. E vero che, già nei Traltalo-soprattutto nelle note e nelle aggiunte sono frequenti i rinvii alla Pìiilosophiw. e ogni volta che tali rinvìi intervengono sono decisamente volti a definire nuove potenzialità ontologiche per l'innovazione dell'approccio conoscidvo."' E vero inoltre che è già iniziato il lavoro alla prima redazione deWElhira (e le prime proposizioni del Libro I sono ben ontologicamente s a l d e ) E p p u r e , il passaggio essenziale rappresentato dai Principia, e soprattutto dai Cogilaia, va fatto risaltare: è qui infatd che la pausa di riflessione, così necessaria all'avanzaincnto del pensiero spinoziano, si specifica, - il polo ontologico dell'alternati^ panteistica assume rilievo critico ed im'eminenza teorica fondamentale rispetto alla tendenza idealistica. Certo, non dobbiamo aspettarci un livello dì aiuocritica che stravolga l'andamento continuo della maturazione teorica spìnozìana. Qui rautocritica investe solo gli esiti, meglio l'incompiutezza della teoria della cono.scenza e la riaggancia al livello di una teoria dell'e.ssere: si tratta di un proc.e.sso di pen.sìero che sfiora soltanto un'apertiu a alla potenza dispiegata dell'essere. Preparazione piuttosto che attuazione del passaggio dal primo al secondo Spinoza, - se l'immagine, assunta in termini puramente allusix'ì e ipotetici, mi è passata (d'altra parte, come presto vedremo, anche la prima redazione deWEt.hicaslà dentro questi limid). Ma è importante sottolineare come, sull'imbroglio fra metodo e soluzione idealistica, subito s'imponga questa riflessione. Pìincipia, e soprattutto Cogitala, ristabiliscono un terreno, rivendicano lo spe.ssore ontologico della filosofìa. Ludwig Meyer interpreta questo passaggio dal pimto dì vista della problematica del cìrcolo spinoziano. Nella prefazione'" egli insiste sui tre punti fondamentali dell'anticartesiancsimo utopico e rivoluzionario: nessini diralismo fra pensiero ed estensione, nessuna indipendenza dell'anima umaira, identità deirintelletto e della volontà."' Il radicalismo di Meyer riprende le motivazioni del circolo spinoziano, il suo estremo razionalismo a base uinanistica"^: mette questo contenuto in rapporto con il metodo, con la tensione www.scri6d.eom/BarueÀ_2013
costitutiva a esso attribuita dal programma, insistendo sulla fondamentale importanza del fatto che "per mezzo dei metodo si dimostrino le conclusioni ser\'endosi di definizioni, postulati ed assiomi"."' Povero Meyer, quanto lontani siamo in realtà da ima sintesi metodica adeguala e trionfante! Quello che è av^'enuto. il distacco del progetto dall'orizzonte costitutivo, la fusione idealistica della tensione lUopica, non può essere formalmente risolto, e tanto meno letterariamente: ché infatti il metodo geometrico dei Prìncipiah poco pili di un espediente letterario. Ciò non toglie che l'utopia, la sua tensione debbono resistere: ma perché questo awenga è eli nuovo il tessuto ontologico che deve essere percorso. L'insistenza sull'ontologia, a fronte della crisi del metodo, a fronte della fuga idealistica, questo avrebbe dovuto rappresentare e anticipare il contenuto della prefazione: questa era infatti la condizione a che la filosofia e la speranza del circolo reggessero. E Spinoza si muove appunto su questo terreno: in questi Prìncipia e CogHaUi così come, contemporaneamente, lavorando alle prime proposizioni delVElhica. Ma per poco ancora: fra 1664 e 1665 egli lascerà definitivamente Rijnsburg, e con ciò il circolo, trasferendosi a Voorburg, vicino ali'.'Via, in una ben più vasta comunità: la società politica,- qui l'utopia farà i suoi conti con la realtà. E li farà bene. Non anticipiamo, comunque. Torniamo a noi. Che cosa ricavare dai I\incipiaì Ben poco che non abbiamo già visto nel Breve TraUalo, nella I parte che segue la parte metafìsica dei Pnndpid\ Descartes: insistenzii particolare sulla teoria dell'en ore e della volontà, sulle definizioni della libertà ecc.:'^'' e sappiamo in che senso. Nella II parte, Spinoza dimostra poi un alto grado di assorbimentadella fìsica cartesiana: importante anche tutto questo, e la sua cridca, almeno come anticipazione degli essenziali sviluppi della "fìsica" del Libro li delVEthka.*'' Se ci tenessimo a questo non ricaveremmo comunque nulla dalla lettura dei l^ndpia: essi rappresentano, nell'esplìcito confronto con Descartes,.una ripresa di temi fondamentali e fondanti del Breve Trattalo, — sono solo mra cun-atura dell'asse teorico spinoziano. E nei Cogitata che questa cur\"atura è spinta così a fondo da giungere vicina allo spezziusi. Improvvisamente, ma con estrema decisione, il pensiero si rivolge direttamente all'e.ssere e mette in movimento una macchina d'attacco contro ogni po.ssibile forma di idealismo. L'autocritica viene all'aperto. E con ciò vengono nuovamente allo scoperto le potenzialità materialistiche della crìtica spinoziana. Di che cosasi tratta? Di null'altro che questo: fin dall'inizio i Cogitata ^Assumono a punto centrale la definizione dell'e.s.sere.'"' Ma in maniera particolare: vale a dire che da un lato abbiamo la definizione dell'essere in sé (cioè che chiaramente e distintamente si concepisce come e.ssente, necessario o po.ssibile), dall'altro abbiamo una detliiizione negativa, e cioè la distinzione dell'essere reale dall'essere irreale, fittizio, chimera, e.ssere di ragione. Ora, sotto questa se72
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conda grande categoria dell'essere irreale, è da ricondursi lutto l'insieme delle forme del pensiero per le quali noi rileniamo, .spieghiamo, inmiaginiaino, memorizziamo. L'apprensione del vero essere deve essere radicalmenlc distinta da lutto quello che non sei-ve all'apprensione dell'essere nella sua immediatezza. La tiadizione della teoria della conoscenza così come s'è stabilizzata attorno ai due grandi filoni, il platonico e l'aristotelico, produce dinanzi alla retta ragione puri nomi. Non che questi nomi siano iniidli: lo sono nella forma nella quale la tradizione della teoria della conoscenza li ha ipostadzzad; non lo sono non appena vengono riportati alla loro riconosciuta funzione di indicazione qualitativa dell'essenza reale, alla funzione di "nomi cornimi". Nomi cornimi e non universali. L'unità e la materialità immediata dell'essere non permettono altro approccio. Mai come qui, nella storia della metafisica, il processo di demolizione dell'universale è tiinto proceduto: dell'universale e della filosofia stessa. Gli strumend della demolizione sono di nuovo, in buona parte, quelli dello scetticismo, ma utilizzati per l'affermazione della pienezza dell'essere e della sua immediatezza. Un meccanismo mistico, di definizione negativa dell'essenza somma? Non direi." Qui il meccanismo di pensiero è piuttosto quello che abbiamo sdsto nel Tratlato, quello che abbiamo definito in relazione all'ascetismo borghese e alle sue modvazioni pratiche: si potrebbe dire di più, è un meccanismo che richiama il cammino negadvo e critico che conduce dal dubbio all'afTermazione cartesiana deir"io penso"-solo che qui il processo è animato dall'assunzione originaria dell'essere totale e compatto, è direttamente volto alla negazione di ogni esito idealisdco. In questa prospettiva i Cog;^ /flirt approfondiscono la cridcadi ogni trascendentale conoscitivo, negandone la sostanzialità ontologica, in qualunque modo predicata. Nomi inessenziali sono e.ssenza ed esistenza, realtà e possibilità, e anche verità ed errore: nomi inessenziali ogni volta che essi pretendano a un'autonoma determinazione ontologica che non li qualifichi come puri modi dell'essere totale.™ Di luiovo un aspetto selvaggio del pensiero spinoziano: è la maniera nella quale la distrirzione di ogni trascendentale viene condotta avarid."' Di nuovo la tensione dell'utopia del circolo spinoziano, ma finalmente qui sottiatta a ogni tentazione neoplatonizzante, a ogni pensiero dell'emanazione e della degradazione dell'essere. No, l'essere stesso è dato nella sua interna, necessaria tensione: fra totalità e modalità non v'è mediazione, v'è solo tensione, non c'è sussunzione astratta, trascendentale, c'è .solo tensione dell'essere stesso: "la co.sa è la tendenza per la quale la cosa .stessa tende a perseverare nel .suo stato"."' E un concetto di "inerzia" dell'essere, quello che qui è inu odotto (e ad esso, nella seconda parte dei Cogitala, è ricondotto lo stesso concetto di vita),"" estremamente importante perché esprime una prima definizione adeguata dell'idea di "poieniia, una prima appli-
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cazione materialistica della funzione di "cama sia alla molteplicità modale, e con ciò fonda la negazione di ogni illusione trascendentale sulla totalità concreta dell'essere appreso. Se. come è stato giustamente fatto,"" si cerca di definire Tambito culturale nel quale questi CogilalasÀ collocano, non si potrà non riconoscere che è quello della neoscolastica riformata. Ma, ben più che cercare filiazioni e ambigue deteniiinazioni, va qui immediatamente colto il senso dell'opposizione spinoziana. Nella neoscolastica il pensiero rivoluzionario vuole essere dominato in termini riformisdci: la conùnuità dell'essere viene mediata nel concetto di un essere analogico del quale il trascendentale fondamentale risulta la possibilità, - l'ordine e l'eminenza dell'essere si danno allora in forma tale da permettere un movimento di comprensione nella gerarchia complessiva dell'immagine del dominio.'^' In Spinoza la risposta è netta: lo stesso concetto di possibilità e negato, perché è negata ogni concezione analogica dell'essere. L'essere è univocità. Qtiesto essere miivoco non è traducibile in essere analogico sul terreno della conoscenza: ma, sempre sul terreno della conoscenza, non è neppure tenibile come essere tmivoco. Vale a dire che l'analisi reale ci mostra un essere univocamente determinato, che solo sul terreno ontologico, e quindi dell'adesione alla sua totalità, è percorribile come tale. Sul terreno della conoscenza esso si presenta come essere equivoco: non concede possibilità di omologia. La tensione che qui si libera è perciò risolubile solo sul terreno della pradc.a: della potenza, dentro la detenninazionc ontologica come tale."" Con una sola mossa Spinoza distrugge la rappresentazione scolastica dell'essere analogico e quella idealisdca dell'univocità pensata: il riformismo neoscolastico dell'immagine del potere e la fuga cartesiana e idealistica dalla responsabilità della trasformazione. Con ciò siamo a fronte della più alta esposizione dell'utopia del circolo spinoziano.'^ Nei Codiala essa è riformulata nella sua forma più esplicita e matura, dopo l'indetemiinazione dell'approccio del Bnnje Trallalo e la fuga idealisdca del Trattalo. Nei l'utopia è ridefmita nella forma del paradosso ontologico dell'essere e della modalità, dell'iniivocità e dell'equivocità. E lo ste.s.so tipo di tensione che troveremo in tutta la prima redazione AeWFMca, Certo, qui l'impostazione è molto più rozza, ma è estremamente importante cogliere la genesi di quel paradosso ontologico e il suo successivo affinarsi. Il momento genetico fondamentale sembiTi consistete nella cridca nominalistica, empiristica, scettica talora, dell'univerSitle, e cioè di ogni modo conoscitivo che voglia recuperare un nesso gnoseologico con la realtà. l.a cridca dell'iniiversale rappresenta dunque qui il pa.ssaggio centrale dell'analisi .spinoziana nel suo movimento genetico. Ma importante è qui anche il recupero di Cartesio, in senso anticartcsiano. Che infatd il meccanismo del dubbio viene utilizzato non per la fondazione idealistica della co74
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noscenza ma perii passaggio all'apprensione dell'essere. Il metodo del razionalismo « e n e sussunto a quello del materialismo. In particolare vive sull'orizzonte della totalità. E il concetto reale di "polcnlia costituisce l'unica mediazione. Mediazione interna all'essere, quindi neppur mediazione, ma forma della tensione, vita dell'essere. Certo, qui l'analisi della "/jolenlia "non è sviluppala, è solo fondata, e allusa nella sua espansività concettuale. Il paradosso metafisico è solo posto, dunque, non risolto. Bisognava andare avann. Bisognava lanciare questo paradosso sulla realtà, individuarne la figura e la forza costitutive. E misurarne, in questo cammino, la crisi - e con essa la possibilità di una filosofia dell'awenire.'™
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t. Nella Intmduzìonraiì-^ma trarl. il.di-1 Brnw'/Vfl/toto, Firenze, 1953,pagg. I X - X X I l l . G . S e merari ha riassmiio i termini della polemica fra Freudcnthal e t.ewis Robinson attorno al testo. Seniei-ari accetta le concUisioni di C. (lebliarclt che sono di media/ione fi a la liquida/ione del Kreiidenilial e l'a-ssiinzione del testo (la parte di Robinson. Si l e n ^ presente che cpiesta polemica attraversa, IMI po' come l'inteqirctazione di Spinoza in genei-ale. la intera stoiia della filosofia contemporanea (cfr. Fischer ecc.): particolannente insen.saii risultano eonuinque i tentativi di riferire il lìmpf)siio. 2 . J . Freiidculhal. Veha d.-nKaru-n Tmkliil. in /j-ilv/irijllm nihsnphhunii/Aìhsa/ilw^^^^ Uh. IK'Itì, pagg. 238-82. 3 . Utili/.zolaliad.diSeinerari: V7i. pagg. (Gcbhardt.vol. I. pagg. 15-50). 4 . Seoonclo Ck^bhardl il T B c o n s t a di tre londanienlali stratincazioni: 1. resti del primitivo detuito di Spinoza: cap. VII della 1 Parte e capp. 1 (eccetto l'esordio) e XVII (eccetto l'inizio della II Parte); 2 . 1 VetImnMiiigcIXKWTÌ diretta traduzione del lesto rimaneggiato in Ialino dalla m a n o di Spinoz;i: capp. I-Vl e VIII-X della prima parte; PiTfadonre capp. 1I-.\X\'1 della seconda parte: 3. le annotazioni, i dialoghi e le appendici. Cfr. Seinerari, op. cit. .Sec o n d o .M. GuerouU (op. cit.. 1. pag. 4 7 2 ) si dovrebbero invece considerare, nell'ordine, dal periodo più antico al pili recente: I. 1 Dialoghi ( c h e invece Gebhardt considet-a presuppoiTe il '/labell'e fatto), 2. il '/'B ])roprianieiue detto, 3. le aggiunte niargin.ali. 4. l'app e n d i c e geometrica. Per quanto mi riguarda, a un'analisi p i u a m e n t e contenutistica, la tesi di Gueronlt ini sembra accettabile. 5 . 7'/),p.agg.2(M). ( G e b h a r d t , v o l i . p a g g . 3 5 - 9 ) . 6. TU. pagg. 38-41. A questo proposito la datazione di Gebhardt n o n e contraddittoria con quella di Gueroult. (Gebhardt, voi. I, pagg. -l-l-?). 7. TB. pagg. .V20. (Gebhardt, voi. I, pagg. I.V27). 8 . TU, pagg. 27-37. (Gebhardt, voi. I, pagg. 3;->-43). 9. Vi), pagg.42-(). (Clebhardi, voi. 1, pagg. 17-30). 10. 7'B,pag.5. (Gebhardt,voi. I,pag. l ó ) . 11. E. Cassirer, op. cit.. pagg. 95-100. J. M. Pou.sseur. nell'art, cit., ha giustamente insistito sulla specificità del pillilo di vista del TB. Qui il c o n o s c e r e è un puro patire: la tesi dell'assoluta pa.ssività della conoscenza è compresa e largamente .sviluppata nella seconda parte del TH. È evidente c h e questa concezione c assohilaniente coiitradclittoria rispetto alla metiilisica matura dello Spinoza. .Vleno convincente risulia la spiegazione genetica c h e Pon.s.scnr sviluppa j j e r spiegare lo sviluppo della c o n c e z i o n e spinoziana: basandosi fondam e n t a l m e n t e sulla impostazione di Cassirer, egli sembra infatti pensare ad una contraddizione irrisolta, c h e si .sviluppa lungo tutto il successivo pensiero spinoziano, fra l'intuizione panteistica iniziale dell'essere c o m e totalità e la c o n c e z i o n e materiale e spaziale della modalità concreta. Il c h e èsi una contraddizione ma non certo irrisolta: la specificità dello .sviluppo spinoziano consi.sle proprio nel porre la p e n n a n e n z a conieinporanea di ()ue.sti due aspetti, la soluzione di .superficie e dinamica, e costilniiva del duatismo. 12. M. Gueroult, op. cit., voi. I, pagg. IO-fi2: " Tale dourina di Spinoza, che puci considerai^ii come il suo pili cospicuo ilebilo verso la u-adizione neoplatonica, viene a Itti attrarenio intennediari molto numerosi". 19. Gir. L. Robinson, KomnmilarzuS/iiimiasEthik. l^ipzig, 1928, pagg. 63sgg., 15(1 sgg.: M. Gueroult. op. cit., voi. I, pagg.'12()-7. 20. TB, pagg. -10-2. (Gebliardi, voi. I, pagg. 46-7). 21. G.ueroult, op. rit., voi. I, pagg. 345 sgg., 504 .sgg.. analizza a l'ondo la storia delle dizioni "nn/Mrrtn(7/Hmn.(rfHn/«r««n''.soprauuttoinrilerinientoallascolasticadell"epoca spinoziana. 22. •/yj,pag.62. (Gebhardt.vol. 1,pag.61). 23. .Vii permetto di rinviare, per un approfondimento di questa tendenza del pensiero spinoziano, studiala ben al di là dell'andamento del TU, a G. Deleuze, op. cit.. capp. 24. .Su questo insiste parlicolamiente, sulla po.ssibile influenza rosacrociana ("un programma d'azione che assomiglia in maniera sbalorditiraa quello dei gruppuscoli rosacroce") A. Ko\TÉ nel suo commento all'ed. latina e francese del Traclalus tlrhilclleclm EmrndaIhiir, Paris, 1964, pagg. 99. Ivi, cfr. anche i riferimenti alla lelteraliira neostoica. 25. TU, pag. Ó;) e pamm. (Gchhardt, voi. 1, pag. 54 e passim). 26. TB, pagg. 34-7 (cap. VI: LapiedeiUnaiionedivina). SuUAquesùone eh. M. Gueroult, op. cit., voi. 1, pagg. 576-7. (Gebhardt, voi. 1, pagg. 40-3). 27. TB, pagg. 130 sgg. ((Jebhardt, voi. f, pagg. 114 sgg). 28. M. Gnei oult, op. cit., I, pagg. 484-5. 29. G. Deleuze, op. cit., pag. 40, niain generale capp. II-IV. 30. TB, pagg. fi'1-86 (II, capp. V-XA'). (Gebhardt.vol. I, pagg. 62-81)). 31. TB. pag. 128. .Ma su questa tematica cfr.. nella seconda parte del TB. anche i capp. VI, V11,X IX, XX\1. (Gebhardt, voi. l,pag. 112). 32. TJi, pag. 129. .Mludo al celebre pa.sso: "Mi resta, concludendo, da dire agli amici a cui scrivo...-. (Gebhardt.vol. J, pagg. 112-3). 33. In particolare questa annotazione v-a portatasttllo slninocap. XX\' della seconda parte del "ffl(/ftenw».pagg. 124-5). (Gebhardl,voi. 1,pagg. 107-8). 34. Vedi le Hjmtolnl, II, III, IV. sulle quali tornerò tra jjreve. D'ora in poi tutte le citazioni e le indicazÌQnisuir£yM/o/nriosi riferiscono all'ed. it. a cura di A. Droetto. Torino, 1951. 35. Qui cito dalla ed. già ricordata - testo latino e trad. francese a fronte - di A. Koyré. (Paris. 1964). Ui sigla che uso è TdlE. 36. K. Ciaisirer, op. cit., pag. 110. Pit~i priidcntemente F. Alc|tiic, Nnliitrcl véiilé. di., pagg. 237, parla semplicemente di "grande progresso". 37. Ivi. pag. 11. 38. G. Deleuze, op. cit., pag. 76 e passivi. 39. Come ci mostra VEpislulario. Spiiioz.a ha il TdIEsuì tavolo almeno fino al 1666. Sulle ragioni perctii non lo pubblica torniamo nel testo. 40. P. Di V'ona, op. cit., pag. 564. 41. Epistolario, pag. 40.11 passo è nella lettera 11, dì Spinoza a Oldenbiirg. (Gebhardt, voi. IV, pag. 8 3 ) . 42. Soprattutto nelle epistole !l c H'", e in particolare in riferimento alla tematica della volontà (libertà-detemiinismo) e all'appiofondiniento della definizione dcira.s.siomaiica, la polemica nei confronti del pensiero cartesiano .sembra av-anzare di molto. Lo sottolineano ampiamente sia F. ."Mquié. Seniitudeet libeyté, ciL. pagg. 10 sgg., s i a j . Bernhardt. art. cit.. pag. 59. .-Mquié trova nell'inizit) del TdlEumi cartesiani da monde provvisoria: abbiamo già visto come questi toni non siano unito cartesiani quanto universalmente diffusi nel tempo. 43. Seguire i'EpisInlmio per identificare notizie su Oldenburg e sulla Royal Society. f:fr. inoltre il rapporto fra Spinoza e Boylee la discussione chesi apresulla fisica dei liquidi. Per
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fliiaiito rigiiai fia il rapporliiSpino/a-OUlenbui g e le vicende della Roral Society, dr. C. Signorile, Pn/»7/f«('rapti»(\cit.,pafij>. 7 e 2 2 6 (con bibliografia). 4 4 . lì. Cassirer, op. cil., pagg. 122-tì; A. Koyré. nelle n o i e all'edizione ciiata del 'IdlK. e in pariicolare ai SS l(i. 2'!. .'ì 1. iS, 8 1 . 8 8 . 8 9 . 9 3 , ha segnato rìlerinienli spinoziani a Bacone; a c o m m e n t o dei 72, 76. H.'i, riferimenti a Hohbes. 4 5 . Mi riferisco alle letture più aperte e recenti del pensiero di Bacone, c o m e grande aiitororlata da Bernhardt a dimostrare la continuità fra il procedimento dellageoinetria genetica e lo specifico della nietalìsica spinoziana della sostanza. In entrambi i casi l'approccio di Bernhardt è estrem a m e n t e convincente.
4 7 . TdlE. §§ 1-2, pagg. -1-23. 4 8 . Vedi in proposito le note di A. Koyré, op. cit., ai 1 e 13. 4 9 . 'l'iUIi pagg. 12-1.'"). Do qui di seguilo la traduzione di O m e r o D o m e n i c o Bianca (SpinoInldlectus Enifìiilntinne.'Vonno. 1942, pagg. 11-3): "Questo e pertanto il fine al quale 10 tendo: raggiungere cioè una suprema perl'ezione e liire del mìo meglio a c h e moki con me la raggiuiig-aiio, perché contribuisce alla mia felicità l'adopei-armi a che molli comprendano ciò che io c o m p r e n d o in modo c h e il loro intelletto ed il loro desiderio si accordi con l'intelletto e con il desiderio mio; ma, perché ciò a\Teng-a è necess;uio comprendere della natura tanto quanto è sufficiente per raggiungere quella perfezione; costruit e poi una socielà, quale è appunto da desiderate, in m o d o che il piti po.ssibile degli uomini possa raggiungere quella perfezione con maggiore facilità e sicurezza. Bisognerà in seguilo attendere alla filo.sofia morale ed alla scienza dell'educazione; poiché la salute giov^ non p o c o a raggiungere quel line, anche la medicina tlovrà essere coltivala interamente; infine, poiché molte cose, difficili, sono facilitate dall'arte in m o d o c h e possiamo guadagnare tempo e v;mtaggi nella vita, non dovrà e.ssere tritscurata neppure la meccanica. .Ma prima di tutte queste cose è da meditare sul m o d o di emendare l'intelletto e di purificarlo, per quanto all'inizio è possibile, in modo d i e intenda le cose con succes.so, senza errore, ed il meglio possibile. Da tutto ciò ciascuno potrà vedere c o m e io intenda dirigere tutte le scienze verso un .solo fine ed un .solo scopo, e cioè a d i e s i raggiunga quella suprema perfezione umana, della quale abljiamo pai lato; in m o d o c h e do\T;i essere respinto come inutile lutto ciò che nelle scienze non contribuisceal nostro fine. In so,stanza, per dirla in breve, tutte le nostre azioni e i nostri pensieri d e b b o n o essere guitlati a quel fine". 5 0 . rd!E. pagg. 1-1-.5. Vedi la nnlaA\ A. Koyré, ed. cit„ al § 17. 51.'/'fW-;SSI-I0,pagg.4-ll. 52. 7i'//£,pagg. 11-3.Edeccolatraduzionedi Bianca (op.cit.,pag. 1 l ) : "Diròorabrevemente c h e cosa io intenda per vero e d i e cosa sia il s o m m o b e n e . Per intendere ciò rettamente, e però da ossen are che male e bene non si dice se non relai ivainente, così che una medesima cosa può essere considerata buona o cattiva in relazione a diversi aspetti; lo stesso rlicasi per 11 perfètto e per l'imperfetto. Nulla, in effetti, considerato nella sua natura, potrà dirsi perfetto 7. (Gel)liardi, voi. II, pag. : « ) . 77. f.lV. in pai I. l-pislolam,. VI. \'I1. X I . XIII. XIV. 78. Ej/islolario, pag. 1H.'). (Clebbardl, voi. I\', pagg. 137-9). 79. Uso qui l'ed. il. B. de Spxmrm, ! priurìjrì difilosofia di Cnrleshe rajìjmidiee, a cura di B. Widniar. Lecce. 1970. Per le citazioni uso seniplicenienle Piinr. e (j)git. Il titolo completo dell'opera è : O r i Qjrtra/ftìnd/rà PAifejo/jAimV mon'gri» S/miuza / AimleliìiUmienii'm / AcrimmmI eimdmn / Copiala Melaf/liysicn / f u quihm diffuilmm ipmeiammfmrteMpUifihy=/sicfSfimnaU(iuamslmialioemmmlqu«estm^ 8 0 . Informazioni sulla genesi e la pubblicazione dei Prinr. neWlilìiiloUnio, IX, X I l l , XV. 81.;-VÌHf..pag.30. 8 2 . Vedi in particolare TdlE, iioleu pagg. 2 4 . 2 6 , 2 8 . 6 4 . 8 3 . p a n ire dal 1063 e d o c u n i c n i a i o neirZi/jù/o/nrinlos\iluppodel lavoro per VEJhiai. 8 4 . l'rinr., pagg. 2.5-32. 85.rt7HC.,pag.3l. 8 6 . Sul pensiero di Meyer, le sue o p e r e e i suoi rapporti con la cultura olandese, cfr. L. Kolakow'ski, op. cil., pagg. 749-50 e la relativa bibliografiaa pag. 7 9 2 . 8 7 . Prinr., pag. 25. 8 8 . /'line., l'arte I, propp. I,5-(), pagg. firwO. Ma vedi in proposito M. Gueroult, op. cit., voi. II,pagg. 619-25. (Gebhardt,voi. I,pagg. 162-7).
8 9 . Piinc.. pagg. 7 3 s g g . Cfr. M. Gueroult, op. cit., voi. I, pagg. 529-r)56. Ma ora a n c h e l'ottimo articolo di A. Lécrivain, Spinma et la Phy.sit{ur rarlnieiine. I.a jinrlie lì iif.s hindf/fi, in "Cahiers Spinoza" voi. I, pagg. 23.5^>5; voi. II, pagg. 93-206. Non d e b b o n o mai e.ssere dimenticati inoltre gli spcs.so preziosi suggerimenti c h e le noti-di C. Gentile offrono alla traduzione dell'E//),, a n c h e in rifenmento agli a r g o m e n d più propriamente fisici. Dal punto di vista più generale, del clima cultm ale e scienlilicij nel quale viene sviluppandosi la critir.a spino/.iana della Tisica fli Descartes, va e.sscn/.ialmente tenuto presente il lavoro di Huygens c h e , in questi anni e in quelli i m m e d i a t a m e n t e successivi, e in un circuito di conoscenze c h e c o m p r e n d e Io stesso Spinoza, elabora i fondamenti della sua fisica. Su tutto questo, oltre alle o u i m e note di Lécrivain (ari. tii.. I, pagg. 2 3 7 - H , 244-6), cfr. a n c h e Beruhardt, ari. cit., pag. 8 2 : n o n c h é M. Gueroult, op. cit., voi. II, pagg. .557-8. (Gebhardt, voi. I, pagg. 185 .sgg). 9 0 . Cogil., Parte I, pagg. 135 sgg. (Gebhardt, voi. I, pag. 2 3 3 ) . 9 1 . Nella letterattu-a spinoziana. c o m e abbiamo largamente visto, l'insistenzii sulle determinazioni mistiche della prima fa.sc tilosolica di Spinoza è forte. Abbiamo anche visto, in relazione al TB, c o m e tale insistenza sia giustamente motivata e c o m e essa debba essere considerata una delle facce secondo le quali si presenta l'utopia borghese della appropriazione e della riorganizzazione del mondo. Ma, detto que.sto, la giusta considerazione degli elementi mistici presenti nella lilosoliadiSpinoza nellasua primissima lase non può diventare un pregiudizio. L^n pregiudizio sostenuto d.ill'ignoranza della condizione religiosa del tempo (da un lato): la c o m p o n e n t e religiosa è infatti cosi g e n e r a l m e n t e diffusa sul livello culturale da non e.ssere possibile ima sua sepanizione. c o m u n q u e motirata. In secondo luogo, se qui atteggiamenli mistici appaiono in .Spinoza, essi s o n o recupeiviii a quella diaIctticaargomentativa così speciliiiailel tempo, del b a r o c c o .ste.sso, c h e consiste nel rovesciam e n t o positivo del processo di resa essenziale del dubbio, dello scetticismo. y\ivzi, questo e proprio il caso di riconoscere questo a n d a m e n t o socratico dell'argomentazione spinoziana: il cui scopo è la negazionedell'iiniveixile. Ma su tutto questo t o n i i a m o tra |jne del principio, questo è d u n q u e il mo\imei\to teorico. "L'esplicitazìone delle e.ssenze singolari
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(Ielle cose deve lesliue l'obieiiivo roiidamemiile. e nessun processo di ;i.siiazione. per quanlo efTicace possa essere per accedere a r|iicsio o a i]iiciraspi'Uo della natura come totalilà.non può nasconderlo né evitarlo. Il meccanicismo cartesiano è seir^'aliro apparso a Spinoza come un monienlD nei essaiio flella conoscenza della nalin-a. ina, divenendo sempre più complesso, esso non poiera iniegrani al processo di c)uest'intera natura se non ac< enando i limili che gli imponevano le particolarilà del terreno 0Kgelti\'0 al (|iiale corrispondev.i" (I. pag. II principio di individualità entra co.sì nella Tisica in lennini cinetici e dinamici, con una determinazione opposta airinterpreiazione cartesiana della coesione delle parti nel riposo reciproco (II, pag. 200). "Ma, piti essenzialmente, appare che dal 1661-63, la riflessione spinoziaiia sulla tisica è dominata dal progetto di concepire una dinamica, il cui statuto, relativamente complesso, dovrebbe essere comandalt) da una duplice deteiiriinazione. Da un lato... il rifiuto di una meccanica risii ella. Dall'altro la decermin;izione di una veni dinamica... complessific:izione e dinaiiiicizzazioue del meccanicismo... 'lutto questo implica una deduzione rigorosa e precisa del modo rispeltivo di articolazione dell'attributo Estensione, dei modi iuriniti immediati (moriniento e riposo) e del modo infinito mediato... L'enunciato del principio di inerzia e l'ammissione del meccanicismo polevano conciliarsi con il dinamismo interno espressivo della teoria del (•OTK7/i«''(II,pag.20,'i).((;elihardi,vol,l,pagg.237-'I4), 93. Cogi!., Parte 1. capp. IV, V, VI, pagR. 1 .'iI-«. (Gebhardt, v o i I, pagg. 24^1-9). 94. 0>j;il.. Parte I, pag. 137. (Gebhardt, voi, I. pag. 248 - W d m a r non traduce compietaniente, il testo latino originale è: 'Res, conatus, quo res ili stani suo perseverare conanttir, quomododistingiiannu ". Widinarnon traduce •'quomododistingiiantiir"). 95. (logit.. Parte 11. cap. VI, pagg. 174-5. Ma su questa assunzione della n.sica galileiana nel pensiero di Spinoza, cfr. Deleuze, Gueroiill ecc. Inoltre su queste tematiche, M. Gueroull, op. cit., voi. I, pagg. 537-61. Sul modello biologico in .Spinoza, cfr. I l.Joiias, Spinoza ami thr tlu-oiy o/Oif^anùm, in "Journal oftlie Hislor)'of Philosophy", III, 19(53, pagg. 43-57; F, Duchesneu, Modètr cartéMen ri mndHe .s/ii.nnzisle ih- l'étre invanì, in "Cahiers Spinoza", 11, pagg. 241-85. (Gebhardt, voi. l,pagg.2.39-()0). 96. P. Di Vona, op. cit., pagg. 569-70. Ma evidentemente il rinvio e alle opere degli studiosi delle inlluenze.scolasiiclie quali Freucleiuhal e Dunin-Horkowski. 97. Sulla "Scolastica dell'età post-tridentina e nel Seicento" dr. P. Di Vona, in Sinrin delta fiInwrm, a cura di M, Dal Pra, voi. cil. VII. pagg. 75.5-77. E poi le opere di Carlo Giacon. 98. Oip/., P a n e 11. pagg. 159sgg. 99. iV Lecriv-ain, art. d i . , ha fortemente insistito .sulle motirazioni politiche di Spinoza nell'aflroiiuire il problema della fisica: "bisogna riconoscere che esse (e cioè tali niolivazioni), ben piti che epi.stemologiche, sono di < araltere etico-politico" (1, pag. 247). Inoltre, aggiunge Lécriv-ain (11, pagg. 20'l-tì). questa imposlazione critica nella fisica spinoziana diventa Ibndameiiiale nell'elaborazione della teoria politica maiura. Ui politica spinoziana infatti prevede la deierminazione di una .serie di elementi di tipo quaniilativo (esteiisioiie, numero, duratii ecc.) a lato di una concezione organica, forse organicista, di un'intuizione dei caratteri sinergetici sociali. l.a rlemocrazia appare in Spinoza come equilibrio perfetU) e, quindi, come realizzazione della fisica spinoziana. Ora, t|uesla tesi del Lécrivain e come minimo discutibile, fortemente discutibile: non perché l'approccio fisico non abbia importanzji per la definizione della |K>lilica spinoziana, ma perché es.so non comprende un milo dell'ordine e dell'equilibrio: come ampiamente vedremo pili avanti, l.e annotazioni del Lécriv-ain v-algoiio pìulto.sio a caratterizzare ratinale slato del mito del circolo spinoziano;inqueslosoiiocorrclte, e permettono di cogliere il filo conliuuo che si stende fra modello epislemologico e modello politico (o meglio, etico-pr.ilico). 100.J. F.Isier, Leibniz et lafui maliun drVeslmicapilalistf,, cil., tocca HKJIIO episodicamcnle la figura di .Spinoza, escludendo la po.ssibilità .slessa di sludiarne la rilo.sofia in lermini di ideologia capilalislica (pag. 7). In effelli Elsler può lare una simile atlennazionc solo perché è legalo ad una concezione dello sviluppo dello spirilo capilalisticro che è conipletamenle oggeltivisiica. Leibniz, nella sua concezione, sareblje l'autore che meglio di ogni aln o ha anticipato lo spirito capitalistico (essenzialmente ridono da Listerà spirito di investimento) des< rivendo il dinamismo pluralistico del sistema e le chiavi di moltiplicatore che in esso sono comprese. II che è forse vero. Ma non è decisivo, mi permetto di obiettare: in effetri la dinamica fra pluralismo del mercato e moltiplicatore capitalistico (dell'inveslimento) non può essere descrilta solo in termini oggeltivi: questa oggeltivilà è percorsa da una serie di aniagonisnii, dalla po.ssibililà conliiuia di crisi, ed in ciò la filosofia di Spino/j è ben più globalmente capace di stringere il complesso della fenomenologia capitalistica di quamo non sia la metafisica leibniziana.
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Capitolo terzo
Prima fondazione
1. L'infinito come principio L'esistenza non è un problema. L'inimedialezza dell'essere si rivela in termini non problematiei all'intelletto puro. La sola esistenza non esige definizione. L'esistenza è la spontaneità dell'essere. La filosofia affci-ma, è sistema di affermazioni, in quanto essa esprime, direttamente, immediatamente, le nen'ature dell'esistenza. Ma l'esistenza è sempre qualificata, ogni esistenza è essenziale: ogni esistenza esiste cioè come essenza. Il rapporto fra esistenza ed e.ssenza è la forma ontologica prima: relazione e tensione di nomi altrimenti impredicabili, cui la determinazione del nesso conferisce sussistenza. La cosa, la sostanza sono il fondamento. Questo darsi complesso dell'essere è l'elemento nel quale viviamo, la stoffa di cui tutto è tessuto. Ma non è possibile pensare il tutto in maniera indetenninata a fronte della determinatezza di ogni momento dell'esistente: la determinatezza dell'esistente come totalità è la sua infinit a , - infinità determinata, pcjsitiva, totalità appunto. A lui piti alto livello ontologico, ma del tutto coerentemente con le premesse, l'esistenza è la spontaneità dell'essere come totalità: i nessi esistenziali si conchiudono nella totalità, nella serie determinatii della relazione infinita, nella cosa o nella sostanza assoluta. Questo racchiudersi dell'esistenza nell'infinito non è un processo: c una produzione dell'infinito ste.sso in quanto essenza positiva. Il reale è sempre ordinato alla determinazione infinita: ma questa tendenza all'infinito deve essa stessa - viceversa - esprimersi, rovesciarsi come determinatezza plurale delle cose prodotte, senza che con ciò l'infinito sia concepito come divisibile. La totalità ontologica è il termine dell'espressione spontanea del reale: il reale è il prodotto della spontaneità dell'infinita totalità. Alla spontaneità dell'esisienza corri82
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sponde la spontaneità della produzione. La corrispondenza spontanea e intera dell'esistenza singola e dell'esistenza totale, dentro la tensione dell'espressione così come dentro il nesso della produzione, è principio e termine della filosofia. I.a filosofia parla perche l'essere non è muto. 1 .a filosofia tace solamente laddove l'essere sia muto. "Intendo per causa di sé ciò la cui e.ssenza implica l'esistenzii; ossia ciò la cui natura non si può concepire se non esistente". "Intendo per sostanza ciò clic è in sé: vale a dire ciò il cui concetto non ha ijisogno del concetto di un'altra cosa dal quale esso debba essere formato". "Intendo per Dio iin essere assolutimiente infinito, cioè, una sostanza costituita da un'infinità d'attributi, ciascuno dei quali esprime un'essenza eterna ed infinita". "Intendo per eternità l'esistenza stessa, in quanto è concepita come conseguenza necessaria della sola definizione di una cosa eterna".' I ,'essere dice le sue corrispondenze necessarie. Ora, questa rotondità dell'essere è intera, parimenti nella cosa e in Dio, l'eternità la esprime nella maniera più adeguata. Diversamente che in tutta la filosofia contemporanea, la filosofia comincia con la definizione: definizione reale - l'essere parla, la filosofia spiega una connessione reale; definizione genedca,-l'essere è produttivo, la filosofia segue la filiera della produttività dell'essere; definizione sintetica, - l'essere è logicamente connesso, la filosofia lo scopre e dipana attraverso sintesi succe.ssive.'- Il procedimento definitorio è un seguito di argomentazioni ontologiche. L'assiomatica è un fonmilario per l'argomento ontologico: "I. Tutto ciò che è, è o in sé o in altro. II. Ciò che non può essere concepito per mezzo d'altro, dev'essere concepito per sé. III. Da una detemiinata causa data, segue nece.ssariainente un effetto, e, al contrario, .se non è data ne.ssuna causa determinata, è impossibile che segua un effetto. IV. La conoscenza dell'effetto dipende dalla conoscenza della causa e la implica. V. Le cose che non hanno nulla in comune tra di loro, non possono neanche es.sere concepite l'ima per mezzo dell'altra, o.ssia il concetto dell'una non implica il concetto dell'altra. VI. L'idea vera deve accordarsi con il suo ideato. VII. L'essenza di tutto ciò, che si può concepire come non esistente, non implica l'esistenza".'Se le definizioni parlano di cose, di sostanze, l'assiomatica comprende una teoria formale delle relazioni ontologiche che costituiscono - reaknente, generalmente, sinteticamente - le sostanze. L'assiomatica non è un regolamento funzionale, un orizzonte di connessioni formali, bensì un motore, un dinamismo sostanziale: essa scava una realtà che vive e ne mutua le regole del movimento. "La definizione o spiega la cosa quale essa è fuori dell'intelletto, e allora deve essere vera e non differire dalla proposizione o dall'assioma se non in quanto quella riguarda soltanto l'essenza delle cose o delle loro affezioni, e questo si estende piti ampiamente fino a comprendere le verità eterne; o spiega la cosa quale è o può essere da noi concepita, e allora anche in ciò
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J9t5 cliflcrisce dall'assioma c dalla proposizione, perché non esige se non di essere concepita assolutamente, e non, come l'assioma, sotto la specie del vero".' L'assioma si distinf^iie dnnqiie dalla definizione ]3crché la distende in una relazione dinamica, fino alla verità. La rotondità dell'essere comprende quindi la circolarità di im eterno dinamismo, reale e logico. ' h'Elhica comincia così: in medias r«s. TI suo ritmo, astrattamente fondativo, è dunque solo apparente. ì.'FJhica non è in alcun caso una filosofia del cominciamento. Ma, nel pensiero contemporaneo, a partire dall'irritazione che l'inizio defmitoi io dell'iZ/j/crt suscitava in Hegel,'^' negsizione eh una filosofia del cominciamento vuol dire filosofia della mediazione, nelle sue diverse varianti di filosofia dialettica o di filosofia della crisi. Vale a dire che l'articolazione è posta prima della totalità, a fondamento della totalità: la spontaneità è impensabile. In Spinoza non c'è cominciamento, non c'è cioè residuo di quel pensiero mitico che costiuiisce ogni filosofia che si voglia cosmogonia, - ma neppure c'è .segno di mediazione: è una filosofia dell'affermazione pura che si riproduce con intensità accresciuta a livelli sempre più sostanziali dell'essere. E, in qiiestjifase, una filosofia totalizzante della spontaneità, hi questa fase e su questi sdati di fomiazione del testo, -strati che è quasi impos.sibile separare filologicamente,' eppure identificabili nel lavoro di impianto e di redazione di ima prima Philn.sophia, composta fra il 1661-1663 e perfezionata, in questa stesura, almeno fino al 166.5." Prima stesura nella quale va ricono-scinta la compiuta formulazione, la prima sinte.si del panteismo del circolo e delle prime opere spinoziane. Ma un panteismo già segnato da mi dislocamento fondamentale: ogni residuo, empiricamente riferibile alla detemiinatezza storica della discussione filosofica olande.se, è sradicato, l'intensità della fondazione ontologica ha compiuto un .salto qualitativo essenziale. Questo salto qualitadvo è imposto dal metodo geometrico, dalla sua prima completa e radicale applicazione, dalla possibilità - costmita metodicamente di disporre la totalità in proposizioni, senza frantumarne l'intrinseca compattezza. 11 metodo geometrico-causale e produttivo-non è unilaterale né unilineare: esso corrisponde alla versatilità che l'univocità dell'essere produce. Pos.sianio dunque aggredire l'e.ssere da tutti i lati dentro questa rotondità di relazioni revei^sibili e mutabilisiffatte perché l'essere è eterno ed immutabile - che lo costituiscono. Il primo su ato della Philosophia, se non è separabile dal punto di vista della critica filologica, è comunque identificabile dal punto di vista teorico: esso corrisponde a quella esposizione sistematica nella quale il panteismo si mostra con assoluta radicalità ontologica e metodica. 11 primo strato della Philosophia è l'apologia dell'essere, della •sostanza, dell'infinito, dell'assoluto, come centralità produttiva, come relazione univoca, come spontaneità. 11 sistema è la totalità delle relazioni, meglio, è la relazione ontologica come tale.
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Ma si può aggiungere ancora qualcosa. Ed è d i e VJùhkac ben lungi, come lesio, dal presentarsi unilanamenie. Voglio dire che VEtInra non è solo, come ogni lesto filosofico complesso, un'opera a vari livelli, variamente su ulturata e anicolata. ' L'Elhica non ha solamente ima dimensione, per così dire, spaziale; una costruzione a diversi piani, investita da relazioni interne diverse e diversamente organizzate. VElhica ha anche una dimensione, per così dire, temporale: essa è opera di una\'ita, sia pur lavorata in due fondamentali periodi - dal 1661 al 166.5 e dal 1570 al 1675. Ma questa vita è non solo la vita del filosofo ma il mauirare dell'essere e il suo disporsi in una sticcessione problematica che trova nella sua propria interna forza produttiva il ritmo di sviluppo. Il Bildungsrnmaii filosotico tale è VElhica nell'esperienza teorico-pratica di Spinoza - e la vicenda della DarstelhingX.c.onc?i si sovrappongono.'" L'AV/H'caspinoziana è una Bibbia moderna i cui vari strati teorici descrivono ima vicenda di liberazione. A partire dall'esistenza, imprescindibile e assoluta, del soggetto da liberare, vivendo la vicenda della sua praxism termini ontologici e quindi riproponendo la teoria a ogni successivo dislocamento della prnxh. Il primo strato della Pliilosophìa è dunque l'affermazione dell'esistenza, dell'esistenza come essenza, come potenza e come totalità. I dislocamenti sticce.ssivi o, per semplificare, il dislocamento degli anni Settanta .segue la storia interna dell'essere che ha-es.so stesso-costruito il suo nuovo problema. In principio dunque c'è la totalità, c'è l'infinito. Ma non è un principio in senso proprio: è solo un inizio. Infatti le prime otto proposizioni della prima parte deirS/i/raespongonosemplicemente la totalità della .sostanza, e questo non è un principio fondativo ma lo stesso schema del sistema ontologico nella sua complessità circolare. Inriando a Oldenbtirg queste otto proposizioni, o parte di esse, Spinoza così le commenta: "Incomincerò, dunque, a dire brevemente di Dio. Io lo definisco l'Ente che consta di infiniti attributi, ognuno dei quali è infinito, ossia sommamente perfètto nel suo genere. Da notare che io intendo per attributo tiitlo ciò che si concepisce per sé e in sé, tale che il suo concetto non implica il concetto di altra co.sa. Così, per esempio, l'Estensione si concepisce per sé e in sé: non co.sì il movimento, il quale invece si concepisce in altro e il suo concetto implica l'estensione. E che questii sia la vera definizione di Dio, risulta da ciò, che per Dio noi intendiamo l'Ente sommamente perfetto e iissolutamente infinito. Che, poi, un tale Ente esista, sarebbe facile dimostrarlo dopo questa definizione; ma, poiché non e qui il luogo, sospendo la dimostrazione. Ciò che, invece, è d'uopo qui dimostrare, per soddisfare al primo quesito postomi da V.S., è quanto .segue: I) che in natura non possono esistere due sostanze che non siano in tutta la loro es.senza differenti; 2) che la sostanza non può venir prodotta; ma è proprio della sua essenza l'esistere; 3) che ogni sostanza dev'essere infinita o.ssia sommamente
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J9t5 perfetta nel suo genere. Dimostrato ciò, sarà facile a V.S. comprendere quale sia il mio intento, purché non perda di vista la definizione di Dio..."." Dmiquc. la totalità si dà nella fomia della completa circolaiità delle sue componenti sostanziali: sono le stesse figure quelle che ricompaiono a ogni livello dcH'essere, dalla semplice cosa alla Divinità. Da ciò deriva la conseguenza che questo insieme defmitoiio attiene a tm orizzonte di e.ssenze, insieme esclusivo, reale e infinito. La totalità si dà nella forma dell'esclusività: e come è pensabile ima totalità non esclusiva? "Definizione III: Intendo per sostanza ciò che è in sé: vale a dire ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto di im'altra cosa dal quale esso debba essere fomiato". "Proposizione VI: Una sostanza non può essere prodotta da un'altra sostanza".'- La totalità si dà poi come esistenza immediata; ma come è pensabile che non esista in forma immediata? "Se dunque qualcuno dicesse di avere un'idea chiara e distinta, cioè vera, di una sostanza, e eli dubitare nondimeno che ima tale sostanza esista, sarebbe, per Ercole, come se dicesse di avere un'idea vera, e di dubitare nondimeno che essasia falsa".''La totalità si dà come infinito: e come potrebbe essere finita? "Poiché essere finito è veramente in parte una negazione, ed essere infinito è l'jififermazione assoluta dell'esistenza d'una natura, segue dunque dalla sola Prop. 7 che ogni .sostanza dev'essere infinita".'^ (Proposizione VII: "Alla natura della .sostanza appartiene di esistere").Totalità è sostanza: ma se la sostanza è il rapporto di essenza ed esistenza, totalità e l'affeiTnazione dell'infinita presenza di questa essenza che è causa di se stessa, di questa essenza produttiva che già la Definizione I ha posto. "Una sostanza non può essere prodotta da altro; essa sarà dunque causa di sé, cioè la sua essenza implica neces.sariamente l'esistenza, ossia allasua natura appartiene di esistere"."^ L'esistenza è dunque indiscutibile, l'essenza è la sua cau.sa. Il primo passaggio, che è appunto quello della definizione dell'esistenza come essenza e dell'essenza come produttività, come tensione alla totalità, è posto. Ma non concluso. Certo, la potenza di quest'inizio sembra talora voler chiudere, bloccare la ricerca. È normale, in Spinoza, verificare un entusiasmo, su singoli punfi dell'argomentazione e comunque sempre ogniqualvolta essa tocca l'assoluto, - un entusiasmo tale da far ritenere che questi punti .siano, per co.sì dire, esperienze concluse, ontologicamente compiute e teoricamente soddisfatte. Lo stupore della scoperta si fa incantesimo. Eppure, è la stessa ragione che chiude - ad aprire. Il metodo, si direbbe, è, da questo punto di vista, dialettico; ma non confondiamo: è dialettico solo perché impiantalo sulla versatilità dell'e.ssere, .sulla sua espansività, sulla natura diffusiva e potente del suo concetto,-il metodo è quindi esattamente, propriamente, il contrario che dialettico. La compattezza dell'essere è aperta alla ste.ssa stregua in cui è chiu.sa: nella fattispecie, ora, qui, essa esige di essere forzata, vuole ima regola di www.scri6d.eom/BarueÀ_2013
movimento, una defmizione della propria articolazione: comunque della possibilità dell'articolazione. L'incantesimo del metodo non può bloccare la ricerca. La dimensione .sublime dell'inizio non VTiole in ne.ssun ca.so e,s.sere d'ostacolo allo scavo della totalità. D'altra parte, le stesse definizioni iniziali della spontaneità dell'essere hanno espresso ima forte tensione nel momento nel quale presentavano la sostanza come totalità: le alternative "causa di sé"-causato da altro, libertà-coazione, infinità-delimitazione, eternità-durata, non pongono, accanto airaffemiazione del polo positivo, l'e.sclusione del polo negativo, - neppure in termini metodici. Che ogni affermazione sia negiizione, è funzione che attiene non ad im principio di esclusione ma a un principio di poten/.a. O, meglio, attiene a un principio di esclusi\ità in quanto figina di im dinamismo ontologico di potenza. Il rapporto fra positività e negati^tà è tensione organizzativa della potenza, nella spontaneità dell'essere. La Proposizione IX suona: "Quanto più realtà o essere ciascima cosa possiede, tanto maggiore è il numero di attributi che le competono".'" E cjuesta la specificazione determinata della Proposizione Vili: "Ogni sostanza è necessariamente infinita",'" dove l'intensità del primo passaggio ontologico aveva raggiimto massima pregnanza. Ora, su questo tema della spontaneità e dell'organizzazione torneremo fra breve, perché es.so solleva molti problemi. Riguardiamo il I Libro AeWElhiccv. dopo avere, nelle prime otto Proposizioni, sviluppato il concetto di sostanza fino alla sua estrema intensità essenziale, alle Proposizioni IX-X Spinoza introduce il problema dell'articolazione della sostanza, salvo poi riprendere - alle Proposizioni X I - X V - il tema dell'es-senza, dell'infinito e della Divinità. In questo primo fascio di Proposizioni l'apparizione del problema dell'articolazione non è dunque incidentale ma è comunque parziale. Vale a dire che esso insiste, necessariamente, sulla po.ssibilità dell'articolazione, come inerente alla struttura originaria della totalità dell'essere. Ma il problema della dinamica della totalità, il suo s^luppo, ossia la problematica dell'attributo, è im argomento che assume indipendenza espositiva dopo un breve scarto dell'argomentiizione, e comunque in un momento successivo. Il problema della dinamica della totalità implica infatti che il concetto di potenza sia assimto non solo nella sua rilevanza intensiva, come principio essenziale di autofondazione dell'essere (ed è quanto avviene nelle prime quindici Proposizioni), ma anche nella sua rilevanza estensiva, come principio di articolazione di gradi di realtà: e cioè nelle Proposizioni XVl-XXIX.' " Qui, dunque, nel gruppo delle prime quindici proposizioni, il tema dell'attributo, dell'articolazione è posto solo in tei mini costituùvi della totaliui: la tematica dell'attributo come problema dei nomi della divinità è risolta, senza resipiscenzaalcuna, nell'intensità dell'essere. L'articolazione è, in realià, tolta: pemiane bensì come possibilità.
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J9t5 Questa possibilità ci interessa mollo. Essa infatti, a questo punto, vale a mosuare che la compattezza dell'essere totale è in ogni caso versatililà dell'essere. L'infinito come principio è principio attivo. La sua esclusività è la possibilità di tiute le forme dell'essere. A questo punto, a sottolineare queste variazioni della totalità, queste figure della sua produttività, si mette all'opera l'assiomatica. Quella catena dell'essere che ha condotto alla divinità, ora mostra la centralità dell'essere come insieme di tutte le possibilità. "Dio, ossia la sostanza costituita da lui'infmitàdi attributi, ciascimo dei quali esprime un'essenza eterna ed infinita, esiste necessariamente".-" Le dimostrazioni dell'esistenza di Dio sono in Spinoza null'altio che lui'applicazione sostanziale dell'assiomatica, quindi la dimostrazione dell'infinita ricchezza e plasmabilità multilaterale dell'e.ssere, della sua incrementale ricchezza quanto maggiore è il grado di perfezione. "Poiché, infatd, poter esistere è potenza, ne segue che, quanto maggiore è la realtà che spetta alla natura di una co.sa, tanto più forze e.ssa ha per esistere; e quindi l'Essere assolutamente infinito, o Dio, possiede dasé una potenza assolutamente infinita di esistere, e perciò esiste assolutamente".-' Di qui, ancora, il paradosso dell'indivisibilità: "Proposizione XIIL La sostanza assolutamente infinita è indivisibile. Dimosu-az.ione. Se essa, infatti, fosse divisibile, le pani nelle quali sarebbe divisa o conserveranno la natura della sostanza assolutamente infinita, o non la conseiveranno. Nel primo caso, ci saranno dunque piti sostanze di medesima natura, il che è assurdo. Se si ammette il secondo caso, una sostanza assolutamente infinita potrà dunque ces.sare di essere, il che è pure assurdo. Corollario. Da ciò segue che ne.ssuna sostanza, e quindi nessuna sostanza corporea, in quanto sostanza, è divisibile".-- Ma questo è, appimto, di nuovo detto in funzione della definizione della circolazione dell'essere, della sua totale e piena articolazione produtdva. "Proposizione XfV. Oltre Dio non si può dare né si può concepire alcuna sostimzii. Proposizione XV. Tutto ciò che è, è in Dio, e senza Dio nessuna cosa può essere né essere concepita".-' Così si conclude questo primo passaggio. Paragrafando il nostro discorso, potremmo dire: l'infinito come principio e la versatilità dell'essere; la compattezza dell'essere, centralizzata e aperta: insieme; spontaneità ridoncUmte e coerente in maniera multilaterale, ma indivisibile. L'esistenza non problemadca si è dispiegata come potenza. L'essere è tmivoco.-^ Ma qui, su questa categoria dell'univocità, l'intero discorso va riaperto. Non è paragrafabile. Perché, infatti, è lo stesso concetto di categoria, nel suo pallore teorico, che non regge. Comprendere la natura di un metodo che ricalca la realtà è già dittìcile: ma, nell'ambito della tradizione metidisica, pervenire alla concezione di un'idea che abbia la stes.sa comprensione della realtà, sembra francamente impossibile. Il paradosso di questa spinoziana categoria deH'e.ssere univoco è che il suo protocollo è costituito www.scri6d.eom/BarueÀ_2013
dalla lolalità del reale. Ogni segno di astrazione è tolto: la categoria dell'essere è la sostanza, la sostanza è imica, è il reale. Non sta né sopra né sotto il reale: è tutto il reale. Ha il profumo e la tensione del mondo, ne possiede divinamente Tiinità e la pluralità. L'essei e assoluto è la superficie del mondo. "Tutto, dico, è in Dio, e tutto ciò che accade, accade per le sole leggi della natura infinita di Dio, e segue dalla necessità della sua essenza...; non si può dunque dire in nessun modo che Dio patisca da un altro essere, o che la sostanza estesa sia indegna della natura divina, anche se sia supposta divisibile, pinché si conceda che è eterna ed infinita. Ma su questo punto abbiamo già detto abbastanza, perii momento".'"' 2. L'organizzazione dell'infinito Le prove spinoziane dell'esistenza di Dio presentate nell'/iV/tiroUti/]ue tteson U^mps, Patis, 19.50: R. De Laccariere, lituiics sur la lliér>m t/émomìtit/uir. .Spinoza, Riiufseaii, Hegel, Miirx, Paris, I9(ì3; W. Eckslein, Rotissmv ani!.Spinoza, in "Jotinial of the Historyof Idea.s", V, giugno 1944, pagg. ;ì59-9 1 ; .VI Fi-ancés, Ij's réminisrences .'ìfùnnzistes iliais le Conimi Soiinl ile Rotts.vau, in "Revue philosophiqtie", 141,n. 1,19J)1,pagg.(51-84. 5.11 rinvio è alle opere di Fester, Ritterece. e in generale alla letieralura che studia le influenze del pensiero rivoluzionario ft-ancesesullo sviluppo dell'idealismo tedesco. 6. L. Coldmann, I.tiivmvmminlélmmiiineetl\mivmchezKmtl, Paris, 1948. 7.J. H.Jacobi, LaiiotIrinaiiiSpintìza. Lfttmtil signor Moses Mrnilekolin, Bari, 1969. 8. In pi opo.silo vanno sopratUttlo visti gli .scritti di etica del lH()2-3 (C. G. F. Hegel, ScnV/i rfi /ilosn/iti ildrliiillo. a cura di A. Negri. Bari, 19()2) e la cosiddetta Filosofiajcne.se. 9 . Sulla Coi inazione della coscienza borghese, vale ancora il vecchio P. Haza^ d. La crisi tkUa cùscirtiza eumpm, 2a ed.. Milano. 1968. 10. Oltre al vecchio B. C;roethu)*eii, Pliitosiiphietiela Rkiohilion frtiTì^aisiK Paris, 1947, il recentissimo Fiiret, l'enserla lihmhilioii, Paris, 1978. Va tuttavia a4. (C'.ebhai dt. voi. IV. pagg. 179-87). 63. AV/j., Pat te I. Proposizione XI,Scolio, pagg.2(i-7. (Gebhardt.vol. Il, pag..M). 6i. EpistolaXXXV, pii^. 179. (Gebhardt,vol. IV pag. 182). 65. l-pistoln XXXVI, pag. 183. ( O b h a r d i . v o l . IV. pagg. IS.')-()). 66. Epistola XXXVll, .Spinoza a G. Bouwmeester. da Vooiburg il 10 giugno 1666, pagg. 18i> «"). (Gebhardt, voi. IV. pagg. 188-9).
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67. 'r/T^,cap. V.pag. 128. (Gt.-bliarcli.vol. IH, pa;;. 73). 68. TfP,cap. V. pag. 129. (Gcbhardi,voi. Ili, pagg. 73-1). 69. T i r , cap. V, pagg. 12!V3(). (CJebharcli, voi. Ili, pag. 7-4 ). 70. 7TP,capp.XI-XV,pagg..•50^-71). (Gbe apparire dal mio testo, ma un ignoto autore machiavellico cui si accenna nelle righe |3recedcnti della lettera. (CJebhardt, voi. IV, pagg. 228-9). 20. Si dice che, alla notizia della morte dei de Wltt, Spiiui,ra abbia redatto un lesto di protestii che iniziav a appimto così: fu trattenuto dal suo ospite tnenlre voleva esporre il volantino, sul luogo del delitto. .Molti autori haimo considerato l'uccisione dei de Witt come un
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momento l'ondainemale neirclaborazioiic dtrlla teoria politica dello Spinoza. TI che è t'oi^e vero come vedremo discutendo del Tmllalopoliliaj. Sembra invece da ridimensionarsi l'inlliienza complessira a\nia dai de VV'itt e dal loro circolo sulla melafisica spinoziana. Una tesi fortemente intenta alla fissazione della iniporlanz^i avuta dalla crisi del '72 va \ista in Mugiiier-Pollel, op. cit.,/wTOm. 21. l'er quanto riguarda il viaggio di Spinoza al Quartiergetierale dell'armata ii-ancese in Haarlem, vedi le biografie, e in pan, i documenti riportali da van der Linde, 22./•>s/o/aj7o, pagg, l.i5.1(50.161.1fi2,163-1,167, 171-2,17.') ecc, 0 ™ n q u e , in quesu I n o ghi, si scambiano notizie e riflessioni, sopi-attutto sulla seconda giieira di naviga/ione anglo-olandese. (Gebhardt.voi, FV',pagg, I.W; KM; lO.'j: l(i6; 168; 175), 23. Si veda, per fare un soli i esempio, verso la line del 7TP. l'esaliazJone della citt.ì di .\mslerdam (pagg, 488-9), e la polemica rivendicazione di libertà religiosa contro l'insorgenza di episodi storici di fanatismo (per lutti rale ricordare la polemica dei gomarisli), (Gebhardt, voi. III, pagg. 215-6), 24. Ejjislolapag.225. (Gebhardt. voi. IV. pagg, 2:18-9), 25. ICjjislolti l„ pag, 225, (CJebhardt, voi. I\'. pagg. 239-40), 26. Kjminla U pagg. 22,5-(), (Gebliardi, voi, I\', pag, 240), 27.Cfr..vH/;ro,pag. 132, 28. E qtiesto, per co.si dire, lo "slogan" che regge l'interpretazione di G, Deleirze, a cpiesto proposito intcramenle ripre.sa e confermata da P, Macherey. 29. EpisUìla /.//, pag. 228. Questa lettera fa parte ilei gruppo scambiato nel 1(574 fra Spinoza e U. Boxel, Kpislok l.l-I.VI (pp. 22(5-244 ), - lettere che si svolgono attorno al tema dell'animismo naturale, dietro sollecitazione di Boxel, L,a polemica spinoziana è forte e la corrispondenzasichiude;ispramente, (Gebhardt, voi, I\', pagg, 24l-(jl ). 30. Elmtohi I.VI. pag, 244, C:fr, Thetni de Vrics, Bnriirh é-S/minr,, Hamburg, 1970, pag, 50, ricorda che Spinoza ebbe faniiliariù, già alla scuola di van den Enden, con il pensiero di Lucrezio e di Gassendi, e in genere con l'epicureismo, Cfr, anche M. Rubel, Matxn l/i iraco,lirrd,•Spinoza, cit„ pag, 262, (Gebhardt, voi, I\'. pag, 262). 31. Su questa tesi di P. Maclieiey, mi .sono già solfermato, approvandola, ma tornerò piti largamente in seguito, 32. II carattere materialistico della fondazione della tematica del mondo in Spinoza apparirebbe, secondo Deleirze, sopratltuto negli scoli dell'®/). La co.sa è vera: ma è limitativa. La lesi di Deleirze è.sopmtluito dimoslniia nell'/t/ymK/iW'deH'op, cit. 33. Tale il londanientale contrihuto dato da M. Gueroult soprattutto nel secondo volume della sua opera così largamente da noi udlizzata. 34. Per queste defuiizioin rin\no essenzialmente alle lesi dell'ullimo Feyerabend. 35. Per quanto riguarda la bibliografia relativa alla difliisione dello stoicismo nel Cinqtieccnio,lasuafortunacconlinuiiàseicenic.sca, nonché la discussione del senso di tutto questo filone culturale, mi permetto di rinviare al mio Descartes politico. 36. Gome abbiamo visto è questa la conclusione generale della di.scussione spinoziana del rapporto fra volontà e intelligenza nella Pane 11 dell'/;//;. 37. Cfr. su questo argomento sopraIuitli:> S. Zac, l.ulec ile In vie, cil„ pagg, 104 sgg, 38.tó//..Pane 111, Prefazione, pagg, 234-5, (Gebhardt, voi. 11, pagg. 137-8). 39. Questa tesi e sostenuta mollo largamente, collegando la tematica delle p;issioni e dell'appi opriazione e la sua conclusione rece.ssiv-a nel pensiero di I lobbes, agli sviluppi ulteriori che la stessa categoria irora nella lotta di cla.sse seicoleiiiiche che un simile approccio metodologico comunque solle\-a. vedi il mio arricolo in Borkenau, Grossmann. Negri, Una polemica (le^ianni Tirnla, Roma, 1978, 42. Vale in proposito il riferimento a Malebranche e a CJeulincx, nonché alla lelteratura della ragion dì Stato, Questo direttamente. Ma parallelamente andrelibe vi.sto lo sviluppo delle .scuoU' ria/.ione imniagiiia/.ione, r.ippresenta la tìgur.i del rovesciamento spino/.iano dell'individualismo possessivo. Sul carattere possessivo e passionale, l'individualismo e il collettivismo trovano, nel Seicento, tnrideniiià: ma si distinguono appunto nella prospeltira di sintesi, indinduale o collettiva, e si distinguono in manier;i a.ssolul:unente radicale. Spinoci è, da questo punto di vista, il rovescio di Hobbes, è la rtittura (dentro la genesi dello Stato moderno e dell'ideologia della borghesia) di tutta questa Iradi/ione. Oetto questo, ra comunque insistito sul radicamento genetico della sua filosofia sulla dimensione dell'immaginazione (della p;issionalltà) edell'appropriiizione, che sono proprie di tutto il pensiero seicentesco. 54. Elk. Parte II, Proposizione III,Scolio, pagg. I lO-l. (Gebhardt. voi. II, pag.HH). 55. Ho più volte sottolinealo il ricorrere della metalora della t egalità, sempre data in positivo, nelle opere di Descartes, nel mio UararlespolilUo. 56. m . , l'arte III, Proposizione II, Scolio, pagg. 248-9. ((k-bhardt, voi. II, pag. 144). 57. Questa fondazione si ritrora essenzialmente in Bit., Parte II. Proposizione X1.IX, Scolio, pagg.2l8-3l. (Gebhardt,voi.Il,pagg. i:-7. (Gebhardl. voi. II, pag. 139). 11. m . . Parte III. Proposizione V, pagg. 252-3. (Gebhardl, voi. II, pag. 14.5). 12./-.V/i., Parte III,Propo.sizione VI, pagg. 252-3. (Gebhardl, voi. II, pag. 146). 13. Elh,. Parte IH. Proposizione VII, pagg. 254-5. (Gebhai dt. voi. II, pàg. 146). 14. a/i., Parte III, Proposizione Vili, pagg. 254-5. (Gc43hardl,voI. Il.pag. 147). 15. Elh., Parte III, Proposizione IX, pagg. 25tV7. (Gebhardl, voi, II, pag. 147). 16. lùh.. Pane III, Proposizione IX, .Scolio, pagg. 258-9. (Gebhardt, voi. Il, pagg. 147-8). 17. ( :fr. sopraiiutto G. Deleuze, op. cit., pagg. 197-213. 18. Elh., P a n e III, Proposizione XI, pagg. 258-61. (Gebhardl, voi. 11, pag. 148). 19. Elh.. Parte III, Proposizione XI, Scolio, pagg. 260-1. (Gebhardt, voi. II, pagg. 14«-9). 20.0/i., Parte III Proposizione XII, pagg. 262-3. ((iebhardt, voi. II, pag. L50). 21. «A.. Pane III: Propo.sizione XIII. pagg.264-5. (Gebhardt,voi. II, pag. 150). 2 2 . £ r à . , I ' a n e III,ProposizioneXl,Scolio,pagg.26()-l. (Gebhardt,voi.II,pag. 149). 23. Elh., P a n e III, Proposizione X I l l , S c o l i o , pagg. 264-7. (Gebhardl, voi. 11, pag. 151). 24. Matheron. op. cit., in particolare Pane 11, pagg. 82 sgg., ha insistito in maniera ottimasulla dimensione sodale della teoria delle passioni in Spinoz^i. Egli considera sistematicamente lo sxnluppo del pensiero spinoziano. nella Parte III s-7. (Gebhardt, voi. 11, pag. 155). 31.m., P a n e l l i , Proposizione X X \ 1 , S c o l i o , pagg/2SH-9. ((;ebhardt,vol. II, pag. 159). 3 2 . Va qui soltolineaio, rn jmwml, salvo tornare sul tema più sotto, c h e l'impostazione spinoziana n o n può in nessun ca.so e.ssere ridotta a una impostazione "lililitaristica". Manca, dell'uiilitansuio. la dimensione indi\iduali.siica, nella manieni più netta, a n c h e in questa fas spinoz.iaiio c h e più insiste sul livello individuale e interindividuale. Se si vuol parlare di eventi utililaristici ,si può al massimo ri.'ialirc a ima "inorale della simijatia", m a proprio in quei m o m e n t i in cui essa è piiutosto f e n o m e n o l o g i c a d i e razionalista. In questo quadro sarebbe forse interessante riprendere in considerazione le analogie fni certe posizioni di Spinoza e certe posizioni di David I lume, c h e già Vaughan tentava di l'ar ri.saltai e, e sulle quali ritornano tutti coloro c h e insistono sui rapporti con il deismo ingle.se ( p r i m o fra tutti F, Meli). 3 3 . m . . P a n e III, Proposizione X X I X . p a g g . 2 9 ^ ) . (Gebhardt, voi. II, pag. 162). 3 4 . Fondamentali sono in proposito le indicazioni di lettura di A. M.ilheron, cui mi sono spesso riferito. 3 5 . In polemica con l'inteipretiizione di M a c p h e t s o n , Matheron, insiste sul fatto c h e la percezione spinoziana del m o n d o politico sarebbe per molti vei^i legata all'orizzonte medioevale (cfr. in p a n . op. cil., pagg. 221-2). È evidente c h e riferimenti alle virtfi dell'ambizione e della cortesia, c o m e s o n o quelle c h e troviamo in queste pagine spinoziane, sembi-ano dar ragione a Matheron, S o r g o n o p e r ò vari problemi c h e possono, se correttamente risolti, indurre a conchisioni opposte. E in particolare: è questo riferimento ed è quest'eseinplificazione spinoziana in qualche m o d o determinata? me non sembra: e cioè abbasuuiza casuale, tanto è vero c h e non la vediamo tonnare con frequenza. In s e c o n d o luogo: non è la ripresa della morale caralleresca, nel corso del Seicento, una semplice copertura, e abbastanza) rozza, della nuova morale borghese? Per una risposta positiva a ()uest'interrogativo mi permetto di rinviare al mio /^.scfvrMv Imlitìro, //d-uiin, dove discuto la ricca bibliografia in proposito. 3 6 . Elh.. P a n e ITI, Proposizione X X X , Scolio, pagg. 296-9. (Clebhardt, voi. II, pagg. 163-4). 3 7 . Elh.. P a n e III, Proposizione XXX\', Scolio, pagg, .'^0,5-9. (Gebhardt, voi, 11, pag. 167). 3 8 . AVA.. P a n e III, Propo.sizione X X X V I I . pagg. 310-1. ((k-bhardt, voi. II, pag. 1(>8). 39.JE//I., Parte I I I , P r o p o s i z i o n e X X X I X , p a g g , 3 I 4 - 5 . (Gebhardt.voi. l l . p a g . 169). 4 0 . ;;/A., P a n e 111, Proposizione X U I l , p a g g . 322-3. (Gebhardt.voi. II,pag. 173). 4 1 . B/i.. Parte III, Proposizione X1.V11, pagg. .328-9. (Gebhardt, voi. Il, pag. 175). 4 2 . Eth., P a n e III. Proposizione X l . I X , pagg. 332-3. (Ck-bhardt, voi. II, pag. 177). 4 3 . £//).. Pai te 111, Proposizione X L V l l , Scolio, pagg. 330-1. ((Jebhardt, voi. Il, pag. 176). 4 4 . Elh.. Parte III, Proposizione XLVl, pagg. 32(V9. (Gebhardt,voi. II,pag. 175). 4 5 . Eth., P a r t e m . Proposizione LUI, pagg. 342-3. (Gebhardt, voi. II, pag. 181 ). 4 6 . Elh., P a n e III, Proposizione l.fV', pagg. 344-5, (Gebhardt, voi. Il, pag. 182). 4 7 . Eth., P a n e 111, Proposizione 1JV, Dimostrazione, pagg. 344-5. ((Gebhardt. voi. II, pag. 182). 4 8 . Eth., Parte III, Proposizione l.VI. pagg, 350-1. ( G e b h a i d t , voi. 11, pag. 184). 4 9 . Elh,, Parte 111, Proposizione LVII, pagg. 35-I-5. (Gebhardt. voi. II. pag. 186). 5 0 . Eth.. Parte IH, Proposizione 1.VIII, pagg. 356-7, (Gebhardt, voi. 11, pag. 187). 5 1 . Eth.. Parte HI, Detìnizione degli ,'iirelii, 1, pagg. 362-3. (Gebhardt, voi. Il, pag. 190). 5 2 . E da dire c h e le più recenti interpretazioni comple.ssive del pensiero spinoziano. e a me sembra c h e senz'altro la più importante sia quella del Gueroult. c o m i n c i a n o a sganciarsi dal filone tradizionale di lettura. A n c h e se, c o m e a p p u n t o accade a Gueroult, la sua interpretazione è e s t r e m a m e n t e letterale e prira di tendenze alla esplicita m6-7. (Gebhardt, voi. II, pag. 232), 85. Eth., Pane IV, Proposizione X X X V I I , pagg. 470-1. (Gebhardt, voi. II, pag. 235). 86. Eth..Piuie r\',ProposizioneXXXVII,.ScolioII,pagg.480-1. (Gebhardt,voi. 11,pagg.238-9). 87. t:ih.. Parte IV, Proposizione XXX\a, Scolio II, pagg. 478-9. (Gebhardt, voi. Il, pag. 238). 88. Eth., Parte IV, Proposizione X X X V I I , ivi. (Gebhardt, voi. II, pag. 239). 89. fi/i.. Parte IV, Proposizione XI., pagg. 481-5. Ma dr. anche Proposizione XLV, Coronan o II, pagg. 492-3. (Gebhardt,voi. II, p a g g . 2 4 1 ; 2 4 4 ) . 90. Frequenti ritorni sulla tematica dello Slato si hanno verso la fine della Parte IV deli'Eth.: in particolare vedi Scolio della Proposizione LIV, Scolio della Proposizione LVIIl, Scolio della Proposizione LXIII, Scolio della Proposizione L X I X , Scolio della Propo.sizione L X X , Scolio della Proposizione l.XXII, Scolio della Proposizione L X X I I I . Sti tutù questi passaggi tornerenu) nel prossimo capitolo. 91. Eth.. Parte IV, Proposizione X X X X I I I , pagg. 480-1. (Gebhardt, voi. Il, pag. 239). 92. E:th.. Parte r\'. Proposizione XLV, .Scolio, pagg. 494-5. (Gebhardt, voi. Il, pagg. 244-5). 93.0/1., Parte I\', Proposizione XI.VI, pagg. 494-5. (Clebhardt.vol. II, pag. 2 4 5 ) . 94. Eth., Parte r\'. Proposizioni LUI, LPVecc. 95. F.lh., Parte IV, Proposizione LIX, pagg. 5,18-9. (Gebhai dt, voi. II. pag. 254). 96. Elh.. Parte IV, Proposizione LXl, pagg. 522-3. (Gebhardt, voi. II, pag. 2 5 6 ) . 97. tì/i.. Parie fS', Proposizione I X I , Diniostnizione, pagg. 522-5. (Gebhaidt, voi. II, pag. 256). 98. Eth., Parte IV, Proposizione LXIII, Corollario,pagg. 528-9. (Gebhardt, voi. 11, pag. 258). 99. Eth., Parte IV, Proijosizione LXVII, pagg. 53'!-5. (Gebhaidt, voi. II, pag. 261 ). 100. Eth.. Parte l\'. Capitolo X X X I I , pagg. 568-71. (Gebhardt, voi. 11, pag. 276). 101. FJh.. Parte V, Prefazione, pagg. 572-3. (Gebbaidt, voi. Il, pag. 277). 102. Eth.. Pane V, Prefazione, pagg. 578-9. (Gebhardt, v.jl. II, pag. 279). 103. Per quaiuo riguarda la riapparizione della tematica deirattributo, nella V Pane delVEth. (e si tratta del segno piti vistoso del rieniei gere di elementi della prima redazione), cfr. il prossimocap. Vili, dove la critica dell'aluibulo è dist iiwa in relazione ali'/^/iiitofano. In genen-, per quanto riguarda gli olenienli residuali che, nella Pane V, rinviano :illa "prima fondazione", vedi parimeiiii il prossimo ca[ì!lolo. .Nel suo ServiUuìeet lihnt^srlmi Sj/imai, cit., F. ••Mquie percepisce esottolinea ampiamente quello che chiama il paradosso della V Pane del
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VEth. Egli insiste sul fatto elle il libro apre un imovo orizzonte, un orizzonte di libertà assoluta: ma proprio questo aprirsi di un nuovo orizzonte, in questi tcnnini, si |X>ne conto contniddittorio rispetto all'andamento natur.ilistico e detcnninistico della dHinizione del val06-9. (Gelihardt, voi. Il, pagg. 290-2). 112. Eth., Parte V, Proposizione X X , Scolio, pagg. 610-5. (Gebhardt, voi. II, pagg. 292-4). 113. Eth., Parte V, ProposizioneXXI. Dimostrazione, pagg. 61 1-7. (Gebhardt, voi. II, pagg. 294-5). 114. Eth-, Parte V, Proposizione XXIV, pagg. ( Ì 2 0 1 . (Gebhardt. voi. II, pag. 29C.). 115. Eth., Parte V, Proposizione X X I I , pagg. 616-7. (Gebhardt, voi. II, pag. 295). 116. Eth., Parte V, Proposizione X X I I I , pagg. 615-7. (Gebhardt, voi. II, pag. 295). 117./•:(/)., Pai te V, Proposizione X X , pagg. 610-1. (CK;bhardt,vol. II,pag. 2 9 2 ) . 118. Eth., Parte V, Proposizione X X V pagg. (Ì20-I. (Gebhardt, voi. II, pag. 2 9 6 ) . 119. Eth., Parte V, Proposizione X X V I , pagg. 6 2 0 1 . (Gebhardt, voi. II, pag. 2 8 7 ) . 120. Eth., Parte V, Proposizione XX'VIl, pagg. 622-3. (Gebhardt. voi. II, pag. 2 3 7 ) . 121. Sulle difiic.oltà e i problemi della sintesi gnoseologica, sulla problematica relativa alla continuità dei gradi di conoscenza, oltre al famoso articolo di .Martinetti nella "Rivista di filosofia" del 1916, vedi F. Meli, Sjriiuizii e duf antecMmti itrdiani Mio sjiinozhmit, Firenze. 193 !, cap. t\'. 122. Eth., P a n e V, Proposizione XXVIII, pagg. 622-3. ( Gebhardt. voi. II. pag. 297). 123. Elh., P a n e V, Proposizione X X I X , pagg. 624-5. (Gebhardi. voi. Il, pag. 298). 124. Elh., P a n e V, Proposizione X X X , pagg. 62Cw. ( O b h a r d t , voi. II, pag. 2 9 9 ) . 125. Elh., Parte V. Proposizione X X X I , pagg. 628-9. (Gebhardt, voi. Il, pag. 299). 126. Elh., P:u-tc V, ProposizioneXXXI,Scolio, pagg.628-9. (Gebhardt,voi. II, pag. 300). 127. A. Matlieron, CMmt et le Saint..., cit., come abbiamo già ampiamente \isto, giunge a elaborare largamente questo punto,.sia pure fondamentalmente nella prospettiva religiosa. 128. Eth., Parte V, Proposizione X X X I , pagg. 630-1. (Gebhardt, voi. II, pag. 300). 129. Eth., Piu-te V, Prop posto. "Ma, per non dover interrompere ogni volta il filo del discorso e fennamii a risolvere simili difficoltà, desidero avvertire che io ho dimostrato tutte queste cose deducendole dalla necessità della natura umana comunque considerata, ossia dalla tendenza universale di tutti gli uomini alla propria conserN-azione: tendenza che si manifesta in ogni uomo, ignorante o sapiente che sia; e quindi, comunque gli uomini vengano considerati, come schiavi delle passioni o come riventi secondo ragione, la cosa non cambia, essendo la dimostrazione, come abbiamo detto, universale". " La sovranità, il potere sono così ridotti e appiattiti sulla "mulliliido": essi giungono dove giunge la potenzi! della " muìtiludo" organizzata.'"' Questo limite è organico, è elemento ontologico della dinamica cosutuiiva. Nessun trasferimento, dunque. Niente Hobbes, né Rousseau. Né sul leiTeno politico: e questo esclude qualsiasi spinoziano recupero, e tanto meno valorizzazione, delle tematiche della ragion di Stato; ne sul terreno giurirlico: e con ciò di nuovo risalta il sospetto teorico spinoziano nei confronti di ogni teoria legalisdca e positirisdca. Sicché il politico e il giuridico, il suddito e il cittadino (le accezioni tenninologiche non sono in questo caso corrispondenu né correlate) costituiscono differenze del tutto reladve e misurabili solo dentro le variabili della continuità da autonomia a "mulliludo" a sovranità. Ma in altri termini, e ben piti pregnanu, si può dire: da "aj^petilus' a immaginazione a ragione. Qui, in questo sviluppo metafisico, il processo si chiarisce. Intensamente, profondamente. E ciò vale soprattutto a escludere ogni interpretazione vitalisDca o organicistica di questo sviluppo filosofico spinoziano'"': qui piuttosto ci troriamo di fronte a un'analisi dello Stato che ce lo rende in tutta la sua ambiguità, regno di misiificazione e di realtà, di immagina249
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zione e di desiderio colletiivo. Davvero, il pensiero negativo si è fatto progetto di cosiitirzionc. E adesso veniamo al secondo punto della critica spinoziana dell'assolutismo borghese: la cridca dell'illiniilatezza del potere sovrano. Questa critica è già ampiamente contenuta in quanto detto da Spinoza neirambito del III capitolo del Trattaiopolitico. Ma lì è promossa in funzione giuridica, cioè contro il meccanismo di legittimazione (mediante contratto, mediante trasferimento del diritto) delrassoliidsnio. Nel capitolo fV la polemica è invece qualitativa, vale a dire che essa non centra l'iuribiguilà costitudva del rapporto - comunque reale fra "mullitudo" e Stato ( c o m e a\'\aene nel capitolo III) ina investe invece l'intero insieme delle relazioni costitutive. Se il capitolo III eliminava il contratto c o m e funzione logica, il capitolo IV 10 interpreta c o m e funzione materiale e ne mostra la contraddittorietà c o m e s t m m e n t o c o m u n q u e udlizzabile. L'argomentazione è del tutto paradossale. Ma non è detto, c o m e del resto tutto lo sxdluppo del sistema di Spinoza sta a dimostrare, che l'argomentazione paradossale sia, di alu e, m e n o efficace! Il limite fondamentale dell'azione dello Stato consiste, c o m e si è dimosti ato, nell'estensione e nella continuità infnistatide dei diritti naturali. "Esistono certe condizioni, poste le quali si impone ai sudditi il rispetto e l'ossequio verso lo Stiito, e tolte le quali, non soltanto vengono m e n o il rispetto e l'ossequio, m a lo Stato ste.sso cessa di e.sistere. Per conser\arc la propria autorità, insomma, lo Stato deve badare che non gli vengano m e n o i motiri del rispetto e dell'ossequio, altrimenti perde il suo e.ssere di Stato. E altrettanto impossibile che chi è investito del potere vada in giro ubriaco o nudo in compagnia di meretrici, che faccia 11 commediante o che violi o disprezzi apertiimente le leggi da lui stesso emanate, e che conserri, malgrado ciò, la sua sovrana dignità, quanto è impo.ssibile essere e non e.ssere nello ste.s.so tempo. Quando un so\Tano uccide e spoglia i sudditi, rapisce le fanciulle ecc., la soggezione si trasforma in sdegno e, quindi, lo stato civile si converte in stato di ostilità"."' Vale a dire, e questo è il segno parado.ssale dell'argomentazione, che quanto più l'illimitatezza (l'assolutezza) del potere sovrano si è sviluppata sulla continuità dei bisogni sociali e politici della " rnultiludo", tanto piti lo Stato è limitato e condizionato alla determinatezza del consenso. Sicclié la rottura della norma consensuale mette immediatamente in atto la g u e n a , la rottura del diritto civile è di perse stessa im atto di diritto di guerra. "Le regole e i motivi di soggezione e di ossequio, c h e lo Stato deve a propria garanzia c o n s e n a r e , non sono del diritto civile ma del diritto naturale, giacché non si possono rivendicare per diritto civile ma per diritto di guerra, e lo Stato non \i è tenuto se non per la sola ragione per cui anche l'uomo nello stato nattn ale è tenuto, se vuole mantenersi libero e se non vuole diventare nemico di se stesso, ad evitare di uccidersi: dovere, questo, che non implica soggezione, ma denota la liS-fiO
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berta delFumaira natura".'"' Ciò che è sbalorditivo, in queste pagine spinozianc, è il limite sottilissimo che separa il diritto civile dal diritto di guerra. Ma non saremo certo noi a meravigliiu c e n e oltre misura. perché sappiamo bene che il processo costitutivo disloca l'essere su livelli di sempre più alta perfezione solo attraverso l'antagonismo. Lo Stalo, la sovranità, l'illimitatezza del potere sono dunque filtrati dall'antagonismo essenziale del processo costitutivo, della potenza. C o m e già nel Trattalo teologico-polilico, ma con ima raffinata maturazione problematica, l'orizzonie dello Stato è orizzonte della guerra."- Il perfezionarsi della striitlura formale della costituzione dello Stato tende gli antagonismi della sua costituzione materiale, fmo a un estremo limite. Di qui un'ulteriore conseguenza teorica: il concetto di "società cirile" c o m e m o m e n t o intermedio nel processo che c o n d u c e dallo stato naturale allo Stato politico, in Spinoza non esiste. L o stalo civile è insieme società civile e Stato politico. Riguardad sotto diversi aspetti: la prima c o m e consenso e cosdtuzione materiale, il secondo c o m e c o m a n d o e cosdtuzione formale. Ma nessuno dei due elementi può esistere separatamente. L'ipostasi borghese e capitalistica della società civile coinè strato su cui qualitativamente si fonda il diritto, in Spinoza non c'è. Non che non sia concepita ina lo è solo c o m e passaggio non fonnalizzabile. I termini del passaggio sarebbero formalizzabili solo se Spinoza disdnguesse potenza e potere, fondamento di legitdmazione ed esercizio del potere, - c o m e la borghesia deve fare per misdfìcare il suo potere, c o m e la sublime linea Hobbes-Rousseau-Hegel deve fare per garantire la misdficazione! In Spinoza, invece, società civile e Stato politico si intersecano completamente, c o m e m o m e n d inseparabili dell'a.ssociazione e dell'antagonismo che si producono nella costituzione. Lo Stato non è concepibile senza la simultaneità del sociale, né invei-samenle la società civile. L'ideologia borghese della società civile è dunque solo illusione. La tensione della potenza è recuperatii nella sua intera forza costitutiva. L'adagio 'Uanluw jiiris qiiantumpolenliae'' comincia a essere dimostrato c o m e chiave di un comple.sso proces.so. Dopo aver liberato il terreno dal feticismo assolutistico, ma non dal carattere a.ss(> luto della cosdtuzione della "multiludff - vale allora riaprire il processo politico della libertà in tutta la sua estensione, con.siderare quale sia "la migliore cosdtuzione di un governo civile"."' "E, quale sia la migliore costituzione di un qualsiasi governo, risulta evidente dal line dello stalo civile, che non è altro se non la pace e la sicurezza del vivere. E quindi, quello è il miglior governo, grazie al quale gli uomini vivono nella concordia e nella fedele osseiTanza delle leggi. Si sa, infatd, c h e i rivolgimenti, le guerre e il disprezzo o la violazione delle leggi non sono imputabili tanto alla malizia dei suddiU quanto alla cattiva cosdtuzione del governo. Cli uomini non nascono, ma divengono civili. Inoltre le loro naturali passioni sono o\imwww.ieri6d.eom/Barueh_2013
qiie le medesime; e, se in uno Sialo regna più che altrove la malizia, e si commettono più reati che in mi allro, ciò e dovuto certamente al fatto che quello Stato non ha abbastanza proweduto alla concordia e non ha ordinalo con saggezza i diritti e per conscgueii/.a non ha nemmeno alTerrato in pieno le redini del governo. Uno stato civile, infatti, che vive in condnuo timore di guerra e che subisce frequenti violazioni delle leggi, non differisce gran che dallo stato di natura, nel quale ciascinio vive a suo talento e in continuo pericolo di vita".''* E infine: "Di imo Stalo, i cui sudditi non insorgano in armi perché ti atienuti dal timore, si deve dire che è senza guerra, piuttosto che in pace. La pace, infatti, non è assenza di guerra, ma virtù che nasce dalla fortezza dell'animo".'" Solo la libertà fonda la pace, e con essa il governo migliore. Ma, si badi bene, la libertà non è semplicemenle libertà di pensiero, ma espansività del corjio, sua forza di conseiTazione e di riproduzione, come "vnilliiudd'. E la "multiludo" che si coslituisce in società con tutù i suoi bisogni. Né la pace è semplicemenie sicurezza ma è la situazione nella quale il consenso si organizza in repubblica. È regolamentazione inierna fra anlagonismi. La costituzione migliore si pone, per Spinoza, sul limite fra diritto civile e diritto di guerra, e la libertà e la pace sono fatte dall'un diritto e dall'altro. L'unica vera immagine della libertà repubblicana è l'organizzazione della disutopia e la proiezione realistica delle autonomie dentro im orizzonte costituzionale di contropoteri. La dimostrazione che Spinoza dà di questo a.ssunto, la più forte e convincente, è una dimostrazione per assurdo, come gli è spe.sso usuale. "Di quali mezzi debba servirsi per fondare e mantenere il suo Slato un principe mosso esclusivamente dalla sete di dominio, lo spiegò esaurieniemente l'aciiùssimo Machiavelli; ma non risulta del tutto chiaro quale fosse il suo fine. Se, tuttavia, era im fine buono quello che egli si proponeva, come è da credersi di im uomo saggio, esso sembra essere slato di dimostrare con quanta imprudenza si tenti spesso di togliere di mezzo un tiranno, mentre le cause per cui il principe diventa tiranno non si possono eliminare, ma, al contrario, si consolidano maggionnente, quanto più si dà al principe motivo di temere, come avviene allorché un popolo inscena dimostrazioni di ostilità ad un principe e si vanta del panicidio come di una nobile impresa. Inoltre egli ebbe forse intenzione di dimostrare quanto un popolo libero debba stare allento di non affidare in modo assoluto la propria sorte ad un uomo solo; giacché quesd, se non è un illuso che creda di poter piacere a tutti, ha ben motivo di sentirsi esposto a quotidiane insidie; per la quale cosa egli è costretto a gtiardarsi e a nuuire per il popolo sentimenti di diffidenza piuttosto che di affezione. E, che questa fosse l'intenzione di quel saggio, sono indotto a crederlo soprattutto per il fatto a tutti noto che egli fu un partigiano della libertà, per la salvaguardia della quale egli suggerì anche salutari consigli".®' '252
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Non ci resta che tirare le conclusioni dell'intei-pretazione dell'adagio "lanlum juris (luant.umpolenlim" sul teixeno di una filosoria d e i r a f f c r m a z i o n c pina. Il pensiero repiibblicano di Spinoza ci sembra si determini, nei primi cinqiie fondamentali capitoli del TmltalopoliticoMorno atl aldini importanti elementi. Essi sono: 1. lina concezione dello Stiito che ne nega radicalmente la ti asceridenz^, - demistificazione cioè dell'autonomia del politico; 2. una detenninazione del potere c o m e funzione subordinata alla potenza sociale della "multitudo", e quindi costituzionalmente organizzato; 3. una concezione della costituzione, vale a dire dell'organizzazione costituzionale, necessariamente mossa dall'antagonismo dei soggetti. Con ciò Spinoza si collega, ad 1, al Tilone di critica anticapitalistica e antiborghese che percorre la modernità, negando d i e lo Stato a.ssoluto, lo Stato dell'accumulazione primitiva possa rappresentarsi c o m e trascendenza rispetto alla società, esattamente c o m e è mera mistificazione che il valore e c o n o m i c o si autonoinizzi rispetto al mercato. Ad 2, Spinoza riprende interamente la spinta radicale dell'oppo-sizione popolare allo Stato, particolarmente forte nel periodo della crisi seicentesca: e quindi fa propria la rivendicazione dei bisogni sociali c o n t i o lo Stato, l'affermazione dell'egemonia delle forze produttive, dell'associazionismo, del realismo giuridico contro il c o m a n d o . Ad 3, Spinoza assume e Hi propria la tradizione che vede la costituzione migliore (e a n c h e quella possibile) fondarsi sul diritto di resistenza, di opposizione al potere, di affermazione delle autonomie."' Detto ciò, tuttavia, va a n c h e detto che questi elementi non sono sufficienti a definire l'assieme, la totalità del progetto politico spinoziano. Perché quella che ne deriva, in Spinoza, non è una concezione quasi anarchica dello Stato. Anzi: Spinoza ha una concezione assoluta della costituzione. Ma in ciò è il carattere rivoluzionano del suo pensiero: nell'esprimere assolutamente nella costituzione un rapporto sociale produttivo, la produttività dei bisogni naturali, e tutto ciò c o m e e g e m o n e rispetto al p o l i d c o , nel su.ssumere assolutamente qualunque astratta funzione di dominio sotto la positiwtà dell'espre.ssione del bisogno di felicità e di libertà. La distruzione di ogni autonomia del politico e l'affermazione d e l l ' e g e m o n i a e ciell'autonomia dei bisogni collettivi delle ma.sse: in questo consiste la straordinaria modernità della spinoziana costituzione politica del reale. 3. C o s t i t u z i o n e , c r i s i , progetto Il TraUalo politico è un'opera inconclusa. Nella Epislnki L X X X I V "ad un amico"'" Spinoza così espone il piano dell'opera: "Vi ringiazio cordialmente per la cura affettuosa che avete per me. Non U-ascurerei l'occasione, se non fossi occupato in ima cosa che considero più uiile e che a voi, credo, farà più piacere, e cioè nella composizio253
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ne del Tralialo politico, che ho iniziato qualche tempo addietro per vostro suggerimento. Ne ho già compiuti sei capitoli. II primo contiene c o m e rintioduzioue dell'opera; il .secondo tjatta del diritto naturale; il teiv.o del diritto del s o m m o potere; il quarto dei negozi politici dipendenti dal s o m m o j^otere; il quinto del bene ultimo e più alto che la società possa considerare; e il sesto del criterio secondo il quale si deve istituire il regime monarchico perché non degeneri in tirannide. Sto ora lavorando al capitolo setdmo, nel quale dimostro metodicamente tutte le parti del precedente .sesto capitolo, che riguardano l'ordinamento di una monarchia ben costituita. Passerò quindi al Gowmio arìUocratico e al popolare: infine alle leggi e alle altre questioni pardcolari c o n c e m e n t i la politica". Questa lettera è stata posta dai ciu atori dell' Opem posUnma a prefazione del Trattato con la seguente aggiunta: "E qui esposto il piano dell'Autore. Ma, impedito dalla malattia e rapito dalla morte, egli non potè portarne l'esecuzione oltre la fine dell'Aristocrazia, c o m e il I.ettore stesso potrà vedere".® Il Iratlato politico è dunque o p e r a n o n c o n c l u s a , - i n conclusa proprio su quel punto centrale cui le pagine redatte del Irattato slcsso, ma soprattutto l'intero .sviluppo del pensiero spinoziano, doverano c o n d u n e c o m e a necessario teiTnine: l'analisi del regime democradco, meglio, il progetto della Repubblica. Ma il 1 ruttato politico non è solo un libro inconcluso. E anche un lavoro incompiuto. La stesura delle parti che ci sono rimaste lascia molto a desiderare. Dopo i capitoli 1-V, che pure c o m p r e n d o n o alcune interne divereioni argomentative che non possono essere ridotte aliasela versadiità del metodo fenomenologico, le ambiguità del testo diventano molto frequend. L'esemplificazione storica è incerta. La tipologia stnitturale della forma-Stato e della fonua-governo è troppo determi nata, talora decisamente "paesana", legiita a contingenze caratterisdche dello sviluppo politico dei Paesi Bassi.™ Un piti a m p i o lavoro avrebbe senz'altro migliorato il testo a n c h e nella sua parte redatta. Ma la morte blocca Spinoza: nel pieno del lavoro, nel m o m e n t o più alto di un'attività impegnata alla tesùmonianza del reale storico, della libertà e della sua costituzione. Esattamente il c o n t r a r i o dell'innnagine bolsa e volgare, degna di un romanzetto filosofico romantico, che Hegel dà della morte del maledetto giudeo: "morì d'una tisi di cui aveva a lungo sofferto - in a c c o r d o col suo sistema nel quale, parimend, ogni pardcolari tà, ogni.singolarità .svanisce nell'unità della sostitnza".'' L'insieme di incompletezza e di ambiguità c h e caratterizza i capitoliX-l-XI del Trattato politico non impedisce tuttavia c h e una lettura cridca sappia percorrere il testo e ricostruirne l'asse generale. Anzi, così operando, ne avremo qiralche vantaggio non irrilevante. L e ambiguità stesse e i limìd del testo potranno infatti apparirci non solo c o m e episodio di ima difficoltà esposidva che urgenza e malattia p o n g o n o in essere, ma c o m e figura di una nuova lotta, logica e '254
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politica, che nel testo si sviluppa. Il Trallalo polUico è del '75-77. La crisi del '72, sulla quale più volte siamo tornati, e la conversione monarchica e demagogica - con forme di consenso plebiscitario - del regime olandese si sono attuate e siabiliz/aie."" Sia pure con il ritardo di un cinquantennio —quando non sia di im s e c o l o - s u l l a vicenda politica degli altri Stati europei, anche nei Paesi Bassi la rivoluzione imianistica è terminala, anche le sue piti esteriori e talora mistificate - c o m u n q u e effettive - figure istituzionali sono eliminate. Con l'assassinio dei de Witt, l'anomalia olandese comincia a essere recuperata al corso maestro e ai tempi continentali dell'accumulazione capitalistica e dello Stato a.ssolutistico. In questo quadro, la lotta logica c h e nel sistema spinoziano sempre si svolge, intesa al recupero delle condizioni reali della costituzione, diviene lotta politica, intesa alla ricostruzione delle condizioni storiche della rivoluzione." Ma veniamo al testo. I capitoli VI e VII riguardano la fomia di governo monarchica. La divisione fra i due capitoli è incerta: nel sesto l'analisi tocca di nuovo i princìpi strutturali della costituzione, per scendere poi a una descrittiva del regime monarchico; nel settimo capitolo Spinoza tenta ima dimostrazione delle alTermazioni fatte. II tutto è abbastanza confuso, si tratta senz'altro di una parte non conclusa del lavoro. Ma è c o m u n q u e importante, perché mostra una nuova valutazione della forma del governo monarchico d o p o gli anatemi volti in questa direzione nel Trattato teologko-poliiico.''^ Ora, dunque, di nuovo assistiamo allo sviluppo costitutivo della "m.ultitudo": il movente antagonistico specifico che opera per il dislocamento, è la "paura della solitudine".'-' L o stato di natura è risucchiato dalla situazione di paura e di solitudine: ma la paura della solitudine e qualcosa di più della .sola paura, è "desiderio" della moltitudine, della sicurezza c o m e moltitudine, dell'assolutezza della moltitudine. II passaggio alla società non si rappresenta in alcun atto di cessione di diritti c o m e a w i e n e nel pensiero assolutistico c o n t e m p o r a n e o , bensì in un .salto in avanti, integrativo dell'essere, dalla solitudine alla moltitudine, alla socialità che, in se e per sé, toglie la paura. Siamo, di nuovo, al centro della dislocazione politica dell'essere che fonda la fenomenologia spinoziana della prassi collettiva. E la linea maestra. La genealogia delle fonne politiche dovrebbe svolgersi interamente,esenzaulteriori momenti di riflessione, in questo senso. "Ma invece l'esperienza sembra insegnare che ai fini della pace e della concordia, convenga deferire ogni potere ad u n o solo".™ Se riuscissimo a c o m p r e n d e r e la natura di questo "invece", di questa disgiunzione, capiremmo il rapporto fra ontologia e storia in Spinoza! In realtà non lo capiamo: ma non è detto che questo avvenga per nostra incapacità. Può ben.sì av\'enire perché qui siamo di fronte a una confusione spinoziana, a un rapporto confuso fra ordini di realtà diverse che non riescono a collocarsi nella coerenza di un 25.'-,
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orizzonte costitutivo, - il governo di uno solo, la monarchia c un fatto, un dato storico, efretlualmente contraddittorio con la linea maestra della fenomenologia costitutiva del progetto politico. La coerenza dell'impianto sistematico è subito dopo ricercata. Vale a dire che. subito dopo aver recepito la contraddizione del reale, Spinoza tenta una sua razionalizzazione. La fonna preferibile di regime monarchico è quella "moderata". Ciò che nel Trattalo teologi.co-politicoeY-A stato considerato come fonna di governo in assoluto negativa, viene qui ora dato come accettabile qualora le sue modalità siano moderate, qualora l'assolutismo monarchico si presenti non in sé ma come funzione di buon governo." Ma il buon governo non è immaginabile se non come espressione di un rapporto con la "moltitudine", se non dentro la potenza del consenso. "Da tinto ciò segue che il re ha tanto minore autoiità e che la condizione dei sudditi è tanto piìi penosa, quanto pili assoluto è il potere che gli è stato conferito; e quindi, per istituire un buon governo monarchico è d'uopo gettare solide fondamenta sulle quali costituirlo, affinché resti insieme garantita la sicurezza del monarca e la pace del popolo, e cioè, afììnché proprio allora il monarca sia nel pieno posse.sso del proprio diritto, quando prowede più efficacemente al benessere del popolo".'" Così, dietro la definizione effettuale della forma di governo monarchica, l'asse centrale della trattazione politica spinoziana riemerge: "alla pratica non ripugna affatto la costituzione di diritti così solidi d i e neppure il re possa abolirli".'" E se il monarca ordina ai suoi ministri cose che ripugnano alle leggi fondamentali dello St;uo, questi hanno il dovere di rifiutare l'esecuzione dell'ordine."""! re, infatti, non sono Dei ma uomini, che si lasciano spesso affascinare dal canto delle Sirene. E, se tutto dipendesse dall'incostante volontà di uno solo, nulla vi sarebbe di stabile. Perciò il governo monarchico, affinché sia solido, deve essere istituito in modo che tutto awenga bensì per esclusivo decreto reale, ossia, che ogni diritto sia espressa volontà del re, ma non in modo che ogni volontà del re sia diritto"."' La definizione della fonira del regime monarchico può essere riportata alla logica costitutiva solo insistendo sui suoi limiti. Una monarchia costituzionale? E difficile accettare tenninologie definitorie, consolidate da un uso successivo ed eterogeneo, per fissare il carattere di questa mediazione costituzionale della monarchia che troviamo nel Trattato politico. E non .solo per ragioni di correttezza filologica. Il fatto è che in Spinoza c'è un rifiuto profondo a una considerazione formale del processo costituzionale: i limiti sono forze, i punti di imputazione di potere sono potenze. Questo per dire che i limiti della funzione monarchica sono limiti giuridici solo in quanto sono limiti fisici, sono determinazioni formali solo in quanto sono iscritte mateiialmente nella costituzione e nel suo svolgersi. Se guardiamo alle casistiche che Spinoza porta in appoggio 256
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alle sue tesi, ci accorgiamo subito che tutte le forme politiche valgono solo in quanto esplicitate quali processi costitutivi."- Il governo monarchico (da puro fatto stoiico) diviene un elemento razionale quando è tolto all'iustrattezza della definizione giuridica ed è posto in un qtradro di relazioni di potere e di contropoteri: l'assolutismo va moderato, la moderazione è una relazione dinamica, la relazione coinvolge tutu i soggetd nell'opei-azione costituiva. L'equilibrio costituzionale è ini incontro-mediazione-scontro fra potenze. E questo processo è lo sxnhippo stesso della "nndliiudo" c o m e essenza collettiva umana. "Questa nostra dollrina sarà forse accolla con im sorriso da coloro che, riservando alla nias.sa del popolo i vizi propri di tulli i mortali, dicono che il volgo è in tutto sregolalo, che fa paura se non ha paura, che la plebe o sei-ve da schiava o domina da padrona, che non è fatta per la verità, che non ha giudizio ecc. Invece la natura è una sola ed è c o m u n e a tutti... è identica in tutù; tutu insuperbiscono del dominio; lulti fanno paura se non h a n n o paura, e ovtmque la verità è piti o m e n o calpestata dai cattixT o dagli ignavi, specie là dove il potere è nelle mani di imo o di pochi che nell'istruire i giudizi non harmo di mira la giustizia o la verità, ma la consistenza dei patiimoni".'^' Il limite effettuale della considerazione storica della moniu-chia è quindi largamente forzalo, se non addirittura sfondato, dal pensiero spinoziano. Le equivocità della trattazione, l'ambiguità insita nella stessa recezione (realistica?) della monarchia c o m e forma di governo accettabile sono dunque sottoposte a una analisi che privilegia l'asse della cridca costitutiva. La potenza demisuficatoria della fìsica politica spinoziana non viene m e n o nel Tratlatopolitico. La monarchia è data c o m e condizione di fatto: l'analisi l'assume in tiinto in quanto condizione di fatto, ma comincia col negarne l'assolutezza, poi la definisce riell'orizzonte della moderazione, poi la di.sarticola nella relazione costitirzionale dei poteri, infine lasottopone al movimento costitutivo della " tnitliiludd' Se il processo cosdtudvo trova alcune difficoltà ad apparire in primo piano quando Spinoza affronta la forma del governo monarchico, molto più tenui sono le resistenze all'espressione dell'asse fondamentale del discorso quando si passa all'analisi del regime aristocradco. Qui infatu il di.scorso parte dai risultati dello scavo operato nei confronti del concetto di monarchia e della sua di.sardcoldzione a fronte del movimento costitutivo che trova c o m e soggetto la "inultìtudo". Sicché assistiamo, in im primissimo ajDproccio, a un movimento - per cosi dire - esemplare del metodo costitiidvo. Soggetto: "se si dà un potere assoluto, esso è in verità quello che si trova nelle mani di tutta una collettività {integm muUitudo) Movente antagonistico: "Il modvo per ciù, in pratica, il governo non è assoluto, non può essere a l u o che questo, che i governand hanno paura del popolo, il quale perciò mantiene una certa libertà, che, se non è sancita da una legge esplicita, gli è tuttavia tacitamente riconosciuta"."" '257
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Operazione costitutiva: "la condizione di questo govemo sarà ottima, se esso sarà costituito in modo da awcinarsi ai massimo al governo assoluto".'^' La determinazione di questa approssimazione all'assoluto è data dai meccanismi di selezione dei governanti e dalla forma del consiglio. L'aristocratico è un regime nella forma del consiglio; "se i re sono mortali, i consigli sono eterni". Nei confronti della forma monarchica, la forma aristocratica di governo è quindi eccellente nella misura in cui piti si approssima all'assolutezza del governo. Ma assolutezza del governo significa compartecipazione effetdva del sociale al polidco: i princìpi strutturali del regime aristocratico debbono quindi e.ssere costruiti a partire dall'analisi del sociale, dalla fenomenologia determinata della "multitudd': tale cerca appunto di essere la casistica che Spinoza raccoglie."^ Ma non basta. Fin qui siamo sul terreno della produzione del potere: per essere completa, l'analisi dei princìpi strutturali del govemo (ora l'aristocratico, come in generale l'analisi delle forme del governo) deve cogliere anche il processo di riproduzione intenta del potere.®' Infine, si dovrà coniugare l'analisi statica dei princìpi di produzione del potere con quella dei princìpi di gestione del potere: e avremo una serie di regole per la riproduzione sociale del dominio.™ 11 quadro è completato da due estremamente importanti, anche se solo appimtati, il primo sulla forma federati^ del governo aristocratico'" e il secondo sulle fonne degenerative del governo aristocratico.'^" Si badi bene: l'analisi è elegante e tenta di dare un quadro adeguato dei fenomeni studiati, in tuttala loro complessità, - quadro comunque adegtiato al livello di ricerca dell'epoca. Ma l'eleganza dell'analisi riguarda soprattutto i princìpi, gli schemi di ricerca, le proposte metodologiche. Quando la linea di ricerca si confronta con la realtà, e tende alla esemplificazione, allora la casistica proposta è spesso paccottiglia. Che ricavare da questa fenomenologia analitica? Inutile nascondersi che il carattere di incompiutezza del testo è molto rilevante. Anche per quanto riguarda i capitoli sull'aristocrazia (come già per quelli sulla monarchia) ci troviamo dinanzi a una serie di scarti metodici fortissimi. Il pensiero del "governo assoluto", l'idea guida e costitutiva della "ììiulliludtì" giocano un ruolo metafisico che difficilmente riesce a essere proporzionato con i contenuti analitici e strutturali dell'analisi delle forme di govemo. Poco cambia quando si parte, come nel caso del regime aristocratico, dal principio met;tfisico, anziché arrivarci, come nel caso dell'analisi del regime monarchico. In ogni modo la sproporzione agisce nel senso di rendere la contingenza storica dei princìpi strutturali del govemo affatto casuale. La ^lutazione deve però cambiare quando si consideri non tanto il contenuto determinato dell'analisi quanto il metodo che la regge e la dirige: lo schema costitutivo è infatti presente con assoluta perfezione. Sia in termini di scavo, sia in tennini co258
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slrutlivi, sia c o m e operazione critica, sia c o m e operazione progeiUiale. Forse la coincidenza fra i diversi movimenti dell'ipotesi avTcbbe potuto darsi con l'analisi del regime deniocradco - "Passo infine alla terza forma di governo, ossia a quello del tul io assoluto che si chiama democratico'"^' — ma, c o m ' è noto, il testo qui si arresta. E dunque superfluo studiare questa seconda parte del DriUalo jìolitko (quella, per intenderci, che comincia dal capitolo VI) ? Non mi sembra d a w e r o . La crisi del progetto espositivo è infatd altrettanto teoricamente importante (e drammatica) quanto la sua fondazione. E abbiamo xdsto perché la sua fondazione (capitoli I-V) lo sia. Qui lo squilibrio fra le condizioni teoriche del sistema, la sua maturazione costitutiva e, d'altra parte invece, le condizioni storico-polidche dell'opera, diviene massimo." E importante vedere la lotta poliùca all'interno del sistema: ed essa è appunto rilevabile nella disconùnuità assoluta della casisdca nei confronti del principio cosdtutivo. La guerra è evidentemente logica, m a il suo rilievo polidco è indubbio. L'esistente politico è assolutamente contraddittorio con la nece.ssità costitutiva. Perciò è casuale. E negazione dell'essere. La casistica non riesce mai a riempire di senso o semplic e m e n t e a rispondere propriamente agli inteiTOgati\a che il principio costitutivo organizza in schemi di analisi fenomenologica. Il principio costitutivo getta le sue reti ma la pesca è quasi nulla. In realtà, sia per quanto riguarda la casistica strutturale relativa al regime monarchico, sia per quella relativa al regime aristocratico, Spinoza raccoglie elementi dalla letteratura a lui contemporanea,'*''materiale spesso i n c o n c l u d e n t e , o addirittura c o m p l e t a m e n t e \aioto di qualsiasi rilevanza scientifica. Spesso poi questa casistica è disorientante p o i c h é - s e ad esempio si assume il problema della dinamica dei contropoteri c o m e proprio dello sviluppo costitutivo — ne offre una esemplificazione che è poco dire ambigua: da un lato e.saltando i privilegi municipali o regionali c o m e autentica autonomia popolare (e il riferimento è agli ordinamenti del regno di Aragona),"'"' dall'altro invece negando c o m e corporativi e deteriori i privilegi delle città renane e anseatiche (e il riferimento è agli ordinamenti delle Gildeii)Altrettanto vale per altri non m e n o importanti argomenti, dove non è impossibile veder convivere il dritto e il rovescio, il destro e il sinistro. Soli momenti di innalzamento del discorso, quelli in cui di nuovo vien fuori "l'acutissimo scrittore fior e n t i n o " ® - e appunto l'analisi trascorre qui subito dalla casistica all'affermazione di princìpi definitori della costituzione, nella fattispecie, alla riaffeiTnazione della necessità che "lo Stato venga riportalo al suo principio, sul quale cominciò ad essere costituito". Inutile quindi pretendere - c o m e fanno un paio di volte con i loro interventi i curatori dell' Opera posthuma "' - di orientare verso una battaglia politica determinata il TralUitopoUlico. Oltre a lutto non ci si riesce neppure a mettere d ' a c c o r d o sulla direzione, sulle opzioni che
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guiderebbero quesui battaglia, - che per taluni è libei ale e aristocratica, per altri monarchica e costituzionale, per altri infine democratica (quando il capitolo non è neppure scritto) e rousseauiana! La lotta è invece interna al sistema. E la lotta fra il principio che lo muove e la realtà della riflessione assolutistica e borghese del secolo che gli vieta di divenire storicamente operativo. 11 progetto è così esposto su un limite reale. Non è sconfitto, è sospeso. Il principio materialistico e radicale della costituzione vive il suo isolamento cospirativo e rivoluzionario. Non può maturare al di là di contraddizioni che non p u ò c o m p r e n d e r e ma può crescere su se stesso; quanto alle contraddizioni, esse partecipano del non essere, sono morte. La teoria del positivo e del pieno della potenza è sospesa sul vuoto del negativo e del potere. Il TrnUnlo politico è t m ' o p e r a fallita solo se non si intende questo: che il suo fallimento politico immediato è il necessario effetto del trionfo del mondo, della "multitudó", dell'uomo. Il progetto costnutivo è ora bloccato in proporzione adeguata alla potenza critica che aveva sviluppato. L a filosofia politica è diventata per la prima volta - dopo l'andcipatore esperimento m a c h i a v e l l i c o - u n a teoria delle masse. La crisi rinascimentale residua il suo significato laico e democratico mostrando la dimensione di massa c o m e problema storico della rivoluzione. Qtiesd significati sono da Spinoza annotati nella costituzione del movimento stnitturale della ''mulliludo". Ne rappresentano un desiderio: verso il governo assoluto, verso l'assolutezza della libertà. L'assolutezza razionale di un rapporto materiale delle masse con se stesse. La sospensione dell'opera, dovuta alla morte di Spinoza, coincide con un suo positivo blocco l eale, interno. Ma il progetto vive: è lì, presente, teso, p r o n t o a essere raccolto c o m e messaggio. La dimensione temporale, futura, il concetto di av\'enire, si forma - anticipazione che il desiderio e l'immaginazione contengono, sull'orlo di un blocco storico determinato. Ma contingente. La necessità dell'essere, sottoposta a questui tensione, non può fingere alcun arresto. Continua a crescere su se ste.ssa, in attesa della rivoluzione, della riapertura forzo.sa della possibilità filosofica. Spinoza non anticipa l'illuminismo, - lo xdve e lo .svolge intero. Per essere compreso Spinoza ha però bisogno che nuove condizioni reali siano date: la rivoluzione solamente pone queste condizioni. Il c o m p l e t a m e n t o del TraUalo polii ira. lo sviluppo dei capitoli sulla democrazia, meglio, sulla forma assoluta, intellettuale e corjjorea, del governo delle masse, diviene problema reale .solo dentro e dopo la rivoluzione. La potenza del pensiero spinoziano misura universalm e n t e la sua fiori tura dentro quest'attuiilità della rivoluzione.
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1. Da [jaitc protesiante l'accusa era già stala formulaui nella lellcia di Velihuysen {Epistola XUI, sulla quale ci siamo già imralicnuli più sopra). Da p a n e cattolica si veclatio le Epistale /..VVV/e LXVIIhis, l ispeliiTOmemc inviate a SpiiKiza da Alberto Burgh e Nicola Stcnsen. A Bui gli, (ria allievo di Spinoza e membro di un'inlluente famiglia olandese, ora convertilo al cattolicesimo. Spinoza replica con YEpistola LXX\7. Sul tulio vedi EpLuolario, pagg. 26.S74,27-1-82,297-302. {(k-hhardt, voi. IV, pagg. 280-91 ; 292-^; MUi-24). 2. Epistola I.X\'llbis, pagg. 274-.Ì. (GebhardU voi. IV, pag. 292). 3. Epistola EVI, Oldenbtug a Spinoz.a, in paru pag. (( Jebhardt, voi. IV, pag. 272). 4. Epistola IJifI, Olhenburg a S[)inoza, pag. 2.'i6. Per quanto riguarda le diOìcoltà politiche
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incontrate da Spinoza nei tentativo di pubblicare l'A7/>. vedi la Ejmtoh /.,W7//{pp. 283-4), di Spinoza a Oldenbtirg, dove esse sono ampiamente documentate. (Gebhardt, voi. IV. P^g.273). 5. Epistola I.XXI. pag. 288. Oldenbnrg a Spinoza, 1,5 n-scctiicismo-di'ismo vanno soprattutto visti i lavori di Popkin. Comunque mi permeilo il rinvio, perqtianto riguarda questa problematica e la discii-ssione critica della bibliogralla, al mio DesmrtespoUlico, piti volte citalo. 9. Epistola I.XX\', Spino/itaOIdenbtirg, in pari. pagg. 294-5. (Gebhardt, voi. IV, pagg. 311-2). 10.Tale è il senso, e n e e degna la trattazione, della risposta di Spinozaa Burgh nella Episloki LXX\1. già ricordata: si tratta di una delle pifi alte l ivendicazioni della libertà di pensiero e della libertà di religione. 11. Per la storia della (brniazione del testo del Traliatopolitico, s\ vedano sopt^itutto i lavori di l.eo Strauss e di Antonio Droelto, già ricordati, e in particolare (per quanto riguarda quest'ultimo) la sua introduzione alla trad. it. del Trattato politico, Torino, 1958. Inoltre ranno visti anche gli altri volumi sovente citati sul pensiero politico di Spinoz;ie.sopri»ttutto quello di Mugnier-I'ollet. 12. Citiamo dalla trad. it., di A. Droetto. nella forma TP. 13. TP.,cap. I,§ l,pagg. 145-8. (Gebhardt,vol.lll,pag.273). 1 4 . C f r soprattutto L. Strauss, Spinoza's CriliqiteofHeligion, cit., pag. 22-1. 15. 7/'.,cap. I,,^2,pagg. 148-9. (Gebhardl,voi. III,pagg.273-4). 16. 7P.,cap.l,§.3,pagg. 150-1. (Gebhardl,voi. I l i , p a g . 2 7 4 ) . 17. rP.,cap. I,,§4,pagg. 151-2. (Gebhardt,voi. Ili,pagg.274-5). 18. r/'.,cap.I,.S5,pagg. 152-1. (Gcbh;udi,vol. I I I , p a g . 2 7 5 ) . 19. 77'., cap. I, § 6, pagg. 154-5. (Gebhardt, voi. HI, pag. 2 7 5 ) . 20. 77-'.,cap. I,,^ 7, pag. 15t>. ( O b h a r d t , v o i . Ili, pagg.27!i-f)). 21. Queste altemarive che subito si aprono nel corso del lavoro politico di Spinoza sono colte dagli interpreri. Vedi in particolare il Mugnier-Pollet, i cui rilievi sono tuttavia abbastanza banali. Molto meglio l'approccio di A. Mathcron. ÌÌ.EpisloltLVìIeiyiIl.lrviW 1 6 7 4 e il 1575 (vedi pagg. 24,5-7o 247-51 ). (Gebhardl, voi. IV, pagg. 262-4; 265-8). 23. EpistolaLX, in pan. pagg. 253-'!. (Gebhardt, voi. I\', pag. 270). 24. Cfr. sopi-attmto le Epistole LXJH, LXn', LXT. (pagg. 257-«, 259-61, 261-2. 262). Molte sono comiuiqiie le ambiguità che in queste lettere, a jjroposito della concezione dell'attributo, sono ancora cotnprese. C'è una specie di fedeltà di Spinoza alla totalità del siiosistema^scrìtto", alla totalità della sua opera che emerge anche nel corso di uno sviluppo verso altre soluzioni. (Gebhardt, voi. I\', pagg. 274-6:277-8:279-80). 25. Epi-stoUi I.XXXI, in pari. pag. 309. Ma vedi anche la Epistulri LXXXIII di Spinoza a Tschirnhau.s (del 15 luglio 1676), in pan. pag. 311, dove Spinoza dichiara che, "se resterà in \Tta", riaffronterà il problema dell'estensione e dell'attribiuo, della critica a Descanes in proposito. (Gebhardt, voi. fV, pag. 332). 26. Elk, Pane I, Pioposizione X X X A ' , pagg. 82-3. (Gebhardt, voi. II, pag. 76). 27. Etti., Pane I, Pi oposizionc XXX\', pagg. 82-3. (C^bhardt, voi. II, pag. 7 7 ) . 28. M. Giieroult,op.cii.,vol. 1, pagg. 387-9. Ma sulla .stessa posizione dr. anche A. Igoin, Ue l'eUipsn (le la thémiepoUtiqiie de Spinoza chezhìjeiuìeMaioc, in "Cahiers Spinoza", 1, Paris, 1977, pagg. 213 sgg. Ma. su tutto t|uesto, vedi supra, cap. III, 3. Si tenga inoltre presente che M. Fraiicés, art. eh.,passivi, coglie anch'essa questi motivi, e in tennini molto espliciti. 29. Eth., Pane I, Proposizione XXXVT, pagg. 84-5. (Gebhardl, voi. II, pag. 77). 30. Cfr. supra, cap. 111,2, dove si commentano appunto le Proposizioni ora ricordate dell'£«/(ira. 31. Per la posizione di questi problemi, cfr. supra. cap. V, 2. 32. In panicolare al TTP, cap. XVI e all'fiA., Parte FV, Proposizione X X X V I l , S c o l i o 2. 33. TP., cap. II, § 1, pag. 158. (Gebhardt, voi. Ili, pag. 27(i). 34. 7'a,cap.II.,§.3,pagg. 160-1. (Gebhardt, voi. Ili,pagg.276-7). 35. A. Droetto cita, a questo proposito, I. P. R;izumov.ski, Spinirui and the State, del 1917, come fonte dell'inteqjretazione materialistica poi .sviluppata nel pensiero sovietico. Nattiralmente le fonti della lettura del materialismo di Spinoza sono ben più antiche, anche nell'ambito della tradizione del naturaIi.smo storico. Ma forse vanebbe la pena di verificare piìi profondamente di )>ro(hfS lextuetkj," (Parigi, 2.T maggio U)77) e ora ripresa in "Raison Presente", '13, Paris, 1978, R K. Moi eau, espone i risultati di un'indagine informatica sulle ricorrenze di jh.5 e le.x nel TP. Inutile aggiungere che l'analisi dà un risultato straordinariamente favorevole a jits. Nelle traduzioni di Spinoza, e soprattutto in quelle in lingua inglese, il termine la (iaw) la fa invece da padrone. Comunqtiesu tutta la questione cfr. "CaliiereSpinoza", 11, Paris, 1978, pagg. 327sgg. 42. TP., cap. I l . g g . pag. 168. (Gebhardt, voi. HI, pag. 280). 43. II rinvio vale soprattutto per i passi dell'i'/A., citati sufira allanota 90 del cap. VII. 44. re,cap. II,.§13,pag. 171. (Gebhardt,voi.Ill,pag.275). 45. Sulle condizioni leoriche di questa fi.sica del coi-po politico, dr. soprattutto 7 /^., cap. II. g§ 14 e 15, pagg. 171-3. Ma vedi anche le annotazioni già ricordate di A. Lécrivahi, Spinoza el Ui pliy.sii/uf cartésimnf, cil., in pari. Il, pagg. 204 sgg., dove la centralità del modello fisico spinoziano per la.sua politica è fortemente evidenziala. (Gebhardt, voi. III. pag. 281). 46. re,cap.II,§ I7,pagg. 175-6. (Gebhardt,voi. I l i , p a g . 2 8 2 ) . 47. TP., cap. I I , § 19, pagg. 177-8. (Ciebhardi, voi. Ili, pagg. 282-3). 48. TP..cap. II,§ 2.3. pagg. 181-2. (Gebhardt, voi. Ili,pag. 284). 49. La tentazione positivistica, nell'interpretazione dei pensiero giuridico e politico di Spinoza, alligna sempre, soprattutto in Italia, pur dopo che le "interpretazioni base" di A. Rara e di G. Solari avevano indubbiamente posto correttamente il problema, concludendo all'iniducibilità positivistica del pensiero di Spinoza. 50. Sul positirismo e il legalismo, sulle loro caratteristiche teoriche e funzionali, mi permetto il rinrio al mìo Alleurìpmdeljnrmalistìwgiuridico, Padova. 1962. 51. A. Matlieron ha colto con molta intelligenza questi caraiteii dialeiiico-trascendentali della politica di Spinoz.a. 11 suo approfondimento della tematica mi sembra tuttavia peccare di eccessivo dialettismo, v-ale a dire di eccessiva attenzione alla determinazione concreta delle fattispecie studiate. Ciò determina, come soprattutto vedremo nel prossimo paragrafo, alcuni curiosi effetti di retrodatazione dell'opera spinoziiuia, quasi che es.sa l'osse rivolta alla critica della forma-Stato preborghese. 52. 77^..cap. III,§ l,pagg. 183-^1. (Gebhardt,voi. I I I , p a g . 2 8 4 ) . 53. 7'/^.,cap. I l i , § 2 , pagg. 184-5, (Gebhardt, voi. Ili, pagg.284-5). 54. TP., cap. Ili, g 3, pagg. 185-6. (Gebhardt, voi. Ili, pag. 285). 55. TP. cap. m , gg 4 , 5 , 6 , pagg. 187-9. (Gebhardt, voi. Ili, pagg. 285-7). 56. r a , c a p . Ili,g 7, pagg. 189-90. (Gebhardt,voi. Ili, pag. 287). 57. TP.,cap. Ili,g 18,pag. 200. (Gebhardt, voi. Ili, pag.291 ). 58. 77^,cap. Ili, g9, pagg. 192-3. (CK-bhardl,vol. Ili, pag.288). 59. Non indenni da tendenze vitalistiche, più che organidstiche, sonogli studi di W. Dilthey, e della sua scuola. Ci permetiiamo il rinvio ai nostri Studi sullostoricisnm lalaai, Milano, 1959. 60. TP..cap. IV, g 4, pag. 205. (Gebhardt, voi. Ili, pag. 293). 61. TP., cap. IV S 5. pag. 206. (Gebhardt, voi. Ili, pagg. 29.3-4). 62. Su questa in tera tematica vedi .supm, c.ip. V, 3. 63. TP,cap. V,g I, pag. 212. (CJebhardt, voi. Ili, pag. 295). 64. TP. cap. V, g 2, pagg. 212-3. (Gebhardt, voi. Ili, pag. 295). 65. JP., cap. V. g 4, pag. 213. (Gebhardt, voi. Ili, pag. 296). 66. TP., cap. V, g 7, pagg. 215-6. Sul rapporto Machiavelli-Spinoza cfr. anche quanto ne dice in nota Droetto, e anche ncWInlmditziimi!. Ma è evidente che su questo rapporto. a.ssoliiiamente fondamentale nella .storia della filosofia politica moderna, è nece.s.sario tornare largamente: si tratta infatti del filone alternativo (Machiavelli-Spinoza-Marx) a quello -sublime' (Hobbes-Rotisseau-Hegel). {Gebhardt, voi. Ili, pagg. 291V7). 67. .Annoiare queste mie affennazioni mi sembra qui difficile in quanto si tratta di un sunto abbasian/.a generale di quanto si e venuti dicendo. È fuori dubbio, comunque, che VAllUmivs di Gierke va a questo proposito tenuto nel massimo conto. Naturalmente vanno qui i ipr