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Italian Pages 192 [98] Year 1978
L'uomo col magnetofono
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- B I L I BOMPIANI 149 DOCUMENTI E TESTIMONIANZE
BIBLIOTECA
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Direttore Oreste del Buono
J.J. Abrahams L'UOMO COL MAGNETOFONO
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Il termine magnetofono è stato depositato dalla Magnetofoni Castelli S.p.A. il 30 agosto 1948.
© 1976 Editions Le Sagittaire Paris Traduzione dal francese di Silvia Pizzorno © 1979, Casa editrice Valentino Bompiani & C. S.p.A. Via Mecenate, 8716 - Milano I Edizione nei "Tascabili Bompiani" Aprile 1979 292029
IL CASO ABRAHAMS
L'uomo col magnetofono
di Jean-Paul Sartre
BIBLIOTECA A. SAFFI FORI.I'
M.DEP 23016
l- -~=2=30=1=6===-:-TASCABILI BOMPIANI Periodico settimanale anno IV numero 149 - 1913/79 Registr. Tribunale di Milano n. 133 del 2/4/1976 Direttore responsabile: Oreste del Buono Finito di stampare nel marzo 1979 presso
I.LE s.r.l. - SOLARO (Ml) Printed in ltaly
Il testo di Abrahams ci Ea prof~it..damente divisi. In seguito ci siamo rappacificati sulla base di un compromesso che spero durerà: io dirò perèh~~ fin dal primo giorno, sono stato dell'idea che bisognava pubblicarlo; Pontalis e Pingaud, che sono dell'idea contraria, diranno i motivi della loro opposizione. La testimonianza di Abrahams sta in mezzo ai due nostri articoli. Prima di tutto alcune parole per evitare un probabile malinteso: non sono un "falso amico" della psicanalisi.. ma un compagno di strada critico e non ho nessuna voglia - e d'altra parte nessun mezzo - per ridicolizzarla. Questo dialogo farà sorridere.: a tutti piace vedere il burattino che picchia il carabiniere. Personalmente non lo trovo divertente, né per l'analista, né per l'ex analizzato. Evidentemente costui ha la parte più bella e dirò dopo perché la trovo eccezionale; l'analista, dopo tutto, se la cava senza gloria (chi riuscirebbe a far di meglio senza saper fare judo?) ma neppure disastrosamente: non ha parlato. Inoltre ammetto volentieri che l'incontro avviene nell'ambito di una relazione analitica: ciò che è in gioco, in primo luogo, sembra essere una certa interpretazione che, secondo Abrahams, il dottor Van Nypelseer V
avrebbe imposto per anni al suo paziente e rinnegato poi bruscamente (va da sé che non ci pronunceremo né sull'interpretazione, né sulla palinodia, poiché il magnetofono non ha registrato l'inizio della conversazione). D'altra parte Abrahams è il primo a riconoscerlo intitolando questa testimonianza: Dialogo psicoanalitico. Titolo ironico: esso ci vuole far intendere che "spesso, come dice Merlino, chi crede di analizzare gli altri analizza se stesso". Il dottor Van Nypelseer avrebbe proiettato su Abrahams i propri "problemi d'infanzia". Questa concezione impegna soltanto Abrahams e d'altra parte non è ciò che ci interessa: se la sottolineo è perché essa mostra l'aspetto problematico del dialogo. Abrahams si riferisce a Freud due volte con sincero rispetto; egli lascia indeciso se la pratica analitica in quanto tale ha fallito, o se un analista migliore lo avrebbe guarito. In ogni caso, per noi questo non è il problema: anche se un errore è stato commesso capiamo bene che Abrahams, che ne ha sofferto, possa indignarsi, ma ai PJstri occhi la psicoanalisi non può essere rimessa in causa da un caso isolato, così come il crimine di Uruffe non mette la Chiesa in pericolo di fronte agli occhi di un credente: l'analisi è una disciplina che mira al rigore e il cui scopo è di guarire; per il resto non è un corpo unico, ma molteplice. Quando si sollevano delle obiezioni - che d'altra parte non vertono sui principi, ma su certi aspetti della pratica - bisognerebbe essere tanto rigorosi nella discussione quanto i medici che la rivendicano lo sono nella pratica clinica e terapeutica. Perché allora questo dialogo mi ha affascinato? Perché mette in luce, con abbagliante evidenza, l'irruzione del soggetto nello studio dell'analista, o meglio il capovolgimento del rapporto univoco che lega il soggetto all'oggetto. E per soggetto qui non intendo l'Io o l'Ego, questo quasi-oggetto della riflessione, ma l'agente: in questa breve avventura Abrahams è soggetto nel senso in cui Marx dice del proletariato che è soggetto della storia. I ntendiamoci: Abrahams riconosce che aveva ."bisogno d'aiuto", e rimprovera al dottor Van Nypelseer di "non averlo guarito", di averlo tenuto in stato di dipendenza "prometten· dogli" di dargli un giorno "l'autorizzazione" a ritornare sano. Abrahams parla dei clienti del dottor Van Nypelseer come di "malati", tra virgolette, intendendo in que-
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sto modo coloro che gli analisti ritengono malati, '!'a non coloro che essi hanno resi tali. Abrahams dice: let ha agoravato il mio caso. Dunque non si presenta come un ;o,ggetto perfettamente libero e s.ano -;; ~ chi l~, è? oppure come quelli che Jones chiama glz ad~ltt '. paro~ ltt terribile se si pensa che la signora Freud at suoi occhi era un'adulta e che Freud non lo era, ma come un soggetto ferito, o se si preferisce come il ~ogget_to della P~o_ pria jerita, come l'unità tor1!1ent~ta_ d~ gravi problemi tnafferrabili di cui chiede aglt altri di aiutarlo a trovare la soluzione. Detto questo, che cosa rimprovera Abrahams al dottor Van Nypelseer? Lasciamolo parlare: . . "Non si può guarire così (con un cenno del capo melica il divano dell'analista). È impossibile! Lei stesso. non è guarito perché ha passato troppi anni là sopra. L~t ~on osa guardare la gente in faccia. Poco fa aveva com111c1ato. a dirmi di 'guardare in faccia i miei fanta~mi'. No~ avret mai potuto guardare in faccia nulla! Lei mt ha .obbligato a voltarle le spalle, e non è così che si può guarire la gente. È impossibile perché ... vivere con gli altri sig~ific~ sape~ li guardare in faccia." Si contesta il metodo, tl ~tv~n?, tl mutismo diligente dei grandi ascoltatori profess1~mst1? Sì e no: per anni Abrahams ha messo tut~o il .su? zelo a esprimersi, a esporsi, senza ignorare eh.e t suoi discorsi apparentemente liberi e casuali, rimandavano a un tes/o oscuro e nascosto che andava costruito piuttosto che scoperto e che era contenuto nella parola dett~, nel senso in cui Eluard dice: "Vi è un altro mondo ed e contenuto in questo. 11 Ciò che colpisce in questo breve frammento: "guardare in faccia... voltare le spalle", ci confida ,~a s.u~ esperienza profonda: attraverso la sofa presenza, l tnvts~ bile e silenzioso testimone del suo discorso - vale a dire, di ciò che egli dice e di ciò che si fa dire attraverso l'indispensabile mediazione di un soggetto - trasforma nella bocca stessa del paziente la parola in oggetto per la semplice ragione che non ci può essere, tra le spalle volt~ te e l'uomo seduto, invisibile, inafferrabile, alcuna reciprocità. Lo so: il " malato" deve emanciparsi da solo~ deve scoprirsi poco a poco. La noia, ci dice Abrahams, e che è chiaro sin dall'inizio che egli si scoprirà come una passività, attraverso quello sguardo che non ·può captare
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e che lo valuta. L1uomo con il magnetofono è convinto che la strada che porta all'indipendenza (guardare in faccia i suoi fantasmi, gli uomini) non può passare attraverso la dipendenza assoluta (trans/ ert e frustrazione, promessa tacita - io vi guarirò - attesa di un ''permesso"). Abrahams è deluso, è vero, risentito nei confronti del medico e alcuni parleranno di trans/ ert mal liquidato, ma che cosa rispondergli se ci dice che la guarigione del "malato" deve incominciare dal guardarsi in faccia e divenire una impresa comune dove ciascuno accetta i propri rischi e si assume le proprie responsabilità? Lo si è castrato? Sia pure, ma vuole che glielo si dica guardandolo negli occhi. Che si proponga a lui, Abrahams, questa interpretazione, nel corso di una lunga avventura a due, nell'interiorità, e non che gli ''accada", anonima, impersonale, come una parola di pietra. Questo soggetto desidera comprendersi in quanto soggetto ferito, deviato; in assenza di una collaborazione in terso ggettiva, ''passa all'atto", per parlare come gli analisti: questo significa capovolgere la prassi e nello stesso tempo la situazione. Nel Dialogo psicanalitico, i ruoli si capovolgono e l'analista diventa oggetto. Per la seconda volta l'appuntamento dell'uomo con l'uomo è mancato. Questa storia che alcuni giudicheranno buffa è la tragedia dell'impossibile reciprocità. Vi è violenza, dice il dottor Van Nypelseer, e ciò è fuori dubbio. Ma non è piuttosto una controviolenza? Abrahams pone ammirevolmente il problema: questa '' interminabile relazione psicoanalitica", questa dipendenza, questo transfert scontato, provocato, questa feudalità, questo lungo parto dell'uomo prostrato sul divano, rimandato ai balbettamenti infantili, senza calzoni, non è forse questa la prima forma di violenza? So quello che il dottor Van Nypelseer gli risponderebbe - gli avrebbe risposto senza la presenza del magnetofono: "Non facciamo mai uso della costrizione, ognuno viene e se ne va quando vuole; quando un paziente vuole lasciarci ci capita di dissuaderlo, sappiamo che questa rottura gli è dannosa, ma se insiste ci inchiniamo; la prova è che io vi ho lasciato andare a malincuore, tre anni fa." È vero e secondo me gli analisti non sono in causa. Ma Abrahams non si riterrebbe bat"futo; -ce lo dice: se si scartano gli uomini e non si con-
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sidera che la situazione, l'abdicazione settimanale o bisettimanale dell'analizzato a favare dell'analista diviene un bisogno sempre più imperioso; questo significa che la condizione d'oggetto ha i suoi vantaggi; la violenza è ovunque latente, insinuante: essere soggetto è così faticoso e sul divano tutto invita a sostituire l'angosciante responsabilità di ,essere uno solo con la società anonima delle pulsioni. Il capovolgimento della prassi dimostra chiaramente che la reazione analitica è di per se stessa violenta, qualunque sia la coppia medico-paziente che consideriamo. Di fatto, quando la violenza capovolge la situazione, l' analista diviene immediatamente analizzato o piuttosto analizzabile: in questa situazione il colpo di mano e la sua impotenza lo mettono artificialmente in una situazione di nevrosi. Abrahams aveva calcolato giusto durante i tre anni in cui rimuginava il colpo. Ascoltatelo: "Fino a oggi lei aveva l'abitudine di controllare completamente la situazione e bruscamente, ecco l'estraneità che si introduce e si installa qui da lei ... " E la risposta dell'analista prova che è divenuto d'un tratto paziente. Il suo discorso val la pena di essere decifrato: "Non sono abituato alla violenza fisica". Che frase strana, perché non dire semplicemente, allora: non sono abituato alla violenza. Alla violenza morale ha dunque l'abitudine? E come mai per dare un esempio di violenza fisica cita il fatto di "tirar fuori adesso questo registratore"? Non voglio fare un processo a qualche parola pronunciata in un momento di turbamento, del tutto legittimo: voglio solo far capire che la violenza spezza il discorso e che ogni parola diventa oltremodo significante a questo punto, perché significa troppo o troppo poco. La trasformazione brusca del dottor Van Nypelseer, soggetto dell'analisi, agente della terapia, in oggetto gli crea una crisi d'identificazione: come riconoscersi? È il motivo dell'estraneità - "estrangement" direbbe Lacan, traducendo il termine freudiano "Unheimlichkeit" - provata di colpo e della resistenza disperata che oppone ad Abrahams il dottor Van Nypelseer: non parlerà davanti al registratore. Il motivo bisogna cercarlo prima di tutto nella deontologia professionale. Ma basta questa a dare l'idea dell'orrore che prova davanti al 'registratore?
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Non scopre forse, come l'oggetto di una analisi, che le sue parole, di cui era così avaro e che si perdevano talvolta così leggermente nel silenzio dello studio - un 11 malato" non è un testimone - vanno a imprimersi, a essere inscritte per sempre: non erano che l'allegro mormorio del suo pensiero sovrano, ora rischiano di diventarne la pietrificazione. Inerti, porteranno testimonianza. Questo registratore fa arrabbiare le persone più dolci poiché corrisponde ali'avvertimento della giustizia inglese verso gli accusati: a partire da questo momento, tutto ciò che voi dite può essere usato contro di voi. Il dottor Van Nypelseer tenta un'ultima volta di intimidire Abrahams trattandolo come un oggetto, ricordandogli la sua dipendenza: "Lei è pericoloso perché misconosce la realtà". Ma si attira questa risposta geniale: "La 'realtà', che cos'è?" Sì: che cos'è la realtà quando analista e paziente si trovano a guardarsi in faccia, quando, con l'aiuto della violenza, l'analista non può più decidere solo e sovranamente di ciò che è il reale, e cioè privilegiare una certa concezione del mondo? Che cos'è la realtà quando ormai il paziente rifiuta di andarsene? Quando in un comico movimento di reciprocità antagonistica ognuno dei due fa la psicoanalisi del/'altro o meglio quando si applicano uno sull'altro gli stessi schemi: lei imita suo padre; no, è il suo; lei fa il bambino; no, è lei. Quando il linguaggio analitico, sdoppiato, riecheggiato, anonimo, sembra impazzito? Questa situazione-limite - in cui altri analisti si sono trovati e che costituisce un rischio professionale - permette di porre il vero problema: si deve scegliere tra /'essere-soggetto del "malato" e la psicanalisi? Guardate l'uomo con il magnetofono. Guardate come ha riflettuto in quei tre anni - che si sia sbagliato o no ha poca importanza - guardate come gli è maturato in testa il suo piano, come ha combinato il co!po,. come l'ha eseguito, ascoltatelo parlare, sentite la sua troma e anche la sua angoscia ("Bisogna che abbia una bella faccia tosta per permettermi una cosa simile ... ") e la disinvoltura con cui gioca con concetti usati su di lui per lungo tempo. Adesso vi domando chi è costui? Chi è questo Abrahams che parla? Un cieco processo o il suX
peramento di questo processo mediante un gesto? Non metto in dubbio che ogni sua parola e comportamento possa essere interpretato analiticamente, a patto di ricondurlo al suo statuto di oggetto analitico. Ciò che scompa·rirà con il soggetto è la qualità inimitabile e singolare della scena: la sua organizzazione sintetica, detto altrimenti l'azione in quanto tale. E non mi si venga a dire che è un «malato" che l'organizza: ne convengo, convengo che la organizza come malato. Ciò non impedisce che l'organizzi. Gli analisti possono dare le motivazioni del "passaggio all'atto", ma l'atto, che interiorizza, supera e conserva le motivazioni morbose nell'unità di una tattica, l'atto che dà un senso al senso che a noi è giunto, gli analisti non si sono preoccupati finora di rendercene conto. Bisognerebbe infatti reintrodurre la nozione di soggetto. In Inghilterra, in Italia, Abrahams, soggetto incontestabile di questa breve storia, troverebbe dei validi in: terlocutori: una nuova generazione di psichiatri cerca dt stabilire con le persone che cura un legame' di reciprocità. Senza rinunciare all'immenso apporto psicoanalitico, questi psichiatri rispettano prima di tutto in ogni malato l' agente, il soggetto, la libertà deviata di agire. 1 Non mi sembra impossibile che un giorno gli psicoanalisti di stretta osservanza li raggiungano. Aspettando, presénto qui questo Dialogo a titolo di scandalo benefico e benigno. (Da Les Temps Moclernes, aprile 1969)
I Non voglio misconoscere le difficoltà che incontreranno: la "psicologia del profondo", come dice .Lagache, necessita il rilassamento, l'abbandono, una certa abdicazione, quindi il divano; il guardarsi in faccia esige, al contrario, la vigilanza, l~ sovranità, una certa tensione. Ma non si andrà avanti se non s1 prende la catena dc1lle due estremità.
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Risposta a Sartre di Jean-Baptiste Pontalis
Risposta a Sartre di Bernard Pingaud
Tutti comprenderanno spero che non è mia intenzione commen!~r~ i~ "doc~mento c.he Sartre ha preso la responsabtlita di pubblicare. Aggiungerò solo due parole alla presentazione che avete appena letta. Il fatto che mi interessa1 è che Sartre ci dica di esser st_qto "affascinato dal resoconto dell'exploit contestatorio di Abrahams _erge,nt~si a far fr~nte al suo oppressore feudale. Sartre si fUO riconoscere in questo specchio1 benché defor~ante. V~ vede proiettate le sue coppie di opposti preferite e le ritrova con particolare facilità in quanto Abrahams pa~e co_nformarvisi. Ma dedurre da questo framm_ento ~ragzcomico che per gli analizzati sia giunta l'ora di seguire la parola d'ordine letta a Censier ''Analysés Ievez-~ous: )) - .a .meno che non emigrino in Italia - e ' 1 per gli psicanalzsti quella di annunciare ai loro pazienti la buona .no_vdla: "Siete stati castrati" guardandoli nei loro occhi di ~oggetti1 mi pare una risposta un po 1 avvent~ta. Sottoscriverla equivarrebbe1 in ogni caso 1 a mio avviso) a confessare di misconoscere tutto della psicanalisi. Come se ne potrebbe_ riconoscere "l'immenso apporto" e1 nello stesso tempo) rifiutare la relazione analitica nel suo stesso prin~ipio? Non si tratta forse qui come altrove, dell~ prassi c~e ren4e possibile l'emergere dell'oggetto teorico~ Un gzorno b_zsognerà scrivere la storia del rapporto ambiguo) fatto dz un attrazione e di una reticenza ugualmente profonde) che Sartre mantiene da trent'anni con la psica~alisi1 e magari rileggere la sua opera in questa prospettiva. Quanto. al~e virtù salvifiche del dialogo 1 credo di non aver~e ma~ viste celebrare da Sartre - ed è una fortuna! Altrimenti) non avrebbe saputo dar testimonianza, come ha fatto) dello scacco di ogni reciprocità né conferire a que~le eh~ ha definito "si~uazioni limite" - tra le altre, la follia_ - tl ~oro valore esemplare. Ricordiamoci di A porte chmse, di La Stanza e soprattutto in questa occasione d~l protagonista di I sequestrati di Altona, dramma mira~ bile _nel quale1 su di un altro teatro 1 un magnetofono gÙ serviva a fissare le tracce di un "dialogo interiore. 1
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(Da Les Temps Modernes, aprile 1969)
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Non essendo né psicanalista né psicanalizzato non mi sento obbligato alla stessa riservatezza di Pontalis. Cercherò quindi di dire perché questo testo ci ha "profondamente divisi". Chi si limitasse a leggere il prologo di Sartre se ne potrebbe stupire. Ma se si legge parallelamente il testo di Abrahams1 già si misura la distanza che li separa. È del tutto evidente - almeno per me1 che rivendico qui la mia piena libertà di "soggetto" - che quello che Sartre vede nel dialogo parzialmente trascritto da Abrahams non vi compare 1 o vi compare solo in filigrana. È altrettanto evidente che Sartre non vede quello che vi compare o meglio fa come se non lo vedesse. Si tratta infatti di un colloquio che si svolge "nel quadro del rapporto analitico'' e del quale noi conosciamo soltanto la fine, "dato che il magnetofono non ha registrato l'inizio della conversazione". Non c'è bisogno di essere grandi esperti di psicanalisi per capire che questo "passaggio all'atto" fa parte di quella stessa cura che si suppone contesti radicalmente1 e che pubblicandolo qui interveniamo con molta leggerezza ir.l un rapporto tra "medico" e "malato" di cui non sappiamo nulla o quasi. La prima domanda che ci dovev,amo porre era dunque questa: "A chi e a che cosa servirà la pubblicazione di questo colloquio?" La risposta mi · pare a dir poco incerta. Vediamo ora il contenuto. Ammettiamo pure che Sar1 tre non abbia nulla contro la psicanalisi. Ma che cos altro . f a1 dopo aver affermato le sue buone intenzioni, se non denunciare non soltanto la pratica psicanalitica1 ma anche la teoria sulla quale questa si fonda? Sostenere che il rifiuto del faccia-a-faccia equivale a trasf armare il paziente in oggetto è un argomento troppo grossolano e troppo logoro perché Sartre stesso non vi risponda subito: "Lo so: il malato deve emanciparsi da sé, spetta a lui scoprirsi poco a poco. 11 Ma leggiamo quel che segue: ·'"La noia'1 ci dice Abrahams1 'è che è chiaro sin dall'inizio che egli si scoprirà come una passività1 attraverso quello sguardo che non può captare e che lo valuta"'. Ammiro quel "ci dice Abrahams" e mi piacerebbe proprio sa1
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pere se bisogna intenderlo come un «ci dice Sartre" Perché ci sono due possibilità: o Sartre fa propria la t~si di Abrahams,_ e c! propone quindi un'altra psicanalisi, fondat~ su dz .un altra ~o':'cezione dell'uomo, che impieghi alt~z "!~to~t t.era~euttct, quelli, a esempio, di quegli psichiatri ttalzanz o inglesi che "cercano di instaurare con le persone eh~ curano un rapporto di reciprocità". Oppure Sartre lascia ad Abrahams la responsabilità della sua interpret~z~one, e il problema è quello di sapere che cosa sigmfchz, zn una cura, questo tipo di interpretazione, per~he nasca, se. perché la cur~ era controindicata o perché e stata mal diretta - o se zl rovesciamento del rapporto non faccia sempre parte, in un momento o nell'altro, della cura stessa. Parlo qui da profano e quindi eviterò di dare risposte decisive. Ma leggendo il testo di Sartre ved.endo in quali termini descrive quella "abdicazione' settimanale o bisettiman_ale" che paragona a una droga, non i:osso fare a meno dt pensare che egli chiami in causa la intera psicanalisi, in nome della sua personale concezione . del soggetto. È normale, d'altronde, che il dibattito verta su questo punto, dato che la scoperta essenziale di Freud non è stata, come alcuni affermano un po' frettolosamente, quella di negare l'esistenza del soggetto, ma quella di spostarlo, d~ «decentrarlo", Jacendo apparire il non soggetto a partzre dal quale esso si costituisce in una posizione sempre derivata. n problema è soltanto .quello di- sapere se il colloquio trascritto da Abrahams si presti a un simile dibattito. . Per parte mia non lo credo. Anche supponendo che se ne possa trarre la lezione che ne trae Sartre (come se si tra~t~sse effettivamente di una messa in causa della psicanalm .. e n~n .di una. messa in causa dell'analista), è una semplificazione abusiva delle cose il decretare che nella cura, il pazie.>tte è ridotto a una passività totale e ;he l'analista «decide, da solo ·e sovranamente, di quel che è il reale": ~o'! sar~bbe ~nfatti difficile far comparire qui una q~nttl~ dz. testzmom che potrebbero affermare il contrario, e dzre tn che modo questa alienazione iniziale li abbia prec~sam.ente aiutati a diventare, in misura maggiore,. soggfttt. Mz sembra che la non-reciprocità criticata da Sartre ...._e che l'analista stesso· ha subito a suo tempo - sia la
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condizione stessa della scoperta o della ricostituzione di un "essere-soggetto" compromesso, oscurato, "alienato" da quel che chiamiamo malattia. E che il rapporto non possa mai essere paritario, reciproco, se non nel momento in cui cessa - quel momento ideale che chiamiamo, invece, "guarigione". Questo non privilegia affatto lo psicanalista in quanto individuo. Questo privilegia l'Altro per mezzo del quale si effettua quel riassestamento che, in certo modo, viene sempre troppo tardi, o, come diceva Freud, "nachtraglich", a posteriori. Non c'è dunque contraddizione né necessità di scegliere tra "l'essere soggetto del malato" e la psicanalisi: in un certo senso, il soggetto è sempre presente, in un altro è sempre da conquistare. L'uomo più "malato", è vero, "organizza" la propria malattia. La psicanalisi quindi non gli fornisce il modo di organizzarsi. Ma neppure glielo toglie. Essa può soltanto, quando ha successo, aiutarlo a modificare una situazione in cui egli si aliena. Ed è proprio il soggetto stesso a modificarla «scoprendo se stesso" attraverso il rapporto analitico. È facile per Sartre criticare la concezione di Freud in nome di un'altra, e opporre una terapeutica della reciprocità a una terapeutica della ~violenza". Ma a questo punto bisognerebbe impegnarsi in un dibattito a fondo. Il principale merito del "compromesso" a cui siamo pervenuti, in questa faccenda, sarà stato quello di averci condotti a porre il problema. I o continuo tuttavia a pensare che il testo di Abrahams, proprio perché non va oltre il "passaggio all'atto", sia stato, a questo scopo, il più mal scelto dei pretesti. (Da I.es Temps Modemes, aprile 1969)
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La parola contaminata di Elvio Facchinelli Leggendo i commenti preposti (nell'edizione otiginale di Les Temps Modernes, 1969), al testo di Abrahams, si ha ora il senso di una curiosa immobilità. Sartre pone una domanda, parziale se si vuole, ma pungente: quella della violenza (o del potere) che sta dentro la relazione psicanalitica; Pontalis e Pingaud rispondono -in modo generale e come di lato: scacco della reciprocità, testimoniato nell'opera stessa di Sartre (Pontalis); reciprocità come esito finale, come conquista (Pingaud). Le spade si sono incrociate, senza dubbio, ma i duellanti non sono andati oltre la prima mossa. E il testo di Abrahams risulterebbe così un exploit solitario, fermo come un sdsso nello stomaco della psicanalisi - che ne ha digeriti ben altri. Senonché alcuni mesi fa è uscita una raccolta di vari scritti di Abrahams (L'homme au magnétophone, Le Sagittaire,. Paris, 1976) che a mio parere riapre il problema e permette, forse, di far muovere· quel sasso. I resoconti clinici di Freud, com'è noto, furono paragonati a romanzi. Non. c'è dubbio che, a una lettura immediata e disinteressata, il Dialogo psica,nalitico di Abrahams risulterà un testo teatrale. E il suo interesse non è limitato, come dice di passaggio Sartre, al piacere di veder bastonare la figura dell'autorità. C'è un movimento più complesso, un alternarsi di piani che attestano una vera e propria riuscita teatrale. Questa riuscita teatrale - che mi sembra importante mettere in rilievo, e si vedrà poi perché - si presenta subito come una singolare testimonianza di un altro rifiuto,. di un secondo rifiuto incontrato da Abrahams nella sua vicenda psicanalitica, dopo quello del dottor Van Nypelseer. E precisamente quello di Pontalis, il quale pure, per paradosso, si presenta nella sua nota come un attento lettore e spettatore di teatro ... sia pure quello di Sartre. Ora., se qualcuno - dopo aver rotto col suo analista, essere stato ricoverato con la violenza in ospedale psichiatrico una settimana dopo, esserne evaso rompendosi una mano -:- se qualcuno se ne viene fuori con un testo di
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uesta forza, che spedisce alla persona giusta, in grado di ubblicarlo, ebbene bisogna pur ammettere che in questa rsona è avvenuto uno scatto, una invenzione nella realta che dovrebbe porre seri interrogativi a un analista. Inece Pontalis, evidentemente preoccupato di difen~ere il principio" dell'analisi, diventa cieco di fronte .a. czò cte. i pare un "documento" [tra virgolette, addirittura. ], n "frammento tragicomico", senza nessun significato reae. Citando altri magnetofoni, appartenenti a una realtà ià consacrata come "teatro" (I sequestrati di Altona), egli ripete un rifiuto che per certi aspetti è anche pi~ gr~ e di quello di Van Nypelseer. Non soltanto, co~e e. evtente, perché si pone come istanza di censura scientifica; a perché, se il suo rifiuto di pubblicazione avesse avuto esito Abrahams sl sarebbe visto respinto nella realtà quelo che è stato, forse, il suo più importante tentativo di entrarci. Vart Nypelseer rimane interdetto di fronte alla rruzione nello studio di un elemento imprevisto, il manetofono; Pontalis rimane interdetto di fronte all'irru::.ione, nella redazione, di un singolare gatto selvatico, questo testo, uscito improvvisamente dal magnetofono. Q.u~losa che è nato dentro e intorno alla relazione analitica i iene respinto dai due analisti, . i quali in questo modo semplicemente rifiutano il movimento in atto. A questo punto, è ovvio che ritorni, insistente, l'inquietante domanda di Abrahams: "Ma che cos'è la realtà?" j
Si potrebbe obiettare che l'aggettivo teatrale aggiunto a questo scritto è in senso stretto arbitrario; dopotu~ to abbiamo di fronte una "registrazione". Strana registrazione, la cui trascrizione rivela una evidente inten::.ione scenica. (Si consideri, per esempio, l'accuratezza con cui sono "montati" alcuni momenti in crescendo del Dialogo). E basta leggere con un po' di attenzione p~r rendersi conto che Abrahams si muove con vero agio creativo, tale da farlo risultare chiaramente, nello stesso tempo, autore attore e personaggio del testo. Del. resto, non dice forse esplicitamente, quando vuole rassicurar~ l'analista che grida "Violenza fisica!": "Ma no, sz tratta solo di teatro"; risposta ambigua, certo, come è ambigua e paurosa la scena in corso, della eui tensione
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reale sono entrambi consapevoli, ma pur sempre teatro, ·.come è ben noto ... Ma la conferma definitiva di questa singolare teatralità immediata, per così dire, che si coglie nel testo, viene dal volume ora pubblicato. La maggior parte degli scritti raccolti - compreso il "secondo atto" del Dialogo, cioè il colloquio, anch'esso registrato, con lo psichiatra che lo fa rinchiudere; sicché il dramma si conclude con la seguente tragica "didascalia": "Abrahams si' 'alza per uscire. Cinque infermieri sono appostati dietro la porta per prenderlo. Si odono urla e rumori di colpi" - la maggior parte degli scritti raccolti riguarda, in modo diretto o indiretto, l'azione teatrale. A questo punto però ci troviamo di fronte a una grossa sorpresa: dalle rif/.essioni sul linguaggio e ,sulla scrittura, d'intonazione lacaniana; dai Prologhi .a rappresentazioni .progettate, ma già autosufficienti; fino a veri e propri atti unici, con Edipo - ma sì, ancora Edipo! e Laio, Tiresia, Gioe.asta, in veste di protagonisti: è tutto il materiale, tutto l'armamentario del "teatro" psicanalitico classico che viene utilizzato, manomesso, riciclato-in modo da costituire uno straordinario doppio della (parallela) vicenda psicanalitica col dottor Van Nypelseer. Tutto questo materiale va incontro, ripetutamente, a una sorte singolare. In primo piano, all'inizio, sembra esserci la tendenza a un uso rif/.essivo; quasi saggistico, o oratorio, del linguaggio; ma questa tendenza è rapidamente soverchiata da qualcosa che si rivela più forte e urgente: attraverso rotture brusche della linearità del discorso, si fa avanti un linguaggio scenico, che a tratti si condensa in situazioni teatrali in senso stretto, a tratti invece, soprattutto nei Prologhi, cede a scatti, a grida, a ventriloquismi anche, si direbbe, sempre più .poveri di 11 finzione", sempre più sfuggenti al proposito di partenza. Tutto urge insomma verso una messa in scena personale; verso l'attuazione, nei modi di una proclamata fisicità immediata, di un paraJ.iso originario da cui Abrahams è continuamente espulso. Di -questi diversi livelli di precipitazione, per così dire, che si spingono fino a veri e pro-
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pri mescolamenti e con-fusioni di persone agganciate al linguaggi.o-teatro, ecco alcune manifestazioni: Grazie al teatro sono presenti alcuni bravi genitori, qualche sguardo buono. ( ... ) Vero che è bello quando tutto è in regola, in ordine, quando si sa dove sono i genitori,_ quando il loro posto non è più vuoto ( ... ) vi va bene che qut m alt~ si sia i vostri genitori in una relazione teatrale ( ... ) ma qui iamo tutti bravi genitori e loro, gli altri, tutti gli altri, sono i nostri bambini che ancora non sanno che siamo bravi ( ... ) e che vorremmo farli salire tutti sulla nostra nave perché neanche loro debbano più soffrire della distanza come pensa· vate ~he ne avremmo sofferto noi quando abbiamo cominciato. ( ... ) Allora gridate forte (laggiù, fino al centro della terra) (dove è rinchiuso il nostro prigioniero che dovevamo liberare - taci che stai sbagliando testo - bene riprendiamo) bisogna che da dove stiamo noi, la terra là in basso, tutta l'umanità ci sentano e salgano fino a noi ( ... ) Ascoltate, forse non è del tutto chiaro, tutto cosl in fretta, forse è troppo semplice, così inaspettato, allora ecco cosa possiamo fare:. domani tornate e ricominciamo tutta l'operazione, e tutti 1 giorni della nostra vita siamo d'accordo. Ma non sch~rziamo! Guarda che razza di stronzi! ( ...)Via! Tutti nella fossa! Nella Merda! Bisogna soffrire per avere il paradiso e voi, così, per un effetto scenico lo volete gratis? (Ci sono, pp. 30-32) · A teatro l'idea è .che... vedi la buona madre appare con gli occhi, è molto carino che tu abbia sempre un po' di cattiva madre con -la voce, come sto facendo ara, ma bisognerebbe che ti facessi apparire della buona madre davanti agli oc· chi, cosa che faccio parlandoti delle ·donne che vengono a teatro, ecco improvvisamente su questà cosa non sei più agitato, già ti vedi nuotare nella vagina, nell'utero. Ebbene sl, bisogna considerare che il teatro è una grande vagina, dove ci divertiremo molto tutti insieme, vedrai poi come ti tira, è proprio come fare continuamente l'amore, questo va e vie; ni, vedrai come va a finire, ancora, ne . vuoi ancora altn· menti sei esausto. (Quindi, recitando l'Edipo; pp. 6'-67) ·Ti aiuterò a capire. L'abb!amo portata qui perché tU sia al riparo da" lei, per proteggerla dal suo desiderio di te. Ora che. tutto è stato diviso per bene, ·e cgnuno rinchiuto cm cura, la festa può mminciarc. (... ) Ea:o tuo figlio che non puoi -più t~, che sparirà per sempre dai tuòi occhi, am
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questo sotterfugio ci possiamo amare e . fare finalmente l' amore con lei, questa povera indemoniata. Eccola nella sua gab~ia. Si è proprio tua madre che abbiamo messo li. ( ... ) Ma il tempo sta per finire; dovrai tornare domani per procurarle questo spettacolo, lo spettacolo della tua attesa del tuo collo teso, del t':o beccuccio aperto nel quale depor;emo ancora questo prezioso regalo che sostituirà il latte che non le possiamo più dare perché ha denti terribili questa belva nascosta . . (Ah! _Povero figlio mio, guardi la tua mamma e non la riconosci neppure, pp. 133-136)
Se ho _ripo~tato q~esti frammenti lacerati, è perché la loro. testimonianza cz permette di avanzare con sufficiente. sicurezza alcune ipotesi sul Dialogo psicanalitico. In primo luogo, sul magnetofono stesso. Come si è visto esso ~nterrompe bruscamente il fiusso interpretativo d~ll'analista e dà luogo, a situazioni rovesciate nel senso visto da Sartr~, a una serie interpretativa di Abrahams che, per ruanto tn buona misura sarcastica, ne prende esattamente zl posto. È un blocco, un ostacolo che inverte bruscamente la corrente dei discorsi. Ora ci si può chiedere, come del resto Abrahams: perché l'analista non interpreta l'entrata in scena del magnetofono? In fondo, Abrahams lo spinge a più riprese in questa direzione tutto sommato r~ssicurante. Qui però si profila il fatto ~uovo, che l'analista col suo silenzio dimostra d'aver percepito. Il magnetofono potrebbe senza dubbio essere immesso nell'ordine interpretativo di una realizzazione magica, onnipotente - ma ciò che è chiaro a entrambi gli interlocutori è che quale .eh~ ne sia l'interpretazione, Abrahams intende ap~ proprzarsi della voce dell'analista, e questa appropriazione oltrepassa l'interpretazione, scavalca di colpo il piano del!a parola. !n questo senso il magnetofono, certamente ~nt~~pretabile, vale invece per ciò che è per la sua materzalita oggettuale e ciò che produce, vale a dire la cattura e la riproduzione a piacere della voce dell'analista. Ab~ahams, si è 4etto, è sicuramente capace, almeno quanto .tl dottore, dz tradurre la presenza fisica dell' apparecchzo nello studio in una serie più o meno "corretta" di equiva~enze simboliche, ed è ciò che fa, in parte; ma se dobbiamo credere al libro, il se~so più urgente di que-
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sta "scatola nera" piombata nella "caverna" dell'a11t1lista è precisamente la sua capacità tecnologica di afferrare e ricreare - come la attività teatrale, e forse meno ambiguamente - una (parziale) presenza fisica delle pe1·sone assenti. Fin qui mi sento abbastanza sicuro di ciò che scrivo, e nelle parole stesse di Abrahams durante il Dialogo e facile ritrovare alcuni accenni che rovesciano il significato di minaccia e di castrazione che a prima vista si lega alla presenza dell'apparecchio e che entrambi vi leggono. Va in questo senso, per esempio, la '' benevolenza " a un certo punto attribuita alt'apparecchio, tale da consentire l'inizio di un "lavoro scientifico" in comune. E nel libro l'insistenza sulla voce, proprio sul suo aspetto fonico, come mezzo fondamentale per cercare di ristabilire "l' accordo perfetto" del rapporto primordiale madre-bambino, o di ciò che Abrahams chiama tale, è piuttosto chiara: "ripetizione di sonorità pacificanti"; "lingua materna che ha ritrovato i suoi bambini", e così via, fino a giungere, parlando di Edipo e della sua ''volontà di trasparenza" o di "trans-apparenza", al punto in cui si tratta di liberare "la lingua materna dal nascondiglio audio-fonico in cui è imprigionata per tutti coloro che potrebbero averla e non l'hanno, ma che la cercano e la desiderano, l'aspettano e la sperano, cioè tutti gli uomini" . Più ipotetica mi pare un'altra conferma che sono tentato di trovare nel libro e che si riferisce a un episodio posteriore, del maggio 1972, anch'esso riferito per lettera a Sartre (come, in fondo, la registrazione). Per farlo imbalsamare - così ci vien detto dai curatori del libro - · Abrahams dissotterra il cadavere della madre e va in giro con la bara in macchina. Ecco la lettera:
Caro Sartre, è fatta! Da tre giorni la tomba è vuota - e vado in giro per Bruxelles con la bara in macchina. Sta lì. È l'unica cosa vera. Indispensabile scriverle. È follemente divertente. La porto dappertutto. Siamo stati persino a fare un giro al cim1tero a vedere
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gli altri con tutta una banda di amici, di giovani che sono molto contenti di portarla. È così che lei vuole che si svolga la cosa.
Adesso siamo all'università. Sì è il sequestrato di Altona in libertà! Com'è divertente. Com'è follemente divertente.
J.-J.A. Ancora un volta, dunque, una (parziale) presenza fisica pu~ valere (si può tentare di farla valere) per la persona tntera (come la voce per l'analista); essa consente . di ricostruire per un momento un rapporto essenziale, nel momento in cui la realtà ("ma che cos'è la realtà?") lo dichiara distrutto. Per un momento, la verità del rapporto ("la sola cosa vera") nega la morte. Da questa esigenza senza limiti di una "pienezza originaria" nasce per Abrahams l'ambiguità delle parole. Que,ste possono rappresentare la presenza totale assente (abbiamo allora le iniziali "parole buone... cariche di buon senso, [che] fanno del bene, [che] rifanno il Bene nella sua totalità), e nello stesso tempo, proprio perché rappresentanti di essa, finiscono per farla accettare come assente, finiscono per sanzionare il fallimento della ricerca. Di qui il rifiuto, a tratti, di utilizzare "il falliment~, come mezzo"; il rifiuto di una conversione in parole di cto ~hc manca .e che deve avvenire, non essere detto, pena tl cadere tn una "totalizzazione immaginaria", nel "mantenimento di una posizione statica lacunosa di non trasmissione, di non conoscenza e di perpetuamento dei rapporti di sotto-esistenza tragica da cui in teoria si trattava di uscire ''. O~a, mi sembra, è partendo da questa posizione che tn Abrahams si delinea con nitidezza - è partendo da qui che possiamo arrivare a comprendere qual è la vio" lenza in corso nella relazione psicanalitica. In che cosa consiste questa violenza? Nello "statuto di oggetto analitico" a cui è ridotto il paziente, secondo l'espressione di Sartre? Di fronte a questa àefinizione generale, le obie-
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zioni dei suoi collaboratori mantengono una qualche attendibilità. Se la reciprocità, dappertutto, va incontro a uno scacco (Pontalis), il riscontrare questo scacco nell' analisi costituisce un'obiezione generica, se non im-perti- · nente. Se invece la reciprocità esiste, allora essa si presenta anche nell'analisi, sia pure come esito o meta finale, e l'alienazione iniziale può servire a far diventare "più soggetto" il paziente (Pingaud). E allora, tutto è risolto? Eppure avvertiamo che la domanda di Sartre rimane aperta. La disposizione sul divano (o qualunque posizione prefissata nello spazio) implica una violenza in quanto rapresentativa li ben altro: di una disparità di forze, di un islivello di potere. Ma questa disparità nòn si manif~ sta unicamente nella disposizione del setting o nella dti;ersa distribuzione e regolazione dei fl,ussi verbali - come a un certo punto ritiene Abrahams, che si volta e si impadronisce della parola". Ciò che conta soprattutto e la traduzione in parole e.Uettuata dall'analista, o melio il presupposto di traducibilità - implicito nella sua sizione e nella sua tecnica - di tutto ciò che proviene all'altra parte. Insomma, il confl,itto dentro l'analisi è solo in parte confl,itto tra chi interpreta e chi viene interetato; più profondamente, esso si concentra intorno al~ decisione di permutazione o equivalenza verbale . dt uanto accade. Abrahams che interpreta il suo analista è, n fondo, dalla sua parte; Abra~ams che gli porta via l~ oce, la sua pura essenza audiofonica, gli è invece radialmente oppositore.
A questo punto la vicenda di Abrahams dive~~a emematica di una divaricazione storica dell'analtst, che, eppur presente in Freud (primo teorizzatore della "tr~ .!.uzione" in una forma espressiva "familiare", quale zl inguaggio, di "qualsiasi altro tipo d' espression~ di ~tt~• ità psichica" ),1 sta diventando sempre più ampta e stgnt·cativa. In L'interesse per la psicanalisi, Opere, Boringhieri, vo1. 7' 259.
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Dal lato dell' afzalista, si è andata sempre più accentuando negli ultir;zi anni l'insistenza verso quella che chiamerei la parola i:1contaminata; la parola cioè come esito di un processo vneralizzato di traduzione di ciò che non è parola. Di qui procede la tendenza alla formalizzazione della parola stessa, in direzione di una semiotica psicanalitica. È da notare che, in questa direzione, com'è del resto ovvio, il codice "consensuale", "intersoggettivo", tende a prevalere sulle manifestazioni individuali, che sono così ridotte a iscriversi nel registro se non del ''patologico", certo del "privato" e dell"'incongruente". Un movimento teorico che, riferito non a ciò che taglia fuori, ma a ciò che si annette, dobbiamo pure chiamare predace, tende perciò ad abbinarsi a una pratica della "trasformazione ", del "controllo", che in alcuni suggerimenti estremi delinea una "somministrazione" del "codice della normalità". . Dalla parte dell'analizzato, a questa tendenza dell' analisi sono corrisposti nel tempo atteggiamenti diversi. Il più noto e diffuso consiste, com'è ampiamente noto, nella conquista della parola analitica, cioè nell'adeguazione mimetica alla linea traduttoria-interpretativa dell'analista. È ciò che tenta, abbiamo visto, anche Abrahams (sia nel Dialogo, sia nel libro) e insieme a lui una moltitudine di altri! Con risultati, in fin dei conti, forse _rassicuranti immediatamente, ma certo alla lunga derisori. Ma Abrahams - come del resto altri soggetti "difficifi", "impossibili", "border line") "psicotici" ... -:- propone un movimento diverso. Un movimento di cui occorre sottolineare insieme la problematicità e la positività, e che passa attraverso la parola contaminata, per così dire, vale a dire una parola non scissa, o il meno scissa possibile, da ciò che non è parola. Il suo supporto fonico e affettivo, per esempio - quel supporto che Abrahams ha voluto carpire al suo malcapitato analista; i suoi correlati passionali, gestuali, dialettici - quel contesto "teatrale" che Abrahams ha modellato nel suo Dialogo; senza dubbio, altri modi diversi che si perdono o si cancellano per il rifiuto interpretante di molti analisti, se non della loro maggioranza. In breve, questo movimento passa attraver-
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so il recupero e l'ampliamento di ciò che un "ottimo conoscitore" del "regno del linguaggio" chiamava la "genialità sensuale", il cui medio di espressione essenziale non è il linguaggio. 1 È vero che in questo procedere si corrono molti pericoli - fino a quello, già indicato da Abrahams, del silenzio e della solitudine nella "sotto-esistenza tragica". Ma averlo indicato, e pesato, è già il primo passo per superarlo; come, nella tragedia, rappresentare la minaccia della morte significa guarirne.
Dalle edizioni L'Erba Voglio, Milano, 1977
l S. Kierkegaard, Gli stadi erotici immediati ovvero il musica.e-erotico, in Enten-Eller (Aut-Aut), tomo I, Adelphi, p. 135.
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L'UOMO COL MAGNETOFONO
Vien da piangere leggendo quello che questa famiglia gli ha fatto subire, e quello che ancora subisce, come è possibzle una tale crudeltà?
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PREFAZIONE
Nell'aprile 1969 la rivista Les Temps Modernes pubblicava con il titolo Dialoghi psicanalitici un testo il cui autore era indicato solo con la lettera A. Jean-Paul Sartre apriva a questo proposito una polemica con due suoi collaboratori, J.B. Pontalis e Bernard Pingaud. Questo "dialogo" conseguente all'introduzione di un registratore nello studio di uno psicanalista, conobbe molto presto una grande fama e figura persino nelle Opere complete di Sartre. (Situations, IX, Gallimard). Nel 1970, anno in cui iniziò la pubblicazione delle edizioni Champ Libre, decidemmo di ritrovare A. Per noi si trattava di saperne di più a proposito di questo colpo di mano contro il potere psicanalitico pubblicando testi legati a quanto lo aveva preceduto, (l'analisi, il teatro) . e seguito (la repressione). Da allora, ·abbiamo incontrato molte volte A. e abbiamo ottenuto il suo consenso alla pubblicazione di una raccolta dei suoi scritti principali. Si chiama Jean-Jacques Abrahams. Vive a Bruxelles. Il "dialogo" si è svolto nel novembre 1967. Una ·settimana dopo la visita di Abrahams, lo psicanalista si mette d'accordo con uno psichiatra che conosce il padre del "colpevole". Lo psichiatra, in seguito a un consiglio di famiglia in cui si decide di punire Abrahams, lo fa internare nell'ospedale Brugmann. Abrahams evade e spedisce il testo del suo intervento a uno dei membri del comitato di direzione di Les Temps Modernes, accompagnato dalla lettera seguente: "Caro C. Eccomi fuggito dal mio asilo· psichiatrico, fuggito dal terzo piano, con una -mano rotta soltanto - e la polizia alle calcagna... . Ma non tanto rotta, la mano! Vedi il testo allegato, che contiene, sembra, parecchie cose sconclusionate. Naturalmente, molto è andato perso nella registrazione; si potrà pubblicare? Può interessare Les Temps Modernes-? ~ facile e divertente da leggere, e veloce. Se decidete di pubblicarlo, vi fornirei altre precisaz1on1: ho 33 anni, sono entrato in analisi con il Dottor X all'età di. 14 anni. Ci sono state parecchie interruzioni, ma ho preso la decisione di sospendere definitivamente, contro il parere del Dottor X, a11'età di 28 anni. Tre anni dopo - nel novembre 1967 - ho proposto al dottor X l'incontro di cui
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vi mando la fine. Credevo di doverlo mettere a parte del risultato delle mie riflessioni; fatte nel frattempo, sul fallimento di ciò che era stato questo interminabile rapporto psicanalitico. Vedrai che il testo finisce con un 'continua', sperando così di provocare questo seguito indispensabile, -perché ci sono ancora tante cose da dire. Ma finora i molti tentativi di ottenere un altro incontro non hanno avuto risposta dal Dottor X. Tienimi al corrente. Ti abbraccio. A." In seguito Abrahams avrà molte volte a che fare con la giustizia del suo paese. Così, il giorno dei funerali di sua madre, nel dicembre 1971, la polizia occupa il cimitero. Tornerà tuttavia a dissotterrare il cadavere con l'intenzione di farlo imbalsamare. Le pagine che seguono non vogliono essere un discorso in più sulla psicanalisi né sono 1'espressione di un caso di follia come si è già tentato di far credere. Ai lettori decidere se schierarsi dalla parte di chi interna e punisce o dall'altra. Gérard Guégan e Raphael Sorin
PROLOGO PER L'UOMO COL MAGNETOFONO (MAGGIO 1974)
Ah! Eccoli! Che belli! Sono gli attori! Quelli che stavamo aspettando, quelli che amiamo, che, se vengono, è per farci divertire! Quelli che cantano forte! Proprio loro! Ed ecco i poeti, e gli incantatori, e le fate, gli dei e le dee! Ecco ritrovati i pezzi! È qui che il mondo si rincolla! Avvicinatevi, avvicinatevi! Veniteli a vedere veniteli ad ammirare! ' È per i vostri occhi, sì, per i vostri occhi che si esibiscono! È il momento di aprirli: lo spettacolo sta per iniziare. È la festa degli dei. La grande fiesta della luce. Non siate timidi, venite a gonfiarvi di luce di amore di libertà! ' ' Non abbiate paura! Per la prima volta l'animale teatrale e scientifico non morde! L'abbiamo addomesticato per voi! Guardateli, come sono grandi gli attori! Mettetevi pure in punta di piedi: tutto succederà sul palcoscenico e tutti vedranno e tUtti sapranno. Per la prima volta la grande rivelazione del mistero di quello che prima era nascosto! Incredibile! Ognuno potrà auscultare, toccare, coi suoi occhi, le sue mani~ il fenomeno di cui adesso vi mostreremo lo svolgimento. La festa sventolerà come una bandiera! C'è posto per tutti. Per la primissima volta apriamo il palcoscenico del mondo. Nessun retroscena! Nessun anfratto oscuro! Finite le rivalità e i tradimenti! Nessun doppio fondo! Più nessuno qui ha bisogno di fare contrabbando. IL PIACERE È LIBERO!
Ringraziamo gli amici di Jean-Jacques Abrahams, Michel Bernard, Mare Dacky e Jean-Michel Vlaemincks che ci hanno aiutato
a raccogliere i testi di questo volume.
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L'UOMO COL MAGNETOFONO (DRAMMA IN UN ATTO E DUE SCENE)
SCENA PRIMA
Per Odette
(Dicembre 1967) L'azione si svolge a Bruxelles, nello studio di uno psicanalista. PERSONAGGI I,
DR. VAN NYPELSEER ABRAHAMS IL MAGNETOFONO
psicanalista l'uomo col magnetofono analizzatore della situazione
ABRAHAMS Voglio che una buona volta qualcosa venga fuori chiaro. Fin qui ho seguito le sue regole adesso bisognerà che lei tenti ... d'altra parte non vedo perché ... DR. VAN NYPELSEER Adesso se lei vuole ... Siamo d'accordo, ecco; ci fermiamo qui, è un peccato per lei. ABRAHAMS Ma lei ha dunque paura di questo registratore? DR. VAN NYPELSEER Non lo desidero, non mi va. ABRAHAMS Ma perché? Me lo spieghi, almeno; ha paura di questo registratore? DR. VAN NYPELSEER Tagliamo corto! ABRAHAMS Lei taglia? Oh, guarda, è interessante, lei riprende il "taglio'', poco fa parlava del taglio del pene, dunque è lei che vuole tagliare di colpo. DR. VAN NYPELSEER Ascolti! Facciamola finita con questo registratore! ABRAHAMS Ma facciamola finita con cosa? Dr. VAN NYPELSEER O lo mette fuori dalla stanza, oppure la seduta finisce qui! Siamo d'accordo! Sono ancora disposto a spiegarle quello che le volevo spiegare; ma per ora, o questo registratore sta fuori o io non dirò più nulla; mi dispiace molto, ma non lo farò. ABRAHAMS Io credo che lei abbia paura! Credo che abbia paura e che abbia torto perché quello che sto facendo è nel suo interesse; facendo finta di niente, mi assumo un grosso rischio e lo faccio per lei e per molta altra gente, ma voglio andare fino in fondo a questa mistificazione e ho intenzione di proseguire.
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DR. V AN NYPELSEER Bene, allora... . ABRAHAMS No! Lei non si muove da 11, dottore! Lei non si muove da 11 e neanche va a toccare il suo apparecchio, rimanga 11 e soprattutto non cerchi di farmi lo scherzo del ricovero. DR. V AN NYPELSEER Non le farò lo scherzo del ricovera se lei lascia questa stanza. . . ABRAHAMS Non lascio questa. stanza! ~e1 mi. d~ve rend:~ conto di alcune cose, cose importanti, e mi risp?nde~a. Non glielo chiedo solo a nome mio, ma a n~me di. .. Via, sia gentile e si sieda; non se la t;renda! Vedra:·· non ~e farà del male; nessuno la vuole inculare! Andiamo~ s1 c~l mi! Si sieda ... non si vuole sedere? Va bene, restiamo m piedi. Bene! Allora, dunque, il "taglio del pene" Eh, è questo, no? Mio padre mi voleva ... no? Cos'e~a, anc?r~? DR. V AN NYPELSEER Senta! Per il momento lei non e m grado di discutere. . . . ABRAHAMS Sì, invece. È lei che non vuole discutere È lei che non è in grado. DR. V AN NYPELSEER Le ho chiesto di mettere via quel registratore. ABRAHAMS Ma il mio registratore non è mica un cazzo, sa! È un ascoltatore che ci ascolta con molta benevolenza. DR. VAN NYPELSEER Stavo per spiegarle una cosa ... ABRAHAMS Ah sì, bene continui! DR. V AN NYPELSEER E a quel punto, lei, invece di tentare di capire, ha ... ABRAHAMS Perché lei ha voluto lasciar perdere una cosa che era fondamentale e che per anni mi ha ficcato in testa ora io vorrei che lei non tentasse di cavarsela schiva~do il problema, cioè, ancora una volta, il problema della sua responsabilità. DR. V AN NYPELSEER La sua! ABRAHAMS Cosa? DR. VAN NYPELSEER Per adesso, lei vuole rendermi responsabile di ciò di cui è responsabile lei. . ABRAHAMS Nient'affatto! In questo momento 10 sto facendo un lavoro, un lavoro scientifico! DR. V AN NYPELSEER È possibile.ABRAHAMS Bene allora andiamo avanti; lei sa che i lamolto meglio registrarli, cosi si è libevori scientifici ri, non si devono prendere appunti. Andiamo avanti, così! DR. VAN NYPELSEER Qui non si tratta di lavori scientifici! ABRAHAMS Sì, invece! Credevo di essere da un uomo di
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scienza! In ogni caso mi sono affidato a un uomo di scienza e vorrei sapere in definitiva di che scienza si tratta, perché non sono più per niente convinto che questa "scienza" non sia roba da ciarlatani. DR. VAN NYPELSEER Io, invece, ho il diritto di non parlare davanti a un registratore. ABRAHAMS Certo, lei ha diritto e non manca di dirlo; la ringrazio lei si sente accusato e parla come un americano che parlerà solo davanti al suo avvocato... Si sieda! DR. VAN NYPELSEER Sono pronto a parlare con lei e a spiegarle. ABRAHAMS Allora continuiamo! DR. VAN NYPELSEER Ma non sono pronto a parlare davanti a un registratore. ABRAHAMS Ma perché stava andando a telefonare? DR. VAN NYPELSEER Perché le avevo chiesto di uscire nel caso avesse tenuto il registratore. ABRAHAMS E allora? Ma perché? Perché ·stava per telefonare? DR. VAN NYPELSEER Perché le avevo chiesto di uscire se lei teneva il registratore; non la voglio fare internare, ma ... ABRAHAMS Ma perché lei ha... Lei non potrebbe farmi internare, sa! Perché se c'è qualcuno che deve farsi internare, quello è lei, piuttosto, nel caso si dovesse stabilire ·chi è lo squilibrato. DR. VAN NYPELSEER Io ... io ... in ogni modo ... ABRAHAMS Ma ascolti, io le voglio bene, non le voglio fare alcun male. Al contrario... · DR. VAN NYPELSEER Va bene, siamo d'accordo; metta giù quell'apparecchio. ABRAHAMS Adesso ci stiamo divertendo molto; tuttavia, vorrei che lei smettesse di avere paura ... DR. VAN NYPELSEER Io non mi diverto affatto. ABRAHAMS Però ha paura. E la libido, cosa ne fa della libido? Crede che le voglia tagliare il pisellino? Ma no! Vengo a dargliene uno vero; uno vero ... è formidabile! Finalmente! ha aspettato per tanto tempo questa festicciola! Ascolti, confessi che se la sta cavando molto elegantemente. Dottore!!! Dottore, io le voglio bene, ma lei, lei non vuole bene a se stesso. DR. VAN NYPELSEER Lei per il momento è ... ABRAHAMS Io le voglio bene, ma, ma ... · mi sembra che lei abusi! Si, lei abusa, ha abusato molto di me; le dirò anche che mi ha un po' truffato, se si dovessero mettere le cose sul piano giuridico, perché lei non ha mantenuto i suoi obblighi, non mi ha affatto guarito; d'altra parte lei
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non è pronto ad iissolvere ai suoi obblighi perché non sa guarire la gente; sa solamente renderla un po' più pazza. Lei... basta chiedere agli altri suoi malati, quelli che vengono a cercare un po' d'aiuto e che non ne ricevono, che quello che ricevono è soltanto attesa ... allora si sieda! Stiamo calmi! Stiamo calmi! Andiamo! È un uomo o una pappamolla? È un uomo, lei? DR. VAN NYPELSEER Ancora una volta glielo dico, una volta per tutte, lei ha lì un registratore, non mi va questo suo atteggiamento. ABRAHAMS Mi dispiace, le ripeto che se ho tirato fuori questo registratore, per usare la sua espressione "tirare fuori", è che non apprezzo il modo in cui mi ha chiesto d'un tratto di lasciar perdere il problema della castrazione. DR. V AN NYPELSEER Sono disposto a parlare del problema della castrazione, se questo è il vero problema, ma non desidero parlare davanti a un registratore. ABRAHAMS Bene, bene, non se ne parlerà, aspetteremo che abbia cambiato idea; è in trappola. DR. V AN NYPELSEER Cosa ci guadagna a intrappolarmi? ABRAHAMS Per me, io non ho niente da perdere! DR. V AN NYPELSEER È possibile. ABRAHAMS Lei ha paura! ... Suvvia, minchione! Non stringere il culo! Cosa? No? Non vuoi? DR. V AN NYPELSEER Non le pare che sia una situaziòne seria? ABRAHAMS Terribilmente seria! È per questo che sarebbe molto meglio che tu facessi un'altra faccia al posto di quella che fai ... Devo avere una bella faccia tosta per permettermi una cosa simile! Certo, bisogna almeno che mi senta veramente sicuro ... DR. VAN NYPELSEER Ma no! Non bisogna che lei si senta sicuro. Se lei fosse sicuro non agirebbe così! Adesso mi lasci uscire, è una situazione molto pericolosa! ABRAHAMS Pericolosa? DR. VAN NYPELSEER Sì, lei è pericoloso. ABRAHAMS Ma nient'affatto, lo dice lei! Non la smette di tentare di farmi credere che io sono pericoloso, ma non sono affatto pericoloso! DR. V AN NYPELSEER Lei è pericoloso perché misconosce la realtà! ABRAHAMS Per niente! DR. V.AN NYPELSEER Lei misconosce la realtà. ABRAHAMS Sono un agnellino! Sono sempre stato un agnellino! -
DR. Let. misconosce . A VAN NYPELSEER . , DBRA;AMS Lei, e pericoloso! Chi lo A R. AN NYPELSEER Lei misconosce DBRAHAMS La "realtà'', che cos'è? R. VAN NYPELSEER Per il mom ché misconosce la realtà. ento
la realtà! dice, lo è. la realtà! . , lei e pericoloso per-
ABRAHAMS Ma cos'è la "real , ;>" B' c'intendessimo Io so ta. isognerebbe che prima sua realtà, lei. è moltou~~ ~~~i~rada1 p~nto di. vista della a dominarsi e sicuramente st ' a una fattca pazzesca . a per esplodere; . sta per scoppiare, è sotto pr~ssion . e, s1 sta snervando serve a mente: non le vo lio mal ,.? e questo non ne, non sono mica suo p;d ' e, non e e nessuna ragio-
har~i
DR. VAN NYPELSEER Lei il ~BRAHAMS Non sono suo padre! suo registratore! R. VAN NYPELSEER ABRAHAMS E ;> Let. h a 1·1 registratore. 11 D V a ora. A R. AN NYPELSEER Smettiamola I B'RAH~MS Ma insomma, che maie 1 e mica una pistola. e fa? Le fa paura? ~R.
V AN NYPELSEER Smettiamola' BRAHAMS Ha paura? . ~R. V AN NYPELSEER Smettiamola BRAHAMS Cosa vuol dir : DR. VAN NYPELSEER No e dsm.';r1amola? Smettiamo cosa? genere. n esi ero un colloquio di questo ABRAHAMS DR V A N Di ca.. vuo1 essere sculacciato;> · N YPELSEER Ved h ' . . ABRAHAMS Ma n f . e e e e pencoloso! re di fare il raga~~in~~c10 una domand~: la vuole smetteDR. VAN NYPELSEER Io d"1 0 . ' ABRAHAMS Ma io le di h_ f~e f le~ e pericoloso. DR. VAN NYPELSEER Ecomc e et a,il ~ambino! ABRAHAMS No non r 1 e dl? vorra ,dimostrare, temo. DR V AN N ' g ie o 1mostrero. · YPELSEER Smettiamola · ABRAHAMS DR V N Ma eosa vuo1 d'tre " smettiamola";> l~so~N YPELSEER Non ho nulla da dirle: lei è pericoABRAHAMS Come non h . ve render conto 'd1' aie a mente da dirmi? Ma lei mi deune cose . . . D A R. VAN NYPELSEER L'ho mv1tata a uscire. BRAHAMS Mi scusi. Si sbaglia' DR. V AN NYPELSEER Lo ved . , . ABRAHAMS L · · d e che e pencoloso! D -.;.r et mi eve render conto! . R. \AN NYPELSEER L0 ved e che è pericoloso!
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ABRAHAMS Non sono pericoloso; alzo solamente la voce, ma lei non lo sopporta; se grido ha paura, vero? Se sen: te gridare non capisce più cosa succe_d~; è ~p~vento~o, e orribile; è il papà che g~ida C!Ja alcuni ;stantz, z du_e znt:rlocutori sono a 20 centzmetrz uno dall altro), ma 10, mmchione, qui grido solo per mostrarti che questa volta. n~m è grave; lo vedi, già adesso superi la paura! ec~o, c~ s1~ mo! Superi la paura! Ci siamo, cosi. va meglio? ti sta~ ab1~ tuando, ecco, perfetto. Cosi va meglio. Lo ve~1, non e poi cosi grave; non sono tuo padre; e posso gridare ancora, ma no! Ecco, basta cosi! DR. VAN NYPELSEER Sta imitando suo padre in questo momento? ABRAHAMS Ma no, via, il suo! quello che vedo nei suoi occhi. DR. VAN NYPELSEER Lei sta tentando di assumere il ruolo... . ABRAHAMS Non mi voglio assumere nessun ruolo nei suol confronti· voglio semplicemente liberarmi dalle sue angosce! È l~i che se la fa sotto, per il momento! Certo! Guardi perché incrocia le braccia cosi? È lei che si difende! Cr~de veramente che la voglia picchiare? Ma come le salta in mente che la voglio picchiare! Io sono troppo bravo! Mi trattengo, non voglio fare quello che le~ vo!re~ be che facessi: sarebbe molto più semplice: la p1cch1ere~, sarei in torto avrei commesso un atto che le darebbe il potere di... n~n so io ... d'essere il dott~re, di giocare al dottore, eh ... allo psichiatra. Se sono pericoloso.' non sono pericoloso per il piccolo minchione,. sono .per~coloso I?er il dottore, per il dottore sadico, non per il piccolo .mm~ chione · anche lui ha sofferto; non ho nessuna voglia di picchi;rlo ... ma il dottore, lo p~ichiat~a, co~u~ che ha preso il posto del padre, quello menta dei calci m culo. Adesso mi lasci spiegare; si sieda, no? non vuole? . DR. VAN NYPELSEER Lei può parlare. Io non parlerò, gliel'ho detto che non parlerò ... ABRAHAMS D'accordo, parlerò io. Insomma! T.anto meg~i~! D'altra parte stavo per dirglielo quando ho urato fuo~i .il registratore, l'ho tirato fuori solo per parlare, ~erche 10 stesso stavo per parlare. Evidentemente, anche lei se vu?le può essere registrato; d'altra pa!te, le farò una .copia se lo desidera; questo dovrebbe mteressarla ~ccez1onal mente ... insomma può essere ... lo spero per lei. .. ben:··· ecco! Non si può agire così (Con. un c~n1!o del .capo indica il divano dell'analista). È impossibile! Lei stesso, non è guarito perché ha passato troppi anni là sopra. Lei
n~n _osa gua~da~e la gente in faccia. Poco fa aveva incommciato ~ dir~i di "guardare in faccia i miei fantasmi". Non av~e1 mai potuto guardare in faccia nulla! Lei mi ha ~bbltgato a volt~rle le .sJ?alle e non è così che si può g~ar~re .la gente. ~ impossibile perché ... vivere con gli altri .s1gm?ca saperli guardare in faccia. Cosa vuole che impari cosi?. Al contra~io!. Mi ha perfino fatto disimparare il gusto d1 ce.rcare d1 ~!vere con gli altri o di affrontare la gente faccia ~ faccia, è questo il suo problema! È per quest? c~e.1.ei mette la gente così, perché non la può guarda~e m. faccia, e _nor; la può guarire, non può che rifilarle 1. suoi problemi d1 padre da cui lei non esce· e di seduta m seduta tras~ina le vittime così, con il prohlema del p~dre ... Hm! Capisce cosa voglio dire? e ho fatto mol. ta fatica a capirlò a uscirne e voltarmi. Lei certo mi ha fatt~ fare cl.ella ginnastica mentale, almeno un pochino, pe;o de~e ricon~sce~e che. se si. tratta di questo, era un po caro .. Ma c. e dt peggio: mi ha fatto disimparare a gua~dare m faccia facendomi sperare, e io mi sono affidato ~ lei, ~olo che, siccome non la potevo vedere, non potevo tmmagmare quando mi avrebbe dato quello che ero venuto a cercare. Aspettavo l'autorizzazione. Sì, è così' Sarebb~ stato p~opr~o _stupido a darmela, eh, l'autoriz;azion~ d1 v~lta~mi, d1 liberarmi, dal momento che io la nutrivo, lei ~i:reva alle mie spalle, mi pompava, io ero il malato, le~ il d_ottore; alla fine lei ha capovo1to il suo problema 1~fant1le, essere il bambino faccia a faccia con il p~dre. ~et aveva tutti i diritti, sì, il diritto eventualmente dt fa! m.t~rnare _Per esempio, non me, forse, ma insomma ha il dmtto dt far internare altre. persone ... DR .. VA~ NYPELSEER Tel~f~mavo al 113 per farla uscire d1 qm, al 113, alla polizia, per· farla allontanare. ABRA~-I~Ms , Alla polizia? Il papà? È cosi? Suo papà è un polt.ztotto. E stava per telefonare a suo papà per farmi vemre a prendere. DR. VAN NYPELSEER Perché secondo me ... ABRAHAMS . Ma senta, la cosa diventa interessante· perché v~leva chiamare la polizia? Avrebbe perso tutto' questo. Riconosca almeno ... DR. VAN NYPELSEER Lei è dottore in legge ... ABRAHAMS ... che ho fatto bene a impedirle ... DR. VAN NYPELSEER Quando non si riesce a buttar fuori qualcuno dalla propria casa, ci si rivolge alla polizia. ABR~HAMS . Ah! Sì, ecco la verità! Lei mi ha portato qui, mt ha attirato nella sua casetta, nella sua caverna ... DR. VAN NYPELSEER Le avevo chiesto di andarsene.
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ABRAHAMS Senta! se lei parla per dire cose simili, tanto vale allora che mi lasci continuare perché altrimenti ci innervosiamo, perdiamo tempo, eh, d'accordo? Se lei ha veramente delle cose importanti da dire, allora, bisogna che le dica, d'accordo, certamente bisogna che le tiri fuori; è vero: lei è pieno di rimozioni... ma se è per dirmi che chiama la polizia e che avrebbe voluto chiamarla, ecco qualche cosa che bisognerà che lei analizzi. Bene, allora ... così va meglio (Tono estremamente dolce e calmo) va meglio così? DR. VAN NYPELSEER Ma no (Si alza) ora lei andrà ad ascoltare il suo registratore. ABRAHAMS No, no, no, no, non è questo che mi interessa adesso, guardi un po' come ha reagito, che storia da pazzi! Lei si è innervosito, eccitato, solo perché tiro fuori un apparecchietto che ci permetterà di capire cosa succede qui. È assurdo, via, d'altra parte lei non ha potuto spiegarmi alla fine perché non voleva la registrazione. Vuole almeno dirmi perché è così arrabbiato? Perché, di un tratto, prendevo il comando di qualche cosa! Fino a oggi lei aveva l'abitudine di controllare completamente la situazione e, bruscamente, ecco l'estraneità che si introduce e si installa qui da lei. DR. VAN NYPELSEER Non sono abituato alla violenza fisica. ABRAHAMS Come la "violenza fisica?_" DR. VAN NYPELSEER È una violenza tirar fuori questo registratore adesso. ABRAHAMS Una violenza fisica? (Grande stupore) DR. VAN NYPELSEER E d'altra parte, l'ha intuito bene ... non c'è che da guardare dov'è il telefono per vedere che si tratta di violenza fisica (In effetti il telefono è per terra dopo l'~nci~ente iniziale; "non vada a toccare il suo apparecchio ... ). ABR!\HAMS Ma, senta, parla sul serio? Le fa piacere dire quello che sta dicendo? È contento per il momento? Vorrei assicurarmi che sta bene! È in forma? Si sente bene? · Uh, uh... (Tono amichevole con cui ci si rivolge a un bambino) Dottore! (Molto basso e dolce) Cucù ... via, lei non mi vuole rispondere, non me lo vuole dire? Insomma! Guardi un po' che situazione! È ridicolo! Cerchiamo di essere all'altezza. DR. V AN NYPELSEER G~ardi un po': quello che adesso mi sta dicendo, quello che mi sta spiegando ... ABRAHAM~ Sì? Cosa? 16
DR. VAN NYPELSEER
Le sarebbe utile riascoltarlo.
A~RA8:AMS, C~rtamente, e anche per lei ascoltare il suo sie:°z10 ... e. lei che. è represso, visto che non può parlare. Vien ~uor1 un registratore e a un tratto lei taglia corto· è proprio l" d quello che ha detto·· "Io tagl1"0 · " M a 1ei· s1· e' 'tag l~to a solo, ~ero, come l'assassino che "dà un taglio" e s1. autodenuncia. Io non ho tagliato niente anzi vogli~ con_tl?uare e voglio che si proceda ancora di 'più verso la ver1ta ... DR. VAN NYPEL~EER Il tempo che le avevo riservato è trascorso, bisogna smettere. ABRAHAMS Ma no! Il tempo non esiste. DR. VAN NYPELSEER Sì, esiste! ABR~H~Ms. No, non esiste ... Adesso cominciano tempi migliori, glielo assicuro. DR. VAN NYPELSEER Ma lei ha spiegato qualche cosa ebbene, non ha che da trarne una lezione: lei ha spi~gato qualche cosa ... ABRAHAMS Sì? DR. VAN NYPELSEER ...che avrebbe dovuto capire da molto tempo. ABRAHAMS Cosa? DR. VAN NYPELSEER I~ suo atteggiamento. ABRAHAMS Come, il mio atteggiamento? DR. VAN NYPELS~ER Ma sì; quello che lei ha registrato ... ABRAHAMS È lei ~he aveva l'atteggiamento ... (Rumore dt un campanello d ingresso) ... di tagliar corto. DR. VAN N~PELSEER Quello che sta spiegando adesso è il suo atteggiamento. Senta, ora c'è qualcun altro che mi aspetta. ~BRAVHAMSN Me ne fotto! La prossima vittima non ha fretta. R. AN YPELSEER Io, non me ne fotto. ABJAHAMS (Tano categorico e martellante) Non usciremo a ques~a .stanza chiusa fino a che le cose non saranno stat~ .chiarit~ su quanto è accaduto, e sul problema dei suoi 1mpeg!11 .e del loro adempimento. Non parliamo soprattutto .d1 v1ol~nza fisica, perché è lei che obbligandomi .volhtarm~ sul divano ha cominciato con la violenza fisica et c. e mi ha stortato, mi ha messo la testa al contrario' È,_1e1 che ha falsato le condizioni, non se ne rende conto; e qualche c~sa che supera il momento presente! qualche cosa di vergognoso e infantile nel suo comportamento attuale! DR. VAN NYPELSEER Lo vede che è pericoloso, glielo avevo detto che era pericoloso.
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ABRAHAMS Dottor Van Nypelseer lei è un buffone!.:. un bieco buffone! Lei scantona ... So~o venuto da lei P