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Zitiervorschau

Intelligenza Artificiale Dal test di Turing al confronto uomo/macchina

Liceo Augusto Roma, 5B Francesco Calcagnini

Intelligenza Artificiale

Sommario Prefazione....................................................................................................................................................................2 Crittografia e Calcolatori durante la Seconda Guerra Mondiale.................................................................................3 Il sistema crittografico impiegato dai nazisti...........................................................................................................3 La prima risposta ad Enigma...................................................................................................................................4 La risposta inglese e il sistema ULTRA..................................................................................................................4 La creazione di Colossus.........................................................................................................................................5 The Imitation Game.....................................................................................................................................................7 Luigi Pirandello, interprete della crisi umana..............................................................................................................8 Pirandello interprete della crisi umana....................................................................................................................8 Il fu Mattia Pascal....................................................................................................................................................9 Visione del mondo.................................................................................................................................................10 I quaderni di Serafino Gubbio operatore (1825)....................................................................................................11 Filosofia dell’Intelligenza Artificiale o IA.................................................................................................................13 Origini e Prime Teorie...........................................................................................................................................13 Searle e La Stanza Cinese......................................................................................................................................14 Simulato o Emulato?.............................................................................................................................................15 Il nuovo obiettivo dell’Intelligenza Artificiale......................................................................................................16 Teoria della complessità........................................................................................................................................16 Tecnocomunicazione e metodi di apprendimento.................................................................................................17 Conclusione................................................................................................................................................................19 Bibliografia................................................................................................................................................................20

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Prefazione Più volte, mentre svolgevo il lavoro necessario per la stesura di questo testo, mi sono domandato perché avessi scelto questo argomento. Questo lavoro che ho svolto rappresenta davvero come questi cinque anni trascorsi all’Augusto mi hanno plasmato e guidato in questo percorso di crescita? Quello che ha accompagnato questo lavoro non è stato solo un lavoro di ricerca su materiale in buona parte estraneo al programma svolto durante l’anno, ma anche un’attenta analisi di quello che ho fatto in cinque anni di studi. Ho realizzato così quanto sono cresciuto in questo periodo, ma allo stesso tempo quanto ancora devo crescere. Fino a qualche settimana fa, prima di cominciare a fare mente locale su quanto esposto precedentemente, probabilmente avrei risposto che ho scelto di trattare un argomento così legato a fatti d’attualità e a materiale scientifico perché sono sempre stato interessato all’informatica e a ciò che ne deriva, cibernetica, ingegneria e simili, ma ritengo che non sia sufficiente a spiegare i motivi per cui ho optato per un argomento simile e ho deciso di affrontarlo su un piano specificamente umanistico più che scientifico. La verità è che questo lavoro rappresenta più che altro una sfida con me stesso, la dimostrazione di essere capace a gestire un lavoro parallelo ai curriculari studi del liceo, portando alla commissione qualcosa che corrispondesse alle mie aspirazioni e ai miei interessi senza tralasciare il percorso fatto in questi cinque anni. Inoltre l’argomento trattato è molto attuale, ma allo stesso tempo è più semplice da trattare rispetto ad altri argomenti più noti e discussi in quanto, sebbene si possa essere d’accordo o meno con le tesi trattate, le problematiche hanno già trovato soluzione, oppure si sono presentate solamente in questo ultimo ventennio e non hanno ancora avuto modo per svilupparsi e richiedono ancora studi per poter formare un’opinione al riguardo. Possiamo comunque affermare che, per quanto possa sembrare lontano da noi, l’argomento ci ha influenzato e ci sta influenzando direttamente, basti pensare a come in questi pochi anni siano cambiati metodi e mezzi d’insegnamento, non solo qui in Italia, dove le novità comunque tardano ad arrivare, ma anche nel resto del mondo, sebbene a livelli differenti.

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Crittografia e Calcolatori durante la Seconda Guerra Mondiale Per parlare dell’intelligenza artificiale è necessario innanzitutto collocare l’inizio delle discussioni sull’argomento in una posizione storica ben precisa. Si iniziò a pensare all’idea di una coscienza creata artificialmente durante la rivoluzione informatica, ma una base effettiva per l’avanzare di questa teoria si ebbe nella seconda parte della Seconda Guerra Mondiale, grazie alle teorie di un matematico nonché crittografo inglese di nome Alan Turing. La Seconda Guerra Mondiale fu definita dagli storici una “guerra moderna”. Si trattò effettivamente di una vera e propria corsa al progresso tecnologico; ciò comportò una rivoluzione nel fare guerra. La seconda guerra mondiale fece conoscere al mondo la guerra aerea, i bombardamenti e i sottomarini, ma soprattutto contribuì a rendere la crittografia una scienza essenziale per la guerra. L’asse Roma-Tokyo-Berlino fece un grandissimo e abilissimo impiego del sistema crittografico, dando ai tedeschi la possibilità di compiere azioni imprevedibili e di grande impatto per l’andamento della guerra.

Il sistema crittografico impiegato dai nazisti La gara allo sviluppo tecnologico iniziò anni prima dello scoppio della guerra. Nel 1926, più di dieci anni prima dell’inizio ufficiale degli scontri mondiali, la Germania, per compensare alla mancanza di un sistema crittografico sicuro, impiegò l’utilizzo di un macchinario, detto Enigma, brevettato 8 anni prima da Arthur Scherbius. La sua commercializzazione fu un fallimento, ma il Reich riconobbe il potenziale di un sistema crittografico tanto complesso e allo stesso tempo di utilizzo relativamente facile. La macchina Enigma, infatti, è una estensione del “cifrario di Vigenère” ispirata al “disco cifrante” inventato da Gian Battista Alberti. Essa è una macchina da scrivere munita di una tastiera meccanica ed una “luminosa”; ogni tasto trasmetteva un segnale ad un sistema di dischi cablati, o rotori, forniti di 26 contatti, uno per lettera dell’alfabeto tedesco, su ognuno dei due lati. I tre rotori erano collegati tra di loro tramite collegamenti tra lati opposti; l’ultimo rotore era collegato ad un disco riflettore, munito di contatti solo su un lato, che trasmetteva il risultato alla tastiera luminosa, fornendo il testo criptato o decriptato. La forza della macchina era proprio la combinazione tra complessità e facilità d’uso: era estremamente difficile ricavare la chiave per decifrare un codice Enigma, ma per chi aveva la macchina e la configurazione necessaria per leggere i messaggi poteva ricavare il testo originale con estrema facilità.

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A contribuire alla forza di questo sistema fu l’ingegno dell’intelligence tedesca: ogni unità aveva infatti un cifrario-calendario contenente configurazioni di rotori e lettere-chiave, ossia da quali lettere cominciare per codificare o decodificare un messaggio, differenti per ogni giorno. Non solo: le unità di terra e l’aviazione utilizzavano una versione di Enigma, le truppe navali un’altra ancora e l’alto comando utilizzava un’altra versione ancora; i messaggi inviati da Hitler in persona all’alto comando tedesco utilizzavano a loro volta un’altra versione del macchinario. Inoltre, per preservare la sicurezza del complicato sistema tedesco, agli alleati veniva fornita un’altra variante delle macchine: in Italia venne adottata la versione commerciale dell’Enigma, mentre in Giappone venne ideata una variante che utilizzava la macchina tedesca come base.

La prima risposta ad Enigma Si cominciò a pensare ad una risposta al sistema nazista già anni prima dello scoppio della guerra. Nel 1931 la Francia ottenne due importanti documenti contenenti istruzioni per l’utilizzo del sistema Enigma, ma l’intelligence francese ritenne inutile studiare il macchinario tedesco a causa della sua estrema complessità. In Polonia, invece, si cominciò ad avvertire la necessità di difendersi dal terzo Reich a causa delle sue rapide conquiste in Europa, e acquistò questi documenti dalla Francia. Ciò portò alla creazione della macchina calcolatrice Polacca detta BOMBA. La BOMBA fu il punto d’inizio degli studi crittografici moderni; essa venne teorizzata da Marian Rejewski nel 1932 e costruita nel 1938. Si trattava di un calcolatore a schede forate di grandi dimensioni, capace di decifrare i messaggi della prima versione del macchinario militare Enigma, grazie ad un metodo denominato “Brute Force”; si definisce così il metodo che “forza” un codice provando tutte le alternative possibili finché non trova la chiave corretta. Questo fu proprio la debolezza del macchinario: un metodo così aggressivo richiedeva infatti una notevole capacità di calcolo per i macchinari dell’epoca, basati sull’utilizzo di Relè per costituire la memoria del processore. Tuttavia la BOMBA non fu totalmente inutile: essa permise all’intelligence polacca di prevedere l’invasione tedesca e di trasferire il progetto in mani più sicure, quelle dei servizi segreti inglesi. Nel 1939 la Germania impedì al macchinario di decifrare altri codici aggiungendo alle macchine enigma un rotore rotante ai già presenti tre della macchina originale.

La risposta inglese e il sistema ULTRA Gli inglesi iniziarono fin da subito a studiare i progetti del macchinario BOMBA arrivati dalla polonia, affidandone lo studio a membri di un gruppo, la cui esistenza era coperta da segreto militare, situato a Bletchley Park. Tutte le informazioni riguardanti la macchina Enigma vennero Liceo Augusto Roma

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catalogate sotto il nome in codice ULTRA, o Ultra Secret; all’interno di questa categoria vi erano informazioni su qualunque messaggio proveniente dalla Germania. Vi erano contenute anche informazioni sui macchinari impiegati dai nazisti, i cui nomi erano a loro volta codificati e sottoposti all’interno della sottocategoria FISH (come TUNNY e STURGEON). Erano poste sotto questa categoria anche due operazioni essenziali per la raccolta di informazioni su Enigma: l’operazione Ruthless del 1940 e l’operazione Primrose del 1941. La prima fu ideata sotto richiesta di Alan Turing e del team situato a Bletchley Park; essa prevedeva l’introduzione di cinque uomini, travestiti e parlanti tedesco, all’interno di una nave da battaglia tedesca, mediante la simulazione di un incidente aereo al centro del canale della Manica. L’operazione non ebbe successo, in quanto il traffico navale nazista diminuì nel canale e non fu più possibile attuare in sicurezza un’operazione di spionaggio tanto rischiosa. L’operazione Primrose invece si svolse in due fasi. Inizialmente prevedeva la cattura dell’UBoot 33, uno dei sottomarini tedeschi, e di acquisirne il macchinario al suo interno. Tuttavia l’equipaggio riuscì a manomettere i macchinari al suo interno, rendendo l’operazione un fallimento. Accantonata, venne ripresa nel 1941, grazie alla cattura, a seguito di uno scontro navale, dell’UBoot 110, e della macchina Enigma contenuta al suo interno, provvista di manuale, cifrario calendario e persino dei codici meteo che le unità U-Boot utilizzavano per fornire informazioni metereologiche al comando nazista. Grazie a questa scoperta si poté decodificare anche i messaggi della marina tedesca, in particolar modo della torpediniera 65 F (numero 65 costruita a Fiume) denominata Hydra.

La creazione di Colossus Nel frattempo Alan Turing ideò un modello di calcolatore con capacità di calcolo superiore e non limitato ad una sola funzione, la cosiddetta Macchina Universale di Turing. Queste teorie furono alla base dei calcolatori moderni e permisero la creazione di computer ad uso personale, capaci di svolgere funzioni differenti e di dimensioni ridotte rispetto ai macchinari dell’epoca. Questo portò a creare, nel 1933, grazie al progetto di Max Newman e all’opera di Tommy Flowers, il primo modello di Colossus. La sua più grande forza era l’impiego di valvole termoioniche in sostituzioni ai relè, fornendo una capacità di calcolo nettamente superiore alla BOMBA; inoltre il metodo utilizzato non era più Brute Force, ma un sistema logico basato su operazioni Booleane, o operazioni richiedenti solo un input positivo o negativo, che confrontava due flussi di dati differenti. Il primo era composto dal messaggio da decodificare, il secondo veniva generato dalla macchina

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consistente nella possibile chiave di decodifica del messaggio. Quando il risultato raggiungeva una soglia accettabile per la macchina il messaggio veniva inviato ad una macchina da scrivere elettronica, precursore delle moderne stampanti. Questa macchina ricoprì un ruolo essenziale durante la guerra; permise, tra le varie cose, il successo dello Sbarco in Normandia. Tutte le versioni delle macchine e i relativi progetti furono bruciate alla fine della guerra e tenute segrete fino ad oltre il 1960.

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The Imitation Game I propose to consider the question, "Can machines think?". Turing did something unbelievable for that time. Machines were only a tool, a big, bulky and awkward tool. With just a question Turing revolutionized the concept of “Machine” and “Thought”, proposing his test, called “The Imitation Game”. The new form of the problem can be described in terms of a game which we call the 'imitation game." It is played with three people, a man (A), a woman (B), and an interrogator (C) who may be of either sex. The interrogator stays in a room apart front the other two (The ideal arrangement is to have a teleprinter communicating between the two rooms). The object of the game for the interrogator is to determine which of the other two is the man and which is the woman. He knows them by labels X and Y, and at the end of the game he says either "X is A and Y is B" or "X is B and Y is A." The interrogator is allowed to put questions to A and B. We now ask the question, "What will happen when a machine takes the part of A in this game?" Will the interrogator decide wrongly as often when the game is played like this as he does when the game is played between a man and a woman? These questions replace our original, "Can machines think?" As well as asking, "What is the answer to this new form of the question," one may ask, "Is this new question a worthy one to investigate?" This latter question we investigate without further ado, thereby cutting short an infinite regress. The question and answer method seems to be suitable for introducing almost any one of the fields of human endeavour that we wish to include. We do not wish to penalise the machine for its inability to shine in beauty competitions, nor to penalise a man for losing in a race against an aeroplane. The conditions of our game make these disabilities irrelevant. The "witnesses" can brag, if they consider it advisable, as much as they please about their charms, strength or heroism, but the interrogator cannot demand practical demonstrations. The game may perhaps be criticised on the ground that the odds are weighted too heavily against the machine. If the man were to try and pretend to be the machine he would clearly make a very poor showing. He would be given away at once by slowness and inaccuracy in arithmetic. May not machines carry out something which ought to be described as thinking but which is very different from what a man does? This objection is a very strong one, but at least we can say that if, Liceo Augusto Roma

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nevertheless, a machine can be constructed to play the imitation game satisfactorily, we need not be troubled by this objection. Turing than tries to analyze some possible objections to his theory under multiple aspects, like Religion or Philosophy. The most important theory in this document is the one talking about Learning Machines, where he analyzes the possibility to create a “Child Machine” capable of change his operating rules in order to what he learns.

Luigi Pirandello, interprete della crisi umana Per quale motivo ad inizio 1900 l’idea di una macchina pensante tanto aveva sconvolto la comunità intellettuale dell’epoca per scatenare un processo di analisi e dibattito sull’argomento? Come già detto in precedenza, era già stata teorizzata la possibilità per l’uomo di creare una entità pensante prima dell’invenzione dei calcolatori a schede forate, ma furono essenziali due fattori affinché il fenomeno potesse ottenere attenzione e svilupparsi. Per prima cosa era necessaria la tecnologia, l’embrione di ciò che sarebbe potuto divenire un essere pensate; in seconda istanza, era necessario che venisse messa in dubbio la stessa immagine dell’uomo. Cosa caratterizza un uomo? Non è l’essere più forte sul pianeta, non il più veloce, ma di certo ad oggi è il più intelligente. “Cogito ergo sum”, penso dunque sono; tuttavia cosa distinguerebbe l’uomo da una macchina, se quest’ultima avesse intelligenza propria? Probabilmente in tempi diversi si sarebbe potuta accogliere più facilmente l’idea che un’invenzione dell’uomo potesse pensare per conto proprio, ma la tecnologia necessaria per rendere più concreta questa possibilità non arrivò prima del secolo scorso, quando la società umana era in pieno decadentismo, ancora in cerca di se stesso. Freud aveva scosso la comunità scientifica e letteraria con le sue teorie sull’inconscio; le macchine avevano sostituito l’uomo in un gran numero di mansioni, avevano addirittura creato una nuova classe sociale; non è strano che una persona possa provare terrore nei confronti del nuovo che avanza, e dubitare di sé stesso e delle proprie abilità osservando ciò che la tecnologia era in grado di fare.

Pirandello interprete della crisi umana Tra gli scrittori del suo tempo, Luigi Pirandello era tra quelli che più chiaramente riuscivano ad interpretare la crisi intellettuale del loro tempo. Nato a Grigenti, l’attuale Agrigento, figlio di borghesi altolocati, Pirandello rimase sempre legato alla sua terra d’origine, anche quando si laureò a Bonn in filologia, portando come tesi d’esame proprio il dialetto di Agrigento. Dopo gli studi si Liceo Augusto Roma

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trasferì a Roma, dove venne in contatto con la comunità intellettuale dell’epoca. In quel periodo si sposò, ma la moglie possedeva un precario equilibrio psichico, che più tardi la porterà alla follia. Probabilmente è stata proprio l’esperienza del matrimonio a far affermare ancor di più in Pirandello l’idea che la società è un “trappola”, e che denaro e matrimonio servono ad incatenare con maggior forza l’individuo. Alla base delle opere di Pirandello – fatta eccezione per quelle a tema mitologico, facenti parte della produzione degli ultimi anni di vita – vi è l’uomo e il suo essere contraddittorio. Già nel suo primo romanzo vi è il paradossale caso di una donna ingiustamente accusata di adulterio che viene cacciata di casa dal marito e che verrà perdonata solo dopo che lei si sia effettivamente macchiata di quella colpa, ma è in uno dei suoi romanzi più celebri, “Il fu Mattia Pascal”, che si comincia a vedere le caratteristiche della trappola e della filosofia Pirandelliana.

Il fu Mattia Pascal Questo romanzo segna l’inizio di una fitta produzione di romanzi dovuta ad un profondo dissesto finanziario, che si aggraverà l’anno dopo la pubblicazione di questo con l’allagamento della miniera di Zolfo di Pirandello, evento che porterà definitivamente la moglie alla pazzia. Pubblicato nel 1904, “Il fu Mattia Pascal” narra la storia di un piccolo borghese, tal Mattia Pascal, intrappolato in un matrimonio infelice e dalla precaria stabilità finanziaria. Disperato, si separa dalla famiglia e si dirige a Montecarlo per tentare la fortuna, riuscendo a vincere una discreta somma, ma al suo ritorno a casa scopre di essere stato dichiarato morto e decide di iniziare una nuova vita con una nuova identità, quella di Adriano Meis. Tuttavia realizza, dopo una serie di vicende, che non sarebbe stato possibile per lui vivere sotto un altro nome e decide di tornare a casa. Quando scopre quanto è cambiato nel suo paese e viene a sapere del matrimonio della moglie, deciderà di finire gli ultimi anni della sua vita in una biblioteca, vivendo come un “forestiero della vita”. Già dal titolo Pirandello presenta al lettore una storia paradossale, quella di un uomo che fu qualcuno. Mattia Pascal è un individuo a cui viene concessa la possibilità di liberarsi dalla trappola e vivere alla giornata, seguendo il fluire della vita, ma che invece commette l’errore di indossare un’altra maschera e rientrare nella trappola da cui per anni ha cercato di fuggire. Il suo cambiare identità lo spinge verso una serie di eventi improbabili, che potrebbero provocare in un primo momento reazioni comiche, ma che nascondono la sofferenza di Mattia, o Adriano, che non avendo documenti a prova della suo nuova identità non potrà sposarsi con la donna che ama e dovrà rinunciare ancora una volta alla sua identità, per poi perdere tutto. Liceo Augusto Roma

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In questo romanzo Pirandello presenta per la prima volta tutti insieme i punti chiave del suo pensiero. L’autore descrive la “trappola”, la famiglia e il denaro, parla del vitalismo, di come la vita sia un continuo divenire e di come la società tenti di cristallizzare ogni individuo in una forma, decretandone la morte, utilizza quello che potremmo definire l’”umorismo” pirandelliano, che lega indissolubilmente tragedia e commedia, e presenta un’immagine che più avanti ritroveremo, quella del “forestiero della vita”, di colui che ha capito come funziona la vita, ne ha compreso il meccanismo e la osserva da una infinita distanza, con un profondo distacco.

Visione del mondo Come già detto precedentemente, tutte le opere Pirandelliane sono manifestazione della sua visione del mondo, qualcuna più di altre. Con “Il fu Mattia Pascal” l’autore le presenta tutte insieme, ma solo qualche anno più tardi spiegherà, tramite una serie di saggi di cui il più importante è proprio l’”umorismo”, alcuni punti nel dettaglio. La prima cosa che si può dire della filosofia pirandelliana è che si tratta di una filosofia vitalistica: il mondo è il teatro di un “perpetuo movimento vitale”, un continuo divenire, che si allaccia alle teorie di Bergson e di Simmel. Poiché tutto è in movimento, ciò che si cristallizza in una forma è definibile morto. Da qui deriva la critica di Pirandello alla società, accusata di forzare le persone ad indossare una maschera, sotto cui non vi è niente se non un flusso vitale informe, che forza gli individui ad assumere una identità individuale. Potremmo dunque accumunare il vitalismo pirandelliano alle teorie dello psicologo francese Binet, quando afferma che nell’uomo sono nascoste varie personalità, che possono spuntare fuori da un momento all’altro, come se fossero prove dell’intrinseca mutabilità dell’uomo. Questo porta a vedere nella produzione di Pirandello una profonda critica all’identità individuale. Nelle sue opere vi è infatti una profonda frammentazione dell’io, che talvolta sfocia in follia, come nella novella “il treno ha fischiato”, come in “Uno, nessuno, centomila” oppure come nell’atto conclusivo de “I diari di Serafino Gubbio operatore”; d’altronde lo stesso Pirandello ha avuto esperienza diretta della follia tramite la moglie. E’ un acuto interprete della crisi umana del periodo, ma nei suoi eroi si può anche vedere una “consapevolezza che provoca angoscia”, quando realizzano come la società conduca gli uomini alla morte e che non vi è soluzione se non vivere in quella “stanza di tortura”, come Macchia definirà la vita nei romanzi Pirandelliani. La critica di Macchia riassume bene la “trappola” Pirandelliana, e ne evidenzia anche il profondo pessimismo che cela. E’ proprio in “Il fu Mattia Pascal” che Pirandello presenta la vita Liceo Augusto Roma

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come una grande pupazzata, un grande teatro di marionette su cui gli uomini danzano inconsapevoli. Tuttavia esiste sempre la possibilità di realizzare quanto sia fittizio il nostro mondo, se una delle marionette dovesse alzare lo sguardo ed osservare uno squarcio nel “cielo di carta”, provocando una angosciosa consapevolezza. Per liberarsi dalla trappola è necessario rifiutare la società, ma non essendoci alternative a questa l’unica via di fuga è l’irrazionale. Questo non vuol dire necessariamente doversi rifugiare nella follia, ma può significare anche porsi in una situazione paradossale dove si rinuncia a tutto e ci si limita ad osservare, estraniati dalla società, diventare “Forestieri della vita”. E’ qui che il pessimismo di Pirandello è più evidente, mascherato dalla comicità degli eventi che racconta: non c’è rimedio alla trappola. La critica pirandelliana alla società non è una critica costruttiva, che può indicare una soluzione al problema, ma solo un’arida constatazione: non è infatti possibile inserire in un mondo caotico un sistema che si prefissa di schematizzare ed ordinare il mondo.

I quaderni di Serafino Gubbio operatore (1825) “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” è probabilmente il romanzo di Pirandello che meglio riassume la crisi intellettuale che attanaglia l’uomo novecentesco e su cui nasce la filosofia dell’IA. In breve, il romanzo non è altro che il racconto di Serafino Gubbio, operatore alla cinepresa, che osserva una vicenda dallo svolgimento simile ad una soap opera; uno degli attori si innamora perdutamente di una donna fatale, un’attrice russa che lavora con lui. Lo stesso Serafino finisce per essere coinvolto nell’intricata vicenda, ma infine realizza che la cosa migliore è mantenere le distanze dalla vicenda. Infine, durante le riprese di una scena con una tigre, l’attore spara alla donna e viene sbranata dall’animale. Il romanzo si chiude con Serafino, muto, che osserva la scena e la macchina da ripresa che continua a filmare il tutto. Qui non si ritrovano solo i punti chiave della filosofia pirandelliana, ma viene introdotta anche la macchina all’interno del racconto. La storia, oltre a presentare l’eroe “filosofo” che si rende conto del ruolo della società e della trappola in cui intrappola l’uomo, costituisce allo stesso tempo una critica alla società del consumo e alla mercificazione, di cui Pirandello vede la macchina responsabile, accusata di spingere le persone a vivere in un ritmo frenetico e inarrestabile, che non lascia il tempo per riflettere nemmeno sulla morte. La macchina è un essere senz’anima, meccanico e inalterabile, che impedisce all’uomo di dare un significato al naturale fluire della vita e lo porta, inevitabilmente, a divenire lui stesso macchina, svuotato e capace solo di svolgere la propria mansione all’interno della società. Pirandello dimostra come anche semplicemente osservare con

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infinito distacco non renda l’uomo immune ai distruttivi effetti della società; Serafino rimane vittima degli eventi, prima venendo lui stesso coinvolto in prima persona, poi, quando decide di riprendere le distanze e tornare al suo lavoro di operatore, rimane muto davanti all’orribile scena a cui assiste, identico alla cinepresa con cui stava girando la scena.

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Filosofia dell’Intelligenza Artificiale o IA Il semplice “considerare” l’eventualità che una macchina sia in grado di pensare ha sconvolto la comunità scientifica e filosofica della seconda metà del ‘900, creando una vera e propria diatriba filosofico-scientifica che tutt’ora prosegue, sebbene siano radicalmente cambiati obiettivi e punti focali del dibattito. Prima di iniziare infatti a parlare del dibattito in sé, è da chiarire che la disciplina a cui viene assegnato il nome “Intelligenza Artificiale” non è di natura puramente matematico-ingegneristico, ma arriva a toccare una serie di campi propri più della filosofia che della scienza, come la psicologia e l’antropologia.

Origini e Prime Teorie Questa disciplina nasce ufficialmente nel 1956, durante un convegno organizzato al Dartmouth College di Hannover, New Hampshire. Giovanni Fornero riconosce in quattro individui i maggiori sostenitori di questo oggetto di studi: Jonh McCarthy, Marvin Minsky, Nathaniel Rochester e Claude Shannon sono i nomi delle persone più entusiaste e propense all’idea dell’IA. C’è da specificare che il tutto ebbe inizio avendo come obiettivo primario la simulazione dell’attività mentale umana. Per poter perseguire questo fine era necessario presupporre due verità: la prima, che le macchine possano effettivamente pensare; la seconda, non totalmente condivisa ma alla base della prima teorizzazione dell’IA, che ci sia un isomorfismo tra l’intelligenza umana e quella artificiale. Alla base di tutto vi è il saggio di Alan Turing, pubblicato nel 1950 sulla rivista “Mind” sotto il titolo di “Computing Machinery and Intelligence” (Macchine calcolatrici ed Intelligenza). Sebbene il matematico britannico abbia cercato in ogni modo di evitare qualunque discussione di natura filosofica riguardante la natura dell’intelligenza umana, era inevitabile impedire alla comunità intellettuale del periodo di prendere come spunto quello stesso saggio per un argomento così rivoluzionario. Turing propone la domanda “Può una macchina essere intelligente” sotto un punto di vista comportamentista, trasformando il quesito in “Che requisiti deve rispettare una macchina per essere definita intelligente?”. Lo stesso “Imitation Game”, o Test di Turing, come verrà chiamato successivamente, aveva proprio lo scopo di definire una metodologia capace di rispondere a questa domanda, come già detto precedentemente. I filosofi più entusiasti, tuttavia, non si limitarono a soddisfare le condizioni del test di Turing, ma puntarono a dimostrare qualcosa di ancor più incredibile, cioè che una macchina può essere Liceo Augusto Roma

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intelligente anche senza simulare esattamente il comportamento umano. Questo gruppo di filosofi sono definiti sostenitori dell’IA Classica, o più comunemente detta Forte. Proprio alla base della loro teoria viene mantenuto il presupposto isomorfismo tra mente e macchina, quella del Funzionalismo, sviluppata negli Stati Uniti tra gli anni ’60 e gli anni ’70, di cui i principali sostenitori sono Hilary Putnam e Jerry A. Fodor. Il funzionalismo si basa sulla critica alla teoria riduzionista e fisicista secondo cui ogni stato mentale corrisponda semplicemente ad uno stato chimico nel cervello. I funzionalisti infatti ritengono che sia possibile far svolgere una Funzione del nostro cervello ad un supporto differente da quello che è effettivamente il nostro cervello biologico; in breve, il cervello umano non è necessario e/o sufficiente a sviluppare un pensiero e una azione. Questo apre la possibilità di utilizzare supporti differenti dalla mente umana, mantenendo tuttavia le sue stesse funzioni, come se il pensiero umano fosse il risultato di uno o più programmi. La relazione alla base del funzionalismo è dunque la seguente: la mente sta al cervello come il software sta all’hardware. L’intelligenza trattata dai funzionalisti può essere definita Disincarnata; si parla di Intelligenza Disincarnata quando l’intelligenza non dipende da un corpo, ma è a sé stante. Questa particolare definizione di intelligenza è da tenere a mente, poiché sarà necessaria per comprendere come lo studio dell’IA sia cambiato tra gli anni ’90 e il nuovo millennio. Assumendo questo, potremmo definire l’intelligenza il risultato di una Computazione, finendo per riprendere quelle che nel 1600 erano le teorie del matematico inglese Hobbes, che definì la ragione il risultato di un calcolo matematico. La critica al pensiero in forma computazionale non tardò ad arrivare, accompagnata da uno dei test più celebri e allo stesso tempo criticati della disciplina in questione.

Searle e La Stanza Cinese E’ il 1980 quando John R. Searle pubblicò il suo saggio Minds, Brains and Programs in The Behavioral and Brain Sciences. Il suo lavoro fu importante principalmente per due motivi: in prima istanza definì chiaramente le due parti contrapposte nel dibattito: […] Ritengo utile distinguere tra un’IA (intelligenza artificiale) che chiamerò “forte” e un’IA che chiamerò “debole” o “cauta”. Secondo l’IA debole, il pregio principale del calcolatore nello studio della mente sta nel fatto che esso ci fornisce uno strumento potentissimo: ci permette, ad esempio, di formulare e verificare le ipotesi in un modo più preciso e rigoroso. Secondo l’IA forte, invece, il calcolatore non è semplicemente uno strumento per lo studio Liceo Augusto Roma

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della mente, ma piuttosto, quando sia programmato opportunamente, è una vera mente; è cioè possibile affermare che i calcolatori, una volta corredati dei programmi giusti, letteralmente capiscono e posseggono altri stati cognitivi. Per l’IA forte, poiché il calcolatore programmato possiede stati cognitivi, i programmi non sono semplici strumenti che ci permettono di verificare le spiegazioni psicologiche: i programmi sono essi stessi quelle spiegazioni; in secondo luogo, Searle argomentò l’impossibilità di definire intelligente un sistema il cui fine è simulare fedelmente un sistema esistente seguendo istruzioni precise tramite un test mentale fittizio che lui stesso definì La stanza Cinese. Posto un individuo di madrelingua inglese, totalmente digiuno di cinese, in una stanza i cui contatti con l’esterno sono limitati ad un piccolo montacarichi che mette in comunicazione la stanza con una sala contenente persone che conoscono sia l’inglese che il cinese, verranno consegnate all’individuo nella stanza una scatola piena di ideogrammi cinesi e un manuale che spiega alcune regole per poter affiancare gli ideogrammi in frasi di senso compiuto scritto in inglese. Successivamente nella stanza verrà introdotto un foglio contenente una serie di richieste in cinese, a cui l’individuo risponderà seguendo le regole scritte nel manuale precedentemente consegnato e consegnate a chi supervisiona la stanza tramite il montacarichi. Searle afferma con assoluta certezza che tali risposte saranno corrette, ma che l’individuo all’interno della stanza continuerà a non capire il cinese. L’analogia vede l’uomo come calcolatore e il manuale come il software a cui il calcolatore attinge; così facendo Searle afferma che quelli di una macchina sono “enti sintattici, non semantici”, e finisce per contestare lo stesso Test di Turing. I sostenitori dell’IA Forte non accolsero positivamente la teoria della stanza cinese, ma riuscirono comunque ad adattarsi alle critiche di Searle con un nuovo paradigma, opposto al funzionalismo, detto Connessionismo, il cui obiettivo era creare un hardware con modi uguali alla mente umana tramite l’utilizzo di algoritmi differenti. Ecco che gli algoritmi teorizzati secondo il connessionismo cambiano modo di lavorare e non sono più a schema sequenziale, bensì in parallelo.

Simulato o Emulato? Searle non fu sufficientemente incisivo con le sue teorie e i sostenitori dell’IA Classica si adattarono velocemente alle sue teorie. Tuttavia la sua non fu la critica più distruttiva: bisognerà aspettare il saggio “What computers can’t do” (Cosa i computer non possono fare) di Hubert L.

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Dreyfus. Dreyfus si approcciò alla discussione con un’ottica fenomenologica, criticando aspramente la base delle teorie dell’IA forte, cioè la possibilità di lavorare su un’intelligenza disincarnata, priva di corpo. I fatti diedero ragione a Dreyfus. Attualmente abbiamo prove di ciò che può fare un computer, basti pensare a Big Blue, il computer scacchista, capace di apprendere e migliorare il proprio stile di gioco, ma non è possibile definire computer come quello “intelligenti”. L’IA Forte fu sostenuta dall’entusiasmo per aver facilmente raggiunto l’obiettivo proposto da Turing nel suo saggio, ma riscontrò una notevole difficoltà nel tentare di sorpassare quell’ostacolo insormontabile rappresentato dalla riproduzione del “senso comune” all’interno di un sistema artificiale. Dreyfus comprese questa cosa e confutò tutte le teorie dell’IA classica, dimostrando che l’intelligenza umana è olistica e contestuale, e non atomistica e acontestuale. Insieme a lui anche altri studiosi, come Wittgenstein e Heidegger, contribuirono a dimostrare l’impossibilità di creare una forma di intelligenza priva di corporietà.

Il nuovo obiettivo dell’Intelligenza Artificiale La critica di Dreyfus fu sufficientemente potente da scuotere il progetto IA e a rivalutarne gli obiettivi. Le teorie sull’IA classica si rivelarono totalmente infondate e irrealizzabili con i mezzi del tempo, grazie alla dimostrazione della limitatezza e dell’incompletezza dell’intelligenza disincarnata e al riconoscimento della matrice storica di determinate conoscenze; come affermò Longo, “Il concreto è conoscenza”. Le critiche furono talmente convincenti che la stessa Hilary Putnam, principale sostenitrice del funzionalismo, cambiò idea e finì per appoggiare le ipotesi dell’IA debole. Tuttavia gli studi sull’argomento non terminarono, semplicemente l’obiettivo cambiò: non si trattava più di simulare il cervello umano, bensì di emularne il comportamento. Innanzitutto si cercò di comprendere dettagliatamente gli errori dei teorici della precedente IA Classica. La risposta fu trovata nelle teorie di Howard Gardner, che affermava che in un individuo vi era una pluralità di personalità, le quali si manifestano nel tempo. Questo portò alla scrittura del saggio “Understandings Computers and Cognition” ad opera di Terry Wingrad e Fernando Flores nel 1984 e alla ripresa della teoria di Heidegger per cui la cognizione è inseparabile dall’Essere nella totalità, o più in breve nell’Esserci. Ciò aiutò a rivedere il ruolo dei calcolatori e di come potessero essere inserite all’interno dell’Esserci di Heidegger.

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Teoria della complessità Da qui il progetto sull’Intelligenza Artificiale cambia totalmente direzione, concentrandosi sul potenziale della materia trattata in campo pedagogico-didattico. Gli studi effettuati tra gli anni ’90 e il nuovo millennio riguardanti l’IA sono infatti incentrati sullo studio della mente, sulla sua “Ecologia”. Wingrad e Flores esposero nel loro saggio la cosiddetta “Teoria della complessità”, secondo cui la vita, l’evoluzione, il cambiamento, l’apprendimento fossero fenomeni legati al caos e all’instabilità, quindi al complesso. Ciò che fecero fu lanciare un appello verso un pensiero più aperto, un pensiero “multidimensionale”, che non si limitasse a trattare una parte del tutto, ma che potesse comprendere la complessità nel suo insieme, come un qualcosa potesse essere collocato nell’Esserci. La risposta all’appello non si fece attendere: Gregory Bateson rispose immediatamente pubblicando un saggio intitolato “Steps to an ecology of mind” (Passi verso un’ecologia della mente), dove tentò di rispondere ai quesiti filosofici sulla natura del pensiero affermando che non è il cervello che fa pensare l’individuo, bensì il sistema nella sua interezza: Consideriamo ora per un momento se un calcolatore pensi. Io direi di no. Ciò che ‘pensa’ e procede per ‘tentativi ed errori’ è l’uomo più il calcolatore più l’ambiente. E le linee di demarcazione tra uomo, calcolatore e ambiente sono del tutto artificiali e fittizie: sono linee che tagliano i canali lungo i quali vengono trasmesse le informazioni o le differenze; non sono confini del sistema pensante. Quello che pensa è il sistema totale, che procede per tentativi ed errori, ed è costituito dall’uomo più l’ambiente.

Bateson arriva a trattare dell’apprendimento in sé per sé, distinguendone tipologie differenti, come il proto-apprendimento, cioè l’apprendimento/insegnamento passivo e meccanico, e il deutero-apprendimento, cioè l’apprendimento ad apprendere, o l’insegnamento ad insegnare. Bateson così facendo propone una flessibilità comunicativa e offre alla cibernetica la possibilità di contribuire in modo nuovo al processo di apprendimento. A questo punto il progetto cambia totalmente pagina: dalla computazione passa alla pedagogia e alla didattica, dall’astrazione dell’oggetto di studio si passa all’immersione in questo.

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Tecnocomunicazione e metodi di apprendimento Il dibattito sull’introduzione delle nuove tecnologie all’interno dei processi di apprendimento è tutt’ora attuale ed è anche il motivo per cui in questi ultimi anni abbiamo assistito a tanti cambiamenti all’interno della struttura scolastica. Roberto Maragliano argomentò la tesi secondo cui il computer potesse essere utilizzato per cambiare i metodi di apprendimento verso un approccio più flessibile. Differenziò dunque l’io epistemico, responsabile dell’apprendimento formale o monomediale dall’io psicologico, a cui viene affidato l’apprendimento informale o multimediale; il computer rappresenta il mezzo per l’immersione nell’Esserci. Inoltre, secondo questa tesi, l’insegnamento tradizionale viene considerata astrazione del soggetto di studio, mentre il computer può permettere un insegnamento flessibile mediante la tecno-comunicazione. Massaro e Grotti spiegano ne “Il filo di Sofia. Etica, comunicazione e strategie conoscitive nell’epoca di Internet” come questo obiettivo sia raggiungibile mediante l’esperienza multimediale, mentre Groppo e Leccarelli mostrano come sia più efficace in campo pedagogico privilegiare l’affettività del vissuto, l’esperienza, dunque l’apprendimento attivo al contrario di quello passivo. Se da un lato viene sostenuto l’utilizzo di immagini per l’apprendimento, dall’altro ne viene sottolineato il rischio intrinseco. Lucio Russo, nel suo “Segmenti e Bastoncini” spiega come la “Cultura delle immagini” possa rivelarsi un metodo di apprendimento passivo, in quanto prevede la sola osservazione, con poca probabilità di riproduzione, dell’oggetto dell’apprendimento, mentre un testo può essere facilmente letto e riprodotto da chiunque sappia leggere o scrivere. Dunque è possibile sfruttare gli studi sull’intelligenza artificiale per ottenere un metodo d’insegnamento più flessibile ed efficace?

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Conclusione Numerose e variegate sono le sfaccettature dell’IA, così come sono molteplici quelle dell’essere umano: in questo sono certamente paragonabili. L’intelligenza artificiale ha permesso al mondo di sognare e di inebriarsi del successo delle numerose scoperte scientifiche del 1900, cavalcando l’onda della Rivoluzione Informatica, tutt’ora in corso; eppure, dopo la “follia” dei primi anni, filosofi e scienziati si sono ritrovati a dover contenere il loro entusiasmo e ad applicare tutto lo studio fatto precedentemente su campi più pratici, meno teorici e utopici. Al momento pare possibile immaginare un sistema dove insieme all’uomo e alla complessità possa inserirsi anche l’IA, ma le conseguenze saranno positive o negative? La comunità scientifica è propensa per un utilizzo positivo delle nuove tecnologie, tuttavia scrittori e artisti ci hanno abituato ad osservare il mondo da un punto di vista critico; nulla nasconde che potremmo finire per vivere in un mondo talmente veloce da rendere meccanico ogni processo di apprendimento, dove il ritmo è talmente frenetico da rendere impossibile pensare e bollare come sovversivo chiunque possieda un libro in casa. Forse Ray Bradbury non si sbagliava poi così tanto.

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Bibliografia Baldi G. - Giusso S. - Razzetti M. = Il piacere dei testi 5, Paravia Bateson G. 2000 = Steps to an Ecology of Mind, 1972; trad. it. Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano. Bonaccorso G. = Il significato e la stanza cinese Dreyfus H. L. 1988 = What Computers Can’t Do, 1979; trad. it. Che cosa non possono fare i computer, Armando, Roma. Fornero G. 1996 = Intelligenza artificiale e filosofia, in N. Abbagnano, Storia della filosofia, vol. X, La filosofia contemporanea 4 (di G. Fornero e F. Restaino), TEA, Milano. Gardner H. 1987 = Frames of Mind. The Theory of Multiple Intelligences, 1983; trad. it. Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano. Groppo M. – Locatelli M. C. 1996 = Mente e cultura. Tecnologie della comunicazione e processi educativi, R. Cortina Editore, Milano. Longo G. O. 1998 = Il nuovo Golem. Come il computer cambia la nostra cultura, Laterza, RomaBari. Maldonado T. 1997 = Critica della ragione informatica, Feltrinelli, Milano. Maragliano R. 1999 = Nuovo manuale di didattica multimediale, Laterza, Roma-Bari. Massaro D. – Grotti A. 2000 = Il filo di Sofia. Etica, comunicazione e strategie conoscitive nell’epoca di Internet, Bollati Boringhieri, Torino. Putnam H. 1998 = Renewing Philosophy 1992; trad. it. Rinnovare la filosofia, Garzanti, Milano. Russo L. 2000 = Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola?, Feltrinelli, Milano. Searle J. R. 1985 = Minds, Brains and Programs, in “The Behavioral and Brain Sciences”, 3, pp. 417-457, 1980; trad. it. Menti, cervelli e programmi, in D. R. Hofstadter, D. C. Dennett, L’io della mente. Fantasie e riflessioni sul sé e sull’anima, Adelphi, Milano. Turing A. M. 1985 = Computing Machinery and Intelligence, in “Mind”, 59, pp. 433-460, 1950; trad. it. Calcolatori e intelligenza, in D. R. Hofstadter, D. C. Dennett, L’io della mente, cit.. Wikipedia = Intelligenza Artificiale Forte Wikipedia = Crittografia Wikipedia = Colossus Wikipedia = Enigma Winograd T. – Flores F. 1987 = Understanding Computers and Cognition, 1984; trad. it. Calcolatori e conoscenza, Mondadori, Milano.

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