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Italian Pages 663 Year 2002
P. Girolamo Maria Moretti dei Frati Minori Conventuali
Trattato di Grafologia Intelligenza - Sentimento
Decima Edizione
EDIZIONI MESSAGGERO - PADOVA
P. GIROLAMO M. MORETTI
Ecco un uomo del quale si potrebbe dire che se non fosse esistito, sarebbe assai difficile inventarlo. Non certamente nell'ordine storico ma nell'ordine psicologico. Arriverà il tempo, come ebbe ad affermare qualche amico, che la personalità di P. Moretti sarà tra le più discusse di tutti i tempi. Si parla dell'audacia e detta potenza ciclopica di vari artisti, della visione oceanica di altri, ma di non minore audace realtà fu la penetrazione di P. Moretti nella psiche e in tutta la natura umana. Passò all'altra vita nel mattino del 24 luglio 1963, dopo alcuni giorni di malattia. Il 18 aprile 1879 e quinto di diciotto fratelli, nacque nell'elegante cittadina di Recanati. Ebbe un'infanzia spesso infastidita da difficoltà economiche e, tra una monelleria e l'altra, la fame battè più volte alle porte della sua casa. Vispo e sincero in ogni circostanza, sentiva in sé una vitalità che ancora non sapeva individuare ma che lo portava ad una insoddisfazione generale. Dotato di una eccezionale sensibilità per ogni novità, lo scorgevano spesso cambiare colore, atteggiamento, umore, piccole tendenze che di lì a non molti anni dovranno trasformarsi in molteplici esperienze, e che fin da allora lasciavano intravvedere un temperamento singolare e meditativo. A 13 anni il padre, che era canapino, lo impiegò in una filanda della sua città. Non vi imparò nulla di buono eccetto che a filare la seta. Ma forse quelle esperienze, con le insoddisfazioni conseguenti, determinarono la prima luce della Grazia della vocazione religiosa che fu improvvisa e duratura. Se ne accorse il I gennaio 1894. Fu accolto tra i frati minori conventuali a Montottone (A. P.) il 19 novembre 1894 e nell'ambiente francescano trovò la migliore situazione ed anche la più prossima alla libertà di coltivare più tardi le sue intuizioni grafólogiche. Sotto la guida del P. Alessandro Cesanelli, già discepolo del Ven. P. Eenv&nuto Bambozzi, compì il noviziato a Montalto nel convento che qualche secolo prima ospitò quale novizio il futuro Sisto V. Quel suo primo anno di vita religiosa non fu esente da battaglie interiori e da interrogativi che si presentavano a mordere quel suo temperamento esuberante. Fu ammesso alla professione dei voti
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religiosi che emise l'8 dicembre 1895. Continuò poi gli studi a Montottone (1895-1899) terminando il ginnasio superiore e la filosofia. Di questo periodo P. Moretti ricordava con devota ammirazione e venerazione un suo maestro., P. Pacifico Rabuini, di profonda dottrina filosofiea, morto in concetto di santità il 19 agosto 1902. Passò poi a Montelupone (Macerata) per la teologia (1899-1901). Alla fine di ottobre 1901 fu inviato a Roma quale alunno del Collegio Internazionale dell'Ordine (1901-1903) frequentando l'Università Gregoriana. Sacerdote dal 25 luglio 1902, ritornò nella sua provincia nel 1903 e fu incaricato dell'insegnamento della matematica e storia a Montelupone. Fu in questa cittadina montana delle Marche che P. Cimiamo nell'agosto del 1905 'si accorse delle sue intuizioni e abilità grafologiche. Passò poi in vari conventi della sua provincia, coprendo anche qualche incarico di superiore. Per trent'anni disimpegnò il ministero della predicazione percorrendo tutta l'Italia. Ma il nome di P. Moretti è legato alla sua grafologia per la quale rimarrà giustamente famoso. Da quella data, in cui s'accorse delle sue straordinarie facoltà che precedentemente egli credeva comuni a tutti, andò evolvendo sempre più il suo miràbile sistema con metodo del tutto originale, alieno completamente da influenze esotìche, con una terminologia tutta propria, senza alcun riferimento a psicologie e inquadrature precedenti, ma fondandolo con un'intuizione che sfuggì a lui stesso, sul valore "costante" e universale dei segni grafologici scoperti. Gli fu opportuna quella libertà radicata nel francescanesimo, e in forza della libertà francescana c'è sempre stata fedeltà tra la sua vita di scienziato e quella di religioso. "Se dovessi rinascere, mi farei ancora frate... e frate francescano" usava ripetere. La realtà dell'uomo lo colpiva nelle sue tendenze e nelle sue cause. Gli fu fecondo specialmente il periodo di Bologna (1919-1924). Qui strinse amicizia con varie personalità della cultura, e qui, dove gettò le basi della sua scienza, fu fatto segno a lodi e biasimi. L'invidia, la gelosia e l'ignoranza anche di persone qualificate lo colpirono nella sua forza più intima e vitale, fino a determinare in Lui quella famosa "crisi" congegnata più da un atto di volontà che di sentimento: non volle più saperne di grafologia, e per tre anni (1923-1926) l'abbandonò. Ma quell'assenza risultò una incubazione salutare. Ne divenne poi un cultore scientificamente spassionato. Vi si dedicò con inalterabile fiducia nella verità, con l'unico scopo di fare del bene e per tutta la vita ne fece un mirabile strumento di apostolato. Chi scrive, che gli fu per molti anni assiduo collaboratore, •molte volte lo vide rovesciare addirittura situazioni di spirito create da psichiatri e psicologi patentati. Davanti a. simili costruzioni in lui balzava una ressa tale di precisazioni fino a portare alla evidenza della tranquillità. E per conoscerne tutta la suggestiva potenza converrebbe scrutare ed esaminare, anziché le maggiori realizzazioni come il suo sistema grafologico, i suoi risultati di piccola mole, abituali e sfuggevoli al suo proprio controllo, e che in realtà sono veri monumenti psicologici: voglio intendere le sue analisi grafologiche. In questi giudizi, nuclei davvero trasfigurati, si riscontrano i "momenti" di maggiore potenza e tutto il calibro dell'uomo. Una superiorità psicologica fruttifica una superiorità morale. Anche viceversa ma ci piace dare la preferenza ai valori psicologici, perché in ordine di tempo
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la morale ha bisogno di molta •psicologia. Tutto in P. Cimiamo, ma soprattutto questa penetrazione •psicologica si rinsaldava in una coerenza senza infingimenti •per la comprensione altrui, avvalorata da una lunga esperienza religiosa, venendo cosi a moltiplicare le risorse del suo animo. La sua stessa abilità e penetrazione acuivano contemporaneamente la compassione per le debolezze e lo sdegno repulsivo per ogni forma di voluto orgoglio e saccenterìa. Per molte anime P. Moretti fu e costituì una vera esperienza oltre che autentica scuola di psicologia. Se messa a confronto tutta la sua psicologia con quella classica delle catalogazioni, ammantata con cura e nel tempo stesso incenerita da grandi parole, si potrà rivelare quanto la semplicità della verità, penetrata nella sua violenta realizzazione umana possa portare qualche cosa di autentico e di vitale nella conoscenza umana. Tante psicologie si industrializzano di parole, di tentativi, di apparati con la pretesa di affermarsi netta verità, e invece queste costruzioni nascondono spesso l'ambizione dell'uomo di far parlare di sé. La psicologia è una, ed è tutta nella conoscenza dell'uomo, nella sua individualizzazione. Così fu per P. Moretti la cui scienza era contemporanea alla sua stessa vita, al suo stesso pensare ed agire. Anche se la sua psicologia non fosse stata formulata attraverso la grafologia, l'uomo Moretti sarebbe stato completo lo stesso nella sua conoscenza scientifica degli uomini. Non pretese di insegnare, ma fu naturalmente maestro, non volle pubblicità ma venne conosciuto suo malgrado; non pensò di scrivere libri, di formulare in regole la sua grafologia; vi si dovette adattare con sua stessa sorpresa per l'incalzare aggressivo dei suoi discepoli che non gli davano sosta. Libero da programmi prestabiliti ed anche da altrettanti propositi scientifici, la sua attitudine per la verità psicologica nuda e cruda va particolarmente presa in considerazione, perché essa, la sua stessa intuizione, rispondeva ad una necessità d'ordine e di metodo scientifico. Va presa in considerazione soprattutto in questo tempo dove si rischia di confondere la bellezza delle nuove intuizioni con la pedanterìa delle formule scolastiche e quindi di sperderne i risultati. Non ebbe maestri in psicologìa e tanto •meno in grafologia e ài questa gli sfuggì l'importanza finché non ebbe cognizione della fisiologia. Il vincolo che lo legava alla sua scienza non lo sentì mai come un peso, ma come un mezzo abituale di manifestazione, tanto in lui la coerenza della spontaneità superava l'acquisito. Aveva un linguaggio specifico senza esserselo imposto che gli usciva spontaneo da una visione sintetica delle qualità che andava scoprendo; non imposto dalla volontà ma vorrei dire sollecitato dalle circostanze intellettuali. Trattava dell'uomo, della sua psiche, dei suoi atteggiamenti, della sua natura come se ne avesse la conoscenza attraverso il senso del tatto. E gli riusciva sgradevole il fatto di non essere spesso compreso, come se gli sfuggisse di mano una gioia di cui voleva fare partecipi gli altri. Un bisogno insopprimibìle della sua intelligenza era appunto una assiduita di pensiero costante sulla psicologia, tanto che destava in lui l'attenzione il minimo discorso che ne sfiorasse l'argomento. In tutto il resto poteva anche sembrare ingenuo. Ed era ancora questa assiduita che lo impegnava in una continua precisazione di concetti nell'espressione.
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Intendo fare del bene, ripeteva spesso. Sapeva presentare i difetti come occasione di elevazione o di crìtica costruttiva. P. Moretti con la sua grafologia propose agli scienziati l'involucro formale di una sana psicologia. La sua grafologia non va considerata come reazione al passato, ma come una idea che premendo fortemente sulla verità dell'uomo, si erge sopra tutte le proprie risorse irrobustendosi nello scoprire la verità e consolidando il proprio sistema. Stimolando la curiosità •avvince nella conoscenza. P. Moretti sapeva cogliere un fatto, che per altri passava per oltremodo insignificante, e portarlo a motivo centrale di una sequela di riflessi e di intenzioni rilevatili per un dono di formidabile intuizione. La sua grafologia diventerà con vera prepotenza elemento essenziale per un rinnovamento integrale o per lo meno per una revisione profonda dei metodi di indagine della psicologia. In questo quadro di verità psicologica che scardina con calma e lealtà ma con altrettanta violenza certe posizioni di pseudo-psicologi, si deve trovare anche la ragione di quella acredine di cui alle volte la grafologia di P. Moretti è stata fatta segno. Non è certo in problema storico che va discussa la sua abilità ,semmai in sede psicologica, ma soprattutto va discussa alla prova dei fatti e per di più di quelli constatati dalla evidenza. Che la sua grafologia non sia stata capita, compresa, stimata, anzi accreditata fin dall'inizio, è un fatto innegabile. Ma quale scoperta non ha incontrato scetticismo al suo primo apparire? Dobbiamo constatare però che già alla mone di P. Moretti, per il concorso indiscusso di vari elementi amici e di varie provvidenze attuate dai suoi immediati superiori, la sua grafologia era già accolta con varia sensibilità nel suo senso e nella sua importanza certamente non contingente, richiamando attorno al suo sommo interesse l'attenzione degli scienziati. E' oltre a tutto il continuo dilatarsi delle dimensioni della psicologia che indurrà a sviluppare questo efficace tentativo tendente a ridimensionare i valori della psicologia stessa e a tradurre in espressione reale e concreta i suoi dati di fatto nella conoscenza dell'uomo. Resta comunque assai positiva la vigorosa affermazione della grafologia di P. Moretti nel campo scientifico, e come fattore di progresso il fatto di essere stata accettata senza paragone. Fenomeno veramente nuovo e saturo di novità per chi la studia senza prevenzioni. Egli riuscì realmente a conciliare un metodo matematico con la malleabilità della psicologia. P'. Moretti ha creato anche la documentazione di tutte le sue regole. Ci sfugge naturalmente il numero delle scritture grafologate, salente con certezza a varie centinaia di migliaia: grafologia spicciola, disimpegnata a tu per tu, impegnata a due nella scoperta di un'anima nascosta nel suo sacro pudore, dove P. Girolamo dimenticando se stesso come conferenziere, diventava geniale conversatore; trascurando la sua tecnica discorsiva diventava elastico entrando nei limiti détta persona con cui istituiva il colloquio. Riusciva realmente a creare nei suoi discepoli una mentalità nuova con un godimento morale che si trasformava in essi in costante ammirazione e devozione. P. Moretti non voleva annullare la "psicologia della massa" quantunque la sua grafologia si prestasse scientificamente a constatarne i grandi quadri, ma mirava essenzialmente a creare e costruire, educare la personalità dell'individuo nel cui patrimonio si costruisce anche la società. Egli non ha lottato per il trionfo della sua scoperta, ma quantunque avesse l'intima persuasione
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del valore di essa, si rifiutò, da buon francescano che prende con semplicità i doni di Dio, a qualunque posa e non sfruttò neppure i più indiscussi successi tanto gli sembrava naturale il riconoscimento della verità. Altri scienziati contratti da implicanze tradizionali, certamente vogliono il "nuovo" dalla cui attrattiva non sanno e non possono liberarsi, ma lo osservano inviluppati ancora nei tradizionali schemi delle inquadrature, esulando quindi dalla individualità. Costoro hanno accolto la grafologia di P. Moretti cadendo nella contraddizione di cercare in essa la conferma dei propri schemi e paventandone le conseguenze. L'alternativa contradditoria trova sempre la propria sorgente in forme di limitata originalità intellettiva o in fattori morali di ambiziosa affermazione. Può essere considerata, la sua scienza, la migliore e più alta manifestazione e mezzo di psicologia sperimentale. Sarà destinata a rivoluzionare, come le scoperte di Galileo per il mondo fisico, tutta la struttura della psicologia contemporanea evòlvendola ed esulandola dalle catàlogazioni e tipologie per imbrigliarla, quindi allargandone l'orizzonte, nel solco della individualizzazione. Parlando di P. Girolama non si può prescindere dalla sua grafologia e se da un lato l'uomo balza in tutta la sua integrità morale, dall'altra non meno vivificante appare la responsabilità del suo pensiero e delle sue intuizioni. Lo si direbbe veramente nato nella maturità psicologica. Senza averne l'apparato e la pretesa, P. Moretti fece delle sue intuizioni grafologiche un elemento, quasi una legge morale per se stesso, per orientare il suo ministero sacerdotale nell'interesse delle anime e di chi ama le anime. Ci si trova quasi a disagio nel dover'parlare di una vita e Ai un'opera come quella di questo francescano, perché nulla può sostituire l'emozione del ricordo e la dimestichezza sgorgata dalla assiduita dell'interesse scientifico per la sua scienza. P. Moretti è stato un maestro in tutto il valore del termine e nella sua pienezza; ed è tanto più suggestivo poterlo constatare proprio in questi tempi in cui facilmente si abusa di quel termine. Così si espresse, ricordando con me il comune maestro, un illustre medico amico: "fra trent'anni si parlerà più della grafologia di P. Moretti che di qualunque altro mezzo di indagine psicologica". Con la consapevolezza della semplicità che dona la certezza della verità, così affermava P. Moretti: "sono convinto che la grafologia sia la mia grafologia". P. Moretti rimarrà tra i maggiori psicologi di tutti i tempi. GIOVANNI LUISETTO
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ALCUNE PREMESSE
§ I. • DEFINIZIONE
Binet, scortato da Crépieux Jamin, definisce la grafologia un'arte. Oggi la grafologia ha il diritto di essere chiamata scienza, ed io la definisco : Scienza sperimentale che dal solo gesto grafico d'uno scritto umano rileva le tendenze sortite da natura o innate. Ho detto « scienza sperimentale », perché i principi o regole grafologiche sono fissate dagli esperimenti eseguiti. Tali principi potrebbero fallire in qualche caso sporadico, ma non in se stessi. Su più di duecentocinquantamila casi, non hanno mai fallito riguardo all'intelligenza e al sentimento. Qualche fallacia si deve ammettere riguardo alla parte somatica. Ho detto « dal solo gesto grafico », perché il grafologo deve poggiarsi esclusivamente sulla materialità grafica di una scrittura distesa da mano umana azionata dal cervello, per cui la scrittura medesima deve considerarsi come un vero gesto. Ho detto « scritto umano », perché c'è anche lo scritto ergografico, pletismografico, fatti dall'uomo ma che non sono umani in quanto non sono coscienti; c'è anche lo scritto sismografia) ecc. che non è né umano né fatto dall'uomo. Ho detto, finalmente, « tendenze sortite da natura o innate », perché le tendenze modificate non sono rilevate dalla grafologia. Posso dire, con competenza lungamente sperimentale, che la base innata rimane sempre; e ciò, dopo duecentocinquantamila casi di esperienza. E' vero che la grafologia intravede anche il contrasto nato dall'educazione, ma scorge che tale contrasto emerge dalla predisposizione dell'individuo. Queste verità si faranno più chiare in appresso.
§ II. • IL CARATTERE SCIENTIFICO DELLA GRAFOLOGIA IN GENERALE
Sono sempre gli eccessi che guidano gli uomini nel giudicare le cose per le quali hanno facoltà speciali alcuni esseri privilegiati. Anche in grafologia si manifestano tali eccessi. Quelli che si occupano di essa possono dividersi in tre classi: 1) gli scettici; 2) i faciloni; 3) i difficoltosi. Tra i primi vi sono anche scienziati di fisio-psicologia (pochissimi, invero oggi), i quali non si vogliono piegare nemmeno davanti alle evì— 13
denze. Preghiamo costoro, riverenti verso di essi, ad essere giusti circa i nostri studi e a non contrariarci contro ragione. Tra i faciloni si devono ascrivere coloro che credono di apprendere la grafologia dopo averne letto un trattato più o meno scientifico. Tra i difficoltosi si devono ascrivere tutti coloro che studiano realmente e seriamente la Grafologia e che si incontrano, nel corso dello studio, in serie difficoltà. Non tutti hanno la costanza di affrontare gli ostacoli che si elevano contro l'esito e il conseguimento di una cosa. Il primo ostacolo in cui si imbattono i difficoltosi è questo: non sanno concludere se la Grafologia sia affare d'intuito e quindi sia pretta arte, oppure se possa entrare tra le file delle scienze. La Grafologia è scienza. La Grafologia tratta di uno dei linguaggi umani, del linguaggio scritto. Ciò clie richiede la grafologia Non indugiamo a trattare del linguaggio parlato o scritto, esistendo in materia studi interessantissimi facilmente rintracciabili, ma entriamo subito nel nostro argomento. E' necessario per la nostra Grafologia che l'uomo sia pervenuto a scrivere correntemente. E' necessario che la sua scrittura si associ alla spontaneità, in quanto che la spontaneità indica che (parlando fisiologicamente) nel lobo frontale sinistro e nel margine di questo che attornia la zona rolandica, precisamente nel piede della seconda frontale, si è compiutamente specializzato di già un punto pei movimenti della scrittura. Ecco perché la Grafologia non può occuparsi che della scrittura corrente; l'altra scrittura, cioè non corrente, non può esser personale, perché non indica niente di specializzazione in quella parte del cervello azionante per la scrittura. Certo non importa se colui abbia o no imparato a scrivere bene; se abbia appreso a scrivere in questa lingua o in quella; se faccia, per modo di dire, segni convenzionali capiti solo da lui e da qualche altro. Basta che la sua scrittura sia spontanea, cioè senza sforzo e in un dato ordine stabilito di grafia, altrimenti sarebbe senza ordine. La Grafologia giudica qualunque scrittura distesa in qualunque lingua, purché il grafologo non ignori quali siano le modalità differenziali di quella data lingua. E su questo mi piace riportare qualche fatto successomi nel corso dei miei studi. Io ignoro completamente la lingua araba e la lingua turca, le quali lingue, come ognuno sa, hanno una grafia molto diversa 14 —
dalla nostra. Ebbene, io sono riuscito a grafologare felicemente, non una sola volta, scritture arabe e turche. La scrittura è sempre la stessa personalmente con qualunque membro del corpo si scriva Dobbiamo, qui, fare osservare che l'uomo può scrivere con qualunque membro del corpo, senza che la sua scrittura si modifichi affatto, purché sempre la scrittura sia spontanea. Ci sono di quelli che scrivono con la mancina, perché hanno perduto l'uso della mano destra, o perché non l'hanno mai avuto. Ci sono di quelli che scrivono con le dita dei piedi, di quelli che scrivono con la bocca. Ho visto una donna che aveva gli arti amputati, la quale scriveva benissimo e con scrittura corrente e calligrafica, per mezzo della bocca, con la quale infilava l'ago e ricamava egregiamente. La scrittura distesa con qualunque arto del corpo è sempre la stessa personalmente, cioè è propria di quella persona. Ci sono stati e ci sono di quelli, come ho detto, che amputati della destra o ammalati in essa, hanno imparato a scrivere con la sinistra. La scrittura della loro sinistra era la stessa della loro mano destra. Io direi, in questo punto, e consiglierei gli insegnanti a non costringere il bimbo mancino a scrivere con la destra, ma a lasciarlo libero di scrivere con la sinistra. Così la scrittura sarebbe più spontanea secondo la natura del mancino, perché è vero che possiamo scrivere con qualunque membro del corpo, ma è anche vero che la spontaneità della scrittura emerge maggiormente, quando è distesa dalla mano destra per il destro, dalla sinistra per il mancino. Il centro del linguaggio scritto e parlato Bisogna ora studiare attentamente e svolgere questa tesi, poiché da qui dipende quasi tutta la scienza della nostra Grafologia. Trattiamo di sfuggita della storia del contrasto dottrinale circa il linguaggio, contrasto che data dal 1818, perché si può dire che esso sia stato aperto dal Gali appunto nel 1818. Bouillard, nel 1825, localizza la facoltà del linguaggio nei lobi prefrontali. E' terribilmente contraddetto alla Società di Biologia di Parigi, dopo il 1825. Venne Marco Dax e poi suo figlio che localizzarono la facoltà del linguaggio nell'emisfero sinistro. I contrari acutizzano la lotta, i contrari che negavano ogni tentativo di localizzazione, come tentano negarlo alcuni tra i moderni. Il celebre Broca, inizialmente, era con — 15
i contrari. Solo per caso mutò, poi, tutto l'ordine dei suoi pensieri, ed accennò alla grande scoperta, mai contraddetta fino ad oggi, e che tuttavia anche oggi reca l'onore del suo nome. Egli pone il centro delle immagini motrici dell'articolazione vertebrale nel piede della terza circonvoluzione frontale sinistra. Nello stesso tempo venne Parrot a confermare la dottrina di Broca. Il linguaggio intcriore La facoltà del linguaggio è triplice: vi è il linguaggio dei gesti, il linguaggio parlato e quello scritto. Broca, è chiaro, tratta solo del parlato. E non ha avuto modo, all'inizio, di fare questa distinzione di linguaggi. E' del linguaggio scritto che a noi preme soprattutto trattare. Dov'è il suo centro? Gli scienziati sono d'accordo nel localizzarlo al piede della seconda frontale sinistra. Lasciamo tale questione che non può interessare direttamente la nostra scienza. Si può dire, solamente, che tanto il linguaggio parlato quanto quello scritto hanno la stessa fonte, benché si servano di mezzi diversi per ottenere lo scopo. Per vedere addentro in questa verità, dobbiamo noi cercare se mai il linguaggio parlato e il linguaggio scritto si uniscano insieme in un linguaggio che li colleghi tutti e due e che, prescindendo dai mezzi che questo linguaggio unico adopera, si elevi e formi da se stesso una cosa unica. La localizzazione del linguaggio parlato e scritto non si potrà dire che formi il linguaggio medesimo. La casa ch'io abito, dalla quale esco, nella quale entro, non si potrà dire che sia la mia personalità; i piedi che mi servono per portarmi da un luogo ad un altro, fanno parte di me, sono un mezzo per cui faccio un'azione personale, ma non sono me. La questione nostra, dunque, consiste nel cercare (prescindendo dalla loro localizzazione la quale ci ha servito solo come veicolo per portarci fin qua) quel punto in cui convergono e si fondano, per non distinguersi più, il linguaggio parlato e il linguaggio scritto. Il celebre Charles Richet, nel suo volume «L'intelligence et l'homme» (Felix Alcan, Paris), punto 6, -pag. 40, trattando della afasia, dice che in questo caso resta il linguaggio intcriore : « L'afasia è motrice, cioè, il mezzo per esprimere vocalmente le idee è turbato dalla paralisi, ma 16 —
grazie al linguaggio intcriore, l'idea persiste, perché il segno verbale intcriore non è abolito». Richet conclude: « Né gli afoni, né i sordomuti, poiché essi hanno il linguaggio intcriore, sono totalmente privi del potere di sintetizzare le idee delle parole. Che se noi possiamo supporre un'umanità priva di questo potere, questa non sarebbe più umanità. L'uomo non sarebbe più intelligente della scimmia, del cane, dell'elefante ».
Conclusioni Qualunque linguaggio esterno si collega con l'interno; meglio, qualunque linguaggio esterno scaturisce dall'interno, come l'acqua dalla fonte. Ora l'acqua che scaturisce da una fonte, deve avere gli elementi che quella fonte contiene. Di conseguenza se la fonte ha strati di zolfo, l'acqua sarà solfurea; se di ferro, sarà ferruginosa; se purgativi, sarà purgativa e via dicendo. Così se la parola interna è formata da una forte intelligenza, anche il linguaggio esterno scritto o parlato sarà tale; se il linguaggio interno è informato da una intelligenza debole, anche l'esterno sarà tale. La natura, lo si consideri bene, tende ad avere tutto ordinato, La personalità individuale sorge non da una sola cosa, non dalla sola dote principale, ma da tutto il corteggio di quella dote principale. Altrimenti ne verrebbe il contrasto, ne verrebbe la guerra, e l'uomo non sarebbe più uno e non avrebbe più la tanto vantata bellezza, la quale non è altro, secondo il vero concetto filosofico, che unità nella varietà. Ciò è tanto chiaro che è inutile trattarne. Non vedete voi che ciascun uomo ama la sua scrittura più di qualunque altra? E perché? Perché è sua. E che significa « è sua »? Significa che quella scrittura corrisponde, più di qualunque altra, alle tendenze che quell'uomo ha sortite da natura. Egli è tratto alla sua scrittura e la sua scrittura a lui, come la calamità al ferro e viceversa. Questo ragionamento ha un valore più forte di qualsiasi esperimento si possa fare al mondo. Si replicherà: dunque una intelligenza bella avrà pure una forma bella somatica, in quanto che il corpo concorre tutto al linguaggio esterno? Senza dubbio una intelligenza bella deve avere anche una bella forma somatica. Ma in che cosa consiste la bellezza? Tutto sta qui, per potersi intendere. Che? forse la bellezza della grafia grafologicamente consiste nella uguaglianza delle aste, insomma nella bellezza calligrafica? La Grafologia ci insegna che la calligrafia bella calligraficamente è brutta grafologicamente. Così l'uomo che mi presenta una perfezione di linea-
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menti, come cristallizzata, senza quel guizzo, quello scatto dello sguardo, senza quel che di passionale, nella espressione ecc., mi darà la perfezione di un simulacro, ma non di una persona viva umana. L'occhio è il principale traduttore del linguaggio interno, l'occhio che può dirsi il principale concomitante della parola viva, che parla spesso senza parola, anzi meglio della parola, l'occhio senza l'espressione del quale, la parola è presso che nulla. Ora ad una intelligenza profonda, per forza dovete dare un occhio profondo, penetrante; a una intelligenza superficiale date pure un occhio frivolo e non vi si chiederà di più, perché la idea interna non potrà pretendere altro. Così è della scrittura: un'intelligenza artistica non può non avere una scrittura che scatta, si eleva, si abbassa, si volta indietro, precipita in avanti, si insinua, si scaglia, ecc. secondo le esigenze di quella intelligenza. Un'intelligenza invece che ha solo forza per uscire appena dal suo involucro interno, ha pure una scrittura che sembra essere stata vergata in un secolo, che sembra abbia invocato l'attenzione di tutti gli equilibrii, prima di fermare un punto, una virgola, che sembra si sia contorta nel tracciare un punto interrogativo. Di più : il linguaggio interno è l'espressione dell'idea e contiene in sé l'idea. Ora se questo linguaggio interno spirituale, se questo linguaggio interno che i filosofi chiamano « verbum » potesse avere una corteccia, un guscio nel quale chiudersi e nel quale presentarsi, anche questo guscio, questa corteccia, dovrebbe tenere tutte quelle pieghe, quelle sinuosità, quelle sfumature che ha, per sé stesso, il linguaggio interno. E il linguaggio esterno non è forse il guscio dell'interno? Il linguaggio interno ha in sé l'idea che esprime. E l'idea che cosa è? E' la elaborazione dell'animo, è l'opera che l'anima foggia con la sua forza, è ciò in cui l'anima mette il suo lume, la potenza del suo lume, in cui l'anima può scendere col suo calore; è ciò che l'anima può sciogliere da sé, o legare per mezzo della facoltà volitiva, comunicandola al linguaggio interno, o proibendo, a volte, ma invano, di farne comunicazione al linguaggio esterno. Ho detto invano, perché il linguaggio esterno è anche il colore della faccia, l'atteggiamento degli occhi, il tremito nel menar la penna, cose inevitabili nella pluralità dei casi. Ebbene? Se il linguaggio esterno scritto, se la materialità del linguaggio scritto mi manifesta la natura del linguaggio interno, mi deve manifestare anche la natura dell'idea, mi deve manifestare la natura 18 —
del seno che partorisce l'idea, poiché l'idea è la figlia genuina di chi la partorisce; mi deve manifestare anche tutte le modalità sortite dalla natura dell'idea. Andando alle conseguenze dirette, che discendono da quanto abbiamo esposto in questo capitolo, abbiamo che, scientificamente considerata, la scrittura contiene il linguaggio interno e perciò contiene tutte le modalità dell'idea; e di conseguenza indica la forza dell'intelligenza, della volontà e dell'espressione dell'intelligenza e della volontà di colui che ha distesa la grafia. E siccome il linguaggio parlato va di pari passo con quello scritto, sono figli genuini di una sola madre colle stesse qualità, e sono quasi sempre inseparabili, destinati ambedue al medesimo scopo, l'uno allo scopo potrei dire immediato, l'altro allo scopo che si dilunga nello spazio e nei secoli, ne viene che il linguaggio parlato è indice di quello scritto, e il linguaggio scritto è indice di quello parlato, donde sorge e si impone la Grafologia somatica. La Grafologia psichica, sarei per dire, è un controsenso, se non si ammettesse la somatica, perché verrebbe a far del composto umano due parti che non avrebbero tra loro, da natura, necessità di ordine. Ciascuno vede chiaro che ciò è un assurdo.
§ III. - SCRUTANDO LA SCIENZA PSICOLOGICA E I SUOI RISULTATI Ho letto e, in qualche modo, studiato, per quanto lo permettono le mie forze, un libro profondo quanto mai del Professore Mariano Patrizi, ordinario di fisiologia e di psicologia sperimentale, prima nella Università di Modena, poi di Bologna. Il libro in parola ha il titolo: « Dopo Lombroso. - Nuove correnti nello studio della genialità e del delitto ». Dall'argomentazione del Prof. Patrizi si deve concludere che tutto l'uomo viene manifestato anche da un suo semplice movimento spontaneo che venga dal suo interno, e che non entri nel campo dei movimenti indifferenti, sull'esistenza dei quali disputano i filosofi. Ora, la scrittura è un movimento spontaneo della mano azionata dal cervello. Ma non basta: la scienza ha trovato un'intima relazione e dipendenza "tra la rnecc3.mca_ dei muscoli e la meccanica del cervello e si è proposta nientemeno Tesarne dei movimenti volontari per mezzo di istrumenti materiali. Dapprima fu adoperato il dinamometro di Regnier. Tale — 19
dinamometro poi fu sostituito dall'ergografo/molto più esatto del dinaH •• ^_ ± i , !-•••^ j_ mometroTTer mézzo di questo ultimo strumento grafico, si riesce a certificare con la autografia il fenomeno di inibizione e di dinamogenia tra due centri cerebrali funzionanti ritmicamente e simultaneamente. Qui si tratta certo di grafia tracciata dai muscoli del braccio e della mano, sia pure per mezzo di uno strumento apposito. Perciò siamo proprio nel caso nostro. U~cervello_manifesta.,_cjer_ mezzo del braccio e della_ mano, con i segni grafici, il fenomeno drlnibiziòne e di dinamogerila come-è-tleTtg^praTDungueJia grana distesa darl^accio_£jiaila mancTe atta a rappresentare le fùnzioni^r^co-motor^gpsìcóTntellettuali del cervello. ITunica difficoltà diesi potrebbe levare contro è cherielFergografia la grafia è distesa dall'ergografo, mentre in Grafologia è distesa dalla penna con lettere che debbono esprimere il pensiero particolareggiato. Ma facciamo osservare che l'ergografo, come la penna, sono diretti dal braccio e dalla mano. E, se l'ergografo diretto dal braccio e dalla mano riesce a manifestare le funzioni del cervello, ne viene che anche la penna, diretta parimente dal braccio e dalla mano, deve riuscire a ciò, perché se l'ergografo non impedisce tale funzione, possiamo dire che anche la penna non abbia la potenza di impedirla. Infatti, nella forma corrente della scrittura, il braccio e la mano vanno secondo il loro moto naturale, trattandosi di tracciare semplicemente la grafia. Anzi, a maggiore ragione, questo si deve ottenere più colla penna che coli'ergografia, perché l'ergografo esige una fatica muscolare di una certa entità. E per questo il Prof. Patrizi sullodato ha escogitato felicemente l'ergografia bilaterale,, mentre in Grafologia la fatica muscolare è minima, delicata e, quasi direi, assorbita dal lavoro cerebrale, sì da potere ricevere e trasmettere tutte le differenze dei fenomeni cerebrali. Vi è anche il guanto volumetrico che non è altro che una variante pletismografica. E con il guanto volumetrico si riuscì a constatare l'esistenza dei tipi vaso motori. Non solo dunque con la grafia del guanto volumetrico si coglie la qualità, ma anche la quantità del sistema vasale. Se tutto ciò è ragionevole per la grafia del guanto volumetrico, perché non sarà ragionevole per la grafia distesa con la penna? Se la grafia del guanto volumetrico ha il diritto di dirigere la scienza nella determinazione dei tipi vaso motori, tale diritto spetta anche alla grafia stesa con la penna ordinaria. Per mezzo della penna pletismografica inoltre è permesso distinguere individui destro-vasomotori e levo-vasomotori. Poiché è sempre di grafia che si parla, ciò si deve ottenere anche dalla scrittura distesa con la penna. 20 —
§ IV. • LE PROVE ALLA PORTATA DI TUTTI
Tutto è personale nell'uomo Ciascuno vede chiaramente che se ciò che è in un individuo non fosse personale, cioè non valesse ad essere un segno individualizzante, non apparterrebbe alla sua persona, non sarebbe suo. I miei capelli, la mia pelle col suo pigmento particolareggiato, i miei occhi, il colore di essi, il loro atteggiamento hanno tali proprietà individuali che, per esse sole, sono miei e non possono essere di un altro individuo. Altrimenti non potrebbero reclamare il loro diritto di relazione personale a me, ciò che verrebbe a sconvolgere l'idea dell'ordine di natura. Dell'opera del Creatore bisogna avere tale concetto e non si cadrà in errore. Egli non ha avuto bisogno di ripetersi, perché il ripetersi sarebbe una limitazione della sua sapienza e della sua forza infinita di invenzione. Bisogna ammettere che Egli nelle sue creature ha posto tali segni di individualizzazione da far sì che questi segni abbiano seco tutto ciò che è strettamente necessario perché siano tali. Ma lasciamo queste dispute ai filosofi. Noi riferiamoci al fatto e cerchiamo di interpretarlo a modo.
La -personalità del passo E che cosa ci dice il fatto? Ci dice che nell'individuo ci sono delle proprietà che vengono ad individualizzarlo davanti agli occhi di tutti, e che perciò vengono a designarlo nella sua personalità, poiché se lo individualizzano, naturalmente indicano quei requisiti per cui il designato è lui e non è un altro. Meglio: non danno a lui la personalità, ma la indicano, la designano, la fanno conoscere. Ci sono delle proprietà umane che riescono a designarci un individuo, a farcelo conoscere e distinguere da qualunque altro individuo. Noi ne abbiamo esaminata principalmente una: la forma grafica della scrittura. Per sostenere, poi, e dilucidare la nostra tesi, allarghiamo i nostri studi su altre proprietà umane, cioè sul gesto, sul passo, sulla voce umana, proprietà atte ad individualizzare un individuo. Iniziarne da queste proprietà per andare poi alla forma grafica della scrittura. Il tipo uditivo (si badi che parlo del tipo uditivo e ciò mi basta per concludere, perché se ciò avviene, è segno che la cosa appresa dal tipo uditivo è nella realtà) in modo meraviglioso ode il passo
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di una data persona della quale abbia udito il passo altre volte, e, prima ancora di vedere questa persona, la designerà in modo sorprendente, •senza timore di errare. Noi parliamo del passo spontaneo. Ciascuno conserva sempre il proprio passo, allorché questo è spontaneo e può essere individualizzato o dal battito speciale del tallone o dalla pianta, o dalla pesantezza, o dalla leggerezza, o dalla irregolarità, cose tutte che sa bene distinguere il tipo uditivo. Questo tipo uditivo ha diversi gradi nella forza della sua specialità. 10 non so se, andando in senso inverso, possa trovarsi alcuno che sia diametralmente opposto al tipo uditivo, cioè se si possa dare alcuno che, pure avendo l'udito funzionante, non abbia affatto la facoltà della distinzione dei suoni. Ma ci sia o non ci sia, dalle nostre esperienze emerge che alcuni debbono udire il passo di un individuo parecchie volte, prima di arrivare ad individualizzarlo; alcuni poi riescono ad individualizzare 11 passo d'una data persona, anche dopo averlo udito una sola volta.
Personalità del gesto Parliamo del gesto. Qui si tratta dei tipi visivi. Senza portarla tanto per le lunghe, noi constatiamo che, vedendo il gesto di un individuo, anche da lontano, cioè vedendolo camminare, muoversi, gesticolare, noi arriviamo a non errare nel designarlo. Dunque il gesto è un mezzo per designare un individuo.
Personalità della voce Più sicure e più meravigliose sono le esperienze fatte sulla voce. La voce, presso tutti, riesce ad indicare perfettamente la persona che la emette. Si dimenticherà il passo, il gesto, ma è molto difficile dimenticare la voce. Nella nostra questione ha il diritto di entrare questo concetto: La voce è personale? E' certamente personale, perché per mezzo di essa si riesce a conoscere un individuo.
Personalità della grafia umana Prendiamo in considerazione questi interrogativi: 1) E' vero che non vi sono due scritture perfettamente uguali, anche (e ciò dalle con22 —
clusioni dei filosofi) se si dovessero riesumare le scritture degli antichi? 2) E' vero che si distingue, magari solo dagli specializzati in questa materia, la scrittura del tale dalla scrittura di qualunque altro? 3) Non è vero, come per concatenare le due domande antecedenti, che i periti calligrafi riescono meravigliosamente a conoscere che quella grafia, ad esempio, addebitata a Pietro, non è di Pietro, ma di Giovanni, dato che abbiamo il termine di confronto per dichiararla di Giovanni? Dunque nella scrittura ci debbono essere tutte quelle proprietà che valgano ad individualizzarla e, di conseguenza, ad individualizzare la mano di colui che l'ha stesa. Ora, individualizzare una mano significa individualizzare colui o colei di cui è la mano. Ed individualizzare una persona significa designarla in tutte le sue particolarità personalmente sostanziali e accidentali, perché l'individualizzazione spesso dipende da certe sfumature percettibili, le quali sfumature non sono che accidentalità di un dato individuo. Infatti, non è spesso il colore della faccia, la modulazione della voce, il modo di camminare, un tic nervoso che serve ad individualizzare o a riconoscere per il tale quel dato individuo? Ora, nessuno potrà negare che queste siano accidentalità della personalità umana. Ecco la ragione del fatto, constatato da noi, della potenza della grafia a designare anche le proprietà somatiche umane.
§ V. - LE DIFFICOLTA' Che cosa si conosce con la Grafologia? Si conosce solo la personalità innata. Perciò non si conosce l'atto psichico d'una persona, non si conosce l'interno regolato dalla libertà personale umana, ciò che Dio solo vale a penetrare. Non si conosce neanche lo stato della personalità acquisita individualizzata... ma si conosce solo lo stato della personalità innata. Si conosce, per modo di dire, solo il punto di partenza della psiche e della parte somatica di un individuo, non penetrando ciò che ha potuto fare l'educazione, ciò che ha potuto fare una malattia fisica o psichica che abbia colpito l'individuo nel corso della sua vita. Da ciò si deve concludere che la grafologia non è scienza che manifesta la personalità attuale nelle sue doti e nei suoi difetti, ma solo quello che uno ha sortito da natura. La grafologia si erge a giudice della natura grezza, di cui nessuno ha il diritto di offendersi, perché questa natura può e deve essere modificata dall'educazione attiva e passiva.
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Della utilità La psicologia, la criminologia, la psichiatria, la pedagogia, la psicotecnica, la direzione delle anime, ecc., hanno il loro sviluppo completo per mezzo della grafologia. Consideriamo questi diversi rami da soli, elevantisi dall'unico tronco : « Grafologia ». La psicologia, da sola, lo confessano gli stessi psicologi, non è valida a distinguere la personalità innata dalla acquisita e non ha mezzo alcuno, in se stessa e fuori di essa, per poter formare chiaramente questa distinzione. Per mezzo della grafologia essa va sicura. Poiché viene a sapere che tutto quello che emerge dalla grafologia è innato, conclude con sicurezza che tutto quello che trova in una personalità, oltre quello che è esposto dalla grafologia, è acquisito. Così sorge netta la distinzione tra l'innato e l'acquisito. Riguardo alla criminologia. Per poter dare un giudizio, almeno approssimativamente giusto, sulla responsabilità individuale di una azione umana, è d'uopo tener conto di tutti i coefficienti di questa responsabilità. Ora i coefficienti che hanno il massimo peso su questa responsabilità, sono le tendenze che un individuo ha sortito da natura. Sicché giustizia non sarebbe condannare a un massimo di pena un individuo che, a quel dato misfatto commesso da lui, abbia un'impellenza personale spiccata; parimenti giustizia non sarebbe condannare ad un minimo di pena colui che, al peccato da lui commesso, non abbia che una spinta minima da natura. E come portare a termine il giudizio? Si adoperi l'ergografo, il pletismografo, il guanto volumetrico. Questi mezzi segnano la scorza della preponderanza, ma non riescono a mettere in aperto l'azione nel suo peso specifico. La sola grafologia prende la personalità con le sue tendenze innate e la pone nuda dinanzi agli occhi del giudice. E la psichiatria? Essa con la grafologia scopre la predisposizione, più o meno accentuata, delle malattie mentali, che gli psichiatri chiamano costituzionali, quantunque non riesca ancora a dare una classificazione sicura. Circa la pedagogia la cosa è chiara, benché la grafologia non possa dirigere la pedagogia, se non quando il fanciullo sia riuscito a far correre la penna sulla carta in modo naturale. Circa la direzione delle anime, mi pare che la grafologia sia l'unico mezzo umano per conoscere la passione predominante di un'anima, ciò che è di capitale importanza; poiché mette a nudo la personalità innata, ciò che vuoi dire che mette a nudo le tendenze sortite da natura, le quali formano la passione predominante. Parlando, infine, della psicotecnica, per tacere di tante altre utilità della grafologia, io ho l'esperienza che tutti i giovani, indirizzati nello 24 —
stato professionale intellettivo, fisico, morale, dalla grafologia, si son trovati soddisfatti e contenti per il loro incremento personale in continuo progresso La grafologia scruta solo la natura innata Crépieux Jamin afferma che gli esperimenti di Bridier, senza distruggere quelli del Ferrari, Héricourt e Richet, vengono a provare che l'« io « non viene totalmente soppiantato dall'ipnotismo. (Cfr. La Presse medicale del 28-XIM932). Ed io aggiungo che non viene soppiantato perché rimane sempre la natura innata, sotto qualunque trasformazione, anche col cambiamento, per mezzo dell'acquisita, al massimo grado. Onde la scrittura spontanea, cioè quella del gesto e non quella dell'atto voluto, non può non esprimere che la sola natura innata. Questa conclusione, oltre essere conclusione degli esperimenti scientifici del Bridier, è, ciò che sta sopra qualunque prova, conclusione dei nostri esperimenti su centinaia di migliaia di casi.
§ VI. • CHE SPECIE DI SCIENZA SIA LA GRAFOLOGIA Ma che scienza è mai la grafologia? Per rispondere esattamente bisogna essere chiari e netti. La grafologia non è, non può essere una scienza come la matematica per cui due e due fanno quattro e le sue conclusioni non ammettono repliche. La grafologia non può essere una scienza come l'anatomia con la quale si dividono le parti di un corpo animale per dare a ciascuna il proprio luogo e la propria classe. Potranno, circa queste scienze positive, sorgere discussioni, ma non contraddizioni dirette e cozzanti nella loro intrinsichezza. La grafologia, invece, può essere una scienza come è una scienza la medicina, la psichiatria, la psicologia e via dicendo. Io ho potuto constatare che i miei discepoli, dopo dieci lezioni date loro da me, riuscivano a fare esami grafologici che coglievano nel segno. Ciò basterebbe per dimostrare che le regole grafologiche, escogitate da me, sopra più di centinaia di migliaia di esperienze, sono esatte, e per rimuovere l'accusa degli scienziati sofisti che la Grafologia sia soltanto affare di intuito. Tuttavia l'intuito non si può escludere completamente, per quanto
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io penso; come non si può escludere dalla medicine, dalla psicologia, dalla psichiatria. Ci potrebbe essere un medico che sia profondo nella conoscenza della materia che spetta alla medicina, e non riuscire ad applicarla con oculatezza nella pratica, perché non possiede appunto la facoltà dell'intuito per cogliere esattamente i sintomi del male. Altro è conoscere la materia di una cosa, e altro applicare la conoscenza della realtà. Un ingegnere meccanico o elettrotecnico può essere insuperabile nella profondità della sua materia, avere pronte le formule delle composizioni, e tuttavia non essere capace di esplicare nella applicazione quelle formule. Per questo egli deve avere il suo assistente tecnico, che sa e conosce solo la materialità del lavoro. La ragione di tale individuale, intuitiva facoltà o facoltà clinica in medicina, in psicologia, in psichiatria, ecc. e anche in grafologia e non in matematica, sta in questo, almeno in parte. In matematica i sensi non entrano quasi per nulla nella esplicazione di essa. La matematica è una scienza fredda che si accontenta di luce ed esclude il calore, nel farsi oggetto della mente umana. Nelle scienze nominate sopra, invece, i sensi hanno la massima parte, in quanto che essi apprendono e dispongono la materia o l'oggetto che dovrà poi passare all'intelligenza. Ora i sensi sono più o meno perfezionati, più o meno sensibili negli stessi individui. Non è questa un'osservazone buttata là a caso, perché l'abbiamo appresa dopo gli esperimenti della scienza psicologica di William James. Egli prova che l'immaginazione è differente nei diversi individui; differente non solo nella intensità, ma anche nella specie. Fechner, nel secolo scorso, psicologo di valore, era dotato di uno straordinario talento per l'osservazione oggettiva, ed espone i risultati di un accuratissimo confronto stabilito tra le sue immagini ottiche mnemoniche con le immagini ottiche mnemoniche di altri individui. Come risultato trovò che esistevano diversità personali notevolissime. Fechner accennò al grande interesse che avrebbe presentato l'esame del problema fatto con metodo statistico. 11^ desiderio di Fechner fu posto in atto dal Galton che coi suoi diversi risultati, ha segnato un'era nella storia della psicologia descrittiva. Ciò viene riportato bene dal Tarozzi. Ve il così detto tipo uditivo, sebbene sembri, come dice Binet, l'accurato raccoglitore dei diversi metodi di grafologia, meno frequente di quello visivo. Ve il tipo tattile, cui principalmente appartengono i ciechi. Questi, dall'aria che sentono scherzare sulle loro gote, vi sanno descrivere un ampio panorama, un luogo chiuso e via dicendo. 26 —
Ve il tipo olfattivo; ricordo che un mio collega di studio sentiva l'odore della pioggia che doveva venire, e il suo senso specializzato non errava. Ora tali tipi sono più atti ad apprendere le cose che si riferiscono al loro senso acutizzato dalla natura stessa. Non si potrà dire che la chimica sia, ad esempio, questione di intuito, perché un chimico di valore riesce meravigliosamente nella composizione e decomposizione degli elementi. Non si potrà dire che la medicina sia questione di intuito, perché vi è qualche clinico di sommo valore, atto a fare e a condurre a termine la diagnosi più complicata senza errore. Così dobbiamo parlare in riguardo alla grafologia. Dobbiamo però confessare che, per essere grafologi veri, bisogna avere tendenza e cultura specialmente di psicologia, ed essere per natura portati ad essa, ed avere un senso spiccato di osservazione di tutti i più minuti fenomeni. Perché la grafologia non consiste nell'applicare una o più regole grafologiche (ciò appartiene alla materialità della grafologia) ma nel mettere insieme molti criteri grafologici, per sommarli, moltiplicarli, dividerli, eliminarli, secondo il complesso intellettuale, morale e somatico, che l'esaminando ci presenta con la sua scrittura. Da tutto il detto non si può negare che la grafologia sia scienza, scienza sperimentale come la medicina, la psicologia, la psichiatria. Osiamo, anzi, asserire che è più sicura dei suoi risultati di tutte le altre scienze nominate. Ma che cosa mai pretende conoscere nell'uomo la grafologia? Pretende di conoscere tutto ciò che appartiene alla intelligenza e al sentimento, cioè tutto ciò che si riferisce al suo spirito ed ai suoi sensi. Ma la grafologia riesce anche ad esaminare tutto ciò che si riferisce alla parte somatica dell'uomo. Di questo ho trattato nel mio volume « II Corpo umano dalla scrittura « (Ancona 1961).
§ VII. - L'INDIPENDENZA DELLA GRAFOLOGIA La grafologia è sorella della psicologia. Sarebbe incompleta e troppo materiale se non fosse accompagnata dalla psicologia. Tuttavia, anche la psicologia non arriva alle conclusioni che anela rendere chiare se non si serve della grafologia. La psicologia, secondo il pensiero di Seignobos, è indipendente perché essa prende di mira la personalità innata, cioè considera nel97 LJ I
l'uomo tre quarti scaturiente dalla personalità innata e un quarto dalla personalità acquisita. La grafologia non scruta che la personalità innata e lascia scrutare alla storia la personalità acquisita. Perciò è più indipendente della psicologia, in quanto non viene stornata nel suo esame da fattori sociali, che spesso occultano e ammantano di orpelli il carattere e le abitudini innate. E' vero che la psicologia coglie tutta la psicostatica, che sarebbe lo studio di tutta intera la personalità umana composta dalla personalità innata e dall'acquisita, ma è anche vero che la psicostatica spesso è ingannevole e non ci permette di distinguere l'innato dall'acquisito. Ciò viene mostrato molto bene in tutta l'opera profonda e facile di F. Achille Delmas e di Marcelle Bole dal titolo: « La personalità untanti », opera edita nel 1922. Che cosa è mai la personalità innata e la personalità acquisita? Serviamoci, per vederlo, dell'opera citata. « La personalità innata (of. cit., cap. 8, par. 41, 42, 43, 44, 45) comprende il temperamento formato dall'insieme delle cinque disposizioni affettive-attive : avidità, bontà, sociabilità, attività, emotività e comprende l'intelligenza che risulta dalla sintesi delle tre attitudini intellettuali: memoria, immaginazione, giudizio. La personalità innata è originale, fondamentale e permanente». Originale, perché rappresenta tutto ciò che riceviamo di nostra eredità anche etnica, familiare e individuale. Fondamentale perché da essa dipende principalmente quello che noi saremo nella vita. Permanente, perché tale rimane sempre nei suoi elementi. La natura si modifica, ma non si cambia. Nella personalità innata le cinque disposizioni affettive-attive sono ora determinanti, ora adiuvanti e le tre attitudini intellettuali non sono mai altro che adiutorie. Questo viene a confermare l'antica fisolofia di Scoto che pone la volontà quale radice dell'azione umana. Disposizioni affettive-attive e attitudini intellettuali della personalità innata sono le grandi conduttrici della personalità nella sua evoluzione, in mezzo all'ambiente sociale. Nella parte biologica, l'appetito e la sessualità, istinti propriamente detti, hanno un ufficio determinante. La spontaneità, la reattività, la percettività sono funzioni adiutorie. Queste funzioni biologiche sono le bestie che tirano il carro trionfale su cui troneggiano le cinque disposizioni affettive-attive e le attitudini. A volte, quelle tolgono la mano alle direttrici e ne rompono il freno, ma sono parimenti innate e appartengono alla personalità innata. La grafologia scruta gli elementi psico-fisiologici determinanti (appetito, sessualità) ora determinanti ora adiuvanti (spontaneità) e solo adiuvanti (reattività, percettività). La grafologia scruta gli elementi psi-
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cologici ora adiuvanti ora determinanti (avidità, bontà, sociabilità, attività, emotività) e i semplici adiuvanti (memoria, immaginazione, giudizio). Non abbiamo spiegato che cosa voglia dire: personalità acquisita, perché l'aggettivo stesso « acquisita » lo dice. « La vita psichica comincia e si complica man mano che funziona. Da questa stessa complicazione risulta una evoluzione dell'individuo, che lo conduce dall'infanzia alla maturità psichica, quale si conosce nell'uomo adulto medio. Questa evoluzione ci sforziamo di precisarla, spiegando come le disposizioni e le attitudini divengano successivamente efficaci, poi predominanti nel portamento. Le osservazioni di psicontogenia ci permettono di dimostrare che il dinamismo stesso, per la traccia che segna in noi, modificata la personalità primitiva (o personalità innata), vi sovrappone una seconda personalità, meno importante della prima senza dubbio, ma di cui gli effetti sono tutt'altro che trascurabili e che costituisce ciò che per abitudine si chiama impronta o esperienza. Questa seconda personalità è acquisita dall'individuo e si sovrappone alla personalità innata, ereditata dalla specie. Benché acquisita, nel corso del dinamismo e grazie a lui, essa si integra con la personalità innata e diventa, in tal modo, statica. Perciò il suo studio appartiene alla psico-statica e deve precedere la psicodinamica « (Op. di., cap. 9, par. 46). Lo studio dell'ordine nel quale si sviluppano le funzioni e gli organi dell'individuo, il quale studio si chiama « Psicontogenia », ha molta parte ipotetica ed arbitraria. Nel capitolo decimo (par. 49 op. cit.) si dimostrano le difficoltà che vi sono per conoscere la personalità innata, specialmente perché alla personalità innata si sovrappone l'acquisita. E' un lavoro delicato e, a volte, impossibile per la psicologia condurre a termine la divisione della personalità innata dalla acquisita. Ma con la grafologia la psicologia può riuscirvi. La grafologia fa vedere ciò che è in noi originale, fondamentale e permanente. Tutto il resto che la grafologia non vede è acquisito. Gli psicologi, con la grafologia, supereranno le difficoltà che lamentano per la netta distinzione della personalità innata dalla acquisita. Ma quale metodo, ci domandano gli psicologi, tenete voi, o grafo1 logi ? Il metodo nostro è totalmente oggettivo. Vi entra la introspezione che la psicologia odierna, a ragione, tiene come insufficiente. L'introspezione entra in grafologia come spinta all'esperienza e al metodo comparativo. Il trinomio è perfetto in grafologia. L'introspezione da la spinta, l'introspezione poi viene sostituita dall'esperienza, finalmente viene richiamata dalla comparazione. E non vi possono essere inganni di sorta : la personalità acquisita tenta di stornare il grafologo dalla personalità in— 29
nata? Ed egli, per non essere stornato, vuole esaminare lo scritto senza conoscere l'esaminando, senza entrare in sospetto. E' questa l'unica difficoltà per un grafologo impressionabile. Ma egli la elimina, col dichiarare innanzi tutto che la persona non gli si palesi prima dell'esame. La personalità innata così non gli può sfuggire, in quanto che è fissa nella scrittura, la quale può mutarsi soltanto per una trasformazione dell'individuo, diventando seconda natura. Questa seconda natura, tuttavia, rispetterà sempre il carattere fondamentale e innato. Abbiamo nominato il grafologo impressionabile. Questi, per la sua impressionabilità, non sarà capace di esaminare la sua scrittura. Credo che nessuno sia atto ad esaminare la propria, perché nessuno conosce se stesso con le proprie forze, perché l'amore che portiamo a noi stessi ci nasconde ai nostri occhi intellettivi. Del resto questo deve essere ammesso anche dalla scienza, perché ha un motivo tutto scientifico. Si badi bene che io qui parlo d'el controllo con la realtà.. Il fatto ci dimostra che, appena noi pensiamo ad una nostra qualità psichica, essa sfugge al nostro esame. Provatevi a considerare la vostra fisionomia in uno specchio. Voi riuscirete a mirare la vostra fisionomia in uno stato di quiete. Ma allora la vostra fisionomia nulla dice. I lineamenti sono a posto, come sono a posto e quieti i lineamenti d'un cadavere. Quasi soltanto l'occhio è indice della vostra vita. Anche l'occhio, però, che allora sta in uno stato di osservazione, ci può dare solo i lineamenti dell'occhio osservatore, che non si spoglia della soggettività, in quanto che considera il proprio io. Però il vostro, anche in questo caso, sarà un esame intralciato dalla soggettività. Se poi voi siete nella inquietezza, nella passione, nell'ira, che vengono a manifestare il modo di essere della vostra natura innata, non riuscirete mai a vedere nello specchio la vostra situazione fisionomica, perché, tosto che vi ponete nell'osservazione, le passioni cessano, magari per un istante; cioè, cessano nel tempo dell'osservazione, e perciò non potrete cogliere l'attimo che vorreste esaminare. Per chiarire meglio il nostro processo, dobbiamo qui mettere in aperto rilievo l'ultimo metodo adottato dalla psicologia sperimentale. Esso consiste nell'utilizzare i risultati della psichiatria che sarebbe la scienza delle malattie mentali. Augusto Comte fu l'escogitatore di questo metode, Teodulo Ribot ne ha aperta la via. Ma i risultati raggiunti da Ribot sono limitati. Ed i successori dovranno ampliare e rendere oggettivo e positivo ciò che finora è rimasto soggettivo. Questo mezzo di aiuto pei la psicologia si chiama « Psicopatologia ». Dobbiamo aggiungere che la psicopatologia è un potente metodo di investigazione perché fa parte, come dice. Ribot, dell'osservazione pura e dell'esperimento. Le malattie mentali però si dividono in due classi : le malattie men-
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tali che emergono dalle lesioni dei centri nervosi e che sono sempre acquisite dopo la concezione, appartengono alla prima classe. Le malattie mentali costituzionali, trasmesse ereditariamente dai germi della concezione, appartengono alla seconda classe. La psicologia contemporanea dimostra che quelle appartenenti alla prima classe sono di nessun aiuto alla psicologia. Quelle che l'aiutano nella investigazione, sono le malattie mentali della seconda classe cioè, le psicosi costituzionali, le modalità delle quali, oggi bene individualizzate, definite e classificate, hanno il nome di costituzioni psicopatiche. Tali modalità sono: 1 - La paranoia che si manifesta con una tendenza esagerata all'orgoglio; 2 - la follìa morale ch'è propria dei recidivi in atti antisociali; 3 - la mitomania ch'è il bisogno di creare artificiosamente e falsamente; 4 - la ciclotimia che sarebbe anormalità del consumo di attività; 5 - la iperemotività ch'è caratterizzata dalla prontezza, intensità e durata delle variazioni. Chi vuole apprendere bene e scientificamente tali cose, studi il volume di Delmas e di Bole al cap. 4, par. 15, 16, 17, 18, 19. Queste costituzioni psicopatiche sono innate e permanenti. Per spiegare che cosa significhi costituzione psicopatica mi si permetta di riportare le parole di Delmas-Bole al cap. 4, par. 14: « Per costituzione psicopatica si intende l'esistenza in un soggetto d'un insieme speciale e definito di tendenze, che, facendo parte integrante dell'individuo, permettono di precisare la sua personalità e di prevedere verso quale psicosi progressiva o regressiva, intermittente o continua, si potrà evolvere. In termini più espliciti, queste costituzioni hanno per caratteri comuni, di essere trasmesse per ereditarietà, di manifestarsi precocemente, di persistere durante tutto il corso della vita; di rappresentare, per conseguenza, un comportamento originale e permanente della personalità; di essere così un'infermità cronica e non una malattia a evoluzione determinata; di creare un terreno specifico proprio dello sviluppo di psicosi transitorie o durevoli, di cui i sintomi non sono che l'esagerazione e l'ingrandimento delle tendenze costituzionali ». Nel confronto poi che gli psicologi fanno tra le costituzioni psicopatiche e gli stati normali, fanno vedere che 1) la costituzione psicopatica paranoica corrisponde alla avidità, 2) la perversa alla bontà, 3) la mitomaniaca alla sociabilità, 4) la ciclotimica all'attività e 5) la iperemotiva alla emotività. La psicopatologia però ci può far conoscere solo le qualità affettive attive dell'uomo, ma non ci può informare direttamente sulle attitudini intellettuali, perché le psicosi costituzionali rappresentano delle ipertrofie e delle atrofie della vita affettiva-attiva, non rappresentano però alcu-
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na relazione diretta col funzionamento intellettuale propriamente detto, e quando lo alterano, lo alterano solo indirettamente. Per questo la psicologia, per quanto riguarda la vita intellettuale, si serve della psicologia che sarebbe lo studio dell'ordine secondo il quale si sviluppano le funzioni e gli organi nella specie, ma che conduce la psicologia a considerare le attitudini intellettuali come un'elaborazione della recettività e della percettività. « La percettività è la proprietà che possiede ogni essere vivente d'avere delle sensazioni. La percettività gli permette di farsi una rappresentazione rudimentale degli oggetti esterni e di se stesso » (Delmas ecc., op. cit., par. 38). Il nostro processo in grafologia sarà come quello della psicologia, dalla quale prendiamo l'ordine, la classificazione e la terminologia.
§ Vili. - TENDENZA E ABILITA' Tendenza, nel suo concetto genuino vuoi dire inclinazione. Ciò che nel senso è istinto, nelle facoltà psichiche è tendenza. Per questo tendenza importa tutto quel complesso di qualità accompagnatorie che la rendono piena di entusiasmo in se stessa. Questo entusiasmo però si deve intendere secondo la natura della tendenza specifica. Ci sono tendenze positive e tendenze negative. Delle tendenze positive è comprensibile l'entusiasmo, ma non così delle tendenze negative. Eppure anche di queste l'entusiasmo è necessario perché la 'endenza sia veramente tale. Se la tendenza è per esempio al pessimismo, l'entusiasmo deve avere la natura del pessimismo, e sarebbe un entusiasmo in deterius. Chi ha tendenza al pessimismo ha il gusto del pessimismo e perciò ha anche l'entusiasmo per il pessimismo. Se le tendenze negative si potessero sciogliere dall'entusiasmo, si scioglierebbero anche dai fattori della vera tendenza e perciò non sarebbero più tendenze. La tendenza, perché possa esser efficace in atto, deve avere tutte quelle qualità che sono necessarie per ridurre la tendenza nella vera azione. Per esempio un cane che vede correre il treno e lo insegue ha certamente la tendenza ad inseguirlo, ma non è tendenza completa in quanto non può avere la velocità del treno. Lo insegue invece una rondine e lo sorpassa persino. Questa è tendenza nel senso completo, cioè ha tutti i requisiti per riuscire nella tendenza. Andando nella pratica, uno ha la tendenza alla musica (gusto-entusiasmo) ma o non ha lo studio sufficiente, oppure da natura non ha quel29 ~) L-I
le qualità per poter fare sfociare la sua tendenza con vera riuscita. Costui ha la tendenza alla musica non completa. Sotto questo punto di vista è molto difficile clic una creatura umana abbia la tendenza perfetta e piena dei diversi rami dello scibile umano. Però è certo che colui il quale ha a sua disposizione la maggior copia dei fattori della vera tendenza riesce maggiormente nell'intento. Insomma perché la tendenza possa esser coronata da successo nel perseguire il suo scopo deve esser munita di abilità. L'abilità quindi non è altro che la tendenza nella sua pienezza. La tendenza per lo più è associata all'abilità, ma non è necessario che lo sia. Non si da abilità nel vero senso della parola, senza tendenza, perché l'abilità non si da senza attenzione, e l'attenzione viene imposta dalla tendenza. Quanto più la tendenza è grande, tanto più grande è la via per la quale procede l'abilità. Abilità, per se stessa, dice disposizione alla riuscita dal grado minimo sino al successo pieno e clamoroso.
§ IX. - QUALITÀ' E QUANTITÀ' INTELLETTUALE Quantità è lo stesso che forza in genere. Qualità invece forza specifica. La forza specifica per avere il suo valore basta che abbia la quantità tanta quanta è necessaria perché la forza specifica possa evolversi a libertà. Per questo non è il quanto quello che da valore all'intelligenza, ma è principalmente la qualità. Prendi per esempio due lottatori: uno ha 10 gradi di forza (quantità) un altro ne ha cinque (qualità). Quello che ne ha dieci non ha l'abilità di esercitarla, mentre quello che ne ha cinque ha a sua disposizione la snellezza, la destrezza, l'avvedutezza per penetrare la vulnerabilità dell'avversario. Chi dei due resta vincitore;5 Solo per un caso può restare vincitore colui che ha dieci gradi di forza, cioè nel caso in cui colui che ne ha cinque smarrisca per un'momento se stesso. Ordinariamente parlando però colui che ne ha cinque deve vincere. Trattando dell'intelligenza siamo perfettamente in un caso analogo. L'intelligenza che ha solo la quantità superiore, ma non ha specificazione in particolare è superata da tutte le altre intelligenze sia pure di quantità minore che si distinguono per la specificazione particolare. E' facile che una intelligenza entri in una quantità superiore ma non è questo quello che forma la sua preponderanza. Chi ha la quantità superiore sia pure al massimo, ma non ha la qualità specifica è come un cor-
— 33 3 - Trattalo di Grafologia
pò esuberantissimo di vita ma senza braccia e senza gambe, senza quelle altre qualità che servono per esplicare la sua forza. Da ciò si conclude che la quantità intellettiva è da prendersi in considerazione soltanto quando è accompagnata da qualche qualità specifica. Migliore quindi l'intelligenza qualitativamente superiore che quella che lo è soltanto quantitativamente.
§ X. - SCRITTURA MASCHILE E FEMMINILE I grafologi si sono intrattenuti abbastanza sull'età e sul sesso della scrittura. E' un tentativo, in molti casi, impossibile quello di volere scoprire il sesso e l'età dalla scrittura. Circa l'età, la cosa è chiara: vi sono scritture di giovani che sembrano di vecchi e viceversa. Circa il sesso molti fanno le meraviglie come la grafologia che mette a nudo tutto l'essere umano, non riesca, in molti casi, a dire il sesso di colui che ha scritto. La meraviglia però scompare se si vada ad interrogare la scienza. Essa vede l'ermafroditismo: l'ermafroditismo porta questo, che gli organi sessuali esterni rimangono talvolta nello stato iniziale indeciso, vi è, cioè, un arresto di sviluppo che non permette di distinguere il sesso. Questo nella parte fisica, cosa che si riscontra di rado. Ma la scienza ha constatato l'ermafroditismo psichico che non è tanto raro come si potrebbe credere; questo ermafroditismo psichico si manifesta nella scrittura. Onde la grafologia non riesce, in molti casi, a determinare il sesso della scrittura, e credo non ci riuscirà giammai, per quanti studi si faranno. Poiché spesso dunque non si conosce il sesso dalla scrittura per la semplice ragione che ci sono molti ermafroditi psichici, è necessario sempre dichiarare il sesso della scrittura. Pur avendo gli stessi segni e gli stessi gradi dei segni di due scritture, una maschile e l'altra femminile, il giudizio grafologico è ben diverso, in quanto che l'uomo si trova in condizioni ben diverse fisiche e psichiche della donna. L'uomo è a base di pensiero, la donna a base di sentimento. Perciò tutti i segni che si riferiscono all'intelligenza, se per l'uomo hanno un dato valore, per la donna, nelle stesse misure, hanno un valore maggiore. Per esempio due scritture, una maschile e l'altra femminile, hanno 6/10 di disuguale metodicamente; per l'uomo vai tanto quanto dice il grado, per la donna si deve fare un computo maggiore di almeno 2/10, perché appunto la genialità intellettiva non è propria della donna ma dell'uomo, quin-
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di se si trova nella donna è cosa veramente rara. Così si deve dire di tutti gli altri segni intellettivi. Circa il sentimento invece, siccome è specialità della donna, abbiamo che se un uomo presenta grafologicamente lo stesso grado, questo sentimento nell'uomo è molto più elevato che nella donna (sempre di almeno 2/10, sia pur col pericolo quando è in grado maggiore, di considerare quell'uomo più femmina che uomo). Cosicché se per esempio di due scritture, una maschile e l'altra femminile, abbiamo 7/10 di filiforme, il sentimento di quel dato uomo sarà molto più delicato del sentimento di quella data donna. Se di due scritture, una maschile e l'altra femminile abbiamo 9/10 di pendente, nella donna significherà quell'affezione languida che viene presentata dai 9/10, nell'uomo invece sconfinerà persine dal grado massimo. La misura/ione è sempre la stessa ma il valore è diverso. Per esempio noi ammiriamo nella Chiesa di S. Lorenzo Martire e S. Agnese. Ma chi dei due desta più ammirazione;5 S. Lorenzo certo desta ammirazione per la crudeltà dei tormenti subiti; davanti a Lui però non trema il carnefice, che tuttavia trema davanti alla intrepidezza e sublimità incredibile della piccola martire.
§ XI. - ATTO E GESTO GRAFICO
Gesto grafico, come ripetutamente spiegheremo, da la scrittura di chi sa tener la penna in mano e scrive correntemente in modo spontaneo senza studio. Atto grafico ci da la scrittura che è più disegno che grafia. Quindi la calligrafia vergata con tutte quelle meticolosità, chiaroscuri, flessioni che sono voluti e insegnati dai professori di calligrafia costituisce l'atto grafico. Il gesto grafico è l'oggetto della grafologia; dell'atto grafico la grafologia non si occupa. La grafia di coloro che non sanno scrivere si può considerare atto e non gesto grafico, perché il gesto è spontaneo, mentre la grafia di quelli che non sanno scrivere non è affatto spontanea. Per questo la grafologia sopra coloro che non sanno scrivere non può dare un giudizio definitivo, ma soltanto a modo di congettura. La scrittura di coloro che non sanno scrivere si conosce da tutti a prima vista. Essa per lo più è sciatta, non mantiene il rigo, ha delle sproporzioni che sarebbero, in una grafia spontanea, considerate irragionevoli. Tuttavia sulla scrittura di coloro che non sanno scrivere, qualche cosa si può dire, come si può
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dire qualche cosa sulla scrittura dei bambini, ed ho intenzione di trattarne in un volume a parte. Il bambino di terza, quarta elementare e qualche volta anche di prima e seconda elementare, fa vedere la larghezza di lettere, tra lettere e specialmente tra parole; fa vedere la disposizione o no alla contorta, fa vedere la disposizione al disuguale metodicamente, o al disordinata, ta vedere anche qualche cosa dell'Intozzata 1° e 2° modo. Non tutti manifestano esternamente quello che hanno nell'interno. Ci sono di quelli che vengono detti di sangue freddo. Questi in un eccitamento possono andare a fuoco internamente ma hanno tale padronanza da non manifestare esternamente il loro interno. Ci sono di quelli che manifestano esternamente nella stessa maniera quello che hanno nell'interno. Ci son di quelli che esternamente manifestano di più di quello che hanno nell'interno. Questi hanno un che di patologico perché perdono il controllo di sé stessi. Dei primi la scrittura manifesta il loro interno e il loro esterno. Così i secondi. I terzi manifestano di più ed hanno la scrittura con note patologiche. La scrittura normalmente manifesta lo stato abituale di tutti i momenti e di tutte le età. Sotto la pressione della eccitazione di qualche passione, i primi nella scrittura non hanno accentua/ione dei segni grafologici. I secondi manifestano l'accentuazione che non va però direttamente fuori della normalità. I terzi invece manifestano una accentuazione spiccata dei segni grafologici rilevanti quella passione. Perciò per avere un esame giusto grafologico è bene presentare dell'esaminando la scrittura nello stato normale e nell'eccitazione. Tra i tanti esperimenti ricordo che un tribunale mi mandò poche righe di uno che le aveva vergate immediatamente prima di uccidere la moglie dalla quale era stato tradito per confessione della moglie stessa. Lui l'aveva perdonata, ma quella notte era stato preso da una eccitazione violenta di indignazione. Il tribunale mi chiedeva in quale stato la scrittura era stata distesa. La scrittura appariva chiaramente vergata da un forsennato.
§ XII. • DETERMINISMO La psico-grafologia dei Santi ci offre la possibilità di accennare almeno all'esistenza, nell'uomo, del libero arbitrio. Come è noto, alcuni filosofi (materialisti, positivisti, idealisti, panteisti, evoluzionisti) negano all'uomo qualsiasi vera libertà -psicologica
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(da distinguersi dalla libertà morale), ossia negano all'uomo qualunque potere di determinarsi da sé a volere una cosa piuttosto che un'altra. Sostengono invece che l'uomo è sempre determinato ad operare assolutamente come opera, perché la sua volontà è sempre dominata da altre cause, fìsiche o psichiche, individuali o sociali, che lo traggono invincibilmente a volere quel che vuole. Sicché, se un individuo ha innata tendenza ad essere ladro o assassino, necessariamente dovrà essere ladro o assassino. Se un altro ha innata tendenza a comandare, ad imporsi, a schiacciare gli altri e servirsene come di sgabello per salire in alto, dovrà essere necessariamente un ambizioso, un despota, un tiranno. La condotta dei Santi è in contrasto stridente con questa teoria, che può dirsi canone fondamentale del determinismo. E' vero che l'uomo, nell'esercizio della sua volontà, subisce l'influsso di molte cause interne (istinti, passioni, abitudini) ed esterne (ambiente, educazione, promesse, minacce); ma, finché in lui perdura l'uso della ragione, rimane sempre padrone, più o meno, di sé e delle sue azioni. Questo insegna l'esperienza individuale e sociale, questo dimostra l'esempio di tutti i Santi di alcuni dei quali ci siamo occupati dal lato grafologico. (Vedi P. G. M. MORETTI, I Santi dalla Scrittura. Padova). Evidentemente, i deterministi in genere non si preoccuparono di studiare la psicologia elei Santi. Eppure anche i Santi sono uomini, anzi rappresentano la classe più eletta dell'umanità: sono gli aristocratici dello spirito. D'altra parte i deterministi esagerano nello studiare la psiche dei delinquenti della società, degli esseri anormali, degenerati, perché generalizzano troppo e moltiplicano fino all'infinito casi particolari che non costituiscono che un'eccezione combinante la regola. Ognuno comprende quanto sia dannoso alla scienza e alla conoscenza della realtà questo metodo da essi usato. Perché talvolta ci incontriamo con qualche cane idrofobo, dobbiamo forse concludere che tutti i cani sono idrofobi? Non è nostro compito né nostro intendimento dimostrare di proposito, in sede grafologica, la volontà libera dell'uomo. Ci basti avvertire i competenti quale aiuto la grafologia possa arrecare alla scienza filosofica nel settore così importante del libero arbitrio.
§ XIII. • TRASMISSIBILITÀ' DELLA MIA GRAFOLOGIA Molti negano alla mia Grafologia la qualità eli scienza, perché dicono che non e trasmissibile. Asseriscono questo senza sapere quello che dicono. Negano ciò che non conoscono non essendosi mai applicati
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allo studio della mia Grafologia. Sta invece il fatto che chi l'ha studiata in questo mio trattato anche nelle precedenti edizioni e senza il mio personale intervento, l'ha imparata e la sa applicare, e contro il fatto non c'è nulla de replicare.
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PARTE PRIMA
CARATTERE SCIENTIFICO DEI SEGNI GRAFICI
1. SEGNI GRAFICI IN GENERALE
Significato e valore. Per la parte didascalica della grafologia, innanzitutto, la cosa necessaria è quella di conoscere il significato e il valore grafologico di un segno grafico. I segni grafici si dividono in segni grafici in generale e in segni grafici in particolare. Seguiamo qui un ordine logico e non alfabetico perché, così, potremo meglio far vedere il nesso tra la parte didascalica e quella scientifica. Sotto il nome di segni grafici, loro significato e valore, noi vogliamo esporre quelle date qualità individuali della grafia umana, che sono affettivo-attive e somatiche. Qui ne diamo il significato e il valore; la loro combinazione verrà dopo: allora dovremo scomporli, associarli, metterli in contrasto, sminuzzarli, per modo di dire, affinchè la loro congiunzione sia ragionevole in una data scrittura. Dobbiamo far osservare, sin dall'inizio, che un segno grafico o grafologico non può, per se stesso, significare due tendenze disparate, come vogliono sostenere altri grafologi. Questo risulta dalla nostra lunga esperienza, dallo studio di discriminazione accurata e dalla ragionevolezza della cosa in se stessa. Un segno potrà significare tendenze disparate solo tirato e congiunto con altri segni o, meglio, il segno può essere affievolito, assorbito, accentuato dalla congiunzione con altri segni. Dobbiamo anche notare che i segni si distinguono in sostanziali, in modificanti e in accidentali, secondo che riguardano la sostanzialità della personalità umana o le accidentalità. I segni sostanziali hanno un valore di fondamento, di impostazione della personalità umana. I modificanti per se stessi hanno un valore accidentale, ma sono muniti di tanta forza e di tali qualità da modificare e in qualche caso far cambiare rotta ai sostanziali, e in certo modo attirarli alle inclinazioni significate dai modificanti. Gli accidentali sono quelli 31
che non riguardano la sostanza dell'Io, ma solo i contorni e cose accessorie, che tante volte però possono dare la distinzione individuale ai segni sostanziali e modificanti. Infine, siccome i segni possono essere più o meno accentuati, siamo costretti a dare gli esempi con ordine progressivo o regressivo. Per l'accentuazione massima prenderemo il n. 10; sicché questa avrà il grado di 10/10. U n . 10 andrà diminuendo a misura della minore accentuazione o intensità del segno. I segni dati appartengono al sentimento (volontà, disposizioni affettivo-attive) e alle facoltà intellettuali. Tutti i segni vanno in certo modo a modificare la parte del sentimento come pure dell'intelletto, perché nell'uomo tutto è unito. Direttamente però non tutti i segni che riguardano le attitudini intellettuali riguardano anche le disposizioni affettivoattive e viceversa. I segni comuni all'intelletto e alla volontà hanno per tutte e due le facoltà la stessa forza in quanto tali, perché l'intelletto quando è entrato in possesso del suo oggetto comunica tutta la sua forza alla volontà e la volontà si piega positivamente o negativamente secondo la forza e il lume che ha ricevuto dall'intelletto. Quando invece il segno riguarda solo o direttamente la parte intellettuale, allora la volontà resta padrona perché nell'uomo è sempre essa che comanda, ma in questo caso il compito del comando in particolare e l'esecuzione di quello che viene comandato spettano all'intelletto, perché la volontà non sarebbe neppure capace di supporlo nell'intelletto e nel suo oggetto, essendo queste manifestazioni prettamente intellettuali, cioè non escono dalla cerchia dell'intelletto. Prendi l'esempio del fiume. La volontà vuole che l'acqua corra dentro al letto. Le modalità e le particolarità della corsa sono proprie dell'intelletto. Venendo nel campo nostro. Il segno Disuguale metodicamente è indice dell'arte inventiva. Quest'arte sta esclusivamente nell'intelletto. La volontà individuale può conoscere e non conoscere l'esistenza di questa disposizione. Quindi se la volontà comanda all'intelletto di fare un'opera d'arte, l'intelletto senza concorso della volontà tira fuori le sue disposizioni. Se queste disposizioni esistono ne usufruirà in quel grado e in quella maniera che esistono raccomandandosi alla volontà di imporsi alle facoltà necessarie per l'assiduita, docilità nell'apprendere, ecc. Quindi per tutto ciò che appartiene a quello che significa lume, precisione, concezione, invenzione, chiarezza e anche sentimento in quanto può essere fattore di concezione, di chiarezza, di calore dell'opera, ecc., appartiene all'intelletto. Invece assiduita, comando, inferiorità, resistenza, ascolto, attesa secondo che richiedano le circostanze sono compito della volontà. Per spiegare meglio e dare un concetto completo psicologico per quanto 32
è possibile, se nel campo ristretto all'intelletto entra qualche cosa che appartiene alla volontà, vi entra sempre per concessione della volontà, però suscitato dall'intelletto. Cosicché l'intelletto, per modo di dire, può invadere il campo della volontà, e in realtà lo invade dando la forma intellettiva alle qualità o prerogative della volontà. Bisogna considerare che l'intelletto è portato a piegarsi alle disposizioni della volontà; per esempio, l'ambizione appartiene alla volontà; ora l'ambizioso chiama l'intelletto perché serva alla sua ambizione e l'intelletto si accomoda ad architettare, comporre ogni sorta di errori, vizi, storture morali per assecondare le petizioni della volontà. Diamo subito qui di seguito lo specchio di tutti i segni grafologici, affinchè lo studioso li possa fissare in mente sin dal principio.
SEGNI DELLA VOLONTÀ (sentimento - carattere - disposizioni affettivo-attive)
Segni sostanziali Curva Angoli A Angoli B Angoli C Intozzata 1° modo Intozzata 2° modo Larga tra lettere Lettere addossate . Mantiene il rigo . Ascendente . Discendente . Sciatta Contorta Sinuosa . Scattante Secca Stentata . Flessuosa Tentennante . Titubante Ponderata Acuta Irta . . . .
Bontà Risentimento, permalosità Tenacia, testardaggine Saper fare Comando, ambizione, indipendenza Impressionabilità Generosità Apprensione Fermezza Entusiasmo, spirito di perfezionamento, presunzione Debolezza, tendenza a scoraggiarsi, a cedere Tendenza a noncuranza Controllo Dolcezza insinuativa Impulsività Avarizia Stentatezza Menzogna Indecisione Timidezza Ponderazione Contraddizione Mania di contraddizione
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Parallela Piantata sul rigo Artritica
Unilateralità Serietà cosciente Agitazione per fissazione
Segni modificanti Apertura a capo delle o e a Aste rette . . . . Aste piegate in avanti . Aste piegate indietro . Ardita Calma Slanciata . . . . Pendente . . . . Rovesciata . . . . Dritta Filiforme . . . . Fine Grossa Grossolana . . . . Aggrovigliata Dinamica . . . . Profusa Recisa Austera Ricci della sobrietà Ricci della spavalderia Ricci della flemma Ricci della mitomania Ricci della confusione Ricci del nascondimento . Ricci dell'ammanieramento Ricci del soggettivismo Accartocciata
Intenerimento sessuale, beniaminismo Inflessibilità Remissività Repulsione Arditezza Calma Slancio Affettività di abbandono Stranezza Sostenutezza Delicatezza, sensibilità. Raffinatezza Rudezza Materialità Arruffamento Inesaurimento di azione Espansione Recisione Austerità Sobrietà Spavalderia Flemma Mitomania Confusione Nascondimento Ipocrisia 'ettività lenza
Segni accidentali Fluida . Impaziente . Solenne Spavalda Vezzosa Accurata
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Scorrevolezza, naturalezza Impazienza Solennità Spavalderia Grazia, civetteria Affievolimento
SEGNI DELL'INTELLETTO (memoria - ragionamento - intuizione - attitudini intellettuali)
Segni sostanziali Larga di lettere Larga tra lettere Larga tra parole Legata . . . . Disuguale metodicamente Sinuosa . . . . Contorta Minuta . Minuziosa Disordinata Elegante Chiara . Oscura . Nitida . Confusa . Acuta . Uguale . Pendente
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Profondità intellettiva Generosità di giudizio e comprensione Ragionamento, critica Logica Originalità di concezione Penetrazione psicologica Attitudine alla meccanica, intelligenza di ingranaggio, controllo Finezza di giudizio, di penetrazione Minuziosità Disordine di idee Arte della prospettiva Chiarezza di apprendimento e di comunicativa Nebulosità Nitidezza, distinzione Confusione Acutezza Copiatura Assimilazione
Segni modificanti Pedanterìa Precisione Sobrietà, laconicità Prontezza intellettiva Lentezza Azione continua Diffidenza
Pedante . Accurata. Parca Veloce . Lenta Dinamica Accartocciata
Segni accidentali Alta . . Attaccata Staccata . Levigata . Spadiforme .
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Prosopopea-descrizione Continuità di pensiero Analisi Proprietà affettata Affievolimento
LEGGI FONDAMENTALI DELLA GRAFOLOGIA 1. Il segno grafologico, qualunque segno grafologico, quando si avvera in una data scrittura, ha la manifestazione nell'intelletto, nella parte affettivo-attiva e nella parte somatica (corpo umano). I segni, che principalmente e direttamente sono dell'intelletto, toccano anche la volontà e la parte somatica; così i segni che direttamente e principalmente si riferiscono alle disposizioni affettivo-attive toccano anche l'intelletto e la parte somatica. Così i segni che principalmente e direttamente riguardano la parte somatica (per esempio, pressione sfumata, finali a coda di topo, ecc.) toccano anche la parte intellettiva e le disposizioni affettivo-attive. 2. Il grado o il valore dei segni grafologici si misura in decimi. Ma nel calcolo reale non bisogna allontanarsi dalla malleabilità della psicologia; quindi non bisogna misurare in modo decisamente matematico, perché il metodo è matematico per la precisione, ma nell'applicazione si deve adattare alla psicologia che non è matematica. La misurazione parte dal grado 10, difficilmente raggiungibile in una scrittura, come è difficilmente raggiungibile l'unità. Soprattutto importa sapere se il grado è sotto la mediocrità, o nella mediocrità, o sopra la mediocrità. 3. Il valore dei segni vale tanto per l'uomo che per la donna. Mentre le manifestazioni pratiche variano secondo la natura del sesso: nella donna prevale il sentimento, nell'uomo l'intelligenza. 4. Nell'applicare i segni per trame la personalità è necessario tener conto dei segni accompagnatori che possono essere favorevoli, contrari o indifferenti. 5. Il segno in se stesso ha un significato, ma nella combinazione con gli altri segni può assumere significati vari secondo le richieste della combinazione psicologica. 6. La personalità viene indicata dai segni sostanziali; in mancanza di questi dai segni modificanti; in mancanza di questi e di quelli, dai segni accidentali. Dato che i sostanziali siano meno forti di qualche modificante, è il modificante allora che impronta la personalità; e dato che un accidentale sia più forte dei sostanziali e dei modificanti, è lui in questo caso che impronta la personalità. 7. È necessario che la scrittura, per poter essere esaminabile, sia spontanea. Quanto più è spontanea tanto più è esaminabile. Spontanea significa che uno scriva senza posa, ma naturalmente come se la scrittura dovesse leggerla solo il soggetto. La scrittura si forma con la personalità ed è indice grafologico quando la mano ha la facoltà di correre sulla carta. Si matura e invecchia con il maturarsi e invecchiarsi dell'uomo senza mai perdere la propria fisionomia come non la perde l'uomo con il maturarsi e invecchiarsi. 8. La grafologia scopre solo le tendenze naturali. 36
CLASSIFICAZIONE GRAFOLOGICA DELL'INTELLIGENZA L'intelligenza, psicologicamente considerata, può essere divisa in intelligenza intuitiva e intelligenza assimilatrìce. L'una e l'altra possono essere positive o negative. Q L'intelligenza intuitiva positiva è l'intelligenza che inventa, cioè quella che produce quasi come sorgente. A questa appartiene il genio. Questa intelligenza considera ciò che è degli altri, ma non se ne cura perché non ne ha bisogno trovando migliore quello che scaturisce da sé. In ciò consiste il genio positivo. Tale intelligenza è il parallelo intellettuale del temperamento dell'assalto. Il genio non crede mai di essere tale. Se crede di esser tale non lo è. E prudente ma è convinto di quello che trova e rimane nella sua convinzione anche a costo di perdere tutto. Pensa che tutti arrivino a conoscere ciò cui lui crede o scopre. Tiene per certo come evidente quello che trova. Non parla tanto e sente fastidio quando è stuzzicato sulle sue abilità. Di solito non è abile a spiegare le sue intuizioni per l'evidenza delle sue vedute. Precorre i tempi ed è piuttosto contemporaneo della posterità. È molto semplice e non va a impalcature e cose complicate. Il genio se ne impippa altamente del metodo scientifico, però quello che depone è prettamente scientifico e non viene capito scientificamente dai miopi intellettivi. Il genio di solito non tende all'analisi, ma supera chiunque nell'analisi se ci viene chiamato. O L'intelligenza assimilatrice o di ragionamento, positiva, è l'intelligenza che non inventa, ma assimila ed esamina i dati già trovati da altri, se ne impossessa e li riproduce mettendo qualche cosa deH'Io tanto da fare apparire il risultato come una produzione originale, mentre esaminandolo profondamente non è altro che una riproduzione che esecutivamente è più metodica e quindi sembra più originale. A questa appartiene l'ingegno. Questa intelligenza è il parallelo intellettuale del temperamento dell'attesa. L'ingegno è tutto il contrario del genio. Tende a spiegare troppo e a pretendere troppe spiegazioni. Pone tutto sotto la luce del problema e non dell'evidenza della risoluzione. Con le troppe spiegazioni facilmente degenera intellettivamente. L'ingegno può andare a finire nell'imbecillità quando l'individuo pretende di arrivare dove il suo ragionamento non può arrivare. Il genio tende a essere sincero con se stesso, mentre l'ingegno è difficile che non nasconda sé a se stesso, come si nasconde agli altri. L'ingegno va di pari passo con i suoi tempi; è aggiornato e può com37
prendere i suoi tempi superficialmente perché per comprendere bene i propri tempi è necessario precorrere i tempi che verranno. L'ingegno tende a definire in modo sentenzioso gli altri e le opere altrui. L'ingegno va soggetto all'autostima e al pessimismo nelle cose altrui. Guarda più alla forma scientifica del metodo senza curarsi direttamente della sostanza scientifica della cosa. Di solito si impadronisce talmente della materia da farla comparire come originalità propria. L'ingegno ha la tendenza alla logica discorsiva. Q L'intelligenza assimilatrice negativa è quella che sta fondata sulla contraddizione o resistenza intellettuale a tutto. E il parallelo del temperamento della resistenza. Costoro hanno sempre da ridire su tutto quello che appartiene agli altri per fare valere il proprio. A questa intelligenza appartiene il talento. Questa intelligenza assimilatrice negativa può essere un'intelligenza che non ha nulla di proprio come una macchina che produce per serie. Il talento contraddice sempre e si crede di valere e manifestare il suo valore contraddicendo. Per contraddire però ha bisogno di elementi dati. Non è capace però di risolvere le sue contraddizioni. È arguente ma non difendente. Prova il gusto delle contraddizioni e del dispetto. Ha tendenza alle difficoltà. Di solito il talento è petulante. Resiste e accerchia di difficoltà quello che viene proposto dagli altri. Q L'intelligenza intuitiva negativa è l'intelligenza dell'inventore, ma che non riesce a portare a termine l'opera o per mancanza del necessario criterio pratico o per influenzabilità totale passiva. A questa categoria appartengono i disordinati, i neghittosi, gli sciatti, i mancanti di spina dorsale intellettiva. Tale intelligenza è il parallelo della cessione. Dobbiamo notare che anche il genio intuitivo positivo, semplicemente tale, tende a mancare di criterio pratico; però vi sostituisce l'intuizione per quello che è necessario. L'intelligenza influenzabile è un'intelligenza di paura, di non sicurezza. Tende a lasciarsi stornare xdalle proprie convinzioni da qualunque piccola difficoltà od occasione. E la negazione dei requisiti del comando e dell'imposizione della propria idea. Tra gli uomini esistono pure gli imbecilli od ottusi intellettivamente, ma costoro escono dal campo dell'intelligenza. Segni appartenenti per se stessi all'intelligenza intuitiva 1. Curva 2. Angoli A 3. Angoli B fino a 5
Intuizione diretta per altruismo Intuizione diretta per risentimento legittimo Intuizione diretta per tenacia
4. Angoli C. 5. Intozzata 1° modo 6. Larga di lettere 7. Disuguale metodicamente 8 . Minuta . . . . 9 . Parca . . . . 10. C o n t o r t a . . . . 11. Sinuosa . . . . 12. Vezzosa grazia 13. Apertura delle o e a 14. Ricci sobrietà . 15. Calma . . . . 16. Ponderata 17. Dinamica 18. Scattante . . . . 19. Fluida . . . . 20. F i l i f o r m e . . . . 21. Fine 22. A t t a c c a t a . . . . 23. Elegante . . . . 24. Legata . . . . 25. F l e s s u o s a . . . . 26. Piantata sul rigo 27. Impaziente
Intuizione per saper fare Intuizione per imposizione Intuizione per profondità intellettivaTendenza all'intuizione Intuizione per osservazione raffinata Intuizione per scultoreità di pensiero Intuizione per meccanica, controllo, sovversivismo Intuizione per penetrazione dei sentimenti umani Intuizione per l'efficacia della preghiera Intuizione romantica Intuizione laconica Intuizione per pacatezza e per lirismo Intuizione per riflessione Intuizione per dinamismo Intuizione per musica e per armonia Intuizione per naturalezza Intuizione per delicatezza di pensiero Intuizione per diligenza e compitezza Intuizione per sintesi Intuizione per l'arte di prospettiva Intuizione per logica Intuizione per dolcezza di complicazione intellettiva o dell'arte del ripiegamento Intuizione della irremovibilità Intuizione dell'eccessività della spontaneità
Segni appartenenti per se stessi all'intelligenza assimilatrice 1. Angoli A sopra i 5 . 2. Mantiene il rigo 3. Ascendente 4. Larga tra lettere 5. Larga tra parole 6 . Chiara . . . . 7. Nitida . . . . 8. Aste rette 9. Ricci nascondimento . 10. Ricci ammanieramento 11. Pendente 12. Dritta . . . . 13. Recisa . . . . 14. Austera . . . . 15. Lettere addossate .
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no 1per risentimento illegittimo • Ingegno per fermezza Ingegno per presunzione di non ascoltare consigli Ingegno per generosità Inverno per crìtica o o i Ingegno per pensiero e comunicativa chiara Ingegno per nitidezza di pensiero e comunicativa Ingegno per inflessibilità di pensiero Ingegno per occultare il pensiero Ingegno per ipocrisia intellettiva Inverno per assimilazione Ingegno per sostenutezza Ingegno per decisione Ingegno per austerità t>er stringatezza O
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Segni appartenenti per se stessi all'intelligenza di contraddizione 1. Angoli B sopra i 5 2. Acuta 3. Profusa . 4. Stentata . 5. Minuziosa 6. Staccata . 7. Oscura . 8. Vezzosa civetteria. 9. Secca 10. Pedante . 11. Aste a sinistra 12. Ricci spavalderia . 13. Ricci soggettivismo 14. Ricci mitomania . 15. Slanciata 16. Grossa e Grossolana 17. Accurata 18. Levigata . 19. Ardita . 20. Alta 21. Solenne . 22. Lenta 23. Veloce . 24. Aggrovigliata 25. Irta . . . . 26. Rovesciata
Talento per testardaggine Talento per unilateralità Talento per espansione Talento per collera Talento per strettezza di vedute Talento per analisi Talento per mancanza di chiarezza Talento per l'inganno Talento per avarizia Talento per pedanteria Talento per repulsione Talento per millanteria Talento per attaccamento all'Io Talento per fissità di idee Talento per impulsività o per intraprendenza Talento per rudezza Talento per precisione e arte diplomatica Talento per precisione raffinata Talento per mancanza di adattamento Talento per solennità Talento per solennità Talento per noncuranza Talento per non dar tempo all'adattamento di pensiero Talento per illogicità Talento per autopessimismo Talento per contraddizione strana
Segni appartenenti per se stessi all'intelligenza influenzabile 1. Intozzata 2° modo 2. Discendente . 3. Disordinata . 4. Titubante 5. Confusa . 6. Uguale e Parallela 7. Aste a destra . 8. Ricci flemma 9. Spadiforme . 10. Sciatta . 11. Artritica . 12. Accartocciata 40
Influenzabilità per emotività Influenzabilità per debolezza Influenzabilità per disordine Influenzabilità per timidezza intellettiva o per dubbio Influenzabilità per sentimento di simpatia o antipatia Influenzabilità per attaccamento alla tecnica Influenzabilità per remissività Influenzabilità per neghittosità Influenzabilità per affievolimento Influenzabilità per trascuratezza Influenzabilità per la ricerca del vero Influenzabilità per involuzione
2. SEGNI GRAFICI IN PARTICOLARE
Dato il concetto generale psicologico dei segni, ed esposti gli stessi segni casellandoli secondo la loro tendenza affettivo-attiva, o semplicemente intellettuale, scendiamo ora all'esposizione, impostazione, significato e grado di ciascun segno in particolare.
^ SEGNO 1° - SCRITTURA CURVA Psicologicamente considerato, l'egoismo - secondo l'etimologia della parola - non è affatto contro la moralità, anzi la favorisce. Se è vero che abbiamo la nostra personalità distinta da qualunque altra personalità, abbiamo l'obbligo di mantenerla distinta, nella parte materiale, intellettiva e morale. Ora questo — mantenerla distinta — non è altro che un'esigenza della nostra individualità, in altri termini dell'egoismo rettamente considerato. L'angolo nella scrittura, sotto qualunque forma si presenti, è il segno grafologico dell'egoismo. Ora la negazione dell'egoismo non è altro che altruismo. E la scrittura Curva è il segno grafologico dell'altruismo. Questo segno non si può, in grafologia, ottenere in forma perfetta, in quanto noi abbiamo delle esigenze inalienabili, le quali vengono espresse dagli angoli che vanno a menomare il segno Curva. Definizione. — II segno Curva dice opposizione al segno Angolosa. Le lettere che sopra tutte cercano di liberarsi degli angoli sono le o e le a e tutte le loro derivate. Quindi la scrittura Curva è quella che nelle a, nelle o e derivate procede senza inciampi, senza arresti, cioè senza angoli. Quanto più questo segno ha di rotondila tanto più è forte di grado. 41
E un segno grafologico sostanziale riguardante solo la volontà e non l'intelletto, perché il Larga di lettere di cui parleremo potrebbe anche essere non Curva sebbene in un grado superiore. Il segno totalmente curvo si ha dal circolo che è una figura piana contenuta in una linea curva detta circonferenza e i cui punti sono egualmente distanti dal centro. Di modo che se uno, due, tre punti sono non ugualmente distanti dal centro non si ha più il circolo e quindi non si ha più il segno totalmente curvo. Perché la linea curva del circolo non sia affatto menomata, non basta che i punti interni della circonferenza siano ugualmente distanti dal centro, ma che anche esternamente siano tangenti ai lati di un quadrato circoscritto entro il quale il circolo possa ruotare liberamente. Osserva il circolo di fìg. I eia a nella stessa figura. La a non è stata circoscritta da un quadrato perché a causa della zampina finale non può roteare.
Per misurare il grado di Curva bisogna guardare alla presenza degli angoli. Gli Angoli A e B, che in una scrittura si possono avverare insieme o separatamente, sono direttamente contro Curva. Di modo che se ambedue si avverano in una scrittura in un grado sopra i 5/10 il segno Curva non si considera più perché incompatibile. Se di questi due angoli ce n'è uno solo sopra i 5/10, allora Curva viene molto menomata e anche esclusa se il detto angolo è molto superiore ai 5/10. Per esempio se l'angolo A o l'angolo B separatamente fosse presente in una scrittura con 8 o 9/10 è impossibile che vi sia il segno Curva. Se con 7/10 allora il segno Curva potrebbe avere intorno a 2/10 o al più 3/10. Osserva la fìg. 2. L'angolo C invece è molto compatibile con il segno Curva, tanto che le inalienabilità dell'Io, che nell'uomo sono per lo meno di 2/10 e nella donna di 4/10, vengono principalmente significate dagli Angoli C. Sicché l'angolo C toglie a Curva soltanto quello a cui Curva non ha diritto, e a cui la personalità umana non può e non deve rinunziare. 42
Semmai Curva avesse più di 8/10 nell'uomo e più di 6/10 nella donna, sarebbe indice di debosciatezza e di cessione che tende a snaturare l'Io. Eccetto il caso di sublimazione. Ma in questo caso l'individuo non si sublimerebbe da sé, ma per un concorso diretto di Dio, come è avvenuto nel santo Poverello di Assisi.
Fig. 2 Scrittura mancante del segno Curva per la presenza degli Angoli A e B in grado superiore.
Ma bisogna tenere conto delle intozzature che si possono avverare nelle o e a, e nelle derivate. Se l'intozzatura è un chiaroscuro naturale, allora toglie a Curva un decimo di grado. Se l'intozzatura non è naturale ma prodotta dalla pressione repentina della mano, di modo che viene a produrre l'intozzatura 2° modo (ciò che si renderà chiaro quando tratteremo di Intozzata 1° modo) allora questa intozzatura, come tale, toglie a Curva 2/10, per cui Curva soltanto per questo motivo scende a 8/10 di grado.
Osserva bene la fìg. 3. La a n. 1 presenta l'intozzatura in modo naturale che si riduce a un semplice chiaroscuro. La seconda a eia o presentano l'intozzatura data dalla pressione repentina della mano. 43
Per scendere meglio alla pratica, a fìg. 4 ti faccio vedere come il grado di Curva, emerga dalla presenza degli angoli e delle intozzature. Gli uni e le altre sono indicati da frecce che hanno la /' per significare le intozzature e la a per significare gli angoli. La