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Zitiervorschau

Appunti di ISTOLOGIA

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a cura di Fabio Zonin CAPITOLO IX TESSUTO EPITELIARE Tessuto epiteliale o epitelio Gli epiteli ricoprono le superfici esterne ed interne del corpo e sono pertanto detti epiteli di rivestimento. L’epitelio è un tessuto formato da cellule contigue, fittamente stipate fra loro, con interposta una scarsissima sostanza extracellulare amorfa che occupa sottili interstizi cellulari di 15-30 nm. Esso forma lamine cellulari o amassi solidi e poggia su di una membrana basale che lo separa dal tessuto connettivo circostante. L’epitelio è costituito da cellule polarizzate, tenacemente adese fra loro ed alla sottostante membrana o lamina basale grazie ad alcune particolari specializzazioni di membrana definite strutture di giunzione. Gli epiteli non sono vascolarizzati. In relazione alle diverse richieste funzionali si registrano marcate differenze di struttura fra diversi tessuti epiteliali, che possono essere classificati in: 1. Epiteli semplici: costituiti da un solo strato di cellule e suddivisi, in base all’aspetto morfologico di queste, in:  Pavimentoso semplice,  Cubico semplice,  Cilindrico semplice, 2. Epiteli stratificati o composti: costituiti da 2 o più strati cellulari e denominati, in base alla morfologia delle loro cellule superficiali:  Pavimentoso pluristratificato,  Cilindrico pluristratificato. Epiteli pavimentosi semplici Endotelio: È un epitelio pavimentoso semplice che riveste il lume dei vasi sanguigni; suo compito è principalmente quello di regolare il passaggio di molecole ematiche ai tessuti circostanti il capillare sanguigno. Esso regola dunque la cosiddetta permeabilità vascolare. Epiteli cilindrici semplici Epitelio intestinale: è un epitelio cilindrico semplice che riveste il lume dell’intestino tenue. Esso è deputato a 2 funzioni principali: l’una assorbente, l’altra digestiva. La prima si esplica mediante il completamento della digestione dei cibi che vengono immessi dallo stomaco attraverso il piloro, la seconda permettendo ai prodotti finali della digestione di passare in maniera selettiva ai vasi sanguigni e linfatici. La struttura dell’epitelio intestinale è dunque specializzata all’assorbimento e le sue cellule, gli enterociti, sono perciò polarizzate. La polarità degli enterociti è tale per cui il polo superficiale o apicale, rivolto verso il lume intestinale, è specializzato all’assorbimento dei prodotti della digestione. Il polo basale, o

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profondo, che si affaccia sulla sottostante tonaca propria, intervene viceversa nel trasporto delle sostanze assorbite verso la rete capillare sanguigna o linfatica sottostante. Alla polarità funzionale degli enterociti, corrisponde una loro ben precisa differenziazione strutturale delle due estremità, basale ed apicale. Epitelio cilindrico semplice cigliato: presente nella mucosa dell’ovidotto, dell’apparato respiratorio, e di talune aree circoscritte delle vie genitali femminili. Tale epitelio è caratterizzato dalla presenza, sulla sua superficie, di ciglia vibratili, che hanno la funzione di spostare il sottile strato di muco che bagna l’epitelio, e con esso eventuali particelle che fossero rimaste imbrigliate in tale materiale. Epiteli pavimentosi pluristratificati Epitelio pavimentoso stratificato corneificato: la sua espressione più tipica è rappresentata dall’epidermide, che assieme al derma, di natura connettivale, forma la cute o pelle, che ricopre la superficie esterna del corpo. L’epidermide svolge numerose importanti funzioni:  Protegge l’organismo da traumi fisici, meccanici, chimici provenienti dall’ambiente esterno;  Riceve stimoli dall’ambiente esterno;  Partecipa alla termoregolazione;  Partecipa al mantenimento dell’equilibrio idrico;  Partecipa alla difesa immunitaria;  Elimina varie sostanze. Le cellule che formano l’epidermide, i cheratinociti, sono disposti su più strati cellulari denominati, procedendo dalla profondità verso la superficie:  Strato basale o germinativo;  Strato spinoso o del Malpighi;  Strato granuloso;  Strato lucido (presente solo in determinati distretti corporei);  Strato corneo. Le cellule che formano i vari strati sono cheratinociti in fasi successive del loro processo di maturazione, e le cellule più differenziate sono le cellule cornee degli strati superficiali. Le cellule cornee sono metabolicamente inerti e prive di nuclei. Le cellule dello strato corneo vanno infatti incontro a continua desquamazione e sono sostituite da nuovi elementi che derivano dall’attività mitotica dello strato profondo. Tale processo di continuo rinnovamento è garantito dalla presenza, nello strato basale, di cheratinociti staminali. I cheratinociti sono tenuti assieme da numerosi desmosomi in rapporto con i tonofilamenti di cheratina. Nell’epidermide sono presenti altri tipi cellulari, quali i melanociti, che producono melanina, il pigmento responsabile del colore della pelle.

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a cura di Fabio Zonin CAPITOLO X EPITELI GHIANDOLARI Le ghiandole Le ghiandole elaborano e riversano all’esterno, mediante il processo di secrezione, sostanze quali enzimi, ormoni, mucopolisaccardi, lipidi. Nella ghiandola, il parenchima o epitelio ghiandolare ha funzione di secrezione, mentre il tessuto connettivo interstiziale o stroma ha funzione meccanica di sostegno, ed in esso decorrono i vasi sanguigni ed i nervi che nutrono ed innervano le cellule connettivali e quelle epiteliali. In base al destino che subisce il secreto, le ghiandole possono distinguersi in:  Ghiandole a secrezione esterna od esocrine,  Ghiandole a secrezione interna od endocrine. Le ghiandole esocrine riversano il loro secreto sulla superficie esterna del corpo o in cavità che comunque comunicano col l’esterno. Le ghiandole endocrine sono invece sprovviste di dotti escretori e riversano i loro prodotti di secrezione, gli ormoni, direttamente nei capillari sanguigni. Esse sono pertanto provviste di una ricca rete capillare, avvolta nel tessuto interstiziale, che avvolge i singolo elementi epiteliali dell’organo. Le ghiandole esocrine La prima classificazione delle ghiandole esocrine è la seguente:  ghiandole unicellulari,  ghiandole pluricellulari. L’unica ghiandola unicellulare nei vertebrati è la cellula calciforme, presente ad esempio nell’epitelio intestinale, che produce e secerne mucina. Le ghiandole pluricellulari sono a loro volta classificate in base alla loro posizione rispetto alla parete del viscere da cui derivano; distinguiamo quindi:  ghiandole intraparietali: (intraepiteliali, coriali, sottomucose);  ghiandole extraparietali: (le grandi ghiandole annesse all’apparato digerente – pancreas, fegato, ghiandole salivari, ecc.). Nelle ghiandole complesse si distingue la porzione secernente, denominata adenomero, e la porzione escretrice, denominata dotto escretore, che riversa il secreto all’esterno. A seconda della complessità del dotto escretore, le ghiandole esocrine possono essere classificate in ghiandole semplici o ghiandole composte. Nelle ghiandole semplice, una o più unità secernenti sono connesse alla superficie dell’epitelio o direttamente o per mezzo di un dotto non ramificato. Tali ghiandole, a seconda della forma dell’adenomero, possono essere classificate in:  tubulari semplici,  tubulari glomerulari o a gomitolo,  tubulari ramificate,

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 acinose od alveolari. Sempre a seconda della forma degli adenomeri, le ghiandole composte si classificano in:  tubulari,  acinose,  tubulo-acinose,  tubulo-alveolari. L’insieme della parte secernente, adenomeri e dotti escretori prende complessivamente il nome di parenchima ghiandolare. La componente connettivale di sostegno, o stroma, che avvolge le grosse ghiandole formando la capsula connettivale, suddivide la ghiandola in lobi e lobuli mediante una serie di setti sempre più sottili che si dipartono dalla superficie interna della capsula, detti setti inerlobulari; infine sottili fibre reticolari circondano i singoli adenomeri. In base alla modalità di secrezione, le ghiandole esocrine possono essere classificate in:  olocrine: l’intera cellula, dopo aver accumulato il prodotto di sintesi, è eliminata, costituendo essa stessa il secreto);  apocrine: il citoplasma apicale degli elementi secernenti viene eliminato insieme al prodotto di secrezione;  merocrine: soltanto il prodotto di secrezione, contenuto in un granulo di secrezione, viene riversato all’esterno con le modalità note; la modalità di secrezione merocrina è la più comune. Le ghiandole merocrine, in base alle qualità del secreto, sono suddivise in sierose, mucose e miste. Le ghiandole mucose secernono un liquido viscoso, detto mucina; quelle sierose secernono un liquido chiaro ed acquoso contenente per lo più enzimi. Le ghiandole miste producono e secernono un liquido misto. Le ghiandole endocrine Le ghiandole endocrine hanno origine dall’epitelio superficiale come cordoni di cellule che proliferano ed invadono il tessuto connettivo. Esse, essendo prive di dotti escretori, secernono il loro prodotto, gli ormoni, direttamente nei capillari sanguigni. Gli ormoni, trasportati dal sangue, influenzano organi e tessuti situati a distanza; gli organi sottoposti all’azione di un determinato ormone sono definiti organi bersaglio. Il riconoscimento degli organi bersaglio da parte degli ormoni è reso possibile dalla presenza di particolari molecole proteiche o glicoproteiche, denominate recettori ormonali, che sono specifiche per ogni determinato ormone. I recettori per gli ormoni proteici e glicoproteici e per le catecolamine sono proteine o glicoproteine intrinseche della membrana plasmatici, mentre i recettori per gli ormoni steroidi sono localizzati nel nucleo. Vi sono 3 diverse varietà strutturali di ghiandole endocrine: la maggior parte di esse (ipofisi, paratiroidi, pancreas endocrino, surrene, epifisi) è costituita da ammassi o cordoni cellulari solidi; le cellule epiteliali sono avvolte da una membrana basale all’esterno delle quale vi è una ricca rete capillare. Altre ghiandole, come le ghiandole interstiziali del testicolo e dell’ovaio, le cellule

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a cura di Fabio Zonin parafollicolari della tiroide, le cellule endocrine delle mucosa gastrointestinale, sono formate da elementi isolati o raccolti in piccoli gruppi distribuiti nel tessuto connettivo e prendono il nome di ghiandole interstiziali. Infine esiste un tipo particolare di ghiandola, rappresentata dalla tiroide, che presenta una organizzazione detta a follicoli o vescicole chiuse.

CAPITOLO XI TESSUTI CONNETTIVI, TESSUTO CONNETTIVO PROPRIAMENTE DETTO Origine e classificazione I tessuti connettivi comprendono tessuti diversi accomunati dalla organizzazione strutturale e/o dall’origine mesenchimale. A differenza degli epiteli, nei connettivi le cellule sono separate fra loro da un’abbondante sostanza o matrice intercellulare, costituita da fibre e da sostanza amorfa che contiene il liquido tissutale od interstiziale. La matrice è composta da glicosaminoglicani e proteoglicani, da glicoproteine nonché da fibre. Le macromolecole della matrice sono sintetizzate e secrete dalle cellule, in particolare dai fibroblasti, dai condroblasti, dagli osteoblasti. Il diverso assortimento delle componenti fondamentali del connettivo dà origine ad una varietà di tessuti connettivi, funzionalmente e strutturalmente diversi fra loro. Fibre del tessuto connettivo Le fibre del tessuto connettivo appartengono e 3 diverse categorie:  fibre collagene,  fibre reticolari,  fibre elastiche. Le prime 2 sono entrambe costituite da tropocollagene. Le fibre collagene conferiscono al tessuto connettivo resistenza meccanica, le fibre elastiche la capacità di recuperare le dimensioni originali dopo essere stato disteso. Le fibre collagene sono flessibili ed offrono una grande resistenza alla trazione. Sono costituite da fibrille di 0,2-0,3µm di spessore, a loro volta composte da microfibrille dello spessore di 20-100 nm. La molecola di tropocollagene, una glicoproteina, è costituita da una tripla elica di catene α stabilizzata da legami intramolecolari che conferiscono alle fibrille collagene resistenza alla trazione. Esistono almeno 25 tipi di catena α diversi, ognuno codificato da un diverso gene, ed il loro assortimento determina circa 15 tipi diversi di collagene. I collagene di tipo I, II e II sono di gran lunga i più abbondanti. Il collagene di tipo I costituisce comunque da solo il 90% di tutto il collagene del corpo umano. Esso è presente nelle ossa e nei tendini, nel derma, nelle fasce ed in molti altri tessuti connettivi. Oltre ai collageni fibrillari esistono anche collageni associati a fibrille e collageni laminari. Il tropocollagene nasce come procollagene,

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corrispondente al collagene con però l’aggiunta di 2 peptidi o telomeri alle estremità delle molecola. Il procollagene subisce numerose modificazioni post-traduzionali, e 3 catene α si avvolgono nelle tripla elica di procollagene, che viene poi secreta. Una volta all’esterno della cellula, grazie all’azione della procollagene peptidasi, i 2 telomeri vengono rimossi, generando così il tropocollagene. Le molecole di tropocollagene si dispongono spontaneamente in file parallele formano fibrille con un diametro di 50-200 nm, lunghe alcuni µm, che si raccolgono quindi in fasci ondulati. Il collagene di tipo III forma le fibre reticolari, più sottili e anastomizzate fra loro. Le fibre elastiche abbondano nel tessuto elastico presente nelle arterie, nei legamenti elastici, nei tendini e nella cartilagine elastica. Esse possono ramificarsi ed anastomizzarsi formando un reticolo. Sono mediamente più sottili delle fibre collagene, e nelle arterie formano membrane elastiche fenestrate. Le fibre e le lamine elastiche sono costituite essenzialmente da 2 componenti: elastina, un materiale omogeneo, e da sottili microfibrille di fibrillina. L’elastina deriva dalla polimerizzazione di molecole di tropoelastine, proteine non glicosilate ad elevato contenuto di glicina e di aminoacidi idrofobici. La secrezione di elastina è preceduta dall’assemblaggio, nello spazio pericellulare, delle microfibrille di fibrillina. La sostanza fondamentale o sostanza amorfa È costituita da glicosaminoglicani, proteoglicani e glicoproteine. Si presenta come un gel fluido in grado di trattenere quantità variabili di acqua. Essa funziona come solvente per la diffusione di gas e di sostanze metaboliche dai capillari sanguigni alle cellule dei tessuti e viceversa. Le caratteristiche chimiche e funzionali della matrice dipendono fondamentalmente dai glicosaminoglicani di cui è composta: acido ialuronico, cheratan solfati, eparina, eparan solfato. I glicosaminoglicani sono sempre legati a proteine a formare complessi macromolecolari detti proteoglicani, che a loro volta si legano ad altre macromolecole andando a formare aggregati rpoteoglicanici. La membrana basale Fra tessuto connettivo e altri tessuti si trova la membrana basale, una zona ricca di macromolecole della matrice, composta da una lamina basale (ricca di integrine) e da una lamina reticolare (contenente macromolecole elaborate dai fibroblasti, quali i collageni di tipo I e III). Le cellule del tessuto connettivo Le cellule del connettivo appartengono a varie categorie, ciascuna delle quali è deputata a svolgere funzioni specifiche. I fibroblasti I fibroblasti possono essere di forma fusata o stellata, e le loro caratteristiche ultrastrutturali variano in relazione alla loro

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a cura di Fabio Zonin attività funzionale. Sono privi di attività fagocitarla. I fibroblasti elaborano tutti i componenti della sostanza intercellulare: tropocollagene, elastina, fibrillina, proteoglicani, glicoproteine. I macrofagi I macrofagi, derivanti dai monociti del sangue circolante, svolgono un ruolo fondamentale nei processi di difesa e sono caratterizzati da un’intensa attività fagocitaria. I macrofagi non stimolati sono difficilmente distinguibili dai normali fibroblasti, quando invece sono attivati dall’infiammazione i macrofagi diventano macrofagi liberi provvisti di elevata motilità e attività fagocitaria. La cellula aumenta di volume ed il citoplasma appare ripieno di granuli o vacuoli di materiale ingerito. Nel corso di infiammazioni croniche possono raggrupparsi in cellule giganti da corpo estraneo. Cellule equivalenti ai macrofagi sono presenti in numerose sedi dell’organismo e formano il sistema dei macrofagi, fondamentale nei processi di difesa. Nelle sedi di infiammazione i macrofagi aumentano considerevolmente di numero, per proliferazione locale, attrazione di macrofagi da aree vicine e migrazione di monociti dai vasi sanguigni. Specifici meccanismi immunitari intervengono nei processi di riconoscimento e fagocitosi dei macrofagi; essi presentano inoltre gli antigeni alle cellule immunocompetenti, partecipando così indirettamente alla produzione di anticorpi. I mastociti Sono grosse cellule di forma ovoidale, mobili, caratterizzate dalla presenza nel citoplasma di numerosissimi granuli contenenti eparina, istamina e (non nell’uomo) serotonina, importanti nella Essi secernono anche numerose risposta infiammatoria. interluchine, chitochine e fattori chemiotattici. Il rilascio da parte del mastocita delle sostanze contenute nei granuli, definito degranulazione, può consistere in una vivace esocitosi (degranulazione asincrona), oppure può avvenire in una forma generalizzata ed esplosiva (degranulazione anafilattica). Gli adipociti Gli adipociti uniloculari sono grandi, sferici, caratterizzati da una grande goccia lipidica centrale, nucleo schiacciato alla periferia e citoplasma ridotto ad un sottile anello periferico. Sono costantemente impegnati in un’intensa attività metabolica di accumulo e cessione di lipidi, sotto il controllo di numerosi ormoni, e permettono così di mantenere costante il rifornimento energetico dell’organismo anche in assenza di cibo. Essi svolgono inoltre importanti funzioni paracrine ed endocrine. Gli adipociti multiloculari presentano nucleo centrale ed accumuli lipidici suddivisi in molteplici gocce distribuite nel citoplasma. I loro mitocondri sono caratteristici per l’assenza di particelle F1 e per la presenza di proteine disaccoppianti. Essi svolgono un ruolo

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termogenico, dissipando sottoforma di calore l’energia liberata dall’ossidazione degli acidi grassi. I linfociti I linfociti, responsabili della sorveglianza immunitaria nei tessuti, sono identici ai piccoli linfociti del sangue, le plasmacellule (che producono anticorpi solubili), i granulociti neutrofili, (caratterizzati da una intensa attività fagocitaria), ed eosinofili (capaci di contribuire alle difese contro i parassiti e di modulare gli effetti delle degranulazione dei mastociti). Il tessuto connettivo lasso Il tessuto connettivo lasso è il tipo più diffuso di connettivo. Esso è caratterizzato dall’abbondanza di sostanza amorfa rispetto alla componente cellulare e alle fibre. Costituisce la lamina propria delle mucose, lo stroma di tutti gli organi, le tonache dei vasi sanguigni, avvolge le fibre muscolari e nervose, ecc. Il tessuto connettivo denso Nel tessuto connettivo denso le fibre predominano sulle componenti cellulare ed amorfa, e sono raccolte in grossi fasci stipati, con decorrenza regolare o senza orientamento ordinato. Fibre collagene ordinatamente disposte predominano nel tessuto connettivo denso regolare, in cui le proprietà meccaniche prevalgono rispetto a quelle trofiche e di difesa. È presente nelle strutture sottoposte a trazione, quali i tendini. Il tessuto connettivo denso irregolare è riscontrabile nel derma, nella capsula fibrosa di molti organi, nelle guaine di tendini, e di grossi nervi, e nel periostio. Nel tessuto connettivo denso elastico o giallo, presente ad esempio nei legamenti gialli delle vertebre, le fibre elastiche predominano nettamente su quelle collagene. Il tessuto adiposo Ne esistono 2 varietà nei mammiferi: tessuto adiposo bianco o monoloculare e tessuto adiposo bruno o multiloculare. Il tessuto adiposo bianco costituisce la maggior parte dell’adipe dell’organismo; il tessuto adiposo bruno è particolarmente abbondante nelle specie ibernanti, ma scarsamente rappresentato nei primati, uomo compreso.

CAPITOLO XII TESSUTO CARTILAGINEO La cartilagine è un tessuto connettivo di sostegno costituito da cellule (condroblasti e condrociti), fibre e matrice amorfa. È caratterizzata da solidità, flessibilità e capacità di deformarsi. Essa forma l’abbozzo dello scheletro nello sviluppo e permane nell’adulto in un numero limitato di sedi. È rivestita da un

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a cura di Fabio Zonin connettivo fibroso denominato pericondrio ed è sprovvista di vasi e nervi. Essa può svolgere, nelle diverse sedi e momenti, funzioni di scheletro di sostegno, di consentire il movimento reciproco dei capi articolari, di costituire l’abbozzo delle ossa e di consentire l’accrescimento in lunghezza delle stesse. Se ne distinguono 3 tipi: cartilagine ialina, cartilagine elastica, cartilagine fibrosa. Cartilagine ialina Costituisce l’abbozzo dello scheletro nell’embrione e nel feto, la cartilagine di coniugazione nell’accrescimento e riveste le superfici articolari e forma le cartilagini costali, gli anelli tracheali, ecc. I condroblasti iniziano a secernere proteoglicani e costituenti delle fibre, rimanendo inclusi nella matrice in cavità denominato lacune. Quando l’attività biosintetica del condroblasto diminuisce, la cellula assume il nome di condrocito. L’accrescimento della cartilagine può avvenire dall’interno, per proliferazione dei condroblasti (accrescimento interstiziale), oppure per produzione di nuovi condroblasti dal pericondrio (accrescimento per apposizione). La proliferazione ed il differenziamento delle cellule cartilaginee sono regolati da numerosi fattori: IGF1, IGF2, TGFβ, bFGF. I condrociti elaborano tutte le macromolecole che costituiscono la matrice cartilaginea (tropocollagene, proteoglicani, acido ialuronico, fibronectina ed altre glicoproteine). La matrice che circonda i condroblasti è particolarmente ricca di GAG. Le microfibrille della matrice cartilaginea sono costituite da collagene di tipo II, IX e XI. La matrice appare piena di granuli, non delimitati da membrana, con un diametro di 10-40 nm, detti granuli della matrice, che rappresentano aggregati di proteoglicani. Cartilagine elastica Si ritrova nell’orecchio esterno ed in poche altre sedi. È di colore giallastro ed è composta da fitti fasci di fibre elastiche, ramificati ed anastomizzati, che occupano quasi per intero la sostanza intercellulare, peraltro non particolarmente abbondante. Le fibre elastiche si formano per la polimerizzazione della tropoelastina in elastina che si deposita sulla preesistente trama di microfibrille di fibrillina. Cartilagine fibrosa La cartilagine fibrosa è riscontrabile principalmente nei dischi intervertebrali, nella sinfisi pubica, nella zona d’inserzione sull’osso dei tendini. È sostanzialmente una forma di transizione fra il tessuto connettivo denso e la cartilagine ialina. È caratterizzata da grossi fasci di fibre collagene di tipo I, immersi in una matrice contenente proteoglicani. È priva di un vero pericondrio e si continua con il connettivo fibroso, come nella zona di inserzione dei tendini sull’osso. Tessuto cordoide

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a cura di Fabio Zonin È presente nel nucleo polposo dei dischi inervertebrali; è formato da grosse cellule vescicolose separate da pochissima sostanza intercellulare. Degenerazione della cartilagine Fenomeni di degradazione della cartilagine si verificano nello sviluppo embrionale e nel rimodellamento postnatale, ma anche in situazioni patologiche quali l’artrite. I fenomeni regressivi dell’invecchiamento comportano una diminuzione in spessore della cartilagine e riduzione del suo grado di idratazione e comportano alterazioni della sua componente fibrillare e dei proteoglicani. Anche la trasformazione abestiforme e la calcificazione senile di alcune cartilagini ialine ed elastiche sono associate a cambiamenti degenerativi delle cellule cartilaginee e della matrice.

CAPITOLO XIII TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo è una forma specializzata di tessuto connettivo, caratterizzata dalla mineralizzazione della matrice cellulare. Esso è costituito da cellule, gli osteociti, e da matrice intercellulare. L’osso deve la sua robustezza alla matrice organica e la sua durezza alla matrice minerale. La matrice organica La matrice organica è formata da fibre collagene di tipo I immerse in una matrice amorfa, che contiene altre proteine quali proteine dia adesione, osteocalcina, osteonectina, Bmp e 2 piccoli proteoglicani. La matrice minerale La matrice minerale [Ca10(PO4)6(OH)2].

ha

composizione

simili

all’idrossiapatite

L’osso spugnoso L’osso spugnoso ha un aspetto alveolare ed è costituito da una rete tridimensionale di sottili trabecole nelle cui maglie intercomunicati è accolto il midollo osseo. L’osso compatto L’osso compatto appare come una sottile massa eburnea. L’epifisi e la diafisi Le epifisi delle ossa lunghe sono formate da osso spugnoso ricoperto da un sottile strato di mosso compatto, mentre la diafisi appare come un cilindro cavo la cui parete, formata da osso compatto, circoscrive una cavità midollare centrale.

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a cura di Fabio Zonin Il periostio La superficie esterna non articolare delle ossa è rivestita da una guaina connettivale, il periostio. Esso appare al microscopio elettronico come una guaina di connettivo denso, ancorata sull’osso sottostante mediante fibre collagene perforanti dette fibre di Sharpey. Le cellule dello strato interno del periostio mantengono potenzialità osteogeniche. L’endostio L’endostio appare come una sottile lamina di cellule pavimentose che riveste tutte le cavità interne delle ossa. La cartilagine articolare Uno strato di cartilagine ialina, riveste le superfici articolari, prendendo il nome di cartilagine articolare. La cartilagine di coniugazione Nelle ossa in accrescimento un disco di cartilagine, cartilagine di coniugazione, separa la diafisi dalle epifisi.

la

La struttura del tessuto osseo L’osso maturo è organizzato in lamelle distinte, spesse 5 µm, e prende perciò il nome di tessuto osseo lamellare. Ciascuna lamella è costituita da cellule e da sostanza intercellulare. In ogni lamella le fibre collagene sono orientate un una determinata direzione, e in lamelle contigue le fibre collagene sono orientate in direzioni diverse. Le cellule dell’osso, denominate osteociti, sono accolte in cavità lenticolari, le lacune ossee, scavate nelle matrice intercellulare calcificata. Dalle lacune si irradiano canalicoli ossei ramificati che si anastomizzano con quelli delle lacune vicine, fino a raggiungere i canali midollari o i canali vascolari. I canali vascolari Nell’osso compatto sono presenti canali vascolari orientati più o meno perpendicolarmente fra loro:  Canali di Havers  Canali di Volkmann Gli osteoni, i sistemi interstiziali ed i sistemi circonferenziali Le lamelle dell’osso compatto formano tre dipi di strutture diverse:  Gli osteoni: detti anche sistemi Haversiani, sono formati da un canale di Havers orientato parallelamente all’asse maggiore dell’osso, circondato da una serie di lamelle concentriche.  I sistemi interstiziali: sono residui di osteomi riassorbiti che si formano nel corso del rimodellamento osseo.  I sistemi circonferenziali: sono strati di lamelle disposte circolarmente, alla superficie esterna dell’osso ed alla superficie interna, al di sotto dell’endostio.

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I sistemi lamellari dell’osso spugnoso organizzate, ma semplici trabecole.

non

formano

strutture

Il tessuto osseo immaturo Il tessuto osseo immaturo che forma lo scheletro del feto differisce da quello dell’adulto. Le fibre collagene non formano infatti fasci parallele organizzati in lamelle, bensì fasci intrecciati. Nel corso del rimodellamento questo tessuto osseo immaturo è gradualmente rimosso per fare posto alla cavità del midollo osseo, o sostituito da tessuto lamellare, a fibre parallele. Nel rimodellamento osseo si verificano simultaneamente processi di riassorbimento e di deposizione di nuovo tessuto osseo. I processi di rimodellamento dell’osso continuano poi per tutta la vita. I tipi cellulari del tessuto osseo Nel tessuto osseo in accrescimento si distinguono 4 tipi cellulari:  Cellule osteoprogenitrici: esse sono le cellue staminali del tessuto osseo che permangono, anche nell’adulto, sulle superfici libere dell’osso maturo.  Osteoblasti: sono localizzati in corrispondenza delle superfici in via di espansione delle ossa; essi sintetizzano e secernono i componenti organici della matrice intercellulare e regolano anche la deposizione dei Sali minerali.  Osteociti: sono le cellule più numerose dell’osso maturo; sono cellule quiescenti, accolte nelle lacune oseee e fornite di prolungamenti citoplasmatici; sono nutriti tramite la rete di canalicoli e di canali vascolari scavati nella matrice.  Osteoclasti: sono sincizi polinucleati forniti di attività erosiva nei confronti della matrice ossea, accolti in fossette scavate sulla superficie delle trabecole ossee, dette lacune di Howship. La superficie degli osteoclasti ricolta verso l’osso presenta un orletto striato costituito da esili prolungamenti citoplasmatici. Gli osteoblasti appartengono alla famiglia dei monoliti-macrofagi. Il riassorbimento osseo Il riassorbimento osseo comporta una serie di eventi che iniziano con l’adesione degli osteoclasti alla matrice, e la delimitazione di un microambiente in cui si svolgerà l’azione erosiva. Il microambiente viene acidificato mediante una pompa protonica situata nella membrana dell’orletto striato. Il pH acido solubilizza i Sali minerali, esponendo la matrice organica alla digestione operata da enzimi rilasciati dall’osteoclasto. Origine del tessuto osseo Si riconoscono 2 diversi tipi di osteogenesi:  Osteogenesi intramembranosa o diretta: riguarda le ossa del cranio e parte delle ossa della faccia; l’osso si forma direttamente in seno al mesenchima per differenziazione delle

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a cura di Fabio Zonin cellule mesenchimali in osteoblasti. Il tessuto osseo membranoso immaturo è di tipo spugnoso, con trabecole di osso non lamellare che delimitano lacune inizialmente occupate da mesenchima, e successivamente da tessuto emopoietico. Il successivo rimaneggiamento comporta la formazione di osso di tipo lamellare.  Osteogenesi endocondrale o indiretta: l’osso è preceduto da un modello cartilagineo che viene in seguito sostituito da tessuto osseo. Le ossa della colonna vertebrale, del torace, del bacino e degli arti sono di derivazione indiretta, e sono pertanto chiamate ossa condrali o ossa di sostituzione. Tutti i centri primari di ossificazione compaiono nelle diafisi entro il terzo mese di vita intrauterina, mentre i centri di ossificazione secondari compaiono nelle epifisi molto più tardivamente. L’inizio dell’ossificazione è segnato dalla proliferazione e successiva ipertrofia dei condrociti. Le lacune cartilaginee si ingrandiscono a spese della matrice circostante che si assottiglia. La matrice residua si calcifica per deposizione di Sali di calcio e viene poi parzialmente riassorbita dai condroclasti, con la conseguente formazione di cavità che saranno successivamente occupare dall’invasione vascolare e da mesenchima. Dal mesenchima si differenziano quindi gli osteoblasti che si ancorano alla cartilagine calcificata e cominciano a secernere matrice osteoide. L’accrescimento osseo L’accrescimento in lunghezza di un segmento osseo dipende dalla presenza della cartilagine di coniugazione. Essa continua ad allungarsi, per tutto il periodo di sviluppo, per accrescimento interstiziale, dal lato rivolto verso l’epifisi, per essere contemporaneamente sostituita da osso dal lato rivolto verso la diafisi. Quando nell’adulto i condrociti del disco epifisario cessano di proliferare, il processo di ossificazione procede fino alla cosiddetta chiusura dell’epifisi, che comporta la sostituzione completa della cartilagine con osso. La mineralizzazione della matrice ossea La mineralizzazione della matrice ossea si svolge in 3 fasi: la prima fase è caratterizzata dalla comparsa nella matrice di minuti globuli calcificanti, rilasciati da condrociti ed osteoblasti. La seconda fase consta nell’accrescimento di tali globuli, fino alla formazione di strutture cristalline orientate. L’ultima fase comporta la coalescenza delle aree mineralizzate, in intimo rapporto con le fibre collagene.

CAPITOLO XIV SANGUE E LINFA Il sangue

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Il sangue è costituito da una componente liquida, denominata plasma, e da una componente corpuscolata, contenente i cosiddetti elementi figurati del sangue. Esso circola ininterrottamente all’interno dell’apparato cardiovascolare e provvede a mantenere l’omeostasi generale dell’organismo. Il plasma È la componente liquida del sangue in cui sono costituenti necessari per il metabolismo cellulare.

disciolti

i

Gli elementi figurati Gli elementi figurati comprendono strutture prive di nucleo, i globuli rossi, strutture nucleate, i globuli bianchi, e frammenti citoplasmatici, le piastrine. I globuli rossi I globuli rossi o eritrociti sono gli elementi del sangue specializzati nel trasporto dei gas respiratori O2 e CO2. essi sono privi di nucleo. I Globuli bianchi o leucociti I Globuli bianchi o leucociti sono gli elementi corpuscolari del sangue forniti di nucleo. Essi sono coinvolti nella difesa dell’organismo contro le aggressioni di agenti esterni quali batteri, miceti, virus e tossine. I processi delle difesa immunitaria si svolgono nei tessuti, ove quindi si realizza il ruolo proprio dei leucociti, a differenza dei globuli rossi che adempiono alle loro funzioni nel sangue circolante. I globuli bianchi sono costituiti da granulociti (neutrofili, basofili, eosinofili), monoliti e linfociti. I granulociti neutrofili I granulociti neutrofili (fagociti polinucleati) sono cellule ad attività fagocitaria la cui funzione primaria consiste nell’ingestione e distruzione dei microrganismi. I granulociti eosinofili I granulociti eosinofili sono dotati di un’attività selettiva nei confronti delle infezioni parassitarie. I granulociti basofili I granulociti basofili sono responsabili nei fenomeni di ipersensibilità immediata, quali riniti allergiche, orticaria, asma, anafilassi. I monociti I monociti sono gli elementi corpuscolari del sangue appartenenti al sistema monocito-macrofagico. Il monolito del sangue è il precursore del macrofagi tissutale. I linfociti

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a cura di Fabio Zonin I linfociti sono la componente fondamentale del sistema immunitario (immunità acquisita). Essi provvedono al riconoscimento specifico degli antigeni esterni e svolgono le principali funzioni effettrici. I linfociti B sono i responsabili della difesa immunitaria umorale, dovuta alla presenza degli anticorpi circolanti, le immunoglobuline. Le immunoglobuline sono glicoproteine presenti come recettori di membrana sui linfociti B e secrete, nelle ridsposta effettrice, dagli stessi linfociti B e dalle plasmacellule. I linfociti T sono gli effettori della difesa immunitara cellulo-mediata. La difesa immunitaria cellulo-mediata risulta da una interazione fra i linfociti T e le cellule self che espongono antigeni estranei sulla loro superficie. Ha il compito di eliminare cellule appartenenti allo stesso organismo alterate perché, ad esempio, infettate da virus, e di provvedere a stimolare l’espansione clonale dei linfociti B. Le piastrine Le piastrine sono piccoli elementi corpuscolari derivati dalla frammentazione del citoplasma dei megacariociti. Esse partecipano al meccanismo fondamentale della emostasi/coagulazione. L’emostasi è un meccanismo diretto a chiudere una lesione formatasi nella parete vasale. In tale processo un ruolo determinante è svolto dalla piastrine in 4 fasi successive:  Adesione,  Aggregazione,  Secrezione,  Elaborazione di attività procoagulante. CAPITOLO XV EMOPOIESI Gli elementi figurati del sangue hanno una vita media che varia da pochi giorni ad alcune settimane, ma il loro numero deve essere mantenuto costante ed adeguato alle esigenze funzionali dell’organismo. Per tale ragione è necessario che si verifichi un continuo processo di rinnovamento; tale processo prende in nome di emopoiesi. Esso è contraddistinto dalla comparsa in successione di popolazioni cellulari che presentano una progressiva restrizione delle potenzialità differenzaitive, la perdita della capacità di moltiplicarsi ed infine l’acquisizione delle proprietà morfologiche e funzionali caratteristiche di ciascuna linea emopoietica. Tali popolazioni prendono il nome di sistema emopoietico. L’emopoiesi è un processo coordinato temporalmente e spazialmente che richiede una molteplicità di interazioni fra le diverse componenti presenti nelle sedi ove ha luogo; l’insieme di tali componenti costituiscono il microambiente. Linee differenziative dell’emopoiesi

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La produzione degli elementi maturi del sangue circolante avviene attraverso distinte linee differenziative:  Eritropoietica per i globuli rossi;  Graulocitopoietica per i granulociti;  Monocitopoietica per i monoliti;  Linfocitopoietica per i linfociti;  Trombopoietica per le piastrine. In tutte le linee sono presenti alcuni aspetti comuni: una successione definita di stadi cellulari, il ruolo regolativi del microambiente, i compartimenti ove si compie il ciclo cellulare. L’Eritrocitopoiesi Pro-eritroblasto, eritroblasto basofilo, policromatofilo e ortocromatico sono i precursori dell’eritrocito. Le vaire fasi di maturazione dell’eritrocito constano in progressiva condensazione della cromatina fino all’espulsione del nucleo, rilevante contenuto iniziale di ribosomi liberi, successiva sintesi di emoglobina. La granulocitopoiesi e monocitopoiesi Mieloblasto, promielocito, mielocito, metamielocito, sono i precursori dei granulociti. Le principali modificazioni concernono i cambiamenti della forma del nucleo e l’accumulo nel citoplasma delle granulazioni specifiche. Granulociti e monociti derivano da un unico progenitore bipotente. La linfocitopoiesi La produzione dei linfociti avviene a partire dall’elemento staminale pluripotente orientato in senso linfoide. La maturazione dei linfociti B avviene nel midollo osseo; la maturazione di linfociti T avviene nel timo. La trombopoiesi Le piastrine sono frammenti di citoplasma enucleati, originati dai megacariociti del midollo osseo. Il midollo osseo Il midollo osseo è il principale organo emopoietico, la cui attività inizia al quinto, sesto mese di vita fetale per continuare nella vita postnatale. È anche definito tessuto mieloide; provvede alla produzione di eritrociti, granulociti, monoliti, piastrine, linfociti B e precursori dei linfociti T. esso è contenuto nella cavità delle ossa e, per il colorito rosso dovuto alla presenza degli elementi della serie eritrocitaria, è denominato midollo rosso. Il timo Il timo è un organo linfoepiteliare deputato alla maturazione dei linfociti T e costituisce un organo linfoide primario o centrale. La milza

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a cura di Fabio Zonin La milza è un organo linfoide e vascolare che svolge funzioni immunologiche e di filtro interposto lungo la circolazione sanguigna. I linfonodi I linfonodi sono formazioni costituite da ammassi di linfociti, plasmacellule e macrofagi, intercalate nel circolo linfatico e dislocate in precise regioni corporee quali ascelle, collo, addome, inguine.

CAPITOLO XVI TESSUTO NERVOSO E NEVROGLIA Il tessuto nervoso è costituito da neuroni e da una seconda classe di cellule dette cellule della nevroglia. Il sistema nervoso Il sistema nervoso può essere suddiviso in due sezioni principali:  Sistema nervoso volontario o delle vita di relazione,  Sistema nervoso autonomo o viscerale. Il sistema nervoso volontario Il sistema nervoso volontario  sistema nervoso centrale o midollo spinale;  sistema nervoso periferico:

(SNC) o cerebro-spinale è costituito da: nevrasse: formato da encefalo e da formato na nervi cranici e spinali.

Il sistema nervoso autonomo (SNA) Il sistema nervoso autonomo e formato da:  sistema nervoso simpatico o ortosimpatico: toraco-lombare:  sistema nervoso parasimpatico: cranio-sacrale. In generali, gli organi viscerali ricevono una doppia innervazione, dal simpatico e dal parasimpatico, ed i due sistemi hanno sull’organo effetti contrastanti e bilanciati. L’SNA è organizzato in catene a due neuroni, neurone pregangliare e neurone postgangliare, che entrano in contatto sinaptico in corrispondenza di un ganglio. Le fibre pregangliari formano sinapsi colinergiche con i neuroni postgangliari. Le fibre postgangliari del sistema nervoso simpatico sono adrenergiche, mentre le fibre postgangliari del sistema nervoso parasimpatico sono colinergiche. I neuroni I neuroni hanno forme molto diverse, ma sono essenzialmente costituiti da un corpo cellulare, denominato pirenoforo, e delle ramificazioni che da esso si irradiano:  un assone;  un numero variabile di dendriti.

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In generale, i dendriti formano l’apparato ricevente del neurone, mentre l’assone l’apparato di trasmissione. I neuroni sono rivestiti, per tutto il loro decorso, da cellule del nevroglia e da eventuali ulteriori rivestimenti. Il nucleo del neurone presenta cromatina finemente dispersa, su cui spicca un voluminoso nucleolo. Nel citoplasma che circonda il nucleo (pericario) ed in quello dendritico sono presenti zolle basofile denominate corpi di Nissl, che altro non sono che aggregati di cisterne del reticolo endoplasmatico granulare e ribosomi liberi. Il citoscheletro dei neuroni è particolarmente ricco di microtubuli e di filamenti intermedi specifici denominati neurofilamenti. I dendridi I dendriti di ciascun neurone ricevono informazioni da migliaia di altri neuroni, attraverso contatti sinaptici. Essi hanno un contorno irregolare e la loro superficie può essere ricoperta da minuscole spine. Le spine dendritiche sono sede di contatti sinaptici ed hanno un ruolo primario nei processi di apprendimento e della memoria. L’assone L’assone, a partire dal suo cono di emergenza è privo di corpi di Nissl. Dopo essersi ramificato, l’assone termina proiettandosi su altri neuroni o su cellule effettrici mediante rigonfiamenti noti come bottoni sinaptici. Alcuni neuroni del sistema nervoso autonomo possono prendere contatto con cellule effettrici mediante rigonfiamenti posti in serie, noti come bottoni sinaptici en passant. L’assone è percorso da un flusso incessante di organelli e molecole. I meccanismi alla base di tali spostamenti sono gli stessi responsabili dei movimenti intracellulari nelle altre cellule. Il movimento di organelli e molecole lungo l’assone si verifica a 2 velocità molto diverse:  il trasporto veloce (50-400 mm/giorno): comprende anche una componente retrograda ed è basato su motori molecolari quali dineina e cinesina.  Il trasporto lento (0,3-0,8 mm/giorno): i cui meccanismi sono meno noti; ha comunque a che fare con la crescita in lunghezza dell’assone. La fibra nervosa L’insieme dell’assone e delle sue guaine di rivestimento costituisce la fibra nervosa. In alcune fibre nervose è presente una guaina di copertura fosfolipidica, la guaina mielinica, che rende più veloce la trasmissione dell’impulso nervoso. La mielina La mielina appare costituita da una serie regolare di lamelle concentriche, che sono estensioni del plasmalemma delle celllule gliali di Schwann, avvolte a spirale attorno all’assone. Una sottile spirale di citoplasma rimane racchiusa fra le lamelle di

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a cura di Fabio Zonin mielina, formando le incisure di Schmidt-Lanterman. Alcune fibre sono prive di guaina mielinica. Nodi di Ranvier I nodi di Ranvier segnano i confini delle cellule gliali di Schwann lungo l’assone. Sia la lunghezza del segmento internodale (distanza fra 2 nodi di Ranvier) che lo spessore delle guaina mielinica sono direttamente proporzionali al diametro dell’assone. I nervi La fibra nervosa è avvolta da una membrana basale detta endonevrio, e da una maglia di fibre reticolari. I nervi altro non sono che fasci di fibre nervose tenuti assieme da un’impalcatura connettivale formata da perinevrio ed epinevrio. Nervi bianchi e nervi gialli differiscono per il livello di mielinizzazione. La sinapsi La zona di contatto fra il bottone terminale dell’assone e la cellula successiva, attraverso la quale è trasmesso l’impulso nervoso, è denominata sinapsi. Le sinapsi sono polarizzate, ovvero consentono la trasmissione dell’impulso nervoso in una sola direzione. La membrana presinaptica e quella postsinaptica, che sono separate da una sottile fessura, presentano degli addensamenti citoplasmatici circoscritti. Nel bottone sinaptico sono contenute delle vescicole, che contengono mediatori chimici, detti neurotrasmettitori. Oltre ai neurotrasmettitori, le terminazioni massoniche possono contenere anche dei neuropeptidi. Trasmissione dell’impulso nervoso In tutte le cellule è presente una differenza di potenziale fra la faccia interna e quella esterna del plasmalemma. Nel neurone non stimolato tale differenza di potenziale è di circa -70/-80 mV. Quando un neurone viene eccitato, la sua membrana si depolarizza e se il voltaggio di membrana si abbassa fino ad un certo valorsoglia è in grado di aprire canali per il Na+ ed innescare così una transitori ulteriore caduta di potenziale. Questa differenza di potenziale viaggia lungo l’assone e prende il nome di potenziale di azione. La velocità di conduzione del potenziale di azione è direttamente proporzionale al diametro della fibra nervosa. Nelle fibre mieliniche il potenziale “salta” da un nodo di Ranvier al successivo (conduzione saltatoria) a causa della funzione isolante della guaina mielinica e del fatto che i canali voltaggiodipendenti per il NA+ sono concentrati esclusivamente ai nodi. Il trasferimento del segnale dalla cellula presinaptica a quella postsinaptica avviene attraverso l’esocitosi del neurotrasmettitore contenuto nelle vescicole del bottone sinaptico. L’evento secretorio è Ca++ dipendente. La membrana delle vescicole sinaptiche esocitate viene recuperata e riciclata. Il neurotrasmettitore si lega a recettori presenti sulla membrana postsinaptica, evocando risposte postsinaptiche eccitatorie od inibitorie in funzione di quale canale ionico viene aperto. Le

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risposte sinaptiche possono essere rapide o lente a seconda del tipo di recettore. Uno stesso neurotrasmettitore, legandosi a recettori di tipo diverso, può evocare risposte rapide o lente. Il neurotrasmettitore, una volta rilasciato, viene rapidamente rimosso da enzimi specifici. Fibre efferenti e fibre afferenti. Le fibre nervose che costituiscono i nervi possono essere classificate in efferenti (somatiche e viscerali) ed afferenti (somatiche e viscerali). Il muscolo scheletrico è raggiunto da fibre nervose somatiche si efferenti (di moto) che afferenti (sensitive). Nel tessuto epiteliale terminano fibre afferenti somatiche ed efferenti viscerali. Nel connettivo sono presenti terminazioni di fibre nervose afferenti somatiche , che possono essere libere o incapsulate da recettori tattili. Nevroglia Vi sono 6 tipi principali di nevroglia:  Ependimociti: rivestono le cavità interne del cervello e del midollo spinale.  Astrociti: sono il tipo cellulare più abbondante nel tessuto nervoso. Essi metabolizzano e riciclano neurotrasmenttitori sfuggiti alle sinapsi, formano la barriera emato-encefalica, hanno funzioni trofiche nei confronti dei neuroni.  Oligodendrociti: sono caratterizzati dall’abbondanza di microtubuli; ogni oligodendrocita può mielinizzare alcune diecine di diversi assoni del SNC.  Cellule satelliti.  Cellule di Schwann: sono importanti per la rigenerazione degli assoni del SNP; se una fibra nervosa viene recisa, il moncone distale dell’assone e la sua guaina mielinica degenerano e vengono rimossi dai macrofagi. Le cellule di Schwann sopravvivono e proliferano, formando un cordone di cellule allineate che serve da guida per l’assone rigenerante.  Cellule di microglia: sono piccole cellule appartenenti al sistema dei monoliti-macrofagi.

CAPITOLO XVII TESSUTO MUSCOLARE Il tessuto muscolare è responsabile del movimento volontario ed involontario di organi ed apparati. Questa funzione è svolta grazie alla proprietà delle contrattilità, caratteristica delle sue cellule. Nei vertebrati si riconoscono 3 categorie di tessuto muscolare:  tessuto muscolare striato scheletrico,  tessuto muscolare striato cardiaco,  tessuto muscolare liscio.

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a cura di Fabio Zonin Il tessuto muscolare striato scheletrico Il tessuto muscolare striato scheletrico è costituito da elementi di forma irregolarmente cilindrica, di dimensioni notevoli, denominati fibra muscolare, che formano un sincizio polinucleato, originatosi durante lo sviluppo embrionale per la fusione di cellule mononucleate denominate mioblasti. Nel muscolo sono presenti rivestimenti connettivali che formano l’epimisio, il perimisio e l’endomisio che si continuano nel tendine, mediante il quale il muscolo si connette con l’osso. La fibra muscolare presenta una evidente striatura trasversale, ed è rivestita da una membrana plasmatica che insieme al suo rivestimento glicoproteico forma il sarcolemma. Il citoplasma, detto sarcoplasma, contiene numerosi nuclei disposti alla periferia, numerosi apparati di Golgi in posizione paranucleare, gocce lipidiche, particelle di glicogeno, molti mitocondri (un tempo denominati sarcosomi), e dal reticolo sarcoplasmatico, che corrisponde al reticolo endoplasmatico liscio di altre cellule ed è un sistema molto elaborato che circonda le miofibrille. Le miofibrille Le miofibrille sono allineate in fasci parallele nel sarcoplasma e presentano una striatura trasversale in fase tra loro. La striatura delle miofibrilla è dovuta alla sua organizzazione strutturale che è costituita da una successione longitudinale di sarcomeri. Questi sono formati essenzialmente da 2 tipi di filamenti disposti in modo ordinato a formare delle bande trasversali. I miofilamenti sottili I miofilamenti sottili sono formati da F-actina e dalle proteine regolative troponina e tropomiosina. Essi prendono inserzione sulla linea Z e formano la cosiddetta banda I. I miofilamenti spessi I miofilamenti spessi sono costituiti da fasci di molecole di miosina ed insieme ai miofilamenti sottili formano la banda A e quindi raggiungono da soli il centro del sarcomero ove costituiscono la banda H. Il sarcomero Il sarcomero risulta compreso fra 2 lizee Z. la linea Z è la struttura di ancoraggio dei filamenti di actina ed è rinforzata da proteine non contrattili che si legano tra loro e con i miofilamenti, la α-actninina, la titina e la nebulina. Sulla linea Z prendono anche inserzione i filamenti intermedi fra cui la desmina, che connettono fra loro a livello della linea Z miofibrille limitrofe, e queste con il sarcolemma, formando un reticolato molecolare trasversale. A tale struttura partecipano anche proteine citoscheletriche localizzate in prossimità del sarcolemma quali la distrofina e altri complessi glicoproteici che vanno a formare strutture denominate costameri, che legano

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l’apparato contrattile con il sarcolemma, e che sono necessari per l’integrità morfo-funzionale della fibra. La contrazione muscolare La contrazione muscolare avviene grazie allo scorrimento dei filamenti sottili su quelli spessi. I filamenti sottili delle bande I scorrono perciò lungo quelli spessi verso il centro della banda A. In tal modo le ampiezze delle bande I ed H diminuiscono fino ad annullasi, con conseguente avvicinamento delle due linee Z e riduzione della lunghezza del sarcomero. L’energia per la contrazione muscolare è fornita dall’idrolisi dell’ATP ad opera dell’enzima ATPasi presente sulla testa della miosina. La testa della miosina, oltre ad essere dotata di attività ATPasica, è in grado di interagire con l’actina formando il complesso actomiosinico in presenza di ATP. Il segnale nervoso che giunge alla fibra muscolare diffonde rapidamente dal sarcolemma lungo il tubulo T e determina la liberazione, nel sarcoplasma, di ioni Ca++ sequestrati all’interno del reticolo sarcoplasmatico. Tali ioni diffondono immediatamente nel liquidi che circonda i miofilamenti e consentono l’interazione fra la miosina e l’actina e lo scorrimento dei miofilamenti sottili su quelli spessi. Terminato l’impulso nervoso, lo ione Ca++ viene rapidamente ricatturato nelle vescicole di deposito per opera della pompa del calcio esistente nelle membrane del reticolo sarcoplasmatico. In conseguenza di ciò il complesso acto-miosinico è inattivato e la miofibrilla ritorna allo stato di rilasciamento. Troponina e tropomiosina Gli ioni Ca++ fuoriusciti dal reticolo sarcoplasmatico si legano alla troponina C (una delle 3 subunità della molecola) consentendo così l’interazione della miosina con l’actina. Questo processo provoca a sua volta l’immediata attivazione della ATPasi miosinica che libera l’energia necessaria allo scorrimento dei miofilamenti. La combinazione dello ione Ca++ con la troponina ne determina una modifica della conformazione sterica tale da spostare il filamento di tropomiosina dalla posizione di riposo, che impedirebbe l’interazione della miosina con i siti attivi delle molecole di αactina. Il reticolo sarcoplasmatico Il calcio è contenuto nel reticolo sarcoplasmatico, formato da un sistema continuo di canalicoli o cisterne delimitati da una membrana, denominati sarcotubuli, che compongono una rete attorno a ciascuna miofibrilla. Il reticolo è formato sia da elementi longitudinali che trasversali. Questi ultimi formano 2 cisterne terminali disposte trasversalmente alla miofibrilla, parallelamente alla linea Z, a livello della giunzione A-I (linea Z negli anfibi). Fra 2 cisterne di interpone un elemento tubulare trasversale denominato tubulo T (2 cisterne + tubulo T = triade). Il tubulo T trasmette l’impulso contrattile alle cisterne terminali determinando la liberazione degli ioni Ca++. Tale

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a cura di Fabio Zonin trasmissione è resa possibile dalla presenza di diidropiridinici nel tubulo T e rianodinici nelle responsabili dell’efflusso del calcio.

recettori cisterne,

Accoppiamento-eccitazione-contrazione Il neurone motore eccita la fibra muscolare tramite la giunzione neuromuscolare , che presenta sulla superficie del sarcolemma i recettori acetilcolinici che legano il mediatore chimico, scatenando l’onda di depolarizzazione. La cascata di eventi susseguenti all’attivazione recettoriale è definita Accoppiamentoeccitazione-contrazione. Ala contrazione segue il rilasciamento che comporta il ritorno degli ioni calcio all’interno del reticolo. Tipi di fibra muscolare Esistono 2 tipi principali di fibre muscolari:  fibre veloci o bianche: danno una contrazione massima, ma di breve durata e sono suscettibili di affaticamento. Esse hanno un metabolismo prevalentemente gli colitico.  fibre lente o rosse: o toniche che danno una contrazione più prolungata e meno intensa, ma meno suscettibile di affaticamento, come ad esempio quelle che formano i muscoli posturali. Esse hanno un metabolismo prevalentemente ossidativi e, per il maggior contenuto di mioglobina, oltre che di capillari, sono di colore rosso. La diversa velocità di contrazioni dei 2 tipi di fibra è in gran parte dipendente da differenze nell’attività ATPasica actomiosinica, che risulta molto più elevata nelle fibre bianche rispetto alle fibre rosse. La differente attività enzimatica è dovuta all’esistenza di 3 sioforme diverse di miosina nei diversi tipi di fibra. In base alla differente attività enzimatica possiamo distinguere le fibre in:  tipo 1: lente ossidative,  tipo 2a: veloci ossidative,  tipo 2b: veloci glicolitiche,  tipo 2X: intermedie. L’innervazione motoria può influenzare il tipo di fibra per le caratteristiche della stimolazione nervosa stessa: nelle fibre lente la stimolazione è tonica e sostenuta, mentre nelle fibre veloci è intensa ed intermittente. Unità motoria Le fibre muscolari innervate dallo stesso tipo assone costituiscono l’unità motoria, che è dunque omogenea, ovvero costituita da fibre che appartengono tutte allo stesso tipo. Il tessuto muscolare cardiaco Presenta importanti analogie e differenze rispetto al muscolo scheletrico. Innanzitutto il muscolo cardiaco non è un sincizio polinucleato, ma è costituito da cellule mononucleate, denominate cardiomiociti. Essi sono congiunti fra loro alle estremità da

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particolari dispositivi di connessione detti dischi intercalari (o strie scalariformi). I cardiomiociti I cardiomiociti sono cellule allungate, di aspetto cilindrico, lunghe circa 80 µm, con un diametro di circa 15 µm, che si ramificano alle estremità e si connettono fra loro formando una rete tridimensionale. La cellula è striata trasversalmente, con una organizzazione sarcomerica simile a quella delle fibra scheletrica. Nel miocardio però i fasci di miofilamenti non formano unità miofibrillari distinte come nelle fibre scheletriche. I cardiomiociti presentano fra loro notevoli differenze morfo-funzionlai, sia fra cellule atriali e ventricolari, e sia fra cardiomiociti del tessuto di conduzione, come le cellule di Purkinje, e cardiomiociti del miocardio contrattile o comune. Alcune cellule striali presentano inoltra attività endocrina e sono perciò dette mioendocrine, e secernono il fattore natriuretico striale, che regola l’equilibrio idrosalino e la pressione arteriosa. Innervazione del miocardio Sebbene il miocardio sia innervato dal sistema nervoso autonomo, esso ha però una contrazione spontanea, e l’innervazione autonoma è necessaria non per iniziare il battito cardiaco, bensì per modificarne la frequenza e la forza di contrazione. Il battito sorge spontaneamente ed in maniera ritmica per opera delle cellule muscolari specializzate del nodo seno-atriale. E da questo si propaga per attraverso la restante parte del cosiddetto sistema di conduzione a tutte le cellule. Nel miocardio non sono presenti giunzioni neuromuscolari come nel muscolo scheletrico, si osservano invece giunzioni gap che hanno la funzione di mediare la trasmissione dell’impulso elettrico da un elemento cellulare all’altro. Tali giunzioni sono localizzate nel segmento longitudinale del disco intercalare, mentre nella porzione trasversale le membrane affrontate tra 2 cellule sono unite da desmosomi. Reticolo sarcoplasmatico nel miocardio È meno sviluppato rispetto a quello del muscolo scheletrico e non forma una guaina continua avvolgente la miofibrilla. Esso forma piuttosto dei setti incompleti che segmentano la massa sarcoplasmatica in ampi settori, senza una vera organizzazione miofibrillare. Non si osservano inoltre le cisterne terminali continue ai lati dei tubuli T, bensì piccole espansioni terminali dei tubuli longitudinali che aderiscono alle membrane dei tubuli T, e che vanno a costituire le cosiddette diadi, formate da una sola cisterna e dal tubulo T. Il tessuto muscolare liscio Il muscolo liscio è formato da fasci di fibrocellule muscolari lisce, elementi lunghi e fusiformi, mononucleati, con la parte

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a cura di Fabio Zonin centrale, contenente il nucleo, più spessa e le estremità assottigliate, e non presentano striatura trasversale. La loro lunghezza varia da 20 µm, nella parete dei piccoli vasi sanguigni, fino a 500 µm, nell’utero in gravidanza. La membrana plasmatica delle fibrocellule muscolari lisce o sarcolemma presenta un notevole numero di invaginazioni o cavecole che rappresentano probabilmente l’equivalente dei tubuli T della muscolatura striata. Le cavecole sono in contatto con elementi tubulari del reticolo endoplasmatico e potrebbero trasmettere alle sue cisterne, contenenti calcio, le variazioni di potenziale di membrana. Fra le cellule esistono strutture di adesione del tipo giunzioni gap, che consentono l’accoppiamento ionico fra le cellule. La contrazione avviene per il meccanismo di scorrimento, come negli altri tipi di tessuto muscolare. Nel sarcoplasma se evidenziano caratteristici corpi densi, che probabilmente hanno una funzione analoga alle linee Z delle fibre muscolari striate. La contrazione è attivata dalla fosforilazione della testa della miosina da parte di una chinasi, attivata a sua volta con un meccanismo calcio-dipendente dalla calmodulina. La contrazione del muscolo liscio dipende dal sistema nervoso autonomo ortosimpatico e parasimpatico, con funzioni fra loro opposte di contrazione o rilasciamento. La muscolatura liscia è suddivisa, da questo punto di vista, in 2 categorie:  muscolatura liscia multiunitaria: ogni fibrocellula muscolare riceve una terminazione motrice, dimodochè le cellule muscolari di una determinata area si contraggano contemporaneamente e non vi sia un ruolo importante delle giunzioni gap. Questa categoria è ben rappresentata nella muscolatura vascolare delle pareti dei vasi sanguigni.  Muscolatura liscia unitaria o viscerale: poche cellule ricevono terminazioni nervose che stabiliscono rapporti sinaptici di membrana. In questo tipo di muscolatura l’impulso contrattile che insorge spontaneamente per cause miogene in una fibrocellula muscolare, o che vi giunge tramite una terminazione nervosa, o in seguito a stimolazione ormonale, si propaga liberamente alle cellule contigue tramite le giunzioni gap fra membrane plasmatiche affrontate. Da questo punto di vista questo tipo di muscolatura liscia può essere considerato un sincizio elettrico. Un esempio di muscolatura liscia appartenente a questa categoria è la muscolatura viscerale dell’intestino.