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LJÓÐA EDDA VAFÞRÚÐNISMÁL IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR Titolo Genere Voci Lingua Epoca Manoscritti
Vafþrúðnismál, «Discorso di Vafþrúðnir» Poema gnomico - Dialogo Dialogo (2 voci + 1) Norreno Composizione: Prima metà del X secolo Redazione: XIII secolo [R] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex Regius, ms. GKS 2365 4to [A] Reykjavík, Stofnun Árna Magnússonar. Codex Arnamagnæanus, ms. AM 748 4to LJÓÐA EDDA VAFÞRÚÐNISMÁL IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR
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Il poema Le redazioni Genere e metrica Edizioni italiane
Il poema Terzo canto mitologico della Ljóða Edda, il Vafþrúðnismál, o «Discorso di Vafþrúðnir» segue l'Hávamál nel manoscritto del Codex Regius. Non c'è uniformità di vedute tra gli studiosi sull'epoca in cui il Vafþrúðnismál venne fissato, ma non sembra distaccarsi dallo stesso periodo in cui fu anche composta la Vǫluspá, cioè intorno alla prima metà del X secolo. Il poemetto appare omogeneo ed anche se non è possibile escludere del tutto eventuali interpolazioni, sembra esserci pervenuto in buone condizioni. Il poemetto è completamente in forma dialogica, se si eccettua un'unica strofa narrativa, la quinta. Dopo un breve colloquio introduttivo tra Óðinn e sua moglie Frigg, incentrato sulla reputazione di sapienza del gigante Vafþrúðnir, Óðinn decide di recarsi alla corte di quest'ultimo per disputare con lui un certamen di sapienza. Presentatosi col nome di Gagnráðr, Óðinn comincia a disputare con Vafþrúðnir sul sapere delle cose remote. Per primo il gigante pone ad Óðinn quattro domande che stabiliscano chi sia il più saggio dei due. Óðinn risponde correttamente e quand'è il suo turno di chiedere, rivolge a Vafþrúðnir dodici domande riguardante la creazione e il passato del mondo. A tutte, il gigante risponde. Allora Óðinn pone a Vafþrúðnir altre cinque domande riguardanti la fine del mondo, il Ragnarøkkr, nell'ultima delle quali chiede al gigante chi sarà a uccidere Óðinn nell'ultima battaglia. Di nuovo il gigante risponde a tutte e finalmente Óðinn pone la sua ultima domanda, a cui però non è possibile dare una risposta: «Che cosa disse Óðinn, a chi saliva sul rogo, lui stesso nell'orecchio del figlio?» Vafþrúðnir capisce allora che il suo avversario non è altri che lo stesso Óðinn e riconosce la sconfitta.
Le redazioni Il Vafþrúðnismál ci è pervenuta in due redazioni: quella del Codex Regius, a quanto pare completa, e quella del Codex Arnamagnæanus, che comprende il testo solo dalla strofa [20] in poi, essendo mutila nella parte iniziale. In entrambe le fonti, due strofe (la [27] e la [31]) sono composte soltanto di due versi invece che quattro. Snorri, nella sua Prose Edda, cita in tutto otto strofe del Vafþrúðnismál, anche se in molti altri punti della sua opera fa delle attenti parafrasi di altri passi. Nel citare la strofa [31], Snorri riporta anche i versi che mancano nei due codici. Genere e metrica Il Vafþrúðnismál è un poema gnomico-sapienziale. Nel certamen tra il dio e l'antico gigante viene ricapitolata la conoscenza mitica del mondo nordico. Allo stesso genere appartengono anche il Grímnismál e la Vǫluspá. Il metro del Vafþrúðnismál è il cosiddetto ljóðaháttr o «metro strofico», che è in genere legato alla poesia sentenziosa, ai testi dai contenuti magico-formulari o proverbiali, e forse risente alla lontana del distico elegiaco (ed epigrammatico) latino, il più comune della poesia nordica. Ogni strofa è formata di quattro versi, in cui due «versi lunghi», formati da due semiversi si alternano a due versi «versi pieni» formati da un semiverso ciascuno. In questa pagina, per ragioni grafiche, i due semiversi che compongono i «versi lunghi» sono stati spezzati e disposti su due righe. Così le strofe risultano organizzate su un numero di righe diverso da quelle originali. Ecco, per confronto, la versificazione della strofa [1]: Heitr ertu, hripuðr, ok heldr til mikill; gǫngomk firr, funi! loði sviðnar, þótt ek á lopt berak, brennomk feldr fyrir.
Edizioni italiane Escludendo le strofe scorporate presenti nelle antologie, o quelle citate da Snorri e presenti nelle traduzioni della Prose Edda, la prima traduzione integrale del Vafþrúðnismál è quella presente nel libro I canti dell'Edda, a cura di Olga Gogala di Leesthal, pubblicato nella collana «I grandi scrittori stranieri» dalla UTET (Torino 1939). Con il titolo reso nella lezione Vafthrudhnismal, è una traduzione metrica in quartine di endecasillabi alternati a settenari. Sebbene non possa essere considerata una traduzione letterale, è sorretta da un buon corredo di note. Dammi consiglio, Frigg! brama mi punge delle case di Vafthrudhnir ché grande è il mio desir su antiche rune con Iotun l'onnisciente gigante. Segue la traduzione di Alberto Mastrelli, nel libro L'Edda. Carmi norreni, nella collana «Classici della religione», edita da Sansoni (Firenze 1951, 1982). Intitolata Vafthrudhnismal. Il carme di Vafthrudhnir, è in versi liberi, con le coppie di semiversi «cucite» in versi interi. Abbastanza libera, ma rigorosa, fittamente annotata.
Dammi ora un consiglio, Frigg; desidero andare a visitare Vafthrudhnir! È mia gran brana parlare di antiche rune con quel saggio gigante. Un'altra traduzione, con il titolo tradotto in Canzone di Vafthrudhnir, è quella fornita da Piergiuseppe Scardigli e Marcello Meli, nell'antologia Il canzoniere eddico, edito da Garzanti (Milano 1982). Di nuovo versi liberi, sebbene i semiversi siano finalmente evidenziati, presenta un corredo di note ridotto al minimo e non giustifica molte scelte, non sempre felici, nella traduzione. Consigliami, ora, Frigg, ho gran voglia di andare, a trovare Vafthrudhnir! Son curioso, confesso; di disputare sul sapere remoto, con l'onnisciente gigante.
LJÓÐA EDDA VAFÞRÚÐNISMÁL IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR -
Colloquio di Óðinn e Frigg (1-4) Partenza di Óðinn (5) Óðinn alla dimora di Vafþrúðnir (6-10) Vafþrúðnir mette alla prova la sapienza di Óðinn (11-19) Óðinn enumera a Vafþrúðnir dodici domande sulle cose primordiali (20-43) Óðinn pone a Vafþrúðnir cinque domande sul futuro del mondo (44-53) L'ultima domanda: vittoria di Óðinn (54-55) Note
VAFÞRÚÐNISMÁL
IL DISCORSO DI VAFÞRÚÐNIR Colloquio di Óðinn e Frigg
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Partenza di Óðinn
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Óðinn alla dimora di Vafþrúðnir
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Óðinn kvað: “Rád þú mér nú, Frigg, allz mik fara tiðir at vitja Vafþrúðnis; forvitni mikla kveð ek mér á fornom stǫfom við þann inn alsvinna jǫtun”. Frigg kvað: “Heima letja ek mynda Heriafǫðr í gǫrðom goða, þvíat engi jǫtun ek hugða jafnramman sem Vafþrúðni vera”. Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór, fjǫlð ek freistaða, fjǫlð ek reynda regin; hitt vil ek vita, hvé Vafþrúðnis salakynni sé”. Frigg kvað: “Heill þú farir, heill þú aptr komir, heill þú á sinnom sér! æði þér dugi, hvars þú skalt, Aldafǫðr, orðom mæla jǫtun. Fór þá Óðinn at freista orðspeki þess ins alsvinna jǫtuns; at hǫllo hann kom, ok átti Íms faðir; inn gekk Yggr þegar”. Óðinn kvað: “Heill þú nú, Vafþrúðnir! nú em ek í hǫll kominn, á þik sjálfan sjá; hitt vil ek fyrst vita, ef þú fróðr sér eða alsviðr, jǫtunn”. Vafþrúðnir kvað: “Hvat er þat manna er í mínom sal verpomk orði á? út þú ne komir órom hǫllom frá,
Disse Óðinn: “Ora consigliami, Frigg, di andare ho gran voglia a trovare Vafþrúðnir. Confesso che son curioso di disputare sulle cose remote con quel gigante onnisciente”. Disse Frigg: “A casa volentieri tratterrei Herjafǫðr, nelle dimore degli dèi: nessun gigante credo sia tanto potente quanto è Vafþrúðnir”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Questo io voglio sapere: come di Vafþrúðnir sia la dimora”. Disse Frigg: “Salvo parti, salvo torna indietro, salvo tu sia nel cammino! La sapienza ti assista dovunque tu, Aldafǫðr, ti rivolgerai al gigante. Partì dunque Óðinn alla disputa di sapienza con quel gigante onnisciente. Giunse lui nella sala che fu del padre di Ímr. Subito Yggr vi fece ingresso. Disse Óðinn: “Salute ora a te, Vafþrúðnir! Eccomi or giunto alla sala a trovar proprio te. Voglio per primo sapere se tu sapiente sei e onnisciente, o gigante”. Disse Vafþrúðnir: “Chi è tra gli uomini che nella mia corte si rivolge a me? Non uscirai da questa sala
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Vafþrúðnir mette alla prova la sapienza di Óðinn
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nema þú inn snotrari sér”. Óðinn kvað: “Gagnráðr ek heiti; nú emk af gǫngo kominn þyrstr til þinna sala, laðar þurfi hefi ek lengi farit ok þinna andfanga, jǫtunn”. Vafþrúðnir kvað: “Hví þú þá, Gagnráðr, mæliz af gólfi fyrir? Farðu í sess í sal! þá skal freista, hvárr fleira viti, gestr eða inn gamli þulr”. Óðinn kvað: “Óauðigr maðr, er til auðigs kǫmr, mæli þarft eða þegi; ofrmælgi mikil hygg ek at illa geti hveim er við kaldrifjaðan kømr”. Vafþrúðnir kvað: “Segðú mér, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá hestr heitir er hverjan dregr dag of dróttmǫgo?” Óðinn kvað: “Skinfaxi heitir, er inn skíra dregr dag um dróttmǫgu; hesta beztr þykkir hann með reiðgotom, ey lýsir mǫn af mari”. Vafþrúðnir kvað: “Segðú mér, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá jór heitir er ǫstan dregr nott of nyt regin?” Óðinn kvað: “Hrímfaxi heitir, er hverja dregr nótt of nýt regin; méldropa fellir hann morgin hvern; þaðan kemr dǫgg um dala”.
se non risulterai tu il più sapiente”. Disse Óðinn: “Gagnráðr mi chiamo, ora sono di strada giunto, assetato, alla tua corte. Bisogno ho di ricovero - ho a lungo viaggiato e della tua accoglienza, o gigante”. Disse Vafþrúðnir: “E perché allora, Gagnráðr, ti rivolgi a me dall'ingresso? Vieni a sedere in sala! E metteremo alla prova chi più cose conosca se l'ospite o il vecchio cantore”. Disse Óðinn: “L'uomo che non è ricco e che dal ricco va, parli poco o taccia. Credo che il parlar troppo non sia conveniente se sei venuto da chi è maldisposto”.
Disse Vafþrúðnir: “Di' tu a me, Gagnráðr, se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come si chiama il destriero che uno ad uno trascina il giorno per le schiere umane?” Disse Óðinn: “Skinfaxi si chiama chi il chiaro trascina giorno per le schiere umane. Dei destrieri lo si stima il migliore tra i Reið-Goti. Di quel cavallo risplende la criniera”. Disse Vafþrúðnir: “Di' tu a me, Gagnráðr, se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come si chiama il cavallo che da oriente trascina la notte sugli dèi propizi?” Disse Óðinn: “Hrímfaxi si chiama chi una ad una trascina la notte sugli dèi propizi. La schiuma dai denti gocciola al mattino, da cui viene la rugiada sulle valli”.
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Óðinn enumera a Vafþrúðnir dodici domande sulle cose primordiali
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Vafþrúðnir kvað: “Segðu þat, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sú á heitir er deilir með jǫtna sonom grund ok med goðom?” Óðinn kvað: “Ífing heitir á, er deilir með jǫtna sonom grund ok með goðom; opin renna hón skal um aldrdaga, verðrat íss á á”. Vafþrúðnir kvað: “Segðu þat, Gagnráðr, allz þú á gólfi vill þíns um freista frama, hvé sá vǫllr heitir er finnaz vígi at Surtr ok in sváso goð?” Óðinn kvað: “Vígriðr heitir vǫllr, er finnaz vígi at Surt ok in sváso goð; hundrað rasta hann er a hverjan veg, sá er þeim vǫllr vitaðr”. Vafþrúðnir kvað: “Fróðr ertu nú, gestr, far þú á bekk jǫtuns, ok mælomk í sessi saman, hǫvði veðja vit skolom hǫllo í, gestr, um geðspeki”. Óðinn kvað: “Segðu þat it eina, ef þitt æði dugir ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan jǫrð um kom eða uphiminn fyrst, inn fróði jǫtunn?” Vafþrúðnir kvað: “Ór Ymis holdi var jǫrð um skǫpuð, en ór beinom bjǫrg, himinn ór hausi ins hrímkalda jǫtuns, en ór sveita sjór”. Óðinn kvað: “Segðu þat annat,
Disse Vafþrúðnir: “Di' tu a me, Gagnráðr, se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come quel fiume si chiama che divide tra i figli dei giganti la terra e tra gli dèi?” Disse Óðinn: “Ífing si chiama il fiume che divide tra i figli dei giganti la terra e tra gli dèi. Libero scorrerà fino alla fine dei tempi: non gelerà mai quel fiume”. Disse Vafþrúðnir: “Di' tu a me, Gagnráðr, se dall'atrio vuoi la tua sapienza provare. Come il campo si chiama dove scenderanno a battaglia Surtr e gli dèi soavi?” Disse Óðinn: “Vígríðr si chiama il campo dove si daranno battaglia Surtr e gli dèi soavi. Cento rastar misura da ogni lato il campo a loro destinato”. Disse Vafþrúðnir: “Sapiente sei tu ora, ospite, vieni alla panca del gigante e converseremo seduti insieme. La testa noi due ci giocheremo nella sala, ospite, in gara di sapienza”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per primo se hai sufficiente saggezza e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove la terra provenne e il cielo in alto in principio, o saggio gigante?” Disse Vafþrúðnir: “Dalla carne di Ymir fu la terra creata e dalle ossa i monti; il cielo dal cranio del gigante freddo di brina e dal sangue il mare”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per secondo
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ef þítt æði dugir ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan máni um kom, svá at ferr menn yfir, eða sól it sama?” Vafþrúðnir kvað: “Mundilfǿri heitir, hann er mána faðir ok svá Sólar it sama; himin hverfa þau skolo hverjan dag ǫldom at ártali”. Óðinn kvað: “Segðu þat it þríðja, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan dagr um kom, sá er ferr drótt yfir, eða nótt med niðom?” Vafþrúðnir kvað: “Dellingr heitir, hann er Dags faðir, en Nótt var Nǫrvi borin; ný ok nið skópo nýt regin ǫldom at ártali”. Óðinn kvað: “Segðu þat it fjórða, allz þik fróðan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan vetr um kom eða varmt sumar fyrst með fróð regin?” Vafþrúðnir kvað: “Vindsvalr heitir, hann er Vetrar faðir, en Svásuðr sumars”. Óðinn kvað: “Segþu þat it fimat, allz þik fróðan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hverr ása elztr eða Ymis niðja yrði í árdaga”. Vafþrúðnir kvað: “Ǫrófi vetra áðr væri jǫrð skǫpuð, þá var Bergelmir borinn, Þrúðgelmir var þess faðir, en Aurgelmir afi”.
se hai sufficiente saggezza e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove la luna è venuta, lei che sugli uomini va, e il sole ugualmente?” Disse Vafþrúðnir: “Mundilfǿri si chiama colui che fu il padre della luna e del sole ugualmente; il cielo percorreranno quei due ogni giorno per segnare agli uomini il tempo”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per terzo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove il giorno è venuto, lui che sulla schiera degli uomini va, e la notte e le fasi lunari?” Disse Vafþrúðnir: “Dellingr si chiama colui che fu il padre di Dagr, e Nótt da Nǫrfi nacque; luna piena e luna nuova crearono gli dèi propizi per segnare agli uomini il tempo”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per quarto se tutti ti chiamano sapiente e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove l'inverno è venuto, e la calda estate, in principio tra gli dèi sapienti?” Disse Vafþrúðnir: “Vindsvalr si chiama, colui che fu il padre di Vetr, e Svásuðr di Sumar”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per quinto se tutti ti chiamano sapiente e tu, Vafþrúðnir, sai. Chi era il più vecchio degli Æsir e della stirpe di Ymir al principio dei tempi?” Disse Vafþrúðnir: “Innumerevoli inverni, prima che la terra avesse forma, allora venne Bergelmir alla luce, Þrúðgelmir gli fu padre e Aurgelmir nonno”.
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Óðinn kvað: “Segðu þat it sétta, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan Aurgelmir kom með jǫtna sonom fyrst, inn fróði jǫtunn?” Vafþrúðnir kvað: “Ór Élivagom stukkoo eitrdropar, svá óx, unz varð ór jǫtunn; [þar órar ættir kómu allar saman, því er þat æ allt til atalt]”. Óðinn kvað: “Segðu þat it sjaunda, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvé sá bǫrn gat, enn baldni jǫtunn, er hann hafðit gýgjar gaman”. Vafþrúðnir kvað: “Undir hendi vaxa kvaðu hrímþursi mey ok mǫg saman; fótr við fæti gat ins fróða jǫtuns sexhǫfðaðan son”. Óðinn kvað: “Segðu þat it átta, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvat þú fyrst mant eða fremst um veitzt, þú ert alsviðr, jǫtunn”. Vafþrúðnir kvað: “Ǫrófi vetra áðr væri jǫrð om skǫpuð, þá var Bergelmir borinn; þat ek fyrst um man er sá inn fróði jǫtunn var á lúðr um lagiðr”. Óðinn kvað: “Segðu þat it níunda, allz þik svinnan kveða ok þú, Vafþrúðnir, vitir, hvaðan vindr um kǫmr, svá at ferr vág yfir; æ menn han sjálfan um sjá”. Vafþrúðnir kvað: “Hræsvelgr heitir,
Disse Óðinn: “Di' tu questo per sesto se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove Aurgelmir venne tra i figli degli jǫtnar per primo, il sapiente gigante?” Disse Vafþrúðnir: “Dagli Élivágar scaturì in gocce il veleno e crebbe finché nacque un gigante. [Da là le nostre stirpi vennero tutte insieme, per cui sempre feroci saranno]”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per settimo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir, sai. Come generò figli il possente gigante se non si unì ad alcuna gigantessa?” Disse Vafþrúðnir: “Sotto il braccio crebbero, dicono, del gigante di brina la figlia e il figlio del pari. Piede con piede generò il sapiente gigante il figlio dalle sei teste”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per ottavo se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir, sai. Cosa tu per primo ricordi o innanzi a tutto conosci? Tu sei onnisciente, o gigante”. Disse Vafþrúðnir: “Innumerevoli inverni, prima che la terra fosse foggiata, Bergelmir era già nato. Questo per primo io rammento: vidi quel saggio jǫtunn ch'era steso su un mulino”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per nono se tutti ti chiamano accorto e tu, Vafþrúðnir, sai. Da dove il vento proviene che spira sul mare in burrasca? Mai gli uomini riescono a scorgerlo”. Disse Vafþrúðnir: “Hræsvelgr si chiama
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Óðinn pone a Vafþrúðnir
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er sitr á himins enda, jǫtunn í arnar ham; af hans vængjom kvæða vind koma alla menn yfir”. Óðinn kvað: “Segðu þat it tíunda, allz þú tíva rǫk ǫll, Vafþruðnir, vitir, hvaðan Njǫrðr um kom með ása sonom, hofom og hǫrgom hann ræðr hunnmǫrgom, ok varðat hann ásom alinn”. Vafþrúðnir kvað: “Í Vanaheimi skópo hann vís regin ok seldo at gíslingo goðum; í aldar rǫk hann mun aprt koma heim með vísom vǫnom”. Óðinn kvað: “Segðu þat et ellipta hvar ýtar túnom í hǫggvaz hverjan dag?” Vafþrúðnir kvað: “Allir einherjar Óðins túnum í hǫggvaz hverjan dag; val þeir kjósa ok ríða vígi frá, sitja meirr um sáttir saman”. Óðinn kvað: “Segðu þat it tólfta, hví þú tíva rǫk ǫll, Vafþrúðnir, vitir; frá jǫtna rúnom ok allra goða segir þú it sannasta, inn alsvinni jǫtunn”. Vafþrúðnir kvað: “Frá jǫtna rúnom ok allra goða ek kann segja satt, þvíat hvern hefi ek heim um komit; nío kom ek heima fyr Níflhel neðan, hinig deyja ór heljo halir”. Óðinn kvað:
chi siede alla fine del cielo, jǫtunn in forma d'aquila: dalle sue ali, dicono, giunga il vento sopra tutti gli uomini”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per decimo se il destino degli dèi tutto, Vafþrúðnir, conosci. Da dove Njǫrðr provenne tra i figli degli Æsir? Templi e altari regge in gran numero ed egli non è stato dagli Æsir generato”. Disse Vafþrúðnir: “In Vanaheimr lo crearono i saggi numi e lo diedero in ostaggio agli dèi. Alla fine del tempo egli di nuovo tornerà a casa, tra i saggi Vanir”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per undicesimo dove nelle corti gli uomini si battono ogni giorno?” Disse Vafþrúðnir: “Tutti gli Einherjar alla corte di Óðinn si battono ogni giorno. Scelgono i caduti, poi dalla battaglia cavalcano via e in concordia siedono insieme”. Disse Óðinn: “Di' tu questo per dodicesimo come mai il destino degli dèi tutto, Vafþrúðnir, conosci? Delle rune dei giganti e di tutti gli dèi, dici tu quel che è vero, onnisciente gigante”. Disse Vafþrúðnir: “Delle rune dei giganti e di tutti gli dèi, posso dire il vero, poiché in ogni mondo son giunto: giunsi nei nove mondi fino al Niflhel in basso, presso Hel, dove vanno i morti”. Disse Óðinn:
cinque domande sul futuro del mondo
“Fjǫlð ek fór, fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynda regin; hvat lifir manna, þá er inn mæra líðr fimbulvetr með firom?” 45 Vafþrúðnir kvað: “Líf ok Lifþrasir, en þau leynaz muno í holti Hoddmímis; morgindǫggvar þau sér at mat hafa; þaðan af aldir alaz”. 46 Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór, fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynda regin; hvaðan kǫmr sól á inn slétta himin, þá er þessa hefir Fenrir farit?” 47
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Vafþrúðnir kvað: “Eina dóttur berr Álfrǫðull, áðr hana Fenrir fari; sú skal ríða, þá er regin deyja, móður brautir, mær”. Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór, fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynda regin; hverjar ro þær meyjar er líða mar yfir, fróðgeðjaðar fara?” Vafþrúðnir kvað: “Þrjár þjóðár falla þorp yfir meyja Mǫgþrasis, hamingjor einar þeira í heimi ero þó þær með jǫtnom alaz”. Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynða regin; hverir ráða æsir eignom goða, þá er sloknar Surtalogi?” Vafþrúðnir kvað: “Víðarr ok Váli
“Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Chi vivrà degli uomini quando sarà trascorso quel famoso Fimbulvetr tra i mortali?” Disse Vafþrúðnir: “Líf e Lifþrasir, si nasconderanno nel bosco di Hoddmímir. Le rugiade del mattino avranno come cibo; da qui torneranno a sorgere le stirpi”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Da dove verrà un sole nel liscio cielo quando questo Fenrir l'avrà divorato?” Disse Vafþrúðnir: “Una sola figlia genera Álfrǫðull, prima che Fenrir la divori; Cavalcherà quando morranno i potenti, i sentieri della madre, la fanciulla”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Quali sono le fanciulle che scivolano sul mare, viaggiando con animo saggio?” Disse Vafþrúðnir: “Tre stirpi giungono in campo delle fanciulle di Mǫgþrasir. Sole protettrici sono esse nel mondo anche se tra i giganti nutrite”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Quali æsir reggono le proprietà degli dèi, una volta spenta la fiamma di Surtr?” Disse Vafþrúðnir: “Víðarr e Váli
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L'ultima domanda: vittoria di Óðinn
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byggja vé goða, þá er sloknar Surtalogi, Móði ok Magni skolo Mjǫllni hafa Vingnis at vígþroti”. Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynða regin; hvat verðr Óðni at aldrlagi, þá er rjúfaz regin?” Vafþrúðnir kvað: “Úlfr gleypa mun Aldafǫðr, þess mun Víðarr reka; kalda kjapta hann klyfja mun vitnis vígi at”. Óðinn kvað: “Fjǫlð ek fór fjǫlð ek freistaðak, fjǫlð ek reynða regin; hvat mælti Óðinn, áðr á bál stigi, sjálfr í eyra syni?” Vafþrúðnir kvað: “Ey manne þat veit, hvat þú í ardaga sagðir í eyra syni; feigom munni mælta ek mína forna stafi ok um ragna rǫk; nú ek við Oðin deildak mína orðspeki; þú ert æ vísastr vera!”
abiteranno i santuari degli dèi quando si spegnerà il fuoco di Surtr. Móði e Magni possederanno Mjǫllnir di Vingnir, alla fine delle battaglie”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Che ne sarà di Óðinn, alla fine dei tempi quando le potenze divine crolleranno?” Disse Vafþrúðnir: “Il lupo sbranerà con le fauci Aldafǫðr. Víðarr lo vendicherà. Le fredde mascelle egli farà a pezzi combattendo col lupo”. Disse Óðinn: “Molto viaggiai, molto feci esperienza, molto misi alla prova gli dèi. Che cosa disse Óðinn, a chi saliva sul rogo lui stesso nell'orecchio del figlio?” Disse Vafþrúðnir: “Nessun uomo sa quel che tu in principio dicesti nell'orecchio del figlio. Con la bocca di chi sta per morire ho parlato sulle cose antiche e sul destino degli dèi. Adesso con Óðinn ho provato la mia conoscenza. Sei tu il più sapiente”.
NOTE 1 ― Óðinn kvað, Vafþrúðnir kvað. Tutte le strofe sono introdotte da una frase che informa a chi vada attribuito il dialogo seguente («disse Óðinn», «disse Vafþrúðnir»), In entrambi i manoscritti del Vafþrúðnismál, tuttavia, la frase appare in forma abbreviata. 2 ― (b) Herjafǫðr «Padre dell'esercito», epiteto di Óðinn. 4 ― (e) Aldafǫðr «Padre degli uomini», epiteto di Óðinn. 5 ― È l'unica strofa narrativa (non dialogica) del poemetto, che alcuni presumono essere un'interpolazione più tarda rispetto al resto del testo (Bellows 1936). ― (e) Ímr «Scuro», presumibilmente il nome del figlio di Vafþrúðnir. ― (f) Yggr «Terribile», è epiteto di Óðinn.
8 ― (a) Gagnráðr (nelle þulur, Gangráðr) «Che conosce la via». Nei suoi viaggi, Óðinn si dissimula sempre sotto diversi epiteti. 10 ― Questa sentenza, «L'uomo che non è ricco e che dal ricco va...», ricorda molto da vicino il genere di consigli che Óðinn dispensa nella prima parte dell'Hávamál. È probabile che questa strofa sia stata introdotta qui da qualche fonte di quel genere. 12 e 14 ― Skinfaxi e Hrímfaxi, i cavalli che trascinano rispettivamente il giorno e la notte, sono citati da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO] 13 ― Nel manoscritto originale, in questo e in altri passi del poemetto, la formula che introduce la strofa - e che viene ripetuta per molte strofe successive - è sovente abbreviata. 16 ― (a) Il fiume Ífing non è attestato in altre fonti. 18 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [51 {54}]). ― (d) «Cento leghe» si è tradotto letteralmente ma bisogna ricordare che il norreno classico utilizzava una numerazione duodecimale e hundrað significava «centoventi» (solo in epoca tarda venne a indicare «cento» ma per lungo tempo i due sistemi di numerazione convissero l'uno accanto all'altro). In ogni caso il numero qui è una cifra simbolica. 19 ― Vafþrúðnir, impressionato dalla sapienza del suo ospite, lo invita ad accedere in sala. Egli propone di rendere interessante la gara giocando la testa su chi dei due sia il più sapiente. 20 ― La versione del Vafþrúðnismál tramandata dal Codex Arnamagnæanus inizia dal secondo semiverso del primo verso di questa strofa. 21 ― Il dettaglio della creazione del mondo a partire dal sacrificio di Ymir è ripreso nel Grímnismál [21], in una strofa talmente simile da far pensare a un'interpolazione. Queste sono le fonti citate da Snorri (Gylfaginning [10]). [MITO] 23 ― Il mito della nascita del sole e della luna (Sól e Máni) è narrato da Snorri (Gylfaginning [1011]) [SAGGIO]. Tuttavia in Snorri, Mundilfǿri non fu padre tanto del sole e della luna, quanto di due ragazzi che vennero chiamati Sól e Máni poiché erano talmente belli e splendenti da essere paragonabili al sole e alla luna. Per questo Óðinn li rapì e li pose in cielo a guidare rispettivamente il carro solare e il carro lunare. [MITO] 27 ― Questa strofa è formata soltanto di due versi (uno lungo e uno pieno), e così la troviamo sia nel Codex Regius che nel Codex Arnamagnæanus. Vi è probabilmente una lacuna, come è testimoniata dall'esempio della strofa [31], formata anch'essa di soli due versi ma a cui Snorri aggiunge i due mancanti. In alcuni manoscritti recenti, la strofa è «completata» con questi due versi: «e questi due rimarranno per sempre | finché gli dèi andranno alla distruzione». Ingegnosamente, ma con scarsa verosimiglianza, Sophus Bugge propone di integrare la parte difettiva della strofa con una presunta parafrasi tratta da Snorri (Gylfaginning [19]), e scrive: «Vásaðr si chiamava il padre di Vindsvalr | gelida nell'intimo la loro schiatta» (Bugge 1867). 29 ― (d) Si ritiene comunemente - pur senza prove esplicite - che questo Þrúðgelmir sia il gigante dalle sei teste generato da Ymir «piede con piede» di cui si parla qui (Vafþrúðnismál [33]) e in Snorri (Gylfaginning [6]). ― (f) Secondo Snorri, Aurgelmir è il nome con cui i giganti di brina chiamavano Ymir (Gylfaginning [5]). 30-31 ― La seconda metà della strofa [30] e tutta la [31] vengono citate da Snorri (Gylfaginning [5 {8}]). Si noti chenei due manoscritti del Vafþrúðnismál, la strofa [31] conteneva soltanto la prima metà: «Fuori dagli Elivágar | schizzavano gocce di veleno | e crebbero finché ne sortì un gigante». È Snorri a citare la strofa completa, aggiungendo: la seconda metà del verso: «Di là le nostre stirpi | vennero tutte del pari originate, | sono per questo progenie perversa.». Che noi abbiamo integrato.
35 ― Questa strofa è citata da Snorri (Gylfaginning [7 {9}]). L'interpretazione del passo su Bergelmir è molto discussa e la spiegazione di Snorri sembra allontanarsi dalle intenzioni del passo originale [MITO]. Si veda qui per un'interpretazione più dettagliata del testo [SAGGIO]. 37 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [18 {28}]). 38 ― Con questa strofa la formula introduttiva cambia leggermente: ma è molto interessante notare il gioco di variazioni nelle varie formule, che preludono al finale. 41 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [41 {48}]). 42 ― (d) Si è preferito letteralmente con «rune» la parola originale rúnar. Naturalmente si può anche intendere questo rúnar, come fanno molti commentatori, in senso traslato. Piergiuseppe Scardigli traduce ad esempio «dei misteri dei giganti e degli dèi tutti tu dici quel ch'è senz'ombra vero» (Scardigli 1982). Ma in questa parola rúnar è compresa, in più, la conoscenza delle cose occulte e profonde. Più etimologicamente, ma un po' forzando il significato, si può ancora intendere rúnar con quelle parole di conoscenza e di potere di cui si può soltanto sussurrare a bassa voce. «Riguardo a cosa mormorano tra loro gli dèi e i giganti tu, Vafþrúðnir, dici il vero». La parola rúnar comprende insieme tutto questo: quindi la nostra decisione di tradurre con «rune». Stessa traduzione al verso [43a]. 45 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). 47 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). ― (b) Alfrǫðull «Splendore degli elfi, gloria degli elfi» è una kenning, o forse un epiteto, di Sól. Il sostantivo rǫðull indica l'aureola o la gloria regale. Si tratta di un concetto-chiave del pensiero indoeuropeo col quale viene intesa l'aura di maestà che ammantava i legittimi sovrani; ne troviamo un perfetto parallelo in antico persiano, dove questo concetto veniva indicata col termine xvarənāh, a cui corrispondeva il termine xvarə- «sole». Anche in norreno, come nel nostro caso, il termine viene utilizzato nei costrutti poetici col significato di «sole». 49 ― (c) Chi sono le «fanciulle di Mǫgþrasir»? Quest'ultimo nome, il cui significato è «desideroso di figli», non è citato in nessun'altra fonte. Si tratta di un riferimento a un mito sconosciuto, su cui non si può dir nulla. 51 ― Strofa citata da Snorri (Gylfaginning [53]). ― (f) Vingnir è epiteto di Þórr. 53 ― (b) Qui, come in precedenza al verso [4e], Aldafǫðr «Padre degli uomini» è epiteto di Óðinn. 54 ― (f) Il figlio di Óðinn è Baldr, di cui Snorri narra diffusamente il funerale (Gylfaginning [49]), anche se il dettaglio delle parole misteriose che Óðinn avrebbe sussurrato all'orecchio del figlio morto, è presente soltanto in questa fonte. 55 ― Solo Óðinn può sapere cosa ha egli sussurrato alle orecchie di Baldr: da questo dettaglio, Vafþrúðnir comprende che la persona che ha di fronte altri non è che Óðinn stesso. Naturalmente il gigante non può rispondere alla domanda che il dio gli ha posto, diciamo pure, un po' slealmente. Ma quale fosse quella domanda, i testi hanno mantenuto il segreto.
Bibliografia
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