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Italian Pages 278 Year 2011
Prefazione di Antonio Caprarica Giornalista e scrittore, dirige la sede RAI di Londra. CHE razza di famiglia è quella in cui la nonna del futuro sposo non ha mai incontrato i genitori della sposa, e fa sapere di non avere alcuna intenzione di incontrarli prima del giorno delle nozze? Ma la famiglia reale inglese, ovviamente. E la nonna in questione - si capisce - è lei, Sua Maestà Elisabetta II, discendente da Guglielmo il Conquistatore, sebbene veramente in linea alquanto tortuosa: secondo un calcolo preciso fino all'ultima goccia di sangue blu, sul suolo inglese ci sono più di trecento pretendenti con maggiori titoli al trono di questa regina nata in una dinastia di origine tedesca, sbalzata nel Settecento sul trono inglese dall'odio dei protestanti contro un sovrano Stuart testardamente (e stolidamente...) cattolico. Così come testardamente attaccata all'apparato della sua regalità resta la gentile ma inattingibile Signora a cui ci si rivolge - solo a lei - chiamandola Ma'am. Si ipotizzava che essendo Kate Middleton la terza commoner, cioè comune borghese, che va a impalmare uno dei suoi nobilissimi nipoti, Elisabetta ci avesse fatto ormai il callo. Per di più il nipote è William, secondo in linea di successione al trono, e dunque con la grazia di Dio sicuramente destinato a regnare con accanto la sua Kate. In breve, un contatto prematrimoniale con i Middleton sembrava nell'ordine naturale delle cose. Ma almeno in fatto di etichetta i re d'Inghilterra restano sovrani assoluti. E Sua Maestà ha confermato il diniego a stringere la mano dell'ex hostess Carole e del marito Michael, pilota trasformatosi in imprenditore Internet, prima che la loro bella figliola tie the knot, «stringa il nodo» - come si dice sull'isola - con l'aitante William. Per carità, non si dica che è uno sgarbo da snobismo, hanno precisato i portavoce di Buckingham Palace. Semplicemente, «Sua Maestà non vede il bisogno di incontrare al momento i coniugi Middleton». Non vede il bisogno: si potrebbe essere più offensivi? Con queste premesse, immaginiamo che perfino la coraggiosa e paziente «Waitie Katie» (quella che aspetta...) affronti l'arrivo sul pianeta dei Windsor con l'apprensione degli astronauti di
celluloide sbarcati su quello delle scimmie. Un mondo sconosciuto e pericoloso. Il coraggio della novella sposa merita perciò di sicuro ammirazione, e qualcosa di più dei soliti auguri nuziali. Si può esser certi, del resto, che tra le sue carte di bordo figuri il tragico diario di viaggio della suocera mancata. La povera Diana avrà avuto mille difetti ma la sua vicenda chiarisce che il problema della famiglia reale inglese non è la conclamata disfunzionalità né una malcelata arroganza, e neppure l'evidente preferenza accordata dalla Regina ai cavalli rispetto alla sua stessa prole. Il fatto è che, semplicemente, i Windsor hanno scordato di appartenere al genere umano. Siamo sinceri, è proprio questo che ce li rende così affascinanti. Loro non sono come noi. Se a colazione vogliono un uovo alla coque, se ne fanno preparare sette - com'è il caso di Carlo - con differenti tempi di cottura, in modo da scegliere il più gradito. Se la regina e il duca consorte vanno in visita in un Paese straniero, la reale Rolls-Royce li precede per cargo aereo perché nessun'altra auto forestiera è degna di albergare i regali lombi. Il ghiaccio a cubetti produce un suono fastidioso nel bicchiere del gin&tonic, perciò di rigore solo in forma sferica (ancora Carlo). Il golf è già troppo faticoso perché uno debba andarci pure in macchina, meglio l'elicottero (questo è Andrea, duca di York, quarto in linea per il trono). Perciò nessuna sorpresa che, come racconta Christopher Andersen nelle prossime pagine, nei primissimi anni di vita pure baby William fosse solito minacciare di spedire alla Torre, «quando sarò re», qualunque nanny o domestico si permettesse di contrastare i suoi capricci. Crescendo, per fortuna, ha cambiato carattere. Ma non c'è dubbio che il persistente amore per Kate, a dispetto dell'abisso sociale tra i due e di una malcelata freddezza della famiglia reale, debba molto anche a questa sua cocciuta determinazione. Tuttavia dev'esserci una ragione se gli inglesi, invece di dare l'assalto a Buckingham Palace come i parigini alla reggia delle Tuileries, si ritrovano sotto il palazzo a centinaia di migliaia soltanto per acclamare la loro distante ma adorata regina. Da questo punto di vista, nessuno può negare che quella dei Windsor sia una storia di successo. Nel XX secolo sono passati attraverso il più sconvolgente sommovimento sociale che la
Gran Bretagna abbia mai conosciuto, due guerre, la perdita dell'impero più vasto mai apparso sul pianeta, i Beatles e la minigonna di Mary Quant, eppure Elisabetta è sempre lì, acclamata e lievemente benigna, con i suoi improbabili completi e cappellini rigorosamente pastello (perché Sua Maestà deve essere sempre immediatamente riconoscibile in mezzo alla folla). Com'è possibile?, mi capitò di chiedere allo storico Denis Mack Smith mentre l'isola celebrava esultante i primi cinquant’anni di regno della sovrana. Com'è possibile che un Paese innamorato della modernità come l'Inghilterra entri nel XXI secolo con tutti i parafernalia della monarchia, e in aggiunta un'aristocrazia terriera ancora padrona di un terzo delle terre? «Ci sono due ragioni, fondamentalmente», fu la saggia risposta dello studioso: «La prima è che siamo isolani, e ci piace fare le cose a modo nostro: se il resto del mondo è a stragrande maggioranza repubblicano, a noi invece continuano a piacere la pompa e le cerimonie della monarchia. La seconda ragione è che pure noi, se avessimo avuto i Savoia scappati in piena guerra, li avremmo cacciati con una pedata, ma i Windsor non sono fuggiti. Sono rimasti a Londra sotto le bombe tedesche, qualcuna caduta pure su un'ala di Buckingham Palace. Questo non lo dimenticheremo mai». Lo spirito monarchico che confina i repubblicani inglesi alla rilevanza pubblica di una setta carbonara, quindi pari allo zero, è un misto di patriottismo, eccentricità, attaccamento alla tradizione, snobismo, amore per le fanfare e le sfilate, e in fondo anche un residuo dell'antica riconoscenza per la dinastia che ogni volta, al bisogno, è stata capace di incarnare la resistenza dell'intera nazione. Ai più giovani lo ha recentemente ricordato un film dal successo clamoroso come Il Discorso del Re, la vittoria sulla balbuzie di Giorgio VI, padre di Elisabetta, una metafora della sfida antinazista alla quale proprio l'allocuzione del re balbuziente chiama con fiducia il suo popolo. E pazienza se in realtà la Regina Madre nutriva ammirazione per Hitler, almeno fino alla guerra, e l'antisemitismo era sentimento diffuso a corte. Poco importa, ciò che conta è il mito nazionale che attorno ai Windsor si è cementato.
La scommessa vera del nuovo matrimonio reale, al di là della felicità personale della coppia, è come alimentarlo in questo tempo del disincanto. Il tenente-pilota William Windsor Mountbatten (Filippo ci ha tenuto a tramandare anche il suo cognome ai discendenti) parte già avvantaggiato da un grande capitale di popolarità. Per gli inglesi Wills è e resterà, finché se ne serbi memoria, il figlio di Diana. Identico nel sorriso, nel fascino, perfino nel repentino arrossire delle guance per l'imbarazzo o l'emozione. E tra le pagine più belle scritte da Andersen ci sono quelle che raccontano il legame speciale tra la madre insicura e confusa come un adolescente, e il figlio poco più che bambino ma maturo come un adulto. Il ricordo materno, e la fine tragica di Lady D, continueranno a lungo a proteggere William da ogni errore, da ogni rimprovero, dai suoi stessi difetti. Una sola cosa il pubblico non potrebbe mai perdonargli: il tradimento (sulle orme paterne) del sogno d'amore di nuovo offerto ai consumatori dell'intero pianeta. Non dovrebbe accadere. Dopotutto, lui e Kate hanno avuto parecchio tempo per fare pratica, come ha voluto notare pubblicamente papà Carlo, con sarcasmo lieve ma che non è passato inosservato. Sulla solida signorina Middleton, è opinione corrente che si possa tranquillamente scommettere. Intanto perché è lampante che è cotta del suo bel principe azzurro. E poi perché l'esperienza con Sophie, la nuora borghese, è la sola che non abbia deluso Elisabetta. La moglie di Edoardo, figlia di un modesto grossista gallese di pneumatici, si è mostrata seria, serena, rispettosa dei ruoli e degli obblighi inerenti alla posizione privilegiata della famiglia reale. Il pubblico pretende di avere quello per cui paga. Nel caso dei Windsor, una trentina di milioni di sterline l'anno (a tanto ammonta l'appannaggio della sovrana) dovrebbero garantire stile, dignità, sfarzose cerimonie, e una decente rappresentanza dell'identità nazionale. Sembra facile ma, come insegna la storia recente, non sempre lo è. Del resto, già avvertiva George Bernard Shaw più di un secolo fa: «In Inghilterra ci sono migliaia di droghieri per bene. Ma non c'è mai stato un solo principe di Galles per bene». I famigliari di Kate non sono droghieri ma imprenditori, però la morale dovrebbe essere la stessa. Insomma, una
garanzia. Non che questo, come si è visto, scaldi troppo il cuore della regina. O induca gli aristocratici amici di William, quando lui non c'è, a frenare la lingua su quei parvenu dei Middleton, mamma Carole in particolare. Purtroppo la suocera del futuro re dice pardon e toilette anziché lavatory e begyour pardon, come direbbe un inglese dell'autentica upper-class, il denaro vecchio che si gloria di non dover comprare mai la mobilia, perché la eredita. Certo, Carole e Michael hanno speso una fortuna da Holland & Holland, a Mayfair, per addobbarsi in tweed e fustagno, da autentici cacciatori di cervi, quando per la prima volta William - pochi mesi fa - li ha invitati a caccia in Scozia, nella tenuta di Carlo e Camilla (loro però non c'erano). Ma quelli che sanno li hanno avvertiti. Nemmeno se comprassero tutto il tweed di Scozia e d'Irlanda riuscirebbero a conquistare un posto nella cerchia ristretta che ha accolto (a malincuore?) la figlia ma non accetterà mai loro. Il destino dei parenti degli altri sposi borghesi dei reali (i genitori dei mariti di Anna, il padre di Sarah Ferguson) sta lì a illuminare anche la loro sorte. Resta da vedere se la fresca principessa Catherine, destinata al trono su cui una Caterina si è seduta l'ultima volta nel XVI secolo, accetterà l'obliterazione della sua famiglia. Da quanto si è visto fino adesso, pare improbabile. E anche questo fa parte del fascino del nuovo matrimonio reale. A dispetto dello snobismo dei Windsor, l'ascesa della commoner Middleton rappresenta un fenomenale successo dell'ascensore sociale britannico. E che ascensore! Ha percorso, letteralmente, tutta la lunghissima salita dal fondo di una miniera. È da lì che vengono i cromosomi della bella Kate. A inizio Novecento il trisavolo materno, John Harrison, lavorava come minatore nei pozzi di carbone dello Yorkshire. Ma il destino ha più fantasia di uno scrittore di feuilleton: i padroni dei giacimenti erano i conti Bowes-Lyon, genitori della Regina Madre. La bisnonna di William. Naturalmente, una storia d'amore come quella raccontata in questo libro è ben più di un esperimento sociale. Ma da quest'ultimo punto di vista le nozze del 29 aprile sono ben più di una moderna riproposizione della solita favola reale. Piaccia
o no, testimoniano che l'Inghilterra è cambiata radicalmente senza forse nemmeno avvedersene. Trentanni fa, al tempo di Carlo e Diana, la sposa del principe doveva essere protestante, vergine e di ineccepibile pedigree aristocratico: la giovane Lady Spencer si vantava, anche coi figli bambini, di un albero genealogico vecchio mille anni, molto più antico di quello degli stessi Windsor. Kate non solo ha convissuto per anni con Wills - si suppone in stato coniugale -, ma di sicuro non ha nemmeno una goccia di sangue blu nelle vene. È in assoluto la prima inglese della classe media a trovarsi proiettata ai vertici dello Stato e della nazione. E questo salto è rivoluzionario. Perché la monarchia basata sul principio ereditario - come osservava il vecchio Marx - è il trionfo della biologia. Kate sui gradini del trono è invece la vittoria della scelta, sia pure amorosa, comunque del diritto di decidere il proprio destino anziché affidarlo alla lotteria del sangue. Lunga vita al futuro re William e alla sua regina Catherine. Ma se proprio questo loro amore così «democratico» convincesse pure i sudditi più tradizionalisti che, dopo tutto, è meglio scegliersi il Capo dello Stato piuttosto che lasciare la scelta al caso? A soffrirne, forse, sarebbe soltanto il turismo britannico. Introduzione LA loro unione era destinata sin dall'inizio a essere una delle più celebri del XXI secolo. Lui era il giovane principe brillante, carismatico, che un giorno avrebbe portato la corona di re d'Inghilterra. Lei la splendida ragazza di origini proletarie che gli aveva rubato il cuore quando erano poco più che adolescenti. Il principe William e Kate Middleton, insieme, erano riusciti, in un modo o nell'altro, a superare le disuguaglianze sociali per creare e mantenere vivo un amore duraturo in mezzo agli scandali, alle lotte per il potere, alle tragedie e alle contraddizioni che hanno sempre caratterizzato la famiglia reale inglese. Con il passare del tempo sono diventati la giovane coppia più «raccontata», chiacchierata, ammirata e invidiata della loro generazione. Ottocento milioni di persone in tutto il mondo nel
1981 avevano assistito dal vivo alla cerimonia del matrimonio del secolo - quello fra il principe Carlo d'Inghilterra e lady Diana Spencer -, ma il matrimonio tra il maggiore dei loro figli e la fidanzatina dell'università richiamerà ancora più curiosi. E non a torto. William non è solo l'erede del trono britannico, ma ha sulle spalle anche l'importante e complicata eredità di Diana, probabilmente la donna più leggendaria dell'era moderna. Circa due miliardi e mezzo di persone - il triplo di quelle che avevano seguito il matrimonio in televisione - hanno assistito ai suoi funerali, nel 1997, e nella mente di una generazione è rimasta impressa in modo indelebile l'immagine di William e di suo fratello, il principino Harry, che camminavano per le vie di Londra dietro la bara della madre. Il loro lutto era anche il nostro, ci sembrava di conoscere da sempre i figli di Diana, e in particolare William. La sua nascita era stata sbandierata dalle prime pagine dei giornali e dalle copertine di riviste di tutto il mondo. Avevamo visto «Wills» crescere e passare da ragazzino pestifero ad adolescente allampanato, ad adulto pieno di energie, mentre Buckingham Palace e il mondo intero venivano scossi dal terremoto del burrascoso matrimonio dei genitori e poi dalla morte di Diana a Parigi in un incidente stradale. La verità dolceamara è che noi abbiamo potuto veder crescere William e diventare il bel giovane che sua madre non avrebbe mai visto. Eppure, per quasi dieci anni la storia d'amore di William e Kate è andata avanti praticamente senza interferenze da parte della stampa mondana. Di sicuro il giornalismo britannico, consapevole del fatto che William dava alla stampa la colpa della «caccia» alla madre e della sua morte, ha cercato di mostrargli un certo rispetto mantenendo le distanze dalla sua vita privata. Di conseguenza, anche alle soglie del matrimonio, la vera natura di questo amore «reale» rimane un mistero intrigante. William e Kate, entrambi molto attraenti, simpatici, giovani, atletici, eleganti, commuovono. Più di qualsiasi altra coppia del passato, dominano l'abisso che separa secoli di tradizione dalla realtà in continua evoluzione dell'era dell'elettronica. Fascino, potere, sesso, ricchezza, tradimento, scandalo,
tragedia, avventura, storia, angoscia, dovere e, naturalmente, tradizione - per non parlare dei sogni e delle aspirazioni di una generazione - si concretizzano nell'aitante futuro re e nella splendida regina senza sangue blu nelle vene. Rimane da vedere se seguiranno il suggerimento di Diana e se avranno con i sudditi un rapporto come nessun Windsor ha mai avuto prima. Per ora ci hanno dato più di quanto ci aspettassimo da loro: una favola sfavillante ma anche un profondo dramma famigliare, un racconto che parla di politica ma anche ricco di suspense, in ogni caso una storia d'amore da ricordare.
Capitolo 1 Per tutti quanti esiste un'unica principessa di Galles. E solo quando il principe William si sposerà ce ne potrà essere un'altra. - Vivienne Parry, amica di Diana, al matrimonio del principe Carlo con Camilla CAMMINA nell'aria afosa di una notte di agosto, tenendosi stretta al fianco la borsa Longchamp con una mano e cercando di proteggersi gli occhi con l'altra. Ora sembra che i flash lampeggino da tutte le direzioni e nella luce bianca e calda le pare quasi di perdere l'equilibrio. Guidata dalla mano sicura dell'autista, o forse semplicemente da un amico preoccupato, fa una piccola deviazione per evitare lo sciame dei fotografi e raggiunge l'auto che l'aspetta. Con un movimento sciolto abbassa il capo e scivola sul sedile posteriore. Prima che lo sportello si richiuda - e prima che i passeggeri abbiano il tempo di allacciare le cinture - l'autista spinge a fondo l'acceleratore, schiacciandoli contro il sedile. Percorrono a tutta velocità una stretta via laterale, curvano bruscamente, poi si infilano rapidamente in un'altra strada, ma non basta. Hanno ancora gli inseguitori alle calcagna: lei riesce a vedere negli specchietti laterali i fasci dei fari, che scompaiono quando l'auto curva per poi ricomparire una frazione di secondo dopo.
All'improvviso l'autista sterza e si ferma a un semaforo. Mentre aspettano il verde, una dozzina di paparazzi, su auto e motociclette, li circonda. Lei si volta e guarda direttamente negli occhi un fotografo a cavallo di una Honda 600 ce. Istintivamente gli sorride. Lui dà gas e anche se il casco non permette di vederne che gli occhi, lei sa che le risponde con un sorriso. Non è un estraneo, per lei. Sono parecchi anni che ha imparato alla perfezione l'arte di conquistare i reporter con il suo fascino semplice, seducente. La cosa importante è però saperli manipolare - come hanno fatto sapientemente altri prima di lei - usare, cioè, la stampa a proprio favore. Eppure, in momenti come questo, quando c'è di mezzo una storia d'amore e una buona foto può valere un milione di dollari, gli stessi giornalisti che a volte si sono dimostrati amici diventano nemici. E tutto ruota vorticosamente, fuori controllo. L’autista non ha un attimo di esitazione, oltrepassa il semaforo con un balzo, schiacciandola di nuovo contro il sedile e svolta con difficoltà a destra nel viale principale parallelo al fiume. Passano barche ornate di luci scintillanti, piene di turisti, e ogni tanto la luce di un faro si posa sui tesori architettonici di cui la città è ricca. Lei non li vede. Fissa il finestrino anteriore da dietro la testa lucida di brillantina dell'autista, e prega che sappia cosa sta facendo. Davanti a loro non ci sono più semafori e l'auto procede a zigzag attraverso il traffico, sempre più veloce. Ora il tachimetro segna 110 km/h, anche se il limite è dì 50. I paparazzi sembrano essere stati seminati. Ma due di loro, in moto, riescono a raggiungerli e l'autista della Mercedes preme ancor più il piede sull'acceleratore. Adesso lei riesce a vedere i giardini illuminati della riva opposta e l'enorme ruota costellata di luci rosa e rosse. Le immagini si dissolvono mentre l'auto sfreccia lungo il boulevard. «Rallenti!» grida alla fine, con il terrore dipinto sul volto perfetto. «Per favore, rallenti. PER FAVORE!» Per anni e anni, dopo che la madre era perita nell'incidente stradale più famoso della storia, William ne riviveva la morte orribile nei sogni. Con il passare del tempo quegli incubi erano
svaniti, sostituiti però da altri. Ne aveva raccontato particolari più o meno agghiaccianti al suo più caro amico, al fratello Harry, al padre e anche a persone di fiducia del suo staff: un fiume che non era più la Senna ma il Tamigi, una città che non era Parigi ma Londra, e una vittima che non era Diana ma l'amore della sua vita: Kate Middleton. La causa dell'incidente in cui avevano perso la vita la trentaseienne Diana e il suo innamorato, Dodi Al Fayed, il 31 agosto 1997, era stata in fin dei conti una banalità. L'operazione Paget - l'indagine ufficiale di Scotland Yard sulla morte di Diana, durata tre anni - era giunta alla conclusione definitiva che il tasso alcolico nel sangue dell'autista era tre volte superiore al limite di legge, e che Diana era stata vittima di un incidente provocato dall'alcol. I figli però non la pensavano così. Incolpavano i giornalisti di aver inseguito la madre letteralmente fino alla morte - William li aveva poi chiamati i «cani da caccia dell'inferno» - e, secondo un sondaggio di quel tempo, la maggior parte dei cittadini britannici era d'accordo con lui. Per non rischiare di incorrere nell'ira del pubblico - o in un giro di vite da parte della potente commissione governativa sulla stampa, la Press Complaints Commission - il giornalismo britannico concordò di tenersi lontano dai figli di Diana fino al loro diciottesimo anno d'età e alla laurea a Eton, la scuola «preparatoria» di élite che frequentavano. In seguito, quando William si iscrisse alla St. Andrews University in Scozia e il sogno di Harry di diventare un ufficiale di carriera all'Accademia di Sandhurst si avverò, la stampa accettò a denti stretti di continuare a non assillare i principi fino a quando non fossero stati adulti. Grazie a questo strano accordo con la notoriamente insaziabile stampa britannica, William e Kate sono stati liberi di incontrarsi, innamorarsi e, semplicemente condividendo lo stesso appartamento all'università, vivere insieme per tre anni interi. Prima di laurearsi alla St. Andrews, nel giugno del 2005, lui in geografia e lei in storia dell'arte, non erano mai stati fotografati insieme. Da un giorno all'altro si scoprirono gli altarini, e con essi il fragile equilibrio mentale di William. All'inizio la novità lo aveva divertito quando lui e Kate erano insieme i suoi addetti
alla sicurezza riuscivano a mettere la stampa con le spalle al muro. Quando non erano insieme, invece, Kate era un bersaglio facile: dovunque andasse, con amici, in palestra, o semplicemente al supermercato, era inseguita da almeno cinque o sei reporter che sbucavano da entrate e cespugli, facendola sobbalzare ogni volta che infilava le chiavi nella sua Audi o entrava nel suo appartamento di Chelsea di fronte alla fermata dell'autobus. Quando una rivista tedesca pubblicò le foto di William che usciva dall'appartamento di Kate alle prime ore del mattino con una freccia rossa che puntava al loro «nido d'amore» - il giovane principe, secondo un membro della corte, divenne «furibondo». Fece inviare una lettera di querela dai legali della famiglia reale, Harbottle & Lewis. E questo fu solo il primo di una serie di aspri richiami e fermi ammonimenti volti a riportare nei binari il giornalismo inglese. Questo atteggiamento dipendeva probabilmente dall'ossessivo bisogno di controllo di William. «Non chiedo che chi mi sta intorno mi stia sempre a sentire», aveva detto una volta. «Ma mi piace avere il controllo della mia vita... Se non ho voce in capitolo, finisco col perdere completamente il controllo e non riesco ad accettarlo. Non voglio perdere la mia identità... Se non si tengono sempre le pistole cariche, si perde il controllo.» Presto fu evidente che la stampa non poteva essere tenuta sotto controllo, e fu allora che William spinse Kate a usufruire della protezione reale. Ma nemmeno le massicce guardie del corpo, con le loro pistole automatiche Glock da 9 mm che sporgevano dalla giacca, avrebbero potuto attenuare la sua paura tangibile che sarebbe potuto avvenire, o peggio ancora, sarebbe avvenuto qualcosa. Nell'estate del 2010 a Londra si cominciarono a fare progetti per il matrimonio di William con l'unica donna che avesse mai amato. Per mesi e mesi i consiglieri della regina, a Buckingham Palace, elaborarono tutti i particolari insieme ai dipendenti più anziani di Clarence House, parte del St. James's Palace e residenza ufficiale di William e Harry, del padre Carlo e della nuova moglie Camilla. «Sembra quasi», si sfogò Camilla con una vicina di Highgrove, la tenuta di campagna del principe di Galles nel Gloucestershire, «di negoziare un trattato nucleare.»
Il problema consisteva nella scelta dei tempi. L'anno 2012 sarebbe stato molto denso di impegni per la famiglia reale. Non solo Londra avrebbe ospitato i giochi olimpici, ma tutto il Paese avrebbe festeggiato il sessantesimo anno dell'insediamento sul trono della regina - le sue nozze di diamante con il Regno. Il principe Carlo, che si era sposato a trentadue anni con Diana, appena ventenne, non aveva niente in contrario nel posporre il matrimonio di William al 2013, quando il principe avesse avuto trentuno anni. Ma ciò avrebbe significato prolungare fino a tredici anni il fidanzamento, cosa che William non si sentiva di chiedere a Kate, già soprannominata dalla stampa «l'eterna fidanzata». Quando se ne prospettò l'idea, durante un incontro organizzativo a Clarence House, William disse: «È umiliante. Lei è stata molto paziente, ma alla pazienza ci sono dei limiti». La regina era del parere di concludere il matrimonio prima possibile. Sua Maestà «Nonnina» per William - già da molto aveva accettato miss Middleton, nonostante le sue origini, ed era convinta che fosse la compagna adatta per il nipote preferito. All'insaputa di tutti, aveva tifato perché Kate riconquistasse William quando, nel 2007, la loro separazione era stata comunicata ufficialmente. Elisabetta aveva sempre avuto un debole per William. Data la sempre maggiore probabilità che Carlo salisse al trono passati i sessant'anni, si era presto resa conto che il futuro della monarchia stava a buon diritto sulle spalle del nipote. Da quando William aveva cinque anni, quindi, era iniziata una cerimonia che lo avrebbe accompagnato fino all'università. Ogni settimana prendeva il tè con «Nonnina», al castello di Windsor o a Buckingham Palace. Durante questi incontri, tesi a stabilire un forte legame affettivo, Sua Maestà parlava con il ragazzo di scuola e di sport, dei film che gli piacevano e della musica che ascoltava, cercando nel contempo di scivolare ogni tanto con abilità in una lezione di storia. Tanto per fare un esempio, tirava fuori una lettera di Enrico VIII o magari una nota di Disraeli alla regina Vittoria - naturalmente, parliamo di documenti originali. William era affezionato ai momenti passati con la nonna momenti di addestramento al mestiere di re che Elisabetta II non si era mai presa la briga di trascorrere con il proprio figlio.
Negli ultimi anni, William aveva anche iniziato a far sempre più affidamento sui consigli e suggerimenti del principe Filippo. Quando a Palazzo si cominciò a parlare apertamente dei programmi per la celebrazione del novantesimo compleanno di Filippo, il 10 giugno 2011, fu proprio Kate a esprimere la sua opinione con un'amica di vecchia data: «Non riesco a pensare a un regalo di compleanno più bello che vedere sposarsi il proprio nipote». «Non per affrettare le cose...» aveva aggiunto, strizzandole l'occhio. La scuola militare non riuscì a far dimenticare a William ciò che provava per Kate. Persino quando iniziò il difficile addestramento di pilota di elicotteri da soccorso, in una lontana base aerea sulla costa del Galles settentrionale, William - perfettamente consapevole che anche ogni faccenda personale era ormai un affare di Stato - si consultava ogni giorno con il St. James's Palace su quando, dove e come sarebbe stato annunciato il suo fìdanzamento. William però cercava soprattutto di valutare il momento in cui avrebbe davvero, e finalmente, chiesto la mano di Kate. Quando, pochi giorni dopo la morte di Diana, i figli avevano scelto un suo ricordo, Harry aveva preso per sé il famosissimo anello di fidanzamento della madre, con uno zaffiro circondato da diamanti. William aveva scelto il suo orologio preferito, un Carrier Tank. Nel 2009 William aveva chiesto al fratello di fare a cambio. «Per me ha un enorme significato», aveva detto William a un vecchio compagno di scuola di Eton, «e non penso che Harry si sposerà tanto presto.» Il futuro re d'Inghilterra non è mai stato capace di cancellare l'incubo di Kate inseguita dal destino avverso per tutta Londra. «Terrore assoluto», ecco come l'ha descritto. «Mi sveglio tremando.» Non riesce proprio a dimenticare la descrizione fatta da sua madre sugli inseguimenti da parte della stampa: «È peggio di una violenza sessuale». Questo tormentoso senso di terrore era diventato sempre più intenso, stando a quanto aveva detto una volta il principe agli agenti di custodia, quando ripensava al terribile destino della madre. Doveva affrontare l'evidenza: la donna che l'avesse sposato avrebbe passato il resto della vita a essere inseguita come Diana.
Una sola domanda gli risuonava in testa: «Ho veramente il diritto di sposare Kate?» Capitolo 2 Bisogna che mi crediate quando vi dico che ho trovato impossibile sopportare adeguatamente il pesante fardello... dei miei doveri senza l'aiuto e il sostegno della donna che amo. - Edoardo VIII, pro-prozio di William, nel suo commosso discorso di abdicazione del 1936 Non voglio un marito che mi onori come regina, se non mi ama come donna. - Elisabetta I 6 settembre 1997 Un sabato soleggiato in Inghilterra «Mio Dio», disse Carole Middleton soffocando il pianto, mentre l'affusto di cannone tirato da sei cavalli dell'Artiglieria Reale si fermava davanti a Kensington Palace. In una spettacolare profusione di emozioni, un mare di fiori lambiva i cancelli di tutti i palazzi reali, dei monumenti e dei più importanti edifici del governo. Non c'era, tuttavia, niente di più toccante della semplice sistemazione di gigli e rose bianche sopra il feretro ricoperto dalla bandiera. La telecamera della BBC lo inquadrò più da vicino e sullo schermo televisivo divennero leggibili le lettere scritte diligentemente su un biglietto dal principino Harry. C'era scritto semplicemente MAMMINA. «Che tristezza, terribile», mormorò Carole scuotendo la testa. «Poveri ragazzi.» Kate, seduta al suo fianco sul divano di chintz del salotto dei Middleton, non ricordava l'ultima volta in cui aveva visto la mamma tanto scossa. Come milioni di altri studenti di tutto il Regno Unito, Kate, che aveva 15 anni, la stessa età del principe William, aveva rimandato l'entrata al pensionato per piangere insieme alla sua famiglia la terribile morte di Diana, principessa di Galles. L'esternazione di cordoglio fu globale e senza precedenti. Sedici anni prima quasi 750 milioni di persone avevano guardato il matrimonio da favola della timida Lady D con il
principe Carlo, compresi milioni di americani assonnati che avevano messo la sveglia alle cinque di mattina per non perdersi l'eccezionale evento in diretta. Ora, molti di coloro che facevano parte del pubblico di due miliardi e mezzo di persone in tutto il mondo, partecipavano addolorati alla perdita della principessa. In nessun Paese del mondo, naturalmente, il dolore - o l'indignazione - era sentito più profondamente che in Inghilterra. Nonostante avesse catturato la fantasia della gente con il suo brillante senso dello stile, con il suo personale calore e un certo brioso carisma, Diana era stata a lungo una spina nel fianco dell'establishment inglese. Per non piegarsi al volere della famiglia reale e accettare l'infedeltà del marito, si era imbarcata in una serie di storie che avevano scandalizzato la nazione e l'avevano condotta all'amaro divorzio da Carlo nel 1996. Lo shock della sua morte - così violenta, così inaspettata e così priva di senso - ricordò al pubblico che Diana, che aveva rapporti con le persone comuni come nessun altro reale era mai riuscito ad avere, era ancora la «Principessa del popolo». Era una lezione difficile da digerire per i Windsor. L'iniziale riluttanza della regina a tornare dalle solite vacanze estive in Scozia, a esporre la Union Jack a mezz'asta in onore di Diana, o persino a parlare pubblicamente della tragedia, rivelavano l'indifferenza della famiglia reale per quello che significava Diana per gli inglesi. L'intransigenza della regina si dimostrò la più grave minaccia per la monarchia da quando Edoardo VIII aveva abdicato per sposare la divorziata americana Wally Simpson. Mentre i titoli della prima pagina del Sun strombazzavano DOV'È LA NOSTRA REGINA? DOV'È LA SUA BANDIERA? E il Minor supplicava PARLA CON NOI SIGNORA - IL POPOLO SOFFRE, una folla infuriata si accalcava fuori Buckingham Palace chiedendo provvedimenti. Persino il Daily Express, quotidiano devoto alla monarchia, la implorava DIMOSTRACI CHE TI STA A CUORE. Cedendo alle richieste del primo ministro Tony Blair, che voleva da lei un gesto concreto, alla fine la regina tornò a Londra, espose la bandiera a mezz'asta a Buckingham Palace e
lanciò un messaggio televisivo allo scopo di riconquistare i sudditi. «Ciò che vi dico, come regina e come nonna», iniziò, «lo dico con il cuore. Prima di tutto voglio io stessa rendere omaggio a Diana. Era una persona eccezionale e di grandi doti... L'ammiravo e la rispettavo per la sua energia e per la dedizione agli altri, specialmente per la devozione verso i suoi due figli.» Kate e i suoi genitori, che avevano seguito in tv il discorso della regina dalla loro casa di campagna a Buckelbury, nel piccolo distretto del Berkshire, non ne erano stati affatto commossi come molte altre famiglie inglesi. «Non ne potevamo proprio più di vedere come si comportava la famiglia reale», raccontò in seguito la nonna di Kate, Dorothy Goldsmith, a un'amica. Anche Kate la pensava come lei. «Non mi sembrava per niente sincera», disse allora. «È troppo poco, troppo tardi.» Persino le persone più vicine alla regina furono sorprese della sua incapacità di afferrare l'enormità della tragedia. Non era passata nemmeno un'ora dalla morte di Diana che aveva chiesto al console generale britannico a Parigi, Keith Moss, di recuperare i gioielli della corona che Diana poteva aver avuto con sé e farli immediatamente tornare in Inghilterra. «La regina vuole sapere», aveva detto Moss a Beatrice Hubert, una delle infermiere dell'ospedale di Parigi dove era stata portata Diana, «dove sono i gioielli.» Non c'era alcun gioiello, poiché lei non era più la moglie del principe ereditario, e nemmeno l'anello nunziale. Ma Sua Maestà non si fermò lì. Dato che dopo il divorzio a Diana era stato tolto il titolo nobiliare, la regina rifiutò la richiesta iniziale di Carlo di usare un aereo della flotta reale per trasportare da Parigi a Londra la salma di Diana. La regina cedette, ma ancora più difficile fu convincerla che Diana, non più autorizzata «tecnicamente» a un trattamento speciale, meritava un funerale di Stato. Davanti al peso dell'enorme popolarità di Diana in tutto il mondo Elisabetta, rassegnata, all'ultimo momento cercò disperatamente di salvare il salvabile. La manovra evitò che si precipitasse in una crisi di governo, ma i Middleton non si lasciarono commuovere. «Sembra proprio che la regina non
abbia colto la situazione, anzi, che nessuno di loro capisca quel che è successo», disse Kate a una sua compagna del Marlborough College, la scuola mista d'elite da 35.000 sterline all'anno situata nel Wiltshire, a 130 km da Londra, che frequentava da interna. «La famiglia reale non è altro che un mucchio di gente senza cuore. Mi dispiace solo per il principe William e per il principe Harry.» Effettivamente, i figli di Diana erano il collante che sembrava tenere unita non solo la monarchia, ma l'intera nazione. Le strade del centro di Londra brulicavano di gente. Una folla di oltre un milione e mezzo di persone era venuta a onorare la memoria di Diana, ma lungo la via del corteo da Kensington Palace all'abbazia di Westminster si sentiva solo il suono ovattato degli zoccoli dei cavalli. In un silenzio innaturale, seguivano l'affusto di cannone fianco a fianco il fratello minore di Diana Charles Spencer, William, Harry, il principe Filippo e il principe Carlo. Spencer, che si era opposto a esporre i ragazzi a una simile prova emotiva, non sapeva che William e Harry non avevano chiesto di partecipare alla mesta cerimonia. I funzionari di Palazzo, con il benestare della regina, avevano praticamente ordinato loro di percorrere lo straziante chilometro e mezzo a piedi, dietro il feretro della mamma, poi avevano fatto credere allo zio che fossero stati loro a chiedere di partecipare. «Si sono superati i limiti», non aveva nascosto Spencer, il cui elogio funebre per Diana all'abbazia di Westminster era stato soprattutto un furioso attacco alla famiglia reale. Quel giorno, per molte persone disposte lungo le strade di Londra, la vista dei figli di Diana che camminavano lentamente, con le braccia rigide, nel sole di fine estate, era quasi insopportabile. La cosa più commovente era il viso solenne del dodicenne Harry, che pareva ancor più piccolo e vulnerabile mentre cercava di stare al passo con gli altissimi adulti della famiglia Windsor. Il dolore era forse più evidente sul viso di William che, a 15 anni, aveva più l'aspetto di un uomo che quello di un ragazzo. Camminava con la testa bassa e le mani strette, fissando la strada davanti a sé; solo un momento alzò gli occhi, fuori dell'abbazia di Westminster, per lanciare uno sguardo
fulminante ai fotografi. «Somiglia tantissimo alla madre», disse Kate guardandolo all'interno del dramma che si svolgeva alla televisione. Biondo, occhi azzurri come Diana - presto sarebbe diventato alto 1,90 m, forse il più alto regnante inglese di tutti i tempi (Enrico VIII era alto 1,89 m) - l'inconfondibile testa inclinata verso il basso e lo sguardo che si alza in modo schietto e al tempo stesso seducente. Eppure William era qualcosa di più di una bella versione della sua famosa madre: vi aggiungeva un senso di dignità, di calma e di coraggio, essenziali in un momento in cui la popolarità della monarchia era scesa al suo livello più basso. Era già qualche anno che i sondaggi lo mostravano preferito al padre Carlo nella successione. Purtroppo per il principe di Galles, la predilezione è continuata anche nel XXI secolo. Nel momento in cui camminava dietro l'affusto di cannone che trasportava la salma della principessa Diana, William aveva già dato prova di essere caratterialmente più adatto di qualsiasi altro membro della famiglia reale ad affrontare le tensioni nervose. Anni prima dello shock e del dolore per la morte della madre, William aveva avuto a che fare con il catastrofico matrimonio dei genitori e le lezioni di tolleranza erano iniziate quando era ancora nell'utero. Diana era incinta di tre mesi di William quando, per una crisi di gelosia dovuta all'interminabile affaire di suo marito con la signora Camilla Parker Bowles, si era gettata dallo scalone di Sandringham, una proprietà personale della regina nel Norfolk, comprendente 8.000 ettari di terreno, situata 160 km a nord di Londra. La regina stessa le era corsa in aiuto e l'aveva trovata stesa sul pavimento di marmo in fondo alle scale. Aveva mandato a chiamare un medico, ma era stata la sorella di Elisabetta, la principessa Margaret, ad aiutare Diana a rialzarsi. In seguito Diana raccontò che la regina «tremava tutta, era completamente sconvolta... terrorizzata». Il parto di William non fu semplice. Il travaglio durò sedici ore e alla fine Diana diede alla luce, alle 21,03 del 21 giugno un maschietto di 3,220 kg. William Arthur Philip Louis Windsor si affacciò al mondo accompagnato dal rombo dei cannoni, dai rintocchi delle campane della cattedrale e, secondo un'usanza
inglese vecchia di secoli, dallo scampanellio assordante di un banditore davanti a Buckingham Palace che annunciava la nascita del futuro re. Carlo e Diana impazzirono di gioia per questo figlio e, per un breve periodo, sembrò che la coppia si potesse rinsaldare. Poiché nessuno di loro aveva avuto un'infanzia felice - in seguito Carlo descrisse sua madre come una persona «repressa» e il padre come un sadico prepotente, mentre i genitori di Diana si disprezzavano apertamente Carlo e Diana si infatuarono senza vergogna del loro neonato. «Eravamo tutti eccitati», così Diana ricorda le prime settimane dopo il ritorno a casa dal St. Mary's Hospital di Londra. «Ci sembrava di toccare il cielo con un dito.» Non durò a lungo. Un commento fugace fatto da Carlo mentre le cingeva la vita con il braccio quando erano ancora fidanzati («Bella cicciottella qui, eh?») trasformò dal giorno alla notte Diana in una vera e propria bulimica. La principessa, che aveva interrotto l'allattamento al seno dopo sole tre settimane dal parto, per dimagrire aveva ricominciato a provocarsi il vomito. Insieme a una depressione postpartum intervenuta in seguito, le abbuffate seguite da vomito procurato portarono Diana a un grave stato di squilibrio ormonale. «Ero completamente a pezzi», disse in seguito. I cambiamenti di umore raggiunsero proporzioni epiche. «Piangeva, singhiozzava, si lamentava per due o tre ore ogni volta che aveva una crisi», ricordava il suo amico lord Palumbo, e le crisi erano aggravate dalla disperazione per l'infedeltà del marito. Inoltre Diana credeva, e a ragione, che i potenti personaggi di Buckingham Palace - lei li chiamava «eminenze grigie», senza sapere nemmeno che faccia avessero - fossero convinti del suo squilibrio mentale e del pericolo che esso avrebbe comportato per la monarchia. «Chi è pazzo è da buttare via», aveva detto una volta Diana alla sua cara amica lady Elsa Bowker. «La pazza sono io», aveva aggiunto. Diana, abituata a mettere in secondo piano il marito e gli altri membri della famiglia reale con la sua solarità e il suo innegabile altruismo, fu quindi sottoposta a una serie di esami psichiatrici e a una terapia a base di forti dosi di psicofarmaci, fra cui il Valium. I tentativi di palazzo di domare l'agitazione
della principessa peggiorarono ancor più la situazione. «Non era proprio il tipo da stare zitta e lasciare perdere», diceva Palumbo. «Diana era fatta così.» Sconvolta dal fatto che i parenti acquisiti la mettessero da parte al battesimo di William, Diana inghiotti una manciata di pillole e mezza bottiglia di whisky. Dopo la corsa in ambulanza all'ospedale e la lavanda gastrica circostanza incredibilmente, quasi per magia, nascosta alla stampa pentita, promise solennemente di non mettere più in pericolo il futuro di William attentando alla propria vita. Un altro problema della principessa di Galles era l'autoiesionismo. Prima che William compisse 7 anni, Diana aveva usato più volte un rasoio per tagliarsi i polsi, si era ferita correndo intenzionalmente a capofitto contro lo sportello di una vetrinetta, si era sfregiata il braccio in profondità con un coltellino per sbucciare i limoni e si era affondata un temperino nel petto. La principessa aveva l'impressione di essere «esaminata, analizzata, criticata» a ogni ora del giorno e della notte. Ecco perché, aveva detto a lady Bowker, aveva «crisi di pianto e di panico» e la sensazione di «stare precipitando in un buco nero». Dopo soli quattro mesi dalla nascita di William, Diana contraccambiò l'infedeltà del marito gettandosi lei stessa in una relazione extraconiugale scandalosa. In seguito sostenne di non aver conosciuto James Hewitt, il focoso capitano di cavalleria che divenne l'istruttore di equitazione del figlio, fino al 1986. In una sorprendente intervista del 2005 condotta sotto ipnosi, invece, Hewitt confessò di averla incontrata a una partita di polo nel giugno del 1981, sei settimane prima che Diana sposasse Carlo. Pochi giorni dopo si erano baciati, ma in realtà non era successo niente fino a quattro mesi dopo la nascita di William. La relazione con Hewitt - da lui descritta in seguito nel libro scandalistico Princess in love - durò quasi nove anni, ma servì poco a placare la rabbia di Diana: lei continuava ad ascoltare di nascosto le conversazioni telefoniche clandestine di Carlo con Camilla e a Kensington Palace l'atmosfera si faceva sempre più ostile. «Nell'aria c'era tanta rabbia, urla e porte sbattute»,
aveva detto la governante di casa reale Wendy Berry. «Certe volte era un vero e proprio manicomio.» Diana era preoccupata dell'effetto di questa situazione sul suo sensibile bambino e lo aveva ammesso anche in seguito: «Pur così piccolo, deve aver sentito la tensione che c'era in casa». William in quel periodo non dette segno di avvertirla. Era un bambino di nove mesi, felice ed estroverso quando andò in Australia e Nuova Zelanda per sei settimane con i genitori. Durante una affollatissima conferenza stampa a Auckland, in Nuova Zelanda, le telecamere ripresero il momento in cui William - che la mamma chiamava già Wombat perché per lei ricordava il marsupiale simile al koala, di aspetto tenerissimo, ma di carattere aggressivo - si alzò in piedi da solo per la prima volta. «Si vedeva che Carlo e Diana erano sorpresi e felici come noi», disse un reporter presente alla scena. «Sembravano proprio una bella famigliola felice. Naturalmente, allora, nessuno di noi sapeva cosa stesse succedendo fra loro.» Il viaggio ebbe talmente tanto successo che, a meno di un mese di distanza, Carlo e Diana furono costretti a partire per il Canada, questa volta solo per due settimane e senza William. Purtroppo il bimbo rimase a Kensington Palace, a festeggiare il primo anno di vita con la tata Barbara Barnes. «A William non importa», Carlo rassicurò la moglie. «È troppo piccolo per capire.» Ma Diana era sommersa dai sensi di colpa e avrebbe voluto essere vicina al figlio mentre spegneva la prima candelina. Quando tornarono dal Canada, Wombat mostrava già i segni del bambino terribile che sarebbe diventato, per dirla con le parole di Diana: «Una vera peste, correva dappertutto, andava a sbattere contro tavoli e lampade, rompeva tutto quel che trovava davanti». Non trascorse molto tempo che il principe cominciò a mostrare un vero talento nel gettare nel water vari oggetti personali - lo spazzolino da denti della madre, le scarpe del padre - nello scivolare dalla ringhiera delle scale, arrampicarsi sulle librerie e avventurarsi sui davanzali delle finestre. Una volta che era andato a trovare i nonni al castello di Balmoral, sui monti della Scozia, William aveva inciampato in un sistema di allarme, facendo accorrere le guardie del corpo con le pistole spianate.
Le avventure tragicomiche del figlio alleviavano un po' la tensione in casa, ma non abbastanza da nascondere il crescente nervosismo fra Carlo e Diana. La facciata pubblica era abbastanza convincente, ma a Kensington Palace vivevano da separati sotto lo stesso tetto. «Le uniche parole che si scambiavano», disse lady Bowker, «erano piene di animosità.» Proprio allora la timida Diana scoprì di essere di nuovo incinta «come per miracolo». La cosa sconvolgente fu che confidò la notizia prima di tutti a Hewitt e non alla famiglia reale. Era «angosciata», rivelò Hewitt, «ma anche forte della verità.» Confessò poi di avere avuto l'impressione che Diana «non avesse voluto dirgli di più». Per la seconda volta, il 15 settembre 1984, tutta l'Inghilterra diede il benvenuto al nuovo principe, Henry Charles Albert David, che pesava 3 kg. Carlo non era affatto contento: avrebbe preferito una femmina e, per qualche motivo, il colorito del neonato non gli andava a genio. Durante il battesimo al castello di Windsor, poi, si era lamentato dei capelli «rossicci» del figlio - commento chiaramente non gradito dalla mamma di Diana, Frances Shand Kydd. «Dovresti ringraziare», saltò su a dire, «di avere un figlio normale.» La reazione iniziale di Carlo alla nascita di Harry si spiega solo con il fatto che lui e Diana si erano fatti la guerra per più di un anno. Le occasioni di intimità, secondo quanto lei aveva detto a lady Bowker, erano state «limitate». A quel tempo la Bowker l'aveva interpretato come «inesistenti». Con il passare degli anni la somiglianza fìsica di Harry con James Hewitt divenne sempre più evidente e le illazioni sulla sua paternità cominciarono a dilagare. Ma per il momento «l'erede e l'erede 'di riserva'», come i tabloid avevano sollecitamente definito William e Harry, avevano completato quello che sembrava un perfetto nucleo famigliare. Carlo fu sempre un padre presente e affezionato per Harry come era stato per William. Subito dopo la sua nascita, purtroppo, le liti fra mamma e papà ricominciarono con rinnovata ferocia e costarono a William, insieme all'improvvisa comparsa in scena di un fratello/rivale, una grossa tensione. Non era più solo un piccolo birbante che correva intorno all'arcivescovo di Canterbury abbaiando come un cane, che
vibrava colpi di karaté alla madre dava calci ai domestici e faceva vergognosi capricci in pubblico. La cosa peggiore era che, già a 4 anni, era perfettamente consapevole del proprio posto nella gerarchia reale. «Te ne pentirai!», diceva alla tata quando, esasperata, lo rimproverava per aver rotto una statuina di Staffordshire o correva scatenato giù per gli ampi corridoi di Kensington Palace urlando con quanto fiato aveva in gola. «Nessuno può dire a me cosa devo fare! Quando sarò re, ti farò punire!» La regina, il principe Filippo e Carlo erano preoccupati. Nonostante Diana scherzasse sul talento di Wombat di mettere tutto a soqquadro - lo chiamava «il mio mini-tornado» e «il picchiatore» - era mortificata quando sfasciava pezzi di antiquariato e finiva inevitabilmente sui giornali (IL PICCHIATORE COLPISCE ANCORA! WILLIAM IL TERRIBILE PERDE LA TESTA!). Diana era già andata a Buckingham Palace a chiedere a «Ma’am» - il nome con cui la regina si faceva chiamare dai figli e dai loro consorti - di aiutarla a porre rimedio al suo matrimonio. Persino quando Diana crollò nel suo studio e, a detta di Marna, «pianse senza ritegno», la regina continuò a sostenere che non poteva fare niente per liberarsi di Camilla. A questo punto, oltre a sembrare emotivamente instabile, Diana aveva paura di essere ritenuta una madre inadatta. «Era normale che William picchiasse», diceva Berry. «Se i tuoi genitori si battono con le unghie e con i denti, qualcosa devi fare. William era arrabbiato e ferito e questo era il suo modo di affrontare la situazione». Lady Bowker era d'accordo: «A volte i bambini, quando sono confusi, menano colpi alla cieca». Convinta che William avesse bisogno di interagire con altri bambini, Diana sfidò secoli di tradizione e rifiutò di farlo educare da un'istitutrice dentro le mura di Buckingham Palace. Lo iscrisse invece all'asilo nido privato della signora Mynor, in una casa a schiera vittoriana nel quartiere multietnico di Notting Hill. Come sarebbe successo per tutto il resto della sua vita, William veniva accompagnato a scuola tutti i giorni da un piccolo disraccamento armato di sicurezza. Mentre una guardia del
corpo aspettava nel corridoio, un'altra si sedeva in fondo all'aula cercando di dare il meno possibile nell'occhio, in una classe piena di bambini in età prescolare. Il comportamento di William alla scuola materna della signora Mynor continuò a essere sconveniente, anche con le guardie del corpo. Per non smentire i titoli dei giornali, William litigava regolarmente con gli altri bambini e rifiutava di prendere parte a qualsiasi attività non gli interessasse. Stringeva i denti e mostrava i pugni alle insegnanti abbastanza coraggiose da cercare di imporgli una disciplina. «Ci minacciava sempre di rinchiuderci nella torre di Londra», disse un'insegnante. «Oppure di farci giustiziare da una delle sue guardie del corpo. Delizioso.» La tata Barnes, che passava sicuramente più tempo con William e Harry dei loro impegnatissimi genitori, faceva finta di niente. Ignorava le critiche ai principi, preferendo definirli «vivaci» e «simpatici». Quando il principe Filippo consigliò di assumere una nuova tata che forse avrebbe saputo domare William, Diana, diffidente di chiunque diventasse troppo intimo dei propri figli, accettò il consiglio. Con la nuova tata - stavolta autorizzata a sculacciare il «picchiatore» - non cambiò quasi nulla. William confermò la sua reputazione di equivalente inglese di Dennis la peste, moltiplicando i capricci, le risse nel cortile di scuola e le minacce di punizione al personale dell'asilo. Quando sarebbe stato re, diceva William a chiunque lo ascoltasse, avrebbe avuto il potere di far fare qualsiasi cosa ai suoi cavalieri, «anche ucciderti». Nell'autunno del 1987 William andò a Wetherby, una prescuola materna a Notting Hill Gate, ancora più vicina a Kensington Palace. La signora Mynor e le altre insegnanti tirarono un sospiro di sollievo, ma per poco: Harry avrebbe preso il posto del fratello maggiore. A Wetherby, Wills continuò a fare il prepotente con i bambini e con gli adulti. Se non gli piaceva quello che gli veniva dato a pranzo - e succedeva spesso - il principe urlava e gettava il piatto per terra. Se alzava la mano e non veniva chiamato per primo, usciva dalla classe infuriato. «Avrei voluto mettermelo sulle ginocchia e sculacciarlo di santa ragione», disse uno degli
ufficiali che lo proteggevano. «Tutti lo desideravamo. E penso che probabilmente era quello che chiedeva anche lui - che qualcuno si prendesse cura di lui e gli desse dei limiti, ecco. Era selvaggio, incontrollabile.» L'unica persona autorizzata a sculacciare i bambini, la tata Ruth Wallace, non esitava a farlo. Una cosa che «Tata Roof» riteneva particolarmente inaccettabile era l'atteggiamento troppo sprezzante di William verso la servitù. Il principe, rifacendosi ai modi bruschi del padre, mostrava di disprezzare apertamente uomini e donne che avevano servito la famiglia reale per anni, persino decenni. La tata gli chiese di pensare a cosa provava quando qualcuno feriva i suoi sentimenti, poi gli chiese di pensare a cosa provassero gli altri quando lui li trattava male. Fu in quel momento, disse Diana, che «gli si accese una lampadina: allora anche gli altri hanno dei sentimenti!» Le insegnanti di Wetherby non toccarono mai William, ma fecero quel che potevano per cambiare il comportamento del principino. Lo punirono con rimproveri verbali, sospensioni e soprattutto togliendogli i suoi giochi preferiti. Ogni volta dovevano lottare per trattenere le risate. Arrivato a 6 anni, William decise di darsi una calmata. Quando la piccola Eleanor Newton, di 5 anni, scoppiò a piangere, le chiesero cosa avesse detto il principe per sconvolgerla tanto. «Se non mi sposi», le aveva detto, «ti mando in prigione.» Tuttavia, a Natale del 1987, in William avvenne un notevole cambiamento. All'improvviso diventò un piccolo gentleman educato che diceva grazie e prego, allungava la mano per presentarsi e addirittura teneva aperta la porta per far passare qualcuno. «Penso che quello che lo attraeva di più fosse semplicemente l'idea di essere gentile», spiegò una volta la tata Roof. «Le buone maniere, un comportamento corretto, sono modi di essere gentili con gli altri.» L'asso nella manica, secondo la Wallace, era la madre stessa di William. «Era un ottimo esempio, davvero. Si faceva in quattro per essere gentile con la gente comune, con i meno fortunati.» Secondo Elsa Bowker, Diana avrebbe sempre voluto che «la famiglia reale fosse più umana. Non conoscevano la gentilezza e lei era una persona gentile».
Diana era anche irrefrenabilmente sbarazzina e William aveva ereditato da lei questa qualità. Tendeva imboscate con la pistola ad acqua alla mamma, al principe Carlo e persino alla regina, dava pizzicotti sul sedere a nobili signore e cameriere d'albergo solo per farle ridere (scherzo che si interruppe quando la madre di un compagno di scuola non ci trovò nulla di divertente), e tirava bombe d'acqua dai balconi del palazzo. A Highgrove correva come un pazzo per i campi in bicicletta o in skateboard, si arrampicava sugli alberi così in alto che poi doveva essere recuperato dai vigili del fuoco della zona e distrusse in un attimo la Jaguar XJS cabriolet giocattolo che gli avevano regalato per il suo compleanno. Al contrario della madre, donna di città che non amava la campagna in generale e i cavalli in particolare, Wills - in cui batteva il cuore dei Windsor - pareva, secondo Carlo, «nato a cavallo». A 6 anni, non solo era capace di cavalcare il suo pony, Trigger, senza sella, ma anche in piedi. La regina, che aveva iniziato ad andare a cavallo all'incirca alla sua stessa età e continuato fino a ottant'anni, era disposta a voltarsi dall'altra parte quando il nipote, cavalcando, rischiava l’osso del collo. Anche il principe Carlo, ignorando le obiezioni di Diana, portava sovente i figli a vedere le partite di polo in cui gareggiava. Sicuramente il legame di Carlo con i bambini sembrava più forte quando lottavano per gioco sul pavimento - il nome di battaglia di papà, durante la lotta corpo a corpo era Big Bad Wolf, cioè Lupacchione - o quando insegnava loro le incombenze relative alla campagna che avevano caratterizzato per secoli la famiglia reale. Negli anni il principe Carlo creò importanti ricordi comuni: feste di caccia a Sandrigham, pesca a Balmoral, caccia alla volpe nelle colline e vallate circostanti Highgrove. Pur odiando «uccidere cose», Diana non impedì in alcun modo la partecipazione di William alla sua eredità reale. Dopo tutto, come appartenente a una delle più antiche e nobili famiglie d'Inghilterra, lady Diana Spencer era stata «battezzata» a 13 anni, quando aveva ucciso il suo primo cervo ad Althorp, la proprietà di famiglia di quasi 6.000 ettari. Si trattava di uno dei pochi spazi che Diana era disposta a
cedere al marito. Fu lei a insegnare a nuotare a William e Harry nella piscina coperta di Buckingham Palace («William nuota come un pesce», si vantava) e ad assicurarsi che provassero le gioie quotidiane dell'infanzia moderna. Li portò da McDonald's e da Kentucky Fried Chicken, il suo preferito, ma anche ai cinema multisala più vicini, alla pista per go-kart, ai parchi gioco e alle fiere all'aperto. Le gite facevano parte anche del crescente, calcolato tentativo di mettere i figli a contatto con la vita delle persone normali. In seguito, quando furono pronti a farlo, li portò anche a visitare ospedali pediatrici, ricoveri per senzatetto, residenze per handicappati gravi, cliniche per l'AIDS e centri di riabilitazione per le tossicodipendenze. Diana si ripromise di dare ai figli «un'idea di cosa succede là fuori», insegnamento che né Carlo né altri reali avevano avuto. Riteneva anche che fosse la maniera giusta per prepararli ad avere a che fare con le «eminenze grigie» di Buckingham Palace, che sin da allora cercavano di controllare ogni aspetto della loro vita. La principessa Diana si era ripromessa di prepararli adeguatamente. «Me ne accerterò personalmente, non voglio che soffrano come me.» Per il momento William e Harry passavano il tempo, felici, in compagnia di uno o dell'altro genitore. Quando si ritrovavano tutti sotto lo stesso tetto, a Kensington Palace o Highgrove, Diana si chiudeva immancabilmente in camera sua. Gli inevitabili faccia a faccia tra Carlo e Diana terminavano invariabilmente in un diverbio a voce alta. La governante di Highgrove, Wendy Berry, ricordava che erano «all'ordine del giorno» le porte sbattute e gli epiteti urlati dalle gole reali. Durante un confronto particolarmente memorabile il cameriere personale di Carlo, Ken Stronach, rimase a bocca aperta sul pianerottolo del secondo piano vedendo Diana che inseguiva il marito da una stanza all'altra rinfacciandogli la relazione con Camilla. Alla fine il principe si era voltato e aveva urlato: «Come osi parlarmi in questo modo? Sai o non sai chi sono io?» «Tu», rispose Diana, «sei un fottuto animale!» Poi si era precipitata fuori e Carlo, rosso in viso dalla rabbia, aveva scagliato gli stivali da cavallo da una parte all'altra della
stanza. Questi momenti drammatici sconvolgevano Stronach e il resto della servitù, ma soprattutto Jessie Webb, la tata londinese senza peli sulla lingua che aveva sostituito Ruth Wallace nel giugno del 1990. «Questi ragazzi avranno bisogno di un grosso aiuto», disse, se non vogliamo che diventino pazzi furiosi come i loro genitori.» Le cose peggiorarono solo nel settembre del 1990, quando William andò a studiare a Ludgrove, un collegio esclusivo situato 56 km a ovest di Londra, nella città di Wokingham, nel Berkshire. Diana non nascose in alcun modo che il figlio le mancava «disperatamente»; il fatto che Carlo sembrasse completamente adattato all'assenza del figlio la rese furibonda. In generale la gente non si accorgeva della guerra senza prigionieri che era in corso tra il principe e la principessa di Galles, ma le cose sarebbero presto cambiate. Nel giugno del 1991 un compagno di classe di William a Ludgrove lo colpì incidentalmente sull'occhio sinistro con una mazza da golf. Privo di sensi e con un fiotto di sangue che gli usciva dalla testa, William fu portato d'urgenza al Royal Berkshire Hospital, poi trasferito al Great Ormond Street Hospital di Londra per essere visitato da specialisti. I medici, preoccupati per frammenti ossei, infezioni e la possibilità di un danno cerebrale, decisero di operarlo immediatamente. L'operazione durò settantacinque minuti; Diana rimase accampata fuori della sala operatoria finché il figlio non ritornò cosciente, qualche ora più tardi. Carlo, invece, corso a Londra da Highgrove appena saputo dell'incidente, non si fece vedere: seguì piuttosto il consiglio di Camilla e, come da programma, andò alla rappresentazione della Tosca al Covent Garden. Diana aveva sempre pensato che Carlo, come il resto della sua famiglia, mancasse di «un'anima vera... Sono robot freddi, senza cuore... Nella famiglia reale non c'era un goccio di umanità prima che arrivassi io... Nemmeno un goccio». E ora ne aveva la prova e i giornalisti inglesi ci sguazzavano. CHE RAZZA DI PADRE SEI? gridava il titolo di testa del Sun. Jean Rook scrisse sul Daily Express: «Che padre è quello che se ne va dall'ospedale prima di sapere l'esito dell'operazione per
passare una serata a teatro?» Gli alleati di Diana si strinsero subito intorno a lei. Assolutamente in contrasto con la brusca replica di suo marito, disse il suo amico James Gilbey, le reazioni della principessa all'incidente del figlio furono di «terrore e incredulità». Il comportamento di Carlo fu invece «inesplicabile». A dire il vero, la governante di Highgrove, Wendy Berry, disse che «Carlo era bianco come un morto» quando arrivò la telefonata dell'incidente. Mentre si parlò molto della fuga di Diana dal pranzo ufficiale cui partecipava a Londra e della sua corsa all'ospedale in Jaguar verde sportiva, nessuno riferì dell'arrivo di Carlo con la sua Aston Martin azzurra. Né ci sono notizie del fatto che Carlo e Diana avessero camminato di fianco alla barella di William, accompagnandolo in sala operatoria e rassicurandolo che tutto sarebbe andato bene. Pur sapendo che Carlo aveva un rapporto stretto e amorevole con i figli, Diana si crogiolò in un'ulteriore vittoria di pubbliche relazioni sul marito. Nella loro continua guerra per dimostrare chi fosse il genitore migliore, lei era chiaramente la vincitrice. Schiacciato dagli eventi, Carlo si ritirò a Highgrove e Camilla fu l'unica persona che lo capì. La signora Parker Bowles chiamata dal personale del principe di Galles «signora P.B.» (e da Diana «il rottweiler») era una presenza fissa a Highgrove quando Diana non era in casa. Camilla dormiva in una camera per gli ospiti ma, dopo che Carlo aveva spento il sistema di sicurezza di rivelazione dei movimenti, passava la notte in camera sua. Toccava al cameriere personale del principe, Ken Stronach, disfare il letto della camera degli ospiti («ma solo da una parte») per far vedere che lei aveva dormito lì. Diana (che Camilla chiamava Barbie) e i ragazzi non erano mai informati della presenza della signora P.B. a Highgrove. Gli indizi della sua presenza - mozziconi di sigarette che l'accanita fumatrice Camilla lasciava nei portacenere, bicchieri macchiati di rossetto, la foto incorniciata di Camilla seduta su una panca al castello di Balmoral - venivano eliminati in tutta fretta nel momento in cui se ne andava. Lo stesso succedeva a Middlewick House, la proprietà della famiglia Parker Bowles che distava solo quindici minuti da Highgrove. Con l'unica
differenza che alla servitù veniva detto di fare tutto il possibile per nascondere ogni traccia delle frequenti visite notturne di Carlo in camera di Camilla. Poiché lui arrivava dopo il tramonto e se ne andava prima dell'alba, il personale di Camilla chiamava Carlo «il principe dell'oscurità». Secondo la Berry, Stronach e altri, Camilla aveva il potere di calmare Carlo. Aveva detto a Carlo che Diana aveva un suo modo «magico» di trattare con la stampa. «È instabile, caro. È triste che debba sottostare a questi giochi. Mi fa pena.» Solo due giorni dopo l'intervento, William fu dimesso dal Great Ormond Street Hospital. Durante le sette settimane di convalescenza, era preoccupato del benessere della madre tanto quanto lei lo era del suo: «Sembri così stanca, mamma», diceva mentre si abbracciavano teneramente sul sedile posteriore della Bentley guidata dal suo autista. «Sei sicura di stare bene?» Già da allora William era il principale protettore della volubile madre, il suo consolatore, la sua anima gemella. Quando Diana precipitava nel baratro di uno dei sempre più frequenti momenti di depressione, Wills le portava una scatola dei suoi cioccolatini prediletti o le annunciava di aver prenotato al suo ristorante londinese preferito, il San Lorenzo. «Comunicavano», osservò la modella Cindy Crawford che era diventata amica di entrambi, «con un linguaggio sottinteso». Qualche mese prima dell'incidente, a Highgrove, durante una delle soliti liti turbolente, Diana era corsa al piano superiore e si era chiusa in bagno. Si era poi accorta che William le passava dei fazzolettini di carta sotto la porta. «Mamma...» aveva sussurrato, «non sopporto di vederti triste.» William non sopportava neppure di vedere l'effetto di tutto quel pandemonio sul fratello minore. «William e Harry si appoggiavano l'uno all'altro quando i genitori litigavano», ha ricordato una ex cameriera di Highgrove. «William diceva a Harry che mamma e papà litigavano sempre, ma che non voleva dire che non si amassero.» Diana e Carlo acconsentirono di malavoglia a festeggiare il decimo anniversario del loro matrimonio con una crociera nel Mediterraneo a bordo dell'Alexander, l'enorme yacht del miliardario greco John Latsis. Per chi si occupava delle
faccende del principe di Galles a St. James's Palace, la crociera avrebbe dovuto rappresentare una «seconda luna di miele», ma ormai il matrimonio era irrimediabilmente in pezzi. Pareva, a volte, secondo Elsa Bowker, che «tutto il peso del mondo gravasse sulle piccole spalle di William. Era diventato più tranquillo - troppo tranquillo per un bambino di 9 anni. Per la prima volta in vita sua aveva uno sguardo sospettoso nel guardare la gente». Era Diana la prima a preoccuparsi per lui, che chiamava «il mio piccolo pensatore» e «il vecchietto». Confidò all'amica Carolyn Bartholomew che in William vedeva molto di sé. Secondo un altro amico, Richard Greene, Diana «pensava che William fosse una sua versione al maschile... Le piaceva dire: 'Siamo come due piselli in un baccello. William è troppo emotivo, è un'anima molto sensibile. Ha bisogno di protezione'». È triste dirlo, ma il comportamento di Diana nei mesi seguenti aggiunse solo problemi allo schiacciante fardello emotivo di William. «Disperata» al punto di voler raccontare la propria storia direttamente al popolo inglese, registrò i suoi pensieri e le sue frustrazioni più segrete e diede di nascosto i nastri al giornalista Andrew Morton attraverso un amico comune, il dottor James Colthurst. Mentre Diana complottava in segreto per rivelare la propria versione della storia, il matrimonio del principe Andrea con Sarah Ferguson andava in frantumi, travolto dalle voci di infedeltà. Era l'ultima di una serie continua di critiche rivolte direttamente alla più vicina amica e parente acquisita, compagna di lunghe sofferenze. Forse gli americani erano rimasti incantati dalla duchessa di York, decisamente con i piedi per terra, ma ancora prima che sposasse Andrea, nel 1986, i giornali la martellavano per il suo peso (tanto da essere crudelmente chiamata la duchessa di Pork), per il suo discutibile gusto nel vestire, le mani bucate e l'umorismo «pesante». Quando, all'inizio del 1992, i fotografi misero in piazza che Fergie si dava alla bella vita sulla Costa Azzurra con l'erede del re del petrolio texano Steve Wyatt, l'unica cosa che potè fare la coppia fu separarsi. Essendo la madre della principessa Beatrice e della principessa Eugenia, Fergie non fu
immediatamente cacciata dalla famiglia reale. Alcuni mesi dopo, però, ci sarebbero state altre foto, che mostravano il «consulente finanziario» di Fergie, John Bryan, nell'atto di succhiarle le dita dei piedi mentre lei prendeva il sole in topless. Questa volta la regina, che ospitava l'intera famiglia compresa Fergie - a Balmoral, mandò al diavolo la nuora. «È assolutamente inaccettabile», disse la regina scuotendo la testa. «Lo dico davvero...» Il finimondo che avevano suscitato le baldorie di Fergie fu ben poca cosa rispetto al baccano che seguì la pubblicazione del libro di Morton Diana. La sua vera storia, nella primavera del 1992. Poi, all'incirca nello stesso periodo in cui apparvero le foto osé di Fergie, furono messe in circolazione le registrazioni delle conversazioni telefoniche di Diana con l'amico James Gilbey. Benché mortificata al pensiero di farsi sentire chiamare «strizzolina» da Gilbey, non fu nulla rispetto a quello che aspettava Carlo. Parecchi mesi dopo il «Dianagate», la vicenda di Carlo sarebbe tornata alla ribalta, quando furono rivelate le sue telefonate sconce a Camilla Parker Bowles. La cosa più impressionante era il desiderio espresso da Carlo di reincarnarsi come assorbente interno di Camilla: CARLO: Santo cielo, potrei vivere dentro i tuoi pantaloni, una cosa del genere. Sarebbe molto più semplice! CAMILLA (ridendo): In cosa ti trasformerai? In un paio di mutandine? Tornerai sulla terra sotto forma di un paio di mutande da donna? CARLO: Dio non voglia! In un Tampax, ecco. Sarebbe la mia fortuna! CAMILLA: Sei completamente scemo! Però, che splendida idea. Quello stesso autunno Harry raggiunse William a Ludgrove, mentre tutti si chiedevano come sarebbe finito il matrimonio dei genitori. Il direttore della scuola, Gerald Barber, aveva seguito come un padre William sin dal suo arrivo. Ora prese provvedimenti per evitare che i due ragazzi fossero travolti dal torrente di chiacchiere riguardanti mamma e papà. «Tutti coloro che visitavano la scuola in quel periodo notavano che non c'erano quotidiani, riviste, radio e televisioni da nessuna
parte, nemmeno nell'ufficio del direttore», disse un insegnante di Ludgrove. «Il signor Barber non voleva che il principe William o il principe Harry vedessero qualcosa che li avrebbe potuti turbare o preoccupare. Tutti obbedimmo.» Alla guardia del corpo personale di William, Graham Cracker, fu anche chiesto di non lasciare pubblicazioni a portata di mano dei ragazzi. Ciò però non impedì a William di ficcanasare nella stanza di Cracker e dare un'occhiata al Sun, al News of the World o al Daily Mail. Mentre Harry, che aveva solo 8 anni, era troppo piccolo per capire del tutto cosa stesse succedendo, il suo precoce fratello maggiore fu distrutto da quello che lesse e sentì di nascosto. Eppure, quando Diana lo chiamò al telefono come tutti i giorni per sapere come andava, William finse di essere coraggioso. «Penso che fosse molto preoccupato di non aggravare i problemi dei genitori», disse un'assistente della scuola. «Il principe William, poi, non voleva turbare Harry. Era un fratello maggiore molto protettivo.» Ogni giorno William rassicurava la madre che lui e il fratello stavano bene. «È straziante», disse Diana a Carolyn Bartholomew. «William ha un cuore così tenero. A volte mi domando chi di noi due è l'adulto e chi il bambino.» Anche Carlo, tuttavia, si tormentava pensando all'effetto delle liti famigliari sui figli. «Sono terribilmente preoccupato», disse all'amica ed ex amante Janet Jenkins. «Voglio che ricordino che non ero l'unico a urlare e a fare tutto quel baccano.» Eppure fu proprio lui, stizzito per quello che pensava fosse un «incessante gioco al massacro» da parte di Diana, a chiedere la separazione legale e Diana, nell'ufficio del direttore di Ludgrove, avvertì i figli che presto sarebbe stato fatto un comunicato ufficiale. William chiese di punto in bianco se la colpa della rottura era dell'«altra signora». «Beh», rispose Diana, «in questo matrimonio c'è stata una persona di troppo, poi i giornali e la televisione hanno raccontato tante storie - insieme, hanno reso le cose difficili. Però io voglio ancora bene a papà. Lo amo ancora ma non
possiamo vivere sotto lo stesso tetto.» Harry rimase seduto in silenzio, mentre William cominciò a piangere. Poi, dopo essersi ricomposto, baciò la madre e disse: «Spero che siate più felici, adesso». William non era il solo a sentirsi impotente: dopo aver visto andare in fumo i matrimoni di Carlo e di Andrea, a «Nonnina» non rimase altro che assistere, impotente, all'incendio del suo amato castello di Windsor. In seguito dichiarò che quello era stato l'anno più tremendo della sua vita. Il 9 dicembre 1992 il primo ministro John Major annunciò formalmente la separazione del principe e della principessa di Galles alla Camera dei Comuni. Il comunicato, scritto da membri anziani dello staff di Sua Maestà, metteva in rilievo che la decisione «è stata raggiunta amichevolmente, entrambi continueranno a partecipare pienamente all'educazione dei figli. La regina e il duca di Edimburgo, benché addolorati, comprendono e sono partecipi delle difficoltà che hanno portato a questa decisione». Inoltre la regina e il principe Filippo speravano che «cessasse l'intrusione nella vita privata di Carlo e Diana. Essi ritengono che un certo grado di privacy e comprensione sia indispensabile perché le Loro Altezze Reali possano crescere i figli con tranquillità e sicurezza». Da quel momento in poi, quando non erano a scuola, i ragazzi dividevano il loro tempo fra i due campi nemici. A Kensington Diana stravedeva senza vergogna per i «cocchi di mamma», come scherzosamente chiamava i principini, permettendo loro di passare ore e ore davanti alla televisione, sfrecciare per i campi sulle loro bici BMX o rincorrersi lungo corridoi tappezzati di ritratti di famiglia e salotti ornati di enormi candelieri agitando spade di plastica. Anche la tenuta baronale degli Spencer, Althrop, vecchia di cinquecento anni, era accogliente e a misura di bambino. L'adorato fratello di Diana - soprannominato Champagne Charlie dalla stampa - incitava i bambini a scivolare giù dallo scalone di Althorp su vassoi da tè d'argento del XVIII secolo rubati in dispensa. La vita con Carlo, naturalmente, richiedeva un certo contegno. Il primo Natale dopo la separazione, a Sandringham, William
fu colpito dall'estrema deferenza che tutti mostravano verso «Nonnina». Non solo ammiragli, membri del consiglio dei ministri e lo stesso primo ministro provavano soggezione davanti a lei, ma persino il nonno - il principe Filippo - stava attento a camminarle sempre due passi dietro. «William assorbiva tutto», osservò una volta Diana. «Voleva sempre fare le cose nel modo giusto - evitare di accrescere lo scompiglio intorno a sé.» Presto imparò a fare come tutti gli altri Windsor, a tenersi dietro e a inchinarsi leggermente quando «Nonnina» gli si faceva incontro. Pur mantenendo il dovuto rispetto - e persino affetto - per la «Top Lady», come chiamava la regina, Diana ricordò a William che si potevano trovare tracce degli antenati Spencer fino a circa mille anni prima, mentre i Windsor erano «a malapena inglesi». Disdegnando le proprie radici teutoniche, i regnanti avevano trasformato il cognome Wettins nel più inglese Windsor durante la prima guerra mondiale. Ecco perché Diana chiamava i suoi parenti acquisiti «i tedeschi». Chiamava prosaicamente «Stavros» il duca di Edimburgo, nato a Corfù e appartenente alle case reali danese e greca. Il soprannome che aveva dato a Carlo, invece, non aveva niente a che fare con gli antenati ma si riferiva alla sua posizione di regnante senza speranza. Così, anche in presenza di William e Harry, chiamava il papà di mezz'età «the Boy Wonder». Non tutti i momenti della giornata passati con la famiglia del padre erano dedicati al protocollo, anzi. Il principe Filippo, che non aveva dato segni di interesse per i propri figli da giovane, prese una cotta per William e Harry. Quando erano a Sandringham, il nonno li portava a caccia di fagiani e galli cedroni, mentre Carlo mostrava loro i luoghi migliori per la pesca alla mosca di salmoni e trote nel fiume Dee, a Balmoral. Quando erano a Highgrove Carlo faceva in modo che Camilla non fosse in casa. Per i ragazzi Highgrove era sacro: ci potevano scorrazzare con i go-kart e con i pony, lontani dagli sguardi curiosi dei paparazzi. A Diana però non andava a genio che i ragazzi pensassero ad Highgrove come alla loro base. «Voglio che sappiano che casa loro è Kensington Palace», spiegò. «Che non lo considerino
semplicemente un edifìcio pubblico.» Certo che «KP», come lo chiamava Diana, era proprio al centro di Londra. L'edificio georgiano di tre piani in mattoni, che includeva ventotto stanze, era stato la dimora di Guglielmo III e, pur confinando con un lussureggiante parco cittadino di più di 110 ettari, non disponeva di molta privacy per William e Harry. Ogni volta che i ragazzi si allontanavano dal terreno del palazzo, un drappello di fotografi accampati vicino ai cancelli di ferro battuto si affollava dietro la loro auto. Convinto sin da allora che fossero stati i giornalisti i maggiori responsabili della rottura del matrimonio dei suoi genitori, William se la prendeva con loro ancor di più perché spingevano la madre sull'orlo dell'esaurimento nervoso. «La mamma piange sempre», disse William a un suo insegnante di Ludgrove. «Dice che i reporter le stanno rendendo la vita insopportabile.» Diana, che aveva confessato a un'amica che avrebbe voluto vedere William, e non Carlo, incoronato re, poteva rallegrarsi dei sondaggi condotti dal Sunday Times, dal Daily Mail, e da altre riviste. La maggior parte degli inglesi era d'accordo con lei. C'erano anche altri motivi per voler essere sicura che il figlio sarebbe stato pronto a diventare re. Era convinta che non sarebbe mai diventata regina, ma anche che Carlo, secondo le previsioni della sua astrologa, sarebbe morto prima della Regina Madre. Sperava che il re Guglielmo V, a differenza degli ultimi monarchi inglesi, «avrebbe governato con il cuore, non con la testa». Nel frattempo William avrebbe dovuto imparare non solo ad affrontare i media, ma a usarli a proprio vantaggio. In definitiva Diana sperava che William fosse capace di seguire l'esempio dì un altro principe famoso - o almeno la versione americana di un principe. «Spero che da grande sia intelligente come John Kennedy», disse. «Voglio che riesca a gestire bene le situazioni come lui.» Per farlo, avrebbe dovuto seguire le orme della madre di John. «Jackie è stata bravissima a crescere Caroline e John. Vorrei imitarla, come madre.» Entrambe riuscivano sicuramente a gestire bene la stampa
ma, mentre Jackie si confrontava con la pressione della celebrità senza gravare sui propri figli, Diana continuava ad appoggiarsi pesantemente su William. «Diana spiegò al principe William molte più cose di quanto fanno le mamme comuni», ricorda Rosa Monckton, una della sue migliori amiche. «Non aveva scelta.» Voleva che William sapesse «da lei la verità sulla sua vita e sulle persone che frequentava e cosa significavano per lei, piuttosto che leggerne una versione distorta, esagerata e spesso falsa su qualche rivista scandalistica». Durante i weekend in cui non era a scuola, William stava pazientemente accanto alla mamma che, inzuppando un kleenex dopo l'altro, gli raccontava del trattamento ingiusto da parte della famiglia reale e delle «eminenze grigie» di Palazzo, della fedeltà di papà a Camilla, dei «mastini» della stampa che la perseguitavano senza tregua, dell'estenuante programma pubblico di cerimonie ufficiali, visite di beneficenza e «bagni di folla» - il giro senza fine di visite agli ospedali e ogni genere di inaugurazioni che riempiva il calendario di tutti i membri della famiglia reale. A William toccava anche ascoltare pazientemente tutte le ultime ossessioni spiritualiste di mamma, le sue incursioni nella riflessologia, aromaterapia, omeopatia, astrologia, fitoterapia, cristalli, piramidi, magneti, ipnosi medica, agopuntura, feng shui e lavaggio del colon. A parte le descrizioni particolareggiate delle proprie abitudini fisiologiche, i segreti più inquietanti - e potenzialmente traumatizzanti - che la mamma condivideva con suo figlio erano quelli sugli uomini della sua vita. Pur continuando a nascondere a William la storia prolungata e soffocante con James Hewitt, Diana non aveva scrupoli a parlare con lui degli altri uomini che erano entrati e usciti dalla sua vita - e a cui non di rado era stata associata nei titoli dei giornali. «Il ruolo di William era più quello di un secondo marito che quello di un figlio», diceva Richard Greene. «La situazione era pesante per chiunque, ma specialmente per una persona cosi giovane.» Comunque Diana si accorgeva benissimo della tensione che
scaricava sul figlio maggiore. «Diceva sempre che William apparteneva a un altro pianeta», ricorda Debbie Frank, astrologa e amica di Diana. «Stimava la sua opinione. Faceva affidamento su di lui per sapere cosa fare.» Carolyn Bartholomew aveva capito perché. Pur così giovane, William era «intuitivo, al passo con i tempi, molto perspicace... e di carattere gentile, proprio come Diana». Alla fine del 1993, la madre di William era considerata da tutti la persona più impegnata al mondo in opere umanitarie - quasi come la sua amica e ammiratrice Madre Teresa di Calcutta. Nonostante fosse ancora un'icona incontrastata della moda e dello stile mondiale, la principessa era altrettanto famosa per il suo impegno con i malati di AIDS, con le vittime della violenza domestica, con i bambini colpiti da tumori e con i senzatetto. William aveva imparato molto dalla madre su come comunicare con la gente. «Quando metto le mani sul viso di coloro che soffrono», gli aveva detto, «li consolo come loro consolano me». William ogni tanto accompagnava la mamma nei suoi giri, seguito da Harry, sorrideva a estranei, stringeva loro la mano, faceva domande e ascoltava con attenzione le risposte. In breve tempo diventò un professionista nell'affascinare l'uomo della strada, talento che non possedevano né il padre né la nonna. Secondo la segretaria privata di Diana, ED. Jephson: «Il principe William non sembrava semplicemente felice di essere a contatto con le persone che si accalcavano ai lati delle strade. Lo era davvero». Tuttavia, quando sua madre fu sul punto di crollare per la tensione nervosa, William la spinse a uscire dai riflettori, almeno per un po'. Ancora una volta William incolpò i giornalisti - e i proprietari senza scrupoli di palestre - di essere responsabili della sofferenza di mamma. Nel novembre del 1993 alcune foto disgustose («orribili, semplicemente orribili») fatte nella palestra di Diana furono sbattute in prima pagina dal Sunday Minor. Questa volta Diana intentò causa e il ricavato della sentenza a suo favore fu devoluto a una delle istituzioni filantropiche che prediligeva.
Qualche settimana dopo, con il benestare di William, Diana annunciò ufficialmente, soffocando le lacrime, di «ritirarsi dalla vita pubblica» in modo da poter dare ai figli tutto «l'amore, la cura e l'attenzione» che meritavano. La verità era che tagliava drasticamente i suoi programmi di assistenza alle istituzioni di beneficenza che aiutava. Per quanto il comunicato nascondesse un dramma intrinseco, la sua vita cambiava ben poco. Il tempo che poteva passare con i figli si limitava al loro tempo libero da scuola e a quello concordato con Carlo per averli a weekend alterni. Ogni domenica, dopo averli lasciati a Ludgrove, Diana tornava a KP e ricominciava a inzuppare kleenex. Oltretutto non era più Camilla il bersaglio principale dell'animosità di Diana. Era arrivata una nuova tata, la bella Alexandra «Tiggy» Legge-Bourke, a contenderle l'affetto dei figli. Carlo aveva assunto la trentenne Tiggy, che possedeva molte delle qualità disprezzate da Diana, per svolgere sia il ruolo di dama di compagnia che quello di assistente. Donna allegra e chiassosa, dalle guance rubiconde, un vero maschiaccio, la Legge-Bourke condivideva con la famiglia reale l'amore per la pesca, la caccia, le camminate e le cavalcate. Era una formidabile tiratrice e sapeva - si meravigliava la sua amica Santa Palmer-Tomkinson - «scuoiare un coniglio o sventrare un cervo». Tiggy era ben diversa da una qualunque domestica, anche per lo standard reale. Figlia di un banchiere d'affari, era cresciuta a Glanusk Park, l'antica tenuta di famiglia di 2.400 ettari nel nord della Scozia. Si era laureata nello stesso collegio di Diana, l'Institut Alpin Videmanette. Forse riconoscendo in Tiggy alcune delle qualità che aveva anche la madre - erano entrambe giovani, belle, calde, atletiche e amanti del divertimento - William e Harry se ne innamorarono. Era inevitabile che i giornali fossero pieni di foto di Tiggy e dei principi che si azzuffavano per gioco nella neve durante una vacanza sulle Alpi svizzere o ridevano ai bordi del campo di polo dove giocava papà.
Non ci volle molto perché Diana si convincesse che la tata stava per avere una storia con Carlo. Appartenendo allo stesso ceto di Diana, Tiggy era accolta con facilità dagli amici di Carlo, molti dei quali la conoscevano già. Secondo P.D. Jephson e altri, Diana vide tutto ciò come una ulteriore minaccia. Cominciò a tempestare William di domande su come si comportava Tiggy. Papà rideva quando c'era lei? Si toccavano, abbracciavano o addirittura baciavano? Stavano insieme da soli? Ancora una volta Wills «fu colpito da un fuoco incrociato fra due persone che amava», osservò Richard Kay, il commentatore del Daily Mail che era anche uno dei più stretti confidenti di Diana. «Provate a pensare quanta diplomazia dovesse avere per non prendere mai le parti di nessuno e per cercare sempre di mantenere la pace.» Il talento di William per la diplomazia sarebbe stato pesantemente messo alla prova appena compiuti i 12 anni, quando suo padre, il 29 giugno del 1994, ammise in un'intervista televisiva di avere ingannato la moglie. L'intervista, registrata per promuovere la sua biografia autorizzata che stava per essere pubblicata, sarebbe dovuta servire a fare chiarezza; ma una cosa era la conoscenza ormai assodata della stampa e del pubblico della sua lunga relazione con Camilla Parker Bowles, un'altra l'ammissione di adulterio davanti alla nazione intera. «Era una storia vecchia, non sembrava affatto sincera», disse un giornalista del Times di Londra. «Fece morire d'imbarazzo tutti. È diverso far fìnta di niente, come se non si sapesse cosa è successo, ma poi si vorrebbe che la gente dicesse 'Certo, fai quel che vuoi, non ci interessa'. Non è così». Il giornalista Brian Hoey era d'accordo. «In un colpo solo», disse, «Carlo liquidò tutto l'appoggio popolare che aveva.» Il giorno dopo i telecronisti e i commentatori si chiesero se Carlo avesse le qualità per diventare re, e oltretutto anche capo della Chiesa d'Inghilterra. Il Daily Mirror titolò apertamente in prima pagina: NON ADATTO A REGNARE. Quella sera stessa, confusa tra la folla di un gala di beneficenza, fu difficile per Diana nascondere la soddisfazione, ma il sapore della vittoria sarebbe durato poco. In agosto
furono lei e le sue infedeltà a finire sotto i riflettori. Si scoprirono infatti centinaia di telefonate moleste che la principessa di Galles aveva fatto al mercante d'arte milionario, sposato e padre di tre figli, Oliver Hoare. Due mesi dopo esplose un'altra bomba clamorosa: fu pubblicato il libro di Anna Pasternak Princess in Love. In esso Hewitt, che era sempre stato per William e Harry qualcosa di simile a uno zio gentile, raccontava con vivaci particolari la sua ardente storia d'amore con la principessa. Purtroppo Hewitt fu solo uno del corteo di amanti che sarebbero stati tirati in ballo nei mesi seguenti. Stanca di Hoare, Diana passò al campione di rugby Will Carling. La storia finì quando la moglie di Carling, Julia, un personaggio di rilievo della televisione inglese, accusò pubblicamente Diana di distruggere il suo matrimonio. Poi ci fu l'uomo d'affari inglese Christopher Whalley, seguito dalla rockstar canadese Bryan Adams e dal multimiliardario americano Theodore («Teddy») Forstmann. Gli sforzi fatti dal direttore di Ludgrove per proteggere William e Harry dalla valanga di titoli di giornali e servizi televisivi si rivelarono vani. Anche stavolta William, per cercare di proteggere il fratello, si addossò l'impatto psicologico. «Era terribile. William si doveva comportare come un piccolo adulto mentre gli adulti che lo circondavano si comportavano come bambini», disse l'amico di Diana Oonagh Toffolo. «Dev'essere stato anche lui vicino al punto di crollare», ammise Richard Greene, «ma si mostrò estremamente coraggioso». Sia William sia Harry davano a chiunque l'impressione di rimanere imperturbabili davanti a scandali ed emozioni. Erano semplicemente, disse Toffolo, «due ragazzini eccezionalmente dolci, ben educati». La figlia della principessa Alexandra, Marina Mowatt, era della stessa opinione. «Era una cosa orribile che i due principini dovessero caricarsi sulle spalle il peso delle azioni dei loro genitori.» Il fardello più grave, però, fu quello che Diana accollò a William rivelandogli, a porte chiuse, i suoi pensieri più intimi sugli amanti che aveva avuto. Secondo i suoi amici ogni storia
seguiva lo stesso percorso: vertiginosa infatuazione, amore appassionato, mania ossessiva, gelosia, e per finire il crollo nel buco nero della depressione. L'unica cosa che poteva fare William era ascoltare e dare alla madre i consigli che si aspettava da lui. «Pensa a cosa insegni a William dei rapporti fra uomini e donne», le disse una delle amiche cui Diana si era rivolta per un consiglio. «Gli inganni, le bugie, la doppiezza, i tradimenti, per non parlare dell'istrionismo, e poi ritrovare tutto sui giornali. C'è da rimanere senza fiato!» Eppure, nemmeno William era preparato a leggere quello che suo padre stesso disse nel libro The Prince of Wales: A Biography. Oltre ad affermare che sua madre, la regina, teneva le distanze e non si curava di lui e che suo padre era un sadico, Carlo rivelò di essere stato costretto a sposare Diana dal principe Filippo. Non solo, ma sostenne di non aver mai amato la moglie. «Immagina che qualcuno ti dica», disse Diana alla sua astrologa Debbie Frank, «che i tuoi genitori non si sono mai amati.» Quando lei andò a Ludgrove per consolare i figli, William le chiese di punto in bianco: «È vero che papà non ti ha mai amata?» Lei rassicurò William e Harry che all'inizio si amavano, ma questi non era convinto. In seguito Diana disse: «I suoi occhi mi trafissero il cuore come un pugnale.» Il giorno dopo, a Highgrove, William affrontò il padre. «Perché, papà?» gli chiese trattenendo i singhiozzi. «Perché l'hai fatto?» Nonostante qualche sfogo occasionale che avveniva a porte chiuse, al mondo esterno William appariva sempre un giovane gentiluomo molto padrone di sé, estroverso e di indole tranquilla. «Qualunque fossero le sue cicatrici emotive», disse Richard Greene, «e dovevano essere ben profonde, William sembrava un ragazzino felice, ben adattato». Era chiaro che aveva ereditato dalla mamma la tendenza a provare pietà. Dopo aver visto William parlare con i senzatetto al centro diurno Passage di Londra, il primate cattolico d'Inghilterra, cardinale Basil Hume, prese da parte Diana e le disse: «Che ragazzo straordinario! Ha una grande dignità per
essere così giovane». Eppure William aveva anche momenti poco decorosi. Quando Diana scoprì lui e un suo amico che guardavano a occhi spalancati il paginone centrale con le immagini di Shane e Sia, le maggiorate Barbie Twins di Playboy, strappò la rivista con le sue mani, divise le pagine in due e diede loro una Barbie per uno. «Ma, mamma», protestò William, «noi volevamo solo la metà di sopra». Entrato nel pieno dell'adolescenza, William cominciò a innervosirsi del controllo continuo delle onnipresenti guardie del corpo. Il gruppetto di agenti della scorta reale, armato di pistole Heckler & Koch ben nascoste nella fondina sotto l'ascella, lo circondava ogni volta che lasciava la relativa sicurezza di casa o della scuola. Altrimenti il sergente Cracker era sempre nell'ingresso o nella stanza attigua - ma mai lontano da lui più di qualche passo. Gli amici di Ludgrove cospiravano per aiutarlo a eludere i sorveglianti - anche solo per pochi minuti, giusto il tempo di assaporare il fumo della prima sigaretta o magari di sfogliare qualche altro Playboy. Quando però William cominciò a sparire per un'ora o due, le guardie del corpo chiesero a Carlo di rimetterlo in riga. «Non lo sopporto, papà», disse William. «Perché non posso avere del tempo tutto per me? Perché non posso essere trattato come una persona normale, almeno una volta?» Il risentimento di William per le proprie guardie del corpo e per non poter mai avere qualcosa che somigliasse a una vita normale crebbe negli anni successivi. Mai, comunque, come l'odio che nutriva nei riguardi della stampa. «Noi gli stiamo sempre fra i piedi», disse un uomo della squadra di protezione reale di Ludgrove, il cui compito era sedersi in fondo all'aula in cui stava il principe e far finta di essere invisibile. «Ma è soprattutto con la stampa che ce l'ha, perché pensa che gli abbia distrutto la famiglia e abbia reso insopportabile la vita alla madre.» Protetto da mamma e papà, il 6 settembre 1995 William si iscrisse a Eton, la scuola «preparatoria» più prestigiosa del mondo. Scrisse George Orwell che la storia «si decise sui campi
di gioco di Eton», nel senso che, da 555 anni, in quella scuola erano passati i figli delle famiglie più potenti d'Europa. Diana era entusiasta: a Eton erano andati anche suo padre e suo fratello e distava solo mezz'ora di auto da Kensington Palace. Anche Carlo, che si era sentito solo e abbandonato quando frequentava la scuola «preparatoria» in Scozia, era contento dell'atmosfera più congeniale di Eton. «Voglio che William si faccia degli amici a scuola. Io non ci sono mai riuscito», disse a Camilla. Tutto filò liscio. Sin dall'inizio William fu preso sotto la protezione di lord Freddie Windsor, figlio dei principi del Kent che frequentava l'anno successivo, e di suo cugino Nicholas Knatch-bull, un nipote dell'ultimo lord Mountbatten del Burma e, come William, pro-pro-pro-pronipote della regina Vittoria. Nessuno comunque fu più soddisfatto di «Nonnina». Dalle bifore della sua camera da letto al castello di Windsor poteva vedere i famosi campi da gioco di Eton, proprio al di là del Tamigi. In essi il nipote dava continuamente spettacolo. A suo agio nel rugby, nel canottaggio e, naturalmente, nel nuoto (sulla giacca della sua tuta da allenamento c'era scritto «w.o.w.», che stava per «William of Wales»), si dimostrò eccezionale anche in uno sport che non rientrava nella tradizione della famiglia reale: la pallanuoto. William andava anche molto bene a scuola, a differenza del nonno materno e dello zio Charles Spencer. Le lezioni più importanti che apprese nei cinque anni successivi gli furono insegnate al di fuori delle mura in mattoni rossi di Eton. Ogni domenica pomeriggio William, accompagnato come sempre da due guardie armate, faceva una passeggiata di sette minuti. Passava davanti al ristorante di Lillie Langtry al Christopher Hotel, all'Hogs Head Inn, a Murrays di Eton e a Nutters di Savile Row, attraversava il ponte ad arco in pietra e ferro vecchio di 190 anni che collegava la cittadina di Eton con quella di Windsor, poi scendeva fino al castello. Alle 16 precise, «Nonnina» e l'«erede» prendevano il tè insieme nella Oak Drawing Room, dove la regina riempiva la teiera da sola con l'acqua contenuta in un enorme bollitore d'argento di epoca georgiana. Per un'ora discutevano di tutto, dalla politica
internazionale alla musica rap, ai risultati delle partite di calcio, al profìtto scolastico di William, ai vecchi film di Mr. Bean in tv (i preferiti dalla regina) e ai nuovi acquisti di cani welsh corgi e cavalli da corsa. Will Wales, come lo chiamavano semplicemente i compagni di scuola, dovette discutere ancora sul fatto di avere una guardia del corpo (una delle diciannove che gli erano state assegnate per proteggerlo a Eton) che dormiva in una stanza adiacente alla Manor House, studentato a quattro piani che ospitava cinquanta studenti. Ora poteva confondersi liberamente con gli altri milletrecento allievi che sfrecciavano da una parte all'altra del campus nella loro uniforme da Mr. Chips risalente all'era edoardiana, composta da pantaloni gessati e frac. A Eton William si trovava bene eppure, sempre protettivo verso il fratello minore, era preoccupato di come se la cavasse Harry a Ludgrove. Dopo tutto, ogni volta che i titoli dei giornali reclamizzavano un nuovo scandalo riguardante il padre o la madre, gli era stato sempre vicino per attutire il colpo. Non c'era proprio alcun motivo di preoccuparsi: non più coperto dalla personalità del fratello maggiore, «la riserva», meno bravo a scuola ma molto superiore a William negli sport, si godeva l'attenzione di tutti. «Non che non gli piacesse avere il fratello vicino», disse uno degli insegnanti. «Ma pensate quanto dev'essersi sentito bene a uscire dalla sua ombra e a stare in pieno sole.» Nel frattempo William sviluppò un sano interesse per il sesso opposto. Eton proibiva agli studenti di attaccare alla parete delle camere poster di qualsiasi genere, tranne quelli che rappresentavano paesaggi o foto approvate, caso per caso, dal direttore. Come tutti i suoi compagni di corso, Will rimediò a questo divieto tappezzando l'interno del suo armadietto con pagine ritagliate da riviste patinate erotiche: foto di Pamela Anderson, delle supermodelle Christie Brinkley e Claudia Schiffer e, naturalmente, delle Barbie Twins. Per fare una sorpresa al figlio in piena tempesta ormonale, la mamma chiese a William di andare a prendere il tè a Kensington Palace senza dirgli che avrebbe invitato anche
la sua pin-up preferita, Cindy Crawford. Si può immaginare quanto rimase sbalordito. «È proprio come me», spiegò Diana alla supermodella. «Quando non sa cosa dire, arrossisce.» Era passato poco più di un mese dall'ingresso a Eton di William quando partecipò al suo primo ballo: l'indecente Toffs'Ball di Londra. La baldoria finì invariabilmente senza freni e i quotidiani del giorno dopo si riempirono di foto di eredi maschi e femmine con gli occhi pesti e persino di qualche nobile adolescente ubriaco e, in alcuni casi, seminudo fuori dal club. Quando Wills arrivò con parecchi amici e due guardie del corpo, fu ovviamente assalito da un'orda di ragazzine poco vestite. Era un bersaglio facile da individuare. Alto già quasi 1,83 m, con le ampie spalle e una folta chioma di capelli biondi che ricadevano sulla fronte, proprio come quelli della madre, il giovane principe sorpassava di tutta la testa gli altri mille partecipanti alla festa. Le guardie del corpo, preoccupate, trascorsero le successive due ore, disse uno di loro, «a togliergli di dosso le ragazzine proprio come si sbuccia una banana. Alcune gli stavano appiccicate come se ne andasse della loro vita». In seguito William confessò alla madre che tantissime lo avevano baciato, ma che lui non aveva ricambiato i loro baci. Poi si lamentò ancora: «Era pieno di macchine fotografiche». Purtroppo i principi furono di nuovo colti alla sprovvista, e questa volta per colpa della madre. Alle 20 di lunedì 20 novembre 1995 William era solo nell'ufficio del direttore a guardare Diana che, ospite della popolare serie televisiva della BBC Panorama, raccontava al pubblico le sue ansie, le sue speranze e i suoi più intimi segreti. Questa inquietante intervista, registrata in segreto durante un colloquio di tre ore con Martin Bashir a Kensington Palace, era stato un tentativo della principessa di controbilanciare la sempre maggiore tendenza dei reali a descriverla come una psicotica. Doveva andare all'attacco, spiegò Diana, per dimostrare di non essere «malata» e di non aver bisogno di esser «messa in un luogo protetto di qualsiasi genere». Mostrando un notevole controllo di sé, Diana parlò delle sue
battaglie contro la bulimia, della depressione suicida, del disintegrarsi del suo matrimonio, della vendetta contro di lei messa in atto dalle malvagie «eminenze grigie» e spiegò come mai, secondo lei, Carlo non era degno di salire sul trono. Diana parlò anche di Camilla e confessò la sua storia con James Hewitt: «Sì, lo adoravo», disse. «Sì, ero innamorata di lui.» William, sopraffatto, tornò in camera e rifiutò di rispondere alle telefonate della mamma per quattro giorni. Diana si rese conto però di aver fatto male i conti. Malgrado i sondaggi, che dopo l'intervista di Panorama mostravano che tre quarti della popolazione inglese era dalla sua parte, l'unico inglese che le interessava era rimasto scioccato. Tre settimane dopo, la regina scrisse sia a Diana sia a Carlo ordinando loro di ottenere il divorzio. Fu un colpo sconvolgente per la principessa, che capì di aver calcato troppo la mano. Il 28 febbraio 1996, dopo tre mesi di contrattazioni, le parti raggiunsero un accordo e il divorzio fu approvato. A Diana fu concesso di rimanere a Kensington Palace con un assegno annuale di 600.000 sterline e di condividere la custodia di William e Harry con Carlo. Le venne attribuita anche una somma forfettaria di 22,5 milioni di sterline in contanti. Tuttavia, l'accordo prevedeva la rinuncia a una delle cose cui lei teneva di più. Pur continuando a mantenere il titolo di principessa di Galles e altri titoli minori (duchessa di Cornovaglia, duchessa di Rothesay, contessa di Chester, contessa di Carick, baronessa Renfrew) non poteva più essere chiamata Sua Altezza Reale. William cercò di consolare la madre della perdita del titolo SAR: «Non mi importa niente di come ti chiamano», le disse. «Sei sempre la mamma.» Inoltre sarebbe stato un problema solo temporaneo: William le promise che sarebbe ritornata a far parte della famiglia reale quando lui fosse diventato re. Per quanto agitato dalle emozioni per il divorzio dei genitori, William continuò coraggiosamente a svolgere il ruolo di confidente di mamma in materia di cuore. Per la prima volta Diana disse a Wills che stava frequentando una persona da
qualche mese e di esserne profondamente innamorata ma, soprattutto, di aver fatto il possibile per tenere segreta la storia. L'improbabile oggetto dell'amore di mamma era il dottor Hasnat Khan, un cardiochirurgo pachistano, basso e tondo, che fumava una sigaretta dopo l'altra. William l'aveva intuito quando aveva visto una foto di sua madre intenta a seguire un intervento di cardiochirurgia con tanto di guanti e mascherina. Lui e Harry erano anche rimasti sorpresi dalla sua apparentemente improvvisa decisione di prendere un aereo per il Pakistan - e l'aveva fatto due volte - e dal fatto che ogni sera trascorreva ore e ore con il volto tuffato nel Corano. Diana era talmente cotta di «Natty» Khan che in più di un'occasione, con una parrucca scura e occhiali da sole, era andata al Royal Brompton Hospital con la sua BMW, aveva gettato una coperta sul dottore, seduto sul sedile posteriore, e l'aveva introdotto «di frodo» a Kensington Palace. Una volta aveva ceduto il compito al suo vecchio maggiordomo Paul Burrell e aveva accolto Khan sulla porta del salotto indossando solo una pelliccia di visone e orecchini di diamanti. Cominciò allora a chiamarlo Mister Wonderful. Un giorno Diana chiese a William cosa pensasse di una sua eventuale conversione all'Islam, se fosse stata necessaria per sposare Khan. «Devi fare», rispose lui «quello che ti rende felice.» Ma Khan non si arrendeva facilmente. Custodiva gelosamente la propria privacy ed era terrorizzato dalla possibilità che la sua vita finisse in balia dei tabloid. Inoltre, era consumato dalla professione e «aveva un ego troppo grande», disse un collega, «per stare dietro, in senso figurato ma anche letterale, a una donna». «Nemmeno se fosse stata la donna più famosa del mondo.» Appena il loro romanzo d'amore iniziò ad apparire sulle riviste, Khan accusò Diana di aver lasciato trapelare qualcosa e volle chiudere con lei. Diana, su consiglio di William, gli rispose passando da un'avventura all'altra. Fu fotografata in compagnia del tenore Luciano Pavarotti e del magnate
immobiliare Christopher Whalley, fra gli altri. Presto Khan telefonò a Diana, contrito, chiedendole di dimenticare quello che le aveva detto. Anche in questo caso William aveva provato a consigliare la madre su un argomento del tutto personale. Aveva anche dimostrato che, non si sa per quale motivo, sembrava avere in pugno la situazione. «William era molto maturo per la sua età», disse la parrucchiera di Diana Natalie Symonds. «Per tutta la vita aveva dovuto girare intorno ai drammi per sopravvivere emotivamente. Ecco perché riusciva a vedere le cose da una prospettiva superiore, adulta.» L'amore di Diana per Khan era di un genere così totalizzante che per la prima volta riusciva a vedere le cose dal punto dì vista di Camilla. «Capisco infine cosa significa trovare qualcuno che per te è tutto», disse alla Symonds. «Quando si incontra quel genere di amore bisogna tenerlo stretto, chiunque o qualunque cosa si metta nel mezzo.» Per quanto a suo agio come consigliere d'amore della madre, William era alle prese con il suo nuovo status di vero e proprio idolo delle adolescenti. Le riviste che riportavano inserti centrali sul principe - in blazer o in uniforme di Eton, frac e pantaloni gessati - riempivano le edicole. Il suo nuovo soprannome sui giornali scandalistici era Willie Uomo dei Sogni. Per non essere da meno, Diana ne coniò un altro: DDG (che stava per Drop-Dead Gorgious, «Bello da morire»). «Le ragazze», diceva Diana vantandosi dell'avvenenza del figlio, «impazziranno per lui!» Nel frattempo William continuava a dare consigli alla madre, non solo per gli affari di cuore: alla ricerca di un modo per raccogliere fondi per le opere di beneficenza preferite di Diana, William ebbe l'idea di vendere all'asta alcuni dei suoi vecchi vestiti. La vendita, che si svolse da Christie's, a New York, finì per raccogliere 3,26 milioni di dollari per il fondo globale per l'AIDS e per il fondo per la ricerca sul cancro del Royal Marsden Hospital. «L'idea è stata di William», disse Diana ai dirigenti di Christie's. «È un ragazzo brillante... tre milioni per dei vestiti vecchi!» Nello stesso periodo Kevin Costner offrì a Diana la parte da
interprete del secondo film The Bodyguard. Questa volta la protagonista era una principessa che si innamorava della guardia del corpo. Nonostante il primo film le fosse piaciuto moltissimo - Diana si era immedesimata nella parte della vulnerabile superstar della musica pop interpretata da Whitney Houston - ebbe qualche esitazione davanti a quella che pareva, a suo avviso, un'idea ridicola. Fu William a incitarla ad accettare, facendole notare che Costner non avrebbe richiesto da lei né molto tempo né un'abilità particolare di recitazione. Il compenso era poi molto alto: 10 milioni di dollari per qualche settimana di lavoro, somma che lei avrebbe potuto devolvere in opere di beneficenza. «Mamma», le disse «Kevin Costner. Dieci milioni di dollari. Devi farlo!» Anche questa volta Diana seguì il consiglio di William. Chiamò Costner e gli disse di andare avanti con la sceneggiatura. «Lo faccio», gli disse, «perché William pensa che sia una buona idea.» Pur spingendo la madre a percorrere strade appassionanti e inaspettate, William era turbato da alcuni rischi cui lei andava incontro. Nella campagna della Croce Rossa per attirare l'attenzione del pubblico mondiale sui pericoli delle mine antiuomo inesplose, Diana indossò una maschera di protezione e un giubbotto antiproiettile per fare un angosciante giro attraverso un campo minato in Angola. Apriva così la via a un accordo per mettere al bando le mine antiuomo che sarebbe stato firmato da 127 nazioni. William la pregò però di non assumere rischi non necessari. «Non gliene faccio una colpa», disse Diana. «Se succede qualcosa a me, non riesco a immaginare cosa accadrebbe ai miei figli.» La cosa che temeva di più era di averli già persi per un'altra donna, non Camilla, ma la tata «surrogato di mamma» Tiggy Legge-Bourke. Era quasi riuscita a disfarsene l'anno prima quando, durante l'annuale pranzo di Natale del principe e della principessa di Galles, Diana si era timidamente avvicinata alla tata e le aveva detto: «Ho saputo del bambino, quanto mi dispiace». Annientata dall'ovvio sottinteso che fosse rimasta incinta di Carlo e avesse abortito, Tiggy era scoppiata in
pianto. Poi, attraverso il proprio legale, aveva richiesto alla principessa di Galles le scuse ufficiali per le sue «false insinuazioni». Per cercare nuovamente di eliminare Tiggy, Diana avrebbe dovuto aspettare fino alla cresima di William a Windsor, nel marzo del 1997. Poiché nella lista di invitati preparata da Tiggy non figuravano i nomi di numerosi membri della famiglia Spencer, Diana se ne lamentò con Carlo e lui prese le sue parti, anche perché, dopo il divorzio, i loro rapporti erano molto migliorati. In aprile Tiggy fu licenziata. William si adattò facilmente alla partenza di Tiggy. Dopo tutto, papà la invitava sempre alle battute di caccia e alle passeggiate a cavallo a Sandringham e Balmoral, ma ora lui era più interessato alle ragazze della sua età che alla tata per cui aveva avuto una cottarella segreta, mai raccontata alla mamma gelosa. Per evitare che la presenza dei genitori scatenasse le solite scene di inseguimento di giornalisti e fotografi, William chiese loro con schiettezza di non partecipare agli incontri con i genitori a Eton. Utilizzò invece quei giorni per un personale bagno di folla, presentandosi alle famiglie che erano venute in visita e, soprattutto, a quelle che avevano portato con sé graziose figlie adolescenti. «Fare il farfallone gli veniva proprio naturale», disse la madre di un suo compagno di classe a Eton. «Le ragazze erano euforiche, come si può immaginare.» Ogni tanto William e il suo amico Edward van Cutsem scappavano in un corridoio e, per non dimenticarli, scrivevano in fretta e furia i nomi delle ragazze che avevano conosciuto. «A quell'età gli ormoni si scatenano», disse Diana. «I loro e i suoi.» Per questo motivo Diana parlò con il dirigente di Kensington Palace per trovare un modo adeguato di festeggiare i 15 anni di William. Il 21 giugno 1997 il festeggiato si sbellicò dalle risate quando mamma scartò un dolce decorato con le grazie di sei pin-up nude.
Diana cominciò poi seriamente a dare consigli a William in merito alla ragazza da scegliere, e magari da sposare. Dato che non aveva la riluttanza di Carlo a parlare di sesso con i propri figli, Diana aveva spiegato loro i fatti della vita quando William aveva 10 anni e Harry 8 (a quel tempo, Harry se ne era andato, disinteressato, mentre William era rimasto ad ascoltare). Il lavoro con gli ammalati di AIDS l'aveva resa profondamente consapevole dei pericoli del sesso non protetto - messaggio che trasferì subito a William. Rispondendo alla domanda generale di cosa cercare in un rapporto di lunga durata Diana, fra le persone che conosceva, fece l'esempio di Carlo e Camilla. «Quando trovi un amore vero e profondo come quello, è qualcosa di prezioso», disse a William. «Lo devi tenere stretto. Non importa se la persona di cui ti innamori proviene da una famiglia di origini regali», proseguì. «Non è essenziale, basta che tu la ami veramente.» Diana sapeva di essere il perfetto esempio di una persona scelta per nascita ed educazione familiare. Lady Diana Spencer apparteneva a una delle più antiche e illustri famiglie inglesi. Ora era preoccupata che le machiavelliche «eminenze grigie» presentassero al futuro re la lista di tutte le principesse europee e di altre bellezze inglesi di nobili natali. «Il matrimonio di Diana era stato il perfetto esempio di quanto potesse essere disastroso anteporre la classe sociale all'amore nella scelta di un compagno di vita», disse l'editore di Burkes Peerage, Harold Brooks-Baker. «Il problema è che è difficile essere membro di una casa reale, e chi conosce già le regole è avvantaggiato. Questi matrimoni rafforzano le alleanze stabilite fra le case reali d'Europa. E così che hanno fatto da migliaia di anni.» Anche Carlo, per sicurezza, parlava di queste cose con William. Secondo un membro di grado elevato dello staff di Carlo al St. James's Palace, «Carlo si aspettava che il figlio desse sfogo ai bollori giovanili proprio come aveva fatto lui da giovane». Per quanto riguardava il fare le cose seriamente con una ragazza, «il principe Carlo pensava che la moglie di William avrebbe dovuto essere ricca e di buona educazione. Non necessariamente nobile, ma naturalmente la regina e il
principe Filippo ci tenevano». In quel periodo Carlo e Diana erano in buoni rapporti come non lo erano da anni, anche perché si sentivano per telefono per parlare dei ragazzi tre o quattro volte la settimana. Quando però sentì che Carlo discuteva ancora su chi sarebbe o non sarebbe stata adatta per il figlio, la principessa si mostrò «completamente esasperata», disse Elsa Bowker. «Guarda me e Carlo, santo Dio», disse Diana a lady Bowker. «Pensi che i ragazzi abbiano imparato qualcosa da come è andata a finire? Una catastrofe. Una vera catastrofe.» In quel momento la vita amorosa della principessa non procedeva al meglio. Durante un appuntamento segreto a notte fonda al Battersea Park di Londra, Diana aveva insistito perché Khan la sposasse. Era arrivata al punto di mandare il suo maggiordomo, Paul Burrell, l'uomo che definiva «la mia roccia», a parlare con un prete cattolico perché li sposasse in privato. Aveva anche chiesto a Khan di trasferirsi a Kensington Palace per presentargli William e Harry. «Voglio che ti conoscano come ti conosco io», gli aveva detto. Khan era rimasto semplicemente sbalordito. Aveva già detto a Diana che pensava che l'unico modo di «avere una vita normale insieme» fosse trasferirsi in Pakistan. Lei aveva preso seriamente in considerazione l'idea, ma non voleva lasciare William e Harry. «Non posso stare lontana dai ragazzi», aveva confessato a Khan. «Hanno bisogno di me più che mai.» Khan definì «assurda» l'idea di un matrimonio segreto. «Naturalmente», le disse, «non hai pensato alle conseguenze.» E anche questa volta ruppe rabbiosamente il rapporto e se ne andò, furioso, nella notte. «Diana era profondamente scossa e ferita da questa rottura», disse la sua amica intima Rosa Monckton. «Era innamoratissima di lui. Sperava di poter avere con lui un futuro insieme. Voleva sposarlo.» Il tempestoso rapporto con Natty Khan, fatto di prendersi e lasciarsi, si era di nuovo interrotto e di nuovo William dovette prestare la spalla alla mamma piangente. Questa volta però Diana decise di non dare retta al consiglio del figlio di aspettare semplicemente il momento opportuno, ma concepì
un piano per ingelosire Khan. Perchè funzionasse, disse Diana alle sue parrucchiere e confidenti Natalie Symonds eTess Rock, l'uomo con cui sarebbe uscita avrebbe dovuto essere musulmano. Entrò allora in gioco Mohamed Al Fayed, l'interessante miliardario egiziano il cui impero comprendeva l’Hotel Ritz di Parigi e alcuni storici marchi inglesi, come la rivista satirica Punch, il Fulham Football Club e i grandi magazzini Harrods. Aveva anche un figlio: Dodi, occasionalmente produttore cinematografico (fra i film da lui prodotti c'era il vincitore dell'Oscar Momenti di gloria) e di cui si raccontavano le storie con Brooke Shields, Valerie Perrine, Tina Sinatra e Winona Ryder, fra le altre. Diana l'aveva incontrato di sfuggita alcune volte e le sembrava di ricordare di averlo trovato «molto attraente». Dopo aver più volte rifiutato l'invito annuale di Fayed a passare le vacanze nella sua villa di Saint-Tropez, questa volta Diana accettò. L'11 giugno 1997 William e Harry accompagnarono la madre a bordo dello sfolgorante yacht bianco di 60 m di Al Fayed, il Jonikal. Tre giorni dopo Dodi arrivò da Parigi in aereo per una romantica cena a lume di candela con Diana. Quando i due iniziarono a tirarsi a vicenda il cibo - «inseguendosi, ridendo e sghignazzando come una coppia di bambini», disse la prima cameriera dello yacht, Debbie Gribble, William non stava più nella pelle. Il piano della mamma per ingelosire Hasnat Khan aveva preso una svolta inaspettata, la sua simpatia per Dodi sembrava genuina. Da quella battaglia di cibo in poi la principessa di Galles e il playboy egiziano furono inseparabili. Quell'estate la loro storia d'amore fu descritta per filo e per segno sulle pagine di centinaia di giornali, a cominciare dalla foto di copertina pubblicata sul Sunday Minor che mostrava Dodi e Diana stretti l'uno nelle braccia dell'altro a bordo del Jonikal. A differenza del poco comunicativo Khal, Dodi non provava alcun senso di colpa nel permettere che tutto il mondo sapesse che lui e Diana erano innamorati. Per una donna che aveva numerosissime insicurezze («Voglio essere desiderata»), l'evidente fierezza di Dodi per la loro relazione era molto
rassicurante. «Voleva che la persona che amava abbandonasse tutto per lei», disse lady Bowker. «Il principe William sapeva che la madre aveva bisogno di questo tipo speciale di uomo.» Anche dopo che William e Harry erano andati a Balmoral a passare il resto dell'estate con la famiglia reale, la mamma telefonava in continuazione: prima da Londra, dove lei e Dodi stavano nel disordinato appartamento di Park Lane, e poi sul Jonikal, in crociera fra Nizza e la Sardegna. Ogni volta Diana chiacchierava affettuosamente con Harry per qualche minuto, poi si consultava con William sugli sviluppi del nuovo amore. «Si faceva spiegare da William qualsiasi cosa», disse Rosa Mockton. «Teneva in grande considerazione il suo giudizio.» E ora lui le diceva che era contento per lei. «Basta che tu sia felice mamma, è la cosa più importante.» Per il momento Diana non voleva più sposarsi. «Non ne ho bisogno», aveva detto alla sua amica Annabel Goldsmith. La sua storia d'amore poteva essere descritta con una sola parola: felicità. Disse il suo amico Richard Kay: «Diana era felice come non l'avevo mai vista. Per la prima volta da anni le andava tutto bene». Eppure, a cena con Dodi nella suite imperiale del Rite di Parigi, il 30 agosto 1997, Diana non riusciva a fare a meno di pensare ai ragazzi. Dopo sole due settimane Harry avrebbe compiuto 13 anni e Diana - diffidando dei paparazzi che si affollavano fuori dall'hotel - aveva chiesto a un dipendente del Ritz di trovarle la PlayStation Sony che il figlio le aveva chiesto. Anche William pensava a Harry. Aveva telefonato alla madre da Balmoral per dirle che Buckingham Palace gli aveva ordinato di posare da solo per i fotografi a Eton. William era preoccupato che il fratello minore, studente che procedeva a fatica e avrebbe dovuto ripetere un anno a Ludgrove prima di raggiungerlo a Eton, si potesse sentire inferiore. Nel solito ruolo di protettore, William si proccupava sempre di evitare agli altri brutte sensazioni. Il giorno dopo Diana sarebbe tornata a Londra in aereo e avrebbe chiesto a Carlo di intervenire affinché, con il beneplacito della regina, Harry fosse in qualche modo incluso nelle foto.
«William è così gentile», aveva detto alla sua amica chiaroveggente Rita Rogers qualche ora prima. La Rogers, che aveva avvertito Dodi di non andare a Parigi perché aveva avuto una visione di lui che aveva di fronte un pericolo in un tunnel, supplicò Diana di tornare a Londra. «Non ti preoccupare, Rita. Torno a casa domani», aveva detto Diana. «Non vedo l'ora di riabbracciare i ragazzi.» Capitolo 3 Mi fanno pena le donne che si sposano in questa famiglia. - Diana Un anno dopo «Lo vedi?» le chiese eccitata la ragazza con i capelli rossi mentre lei tirava fuori il portacipria e controllava per l'ultima volta il trucco. «Insomma, lo vedi?» Le ragazze del Marlborough College si affollavano lungo il recinto, si alzavano in punta di piedi e allungavano il collo per vedere i giocatori di hockey in campo. Un applauso educato accolse la squadra locale che entrava indossando la classica uniforme a righe rosse e nere di Marlborough. Ma il grido di incoraggiamento delle ragazze fu particolare, un grido ben diverso dal solito, quando fecero il loro ingresso i giocatori con i colori azzurro e beige di Eton. Benché fossero alti, uno di loro li sovrastava tutti. «È lui», strillarono insieme parecchie voci. «Non è bellissimo?» Da quando era stato accolto dalle grida di migliaia di adolescenti di sesso femminile («William, William, William») durante una visita a Vancouver nel marzo del 1998, il principe si era abituato a suscitare un pandemonio ovunque andasse. Quel pomeriggio decise di non reagire alle grida e alle risatine che si diffondevano ai lati del campo. Una delle ragazze si teneva a distanza dal resto del gruppo e guardava William - tagliato per prendere il comando qualsiasi sport facesse - che si consultava con i compagni di squadra. Era la prima volta che Kate Middleton posava gli occhi sul
futuro re e ne studiava attentamente ogni movimento in campo. Apparentemente lei era là come capitano della squadra di hockey femminile, con lo scopo principale di fare il tifo per i compagni di Marlborough. «Kate era molto fredda e calma», ricordò una compagna di classe. «Era eccitata, ma non isterica come le altre.» Tuttavia i loro sguardi si erano incontrati un attimo. «Io credo che i loro occhi siano stati imprigionati per pochi secondi, ma in realtà lui non si aspettava di parlare con nessuno. C'erano le guardie del corpo, e subito dopo la partita era stato portato via con il resto della squadra.» Per quanto riguarda Kate «Non sembrava», disse la compagna di classe, «che avesse perso la testa come noi altre». A dire la verità era molto tempo che Kate aveva una cotta per il bel principe. Mentre le altre ragazze decoravano la stanza con foto di calciatori e rockstar, la stanza di miss Middleton, in collegio, era dominata da una foto a colori dell'«erede», in stivali e bluejeans aderenti, attaccata sul muro dietro al letto (l'istantanea, che mostrava William e suo padre in piedi di fianco a un torrente, a Balmoral, includeva originariamente entrambi i principi, ma Kate aveva ritagliato Harry). La giovane divorava letteralmente tutti gli articoli di quotidiani e riviste che lo riguardavano e si teneva al corrente su Internet di quel che faceva. «Di ragazze che dicevano 'Oooh, finirò per sposarmi con il principe William' ce n'erano tante», ricordava una sua compagna di classe, «e forse alcune di loro ci pensavano davvero. Kate, però, dava l'impressione che quella fosse proprio la sua intenzione.» La distanza che Kate aveva preso dalle altre quel giorno non era forse poi così casuale. Da studentessa in affari di cuore reali, aveva osservato con molta attenzione il modo con cui un'altra donna di ceto proletario aveva conquistato il cuore dell'erede al trono britannico. Kate aveva letto che Camilla Parker Bowles aveva incontrato per la prima volta il principe Carlo a una partita di polo a Windsor, nel 1971. Tenendosi a debita distanza dalla folla, Camilla aveva gridato: «Che bell'animale, signore! Lo sapevo che lei era un ottimo giocatore». Quelle frasi erano bastate per attirare l'attenzione di Carlo ed era stato l'inizio di una lunga
relazione che sarebbe sfociata nel matrimonio, non prima di aver scatenato il terremoto che aveva scosso la monarchia. (Camilla, parente dell'amante di Edoardo VII, Alice Keppel, adottò una linea più audace nel secondo incontro: «La mia bisnonna e il suo trisavolo erano amanti. Lei che ne pensa?») Kate sperava che nel pomeriggio qualcuno le presentasse William, ma era poco probabile che gridasse qualcosa a un membro della famiglia reale. «Kate è troppo dignitosa e rispettabile per fare una cosa del genere», rifletté poi una sua compagna di scuola. «Probabilmente pensava, e a ragione, che così facendo l'avrebbe allontanato.» Dopo la partita di hockey su prato, Kate era tornata nella sua stanza a Elmhurst, la residenza di epoca vittoriana che era stata adattata a collegio femminile. Benché molto successiva a Eton - era stata costruita nel 1843 per i figli dei pastori anglicani - la scuola di Malborough era situata lungo il fiume Kennet su una collinetta gessosa di origine druidica, detta Marlborough Mound. Vicino a essa c'era un castello normanno circondato da un fossato, scavato presumibilmente per proteggere i resti della persona che, secondo la leggenda, vi era stata sepolta: mago Merlino. Il campus è composto per lo più da edifìci in pietra e mattoni di vari stili architettonici: dal georgiano, al vittoriano, al falso Tudor. Al centro della scuola si erge una cappella in stile gotico, famosa per le finestre in vetro istoriato di William Morris, poeta, socialista e grafico del XIX secolo che molti ritengono il fondatore del movimento Arts and Crafts. Alcuni degli alunni più noti di Malborough sono stati l'attore James Mason, il velista circumnavigatore del globo sir Francis Chichester, il poeta inglese sir John Betjeman, ma anche il cantante pop Chris de Burgh (Lady in red) e la famosa spia russa Anthony Blunt. Nel 1968 la scuola fu aperta anche alle donne e iniziò a perdere l'antiquata reputazione di scuola esclusivamente maschile. Ora che si vanta di avere un osservatorio privato, un laghetto per le trote, una piscina olimpionica, campi da gioco e da tennis, Marlborough fa la corte sia alla crema dell'aristocrazia britannica sia ai rampolli dei nuovi ricchi.
Kate apparteneva decisamente a questa seconda categoria. Pur trovandosi da un giorno all'altro in mezzo a visconti, gentildonne, conti e persino il figlio di un duca la cui famiglia risaliva a una delle sei mogli di Enrico VIII, nel 1987 i suoi genitori avevano fatto fortuna vendendo cappellini di carta, trombette e stelle filanti. Michael e Carole Middleton non avrebbero mai previsto il genere di vita che avrebbe avuto la loro figlia di 5 anni quando misero in piedi la «Party Pieces», una ditta specializzata in forniture per feste di bambini. All'inizio Kate aveva un ruolo speciale nell'attività famigliare: indossava i diademi, i gioielli di plastica per bambini e gli abiti da sera da principessa prima che fossero impacchettati e spediti ai clienti. «Ricordo Kate con il suo vestitino scintillante da principessa e la coroncina di Strass che guardava la principessa Diana alla televisione per imitarla», racconta una vicina di casa. «Naturalmente tutte le bambine volevano essere Diana.» Quando ancora lady Diana Spencer era una sconosciuta, la mamma di Kate era una delle tante giovani donne vissute negli anni Sessanta che sognavano di sposare il principe di Galles. Da adolescente Carole Goldsmith - come Diana e la giovane Camilla Shand - aveva attaccato una foto dell'allora brillante principe Carlo sulla parete della sua cameretta, vicino ai poster dei Beatles e di Mick Jagger. Niente dell'oscuro background famigliare di Carole avrebbe potuto far prevedere un futuro legame con i reali. Le origini della nonna materna di Kate, nata Dorothy Harrison, risalivano alle miniere di carbone di County Durham, nell'Inghilterra nord occidentale, dove gli avi di Carole rischiavano incidenti e persino la morte lavorando centinaia di metri sotto terra nelle condizioni descritte da Dickens. Molti antenati di Kate furono vittime di malattie comuni fra i poveri, come il colera o l'influenza. Le cose non andavano meglio dal lato paterno della famiglia. Il suo quadrisavolo, Edward Glassborow, fu arrestato per ubriachezza nel 1881 e gettato nella infamante prigione di Holloway, con il capo rasato e mani e piedi ammanettati. Il
padre di Edward, Thomas, che era stato uno dei più crudeli governatori della città, aveva fatto arrestare moltissimi piccoli criminali per poi spedirli nelle colonie penali australiane. I maschi della famiglia Middleton furono poi decimati dalla prima guerra mondiale: di quella generazione, quattro cugini su sette morirono in battaglia. Tuttavia la famiglia aveva avuto anche membri importanti. Da parte di padre, Kate era parente di Beatrix Potter, la creatrice di Peter Coniglio, e della leggendaria attrice di teatro Donna Ellen Terry, dell'attore sir John Gielgud e persino dell'ex marito di Madonna, il regista Guy Ritchie. Esisteva anche un debole ma affascinante legame con l'aristocrazia. Sia i Middleton sia gli Spencer sono discendenti diretti dell'uomo di stato inglese del XVII secolo sir Thomas Fairfax, quindi Kate e il principe William sarebbero cugini di quindicesimo grado. C'erano anche antenati che in passato erano riusciti ad accumulare una notevole fortuna: il quadrisavolo paterno di Kate, Frank Lupton, fece della William Lupton & Company una ditta manifatturiera tessile di primaria importanza e alla sua morte, nel 1884, lasciò proprietà terriere di valore equivalente a quasi 40 milioni di euro attuali. Le fortune dei Lupton-Middleton si estinsero del tutto nel 1949, anno di nascita del padre di Kate. Per ironia della sorte, l'iniziativa che avrebbe portato la famiglia al successo economico non era venuta dai relativamente benestanti Middleton, ma dalla donna battagliera che aveva cresciuto Carole. Abbandonata dal marito e con sei figli da mantenere, la bisnonna di Kate, Edith Goldsmith, aveva sostentato la prole lavorando in una fabbrica di cetriolini sottaceto. Edith era alta solo 1,52 m e pesava meno di 40 kg, fumava una sigaretta dopo l'altra e beveva: ogni notte mandava uno dei figli al pub sotto casa a riempire una caraffa di birra. Sapeva imporre la disciplina e non si faceva scrupolo, secondo quanto diceva la prozia di Kate, Alice, di «dargliene lei stessa di santa ragione ai figli». Edith aveva trasmesso ai figli la voglia di sopravvivere. Fu però l'ambizione sfrenata di sua nuora Dorothy Harrison - la nonna
di Kate - a caratterizzare le generazioni future delle donne Middleton. Prima sposò il figlio di Edith, Ronald, con rito anglicano nel sobborgo londinese di Southall. Poi mise in chiaro che voleva lasciare più possibile dietro di sé un'infanzia improduttiva. Dorothy pretendeva sempre il meglio, anche quando la coppia viveva con Edith e lottava per far quadrare il bilancio. «Era una snob, pensava sempre di essere fatta di un'altra pasta», disse la nipote Ann Terry. «Dorothy», aggiunse il cugino Pat Charman, si comportava come se «fosse superiore a tutti noi». Per permettersi le cose costose che le piacevano, Dorothy pressava in tutti i modi il marito Ronald, carpentiere e imbianchino. «Lo trattava male», disse Pat Charman. «Dorothy voleva sempre più soldi per far colpo sulla gente, così lui doveva lavorare sempre di più. Ma in casa era lei che comandava.» I Goldsmith stavano ancora facendo economie quando era nata Carole, nel gennaio del 1955. Ciò non aveva impedito a Dorothy di comprare un'enorme e costosa carrozzina Silver Cross per sbigottire i vicini di casa. Né, sottile e sempre alla moda com'era, lesinava sugli abiti. Per tutta la famiglia era diventata lady Dorothy. Carole aveva 11 anni e suo fratello Gary solo 1 quando la famiglia si trasferì in una comoda casa con tre camere da letto a Kingsbridge Road, in un quartiere più borghese, Norwood Green, nel distretto amministrativo londinese di Ealing. Secondo Ann Terry, Carole seguiva le orme della madre. «Le piaceva vestire bene, sentire musica pop e ballare in camera», disse Terry. «Era una bambina molto femminile, dolce ed educata.» Il fratello Gary, invece, era una vera peste. «Rompeva sempre tutto, cercava in tutti i modi di combinarne qualcuna. Era scatenato.» Ora che si era sistemata in quella che considerava una casa borghese, Dorothy si era fatta notare all'annuale Village Day che si teneva nel prato al centro della cittadina. Aveva poi invitato le mogli dei residenti più ricchi a prendere il tè da lei,
inserendosi ancora di più nel tessuto sociale della città. «Dorothy aveva questo bisogno di essere ammirata, rispettata», disse una delle cugine. «Era una persona molto insicura e impazziva letteralmente se pensava che qualcuno la prendesse in giro. Anche Carole è così.» I Goldsmith, a parte le mire a un livello sociale più alto, non si potevano permettere di mandare i figli a costose scuole «preparatorie» o di aiutarli a pagare l'università. Non importava. Carole da tempo pensava di intraprendere un lavoro affascinante che non richiedesse una laurea. Poco dopo il diploma di scuola superiore, nel 1974, iniziò l'addestramento per diventare hostess delle British Airlines. Dieci anni dopo la principessa Diana, vestita di tutto punto come un'assistente di volo della Virgin Airlines, aveva afferrato il microfono proprio mentre l'aereo passava sul castello di Windsor e si avvicinava all'aeroporto di Heathrow e aveva annunciato ai passeggeri sbalorditi: «Se guardate giù, la finestra alla vostra destra è quella di 'Nonnina'». Ma Diana non aveva ancora compiuto 13 anni quando Carole Goldsmith fu assunta come assistente di volo dalla British Airways. In un'epoca in cui viaggiare in aereo era un privilegio delle persone benestanti e la parola d'ordine era comfort, le British Airlines e altre compagnie cercavano in tutti i modi di attrarre i clienti. Molti aerei spaziosi, come il Boeing 747 e il DC-10 erano dotati di salotti, alcuni con un pianista che suonava in sottofondo su un piccolo pianoforte a coda. Le British Airlines, come le sue concorrenti, permettevano di indossare la caratteristica divisa blu della compagnia solo a donne di grande capacità, seducenti e attraenti. Vestita con blazer, gonna al ginocchio, cappellino tondo alla Jackie Kennedy, Carole era più che perfetta. Persino Dorothy Goldsmith ne era rimasta colpita. Non solo il lavoro di Carole le dava uno stipendio decente e l'opportunità di fare viaggi esotici in terre straniere, ma la metteva a contatto con persone ricche e potenti. Difficile immaginare, aveva detto una volta Dorothy alla nipote, un modo migliore e più rapido di trovare un marito ricco. «Molte di noi cercavano un marito ricco», ammetteva una
collega. «Che c'è di male? Carole non faceva eccezione. Prestava molta attenzione ai begli uomini in prima classe, che portassero o no la fede.» Michael Middleton non era quel che si sarebbe potuto definire «un ricco». Ma, come dirigente del traffico per la British Airways e con un lavoro prevalentemente a terra, era autorizzato a indossare l'uniforme da capitano e, soprattutto, aveva lo stesso stipendio. Come suo padre, che aveva fatto il militare nella Royal Air Force durante la seconda guerra mondiale ed era poi diventato istruttore delle British European Airlines, Michael era entrato nella BEA con l'intenzione di diventare pilota. Dopo sei mesi di corso aveva capito di non averne la stoffa e aveva scelto di lavorare a terra. Quando la BOAC e la BEA si fusero per formare la British Airways, nel 1974, Michael rimase nella nuova compagnia. «Aveva sempre creduto che avrebbe seguito le orme del padre», spiegò Carole, «ma gli aerei non facevano per lui.» Carole era però stata attratta soprattutto dal suo senso pratico. Dopo tanto tempo passato a respingere le avances di piloti donnaioli e passeggeri scapestrati, Michael era stato la sua prima storia d'amore seria. Il suo fascino era accresciuto dal fatto di avere sei anni più di lei. «Era un vero adulto, ma aveva ancora qualcosa di stupendo del ragazzo», aveva detto lei. «E naturalmente era un bell'uomo. E stato sicuramente un amore a prima vista!» Michael e Carole si frequentarono per tre anni. Infine decisero di andare ad abitare insieme in un miniappartamento in un nuovo quartiere a ovest di Heathrow, poi comprarono una casetta di mattoni nel suggestivo paese di Bradfìeld Southend. Circa un anno dopo, il 21 giugno 1980, si sposarono nella chiesa del XII secolo di St. James the Less, nel Buckinghamshire. La cerimonia, che prevedeva la partenza dei due sposi su una carrozza tirata da cavalli, fu coerente con il modello «reale» dei Goldsmith. Dorothy era molto eccitata per il matrimonio, tanto da invitare solo due - i più presentabili - dei venti o trenta parenti Goldsmith.
Anche Carole era d'accordo di escludere il novanta per cento della famiglia al matrimonio. «Carole è una persona intelligente», disse una cugina che non era stata invitata. «Si sposava con un uomo di famiglia ricca e con le conoscenze giuste. Non voleva che qualcuno la mettesse in imbarazzo o le ricordasse la classe sociale da cui proveniva.» L'anno dopo Carole e Michael, insieme ad altri 750 milioni di persone di tutto il mondo, rimasero incollati alla televisione per vedere il matrimonio di lady Diana Spencer e del principe Carlo nella cattedrale di St. Paul. Carole rimase colpita soprattutto dalla veste nuziale di Diana: un abito lungo di taffetà avorio con intarsi di pizzo antico, disegnato dagli stilisti inglesi David ed Elizabeth Emanuel. Anche i Middleton, come tutti, pensarono che il matrimonio fosse perfetto. Ora Diana era il gioiello più splendente della corona di Windsor. Solo una manciata di persone presenti quel giorno a St. Paul conosceva la verità, e cioè che Carlo amava ancora Camilla e che sposava Diana solo per avere eredi. Purtroppo lo sapeva anche Diana. Quando scoprì che Carlo aveva fatto fare un braccialetto appositamente per Camilla, Diana pensò di mandare a monte il matrimonio. «Che sfortuna», aveva replicato la sorella, «c'è il tuo viso persino sulle tovagliette da tè. È tardi per tirarsi indietro.» Romanticamente ignara del destino cui andava incontro il matrimonio reale, Carole guardava il cerimoniale senza una punta di invidia. «Carole conosceva bene la differenza fra ricchezza e patrimonio», disse un cugino Goldsmith. «Da questo punto di vista assomigliava molto alla sua mamma. Voleva le cose più belle e si rendeva conto che ci volevano i soldi, soldi che lei non aveva». Pur non sapendolo ancora, i Middleton fecero un grande passo avanti nella scala sociale il 9 gennaio 1982. Il pomeriggio di quel giorno, al Royal Berkshire Hospital di Reading Carole diede alla luce una bella bambina dagli occhi azzurri, Catherine Elizabeth Middleton. Il 20 giugno Carole, che indossava un abito di Laura Ashley, e Michael, con un completo blu Hardy Amies, assistettero al
battesimo di Catherine nella chiesa di St. Andrews a Bradfìeld. La chiesa, di pietra rossa del XIV secolo, assomigliava più a un castello turrito normanno che a un luogo di culto. Il giorno dopo mamma e papà celebrarono il loro secondo anniversario di matrimonio e, insieme al resto della nazione, la nascita del principe William. A Catherine - che non sarebbe stata chiamata Kate fino all'adolescenza - nel 1983 si aggiunsero una sorella, Philippa (Pippa), e nel 1987 un fratello, James. Dopo aver lasciato il lavoro per dedicarsi completamente alla famiglia, Carole si immerse a capofitto nella maternità. Portava i bambini alla ludoteca vicino a casa e alla chiesa di St. Peter, dove le mamme sedevano in circolo a chiacchierare mentre tenevano d'occhio i più piccini. Kate e Pippa furono iscritte all'asilo infantile di St. Peter e Carole divenne presto una delle volontarie più fidate. «Carole non aveva paura di fare nessun lavoro», ricordò una mamma. «Prendeva per mano i bambini e li portava al gabinetto se dovevano andare, o aiutava a metterli in fila e li accompagnava in cortile a giocare. Dopo la scuola era sempre lì a pulire. Era una girandola.» Aveva anche iniziato a mostrare un talento particolare che avrebbe trasformato la vita dei Middleton: dato che la sua cerchia di amicizie comprendeva per lo più giovani madri, Carole preparava sacchetti regalo per le feste dei loro bambini. Erano sacchetti colorati pieni di cose carine fatte in casa gioielline giocattoli, scherzi e caramelle. Presto si fece conoscere da tutta la cittadina di Bradfìeld. Carole non era la sola mamma costretta a spendere tempo e denaro in regali. «Carole non ne poteva più», ricordò la donna delle pulizie dei Middleton, Yvonne Cowdrey, «e capiva di non essere la sola.» Cogliendo al volo l'occasione, si offerse di preparare lei i sacchetti per le altre mamme, a pagamento. La grande svolta avvenne quando Catherine compì 5 anni e nacque James. Nell'estate del 1987 Carole prese in affìtto un capannone distante qualche chilometro da casa e avviò la Party Pieces, una piccola ditta di vendita per corrispondenza il cui scopo era, a suo dire, «stimolare altre madri a creare
magiche festicciole casalinghe e renderne un po' più facile l'organizzazione». La Party Pieces cominciò a vendere piatti di carta, cappellini, trombette, bamboline, inviti, lampioncini, maschere, palloncini, stelle filanti, lustrini, giochi, praticamente qualsiasi cosa servisse per una festicciola di bambini. Per promuovere la linea dei prodotti di mamma, Catherine e Pippa posarono per pubblicità e volantini. La pubblicità migliore era la loro famiglia, quindi i Middleton si diedero da fare per organizzare loro stessi le festicciole. «Avevano sempre i prodotti migliori», disse un vicino di casa «il cibo migliore e gli ultimi gadget come i lampioncini galleggianti; poi fecero il colpaccio, con i fuochi d'artificio per interni.» Carole aveva ragione: la richiesta c'era. Nel giro di poco tempo gli ordini fioccarono a migliaia e la Party Pieces diventò improvvisamente famosa. Michael stesso, poco dopo, lasciò il suo lavoro per dedicarsi all'impresa famigliare. Quando Kate ebbe 7 anni, i Middleton riuscirono a permettersi di pagare 20.000 sterline l'anno di retta alla scuola di St. Andrew, nella vicina Pangbourne. Era una massiccia residenza vittoriana circondata da 21 ettari di bosco, tappeti erbosi e campi da gioco. Carole aveva detto: «Era il genere di scuola a cui sognavo di andare, ma non me lo potevo permettere». Qui Kate maturò dal punto di vista scolastico e atletico. Sempre più alta delle bambine della sua età, era eccezionale in tutti gli sport, dalla pallavolo al basket, dal tennis all'hockey, al nuoto, all'atletica leggera (stabilì il record di salto in alto della scuola che rimase imbattuto per anni). «Era il tipo di ragazza da annientare», disse una compagna di classe. «Non era particolarmente bella, ma era sempre la più alta, e faceva un certo effetto.» Pur descritta da genitori e studenti come una bambina tranquilla e riservata, Kate non esitava a mostrarsi sul palcoscenico in numerosi spettacoli. Aveva danzato nello Schiaccianoci, recitato poesie di lord Tennyson e cantato da solista in Rats!, un musical ispirato alla storia del Pifferaio di Hamelin.
Nel 1992, nel periodo in cui William cercava di districare il complicato matrimonio dei genitori, la piccola Kate, di 10 anni, cantava / Could Nave Danced All Night alla maniera di Eliza Doolittle in My Fair Lady, messa in scena alla St. Andrew. «Kate era incantevole», disse il suo «Henry Higgins», Andrew Alexander. «Recitava con passione e ferrea convinzione.» Quando calò per l'ultima volta il sipario, la precoce Kate aveva chiesto ad Alexander se voleva andare al cinema con lei. Confuso («ero arrossito... e ammutolito»), lui aveva rifiutato. Persino a 10 anni, aveva detto, Kate era «così matura per la sua età» che ne era «intimidito». Un altro compagno di classe, Kingsley Glover, ricorda un incontro imbarazzante con Kate. Una volta che lei era rimasta a scuola durante la notte, un colpo di vento gli aveva aperto la vestaglia, l'unica cosa che avesse addosso (mentre in quell'occasione Glover si era fatto piccolo per l'imbarazzo, in seguito aveva detto, scherzando: «La futura regina d'Inghilterra ha visto i miei gioielli della corona»). La recita finale di Kate alia St. Andrew, registrata su video, sembrò un evento premonitore. Kate, protagonista femminile del melodramma vittoriano di John Latimer Murder in the Red Barn, era vestita con un morbido abito lungo bianco e aveva i capelli intrecciati con nastri. A un certo punto un'indovina le diceva che avrebbe incontrato «un bell'uomo, un ricco gentiluomo». «E quello che ho sempre sperato di incontrare», risponde Kate nel video. «Si innamorerà di me?» «Certo.» «E mi sposerà?» «Ti sposerà», risponde l'indovina. «Mi porterà lontana da qua?», chiede Kate. «Sì, a Londra.» «Oh», replica Kate, stringendo le mani al seno. «Il mio cuore palpita di gioia.» Più tardi l'amore della sua vita, di nome William, si inginocchierà e le chiederà di sposarlo. «Sì, è quello che desideravo ardentemente», replicherà Kate. «Sì, oh sì, caro
William!» I genitori di Kate quella sera erano fra il pubblico, come sempre alle recite e alle partite dei loro figlioli. «Michael e Carole Middleton erano genitori molto partecipi», disse una delle insegnanti di Kate. «Non spingevano i figli, ma sicuramente volevano da loro il meglio, volevano che riuscissero in tutto quel che facevano. Evidentemente, per loro vincere era molto importante e avevano trasmesso lo spirito di competizione soprattutto a Kate.» I Middleton non si fermavano davanti a niente e si davano da fare in tutti i modi. Convinti che Internet, che stava nascendo in quegli anni, potesse ampliare il campo d'azione della loro attività commerciale, Carole lanciò il sito di Party Pieces nel 1992 ed ebbe la perspicacia di registrarne il nome. Le richieste esplosero e nel 1995 la Party Pieces si trasferì in un locale più grande nella vicina città di Ashampstead Common, nel Berkshire. Alla fine avrebbero avuto trenta dipendenti, suddivisi nelle quattro sedi - compresi una rimessa vecchia di duecento anni e un fienile convertito in magazzino - che costituivano il quartier generale della Party Pieces nel mondo. L'incasso dell'attività superava i 2 milioni di euro l'anno e i Middleton decisero che si potevano permettere di comprare la casa dei loro sogni. Nell'estate del 1995 acquistarono OakAcre, una villa signorile in stile Tudor a Chapel Row, non lontana dal complesso della Party Pieces. Adiacente alla tenuta di Bucklebury, di proprietà privata, sulle rive del fiume Pang, OakAcre vantava sei camere da letto, cinque caminetti, un solarium e muri di mattoni ricoperti di glicine - il tutto nascosto dietro siepi ben potate. «È diffìcile immaginare che là dietro ci sia una casa», disse l'agente immobiliare Dudley Singleton. Bucklebury e le cittadine vicine con nomi come Burnt Hill e Tutt's Clump ricordano le descrizioni della campagna inglese di Wodehouse, stretti viottoli di campagna, cottage con le mura di pietra, pittoreschi negozi di tè e qualche pub qua e là. Dal canto loro i Middleton partecipavano attivamente alla vita di paese, non mancando mai né a una sagra paesana né a una raccolta di fondi in una fiera. L'interesse per la caccia, che il
principe Carlo spesso definiva con nostalgia «le buone occupazioni di campagna dei tempi andati», non faceva parte delle loro attività, tantomeno la caccia alla volpe. «Kate e i suoi genitori amavano circondarsi di animali di tutti i tipi», disse un loro vicino di Bucldebury, «ma erano assolutamente contrari a uccidere delle creature solo per sport. Ricordo che Kate diceva che pensava fosse una crudeltà e che ne provava disgusto.» Come la principessa Diana, Kate era disposta a chiudere un occhio sull'interesse di William nell'«uccidere cose», eredità che faceva parte integrante della famiglia Windsor. Quando il principe aveva scandalizzato gli attivisti dei diritti degli animali uccidendo sei conigli in due ore a Balmoral, Kate aveva detto alle sue compagne di scuola: «Può darsi che glielo abbia ordinato la regina». Nel 1994 William aveva scatenato ancora una volta proteste portando il primo fagiano ucciso a Balmoral, insieme a quindici uccelli abbattuti prima di pranzo. Non molto tempo dopo aveva supplicato Diana di non accettare la presidenza della «Società reale per la prevenzione della crudeltà verso gli animali». «Non puoi farlo», aveva detto. «Ogni volta che ucciderò un animale, daranno la colpa a te.» Kate, che osservava da lontano il suo principe azzurro, poteva solo ipotizzare che William dovesse comportarsi così per adattarsi alle consuetudini reali. Fa parte dell'addestramento per diventare re, pensava. È una persona troppo gentile per essere felice di andare a caccia. Proprio quando i quotidiani strombazzavano l'arrivo del principe William a Eton, nel settembre del 1995, Kate si era iscritta alla Downe House, un esclusivo pensionato per studentesse che in origine era la casa natale di Charles Darwin e si era poi ampliato includendo i conventi della vicina cittadina di Cold Ash. Fino alla prima guerra mondiale i conventi avevano ospitato un ordine religioso severo e misterioso, noto con il nome di «Scuola del silenzio». Per Kate, che aveva sempre frequentato scuole miste, i mesi trascorsi in un ambiente di sole donne furono i più infelici della sua giovane vita. Per la prima volta completamente sola, provò nostalgia di casa. Trovò anche difficoltà a inserirsi
nell'ambiente ristretto della scuola. «Era una ragazza molto dolce, cordiale, non aveva niente di cattivo», disse una sua ex insegnante. «Purtroppo c'erano ragazze molto viziate che avevano verso di lei un comportamento scorretto: ce la mettevano tutta per farla sentire a disagio.» Le bulle più terribili della scuola l'avevano presa di mira, le davano spinte e calci nel campo da gioco e le facevano lo sgambetto nei corridoi. Misteriosamente, le sparivano libri e altri oggetti. Ma le davano soprattutto fastidio i pettegolezzi su di lei. All'inizio del 1996 i genitori di Kate, stanchi degli episodi di bullismo, decisero di toglierla dalla scuola di Downe House. Nell'aprile dello stesso anno Kate iniziò a frequentare Marlborough. Dato che gli altri studenti si erano già conosciuti nei precedenti otto mesi, si ritrovò isolata. Fu presa subito sotto l'ala protettrice della studentessa Jessica Hay, che l'aiutò a disfare i bagagli, le fece fare un rapido giro del campus e poi cenò con lei nella sala da pranzo principale. Fu forse in quel momento che Kate riprese in esame il suo desiderio di frequentare una scuola mista. Al tavolo vicino un gruppo di ragazzi guardava con insistenza la nuova arrivata, ridendo e dandosi gomitate mentre scribacchiavano qualcosa su un tovagliolo. «Cosa stanno facendo?», aveva chiesto Kate alla nuova amica. «Oh, lo fanno con tutte le ragazze nuove», le aveva risposto Hay. «Ci danno un voto da uno a dieci.» I ragazzi alzarono contemporaneamente i tovaglioli. Nessuno aveva dato a Kate più di due. Kate soffriva ancora per il bullismo cui era stata sottoposta. Inoltre, si sentiva intimidita dagli studenti che avevano l'ascendenza nobile che a lei mancava. La ragazza che si divertiva a cantare in pubblico era diventata più magra, impacciata e introversa che mai, e passava ore e ore chiusa in camera a studiare. «All'inizio non aveva rapporti con noi», aveva detto Jessica. «Non era né scortese né cattiva. Soffriva di nostalgia.» «Kate aveva poca fiducia in se stessa», aveva aggiunto un'altra
amica e compagna di classe, Gemma Williamson. «Poi è cambiata, ma c'è voluto un po' di tempo.» Anche quando era stata raggiunta dalla sorella Pippa, nell'autunno del 1997, Kate non aveva perso la sua riservatezza. Ci sarebbe voluto un altro anno perché uscisse dal guscio. Nell'estate del 1998, aiutata dalla mamma, Kate iniziò a trasformarsi. Si acconciò i folti capelli castani e cominciò a truccarsi, anche se con moderazione. «Successe tutto all'improvviso», sostiene Gemma. In autunno Kate «era ritornata dalle lunghe vacanze estive trasformata in una vera bellezza». Ed era successo malgrado lei fosse una delle ragazze che si vestivano in modo più tradizionale. «La maggior parte delle studentesse si vestiva un po' da bagascia, per attirare i ragazzi. Non lei», ricorda l'amica. «Kate non aveva mai messo un vestito particolarmente alla moda o scollato», solo bluejeans e maglioni, «semplici orecchini di perla e tanti braccialetti a cerchietto. Raramente si truccava». Sembrava non avesse bisogno di abbellirsi. «Qualsiasi cosa mettesse, le stava bene, perché aveva un corpo perfetto.» Ora che era diventata un'autentica «dieci», Kate riceveva l'attenzione di tutti i maschi. «È molto bella», diceva Jessica Hay della compagna dalle gambe lunghe e dalla chioma scura, «e piaceva a tanti ragazzi, ma lei non ci pensava nemmeno. Non le interessava l'altro sesso e aveva solidi principi morali.» La Williamson confermava: «Non era una che si sbaciucchiava con tutti. Non aveva bisogno di un ragazzo per essere felice». Ma insisteva nel dire che «Kate era molto all'antica... voleva tenersi in serbo per qualcuno di speciale». Raramente Kate «sbaciucchiò», casualmente o no, nel periodo in cui studiava a Marlborough. Per non essere da meno delle altre, cedette alle avance del dongiovanni della scuola Charlie von Mol e uscì con lui per una pomiciata. Poi ci fu il mago della matematica Willem Marx, che in seguito sarebbe andato a Oxford, avrebbe imparato l'arabo e avrebbe finito per fare il giornalista in Iraq. Apparentemente nessuno di loro contò molto. «Non perse la verginità a scuola», disse
intenzionalmente la Hay. «In realtà ci fu solo qualche flirt.» Anche durante le feste Kate si mostrava riservata: non ci andava se sapeva che sarebbero stati serviti superalcolici di contrabbando o marijuana. Acconsentiva però a fare la guardia mentre le amiche si ubriacavano. «Ci si poteva fidare di lei, faceva sempre la cosa giusta», disse la Hay. «Era sempre equilibrata... Non l'ho mai vista bere.» Apparentemente non aveva bisogno di ubriacarsi per dedicarsi allo strano passatempo che le valse uno dei soprannomi più originali della scuola. Le stanze di Kate e Jessica Hay si affacciavano sul pensionato maschile. «Ogni notte mostravamo, a turno, le chiappe nude ai ragazzi per far loro indovinare di chi fossero.» Eppure, mentre Jessica presto si stancò di appendere letteralmente il sedere fuori dalla finestra del secondo piano, «Kate ne diventò quasi dipendente». La Hay ammise di averlo fatto una novantina di volte. Il vizio di mostrare il sedere nudo valse a Kate il soprannome di «Middlecul». A quanto pare non era l'unica acrobazia poco decorosa che piaceva a Kate. Sembrava che covasse una segreta «ossessione per le proprie tette», scrisse una sua compagna di classe nell'annuario della scuola, tanto che «spesso la si vedeva guardarsele da sopra e gridare: 'Stanno crescendo!'». Amata da entrambi i sessi, Kate ricordava come si sentiva quando era ancora un'estranea e cercava di accogliere il meglio possibile i nuovi studenti. «Era una ragazza generosissima», disse la Williamson. «A scuola si formavano sempre delle cricche, ma lei aveva tempo proprio per tutti. Ecco cosa la rendeva speciale.» Le sue strane ossessioni, naturalmente, e il desiderio sovente espresso di sposare il principe William la rendevano proprio «speciale». Nell'anno seguente la tragica morte di Diana Kate aveva studiato con attenzione tutti i movimenti dell'erede al trono. «Aveva letto qualsiasi cosa su di lui», disse la Hay. «Era cotta di lui.» Effettivamente, quando la Hay, la Williamson e le altre studentesse parlavano dei ragazzi che piacevano loro, Kate rispondeva: «Non me ne va nessuno, sono tutti un po' grezzi.
Non ce n'è uno come William... Scommetto che è davvero gentile. Basta guardarlo per accorgersene». Fu così che le altre ragazze cominciarono a dire che Kate era «in attesa di occupazione da principessa». Le sue convinzioni si basavano, almeno in parte, su quello che aveva saputo circa William dalla sua amica. Da tre anni, cioè dal 1998, Jessica Hay era, a fasi alterne, la ragazza del cugino e mentore di William a Eton, Nicholas Knatchbull. La ragazza aveva incontrato per la prima volta Wills a Eton. «Era più timido di quanto pensassi», disse a Kate. «Mi ha dato l'impressione di non essere abituato ad avere intorno ragazze normali.» In seguito, durante una battuta di caccia al fagiano a Broadlands, la Hay aveva conosciuto anche la regina, il principe Filippo, Carlo e Harry. La mattina presto era uscita in corridoio per andare in bagno e aveva incontrato William che girava con un «vaporoso accappatoio rosa». Era evidente che era stato lasciato in camera sua da una precedente ospite di sesso femminile, e che era l'unica cosa che aveva trovato da mettersi addosso. «Nel vedermi si era sentito così imbarazzato di quello che indossava che aveva esclamato: 'Cazzo!' ed era corso in camera.» Jessica aveva parlato a Kate anche dell'abitudine di William di fumare e del suo senso dell'umorismo «malizioso». Durante una pausa per una sigaretta, a Broadlands, Jessica, Knatchbull e William si erano stesi sul prato. «Meglio che tu stia attenta», aveva detto il principe indicando la sua gonna corta, «ci sono paparazzi nascosti dappertutto, dietro i cespugli. Non vorrai mica che ti fotografino le mutandine.» Fra le informazioni che riceveva Kate dalla Hay riguardanti il principe Harry, ve ne erano anche di sorprendenti. In un freddo sabato pomeriggio dell'autunno 1998, Jessica, Knatchbull e il quattordicenne Harry si erano rintanati sotto un viadotto dietro al campo di calcio di Eton per fumare una sigaretta. Quando Harry ne chiese una anche per sé, Knatchbull aveva tirato fuori un cannone, l'aveva acceso e glielo aveva passato. «Dopo un solo
tiro Harry divenne tutto rosso», ricorda la Hay. «Penso che si fosse sentito in imbarazzo.» Kate volle sapere se William ne fosse venuto a conoscenza. «No, no», aveva detto la Hay. «Se sapesse che Nick fa queste cose, non permetterebbe a Harry di frequentarlo.» La Hay confessò a Kate anche qualcos'altro, che la fece pensare seriamente alla vera posizione di Harry a Windsor. «Mi sono accorta che William e suo padre stanno sempre vicini, parlano fra loro a tavola, si chiedono a vicenda come va», disse la Hay. «Sembra invece che il principe Carlo non stia mai vicino a Harry». Quando tutti scendevano per fare colazione, William e Carlo arrivavano insieme, mentre Harry arrivava da solo, un quarto d'ora dopo, ed era ampiamente ignorato. «Sembrava fuori posto», aveva aggiunto Jessica. «E mi dispiaceva per lui.» Kate e gli altri studenti erano a conoscenza delle illazioni in base alle quali si presumeva che Harry fosse, in effetti, figlio di Diana e di James Hewitt. Più il principino diventava grande, più la somiglianza fra lui e l'istruttore di equitazione si faceva impressionante. «Mi domando se sia vero», disse Kate. «Povero Harry» Ma anche povero William. Mentre Kate sognava il suo principe negli agi del pensionato di Marlborough, Wills si destreggiava a fatica tra i numerosi impegni che avrebbero ostacolato persino il diplomatico più esperto. Nove mesi dopo la morte della madre, Wills combinò un primo incontro con Camilla Parker Bowles. La «sorpresa» - William era piombato a St. James's Palace, residenza di Carlo e Camilla, mentre stava andando al cinema - lasciò quella che da ventisei anni era l'amante di Carlo «tremante come una foglia». «Ho proprio bisogno», aggiunse dopo che William se ne andò al cinema, «di una vodka tonic.» La signora P.B. piacque subito a William. Più anziana di Carlo di sei mesi e tutto tranne che una bellezza da far girare la testa, Camilla somigliava poco a Diana. Fumava una sigaretta dopo l'altra, non le interessava la moda e preferiva scarpinare per i campi fangosi della sua Wellingtons che partecipare a gala e vernissage a Londra. Aveva una naturale tendenza
all'autocritica, era poco complicata e non perdeva tempo a discutere, mentre Diana era stata insicura ed egocentrica. Proprio perché era così diversa dalla mamma, William e Harry si affezionarono a Camilla. «Se fosse somigliata in qualche modo alla madre», disse un amico di Carlo, «avrebbero pensato che cercasse di prenderne il posto.» La motivazione di William era chiara: dopo aver passato tutta la vita travolto dalla tempesta del matrimonio dei genitori, voleva la pace. «Camilla rende felice il padre», aveva detto Harold Brooks-Baker, «e in questo momento è ciò che conta.» Purtroppo, agli occhi degli amici di Diana l'incontro di William con Camilla era stato un aperto tradimento alla sua memoria. E che fosse avvenuto a meno di un anno dalla morte della madre, aveva detto il suo amico Richard Kay, era «di un'insensibilità sconvolgente». A molti amici della madre era stato impedito di mettersi in contatto con i principi, a loro insaputa. «Mi era stato detto», disse l'amico di lunga data di Diana, Roberto Devorik, «che erano impegnati.» Il loro tempo libero, ora, era per lo più dedicato al polo, alla caccia e alla caccia alla volpe, tutte occupazioni per cui erano famosi i Windsor di sesso maschile. «Sono stati», disse Richard Greene, «completamente windsorizzati.» William fu poi impegnato in un'altra attività per cui i maschi Windsor erano egualmente famosi. Nel luglio 1998 Carlo, con i figli e un gruppetto di amici, salì a bordo dell'Alexander, lo stesso yacht arredato sontuosamente (cinque piscine, una sala da ballo, un cinema, una piattaforma per l'atterraggio di elicotteri, rubinetti d'oro) su cui il principe e la principessa avevano trascorso la malaugurata crociera di «seconda luna di miele» per celebrare il decimo anniversario di matrimonio. Questa volta, nella lista dei passeggeri c'erano i compagni di scuola di Carlo, Patty e Charles Palmer-Tomkinson con la loro figlia ventisettenne, Tara. La giovane, per la quale William aveva avuto una cottarella infantile, si definiva uno spirito libero e si divertiva molto a mettere in imbarazzo il principe. Ogni volta che lo incontrava
gli appoggiava la mano sulla patta dei pantaloni - lo stesso «saluto» che usava quando erano piccoli. Aveva anche l'abitudine di giocherellare con la sua cerniera lampo. Durante il viaggio era anche successo che a volte William, appena sedicenne, arrivasse mentre Tara prendeva il sole. «Coraggio», diceva lei togliendosi la parte superiore del bikini, «dai una bella occhiata!» William, umiliato, se ne andava. I rapporti di Tara con la famiglia reale si interruppero allorché lei ammise di essere cocainomane. Tuttavia, secondo lei, i racconti dei giornali sulle sue sniffate nei bagni di case aristocratiche erano meno deplorevoli delle voci di essersi data a William come regalo di compleanno. «Sono una cocainomane», aveva protestato, «mica una pedofila.» I figli di Diana non erano particolarmente timidi. William e Harry in occasione del cinquantesimo compleanno del padre, davanti a trecentoquaranta invitati, fecero una parodia della scena finale di Full Monty, togliendosi la camicia e sbottonandosi i pantaloni al suono di You Sexy Thing suonata dal gruppo Hot Chocolate. Malgrado le pesanti avance di Tara, William cominciava ad apprezzare il suo nuovo status di sex symbol. Sport e vita all'aria aperta permettendo, William fece presto le prime incursioni sulla scena dei più frenetici locali notturni londinesi. Oltre alla sempre presente guardia del corpo armata, nelle sue spedizioni notturne era accompagnato dai figli festaioli di Camilla, Tom e Laura Parker Bowles. In club come il Chinawhite, il K-Bar, il Foxtrot Oscar e il Crazy Larry's, William chiacchierava affabilmente con le giovani che lo avvicinavano e in alcuni casi annotava il loro numero di telefono. Il mattino dopo una fortunata ragazza veniva invitata a prendere un tè alla York House, la residenza che William condivideva con il padre e il fratello nel St. James's Palace. Le ragazze invitate, tuttavia, dovevano passare attraverso un dettagliato controllo sulla loro provenienza famigliare. Le giovani che arrivavano alla York House «erano molto intimidite», ricorda un ex appartenente al personale della casa. «Quando il principe iniziò a invitare a casa le ragazze era una cosa innocente, un tè e un po' di innocuo amoreggiare da
adolescenti.» Il primo amore di William, in realtà, fu una ragazza più grande di lui - la nipote di Camilla, Emma, di otto anni più vecchia. Bionda, sottile, ex modella, aspirante giornalista e appassionata di corse automobilistiche, Emma aveva ammesso di essere «molto affezionata» al principe, ma se lui considerava il suo affetto qualcosa di diverso da un rapporto fra fratello e sorella, sosteneva, si sbagliava proprio. Dato che Camilla sarebbe alla fine diventata la matrigna di William, qualsiasi storia d'amore con Emma sembrava quanto meno indecorosa. Presto l'infatuazione di William per Emma finì, ma non prima che il suo comportamento e quello del figlio di Camilla mettessero in dubbio la loro idoneità a tener compagnia al giovane principe così sensibile. Per sconfìggere la dipendenza dall'alcol, Emma fu ricoverata trentacinque giorni nella stessa clinica in Arizona in cui Tara Palmer-Tomkinson era andata a curare la dipendenza dalla cocaina. Il problema più grande era Tom. Arrestato nel 1995 per possesso di ecstasy e marijuana, Tom aveva ammesso di aver sniffato cocaina negli stessi locali in cui era stato visto insieme a William. La confessione aveva rivelato ben altre cose sul figlio di Camilla, in special modo la sua partecipazione a un «party feticista» al quale si era presentato bardato da dominatrice. L'abito di Tom consisteva in un vestito di plastica nera, calze a rete, tacchi a spillo e una frusta. Carlo proibì a Tom di vedere William o Harry finché non avesse risolto il problema della cocaina, ma fu subito chiaro che la cerchia di conoscenze di William contemplava un sacco di gente che si drogava. Anche Izzy Winkler, un'altra bella ragazza amica di William, aveva ammesso di fare uso di cocaina, come pure il cugino di Wills ed etoniano lord Frederick (Freddie) Windsor, figlio dei principi del Kent. Nicky Knatchbull, che aveva introdotto Harry alle canne, fu fermato e arrestato per possesso di droga insieme a due adolescenti che viaggiavano in auto con lui con le calze piene di «roba». Knatchbull passò tre mesi in riabilitazione, ma già a un anno di distanza aveva ricominciato.
Tornata a Marlborough, Kate lesse della cerchia bacata di amici di William e si mostrò, a detta di una compagna di classe, «molto preoccupata. Era una grande ammiratrice della principessa Diana - la amavamo tutte - e l'idea che suo figlio diventasse anche lui uno di quegli aristocratici 'strafatti' la disturbava davvero». Aveva tuttavia fiducia nel buonsenso innato di William. «Non penso che faccia uso di droghe», aveva detto alla sorella Pippa. «È troppo premuroso verso Harry e non credo voglia addolorare il padre o la regina.» La segreta ammiratrice di Wills fu rassicurata dalle foto di copertina di alcune riviste che mostravano il principe al battesimo di Kostantinos Alexios, nipote di re Costantino di Grecia e suo figlioccio. Con la mano sinistra in un armacollo conseguenza di un incidente di rugby - William versava cautamente l'acqua santa sulla testa del bimbo. Nel 1999, però, a Kate fece meno piacere la notizia che una delle sue compagne di Marlborough era stata invitata all'annuale crociera reale sull'Alexander. Emilia (Mili) d'Erlanger, una bella ragazza del Devonshire, era la nipote del decimo visconte Exmouth e la sua famiglia era imparentata con gli Spencer e i Windsor. Ottimi legami di sangue avevano anche altre due giovani invitate da William: la sedicenne Mary Forestier-Walker e Davina Duckworth-Chad, di 21 anni. La bellissima Davina dai capelli selvaggi, una lontana cugina di Diana che abitava nella tenuta di famiglia di 9 ettari proprio sotto Sandringham, meritava da sola la prima pagina dei giornali. Dopo aver posato con un vestito di gomma per promuovere un sito Internet, era stata subito soprannominata «the Deb on the Web» (la debuttante in rete). La d'Erlanger, la Duckworth-Chad e la Forestier-Walker erano segretamente in competizione con una giovane donna che era già stata sull'Alexander e aveva lasciato al principe una foto patinata con autografo. Da quel momento in poi William aveva scambiato tutta una serie di bollenti e-mail con Lauren Bush, modella, nipote dell'ex presidente degli Stati Uniti George Bush e figlia del fratello del futuro presidente George W Bush.
Quell'anno non era stata l'unica storia virtuale di Wills con un'americana bellissima e famosa. Quando Britney Spears seppe che lui aveva attaccato un suo poster alla parete della sua stanza a Eton, iniziò una corrispondenza elettronica che uno dei suoi compagni di scuola definì «disgustosa». Dato che le era impossibile, a causa delle date dei suoi concerti, accettare l'invito di Wills e andare con lui alla festa di fine anno al «Millennium party», che lui soprannominava in modo stravagante «il Willennium», la Spears gli propose di vedersi a Londra il giorno di San Valentino. Tuttavia, dopo che la stampa ebbe rivelato i loro piani, St. James's Palace diede una pronta smentita. Pur non negando di avere intrattenuto corrispondenza con la Spears, William protestò debolmente contro «le sciocchezze inventate dalle aziende di pubbliche relazioni» e le accusò di avere «sfruttato» la sua immagine. Mentre Kate pensava di celebrare tranquillamente con la famiglia la fine del secolo nella loro casa di Buckelbury, il principe aveva altro in mente. Scartò l'offerta di papà di celebrare il suo «Willennium» a Highgrove, e ridimensionò gradualmente i grandi piani che aveva fatto: invece di renderlo un evento pubblico, lo trasformò in un incontro fra amici in una casa di campagna, piccola e in rovina, vicino a Sandrigham, dove avrebbero finito per fare «una bevuta coi fiocchi». Due giorni dopo, su un volo per il Galles, disse all'assistente di volo della British Airways di soffrire ancora dei postumi di una sbronza. William si riprese a Crans-Montana, una stazione sciistica svizzera molto chic. Beveva solo limonata e ballava tutta la notte con la barista ventunenne Annaliese Asbjornsen. Sorpresa dalle «poche inibizioni» di William, la Asbjornsen ricordò poi che «ruotava le anche... conosceva qualsiasi movimento». Tre ore dopo, galeotta la canzone Closer than dose, William se l'era stretta a sé, le aveva circondato la vita con le braccia e le aveva sussurrato all'orecchio: «Sei bellissima». Poi, mentre la guardia del corpo faceva fìnta di guardare da un'altra parte, avevano cominciato
a baciarsi. La notte dopo era stata la volta della diciannovenne Lydia Truglio, la cameriera che serviva gli aperitivi. «E’ un ragazzo meraviglioso», sospirava lei. Il sempre maggiore desiderio di allargare le ali mise William in contrasto con chi lo proteggeva: si irritava per la presenza costante del gruppetto di addetti alla sua sicurezza, non perché si sentisse a disagio a essere guardato a vista, ma perché metteva in soggezione le ragazze che abbordava. «Santo cielo, ogni volta che guardo oltre la spalla di una ragazza, eccoli là, in piedi là», si lamentava Wills con Freddie Windsor. «È terribile non essere mai lasciati soli.» Tuttavia a volte era riconoscente verso gli uomini che lo proteggevano non solo dai criminali, ma anche dagli scandali. In un famoso locale notturno in cui William e una bionda praticamente svestita trascorrevano insieme un momento di intimità, un uomo della protezione reale individuò una telecamera nascosta che registrava l'intero episodio. La guardia del corpo intervenne prontamente a fermare la ripresa e sequestrò la pellicola. La «Willmania» scoppiò il 21 giugno 2000, quando il più famoso giovane reale del mondo - e miglior partito - compì 18 anni. Numerosi Paesi del Commonwealth emisero francobolli che commemoravano l'evento e fu mostrato a tutti il simbolo araldico ufficiale del principe. Le insegne di Diana Spencer tre conchiglie di pettine, tolte dopo il divorzio dei genitori furono riportate sullo stemma per volontà di William. «È meraviglióso che renda omaggio in questo modo alla madre», disse Kate a una compagna di classe. «Dimostra di essere padrone di sé.» Fu colpita anche dal fatto che William si opponesse alla tradizione di essere chiamato Sua Altezza Reale, o sir - i due titoli con cui ci si rivolge ai principi secondo il protocollo reale, al compimento del diciottesimo anno. Voleva invece essere chiamato «William, solo William». A Kate piacque un po' meno leggere cosa diceva Wills dei suoi appuntamenti galanti in un'intervista fatta il giorno del suo compleanno, e attentamente controllata, con l'anziano inviato della casa reale Peter Archer. Con che criterio sceglieva una
ragazza che gli sarebbe piaciuto conoscere? «Se lo spiegassi», rispose lui, «sarebbe controproducente.» Nello stesso tempo sottolineò: «Vorrei che la mia vita privata rimanesse privata». Cercò di mantenere la sua vita privata all'interno della York House, dove due donne in particolare - Mili d'Erlanger e la sorella minore di Nicholas Knatchbull, Alexandra - erano sovente ospiti. Mili sembrava aver avuto la meglio nella competizione a bordo dell'Alexander, tanto che fu presto invitata a incontrare il principe Carlo in almeno due occasioni. Quando lo vennero a sapere Kate e le sue compagne di scuola, lei parve scossa. «È molto dolce e riservata», disse un'amica comune, «quindi è difficile capire quello che pensa veramente. Kate stava sempre zitta quando si parlava di Mili e del principe William.» Mili era in forte competizione con la bellissima Alexandra Knatchbull, la figlioccia preferita di Diana. Alexandra era anche nipote di Amanda Knatchbull, che aveva rifiutato la prima proposta di matrimonio di Carlo ventitré anni prima. Secondo una delle amiche più intime di Alexandra, lei e William «si amavano alla follia. Lei era innamorata cotta, sono sicura!» I pensieri d'amore di William e di Kate, tuttavia, lasciarono posto agli esami di maturità. Entrambi si erano distinti nello sport: lui aveva battuto parecchi record di Eton ed era uno dei cento migliori nuotatori dei 50 metri stile libero della sua età, mentre il record di salto in alto di lei sarebbe rimasto insuperato per anni. Erano entrambi dei «leader»: lei era stata scelta per rappresentare Marlborough malgradosi fosse iscritta in ritardo, mentre lui era entrato nel gruppo di leadership scolastica detto Pop e, come membro delle forze armate di Eton, gli era stata conferita la «Spada d'onore». Nessuno dei due diede per scontato che le onorificenze e gli ottimi voti sarebbero serviti a entrare in un'università prestigiosa. Continuarono a studiare, lei china sui libri nella sua stanza di Marlborough, lui immerso nella maratona di studio a Eton. La decisione di dedicarsi completamente allo studio, il 21 giugno 2000, dimostrò quanto fosse disciplinato - e ostinato -
l'erede. Il giorno del compleanno di William la regina Elisabetta aveva preparato al castello di Windsor i festeggiamenti per altri compleanni «importanti» della famiglia reale. La principessa Margaret compiva settant'anni, la principessa Anna cinquanta, il principe Andrea quaranta e la Regina Madre cento. Tutti lo aspettavano, compresa la Regina Madre e persino la fino ad allora esiliata duchessa di York, ma William non si fece vedere. Nonostante si trovasse a quattro passi dal castello, l'ospite d'onore rimase a Eton, sgobbando fino all'alba. Il grande impegno ripagò sia Wills che Kate. Lei si diplomò con il massimo dei voti - abbastanza per garantirle l'ammissione a qualsiasi importante università del Regno. Lui, che aveva sempre avuto i voti migliori della sua classe, fece altrettanto bene, anche se è impensabile che una istituzione di formazione ad alto livello potesse avere il coraggio di scartarlo. «Vuole guadagnarselo», spiegava Nicky Knatchbull. «Non vuole che gli si dia niente se non se lo merita. È molto orgoglioso.» Poiché Oxford era stata l'università degli Spencer e papà era andato a Cambridge, queste due università furono scartate. «Non farò quello che tutti si aspettano da me», dichiarò William. «Deciderò io cosa è meglio.» Avrebbe veramente voluto seguire il consiglio di qualcuno. La regina, durante uno dei loro tè a Windsor, aveva proposto, en passant, che frequentasse una scuola in Scozia, dato il crescente nazionalismo di quella regione. William amava Balmoral e, oltretutto, né i parenti di Diana né i Windsor ci tenevano particolarmente, quindi l'idea di un'università scozzese lo attraeva. Fu anche d'aiuto il fatto che il direttore del suo convitto a Eton, Andrew Galey, avesse frequentato la St. Andrews University e gli avesse offerto di visitare il campus. La maggiore università della Scozia, pur ospitando seimila studenti, dava l'impressione di essere di dimensioni ridotte. Famosa per essere stata la culla del golf, St. Andrews era un avamposto piovigginoso, immerso nella nebbia, tra il grigio e il verde, proteso sul Mare del Nord, 120 km circa a nord di Edimburgo. Costellata di tetri alberghi per turisti, rovine coperte di muschio e malandati negozi di souvenir, ha solo
qualche ristorante non riportato nelle guide e un unico cinema - il New Picture. La città non offre praticamente niente in fatto di divertimenti, con un'unica importante eccezione: lungo le sue strette vie pavimentate di ciottoli sono allineati ventidue pub (una concentrazione per metro quadrato superiore a quella di qualsiasi altro comune della Scozia) che rendono la St. Andrews University la scuola più festaiola del Regno Unito. Secondo uno studente, lo sport principale di «St. Randy» non è il golf, ma la bevuta. Un operaio, Crispin Dyer, ha aggiunto: «Qui non c'è veramente niente altro da fare che darsi al bere». Farsi grandi bevute a St. Randy non riguardava solo la James Bond Society amante dei Martini o, dall'altra parte della scala sociale, la Dead Parrot Society, che si dava valorosamente ai bagordi. L'annuale corsa dello studente era una tradizione veneranda durante la quale le «matricole» dovevano tracannare un boccale di birra tutto d'un fiato in cinque pub. Si trascinavano inciampando da un locale all'altro, fermandosi solo per urinare attraverso le aperture delle grate che qualche sfortunato padrone di casa aveva dimenticato di chiudere inchiodandone i battenti. Le studentesse, temendo di trovarsi in stato di coma dopo le gozzoviglie serali, spesso scarabocchiavano il nome dei loro pensionati sull'avambraccio, in modo da poter essere aiutate a tornare a casa. Purtroppo, per coloro che soffrivano dei postumi di una sbronza, St. Andrews era anche vicina alla base della Royal Air Force di Leuchars. Parecchie volte al giorno i caccia Tornado passavano rombando in manovra di decollo o atterraggio sulle Highlands scozzesi scarsamente popolate. La possibilità di fare esperienza di vita universitaria lontano da Londra - e in una scuola non impostagli dal padre o dai parenti Spencer - era per William estremamente attraente. E lo era anche la grandiosa reputazione di città turbolenta che aveva St. Randy. Kate la vedeva in modo diverso. Dato che i genitori non si erano laureati, desideravano mandare la figlia presso un'università di grande nome: Oxford, Cambridge o, se possibile, Edimburgo. Kate voleva scegliere come prima materia storia dell'arte, quindi propendeva per la scuola che aveva i migliori corsi, cioè Edimburgo. Carole e Michael
Middleton incoraggiarono la sua scelta ed entrambi i fratelli di Kate finirono per andare a Edimburgo. «Non c'era mai stato alcun dubbio che Kate sarebbe andata a Edimburgo», disse una compagna di Marlborough. «Era ritornata entusiasta dalla visita della città con la madre.» Aveva fatto la domanda ed era stata accettata, con grande gioia di Michael e Carole Middleton. Poi aveva iniziato a fare progetti per l'anno di libertà fra il liceo e l'università, anno di solito trascorso dai giovani ad ampliare gli orizzonti prima di rimettersi a studiare. Come migliaia di altri studenti in storia dell'arte, aveva scelto di partire per la culla del Rinascimento italiano: Firenze. Carole Middleton ebbe però un ripensamento, e non fu la sola. Quando il St. James's Palace annunciò che l'erede al trono, nell'autunno del 2001, si sarebbe iscritto a St. Andrews, il numero di domande presentate a quella università crebbe vertiginosamente, tanto da superare il 44 per cento di quelle dell'anno precedente. Nove domande last-minute su dieci erano di ragazze. Carole si mosse rapidamente. Aveva saputo che Mili d'Erlanger pensava di iscriversi a St. Andrews per stare vicina a William. Non c'era motivo che Kate non scegliesse anche lei di stare in quel campus, insieme alla vecchia compagna di Marlborough e al principe. Inoltre, lei e il marito avevano ancora contatti in quella zona con l'industria aeronautica e rapporti della loro azienda, che stava crescendo a vista d'occhio tanto da raggiungere il maggior fatturato delle società di quel genere in Inghilterra. Quando fu il momento di scegliere, Carole lasciò capire alla figlia che avrebbe potuto essere più vicina al principe. Kate però non era convinta. All'inizio di settembre del 2000, quando partì per Firenze, aveva ancora intenzione di frequentare l'università di Edimburgo. Insieme ad altri tredici ragazzi si era iscritta a un corso di italiano di tre mesi al British Institute. In realtà voleva vedere cosa avesse da offrirle la città dei Medici - dal David di Michelangelo alla Venere di Botticelli al Ponte Vecchio e al Duomo. Ogni mattina
andava dall'appartamentino che condivideva con altre tre ragazze a lezione a Palazzo Strozzino. Il resto del tempo lo passava esplorando le piazze della città, le strette vie, i numerosi musei, i bar e i locali. Per quanto riguardava la scelta dell'università, fece capire chiaramente alla madre che non aveva intenzione di frequentare St. Andrews solo perché c'era il principe William. «Non aveva ancora confermato a quale università si sarebbe iscritta», disse una sua compagna di corso al British Institute. «In quel momento non sarebbe sicuramente andata a St. Andrews.» Mentre tutte le madri del mondo si affrettavano a iscrivere le figlie a quella università, William, di nascosto dalla stampa, aveva raggiunto una nazione dell'America Centrale, il Belize. Lì, nella giungla brulicante di serpenti velenosi e di scorpioni, il principe aveva esaudito il suo desiderio di avventura, addestrato da un'unità di guardie gallesi. Dal Belize era andato direttamente all'isola Rodriguez, nel mezzo dell'Oceano Indiano, per partecipare al programma di osservazioni marine della Royal Geographic Society. Aveva fatto immersioni, con bombole e in apnea, in cerca di esemplari per il progetto dell'associazione Shoals of Capricorn. Era anche andato a pesca, aveva nuotato e aveva giocato a calcio con i bambini del luogo, sotto il falso nome di Brian Woods. Michelette Eduard, una delle cameriere del sobrio alberghetto, dove il principe aveva preso alloggio, rimase sconvolta al sapere la vera identità di Mr. Woods. «Tutte le mattine gli portavo la colazione», disse, «e non avevo idea di chi fosse.» Continuando a ignorare la richiesta della madre di pensare a passare da Edimburgo a St. Andrews, Kate si concentrò sullo studio dell'italiano - e su un compagno di Marlborough di nome Harry. Alto, capelli scuri, e ricco, Harry era uno dei pochi studenti selezionati per frequentare il costoso corso della John Hall Pre-University che permetteva agli studenti di immergersi nella cultura italiana viaggiando da Venezia, a Firenze e poi a Roma. Sesso, droga e alcol erano parte integrante della scena studentesca fiorentina a quel tempo, e numerosi coetanei di
Kate indulgevano in tutti e tre. «Kate era molto attratta da un ragazzo, Harry. Andavano nei locali e stavano molto insieme», ricorda un compagno di corso, «ma lui la prendeva un po' in giro e la teneva sulla corda.» Qualche settimana dopo Harry andò a Roma, lasciando la ragazza «un po' delusa ma non sconvolta». Kate era una persona che non lasciava trapelare i suoi sentimenti. «Le piaceva tenere tutto sotto controllo», osservò Jessica Hay. «Non era noiosa e non dava giudizi su nessuno. Le piaceva divertirsi, ma senza fare sciocchezze.» Anche Kate si diede al passatempo principale degli studenti inglesi all'estero: bere, ma si rese subito conto che non reggeva l'alcol. «Kate beveva volentieri un bicchiere di vino - e ne beveva sempre più di uno a cena», disse un suo compagno di corso. «Dopo qualche bicchiere cominciava a ridere e a dire cose stupide, e allora smetteva. Non l'ho mai vista interessata a una vera sbronza.» Anche l'uso di droghe era molto diffuso fra gli studenti, ma Kate «pur non volendo provare, era curiosa degli effetti e non dava giudizi su chi si drogava. Non l'ho nemmeno mai vista fumare». Un altro studente di Marlborough a Firenze confermò che «Kate non perdeva mai il controllo, ma ciò non significava che non fosse amante della compagnia. Legava con tutti e le piaceva moltissimo ballare». A una festa/ baccanale organizzata dagli studenti della John Hopkins University, per esempio, Kate aveva sorseggiato un solo bicchiere di vino in tutta la serata. «Erano andati tutti per ubriacarsi... tranne Kate.» Poi successe qualcosa che risvegliò in Kate i sentimenti sopiti per il principe. Il 29 settembre si trovò insieme a un gruppo di studenti inglesi in un locale di Firenze a guardare alla tv William che, irritato, concedeva la sua prima conferenza stampa. L'assistente anziano di Diana, ED. Jephson, aveva appena pubblicato Shadows of a Princess, un romanzo-verità che aveva occupato i titoli dei giornali di entrambe le sponde dell'Atlantico. Fra le altre cose, Jephson descriveva Diana come una persona instabile, narcisista, falsa, e una nevrotica molto invadente. La principessa di Galles, scriveva, mescolava senza soluzione di
continuità «un sorriso radioso a un coltello nella schiena». Per la prima volta il principe, in piedi davanti a Highgrove di fianco al padre, si era sentito in obbligo di ribattere e aveva detto ai giornalisti di essere rimasto «inorridito» leggendo alcuni brani del libro sul Sunday Times di Londra. «Naturalmente io e Harry siamo molto sconvolti, perché è stata tradita la fiducia che nostra madre riponeva in una persona e perché si sfrutta ancora il suo nome.» Più di quello che Wills diceva, era interessante il suo modo di dirlo. Vestito con un paio di jeans e un girocollo di Burberry, aveva il perfetto aspetto - e la voce - dell'erede del carisma materno, sicuro di sé e delle proprie capacità. Il divieto di diffondere notizie (che stava per terminare) aveva funzionato così bene che questa era la prima volta che il mondo lo sentiva parlare. Nel sentire la voce di Wills - la sua pronuncia asciutta, aristocratica, leggermente adenoidale, ma al contempo tranquillizzante - Kate, rimasta a bocca aperta dalla soggezione, aveva detto alle amiche che erano con lei: «Ragazze, che voce! Quanto è sexy!» Kate era anche rimasta colpita dal fatto che William prendesse le parti del fratello minore. «Tutti pensavamo che fosse meraviglioso il suo modo di proteggere Harry», disse una studentessa della Columbia University che aveva conosciuto Kate a Firenze. «Ma Kate - in realtà a quel tempo la chiamavano Catherine - forse era un po' più entusiasta di noi riguardo al principe. Continuava a dire: 'È mio, sai'. Naturalmente scherzava, perché non l'aveva mai incontrato». La conferenza stampa diede anche a William l'opportunità di annunciare dove avrebbe trascorso l'anno di intervallo fra liceo e università. Circolavano voci, fra gli espatriati che affollavano alcuni locali di Firenze come l’Antico Caffè del Moro, Le Logge e il Gran Caffè San Marco, che il principe probabilmente avrebbe scelto anche lui storia dell'arte come prima materia, e sarebbe presto stato dei loro. Invece, dopo che il padre gli negò il permesso di andare in Argentina a giocare con una squadra di polo perché «troppo snob», l'erede aveva deciso di partire per una remota regione cilena della Patagonia. Quindi, mentre Kate sorseggiava un espresso e
passeggiava lungo le rive dell'Arno, William puliva gabinetti, dipingeva case e tagliava legna a Tortel, un minuscolo paese della costa cilena. l'aiuto faceva parte dell'Operazione Ralcigh che prevedeva la ricostruzione di Tortel e, nello stesso tempo, un lavoro a stretto contatto con giovani criminali, tossicodipendenti in via di recupero e adolescenti senza casa iscritti a un programma non profit chiamato At-Risk. Ancora una volta la macchina delle pubbliche relazioni del Palazzo partì in quarta, ostentando in prima pagina la generosità del giovane principe. I giornali di tutto il mondo erano pieni di foto di William che segava legna, lavava pavimenti e giocava con i bambini del luogo. Le foto ottenevano l'effetto desiderato, soprattutto su Kate, che aveva subito tappezzato le pareti di camera sua con istantanee a colori ritagliate dalla rivista HELLO! All'inizio di novembre i genitori di Kate andarono a trovarla a Firenze. Abitavano a qualche isolato di distanza, al lussuoso Grand Hotel. Dopo avere offerto un drink a Kate e ai suoi amici, inglesi e italiani, si univano a loro per andare in qualche locale. Michael aveva colpito tutti, proprio come la figlia, perché era affascinante e affabile ma riservato, fino al punto di tenersi nell'ombra. Carole, invece, non era affatto timida e introversa. Fumatrice incallita, amante della compagnia e sempre vestita impeccabilmente, la signora Middleton era «simpatica, sì, ma pacchiana», disse una studentessa. «Kate era una che non cercava mai di farsi notare. La madre era diversa.» Carole approfittò del tempo passato insieme alla figlia per continuare a insistere sull'argomento St. Andrews. Kate ribatté che forse Pippa, che molti consideravano la più attraente delle due sorelle, si sarebbe potuta iscrivere a quella università fra due anni, dopo il diploma di Marlborough. Kate tornò a casa a Natale del 2000 e alla fine cedette alle incessanti richieste della madre: decise di iscriversi al St. Andrews nell'autunno successivo. Nel frattempo cominciò a frequentare uno studente destinato a Oxford, Ian Henry. Erano stati assunti entrambi come equipaggio a bordo di navi da crociera che navigavano nel Solent, lo stretto braccio di mare
fra la costa dell'Hampshire e l'isola di Wight. Si erano incontrati sulla banchina, a Southampton, e per parecchie settimane avevano navigato insieme. Kate e Henry passarono in barca anche l'estate - ma questa volta ai Caraibi. «La definirei chiacchierona, estroversa e con i piedi per terra», disse Henry non ammettendo, ma nemmeno negando, la serietà del loro rapporto. «E una ragazza divertente.» Altre ragazze divertenti riuscirono a scovare William - e viceversa - persino quando abitava in una tendopoli nelle zone disabitate della Patagonia. «Aveva un sacco di amoretti», disse la volontaria di At-Risk, Diane Tucker, parlando dell'esperienza di William in Cile. Anche questa volta gli ufficiali addetti alla protezione reale cercarono di non invadere la privacy della persona loro affidata ogni volta che una collega femmina - e, in un'occasione, due - passava la notte nella sua tenda. Sembrava che nessuno si accorgesse della crescente ottima reputazione di William e, come disse un volontario maschio, «era l'uomo che, da solo, avrebbe salvato un equipaggio di donne». Una sera, dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino, la diciannovenne Claire Flood aveva chiesto inspiegabilmente al principe: «Sei vergine?» Scioccato, lui non le aveva risposto. E la Flood aveva commentato: «E’ solo arrossito!» Un altro volontario di At-Risk, Kevin Mullen, non riusciva a capire come mai William fosse dotato di una tale sicurezza. Mullen, tossicodipendente in fase di disintossicazione, si divertiva a vedere William che «faceva il porco con un sacco di ragazze e dava spettacolo di sé». Ma quando, ballando, si era messo a strofinare il bacino contro quello della sua ragazza, Sasha Hashim, Mullen non ci aveva visto più e aveva cominciato a gridargli parolacce. Fortunatamente per il principe, le guardie del corpo erano pronte a piombargli addosso, ma non lo fecero. Prima che estraessero le pistole, Wills si tirò indietro. «Capì quanto potesse essere impulsivo Kevin», disse la Hashim. «Mi sentivo molto imbarazzata... Wills si comportò da vero gentiluomo.» Nonostante l'incidente del ballo proibito, il gruppo di agenti di
sicurezza aveva scoperto che lontano dalla civiltà era molto più semplice proteggerlo. Quando gli agenti tornarono in Inghilterra insieme al principe, alla fine di dicembre, iniziarono a preparare piani per tenerlo al sicuro a St. Andrews. Quello che li preoccupava di più era la Real IRA, il gruppo di separatisti che nel 1998 aveva messo una bomba nel paesino di Omagh, nell'Ulster, uccidendo ventotto persone. Le spie della Real IRA scambiavano su Internet informazioni dettagliate sulle misure di sicurezza programmate per William a St. Andrews, oltre a fornire una carta dei luoghi in cui si sarebbero potuti posizionare gli assassini per avere William «a portata». Un gruppo di separatisti scozzesi andò ancor più al sodo. «Chiunque», scrisse uno dei loro capi in una e-mail, «potrebbe sparare a quel bastardo in qualsiasi momento.» Con l'approvazione del primo ministro Tony Blair, l'intelligence inglese, l'MI5, setacciò la stanza che avrebbe occupato William a St. Andrews. Trovarono congegni elettronici dappertutto - che in effetti erano stati nascosti dalla troppo zelante squadra di protezione reale. William era furibondo e minacciò di non frequentare l'università se gli fosse stato chiesto di pagare come pegno una totale mancanza di privacy. Bastò poco a convincere papà, memore dell'umiliazione provata quando erano diventate pubbliche le sue conversazioni telefoniche con Camilla, a rimuovere tutti i congegni di ascolto. Eppure Wills si domandava ancora se all'università la sua vita amorosa avrebbe potuto avvicinarsi alla normalità. «Quale ragazza trascorrerebbe cinque minuti con me», chiese a Nicholas Knatchbull, «pensando che ogni cosa che facciamo o ci diciamo finirà sulla rivista News of World?» Nei mesi seguenti,William e Harry, felice di uscire di nuovo dall'ombra del fratello da diplomato a Eton, avrebbero avuto molte decisioni importanti da prendere. La prima, e principale, era scegliere, tra le varie proposte, un monumento in memoria della madre. La regina aveva bocciato le più audaci - per
esempio dare il nome di Diana all'aeroporto di Heathrow - e aveva lasciato che i ragazzi scegliessero fra diversi disegni di statue e fontane. Il primo giugno del 2000 venne aperto il parco giochi Principessa Diana proprio davanti a Kensington Palace. William però aveva in mente progetti più ambiziosi. Nella primavera del 2001 i due giovani principi diedero l'approvazione alla costruzione di una fontana commemorativa lungo il Diana Memorial Walkway che andava da Kensington Palace all'abbazìa di Westmister. Lungo il vialetto ci sarebbero state settanta targhe che riproducevano una rosa inglese - e si riferivano alla canzone che Elton John aveva dedicato alla sua amica Diana: Good-bye, England's Rose. Ora che era tornato a Londra, le «eminenze grigie» avevano molte cose da far fare a Wills. Fra le altre fu convinto con le buone a partecipare al decimo anniversario della Press Complaints Commission - un gesto di gratitudine per aver tenuto in scacco le riviste scandalistiche negli anni successivi alla morte della madre. Anche papà colse l'opportunità di infilare delicatamente Camilla fra le pieghe della famiglia reale e farla accettare, almeno in piccola parte, dal pubblico. Per la prima volta, l'amante ingiuriata del principe Carlo partecipò a una cerimonia ufficiale insieme al principe di Galles e al principe William, anche se discosta da loro. La norma, imposta dalla regina, che William non fosse fotografato insieme alla donna che aveva rovinato il matrimonio dei genitori era ancora valida. «La regina non poteva fare più nulla per il figlio», aveva osservato una persona di corte, «ma non voleva che William fosse in alcun modo macchiato.» Per evitare di passare il resto del suo anno di libertà dagli studi come pedina nella battaglia contro Camilla, William ripiegò su un'altra avventura in terra straniera. A metà marzo arrivò alla Lewa Conservancy, una riserva africana per la protezione degli animali selvatici sull'altopiano di Laikipia, che si estende dalla Great Rift Valley alle falde del monte Kenya. La Lewa Conservancy è la riserva di rinoceronti più grande del mondo.
Nei quattro mesi che seguirono William scavò trincee, riparò steccati e visse in condizioni ancora peggiori di quelle in cui si era trovato in Cile. Dovette affrontare iene, vipere, e - la cosa peggiore - servizi igienici consistenti in una buca per terra e un secchio come vasca da bagno. Tutto questo non impedì al principe di innamorarsi di Jessica «Jecca» Craig, la bellissima figlia diciannovenne dai capelli biondo cenere del proprietario della riserva Ian Craig. La famiglia Craig aveva iniziato la Lewa Conservancy nel 1922, e la loro vita si era talmente intrecciata con l'Africa orientale e con le sue tradizioni che avevano chiamato il fratello maggiore di Jecca, Batian, con il nome di una delle cime più alte del monte Kenya. Dopo aver lavorato fianco a fianco per quattro mesi, il loro rapporto si approfondì al punto che William confessò a un altro volontario della riserva che Jecca era «la ragazza più splendida che abbia mai incontrato». Educata a Pembroke House, un collegio vicino a Gilgil, cittadina del Kenya situata nella Great Rift Valley, Jecca «aveva sempre avuto tantissimi ammiratori, nonostante fosse una bionda, sottile e poco vistosa», aveva detto una sua compagna di scuola a Pembroke House. «Jecca è una persona che fa colpo, e si capisce perché il principe William ne sia stato attratto. E una ragazza pratica, simpaticissima.» Poco prima di andarsene, a metà luglio, William e Jecca lasciarono il recinto e guidarono a pazza velocità fin sotto il monte Kenya. Gli agenti di scorta del principe li seguirono strizzando gli occhi nella nuvola di polvere bianco-giallastra sollevata dalla Land Rover della coppia. Giunti a destinazione, i due ragazzi fissarono attraverso gli alberi di acacia il picco frastagliato, ammantato di nebbia. Poi William attirò a sé Jecca e si baciarono. Mentre le guardie del corpo, a debita distanza, li guardavano stupiti, lui si inginocchiò e le chiese solennemente: «Jecca, mi vuoi sposare?»
Capitolo 4 Perché una ragazza dovrebbe aver voglia di uscire con me? William William è unico, no? - Kate Sto solo andando all'università. Non è come sposarsi, anche se a volte mi dà questa impressione. - William Quando ho conosciuto Kate, sapevo che aveva qualcosa di speciale. Sapevo che avrei voluto approfondire la conoscenza... William «CAZZO!» disse William mentre suo padre, alla guida della Vauxhall Estate verde sportiva, svoltava da North Street in direzione di St. Andrews. Ai lati della strada una folla di quattromila ammiratori si accalcava contro le transenne disposte dalla polizia. Carlo trasalì talmente da prendere male la stretta curva dell'arco sotto la torre medievale dell'orologio di St. Andrews. Imbarazzato, fece retromarcia e ritentò. I principi rivolsero un debole sorriso alla folla che urlava e li fotografava - anche se in seguito Carlo confessò di aver avuto paura che la polizia locale presente non fosse in grado di gestire la situazione. «Quasi quasi sarei tornato indietro», disse. Vestito come tutti gli studenti, con un paio di jeans e un maglione blu, William uscì dall'auto e si avvicinò tranquillamente a grandi passi verso gli spettatori festanti. Abituato a trattare con le folle, strinse qualche mano, disse qualche parola e andò avanti. «Mi ha toccato la mano», disse una delle poche donne fortunate con cui si era fermato a parlare. «Aspetta che lo dica a mia sorella!» Kate indugiava dietro alla folla, affascinata e un po' commossa di far parte di quella situazione emozionante, ma anche un po' imbarazzata di essere lì. «Avevamo paura di essere considerati all'antica se ci vedevano ad aspettare il principe», disse lo studente di chimica organica Erin Bedard. «Ecco perché stavamo in fondo, nascosti come ragazzini di 12 anni. Probabilmente è stata la prima e l'ultima volta che l'abbiamo visto, anche se studiavamo tutti lì.» La collega di studi
americana Allie Giddings, osservando quel pandemonio, disse: «Mi sento quasi dispiaciuta per quel tipo». A nessuno era dispiaciuto più che a Kate. In seguito disse ad alcuni amici che in quel «tipo» che cercava con tutta la gentilezza possibile di allacciare un rapporto con i suoi sudditi aveva potuto vedere «una specie di tristezza. Penso che voglia soltanto essere lasciato in pace e fare l'università come una persona normale, ma immagino sia impossibile». William sperava sinceramente di riuscirci. In un'altra intervista prudentemente controllata, concessa in cambio di essere lasciato in pace dalla stampa, chiese di essere «trattato come uno studente qualsiasi». Carole Middleton, che l'aveva letta a Bucklebury, si soffermò sui gusti del principe in fatto di amicizie. Il principe si era irritato quando gli avevano chiesto se voleva frequentare solo persone della sua classe sociale. «Scelgo gli amici in base al loro carattere, alla loro personalità e alle cose che abbiamo in comune», aveva risposto. Poi aveva soggiunto, esitando: «Spero solo di incontrare persone con cui andare d'accordo». Una delle poche persone con cui credeva di poter condividere i suoi pensieri più reconditi stava in una zona disabitata dell'Africa occidentale, a 7.400 km di distanza. Anche se la cerimonia del loro «fidanzamento» segreto alle pendici del monte Kenya non era stata altro che un gioco da adolescenti, Wills e Jecca Craig avevano continuato a sentirsi spesso tramite e-mail. Rimaneva solo da vedere, le aveva detto lui, se a St. Andrews avrebbe trovato una ragazza «fantastica come te». Il bagno di folla proseguì con una passeggiata sull'ampio, curatissimo prato all'inglese della corte quadrangolare interna di St. Andrews con, a una certa distanza, il seguito del gruppo di agenti di scorta. William scansò cautamente una pietra con le iniziali PH, in memoria di Patrick Hamilton. Hamilton, primo martire protestante della Scozia, era stato bruciato sul rogo sul terreno dell'università. Secondo una superstizione, chiunque avesse camminato sulla pietra non si sarebbe laureato. Sperò ancora di avere un po' di pace andando nella stanza che
gli avevano assegnato allo studentato di St. Salvador. Nei due mesi precedenti il suo arrivo, aveva detto Richard Kay, «aveva avuto una mazzata dietro l'altra». Numerosi amici intimi e qualche parente di William erano alle prese con l'abuso di sostanze stupefacenti. Wills e il padre erano beatamente ignari della prima esperienza con la marijuana di Harry, a 14 anni. Quando però il principino fu trovato, in luglio, a fumare una canna dietro a un capanno per gli attrezzi al Rattlebone Inn, un pub vecchio di quattrocento anni non lontano da Highgrove, fu subito chiaro che Harry, che allora aveva 16 anni, avrebbe potuto avere problemi con la droga. Il padre cercò in tutti i modi di non far trapelare l'incidente alla stampa - almeno per il momento - e si consultò con Wills prima di mandare Harry a parlare con gli ex eroinomani e cocainomani che frequentavano il Featherstone Lodge Rehabilitation Centre di South London. Harry ne rimase molto impressionato, ma non abbastanza da mettere giudizio. Trascorse qualche settimana e cominciò a bere quasi tutti i giorni, fino a vomitare o perdere i sensi, nei locali alla moda che frequentava a Londra. Bastò questo perché gli amici gli affibbiassero un nuovo soprannome: «spugna». In seguito la stampa fiutò la visita di Harry a Featherstone e l'uso di marijuana che ne era stata la causa. Gli squallidi particolari delle sbronze e delle canne di Harry avrebbero scioccato il Paese intero e fatto sentire Wills in qualche modo responsabile. «Harry aveva sempre avuto bisogno di una guida: prima era stata la mamma», disse il fratello di Diana, Charles, «poi William.» Mentre William era lontano, Harry era stato abbandonato ai suoi capricci. Diana e William, disse Spencer, «non avrebbero mai lasciato che la situazione sfuggisse loro di mano, come invece aveva fatto Carlo». I due fratelli si trovarono impreparati davanti alla notizia dell'arresto del fidato maggiordomo della madre, Paul Burrell, che in agosto fu formalmente accusato di aver rubato 342 oggetti per un valore di 7,7 milioni di sterline dagli appartamenti di Diana a Kensington Palace. Il caso si sarebbe
trascinato per due anni, spingendo Burrell sull'orlo della bancarotta e del suicidio. Solo poco prima di essere sentito come testimone dalla corte, la regina riscattò l'innocenza del maggiordomo, ricordando improvvisamente un incontro in cui Burrell le aveva detto di avere messo da parte alcuni oggetti di Diana per «custodirli». Durante quell'incontro la regina gli avrebbe detto in confidenza: «Stai attento, Paul. In questo Paese il potere è in mano a persone che non conosciamo nemmeno». Burrell ricordò poi che la regina «mi aveva fissato direttamente negli occhi per essere sicura che avessi preso sul serio le sue parole. Non avevo idea di chi stesse parlando... Ma sicuramente mi voleva mettere in guardia, mi voleva dire di stare ben attento». Prima di concludersi, l'affare Burrell svelò alcuni scandali che fecero tremare la casa dei Windsor. Il primo fu l'accusa dell'ex domestico e valletto di Kensington Palace, George Smith, di essere stato violentato da uno dei domestici anziani del principe Carlo, oltre alla sua testimonianza di avere assistito a un incidente simile ai danni di un altro servitore maschio e anche di un membro della famiglia reale di cui non voleva fare il nome. Sembrava inoltre che la faccenda fosse stata coperta dallo stesso Carlo. Si diceva che egli avesse pagato agli avvocati del presunto violentatore la bellezza di circa 200.000 sterline. L'argomento finì nel dimenticatoio, ma i titoli dei giornali (VIOLENTATO DA UN DOMESTICO DI CARLO. IL PANICO ATTANAGLIA IL PALAZZO) lasciarono tutti - e specialmente l'ipersensibile William - sbigottiti. L'attacco terroristico dell' 11 settembre al World Trade Center e al Pentagono cambiò le prospettive mondiali. Mentre Kate e la sua famiglia guardavano il servizio della BBC sugli sviluppi dell'avvenimento, i membri della famiglia reale erano incollati agli schermi televisivi a Balmoral. La regina, avvertita dal suo primo segretario Robin Janvrin, era visibilmente sconvolta. Per la prima volta William vide le lacrime negli occhi di «Nonnina». Lei stessa riuscì a pronunciare solo poche parole per descrivere ciò che provava. Seguiva, disse, «gli eventi con crescente incredulità e violenta emozione». Anche William era rimasto turbato. «Sono tutti stoici, nella
famiglia reale», osservò un membro del personale di casa Windsor. «Ma non stavolta.» Harry «non riusciva a stare fermo - era saltato dalla sedia e stava in piedi con i pugni stretti. Ricordo il principe William che teneva la testa fra le mani mentre le torri crollavano - non piangeva, ma era molto scosso. Continuava a dire: 'Oddio, oddio'». I due fratelli avevano da sempre condiviso con la madre l'affetto per l'America; prima di morire Diana stava per acquistare una casa sulla spiaggia di Malibu, dove loro tre sarebbero potuti sfuggire ai giornalisti inglesi. Ora, al di là delle dichiarazioni formali di sostegno pronunciate dalla regina in nome del popolo inglese, William in particolare voleva esprimere la sua personale solidarietà agli americani. Propose perciò in quella occasione di far eseguire una musica patriottica americana durante la consueta cerimonia quotidiana di cambio della guardia a Buckingham Palace. Sull'esempio del nipote, la regina stessa volle fare la sua parte. Durante una commemorazione dei caduti nella cattedrale di St. Paul, Elisabetta II si alzò in piedi e fu la prima monarca della storia inglese a cantare l'inno americano. L'episodio ebbe tanto più valore in quanto la regina non canta nemmeno God Save the Queen. «Il modo di William di dire all'America 'Siamo con voi'», disse Harold Brooks-Baker, «fu commovente.» Dopo un'estate così turbolenta, William non vedeva l'ora di iniziare la nuova vita universitaria a St. Andrews. La sua abitazione ora era una stanza quadrata di quattro metri e mezzo di lato al St. Salvator, il cui affìtto costava circa 4.000 sterline l'anno. L'edificio, chiamato Sallies, era un blocco monolitico del 1930, in stile gotico, cupo, coperto di rampicanti che dava sul Mare del Nord. Ben guardato a vista dagli agenti di scorta, sistemati in una stanza di fianco alla sua, il principe non avrebbe avuto bisogno di chiedere al custode il permesso per stare fuori di notte, eppure si atteneva scrupolosamente alle regole dello studentato, per esempio quella di non accendere candele o bastoncini di incenso in camera. Nel frattempo anche Kate si era trasferita nella sua stanza quadrata di quattro metri e mezzo di lato al St. Salvator, ma su
un piano diverso, occupato da sole ragazze. Per Kate, costretta ad adattarsi a diverse scuole sin da quando era piccola, la sistemazione nel nuovo ambiente fu relativamente semplice. Conosceva molte compagne di università - e in particolare Mimi d'Erlanger poiché erano state con lei a Marlborough. Un'altra ragazza che risiedeva al Sallies, Virgina «Ginny» Fraser, era sua amica dai tempi di Downe House. Carole era contenta che la figlia si trovasse insieme a persone così importanti; il padre della Fraser era lord Strathalmond, sottoscrittore dei Lloyd. Purtroppo William sin dall'inizio comprese che la sua non sarebbe stata un'esperienza universitaria normale. Come da accordi presi con il St. James's Palace, le troupe televisive che avevano filmato il suo arrivo ripartirono la sera stessa. Chi rimase fu il principe Edoardo. Lo zio di Wills aveva inviato una troupe del suo nuovo canale televisivo dedicato a documentari per seguire le mosse della matricola reale durante i primi giorni a St. Andrews. Sia William sia suo padre, disse un portavoce di palazzo, erano «furiosi» per il tradimento perpetrato da un membro della stessa famiglia reale. Edoardo, rimesso violentemente in riga dal fratello maggiore, interruppe le riprese. Per non attirare troppa attenzione su di sé, Wills rifiutò gli inviti a partecipare a club o organizzazioni di studenti. Si concentrò invece sullo studio, cercando di attenersi a un programma che gli avrebbe lasciato poco tempo per i divertimenti. Si alzava alle 5,30 del mattino per andare a correre con il favore dell'oscurità, faceva una doccia, si vestiva e usciva per la prima lezione della giornata al Buchanan Building (per suo desiderio, l'uomo della scorta lo aspettava al Marmaris, un ristorantino mediorientale in fondo alla strada, specializzato in shish kebab). Il venerdì era dedicato al gruppo tutoriale: un gruppetto di sei studenti che ripassava le lezioni della settimana precedente. Il tentativo di William di rimanere isolato fu notato da tutti. «Non risponde mai a un sorriso», disse una ragazza del suo corso
di geografìa. «Non guarda nessuno negli occhi. Lavora e basta. Dev'essere proprio difficile sapere che tutti ti guardano e tu non devi far sapere che lo sai.» Eppure, pochi giorni dopo il suo arrivo, William decise di rompere il ghiaccio con i compagni di studi e chiese loro di andare in camera sua a bere qualcosa. Alla stretta cerchia di amici, che comprendeva già Fergus Boyd e il suo compagno a Eton Oliver Chadwyck- Healey, William aggiunse Jules Knight, figlio di un banchiere del Sussex, una deliziosa brunetta di nome Carly Massy-Birch... e Kate. «Kate e Carly sono delle bellissime ragazze, molto intelligenti», disse un testimone oculare di quel primo incontro. «Ma all'inizio erano molto intimidite, proprio come tutti noi. Ci aveva preso la ridarella - anche a Kate - prima di salire da lui. Ma Wills ci mise subito a nostro agio.» «Naturalmente, non avevamo perso la calma», disse Knight, che aveva conosciuto sia William sia Kate aspettando fuori dal Buchanan Building che iniziasse la prima lezione. Attore e cantante, Knight avrebbe poi formato, insieme a tre amici, il gruppo pop classico Blake. «Tuttavia c'era qualcosa nell'aria, qualcosa di non detto, di elettrico e sarebbe stato scorretto far finta di niente. La conversazione, pur essendo noi inglesi, riguardò cose completamente diverse dalla presenza di William, eppure pensavamo tutti la stessa cosa: 'Che emozione!'» William si rendeva sempre conto dell'impatto che aveva sulle altre persone. Dopo tutto non era solo colui che era destinato a diventare re, ma anche il figlio maggiore della donna più famosa del XX secolo. Il suo aspetto fisico, poi, biondo, bello, alto, lasciava tutti senza fiato. Tanto più Kate. In seguito ricordò che, quando lo aveva incontrato per la prima volta al St. Salvator, «ero diventata tutta rossa e avevo voglia di squagliarmela, mi aveva preso una gran timidezza». «Wills», disse un amico comune, «si rovesciò addosso quello che stava per bere, imprecò e immediatamente sembrò un essere umano normale, quello che è in realtà.» La reazione di Kate davanti alla goffaggine del principe fu naturalmente una risata. «L'intenzione di Wills era quella di far
ridere. Effettivamente a volte è maldestro, ma di solito lo fa apposta. Altrimenti lo guarderebbero tutti a bocca aperta.» William sin dall'inizio si innamorò perdutamente, non di Kate, ma della sua amica Carly Massy-Birch. La ragazza, aspirante attrice, era figlia di un agricoltore del Devon e, forse perché lui aveva lavorato in quella regione l'anno prima, i due andarono subito d'accordo. Dopo un po' Carly parlò ai genitori di un bel ragazzo con cui usciva. Prima di ripartire per St. Andrews, Hugh Massy-Birch avvertì per scherzo la figlia di non portare a casa nessun ragazzo, a meno che la sua famiglia non avesse, fra i domestici, un addetto alla manutenzione dei campi da gioco e un guardiacaccia. «Non preoccuparti, papà», rispose lei. «La sua famiglia li ha.» William e Carly furono inseparabili per sette settimane. «Andavano a letto insieme, sì», disse la mamma di Carly, Mimi Massy-Birch. «William era stato con una sola ragazza prima, penso... » La prima ragazza con cui «era stato», secondo la madre della prima fidanzata dell'università, era Jecca Craig, oppure una ragazza che viveva non lontano da Highgrove, Arabella Musgrave. «È proprio un bravo ragazzo, davvero», continuava Mimi Massy-Birch. «Così alla mano. Molto gentile, molto riservato.» Tuttavia gli appuntamenti del principe non erano affatto «alla mano». In parecchie occasioni Carly veniva prelevata da una delle guardie del corpo e portata in un pub. Allora lei attraversava il locale e usciva dalla porta posteriore, dove una seconda auto la aspettava per portarla in tutta fretta in un altro posto, dove l'aspettava il principe. La messinscena si dimostrò troppo pesante per Carly. Secondo la madre, Carly «alla fine arrivò a non poterne più. Era troppo per lei, davvero». Dopo sette settimane confidò ai genitori di averne abbastanza. «Non riesco a vivere in questo modo», disse. «Sono continuamente inseguita da paparazzi cafoni, osservata sempre da tutti. William ha sempre vissuto così, ma per me è una vita impossibile.» Alla fine di novembre la relazione terminò come era iniziata. Carly prese la cosa con filosofìa e disse alla madre: «William è un ragazzo splendido,
ma penso che avremmo dovuto essere solo buoni amici». William, che evitava ancora gli eventi frequentati dalle matricole, come il Raisin Weekend (che comprende una processione da un pub all'altro, un ballo in maschera e una festa dove la birra scorre a fiumi) si teneva alla larga dagli altri studenti. Ogni tanto faceva un salto al ristorantino P.M. sulla Union Street per ordinare una specialità della casa, pollo fritto. Altre volte ordinava qualcosa di cinese da Ruby, sulla Market Street, o si toglieva la voglia di dolci al Burns Sweet Shop. Girava per St. Andrews a bordo di una Volkswagen Golf bianca oppure di una moto Kawasaki 125 che gli aveva regalato il padre (in seguito avrebbe comprato anche una Yamaha 600 fuoristrada). Per motivi di sicurezza cambiava sempre strada, benché in una cittadina così piccola la scelta del percorso fosse molto limitata. Un giorno attraversava un vicolo detto Butts Wynd per andare in Union Street e il giorno dopo viaggiava semplicemente lungo una strada chiamata The Scores. Dato che portava il casco, in moto riusciva a mantenere un certo anonimato, malgrado fosse sempre seguito dalla Land Rover delle guardie di scorta. «Io li guardo e loro non riescono a vedermi il viso», disse all'amico Hamish Barne. «È meraviglioso!» Per meglio inserirsi nel paese in cui era andato ad abitare, William si cimentò nelle danze tradizionali scozzesi, come l’Highland flingz, occasionalmente, il reel. «Non ho speranze di imparare», disse, «ma mi diverto. Quando allargo le braccia sono un vero pericolo per le ragazze, le faccio volare per tutta la sala.» Per il momento decise di non indossare il kilt, come facevano spesso in pubblico il padre e il nonno. «Non me la sento ancora», disse. «È pieno di spifferi.» Per quanto amasse la Scozia, appena arrivava il week-end non vedeva l'ora di fuggire. «A St. Andrews il week-end non è particolarmente stimolante», si era lamentato con Peter Archer, della British Press Association. Preferiva infilarsi nella Golf e guidare novanta minuti per andare a Edimburgo. «Immagino che mio padre andrebbe fuori di testa se mi vedesse guidare», disse Wills, «con la musica a tutto volume e il
finestrino aperto.» Faceva anche qualche piccola incursione a nord di Balmoral, dove la regina aveva fatto preparare una casetta a un piano con tre camere da letto esclusivamente per l'«erede» e l'«erede di riserva», o a Londra, a fare quattro salti in qualche locale con vecchi amici. Era a Highgrove, però, che Wills si sentiva più a casa. Lì poteva dedicarsi al suo passatempo preferito, il polo, nel vicino Beaufort Polo Club, gareggiando contro il fratello Harry. Invariabilmente, l'uno o l'altro dei due finiva disarcionato: un tuffo in avanti che si risolveva senza danni. Il cavaliere si rialzava, si scuoteva di dosso la polvere e rimontava a cavallo. William aveva altre ragioni per volere passare il week-end a Highgrove piuttosto che a St. Andrews. A una partita al Beaufort Polo Club, parecchi mesi prima, aveva conosciuto Arabella Musgrave il cui padre, il maggiore Nicholas Musgrave, gestiva il club rivale, il Cirencester Park Polo Club. Qualcuno disse che, a parte Jecca Craig, il primo amore di Wills fu «Bella» Musgrave. Ecco perché, raccontò un amico della famiglia Musgrave, il principe «rimase completamente sorpreso» quando Bella ruppe con lui proprio prima che partisse per St. Andrews. «Correva un po' troppo dietro alle gonnelle e lei era seccata... Per quel che ne so, lui ci rimase molto male.» Tanto male che tornò varie volte nel Gloucestershire con lo scopo esplicito di riprendersela. Qualcuno li vide parlare al Tunnel House, uno dei locali preferiti di William, vicino a Highgrove, ma non è sicuro. Di certo le preoccupazioni di Bella erano fondate: mentre cercava di riconquistarla, a St. Andrews Wills usciva con Carly Massy-Birch. Continuava anche a scambiare e-mail con Jecca Craig e, sotto l'effetto dell'alcol, a sbaciucchiarsi con varie ragazze che incontrava nei locali di Londra o di Edimburgo. Inoltre, spiegò Bella in seguito, si sentiva «soffocata» dall'attenzione che tutti le rivolgevano. «Odiavo», disse, «essere famosa perché uscivo con William.» Mentre William si dava da fare con le ragazze, Kate si era felicemente impegnata con uno studente più grande di lei, un
bel ragazzo dai capelli bruni alto quasi 1,90 m, di nome Rupert Finch. Combinazione, il padre di Rupert, John, si guadagnava da vivere come tenutario di un terreno nel Norfolk di proprietà del fratello di Diana, Charles Spencer. Nonostante le insistenti domande di Carole alla figlia sul principe William, Kate era «innamorata cotta» di Finch, raccontò una sua vecchia amica del Marlborough College. Giocatore di primo piano della squadra di cricket di St. Andrews, Finch era stato scelto come capitano della squadra per una tournée in Sudafrica. «Rupert era bellissimo e sportivo, come Kate, e molto divertente», disse una compagna di Kate. «Provenivano da ambienti simili e avevano gli stessi gusti. Il principe William era cordiale, ma penso che lei considerasse più... realistico stare con Rupert.» Finch aveva fatto la conoscenza di William attraverso Kate, ma questi evitava scrupolosamente di mettersi fra i due. Tuttavia, poiché anche il principe aveva scelto come prima materia storia dell'arte, iniziò a fare affidamento sui consigli di Kate. «È una ragazza davvero equilibrata», disse a un amico. «Non cerca di dirmi quello che dovrei fare. Mi piace. Sono proprio stanco della gente che mi dice cosa pensa che dovrei fare.» I viaggi di Wills in auto per fuggire da St. Andrews e andare a trovare parenti e amici durante i fine settimana durarono poco. «È facile sentirsi isolato», osservò il suo compagno di Eton David Walston, «se non sei circondato dalle poche persone che contano veramente per te». William, disse un altro etoniano, era «angosciosamente convinto di non aver fatto la scelta giusta. Sapeva che St. Andrews non sarebbe stato molto entusiasmante, ma non si aspettava che fosse quello che è: il posto più tetro del mondo». A Natale, sentendosi emarginato e - nonostante i nuovi amici molto solo, William pregò il padre di permettergli di trasferirsi in un'altra università. I rapporti politici intessuti in Scozia, però, non si potevano più alterare. La sola presenza di William a St. Andrews era bastata a bloccare le fazioni più estreme del movimento nazionalista scozzese. Durante un tè al castello di
Windsor la regina era arrivata al punto di ringraziare il nipote per averla aiutata a creare legami più stretti fra la Scozia e la Corona. Se se ne fosse andato ora, gli fu detto dal consigliere di Carlo Mark Bolland e da sir Stephen Lamport, avrebbe inviato un segnale negativo. Avrebbe anche fatto pensare, disse una persona di corte, che il futuro re d'Inghilterra fosse un piagnucolone. Carlo chiese al figlio di tener duro per un altro anno: «Fallo per 'Nonnina'», disse. Non ancora del tutto convinto, William chiese un parere all'amica Kate. Se lui aveva dubbi sulla scelta di questa università, Kate non era da meno. Ne parlò con i genitori, confidando loro che anche William pensava di cambiare. Michael e Carole, proprio come aveva fatto Carlo con William, consigliarono la figlia di rimanere un altro anno. Tornati a St. Andrews, in gennaio, William e Kate fecero un patto: cercare di andare avanti per un altro anno. «Se poi continuiamo ad avere la stessa idea», disse lei, «vengo via con te!» Era proprio il discorso di incitamento di cui aveva bisogno Wills. «Non penso che provassi nostalgia di casa», disse parlando dei primi tentennamenti sulla scelta di St. Andrews. «Ero solo scoraggiato.» Appena iniziato il nuovo semestre, William subì alcuni lutti personali che coinvolsero l'intera nazione. Nel mese di febbraio l'unica sorella della regina, la principessa Margaret, ebbe diversi problemi di salute e morì all'età di 71 anni. Sette settimane dopo William, Harry e il padre Carlo stavano sciando in Svizzera quando vennero avvertiti della morte dell'indomita Regina Madre, la bisnonna di William, di 101 anni. Da quando lei e il marito, re Giorgio VI, avevano scelto di stare a Londra e di sfidare le bombe naziste durante la seconda guerra mondiale, la Regina Madre era stata il membro più amato della famiglia reale. Per William lei era «Great Gran», anima gemella che amava Balmoral, le battute spinte e il gin and tonic. Wills raccontò a Kate che alla Regina Madre piaceva imitare Ali G, l'improbabile rapper creato da Sacha Baron Cohen nel famoso show in cui
interpretava il giornalista Borat, e ciò che gli aveva detto quando le aveva annunciato che sarebbe andato a St. Andrews: «Se ci sono delle belle feste, invita anche me». Kate seguì alla televisione l'amico che, insieme alla sua famiglia e a più di sessanta capi di Stato, partecipava al funerale della Regina Madre nell'abbazia di Westminster. «Mio padre è distrutto», disse William. Anche Carlo ammise: «Non ho mai pensato che la morte sarebbe arrivata anche per lei. La nonna sembrava meravigliosamente indistruttibile e la adoravo sin da quando ero bambino.» Per la prima volta Kate toccava con mano i legami della vita personale di William con la storia. Secondo i suoi amici era spaventata e al contempo affascinata. «Osservare il principe William in una situazione tanto angosciante», disse Peter Archer, «e il suo modo così elegante di gestirla, la deve aver colpita moltissimo.» Il semestre successivo Wills e Kate - ancora fidanzata con Rupert - decisero di partecipare insieme alla vita studentesca. In risposta al circolo esclusivamente maschile Kate Kennedy Club - organizzazione notoriamente maschilista, tanto che William aveva rifiutato l'invito a farne parte - Kate creò un club lei stessa. Il circolo, composto da sole donne, fu chiamato con il nome di una famosa educatrice dell'Ottocento, Louisa Lumsden. Lo scopo era quello di raccogliere denaro per beneficenza, come facevano altre associazioni del genere nel campus, in particolar modo organizzando eventi, come il Pimmy's Party e l'aperitivo Red-Hot Martini. Il coinvolgimento di Kate nel club femminile fece cambiare idea a William, che si iscrisse perciò al Kate Kennedy Club, i cui soci sembravano odiare il genere femminile. «Forse posso cambiare qualcosa», disse dubbioso a Kate. Il nuovo impegno di Wills nel campus significò anche ridurre le corse a casa tutti i venerdì pomeriggio per la solita partita di polo con il padre e il fratello. In alternativa cominciò a giocare a calcio e a rugby. Divenne anche capitano della squadra di pallanuoto e andò a fare sci d'acqua e surf nel Mare del Nord.
Vivendo proprio nel luogo dove era stato inventato il golf, William ricominciò a praticarlo. Prima di tutto, però, dovette soffocare l'ancor vivo ricordo di una mazzata in testa con un ferro nove subita quando aveva 8 anni - infortunio che gli aveva lasciato un'ammaccatura sopra l'occhio sinistro. Mentre si apprestava a fare il primo swing, gli fu fatto notare che anche la regina di Scozia Maria Stuarda era appassionata del green di St. Andrews, tanto che era andata a giocare a golf persino dopo l'assassinio del marito, lord Darnley, nel 1567. Dal canto suo, Kate dovette superare un'ultima inibizione. Spinta da William, acconsentì a partecipare all'annuale sfilata di moda di beneficenza promossa dall'università e sponsorizzata da Yves St. Laurent. Prima ancora che la sfilata iniziasse, tutti gli occhi erano puntati su uno spettatore illustre. Wills aveva sborsato duecento sterline per un posto in prima fila, e quando vide Kate procedere a lunghi passi sulla passerella con indosso un bikini nero con reggiseno a fascia coperto da un velo di pizzo trasparente, fu il primo ad applaudire. Poi ci furono grida e acclamazioni quando lei tornò a sfilare con reggiseno e mutandine di pizzo bianco, questa volta accompagnata dall'ex etoniano Fergus Boyd in boxer neri. «Il pubblico era entusiasta», ricordò Jules Knight. «Davanti a noi c'era la ragazza riservata che conoscevamo, ma sul palco aveva l'aspetto di una focosa seduttrice.» Si può quindi comprendere come mai la stilista Charlotte Todd fosse «al settimo cielo» quando in passerella apparve Kate indossando la sua lingerie, «perché aveva un corpo fantastico e faceva un'ottima figura». A Kate non diede fastidio il fatto che il principe sembrasse apprezzare anche come le stavano il velo trasparente, il reggiseno e lo slip di dimensioni ridotte. «Era un suo aspetto che non sapevamo esistesse», disse Knight. «Da allora la vedemmo tutti con altri occhi. Tutti ne presero nota, compreso Will.» Anche Rupert Finch, impegnato nella preparazione della squadra di cricket di St. Andrews per la trasferta in Sudafrica, ebbe il tempo di vedere la sua ragazza percorrere baldanzosamente la passerella in abbigliamento intimo sexy.
Mentre il primo anno di Kate a St. Andrews stava terminando, Finch si preparava per la laurea ed era riuscito a procurarsi un posto da tirocinante presso il prestigioso studio legale di Londra Mills & Reeve. Kate disse poi di essere «contenta di vedere Rupert farsi strada nella vita». Anche William ne fu contento: quando seppe che Finch non era più nei paraggi, disse al comune amico Fergus Boyd: «Penso proprio che dovrei buttarmi». Il primo passo fu quello di chiedere a Kate se voleva condividere con lui e Boyd un appartamento fuori dal campus - mossa studiata per liberarsi dalle severe regole dello studentato Sallies. All'inizio Kate esitò e disse alla madre di sentirsi a disagio a essere l'unica ragazza in quella situazione. A Carole Middleton la proposta non parve poi così imbarazzante. Il principe William e Boyd erano amici di lunga data e di loro ci si poteva sicuramente fidare. Spinse quindi la figlia ad accettare l'invito senza perdere tempo. Wills si avvalse della sua condizione speciale per manovrare nell'ombra e, nonostante il mercato degli affitti fosse scarso, riuscì ad affittare un appartamento con quattro camere da letto al piano terra di una casa in stile georgiano, al centro dell'esclusivo quartiere di Old Town. Ciascuno di loro avrebbe pagato 165 sterline al mese per la propria stanza; la quarta stanza sarebbe stata occupata dagli agenti di sicurezza di Wills e, ovviamente, pagata dalla Corona. Comparvero gli inevitabili titoli di giornali (WILLIAM E LA SUA COMPAGNA DI UNIVERSITÀ E INDOSSATRICE DI INTIMO KATE VANNO AD ABITARE INSIEME, scrisse il Mail on Sunday, WILLIAM SI ACCASA CON UNA SPLENDIDA INDOSSATRICE DI INTIMO, il Sun), ma Wills e Kate riuscirono ad aggirare lo scandalo sostenendo che lei era ancora fidanzata. Boys e gli altri compagni di corso li sostennero dichiarando che William e Kate erano semplicemente «compagni di appartamento». Durante le vacanze estive i due si separarono. Per cercare di raggranellare qualche soldo tutto per sé Kate andò a fare la barista per 8 sterline l'ora in una ditta inglese di catering, la Snatch. «Kate è bravissima», disse il proprietario della Snatch,
Rory Laing. «È molto carina, quindi porta a casa parecchie mance.» Mentre Kate lavorava come barista, in giugno William raggiunse la famiglia per celebrare il cinquantesimo anniversario sul trono della nonna. I festeggiamenti iniziarono con un concerto di musica classica e proseguirono, due giorni dopo, con il concerto di musica pop «Party at the Palace», che si tenne nei giardini di Buckingham Palace. William era seduto fra il padre e la regina e batteva le mani e cantava insieme a Phil Collins, Tom Jones, Elton John, Tony Bennett e Paul McCartney. Qualche settimana dopo William e Harry andarono a visitare la tomba della madre a Althorp, in quello che sarebbe stato il giorno del suo quarantesimo compleanno. A cinque anni dalla morte, aveva fatto notare Charles Spencer, nessun membro della famiglia reale, né Carlo né la regina, vi si erano mai recati. A Kate, tutta presa nella sua nuova occupazione, la seconda vita di William sembrava appartenere a un altro pianeta. «A volte non riesco a credere che il Will che conosco e il principe William siano la stessa persona», disse alla sorella. Teneva la suoneria del cellulare sulla vibrazione in modo da non disturbare i clienti quando lavorava, ma quando riconosceva il numero di Wills le sembrava una situazione «surreale». I due si tennero in contatto per tutta l'estate, chiacchierando quasi ogni giorno al telefono. In agosto Kate lo chiamò, preoccupata, dopo aver letto di un bizzarro attentato alla vita del principe: una donna di 22 anni del Montana era stata arrestata per aver cercato di inviare per posta a William una bottiglia di Coca Cola a cui aveva aggiunto del cianuro. Il principe si era fatto una bella risata: «Se non mi uccide la paella», aveva scherzato, «non mi uccide più niente». Kate pensava sempre al suo principe e, secondo un collega alla Snatch: «Le si illuminava il volto quando lui la chiamava. Sembrava camminare sulle nuvole». Numerosi clienti e uno o due membri del personale quell'estate chiesero a Kate di uscire
con loro, ma lei rifiutò. Usciva solo con amiche o in gruppo. «Kate è una ragazza dolce, che non si mette in mostra», disse Jules Knight. «Lei provò immediatamente qualcosa per Will, e lui non aspettava che lei». Forse. Qualunque fossero i sentimenti che Kate provava per lui, William trascorse un'estate da vero principe playboy. Le tre ragazze che avevano fatto la famosa crociera sul «panfilo dell'amore reale», l'Alexander- Mary Forestier-Walker, Davina Duckworth-Chad e la compagna di St. Andrews Mili d'Erlanger - erano sempre sulla scena, sempre strette a William in alcuni dei locali più alla moda di Londra. Presto le raggiunse Natalie «Nats» Hicks-Lobbeke, figlia di un ufficiale dell'esercito e studentessa alla Bristol University. Poco tempo dopo si aggregarono al gruppo anche un'altra attraente studentessa di St. Andrews, Olivia Bleasdale, figlia di un ufficiale dell'artiglieria reale, e una favolosa bionda il cui nome pareva uno scioglilingua persino a chi era abituato ai nomi della nobiltà inglese: Lady Isabella Anstruther-GoughCalthrope. Proprio in fondo alla strada che da Highgrove porta al Beaufort Polo Club, William aveva stretto una tenera amicizia con l'impiegata del club Amanda Bush-Tigger. LaTigger, che faceva sempre il tifo per lui da bordo campo, sembrò turbata quando, dopo una partita, lui si tolse all'improvviso la maglietta zuppa di sudore: si inginocchiò e lo aiutò a togliere gli stivali da cavallo. La loro relazione non si limitava alle ore del giorno. Li si vedeva insieme, mano nella mano, nei locali del posto, come il Wild Duck, a bisbigliarsi paroline dolci all'orecchio. «È una ragazza molto spontanea e lui è sensibile a questa qualità», disse un membro dello staff del Beaufort. «Lei gli salta sopra e lo colpisce nelle costole, poi lui le fa il solletico e, quando pensano che non li guardi nessuno, si danno un bacio di nascosto.» A parte i flirt, quell'estate la più grande minaccia all'immagine di William fu l'uso di alcol. «Si beveva moltissimo», disse Jules Knight, «faceva parte della nostra cultura. Si beveva a
qualsiasi ora.» Parecchie volte a settimana l'«erede» veniva riconosciuto mentre, con il volto arrossato e gli occhi stanchi, cercava di filarsela da un club di Londra. Uno degli episodi più imbarazzanti accadde a una festa in un castello di amici, nel Suffolk. Verso le tre di notte, chiaramente sbronzo, William si spogliò e con i soli pantaloncini si tuffò nel fossato del castello. Uscito dall'acqua lurida, si mise a girellare per la pista da ballo con il collo avvolto da un boa di struzzo celeste, poi iniziò uno striptease. Come se non bastasse, una bella ragazza dai capelli bruni lo rese ancora più ridicolo avvolgendogli un boa di struzzo rosa intorno alla vita mentre ballava. L'estate dei divertimenti di William si interruppe bruscamente a settembre quando venne pubblicata un'altra biografìa scandalistica di Diana, scritta, stavolta, da un uomo che il principe aveva considerato quasi una figura paterna. Da bambini William e Harry erano stati molto affezionati al loro ufficiale di protezione personale, un uomo dai modi bruschi e dalle guance rubiconde di nome Ken Wharfe. Abile cantante dilettante d'opera, sempre pronto a intonare un'aria di punto in bianco, l'estroverso Wharfe allietava la principessa Diana e i figli ballando il tip-tap per tutto Kensington Palace. Carlo e Diana erano preoccupati però che i figli gli si affezionassero troppo e perciò lo fecero trasferire nel corpo di guardia personale della principessa - mossa che non gli avrebbe comunque impedito di essere una presenza importante nella vita dei due bambini. Nelle pagine di Diana: Closely Guarded Secret Wharfe si univa al coro degli ex impiegati per dare l'immagine di una principessa calcolatrice, nevrotica e sconsiderata. Alcune rivelazioni erano veramente di cattivo gusto: Wharfe raccontava che la principessa era solita ballare senza pudore il valzer nuda intorno a lui e che portava sempre con sé nella borsa un vibratore che chiamava «l'aggeggio». Il principe Carlo, infuriato, chiamò il capo di Scotland Yard, sir John Stevens, per intraprendere un'azione legale contro il dipendente a riposo Wharfe. Anche la regina, disse il suo segretario privato Robin Janvrin, «era molto turbata. Era anche molto preoccupata per l'effetto che il libro avrebbe avuto
sui nipoti». Naturalmente, non c'era niente di nuovo nei titoli scandalistici che riguardavano Diana. Dopo James Hewitt, Paul Burrell e Patrick Jephson, era difficile rimanere sorpresi se un altro consigliere fidato e amico aveva deciso di approfittarne. «I principi erano abituati a essere venduti da persone a cui avevano concesso fiducia», disse un'amica della principessa. «Erano cresciuti in un'atmosfera gravida di tradimenti.» Questa però sembrò a William la goccia che faceva traboccare il vaso. Secondo il suo amico intimo Guy Pelly e altri, lui andò a chiedere conforto a Kate. Al telefono le disse di essere preoccupato per Harry, di aver paura che lo stress delle rivelazioni potesse farlo ricadere nell'abuso di droghe. «Kate lo ascoltava sempre con comprensione», disse Jules Knight. «Prova facilmente pietà, è molto gentile.» Secondo un altro conoscente, Kate era capace di mostrare qualità «che altre ragazze non hanno. Guardatela bene. Infonde tranquillità, una specie di calma. Non bisognerebbe dir male di nessuno, ma tante di quelle gran fighe non hanno idea di quando è ora di tacere e ascoltare, mentre lei ci riesce». Wills e Kate non persero tempo. Tornati a St. Andrews, nel settembre del 2002, l'amore sbocciò e il loro rapporto, secondo chi abitava con loro, «non ebbe più niente di platonico». A differenza delle altre donne che uscivano con William, Kate si adattò rapidamente alle guardie del corpo che seguivano ogni loro movimento. Capendo che erano persone serie, con armi vere e che eseguivano un compito importante, cercò di essere affabile con loro. «E’ una ragazza incantevole», disse uno di loro. «Molto pratica, molto di buon senso. Ci saluta sempre e ci tratta come persone, non fa fìnta che non ci siamo.» In effetti lo scopo delle guardie del corpo di Will era di essere invisibili. Il Close Protection Team, come veniva chiamato talvolta il gruppo di agenti di sicurezza del principe, era «incredibilmente discreto», disse Knight. «Ci divertivamo a scoprire chi fossero quando Wills andava in un bar. È naturale che lui sapesse chi erano e anche noi li conoscevamo, ma la loro efficienza era dovuta anche al fatto che si trattava di
persone dall'aspetto molto comune, vestite anonimamente.» Una volta che avevano fatto tardi in un locale, per esempio, Knight, andando alla toilette, aveva visto al bar tre uomini che bevevano Coca Cola. «Erano tutti piegati in avanti con le braccia sul tavolo», disse Knight, «e, senza volerlo, dalla tasca spiccava la sagoma della pistola». «Noi amici di William eravamo abituati a queste scene», aggiunse. William e i suoi compagni di appartamento per lo più stavano a casa. Spesso ordinavano la cena fuori, da Ruby o da PizzaExpress e si preparavano da mangiare da soli due o tre volte la settimana. William, lo ammetteva lui stesso, era «assolutamente inutile» in cucina, malgrado avesse preso lezioni di arte culinaria a Eton. Per fortuna entrambi i suoi compagni sapevano fare qualche piatto semplice: pollo, pasta, curry. «A casa mia ci sono degli ottimi cuochi», disse William a un giornalista durante un'intervista autorizzata. «Io cucino abbastanza regolarmente per loro e loro lo fanno per me.. è ovvio che, in fin dei conti, sono io a guadagnarci.» Per cercare di compensare la mancanza di competenza in cucina William si incaricò di fare la spesa nei supermercati locali, come Safeway e Teseo (mentre le guardie del corpo stazionavano, senza dare nell'occhio, dalle due parti del corridoio in cui lui sceglieva le cose da comprare). Fare la spesa si sarebbe dimostrato di grande aiuto per il principe. «Compro da solo tutto quello che mi serve», rifletteva, «ed effettivamente mi piace. A volte mi faccio prendere la mano: compro un sacco di roba e poi, tornato a casa, scopro che il frigo è già pieno di quel che avevo comprato la volta prima.» Il resto delle faccende domestiche era equamente diviso fra William e i compagni di casa, secondo un'organizzazione che presto cominciò a non funzionare più molto bene. «All'inizio tutto filava liscio», disse William, «ma naturalmente tutto è finito in un casino completo.» Alla fine «abbiamo fatto le cose a casaccio, come al solito». Trascorrevano le serate ascoltando rhythm & blues o musica
rock allo stereo e ogni tanto giocando a scacchi - gioco che William aveva imparato nell'anno trascorso all'estero - con Boyd e Kate. «Era un'atmosfera molto intima.» Durante quel periodo non si sarebbe potuto dire che William e Kate facessero vita molto casalinga. «Non sono un festaiolo nato, nonostante quel che pensa certa gente», sosteneva Wills. «Mi piace passare le serate fuori, come a chiunque altro.» William e Kate erano clienti abituali di alcuni locali frequentati da studenti, come il Broons, il Gin House, il WestPortBare il bistrò all'interno del Byre Theatre. Il loro rifugio preferito era Ma Bells, un pub senza spazio per muoversi, ben illuminato, al piano terra del St. Andrews Golf Hotel. A volte chiamato YéYé- Bells per le numerose raffinate «ragazze yé-yé» di Londra che lo frequentavano, il Ma Bells somigliava più a una tavernetta che a un santuario reale. Le pareti erano di pino nodoso, le decorazioni giallo canarino e le strette finestre davano su un parcheggio direttamente sul mare. Il Ma Bells offriva ai clienti teleschermi che proiettavano di continuo partite di golf, oltre a videogiochi e karaoke. A parte il tema di Full Monty, che aveva perfezionato con Harry, William non era proprio in grado di ripetere le interpretazioni di I will survive di Gloria Gaynor o di una qualsiasi canzone dei Bee Gees. Nelle rare occasioni in cui aveva bevuto più di due o tre bicchieri, Kate lo raggiungeva al microfono. «Sono davvero pochi i posti in cui può andare senza suscitare scalpore», aveva detto un amico. «Quando trova un ristorante o un locale notturno in cui non viene azzannato, tende ad andare sempre lì.» Per il principe, che non voleva avere la stampa fra i piedi, St. Andrews era come un unico grande locale notturno. «La St. Andrews University dà l'impressione di essere un'unica grande festa privata», osservò l'amico Jules Knight, «perché è così ben protetta.., A St. Andrews dal punto di vista della sicurezza siamo sotto una campana di vetro. Non ci sono intrusioni. Kate e Will andavano fuori a bere, mano nella mano, e nessuno batteva ciglio. Nutrivano sentimenti sinceri l'uno per l'altra. Non c'era niente di teatrale nel loro rapporto.» Secondo Knight, poi, «non erano esagerati nel mostrarlo. Un commento casuale,
un sorriso o una carezza era quanto bastava per sapere che erano molto molto affezionati l'uno all'altra». La «campana di vetro» permise al principe di muoversi per la città liberamente, con o senza Kate e amici. «Vado a far compere da solo», ripeteva. «Esco, vado in rosticceria, a noleggiare un video, al cinema, praticamente posso fare qualunque cosa.» Ciò che avevano in comune Wills, Kate e il loro piccolo gruppo di amici, disse Knight, era «il desiderio di divertirsi. Eravamo tutti lì per le stesse ragioni. Volevamo solo fare due risate e un'esperienza di vita». Alla fine del primo anno di università Will riuscì a ottenere quasi il massimo dei voti - abbastanza perché il padre lo ricompensasse con un fucile da caccia con intarsi d'oro del valore di 32.000 sterline. I suoi amici però non lo consideravano affatto un secchione. «Io e Wills non eravamo noti per essere molto studiosi», disse Knight, che ricordava le volte in cui si erano annoiati a morte durante le lezioni. «Rimpiangemmo presto di esserci iscritti a un corso di filosofia morale», tanto che passavano il tempo delle lezioni a giocare a filetto. «Ogni tanto, quando trovavo un titolo di giornale particolarmente strano su William», disse Knight, «lo ritagliavo e glielo allungavo.» I due passavano il resto della lezione a cercare di trattenere le risa. Persino nei tranquilli confini di St. Andrews arrivava periodicamente qualcuno a ricordare chi fosse effettivamente William. Knight ricordò che un giorno stava chiacchierando tranquillamente con lui in una strada poco frequentata quando si accostò a loro un pullman di turisti giapponesi. «Una ragazza uscì e corse verso di noi urlando come un'ossessa e brandendo una macchina fotografica», disse Knight. «Ce ne accorgemmo subito, sorridemmo e ci incamminammo rapidamente in un'altra direzione, prima che riuscisse a raggiungerci.» Gli incontri con fan adoranti erano rari. Wills e i suoi amici conducevano, disse Knight, «un'esistenza senza problemi... Amavamo le feste, bevevamo parecchio e andavamo in case grandi e accoglienti a divertirci durante i fine settimana». Succedeva spesso che le «case grandi e accoglienti» fossero
castelli di amici di William o palazzi reali che un giorno o l'altro sarebbero diventati suoi. Anche Knight, come gli altri appartenenti alla cerchia di amici del principe, aveva imparato a convivere con la costante presenza delle guardie del corpo. Pochi però conoscevano le nuove norme precauzionali istituite dopo l'11 settembre per proteggere la famiglia della regina. Ora il castello di Windsor e Buckingham Palace si vantavano di avere stanze blindate incassate in involucri spessi quasi 50 centimetri di acciaio ignifugo, studiate appositamente per sostenere un attacco diretto da parte di un aereo leggero o un prolungato assalto di artiglieria. Anche a St. Andrews non si dimenticava mai la condizione di bersaglio reale del principe William. Poiché tutti fumavano, erano costretti a disattivare i rilevatori di fumo. Ma non bastava. Durante una festa a casa sua, nello spegnere il rilevatore, William aveva inavvertitamente disattivato le telecamere di sicurezza. Erano arrivate tutte le guardie del corpo con le pistole spianate e avevano sfondato la porta facendo fuggire disordinatamente gli ospiti. Spegnere i rilevatori di fumo era sempre un problema per William - anche quando fumavano fuori di casa. «Di solito andavo a fumare sul tetto», disse Knight, «ma finivo sempre per inciampare accidentalmente nei sensori di sicurezza. Due minuti dopo ero circondato da agenti che mi chiedevano: 'Tutto bene?'» Quello delle sigarette non era l'unico problema di William. Al Ma Bells, mentre Kate beveva un solo bicchiere, il principe era capace di far fuori cinque litri di sidro forte in tre ore. «Alla fine riusciva bene o male a stare in piedi», disse il barista Nick Philpott. «Sembrava reggere bene l'alcol. È molto educato, anche quando ha fatto il pieno.» A differenza di altri membri della casa reale che raramente, se non mai, pagavano personalmente gli acquisti, William ci teneva a comprare di tasca propria le bevande da tenere in casa. «Era sempre generoso, a volte girava per il pub con un vassoio con venti bicchierini, per tutti», disse Knight. «Eppure era modesto. Non faceva storie. Non era il tipo. Era solo un
ragazzo che voleva divertirsi.» Spesso lo si vedeva arrivare dopo cena con una bottiglia di Jack Daniel's o partecipare con entusiasmo alle gare di bevute per cui St. Andrews era famoso. Fortunatamente per lui, non era mai tentato di mettersi al volante dopo una notte passata a bere. Il gruppo di agenti di sicurezza lo aspettava fuori, pronto a portarlo a casa e, se necessario, a rimboccargli le coperte. «Non avrebbe mai guidato sbronzo», disse un amico. «Non dopo quello che era successo a sua madre.» Tuttavia, di solito era proprio lui ad accompagnare a casa gli amici alticci. Parecchie volte si offrì di dare un passaggio a Knight e ad altri amici che uscivano da un bar. «Il fatto provocava», disse Knight, «una telefonata allarmata da parte della Land Rover con i vetri oscurati che seguiva sempre l'auto di William.» Le sue guardie del corpo volevano sapere «chi erano quegli idioti sbronzi che aprivano la portiera della sua auto». Secondo Knight, «William accettava con grande calma quelle intrusioni. Era educato e rispettoso verso le sue guardie del corpo, ma voleva vivere più possibile come una persona normale - e il capo era lui». A volte, tuttavia, le buffonate di Wills arrivavano al punto di provocare serie conseguenze. Una mattina presto, mentre barcollavano verso casa ubriachi da un bar vicino all'appartamento di Wills, lui si era accorto di qualcosa che sporgeva dalla giacca di Knight. «Che è?» aveva chiesto infilando la mano nella tasca di Knight e tirando fuori una pistola a piombini dall'aspetto poco raccomandabile. Ridendo, il principe aveva agitato in aria la pistola. Immediatamente si erano materializzati due dei suoi agenti sempre con le pistole spianate - e, disse Knight con un eufemismo, «mi lanciarono un'occhiata molto allarmata». Rendendosi conto che l'amico stava per essere colpito, Wills aveva alzato le spalle, buttato per terra la pistola e aveva continuato a camminare. A parte certi episodi che avrebbero potuto sfociare in tragedia, Wills era, disse Knight, «l'amico più con i piedi per terra che si potesse avere. Sono tentato di dire più normale, ma anche lui
ammette di non esserlo». A un'altra turbolenta festa in costume, a Badminton House, la maestosa dimora in stile palladiano del duca di Beaufort dove si diffuse il gioco del badminton nel XIX secolo, arrivò vestito da garzone del latte. William, molto sensibile riguardo ai sentimenti delle persone, prese da parte Knight e lo criticò per il modo con cui aveva lasciato la sua ragazza, un'americana di nome Meghann. «Lui l'aveva conosciuta e ora gli dispiaceva che io la facessi stare male», disse Knight. «Poi gli avevo spiegato il mio punto di vista e avevamo chiarito tutto. Poi ci eravamo messi a bere.» Mentre Guy Pelly e Harry, che erano anche loro alla festa, si erano divertiti a saltare attraverso le siepi perfettamente potate, Wills e Knight erano andati a nuotare nella fontana in stile classico della storica proprietà. «Eravamo bagnati fradici», disse Knight, «correvamo qua e là per il prato di Badminton, poi saltavamo nell'acqua calda.» In seguito si erano divertiti a turno a «salire in cima alla statua che stava al centro della fontana e a tuffarsi di lì». «C'era qualcosa di Ritorno a Brideshead», aveva ammesso Knight, «quella notte.» Alla fine della serata una dozzina di festaioli brilli si era accalcata sui sedili posteriori del SUV guidato dagli agenti di protezione di William. Uno per uno erano stati riaccompagnati alle rispettive case, finché erano rimasti solo Wills e Knight. «Era chiaro che avevo bevuto troppo», ricordò Knight, «allora Wills disse: 'Rimani a casa mia e dormi nella stanza degli ospiti'.» Furono scaricati di fronte alla porta posteriore di Highgrove e salirono dalle scale sul retro. Ben presto si addormentarono nelle rispettive stanze, per poi essere svegliati due ore dopo da Harry che tornava dalla festa alle quattro del mattino. Al momento di ripartire, verso mezzogiorno, Knight, ancora sofferente per i postumi della sbronza, era andato nella camera di Wills, aveva bussato e aperto piano la porta. «Era completamente buio», ricordò, «lo chiamai per nome, mi misi a sedere sul letto e lo svegliai dandogli qualche colpetto. Mi chiese se volevo restare a vedere il football.» All'educato rifiuto di Knight, Wills aveva chiamato l'agente di sicurezza che
stazionava in permanenza davanti al cancello principale di Highgrove per avvertirlo che Knight sarebbe andato via. Fuori dalla stanza del principe, Knight aveva incontrato un uomo che sembrava vestito da sera. «Desidera la colazione, signore?» gli aveva chiesto il maggiordomo. «Era tutto», rifletté poi Knight, «assolutamente surreale.» L'anno scolastico procedeva per il meglio, ma Carole e Michael Middleton avevano dubbi sulla vera natura della relazione fra la figlia e William. Kate aveva promesso a William - per lo meno in quel momento - di non dire niente a nessuno. Erano inclusi i genitori e la sorella Pippa che, disse un cugino Middleton, «era una ragazza deliziosa ma non sapeva tenere un segreto, tanto meno un segreto del genere». Tuttavia Carole sospettava che sua figlia e il principe fossero qualcosa di più che semplici compagni di appartamento. Nel novembre del 2002 i Middleton acquistarono un appartamento di due stanze con le pareti intonacate a stucco in una tranquilla strada di Chelsea. Se William avesse trascorso il week-end a Londra, Highgrove, Sandringham o Windsor, Kate avrebbe avuto bisogno di una base operativa a Londra. Il nuovo pied-à-terre costò 2 milioni di sterline. Alcuni giorni dopo Kate fu invitata, con altre cinque ragazze e nove ragazzi, a una battuta di caccia a Sandringham. Furono tutti sistemati a Wood Farm, un cottage con sei camere da letto nei terreni della proprietà, mentre Carlo ospitava la regina di Danimarca nell'edificio principale. Pur non vedendo l'ora di incontrare il principe di Galles, i ragazzi dovettero dare la precedenza agli obblighi dell'etichetta. William, considerato il miglior tiratore della famiglia, ebbe modo di mostrare agli amici universitari la sua perizia. Per Kate, il cui contatto con le armi da fuoco e la caccia era stato limitato, divenne un test della sua abilità ad adattarsi alle tradizioni della famiglia reale. «Miss Middleton è stata molto brava», disse un battitore con il
compito di far alzare in volo le prede. «Non è una cattiva tiratrice: ha abbattuto quattro o cinque galli cedroni in una mattina, non male per una principiante». Al suo confronto Wills avrebbe dovuto abbattere parecchie decine di uccelli a ogni battuta. Il lunedì seguente, tornati a St. Andrews, scoprirono che i giornali erano pieni di racconti sulla battuta di caccia a casa di Wills, con gli inevitabili pettegolezzi su chi dormiva con chi. Oltre alle solite storie poco lusinghiere sulla madre, la descrizione dei cannoni fumati da Harry e la telenovela che aveva come protagonisti Carlo e Camilla, adesso la stampa prendeva direttamente di mira la stempiatura di William. Non c'era giorno che una rivista non ne parlasse o che non comparissero foto della capigliatura sempre meno folta del giovane principe, accompagnate da titoli come: L’EREDE DIVENTERÀ CALVO? oppure: TALE PADRE, TALE FIGLIO. Pur avendo Kate per confortarlo, Wills era abbastanza avvilito. «Fa fìnta che non gli importa», disse Peter Archer, «invece gli importa, eccome. Siamo tutti preoccupati che William reprima le sue frustrazioni, e che possano crescere nel tempo... Bisogna che si sfoghi in qualche modo.» E il principe si sfogò. Chi ne fece le spese fu il fotografo Clive Postlethwaite, che aspettava Carlo e William al ritorno da una battuta di caccia alla volpe a Highgrove. «Arrivò per primo Carlo, poi William mi vide e impazzì. Mi venne addosso con gli occhi sbarrati e mostrando i denti come un animale selvaggio.» «Stronzo bastardo», urlò William dirigendosi verso il fotografo atterrito che riuscì a evitare il pestaggio abbandonando la macchina fotografica e tuffandosi in un fosso. «Tremavo tutto», disse Postlethwaite. «Le uniche parole che ho detto erano: 'Calma, Wills!'» Ogni tanto William cedeva alla tensione, mentre Kate continuava a fare ciò che sapeva fare meglio: dargli un po' di serenità. «Kate è bellissima, dolce e le piace divertirsi», aveva detto l'amico di Wills, Guy Pelly. «Inoltre è molto calma e distaccata, e Wills ha bisogno proprio di questo.» A volte, per rilassarsi, Kate e Wills andavano a divertirsi con gli amici a Edimburgo. Uno dei ristoranti che preferivano era
Oloroso, un elegante attico con vetrate, il cui proprietario e gestore era Tony Singh, l'abile chef sikh che per anni aveva gestito la cucina di bordo dello yacht reale Britannici. Da lì andavano spesso alla sala esclusiva di Opal a bere un Red Passions, un miscuglio denso, a strati rossi e gialli, di champagne, Campari e schnaps alla pesca. La coppia faceva anche brevi incursioni a Londra, dove Camilla stava riarredando Clarence House, l'imponente palazzo all'interno delle mura di St. James's Palace, dove era vissuta la Regina Madre e che ora era la residenza del principe di Galles e della sua famiglia. L'ambizioso arredamento voluto da Camilla sarebbe costato la bellezza di 10 milioni di sterline. Quella volta William si trattenne dall'invitare Kate a Clarence House. Temeva i giornalisti. «Le salteranno addosso», disse, «se viene al palazzo.» Fecero un salto, invece, in uno dei suoi locali notturni preferiti, da cui se ne andarono separatamente per incontrarsi più tardi nell'appartamento di lei a Chelsea. Essere accompagnata da Wills nei locali notturni di Londra ed Edimburgo era ben diverso da un invito a Balmoral, che l'antenata di William, la regina Vittoria, chiamava «il mio caro paradiso». A detta di tutti Kate fu la prima ragazza che Wills portò a Balmoral - soprattutto perché, disse Archer, «sapeva quanto le sarebbe piaciuto». La dimora baronale di granito, costruita da Vittoria e dal marito principe Alberto sulle rive del fiume scozzese Dee, era stato il luogo dove William e Harry avevano ricevuto la notizia della morte della madre. Era anche il luogo dove avevano cavalcato, pescato e cacciato in mezzo a panorami mozzafiato. C'erano distese violacee di erica, scure foreste di pini e boschetti di betulle che luccicavano al sole. Dopo la morte della Regina Madre, a Carlo e Camilla era stata assegnata Birkhall, la sua residenza di quattordici stanze a Balmoral, sulle rive del fiume Muick. William e Kate avevano preferito isolarsi nella più piccola casetta a un piano che la regina aveva riservato ai figli di Diana. Vedendo Kate che pescava salmoni, trote e lucci sulla riva del fiume, un membro del personale di Balmoral disse che sembrava proprio «come a casa sua. La principessa Diana non vedeva l'ora di scappare da
qui, quando veniva, mentre la signorina Middleton sembra perfettamente a suo agio. Ci siamo detti: 'Questa ragazza piacerà alla regina'». Durante la sua prima visita a Balmoral Kate superò un ostacolo importante: fece la conoscenza di Carlo. Disse uno dei suoi aiutanti più anziani: «Colpì subito il principe di Galles con la sua grazia modesta. È evidente che è una ragazza di campagna, un grande vantaggio per toccare il cuore della famiglia reale». Kate festeggiò 21 anni nel gennaio del 2003 con una festicciola in famiglia a Bucklebury. Verso la metà delle vacanze invernali, due Land Rover si fermarono sul vialetto di ghiaia di Oak Acre e una figura solitaria bussò alla porta. William era sgusciato via quatto quatto da Londra e ora incontrava i genitori di Kate, sbalorditi ma non del tutto sorpresi. «Per tutto l'oro del mondo», disse loro, «non vorrei perdere l'occasione di cantare 'Tanti auguri a te' a Kate.» Persino a St. Andrews soltanto una manciata di studenti sapeva che fra William e Kate era in atto una storia d'amore che diventava sempre più profonda. Protetta dalla stretta cerchia di amici, la coppia evitava dimostrazioni di affetto in pubblico, tranne che tenersi per mano al Ma Bells e andare insieme nel reparto dei prodotti agricoli di Safeway. Le cose iniziarono a cambiare in primavera quando, quale membro del poco corretto Kate Kennedy Club, Wills invitò Kate all'annuale ballo di maggio organizzato dal club. L'evento si svolse alla Kinkel Farm nel Fife e, mentre tutti ballavano, il principe e la sua invitata non si lasciarono un istante. Ripresero le illazioni sulla vera natura del loro rapporto, ma Michael Middleton mise le mani avanti: «Confermo categoricamente che non sono più che buoni amici. Sono ragazzi che condividono l'appartamento all'università», continuò. «Stanno sempre insieme perché sono qualcosa di più che compagni di corso... Ma nient'altro. Siamo molto divertiti al pensiero di diventare i suoceri del principe William, ma non credo che succederà.» Poco tempo dopo Kate fu vista tifare per William a una partita
di rugby fra due noti locali di St. Andrews: il West Port Bar e la Gin House. Dopo la partita i due giovani si sdraiarono sull'erba a guardare le nuvole - scena idilliaca che fu catturata dai paparazzi rannicchiati dietro le siepi a 150 m di distanza. Trascorso anche il secondo anno di università, William e Kate si misero a organizzare la baldoria reale dell'anno: la festa di compleanno di William al castello di Windsor. I racconti entusiasti del periodo passato in Africa - l'esperienza era stata così importante che Wills aveva deciso di imparare lo swahili diedero a Kate un'idea: il tema della festa sarebbe stato uno dei suoi film preferiti, La mia Africa. La regina si consultò con Robin Janvrin e altri consiglieri prima di approvare il tema prescelto e impose una clausola essenziale: nella scelta dei costumi i trecento invitati avrebbero dovuto evitare allusioni alla razza, all'Impero britannico e al colonialismo. «L'ultima cosa che vorrebbe tua nonna», riferì Carlo a William, «è un incidente internazionale.» Il festeggiato si presentò in costume pressoché adamitico: un perizoma a strisce nere e gialle e nient'altro. Harry, Charles Spencer, il principe Andrea e il principe Filippo indossavano un abbigliamento da safari. Carlo aveva optato per un fluttuante caftano, mentre la tenuta tribale coloratissima di Camilla era completata da una piuma rossa a ornarle il capo. Le cuginette di William, le principesse Beatrice ed Eugenia, indossavano un succinto vestitino leopardato - come molte delle altre ragazze presenti. Facevano parte della compagnia piloti malvestiti, faraoni, membri della Legione straniera, personaggi del film Il Re leone e stregoni. Tuttavia il travestimento di Sua Maestà fu quello di maggior effetto: si era vestita da regina dello Swaziland, con un abito aderente bianco, un ornamento bianco sul capo e un mantello di pelliccia bianca. La festa, assolutamente favolosa, costò più di 800.000 sterline. C'erano scimmie che dondolavano su liane appese al soffitto, gli ospiti potevano cavalcare elefanti per un giro intorno al castello e tutti ballavano al suono del complesso botswaniano Shakarrim-ba. A un certo punto William salì sul palco e si mise
a suonare i tamburi africani. Nessuno sembrò notare un ammaccato pulmino bianco decorato con palloncini che entrò dal cancello del castello e scaricò un contingente di amici di William proveniente da St. Andrews, fra cui anche Kate. La ragazza del festeggiato indossava uno sbrindellato vestito maculato che, a ben guardare, faceva pendant con il perizoma di Tarzan-William. Il resto dei festaioli, a quanto pareva, ronzava attorno a un'altra splendida giovane donna che non lasciava Wills un istante. Con il consenso di Kate, egli aveva invitato Jecca Craig come ospite d'onore. Appena la stampa ne venne a conoscenza, ricominciarono a circolare le congetture sul riallacciarsi dei rapporti fra il principe e la sua vecchia fiamma (i reporter non sapevano, però, che William aveva invitato anche Carly MassyBirch, la studentessa di St. Andrews che aveva rotto con lui perché non sopportava di essere inseguita dai paparazzi. Carly era venuta vestita da «regina della giungla»). Con l'intenzione di mettere le cose in chiaro e di perpetuare il mito dell'inattaccabilità di William, Carlo fece una cosa che non aveva mai fatto in precedenza: negò pubblicamente «che ci fosse o ci fosse stato un legame amoroso fra il principe William e Jessica Craig». A complicare le cose c'era il fidanzamento ufficiale di Jecca con l'erede del re delle spedizioni marittime Henry Ropner, benché nei mesi precedenti si fossero presi e lasciati diverse volte. All'ultimo momento fu invitato alla festa anche Ropner - che era stato intenzionalmente escluso dalla lista degli invitati - e lui accettò prontamente. Il problema non era Jecca Craig. William e Kate erano convinti che, finché tenevano segreta la loro relazione, a St. Andrews avrebbero potuto continuare a condurre una vita quasi normale. Proprio per questo Wills dichiarò nell'intervista ufficiale del suo ventunesimo compleanno di non essere in alcun modo impegnato affettivamente. «Tutti fanno delle gran congetture su qualunque ragazza mi stia vicina», disse, «e mi dà abbastanza fastidio, soprattutto perché fa soffrire le ragazze in questione. Queste poverette che ho appena conosciuto o che sono mie amiche, all'improvviso si
trovano sotto i riflettori, i loro genitori devono rispondere a centinaia di telefonate eccetera. Penso proprio che non sia giusto nei loro confronti. Io ci sono abituato, mi succede spesso, ma per loro è molto difficile e non mi piace affatto.» Naturalmente William era veramente preoccupato per una sola ragazza e accennò alla sua apprensione per il suo bene descrivendo come si comportava quando voleva uscire con qualcuno. «Se una mi piace e io piaccio a lei, cosa che non sempre succede», disse modestamente, «le chiedo di uscire con me. Ma nello stesso tempo non la voglio mettere in una situazione imbarazzante. Molte ragazze non hanno idea di cosa comporti conoscermi: prima di tutto sono costrette a subire i flash dei fotografi, poi il mio fascino.» Poco prima di mezzanotte successe un fatto incredibile. Mentre William ringraziava gli invitati per essere venuti, una persona travestita da Obama bin Laden - barba, turbante, vestito da sera lungo rosa senza spalline, scarpe decolleté rosse con tacchi alti - gli prese il microfono e cominciò a cantare. A Kate, che osservava al margine della folla, nella persona travestita in modo così bizzarro sembrò di riconoscere quel burlone del principe Harry. Anche la regina immaginò che fosse lui. Ci volle un minuto intero prima che gli agenti di sicurezza spingessero giù dal palco il sedicente «terrorista cantante», Aaron Barschak - non prima che fosse riuscito ad abbracciare a baciare Wills sulle guance. Era la tredicesima violazione di un certo rilievo della sicurezza reale da quando, nel 1982 a Buckingham Palace, Sua Maestà, svegliandosi, si era trovata un intruso seduto sul letto. C'erano state anche irruzioni nell'appartamento privato del principe Carlo, il paracadutista nudo che era atterrato sul tetto di Buckingham Palace nel 1994 e il turista che aveva bussato alla porta della camera da letto della principessa Anna chiedendo indicazioni per arrivare alla stazione Victoria. Carlo e la regina erano indignati e le indagini che seguirono indussero il capo di Scotland Yard, sir John Stevens, a scusarsi con William per «la tremenda incrinatura della rete di sicurezza». L'imbucato alla festa era perfettamente d'accordo:
«E stato incredibilmente semplice», disse Barschak, «sono stupito anch'io di come sono riuscito a entrare... Avevo con me uno zaino da montagna stracolmo. Avrei potuto avere dentro qualsiasi cosa.» Le telecamere mostrarono poi un addetto alla sicurezza che dava a Barschak indicazioni per arrivare alla festa. William rimase calmo, rise dell'incidente e continuò a divertirsi fino alle quattro del mattino. Il giorno dopo tornò al Beaufort Polo Club, questa volta per montare il regalo di compleanno ricevuto dal principe di Galles: un nuovo pony argentino da 165.000 sterline. Il polo non era l'unico problema che quell'estate assorbiva i pensieri di William. Ci sarebbero state altre storie dolorose che riguardavano mamma e papà, non ultimo il tentativo di James Hewitt di vendere per 16 milioni e mezzo di sterline sessantaquattro biglietti d'amore scritti di suo pugno da Diana, compreso quello in cui, riferendosi al suo pene, lo chiama «il mio amico». «Non finisce mai», disse Wills a Kate e a Guy Pelly passando davanti a un chiosco di giornali tappezzato di titoli scandalistici. «Non finisce mai.» Mise però da parte il proprio cattivo umore per occuparsi del fratello minore, l'unica persona che capiva del tutto cosa provasse. Harry si era diplomato a Eton con una insufficienza in geografìa - il voto più basso in assoluto - ma aveva dimostrato capacità di comando come capo del Combined Cadet Corps ed era arrivato secondo nel ricevere l'agognata Spada d'onore vinta da William qualche anno prima. Poiché l'Accademia di Sandhurst non accettava cadetti di età inferiore ai vent'anni, Harry, ancora diciottenne, dovette programmare i ventiquattro mesi che lo separavano dall'inizio della carriera militare vera e propria. L'«erede» era convinto di dover tirare su di morale la «riserva». Con il consenso di Kate, i due fratelli andarono alla festa di compleanno della ventiquattrenne giornalista sportiva Natalie Pinkham al Purple, uno dei locali notturni più popolari di Londra. Molto prima che la festa finisse Harry accarezzava, senza nemmeno nascondersi, il seno della festeggiata, mentre William, completamente sbronzo, era stravaccato su una
panca, abbracciato a parecchie bionde prosperose. L'instancabile coppia ritornò al Purple qualche notte dopo, questa volta per festeggiare l'imminente partenza di Harry per l'Australia, dove avrebbe lavorato tre mesi a radunare greggi e a riparare staccionate. Dovendo fare un viaggio di ventidue ore il mattino seguente, Harry non bevve. William invece ballò come un selvaggio sul palco con tutta una serie di donne prima di crollare, ubriaco, sul tavolo. Le sue guardie del corpo lo dovettero «letteralmente portar via come un sacco di patate», disse la testimone oculare Sue Thompson. La scena si ripetè per parecchie settimane, soprattutto quando al Purple c'era una delle notti «Dirty Disco». Non passò molto tempo che molte donne che William aveva baciato e palpeggiato durante quelle notti cominciarono a parlare ai giornali. «A William piacciono troppo le donne per mettere la testa a posto», confidò la ventinovenne Solange Jacobs, cliente abituale del Purple, dopo che le ebbero detto che William aveva una ragazza di nome Kate Middleton. La Jacobs era una delle tante ragazze con cui lui aveva ballato, bevuto e pomiciato una sera. «Per come si comportava con me, sembrava che non fosse innamorato di nessun'altra. Si era messo anche a chiacchierare con una ballerina e adocchiava una ragazza nella zona più esclusiva del locale. Nessuno avrebbe pensato che si vedesse con Kate. Pareva andasse in cerca di prede. Meglio che Kate stia attenta se non vuole farsi prendere in giro.» William non si faceva scrupolo di usare il suo titolo come biglietto da visita. Prese il numero di telefono della Jacobs promettendole che l'avrebbe chiamata per invitarla nel suo palazzo. A quanto pare non raccontò mai di avere una ragazza. «Auguro a Kate di avere fortuna», disse la Jacobs. «Ne ha proprio bisogno.» Carole Middleton non era affatto divertita delle storie che leggeva, ma telefonò a Kate per rassicurarla che il comportamento di William era innocuo, che erano solo flirt senza importanza. Kate non ne era certa. I genitori la imbrogliavano e i Windsor avevano una consolidata fama di donnaioli. «Credo che William
mi ami e che intenzionalmente non mi farebbe niente di male», disse Kate. «Ma quella famiglia...» Seguì perciò il consiglio della madre e iniziò a trascorrere più tempo nell'appartamento dei Middleton a Chelsea. «Se si deve divertire con qualcuno», protestò con il compagno di bevute di Wills, «quel qualcuno sarò io.» La volta seguente che William fu visto al Purple o al Boujis o al Chinawhite o al Sofà So Bar, o in un altro dei suoi locali preferiti, al suo fianco c'era Kate. «La signorina Middleton è una ragazza molto intelligente», disse Camilla al figlio Tom sapendo che ora Kate teneva d'occhio William. «SI, una ragazza molto intelligente.»
Capitolo 5 Francamente, la vita è troppo breve. - William, rispondendo alla domanda se si preoccupava di dover diventare re Perché si dovrebbe preoccupare? Sarà fantastico. - Kate Io lo devo sopportare perché è il mondo in cui sono nato. Ma Kate, perché? - William, davanti all'implacabile inseguimento di Kate da parte dei paparazzi QUANDO arrivò al Ninewells Hospital di Dundee, cittadina a nord di St. Andrews, William era piegato in due e si teneva stretto lo stomaco per il dolore. Era bianco come un cencio. A differenza di Carlo, i cui lamenti erano famosi in tutto il Paese, William era abbastanza coraggioso, specialmente quando si trattava di dolore fisico. Erano due giorni che si contorceva dai crampi e alla fine Kate, intuendo che non si trattava di un banale mal di stomaco, aveva insistito perché andasse da un medico. E a ragione. Le analisi del sangue rivelarono che William, tornato alla fine di ottobre da un viaggio di un mese in Africa, dove aveva fatto rafting nelle rapide del Nilo, soffriva di
schistosomiasi, una malattia causata da un parassita che può portare paralisi, attacchi apoplettici, danni epatici e persino la morte. La schistosomiasi è una parassitosi piuttosto comune in quelle zone e uccide più di ventimila persone ogni anno. I medici prescrissero il praziquantel, un farmaco antiparassitario a uso veterinario e umano, e Wills migliorò in breve tempo. A Kate rimase l'impressione che fosse stato un «castigo divino». In fondo lui era andato in Africa per passare qualche bella giornata con Jecca Craig e la sua famiglia, dopo nemmeno tre mesi dalla discussa partecipazione della ragazza alla festa del suo ventunesimo compleanno. Kate, che sapeva quanto fosse grande l'affetto di William per i Craig, aveva scelto saggiamente di non intromettersi e così, quando lui era tornato in Scozia abbronzato e felice, l'aveva accolto a braccia aperte. La presenza di Kate fu utile alla convalescenza del principe, che alla fine di dicembre era perfettamente guarito. Proprio in quel periodo Michael Burgess, coroner della regina, annunciò l'apertura della sua inchiesta formale sulla morte di Diana. Gli investigatori di Scotland Yard avevano impiegato quattro lunghi anni per arrivare alle stesse conclusioni raggiunte in pochi giorni dalla polizia francese: Diana era rimasta vittima della guida in stato di ebbrezza dell'autista. Per giungere a questo risultato avevano interrogato testimoni, sguinzagliato detective, interpellato consulenti legali, teorici dei complotti ed esperti di ogni genere, che quasi ogni giorno avevano rivangato i particolari raccapriccianti. «Ogni volta», disse William, «è come se portassero via una piccola parte di me.» All'incirca nello stesso periodo Andrew Morton rese pubbliche le registrazioni delle interviste che Diana gli aveva concesso per il libro Diana: la sua vera storia nel 1991. Inoltre, l'insegnante di dizione di Diana, Peter Settelen, aveva consentito alla proiezione dei videotape in cui lei parlava dei particolari intimi della sua vita con Carlo; ma la cosa peggiore furono le foto di Diana, scattate subito dopo l'incidente, mostrate alla televisione americana. I due figli si erano dichiarati «profondamente turbati», ma anche «scioccati e disgustati».
Quell'autunno Kate dovette affrontare alcune perdite famigliari. Il padre di Carole, Ronald Goldsmith, che era stato spinto dalla moglie Dorothy a guadagnare abbastanza soldi da rendere la famiglia almeno rispettabile, morì per una malattia cardiaca a 72 anni. Kate era molto legata al nonno, un uomo gentile, di ottimo carattere e simpatico quanto Dorothy era determinata e presuntuosa. Per complicare le cose, all'inizio del loro terzo anno scolastico Wills e Kate cambiarono casa. Sempre insieme al loro compagno di appartamento Fergus Boyd, andarono ad abitare a Balgove House, una dimora di campagna spaziosa, ricoperta di fucsie, alla periferia della città. William non vedeva l'ora di trasferirsi. «Tantissime persone cambiano casa e io ho sempre avuto intenzione di farlo», spiegò. «Al terzo anno ho meno lezioni e devo passare meno tempo all'università, quindi ho pensato. Perché non trasferirci da qualche altra parte? In fondo mi ritengo un ragazzo di campagna. Mi piace molto la città, con il suo fermento, i giri con gli amici a bere e fare cose divertenti ma, allo stesso tempo, amo lo spazio e la libertà.» Dare spazio e libertà al principe e ai suoi amici sarebbe costato ai contribuenti inglesi 1 milione e mezzo di sterline in più - la maggior parte delle quali spese per installare vetri antiproiettile, stanze blindate, nuove telecamere di sicurezza e sistemi di sorveglianza; oltre, ovviamente, a un maggior numero di guardie del corpo armate appostate in un edifìcio separato, di fianco alla casa del principe. Ricordando l'intruso che si era presentato poco tempo prima alla sua festa di compleanno, tutti convenivano che le precauzioni fossero adeguate. «Ora, almeno», disse William agli agenti, «le persone mascherate da Osama bin Laden non hanno alcuna probabilità di arrivare fin qua!» Mentre Kate e Wills indossavano i maglioni pesanti per difendersi dai rigori autunnali, Harry era in Africa in missione umanitaria. Viaggiava insieme a una troupe cinematografica che girava un documentario verso l'enclave del Lesotho, all'interno
del Sudafrica, per aiutare a costruire una clinica per orfani malati di AIDS. «Credo di aver preso molto da mia madre», aveva detto cullando fra le braccia un neonato HIV positivo, «e penso proprio che vorrebbe che noi, mio fratello e io, facessimo queste cose.» Prima di mettersi a costruire ponti e scavare fossi nel Lesotho, Harry andò a trovare una vecchia amica a Cape Town, in Sudafrica. Aveva conosciuto la bella, bionda e abbronzatissima Chelsy Davy anni addietro, quando lei frequentava il Cheltenham Ladies' College, non lontano da Highgrove. Da quando era tornata a studiare Lettere all'università di Cape Town, Harry aveva detto agli amici di temere di «essersi lasciato sfuggire qualcosa di molto speciale». Malgrado le origini esotiche - il padre era un facoltoso proprietario di parco-safari e la madre una ex Miss Rhodesia Chelsy, nata in Zimbabwe, era tanto piena di energia e amante della vita all'aria aperta quanto bella. Tra non molto avrebbe preso il posto di Fergie, come Kate quello di Diana, con poche differenze. Le due giovani donne sarebbero diventate subito amiche e si sarebbero sostenute l'un l'altra. Presto si sarebbero viste ridacchiare e raccontarsi storielle sui futuri parenti comuni ai lati del campo da polo dove giocavano William e Harry. Entrambe si sarebbero anche dimostrate capaci di grande discrezione. Nel marzo 2004, sulle piste innevate di Klosters, Wills e Kate lasciarono cadere, seppure per poco, il manto di segretezza che rivestiva il loro rapporto. Insieme a quattro amici raggiunsero in Svizzera Carlo che trascorreva la solita vacanza a sciare. Per loro sfortuna alcuni paparazzi riuscirono a fotografarli mentre si abbracciavano appena scesi da una seggiovia, e la mattina dopo le fotografìe erano sulla prima pagina del Sun. Quando l'amico Guy Pelly, invitato anche lui a Klosters, gli mostrò le foto, Wills esplose: «Cazzo!» facendosi sentire dagli altri sciatori. «Non ne hanno il diritto. Abbiamo fatto un patto!» Anche Carlo era furibondo. Gli avevano assicurato che le interviste e le foto ufficiali avrebbero impedito ai reporter di braccare Wills finché non avesse finito l'università. Il principe
di Galles diede subito istruzioni al suo ufficio di St. James's Palace di condannare ufficialmente il Sun e di proibire la pubblicazione di altre foto di William e Harry. Da allora, il timore di essere ripresi nuovamente in un momento di tenerezza impedì a Wills e Kate di allontanarsi da casa. William tornò a giocare a rugby in aprile per i colori del suo pub preferito, il West Port Bar, ma questa volta non si rilassarono insieme durante l'intervallo. Kate non si fece vedere per tutta la partita, poi andò con lui al Ma Bells per consolarlo di un'altra sconfìtta contro la Gin House. Quando sembrava che ci fosse in circolazione qualcuno di sospetto, gli amici circondavano la coppia quasi a formare uno scudo umano. Dietro questo muro di giovani altissimi, Kate non aveva paura di sedersi sulle ginocchia di Wills e persino di baciarlo in pubblico. I due si chiamavano con nomignoli da cuccioli: lei era Kat, o talvolta Kitten - soprannome poi sostituito con Babykins. Lui era e restava Big Willy. Non è una coincidenza che willy sia il termine colloquiale inglese per definire l'organo sessuale maschile. Usarono lo stesso stratagemma al ballo di maggio e, due settimane dopo, a una festa in costume, dove arrivarono mascherati da Rhett Butler e Rossella O'Hara. «Will aveva i baffi ed era molto elegante», ricordò una partecipante alla festa, «e Kate si muoveva disinvolta qua e là esclamando: 'Perdindirindina'. Speravo che lui dicesse: 'Francamente me ne infischio', ma dubito che William conoscesse bene Via col vento. » All'inizio di giugno Kate era a St. Andrews a fare i preparativi per le vacanze estive e William era in Norvegia per una ricerca di geografia, quando Carlo chiamò il figlio per avvertirlo che era mancata la nonna. Wills lasciò cadere il telefono ed ebbe quasi un collasso. La nonna deceduta non era la regina, ma la mamma di Diana, da lungo tempo affetta dal morbo di Parkinson, che si era spenta a 68 anni. William e Harry, ancora nel Lesotho, volarono immediatamente nel Regno Unito per i funerali di «Gran Fran», Frances Shand Kydd. Benché non fosse mai stata molto affezionata alla figlia né presente nella vita dei nipoti come la
regina, Gran Fran andava a trovarli quando abitavano a Kensington Palace. Diana aveva riconosciuto il legame con lei nominandola tutrice dei figli nel caso fosse successo qualcosa a lei e Carlo. Al funerale della nonna William si mostrò visibilmente scosso, tanto che quando lesse un brano del Nuovo Testamento la sua voce tremava. Dopo il rito funebre, al quale parteciparono solo gli Spencer, William fu molto sorpreso quando venne a sapere che nonna Gran Fran aveva lasciato a lui e al fratello oltre 600.000 sterline ciascuno - oltre ai circa 6 milioni di sterline che avevano ereditato da Diana. La Shand Kydd non visse abbastanza da vedere il tributo pagato dalla regina in onore di sua figlia: il 6 giugno 2004 a Hyde Park fu inaugurata la fontana dedicata a Diana. William e Harry trattennero a stento le lacrime quando la regina ricordò che «l'Inghilterra ha accettato la perdita, unita da una forte sensazione di shock, dolore e tristezza». Kate si rendeva conto di quanto la commemorazione fosse importante per William, ma sapeva anche che la propria presenza a un evento del genere avrebbe distratto l'attenzione del pubblico. In ogni caso, non era stata inserita dalla regina nella lista dei partecipanti alla cerimonia. Per non dimostrare nuovamente insensibilità nei confronti della nuora morta, la regina aveva ordinato a Carlo e ai ragazzi, ma anche ad altri Windsor, di presenziare all'avvenimento. Gli Spencer avrebbero partecipato tutti. A Camilla, per ovvie ragioni, fu chiesto di rimanere a casa. Kate continuò a voler mantenere un basso profilo. E non fu per niente entusiasta quando William decise di ritornare per la terza estate consecutiva nella riserva keniana di Jecca Craig. Se lui non voleva che si facessero illazioni sul suo rapporto con Kate, perché, si chiedeva, alimentava i pettegolezzi sul suo amore per Jecca? «Si sentiva minacciata e umiliata», disse una delle sue migliori amiche di St. Andrews. «Accettava di non essere riconosciuta pubblicamente, ma non sopportava che la stampa sbandierasse che la donna della vita di William era un'altra. Kate sapeva che se fosse andato a trovare Jecca Craig sarebbe finita.»
All'inizio William tenne duro. Come il padre, si offendeva se qualcuno gli ordinava qualcosa - a parte la regina, naturalmente. «Sai chi sono io?» disse Wills a Kate, imperioso proprio come era stato il padre, a detta di Diana e di altre persone. «Nessuno mi può dire cosa devo fare. Faccio quello che voglio.» A parte l'atteggiamento autoritario, William continuava a sostenere di non provare più niente per Jecca era solo una grande amica che gli aveva aperto gli occhi sulle meraviglie dell'Africa. La coppia si azzuffò per due settimane. Furono visti litigare all'angolo di una strada, poi il principe era saltato in sella alla moto e si era allontanato a tutta velocità, con la Land Rover delle guardie del corpo dietro. Un'altra volta erano seduti nella Golf parcheggiata davanti al Ma Bells e urlavano, poi Kate se ne era andata via infuriata. Alla fine Kate vinse quella che la stampa avrebbe chiamato la «battaglia delle pupe», con il sostegno anche di Carlo e del Palazzo. Malgrado le smentite, Jecca fu ancora una volta sotto la luce dei riflettori come presunta fidanzata di William. «Non devi sottoporre Jecca a questa prova, William», sembra che abbia detto Carlo in quella circostanza, «non è giusto per lei». Non era giusto nemmeno per Kate. William si trovò davanti a un compito impegnativo: provarle una volta per tutte che era l'unica donna della sua vita. Invece di andare in Africa da solo, portò Kate in vacanza - la prima insieme - nell'isola paradisiaca di Rodriguez, a est di Mauritius, nell'Oceano Indiano. In quel luogo, l'anno prima di iniziare l'università Wills aveva svolto ricerche sul campo per il programma di osservazioni marine della Royal Geographical Society. Si era innamorato delle spiagge di sabbia bianca di Rodriguez, delle lussureggianti foreste tropicali, delle acque cristalline, e ora voleva condividere tutto questo con Kate. I due giovani trascorrevano le giornate girando in moto per campagne e colline, facendo immersioni e snorkeling fra la rigogliosa barriera corallina dell'isola. La sera si incontravano con amici nel piccolo bar sulla spiaggia per bere un Sex on the Beach bevanda composta da succo di mirtilli, succo di pompelmo, schnaps alla pesca e vodka - e per ascoltare le solite esibizioni
di Wills al karaoke. Al loro rientro in Inghilterra Kate venne però a sapere che Jecca non era l'unica «altra donna» di William. C'era una studentessa americana dell'università di Edimburgo, la bionda e seducente Anna Sloan, che aveva rifiutato di uscire con William nel settembre del 2001. Qualche settimana più tardi il padre della ragazza, il milionario campione di corsa a ostacoli a cavallo George Sloan, era morto per l'esplosione del fucile da caccia mentre saltava uno steccato nella sua fattoria di 140 ettari fuori Nashville. William e Anna si erano sentiti accomunati dalla disgrazia e avevano riallacciato i rapporti, cosa che - almeno all'inizio - Kate aveva compreso e accettato. Prima che ricominciasse la scuola, a settembre, William decise di aderire al vecchio invito di Anna di andare a trovarla nel Tennessee. Arrivò alla fattoria degli Sloan all'inizio di agosto con tre amici allampanati e cinque robuste guardie del corpo. Temendo di essere inseguita dai giornalisti se si fosse fatta vedere in coppia con William, Kate rimase a casa a Bucklebury. L'esperienza durò solo una settimana, ma permise a William di dare un'occhiata alla vita vissuta dagli americani della sua età. Si rilassò in piscina, mangiò popcorn da un secchiello comune al locale cinema multisala, osservò come si comportava la gente al centro commerciale e bevve qualche drink nei tanti locali di musica country di Nashville. Ciò che rese speciale l'esperienza fu la possibilità di muoversi senza essere riconosciuto. «Ogni tanto», disse, «vedo qualcuno che sbarra gli occhi e dice: 'No, non può essere lui... Cosa ci farebbe da queste parti?' Guarda un po'!» Will e la sua banda divorarono pancake, waffle e uova strapazzate con pancetta affumicata al ristorantino tipico Country Boy, poi andarono tutti insieme a fare shopping nel grande centro commerciale Cool Springs Galleria. Nessuno riconobbe William da Abercrombie & Fitch, finché i suoi amici piantagrane non cominciarono a comportarsi male. «Non mi ero nemmeno accorta che era lui», disse una delle commesse, «poi due dei suoi amici con l'accento inglese mi hanno chiesto
di spogliare i manichini e io ho detto che non potevo. Erano proprio attraenti. Tutte le donne volevano servirli». Mezz'ora dopo clienti di sesso femminile ridacchianti affollavano la cassa per vedere William pagare 69,50 dollari un paio di jeans. «Vedi», gli disse uno degli amici uscendo dal negozio, «non ti possiamo portare dappertutto.» La sera il principe andò a cena con quindici persone da Sperry, un costoso ristorante di Nashville arredato all'inglese. Concentrandosi su un filetto mignon cordon bleu avvolto nel bacon (in seguito il ristorante gli avrebbe dato il suo nome), William fece fìnta di non notare che i clienti abituali giravano con nonchalance intorno al suo tavolo per dare un'occhiata al futuro re. «C'era una marea di persone», disse la cameriera LuAnn Reid, «che andava in bagno passandogli vicino. Certi telefonavano alle figlie e alle nipoti di venire a vederlo.» William e i suoi amici non ci facevano nemmeno caso, e durante la cena avevano continuato a bere superalcolici, oltre a una dozzina di bottiglie di vino - quasi una a testa. «Erano proprio rilassati», disse il gestore, «ridevano, facevano i buffoni e si divertivano.» Dopo avere diviso il conto, William lasciò una mancia «generosa», disse la Reid. Il principe continuò a «fare il buffone» anche alla fattoria degli Sloan, dopo aver fatto provvista di alcolici alla Puckett Grocery. Nel vedere le casse di birra che il gruppetto di amici aveva comprato, il proprietario del negozio aveva chiesto: «Ma siete proprio sicuri di berla tutta?» Wills aveva riso. «Non si preoccupi», aveva replicato, poi aveva sviato l'attenzione facendogli notare di avere la stessa camicia a quadretti del commesso alla cassa. «Vedrà», aveva aggiunto uno dei giovani inglesi, «staremo benissimo.» Grazie agli ospiti americani, in Tennessee William riuscì a non comparire sui radar per tutta la settimana. Solo dopo che se ne fu andato la stampa si accorse della sua presenza nel cuore dell'America. Il principe aveva approfittato della inattesa libertà per comportarsi da scapestrato, tanto che gli amici yankee gli avevano conferito un nuovo titolo: il «duca del rischio». Come Kate aveva immaginato, la scappata di William a
Nashville servì solo a fomentare le voci che il principe fosse di nuovo in cerca di una preda. Per fare pace, Wills la portò a Balmoral a trascorrere un fine settimana insieme, da soli. Dato che c'erano anche papà e Camilla, il messaggio di Big Willy alla sua Babykins fu lampante: considerava seria la loro relazione. Era la prima volta che Wills chiedeva a una ragazza di andare a Balmoral insieme alla sua famiglia. Tuttavia, prima di tornare a St. Andrews, William aveva voglia di una nuova avventura. Ripartì per una crociera nel Mediterraneo, ma questa volta i crocieristi erano tutti uomini e l'equipaggio era composto da sole donne. «Kate rimase senza parole», disse una persona che la frequentava a St. Andrews. «Lui, naturalmente, non ci vedeva nulla di male. Lei invece si sentiva profondamente umiliata: stava diventando sempre più difficile capirlo.» Al rientro di William dalla crociera riapparvero in scena due vecchie fiamme: Jecca Craig e «Deb on the Web», Davina Duckworth-Chad. In settembre il principe e Jecca andarono insieme al matrimonio di Davina e Tom Barber, figlio di un baronetto. Anche questa volta Kate fu esclusa dalla lista degli invitati. I pettegolezzi si fecero ancora più fondati quando Wills e Jecca, senza Kate, due mesi dopo furono visti a un altro matrimonio dell'alta società: quello fra lady Tamara Grosvenor e il vecchio compagno di scuola di William, Edward van Cutsem. C'erano anche la regina e il principe Filippo, e Wills e Harry erano i «valletti» che accompagnavano gli invitati ai posti loro assegnati. L'assenza di Kate fu sbandierata come prova che la loro storia d'amore stava traballando. Il matrimonio van Cutsem-Grosvenor non mise in crisi solo questa coppia. Il padrino dello sposo, il principe Carlo, fu informato che lui e la sua compagna avrebbero dovuto sedersi in panche separate e arrivare e partire su auto diverse. Carlo e Camilla, furibondi, non solo boicottarono la cerimonia, ma iniziarono a pensare di formalizzare la loro unione con il matrimonio.
Durante l'ultimo autunno trascorso a St. Andrews, Kate e William avevano cercato di isolarsi dal mondo nella casa di campagna che avevano preso in affìtto alla periferia della città. Kate, più di chiunque altro, capiva che il principe doveva affrontare molto di più del semplice onere degli studi - a questo proposito gli aveva consigliato di cambiare la materia principale e scegliere geografia al posto di storia dell'arte - e l'interminabile gossip sulla sua vita amorosa. Oltre alla tensione fra la regina e Carlo, causata da Camilla, e agli sviluppi delle indagini sulla morte di Diana, ora la più grande preoccupazione di William era Harry, le cui gesta riempivano le riviste scandalistiche. Distratto e depresso dalle guerre interne alla famiglia sulla sua compagna di sempre, Carlo aveva praticamente trasferito le incombenze paterne al figlio maggiore che controllava ogni giorno Harry per telefono o e-mail. In ottobre la ex insegnante di Eton Sarah Forsythe accusò Harry di aver imbrogliato, due anni prima, all'esame finale di arte. Una speciale commissione di indagine confermò in qualche modo le accuse della Forsythe, discolpando però nel contempo il principe Harry da qualsiasi atto illecito. Harry reagì, come faceva sempre quando si sentiva abbandonato dalla famiglia, ubriacandosi. Alle tre e mezzo del mattino, mentre usciva dal nightclub Pangea di Londra, rivolse parole oscene al fotografo Chris Uncle, poi gli strappò di mano la macchina fotografica e con quella lo colpì, ferendolo al labbro inferiore. Dovette essere fermato dalle sue guardie del corpo. La reazione selvaggia di Harry preoccupò non poco William, che tuttavia disse a Kate di essere molto orgoglioso del fratello. La primavera successiva Harry avrebbe iniziato la formazione militare a Sandhurst: sarebbe stato un anno avanti a William all'accademia. Sin da quando si erano conosciuti, William aveva parlato a Kate del suo sogno di far carriera nell'esercito e lei l'aveva incoraggiato. In seguito, però, lei aveva detto a un'amica di «non fare i salti di gioia» alla prospettiva che il suo uomo combattesse con le truppe britanniche in Iraq. «Credo che
sarebbe un bersaglio facile, ne sono terrorizzata.» Wills sapeva che, come erede al trono, sia Carlo sia la regina per non parlare delle onnipotenti «eminenze grigie» - avrebbero evitato in tutti i modi di mandarlo in una zona di guerra. «L'ultima cosa che voglio», disse il principe durante l'ultimo anno di università in un'intervista alla British Press Association, «è essere trattato da cocco di mamma o avvolto nella bambagia. Se mi arruolo nell'esercito, voglio andare dove vanno le truppe e fare quello che fanno loro. Non desidero essere tenuto in disparte perché sono prezioso o cose del genere, è l'ultima cosa che voglio... è una cosa che mi umilierebbe molto.» L'umiliazione era un sentimento che Kate conosceva benissimo. Per tutto il tempo in cui erano stati insieme era stata costretta a essere «invisibile», mentre a uno stuolo di bellezze delle due sponde dell'Atlantico erano stati attribuiti flirt con Wills. Tuttavia, in privato Kate stava facendo passi importanti. Il 14 novembre fece parte di un ristretto gruppo di persone che festeggiavano i 56 anni del principe Carlo a Highgrove. Mentre un invito a trascorrere il Natale con la famiglia reale a Sandhurst era ancora prematuro, Wills si precipitò da lei a Bucklebury il 26 dicembre. Brindarono insieme al nuovo anno in uno dei locali preferiti dai Middleton, il pub Yew Tree. William confidò a Kate che il padre aveva infine proposto a Camilla di sposarlo e aveva chiesto la benedizione dei figli. «William e Harry sono molto affezionati a Camilla», disse Kate, dopo aver raccontato a un'amica che Carlo aveva suggellato il patto con un anello con un diamante di otto carati, dal particolare taglio a smeraldo, che era appartenuto alla Regina Madre. «I figli avevano sempre voluto che lui fosse felice. E lei lo rende felice.» Stranamente, l'affetto dei figli di Carlo per Camilla non era ricambiato. Sin dal 2004 Camilla fece chiaramente capire a Carlo che riteneva che William avrebbe dovuto aspettare a sposarsi, e che avrebbe dovuto farlo con un' aristocratica, possibilmente con una ragazza di un'altra casa reale. Conoscendo le origini proletarie dei Middleton, non credeva che Kate sarebbe stata in grado di sopportare i sacrifìci che
esige una vita da regina. La signora P.B., nonostante fosse di ceto borghese, si era sempre ritenuta di una categoria a parte, essendo la trisnipote dell'amante di re Edoardo VII, Alice Keppel. «Come sempre, davanti al principe William, Camilla sorrideva ed era molto gentile con la signorina Middleton», riferì un membro del personale di Highgrove. Tuttavia «usciva dai gangheri quando Carlo ammetteva che Kate gli piaceva e continuava a dire cattiverie su di lei». Qualcuno l'aveva sentita definire Kate: «Carina, ma senza personalità». All'oscuro dei tentativi di Camilla di eliminare Kate, William, emozionato, parlò con la sua ragazza dell'organizzazione del matrimonio segreto del padre. Tutto sarebbe rimasto nascosto ancora per sei settimane, anche perché il Paese era distratto da un altro scandalo reale. Al centro dell'attenzione era ancora Harry. Questa volta era andato con il fratello a una festa mascherata indossando un'uniforme nazista, completa di fascia con svastica sul braccio. William, vestito da leone, aveva aiutato il fratello a scegliere il costume. Erano entrambi così contenti della mascherata, e così ignari della tempesta che avrebbe scatenato l'uniforme di Harry, che si erano ingenuamente fatti fotografare all'ingresso del locale. HARRY IL NAZISTA, fu il titolo in prima pagina del Sun del giorno dopo, accompagnato da una foto del principe in divisa tedesca. Passò qualche ora e Harry fu denunciato dal ministro degli esteri israeliano, da diversi gruppi di veterani di religione ebraica della seconda guerra mondiale, dai sopravvissuti all'Olocausto e da molti membri del Parlamento inglese. «Scioccante», «vergognoso», «grottesco», furono solo alcuni degli aggettivi usati da dignitari, politici, capi religiosi e cronisti per descrivere l'ultima gaffe di Harry. Ciò che aveva infastidito di più l'opinione pubblica era forse stata l'ignoranza del principe, il quale non solo non sapeva cosa fosse il nazismo, ma nemmeno quale fosse stato il ruolo fondamentale della sua famiglia nel combatterlo. Harry aveva solo una vaga idea di chi fosse Adolf Hitler; e non finiva lì: era chiaro che anche William era incompetente sull'argomento, tanto da continuare a
difendere il costume di Harry anche dopo che Clarence House aveva emanato un comunicato per scusarsi del comportamento dei principi. Kate e i Middleton, invece, erano rimasti scioccati nel vedere quelle foto, anche se Kate stava sempre dalla parte di William. «Sua madre aveva ragione», disse a un'ex compagna di stanza di St. Andrews. «Ha una sensibilità maggiore di qualsiasi altro suo famigliare. Sono preoccupata per lui.» Per molti aspetti, Kate stava diventando un vero punto fermo nella vita di William. «Mi fido ciecamente di lei», disse una volta il principe a Guy Pelly. «È sempre a mia disposizione. Non ho mai avuto, in vita mia, una persona come Kate.» Di sicuro Kate era protettiva nei confronti di Wills. La cronista Katie Nicholl lo comprese una volta in cui si trovava in un ristorante di Mayfair, XAutomat. Entrò Kate, esaminò bene l'ambiente, poi si sedette in un separé sul retro dove William avrebbe potuto stare con le spalle rivolte agli altri commensali. Appena sistemati i posti, fece un cenno ed entrarono William, la sua vecchia fiamma Arabella Musgrave con il nuovo ragazzo, l'erede dell'impero della birra James Tollemache. «Ho pensato: Accidenti», ricordò la Nicholl, «non credo di aver mai incontrato una ragazza di 24 anni capace di fare una cosa del genere » Alla fine di gennaio del 2005 Kate e Wills trascorsero un altro lungo week-end a Balmoral. Qualche settimana dopo, insieme ad altre tre coppie, affittarono uno chalet a Verbier, sulle Alpi Svizzere. Uscivano per lo più con gli amici, non sentendosi ancora pronti a esibire il loro amore. Seduti in un angolo del Farm, un notissimo locale notturno di Verbier, si tenevano la mano sotto il tavolino e ogni tanto si stringevano, quando pensavano che non li vedesse nessuno. «Continuavano a esaminare attentamente la stanza per assicurarsi di non essere visti», disse uno dei baristi. «Sembravano sospettosi.» Il 29 marzo 2005 raggiunsero Harry e una decina di amici al Sugar Hut, a Fulham, una chiesa trasformata in uno dei più vivaci night di Londra. Mentre Harry e gli altri si sbronzavano fino a perdere conoscenza, Wills e Kate cercarono di mantenere un certo decoro. Poco dopo le due lasciarono il
locale separatamente: Wills con il fratello ubriaco, che dovette essere aiutato a salire in auto dagli agenti di sicurezza, Kate quindici minuti dopo con un gruppo di amici. Parlando a Kate il giorno dopo, Wills ammise di trovare «assurda» quella farsa che andava avanti ormai da tanto tempo. Poche ore dopo presero un aereo per andare di nuovo in vacanza insieme. Questa volta, le promise lui, le cose sarebbero andate in modo diverso. Era passato un anno da quando la coppia era stata fotografata per la prima volta in un momento di intimità in seggiovia. Ora ritornavano a Klosters, decisi a mostrare il loro amore con un atteggiamento nuovo, molto più aperto. Si tenevano per mano, si sussurravano paroline all'orecchio e si davano spinte scherzose davanti a tutti. A pranzo, in un caffè del paese, Kate si lasciò cadere sulle ginocchia di Wills e gli circondò il collo con le mani. Dal momento che William aveva promesso al padre che sarebbe stata una vacanza sugli sci tra soli uomini, la presenza di Kate aveva un significato ben preciso. Il fatto più sintomatico, però, era il suo atteggiamento disinvolto con i maschi della famiglia reale, specialmente Carlo e Harry. La «riserva», la cui ragazza Chelsy Davy non era stata invitata, aveva bisogno di tirarsi un po' su. Al Casa Antica di Klosters, uno dei locali preferiti da Diana, Harry annegò il dispiacere nella Red Bull mescolata a vodka. Ubriaco e solo, il principe raccontò a tutte le ragazze della sala che non portava mutande. Andò a finire che l'amico Guy Pelly si mise a fare lo striptease sulla pista da ballo davanti a tutti rimanendo in boxer di seta neri. William e Kate si accoccolarono in un angolino appartato a bere vino, poi si misero a ballare stretti l'uno all'altra. L'atmosfera era così rilassata che quando un reporter del Sun chiese al principe se lui e Kate pensavano al matrimonio, Will non ci pensò due volte a rispondere. «Senta, ho solo 22 anni, santo cielo!», sbottò. «Sono troppo giovane per sposarmi, non voglio fare un passo del genere fino a quando non avrò ventotto, trent'anni.» Il commento sbrigativo di William sarebbe stato profetico. In quel momento tutti gli occhi erano puntati su un altro
matrimonio, che era stato rimandato da trentacinque anni: quello, problematico sin dall'inizio, di Carlo e Camilla. Secondo i sondaggi il 93 per cento degli inglesi non voleva che Camilla diventasse la loro regina, e perciò Carlo promise, nel caso fosse diventato re, che lei sarebbe stata la prima «principessa consorte» del Paese. La promessa si sarebbe rivelata impossibile da mantenere, dato che, secondo la legge inglese, se Carlo fosse re Camilla diventerebbe automaticamente regina. Carlo fece anche un'altra promessa, non solo ai futuri sudditi ma ai figli. Per rispetto della memoria di Diana (per non parlare del generale risentimento verso Camilla, ritenuta responsabile del fallimento del suo matrimonio), la nuova moglie non avrebbe avuto il titolo di principessa di Galles. Le sarebbe stato attribuito un titolo inferiore che possedeva anche Diana: duchessa di Cornovaglia. Un altro problema fu la cerimonia nuziale, che dovette essere spostata dal castello di Windsor al Municipio - Windsor Guildhall - poiché il castello per legge non poteva essere usato per un matrimonio. La regina, ignorando intenzionalmente la coppia, rifiutò di partecipare alla cerimonia civile, ma consentì a comparire durante la benedizione finale e al ricevimento al castello di Windsor. Durante la vacanza a Klosters, per calmare le acque, Clarence House organizzò una conferenza stampa alla quale furono invitati anche i fotografi. Padre e figli posarono in cima a un muro di pietra, tanto euforici i ragazzi quanto lui era tetro. Pur sapendo che c'erano microfoni ovunque, Carlo, nervoso, si lamentò dei reporter che stavano a qualche metro di distanza. «Non sopporto quell'uomo», disse Carlo dello stimato corrispondente reale della BBC Nicholas Witchell, che gli stava proprio davanti. «È una persona terribile. È proprio... Gente di merda. Odio fare questo.» Molto più smaliziato del padre - aveva imparato dalla madre a trattare con i giornalisti - William cercò di riportare nei binari la conferenza stampa. «Sorridi», mormorò a Carlo sottovoce, «sorridi sempre.» Vero o meno che fosse il suo sorriso, William
sembrò molto convincente. Quando gli chiesero cosa ne pensava del prossimo matrimonio, replicò con entusiasmo: «Sono molto felice, mi fa molto piacere. Sarà una giornata bellissima». Scherzò anche sulle responsabilità che avrebbe avuto, come testimone, nella cerimonia civile. «Se non perdo gli anelli», disse ridendo, «sono a posto!» Gli osservatori furono sorpresi dall'assenza del nome di Kate nella lista degli invitati sia del matrimonio sia del ricevimento. William le spiegò che era solo questione di protocollo, ma parlando con gli amici entrambi ammisero di essere «sollevati». Sapevano che i fotografi si sarebbero gettati su Kate se fosse stata presente e Wills non voleva doversi preoccupare della sua sicurezza, oltre a non volere che qualcosa distraesse l'attenzione dalla coppia festeggiata. Ciò che entrambi non sapevano era che Camilla aveva insistito perché fossero escluse molte donne in vista, fra le quali anche Kate. «Dopo tutti gli anni passati nell'ombra», disse un'amica di vecchia data, «non avrebbe condiviso il suo momento di gloria con nessun'altra donna, se poteva. Naturalmente, la regina era un altro discorso.» Kate non se la prese, tornò a St. Andrews e passò il tempo studiando per gli ultimi esami e guardando in diretta la telecronaca del matrimonio reale. Durante la breve cerimonia civile William porse gli anelli, poi attese che i novelli sposi uscissero dal municipio cercando di ignorare una piccola folla con cartelli su cui era scritto: ILLEGALE, IMMORALE, VERGOGNOSO. «Bene, sono contento», disse al figlio di Camilla, Tom. «Sì, anch'io», annuì il neofratellastro. L'arcivescovo di Canterbury non c'era. Rowan Williams aveva accettato di dare la sua benedizione agli sposi al castello di Windsor solo se avessero acconsentito a presentare pubbliche scuse per il loro comportamento adultero. Davanti a Wills, Harry, alla regina e al resto della famiglia reale, Carlo e Camilla, inginocchiati nel transetto della cappella di St. George a Windsor, ammisero i loro «numerosi peccati» e la loro «depravazione».
I parenti di Kate Middleton, incollati davanti agli schermi televisivi a Bucklebury, approvarono la manifestazione di pubblica contrizione. Come nove inglesi su dieci, non avevano mai capito come avesse fatto Carlo a preferire a Diana una donna brutta e disordinata come Camilla. «Perché uno dovrebbe fare cambio?» chiese il fratello di Carole, Gary Goldsmith, facendosi portavoce del pensiero della famiglia. «Cosa aveva nella testa?» Nemmeno i Middleton riuscivano facilmente a perdonare l'adulterio che aveva distrutto il matrimonio della principessa e del principe di Galles e che aveva portato Diana sulla strada della bulimia e della depressione suicida. La loro opinione, naturalmente, iniziò a cambiare per il fatto che Camilla, un giorno, avrebbe potuto essere regina d'Inghilterra e suocera di Kate. «Per anni e anni avevano detto: 'Povera Diana e 'Quell'orribile Camilla», ricordò un amico di famiglia. «In realtà era quello che pensavano tutti. Ora dicono che è meravigliosa. Non li si può biasimare, vero?» Per tutta la giornata la regina faticò a nascondere il suo disappunto, nonostante il viso inespressivo e occasionali sguardi fulminanti all'attempata sposa del figlio. Alla fine, tuttavia, Sua Maestà acconsentì a posare per la prima volta con Camilla e Carlo e diede il permesso di farlo anche ai nipoti William e Harry. L'«erede» e la «riserva», malgrado la loro mamma avesse tanto sofferto a causa di Camilla, le erano sinceramente affezionati. Mentre Carlo non baciò mai la sposa durante la cerimonia e il ricevimento, i suoi figli la baciarono calorosamente prima di andare via. Per entrare meglio nello spirito della festa, poi, attaccarono palloncini alla Bentley dei novelli sposi, scarabocchiarono PRINCIPE + DUCHESSA sul parabrezza e lanciarono loro confetti al momento della partenza per la luna di miele a Balmoral. Il giorno stesso William partì per St. Andrews. Non era il tipico «secchione», come disse il suo amico Jules Knight, ma aveva bisogno di passare un po' di tempo sui libri se voleva superare l'ultima sessione di esami a fine maggio. Purtroppo però molte cose concorrevano a distrarlo. Durante
la primavera l'Operazione Paget - la voluminosa indagine ufficiale di Scotland Yard sulla morte di Diana - fornì rivelazioni incredibili una dopo l'altra. La più stupefacente fu forse quella dell'esistenza di una lettera firmata, sigillata, e consegnata a Paul Burrell dieci mesi prima della morte, nella quale Diana prevedeva che sarebbe stata uccisa da Carlo («Mio marito sta organizzando un incidente, una rottura dei freni della mia auto e un grave trauma cranico, in modo da spianarsi la strada al matrimonio»). Diana aveva detto anche al suo avvocato, lord Mishcon, che riteneva che Carlo stesse complottando per ucciderla. Le nuove prove fecero pensare che i funzionari della polizia francese avessero incidentalmente scambiato il cadavere di Dodi Fayed con quello dell'autista e che il campione di sangue che dimostrava che Henri Paul era ubriaco potesse essere quello di un altro cadavere senza nome. I dubbi sulle analisi eseguite a Parigi spìnsero il coroner reale Michael Burgess a dichiarare che non poteva impedire l'esumazione della salma di Diana per effettuare nuovi test tossicologici. Ovviamente, la macabra prospettiva di vedere il corpo della madre riesumato era per William «molto sconvolgente». Studiare per gli esami finali in quella situazione era sempre più difficile. Secondo Boyd, Knight e altri compagni di corso, fu Kate a intervenire per farlo concentrare sullo studio. «Se non fosse stato per Kate», disse uno di loro, «Will sarebbe crollato sotto il peso di quello che gli stava accadendo. Lei gli poneva domande, ripassava con lui gli appunti, faceva di tutto per tenere la sua mente concentrata su ciò che era importante.» Anche quando vennero alla luce altri particolari dell'Operazione Paget («Loro, la macchina dello Stato, mi farà esplodere», aveva detto Diana all'amico Roberto Devorik), Wills e Kate superarono brillantemente gli esami. Il 25 maggio 2005 - ultimo giorno di esami - la coppia andò a fare una passeggiata con Fergus Boyd a Castle Sands, la piccola spiaggia proprio sotto l'antico castello di St. Andrews, dove il 1° maggio gli studenti facevano il primo (e veloce) bagno della stagione. Avendo trascorso i quattro anni di università insieme, tre dei
quali sotto lo stesso tetto, i tre ragazzi avevano stretto una solida amicizia. Kate, malinconicamente, disse: «Non sarà mai più come prima». Mancava un mese alla laurea, e Will e Kate iniziarono a pensare seriamente al loro futuro come coppia. Durante i tre anni che avevano vissuto a St. Andrews come semplici compagni di appartamento, avevano imparato a gestire la vita comune come una coppia sposata. Ora che lasciavano l'università, la stampa non era più obbligata a lasciarli in pace. Ogni loro movimento sarebbe stato osservato, analizzato e raccontato, per essere consumato dalla gente su fameliche riviste scandalistiche. Come avrebbe potuto sopravvivere il loro amore fuori dai confini ristretti di St. Andrews, e vivendo per la prima volta separati da quando si erano conosciuti? William sperava di assestarsi in una nuova situazione: l'anno seguente, a gennaio, avrebbe raggiunto il fratello a Sandhurst e dava per scontato il prolungamento della fase di privacy. Poiché avrebbe vissuto comunque in caserma, William e Kate avrebbero dovuto far lavorare la fantasia per trovare nuovi modi di incontrarsi. «Sanno che le cose stanno cambiando e sono entrambi un po' spaventati», disse Carole a una vicina di casa, «ma hanno anche voglia di cambiare.» Il principe voleva anche dimostrare a Kate e al mondo intero che la loro coppia era solida. Sette mesi dopo il matrimonio di Edward van Cutsem, quando era stata notata Jecca Craig al posto di Kate, andarono insieme al matrimonio del fratello minore di Edward, Hugh, con Rose Astor. La cerimonia, che si svolgeva nel villaggio di Burford, nella pittoresca regione dei Cotswolds, rappresentò una tappa fondamentale nella storia di William e Kate: per la prima volta parteciparono a un evento pubblico come coppia. Il calendario di impegni sociali del futuro re era talmente rigido che prima di andare con Kate a quel matrimonio Wills aveva dovuto chiedere l'approvazione a Clarence House. Benché, stando alle apparenze, fossero andati insieme, Kate che indossava una gonna a fiori, una giacca di lana bianca e un
cappellino nero - arrivò in chiesa da sola. Rimase poi a leggere attentamente il programma mentre William, nella veste di «valletto» dello sposo, accompagnava gli invitati ai loro posti. Quando Wills guidò l'affascinante Jecca Craig alla panca, tutti fissarono Kate. Jecca, che indossava un poncho firmato e un provocante cappello da cowboy, sussurrò qualcosa all'orecchio del principe, poi, disse un ospite, «gettò indietro la testa e rise. Provate a immaginare l'angoscia di Kate». La comparsa di Jecca a un altro matrimonio non sembrò turbare Kate. Subito dopo la cerimonia i due salirono rapidamente sulla Golf nera di lui - ovviamente protetti dalle guardie del corpo - per andare a trascorrere insieme la notte nella locanda del XVI secolo King's Head Inn. La mattina dopo, a colazione, scossero il capo in segno di disapprovazione davanti a una foto di Kate pubblicata da un giornale di Londra. L'istantanea catturava l'attimo in cui una raffica di vento sollevava la sua gonna, proprio come Marilyn Monroe nella scena del film Quando la moglie è in vacanza. Due settimane dopo si rilassarono al Beaufort Polo Club, dove si svolgeva la partita Australia-Inghilterra della Argentine Club Cup. Seduti sulle gradinate, nascosti da occhiali da sole, si strinsero le mani per tutta la partita. A un certo punto si guardarono negli occhi mentre lei gli accarezzava una gamba, senza timore di essere ripresa dalle telecamere. Durante l'incontro Kate si armò di coraggio e confessò a William perché le piaceva guardare il polo da una certa distanza: era allergica ai cavalli. William e Kate furono le star incontrastate del successivo evento cui parteciparono: la laurea a St. Andrews, il 23 giugno 2005. La regina volle essere presente insieme al marito, malgrado soffrisse ancora per i postumi di un'influenza; era la prima volta che il principe Filippo assisteva alla laurea di un famigliare. Insieme a Harry, Carlo e Camilla, ebbero naturalmente i posti migliori nella Younger Hall: la prima fila al centro della prima balconata. Kate, che indossava una minigonna nera sotto la toga accademica, si sedette in basso, come tutti gli altri laureati di
St. Andrews. Cinque file sopra stava William, che si mordeva nervosamente il labbro inferiore. Appena preso possesso del diploma in storia dell'arte, lei gli sorrise e lui le rispose con una smorfia. La regina, in abito giallo canarino, osservava tutto dalla sua posizione privilegiata nel palco reale. «Carina», disse al principe Filippo, che fece un cenno d'assenso. Prima che il preside delle facoltà umanistiche, Christopher Smith, avesse finito di dire «William Wales», tutto l'uditorio esplose in grida di gioia. In mezzo al bagliore dei flash di migliaia di macchine fotografiche William camminò speditamente verso il palco e si inginocchiò davanti al rettore dell'università, sir Kenneth Dover. Dopo una breve pausa, sir Kenneth diede un colpetto sulla testa di Wills coperta da copricapo scarlatto che, secondo la tradizione, conteneva un frammento di stoffa dei pantaloni del leader riformista protestante John Knox. Il mazziere James Douglas attaccò il cappuccio accademico di Wills al colletto della toga e finalmente gli venne dato il diploma in geografia della laurea in discipline umanistiche. Sembrò che il vicerettore Brian Lang pensasse a loro due quando si alzò per pronunciare il discorso ufficiale. «Lo dico ogni anno ai nuovi laureati: qui potreste avere incontrato vostro marito o vostra moglie». Lang fece una pausa, coperta dalle risate, poi continuò: «Il titolo di 'Università inglese in cui si combinano più matrimoni' significa che St. Andrews ha un altro pregio: possiamo contare su di voi per crescere e moltiplicarci.» Kate e William fecero una smorfia di disgusto, Harry scosse la testa, Camilla rise e la regina soffocò una risata. Alla fine della cerimonia gli studenti uscirono, mescolandosi agli altri laureati e alle loro famiglie. Wills si piegò per baciare il principe Carlo e la nonna, poi scappò via in cerca di Kate con la toga gonfiata dal vento. Attenta a non mettersi troppo in mostra in presenza della regina, Kate restò con i suoi genitori nella parte più lontana del cortile. Wills la trovò e, dopo averla presa impetuosamente per mano, le disse che voleva presentare lei e i genitori al principe Carlo e alla regina. Kate, badando sempre a non superare i limiti, era riluttante a
imporre la sua a volte troppo espansiva mamma a un monarca non preparato. «Sei sicuro, William?» chiese. Lui ci pensò un po', poi decise che sarebbe stato meglio rimandare il fatidico incontro a un altro luogo e un altro momento. Dopo aver assistito ai matrimoni disastrosi dei figli Carlo, Andrea e Anna, la regina era convinta che per loro il periodo di corteggiamento fosse ancora troppo breve. Sua Maestà insisteva perché i membri della famiglia reale dovessero fidanzarsi per almeno cinque anni prima di sposarsi. «Dopo tutto», disse al principe Filippo, «guarda Carlo e Camilla.» Kate, essendo uscita regolarmente con William sin dal primo anno di università, poteva dire di avere già percorso l'ottanta per cento del cammino: non solo aveva tenuto testa alle stravaganze della vita reale - le rigide misure di sicurezza, la propria vita privata sempre sotto gli occhi di tutti - ma l'aveva fatto con grazia e fascino. Per la regina era altrettanto importante quella certa discrezione e lealtà possedute da Kate, assenti invece nelle nuore Diana e Fergie. Kate aveva sempre cercato di rendere a William la vita più semplice - anche quando ciò significava stare nell'ombra mentre altre giovani donne, comprese le sue ex fidanzate, erano chiaramente in cerca di pubblicità. Per farla breve, Kate dava alla regina tutti i motivi per credere che amava veramente William. Sia la regina sia il principe Carlo rendevano a Kate il merito di aver tirato fuori William dalla depressione in cui era caduto nel primo semestre a St. Andrews. «Penso che vada bene per lui», disse in confidenza la regina a Carlo il giorno della laurea, senza che nessun membro di facoltà della St. Andrews la sentisse. Carlo annuì. «Chi vivrà vedrà», aggiunse enfaticamente la regina. Nessuno sapeva ancora se Kate, che avrebbe potuto voler continuare una carriera tutta sua, sarebbe stata felice di rinunciare alla propria identità per una vita di inaugurazioni di inizio lavori, impianti di alberi, deposizione di corone, tagli di nastri e interminabili bagni di folla. Di sicuro William non desiderava passare la vita così. Aveva già fatto capire che, a differenza del
padre, non avrebbe affrontato il programma completo degli impegni richiesti dall'etichetta subito dopo la laurea. «Non voglio tirarmi indietro», spiegò. «Ma non me la sento ancora, alla mia età, di vivere in questo modo.» Nel frattempo, dietro le porte del Palazzo qualcuno tramava contro la ragazza. Numerose «eminenze grigie» fecero chiaramente capire che Kate, di origini borghesi, non aveva i requisiti necessari per sposare il futuro re. I suoi genitori avevano guadagnato milioni con la ditta di forniture per feste, ma non avevano mai frequentato i circoli aristocratici. «Non sappiamo quali scheletri nascondano nei loro armadi», disse una persona di corte. «Sappiamo tantissimo sulle altre ragazze con cui usciva il principe William, ma praticamente niente sui Middleton.» Il vantaggio di Kate era che aveva l'aspetto di una persona pratica quanto Diana era stata ipersensibile, ma il Palazzo temeva che uno dei suoi parenti potesse in qualche modo mettere a disagio i reali. «La regina non ne poteva più di scandali e tragedie», aveva detto Brook-Baker. «Voleva una ragazza carina e obbediente per formare una famiglia adorabile, magari un po' noiosa.» Intanto Big Willy e Babykins si davano alla pazza gioia. Al ballo di laurea di St. Andrews non fecero altro che ballare abbracciati e due giorni dopo festeggiarono al Boujis, un locale esclusivo di South Kensington. Il direttore del Boujis Jake Parkinson-Smith disse di William e Harry, clienti fissi del locale: «Sono bravi ragazzi, normali. Si sentono sicuri, sono circondati da amici... È il mondo degli aristocratici inglesi. Si conoscono tutti, sono andati tutti a Eton e giocano a polo insieme, quindi l'ambiente è tranquillo, felice». Felici sì, forse anche troppo. Nella Brown Room, saletta privata del locale, Wills e gli amici scolarono un Crack Baby combinazione letale di Chambord, vodka, champagne e succo di frutto di passiflora servito in una provetta - dopo l'altro. Kate, che in quel periodo preferiva il Jack Daniels con la Coca Cola, si limitò a bere un solo bicchiere di champagne in tutta la serata.
Dopo aver ballato fino all'una di notte su una pista non più grande di un francobollo, cercarono ancora una volta di depistare i paparazzi uscendo separatamente. La prima a uscire fu Kate, che sorrise ai fotografi salendo sulla sua berlina BMW. A differenza di William, Harry e di quasi tutti i loro amici che di solito incespicavano fuori dai locali con gli abiti in disordine e gli occhi annebbiati, Kate si era riproposta di non farsi mai fotografare ubriaca. Oltre a non bere troppo, prima di confrontarsi con i fotografi appostati all'esterno andava un attimo in bagno per controllare i capelli e il trucco. «Sarebbero felici di vedermi uscire ubriaca», disse Kate a un barista del Purple. «Non ho intenzione di rendergli la vita facile.» Il mattino seguente, dopo aver tracannato cinque o sei Crack Baby, Wills, con un terribile mal di testa, salì sul jet reale che l'avrebbe portato in Nuova Zelanda. Oltre a partecipare alla trasferta della squadra di rugby British and Irish Lions, il principe assolse al suo primo impegno formale come rappresentante ufficiale della regina a Wellington e Auckland nelle cerimonie di commemorazione del sessantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. William stava deponendo corone di alloro quando le bombe terroriste esplosero nel cuore di Londra, uccidendo cinquantadue pendolari. Il bersaglio non erano né i politici né i reali, ma Wills era comprensibilmente preoccupato per Kate. Benché quando non era con lui non fosse autorizzata ad avere alcuna protezione formale, il principe chiese come favore personale che una delle sue guardie del corpo la tenesse sotto controllo. Kate e William erano lontani da meno di tre settimane e già correva voce che la laurea a St. Andrews avesse rappresentato la fine della loro storia d'amore. William lo smentì il 17 giugno quando spedì Kate, insieme a una dozzina di amici, in quello che considerava «il posto più magico del mondo», l'Africa. Era la terza volta che andava a trovare la vecchia amica Jecca Craig alla Lewa Conservancy, la riserva naturale di 140 km quadrati ai piedi del monte Kenya, ammantato di neve; come le altre volte, vi avrebbe trascorso un mese controllando le staccionate, scavando fossi e seguendo le tracce di specie a
rischio di estinzione, come la zebra di Grevy e il rinoceronte nero. Per Kate era il primo viaggio in Africa, e fu subito ammaliata dal fascino di quel continente. La comitiva trascorse il primo giorno salendo a II Ngwes, uno chalet di lusso appollaiato a 1700 m d'altezza sulla riva del fiume Ngare Ndare. Lo chalet era composto di sei casette col tetto di paglia, dette bandas: a Wills e Kate ne fu assegnata una tutta per loro, con un caminetto, un letto (naturalmente) matrimoniale coperto da una stuoia e una veranda con vista mozzafiato sul monte Kenya. Inevitabilmente i tabloid inglesi lasciarono intendere che Kate era andata in Africa per sottrarre il suo uomo alle grinfie di Jecca. Ma non sembrava che Kate fosse preoccupata. Jecca si era innamorata dell'uomo di affari inglese Hugh Crossley che aveva avuto un incidente scalando il monte Kenya e si era fermato nella proprietà dei Craig a trascorrere la convalescenza. I quattro divennero ben presto inseparabili e Kate sfoggiò lo stesso cappello da cowboy ad ampie tese che era diventato l'emblema di Jecca. Lavorare sotto il sole dell'equatore non fu nulla rispetto a quello che dovette affrontare Wills al ritorno in Inghilterra. Prima di potere entrare a Sandhurst, nel gennaio del 2006, dovette superare faticose prove per dimostrare di essere mentalmente e fisicamente adatto al compito. Le prove della Regular Commission Board consistevano nella soluzione di problemi, esami scritti e orali e un corso di assalto. William le superò tutte facilmente, proprio come Harry l'anno precedente, e ora la preoccupazione maggiore era dover fare il saluto militare al fratello minore. «Sono sicuro che non vede l'ora», disse. «Che umiliazione!» Per festeggiare l'ingresso ufficiale all'Accademia di Sandhurst chi avrebbe mai dubitato che ce l'avrebbe fatta? - William invitò Kate a cena al Collection, un ex magazzino e garage della Porsche trasformato in uno dei più animati ristoranti di Chelsea. Da lì passarono alla saletta esclusiva del Purple a bere sambuca e ballare. Il principe girellò intorno al DJ chiedendogli qualcosa di speciale da dedicare alla donna che
ora chiamava apertamente «la mia ragazza». Ballarono al suono di Fall to the Floor degli Stairsailor e I Like the Way (You Move) dei BodyRockers prima di uscire dal locale, all'una e mezzo. Questa volta non fecero alcun tentativo per nascondere che erano stati insieme. Gli impegni di William crebbero presto a dismisura. Il 3 settembre presenziò agli Highland Games in Scozia, seduto nel palco reale di fianco alla regina e al principe Filippo, mentre la sua ragazza faceva shopping da sola a Londra in Kensington High Street. «Passava da uno scaffale all'altro senza guardarmi mai negli occhi», disse una commessa del Topshop, una delle boutique in cui Kate si era recata quel giorno. «Sembrava preoccupata.» Kate era assente quando, qualche settimana dopo, William suonò la sirena del porto di Falmouth per dare il benvenuto all'amico Oliver Hicks, di ritorno dall'avventura che l'aveva portato a percorrere, a remi e in solitaria, l'Oceano Atlantico dal Nord America alle isole Scilly. L'eccezionale impresa era stata compiuta in poco più di quattro mesi. Quando Hicks arrivò in porto remando, parecchie decine di persone si affollarono sul molo per salutarlo. Il miliardario Richard Branson, uno degli sponsor, gli strinse la mano, poi lo spruzzò di champagne. «Dopo», ricordò il navigatore solitario, «arrivò Willy, mi abbassò il berretto sugli occhi e mi portarono al pub.» Ancora una volta la stampa prese l'atteggiamento riservato di Kate come un segno di rottura della coppia. In realtà lei era stata lì, ma lontana dalla folla, per non interferire con il momento di trionfo di Hicks. La coppia passò il week-end con il rematore. «Stanno insieme», affermò Hicks. «Il motivo per cui non confermano la loro relazione è che non vogliono aprire la stagione di caccia alle persone che vorrebbero sapere tutto su di loro.» La sera dopo parteciparono entrambi a Whitehall al gala di beneficenza dell'Istituto per la ricerca sul cancro. Si parlò molto del fatto che fossero seduti a tavoli separati e che William la ignorasse apertamente. Sembrava essere tornato ai vecchi tempi: ballò solo una volta con lei e fece senza vergogna
il farfallone con parecchie ragazze allegre. Mentre William ballava con una bionda molto attraente, Kate rimase seduta in un angolo tenendo il broncio. Kate sapeva perché lui si comportava così, ma sapeva anche di poter fare ben poco. William era stato costretto ancora una volta a rivivere i particolari della morte della madre, questa volta per gli investigatori dell'Operazione Paget. Era da tanto che lord Stevens sapeva di dover interrogare i membri della famiglia reale - in particolare Carlo, William e Harry - per l'indagine ufficiale, e il momento era arrivato. Il primo a essere ascoltato fu William, torchiato per più di due ore da lord Stevens e da due detective di Scotland Yard. La cosa più importante che rivelò fu che non credeva che sua madre avesse intenzione di sposare Dodi Fayed, diversamente da ciò che sosteneva Mohamed al Fayed, il quale ipotizzava che Diana fosse stata assassinata per impedirle di sposare un musulmano. William scaricò la tensione dell'interrogatorio sulla persona a lui più vicina. «Ogni volta che era sopraffatto dalla rabbia per la madre», disse uno dei suoi compagni di Eton, «Wills diventava un po' selvaggio. Beveva di più, stava più dietro alle ragazze. Era il suo modo di dire 'Andate tutti a farvi fottere'.» Il Palazzo gli concesse poco tempo per bighellonare e prima di iniziare il primo trimestre a Sandhurst, fu costretto a fare tre lavori-esperienza diversi. Prima di tutto, in grembiule e con una paglietta in testa, William fece il cassiere del negozio della fattoria di Chatsworth, facente parte dell'omonima proprietà agricola di 14.000 ettari nel Derbyshire. Chatsworth, dimora signorile fra le più imponenti d'Inghilterra, apparteneva al duca e alla duchessa del Devonshire. Come altre tenute del genere, poteva sopravvivere solo aprendo i cancelli a ospiti paganti. Oltre a lavorare nel negozio della fattoria, Wills aiutava il macellaio di Chatsworth a tagliare la carne, piastrellava pavimenti, raccoglieva mele e lavorava in un forno. A differenza di altri dipendenti, però, abitava senza pagare affìtto in una torre da caccia in pietra del XVI secolo su una
scarpata di fronte a Chatsworth House, che di solito veniva affittata a 1.600 sterline la settimana. Dalla camera, cui si accedeva attraverso una stretta scala a chiocciola, si poteva ammirare il panorama a 360 gradi dei campi ben curati della proprietà. Prima di partire per il lavoro successivo, il futuro re scarabocchiò nel libro degli ospiti: «Posto magnifico per abitarci, basta non affrontare le scale quando si è bevuto!» Ricordando con affetto il suo caro Highgrove, versione in scala ridotta di Chatsworth, il principe si firmò, nel libro degli ospiti, semplicemente «Will, Gloucestershire». Il lavoro successivo fu presso la HSBC Investments, una ditta che si occupava di gestione patrimoniale. Wills era «molto desideroso» di lavorare con il gruppo che trattava investimenti di beneficenza: voleva imparare a raccogliere più fondi per varie cause, in particolare per i senzatetto. Il breve periodo a contatto con il settore finanziario gli diede l'opportunità di visitare istituzioni sacre come la London Stock Exchange, i Lloyd di Londra e la Banca d'Inghilterra. L'ultimo compito che gli fu assegnato, alla fine dell'anno, fu quello di fare parte della squadra di soccorso alpino della RAF, nel Galles settentrionale. Diversamente dagli altri incarichi di addestramento al lavoro, questo richiese a William di mostrare alla stampa le abilità appena acquisite, compresa una simulazione di salvataggio di scalatori feriti. Wills, davanti agli scatti delle macchine fotografiche, si calò da un dirupo di 60 m per tentare di stabilizzare una barella contenente una zavorra che simulava una persona. Prima di calarsi dal pendio, con la sua abituale e affascinante spigliatezza, si rivolse ai fotografi scherzando: «Aspettate solo che caschi, vero?» William si era tuffato in queste esperienze di lavoro con il suo caratteristico entusiasmo; tuttavia, ciò che lo irritava maggiormente era il rendersi sempre più conto che la sua vita era nelle mani degli altri, che le onnipresenti «eminenze grigie» avrebbero programmato per lui ogni più piccolo particolare. Kate si trovava ad affrontare il problema opposto. Ora che
lei e Wills non abitavano più insieme, le «eminenze grigie» non si interessavano più a lei. Le guardie del corpo reali che avevano protetto lei e William dalla stampa se n'erano andate. A meno che non fosse in compagnia del principe, Kate non aveva alcun diritto a un trattamento esclusivo o a una protezione speciale. C'erano anche alcune decisioni difficili da prendere, soprattutto su cosa avrebbe voluto fare nella vita. William si lamentava di continuo con lei dei suoi eccessivi impegni e di non poter partecipare alla vita di tutti i giorni. Kate invece, priva di un ruolo ufficiale e senza prospettive di lavoro all'orizzonte, brancolava nel buio. Spinta dal successo della Party Pieces, decise di avviare un'attività propria di design e vendita di abiti per bambini online. Non aveva però considerato che i suoi genitori avevano reso redditizia la ditta iniziando con la vendita per corrispondenza, prima di mettersi nel commercio virtuale. Inoltre, i Middleton erano partiti da zero quando avevano creato il sito della Party Pieces. Trascorsi tredici anni, le probabilità di avere successo creando un sito di vendita su Internet erano solo il 10 per cento, e ancora meno per il mercato dell'abbigliamento per bambini. In mancanza di progetti di riserva, Kate passava il tempo facendo shopping e cercando di inventarsi qualcosa. A Natale del 2005 aveva perso cinque chili e, con l'aiuto della consulente d'immagine Katherine Hooker, si dedicò a scegliere capi d'abbigliamento più raffinati dei semplici jeans, stivali, camicette bianche e gonne scozzesi che aveva indossato fino a quel momento. Gradualmente, in modo quasi impercettibile, Kate si trasformò da studentessa acqua e sapone in una bellezza elegante, raffinata e sicura di sé. Ciò la rese ancora più desiderabile per i paparazzi. «E’ giovane, splendida, e ha davvero le carte in regola per diventare un simbolo della moda», disse uno di loro. «Kate ha tutte le doti di Diana, compresa una personale aria di mistero. Chissà se riuscirà a usarle come fece Diana.» Dato che il suo appartamento si trovava davanti a una fermata
di autobus, Kate era un facile bersaglio. I fotografi, come avevano fatto con Diana, saltavano fuori da auto parcheggiate e siepi e la inseguivano mentre camminava per strada. Una volta si infilò sull'autobus n. 19 per evitarli, ma rimase intrappolata a bordo. Gli incontri romantici fra il principe e la ragazza non erano quindi semplici. In autunno la rivista tedesca Dos Neue pubblicò alcune foto di Wills che usciva dall'appartamento di Kate dopo avervi passato la notte. Chiunque avesse letto la rivista avrebbe individuato con esattezza l'appartamento, tanto più che era stato evidenziato da una freccia rossa e dalla scritta «Il nido d'amore». Kate prendeva con filosofia l'intrusione della stampa. Aveva sempre sorriso quando un fotografo le chiedeva di rivolgere il viso verso la macchina fotografica, non aveva mai aggrottato le ciglia, fatto un gesto scortese o percosso un fotografo - cose che i paparazzi si aspettavano persino da certi membri della famiglia reale. Ma William, preoccupato per la sicurezza di Kate, pretese che Clarence House facesse qualcosa per proteggerla. Entrarono in azione i legali della regina, Harbottle & Lewis, che inviarono una lettera ai direttori responsabili dei giornali per ammonirli di lasciare in pace la ragazza del principe William. Gli avvocati reali accusarono anche numerosi fotografi di molestie contro Kate, in violazione delle norme stabilite dalla Press Complaints Commission. Sempre memore del destino toccato alla madre, William volle fare un ulteriore, più duro passo legale. Si rifece al caso della principessa Carolina di Monaco che aveva ottenuto un'ordinanza del tribunale che proibiva alla stampa tedesca di pubblicare foto sue e dei suoi figli. Se i fotografi avessero continuato a inseguire la sua ragazza, gli avvocati della regina avrebbero portato il caso davanti alla corte europea per i diritti umani. Clarence House fu più che felice di sostenere il principe e inondò gli uffici dei direttori responsabili di minacce e tremende ammonizioni. Tuttavia, con il tempo, l'offensiva si rivelò controproducente. Invece di accusare William, che aveva sempre avuto un buon rapporto con il giornalismo
inglese, la stampa incolpò Kate di essere la persona bizzarra che voleva tenere tutto sotto controllo. «Kate Middleton vuole avere la privacy di una monaca, però sceglie di uscire con il principe William», scrisse il vicedirettore del Sun Fergus Shanahan. «Non può avere tutto dalla vita.» Kate non se la prese e accolse senza lamentarsi le critiche che avrebbero dovuto essere invece rivolte a William. Non disse nulla nemmeno quando, insieme alla ragazza di Harry, Chelsy Davy, fu intenzionalmente esclusa dal ricevimento di Natale della famiglia reale a Sandringham. Diana avrebbe solidarizzato con loro: dopo il divorzio da Carlo lei era stata esclusa da Sandringham e costretta a passare le feste natalizie lontana dagli amati figli. Fino al Natale di quell'anno, il 2005, quando era diventata per matrimonio la seconda donna di rango più alto del regno, anche a Camilla era stato vietato trascorrere le vacanze con i Windsor. Restava da vedere quando - e se - Kate sarebbe stata ritenuta degna del prezioso invito. Per ora celebrava il Natale come sempre, con la sua famiglia a Bucklebury. La ragazza non dovette attendere a lungo per incontrarsi con il suo bel principe. La sera di Capodanno l'accesso alla casa principale di Sandringham era vietato agli estranei alla famiglia, ma i «cottage» - in realtà case per ospiti abbastanza grandi - che costellavano la proprietà, erano un'altra cosa. La coppia festeggiò l'ultimo dell'anno in uno di essi poi, il giorno dopo, partì per la Svizzera. Wills aveva solo una settimana libera prima di entrare a Sandhurst e voleva godersela il più possibile. Alla fine Clarence House fece sapere alla stampa che i due piccioncini erano andati a Verbier, mentre la loro meta era Klosters, lontana più di 300 km. Ci sarebbero voluti due giorni interi prima che li scovassero - un tempo sufficiente per sciare indisturbati finché c'era luce e poi, la notte, ritirarsi nel loro romantico chalet. I due esperti sciatori approfittarono dei pochi momenti di libertà per sciare fuori pista fino a Casanna Alp, poi si fermarono un momento a riprendere fiato e bere qualcosa davanti allo stupendo panorama. Wills attirò a sé Kate e la baciò a lungo.
Purtroppo, però, i paparazzi erano arrivati a Klosters e si erano appostati a poche decine di metri da loro, pronti con i teleobiettivi. Fu la prima volta che Kate e Wills furono ripresi mentre si baciavano e la stampa sfruttò l'occasione al massimo. Il medesimo titolo, sdolcinato ma irresistibile, campeggiò sulle prime pagine di molte riviste: BACIAMI KATE. Le sorprese non finirono lì. Il giorno seguente, prima che Wills partisse per Sandhurst, i due passarono dall'appartamento di Chelsea per «le solite cose»: una doccia, cibo da asporto, un dvd. Le guardie del corpo di William erano segretamente già dentro casa, ma quando Kate aprì la porta e trovò trenta amici che gridavano «Sorpresa!», persino l'uomo di guardia sussultò di paura. Wills si voltò e chiese agli agenti che gli stavano dietro: «Allora? Non sparate?» Prima di andare tutti in un ristorante francese nel cuore di Mayfair di nome Kilo Kitchen & Bar, Kate coinvolse gli amici in un brindisi al successo di Wills come cadetto. Naturalmente il successo era scontato: come re William sarebbe diventato automaticamente comandante in capo delle forze britanniche, con o senza Sandhurst. La festa a sorpresa fu più che un saluto a William: in realtà si celebrava anche il ventiquattresimo compleanno di Kate, che avrebbe avuto luogo due giorni dopo. Purtroppo Will non sarebbe stato con lei a soffiare sulle candeline della torta. All'Accademia di Sandhurst non era permesso uscire per le prime cinque settimane, dedicate all'addestramento dei 269 cadetti. William arrivò a Sandhurst con suo padre sotto una pioggia scrosciante e fu accolto dal comandante dell'accademia, general maggiore Andrew Ritchie. Malgrado le apparenze, Ritchie e gli altri ufficiali vollero chiarire che William avrebbe avuto lo stesso trattamento degli altri cadetti. «Durante l'addestramento siete tutti uguali», disse il tenente colonnello Roy Parkinson. «A chi non sta in riga, gli spezziamo le reni, che sia principe o meno.» William aveva saputo da Harry a cosa sarebbe andato incontro. La prima fase consisteva in un addestramento fisico brutale, fatto di esercitazioni e infinite, maniacali ispezioni
igieniche. Proprio come avevano fatto con Harry, alcuni degli istruttori più anziani sembravano provare un piacere quasi perverso a usare le maniere forti con un membro della famiglia reale. Il legame fra William e Harry si fece più forte quando il sergente istruttore iniziò a chiamarli «Principini del cazzo!» mentre strisciavano sotto il filo spinato e marciavano fino ad avere i piedi sanguinanti. William sopravvisse alle «pene dell'inferno» sofferte nella prima parte dell'addestramento e Kate corse a passare un romantico week-end con lui a Highgrove - una settimana prima di San Valentino. Carlo si era così affezionato alla ragazza del figlio da darle esplicitamente il permesso di dormire nella stessa stanza. Il loro incontro fu macchiato da un altro scandalo imbarazzante, che mise in dubbio la capacità di William di scegliersi gli amici. La sera William e Kate avevano raggiunto l'amico Guy Pelly e i cugini di William Peter e Zara Phillips - figli della principessa Anna al Tunnel House Inn, uno dei loro locali preferiti, nelle vicinanze del paese di Coates, nei Cotswolds. Pelly, che in precedenza era stato incolpato di aver fatto conoscere la marijuana al principe Harry, fumò un joint davanti a tutti. I giornalisti presenti ripresero la scena e la mandarono in onda in tv il giorno dopo. Pelly protestò di essere stato inquadrato mentre una «graziosa ragazza» gli passava qualcosa che pensava fosse una sigaretta. Nessuno insinuò che i reali presenti facessero uso di droghe, ma fu evidente ancora una volta che William si circondava di personaggi sregolati. Per quanto spinoso fosse l'argomento dell'ultimo incidente di droga, non fu niente a paragone di quello che Carole Middleton riteneva il maggior problema della coppia. Quando William era a Sandhurst, lontano da Kate - e lo sarebbe stato per 45 settimane - lei non aveva più il ruolo di ragazza del principe, a meno che non si facessero dei passi per formalizzarlo. Più lei stava a casa a girarsi i pollici, più il pubblico avrebbe avuto la sensazione che non godesse dei favori reali. «E basta poco», disse il noto giornalista inglese Max Clifford, «perché le sensazioni diventino realtà.»
Prima di tornare a Sandhurst, il giorno dopo, Wills promise a Kate che in sua assenza le sarebbe stato attribuito un ruolo pubblico. Ma Kate, trascorso un mese senza che ricevesse inviti dalla famiglia reale, decise di fare di testa sua. Il 17 marzo 2006 si recò con un'amica alla prestigiosa Cheltenham Gold Cup, uno degli eventi di maggior spicco della stagione di corse di purosangue inglesi. Risoluta a non passare inosservata, indossò un lungo cappotto beige, guanti neri e un alto cappello di lince alla cosacca. L'abbigliamento ottenne l'effetto desiderato. Mentre prendeva informazioni sui cavalli nel paddock e si mescolava ad amici tra la folla, i fotografi ne seguivano ogni mossa. Kate fu avvicinata da un assistente del principe Carlo che, infastidito dall'atteggiamento assillante dei reporter nei suoi confronti, le chiese informalmente di raggiungere lui e Camilla nel palco reale. Il comportamento disinvolto e tranquillo di Kate al cospetto del padre e della matrigna di William, pur non essendo lui presente, colpì molti spettatori. Era evidente che anche Carlo e Camilla erano a loro agio in sua compagnia, che la trattavano alla pari, con una famigliarità paterna che non sfuggì ai reporter. Era da parecchio tempo che Kate si era guadagnata l'affetto di Carlo, ma ottenere anche quello di Camilla sarebbe stato un compito impegnativo. La pratica duchessa di Cornovaglia - che adorava «mettere sottosopra» i giardini di Highgrove per farli assomigliare alle amate pozze di fango di Wellington - aveva dimostrato di essere un'abile cortigiana e, per ovvie ragioni, vedeva con sospetto le altre donne. Aveva scarsa considerazione per Diana, tanto da chiamarla «Barbie», e il nomignolo ancora più scortese che aveva affibbiato alla bella tata Tiggy Legge-Bourke - che sia lei sia Diana percepivano come rivale - era «Culona». Pareva che Camilla si fosse infine messa dalla parte di Kate, soprattutto perché la ragazza non somigliava affatto all'altra donna, quella che per lei era una minaccia, tanto da morta quanto lo era stata da viva. Quando Tom Parker Bowles insinuò che l'elegante, bellissima Kate ricordava un po' Diana da giovane, Camilla rispose bruscamente: «Kate e Diana? Sei
pazzo? Kate e Diana non hanno assolutamente niente in comune. Assolutamente!» Il cambiamento di opinione di Camilla risultò subito evidente a Kate. Ora la duchessa spalleggiava la suocera - la regina - nel caldeggiare il lungo amore di William e nel pensare a Kate come futura principessa. «Camilla è molto dolce con me», disse Kate a quel tempo. «È molto affettuosa e divertente, non si prende troppo sul serio.» Eppure, continuò Kate, Camilla era «nervosa» quando doveva far fronte alle incombenze reali. «Non gliene faccio una colpa. È una situazione che intimidisce.» La comparsa di Kate a Cheltenham - la prima volta che fu vista a un evento pubblico insieme a membri della famiglia reale e senza William- fu un vero colpo da maestro. La sua posizione si rafforzò ancora di più il giorno seguente, quando a Wills fu concessa una licenza per andare a Eton per partecipare come ex alunno al Field Game, una via di mezzo fra calcio e rugby. Per far sapere a tutti quanto ci tenessero l'uno all'altra, si abbracciarono e baciarono senza timore di dare spettacolo davanti a centinaia di persone. Il cadetto Wales tirò indietro il capo e rise quando Kate cercò di accarezzargli i capelli rapati acconciatura che, purtroppo, metteva in evidenza l'incipiente calvizie che per due anni William aveva sapientemente nascosto. Ora che non avevano più remore a mostrare in pubblico i loro sentimenti, Wills si preoccupava che i paparazzi diventassero ancora più aggressivi con la ragazza. Mesi prima Kate aveva parlato con gli ufficiali di Clarence House e con gli investigatori di Scotland Yard a capo del gruppo di agenti di sicurezza di William. Essi avevano potuto solo consigliarle alcune misure di sicurezza per proteggersi, fra cui quella di assoldare una guardia del corpo privata. Kate, tuttavia, non se la sentiva di chiederlo ai genitori. A parte il costo, era anche preoccupata di una maggiore invadenza della stampa. «Naturalmente ha ragione», rispose Carlo quando Wills gli spiegò la situazione, chiedendo direttamente al padre di fornire a Kate un agente di protezione della casa reale. «Immagino che si chiederebbero 'Chi cavolo
pensa di essere?', se girasse con una guardia del corpo tutta sua.» Verso marzo 2006 il principe Carlo pagò di tasca sua una guardia del corpo per sorvegliarla «per il novanta per cento del tempo» quando suo figlio non c'era. Come William e Harry avevano più volte sperimentato, le guardie del corpo potevano proteggere i loro clienti da chiunque, tranne che da loro stessi. Il 12 aprile William, Carlo e Camilla, il principe Filippo e la regina - che da quindici anni non visitavano l'accademia militare - andarono a Sandhurst per la cerimonia di consegna del diploma a Harry. Chelsy Davy prese un volo diretto da Cape Town e Kate, per non mettere in secondo piano la ragazza di Harry, scelse garbatamente di rimanere a casa. La cerimonia procedette senza intoppi. La regina, che passava in rassegna i nuovi ufficiali sull'attenti, impassibili, con le spade sguainate, si fermò un attimo davanti al nipote dal volto arrossato e raggiante di gioia. Dopo che tutti i Windsor, con l'uniforme coperta di medaglie, si furono salutati, Harry andò a indossare l'alta uniforme per il costosissimo ballo che si teneva al pianterreno dell'accademia. Ora che era diventato il sottotenente Wales, Harry si comportava in modo inappuntabile. Per William era diverso. Senza Kate a tenerlo a freno, si ubriacava tutte le notti. Per fortuna rimaneva calmo - era noto per mettere fine alle risse quando gli amici, sotto l'effetto dell'alcol, diventavano violenti anche se era piuttosto rumoroso. Rideva a crepapelle per le barzellette sporche dei commilitoni e le ripeteva con quanto fiato aveva in gola. Poi barcollava sulla pista da ballo, buttandosi sui ballerini e rovesciando involontariamente i tavolini. La sua maggiore scorrettezza era forse di ridere troppo quando i cadetti facevano la pesante imitazione di un generale, alla quale aggiungeva una versione personale ancora più oltraggiosa. Seccato dal comportamento di William, una sera un ufficiale lo prese in disparte e gli ordinò di tornare in caserma. Il mattino seguente il comandante Ritchie, infuriato, telefonò a Clarence House e disse al principe Carlo che era «inaccettabile» un comportamento così «grossolano e maleducato» in un ufficiale -
e che, se si fosse ripetuto, William sarebbe stato condannato all'espulsione. La minaccia non bastò a far mettere giudizio a William, anche se era sempre vissuto nel timore di deludere la famiglia. La notte successiva alla cerimonia dei diplomi la festa continuò al Boujis, dove i principi bevvero Crack Baby e Crack Daddy (doppio Crack Baby) fino all'alba. La mattina dopo le riviste scandalistiche pubblicarono le foto dei due principi ubriachi fradici e delle loro accompagnatrici egualmente sballate che uscivano incespicando dal locale. Altrettanto allarmante fu il conto del bar: 2.700 sterline. Il fatto non passò inosservato alle autorità militari di Sandhurst. Neanche la nonna di William lo trovò divertente. «Quando io e mia sorella eravamo giovani», disse la regina, «andavamo a far festa a casa di amici e ci divertivamo moltissimo. Non passavamo la notte nei locali del West End.» Non era la prima volta che William ostentava atteggiamenti provocatori: divertirsi smodatamente in pubblico era uno dei suoi sistemi preferiti per deridere l'autorità quando si accorgeva di perdere il controllo della propria vita. Di sicuro sentiva la pressione del pubblico perché sposasse Kate ma, aveva assicurato, quella era una decisione che avrebbero preso loro stessi. Un altro problema importante - e frustrante - era l'autorizzazione ad andare a combattere con i suoi commilitoni in Iraq o in Afghanistan. Come Harry, William dopo il diploma aveva continuato a chiedere di essere assegnato a una zona di guerra. «Nonnina» era contenta di poter evitare di decidere lei stessa. Il governo e le forze armate avrebbero stabilito se potesse valere la pena correre il rischio di un eventuale sequestro e successiva decapitazione registrati su videotape. Al momento opportuno Harry avrebbe avuto la possibilità di andare a combattere con i suoi compagni d'armi, mentre William non aveva scelta. Per quanto ci tenesse a partecipare a un'azione di guerra, le forze armate non volevano mandare l'erede al trono in una zona pericolosa. Kate fu comprensibilmente sollevata: l'uomo che amava non
sarebbe mai stato sotto il fuoco delle armi nemiche. Ma era anche preoccupata che la sempre maggiore frustrazione di sentirsi inutile come militare scatenasse in lui un altro desiderio: quello della velocità. Persino al volante della sua tranquilla Golf William era imprudente, a volte aggressivo. Cinque anni prima aveva cercato di investire lord Bathurst, un vicino di Highgrove, di 76 anni. La versione dell'anziano signore era stata: «È salito sull'erba per farmi paura... Pensavo si fermasse... Non so chi fosse!» Il grande amore di Wills erano però le moto. Sotto il casco era irriconoscibile e libero, e ora possedeva due moto di grossa cilindrata in grado di raggiungere i 260 km/h: un'Honda CBR 11OXX Blackbird e una Yamaha R1. All'inizio, come sempre, Kate ebbe qualche esitazione a dire a William che cosa fare. Sapeva che in tre occasioni era andato così forte da seminare le guardie del corpo: gli disse allora che non voleva che rischiasse in quel modo e lo supplicò di andare più piano. William era sottoposto a un incredibile carico di frustrazioni: ecco perché alle feste si comportava in modo sfrenato e guidava troppo velocemente. I suoi famigliari conoscevano questo lato della sua personalità solo dalle pagine dei giornali. Una settimana dopo la notte selvaggia al Boujis, diffusamente descritta dalle riviste scandalistiche, William diede un esempio di dignità al ricevimento per gli ottant'anni della regina, nella stanza da pranzo rivestita di pannelli bianchi dell'appena ammodernato Kew Palace. All'altro lato di «Nonnina» sedeva Carlo, che chiacchierò amabilmente con lei fino al momento del brindisi. Il posto assegnato a William, di fianco a Sua Maestà, non era semplicemente simbolico: il principe era non solo il secondo pretendente al trono in linea gerarchica, ma anche il preferito dai sudditi, benché Carlo, che aveva atteso più di qualunque altro erede per subentrare alla madre, non aveva alcuna intenzione di farsi da parte. Come aveva detto a Diana quando lei aveva affermato che non era adatto a essere re: «Io non mi sposto di qua». Tuttavia, dato che il periodo che Carlo avrebbe passato sul trono sarebbe stato quasi sicuramente breve - prima di
diventare re avrebbe superato abbondantemente i sessant'anni e forse anche i settanta - il regno di William sarebbe stato lungo. Alla luce di queste considerazioni e del desiderio che la monarchia superasse le soglie del XXI secolo, la regina invitò il nipote a un incontro segreto per progettare il futuro del regno. La regina era presidentessa del Way Ahead Group, un'associazione fondata nel 1992 e composta dai membri della famiglia reale più autorevoli e da sei anonimi consiglieri anziani. Per rendere la monarchia indipendente dall'influenza politica, nessun membro del governo - compreso il primo ministro - era informato di ciò che avveniva durante le riunioni a porte chiuse del gruppo. Molte decisioni prese dal Way Ahead Group avevano avuto grande importanza in passato - dal consenso della regina a pagare le tasse sul reddito ai passi fatti per porre fine alla primogenitura, la norma secolare che antepone i figli maschi alle femmine nella linea di successione al trono. Essere ammessi nel santuario in cui si prendevano le decisioni reali - FM15 bonificava il salone delle conferenze di Buckingham Palace dalle microspie prima dei due incontri semestrali - era un innegabile onore. Significava però che ci si aspettava che il principe assumesse maggiori responsabilità reali, anche se era addestrato a fare il soldato. «Sta diventando», disse William a Guy Pelly, «un po' troppo faticoso.» Alla fine di aprile del 2006 William approfittò di un'interruzione dell'addestramento a Sandhurst per portare con sé Kate in un'altra avventura, questa volta nell'esclusiva enclave dell'isola di Mustique, nelle Grenadine. Mustique (variante francese della parola mosquito) era legata alla monarchia inglese sin dal 1950, quando il magnate immobiliare inglese Colin Tennant - ora lord Glenconner acquistò l'isola di 566 ettari e ne diede una piccola parte alla sorella ribelle della regina, la principessa Margaret. Benché su Mustique non ci fosse niente di più bello dell'edificio a cupola, degno di Ali Babà, Les Jolies Eaux, quello della principessa non era da meno. Mentre costruiva la sua villa
sontuosa, la principessa Margaret si innamorò del progettista di giardini Roddy Llewellyn, di diciassette anni minore di lei. La scandalosa storia d'amore ebbe come conseguenza il divorzio da lord Snowdon e inserì Mustique nell'elenco dei nascondigli delle persone notoriamente ricche e famose. Mick Jagger comprò casa a Mustique nel 1971 e ben presto lui, David Bowie e gli altri 70 residenti dell'isola ce la misero tutta per mantenere «veramente privato» il loro paradiso privato. Un'eccezione, ovviamente, venne fatta per William e Kate. In cambio di una donazione per un ospedale della vicina St. Vincent, gli stilisti John e Belle Robinson, proprietari della firma Jigsaw, per la cifra di 10.000 euro la settimana affittarono alla coppia villa Hibiscus, la loro tenuta circondata da mura, in cima alla collina che dà su Macaroni Beach. Idillicamente liberi dagli occhi indiscreti della stampa, Kate e William trascorsero una settimana divertendosi negli azzurri frangenti cristallini, sfidando a tennis il miliardario (segue) inserto fotografico a colori foto1 senza didascalia foto 2 e 3 Nel 1987, durante una seduta fotografica con la famiglia reale spagnola, Diana cerca di tenere fermo il piccolo William che si divincola. In quello stesso periodo Kate, nel paesino di Bucklebury, nel Berkshire (in questa foto di scuola ha sette anni), si diverte a vestirsi da principessa. Di lì a poco avrebbe appeso il poster del giovane principe sulla parete della sua camera. foto 4 foto Kate e la madre Carole, ex hostess che ha accumulato un patrimonio vendendo accessori per feste di bambini, guardano William giocare al Beaufort Polo Club vicino a Highgrove. foto 3 e 4 Le malelingue cominciarono a chiacchierare quando William si presentò al matrimonio dell'amico Edward van Cutsem, nel giugno del 2005, non con Kate ma con la bella africana Jecca Craig. Per dimostrare di non avere niente da temere, Kate adotterà il look di Jecca e si presenterà in pubblico con un cappello da cowboy della stessa marca. foto 5 e 6 St. Andrews University, 23 giugno 2005. «Nonnina» appare raggiante alla laurea di William e di Kate, sua
compagna di appartamento all'università per tre anni. foto 7 e 8 Ostentando i capelli rasati da cadetto di Sandhurst, William mostra apertamente per la prima volta gesti affettuosi nei confronti di Kate durante una partita fra ex studenti di Eton, nel marzo del 2006. Quella stessa primavera Kate avrà un importante successo personale indossando uno straordinario abito da sera di BCBG Max Azaria durante un incontro della Boodles Boxing Ball all'Hotel Lancaster di Londra. foto 9 e 10 La ragazza di Harry, Chelsy Davy (a sinistra) e la cugina di Wills, Zara Phillips, insieme con Kate a bordo campo durante un match della Rundle Cup di polo cui partecipano entrambi i principi, nel giugno del 2006. Quando, due settimane dopo, Kate prenderà parte al matrimonio della figlia di Camilla, Laura Parker Bowles, sarà chiaro come il sole che William le avrebbe chiesto di sposarlo. foto 11 e 12 William e Kate nuotano presso una spiaggia nudista e poi si rilassano sullo yacht noleggiato per una vacanza a Ibiza, nel 2006. Il loro ospite, lo zio di Kate Gary Goldsmith, sarà poi coinvolto in un grosso scandalo di sesso e droga. foto 13 e 14 Nonostante gli fosse stato proibito di combattere in Afghanistan come Harry, Will Wales prende segretamente parte alle esercitazioni di Cipro alla fine del 2006. Poche settimane dopo, a Sandhurst Kate - scortata dal padre Michael e dalla mamma Carole - partecipa alla cerimonia di consegna del diploma a William. Il principe fa di tutto per rimanere serio mentre «Nonnina» passa in rivista le truppe. foto La coppia è presa d'assalto, come sempre, all'uscita dal nightclub londinese Boujis. Le cose si metteranno male quattro giorni dopo, in occasione del venticinquesimo compleanno di Kate, anche se lei cercherà di mantenere il sorriso davanti ai fotografi che le si accalcano intorno. Temendo che possa subire la stessa sorte della madre, William sguinzaglierà i suoi avvocati contro la stampa.
foto La convinzione che Kate sarebbe diventata presto la moglie di William ha spinto la catena di negozi Woolworth a iniziare a vendere souvenir sin dal 2007. foto Sulle piste da sci, nel marzo del 2007. foto Sei giorni dopo questo scatto, verranno fotografati in Svizzera mentre si baciano. Eppure, alla corsa di cavalli del Cheltenham Festival di quell'anno, si avverte una strana tensione. Sarà la loro ultima foto insieme prima che si lascino inaspettatamente nell'aprile del 2007. foto Kate entra a testa alta società londinese, sovente con la sorella Pippa. Si allena anche ad attraversare il canale della Manica con a Sistcrhood, una squadra femminile di canottaggio. Naturalmente al timone c'è lei. foto Sola e senza la protezione della polizia, Kate continua a essere presa d'assalto dai paparazzi. Il giorno che la separazione fu resa pubblica, raccolse tutte le sue cose in uno scatolone e le portò a casa dei genitori. foto Alla corsa di cavalli del Cheltenham Festival, dove l'anno precedente lei e Wils erano stati visti accigliati e sull'orlo della rottura, Kate torna a esultare per il cavallo vincente. foto Durante il concerto delle star in occasione del decimo anniversario della morte di Diana, allo sci-dio di Wembley, Kate (a destra, accanto al fratello James, in blazer) dà un'occhiata dal suo discreto posto in terza fila per vedere dove si trova Wills. Nessuno sapeva che la coppia, poi vista uscire di un club di Londra, si era rimessa insieme. foto Durante l'addestramento per diventare pilota di elicotteri della RAF, Wills si caccia nei guai per aver sorvolato la casa dei Middleton, Highgrove e il castello di Windsor, a spese dei contribuenti. Tutto sarà dimenticato non appena riceverà il brevetto di pilota dalle mani di suo padre, il principe Carlo foto Già presente in numerose classifiche delle donne meglio
vestite, Kate crea scompiglio indossando un abito da sera rosa shocking alla Boodles Boxing Ball. Con grande gioia di Harry, Kate e Camilla, è la volta di William, investito dell'Ordine della Giarrettiera al castello di Windsor, di sfoggiare una tenuta appariscente. foto Wills festeggia i suoi ventisei anni con un picnic al Beaufort Polo Club mentre scroscia la pioggia. Nella tenda Harry guarda da un'altra parte mentre Babykins e Big Willy si godono un momento di tenerezza. foto Prima ancora dello spettacolare capitombolo sulla pista di pattinaggio Kate era l'attrazione principale del DayGlo Midnight Roller Disco, evento londinese creato per raccogliere fondi per un nuovo reparto dell'Oxford Children's Hospital. Kate la butta sul ridere, e viene rialzata dallo stesso organizzatore della manifestazione, Sam Waley-Cohen. foto Con una barba da vero lupo di mare dopo settimane di servizio in Marina, nel Natale del 2008 William raggiunge il resto della famiglia reale a Sandringham, senza Kate. foto Fu lo stesso principe Filippo a insegnare a sparare con il fucile a Kate, ospite in diverse occasioni a Sandringham. Qui è insieme con William alla caccia del gallo cedrone in Scozia, nel 2009. foto Dopo essere rimasti rintanati per mesi, Kate e William alla fine escono insieme nel maggio del 2009 per assistere a una gara di polo ad Ascot. Un fotografo coglie un bacio rubato nel parcheggio, dopo una cena al Potting Shed Pub, nella cittadina di Crudwell. foto «Chi? Io?» Al matrimonio dell'amico Nicholas van Cutsem, nell'agosto del 2009, lo sposo ha detto a Wills: «Il prossimo sei tu». Un collega, pilota di operazioni di salvataggio, durante la cerimonia di diploma di pilota di elicotteri della RAF, nel gennaio del 2010, ha affermato: «Sono assolutamente inseparabili». Ciò è evidente anche tre mesi dopo, quando partono insieme per un viaggio in motoslitta a Courchevel, in
Francia. foto Fanatico delle moto di grossa cilindrata (ne possiede due), capace di raggiungere velocità di 250 km/h, William - qui fotografato in una gara in Africa - conta anche sul fatto che nessuno lo può riconoscere quando indossa il casco. Con il sostegno della regina, Kate l'ha supplicato di moderare la velocità. termine dell’inserto fotografico Richard Branson, vecchio residente dell'isola, giocando a beach volley con gli abitanti del posto e sorseggiando margarita e mai tai negli unici due bar dell'isola: il Firefly e il Basili Bar. Mentre Kate si piegava in due dalle risate, Wills eseguiva vergognose interpretazioni di My Way di Frank Sinatra e Suspicious Mind di Elvis Presley, quest'ultima accompagnata da inappropriati avvitamenti e spinte del bacino. Al loro ritorno in Inghilterra furono accolti da foto che li ritraevano in costume da bagno mentre facevano la doccia sul ponte di coperta di uno yacht. Fu subito evidente che Mustique non era a prova di paparazzi come tutti ritenevano. William continuava a essere in fermento, non tanto per l'intrusione nella propria vita privata quanto per la perdita di quella di Kate. «Non dovrebbe», disse ai suoi sorveglianti a Clarence House, «essere costretta a perdere la sua privacy per colpa mia.» Mentre gli avvocati della Corona cercavano una soluzione al delicato problema, la coppia apparve di nuovo in pubblico in un'occasione importante: il matrimonio della sorellastra di William, Laura Parker Bowles con Harry Lopes, nipote dell'ultimo lord Astor di Hever ed ex modello di intimo per Calvin Klein. Wills e Kate erano già stati insieme a un matrimonio di aristocratici, ma le nozze Lopes-Parker Bowles furono il primo invito ufficiale all'interno della famiglia reale. Kate, con un soprabito color crema che metteva in risalto la sua tintarella e un singolare cappellino ornato da piume di struzzo, diede all'evento un innegabile tocco di classe. Quando lei e l'altrettanto abbronzato principe William si incamminarono
verso la chiesa di San Ciriaco, nel paesetto di campagna di Lacock nel Wiltshire, l'effetto fu prevedibile. «C'era», ricordò la pastora Sally Wheeler, «un brusio terribile.» Kate mantenne vivo il brusio anche dopo che William fu tornato a Sandhurst continuando a frequentare le feste e dando l'impressione di non avere nessuna intenzione di cercarsi un lavoro retribuito. Presenziò al lancio di una nuova boutique di alta moda e qualche notte dopo richiamò ancora l'attenzione, questa volta andando a fare il tifo per il vecchio amico di Will, Hugh van Cutsem, che partecipava a un incontro di boxe, pezzo forte del Boodles Boxing Ball. Ad ascoltare i racconti del giorno dopo, i giornalisti sembravano più interessati a ciò che indossava Kate - un vestito da sera azzurro fiordaliso del sarto americano BCBG Max Azria - che al vincitore dell'incontro di boxe. A una festa a Wimbledon, organizzata dall'onnipresente Richard Branson, Kate si presentò di nuovo senza il principe. Il suo sostituto sulla pista da ballo era il solito buffone di corte Guy Pelly. Malgrado le sue stravaganze capaci di catturare la prima pagina dei giornali, Pelly era una delle poche persone a cui Wills affidava volentieri Kate. Quell'estate nella girandola di banchetti nuziali e feste di ogni genere ci furono anche momenti di tristezza. All'inizio di luglio William e Harry parteciparono ai funerali del padre di Camilla, il maggiore Bruce Shand. Tipico gentiluomo inglese, il maggiore Shand si era trasferito a Clarence House presso la figlia ed era considerato dai giovani principi quasi un nonno. Nello stesso periodo entrambe le nonne di Kate lottavano contro la morte. La madre di Carole, l'accanita fumatrice Dorothy, matriarca risoluta che aveva trasferito le proprie ambizioni sociali ai figli, combatté quattro mesi contro un tumore ai polmoni prima di soccombere alla malattia, il 21 luglio 2006, all'età di 71 anni. «Dorothy era partita da zero, ma si era sempre comportata come una regina», disse un cugino Goldsmith. «Era terribilmente eccitata al pensiero che una sua nipote potesse diventare una vera
regina.» Per quanto riguardava il ruolo di Dorothy nell'arrampicata sociale della famiglia, «Dorothy spingeva Carole e Carole, di fatto, incoraggiava Kate. Non sarebbe successo niente se non fosse stato per Dorothy». Da Sandhurst, William fece del suo meglio per consolare Kate. Dato che sarebbero passate settimane prima di rivedersi, la loro ancora di salvezza era il cellulare: si parlavano due o tre volte al giorno e si mandavano continuamente messaggi. Avendo saputo che William si era stirato un tendine, Kate gli aveva mandato un messaggio di conforto. Quando andò a controllare gli sms, tuttavia, sembrava che quello di Kate - che William doveva ancora leggere - fosse già stato memorizzato nella casella di posta, come se fosse già stato aperto e salvato. Anche il cellulare degli assistenti principali di William e di Harry aveva lo stesso problema, ma all'inizio pensarono che si trattasse di un difetto tecnico. Quando però i particolari della lesione al ginocchio - noti soltanto a tre o quattro persone furono pubblicati dal News of the World, William fu certo di avere il telefono sotto controllo. I suoi sospetti furono confermati quando le bravate di Harry in un locale di striptease furono riportate da un titolo del Sun: HARRY AFFONDA LA FACCIA NELLE SUPERTETTE DI MARGOT. LA SPOGLIARELLISTA È RABBRIVIDITA, IL PRINCIPE SI È FATTO UNA RISATA. Chelsy mandò al diavolo il fidanzato per essersi comportato da stupido, ma fu il messaggio inviato dal cellulare di William a finire sul News of the World. Sotto il titolo: CHELSY STRAPPA UN PEZZO DI HARRY, l'articolo citava parola per parola il messaggio spedito da William. A metà agosto tre persone furono accusate di essersi procurate i PIN e di essere penetrate abusivamente nei cellulari di William, Harry e dei loro assistenti. Uno di loro era il redattore degli affari reali di News of the World, Clive Goodman, che alla fine si dichiarò colpevole del reato di intercettazione. In condizioni normali per William sarebbe stato il momento buono per gongolare. Aveva sempre sospettato che la stampa non si sarebbe fermata davanti a niente pur di invadere la sua privacy, e questa ne era la prova.
Purtroppo, il 16 agosto 2006 sulla copertina del Sun apparvero delle foto di Harry che palpeggiava il seno della cronista sportiva Natalie Pinkham mentre William, sbronzo, lo stava a guardare. I titoli che accompagnavano le foto: HARRY LO SPORCACCIONE e I BOOZE BROTHERS - per non parlare di altre istantanee in cui gli stessi si divertivano con numerose ragazze poco vestite - fecero imbarazzare i principi e infuriare il Palazzo. Prima che i superiori militari dei principi li ammonissero, però, si venne a sapere che le foto incriminate erano state scattate alla festa di compleanno della Pinkham tre anni prima. Chelsy Davy poteva stare tranquilla: le foto erano state fatte molto prima che lei e Harry stessero insieme. Per William era diverso: lui era già nel pieno della sua relazione con Kate. L'«erede» colse l'occasione per recuperare portandola con il suo jet privato nell'isola di Ibiza. Insieme a quattro agenti della scorta e a una decina di amici noleggiarono uno yacht per andare nella vicina Espalmador. Lì visitarono i famosi bagni di fango dell'isola disabitata: si impiastricciarono coraggiosamente di materiale appiccicoso nero e rimasero immersi fino al ginocchio nella corrente. Kate preferì non aggregarsi e rimase sullo yacht ad abbronzarsi. Durante la settimana trascorsa a Ibiza la coppia fu ospite del fratello minore di Carole Middleton, Gary Goldsmith. La sua villa rosa del valore di 6 milioni di euro era situata in cima a una collina che sovrastava la spiaggia più trendy dell'isola, Cala Jondal. Non era difficile trovare la casa di Goldsmith: su una parete esterna erano spruzzate a vernice dorata le iniziali GG (tatuate anche sulla spalla destra di Gary). Un altro muro a stucco era decorato con il «credo» del proprietario: È IL MONDO DI GARY CI SIETE DENTRO. Fondatore della Computer Futures, una ditta che assumeva personale per l'industria dei computer, stando a quanto si dice Gary Goldsmith riuscì a guadagnare poco meno di 40 milioni di sterline quando la ditta fu venduta, nel novembre del 2005, per più di 250 milioni. A 41 anni lo zio Gary possedeva numerose proprietà, compresa una residenza a Londra del
valore di 1,3 milioni di sterline. In seguito a due matrimoni falliti, tuttavia, trascorreva la maggior parte del tempo qui, nel palazzo del piacere che aveva battezzato, senza molta delicatezza, «La Maison de Bang Bang». Non appena il gruppo di amici salì la scalinata che portava alla porta principale della villa, Kate comprese che il soggiorno con il suo grasso e calvo zio sarebbe stato problematico. Il cartello con la scritta LA MAISON DE BANG BANG suscitò in William e in due suoi amici, seguiti a qualche metro dagli uomini della scorta, una ridarella adolescenziale. I giovani, trovando in casa solo la donna di servizio, poterono osservare indisturbati l'arredamento kitsch: un piano a coda bianco, molti flipper e videogame, un Jukebox degli anni Cinquanta, un mosaico in ceramica di Monna Lisa e, appoggiata alla parete del salone, una moto Raleigh rosa del 1980 decorata con l'inevitabile sigla GG in oro. Le più preoccupate per l'evidente mancanza di sicurezza erano le guardie del corpo. In casa non c'erano sistemi di allarme, cani da guardia, mura o cancelli e neppure telecamere di sorveglianza. Si scoprì poi che era il minore dei problemi. In attesa che arrivasse il padrone di casa, William e Guy Pelly tirarono una palla in salotto e colpirono inavvertitamente una vetrinetta contenente la collezione di piramidi di vetro di Gary. Molte di esse caddero a terra in mille pezzi. Quando arrivò Goldsmith, osservò il danno e andò direttamente dal principe William. «Brutto stronzo», sbraitò, le prime parole, si vantò poi, che avesse rivolto al principe. «Hai rotto tu le mie piramidi di vetro?» Davanti a Kate impietrita, William si scusò e Goldsmith cambiò subito argomento: «Allora, che ne pensate di questo posto?» domandò agli ospiti. «La Maison de Bang Bang», rispose Wills. «Un nome che si ricorda. Hai avuto tu l'idea?» «Beh, io avrei preferito 'Can Aveline' che si pronuncia 'Can I have a line'», disse Goldsmith, alludendo pesantemente all'uso di cocaina. «Oppure 'Cumalot'» In pratica, orgasmi a ripetizione. La reputazione di Goldsmith come organizzatore delle feste più
dissolute di Ibiza era ben meritata. Il proprietario di «La Maison de Bang Bang» non solo era un estimatore della pornografìa e frequentava i più volgari sexy show dal vivo dell'isola, ma si vantava anche di pagare 1.000 dollari a notte le prostitute locali di cui era cliente. «Dì che conosci Gary di Cala Jondal», disse allungando a un nuovo amico il nome e il numero di telefono del suo magnaccia preferito. «Da queste parti è pieno di ragazze brasiliane.» Ma ancora più preoccupante era l'atteggiamento noncurante di zio Gary nei riguardi delle droghe. Da una scatola di legno intagliato Goldsmith tirò fuori e cominciò a distribuire tranquillamente marijuana, cocaina (che sniffava usando una banconota da cento euro arrotolata) ed ecstasy («Due pasticche», spiegava a un ospite premendogliele nel palmo della mano. «Prendine mezza per volta, ogni ora.»). Lo zio di Kate era una specie di esperto del consumo di droghe. A chiunque lo stesse a sentire dava consigli su come far durare più a lungo una dose di cocaina («Se la metti su una pietra calda, la quantità iniziale triplica») e come consumare l'ecstasy («Mai sniffarla, questa. Non è roba tagliata... Se ne prende una pasticca per volta»). Pur non spacciando direttamente, dava a chiunque l'indirizzo dei suoi fornitori, sia di Londra sia di Ibiza, «Se hai bisogno di qualcosa, rivolgiti pure a me», disse a un ospite appena arrivato da Londra. «Conosco una ditta che ti porta tutto a domicilio... Ti posso procurare la cocaina anche qui.» «Era una persona divertentissima e molto premurosa», disse un amico alla scrittrice Rebecca English. «Come tante persone che animano le feste, però, aveva un lato molto oscuro.» Così come si era comportato con tanti amici che abusavano di sostanze stupefacenti, William preferì far fìnta di niente. Le sue guardie del corpo, invece, la pensavano diversamente. «Non si può vivere in mezzo alle droghe e alle prostitute senza avere un sistema di sicurezza. Era pazzesco che il principe William volesse stare lì, ma non voleva offendere la sua ragazza.» Comunque, sembrava che William e Kate si divertissero alla «Maison de Bang Bang», specialmente quando passavano di lì
amici isolani di Gary che spiegavano a Wills come mixare i brani sulla consolle da DJ di Goldsmith. «Era un vero talento», ricordò poi Gary. «E gli dicevano che doveva urlarci su: 'Il re è in casa!'». Kate pensava che la stampa avrebbe potuto sguazzare come non mai in tutto quel casino. Quando William e Pelly cominciarono a correre a tutta velocità in motorino per le strade dell'isola, uscì di casa per dar loro una lavata di capo. «Dobbiamo stare attenti», disse. «State dietro casa e smettetela di comportarvi così.» L'ospitalità di Gary a Ibiza fu ricambiata dalla stretta cerchia di amici di William e Kate. Ogni tanto andava a pranzo con loro a Londra o rimaneva a cena a casa dei Middleton, a Bucklebury. La presenza di William alla tavola dei Middleton era diventata molto frequente da quando aveva iniziato l'addestramento militare. Quando non trascorreva il week-end con Kate nell'appartamento di Chelsea, faceva i 50 km che separavano Sandhurst da Oak Acre, a Bucklebury, in auto. Il matrimonio turbolento dei suoi genitori, pieno di risentimento e sofferenza, gli faceva apprezzare ancora di più l'apparentemente perfetta vita famigliare dei Middleton. William stava bene in loro compagnia e veniva trattato come uno dei loro. Alla fine, William cominciò a chiamare Michael «papà». Un ospite della famiglia notò che l'atmosfera era «rilassata, sciolta, a volte si scambiavano battute piccanti». Persino il non certo signorile Gary rimase sorpreso quando, al dessert, l'argomento della conversazione si spostò sul seno di Kate. «Parlavano di tette, quella volta», ricordò Goldsmith, «a tavola, a casa di mia sorella.» Quando Kate si lamentò della misura delle sue, il principe disse che non ne voleva sentir parlare. Secondo Gary, William sostenne che «più grandi di quanto possano stare in una mano, non servono a nulla». Scherzando, Gary aveva rimproverato il principe non solo di usare quel linguaggio davanti a Carole, ma di farlo per parlare della figlia. «Devi metterti il fazzoletto della vergogna», intonò Gary rivolto a William, e lui si avvolse il tovagliolo intorno al capo e lo chinò con espressione contrita.
Effettivamente, fino al settembre del 2006 parve che William e Kate resistessero bene alla nuova situazione. Prima che lui tornasse a Sandhurst dopo la pausa idilliaca di Ibiza, si fermarono ancora una volta al Boujis. Stavolta, quando lasciarono il locale alle 3 e mezzo di notte, non tentarono nemmeno di evitare i paparazzi, anzi, risero e si azzuffarono scherzosamente fra loro sul sedile posteriore della Range Rover nera, per la gioia dei fotografi. Cinque giorni dopo il mondo reale si intrufolò di nuovo nella vita di Kate: la nonna paterna, Valerie Middleton, morì di linfoma a 82 anni. Nel frattempo la nonna di William stava venendo incontro a Kate. La regina aveva sempre desiderato che William e Harry usassero la sua amata residenza di Balmoral, ma la casetta che aveva loro destinato stava diventando troppo stretta per i principi e le loro fidanzate. Decise allora di assegnarla tutta a Harry e di dare a William l'abitazione del guardiacaccia, appena restaurata, in una zona di Balmoral nota come Brochdhu. Oltre il portone blu brillante del cottage in pietra grigia vi erano quattro caminetti e tre camere da letto con bovindi, al piano superiore. La regina aveva pensato a un rifugio romantico per la coppia, un luogo ideale per passare la luna di miele. Ma aveva fatto anche qualcosa di più. Poiché alle coppie reali appena sposate si conferiscono per tradizione titoli nuovi, aveva pensato a lungo come chiamare William e sua moglie. Aveva fatto fare una ricerca ai suoi dipendenti e quindi, tra i titoli disponibili, ne aveva scelti due che riteneva molto appropriati per dei futuri regnanti. Secondo i funzionari di grado superiore del Palazzo, William e Kate avrebbero potuto diventare il duca e la duchessa di Cambridge. Due possibilità di riserva erano: duca di Clarence (benché questo titolo fosse stato disonorato dagli scandali legati all'ultimo duca: il principe Albert Victor, figlio di Edoardo VII), oppure duca del Sussex, titolo più adatto a Harry quando si fosse sposato. Per William anche la più normale passeggiata tra la folla o un taglio di nastro sembravano carichi di significato. Quando venne riaperto il reparto maternità Winnicott del St. Mary's Hospital di Londra - proprio quello in cui era nato lui - le
infermiere gli misero un neonato fra le braccia. Wills strabuzzò gli occhi nel vedere ciò che era scritto sulla maglietta della piccina: PICCOLA PRINCIPESSA. Quando gli chiesero se essere circondato da bambini gorgoglianti gli facesse venir voglia di averne uno, Wills si tirò indietro. «Non lo so», replicò, «non ancora.» Essere madre era l'ultimo dei pensieri di Kate. Aveva problemi più immediati. Se ci si aspettava che lei stesse in disparte ad aspettare, l'avrebbe fatto, ma nel frattempo voleva guadagnarsi uno stipendio. Nei mesi successivi alla loro vacanza nella villa di Belle e John Robinson a Mustique, Kate aveva partecipato agli eventi della catena di negozi Jigsaw dei Robinson. Contattò allora direttamente Belle per chiederle aiuto. «Voleva davvero un lavoro», disse Belle Robinson, «ma bisognava che fosse un lavoro flessibile per continuare ad avere una relazione con un uomo di altissimo rango e una vita impossibile da tenere con ordine.» Kate firmò il contratto con la Jigsaw a fine novembre come assistente agli acquisti per la linea di accessori per bambini della compagnia. Il fatto che ora facesse parte della forza lavoro non rese Kate meno appetibile agli occhi dei paparazzi. Alla fine di ogni giornata di lavoro un gruppo di fotografi, fermi in fondo alla strada privata che portava all'ingresso principale della Jigsaw, attendeva l'assistente agli acquisti part-time più famosa del mondo. «Vuoi uscire dalla porta sul retro?» le chiese Belle Robinson il primo giorno di lavoro. «Credo proprio», rispose Kate con un sospiro, «che ci daranno la caccia finché non avranno ottenuto la foto. Quindi è meglio che vada, gliela lasciamo fare e poi ci lasceranno in pace.» La Robinson fu molto colpita: «Ho pensato che fosse assai matura per l'età che aveva», disse, «e anche molto abile sia a non corteggiare la stampa sia a non prenderla in giro». Kate si era dimostrata molto più smaliziata di William, Harry o del principe Carlo nell'addomesticare i giornalisti. Quando William la invitò, all'inizio di dicembre, a partecipare alla caccia insieme
ai reali a Sandrigham, si mise in testa di voler essere fotografata mentre camminava per la campagna dietro al principe, armato di fucile, portando un paio di fagiani che lui aveva appena abbattuto. Come era prevedibile, le immagini di Kate sorridente che teneva tra le mani cinque o sei uccelli morti fecero infuriare gli stessi gruppi animalisti che denunciavano sistematicamente i reali per il loro amore per la caccia. «E’ rivoltante», disse Andrew Tyler, capogruppo di Animai Aid. «Speravo che facesse discorsi sensati con William... invece, purtroppo, sostiene questa tradizione violenta e sembra felice di far parte dell'ultima generazione di entusiasti per gli sport sanguinari.» Quelle foto provarono anche a tutti - compresa la regina - che Kate si era adattata perfettamente alla vita della famiglia reale. «Penso che sappia esattamente quel che fa», disse la Robinson. Anche Carlo era convinto che Kate sarebbe diventata sua nuora. Quindi, con l'approvazione della regina, fece la sua parte per assicurare alla coppia un tranquillo passaggio alla vita coniugale e proseguì con la progettazione di un palazzo neoclassico in pietra, «adatto a una giovane coppia», di circa 2.500 m quadrati. Il palazzo - che faceva parte della tenuta di 364 ettari di Harewood Park, nel ducato di Cornovaglia - è situato nella Wye Valley, contea di Herefordshire, a circa 90 km di distanza da Highgrove. Proprietà dei re Templari nel Medioevo, Harewood Park era stata confiscata da Enrico VIII e nei secoli era diventata una casa signorile passata di proprietario in proprietario. A metà del XX secolo era caduta in rovina, tanto da essere usata per le esercitazioni di bombardamento dalla SAS, l'unità più esclusiva dei servizi segreti britannici. Il principe Carlo aveva acquistato la tenuta nel 2000 con l'idea di risistemarla e trasformarla in un villaggio modello inglese finché non era arrivata Kate Middleton. La nuova Harewood Park, costruita intorno a una corte di mattoni riciclati, legno e ardesia, avrebbe vantato sei sale da ricevimento al piano terra, sei suite-camere da letto, quattordici bagni, una biblioteca, una
piscina, campi da tennis, giardini tradizionali, scuderie, una limonaia e una cappella. Ma soprattutto il principe Carlo, ecologicamente corretto, avrebbe voluto che Harewood Park fosse il primo vero palazzo «verde» del reame. Per il momento al cadetto Wales e alla sua ragazza bastavano i fine settimana rubati nell'appartamento di lei e qualche notte in posti alla moda, come XArchipelago di Londra (lui aveva mangiato coccodrillo, lei cinghiale), il Pangea e, naturalmente, il Purple e il Boujis. Wills permettendo, Kate faceva anche una scappata in certi locali durante la settimana e nei week-end in cui lui non aveva il permesso di lasciare Sandhurst. Nelle uscite senza il suo Big Willy Kate era accompagnata dallo stravagante ma innocuo Guy Pelly. Ma nemmeno lui, come nessun altro, era in grado di impedire ai paparazzi di infastidirla. Quando apparvero altre foto che mostravano Kate che si apriva un varco in mezzo a una folla di fotografi e di reporter per salire in auto, William si rivolse allo studio legale della regina, Harbottle & Lewis. Il primo passo degli avvocati fu di far riprendere segretamente da investigatori privati i paparazzi che la molestavano. A questo punto fu proposta una scelta-ricatto ai giornali per cui lavoravano: o lasciavano in pace la signorina Middleton, oppure i video sarebbero stati mostrati ai giudici. Come al solito, di fronte alla minaccia di un'azione legale la stampa fece dietrofront, anche se solo per un paio di settimane. Poco tempo dopo apparvero le foto di Kate che discuteva animatamente con un vigile che le stava facendo una multa nel parcheggio davanti al suo appartamento. Poi altre quando rimase fuori casa e, seduta sui gradini, telefonava alla prima persona che l'avrebbe potuta aiutare: William. Gli inglesi tornarono a interessarsi della vita della famiglia reale quando, il 14 dicembre 2006, furono resi pubblici i risultati dell'Operazione Paget. Il voluminoso dossier, 832 pagine, confermò le conclusioni raggiunte dalle autorità francesi nel 1999: Diana era stata vittima di un incidente stradale causato dall'abuso di alcol. I risultati del rapporto non sorpresero né William né Kate. William e Harry avevano
incontrato lord Stevens a Sandhurst la notte prima della pubblicazione del rapporto. William aveva chiamato subito Kate per dirle che non credeva alla teoria che Diana fosse rimasta vittima di un autista ubriaco. «L'hanno uccisa, è la verità pura e semplice», disse Wills a Kate, ribadendo la vecchia convinzione espressa pubblicamente che fosse stato colpa della stampa. «Se i paparazzi non l'avessero inseguita come facevano sempre, l'autista non avrebbe dovuto accelerare.» Quello che William non disse a Kate era che, dietro sua richiesta, Clarence House cercava in tutti i modi di trovare nuovi modi di bloccare reporter e fotografi. E non le raccontò nemmeno i suoi incubi, in cui era Kate a morire in un incidente provocato dalla stampa, questa volta non più a Parigi, ma a Londra. Capitolo 6 Kate è una bella ragazza... guarda caso esce con un ragazzo che si chiama William e guarda caso è un principe. Tutto qua. - Gemma Billington, amica di famiglia dei Middleton È fortunato lui a uscire con me. - Kate, all’ ennesima amica che le aveva detto che era fortunata a uscire con William Non puoi tenerla sulla corda per sempre. - Il principe Filippo al nipote William 15 dicembre 2006 Sandhurst «Mi piace moltissimo l'uniforme», sussurrò Kate alla madre mentre William passava marciando con un fucile SA80 in spalla e a tracolla la caratteristica fusciacca scarlatta del portatore della bandiera della regina. «E così... così sexy.» La parata in onore della regina celebrava il conseguimento del diploma del cadetto Wales all'accademia di Sandhurst e, dato che questa volta Kate non era stata invitata sul palco della famiglia reale, voleva essere certa che William vedesse lei e i suoi genitori nella tribuna del pubblico. In cappotto di lana color cremisi, cappello nero a larghe tese, stivali neri di cuoio a tacco alto e guanti di pelle nera con cuciture elaborate, Kate
risaltava in mezzo alla folla, tanto che, a un certo punto, il principe Carlo la indicò con un dito alla regina, da una parte all'altra del campo. I funzionari di Palazzo ebbero un bel daffare a spiegare che nel palco reale potevano stare solo i membri della famiglia reale. Kate non si poteva lamentare: lei e la sua famiglia avevano trovato posto nella fila centrale della tribuna, di fianco ai due padrini di battesimo di William, Norton Knatchbull e il re Costantino di Grecia. Per Harry era stato impossibile rimanere serio quando la nonna aveva passato in rassegna gli ufficiali, dritti come fusi, con il viso impassibile. La stessa cosa era successa a Wills. La regina, che affrontava il gelo di dicembre con un cappotto di lana rossa, si fermò davanti all'«erede» giusto il tempo di farlo ridere, poi proseguì. «Mi rivolgo a coloro che oggi diventano ufficiali», disse la regina ai 233 cadetti che si diplomavano, «da voi ci aspettiamo moltissimo... e voi dovete rappresentarci in alcuni dei luoghi più impegnativi del mondo.» Anche William, come Harry, era stato destinato al corpo di cavalleria al servizio della regina, i Blues and Royals. La stessa principessa Anna, esperta cavallerizza, aveva il grado di colonnello dei Blues and Royals. Per prepararsi ai conflitti in Iraq e Afghanistan i due principi dovevano anche sottoporsi a un impegnativo addestramento di guerra nel deserto. In seguito la loro carriera militare si sarebbe divisa: per familiarizzare con tutti i corpi delle forze armate, il futuro comandante in capo avrebbe prestato servizio sia nella Royal Navy sia nella Royal Air Force, così come nell'esercito. Per ironia della sorte sarebbe stato proprio il suo ruolo di capo delle forze armate britanniche a precludergli, probabilmente, la possibilità di partecipare attivamente a un'azione militare. Anche se, in fin dei conti, la decisione dipendeva dal primo ministro, un diplomatico di grande esperienza osservò: «Non permetteranno mai che rischi», e il motivo è che «William è l'ultima speranza per la monarchia». Per Harry era tutta un'altra cosa: «Al principe Andrea fu permesso di combattere
nelle Falkland. Se Harry vuole, e lo vuole, andrà a combattere in Iraq o in Afghanistan. Ma William? Non credo proprio». Questa situazione tranquillizzava Kate. Anche se era orgogliosa che William volesse combattere per il proprio Paese, non voleva che si facesse male. «Pensa di essere invincibile», disse a un'amica di St. Andrews, «ma non lo è. Avrebbe una taglia sulla testa. Spero solo che gli dicano che non può andare.» Kate stessa era sottoposta a un severo attacco da parte della stampa. I reporter, che avevano scritto che la sua presenza a Sandhurst era un segnale dell'imminente annuncio del fidanzamento, spararono a zero su sua madre, colpevole di aver masticato con foga un chewing-gum durante tutta la cerimonia. «Purtroppo», scrisse Julia May su Age, «decine di fotografi hanno immortalato il suo comportamento poco signorile.» Per Carole, continuò la May, «leggere i giornali il giorno dopo è stata una brusca iniziazione al mondo governato dai media che sua figlia ha onorato della sua presenza, senza fare un passo falso in cinque anni». La spiegazione era semplice: Carole masticava una gomma alla nicotina per cercare di smettere di fumare. La sua vecchia abitudine faceva della casa dei Middleton proprio uno dei pochi luoghi dove William poteva accendere una sigaretta. Masticare ininterrottamente un chewing-gum davanti ai Windsor non fu l'unico comportamento di Carole che fece rabbrividire i reali spettatori. Alcune persone che erano a Sandhurst sostennero di aver udito Carole chiedere dove poteva trovare la «toilette», invece del più accettabile «bagno». I suoi passi falsi furono interpretati come una prova che la ex assistente di volo di origini proletarie, i cui avi avevano lavorato nelle miniere di carbone di County Durham, era decisamente troppo «ordinaria» per diventare suocera di un futuro re. Dato che gli inviti a trascorrere il Natale a Sandringham erano riservati ai membri della famiglia e ai fidanzati ufficiali, Kate e William passarono ancora una volta le festività natalizie separati. Questa volta i Middleton, ignorando i poco lusinghieri commenti
dei giornali su Carole, decisero di spendere 5.000 sterline per affittare un palazzo baronale georgiano di 30 stanze in Scozia nella settimana di Natale. Invitarono William a raggiungerli la sera di Capodanno, ma lui non ci andò. Per la prima volta dal 2003 William e Kate non salutarono l'arrivo dell'Anno Nuovo con un bacio. La settimana successiva Kate attese in silenzio. Malgrado si avvicinasse il suo venticinquesimo compleanno, William era comprensibilmente distratto: quel giorno stesso avrebbe dovuto riprendere servizio con i Blues and Royals. La festa di addio a Highgrove, organizzata dal principe Carlo la notte prima che William si trasferisse nella caserma Combermere a Windsor, fu una gradevole riunione famigliare come quelle a cui era stata abituata Kate negli ultimi due anni. Carlo e Camilla la baciarono sulle guance e tutti le augurarono buon compleanno, ma lo scopo della festa era un altro: brindare all'inizio della carriera militare del futuro monarca. La mattina del 9 gennaio 2007 segnò l'inizio di una fase insidiosa della relazione fra i due. Quello appena trascorso era stato, come aveva detto malinconicamente Kate a una sua ex compagna di stanza, il primo compleanno passato lontano da Big Willy in cinque anni. La loro storia d'amore non poteva sembrare più solida al grande pubblico. «Ha la stoffa della principessa», disse con entusiasmo Geordie Greig del Tettler. «E’ la personificazione di una spontanea e raffinata rosa inglese. Ha doti che non si possono creare o fabbricare. La sua semplicità la rende molto attraente e in molte cose appare come una novella Diana.» Deirdre Fernand, del Sunday Times, fu d'accordo: «La sua eleganza, dignità e bellezza la rendono la preferita dalla gente. Kate è ciò di cui abbiamo bisogno... La sua bellezza non significa pazzia. Difficilmente si butterà dalle scale, racconterà tutto a un reporter di riviste scandalistiche, molesterà qualcuno per telefono o guarderà l'amante che opera al cuore», continuava la Fernand, dando voce a milioni di persone. «Cosa c'è di meglio che iniziare un anno con la prospettiva di una storia d'amore reale approvata ufficialmente?»
I dirigenti della catena di negozi Woolworth ne furono talmente convinti che, nel gennaio 2007, cominciarono a vendere una linea di souvenir per «commemorare» il matrimonio della coppia. Nei negozi di tutta l'Inghilterra apparvero i loro visi sorridenti su piatti, tazze, strofinacci, copricellulari e persino tappetini per mouse. Ogni volta che usciva dall'appartamento di Chelsea, Kate veniva immediatamente accecata da una ventina di flash. Un drappello di fotografi, spediti dai direttori di tabloid che avevano sentito odore di fidanzamento, aveva piantato le tende davanti alla porta di casa sua. «Porca puttana!», urlò William quando un membro del personale di Clarence House gli fece vedere le foto di Kate, scura in viso, che correva al lavoro seguita dai fotografi. «Non voglio che a Kate succeda quel che è successo a mia madre. Dobbiamo fare qualcosa.» La Corona poteva fare ben poco per proteggere fisicamente Kate. Il principe Carlo le aveva pagato di tasca propria una guardia del corpo per un breve lasso di tempo, ma poi gli era stato detto che non era un gesto appropriato. Fino al fidanzamento ufficiale a Kate non poteva essere legalmente concesso di avere proprie guardie di scorta del dipartimento di sicurezza reale. Nel frattempo, Scotland Yard fece quel poco che poteva. All'inizio del 2007, quando l'eccitazione per un possibile fidanzamento raggiunse il massimo, furono messi degli agenti davanti alla porta del suo appartamento per scortarla al lavoro. Anche gli avvocati dello studio Harbottle & Lewis passarono ai fatti. Per conto di Kate presentarono un'accusa di molestie alla Press Complaints Commission, citando in modo specifico il fotografo del Daily Minor che aveva inseguito Kate lungo la strada per andare al lavoro. Clarence House emanò un comunicato in cui si diceva che William era «molto scontento delle molestie causate dai paparazzi alla sua ragazza. Ciò che desidera di più in questo momento è che la cosa abbia fine. La signorina Middleton dovrebbe, come ogni altro privato cittadino, poter raggiungere il posto di lavoro senza intrusioni. La situazione», concludeva minacciosamente il comunicato, «si sta dimostrando insopportabile per tutti coloro che ne sono
interessati». William faceva quel che poteva per impedire a Kate di cedere alla tensione. Nelle settimane successive andò con lei a divertirsi a Londra, in locali come il Mahiki, a tema polinesiano, il May Fair (il cui direttore di marketing era diventato Guy Pelly) e il Boujis. Proprio lì, il giorno di San Valentino, le regalò un portacipria di Van Cleef & Arpel di smalto verde costellato di diamanti. L'oggetto, decorato con l'immagine di un giocatore di polo sul punto di colpire una perla, aveva ottant'anni ed era costato al principe ben 11.000 sterline. Kate rimase mortificata. Si aspettava un anello. «Pensava che gli avrebbe finalmente fatto la proposta di matrimonio il giorno di San Valentino», disse un'amica di St. Andrews. «Lui non la fece e Kate ci rimase molto male.» La situazione non migliorò quando Wills ritornò al Boujis con gli amici casinisti Arthur Langdon, Will van Straubenzee, Jack Mann e Hugh van Cutsem per una serata fra soli uomini. Appena raggiunta la pista da ballo, afferrò la ventiquattrenne Tess Shepherd, dirigente di pubbliche relazioni e, come lei ricordò in seguito: «Mi fece girare come una trottola». A un certo punto la attirò a sé, l'abbracciò e, secondo alcuni testimoni, la baciò con passione. La graziosa biondina negò che il loro breve incontro avesse un fine erotico. «Non è vero che l'ho sbaciucchiato», continuò la Shepherd. «L'ho abbracciato, ma non l'ho baciato con la lingua.» Per quanto riguardava l'impatto che la situazione avrebbe avuto sulla ragazza di William, la Shepherd ammise: «Penso proprio che Kate non mi veda di buon occhio». Queste parole furono un capolavoro di minimalismo. Le smentite della Shepherd non fecero altro che alimentare l'ipotesi che fra William e la giovane donna che ormai la stampa derideva chiamandola «Waitie Katie», l'eterna fidanzata, ci fossero dei problemi. «William fumava dalla rabbia e Kate lo capiva», disse un loro compagno di bisbocce. «Ma era pur sempre una situazione dolorosa e imbarazzante.» Per cercare di riparare al danno, il 4 marzo Wills portò Kate a sciare nell'elegante cittadina turistica svizzera di Zermatt.
Come al solito il principe volle circondarsi di amici: il sempre divertente Pelly e altri quattro giovani di buona famiglia. La coppia si ritirò in un romantico chalet mentre gli altri facevano il giro dei locali di Zermatt. Tutti conclusero compresi gli amici - che si erano riappacificati. Invece non era così. William e Kate si ritrovarono al National Hunt Festival a Cheltenham, a ovest di Londra - un altro evento ippico di grande importanza - ma la tensione fra loro era palpabile. In effetti William aveva un sacco di cose a cui pensare. Alla fine di febbraio era stata accolta la richiesta di Harry di andare a combattere. Malgrado le forti preoccupazioni che potesse diventare un bersaglio del terrorismo, la partenza per l'Iraq era prevista a maggio, con lo squadrone A del reggimento «Household Cavalry». La frustrazione di sapere che l'addestramento al combattimento era stato probabilmente solo un esercizio inutile non impedì a William di andare nel Dorset, il 16 marzo, per un corso di guerra con carri armati di dieci settimane. Kate, che stava conducendo una guerra personale contro i media, se la dovette cavare da sola. Solo un anno prima, alla Cheltenham Gold Cup, il principe Carlo e Camilla avevano chiesto a Kate, all'ultimo minuto, di stare con loro nel palco reale - un grosso passo avanti nella posizione di probabile sposa di un re. Invece di farsi vedere e sperare di essere invitata, questa volta Kate insistette per avere un invito formale. Arrivò indossando un cappellino sbarazzino e una vistosa giacca azzurro pervinca e fu scortata direttamente al palco dagli agenti di protezione reale. Il giorno dopo i quotidiani furono pieni di foto di Kate che tifava per i cavalli su cui aveva scommesso e saltava in piedi e agitava le braccia quando vincevano. Per quanto convincente fosse la sua sceneggiata, la ragazza si rendeva conto che lei e Wills immerso ora nel mondo degli irruenti giovani ufficiali che venivano addestrati per andare in battaglia - si stavano sempre più allontanando. La distanza che li separava risultò evidente il 22 marzo, la prima notte in città del tenente Wales e del suo reggimento, noto per i forti bevitori che ne facevano parte. AWElements, un
nightclub nella vicina città di Bournemouth, William tracannò parecchi boccali da mezzo litro di Stella Artois seguiti da numerosi bicchierini di sambuca, mentre decine di donne in abiti succinti lo fotografavano con il cellulare. «Girava voce che William fosse lì a suonare canzoni volgari degli anni Ottanta, quindi siamo andate a vedere», ricordò la diciottenne Ana Ferreira, uno schianto di brasiliana studentessa in relazioni internazionali. «Ballava, ma era un po' impacciato, non penso che saprebbe ballare bene la samba! Aveva però intorno un sacco di ragazze.» La Ferreira e la sua amica Cecilia si misero in posa ai lati del principe per essere fotografate con lui. Sogghignando, William mise la mano destra sul seno della Ferreira: l'immagine fu immortalata da tutti i giornali. «Avevo bevuto parecchio anch'io», ricordò la ragazza, «mi pareva di avere qualcosa che mi sfiorava il seno. Pensavo che non era possibile che fosse il futuro re, invece, dopo avere visto le foto, ho capito perché sorrideva! Ha mani grandi, virili e sicuramente sa come usarle» (In seguito la Ferreira inviò per email la foto di William e della sua mano morta ai parenti in Brasile. «Mia madre ha pensato che fosse molto divertente», disse la Ferreira. «E’ contenta che io abbia incontrato il principe William, anche se è stato un po' birichino.») Più tardi, la stessa sera, Wills fece nuovamente il «birichino», questa volta con una studentessa di arte dello spettacolo, una bionda diciannovenne alta più di 1,80 m di nome Lisa Agar. «Dai», le disse prendendola per un braccio e portandola sulla pista da ballo. «Facci vedere come si fa. Sei troppo brava per questo posto.» «Lui cercava in tutti i modi di flirtare e mi ha presa alla sprovvista, ma ci sono andata», disse la Agar, che attribuiva il comportamento del principe ai troppi boccali di birra seguiti dai troppi bicchierini di sambuca. «Quella roba io la chiamo combustibile per razzi», continuò. «Ti dà subito una grande accelerazione, poi sei così sbronzo che non riesci più a stare in piedi.» Con il passare delle ore il combustibile per razzi ebbe i suoi effetti. «William era molto sdolcinato e parecchio ubriaco»,
disse la Agar. «Non era un ragazzo timido e non parlava di Kate.» Intorno alle tre e mezzo del mattino William invitò la Agar in caserma per il bicchiere della staffa. Al suo rifiuto il principe insistette: «Ti tiri indietro, adesso?» le chiese. «Sarà divertente, dai, bisogna andare.» La Agar e un'amica seguirono i soldati alla base militare e andarono tutti nella sala di ritrovo della caserma. Trascorsero altri venti minuti «stravaccati su poltrone e divani di pelle», ricordò la Agar. Alla fine si chiese se il principe fosse depresso perché aveva dei problemi con la sua ragazza. Alle quattro e un quarto lui annunciò che sarebbe andato a dormire e la Agar se ne andò. «E strano, mi è dispiaciuto per lui», disse la ragazza, «ho pensato che magari lo faceva per tirarsi su.» Il 31 marzo William e Kate andarono a cena al ristorante dall'appropriato nome di King's Head Inn nei Cotswolds con i vecchi amici Hugh e Rose van Cutsem; parlarono soprattutto del loro matrimonio, avvenuto due anni prima. Ma i discorsi dei van Cutsem sulla felicità coniugale non riuscirono a nascondere quello che una persona chiamò la «strana nebbia della disillusione» che era calata su Wills e Kate. Kate disse alla madre e alla sorella che William era «cambiato» in conseguenza, riteneva, della distanza fisica tra loro e della grande tensione che tale distanza imponeva alla loro relazione. «Penso che «lui sia molto duro con lei», disse l'artista e vecchia amica di famiglia Gemma Billington, «ma lei gestisce ugualmente bene il rapporto... È strano pensare che due persone siano così diverse, ma tutti ci mescoliamo per trovare la nostra strada nella vita. Con chiunque ci succeda di stare, bisogna accettare il buono e il cattivo.» In realtà la situazione era molto più grave di quanto immaginasse Kate. Ora che si era imbarcato nella carriera militare, William si lamentava che la relazione con Kate fosse «limitante» e «claustrofobica». Ma era soprattutto il sogno ricorrente di lei inseguita dai paparazzi fino a morire che lo rendeva ancor più ansioso. Decise allora di chiedere aiuto e consiglio al padre. Per ironia della sorte fu proprio l'affetto del principe Carlo per Kate a indurlo a consigliarlo
di scaricarla. Il principe non si prese la briga di chiedere se Wills e Kate fossero innamorati. Quando, dopo aver chiesto la mano di Diana, gli era stata fatta questa domanda, lui aveva risposto con la famosa frase: «Amore? Cosa diamine significa?» Chiese invece al figlio se l'avrebbe voluta sposare «alla fine». William disse al padre che, non avendo ancora 25 anni, non si sentiva pronto per nessuna promessa di matrimonio. Carlo lo consigliò allora di troncare subito con Kate perché non era giusto tenerla sulla corda; inoltre, essendo stato spinto lui stesso dal padre a sposare Diana, non voleva commettere lo stesso errore con il figlio. Carlo sapeva per esperienza che William sarebbe stato considerato un mascalzone se avesse cinicamente provocato la rottura, senza un apparente motivo, con la leale signorina Middleton. Prima che i media facessero scoppiare la bomba, era meglio avvertire la «Nonnina». Invece che affrontarla direttamente, William chiese al nonno, il principe Filippo, di trasmetterle la notizia. «La regina ci rimase male, naturalmente» disse un ex scudiero di Palazzo. «Il principe William e la signorina Middleton stavano insieme da tanto, ma la decisione non spettava a lei. Non voleva interferire in alcun modo. Non voleva che il nipote si impegnasse in un fidanzamento di cui non fosse assolutamente certo.» Per fuggire da Londra, Kate si recò a Dublino con la madre per vedere la mostra d'arte di Gemma Billington alla Urban Retreat Gallery e poi a visitare brevemente la Gallery of Ireland. Nel Dorset, invece, Wills e i suoi compagni di bevute, gli ufficiali del reggimento Blues and Royals, stavano facendo una gran baraonda in un bar chiamato Bliss. Parecchie centinaia di persone erano accorse a sentire il chitarrista Dan Baker. «Quella serata», disse in seguito Baker, «era il culmine della mia carriera. Mi ero esercitato anni e anni sperando di poter tenere uno spettacolo del genere.» Baker era a metà di una canzone quando un militare del gruppo di Wills salì sul palco, afferrò il microfono e urlò: «Basta
con queste porcherie di canzoni. Il principe vuole ballare!» Dopo qualche attimo di imbarazzante silenzio, il principe e i chiassosi commilitoni se ne andarono. Baker sostenne di essere rimasto molto «scosso» dall'incidente. «E’ stata», disse, «la cosa più offensiva che mi sia mai capitata.» Il mattino dopo, mentre cercava di farsi passare la sbornia, William fu colto di sorpresa dalla notizia che il sottotenente Joanna Dyer, una cara collega e amica di Sandhurst, era stata uccisa in Iraq insieme ad altri tre soldati inglesi da una bomba posta sul ciglio della strada. William era immerso nella revisione delle sue priorità: la morte scioccante di una compagna d'armi lo convinse che era nell'ordine delle cose che avvenissero importanti cambiamenti. Era dal 2003 che William trascorreva almeno una parte delle vacanze pasquali nel caldo abbraccio del clan dei Middleton. Quell'anno, invece, declinò l'invito senza dare spiegazioni - un altro segnale inquietante. Acconsentì però a vedersi con Kate nel suo appartamento di Londra durante il week-end. Kate era sempre stata attenta a non rischiare troppo. Non si era mai lamentata delle sue buffonate nei locali notturni e per sei anni non aveva parlato di matrimonio. Tuttavia, ora che era costretta ad avere a che fare da sola con i paparazzi mentre Wills era impegnato nell'esercito, aveva bisogno di una promessa - quella della protezione reale che derivava da un fidanzamento ufficiale. «Non si era semplicemente impuntata di diventare principessa», notò un ex agente della squadra di protezione di William. «In certi momenti, quando le folle e la stampa la inseguivano, aveva veramente paura.» Purtroppo Wills, almeno per il momento, non se la sentiva di prometterle niente ma nemmeno voleva lasciare le cose come stavano. Poiché Kate non aveva ancora diritto alla protezione reale, la minaccia alla sua sicurezza era veramente troppo grande. «Finché stiamo insieme la stampa ti renderà la vita impossibile», le disse, «non voglio che tu soffra come ha sofferto mia madre.» Kate non voleva darsi per vinta. Gli chiese di pensare a quello che erano stati l'uno per l'altra, cosa voleva davvero dalla vita
e come potevano far funzionare il loro rapporto. «Gli disse», raccontò un'amica di Bucklebury, «che lui l'aveva resa felice e che credeva di averlo fatto anche lei e che, alla fine, era ciò che importava veramente. Ma lui aveva scosso la testa e aveva detto che per un uomo come lui le cose non erano così semplici.» Il giorno dopo - l’11 aprile 2007 - William chiamò al cellulare Kate da Jigsaw. Lei si scusò, andò in una sala conferenze dove gli altri compratori non potevano sentirla, chiuse la porta e per un'ora intera ascoltò William che farfugliava i motivi per cui rompeva con lei. «Non posso...» balbettava. «Non funzionerà. Non è giusto nei tuoi confronti.» Questa volta Kate non riuscì ad affrontare i paparazzi accampati davanti all'ufficio. Lasciò il lavoro alle 15, sgusciando fuori da una porta laterale e guidò fino a Bucklebury. A casa trovò la sorella Pippa che piangeva sulla spalla della mamma. Anche lei, proprio per le stesse ragioni, aveva appena chiuso una relazione durata due anni con il figlio di uno dei maggiori banchieri di Hong Kong, J.J. Jardine Patterson. Dopo la telefonata a Kate, William chiamò il castello di Windsor. La regina si preparava a partire per una visita di due giorni con il conte di Carnarvon al castello di Highclere dove, fra l'altro, era stata girata la scena dell'orgia del film Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. Secondo un cortigiano di alto rango, la regina «nel sentire la notizia, aveva dovuto sedersi. Naturalmente era molto delusa e capiva che qualcuno avrebbe sofferto». Invece di prolungare l'agonia, la regina fu d'accordo che Clarence House lasciasse trapelare la notizia quel pomeriggio stesso. Preparandosi agli inevitabili titoli dei giornali, Kate, distrutta, si rintanò a Bucklebury con la sua famiglia. Wills, dal canto suo, decise in modo deliberato di recuperare il titolo di miglior partito del mondo. Poco prima della mezzanotte di venerdì 13, il principe e la sua compagnia di giovani pronti a passare da un bar all'altro si ritrovarono al Mahiki a scolare mai tai, pina colada e zombie, oltre a parecchie bottiglie di Dom Perignon
d'annata. Alla fine, il principe pagò un conto di 11.000 sterline. Appena il DJ mise il classico dei Rolling Stones You Cant Always Get What You Want, Wills agitò in aria le braccia e urlò: «Sono liberoooo!» Poi esultò come se avesse fatto appena goal. «Sono davvero felice», disse agli amici, e lo sentirono tutti i clienti del locale. «Va tutto bene. Beviamo tutto quel che c'è sulla carta dei vini.» Più di tre ore dopo, un Wills malinconico e con gli occhi pesti, fisicamente ed emotivamente svuotato, uscì da una porta sul retro e salì su una berlina che lo stava aspettando. Era stata una giornata molto dura, ma l'indomani sarebbe stato ancora peggio. WILLS E KATE SI LASCIANO, titolava il Sun del mattino dopo. E’ FINITA!, concordava il Daily Mail. «Il futuro re e la sua ragazza di sempre Kate Middleton», intonava solennemente il Times., «si sono separati.» L'argomento interessò talmente i sudditi britannici che il primo ministro Tony Blair si sentì costretto a rilasciare una dichiarazione. «Sono una giovane coppia», disse, «abbiamo avuto il comunicato. Bene. Dovrebbero essere lasciati in pace.» Colta di sorpresa, la stampa cercò in tutta fretta di individuare i motivi della rottura. La teoria più gettonata era che i Middleton erano persone troppo comuni e grossolane per essere accettati dai reali. Dopo tutto c'era la brutta abitudine di Carole di masticare chewing-gum, per non parlare dell'uso che faceva della parola «toilette» e il suo modo di dire «Prego?» quando non capiva qualcosa, invece del semplice «Che cosa?» dei reali. L'opinione della regina sulla faccenda rimase chiusa dentro le mura del Palazzo. Sin dagli anni della morte di Diana, la monarchia aveva imparato a sue spese di non poter sopravvivere senza l'amore e l'affetto della borghesia. Non poteva, in nessuna circostanza, apparire arrogante o favorire la propria classe. Su insistenza di Sua Maestà il Palazzo negò con veemenza di aver detto qualcosa di minimamente critico nei riguardi dei Middleton. William, dal canto suo, pensò che la smentita ufficiale non bastasse, e quattro giorni dopo la separazione telefonò a Kate per assicurarle che le storie sgradevoli sulla sua famiglia non
provenivano da lui. «Non preoccuparti», rispose lei. «Lo so.» Kate sapeva anche che non si poteva permettere di apparire patetica, come in effetti si sentiva. Con i capelli raccolti e le lacrime nascoste dietro enormi occhiali da sole griffati, la ex ragazza del principe sgusciò fuori di casa in bluejeans a vita bassa e maglietta a righe grigie. Con il fratello James, che le faceva da autista e da scorta per proteggerla dall'assalto furioso dei paparazzi, Kate fece una breve visita al suo appartamento per prendere la racchetta da tennis. «Mossa ottimista e molto accorta», disse il giornalista Max Clifford, che propose a Kate di scrivere subito una autobiografìa scandalistica per 5 milioni di sterline. «Il messaggio che sta mandando è: 'Sono ancora in gioco'.» Poi Kate si fiondò da Jigsaw per recuperare uno scatolone di cartone pieno di pratiche, per lavorare a casa. «Non aveva alcuna intenzione di sembrare sconfitta», disse una collega. «Ora che era sola, voleva concentrarsi su se stessa, cambiare.» Tuttavia la ferita era ancora aperta quando tornò a lavorare dopo una settimana. Secondo un membro dello staff di Jigsaw, Philip Higgs, in quel periodo era «molto emotiva e tesa». A un certo punto, dopo che le avevano chiesto per l'ennesima volta se si sentisse bene, Kate era scattata. «E’ colpa di suo padre!», le era sfuggito, lasciando a bocca aperta i colleghi. «Rimanemmo tutti sorpresi», disse Higgs dello schietto commento di Kate. «Nell'eccitazione del momento ci aveva aperto uno spiraglio sui suoi pensieri più reconditi, su ciò che avveniva veramente dietro le quinte. In condizioni normali Kate era molto tranquilla. Aveva cercato di tenere nascosto quel che provava, ma poi, arrabbiata, aveva perso l'abituale freddezza. Succede, quando si è sconvolti e le persone che ci circondano sono gentili.» A questo punto si fece di nuovo avanti Carole Middleton con la sua strategia vincente per riconquistare il principe. «Cambierà idea», rassicurò la figlia. «Per ora basta che sappia che hai una vita tua. Si renderà presto conto che lasciarti è stato un errore.» L'occasione fu subito individuata: Kate andò a trascorrere una serata proprio al Mabiki, dove William la settimana precedente
aveva festeggiato la sua «libertà». Vestita con una minigonna anni Settanta e stivali al ginocchio, ballò e flirtò per ore con parecchi uomini, tra cui l'architetto Alex Shirley-Smith. «Ballava in mezzo a un gruppo di cinque uomini che sembravano tutti un po' più ubriachi di lei. Non so se si divertiva, ma comunque cercava di farlo.» Quando il DJ mise Sex Machine di James Brown, Kate, sempre secondo Shirley-Smith, «scosse i capelli e mi guardò da sopra la spalla. Poi vidi che si era voltata e mi mostrava la schiena. Cominciò a fare movimenti molto sexy: era assolutamente splendida». Guy Pelly la afferrò per portarla via, ma lei si voltò e strizzò l'occhio a Shirley-Smith. Più tardi si ritrovarono sulla pista da ballo. «Fai dei movimenti...» le disse lui mentre ballavano la dance degli EME «Incredibile.» «Anche tu», replicò Kate. Poi fu trascinata via da un altro uomo, l'amico di famiglia Oli Packer. Anche loro, ricordò Shirley-Smith, «ballavano in modo molto sensuale». La scena si ripetè dopo pochi giorni. Kate cenò con alcuni amici al Mango Tree, un ristorante thailandese di Chelsea che aveva frequentato con William, poi andò in uno dei loro locali notturni preferiti: la VIP Brown Room del Boujis. Pur senza arrivare a incontrarlo di persona in uno dei loro vecchi rifugi, Kate fece di tutto per ingelosirlo. Al Boujis, tornò sulla pista da ballo e ammiccò, civettò e si strofinò con un uomo dopo l'altro. Kate voleva anche perdere una taglia, tonificare i muscoli e farsi gioco delle convenzioni. Ci riuscì entrando a far parte della Sisterhood, una squadra di canottaggio femminile che aveva deciso di battere la squadra maschile, la Brotherhood, in una gara di 21 miglia lungo il canale della Manica. La capitana, Emma Sayle, descriveva con modestia la sua squadra di quattordici donne come «un gruppo d'elite di donne atlete con molte doti, perfettamente in armonia, dallo sguardo assassino, la cui missione è andare coraggiosamente avanti dove nessuna ragazza è mai arrivata prima». Il gruppo che la Sayle aveva messo insieme era a dir poco pittoresco, ma la componente più pittoresca era la stessa Sayle.
Figlia di un diplomatico inglese di alto rango, aveva frequentato Downe House, l'elegante convitto in cui era stata per breve tempo anche Kate. Giurando di «diventare milionaria o finire in prigione all'età di 30 anni», aveva creato il Club Fever, un locale per «coppie liberate e donne single». Di lì era passata al French Letter Day, un servizio che prometteva di soddisfare qualsiasi fantasia sessuale dei clienti, dalle orge alle pratiche sadomaso e a tutto il resto. Dopo il French Letter Day, la Sayle aveva fondato il Cake, un locale per sole donne dove si poteva fare la pole dance e il dessert che veniva servito era a forma di pene. Negli ultimi tempi la Sayle si era guadagnata la pessima reputazione di proprietaria del Killing Kittens, un club esclusivo di scambisti che si rivolgeva a coppie facoltose e donne single - la Sayle li chiamava «l'elite sessuale internazionale». I membri e gli ospiti indossavano maschere (e sovente nient'altro); tra i servizi offerti vi era la «Pausa in segreta»: per 3.400 sterline un membro del club poteva passare un intero week-end ammanettato nella segreta umida di un castello del West Yorkshire. La Killing Kittens offriva anche una «Esperienza di rapimento» di ventiquattro ore, un biglietto per il «Mile High Club» (sesso a bordo di un jet privato) e una perfetta trasformazione in travestito a poco meno di 4.000. Tuttavia la Sayle non era l'unica appartenente alla Sisterhood a essere, per così dire, una persona discutibile. La sua migliore amica a Downe House, Amanda Cherry, a soli 19 anni si era imbarcata in una relazione scandalosa con il suo insegnante di studi sociali, Ian Goodridge, un quarantunenne coniugato che per sposare lei aveva abbandonato moglie e figli. Un altro membro della Sisterhood era l'«artista giornalista» - la definizione era sua - Anna-Louise Felstead. Chiamata A-L dalle amiche, la Felstead faceva il giro dei club di striptease e delle feste feticiste in cerca di materiale per le sue opere. Facevano parte dell'eterogenea ciurma anche una massaggiatrice part-time, una campionessa femminile di body building, una modella di alta moda, un'esperta di boxe
tailandese, una controfigura e una venditrice di giocattoli erotici. «Il timoniere ha un ruolo fondamentale», disse la Sayle, «Kate dovrà gridare i comandi, scandire il ritmo e anche tenere alto il morale... È un compito difficile, è come stare in piedi sulla tavoletta propriocettiva. Ma Kate è molto dotata. Non fa parte della squadra perché è una celebrità di cui tutti parlano.» Per mettere in chiaro che ora teneva saldamente il timone della propria vita, Kate si fece fotografare in piedi a poppa della dragon boat della Sisterhood mentre impugnava la barra. «Mio dio», disse William con nostalgia quando vide le foto. «Non è stupenda? Toglie il fiato.» Il regime di vita di Kate - in barca alle sette di mattina per una vogata di un'ora risalendo il Tamigi, tre volte alla settimana ottenne l'effetto desiderato. Ora vestiva una taglia 40 e non aveva più bisogno di indossare eleganti mise da futura probabile principessa. Scartò le giacche di sartoria e scelse micro-minigonne, abiti perfettamente avvolgenti con scollature vertiginose, oppure lunghi, neri e luccicanti di paillette indossati con stivali a tacco alto, grandi orecchini e bracciali a cerchietti. Mentre Kate ostentava il nuovo look nei locali notturni più esclusivi, Wills faceva del suo meglio per far vedere che non gli interessava. Ma non era così. «Quando la vede ballare e divertirsi», disse Harry a Chelsy Davy, «impazzisce completamente.» L'«erede» aveva altre cose che lo angosciavano, non ultimo il decimo anniversario della morte di sua madre. Lui e Harry avevano già organizzato una funzione religiosa per il 31 agosto 2007, alla quale avrebbero partecipato sia gli Spencer sia i Windsor. Ma per la «principessa del popolo» i figli volevano fare qualcosa anche per il popolo. La cosa migliore sarebbe stato un concerto di musica pop - «un grande concerto», affermò Wills. L'incasso netto - che avrebbe raggiunto i 2 milioni di euro - sarebbe stato destinato alle associazioni benefiche preferite di Diana. Programmato per il primo luglio, il giorno in cui Diana avrebbe compiuto 46 anni, al «Concerto per Diana» che si sarebbe
tenuto allo stadio di Wembley, avrebbero partecipato le maggiori star della musica pop, rendendolo l'evento musicale più importante del decennio. Lo schieramento sarebbe stato capitanato dal vecchio amico di Diana sir Elton John - il cui omaggio commovente del 1997 Canale in the Wind (Goodbye, England's Rose) era stato il singolo più venduto di tutti i tempi - e avrebbe compreso Rod Stewart, i Duran Duran, Kanye West, Tom Jones, Nelly Furtado, Fergie (dei Black Eyed Peas), Joss Stone, il comico Ricky Gervais e la musica speciale scritta per l'occasione da Andrew Lloyd Webber. Allo spettacolo avrebbe partecipato anche l'English National Ballet, che Diana aveva patrocinato. I primi ventiduemila biglietti messi in vendita si esaurirono in quattro minuti. Il grande lancio pubblicitario servì a William per essere certo che «prima di tutto questa serata è per lei, è solo per ricordare nostra madre. Dev'essere il regalo di compleanno più bello che abbia mai avuto.» L'«erede», come al solito, si gettò a capofitto nell'organizzazione del concerto. La tensione per la sua buona riuscita, unita allo stress per la rottura con Kate, lo fecero precipitare in un altro periodo di umor nero. Questa volta fu la «riserva», pronto a partire per la missione in Iraq, a preoccuparsi per il precario stato mentale del fratello. Quando, il 27 aprile, gli ufficiali della «Household Cavalry» organizzarono una festa al Mahiki per salutare lo squadrone che partiva, Harry fu molto attento a non fare niente di poco appropriato. Lui e Chelsy arrivarono alle otto e mezza, bevvero un drink e se ne andarono. «Harry», disse un ufficiale della sua compagnia, «ebbe un comportamento perfetto», William invece «era chiaramente in missione per ubriacarsi il più possibile». William arrivò insieme a Guy Pelly da una porta sul retro, alle 23, e ordinò altre 5.000 sterline di bibite al bar: Dom Perignon, tequila e Coconut Grenade, un cocktail gelato di frutto della passione, cocco e rum. Andò subito in pista con la figlia di sir Richard Branson, Holly, a ballare in modo osceno il classico dei Kinks You Really Got Me. (Sir Richard non era esattamente entusiasta alla prospettiva che sua figlia avesse una relazione
seria con l'«erede». «Non ho niente contro William», disse, «ma la vita che fanno i reali e le responsabilità che hanno sono molto dure.») Prima di essere aiutato a uscire dal locale alle tre e mezzo di mattina, William parlò per un'ora con un'altra bionda attraente. Poi, davanti a decine di frequentatori del locale, la baciò. A metà maggio Kate decise di rimettersi in pista. Ora che Pippa si era laureata a Edimburgo ed era libera dall'indecentemente ricco boyfriend, le sorelle Middleton decisero di partecipare insieme alle feste. La prima tappa fu un book party per l'aristocrazia che si teneva presso i gioiellieri Asprey, a Mayfair, a cui erano presenti moltissimi amici della famiglia reale. Una di loro era la ex cocainomane e compagna di scuola Tara Palmer-Tompkinson, che era solita salutare William ancora adolescente con una manata sulla patta dei pantaloni. «Tieni la testa alta», disse a Kate la Palmer-Tompkinson. «Non farti abbattere da loro. Andrà tutto bene.» Sicuro, bene. «Nelle settimane seguenti la loro apparente rottura», scrissero Laura Collins e Louise Hannah sul Daily Mail, «lei non era mai apparsa così bella... o felice. Senza William, invece di apparire scossa, Kate si fa notare molto di più, e sinceramente è molto più sexy.» Malgrado fosse più bassa di dieci centimetri della sorella, alta 1,85 m, Pippa era considerata la più vistosa delle due. Era anche la più ambiziosa. «Pippa non ne fa segreto», disse un'amica che studiava con lei a Edimburgo. «Vuole il potere e i soldi... Era deliziosa quando li aveva, ma implacabile quando si trattava di tenersi buoni gli amici 'giusti'.» E se ne teneva buoni molti. Prima di uscire con il ricco J.J. Jardine Patterson era diventata amica del figlio del duca di Northumberland, George Percy, e prima ancora del figlio del duca di Roxburghe, Ted Innes-Ker. Fotografate mano nella mano e con un ampio sorriso al loro arrivo nei locali, Kate e Pippa furono subito soprannominate le «Wisteria Sister», le sorelle glicine, poiché erano «ornamentali, molto profumate e avevano una sfrenata abilità ad
arrampicarsi». Pur essendo utile la presenza della sorella per tenere alto il profilo già alle stelle di Kate, la chiave per riconquistare l'«erede» fu quella di farlo ingelosire. Alla fine, il 26 maggio 2007 - esattamente sei settimane dopo la rottura - Wills invitò Kate a Clarence House per un drink. A quanto pare tentarono per la prima volta di ricucire il loro rapporto. «È stato come ai vecchi tempi», disse Kate alla sorella. «Sembra che voglia rimettersi con me, ma non è sicuro. Vedremo...» La strategia di Kate fu di metterlo ancor più sotto pressione. In una sola serata fu fotografata al Mahiki stretta in maniera imbarazzante all'investitore immobiliare Charles Morshead, al magnate degli occhiali Jamie Murray Wells e - ciliegina sulla torta - alla vecchia fiamma di Jecca Craig, il bellissimo erede dell'impero delle spedizioni Harry Ropner. Con lui trascorse il fine serata cantando I Walk the Line e Ring of Fire (la serata era dedicata a Johnny Cash) e scolando Fog Cutter - un mix letale di cognac, gin, rum scuro e succhi di frutta. Il giorno dopo fu convocata di nuovo a Clarence House per un altro colloquio segreto, a quattr'occhi, con Wills. A quanto pare questa volta le cose presero una piega sessuale. Quando Kate accettò l'invito a partecipare allo spettacolo sboccato della Household Cavalry «Freakin Naughty» - una festa in caserma ambientata al Moulin Rouge, che segnava la fine dell'addestramento dei comandanti della truppa - aveva chiaramente riconquistato il cuore del principe. Mescolati agli altri ospiti in abbigliamento «osé», William e Kate - che indossava un'uniforme inamidata da infermiera molto scollata - stettero sempre vicini. «Lui la seguiva come un cagnolino», disse un ufficiale di alto grado. Poco dopo mezzanotte si baciarono. Poi lui la prese per mano e la condusse nel suo alloggio. Kate ne uscì il mattino seguente. In quel momento la stampa era completamente all'oscuro della riconciliazione della coppia. Prima che scoppiasse la bomba, Kate, con il consenso di Wills, partì in aereo per una vacanza di quattro giorni a Ibiza con degli amici. Anche stavolta rimase sempre in contatto con lui e passò le giornate sulla spiaggia di
Cala Jondal e le notti in casa dello zio Gary. Tre settimane prima il fratello di Carole si era sposato per la terza volta, con una breve cerimonia civile; Kate e "William furono invitati al matrimonio in chiesa, che sarebbe costato 300.000 euro. Purtroppo la neosignora Gold-smith, sempre più sconvolta dall'uso pesante di droghe di Gary, l'avrebbe lasciato qualche giorno prima della cerimonia religiosa. La mamma di Kate la implorò di ripensarci («Ha bisogno di una donna come si deve per rimettersi in sesto. Per favore, ritorna»), ma fu tutto inutile. La vita amorosa di Kate stava rientrando nei binari. Abbronzata e riposata dopo la vacanza a Ibiza, tornò in tempo per andare nuovamente a trovare in segreto Wills e augurargli buon compleanno. Ci sarebbero stati motivi più importanti del solito per festeggiarlo. Compiuti i 25 anni, Wills avrebbe iniziato a ricevere almeno 450.000 euro l'anno degli 8 milioni ereditati dalla madre. Il lascito si aggiungeva all'assegno e al pagamento delle spese già coperti dal padre e dalla nonna. Tuttora intenzionata a farsi vedere da sola a quanti più eventi possibili cui partecipassero aristocratici, Kate comparve sulla tribuna di Wimbledon prima di portare a termine un'altra operazione segreta. Era il 30 giugno - il giorno prima del «Concerto per Diana» - e, mentre Kate guardava Maria Sharapova che, un set dopo l'altro, dava una batosta alla sua avversaria, William e Harry erano allo stadio di Wembley sotto una pioggia scrosciante per controllare le prove dello spettacolo. I principi, riparati dagli ombrelli, con Joss Stone in mezzo a loro che ridacchiava, risposero alle domande dei reporter. Era già stato annunciato che Kate Middleton era stata invitata a sedere nella tribuna dei VIP, quindi la domanda era sulle labbra di tutti. Un intrepido giornalista chiese: «Come vanno le cose con Kate?» «Verranno tanti amici e saranno tutti in quella tribuna», rispose William imbarazzato mentre il fratello lo guardava perplesso. «Bel colpo, William», disse Harry. «Sì», disse William senza batter ciglio. «Molto diplomatico.»
Ciò che i principi in quel momento non sapevano era che proprio quel giorno - sabato 30 giugno - la storia stava pericolosamente per ripetersi. Mentre guidava la sua Audi nera sulle strade sdrucciolevoli per la pioggia del centro di Londra, Kate guardò nello specchietto retrovisore e vide un'auto che le stava minacciosamente attaccata al parafango. All'improvviso deviò, per evitare un'altra macchina che cercava di passare in mezzo. Quando si rese conto di essere inseguita da quattro auto piene di paparazzi, si fermò, uscì dalla macchina e li affrontò. In piedi, sotto la pioggia sferzante, implorò i fotografi di smettere di pedinarla. «E’ pericoloso», disse loro. «Capiterà un incidente. Qualcuno rimarrà ucciso.» I fotografi rifiutarono. Alle nove di sera Kate parcheggiò l'Audi all'Hotel Ritz di Mayfair. Poi, con il viso nascosto dall'ombrello, percorse sotto la pioggia i cinque isolati che la separavano da Clarence House. Accolta da William, diede le chiavi dell'auto a un domestico, che più tardi andò a recuperarla nel parcheggio dell'albergo e la introdusse furtivamente a Clarence House all'una e tre quarti di notte. Il giorno dopo Kate, con stivali neri a tacco alto e minivestito bianco attillato, prese posto nel palco reale - due file sopra William, Harry, Chelsy Davy, i fratelli e le sorelle di Diana e gli onnipresenti tirapiedi reali Thomas van Straubenzee e Guy Pelly. Fu Elton John ad aprire il concerto, con Your Song, e a presentare «le due persone che hanno reso possibile tutto questo». Kate dovette trattenere le lacrime quando i 63.000 spettatori - molti acclamanti, alcuni piangenti - si alzarono in piedi per una standing ovation a William e Harry che rivolgevano al microfono un saluto al miliardo di telespettatori di 120 Paesi. Camicie sbottonate e pantaloni cachi, all'inizio sembrarono molto emozionati, poi si ripresero. «In questo concerto c'è tutto quello che mia madre amava nella vita: la musica, la danza, la beneficenza, la famiglia e gli amici», disse Wills. «Tantissimo buon divertimento!» Nelle sei ore che seguirono William e Kate non si scambiarono nemmeno un'occhiata, tutti presi ad applaudire, ballare e, in
alcuni casi, a cantare insieme alla musica. Quando il gruppo dei Take That cantò la famosa Want You Back far Good gli occhi di tutti si fissarono su Kate e William che seguivano la musica ondeggiando - separatamente. I due fratelli tornarono a chiudere lo spettacolo con Elton John e, questa volta, William si commosse e ringraziò tutti per aver contribuito al successo del concerto. «Ecco», disse, «come sarà sempre ricordata nostra madre.» II party dopo il concerto, costato 400.000 euro, si tenne in un locale costruito dietro le quinte e smontato il giorno dopo. Fu una festa stupenda: c'erano acrobati che volteggiavano sulla testa del pubblico e danzatori seminudi che piroettavano dentro alcune gabbie. Centinaia di pesci tropicali multicolori nuotavano in un acquario posto sotto la pista da ballo di plexiglas. All'inizio William e Kate stettero ognuno per conto proprio, ma quando le sembrò che William trascorresse un po' troppo tempo con Joss Stone, Kate disse a Pippa, fingendosi indignata: «Mmh... Willy mi sta ignorando». Si lanciò allora sulla pista da ballo. Un ammiratore cominciò a metterle le mani addosso e fu subito trascinato via da un corpulento buttafuori. Poi il DJ Erik Morillo suonò I Like The Way (You Move), il successo dei BodyRockers che Wills e Kate chiamavano «la loro canzone». Wills, fradicio di sudore, saltò sulla pista da ballo, afferrò Kate e la baciò appassionatamente. Non avendo avuto la possibilità di scambiarsi una parola per tutta la sera, lei lo strinse a sé per dirgli quanto era stato meraviglioso il concerto. «Bravo, caro», sussurrò. Era evidente che avevano entrambi deciso di far sapere al mondo intero che erano di nuovo una coppia. Durante un momento particolarmente erotico del ballo, Wills si mosse dietro a Kate e le mise le mani sul seno. «Era», disse un cameriere che guardava la scena, «roba da film a luci rosse. Penso che lui si sia accorto dopo un po' che tutti li guardavano.» Si ritirarono in un angolo, a lume di candela, e là rimasero seduti su un divano di pelle
bianca, mano nella mano, bevendo mojito, baciandosi ogni tanto e facendo tranquillamente programmi per il futuro. Non erano compresi piani di matrimonio a breve termine, e a Kate andava bene così. Dopo tutto avevano solo 25 anni. Ma Wills mise in chiaro che l'amava e che non avrebbe potuto sposare nessun'altra. Per il momento decisero di continuare ad abitare insieme come avevano fatto dal 2001. «È vero, William?», chiese la regina, quasi senza fiato. Apparentemente aveva convocato il nipote al castello di Windsor per congratularsi con lui per il «Concerto per Diana». In realtà, voleva sapere di Kate. «Avete ripreso a vedervi?» William e Harry erano entrambi molto affezionati alla nonna, ma nemmeno da piccoli l'avevano mai abbracciata o le erano saltati sulle ginocchia. Lei era la regina - capo di Stato e personificazione virtuale di un'intera nazione - quindi anche le persone più vicine la trattavano con riserbo. In questo caso, però, William reagì con un largo sorriso alla Windsor. «Sì, nonnina», disse, «io e Kate ci siamo rimessi insieme. Siamo molto felici.» Sua Maestà fece una pausa, poi incrociò le mani. La borsa rimase appesa al braccio destro. «Bene, sì», disse con un cenno di approvazione. «Sono contenta di saperlo. È una brava ragazza.» Capitolo 7 Ero giovane. Avevo bevuto un paio di bicchieri. Che posso dire? Vorrei aver tenuto chiusa la mia boccaccia! - William, sul suo commento in cui affermava che si sarebbe sposato «a ventotto anni o perfino a trenta» Le auto e le moto - dodici veicoli in tutto - ronzavano attorno all'Audi di Kate mentre guidava attraverso Knightsbridge per andare al lavoro. Passavano da una corsia all'altra, ignoravano semafori e segnali di stop e si avvicinavano - davvero troppo per riuscire a scattare una foto di lei al volante o, meglio ancora, per ottenere una reazione scortese. Stavano incollati al suo parafango posteriore senza badare alla velocità, costringendola ad andare ancora più veloce per evitare un
tamponamento. Per Kate anche il viaggio più normale era diventato un inseguimento automobilistico a rischio della vita. Ancora una volta accostò e li pregò di smettere. Ancora una volta rifiutarono. «È il nostro lavoro», disse uno di loro. «Se non desidera essere inseguita, signorina Mìddleton, le suggerisco di smettere di uscire con un principe.» Solo tre giorni prima, in occasione della festa del «Concerto per Diana», William e Kate si erano fatti vedere in atteggiamento intimo di fronte a centinaia di persone - la loro dichiarazione al mondo che erano tornati insieme. La stampa lo considerò un invito a seguire Kate in maniera ancora più pressante. «Nessuno si rende conto di quanto sia spaventoso finché non si trova queste persone alle calcagna», disse Kate a un suo collega di Jigsaw. «I fotoreporter non hanno alcun riguardo per la loro stessa vita, tanto meno per quella degli altri. Farebbero qualunque cosa per scattare una foto. Qualunque cosa.» Lo stesso giorno in cui Kate veniva inseguita da una dozzina di veicoli Gerrard Tyrrel, dello studio legale Hardbottle & Lewis, sottoponeva il suo caso alla Press Complaints Commission. Facendo riferimento all'inseguimento del 30 giugno, in cui erano state coinvolte quattro auto, Tyrrel riferì ai membri della commissione che Kate si era sentita «spaventata» e «molestata». Dato che la commissione pareva non poter fare nulla per proteggere la sua cliente, Tyrrel dichiarò senza mezzi termini che Kate aveva intenzione di intraprendere un'azione legale privata. Nel frattempo Scotland Yard decise finalmente di dare ascolto alle richieste di William, acconsentendo ad assegnare a Kate un certo livello di protezione ufficiale a dispetto del suo status di semplice cittadina britannica. Il suo appartamento di Chelsea fu dotato di una porta blindata antiproiettile in acciaio, di rilevatori di movimento, di telecamere per la sorveglianza esterna, di una linea di sicurezza collegata direttamente con i responsabili della protezione di William a Scotland Yard, di svariati pulsanti con cui avvertire direttamente le forze dell'ordine, oltre a una panic room inespugnabile, simile a quelle del palazzo reale; a tutto questo
si aggiunse la sorveglianza discreta di alcune auto pattuglia. Riguardo ai nuovi provvedimenti, un ex-membro del servizio di sicurezza reale affermò: «Si tratta dei sistemi standard per la residenza di un qualsiasi diplomatico di medio livello»; spesa per i contribuenti: circa 45.000 euro, senza contare i costi delle pattuglie di polizia e del personale addetto al controllo e alla manutenzione dei sistemi di sicurezza. Una goccia nel mare, certo, se paragonata alla spesa totale annuale per la sicurezza della famiglia reale, che supera i 150 milioni di euro. Carlo e Camilla avrebbero pagato di tasca propria pur di suscitare nel pubblico un simile interesse. «Per la gente comune sono vecchi e noiosi», confidò un corrispondente della stampa reale di grande esperienza. «Tutti hanno gli occhi puntati su William e Harry - e sulle donne che alla fine sposeranno.» In ogni caso Camilla era diventata la seconda donna più importante del regno dopo la regina, e tale sarebbe rimasta anche se Kate avesse sposato William. Sebbene Carlo in precedenza avesse assicurato il contrario, niente le avrebbe impedito di diventare regina una volta che suo marito fosse salito al trono. La nuova importante posizione di Camilla rese ambitissimo l'invito ai festeggiamenti per il suo sessantesimo compleanno, che si sarebbero tenuti a Highgrove il 22 luglio 2007. Visto che Big Willy e la sua Babykins erano tornati insieme, ne fu recapitato uno, in tutta fretta e malvolentieri, anche a lei. Essendo l'avvenimento molto vicino al decimo anniversario della morte di Diana, la serata di gala a Highgrove fu etichettata come un evento «di gusto assolutamente dubbio» da parte di diversi amici della principessa. La regina, ancora sensibile a critiche di questo genere, scelse di non presenziare. A organizzare l'evento furono l'ex valletto di Carlo, Michael Fawcett, e Annabel Elliot, sorella minore di Camilla. Proprio per il quarantesimo compleanno di quest'ultima, Diana aveva affrontato la Parker-Bowles in merito alla sua relazione con Carlo. Quanto a Fawcett, che aveva lasciato il suo impiego presso il principe di Galles per diventare un party planner di
alto profilo, Diana aveva affermato che i due uomini erano «troppo vicini. Cosa dovrebbe fare una donna», chiese, «se suo marito ha una relazione malsana con un dipendente?». Accettata Camilla come matrigna a pieno titolo per far felice papà, William aveva imparato a non dare peso a pensieri così spiacevoli. Kate, che non aveva mai conosciuto Diana e non aveva mai avuto niente a che fare con gli Spencer, si adeguò facilmente. Al compleanno di Camilla Kate fece la sua comparsa con uno splendente abito bianco e si mosse disinvolta fra aristocratici e ospiti celebri del calibro di Joan Rivers, e lady Judy Dench. Mentre si stringevano sulla pista da ballo, William le sussurrò dolcemente all'orecchio le parole di It Had to Be You, deve essere tuo. «Bene», disse Joan Rivers, «pare che tutto si sia sistemato.» Infatti tutto andò così bene che Clarence House chiese a Kate di ritirarsi dalla regata sulla Manica a cui avrebbe dovuto partecipare. La sua presenza avrebbe potuto rendere l'evento un circo mediatico e una flotta di giornalisti avrebbe rischiato di far colare a picco la barca che trasportava Kate e il suo gruppo. «La scia», ammise Emma Sayle, «potrebbe farci capovolgere.» Preoccupata di affondare era anche la regina, oltre che scioccata dal «curriculum» alquanto audace di alcuni membri della Sisterhood. «Quando la regina ha letto di club prive, SM e cose simili», affermò uno dei subalterni dello staff di Buckingham Palace, «non si è dimostrata troppo entusiasta del pur lontano coinvolgimento della famiglia reale.» Sua Maestà, assidua lettrice di tabloids e quotidiani sportivi, era rimasta sconcertata soprattutto dal nome del club per scambisti gestito proprio da Emma Sayle. «Killing Kittens? Mio Dio, ma che diamine...?» aveva commentato. A propria difesa, la Sayle ribatté: «Non voglio che la gente dica: 'Ma guarda con chi ha a che fare Kate, una che organizza festini e orge'. Kate non è una stupida, sa bene di cosa si tratta, inoltre tutto si svolge alla luce del sole, non ho mai negato nulla». Qualunque fosse il vero motivo, Kate lasciò la squadra agli inizi
di agosto - non prima però che una delle sue compagne le chiedesse di posare coperta solo di vernice per un calendario promozionale. «Ci sta pensando seriamente», disse la Sayle. «Un po' contiamo su di lei.» Alla fine Kate, e non c'è da stupirsi, rifiutò. Era passato un anno e mezzo dall'ultima volta che Wills e Kate avevano fatto un viaggio insieme - per la maggior parte del tempo William era stato impegnato nell'addestramento a Sandhurst - e avevano entrambi voglia di farne un altro. Così, il 16 agosto 2007, arrivarono in idrovolante a Desroches, una piccola isola delle Seychelles, nell'Oceano Indiano. In viaggio senza scorta per la seconda volta nei loro sei anni insieme, presero una suite sulla laguna sotto gli pseudonimi di Martin e Rosemary. Durante la settimana successiva nuotarono, praticarono lo snorkeling, si immersero nel mare azzurro o si rilassarono semplicemente sulle spiagge bianche dell'isola. I reporter, non avendo accesso alla laguna, dovettero ingegnarsi con quel che avevano. Il Sun fu particolarmente creativo: sovrappose i visi dei due a un fotogramma di Da qui all'eternità, in cui Burt Lancaster e Debora Kerr si baciavano appassionatamente sulla spiaggia. Tornati a Londra dopo il romantico interludio, Kate ricevette il suo primo pass di sicurezza per Clarence House - a tutti gli effetti un lasciapassare che le permetteva di entrare e uscire quando lo desiderava senza dover lasciare il nome alla porta. Sebbene fosse qualcosa di ben lontano dalle false informazioni secondo cui la ragazza si era effettivamente trasferita a Clarence House, come scrisse la giornalista Rebecca English il fatto che le fosse stato accordato il libero accesso era un chiaro segnale del progressivo rafforzarsi della relazione. Uno dei maggiori punti di forza di Kate fu senz'altro la capacità di seguire i reali quando, per usare le parole di Diana, «se ne andavano in giro a uccidere cose». A Balmoral Kate indossò nuovamente l'equipaggiamento da caccia (con un paio di orecchini di perle) e imbracciò un fucile, unendosi a William e agli altri nella caccia al cervo. Il mattino successivo i giornali la mostrarono accucciata nel
fango che prendeva la mira con attenzione. La reazione fu immediata e prevedibile. «E’ davvero triste che Kate si sia fatta coinvolgere da William in attività simili», disse Barry Hugill della League Against Cruel Sports. «Speriamo non si tratti che di un modo per accattivarsi la simpatia dei nostri reali.» Kate venne presa di mira anche da un'altra famosa attivista per i diritti degli animali. «Che tristezza», commentò Brigitte Bardot. «Cerca di piacere a lui e alla sua famiglia, ma non è certo questo il modo per conquistare un uomo e io, beh, ne so qualcosa.» Il più delle volte, però, furono William e Kate a svolgere il ruolo di preda. Dopo una serata di divertimenti al Boujish loro prima uscita pubblica come coppia da quando erano tornati insieme lasciarono il locale alle due del mattino, sorrisero ai fotografi che li immortalavano e salirono sui sedili posteriori della Range Rover di William che li aspettava all'uscita. Non appena l'auto - guidata da un agente di sicurezza - si mosse, un nutrito gruppo di fotografi la seguì con altre auto, in moto e persino a piedi. La Range Rover acquistò velocità su una strada principale per poi procedere a zig-zag in viuzze secondarie, senza riuscire a seminare i paparazzi. A Hyde Park Corner l'auto attraversò a tutta velocità due incroci con il semaforo rosso prima di scoraggiare gli inseguitori. «Se qualcuno fosse rimasto ucciso», disse uno dei fotografi, «non sarebbe stata colpa nostra. Sono stati loro ad agire in modo avventato.» Clarence House non la pensò allo stesso modo. «Il principe è preoccupato per il comportamento pericoloso dei paparazzi di Londra», affermò Paddy Harverson, portavoce ufficiale di William. «L'inseguimento è stato aggressivo, potenzialmente pericoloso e angosciante per entrambi.» Poi, menzionando il decimo anniversario della morte di Diana e l'inchiesta in corso relativa all'incidente, sottolineò come «fosse incomprensibile, soprattutto in quell'occasione, che comportamenti del genere continuassero ad avere luogo». In ogni caso l'episodio suggerì a Kate cosa fare in futuro. Comunicò perciò ai suoi superiori da Jigsaw che avrebbe lasciato il lavoro per diventare fotografa. «Nature morte e
ritratti», confidò ai suoi colleghi durante un pranzo di addio in azienda. «Sto pensando di curare il lavoro di altri fotografi, oppure di aprire una galleria tutta mia. Le possibilità sono infinite.» Quella sera aveva proprio voglia di divertirsi. Mentre William trascorreva gli ultimi giorni in caserma a Windsor, con i suoi compagni dei Blues and Royals, Kate e Pippa raggiungevano Guy Pelly e Holly Brenson alla festa di Halloween del Mahiki. Kate si presentò in un sobrio abito da sera, per poi cambiarsi con un costume sexy da strega. Le «Wisteria Sisters» ballarono tra loro per un'ora buona prima di tornare al tavolo e farsi un bicchiere di «sangue» - un cocktail rosso a base di rum - servito in realistiche sacche di sangue da ospedale. «Si impiastricciarono tutto il viso con il sangue finto», disse uno dei clienti del locale che sedeva a un tavolo vicino. «Kate prese un paio di zanne da vampiro e iniziò a scherzare. Erano scatenate.» In ogni caso la ragazza di William non impiegò molto tempo a far decollare la sua nuova carriera. Alla fine di novembre, infatti, organizzò a King's Road una mostra di fotografie di personaggi famosi scattate dal noto fotografo ritrattista inglese Alistair Morrison. Realizzate in un atelier allestito nel lussuoso hotel Dorchester di Londra, le istantanee di Tom Cruise, Catherine Zeta-Jones, Sting, Kate Winslet e altre star vennero vendute in mostra e la metà del ricavato fu destinato all'UNICEF. In questa occasione Kate tenne a sottolineare la differenza che intercorre tra un fotografo di celebrità come Morrison e i paparazzi che l'avevano inseguita per le strade della città. «Nessuno», disse sorridendo, «si è mai mai fatto male per realizzare queste foto.» Durante la mostra Morrison cantò le lodi del talento di Kate come fotografa. «È davvero, davvero brava, e si vede», affermò. «Fa fotografie bellissime e piene di particolari. Ha un enorme talento e un buon occhio. Sono sicuro che farà strada.» Morrison non fu l'unico fotografo famoso a dare qualche consiglio a Kate. Lei stessa, infatti, raggiunse in incognito a New York Mario Testino, autore di meravigliosi scatti di Diana
per le copertine di Vanity Fair e Vogue, per avere dei consigli professionali. Avvenuta solo qualche mese dopo l'infausto incontro della regina con la fotografa delle star Annie Leibovitz, l'incursione di Kate nel mondo della fotografia fu etichettata da Elisabetta come «una scelta inusuale». «A meno che», confidò al suo segretario personale, «non si limiti a ritrarre trionfi di frutta o, magari, cavalli.» Al momento Elisabetta era più preoccupata dell'andamento della carriera di Harry. Con un voltafaccia bello e buono i pezzi grossi dell'esercito avevano deciso che era troppo pericoloso inviare l'ufficiale di cavalleria Wales in Iraq. In pubblico Harry affermò di aver compreso le motivazioni della decisione. «Non vorrei mai», aveva detto, «mettere in pericolo la vita di qualcun altro facendolo sedere accanto a una calamita per i proiettili.» In privato confidò alla famiglia che era pronto a partire per le zone di guerra. A fine novembre la regina lo convocò a Buckingham Palace per riferirgli che sarebbe partito per l'Afghanistan. Più tardi Harry commentò la decisione con queste parole: «Mi sono sentito un po' agitato. Finalmente avevo l'occasione di fare davvero il soldato come desideravo dal giorno in cui mi sono arruolato». Per quattro mesi Harry avrebbe prestato servizio in prima linea, nella provincia di Helmand. Il suo compito sarebbe stato guidare i caccia verso bersagli talebani sospetti. Per motivi di sicurezza la sua partenza sarebbe rimasta top secret per tutti, all'infuori del primo ministro, del ministro della difesa e di alcuni generali; perfino gli alti papaveri delle forze armate furono tenuti all'oscuro. Wills e Kate, così come Chelsy Davy, non lo ignoravano. Incredibilmente, lo sapeva anche la sua banda di amici, di solito scapestrati e festaioli, che riuscì a tenere la cosa per sé. Sarebbero trascorse dieci settimane prima che il Drudge Report lo scoprisse, spingendo Harry ad allontanarsi, controvoglia, dalla zona di guerra. Ancora una volta Kate e Wills trascorsero il Natale separati Kate con la famiglia alle Barbados e Will, come sempre, a Sandringham. La regina continuava a limitare la presenza a Sandringham solo ai reali e ai loro consorti. Tra l'altro, la
vigilia di Natale i Windsor per tradizione si scambiavano doni scherzosi. Un esempio, difficilissimo da battere, era il preferito del principe Carlo: una seduta da toilette in pelle bianca. Un sondaggio condotto dal canale inglese Discovery Channel, pubblicato il 26 dicembre 2007, mostrò che forse avrebbe dovuto essere invitata anche Kate. Più dell’80 per cento degli intervistati affermò infatti che la ragazza sarebbe stata un «buon complemento» alla famiglia reale. In ogni caso, la maggior parte dei cittadini britannici espresse il desiderio di vedere sul trono William e Kate piuttosto che Carlo e Camilla. Come sempre dai tempi dell'università, i due trascorsero Capodanno insieme; tuttavia, come succedeva da quando Wills era a Sandhurst, rimasero separati nel giorno del compleanno di Rate, il 9 gennaio 2008. In quell'occasione, il principe dovette prestare servizio presso la Royal Air Force. Il bisnonno di William, Giorgio VI, entrò nella RAF fin dalle sue origini, nel 1918. Anche il principe Filippo fu pilota della RAF e il principe Carlo, quarant’anni dopo essersi guadagnato il brevetto, detiene ancora il prestigioso grado di maresciallo dell'aviazione. Ansioso di diventare l'esponente della quarta generazione di Windsor a solcare i cieli, William si presentò alla Central Flying School della RAF di Cranwell la prima settimana di gennaio. Kate capiva cosa significasse la RAF per William. Anche suo nonno, Peter Middleton, aveva prestato servizio sul campo con la Canadian Royal Air Force durante la seconda guerra mondiale. William non tardò a realizzare il suo desiderio. Dopo soli otto giorni fu il primo del suo corso a manovrare da solo un velivolo leggero a elica. Nel giro di un mese passò al più veloce e maneggevole Tucano Ti. Kate scoprì in fretta come la vita di una ragazza di un ufficiale dell'aeronautica fosse molto simile alla precedente, quando William era ufficiale dell'esercito. Durante l'ennesima visita a Cheltenham da sola, fece come sempre girare la testa a tutti. Arrivò discretamente nella tribuna reale accompagnata dal fido Thomas von Straubenzee, poi si mise a chiacchierare con la principessa Anna e con Zara Phillips, cugina di William. Lei e Kate avevano da raccontarsi molte cose, tra l'altro che
indossavano entrambe un lungo cappotto e un cappello a larghe tese alla Dick Tracy. In ogni caso, la giovane non dovette aspettare a lungo il momento di rivedere Wills. Il 16 marzo 2008 Kate tornò a Klosters con il principe Carlo, e stavolta i fotografi la immortalarono mentre punzecchiava scherzosamente la schiena di Big Willy con una racchetta da sci. «Si comportavano apertamente in maniera affettuosa sulle piste da sci» affermò un altro sciatore. «Si coccolavano e, a un certo punto, lui le ha cinto il collo e si sono baciati. Era piuttosto evidente che si amavano.» Non appena tornati in Inghilterra l'ufficiale Wales, in forza presso l'Aeronautica, fu trasferito alla base RAF di Shawbury, 270 km a nord-ovest di Londra, dove realizzò il sogno della sua infanzia sedendosi per la prima volta ai comandi di un elicottero. Forse non del tutto sorpresi, i suoi istruttori lodarono l'abilità del loro futuro comandante in capo. «Sono rimasto molto colpito», disse il comandante Andy Lovell, «dalla naturale abilità manuale del principe.» Da Shawbury continuò il suo addestramento di pilota di elicotteri presso la base di Odiham, nell'Hampshire, a soli 53 km da Londra. Non molto tempo dopo, William, come altri neopiloti prima di lui, decise di passare a salutare amici e parenti. Il problema fu che il velivolo che pilotava non era un aereo a propulsione singola, ma un Chinook a doppio rotore per il trasporto di truppe del valore di 11 milioni di sterline. Per il suo primo esercizio di addestramento il principe, il cui nome in codice era Golden Kestrel (Gheppio Dorato), decise di volare intorno a Highgrove. Il 2 aprile 2008, accompagnato da un istruttore e da un equipaggio di tre persone, fece andata e ritorno (160 km) da Odiham a Highgrove. Il giorno successivo, per impressionare la sua Kate, arrivò a Bucklebury, bussò alla porta di Oak Acre, poi fece pratica di decollo e atterraggio in un campo vicino. Ai Middleton venne chiesto di rimanere in casa, da dove Kate salutò e mandò baci al suo principe aviatore. I due giretti costarono più di 26.000 sterline. E non finì qui. Per la
terza volta in tre giorni William pilotò il Chinook, questa volta fino al Northumberland, dove atterrò in tempo per incontrare Kate e andare in macchina fino in Scozia al matrimonio della loro amica dei tempi di St. Andrews, lady Iona Douglas-Home, che sposava il banchiere Thomas Hewitt (Lady Iona è la nipote dell'ex-primo ministro Alee Douglas-Home). Questa volta il viaggio venne a costare quasi 23.000 sterline. Incredibilmente, William era ancora carente dell'esperienza di base di volo. Ecco perché dovette percorrere, sempre ai comandi dello stesso velivolo, i 205 km che lo separavano da Sandringham per far visita alla nonna. Fortunatamente, la regina quella volta era a Windsor. I costi della gita sfiorarono le 6.000 sterline. La stampa inglese, avvezza per lo più a inseguire William per locali notturni, per settimane ignorò queste gitarelle di piacere pagate dai contribuenti; nel frattempo, ventiquattro ore dopo essere passato a salutare la regina, l'erede al trono aveva raggiunto Carlo e Camilla alla cena di gala tenutasi presso il Royal Air Force College di Cranwell in occasione dei novant’anni dalla fondazione della RAF. Qui William fu apprezzato anche per il suo aspetto elegante e impeccabile in alta uniforme, mentre l'abito da sera elaborato e ricamato di Camilla fu paragonato al vestito sgualcito da mago indossato da Albus Silente nei film di Harry Potter. La mattina dopo Kate fu davvero orgogliosa quando Carlo, in alta uniforme con tanto di medaglie, come richiesto dal suo grado, presentò William con le sue «ali» provvisorie. «È davvero affascinante», disse del suo Wills in uniforme blu mentre andavano a pranzo. Fatto significativo: era la prima volta che venivano fotografati insieme a un evento ufficiale. Pur avendo già completato l'addestramento, il giorno seguente William ritenne opportuno fare un altro po' di pratica, questa volta soprattutto per migliorare le sue capacità di volo sul mare. Dimenticò però di dire ai suoi superiori che in realtà stava usando il Chinook per passare a prendere Harry alla sua caserma nel sud-est di Londra, per poi volare fino all'isola di Wight dove i due si sarebbero uniti a ventidue loro amici per la festa di addio al celibato del cugino Peter Phillips,
che avrebbe sposato la cittadina canadese Autumn Kelly. Questa volta la spesa sfiorò le 11.000 sterline. «Una sciocchezza bella e buona!» Tuonò il maresciallo sir Glenn Torpy quando venne informato delle cinque gite di piacere del principe. Non solo il conto totale delle spese aveva superato le 67.000 sterline, ma l'uso sconsiderato di un Chinook per motivi personali, in un momento in cui le truppe inglesi stavano combattendo in Afghanistan, era parso «quantomeno irresponsabile». Sir Torpy ordinò quindi un'indagine sui voli che, come ci si poteva aspettare, finì in una generale assoluzione: vennero tutti classificati come «esercitazioni legittime». Il rapporto ufficiale recitava: «Tutti i voli eseguiti dall'ufficiale dell'aeronautica Wales sono stati programmati ed eseguiti secondo le istruzioni avute. Inoltre, sono stati autorizzati e condotti dal principe sotto un'appropriata supervisione, secondo i regolamenti vigenti». Pur biasimando «il pubblico e i media» per i loro «fraintendimenti», il documento proseguiva ammettendo che «in retrospettiva, è sussistito un certo grado di ingenuità nella programmazione di queste uscite». Tutto risolto? Non così in fretta. «Per l'uomo comune non è altro che l'uso di un costosissimo taxi», commentò un pilota della RAF. «La gerarchia dell'aeronautica inglese ha fatto una mossa terribilmente sbagliata nel cercare di spiegare i voli in modo diverso.» Jon Lake, aviatore con addestramento RAF ed esperto di volo, li descrisse come «ridicoli e inappropriati», sostenendo che nell'affìdare a un principiante come William i comandi di un velivolo così sofisticato era stata messa a repentaglio la sua vita insieme a quella di altre persone. Sir Glenn pensò che forse Lake aveva ragione. «È molto preoccupato», affermò l'analista della Difesa Paul Beaver, poiché «dopotutto, è colui che risponde alla regina della sicurezza di suo nipote». Will si rassegnò a prendersi almeno una parte della colpa. «Si è trattato di un errore di giudizio collettivo», affermò un portavoce di Clarence House «e il principe William si sta assumendo la sua parte di responsabilità al pari della RAF.»
In ogni caso, il pilota di elicotteri più famoso dell'aviazione inglese parve non essersi minimamente accorto del clamore provocato. Quando un membro del Parlamento si presentò alla Camera dei Comuni per protestare in merito alle gite di William, il principe fu invitato a fare un giro su un caccia Tornado da 40 milioni di euro. «È stata la più incredibile, la più fantastica esperienza della mia vita», affermò Wills dopo aver preso parte a un combattimento simulato alla velocità di 1000 km/h con un Harrier a decollo verticale. «Ci vorranno settimane perché le gambe smettano di tremarmi.» Il giro da brivido sul Tornado, tuttavia, non fu una questione di puro divertimento. «Il principe», commentò un portavoce della RAF, «ha provato in prima persona l'esperienza di combattimento della nostra aeronautica, e queste cose non si trovano nei libri.» Ovviamente, l'unico modo per vivere un'esperienza di combattimento reale era quella di essere assegnato a una zona di guerra. Dato però che le gitarelle di William avevano offuscato la brillante reputazione che la famiglia reale si era guadagnata in guerra, sia Carlo sia la regina definirono un limite ai danni che il giovane avrebbe potuto fare. Con l'esplicita approvazione di Elisabetta, William fu incaricato di pilotare un C17 Globemaster per il trasporto delle truppe verso le prime linee in Afghanistan, con la missione di riportare in patria il corpo di un soldato inglese caduto in battaglia. Si trattava di uno dei Royal Lancers della regina, il ventiduenne Robert Pearson, rimasto ucciso nella provincia di Helmand quando il veicolo corazzato su cui viaggiava era incappato in una mina. L'intero viaggio sarebbe dovuto durare trenta ore e, come per Harry, doveva rimanere top secret. Un membro del Parlamento, informato della missione, commentò: «I talebani o al-Qaeda non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di abbattere un aereo sul quale viaggiava il futuro re. Per quanto il principe desiderasse entrare in azione, non potevamo assolutamente rischiare». Atterrato a Kandahar, William fece buon uso della sua notorietà e risollevò il morale dei soldati, stringendo mani e
chiedendo delle loro famiglie a casa. Molti gli chiesero di Kate, ma nessuno toccò l'argomento del matrimonio. «Tutto sommato», confidò poi a un compagno ufficiale, «è stata una delle esperienze più importanti della mia vita.» Al ritorno, il 28 aprile, incontrò i famigliari del soldato Pearson alla base RAF di Lyneham, e per conto della regina li ringraziò del loro sacrificio. Disse di essere stato «onorato» di fare quel viaggio speciale. Un anno dopo, Paul Pearson fu invitato a Buckingham Palace per ricevere dalla regina in persona la Elizabeth Cross in onore del figlio Robert. «Anche se perderlo è stata una tragedia, sorridiamo al pensiero che lassù Robert stia raccontando di come il principe William l'ha riportato a casa», affermò Pearson. Per Wills la missione di trenta ore in Afghanistan fu importante anche per altre ragioni. Secondo un ufficiale del Ministero della Difesa: «Voleva solo capire almeno un po' cosa si prova, desiderava poter guardare negli occhi gli altri soldati, uomini e donne». Meno di una settimana dopo il principe lasciò la RAF per il suo incarico successivo: tenente nella Royal Navy. Nel frattempo, anche Kate ebbe una missione da portare a termine. Il 17 maggio partecipò, in rappresentanza di Wills, al matrimonio reale di suo cugino Peter Phillips e Autumn Kelly, entrambi trentenni. Le nozze, che si svolsero nella St. George Chapel, al castello di Windsor - dimora spirituale dell'Ordine della Giarrettiera e luogo di sepoltura di dieci sovrani, compreso Enrico VIII - avevano un significato speciale. Peter, unico figlio maschio della principessa Anna e di Mark Phillips, era infatti il primo degli otto nipoti della regina a convolare a nozze. C'erano tutti: Sua Maestà, il principe Filippo, Carlo e Camilla, i principi Andrea, Edoardo e Harry, e naturalmente la madre dello sposo, la principessa Anna. Tutti i membri anziani della famiglia reale erano presenti, con un'unica evidente eccezione: William. Stranamente, lui aveva scelto di onorare un impegno precedente. Se fosse stato chiamato a partecipare a un'altra esercitazione militare utile all'immagine, la sua assenza sarebbe stata facilmente giustificata, ma invece si recò a un
altro matrimonio. Mentre tutta la famiglia reale era riunita a Windsor, lui raggiunse in Kenya la sua vecchia fiamma, Jecca Craig, per il matrimonio del trentaduenne fratello di lei, Batian. A differenza della cerimonia anglicana che si stava svolgendo a casa - Autumn, cattolica, si era convertita in modo che Peter non dovesse rinunciare a essere l'undicesimo in linea dinastica della famiglia - in Africa William assistette alla consegna agli sposi di una vacca da macellare. In seguito, lui e gli altri ospiti (compresi il capo Masai Kip e alcuni membri della tribù Samburu) bagnarono marito e moglie con del latte - una tradizione Masai che simboleggia fortuna e fertilità. La regina e il principe Carlo non furono entusiasti, ma non tentarono neppure di dissuadere William. Nemmeno Kate, che non si sentiva più minacciata da Jecca e aveva in qualche modo accettato la strana influenza che la famiglia Craig - e l'Africa - avevano sul principe, ebbe qualcosa in contrario. «Non capivo perché fosse così legato a quel continente», disse Kate alla sudafricana Chelsy Davy, «finché non mi ci ha portato.» La presenza di Kate al matrimonio del cugino di Wills riscattò la defezione del principe. Si trattava di una prova evidente della sua fiducia in lei e, cosa altrettanto importante, dimostrava che i reali l'avevano accettata come un'adeguata sostituta. Inoltre la nonna del principe (che per oltre un anno aveva chiesto di poter incontrare la ragazza) aveva colto l'occasione per conoscerla e vedere da vicino la probabile futura regina d'Inghilterra. «Era in mezzo a tanti altri ospiti», disse Kate, ricordando la sua prima breve conversazione con la regina, ma si era dimostrata «una persona davvero cordiale e affettuosa». Anche per Chelsy fu una giornata sotto i riflettori. Dopo che la regina ebbe incontrato Kate, Harry prese la coraggiosa decisione di presentarle la sua ragazza per la prima volta. Pur non essendo vicine come lo erano Diana e Fergie in occasioni come questa, le due fidanzate «reali» ebbero modo di trascorrere diverso tempo scherzando e parlandosi sottovoce. Più tardi, durante il lussuoso ricevimento che seguì presso
Frogmore House, nel Windsor Great Park- la spettacolare residenza reale del XVII secolo che è anche il luogo di sepoltura della regina Vittoria e del principe Alberto - Kate e Chelsy si scatenarono insieme a Harry sulla pista da ballo. L'assenza di William sarebbe risultata ancora più evidente all'uscita, il mese seguente, della rivista di grande successo HELLO! che conteneva cinquantanove pagine di scatti del matrimonio e del movimentato ricevimento che ne era seguito. All'insaputa dalla regina - che veniva mostrata mentre intratteneva gli ospiti in una dozzina di foto a parte - Peter e Autumn avevano firmato un contratto da 750.000 euro con HELLO!, permettendo agli inviati del tabloid di accedere a tutte le celebrazioni. Oltre al fatto di aver venduto al miglior offerente (per la prima volta nella storia) il diritto di partecipazione a un matrimonio reale, nonna Elisabetta scoprì che gli sposini avevano personalmente approvato ogni immagine: secondo un portavoce di Palazzo si sentì «piuttosto dispiaciuta». William e Harry furono molto più che dispiaciuti quando vennero a sapere che le loro fidanzate comparivano in tutte le pose possibili su HELLO! Un portavoce di Clarence House riportò queste affermazioni: «I principi sono profondamente contrariati del fatto che la privacy delle signorine Middleton e Davy sia stata invasa in questo modo». William si arrabbiò ancora di più quando seppe della vendita dell'esclusiva e disse a Harry: «Certo, devono aver proprio bisogno di soldi». HELLO! doveva ancora uscire in edicola quando, pochi giorni dopo il matrimonio di Peter Phillips e Autumn Kelly, Kate e William si rifugiarono in una villa isolata sulle scogliere di Macaroni Beach sull'isola di Mustique. Nel turbine delle speculazioni su quando si sarebbero finalmente fidanzati ufficialmente, i due piccioncini si godettero la loro ultima settimana insieme prima che lui partisse per servire la Marina. Di tutti i corpi delle forze armate, la Marina è sempre stata la più vicina alla famiglia reale. Il Britannia Royal Naval College di Dartmouth fu infatti frequentato non solo dal trisavolo di
William (Giorgio V), ma anche dal bisnonno (Giorgio VI), da suo nonno (il principe Filippo), da suo padre e da suo zio, il principe Andrea. William ammirava il padre per aver comandato un corpo di sminatori in tempo di pace, ma la carriera militare che desiderava emulare era piuttosto quella dello zio Andrea, che aveva prestato servizio come elicotterista della Marina nella guerra delle Falkland. Qualcosa di Andrea che William non voleva imitare era invece il suo matrimonio. Sia Andrea sia Fergie ammisero infatti che i lunghi turni di servizio in mare del principe avevano penalizzato la loro relazione; William tempo prima aveva fatto un errore simile scegliendo di rimanere a bere con i commilitoni invece di stare con Kate. Adesso però era determinato a cogliere ogni occasione per stare con la sua ragazza, anche se questo significava viaggiare per più di 260 km da Dartmouth a Londra solo per passare un week-end insieme. Nel suo primo fine settimana libero William raggiunse infatti Kate, Harry, Chelsy e il resto dei soliti amici all'annuale ballo di beneficenza Boodles Boxing Ball. Questa volta Jecca Craig faceva il tifo per il suo attuale boyfriend, Hugh «the Hitman» Crossley, che affrontava Bear «the Pain» Maclean (perdendo). Davanti agli astanti stupiti, Kate e Jecca risero e scherzarono come se, secondo uno spettatore, «fossero state due grandi amiche. A vederle, non si sarebbe affatto pensato che erano state rivali». Per la maggior parte del tempo Kate fece smorfie coprendosi gli occhi ogni volta che uno dei due assestava un pugno. Persino William, che incitava i due pugili dilettanti, ogni tanto impallidiva quando un colpo andava a segno. William e Harry avevano un motivo importante per essere presenti. L'evento di gala raccolse 200.000 euro per la Starlight Foundation, un'organizzazione di beneficenza fondata dalla star di Dynasty Emma Samms per realizzare i desideri di bambini gravemente malati. Cantare all'evento e cosa più importante - incontrare i figli di Diana, era il desiderio della cantante diciannovenne Bianca Nicholas, malata di fibrosi cistica.
Nonostante la presenza dell'«erede» e della «riserva», Bianca Nicholas - e tutti gli altri presenti - parvero altrettanto colpiti da Kate. Le prime pagine dei giornali del giorno seguente furono infatti dominate non dai principi, ma da immagini di Kate in abito lungo rosa corallo creato dalla designer brasiliana Daniella Issa Helayel, che ne sarebbe diventata la stilista di fiducia. Era lei l'ideatrice di infinite mises di buon gusto che avrebbero fruttato a Kate il successo come icona della moda e i primi posti in diverse classifiche delle donne meglio vestite. Gli abiti, forniti gratuitamente alla futura principessa, furono per Issa un grande successo pubblicitario. Una settimana dopo William e Kate si trovarono di nuovo insieme, questa volta al castello di Windsor, per partecipare all'investitura del principe dell'Ordine della Giarrettiera. Si trattava della più solenne e storicamente significativa cerimonia cui Kate avesse finora partecipato, un ulteriore segnale della sua completa accettazione da parte non solo della famiglia di William, ma anche delle cosiddette «eminenze grigie». La ragazza, che indossava un abito nero a piccoli pois bianchi e un «fascinator» (termine in uso nel mondo della moda britannica per definire un cappellino) bianco e nero, accompagnò fino al Galilee Porch della chiesa il principe Harry in abito formale. Là aspettarono l'arrivo di William (accompagnato dal padre) insieme a Camilla e alla moglie del principe Edoardo, la contessa del Wessex. Quando finalmente William fece la sua comparsa, in tenuta cavalleresca - mantello di velluto blu, una giarrettiera (e che altro?) appena sotto il ginocchio sinistro e un elaborato cappello floscio decorato con piume di struzzo e airone - Kate sussultò. «Oh, mio Dio!» disse, prima di sganasciarsi dalle risate assieme a Harry. Malgrado l'ilarità generale - William faticò a mantenere il dovuto contegno quando vide la reazione del fratello e della fidanzata - si trattava della più alta onorificenza che la regina potesse conferire. Creato nel 1348 da Edoardo III, l'ordine cavalleresco più antico del mondo si basava sulla leggenda arturiana e rappresentava il legame con la Tavola Rotonda di
Re Artù. Il motto dell'ordine era: «Honny soit qui mal y pense» (Sia biasimato chi pensa male). Dato che i Cavalieri della Giarrettiera venivano scelti personalmente dalla regina, tra le loro file comparivano suo marito, i suoi figli, alcuni cugini di alto rango, alcuni ex premier, capitani d'industria e diverse teste coronate: i re di Svezia, di Norvegia e di Spagna, le regine di Danimarca e dei Paesi Bassi. William fu il centesimo cavaliere a essere investito nei seicentosessant'anni di storia dell'Ordine. «Probabilmente, dovranno assegnare la Giarrettiera anche al principe Harry», commentò Alan Hamilton del Times, «e lui dovrà comportarsi come si deve, visto che i cavalieri colpevoli di aver 'infangato' l'Ordine possono essere espulsi.» Infatti, sebbene l'imperatore del Giappone, Akihito, sia un cavaliere, il titolo venne revocato a suo padre Hirohito - e all'imperatore Guglielmo prima di lui. «In ogni caso», concesse Hamilton, «qualche marachella nei locali notturni verrebbe certamente perdonata.» Senza dubbio Kate sembrava essersi conquistata un posto nel cuore di tutte le persone più care a William. In quella circostanza, pur così formale e antiquata, era così a suo agio in compagnia della regina da sentirsi libera di essere se stessa - anche se ciò significava ridere di tradizioni vecchie di secoli. Kate sapeva però che era importante non forzare troppo la mano - o non approfittare troppo dell'ospitalità della famiglia del principe. Non accettò tutti gli inviti reali, nemmeno se venivano dalla donna che Diana chiamava: la «Prima Signora». Poiché quell'anno né William né Harry sarebbero potuti andare ad Ascot, la regina invitò Kate a essere sua ospite a un tavolo da dieci nella zona riservata alla famiglia reale. Preoccupata di apparire troppo desiderosa di simili onori, la ragazza declinò rispettosamente l'invito. «Le è stato consigliato», dichiarò al Daily Mail uno degli amici dei Middleton, «di prendere un posto meno in vista per questioni legate alla notorietà. Comparirà assieme ai reali solo quando è strettamente necessario e quando è con William.» Il giorno dopo Ascot - sabato 21 giugno - le cose cambiarono.
Per celebrare il ventiseiesimo compleanno di Wills, infatti, la coppia si aggregò a Harry e Chelsy a Highgrove. Dopo aver visto l'Inghilterra suonarle alla Nuova Zelanda al Williams de Broe International Match, svoltosi al vicino Beaufort Polo Club, William e Kate festeggiarono assieme ad altri duecento ospiti in una tenda montata sul campo. «Carburato» da una copiosa quantità di champagne, Wills si mise a ballare in quel suo modo caratteristico, agitando smodatamente le braccia come fosse - osservò Sarah Jellema - «un elicottero che cerca di atterrare con un vento di coda incredibilmente forte». «Sembravano molto felici», commentò un altro ospite, «di potersi divertire e lasciarsi andare.» Il loro desiderio di scaricare la tensione era comprensibile. Alla festa nessuno, a parte Kate, sapeva che William aveva appena trascorso ventiquattr'ore in immersione a bordo del sottomarino nucleare di Sua Maestà Talent al largo della costa di Plymouth, prendendo parte a un'esercitazione segreta che simulava l'inseguimento e l'attacco di un sommergibile nemico. Terminato il suo impegno, il principe era riemerso ed era stato affidato a un elicottero Sea King che lo aveva riportato a casa. In seguito il sottotenente di vascello Wales venne imbarcato sulla nave di Sua Maestà Iron Duke, una fregata di 4.900 tonnellate diretta ai Caraibi. Il principe e i suoi commilitoni trascorsero cinque settimane setacciando le acque del Sud e Centro America in cerca di trafficanti di cocaina, al fianco degli ufficiali della DEA (Drug Enforcement Administration) americana. William era in mare da appena quattro giorni quando, osservando l'orizzonte insieme ad altri sei uomini a bordo di un elicottero Lynx, scoprì un motoscafo sospetto di 15 m a nord-est delle Barbados. Il Lynx inseguì la barca e le stette addosso fino all'arrivo degli ufficiali armati della guardia costiera americana. Prima che il motoscafo affondasse, le autorità requisirono cocaina del valore di mercato di 60 milioni di euro. «È stata una grossa retata che bloccherà i rifornimenti di droga diretti probabilmente in Europa», affermò un portavoce del
Ministero della Difesa. Da parte sua William «ha partecipato alla riuscita operazione congiunta svolgendo un ruolo importante nella pianificazione e nella sorveglianza». A detta dell'ufficiale in comando della Iron Duke, Mark Newland, William e i suoi compagni «avevano iniziato nel migliore dei modi». Le cose si fecero ancora più pericolose qualche settimana dopo, quando l'elicottero Lynx di William aprì il fuoco sui trafficanti a 110 miglia al largo della costa della Colombia. Prima che la loro barca colasse a picco, tre membri dell'equipaggio si tuffarono in acqua; furono issati a bordo della Iron Duke e in seguito consegnati alle autorità colombiane. Dopo l'incidente i superiori di William spiegarono: «Il principe è tornato alla nave per riprendere i normali compiti di ufficiale di guardia». La maggior parte del suo addestramento navale non era però sempre così entusiasmante. Tornato a Dartmouth, infatti, William imparò a dar fondo all'ancora - non prima di aver perso una cassa di birra per aver scommesso che ci sarebbe riuscito al primo colpo (ci vollero due tentativi). In seguito potè mettere a frutto anche questa competenza sull'isola vulcanica di Montserrat, dove eseguì l'operazione come parte di un'esercitazione per affrontare l'emergenza di un uragano. Sull'isola il principe guidò la sua squadra su un sentiero boscoso accidentato per simulare un incidente che coinvolgeva un autobus. Dopo aver chiamato un medico, diede la priorità ai «feriti», saltò oltre un ostacolo per calmare un ragazzo che stava urlando di dolore in modo assai convincente, e infine guidò i paramedici sul luogo dell'incidente. Nell'attestare il successo della missione il comandante Newland notò che l'attitudine al comando fosse per William come una «seconda natura». A Londra anche Kate era in missione di addestramento, convinta nuovamente a fare le veci di William a un matrimonio reale. Si trattava delle nozze tra George Gilman e lady Rose Windsor, cugina della regina, figlia minore del duca di Gloucester (suo padre assunse il titolo di duca quando il fratello maggiore rimase ucciso in un disastro aereo nel 1972),
e ventiquattresima in linea di successione al trono. In quel periodo il duca di Gloucester e la sua famiglia vivevano in quella che una volta era stata la casa di William: Kensington Palace. William e Kate non erano mai stati separati così a lungo. Una volta concluso il turno di servizio di cinque settimane in mare, si rividero a Mustique. Come sempre, trascorsero le giornate tra passatempi marini e serate al Firefly Club o al Basili Bar. Questa volta non mancò loro la compagnia. A celebrare il quarantesimo anniversario della Mustique Company, l'azienda creata dai proprietari terrieri per gestire l'isola, arrivarono i parenti più stretti di Kate, oltre a un centinaio di VIP. Al Basili Bar uno dei residenti dell'isola (nonché compagno prediletto di bevute della principessa Margareth), Mick Jagger, si esibì in Satisfaction, Jumpin’ Jack Flash e Brown Sugar, mentre William e Kate si scatenavano sulla pista da ballo. A Mustique William accennò per la prima volta all'idea di farsi un tatuaggio - qualcosa di appariscente come l'angelo che si allarga sulle spalle e la schiena di David Beckham. Il principe ne aveva già discusso con i suoi compagni sulla Iron Duke e, a questo proposito, uno dei membri dell'equipaggio aveva detto che l'unica cosa che lo frenava era il pensiero che la sua ragazza trovasse la cosa di cattivo gusto. E non aveva torto. Sebbene William e Kate sembrassero inciampare l'uno sull'altra all'uscita del nightclub Raffles alle ore prima dell'alba della mattina del 15 agosto, era raro che Kate venisse etichettata «di cattivo gusto». Purtroppo, non si poteva dire lo stesso del resto della sua famiglia. La madre, Carole Middleton, appassionata di gomma da masticare e «insopportabilmente middle class», era ancora vista piuttosto male in certi ambienti. L'espressione «Doors to manual» usata dagli assistenti di volo inglesi (più o meno l'equivalente di «Gli assistenti di volo chiudano le porte») era usata così spesso per descrivere la madre di Kate e il suo passato di hostess da diventare una sorta di espressione canzonatoria, proverbiale in tutta l'Inghilterra. Il mondo non conosceva ancora lo zio di Kate, Gary Goldsmith,
e la sua abitazione, «La Maison de Bang Bang», straripante di droga e prostitute. E i funzionari di Palazzo desideravano che le cose rimanessero così. Perciò, nei primi mesi del 2008, gli agenti della sicurezza reale, preoccupati che gli incredibili comportamenti edonistici di Gary potessero mettere in imbarazzo William - e quindi l'intera famiglia reale - lo avvicinarono e lo avvertirono di «modificare il suo stile di vita». «Mi sono stati addosso», ammise lui, «tanto che ho dovuto mantenere un basso profilo e comportarmi da bravo bambino. Ho intenzione di dare un taglio a tutte le droghe e ripulirmi.» Sarebbe stata un'ardua impresa. Poco dopo l'avvertimento, infatti, la polizia di Londra ricevette una chiamata dal Park Lane Hilton Hotel, con la quale si sosteneva di averlo visto attraversare la hall dell'albergo e uscire per le strade di Mayfair in uno stato «fortemente alterato». Un altro personaggio molto chiacchierato della famiglia Middleton era il fratello minore di Kate, James, che aveva abbandonato l'università di Edimburgo dopo un solo anno per creare un'impresa tutta sua nell'autunno del 2007. Di fatto, la Cake Kit Company rappresentava più o meno la roccaforte indipendente di James all'interno dell'impero di famiglia, la Party Pieces. Il concetto base era molto simile: semplificare la preparazione dei dolci fatti in casa fornendo tutti gli attrezzi necessari: stampi, ingredienti (preparati per dolci, glassa...), decorazioni e persino le candeline. Allampanato e in jeans, pur ammettendo di «non avere l'aspetto del classico pasticcere», il fratello di Kate insisteva nell'affermare di avere quest'arte nel sangue. «Ho tanti bei ricordi di mia madre che faceva i dolci e anche io partecipavo sempre molto volentieri», disse, «specialmente se poi potevo riverniciare il pavimento della cucina con lo sciroppo di zucchero». Questa immagine cambiò completamente quando apparvero in rete alcune fotografìe che lo ritraevano in una serie di pose compromettenti. In una di esse indossava un vestito a pois preso a prestito da Kate, in un'altra un costume da cameriera
francese, completo di calze a rete strappate, cuffìetta di pizzo e trucco, mentre reggeva una bottiglia di birra con una mano e i «gioielli di famiglia» nell'altra. Un'altra foto presa alla stessa festa mostrava James e altri uomini, nudi o in costume da cameriera, due dei quali stavano allegramente simulando un rapporto orale. Un'ennesima istantanea mostrava un James, allora ventunenne, rilassato e nudo davanti a un camino, una birra in mano e i genitali abilmente coperti da una pila di asciugamani. Altre immagini lo ritraevano durante una serata con gli amici, tutti pronti a consumare decine di drink già allineati davanti a loro. Tra le altre ce n'era una in cui il ragazzo, molto poco regalmente, mostrava il dito medio alla macchina fotografica. Tuttavia, questa serie di scatti parve piuttosto morigerata se paragonata a quella che apparve qualche mese dopo: James e i suoi amici usavano uno scoiattolo morto come elemento principale di diversi quadri viventi grotteschi. Sebbene la maggior parte del pubblico sdegnato provenisse dagli attivisti inglesi per i diritti degli animali - in un'altra foto il giovane Middleton teneva allegramente in mano una mezza dozzina di uccelli morti - i nuovi scatti postati online mostravano anche il futuro cognato del re in diversi momenti di uno spogliarello, nonché in pose e situazioni quanto mai sconvenienti. Quando un intraprendente fotoreporter portò le foto a casa dei Middleton, a Bucklebury, Carole e Pippa si sedettero sul divano del soggiorno e iniziarono a passarle in rassegna. Di primo acchito, Carole non mostrò alcuna reazione, poi, quando a entrambe venne chiesto se l'appariscente giovanotto delle foto fosse James, Pippa divertita scoppiò a ridere e rispose: «Oh, sì!» Nessuno dei fratelli di Kate si era mostrato particolarmente timido o restio a trarre vantaggio - quantomeno a livello sociale - dal legame della famiglia con i reali. Soprattutto James, che si dava da fare per tenere il passo dei «principi delle feste» (soprannome che William e Harry si erano guadagnati in certe zone di Londra). E, a differenza di sua sorella, non solo apprezzava l'attenzione che gli dedicavano i paparazzi, ma ne voleva sempre di più. Infatti, uno dei ragazzi che spesso lo accompagnava in giro per locali affermò che:
«All'inizio, dopo aver lasciato l'università, James si irritava se non veniva riconosciuto dai fotografi. Adesso, se non lo beccano, va anche peggio, e capita che si arrabbi davvero parecchio». Carole Middleton capiva la frustrazione del figlio. «James... ha progetti di affari di cui vuole parlare», disse, «ma è difficile quando quelli che ti stanno intorno non ti vogliono ascoltare.» Anche Pippa, che aveva ambizioni sociali personali ben documentate, si trovò un lavoro per il quale i rapporti di società erano molto utili. Iniziò infatti a occuparsi di marketing e pubbliche relazioni per Table Talk, un'azienda che organizzava eventi. Pippa condivideva con James una vena di follia. Per esempio, quando gli ospiti di un party molto movimentato decisero di formare una piramide umana, si spogliò e salì sulla cima avvolta nella carta igienica. Pippa sembrava gradire quel tipo di pubblicità, ma quando le fu rubata la fotocamera digitale dai sedili dell'auto, preoccupatissima, chiamò la polizia per denunciarne la scomparsa. Meno di un'ora dopo due uomini contattarono il Sun offrendo in vendita le immagini presenti sulla scheda di memoria per 70.000 euro. C'erano più di quaranta foto che mostravano William e Kate a Mustique in atteggiamento scherzoso, e in alcune si vedeva Kate in bikini mentre faceva yoga sulla spiaggia. In altre la coppia si stringeva amorevolmente sul bordo di una piscina, oppure si guardavano mentre facevano il bagno. Se una foto di William che indossava un cappello da donna - così simile a quelle dello scandaloso James Middleton - fosse arrivata ai giornali, sarebbe stato difficile toglierla dalla testa della gente. William e Kate rimasero sconvolti. Non avevano avuto problemi a mostrarsi in atteggiamenti affettuosi alla famiglia di lei, sull'isola gli abiti erano ridotti al minimo indispensabile e non avevano idea di quanto rischiose potessero essere certe istantanee. In alcune di esse erano colti mentre fumavano un'abitudine che Kate aveva preso da William e che entrambi faticavano a nascondere. Inoltre William, che è miope, aveva fatto uno strappo alla regola che si era imposto di non essere fotografato con gli occhiali di cui aveva bisogno ogni volta che
si metteva al volante di un'auto, alla guida di una moto o ai comandi di un velivolo militare. Per fortuna il Sun non acquistò le foto, ma si rivolse alla polizia. Alla fine della giornata i detective di Scotland Yard, insieme agli agenti della sicurezza reale, arrestarono i due uomini e recuperarono la scheda di memoria. Tutto si risolse prima che William e Kate presenziassero alle nozze, tenutesi a Salisburgo, dell'ufficiale della Household Cavalry Rupert Evetts con Chiara Hunt, sorella di Olivia Hunt, loro compagna di classe a St. Andrews. Per quanto sembrasse che Kate e Wills avessero raggiunto lo status di invitati professionisti, questa era la prima volta in tre anni che andavano insieme a un matrimonio. Prima di entrare in chiesa lui le mise teneramente una mano sulla spalla e si abbassò a sussurrarle qualcosa all'orecchio. Quel semplice gesto - insieme al fatto che William aveva chiesto che per quel giorno le venisse assegnato Dominic Ryan, guardia del corpo personale di Carlo - innescò una sequela di speculazioni sul fatto che un annuncio di fidanzamento fosse nell'aria. Chiacchiere di questo genere venivano stornate più o meno abitualmente da Clarence House. «Semplicemente non abbiamo da fare alcun commento», recitava la risposta del segretario personale di William e Harry, Jamie Lowther-Pinkerton, «sulla vita privata del principe William.» In realtà nessun argomento era più «caldo» delle nozze che sembravano sempre più probabili. «La sensazione generale che si respirava era più o meno questa: 'Che diavolo sta aspettando?'», questa fu l'affermazione di un membro di grado elevato dello staff di St. James's Palace. «Eravamo certi che, se l'avesse lasciata dopo tutto questo tempo, sarebbe sembrato un gran mascalzone.» E se l'avesse lasciato Kate? «Se l'avesse fatto lei, tutti avrebbero comunque dato la colpa a lui perché l'aveva fatta aspettare troppo, e non andava bene.» A Buckingham Palace la regina chiedeva spesso al suo segretario privato, Christopher Geidt (che sostituiva sir Robin Janvrin dal 2007) e ad altri membri anziani del suo staff aggiornamenti sulle vite private dei membri della famiglia -
Harry e William in particolare. Come sempre, Elisabetta poneva le domande in maniera informale, mentre scriveva lettere o relazioni nel suo studio. Con la carta da parati di un rilassante color verde-azzurro, le grandi finestre e i mobili colmi di oggetti, lo studio della regina era un luogo di lavoro ma anche un'oasi di tranquillità. Foto di famiglia incorniciate e ninnoli di ogni tipo - oggetti dai quali i suoi dipendenti dovevano tenersi alla larga - coprivano la scrivania di legno intagliato del XVIII secolo, insieme alle famose scatole blu e rosse usate da Sua Maestà per i documenti di Stato e delle cerimonie. Mentre i suoi Welsh Corgi sonnecchiavano sul tappeto Aubusson, la regina chiedeva come se la cavava da sola la signorina Middleton mentre il suo principe dava la caccia ai trafficanti di droga nei Caraibi, oppure mentre trascorreva i mesi finali del suo addestramento con l'elite dei Servizi Speciali inglesi, specializzandosi in tecniche di identificazione e contromisure al terrorismo. «Di certo, non è una persona impaziente», puntualizzò la regina. «No, signora», rispose uno dei tre consiglieri presenti nella stanza. «E’ una dote non da poco.» «Senza dubbio», concordò sospirando la regina dopo una pausa, come a intendere che Kate era durata fin troppo a lungo. «Di solito è... ammirevole.» Le sciocchezze dei fratelli Middleton non la preoccupavano molto; le collocava nella stessa categoria delle innocue e periodiche marachelle di Harry. Riguardo ai genitori di Kate, la regina si mostrava quanto meno amichevole. Quando aveva letto le storie che circolavano sul fatto che la famiglia reale considerava Carole Middleton una suocera poco adatta per William, Elisabetta aveva espresso il suo disappunto dicendo: «Che sciocchezze, non ho assolutamente nulla contro il chewing-gum. Anch'io lo mastico!» Il vero problema per Sua Maestà era il fatto che, almeno in apparenza, Kate non aveva più lavorato dopo aver lasciato Jigsaw. Persino Diana svolgeva diversi lavori quando aveva
conosciuto Carlo - maestra d'asilo per tre giorni la settimana e baby sitter di un bambino americano per un giorno - (Solve Your Problems, una delle agenzie interinali a cui era iscritta, le assegnò persino un lavoro di pulizie). Il fatto che Kate sembrasse trascorrere il suo tempo fra matrimoni di società, partire di polo, impianti da sci e locali notturni - o sulle spiagge di esotiche località balneari - faceva arrabbiare «Nonnina». «La regina ha un lavoro da fare e lo fa a tempo pieno», disse la contessa Mountbatten, cugina del principe Filippo. «Quindi si aspetta che tutti i membri della famiglia reale lavorino e lo facciano con impegno.» Secondo altre fonti di corte, il «Capo» desiderava assicurarsi di una cosa: «La regina è terribilmente stanca di aver a che fare con donne che non si comportano bene. Diana, Sarah Ferguson e la stessa Margareth, a suo dire, avevano avuto tutte troppo tempo libero». La situazione si fece ancora più pressante quando William volle incontrare in privato la nonna, a Windsor, per comunicarle una importante novità che riguardava la sua carriera. Invece di dedicarsi a tempo pieno alle attività della famiglia, una volta terminato il periodo di servizio militare William desiderava trattenersi alla RAF per almeno cinque anni come pilota di ricerca e soccorso. «Adoro pilotare gli elicotteri», le disse. «Ed è quello che voglio fare nella vita.» La regina era felice, anche se questo significava che il nipote avrebbe rischiato la vita salvando scalatori feriti su cime di montagne e marinai della domenica che avevano perso la rotta. Era senz'altro, puntualizzò William (sulla scia del clamore suscitato dalla missione del fratello in Afghanistan), un modo per «servire nelle forze armate in maniera operativa» senza essere distaccato in zone di guerra. Considerando quindi che William e Kate avevano davanti a loro almeno cinque lunghi anni in cui avrebbero passato settimane o mesi separati, la regina ritenne ancor più importante che la ragazza si trovasse un lavoro. A discolpa di Kate va detto che, in ogni caso, in quel periodo lavorava a tempo pieno per la Party Pieces, occupandosi soprattutto di aggiornare il sito web della compagnia e di preparare i cataloghi. L'attività non era stata pubblicizzata per non dare
l'impressione che stesse usando i suoi legami con William per promuovere l'azienda di famiglia. «È ciò che penserebbero tutti», aveva confidato alla madre in un momento di esasperazione. Carole, dal canto suo, non era d'accordo. Dato che la strategia di non mettersi in mostra non funzionava, decise di occuparsi personalmente della cosa pubblicando una foto «patinata» di Kate sul sito della compagnia. Non c'era dunque possibilità di errore: Kate Middleton era un membro a tempo pieno del personale della Party Pieces. Tuttavia il curriculum di Kate non era la sola cosa che metteva a disagio il Palazzo. Le «eminenze grigie» brontolavano per il fatto che, mentre William si occupava della raccolta di fondi per i senzatetto e Harry della costruzione di una casa di accoglienza per bambini resi orfani dall'AIDS, la signorina Middleton non sembrava aver alcun interesse filantropico. «Le opere di beneficenza», affermò la regina, «sono una parte consistente del nostro lavoro.» «Di quale lavoro si tratterebbe, per la precisione?», avrebbe potuto chiedere Kate. Senza una posizione ufficiale nella famiglia, nemmeno come fidanzata, la ragazza di Wills non godeva di alcun privilegio reale, e tuttavia da lei ci si aspettava che ricoprisse un ruolo adeguato. Kate dimostrò in ogni caso di aver recepito il messaggio. Mentre William veniva istruito in materia di tattiche anti insurrezione dal responsabile dello staff della Difesa, sir Jock Stirrup, come parte del suo addestramento nelle Forze Speciali, Kate pattinava per beneficenza con addosso pantaloncini gialli, un top verde coi lustrini e scaldamuscoli rosa. Insieme a Holly Branson e Sam Waley-Cohen, erede di banchieri, nipote di un visconte e fantino dilettante che aveva gareggiato al Grand National, organizzò la Day Glo Midnight Roller Disco per raccogliere i fondi per un nuovo reparto di chirurgia dell'Oxford Children's Hospital, una causa molto sentita da lei e dai principi. La nuova ala venne battezzata «Tom's Ward» (Reparto di Tom), in onore del fratello di Sam, Tom
Waley-Cohen, compagno di classe di Kate a Malborough e amico di William e Harry, morto a 20 anni, nel 2004, di cancro alle ossa. A conferma della battuta secondo cui nessuna buona azione resta impunita, Kate incappò in un inevitabile capitombolo e ruzzolò scompostamente sulla pista. La ragazza non fece una piega e, malgrado il momento imbarazzante, ci rise sopra mentre Sam la aiutava a rialzarsi. La sua posizione sul pavimento, però, rimase impressa su pellicola. «La regina pensa già che Kate sia una sorta di fenomeno», confidò un cortigiano a Richard Kay Per quel che riguarda le «eminenze grigie», disse invece Kay, lo spettacolo fu considerato «quanto di meno femminile si possa immaginare». In ogni caso, soprattutto grazie alla presenza di Kate, la Day Glo Midnight Roller Disco raccolse più di 150.000 euro per il nuovo reparto. Stando alle parole dell'amico Sam, «è stata fantastica a usare i suoi agganci, si è letteralmente gettata a capofitto nell'iniziativa». All'incirca nello stesso periodo Kate contattò Emma Samms con un'idea per sostenere la Starlight Foundation, patrocinata dall'attrice. Era rimasta così commossa dalla storia di Bianca Nicholas - la ragazza affetta da fibrosi cistica che si era esibita al Boodles Boxing Ball - da convincere i genitori a donare durante le feste pacchi di prodotti Party Pieces a diecimila bambini ammalati. «Stanno facendo una grande cosa», commentò la Samms a proposito del contributo dei Middleton all'organizzazione benefica di Los Angeles, fondata nel 1983. «Sarà una grande gioia per quei bambini.» La Samms si disse inoltre «elettrizzata» che Kate avesse deciso di elargire il suo sostanzioso cachet alla fondazione. A Kate queste parole fecero molto piacere, soprattutto nel bel mezzo dell'ondata di critiche da parte degli ambienti di corte sulla sua mancanza di lavoro e di generosità. Ma ebbe appena il tempo di mettere a tacere queste voci inattendibili che venne accusata di essere una snob egoista che aveva voltato le spalle agli amici. Dapprima arrivarono notizie secondo cui Kate aveva scritto agli amici per e-mail che avrebbe preferito essere chiamata
soltanto Catherine. Tutto questo non era mai successo, e comunque Kate era stata chiamata con il suo nome di battesimo fino all'adolescenza. La sua famiglia la chiama ancora così, di rado lo fa anche Wills. Poi fu la volta delle accuse, ancora più sorprendenti, secondo cui la giovane si riteneva troppo importante per frequentare i suoi vecchi compagni. In autunno Jules Knight, un amico di St. Andrews, le disse: «Ascolta Kate, tutti quanti vogliono solo che tu abbia il meglio e che sia felice, ma è una vergogna che tu non ti sia più fatta sentire». «Lo so», ammise lei. «Mi sono comportata male, avrei dovuto contattarvi, ma è stato difficile a causa dei tanti impegni.» «I tuoi vecchi amici tengono molto a te», continuò Knight, «e penso che si siano sentiti feriti di aver perso i contatti, ti vogliamo bene e speriamo che vada tutto per il meglio.» «Oh, per favore, abbracciali per me», rispose Kate. Ma settimane dopo, pareva non avesse fatto nessuno sforzo per risentirli. Wills e Kate si vedevano ancora con alcuni conoscenti dell'università - Olivia Hunt, Fergus Boyd e Mili d'Erlanger, per esempio - mentre altri del loro circolo di St. Andrews si erano sentiti offesi per l'allontanamento. «Eravamo un gruppo di amici molto unito, adesso alcuni di loro, specialmente le ragazze, stanno a Londra ma non hanno alcun contatto con lei», aggiunse sempre Knight. «Non è che vogliono esserle amici per via della sua posizione... non voglio sembrare invidioso, ma...» concluse, «parecchie delle sue vecchie conoscenze sono arrabbiate perché lei ha deciso coscientemente di sparire dalla circolazione e si sono sentite abbandonate.» Stando alle apparenze Kate li aveva abbandonati. Il suo mondo ora era pieno di principi e duchi, visconti e dame, oppure occasionali eredi di imperi marittimi o figlie di miliardari. Per i vecchi amici era rimasto poco spazio; i parenti e le amicizie di William dovevano avere la precedenza per ovvie ragioni. «Quando hai firmato il contratto», disse una volta Diana a proposito della famiglia reale, «si aspettano che tu abbandoni le persone che ami. Si devono accettare i loro conoscenti, ma loro
non hanno alcun interesse ad accettare i tuoi.» Un mese dopo il capitombolo decorato di lustrini sui pattini, l'erede al trono e suo fratello poterono beneficiare di una licenza concessa dagli ufficiali al comando per compiere un viaggio in Africa. Si trattava di una missione speciale con l'obiettivo di raccogliere fondi in favore del Nelson Mandela Children's Fund, dell'UNICEF e di Sentebale, l'organizzazione benefica patrocinata da Harry per i bambini orfani a causa dell'AIDS nel Lesotho. Ansiosi di spegnere la loro sete d'avventura, i principi gareggiarono con un centinaio di avversari in sella alle loro Honda CRF 230 nell'Enduro Africa, un rally motociclistico off-road che attraversa più di mille miglia di aspro territorio. I fratelli che, come gli altri partecipanti, avevano pagato una quota di iscrizione di 2.300 euro, non viaggiavano soli. Per tutta la durata dell'evento (otto giorni), furono scortati da dieci persone tra dipendenti di corte e agenti di scorta. Per quanto il rally avesse raccolto 450.000 euro, i contribuenti inglesi ne spesero 60.000 per finanziare l'avventura dei principi. A William non mancava certo il brivido nella vita: una volta concluso il periodo di ferma con le Forze Speciali, tornò a dare la caccia ai trafficanti di droga nei Caraibi - questa volta con lo Special Boat Service (SBS), una sorta di corpo di guardiacoste. Secondo la tradizione marinara, nel dicembre 2008 William rientrò a casa sfoggiando un principio di barba. «Oddio!» esclamò la fidanzata quando lo rivide dopo settimane: «Che diavolo è quella!» Quando William riprese servizio nella RAF, alcune settimane dopo, la barba era sparita - molto prima di poter essere esibita in tutto il suo splendore, al pari di quelle che avevano reso famosi i re Edoardo VII e Giorgio V (per non parlare del loro cugino, lo zar Nicola II. Nel periodo successivo Babykins sembrò divertirsi molto a prendere in giro Big Willy per la sua barba. Durante un'altra partita di caccia a Sandringham (per la quale avrebbero preso l'inevitabile strigliata dagli animalisti), Kate in diverse occasioni accarezzò la barba di William per poi scoppiare a ridere. «Kate si diverte a infastidirlo», disse un amico che li
aveva accompagnati in ogni gita a Sandringham, «e Will adora ridere di se stesso. Si divertono tra di loro più di qualsiasi altra coppia io abbia mai visto.» Forse era così, ma anche quell'anno, come sempre, Kate venne bandita dalla riunione dei Windsor a Sandringham del 24 e 25 dicembre, insieme a tutte le persone che non avevano legami diretti con la famiglia. Le fu concesso di raggiungere William il 26, come era avvenuto nel 2005 e nel 2006. Anche quell'anno, comunque, dovette stare fuori dalla casa principale, sistemandosi a Wood Farm, una delle numerose residenze dell'enorme tenuta, insieme ad altri amici dei principi. Per quanto attualmente sia uno dei rifugi preferiti dei giovani membri della famiglia reale, Wood Farm non è sempre stata piene di risate. È noto che il principe Giovanni, figlio minore di Giorgio V e della regina Mary, nonché pro-prozio di William, vi fu nascosto agli sguardi del pubblico perché affetto da epilessia. E in queste stanze morì nel 1919, all'età di 13 anni. Aspettando il 26 Kate trascorse le vacanze con la famiglia sull'isola di Mustique, diventata il parco giochi invernale preferito dei Middleton. A parte il sole, la sabbia e il surf, il gioco dell'attesa che Kate era costretta a subire stava esasperando soprattutto sua madre. «Insomma, mi sento davvero vulnerabile nei riguardi di tutto», disse Carole in un momento in cui aveva abbassato la guardia. «Non sono una celebrità e non voglio esserlo. Le celebrità hanno agenti e PR, io non voglio un PR e non vorrei dover pagare per assumerne uno. Non ho chiesto nulla di tutto questo.» Carole Middleton aveva la sua vita e la sua carriera. Ammise che le dava fastidio essere considerata una volgare plebea che poteva mandare a monte l'opportunità della figlia di diventare regina. Il suo unico meccanismo di difesa fu di gettarsi a capofitto nel lavoro. «Sono presa dai miei affari: sono la mia priorità», disse. «Non voglio trascurarli. Sono anche preoccupata per la mia famiglia. Ho tre figli - non solo Catherine.» Lo status di Kate, cioè quello di futura principessa, non era certo una pessima fonte di affari. Sul sito di Party Pieces furono messi in vendita ottantaquattro oggetti di ispirazione «principesca» - cinque dei quali aggiunti dopo la comparsa sul
sito (e sul catalogo) della foto di Kate. C'erano abiti da principessa, diademi, bambole, scettri, forzieri, tovaglioli, segnaposto, tazze, temperamatite e persino un triciclo rosa da principessa del valore di circa 350 euro. Carole poteva anche sentirsi «vulnerabile», ma la richiesta di regali per le feste dei bambini era tutt'altra cosa. Persino in piena crisi economica, alla fine del 2008 la Party Pieces realizzò guadagni record. Anche James, senza pensarci troppo, si buttò nella commercializzazione della famiglia reale. L'anno successivo gli fu infatti chiesto di preparare ventuno torte per festeggiare il ventunesimo anno della rivista HELLO! Comparve sulle pagine del giornale mentre posava con diverse torte decorate con immagini di ex soggetti da copertina compresa Diana. Quando a Buckingham Palace lo vennero a sapere, affermò un dipendente, «rabbrividirono». Dopo aver celebrato il Capodanno a Londra - la loro personale tradizione di lunga data - William e Kate, con Carlo e Camilla, andarono a trascorrere una settimana a Birkhall, la residenza privata del principe di Galles nella proprietà di Balmoral appartenente alla regina. Una sera Kate fu accompagnata lungo un sentiero fino a una casupola di pescatori sulle rive del fiume Dee. All'interno, la tavola era apparecchiata per una cena romantica a lume di candela con tanto di tovaglia di lino inamidata, splendente argenteria georgiana e vasi traboccanti di fiori. Dato che la temperatura esterna era polare, i due innamorati cenarono soli dentro la casupola davanti a un camino scoppiettante. Il fatto che avessero rinunciato alla loro annuale vacanza sciistica sulle Alpi per stare insieme a Balmoral apparve a molti come un segnale certo dell'aria di fidanzamento che tirava da un po'. Malgrado avesse un debole per l'iperbole, quella volta il Sun non sbagliò poi molto proclamando sulla prima pagina: WILLS LA PORTA A BALMORAL: C'È ARIA DI MATRIMONIO. Come sempre il Palazzo negò, ma questa volta i tabloid avevano ragione. Secondo uno dei dipendenti della residenza di Balmoral e uno dei più intimi amici della coppia, William
fece tesoro dell'«intesa» che avevano da anni e, con un'entusiastica benedizione da parte della regina e del principe Carlo, le chiese formalmente di sposarlo. Per mesi i consiglieri anziani di Buckingham Palace lavorarono alla programmazione dei tempi. William avrebbe preso il brevetto di pilota militare nel gennaio 2010, ma il suo addestramento avanzato sarebbe durato fino all'estate dello stesso anno - interferendo con possibili piani di matrimonio per giugno o luglio. Poiché nel 2012 si sarebbero tenute le Olimpiadi di Londra, in concomitanza con il sessantesimo anno di Elisabetta sul trono, per le nozze reali non rimaneva che il 2011. La regina si dimostrò soddisfatta del programma. Inoltre, il principe Filippo avrebbe festeggiato il novantesimo compleanno il 10 giugno 2011. «Che splendido regalo di compleanno per tuo nonno, William», disse al nipote. Si pianificò di annunciare il fidanzamento in via provvisoria per i primi mesi del 2011. Fino ad allora la questione era da mantenere nel più assoluto riserbo. Ovviamente, nulla fu stabilito in maniera categorica. Se circostanze impreviste avessero richiesto un cambiamento dei piani, ci sarebbe stata una soluzione d'emergenza e il matrimonio sarebbe stato inserito nella tabella di marcia già abbastanza nutrita del 2012. Inoltre, venne stabilita una data di riserva - anche se nessuno credeva seriamente che Kate l'avrebbe accettata. Dopo una fuga romantica nelle Highlands scozzesi, la coppia volò con la British Airways da Aberdeen a Londra. Una volta che l'aereo atterrò, l'equipaggio seguì la procedura standard da adottare ogni volta che un membro della famiglia reale viaggiava con un volo commerciale. Al resto dei passeggeri fu chiesto di rimanere seduti mentre William e Kate venivano scortati fuori dall'aereo da un gruppo di quattro guardie del corpo. Si affrettarono poi verso la Audi S4 di William in attesa con il motore acceso sull'asfalto - insieme a due SUV neri dall'aspetto sobrio. Mentre si occupava delle valigie, una delle guardie del corpo notò che la barba del principe non c'era più. «Già», rispose lui in tono falsamente
imbarazzato, «me l'ha fatta radere lei.» Per il ventisettesimo compleanno di Kate William le portò un regalo impensabile: se stesso. Per quanto vi avesse segretamente passato la notte in altre occasioni, questa volta non fece nulla per nascondere di essersi fermato dalla famiglia di lei a Bucklebury. Ad assicurare un po' di privacy alla coppia pensarono le tre guardie del corpo del principe, sistemate in un cottage poco distante. Il regalo di William altro non era se non l'approvazione all'ingresso di Kate nella famiglia reale: un mirino telescopico personalizzato Swarovski Optik per la caccia al cervo, del valore di 600 euro. La visita di William alla vigilia della partenza per l'addestramento della RAF fu una ragione di più per mandare in agitazione la stampa. Si arrivò persino a suggerire che, in questo periodo di crisi economica, la coppia «doveva» un matrimonio al popolo inglese. L’Evenìng Gazette lanciò un sondaggio dal titolo: «Un matrimonio reale risolleverebbe il morale della Nazione?» Non c'è da stupirsi se gran parte degli intervistati rispose in maniera affermativa. «Sarebbe», concordò Richard Kay, «un'enorme spinta per l'economia.» Due giorni più tardi William fece rapporto alla base RAF di Shawsbury. Il suo nuovo nome in codice era Golden Osprey (Falco Pescatore Dorato), ma il ricordo dei suoi giorni da Golden Kestrel erano vivi nella memoria di tutti. Né lui né alcuno dei suoi superiori alla Defense Helicopter Flying School della base aveva dimenticato le costose gite aeree che tanto avevano irritato i contribuenti e lasciato un maresciallo dell'Aeronautica a brancolare in cerca di spiegazioni. Questa volta il tenente William Wales non avrebbe suonato il campanello del palazzo della regina, né sarebbe atterrato nel giardino della fidanzata. Avrebbe indossato ogni mattina la divisa verde di ordinanza, per poi passare nove ore a perfezionare le proprie capacità di volo su velivoli Squirrel a propulsione singola e Griffìn e Lynx a propulsione doppia, prima di passare agli elicotteri Sea Kings. Nel tempo libero, comunque, non avrebbe fatto esattamente una vita dura. Dopo aver trascorso parecchio tempo in spazi ristretti come sottomarini e caserme dell'esercito, il principe decise di non
stabilirsi alla base, ma di affittare una confortevole villetta con tre camere da letto (completa di piscina e campi da tennis) nelle vicinanze. Per non essere da meno, Harry arrivò alla base RAF di Middle Wallop nell'Hampshire pochi giorni dopo che William aveva iniziato l'addestramento da pilota di elicottero. Sperando ancora di tornare in Afghanistan, Harry si iscrisse a un corso di quattordici mesi per imparare a manovrare gli elicotteri da attacco Apache per gli AirCorp dell'esercito. La decisione di Harry di passare lunghi periodi lontano da casa non andava bene proprio a tutti. In forte contrasto con la più stoica Kate, Chelsy Davy minacciò di lasciare il boyfriend piuttosto che aspettarlo per un periodo di tempo indefinito. E lo fece, aggiungendo la beffa al danno con l'annuncio della rottura pubblicato sulla sua pagina di Facebook. La loro relazione era sempre stata turbolenta, e per Chelsy aggravata dal conflitto tra la sua vita a Città del Capo, fatta di ricchezza e privilegi, e quella di futura fidanzata reale in Inghilterra. Sempre più vistosa e seducente rispetto a Kate, Chelsy, bionda e abbronzata, sarebbe presto tornata dal principe (che lei chiamava Haz). Nel corso degli anni successivi la loro storia d'amore bollente, fatta di separazioni e ritorni, avrebbe offerto un gradito contrasto a quella regolare e prevedibile di Kate e William. «Lei sembra un letto sfatto», disse di Chelsy Richard Kay, amico di Diana. «L'attrazione appassionata che c'è tra i due fa scintille. Si vede lontano un miglio che vogliono strapparsi gli abiti di dosso.» Con una carriera militare ormai stabile, venne il momento per William e Harry di riprendere la vita di membri della Casa reale. Alla fine di gennaio 2009 i principi si staccarono tecnicamente dal controllo di Carlo, creando uffici propri a St. James's Palace. Diretti da James Lowther-Pinkerton, gli uffici delle Loro Altezze Reali i principi William e Harry di Galles impiegarono Helen Asprey come segretaria privata, Miguel Head come assistente segretario stampa e l'ex ambasciatore britannico presso Stati Uniti e Israele, sir David Manning, come consigliere. Per la prima volta il personale rispondeva direttamente ai ragazzi - che possedevano la propria carta
intestata con tanto di emblema reale, il loro e non quello del padre. Ci sarebbe comunque stato tempo anche per il polo: entrambi avevano licenze garantite quando si trattava di competere in qualche partita importante. Durante un match al Beaufort Polo Club, Wills si concesse un attimo per un bisogno fisiologico in un angolo del campo. L'errore gli sarebbe costato parecchio: un fotografo armato di teleobiettivo lo colse in fallo, e in breve la notizia finì su Internet e sui rotocalchi: I GIOIELLI DELLA CORONA DI WILLIAM SCOPERTI!, titolò uno di essi, unitamente alla citazione di una fonte di Palazzo secondo cui quella era «non proprio il tipo di liberazione che tutti avrebbero approvato». A parte questi piccoli inconvenienti, Kate non sottovalutò mai l'importanza che le partite di polo avevano per Wills, e fece di tutto per non perderne nemmeno una. In gennaio William e Harry stavano galoppando su e giù per il campo mentre gli spettatori riuniti sotto un tendone, per lo più ignorandoli, bevevano champagne. Kate era seduta da sola al lato opposto del campo, in una piccola tenda tutta per sé, attenta a non perdersi neanche una mossa dei giocatori. «Perché non vieni di là e non ti unisci alla festa?», le chiese Kathy Lette, una degli ospiti. «Devo prestare attenzione a ogni secondo della partita», rispose Kate senza staccare gli occhi dall'azione, «più tardi ne dovrò discutere tutti i particolari.» «Stando qui ferma non ti diverti», disse la Lette. «Perché non giochi anche tu?» «Sono allergica ai cavalli», rispose Kate senza perdere la concentrazione. Il fatto rivelò appieno la determinazione di Kate, persino dopo tanto tempo che stava con William, di essere all'altezza dei Windsor. Un altro membro del Beaufort Polo Club affermò: «Di certo dà la sensazione di impegnarsi tanto per far felice il principe William. Potrebbe sembrare pronta a tutto, ma bisogna considerare anche la posta in gioco». I matrimoni degli amici non venivano più visti come un'opportunità di mostrare le insegne reali e divertirsi un po'.
Insieme a ognuno di essi arrivava, per William e Kate, una sorta di richiamo ad annunciare il loro fidanzamento. «Per Kate essere invitati alle nozze di qualche coppia di conoscenti era come ricevere uno schiaffo», disse un vicino di casa dei Middleton. «Era una cosa umiliante.» Alla fine di marzo del 2009 i loro compagni di università Emma Barttelot e Freddie Jones annunciarono il fidanzamento. «L'eterna ragazza del principe William, Kate Middleton, si morderà di nuovo le mani questa settimana», fu il commento di Richard Kay del Daily Mail. Poche settimane più tardi anche i loro amici Annabel Glynne-Percy e Logie Fitzwilliams rivelarono l'intenzione di unirsi in matrimonio. Dopo aver inizialmente accettato entrambi gli inviti, William e Kate diedero forfait. La cosa più sorprendente di tutte (in particolar modo per gli sposi) fu la decisione, presa all'ultimo minuto, di non presenziare alle nozze - celebrate il 23 maggio 2009 - del vecchio compagno di appartamento a St. Andrews, Fergus Boyd, con l'aristocratica francese Sandrine Janet. Uno degli ospiti disse al giornalista Tim Walker: «Era inevitabile, ma gli sposi hanno avuto una doccia fredda quando William e Kate hanno comunicato che non ci sarebbero stati. Non c'è dubbio che Fergus e Sandrine, anche loro innamoratisi all'università, siano sempre stati assolutamente leali nei loro confronti». Clarence House tentò di giustificare l'assenza della coppia alle nozze di amici così cari lasciando intendere che la causa fosse la presenza di certa «euro-spazzatura» tra i 150 invitati. Difficile da credere. Il ricevimento di gala si tenne nella casa della famiglia Janet, nel castello di Boumois risalente al XV secolo e situato nella valle della Loira, e l'unico incidente spiacevole che si verificò fu la momentanea perdita della fede della nonna della sposa. Certamente la spazzatura peggiore li aspettava sulla porta di casa. Infatti, dopo circa un'ora di festeggiamenti per il suo ventiduesimo compleanno al Boujis, un James Middleton ubriaco fradicio fu fotografato mentre veniva caricato su un taxi insieme a Kate, all'incirca nelle stesse condizioni, mentre Carole Middleton avvertiva minacciosamente i paparazzi di
stare alla larga. Tuttavia niente avrebbe potuto preparare la famiglia reale alla bomba scoppiata il 29 luglio 2009, il giorno in cui il mondo conobbe infine la verità sullo zio scapestrato di Kate. In un articolo in prima pagina intitolato: HO DATO DELLO STR***O A WILLIAM: DROGA E VIZI NELLA VITA DELLO ZIO DI KATE MIDDLETON, il News of the World raccontò i dettagli della vita sregolata di Gary Goldsmith a Ibiza. Il magnate che afferma che William ha trascorso le vacanze nella sua villa, si legge nel catenaccio, fa « uso di cocaina e frequenta prostitute. A illustrare lo scritto, il tabloid mostrava in prima pagina Goldsmith a torso nudo e tatuato - e in evidente pessima forma fisica a causa della birra - intento a usare un rasoio per tagliare strisce di cocaina sul tavolo di cucina. Tutto faceva parte di un'astuta operazione sotto copertura nella quale due reporter di News of the World si erano finti giovani dell'Inghilterra - bene in vacanza a Ibiza per la prima volta. Oltre a offrire loro droga e prostitute - Goldsmith chiese persino se fossero interessati a «inseguire il drago» (sniffare eroina) - l'uomo aveva fumato apertamente marijuana vantandosi dei suoi legami con la famiglia reale. «Siamo parenti», rispose lo zio Gary quando gli chiesero della sua relazione con William attraverso Kate. Se si sposassero, disse lui, «diventerebbe un legame di sangue... di sangue. Dunque sarei lo zio della regina». Riferendosi alla deprimente cittadina operaia da cui provenivano i suoi antenati, lo zio Gary sbottò: «Sarò il duca di Slough e, a Buckingham Palace, avrò le mie stanze personali - l'ala Goldsmith». Anche lui pronosticò un prossimo matrimonio reale in cui, disse scherzando, avrebbe portato la sposa all'altare. «Sarò là, davanti a tutti», si vantò. «Voglio fare un discorso.» In un altro surreale momento zio Gary assunse un atteggiamento moralistico nei confronti del principe Harry che aveva scatenato un putiferio con la sua mascherata. «Indossare delle svastiche non è stata una grande idea», sentenziò, «no, non è stata la sua idea più brillante in fatto di moda.»
Arrivò persino a dire ingenuamente ai due finti giovani-bene: «Quando la stampa vi troverà, vi farà a pezzi. Non sanno chi sono, volo al di sotto dei radar». Poi, mentre i giornalisti uscivano, alzò le braccia in aria e concluse: «Ho intenzione di modificare il saluto reale in questo modo, allargandolo un po'!» Le rivelazioni sullo zio di Kate scatenarono un terremoto a Buckingham Palace e nel resto del Paese. Mentre a Bucklebury i Middleton si riparavano dalla tempesta - «Sapete che non parliamo neppure con la stampa, ma la situazione rimane sempre la stessa», brontolò Michael Middleton - Kate e William si rintanarono ad Highgrove con Carlo e Camilla. Il principe Carlo, a sorpresa, si mostrò piuttosto tranquillo sull'intera faccenda. Secondo un impiegato di St. James's Palace, consigliò a Kate di «non leggere i giornali per un po'. Anche questa passerà». William, da parte sua, avrebbe dovuto prendere una posizione netta. Clarence House confermò che, almeno per il prossimo futuro, il principe avrebbe tagliato completamente i ponti con lo zio di Kate e non si sarebbe certo fatto vedere molto presto a «La Maison de Bang Bang». Da parte sua Gary, stando a un conoscente, era «praticamente sull'orlo del suicidio» per aver umiliato la nipote e, peggio ancora, messo seriamente a rischio le possibilità dei Middleton di legarsi alla famiglia reale. Goldsmith aveva però ragione su una cosa: a Clarence House, secondo un membro di grado superiore del personale, «a volte il matrimonio di William e Kate sembrava essere l'unico argomento di conversazione». Stando ad alcuni personaggi di corte, la reazione della regina fu, come al solito, distaccata. Le apparenze la preoccupavano molto meno delle vere minacce alla sicurezza di suo nipote. Rise persino nel vedere una vignetta che la ritraeva mentre guardava dalle finestre di Buckingham Palace degli alieni appena scesi da un disco volante. «Oh, no», diceva al principe Filippo. «Signore, pietà! Fa' che non sia un altro dei parenti di Kate Middleton.» Ma come avevano fatto i reporter di News of the Worldz sapere
dello zio Gary? Secondo uno degli uomini di fiducia del principe Carlo, rimasto in contatto coi vecchi colleghi, i responsabili della sicurezza di William avevano permesso la fuga di informazioni - su incarico di certe «eminenze grigie» che si opponevano al matrimonio, ritenendo «inappropriata» la famiglia della ragazza. «Di fatto esiste ancora una fazione che ritiene che William dovrebbe sposare una donna dotata di titolo nobiliare. Per dirla tutta, pensano che Kate e la sua famiglia non siano plebei, ma solo persone qualunque.» E queste erano, sottolineò l'uomo di Carlo, «le munizioni che stavano cercando». Al culmine del recente e potenzialmente più imbarazzante scandalo in cui fosse mai stato coinvolto, William partì per la Valley Base della RAF, sulla remota isola di Anglesey, al largo di Galles del nord. Là imparò a pilotare un velivolo Griffìn a doppia propulsione sul mare della Scozia e sulla catena dei monti Snowdonia, aspri e coperti di neve. Kate non riuscì ad affrontare la tempesta da sola. Volò con il resto della famiglia sull'isola di Mustique, a prova di paparazzi, dove poteva almeno abbronzarsi finché le acque non si fossero calmate. A conti fatti, Kate era molto meno arrabbiata di sua madre riguardo ai titoli dei giornali e ai video che circolavano sulla Rete che mostravano suo zio che tagliava la cocaina in cucina. William e Kate riapparvero insieme, per la prima volta dopo lo scoppio dello scandalo a base di sesso e droga di Gary Goldsmith, a un matrimonio che non potevano evitare. Questa volta si trattava dell'ufficiale della Household Cavalry Nick van Cutsem (che con i suoi fratelli Edward e Hugh era da sempre amico dei principi), che a Londra sposava l'organizzatrice di eventi Alice Hadden-Paton. La cerimonia si tenne presso la Guards Chapel della caserma di Wellington, vicino a Buckingham Palace - il luogo dove, solo due anni prima, William e Harry avevano partecipato alla commovente cerimonia in occasione del decimo anniversario della morte della loro mamma. I principi, investiti del ruolo di «valletti», erano in alta uniforme, mentre Kate dava il solito spettacolo di alta moda
con un cappotto di broccato blu indossato sopra un abito di colore bianco sporco. Malgrado l'abbronzatura, a detta di molti ospiti appariva «smagrita». Dopo che van Cutsem e la sua fidanzata furono dichiarati marito e moglie, Wills si congratulò con lo sposo stringendogli la mano. «Il prossimo sei tu», gli disse Nick sogghignando. L'augurio, fatto a cuor leggero, rimase sospeso nell'aria come una spada di Damocle. William e Kate si guardarono negli occhi, sorrisero timidamente e andarono a prendere posto. Capitolo 8 Sono assolutamente determinata a vedere William diventare il successore della regina. Non penso che tocchi a Carlo. - Diana Mia madre era la «Principessa del popolo». Io voglio essere il «Re del popolo». - William Buckingham Palace, giugno 2012 LEI scende i gradini che portano al balcone e saluta con la mano la folla di più dì un milione di persone che riempie il «Mail», la grande strada che collega l'Admiralty Arch ai cancelli di Buckingham Palace. Il boato che si alza dalla folla incredibilmente numerosa è assordante. La regina Elisabetta II ha regnato per sessantanni, mancano tre anni e sette mesi al record stabilito dalla regina Vittoria - e i suoi sudditi le sono grati. Le acclamazioni, però, non sono semplicemente per un glorioso passato. Sono rivolte anche al futuro della monarchia inglese che si avvicina ai milletrecento anni di vita, un futuro rappresentato dalla famiglia che la circonda. Alla destra della regina stanno il prossimo re e la prossima regina: il sessantatreenne principe Carlo e sua moglie, dall'aspetto sbalordito, Camilla. Eppure tutti, compresa Sua Maestà, sanno che sono l'altro futuro re e regina presenti a impersonare il futuro della monarchia: il principe William e la principessa Kate. Quando la bellissima giovane coppia fa un passo avanti per salutare la folla, il rumore diventa più intenso e fa sobbalzare anche la solitamente imperturbabile monarca.
La regina sa che se vuole realizzare il suo sogno che la monarchia continui a vivere fiorente nel futuro, devono essere prese importanti decisioni che non riguardano solo William e Kate, ma mettono in gioco la sorte della monarchia stessa. Tre dei suoi più fidati consiglieri - i suoi ex segretari privati barone Fellows (l'ex cognato di Diana, sir Robert), sir Robin Janvrin e il suo attuale segretario Christopher Geidt - hanno soppesato il problema più urgente: chi dovrebbe essere il prossimo regnante e quando dovrebbe salire al trono. «È una questione di numeri», disse uno dei suoi ex aiutanti. «La Regina Madre è vissuta 101 anni ed è rimasta attiva e vivace fino all'ultimo giorno. Sua figlia ha 85 anni e potrebbe viverne ancora 15. Una sua scelta di rimanere sul trono fino alla morte - anche se non è detto che possa - avrebbe un grosso impatto.» Già nel 2007 Elisabetta II aveva superato Vittoria come monarca inglese più longeva. Se fosse rimasta sul trono fino a 100 anni, Carlo sarebbe diventato re a 77 anni - la persona più anziana a ereditare la corona. Se avesse regnato anche solo dieci anni, William sarebbe diventato re a 53 anni. «Lo scenario», disse lo stesso consigliere, «non è dei migliori.» La discussione verteva soprattutto su quando sarebbe stato appropriato che la regina si ritirasse. Di scavalcare Carlo in favore di William - secondo il desiderio di Diana - non se ne parlava nemmeno. Come principe di Galles era il primo in linea di successione e nessuno - nemmeno la regina - poteva negargli il diritto di salire al trono. La soluzione, secondo molte eminenze grigie e personaggi chiave della cerchia del principe Carlo, era un compromesso degno di Metternich. Dopo il giubileo di diamante, nel 2012 - o magari dopo il suo novantesimo compleanno, nel 2016 - la regina avrebbe acconsentito a ritirarsi, permettendo a Carlo di diventare re a 67 anni. Sarebbe stato così il successore più anziano in assoluto a essere eletto re d'Inghilterra, pur avendo un'età in cui avrebbe ancora potuto lasciare un segno nella storia. (E interessante notare che l'ultimo William - Guglielmo IV - fu il monarca neoeletto più anziano. Fu incoronato a 64 anni e,
malgrado fossero ancora vivi otto dei suoi dieci figli illegittimi, morì sette anni più tardi senza un erede legittimo. Gli successe la nipote, la regina Vittoria. Fra i discendenti diretti dei figli illegittimi di Guglielmo IV c'è il primo ministro inglese David Cameron, che sarebbe il bis-bis-bis-bis-bisnipote del re.) In cambio del ritiro della regina, Carlo avrebbe dovuto acconsentire ad abdicare, forse a 80 anni, dopo aver regnato per tredici anni. Ciò avrebbe permesso la sua sostituzione con i quarantaseienni William e Kate, relativamente giovani e vigorosi. «La questione è tutta qui», disse l'aiutante. «Naturalmente sono state discusse moltissime eventualità di modi e tempi di ritiro della regina», disse l'aiutante di un importante stratega della successione. «Tuttavia, nessuno ha veramente pensato alla possibilità che lei voglia dimettersi di propria volontà. Perciò nessuno ne ha mai parlato con la regina, e tutti aspettano che sia lei a sollevare la questione.» Con il passare degli anni la regina aveva gradualmente ceduto maggiori e più numerose responsabilità al figlio. Il principe di Galles presenziava a molte più investiture e aveva maggiore accesso ai documenti governativi. Sostituiva spesso la regina quando gli ambasciatori presentavano le credenziali alla corte di St. James e aveva anche iniziato a dare lui stesso udienza al primo ministro. Il fatto di delegare in parte il carico di lavoro aveva dato all'ottantenne monarca la possibilità di trascorrere diversi week-end lunghi lontana da Buckingham Palace e dalla sua scrivania coperta dalle temute scatole rosse e blu di documenti di Stato. Ciò nonostante non aveva mai accennato a un possibile ritiro. «Lei pensa che il suo lavoro», disse la cugina del principe Filippo, contessa Mountbatten, «non abbia fine.» La cugina della regina, Margaret Rhodes, convenne che Sua Maestà intendeva i suoi doveri verso la nazione come «qualcosa di così profondo e così speciale», che avrebbe continuato ad adempierli «fino al giorno della morte. Sono sicura che non abdicherà». Probabilmente, con la morte di Diana era cambiato qualcosa che aveva scosso le fondamenta stesse della monarchia. «Per la
prima volta», disse la sua amica lady Elsa Bowker, «la famiglia reale era davvero spaventata dall'idea di aver fatto arrabbiare il popolo. Furono sul punto di perdere la monarchia. Penso che la regina non lo dimenticherà mai.» Oltretutto, il cammino verso il trono di Elisabetta II non era stato diretto. Suo padre, terribilmente timido e balbuziente, era diventato re Giorgio VI dopo che il fratello Edoardo VIII aveva abdicato per sposare la divorziata americana Wallis Warfield Simpson. All'inizio del 2010 Carlo si mostrò d'accordo, in linea di massima, sulle condizioni di abdicazione della madre. Tuttavia, una volta diventato re e Camilla regina, niente poteva costringerlo a mantenere la parola. Si stabilì quindi che l'applicazione delle condizioni sarebbe avvenuta con il consenso dei sudditi. «La stragrande maggioranza degli inglesi vuole che il prossimo re sia William», disse l'aiutante. «Se si dice loro che Carlo rinuncerà al trono dopo pochi anni e lui poi lo rinnegasse, sarebbe difficile tenere la situazione sotto controllo.» Comunque fossero andate le cose, rimaneva un punto fermo che trovava l'accordo di tutti: il matrimonio di William e Kate. Mentre le eminenze grigie discutevano sui particolari delle strategie di successione, il 15 gennaio 2010 Kate era seduta vicina al suo uomo e gli massaggiava affettuosamente le spalle in attesa che papà gli conferisse il secondo brevetto della RAF questa volta quale pilota di elicotteri. Tuttavia Kate rimase a casa quando, due giorni dopo, William partì per un giro della Nuova Zelanda e dell'Australia - per la prima volta in qualità di rappresentante ufficiale della regina. La visita fu pubblicizzata come il primo di una serie di passi che avrebbero reso William una sorta di «re ombra» con sempre maggiori incarichi reali, proprio come erano stati conferiti al padre. William, che conosceva l'attesa del padre e il suo desiderio di assumere il potere, non accettava la definizione di «re ombra» con tutto quello che il termine implicava. Ma la regina aveva preso sul serio il fatto che fosse il suo primo sostituto in una visita all'estero. Dell'entourage del principe facevano parte sir David Manning, ex ambasciatore britannico, e il segretario
privato della regina Christopher Geidt. Cercando di passare inosservato, Geidt disse ai giornalisti che era in Nuova Zelanda per pura coincidenza. «Sono in vacanza», tentò di spiegare, «e mi hanno chiesto se volevo dare un'occhiata.» Quello che Geidt vide fu un educato giovane della famiglia reale che riusciva a gestire le domande con molto aplomb - comprese quelle più frequenti e inevitabili sulla sua vita privata. «Quando vi sposerete, lei e Kate?» William dava immancabilmente la stessa risposta: «Aspettate e vedrete». In Inghilterra, intanto, l'eterna fidanzata trionfava sulla stampa. Kate aveva intentato causa a un fotografo che l'aveva ripresa mentre giocava a tennis, sostenendo che la sua privacy era stata violata. Alla fine aveva vinto la causa e aveva donato in beneficenza i circa 5.000 euro con cui era stata rimborsata per i danni. In marzo Wills e Kate andarono a sciare con i genitori di lei a Courchevel, un pittoresco paesino delle Alpi francesi. Persino lì i paparazzi fotografarono Kate che saliva su una motoslitta guidata da William, e il fatto che William chiamasse Michael Middleton «papà» scatenarono ancora più pettegolezzi sul matrimonio. Pochi giorni dopo il loro ritorno la febbre delle illazioni salì a dismisura quando Tina Brown, direttrice e scrittrice di una rivista bene informata, dichiarò sul suo nuovo sito Internet, The Daily Beast, che tra il 3 e il 4 giugno c'era un «buco nelle agende di Palazzo». La Brown predisse che probabilmente il fidanzamento sarebbe stato annunciato in una di quelle date, e che il matrimonio era previsto per il novembre del 2010. Il delirio non si fermò lì. Il 17 aprile la coppia partecipò a un altro matrimonio, quello della vecchia fiamma di Wills Mili d'Erlanger con il suo compagno di Eton David JardinePaterson. Questa volta Kate decise di farsi notare e indossò un morbido vestito scarlatto e un cappellino dello stesso colore. «Cosa penseresti se qualcuno venisse al tuo matrimonio vestito di rosso brillante?» chiese un ospite. «Io penso che volesse essere trasgressiva e mandare aff... tutti.» Due settimane dopo parve che l'umore di Kate fosse cambiato, e la si vide in cappotto di broccato avorio e cappellino tondo nero al
matrimonio di altri due compagni di St. Andrews: Oliver Baker e Melissa Nicholson. «Non sono tanti quelli che possono dire di avere avuto il futuro re ospite al loro matrimonio», disse un invitato. «Sono sicuro, però, che tutti vorremmo esserci al 'gran giorno' di Wills.» A tutti gli effetti Wills e Kate vivevano già more uxorio in una fattoria in pietra di tre stanze appena fuori la cittadina gallese di Blaenau Ffestiniog, non lontano dalla base della RAF di Valley. Blaenau Ffestiniog, la città più grande della zona, distava pochi chilometri da quella con il nome più lungo d'Europa: Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch , che in gallese significa «Chiesa di Santa Maria presso il pioppo bianco sopra il gorgo e chiesa di San Tarsilio vicino alla grotta rossa». Kate continuava a lavorare per la Party Pieces, ma aveva anche tempo per tenere compagnia a William. Tuttavia la loro comoda sistemazione a pochi passi dalla base aerea non costava poco ai contribuenti inglesi. La posizione piuttosto remota aveva richiesto altri quindici agenti di sicurezza, e il loro costo superava il milione e mezzo di euro. «Il principe William è considerato ad altissimo rischio di sicurezza», sottolineò un portavoce di Scotland Yard. «La massima protezione è assolutamente necessaria.» Per fortuna Gary Goldsmith non era più considerato un rischio, anche perché William e Kate non avevano più frequentato il fratello di Carole Middleton né in Inghilterra né a Ibiza. Alcuni personaggi di corte non vedevano ancora di buon occhio i Middleton, ma dovettero cambiare idea quando fu sempre più evidente il sincero affetto della regina per Kate e il disinteresse di Wills per altre donne. Tuttavia le critiche ai Middleton erano continuate e girava la voce che Michael Middleton fosse interessato a possedere uno stemma e che la Party Pieces avesse guadagnato parecchio vendendo articoli ufficiali alla England World Cup, presumibilmente grazie ai legami con la famiglia reale. Ma questo fu ben poca cosa in confronto al più grosso scandalo
dell'anno riguardante i reali. Il 23 maggio 2010 la rivista News of the World pubblicò un videotape che mostrava Sarah Ferguson, duchessa di York, che chiedeva una mazzetta a un uomo d'affari per metterlo in contatto con l'ex marito, principe Andrea. «500.000 sterline, quando può, a me direttamente», disse all'uomo d'affari, che in realtà era un reporter travestito. Apparentemente nervosa, promise all'estraneo di aiutarlo a ottenere un «buon accordo» usando Andrea e i suoi legami. Fergie disse che appena avesse avuto l'assegno, «i canali saranno tutti aperti, di qualsiasi cosa lei abbia bisogno, qualunque cosa desideri... la presento io ad Andrea». Lasciò la stanza con la custodia del computer stipata con la caparra: 25.000 sterline in contanti. Apparve strano che non avesse riconosciuto il modo di fare di Masher Mahmood, il giornalista del News of the World famoso per i suoi travestimenti. Noto come «il finto sceicco», Mahmood aveva già smascherato decine di potenti personaggi e aveva persino preso in castagna la moglie del principe Edoardo, Sophie, che si era prestata per denaro a una simile trappola. Appena la notizia fu pubblica la duchessa si profuse in scuse. «Mi rammarico della situazione e dell'imbarazzo provocato» disse, facendo notare che l'ex marito, con cui ancora viveva, non ne sapeva nulla. Pochi giorni dopo Fergie, ospite dell'Oprah Winfiey Show, raccontò che era indebitata per milioni di sterline, che in quel momento aveva bevuto e che aveva ceduto alla tensione. «Ero fuori di me», disse, «e disperata. È qualcosa che mi si è accumulato dentro.» Nel raccontare la propria storia la duchessa chiarì di essere ancora sull'orlo di un esaurimento nervoso. «Potrei avere un attacco di panico o andare in iperventilazione in questo momento stesso.» «Proprio in questo momento?» le chiese Oprah. «Sì, adesso.» «Bene, cerchi di non farlo.» Dando retta al consiglio di Oprah, Fergie spiegò che, a differenza di Diana, lei non aveva voluto un accordo di divorzio multimilionario. Benché avesse il diritto di abitare nella residenza ufficiale del duca di York, la tenuta Royal Lodge di
36 ettari al Windsor Great Park, Fergie riceveva solo 15.000 euro all'anno. «Ho scelto l'amicizia», disse, sostenendo di voler rimanere nelle grazie della regina, «con il Capo.» La regina, Filippo e Carlo si sentirono oltraggiati dal comportamento di Fergie. C'era da aspettarselo. Filippo, in particolare, aveva espresso pubblicamente la sua opinione sulla ex nuora, definendola «volgare». La reazione di William fu forse la più sorprendente. Benché vicino alle cugine Beatrice e Eugenia, quinta e sesta nella linea di successione al trono, non aveva simpatia per la ex zia Sarah. «È una vergogna», disse a un meeting con il personale di Clarence House. «Non riesco a sopportare questi stronzi di reporter, ma non ci sono scuse per quel che ha fatto. Se penso che mia madre le era amica... è incredibile.» Per ironia della sorte la trasmissione di Oprah Winfiey permise a Fergie di trovare un lavoro che la aiutò a compensare almeno una parte dell'umiliante debito contratto. L'ex membro della famiglia reale caduta in disgrazia dovrebbe tornare alla ribalta come intervistatrice nel programma FindingSarah, un realityshow tutto suo mandato in onda dalla OWN, la nuova rete televisiva della Winfiey. Le acque dello scandalo di Fergie si erano appena calmate quando toccò a Wills e Kate subire un altro attacco mediatico. Due anni prima c'erano stati pettegolezzi infondati su un momento di «timore di una gravidanza». Questa volta i tabloid andarono oltre, sostenendo che Kate era incinta e che c'era in vista un «matrimonio riparatore». I portavoce di palazzo respinsero la notizia definendola «priva di fondamento», ma non prima di aver consultato William per essere certi che lo fosse davvero. Nella sua prima missione di salvataggio come pilota della RAF William si trovò davanti a una questione di vita o di morte che mise in secondo piano tutti i suoi problemi. All'inizio di giugno del 2010 arrivò la notizia che un tassista delirante, di nome Derrick Bird, aveva iniziato a sparare all'impazzata nella contea di Cumbria, nell'Inghilterra nord occidentale,
uccidendo dodici persone prima di togliersi la vita. William era in missione di addestramento su un elicottero di salvataggio Sea King Mk3 che fu dapprima mandato sulla scena della strage insieme a numerosi altri elicotteri per portare all'ospedale le vittime, poi dirottato in Snowdonia per soccorrere un giovane scalatore che era scivolato ed era caduto lungo il fianco di un monte. Fu la prima vera missione di salvataggio di William, e non sarebbe finita bene. Dopo aver seguito tutte le procedure alle quali era stato preparato per più di cinque mesi, William e gli altri tre membri dell'equipaggio recuperarono lo scalatore, che però morì durante il trasporto all'ospedale. Il principe disse a Mike France, presidente di un gruppo Mountain Rescue (Salvataggio montano) che si occupava di raccolte di fondi su scala nazionale, che l'esperienza era stata «sorprendente avevano messo in pratica il lungo lavoro di addestramento. Purtroppo, la persona recuperata aveva subito un trauma cranico così grave da non poter sopravvivere». Le cose andarono diversamente qualche giorno dopo, quando William aiutò a pilotare l'elicottero per avvicinarsi a una scalatrice ferma su una sporgenza in cima al monte Snowdon. La ventunenne Ruby Lawrence, con una gamba fratturata, fu curata dai medici accorsi sul posto, poi trasportata in elicottero al più vicino ospedale. La Lawrence non sapeva che alla guida del mezzo c'era William. «Sono stata molto colpita quando ho saputo che pilotava lui», disse, «peccato non essere riuscita a ringraziarlo. Se fossi rimasta là da sola, sarei morta.» Il pubblico non aveva idea della nuova vita coraggiosa e pericolosa di Wills, che ogni giorno rischiava la propria per salvare la vita ad altre persone. Mentre aumentavano le voci di un matrimonio reale, la stampa internazionale faceva congetture sui particolari: dal luogo in cui sarebbe avvenuto (la travagliata scelta era fra il castello di Windsor, la cattedrale di St. Paul e l'abbazia di Westminster, benché quest'ultima fosse legata ai tristi ricordi del funerale di Diana), allo stilista (molto probabilmente inglese) che avrebbe disegnato il vestito della sposa, a chi avrebbe creato la torta (il fratello di Kate,
James?). Il famoso anello di fidanzamento con zaffiro era in mano a Harry, che l'aveva scelto come ricordo principale, mentre tutti erano d'accordo che le fedi nuziali avrebbero dovuto essere semplici cerchietti d'oro provenienti dalle miniere del Galles del Nord - un'allusione al futuro titolo di William. Il tenente dell'aeronautica Wales, tentando di ignorare le chiacchiere sul matrimonio, continuò a svolgere il suo rischioso compito. Il 17 settembre 2010 si diplomò ufficialmente nel programma di addestramento ed entrò a far parte della 22a squadriglia C Flight come pilota di ricerca e soccorso. Nel tipico periodo di servizio di trenta-trentasei mesi, l'«erede» avrebbe dovuto fare dieci turni al mese, di ventiquattro ore ciascuno, per essere promosso capitano. Dimostrò l'addestramento ricevuto e la dedizione al lavoro due settimane più tardi quando, durante il suo primo turno ufficiale, decollò in tutta fretta per soccorrere un operaio cinquantaduenne che aveva avuto un attacco cardiaco mentre lavorava su una piattaforma petrolifera nel mare d'Irlanda. Il principe, insieme a un altro pilota, riuscì malgrado la tempesta in corso a manovrare con perizia il Rescue 122 per trasportare l'uomo in ospedale. «Il principe è orgoglioso», disse Clarence House in un breve comunicato, «di avere l'opportunità di appartenere alle forze armate.» William sperava anche di servire il Paese in altri modi: non aveva abbandonato il sogno di combattere, come aveva fatto il fratello, in prima linea in Afghanistan. «Il mio cuore è sempre stato nell'esercito, questa è la prima ragione per cui vi sono entrato» disse al regista di un documentario, sottolineando che molti ufficiali della Household Cavalry che si erano diplomati con lui erano ancora impegnati nella zona di guerra. «Mi dispiace di non essere andato in Afghanistan», continuò Wills. «Molti dicono: 'Però è comprensibile'. Esistono alcuni argomenti, peraltro deboli, sul perché non debba andare, ma molti di essi sono gonfiati. Spero sempre, confido e sono veramente determinato ad andarci.» Qualsiasi tentativo di far entrare di nascosto William in Afghanistan per un breve turno top-secret, naturalmente,
avrebbe richiesto la piena cooperazione di Kate. «Kate sa che è quello che lui vuole», osservò un amico dei tempi di St. Andrews, «e Wills le ha già dimostrato di sapersi gestire. È perfettamente sicura che ritorni sano e salvo.» Per il momento William si teneva pronto a salire sul suo elicottero Sea King di ricerca e soccorso senza preavviso. Naturalmente aveva frequenti congedi che gli permettevano di adempiere ai suoi impegni reali e di gareggiare in qualche occasionale partita di polo. Aveva anche tempo per divertirsi con gli amici nei locali di Londra più in voga, cacciare fagiani a Sandringham e cervi a Balmoral e andare ai matrimoni degli amici, sempre con Kate al fianco. I due continuavano ad abitare nella modesta casa di campagna del Galles vicino all'isola di Anglesey. Con le sue baie di sabbia, promontori rocciosi, dune, brughiere e ampie radure verdi che si stagliavano contro il mare d'Irlanda e i picchi azzurri e bianchi della Snowdonia - Anglesey offriva alcuni dei panorami più belli e ricchi di vegetazione d'Inghilterra. Ultima roccaforte dei Druidi, era anche ricca di storia e tradizioni, dal castello di Beaumaris cinto da un fossato, del XIII secolo, ai pub in stile Tudor, ai palazzi georgiani. Sioned Compton era al registratore di cassa del minimarket di McColl, a Blaenau Ffestiniog, quando un giovane con occhiali cerchiati di metallo arrivò con il carrello e cominciò a mettere sul nastro gli articoli: due pizze surgelate ai peperoni, un sacchetto di patatine fritte surgelate, un sacchetto di ortaggi da insalata, un cespo di lattuga, una bottiglia di succo d'arancia Tropicana e due di acqua. «Sono dodici sterline», disse la Compton mentre il giovane si frugava in tasca. Poi si accorse di chi aveva davanti. «O santo dio!», disse eccitata. «Lei è il principe William, vero?» «No», disse lui guardando in basso. «Non sono io.» A quel punto Kate gli venne vicina e la commessa vide che dalla porta del negozio faceva capolino una guardia del corpo. Esasperato e imbarazzato, Wills si voltò verso Kate: «Ti dispiace pagare? Non ho spicci». «Nemmeno io», disse lei, porgendo alla ventiduenne commessa la sua carta di credito. Malgrado Wills
l'avesse negato, il nome di lei - Catherine Middleton - era stampato a chiare lettere sulla carta. Pochi attimi dopo caricarono la spesa sull'Audi e se ne andarono. L'intera scena fu registrata dalle telecamere di sicurezza del negozio. «Non capisco perché non mi abbia semplicemente detto: 'Sì, sono William, piacere di conoscerla», disse la Compton. «Mi avrebbe fatto felice. Devo ammettere che mi ha delusa, anche se avrà avuto le sue buone ragioni.» Malgrado gli occasionali brevi contatti con la gente, Kate e Wills in quel remoto angolo del Regno conducevano una tranquilla vita da sequestrati in casa. Uno dei loro posti preferiti per rilassarsi era l'isola di Llanddwyn, una stretta lingua di terra sporgente nel mare. Lì camminavano su sentieri serpeggianti fra paludi salate, terreni bassi e fangosi e dune arrotondate, si fermavano per ammirare i papaveri gialli e le campanule che sbocciavano intorno alle rovine della cappella di Llanddwyn. Lì si sentivano a casa, stesi sull'erba vicino alla chiesa del XV secolo costruita in onore di Santa Dwynwen. Dopo tutto, era la corrispondente gallese di San Valentino, patrona degli innamorati, che dava a quest'angolo di terra il suo altro nome: Isola degli innamorati. Per William, tuttavia, il luogo più romantico del mondo non si trovava nell'emisfero settentrionale. In settembre disse al padre che era arrivato il momento di fare la proposta di matrimonio a Kate. «Bene», replicò Carlo con un cenno d'assenso, «avete fatto abbastanza pratica.» William desiderava sì la benedizione paterna, ma per sposarsi aveva bisogno del permesso della regina. Durante un incontro a porte chiuse al castello di Windsor chiese formalmente alla nonna la sua benedizione. Più tardi raccontò a un cugino che la regina era «felice ed emozionata» come non l'aveva mai vista, tranne forse quando «uno dei suoi cavalli gareggia ad Ascot». William aveva già chiesto al fratello il magnifico anello di fidanzamento di Diana, con uno zaffiro da diciotto carati circondato di diamanti - il ricordo della mamma che Harry aveva voluto tenere per sé dopo il funerale - e Harry con entusiasmo glielo aveva concesso. Ultimamente si erano messi d'accordo che il gioiello sarebbe stato di chi tra loro si fosse
fidanzato prima. In ottobre William e Kate ritornarono nel luogo che lui aveva sempre considerato la sua «seconda casa», l'Africa. «Quando scendo dall'aereo penso: Sono tornato», aveva detto al regista del documentario qualche mese prima. «L'Africa avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, per tutta la vita.» Per tutti i dieci giorni in cui stettero a Lewa Downs, la riserva di caccia della famiglia della sua vecchia fiamma Jecca Craig, William portò con sé l'anello - al sicuro in una scatola di velluto azzurro - nello zaino, sempre preoccupato di perderlo. «Sapevo che se fosse scomparso», contesso poi, «sarei stato davvero nei guai.» Un mattino prese in prestito un elicottero e volò con Kate fino a un lago incastonato tra le pendici del monte Kenya, a circa 3.800 m di altitudine. Stranamente era il punto in cui aveva fatto la proposta di matrimonio a Jecca, dieci anni prima. Questa volta, con lo sfondo della stupenda Rift Valley ai loro piedi, William si inginocchiò e fece la proposta a Kate. Colta di sorpresa, Kate fece quello che ci si poteva attendere da lei dopo quasi dieci anni trascorsi ad aspettare questo momento: scoppiò a piangere. «E’ stato molto romantico», disse lei in seguito. Guardando il futuro marito ammise: «In lui c'è qualcosa di molto romantico. E’ una persona veramente sentimentale». Dandole l'anello che era stato di Diana, spiegò Wills: «Ho voluto assicurarmi che mia madre non si lasciasse sfuggire questo giorno». Solo dopo oltre un mese il mondo avrebbe saputo la lieta novella. La mattina del 16 novembre 2010 Clarence House annunciò che William e Kate si sarebbero sposati l'anno seguente, in tarda primavera o all'inizio dell'estate. Quando il primo ministro David Cameron - che da ragazzo, nel 1981, aveva dormito in strada pur di assistere al matrimonio di Carlo e Diana - annunciò la notizia in una riunione di gabinetto, i ministri risposero con acclamazioni e applausi. «È stupendo», disse Cameron, «avere ogni tanto buone notizie non adulterate.» Durante un ricevimento al castello di Windsor con i leader dei territori britannici di oltremare la regina accettò calorosamente le congratulazioni degli ospiti. «È una magnifica
notizia», disse a uno di loro. «Hanno avuto bisogno di parecchio tempo per prendere la decisione.» Il principe Carlo arrivò a dire che l'annuncio tanto atteso lo aveva fatto sentire «molto vecchio», mentre il futuro suocero di William reagì in modo quasi prevedibile alla notizia che la figlia era sulla strada per divenire regina. «Sono una coppia deliziosa», disse Michael Middleton ai giornalisti, «è molto divertente stare con loro, abbiamo fatto un bel po' di risate insieme.» C'era però chi aveva il dente avvelenato. «Se fosse mia sorella», disse l'ex segretario privato di Diana, Patrick Jephson, «le direi di fare un buon accordo prematrimoniale. Questo non è un matrimonio come gli altri, e negli ultimi dieci anni abbiamo visto divorzi terribili.» Se hanno firmato un accordo prematrimoniale - e malgrado le pressioni da parte di parecchi ambienti sembra che William non fosse favorevole - sarebbe il primo della famiglia reale. Quando i due giovani comparvero nel ruolo di fidanzati davanti alla tempesta di flash della stampa - immagine delle pressioni a cui la giovane coppia è sottoposta più o meno giornalmente si mostrarono felici, tranquilli e sicuri di sé. «Siamo come anatroccoli» disse lui parlando del loro atteggiamento rilassato, «molto tranquilli in superficie, ma con le zampe che si agitano terribilmente sott'acqua.» William ora era felice soprattutto di una cosa: essendo la sua fidanzata ufficiale e futuro membro della famiglia reale, Kate avrebbe potuto avere i propri agenti di protezione. Durante la prima intervista della coppia con la rete televisiva inglese ITV, il pubblico sentì per la prima volta la voce di Kate. Diversamente da Diana, Kate diede l'impressione di essere composta e naturale. Parlò di William come del «mio ragazzo affettuoso» che «mi ha dato una mano nella buona e nella cattiva sorte». Lui scherzò sul fatto che «Kate ha molte abitudini che mi fanno ridere e io la prendo in giro». La coppia parlò anche per la prima volta della loro separazione del 2007. «All'epoca non fui molto felice», ammise lei, «ma in realtà ciò che accadde mi ha fatto diventare una persona più
forte. Si scoprono cose di se stessi di cui forse non ci si rende conto.» William fece un finto sospiro di sollievo perché Kate ora vedeva con filosofìa quel periodo, e fu d'accordo con lei nel definire la separazione «un momento per avere un po' di spazio proprio e per ritrovare noi stessi, per crescere - poi tutto è andato nel modo migliore». Il loro rapporto ora, disse lui, era «incredibilmente facile, perché abbiamo fatto tutto con calma». Ovviamente il ricordo di Diana era sempre presente. «E’ chiaro che mi sarebbe piaciuto molto conoscerla», disse Kate della defunta suocera. «Era una donna da cui tutte noi dobbiamo trarre ispirazione.» La futura sposa di William continuò dicendo che, malgrado gli inevitabili paragoni con Diana, lei intendeva «crearsi da sola il proprio futuro». William fu d'accordo. «Non c'è alcuna pressione», disse. «Nessuno sta cercando di prendere il posto di mia madre... Si tratta di costruire il futuro e il proprio destino e Kate sarà perfettamente in grado di farlo.» Lei ammise comunque che la prospettiva di adeguarsi alla famiglia reale la metteva in agitazione. «Non sono pratica del mestiere... ma desidero imparare presto e lavorerò di buona lena. Spero proprio di riuscire a essere d'aiuto.» I piani per il matrimonio del secolo procedettero rapidamente. Pochi giorni dopo il fidanzamento, su Twitter fu annunciato luogo e data del matrimonio: il 29 aprile 2011 nell'abbazia di Westminster. Non è una coincidenza che il 29 aprile sia il giorno di Santa Caterina. La ragazzina che attaccava l'immagine di un principe sulla parete di camera sua e poi era riuscita a sposarlo non era scomparsa per sempre. Anche quando aveva percorso la navata centrale della cattedrale di St. Paul con un vestito lungo e uno strascico di 75 m, la ventenne Diana sapeva che il suo matrimonio era destinato a fallire. Per il resto della sua breve vita la principessa di Galles avrebbe lottato contro l'infedeltà flagrante e umiliante del marito, le esigenze di una vita reale che le indebolivano l'anima, la celebrità in scala quasi inimmaginabile e i propri demoni. Fino alla fine Diana aveva provato nostalgia per tutto quello che aveva sognato da ragazza: una vita di moglie e madre felice. «Avremmo potuto essere la migliore squadra del
mondo», disse malinconicamente due mesi prima di morire. «Ma così non doveva essere.» Senza Diana nelle loro vite, i figli erano stati attentamente indottrinati alla maniera dei Windsor. Avevano accettato con entusiasmo il polo, la caccia e la vita militare. Senza la madre a proteggerli e a farli stare lontani dai pericoli, erano rimasti intrappolati nella nuova generazione di aristocratici frequentatori di locali notturni, bevitori accaniti e, talora, tossicomani. Ma la cosa principale era che i due ragazzi avevano preso poco, dal punto di vista umano, dalla famiglia paterna. «Sono persone molto fredde», disse una volta lady Bowker parlando dei reali. «Non hanno cuore.» I figli di Diana sembravano avere cuore, e tanto, oltre a una certa abilità di mostrarlo nei rapporti con la gente. In William c'era anche qualcos'altro: una somiglianza fisica con la madre e, soprattutto, lo stesso sguardo dal basso in alto, con un leggero movimento della testa, della timida Lady D. «Credete davvero che alla gente interesserebbe di più William se fosse l'immagine del padre invece di quella della madre?», domandò una volta un importante deputato del Partito Conservatore. William progettò il proprio futuro prendendo sempre il catastrofico matrimonio dei genitori come esempio di cosa non fare in amore. Carlo aveva trovato Camilla, l'amore della sua vita, quando aveva solo 23 anni. Perdendo quell'occasione aveva spezzato il cuore alla prima moglie ed era arrivato vicino a distruggere la monarchia, nel disperato tentativo di sposare la donna che l'aveva reso veramente felice. Wills non avrebbe mai ripetuto lo stesso errore. Né avrebbe mai fatto l'errore del padre, quando aveva sposato Diana cedendo a pressioni dall'alto mentre nel cuore aveva ancora tanti dubbi. I dubbi che aveva William sulla sua relazione con Kate dipendevano più da se stesso che da lei. Lui e Harry ammiravano il padre, ma sapevano anche che aveva passato tutta la vita dibattendosi per avere una propria carriera, oltre ad aspettare dietro le quinte.
William aveva bisogno di uno scopo e l'aveva trovato nel suo lavoro di pilota di elicotteri di ricerca e salvataggio della RAF. II suo rapporto con Kate avrebbe rispecchiato ì valori di una generazione più giovane. Non importava più, come era stato per Diana, che la sposa fosse vergine, benché, nel fervore di vedere Kate diventare regina, un'amica ricordò che prima di iniziare la storia d'amore con William la giovane lo era. Era anche accettabile, come non lo sarebbe mai stato per la generazione precedente, che la coppia vivesse apertamente insieme prima di sposarsi. Non c'è dubbio che, se avesse potuto vederli crescere e diventare uomini, Diana sarebbe stata orgogliosa dei suoi figli. In considerazione della tradizione secolare di servizio nelle forze armate degli Spencer, quasi sicuramente Diana avrebbe approvato la decisione dei figli di abbracciare la carriera militare. Era stata proprio lei, dopo tutto, a insinuarne in loro il desiderio, decorando le loro stanze di Kensington Palace con accessori militari, vestendoli con uniformi di fatica e divise e portandoli alle basi militari perché salissero sui mezzi corazzati. «Sarebbe stata molto, molto orgogliosa», disse Richard Kay, «ma anche molto preoccupata.» Cosa avrebbe pensato Diana di Kate Middleton? Sarebbe stata la prima a dire che il suo parere non contava molto. Quello che contava veramente, aveva detto Diana ai figli, era che trovassero un amore e che «lo tenessero stretto». Sicuramente avrebbe visto in Kate qualcosa di se stessa. Erano entrambe donne bellissime, eleganti, atletiche, enigmatiche e curiosamente accessibili al tempo stesso. Ciascuna di loro aveva un sorriso provocante e un senso dell'umorismo malizioso. Anche se a Diana era stato dato il titolo di «principessa del popolo», era Kate la più adatta a portarlo. A differenza dell'aristocratica Lady D, la cui famiglia Spencer aveva il sangue ancora più blu di quello dei teutonici Windsor, Kate non apparteneva alla nobiltà, ma la sua famiglia aveva radici borghesi che sprofondavano nelle miniere di carbone di County Durham. I suoi creativi genitori avevano lavorato sodo per costruire una fortuna abbastanza grande su cui poggiare le ambizioni sociali dei figli. Forse Diana avrebbe riso sapendo
che suo figlio e Kate non si sarebbero mai potuti incontrare se non fosse esistita l'attività redditizia dei palloncini di gomma, cappellini di carta e trombette. Chi lo conosce bene crede che in William ci sia ancora molto del bambino che passava fazzoletti di carta alla mamma chiusa nel bagno e le portava tavolette di cioccolata per tirarla su. Dopo essere cresciuto in mezzo al catastrofico e logorante matrimonio dei genitori, le qualità che prediligeva in Kate, e che erano mancate ai suoi genitori nevrotici ed egoisti, erano la stabilità, la fedeltà, l'umiltà e la pazienza. La Regina Madre, lady Elizabeth Bowes-Lyon, era stata l'ultima regina di sangue non reale e anche, sicuramente, la più amata. Lei e il marito, re Giorgio VI, avevano insistito per rimanere a Londra persino quando, durante la seconda guerra mondiale, le bombe erano piovute su Buckingham Palace, un atto di coraggio che le era valso l'imperituro affetto dei sudditi. «Riuscirà Kate Middleton», disse Patrick Jephson, ex segretario privato di Diana, «a essere all'altezza di Elizabeth Bowes-Lyon?» Nei dieci anni passati al fianco di William Kate aveva dimostrato di averne la stoffa. Era leale, discreta e obbediva alle istruzioni di Palazzo come se già appartenesse alla famiglia. Solo il tempo potrà dire se Kate raggiungerà la popolarità di Diana o della Regina Madre. Nel frattempo William e Kate si sono già assicurati un posto nella storia. Lui per nascita, e ora anche lei. Un giorno saranno incoronati re e regina d'Inghilterra, gli ultimi di una dinastia che risale a Egberto del Wessex, nell'anno 829. I loro figli saranno principi e principesse e in futuro uno di loro prolungherà la vita della casa dei Windsor nel XXI secolo. Il futuro della monarchia, come ben sanno la regina, le eminenze grigie e il popolo inglese, dipende da William e Kate. Eppure, al di là dei fasti e del lusso, degli scandali pruriginosi e degli intrighi machiavellici, qualcos'altro definisce la moderna monarchia. C'è la storia di due ragazzi che si sono conosciuti all'università, sono andati pericolosamente vicini a perdere ciò che avevano costruito e, all'ultimo momento, hanno fatto un
passo indietro dall'orlo del precipizio. La loro è una storia di momenti privati rubati al consumo del pubblico, di tormentati inseguimenti in auto, di brucianti drammi personali recitati dietro le quinte e di una devozione singolare che si è rafforzata nel tempo. Ma, soprattutto, la saga di William e Kate è una storia d'amore.
Ringraziamenti «QUANDO sono nata, non ero voluta», osservò una volta Diana, disperata. «Quando ho sposato Carlo, non ero voluta. Quando sono entrata a far parte della famiglia reale, non ero voluta. Voglio essere voluta.» L'ironia di tutta la breve e tragica vita della principessa era che la donna più mitizzata del pianeta non si sentiva amata. Era un sentimento che non voleva assolutamente che i figli - e in particolare William conoscessero. Mentre scrivevo i miei precedenti libri di successo sulla famiglia reale inglese, The Day Diana Died e Diana's Boys, e l'articolo in copertina del numero che celebrava i venti anni di Vanity Fair, sul principe William, mi fu dolorosamente chiara una cosa: il melodramma oscillante della monarchia interpretato da Carlo e Diana avrebbe potuto essere evitato se solo il principe avesse sposato la donna che amava veramente sin dall'inizio. Invece, come disse in seguito un buontempone, Carlo fece l'errore di «sposare prima la moglie che aveva considerato un trofeo di caccia». Dopo avere visto il dolore privato e lo squallido spettacolo pubblico del matrimonio dei genitori, destinato a fallire sin dall'inizio, William non ci teneva a ripetere lo spettacolo davanti al mondo intero. Nessuno gli faceva fretta a impegnarsi nella promessa di anima e corpo che pensava sarebbe durata tutta la vita. Da questo punto di vista William avrebbe sfidato una tradizione, vecchia di secoli, di matrimoni combinati fra reali. Per complicare le cose, la donna di cui si era innamorato non era nobile, anche se non era nemmeno una persona qualunque. Aspettando il momento opportuno per quasi dieci anni - e superando nel frattempo le infide correnti del protocollo reale
e dell'opinione pubblica senza mai perdere l'entusiasmo o il fascino - Kate si è dimostrata degna di un re. William e Kate è l'apice del mio trentennale lavoro sulla famiglia reale, a partire dagli anni Ottanta quando, come caposervizio della rivista People, ho pubblicato numerosi articoli sui Windsor - compreso quello che annunciava la nascita di William, il 21 luglio 1982. Ricordo che, per tenere il piede in due staffe, avevamo preparato due copertine, pronte ad andare in stampa: una che proclamava È UN MASCHIO e l'altra È UNA FEMMINA. Fortunatamente per Kate, era un maschio. William e Kate segna anche il mio ritorno all'editore Simon & Schuster, che aveva pubblicato il mio primo libro nel 1976. Sono grato in particolare al mio curatore Mitchell Ivers per averci messo tutta la sua esperienza, intuizione e appassionata dedizione. Sono anche debitore verso la famiglia Simon & Schuster, in special modo Louise Burke, Carolyn Reidy, Jennifer Bergstrom, Jennifer Robinson, Felice Javit, Jean Anne Rose, Lisa Keim e Jessica Webb. Ellen Levine, agente e amica, è semplicemente la migliore. Abbiamo lavorato insieme per ventisette anni e non vedo l'ora di trascorrerne altrettanti con lei, naturalmente se ritiene di riuscire a sopportarmi! Devo ringraziare anche ilTrident Media Group, e in particolare i colleghi di Ellen, Claire Roberts, Margie Guerra e Alanna Ramirez. Sono profondamente grato ai miei genitori, il capitano di fregata Edward F. Andersen e Jeanette Andersen, donna eccezionale che si è spenta all'improvviso mentre avevo appena iniziato a scrivere questo libro, e alla quale l'ho dedicato. Anche le sue nipoti Kate e Kelly sono donne eccezionali, belle e abili. Hanno preso dalla madre, Valerie. Questo libro vuole essere essenzialmente un incitamento a tenere stretto il compagno o la compagna della propria vita, quando lo/la si è trovato. Io sono stato così fortunato da trovare la mia nel campus della University of California, a Berkeley, nel 1967. Ringrazio anche Richard Kay, Jules Knight, Peter Archer,
Emma Sayle, Alan Hamilton, Beatrice Hubert, lord Mishcon, Mimi Massy-Birch, il dottor Frederic Mailliez, Guy Pelly, Hugh Massy-Birch, Janet Jenkins, Philip Higgs, Andrew Gailey, Lady Elsa Bowker, Elizabeth d'Erlanger, Hamish Barne, Andy Radford, Vivienne Parry, Lady Yolanda Joseph, Jules de Rosee, Richard Greene, Adrian Munsey, Josy Duclos, Thierry Meresse, Jeanne Lecorcher, la contessa di Romanones, Ezra Zilkha, Harold Brooks-Baker, Mark Butt, John Kaufman, Geoffrey Bignell, Remi Gaston-Dreyfus, Natalie Symonds, Rachel Whitburn, Elizabeth Whiddett, Penny Russell-Smith, Delissa Needham, Miriam Lefort, Penny Walker, Claude Garreck, Aide Wimber, Dee Ennifer, Patrick Demarchelier, Dudley Freeman, Peter Alien, John Marion, Angela Nutt, Fred Hauptfuhrer, Jessica Hogan, Betty Kelly Sargent, Tom Freeman, Gered Mankowitz, Vivian Simon, Elaine Wells, Michelle Lapautre, Alain-Phillipe Feutre, Mary Robertson, Tom Corby, Cecile Zilkha, Kevin Lemarque, Pierre Suu, Hazel Southam, Ray Whelan Jr., Matthew Lutts, Vincent Martin, Everett Raymond Kinstler, Andy Rouvalis, Scott Burkhead, Bill Diehl, Tim Graham, Tiffany Miller, Simone Dibley, Daniel Taylor, Ray Whelan Sr., Paula Dranov, Rhoda Prelic, Liz Miller, Steve Stylandoudis, Tiffney Sanford, Amber Weitz, Julie Cammer, Marcel Turgot, Mary Beth Whelan, David McGough, Yvette Reyes, Charles Furneaux, Connie Erickson, Mark Blumire, Alee Michael, Mei Lyons, Lindsay Sutton, Francis Specker, Walter Neilson, Hilary Hard, Stephen Daniels, Scott Burkhead, John Stillwell, James Price, Elizabeth Loth, Ian Walde, Wolfgang Rattay, Richard Grant, Mick Magsino, Lawrence R. Mulligan, Tasha Hanna, Jane Clucas, David Bergeron, Art Kaligos, Gary Gunderson, the Press Association, St. James's Palace, Clarence House, il castello di Windsor, Buckingham Palace, Kensington Palace, Downe House, St. Andrew's School, Marlborough College, Eton, Ludgrove, St. Andrews University, Sandhurst, la BBC, Sky Television, Channel Four Television Ltd., il Times di Londra, il Daily Mail, la New York Public Library, la Boston Public Library, la Bancroft Library della University of California a Berkeley, la Litchfield Library, la
Gunn Memorial Library, la Brookfield Library, la Silas Bronson Library, il Reform Club, il Lotos Club, il Lansdowne Club, il New York Times, la Associated Press, Bloomberg, Reuters, Gannett, Associated Press Images, BEImages, Rex USA, Getty Images, Alpha Photos, Rema, Sipa Press, PRPhotos, Infoto, Xposure, BigPicture, Corbis, Bauer-Griffin, e Globe Photos. Fonti e note ai capitoli Capitoli 1-2 LE persone intervistate sono state: Alan Hamilton, il dottor Frederic Mailliez, Beatrice Humbert, Jeanne Lecorcher, Richard Kay, Thierry Meresse, Richard Greene, l'ultima lady Elsa Bowker, Peter Archer, Ezra Zilkha, Harold Brooks-Baker, Andy Radford, Mark Butt, Claude Garreck, Josy Duclos, Remi Gaston-Dreyfus, Peter Alien, Barry Schenck, Miriam Lefort, Janet Lizop, Pierre Suu e Steve Stylandoudis. Le fonti di stampa comprendono: Amar Singh, «The Battle to Protect Kate», Evening Standard, 9 gen. 2007; Kira Cochrane, «In Diana's Footsteps», Guardian, 9 gen. 2007; Annick Cojean, «The Final Interview», Le Monde, 27 ago. 1997; «Charles Escorts Diana Back to a Grieving Britain», New York Times, 1 set. 1997; Anthony Holden, «Why Royals Must Express Remorse», Express, 3 set. 1997; Robert Hardman, «Princes' Last Minutes with Mother», Daily Telegraph, 3 set. 1997; «The Princes' Final Farewell», Sunday Times di Londra, 7 set. 1997; Alan Hamilton, Andrew Pierce e Philip Webster, «Royal Family Is 'Deeply Touched' by Public Support», Times, 4 set. 1997; «Diana, Princess of Wales, 1961-1997», Week, 6 set. 1997; «The Nation Unites Against Tradition», Observer, 7 set. 1997; Lord Stevens of Kirkwhelpington, The Operation Paget Inquiry Report into the Allegation ofConspiracy to Murder Diana, Princess ofWales, and Emad El-Din MohamedAbdel Moneirn Fayed, 14 die. 2006; «Farewell, Diana», Newsweek, 15 set. 1997; John Simpson, «Goodbye England's Rose: A Nation Says Farewell», Sunday Telegraph, 7 set. 1997; «Driver Was Drunk» Le Monde, 3 set. 1997; Andrew Morton, Diana: la sua vera storia, (Sonzo-gno, Milano 1992); Pascal Palmer, «I Gave
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