Vere Allucinazioni
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Zitiervorschau

Vere allucinazioni c il diario di mi viaggio compiuto in Amazzonia da un gruppo di psiconauti alla ricerca di un mitico al.fucino geno chiamato oa-koo-bd. Partiti per esplorare le relazioni tra la psilocibina, il principio attivo contenuto nei funghi della specie stropharia cubensis, e lo sviluppo della consapevolezza e del Linguaggio umano, troveranno, o meglio, saranno trovati da "altro". Giorcíann Bruno e Castaneda, William Blake, mantidi pirata dello spazio e cospirazioni naziste, roventi sedute tantriche e sovraccarichi neuronali, piante aliene e hippy fuorilegge, teorie inquietanti sul destino del pianeta _l egate a psicofiuidi viola... Terence McKenna, etnoboranico cd enfant terrible della rivoluzione psichedelica sfida duemila anni di logica giudaico-cristiana per scaraventarci in una dimensione potentemente visionaria. Allo strabiliante racconto di Terence McKenna fanno da supporto una serie di 31 tavole di Matteo Guarnaccia che illustrano in maniera altrettanto visionaria (unita a una precisione enciclopedica nel descriverne gli aspetti but an ici) le fasi dell'esperienza nella foresta pluviale Amazzonica.

Terence McKenna

VERE ALLUCINAZIONI

I

1111■1■MMI11

Terence McKenna, considerato il "Timothy Leary degli anni Novanta ", in realtà un cantastorie, un visionaria, un eccentrico. Parte scienziato ë e parte sciamano, c tut esperto in "etnofarmacologia della trasformazione spirituale'_ Dirige un p rogetto diretto alla conse rvazione c alla propagazione di piante di interesse etnofarmacologico alle Hawaii. Ha pubblicato Food of the Gods 1992, The Invisible Landscape 1975, The

Archaic Revival 1991. Marten Guamaccia, artista multimediale è una figura cult della psiche delia in Italia. La sua ricerca si può definire un intreccio di echi prove-

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nienti simultaneamente da culture arcaiche, moderne tecniche di analisi psichica, ricerche scien ti fiche so]]'sttiuirà delta mente, iI tutu) opportunamente miscelato con robuste dosi di ironia. Ha pubbli cato, rra l'altro;

psichedelica e controcultura in Italia, The Born Again Pagan Travel Book, A Tribal Education, Magickal Mystery Book, Summer of Love, Provos, Paradiso Psichedelico, Smilin' Shaman.

Arte

I IN-trot-1m" inn !LICK UKWWI ii i i Lire 23.000

SECONDA EDIZIONE RIVEDU TA I3,4^R1P CON 1 FuNGKt 1 Cl! MAG

ShaKe

Terence McKenna

VERE ALLUCINAZIONI

IMMAGINE DI COPERTINA (TECNICA MISTA): PROGETTO GRAFICO:

Matteo Guarnaccia

Paoletta Nevrosi

TRADUZIONI: Daniele Bolelli ed Ermanno "Gomma" Guarneri FOTOCOMPOSIZIONE: ShaKe Edizioni Shake, via C. Balbo 10, 20136 Milano 02/5 83 173 06 ELETTRONICI: Decoder BBS, 02/29527597; N-8-1; 300-28.800 bd, dalle 14.00 alle 8.00; http//www4.iol.it/decoder

CONTATTI POSTALI:

CONTATTI TELEFONICI: CONTATTI

STAMPA:

Grafica Sipiel, Milano

TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA:

True Hallucinations

© 1993, by Terence McKenna © 1995, ShaKe SECONDA EDIZIONE:

Settembre 1998

ISBN 88-86926-23-5

SHAKE EDIZIONI UNDERGROUND

INDICE

PREFAZIONE I IL RICHIAMO DEL SEGRETO

9 13

In cui il nostro cast di personaggi, tra cui un fungo, viene presentato e i loro peculiari interessi vengono abbozzati. Viene invocata la giungla amazzonica e si intraprende la discesa di uno dei suoi fiumi.

2 NEL PARADISO DEL DIAVOLO

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In cui Solo Dark ed Ev vengono presentati e il passato di ognuno di noi viene narrato. Riflessioni filosofiche durante una languida discesa del fiume Putumayo.

3 LUNGO UN CAMMINO SPETTRALE

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In cui incontriamo un bizzarro antropologo e sua moglie, ci separiamo da Solo Dark, e raggiungiamo la nostra destinazione alla Missione La Chorrera.

PATI SULLA PORTA D'INGRESSO 4 ACCAMPATI

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In cui facciamo la conoscenza dei funghi e degli sciamani di La Chorrera. "Intorno a noi la giungla; davanti a noi ilsegreto..."

5

UNA SCHEI" MAGLIA CON L'ALTRA DIMENSIONE In cui ci trasferiamo in una casa nuova e Dennis ha una bizzarra esperienza che divide il nostro gruppo.

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VERE ALLUCINAZIONI 1NDIICE

6 INTERLUDIO A KATHMANDU In cui il ricordo di eccessi tantrici nei covi hippy dell'Asia, getta una strana luce sulle esperienze con i funghi a La Chorrera.

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7 UNO PSICOFLUIDO VIOLA In cui Dennis comincia a schematizzare il suo approccio all"`opera" alchemica e si discute se uno pskofluido possa o meno essere una sostanza traslinguistica.

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8 L"`OPERA" VIENE ILLUSTRATA In cui Dennis rivela la sua strategia per cominciare la grande impresa.

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9 UNA CONVERSAZIONE SUI DISCHI VOLANTI In cui si ribadiscono, una volta per tutte, i dettagli della resurrezione del corpo e si compie un parziale test della nostra teoria.

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14 GUARDANDO DIETRO In cui si raccontano diversi fatti miracolosi fra i quali uno di relativa importanza è l'apparizione di James e Nora Joyce travestiti da ruspanti. 15 UN DISCO VOLANTE PIENO DI SEGRETI In cui si organizza la nostra partenza, io incontro un disco volante e le teorie nascono come funghi, non appena torniamo a Berkeley. 16 IL RITORNO In cui Ev e io torniamo da soli a La Chorrera e una nuova cometa si dirige verso la terra. 17 IL ALLANDO CON L'ENIGMA

In cui ricordo il mio pseudoreclutamento da parte di una banda di scienziati nazisti rinnegati, mentre visito Timor.

10 ANCORA SULL"'OPERA°' In cui rifiniamo la teoria e cominciamo i preparativi per i voli sperimentali dell'aerolite de ll a conoscenza.

107

11 L'ESPERIMENTO ALLA CHORRERA In cui si tenta l'esperimento e i fratelli McKenna sono sconvolti dalle sue inaspettate conseguenze.

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19 L'AVVENTO DELLA STROFARIDE In cui io ed Ev ci lasciamo e il fungo declama un discorso solenne, mentre si trasforma in produzione industriale clandestina.

12 NEL VORTICE In cui scopriamo che l'universo è più strano di quel che possiamo pensare, Dennis compie un viaggio sciamanico e il nostro gruppo si polarizza e si divide.

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20 L"`HAWAIIIIAN CONNECTION" In cui le mantidi pirata provenienti dall'iperspazio attaccano me e la mia nuova amante nei territori vulcanici di Kau, nelle Hawaii, e io consegno le mie ultime parole riguardo all'indicibile.

13 GIOCANDO NEI CAMPI DEL SIGNORE In cui io e Dennis esploriamo i contenuti delle nostre reciproche illusioni e illuminazioni naturali.

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18 COSA SIGNIFICA? In cui tento di collegare le nostre esperienze a una scienza che è tutt'altro che canonica.

EPILOGO In cui ritorno al presente, descrivo come sono diventati i miei compagni di viaggio e m'inginocchio davanti al soprannaturale.

PREFAZIONE

NA VOLTA, ALL'INIZIO DEGLI ANNI OTTANTA, MENTRE VISITAVO

1'"Esalen Institute" dove ero stato invitato a partecipare a una conferenza sullo sciamanesimo, mi resi conto che la mia innata logorrea, tipica degli irlandesi, era stata decisamente amplificata da anni di consumo di funghi magici. Aiutato dalla mia devozione alla psilocibina e dall'esperimento a La Chorrera, che è l'argomento di questo libro, mi ero apparentemente trasformato in un portavoce del logos incarnato. Potevo parlare con ricadute elettrizzanti a piccoli gruppi di persone riguardo agli argomenti trascendentali di cui leggerete in questo libro. In un primo momento queste performance verbali mi sembravano relativamente normali, ma riascoltandone le registrazioni riuscii a capire il motivo per cui le altre persone ne erano affascinate. Era come se la mia personalità, ordinaria e noiosa, fosse svanita e, attraverso di me, parlasse la voce di un altro, una voce calma, chiara, senza esitazioni, una voce che cercava di informare gli altri sul potere, sulle speranze delle dimensioni psichedeliche. Decine, ormai quasi un centinaio, delle mie conferenze sono state registrate, distribuite a volte illegalmente, passate tra amici e trasmesse da stazioni radio underground. Ho cominciato la mia vita come conferenziere e insegnante presso vari centri di crescita spirituale, ma a farmi uscire dall'anonimato è stato Roy di Ho llywood, la cui trasmissione notturna alla radio, mi ha reso una piccola stella underground, almeno presso i sonnambuli di Los Angeles. Solo parlando degli eventi di La Chorrera ero diventato una celebrità. La mia fama di pazzoide e di personaggio underground de ll a West



VERE ALLUCINAZIONI

Coast arrivò fino ai grandi edifici di vetro della Quinta strada a Gotham [New York, N.d.R.]. Editori che, normalmente, non mi avrebbero dato un secondo di attenzione, si sono improvvisamente interessati al mio lavoro. Mentre leggete, spero che i miei libri, questo e quelli che l'hanno preceduto, stiano diffondendo queste idee particolari e possano rendere la mia vita più agiata e la vostra più ricca. C'è uno strano paradosso intorno a tutto ciò: queste idee sono ormai di dominio pubblico e soggette a un plebiscito informale. Se si diffonderanno diventeranno popolari e funzioneranno come catalizzatori di un cambiamento sociale e, allora, troverebbe conferma la speranza che esse abbiano un destino speciale. Se, d'altra parte, dopo il loro momento di gloria sparissero dalla scena pubblica, vorrà dire che il mio lavoro e le mie opinioni sono state giudicate niente di più che riflessioni irrilevanti da ll a nostra cultura surreale e paranoica. Non ho idea di dove questi ragionamenti possano portare ma, avendo alle spalle parecchi libri pubblicati, non posso certo dire che non mi sia stata data un'opportunità. Ora è il pubblico che deciderà se questo fenomeno ha già fatto il suo tempo o se siamo solo all'inizio Menziono tutto questo, non per informare il lettore dei tentativi poco interessanti di sfamare la mia famiglia, ma perché la mia carriera è l'unica testimonianza che qualcosa di straordinario, forse di importanza storica, è accaduto a La Chorrera. I funghi parlanti incontrati laggiù hanno originato un mito e annunciato dettagliatamente una profezia relativa a un cambiamento globale, per la presa di coscienza, destinato a salvare l'intero pianeta. Hanno predetto tutto ciò che mi è accaduto nei successivi vent'anni e hanno promesso molto di più per il futuro. Se continuerete a leggere diverrete parte di questa storia. Caveat lector.

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ILR CHIAMO DE T, SEGRETO

In cui il nostro cast di personaggi, tra cui un fungo, viene presentato e i loro peculiari interessi vengono abbozzati. Viene invocata la giungla amazzonica e si intraprende la discesa di uno dei suoi fiumi.

ER MIGLIAIA DI ANNI LE VISIONI RIVELATE DAI FUNGHI

allucinogeni sono state ricercate e venerate come un vero mistero religioso. La maggior parte del mio pensiero negli ultimi vent'anni è stato impegnato nel descrivere e nel contemplare questo mistero. Protetto da vicino da angeli caoticamente ingioiellati — "Ogni angelo è tremendo", ha scritto Rilke, e al tempo stesso è sacro e profano — il fungo è sbucato nella mia vita allo stesso modo in cui in futuro potrebbe giungere agli onori della cronaca della storia umana. Per raccontare questa storia ho scelto un approccio narrativo. Un mistero vivente potrebbe assumere qualsiasi sembianza, esso è il padrone di luogo e spazio, di tempo e spirito, però la mia ricerca del modo per comunicare questo mistero mi ha spinto a seguire la tradizione: scrivere una narrazione cronologica di una storia al contempo vera e straordinariamente bizzarra. All'inizio di febbraio del 1971, stavo viaggiando nella Colombia meridionale con mio fratello e alcuni amici, pronti per una spedizione nella foresta amazzonica colombiana. La nostra strada ci portò a Florencia, il capoluogo provinciale della regione del Caquetà. Là ci fermammo per alcuni giorni, in attesa di un aereo che ci portasse all'imbarco sul Rio Putumayo, un fiume che segna il confine tra Colombia, Ecuador e Perù. Il giorno in cui dovevamo partire era particolarmente caldo, così ab13

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VERE ALLUCINAZIONI

bandonammo le mura oppressive del nostro albergo che era vicino al rumoroso mercato centrale e a ll a stazione degli autobus. Ci inoltrammo fuori città a piedi, camminando per un paio di chilometri dove c'erano le calde acque del Rio Hacha, visibile al di là di pascoli ondulati dall'erba alta. Dopo aver nuotato nel fiume ed esplorato le profonde pozze scolpite dalle calde acque del torrente nel nero letto basaltico del fiume, tornammo attraverso gli stessi prati. Qualcuno più esperto di me sull'aspetto del fungo stropharia cubensis ne indicò un grande esemplare che se ne stava, da solo, in mezzo a un mucchietto di concime. Impulsivamente e consigliato dai miei compagni, mi mangiai tutto il fungo: ci misi un attimo e subito dopo riprendemmo la marcia, stanchi della nuotata, mentre una tempesta tropicale si muoveva verso di noi da ll a Cordigliera de lle Ande, dove si trova Florencia. Per un qua rt o d'ora camminammo in silenzio. Sollevavo stancamente la testa, quasi ipnotizzato da ll a vista del movimento regolare degli stivali che affondavano nell'erba. Per raddrizzarmi e scuotere via il torpore mi fermai stiracchiandomi a osservare l'orizzonte. La sensazione dell'imponenza del cielo, che per me si associa a ll a psilocibina, mi colpì là, per la prima volta. Chiesi ai miei amici di fermarsi e mi buttai a terra. Sembrava che un tuono silenzioso muovesse l'aria intorno a me; tutto si mostrava con un nuovo aspetto e un nuovo significato. Questa sensazione arrivò e mi passò sopra come un'onda, proprio nel momento in cui la furia della tempesta tropicale esplose sopra le nostre teste, bagnandoci da capo a piedi. La sensazione terrificante che un'altra dimensione o una diversa specie di esseri viventi si fosse intersecata con quello splendido giorno tropicale, durò solo pochi minuti. Elusivo, ma fo rt e, era un qualcosa che non avevo mai provato. Durante la nostra fradicia ritirata non notai nemmeno il lungo e strano momento di grande luminosità che la precedette. Riconobbi che la mia esperienza era stata provocata dal fungo, ma non volevo che i pensieri a riguardo mi distraessero, perché eravamo coinvolti in un gioco ben più grande. Eravamo impegnati, infatti, in una ricerca nella giungla profonda di differenti allucinogeni: piante contenenti la dimetil-triptammina (o DMT) e l'infuso psichedelico dell'ayahuasca. Queste piante erano associate con le abilità telepatiche e a fatti paranormali, però le modalità del loro uso peculiari de ll a giungla amazzonica, non erano ancora stati studiate. Una volta svanitone l'effetto, liquidai l'esperienza del fungo come qualcosa a cui dar retta in un altro momento. Alcuni colombiani mi avevano assicurato che la stropharia si trovava solo nello sterco di zebù, così conclusi

IL RICHIAMO DEL SEGRETO

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che nella giungla, dove sarei andato da lì a poco, non avrei trovato né bestiame né concime. Allontanando il pensiero dei funghi da ll a mia mente, mi preparai per i brividi de ll a nostra discesa lungo il Rio Putumayo verso la nostra destinazione, una remota missione chiamata La Chorrera. Perché una banda di zingari come noi si stava inoltrando nella fumante giungla dell'Amazzonia colombiana? Il nostro gruppo era composto da cinque persone legate dall'amicizia, da un'immaginazione stravagante, dall'ingenuità e da una dedizione ai viaggi e alle esperienze esotiche. Ev, la nostra traduttrice e mia nuova fiamma, era appena entrata a far parte del nostro gruppo. Americana come tutti noi, aveva vissuto parecchi anni in Sud America e aveva viaggiato in Oriente, dove l'avevo incontrata, all'aeroporto di Katmandu, durante un momento molto duro per entrambi, ma, questa è un'altra storia. Si era recentemente liberata da una lunga relazione e, rimasta sola, e non avendo niente di meglio da fare, si era unita a noi. Quando arrivammo a La Chorrera io e lei eravamo insieme da meno di tre settimane. Gli altri tre membri del gruppo erano mio fratello Dennis, il più giovane di noi, studente di botanica e compagno di lunga data; Vanessa, una mia vecchia amica del college di Berkeley, esperta in antropologia e fotografia, e Dave, un altro vecchio amico, un gioioso meditatore e ceramista, ricamatore di blue-jeans e, come Vanessa, newyorkese. Quattro mesi prima della nostra discesa nell'inferno liquido del basso Putumayo, mio fratello e io eravamo passati attraverso il terribile dolore dovuto alla perdita di nostra madre. Prima ancora, avevo viaggiato per tre anni in India e in Indonesia, poi avevo lavorato come insegnante per società inglesi a Tokyo e, quando non ne potei più, me ne ero andato in Canada. A Vancouver il nostro gruppo tenne una riunione e pianificò questa spedizione in Amazzonia per sondare le profondità dell'esperienza psichedelica. Deliberatamente non dirò molto su di noi: forse eravamo educati in modo assurdo, ma di certo eravamo ben educati. Nessuno di noi aveva ancora venticinque anni ed eravamo stati uniti dall'esplosione politica che aveva caratterizzato gli anni passati insieme a Berkeley. Eravamo profughi di una società che si stava avvelenando, scaricando il proprio odio e le proprie contraddizioni verso se stessa. Ci eravamo dati con passione all'ideologiâ, e avevamo finito per puntare tutto sull'esperienza psichedelica come la via più breve per realizzare la nostra utopia, quella che la nostra passione politica ci infervorava a sognare. Non avevamo idea di cosa avessimo dovuto aspettarci dall'Amazzonia, ma avevamo collezionato

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IL RICHIAMO DEL SEGRETO

una grande quantità di informazioni etnobotaniche e queste ci dicevano dove trovare vari allucinogeni, ma non cosa aspettarci una volta che li avessimo trovati. Ho pensato molte volte a come eravamo poco preparati alle esperienze in cui ci saremmo imbattuti. Spesso le nostre interpretazioni non coincidevano, come è comune tra personalità forti o tra persone che assistono a eventi straordinari: eravamo gente strana, altrimenti non avremmo fatto ciò che stavamo facendo. Già a ventiquattro anni potevo riguardare a dieci anni di coinvolgimento con cose che la maggior parte della gente considerava estreme. Il mio interesse nelle droghe, nella magia e nelle più sconosciute branche della storia naturale e della teologia, mi davano l'aspetto di un eccentrico principe fiorentino più che di un ragazzo che era cresciuto nel cuore degli Stati Uniti negli anni Cinquanta. Con disperazione dei nostri convenzionali genitori, Dennis aveva condiviso tutti questi interessi. Per qualche ragione eravamo strani sin dall'inizio, scelti dal fato per un destino troppo assurdo per essere immaginato. In una lettera scritta undici mesi prima della nostra spedizione, trovai che Dennis aveva un'idea di ciò che sarebbe potuto accadere. Mi scrisse, quando ero a Taiwan nel 1970, per dirmi:

l'iperspazio e un trip può implicare un contatto con una razza di navigatori stellari Probabilmente sarà un incontro simile a una lezione di volo: delle istruzioni per l'uso della pietra tridimensionale, come navigare nell'iperspazio e, forse, un corso introduttivo di ecologia cosmica.

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Riguardo la vera ricerca sciamanica e l'idea che la sua soluzione possa implicare la morte fisica — che allegra riflessione... — sarei interessato a sapere come e perché consideri questa possibilità. Non ci ho pensato in termini di morte, sebbene abbia pensato che potrebbe farci passare, in quanto esseri viventi, attraverso la stessa porta usata ogni giorno dalla morte. Considero questa una proiezione astrale iperspaziale che permette all'iperorgano, la consapevolezza, di manifestarsi istantaneamente in ogni punto della matrice spazio-tempo, o in tutti i punti simultaneamente. Le sue lettere mi resero chiaro che la sua immaginazione non si era atrofizzata durante gli ultimi anni di liceo nella nostra piccola città natale nel Colorado. Una rigida dieta a base di fantascienza aveva reso i frutti dell a sua immaginazione veramente spettacolari, ma mi domandavo se stesse parlando sul serio. Un UFO è sostanzialmente un vortice psichico che si muove nel-

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Come me, stava cercando di prendere contatto con i paesaggi psichici abitati dagli elfi, rivelati dalla dimetil-triptammina. Avevamo fatto la nostra conoscenza con il DMT nell'atmosfera surreale di Berkeley, all'apice della Summer of Love, ed era subito diventato il principale mistero, o l'arma più efficace per la riuscita de lla nostra impresa. ll mantenimento della forma fisica è, in simili circostanze, una questione di scelta più che di necessità, oppure è indifferente perché nella rete iperspaziale tutte le forme fisiche sarebbero aperte. Direi che il tempo non è l'essenza dell'impresa, se non fosse che la morte culturale delle tribù che stiamo ricercando procede a un ritmo spaventoso.

Non erano solo le nostre vivaci fantasie a essere concentrate sulle allucinazioni del DMT: anche il nostro approccio per scoprire i segreti de lla dimensione allucinogena lo era. Era così perché, fra i componenti psicoattivi che conoscevamo, l'azione del DMT, sebbene molto rapida, sembrava essere la più potente. Il DMT non è una sostanza comunemente sperimentata, nemmeno tra gli psiconauti dello spazio interiore, quindi spenderò un paio di parole di spiegazione. Nella sua forma sintetica pura, appare come una pasta o una polvere cristallina che viene fumata in una pipa di vetro. Dopo qualche inalazione, l'inizio dell'esperienza viene innescato rapidamente, da quindici secondi a un minuto. L'esperienza allucinogena dura da tre a sette minuti ed è estremamente particolare: è così bizzarra e intensa che persino molti tra i più devoti aficionados degli allucinogeni la evitano. Però è anche il più comune e reperibile tra gli allucinogeni naturali e la base della maggior parte degli allucinogeni usati da lle tribù aborigene del Sud America. In natura, essendo prodotto dal metabolismo delle piante, non si avvicina neanche lontanamente a lla concentrazione prodotta in laboratorio, ma gli sciamani sudamericani, predisponendosi chimicamente ai suoi effetti, raggiungono gli stessi stati di coscienza alterata prodotti dal DMT puro. La sua potenza e la sua peculia-

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rità superano in tal modo que ll e degli altri allucinogeni che la dimetiltriptammina e i suoi derivati chimici erano, per íl nostro piccolo circolo, la più grande rivelazione e lo schiudersi più radicale degli stati alterati che potessero essere raggiunti senza seri danni fisici o psichici. Quindi pensavamo che la nostra descrizione fenomenologica degli stati di allucinazione dovesse cominciare con l'individuazione di un forte allucinogeno aborigeno contenente DMT e proseguisse esplorando con mente aperta le dimensioni sciamaniche che questo avrebbe reso accessibili. Per questo avevamo studiato tutti gli scritti sulle droghe contenenti triptammina nel bacino delle Amazzoni e avevamo appreso che l'ayahuasca o yagé, l'infuso di banisteriopsis caapi contenente DMT, è diffuso in un'area molto vasta* così come diversi tipi di polveri contenenti DMT, ma c'era un solo allucinogeno contenente DMT il cui uso fosse soggetto a restrizioni. L'oo koo hé è ricavato da ll a resina di certi alberi de ll a specie virola mescolata con le ceneri di altre piante, ridotta in forma di palline e inghiottita. Quello che ci colpiva nella descrizione della preparazione della pianta allucinogena era che la tribù Witoto del Nord delle Amazzoni, che era l'unica a conoscere il segreto della sua preparazione, la usava per parlare a "piccoli uomini" da cui ricevevano la conoscenza. Questo piccolo popolo era una specie di ponte tra un contatto alieno e più tradizionali elfi e fate dei boschi. La tradizione diffusa in tutto il mondo riguardante l'esistenza del piccolo popolo è ben descritta nel libro The Fairy Faith in Celtic Countries di W.E. Evans-Entz, uno studio di cultura celtica che ha influenzato tanto l'opera del ricercatore di UFO Jacques Vallee quanto la mia. Il riferimento a dei piccoli uomini fece suonare dentro di me una campana, perché durante le mie esperienze fumando DMT a Berkeley, ebbi l'impressione di trovarmi in uno spazio abitato da degli allegri elfi che cambiavano forma, o da delle creature meccaniche che si trasformavano in continuazione. Decine di queste entità frattali amiche, somiglianti a uova Fabergé rimbalzanti, mi avevano circondato e avevano cercato di insegnarmi il linguaggio perduto della vera poesia. Sembravano parlare in una forma visibile a cinque dimensioni, mentre fiumi di signifi-

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* Ayahuasca è un termine usato nel bacino superiore delle Amazzoni. Non si riferisce solo alla bevanda allucinogena ma an che al suo ingrediente principale, il banisteriopsis caapi. Questo rampicante del-

la giungla, spesso gigantesco, viene polverizzato e bollito con una pianta che contiene DMT, di solito psychotria viridis e raramente diploterus cabrerena. L'estratto liquido viene poi ulteriormente concentrato attraverso un'altra bollitura. L'ayahuasca, detta anche natema, yagé o pildé, è l'allucinogeno più

usato e diffuso tra gli sciamani dell'area equatoriale americana.

IL RICHIAMO DEL SEGRETO

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cati ricoperti di specchi mi fluivano intorno. Questo mi accadde in più di un'occasione ed era nello specifico la trasformazione del linguaggio a rendere questo esperimento così memorabile e particolare. Sotto l'influenza del DMT, il linguaggio veniva trasformato da una cosa che si ascolta a una cosa che si vede. La sintassi diveniva visibile. Cercando dei paralleli con la mia esperienza mi tornò in mente la splendida scena della versione di disneyana di Alice nel Paese delle Meraviglie, in cui Alice incontra il bruco che fuma un narghilé seduto su di un fungo. "Chi 6?" domanda il bruco, con lettere fumose che gli escono da ll a bocca. A dire il vero una connessione tra l'esperienza psichedelica e Lewis Caroll e il suo Paese delle Meraviglie è sempre stata sospettata. Nelle mani dei disegnatori di Walt Disney, la miscela sensoriale è esagerata e resa esplicita: ciò che il bruco comunica non è sentito, ma viene visto fluttuare nello spazio intorno a lui, un linguaggio reso visibile dal fumo che il bruco produce in grande quantità.* Questo non significa che il DMT sia semplicemente un mezzo per divenire parte di un cartone animato. Per niente. La sensazione che deriva dal DMT è così bizzarra da far rizzare i capelli sulla testa, è il massimo che un essere umano possa sperimentare senza che la sua consapevolezza venga alterata per sempre. A volte mi è stato chiesto se il DMT è pericoloso: la mia risposta è che è pericoloso solo per chi si sente minacciato da ll a possibilità di morire di meraviglia. L'onda di stupore che accompagna il dissolversi dei confini tra il nostro mondo e il continuum è così grande da essere una forma d'estasi in se stessa. La sensazione, che queste bizzarre esperienze con il DMT avevano procurato, e cioè di trovarsi in un'altra dimensione, era stata il motivo che ci aveva spinto a concentrarci sugli allucinogeni contenenti triptammina. Dopo aver letto tutto ciò che esisteva sulla triptammina, ci imbattemmo nel lavoro dell'etnobotanico Richard Evans Schultes. La sua posizione di professore di botanica ad Harvard gli aveva permesso di dedicare la sua vita a collezionare e a catalogare le piante psicoattive. Il suo scritto Virola * Che un film di Disney possa essere una rappresentazione di questo concetto non è poi così sorprendente. Basti citare le danze, coreograficamente perfette, dei funghi orientali in Fantasia, per chiedersi se qualche membro della Disney non fosse stato ispirato dallo sciamanesimo. D'altra parte Fantasia è

stato un serio tentativo di rendere la sinestesia un elemento di divertimento per tutti. Girano ancora voci sul fatto che molti tra gli operatori delle animazioni che la Disney assoldò per questo stravagante progetto fossero consci dell'esperienza psichedelica. Tra questi, c'erano alcuni cecoslovacchi che, probabilmente, avevano provato il peyote e la mescalina.

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V E R E ALLUCINAZIONI

as an Orally Administered Hallucinogen era un punto fermo nella nostra ricerca. Eravamo affascinati dalla descrizione dell'uso della resina degli alberi di virola theiodora come forma di DMT attivo, allo stesso modo in cui l'uso di questa pianta sembrava specifico di una zona geografica estremamente limitata. Schultes ci ispirava scrivendo dell'oo-koo-hé:

Uno studio approfondito sul campo, nella regione di questi indio, sarà necessario per una comprensione totale di questo interessante allucinogeno... L'interesse per questo allucinogeno recentemente scoperto non è limitato al campo dell'antropologia e della etnobotanica, ma ha un'importanza diretta su certi aspetti farmacologici e, paragonata con altre piante aventi proprietà psicomimetiche dovute alla triptammina, questa sostanza pone problemi con cui ci si deve confrontare e a cui, se possibile, trovare risposte dal punto di vista tossicologico.*

I L RICHIAMO

D EL SEGRETO

nessuna strada era riuscita a passare attraverso la giungla circostante, un posto noioso e oppressivo come ti puoi immaginare che sia un paese sudamericano sul fiume. Wi lliam Burroughs, che passò di qui alla ricerca dell'ayahuasca negli anni Cinquanta, la descrisse dicendo che "sembra un paese dopo un'inondazione". Fino al 1971 poco era cambiato. C'eravamo appena piazzati nel nostro hotel, dopo esserci fatti registrare dalle autorità come è di routine per gli stranieri in viaggio nelle zone di frontiera de ll a Colombia, quando la padrona dell'hotel ci informò che c'era un nostro connazionale che viveva da quelle parti. Sembrava incredibile che un americano vivesse in un posto così fuori dal mondo, in un paese su di un fiume colombiano. Quando la senora sottolineò che quest'uomo, el Senor Brown, era molto vecchio e scurissimo di pelle, la cosa divenne ancor più interessante. La mia curiosità si risvegliò, così partii immediatamente in compagnia di uno dei figli della padrona dell'hotel. Mentre cominciavamo a incamminarci, la mia guida si affrettò a informarmi che l'uomo che andavamo a incontrare era "mal y bizarro" "El Senor Brown es un sanguinero", disse. Un killer? Stavo per fare visita a un assassino? Non mi sembrava possibile. Non ci credetti nemmeno per un istante. "e, Un sanguinero, dice?" L'orrore che il boom della gomma aveva portato agli indio amazzonici nei primi anni del secolo era ancora vivo, un ricordo per le persone più anziane e una terrificante leggenda per i più giovani. Nell'area vicino a La Chorrera, la popolazione witoto era stata sterminata sistematicamente e ridotta dalle quarantamila persone del 1905 alle cinquemila del 1970. Non potevo immaginare che l'uomo che stavo per incontrare avesse qualcosa a che vedere con quegli eventi così lontani. Pensai che la storia che íl ragazzo mi raccontava significasse che avrei incontrato il babau locale intorno a cui erano nate storie stravaganti. Arrivammo in fretta a una casa indistinguibile da lle altre, che aveva un piccolo giardino recintato da uno steccato. Il mio compagno bussò e chiamò. Subito, un ragazzo simile a ll a mia guida arrivò e aprì il cancello: la mia guida sparì in un baleno e il cancello si richiuse dietro di me. Un enorme maiale stava sdraiato nella parte più umida del cortile; tre gradini più su c'era la veranda. Sulla veranda sedeva un uomo molto magro, vecchio e raggrinzito che mi sorrideva e mi faceva cenno di avvicinarmi: John Brown. Non capita spesso di incontrare una leggenda vivente, se avessi saputo di più sulla persona che mi stava davanti sarei stato più rispettoso ed emozionato. "Si," disse, "sono americano". E poi: "Sì, dannazione sì, sono vecchio, .

Basandoci sullo scritto di Schultes, decidemmo di abbandonare i nostri studi, le carriere e di fiondarci in Amazzonia a La Chorrera alla ricerca dell'oo-koo-hé. Volevamo scoprire se le dimensioni titanicamente assurde sperimentate grazie alla trance del DMT erano più accessibili attraverso le piante usate dagli sciamani amazzonici. Era a uno di questi sacramenti sciamanici a cui stavo pensando, mentre cercavo di dimenticarmi del fungo stropharia incontrato nei prati vicino a Florencia. Ero ansioso di tuffarmi nella ricerca dell'esotico oo-koo-hé. Certo non immaginavo che, poco dopo essere arrivati a La Chorrera la ricerca dell'oo-koo-hé sarebbe stata dimenticata. L'allucinogeno witoto venne eclissato da ll a scoperta di funghi di psilocibina che crescevano in abbondanza e dallo strano potere emanato dai prati color smeraldo, avvolti di nebbia, in cui i funghi crescevano

Il primo segnale che La Chorrera non fosse un posto come un altro mi giunse quando arrivammo a Pue rt o Leguizamo, il nostro luogo d'imbarco sul Rio Putumayo. Esso può essere raggiunto solo per via aerea, poiché * R.E. Schuhes, Virola as an Orally Administered Hallucinogen, in "Botanical Leaflets of Ha rv ard University", vol. 2, n. 6, pp. 229-40.

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ho novantatré anni. La mia storia, bambino, è proprio lunga". Rise producendo un suono come il fruscio di un tetto di paglia quando vi si agita sopra una tarantola. Figlio di uno schiavo, John Brown aveva lasciato l'America nel 1885, per non tornare mai più. Era andato a lle Barbados, poi in Francia, era stato un mercante marittimo e aveva visto Aden e Bombay. Nel 1910 era venuto in Perù, a Iquitos. Lì era stato nominato caposquadra nella famosa "Casa di Arana", che era la fonte principale dello sfruttamento e dello sterminio degli indio amazzonici durante il boom della gomma. Passai parecchie ore de ll a giornata con el Senor Brown. Era una persona straordinaria, al tempo stesso vicino e lontanissimo, un pezzo vivente di storia. Era stato il servitore personale del capitano Thomas Whiffen del XIV Ussari, un avventuriero inglese che aveva esplorato l'area di La Chorrera già nel 1912. Brown, che è descritto nel raro lavoro di Whiffen, Explorations of the Upper Amazon, fu l'ultima persona a vedere il francese Eugene Roguchion, che sparì nel Rio Caquetà nel 1913. "Sì, aveva una moglie witoto e un enorme cane nero che gli stava sempre attaccato", commentò Brown. John Brown parlava witoto, una volta aveva vissuto con una donna witoto per alcuni anni e conosceva perfettamente l'area in cui ci stavamo dirigendo. Non aveva mai sentito parlare dell 'oo-koo-hé ma, nel 1915, aveva preso l' ayahuasca a La Chorrera. La descrizione de lle sue esperienze era un'ulteriore ispirazione a continuare verso la nostra meta. Fu solo dopo il mio ritorno dall'Amazzonia che appresi che quello era lo stesso John Brown che aveva informato le autorità inglesi de lle atrocità perpetrate dai baroni della gomma nella zona del Putumayo. Aveva parlato a Roger Casement e, poi, al console inglese a Rio de Janeiro che era andato in Perù nel 1910 per investigare a proposito dei soprusi.* Poiché la storia del Ventesimo secolo è così piena di orrori, pochi ricordano che, prima di Guernica e di Auschwitz, l'Amazzonia settentrionale fu teatro di uno degli episodi di sterminio scientifico così comune a ll a nostra epoca. Le banche inglesi, in collusione con il "clan di Arana" e con tutti gli altri operatori pronti a chiudere un occhio, sostennero l'uso del terrore, dell'intimidazione e dell'omicidio per obbligare gli indio della foresta a raccogliere la gom* Per ulteri ori approfondimenti vedi W.E. Hardenburg, The Putumayo: The Devil's Paradise, Londra 1912. Vi sono an che ristampati estratti del rapporto di Casement. Vedi anche Michael Taussig, Shamanism, Colonialism and the Wildman, University Press of Chicago, Chicago 1987.

IL RICHIAMO

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ma. Fu John Brown che andò a Londra con Casement per portare prove alla commissione d'inchiesta dell'Alta commissione reale." Ritornai a parlare con lui i due giorni seguenti, mentre venivano fatti i preparativi per la nostra spedizione lungo il fiume. Fui impressionato dalla sincerità di Brown, dalla profondità della sua comprensione di me, dal modo in cui Roger Casement e un mondo quasi dimenticato, un mondo da me conosciuto solo dai brevi riferimenti dell' Ulisse di James Joyce, rivivevano e si muovevano davanti ai miei occhi durante quelle lunghe conversazioni sulla veranda. Parlò a lungo di La Chorrera. Non era stato là dal 1935, ma finii per trovarla quasi come lui me la aveva descritta. La vecchia città infestata dalla febbre al di là del lago non era più là, ma si potevano ancora vedere i sotterranei degli schiavi indio con gli anelli di ferro ancora ben fissati nella pietra basaltica sudaticcia. Non c'era più la famosa "Casa di Arana" e il Perù aveva da tempo rinunciato a reclamare quell'area alla Colombia. Ma la vecchia città di La Chorrera era spettrale così come la vecchia pista della gomma, chiamata trocha, che noi avremmo utilizzato per percorrere i centodieci chilometri che separavano La Chorrera dal Rio Putumayo. Nel 1911 ventimila indio avevano dato la vita per costruire quella pista nella giungla. Agli indio che si rifiutavano di lavorare venivano tagliati con il machete la pianta dei piedi e i glutei. Ma per cosa? Affinché, secondo un tipico e surreale atto di ubris tecnocoloniale, un carro a motore potesse, nel 1915, percorrere quella pista. Era un viaggio dal nulla al nulla. Camminando lungo quei sentieri tristi e deserti, a volte mi sembrava di udire il suono delle voci e il rumore dei piedi incatenati. I monologhi di John Brown mi avevano preparato solo un poco a ll a singolarità di La Chorrera. La mattina in cui la nostra barca stava partendo per condurci lungo il fiume, facemmo una sosta presso la sua casa. Gli occhi e la pelle gli luccicavano. Era il custode della porta del plutonico mondo a Sud di Puerto Leguizamo e sapeva di esserlo. Mi sentivo come un bambino davanti a lui e lui sapeva anche questo. "Bye, Bye, babies. Bye bye", fu il suo secco addio.

* John Estacion Riverà, uno storico colombiano, ha raccontato la storia in modo differente sostenendo che Brown era implicato negli omicidi e creando così le basi per la storia del sanguinero.

2 NEL PARADISO D L DIAVOLO

In cui Solo Dark ed Ev vengono presentati e il passato di ognuno di noi viene narrato. Riflessioni filosofiche durante una languida discesa del fiume Putumayo.

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0 DETTO CHE ERAVAMO UN GRUPPO DI CINQUE? ERAVAMO

cinque quando arrivammo a La Chorrera, ma eravamo sei a ripartire da Puerto Leguizamo. Io ed Ev vivevamo insieme, per quanto una coppia possa vivere insieme quando ogni notte deve scendere da una barca per appendere le proprie amache agli alberi, in compagnia di altre quattro persone. Ma anche lui era con noi: Solo Dark. Devo descrivervi Solo. Faceva parte di una setta religiosa con sede in Sud America e che non avevo visto nemmeno in India, chiamata la "Nuova Gerusalemme". I devoti, che erano quasi tutti fruttivori, erano una tribù composta principalmente di americani, che dal 1962 o 1963 avevano scorrazzato per l'America latina, imbrogliandosi gli uni con gli altri, vivendo insieme, odiandosi e organizzando loschi intrighi. Comunicavano per mezzo di tavole ouija con entità che chiamavano "esseri di luce". Avevano costruito un'intera mitologia a proposito de ll a reincarnazione. Secondo loro, ognuno di noi è una reincarnazione. Alcuni sostenevano di essere la reincarnazione di Rasputin; un altro, che era fuggito dalle alte sfere degli Hare Krishna e indossava sempre vesti bianche e stivali da pioggia anch'essi bianchi, era la reincarnazione di Erwin Rommell. Il leader dagli occhi infuocati dell'intero gruppo era Solo. Era stato il compagno di Ev per quattro anni.

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VERE ALLUCINAZIONI

Devo forse chiarire che Solo era un tipo strano? Con la sua insondabile melanconia infantile e i suoi lunghissimi capelli selvaggi, aveva un aspetto imponente. Credeva di essersi incarnato in parecchi importanti personaggi storici: Cristo, Hitler, Lucifero. Era un cliché deprimente e prevedibile al tempo stesso. Mi trovavo davanti a un dilemma assai strano, sebbene le mie categorie di pensiero non fossero affatto rigide. Avevo passato la maggior parte dei tre anni precedenti vivendo come un eremita solitario, imparando lingue asiatiche ormai morte e studiando lepidotteri nell'entroterra indonesiano, e non avevo familiarità con le abitudini tipiche dei più esotici fra i miei coetanei nell'era del post-Charles Manson. Pensavo: "Non possiamo risolvere tutto amichevolmente? Non siamo tutti hippy felici?" Forse ero stato in Asia troppo a lungo; in ogni modo, stavo per imparare che tra gli entusiasti de ll a "Nuova Gerusalemme" c'erano un sacco di personaggi allucinanti e difficili da sopportare. Se Solo non approvava qualcosa che stavi facendo, guardava nel vuoto per un attimo e poi annunciava che proprio in quel momento gli "esseri di luce" gli avevano rivelato che non dovevi, per esempio, pelare la frutta con un coltello. Ogni piccola parte dell'esistenza era controllata da queste forze nascoste. Solo viaggiava con alcuni animali: cani, gatti, scimmie e aveva appunto una scimmia che pensava essere l'incarnazione di Cristo. Insisteva perché tutti gli animali fossero vegetariani e così erano malnutriti e in cattiva salute e, mentre roteava gli occhi, mi diceva: "Questo è Budda, questo è Cristo, quello è Hitler". Non che fosse proprio così demente, esagero un po' per dare colore, ma era chiaro che nella mente di Solo la cosa si avvicinava alla mia descrizione. Quando partimmo da Puerto Leguizamo, eravamo in sei: io,Vanessa, Dave, Ev e Dennis. E Solo. Sei freak. Il nostro gruppo si era incontrato per la prima volta a Capodanno, poco più di due mesi prima, quando ci imbattemmo in Solo ed Ev, che stavamo ancora insieme e non avevano alcuna intenzione di unirsi a noi. Il nostro incontro avvenne a San Augustine, una città colombiana avvolta nella nebbia. Quella notte sembrava appartenere a un passato lontano. Soltanto un giorno o due dopo quella sera, io, Vanessa e Dave eravamo partiti per Bogotà. Nei giorni seguenti alla nostra partenza, Ev e Solo litigarono furiosamente; all'apice della lite, Solo, in presenza di ospiti, la disarcionò da cavallo gettandola in una profonda pozza di fango. Immediatamente Ev lo lasciò e venne a Bogotà in un appartamento che lei e Solo ci avevano offerto. Nelle due settimane in cui ci procurammo i materiali per la spedizione, io ed Ev cominciammo a es-

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sere sempre più vicini, così lei si aggregò a noi quattro che costituivamo il gruppo originario. La forte luce andina che passava attraverso il lucernario del nostro appartamento diventava sempre più intensa a causa dei riti di distacco e contaminazione che unirono me ed Ev. Ma questo non era un idillio per tutti. Per Vanessa, che una volta era stata la mia fidanzata, era certamente una fonte di risentimento; all'interno del labirinto specchiato dei sentimenti, le vie d'accesso erano aperte e invitanti. Le dissi: "Mi piace questa donna e per di più parla spagnolo". Era il mio argomento migliore, ovvero l'unico che inducesse alla ragione. "Se davvero pensi che dobbiamo imbarcarci in un viaggio nel bacino delle Amazzoni, con la scarsa conoscenza della lingua che abbiamo, allora la cosa più sensata è che Ev venga con noi". A ll a fine Vanessa approvò. Nel frattempo, la situazione si era complicata: Dave, ignaro del legame tra me ed Ev e de ll a sua rinuncia ad andare in Perù, aveva invitato anche Solo. Durante il nostro primo incontro a San Augustine, Dave era stato molto impressionato da ll a conoscenza della Colombia che Solo aveva dimostrato e quindi gli aveva telegrafato, invitandolo a unirsi a noi a Florencia e a viaggiare con noi nelle Amazzoni! Quando a Florencia scendemmo da un vecchissimo aeroplano de ll a Colombian Air Force, con me c'erano Dave, Vanessa, Ev, Lhasa, quello era il nome del cucciolo di Ev, e mezza tonnellata di materiali che doveva essere trasportata lungo il Putumayo. Ad aspettarci all'aeroporto c'era Solo che pensava che la donna che aveva vissuto con lui per quattro anni fosse andata in Perù con la reincarnazione di Rommell. All'aeroporto, quando scoprì la verità, ci fu una scena patetica. Più tardi, in città, io ed Ev prendemmo una stanza d'albergo, lasciando a Solo il compito di tirare le sue conclusioni. La mia speranza era che Solo, vedendo che la vita di Ev aveva preso una nuova piega, se ne andasse per la propria strada. Ero sconcertato dal nostro incontro e siccome non brillo per coraggio e odio le tensioni, decisi di non affrontare la situazione. Solo venne nella nostra stanza. Parlò della necessità di analizzare ogni punto di vista e poi concluse: "Sembra che io non abbia niente da fare qui. Penso che me ne tornerò a Bogotà". "Grazie a Dio! ", pensai. Poi tornò nella sua stanza a comunicare con gli "esseri di luce". Tornò indietro dopo due ore dicendo: "Non lo potete trovare senza di me," si riferiva all 'oo-koo-hé, "non sapete nulla della giungla. Io sono un uomo della foresta".

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Con grande riluttanza approvai la sua idea e subito dopo volammo a Puerto Leguizamo. A questo punto con noi c'erano anche Solo, il suo cane, il suo gatto e la sua scimmia. Indossava una toga e aveva un bastone ornato di fasce di stoffa brillanti. Appariva minaccioso e ridicolo. Sapevo che le barche partivano da Pue rt o Leguizamo irregolarmente e pensai che forse avremmo dovuto aspettare per due settimane. L'albergo era minuscolo, il cibo terribile. Forse ci saremmo sfregati l'un con l'altra e allora Solo se ne sarebbe andato, ma lui si divertiva a obbligare Ev a lunghe e intense conversazioni: stava diventando un peso per tutti. Le cose non andavano così come avevamo pensato. Trovammo una barca, la Fabiolita, che sarebbe partita entro due giorni; quindi ci accordammo e pagammo seicento pesos per la tariffa. All'alba de ll a mattina stabilita, i nostri animali, le macchine fotografiche, l'I Ching, le reti da farfalle, i blocchi per gli appunti, una copia di Finnegans Wake, l'insetticida, le zanzariere, le amache, i binocoli, i registratori, il burro di noccioline, un po' di droghe e tutte le altre cose di cui si può avere bisogno nel bacino delle Amazzoni vennero ammucchiate sulla riva del fiume. Una volta saliti sulla piccola barca che sarebbe stata il nostro vascello, Ermito, il nostro capitano, ci indicò la nostra cuccetta sopra le casse di soda. Ci informò che ci volevano da sei a dodici giorni per la nostra destinazione, a seconda di come sarebbero andati gli affari. John Brown venne a salutarci. Sventolava un grande fazzoletto bianco e, mentre salpavamo, si rimpicciolì fino a diventare un puntino lontano. Pue rt o Leguizamo sparì e il nostro mondo divenne il fiume, il verde, le nuvole di insetti, di pappagalli e l'acqua marrone. Eravamo nel mezzo del fiume sotto un cielo immenso. È un momento delizioso quando uno ha fatto tutti i preparativi per un viaggio ed è finalmente in movimento, senza più alcuna responsabilità, poiché quel peso è stato passato a un pilota. Staccati dal mondo che stavamo lasciando, verso una destinazione ancora sconosciuta. Guadagnai un piccolo spazio dove mi sedetti a gambe incrociate e mi rollai una canna di erba proveniente dal chilo di Santa Marta Gold che ci eravamo portati dietro durante il mese trascorso a Bogotà. Il flusso del fiume era come il ricco fumo che inalavo. Il flusso del fumo, il flusso dell'acqua e del tempo. "Tutto scorre", aveva scritto una volta un amato greco. Eraclito era noto come il filosofo piangente, come se le sue parole nascessero dalla disperazione. Ma perché piangere? Amo ciò che dice e non mi fa piangere. Invece di interpretare panta rei come "niente resta uguale nel tempo", l'avevo sempre considerato come un'espressione occi-

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dentale dell'idea di tao. E così noi eravamo qui, nel flusso del Putumayo. Che lusso essere qui a fumare, ancora ai tropici, ancora nella luce, lontano dai luoghi della mo rt e. Lontano dalla vita vissuta in Canada sotto lo stato d'emergenza, sul confine di un'America folle e pregna di guerra. La morte di mia madre aveva coinciso con la perdita di tutti i miei libri e le mie pitture, che avevo collezionato e custodito e che erano bruciati in uno dei periodici roghi che devastano le colline di Berkeley. Cancro e fuoco. Fuoco e cancro. Via da queste cose terribili, dove gli edifici da Monopoli e la vegetazione simile a cera, crollavano nelle fenditure del paesaggio psichico vivente. Prima di tutto questo, c'era stata Tokyo: la sua atmosfera da pianeta nello spazio galattico, la pretesa di funzionare al ritmo del lavoro. Quanto disumano si può diventare vivendo per un po' in una situazione disumana? Le notti in treno, le stanze senz'aria delle scuole di inglese akihabara: ma Tokyo ti faceva spendere quei soldi che potevano garantirti l'unica via d'uscita da quel circolo vizioso. Ripensai ai dieci mesi di alienazione che erano cominciati lasciando l'Asia tropicale. Come una cometa che viene attratta fino a scontrarsi con la propria stella, mi sentivo trascinato tra Hong Kong, Taipei, Tokyo e Vancouver, prima di passare per un'America assetata di guerra e poi fino all'oscurità di altri, nuovi e disperatamente poveri paesi tropicali. Il volo da Vancouver a Città del Messico passò sopra mia madre che, per il primo inverno, dormiva nella sua tomba. Albuquerque era solo un intricarsi di autostrade nel vuoto della notte del deserto. Durante tutto questo tempo avevo un solo pensiero: l'Amazzonia. Là, sul fiume, il passato tornava rompendo la tranquillità e scorrendo davanti all'occhio della mente, rivelando un'oscura struttura di sofismi interdipendenti. Forze visibili e nascoste che si estendevano nel passato, migrazioni, conversioni religiose: le nostre scoperte personali ci rendono un microcosmo di un più grande disegno della storia. L'inerzia dell'introspezione conduce ai ricordi, poiché solo attraverso il ricordo possiamo catturare e capire il passato. Siamo tutti attori nel gioco de ll a creazione del presente. Ma nei vuoti, nei rari momenti di deprivazione sensoriale, quando l'esperienza nel presente è ridotta al minimo, come per esempio durante dei lunghi viaggi in aereo, o come durante un tranquillo viaggio interiore, allora la memoria è libera di parlare e di richiamare i paesaggi dei nostri sforzi dai momenti ormai passati. Oggi, un oggi che è oltre i confini di questa storia, un oggi in cui questa

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storia è lontana, non mi preoccupo più del passato come facevo allora: vivo l'attimo presente in modo molto diverso. Ci aspettavano cinque giorni di viaggio lungo il fiume, cinque giorni in cui la mente avrebbe potuto giocare liberamente. Sul grande fiume le cui rive apparivano lontane, soltanto una linea verde separava il fiume dal cielo, il nostro mondo era diviso in due categorie: il conosciuto e íl mistero. Il mistero spingeva le nostre conversazioni a cercare vuote analogie: il Putumayo era come il sacro Gange. La giungla evocava Ambon. Il cielo era come il cielo sopra la pianura di Serengeti e così via. L'illusione di capire era una via distorta per sentirsi a proprio agio. Ma in questo gioco il mistero non rivelava i propri segreti, il Putumayo non diventava come il Gange: il mistero vuole essere trattato come tale, prima di essere svelato. Le sole cose familiari qui sono le persone venute con me. Esse appaiono come misure conosciute perché le ho conosciute nel passato. Così quanto a lungo il futuro resterà nella medesima relazione col passato, loro rimarranno conosciute. Certamente questa non era New York, Boulder o Berkeley e non è facile prescindere dall'ambiente intorno, sviluppare un senso dell'azione più appropriata senza andare alla ricerca del savoir faire. La fredda estetica dello straniero: "Chi, io? ! Io sono solo di passaggio". È la conoscenza dei miei amici che, ai miei occhi, rende loro come finestre spalancate sul passato. Dennis più di ogni altro. Aveva percorso un cammino lunghissimo vicino a me, non c'è bisogno di tirare in ballo i geni che abbiamo in comune. La nostra connessione è oltre il linguaggio e le parole, siamo cresciuti nella stessa casa e abbiamo condiviso gli stessi divieti e libertà finché a sedici anni non me ne andai di casa. Ma in tutto quel tempo ero rimasto vicino a Dennis. Due anni e mezzo prima, quando avevo ventidue anni, viaggiavo nella stiva del Karanja di proprietà della British Steam Navigation Company, ero debole e semidelirante, distrutto dall'orticaria, dal crepacuore e da ll a dissenteria. Gli otto giorni da Po rt o Victoria, nelle Seyche ll es, a Bombay, nel 1968 costavano trentacinque dollari e nonostante fossi malato, ero costretto a viaggiare nella classe più scadente, altrimenti le mie finanze non sarebbero mai bastate per portarmi a casa. La mia cuccetta era fatta da una lastra di metallo che usciva dal muro. Cessi pubblici e il martello dei motori. L'acqua di sentina paludeggiava da un angolo all'altro del corridoio. Millecinquecento indiani cacciati dall'Uganda per la decisione del governo di africanizzare la nazione, viaggiavano nella stiva. Per tutta la notte le donne indiane andarono avanti e indietro dai bagni davanti al mio

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corridoio pieno di melma e sussulti di motore. Senza hashish e oppio sarebbe stato insopportabile. Agli occhi di questi indiani borghesi, io e le mie consolazioni eravamo un esempio di assoluta depravazione e indegnità morale, così mi additavano mostrando ai loro figli i mali degli hippy e della vita in generale. Dopo molti giorni in queste condizioni, mi svegliai febbricitante in piena notte. Nell'aria c'era un odore di curry, escrementi e olio di macchina. In qualche modo raggiunsi il ponte. La notte era calda e l'odore del cur ry mi inseguiva an che là fuori. Mi sedetti appoggiandomi a una scatola di metallo dai colori sgargianti contenente un estintore. Sentii che la febbre se ne andava e subito arrivò una sensazione di sollievo. Il passato recente, la mia delusione romantica a ll e Seychelles e a Gerusalemme, sembrarono abbandonarmi per un attimo. Finalmente potevo pensare al futuro. Senza preavviso, un'idea mi attraversò la testa: sarei andato in Sud America con Dennis; ne ero sicuro. E, con il tempo, questo accadde. Non subito, avrei vagato ancora un po' in Oriente ma infine, nel febbraio del 1971, la profezia si avverò. Il fiume, la giungla e il cielo ci conducevano a La Chorrera. Questa barca era molto piccola, come la Karanja, ma il suo motorino a diesel era un'eco di più grandi motori futuri. Sì, Dennis fu il primo. Mi venne in mente con i ricordi dei nostri giorni passati insieme in Colorado; era lì, come sempre, vicino a me, eravamo due mosche congelate in ricordi d'ambra di gite nei pomeriggi d'estate.

Per gli altri, un'altra storia. Io e Vanessa eravamo stati insieme a Berkeley dal 1965 al 1967. Eravamo due studenti su posizioni politiche radicali. Lei veniva da New York, dall'Upper East Side. Suo padre era un grande chirurgo, la sorella maggiore una psicanalista, sua madre dava ricevimenti per le mogli dei delegati delle Nazioni unite. Vanessa era passata per varie scuole private poi, con un gesto liberal, i suoi genitori l'avevano mandata a Berkeley, un'università statale. Lei era intel ligente e aveva un'inclinazione selvaggia per la sua bizzarra sessualità e i suoi grandi occhi marroni non potevano nascondere una crudeltà da gatto e il suo amore per i giochi di parole. Facevamo pa rt e del college sperimentale a Berkeley ma, nell'autunno del 1968, io andai a New York cercando di vendere il manoscritto che avevo scritto durante il mio

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isolamento a lle Seychell es. Era una folle dissertazione in stile McLuhan che, fortunatamente, nessuno pubblicò ma, durante lo strano autunno di quell'anno, con quel lavoro, volai a New York, dove non conoscevo nessun altro all'infuori di Vanessa. Mi tirò fuori dal dormitorio della Quarantatreesima Strada e mi convinse a trasferirmi all"`Hotel Alden" a Central Park West, un posto che sua madre aveva scelto per me. La nostra partenza sul fiume, verso il cuore de ll e Amazzoni, avvenne tre anni dopo il languido momento in cui io e Vanessa sedevamo insieme in un ristorante all'aperto vicino alla fontana di Central Park, lei con il suo Dubonnet e io con la mia Lowenbrau. Agli occhi del povero studioso e del rivoluzionario che pensavo di essere, la scena nella sua casuale eleganza appariva da film, ma i costi di produzione erano decisamente più alti di quelli che potevo permettermi. La conversazione si spostò su mio fratello, che allora aveva solo diciotto anni e che Vanessa non aveva mai incontrato: "Dennis è davvero una sorta di genio. In ogni modo, sono suo fratello e ho grande stima per lui, perché l'ho visto crescere da vicino". "E lui ha avuto un'idea che consideri ricca di potenzialità, non è vero?", domandò lei. "Detta così, è una banalizzazione. Penso che abbia preso l'angelo della gnosi per la gola e che l'abbia messo al tappeto. Quest'idea secondo cui alcuni allucinogeni lavorano inserendosi nel DNA è grandiosa. Contiene una pa rt e di verità che non posso ignorare. La rivoluzione politica si sta sputtanando. Quindi adesso la cosa più interessante nella nostra vita è il DMT, no?" "Rispondo di sì, ma ho dei seri dubbi." "Dubbi solo perché po rt a a conclusioni estreme e sconvolgenti. Forse dovremmo smetterla di cazzeggiare e dovremmo affrontare il mistero del DMT. Chiunque abbia studiato la storia de ll a civiltà occidentale per almeno dieci minuti può capire che questa cosa ti mette in contatto con... È una specie di oltraggio che, se lo capisci, potrebbe, e sai che penso proprio di sì, avere una grandissima importanza per la crisi storica che coinvolge tutti." "OK. Diciamo che sospendo ogni giudizio. Allora che si fa?" "Non sono sicuro. Cosa ne dici di un viaggio in Amazzonia? Là le piante allucinogene sono endemiche e, sempre là, c'è abbastanza isolamento per tutti." "Forse. Io sto cercando di partecipare a uno scavo nel deserto di Gibson, in Austra li a, l'anno prossimo." "Capisco. Io, invece, ho deciso di darmi al commercio di hashish in

Asia per qualche mese. No, questo viaggio amazzonico, se mai avverrà, è per il futuro. Ma dovresti pensarci e c'è dell'altro..." "Lui abbassò la voce in tono misterioso...", disse Vanessa imitando un commentatore radiofonico. "Sì. L'altro sono i dischi volanti. So che sembra demenziale, ma credo che le due cose siano connesse. Non mi è ancora chiaro come. Fortunatamente c'è tempo di scoprirlo, ma credo che il DMT sia connesso con la parte psichica-junghiana dei dischi volanti. È un po' oscuro, lo so. È solo un sospetto, ma è forte."

Dave era qualcosa di diverso. Lo chiamavamo "il figlio dei fiori". Era divertente, un'amalgama paradossale di ingenuità e intuizioni. Se nei negozi avessero venduto un costume da Arlecchino, lui l'avrebbe comprato. Un conte polacco, ambasciatore a ll a corte di Elisabetta la Grande e amico del dottor John Dee, uno dei miei idoli personali, dava lustro alla sua genealogia. Avevo incontrato Dave nell'estate del 1967 a Berkeley. Facevamo l'autostop insieme all'incrocio della Ashby e della Telegraph, e quando un'anima pia ci caricò entrambi, facemmo conoscenza mentre la macchina passava sul ponte per San Fr an cisco. A Berkeley, Dave si manteneva vendendo il "Berkeley Barb" e ogni altra cosa che puoi vendere quando te ne stai sempre in giro. Dopo quei tempi, Dave si era laureato, sia alla comune newyorkese che aveva idealizzato sia alla Syracuse University in etnobotanica. Ci scrivemmo quando ero a Benares e lui si convinse a venire con me nel bacino delle Amazzoni. Nelle giungle e nelle montagne del Sud America avrebbe trovato un mondo ancora più affascinante di come se lo immaginava. Oggigiorno, non è ancora ritornato dal nostro viaggio. Ci vollero quasi due anni prima di mettere in pratica i nostri piani. A fine agosto del 1969, il destino mi aveva tramutato da contrabbandiere di hashish in fuggitivo, quando una delle mie spedizioni Bombay-Aspen non era passata inosservata a ll a dogana americana. Passai in clandestinità e me ne andai per il Sud-Est asiatico e l'Indonesia, ad ammirare rovine e collezionare farfalle. Poi andai in Giappone. Dubito che questo mi desse il primato in esperienza sugli altri. In ogni modo, il mio nuovo status di desperado non arginò la mia passione per l'Amazzonia. Sognavo ancora di visitare le verdi dimore dei nativi. Infine, io, Vanessa e Dave ci incontrammo a Victoria, nella Colombia

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Britannica. Vivemmo lì per tre mesi in una casa di legno che affittammo da una famiglia di sikh. Frugavamo a ll a ricerca di articoli, scrivevamo lettere e mantenevamo una corrispondenza costante con Dennis che era in Colorado. Preparando l'impresa, ammassavamo informazioni su quel mondo quasi mitico che nessuno di noi aveva mai visto. Mentre vivevo in Canada mia madre morì, dopo una lotta con il cancro. Quando venne sepolta, l'isola di Vancouver, persa in un vortice di neve, sparì finalmente dal nostro orizzonte. Alla fine, il nostro viaggio stava cominciando a sembrare possibile: una dopo l'altra le barriere che ostacolavano la nostra entrata nel mondo magico svanirono. Dal diario del mio primo giorno sul fiume: 6 febbraio 1971 Siamo finalmente liberi dal cordone ombelicale che ci lega alla civiltà. Questa mattina, sotto l'incerto cielo che caratterizza l'Amazzonia durante la stagione secca, siamo partiti. Siamo parte di una flotta di venditori di benzina e bibite diretta a La Chorrera, flotta che ci porterà fino a El Encanto sul Rio Cara-Parana. Mentre mi muovo verso il centro della geografia del segreto, sono indotto più che mai a considerare il significato di questa strana ricerca. Ho difficoltà ad analizzare il contenuto delle mie aspettative. Non ho dubbi che, procedendo oltre, raggiungeremo ciò che vogliamo. Abbiamo cercato così a lungo questa cosa ed è così difficile da capire. Le proiezioni, riguardo chi saremmo stati o cosa avremmo fatto una volta finito il viaggio, sono inconsciamente basate sul presupposto che la nostra esperienza non ci trasformerà, presupposto che è senz'altro falso, ma l'alternativa può essere immaginata solo con grandi difficoltà intellettive. Più tardi: due ore da Puerto Leguizamo, i venti ci hanno obbligato a fermarci sulla riva peruviana per aspettare che il tempo migliori. Siamo a Puerto Naranja. Non è nemmeno segnalato sull'atlante. Diviene subito chiaro cosa significhi viaggiare su questo fiume. Seguire il canale implica muoversi da una riva all'altra, molto vicino a terra. La terra è ricoperta dalla giungla come da un baldacchino. Mi ricorda Central Seram o la costa di Ambon, una foresta venusiana. Il sordo tamburo del motore, il tubare dei piccioni che fanno parte del nostro carico. Come il sacro Gange, la scura e tranquilla acqua del Putumayo scorre in fretta attraverso i nostri sogni e i nostri castelli in aria. Solo mi fissa in continuazione.

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Il conosciuto svanisce. Il fiume è immenso. Il mistero della situazione presente sta nella stranezza di questo posto. La monotonia dell'acqua. Discendere il Rio Putumayo per cinque giorni ci porterà alla foce del Rio Cara-Parana. Là c'è una missione chiamata San Raphael. Stiamo cercando il dottor Alfredo Guzman, citato in uno dei nostri documenti come il possessore di un campione dell'oo-koo-hé che stiamo cercando. Guzman è un antropologo che lavora con i witoto a Nord di San Raphael, in un minuscolo villaggio suggestivamente chiamato San Jose del Encanto. Questo villaggio è situato all'inizio delle antiche piste dei raccoglitori di gomma che conducono attraverso la giungla fino a La Chorrera. Guzman potrebbe aiutarci nella nostra ricerca e trovarci dei portatori da ingaggiare per il viaggio sulla terraferma. Ma ancora molti giorni ci separano da lui. Nel frattempo, l'affollato mondo di questa barca per commerci, la Fabiolita, diventa il nostro; il suo scopo è vendere scarpe di plastica, cibo in scatola e lenze da pesca ai piccoli agglomerati di case che appaiono sulla riva ogni giorno. Quando arriviamo e sbarchiamo, mentre il jefe della barca fa negocios con i colonialistas, cammino nella giungla con il mio retino da farfalle, sperando di sfuggire a lle fameliche zanzare che sciamano vicino all a barca all'ancora. A volte ci sono lunghe animate conversazioni a cui tutti prendono parte. A volte, cade su di noi un silenzio che continua per ore, ogni volta che ci rilassiamo osservando la riva o scivolando nella siesta. 7 febbraio 1971 Domenica. Ieri notte siamo arrivati in un luogo senza nome e abbiamo usato le zanzariere e le amache per la prima volta da quando siamo nelle Amazzoni. Alle otto del mattino siamo di nuovo sul fiume sotto un plumbeo cielo piovoso. Gli umori via via che ci avviciniamo al segreto sono molti. L'aria è ricca di ossigeno e gli odori che ci raggiungono dalla foresta di liane cambiano con la frequenza di una sonata. Brevi fermate ai controlli di polizia e su rive deserte, caratterizzano anche questa giornata. Oggi, dopo quaranta minuti di viaggio mattutino, passando per un punto dove l'acqua era poco profonda, siamo arrivati su di un argine di creta nella parte peruviana del fiume. Qui, migliaia di pappagalli erano riuniti intorno a una pozza di sale. L'acuto suono della loro voce collettiva e i corpi verdi iridescenti che attraversavano l'aria aumentavano l'impressione di muoversi in un mondo acquatico venusiano. Siamo sbarcati e alcuni dell'equipaggio hanno catturato

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qualche pappagallo, aggiungendoli alla lunga lista di mercanzie della barca. Includendo la nostra piccola scimmia, la popolazione animale di quest'arca dei folli conta due cani, tre scimmie, un gattino, una specie di daino, un gallo, un maiale e una gabbia di piccioni. Oggi è luna piena e domani arriveremo a El Encanto. Là, secondo i piani, dovremmo incontrare il dottor Guzman. Le tensioni che ci dividono sono evidenti. Vanessa e Solo, che hanno pochissimo in comune, sembrano buoni amici. È forse perché ho fatto incazzare Vanessa? Non va affatto bene. Dennis è calmo. Dave si preoccupa della scorta di cibo; è cronicamente preoccupato. Ed è pure ingenuo. Pensa addirittura che uno possa togliersi le scarpe, andare da un fratello indiano, dirgli che vuole imparare i segreti della foresta e che l'indiano risponderebbe: "Certo, figlio. Vieni con noi e ti insegneremo i segreti della foresta". Ora che si deve confrontare con la realtà della giungla, non sembra più così sicuro. Gli animali di Solo cadono dalla barca quasi ogni ora. Il capitano ci odia perché dobbiamo fermarci a ripescare le scimmie a mollo.

Quella notte campeggiammo sulla riva peruviana. Dopo il tramonto, intorno al fuoco, la conversazione si spostò sull'imminente eclissi di luna. Pensammo al destino dell'equipaggio dell'Apollo 14 che quella sera stava tornando da quella stessa luna. Quella era l'ultima notizia che avevamo ricevuto prima di partire da Pue rt o Leguizamo. A un certo punto, nel cuore della notte, mi svegliai nell'amaca e, dopo aver ascoltato i rumori degli insetti, mi misi gli stivali e me ne andai su una piccola collina che stava sopra il luogo dove avevamo lasciato la barca. Là osservai il fiume e la via per cui eravamo giunti. Ora tutto era trasformato, la giungla era spettralmente silenziosa, la luna era ridotta a una fetta arancio-rossa, l'eclissi era vicino alla totalità. Lo spettacolo e la sensazione erano totalmente "altro". Soli, nell'immensità della giungla e di fiumi grandi più di quanto avessi mai visto, sembravamo testimoni di una diversa dimensionalità, dello scontro di geometrie extraterrestri: signori di luoghi mai visti né sognati dall'uomo. Pochi chilometri lontano, la pioggia stava cadendo da una nuvola immobile nel cielo; il fogliame sembrava nero con frecce d'arancio. In quel momento non sapevo che l'eclissi, che mi aveva chiamato dall'amaca a questa vista soprannaturale, avrebbe innescato uno spostamento di miliardi di tonnellate di roccia lungo la faglia di Sant'Andrea in California. Il caos stava per scoppiare nell'inferno di Los Angeles. In una specie

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di cartone animato, mi posso immaginare gli abitanti che si riversavano terrorizzati per le strade con gli occhi fuori da ll e orbite e con pettinature bombate stile anni Cinquanta, tra le luci e lo smog, per sfogare la loro isteria davanti a lle inquadrature dei telegiornali. Non sapendo nulla del mondo al di là dell a foresta e del fiume, tornai all'amaca esaltato e su di giri, quel bizzarro momento così strano sembrava un presagio di grandi eventi.

3 LUNGO tC7N C AM M NO SP N,TTRAII,E In cui incontriamo un bizzarro antropologo e sua moglie, ci separiamo da Solo Dark, e raggiungiamo la nostra destinazione alla Missione La Chorrera.

L GIORNO SUCCESSIVO, POCO DOPO L'ALBA, LA NOSTRA BARCA

abbandonò il vasto corso del Putumayo e voltò verso il Rio Cara-Parana per gli ultimi chilometri prima di San Raphael, dove saremmo sbarcati. Il Cara-Parana rientrava perfettamente nella mia idea di vero fiume della giungla, dal momento che era largo poche decine di metri nel punto più ampio e aveva una vegetazione rigogliosa che cresceva sulle rive. Il suo flusso era così sinuoso e imprevedibile che non si riusciva mai vedere oltre qualche centinaio di metri. A metà mattina arrivammo a un promontorio sulla cui cima era issata una bandiera bianca e dove si potevano scorgere alcuni costruzioni sgangherate che per gli standard del posto, delle palafitte col tetto di paglia, parevano lussuose. Quella era la "Missione San Raphael". Fummo ricevuti senz'alcun entusiasmo da Padre Miguel. Era un castigliano magro, con occhi scavati e un inizio di paralisi provocato anni prima dalla malaria. Era stato in Amazzonia per più di trent'anni. Non era possibile leggere sul suo volto cosa pensasse di noi. Aveva visto antropologi, botanici e avventurieri, ma percepii che i nostri capelli lunghi e il nostro atteggiamento rilassato lo innervosivano. Il suo nervosismo aumentò quando domandai del dottor Guzman. L'aggrottarsi del suo volto rese chiaro che la mia domanda toccava un 39

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punto dolente. In ogni modo ci fu offerto un passaggio fin dove partiva un sentiero per San Jose del Encanto. "Si, il dottor Guzman è senza dubbio là. È passato di qua tre settimane fa per tornare ai suoi studi linguistici. Sua moglie era con lui". Il volto del prete si fece più duro. "Potete essere sicuri di trovarlo." Ci fu offerto il pranzo da ll a suora in servizio; La Madré era il nome designato per la madre superiora in queste missioni. Mentre mangiavamo, Ev fece altre domande al prete riguardo a La Chorrera. Lui confermò che a una spedizione sarebbero occorsi cinque giorni per percorrere il sentiero. Quando gli facemmo presente il nostro bisogno di portatori, Padre Miguel ci disse che forse avremmo trovato aiuto a El Encanto, ma eravamo nella stagione di caccia e gli uomini sarebbero stati riluttanti ad abbandonarla per andare a La Chorrera. Poiché non volevamo caricarci di pesi nell'ultimo tratto per La Chorrera, dopo pranzo ricontrollammo i nostri bagagli. Con riluttanza abbandonammo molti libri mentre il nostro archivio di piante e droghe fu ridotto all'essenziale; le macchine fotografiche e l'equipaggiamento per collezionare insetti furono depositati e tutto venne messo in un baule e dato in custodia al prete fino al nostro ritorno. Il cucciolo di Ev, Lhasa, finì nelle mani della Madré, la cui ammirazione per la bestia sembrò un'opportunità troppo ghiotta per non essere sfruttata. Il lavoro finì e noi caricammo i nostri bagagli alleggeriti sulla veloce barca del prete: un grande lusso in un mondo dove una canoa è il mezzo di trasporto migliore. In pochi minuti eravamo sulla superficie marrone del fiume, al centro di un'onda di tremendo rumore meccanico. Il prete sembrava più umano e tranquillo, con la sua tunica marrone mossa dal vento e la sua lunga barba che ondeggiava a ll a luce del sole. Dopo quaranta minuti di viaggio, avevamo già coperto la distanza percorribile in un giorno da una canoa. Improvvisamente il prete girò la piccola barca ad angolo retto rispetto al flusso del fiume e la diresse verso una striscia di terra. Il posto non sembrava essere meno desolato di qualunque altro luogo che avessimo incontrato dur an te la nostra selvaggia discesa del fiume, ma il prete si arrampicò sulla sponda e ci indicò un largo sentiero parzialmente ricoperto di rampicanti. Mentre scaricavamo le nostre scorte sulla sabbia, Padre Miguel ci spiegò che c'era un chilometro per raggiungere il villaggio. "Sono sicuro che verrete degnamente ricevuti", disse il prete dal fiume mentre girava la sua piccola barca. Poi sparì. Per molto tempo, dopo che lo avevamo visto scomparire dietro una curva sul fiume e che il suono dei motore era cessato, la superficie cristallina del fiume continuò

a muoversi mentre si infrangeva sulle rive come l'ultima eco di un insolito turbamento. Silenzio. Poi íl suono acuto degli insetti attraversò la zona come un sipario che si apre. Silenzio di nuovo. C'era la giungla, il fiume e il cielo. Nient'altro. Eravamo soli ora, senza alcuna guida e, in quel momento, su quella lingua di terra sulla sponda di un fiume de ll a giungla identico a centinaia di altri fiumi, ce ne rendemmo tutti conto. Il senso di sospensione del tempo non poteva durare. Dovevamo trovare il villaggio e fare tutto il possibile per trasferire le nostre provviste lontano dal fiume. Dovevamo agire prima del tramonto; ci sarebbe stato tempo più tardi per contemplare la situazione. Nessuno voleva rimanere di guardia al mucchio delle provviste, quindi le nascondemmo nei cespugli lontano da lla sponda e ci incamminammo lungo il sentiero. Vanessa portò le sue macchine fotografiche, io portai la mia rete da farfalle col manico retrattile in vibra di vetro. Il sentiero, ben curato, era largo e facile da seguire. Lontano dalla riva, la vegetazione diveniva meno rigogliosa, così camminammo attraverso un terreno spelacchiato ed eroso. Il terreno era fatto di argilla lateritica rossa che, dove era esposta al sole, era cotta e divisa in frammenti a forma di cubo. Dopo mezz'ora di cammino, incontrammo una lenta e lunga salita e ci trovammo di fronte a un gruppo di case costruite su un terreno sabbioso vicino ad alcune palme. Ci colpì la forma di una strana casa al centro del villaggio, che era diversa da tutte le altre. Mentre osservavamo la scena, qualcuno stava osservando noi e la gente cominciò a correre e urlare. Alcuni correvano in una direzione, alcuni in un'altra. A ll a prima persona che ci raggiunse chiedemmo del dottor Guzman. Circondati dalla gente che ridacchiava e sussurrava, fummo scortati a ll a casa più curiosa. La struttura era fatta di foglie di palma infilate tra lunghi bastoni arcuati. Non aveva finestre e appoggiava sul terreno, assomigliava a una pagnotta di pane integrale. La riconoscemmo come una malloca, il tipo di casa tipico dei witoto. Dentro c'era Alfredo Guzman che riposava su un'amaca appesa tra due pali anneriti dal fumo. La sua faccia era innaturalmente scarna, aveva occhi scuri e scavati, e le sue mani erano nervose e scheletriche. Non si alzò, ma fece cenno di sederci a terra. Solo quando mi accomodai vidi che dietro l'amaca, nell'angolo buio della malloca, c'era una donna bianca grassoccia con pantaloni color kaki che puliva dei fagioli in una pentola witoto. Dopo che ci fummo seduti, lei alzò lo sguardo. Aveva gli occhi azzurri e anche tutti i denti.

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Poi Guzman parlò rivolgendosi a nessuno di noi in particolare: "Mia moglie condivide i miei interessi professionali". "È fortunato," commentò Vanessa, "le sarà d'aiuto". "Sì". L'asciutta risposta lasciò un silenzio teso. Decisi di andare al punto. "Dottore, le mie scuse per avere disturbato la sua solitudine e l'ambiente intorno. Capiamo perfettamente íl suo desiderio di non essere distratto dal suo lavoro. Vogliamo andare a La Chorrera prima possibile e speriamo che lei possa aiutarci a ingaggiare portatori. Inoltre abbiamo uno scopo particolare. Mi riferisco all'allucinogeno virola di cui lei ha parlato a Schultes." Chiaramente sto facendo una sintesi di quanto gli dissi. Parlai più a lungo e arrivai al punto in maniera meno diretta. Parlammo più o meno venti minuti. Alla fine Guzman disse che ci avrebbe aiutato con i portatori, ma che ci sarebbe voluto qualche giorno. Scoprimmo che Guzman era un ardente strutturalista, marxista e maschilista e che il suo coinvolgimento con i witoto raggiungeva livelli maniacali. I suoi colleghi a Bogotà lo consideravano un po' picchiato. La nostra ricerca dell'oo koo hé non ricevette nessun incoraggiamento da parte sua, anzi ci disse che era un segreto maschile che stava morendo lentamente. A lla fine della discussione, il nostro piccolo gruppo, accompagnato da una dozzina di indigeni, si diresse verso il fiume e trasportò il nostro equipaggiamento fino a una capanna in disuso vicino al villaggio. Mentre preparavamo il campo, Annalise Guzman ci portò del caffè fumante e si fermò a chiacchierare con noi. Al contrario di suo marito, lei sembrava contenta più che disturbata da lla nostra presenza. Mentre parlava, cominciammo a farcene un'idea. Aveva frequentato la London School of Economics, aveva studiato antropologia e proseguito gli studi in Colombia, dove aveva incontrato Guzman, più vecchio di lei ma entusiasta della professione. Ora viveva una vita da pendolare, spostandosi tra il mondo duro e competitivo dell'Università di Bogotà e il piccolo villaggio di San Jose del Encanto. La dipendenza di suo marito alle foglie di coca la preoccupava. Come tutti gli uomini witoto, Guzman era un entusiasta de lla coca e, masticandola costantemente, era diventato un po' paranoico. Ogni volta che lo vedevamo al mattino, lui aveva il mento macchiato di coca. Poiché la tribù era dura verso le donne, Alfredo, per meglio integrarsi nella società, aveva imposto ad Annalise di comportarsi come le donne witoto. La cosa richiedeva il macinare le radici di yucca con le pietre e il preparare le -

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foglie di coca il cui uso era proibito alle donne. Mentre gli uomini se ne stanno sdraiati sulle amache ascoltando la radio, le donne devono stare con i cani e i figli per terra. A lle cinque di pomeriggio, le donne vengono mandate a dormire con i cani e i figli. Gli uomini si ritirano nella capanna riservata agli uomini a raccontarsi storie e masticare coca fino a lle quattro di mattina. Scoreggiare è la loro forma di divertimento favorita. Ci sono diecimila varietà di scoreggia e sono tutte sguaiatamente apprezzate. Vivemmo con questa gente gomito a gomito, rimanendo in quella spiacevole situazione fino alla mattina del 18 febbraio. Infatti ci volle una settimana perché due ragazzi lasciassero la caccia per aiutarci a portare le nostre provviste a La Chorrera. Eravamo contenti della pausa nel viaggio, poiché la discesa con la Fabiolita ci aveva stremato. Passai un po' di tempo collezionando insetti, scrivendo o meditando sull'amaca. Quella settimana vedemmo raramente Guzman. Ci trattava con la stessa noncuranza con cui ci trattavano gli altri capi della tribù. Non erano tutti così timidi; c'erano sempre alcuni witoto di tutte le età a osservare le nostre attività. In una delle sue uscite più bizzarre, Guzman ci invitò a rispondere a tutte le domande riguardo le relazioni sessuali all'interno del nostro gruppo, dicendo che eravamo tutti fratelli e sorelle. Questa affermazione suscitò chiaramente lo stupore di ogni essere senziente lì presente. Ma la gente del villaggio ci trovava interessanti, proprio perché l'uomo esperto in tutto ciò che proveniva dal mondo esterno, cercava di convincerli che un gruppo di gente così diversa tra loro era formato da fratelli. Così era fatto il buon dottore. Una volta, nel caldo pomeridiano, mentre ero solo a collezionare insetti nella foresta, salii su un albero da cui vidi Guzman, immobile di fianco a un piccolo ruscello con in mano una lancia da pesca. Tornammo al villaggio insieme e mentre camminavamo mi parlò della sua visione della vita. "Il pericolo si nasconde ovunque. Non nuotare mai solo nel fiume. Esseri enormi stanno nascosti sotto la superficie. C'è l'anaconda. I fiumi ne sono pieni. I serpenti sono dovunque. Stateci attenti andando a La Chorrera. La foresta non perdona gli errori." Avevo passato mesi nelle giungle dell'Indonesia e ogni giorno dall'inizio del viaggio, in queste foreste amazzoniche, avevo collezionato insetti. Riguardo ai rischi della foresta avevo un'idea personale che non era così cupa come i pensieri del personaggio che gesticolava freneticamente camminando al mio fianco. Chiaramente era stata una sfortuna imbattersi in una situazione così tesa. Guzman trattava sua moglie con il pugno di ferro. Viveva in

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un mondo da incubo e di delusioni portate all'estremo dal consumo di coca. Sua moglie non aveva parlato con nessun anglos dal suo arrivo nella giungla. Lei naturalmente si chiedeva cosa stesse accadendo. Non le era permesso masticare coca e lui si comportava sempre di più come un witoto. Ci furono strani incidenti che innervosirono tutti. Un serpente di una specie più velenosa di ogni tipo di vipera fu ucciso vicino al villaggio, portato indietro e mostrato in giro. Incidenti? Diciamo piuttosto sfortuna e presagi. Un mattino un'enorme tarantola, la più grande che avessi mai visto, fu trovata in mezzo al villaggio. Ce l'aveva forse messa qualcuno? Due notti prima della partenza, un albero bruciò vicino a ll a nostra capanna. L'evento sembrò indubbiamente ostile e così accelerammo i preparativi per la partenza. Ma senza i portatori non potevamo andarcene e avremmo potuto ingaggiarli solo quando gli uomini fossero tornati da ll a caccia. Da Guzman non strappammo alcuna informazione. Riguardo l' ookoo-hé disse: "Ridicolo, amici miei. Non lo troverete. Questa gente non parla nemmeno lo spagnolo, ma solo witoto. Quarantamila di loro furono uccisi qui, cinquant'anni fa. Non c'è nessuna ragione perché voi gli siate simpatici, e la droga è supersegreta. Che ci fate qui? Vi invito ad andarvene finché potete". In ogni modo qualche informazione la ricavammo. Scoprimmo che l'oo-koo-hé era fatto con la cenere di alcuni alberi mescolata con la resina di DMT. Questa sintesi era la chiave per la sua attività orale, infatti normalmente il DMT verrebbe distrutto dagli enzimi intestinali. Dennis era determinato a fare un'identificazione botanica degli attivatori segreti. Idealmente, speravamo di essere i primi ad avere buoni campioni di queste piante. Sarebbe stato il nostro piccolo contributo all'etnobotanica amazzonica. Finalmente, il 18, noi sei, in compagnia di due witoto, partimmo. Il capitan del villaggio ci salutò. Anche Guzman sorrise, felice all'idea di tornare a ll a vita normale dopo aver dovuto ospitare una delegazione della tribù elettronica globale. Nessuno più di me era felice di lasciare il villaggio. Mentre camminavamo sul sentiero, la trocha, sentii il mio spirito risollevarsi. Finalmente tutti gli ostacoli erano passati. Esclusivamente Solo rimaneva a tormentarmi. Decisi che avrei dovuto far esplodere il problema. Le relazioni all'interno del nostro gruppo stavano diventando veramente strane. Solo combinava casini. Insisteva per essere il primo sul sentiero. Si allontanava di molto e poi lasciava bastoncini appuntiti sul terreno formando strani disegni: feticci. Durante il nostro viaggio lungo il fiume prima di arrivare a El Encanto,

fumavamo erba tutto il tempo. Solo se ne stava seduto a fissarci per ore. All a fine arrivai all a conclusione che volesse uccidermi e che probabilmente era andato di testa. Per strano che potesse apparire, il mio destino sembrava quello di essere accoppato dall'ex fidanzato psicotico di una tizia, il quale era riuscito a infiltrarsi nella nostra spedizione. Contemplai l'ironia della situazione. Ricordai che il guru dei funghi Gordon Wasson e sua moglie erano stati accompagnati da un agente della CIA in incognito durante il loro secondo viaggio al villaggio dei funghi di Huatla de Jimenez, sulle remote montagne di Mazatecan, in Messico. La storia psichedelica sarebbe stata differente se Wasson si fosse accorto di quel goffo tentativo di controllarlo. Poi, quell'assurda convinzione della CIA, secondo cui la psilocibina avrebbe dovuto rimanere per sempre "un caso sotto controllo", non sarebbe stata concepita. Fu solo infatti con la rapida pubblicazione della struttura molecolare della psilocibina da parte di Albert Hofmann, il farmacologo svizzero che aveva inventato l'LSD, a scombinare quegli oscuri piani. Ripensai ai grandi momenti decisivi della storia. Ricordai la frase di John Wayne: "Un vero uomo si deve solo comportare da vero uomo! " Con questo pensiero in testa, colsi l'occasione, mi fermai lungo il sentiero e, ad alta voce, feci presente che Solo era la più grande testa di cazzo dell a terra. In altre parole, buttai benzina sul fuoco. Per un momento sembrò che ci saremmo scannati. V an essa cominciò a urlare e a spingerci da parte. I portatori witoto erano rimasti a bocca aperta. La rissa non continuò, ma alla fine della giornata Solo decise di tornare indietro. Non aveva soldi e soffriva terribilmente per un ascesso a un dente. Non c'era motivo per lui di stare lì. Lo stress da isolamento e íl pessimo cibo possono spingere anche una persona normale oltre il limite e io ero convinto che lui fosse completamente fuori e pronto a tutto. Masticava coca per ridurre il dolore al dente, ma ciò non lo aiutava. Aveva bisogno di cure mediche. Quella notte venne da me e mi disse che non aveva abbastanza soldi per tornare indietro risalendo il fiume. Mi offri un chilo della sua erba e io non ci pensai due volte e gli diedi cento dollari. Quando al mattino smontammo il campo, se n'era già andato. Intorno a noi la giungla, davanti a noi il segreto. Dopo la partenza di Solo, mi sentivo come Van Veen, il priapico eroe di Ada, la surreale storia d'amore scritta da Nabokov. Dopo tutto, quante volte abbiamo la soddisfazione di vincere un rivale? Soprattutto un rivale che sostiene sinceramente di essere Gesù Cristo e Hitler?

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UN 'CAMAAIlNG SPETTRALE

VERE ALLUCINAZIONI

Era splendido andare verso La Chorrera, sotto il baldacchino di liane dell a foresta amazzonica. Di tanto in tanto, sorprendevamo iridescenti morphoea azzurre, farfalle della dimensione di un piatto, mentre oziavano tranquillamente su grandi foglie, lungo la pista. All'improvviso, si alzavano in volo con un meraviglioso spettacolo di azzurro sgargiante che in breve svaniva nel cielo. Procedevamo con passo veloce e, mentre andavamo, i miei pensieri tornavano a Nabokov e alle profetiche parole scritte in Pale Fire dal suo personaggio, il poeta americano apocrifo John Shade: e quella volta rara l'iridescenza, quando così be ll a e strana nel cielo luminoso sopra la montagna la nuvoletta opale dalla forma ovale riflette l'arcobaleno di un temporale che in una lontana valle si è scatenato, essa nella sua arte ci ha imprigionato. Quella notte ci accampammo sotto una tettoia di paglia dove c'era un segnale che ci fece capire di aver percorso durante la giornata venticinque chilometri. Mangiammo bene quella sera: formaggio in scatola e un minestrone liofilizzato e, al mattino, eravamo di nuovo in marcia mentre la nebbia mattutina svaniva. Fu un giorno di duro lavoro, portando bagagli pesantissimi grazie a un metodo che permetteva a ogni persona di portare i carichi più pesanti per due ore e per un'ora niente. Una vera impresa fisica. Penso che fossimo già sotto l'effetto del "fenomeno", un'anticipazione dei nostri giochi con le leggi fisiche che giacevamo ancora nel futuro. Comunque, tutto questo è impossibile da dimostrare. Riducemmo la nostra dieta. Le donne annunciarono che, per fare prima, avremmo eliminato la colazione e il pranzo. Era una loro decisione, dal momento che erano loro a cucinare; era troppo duro fare un fuoco tre volte al giorno nell'umidità della foresta amazzonica. Ci svegliavamo alle quattro e mezza del mattino, facevamo il caffè e poi camminavamo per venticinque chilometri, fino alle tre e mezza del pomeriggio. Senza dubbio ci stavamo facendo un culo così. La trocha andava su e giù, giù e su. Spesso arrivavamo dove c'era un fiume senza alcun ponte e dovevamo inventare un modo di guadarlo. Dovevamo anche tenere d'occhio i portatori perché non rubassero niente e non se la filassero. Nonostante lo sforzo, le giornate erano squisite immersioni nell'immensa e vi-

brante foresta che stavamo attraversando. Per tutto il giorno, il secondo giorno, andammo avanti nonostante le nostre energie scarseggiassero. Infine, raggiungemmo una capanna simile a quella che avevamo usato la notte prima. Era situata sulla cima di una piccola collina, proprio al di là di un rozzo ponte su di un piccolo fiume. Dopo il tramonto, intorno al fuoco, fumammo e parlammo a lungo nella notte, anticipando l'avventura a venire che potevamo già percepire, ma non immaginare. I portatori witoto scartarono pacchetti di cibo avvolto in grandi foglie e mangiarono separati da noi. Erano amichevoli, ma lontani. Il pomeriggio del quarto giorno, i portatori erano visibilmente eccitati dal nostro arrivo a La Chorrera. Durante una pausa, Vanessa indicò un arcobaleno che si trovava esattamente al di sopra del nostro sentiero. Ci scherzammo un po' su e accelerammo. In pochi minuti passammo un punto della foresta meno fitta e subito dopo ci trovammo sul confine di una grande area per il pascolo. Si potevano già vedere gli edifici della missione. Mentre camminavamo, un indio ci venne incontro. Dialogammo in uno spagnolo stentato e poi lui si rivolse ai nostri portatori in witoto e ci mostrò la strada attraverso cui era venuto. Passammo per uno spazio recintato e attraversammo un cortile. Sui muri c'erano disegni a tempera di elfi da cartone animato con le orecchie a punta. Fummo finalmente condotti nella veranda di una solida casa di legno che era senza dubbio quella del prete. Un uomo enorme, barbuto e rude emerse da ll a porta. Peter Ustinov l'avrebbe impersonato divinamente. Sebbene avesse l'aspetto una persona allegra, non sembrava contento di vederci. Perché questa gente era sempre così scontrosa? Forse perché non amavano gli antropologi, ma noi eravamo soprattutto botanici: come potevamo superare l'ostacolo? In ogni caso l'accoglienza non fu delle peggiori. Non facemmo troppe domande e appendemmo le amache nella casa per gli ospiti. Ci sentivamo sollevati per aver finalmente raggiunto la nostra destinazione.

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In cui facciamo la conoscenza dei funghi e degli sciamani di La Chorrera.

L GROSSO DEL BACINO AMAZZONICO E FORMATO DAI DEPOSITI

alluvionali andini. La Chorrera è differente. Un fiume, il Rio Igara-Parana, si stringe e scorre attraverso una fenditura. Diviene molto rapido e poi scende da un dirupo creando, se non proprio una cascata, uno stretto canale d'acqua (la parola chorrera significa "cascata"), un fiume il cui violento espandersi ha prodotto un lago di notevoli dimensioni. La Chorrera è un posto paradisiaco. Fatichi molto per arrivarci ma ne vale la pena. Non ci sono insetti che pungono o mordono. A ll a sera, la foschia scende sul pascolo creando una splendida scena pastorale. Sotto il lago spumeggiante c'è la missione, intorno la giungla e, con mia grande sorpresa, anche del bestiame. Il pomeriggio dopo il nostro arrivo, sull'orlo del pascolo creato dai preti spagnoli che avevano diretto la missione di La Chorrera dalla sua fondazione negli anni Venti, presi alcuni campioni dello stesso fungo che avevo mangiato vicino Florencia. Nel pascolo davanti a me crescevano dozzine di questi funghi. Dopo averne esaminati parecchi insieme a mio fratello, concludemmo con sicurezza che quelli erano stropharia cubensis, i più grandi, i più potenti e i più diffusi fra i funghi contenenti psilocibina. Cosa dovevamo fare? Non avevamo informazioni riguardo al dosaggio dell a psilocibina. L'archivio di droghe e piante che ci eravamo portati die49

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tro riguardava le piante e i fiori, non i funghi. Qualcuno di noi era convinto di ricordare che nei rituali con i funghi di Oaxaca descritti da Gordon Wasson su "Life", i funghi venivano mangiati a coppie e che numerose coppie venivano ingerite. Decidemmo di mangiare sei funghi a testa quella sera. Il mio diario, scritto il giorno successivo, parlava chiaro. 23 febbraio 1971 Siamo forse accampati alle porte di un'altra dimensione? Ieri Dave ha scoperto la stropharia cubensis nei pascoli dietro la casa dove dormiamo. Io e lui in mezz'ora abbiamo raccolto trenta deliziosi esemplari pieni di psilocibina. Ne abbiamo mangiati sei e abbiamo passato la notte in preda a un viaggio ricco e vivo, ma anche delicato ed elusivo. Tra strane luci viste nei pascoli e una discussione dei nostri progetti, rimango con la sensazione che penetrando nella locale flora psichedelica abbiamo fatto un immenso passo verso una consapevolezza più profonda. Benevolo e con molte facce, complesso come la mescalina e intenso come l'LSD, si può parlare del fungo con le stesse parole usate per il peyote: "insegna il giusto modo di vivere". Per quanto ne so, la proprietà di questa particolare specie di fungo, non viene rivendicata da alcuna tribù nelle vicinanze e perciò ci colloca su di un terreno neutro rispetto al problema della triptammina che stiamo esplorando. Attraverso questo insegnante vegetale non richiesto, si può entrare nel mondo degli elfi chimici. L'esperienza del fungo è sottile ma può raggiungere la profondità e la vastità di una vera e intensa esperienza psichedelica. È però estremamente mutevole e difficile da analizzare. Io e Dennis, dopo una confusa descrizione delle nostre visioni abbiamo notato una somiglianza di contenuti che sembrava suggerire un fenomeno telepatico o una qualche sorta di percezione simultanea dello stesso paesaggio invisibile. Un forte mal di testa ha accompagnato l'esperienza nelle fasi finali, ma è stato rapido a svanire e non abbiamo subìto la stanchezza fisica spesso comune alle droghe vegetali come il peyote e la datura. Questo fungo è un paesaggio tridimensionale lasciato socchiuso da fatine maliziose per chiunque trovi la chiave e il desiderio di usare questo potere, il potere della visione, per esplorare questo particolare complesso psicoattivo e totalmente naturale. Ci stiamo avvicinando all'evento più profondo che l'ecologia planetaria possa incontrare. L'emergere della vita dall'oscura crisalide della materia. ,

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Queste erano le mie impressioni dopo una sola visita al regno della visione su cui il fungo detiene il potere. Devo spiegare íl riferimento alle "strane luci viste nei pascoli" poiché forse avevano una relazione con gli eventi successivi. Un'ora dopo aver mangiato i funghi, mentre eravamo tutti immersi in un gradevole susseguirsi di immagini colorate che sfrecciavano sotto le palpebre, qualcuno di noi cominciò una discussione. Forse era Dave, o forse era mio fratello Dennis, più probabilmente si trattava di Dennis. Disse che stavamo sballando nel territorio di caccia del segreto e che, quindi, non era il caso di rimanere confinati nello spazio angusto de ll a nostra capanna. Sarebbe stato meglio uscire nella notte, nella nebbia che avvolgeva il pascolo. Non tutti noi, ma solo un gruppetto. Chi furono i candidati? Dennis propose me e Dave, dicendo che eravamo rispettivamente il più e il meno scettico. Vanessa obiettò riguardo al fatto che io fossi "il più scettico" e suggerì che andassero solo Dave e Dennis. Io approvai di cuore la sua idea, poiché non desideravo visitare il pascolo al buio e, inoltre, il mio scetticismo non mi dava fiducia nei potenziali trascendentali di quell'incarico. Così se ne andarono da so li , dapprima proclamando ad alta voce il potere oscurante della nebbia e subito dopo, da fuori campo, gridarono che vedevano una luce diffusa nel pascolo. La loro ricerca continuò. Anche il vociare continuò per un po', poi svanì. La luce persisteva. Decisi che era giunto il momento che teste più logiche entrassero in gioco. Così mi decisi e uscii nell'umidità notturna. Attraversai con attenzione il filo spinato che circondava i pascoli; al tatto era bagnato ma sembrava caldo persino di notte, tale è l'umidità dell'Amazzonia. Quando raggiunsi Dave e Dennis, trovai che la situazione era più vicina a ll a loro descrizione di quanto mi aspettassi. C'era effettivamente una fioca luce sul terreno a pochi metri da me che sembrava ritirarsi al mio avanzare. Camminammo per una trentina di metri in quella direzione in una serie di brevi movimenti in avanti. Avvolti in una densa nebbia fluttuante, ci sentimmo improvvisamente lontani da lle nostre amiche rimaste nella capanna. "Possiamo seguire questa luce, ma non dobbiamo andare troppo lontano o ci perderemo". Dave insisteva perché tornassimo indietro, ma continuammo. A volte sembrava che la luce levitasse nell'aria a sette, otto metri da noi, sollevandosi e riabbassandosi, ma ritirandosi quando ci avvicinavamo. Corremmo per raggiungerla, ma era più veloce di noi. Per dieci minuti inseguimmo la luce fuggitiva, poi decidemmo di non andare oltre.

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Mentre ci voltavamo per tornare, credetti di vedere un tremolio che sembrava suggerire l'idea di qualcuno che danzasse davanti a un fuoco. Abbandonai per un attimo ogni pensiero riguardo agli UFO e ricordai la serie di strani eventi accaduti a S an Jose del Encanto. Stavo forse vedendo uno sciamano danzare davanti al fuoco? Aveva qualcosa a che fare con noi? Non capii mai ciò che accadde quella notte, ma quella sensazione soprannaturale anticipò gli eventi a venire. Le parole che scrissi nel mio diario erano rivelatorie. Accennai a "l'entrata nel mondo dei elfi chimici", definii il fungo una po rt a tridimensionale e lo collegai a una trasformazione della vita sul pianeta. Da queste parole emergeva un sé più giovane, più naïve, più poetico, un sé più intuitivo, tranquillo, mentre pronuncia parole di saggezza selvaggia come se fosse la verità gnostica raggiunta attraverso gli allucinogeni. Queste idee sono cambiate pochissimo negli ultimi vent'anni; ero ansioso di essere convinto da prove e lo fui. Ero cambiato ed ero certo desideroso di essere cambiato. Era vero per me allora, ed è vero anche oggi, poiché da ll a venuta del fungo tutto è stato in continua trasformazione. Ora, anni dopo, e con due decenni di riflessioni su queste cose, posso ancora riconoscere in quell'esperienza alcuni dei temi ricorrenti e rimasti misteriosi negli anni. A un certo punto, quella sera, io e Dennis fummo in grado di vedere e descrivere le stesse visioni interiori. Negli anni a seguire, questo fenomeno mi è accaduto altre volte quando ho usato la psilocibina. Ogni volta l'esperienza mi lascia stupito. Durante quelle prime esperienze con i funghi a La Chorrera, c'era un aura strana e animata, l'idea era che il fungo fosse qualcosa di più di una pianta allucinogena, e an che qualcosa di più di un alleato sciamanico di tipo classico. Avevo cominciato a intravedere la possibilità che il fungo fosse un'entità aliena intel ligente che, durante gli stati di trance, poteva comunicare la propria personalità come presenza nelle percezioni interiori di chi l'aveva mangiato. I giorni seguenti a ll a prima esperienza con il fungo, la mia vita e quella di mio fratello subirono una strana e terrificante trasformazione. Fu solo quando Jacques ValleJ`scrisse The Invisible College, nel 1975, dicendo che qualche esperienza apparentemente assurda è pa rt e costante dei contatti extraterrestri, che trovai il coraggio di riesaminare gli eventi di La Chorrera cercando di collocarli in un quadro più ampio. Nel corso degli anni ho raccontato varie pa rt i della mia storia, ma non ho mai rivelato la sua intera incredibile natura a nessuno, sapendo bene quali sa-

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rebbero i commenti sulle nostre condizioni mentali al tempo dell'esperienza. Ogni storia di contatti alieni è abbastanza incredibile di per sé ma, oltretutto, al centro de ll a nostra storia c'erano anche i funghi allucinogeni che stavamo sperimentando. Il fatto stesso che avessimo a che fare con queste piante è sufficiente per screditare una storia di contatto alieno agli occhi di chiunque non abbia usato allucinogeni. Chi non attribuirebbe la nostra esperienza UFO" al fatto che eravamo sballati? Ma questa non è l'unica difficoltà nel raccontare questa storia. Gli eventi di La Chorrera generarono una grande controversia e un duro contrasto fra i suoi attori. Riguardo ciò che stava accadendo venivano proposte parecchie idee, ognuna delle quali si basava su informazioni sconosciute o reputate irrilevanti da coloro che proponevano interpretazioni alternative. Ciò che alcuni di noi presero come una metamorfosi verso il trascendente, altri lo considerarono un'esplosione di fantasie ossessive. Eravamo poco preparati per gli eventi che ci sommersero. Cominciammo come ingenui osservatori di qualcosa, non sapevamo cosa, e poiché il nostro coinvolgimento con questo fenomeno continuò per parecchi giorni, fummo in grado di osservarne più di un aspetto. Sono soddisfatto che il metodo operativo qui descritto sia efficace nell'innéscare ciò che chiamo l'esperienza di contatto alieno. (Gente, può anche essere pericoloso quindi non provateci a casa!) Il nostro primo viaggio con la stropharia a La Chorrera avvenne il 22 febbraio 1971, poco più di ventiquattr'ore dopo il nostro arrivo. L'inizio del mio diario del giorno dopo rendeva chiaramente l'idea che ero preda del meraviglioso. Fu l'ultima cosa che fui in grado di scrivere per parecchie settimane. Per tutto il giorno fui pieno di gioia. Capivo solo che il fungo era il migliore allucinogeno che avessi mai assunto e che possedeva una vitalità che non avevo mai sperimentato prima. Sembrava in grado di aprire passaggi per luoghi che, a causa de ll a mia mania di analizzare le cose e mantenermi realista, non avevo mai pensato di poter raggiungere. Non avevo mai preso la psilocibina prima e mi colpiva la differenza con l'LSD, che mi sembrava essere più personale e psicanalitico. Al contrario, i funghi sembravano pieni di gioiosa energia elfica che, sbucando nel mezzo di una trance visionaria, era quanto mai allettante. Non potevo ancora percepire la grandezza delle forze che si stavano radunando intorno a ll a nostra piccola spedizione. Sapevo solo di essere felice che quei funghi fossero lì. Anche se non avessimo trovato l'oo-koo-hé o l' ayahuasca, avevamo sempre i funghi e, certamente, erano più che interessanti. Il nostro piano era di trascorrere tre mesi per conoscere un po' dell'ambiente botanico e "

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naturale dei witoto che vivevano in modo tradizionale in un villaggio a quattordici chilometri sul sentiero da ll a missione di La Chorrera. Sapevamo che l' oo-koo-hé era tabù, quindi non avevamo fretta. Passammo il giorno seguente alla nostra prima esperienza con il fungo controllando il nostro equipaggiamento e rilassandoci nella casita che Padre José Maria, il cappuccino che dirigeva la missione, ci aveva offerto. Nel pomeriggio raccogliemmo altri funghi e seccammo vicino al fuoco. Decidemmo che avremmo ripreso i funghi quella notte. Li ridussi a una polvere che tutti consumammo. Era deliziosa, come un'essenza di cioccolato che ci appagò ampiamente. Mi sentivo esultante, radioso per ogni cosa e impressionato dal bellissimo luogo in cui ci trovavamo. Fu un'esperienza differente. Eravamo esausti dal viaggio della notte prima e, mentre sedevamo intorno al fuoco in attesa che l'effetto salisse, ci fu un litigio tra Vanessa e Dennis. Apparentemente lui ne aveva abbastanza di lei e disse: "Sai, tu sei una vera strega e ti dirò perché". A quel punto si lanciò in un lungo monologo a base di lamentele accumulate. Passammo il giorno successivo a rilassarci, catturando insetti, raccogliendo piante, lavando vestiti, chiacchierando con il prete e con il suo aiutante, entrambi membri di un austero ordine francescano dedito al lavoro missionario. Tramite loro, diffondemmo la voce che volevamo conoscere esperti in piante medicinali. Quello stesso pomeriggio, un giovane witoto chiamato Basilio venne alla casita e si offrì di farci incontrare suo padre, uno sciamano con una buona fama locale. Basilio pensava che fossimo interessati all'ayahuasca, il più famoso allucinogeno della zona, che è generalmente facile da ottenere. L'oo-koo-hé era un argomento più scottante. C'era stato un omicidio a La Chorrera un mese prima che arrivassimo, in realtà c'erano stati più omicidi, e Guzman sosteneva che avessero tutti a che fare con l'oo-koo-hé. Si diceva che uno sciamano ne avesse ucciso un altro spennellando il piolo più alto di una scala con una resina contenete DMT. Quando la vittima aveva afferrato il piolo, aveva assorbito la resina attraverso i polpastrelli e, in preda a lle vertigini, era caduto spezzandosi il collo. Lo sciamano fratello della vittima si vendicò provocando un ulteriore incidente. La moglie, la figlia e il nipote del sospetto omicida erano stati spazzati via dopo aver inspiegabilmente perso il controllo della loro canoa sopra la cascata. Si diceva che fossero state vittime della magia. Solo la moglie era sopravvissuta. Non era quindi íl momento migliore per giocare con l'oo-koo-hé. Basilio insisteva che l' ayahuasca si trovava a un giorno di distanza,

presso la casa di suo padre. Possedeva una canoa molto piccola, così solo due di noi sarebbero potuti andare con lui. Dopo una discussione, decidemmo che saremmo stati io ed Ev ad andarci. Partimmo per il fiume e io presi con me la scatola per pellicole dove tenevo il tabacco da fiuto. La giornata era calma e il cielo blu. Una pace straordinaria e una profonda serenità sembravano toccare ogni cosa. Era come se la terra stesse esalando la propria gioia. A ll a luce degli eventi successivi, ora guardo indietro a quel giorno di rilassamento bucolico come il primo brivido di una corrente che mi avrebbe presto trascinato verso emozioni inimmaginabili e titaniche. Quando arrivammo al villaggio di Basilio nel tardo pomeriggio, trovammo che le nostre nuove conoscenze witoto erano molto gentili e differenti dai witoto di San Jose del Encanto. Ci fu mostrato un groviglio di piante di ayahuasca coltivata e ce ne fu data un po' con un pezzo di tralci, affinché potessimo preparare la nostra mistura personale. Basilio ci descrisse la sua unica esperienza con l' ayahuasca quando, parecchi anni addietro, dopo giorni passati con una febbre di origine sconosciuta, l'aveva presa con suo padre. Descrisse l' ayahuasca come un infuso di acqua fredda, raro per quella zona, dove, al contrario, una forte bollitura è di solito alla base della preparazione. Dopo aver tenuto in infusione l' ayahuasca per un giorno e una notte, l'acqua, anche se non bollita, diventa un potente allucinogeno. C'erano stati molti "cancelli" da attraversare nella visione di Basilio. Gli sembrava di volare. Il padre aveva visto l'" aria cattiva", che aveva indebolito il figlio, come qualcosa proveniente dalla missione, che da allora in poi fu considerata come un luogo funesto. Dopo quell'esperienza, Basilio cominciò a frequentare la missione con minor frequenza. Come prima testimonianza registrata sul campo questa si rivelò molto interessante e concordava con le informazioni che avevamo sull'uso dell' ayahuasca in quella zona. All a sera, appendemmo le amache in una capanna vicino a ll a malloca più grande. Sognai alcuni steccati e il pascolo de ll a missione. Presto, al mattino seguente, tornammo a ll a missione guidati da Basilio. La nostra raccolta di banisteriopsis caapi era una ragione sufficiente d'orgoglio, ma di nuovo sentii un'esaltazione la cui profondità non poteva essere misurata. "Strano...", mi dissi mentre giungevamo in vista della missione che dominava dall'alto il suo placido lago, con un filare di palme da dattero che spazzavano l'aria sopra l'imbarcadero, "veramente strano".

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5 UNA SCH KRMAGLIA CON EAL RA DIM ENSIONE

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In cui ci trasferiamo in una casa nuova e Dennis ha una bizzarra esperienza che divide il nostro gruppo.

ORNANDO DAI NOSTRI AMICI, APPRENDEMMO CHE, DURANTE

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la nostra assenza, erano arrivati alcuni insegnanti che erano attesi da tempo alla scuola dell a missione. Erano stati trasportati da un pilota, il famoso George Tsalikas, che serviva come contatto di emergenza tra La Chorrera e il mondo esterno e che portava la posta una volta al mese. Questo significava che dovevamo trovarci una nuova casa, dal momento che eravamo alloggiati negli appartamenti dei professores. Il prete ci offrì l'uso temporaneo di una capanna-palafitta che si trovava sopra una piccola altura, tra la missione e il lago. Era in questa piccola capanna, subito battezzata "the knoll house" (gioco di parole con il famoso dramma The Doll House, La casa delle bambole di Ibsen, N.d.T), che decidemmo di abitare finché non avessimo trovato un posto più immerso nella giungla e più lontano dall'aria coercitiva della missione. Quella mattina riposammo, fumammo canne e facemmo piani per le successive mosse. Dave e Vanessa avevano appreso da Fratello Luis, un vecchio con la barba bianca e unico altro rappresentante de lla chiesa oltre a Padre José Maria, che c'era una casa witoto in disuso che si trovava sul sentiero verso il villaggio dove speravamo di trovare l' oo koo hé. Di solito era vuota, ma ora era occupata dalla gente che aveva portato i propri bimbi alla missione per l'inizio dell'anno scolastico. È comune tra i witoto lasciare i propri -

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figli in custodia dai frati per sei mesi all'anno; il periodo di riunione a ll a missione all'inizio e a ll a fine dell'anno scolastico, è uno dei momenti più importanti della loro vita sociale ed è una buona scusa per le partite di calcio e i balli serali, che i witoto amano molto essendo degli ottimi danzatori. Ci trovavamo proprio nel bel mezzo di uno di quei periodi di riunione, ma dopo pochi giorni tutte le famiglie se ne sarebbero andate e così la casa nella giungla sarebbe stata presto libera. Dave, Dennis e V an essa avevano già esaminato il posto e avevano concluso che era l'ideale, dato che era un buon posto per raccogliere piante e insetti e si trovava nel bel mezzo dell a giungla. Trasferimmo il nostro equipaggiamento nella capanna e preparammo le amache. Stavamo stretti, ma era una sistemazione temporanea. Nel pomeriggio ci spostammo all'unisono nel pascolo dietro la missione. "Trovare i funghi": questo era il pensiero nella testa di tutti. Quando tornammo a casa quella sera, ognuno di noi aveva da sei a otto esemplari. Li mangiammo e poi, mentre il trip serale sa liva, fumammo alcune canne di banisteriopsis caapi. Il fumo di caapi era delizioso, odorava di incenso e ogni tiro innescava una scarica di allucinazioni lente e delicate, che immediatamente battezzammo la "TV vegetale". Ogni esplosione di immagini durava più o meno quindici minuti e svaniva, poi ricominciavamo facendo un altro tiro del fumo di caapi. L'effetto cumulativo durò un paio d'ore. Ripetemmo l'esperimento più volte e ne parlammo come di un esempio di ciò che sofisticati tecnici sciamani avevano sperimentato fin dal Paleolitico. Mentre scendeva la sera, la nostra conversazione si orientò verso la possibilità di violare le usuali leggi fisiche, dibattendo i fenomeni sciamanici tra interpretazioni psicologiche e un ingenuo realismo. Eravamo interessati soprattutto ai liquidi di ossidiana che, si diceva, venissero prodotti dagli ayahuasqueros sulla loro epidermide e che venissero usati per guardare nel futuro.* L'idea di un tipo di fluido ologrammatico alchemico, una palla di cristallo liquido generata dal proprio corpo, mi sembrava assurda ma irresistibile. Il problema, se ciò sia possibile o no, è una questione di fegato: ciò che noi moderni abbiamo da imparare riguardo la natura della realtà, è solo una piccola cosa che richiede un aggiustamento di percezione. Oppure ne capiamo molto poco ed è il nocciolo della nostra natura che ci sfug* Vedi Terence e Dennis McKenna, The Invisible Landscape, The Seabury Press, New York 1975, cap. 6.

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ge? Mi trovai a sostenere che la nostra realtà è formata dal linguaggio e che dobbiamo uscire dalla prigione culturale di questo per confrontare la realtà al di là delle apparenze. "Se devi sparare, spara per uccidere". La retorica salì di tono. Io, Ev e Dennis divenimmo appassionati difensori di questa visione. Vanessa e Dave insistevano con un riduttivo approccio psicologico riguardo a ogni evento. Sostenevano che ogni cosa può essere inquadrata in un contesto di fan tasia, delusione di ricerca dei propri desideri. Per loro, nulla di ciò che avviene nénéallúcinazioni è reale: ciò che accade è solo mentale. Poi, dimenticando l'ideologia, denunciarono la passione de ll a nostra tesi come ingenua e ossessiva. Noi ribadimmo che stavano reprimendo il vero potere dell'inconscio e che, se avevano in mente di sostenere un punto di vista materialista, avrebbero avuto qualche sorpresa. E così via. La vita di una spedizione è piena di stress, le differenze saltano fuori e, nel nostro caso, la tensione aveva covato sotto la superficie per settimane. Ma io ero convinto che la vera causa della tensione fosse qualcosa nell'esperienza con i funghi che attirava ognuno verso di sé, o che comunque stava causando una crisi in cui dovevamo decidere se immergerci o no in una dimensione di cui non conoscevamo la natura. Ogni esposizione al fungo era un'esperienza istruttiva con conclusioni inaspettate. Tre di noi erano pronti a divenire figli dell'alchimia, pronti a spogliarsi, a tuffarsi nella fontana della conoscenza e a misurare l'esperienza dall'interno. Per faustiana e ossessiva che fosse, quella era la nostra posizione. La consideravo una conseguenza de ll e ragioni che ci avevano portato a La Chorrera. Da Vanessa e Dave, la realtà della dimensione che stavamo esplorando, o meglio la nostra insistenza riguardo al fatto che fosse una dimensione più che psicologica, era vista come una minaccia. Così eravamo là, un gruppo di amici che condividevano simboli più o meno simi li , isolati nella giungla, in lotta con i problemi epistemologici dalla cui soluzione dipendeva la nostra salute mentale. Vanessa e Dave si allontanarono da noi e da lle eccitate conversazioni speculative che implicavano l'essere sommersi dall'invisibile. Non ci furono litigate, ma dopo quella notte ci fu una tacita e mutua comprensione sul fatto che il nostro sentiero si fosse diviso. Alcuni di noi erano intenzionati ad andare più in profondità nella trance da funghi, altri erano disturbati dall'improvvisa piega degli eventi e preferivano essere semplici spettatori. L'affollamento della capanna e le nostre divergenze indussero Vanessa a

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intensificare le sue visite ai componenti de ll a guarnigione di polizia per giocare con loro a scacchi. La guarnigione era formata da tre giovani colombiani malati di nostalgia per le loro case nelle Ande. Dopo parecchie pa rt ite combattute duramente, fu caldamente invitata a trasferirsi con Dave in una casa abbandonata situata presso il fiume, che era di proprietà della polizia. Più tardi, quella casa, che si trovava all'imbarco di La Chorrera, sarebbe stata il luogo de ll a mia schermaglia con l'altra dimensione. Vanessa e Dave tolsero le amache e traslocarono dalla collina verso la loro nuova casa. La loro partenza fu tranquilla. Vanessa rise dicendo che avrebbero passato più tempo nell'acqua. Era il sesto giorno di permanenza a La Chorrera. Avevamo preso i funghi tre volte. Eravamo in forze, rilassati e felici di essere arrivati così lontano e in così buone condizioni. C'erano insetti e piante da prendere e c'era il lago in cui nuotare. La mia relazione con Ev sembrava promettente. Venivamo cullati dal caldo sole tropicale che oziava nel profondo cielo azzurro. Un simile stato di abbandono sembrava una condizione essenziale per il cambiamento. Gli eventi si muovevano a qualche livello profondo e invisibile. Quella mattina, dopo la partenza dei nostri due amici, io, Dennis ed Ev rimanemmo sulle amache, persi nei nostri pensieri, mentre il caldo e gli insetti si facevano sentire. Avevo smesso di tenere un diario, la scrittura era stata rimpiazzata da voli di fantasia, pallide tracce di profondi contatti con l'altra dimensione, sebbene non me ne rendessi ancora conto. Un'altra calda notte calò su di noi e così dormimmo bene per lungo tempo. Quando le nebbie mattutine se ne furono andate, il nuovo giorno apparì perfetto come erano perfetti tutti i giorni in questo splendido posto nella giungla. Ogni giorno sembrava una perla alchemica nata dalla notte precedente, calda e stellata. Usammo quel giorno per esplorare i confini dello straordinario lago vicino al chorro. A causa del restringersi dell'Igara-Parana che provocava un'improvvisa crescita di potenza e velocità delle acque, il chorro era abbastanza impressionante. Ma il lago in cui si svuotava non era un semplice bacino: era il luogo di qualche antica catastrofe geologica che aveva distrutto il deposito basaltico sotto la superficie della terra, lasciando scoperto un gr an de buco e spandendo vicino al dirupo migliaia di frammenti di roccia grandi come case. La missione era appollaiata sulla cima di una collinetta basaltica ed era il luogo più alto della zona. Seguimmo il fiume passando per le ripide sponde che conducevano al

chorro, finché, a sette metri di distanza, il terreno divenne così ripido da

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non poter proseguire. Ma anche a quella distanza, vibrava per la pulsante energia di milioni di tonnellate d'acqua che scivolavano attraverso le pareti rocciose del chorro. Le piante più insolite erano endemiche in quell'atmosfera piena di foschia e di fragore tuonante. La sensazione di essere così piccolo a confronto con quelle rocce e all'energia delle rapide era soprannaturale e inquietante. Mi sentii considerevolmente sollevato quando scalammo la scogliera e raggiungemmo gli stagni e i pascoli ripuliti da ll a missione grazie ad anni di sfruttamento del lavoro witoto. Una volta raggiunto un terreno più solido, ma ancora nell'area del chorro, ci riposammo. Là, in una striscia di terra che dominava l'area circostante, la missione aveva costruito un piccolo cimitero. All'interno di un'area esagonale rozzamente cintata, c'erano una ventina di tombe in rovina e molte di esse erano chiaramente di bambini. Lo scioccante rosso del suolo laterico era allo scoperto per l'erosione. Era un luogo toccato da una triste solitudine anche in un bellissimo giorno di sole. La nostra pausa finì e ce ne andammo in fretta con una sensazione di vuoto, di abbandono, accompagnati dal lontano ruggito dell'acqua che scorreva. La camminata e l'esposizione al sole ci indussero a dirigerci verso il muro verde di giungla al di là dei pascoli, oltre la missione. Vasti sentieri sabbiosi conducevano al sistema di villaggi witoto, Bora e Muinane, che rappresentano la "componente indigena" de ll a "Comasaria" amazzonica, il resto comprende qualche missione, la caserma della polizia e alcuni personaggi non catalogabili, per lo più commercianti, oltre a noi stessi. Esplorammo il sentiero, dando un'occhiata a ll a nostra futura casa e la trovammo ancora occupata. Tornando per i pascoli sotto uno spettacolare tramonto, raccogliemmo altri funghi, venti a testa tra Ev, Dennis e me. Fu durante la camminata nel pascolo che notai per la prima volta che tutto era fantastico e che avevo la sensazione di trovarmi in un film, o in qualcosa di più grande della vita. Anche il cielo sembrava distorto con effetti speciali, come se tutto fosse cinematograficamente esagerato. Che cos'era? Era una distorsione dello spazio data dal consumo di psilocibina? La psilocibina può indurre simili distorsioni. Mi sentivo alto dieci metri, a metà tra il superuomo e A li ce, il cui consumo di funghi la rendeva alternativamente gr an de e piccola. Era strano, ma piacevole. Tornati a casa, accendemmo un fuoco e bollimmo del riso per una cena leggera. La pioggia cadeva a intermittenza. Dopo cena, fumammo e aspettammo per un po', pensando che Vanessa e Dave ci avrebbero fatto visita.

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Infine, cominciò a piovere più forte, così ci ritirammo in casa e ognuno di noi mangiò parecchi funghi. Salirono rapidamente e le allucinazioni furono molto vivide ma, nonostante l'abbondante dose, dopo un'ora l'esperienza non sembrò differente dagli altri viaggi. Uscimmo da ll e visioni e conversammo tranquillamente riguardo le nostre reazioni. Dennis si lamentò di sentirsi bloccato da una grossa preoccupazione per nostro padre in Colorado, chiedendosi se avesse mai ricevuto i nostri ultimi messaggi scritti prima di partire per il Rio Putumayo. Dennis sembrava malinconico come se la sua nostalgia di casa fosse stata amplificata dall'allucinogeno. Almeno così supponevo. Tentai di rassicurarlo e parlammo al buio per parecchi minuti. Disse che il suo trip era ricco di sensazioni, un calore interiore e uno strano ronzio che, a suo dire, gli suggeriva alcune intuizioni sui fenomeni linguistici che avevo sperimentato con il DMT e che gli avevo descritto. Gli domandai di imitare i suoni che stava udendo, ma lui non pensava che fosse possibile. Mentre parlavamo, la pioggia cessò per qualche minuto e così sentimmo il suono di una radio trasportata da qualcuno che aveva scelto la pausa de ll a tempesta per raggiungere la collina, seguendo un sentiero che passava a pochi metri da ll a nostra capanna. La conversazione si interruppe mentre ascoltavamo il suono della radio che si avvicinava e poi svaniva. Ciò che accadde dopo ci proiettò in un altro mondo. Infatti, mentre la radio si allontanava, Dennis produsse per qualche secondo un forte ronzio che sembrava meccanico mentre il suo corpo si irrigidiva. Dopo un attimo di silenzio lui, in preda al panico, esplose in una serie di domande. "Cos'è successo?" e, mi ricordo benissimo, "Non voglio diventare un insetto gigante!" Dennis era chiaramente scosso da ciò che era accaduto, così, sia io sia Ev, cercammo di calmarlo. Era chiaro che ciò che a noi era sembrato solo uno strano suono, aveva avuto un effetto ben diverso sulla persona che l'aveva prodotto. Capii la sua situazione perché avevo avuto sensazioni simili con il DMT, quando una glossolalia che a me era sembrata pregna di significato, sembrava invece un borbottio a coloro che l'avevano sentita. Dennis disse che c'era un'energia terrificante nel suono e che l'aveva percepito come fosse una qualche forma di forza fisica. Ne discutemmo per parecchi minuti, poi Dennis decise che desiderava riprovarci. Lo fece, ma per molto meno tempo e, di nuovo, disse che aveva avvertito una grande quantità di energia che veniva liberata. Disse di sentirsi come se si fosse sollevato dal terreno e avesse diretto la sua voce verso l'interno. Ci do-

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mandammo se fosse possibile produrre un suono capace di avere un effetto sinergico sulle droghe metabolizzanti, mentre Dennis sosteneva che cantare poteva far metabolizzare alcune droghe più velocemente. Dennis sentiva di aver acquisito un qualche potere sciamanico. Cominciò a passeggiare, dicendo che sperava che Vanessa saltasse fuori ora con il suo scetticismo che, secondo lui, sarebbe crollato davanti alla sua testimonianza dell'esperienza. Gli feci presente che lei l'avrebbe considerato solo un suono particolare suscitato da un allucinogeno di cui capiva ben poco. A un certo punto, Dennis si sentì così esaltato che lasciammo la capanna e andammo fuori a guardare l'oscurità. Dennis voleva andare da Vanessa e Dave per discutere con loro ciò che era successo. Infine, io e una sconcertata Ev lo convincemmo a torre a ll a capanna e a ripensarci al mattino. Una volta nella capanna, cercammo di capire cosa stava succedendo. Sentii che la meraviglia di Dennis era perfettamente giustificata: era stato proprio il mio incontro con i poteri visionari e linguistici del DMT che mi aveva indotto a cercare gli allucinogeni nel loro ambiente naturale. È incredibile vedere la tua concezione della realtà trasformata da queste piante. L'eccitazione è una reazione normale a una esperienza così terrificante. Io e mio fratello eravamo stati vicini per anni, specialmente dopo la mo rt e di nostra madre, ma c'erano esperienze avute in Asia che non gli avevo raccontato. Per calmare tutti noi e per sostenere l'universalità dell'esperienza che Dennis aveva avuto, decisi di raccontare una storia.

6 ENT .ERIeUDIO A KA I-IMANDU

In cui il ricordo di eccessi tantrici nei covi hippy dell'Asia, getta una strana luce sulle esperienze con i funghi a La Chorrera.

1969, avevo vissuto in Nepal e studiato la lingua tibetana. L'ondata di interesse per lo studio del buddismo era appena cominciata, così coloro che in Nepal amavano il Tibet formavano un gruppo molto ristretto. La mia ragione per studiare il tibetano era diversa da quella de ll a maggior pa rt e degli occidentali che lo volevano imparare in Nepal. Quasi tutti erano infatti interessati al buddismo mahayana, mentre io ero interessato a una tradizione religiosa che risaliva a un periodo precedente il Settimo secolo e l'introduzione del buddismo in Tibet. Questa religione prebuddista, nativa del Tibet, era un tipo di sciamanesimo connesso ai temi e alla cosmologia dello sciamanesimo siberiano. Lo sciamanesimo siberiano, chiamato bön, continua a essere praticato oggigiorno nelle aree montagnose del Nepal confinanti con il Tibet. I suoi praticanti sono generalmente disprezzati da lla comunità buddista e vengono considerati eretici poco raccomandabili. Il mio interesse per il bön e i suoi praticanti, i bön-po, nacque da lla mia passione per la pittura tibetana. In questo tipo di pittura, le più fantastiche, stravaganti e feroci immagini sono comunemente attribuite all'immaginazione popolare prebuddista. I terrificanti guardiani da ll e molte braccia e dalle molte teste della fede UE ANNI PRIMA, DURANTE LA PRIMAVERA DELL'ESTATE DEL

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buddista, chiamati dharmapalas, con le loro aure di fuoco e luce, sono divinità autoctone bön e la loro alleanza con il buddismo è mantenuta solo grazie a potenti incantesimi e rituali che assicurano la fedeltà di questi potenti demoni. Ero convinto che la tradizione sciamanica che aveva creato tali immagini esotiche e fantastiche dovesse aver conoscenza delle piante allucinogene. In Siberia, l'estasi sciamanica veniva raggiunta tramite l'uso del fungo amanita muscaria e Gordon Wasson sosteneva la tesi secondo cui lo stesso fungo veniva usato nell'India vedica. Siccome il Tibet si trova tra queste due aree geografiche, non mi sembrava strano pensare che, prima della venuta del buddismo, gli allucinogeni fossero parte de ll a tradizione sciamanica locale. L'amanita muscaria era solo uno dei possibili allucinogeni usati in Tibet. Il pegamum harmala della famiglia zyogophallacea era un altro candidato. Quest'ultimo, come il banisteriopsis caapi, contiene in grande quantità l'alcaloide allucinogeno beta-carbolina-armalina e, probabilmente, è un allucinogeno anche se consumato da solo. Di certo, la combinazione con piante contenenti DMT, di cui la flora indiana era abbondante, avrebbe prodotto un forte allucinogeno, la cui composizione non era chimicamente differente dagli infusi di ayahuasca amazzonica.* Il mio interesse per la pittura tibetana e per lo sciamanesimo mi aveva condotto in Nepal. Avevo saputo che c'erano campi profughi in Nepal e anche vicino a Simla, in India, la cui popolazione era composta da bön-po fuorilegge, che non erano benvenuti nei campi dei profughi buddisti. Era mia intenzione apprendere dai bön-po qualunque conoscenza avessero degli allucinogeni conosciuti e utilizzati nel passato. Nella mia ingenuità, desideravo dimostrare la mia ipotesi riguardo l'influenza delle piante allucinogene sulla pittura tibetana e volevo scrivere un saggio sull'argomento. Appena arrivai in Asia, compresi chiaramente la vastità del compito e dello sforzo richiesto. Il piano che mi ero proposto era soltanto un'abbozzo per una vita di dotte ricerche! Naturalmente, scoprii che non potevo fare nulla finché non avessi padroneggiato la lingua tibetana, così misi da parte i miei progetti di ricerca e mi dedicai a imparare più tibetano possibile nei pochi mesi che potevo passare in Nepal.

Mi spostai da Kathmandu, lontano dai piaceri delle fumerie di hashish e dal turbine sociale della comunità internazionale dei turisti, degli spacciatori e degli avventurieri che si erano appropriati della città. Andai a Boudanath, un piccolo villaggio molto antico a pochi chilometri a Est di Kathmandu, recentemente invaso dai tibetani di Lhasa, gente che parlava il dialetto di Lhasa diffuso in tutto l'Himalaya. La gente del villaggio era buddista e io mi ero accordato per studiare con i monaci locali, chiaramente senza menzionare il mio interesse per i bön-po. Trovai alloggio venendo a patti con Den Ba-do, il mugnaio locale, che era un newari, uno dei più importanti gruppi etnici del Nepal. Si accordò con me per affittarmi una camera al terzo piano de ll a sua grande casa di mattoni, che fronteggiava la strada fangosa di Boudanath. Contrattai con una ragazza locale perché mi portasse un po' d'acqua fresca ogni giorno e così mi ci installai comodamente Imbiancai i muri de ll a mia camera, commissionai una grande zanzariera nel mercato di Kathmandu, e misi in casa i miei libri e una scrivania tibetana. Finalmente a mio agio, mi dedicai a coltivare la mia immagine di giovane viaggiatore e studente. Lama Tashi Gyaltsen fu il mio insegnante. Era molto gentile. Nonostante la sua età avanzata, arrivava ogni mattina a lle sette per una lezione di due ore. Ero come un bambino: cominciammo con la grafia e l'alfabeto Ogni mattina, dopo che il lama se n'era andato, studiavo per qualche altra ora e poi avevo il giorno libero. Esplorai íl santuario del re del Nepal, a Est di Boudanath, e i luoghi indù dove si svolgevano le cremazioni vicino a Pashupathipath. Feci anche conoscenza con i pochi occidentali che vivevano nelle vicinanze. Tra questi c'era una coppia inglese della mia stessa età. Erano molto affascinanti. Lui era magro e biondo, con un naso aquilino e le maniere tipiche della scuola pubblica britannica. Era urbano e arrogante, ma eccentrico e spesso divertente. Lei era pazzescamente magra, tutta pe lle e ossa. Aveva i capelli rossi, un temperamento selvaggio, era cinica e, come il suo compagno, possedeva un'intelligenza acuta. Erano stati entrambi ripudiati da ll e loro famiglie ed erano divenuti hippy vagabondi, come eravamo tutti allora. La loro relazione era bizzarra: erano venuti dall'Inghilterra, ma il rilassarsi della tensione, avvenuta nel bucolico Nepal, era stato troppo per il loro equilibrio. Ora vivevano separati, ai confini opposti di Boudanath. Si incontravano solo per innervosirsi vicendevolmente. Per qualche strana ragione mi attraevano. Ero sempre pronto a interrompere gli studi per passare un po' di tempo con

La c an na fl uviale gig ante arundo donax, per esempio, si trova in India e le sue radici contengono DMT. Vedi S. Ghosal, S.K. Dutta, A.K. Sanyal e Bhattacharya, Arundo donax L." (Graminae), Phytochemical and Pharmacological Evaluation, in "The Journal of Medical Chemistry", vol. 12,1969, p. 480.

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loro. Diventammo amici velocemente. Naturalmente discutemmo del mio lavoro, che li interessava molto perché, usando spesso l'LSD anche a Londra, erano presi da qualunque cosa riguardasse gli allucinogeni. Scoprimmo anche di avere amici comuni in India e che amavamo tutti i racconti di Thomas Hardy. Era un piacevole idillio In quel periodo, il metodo che stavo sperimentando per raggiungere la dimensione sciamanica consisteva nel fumare DMT all'apice di un'esperienza di LSD. Lo facevo ogni volta che prendevo dell'acido, cosa che capitava abbastanza spesso. Mi faceva entrare nella dimensione triptamminica per un periodo di tempo abbastanza lungo. Mentre il solstizio dell'estate del 1969 si avvicinava, mi preparavo per un altro esperimento. Avrei preso LSD la sera del solstizio e sarei rimasto tutta la notte sul tetto fumando hashish e osservando le ste lle. Parlai del mio piano ai miei amici inglesi che si dissero felici di partecipare. A me andava molto bene, ma c'era un problema: non c'era abbastanza acido per tutti. La mia piccola scorta era arrivata a Kathmandu profeticamente nascosta in un fungo di ceramica spedito da Aspen. Scherzando, suggerii che sostituissero l'LSD con i semi de ll a datura himalayana, la datura metel. La datura è un cespuglio fonte di un certo numero di alcaloidi tropano: la scopolamina, l'iosciamina e altri componenti che producevano un effetto pseudoallucinogeno. Ti danno la sensazione di volare o di confrontarti con indistinte e fugaci visioni, ma il tutto è difficile da controllare e da ricordare più tardi. I semi della datura metel sono usati in Nepal dai saddhus, eremiti vaganti e uomini sacri, così il loro uso in quella zona era conosciuto. Ma il mio suggerimento era uno scherzo, dal momento che la difficoltà di controllare l'effetto della datura è leggendaria. Con mia sorpresa, i miei amici si dissero d'accordo, così stabilimmo che ci saremmo trovati a casa mia alle sei di pomeriggio per l'esperimento. Quando infine la sera arrivò, preparai le coperte e le pipe sul tetto. Da lì si poteva avere una bellissima vista del villaggio e del suo enorme stupa, un tempio conico con gli occhi di Budda dipinti nelle lamine d'oro sulla parte più alta. Gli alti livelli dorati dello stupa erano avvolti da impalcature dove c'era bisogno di riparazioni per via di un crollo avvenuto mesi prima. La massa bianca dello stupa dava al villaggio di Boudanath una qualità extraterrestre. Potevo vedere ancora più lontano, fin dove la grande catena Annapu rn a si elevava per migliaia di metri; a metà strada, la terra era un mosaico di risaie color smeraldo. Le sei di pomeriggio giunsero, ma non i miei amici. A lle sette non ce

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n'era ancora traccia e così presi la mia tavoletta di Orange Sunshine [un tipo di LSD molto famosa negli anni Sessanta, N.d.R.] custodita gelosamente e mi misi ad aspettare. Dieci minuti dopo, arrivarono. Potevo già sentire l'effetto salire, così feci loro un cenno verso i semi di datura che avevo preparato. Li portarono giù nella mia camera dove con un mortaio e un pestello li schiacciarono, poi aiutati da un po' di tè li ingoiarono. Quando raggiunsero il tetto e si sistemarono comodamente, io stavo già partendo per lo spazio mentale. Passarono alcune ore. Quando si sedettero, ero troppo partito per accorgermi di loro. Lei era seduta di fronte a me e lui era dietro, nell'ombra. Lui suonava il flauto, io passai in giro una pipa di hashish. La luna piena salì alta nel cielo. Scivolai in una lunga serie di fantasie allucinate che durarono pochi minuti, ma che a me sembravano vite intere. Quando emersi dal lungo incanto visionario, scoprii che il mio amico aveva smesso di suonare e mi aveva lasciato solo con la sua ragazza. Avevo promesso loro che gli avrei fatto provare un po' di DMT. La mia pipa di vetro e la mia piccola riserva di DMT arancione erano davanti a me. Lentamente, con fluidi movimenti di sogno, riempii la pipa e la passai a lei. Le stelle ci osservavano da un enorme distanza. Lei prese la pipa e fece un paio di tiri, più che sufficienti per una persona di così scarso peso, poi la pipa tornò a me e feci quattro enormi tiri, l'ultimo dei quali fu così lungo che mi staccai dal bocchino solo quando non fui più in grado di continuare. Era un'enorme quantità di DMT e, immediatamente, ebbi la sensazione di entrare nel vuoto. Udii un acuto lamento e un suono di cellophane strappato, mentre mi trasformavo nel goblin orgasmico ad alta frequenza che sarebbe poi un essere umano in preda all'estasi da DMT. Ero circondato dal chiacchierare di macchine elfiche e soffitti a volta più belli di quelli arabi che avrebbero fatto arrossire Bibiena Migliaia di manifestazioni di un potere al contempo alieno e bizzarramente bello ruotavano intorno a me. Quando le visioni cominciarono a svanire, l'LSD salì portando il mio stato a un livello più alto. Mentre la folla elfica se ne andava le saltellanti orde di macchine elfiche del DMT si ridussero a un leggero ululato. All'improvviso, mi trovai a volare a centinaia di chilometri da terra in compagnia di dischi argentati. Non potevo contarli. Ero estasiato dallo spettacolo della terra sotto di me e realizzai che mi muovevo verso Sud, apparentemente in orbita polare, sopra la Siberia. Davanti a me potevo vedere la grande pianura di Shang e la massa himalayana che si ergeva davanti al-

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la desolazione giallo-rossa dell'India. Il sole sarebbe sorto dopo un paio di ore. Con una serie di salti telescopici, andai fino a un punto dove potevo vedere la depressione circolare de ll a valle di Kathmandu. Con il balzo successivo la valle riempì la mia visione. Mi avvicinavo a grande velocità. Potevo veder un tempio indù e le case di Kathmandu, il tempio di Svayambhunath a Ovest della città e lo stupa di Boudanath che brillava di luce bianca pochi chilometri a Est. Poi Boudanath divenne un mandala di case e strade circolari che riempivano la mia visione. Tra le centinaia di tetti trovai il mio. L'attimo dopo andai a sbattere nel mio corpo e tutto si rifocalizzò sui tetto e nella donna di fronte a me. Lei era vestita con un vestito lungo da sera di raso d'argento, un bene di famiglia, il tipo di cosa che si può trovare in un negozio d'antichità a Notting-Hi ll Gate. Caddi in avanti credendo che la mia mano fosse coperta da qualche fresco liquido bianco. Era la tessitura del vestito di lei. Fino a quel momento nessuno dei due aveva considerato l'altro un potenziale amante. Il nostro rapporto era funzionato a un altro livello. Ma improvvisamente i rapporti normali furono dimenticati. Ci avvicinammo ed ebbi l'impressione di passare attraverso di lei. Lei si tolse il vestito con un solo gesto. Feci la stessa cosa con la mia camicia che si distrusse tra le mie mani. Udii il rumore di bottoni che volavano e dei miei occhiali che erano caduti da qualche parte e si erano schiantati. Poi facemmo l'amore. O per dirla meglio, partecipammo a un'esperienza che ricordava vagamente il fare l'amore, ma che era un'altra cosa. Entrambi urlavamo e cantavamo nel linguaggio del DMT, rotolandoci sul terreno in allucinazioni vivide e geometriche. Lei era trasformata, poche parole esistono per descrivere ciò che era diventata: puro spirito, Kali, Leucotea, qualcosa di erotico, ma non umano, qualcosa che riguardava l'archetipo de ll a specie e non l'individuo, qualcosa che faceva balenare la possibilità del cannibalismo, della follia, dello spazio e dell'estinzione. Sembrava sul punto di divorarmi. La realtà era a pezzi. Scopare in questo modo può accadere solo al limite di ciò che è possibile. Ogni cosa era trasformata in orgasmo e negli oceani visibili e vocianti del linguaggio elfico. Poi vidi che, dove i nostri corpi erano incollati insieme, stava uscendo da lei una sorta di liquido di ossidiana scuro e bri ll ante, con colori e luci dentro, che fluiva su di me, sul tetto, ovunque. Dopo il flash del DMT, dopo gli svariati orgasmi, dopo tutto questo, quest'altra cosa mi scioccò. Che cos'era quel liquido e dove stava andando? Lo guardai. Lo guardai bene e capii che era la superificie

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della mia mente riflessa davanti a me. Era una sostanza traslinguistica, l'escrescenza vivente dell'abisso alchemico dell'iperspazio, qualcosa generato dall'atto sessuale in condizioni così pazzesche? Guardai di nuovo e ci vidi il lama che mi insegnava tibetano e che stava dormendo in realtà a un paio di chilometri di distanza. Nel fluido, lo notai in compagnia di un monaco che non avevo mai visto: stavano fissando un piatto specchiato. Poi realizzai che stavano guardando me! Non capivo. Diressi lo sguardo lontano dal fluido e dalla mia compagna, perché lei aveva un'aura di stranezza troppo intensa. Mi resi conto che avevamo cantato, intonato yodel, lanciato selvagge urla orgasmiche per parecchi minuti sul mio tetto! Probabilmente tutti a Boudanath erano stati svegliati e stavano per aprire porte e finestre per capire cosa stesse succedendo. Cosa stava succedendo? La frase favorita di mio nonno sembrò appropriata: "Buon Dio!', disse la beccaccia quando il falco la colpì". Questo ricordo grottesco e fuori luogo mi fece ridere come un pazzo. Poi il pensiero di essere scoperto mi riportò abbastanza in me per capire che dovevamo nasconderci in fretta. Eravamo entrambi nudi e la scena intorno a noi era di totale e inspiegabile caos. Lei era sdraiata, incapace di rialzarsi. Quindi la presi in braccio e raggiunsi le scale, oltre il deposito di grano, fino in camera mia. Ricordo che per tutto il tempo continuavo a dire a me stesso e a lei: "Sono un essere umano. Sono un essere umano". Avevo bisogno di ripeterlo perché non ne ero molto convinto al momento. Aspettammo nella mia stanza per qualche minuto. Lentamente capimmo che per qualche miracolo, non più strano di tutto il resto, nessuno si era svegliato, sembrava che nessuno avesse sentito! Per calmarci feci del tè e nel frattempo controllai il suo stato mentale. Lei sembrava in pieno delirio e non in grado di discutere con me di cosa fosse successo sul tetto. È un tipico effetto della datura non ricordarsi ciò che sperimenti. Sembrava che sebbene fossimo stati partecipi dell'atto più intimo tra due persone, io fossi l'unico testimone che potesse ricordare qualcosa di ciò che era accaduto. Considerando questo, tornai sul tetto e presi i miei occhiali. Incredibilmente erano interi, sebbene io fossi sicuro di aver sentito il rumore delle lenti che si infrangevano. I liquidi di ossidiana, escrescenze ectoplasmatiche dei giochi tantrici, erano sparite. Con i miei occhiali e i nostri vestiti, tornai nella stanza dove lei dormiva. Fumai un po' di hashish e mi sdraiai vicino a lei sotto la zanzariera. Nonostante tutta l'eccitazione e la stimolazione del mio sistema nervoso, mi addormentai subito.

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Non ho idea di quanto dormii. Quando mi svegliai di colpo e direttamente da un sonno profondo, era ancora buio. Non c'era traccia della mia amica. Dentro di me suonò un campanello d'allarme: se stava ancora delirando, era pericoloso per lei andarsene in giro di notte. Saltai in piedi, mi misi il jalaba e cominciai la ricerca. Non era sul tetto né vicino al deposito di grano. La trovai al piano terra dell'edificio. Era seduta per terra e fissava il proprio riflesso nella tanica de ll a benzina che apparteneva al genero del mugnaio. Ancora disorientata, vedeva persone che non c'erano e confondeva una persona con l'altra. "Sei il mio sarto?" mi chiese molte volte mentre la riportavo in camera, "Sei il mio sarto?" Quando fummo di nuovo di sopra, mi tolsi il mio jalaba e scoprimmo che avevo indosso le sue mutandine. Erano troppo piccole per me e nessuno di noi sapeva come fossero finite lì. Questo errore coronò una serata assurda e io ruggii una risata. Le ridiedi le sue mutandine e andammo a letto, sconvolti, rassicurati, esausti e felici. Passata questa esperienza, io e la ragazza diventammo ancora più amici; non facemmo più l'amore, non eravamo fatti per una relazione. Non si ricordava nulla di ciò che era successo sul tetto. Dopo una settimana, le rivelai i miei ricordi. Battezzai ii flusso di ossidiana "Luv", qualcosa di più dell'amore, qualcosa di meno dell'amore, forse non del tutto amore, ma qualche inesplorata e potenziale esperienza umana di cui si conosce molto poco.

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Questa era la storia che raccontai a Dennis e a Ev quella notte a La Chorrera, mentre le amache oscillavano alla luce della lampada e una pioggia intermittente tambureggiava sul tetto della capanna. Fu questo incidente ad accendere il mio interesse per i fluidi viola che si dice gli sciamani dell 'ayahuasca generino sulla superficie de ll a loro pelle e che usino per divinare e guarire. Ogni volta che racconto questa storia, metto l'accento sul liquido. Quella sera nebbiosa, ne parlai per rassicurare Dennis. Non parlai dell'assurdità di svegliarsi con le mutande di qualcun altro. Era un particolare imbarazzante e non contribuiva alla storia. A quel tempo, non avevo detto a nessuno di quell'incidente: era un ricordo personale. Lo ricordo ora perché quest'assurdo evento fu poi il centro dell'episodio di telepatia più convincente di cui sia stato testimone.

7 UNO PSICOFLU DO V OLA In cui Dennis comincia a schematizzare il suo approccio all"`opera" alchemica e si discute se uno psicofluido possa o meno essere una sostanza traslinguistica.

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A MIA STORIA FINÌ E ANDAMMO TUTTI A DORMIRE SONNI AGITATI

per qualche ora. Alle prime luci dell'alba, io ed Ev raggiungemmo un gruppo di capanne a un chilometro di distanza, presso la sponda dell'Igara-Parana oltre il chorro. Sapevamo che i witoto, scendendo il fiume verso la missione per portare a scuola i loro figli, si sarebbero fermati presso quelle case solitamente abbandonate. La nostra speranza era di comprare alcune uova e un po' di papaya da aggiungere a ll a nostra dieta di riso integrale, yucca e banane. Trovammo solo un piccolo gruppo di persone, il cui unico alimento in vendita era un frutto verde a forma di cuore, grande come uva, pieno di semi vagamente dolci affogati in una melassa color porpora. A quel tempo questo frutto era sconosciuto alla scienza: pochi anni dopo Schultes l'avrebbe descritto e chiamato macoubea witotorum. Non rividi mai più questi frutti. Erano poco costosi e, siccome eravamo venuti per comprare qualcosa, spendemmo quindici pesos per quasi venticinque chi li di cibo. Sebbene la notte prima fossi rimasto alzato a giocare con gli oceani allucinogeni della mente, mi sentivo a posto e pieno di vitalità. Sollevai un sacco gonfio, i nostri acquisti, e mi diressi a passo spedito verso la missione. Mi godetti questa fatica. Il costal, cioè il sacco, sembrava leggero, quasi un piacere da portare. Senza pause, io ed Ev andammo a ll a missione e alla 75

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residenza di Dave e Vanessa per una colazione tutti insieme. Quando avevamo lasciato la capanna a ll a ricerca di cibo, Dennis era addormentato profondamente ma, nel frattempo, si era svegliato ed era andato a svegliare Vanessa per descriverle le proprie esperienze notturne: il ronzio interno e la sensazione di essere posseduto. Stava raccontando tutto, quando arrivammo in casa e depositammo il costal. Mentre facevamo colazione, discutemmo gli eventi della sera precedente. Vanessa e Dave non furono toccati dall'eccitazione di Dennis che sosteneva di essere entrato in contatto con qualche tipo particolare di energia. A ll a fine della colazione, suggerii a Dennis che invece di litigare sulla natura dell'esperienza, avrebbe dovuto scrivere i suoi pensieri riguardo allo strano suono. Lui accettò l'invito e tornò alla collina de ll a nostra capanna per stare da solo e scrivere: 28 febbraio 1971 Scrivo queste pagine con una particolare sensazione di urgenza, come un uomo che si sia confrontato con un fenomeno inspiegabile, quale un'impossibile creazione di sogni o un principio naturale inenarrabile. Il compito è complicato dal fatto che il fenomeno che devo tentare di descrivere ha a che fare con gli stessi strumenti di descrizione, vale a dire il linguaggio. Questa frase sembrerà più sensata esplorando più a fondo il concetto. Prima di andare oltre, qualcosa mi dice che è necessario analizzare chi sono. Ventiquattro ore fa pensavo di saperlo: adesso è la domanda più inquietante che mi sia mai posto. Le domande nate da questa daranno le risposte che ci permetteranno di capire e di usare questo fenomeno così difficile da descrivere. Queste potrebbero essere le ultime parole che spenderò a descrivere qualcosa in un rozzo linguaggio; dal momento che il fenomeno comincia al confine del linguaggio, dove la facoltà di formare concetti brancola ma non trova parole, devo stare attento a distinguere tra il linguaggio di simboli e metafore e la realtà cui sto tentando di applicarlo.

Quando lessi questo prologo, esso mi sembrò grandioso e allarmante, ma Dennis aveva un'aura di calma e di certezza che imponeva rispetto. Sentivo che il logos stava lottando con il vocabolario del suo ultimo araldo. Sembrava avere via via più senso, come se fosse vicino a qualcosa. Continuai a leggere:

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Poiché ogni fenomeno è più o meno descrivibile in termini empirici, ciò deve essere vero anche per questa esperienza. Essa ha a che fare con il controllo della chimica del proprio corpo e la produzione di specifici fenomeni vocali e acustici: la cosa diviene possibile quando vegetali alcaloidi altamente biodinamici, i composti triptamminici e gli inibitori MAO," vengono introdotti nel corpo secondo parametri accuratamente regolata: Questo fenomeno è apparentemente possibile in presenza della sola triptammina, sebbene l'inibizione MAO sicuramente aiuti a innescarla, facilitando l'assorbimento della triptammina. Il fenomeno è stato innescato da due persone del nostro gruppo: alcuni annifa Terence ha sperimentato con fenomeni vocali sotto l'influenza del DMT. *'' Fino alla notte scorsa, quando ho sperimentato questa onda sonora per qualche secondo sotto l'influenza di diciannove funghi di stropharia, Terence era l'unica persona di mia conoscenza che sosteneva di essere in grado di emettere questo suono. Ma ieri notte, dopo aver consumato i funghi, ci siamo sdraiati sulle amache; la forte sensazione d'intossicazione che di solito sfiora le membra all'inizio delle visioni di stropharia era svanita. In me si era trasformata in una calda soddisfazione che sembrava bruciare da qualche parte dentro di me. Avevo avuto sensazioni simili prima, sia con i funghi sia appena dopo i flash da DMT. Poi parlammo di persone lontane e di come avremmo potuto tentare di contattarle nella quarta dimensione; poiché, apparentemente, la connessione magica a distanza è parte dello sciamanesimo, questo non era un tipo di comunicazione per noi inusuale. Poco dopo questa conversazione, udii il suono per la prima volta, debole e lontano, tra le orecchie, interno, ma distinto per quanto possa esserlo un suono sul confine della percezione. Come un segnale o come una debole trasmissione radio, inizialmente come il suono delle campane, che poi si trasformava in un suono elettrico, scoppiettante, scioccante e gorgogliante. Ho * Gli inibitori MAO sono composti chimici la cui attività nel corpo rallenta o interferisce con la monoamminoossidasi, un sistema enzimatico che ossida molti composti presenti all'interno di cibo e droghe riducendoli a sottoprodotti non dannosi. In presenza degli inibitori MAO, i composti che normalmente sarebbero ridotti metabolicamente in sottoprodotti inerti, subiscono al contrario un'estensione nella durata della loro attività fisiologica e psicologica. ** I miei esperimenti sono consistiti nell'osservazione del fatto che la spontanea glossolalia che il DMTcausvinme, talounsrdiceto,uranilqest sintattiche nel linguaggio parlato divenivano realmente visibili. Effetti come questo potrebbero spiegare la mia esperienza sul tetto della casa in Nepal. Insoliti dispositivi linguistici e vocali sembrano caratterizzare l'intossicazione da DMT.

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tentato di imitare questi rumori con le mie corde vocali, sperimentando con un vocalizzo ronzante. All'improvviso, fu come se il suono e la mia voce si incontrassero e il suono divenne la mia voce, però veniva da fuori di me in un modo che nessuna voce umana avrebbe potuto imitare. All'improvviso, il suono fu intensificato e divenne come il suono di un insetto gigante.

Mentre Dennis scriveva, noi nuotavamo pigramente nel fiume e vi facemmo il bucato sotto un cielo amazzonico chiaro, infinitamente azzurro e pulito. Il ronzio di sottofondo de ll e cicale aumentava d'intensità e dominava sulla calda e luccicante superficie dell'Igara-Parana, che scivolava come elettricità, attraverso la terra, nel caldo de ll a giornata equatoriale. Più tardi, quel pomeriggio, Dennis venne al fiume a cercarmi. Mi trovò che lavavo le scarpe da tennis su una roccia piatta che stava appena sopra la superficie dell'acqua. Senza dubbio quando l'acqua non lo sommergeva era un luogo perfetto per fare il bucato. Era un posto magico, ma in quel momento la sua magia era ancora lontana quattordici giorni. Ci sedemmo e parlammo. Erano passate sedici ore dall'episodio de ll a notte precedente. Dennis disse che l'esercizio di scrittura era stato molto utile. "Grande! E cosa ne hai concluso?" "Non sono sicuro. Sono molto eccitato, ma qualunque sia la causa dell'eccitazione, sta seminando idee più velocemente di quanto io possa scrivere." "Idee di che genere?" "Idee divertenti. Idee riguardo i modi di utilizzare questo effetto, questa cosa sconosciuta con cui abbiamo a che fare. La mia intuizione è che sia relazionato agli psicofluidi di cui Michael Harner parlò nel numero di `Natural History' nel luglio del 1969 e a ciò che ti è accaduto a Boudanath. Ricordi come Harner sostenesse che gli ayahuasqueros vomitano una sostanza magica che è a ll a base della loro capacità di divinazione? Quello che mi è successo è qualcosa di simile, una sorta di sostanza translinguistica creata da ll a voce." Parlammo a lungo vicino al fiume, sondando varie opzioni. Dennis insisteva a collegare la mia esperienza in Nepal con lo strano fenomeno sperimentato dagli sciamani jivaro in Ecuador. Questi sono soliti prendere l'ayahuasca così da riuscire a vedere una sostanza di colore viola, o blu scuro, che ribolle come un liquido. Vomitando, dopo aver preso l' ayahuasca, questo fluido viene emesso dal corpo; a volte si forma anche sulla su-

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perficie della pelle sotto forma di sudore. Gli jivaro basano gran parte della loro pratica magica su questa sostanza di cui praticamente nulla si sa, poiché questo tipo di conoscenza è avvolta da un manto di segretezza. I pochi che parlano insistono che gli sciamani jivaro spargono la sostanza sul terreno davanti a loro, e che riescono a veder altri luoghi e altri tempi. Secondo i racconti, la natura di questo fluido è completamente al di là dell'esperienza ordinaria: si dice che sia fatta de ll a stessa materia di cui è composta la mente o lo spazio-tempo oppure ancora che sia una pura allucinazione espressa oggettivamente, ma sempre tenendosi all'interno dei confini del liquido. Il lavoro di Harner riguardo gli jivaro non era l'unica testimonianza. Fin dai primi studi etnografici dei popoli amazzonici, erano corse voci a proposito di escrezioni magiche e di oggetti psicofisici resi potenti da ll a magia, che venivano prodotti dal corpo degli sciamani dopo che questi avevano ingerito allucinogeni e avevano cantato a lungo. Ricordai l'osservazione alchemica secondo cui íl segreto è nascosto nelle feci. "Una sostanza iperdimensionale e quindi translinguistica?", domandai a Dennis, "È questo di cui parli?" "Sì, qualunque cosa questo significhi. Perché no? Certo, è un'idea da pazzi, ma è anche il sistema simbolo che abbiamo portato con noi alla ricerca della magia sciamanica. `Questo è ciò per cui ti sei imbarcato, uomo, per inseguire la balena bianca in tutti gli oceani, su entrambi i lati della terra finché non sputerai sangue nero.' Non è questo il tuo rap?" L'uso dell a retorica melvilliana era fuori luogo, e non da lui. Da dove le tirava fuori certe cose? "Sì, suppongo di sì." "Questo è il punto. Se c'è qualcosa di strano dovremmo vedere di cosa si tratta e renderlo coerente. Ammettiamo di non sapere con cosa abbiamo a che fare, ma sappiamo che siamo venuti qui per investigare la magia sciamanica, così ora dobbiamo lavorare su questo effetto, sperare di sapere ciò che facciamo e avere abbastanza informazioni. Siamo troppo isolati per fare altro e per ignorare che rischiamo di gettare al vento un'opportunità d'oro." "Sì, hai ragione," dissi, "eccoci in acque profonde. Abbiamo avuto la fortuna del principiante nel trovare l'altra dimensione così accessibile. Il fungo ce l'ha permesso, o forse la somma del fungo e del fumo di ayahuasca. È difficile da stabilire. Ci sono così tante variabili. Ci sono anche un sacco di episodi di sincronia".

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"Giusto. Mi sento vicino a qualcosa di grandioso. Dobbiamo osservare da vicino la nostra fantasia, cercare di costruirci sopra. Il buon vecchio metodo junghiano." "Sì," dissi, "idealmente possiamo sperare di creare le condizioni per un test scientifico." Ricordai che nel libro A scuola dallo stregone c'è un episodio in cui Mescalito, l'entità del peyote, solleva la mano e nel suo palmo Carlos Castaneda vede un incidente accadutogli tanto tempo addietro. Se questo fenomeno avesse una validità empirica, forse suggerirebbe la presenza di una sottilissima pellicola di proiezione transdimensionale. Osservando, si potrebbe ricevere un perfetto feedback. È uno specchio, non del tuo riflesso fisico, ma della tua essenza. Certo, tutto questo era speculazione: questa sostanza esisteva davvero o era solo un'allucinazione? Chi può credere a cose simi li ? Dennis era convinto che la cosa fosse connessa con il suono e che si potesse creare la sostanza con la voce. Era un'idea strana e senza fondamento, su cui potevamo speculare a lungo, poiché, qualunque cosa fosse, era fatta de ll a stessa sostanza di cui è fatta l'immaginazione. In tre dimensioni, poteva assumere qualunque forma, ma questo liquido mentale ectoplasmico viola esisteva solo nella quarta dimensione. Sembrava possibile immaginare di entrare nell'altra dimensione e di produrre questo liquido. Parlò a lungo di questa cosa. Ero in estasi: mi piacevano le sue idee. Sentivo che era un'altra idea proveniente dall'oceano triptamminico in cui nuotavamo. La domanda era: cosa potevamo fare? Adesso, dopo tutto ciò che ho imparato negli ultimi vent'anni, è difficile essere sicuro di ciò che credevamo a La Chorrera. Il nostro umore era a llegro e positivo, le diverse esperienze con i funghi avute in quello splendido luogo ci avevano condotto a una delicata euforia. Era un gran periodo. Eravamo eccitati all'idea di entrare in contatto con il segreto (così chiamavamo la gamma di effetti incontrati nell'esperienza triptamminica). Era il veicolo della nostra ricerca: le topologie a rosone degli alveari galattici del flash di dimetil-triptammina, quella combinazione di chiacchiera da bar e matematiche formali dove i desideri diventavano cavalli e ognuno poteva cavalcare. Non eravamo nuovi all'idea dell'altra dimensione, ma l'avevamo sfiorata solo in brevi momenti nella sua manifestazione di lux natura, la luce spirituale dietro la natura organica. Al momento, eravamo fan dell a dea, non ancora i suoi amanti. Ogni componente de ll a spedizione sperimentò la sensazione dello schiudersi di qualcosa intorno a noi, della sospensione del tempo, di entrare in un mondo verde che era stranamente e quasi eroticamente vivo,

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che ci circondava per migliaia di chilometri. La giungla era come una mente, il mondo sospeso nello spazio era come mente, immagini di un ordine e di un'organizzazione cosciente si affollavano intorno a noi. Come eravamo piccoli, le nostre conoscenze erano limitate, ma di quel poco che sapevamo eravamo fieramente orgogliosi. Ci sentivamo in qualche modo come dei rappresentanti dell'umanità che stavano per venire in contatto con l'altra dimensione, quel qualcosa al confine dell'esperienza umana. In quei primi giorni a La Chorrera una magnificenza orgogliosa e soprannaturale era associata a ll a nostra impresa. Il giorno successivo, il primo di marzo, passò tranquillamente. Dennis scriveva il suo diario Io prendevo insetti e Vanessa faceva foto intorno a ll a missione. La sera ci riunimmo di nuovo presso la capanna. In silenziosa comunione con il fiume e con noi stessi, Ev e io sedemmo guardando il lago. Ev lo notò per prima. Il lago era invaso dalla nebbia generata dalla corsa dell'acqua nella stretta gola. La foschia che ondeggiava sull'acqua marrone segnalava la corrente del fiume, dove si allargava nel lago e proseguiva dall'altra parte. Osservandolo, Ev sussultò. La marmorea superficie del lato più lontano del fiume era cambiata. L'acqua sembrava essersi fermata. Proprio così: ferma! La superficie sembrava congelata, ma l'altra metà del fiume continuava a scorrere. Chiamammo Dennis e Vanessa che ammisero l'assurdità di ciò che vedevamo. Mi allontanai, mentre loro speculavano sulle possibili cause: l'ora del giorno, la luce, un'illusione ottica e tutto il resto. Non mi curavo di queste discussioni. Ogni volta che cominciavano, sentivo che tutto stava procedendo per il verso giusto e che ognuno stava recitando bene la propria parte. Questa passività calma e intuitiva era nuova per me: forse intensificata dall'uso dei funghi, si era sviluppata nel mese passato in Colombia, prima di entrare nella giungla. Di solito avrei partecipato a queste discussioni, ora le lasciavo passare. Mentre camminavo, cercavo un posto per sedermi; Dennis mi diede da leggere il suo diario: 1 marzo 1971 Ieri notte, ho innescato nuovamente il fenomeno dopo aver mangiato un fungo e fumato dell'erba. È stato uguale alla prima volta, un'onda che si sollevava, pulsando con un ronzio vocale sempre più forte acquistando un'energia scioccante. Avrei potuto prolungare il suono, ma non l'ho fatto a causa dell'energia. Sono certo che presto potrò

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produrre il suono senza triptammina o altre droghe. È via via più facile connettersi e sento che è possibile in ogni momento. È una cosa che si può imparare e, in questo processo di apprendimento, la triptammina può aiutare ma, una volta capito e controllato, il fenomeno può essere prodotto senza triptammina. Per adesso, abbiamo provato l'esistenza di un particolare fenomeno vocale in due individui sottoposti a simili esperimenti. Ora dobbiamo capire che cos'è il fenomeno. Dobbiamo sperimentare con il suono e sviluppare teorie dai risultati. Terence ha sperimentato con questi suoni più di chiunque altro e ha scoperto cose interessanti.

Una cosa normalmente invisibile, come la rete sintattica che tiene insieme il mondo e il linguaggio, può condensarsi o cambiare il suo stato ontologico e diventare visibile. Sembra esserci una dimensione mentale parallela in cui ogni cosa è fatta della materia di un linguaggio visibile, un tipo di universo a noi prossimo abitato da elfi che cantano la propria esistenza e invitano coloro che incontrano a fare lo stesso. Lo stato innescato dal DMT, che permette esplosioni prolungate di questa energia, lui lo descrive come un livello sonoro che diviene più denso e si materializza in piccole creature simili a gnomi fatti di un materiale simile all'ossidiana, emesso dal corpo, dalla bocca e dagli organi sessuali, per tutta la durata del suono. È effervescente, fosforescente e indescrivibile. Le metafore linguistiche diventano inutili, perché questa materia è al di là del linguaggio, non un linguaggio fatto di parole, un linguaggio che diviene le cose che descrive. È un logos archetipo più che perfetto. Sono convinto che attraverso la sperimentazione con questi fenomeni vocali, con o senza droghe, sarà possibile capire e usare la sostanza translinguistica per raggiungere ogni realtà, poiché dire qualcosa con il suono significa farla accadere!

Non essendo chimici, avevamo reso la condensazione dello spirito con l'idea di una sostanza translinguistica. Parole, oggetti e cognizioni erano stati fusi nella migliore tradizione dello yoga tantrico. Mio fratello era immerso nell'impresa di rivelare il mistero alchemico tradizionale. Una frase così radicale potrebbe suonare esagerata se non fosse per le nostre lunghe e tediose speculazioni. I nostri studi in chimica della

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mente, il metabolismo della triptammina, la natura del pensiero, della consapevolezza, di storia, magia, sciamanesimo, fisica quantistica e relativistica, metamorfosi degli insetti, processi alchemici ecc., insieme all'intuitiva comprensione di eventi senza causa e sincronici ispirati dalla stropharia, ti permettono di tentare di capire da dove venga questo suono. Gli allucinogeni, toccando la matrice neurale, possono produrre cambiamenti della consapevolezza nella dimensione temporale. Certo, la consapevolezza può produrre cambiamenti anche a tre dimensiona: In triptammina è possibile, in condizioni particolari; sentire e vocalizzare un suono che passa attraverso una dimensione superiore e multiforme e si condensa come sostanza translinguistica, come per esempio materia che si duplica nel tempo, come un ologramma si duplica attraverso lo spazio. La sostanza prodotta dal suono è triptammina metabolizzata dalla mente in una dimensione spaziale superiore. È una molecola iperdimensionale che si trasporta in `questo" mondo. La natura iperdimensionale di questa materia è tale da essere fatta di tutti i materiali, concetti, eventi, parole, persone e idee omogeneizzate in una cosa sola tramite una più alta alchimia mentale.

Questa è l'idea del muco misterioso, la leggenda che sopravvive nelle zone meno conosciute dell'Amazzonia. Circolano voci circa un materiale magico generato dal corpo degli sciamani, che permette di curare, fare magie e ottenere informazioni non ottenibili attraverso i canali normali. Come gli specchi magici delle fiabe, i fluidi magici della foresta pluviale sono finestre aperte su tempi e spazi lontani. Il nostro compito era di creare un modello credibile riguardo al funzionamento del fenomeno, senza tralasciare le leggi fisiche o chimiche conosciute o quelle incerte. Dennis speculava nel suo diario. Ci sono molte domande riguardo la fenomenologia di questo ologramma temporale come matrice fluida. Speculando, direi che è triptammina metabolizzata iperdimensionalmente, un fenomeno alchemico che è la corretta unione di triptammina (un composto onnipresente in natura) con il suono prodotto dalla voce e mediato dalla mente. È la mente che dirige questo processo e la direzione consiste in un'armoniosa sintonia di un fenomeno audiolinguistico interiorizzato che potrebbe essere un tono di risonanza ESR, della molecola di psilocibina. Quando questo suono è esternato imitando a perfezione

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il suono interno, si crea la triptammina iperdimensionale. Questa sostanza è mentale come un'idea normale? È reale come un liquido normale, come l'acqua? Harner insisteva che, sotto l'influenza di triptammina inibitore MAO e di infusi di ayahuasca, gli sciamani jivaro producono un liquido fluorescente che è la base delle loro magie. Sebbene invisibile alla percezione ordinaria, si dice che questo fluido sia visibile a tutti coloro che hanno consumato la sostanza. L'ayahuasca è spesso associata ad aure viola e allucinazioni blu scuro. Questo può indicare un plasma termico, forse visibile solo nello spettro UV. Se questo fenomeno ricade nella categoria "mentale', rappresenta una comprensione perfezionata dell'iperdimensione chiamata da Jung inconscio collettivo, anche se ha il limite di non toccare lo spazio-tempo ordinario.

Cpn vent'anni di esperienza a ll e spalle, accumulati vivendo in un osservatorio privilegiato, queste parole mi sembrano arcane e ingenue. L'idea di una possibile metamorfosi unitaria dei mondi fisici e mentali è concettualmente difficile e antiintuitiva, ma la convinzione che ci fosse qualcosa dietro al fenomeno, o all'idea di esso, era un fattore centrale nell'indurci a esplorare lo sciamanesimo del bacino amazzonico. Quando lessi per la prima volta questi appunti, dubitavo di ciò che leggevo. Era contro ogni senso comune, non lo capivo. Oggi, dopo anni di studio dediti a capire gli eventi di La Chorrera, queste idee sembrano magicamente vicine e al tempo stesso lontane. Avevamo una teoria e un'esperienza e decidemmo che era venuto il momento di provare a unirle in un esperimento i cui risultati sarebbero stati ridicoli, a meno che non ci fosse un seme di verità nelle pazze idee nate in quel periodo. Più tardi, quella sera, io, Dennis ed Ev fumammo una canna di Santa Marta Gold. Era una notte calda e limpida. Quando ci sedemmo e cominciammo questo rito, Ev fece commenti sulla limpidezza serale e tutti e tre guardammo il cielo. La notte era inondata di stelle. Fumammo in silenzio. Dopo forse cinque minuti, ognuno di noi era perso nella propria mente. La cosa finì quando Dennis esclamò: "Guarda come sono cambiate in fretta le condizioni dell'aria. Ora si sta levando la nebbia". Era vero. Per venti metri in tutte le direzioni, c'era una fitta nebbia che avvolgeva il terreno. Mentre guardavamo, la nebbia divenne più spessa e si allargò su tutta la zona. In pochi minuti eravamo passati da un limpido cielo notturno a ll a nebbia più totale. Ero sinceramente colpito. Dennis fu

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il primo a fornire una spiegazione, con una convinzione che era più sconcertante del fenomeno: "È qualche instabilità barometrica causata dalla combustione della nostra canna". "Mi prendi in giro?" dissi, "Stai dicendo che il calore della nostra canna ha fatto condensare l'acqua in nebbia davanti a noi e che ha creato una reazione a catena in tutta l'aria saturata della zona? Stai scherzando veramente". "No, no, è così! E per di più accade per una ragione, forse il fungo ci sta dando un esempio. È un modo di mostrarci che piccole instabilità in un sistema possono innescare cambiamenti più grandi." "Oh, Cristo." L'idea di Dennis mi sconvolgeva. Non potevo pensare che la sua spiegazione fosse vera, né potevo capire cosa ci trovasse di sensato.* Per la prima volta, mi passò per la testa che stesse impazzendo. Non che ragionassi in termini psicanalitici, ma avevo l'idea che si stesse infilando in una realtà mitopoietica, o in altri termini che si fosse "fumato il cervello". A quel punto, la nebbia era impenetrabile e così ci ritirammo per la notte, ma non prima che Ev dicesse che nel silenzio che aveva preceduto l'apparizione della nebbia, aveva avuto un'allucinazione. Con gli occhi chiusi, aveva visto una strana creatura elfica che faceva rotolare per terra un poliedro complesso. Ogni faccia del poliedro sembrava una finestra aperta su un altro luogo nel tempo o su altro mondo. "È la pietra!", esclamai. Potevo quasi vedere la sua visione della lapis philosophorum, l'ambita meta di secoli di speculazione alchemica ed ermetica che faceva capolino nella notte amazzonica, e ora appariva come un grande gioiello multidimensionale, la pietra filosofale in custodia di uno gnomo tellurico. Il potere dell'immagine era profondo e toccante. Potevo sentire i sogni spirituali degli antichi alchimisti, grandi e piccoli, che avevano cercato la pietra nei loro laboratori fumosi. Potevo sentire la catena d'oro degli adepti che si estendeva nel lontano passato ellenistico, 1'"opera" ermetica, un progetto più grande dei secoli e degli imperi: niente di meno della redenzione di un'umanità decaduta attraverso la rispiritualizzazione della materia. Non avevo mai visto o immaginato il mistero dell a pietra, ma ascoltando la descrizione della visione di Ev, si formò un'immagine nella mia mente che è rimasta fino a oggi. È quest'immagine * Naturalmente, nessuno di noi poteva sapere che gr an parte delle ricerche matematiche nei decenni successivi avrebbe esplorato proprio questi concetti sotto il nome di teoria e dinamica del caos.

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della pietra filosofale come un gioiello iperdimensionale che si trasforma in un UFO, l'anima umana come un'astronave. È la panacea universale alla fine del tempo, tutta la storia non è che l'onda d'urto di questa realizzazione del potenziale nella psiche umana. Questi pensieri mi sembravano come l'agitarsi di qualcosa di vasto, qualcosa appena percepito che si dilatava su milioni d'anni, qualcosa come il destino dell'umanità e il ritorno dell'anima alla sua terrificante fonte nascosta. Cosa ci stava succedendo? La sensazione di stranezza era quasi palpabile. Scuri oceani di tempo e spazio sembravano fluire sotto i nostri piedi. L'immagine della terra nello spazio era emotivamente impressa nella situazione intorno a noi. E in che cosa consisteva quella situazione veramente? Giacevo sulla mia amaca, eccitato e sconvolto, sull'orlo del sonno, poi precipitavo in sogni profondi di cui non rimaneva nulla al mattino, tranne il ricordo del pigro spazio interstellare.

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In cui Dennis rivela la sua strategia per cominciare la grande impresa.

A MATTINA DEL 2 MARZO 1971, A LA CHORRERA, L'ALBA ERA CALDA

e cristallina. Questo era il giorno in cui io, Ev e Dennis avremmo preso possesso della casa nella foresta, che era finalmente libera. Quella mattina, il nostro trasloco aveva creato più eccitazione del solito. Per tre giorni, fino all'episodio della glossolalia del 27, Dennis aveva detto che l'energia del fenomeno era così grande che non era il caso di proseguire fino a quando fossimo rimasti isolati nella casa nella foresta. Per evitare il caldo del giorno, il nostro trasloco cominciò poco dopo l'alba. La pista da percorrere per raggiungere la nuova casa passava per i pascoli. Non eravamo stati là fin dall'ultima esperienza con i funghi, tre giorni prima. La stropharia era dovunque. Sembrava che non vi fosse neanche un pezzo di letame senza un'escrescenza d'oro fungina. Mi ripromisi che non appena avessimo traslocato nella nuova capanna, avrei ripreso i funghi comunque. Sebbene fossimo tutti presi dalle speculazioni, non ci eravamo dimenticati de lle nostre originali intenzioni botaniche, la ricerca dell'elusivo oo koo hé. Tutt'altro. La nostra intenzione immediata era di usare l'ayahuasca come inibitore MAO e come droga risolvi problemi, di far fermentare e di consumare il banisteriopsis caapi che io ed Ev avevamo preso da Basilio pochi giorni prima. Io ed Ev passammo il resto de lla giornata dopo il trasloco a pulire il ter-

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reno intorno alla capanna, togliendo radici dal suolo sabbioso. Le lasciammo essiccare al sole così da poterle usare come combustibile per il fuoco, che ci sarebbe servito per preparare l'ayahuasca. Nella fatica sembravamo esultare. L'energia e la luce erano in ogni cosa. Prendendo il suo taccuino, Dennis, che era rimasto per conto suo fin dall'esperienza con íl suono interiore, se ne andò verso un villaggio witoto distante tredici chilometri. A metà pomeriggio, tornò estremamente eccitato. Aveva finito di scrivere le note preliminari di The experiment at La Chorrera. È l'unico documento scritto da lui in quel periodo e, in quanto tale, è l'unica prova a testimoniare come ci sentissimo riguardo ciò che stavamo facendo, mentre lo stavamo facendo. Chiaramente, questi appunti non rappresentano l'edizione definitiva delle nostre teorie e non hanno un valore assoluto. Il miglioramento di queste idee è stato costante fin da lla loro creazione.* Ma la visione era completa e dettagliata. La teoria rappresentata negli appunti di mio fratello rimane il punto di partenza per capire l'effetto che era stato innescato il 5 marzo a conclusione dell'esperimento. I suoi appunti erano il nostro progetto e come tale funzionavano. Però non sono una lettura leggera e semplice, perché sono incasinati come un testo alchemico. L'alchimia è un test sia dei limiti del linguaggio sia dei limiti della materia. La macchina alchemica funziona al meglio nella fantasia. I maghi desidereranno dilungarsi su questi borbottii alchemici, che tenterò di decifrare nel prossimo capitolo. Il resto dei miei lettori potrebbe invece preferire saltare queste pagine e proseguire a leggere più avanti quella che è una buona storia, anche senza l'aiuto di arcane teorie. 2 marzo 1971 Ieri ulteriori esperimenti con il fenomeno dell'alterazione psicouditiva hanno suscitato nuove e interessanti questioni e hanno accresciuto la nostra incessante comprensione. Scelgo il termine "alterazione percepibile" perché la mia esperienza, finora, unita a ciò che mi è stato raccontato, mi porta a credere che tutto questo ha a che fare con il generare vocalmente uno specifico campo di energia che può rompere lo spazio tridimensionale. Non capisco se questo campo è elettromagne* Le basi scientifiche del nostro lavoro sono dettagliatamente descritte in The Invisible Landascape. Quell'opera presentava la ponderata e complessa posizione da noi elaborata nel 1975. Queste idee sono state di molto riviste dopo che i miti e gli errori presenti nella originaria concezione sono stati espunti.

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tico o no, ma sembra piegare lo spazio in modo tale da farlo quasi arrotolare su se stesso, su una dimensione superiore. Ecco come accade: Bisogna prendere abbastanza psilocibina per permettere al suono di essere udito. Credo che il suono sia dovuto alla risonanza di spin elettronico (ESR) degli alcaloidi di psilocibina contenuti nel fungo. La presenza di triptammina metabolizzante nell'ayahuasca agisce come un catalizzatore che sensibilizza la matrice neurale dell'ESR presente nella stropharia. È questo principio che permette al suono di essere sentito. Quindi bisogna amplificarli con l'antenna triptamminica aggiunta al massimo della sua estensione. Poi, attraverso il suono vocale, l'energia è inserita nel complesso arminico, dentro al corpo e dentro al fungo che è stato raffreddato in piccole parti fino allo zero assoluto, la temperatura a cui cessano le vibrazioni molecolari, con assunzione delle frequenze dell'ESR della psilocibina. Una volta che la frequenza ESR viene analizzata, è possibile amplificarla nei circuiti neurali incanalandola nel complesso arminico, per esempio, imitando l'ESR della psilocibina con la voce, costringendo il suono amplificato a causare un tono armonico con il metabolizzarsi arminico nel cervello e quindi stimolando l'ESR arminica. Finché i complessi arminici sono semplicemente nello stesso passaggio biosintetico che convoglia il triptofano nella psilocibina, è possibile considerare il tono dell'ESR della psilocibina come un sovratono armonico del sistema arminico e viceversa. Usando sovratoni armonici, è possibile suonare una nota che cancelli una o più delle sue ottave, riportate nelle scale armoniche sopra o sotto di essa. Possiamo facilmente dimostrarlo su un violoncello: suoniamo una nota, mettiamo la corda in La. Il suono è composto da onde-vibrazioni delle molecole dell'aria causate dalla corda, che funziona così da cassa di risonanza. La nota è udita molto chiaramente nella chiave in cui viene suonata, ma risuona anche in tutte le altre chiavi di La nelle ottave superiori e inferiori. È possibile eliminare il suono originale toccando semplicemente la corda in determinati punti armonici con leggerezza. Quando si compie questa operazione, le note ai registri inferiori e superiori diventano udibili. Se si conosce sufficientemente la teoria dell'armonica superiore, si può determinare quali armonici risuoneranno se verranno toccati determinati punti sulle corde. Se ciò si applica alla risonanza molecolare ESR, si verifica essenzialmente lo stesso principio. Quando si sente il tono dell'ESR della psilocibina con l'aiuto del triptamminide, questo urterà una nota armonica

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neva di poter fare grandi cose con questo suono, si stava dirigendo verso l'illuminazione o la delusione. Dennis sentiva che vocalizzando il suono, avrebbe emesso un segnale ESR, un suono amplificato modulato secondo l'ESR nato da ll a psilocibina che metabolizzava nel suo cervello. Produrre questo suono avrebbe innescato una serie di vibrazioni armoniche sopra e sotto gli altri composti attivi nel suo cervello. Ora, partendo da questa base teorica, decolliamo. Se lui fosse nel corretto orientamento spaziale rispetto alla molecola verso cui sta dirigendo il suono, interrompendo il vocalizzo, la molecola diverrebbe superconduttore, perché la sua vibrazione è stata cancellata. Fra i molti milioni di molecole colpite dal suono, poche decine o centinaia possono essere nell'orientamento geometrico corretto e il loro moto molecolare si fermerà quasi immediatamente. Una particolare proprietà delle basse temperature è che, fra le molecole, appaiono forti energie di collegamento. Una molecola vicina allo zero si può unire a qualunque cosa. Dennis provò a spiegare: "La molecola arminica, che è strutturata come una piccola campana, produce un ronzio e un suono simile al rintocco di una campana. Se viene cancellata, mentre c'è DNA neurale attivo nel cervello, la configurazione elettronica dell'armina è sufficientemente simile alla configurazione molecolare dell'adenina, una delle basi del DNA, che la rimpiazzerà. Si unirà nella catena. E quando è unita, il suo anello sarà attivato. È della stessa grandezza dell'adenina, ma un poco più complicata. Ha un anello di risonanza libero". Dennis fece una pausa e cercò di riorganizzare le idee per continuare l'esposizione. "Ora il normale ESR dell'armina è un semplice segnale, ma la risonanza dello spin elettronico del DNA è molto, molto complessa. È anche molto vasta. Quando l'armina finisce lì , cesserà di trasmettere la sua risonanza perché sarà strettamente connessa nella struttura della macromolecola. Inizierà invece a trasmettere l'ESR del DNA. È così. Se siete riusciti a seguire fin qui, il resto è semplice. Il DNA è ciò che sei tu. La forma fisica è solo un insieme di cristalli macrofisici succosi causati da un'espressione genetica: il risultato di enzimi messi in moto e codificati dal DNA. Il DNA neurale è conosciuto per essere non-metabolizzante. Non va via. La tua stessa pe ll e cambia ogni pochi anni, il tuo scheletro non è lo stesso che avevi sei anni fa, ma il DNA neurale è un'eccezione. È lì per tutto il tempo. Viene al mondo con te. Registra tutto ed è un'antenna della memoria. Non solo della nostra memoria personale, ma anche di quella di ogni entità o organismo che abbia DNA. C'è un modo per connettersi a esso. È il

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modo con cui apriamo il passaggio per l'immaginazione divina, è il modo in cui William Blake concepì la redenzione. Ora è alla nostra portata. Avviene così. Metti una radio nel DNA e la risonanza ESR comincerà a inondare il tuo sistema perché il legame sarà permanente: non c'è modo di distruggerlo. Ti potrà fornire qualunque informazione conosciuta nel mondo dello spazio e del tempo, perché contiene le memorie di ogni essere che sia mai vissuto. Siamo tutti connessi attraverso questa sostanza magica, che rende la vita possibile e che permette di prendere le sue innumerevoli forme. Tutto il DNA è lo stesso. Solo le collocazioni sono diverse; a seconda de ll a collocazione puoi ottenere una farfalla, un mastodonte o un essere umano." "La pensi così?", risposi senza prendere posizione, ma avevo la netta impressione di sfiorare il significato de ll e sue parole. Gli organismi sono strutture complesse che si sono evolute nell'arco di milioni di anni. Sono stati modellati dal flusso e dal riflusso del tempo su una scala più vasta di qualsiasi vita individuale. Nella loro embriologia, biologia e morfologia, gli organismi hanno scritto un messaggio riguardante la struttura dell'universo. Il misticismo ha sempre insistito su questo punto. La biologia molecolare, come erede della teoria dell'evoluzione, sembra confermarlo. Forse che la vita sia una strategia per amplificare l'indeterminatezza quantum meccanica a un livello dove un sistema chimico macrofisico, gli esseri umani, possa sperimentare e capire? Se uno di noi potesse ridisegnare farmacologicamente la nostra chimica neurocellulare, ci potrebbero essere nuovi regni di percezione da esplorare, nuovi mondi dell'immaginazione basati su nuovi equilibri dei neurotrasmettitori nei cervelli, ancora in evoluzione, degli esseri umani. Pensai: "Chi sono io per giudicare?" Ero intrigato dalla sua precisione nell'evocare queste idee, ma, per il momento, non sapevo cosa dire. Lui mi guardò, aspettandosi qualche parola. Credevo nel potere infinito e autotrasformante della mente umana e dell e specie viventi, e potevo immaginare che esistessero mondi paralleli e dimensioni alternative. Potevo immaginare possibilità fantascientifiche, a patto che non mi si chiedesse di credere che stavo assistendo a ll a loro scoperta. Ma questo era ciò che Dennis diceva: in qualche modo, eravamo incappati in un'esperienza il cui esito riguardava l'intero genere umano e che avrebbe trasformato la base ontologica de ll a realtà in modo che mente e sostanza divenissero la stessa cosa e riflettessero perfettamente la volontà. Come si potevano pensare cose simi li ? Eravamo venuti a La Chorrera con la convinzione che se la vita e la mente sono possibili, allora i misteri

dell'universo possono non avere fine. Ma qualcosa di inerte, e al tempo stesso molto presente, stava elaborando queste idee nelle nostre menti, qualcosa che per giorni avevamo pensato essere "il fungo". Parlammo per più di un'ora di queste idee e ciò che emerse fu la necessità di un test o, secondo Dennis, almeno di un test parziale per convincere me e i miei compagni. Lui pensava che quando lo stato superconduttore si fosse stabilizzato, ci sarebbe dovuto essere un notevole abbassamento della temperatura nella zona. Parlando, io e lui lasciammo la capanna e ci incamminammo sul sentiero nella foresta. Lui supponeva che fosse possibile tentare di generare l'effetto del freddo proprio lì. Ci sedemmo sul sentiero sabbioso fronteggiandoci, con il sole pomeridiano che incombeva su di noi. Dopo un paio di ronzii di riscaldamento, Dennis produsse un suono molto simile a quello che aveva prodotto tre giorni prima nella capanna. Questo suono ha una sua qualità estremamente peculiare, e, quando aumentò di intensità, guardai le mie braccia e ci vidi i peli ritti e la pelle d'oca, mentre un'onda di brividi intensi mi attraversava. Urlai a Dennis di smettere. Lo fece immediatamente, ma sembrò molto spossato dallo sforzo. Ero disorientato. Non potevo dire se ero stato investito da una vera ondata di aria fredda o se quel particolare suono aveva fatto reagire il mio corpo come se fosse stato esposto al freddo. Non avevo dimenticato che se l'effetto avesse davvero generato una corrente d'aria fredda, avrebbe violato le leggi fisiche conosciute. Ma non volevo sperimentare ulteriormente: l'intera faccenda aveva un'aura soprannaturale e, se l'effetto era reale, chi poteva dire cosa sarebbe successo se avessimo esagerato? Ero confuso più che mai dal mio enigmatico fratello e da ll e sue idee e abilità così esuberanti. L'intera faccenda sembrava assurda e irresistibile, come un gioco ipnotico in cui si viene coinvolti a proprio discapito. "Ora possiamo indire una conferenza stampa?", continuava a chiedere Dennis, sulla via del ritorno. Ero così perso nell'anticipazione deliziosa di un futuro precedentemente inimmaginabile che potevo appena sentirlo. Tornammo al campo e raccontammo a tutti i presenti che Dennis aveva creato un'onda d'aria fredda che era una prova pratica della sua teoria. La cosa era così incredibile che nessuno osò commentare. Dopo cena, Vanessa e Dave ritornarono a ll a casa sul fiume, mentre io, Ev e Dennis andammo a passare la nostra prima notte nella foresta. Dennis era in uno stato di attività continua, ampliando le sue idee e tentando con noi nuovi trucchi. Per quella notte e per il giorno successivo, si ritirò in un'intensa attività. Scrisse più volte le sue idee, i passaggi

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del funzionamento e la teoria pratica. Passava un sacco di tempo da solo, a scrivere, poi tornava tra noi a parlare. Era impegnato in qualcosa di estremamente strano; la sua visione del mondo faceva splendere la realtà e ne increspava i confini. Era davvero in contatto con questo fluido ribollente di ossidiana della quarta dimensione che noi dovevamo stabilizzare per un'utilità pratica. Fine della storia: andare verso le stelle. Il mio atteggiamento fu riassunto in un semplice: "OK, ci proveremo!" L'atmosfera era inzuppata di bizzarria. Eravamo arrivati al centro dell'Amazzonia e potevano percepire qualcosa nel cielo che ci osservava. All'inizio eravamo un gruppo di scoppiati che volevano esplorare un'ultima favola prima di divenire razionalisti per sempre ma, al contrario, avevamo incontrato qualcosa di enorme. Qualcosa di vivo, di molto vecchio e strano. Qualcosa che era peculiare da ogni punto di vista lo si guardasse. Ero poco creativo in quel periodo. Avevo preso i funghi ed ero in estasi per tutto il tempo. Era la prima volta nella mia vita in cui ero contento semplicemente di essere. Senza sforzi, ero arrivato a ll a conclusione che non avremmo mai lasciato La Chorrera e ritenevo che tutti condividessero quest'idea. Andarsene sembrava impensabile, d al momento che avevamo tutto ciö che volevamo. La sensazione di essere a casa e di essere nel luogo dove dovevo essere, era sconvolgente. Pensavo che sarei rimasto sempre ad ascoltare Dennis farneticare. La sua visione andava oltre i sogni più sfrenati di chiunque avessi mai conosciuto. Avevamo deciso che la sera successiva, il 4 marzo, avremmo fatto un test sulla teoria del legame tra armina e DNA. Notai con inusuale soddisfazione che quel giorno corrispondeva a un gioco di parole idiota che mi aveva colpito fin da piccolo: "Quale giorno dell'anno è un imperativo?", "March fourth!" [gioco di parole intraducibile poiché march fourth, significa "quattro marzo", ma anche "marcia diritto", N.d.T.]. "Che coincidenza," deliravo, "tentare di materializzare l'anima proprio in quel giorno". In modo assurdo, la coincidenza tra data e gioco di parole sembrava parte di un piano univers ale segreto che si sviluppava per portarci al momento culminante della storia, quando l'umanità avrebbe marciato in una dimensione superiore. I miei pensieri non erano esattamente paragonabili alla teoria superscientifica di mio fratello. Ero perplesso per ciò che stava accadendo. Quel giorno, il 3 marzo, mi divertii a costruire una pipa con gli strani frutti di macoubea a forma di cuore che avevamo preferito non mangiare. Da uno di questi frutti, una canna

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scavata e un po' di argilla, ricavai una pipa ad acqua che mi dava grande soddisfazione. Mentre il gergo biofisico ESR mi passava per la testa, contemplavo ciò che avevo forgiato con due piante e un po' di fango. Mi sembrava un'ingenua meraviglia, forse perché il frutto era così strano, con il suo aspetto non-terreno. Questa pipa avrebbe potuto essere costruita con uno dei frutti che la gentile Weena aveva offerto al viaggiatore del tempo nell'epopea di Wells. La mia pipa era un oggetto strambo e ossessionante e, quando veniva fumata, il borbottio dell'acqua suonava come il battere del cuore di un grande mammifero. Anche Dennis si fermò ad ammirarla e decidemmo che sarebbe stata usata nel nostro esperimento, quando fosse giunto il momento di fumare la corteccia d'ayahuasca per aumentare il livello di armina nel nostro sangue. Stavamo operando in un mondo in cui il metodo scientifico, il rituale e la partecipazione mistica erano inseparabilmente connessi. I nostri corpi e le nostre menti sarebbero stati i recipienti della trasformazione psicoalchemica che stavamo sperimentando. Nel pomeriggio, raccogliemmo delle radici e le lasciammo al sole. Sembrava che fosse l'attività più soddisfacente al mondo. Nulla poteva andare meglio. Quella notte, registrammo una cassetta con i nostri piani, ma sfortunatamente il nostro registratore non funzionava bene e così perdemmo tutto. Me ne dispiace molto, poiché il contenuto emotivo di ciò che stavamo sperimentando era rivelato chiaramente d alle nostre parole. La registrazione comprendeva più temi: • l'ipercarbolazione: questo era il nome dato al processo di alterazione del DNA neurale e del cambiamento dell'uomo in un essere iperdimensionale eterno. Nella nostra mente, lo consideravamo una cosa simile al concepimento sessuale. Ne parlavamo come della nascita di un'idea, il cui senso non è facile da concepire per menti non allenate a ll a schizofrenia. Speravamo che la mente, diretta da una volontà tesa a raggiungere il bene, potesse controllare il processo del concepimento e guidare questo processo verso la produzione de ll a resurrezione del corpo, modulata dall'immaginazione cara ai Padri della chiesa, agli alchimisti del Sedicesimo secolo e ai fan degli UFO. In questo senso, stavamo seguendo Jung che, presto, capì che un disco volante è un'immagine del sé, la totalità psichica repressa che si nasconde dietro l'apparente dualismo di mente e natura. Pensavamo che il campo della mente e la sua volontà tendente al bene, potessero essere la base del motore genetico de ll a vita. La speranza era che partendo da ll a biologia, il tantra potesse riunire la realtà della pietra

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vivente, l'unicorno chimerico della ricerca alchemica fatto per appoggiare la propria testa in grembo a lla fanciulla. In breve, sognavamo l'unione tra spirito emateria. • il morto: credevamo che l'ipercarbolazione fosse la sconfitta sciamanica della morte, che le porte attraversate ogni giorno dalla morte potessero essere aperte anche all'umanità ipercarbolata, che avrebbe avuto la libertà di movimento da e per l'eternità in cui tutti i membri della specie esistono come una realtà vivente. Carl Jung, Newton e Nabokov, Bruno, Pitagora ed Eraclito: l'incombenza di giganti provenienti dal passato umano era un'intuizione onniinclusiva che condividevamo e che non potevamo ignorare. Sembrava che ci fosse una discendenza ideologica, la catena d'oro, il cui impegno collettivo era la distruzione del continuum storico grazie alla generazione della pietra filosofale vivente dell'umanità ipercarbolata. Tutti questi visionari avevano avuto il loro ruolo nel progetto. Ora, il lavoro segreto della storia umana, la generazione del corpo cosmico di Adamo, perduta fin dal paradiso, si avvicinava alla completezza, queste ombre si agitavano presso il nostro accampamento amazzonico. Il nostro destino era apparentemente quello di essere atomi umani fondamentali per la trasformazione dell'homo sapiens in una galassia di vagabondi bodhisattva, il culmine e la quintessenza delle più alte aspirazioni dell'umanità che brama le stelle. Chi ha studiato psicologia riconoscerà questo come un caso evidente di ego messianico. Forse è così, ma noi sentivamo queste cose come le sentirebbe chiunque altro se credesse davvero di essere in una tale posizione nel corso della storia. Ci domandavamo: "Perché? Perché noi?" A tali domande, il fungo rispose nella mia mente senza esitazione: "Perché avete diligentemente cercato il bene e perché non vi siete fidati di altro essere umano più che di voi stessi". L'impatto emotivo di questi cambiamenti interiori era più intenso di qualunque cosa avessi mai provato. Mi sentivo umilmente riconoscente, riconoscente fino alle lacrime. Ero esaltato. Volevamo recuperare il paradiso all'umanità e ringraziammo tutti gli dei e la natura che la nostra impresa eccentrica, fra tutte le vite e i cammini vissuti sulla terra, fosse stata collocata dal destino così vicina al confine estremo. Dove l'antico sciamanesimo aveva fallito, noi saremmo riusciti. Il salvataggio della perla senza tempo dell'immortalità umana dal pozzo della morte, sarebbe divenuto una realtà per ogni persona mai vissuta, grazie all'ipercarbolazio-

UNA CONVERSAZIONE

SUI

DISCHI VOLANTI

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ne. Tutto il dolore, la sofferenza, la guerra e la disperazione sarebbero stati ripagati dall'intercessione del segreto di dimensioni superiori e di un flusso a ritroso di logica del tempo che in qualche modo cancella ciò che è già accaduto. L'onda di comprensione, che si era rafforzata dal 27 febbraio, era così forte da essere quasi visibile in ogni cosa intorno a me. La forma lenticolare della pietra filosofale che si avvicinava sembrava essere ovunque guardassi. Ogni forma intorno a me era ricca di profondità opalescenti, ultraterrene.

ILO

ANCO A SULL'OPERA" RA 99

In cui rifiniamo la teoria e cominciamo i preparativi per i voli sperimentali

dell'aerolite della conoscenza.

L GIORNO SUCCESSIVO EM IL TANTO Al "I ESO 4 MARZO. DOPO COLAZIONE,

non spegnemmo il fuoco come facevamo di solito. Invece, cominciammo a preparare i pezzi di banisteriopsis caapiin molti litri d'acqua sorgente. Il fuoco, alimentato da nodose radici seccate al sole, bruciava furiosamente. La pentola rispose con una bollitura rombante che, per fare l'infuso, è il massimo. Tutto il pomeriggio, noi tre cucinammo e parlammo poco. Dave e Vanessa passarono un po' di tempo a visitare e fotografare il vecchio villaggio di La Chorrera al di là del lago. Quella sera si unirono a noi per una cena leggera, poi ci lasciarono per permetterci di prendere l'ayahuasca e di cominciare il test sperimentale di ipercarbolazione senza di loro. Sono sicuro che la mente di Dennis, molto più della mia, fosse presa dai dettagli del test. Durante i giorni precedenti, ero stato spesso irritabile. Considerai questo mio umore come parte della gamma di effetti connessi agli strani sviluppi mentali che stavo sperimentando. Mentre Dennis si preoccupava di prospettive interiori, io ero il custode dall'occhio di falco del rito e dei fuochi sciamanici. Avevamo discusso parecchio riguardo al fuoco e riguardo al ruolo da esso giocato nel formare il mondo mentale degli antichi esseri umani. Una volta, mentre eravamo seduti a guardare fisso il nostro fuoco, Dennis disIl07

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se: "Gli esseri umani hanno guardato dentro fuochi come questi per migliaia e migliaia di anni. Lo scoppiettare di questi carboni è il rilascio di plasma ionizzato e nelle onde pulsanti di elettroni liberi si può vedere il passato e il futuro. Il fuoco è il luogo da dove provengono le idee". Restai in silenzio. Poi sentii i nostri antenati presenti dall'altra parte dell'interfaccia rappresentata dalla fiamma. "Cosa ci sta accadendo?", mi domandai di nuovo, ma non dissi nulla poiché il silenzio sembrava più eloquente. Dennis, totalmente occupato a creare un test che avrebbe rivelato il fenomeno in modo tale da vincere lo scetticismo, passò gran parte del giorno a scrivere furiosamente. 4 marzo 1971 È ora possibile ricostruire l'idea fisico-chimica che si è sviluppata nel processo di comprensione di questo fenomeno; per esempio, la rotazione quadridimensionale della materia. Esaminando il modello linguistico che abbiamo costruito, ho capito che l'interferenza di onde ESR che compirà il lavoro agisce in modo differente da come avessi pensato. Si può spiegare così: la psilocibina presente nel fungo agisce come un'antenna per prendere e amplificare i toni armonici di ESR di tutti i componenti derivati da triptofano di tutti gli organismi viventi alla sua portata. Poiché la psilocibina, quando viene metabolizzata, è superconduttore, significa che la sua portata di ricezione è teoricamente infinita. L'antenna raccoglie un segnale la cui origine ultima è la totalità delle creature viventi; ma poiché il metabolismo della psilocibina avviene dentro al cervello (o al fungo) a un voltaggio molto basso, l'antenna si comporta come se la sua portata fosse limitata, anche se è superconduttore.

Vedo questa nozione come un tentativo di spiegare il senso reale dell'interconnessione informativa che pervase la nostra esperienza, che avvenne in una delle foreste tropicali più fitte del pianeta. Sembrava che fossimo in contatto con la mente vivente de lla foresta tropicale. Forse i composti triptamminici erano i mediatori dei meccanismi segnalatori della struttura di comando e di controllo che regola e integra l'intero ecosistema. Ancora Dennis: Sembra chiaro che il segnale, che può essere percepito chiaramente quando siamo sotto l'effetto dei funghi in quest'area ecologicamente

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tanto concentrata, ha origine nella risonanza ESR dell'ayahuasca, sebbene forse tutta la biosfera sia raccolta e trasmessa, amplificata dal trasduttore superconduttore dell'ayahuasca. Questa intuizione chiarirà precisamente ciò che accadrà al momento della torsione quadridimensionale. Ingerire l'armina dell'ayahuasca accelererà il processo di metabolismo abbastanza da amplificare il proprio tono ESR a un livello udibile; questo tono ESR cancellerà armonicamente il tono ESR della psilocibina dentro il fungo, provocando la perdita del suo campo elettrico e la rottura in una configurazione superconduttiva. Il segnale ESR dell'ayahuasca trasformerà il fungo in un'antenna superconduttore; è quindi pronto perché il composto armina-psilocibina-DNA sia metabolizzato nel corpo, condensato nella sua forma caricata. Un microsecondo dopo che il fungo è stato caricato superconduttivamente, la sua onda amplificata ESR cancellerà i segnali ESR di triptammina e armina, metabolizzando nel corpo e nel materiale genetico. Questo indurrà i composti a finire nella configurazione superconduttiva e a unirsi nel momento esatto in cui si uniscono alla forma del fungo in attesa. Questo trasferimento di composti superconduttori caricati dentro al corpo a una forma superconduttore preparata dentro al fungo, non accadrà nello spazio tridimensionale; nessun trasferimento fisico sarà visibile, dacché il materiale superconduttore organicamente trattato si unisce alla forma del fungo attraverso una dimensione spaziale superiore.

A questo punto, il razionalista si dispererà. Infatti, quale abisso di assunti teorici non provati e supposizioni fantasiose si nasconde dietro la frase "attraverso una dimensione spaziale superiore"? Comunque, come gli antichi alchimisti, Dennis sembrava agire secondo l'assunto che l'esperimento, una volta riuscito, avrebbe dato validità alla teoria. Come il vocabolario dell'alchimia, le sue parole univano moderni formalismi scientifici e aspirazioni ermetiche. Aveva creato un nuovo ordine alchemico e aveva innalzato lo spettro della speranza alchemica come una fenice dalle ceneri della modernità. Il risultato sarà l'opera delle opere, la meraviglia che non può essere narrata, quattro dimensioni catturate e compresse in tre. La pietra sarà tutte le cose; ma gli elementi che sono uniti nell'iperspazio per formarla sono tra i più comuni prodotti naturali, e la funzione e la posizione di ciascuno nella pietra possono essere compresi. La pietra è

VERE A1_.LUC1NA' QN1

ANCORA SULL'"®PERA"

un circuito iperdimensionale allo stato solido che è di struttura quadripartita: I) la psilocibina viene caricata nel fungo per agire da architrave su cui il resto del circuito è condensato. Allo stato finale, la psilocibina agisce come un'antenna superconduttore per captare le informazioni diffuse attraverso spazio e tempo. II) il complesso di armina caricato superconduttivamente nella pietra agirà da trasmettitore e da fonte di energia. È interessante notare che la stessa energia che mantiene i circuiti dell'antenna in uno stato di superconduttività, sosterrà anche tutto l'insieme. III) il terzo composto della pietra è il DNA unito e risonante attraverso l'armina. Costituirà la memoria iperdimensionale olografica del meccanismo, conterrà e illustrerà la storia genetica di tutte le specie. Sarà la memoria collettiva del meccanismo, e tutti i tempi e i luoghi e le forme concepibili saranno accessibili in questa matrice. IV) la quarta parte del circuito sarà l'RNA caricato superconduttivamente (di solito la funzione dell'RNA è di leggere il codice molecolare del DNA e di trascriverne i geni in molecole di proteine utilizzabili). Grazie alla sua funzione di replica orientata attraverso l'iperspazio, l'RNA sarà in grado di proiettare una forma simile a un'onda, un'immagine olografica a tre dimensioni, e perciò darà istantaneamente forma a qualunque idea. Compirà la stessa funzione che ha sempre avuto il processo di replica attraverso il tempo. Ma, d'ora in poi, la replicazione sarà in parte soggetta al capriccio della coscienza. Il motivo per cui io e i miei compagni siamo stati scelti per capire e innescare l'onda gestaltica di comprensione che sarà la liberazione dello zeitgeist iperspaziale, mi sembra ogni momento più chiaro, sebbene sappia che non capirò completamente la nostra missione sino alla fine del lavoro. Saremo istruiti nell'uso della pietra da alcuni saggi e abili compagni della comunità iperspaziale: ne sono sicuro. Sarà come ricevere le chiavi della cittadinanza galattica. Penso che saremo i primi cinque esseri umani a essere istruiti nel suo uso. Distribuirà la nostra missione selettivamente al resto dell'umanità, ma lentamente, e in modo tale da placare lo shock culturale. È anche corretto che almeno alcuni segmenti della specie abbiano un annuncio delle implicazioni e delle possibilità di quest'ultimo prodotto della cultura. E così ora, contro ogni probabilità e contro le circostanze, io e i miei compagni abbiamo il peculiare privilegio di sapere che la storia finirà.

Sarebbe una strana posizione, se essere in tale posizione non si accompagnasse a una piena comprensione delle forze che hanno portato lì. Fortunatamente, poiché il fenomeno è un'accelerazione della comprensione, si possono cogliere meglio le forze che hanno piegato spazio, tempo, pensiero e cultura per focalizzarsi in questo punto.

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Come questa monumentale e imperscrutabile frase suggerisce, Dennis stava svoltando qualche sorta di angolo. Sotto l'influenza delle sue idee e delle immagini, le nostre vite erano diventate pura fantascienza. Questa intera trasformazione era stata raggiunta aprendo la nostra immaginazione collettiva. Ma cos'era cambiato? Stavamo per prendere il timone della storia nelle nostre mani, o questa faccenda era solo un altro tentativo mal riuscito di raggiungere il potere di un archetipo che deve sempre sfuggire di mano? Ora, posso guardare alla mia vita come se fosse illustrata sulloscanner della memoria e posso capire tutti quei momenti che preannunciarono questo. È facile vedere oltre la storia personale e oltre gli eventi della storia umana, e capire la prefigurazione di quest'ultimo momento. Il fenomeno è sempre esistito e continuerà a esistere, perché è il confine estremo della comprensione fenomenica che fu generata nell'era prima della fisica e che ha accumulato un'accelerazione costante fin d'allora. La nostra meta all'interno delle tre dimensioni è il passaggio di quest'onda di comprensione a una dimensione superiore, il regno dell'atemporale. Farà questa transizione attraverso uno di noi. Ma non ci sarà alcun cambiamento nell'ordine cosmico perché il fenomeno ha accumulato accelerazione fin dall'inizio e fluirà attraverso e oltre tutte le dimensioni con la stessa disinvoltura con cui è entrato, fino a muoversi finalmente attraverso tutti gli esseri, in tutte le dimensioni. La sua gioia sarà completa quando avrà raggiunto una piena comprensione attraverso la creazione. Se inneschiamo l'escatologia sembreremo degli anticristi, ma il vero Anticristo è la riflessione storica distorta di Cristo alla fine del tempo, il cosmico Adamo anthropos. Il Cristo escatologico è l'Anticristo, solo visto da una prospettiva storica. È interessante notare che presso i Mezatechi e presso altri gruppi tribali delle montagne del Messico centrale, l'idea di Cristo è connessa ai funghi: si tratta di sincretismo o di profezia?

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VERE A1.E.,UCINAZION1

ANCORA SITg.II."° OPEh2A"

La cena collettiva con Dave e Vanessa nel nostro campo, con l'infuso di ayahuasca che si raffreddava sullo sfondo, non fu esattamente bri ll ante. Ora le posizioni relative al fenomeno erano polarizzate in maniera inconciliabile. Dave e Vanessa non arrivarono che a ll a fine della giornata, quando si unirono a noi nella capanna per una fumata. La discussione portò a un aggiornato schema finale dell'esperimento proposto per la serata. Dennis parlò: "Troveremo un fungo vivo e metabolizzante. Gli scaveremo il letame intorno e lo porteremo alla capanna. Dobbiamo avviare la connessione nel fungo perché non sappiamo cosa accadrebbe se fosse fatta nei nostri corpi. Tutto è possibile. Con la tua voce, la tua mente e un fungo, queste cose possono essere realizzate. Questo è tutto ciò di cui hai bisogno. Niente acceleratori di particelle o roba del genere! Con un'energia centinaia di volte inferiore all'energia di una normale pila, è possibile squarciare spazio e tempo". L'aria era pesante e piena di ioni caricati. Dave era pieno di dubbi; mentre parlava, udimmo un tuono distante proveniente da ll a giungla. Le obiezioni di Dave a ciò che stavamo facendo erano piene di emotività e di timore, nello stile "l'uomo non è fatto per sapere queste cose". Non era ciò che ci aspettavamo da un collega. Tentammo di rassicurarlo, ma lui si agitò e fuggì da ll a capanna, forse per tornare a ll a casa sul fiume. Invece, subito dopo udimmo un'esclamazione di paura, una sorta di lamento, un urlo sconvolto. Ci precipitammo tutti fuori e trovammo Dave pallido come un morto, che fissava il cielo puntando un dito. La luce di un primo quarto di luna illuminò il cielo. Sopra il sentiero, c'era un enorme testa di tuono nera che sollevava la sua forma contorta per centinaia di metri per l'umidità e l'aria satura di elettricità. Sembrava un enorme millepiedi con grandi fulmini che si agitavano nella sua parte bassa, colpendo la cima del baldacchino della giungla con un ruggito che, quando piombò su di noi, era assordante come una cannonata. Tra le urla del vento che mise la giungla intorno a noi in frenetica agitazione, udii Dennis dire: "È un'onda di ritorno del passaggio imminente. Sta dicendo che non ci sono dubbi sul nostro successo!" Dennis urlava, mentre affondava nel suolo sabbioso, quando le prime enormi gocce cominciarono a cadere. Pensai ad Achab che diceva: "Colpirei il sole se mi insultasse. Perché se lui potesse, potrei anch'io: c'è sempre una forma di equilibrio". Mentre i suoni spaccavano i timpani, ci ritirammo nella capanna e Vanessa si distorse una caviglia contro il tronco che fungeva da scalino. In pochi minuti, la tempesta se n'era andata, lasciando spazio a un tramonto caotico e agitato.

L'improvvisa tempesta elettrica e il suo impatto su di noi fu presa come un segnale da parte di entrambe le fazioni. Io, Dennis e Ev pensammo che fosse connessa a un feedback dell'esperimento che stavamo per tentare. Dave e Vanessa la consideravano una piccola dimostrazione di ira divina per le nostre aspirazioni prometeiche. La possibilità che non avesse a che fare con noi, non fu neanche considerata. "È questa la guarigione della T spezzata che il mio astrologo aveva predetto?", domandò Vanessa (che è una Scorpione) non rivolgendosi a nessuno in particolare. Io ed Ev condividemmo un pasto leggero con i nostri ospiti, mentre Dennis digiunò. Dave e Vanessa ci augurarono buonanotte e buona fortuna, e si affrettarono verso íl fiume. Noi tre restammo soli e non c'era altro da fare se non il test di Dennis, che aveva causato una tale tensione nella nostra spedizione. L' ayahuasca era pronta. In seguito, dopo aver visto l' ayahuasca preparata dagli sciamani peruviani, sono sicuro che la nostra mistura fosse troppo debole per avere una qualche importanza in ciò che accadde dopo. Se è possibile individuare un agente causale, questo fu il fungo. I funghi che avevamo, sia quelli che già avevamo raccolto sia il campione portato a ll a capanna, erano in situ, nella loro casa di letame. Dennis disse che doveva essere presente de ll a psilocibina viva e metabolizzante. Avevamo appeso la crisalide di una morphoea vicino al fungo, così che anche il tessuto animale in metamorfosi fosse presente. Quale parte era scienza e quale rituale? Non lo sapevamo e non lo potevamo dire. Le scommesse erano chiuse. L'ispirazione poetica e l'intuizione scientifica erano fuse insieme.

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^l E ESP KRIM .ENTO A LA Cl- ORRERA

In cui si tenta l'esperimento e i fratelli McKenna sono sconvolti dalle sue inaspettate conseguenze.

A NOTTE DEL

4 MARZO ERA TOTALMENTE BUIA. ERA ARRIVATO UN

banco di nubi basse ad avvolgere il piccolo mondo di La Chorrera, incartandolo in un'oscurità di velluto. Dopo la tempesta avevamo riacceso il fuoco e avevamo bollito parecchi litri d'acqua per il nostro infuso di banisteriopsis caapi, così che fosse molto più forte di prima. Aggiungemmo delle foglie che Dennis aveva raccolto quel giorno vicino al chorro e le usammo nella miscela di DMT. Speravamo che le piante per la miscela avrebbero procurato abbastanza DMT per innescare le forti allucinazioni per cui l'infuso era famoso. Avevamo identificato queste piante come justicia pectoralis var. stenophilla, una pianta forse usata nella miscela dell'ayahuasca su a Nord. Ora, anni dopo quella sera, non solo metto in dubbio la concentrazione a cui preparammo la banisteriopsis, ma anche la nostra identificazione de lle piante per la miscela. Non c'è dubbio che c'era una notevole concentrazione alcaloide di armina nell'infuso, ma più tardi appresi che non era abbastanza da provocare un'intossicazione. Gli alcaloidi di armina presenti erano, a mio parere, aumentati dalla psilocibina accumulata nei nostri corpi o, meglio, l'effetto inibitore MAO di queste beta-carboline spinse la psilocibina residua a emergere nella coscienza come una profonda esperienza allucinogena. Mentre finivo la cottura, Ev e Dennis andarono sulle loro amache ad 115

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VERE ALLUCINAZIONI

aspettare il completamento dei preparativi. Ridemmo insieme parlando tranquillamente. Ma, nonostante ciò, c'era una tensione di sottofondo, mentre preparavamo l'esperimento in cui avevamo riposto così tanta energia. Mentre ci avvicinavamo al momento critico, Ev e Dennis divennero via via più goffi e mi sembrava che non controllassero bene i loro corpi: era questo che li aveva spinti verso le amache. Io non avevo problemi e riuscivo a prendermi cura di tutto. Nella sua amaca Dennis mangiò due funghi per preparare l'esperimento; io ed Ev lo imitammo. Alla luce del fuoco, la nostra palafitta con le sue esili colonne sembrava una piccola astronave caduta da un mondo alieno nella giungla ululante. Ci sentivamo come se stessimo per entrare nell'iperspazio. Potevi sentire energie immense che si accumulavano. L'effetto era rinforzato da ll e amache che ondeggiavano come cinghie di accelerazione pronte ad accogliere un equipaggio ste ll are Su ll a sua amaca Dennis aveva difficoltà a tenere in mano la penna, ma riuscì a scrivere furiosamente riguardo all'esperimento: Il fungo sta metabolizzando dentro i nostri corpi; ciò si è accordato all'architrave di triptammina nel fungo vivente ed è stato sensibilizzato per la condensazione della molecola armina-psilocibina-DNA. Quando si ingerisce l'ayahuasca, l'armina comincerà a metabolizzare dentro al corpo. L'ESR del circuito di psilocibina presensibilizzata cancellerà immediatamente lESR dell'armina e la collegherà superconduttivamente con il complesso DNA-RNA sia nei nostri corpi, sia nel fungo simultaneamente, in una dimensione superiore. Completato il collegamento, l'unità di guida della memoria di armina-DNA condenserà nel circuito di psilocibina in attesa e in carica dentro al fungo. Noi vedremo questa condensazione, non appena apparirà nel fungo nel medesimo istante in cui il collegamento si completerà in una dimensione superiore.

Non avevo idea di ciò che significasse o a che cosa stava portando. Decisi che sarei stato solo un buon testimone. Di certo o non sarebbe accaduto nulla o c'era da aspettarsi qualcosa di grandioso. Dennis spiegò che non riusciva a muoversi a causa dello scorrere inverso del tempo. Le crescente limitazione nella scelta dei futuri possibili l'avevano reso quasi immobile, solo la mente era libera. Finimmo di bollire l' ayahuasca. Aggiunsi all'infuso le piante di miscela. Po rt ai prima l'ayahuasca e poi il fungo nella capanna. Con quegli elementi eravamo pronti a cominciare.

L'E5PER1MENT

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Dennis cominciò íl conto alla rovescia, eravamo completamente trasformati dall'idea che avremmo potuto assistere all'esplosione del tempo. Disse che questo sembrava rallentare mentre ci avvicinavamo al momento. Non avevamo preso allucinogeni per parecchi giorni, così l'effetto che avremmo sperimentato non sarebbe derivato da ll e esperienze precedenti. Qualcos'altro stava accadendo. Come prova di questa sorprendente affermazione, ci disse di osservare la candela che avevo appoggiato a un pezzo di legno che sporgeva dal muro. Sorprendentemente, la candela aveva cominciato a piegare il suo angolo di riposo fino a trovarsi in una posizione assurda, contraria a ll a gravità poiché, lui diceva, il tempo passava così lento che non potevamo vedere che si trovava sul punto di cadere. Mi avvicinai e mi piegai verso la fiamma. Il fuoco sembrava fermo, completamente congelato. La mia mente tornò al momento in cui il fiume sembrava essersi fermato. La fiamma era magica. Sebbene tentassi, non vidi movimento di particelle né di gas. Sembrava che io possedessi la mia consueta libertà di movimento, ma che il mondo intorno a me fosse arrivato a uno stato cristallino e soprannaturale. Fu infine Dennis a dire: "Una serie di livelli d'energia deve essere spezzata per unire il tutto. È in pa rt e mitologia, parte psicologia, parte fisica applicata. Chi lo sa? Faremo tre tentativi prima di interrompere l'esperimento". Bevemmo tutti l'ayahuasca. Il gusto era aspro e astringente, come una salsa di cuoio, ma svanì in fretta mentre il liquido scendeva ribollendo nelle nostre budella. Dennis prese un altro fungo per aiutarsi a sentire la nota. L'oscurità fuori era totale e noi non avevamo orologi; sembravano ore da quando Dave e Vanessa se ne erano andati. Tutto era finalmente pronto: il fungo vivente, l'infuso di armina e una mistura di armina da fumare, caso mai... Dopo aver bevuto circa mezza tazza di infuso di ayahuasca, ci fermammo ad aspettare. Per parecchi giorni Dennis era stato ad ascoltare la nota ESR che stimaya essere il sine qua non per ciò che stavamo tentando. Dopo circa un quarto d'ora, annunciò che poteva sentirla più chiaramente e che stava aumentando d'intensità. Ci disse che si sentiva pronto a tentare l'esperimento in ogni momento. Ci accordammo per spegnere la candela ogni volta che si fosse formato il suono, per non appesantire le nostre menti a ll a vista delle distorsioni facciali triptamminiche causate dallo stesso strano suono. Anni prima, all'apice de lle avventure da DMT con la nostra gang a Berkeley, eravamo

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VERE

ALLIJC1NAZ7ON1

stati testimoni di spasmi della muscolatura del volto da far venire la pe ll e d'oca, poiché evocavano le entità del buddismo tantrico: gli occhi fuori dalle orbite, la lingua in fuori e incredibilmente lunga o cose del genere. Dennis, poi, si sedette sull'amaca. Spensi la candela e lui emise il suo primo urlo di ipercarbolazione. Era meccanico e forte, come un muggito di toro e finì con una convulsione che gli attraversò il corpo e lo fece cadere giù dall'amaca, sul pavimento. Riaccendemmo la candela solo per verificare che tutti volessimo continuare e ci accordammo: Dennis avrebbe fatto il prossimo tentativo stando seduto sul pavimento. Così accadde. Di nuovo seguì un lungo, rombante yodel, strano e meccanico. Suggerii una pausa prima del terzo tentativo, ma Dennis era agitato e ansioso di farcela. Ci preparammo per il terzo urlo e quando arrivò fu come gli altri ma molto più lungo e più rumoroso. Come una sirena elettrica che ululava nell'immobile giungla notturna, continuò a lungo e, quando finalmente si affievolì, anche questo fu come lo spegnersi di una sirena. Poi nell'assoluta oscurità de ll a capanna amazzonica, si fece silenzio, il silenzio della transizione da un mondo all'altro; il silenzio del Ginnunga gap*, quella cruciale esitazione fra un evo terreno e la susseguente mitologia scandinava. In quel gap s'intromise il canto del gallo de ll a missione. Cantò per tre volte, chiaro ma lontano e sembrava confermarci come attori sulla scena e parte di un progetto drammatico. Dennis aveva detto che se l'esperimento fosse riuscito, il fungo si sarebbe distrutto. Il fenomeno di bassa temperatura avrebbe fatto esplodere la materia cellulare e sarebbe rimasto un anello viola di luce della grandezza della cappe ll a del fungo. Sarebbe stato il modello lenticolare, o la pietra filosofale, o chissà cos'altro. Poi qualcuno ne avrebbe preso il controllo. Sarebbe stato come se qualcuno avesse partorito la propria anima, il proprio DNA esteriorizzato come una specie di fluido vivente fatto di linguaggio. Sarebbe stata una mente che poteva essere vista e tenuta in mano. Indistruttibile. Un universo in miniatura, una monade, una parte di spazio e tempo che magicamente condensa in sé tutto lo spazio e il tempo, compresa la propria mente, una mappa del cosmo così vera da essere il cosmo: quello era il coniglio che Dennis voleva estrarre dal cappello quel mattino. * L'immenso spazio cosmico della mitologia scandinava e germanica, dove si stendevano i regni di Niflheim (il luogo dei morti) e Mulpelsheim.

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A LA CFiORRERA

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Dennis si chinò verso íl fungo ancora intero che stava nell'area dell'esperimento: "Guarda!" Mentre seguivo il suo sguardo, alzò il braccio e attraverso il cappello espanso del fungo cadde l'ombra del suo ruana, una specie di poncho usato dai contadini sudamericani. Chiaramente, ma solo per un momento, quando l'ombra tagliava in due la cima bri ll ante del fungo, vidi non un fungo maturo ma un pianeta, la terra, lucente e viva, blu, marrone e splendidamente bianca. "È il nostro mondo", la voce di Dennis era piena di emozioni insondabili. Potevo solo annuire. Non capivo, ma lo vidi chiaramente, sebbene la mia visione fosse solo l'impressione di un momento. "Ce l'abbiamo fatta", proclamò Dennis. "Non capisco!" dissi subito, ed era vero, "Andiamo ai pascoli. Ho bisogno di pensare", aggiunse Dennis. Ev era distrutta dalle attività della notte e probabilmente era contenta che la lasciassimo nella capanna con l'arrivo dell'alba che prometteva un nuovo giorno. Mentre scendevamo la scala fino a terra, ero colpito dallo scenario di assoluta confusione che le nostre attività si erano lasciate dietro durante le ultime frenetiche ore. Il nostro immenso fuoco ora non era altro che ceneri bianche. I rifiuti de ll a preparazione dell 'ayahuasca stavano lì vicino e sembravano un mucchio di alghe marine sulla spiaggia. Ogni cosa era sparpagliata in giro. Camminavamo attraverso tutto questo, scrollandoci la stanchezza dal corpo e fermandoci per spruzzarci il viso d'acqua presso il piccolo ruscello che attraversava il sentiero. Non avevamo ancora parlato, quando Dennis ruppe il silenzio: "Ti stai chiedendo se ce l'abbiamo fatta?" "Sì, cosa è successo? Stai dirigendo tutto tu. Dimmi, cosa sta accadendo?" "Non sono sicuro del come, ma ce l'abbiamo fatta. Ci devo pensare su". Sebbene l'effetto dei funghi e dell 'ayahuasca della notte prima sembrasse svanito, la mia mente era piena di domande. Mentre camminavamo, Dennis faceva commenti occasionali che, notai con sorpresa, erano risposte alle cose che stavo pensando senza esprimerle. Mi fermai un attimo. Formai con chiarezza una domanda nella mia mente. Dennis, con la testa vicino a me, cominciò a rispondere senza aspettare che dicessi i miei pensieri ad alta voce. Ero confuso. "Era dunque questo?", mi domandai. Aveva in qualche modo acquistato poteri telepatici? "No", replicò lui, c'era ben più di quello. Secondo Dennis, l'unione dell'armina con il suo DNA gli aveva aperto

VERE ALLUCINAZIONI

L'ESPERIMENTO A LA CHORRERA

immediato accesso a un enorme deposito cibernetico d'informazione. E questa informazione era disponibile liberamente a chiunque nel mondo guardasse nella propria mente, precedendo la domanda con la parola "Dennis". L'assurdità della seconda metà della frase mi colpì moltissimo. Ma, naturalmente, davanti alla sua insistenza, feci un test. Presi una piccola pianta ai miei piedi, chiusi gli occhi e chiesi: "Dennis, qual è il nome di questa pianta?" Immediatamente e senza sforzo schioccò nella mia mente un nome scientifico, che ora ho dimenticato. Cercai di ripetere la cosa con un'altra pianta e con mia sorpresa ricevetti una risposta differente. L'esperimento sembrava garantire che qualcosa nella mia testa dava le risposte, ma non potevo dire se fossero giuste o no. Ero scosso. Quando lasciammo la capanna, ero sicuro che avevamo fallito e che dovevamo rivedere il nostro approccio. Ero quasi sollevato perché l'avevamo affrontato in maniera ossessiva. Ma adesso, mentre camminavamo, potendo sentire nella mia testa una voce che dava risposte, per quanto inutili e imprecise, a ogni domanda, ero meno sicuro. Dennis era stranamente preoccupato, ma mi rassicurò che il suo tentativo era stato un successo e che in tutto il mondo l'onda dell'ipercarbolazione stava attraversando il genere umano, eliminando la distinzione fra individuo e comunità, mentre ognuno poteva scoprire se stesso spingendosi nell'oceano telepatico il cui nome era quello del suo scopritore: Dennis McKenna. Mentre osservavo la mia mente e osservavo mio fratello delirare, cominciai a realizzare che l'esperimento aveva senza dubbio scatenato un effetto incredibile. Mi chiedo ora perché fu così facile per me saltare dall'idea che stavamo avendo una bizzarra esperienza localizzata a lla conclusione che eravamo parti-chiave di un fenomeno planetario. È una domanda importante e senza risposta che dice molto riguardo alla mia disponibilità alla suggestione in quel momento. Ero probabilmente vittima di un'allucinazione cognitiva; cioè, al contrario di un'esperienza visiva di qualcosa non presente, un'allucinazione cognitiva è un cambiamento totale ai più alti livelli dell a nostra relazione intellettiva con il mondo. L'allucinazione cognitiva indotta da lla psilocibina faceva apparire l'impossibile probabile e ragionevole. Fui pervaso dall'estasi quando compresi che avevamo passato il punto omega e che adesso stavamo vivendo nelle prime fasi della nuova era. Entrambi sentivamo crescere la nostra eccitazione mentre ci convincevamo che ora, in qualche modo, il mondo era radicalmente e fondamentalmente diverso.

"Dev'essere così", disse Dennis. "Non abbiamo condensato la pietra nello spazio visibile, ma l'abbiamo generata nelle nostre teste. Non appare immediatamente come un veicolo visibile ma, innanzitutto, come un insegnamento, l'insegnamento che ora noi sentiamo nelle nostre teste. Poi, le parole diventeranno carne". Non riuscivo a fare altro che fissare mio fratello. Chi era e com'era capace di sapere e fare questo genere di cose? Potevo solo tirare a indovinare. "Ora mamma e un mucchio di gente morta diventeranno presto visibili. Senza dubbio arriverà Jung e, accidenti, voglio proprio sapere cos'ha da dire". Mentre parlava, Dennis guardò dietro la mia spalla allungando il collo per vedere chi si avvicinasse a lla nostra capanna. "Quello è Nabokov, Sunny Jim, quel bravo ragazzo di Joyce o è quel rompiscatole di Nick Cusa?" Ci abbracciammo, ridendo. Mi sentivo guidato come un bambino piccolo. Senza motivo, avevo smesso di interrogarmi; sentivo invece il desiderio di vedere altra gente e di percepire la loro immersione nel nuovo cielo e nella nuova terra. Sarei andato al fiume a prendere Dave e Vanessa per ritornare con loro alla foresta. Dennis sarebbe andato al campo per spiegare a Ev cosa stava accadendo. Appena mi mossi verso il fiume, mi sentii quasi senza peso. Mi sentivo rinato, pieno di energia, carico di salute e vitalità. In pochi minuti mi ero tramutato da scettico stanco e scontroso a fervente estatico. Ripensandoci, credo che quello sia stato il mio punto critico. Perché non chiesi a Dennis qualcosa di più? Mi ero forse autoipnotizzato? Lo scenario insolito, la dieta limitata, la tensione e le aspettative mi avevano forse spinto in una situazione dove non ero più capace di sfuggire al mondo delle pazze idee di mio fratello? Perché non ero più capace di mantenere il mio punto di vista distaccato e scettico? In un certo senso questa volontaria sospensione di incredulità è il punto cruciale de lla questione e, credo, di molte situazioni di "incontri ravvicinati". L'altra dimensione gioca con noi e ci avvicina attraverso l'immaginazione, ed è così che si raggiunge il punto critico. Andare al di là richiede di abbandonare i modi vecchi e radicati di pensare e vedere. A quel punto il mondo si rigira pigramente da capo a piedi e i segreti si rivelano: un modo magico, un paesaggio mentale diverso da quello sempre conosciuto, e il paesaggio diventa reale. Questo è il regno della risata cosmica. UFO, elfi e i fertili pantheon di tutte le religioni sono gli abitanti di questo paesaggio finora invisibile. Ci si estende dentro i continenti e gli oceani dell'immaginazione, in mondi capaci di sostenere chiunque non vuole far altro che

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giocare e poi il gioco si fa sempre più serio finché diventa una realtà con la quale nessuno oserebbe scherzare. Mentre camminavo dentro quello stupendo mattino, non ero preso da alcun tipo di pensiero così dolcemente obbiettivo. Invece, supponevo che il mio corpo stesse metabolizzando la sua strada verso il corpo de ll a resurrezione, 1' "anima resa visibile" degli ermeneuti cristiani, che noi ci eravamo aspettati fosse parte del successo dell'esperimento. Non sapevo cosa stesse accadendo nel mondo e fuori di noi, ma sapevo che, fin dal momento in cui Dennis aveva dichiarato concluso l'esperimento, avevo sentito un'ondata crescente di energia e di comprensione dischiudersi nel mio essere. Mentre camminavo, venni preso da quella che sembrava essere una comprensione totale. Fiorì nella mia mente la rivelazione che noi siamo tutti esseri i lluminati e che soltanto la nostra incapacità di vedere e sentire noi stessi e gli altri, per quello che siamo, ci trattiene dal liberarci dal nostro senso di colpa e dal fare esperienza di noi stessi come illuminati. Non sono mai stato un allegro sostenitore de ll a beatitudine psichedelica, eppure allora stavo sospeso da qualche parte fra cliché e archetipo. Mi sentivo beato, eppure non potevo credere a ciò che sembrava essere accaduto. Il cammino fino a Dave e Vanessa durò dieci o quindici minuti. Dovevano essere le sette del mattino. Il sole era ben alto nel cielo ed era una bella giornata. Attraversando i pascoli mi sarei fermato a dire: "Dennis", e la risposta sarebbe arrivata istantanea come quel pensiero; questo mi rese confuso. Mi fermai e posi le domande. Seduto sul prato. "Va bene così? Cos'è tutto questo? Non so. È sicuro? Non riesco a capire cosa significa". Camminando verso il fiume, feci qualche esperimento. Dissi: "Terence, Terence". Era come parlare a me stesso. Poi dissi: "Dennis" e la cosa fu d'incanto lì, pronta a darsi da fare. Poi dissi: "McKenna, McKenna", ed era sempre lì. Capii che non potevo arrivarci con il mio nome, ma con il cognome sì. Mi sentii simultaneamente illuminato e sconcertato, non capivo cosa stava accadendo. Stavo soppesando questo tipo di cose, quando arrivai a ll a casa lungo il fiume di Vanessa e Dave. Stavano ancora dormendo sulle amache, ma intorno alla po rt a, seppur di primo mattino, c'era un gruppo di bambini witoto con gli occhi spalancati. Quando mi feci strada fra di loro, il mio sguardo cadde su ciascuno e pensai: "Tu sei illuminato, e tu, e tu..." Il mio arrivo era il primo evento della giornata per Vanessa e Dave.

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Dissi loro che tutto aveva funzionato e che il frutto del nostro successo non era un superoggetto condensato, ma un insegnamento. Chiesi loro di vestirsi e venire con me. Mentre stavano chiudendo le amache, mi dissero che, nel momento più buio de ll a notte, Dave si era svegliato istericamente, in uno stato simile a quello provocatogli dalla tempesta elettrica della sera prima. Si erano molto agitati e avevano messo in relazione ciò con quanto stavamo facendo noi. Tutto questo mi interessava ma lo percepivo come distante. Volevo tornare alla foresta e vedere cosa si sarebbe rivelato là. Nella mia mente stavo ricordando qualcosa che Dennis aveva detto pochi minuti prima nei pascoli. Aveva detto che la linea di demarcazione fra il giorno e la notte, l'alba, stava facendo un giro del mondo in ventiquattr'ore, un viaggio che era cominciato all'alba quando l'esperimento a La Chorrera era finito. In tutto il mondo il traffico e le fabbriche stavano per fermarsi. La gente stava lasciando case e scuole per guardare il cielo, comprendendo che qualcuno, da qualche pa rt e, era passato dall'altra pa rt e, che quello non era un giorno come gli altri. Dave e Vanessa mi seguirono nella foresta. La caviglia di Vanessa era migliorata ben poco durante la notte e lei si lamentò per buona pa rt e del percorso. Quando arrivammo al luogo dove io e Dennis ci eravamo separati, ci imbattemmo in qualcosa che non faceva parte di nessun bagaglio di aspettative. C'erano la ruana di Dennis e la sua camicia abbandonate nel mezzo del sentiero; più in là c'era un paio di pantaloni, più avanti due calze sudate e, me ne accorsi solo più tardi, anche i suoi occhiali e gli stivali. Seguimmo questa traccia di indumenti gettati via fino alla capanna nella foresta. Lì trovammo Ev e Dennis, entrambi nudi e seduti sul pavimento, che stavano discutendo e meditando in stile "chiedi a Dennis". Avvertendoci che non si poteva essere opportunamente iniziati senza essere nudi, Dennis insistette perché ci togliessimo i vestiti; Vanessa si spogliò, io e Dave la seguimmo Anche il loro scetticismo sembrava essersene andato; la presenza del fungo era palpabile e sembrava dire: "Togliti i vestiti. Getta via tutto; ogni cosa si sta rompendo. Nessun oggetto ti è più utile adesso; getta via tutto. Non ne hai più bisogno". Ci guardammo l'un l'altro, con i nostri lucidi peli pubici e i genitali che adesso risplendevano al sole. Feci una canna, sedemmo in cerchio e fumammo. Spiegammo a Dave e Vanessa l'insegnamento e loro provarono a seguirlo, con diversi livelli di successo. Dave sembrava pensare che funzionasse, la scettica Vanessa non era così sicura. Non ero sorpreso di que-

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sto risultato perché una voce nella testa è cosa evasiva e soggettiva. Se ce l'hai, non c'è dubbio; se non ce l'hai, sembra una storia incomprensibile. Tutti eravamo socievoli, tranne Dennis che mostrava una tendenza a parlare sopra le opinioni degli altri, come se questi non esistessero. Sembrava correre su un binario temporale diverso dal nostro, poiché non riusciva a capire quando qualcun altro stava parlando. Pensammo che fosse logico slegare le amache dalla casa, portandocele dietro come unico bagaglio, e andare nudi nella foresta. Avremmo legato le amache a un albero, poi avremmo provato il metodo, perché chiaramente si poteva fare di più che porre domande. La porta era aperta. Soltanto l'esperimento avrebbe mostrato cosa fare. Mentre camminavamo, chiesi alla cosa nella mia testa ciò che dovevo fare e ricevetti l'istruzione che dovevamo visualizzare le nostre vite a partire da adesso e poi muoverci attraverso la nostra vita intera, cercando di andare incontro e di ristabilire un rapporto equilibrato con qualsiasi essere vivente al quale avessimo mai fatto torto. Una volta arrivati alla fine di questo processo, avremmo lasciato i nostri corpi e saremmo entrati nella dimensione della libertà assoluta, che adesso sembrava così vicina. Pensavo a questo come se fosse un riavvolgimento veloce dell'attività karmica. Una volta che il karma si fosse riavvolto, uno stato di innocenza originale sarebbe fiorito con naturalezza. Stesi sulle amache stavamo meditando sulla nostra via per l'iperspazio. Nell'occhio della mia mente potevo vedere me stesso a La Chorrera e poi scendere giù a El Encanto, sul fiume fino a Leguizamo, di nuovo a Bogotà e poi ancora in Canada. A ogni tappa avrei incontrato la gente con cui avevo vissuto e avrei detto: "Ce l'abbiamo fatta! Mi scuso e spero di non avervi offeso troppo nei nostri incontri a tre dimensioni. Comunque adesso è tutto finito. Tutto finito!" Potevo vedere molta gente. Mi avvicinai a loro. "Siamo in Amazzonia," spiegai loro, "e ora stiamo tornando a casa. O verso qualche altro posto". La visione aveva una qualità infinitamente realistica. Le lacrime si formavano dietro le mie palpebre chiuse. Era un sentimento molto particolare. La voce del maestro parlò nella mia mente: "L'avete trovato. Proprio così. È finita ora. Non c'è nient'altro. Tra poche ore la civiltà umana legata all a terra crollerà e la vostra specie muterà. Prima andrete fino a Giove e poi ad Alfa dove c'è il Sagittario. Un giorno di gr an di avventure si affaccia per la razza umana". All'inizio le immagini sembravano divenire più profonde e crescere

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d'intensità, ma dopo un'ora fu chiaro che stavano svanendo. Uno dopo l'altro, uscimmo dallo stato di torpore indotto dal caldo mattutino e dallo stare nelle amache. Cominciammo a parlare e ad analizzare il tutto più volte. Dennis sembrava essere il più fuori di tutti. Dave e Vanessa dubitavano che qualcosa fosse veramente accaduto. Ev era distante e io mi sentivo stonato e immerso nella percezione surreale che mi aveva avvolto fin dal caotico inizio del giorno. Poi capii che c'era qualcosa che non andava. L'apprensione correva più veloce della realtà, come fa sempre. Per chiunque altro, non era accaduto nulla. Mentre parlavamo, mi divenne chiaro che nessuno al di fuori di me poteva sentire Dennis all'interno de ll a propria mente. Tutti si chiedevano cosa stesse succedendo e si stavano innervosendo, pensando che stessi perdendo la testa. Stavamo entrando in quella che poi chiamai la fase successiva, che era un periodo di confusione per tutti. Dennis era completamente staccato dalla realtà. Io gli parlavo e lui non se ne accorgeva. Cominciava a parlare e non si rendeva assolutamente conto quando qualcun altro stava parlando. Mentre l'abisso tra le nostre percezioni si faceva più grande, sentimmo tutti il bisogno di tornare alla normalità, di toccare le fondamenta; qualcuno suggerì di farci una doccia all'aperto nella missione, dal momento che eravamo tutti sporchi e coperti della fuliggine del fuoco notturno. Raccogliemmo i nostri vestiti. Facendo questo, scoprimmo che Dennis aveva gettato via gli occhiali, gli stivali e tutto il resto. Scompigliati e disorientati, ritrovammo il sentiero per la missione, cercando senza successo gli occhiali smarriti. Un gruppo di witoto ci osservò mentre passavamo e scoppiò in una risata. "Sanno, sanno ciò che è accaduto", mi disse la voce. Di certo stavano ridacchiando per qualcosa. Continuammo a camminare verso la missione e la sua doccia al sole. Dennis non la smetteva di parlare e non era più possibile comunicare con lui. Stava crescendo tra gli altri l'idea che eravamo in crisi, ma non ancora completamente fuori. Concordavamo che l' ayahuasca fosse molto particolare ma eravamo convinti che il passare delle ore avrebbe aggiustato tutto. La mia conclusione era che qualcosa di irreale e inaspettato era accaduto, che Dennis aveva fatto qualcosa e che qualche strano effetto farmacologico era stato inconsapevolmente manipolato. L'effetto si era manifestato solo parzialmente nel modo in cui ce lo eravamo aspettati e, quindi, non sapevamo dove cazzo fossimo finiti. Ero calmo e potevo alme-

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no interagire socialmente. Sebbene fossi in balia di emozioni che facevano sgorgare lacrime di gioia sul mio volto, non ero fuori da ll a realtà. "Aspetteremo fino a domani. Dennis tornerà a posto", dissi tentando di rassicurare il resto del gruppo. Sembrava che tutti, tranne me e Dennis, avessero imboccato la via del ritorno verso il loro normale equilibrio mentale. Mentre ero sommerso da strane ma splendide percezioni dilatate, le sue idee folli e i suoi occhi allucinati suggerivano che era lontanissimo da lla realtà. Dopo la doccia, tornando a ll a foresta, gli feci presente i miei dubbi ma lui, comportandosi maliziosamente come Amleto nella sua follia, replicò con indovinelli e mimando alcuni parenti morti. Non potevo ottenere niente da lui; continuavo a pensare che una notte di sonno l'avrebbe calmato. Quando ritornammo al campo, insistetti perché si riposasse e lui lo fece. "Adesso possiamo indire la conferenza stampa?", domandò dalla sua amaca, mentre noi altri cercavamo di rimettere in ordine la capanna.

N VORTIC In cui scopriamo che l'universo è più strano di quel che possiamo pensare, Dennis compie un viaggio sciamanico e il nostro gruppo si polarizza e si divide.

ER RISPARMIARE A VANESSA IL RITORNO AL FIUME DECIDEMMO CHE

lei e Dave avrebbero trascorso la notte nella nostra capanna. Le loro due amache furono appese vicino alle nostre tre. Quella sera la trascorremmo ammassati, ma mangiammo bene e, se si escludono degli occasionali commenti veramente incomprensibili di Dennis, tutto sembrava di nuovo a posto. La caviglia di Vanessa era ancora in pessime condizioni e tutta la nostra attenzione venne rivolta a questo problema, forse a causa della sua natura materiale, in contrasto con la maggior parte de ll e cose che stavano succedendo. Mi sentivo ancora completamente cambiato e rimesso a nuovo, sia lontano da me stesso sia contento di lasciare che gli eventi si succedessero liberamente. Questa mia nuova sensazione mi assicurò che, per quanto strana ogni cosa potesse apparire, tutto andava veramente bene. L'ultimo delirio di questo lungo e incredibile giorno arrivò dopo mangiato, alla luce del fuoco. Dalla sua amaca Dennis ruppe il silenzio per spiegarci che, da quella notte, attraverso i nostri sogni, avremmo imparato una serie di cose che sarebbero terminate con il distacco dal nostro corpo, molto tempo prima dell'alba. Ci saremmo riuniti nuovamente, con il nostro perfetto corpo virtuale, sul ponte di un'astronave spaziale in orbita sincronizzata con la terra, cinquemila chilometri sopra il bacino delle Amazzoni. 129

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VERE ALLUCINAZIONI

NEL VOII!, T1 C uì

Questa fu la seconda profezia autodeterminata che era stata emessa dal momento dell'esperimento, mentre la prima era stato il tentativo mattutino di meditare a ritroso fino al momento de ll a propria nascita. A posteriori, mi accorgo che questa "isteria escatologica" era una de lle modalità principali che avevano trasformato radicalmente il mio modo di pensare. Con íl passare delle settimane e degli anni ci sarebbero state ancora molte di queste profezie autocontrollate e numerosi scenari del possibile modo in cui il mondo avrebbe potuto subire una finale e completa trasformazione escatologica. Come profeti del Vecchio Testamento o alchimisti ellenici, capimmo che facevamo ormai parte di un dramma cosmico di caduta e redenzione. Quattro giorni dopo l'esperimento e poi cinque, sette, dieci, sedici, ventuno, quaranta, sessantaquattro giorni: erano tutti momenti aftesi con speranza e ostinato rifiuto dell'incredulità. Tutto accadde e finì con l'eschaton che permeava ancora tutto, ma che era ancora sfuggente. L'idea di un veicolo intradimensionale lenticolare, una volta immaginata, non mi abbandonava più e ossessionava le fantasie a occhi aperti mie e di Dennis, le nostre speranze segrete e i nostri sogni notturni. L'affermazione di Dennis riguardo all'attesa dell'astronave, fu anche la prima apparizione dell'immagine degli UFO nei suoi pensieri dal momento dell'esperimento, un tema che fu riproposto in numerosissimi modi nei giorni che seguirono. L'equazione pietra = sé = UFO era l'assunto operativo del lungo viaggio di autocomprensione e di ritorno di Dennis. Con queste immagini di "mo rt e nel sonno" e di "rinascita all'interno di un'astronave", che risuonavano nelle nostre menti, ci lasciammo andare, completamente esausti. Ho sottolineato che la capanna era strapiena, con le amache appese a ogni trave disponibile. Era difficile muoversi senza prendere a gomitate uno dei vicini, per via dell'aggrovigliarsi e dell'intrecciarsi delle tante corde. Ci coricammo intorno a lle dieci. Dormii profondamente fino a un certo momento, alcune ore più tardi, probabilmente fino circa alle due. Mi alzai per fare la pisciata di metà notte, tipica degli esploratori che usano latte condensato. Seduto sull'amaca, lottai per trovare dei fiammiferi e accesi una candela. Nel silenzio de ll a notte sentii il mio stesso stupore crescermi dentro. Un'intensa corona di luce a tre strati scintillava intorno alla candela per circa un metro. Era di un blu profondo e iridescente, alternato con un arancio ugualmente puro. Immediatamente mi ricordai dell'aura di luce che circonda il corpo del Cristo risorto nel dipinto di Matthias

Grünewald. Compresi che Grünewald doveva aver visto la medesima cosa che stavo vedendo io in quel momento e che l'avesse incorporata successivamente nella sua "resurrezione". Contemporaneamente, come se stessi avendo un pensiero ancora più profondo, in qualche modo "capii" che la distorsione o polarizzazione della luce della fiamma era un effetto causato dalla distorsione dello spazio-tempo fisico e indotto dal nostro esperimento e dalla vicina onnipresenza della pietra. Questo pensiero fu seguito da un altro: forse la distanza spazio-temporale dalla pietra poteva essere stimata dall'intensità dei colori presenti nell'aura della luce intorno a una semplice candela. La distorsione della luce proveniente da una candela potrebbe agire come un rivelatore della pietra filosofale. Richiamai alla memoria Diogene che andava alla ricerca del bene con una lanterna. Era veramente ciò quello che stava facendo? Mi venne in mente la frase: "È meglio accendere una candela piuttosto che maledire l'oscurità", e mi misi a ridere. Svegliai Ev e lei, ancora insonnolita, confermò la presenza dei colori intorno alla candela, ma ciò non le comunicò le stesse sensazioni. Si girò dall'altra parte e, quando tornai nella capanna, stava russando leggermente. Come mi arrampicai di nuovo sull'amaca, contai le persone e notai che erano tutti presenti e addormentati. Rimasi per lungo tempo sdraiato, sveglio, a pensare. Tutto appariva calmo. Non appena la colazione aprì la mattina seguente, il 6 di marzo, fu chiaro che il sonno tranquillo, che avevo immaginato che tutti qu an ti avessimo avuto, era stato reale. Da Dennis, ancora disorganizzato ma espansivo, emersero dei commenti riguardo al fatto che aveva trascorso, o credeva di aver trascorso, una notte estremamente attiva. Sottoposto a un serrato interrogatorio, ammise che era totalmente convinto che a un certo punto, durante la notte, si fosse alzato, vestito e che avesse vissuto un certo numero di avventure notturne. Queste comprendevano l'andare da solo nel buio verso l'immensità rombante del chorro, lontano più di due chilometri, quindi ritornare per scalare e trascorrere un po' di tempo su di un largo albero vicino ai confini della missione, infine percorrere la via del ritorno attraverso i prati, raggiungendo la sua amaca legata in mezzo a tutte le altre. L'idea di lui che si avventurava in giro durante la notte su quei percorsi, senza gli occhiali, entrando e uscendo da periodi di estasi sciamanica, forse urlando o comportandosi come un uomo del Paleolitico, era troppo anche per me. La cosa rappresentava, a questo punto, una rottura nella tranquillità collettiva. Benché fossi al novanta per cento sicuro che

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ciò non era accaduto veramente, ero determinato a eliminare ogni possibilità che tali escursioni potessero in ogni caso avvenire in futuro. Il racconto di Dennis era la classica descrizione di un viaggio sciamanico notturno. Disse di essere andato al chorro e di aver meditato nel cimitero della missione che avevamo visitato in precedenza. Stava tornando indietro al campo quando si trovò di fronte un enorme albero inga, dove il sentiero fiancheggia la missione. Istintivamente, lo scalò, consapevole del fatto che la scalata dell'albero del mondo è il tema centrale del viaggio sciamanico siberiano. Appena salito sull'albero, sentì lo sventolio di numerosi archetipi e, nel momento in cui raggiunse il punto più alto della sua salita, qualcosa che lui chiama "il vortice" si aprì di fronte a lui: un turbinoso ed enorme passaggio nel tempo. Poteva vedere i megaliti ciclopici di Stonehenge e, dietro di loro, roteando a una velocità differente e a una diversa altezza, i profili delle piramidi, lastricate di marmo, che risplendevano come al tempo dell'Egitto dei faraoni. E, ancora più in profondità, nelle tumultuose fauci del vortice, vide arcani precedenti a ll a nascita dell'uomo, titaniche forme archetipe di mondi inimmaginabili per noi, incomprensibili macchinari di presenze eteree che fecero irruzione in questa parte della galassia, quando il nostro pianeta era giovane e la sua superficie si era appena raffreddata. Questi macchinari, questi abissi gorgoglianti, a contatto con il freddo dello spazio interstellare e con una misura di tempo incommensurabile, caddero sopra di lui. Svenne e il tempo — chi può dire quanto? — gli scivolò intorno. Si ritrovò nel prato a poche decine di metri dall'axis mundi, la sua nuova scoperta. Se veramente era caduto dall'albero, pareva non averne riportato alcuna conseguenza. Stupore, esaltazione, paura e confusione occupavano i suoi pensieri. Il seguito sembrò stracciarsi e dividersi in pezzi di fronte ai suoi stessi occhi, il tempo e lo spazio avvolgevano le opere di ventimila anni di fatica umana in un vortice di contraddizioni apocalittiche. In quello stato di paura ed eccitazione, nel profondo de ll a rivelazione del destino umano, Dennis ritornò al campo e silenziosamente salì sull'amaca, oppure si risvegliò lì da quel sogno. Erano passate ventiquattr'ore dal tentativo di ipercarbolare il DNA umano. Era chiaro che Dennis non stava uscendo dallo stato di estasi sciamanica indotta, così velocemente come avevamo sperato. Questo stato durava da troppo tempo per poter essere considerato una normale reazione al fungo o all'ayahuasca. Due erano le opinioni per spiegare la situazione: • la prima, quella cui propendevano Vanessa e Dave asseriva che lo

sforzo del viaggio e il recente trip con la psilocibina avevano contribuito ad attivare un archetipo sciamanico in Dennis che era da sempre latente. Questo ora era evidente e portava un forte potenziale di transfert al quale stavo soccombendo poiché non ero in grado di riconoscere nella condizione di mio fratello un possibile stato patologico. Questa era la fonte di tutti i nostri contrasti di opinione su come procedere. • una seconda spiegazione, verso la quale propendevamo io ed Ev, aveva un approccio biochimico piuttosto che psicologico. Sosteneva che Dennis, a causa della sua insolita dieta a base di alcaloidi e dell'esperimento a cui si era sottoposto, avesse inibito alcune parti del sistema enzimatico che normalmente sarebbero dovute tornare normali dopo le sollecitazioni di un trip allucinogeno, ma che in questo caso erano, al contrario, divenute in qualche modo inattive. Il candidato più verosimile per questo effetto sarebbe la monoamminoossidasi (MAO), responsabile di trasformare molti allucinogeni in sottoprodotti inefficaci. È risaputo che il fenomeno dell'irreversibilità dell'inibizione MAO avviene con l'uso di alcune droghe e occorrono circa due settimane perché gli effetti scompaiano. Poiché i composti in banisteriopsis caapi solitamente ribaltano l'inibizione MAO in quattro o sei ore, come mostrano gli eventi seguenti, questa spiegazione era senza dubbio credibile, dal momento che Dennis sarebbe stato in balia del delirio sciamanico per almeno due settimane. Dopo anni di ragionamenti, la mia spiegazione propende ancora fortemente verso la seconda possibilità: una spiegazionè relativa al nostro campo d'azione. Io non credo che Dennis fosse predisposto per un'esplosione archetipa ma che, in qualche modo, in un determinato momento, tutta la MAO nel suo corpo si fosse innalzata e che il suo sconvolgimento fosse dovuto all'intervallo di tempo necessario per ricreare il livello di MAO da una completa e improvvisa inibizione. Ritengo che questo esaurimento improvviso fosse stato causato dal suo esperimento e quella risonanza vocale indotta, che cancella le forze che normalmente operano in queste molecole, avesse provocato dei cambiamenti fondamentali nella struttura chimica del suo corpo. In breve, ritengo che lui avesse indotto nel suo corpo un'inibizione MAO irreversibile attraverso l'uso della psilocibina, de ll a sua voce e della sua volontà. Se questo è vero, allora le implicazioni per il genere umano potrebbero essere come avevamo supposto nel nostro stato mentale alterato, poiché si potrebbe ipotizzare una tecnologia farmacologica con la quale il genere umano potrebbe esplorare il continuum parallelo le cui interazioni con la

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nostra stessa esistenza sono rappresentate dall'esperienza visionaria. Abbiamo cozzato contro un effetto che un giorno potrebbe aprire una porta per tutti quei mondi che pullulano nei nostri sogni e nelle nostre fantasie. Sicuramente è un fenomeno che bisogna studiare e da cui dobbiamo imparare. Anche oggi, anni dopo l'esperimento, questo ci promette nuove sorprese. Il mio continuo interesse su questo argomento è dovuto a una certezza personale che mi spinge a credere che alcuni effetti inusitati e non ancora confermati erano in atto durante il nostro esperimento, qualche cosa come il principio di "risonanza-annullamento" che intrigava particolarmente Dennis. La colazione del 7 marzo, il secondo giorno dopo l'esperimento, si chiuse su di una accesa discussione se Dennis si fosse recato veramente al chorro o se l'avesse solamente sognato. Non riuscendo a porre fine alla discussione, Vanessa mi trascinò via da ll a capanna e camminammo insieme mentre andavo alla sorgente per rifornirmi d'acqua. Voleva espormi una sua idea riguardo al fatto che, dal momento che c'erano diagnosi molto contrastanti su quanto stava succedendo, di conseguenza c'erano pareri contrastanti su cosa si dovesse fare. "Poiché Dennis è tuo fratello e tu hai opinioni precise su questo argomento, mi rimetterò a ll a tua decisione. Almeno per il momento." Ero contento per il margine di tempo concessomi da lle parole di Vanessa. Tutta la questione concernente le condizioni mentali di Dennis riguardava come e soprattutto quando queste sarebbero cessate. Qualsiasi diagnosi doveva fare conti con una previsione concreta riguardo a quel punto vitale. Ero rassicurato da ll a voce interiore che tutto andava bene, ma volevo che Vanessa capisse che avevo apprezzato la sua solidarietà, anche se non ero d'accordo con lei. Capii dal comportamento di Vanessa che saremmo stati abbandonati a noi stessi nella casa nella foresta. Lei e Dave avrebbero assunto un atteggiamento di minor coinvolgimento e sarebbero venuti a trovarci come visitatori, e già la possibilità di porre fine all'isolamento nella foresta stava lentamente prendendo consistenza. Perciò il campo d'azione fu preparato per i successivi cinque giorni di caos a La Chorrera, dal 7 al 12 di marzo. Da quel giorno in avanti, Ev divenne una specie di ponte con il resto del mondo de ll a missione. Arrivava nel tardo pomeriggio e ripartiva ogni mattina, cucinando pasti e colazioni con molta partecipazione, considerando che era incappata nel nostro piccolo gruppo solamente tre settimane prima.

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Durante questo periodo, Dennis cominciò lentamente a migliorare. Sembrava che la sua mente fosse stata letteralmente messa sottosopra. In certi momenti del giorno, quando diventava più coerente, diceva che questa esperienza l'aveva catapultato nella pseudosfera riemmaniana: l'universo in cui anche le linee parallele si intersecano. Asserì che sarebbe dovuto tornare indietro e che stava compiendo il viaggio a ritroso passando di livello in livello. Accaddero cose veramente strane durante questo periodo. Lui poteva sentire la mia mente in azione. Aveva acquisito poteri telepatici: di questo non ho alcun dubbio. Poteva imitare perfettamente le voci di nostra madre e di nostro padre. Si trasformò in diverse persone, imitandole perfettamente. Mi vide come una specie di sciamano o di messia. Si rivolgeva a me come all'insegnamento, non il maestro o l'atto di insegnare, ma l'insegnamento, una specie di ambasciatore alieno incaricato di negoziare l'ingresso della specie umana nel concilio delle intelligenze superiori. Ma c'era molto di più: una visione de ll a storia del Ventesimo secolo che costruiva l'obbiettivo e la fine del tempo. Disse che la scoperta di una dimensione fisica superiore sarebbe avvenuta alcuni anni più tardi, ma sarebbe stata in qualche modo collegata all'Egitto, al culto dell'acacia triptamminica, al Tibet di ottomila anni fa, alla magia sciamanica bon-po e all'I-Ching. Tutti questi concetti ritornavano costantemente mentre lui parlava senza sosta. Non esistono appunti di questo periodo. Ero così sicuro del fatto che stessimo vivendo nell'eternità che credetti non fosse necessario scrivere. Visto che il mondo mi sembrava diventare sempre più perfetto, mi ero posto l'obbiettivo di scrivere una poesia prima o poi, ma quel momento non giunse mai. Nulla di ciò che ci rimane di quei cinque giorni ha una sua coerenza. Non c'era una sola nota emotiva o intellettuale nell'intera estensione vocale umana, che non avessimo suonato ripetutamente in migliaia di differenti variazioni. Nelle note che scrissi alcune settimane dopo quel periodo, potevo riassumere quei cinque giorni contrassegnandoli in maniera assurda: fuoco, acqua, terra, uomo, pace. Io stavo seduto e Dennis andava in estasi. Senza gli occhiali i suoi occhi erano selvaggi, penetranti e sconvolgenti a guardarsi. Fin dalla notte della sua escursione sciamanica, avevo deciso di non dormire, ma di stare costantemente sveglio con lui, giorno e notte. Per i successivi nove giorni non dormii né ebbi bisogno di dormire. Visto che un tale fenomeno è degno di nota, per molti anni ho poi ritenuto che il

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non sentir bisogno di dormire per nove giorni fosse la prova più lampante per dimostrare la presenza reale di forze straordinarie che avevamo direttamente potuto sperimentare. Non solo non ebbi bisogno di dormire, ma potevo pensare costantemente in modo tranquillo, ricco e pieno di immagini che rendevano il mio processo cognitivo simile a una leggera e tremula ombra animata. Questo potere mentale durò per tutto il periodo senza sonno e anche in seguito. La dimensione temporale in cui ci stavamo muovendo sembrava composta dai riflessi di ciò che l'aveva preceduta e di ciò che sarebbe avvenuto dopo. La prima notte in cui decisi di non dormire, il 6 marzo, passò in un lungo sogno a occhi aperti e con un crescente stupore per il fatto che stavo veramente bene, senza nessun bisogno apparente di dormire. Appena prima dell'alba, nel momento esatto in cui sentivo che avevamo compiuto l'esperimento due giorni prima, sentii Dennis agitarsi sull'amaca dentro la capanna. Quindi lo sentii emettere, leggero ma forte e chiaro, lo stesso ululato ondulatorio che ci aveva catapultato in un mondo nuovo quarantotto ore prima. Risuonò tre volte, come se qualche cosa nella mia mente mi volesse assicurare che l'aveva fatto. L'ultimo urlo venne fuori come i precedenti; crebbe e calò alternativamente per circa un minuto. Poi, appena si affievolì, sentii di nuovo il canto del gallo da ll a missione trasportato dall'aria piena di luce abbagliante. Perché le cose accadevano con una tale simmetria, come se un'imponente forma organizzata stesse tentando di rispecchiarsi nella struttura apparente della realtà circostante? L'alba infiammò il cielo, un altro di quei giorni indimenticabili stava nascendo. I pensieri della mia mente si mescolarono alle sfide alla ragione tipiche di ogni nuova esperienza. Quel che rimane di quel periodo sono immagini e avvenimenti, solo metafore che lavorano in sottofondo. Tutto era al limite del mitologico, dell'immaginazione, mutevole, privo di radici, sempre fluttuante.

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